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Autore: Julia Weasley    02/02/2012    15 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 37
L'agguato

Dieci minuti dopo la partenza di Regulus, gli Auror suonarono al campanello di casa Queen, e Sory andò ad aprire, abbattuta.
« Dobbiamo effettuare una perquisizione della casa, e vi consiglio di non opporre resistenza » esordì Barty Crouch senior di fronte all'espressione disgustata di Perseus.
« Posso sapere perché? » domandò quest'ultimo, senza lasciarsi impressionare.
« Siete sospettati di complicità con i Mangiamorte » rispose Crouch, con un tono di accusa che avrebbe fatto infuriare chiunque. Diane infatti dovette afferrare il polso del marito per intimargli di non reagire.
« Spero che tu stia scherzando. Non siamo mai stati complici dei Mangiamorte, e mai lo saremo » replicò Perseus.
« Secondo fonti attendibili, uno di loro si nasconde qui a casa vostra, e voi lo state proteggendo. »
« Questo è assurdo, Crouch » disse Diane con voce ferma.
« Lo spero per voi, signora. »
Rachel si impose di non tremare mentre guardava gli Auror dividersi in gruppo e iniziare a perlustrare le varie stanze. Odiava il modo in cui parecchi di loro spostavano tutto senza alcun rispetto delle cose altrui. La facevano sentire violata in qualcosa che le apparteneva. Quindi fu quasi un sollievo quando un Auror appena diplomato chiese timidamente a Diane il permesso di entrare nella sua stanza.
Rachel continuò a tenere d'occhio gli Auror che perlustravano il giardino, dal magazzino delle scope al retro, con un'ansia crescente. Aveva sotterrato l'athame, il diario distrutto e le provette piene di filtro, tutti in punti diversi e nascosti del giardino, e li aveva anche provvisti di incantesimi per nasconderli, ma aveva ugualmente una gran paura che qualcuno riuscisse a trovarli. Ogni tanto si sentiva assalire dai dubbi: e se avessero lasciato inavvertitamente qualche traccia della presenza di Regulus?
Diane le lanciò un'occhiata e, vedendola così spaventata, le rivolse uno sguardo rassicurante. Rachel annuì, sforzandosi di mantenere la calma, anche se il tono inquisitore di Crouch non le piaceva affatto.
« Nel giardino non c'è nulla » annunciò un Auror, entrando in casa, seguito da altri suoi colleghi, un addetto del Ministero che sembrava lì solo per prendere appunti e un'ultima persona di loro conoscenza.
Rachel si conficcò le unghie nella mano stretta a pugno per trattenere l'impulso di prenderlo a calci, quando Barty la vide.
A Rachel bastò scoccargli un breve sguardo omicida per convincerlo a non rivolgerle la parola. Barty si guardò la punta delle scarpe, mordendosi l'interno della guancia per la stizza. Lei notò la sua preoccupazione e la sua ansia: riusciva a percepirle perfettamente, ora che si trovavano l'uno accanto all'altra.
Di colpo si rese conto che lui sapeva tutto, e probabilmente anche Barty stava pensando la stessa cosa, perché entrambi si guardarono con inquietudine. Tutti e due erano a conoscenza sia del fatto che Regulus fosse vivo sia che Barty fosse un Mangiamorte, ma avrebbero continuato a fingere di non saperlo, perché dichiararsi guerra apertamente sarebbe stato ancora più pericoloso.
La stessa cosa non poteva dirsi per i loro rispettivi padri.
« Dieci Auror per perquisire una casa in cui non troveranno nulla e perderanno solo tempo prezioso, complimenti » commentò Perseus, beffardo. « Ora mi spiego perché poi i Mangiamorte veri la passano sempre liscia. »
Rachel non poté fare a meno di lanciargli uno sguardo ammirato, anche se Crouch non sembrava condividere la sua stessa opinione.
« Stai attento a come parli, Queen. Questo è il modo migliore per mettervi tutti nei guai, ancora più di adesso » lo minacciò.
« Non mi sembra che stiate risolvendo molto, al momento » replicò lui, prima che Diane gli intimasse di smetterla.
Crouch gli riservò un'occhiata sprezzante e poi si soffermò a fissare tutti e tre uno dopo l'altro, riflettendo su qualcosa che loro non capivano. Ad un certo punto, si rivolse a Rachel, che sussultò.
« Signorina, dovrei farle qualche domanda. »
Fantastico, pensò lei, inorridita.
« Mia figlia non è una criminale! » protestò Perseus.
« Infatti devo solo interrogarla. Se non ha niente da nascondere, non vedo perché dovreste temere che io le parli » rispose Crouch.
« Chieda pure » disse Rachel, con un tono molto più deciso di quanto credeva, anche se dentro di sé si sentiva tremare dalla testa ai piedi.
Crouch la scortò in cucina per non subire interruzioni e la invitò a sedersi.
« No grazie, preferisco restare in piedi » rispose lei, dal momento che neanche lui accennava a prendere posto su una sedia.
« Faccia come vuole. Dunque » esordì lui, schiarendosi la voce e consultando un rotolo di pergamena, mentre Rachel deglutiva, ansiosa. « Penso che lei sappia perché siamo qui. »
« Veramente no » ribatté lei, sfoderando la sua migliore espressione innocente.
« No? Sappiamo che lei e la sua famiglia state nascondendo Regulus Black, lo ammetta. »
Rachel non dovette sforzarsi troppo per recitare, perché non si aspettava comunque che Crouch lo dicesse subito.
« Ma che dice? Lui... è morto mesi fa... »
« Non credo proprio. »
« Si sta sbagliando. Se fosse vivo lo saprei. »
« Grazie per l'informazione. Questo conferma i miei sospetti. »
Rachel trattenne il respiro, mordendosi la lingua e maledicendo se stessa.
« Lei è fidanzata con lui, giusto? »
« Ero. »
« Certo... » commentò Crouch, beffardo. La fissava dritto negli occhi, e Rachel faceva fatica a restare calma sotto quello sguardo inquisitore. « Quanto tempo siete stati insieme? »
« Un paio di anni, anche se eravamo amici da prima. »
« Quindi anche dopo la scuola, nel periodo in cui era un Mangiamorte. »
Rachel si morse il labbro, perché già prevedeva la domanda che le avrebbe posto subito dopo.
« Lei sospettava che si fosse già unito alle schiere di Lei-Sa-Chi? »
« No » rispose lei, cercando di riflettere rapidamente. Non doveva agitarsi, bastava dirgli quello che aveva sempre detto a tutti negli ultimi mesi. « L'ho scoperto dopo. »
« E ha continuato a frequentarlo? »
« No. »
« Non l'ha più visto da quel momento? » insisté lui, scettico.
« No » ripeté lei, abbassando lo sguardo, nervosa. Per fortuna poteva farlo passare per un gesto di tristezza.
Ad ogni modo Crouch sembrava poco interessato a certi dettagli.
« Signorina, le do ancora cinque minuti di tempo per dire la verità. Altrimenti, quando scopriremo che ha mentito – perché le assicuro che lo scopriremo – sarà accusata di complicità e spedita ad Azkaban insieme ai suoi. Se ci riflette, capirà che non vale la pena rischiare una condanna per proteggere un criminale che si diverte a uccidere Babbani. »
Rachel lo avrebbe preso volentieri a pugni, e neanche in futuro seppe come era riuscita a trattenersi.
« Non ho altro da aggiungere. »
Crouch la guardò con rabbia per alcuni istanti, ed era sul punto di dire qualcosa quando un Auror si affacciò nella cucina bussando alla porta aperta.
« Scusi signore, posso? »
« Sì. Avete trovato qualcosa? »
« No, niente. Mi dispiace. »
Crouch sembrava furibondo, e Rachel fece un respiro di sollievo.
« D'accordo, ce ne andiamo. »
Crouch uscì dalla cucina, di pessimo umore, premurandosi di avvertire i Queen che quella faccenda non sarebbe finita così. Perseus gli aprì la porta, invitandolo silenziosamente ad uscire.
Mentre Crouch lasciava la casa, seguito dagli Auror, suo figlio lanciò un'ultima occhiata a Rachel. Sembrava più sicuro di quanto avrebbe dovuto essere, e lei si sentì invadere da uno strano sospetto. Ma l'ansia sparì quando notò che Barty esibiva dei graffi freschi sulla guancia.
Rachel cercò di trattenere il sorrisetto che le sorgeva spontaneo. Per quella sera Attila si era guadagnato razione doppia di cibo.

***

« Casa tua sarebbe questa? » domandò Regulus, guardandosi intorno mentre se ne stava in piedi all'ingresso.
« Non reprimere il tuo disgusto, o potrei pensare che dopotutto non ti fa troppo schifo » commentò Sirius, ironico.
« Il muro è bucato » gli fece notare quello, indicando tre piccoli fori posti uno sopra l'altro.
Sirius ridacchiò.
« Quella si chiama presa di corrente... e non metterci le mani, idiota. È pericoloso. »
Regulus gli scoccò un'occhiataccia, indispettito, ma non commentò. Non fece commenti neanche sul disordine che regnava in ogni stanza che Sirius gli fece vedere, anche se gli costò molta fatica.
« Tu sistemati qua » gli disse, aprendo una porta in fondo al corridoio, mostrandogli una stanza spoglia, che di sicuro non veniva usata spesso.
« Ok » mugugnò lui, entrando e scrutando la stanza.
« Qualcosa non va? »
« No, tutto bene. Mi chiedevo soltanto... i tuoi compari vengono spesso qui, giusto? Dovrò restare chiuso in questa stanza senza farmi vedere ogni volta? »
Sirius parve pensarci un po' ma scosse la testa.
« Scusa? Io ho fatto di tutto per liberarmi di voi e trovare una casa tutta per me, figurati se adesso ti ospito qui in eterno... Dai, non fare quella faccia, sto scherzando! Resterai qui per qualche giorno e poi decideremo dove portarti. In effetti non è il posto più sicuro, ma per ora è l'unico che mi è venuto in mente. Per quanto riguarda l'Ordine, se ormai Voldemort, Crouch e gli Auror sanno che sei ancora vivo, a questo punto lo dovranno sapere anche loro. Se non lo dicessi sarebbe inutile, visto che quello o quella che ci spia ne sarà già a conoscenza tramite i Mangiamorte. »
Regulus sbuffò, agitato.
« Fantastico » bofonchiò.
Sirius esitò per alcuni istanti, come faceva sempre quando aveva intenzione di essere più cordiale del solito.
« Vedrai che andrà tutto bene » lo rassicurò, senza guardarlo.
Regulus annuì, anche se non ne era del tutto convinto.
« Lo spero. »

***

Alphard chiuse la porta che conduceva alla biblioteca e girò la chiave nella toppa, dando più mandate che poteva. Quando la serratura si illuminò di azzurro, estrasse la chiave e si voltò, porgendola al suo elfo domestico.
« Ecco, Aster, puoi rimetterla a posto » gli disse, e lui annuì, per poi allontanarsi nel corridoio immerso nella penombra.
Alphard si avviò verso il salotto, guardando il sole tramontare oltre l'orizzonte. Era quasi ora di cena, e questo significava che un'altra giornata stava per finire. Sospirò. Dopo aver trascorso le ultime settimane a cercare ricordi su Riddle nella sua testa, rendersi conto di non poter fare di più lo aveva fatto sprofondare di nuovo nell'apatia. Non che si annoiasse da morire – in fondo aveva sempre avuto una mente desiderosa di essere arricchita da nuove conoscenze, e la magia era così vasta che non sarebbe bastata una vita intera a conoscerla tutta, perciò continuava a leggere nuovi volumi volentieri – ma avrebbe voluto fare di più.
La radio sul tavolino del salotto era accesa sulla stazione RSN (Radio Strega Network) e stava trasmettendo una canzone di Celestina Warbeck. Alphard storse il naso, infastidito, e la spense.
In quel momento, qualcosa di luminoso attirò la sua attenzione, e Alphard si voltò verso il cane argentato che era atterrato davanti a lui fluttuando dolcemente.
Il Patronus aprì la bocca e parlò con la voce di Sirius.
« Zio, abbiamo un problema. Hanno scoperto di Regulus e sono sulle sue tracce. Ora non posso spiegarti tutto, ma non agitarti: Regulus starà da me per un po'. Stiamo tutti bene, ma non provare a contattarci a meno che non sia necessario, e comunque mai tramite i camini, potrebbero essere controllati. Uno di noi verrà a trovarti quando sarà tutto finito. Tu intanto non uscire di casa per nessuna ragione al mondo. »
Il Patronus si dissolse nel nulla, lasciando l'uomo in preda ad un'ansia impotente. Il fatto che Sirius gli avesse assicurato che stavano bene lo consolava, ma non era sufficiente a farlo calmare. Come avevano fatto a scoprire che Regulus era vivo? E se lo avessero catturato?
Si impose di calmarsi. Del resto stavano bene e Regulus era al sicuro, non aveva motivo per farsi prendere dal panico. Un pensiero lo fulminò, lasciandolo senza fiato: dovevano avere scoperto della Giratempo rubata. Quando la minaccia di Rodolphus Lestrange lo aveva costretto a rimanere in casa, non aveva più potuto riportarla all'Ufficio Misteri. Così l'aveva fatta sparire per sempre, sperando che gli Indicibili non ne notassero la mancanza. Ma le sue speranze si erano rivelate vane. Sapeva che prima o poi se ne sarebbero accorti...
Un tonfo sordo in lontananza lo fece sobbalzare, e la mano gli si strinse automaticamente intorno all'impugnatura della bacchetta. Scrutò il salotto e il tratto di corridoio che si vedeva dall'interno, ma non c'era nessuno e non si sentiva nulla.
Forse sono paranoico, pensò. Era impossibile che i Mangiamorte superassero gli incantesimi di sicurezza che circondavano la villa. Ma allora perché il cuore gli continuava a martellare nel petto?
« Aster, sei stato tu a fare quel rumore? » chiese ad alta voce, sperando che l'elfo glielo confermasse.
Ma non ricevette risposta.
Alphard fece un respiro profondo, cercando di scacciare le paure che lo stavano assalendo. Era solo una suggestione, non poteva succedergli nulla finché rimaneva dentro casa.
Tenendo la bacchetta levata davanti a sé, uscì dal salotto, iniziando a percorrere il corridoio nella stessa direzione in cui era andato il suo elfo.
« Perseus, sei tu? »
La sua voce echeggiò nella casa deserta e silenziosa, facendogli venire i brividi. Sapeva che non poteva trattarsi del suo amico. Perseus non lo aveva mai fatto spaventare in quel modo, non era il tipo di persona che faceva scherzi del genere.
Continuò a camminare, attento, fino a che non si ritrovò nell'ingresso, intento a fissare il proprio riflesso spaventato su uno specchio appeso alla parete di fronte.
Ma poi un'ombra alle sue spalle si mosse, e Alphard si voltò di scatto, il cuore che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all'altro.
Ma era solo Andromeda.
« Oh, Merlino! Sei impazzita? Mi stavi facendo morire di paura. »
« Scusami, zio » rispose la nipote, mortificata. « È che non avevo il tempo di annunciarmi. Devo portarti via subito. »
Lui aggrottò la fronte, perplesso.
« Portarmi via? »
« So tutto di Regulus, ed è per questo che sono qui... »
« Sì, ma Sirius mi ha appena detto di non uscire di casa per nessun motivo. »
« I piani sono cambiati e non ha fatto in tempo ad avvertirti. I Mangiamorte hanno infiltrati al Ministero, soprattutto dopo la morte di Bones, ed è possibile che riescano ad eliminare gli incantesimi che nascondono questa casa. È stato Sirius a dirmi di venirti a prendere. »
Alphard esitò, agitato. Quel cambio di programma gli sembrava strano, anche se verosimile. Ma perché non avrebbe dovuto fidarsi di sua nipote?
« Andromeda, posso farti una domanda? »
« Certo, ma fai in fretta. »
« Qual è stato il primo libro che hai letto in vita tua? »
Lei non esitò, anche se sembrava leggermente delusa.
« Viaggio al centro della terra. Avevo nove anni quando l'ho trovato nella tua biblioteca, e l'ho letto di nascosto. Zio, ti assicuro che sono io. »
Lui trasse un sospiro di sollievo.
« Scusami. »
« Hai fatto bene a chiedermelo. Allora, andiamo? »
Alphard esitò, mentre sua nipote gli tendeva la mano.
« Come ce ne andremo? Devo chiamare Aster? »
Andromeda estrasse dalla tasca un piattino di porcellana.
« Una Passaporta. Ho incontrato il tuo elfo domestico prima e gli ho detto di andare ad aiutare Sirius e Regulus. Sei pronto? »
« Sì... »
Alphard esitò ancora prima di afferrare il piattino. La voce del Patronus di Sirius continuava a riecheggiargli nella testa. Ma quella era decisamente Andromeda, non poteva non fidarsi di lei.
Il piattino s'illuminò di una luce azzurra e Alphard si sentì strattonare via in un vortice ululante.
Atterrò con i piedi su un terreno erboso. Ormai era quasi buio, ma l'uomo poteva vedere ancora con una certa chiarezza il paesaggio intorno a lui. Si trovava nel bel mezzo di una radura, ma di case non vi era neanche l'ombra.
« Andromeda, dove mi hai...? »
Ma si bloccò a metà. Con suo sommo orrore, vide sua nipote svanire in una polvere scura, che fu portata via dal vento.
E improvvisamente si rese conto che la vera Andromeda era sempre rimasta a casa propria, ignara di tutto. Quella doveva essere stata un'illusione, anche se più concreta: era senza dubbio il frutto di qualche magia oscura.
Alphard estrasse la bacchetta, teso e pentito di non aver dato retta al Patronus di Sirius.
Poi qualcuno parlò alle sue spalle, con una voce mortalmente calma.
« Posa la bacchetta, Black. »
Alphard rimase immobile, quasi pietrificato, mentre sentiva dei passi avvicinarsi. Non ebbe molto tempo per ragionare. Il suo gesto fu solo istintivo.
Più rapido di quanto si sarebbe aspettato, si voltò in un lampo, e attaccò il Mangiamorte che aveva parlato, scaraventandolo contro un albero. Senza perdere altro tempo, cercò una via di fuga, ma un altro Mangiamorte si Materializzò davanti a lui, bloccandolo. Alphard indietreggiò, scoprendo di essere circondato.
La disperazione stava per assalirlo, ma rifiutò di arrendersi. Con un movimento della bacchetta evocò una nuvola di fumo che si diffuse intorno a lui, annebbiando la visuale e approfittandone per schiantare un Mangiamorte e sfuggire all'accerchiamento. I suoi aggressori lo inseguirono, costringendolo a combattere su più fronti contemporaneamente, ma alla fine la maggioranza numerica era dalla loro parte, e Alphard si ritrovò disarmato.
Ansimando, fissò con terrore uno dei nemici utilizzare il Lumos per illuminare la radura e avvicinarsi a lui.
« Finalmente ci incontriamo » disse, togliendosi la maschera.
Alphard gli lanciò un'occhiata di puro odio.
« Finalmente ce l'hai fatta a trovarmi, Rodolphus. Una tartaruga sarebbe stata più rapida di te » disse, mascherando la propria paura.
Rodolphus non gli rispose, limitandosi a riservargli un ghigno pericoloso.
« Non provocare, Black, perché stanotte potresti anche salvarti, se ti comporterai bene » gli disse, ignorando il mugugno proveniente dal gruppo di Mangiamorte che lo aveva accompagnato. Alphard non li conosceva tutti, ma riconobbe Rabastan e – sussultò quando la vide – Bellatrix. Lei aveva un'espressione furiosa, di quelle capaci di uccidere con un solo sguardo, e Alphard capì che quella sera lei lo avrebbe visto soltanto come un nemico da eliminare. Del resto era l'unica nipote con cui non era mai riuscito a legare, la più inflessibile, quella che non perdonava mai...
« Come ci siete riusciti? » chiese, cercando di guadagnare tempo, anche se non sapeva neanche lui a quanto potesse servire.
« Quando hai le Arti Oscure dalla tua, tutto è possibile » disse Bellatrix, con un tono sadico. « Non è stato un incantesimo facile, ma ha avuto successo. Quanto a quel libro Babbano, io sapevo molte più cose di quanto tu e Andromeda sospettiate. »
« Immagino. A te non sfugge mai niente »
« Esatto » convenne Rodolphus con voce annoiata. « Ma ora parliamo di cose serie. Se collaborerai con noi, ti lasceremo in vita. »
Alphard si sforzò di restare in piedi, anche se gli tremavano le ginocchia.
« Perché dovrei collaborare con voi? »
« Lo sai benissimo. Sappiamo tutti cosa hai fatto con quella Giratempo che hai rubato, non è necessario fare finta di nulla. »
« Temo di non capire » mentì.
Rodolphus alzò gli occhi al cielo. Ora non sorrideva più.
« Dicci dove si trova Regulus, avanti. »
Alphard serrò le labbra e i pugni, senza dire una sola parola. Bellatrix fece una breve risata beffarda, anche se non sembrava affatto divertita.
« Non ce lo dirà mai, rassegnati. Morirebbe pur di salvare i suoi adorati nipotini. »
« Ben detto, Bella. »
Sul volto di Bellatrix si dipinse un'espressione di profondo disgusto.
« Non mi aspettavo niente di diversa da un traditore del suo sangue! Alla fine ce l'hai fatta a portare sulla cattiva strada anche quella mammoletta di Regulus, eh? »
« Dipende da cosa intendi per cattiva strada. La vostra lo è sicuramente. E non chiamarlo in quel modo, perché è più in gamba di tutti voi messi insieme » replicò Alphard, per la prima volta serio e furioso.
« Questo è tutto da vedere... »
« Adesso fatela finita! » sbottò Rodolphus, innervosito, mettendoli a tacere.
Alphard lo guardò avvicinarsi e puntargli la bacchetta dritta in mezzo agli occhi, sentendo l'ansia e la paura crescere vertiginosamente, ma si obbligò a non dimostrarglielo.
« Ti do un'ultima possibilità. Parla e dicci dove si trova tuo nipote, altrimenti... »
« Altrimenti? » lo sfidò lui con voce fioca.
« Altrimenti arriverai ad un punto tale che ci implorerai di ucciderti. »
Alphard represse un brivido gelido. In quel momento sperò che qualcuno lo andasse a salvare. Nonostante tutto, anche se aveva trascorso buona parte della sua carriera da Indicibile a studiare il mistero della morte, e sebbene sospettasse che gli restava poco tempo, ne aveva ancora paura, e il timore di soffrire era ancora peggiore.
« Non parlerò mai » disse, anche se decine di voci nella sua testa gli urlavano di pensare a se stesso e salvarsi. Ma non diede loro retta. La paura che provava era immensa, ma mai quanto il desiderio di sapere Regulus e Sirius al sicuro. Aveva ceduto alla paura in passato, ma ora non avrebbe ripetuto quell'errore.
« L'hai voluto tu » disse Rodolphus in tono freddo.
Alphard chiuse gli occhi. Sapeva già cosa lo aspettava, e ne era spaventato, ma non avrebbe ceduto.
« Crucio! »
Cadde per terra, scosso da un dolore insopportabile ed esteso per tutto il corpo. Faceva talmente male che era come se lo stessero pugnalando dappertutto con un coltello arroventato. L'unica cosa che riuscì a fare fu gridare di dolore.
Trascorsero minuti, ma potevano essere anche ore, prima che smettesse di urlare, ma il suo corpo continuava a tremare senza controllo, l'ossigeno che entrava a fatica nei polmoni e le guance rigate di lacrime involontarie. Era poco lucido e a mala pena ricordava dove si trovasse. Poteva sentire solo l'erba umida sotto di sé. Non sapeva nemmeno in quanti lo stessero torturando nello stesso momento, ma erano sicuramente più di tre, perché il dolore era aumentato sempre di più, fino a toccare vette che lo avevano indotto a desiderare davvero di morire.
« Parla! » urlava Rabastan, furibondo e impaziente. « Parla o continueremo a torturarti fino all'alba! »
« Fagli prendere fiato, vedrai che ci dirà tutto quello che vogliamo sapere » disse Rodolphus, con un tono calmo che non gli si addiceva e che lo faceva sembrare ancora più pericoloso del fratello.
Alphard non rispose. Cercava di concentrarsi, di pensare ad altro per attenuare solo di poco il dolore, ma questo era troppo forte per essere contrastato. Ogni volta che la Maledizione Cruciatus lo colpiva, gli svuotava del tutto la mente da ogni pensiero, e in quei momenti di vuoto gli sembrava di dimenticare chi fosse. C'era solo quel dolore lancinante che sembrava non avere mai fine.
« Allora? Parlerai oppure no? » gli chiese Bellatrix, agitata.
Alphard rispose solo dopo alcuni secondi.
« Mai. »
Un mormorio si diffuse tra i Mangiamorte che non partecipavano direttamente alla tortura, alcuni increduli e altri divertiti dalla sua testardaggine.
« Si può essere più stupidi di te? » lo sbeffeggiò Bellatrix, furiosa.
Alphard si puntellò sul pavimento e alzò il viso per guardarla negli occhi, ansimando.
« È inutile che continuate a tormentarmi, non dirò una sola parola » rispose, nonostante la voce spezzata. « Come fai a non capirlo? Non c'è nessuno per cui moriresti volentieri? »
Bellatrix non rispose, mentre la sua espressione si induriva, come se le sue parole la avessero in qualche modo colpita.
« Sei disposto a morire per lui? Allora ti accontenteremo » sibilò Rabastan, ma suo fratello gli impedì di puntargli contro la bacchetta.
« No, ci serve! Non sarà utile da morto. »
« Ma non parlerà! Guardalo, si farebbe torturare per altre ore pur di non dirci nulla. »
« Se lo uccidiamo adesso non risolveremo niente. È proprio quello che vuole, non lo capisci? » lo rimproverò Rodolphus, e Alphard strinse i pugni così forte che le nocche gli sbiancarono. Avrebbe davvero voluto che la facessero finita, ma il Mangiamorte non sembrava della stessa opinione.
Quando quello gli puntò di nuovo contro la bacchetta per riprendere la Cruciatus, tremò visibilmente. Non ne poteva più.
« Basta... »
La supplica gli uscì dalle labbra prima che lui potesse fermarla, e odiò se stesso per quell'attimo di debolezza. Un paio di Mangiamorte che se ne stavano in disparte presero a fissarsi i piedi, mentre un altro, forse una nuova recluta, si voltò, incapace di assistere un solo secondo di più.
« Sai cosa devi fare per farci smettere. Dicci dov'è Regulus Black, e ti lasceremo stare. »
Alphard scosse la testa.
« No » disse, e il tono fermo e deciso che aveva usato lo fece meravigliare di se stesso.
E il dolore tornò a invaderlo. Non seppe mai per quanto tempo lo torturarono. Potevano essere cinque minuti o due ore, ma a lui parvero un'eternità. Finché non smisero di nuovo, lasciandolo a contorcersi sul terreno.
« È inutile, stiamo solo sprecando tempo prezioso » sbottò Rabastan, e stranamente nessun altro lo contraddisse.
Si udì un movimento rapido, e poi Alphard si sentì sollevare. Rodolphus si era chinato e lo aveva afferrato per il collo della veste, costringendolo a guardarlo negli occhi.
« Pensi di aver vinto? Ti sbagli. Tanto lo troveremo, con o senza il tuo aiuto. E quando accadrà, uccideremo lui e tutti quei traditori del loro sangue che lo stanno aiutando a nascondersi. E tu sarai morto invano. Allora, è valsa la pena rubare quella Giratempo per poi morire in trappola, il tutto per concedere a quel traditore qualche mese in più di vita? »
Alphard non gli concesse più di parlare. In un secondo scattò, colpendolo con un pugno in pieno volto. Era l'unica cosa che poteva fare per reagire, anche se sapeva che non sarebbe servito a molto.
« Sì, ne è valsa la pena, e lo rifarei » sibilò.
« Maledetto! » imprecò quello, rialzandosi mentre sputava sangue e gli puntava la bacchetta al cuore.
Rodolphus si voltò un istante a guardare Bellatrix, come a chiederle il permesso di finire quello che, in fondo, era un suo parente. Quando lei annuì, Alphard non ne fu affatto sorpreso, ma non per questo gli fece meno male.
Aveva sentito dire che molte persone prima di morire si vedevano scorrere tutta la loro vita davanti agli occhi, ma a lui non accadde.
Gli unici pensieri che gli invasero la mente mentre sentiva Rodolphus scandire l'anatema erano tutti rivolti alle persone che avrebbe lasciato. Poteva già immaginare quali sarebbero state le loro reazioni. Desiderò che gli fosse concessa l'occasione di rassicurarli tutti, di dire che era contento di aver fatto tutto il possibile per aiutarli, e che non sarebbe voluto tornare indietro per nessuna ragione.
Poi la luce verde lo colpì in pieno, e improvvisamente smise di preoccuparsi, i rimpianti e il dolore sparirono, e tutto fu inghiottito dal buio.

***

Regulus e Sirius la guardavano con impazienza. Rachel era pallida come un lenzuolo e aveva gli occhi rossi e umidi di pianto. Una sensazione opprimente arpionò loro le viscere. Sirius tremò e lanciò uno sguardo spaventato a Regulus, che ricambiò, scuro in volto.
La ragazza sospirò, nervosa, in cerca del coraggio di parlare. I due fratelli si ritrovarono a sperare che non lo trovasse mai. Non erano preparati a quello che lei stava per dire, né lo sarebbero mai stati.
« Alphard è morto. »

 
 
 
 
 
 
 
Mi odio. ç___ç
Sto quasi come quando ho finito di leggere l'Ordine della Fenice... T_T
Non volevo che fosse inaspettato, anzi, speravo che foste relativamente preparati... alcune di voi lo erano, gli altri spero che abbiano colto i segnali che avevo messo in precedenza.
Sono mesi che cerco di consolarmi pensando che Alphard era già vissuto più di quanto dovrebbe essere vissuto nel canon, e che se fosse morto prima non avrebbe mai più rivisto Regulus, Sirius e Perseus, quindi per lui è stato meno peggio vivere un po' di più e riuscire ad aiutarli (perché l'ha fatto eccome, lo vedrete), ma non è bastato. Per lo meno ora la smetterò di andare a piangere nel mio angolino senza potermi sfogare con nessuno... T_T
Lo so che è stata una bastardata far apparire Andromeda solo per finta. In effetti non sono ancora riuscita ad inserirla, ma conto di farlo prima o poi, anche se ci sarà molto meno di quanto avevo previsto all'inizio. Ah, non so se esiste una magia del genere, ma tempo fa, rileggendo il capitolo del Prigioniero di Azkaban, ho notato che quando Hermione e Harry parlano delle Giratempo, lei dice che se Harry vedesse una copia di se stesso penserebbe di sicuro ad una magia oscura, quindi mi sono ispirata a quello.
Mi ritiro, prima che mi tiriate una bomba addosso... tanto anzi, vado ad autopunirmi come gli elfi domestici ç__ç
Prossimo capitolo: 15 febbraio (circa, dipende da quando ho l'ultimo esame orale)

  
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