Unbreakable bond

di sorita
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Odaiba 1999 ***
Capitolo 2: *** Dicembre-1999 ***
Capitolo 3: *** Odaiba 2002, Marzo ***
Capitolo 4: *** Odaiba 2005, Aprile. ***
Capitolo 5: *** Odaiba 2006, Febbraio ***
Capitolo 6: *** Odaiba 2006, Febbraio (part 2) ***
Capitolo 7: *** Odaiba 2006, Luglio ***
Capitolo 8: *** Odaiba 2016, Settembre (Epilogo) ***



Capitolo 1
*** Odaiba 1999 ***


Odaiba 1999.
 
Sora Takenouchi quella mattina si svegliò presto. La notte prima non aveva dormito molto bene, colpa della solita ansia che le viene sempre il giorno precedente al rientro a scuola.
 
Era metà Settembre, in quel giorno ricominciava la scuola. In quell’anno avrebbe frequentato la quarta elementare, insieme al suo amico d’infanzia Taichi Yagami.
 
Lei era già pronta, come al suo solito, largamente in anticipo, ed ora era in bagno a lavarsi i denti prima di uscire e di andare a mettere fretta all’amico.
 
Intanto la sua mente era piena di pensieri. Chissà se avevano cambiato qualche maestra, o qualche compagno nuovo. Chissà se quest’anno sarebbe stato più difficile dell’anno precedente.
 
Intanto aveva finito di lavare i denti ed era uscita dal bagno. Stava per prendere lo zaino quando si affacciò bussando alla sua camera suo padre:
 
-Tesoro, io vado a lavoro! Ci vediamo stasera!
 
La ragazzina dai capelli ramati si voltò verso l’uomo e gli sorrise:
 
-Certo papà!Ti auguro buona giornata!
 
-Anche a te, e mi raccomando, fa la brava al primo giorno di scuola!
 
-Come sempre!- fece facendogli la linguaccia.
 
Sorridendo il padre sparì lasciandosi dietro il rumore della chiusura della porta principale di casa.
 
Si mise il giubbino e si infilò lo zaino, poi prese le chiavi.
 
La mamma era uscita presto per andare a lavoro ma il giorno prima le aveva fatto mille volte l’in bocca al lupo per quel giorno.
 
Sorrise al pensiero mentre chiudeva a chiave la porta di casa.
 
 
 
 
 
DIN DON
 
Qualcuno suonò alla porta.
 
La signora Yagami che era intenta a scaldare un po’ di latte, si affrettò alla porta.
 
-Oh Buongiorno Sora!- fece entusiasta e dandole un  bacio in fronte.
 
-Buongiorno Yuuko! Taichi?
 
-Oh guarda, per fortuna che sei arrivata, non so come fare per svegliarlo! Per favore, non è che puoi pensarci tu??Io devo un attimo pensare alla mia piccola Hikari!
 
Sora sorrise divertita e accettò la proposta.
 
Non fece in tempo ad arrivare davanti alla stanza del suo amico che spuntò la piccola Kamiya ed alla sua vista la bambina urlò il suo nome felice e l’abbracciò.
 
-Sora!!!Sora!! Sorellina! Hai visto?? Hai visto??- fece Hikari felice indicando lo zainetto sulle spalle e come andava vestita.
 
-Certo che ho visto, Hikari! Sei bellissima! – e le diede un dolce bacio sulla guancia.
 
La piccola arrossì e l’abbracciò di nuovo.
 
Quello era il primo giorno di scuola anche per la piccola Hikari, ma lei era più emozionata perché in quell’anno avrebbe cominciato le elementari.
 
-Dov’è tuo fratello??- domandò ad un certo punto la ragazzina dagli occhi color miele.
 
-Il mio fratellone??? Dorme, dorme e dorme!- fece lei sorridendole.
 
Sora pensò che Hikari fosse davvero troppo dolce quando sorrideva. Le accarezzò la testa.
 
-Ora vado a svegliare tuo fratello, così che non facciamo tardi!Tu va a fare colazione, mi raccomando!
 
Obbedì subito e corse verso la cucina.
 
La ragazza dai capelli ramati entrò finalmente nella camera di Taichi, la luce era ancora spenta, e le finestre chiuse.
 
Sora sospirò, poi lentamente andò verso la finestra e l’aprì, così che la luce cominciasse ad entrare in quella stanza.
 
Non appena lo fece sentì un brontolio e qualcuno che si rigirava tra le coperte.
 
Salì le scale del letto a castello e si sedette sopra al letto:
 
-Taichi…- sussurrò nell’orecchio del ragazzo interessato.
 
Ma nessuna reazione.
 
-Taichi…- fece un po’ più forte, ma niente neanche stavolta.
 
Sapeva a questo punto cosa fare. Lei sia d’estate che in inverno aveva una caratteristica ossia le mani fredde.
 
Alzò le coperte e si allungò a fianco a lui, poi piano piano lo abbracciò e infilò le sue mani sotto alla maglia del pigiama.
 
Taichi, che le voltava le spalle, spalancò gli occhi e involontariamente urlò:
 
-SORA!!!!!!!!!!!!!!LASCIAMIIIII SEI CONGELATAAAAA!!
 
La ragazzina lo lasciò e si mise a pancia in sopra: era scoppiata in una grande risata.
 
Il ragazzo dalla chioma castana e folta si voltò un po’ alterato:
 
-Ma sei impazzita?!Ma..così mi fai venire un infarto!!
 
L’amica ridendo rispose:
 
-E’ che non ti svegliavi!E’ tardi Taichi!!!
 
-Ma tardi per cosa, Sora??!!
 
-…per la scuola?
 
I due amici si guardarono negli occhi, la ragazza aveva uno sguardo interrogativo invece Taichi era confuso.
 
Dopo un altro attimo di esitazione, Sora stava per parlare quando fu interrotta dall’urlo del compagno:
 
-NOO!!!!!!Me lo avevo dimenticato!!
 
Scavalcò l’amica e saltò giù dal letto rischiando di farsi male, visto che era a castello, e corse in bagno.
 
La ragazzina sospirò sorridendo, tanto era sempre così, ogni anno, ogni inizio!
 
Scese lentamente dal letto e si accostò alla porta del bagno:
 
-Taichi, è anche il primo giorno di scuola di Hikari…come hai potuto dimenticare? Lo sai che ci tiene ad  arrivare puntuale…
 
Lui in tutta risposta aprì la porta del bagno e con la bocca piena di dentifricio e gli occhi lucidi disse qualcosa di incomprensibile a Sora. Lo guardò storto, poi fece:
 
-Ti aspettiamo di là…
 
Taichi fece tutto di corsa,come sempre.
 
Sora si era seduta sul divano con Hikari che tutta felice l’abbracciava di continuo e le chiedeva mille cose.
 
La signora Kamiya si intromise e cominciò a fare le foto alle due ragazzine:era il primo giorno di scuola della sua piccola figliola, era un giorno speciale!
 
Dopo circa dieci minuti, il ragazzino si presentò già con lo zaino sulle spalle.
 
-Finalmente Taichi!!!- fece la madre.- Mi raccomando, tieni d’occhio Hikari! Assicurati che entri in classe e valla a controllare a ricreazione! Sta attento ai tipi sospetti e…
 
-Mamma lo so!!!!!Mi ci hai fatto una testa ieri!!!!!
 
-L’ho detto anche a Sora, così potevo stare più tranquilla.- aggiunse.
 
Taichi scosse la testa e prendendo per mano la sua adorata sorellina che già saltellava, uscì dal portone insieme alla sua amica.
 
-No, aspetta!!
 
-Uff..che c’è mamma!!?
 
Si voltò e vide sua madre tutta sorridente che faceva oscillare la macchinetta fotografica:
 
-Una foto!!!!
 
Taichi sbuffò, poi si mise in posa insieme alla sua sorellina e alla sua amica d’infanzia.
 
FLASH!
 
-Siete bellissimi!!!!-esclamò.
 
-Ok, ora andiamo però!!!- fece di corsa il figlio prendendo per mano le due ragazzine e trascinandole via.
 
 
 
 
 
 
 
Durante il tragitto, Hikari chiedeva al fratellone altre mille cose. Sora sorrideva alla scena, lei sapeva che di mattina non si doveva tartassare troppo l’amico perché era di poche parole.
 
-Hikari…sorellina cara,devi imparare una cosa, che alla mattina non mi si deve fare troppe domande!
 
-Ma perché fratellone?
 
-Perché lo sai che odio svegliarmi presto!
 
La piccola bambina lo guardò un po’ delusa, poi pensandoci bene si voltò verso la ragazza che aveva a fianco.
 
-Posso parlare con te, Sora?- chiese guardandola con uno sguardo così dolce da poter far sciogliere qualsiasi cosa.
 
-Ma certo Hikari!- esclamò accarezzandola; era davvero troppo carina!
 
-Sora, perché non sei venuta a dormire a casa nostra stanotte? Di solito la Domenica resti sempre!!!
 
-Hikari, piccola! E’ che oggi iniziava la scuola, non potevo! Il mio papà non voleva che creassi disturbo, dovevi andare a dormire presto!- fece sorridendo.
 
-Ma tu non crei mai disturbo! Io ti aspettavo, e anche il fratellone!
 
-Sii precisa Hikari, dì che aspettavo il solito dolce al cioccolato di suo madre! Uff, sarà per questo che non mi sono svegliato stamattina…senza il dolce del dopo cena di Domenica alzarsi il Lunedì resta sempre difficile…- rispose il fratello con malinconia sarcastica.
 
La ragazza dai capelli ramati sorrise:
 
-Non prendere scuse,Taichi, tanto ti saresti svegliato sempre tardi!
 
Chiacchierando, i tre ragazzini arrivarono davanti alla loro scuola.
 
C’erano tantissimi altri ragazzi li davanti. Una ragazzina dai capelli abbastanza lunghi e color cenere corse verso i tre:
 
-Sora!!!!- urlò abbracciandola.
 
-Oh, Mimi!Da quanto tempo! E’ tutta l’estate che non ti vedo!
 
-Si!!!Infatti, ma non è colpa mia se voi partite sempre insieme  con i vostri genitori durante le vacanze estive! Vorrei averti un po’ per me! –esclamò con un po’ di delusione.
 
La piccola Hikari a quelle parole circondò con le sue braccia le gambe di Sora. Tutti i presenti lo notarono e scoppiarono a ridere.
 
-Tranquilla Hikari, non me ne vado!-la rassicurò Sora accarezzandole la testolina.
 
-Scusa, piccolina! Naturalmente la prendo in prestito quando vuoi tu!- fece scherzando la bellissima ragazzina, facendole un occhiolino.
 
La bambina per la vergogna, cominciò a nascondere il suo viso tra le gambe della ragazza.
 
-Comunque, lo sapete che ci sono dei nuovi ragazzi??
 
-Davvero Mimi?- rispose Taichi a quella domanda.
 
-Oh si! Perché hanno chiuso l’altra scuola elementare quindi li hanno riuniti tutti qui!
 
I ragazzi cominciarono a scrutare tra la folla: era vero, c’erano tante facce nuove!
 
Dopo un’altra breve chiacchierata e risata, e dopo aver accompagnato la piccola Hikari in classe, Sora e Taichi andarono verso la loro.
 
-Sora, naturalmente sempre vicini di banco è!- fece l’amico con l’occhiolino.
 
-E se da quest’anno volessi cambiare?- chiese scherzosamente  la ragazza.
 
-Non ne vedo il motivo! Almeno possiamo organizzare anche gli schemi di gioco per la nostra squadra di calcio!            
 
Infatti Sora aveva cominciato a giocare nella sua squadra di calcio da un po’ di mesi. Prima era inserita in una di calcetto femminile, ma poi a causa di un infortunio non si era potuta presentare ad una partita importante, e da qual giorno ogni ragazza della squadra l’aveva sempre evitata. Per questa situazione aveva dovuto lasciare la squadra, ma fortunatamente Taichi l’aveva inserita nella sua non appena un compagno se ne era andato.
 
-Questo motivo può essere considerato valido!- fece lei divertita.
 
-Lo sapevo! Però, sai, quando ti capita, nei compiti in classe…dovresti aiutarmi!
 
-…Taichi!!!
 
Scoppiarono a ridere.
 
Entrarono in aula e occuparono subito dei posti.
 
Continuarono a chiacchierare tranquillamente fino a che non entrò la maestra, seguita da altri ragazzi.
 
Dopo essersi assicurata del silenzio dei presenti disse:
 
-Innanzitutto, bentornati ragazzi!Spero che in queste vacanze non vi siate solo divertiti e abbiate anche fatto i compiti! Comunque sia prima di cominciare ogni altra cosa, vi voglio presentare alcuni nuovi ragazzi che entreranno a far parte della nostra classe. Come saprete hanno chiuso l’altra scuola elementare di Odaiba, quindi quest’anno avremo nuovi alunni.
 
Mentre la maestra spiegava, l’occhio di Sora e anche quello di Taichi cadde soprattutto su di un ragazzo: aveva uno sguardo freddo e fin troppo serio, i suoi occhi azzurri riuscivano a fulminare chiunque. Era abbastanza alto e biondo, un bel ragazzo fisicamente parlando, e per il resto misterioso.
 
-…e infine lui è Yamato Ishida. Prego potete accomodarvi.
 
Si chiamava Yamato, e guarda caso si mise nella stessa fila dei posti che erano occupati dai due amici.
 
Taichi lo scrutava, era davvero curioso.
 
-Ehi Sora…- sussurrò all’amica che aveva al suo fianco-… non ti sembra strano il biondino?
 
-Un po’… ma non giudichiamolo…non lo conosciamo ancora! –rispose a voce bassa.
 
Il ragazzo dagli occhi color nocciola annuì.
 
 
 
 
 
 
 
La mattinata trascorse abbastanza in fretta.
 
A ricreazione erano andati a controllare la piccola Hikari:era felicissima e aveva già fatto mille conoscenze, inoltre era già entusiasta delle maestre.
 
Il pomeriggio i due fratelli Yagami erano sdraiati sul divano di casa loro, insieme a Sora che invece stava seduta.
 
Guardavano insieme i cartoni animati e passavano il tempo chiacchierando.
 
Ogni giorno la ragazza dai capelli ramati passava il suo tempo in loro compagnia, poiché rimaneva sempre sola per via del lavoro dei suoi genitori.
 
Hikari si era addormentata, così che Taichi la portò a letto. Era davvero stanca, la piccola doveva ancora abituarsi ad alzarsi presto la mattina.
 
Quando tornò vide l’amica che fissava in silenzio e divertita la tv.
 
Si sdraiò di nuovo, questa volta con la testa sopra alle gambe dell’amica.
 
Lei lo guardò:
 
-A ma fa come vuoi eh, non chiedermi niente!
 
-E’ una vita che lo faccio, ti devo chiedere ancora il permesso?- scherzò lui guardandola.
 
-Parlando di cose serie, che ne pensi dei nuovi ragazzi?
 
-Ma…bene o male ho parlato con tutti, ma niente di che…l’unico è quel Yamato…hai notato Sora? Ci guarda storto a noi due!
 
Scoppiò in una risata:
 
-Ma che dici, Taichi! Sei tu che lo hai guardato storto tutta la mattinata!
 
-Ma non è vero!E’ che è strano!
 
-Ma è presto per giudicarlo! Vediamo, minimo è simpatico!     
 
-Si certo, secondo me è un asociale!
 
-Su Taichi… smettila. E comunque va a preparare la borsa che tra una mezz’oretta dobbiamo andare agli allenamenti!
 
Il ragazzo sbuffò. Era stanco perché si era dovuto svegliare presto quella mattina per la scuola, di solito era abituato a dormire fino a tardi.
 
-…me la prepari tu???- chiese facendo degli occhioni dolci alla sua compagna, ma per tutta risposta Sora lo spinse per terra.
 
-Cammina!!!!!-gli ordinò.
 
Controvoglia e massaggiandosi la schiena se ne andò in camera brontolando.
 
 
 
 
 
I giorni che seguirono furono monotoni: sveglia ore 7:00 , colazione, e corsa mattutina per non fare tardi alle lezioni.
 
Passò così un mese  e mezzo, volò ed eravamo già Novembre.
 
Mimi era a casa di Sora, quel pomeriggio erano libere entrambe così si riunirono per stare un po’ insieme.
 
Avevano deciso di passare quel pomeriggio spettegolando e mangiando schifezze davanti alla tv. Cosa c’è di più rilassante di una bella chiacchierata tra amiche?
 
-Sai Sora, hai presente quel Koushirou? Quel ragazzo nuovo che ti avevo detto che era venuto in classe quest’anno?
 
-Si si, ho presente chi è! Quello che si porta sempre il pc dietro!
 
-Si, proprio lui! Lo sai, l’ho conosciuto meglio e devo dire che non è antipatico! Certo, è davvero un secchione eh…ma per fortuna ci si parla molto bene!
 
La ragazza dai capelli ramati rise, poi disse:
 
-Però io ti vedo sempre a parlare con quel tipo che fa la quinta… come si chiama, quel ragazzo occhialuto!
 
-Ah si, stai parlando di Jyou! Bè si perché lui è il figlio del medico della mia famiglia! Quindi lo vedo spesso! E’ davvero un ragazzo imbranato sai?- fece la bellissima ragazza dai capelli color cenere guardando divertita la sua amica.
 
-Imbranato?? E perché??
 
-Oh guarda ti giuro si inciampa con ogni cosa! Oggi è caduto dalle scale, per fortuna di sedere! Se no si faceva davvero male!! E pochi giorni fa per sbaglio ha rovesciato una bottiglietta d’acqua sopra a quel vostro nuovo compagno di scuola! Come si chiama…. Quello carino carino ma tetro!
 
Sora la guardò un attimo storto, poi le venne in mente:
 
-Ah si, Yamato…
 
-Si si proprio quello! Io pensavo che Jyou avrebbe finito li la sua vita… invece lo ha solo fulminato e se ne è andato! Guarda, ho avuto proprio paura di lui!
 
L’amica invece di risponderle stette un attimo pensierosa, ma Mimi se ne accorse subito:
 
-Cosa c’è Sora?
 
-Vedi…Yamato è davvero strano… Bene o male ha rivolto parola a tutta la classe a parte a me ed a Taichi. Non riesco ancora a capire il perché, sai un conto gli avessimo fatto qualcosa ma non abbiamo fatto proprio nulla…
 
-Dici davvero? A te ed a Taichi non ha rivolto per niente parola?? Bè si aspetta, a Taichi ci posso credere, ma a te?! Mi sembra davvero insolito…sei sicura che non avete fatto nulla di male?
 
-Si, certo Mimi… mi mette proprio a disagio ultimamente, perché a volte durante la lezione sembra che ci fulminasse con lo sguardo.
 
La ragazza dai capelli lunghi rabbrividì.
 
-Oddio, non vorrei essere nei tuoi panni… lui fa davvero paura con quello sguardo!
 
Ad un certo punto si sentì aprire la porta d’ingresso. Mimi chiese a Sora chi potesse essere visto che in teoria i genitori erano entrambi al lavoro.
 
Poi il mistero fu svelato-
 
-Taichi ma che ci fai qui???- chiese Sora.
 
-Sora…mi annoiavo a morte… volevo chiederti se volevi venire a fare una partita con la Play Station però vedo che c’è un’intrusa!
 
-Ehi, caro Taichi, l’intruso sei tu!- fece Mimi offesa.
 
-Taichi, oggi volevo stare un po’ con Mimi, mi dispiace! Potresti fare qualche compito visto il voto di oggi!- lo rimproverò.
 
-Oh…uff, dai Sora, perché me lo ricordi…- disse sedendosi proprio in mezzo alle due ragazze e facendole allontanare l’una dall’altra.
 
Mimi sbuffò:
 
-Cioè!! Taichi!! Lasciami un po’ Sora qualche volta! Non mi sembra giusto!
 
-Ehi Mimi, lo sai che lei è di proprietà della famiglia Yagami! Quindi… ho sempre la precedenza!
 
-Emh…scusate, ma non posso decidere io qualche vola??
 
I due compagni si voltarono verso l’interessata.
 
-Sora, non vorrai cacciare il tuo migliore amico spero!
 
-Sora, non sceglierai lui invece che la tua migliore amica spero!
 
La ragazza dagli occhi color miele sospirò:
 
-Potete restare tutti e due, ma non vi azzannate!
 
L’amica allora si alzò e si mise a fianco alla ragazza.
 
-Ti odio Taichi!
 
Lui in tutta risposta fece la linguaccia.
 
-Scusate, ma ora che ci penso…- interruppe Mimi- .. come hai fatto ad entrare? Avevi lasciato la porta aperta Sora??
 
I due interessati guardarono l’amica, poi, dopo essersi guardati a vicenda, il ragazzo disse:
 
-Bè con la chiave, mi sembra ovvio!
 
-Ma scusa, come fai ad avere la chiave?
 
-Oh, vedi Mimi –intervenne la ragazza dai capelli corti- Io e Taichi abbiamo anche le chiavi dei nostri rispettivi appartamenti…
 
-Ma davvero??
 
-Eh si, tanto o io sono sempre da Sora o lei è sempre da me, così i nostri genitori ci hanno dato le chiavi di tutti e due gli appartamenti, metti che poi uno di noi rimane fuori come è già successo, può andare nell’altro appartamento!Tanto ormai siamo di famiglia! Ci conosciamo tutti da una vita!
 
-Ecco perché…bè, mia cara amica, io non mi fiderei di lui! Non si sa mai!
 
L’interessata scoppiò a ridere.
 
-Tranquilla Mimi, è un pezzo che abbiamo queste chiavi! Da quando eravamo piccoli piccoli!
 
-Non me lo avevi mai detto Sora! Uff!
 
-Oh Mimi, questi sono affari nostri! Non ti puoi sempre impicciare!- fece scherzoso Taichi.
 
-Se ti prendo ti ammazzo!
 
-Ragazzi!!! Su!!!!
 
E quel pomeriggio continuò così, tra i litigi di Taichi e Mimi e le riprese della loro amica.
 
 
 
 
Il giorno dopo, dopo la solita corsa mattutina, Sora stava portando dei libri a Mimi. Passeggiava per il corridoio della scuola tranquillamente e sorrideva pensando all’amica e quello che aveva combinato il giorno prima con il suo amico Taichi: lei per fargli un dispetto, quando si era addormentato come al suo solito sopra al divano, gli aveva fatto due ciuffetti con la sua bella chioma castana, e quando si era svegliato non si era proprio accorto di quello che aveva in testa, così torno dai suoi per la cena conciato in quel modo. Inutile dire le risate e le sue urla per tutto il palazzo non appena se ne accorse.
 
Ad un certo punto Sora dovette svoltare ma qualcuno che non l’aveva vista per niente le andò contro e la fece cadere insieme ai libri che aveva in mano. Quando si rese conto di quello che era successo, alzò lo sguardo e notò subito due bei occhi azzurri che la fissavano.
 
Era lui.
 
Era Yamato.
 
Stette in silenzio, poi non vedendo alcuna reazione, nemmeno per aiutarla, si guardò intorno e cominciò a prendere i libri che erano li vicino a lei. Involontariamente, siccome lei era fatta così, disse:
 
-Mi dispiace, spero di non averti fatto male.
 
Si stava per rialzare da sola quando lui le prese il braccio e con forza la tirò su. Sora rimase stupita e frastornata per un attimo.
 
Si guardarono negli occhi, lei non sapeva proprio che dire.
 
-Invece di pensare sempre al tuo amico, stai attenta la prossima volta.
 
Sora spalancò gli occhi. Cosa aveva detto?! D’istinto scrollò la sua mano dal suo braccio. Poi disse:
 
-Almeno io penso a qualcosa, e chiedo scusa anche se non è stata colpa mia. Tu invece l’educazione l’hai lasciata a casa?
 
Dicendo questo, dopo averlo guardato con i suoi bellissimi occhi color miele, se ne andò.
 
Sora così arrivò da Mimi, la quale non appena la vide le saltò sopra:
 
-Che bella sorpresa!!!!!Che bello! Mi sei venuta a trovare!!
 
-Ovvio!- fece lei distaccandola un po’- ieri hai lasciato questi a casa mia…non è che lo hai fatto apposta??
 
L’interessata,dopo averli guardati, fece con un sorriso a 360 gradi:
 
-Emh…si!!!- fece sorridendo.
 
Sora rise, poi si fermò subito e le disse:
 
-Per portarti questi libri, mi sono scontrata con Yamato! Mi ha fatto anche cadere… e figurati se mi ha aiutata!
 
Mimi a quelle parole spalancò gli occhi sbalordita:
 
-Ti ha fatta cadere????Non ti ha aiutata?? Gli vado a dare una bella lezione! –e fece la mossa di andare ma l’amica la fermò per la maglietta.
 
-No Mimi! Tranquilla, per la prima volta ho risposto a tono ad una persona!
 
-Come sarebbe a dire?
 
-Si… mi ha fatto una battuta del tipo: “Invece di pensare al tuo amico guarda dove metti i piedi…”
 
-Che cosa?!! Se lo sa Taichi!!
 
-Ah no Mimi! Non dirgli niente!
 
-Ma Sora!!
 
Lei scosse la testa, poi le disse che doveva andare perché era un po’ di fretta e la salutò dandole un pizzico sulla guancia.
 
Ma lei era testarda, e non appena vide che si era dileguata , corse verso una certa aula.
 
Stava proprio li, su quello stesso piano, quindi la raggiunse velocemente.
 
All’interno vi erano tutti bambini piccoli, ma ad un certo banco vi era un ragazzo più grande che stava parlando con una bambina bellissima e dolcissima.
 
-Taichi!- chiamò la ragazza dai capelli color cenere.
 
Il ragazzo si voltò e fece una smorfia:
 
-Ah!!!Tu!!! Non ti devi far vedere dopo quello che hai fatto ieri!!
 
Ma l’interessata fece finta di non sentire e dopo aver salutato la piccola Hikari, prese il ragazzo per un braccio:
 
-Ti devo dire una cosa!- e cominciò a trascinarselo dietro.
 
Taichi fece cenno  alla sorella che si sarebbero visti più tardi e si mise a seguire l’amica.
 
Fuori dall’aula, l’amico chiese:
 
-Si può sapere che vuoi??Se vuoi sapere se sono arrabbiato, bè si!
 
-Oh Taichi, ma chi ti vuole chiedere nulla! Sono venuta a dirti una cosa che è successa ora a Sora!
 
Taichi la guardò curioso e un po’ preoccupato:
 
-Oddio, che è successo? Si è fatta male?? Dimmi di no che questo sabato abbiamo la partita!!
 
Mimi scosse la testa e sbuffò.
 
-Oh Taichi non è niente del genere!!
 
Raccontò in breve cosa fosse accaduto e quello che aveva detto quel Yamato nei suoi riguardi.
 
Non ci volle nulla, il bel ragazzo dai capelli castani e folti strinse i pugni, ringraziò velocemente l’amica di questa informazione e scattò verso la sua aula.
 
Si affacciò un attimo ma lui non c’era.
 
Sora ,che era dentro l’aula a parlare con delle sue compagne, notò il suo amico scrutare tra i banchi e all’improvviso partire correndo verso non si sa dove.
 
Dopo averci pensato qualche minuto, le venne un’illuminazione. Doveva essere per forza quello.
 
Taichi corse velocemente per tutti i corridoi fino ad andare all’ultimo piano della scuola. E infatti eccolo li, sul tetto. Era appoggiato con le spalle ad un muro, i capelli biondi erano mossi dal vento, lui guardava con estrema calma il paesaggio.
 
Ma quell’atmosfera di tranquillità fu interrotta proprio dai passi di Taichi, che non appena si avvicinò disse:
 
-Ehi,tu, Yamato Ishida.
 
Lui al pronunciare del suo nome posò solo il suo sguardo sul ragazzo che aveva li di fronte.
 
Taichi si innervosì solo di più.
 
Dopo averlo guardato per qualche minuto in silenzio, fece con tono strafottente:
 
-Sei venuto per la tua amichetta?
 
Il ragazzo dagli occhi castani reagì d’istinto: lo prese per il colletto della maglia.
 
-Cosa ti da fastidio, amico???- chiese guardandolo negli occhi.
 
Yamato se ne restava immobile, non aveva un minimo di timore.
 
-Se provi ad importunarla di nuovo, te la vedrai con me, hai capito?
 
Scoppiò a ridere:
 
-Chi l’avrebbe importunata?Se è sbadata non è colpa mia.
 
Strinse ancor di più il colletto, ma a quel punto Yamato stava per reagire.
 
-Taichi!!
 
Una ragazza dalla porta lo guardava con sguardo severo. I suoi bei capelli ramati si sollevavano dolcemente al ritmo del vento.
 
Il ragazzo chiamato in causa la guardò senza però staccarsi da Yamato. Anche quest’ultimo aveva posato lo sguardo sulla ragazza.
 
-Taichi su!Lascialo!
 
Dopo un po’ di esitazione, lanciando uno sguardo pieno di rabbia verso il compagno che aveva davanti lo lasciò e si allontanò di poco, andando verso Sora.
 
Quest’ultima lo aveva raggiunto:
 
-Che ti salta in mente, Taichi?- gli chiese con un tono un po’ più basso.
 
Lui teneva la testa un po’ bassa, proprio come un bambino che viene ripreso dalla mamma.
 
-Se l’è presa per quello che ti ho detto, credo.- rispose il biondino con tono freddo.
 
Il castano si voltò arrabbiato verso il ragazzo, ma Sora lo prese per un braccio.
 
-Taichi, sta tranquillo, non prendertela per queste sciocchezze.
 
L’amico la guardò negli occhi, poi sospirò.
 
-Hai ragione Sora…
 
Lei sorrise dolcemente:
 
-Dai, andiamo Taichi.- fece prendendolo per mano.
 
-Un attimo solo Sora.- disse con tono tranquillo.
 
La ragazza lo guardò interrogativa, poi vide l’amico voltarsi e posare di nuovo il suo sguardo verso il ragazzo dagli occhi color ghiaccio.
 
Lui se ne accorse, e ricambiò lo sguardo.
 
-Stammi a sentire Yamato Ishida… Tutti in questa scuola sanno delle cose su di me, è ora che le sappia anche tu…
 
Lo sguardo dell’interessato non cambiò, rimaneva sempre impassibile.
 
-Nessuno si può permettere di importunare le persone più importanti della mia vita, e in questo ambito sono loro, la mia piccola sorella Hikari e la mia migliore amica non che sorella acquisita, Sora Takenouchi.
 
Sora sorrise dolcemente a quelle parole, Taichi era sempre stato protettivo nei suoi riguardi, proprio come se fosse Hikari, così involontariamente gli strinse la mano.
 
-Quindi, continua a starle lontano.- chiuse il discorso con questa frase detta con un tono davvero acido.
 
Detto questo, i due amici se ne andarono in silenzio mano per la mano.
 
Yamato, prima di vederli dissolvere dietro alla porta, vide che si guardarono negli occhi sorridendosi a vicenda.
 
Era proprio come pensava lui fin dal primo giorno che li aveva visti.
 
Quei due erano inseparabili.

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Capitolo 2
*** Dicembre-1999 ***


Sai Taichi,
 
ho sempre pensato che il legame che tiene unite due persone sia qualcosa di indescrivibile ed eterno.
 
Ho sempre creduto che l’amore fosse qualcosa di infinito e indistruttibile, e che tutto stava solo nell’aspettare la persona giusta della vita.
 
In particolare, tutto ciò mi veniva in mente guardando la mia e la tua famiglia.
 
Evidentemente mi sbagliavo.
 
Forse, l’amore eterno, non esiste.
 
 
 
 
 
Dicembre 1999.
 
 
 
 
Taichi e Sora si trovavano a lezione quella mattina.
 
Il ragazzo dai capelli castani stava come al solito mezzo addormentato sopra al suo banco e sbadigliava di continuo, mentre la compagna, da brava studentessa ,prendeva appunti.
 
Quei mesi erano passati abbastanza velocemente ed anche tranquillamente.
 
I due amici non avevano avuto più problemi con il nuovo biondino della classe poiché, da quel giorno in cui Taichi mise le cose in chiaro, non si erano più rivolti parola.
 
Vi erano attimi in cui il ragazzo dalla chioma folta incrociava gli occhi gelidi di Yamato, e quei momenti erano pieni di tensione, soprattutto per Sora.
 
Lei, essendo un tipo socievole e solare, odiava queste situazioni di rivalità e di astio, ma purtroppo aveva a che fare con un amico testardo e ,forse, con un altro ragazzo cocciuto quanto lui, per questo aveva rinunciato anche a rimproverare il compagno.
 
Finalmente era arrivata la ricreazione e, come al loro solito, i due amici si diressero dalla piccola Hikari che in quel momento era in palestra assieme ai suoi compagni.
 
Non appena entrarono,videro la bella bambina seduta su di una panchina che guardava di continuo attorno a sé, come se volesse trovare qualcosa in particolare.
 
Non ci volle tanto a capirlo. perché, non appena incrociò con il suo sguardo color nocciola le sue amate figure, saltò di scatto dalla panchina e corse più velocemente possibile fino a gettarsi tra le braccia del suo caro fratello, urlando piena di felicità il suo nome.
 
Taichi, in tutta risposta, scoppiò a ridere per l’agile scatto che la piccola aveva fatto.
 
-Hikari! Da quando corri così?? Devi stare attenta!- disse mentre la sollevava in aria e le faceva fare una giravolta.
 
Sora rise:
 
-Taichi, stai prendendo le manie di tua madre! Cerca di stare meno in ansia almeno tu!
 
Dopo aver stretto sua sorella a sé, guardando la ragazza dai capelli ramati con uno sguardo abbastanza contorto, rispose:
 
-Sora, non sei simpatica quando fai queste battutine!!!
 
-Sora è simpatica!!!- intervenne all’improvviso la piccola Hikari che si slanciò dalle braccia del fratello per gettarsi sopra alla sua sorella acquisita.
 
Per fortuna che Sora aveva i riflessi allenati, così da prenderla al volo:
 
-Oh, piccola mia!Non lo fare mai più!Potrei non riuscirci la prossima volta!
 
-Ed ora chi ha le ansie?!- non si fece perdere l’occasione il compagno.
 
L’amica ,per tutta risposta, gli fece la linguaccia, mentre Hikari la riempiva di baci delicati sulla guancia.
 
La bella e serena situazione, però, venne interrotta dal pianto di un bambino che attirò l’attenzione dei presenti.
 
Non appena si voltarono, videro un bellissimo bambino dai capelli biondi con le lacrime agli occhi e che rincorreva alcuni suoi compagni.
 
Dopo aver osservato la scena per bene, i ragazzi notarono che questi ultimi si lanciavano tra di loro qualcosa non appena il piccolo bambino si avvicinava a qualcuno di loro.
 
Taichi capì subito che lo stavano disturbando, così ,senza esitazione e senza pensarci, come faceva ogni cosa, si precipitò verso il gruppetto a passo svelto, proprio nel momento in cui l’oggetto venne lanciato di nuovo in aria.
 
Di scatto, il bel ragazzino lo prese al volo, e subito si voltò verso i bambini:
 
-Allora?! A che gioco state giocando?- chiese severo.
 
Nessuno dei presenti rispose, ma si scrutarono l’uno con l’altro.
 
-Vi sembra il modo di giocare questo?Non si prende in giro un compagno! Vergognatevi!
 
Nessuno era in grado di reagire, il suo intervento improvviso li aveva spiazzati e intimoriti, così ad un tratto corsero tutti via, tranne lui, quel bel bambino dagli occhi azzurri e che aveva ancora qualche lacrima agli occhi.
 
Dopo avergli lanciato un sorriso trionfante, gli si avvicinò lentamente e gli porse l’oggetto che gli avevano rubato.
 
Fino a quel momento Taichi non aveva fatto caso a cosa fosse, poi notò che era un cappellino verde smeraldo.
 
Il bambino, in silenzio e guardandolo teneramente, prese il cappellino con un po’ di timore.
 
-Ecco, vedi? Ora hai ripreso il tuo cappello! Se ti vengono a dare fastidio di nuovo chiamami!- esclamò sorridendogli a trecentosessanta gradi.- Puoi stare tranquillo ok?
 
Il biondino, dopo essersi asciugato le lacrime, ricambiò il sorriso ed esclamò deciso:
 
-Grazie! Grazie mille!
 
Intanto, senza che se ne fossero accorti, Sora e Hikari li avevano raggiunti.
 
-Ti avevano ripreso di nuovo il cappello, Takeru?- chiese la piccola dai capelli castani.
 
-Si… per me è importante, è un regalo… -rispose mettendoselo in testa.
 
La ragazzina dagli occhi color miele si abbassò:
 
-Dai, puoi stare tranquillo, ora è tutto apposto!- lo rassicurò sorridendogli dolcemente.
 
-Takeru?! –una voce all’improvviso ruppe l’atmosfera.
 
I presenti si voltarono; avevano il sospetto di aver sentito quella voce da qualche altra parte ed infatti i loro timori erano fondati.
 
Poco più in là, davanti all’ingresso della palestra, c’era lui, Yamato che, dopo aver squadrato i suoi compagni di classe, cominciò ad avvicinarsi.
 
Non fecero in tempo a farsi domande che, il piccolo bambino esclamò correndogli incontro:
 
-Fratellone!!Sei venuto!!
 
Una scossa. Una specie di lampo nella mente di Sora e Taichi. Fratellone? Quel piccolo bambino era suo fratello? Ma in quei mesi mai avevano sospettato o comunque intuito che Yamato avesse un fratello e per di più che andasse nella stessa classe di Hikari!
 
Soprattutto Taichi, rimase sconvolto da quella rivelazione spuntata così all’improvviso.
 
Nel frattempo,il compagno dagli occhi gelidi si era chinato verso Takeru, accarezzandogli la testolina.
 
Sora cercava di incrociare lo sguardo del suo caro amico, era imbarazzata e non sapeva cosa fare.
 
Per fortuna che i bambini hanno il potere di parlare all’infinito e di non rendersi conto di certe situazioni.
 
-Yamato! Pensavo non venissi più!
 
-Scusa per il ritardo…- fece una pausa gettando un occhio sui due ragazzi impietriti-.. che stavi facendo di bello?
 
Era evidente che quella domanda era un’allusione, il biondino voleva in realtà sapere perché stava parlando proprio con loro.
 
A  Takeru vennero di nuovo gli occhi lucidi e,strofinandoseli, rispose:
 
-Vedi, Yamato, appena è suonata la ricreazione alcuni compagni mi hanno rubato il cappello e…e non me lo facevano prendere… poi per fortuna è arrivato quel ragazzo laggiù che mi ha aiutato! Mi ha preso il cappello che mi hai regalato tu, fratellone!- esclamò infine indicando Taichi e poi facendogli vedere fiero che in testa indossava il suo cappello.
 
Invece di esserne felice, Yamato si irrigidì per un attimo.
 
A quel punto, l’eroe della situazione spostò lo sguardo verso la sua cara amica che intanto aveva ripreso in  braccio la piccola Hikari.
 
-Cosa c’è fratellone?
 
Il biondino si alzò piano piano, e poi si avvicinò a Taichi.
 
Dopo aver guardato Sora che cercava quasi di nascondere la sua testa dietro a quella della piccola bambina, si rivolse all’amico:
 
-Grazie.
 
Lo disse con un tono freddo e distaccato, quasi da far pensare che in realtà non lo volesse neanche dire.
 
Ma da un lato, da lui nessuno si sarebbe aspettato un comportamento simile.
 
Sora guardava speranzosa Taichi, aveva paura che per la sua testardaggine non gli rispondesse.
 
Ed infatti esitò, così che Yamato, dopo aver chiuso gli occhi come se volesse sospirare, cominciò a voltarsi per andarsene.
 
-Di nulla.
 
Rispose senza preavviso ed in ritardo il castano.
 
Si scambiarono degli sguardi indecifrabili, ma Sora riusciva ancora a captare freddezza ed astio.
 
Dopo un breve attimo, il biondo si avvicinò al fratello che prese per mano, e si allontanarono in silenzio.
 
 
 
 
 
 
 
 
Ormai anche quella mattinata di scuola era passata.
 
Più si andava avanti e più sembrava che le giornate non finissero mai.
 
Sora e Taichi, non appena suonò la campanella, si precipitarono fuori dall’aula: la ragazza aveva fretta perché doveva vedere Mimi, se no non riusciva mai a stare un po’ insieme a lei!
 
Taichi, come al solito, era scocciato da questa cosa, non sopportava a volte quella ragazzina a suo parere lagnosa ed appiccicosa.
 
Dopo aver prelevato la piccola Hikari, cominciarono ad aspettare l’amica poco prima dell’uscita dal cortile della scuola.
 
-Uffa Sora!!! Ma che noia!!! Ma si sta tanto bene e tranquilli senza quella lagnosa che parla ogni secondo e non sta zitta un attimo!!!
 
-Taichi, possibile che ti debba sempre lamentare? Mimi è mia amica, se proprio non la vuoi vedere né sentire tu ed Hikari potete avviarvi!- esclamò esausta ed un po’ nervosa.
 
-No, io non vado a casa senza Sora!!- cominciò a lamentarsi la piccolina in questione che si attaccò alle gambe della ragazza, provocandole un enorme tenerezza ed un conseguente dolce sorriso.
 
-Oh, piccola Hikari!
 
Taichi invece sbuffò e cominciò a rifarle la bocca a bassa voce.
 
-Guarda che ti sento…-  disse lei guardandolo storto mentre accarezzava la sua adorata sorellina.
 
A quel punto incrociò le braccia e rivolse la testa all’insù offeso.
 
Sora rise a quell’espressione buffa e ,non appena si voltò, vide in lontananza la sua amica.
 
-Oh, eccola finalmente!- esclamò entusiasta e salutandola da lontano.
 
-Addio tranquillità, ci vediamo a casa!!-esclamò invece Taichi.
 
-Oh, ma non è sola, ci sono due ragazzi con lei!- osservò l’amica evitando di rispondere alla sua futile battuta.
 
Taichi a quelle parole sgranò gli occhi per mettere a fuoco i poveretti che l’accompagnavano.
 
Da un lato c’era un ragazzo un po’ più basso di lei con i capelli rossicci e dall’altro, invece, un ragazzo più alto con gli occhiali da vista e ,dall’apparenza, un po’ impacciato.
 
-Scusa Sora per il ritardo!!!!!!!!-cominciò ad urlare la ragazza dai capelli lunghi e color cenere, facendo alzare le mani ai due poveri accompagnatori.
 
-Ecco, poi dimmi che non ho ragione…- sussurrò Taichi all’orecchio di Sora, provocandole una piccola e contenuta risatina.
 
Non fece in tempo ad arrivare davanti all’amica che subito cominciò a parlare:
 
-Non puoi capire, Sora! Oggi è stato tremendo! Le maestre ci hanno fatto fare mille esercizi, e ci hanno dato mille compiti, ed ora non ci lasciavano più andare!!!- cominciò a lamentarsi gesticolando con le mani ed enfatizzando ogni parola.
 
-Esagerata…-sussurrò il ragazzo più basso a fianco.- … ha fatto solo due esercizi ed abbiamo fatto ritardo perché stavi parlando con le altre compagne.
 
-Koshiro…. Chi ti ha interpellato?!
 
-Ecco vedi? Lo dicono anche i tuoi compagni di classe!! Sei noiosa!!!- esclamò Taichi facendole la linguaccia.
 
-Oh, ma guarda chi c’è! Non ti avevo visto, mi sembravi un cespuglio!
 
-Basta, vi prego non cominciate se no me ne vado!- esclamò Sora esasperata.
 
-Ma Sora!! Hai visto?  Ha cominciato lui!!!
 
-Dai, Mimi, parliamo di cose serie… vieni o no a casa mia oggi pomeriggio?
 
-Vorrei tanto Sora, ma mia madre si è ammalata ed ha bisogno di me e delle cure del padre di Jo, che mi stava appunto dicendo che avrebbe chiamato suo padre per dirgli che doveva venire a visitare mia madre!
 
-Oh…emh…io?Davvero?- fece impacciato il ragazzo grattandosi la testa.
 
-Si Jo, non vorrai lasciare mia madre in quello stato???
 
-Io??? No no… io no…cioè..
 
Il povero ragazzo era molto imbarazzato, lo poteva notare chiunque, anche la piccola ed innocente Hikari.
 
Sora così decise di intervenire:
 
-Oh, Mimi, ma non ci hai presentati…
 
Come se si svegliasse all’improvviso e si trovasse catapultata bruscamente nella realtà, la ragazza dai bei capelli lunghi esclamò con la sua solita voce squillante:
 
-Hai ragione!! Scusate!! Davo ormai per scontato tutto! Bè allora, lui è Koshiro, il super genio di cui ti avevo parlato…- fece indicando il ragazzino dai capelli rossicci che, una volta sentito il nuovo nomignolo, la guardò storto grattandosi la testa- e lui invece è Jo, il ragazzo impacciato ,figlio del mio medico, di cui ti avevo parlato!
 
Quest’ultimo arrossì vistosamente e posò lo sguardo a terra per evitare ulteriori imbarazzi.
 
Taichi, come era solito fare, si fece avanti:
 
-Oh molto piacere!!!io sono Taichi, lei è mia sorella Hikari, e lei è Sora, la povera ragazza preda dell’amicizia di Mimi!
 
Scoppiò un’altra risata generale, con l’interessata che lo fulminò indignata.
 
-Stavamo dicendo, mia e sottolineo MIA dolce Sora, che non posso oggi per questo inconveniente…avevi delle novità da raccontarmi??
 
-Oh, ma niente di che Mimi…a parte il fatto che abbiamo scoperto che il misterioso Yamato ha un fratellino che va a scuola con Hikari!
 
-Che cosa????!!- urlò per l’ennesima volta la ragazzina, scatenando dei brontolii da parte dei due accompagnatori- questo si che è uno scoop! Ed è freddo e gelido pure lui?
 
-Macchè!- intervenne Taichi- E’ un bambino tanto tenero e carino!Niente a che vedere con lui!
 
-Taichi…-lo rimproverò Sora.
 
-Ma scusate…-intervenne Jo- ma Parlate di Yamato Takeshi?
 
A quella domanda, i presenti si voltarono un po’ allibiti.
 
-Si, perché?- chiese Taichi.
 
-Oh, io lo conosco. Mia madre è molto amica con la sua…
 
-Dici davvero ,Jo??? Tu conosci l’affascinante Yamato??- chiese sempre con voce squillante la ragazzina dai capelli color cenere.
 
-Oh, si si, solo che non lo vedo molto spesso perché lui vive con il padre… i genitori sono separati e il piccolo Takeru è stato affidato alla madre…
 
Sora, a quella notizia, ricevette una strana sensazione.
 
Non doveva essere bello vivere così, con i genitori separati e diviso dal fratello, lei mai avrebbe voluto che accadesse.
 
-Oh, non lo sapevo…- fece Taichi un po’ scosso dalla notizia.
 
-Bè si, cioè sono rimasti in buoni rapporti, grazie appunto a Takeru e Yamato, però è così…
 
-Ma scusa, ma con te Yamato è così gelido????- chiese di nuovo Mimi.
 
-Oh, no no… lui è un tipo così… sta un po’ sulle sue, però è un bravo ragazzo…  ed è molto attaccato al fratello anche se non sembra…
 
Sora guardò a Taichi. Soprattutto quest’ultimo si era sbagliato un po’ sul suo conto e piano piano cominciò ad arrivare nelle loro teste che forse un po’ di colpa per tutto quello che era accaduto era anche la loro.
 
Soprattutto il ragazzo dai capelli castani aveva preso le distanze da quel compagno e gli aveva messo una croce sopra,ma ,se andava a pensarci bene, il motivo per cui avesse quell’atteggiamento nei suoi riguardi non gli era chiaro.
 
Forse aveva ragione la sua amica quando gli diceva che a lui lo infastidiva solo perché era il suo contrario.
 
Forse aveva proprio sbagliato lui a non cercare di andargli incontro.
 
Tutti questi pensieri furono interrotti dalla piccola Hikari che cominciò a tirare i pantaloni del fratello:
 
-Taichi…ho freddo, voglio andare a casa…
 
La piccola aveva ragione, anche se era una bella giornata comunque si gelava.
 
Dopo averle accarezzato la testa e preso la mano, salutò tutti i presenti insieme alla sua cara amica.
 
 
 
 
 
 
I tre ragazzini erano appena tornati a casa.
 
Quel giorno pranzavano tutti e tre a casa di Sora, visto che i suoi non c’erano .
 
Hikari gironzolava intorno ai due ragazzi più grandi , parlando della scuola e di cosa aveva fatto quel giorno.
 
Sora ascoltava ogni sua singola parola, era davvero adorabile quando faceva così, con quel suo dolce sorriso e la sua stupenda ingenuità.
 
Taichi, invece , apriva senza problemi ogni sportello per vedere cosa potesse cucinare, gli piaceva improvvisarsi cuoco anche se poi alla fine sapeva fare solo una cosa, l’omelette.
 
-Poi, Sora, la maestra mi ha detto che sono stata molto brava, e che ho una bella scrittura! Devo continuare così!
 
-Bravissima Hikari, sono contenta che ti piaccia la scuola! Sai ,avevo paura che potessi prendere vie sbagliate, tipo quelle di Taichi!
 
-Ehi!!- esclamò il ragazzo sentendosi chiamato in causa- non sarò un genio a scuola, ma sono bravo in tutto il resto! E mentre voi, signorine, chiacchierate, io, lo chef Taichi, sto provvedendo al cibo!
 
-Ma, fratellone, tanto si sa che oggi cucini l’omelette…
 
Sora scoppiò a ridere. Hikari aveva detto quella frase un po’ abbattuta, non perché il fratello cucinasse male , anzi, la faceva benissimo, solo che era un mese e più che mangiava sempre quello.
 
Taichi ne rimase un po’ sconvolto, voleva cucinare proprio l’omelette.
 
L’amica allora gli appoggiò una mano sulla spalla e facendogli l’occhiolino propose:
 
-A chi va il risotto con il pesce?
 
-A me!A me Sora!!A me!!- urlò entusiasta Hikari.
 
Taichi si rassegnò, si sentiva ferito:
 
-Non sapete riconoscere i miei talenti nascosti!
 
Le due ragazze risero insieme,poi Sora cominciò a preparare il risotto mentre Taichi parlava e giocava con Hikari.
 
Ad un tratto, mentre cucinava, alla giovane Takenouchi le ritornarono in mente le parole di Jo su Yamato.
 
Ne era rimasta un po’ scossa, solo perché si sentiva un po’ in colpa.
 
Lei era fatta così, per niente al mondo avrebbe voluto ferire qualcuno e aveva paura di aver fatto soffrire o comunque aver ferito quel ragazzo senza accorgersene o solo con il suo comportamento di indifferenza.
 
Chissà, forse in realtà si sentiva solo, e quell’atteggiamento freddo e distaccato lo usava come scudo.
 
Cominciò a riempirsi di dubbi e Taichi, che era poco distante, notò la sua espressione turbata.
 
-Ehi, cuoca, qualcosa non va?- chiese diretto.
 
Sora si svegliò e lo guardò un attimo, non poteva mai nascondergli niente, nemmeno i suoi pensieri.
 
-Oh, Taichi, stavo ripensando a Yamato.
 
Il castano rimase in silenzio per qualche secondo, cosa che non era da lui, di solito parlava e rispondeva senza neanche pensare.
 
-Perché?
 
-Oh, ecco…- rispose riportando lo sguardo sulla padella- … ho paura che ci siamo comportati male anche noi… e.. e se lo avessimo offeso in qualche modo?
 
Taichi adorava la sua migliore amica, ma c’era qualcosa che non poteva reggere di lei, e quelle erano le sue paranoie.
 
Sora si faceva i problemi per ogni cosa, se vedeva qualcuno che stava male gli veniva in mente che forse era colpa sua, se succedeva qualcosa si sentiva sempre in colpa. Era troppo problematica e lui glielo ripeteva quasi ogni giorno.
 
Dopo un lungo respiro, il ragazzo dalla folta chioma le disse:
 
-Sora, non cominciare! Ma come puoi avergli fatto qualcosa? Non lo hai né sfiorato né rivolto parola in questi mesi! Ora perché hai saputo della sua situazione familiare ti stai facendo mille problemi… non penso che sia stata tu a far lasciare i suoi genitori!- esclamò per sdrammatizzare e farla sentire più tranquilla.
 
-Oh, Taichi, perché devi sempre rimproverarmi in questo modo… io intendevo quella volta, forse sono stata troppo cattiva a rispondergli in quel modo, e forse tu non ti sei comportato bene, ecco…
 
Hikari assisteva alla situazione in silenzio, non si intrometteva mai nelle loro discussioni, anche perché non è che capiva molto di cosa stessero parlando, quindi intanto accese la tv.
 
Taichi si alzò dalla sedia e andò incontro alla sua amica.
 
-Sora, guardami. Allora, non puoi fare sempre così ogni volta! Si è comportato male nei nostri confronti e noi ci siamo difesi, punto.
 
-Si però, potevamo anche non rinchiuderci a riccio così, non abbiamo mai provato ad instaurare un rapporto…
 
-Ma neanche lui!
 
-Taichi, tu sei troppo orgoglioso e testardo.
 
-E tu sei paranoica! Non puoi salvare ogni persona del mondo ,Sora! Pensa un po’ più a te stessa e no sempre agli altri!
 
Continuò a cucinare in silenzio.
 
Era evidente, si era offesa.
 
Taichi sospirò, ogni volta era così.
 
Si voltò verso la sorellina, era davanti alla tv a guardare i cartoni di quell’ora.
 
Posò di nuovo il suo sguardo sull’amica alle prese con i fornelli.
 
-Sora..
 
-Si, tra poco è pronto.
 
-Dai Sora…-fece abbracciandola e facendole il solletico.
 
Di poco per colpa di quel gesto non rovinò il loro pranzo.
 
La ragazza dai capelli ramati scoppiò a ridere,lasciando per tempo la padella.
 
-Taichi! !!
 
-Almeno così ridi!Smetterò solo se te la smetti a farmi il muso da offesa!!
 
-Dai!!!!- continuò a ridere ed a cercare di staccarsi.
 
Hikari, che aveva visto la scena da lontano, a quel punto si alzò e corse verso i due.
 
Raggiunti, ridendo, cominciò a fare il solletico al fratello, in difesa di Sora.
 
Tutti e tre cominciarono a ridere ed a rincorrersi per tutto l’appartamento.
 
Come sempre, la loro giornata doveva terminare con il sorriso.
 
 
 
 
 
 
 
Passarono pochi giorni.
 
Era ricreazione e quel giorno Taichi era andato a trovare sua sorella, come era solito.
 
Sora non andò, doveva finire di fare un esercizio che non le riportava, così rimase in classe, seduta al proprio banco.
 
Stava immersa nei suoi ragionamenti, con gli occhi fissi sul quaderno di matematica quando un compagno ,passandole vicino, le spostò il banco e le fece cadere l’astuccio aperto a terra, con tutte le sue penne.
 
-Oh, Akahito, fa attenzione…
 
-Scusa Sora, vado di fretta!!- esclamò scappando via.
 
La ragazzina sospirò, si chinò e cominciò a raccogliere tutto il suo materiale gettato così a terra.
 
Vide delle mani che cominciarono ad aiutarla, così alzò il suo sguardo ed incrociò due bellissimi occhi azzurri.
 
Si raggelò, era quello l’effetto che le faceva lo sguardo di Yamato.
 
Mentre lei era rimasta ferma, lui finiva di raccoglierle gentilmente le penne.
 
Sora non riusciva più neanche a pensare perché la sua mente era rimasta congelata.
 
Una volta finito,Yamato si alzò e subito porse la mano alla compagna per aiutarla ad alzarsi.
 
Dopo averla guardata un istante, per non fare brutte figure, non esitò ad accettare l’aiuto.
 
Per lo stesso motivo lo ringraziò senza esitazione e sorridendogli:
 
-Grazie, Akahito è sempre così... poi non ti aiuta mai…
 
-Già ho notato.- gli rispose spostando poi il suo sguardo verso il borsone da calcio che Sora teneva vicino al banco.
 
Dopo lezione aveva subito gli allenamenti quel giorno, perché il Sabato la sua squadra aveva una partita.
 
-Oh, ma tu giochi a calcio?- domandò incuriosito.
 
La ragazza, con un pizzico di imbarazzo e di stupore, gettò un occhio alla sua borsa e poi di nuovo sul biondino.
 
-Oh…emh, si…
 
-Strano, è raro che una ragazza giochi a questo sport.
 
-Eh lo so, ma mi ci sono appassionata, fin da piccola ci ho giocato con Taichi e così…
 
-Ma sei in squadra con lui?
 
-Si, prima facevo parte di una squadra femminile, poi mi hanno cacciata così… mi hanno presa con loro…
 
-Ah, non lo sapevo.
 
Sora era un po’ imbarazzata, sinceramente non si aspettava di dialogare con Yamato quel giorno, e non si aspettava che fosse interessato a ciò che facesse.
 
Il biondino se ne stava per ritornare al suo posto, ma la ragazza d’istinto continuò:
 
-Perché, a te non piace il calcio?
 
L’affascinante compagno si voltò verso di lei e le si avvicinò:
 
-Bè si, ci so giocare ma non ne vado matto.
 
-Anche questo è raro allora, non credi?- fece ridendo.
 
Per la prima volta, vide Yamato accennare ad un sorriso:
 
-Bè, hai ragione.
 
-E quindi, che sport ti piace?
 
-Ma non c’è uno sport in particolare, gioco a tutti, a me , più che altro, piace suonare.
 
-Davvero?-domandò sbalordita la ragazza.-E cosa?
 
-Bè ultimamente mi sono buttato sull’armonica, è uno strumento un po’ sottovalutato.
 
-E’ una bella cosa, non ti ci facevo proprio, sai?-disse sinceramente e continuandogli a sorridere.
 
Piano piano la tensione che sentiva all’inizio andava via via svanendo e cominciava a sentirsi a suo agio.
 
-Potrei dire la stessa cosa.  – rispose lui accennandole un sorriso e facendola ridere.
 
Proprio in quel momento stava rientrando Taichi assieme a dei compagni che gli stavano parlando di calcio.
 
Anche lui parlava animatamente con loro, fino a che non rimase allibito e stroncato dalla scena che gli si presentò davanti: La sua carissima amica ridere con lui, con Yamato che a sua volta le sorrideva e le continuava a parlare.
 
Fu un fulmine a ciel sereno.
 
Nessuno dei due si era accorto del suo arrivo e furono interrotti solo dal suono della campanella che stava ad indicare la fine della ricreazione.
 
Infatti a quel suono, Yamato se ne tornò a posto, porgendo prima l’astuccio a Sora, e quest’ultima ,con il sorriso stampato in viso, si sedette guardando il suo quaderno, ma Taichi notava anche da lontano che in realtà non stava pensando affatto alla matematica.
 
Il suo sguardo si posò di nuovo su Yamato, lo guardò fino a che non arrivò al suo banco.
 
Il biondino, da quando si era seduto, aveva cominciato a guardare con sguardo il paesaggio al di fuori della finestra.
 
Sora si accorse dell’arrivo del suo amico solo quando si mise a sedere al suo fianco.
 
-Oh, Taichi, come stava Hikari?Me l’hai salutata?
 
Il castano guardò l’amica arrabbiato, era palese, anche chi non lo conosceva l’avrebbe capito.
 
La ragazzina lo guardò interrogativa, poi gli appoggiò una mano al braccio per scuoterlo un po’, ma niente, la sua unica reazione fu voltarle la testa non appena entrò la maestra.
 
Lei ancora non riusciva a capire perché facesse così, poi esaminando piano piano che cosa avesse fatto di male nei suoi confronti, le venne in mente che, forse, l’aveva vista parlare con Yamato.
 
Dal dubbio, quasi le arrivò la convinzione che fosse per questo, così si voltò verso la maestra.
 
Gliene avrebbe parlato fuori.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Suonata la campanella, i  due ragazzi se ne andarono di corsa, con la borsa per gli allenamenti sulle spalle.
 
Taichi camminava a passo svelto, senza aspettare la compagna.
 
Infatti ,Sora quasi che faticava a stargli dietro.
 
Ma lei già sapeva che quando faceva così era perché si era offeso, quante volte già lo aveva fatto!
 
-Taichi…- lo chiamò inutilmente.
 
Sapeva anche che ormai, quando succedevano queste cose, doveva usare le “maniere forti”.
 
Così, si fermò di scatto e gli gettò la sua borsa di calcio in mezzo alle gambe, facendolo inciampare e cadere a terra con le gambe all’insù.
 
Quasi le veniva da ridere per la scena, ma cercò di trattenersi.
 
Dopo un primo momento, Taichi si alzò di scatto e si voltò finalmente verso di lei:
 
-Ma sei impazzita?! Mi potevi far male!
 
Notò che l’amica lo guardava severa e con le mani ai fianchi.
 
Era evidente, stava aspettando spiegazioni.
 
-Allora? Ne parliamo o no? Che c’è?
 
Il ragazzo dalla folta chiome imbronciò il viso e spostò il suo sguardo altrove, incrociando le braccia.
 
Dopo aver preso un lungo respiro, Sora si fece di nuovo avanti:
 
-E’ per Yamato, giusto?
 
Alchè scostò lo sguardo su di lei, imbronciandosi ancora di più.
 
-Dai, non è da te restare muto…
 
-Oh, Sora, ma che vuoi? Se ti va di parlare, va dall’asociale, sembra che con te ci si trova bene!!
 
La ragazzina abbassò la testa scuotendola, era davvero prevedibile:
 
-Taichi, ci siamo scambiati due parole… non mi puoi far credere che ti sia offeso per questo..
 
-Dovevo capirlo dal tuo discorso dell’altro giorno…
 
A quel punto, gli si avvicinò prendendo la sua borsa di allenamento:
 
-Te la potevi proprio evitare questa, Taichi, nemmeno mi hai chiesto cosa ci siamo detti e perché abbiamo cominciato a parlare, sai sempre tutto, arrivi alle conclusioni senza sentire il parere degli altri.
 
Cominciò ad incamminarsi , quando la fermò per un braccio.
 
Stava per replicare quando sentirono da lontano qualcuno che li stava chiamando.
 
Videro un ragazzo in divisa da calcio corrergli incontro.
 
Una volta raggiunti, dopo averlo salutato, Taichi gli chiese:
 
-Cosa c’è Hachiro? Stiamo arrivando, dacci un secondo.
 
Disse sbrigativo il castano voltandosi di nuovo verso Sora per continuare il suo discorso.
 
-No, Taichi, sono venuto per dirvi che gli allenamenti oggi non ci sono più, l’allenatore ha avuto un contrattempo.
 
A quel punto gli prestò attenzione.
 
Rimasero un attimo spiazzati dalla notizia, poi, come sempre, intervenne Sora:
 
-Oh, grazie mille Hachiro, ci hai evitato un viaggio a vuoto- fece sorridendo.
 
Il ragazzino ricambiò il sorriso e dopo aver scambiato altre parole con i due compagni, alla fine se ne andò correndo.
 
La ragazza dagli occhi color miele cercò a quel punto di incrociare lo sguardo dell’amico che però ancora non aveva il coraggio di guardarla.
 
-Taichi, che ne dici se ne parliamo con calma a casa?- chiamò la sua attenzione all’improvviso.
 
Era davvero una buona idea, così accettò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano quasi arrivati a casa.
 
Stavano aspettando l’ascensore per salire fino al piano dell’appartamento di Sora.
 
Nel frattempo avevano parlato del più e del meno, di cosa potevano fare il pomeriggio visto che non avevano gli allenamenti e di cosa c’era da fare per la scuola per il giorno seguente.
 
-Taichi, ti dispiace se vengo da te a studiare? A quest’ora non ci sono i miei a casa… così se vuoi anche chiarire la questione di Yamato lo facciamo con calma…- disse improvvisamente Sora guardando le porte dell’ascensore che si aprivano di fronte a lei.
 
-Ma certo, Sora, che puoi venire da me… però non vedo cosa dovremo chiarire… mi rendo conto di aver esagerato…- ammise non appena entrò nell’ascensore.
 
L’amica, che era entrata con lui e che gli era a fianco, lo guardò stupita.
 
Di solito, per chiarire ci volevano almeno mezza giornata perché Taichi voleva sempre la ragione.
 
Scrutò il suo volto che era rivolto verso il basso, come se fosse mortificato.
 
Sentì una strana sensazione provenire dal cuore, come se fosse una piccola fitta, e cominciò a provare tenerezza nei confronti dell’amico.
 
-Taichi… non volevo risponderti male… è che …
 
-No Sora, hai ragione, non c’è niente di male parlare con un altro ragazzo ma vedi, quando ti ho visto con lui mi sono saliti i nervi, non so nemmeno io perché… forse hai ragione tu quando mi dici che non lo sopporto semplicemente perché è il mio opposto..
 
L’ascensore continuava a salire senza che Sora se ne accorgesse.
 
Era troppo stupita dalla risposta dell’amico.
 
-Bè, Taichi, se dobbiamo essere del tutto sinceri però, dobbiamo ammettere che anche lui è un testardo come te… come tu non ti fai avanti, neanche lui lo fa…- disse mentre le porte dell’ascensore cominciavano ad aprirsi.
 
-Bè, si, è vero… però mi dispiace per averti trattata male… scusami davvero…
 
Lei sorrise, le bastavano solo le scuse, niente di più.
 
Era troppo tenero quando faceva così.
 
-Ovviamente, scuse accettate Taichi…- disse prendendolo sottobraccio e sorridendo ancora di più.
 
A quel gesto e per quella sua bellissima espressione, sorrise ampiamente anche lui:
 
-Sono contento! Non mi merito un pezzettino di torta per chiudere in bellezza???
 
-Taichi!!- scoppiò a ridere la ragazzina mentre stava per arrivare alla porta.
 
Rise anche Taichi, ma si interruppe quando vide il cambiamento di espressione di Sora non appena si sentì un rumore strano di piatti che si rompevano provenire proprio dall’appartamento.
 
Si voltò verso l’entrata della dimora di Sora e notò che la porta era leggermente aperta.
 
Senza neanche pensarci, i due ragazzi si fiondarono e, una volta arrivati, aprirono di scatto la porta: quello che videro fermò il cuore ad entrambi, soprattutto alla compagna.
 
Non appena entrarono, videro sparsi per tutto il pavimento frammenti di piatti e bicchieri rotti ; seguirono la scia con lo sguardo fino ad arrivare all’angolo cucina in cui vi era la mamma di Sora che urlava a squarciagola qualcosa che per loro era incomprensibile e che continuava a lanciare il servizio da cucina verso una certa direzione.
 
Seguirono con lo sguardo anche questa seconda scia fino ad arrivare a posare gli occhi su qualcosa che per loro era davvero una scena orribile.
 
Dall’altra parte vi era il padre di Sora con a fianco una donna sconosciuta, mai vista, che per la paura si abbracciava all’uomo.
 
I due ragazzi erano così scioccati che non riuscirono ad inquadrare bene la situazione e ciò che stava succedendo.
 
Involontariamente, all’improvviso e con non si sa quale fiato, Sora riuscì a dire:
 
-Mamma…ma che succede?
 
Era terrorizzata, cosa stava succedendo? I suoi dovevano essere a lavoro!
 
Toshiko, non appena sentì la sua voce, si irrigidì e fece cadere  a terra di fronte a lei il piatto che teneva in mano.
 
La stessa reazione la ebbe Haruiko, suo padre, che non appena la vide si staccò dall’altra donna.
 
La sua domanda aveva fatto tacere tutti, creando un silenzio imbarazzante e pieno di tensione.
 
L’aria era pesante e Taichi ,anche se paralizzato dalla scena ,la percepiva.
 
Non ricevendo risposta, Sora cominciò ad agitarsi come mai aveva fatto:
 
-COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO?!- urlò con tutta se stessa fissando soprattutto il padre e la signora a fianco.
 
Non appena gridò, Taichi spontaneamente le mise una mano intorno al bacino, avvicinandola un po’ a sé e cercando di farla calmare.
 
La madre scoppiò a piangere e si inginocchiò a terra, coprendosi il viso con le mani.
 
Il marito, invece , non riusciva ancora a reagire e la persona che gli era a fianco cercava sempre più a nascondersi dietro di lui.
 
Sora aveva il cuore che le batteva a mille.
 
Si sentiva un nodo alla gola, le lacrime venirle su, l’ansia e soprattutto il sangue ribollire e salirle alla testa: non stava più capendo niente.
 
Cominciò a respirare affannosamente e Taichi ,notando lo stato dell’amica, capì che doveva farle da portavoce:
 
-ALLORA?NON RISPONDETE?- urlò anche lui nervoso.
 
Toshiko cominciò a singhiozzare ancora più forte di quanto stesse facendo prima, e ,dopo aver preso il respiro, sempre con le mani in viso, disse:
 
-Tuo padre ci ha tradito Sora! Ci ha tradite!
 
Un abisso.
 
Sora non sentiva più il pavimento sotto ai suoi piedi, in realtà non si sentiva più neanche le gambe.
 
La sua mente era vuota, era come se qualcuno le avesse sparato un proiettile in fronte.
 
Dopo questa prima sensazione, ricominciò a sentire il suo cuore, sembrava che prima si fosse fermato per qualche attimo ed ora aveva ricominciato a battere, dapprima lentamente poi sempre più veloce.
 
Di conseguenza, dopo sempre un primo attimo in cui le parve anche di non respirare, cominciò a farlo a fatica, era come se le mancasse l’ossigeno.
 
Dopo di che, senti il sangue bollire completamente e la mente offuscata.
 
Si stava sentendo male, di nuovo, le stava per prendere un attacco di panico.
 
Sudore, nausea e vertigini.
 
Le gambe cedettero improvvisamente e neanche la presa pronta di Taichi riuscì ad evitare la caduta a terra dell’amica.
 
Si portò le mani al collo e cominciò a respirare affannosamente in modo evidente, le lacrime cominciarono a scenderle copiose.
 
Si sentiva soffocare, non poteva farcela, no, era in piena crisi di panico.
 
Taichi si fiondò subito e le si parò davanti.
 
Le prese il viso e lo portò verso il suo, appoggiando la sua fronte alla sua per guardarsi dritti negli occhi.
 
-SORA! GUARDAMI! SORA, DEVI GUARDARMI!- urlò disperato l’amico in preda al panico anche lui.
 
La ragazza continuava a respirare a fatica ed a piangere.
 
A quella scena, il padre di Sora fece qualche passo per accorrere al soccorso della figlia, ma fu fermato da Taichi , che lo aveva visto con la coda degli occhi, In malo modo:
 
-NON TI AZZARDARE AD AVVICINARTI!- urlò di nuovo senza pensare e furibondo.
 
Non appena si accertò che si fosse fermato, si voltò di nuovo verso l’amica e riappoggiò la sua fronte contro la sua.
 
Cominciò ad accarezzarle le guancie sussurrandole:
 
-Sora, Sora, ci sono io con te, Sora calmati, ci sono io con te! Ci sono io!!Non ti lascio sola, Sora! Sono qui, ti prego,guardami Sora, fallo per me!
 
A quelle parole, l’interessata, continuando ad essere soggetta alla crisi, portò il suo tenero sguardo color miele sugli occhi castani e rassicuranti dell’amico.
 
Taichi le ripeté di continuo le stesse cose , sussurrandole e accarezzandola per farla calmare, e il suo intento riuscì poco dopo.
 
Riuscì ad attenuare quella sensazione orribile che stava devastando non solo il cuore e la mente, ma anche tutto il fisico di Sora.
 
Toshiko, che era stata in silenzio a piangere tutto il tempo, con coraggio riuscì a dire:
 
-Taichi, ti prego, portala via…portala da te…
 
Non se lo fece ripetere.
 
Prese la sua cara amica, nonché sua sorella acquisita, in braccio, la strinse forte a sé e fece appoggiare forzatamente il suo viso al suo petto, come se non volesse farle vedere i volti e le espressioni dei presenti.
 
Dopo aver notato lo sguardo pieno di sofferenza ma anche di gratitudine della mamma, Taichi si voltò di scatto e uscì correndo con la ragazzina esile.
 
Corse veloce cercando di non pensare.
 
In un attimo fece quelle due rampe di scale che dividevano i loro appartamenti, così da arrivare al suo spalancando la porta con un calcio.
 
Yuuko, che era dentro casa a lavare un po’ di pentole in cucina, a quel tonfo sobbalzò, facendo volare la spugna insaponata .
 
Lo stesso la piccola Hikari ,che stava facendo i compiti ,si spaventò a quel brusco rumore, ma ,quando entrambe si voltarono e videro il ragazzo portare tra le braccia Sora ,si impallidirono e il cuore di entrambe sobbalzò ancora di più fino ad arrivare in gola.
 
Hikari si paralizzò alla sedia, mentre la madre corse dietro a Taichi che si stava dirigendo in camera sua.
 
Entrò bruscamente anche in camera da letto e si sbrigò ad appoggiare Sora sopra al letto di Hikari.
 
Yuuko si fermò alla soglia della porta, tenendo una mano sopra al petto.
 
Così come l’aveva appoggiata,così era rimasta: Sora non aveva neanche le forze per muoversi.
 
Dopo averla accarezzata e dopo essersi assicurato che per il momento fosse “tranquilla”, si voltò verso la madre.
 
La guardò negli occhi: la signora Yagami aveva capito dal suo stato fisico e dalla sua espressione sconvolta che era successo qualcosa, ma aveva anche intuito che la giovane aveva avuto un attacco di panico.
 
La piccola Takenouchi soffriva da un po’ di anni di ansia e, in certe situazioni particolari , era accaduto che la ragazzina fosse soggetta a forti attacchi di panico, ma ormai era da tempo che ciò non si manifestava più.
 
Taichi socchiuse la porta e fece cenno alla madre di allontanarsi un poco.
 
Yuuko non ce la fece più ad aspettare:
 
-Taichi, per favore, dimmi subito cosa è successo se no mi sento male!- chiese sottovoce.
 
Taichi portò una mano in fronte la passò tra la sua folta chioma.
 
Era pallido, era evidentemente scosso, di solito le rispondeva in modo immediato invece esitava.
 
-Insomma Taichi…?
 
Si cominciò a strofinare un occhio, poi un altro, ma poi non ce la fece più: i suoi occhi cominciarono ad arrossirsi ed a diventare lucidi.
 
-Mamma.. mamma ti prego aiutami..- fece con voce strozzata-..cosa succederà a Sora…mamma …
 
Notando il suo sconvolgimento, la donna abbracciò teneramente il figlio:
 
-Taichi, calmati…
 
-Mamma…Haruiko ha tradito Toshiko… mamma… quando siamo entrati la mamma di Sora stava urlando e gettando ogni cosa contro lui e la sua amante…- scoppiò così a piangere.
 
A Yuuko le si fermò il cuore. I suoi più cari amici? Haruiko ha un’altra?? Rimase sconvolta anche lei dalla notizia e il suo pensiero andò subito alla sua amica Toshiko e alla sua piccola Sora.
 
Strinse di più il figlio, aveva ragione, ora Sora che avrebbe fatto? Solo loro in famiglia sapevano che in realtà la ragazzina era molto fragile e che queste situazioni complicate non le poteva reggere, un esempio erano appunto i suoi attacchi di panico.
 
-Mamma!!!- urlò all’improvviso Hikari.
 
Si voltarono in direzione della sua voce: la piccola Yagami era entrata in camera in silenzio mentre i due parlavano.
 
Non capirono da subito cosa volesse, poi ,focalizzando bene ,notarono che la bambina piangeva disperatamente e indicava l’interno della camera in cui vi era Sora in ginocchio per terra che si teneva ancora il collo: un altro attacco.
 
Taichi si fiondò in camera, mentre Yuuko prese in braccio sua figlia per calmarla e ,dopo essersi  scambiata uno sguardo con Taichi, se ne andò con Hikari verso il salone socchiudendo la porta.
 
Era meglio che la piccola non assistesse a queste cose.
 
Taichi si mise di nuovo di fronte a lei, ripetendo il solito procedimento.
 
-Ti prego, Sora, guardami. Ci sono io…
 
Dopo qualche minuto ,riuscì anche stavolta a farla calmare.
 
Assicuratosi che si fosse di nuovo tranquillizzata, la prese in braccio e la posò nel letto, ma stavolta si distese con lei.
 
Cominciò a stringerla forte a sé, le voleva far capire che c’era, che lui era li, che non l’avrebbe mai lasciata.
 
Sapeva come era Sora, sapeva come era fatta, sapeva che non avrebbe retto e che tra poco avrebbe avuto un’altra crisi.
 
Perché stava succedendo tutto questo? Perché? Perché proprio alla ragazza più buona e pura che aveva mai conosciuto? Cosa aveva fatto di male?
 
La mente di Taichi era sommersa da mille domande ed ad ogni quesito il suo cuore sprofondava, sempre di più.
 
Quella scena ce l’aveva impressa bene in testa, quindi figuriamoci la sua cara amica.
 
-Ci sono io…- cominciò a sussurrarle -… ci sarò sempre io con te, non devi preoccuparti di nulla, affronteremo ogni cosa insieme, ti proteggerò da qualunque cosa, non preoccuparti.
 
Sentì stringersi la maglietta e singhiozzare, lo stava sentendo.
 
-Ti prego Sora, non ti abbattere, non posso vederti così… ci sarò io, sempre, te lo giuro, ti farò da fratello e da padre… non hai bisogno di certe persone…- disse quest’ultima cosa stringendo i denti con rabbia e piangendo.
 
Quello che era successo aveva stravolto anche lui. D’altronde, Haruiko lo aveva sempre considerato come uno zio, e a volte anche un secondo padre. Era come se avesse tradito anche lui.
 
Sora singhiozzò vistosamente ma Taichi la strinse ancora di più.
 
-Insieme, affronteremo ogni cosa, ce la faremo… ce la farai.
 
La ragazza si accucciò ancora di più continuando a piangere:
 
- Aiutami Taichi…
 
Il tono che aveva usato era davvero sofferente, così tanto che Taichi non riuscì più a trattenere le lacrime.
 
La baciò in fronte e si accucciò anche lui.
 
Non sapeva come sarebbe andata a finire, ma una cosa era sicura, lui non l’avrebbe mai lasciata.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, Yamato era arrivato presto a scuola.
 
Era già seduto sul suo banco e guardava come al solito il paesaggio al di fuori della finestra.
 
Poco a poco cominciarono ad entrare gli altri suoi compagni, ma nemmeno il loro rumore riusciva a distrarlo più di tanto.
 
Guardare il paesaggio lo rilassava e poi, di prima mattina, non aveva poi così tanta voglia di socializzare.
 
Dopo un po’ di minuti, sentì entrare anche l’insegnante che chiuse la porta dell’aula e si diresse verso la cattedra.
 
Solo con ciò, riportò i suoi occhi azzurri all’interno della classe.
 
Non riuscì a sentire l’appello che notò subito una cosa: mancavano sia Taichi che Sora.
 
Intuì che ci doveva essere qualcosa di strano, ma non fece in tempo ad iniziare a ragionare che la maestra si alzò e, dopo aver fissato per qualche secondo i due banchi vuoti, uscì.
 
Non appena si dileguò, la classe cominciò a parlare e a fare casino.
 
C’era chi aveva cominciato a lanciare oggetti, chi a ridere ed a scherzare e chi, invece, si chiedeva effettivamente perché la loro insegnante fosse un attimo uscita dopo l’appello.
 
-Bè, sicuramente è successo qualcosa a Sora.- disse convinto Akahito.
 
Yamato cominciò a prestare attenzione al ragazzo moro al suo fianco.
 
-A questo ci ero arrivato anche io, sa! Quando mancano entrambi è perché sicuro è successo qualcosa a Sora.- rispose Genjo girandosi dal banco davanti.
 
-Scusate, come potete esserne così sicuri?- li interruppe il biondino che non riusciva a capire il loro ragionamento.
 
-Bè ecco, devi sapere che, se per esempio Taichi si ammala, Sora viene lo stesso a scuola per prendergli i compiti e così via, invece, siccome è raro che Sora si ammali, quando mancano entrambi è perché sicuro è successo qualcosa a lei. Taichi, se lei non viene a scuola, non ci va nemmeno lui. Anche perché, diciamoci la verità, se non fosse per Sora lui non verrebbe mai!
 
-Quanto sei simpatico, Genjo…- rispose Hakahito- comunque ciò è tutto vero, per questo pensiamo che forse si è ammalata Sora... e siccome questa cosa la sappiamo tutti, compresi anche i maestri, la nostra insegnante di sicuro è andata a chiamare uno dei genitori per sapere cosa è successo.
 
Yamato , dopo quelle parole, cominciò a ragionare.
 
Non pensava che il livello della loro amicizia arrivasse a tanto. Non aveva mai sentito una cosa del genere.
 
Ma poi, se fosse vero, cosa poteva essere accaduto?
 
Si rese conto di provare una certa preoccupazione nei loro confronti, non sapeva nemmeno il perché.
 
Quei due ragazzi li aveva inquadrati fin dall’inizio, per lui avevano qualcosa di strano e particolare, percepiva qualcosa che non aveva mai sentito.
 
Per questo aveva deciso di prendere inizialmente certe distanze, voleva capirli meglio osservandoli.
 
Posò di nuovo il suo sguardo fuori dalla finestra.
 
Chissà ora dov’erano quei suoi compagni, chissà cos’era successo davvero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Taichi si svegliò tardi.
 
Quando aprì gli occhi , vide per prima cosa il viso pallido di Sora che ancora dormiva.
 
Notò che era ancora rigato da qualche lacrima, evidentemente aveva pianto ancora.
 
La strinse ancora più forte e chiuse di nuovo gli occhi; il giorno precedente non aveva voluto toccare cibo e a malapena aveva bevuto qualche sorso d’acqua.
 
Era stato davvero difficile, anche per riaddormentarsi.
 
Aveva avuto un altro attacco di panico forte durante la notte, ma per fortuna il ragazzo era pronto a ciò e l’aveva calmata di nuovo.
 
Poi ,però, lui non era riuscito a prendere più sonno fino a tarda notte.
 
Aveva cominciato a piangere e a pensare a cosa sarebbe accaduto nei giorni successivi, come sarebbero potuti andare avanti.
 
Quando accadono certe cose è difficile riuscire a proiettarsi da subito ad una situazione futura migliore di quella presente, neanche lui ,che era un tipo ottimista, ce la faceva.
 
Riaprì gli occhi e voltò la testa verso il comodino per vedere che ora fosse: erano quasi le undici e mezza, era più tardi di quanto avesse pensato.
 
Dopo aver dato un’  ultima occhiata alla sua amica, si alzò lentamente per non svegliarla e, altrettanto silenziosamente, uscì dalla sua camera.
 
Accostò la porta e si avviò verso la cucina e il salone.
 
Sentì la voce di sua madre che parlava con un’altra persona, così ,invece di entrare subito nella stanza, si fermò in corridoio per capire chi fosse.
 
-Come ha passato la notte la mia piccola Sora, Yuuko?
 
-Guarda Toshiko, è andata meglio del previsto, ha avuto solo una crisi, ma per fortuna che Taichi la sa calmare…
 
C’era la mamma di Sora. Il ragazzo dalla folta chioma si affacciò piano, non voleva interrompere il loro discorso.
 
Vide che Toshiko cominciò a mettersi le mani in viso, e sua madre subito le si accostò:
 
-No, tranquilla, non fare così, amica mia…
 
-Cosa abbiamo fatto di male? Yuuko, come andremo avanti? La mia piccola Sora, la mia bambina è così sensibile… perché ci ha fatto questo Haruiko?- fece disperata mentre piangeva a dirotto.
 
La signora Kamiya la abbracciò:
 
-Devi stare tranquilla, lo sai che ormai siamo una famiglia, insieme riusciremo a passare anche questo momento, vedrai che insieme ci riprenderemo e Sora riuscirà a ritornare alla sua serenità.
 
-Vorrei ringraziare Taichi, Yuuko, se non fosse stato per lui… a quest’ora di sicuro starei all’ospedale, è l’unico che sa calmare Sora in questi brutti momenti… davvero, hai un ragazzo d’oro…- disse di nuovo con le lacrime e la voce rotta.
 
-Taichi lo fa con piacere, lo sai, ormai è come se fosse anche nostra figlia e ,per i miei bambini, una sorella, quindi non ti far problemi anche per lasciarla dormire qui, tu con calma sistema un attimo le cose.
 
-Yuuko, davvero, per fortuna ci siete voi… io tra un po’ devo vedermi con l’avvocato, voglio mettere fine a questa storia prima possibile, anche per Sora.
 
-Ma lo hai già chiamato senza chiarirti con Hakahito?
 
-Cosa c’è da chiarire? Quando sono entrata a casa ,poiché avevo voluto prendermi all’improvviso mezza giornata, l’ho trovato con quella sua collega di lavoro e si stavano baciando in salone,  Yuuko non mi ci far pensare che se no mi sento male… non voglio più vederlo.
 
-Ma ,quindi lo hai cacciato?
 
-Si, per fortuna l’appartamento era di mio padre se no restavo anche senza casa…comunque, vorrei vedere Sora prima di ripartire… mi hai detto che non ha mangiato nulla.
 
A quel punto, Taichi decise di entrare e farsi vedere.
 
Sua madre lo notò subito:
 
-Taichi, buongiorno.
 
Toshiko si asciugò velocemente gli occhi poi, quando si sentì pronta, si voltò e accennò ad un sorriso.
 
Il ragazzino salutò cortesemente, poi, per non restare in silenzio, disse:
 
-Sora sta dormendo ora, in camera mia e di Hikari, però penso che le faccia piacere vederti, Toshiko.
 
Si mise la mano al petto:
 
-Davvero, grazie mille Taichi, te ne sarò grata  per tutta la vita, tutto quello che fai per mia figlia è davvero qualcosa di indescrivibile.
 
Dopo averlo ringraziato ancora, si diresse verso la stanza dov’era sua figlia.
 
Yuuko abbracciò teneramente suo figlio e gli diede un bacio in fronte.
 
Taichi si scostò e la guardò:
 
-Mamma, dov’è Hikari? A scuola?
 
-Oh, no no, sta dormendo anche lei sul mio letto, ha pianto sempre perché vedeva Sora così, per calmarla stanotte è stato davvero un trauma.
 
-Povera sorellina…
 
-A proposito, ha chiamato la scuola, le maestre hanno notato che mancavate tutti e tre ed io ho spiegato a grandi linee cosa fosse successo.
 
-Uff, quanto sono noiosi, appena vedono che manchiamo, chiamano a casa- sbuffò.
 
Intanto Toshiko era appena entrata in camera.
 
Sora, al rumore dei passi, si svegliò.
 
-Taichi..- sussurrò poco prima di aprire gli occhi e  focalizzare bene la figura che le si poneva davanti.
 
La signora Takenouchi le si sedette a fianco, accarezzandola e scostandole i capelli da davanti al viso.
 
-No, Sora, sono io…- le rispose sottovoce e con tenerezza.
 
A quel punto sgranò gli occhi.
 
Sua madre la guardava con un velo di tristezza che ,però, cercava di nascondere ,accennando ad un sorriso.
 
Le lacrime le salirono velocemente agli occhi fino a sgorgare e bagnarle le candide guancie.
 
-Mamma…- sussurrò con voce rotta e cercando di alzarsi.
 
Toshiko la abbracciò.
 
-Sora, non fare così ti prego…- le disse con un tono strozzato, come se stesse anche lei sull’orlo di un pianto.
 
-Oh, mamma!- scoppiò in lacrime, singhiozzando forte.
 
La madre cercava di calmarla accarezzandole la schiena.
 
-Sora, sta tranquilla, ce la caveremo, siamo forti.
 
-Mamma, non lo voglio più vedere…
 
-Ci penso io, piccola mia, di questo non devi preoccuparti.
 
La strinse forte.
 
Sora aveva il cuore a pezzi.
 
Amava sua madre, come amava suo padre d’altronde.
 
Ma aveva quella scena impressa sulla testa ,e il solo pensiero che suo padre poteva aver tenuto nascosta una relazione per chissà quanto tempo, la faceva morire.
 
Per non parlare del gran senso di nausea e di odio che le veniva non appena vedeva quella donna nella sua mente.
 
No, assolutamente, non poteva mai perdonargli una cosa del genere.
 
L’aveva presa in giro, sia lei che sua madre.
 
Quando diceva che loro rappresentavano le sue cose più importanti della sua vita, lui mentiva.
 
Bugiardo.
 
Traditore.
 
Era questo ciò che pensava.
 
-Sora…- parlò di nuovo sua madre facendola distogliere per un attimo dai suoi pensieri.
 
Le prestò così attenzione e notò lo sguardo preoccupato di Toshiko.
 
-Sora, vorrei che mangiassi qualcosa… Yuuko si sta preoccupando tanto per te…
 
Si asciugò le guance bagnate ed annuì con la testa.
 
-Stanotte, se ti senti più al sicuro, puoi dormire di nuovo qui.- aggiunse.
 
Scosse la testa, non voleva lasciare sua madre sola in quell’orribile appartamento.
 
-Voglio dormire con te, mamma.
 
Sorrise a quelle parole e la strinse ancora di più.
 
-Allora domani mattina dormiremo fino a tardi.
 
-No, mamma, voglio tornare a scuola.
 
Toshiko si scostò per guardarla, era alquanto stupita:
 
-Sora, non mi sembra il caso che tu torni già a scuola, hai bisogno di qualche altro giorno per calmarti del tutto.
 
-No, mamma, così è peggio… se non faccio niente ci ripenso, e poi…se non vado io a scuola, Taichi neanche ci va…
 
-Non ti far problemi,piccola mia, ho parlato con Yuuko, ha già sentito le maestre, è tutto apposto.
 
-No, non è apposto, alcune maestre non possono vedere Taichi e sicuramente non approvano il suo comportamento, tranquilla mamma, ce la posso fare, c’è anche Taichi al mio fianco, ha detto che mi resterà sempre vicino…
 
La signora Takenouchi sospirò, non voleva che andasse a scuola, conosceva la figlia, voleva sempre apparire forte quando in realtà non era affatto così.
 
-Sora, ho paura.
 
La ragazzina si accucciò di nuovo a sua madre:
 
-Mamma, tranquilla, non posso resistere restando chiusa dentro casa…
 
Non aveva scelta, per fortuna che c’era anche Taichi con lei, se no mai glielo avrebbe concesso.
 
-Ok, Sora, come vuoi.- disse poco convinta ricambiando l’abbraccio.
 
Chissà se ce l’avrebbero fatta a superare quel brutto momento.
 
Toshiko sapeva che sicuramente ci sarebbe voluto del tempo solo per alleviare quell’enorme ferita.
 
Ma dovevano farcela, per forza.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, come deciso, i tre ragazzini stavano ritornando a scuola.
 
Hikari il giorno prima non aveva lasciato neanche per un secondo Sora, addirittura era voluta andare a dormire con lei e sua madre.
 
Ci era rimasta troppo male nel vedere la sua adorata sorella acquisita in quello stato.
 
Per questo, la ragazza più grande si sentiva in colpa: era l’ultima cosa che avrebbe voluto far vedere alla piccola bambina, mostrarsi in quello stato e causandole preoccupazione e tristezza, anche per questo motivo aveva deciso di farsi vedere più stabile e meglio in apparenza.
 
Anche se dentro, stava peggio del giorno precedente.
 
Taichi lo aveva capito e la guardava di continuo.
 
Neanche lui era a favore della decisione presa dalla sua amica, ritornare già a scuola ,così presto, non era il caso.
 
Ma era davvero convinta e , nonostante le ore passate a farla ragionare, non c’era stato verso.
 
Sora era anche così, mai e poi mai avrebbe voluto far vedere la sua parte fragile, inoltre aveva paura che mancando più giorni la gente cominciasse a chiacchierare e quella era l’ultima cosa che voleva.
 
Arrivarono in classe dopo aver salutato Hikari, che in realtà non aveva tanta voglia di staccarsi da sua sorella.
 
-“Povera Hikari” – pensò Sora.
 
Aveva sentito che la bambina aveva pianto di continuo per il suo stato, per questo il giorno prima era stata sempre con lei.
 
Hikari era così dolce, e lei le voleva un mondo di bene.
 
Notò poi di essere osservata: era il suo caro amico che le era a fianco, come sempre.
 
Non l’avrebbe mai ringraziato abbastanza per tutto ciò che aveva fatto per lei.
 
SE non ci fosse stato lui, chissà dov’era a quest’ora e chissà come poteva stare in quel momento.
 
Il castano la guardava davvero preoccupato.
 
D’istinto Sora, da sotto al banco, gli prese la mano e gliela strinse sorridendogli, come se volesse dire “grazie Taichi, sta tranquillo”.
 
Il ragazzo gliela strinse di più, non cambiando però espressione.
 
Aveva paura, quei giorni erano stati davvero brutti e lui li aveva passati in ansia perenne.
 
-Non devi fingere con me, Sora… lo so che sei tutto tranne che tranquilla…- gli sussurrò.
 
A quel punto, l’interessata spense il suo sorriso, facendo notare ancora di più i suoi occhi stanchi.
 
-Taichi, grazie davvero.- riuscì a dire prima che entrò l’insegnante.
 
Si sciolse così anche la loro stretta di mano, e prestarono attenzione al suo appello.
 
In realtà, a guardare Sora ed anche il compagno, c’era un altro ragazzo, e quello era proprio Yamato.
 
Non si fece sfuggire nulla, né la pallidezza di Taichi né l’espressione stanca e sconvolta di Sora.
 
Notò anche lo sguardo contorto e sbalordito della maestra quando vide che i suoi compagni erano presenti.
 
Al castano diede fastidio quell’atteggiamento, alla ragazza creò solo un altro velo di tristezza.
 
La compassione non la poteva reggere, come anche gli sguardi curiosi e le sparlate alle spalle.
 
Le prime ore di lezione proseguirono meglio del previsto.
 
Taichi, come suo solito, non ascoltò mezza parola dell’insegnante, ma guardava di continuo l’amica per tenerla sott’occhio e per non farsi sfuggire ogni suo minimo sguardo e cambiamento di umore.
 
Sora cercò di prendere appunti, ma si vedeva che tante volte era assente, e in quelle occasioni, i suoi occhi diventavano lucidi e rossi.
 
Cercava di contenere le lacrime, era inevitabile, ancora quel pensiero le frugava in testa.
 
Ma la ricreazione era arrivata e Taichi cercava in tutti i modi di farla sorridere, anche se lui dentro voleva far tutto tranne che questo.
 
Non riuscì neanche a percepire lo sguardo costante e attento di Yamato.
 
Aveva intuito che forse era successo qualcosa di brutto, i loro atteggiamenti erano del tutto diversi da quelli di sempre.
 
Ancora non capiva perché avesse così tanta curiosità nei loro riguardi.
 
Non era un tipo che si metteva ad osservare ogni persona, anzi, di solito faceva tutt’altro.
 
Ma loro avevano questo potere su di lui.
 
Dopo qualche minuto, uscirono dall’aula che era alquanto rumorosa per colpa dei compagni e si misero in corridoio.
 
-Che pizza la scuola, ma chi l’ha inventata, voglio proprio saperlo.- sbuffò Taichi.
 
Riuscì a far sorridere la compagna:
 
-Bè, preferivi rimanere ignorante?
 
Gli fece una linguaccia per risponderle.
 
-Senti, oggi abbiamo gli allenamenti, Sabato c’è la partita…manca poco.
 
Lui la guardò con disapprovazione.
 
-Oggi si saltano, Sora…
 
-No, Taichi, è importante, ci andiamo e punto.
 
-Ma perché sei così cocciuta…
 
-Lo sport fa sfogare, fa scaricare le energie!- disse cercando di essere il più convinta possibile.
 
Taichi ormai era rassegnato.
 
Stavano continuando a parlare del più e del meno quando all’improvviso il ragazzo si interruppe.
 
Sora provò a richiamarlo, ma niente si era fissato su qualcosa dietro di lei.
 
Prima di decidere di voltarsi, notò che l’amico era sconvolto e aveva cominciato a sudare.
 
Non capiva cosa gli fosse successo fino a che non guardò lei stessa che cosa aveva visto.
 
Le sparì il fiato.
 
In fondo al corridoio, stava venendo verso la loro direzione un uomo alto, elegante e dai capelli castano chiaro.
 
Sora portò le mani alla bocca per non gridare.
 
Neanche si era accorta che già le sue lacrime erano sgorgate dai suoi occhi color miele.
 
Era suo padre.
 
Taichi, non appena si avvicinò , si parò davanti alla sua amica, con un’espressione alquanto alterata.
 
Cosa diavolo ci faceva lì?!
 
Stavano faticando tanto per non pensarci e lui spudoratamente si presenta addirittura a scuola!
 
La giovane Takenouchi appoggiò la sua testa sulle spalle forti dell’amico, come se non lo volesse vedere.
 
-Cosa vuoi?!- chiese sbrigativo e nervoso il giovane non appena l’uomo era arrivato a pochi passi da loro.
 
Sentì la sua cara amica cominciare a tremare.
 
-Devo parlare con mia figlia, voglio chiarire almeno con lei…
 
-Devi andartene!- si agitò ancora di più Taichi.
 
-Ti prego, Taichi, ci vorrò un attimo..- fece alquanto disperato Haruiko.
 
Il ragazzo dagli occhi castani quasi percepì la disperazione del signor Takenouchi, così da rimanere zitto un istante.
 
-Ti prego, Taichi, mandalo via…
 
La preghiera di Sora fece sobbalzare l’amico, il suo cuore cominciò a battere a mille.
 
-Sora, ascolta..
 
-VATTENE!!- urlò alla fine la figlia.
 
Non era da lei alzare la voce.
 
-Piccola mia, non voglio che finisca così, voglio dirti la verità!
 
A quel punto, non ci vide più, si fece un po’ più avanti e,con le lacrime agli occhi, urlò di nuovo:
 
-NON CHIAMARMI PIU’ PICCOLA MIA, MAI PIU’! TU NON ESISTI PIU’ PER ME! MI HAI TRADITO, PAPA’! MI HAI MENTITO! CHE VERITA’ SEI VENUTO A DIRMI SE FINO AD ORA MI HAI DETTO SOLO BALLE!?
 
Il ragazzo e soprattutto il padre non potevano credere alle loro orecchie: la loro Sora non aveva mai fatto così.
 
Non appena finì di urlare, alla ragazzina venne una tosse isterica, lei non era abituata a gridare, ed ora tossiva perché le pizzicava la gola e le mancava il fiato.
 
Taichi accorse preoccupato, come anche il padre , ma il castano cercò di non farlo avvicinare:
 
-Ma hai sentito o no cosa ha detto?! Devi allontanarti da lei! Le hai già causato troppo male!
 
-No, non me ne voglio andare fino a che non mi avrà ascoltato!
 
Sora capì che non c’era niente da fare.
 
Con le sue ultime forze, si girò di scatto e fuggì via.
 
Dopo un primo attimo di sbalordimento dovuto al suo gesto improvviso, entrambi i presenti le corsero dietro.
 
Taichi, essendo allenato, corse più di lui e riuscì a seguire l’amica fino a che quest’ultima non si rinchiuse dentro ai bagni, chiudendosi dentro a chiave.
 
Esausta, si inginocchiò a terra fissando la porta chiusa con le lacrime che le solcavano il viso.
 
-Perché… perché a me…- pensò ad alta voce.
 
-Sora!- bussò Taichi chiamandola.
 
Arrivò, poi, anche Haruiko con il fiatone.
 
Notò il ragazzino davanti alla porta del bagno delle donne, evidentemente sua figlia era lì dentro.
 
Dopo aver inghiottito e ripreso fiato, si avvicinò lentamente alla porta.
 
-Perché ci fai questo? Basta ti prego!Vattene!- pregò il giovane con gli occhi lucidi.
 
Come se non avesse sentito, si voltò verso la porta del bagno:
 
-Sora, mi dispiace davvero per tutto quello che è accaduto.
 
A quelle parole, la giovane si chinò quasi totalmente per terra, tenendo chiusa con una mano la bocca per non far sentire che stava piangendo a dirotto, e appoggiando l’altra mano sul petto: il cuore le stava scoppiando.
 
-Volevo solo dirti che ,quando ti dicevo che ti volevo un bene dell’anima e che eri la cosa più bella che avevo, dicevo la verità… sei stata la gioia della mia vita, Sora… e lo sei tutt’ora, bambina mia.
 
Il sangue di Sora cominciò a ribollire, la sua mente cominciò ad annebbiarsi, ed il cuore battere all’impazzata.
 
-Non è vero…non è vero…- si diceva tra sé e sé.
 
-Purtroppo, nella vita ci sono cose che non puoi prevedere, ed una di quelle è l’amore… io vi voglio bene davvero, Sora… mi dispiace davvero tanto che ne siate venute a conoscenza così… ma io ve lo avrei detto prima o poi…
 
-Bugiardo, traditore, bugiardo…- continuò a ripetersi sottovoce e cercando questa volta di tapparsi le orecchie.
 
-Sei davvero importante per me, figlia mia, non voglio che tu perda i contatti con me, sei giovane ed hai bisogno di un padre, ed io di te…
 
-NON HO BISOGNO DI TE!- questa volta urlò.
 
Si sentiva morire, non sentiva più la voglia di rialzarsi, né le forze per andare avanti.
 
-E NON VOGLIO PIU’ VEDERTI! NON FAI PIU’ PARTE DELLA MIA VITA!
 
Haruiko cominciò a piangere, disperato.
 
Taichi ne rimase scosso, ma ciò che lo premeva di più era sentire la sua amica urlare e piangere in quel modo.
 
-Sora, stai sbagliando tutto, ora sei arrabbiata… ti prego, non lasciarmi così…
 
Ma non sentì altro che i singhiozzi della figlia, non aveva più voglia di rispondere.
 
Sospirò:
 
-Sora, quando vorrai sai dove cercarmi, io ci sarò sempre per te, aspetterò un po’ di tempo, ma ho bisogno di avere mia figlia al mio fianco… Sora, io ti aspetterò.
 
Detto questo, dopo aver dato un’ ultima occhiata piena di tristezza a Taichi, se ne andò piano piano fino a che non si dileguò.
 
Taichi era rimasto immobile, non si aspettava di certo una cosa simile, e solo il pianto di Sora lo risvegliò.
 
-Sora, apri,se n’è andato!
 
Ma non ricevette risposta, così stava per richiamarla quando cominciò a sentire l’amica respirare affannosamente: stava sicuramente avendo un’altra crisi.
 
Taichi cominciò ad agitarsi e ad urlare il suo nome.
 
Si stava sentendo male, doveva entrare, anche subito.
 
Si passò una mano fra i capelli, che diavolo poteva fare? Sora non riusciva ad aprire.
 
Cominciò a piangere per l’agitazione e chiamare ripetutamente l’amica, ma sentiva sempre di più l’affanno del suo respiro.
 
Stava per implorare aiuto quando sentì una mano sulla sua spalla che lo voltò.
 
La sua mente era ferma per tutto quello che era accaduto prima, ma ricevette comunque un brivido quando si trovò di fronte a lui il ragazzo dagli occhi gelidi che aveva odiato fino a quel momento.
 
-Che succede, Taichi?- chiese diretto e preoccupato vedendolo urlare e piangere in quel modo.
 
Una volta avrebbe esitato a rispondergli, ma quella non era affatto una situazione in cui si poteva permettere una cosa del genere.
 
-Sora sta male, ma è rinchiusa dentro! Dobbiamo chiamare qualcuno!- fece agitato.
 
Il biondino scrutò subito la porta e ragionò per un istante sulla situazione.
 
-No, non c’è tempo!
 
-Ma allora che.. –non riuscì nemmeno a formulare la domanda che Yamato appoggiò entrambe le mani sulle sue spalle per guardarsi bene negli occhi con l’interessato.
 
-Al mio tre, insieme calceremo con tutte le nostre forze la porta, siamo intesi?
 
Non poteva replicare, era l’unica soluzione.
 
Annuì, e si posizionò verso la porta assieme a lui.
 
Non appena gridò il numero tre, in piena sincronia, sferrarono due potenti calci che riuscirono ad aprire la porta.
 
Ma non ebbero neanche il tempo di guardarsi a vicenda soddisfatti , la ragazza in questione era a terra con gli occhi socchiusi e continuava a respirare a fatica.
 
Taichi si fiondò per primo verso la fanciulla e cercò di alzarle almeno il busto.
 
Yamato, vedendo che la situazione era più tragica di quanto pensasse, disse alla svelta:
 
-Io vado a chiamare l’infermiera, ok?
 
Taichi lo guardò, con gli occhi pieni di gratitudine:
 
-Ok, cerchiamo di fare alla svelta!
 
Il biondo annuì ed iniziò a correre.
 
Il ragazzo dalla folta chioma, riuscì ad alzare la sua compagna:
 
-Sora, guardami,  se n’è andato.
 
-Taichi…è un bugiardo…- disse guardandolo con degli occhi pieni di lacrime ed inespressivi.
 
L’abbracciò con tutte le sue forze:
 
-Non hai bisogno di lui….
 
-Ho bisogno di te, Taichi…aiutami…
 
Le stampò un bacio in fronte e, dopo averla rassicurata ancora, la prese in braccio ed andò verso l’infermieristica.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora era riuscita ad addormentarsi.
 
Era distesa sul letto della stanza adibita alle medicazioni, che ogni scuola possedeva.
 
Taichi la guardava teneramente.
 
Aveva già avvisato Toshiko di tutto, e l’aveva rassicurata che era andata a finire tutto bene.
 
Per ora.
 
Dopo averla osservata un altro poco, uscì silenziosamente dalla stanza.
 
Al di fuori si trovò Yamato che era appoggiato con le spalle al muro.
 
Non appena lo vide, il ragazzo dagli occhi azzurri si sciolse dalla sua solita posizione.
 
Sembrava che stesse proprio aspettando lui.
 
-Come sta?- chiese subito.
 
Dopo essersi passato una mano sul viso sudato ed esausto, rispose:
 
-Si è addormentata, sono riuscito a calmarla…
 
-Bene, meno male…
 
Ci fu un attimo di silenzio, ma questa volta non era né imbarazzante né pieno di tensione, anzi, era davvero gradevole.
 
-Grazie, davvero, se non ci fossi stato tu, a quest’ora non so cosa sarebbe successo…
 
-E’ anche merito tuo, Taichi, non avrei mai sfondato la porta da solo.
 
-Si ma, non ero lucido, e se non fossi arrivato tu forse non sarei neanche partito a cercare aiuto.
 
-Meglio che non pensi ad altre eventualità, ormai è fatta, l’abbiamo recuperata in tempo.
 
Lo guardò sorridendo, ora più che mai i due si resero conto di aver sbagliato a pensare certe cose.
 
-Io ti devo altre scuse, però, per il mio comportamento di questi mesi…
 
-Lo stesso vale per me, allora, sai, ho sempre pensato che la colpa di quello che succede non è mai di una persona sola, ma di entrambe.
 
-Forse hai ragione!- esclamò sorridendo e porgendogli la mano.-Bè, che ne dici di stringerci la mano e di ricominciare tutto da capo?
 
Yamato guardò stupito la sua mano e, poco dopo,  gliela strinse accennando ad un sorriso anche lui.
 
-Direi che è un ottima idea. Piacere, sono Yamato Takeshi.
 
-Piacere, Taichi Yagami in persona.
 
I due non potevano sapere che da quella stretta di mano sarebbe cominciata una vera e dura amicizia.
 
Due ragazzi, uno l’opposto dell’altro,chi l’avrebbe mai detto.
 
Del resto, le amicizie più belle ed interessanti nascono proprio da persone completamente diverse l’una dall’altra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTA: non sono solita fare delle note alla fine ma ci tenevo a scusarmi per il ritardo, purtroppo è stato un periodo pesante con l’università, ma ora dovrei avere del tempo in più per scrivere.
Spero di non avervi deluso, è la cosa che più mi preme.
Siccome vi ho fatto aspettare, vi anticipo che il prossimo capitolo si riferirà al periodo successivo all’avventura di digimon adventure 01. Questi primi due capitoli sono un racconto di come, secondo la mia testolina, i digiprescelti si sono potuti conoscere.
Inoltre, mi sono inventata questa situazione familiare di Sora, anche per trattare un tema che, purtroppo, ultimamente è frequente.
Un abbraccio e alla prossima.
Cristy89
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 3
*** Odaiba 2002, Marzo ***


Sai Sora,
 
nella vita si fanno molti sbagli, ma per fortuna che errare è umano, o almeno così si dice.
 
Come si dice anche che perdonare è divino.
 
Non avevo bisogno di sapere cosa si dice in giro per capire chi sei, io l’ho sempre pensato.
 
In fondo,è da quando ti ho conosciuto che ne sono consapevole.
 
Tu per me sei la prova vivente che gli angeli esistono.
 
Anche perché, penso che solo una creatura divina riesca a far star bene una persona con un semplice sorriso.
 
E il tuo sorriso è come un sole, che scaccia l’inverno dal cuore umano.
 
Purtroppo, ci si rende conto di alcune cose solo troppo tardi.
 
Mi sento così stupido.
 
 
 
 
Odaiba 2002, Marzo.
 
 
                                                                                                          
 
Mattina, ore 7:30.
 
Taichi dormiva serenamente a pancia all’aria e con le coperte quasi tutte a terra.
 
Neanche un cane quando soffre il caldo dormiva in quel modo.
 
Hikari più volte si era affacciata quella mattina e gli aveva urlato all’orecchio per svegliarlo, ma non c’era stato verso, tanto che si rassegnò e continuò con comodo a prepararsi.
 
Se continuava, rischiava, come già era successo, di prendersi degli insulti gratuiti.
 
Da quella volta, aveva deciso di chiamarlo venti volte al massimo invece delle solite quaranta.
 
La signora Yagami aveva rinunciato anche lei alla ardua impresa, e si affidava solo ad una persona per queste cose.
 
Suonarono alla porta, così Hikari, tenendo ancora un pezzo di pane tostato in mano , andò ad aprire senza neanche chiedere chi potesse essere.
 
Tanto era lei, Sora, puntualissima come sempre.
 
Entro le 7:40 era sempre li, pronta a buttare giù dal letto il suo amico.
 
-Oh buongiorno Sora, meno male che sei arrivata, è impossibile stamattina, guarda!- esclamò Yuuko mentre era ancora ai fornelli.
 
Hikari le diede un bacio sulla guancia per salutarla per bene e la giovane digiprescelta le sorrise.
 
-Sora, pensaci tu, l’altro giorno mi ha trattata male perché ho cercato di svegliarlo…
 
L’ accarezzò e le stampò un bacio in fronte, facendole capire che sarebbe partita per la “missione”.
 
Attraversò il solito corridoio, fino ad arrivare davanti alla porta dell’amico.
 
Prese un lungo respiro, si accorciò le maniche ed entrò.
 
Le venne subito da ridere non appena vide come era posizionato Taichi, una gamba la teneva piegata e l’altra penzolante, fuori dal letto, assieme ad un braccio, e il rimanente dietro alla sua folta chioma.
 
Cercò di contenere la sua risatina, poi entrò lentamente.
 
Non c’era più il letto a castello, ormai i due fratelli Yagami erano cresciuti così ad Hikari le riservarono una stanza tutta per lei.
 
Si inginocchiò a terra e appoggiò il suo viso sopra alle lenzuola e vicino al suo orecchio.
 
-Taichi, sveglia…- fece la prima volta, sussurrandogli.
 
Ma l’unico gesto che fece fu grattarsi l’orecchio per il prurito causato dal sussurro della ragazza, per poi voltarsi.
 
Si sedette sull’orlo del letto e cominciò ad accarezzargli la chioma castana.
 
-Taichi, dai su, alzati che è tardi…- fece con un tono un po’ più alto ma senza ricevere risposta.
 
Si grattò la testa, lei odiava urlare, non voleva farlo.
 
Si toccò le mani, non erano abbastanza fredde.
 
Poi le venne un’idea.
 
Si alzò e andò in cucina, dove vi erano Hikari e Yuuko che cominciarono a guardarla confuse.
 
-Yuuko, posso prendere questa bottiglietta d’acqua?
 
-Oh, ma certo cara, ma se hai sete ne ho una in fresco!
 
-Oh, no no, sarebbe troppo crudele.
 
Madre e figlia si guardarono attonite, poi, prima che la ragazza dai capelli ramati potesse sparire di nuovo, aggiunse guardando la signora Yagami:
 
-Ieri mi avevi detto che in questi giorni hai intenzione di cambiare le lenzuola di Hikari e Taichi, vero?
 
Dopo un attimo di esitazione dovuta alla sua perplessità, annuì:
 
-Si, le dovevo lavare questo week end ma non ne ho avuto il tempo, perché?
 
Sora le fece solo il segno dell’ “ok” con la mano e se ne ritornò in camera dell’amico.
 
Riprovò a chiamarlo, inutilmente.
 
Intanto, Hikari, incuriosita, si era affacciata in camera continuando a mangiare il suo pane tostato.
 
La sorella acquisita la notò e le sorrise:
 
-Vedi, Hikari, quando è così, bisogna usare le maniere forti, vedrai che domani non lo rifarà.
 
Neanche ebbe il tempo di chiederle spiegazioni che Sora aprì la bottiglietta e gliela rovesciò un po’ in viso.
 
Taichi quasi soffocò.
 
Cominciò a tossire e a fare altrettante mosse strane con tutti i suoi arti, come se volesse nuotare.
 
Le due ragazze scoppiarono a ridere a crepapelle.
 
Finalmente aprì gli occhi, e solo dopo qualche minuto si rese conto di essere a letto.
 
Sentì delle risate che conosceva troppo bene, infatti, non appena si voltò, vide due delle donne della sua vita chinate a terra e ridere come non mai.
 
Gli fu tutto chiaro, poteva essere stata solo lei:
 
-Sora!!!Ma che diavolo ti salta in mente!!!? Potevo soffocare!!
 
Si asciugò le lacrime, poi gli indicò la sveglia:
 
-Taichi, sono le 7:40!
 
Solita scena.
 
Quella che si ripeteva ogni giorno, da quando aveva iniziato la scuola.
 
-Che cosa?! Perché non mi avete svegliato prima?!
 
Hikari guardò esausta Sora, era sempre così, poi la colpa del suo ritardo ricadeva inevitabilmente sulla sua famiglia.
 
Con uno scatto felino, sorpassò le due giovani, spaventandole.
 
-Sora, io vado di là, finisco il mio latte. – disse Hikari appoggiandole una mano sulla spalla in segno di conforto.
 
Taichi si era rinchiuso in bagno, così la sua amica, come era solita, si appoggiò al muro cominciando a parlargli:
 
-Taichi, possibile che ogni volta è sempre così?
 
Non ebbe risposta, così sospirò.
 
-Non mi va di arrivare sempre con il fiatone, è ora che ti alzi prima, se no la prossima volta ti lascio qui e vado da sola!
 
Aprì di scatto la porta del bagno: aveva lo spazzolino in bocca, con il dentifricio su quasi tutto il viso ed in più cominciò a parlarle dicendole cose indecifrabili.
 
Gli prese lo spazzolino,cacciandolo dalla bocca:
 
-Quante volte devo dirti che se mi parli così non ti capisco?!
 
Le prese le mani, dicendole tutt’altro:
 
-Non puoi lasciarmi andare da solo la mattina!Non dicevi sul serio, vero??
 
Aveva gli occhi lucidi, ma sapeva che in realtà era per il dentifricio alla menta.
 
-Sbrigati però!-ordinò porgendogli di nuovo lo spazzolino.
 
Finalmente, dopo un po’, ce la fecero ad uscire.
 
Di corsa, come sempre.
 
Arrivarono in tempo davanti alla scuola elementare, per far entrare in orario Hikari.
 
Quell’anno era entrata in quarta elementare, ma Taichi non aveva perso l’abitudine di accompagnarla a scuola.
 
Era un fratello davvero geloso e protettivo.
 
Per fortuna che la scuola media di Odaiba non distava troppo dalle elementari.
 
Così, i due amici se la presero con un  po’ più di calma.
 
-Vedi?  Anche oggi è fatta.
 
Sora lo guardò storto, poi notò che la sua camicia era sbottonata e la sua cravatta non era per niente legata, anzi, la teneva avvolta intorno al collo come una sciarpa.
 
Lo fece fermare un secondo, e si mise a sistemarlo.
 
-Mamma mia, Sora, ma che importa!
 
-Importa eccome, molti professori lo notano, Taichi, e siccome ti sei fatto riconoscere anche alle medie ed alcuni di loro ti tengono sott’occhio, non creiamo altri motivi a tuo sfavore.- lo rimproverò la ragazza mentre gli aggiustava il colletto.
 
Si stette stranamente in silenzio, in realtà perchè aveva notato che l’amica indossava le mollette per capelli che gli aveva regalato qualche anno fa.
 
-Oh, ma le porti ancora!
 
Dopo aver capito a cosa si riferisse, senza dargli troppa importanza, annuì:
 
-Si, che c’è di male?
 
-Niente, pensavo che la scuola media qualcosa di positivo ha portato, ti ha fatto finalmente togliere il vizio dei cappelli!
 
Strinse forte il nodo della cravatta in segno di contraddizione.
 
-Non capisco che avevi contro i miei cappelli, per me erano importanti.
 
-Per me no, anzi, me li hai fatti odiare! Però sai, ancora mi fa strano vederti in divisa scolastica, ero abituato a vederti con jeans e maglietta…
 
-Si, su questo non posso darti torto, mi sento a disagio anche io, Taichi. Come mi fa sentire a disagio vederti in camicia e giacca…
 
Scoppiarono a ridere.
 
Era un evidente segno che stavano crescendo.
 
-Per fortuna che non hai smesso di giocare a calcio, almeno questo!- esclamò il ragazzino.
 
Ma a quella battuta, Sora sorrise semplicemente.
 
Già, il calcio, era l’unica cosa che le era rimasta del passato.
 
Però ,purtroppo, non le andava molto bene neanche quello ultimamente.
 
Ad ogni allenamento, ma soprattutto ad ogni partita, riceveva colpi sempre più forti dagli avversari.
 
Purtroppo, la differenza tra una donna ed un uomo stava venendo a galla, non riusciva più a giocare con soli ragazzi perché, giustamente, nelle partite importanti si dà il tutto per tutto, al di là se sei un maschio o una femmina.
 
Ma a causa di ciò, Sora si era riempita di lividi e ferite.
 
-Buongiorno.
 
Una voce la fece risvegliare tutt’un tratto dai suoi pensieri.
 
Voltò il suo candido viso verso chi aveva parlato e vide un bel ragazzo biondo, dagli occhi azzurri, accennare ad un sorriso e proseguire con loro il cammino.
 
-Oh, buongiorno Yamato!- fece educatamente la digiprescelta.
 
-Oh,  e questo nuovo capello? Da quando te li fai così?- chiese Taichi.
 
Il ragazzo lo guardò storto, scosse la testa e rispose:
 
-E’ per non farmi confondere con Takeru, sta diventando uguale a me, per questo me li sto facendo crescere.
 
L’amico a fianco rise:
 
-Le scuse! Hai sempre criticato la mia bellissima chioma ed ora te li stai facendo crescere anche tu! Vedi, ho anticipato la moda!
 
A quella battuta, la ragazza dai capelli ramati cominciò a ridere.
 
-Invece di pensare ai capelli, pensa alle interrogazioni di oggi.- riuscì a controbattere l’amico causandogli un tuffo al cuore.
 
Sora si fece un po’ seria:
 
-E’ impossibile farlo studiare in questo periodo, ha in testa solo il calcio.
 
-Si, è vero, ma è perché tra poco affronteremo la partita più importante del campionato! Ci stiamo allenando duramente da mesi per questo scontro!!
 
Il biondino scosse la testa e lo guardò con aria severa:
 
-Ho capito, Taichi, ma non riesci a pensare a due cose contemporaneamente? Il calcio è un’attività fisica, lo studio è tutt’altro, quando finisci gli allenamenti puoi anche evitare di pensarci, Sora ci riesce.
 
-Ma io sono il capitano, ho più responsabilità di Sora!
 
-Si, bello avere un capitano che ha alte probabilità di essere bocciato!
 
-Quando fai così, Yamato, non sei affatto simpatico!
 
Sora sospirò, facendo così tacere i due.
 
Si passò una mano in fronte, evidentemente le faceva male la testa.
 
Da quando andavano a scuola tutti e tre insieme, Taichi la mattina non riusciva più a stare zitto, neanche un secondo.
 
Gli piaceva scherzare con Yamato, erano diventati grandi amici in quegli anni, forse, anzi, soprattutto grazie alla loro avventura a Digiworld.
 
La cosa era molto positiva, i digimon li avevano uniti ancora di più, ma non solo tra di loro, anche con Mimi,Jyou,Koushirou, Takeru ed Hikari.
 
Solo che, per quanto riguardava per lo meno la digiprescelta dell’amore, altre cose erano cambiate.
 
Soprattutto ultimamente, Taichi si era un po’ distaccato da lei, era anche naturale, forse.
 
Stavano crescendo, solo che ora dava più importanza al calcio invece che alla loro amicizia, parlava solo di quello.
 
Non la trattava più da amica d’ infanzia, ma in quel periodo soprattutto la stava trattando solo da compagna di calcio che deve affrontare partite importanti con lui e che non deve assolutamente perdere.
 
Ciò l’aveva rattristita un po’, ma non voleva dargli un certo peso, perché, ragionando a mente fredda, era anche logico che da un certo punto in poi avrebbero cominciato a coltivare i propri interessi e a staccarsi un po’ l’uno dall’altra.
 
E’ che, a volte, le mancava quel senso di protezione che le aveva sempre dato.
 
Ma la cosa che forse la deprimeva di più, era che ,forse, il calcio non le piaceva più come prima.
 
E il problema era che non aveva il coraggio di dirlo al suo caro amico.
 
In fondo, in quel periodo si sentiva importante per lui solo per questo fatto.
 
Anche perché, il vecchio Taichi se ne sarebbe accorto da solo che c’era qualcosa che non andasse in lei.
 
Questo, per Sora era un segno che confermava ciò che aveva in testa, ma aveva troppo bisogno di lui, pur di averlo a fianco era disposta a ricevere quelle poche attenzioni che le dava in quel periodo.
 
Le bastava solo questo.
 
Arrivarono così a scuola e cominciò la loro abituale giornata scolastica, tra interrogazioni e spiegazioni noiose.
 
Taichi tutto il tempo era stato a sbadigliare, tranne nei momenti di tensione in cui il professore scrutava tra l’elenco degli alunni per vedere chi doveva essere interrogato.
 
Per fortuna al giovane Yagami andò bene, così quella giornata proseguì tranquillamente.
 
Quel giorno, i ragazzi avevano il rientro, così pranzarono tutti insieme.
 
Oltre ai tre, si ritrovarono in cortile anche Mimi, Koushirou (che avevano cominciato in quell’anno a frequentare la prima media) e Jyou, che invece stava frequentando la terza.
 
La bellissima ragazza dai capelli lunghi e color cenere, da quando era arrivata, non smise di parlare e di raccontare le sue avventure della giornata a Sora, che le prestava attenzione ed era l’unica che riusciva a seguirla per filo e per segno.
 
Gli altri, tanto per cambiare , parlavano di calcio.
 
Tutti avevano notato Taichi in preda all’ansia per quella famosa partita che doveva ancora arrivare, così ne cominciarono a parlare per calmarlo un po’:
 
-Ma quando sarebbe, scusa?- chiese Jyou mentre masticava il suo pranzo.
 
-Non questa settimana ma la prossima! Questo Sabato abbiamo un’altra partita prima di quella decisiva!
 
-Bè, allora non mancheremo se è così importante per voi.- fece Koushirou mentre accendeva il suo pc.
 
-Ovvio, abbiamo bisogno di tutto il vostro sostegno!
 
Sora non partecipava alla conversazione, anzi, quasi cominciò a sentire la nausea per quanto Taichi ne parlasse, così si alzò all’improvviso in piedi, attirando l’attenzione di tutti i presenti.
 
-Dove vai, Sora?- chiese Yamato confuso.
 
Dopo essersi sistemata la gonna, si strofinò di nuovo la fronte:
 
-Mi fa male la testa, vado in bagno.
 
Senza neanche un attimo di esitazione, Mimi si alzò, seguendola.
 
Lei sapeva il vero motivo del comportamento di Sora, poiché gliene aveva parlato più volte.
 
Durante il cammino, Sora continuava a stare zitta e strofinarsi la fronte, mentre l’amica la guardava preoccupata.
 
Alla fine, non riuscì a resistere, così  le si piantò davanti:
 
-Sora, ti vedo triste! – disse diretta e guardandola con quei bei occhi color cenere.
 
Dopo un attimo di sbalordimento per il gesto, l’amica posò lo sguardo a terra:
 
-Mimi, è solo il periodo, sono abbastanza stanca tra gli allenamenti e lo studio. Poi il peso di questa partita..
 
Si attorcigliò qualche ciocca della sua lunga chioma di capelli, storcendo la bocca:
 
-Lo sai cosa ne penso del fatto che giochi a calcio, da sempre. E’ uno sport troppo violento per te, Sora. Dopo ogni allenamento ti vedo distrutta, per non parlare del post partita.
 
Continuò a tenere il suo sguardo a terra, perché aveva troppo paura di incrociare lo sguardo serio e deciso della compagna.
 
Era proprio vero, fin da quando aveva iniziato, Mimi era sempre stata contraria.
 
Per lei non era uno sport adeguato ad una donna.
 
Ma non era vero, secondo Sora.
 
Il calcio è praticato anche dalle donne ed è un ottimo sport di squadra.
 
Ma aveva ragione quando diceva che non poteva giocare con degli uomini, ma non per chissà quale motivo, per il semplice fatto che i ragazzi, pur di vincere, si dimenticano che c’è anche in mezzo una donna.
 
E non ci vanno di certo leggeri.
 
Soprattutto se  si trattano di squadre partecipanti ad un campionato.
 
-Mimi, ne abbiamo già parlato di questa cosa…
 
-Ma insisto.- fece decisa- Sora, si sta parlando della tua salute! Guardati, sei sempre più pallida, la notte non dormi per i dolori, la mattina devi pensare alla scuola e il tempo restante lo devi dividere tra lo studio e gli allenamenti! Non sei una roccia, Sora!
 
-Ma non voglio lasciare il calcio…
 
-Non vuoi, o non puoi?- chiese con ancora più decisione mettendosi le mani ai fianchi.
 
Sapeva a cosa volesse alludere, voleva cercare di smentire ma non trovò le parole.
 
-Non puoi stare ai capricci di un ragazzino!
 
-Mimi, non dire così, è una passione per lui…
 
-Bè di certo non può costringerti a continuare! Ti capirà in caso! Sora, si vede che non ti va più di giocare, anche alle partite!
 
Si stette per un attimo zitta, perché forse, in fondo, la compagna aveva ragione.
 
Non ce la faceva a reggere tutto ciò, lei non era forte come poteva sembrare.
 
Un conto praticasse uno sport tranquillo, ma quello era diventato troppo per lei.
 
-Vedrò, Mimi, se peggiora, allora lascerò la squadra.
 
La digiprescelta della purezza sospirò:
 
-E’ quello che mi ripeti da un po’ di tempo a questa parte, amica mia.
 
Le sorrise, causando un’ enorme tenerezza non appena incrociò quegli occhi stanchi e lucidi che la guardavano un po’ commossa.
 
Sora era sempre stata la sua amica di sempre, e non riusciva a vederla così.
 
La prese sottobraccio, sorridendo anche lei:
 
-Dai, andiamo in bagno, la si scoprono certi scoop!
 
-Mimi!!- esclamò ridendo.
 
Era davvero fantastica, per fortuna che aveva anche lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono i giorni, più o meno allo stesso modo.
 
Lezioni, compiti ed interrogazioni.
 
Era arrivato così il giorno della partita di quella settimana.
 
Non era ancora quella decisiva, nonostante ciò il gruppetto di digiprescelti era andato ad assistere i loro due compagni.
 
Mimi era seduta tra gli spalti, con il viso appoggiato su una mano, e con l’aria del tutto scocciata.
 
-Che pizza!- brontolò presto.
 
Yamato la guardò un attimo, poi sorridendo, disse:
 
-Non ti ha costretto nessuno.
 
Gli prestò attenzione, ancora più imbronciata:
 
-Per modo di dire, e chi lo sentiva a quel piagnucolone di Taichi, è stato a farci una testa così! Se sono qui non è per vedere lui, ma la mia Sora.
 
Koushirou , che le era a fianco, osservò il campo: si stavano riscaldando tutti prima di iniziare, Taichi dettava gli ordini peggio di un allenatore.
 
Poi il suo sguardo si posò su Sora, che invece aveva staccato prima il riscaldamento e si stava raccogliendo i capelli in una coda.
 
-Sora non la vedo tanto entusiasta.- osservò alla fine.
 
Mimi restò zitta a quell’osservazione, mentre Yamato rispose:
 
-Mi pare che lo è da un po’ di tempo a questa parte.
 
-Lo abbiamo notato tutti mi sa, tranne Taichi ovviamente.- aggiunse Takeru che era seduto a fianco a suo fratello.
 
-Si, quello non si accorge neanche se finisce il mondo.- scherzò ancora il biondino.
 
Notarono ,poi, che Hikari era andata a parlare con Sora, lo faceva sempre prima di ogni partita, andava lì per augurarle di persona buona fortuna.
 
Non appena vide la bella ragazzina dai capelli corti avvicinarsi alla panchina, Sora sorrise e le andò volentieri contro.
 
La piccola Yagami non aveva perso certe abitudini, lei era fatta così, e non appena le si avvicinò l’abbracciò forte.
 
-Sora, buona fortuna, resisti anche oggi!- esclamò sorridendole e creandole un gran calore al cuore.
 
-Certo Hikari, lo farò per voi, ma soprattutto per te.- le disse accarezzandole la testolina.
 
-Cerca di non strafare però, non c’è bisogno che fai grandi azioni, per me sei bravissima anche così.
 
Disse questa ultima frase con un’espressione molto seria.
 
Sora aveva da sempre sospettato che Hikari avesse capito il suo stato degli ultimi tempi, ma siccome l’ultima cosa che voleva era non farla preoccupare, non le aveva mai accennato niente, anzi, cercava di farsi vedere sempre energica e sorridente.
 
Ma ormai i suoi sospetti si facevano sempre più fondati, ogni giorno si raccomandava troppo, di solito era il contrario.
 
Le sorrise di nuovo, sistemandole i capelli.
 
-Sta tranquilla, piccola mia.
 
-Sora! Ma che fai?!Stiamo per iniziare, muoviti!
 
Hikari notò che l’interessata roteò gli occhi e sospirò, come se stesse per iniziare a fare qualcosa di faticoso e controvoglia.
 
Salutò di nuovo la sua sorellina, e si avviò in campo.
 
La giovane Yagami, dopo un po’ di esitazione, tornò sugli spalti e si mise a sedere a fianco al suo amico Takeru.
 
Il  ragazzo la guardò un po’ preoccupato poiché la compagna era tornata con la faccia un po’ cupa, così le chiese se andasse tutto bene, ma lei gli sorrise semplicemente.
 
Sentirono il fischio dell’arbitro, cominciò così la partita.
 
E con il fischio, iniziò anche la tensione dentro ad ogni ragazzo che assisteva allo scontro.
 
Taichi restava nella sua posizione di attacco, mentre Sora era sulla fascia.
 
Potevano dire quello che volevano, che la ragazza fosse debole sugli attacchi diretti o quant’altro, ma nessuno sapeva scattare e correre come lei.
 
Per questo, metterla sulla fascia era una delle strategie migliori che potessero attuare.
 
Persino gli avversari ne rimanevano affascinati e, contemporaneamente, sbalorditi, aveva davvero uno scatto da far invidia.
 
Ricevette la palla al volo, e corse subito verso l’area avversaria.
 
Mimi cercava sempre di contenersi quando guardava le partite, ma poi era più forte di lei: ogni volta che prendeva la palla la sua amica, si alzava e urlava a squarciagola per incoraggiarla.
 
Stava per essere attaccata, così, da brava giocatrice, fece un bel cross al centro, passando ad un altro compagno.
 
Ma l’avversario le andò contro lo stesso poiché aveva preso troppa velocità, facendola cadere a terra.
 
Hikari si mise le mani in viso, ogni volta le faceva impressione tutti quegli urti che poteva subire la sua adorata sorella.
 
Ma Sora, dopo aver scosso la testa come per risvegliarsi da quella botta, si alzò subito senza neanche accettare l’aiuto di chi l’aveva messa giù.
 
Continuò a correre, era la cosa principale che sapeva fare.
 
Il primo tempo continuò così, tra varie azioni mancate, falli gratuiti, fuorigioco e così via.
 
Per Sora, invece, era stata una tortura.
 
La squadra avversaria era molto fallosa, quindi alla fine del primo tempo aveva chiesto al mister di farsi massaggiare dal medico della squadra.
 
Aveva i muscoli a pezzi, ma ,soprattutto, il ginocchio destro dolorante.
 
Non sapeva perché, ma a tutti gli avversari piaceva andarle ad urtare proprio quella parte, causandole un bel po’ di dolore.
 
Hachiro le si avvicinò, stendendole una bottiglietta fresca:
 
-Ecco qui, te lo sei meritato, hai giocato benissimo il primo tempo, Sora!
 
Mentre era seduta a terra con il medico che nel frattempo le massaggiava il ginocchio, lei si voltò e sorrise al compagno apertamente:
 
-Oh, grazie Hachiro! Purtroppo mi stanno molto addosso e non riesco a crossare per bene.
 
-Ma che dici, Sora, stai facendo anche troppo!- intervenne Isoshi da dietro.
 
Se c’era una cosa che Mimi invidiava a Sora di quello sport, è che tutti i suoi compagni di squadra la trattavano da principessa e la riempivano sempre di complimenti.
 
La realtà è così, mentre alle donne poteva apparire un maschiaccio, agli uomini ,il fatto che una donna giocasse a calcio, le faceva guadagnare mille punti.
 
Sora era molto amata e ammirata da tutti i suoi compagni di squadra.
 
Ma, il più delle volte, questa premura faceva innervosire Taichi:
 
-Avete finito?-avanzò il ragazzo dalla chioma folta- Non facciamoci i complimenti a vicenda, c’è ancora un tempo davanti e stiamo pareggiando.
 
E ,a volte, a Sora dava fastidio il comportamento di Taichi in certe occasioni.
 
I due ragazzi, per il rispetto che avevano nei confronti del loro capitano, si ammutolirono e si allontanarono, mentre la ragazza cominciò a sorseggiare la sua acqua fresca.
 
-Sora, cerca di passarmi la palla, se no non riusciremo a fare goal.
 
Dopo aver sorseggiato altra acqua, lo guardò un po’ indispettita:
 
-Taichi, non so se lo hai notato, ma mi stanno addosso, non riesco a fare di più.
 
-Oh, andiamo! Lo so che puoi fare di più! Basta volerlo!
 
Le si sedette a fianco, notando solo in quel momento che veniva massaggiata dal medico della squadra.
 
-Ti stai facendo scaldare i muscoli per scattare di più dopo, eh?!- fece con quella sua faccia buffa di sempre.
 
Lei non potè far altro che sorridere e porgergli la bottiglietta:
 
-Mi fa male il ginocchio, mi hanno dato certi colpi…
 
-Dai, stringi i denti e porta insieme a me la vittoria alla nostra squadra, dobbiamo fare l’attacco assassino!
 
Faceva sempre così alla fine del primo tempo per darle la carica, cominciava a dirle mille stupidaggini.
 
Fece cenno al medico di fermarsi, tanto non poteva fare altro di più.
 
Si alzò faticosamente da terra:
 
-Farò il massimo, come sempre.
 
Gli disse alla fine, dirigendosi ,zoppicando, alla panchina per prendere il suo asciugamano.
 
Purtroppo, Taichi non riusciva neanche a vedere il vero stato fisico dell’amica, pensava solo ad una cosa, alla vittoria.
 
Inizio secondo tempo.
 
Era ricominciata la partita.
 
Gli avversari cominciarono ad attaccare ma la difesa risultò efficiente, così ripresero velocemente palla.
 
Sora cominciò a ragionare velocemente: grazie ai massaggi ed alla pausa, si sentiva meglio ora, ma non sapeva per quanto potesse durare, quindi doveva dare il tutto per tutto da adesso, sicuramente avrebbe creato più azioni.
 
Scattò in avanti non appena vide uno dei suoi compagni con la palla al piede, e gli fece cenno con la mano per fargli capire di essere libera.
 
Recepì subito il messaggio, così ricevette il pallone.
 
Concentrò le forze e cercò di annullare nella mente il dolore per qualche attimo.
 
Scattò come non mai, in avanti, seguita da due avversari.
 
Le serviva terreno, se avrebbe rallentato troppo presto i due calciatori l’avrebbero raggiunta e avrebbero impedito l’azione.
 
Corse fino ad arrivare quasi all’angolo e solo in quel momento si voltò di scatto crossando in mezzo all’area di rigore.
 
Ora stava tutto nelle mani di Taichi, o meglio, nella testa.
 
Ed infatti non si fece perdere quell’azione fantastica, anche lui saltò con tutte le sue forze per arrivare al pallone prima degli altri e colpire di testa con potenza , per poi mettere a segno.
 
Neanche il fischio dell’arbitro riuscì a coprire le urla di gioia dei tifosi e della squadra.
 
Si andarono tutti ad abbracciare davanti all’area di rigore.
 
Avevano segnato proprio non appena iniziato il secondo tempo, tutto grazie a Sora.
 
Ma a tal proposito, nell’abbraccio di gruppo Taichi non vide l’amica.
 
Scostò lo sguardo.
 
Si era alzata con fatica dal campo: per calciare la palla a quella velocità, aveva perso l’equilibrio poco dopo e aveva subìto un brutto colpo a terra.
 
Non era riuscita ad unirsi ai festeggiamenti, ma ,camminando a rilento, cominciò ad andare verso la loro metà campo, zoppicando, per poi riprendere la posizione di inizio gioco.
 
Taichi la guardò un po’ deluso, ma non poteva distrarsi.
 
Ricominciò il gioco con il fischio dell’arbitro.
 
Ma la partita si spense.
 
Sora non riusciva più a correre come prima, causando un po’ di nervosismo da parte del mister e di Taichi.
 
La buona difesa che avevano, però, garantì la vittoria della squadra.
 
Si complimentarono a vicenda per la partita, e, naturalmente, molti di loro andarono a complimentarsi con Sora che stava pensando a spruzzarsi un po’ di anestetizzante al ginocchio.
 
-Davvero uno scatto eccezionale, Sora, un’azione bellissima! Non avrei mai saputo fare di meglio!- esclamò ancora Hachiro.
 
Lei stavolta sorrise solamente, era troppo intenta a finirsi tutto quello spray sul ginocchio, le dava un gran sollievo.
 
-Ma ne vogliamo parlare?Neanche quei due riuscivano a starle dietro, ti cominceremo a chiamare “Flashwoman!”.- fece entusiasta Kuma.
 
-Siete troppo buoni con me, ragazzi. Il resto della partita non ho saputo far nulla.
 
-Sei troppo modesta!!Se abbiamo vinto è merito tuo, e di Taichi ovviamente!- aggiunse Isoshi vedendo poco distante l’autore del goal che lo guardava un po’ arrabbiato.
 
Si avvicinò di nuovo al gruppetto felice, con le mani ai fianchi:
 
-Abbiamo giocato davvero male oggi, potevamo fare di meglio.- notò il capitano.
 
Sora lo guardò allibita, per capire se quella frase era diretta più a lei che al resto del gruppo.
 
E dal suo sguardo color nocciola capì che era proprio come pensava, non le poteva sfuggire nulla.
 
Smise di spruzzarsi lo spray, tanto era anche finito e si voltò per bene verso di lui nell’attesa di sentire i suoi rimproveri.
 
-Isoshi, hai fatto certi sbagli clamorosi, ma a cosa pensavi? La settimana prossima non sono accettati, hai capito? Lo stesso tu, Hachiro, sei l’altra fascia ma non corri, ci metti troppo a prendere il controllo del pallone…
 
Da quando lo avevano fatto capitano, Taichi era diventato molto più severo durante le partite.
 
Scherzava comunque con i compagni, infatti era molto amato, ma per rendersi un capitano a tutti gli effetti e per guadagnarsi il rispetto della sua squadra doveva anche essere severo a volte.
 
Le critiche che faceva non venivano mai prese come un’offesa, ma come un consiglio.
 
-E tu, Sora, davvero, dopo quella prima azione sei stata del tutto assente, ma che ti prende?
 
La ragazza non aveva più fiato, le stava chiedendo cosa le prendesse e proprio fino ad un attimo prima era stata a spruzzarsi lo spray anestetizzante davanti a tutti.
 
Non ci vide più, gettò lo spray per terra nervosa, prese al volo la sua borsa e cominciò ad andarsene verso gli spalti.
 
Sembrava che lo facesse apposta a non vedere come era ridotta.
 
Tutto ciò lo fece sotto agli occhi di tutti i suoi compagni, così Taichi non perse tempo ad andarle dietro.
 
Cominciò a chiamarla, ma anche zoppicando manteneva un passo abbastanza veloce.
 
Alla fine la raggiunse e, prendendola per un braccio la fece voltare.
 
-Ehi, che ti prende, si può sapere?
 
 Sora non ne aveva proprio voglia di rispondere e cercò di andarsene un'altra volta, ma Taichi la trattenne ancora.
 
-Sora, con me non devi fare così!
 
-Sono stanca, voglio tornare a casa ,Taichi. Hikari mi sta aspettando.
 
-Ma come, dobbiamo andare tutti a festeggiare! Ci siamo messi proprio ora d’accordo!
 
A quel punto gettò la borsa per terra ed allargò le braccia:
 
-Ma io dico, ma non mi vedi? Taichi sono stata mezz’ora a spruzzarmi quello spray, zoppico e non mi reggo in piedi!E’ dall’inizio della partita che te lo dico!
 
-Guarda che al massimo devi restartene a sedere in un bar!
 
Neanche più il fiato le riusciva a venire, era davvero stupita, ma possibile che non capiva?
 
Prese la sua borsa e cominciò ad incamminarsi di nuovo:
 
-Io me ne torno a casa, buon festeggiamento, Taichi!
 
La guardò per qualche minuto mentre si allontanava da lui, e calciò a terra nervoso.
 
Ad assistere alla litigata non era stata solo la squadra, ma anche il loro gruppo di amici.
 
Sora si diresse proprio da loro, poiché lì c’era la sua amata Hikari che la aspettava con aria decisamente preoccupata.
 
L’aveva vista discutere con il suo fratellone e ,quando accadevano cose del genere, ci stava sempre male.
 
Il silenzio che seguì il suo arrivo, fece capire alla digiprescelta che i suoi compagni avevano visto la sua discussione con l’amico, così cercò di cambiare subito discorso:
 
-Sono stata un disastro, vero?
 
-Ma che dici?- rispose subito Jyou- Hai corso come non mai e quell’azione se la ricorderanno a vita!
 
-Concordo con Jyou- fece Koushirou- Sei stata una grande, Sora!
 
-Si, ma mi sono spenta subito, scusate, ma gli acciacchi si fanno sentire!
 
-Ma, Sora, sei il nostro idolo! A proposito, mi presenteresti quel tuo amico moro, alto, con il codino??
 
Tutti scoppiarono in una grande risata dopo l’intervento di Mimi.
 
Era sempre la numero uno quando si trattava di cambiare argomento.
 
Dopo qualche altra battutina, Hikari, vedendo la sorella esausta,  le propose di tornare a casa.
 
-Ma andate via di già?- chiese Takeru.
 
La giovane Yagami annuì.
 
-Scusate, ragazzi, ma ho bisogno di riposo. Hikari, se vuoi restare un po’ di più fa pure.
 
-No, no, Sora, tranquilla, ti accompagno a casa.- fece convinta.
 
Yamato si fece avanti:
 
-Bè, possiamo fare un pezzo di strada insieme, se volete. Takeru viene a cena da me e papà stasera.
 
-Volentieri, Yamato. – fece educatamente Sora.
 
Dopo essersi salutati tutti, i quattro ragazzi si incamminarono verso casa.
 
Nel primo pezzo di tragitto, Sora ne approfittò per chiedere al sua biondo amico come andasse la ricerca dei membri per la sua band.
 
La passione per la musica di Yamato lo aveva portato a pensare di formare un gruppo, così da sfruttarlo anche come hobby, ma era un po’ di tempo che cercava persone con le quali condividere questo suo sogno.
 
Il più grande dei fratelli Takaishi le spiegò che per ora aveva trovato il batterista e il chitarrista, ma gli serviva un bassista per completare almeno la base del suo progetto.
 
Poi, avrebbe cercato anche un tastierista.
 
Mentre i due ragazzi più grandi discutevano su ciò, poco più avanti vi erano Takeru ed Hikari che parlavano di scuola.
 
-Si, Takeru, ci sono tutti quegli esercizi di matematica per Lunedì, quindi già so come passerò la giornata di domani.
 
Rise a quell’affermazione malinconica dell’amica:
 
-Devi pensare che saremo tutti sulla stessa barca, quindi tranquilla.
 
-Ma dormi a casa di Yamato stasera?-gli domandò all’improvviso.
 
Il giovane annuì, un po’ confuso.
 
-Che ne dici se domani pomeriggio ci mettiamo insieme a farli? Due teste sono meglio di una, me lo dice sempre anche Sora.
 
-Ehi, perché no, possiamo fare un gruppo studio, per me va benissimo.
 
Sorrise.
 
Hikari ci si trovava bene con Takeru, loro erano così simili.
 
Calmi, con una grande pazienza e volontà.
 
E poi ,anche loro potevano dire di essere amici da sempre, visto che si erano proprio conosciuti in prima elementare.
 
Intanto, da dietro, Yamato aveva appena cambiato discorso.
 
-Quand’è che deciderai di smettere, Sora?
 
La ragazza si pietrificò a quella domanda.
 
L’amico era sempre stato un tipo diretto, forse anche troppo per i suoi gusti.
 
-In che senso,Yamato?
 
Si sentì squadrare da quegli occhi gelidi e limpidi, per poi sentirsi dire:
 
-Zoppichi ogni giorno di più, ti devono rompere una gamba per farti smettere di giocare?
 
Sora rallentò il passo.
 
Le iniziò a venire un po’ d’ansia, prima era solo Mimi che le ripeteva questa cosa ogni giorno ed ora cominciava anche lui.
 
-Ma no, tranquillo, sono solo degli acciacchi, per Lunedì starò meglio.
 
-Non hai il coraggio di ribellarti a Taichi, vero?
 
A quel punto, si fermò.
 
Lo guardò un po’ offesa ma ,contemporaneamente, anche con un po’ di malinconia.
 
-Senza che mi guardi così, ti conosciamo tutti e conosciamo anche lui. Hai paura di offenderlo lasciando la squadra, non è così?
 
Ma non rispose, lo continuava a guardare allo stesso modo, con quei suoi bei occhi color miele.
 
-Sora, devi capire che non puoi organizzare la tua vita a suo piacimento. Non siete più dei bambini, non dovete per forza fare le stesse cose per stare perennemente insieme. Il tempo passa e dovete saper staccare un po’ la spina.
 
Quel discorso, portò Sora ad innervosirsi, così, prima che potesse rispondere male all’amico che poteva avere anche tutte le ragioni del mondo, disse:
 
-Bè, Yamato, noi svoltiamo di qua ora. Ci vediamo Lunedì, ok?
 
Lui scosse la testa, quando si trattava di Taichi non c’era verso di farla ragionare.
 
-Sora, non puoi stare ai suoi capricci, Taichi non se ne rende conto ma si sta comportando da egoista…
 
Poteva sentirle tutte , ma non questa.
 
Rimanendo sempre composta e cercando di non alterare troppo la voce, rispose:
 
-Taichi è tutto tranne che egoista, lui non lo è affatto! E’ la persona più buona che abbia mai conosciuto, quindi, ti prego Yamato, smettila. So io come comportarmi con lui, lo conosco da una vita.
 
Sospirò, poi vide che l’amica chiamo Hikari che stava continuando a camminare, parlando con Takeru non si era accorta di essere arrivata.
 
Tornò indietro e dopo aver salutato i due fratelli, se ne andarono, sotto agli occhi indecifrabili di Yamato.
 
 
 
 
 
 
 
 
-Mamma mia, che fatica!- esclamò Sora non appena entrò nel suo appartamento.
 
Hikari, dopo aver chiuso la porta, sorrise.
 
La giovane Takenouchi pose in un angolo la borsa di calcio, poi guardò la sorella acquisita sedersi a tavola e guardarla sorridente.
 
-Lo so, quando mi guardi così è perché è l’ora della merenda!
 
-Esatto, torta al cioccolato?
 
Era uguale a Taichi certe volte, per lo meno sul cibo era come lui.
 
Avevano gli stessi gusti.
 
Sarà che Hikari era cresciuta cercando di imitarlo, aveva da sempre avuto troppa stima per il fratello.
 
Mentre Sora tagliava la torta,iniziarono a parlare.
 
-Sora, dopo la doccia ti va di venire a vedere un film da me? Tanto per passare il Sabato sera.Forse ci sarà anche Taichi.
 
Al suo nome, le venne una piccola fitta al cuore, ma cercò di non farlo notare.
 
-Mi piacerebbe, è una bella idea, ma tuo fratello non ci sarà stasera, sicuro andrà a fare qualche casino con la squadra, come sta facendo ultimamente.
 
Negli ultimi tempi, Taichi usciva il Sabato sera con la squadra di calcio.
 
All’inizio, andava anche Sora, ma poi si rendeva conto che era l’unica donna in mezzo ad un gruppo di uomini, così cominciò a mancare agli appuntamenti.
 
Hikari sbuffò, l’allontanamento del fratello dalla sua adorata Sora aveva fatto uno strano effetto su di lei.
 
La giovane, in realtà, non aveva notato solo gli acciacchi della sorella, ma anche i frequenti litigi con Taichi.
 
Certo, tante volte avevano bisticciato, ma era normale, un rapporto non è sempre rose e fiori, solo che ultimamente litigavano spesso, per colpa di quello sport.
 
Aveva notato gli occhi tristi e malinconici di Sora, come anche le disattenzioni di Taichi.
 
Però loro erano cresciute così, sia lei che la sua cara sorella erano cresciute rispettando il loro amato fratello, e mai gli avrebbero fatto qualcosa di male, un torto o cose simili.
 
Mai avrebbero voluto offenderlo o creargli un dispiacere.
 
Lui rappresentava il loro unico riferimento.
 
Le aveva sempre protette con tutte le sue forze, era anche questo il motivo per cui, pur notando tutto ciò, Hikari non riusciva ad aprire bocca con il fratello.
 
Questo comportamento non poteva esser sempre positivo, stava andando oltre agli argini.
 
Intanto Sora aveva preparato sia i due pezzi di torta sia due bei bicchieri di succo.
 
Si voltò per porgere la merenda ad Hikari, ma appena fece un passo di colpo le cedette il ginocchio destro e andò giù per terra, facendo cadere anche la fetta di torta.
 
La giovane Yagami si paralizzò: vedendo Sora a terra e gemere per il dolore, il cuore cominciò a batterle forte e la mente spegnersi.
 
Spontaneamente si accasciò a terra per aiutarla, ma ,con altrettanta spontaneità, cominciarono a scenderle le lacrime.
 
-Oddio, Sora! Che hai? Che ti succede?
 
Non riusciva a risponderle per il dolore acuto che sentiva in quel momento.
 
Era davvero atroce, ma cercava di soffocare le urla che le venivano in gola, per non spaventare Hikari.
 
Ma la piccola era già spaventata a morte, aveva visto il suo ginocchio cedere proprio davanti a lei.
 
In preda al panico, non sapeva come comportarsi.
 
Di solito, nelle situazioni più tragiche, c’era sempre Taichi che sapeva prendere l’iniziativa.
 
Ma ora suo fratello non c’era, e lei era sola.
 
Tutto quello che passava per la testa alla piccola Hikari, in realtà, stava attraversando anche la mente di Sora.
 
Sapeva che la sua cara sorella non poteva reggere da sola certe situazioni, in fondo era ancora una bambina.
 
Doveva trovare la forza di reagire, solo per lei, per non farla preoccupare.
 
Mandò giù tutte quelle grida bloccate in gola, strinse i denti e respirò più a lungo.
 
Dopo qualche minuto, sentiva sempre più Hikari singhiozzare e gridare il suo nome, così si diede una mossa.
 
Con non si sa quali forze, si appoggiò sulla spalla della ragazzina al suo fianco e con la gamba sana si diede una spinta per alzarsi:
 
-Hikari, tranquilla, è tutto apposto…- cercò subito di tranquillizzarla.
 
Ma la scena era ben impressa nella mente di Hikari, e non si calmò.
 
-Sora, chiamo mia madre? Chiamo un medico? Sora che faccio?- cominciò a chiedere agitata.
 
-No, Hikari, sto benissimo! Non devi chiamare nessuno!  Ho messo male un piede, sto bene ora, sta tranquilla.
 
Sora cominciò a ripeterle le stesse cose, per farla tranquillizzare, o ,almeno, smettere di piangere.
 
Alla fine, anche se le ci era voluto più del previsto, ci riuscì.
 
Ma HIkari sapeva che non poteva più far finta di non sapere, sapeva che se avrebbe continuato a fare così la sua cara sorella sarebbe stata ancora più male.
 
Non poteva più tacere, doveva dire la sua, doveva provarci.
 
-Sora…- la chiamò decisa asciugandosi le lacrime.
 
La giovane Takenouchi si era appena messa a sedere sulla sedia, e cominciò a guardarla, stupita dal suo sguardo.
 
-Sora, ora basta. Devi smettere, ti prego, smettila.
 
-Hikari, che stai dicendo?
 
-Sora, devi lasciare la squadra!- esclamò quasi urlando e ricominciando a piangere.
 
A Sora le venne un colpo.
 
Non l’aveva mai vista così.
 
E soprattutto, sentì davvero una strana sensazione.
 
Eppure, non stava dicendo nulla di diverso da quello che le aveva detto sia Mimi che Yamato, ma, detto dalla sua Hikari, le faceva tutto un altro effetto.
 
-Sora, ti prego, non posso più vederti così… Lascia la squadra! Con Taichi si risolverà tutto, ma ti prego, lasciala!
 
Aveva cominciato a piangere come non mai, non aveva mai visto Hikari piangere in quel modo.
 
Singhiozzava vistosamente, per quante lacrime le scendevano non riusciva a recuperare neanche il respiro.
 
Gli occhi cominciarono a bruciarle, e il cuore a battere all’impazzata.
 
-Hikari…
 
-Ti prego, ti prego Sora…è una tortura vederti così, sia per me, che per Toshiko, per tutti.
 
E’ vero, sua madre anche ultimamente aveva discusso molto su questo fatto.
 
Lei era da sempre stata contraria a questo sport, fin da quando giocava nella squadra femminile.
 
Ma Sora amava a tal punto il calcio che neanche la ascoltava.
 
Ma ora, aveva ragione, era troppo.
 
Ne valeva della sua salute.
 
Forse, doveva cominciare a pensare anche un  po’ a sé stessa e non solo agli altri.
 
Ma soprattutto, non voleva mai più far piangere in quel modo la sua adorata sorellina.
 
Mai più.
 
-Hikari…- fece appoggiando una mano sopra alla sua, attirando la sua attenzione.- Hikari, hai ragione… con Taichi si risolverà. Appena lo vedrò, gli dirò che non riesco più a giocare per i  miei infortuni e che lascerò la squadra.
 
In realtà, Sora aveva sempre esitato anche perché con la sua squadra ci si trovava benissimo, era una seconda famiglia, tutti poi l’adoravano, si sentiva una specie di mascotte.
 
Per lei era difficile prendere una decisione tale anche per questo.
 
Ma come diceva Hikari, non poteva non pensare alla sua salute.
 
Era arrivata al limite, doveva smettere ed era sicura che i suoi compagni l’avrebbero capita, ma non ne era altrettanto certa per Taichi.
 
-Sora, promettilo che glielo dirai, promettimelo.
 
Le strinse ancora di più la mano e le sorrise come aveva sempre fatto:
 
-Te lo prometto, mia piccola Hikari.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Lunedì.
 
Il week end era volato.
 
Sora ed Hikari, dopo aver passato il Sabato sera insieme a vedersi un buon film nell’appartamento della Takenouchi, il giorno dopo si erano dedicate allo studio, con l’aggiunta di Takeru.
 
Mentre Taichi aveva passato al giornata a dormire e giocare al pc.
 
Non si era fatto vedere da Sora, per tutto il giorno.
 
Ma lui faceva sempre così quando era offeso.
 
Di solito, era l’amica che andava da lui per chiarirsi e far pace, ma quel week end non salì in camera sua.
 
Taichi si era offeso ancora di più, ma non poteva sapere che in realtà Sora non era andata per colpa del suo ginocchio.
 
Era stata tutto il tempo a mantenerlo sotto il ghiaccio, e a farsi da sola qualche massaggio per rimetterlo in sesto.
 
La giovane non raccontò neanche a sua madre dell’accaduto.
 
Se avesse saputo cosa le fosse successo quel pomeriggio assieme a Hikari, di sicuro l’avrebbe portata in ospedale per dei controlli e , per come era Sora, non voleva far allarmare nessuno.
 
Tutto ciò era riuscita a farlo con la complicità della piccola Yagami.
 
Le aveva fatto promettere di non dire a nessuno cosa fosse successo, sapeva che poi tutti l’avrebbero presa sul tragico.
 
Quella mattina, Taichi non aveva scampo, doveva per forza incontrare la sua amica.
 
Sora si presentò alle 7:30, come sempre.
 
Ricevette la stessa accoglienza, ma con qualcosa di diverso.
 
L’amico era già sveglio e pronto e, non appena entrò, se ne stava già per andare.
 
Non rispose neanche al buongiorno dell’amica, evidente segno del suo stato.
 
Quando Taichi era arrabbiato, lo faceva capire a tutti, sorella e madre compresa.
 
Yuuko in quelle circostanze si stava zitta, non si sarebbe mai permessa di impicciarsi degli affari dei loro figli.
 
Sora sospirò profondamente, seguendolo in silenzio.
 
Di certo non avrebbe attaccato discorso davanti alla famiglia Yagami.
 
Aspettò una volta usciti, e una volta accompagnata Hikari.
 
Per tutto il tragitto, Taichi camminò velocemente nonostante la sua amica avesse problemi.
 
Zoppicava, infatti, ancora più di Sabato.
 
Ma per quanto fosse arrabbiato, neanche ci fece caso.
 
Continuò lo stesso andamento subito dopo che ebbero passato le elementari.
 
A quel punto, Sora non riusciva più a stargli dietro, così cominciò a chiamarlo.
 
Ma all’inizio neanche la sentì e proseguì.
 
Lo chiamò ancora più forte, ma continuava con la sua testardaggine ad andare avanti.
 
Doveva passare alle maniere forti, non aveva altra scelta.
 
Non voleva dirglielo così, non voleva assolutamente.
 
Avrebbe voluto parlarne con calma, ma lui era così testardo!
 
Con l’immagine, impressa nella mente, di Hikari che piangeva e con la percezione costante del dolore al ginocchio, prese fiato e si fermò del tutto:
 
-Taichi, io lascio la squadra!
 
Lo disse con un tono alto, con la testa chinata e gli occhi chiusi.
 
Sapeva a cosa sarebbe andata incontro, sapeva che sarebbe susseguita una grande litigata.
 
L’amico si fermò.
 
Era come se si fosse paralizzato.
 
Una folata di vento gelida cominciò a scompigliargli i capelli.
 
I suoi occhi avevano cominciato quasi a tremare, non poteva crederci.
 
Era impazzita?
 
Si voltò piano a quella notizia, e notò che con una mano si reggeva al muro del recinto di una casa.
 
Non aveva coraggio di guardarlo in viso.
 
Il cuore di Taichi cominciò a battere forte.
 
Per tutto il week end era stato nervoso, non aveva chiuso occhio.
 
Era sempre così quando litigava con lei.
 
Cominciò ad avvicinarsi alla ragazza e, una volta abbastanza vicino, riuscì a chiederle:
 
-Cosa hai detto?
 
Un’altra folata gelida di vento li pervase.
 
Mantenendo la testa chinata e dopo aver preso di nuovo fiato, disse con più calma ma allo stesso tempo decisa:
 
-Ho detto, che lascio la squadra, Taichi.
 
Aveva capito bene allora.
 
La sua cara amica d’infanzia che aveva cominciato con lui quel fantastico sport, ora lo lasciava solo.
 
Ma soprattutto, ad un passo dalla partita decisiva.
 
-Stai scherzando, vero?
 
Ma lei non rispose, anzi, quasi che voltò il viso.
 
-Lo hai detto solo per attirare la mia attenzione, non è così?
 
Stava facendo di tutto per non pensare che l’amica fosse seria, ma poi, vedendo la sua espressione e vedendo che non rispondeva per smentire, si incupì:
 
-Sora, ma c’è la partita Sabato! Sei impazzita?!
 
A quel punto, Sora lo guardò, con gli occhi lucidi:
 
-Taichi, non sto bene, ho il ginocchio a pezzi! Non ce la faccio a correre, sarei d’intralcio! Prima che succeda qualcosa, è meglio che lasci la squadra.
 
Ma tutto quello che aveva detto sembrava che fosse andato al vento.
 
-Sora! Mi prendi in giro? Sono tre mesi che ci prepariamo per questa partita, sono tre mesi che sto in ansia e che te ne parlo! E tu mi lasci proprio prima di farla?!
 
Voleva replicare, ma Taichi era furibondo:
 
-Volevi farmi un dispetto per farmi pesare il comportamento di Sabato?! Bè, ci sei riuscita, Sora! Sei una delusione! Cosa dirò alla squadra? “Sora fa i capricci?!”
 
-Taichi, non stai parlando sul serio…-fece lei con la voce oramai rotta.
 
-Sono serissimo Sora! Sai quanto ci tengo a questa partita, ci siamo allenati io e te! Io mi sono allenato solo con te per fare delle azioni combinate e tu che fai? Mi molli?! Questa è davvero grossa, Sora, me la stai facendo davvero grossa!
 
Cercò di prenderlo per un braccio, ma in preda ai nervi,lo strattonò di colpo facendola spaventare.
 
Taichi notò lo sguardo terrorizzato di Sora, che cominciò a piangere silenziosamente.
 
Questa volta abbassò lui lo sguardo, e stringendo i pugni, disse:
 
-Se mancherai Sabato, rovinerai ancora di più la nostra amicizia, Sora!Più di quanto non lo sia in questo momento!
 
-No, non dire così…- disse scoppiando in lacrime.
 
-Sembra che lo hai fatto apposta, Sora…sembra che hai aspettato fino ad oggi per farmi questo.. per me è importante, e tu eri la prima a saperlo.. mi hai deluso.
 
Detto questo, se ne andò abbattuto, lasciandola dietro, da sola.
 
Sora sentì un forte dolore al petto e ,piangendo come non mai, si accasciò a terra.
 
Lei sapeva che le avrebbe fatto male, ma no fino a tal punto.
 
Sapeva che avrebbe reagito così, ma fino a quel giorno dentro di lei c’era una piccola speranza che Taichi forse l’avrebbe capita.
 
Ma svanì subito.
 
Per quella stupida partita aveva messo addirittura in discussione la loro amicizia.
 
Questo non lo poteva reggere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sora non si presentò agli allenamenti quella settimana.
 
Al mister aveva detto di star poco bene, e dovette sopportare anche i suoi sfoghi.
 
Quei giorni erano stati atroci e pesanti.
 
Taichi la mattina partiva prima di lei pur di non vederla, e, per uno che faticava davvero tanto ad alzarsi, significava che era davvero arrabbiato.
 
A lezione, non la guardava di striscio sebbene erano compagni di banco.
 
Neanche rispondeva ai suoi saluti.
 
Questo causava nel cuore di Sora qualcosa di improvabile.
 
I pomeriggi li passava da sola a piangere, a parte quando Hikari la andava a trovare.
 
Ma a volte scoppiò anche davanti a lei per quanto stesse male.
 
Per tutta la sua vita non aveva mai vissuto senza stare un giorno senza parlare con il suo amico.
 
E all’improvviso quell’ostilità e quell’indifferenza l’aveva fatta sprofondare.
 
Il gruppo di amici avevano intuito più o meno cosa fosse successo, senza chiedere a nessuno degli interessati e senza neanche confrontarsi con Hikari.
 
Mimi aveva cercato più volte di far sfogare Sora, ma era un muro, non ne aveva la minima voglia di parlarne.
 
Yamato, da persona diretta che era, invece, aveva chiesto a Taichi cosa fosse successo e aveva detto la sua, causandogli ancora più rabbia.
 
Il biondino aveva sempre protetto Sora, ogni litigata che avevano avuto lui appoggiava la ragazza.
 
E anche questa volta, si era schierato dalla sua parte.
 
Aveva provato a farlo ragionare, a fargli capire che stesse male, ma niente.
 
Quello che non  sopportava di Yamato è che si impicciava troppo degli affari tra lui e la sua amica, oltre al fatto che non aveva peli sulla lingua.
 
Ma Sabato era arrivato, ed ora erano tutti sugli spalti in attesa della tanto sentita partita.
 
Hikari era in disparte, evidentemente triste e provata per quella situazione.
 
Takeru la guardava preoccupato e in silenzio da vicino a Yamato.
 
Mimi sbuffava.
 
Se Yamato aveva litigato con Taichi per questa cosa, figuriamoci lei che scenate gli aveva fatto.
 
Jyou e Koushirou se ne stavano in silenzio vicino alla ragazza dai capelli color cenere, ammutoliti anche loro.
 
Quando si litigava, era sempre brutto, per tutti.
 
Aspettavano in silenzio, guardando i riscaldamenti.
 
Fino a che, Jyou esclamò all’improvviso:
 
-No, non ci credo, c’è Sora!!
 
Tutti si voltarono, soprattutto Hikari a cui il cuore arrivo in gola non appena vide la sorella scendere gli scalini per dirigersi alla panchina , il tutto in divisa.
 
Esattamente, in tuta da calcio, come se fosse pronta per la partita.
 
Non diede tempo a far commentare gli amici, che la giovane Yagami scattò verso di lei, urlando il suo nome e facendo così voltare anche l’intera squadra che ormai aveva rinunciato alla sua presenza.
 
Sentendo che fosse Hikari, per non incrociare il suo sguardo, continuò a scendere le scale, ma ormai l’aveva raggiunta.
 
La fermò per un braccio, chiamandola ancora con più agitazione e con la voce rotta:
 
-Sora, che ci fai qui? Sora, Sora, mi avevi detto che non saresti venuta! Che ci fai in divisa?!
 
A quel puntò si voltò ,rivelando il suo viso pieno di lacrime:
 
-Hikari…ho cercato…- disse con un filo di voce.-…ho cercato, credimi, ma io…la verità è che non so stare senza tuo fratello. La verità è che sono stata davvero male questi giorni senza lui. La verità è che non mi importa nulla di me, io voglio renderlo felice!
 
Hikari scoppiò a piangere, vedendo Sora in quello stato non sapeva che altro dire.
 
-Se devo decidere, preferisco star male fisicamente ma stare con lui che star bene fisicamente e stare senza Taichi!
 
Detto questo, dopo averla accarezzata e chiesto scusa sottovoce, si voltò verso la panchina, asciugandosi le lacrime in un secondo.
 
Rivolse lo sguardo al cielo, come se chiedesse aiuto, poi con decisione si avviò verso i suoi compagni, increduli.
 
-Sora…- cominciò a chiamarla Hachiro vedendola passare davanti a lui.
 
Ma non ci fece caso, lei era diretta verso la panchina, verso il mister e verso lui, Taichi, che la guardavano meravigliati.
 
Una volta arrivata, di fronte agli occhi della sua squadra, disse decisa:
 
-Mi dispiace, mi dispiace per essere mancata agli allenamenti. Sono pronta per affrontare la partita di oggi.
 
Il mister alzò il sopracciglio, per poi dire:
 
-Non so, Sora, se possiamo farti giocare, hai saltato gli allenamenti questa settimana, non ti sei riscaldata abbastanza.
 
Ma Taichi, che aveva il cuore a mille per la sorpresa, dopo essersi ripreso, si rivolse all’allenatore:
 
-La possiamo far entrare al secondo tempo, così ha il tempo di scaldarsi! Sora è importante in questa partita, lei lo sa. Ci serve per vincere.
 
Lo sguardo di Sora era rivolto unicamente a lui, al suo amico.
 
Il suo cuore fremeva di incrociare di nuovo il suo caldo sguardo, le era mancato troppo.
 
Dopo aver convinto il mister, con conseguente esultanza di tutti i compagni, ci fu un attimo in cui i due amici d’infanzia si staccarono da quella realtà e si guardarono finalmente negli occhi.
 
Sora riuscì a stento a trattenere le lacrime, ma Taichi non resistette, così si avvicinò abbracciandola e facendole capire che le era mancata.
 
Lei si accucciò per un attimo sulla sua spalla, per non far vedere che i realtà qualcosa dai suoi occhi era uscito.
 
Era quel calore che non vedeva l’ora di sentire, l’abbraccio sincero e protettivo del suo migliore amico.
 
La baciò sulla fronte, rassicurandola:
 
-Sapevo che non mi avresti deluso. Mi sei mancata, amica mia.
 
Ed ora poteva giocare anche gli interi novanta minuti di partita, distruggendosi le gambe.
 
Ora era felice.
 
Niente avrebbe potuto cambiare il suo stato, neanche quello stupido ginocchio.
 
Si staccarono per poi sorridersi a vicenda, di nuovo, fino a che non vennero richiamati dall’attenzione dell’arbitro: stava per cominciare la temuta partita.
 
I loro sguardi si fecero seri, Taichi guardò di nuovo l’amica che , dandogli una pacca sulla spalla, disse:
 
-In gamba, Taichi. Resisti fino a che non entro.
 
Lui sorrise ampiamente e le accarezzò la schiena facendole l’occhiolino e lasciandole una sensazione di leggerezza, ma non fisica, ma del cuore.
 
Così iniziò il primo tempo.
 
Risultò più difficile del previsto, ci furono un sacco di azioni in cui gli avversari mancarono un goal, a volte per bravura del portiere ma altre volte a causa di sfortuna.
 
Stavano giocando male, la difesa non riusciva a reggere gli attacchi degli avversari.
 
Erano molto forti, come aveva sempre detto Taichi.
 
Forse, se non era stato per le sue pressioni e per gli allenamenti di quei mesi, a quest’ora potevano anche essere sotto di qualche goal.
 
Con sofferenza finì il primo tempo.
 
L’umore della squadra era a terra, non si riusciva a creare azioni.
 
Dagli spalti, il gruppo dei digiprescelti notarono che Sora si era riscaldata e che era pronta ad entrare.
 
-No, dai, non vorranno farla entrare!- esclamò Yamato.
 
-Non ci posso credere, ma non si regge!- fece nervosa Mimi.
 
-Ragazzi, se sta entrando significa che anche lei lo vuole, se no non si sarebbe presentata, che dite?- notò Koushirou.
 
Hikari se ne stava zitta, tenendo le mani vicino al viso, come se stesse per prepararsi a coprirselo nel peggiore dei casi.
 
Takeru le si affiancò di più.
 
-Hikari, ti vedo tesa e preoccupata.
 
Lei scosse la testa, ma non appena la fermò, il biondino notò i suoi occhi lucidi.
 
Quando Hikari faceva così era perché sapeva che se avrebbe cominciato a parlare sarebbe scoppiata in lacrime, così Takeru non le chiese nient’altro, ma le posò una mano sul ginocchio per farla calmare e farle capire che, in caso, lui era lì.
 
Fischio di inizio del secondo tempo e prime sostituzioni, tra cui Sora.
 
Cominciò abbastanza violentemente: dopo i primi passaggi, gli avversari entrarono in possesso del pallone da subito e cominciarono ad attaccare.
 
Fecero un’altra azione da “quasi” goal, miracolosamente Taichi era riuscito ad evitare che la palla entrasse.
 
-E allora?! Ci vogliamo muovere?!- cominciò ad incitare la squadra.- Ognuno alle proprie posizioni!E occhi aperti.
 
Si ricominciò con il calcio d’angolo degli avversari, e per fortuna si evitò un’altra azione pericolosa.
 
Passarono i minuti e la situazione non mutò.
 
Sora sbagliò molte volte, causando l’agitazione del mister.
 
Purtroppo, la sua corsa era più lenta del previsto, inoltre, ogni volta, per la paura che qualche avversario andandole contro le facesse male, Sora gettava la palla in mezzo prima di poter arrivare ad un buon punto per far partire l’azione.
 
Ormai mancava poco.
 
Se avrebbero vinto quella partita, la sua squadra sarebbe andata prima in classifica, ma, soprattutto, Taichi ne sarebbe stato felice.
 
Fu questo il pensiero che attraversò la mente di Sora non appena vide un pallone venire nella sua direzione.
 
In un attimo ragionò: Taichi stava a quasi metà campo.
 
Gli avversari, vedendo che non poteva portare alcun pericolo poiché era risultata lenta per tutto il tempo, non l’avevano marcata più di tanto e si incentravano su altri giocatori.
 
Era questo il suo momento.
 
Raccolse le energie e pensò solo ad una cosa: rendere felice Taichi.
 
-Taichi!!!- urlò non appena stoppato il pallone.
 
La loro intesa era così enorme che capì al volo, doveva scattare.
 
Con non si sa quali energie, Sora scattò lasciando gli avversari allibiti.
 
Corse più veloce che poteva, anche meglio dell’ultima partita, arrivando in un attimo vicino alla porta.
 
Poi, lo vide.
 
Taichi era pronto, era proprio in linea d’aria con lei.
 
Le passò la palla, e Taichi se la ritrovò proprio in mezzo ai piedi.
 
Senza neanche stopparla, tirò al volo un tiro così potente che il portiere neanche si mosse per cercare di pararlo.
 
Goal!
 
Avevano segnato.
 
L’esultanza per questo  punto fu più enorme ed entusiasmante dell’ultima volta.
 
Taichi venne sepolto dai suoi compagni, felici quanto lui per l’impresa.
 
Ma qualcosa fermò il loro entusiasmo e quello fu proprio il grido di Hikari dagli spalti.
 
Quando si voltarono per vedere cosa fosse successo, il cuore della squadra si fermò all’improvviso, soprattutto quello di Taichi.
 
Sora era a terra, e non si rialzava.
 
Cercava con una mano di farlo, ma sembrava che una gamba non le rispondesse.
 
Inoltre, dalla sua espressione, si vedeva che cercava di trattenere il dolore.
 
L’arbitro accorse subito, ma Sora fece cenno di non avvicinarsi.
 
Stava cercando di rialzarsi, ma ogni tentativo era un fallimento.
 
Non poteva riuscirci perché non riusciva a piegare la gamba destra che teneva stretta con tutta se stessa con l’altra mano.
 
Non sentendo più la forza neanche sul braccio, alla fine rimase a terra.
 
La mente di Taichi si era fermata.
 
Quasi si fosse dimenticato del goal appena fatto, vedeva solo la sua Sora a terra, dolorante.
 
-“No, Taichi non mi deve vedere così, no, ce la posso fare”- pensò tra sé e sé.
 
L’arbitro e il mister avevano fatto entrare subito i medici con la barella, ma Sora urlò nervosa:
 
-Non mi serve! Sto bene!
 
Non voleva far vedere al suo amico che era distrutta, che era fuori uso.
 
Lei era così felice quando giocavano insieme a calcio, non poteva smettere, non poteva farsi male.
 
Cercò di nuovo ad alzarsi da sola, ma si fece ancora più male e le uscì un urlo di dolore.
 
Hikari, a quella scena non ce la fece più e scese giù all’improvviso dagli spalti.
 
I medici la presero in braccio e l’appoggiarono alla barella.
 
Il mister non si era finito le sostituzioni così, dopo essersi consultato con i medici, decise di sostituirla.
 
Taichi cominciò a camminare verso la panchina, senza neanche rendersene conto.
 
Vedeva solo che i medici toccavano delicatamente il ginocchio di Sora, causandole un gran dolore.
 
Poi notò che uno di loro scosse la testa e che Sora cominciò ad agitarsi.
 
L’altro cominciò a chiamare al telefono non si sa chi.
 
Taichi non ce la fece più e cominciò quasi a correre per vedere cosa fosse successo, ma venne fermato da un compagno.
 
-Cosa fai,Taichi? L’arbitro sta per fischiare la ripresa della partita!
 
-Ma Sora…
 
-Sora è stata sostituita, capitano! Non dobbiamo distrarci!
 
Era vero, era ancora nel bel mezzo di una partita.
 
Ma quasi che non gli importasse più, il suo sguardo era continuamente attratto dalla panchina.
 
Notò Hikari , che era scesa dagli spalti, piangere davanti a Sora, e sembrava quasi arrabbiata.
 
Ricominciò la partita, ma Taichi gettava di continuo le occhiate sulle due ragazze.
 
Per fortuna non era rimasto molto alla fine, nemmeno cinque minuti.
 
Ma queminuti furono un disastro.
 
Taichi non era più concentrato, e neanche provava ad attaccare.
 
Il mister era furioso, non lo aveva mai visto così.
 
Gli avversari quasi fecero un goal, ma per fortuna la partita ad un certo punto finì.
 
Proprio in quel momento sentirono anche l’arrivo di un ambulanza.
 
Taichi si voltò, aveva un brutto presentimento che fu subito confermato alla vista dei medici che presero la barella con sopra la sua amica e che cominciavano a portarla proprio in direzione del veicolo.
 
Inutile dire la brutta sensazione che provò.
 
La sua amica stava per essere trasportata all’ospedale, ma allora cosa le poteva essere successo?
 
Solo ora se lo cominciò a chiedere, prima non ne aveva avuto né il tempo né la testa.
 
Sentì l’agitazione salire, il sangue cominciò a pulsare forte.
 
Poi la voce dei compagni lo risvegliarono:
 
-No!Che è successo alla nostra Sora?
 
-Corriamo!Andiamo a vedere!
 
No, voleva essere lui il primo ad accorrere, così scattò.
 
Sora era ormai dentro all’ambulanza.
 
Hikari voleva salire, a tutti i costi.
 
-Ma sei una parente?
 
-Si, sono sua sorella!- esclamò piangendo.
 
Proprio a quella scena arrivò Taichi, con il fiatone, e che non riusciva a togliere il suo sguardo dagli occhi dell’amica che lo guardavano tristemente.
 
Poi vide che le disse qualcosa sottovoce e , leggendo le sue labbra, capì cosa volesse dirgli: “Mi dispiace, Taichi”.
 
Sentì le lacrime salire, non capiva cos’era quella sensazione improvvisa.
 
Voleva salire anche lui, ma venne fermato dai medici.
 
Mi dispiace, ma al massimo possiamo portare solo un’altra persona.
 
Hikari si affacciò guardando il fratello:
 
-Taichi, chiama mamma e Toshiko, stiamo andando all’ospedale di Odaiba, dove lavora il padre di Jyou, raggingeteci li.- spiegò velocemente la ragazzina asciugandosi gli occhi.
 
Il ragazzo non fece in tempo a rispondere, i medici stavano per chiudere le porte dell’ambulanza.
 
E l’ultima cosa che vide prima che chiudessero definitivamente le porte, furono gli occhi stanchi e malinconici di Sora.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Per di qua!- esclamò Jyou con ansia.
 
Il ragazzo occhialuto guidava i compagni, assieme alla signora Yagami e Takenouchi, per l’ospedale.
 
Sapeva come raggiungere la sala d’attesa dove sicuramente vi erano Hikari e Sora, poiché in quell’ospedale lavorava suo padre.
 
Il padre di Jyou era uno dei medici primari dell’ospedale di Odaiba, un pezzo grosso si può dire, e di fama molto bravo.
 
Il gruppo camminava a passo svelto, quasi correndo.
 
Il padre di Taichi aveva staccato dal suo lavoro per la notizia e aveva accompagnato sua moglie all’ospedale.
 
Ma prima, era passato a prendere suo figlio, assieme ai fratelli Takaishi.
 
Mentre la madre di Sora aveva dato un passaggio a Mimi, Jyou e Koushiro.
 
Così erano finalmente arrivati a destinazione.
 
Toshiko cercava di mantenere la calma e di non agitarsi prima del previsto, ma si vedeva anche da lontano che moriva dentro.
 
Yuuko e Susumo, il padre di Taichi ed Hikari, erano preoccupati quanto lei.
 
Finalmente arrivarono a destinazione e, non appena entrarono, videro che Sora era seduta sopra di un lettino con le rotelle, e vicino c’era la piccola Yagami.
 
La madre si fiondò sulla figlia, facendola un po’ spaventare.
 
-Sora, che ti è successo? Cosa hai fatto? Dove ti fa male?- cominciò a chiedere agitata.
 
Ma la figlia, sembrava molto calma, anzi, cominciò a sorriderle dicendo che stava bene.
 
I ragazzi, vedendola così, si calmarono un poco, tranne Taichi.
 
Si vedeva che lo faceva forzatamente, in realtà non era affatto tranquilla, glielo leggeva negli occhi.
 
Il ragazzo la osservava da lontano, non aveva il coraggio di avvicinarsi, non sapeva di preciso il perché.
 
Forse, stava cominciando a sentirsi un po’ in colpa.
 
-Oh, Sora!- urlò Mimi abbracciandola.
 
-Ci hai fatto prendere uno spavento!- esclamò Yamato.
 
All’infortunata venne un sorriso nel vedere tutti i suoi amici starle cosi vicino e preoccupati.
 
Ma si spense non appena intervenne sua madre:
 
-Sora, mi avevi detto che non saresti andata alla partita.
 
Il tono di Toshiko si fece severo, così i presenti si ammutolirono.
 
-Mamma, era importante…- cercò di rispondere sbrigativa la figlia.
 
Sperava tanto che la madre non cominciasse una discussione davanti a tutti, ma, soprattutto, davanti a lui, Taichi.
 
Quest’ultimo cominciò a prestare attenzione ad ogni singola parola della signora Takenouchi, mantenendo però le distanze.
 
-Ma cosa significa? Va a finire sempre così! Eri infortunata, non riuscivi a camminare per casa, mi avevi detto che non saresti andata, Sora! E io ti avevo creduto! Invece hai fatto come quella volta con la tua squadra di calcio femminile!Anzi, hai fatto addirittura peggio! Hai giocato in queste condizioni!Sei una irresponsabile, Sora!
 
Hikari se ne stava in silenzio, vicino ai suoi genitori, e il suo sguardo cadde inevitabilmente sul fratello: Taichi era paralizzato, glielo poteva leggere nei suoi occhi spaventati e preoccupati.
 
La testa cominciò a formicolargli, non riusciva a ragionare.
 
Gli sfiorò l’idea che tutto ciò fosse colpa sua, ma non riuscì bene a focalizzare il tutto.
 
Il suo battito era accelerato, per la paura e per l’ansia.
 
-Mi dispiace, mamma. Ma per me, era importante, c’era in gioco più di una semplice vittoria.
 
Un brivido corse lungo la schiena del giovane Yagami: possibile che si stava riferendo a lui?
 
Toshiko stava per rimproverarla ancora di più, ma venne interrotta dall’entrata dei medici e del padre di Jyou.
 
Rivolsero tutti l’attenzione a coloro che erano appena arrivati, e restarono in silenzio in attesa delle loro parole.
 
Dopo essersi schiarito la voce, il dottor Kido disse:
 
-Innanzitutto, buonasera a tutti. Attendavamo proprio voi prima di iniziare. Per vedere che cos’ha Sora, ora gli ortopedici la porteranno a fare dei raggi al ginocchio e cercheremo di avere subito le risposte.
 
-Dottore, perché i raggi? Che cos’ha?- chiese la madre di Sora.
 
Il signor Kido si rese conto che essendo arrivata in quel momento, la signora non sapesse neanche dove si fosse infortunata la figlia, così, dopo averle chiesto scusa, spiegò meglio:
 
-I medici che l’hanno portata qui mi hanno detto che si è infortunata mentre giocava, e che durante la partita, dopo un’azione, le ha ceduto il ginocchio e non è più riuscita ad alzarsi.
 
Toshiko si portò una mano davanti alla bocca, ceduto il ginocchio?
 
-Le dico già, l’abbiamo visitata e da questa nostra prima osservazione pensiamo che sia successo sicuro qualcosa ai legamenti, però dobbiamo accertarcene con i raggi.
 
Vedendo che però non riceveva alcuna reazione dalla signora, fece cenno ai suoi subordinati di portare con il lettino Sora dentro la sala per le ulteriori visite.
 
-Se vuole, può seguirci, ma solo lei.
 
Non se lo fece ripetere e ,dopo aver gettato un’occhiata malinconica e preoccupata alla famiglia Yagami, entrò con loro in sala.
 
Si susseguirono minuti di silenzio, dove al massimo i presenti si scambiavano sguardi preoccupati e sbuffavano in preda all’ansia.
 
Hikari si avvicinò al fratello e cercò di prenderlo sottobraccio, ma Taichi si scostò, allontanandosi ancora di più e mettendosi ,infine, a sedere sulle sedie che vi erano nella sala di attesa.
 
Mise le mani davanti alla faccia e, non appena chiuse gli occhi, gli si proiettò la figura di Sora.
 
L’immagine era di quella volta che avevano litigato e in cui lei aveva cominciato a piangere a dirotto dicendogli che voleva lasciare la squadra perché stava male.
 
Ma lui, quella volta, non ci vide più e la trattò malissimo.
 
Sentì il cuore sprofondare lentamente, così da dare maggiore spazio a quel dolore acuto che cominciava ad espandersi.
 
“Cosa ho fatto…”- pensò.
 
Gli tornò in mente l’amica zoppicare ma sorridergli comunque, nonostante tutto.
 
Vide la sua faccia stanca ma sorridente, e quel sorriso era solo per lui.
 
Gli tornò in mente anche il suo volto di quando l’abbracciò prima della partita: non appena la toccò ,Sora aveva sospirato come se gli avesse tolto un gran peso.
 
I suoi occhi erano lucidi ma decisi, brillavano come non mai.
 
E il suo cuore ,a quel viso, si alleggerì.
 
Quella settimana era stato anche lui male, ma non voleva pensare che fosse dovuto al fatto che non aveva avuto rapporti con l’amica.
 
Pensava che fosse dovuto all’ansia della partita, ma solo ora si era reso conto che non era affatto così.
 
Dopo aver visto che l’amica aveva dovuto lasciare il campo, non ci aveva capito più niente ed improvvisamente la voglia di giocare se n’era andata.
 
Passò quasi un’oretta, e Taichi la trascorse così, lontano dai suoi compagni e dalla sua famiglia.
 
Non aveva fatto avvicinare neanche la madre.
 
Non aveva voglia di parlare con nessuno, neanche con sua sorella.
 
Aveva ricominciato a pensare a tutto ,fino ad arrivare a quasi la certezza che fosse tutta colpa sua.
 
I medici avevano fatto uscire anche Toshiko ad un certo punto, così da prendersi qualcosa da bere in attesa delle risposte.
 
Non aveva neanche il coraggio di guardare la signora Takenouchi, aveva paura che ce l’avesse con lui.
 
Ad un tratto, sentirono aprirsi le porte.
 
Uscì il dottor Kido e alcune infermiere, così tutti i presenti si avvicinarono a lui, con l’ansia a mille.
 
Fu Toshiko a chiedere cosa avessero saputo, prima che potesse farlo qualcun altro.
 
Taichi si avvicinò ma mantenne lo stesso le distanze dal resto del gruppetto che quasi faceva mancar l’aria al signor Kido.
 
-Allora, papà?- chiese Jyou strofinandosi le mani in preda all’ansia.
 
-Ebbene, era come avevo pensato, c’è  un bel problema ai legamenti. Non avevo mai visto una cosa del genere, si è riuscita a rompere il menisco e il crociato anteriore, e il crociato posteriore è lesionato.
 
Per la maggior parte dei presenti, ciò che aveva appena detto era insensato, erano al punto di partenza, ma il padre del ragazzo occhialuto notò le loro facce attonite e così continuò:
 
-E’ per questo che il ginocchio ha ceduto e che Sora non riusciva ad alzarsi, i legamenti sono andati del tutto.
 
-E, quindi?- chiese la madre con un filo di voce.
 
-La opereremo di Lunedì, signora, siamo riusciti a trovarle subito un posto nelle operazioni. Domani faremo tutti gli esami che precedono qualunque intervento, poi Lunedì mattina la sistemeremo. Per questo la terremo ricoverata questo week end, se per lei va bene.
 
Ma la parola “operare” aveva fatto sobbalzare tutti.
 
Operare? Avrebbero sottoposto Sora ad un intervento?
 
Taichi quasi che si venne meno, cominciò a mancargli il respiro, ma ,per non farsi notare, si voltò.
 
Il signor Yagami, vedendo che nessuno aveva il coraggio di rispondere, si fece avanti:
 
-Ma come è possibile, dottore? Da quello che mi hanno detto, non ha fatto un movimento così contorto da potersi rompere tutti questi legamenti.. e poi Sora non è così fragile, è anni che gioca a calcio.
 
-Già, me lo sono chiesto anche io. Mi dispiace dirvelo, ma è stata un’irresponsabile.
 
A quell’affermazione fredda del medico, gli sguardi dei presenti si fecero ancora più scossi e la signora Takenouchi si innervosì:
 
-Che vorrebbe dire, scusi?
 
-Che per ridursi così, significa che lei oggi ha giocato sicuramente con il menisco o qualche crociato lesionato.Non so nemmeno come abbia fatto a giocare una partita e a correre, doveva essere molto motivata o, semplicemente, molto testarda e pazza.
 
Taichi si paralizzò alle parole del medico e subito gli ritornò la scena di lei zoppicante, nonché le sue parole in testa  che gli imploravano di farla smettere perché le faceva male il ginocchio.
 
Sentì il dolore nel cuore divamparsi, voleva intervenire, per proteggere la reputazione dell’amica, in realtà non era colpa sua, lui l’aveva costretta a giocare, lui l’aveva ricattata mettendo in gioco la loro amicizia.
 
Era stato uno stupido, un egoista, un insensibile.
 
Mettere nel dubbio la loro preziosa amicizia per una stupida partita, ma cosa gli era preso?
 
Sora era una delle persone più importanti della sua vita, come aveva potuto farle una cosa del genere?
 
Ok che sbagliare è umano, ma ciò non poteva valere se a rimetterci era un angelo, perché era così che reputava la sua amica, un angelo.
 
E lui aveva causato dolore anche ad una figura divina come lei.
 
Cominciò ad insultarsi da solo, si cominciò ad odiare con tutto se stesso.
 
- Ma possiamo andarla a vedere ora?- chiese ad un tratto Susumo.
 
-Certo, ma pochi alla volta, per favore. Ci sono altri pazienti. Inoltre non sarebbe nemmeno l’orario di visita… dirigetevi verso la camera 101.
 
Si misero d’accordo, prima andarono i più grandi, ossia Yuuko,suo marito e Toshiko.
 
Hikari era spaventata a morte, fortunatamente in quegli anni non aveva mai visto nessuno operarsi o andare all’ospedale per qualcosa, ma ora vi era la sua Sora e, anche se si trattava di un’operazione al ginocchio, era per lei comunque un intervento. Una cosa che le faceva da sempre paura.
 
Takeru, vedendo Taichi in disparte e scioccato più dell’amica, decise di andarla a consolare, e l’abbracciò, anche perché non sapeva che altro dire.
 
Cominciò così a sfogarsi in silenzio sulla spalla del giovane Takaishi.
 
Mimi si era passata una mano tra i capelli, pallida anche lei. Non voleva farla tragica, però era in ansia per l’amica.
 
Tutti erano consapevoli che l’operazione poteva essere anche qualcosa di non pericoloso e semplice, si trattava solo di ripristinare i legamenti, ma il post operazione sicuramente sarebbe stato più doloroso e faticoso, soprattutto per una che non ama stare ferma.
 
Non sapevano che altro dire e regnava il silenzio.
 
Silenzio che fu interrotto da un singhiozzo.
 
Yamato si voltò: il suo caro amico Taichi era caduto in ginocchio e aveva cominciato a piangere anche se ,con una mano davanti alla bocca, cercava di non farlo sentire.
 
Ma il cuore era al limite e il dolore troppo forte.
 
Koushirou cercò di avvicinarsi ma Taichi, al rumore dei passi, fece cenno con l’altra mano di non andare verso di lui.
 
Yamato lo ignorò e gli si avvicinò lo stesso, cercando di farlo alzare.
 
Ma era davvero distrutto, aveva cominciato a singhiozzare molto, così da trasmettergli tutta la sofferenza che ormai si era dissipata su tutto il petto.
 
-Coraggio, Taichi, non c’è bisogno di reagire così.- fece il ragazzo biondo, deciso e anche un po’ nervoso.
 
Ma non si voleva muovere, non voleva alzarsi.
 
Yamato era fin troppo nervoso, per tutto quello che era successo.
 
Voleva un gran bene a Taichi, ma quando c’era da dirgli certe cose non aveva un minimo di sensibilità né peli sulla lingua, perché era così, sincero ed aperto.
 
-Non serve a nulla piangere ora, potevi pensarci prima. Ce n’eravamo accorti tutti di quanto stesse male, a parte te, e nonostante continuavamo a dirtelo non hai voluto ascoltarci.
 
Hikari, a quelle parole dure di Yamato, si scostò subito dall’abbraccio di Takeru, spingendolo anche in malo modo , mentre la sua attenzione era rivolta proprio al fratello.
 
-Ma soprattutto, dopo che te lo ha detto anche lei chiaro e tondo, hai fatto finta di nulla. Quindi smettila di fare il bambino.
 
Non c’era niente di più crudele di una verità sbattuta in faccia in quel modo, era arrivato da solo alla consapevolezza di aver sbagliato, troppo tardi ma ci era arrivato.
 
Taichi aveva sempre voluto degli amici sinceri, ma quando Yamato arrivava a certi livelli non lo poteva vedere.
 
A quel punto si alzò, aveva voglia di prenderlo a pugni, così si sfogavano varie volte quei due, come avevano fatto più volte anche a Digiworld.
 
Ma questa volta aveva ragione e, dopo aver stretto i pugni, si allontanò di corsa.
 
Hikari scattò con lui, lanciando dapprima un’occhiataccia a Yamato.
 
-Ma dico, Yamato, sei impazzito?- gli urlò Mimi isterica.
 
Lui la guardò arrabbiato:
 
-Se non gli si dicono le cose in faccia, non imparerà mai! Lo sapete com’è fatto Taichi, è un testone! Se lo si coccola solo continuerà a fare come si pare! Un esempio è proprio quello che è successo, Sora lo ha viziato troppo, gli ha sempre permesso di decidere della sua vita! Non importa se sono amici da una vita o no, ma così è troppo, il legame che li unisce è troppo morboso! E quando sfocia così, bisogna arginare tutto prima che sia troppo tardi! Va bene volersi bene, ma ognuno deve vivere la propria vita e prendere decisioni con la propria testa, cosa che quei due matti non fanno e non hanno mai fatto!
 
Jyou rimase paralizzato, Yamato era furibondo, ma non solo con Taichi, ma anche con Sora da come parlava.
 
-Ma io dico, come si può arrivare a questi livelli? Sacrificare la propria salute per un capriccio stupido. Sora è un’altra, deve cominciare ad autogestirsi e andare da sola, e non vivere perennemente con la paura di ferire gli altri! Non deve comportarsi per forza da santa! Quei due è ora che si diano una regolata!
 
Mimi non poteva credere a tutto lo sfogo che ebbe il suo amico, forse qualcosa di vero c’era pure, Sora era così attaccata a Taichi che aveva addirittura continuato calcio fino a tal punto e lei per prima era a conoscenza di tutta questa storia e di tutta la sofferenza che stava passando.
 
Ma ,a parte questo che era evidentemente sbagliato come già  lei stessa aveva detto ai due interessati, cosa c’era di male a volersi bene così? Il loro legame era invidiato da molte persone, quello che diceva Yamato, di staccarsi completamente, le appariva esagerato.
 
Lei, che li conosceva da una vita, non li aveva mai trovati esagerati anzi, Sora aveva bisogno di lui, di una figura maschile di riferimento e lo sapeva bene.
 
Taichi era uscito fuori dall’ospedale e ,non appena solcata, la porta, si inciampò con il marciapiede a causa della sua vista annebbiata dalle lacrime.
 
Hikari gli si fiondò subito:
 
-Taichi, Taichi… fratellone…
 
-Hikari…-la chiamò con voce rotta e non guardandola in faccia-… anche tu lo sapevi, non è vero?
 
Il silenzio della sorella che seguì gli fece capire che addirittura anche lei si era accorta dello stato della loro Sora, così da farlo piangere ancora di più.
 
-Perché sono stato così cieco, così egoista?!Perchè Hikari?
 
Vedendolo così disperato, alla sorella venne ancora più da piangere, ma doveva essere forte, almeno lei doveva resistere:
 
-Taichi, non dire così.
 
-Non ha avuto il coraggio di dirmi di no, io l’ho ricattata Hikari! L’ho ricattata!- Fece disperato guardandola.- Pur di avere la mia amicizia è stata disposta ad arrivare a questo punto… me ne sono approfittato…-proseguì con più calma.
 
Calma dovuta al fatto che sentiva le forze svanire.
 
-Taichi, se ha giocato è perché lo voleva anche lei…-cercò di tirarlo su la sorella.
 
-No, Hikari, non mi difendere anche stavolta che ho torto… non me lo merito proprio.
 
Non sapeva che altro dire, era davvero una situazione così assurda, ancora doveva realizzare ciò che era successo.
 
-Come potrò guardarla d’ora in poi? Con che coraggio la guarderò in faccia, Hikari?
 
-No, Taichi, non dire così! Non immagini cosa mi abbia detto prima della partita, è l’ultima cosa che vorrebbe!Le faresti solo altro male se non la vai a trovare, lei aspetta solo te!
 
Rimase un attimo allibito dalle parole della sua giovane sorella, poi, chiese:
 
-Che ti ha detto?
 
Si rese conto di aver parlato troppo, ma ormai era fatta, forse, se glielo avrebbe detto, si sarebbe tirato su di morale.
 
-Mi ha detto, che non le importava nulla, non le importava né dei giudizi né del suo male, l’importante per lei, era vederti felice.
 
Il cuore del ragazzo cominciò a battere a mille, ma allo stesso tempo sentì altro male dentro, dovuto alla continua sensazione di colpa.
 
-Mi ha detto, che per lei l’importante era stare con te.- concluse.
 
A quel punto si alzò, seguito dallo sguardo speranzoso di Hikari.
 
Si stava per sentire male, se lo sentiva dentro.
 
Aveva un nodo alla gola, voleva piangere ancora di più.
 
La sua cara Sora aveva fatto tutto questo per lui, perché lui era un pezzo importante della sua vita.
 
-Taichi, ti prego, asciugati le lacrime, io voglio andare a vedere come sta, voglio vederla.
 
Povera la sua piccola Hikari, era così piccola ma al contempo così saggia.
 
Adorava sua sorella, le voleva un mondo di bene, e lei lo stesso.
 
Si riteneva così fortunato ad avere una sorella così, forse era anche il motivo per cui fosse tanto geloso e protettivo nei suoi riguardi.
 
L’abbracciò, tanto per farle capire che un grazie non sarebbe bastato.
 
 
 
 
 
Dopo un quarto d’ora tornarono dentro, ma non vi trovarono nessuno nella sala d’attesa.
 
Cosi i due fratelli Yagami chiesero alle infermiere dove fossero tutti , e queste giustificarono l’assenza dicendo che ormai si erano fatte le 18 e, siccome era orario di visita, erano potuti entrare tutti.
 
Praticamente si erano diretti tutti alla stanza di Sora.
 
Hikari prese per mano il fratello ,incoraggiandolo.
 
Fecero il corridoio, sorpassando le varie stanze del piano di ortopedia.
 
Erano quasi arrivati alla stanza 101, ma Taichi si bloccò poco prima di arrivare alla porta.
 
Aveva paura, aveva paura del suo sguardo.
 
La sorella strattonò la sua mano, per convincerlo ad entrare ma  lui, toccandosi il cuore, fece:
 
-Ho bisogno di un attimo, tu entra pure, tra poco ti raggiungo.
 
Lo guardò, poco convinta da ciò che gli aveva detto.
 
Ma poi, impaziente di vedere Sora, lo accontentò, entrando.
 
Hikari notò la sua amica sopra al lettino dell’ospedale e già in vestaglia: evidentemente i medici gliene avevano passata una per farle fare i raggi.
 
Si avvicinò piano, era sorridente e radiosa, come se non fosse accaduto nulla.
 
Lei era così, pur di non far preoccupare a nessuno, non si mostrava triste anche se poteva star malissimo.
 
Stava scherzando con Mimi quando intravide il viso dolce della sua piccola sorella.
 
Hikari capì che stava guardando lei perché ad un certo punto cambiò espressione e cominciò a fissarla teneramente.
 
Non ce la fece più, e corse su di lei, abbracciandola.
 
Sora le stampò un bacio in fronte e le accarezzò la testolina.
 
Sorrisero guardandosi negli occhi, ma poi lo sguardo della sorella cadde sulla porta: pensava che fosse entrato anche Taichi, ma invece c’era il vuoto.
 
Lui non c’era.
 
E’ li che si notò la sua tristezza.
 
Sentì una fitta al cuore, che divampò al petto.
 
Hikari notò la faccia dispiaciuta della sorella, e si guardò dietro per sperare che il fratello fosse entrato, ma senza esito.
 
-Sora, accompagno un attimo tua madre a casa per prenderti le cose per restare qui all’ospedale.- fece ad un tratto Susumo accostandosi alla ragazza.
 
Lei sorrise semplicemente.
 
Il signor Yagami le si avvicinò e le diede un bacio sulla tempia, e si avviò fuori assieme a sua madre e a Yuuko.
 
Appena sbucò fuori dalla porta, quasi si spaventò: vide un ragazzo accucciato a terra, con la faccia nascosta tra le gambe.
 
Poi, riconobbe la sua folta chioma, era suo figlio.
 
-Taichi…- lo chiamò piano per poi avvicinarsi.
 
Ma non ebbe risposta.
 
-Che fai qui? Sora ti aspetta.
 
Scosse la testa:
 
-No.Non è vero.
 
Si accostò di più al figlio mentre le altre due donne erano uscite e guardavano preoccupate la scena in silenzio.
 
-Taichi, ma che dici. Se è stata a chiedere fino a poco fa di te.
 
Alzò di poco la testa, per incrociare lo sguardo del padre.
 
-Davvero?
 
-Si,  voleva sapere se eri qui e se saresti andato da lei. Quindi, alzati.
 
Era come se glielo avesse ordinato, così ,senza discutere si alzò.
 
Lo guardò poco convinto.
 
-Non mi far arrabbiare, Taichi. Non la vorrai lasciare sola in un momento del genere.
 
Quelle parole colpirono molto il ragazzo.
 
No, non poteva e non voleva.
 
Le aveva promessa tempo fa che lui si sarebbe preso cura di lei.
 
Che ci sarebbe sempre stato, in ogni momento.
 
Che lei non aveva bisogno di nessuno perché ci avrebbe pensato lui.
 
Guardò il padre e lo abbracciò all’improvviso, confondendolo un po’.
 
Ma si ritrasse subito per poi guardarlo di nuovo:
 
-Grazie, papà.-Disse semplicemente.
 
 Stava per dimenticarsi di quella importante promessa.
 
Per niente al mondo l’avrebbe lasciata sola.
 
E anche se aveva paura che lei non gli sorridesse più come prima per quello che aveva fatto, voleva restarle comunque accanto.
 
Si fece coraggio e cominciò ad entrare.
 
Notò che sorrideva guardando un Jyou impacciato ed una Mimi che lo prendeva in giro.
 
Sorrideva, l’importante era che sorridesse.
 
Hkari, che si voltava continuamente per vedere se dalla porta apparisse suo fratello, stavolta lo beccò, ma il suo sguardo era fisso su Sora che ancora non si era accorta di nulla.
 
Infortunata ,ad un tratto, vide che Yamato si era fissato su di un punto, e che anche Mimi smise di parlare non appena guardò in quella direzione.
 
Non capendo cosa stesse succedendo, si voltò curiosa per poi rimanere con il cuore in gola.
 
C’era il suo amico Taichi che si era fermato ancora prima di arrivare al gruppo.
 
Hikari, notando gli sguardi stravolti dei due ragazzi, strattonò il braccio di Takeru che capì subito cosa volesse dire.
 
Piano piano i compagni uscirono dalla stanza, lasciandoli soli.
 
Neanche se ne accorsero i presenti, Sora si era irrigidita e Taichi era paralizzato in quel punto.
 
Il ragazzo dalla chioma folta sentì un tuffo al cuore ed una strana sensazione di paura, lei ancora non gli concedeva un sorriso.
 
Si dovette voltare un attimo, per riprendere il fiato che il battito accelerato del suo cuore gli aveva portato via.
 
Sora, credendo che stava per fare tutt’altro e che si era voltato per andarsene, d’istinto scese dal letto per andargli dietro.
 
Taichi sentì dei rumori strani e, una volta voltato, vide la ragazza che stava per cadere.
 
Capì subito che sarebbe stata una pazzia e si fiondò in tempo per afferrarla prima che andasse per terra.
 
Così, quando Sora aprì gli occhi, si ritrovò davanti a lei lo sguardo preoccupato e triste del suo più caro amico, che già la stringeva forte come non mai.
 
Taichi non resse quel bellissimo e sincero sguardo color miele, e diede il via alle lacrime accucciandosi sulla sua spalla per non farsi federe.
 
Ma i singhiozzi erano così forti che non poteva far finta di non aver visto.
 
Sora, che grazie a Taichi era rimasta seduta sul letto, lo strinse forte a sé, accucciandosi anche lei sulla sua spalla.
 
-Taichi…-cominciò a sussurrargli.
 
Ma anche la sua voce gli fece lo stesso effetto, aumentarono le lacrime.
 
-Mi dispiace..- riuscì a dire un po’ soffocato.
 
Sora si paralizzò, non voleva, non voleva assolutamente che Taichi si sentisse responsabile di ciò che era accaduto.
 
Si ritrasse dalla sua spalla e gli prese il viso con entrambe le mani.
 
Sentendo le sue mani delicate, non riuscì ad opporre resistenza così si fece trasportare.
 
Sora appoggiò la sua fronte contro la sua, per guardarlo negli occhi e intanto con le mani gli asciugò le lacrime che aveva in viso.
 
Taichi la teneva ancora stretta in un abbraccio, mentre lei aveva cominciato ad accarezzare il viso e scompigliargli i capelli, causandogli un piccolo sorriso.
 
-Taichi.
 
Lo chiamò, con quella voce dolce e soave e sorridendogli dolcemente.
 
Ogni volta che Sora sorrideva, gli trasmetteva un calore dentro, che riusciva a farlo stare bene.
 
La sua attenzione non si mosse dal suo bel viso.
 
Gli diede un dolce bacio in fronte prima di proseguire, che durò un poco, tanto da far chiudere gli occhi a Taichi.
 
Riusciva a sentirsi sereno, finalmente percepiva l’arrivo della calma nel suo cuore.
 
Accostò il viso del ragazzo al suo petto, stringendolo ancora forte a sé.
 
Taichi pensò che potesse addormentarsi anche così, stava benissimo.
 
-Ti voglio bene, Taichi, e te ne vorrò sempre.
 
A quel punto spalancò gli occhi.
 
Sentì il sangue pulsare velocemente tanto da rimbombargli in testa.
 
In tutti quegli anni di amicizia, non avevano mai dichiarato esplicitamente il loro affetto reciproco.
 
Ne erano consapevoli, certo, ma a dirlo in maniera diretta non l’avevano mai fatto.
 
E Sora, quel giorno sentì di ricordarglielo.
 
E non solo.
 
-Ringrazio a chi mi ha dato te come dono della mia vita, Taichi. Sei l’amico che tutti desiderano, sei il mio più caro amico e il mio unico punto di riferimento. Per questo, Taichi, ti voglio bene e non ti lascerò mai.
 
Alzò la testa, per ciò che aveva detto e la guardò dritta negli occhi.
 
Cos’era quel brivido che corse per tutto il corpo e che gli fece vibrare il cuore?
 
Involontariamente, cominciò ad accarezzarle il viso.
 
Ma lei non spense neanche un minuto quel dolce sorriso che aveva stampato sul suo volto.
 
-Sora, tu sei troppo buona con me…- riuscì a sussurrarle- Io ti ho ridotto così…
 
Gli prese di nuovo il viso dopo l’ultima affermazione.
 
-No, Taichi, non sei stato tu, cerca di mettertelo in testa.
 
-Ma perché..perchè mi difendi ancora…- disse piangendo disperatamente.
 
Fece appoggiare di nuovo la sua testa al suo petto, così che lei l’appoggiò sopra alla sua chioma.
 
-Dimmi che non mi lascerai mai sola, Taichi, dimmi che resterai al mio fianco.
 
Lui la strinse ancora di più di quanto già stesse facendo:
 
-Non ti lascerei mai, per nulla al mondo, sono stato uno stupido.
 
Restarono così per altri minuti, godendosi il silenzio e l’affetto che si trasmettevano l’uno con l’altro.
 
Ora si, ora si che stavano bene, entrambi.
 
Taichi cominciò a sentirsi più leggero e il suo cuore meno stanco.
 
Poi, sentì l’amica scostarsi di un poco:
 
-Però, li abbiamo fatti neri, vero?
 
Scoppiarono in una risata.
 
Sapeva come tirarlo su di morale, lei non poteva vederlo così,lo voleva felice e sorridente, come era il suo Taichi di sempre.
 
E solo lei sapeva farlo riprendere così velocemente.
 
Solo lei aveva il potere di renderlo felice in un secondo e di togliergli tutte le sue preoccupazioni solamente attraverso la sua presenza.
 
Lei era qualcosa di speciale, a cui mai avrebbe potuto rinunciare.
 
E Taichi lo stesso, per Sora era il suo mondo.
 
Se non ci fosse stato lui, la sua vita sarebbe stata un lungo cammino attraverso il buio più totale.
 
Taichi era la luce che la portava fuori dal tunnel ogni volta, era colui che era stato mandato per proteggerla e per prendersi cura di lei.
 
Di questo, ne era sempre più convinta, nonostante i litigi e le situazioni difficili che potevano capitargli.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passò quel week end in ospedale.
 
Taichi non la lasciò più neanche per un minuto.
 
Aveva convinto i medici di far stare nella stanza non solo la madre, ma anche lui.
 
E si giustificava così:
 
-Sono suo fratello, non potete mandarmi via!- scatenando le risate delle due Takenouchi.
 
Sora aveva fatto tutti gli esami che dovevano precedere l’intervento.
 
Ed ora, era appena entrata in sala operatoria.
 
Nonostante i medici avessero rassicurato più volte  che comunque si trattava di un’operazione al ginocchio e che potevano stare tranquilli, l’ansia d’intervento c’era, eccome.
 
Anche l’operazione più semplice, fatta però ad una persona a cui ci si tiene, diventa ,agli occhi di chi le vuole bene, un’operazione rischiosa e pericolosa.
 
La mente e i sentimenti umani sono così.
 
Inutile dire che Taichi non andò a scuola quel giorno, e neanche Hikari.
 
Anche se fossero andati, non avrebbero combinato niente, anzi.
 
Yuuko era convinta che Taichi avrebbe rischiato di prendere anche qualche nota, poiché era molto nervoso e minimo avrebbe risposto male a qualche professore.
 
Erano tutti in sala d’attesa, in preda all’agitazione.
 
Non c’è nulla di più brutto.
 
L’attesa.
 
Quasi che stesse meglio Sora, le avevano fatto l’anestesia totale, almeno lei quando si svegliava trovava già tutto bello che fatto.
 
I fratelli Yagami quasi che stessero per sentirsi male.
 
Passò un’ora e mezza, quasi due, da quando l’avevano mandata laggiù.
 
All’uscita di ogni medico con la faccia seria, Taichi si sentiva svenire ogni volta, poiché pensava sempre al peggio.
 
Yuuko cercava di tenere calma la sua amica Toshiko, ma ormai anche lei era al limite.
 
Poi ,finalmente, videro il padre di Jyou sbucare dalla porta della sala operatoria e far subito il segno dell’”ok” alla famiglia in attesa.
 
Uscì ,infatti, seguito dal lettino con Sora che dormiva per l’effetto dell’anestesia.
 
Toshiko sospirò per il sollievo, poi si diresse in quella direzione, l’avrebbero portata in camera, come già le avevano accennato.
 
Taichi, ignorando sua madre, sua sorella e le lamentele delle infermiere, seguì anche lui Toshiko e la barella.
 
Ormai in quell’ospedale si era fatto riconoscere, non vedevano l’ora che se ne andasse.
 
In quei due giorni , non aveva mai smesso di parlare e di fa arrabbiare le infermiere.
 
Entrò in camera e vide la signora Takenouchi accarezzare la figlia.
 
Dormiva serenamente.
 
Taichi si avvicinò, incoraggiato anche dalla donna.
 
Non voleva sbagliarsi, ma sembrava che Sora si fosse addormentata con il sorriso.
 
Anche lui le accarezzò il viso e le scostò i capelli.
 
-Tra quanto si sveglierà?- chiese all’improvviso.
 
-Dipende dalla dose che le hanno dato.- rispose Toshiko mentre si sedeva e apriva un libro.- Sicuramente non ora, può darsi si sveglierà oggi pomeriggio.
 
Sbuffò.
 
Avrebbe dovuto aspettare un’intera giornata.
 
Ma ormai, l’operazione era andata, era come aveva detto il signor Kido, la parte più difficile stava nel riprendersi nel post-operazione.
 
Me lui era pronto a soccorrerla e a starle vicino ogni minuto se occorreva.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sabato.
 
Il giorno delle partite.
 
Il giorno più atteso da Taichi.
 
Ed ora erano di nuovo in campo, senza però la loro cara ala.
 
Ma se non poteva stare in mezzo alla squadra, a combinare azioni, a fare cross e tutto il resto, se ne stava sugli spalti.
 
Mai si sarebbe persa una loro partita, neanche l’operazione avrebbe potuto fermarla.
 
Aveva così tanto pregato la madre da farsi portare in macchina, poi, dal papà di Taichi ed Hikari, ed ora anche lui era seduto tra gli spalti a vedere il figlio.
 
Dopo essere uscita dall’ospedale il Martedì sera, Sora non era più uscita di casa, poiché i primi giorni erano stati davvero dolorosi.
 
Ma era normale.
 
Ad allietare i suoi soggiorni erano venuti i suoi compagni che l’avevano riempita di dolci e di fiori.
 
Per non parlare di tutta la sua squadra, le aveva messo a soqquadro la stanza.
 
Ma anche loro l’avevano riempita di fiori, soprattutto le avevano fatto un bel regalo: le avevano fatto fare una medaglia con scritto il suo nome e il numero della sua maglietta e una mini coppa con le loro dediche.
 
Per non parlare dei fotomontaggi che fecero prendendo la foto della squadra avversaria del Sabato prima che grazie a lei avevano sconfitto.
 
Amava i suoi compagni di squadra, sapevano essere così fantastici e simpatici.
 
Ma la settimana la trascorse bene grazie anche ad Hikari, ma soprattutto, a Taichi.
 
Per tutti quei giorni il ragazzo aveva deciso di pernottare da lei ogni sera,per tenerla sottocontrollo ventiquattrore su ventiquattro.
 
Si svegliava presto, le portava la colazione a letto e l’aiutava ad alzarsi e a muoversi dentro casa.
 
Esatto, non era andato neanche a scuola, d’altronde faceva sempre così, se Sora se ne stava a casa ci restava anche lui.
 
Erano un tutt’uno e non gli importava se agli occhi dei professori e di alcuni loro compagni questa cosa non andasse bene, stavano bene così.
 
E , soprattutto, ciò rendeva felice la sua cara amica.
 
Ma anche lui.
 
Quel giorno Sora si era messa in testa di andare a tutti i costi a vedere la partita.
 
E si era lamentata così tanto che il padre di Taichi si era offerto di accompagnarla, visto che Toshiko aveva la scuola di giardinaggio da mandare avanti.
 
Voleva accontentare la ragazza visto che ormai aveva preso quella decisione che aveva lasciato un dispiacere enorme alla maggior parte delle persone che la conoscevano, ossia lasciare il suo amato sport.
 
Aveva provato ad insistere ,addirittura, quando era ancora all’ospedale, esordendo ad una visita con il medico Kido : “Ma quando posso ritornare a giocare?” E scatenando la furia di sua madre, e anche di Taichi.
 
Il medico le aveva spiegato che non poteva ricominciare presto ma non perché si era fatta male, ma perché la sua operazione era stata delicata e sicuramente giocare ancora con una squadra maschile non l’avrebbe fatta riprendere più di tanto, anzi, di certo con altri urti sarebbe successo qualcos’altro.
 
Stavolta Taichi era dalla parte di Toshiko e del medico, e la convinsero di smettere definitivamente.
 
Il suo amico le aveva promesso che comunque sarebbe rimasta la loro mascotte, e sempre la loro ala preferita.
 
Alla fine, si convinse, anche se con dispiacere.
 
Aveva paura di non poter rendere più felice Taichi. Ed era l’ultima cosa che voleva.
 
Ma ora era lì, a guardare i suoi amati compagni.
 
Al suo fianco vi erano Hikari e Susumo, e dietro di loro Mimi, Yamato e il resto del gruppo.
 
-E si vede che manchi tu , Sora! Una donna era sempre indispensabile in squadra!- scherzò Mimi.
 
-Già, non corre nessuno quanto te!- notò Koushirou.
 
Rise, le veniva la nostalgia guardando tutti i suoi amici giocare, e la voglia di farlo di nuovo si scatenava dentro di lei.
 
Ma lo aveva promesso a Taichi, doveva stare calma fino a che non si fosse ripresa.
 
-Però stanno giocando molto bene.-notò Yamato.
 
Il biondino, dopo l’operazione, si era andato a scusare con Taichi per il tono che aveva usato e per il suo conseguente sfogo.
 
L’amico ,invece, gli diede ragione e lo ringraziò, spiazzandolo completamente.
 
Yamato era contento, Taichi imparava subito dai suoi sbagli.
 
Ciò che lo preoccupava era che sbagliava forse un po’ troppo, così da sbatterci ogni volta la testa.
 
Ma Taichi era Taichi.
 
All’improvviso ,videro il ragazzo dalla folta chioma scattare dal centro campo, più veloce che mai, con la palla al piede.
 
A Sora sobbalzò il cuore e cominciò ad incitarlo, assieme all’entusiasmo esagerato del padre.
 
Riuscì a superare due suoi avversari e trovarsi faccia a faccia con il portiere.
 
Pallonetto e goal!
 
Taichi con un’azione di contropiede era riuscito a segnare da solo!
 
Le urla dagli spalti non si potevano descrivere.
 
Susumo era quello che gridava di più, spiazzando i presenti e scatenando una risata.
 
-Ehi, ma che fa?- chiese all’improvviso Hikari.
 
Taichi, invece di andare ad esultare con i compagni, si mise sotto agli spalti dove erano loro.
 
Alzò la mano, indicando Sora e ,dopo essersi accertato che avesse capito che stesse indicando lei, con la stessa mano diede due colpetti al petto, proprio sopra al cuore, fino ad indicarla ancora.
 
Non c’era dubbio, stava dedicando il goal a lei.
 
Il sorriso che si formò sul viso della compagna era indescrivibile e ammaliò tutti presenti, ma soprattutto Taichi, che sorrise a sua volta e non si perse neanche un secondo di quel gesto così caldo e sereno che lo faceva tranquillizzare tanto.
 
Si rese conto che quel goal che aveva fatto lo aveva reso molto più felice di tutti gli altri segnati nelle precedenti partite.
 
Forse perché, lo stava condividendo con le persone che amava e non se lo stava tenendo solo per sé per un po’ di gloria in più e per costruirsi la stima ,che tanto desiderava, dei suoi compagni.
 
Fare un goal per qualcuno lo rendeva ancora più felice, forse aveva sbagliato tutto.
 
Non bisogna giocare solo per vincere e per guadagnarsi la stima e rispetto, non bisogna giocare solo per coltivare una passione, ma bisogna giocare anche tenendo a mente le persone più importanti della vita.
 
Forse, così, si ha sempre una motivazione in più, e un entusiasmo sempre crescente.
 
Condividere qualcosa di così bello con chi amava , per Taichi non aveva avuto prezzo.
 
Solo ora, grazie all’amica, lo aveva capito.
 
Vide che poi l’attenzione di Sora si spostò a qualcosa che era dietro di lui.
 
Si voltò e vide i suoi altri dieci compagni in fila e con la maglia alzata: al di sotto, ognuno di loro teneva una maglia completamente bianca, e ognuna aveva una lettera.
 
Mimi fu la prima che si prestò a tradurre cosa volessero formare i compagni di Sora:
 
-Allora c’è scritto “w” ,“e” poi c’è un cuore, poi “y”, “o”, “u”, “s”, “o”, “r”, “a”.
 
Scoppiò a ridere non appena capì cosa le aveva dedicato il resto della squadra.
 
Jyou ripeté per intero cosa vi fosse scritto:
 
-“We love you Sora”!
 
Sora era davvero sbalordita, non si aspettava tanto calore ed affetto dalla sua squadra.
 
Mimi cominciò a prenderla in giro ma poi vennero interrotte da Yamato, che rise:
 
-Ehi, guardate, Taichi si è arrabbiato!
 
La scena fece scoppiare a ridere tutti: il capitano cominciò a correre dietro ai compagni arrabbiato, evidentemente perché lo avevano escluso da tutto ciò.
 
L’arbitro era entrato in panico e non sapeva se rincorrerli oppure no.
 
Il mister dalla panchina urlava nervoso verso la sua squadra.
 
Fu una scena comica.
 
Hikari notò Sora ridere a crepapelle.
 
Era tornato tutto normale, come lei sperava.
 
Non c’era niente di più bello che chiudere il tutto con un sorriso ma ,soprattutto, con la visione di una Sora in forma e felice.
 
Perché, non c’è niente di più bello nel vedere la persona che si ama con il sorriso stampato in viso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 NOTA: Mi sono accorta, grazie ad alcuni di voi, di aver sbagliato ,nel precedente capitolo, a scrivere il cognome di Takeru e Yamato, inoltre anche il nome di Jyou (l’avevo visto da wiki). Se notate qualcos’altro, vi prego di riferirmelo, mi fa molto piacere quando notate anche i miei errori!
Voglio scusarmi se il capitolo ,per alcuni di voi, possa essere sembrato noioso, poiché ho parlato di calcio, ma questo è stato sempre un chiodo fisso nella mia testa: perché Sora ha lasciato questo sport, se lo amava tanto? E così la mia testa ha elaborato.
Voglio dirvi che tutto quello che ho scritto, sia sul calcio che sull’operazione, si basa sulla mia esperienza, quindi sicuramente ci possono essere state delle imprecisioni (sopratutto sull’operazione, mia sorella, che gioca a calcio si è rotta durante la partita il menisco e il crociato, mi sono basata su quello che ho visto).
E poi, giocando spesso partite di calcetto a squadre miste, so con certezza cosa significa prendere qualche botta da un uomo! Spero che apprezzerete comunque la mia idea e vi ringrazio molto per le vostre recensioni, mi fate molto felice!
Nel prossimo capitolo si passerà direttamente alle scuole superiori! Sarà molto più pieno di sentimenti!
A presto,
Cristy89
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Odaiba 2005, Aprile. ***


Sai Sora,
 
la vita è davvero strana.
 
Basta un semplice tocco e ti risvegli da un sonno che dura da una vita.
 
E’ quello che più o meno mi è accaduto quest’anno, osservandoti meglio e svegliandomi all’improvviso con una semplice visione.
 
Ti ho sempre ritenuta parte integrante della mia vita, come anche una persona essenziale per alimentare la mia felicità.
 
E ora, più che mai, sono convinto di tutto ciò.
 
Sora Takenouchi, sei la mia felicitàe spero con tutto me stesso che il filo che ci unisce da sempre sia indistruttibile.
 
 
 
 
Odaiba 2005, Aprile.
 
Il sole illuminava quella tiepida e bella giornata.
 
I suoi raggi luminosi si riflettevano ovunque.
 
Si stava davvero bene, anche fuori.
 
Era quello che stava pensando Taichi, mentre cercava di coprirsi un poco con la mano per non accecarsi a causa di quella calda e forte luce.
 
La sua bella chioma castana veniva scompigliata da quel leggero e fresco vento che ,a volte, si alzava, docile.
 
Contemporaneamente, lo rilassava ed involontariamente chiuse gli occhi.
 
-Mi stai ascoltando, Taichi?
 
Sbuffò a quella domanda, lo aveva interrotto proprio in un momento di relax.
 
-Ma che c’è, Yamato?
 
Stavolta fu il biondo amico a sbuffare e a brontolare:
 
-Ti ho detto che Domenica suono al bar Shinbashi e sei gentilmente invitato. Non accetto rifiuti.
 
Il giovane Yagami aprì un occhio, continuando ad avere un’espressione alquanto scocciata:
 
-Ma che pizza. Non mi va di sentire tutto quel frastuono.
 
Koushirou, che era poco distante sempre con il suo computer, alzò per un attimo lo sguardo:
 
-Dice sempre così, ma poi viene. E’ che non ti vuole dare mai una soddisfazione, Yamato.
 
Il ragazzo dagli occhi azzurri sbuffò di nuovo, e si scansò un attimo i capelli che gli erano andati a finire sul viso a causa del venticello.
 
Taichi spostò la sua attenzione all’amico dai capelli rossicci, guardandolo ancora più offeso:
 
-Non sei simpatico, Koushirou. Non mi piace veramente il suo genere, è troppo confusionario.
 
-Ma no, il rock non è come dici tu.- intervenne Jyou.
 
A quel punto, il giovane dalla folta chioma si mise a sedere, grattandosi la testa:
 
-Ma perché lo difendete tutti? Mai una volta che state dalla mia.- si lagnò.
 
Il gruppo restante non poté rispondere che all’improvviso ,dalle spalle di Taichi, apparve Sora, che lo spaventò a morte ,abbracciandolo da dietro.
 
L’amico urlò poiché non se lo aspettava, creando una risata generale.
 
Sora si fece avanti, ridendo, e gli si sedette a fianco.
 
Dopo aver ripreso più volte fiato, la guardò con qualche lacrima:
 
-Sora!!!!!Ma ti sembra il caso?
 
Rise ancora per la sua faccia, poi gli chiese scusa:
 
-Scusa Taichi, è stato più forte di me!Comunque non faccio in tempo ad arrivare che già ho sentito lagnarti!
 
-Bè, voglio ben dire! Nessuno qui sta dalla mia parte, neanche la mia migliore amica a quanto pare…- fece mettendo il broncio e voltandosi.
 
Gli mise una mano sul suo braccio, accarezzandolo delicatamente e ,guardando il resto del gruppo, chiese:
 
-Di che stavate parlando? Che avete fatto al mio adorato migliore amico?- chiese facendo l’occhiolino a Taichi, che non mutava ancora la sua espressione da offeso.
 
Fu Jyou a rispondere, dopo essersi risistemato gli occhiali:
 
-Niente, Yamato ci ha invitato Domenica a sentirlo suonare al Shinbashi.
 
-Wow, sano rock Domenica? Ci sto.
 
Yamato sorrise, spostando poi la sua attenzione sull’amico castano, che aveva la faccia sbalordita e ancora più offesa:
 
-Sano cosa? Ma se quello è rock io sono l’icona del pop!
 
Scoppiarono tutti in una risata a quella battuta.
 
La bella ragazza si asciugò le piccole lacrime che le erano uscite, per poi riprendere fiato:
 
-Stai facendo il difficile, come al solito?
 
Il ragazzo biondo rise, guardandola:
 
-Adora farsi pregare, devi dirci il tuo segreto, Sora. Solo con te non si fa desiderare così tanto.
 
L’interessata guardò l’amico, che teneva ancora il broncio e che aveva notato propenso a rispondere  per lei:
 
-Vado a vedere ogni partita di Sora perché devo controllare che non si faccia male. Lo sapete che sono sempre stato contrario alla sua passione per il tennis.
 
Sora si era ripresa del tutto dopo l’infortunio al ginocchio, ed in pochi mesi dall’operazione aveva cominciato a fare fisioterapia e piscina, per riprendere completamente le funzionalità del ginocchio e rimettersi in sesto.
 
Per lei, però, era impossibile stare ferma, ormai era troppo abituata a praticare lo sport.
 
Così, appena entrò alle superiori e dopo essere stata senza una pratica sportiva ben definita per un intero anno e mezzo, aveva scoperto il tennis grazie alla scuola.
 
All’inizio non ne era convinta, ma poi ci si trovò bene.
 
Aveva imparato con niente, era agile a scattare grazie appunto al calcio.
 
Certo, doveva fare ancora attenzione, il ricordo di quel dolore acuto era impresso nella sua mente, ma era riuscita ad abituarsi bene.
 
Taichi fu contrario fin dall’inizio.
 
Da quando si era preso quel grande spavento, non voleva che lei praticasse di nuovo qualcosa.
 
Ma dall’altra parte, sapeva come era l’amica e, vedendola felice, non poté dirle di no.
 
Anche Toshiko si convinse, alla fine non faceva nulla di male e rispetto al calcio era di gran lunga meglio.
 
Però, fin dal primo giorno che aveva iniziato, Taichi non si perse né una partita e, quando poteva, neanche un allenamento.
 
In quegli anni, era diventato molto protettivo nei suoi confronti, così da non poter più commettere certi sbagli.
 
A Sora tutto ciò non dava affatto fastidio, anzi, le faceva davvero piacere.
 
Si sentiva protetta e amata, e questo la rendeva felice.
 
-A tal proposito, Taichi. Venerdì ho la partita, verso le quattro. Vieni?
 
-Sarò in prima fila, anzi, in panchina.- fece incrociando le braccia e sorridendole.
 
-Ecco, era questo che intendevo…-fece Yamato, facendo ridere il resto dei ragazzi.
 
-E’ che ti vuole dimostrare il suo affetto così, sarà in prima fila anche lui Domenica, ne sono sicura.
 
-Che sentimentale il nostro Taichi.
 
-Basta Yamato!!-si lamentò dandogli un pizzicotto.- E poi vengo se venite tutti a vedermi Sabato alla partita!
 
E già, Taichi non aveva mai lasciato la squadra, anzi, era sempre più bravo ed ogni anno amava di più il suo sport.
 
E in quegli anni, nonostante Sora non vi avesse più giocato, non si era persa nemmeno una sua partita, neanche se stava poco bene.
 
Infatti, il ragazzo dagli occhi color nocciola sapeva già che sarebbe venuta, la dava per scontato.
 
Come anche Koushirou e Jyou se non  avevano troppo da studiare.
 
Invece Yamato era come lui, si faceva desiderare.
 
Sora li aveva sempre definiti due testoni e tipi troppo orgogliosi l’uno con l’altro, per non ammettere che in realtà si volevano un mondo di bene.
 
Ma il rapporto tra due persone che sono l’opposto è proprio così, complicato e indecifrabile. Se no che gusto c’era?
 
-Ma, non lo so, devo pensare se ho del tempo da perdere a guardare ventidue ragazzini correre dietro ad una misera palla.
 
Taichi si offese e fece finta di fare una sceneggiata:
 
-Meglio che credere di saper cantare danneggiando l’udito a delle innocenti persone.
 
L’amica sospirò scuotendo la testa, si divertivano così quei due, prendendosi in giro.
 
Tante volte non capiva l’amicizia dei ragazzi.
 
-Ehi, Sora, hai sentito più Mimi?
 
La domanda di Koushirou fece smettere anche i due amici di far finta di litigare.
 
Dopo essersi scostata un poco i suoi capelli ,che ormai le avevano superato di poco le spalle, rispose:
 
-Certo, la sento ogni giorno per mail. Mi ha detto che tornerà verso fine Giugno per passare l’estate insieme a noi. Ha detto che ha cambiato di nuovo look e di prepararci.
 
La bella digiprescelta dai capelli color cenere era partita poco prima di iniziare le superiori, quindi neanche un anno fa.
 
Era partita per l’America, suo padre aveva trovato un lavoro buono e stabile laggiù, così decisero di trasferirsi.
 
Inutile dire lo sconvolgimento interiore della digiprescelta dell’amore alla notizia, che cercò in tutti i modi di sembrare calma per non farla partire con un ulteriore peso nel cuore.
 
Purtroppo, delle lacrime alla fine le erano uscite, era la sua migliore amica da sempre, colei che riusciva a tirarla sempre su, in qualsiasi momento, raccontando le sue avventure della giornata e scherzando sui compagni.
 
Anche se Sora era più grande di lei di un anno, era sempre Mimi che la proteggeva dalle critiche delle altre ragazze.
 
Il suo carattere così estroverso, sincero e spontaneo le aveva fatto ottenere un bel po’ di rispetto a scuola e tra tutti gli studenti.
 
Alcune ragazze la temevano pure, non aveva peli sulla lingua e se doveva offenderle per proteggere la sua amica, si faceva avanti ben volentieri.
 
Sapeva come era Sora, si teneva tutto dentro, anche se sentiva parlar male di lei.
 
Invece l’amica era il contrario e nessuno doveva offendere la sua adorata pupilla, anche perché non c’era nulla da ridirle.
 
Era perfetta così e le critiche che sentiva erano solo dettate dall’invidia.
 
Nel periodo in cui giocava a calcio aveva messo a tacere praticamente tutta la scuola media.
 
Per tante studentesse, Sora rappresentava una persona su cui sparlare visto che giocava in mezzo ad un gruppo formato da soli ragazzi, e non appena Mimi percepiva qualche voce che poteva infamare l’amica, la fermava immediatamente.
 
Era davvero fantastica, una dei suoi angeli, e vederla partire fece soffrire non poco  Sora, che le disse, con le lacrime agli occhi, di tenere da conto il pezzo di cuore che stava portando via con lei in America.
 
Da quel giorno, la digiprescelta dagli occhi cenere mandava ogni suo scoop e aggiornamento per mail alla compagna, per continuare a tenerla aggiornata, anche sui suoi cambi di look.
 
La sua partenza, però, non lasciò un vuoto solo alla fanciulla dell’amore, ma anche al resto della combriccola.
 
In particolare, a Taichi.
 
Anche se ci litigava spesso e volentieri, in realtà le voleva un bene dell’anima.
 
Infondo, erano cresciuti insieme anche loro e il rapporto che vi era tra i due era un po’ come quello tra un cane ed un gatto, che spesso litigano ma poi fanno pace e alla fine dormono e giocano insieme.
 
Anche a lui uscì fuori qualche lacrima alla sua partenza, e si raccomandò di non fare troppi danni in quel continente.
 
Nel periodo che susseguì, Sora fu un bel po’ giù di morale, ma Taichi era sempre lì, pronto a tirarla su e a farla sfogare con le sue lacrime.
 
Infatti, vi era poi riuscito ed ora Sora si era un po’ abituata all’amicizia a distanza, che grazie alle mail riusciva ancora tenerla viva.
 
-Ha cambiato look di nuovo? Che si sarà inventata? Biondo platino? – scherzò il digiprescelto del coraggio.
 
-Qualsiasi cosa si fa, resterà comunque bellissima, come sempre.
 
-Sora, sei sempre troppo buona! E’ una strega!
 
Gli diede un pizzicotto, non le andava che la prendesse così in giro.
 
Taichi si lamentò, guardandola con le lacrime agli occhi.
 
-Comunque, mandatele qualche mail. Non  vi vergognerete mica?- domandò la ragazza rivolgendosi a Koushirou e Jyou.
 
Si imbarazzarono un poco a quella frase.
 
-N-no, certo che no! E’ che non la possiamo riempire di e-mail.- rispose il ragazzo occhialuto.
 
-Parlando di cose serie, Yamato.- intervenne Taichi all’improvviso.- E’ un bel po’ di tempo che tuo fratello gironzola per casa mia i pomeriggi con la scusa di studiare con mia sorella.
 
Il bel ragazzo biondo si grattò la guancia, non capendo dove volesse arrivare.
 
-E allora?
 
-E allora? Non voglio rischiare mica che ci sia una possibilità remota di diventare parenti un giorno.
 
Sora scoppiò a ridere, Taichi quel giorno le stava dicendo di tutte.
 
-Ma lasciali fare invece di rompere.
 
-Lasciali fare?! Fanno la seconda media, mia sorella è troppo piccola,per quanto voglia bene a Takeru digli di allentare la presa.
 
Yamato si sdraiò, buttando le braccia dietro alla testa e chiudendo gli occhi.
 
L’amico aveva ragione prima, si stava davvero bene in quella posizione.
 
-Mi ascolti?
 
-Guarda che a me sembra più il contrario, Taichi.
 
Il giovane quasi lo stava per insultare, in modo pacifico ovviamente, ma Sora lo prese per un braccio, facendolo voltare:
 
-Mi accompagni agli allenamenti?
 
Taichi rimase un attimo spiazzato.
 
L’amica cercava sempre di fermare in tempo le sue scenate di gelosia verso la sorella.
 
Come era aumentata la protezione che il ragazzo offriva a Sora, così era aumentata anche la premura e la preoccupazione verso la sorella.
 
Non aveva nulla contro il giovane Takaishi, anzi, lo aveva sempre reputato un bravo ragazzo, niente a che vedere con Yamato, a suo parere.
 
Però, sua sorella era sua sorella, non riusciva ancora a farsi l’idea che potesse avere nella sua vita un altro uomo oltre a lui.
 
Per Taichi era troppo presto intraprendere una relazione alle medie e aveva paura che avrebbe sofferto, anche se si trattava del ragazzo più bravo e buono del mondo.
 
Sora era invece per il “vivi e lascia vivere”.
 
Se l’amore arriva, allora ben venga.
 
Tante volte il compagno le parlava di questo fatto, aveva così paura di passare in secondo piano che tante volte il pensiero lo tormentava la notte.
 
-Allora?
 
Sora lo guardava perplessa, ancora non rispondeva alla sua proposta ed era strano.
 
Si alzò di scatto, facendo sobbalzare i presenti.
 
-Certo! Andiamo cara!- disse prendendole la borsa degli allenamenti e avviandosi, salutando tutti con il suo solito sorriso.
 
Almeno l’amica lo faceva sempre sentire in prima posizione, non lo aveva mai messo in secondo piano.
 
Gli faceva piacere sentirsi importante per qualcuno, ne era davvero felice.
 
Vide la sua Sora correre e mettersi al suo fianco, sorridendogli dolcemente.
 
Quel sorriso gli aveva sempre riscaldato il cuore, era una vita che continuava a fargli lo stesso effetto, anzi, ogni anno aumentava sempre più e non ne poteva fare a meno.
 
Era come un raggio di sole, che gli illuminava perennemente la giornata.
 
E la sua vita.
 
Mentre si avviavano al campo di allenamento, a Taichi sorse un dubbio.
 
-Ma, Sora, tu non hai fatto pranzo!
 
Lo cominciò a guardare un po’ confusa, poi sorrise di nuovo e gli disse:
 
-Quando ho gli allenamenti appena pranzo, mangio sempre dopo, Taichi. Te lo dimentichi sempre!
 
Le diede un colpetto alla testa, piccolo e delicato.
 
-Non va bene, e se svieni?
 
Rise a quella domanda.
 
Da quando si era fatta male, aveva paura che tutte le disgrazie del mondo potevano capitare a lei.
 
Lo prese sottobraccio, guardandolo divertita:
 
-Non mi è mai successo! E poi, in caso, mi vieni a soccorrere, ok?
 
Taichi le fece mollare delicatamente la presa al suo braccio, ma solo perché glielo mise attorno alle spalle e l’accostò a sé:
 
-Quante ansie che mi fai prendere!- esclamò mentre la ragazza gli cingeva il braccio attorno alla schiena, ridendo.
 
-Esagerato!
 
Continuarono a proseguire così, ridendo e scherzando, non considerando neanche gli sguardi curiosi degli altri studenti che oltrepassavano.
 
Quando erano insieme, non pensavano a nient’altro.
 
Si sentivano bene ed una leggerezza strana dentro loro.
 
Erano arrivati verso il campo, così Sora cominciò un poco a distaccarsi dall’amico:
 
-Vado a cambiarmi, Taichi.
 
Le mise la mano dietro alla nuca, in mezzo ai capelli, per poi avvicinare il suo viso a lui e stamparle un bacio sulla fronte.
 
Il suo viso si illuminò grazie all’ennesimo sorriso e, dopo avergli accarezzato la schiena, si allontanò correndo.
 
La seguì con lo sguardo fino a che non scomparve, poi si avviò verso  una panchina molto vicina alla rete che circondava il campo.
 
C’era già la sua allenatrice che stava preparando il tutto e che, non appena lo vide, lo salutò.
 
Ormai lo conosceva, veniva sempre, e si era anche raccomandato di non farla sforzare troppo, peggio di Toshiko.
 
Intanto, non sapendo che fare, prese il cellulare e cominciò a scrivere un sms a sua sorella, chiedendole dove fosse e cosa stesse facendo.
 
Tra gli allenamenti di Sora ed i suoi, tante volte riusciva a vederla solo la sera, visto che faceva le medie e non potevano vedersi a scuola.
 
Ripensò alla sua amata Hikari: stava crescendo, ogni giorno di più e, per la sua età, era anche troppo matura.
 
Ne era davvero fiero, non poteva esserne più orgoglio di avere una sorella così.
 
Però, da quando era entrata in divisa scolastica, era diventata anche troppo carina e gli dava fastidio gli sguardi che si posavano su di lei la mattina quando l’accompagnava.
 
La sua idea era sempre quella, era troppo giovane e , a suo parere, indifesa.
 
Grazie a Sora, si era reso conto di essere un po’ troppo protettivo e pesante a volte, così aveva allentato la presa, ma non i suoi sms.
 
D’altronde, era pur sempre suo fratello, doveva farle sentire il suo affetto e il suo interesse in qualche modo!
 
Mentre aspettava la risposta e si guardava intorno, notò che anche i ragazzi si erano riuniti in campo, forse oggi si allenavano tutti insieme, tenniste e tennisti della scuola.
 
Gli  vibrò il telefono e si sbrigò ad aprire il messaggio che gli era appena arrivato.
 
“Ho appena pranzato, ora vado a casa di Takeru a studiare. Tu che fai di bello? A stasera fratellone, i love you.”
 
Si masticò le labbra, andava a casa del giovane Takaishi.
 
Sospirò, guardando il cielo.
 
Conosceva bene sua sorella e, purtroppo, quasi doveva dare ragione a Yamato.
 
Lei era cotta, da un bel pezzo, dell’affascinante ragazzino biondo.
 
Aveva notato da subito la sua iniziale distrazione ai pasti, la sua accentuata allegria, non che non lo fosse mai stata, ma ultimamente regalava sorrisi a chiunque.
 
Poteva anche percepire lui stesso le farfalle nello stomaco che aveva la ragazzina, gliele trasmetteva davvero.
 
Non sapeva come, forse il fatto di avere lo stesso sangue gli faceva percepire le sue sensazioni.
 
Si definì stupido da solo non appena quello sciocco pensiero gli sfiorò la mente.
 
Rise e cominciò a risponderle, ma venne poi attirato dall’allenatrice:
 
-Buonasera Sora! Oggi allenamento misto, dopo il riscaldamento farete una partita a coppie.
 
La ragazza, che era ancora intenta a farsi la coda, annuì sorridendo ai ragazzi che aveva di fronte.
 
-Vi conoscete di vista, ma ora vi presento meglio: lui è Meiji, poi c’è Kunio…
 
Mentre la signora stava facendo le presentazioni, Taichi continuò a rispondere ad Hikari.
 
“Sono a vedere gli allenamenti di Sora. Anche oggi ci vedremo stasera… un bacio. Il tuo super fratellone.”
 
Alzò la testa, per prestare di nuovo attenzione all’amica, ma se la trovò proprio attaccata alla rete, sorridente.
 
Quasi cadde all’indietro per lo spavento, facendo ridere le altre compagne di tennis della ragazza che si erano fermate al suo fianco.
 
Si alzò piano, con i capelli fuoriposto:
 
-E’ la seconda volta oggi, ci hai preso gusto?
 
-E’ che Fumiko e Harumi ti volevano salutare!
 
Ormai, per quanto venisse spesso, anche le sue compagne di allenamento lo salutavano ogni volta e scherzavano con lui.
 
-Ma non dovete correre?!- fece guardando l’allenatrice che si era un po’ innervosita.
 
Le tre si voltarono e, scoppiando a ridere, fecero un cenno con la mano al ragazzo e continuarono a correre per tutto il campo.
 
Riprese fiato, un altro spavento, ne sarebbe uscito vivo quel giorno?
 
Vide da lontano, poi, che verso di lui stavano venendo due figure familiari: erano Yamato e Koushirou che stavano discorrendo tra loro.
 
Il biondo aveva la chitarra sulle spalle e gli fece cenno con la mano non appena lo vide.
 
Taichi ricambiò, non capendo ancora cosa stessero facendo lì.
 
Quando si avvicinarono, non perse tempo a togliersi il dubbio.
 
-Abbiamo ritardato un po’ le prove, allora Koushirou mi stava facendo un po’ di compagnia.
 
-Già, possiamo rimanere qui se ti va.- fece il ragazzo dai capelli rossicci.
 
-Certo, come volete.
 
Si sedettero al suo fianco, continuando a parlare del concerto di Domenica.
 
Taichi se ne interessò per un po’, e continuò a prendere in giro l’amico per questa sua passione.
 
Intanto, Sora aveva cominciato una partita a coppie ed era andata in squadra con Meiji, un bel ragazzo moro dagli occhi chiari.
 
Era molto alto, aveva anche un bel fisico.
 
Sembrava un tipo molto socievole, forse anche troppo visto che era già entrato in confidenza con la bella amica.
 
All’inizio, il giovane Yagami cercò di non farci molto caso e continuò a parlare con i due compagni.
 
-Ma a che ora suoni, Yamato. Ancora non l’ho capito.
 
-Suono appena cena, verso le nove, così non facciamo neanche tardi e Lunedì si ritorna a scuola.
 
-Ecco, vedi? Non ne azzecchi neanche una, se suonavi alle undici venivo volentieri, così avevo la scusa per non andare a lezione.
 
Koushiro rise, scuotendo la testa, era davvero irrecuperabile.
 
Sentirono un bel colpo di racchetta ad un tratto e si voltarono tutti e tre: Sora aveva appena fatto una rovesciata pazzesca così da far rimanere spiazzati i due avversari.
 
Esultò, ridendo.
 
Yamato stava commentando l’azione di Sora, ma Taichi non lo seguì perché il suo occhio cadde su quello che stava accadendo in quel momento.
 
Meiji si era andato a congratulare con la sua cara amica, però sembrava fin troppo confidenziale.
 
-Brava Sora, hai una schiacciata potente!Però non roteare così il polso, potresti farti male. Guarda, ora ti faccio vedere come dovresti impugnare meglio la racchetta.
 
Le si mise dietro, quasi abbracciandola con la scusa di farle vedere l’impugnatura.
 
Le accarezzò il braccio fino ad arrivare a prendere la sua mano e farle vedere come doveva tenere la racchetta.
 
Le fece simulare il tiro tre volte, quasi che non la voleva mollare.
 
-Taichi, mi stai ascoltando?- chiese di nuovo Yamato.
 
Quel giorno stava davvero tra le nuvole.
 
Notò che l’amico si era imbambolato a vedere la scena, così seguì il suo sguardo e osservò il bel moro sorridere e scherzare amorevolmente con Sora.
 
Riportò la sua attenzione sull’amico che era evidentemente in un altro pianeta.
 
Il biondo si grattò la testa, per spostare di nuovo lo sguardo sulla coppia.
 
Sora, che ormai aveva capito cosa le voleva insegnare Meiji, gli tolse delicatamente le mani, ringraziandolo e dicendo che dovevano continuare.
 
Così ricominciarono l’allenamento.
 
Yamato richiamò il ragazzo, stavolta stritolandogli la spalla.
 
Il metodo funzionò e si voltò, con espressione interrogativa.
 
-Tutto bene?
 
Esitò nel rispondere, come se non lo avesse neanche sentito, e riportò la sua attenzione al campo.
 
A quel punto, il giovane Takaishi ci rinunciò, osservando però il suo stato confusionario.
 
Lo sguardo di Taichi cadde inevitabilmente sull’amica, che era ben concentrata ad effettuare buone battute.
 
Percepì delle strane sensazioni improvvise, che non aveva mai avuto.
 
Non riusciva neanche a ragionare, il cervello si era fermato.
 
Non percepiva più neanche la presenza dei compagni che gli erano accanto.
 
Perché stava sentendo tutto questo?
 
Non era successo nulla di serio, niente di che.
 
E’ solo che, vedere Sora tra le braccia di un altro lo aveva scombussolato.
 
Che gli stava prendendo?.
 
Cominciò a sbattere le palpebre e a focalizzare di nuovo la figura della sua migliore amica.
 
Aveva un qualcosa di diverso, ma non riusciva a capire cosa.
 
Sentì il corpo essere invaso da un po’ di ansia, quasi non vedeva l’ora che quell’allenamento finisse al più presto per tornarsene a casa.
 
In realtà, lui poteva andare via quando voleva, non era mica obbligato a stare lì, ma non se la sentiva ad andarsene senza lei.
 
Non voleva, non lo aveva mai fatto.
 
Stette quasi tutto il tempo di allenamento in silenzio.
 
Quando Yamato lo salutò perché doveva andare alle prove, quasi che non gli rispose nuovamente, facendo sospirare di nuovo il povero amico.
 
Koushirou lo stesso, se ne andò insieme al biondo, tanto Taichi si era stranamente ammutolito.
 
Non era da lui, di solito lo si doveva pregare per farlo smettere di parlare.
 
Il ragazzo dai capelli rossi ne era preoccupato per questo, ma Yamato lo rassicurò.
 
Finalmente, ad un certo punto, finì quell’agonia.
 
Taichi si alzò immediatamente, camminando piano verso l’entrata del campo.
 
Sora lo vide, e gli sorrise.
 
Prese il suo asciugamano e cominciò ad asciugare il sudore e a salutare le sue compagne di tennis.
 
Lo raggiunse subito, appena lo vide all’entrata, regalandogli un altro sorriso.
 
-Come sono andata, Taichi?- chiese immediatamente appena lo trovò davanti.
 
In realtà, non è che aveva visto molto dell’allenamento.
 
Era sempre stato in un’altra dimensione anche se sembrava che fosse davvero interessato a tutto il gioco.
 
Non perse tempo, così le rispose subito, appoggiandole una mano sopra ai capelli:
 
-Brava come sempre. Fai delle schiacciate potenti, devi stare attenta, se no farai del male alle avversarie.
 
Rise a quella battuta dell’amico.
 
Stava per rispondere quando il bel ragazzo moro sbucò dalle spalle della giovane:
 
-Già te ne vai, Sora?
 
Taichi lo guardò, e rimase in silenzio, incrociando le braccia.
 
La giovane Takenouchi si voltò, per rispondere:
 
-Si, devo tornare a casa a studiare.
 
Notò che il compagno tennista cominciò a prestare attenzione al ragazzo dietro di lei, così si accorse che forse era meglio presentarli:
 
-Ah, Taichi, lui è Meiji, fa parte della squadra maschile di tennis, e lui, Meiji, è Taichi, il mio migliore amico.
 
Il ragazzo moro porse la mano all’amico della ragazza.
 
Quest’ultimo, per non far fare figuracce a Sora, gliela strinse senza indugiare, sorridendogli.
 
-Hai un’amica davvero in gamba,  ha tutte le qualità per diventare una professionista.
 
-Lo so, glielo dico ogni giorno.- rispose fiero, guardandola.
 
Lei gli prese il braccio ridendogli:
 
-Vado a prendere la borsa, mi farò la doccia a casa così da mettermi subito sui libri. Mi aspetti qui?
 
Annuì , scapigliandola affettuosamente.
 
Così, la bella ragazza corse verso gli spogliatoi.
 
Taichi , dopo che fu sparita, non aveva la benché minima voglia di voltarsi verso il giocatore, però purtroppo non aveva scelta.
 
Lui gli accennò ad un sorriso:
 
-Sei davvero fortunato, tanti vorrebbero essere al tuo posto.
 
Lo sguardo dell’interessato si fece contorto, non capiva che volesse dire, o meglio, non voleva intendere.
 
Meiji notò l’espressione confusa del giovane, così avanzò spiegazioni:
 
-Essere amico della Takenouchi, intendo. E’ diventata un bel po’ popolare quest’anno.
 
Questa gli usciva nuova.
 
Popolare?Sora? Ma quando mai, era la ragazza più semplice che c’era.
 
Inoltre, non aveva mai sentito in giro parlare di lei, a parte di qualcuno che sparlava, ma questo su tutti.
 
-Ma, dici? Bè, comunque si, mi sento davvero fortunato ad averla al mio fianco. –rispose semplicemente.
 
Vedendo che Taichi non era molto propenso alla parola, lo salutò dicendo di dover andare.
 
Il ragazzo dalla folta chioma si voltò, avvicinandosi agli spogliatoi.
 
Ora era ancora più turbato.
 
Sentiva quell’ansia che era nata già da un’oretta crescere sempre più, ma non riusciva a definirla.
 
Non riusciva a darle un perché.
 
Sentì anche un velo di tristezza attraversargli il cuore, fino ad arrivare alle sue labbra.
 
Era una specie di forza che cercava di spegnere a tutti i costi quel sorriso che aveva sempre stampato in viso.
 
Si diede un pizzicotto da solo, passandosi poi una mano tra i capelli.
 
Si chiese tra sé e sé cosa stesse succedendo, non trovando ovviamente risposta.
 
Cominciò a sentire caldo, sicuro era l’ansia.
 
Anche se era Aprile ed era una bella giornata, le temperature non erano poi così alte.
 
Passò gli altri minuti rimanenti di attesa camminando su e giù, fissando a volte il cielo, a volte il terreno.
 
Finalmente arrivò la sua cara amica, correndo e chiedendo scusa del leggero ritardo.
 
Si giustificò dicendo che si era messa a parlare con Harumi del più e del meno.
 
Taichi si riprese subito, dicendole che non importava.
 
Quando stava con lei, riusciva a non pensare a nient’altro.
 
Era l’effetto del suo magico sorriso e della sua bella solarità.
 
Finalmente, il castano riuscì a tornare nella sua dimora, mai ne era stato così felice.
 
Dopo averla salutata, era entrato in casa, accennando un saluto  alla madre e andando subito in camera.
 
Dopo aver gettato la cartella in un angolo ed essersi tolto la giacca, si sdraiò sul letto, sospirando come se si fosse liberato da un peso.
 
Mise le mani dietro alla testa e cominciò a fissare il soffitto della sua camera.
 
Lo guardò senza pensare a nulla per una bella mezz’oretta.
 
In casa vi era solo la madre in quel momento, quindi regnava il silenzio.
 
Dopo il vuoto, durato anche abbastanza, la mente cominciò a camminare di nuovo, lentamente, come se il ghiaccio che l’aveva fermata si stesse poco a poco sciogliendo.
 
Gli tornò in mente il sorriso caldo di Sora, i suoi occhi brillare alla sua vista e la sua dolce risata.
 
Poteva ancora percepire il calore che ogni suo tocco gli trasmetteva, la leggerezza che gli provocava al cuore pronunciando una sola parola, quella sensazione di felicità ogni volta che la stringeva a sé ed ogni volta che lei lo abbracciava forte.
 
E il cuore sobbalzare una volta che sentiva le sue labbra sfiorare le sue guance, con il susseguirsi di un brivido a partire proprio dal viso e attraversargli tutta la schiena.
 
La mente era sciolta e ormai aveva dato il via ai pensieri.
 
Passò così il tempo restante del pomeriggio, a guardare il soffitto e a pensare.
 
Si accorse che fino a quel giorno non aveva mai fatto caso a certi gesti e alle conseguenti sensazioni che provava, non gli aveva dato un certo peso, pensava fosse normale.
 
Ma dopo quella strana scena, qualcosa lo svegliò quel pomeriggio, come se fosse sempre stato in un sonno perenne o in un sogno e si fosse risvegliato all’improvviso e proiettato nella realtà.
 
E il tutto per una banale scena.
 
Una semplice scena, di Sora che veniva abbracciata da un altro ragazzo.
 
Una situazione che non poteva essere fraintesa, molti non ci avevano fatto caso poiché Meiji le stava dando solo delle dritte, ma per lui aveva tutt’altro significato.
 
Gli tornò in mente quell’immagine e, alla sola visione della mano del ragazzo che stringeva la vita dell’amica e l’accostava a sé, a Taichi venne dei nervi improvvisi.
 
Salì la voglia di cacciare quell’immagine dalla sua mente così, involontariamente, cominciò a darsi degli schiaffi da solo, come se si volesse svegliare.
 
O come se volesse far sparire tutto ciò provocandosi un certo dolore.
 
-Ma cosa fai?
 
Taichi si paralizzò a quella domanda e si risvegliò del tutto.
 
Si voltò verso la porta e vide la sua amata Hikari che lo guardava abbastanza preoccupata dalla soglia della stanza.
 
Appena vide la sorella, cercò di alzarsi subito dal letto ma perse l’equilibrio e cadde sbadatamente a terra, con le gambe all’insù.
 
La giovane Yagami rise a quella scena, così da avvicinarsi al fratello subito dopo per dargli una mano.
 
Il ragazzo dalla chioma folta cominciò a massaggiarsi la guancia e a guardarla con un occhio aperto e uno chiuso.
 
-Da quando sei lì?- chiese infine.
 
Dopo averlo aiutato, si misero a sedere sull’orlo del letto e la bella ragazza, ridendo, rispose:
 
-Da una manciata di minuti, non ti ho mai visto così pensieroso, fratellone. Qualcosa non va?
 
Smise di massaggiarsi la guancia e la guardò dritta negli occhi color nocciola.
 
Sinceramente, non sapeva proprio cosa rispondere a quella domanda. Non lo sapeva neanche lui se era tutto apposto o meno.
 
Così cambiò discorso:
 
-Hai già finito di studiare con Takeru?
 
-Bè, direi visto che sono quasi le sette, ma che hai?- fece scostandogli i capelli.
 
Il fratello era davvero strano quel giorno, sembrava caduto dalle nuvole, come se non appartenesse a quel pianeta.
 
Taichi non si era neanche accorto che fosse così tardi, era volato talmente in alto con i suoi pensieri che aveva perso la concezione del tempo.
 
-Ma niente, ho il sonno arretrato.- si giustificò in fretta buttandosi indietro sul letto.
 
Ma Hikari aveva capito che c’era qualcosa che non andava, il fratello non era mai stato in vita sua così pensieroso.
 
-E’ una vita che hai il sonno arretrato.- aggiunse la giovane.
 
-Appunto, tu pensa quanto ne devo recuperare!- continuò a scherzare il fratello.
 
La bella ragazzina dai capelli corti sospirò, non c’era niente da fare.
 
-Andiamo ad aiutare la mamma con la cena?
 
-Avete bisogno del mio tocco di classe?
 
Hikari sorrise e si sdraiò accanto a lui, abbracciandolo teneramente e appoggiando la testa sul suo torace.
 
Sentendo la piccola distendersi vicino, l’abbracciò subito, accarezzandole il braccio.
 
Stettero per un attimo in silenzio, fissando entrambi il soffitto.
 
I due fratelli si volevano un mondo di bene, purtroppo avevano poco tempo da passare insieme.
 
Forse era una delle conseguenze del trascorrere del tempo.
 
Però, anche quei pochi attimi vissuti insieme, erano sempre pieni di affetto e sereni come quelli del passato.
 
Alla fine, l’importante era continuare a volersi bene e stare vicini il più  possibile.
 
Sapevano che prima o poi dovevano prendere strade diverse e, soprattutto sua sorella, doveva cominciare a camminare da sola.
 
In realtà, lei lo avrebbe già fatto, ma suo fratello faticava a lasciarla andare.
 
Ancora la vedeva piccola e indifesa, con quello sguardo tenero e gli occhi dolci.
 
Hikari era una delle donne più importanti della sua vita, era ormai un pezzo del suo cuore.
 
-Allora, non ti va proprio di parlarne?-insistette ancora rompendo il silenzio.
 
-Ma non ho nulla da dire, anzi si.
 
La sorella alzò di poco la sua testolina per guardarlo meglio in attesa di una risposta.
 
Taichi le prestò attenzione e, il più seriamente possibile, le disse:
 
-Non è che presto mi chiamerai Takeru?
 
La ragazzina chiuse le palpebre per un po’ di volte di fila, non recependo subito il messaggio.
 
-Sai, stai perennemente con lui, tra poco ti confonderai le idee!- continuò.
 
-Taichi!!!- urlò imbarazzata e gettandogli il cuscino sopra.
 
Cominciò a colpirlo ripetutamente, come se in realtà volesse scacciare la vergogna che le era salita.
 
Il fratello cominciò a ridere ma anche a lamentarsi per i continui colpi.
 
Per sfuggirle, cominciò a correre per tutto l’appartamento con la sorella alle spalle.
 
Yuuko e Susumo cominciarono a richiamarli, ma sapevano che quando i figli facevano così non c’era proprio verso.
 
La famiglia Yagami era davvero invidiabile, sapevano sempre come chiudere una giornata triste con un sorriso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passarono i giorni e si arrivò finalmente al Sabato.
 
La settimana trascorse sempre allo stesso modo, tra lezioni e allenamenti, o prove, e studio.
 
Ormai si erano abituati tutti alla vita da studente, per fortuna che ognuno di loro aveva trovato anche dei diversivi e delle passioni che facevano un po’ staccare la spina da quella vita monotona.
 
Ed infatti il Sabato era dedicato alle partite, e precisamente quella di campionato di Taichi.
 
Ormai era entrata a far parte della routine, nessuno del gruppo si perdeva una partita dell’amico.
 
Soprattutto Sora ed Hikari, non erano mai mancate e stavano sempre tra le prime file degli spalti a gridare e ad incitare la squadra che, ormai, si era abituata alla loro presenza settimanale.
 
Erano diventate essenziali per tutti i giocatori, il loro fan club ufficiale dicevano.
 
Sora non si annoiava mai, la sua passione per il calcio le era sempre rimasta nel cuore.
 
Come l’amore e l’affetto verso tutti i suoi compagni che continuavano a trattarla come una principessa.
 
Non le avevano mai fatto pesare il fatto di aver lasciato, anzi, si sentiva appartenente alla squadra più di prima.
 
In quella giornata affrontarono dei validi avversari che riuscirono a difendersi molto valorosamente, portando ad un pareggio al termine della partita.
 
Appena finì, la bella ragazza dai capelli ramati scese alle panchine, come faceva sempre, ed andò verso il suo caro amico che era intento a sorseggiare l’acqua dalla sua borraccia.
 
Appena la vide, le andò incontro sorridendo.
 
Era ancora tutto sudato e con il fiatone, d’altronde aveva giocato per ben novanta minuti.
 
Sora gli porse l’asciugamano:
 
-E’ stata dura oggi, ma almeno avete pareggiato.- fece non appena gli si avvicinò.
 
Dopo essersi asciugato la faccia e aver messo l’asciugamano intorno al collo, rispose:
 
-Bè, si, avevano una bella difesa, davvero. Mi piace quest’anno, il livello è alto.
 
-Già, penso che non avrei mai retto certi ritmi!- esclamò guardandosi intorno e dando un’occhiata agli altri compagni esausti.
 
Hachiro fu uno dei primi che l’avvistò e che le corse subito contro, nonostante stesse a pezzi.
 
-Oh, Sora! Come sono andato oggi?- chiese entusiasta.
 
-Bè, a parte quello sbaglio clamoroso per cui stavi per fare autogoal, il resto bene. Ma ti vedo sempre un po’ più lento, Hachiro.
 
Taichi rise alla critica dell’amica e sorseggiò ancora l’acqua in attesa di sentire la risposta del compagno.
 
-Eh già. Mi dovresti fare un po’ di allenamento privato, sai. Nessuno sa scattare come te, dovresti insegnarmi!
 
Ma la ragazza non fece in tempo a rispondere che si fece avanti un altro compagno:
 
-Hachiro, smettila di importunarla! Fai sempre così! Sora, ho più bisogno io di un allenamento privato!
 
-Isoshi, gliel’ho chiesto prima io!
 
La giovane Takenouchi rise alla scena, mentre Taichi cominciò ad infastidirsi:
 
-Non avete capito nulla, Sora non fa lezione a nessuno dei due! Non vorreste mica che si faccia di nuovo male!?
 
A quel punto, Sora gli si affiancò di più e lo prese sottobraccio sorridendogli: le faceva piacere quando l’amico la difendeva e si preoccupava per lei, anche se a volte ad altri poteva sembrare esagerato tutto quell’atteggiamento.
 
-Il capitano ha ragione!
 
-Grazie,Kuma. Finalmente qualcuno che sta dalla mia parte…-fece il giovane Yagami sospirando e stringendo la mano all’amica.
 
-Non dobbiamo far sforzare Sora.- aggiunse.- Ma dobbiamo farla rilassare! Ti va di venire a fare la doccia con noi, Sora cara?!
 
Sora scoppiò a ridere ancora prima che Taichi gli lanciò contro la borraccia.
 
Li minacciò di fargli subire degli allenamenti pesanti e di non farli giocare alla prossima partita,e , tra le risate, i compagni si avviarono agli spogliatoi, salutando la loro cara ex compagna e mandandole baci a non finire.
 
Scatenarono ancora i nervi del capitano, non li sopportava quando facevano i pesci lessi con la sua migliore amica.
 
Invece a Sora divertiva, poiché sapeva che era tutto uno scherzo.
 
O quasi.
 
Appena la situazione si fu calmata, la giovane dagli occhi color miele si rivolse nuovamente al suo caro amico, che aveva appena lanciato una palla ad Hachiro che stava cercando ancora di corteggiarla.
 
-Comunque, Taichi, ho l’impressione che Hikari non verrà a farsi un giro con noi.
 
Dopo essersi assicurato che il compagno fosse sparito dalla sua vista, le prestò finalmente attenzione:
 
-Come?
 
-Stavo dicendo che penso che tua sorella non verrà a farsi un giro con noi dopo la tua doccia, Takeru l’ha invitata ad andare al Luna Park nuovo.- spiegò di nuovo con calma.
 
Il calciatore lanciò un’occhiata tra gli spalti e vide che la sua adorata sorella stava ridendo e scherzando con il biondino, attorcigliandosi i capelli con le dita e spostando di continuo lo sguardo da lui a terra e così via.
 
Sapeva che quando Hikari faceva così era per l’imbarazzo.
 
Non c’era dubbio, era cotta a puntino.
 
Sospirò alla scena:
 
-Erano i tempi in cui dopo gli allenamenti le donne della mia vita passavano tutto il tempo con me.
 
A Sora venne da ridere per questa sua esclamazione depressiva, ma non poté sfuggirle il fatto che l’aveva nominata “donna della sua vita”, così sciolse la sua mano da sotto il suo braccio.
 
Con entrambe le mani, gli prese il viso, accarezzandolo con le dita e sorridendogli un’altra volta.
 
Taichi sentì il cuore salire in gola e sprofondare subito in basso, lasciandogli una sensazione strana al petto.
 
Non aveva mai notato in tutta la sua vita quanto fossero belli ed affascinanti in realtà gli occhi dell’amica.
 
Solo in quel momento, trovandosela improvvisamente così vicina, cominciò a notarlo.
 
-Se l’invito è ancora valido, possiamo farci lo stesso un giro, che dici?
 
Non sapeva perché, ma quell’invito lo fece un po’ agitare e imbarazzare.
 
Eppure non aveva detto nulla di strano, anzi. Era nella norma una proposta del genere, sia da parte sua che da lui.
 
Quella settimana era stata sempre così,  tutte le cose che aveva da sempre fatto Sora era come se fosse la prima volta che le facesse.
 
L’amica notò l’espressione strana del calciatore che aveva di fronte e anche il suo insolito silenzio.
 
-Non ti va?- chiese un po’ preoccupata.
 
-Certo che mi va!- si sbrigò a dire, quasi urlando e arrossendo un poco.
 
Per la sua reazione improvvisa, Sora ritrasse le mani, ancora stranita dal suo atteggiamento.
 
Ma Taichi quasi che non voleva che smettesse di starle così vicino, così gliele prese e gliele strinse, sorridendo apertamente come faceva sempre.
 
-Scusa, è che ero in sovrappensiero per Hikari. Ovvio che mi va, che domande fai!- si giustificò.
 
Come se fosse sollevata, la ragazza sorrise, stringendo a sua volta la presa.
 
Sentendo la stretta, la tirò un poco verso sè, per poi stringerla in un abbraccio.
 
Lei appoggiò volentieri la sua testolina sul suo torace, non le importava se era sudato o meno.
 
-Almeno tu,Sora. Non mi lasciare solo!- esclamò ironico, riferendosi alla sorella e facendola ridere.
 
Alzò il capo, per guardarlo negli occhi:
 
-Non lo farò, Taichi.
 
Lo disse con tono abbastanza serio, da far rabbrividire il compagno.
 
Ancora quelle sensazioni strane che lo avevano torturato tutta la settimana.
 
Si accorse che stava ricommettendo l’errore di restare ammutolito, facendola insospettire ancora una volta.
 
Sciolse così la presa, dicendole che andava a farsi una doccia veloce e che l’avrebbe raggiunta subito tra gli spalti.
 
In tutta risposta lei regalò l’ennesimo sorriso a Taichi e si avviò.
 
Corse agli spogliatoi.
 
Aveva un po’ d’ansia, ma non era negativa, era qualcosa di positivo.
 
Era ansia mescolata alla sensazione di felicità.
 
Un sentimento davvero strano, che gli occupava tutto lo stomaco e gli metteva fretta.
 
Voleva essere veloce per tornare da lei.
 
Così, appena entrò, si avviò verso il suo armadietto e cominciò a spogliarsi.
 
Prese tutto l’occorrente, dall’accappatoio al bagnoschiuma per poi avviarsi sotto ad una delle docce libere.
 
Entrò subito e non aspettò neanche che l’acqua si facesse calda.
 
Intanto, sentiva i suoi compagni scherzare ed urlare come al loro solito.
 
All’inizio non li stava proprio a sentire, poi però, non avendo nient’altro da fare, prestò attenzione.
 
Più in là c’era Isoshi che prendeva in giro Hachiro, ma quello era la norma.
 
-Sono anni che ci provi ma non ce la fai mai, sei davvero una frana, Hachiro!
 
-Dai, Isoshi, non essere così crudele!- lo rimproverò Kuma.
 
Mentre il capitano si insaponava i capelli, continuavano a discorrere, anche perché il giovane Yagami ancora non stava seguendo bene.
 
-Io crudele? Hachiro non sposta gli occhi di dosso da lei da quando è entrata a far parte della squadra, dai tempi d’oro direi!
 
-Ma davvero? Da così tanto tempo?
 
-Kuma, ti prego, non ti ci mettere anche tu.
 
Taichi smise di insaponarsi i capelli, e cominciò a sciacquarseli lentamente, non spostando l’attenzione sul gruppetto.
 
Non voleva credere che stessero parlando proprio dell’amica, ma tutti gli indizi portavano a lei.
 
-Guarda che non ti devi vergognare, è normale, è diventata davvero bella!- continuò Baiko.
 
-Ma non è per quello, è anche generosa, buona, gentile, è perfetta! Troppo per me!
 
-E allora lasciala in pace, no?-fece Isoshi. – Così ne approfitto io!
 
-Ma figurati se sta a perdere tempo con un casca morto come te!- esclamò Kuma.
 
Taichi finì in fretta e furia la sua doccia.
 
Aveva sentito davvero troppo e cominciò ad innervosirsi ancora di più.
 
Ma doveva mantenere un po’ la calma, erano i suoi compagni di squadra, così fece finta di niente e si avvicinò ai phon dove era il gruppetto.
 
-Di che stavate parlando?- finse di chiedere all’improvviso.
 
I ragazzi si guardarono tra di loro, sapevano che i due erano molto legati, infondo erano anni che giocavano insieme e che uscivano con il loro capitano.
 
Così erano altrettanto sicuri di poterne parlare liberamente visto che erano ancora dell’idea che tra i due ci fosse solo amicizia.
 
-Bè, Hachiro, perché non chiedi consiglio al nostro capitano?- propose Kuma.
 
Dopo aver esitato e guardato di nuovo i compagni ed infine Taichi, rispose:
 
-Ma mi vergogno, e poi non è niente, una semplice cotta passeggera!
 
-Si, certo, che dura da dieci anni?!- fece Isoshi che si sedette accanto al capitano.- Vedi, Taichi, Hachiro è cotto di Sora e vorrebbe un consiglio! Dato che sei il suo migliore amico, potresti dargli una mano!
 
-Guarda come fai il finto tonto, Isoshi!Come se a te non interessasse!- esclamò Baiko facendo scoppiare a ridere il gruppo.
 
Ma il giovane Yagami invece, ebbe di nuovo quella sensazione di fastidio e un nervosismo improvviso, simile a quello che aveva avuto il giorno precedente alla partita di Sora.
 
Il Venerdì, la sua amica aveva disputato una partita.
 
Andò tutto bene fino a che non si accorse che Meiji, il tennista, era andato a vederla giocare e a complimentarsi di nuovo per le sue prestazioni.
 
In quell’occasione, sentì lo stomaco bruciare e la mente bollire.
 
L’ansia si era trasformata in nervosismo, che per fortuna era riuscito a sopprimere grazie alla sdrammatizzazione dei suoi compagni e infine di Sora, che lo aveva fatto sentire al centro della sua attenzione, come sempre, chiedendogli pareri sulla partita.
 
Ora, stava percependo la stessa sensazione, ma non poteva di certo fare sceneggiate con i suoi cari amici, così rispose vago:
 
-Sinceramente, non so proprio che dire. Non parliamo mai di certe cose.
 
I presenti lo guardarono ammutoliti, come se avesse detto qualcosa di strano.
 
Isoshi si fece così avanti:
 
-non avete mai parlato di relazioni, sentimenti e così via? Ci sarà qualcuno che interessi a Sora, no?
 
Ma Taichi non sapeva davvero rispondere, perché era quella la verità.
 
Solo ora che i suoi compagni glielo stavano facendo notare, si rese conto che in  tutti quegli anni né lui né lei avevano mai sfiorato argomenti simili.
 
Solo su Hikari si erano azzardati, ma di loro non era mai successo.
 
-Vi sembrerà strano, ma davvero, Sora non mi ha mai parlato di certe cose. Forse perché ancora non c’è nessuno.
 
-Ma non sai nemmeno che tipi le possono piacere? Cosa può far colpo su di lei? Niente?
 
Ma Taichi, alla domanda di Hachiro, non aveva proprio risposta.
 
Ora si che era più scosso di prima.
 
Non solo si rendeva conto che non avevano mai affrontato certi argomenti, ma gli tornarono in mente le parole di Meiji dell’altro giorno: “è diventata abbastanza popolare”.
 
Non si sa come, ma la sua Sora all’improvviso era sotto l’attenzione di tutti e non solo la sua.
 
Non poteva essere accaduto tutto così all’improvviso, forse non se ne era mai accorto e questo fatto era nato da un po’.
 
Decise che doveva uscire immediatamente da quello spogliatoio, se no si sarebbe sentito male per l’improvvisa tensione che lo aveva invaso.
 
Si sbrigò ed uscì con i capelli un po’ bagnati e correndo verso gli spalti.
 
Era davvero stordito, ma cosa gli stava succedendo?
 
Aveva il viso pallido e quasi sconvolto, la notizia che Sora era così amata e popolare anche in squadra lo stava scioccando piano piano.
 
I suoi compagni avevano sempre fatto apprezzamenti sull’amica, ma lui pensava che erano basati sul loro scherzo verso di lui, per farlo innervosire.
 
Invece erano reali a quanto poteva sembrare.
 
Sora stava parlando con Yamato, il quale aveva sulle spalle la sua chitarra.
 
Erano rimasti solo loro due, evidentemente il giovane Takaishi non voleva lasciarla da sola.
 
Erano seduti sugli spalti e chiacchieravano tranquillamente, tra una risata ed un’altra.
 
Taichi arrivò di corsa, con il fiatone, facendo spaventare i due amici.
 
-Ehi, campione, non dovevi affrettarti tanto.- fece l’amico biondo.
 
Gli mancò un attimo il respiro, così fece cenno di aspettare la sua risposta che sarebbe arrivata a momenti.
 
La ragazza dai capelli ramati si alzò, seguita dal compagno.
 
-Hikari è uscita con Takeru, come avevo previsto. Ho chiamato io a Yuuko per avvertirla, ma dovrebbe tornare per cena.- aggiunse nel frattempo l’amica.
 
-Ogni giorno che passa è un passo in avanti verso la nostra futura parentela.-scherzò di nuovo il castano riprendendo fiato.
 
Yamato rise alla sua battuta:
 
-Tu pensa, dovrò vederti anche alle cene di famiglia.
 
Risero a quella frase.
 
-Hai le prove Yamato?- cambiò discorso il castano avvicinandosi ai due.
 
-Si, prima dei concerti bisogna fare sempre le prove, Taichi.
 
-Ma che provate a fare, tanto non cambia niente, farete casino lo stesso.
 
Sora rise e diede una gomitata delicata all’amico:
 
-Dai non lo prendere in giro, suona bene e lo sai.
 
-Grazie, Sora. Almeno tu mi difendi qualche volta.
 
Gli sorrise, poi, cambiando discorso, chiese:
 
-Quindi non riesci proprio a farti un giro con noi?
 
-E no, il dovere chiama, ma conto sulla vostra presenza domani.
 
-Saremo in prima fila, anzi, Taichi sarà sul palco.
 
-Si, a distruggervi gli strumenti!-esclamò Taichi voltandosi e incamminandosi verso le scalette.
 
I due amici restanti si guardarono a vicenda, scoppiando in una risatina.
 
Si salutarono, poiché Yamato doveva andare nella direzione opposta, così rimasero solo i due compagni d’infanzia.
 
Sora cominciò a parlare della loro piccola Hikari, non smetteva di dire quanta tenerezza le avesse fatto poco prima.
 
La giovane Yagami non si aspettava questo invito improvviso, infatti aveva inizialmente deciso di andare a farsi un giro con i suoi due fratelli.
 
Ma poi Takeru le avanzò la proposta e la giovane Takenouchi, vedendo lo stupore e la felicità della ragazzina, la convinse ad accettare e di non farsi problemi.
 
In fondo, abitavano nello stesso palazzo, potevano vedersi quanto volevano.
 
Gli occhi di Hikari brillarono in quel momento, e baciò la sua amata sorella sulla guancia sussurrandole un “grazie”.
 
La sorella di Taichi non aveva mai detto esplicitamente a lui dei sentimenti che provava per Takeru, ma alla digiprescelta dell’amore si.
 
Non per chissà quale motivo, ma solo perché una volta  in cui erano sole, Sora glielo chiese esplicitamente e lei rispose semplicemente alla sua domanda.
 
Taichi ,invece, non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo, da un alto perché sapeva già la risposta e dall’altro perché sapeva che gli avrebbe fatto uno strano effetto.
 
Per questo scelse di non toccare l’argomento, a parte quando non poteva resistere nel farle qualche battutina.
 
-Praticamente mia sorella è completamente andata.- concluse rattristato Taichi.
 
Sora rise, gli faceva quasi tenerezza:
 
-Dovresti esserne felice. E’ andata bene che si sia innamorata di un ragazzo così. Takeru è davvero una bella persona e loro sono così simili!
 
-Si, per carità, adoro Takeru, lo sai. Ho paura però, sono così giovani, ne hanno di tempo per queste cose!
 
La ragazza si fermò davanti ad una vetrina di un negozio di bigiotteria, facendo finta di guardarla interessata:
 
-Non sono d’accordo, l’amore può arrivare presto o tardi, non c’è un’età precisa. Hikari è fortunata, lo ha trovato fin da subito.
 
Taichi la guardò spiazzato, e anche un po’ imbarazzato.
 
Fino ad una settimana fa forse avrebbe affrontato l’argomento senza problemi, come se stesse parlando di calcio.
 
Invece ora quasi che lo imbarazzava poiché gli ritornò in mente tutto il discorso che aveva avuto un’ora prima negli spogliatoi.
 
Trovò qualcosa per rispondere, odiava rimanere in silenzio con lei:
 
-Parli come se sapessi già con certezza che le cose andranno bene fino in fondo.
 
Si voltò per guardarlo e per lanciargli un altro sorriso:
 
-Bè, è una sensazione che ho a pelle, e sono sicura che trasmettono la stessa cosa anche a te.
 
Si avviò di nuovo, continuando la loro passeggiata.
 
Taichi pensò solo dopo che forse, nella frase che aveva detto sull’amore e l’età, ci fosse un velo di malinconia in Sora.
 
Ci ragionò a fondo, cercando di ricordare il suo tono, ma gli sembrava tranquilla.
 
Lui non le aveva davvero mai chiesto se ci fosse un ragazzo nel suo cuore che le poteva piacere, ma non perché non gli interessava, è che non gli era mai passato per la testa.
 
Non gli aveva dato mai l’impressione di essere innamorata di qualcuno, come invece era successo ad Hikari, per questo era quasi convinto che ancora nel suo cuore non ci fosse nessuno.
 
E se si sbagliava? E se Sora amasse in realtà un ragazzo?
 
Che sarebbe successo?
 
Non voleva pensarci, ma l’idea sfiorò la sua mente comunque.
 
Se un giorno la sua amica si sarebbe fidanzata, lui sarebbe rimasto solo.
 
Si sarebbe sentito perso, per lui Sora era tutto, gli copriva ogni vuoto che poteva nascere nella sua vita.
 
E se il suo sole sarebbe scomparso, poi avrebbe cominciato a vagare nel buio della notte.
 
E ne era quasi certo che, un sole così non l’avrebbe più ritrovato.
 
-Quindi stasera esci con la squadra?- chiese all’improvviso fermandosi di nuovo davanti ad una vetrina.
 
Cadde di nuovo dalle nuvole, stavolta bruscamente poiché sentì proprio quasi la sensazione di spavento.
 
Era troppo distratto in quei giorni, non doveva fare così, sia con Hikari che con lei.
 
-Oh, si si, la solita uscita…
 
-Ma stavolta non avete vinto, avete pareggiato, che scusa avete preso?- chiese scherzando.
 
-Domani sarà il compleanno di Kuma, allora volevano aspettare la mezzanotte per festeggiare, così hanno organizzato la solita serata.
 
-Davvero? Allora, poi, fai gli auguri anche da parte mia.
 
-In realtà, mi ha detto di dirlo anche a te, se vuoi venire…- disse infine poco convinto, facendola voltare verso di lui.
 
Sora scosse la testa, guardandolo mentre si scostava un po’ di capelli che le erano venuti in avanti:
 
-No, no. Meglio di no, domani devo studiare e mi devo alzare presto. Anche perché se domani sera dobbiamo andare a sentire Yamato,  va via metà pomeriggio perché suona alle nove quindi almeno due orette prima dobbiamo essere lì.
 
Vide l’amica affannarsi a ragionare sul tempo e le ore che poteva avere a disposizione per fare i compiti e gli venne così da ridere.
 
Le si avvicinò, dandole un piccolo e tenero pugno sulla fronte, per poi alzarle la frangia per guardarla bene negli occhi:
 
-Sora mia, non devi impazzire così per la scuola, poi la tua mente fonderà.
 
Rise alla sua battuta, per poi porre attenzione alla sua solita camicia sbottonata a metà.
 
Cominciò a chiudere i bottoni della maglia, fino a sistemargli il colletto.
 
Fece scivolare le mani sul suo torace e le lasciò appoggiate lì mentre riportava il suo bel sguardo sull’affascinante viso dell’amico:
 
-Guarda che lavoro anche per te, sa. Dopo da chi copierai i compiti?
 
Fece scivolare la mano che teneva sopra alla sua testa lungo tutta la schiena della ragazza per poi accostarla a sé e stamparle un bacio in fronte.
 
In tutta risposta, si accucciò un poco a lui, sorridendo serenamente.
 
-Hai ragione, tu pensa che piccolo genio che ho.- concluse stringendola ancora di più.
 
Mentre lei continuava a scherzare, a Taichi venne un’improvvisa sensazione di paura.
 
Stava così bene con lei, si sentiva sempre al settimo cielo, e aveva paura che tutto ciò potesse finire un giorno.
 
Se l’amica si sarebbe fidanzata in un futuro, non avrebbe potuto più stringerla e baciarla come sempre aveva fatto.
 
Non poteva stare perennemente con lei, o dormire nel suo letto come capitava ogni tanto.
 
Non avrebbe più svolto il ruolo importante che aveva fatto fino a quel momento.
 
Ma soprattutto, non avrebbe avuto più la luce della sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
Il pomeriggio con Sora volò letteralmente.
 
La sera Taichi era uscito con i compagni ed era ormai mezzanotte passata.
 
Avevano brindato all’amico, per il suo compleanno e alcuni di loro erano già brilli.
 
Per fortuna che il ragazzo dalla folta chioma non era il tipo, anche perché non era uno che reggeva tanto l’alcool, così si fece solo un brindisi e cercò di dare un’occhiata al resto della combriccola.
 
Isoshi era vicino al suo capitano, e cercava di riempirgli sempre il bicchiere.
 
-Dai, capitano! Per Kuma, un altro brindisi!
 
-Isoshi, ne hai già fatti sei di brindisi.
 
-Per il nostro compagno ne farei altri venti!
 
Il giovane Yagami lo guardò storto, il compagno era sempre così ai compleanni, ogni scusa era buona per bere.
 
Taichi partecipò all’ennesimo brindisi solo con il bicchiere, poi lo posò subito sul tavolo e appoggiò il suo viso su di una mano.
 
Iniziò a guardare Kuma che si faceva un po’ di bicchieri tutti d’un sorso.
 
Sapeva come sarebbe andata a finire quella sera, aveva fatto proprio bene Sora a restarsene a casa.
 
Ed eccolo lì, era tornato a pensare all’amica.
 
Si era promesso che si sarebbe divagato un poco, invece si ritrovò al punto di partenza.
 
Involontariamente sorseggiò lo spumante che aveva, e quel gusto forte lo fece svegliare un attimo.
 
Notò i suoi amici che lanciavano urla verso un tavolo.
 
Non capì subito cosa stesse accadendo, così cercò di chiederlo ad Isoshi.
 
Ma anche lui si era alzato e faceva cenno con la mano verso la propria posizione.
 
Scostò lo sguardo e si spostò un poco per vedere a chi stessero facendo tutti quei gesti: poco più in la, dalla parte opposta, vi era un gruppo di ragazze sedute su di un altro tavolo.
 
Le riconobbe più o meno subito, avevano delle facce viste.
 
Erano studentesse della sua scuola, facevano un’altra sezione però, le conosceva solo di vista.
 
Si rimise a posto quando capì che le stavano chiamando, pensava che fosse chissà chi.
 
I suoi compagni, dopo qualche minuto, convinsero il gruppo di donne ad unirsi a loro, così Taichi si ritrovò anche stretto in un angolo.
 
Al suo fianco si mise una bella ragazza mora, dai capelli lisci e lunghi.
 
I suoi occhi erano chiari e la sua carnagione un po’ pallida, era davvero carina.
 
Taichi salutò educatamente le ragazze, poi si voltò verso Isoshi e, non appena vide che le nuove arrivate si erano messe a parlare con altri compagni, ne approfittò per parlargli:
 
-Isoshi, che intenzioni avete stasera? Io non volevo fare tardi, ha iniziato anche a piovere.
 
-Ma cosa importa della pioggia, ho io l’ombrello per dopo!Capitano, si rilassi! Non vedi che gruppetto abbiamo conquistato? La ragazza che ti sta accanto è bellissima non ti pare? Si chiama Ayako, è della sezione B!
 
-Ma che mi importa, Isoshi. E chi la conosce. Io tra poco vado a casa, te l’ho detto eh.
 
-Uff, Taichi, sei il solito guastafeste.
 
Non sapendo che fare, Taichi sorseggiò ancora quell’amaro spumante.
 
Vedeva i suoi compagni intenti a fare belle figure con il gruppetto appena entrato.
 
Non sapeva cosa ci trovasse di tanto interessante nel pavoneggiarsi con delle ragazze appena conosciute.
 
Gli venne da sbuffare, così che la bella ragazzina mora accanto se ne accorse:
 
-Che c’è, Taichi, ti annoi?
 
Il castano la guardò storto. Come faceva a conoscere il suo nome?
 
-Scusa, ci conosciamo?
 
L’amica castana che le era accanto guardò prima il bel ragazzo, poi Ayako, e scoppiò in una risatina un po’ contenuta.
 
Notò che la mora si offese un poco, così aspetto la sua risposta:
 
-Ecco, non direttamente, ma sai, sei abbastanza popolare nella nostra sezione. Si sa che sei un bravo calciatore. Pensavo che mi conoscessi visto che per due anni siamo stati sullo stesso piano.
 
Taichi si grattò la testa, lui popolare? Davvero in quella settimana ne stavano uscendo di tutte i colori.
 
-No, mi dispiace, forse ti ho vista qualche volta.- concluse riportando l’attenzione su Kuma che stava bevendo un altro bicchiere.
 
-Bè, allora mi presento, sono Ayako.- disse porgendogli la mano davanti per portare la sua attenzione a lei.
 
Dopo averla guardata, gliela strinse, presentandosi e riponendo lo sguardo altrove.
 
Sentì Isoshi dargli delle gomitate.
 
Lo guardò male, poiché non ci andava di certo leggero.
 
Quando notò che Ayako aveva cominciato di nuovo a parlare con l’amica, il compagno lo tirò a sé e cominciò a sussurrargli all’orecchio:
 
-Ma sei impazzito? Ma è una delle ragazze più carine della scuola, e la tratti così? Non approcci?
 
Taichi lo guardò confuso, approcciare? Perché doveva fare una cosa del genere? Non gli interessava e neanche gli aveva sfiorato la mente.
 
-Ti sta dicendo che ti conosce, che sei popolare, è un segno che le interessi!- concluse, lasciandolo più allibito di prima.
 
Ma neanche quelle parole cambiarono il suo atteggiamento, restò a guardare il festeggiato e Hachiro che ormai avevano raggiunto il loro limite e cominciò a scherzare con loro.
 
Tra una battuta ed un’altra, passò un’altra mezz’ora, dopo la quale Ayako tornò a rivolgersi direttamente al digiprescelto:
 
-E quindi sei il capitano di questa combriccola.
 
-Non lo dire in giro, in campo sono molto più seri!- scherzò facendo ridere Isoshi.
 
Rise anche lei e la ragazza al suo fianco.
 
-Sai, ho visto qualche vostra partita e devo dire che sei davvero fenomenale. Lo sapevi che faccio parte delle cheerleader della squadra di rugby della scuola?
 
Il ragazzo dai bei occhi color nocciola la guardò di nuovo confuso, non sapeva che nesso potesse esserci tra il fatto che lo aveva visto giocare e il fatto che facesse la cheerleader.
 
Così, annuì solamente e per lui rispose entusiasta il compagno a fianco.
 
Ma Ayako insisteva nel rivolgersi al capitano:
 
-Potrei fare il tifo anche per voi, non  come cheerleader, però potrei venire a vedervi ad ogni partita e costituire un fan club. Ho fatto una cosa simile non solo per la squadra di rugby, ma anche per quella di basket.
 
-Abbiamo già il nostro fan club, mi dispiace.
 
Taichi si stava stufando, odiava quel tipo di persone, ma lui era un tipo educato, così si limitava a rispondere semplicemente.
 
-Davvero? Scusa ma non mi risulta.- avanzò la castana al fianco.
 
-Perché non è un vero e proprio fan club- intervenne ad un certo punto Hachiro.-  Vedete, il nostro fan club è rappresentato da una persona in particolare, anzi, due.
 
-Non capisco, non è così che funziona. Chi sarebbero?- fece confusa ed incuriosita la mora dai capelli lunghi.
 
-E’ rappresentato dalla sorella di Taichi e da Sora Takenouchi, l’unica che ha sempre seguito e vissuto veramente le nostre partite! Nessuno può rappresentare al meglio di loro il nostro fan club! Mi dispiace!- Concluse Hachiro spontaneamente, spinto anche dall’alcool.
 
-Sora Takenouchi?- si chiese Ayako.- la tennista?
 
-Si, nonché mia migliore amica.- aggiunse Taichi infastidito dalla domanda della ragazza.
 
Si zittì per un attimo, continuando a fissare il bel ragazzo dai capelli castani.
 
Isoshi, per evitare situazioni imbarazzanti, riempì di nuovo i bicchieri e fece un altro brindisi.
 
Ma la mora era una di quelle ragazze imperterrite, che non riuscivano a starsi zitte neanche un secondo.
 
-Sarebbe bello conoscerci meglio, non ti pare?- chiese sottovoce a Taichi, appoggiandogli una mano sulla gamba e facendolo voltare verso di lei.
 
Aveva stampato un bel sorriso e cercava di ammaliarlo con i suoi occhi chiari.
 
Ma Taichi spostò subito lo sguardo sulla sua mano, il suo tocco gli stava creando un po’ di fastidio, così come la sua vicinanza.
 
-Ci siamo appena conosciuti.- cercò di chiudere il discorso.
 
-No,è impossibile parlare qui. Che ne dici di uscire domani per una passeggiata e chiacchierare tranquillamente tra di noi?
 
Il giovane Yagami non riuscì a sentire quasi tutta la frase.
 
Non era stupido, gli tornò in mente le parole di Isoshi di poco fa, e capì che forse stava cercando davvero di approcciare.
 
In un istante, gli si proiettò nella mente il viso dolce di Sora e cominciò ad espandersi nel cuore il ricordo del calore del suo abbraccio.
 
Si alzò di scatto, pallido, facendo spaventare un po’ tutti per il gesto improvviso.
 
-Taichi, stai bene?- chiese subito Hachiro preoccupato.
 
Dopo aver guardato un po’ tutto il tavolo, e dopo che la sua mente proiettò di nuovo il viso sorridente dell’amica, rispose:
 
-E’ che devo andare, ragazzi. Piove e non devo fare tardi.
 
-Ma Taichi, aspetta un altro po’, ti accompagno io con l’ombrello!- esclamò Isoshi.
 
Ma fu inutile: dopo essersi fatto spazio e dopo aver augurato di nuovo buon compleanno a Kuma, Taichi fuggì via da quel locale.
 
Quella sera diluviava, aveva proprio attaccato una pioggia forte.
 
Così, con la scusa anche della pioggia, corse più che mai verso casa.
 
Non sentiva neanche la fatica alla gambe, la sua testa era così piena di pensieri che non aveva tempo di percepire la stanchezza fisica.
 
Non gli dava nemmeno fastidio sentirsi bagnato, non gli importava.
 
Non vedeva l’ora di tornare a casa e ragionare con calma e una volta per tutte su tutto ciò che gli stava capitando.
 
Doveva mettere la parola fine a questi dubbi e sensazioni che lo avevano massacrato per un’intera settimana.
 
Era al limite, aveva cercato di fare finta di nulla ma ora doveva risolvere il tutto.
 
Con questa determinazione, arrivò finalmente al suo palazzo.
 
Non prese neanche l’ascensore, cominciò a salire velocemente le rampe di scale.
 
Era ormai arrivato al piano di Sora e gli mancavano due rampe per arrivare al suo, ma involontariamente si fermò.
 
Dopo aver fissato le scale che avrebbero poi portato al suo appartamento, si voltò in direzione della dimora dell’amica.
 
Riprese fiato e ,nel mentre continuava, a fissare il suo ingresso da lontano.
 
Prese le chiavi dalla tasca e cominciò a rigirarsele tra le dita.
 
Non voleva andare a casa sua, aveva voglia di passare da lei.
 
Ma a quell’ora forse era già a dormire.
 
Decise d’istinto di avviarsi comunque, se l’avesse trovata a letto se ne sarebbe andato subito.
 
Si ritrovò così davanti al suo ingresso e, dopo aver preso un altro respiro, infilò la chiave ed entrò piano.
 
Cercò di fare meno rumorosamente possibile, anche per non svegliare Toshiko, ma appena entrò quasi che si spaventò: dall’ingresso si poteva benissimo vedere la sala e notò subito Sora , che era sveglia, seduta sul divano con la tv accesa che appena lo riconobbe sospirò.
 
Evidentemente si era spaventata al rumore della porta e ,non appena lo vide ,si rilassò.
 
Si alzò lentamente, socchiudendo la porta che divideva il salone e la cucina con il corridoio che portava alle camere.
 
Poi si voltò subito verso l’amico che intanto aveva chiuso l’ingresso.
 
L’amica ovviamente era in pigiama e lo guardò preoccupata.
 
Gli andò subito contro, notando che era bagnato fradicio.
 
-Ma, Taichi, non avevi l’ombrello?- chiese una volta vicino all’amico.
 
Ma in tutta risposta, il bel ragazzo continuava a guardarla in silenzio, con uno sguardo quasi sbattuto.
 
Sora, senza aspettare la risposta, gli cominciò a sfilare il giubbino zuppo, così da appenderlo subito.
 
Si pose di nuovo di fronte a lui, cercando di guardarlo negli occhi, ma aveva i capelli bagnati che gli coprivano un po’ il viso.
 
Così, si avvicinò ancora di più, appoggiò una mano sul suo petto e si mise sulle punte dei piedi per raggiungere l’altezza del suo viso e scansargli con l’altra mano le ciocche che gli coprivano gli occhi.
 
 Quando gliele alzò, notò i due occhioni tristi che la guardavano, stanchi.
 
Spostò subito la mano sulla sua guancia, accarezzandola:
 
-Taichi, è successo qualcosa?- chiese subito preoccupata.
 
Dopo un attimo di esitazione, scosse la testa, ma Sora non si convinse.
 
-Facciamo così, vado a prenderti il pigiama in camera e te lo porto in bagno, così ti cambi questi vestiti se no ti ammali. Intanto ti metto su un the caldo.
 
Annuì semplicemente.
 
L’amica sospirò, aveva un magone per via della preoccupazione.
 
Cominciò a chiedersi cosa fosse successo, le cominciò a venire l’ansia, come sempre, ma cercò di nasconderla.
 
Lo prese per mano vedendo che non si muoveva e lo accompagnò in bagno.
 
Lo fece aspettare poco per poi porgli il pigiama e andare subito in cucina a mettere a bollire l’acqua.
 
Si era portata anche il phon, per poi asciugargli la chioma bagnata in salone, almeno così non avrebbe svegliato la madre.
 
Sora prese il pentolino per mettere poi l’acqua.
 
Era abbastanza agitata e non vedeva l’ora di tirare fuori dalla bocca dell’amico cosa gli fosse successo.
 
Quando lo vedeva così triste, si agitava sempre.
 
Aveva paura che potesse essere per colpa sua e , se così non fosse, aveva paura di non vederlo più sorridere per altri motivi.
 
La spensieratezza e la solarità di Taichi le illuminava sempre la giornata e la rasserenava di continuo.
 
Riusciva con poco a rendere senza pensieri anche lei, era un dono quello che aveva.
 
Vederlo triste, la buttava giù, mai e poi mai avrebbe voluto che il suo Taichi stesse in quello stato.
 
Mise il pentolino sui fornelli quasi tremando e cominciò a frugare velocemente dentro alle credenze per trovare le bustine di thè.
 
Non si accorse che Taichi aveva già fatto e che si era seduto al tavolo della cucina, fissandola silenziosamente.
 
Era sempre così premurosa nei suoi riguardi, ed ogni volta si agitava a tal punto.
 
Non voleva farla preoccupare ma non sapeva cosa inventarsi questa volta.
 
Quando finalmente trovò la scatola, si voltò spaventandosi nuovamente, non si era nemmeno accorta della presenza del suo amico dietro alle sue spalle.
 
Appoggiò le bustine sopra al tavolo, sedendosi a sua volta accanto a Taichi.
 
Cominciò subito ad esaminarlo mentre lui continuava a guardarla silenziosamente.
 
Anche se era in pigiama, la sua amica aveva il suo fascino.
 
Forse lo era ancora di più di quando andava in divisa o era vestita normalmente.
 
Taichi notò questi strani pensieri che cominciarono ad invadere la sua testa, così abbassò lo sguardo con la speranza che smettessero.
 
Ma sentì subito il suo viso alzare da un tocco caldo e delicato.
 
Sora lo aveva voltato delicatamente verso di lei, per scrutarlo fino in fondo e trovare la verità.
 
Quegli occhi color miele, così profondi e belli, lo attiravano sempre di più, come un vortice che attrae verso di se ogni cosa che è vicina.
 
Sapeva che l’amica poteva capirlo davvero, e per la paura, le prese la mano per toglierla dal suo viso e per abbassare di nuovo lo sguardo.
 
Mantenne però la stretta, gli piaceva sentire il suo calore sulla sua pelle.
 
-Taichi, ne parliamo per favore?
 
La sua non era una domanda, ma una preghiera.
 
Poteva ben percepire la sua ansia, non voleva assolutamente che si sentisse male così cercò di trovare una scusa alla svelta.
 
-Non mi sento bene, Sora.- disse strofinandosi la fronte.
 
La giovane Takenouchi, non ancora convinta, continuò:
 
-Cosa ti fa male?
 
-Non lo so, forse ho la febbre.- mentì.
 
Non appena finì di pronunciare la parole “febbre”, Sora si slanciò verso di lui, mettendogli da prima la mano in fronte, poi le labbra sulle sue tempie, come se gli volesse dare un dolce bacio.
 
Il ragazzo sgranò gli occhi non appena sentì le sue labbra sfiorare la fronte, e sentì accelerare il cuore.
 
Il suo battito cominciò a velocizzarsi sempre più non appena percepì le labbra di Sora scendere fino alle sue guance.
 
Dopo un altro attimo, l’amica si scostò, prendendo il suo viso con entrambe le mani e appoggiando la fronte a quella del compagno, come facevano sempre per guardarsi dritti negli occhi.
 
I loro viso distavano pochi centimetri e Taichi sentì una voglia irrefrenabile di accorciare le distanze.
 
Per sua fortuna, Sora si distaccò, attratta dal rumore dell’acqua che aveva cominciato a bollire.
 
Lo guardò un altro attimo, alzando di nuovo la sua frangia.
 
-Forse hai ragione, sei rosso in viso e sei caldo. Dopo che ti ho asciugato i capelli, ti misuri la febbre, ok?
 
Taichi riuscì ad annuire prima che lei si alzasse e andasse a spegnere l’acqua per immergervi poi le due bustine.
 
Da quando era entrato, non aveva mai smesso di puntare l’attenzione sulla sua figura.
 
Sentiva salire lentamente una strana agitazione, dovuta al fatto che da quando era arrivato le sembrava diversa.
 
La vide impegnarsi a raffreddare un po’ il suo the, aveva fatto bollire troppo l’acqua ed ora scottava.
 
Nel frattempo, lo zuccherò e ci mise un po’ di limone, per poi mescolarlo.
 
Lanciò un’altra occhiata all’amico, per vedere il suo stato, ma era sempre quello.
 
Si avvicinò , infine, porgendogli la tazza e dicendogli di fare attenzione a non bruciarsi.
 
Taichi accennò ad un grazie e continuò a fissarla spaesato, facendo crescere ancora la preoccupazione dell’amica che non riusciva neanche a bere il suo the.
 
Gli mise di nuovo una mano in fronte, poi si accorse che forse era meglio asciugargli velocemente i capelli bagnati, così si alzò per andare a prendere il phon che aveva lasciato in salone.
 
Attaccò la presa e fece cenno all’amico di avvicinarsi.
 
Taichi obbedì subito e si sedette sulla sedia che Sora aveva prontamente preso.
 
Cominciò ad asciugargli i capelli, massaggiandogli con le sue mani delicate la testa e la sua folta chioma.
 
Il giovane Yagami poteva percepire ogni singola carezza dell’amica, il suo tocco era inconfondibile ed era così delicato tanto da farlo rilassare per un attimo e fargli chiudere gli occhi.
 
Sora notò che il suo caro amico d’infanzia si stava accucciando sempre più verso di lei, tanto da appoggiare infine la sua bella testolina sulla sua pancia.
 
Le venne un sorriso per la tenerezza che provò, e continuò ad asciugargli bene i capelli bagnati rimasti.
 
Dopo un’altra manciata di minuti, sentì che ormai aveva completato tutta la chioma, così spense il phon.
 
Gli scompigliò i capelli, ridendo un poco quando alzò lo sguardo.
 
Finalmente le accennò un sorriso, facendo alleviare un poco di preoccupazione che la ragazza aveva.
 
Gli accarezzò il viso, e gli sistemò la chioma:
 
-Dormi qui stanotte? Ti va?
 
Nel fondo del suo cuore, Taichi quasi ci sperava in quell’invito, così da annuire subito.
 
-Mando un messaggio ad Hikari per avvertirla allora.
 
Sora sorrise e si avviò alla cucina, spegnendo le luci e porgendogli la tazza di the per portarla poi in camera sua.
 
Il bel ragazzo prese il telefono dalla giacca che era stata appesa all’entrata e cominciò a scrivere il messaggio a sua sorella per avvertirla che avrebbe passato la notte dall’amica.
 
La ragazza dai capelli ramati gli fece strada, e ,senza far rumore ,raggiunsero subito la sua camera.
 
Taichi finì di scrivere ad Hikari sedendosi sopra al letto, mentre l’amica socchiudeva la porta e sorseggiava la sua bevanda calda.
 
Gli si sedette accanto, scaldandosi le mani sulla tazza.
 
L’amico appoggiò il telefono sul comodino accanto al letto per poi posare di nuovo lo sguardo sulla donna che aveva accanto: Sora continuava a sorseggiare il suo the mandandogli qualche sorriso.
 
Taichi le mise la mano sulla testa e le scompigliò un po’ i capelli facendola ridere.
 
Cominciò anche lui a finire la sua bevanda, in silenzio.
 
Ma non era imbarazzante, si era tranquillizzato non appena la ragazza lo aveva invitato a fermarsi lì.
 
Anche quella notte l’avrebbe stretta tra le sue braccia e questo lo aveva reso davvero felice.
 
Ma Sora era ancora impaziente di sapere cosa avesse, non credeva che fosse la febbre.
 
Per sicurezza, si alzò un attimo e andò verso un mobile della sua stanza.
 
Appoggiò sopra la sua tazza e cominciò a frugare dentro ad un cassetto, per poi estrarre un termometro.
 
Lo portò subito all’amico e glielo porse, facendogli intendere di cominciare subito l’operazione.
 
Taichi non esitò e lo prese, in silenzio, eseguendo l’implicito ordine.
 
La bella amica cominciò nel frattempo ad accarezzargli i capelli e portare poi la sua mano alla tempia dell’amico.
 
-Sicuro che non è successo nulla di preoccupante?- chiese all’improvviso con coraggio.
 
-Si si, tranquilla, è che non mi sento bene.
 
Si grattò la testa, ancora poco convinta, poi continuò:
 
-Se domani non ti senti, chiamerò a Yamato per dirgli che non possiamo andare al concerto. Ti vedo davvero sconvolto e pallido, Taichi.
 
Il bel giovane scosse la testa e disse deciso:
 
-No no, non me la perdonerebbe mai. Domani starò meglio.
 
Sorrise rassegnata, non se lo avrebbe mai perso il concerto dell’amico anche se davanti a tutti faceva certe scenate.
 
Dopo qualche minuto, fu l’ora di vedere quanta temperatura avesse il suo corpo, ma risultò normale, qualche linea lieve di febbre, ma nulla di preoccupante.
 
Mentre si accertava di aver letto bene, Sora pensò ad alta voce:
 
-Mettiamoci a letto, domani riposerai tutto il giorno così che sarai in forma per sentire Yamato.
 
-E tu, che farai domani mentre io riposo?
 
Lo guardò un po’ storto, confusa da quella domanda:
 
-Taichi, lo sai quello che faccio la Domenica, studio e faccio i compiti per entrambi.- gli rispose tirandogli scherzosamente la guancia.
 
-Se sto meglio, allora, studio con te, se ti va.
 
Questa frase risultò a Sora così surreale da farle sgranare gli occhi e farle sentire di nuovo la fronte dell’amico, per guardarlo ancora sconvolta.
 
Il ragazzo dai capelli folti rimase confuso dalla sua reazione, stava reagendo in maniera strana e aveva paura che quello era un no.
 
-Hai ragione, tu non stai per niente bene. Domani andiamo al pronto soccorso.
 
-Ma non sto così male…
 
-Taichi, in tutta la nostra vita non hai mai detto nulla del genere! Non hai mai voluto sprecare una Domenica per lo studio! No no, decisamente stai male!
 
Capì la reazione dell’amica, in effetti non era da lui fare certe proposte, ovvio che le sembrava strano.
 
-Ma no, ci pensavo da un po’, ora che facciamo le superiori mi dovrei impegnare un po’ e il secondo quadrimestre è iniziato da un pezzo.. potrei essere bocciato e non mi va l’idea… solo per questo.. non ci vedo nulla di strano…
 
In realtà, la proposta di Taichi era partita solo per un intento: passare più tempo possibile in sua compagnia.
 
Solo con lei si sentiva bene, si sentiva felice, perciò voleva stare sempre al suo fianco, e neanche lo studio, il suo più acerrimo nemico, lo poteva fermare.
 
Sora lo guardò ancora confusa e preoccupata fino a che, dopo aver appoggiato sul comodino anche il termometro, gli propose di mettersi a letto e di andare finalmente a dormire.
 
La ragazza pensava che forse non si sentiva bene davvero e che gli stava per venire la febbre, così si convinse a farlo mettere sotto alle coperte.
 
Dopo aver spento la luce, come faceva da una vita, si accucciò al suo fianco, appoggiando le sue delicate e fresche mani sul suo forte torace, assieme alla sua testolina.
 
Taichi cominciò a stringerla a lei, più forte di tutte le altre volte e accarezzandola delicatamente.
 
Sora alzò il viso per stampargli un dolce bacio sulla guancia, così da sussurrargli poi all’orecchio buonanotte.
 
Quel semplice e affettuoso gesto aveva avuto un effetto strano, non come al solito.
 
Oltre a farlo sorridere e fargli sentire i brividi , sentì anche sobbalzare il cuore.
 
Decisamente, non era un bel segno. Le cose stavano cambiando radicalmente e quello era solo l’inizio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, come stabilito, i due ragazzi studiarono, con la differenza che Sora iniziò dalla mattina e Taichi da dopo pranzo.
 
Niente e nessuno poteva farlo alzare presto la Domenica, tanto sapeva che l’amica sarebbe stata lì, a due passi da lui.
 
La bella ragazza, assieme anche alle cure di Toshiko, si assicurò che il giovane non avesse neanche un minimo sintomo influenzale, perché, qualora ne avrebbe presentato mezzo, non lo avrebbero mai fatto uscire da casa.
 
Anche la signora Takenouchi era convinta che non stesse bene, soprattutto quando lo vide studiare con la figlia, cosa che in tutti quei anni non aveva mai visto se non alle ultime verifiche per far recuperare i voti al ragazzo.
 
Fortunatamente, Taichi riuscì a provare alle due donne che stava bene fisicamente così da uscire per il concerto di Yamato.
 
I due amici si avviarono al locale assieme ad Hikari e Takeru, che era stato a studiare tutto il giorno con la ragazzina.
 
Taichi si divertì a mandare qualche frecciatina, causando l’imbarazzo della sorella e qualche risata contenuta di Sora.
 
Scherzando, arrivarono velocemente a destinazione.
 
Il locale era già pieno di gente, dentro e fuori.
 
Il biondino, con la giovane Yagami, si avviarono dentro per cercare Yamato.
 
Takeru era sempre stato abituato a fare così, augurare  buona fortuna di persona al fratello.
 
Il digiprescelto del coraggio, assieme all’affascinante amica, restarono fuori ad aspettare Koushirou e Jyou che ancora dovevano arrivare.
 
-Che ne dici se nell’attesa prendo qualcosa da bere?- propose Taichi mettendole una mano sulla spalla.
 
Sora lo guardò, mentre si muoveva un poco con le gambe per scacciare il freddo di quella sera.
 
-Si, va bene, ma io voglio solo una bottiglietta d’acqua.
 
Rise un poco a quella risposta:
 
-Ma neanche un po’ di birra?
 
-Lo sai che non bevo, mi da fastidio allo stomaco!- si lamentò lei.
 
A quell’espressione ,combinata ai suoi due occhi teneri , non potè far altro che abbracciarla e riscaldarla un poco con il suo corpo.
 
In tutta risposta, la ragazza dai capelli ramati accettò ben volentieri quel calore e si accucciò.
 
Era stanca, si era alzata presto la mattina per studiare, e ora stava così bene e rilassata che quasi si poteva addormentare così.
 
 Taichi lo notò e sorrise a quella visione tenera così da stamparle un bacio in fronte.
 
-A quanto pare vi vedo molto carichi per il mio concerto!
 
Un bel ragazzo biondo sbucò all’improvviso da dietro un gruppetto di ragazzi, camminando lentamente e accennando ad un sorriso.
 
Sora aprì gli occhi e si distaccò un poco dall’amico:
 
-Oh, Yamato! Non dovresti essere qui!- esclamò ridendo.
 
-Già, dovresti essere tra le tue fans.- lo prese in giro l’amico.
 
Si avvicinò ai due, scompigliando la testolina alla ragazza e appoggiando una mano sulla spalla di Taichi.
 
-Sono fuggito, lasciate stare.
 
-Tra quanto iniziate, mio caro rocker?- domandò la ragazza.
 
-Tra una ventina di minuti, miss Takenouchi.
 
-Il tempo per farci una birra insieme prima di romperci i timpani!!
 
-Taichi, sei davvero odioso, ma accetto l’invito.
 
-Io prendo l’acqua, ragazzi, non mi fate arrabbiare!
 
Risero a quella lamentela di Sora, poi i due ragazzi si avviarono a fare la fila per la bevuta, mentre lei rimase ad aspettare Koushirou e Jyou.
 
Il ragazzo dalla folta chioma castana cominciò a prendere in giro il suo affascinante amico dagli occhi azzurri, ridendo e scherzando con lui nell’attesa di arrivare al bancone e prendere le loro bibite.
 
Yamato cominciò a spiegargli la scaletta di quella sera, e che l’unica canzone che piaceva a Taichi non l’avrebbero suonata per mancanza di tempo.
 
Al che, l’amico si finse offeso, e si rifiutò di brindare con lui non appena presero le loro birre in mano.
 
Taichi afferrò anche la bottiglietta per l’amica, continuando ad insultare amichevolmente il suo migliore amico.
 
Yamato cominciò a dirgli che forse potevano fare un’eccezione per lui, se in cambio avesse offerto da bere a tutta la sua band.
 
Ma il castano si ammutolì subito appena vide una certa scena in lontananza che gli fece scattare parte dei suoi nervi: davanti a Sora, tutto sorridente, vi era Meiji che cercava di riscaldarle le mani e farla ridere.
 
Il giovane Takaishi seguì lo sguardo quasi furioso dell’amico fino ad incorniciare la scena che lo aveva fatto cambiare di stato in un istante.
 
Lo guardò di nuovo, ormai i suoi sospetti stavano prendendo forma, ma cercò ugualmente di richiamare la sua attenzione.
 
Taichi gli mormorò qualcosa che gli fece intendere di seguirlo, così l’amico eseguì quell’implicito ordine.
 
Arrivati quasi in prossimità dei due, si notò ancora di più l’avvicinamento di Meiji alla loro amica e il piccolo imbarazzo di quest’ultima.
 
Non ci volle molto a capire che la stava riempendo di nuovo di complimenti, cosa che fece velocizzare il giovane Yagami.
 
-Posso offrirti qualcosa da bere? O accompagnarti dentro?
 
-Tranquillo, vedi ho già ordinato qualcosa da bere e..
 
-Ed eccola qui in arrivo!-esclamò all’improvviso Taichi porgendo la bottiglietta d’acqua all’amica e facendo un cenno di saluto a Meiji.
 
Il digiprescelto del coraggio aveva definitivamente messo una croce sopra al giovane tennista, soprattutto dopo che notò che il Venerdì era andato a vedere la partita di tennis di Sora per poi provare ad invitarla ad uscire.
 
Ma lui era sempre dietro all’angolo, pronto a proteggerla e a portarla via da mani non degne di lei.
 
Meiji ricambiò il saluto con un sorriso un po’ forzato e salutando anche il biondo che era accanto a lui e che ancora non conosceva.
 
-Ecco, Meiji, è lui il ragazzo di cui ti parlavo che suona stasera. Si chiama Yamato, ed è un altro mio grande amico.
 
Si strinsero le mani, sorridendo, e si scambiarono altre parole fino a quando non intravidero finalmente i loro due amici arrivare di corsa.
 
Taichi ne approfittò, spingendo delicatamente Sora nella loro direzione e dicendo al tennista che si sarebbero visti poi dentro, ma che ora proprio dovevano andare dai due ritardatari.
 
Lo lasciarono alquanto deluso alle spalle, dirigendosi verso Koushirou e Jyou.
 
I due si scusarono immediatamente del ritardo e si giustificarono subito dicendo che era stata colpa dello studio che non aveva fatto rendere minimamente conto dell’ora che si era fatta.
 
Yamato non  esitò a perdonarli e, dopo averli invitati ad entrare, si avviò subito verso la sua band, poiché tra qualche minuto avrebbero iniziato.
 
Il locale era pieno, era uno dei più frequentati dai giovani della zona, un buon punto per farsi conoscere al meglio.
 
Il gruppo di amici riuscì ad infilarsi tra le prime file in prossimità del palchetto che era stato allestito all’interno per la band.
 
In posizione vi erano di già Takeru ed Hikari, e Sora non esitò neanche un attimo ad affiancarsi alla sua dolce sorellina.
 
Infatti, la giovane Yagami sorrise apertamente e la prese sottobraccio.
 
Il week end era una delle poche occasioni in cui si potevano vedere, a parte qualche sera dentro la settimana quando Sora e sua madre andavano a cena da loro o il contrario.
 
Taichi, dopo essersi assicurato che le sue due donne fossero al sicuro e a portata di mano, cominciò a chiacchierare con gli altri ragazzi.
 
A Jyou piaceva davvero tanto la musica di Yamato, ogni canzone gli rimaneva in testa tanto che aveva chiesto alla band di registrare qualche pezzo, così da sentirlo ogni volta che voleva.
 
In realtà, anche per Taichi era così, ma non lo voleva assolutamente ammettere.
 
Il genere di Yamato non era proprio come diceva tante volte lui, qualche canzone era melodica, un genere alternativo al vero rock, e questo gli piaceva di più.
 
Koushirou non ne capiva molto di musica, ma aveva proposto alla band di registrare qualche pezzo attraverso dei suoi programmi.
 
Si era informato su come fare e per non far spendere troppi soldi agli amici, che comunque studiavano e non avevano un lavoro alle spalle, nel tempo libero stava imparando a come registrare i vari strumenti e metterli insieme.
 
Praticamente, la sua band era amata da tutto il gruppetto, ma c’era chi si sbilanciava e lo ammetteva e chi no.
 
Ma Yamato aveva capito tutto, li conosceva da una vita e vederli, ogni volta che si esibiva, in prima fila in mezzo al pubblico, era la vittoria più grande che potesse ricevere.
 
Iniziò così a suonare, dopo essersi presentati e dopo aver fatto un occhiolino a tutti i suoi amici.
 
Il sound era perfetto e il biondo era in forma.
 
Per migliorare la sua voce aveva addirittura iniziato delle lezioni di canto e stavano davvero dando i suoi risultati.
 
Il pubblico apprezzò ogni singolo pezzo e il gruppetto potè benissimo sentire i vari complimenti che le persone facevano alla band.
 
Si sentirono soddisfatti, come se fossero loro i protagonisti, ma il loro gruppo era così, erano una cosa sola per quanto erano uniti.
 
Conclusero la serata con successo, tra gli urli del bis e le grida delle ragazze scatenate.
 
Taichi si accostò le sue due donne e, stringendole per le spalle, si fece largo facendole uscire dalla folla e andando direttamente fuori dal locale a respirare un po’ di aria pura.
 
Jyou, con premura, si fermò a prendere qualche bottiglia di acqua assieme a Koushirou, c’era così tanta gente che dentro non si respirava e la sete aveva preso il sopravvento su tutti.
 
Sora ricordò che il loro caro amico Yamato aveva riferito di aspettarlo proprio davanti al locale, che li avrebbero raggiunti appena poteva, così rimasero lì.
 
Taichi cominciò a parlare con sua sorella, facendole la predica per come si era conciata.
 
In realtà, era la gelosia che lo spingeva a parlare così: si era sistemata solo un po’ i capelli e aveva messo un po’ di trucco agli occhi, ma nulla di che.
 
Ma anche se questo tocco risultava semplice e delicato, la rendeva bellissima e attirava fin troppi sguardi e Takeru non riusciva a proteggerla da tutti.
 
Sora rideva, quando l’amico faceva il geloso con la loro Hikari era davvero simpatico ma anche tenero.
 
La giovane si accostò alla sua sorella acquisita, cercando aiuto, così quest’ultima prontamente la difese dicendo che se era bella non era colpa sua.
 
Hikari l’abbracciò ridendo e guardandola grata, tante volte Sora poteva anche farle da madre.
 
Arrivarono i due amici che porsero le bottigliette d’acqua ai presenti, i quali ringraziarono immediatamente per il loro gesto.
 
Dopo un po’, arrivò anche Yamato accompagnato da suo fratello.
 
Aveva i capelli scompigliati ed era abbastanza distrutto, ma tutti capirono di già la ragione:
 
-Il nostro idolo è stato letteralmente investito dalle fans immagino!- scherzò il suo migliore amico.
 
-Taichi, risparmiatelo e dammi un goccio d’acqua!
 
-Si dice “per favore”.- si lamentò non appena il biondo gli sfilò la bottiglietta dalle mani.
 
-Yamato, siete stati perfetti! Il sound era pulito e avete suonato alla grande!- si complimentò Jyou.
 
-Già, dovreste provare a fare qualche concorso non appena potete, avete delle grandi possibilità.- ragionò Koushirou.
 
Il giovane Takaishi sorrise soddisfatto, i loro complimenti erano oro colato.
 
Continuarono a dare varie opinioni sulla serata e sull’esibizione e non mancarono di certo a riferirgli ogni parola del pubblico.
 
Dopo un po’, ridendo e scherzando, il gruppo si divise in tre parti: Jyou e Koushirou avevano incontrato degli amici e si erano messi a parlare con loro; Takeru ed Hikari si erano avviati al bancone per vedere se c’era qualcosa da sgranocchiare visto che era emersa una certa fame.
 
Infine, i tre inseparabili amici, erano rimasti a scherzare tra di loro.
 
Yamato si divertiva a prendere in giro il suo compagno, sotto lo sguardo divertito di Sora.
 
Ma quell’atmosfera armonica fu interrotta da un saluto proveniente dalle loro spalle e ,quando si voltarono, trovarono una bellissima ragazza mora dagli occhi chiari e con un grande sorriso in viso.
 
Il biondo guardò l’amica, facendole capire che non la conosceva e che quindi non stava salutando lui.
 
Ma lo sguardo di Sora era uguale al suo, così la loro attenzione cadde proprio su Taichi.
 
La riconobbe di vista, ma il suo nome gli sfuggì, poiché la sera prima aveva tutt’altro in testa.
 
-Ciao Taichi. Ieri sera sei andato via di corsa, senza neanche salutarmi per bene.- disse cercando di avvicinarsi e dargli un bacio sulla guancia, ma prontamente il castano si allontanò con sguardo confuso.
 
I due amici lo guardarono perplessi, soprattutto Sora.
 
La sera prima era tornato quasi sconvolto e ancora non le convinceva la sua versione.
 
-E’ una tua amica, Taichi?- chiese Yamato incuriosito.
 
-Una conoscente, è stata invitata nel nostro tavolo dai miei compagni ieri.
 
Ayako si offese un poco a quell’affermazione, ma cercò di non farci caso e aspettò, assieme alle sue amiche che l’accompagnavano, che la presentasse ai due.
 
-Non ce la presenti?- lo incoraggiò il biondo.
 
-Lo farei, ma non mi ricordo il nome.- ammise un po’ imbarazzato e chiedendole scusa.
 
Il volto della ragazza era più che mai sconvolto e la risatina delle sue compagne la innervosì un poco.
 
Si schiarì la voce e porse la mano verso il giovane Takaishi:
 
-Gli piace sempre scherzare…mi chiamo Ayako, ma mi conoscerete visto che sono dell’altra sezione e sono piuttosto popolare…- disse ridendo forzatamente.
 
Yamato guardò Sora, che a sua volta guardò la bella ragazza:
 
-Andiamo nella stessa scuola? Non ti ho mai vista… mi dispiace.
 
Si rifiutò di stringere la mano alla bella ragazza dai capelli ramati, facendola confondere ed intuire che forse l’aveva offesa:
 
-Ma, ecco, io non sono una che esce molto dall’aula e va a fare conoscenze, ecco… forse è per questo. I miei amici ti conosceranno di sicuro.
 
Sora era così, mai e poi mai avrebbe voluto offendere qualcuno, era troppo umile, così si corresse all’istante.
 
Ma Yamato, che era davvero sincero, non si fece altrettanti problemi, anzi, la sua presentazione non gli era scesa neanche un po’:
 
-Mai vista, né sentita. Comunque piacere, Yamato.
 
Le amiche di Ayako guardarono in basso per non incrociare il suo sguardo furibondo e offeso della loro leader, ma poi cercò di rimediare, voltandosi di nuovo verso Taichi e cercando di affascinarlo sia con il suo tono di voce sia con i suoi bellissimi occhi:
 
-Hai pensato alle mie proposte di ieri?
 
Il prescelto del coraggio lanciò un’occhiata ai due amici, evidentemente curiosi, ma soprattutto sentiva una specie di timore verso Sora.
 
-Quali proposte?- chiese sinceramente, non era in grado di pensare in quel momento.
 
Ayako prese il respiro, per calmarsi di nuovo, per poi proseguire:
 
-Quella del fan club, Taichi. Una squadra come la vostra ha bisogno di una nostra pubblicità e di figure conosciute come noi, vedrai poi quante persone verranno a vedervi!
 
Yamato, evidentemente divertito, si appoggiò a Sora che invece era ancora confusa.
 
Taichi scosse la testa, per poi guardarla:
 
-Ma ti avevo già risposto, anzi, tutta la squadra ti ha risposto. Non ci serve, perché abbiamo già il nostro vero fan club che ci segue dalle origini.- disse guardando all’amica e sorridendole.- E poi, non mi importa quante persone vengano a vedermi o no, l’importante è che quelle che vengono ne abbiano voglia. Pochi ma buoni insomma.
 
La mora squadrò Sora dalla testa ai piedi e viceversa, congelandola con il suo sguardo.
 
-Capisco.- rispose fredda.- Se cambiate idea, sai dove trovarmi, e, a tal proposito, non mi hai risposto alla seconda proposta di ieri.
 
Taichi era evidentemente stufo dell’interrogatorio e glielo fece capire chiedendole quale fosse in modo scocciato.
 
-Quella di conoscerci meglio, possiamo vederci dopo la scuola domani e fare due chiacchiere, che dici?
 
-Avevo risposto anche a questo.- disse freddo e un po’ agitato, quella ragazza era davvero diretta e Sora stava sentendo tutto, questo fatto lo metteva in ansia per una sua possibile reazione.
 
-Non è vero, non mi hai risposto, te ne sei andato via e…
 
-Appunto, se non ti ho risposto significa che ti ho evitato una risposta esplicitamente negativa.
 
Taichi si era ufficialmente innervosito e Sora non lo aveva mai visto comportarsi così con una donna.
 
Yamato rise alla scena e soprattutto alla faccia di Ayako.
 
Il castano si voltò definitivamente verso i suoi amici e si avvicinò di più a loro, appoggiando una mano delicatamente sul viso stanco di Sora.
 
-Andiamo a casa? Sei stanca e domani dobbiamo alzarci preso.- le disse premurosamente.
 
Lei non potè che sorridere a quell’affettuosa richiesta, ma non disse altro poiché tutta quella scena l’aveva confusa.
 
Più che altro le stava venendo un sospetto, ma era davvero ridicolo.
 
Non poteva essere che Taichi se ne era corso a casa per quelle due sciocche proposte, quasi che si rassegnò a conoscere la verità sulla sera prima.
 
Taichi salutò di striscio la mora che fulminò letteralmente la giovane Takenouchi, facendolo notare ad entrambi i suoi amici e intimorendola un poco.
 
Ma per dispetto, i suoi due cavalieri se l’accostarono a loro, il biondo circondandole le spalle con il suo braccio e il castano circondandole la vita, rassicurando la loro protetta.
 
In assenza del suo angelo Mimi, specializzata a proteggerla in queste occasioni, i due cari amici ce la mettevano tutta per zittire le invidie e le critiche verso la loro stupenda amica.
 
Dopo che si erano allontanati un poco, Yamato dovette andare verso il loro gruppo per smontare il tutto.
 
Taichi stava per andare a richiamare la sorella, ma fu fermato proprio dall’amico che rassicurò che l’avrebbero accompagnata lui e Takeru visto che poi sarebbero passati di lì.
 
Dopo qualche minuto di ferma opposizione, grazie anche a Sora, lo convinsero così la coppia di amici si avviò verso casa.
 
Durante il cammino, il ragazzo continuò a dire di non essere convinto di lasciare sua sorella nelle mani dei Takaishi, causando qualche risata all’amica.
 
Ma, appena ci fu un istante di silenzio, Sora ne approfittò per cercare di togliersi qualche dubbio:
 
-Dimmi la verità, perché ieri sera sei fuggito via dal compleanno?
 
Taichi sentì il cuore arrivare in gola, poche volte l’amica era stata diretta con lui, ma quando lo faceva gli metteva sempre paura.
 
Cercò di guardarla, la fioca luce della luna di quella notte le illuminava il pallido viso e le faceva brillare quegli occhi dorati che l’avevano sempre resa affascinante.
 
Anche in quell’istante nella sua mente apparve la convinzione di quanto fosse realmente bella la sua amica d’infanzia, e che solo dopo tutto quel tempo si stava rendendo conto di come era realmente.
 
-Te l’ho detto, non mi sentivo bene.
 
-E poi?-insistette l’amica.
 
Capì che doveva inventarsi qualcosa, non sempre la loro affinità risultava positiva.
 
-E poi mi annoiavo, erano tutti ubriachi e infine sono arrivate quelle ragazze che si credevano chissà cosa. Allora me ne sono andato.
 
Sora si fermò, ripensando ad Ayako e l’odio che aveva percepito nei suoi confronti.
 
Era davvero incredibile quella ragazza, non si era fatta neanche un minimo problema e aveva chiesto un appuntamento a Taichi davanti a tutti, senza  vergogna o esitazione.
 
Era davvero un tipo sicuro di sé, niente a che vedere con la donna più insicura del mondo, ossia lei.
 
Taichi notò l’amica pensierosa:
 
-C’è qualcosa che non va, Sora?
 
Scosse la testa a quella domanda, sorridendogli debolmente.
 
-Ho paura che ti stai facendo dei problemi per me, Taichi.
 
Quella frase fermò letteralmente il cuore del ragazzo, guardandola spaventato.
 
Vedendo il ragazzo paralizzato davanti alle sue parole, continuò:
 
-Vedi, se vuoi uscire con altre persone, non voglio che ti blocchi per me.
 
Quasi che non gli arrivava più l’ossigeno per respirare.
 
In tutti quegli anni di amicizia, non erano mai arrivati a parlare di certe cose, avevano sempre evitato, e , in fondo al cuore, Taichi aveva sempre sperato di evitare il discorso.
 
Fece l’unica cosa che era in grado di fare in quel momento, ossia prenderla per un braccio e tirarla bruscamente a sé, per poi abbracciarla stretta.
 
Con una mano, spinse la sua testa verso sé, e Sora cominciò a percepire all’orecchio il respiro agitato dell’amico che aveva appoggiato la guancia calda contro la fredda di lei.
 
Il gesto che fece in pochi secondi, spiazzò l’amica che non se lo aspettava minimamente.
 
La stretta aumentava sempre di più, ma non faceva per niente male, anzi, le trasmetteva sempre più calore.
 
-Non devi dirlo mai più.
 
Il sussurro quasi freddo e deciso dell’amico, la fece rabbrividire e sgranare i suoi bellissimi occhi.
 
-Non voglio che tu pensi a cose simili, non farlo mai più.
 
Cercò di giustificarsi, ma il bel ragazzo aveva così tanta paura di quello che potesse dire che la bloccò immediatamente:
 
-Perché dovrei uscire con altre persone? Io sto bene così, con i miei angeli a fianco. Ma soprattutto, non credo che esista qualcosa che riesca a dividermi da te , Sora.
 
Taichi ritrasse la testa, ma solo per appoggiare la fronte su quella dell’amica, come facevano da quando erano piccoli per guardarsi negli occhi.
 
Non sapeva cosa le stava accadendo, ma si sentiva quasi agitata e per la prima volta non sapeva tradurre lo sguardo dell’amico.
 
-Ti prego di non pensare a mai più una cosa del genere, è come se mi avessi detto che sto in tua compagnia controvoglia e vorrei essere da tutt’altra parte, quando invece è tutto il contrario. Restare al fianco della mia migliore amica e dei miei più cari amici è l’unica cosa che voglio, e niente potrà cambiare tutto questo.
 
L’abbracciò di nuovo, stampandole un dolce bacio in fronte e accarezzando le sue delicate e lisce guance e vedendola finalmente sorridere per bene, quasi commossa.
 
La prese per mano, facendole capire che era meglio andare di nuovo, e lei obbedì all’istante.
 
Taichi era stato da sempre al suo fianco, non l’aveva mai lasciata neanche per un secondo, ma aveva paura che ciò non giovasse al suo futuro.
 
Solo ora cominciò a pensare che più in là le loro strade potevano dividersi, in fondo si avvicinavano gli anni in cui ognuno poteva cominciare a crearsi una vita propria, con altre persone al loro fianco.
 
Ma non riusciva a capacitarsi di questa eventualità, come poteva essere il suo mondo senza Taichi al suo fianco, perennemente come aveva fatto da una vita?
 
Era un pensiero che aveva sempre evitato, volontariamente, in fondo stava bene così, perché pensarci?
 
Ma ora si rendeva conto che forse si stava avvicinando un momento simile, non poteva evitare la realtà come aveva sempre fatto.
 
Tra un po’, ci avrebbe sbattuto la testa.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, dopo le lezioni, Sora dovette andare agli allenamenti di tennis e come sempre il suo migliore amico era li, più deciso che mai, a tenerla d’occhio e lontana da Meiji.
 
Stavolta, però, non era solo, al suo fianco vi era anche Yamato.
 
Non aveva le prove quel giorno, anche perché avevano fatto serata e quindi le avevano rimandate al Martedì.
 
In realtà, il biondo non lo aveva accompagnato solo perché gli interessava vedere la loro amica in azione, ma aveva in mente tutt’altro.
 
Quella era una scusa, voleva parlare a quattr’occhi con Taichi, decise che era arrivato il momento.
 
Era un periodo che si comportava davvero in modo strano e anomalo, e all’inizio non capiva il perché.
 
Era distratto, pensieroso e ultra protettivo verso di Sora.
 
Si era aspettato prima di tirare le conclusioni e lo aveva osservato davvero molto negli ultimi tempi, voleva avere una certa percentuale di certezza prima di accusarlo di qualche cosa.
 
Notò ancora che l’amico teneva gli occhi fissi su Sora che stava disputando un’amichevole con una ragazza della squadra, ma osservò anche che spostava sempre lo sguardo verso un’altra direzione.
 
Anche quel giorno vi era Meiji ad osservarla e ciò lo faceva innervosire e capire che se l’avrebbe lasciata anche un solo secondo da sola, quel tipo avrebbe di certo colto l’occasione.
 
Yamato non potè più aspettare, così attirò l’attenzione dell’amico chiamandolo.
 
Taichi gli rispose, non scostando il suo sguardo dal campo.
 
Il biondo sospirò, di certo non voleva allacciare un discorso con qualcuno che neanche gli degnava di attenzioni.
 
-Ne vogliamo parlare per favore? Ormai siamo al limite…
 
La domanda un po’ nervosa e decisa dell’amico lo fece finalmente voltare.
 
Yamato non usava quasi mai quel tono, se non per litigare.
 
Lo guardò confuso, era davvero serio e cominciò a preoccuparsi:
 
-Di cosa ?
 
-Di Sora, Taichi. E’ ora di affrontare questo discorso.
 
Inutile dire la brutta sensazione che provò. Cercò di convincersi che volesse parlare di altro, o di qualcosa non inerente a tutto quello che gli stava accadendo, ma la sua speranza svanì in quell’istante:
 
-Direi di poter dire che le cose stanno cambiando radicalmente, o sbaglio?
 
Yamato non aveva mai avuto peli sulla lingua, neanche nelle situazioni più delicate.
 
Diretto e spietato, ma questo lo rendeva unico nel suo genere.
 
-Non capisco di che parli.- cercò di deviare il discorso.
 
-Te lo dico tondo e chiaro, amico mio, si vede lontano un miglio che ti stai innamorando della nostra Sora.
 
-Ti sbagli!- esclamò subito non appena sentì la parola “innamorando”.
 
Neanche lui, nei suoi pensieri, aveva avuto il coraggio di nominare quella parola, forse perché aveva un valore più grande dell’amicizia, quella che da una vita teneva legati i due amici.
 
Non solo era più grande, ma aveva anche il potere di distruggere quel legame indissolubile che c’era tra i due compagni d’infanzia.
 
Se Sora non avrebbe ricambiato quel sentimento, sarebbe andato tutto in frantumi, anche quel filo che li legava e che loro avevano sempre reputato indistruttibile.
 
Sora lo amava, ma come amico, e Taichi questo lo sapeva.
 
Una tipa come lei non aveva tempo ora come ora di crearsi una storia, e lui era l’unico a saperlo.
 
Sentì la mano forte di Yamato aggrapparsi sulla sua spalla e i suoi occhi gelidi penetrare nei suoi nocciola.
 
-Dici che mi sbaglio? E questa gelosia improvvisa? Questa ansia che fai percepire al mondo quando non ce l’hai a fianco e la vedi parlare con qualcun altro? I fulmini che mandi a tutti quei ragazzi che la guardano anche un solo istante? Questi continui abbracci che le dai ogni giorno e che aumentano sempre? Il tuo sguardo perenne su di lei anche se dorme? Questa voglia di passare ogni istante della tua vita in sua compagnia? Devo continuare, Taichi?
 
Lo sguardo dell’amico si fece malinconico, come quello di un cane bastonato, e lo posò subito al terreno di fronte a lui, stringendo poi i pugni che erano appoggiati sulle sue gambe.
 
Si ammutolì, non sapeva cosa rispondere e un altro “ti sbagli” sarebbe stato ridicolo di fronte a quella evidenza che Yamato aveva fatto emergere in maniera scaltra.
 
-Neanche un vero fidanzato fa tutte le cose che fai tu per lei, ma Sora è cieca e sta confondendo il tuo sentimento di enorme amicizia e affetto fraterno con quello che in realtà provi davvero per lei. Il vostro è sempre stato un legame morboso, basato sulla continua presenza dell’uno per l’altra, sul continuo affetto che non  vi vergognate neanche minimamente di mostrare e che per voi è stato sempre innocente, ma ora come ora si sta trasformando almeno da parte tua.
 
-Yamato, il nostro non è morboso come legame, quante volte te lo devo dire?! E’ un legame speciale, non certo come lo definisci tu! Sei troppo severo!
 
Il tono che usò il suo amico, gli fece intendere di aver azzeccato tutto.
 
Certo, sapeva di non doversi azzardare a chiamare quel legame “morboso”, era una cosa che mandava in bestia non solo lui, ma anche Sora. Ma sapeva che se lo avrebbe fatto, Taichi avrebbe cominciato a parlare.
 
-Allora? Come la mettiamo?
 
-Non credo che siano cose che ti possano riguardare.- fece stavolta nervoso il giovane Yagami.
 
-Ah no? Allora che dici, posso invitare Sora ad un appuntamento? Accetterà?
 
Lo prese all’improvviso per il colletto della maglietta, facendo ridere il biondino.
 
Si guardarono negli occhi, Taichi era evidentemente agitato e nervoso, tanto da respirare a fatica, Yamato era estremamente calmo.
 
-Non lo farai.
 
-Oh si che posso farlo, se non ti interessa, perché dovresti avercela con me? Dovresti esserne felice che i tuoi migliori amici escano insieme. Mi conosci da tempo, chi meglio di me potrà ricevere la tua approvazione?
 
Lasciò il suo colletto, mettendosi la testa fra le mani, nascondendo così il suo stato.
 
Il giovane Takaishi si sistemò la giacca e la camicia e gli mise una mano sulla spalla:
 
-Non devi mentirmi, Taichi, non c’è nulla di male.
 
-Non è vero, è tutto sbagliato, Yamato.
 
La voce dell’amico era quasi rotta, quasi da far sentire la sua sofferenza anche al biondo.
 
-Non doveva succedere, non può accadere, ma mi sta venendo tutto spontaneo. Non sopporto l’idea che qualcun altro la tocchi, la sfiori e la stringa a sé. Non sopporto l’idea che debba condividere i suoi bellissimi sorrisi con un altro ragazzo che avrà sempre più valore di me. Non riesco a capacitarmi che qualcun altro possa dormire al suo fianco, stringendola, e svegliarsi accanto ad un angelo come lei. Ora più che mai mi sto rendendo conto che la mia vita non avrebbe un minimo di senso senza lei, per me è tutto, una sorella, una seconda madre, un’amica.
 
-E la tua ragazza.- intervenne Yamato, stavolta calmo e comprensivo.- Non hai mai avuto l’esigenza di trovare qualcuno da amare, perché lo hai sempre avuto al tuo fianco, come non hai mai avuto bisogno di cercare qualcuno che ti ami perché in tutti questi anni lei ti ha sempre ricoperto del suo affetto e amore fraterno da non farti mai sentire solo e da far scomparire quella voglia che uno ha di essere qualcosa di importante per un’altra persona.
 
Alzò la testa, rivelando lo sguardo sbattuto e ancora più triste e annuendo debolmente.
 
-Sono arrivato al limite, Yamato. Ho sempre una voglia perenne di toccarla e abbracciarla, di stare in sua compagnia ogni minuto che passa. Anche la notte, prima di addormentarmi mi viene in mente il suo viso e il desiderio di andare a dormire da lei così da risvegliarmi con la prima visione del suo  viso angelico e sentendo il suo dolce profumo. Solo con lei sto bene, Yamato. Quando non c’è mi viene l’ansia e mi chiedo cosa sta facendo e cosa sta pensando, se le manco o no.
 
Taichi era davvero disperato, e questo non sfuggì al suo migliore amico che ora, più che mai, cominciò a preoccuparsi seriamente di questa situazione.
 
-Cosa pensi di fare?
 
Si passò la mano tra i suoi folti capelli, pallido:
 
-Niente, non posso far nulla. Io non voglio rovinare ciò che c’è tra di noi, è un rapporto unico, qualcosa che va al di là di ogni singolo legame. Questo legame che abbiamo è un dono, lei rappresenta davvero il mio angelo, ho bisogno di lei, ogni secondo della mia vita. Continuerò a comportarmi così, come ho sempre fatto, non mi importa delle voci e delle persone, smetterò solo quando lei lo vorrà.
 
Yamato sospirò, per poi guardare la loro affascinante ed energica amica.
 
Il comportamento che l’amico aveva deciso di attenere, era evidentemente sbagliato, ma sapeva che era inutile farlo ragionare, pur di averla a fianco sarebbe stato disposto a tutto, anche a sopprimere il suo cuore.
 
Il giovane Takaishi lo aveva sempre sospettato, dalla prima volta che li aveva incontrati, sapeva che sarebbe andata a finire così, che uno dei due avrebbe ceduto, non avrebbe mai pensato però così tardi.
 
Il loro attaccamento era visto da chi ancora non li conosceva come quello di due innamorati, soprattutto Taichi,ma i due amici avevano da sempre ignorato certe voci perché per loro l’importante era stare bene.
 
Per loro, l’importante era stare insieme, il più a lungo possibile.
 
La loro felicità era legata da un filo rosso, come il loro destino.
 
Ma al contrario di tutti gli altri fili, il loro era indistruttibile, niente e nessuno avrebbe mai spezzato un sentimento così enorme.
 
Perché il loro legame era davvero qualcosa di unico e indescrivibile, qualcosa di mai visto, qualcosa di maestoso e divino.
 
Un legame raro, e indissolubile.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTA: Scusate per l’immenso ritardo ma ho avuto un altrettanto immenso blocco.
Non volevo cadere nel banale, sono state fatte tante storie su questa serie, e mi venivano i blocchi di continuo.
Ho cambiato versione mille volte, e solo ora sono riuscita a trovare una mezza via, ma ho paura di avervi deluso.
In questo capitolo dovrebbe emergere l’inizio e la consapevolezza dell’innamoramento di Taichi, spero di avervi dato una buona impressione.
Ringrazio a tutti coloro che mi seguono, e che mi recensiscono, le vostre opinioni sono oro e grinta per continuare a scrivere!
Sono rimasti due capitoli più l’epilogo, quindi non disperate!! Avrà una fine, ve lo prometto!
Un bacio,
C.

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Capitolo 5
*** Odaiba 2006, Febbraio ***


Sai Taichi,
 
fino ad oggi ho sempre vissuto nella paura di poterti perdere.
 
Il mio cuore era stato ridotto a brandelli e ho sempre vissuto nella paura che, lasciandomi sfiorare, le ferite sarebbero state riaperte.
 
Accanto a te, però, mi sono sempre sentita protetta.
 
Era come se le tue mani avvolgessero il mio cuore per proteggerlo dalle intemperie della vita.
 
Adesso ho bisogno di abbandonarmi in un tuo abbraccio.
 
Proprio adesso...io mi sento scoppiare il cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Odaiba 2006, Febbraio.
 
 
 
 
 
 
 
 
Era davvero freddo quel Venerdì ad Odaiba, ma loro erano sempre lì, sugli spalti.
 
Vi era la partita di Taichi, anticipata di un giorno per alcuni impegni da parte degli allenatori delle due squadre.
 
E, come era solito, il gruppetto di amici era in prima fila a tifare per la squadra del bel ragazzo castano.
 
Hikari si strofinava le mani che, anche se coperte dai guanti, risultavano congelate.
 
Per fortuna a darle un pò di sollievo c’era la sua calda cuffia rosa pallido, la quale le incorniciava anche il suo dolce viso.
 
Al suo fianco, non curante del clima, c’era la sua bella sorella acquisita che incitava ogni singolo calciatore della sua ex squadra.
 
Sora non staccava gli occhi dal campo, era sempre stato una calamita e ormai il resto del gruppo aveva capito anche che parlarle durante i minuti di gioco era impossibile.
 
Era assurda a volte, e questo fu ciò che pensò Yamato, seduto dietro le due ragazze, al fianco di Takeru.
 
Neanche lui si perdeva la partita dell’amico, anche per il fatto che poi lo avrebbe dovuto sentire lamentarsi tutto il tempo.
 
Gli aveva detto più volte che ci teneva alla sua presenza, che quest’ultima lo avrebbe incitato a far di meglio: se avrebbe perso, il biondino lo avrebbe preso in giro, e questo era un ottimo motivo per impedire la sconfitta.
 
Ovviamente, erano presenti anche i due cervelloni del gruppo, Koushirou e Joe.
 
Apparentemente i due sembravano sereni e calmi, ma, appena la squadra di Taichi prendeva palla o si avvicinava alla porta avversaria, il ragazzo occhialuto balzava in piedi in preda all’emozione, e l’altro ,invece, urlava di calciare.
 
Così facendo, i due scatenavano la risata dell’affascinante Takeru e della dolce Hikari, nonchè un sorrisino all’apparente gelido Yamato.
 
Ormai la partita stava giungendo al termine, erano arrivati ai minuti di recupero e la squadra di Taichi stava vincendo uno a zero.
 
Yamato sentì il bisogno di fumare.
 
Ebbene, da un bel pò di mesi, il biondino dagli occhi limpidi aveva preso questo vizio, totalmente non approvato da tutti i suoi amici.
 
Ma era stato davvero inutile, quando Yamato si metteva in testa una cosa, era la fine, un pò come il suo migliore amico, erano davvero cocciuti.
 
Il giovane Ishida si mise una mano in tasca, per estrarre così una sigaretta, ma si fermò non appena udì una voce decisa e seria:
 
-Non ti azzardare, Yamato. Non davanti a me e agli altri.
 
L’interessato sgranò gli occhi: Sora aveva sempre lo sguardo fisso in campo, come diavolo aveva fatto a vederlo, visto che lui stava proprio dietro di lei?
 
La fanciulla dagli occhi dorati era una di quelle persone che ci era rimasta più male per questo vizio, non voleva affatto che il ragazzo fumasse, gli ripeteva sempre che poi ci sarebbe stato male.
 
Alla fine, da Sora , che si preoccupava di tutto e tutti, cosa si poteva aspettare?
 
Quello che lo sbalordì, fu l’appoggio e lo schieramento dei due cervelloni del gruppo.
 
Joe ogni volta gli elencava tutte le malattie gravi che poteva portare il fumo, e Koushirou gli dava ragione.
 
Insomma, quei tre avevano un futuro per diventare dei leader di una campagna contro il tabacco.
 
Alla fine, Yamato decise di non fumare, poi chi l’avrebbe sentita.
 
Arrivò il fischio di fine partita e tutti applaudirono per la vittoria meritata della squadra.
 
Sora ed Hikari si alzarono contemporaneamente, sorridendosi a vicenda.
 
Ma il sorriso della piccola Yagami si spense quando la sua sorella acquisita cominciò a guardare ,da quella distanza, il fratello.
 
Fino a poco tempo fa, la bella Takenouchi , a fine partita, si fiondava verso la sua ex squadra e andava a fare i complimenti ad ogni membro di persona, ma ormai fare ciò le era totalmente impossibile.
 
Ora ad invadere il campo era un gruppo di ragazze scatenate, capeggiate da lei, dalla ragazzina mora dagli occhi chiari, Ayako.
 
Mesi prima, aveva chiesto a Taichi se avesse bisogno di un fan club , ma lui aveva rifiutato da subito quella proposta, così come aveva fatto anche alle continue “avance” e richieste di uscita della fanciulla.
 
Ma lei era davvero un tipo originale, cocciuta, molto sicura di sè, abituata ad ottenere tutto ciò che voleva.
 
Non aveva costituito il fanclub, ma aveva cominciato a seguire ogni sua partita, con tutte le sue amiche al seguito.
 
In realtà, vi erano anche altre ragazze al di fuori della sua combriccola, questo perchè Taichi era diventato davvero un bel ragazzo e ,il fatto che fosse single, aumentava la speranza in ognuna delle pretendenti.
 
Si, anche Sora era popolare tra i ragazzi, ma non quanto lui e il suo migliore amico Yamato.
 
E poi, le ragazze sono peggio degli uomini in questi campi.
 
I ragazzi erano sempre un pò più discreti, il sesso opposto, invece, non si tratteneva per nessuna ragione al mondo.
 
Se all’inizio era Sora la prima ad abbracciare Taichi dopo una partita, ora era lei, Ayako, che si fiondava tra le sue braccia ancor prima del fischio dell’arbitro.
 
E la Takenouchi era diventata inevitabilmente l’ultima.
 
I primi tempi, cercava di non farci caso e di raggiungere ,come sempre, la sua ex squadra sul campo, ma fu spintonata più volte, nonchè congelata e fulminata dallo sguardo della bellissima mora.
 
Quest’ultima l’aveva più volte importunata e quasi “minacciata”, dicendole di stare lontana, di non poter competere con lei.
 
Per come era fatta Sora, si tenne tutte quelle brutte vicende dentro, facendo finta di nulla.
 
La Takenouchi aveva sempre sofferto di complessi di inferiorità, e ,trovarsi davanti una ragazza così sicura di sè, popolare e davvero stupenda anche fisicamente, la intimorì molto, tanto da farla rimanere a suo posto, come le aveva ordinato.
 
Inutile dire quanto dentro ci fosse rimasta male, era una vita che supportava quella squadra ed ora doveva accontentarsi così.
 
Proprio nel momento in cui Sora puntò il suo brillante e dorato sguardo sul suo migliore amico, Ayako gli saltò sopra, facendolo sbilanciare.
 
La ragazzina dai capelli ramati cambiò per un solo istante la sua espressione a quella visione, per poi cercare di far finta di niente e scherzare col suo gruppetto.
 
Nessuno notava nulla di strano, ma chi aveva l’occhio esperto poteva benissimo percepire una certa tristezza.
 
E ciò non sfuggì per niente ad Hikari, niente di tutto quello che aveva assistito da un pò di tempo a quella parte.
 
Quella situazione, rattristava anche lei, nel profondo del suo cuore.
 
Dall’altra parte , Taichi ,come al solito, stava combattendo per staccarsi Ayako di dosso.
 
Lui era un ragazzo davvero buono, con una grande pazienza, ma quella fanciulla a volte lo faceva spazientire.
 
Con forza le prese le spalle e la distanziò da lui, lo stancava di più lottare con lei e il suo gruppo che giocare novanta minuti di partita.
 
-Ascolta Ayako, non lo voglio ripetere mai più, ma davvero, mi hai stancato, non sopporto questo tuo atteggiamento.
 
-Il capitano ha ragione!- intervenne Hachiro- Non ci serve questo frastuono, non è un concerto in cui tutte voi dovete urlare e scagliarvi sui ragazzi. Smettetela, non è un bello spettacolo per la gente che realmente ci segue!
 
Tutta la squadra era contrariata da quelle scene.
 
All’inizio non ci facevano tanto caso, ma l’invasione di campo ora era troppo.
 
Anche il mister non le reggeva più, ma non potevano far nulla per fermarle.
 
Alle parole veritiere del suo compagno di squadra, Taichi voltò subito lo sguardo verso gli spalti e la trovò lì, sorridente e scherzosa, come se tutto ciò che stava accadendo non le desse fastidio.
 
Quella era un’ulteriore prova che Sora non provava più che una semplice amicizia per lui, se fosse stato il contrario avrebbe letto o compreso qualche atteggiamento di gelosia in lei.
 
Invece, sembrava davvero tranquilla.
 
Questo lo rattristò molto, tanto da non curarsi delle risposte di Ayako.
 
In quei mesi il suo sentimento era solo peggiorato, si accorgeva ogni giorno di più di amarla alla follia.
 
Di poter amare solo lei.
 
Agli inizi della consapevolezza di questo sentimento, non riusciva davvero a staccarsi da lei e ad evitare continui contatti con la fanciulla.
 
Ad arginare ciò, fu Yamato, che cominciò a mettergli dei paletti.
 
Il biondo non agiva in mala fede, ma solo per il loro bene.
 
Vedeva quanto il suo migliore amico soffrisse per lei e, dopo aver notato che, almeno in apparenza, Sora non provasse lo stesso sentimento di Taichi, cercò di agire in modo da arrecargli meno dolore.
 
Sapeva che un ipotetico rifiuto futuro lo avrebbe fatto precipitare nell’oscurità più pura, dunque era solo un bene distaccarlo dall’amica e fargli cambiare alcuni atteggiamenti.
 
Tra questi, gli vietò di andare a dormire a casa sua.
 
Erano giunti al termine della seconda superiore ormai, e la gente aveva cominciato a sparlare su loro due da tempo.
 
I ragazzi della loro scuola avevano notato che entrambi non avevano mai avuto relazioni amorose con altre persone, e che stavano sempre insieme, in ogni momento.
 
La conclusione più ovvia che regnava all’interno dell’ambiente scolastico, era che ci fosse del tenero tra i due, e questi sospetti erano alimentati ancor di più dal loro atteggiamento.
 
Non avevano mai smesso di abbracciarsi e di darsi dolci baci anche in pubblico, quei gesti che si scambiavano da quando erano piccoli erano da sempre rimasti.
 
Ma ,se prima potevano essere scambiati come un atteggiamento amichevole, data la loro tenera età, ora era il contrario.
 
Molti sapevano della loro profonda amicizia, che li legava dalla nascita, così iniziarono a circolare varie storie: c’era chi diceva che il loro amore era nato dalle elementari, chi sosteneva che erano segretamente una coppia da anni e che non la rendevano pubblica solo per mantenere la fama che avevano attualmente, ed altre brutte dicerie.
 
Tutti questi pettegolezzi rendevano Yamato furioso, l’ultima cosa che voleva era rovinare la reputazione dei suoi più cari amici.
 
In più, queste dicerie potevano illudere ulteriormente Taichi, e fargli ancora più male, per questo si impuntò su certe cose.
 
Taichi ci rimase male inizialmente, ma sapeva che aveva ragione, si fidava di Yamato, era il suo più caro amico, quindi si sforzò di fare come lui gli aveva suggerito.
 
Ovviamente, la colpa di un’ipotetica illusione del ragazzo era proprio sua, di Sora, che continuava a non staccarsi da lui.
 
Il biondino sapeva che neanche lei faceva apposta, era tutto spontaneo.
 
Erano da sempre abituati a stare insieme, a coccolarsi e difendersi a vicenda.
 
Ma doveva svegliare anche lei, tanto che un giorno la prese in disparte per farle un discorsetto.
 
Le aveva fatto aprire gli occhi, e le aveva fatto una bella ramanzina.
 
Era lei ad invitarlo ogni volta a dormire a casa sua, quando sua madre Toshiko era fuori per lavoro.
 
Come era lei ad attirare i suoi abbracci e baci.
 
Yamato le fece un lungo discorso: non erano più bambini e lei doveva lasciarlo andare.
 
Taichi non aveva una vita ,a suo parere, non riusciva a guardare altro che lei, ma per il semplice fatto che era sempre al suo fianco.
 
Non riusciva ad avere altre relazioni, per paura di offenderla.
 
Gli sfuggi la parola “egoista”, involontariamente, squarciando il suo tenero cuore.
 
Yamato cercò di correggersi, ma ormai le era entrata in testa.
 
Quel giorno, la bella Sora fece un veloce riepilogo della loro vita, per poi accorgersi di averlo davvero tenuto stretto a sè.
 
Invece di arrabbiarsi per le parole gelide e dirette del biondo, la ramata scoppiò in un pianto.
 
La verità è che lei aveva sempre avuto bisogno di lui, la sua vita era stata davvero difficile e tormentata e Taichi era l’unico a saperlo.
 
Come era anche l’unico, affiancato a sua sorella ovviamente, a capirla con uno sguardo, a saperla prendere e trasformare la sua tristezza in un sorriso.
 
Si sentì davvero male nel pensare che, involontariamente, aveva trascinato Taichi nel vortice tortuoso della sua vita e che, nonostante ora le cose andassero meglio, non riusciva a lasciarlo andare.
 
Diede conferma al suo amico, lei era davvero un’egoista, una persona nauseante, lo stava soffocando con la sua perenne presenza e neanche se ne accorgeva.
 
Yamato l’abbracciò forte, Sora era straordinaria ed era la bontà in persona, la ragazza più dolce e pura che lui avesse mai conosciuto.
 
Sapeva che non lo aveva assolutamente fatto apposta, che non era un’egoista, si maledì per quella parola che era uscita dalla sua bocca pungente.
 
Dopo l’intervento, non affatto facile, di Yamato, i due amici inseparabili si impegnarono nel dare il giusto spazio l’una all’altro.
 
Ma per loro risultò difficile, sopratutto per la giovane Takenouchi.
 
Doveva ancora abituarsi all’idea di un Taichi sommerso e abbracciato da altre ragazze, e ciò che le faceva male era vederlo con Ayako.
 
Per questo, in quel momento cercò di non posare la sua attenzione su ciò che stava accadendo poco lontano da lei.
 
Ma anche se stava scherzando con Koushirou e Joe, sentiva un grosso magone alla gola, per non parlare della pesantezza e oppressione del suo cuore.
 
Le fitte le arrivavano fino alla gola, e poteva benissimo sentire, a tratti, pizzicarle gli occhi.
 
Il dolore che aveva nel petto era davvero forte, e la tristezza dentro di sè ancora di più.
 
Sentiva il bisogno di cacciare tutto ciò che aveva dentro, ma di certo non lo avrebbe mai fatto a parole.
 
E lì, entrava in gioco lo sport, attraverso il quale poteva dar sfogo a tutto ciò che sentiva.
 
Quello stesso pomeriggio, anche lei aveva una partita.
 
-Ragazzi, io vado a prepararmi per la partita! Giochiamo al chiuso, se vi interessa! Nella palestra apposita vicino alla scuola.
 
-Certo che ci interessa, Sora! Non ci perderemo neanche una tua partita!- fece Koushirou, sorridendole.
 
-Ma non è tra un’ora? O sbaglio?- fece Joe, analizzando il suo orologio.
 
-Si ma... vorrei riscaldarmi, ho un pò d’ansia!- si giustificò subito la ramata.
 
Non era affatto vero, neanche le importava più vincere la partita o perderla. Anzi, aveva quasi totalmente perso la passione per il tennis.
 
Forse, non c’era mai stata. Era l’unica cosa che poteva fare ai tempi, dopo che si era operata, e continuava questa attività per inerzia, per una semplice valvola di sfogo, ma non la gratificava più.
 
Si voltò verso la sua Hikari,e , dopo averle sorriso dolcemente, l’abbracciò e la baciò sulla tempia.
 
La piccola del gruppo quasi arrossì per il calore trasmesso, per poi sorriderle di nuovo.
 
-Lo dici tu a tuo fratello? Vi aspetto lì.- concluse, sistemandole la bella cuffia che aveva.
 
Lei annuì, abbracciandola di nuovo.
 
Mentre con Taichi doveva rallentare, il rapporto con Hikari si rafforzò molto.
 
Era lei ad andare a dormire a casa sua, quando era sola.
 
La bellissima Yagami le stava sempre accanto, non riusciva più a stare senza la sua sorellona, perchè in realtà Sora aveva cominciato a svolgere un altro importante ruolo per lei: la confidente sentimentale.
 
La Takenouchi era stata una delle prime a notare l’evoluzione del rapporto tra la ragazzina dai capelli castani e il bel Takeru.
 
Fu anche la prima che le riferì la sua osservazione e , dopo un primo periodo imbarazzante in cui provava difficoltà nel parlarne, susseguì il periodo attuale in cui ne discuteva tranquillamente e perennemente con la sua sorella acquisita.
 
I due giovani non stavano ancora insieme, ma ormai avevano capito tutti che i sentimenti profondi che provavanol’uno per l’altra erano reciprochi.
 
Ma Hikari era davvero tanto timida, e ,a complicarle la situazione, era un fratellone geloso che l’amava tanto.
 
Taichi amava Takeru e lo stimava molto, ma non riusciva ancora a sopportare l’idea che la sua amata sorella stesse con un ragazzo, e questo lo portò a distruggere molte volte delle meravigliose atmosfere che si erano create tra i due.
 
Per , non erano ancora riusciti a dichiararsi, era davvero difficile trovare un pò di intimità.
 
 
 
Dopo l’approvazione della sua sorellina e dopo aver salutato tutti i presenti, Sora corse verso la sua meta.
 
Si cambiò velocemente, sentiva l’urgenza di cacciare quel brutto sentimento che aveva dentro di sè.
 
Appena uscì dagli spogliatoi ed entrò in campo, c’era la sua allenatrice che la guardò un pò sbalordita.
 
Controllò l’ora sul suo orologio, per poi osservarla di nuovo:
 
-Sei in anticipo, Sora. E’ appena finita la partita maschile, il tuo match è tra un’ora.
 
-Vorrei riscaldarmi.- rispose veloce e decisa, prendendo subito una palla da terra.
 
-Se vuoi, ti aiuto io.
 
Si voltò, verso la voce che era intervenuta, per trovarsi Meiji, il bel tennista della squadra maschile che le aveva puntato gli occhi addosso da un pò di mesi a quella parte.
 
Lei annuì, prendendo posizione.
 
La sua allenatrice, invece, non era per niente convinta:
 
-Poi ti stancherai, e non renderai nella vera partita.
 
Ma ultimamente Sora non le dava ascolto, non per scortesia, ma per il semplice fatto che quando prendeva la racchetta, e, sopratutto, quando rimaneva sola, lontana dal suo gruppo di amici, si affogava nei suoi pensieri.
 
Vedeva la sagoma di Meiji sullo sfondo, ma le vere immagini che le apparivano davanti  e che le rimanevano impresse erano quelle di Ayako avvinghiata al suo migliore amico.
 
In realtà, come le accadeva ogni volta, le si presentava una serie di episodi davanti.
 
Le ritornava in mente gli incontri sconvenienti con la bellissima mora, La quale ,il più delle volte, cercava di prenderla da sola.
 
Ayako sapeva benissimo quanto fosse fragile e insicura Sora, ed era consapevole che, senza i suoi migliori amici, si sentiva persa.
 
Più volte aveva approfittato di questi incontri per distruggere ancora di più la sua sicurezza, prendendola in giro su ogni campo: di essere poco femminile a scuola e per nulla al di fuori, oppure, ancora più grave, le diceva che faceva davvero pena alle persone e che quei pochi amici che aveva le restavano accanto solo per quel motivo, perchè se no sarebbe rimasta sola.
 
Ovviamente, lei sapeva che non era vero, ma faceva comunque male.
 
Le ritornavano in mente le numerose scene in cui, durante un’uscita tranquilla col suo gruppo, se la ritrovava puntualmente lì, pronta a spintonarla e allontanarla da Taichi.
 
Sora pensava davvero che lei fosse superiore, in tutto e per tutto.
 
Per quanto poteva essere insopportabile, era davvero una delle ragazze più belle della scuola, e di pretendenti ne aveva molti anche lei.
 
Ma ormai era chiaro a tutti, il suo obiettivo era Taichi, e non se l’avrebbe fatto scappare.
 
I dolci contatti che prima aveva con lui erano diminuiti anche per colpa di quella fanciulla e dell’altro gruppo di ragazze, che ogni volta impedivano un loro avvicinamento.
 
Sembrava davvero che i loro assalti fossero studiati apposta.
 
Ad ogni palla che le arrivava, le veniva in testa le mani delicate di Ayako toccare il viso dolce di Taichi.
 
Quelle immagini le davano così tante fitte al cuore che, per scaricarle, colpiva la palla con tutta la sua forza, causando dei lanci potentissimi.
 
Passato un minuto dal riscaldamento, lei era già in un’altra dimensione.
 
La dimensione del suo dolore e sfogo.
 
Continuò così, per tutta l’ora di riscaldamento, e neanche si rese conto che presto al posto di Meiji apparve la sua vera avversaria.
 
Il tempo sembrava fermo, e lei cercava ad ogni racchettata di scaricare qualla delusione, quel dolore e quella tristezza che non la facevano vivere.
 
Ayako che lo abbracciava, che cercava di dargli qualche bacio, sempre in prima linea, anche nel luogo in cui quasi si considerava importante, il campo da calcio.
 
C’era la bellissima ragazza dagli occhi limpidi e, infine, c’era lei.
 
Un colpo, un’altra schiacciata ed un punto ancora.
 
Ma non sentiva neanche la sensazione di stare nel bel mezzo di una partita, quasi non sentiva la stanchezza, il fiatone non la rallentava per nulla e i forti colpi sferrati non la scaricavano.
 
Non riusciva a sentire nulla, neanche gli applausi o le incitazioni dei loro amici.
 
Dagli spalti appariva concentrata, in realtà la sua attenzione era focalizzata in qualcos’altro.
 
Riuscì a sentire il fischio dell’arbitro, e stava per cambiare campo quando la sua allenatrice la fermò:
 
-Sora, dove pensi di andare? La partita è finita, hai vinto tutti i match.
 
La bella ragazza la guardò stupita, per poi guardare il cartellone dei punteggi, era vero.
 
Abbassò la testa, guardandosi così le scarpe bianche e cercando di ragionare e di capire come stesse: si sentiva un pò meglio, ma non del tutto.
 
Per scaricare ciò che aveva dentro, doveva fare almeno altre cinque partite, fu questo che pensò prima di dare la mano all’avversaria e voltarsi per andare in spogliatoio.
 
Teneva sempre la testa chinata, rendendosi conto che la sua immersione nei pensieri le aveva fatto perdere totalmente la concezione del tempo.
 
Fu poi fermata da una mano decisa, che le fece alzare il viso: Maiji le diede un asciugamano, sorridendole dolcemente:
 
-Devi dirmi dove trovi tutte quelle energie Sora, sei un fenomeno!- esclamò.
 
Lei ricambiò il sorriso e lo ringraziò, accettando l’asciugamano e iniziando di nuovo a camminare verso lo spogliatoio.
 
Si vide, anche da lontano, il bel ragazzo alto e moro continuarle a parlare, le stava chiedendo se poi poteva offrirle qualcosa da bere per festeggiare, ma Sora si dileguò, senza neanche farlo apposta, in quel momento non avrebbe sentito nessuno.
 
-Quasi che mi fa pena quel ragazzo!- esclamò Takeru- Sora proprio non gli lascia neanche uno spiraglio di speranza. – concluse poi, facendo ridere Yamato e Koushirou.
 
Gli amici avevano assistito a tutta la partita dell’amica, come erano soliti fare.
 
Taichi si alzò, non facendo caso a quello che aveva detto  il bel biondino:
 
-Che ne dite se l’aspettiamo fuori?
 
Hikari si alzò, sorridendogli, seguita poi da Joe.
 
-Buona idea, almeno fumo una sigaretta.- affermò Yamato, beccandosi così sguardi fulminei da parte del rosso e del ragazzo occhialuto.
 
-Lo sai che puoi fumare quanto vuoi ma non davanti a noi, non ti rivolgeremo più la parola se lo farai!
 
Il giovane Ishida sbuffò, guardando i visi seri e rimproverevoli dei due:
 
-Certo, posso fumare quanto voglio a parte quando ci siete voi....peccato che passiamo più di metà giornata insieme....disgraziati...
 
I fratelli Yagami risero a quella frase, era vero, loro stavano perennemente insieme.
 
Era davvero bello come il loro rapporto si rafforzasse ogni anno di più, nonostante le classi diverse o, per i più piccoli, le scuole distanti.
 
Si sentivano davvero una specie di famiglia.
 
Continuarono la sceneggiata anche fuori: Joe cominciò a parlargli con termini medici, ancora una volta, di tutte le cause che poteva provocare la sigaretta, mentre Koushirou parlava anche di un fatto economico, avrebbe risparmiato molto evitando di comprarle.
 
Takeru se la rideva, accompagnato dalla sua dolce Hikari, mentre Taichi sorrideva ma gettava continue occhiate verso l’uscita degli spogliatoi.
 
Aveva voglia di parlarle, da prima della sua partita fino alla fine del  match di tennis non avevano ancora avuto l’occasione di scambiare due parole con l’amica.
 
Di solito, lei esprimeva il suo giudizio sulla partita e viceversa, ma per certi “inconvenienti”  , a volte, risultava difficile continuare a fare le stesse cose di un tempo.
 
Apparve all’improvviso, finalmente.
 
Era intenta a sistemarsi la coda, che aveva portato dall’inizio del suo scontro tennistisco e, contemporaneamente, portava sulle spalle la sua cartella scolastica e ,a tracolla, il suo borsone.
 
Gli altri non si accorsero del suo arrivo, poichè erano intenti a parlare tra di loro con le spalle rivolte nella sua direzione.
 
Ma potè ben udire i loro discorsi, così, abbracciando da dietro Koushirou e sbucando con la sua bella testolina da un lato, disse:
 
-Ah, Koushirou, joe, vi adoro! Quanto siete saggi!
 
Yamato alzò il sopracciglio, in segno di contraddizione:
 
-Ecco, ora il trio è ufficialmente riunito, che la campagna anti-fumo abbi inizio!- esclamò esausto.
 
Takeru gli appoggiò una mano sulla spalla:
 
-Caro fratello, lo fanno per la tua salute!
 
Bene, ora ci si metteva anche il giovane Takeshi.
 
Sora rise soddisfatta:
 
-Esatto, noi ti vogliamo bene... e se poi ti prendessi una delle mille malattie elencate dal nostro caro Joe, cosa faremo?? Ci farai soffrire! E’ questo che vuoi??
 
-Sora, giuro che se non facesse così freddo, ti prenderei e ti lancerei in quella fontana laggiù!
 
Risero tutti alla scena, si divertivano proprio con poco.
 
Taichi approfittò del cambio discorso per avvicinarsi a lei.
 
Ovviamente, a Sora non gli sfuggì e si voltò, sorridendogli dolcemente, come faceva da una vita.
 
Le accarezzò la schiena, facendole capire di allontanarsi un poco dal resto del gruppo.
 
Al suo tocco, le venne un altro spontaneo sorriso e gli occhi le si illuminarono, diventando ancora più dorati.
 
Quel dolce gesto era davvero contagioso, e scladò il cuore di Taichi in un solo istante.
 
-Allora, ti è piaciuta la partita?- chiese lui, cercando di rimettere le mani apposto.
 
-Certo, siete migliorati molto sai? Poi Hachiro e Kuma sono stati davvero bravi oggi! Ovviamente non dirglielo, se no si montano la testa!
 
Risero insieme, aveva assolutamente ragione.
 
Si guardarono ancora un poco, senza parlare ma con il sorriso ben acceso.
 
Taichi alzò la mano e , delicatamente, le mise dietro all’orecchio una ciocca ramata che le era rimasta fuori dalla coda.
 
-Sei stata fantastica oggi, l’hai fatta nera a quella povera ragazza. Vacci piano la prossima volta, stava per piangere!
 
Rise ancora a quella frase, in realtà lei non si ricordava nulla di quella partita, e non sapeva se era un bene oppure no.
 
-Però...- continuò il ragazzo, tenendo ancora la mano vicino al suo viso e guardandola serio- .. non ti vedo davvero presa... certo, sei davvero forte a tennis, ma neanche le vincite ti mettono il sorriso sulle labbra...
 
Il sorriso le si spense un poco, era davvero incredibile, riusciva a catturare qualsiasi cosa in lei.
 
-Non ti si può nascondere mai nulla, Taichi.
 
A quell’espressione, il bel castano abbassò di nuovo la mano, in attesa di una giustificazione che sicuramente non sarebbe mancata.
 
-E’ vero, non mi dà più soddisfazioni, forse non me le ha mai date... – disse abbassando il capo.
 
Lei dentro lo sapeva, lo aveva sempre saputo che quello non era lo sport per lei, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
 
-Ma lo continui a fare, perchè la tua vita senza uno sport non avrebbe senso. – disse sereno e col sorriso in viso l’amico.
 
Puntò di nuovo il suo sguardo mielato su di lui: a volte si chiedeva perchè perdevano tempo a parlarne, visto che sapeva sempre tutto di lei.
 
Questa cosa le piaceva davvero tanto, perchè a volte le risultava difficile esprimersi e spiegare a parole cosa sentisse dentro, vivendo ,poi, nella paura di non essere compresa.
 
Ma col suo migliore amico era totalmente diverso, senza problemi avrebbe affrontato qualsiasi  tipo di conversazione.
 
O quasi.
 
-Già, non ce la farei a stare ferma, lo sai... prima di lasciare, vorrei trovare qualcos’altro.
 
Lo sapeva, aveva già pensato da tempo di mollare il tennis, e lui lo aveva capito, osservandola tutto il tempo.
 
Quasi era scocciata ogni volta che doveva andare agli allenamenti, non dava ascolto all’allenatrice e, quando una partita era alle porte, non le dava poi così tanta importanza.
 
-Vuoi sapere la mia opinione? Sarei davvero felice se tu lasciassi perdere questo sport.
 
Lo guardò curiosa, non capendo perchè.
 
Non le era mai sembrato che odiasse il tennis, anzi, i primi tempi era davvero interessato e divertito nel seguirla, ancora se lo ricordava.
 
Taichi si rese conto che forse aveva sbagliato a dirle ciò, perchè la giustificazione di tutto il suo odio per quello sport era dovuta al continuo corteggiamento di Meiji.
 
In ogni allenamento e ad ogni partita, era sempre lì, presente e pronto a squadrare l’amica dall’alto in basso, per poi chiederle continuamente di uscire.
 
E il bel castano dalla folta chioma era convinto che prima o poi Sora avrebbe accettato, non tanto perchè fosse interessata, ma perchè non lo avrebbe sopportato più.
 
Per fortuna, Yamato, involontariamente, lo salvava sempre da queste situazioni in cui si cacciava.
 
Richiamò l’attenzione dei due, chiedendo a Sora il nome dell’avversaria, visto che gli sembrava di conoscerla.
 
Rispose subito, riavvicinandosi al gruppo e rammentando al suo caro amico che la conosceva di certo, poichè anni prima le aveva concesso di uscire con lui due o tre volte.
 
-Oh, diavolo! Ecco perchè mi guardava storto! Le avevo dato un bel due di picche!
 
-Bè, allora ben ti sta!- replicò di nuovo lei, ridendo.
 
Stettero un altro pò a chiacchierare e a commentare le partite appena assistite.
 
Poi, ognuno tornò a casa propria, ormai era tardo pomeriggio e i ragazzi dovevano anche finire i compiti per il giorno dopo.
 
I fratelli Yagami, assieme a Sora, camminavano tranquillamente, combattendo anche contro il gelo di quel giorno: più si faceva sera e più non si sopportava.
 
Ad un tratto, ad Hikari squillò il telefono e si allontanò un poco per parlare, senza disturbare così la chiacchierata tra i due amici.
 
-Non fanno in tempo a separarsi che Takeru la chiama di già...mah..- brontolò Taichi che osservava la sua sorellina intenta a parlare.
 
La bella ragazza dagli occhi mielati lo guardò di nuovo, un pò dubbiosa:
 
-Come fai a sapere che è Takeru?
 
-E chi può chiamarla a quest’ora poi?? Fidati... quel ragazzo non la lascia neanche un secondo!
 
Rise nel vederlo così geloso e protettivo, per scatenare poi la sua espressione di disapprovazione:
 
-Tu non dovresti appoggiarli!! Che amica sei!! Devi stare dalla mia parte!
 
-Io sto dalla parte del bene e del giusto!- ribattè lei, facendogli una piccola linguaccia.
 
Taichi incrociò le braccia, Sora era palesemente dalla parte della giovane coppia, ed era risaputo.
 
Stettero qualche altro minuto a sorridersi e  ad osservare la piccola Hikari, ma poi la bella amica ruppe il silenzio chiedendo un parere al suo compagno:
 
-Secondo te, Taichi, qual è uno sport adatto a me e che ,al tempo stesso, scarichi molte energie?
 
Prestò subito attenzione a chi gli aveva posto la domanda: lei sorrideva con la solita dolcezza, in attesa di una risposta ,mentre lui si era di nuovo perso in quello sguardo tenero che aveva.
 
Si accorse di esitare e pregò che l’amica pensasse che stesse ragionando.
 
-Bè, che dire, mi hai un attimo spiazzato.
 
Si grattò la testa e disse a sè stesso di concentrarsi su ciò che le aveva chiesto.
 
-Bè, escludendo a priori il calcio, forse quello che mi viene in mente è tipo la corsa, più corri e più scarichi le energie, no? E poi, tu sei una freccia, o, come dicono certi scemi del villaggio, sei flashwoman.- terminò, riferendosi ovviamente alla sua ex squadra.
 
Sora sorrise di nuovo, ma non era poi così convinta della sua risposta.
 
Come aveva previsto, il suo amico aveva specificato molto bene di escludere un ritorno al calcio, anche se era certa che il primo sport che gli venne in testa per lei era proprio quello.
 
Solo il calcio rispondeva a quelle caratteristiche che lei aveva richiesto, ma non poteva assolutamente ricominciare.
 
Mentre pensava, la Takenouchi notò cadere la sciarpa blue di Taichi, così la raccolse prima di lui.
 
Gli si avvicinò e, alzandosi sulle punte, gliela arrotolò attorno al collo, terminando l’operazione con un sorriso.
 
Il giovane Yagami, da quando aveva parlato col suo migliore amico, faceva davvero di tutto per toccarla e coccolarla il minimo indispensabile, ma, quando se la trovava così vicina, non riusciva a resistere.
 
L’avvolse subito in un abbraccio, facendole appoggiare il viso sul suo caldo torace.
 
In quel giorno così freddo, non c’era gesto più bello e che potesse rendere felice dentro di sè la bella amica.
 
Risero un poco, dicendosi a vicenda che se Hikari non avesse terminato quella chiamata al più presto sarebbero diventati delle statue di ghiaccio.
 
In realtà, quel gesto li aveva davvero riscaldati.
 
-Potresti seguire il mio consiglio, non ti scervellare per uno stupido sport.- disse lui quasi socchiudendo gli occhi e appoggiando poi le labbra fredde sulla sua calda fronte.
 
-Volevo vedere te, saresti andato in crisi più di me.- fece lei accucciando il suo viso ancora di più, per nasconderlo da quelle folate gelide che, a volte, si innalzavano.
 
-Bè, potresti limitarti ad una corsetta e venire a vedere le mie partite per ora.
 
A quelle parole, Sora si irrigidì un poco, un pò indispettita:
 
-Vengo sempre a vederti, forse non riesci neanche più ad accorgertene.
 
La sua risposta, anche se l’aveva detta con estrema calma e serenità, fece allentare la presa di Taichi.
 
Era un riferimento a tutto ciò che stava accadendo ultimamente ed era la prima volta, da quando era iniziato il tutto, che Sora lo cacciava fuori.
 
Fino ad allora, sembrava come se lei non si fosse mai accorta di nulla, che non fosse mai cambiato niente, invece ora il giovane capì che si sbagliava.
 
Forse ci era rimasta davvero male.
 
Non si accorse che l’amica, notando l’indebolimento dell’abbraccio, lo aveva sciolto con delicatezza, per poi voltarsi verso Hikari che finalmente aveva finito la chiamata.
 
Taichi rimase ancora un pò scosso per le parole della fanciulla e non riusciva a spostare lo sguardo da lei, voleva scrutarla per capire cosa intendesse davvero.
 
-Allora, chi era? Tuo fratello sostiene che fosse Takeru.
 
La dolce ragazzina arrossì leggermente a quel nome, per poi scuotere velocemente la testa, come se volesse scacciare quel rossore.
 
-Oh, no, era la mamma.
 
Udendo la risposta, il fratello spostò la sua attenzione su di lei: cosa mai voleva Yuuko? Sarebbero tornati a breve a casa e lei lo sapeva.
 
Hikari percepì il dubbio del fratello, così avanzò spiegazioni, ma prestando sopratutto attenzione alla sua sorella acquisita:
 
-Ha parlato con Toshiko, stasera non riesce a tornare a casa, ha avuto molti impegni. Ha detto che ha cercato di chiamarti ma non rispondevi. Comunque, non preoccuparti, vengo a dormire da te stasera, oppure, se vuoi, vieni a dormire da me, in camera mia.- concluse con un sorriso.
 
Dopo un primo attimo di silenzio, Sora cominciò a frugare nel borsone, un pò imbarazzata:
 
-Oddio, scusa Hikari... ma se hai qualche impegno stasera non farti problemi...- cominciò a dire mentre era intenta a trovare il suo telefono.
 
La piccola aveva capito cosa intendesse: più volte la fanciulla dai capelli ramati si era sentita in colpa per il fatto di farle perdere tempo e serate preziose che poteva passare con chi amava, ossia con Takeru.
 
Si faceva problemi per qualsiasi cosa.
 
L’attenzione di Hikari passò poi sul fratello, che guardava tristemente Sora.
 
Un tempo, non molto lontano, sarebbe stato lui ad andare da lei.
 
Si ricordò il giorno in cui Taichi chiese alla sorella di sostituire il suo ruolo in ciò, causandole un enorme dubbio.
 
Suo fratello non le aveva mai spiegato il perchè di quel cambiamento, di quel cambio di rotta, tanto che agli inizi pensò che forse avevano litigato o che uno dei due avesse trovato qualcun altro da amare.
 
Capì che in realtà non era nulla del genere, ma non riusciva a comprendere realmente la situazione.
 
Fatto stava che, di tutto ciò, lei ne soffriva.
 
Erano da sempre stati un trio inseparabile, ma, sopratutto, loro due, insieme, erano qualcosa di indescrivibile.
 
Per lei, Taichi e Sora erano i suoi fratelli, i suoi migliori amici e i suoi secondi genitori.
 
Era cresciuta con il loro amore e immersa nella loro bellissima amicizia.
 
Vedere tutto ciò, la uccideva dentro.
 
Da fuori, poteva sembrare che fossero cambiate pochissime cose fra i due, il loro dialogo e il rapporto confidenziale non era affatto mutato.
 
Ma per lei, che li aveva visti evolvere nel tempo, quei cambiamenti erano stravolgenti.
 
-Scherzi? Lo sai che adoro stare con te... e poi tranquilla, è Venerdì, non sarei uscita comunque!- rispose la dolce Hikari per non rimanere in silenzio.
 
Sora trovò il telefono e notò ben tre chiamate perse dalla madre:
 
-Accidenti, il telefono non è per me...- esclamò facendola un pò ridere, mentre Taichi accennò solo ad un sorriso.
 
Dentro di lui, ardeva la voglia di dire alla sorella che sarebbe andato lui da Sora.
 
Il desiderio era talmente forte che quasi aveva trovato il coraggio di intervenire e dirle proprio ciò che pensava.
 
Ma si bloccò, no, doveva resistere.
 
Per il bene di entrambi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera, Hikari e Sora erano già sul letto matrimoniale di Toshiko.
 
Nella camera, la signora Takenouchi aveva anche una televisone, così le ragazze cominciarono a vedere un bel film, mangiando anche qualche pop corn preparato dalla giovane padrona di casa.
 
Nel mentre, le due erano solite chiacchierare, e la maggior parte delle volte il loro discorso ricadeva su Takeru.
 
Ormai era agli sgoccioli, a parere di Sora mancava davvero poco affinchè uno dei due facesse il primo passo.
 
Ed era convinta che a volerlo fare per primo era proprio lui.
 
Hikari le raccontava tutto, anche le più piccole situazioni tra loro due che però la emozionavano tantissimo.
 
Era davvero tenera.
 
La sua timidezza non aveva eguali, per questo era consapevole che Takeru facesse il primo passo.
 
Infond,o lo aveva capito anche lui.
 
-Dici, Sora? Dici che accadrà presto?- chiese tutta rossa spostando lo sguardo dalle lenzuola al suo viso.
 
L’interessata le sorrise, incoraggiandola:
 
-Certo, ne sono sicura! Insomma, dovresti esserne certa anche tu! Vi siete quasi baciati l’altro giorno quando eri a casa sua! Se non fosse tornata la madre, a quest’ora mi parlavi da ragazza impegnata!
 
Hikari rise, ma diventò ancora più rossa ripensando a quel pomeriggio.
 
Già, dopo lo studio, nell’attimo in cui si dovevano salutare, il bellissimo Takeru le si avvicinò pericolosamente, abbracciandola per la sua esile vita.
 
Le cominciò a battere forte il cuore al solo pensiero di cosa poteva succedere quel pomeriggio.
 
-Ma... io.. ecco... Sora, io non so come comportarmi! Nel senso...ho paura di sbagliare qualcosa.
 
La vide agitata, ed era normale.
 
Le cominciò ad accarezzare la schiena, per incoraggiarla e rassicurarla:
 
-Devi lasciarti trasportare, vuoi anche tu stare insieme a lui, no? Lo ami, vero? Allora, la prossima volta che ti prenderà, perchè lo farà, lasciati trasportare dalle sue forti braccia. Vedrai, sarà più facile di quanto tu pensi.
 
Hikari la guardò, un pò sbalordita.
 
Aveva sempre la risposta pronta e il consiglio corretto da darle, davvero straordinaria.
 
E, sopratutto, la calmava molto.
 
Era l’unica con cui riusciva a parlare di Takeru, ovviamente col fratello era impossibile.
 
-Domani sera verrà anche lui alla festa in quel pub... mi ha chiesto se poi mi poteva accompagnare a casa...- fece timida.
 
Sora battè le mani, gioisa per la notizia:
 
-Perfetto! Quale occasione meglio di questa? Domani devi farti bellissima, cioè, già lo sei, ma ancora di più!- fece abbracciandola.
 
Risero insieme, stavano davvero bene e Sora era felice di avere lei al suo fianco, in quel periodo riusciva a distrarla molto e a farla sorridere.
 
L’amava davvero tanto.
 
-Grazie Sora, ti voglio tanto bene..- le disse accucciandosi a lei.
 
Si sentiva sempre tornare bambina, si sentiva piccola ma protetta.
 
Era la sua sorella acquisita, e questo non sarebbe mai cambiato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Arrivò il Sabato.
 
Nel tardo pomeriggio, Sora decise di provare a seguire il consiglio di Taichi, così, dopo lo studio, provò ad andare a correre.
 
La madre, prima di uscire, le ricordò di non fare molto tardi , poichè quella sera aveva invitato a cena la famiglia Yagami.
 
Ma lei aveva l’esigenza di sfogarsi.
 
La notte le ritornarono in mente le stesse immagini che le si proiettarono durante la partita del giorno precedente.
 
Ad agitarla ancora di più, fu vedere di nuovo Ayako importunare Taichi quella mattina stessa.
 
Il risultato fu lo stesso devastante impatto emotivo del giorno prima.
 
Quel magone insopportabile, quella forte oppressione ed esplosione del suo cuore, un dolore così acuto che non riusciva a far smettere.
 
Cominciò a correre, decidendo di fare un bel tratto lungo.
 
Più corri, più scarichi le energie, così aveva detto il suo amico.
 
Corse per circa mezz’ora, non riuscendo a percepire forti cambiamenti ma solo leggeri miglioramenti del suo stato.
 
Non avrebbe mai trovato nulla di gratificante, ne era consapevole.
 
-Palla, per favore!
 
Una voce femminile, la fece fermare e voltare nella direzione da cui era giunta.
 
Vide poco più in là un campo da calcio, e una ragazza in divisa muovere le braccia.
 
Poco distante c’era un pallone, di sicuro stava chiedendo di portarglielo.
 
Si avvicinò alla palla, ma la sistemò per bene coi piedi.
 
Fece un passo indietro, per poi scattare e calciarla con una precisione da far sbalordire l’intera squadra femminile che occupava il campo.
 
Infatti, arrivò proprio ai piedi di chi l’aveva richiesta, una ragazza dai capelli corti e corvini e gli occhi verdi e stupìti.
 
Sora sorrise, non aveva dimenticato certe tecniche e quella precisione l’aveva davvero soddisfatta.
 
Dall’altra parte, il gruppo di giovani donne si avvicinò alla ragazza che aveva ricevuto la palla:
 
-Ma certo, Kykio, è lei, è Sora Takenouchi! La ragazza che giocava con la squadra maschile!- esclamò una graziosa ragazzina dai capelli cenere e legati in una lunga coda.
 
Come se si fosse risvegliata da un sogno, esclamò:
 
-Accidenti Terry, hai davvero ragione! E’ lei!!!
 
E senza chiedere altro alle compagne, scattò velocemente verso di lei, che nel frattempo stava per ricominciare a correre.
 
La fermò, urlando con entusiasmo e facendo girare la giovane dai capelli ramati.
 
Vide la fanciulla mora dagli occhi verdi riprendere un attimo fiato e ,nel frattempo, sorriderle.
 
Sora ricambiò il gesto, non capendo però cosa volesse.
 
-Tu, sei Sora, vero? Ti ricordi di me? Sono Kykio... ti avevo contattata tempo fa per unirti alla mia squadra.
 
La riconobbe subito: un anno fa, aveva però i capelli lunghi.
 
Era addirittura uscita con Yamato e lei ,alla fine, gli aveva dato il due di picche poichè l’amico non si decideva se intraprendere una relazione seria oppure no.
 
Lei era diventata il nuovo capitano della squadra femminile di calcio della scuola superiore, e ,più volte, le aveva chiesto di unirsi a loro.
 
Sapevano tutto su di lei, infondo la notizia che una ragazza giocasse in una squadra maschile si era diffusa subito, aumentando la curiosità di chi frequentava quello sport.
 
Le squadre femminili la richiedevano ogni anno, il suo livello era alto poichè si era da sempre allenata coi ragazzi.
 
-Certo che mi ricordo di te! Come stai? Come va la squadra?- fece poi la bella ragazza dagli occhi miele, dopo un breve ricordo di chi fosse.
 
Nel frattempo, la leader della squadra venne raggiunta da altre quattro ragazze, che cominciarono a guardare la ramata come se fosse una specie di idolo, con estrema ammirazione.
 
-Oh, bene, insomma! La squadra va abbastanza bene, per ora siamo quinte nel campionato! Non male direi.
 
-Direi proprio di no! Siete migliorate molto in poco tempo, vedo.- notò Sora, ripensando alle classifiche degli ultimi anni.
 
Non poteva giocare a calcio, ma sapeva sempre tutto su di esso, non aveva mai smesso di interessarsene.
 
Notò una graziosa ragazzina, quasi nascosta dietro a Kykio, salutarla timidamente con la mano.
 
Sora si intenerì un poco e ricambiò subito il saluto, causando un evidente rossore nonchè entusiasmo della fanciulla.
 
-Ma avete visto!? Oddio, mi ha salutata!- disse alle altre compagne.
 
Sora sgranò gli occhi, abbastanza perplessa dalla scena, ma la bella mora di fronte a lei cercò di rimediare alla figuraccia fatta:
 
-Emh, volevo chiederti se ti va di unirti a questa partita di allenamento! Ne saremo davvero felici... ecco.
 
La Takenouchi rimase alquanto spiazzata dalla proposta, per poi rispondere in un primo momento, dettata dall’istinto e anche dall’abitudine:
 
-Emh, non so, forse è un pò tardi...
 
Vide la delusione delle altre ragazze dietro di lei e la speranza spegnersi negli occhi di Kykio.
 
Quest’ultima stava per risponderle quando a Sora le apparirono altre immagini sulla testa, le stesse che la stavano torturando da tempo e che non riusciva a buttar fuori.
 
Alla fine, era solo una partita di allenamento, niente di importante, e poi tra ragazze, di sicuro non c’era nulla di violento e pericoloso.
 
-Anzi... accetto a patto che mi mettiate sulla fascia.- disse quasi senza rendersene conto e sorridendo.
 
-Ti cedo la mia posizione!! La mia!! La mia!!!- cominciò ad urlare entusiasta la graziosa ragazzina che ,fin da quando era arrivata, la guardava con gli occhi allucinati.
 
Sora rise, assieme a tutte le altre ragazze e, inspiegabilmente, già si sentiva meglio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Ma dove sarà finita? Sono le sette e mezza...- fece Toshiko, gettando il suo sguardo castano scuro sull’orologio della cucina.
 
La signora Takenouchi stava cucinando, con l’aiuto di Yuuko.
 
Quella sera, come da programma, la famiglia Yagami avrebbe cenato a casa delle due donne.
 
E, come erano abituati, il ritrovo era alle sette, e Sora si era fatta sempre trovare per quell’ora.
 
-Casomai la vado a cercare!- fece un pò agitato Taichi, alzandosi dal divano.
 
-Sarebbe una buona idea!- rispose sorridendo la madre dell’amica.
 
Hikari e Yuuko guardarono prima la signora e poi il giovane, e la piccola Yagami non si trattenne:
 
-Ma state dicendo sul serio? State esagerando voi due...
 
Susumo rise per l’osservazione saggia della figlia:
 
-Non si sa chi dei due è il più preoccupato! Suvvia, ragazzi! Minimo è col fidanzato!
 
Ma la battuta del signor Yagami non piacque a nessuno, infatti tutti i presenti lo guardarono storto, sopratutto dopo aver pronunciato la parola “fidanzato”.
 
C’era un desiderio implicito da parte di tutti loro, che ardeva da moltissimi anni, sopratutto tra le due mamme: ossia vedere Sora e Taichi come una bella coppia fissa.
 
E Susumo lo sapeva, solo che a volte, per sdramatizzare, gli uscivano dalla bocca battute non gradite, come questa.
 
Hikari accarezzò la mano del papà, vedendolo impallidire a quegli sguardi e rise:
 
-E’ andata a correre, no? Tornerà a momenti, non agitatevi.
 
A volte, in assenza di Sora, la persona più saggia tra le due famiglie sembrava proprio lei, la dolcissima Hikari.
 
Il padre l’abbracciò a sè, strapazzandola e facendola ridere.
 
-Che amore di figlia! Che amore! Ha preso tutto da me!
 
Arrivò un altro sguardo fulminante da parte della moglie, che si mise poi le mani sui fianchi:
 
-Ah no, Hikari somiglia alla madre, Taichi ha ripreso da te! Anche il suo rendimento scolastico!
 
Scoppiarono tutti a ridere, tranne l’interessato ovviamente, che guardò la madre con faccia alquanto delusa:
 
-Grazie mamma, no, davvero, anche io ti voglio bene...
 
E risero di nuovo.
 
Proprio in quel momento, si aprì la porta di casa Takenouchi e sbucò fuori, con tanta velocità, la bella Sora.
 
Sapeva cosa l’aspettava per il suo ritardo, li conosceva troppo bene, così non diede tempo a nessuno di parlare e cominciò a chiedere scusa:
 
-Si, lo so, è tardi, scusatemi! Non lo faccio più! Vado a farmi una doccia e arrivo!
 
Corse come un lampo verso il corridoio che portava alle camere.
 
-Ma no, tranquilla, non salutare eh!- si lamentò Taichi, già abbattuto dalle parole della madre di poco prima.
 
Non fece neanche in tempo a girarsi per andare di nuovo sul divano, che si sentì abbracciare forte e all’improvviso.
 
Sentì subito un bellissimo calore sulla guancia, per poi realizzare che era lei, Sora.
 
Era tornata indietro, con uno scatto, per salutarlo per bene, come faceva sempre, combinando un forte abbraccio con un tenero bacio sulla guancia.
 
-Ciao, brontolone!- esclamò con un sorriso che le illuminò lo splendido viso.
 
Non riuscì neanche a risponderle o a ricambiare per un secondo quel gesto, che si staccò subito, per salutare dolcemente anche la sorella e cominciare così, il tour dei saluti affettuosi.
 
Abbracciò anche Susumo, poi Yuuko ed infine baciò la mamma, per poi dire soddisfatta:
 
-Va bene ora? Mi perdonate??
 
-Oh Sora, ma chi mai si potrebbe arrabbiare con una ragazza splendida come te!- esclamò la signora Yagami, baciandole la tempia e facendola arrossire un poco.
 
Risero tutti, accaldati da quella solarità trasmessa in quel momento dalla bella fanciulla dai capelli ramati.
 
Dopo qualche altra battuta, Sora disse che era ora di una doccia, era davvero sudata, ma poi si rivolse ad Hikari:
 
-Sorellina mia, non è che mentre io mi faccio la doccia mi prepareresti i vestiti per dopo? Così velocizziamo il tutto!
 
La ragazzina si alzò dal divano, sorridente come non mai, e accettò felice il compito affidatole da Sora.
 
Cominciarono a dirigersi in camera sua, ma anche Taichi cominciò a seguire le due ragazze, insospettito dall’estrema felicità dell’amica.
 
Entrarono tutti e tre nella camera della ragazza: Hikari cominciò subito il suo compito, aprendole l’armadio, mentre Sora prese l’asciugamano e l’intimo da indossare.
 
Taichi si appoggiò alla porta, incrociando le braccia:
 
-Hai fatto una corsetta, dunque?
 
L’interessata lo guardò un secondo, per poi sbrigarsi a prendere il materiale per la doccia.
 
-Si, certo, come da te consigliato.
 
-Dalle cinque alle sette e mezza? Hai corso due ore e mezze?
 
Sora non aveva mai nascosto nulla a Taichi, mai niente, anche perchè era impossibile tenersi qualcosa per sè, ma sapeva che quella doveva essere la prima volta in cui doveva tacere.
 
Sapeva che si sarebbe arrabbiato se avesse saputo che aveva giocato una partita di calcio, e quella non era la sera adatta per una mezza litigata, c’erano anche i loro genitori, e poi si sarebbe arrabbiata anche Toshiko.
 
Non pensava di tenerglielo nascosto per sempre, ma di parlargliene un altro giorno.
 
-Non ho sempre corso, ho anche camminato un poco e fatto gli esercizi!- si sbrigò a rispondere per poi alzarsi e scattare verso la soglia della sua porta per andare in bagno.
 
Ma fu fermata da lui, che la stava guardando ancora poco convinto.
 
-Due ore e mezze.....con questo gelo!!?- continuò lui.
 
Lei gli sorrise, per poi dire:
 
-“Più corri, più scarichi energie”, citazione di Taichi Yagami, mio migliore amico, che vuole sempre che io ascolti le sue saggie parole!
 
Rimase spiazzato dalla sua presa in giro, e Sora ne approfittò per chiudersi in bagno e azionare la doccia.
 
Ma Taichi non ci stava, e si appoggiò alla porta da cui era entrata.
 
-Ma cosa dovrai scaricare? Possibile tu sia così tanto stressata per lo studio? C’è qualcos’altro che non so??- continuò imperterrito.
 
Ma era davvero un pò preoccupato, lei insisteva sul discorso di scaricare lo stress che accumulava durante il giorno, che il tennis non le bastasse.
 
Ma possibile che lo stress scolastico fosse così grande? Tanto da correre tutto quel tempo?
 
-Sono sotto la doccia!!! Non ti sento!!!!- urlò lei da dentro, anche se in realtà non le sfuggiva neanche una parola.
 
E Taichi sapeva che le arrivava il messaggio, così da continuare:
 
-Gli esercizi quanto dureranno? Mezz’ora??? Due ore di corsa, Sora. E ci sono quelli che perdono tempo nel cercare ed allenare atleti per vincere le olimpiadi e gare simili! Signori, avete sbagliato tutto! Abbiamo una maratoneta quì, in casa Takenouchi, e l’ho trovata io!
 
Sentì la ragazza ridere sotto la doccia, conferma che lo stava sentendo.
 
-Andiamo, Sora! Ho capito lo stress, mettiamoci la preoccupazione del tennis, ok, ma davvero! Credo che per tutto ciò sia esagerato correre due ore!
 
Continuò per altri minuti, ma non ricevette mai risposta, anzi, sentì l’amica cantare sotto la doccia.
 
E se avesse qualche preoccupazione amorosa?? Era questo che lo stava tormentando.
 
Non aveva mai fatto così in vita sua, si, era vero, aveva sempre avuto questa dipendenza dallo sport, come l’aveva anche lui, ma questa necessità esplicita di trovare qualcosa che la scaricasse, bè, non l’aveva ancora mai sentita.
 
Era immerso nei suoi pensieri, quando si sentì aprire la porta alle sue spalle.
 
Quasi stava per perdere l’equilibrio, ma il tocco pronto di Sora lo salvò.
 
Quel giorno era una freccia, Taichi non fece in tempo a voltarsi che gli passò davanti correndo dritta in camera sua.
 
La raggiunse, brontolando un pò per tutto quello che stava facendo e si affacciò in camera, dove vi era anche Hikari che aveva l’aria soddisfatta.
 
Sora era in piedi di fronte al suo letto, in intimo, ma ciò non lo scandalizzò per niente, poichè era una vita che facevano così.
 
Ovviamente, se lo avesse saputo Yamato, li avrebbe uccisi entrambi.
 
Vide la sua sorellina illustrarle i vestiti sopra al suo letto:
 
-Allora, visto che avevo tempo,  ho preparato due tipologie di vestiario: la prima, alla tua sinistra è costituita da un bel vestito rosa pallido a maniche lunghe e corto fino alle ginocchia, munito di una bella cinta in pelle e una giacchetta nera.
 
Taichi rise alla smorfia che fece Sora nel guardare la prima opzione, Hikari sospirò:
 
-Ovviamente, c’è la seconda opzione, chiamata “Sora’s Style”, costituita da jeans stretti e maglia un pò lunga e larga, sempre di un rosa pallido.
 
La baciò subito non appena finì nel descrivere la seconda opzione, quella che poi scelse.
 
Cominciò subito ad infilarsi i jeans, vedendo la sua sorellina acquisita un pò delusa:
 
-Oh, andiamo Sora, hai tanti bei vestiti, che ti starebbero un incanto poi... perchè non li metti mai?
 
Si allacciò i bottoni dei pantaloni, che le stavano un pò larghi in vita, per poi cominciare ad infilarsi la semplice ma delicata maglia:
 
-Hikari, quei vestiti non sono miei...cioè, mi sono stati regalati... sopratutto da quella pazza di Mimi... lo sai che, a parte in occasioni cerimoniose, non ho mai indossato nulla del genere... ho cercato una volta o due, ma mi sentivo a disagio... se una non è portata, non è portata! Anzi, se vuoi, provateli, te li regalo!
 
La giovane Yagami rimase allibita: sapeva che l’amica era da sempre stata un tipo sportivo, molto semplice, ma era anche vero che da quando aveva indossato la divisa scolastica , con l’obbligo così della gonna, e da quando aveva iniziato il tennis, risultava molto più femminile e bella.
 
Pensava che se ne fosse accorta, e, come normale che sia, ci tenesse ad apparire più bella che mai.
 
Invece ,sembrava sminuire la sua immagine, sembrava voler dire: non me lo posso permettere.
 
Sapeva di alcuni complessi e paranoie della ragazza, ma ogni volta ci rimaneva di sasso.
 
Lei era bellissima così, figuriamoci se si sarebbe impegnata a rendersi tale.
 
Questo modo di trascurarsi, lo aveva notato anche negli ultimi tempi e, casualmente, coincideva con l’arrivo di Ayako.
 
Ne era sicura, quella vipera le aveva detto qualcosa.
 
Hikari non si sentiva mai arrabbiata, ma il fatto che quella ragazza mora e super sicura di sè stesse abbattendo ancora di più quella poca stima che Sora aveva su di sè, le faceva ribollire il sangue.
 
Mentre Sora tirava fuori dalla maglia i suoi capelli umidi, si sentì tirare il capo dei pantaloni: Era Taichi che, afferrando uno dei passanti posteriori per la cinta, aveva tirato i jeans dell’amica a sè, mostrando così quanto spazio vuoto rimanesse.
 
-Oh, Sora, ma sei dimagrita ancora? Quì ci entra anche Hikari!
 
Lei si voltò, un pò ridendo e staccandogli delicatamente la mano.
 
Si sistemò la maglia lunga, che le arrivava fino a metà gamba, nascondendo così quello spazio vuoto di cui parlava il bel giovane dagli occhi nocciola.
 
La ragazza era dimagrita, ma era anche normale, non si fermava mai un secondo.
 
-No, già erano un pò larghi!
 
-Corri corri, poi non ti vedremo più! Ma come si fa, ci manca pure che ora debba controllare cosa mangi! Ah, voi due mi fate morire di preoccupazione.
 
Risero entrambe, per poi abbracciarlo in sincronia.
 
Era adorabile, loro lo amavano con tutte loro stesse.
 
Si preoccupava per ogni minima cosa, le teneva sempre sottocontrollo.
 
E a volte loro ci giocavano su ciò:
 
-Taichi, asciugami i capelli, se no mi viene il raffreddore! E se poi me li asciughi troppo tardi, potrebbe tramutarsi in un’influenza bella e buona! Non vorrai farmi questo?- fece Sora, trattenendo le risate.
 
Lui la guardò, pensando inizialmente che lo stesse prendendo di nuovo in giro, ma poi, ragionando, nell’istante successivo, che effettivamene questa possibilità poteva sussistere.
 
-Corro a prendere il fono e arrivo.- fece distaccandosi e correndo verso il bagno.
 
Inutile dire le risate tra le due ragazzine.
 
Yamato poteva mettere tutti i paletti che voleva, ma quando erano a casa loro, in quell’ambiente così familiare, nel loro mondo ideale, il trio era inevitabilmente felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera, come era stato già deciso, il trio raggiunse il resto del gruppo.
 
Doveva esserci una festa in un pub, o per lo meno così aveva detto Yamato.
 
Taichi si chiese più volte che cosa potesse esserci di tanto interessante in quel posto, poi lo scoprì: vi erano più gruppi musicali che suonavano musica rock.
 
Si lamentò subito non appena scoprì quella verità, doveva aspettarselo da quel biondino.
 
Koushirou, appena li vide, gli andò incontro, seguito da Joe.
 
Si salutarono, sorridendo, e cominciarono a parlare del più e del meno.
 
I tre arrivati scoprirono che i loro due amici già sapevano in cosa consisteva quella festa e che loro erano gli unici ad essere stati all’oscuro di ciò.
 
Questo fece indispettire ancor di più il bel castano dalla folta chioma, aveva capito in un secondo tutta la situazione.
 
Yamato era consapevole che ,se Taichi avesse saputo della serata rock, avrebbe fatto di tutto per non andare, trascinando con lui sua sorella e Sora.
 
Gliene avrebbe dette quattro, di sicuro.
 
La bella Takenouchi notò solo dopo che i due ragazzi di fronte a lei tenevano dei bicchieri in mano, per poi stupirsi del contenuto:
 
-Joe! Koushirou! Da quanto bevete la birra?
 
I fratelli Yagami, a quella domanda, scrutarono al meglio le due figure davanti a loro.
 
Il ragazzo occhialuto arrossì come al suo solito e si impacciò un poco nel trovare la risposta, invece l’amante dell’informatica non si fece troppi problemi:
 
-Oh, ce l’ha offerta Yamato. Dice che quì la birra è davvero buona, è artigianale e ne hanno di tutti i tipi! Sicuramente la farà assaggiare anche a voi.
 
Sora cercò di capire se Koushirou stesse scherzando o meno, e ,nel mentre, Hikari rispose, ridendo divertita:
 
-Spero che non la dia a Taichi, si ubriaca facilmente!
 
-No, tranquilla, questo lo sappiamo!
 
Si voltò subito ,dopo aver riconosciuto la voce, e vide ,poco distante da lei, con il suo solito splendido sorriso, Takeru.
 
La giovane del gruppo sentì il cuore scalpitare e il viso scaldarsi, era il maledetto effetto che gli faceva ogni volta che sbucava all’improvviso.
 
Ciò non sfuggì per niente alla sua sorella acquisita, nè tantomeno al fratello.
 
Dietro di lui c’era Yamato, con una birra in mano.
 
Taichi lo guardò subito storto, ma non potè iniziare la ramanzina perchè ,ovviamente, il suo occhio cadde sulla scena che aveva di fronte.
 
Il giovane Takaishi abbracciò dolcemente la sua sorellina, dondole un bacio sulla fronte.
 
Non fece in tempo a stringerla a sè che il ragazzo dagli occhi nocciola prese le sue braccia, slegandogliele dalla bellissima ragazzina.
 
-Ehi Takeru, ricorda di mantenere la distanza di sicurezza.- disse, causando una risata del gruppo e un rossore più evidente di Hikari.
 
Sentì lo sguardo fulminante della sua migliore amica, che poi andò ad abbracciare il giovane biondino dai capelli corti.
 
-Lascialo stare, Takeru. La sua gelosia nei confronti della sorella non ha limiti.- gli disse nell’orecchio, facendo finta di sussurrarglielo piano.
 
In realtà, lo aveva detto ad alta voce, per scatenare un’altra risatina.
 
Taichi incrociò le braccia, da sempre le aveva detto che doveva stare dalla sua parte, invece la bella amica sembrava non ascoltarlo.
 
Il giovane Takaishi rise, dando un bacio anche a lei sulla guancia e scatenando un altro brontolio da parte del loro amico.
 
-Ah, Sora, sei bellissima anche stasera, davvero!
 
Takeru era davvero un ragazzo adorabile, non solo con Hikari, ma anche con lei.
 
Infondo, non si sarebbe mai dimenticato che la ragazza dai capelli ramati ,anni prima a Digiworld, gli aveva fatto quasi da madre.
 
Le aveva sempre voluto un gran bene, e vederla prendere ogni volta la sua parte, incrementava solo l’affetto che aveva nei suoi confronti.
 
Sora rise, dandogli poi un bacio sulla guancia:
 
-Ti fai sempre adorare!
 
-Si, saluta solo mio fratello eh!
 
La finta lamentela di Yamato, fece ridere di nuovo il gruppo e la giovane Takenouchi gli andò, così, incontro.
 
-Tuo fratello mi riempie di complimenti, è ovvio che gli do la precedenza!- esclamò per poi allargare le braccia per abbracciarlo.
 
Yamato, che aveva una mano occupata per il bicchiere di birra, riuscì comunque a tirarla su con un braccio, facendola ridere:
 
-Ah, se la metti così: buonasera, coniglietta sexy di trenta chili.
 
La sentì ridacchiare per poi dargli un pugno lieve sulla schiena:
 
-Yamato, puzzi di fumo!
 
La mise subito giù, allargando le braccia e pregandola di non cominciare con la solita cantilena.
 
Lei annuì, a patto che non fumasse durante tutta quella sera.
 
Iniziò a brontolare anche lui, per poi sbuffare quando Taichi cominciò a rinfacciargli di avergli nascosto quella serata.
 
Nel mentre i due “litigavano”, Sora fece cenno alla giovane coppia dietro alle sue spalle di seminarli e di godersi la festa in pace.
 
Neanche a dirlo, Hikari arrossì di nuovo, mentre Takeru rise e la strinse a sè, spingendola delicatamente verso l’interno del locale.
 
Koushirou e Joe si avvicinarono a Sora, continuando così a parlare.
 
Il rosso le spiegò che quella sera avrebbe suonato anche un gruppo a cui lui aveva registrato delle canzoni.
 
L’informatico era davvero un genio, questo la Takenouchi l’aveva da sempre pensato e ,sicuramente ,avrebbe avuto un futuro glorioso.
 
Come anche Joe, per la sua età sapeva fin troppe cose di medicina, grazie anche all’esperienza del padre, ma era davvero un fenomeno.
 
-Sora, per favore, andiamocene dentro!- si lamentò Taichi, mettendole una mano sulla spalla.- Almeno lì la musica sarà alta e non sentirò la voce gracchiante di questo tipo quì!-concluse indicando il biondo.
 
Lo guardò storto, con quei suoi meravigliosi occhi limpidi, per poi fare cenno ai due cervelloni del gruppo di seguirlo all’interno del locale.
 
Così, capeggiati del giovane Ishida, il restante gruppo di amici si avviò verso l’interno.
 
C’era davvero tanta gente e Taichi non fece in tempo a raccomandarsi a Sora di stargli vicino che lei gli afferrò la mano.
 
Sentire il calore improvviso dell’amica pervadergli la pelle, provocò un balzò del suo cuore, nonchè lo spostamento della sua attenzione dalla folla sul suo viso.
 
Lei accennava ad un sorriso, ma era diverso dal solito, molto più serio e caldo, ed era così strano tanto da farlo fermare in mezzo alla gente.
 
Non riusciva più a percepire le altre persone, la presa della ragazza non era forte, era delicata, come una carezza, cosa che gli metteva ancor di più i brividi.
 
Vide lei abbassare lo sguardo e oltrepassarlo, non distruggendo quel gesto.
 
Si sentì ,poco dopo, tirare nella direzione del locale e si accorse solo in quel momento che si era bloccato in mezzo alla folla.
 
Per incitarlo a camminare, lei, dopo essersi voltata, sorrise di nuovo, stavolta con la sua solita dolcezza.
 
Era incredibile come sapeva rendere speciale un piccolo e semplice gesto.
 
Cominciò a fare dei passi in avanti, per seguire il suo andamento, così Sora si voltò per fargli strada tra la gente.
 
Ciò che vedeva, così, erano le sue spalle e i suoi bei capelli sciolti.
 
La presa della fanciulla non era mutata, era sempre debole, gli teneva delicatamente le dita delle mani e a lui sembrava che quasi si potesse sciogliere da un momento all’altro.
 
E ciò non lo voleva, per niente al mondo.
 
Strinse all’improvviso la mano di lei, dopo aver aggrappato per bene la sua presa, infilando ogni dito nello spazio tra i suoi, facendo così combaciare le loro mani.
 
Sora sentì il cambiamento improvviso del gesto, e come poteva non farci caso?
 
Le partì un brivido dalle dita fino ad arrivarle al collo, ma cercò di non scomporsi e di andare avanti.
 
Vide i loro amici poco distanti, verso il bar: Yamato si era fermato a parlare con un tizio un pò inquietante, tutto vestito in pelle e pieno di piercing, sicuramente era uno dei musicisti di quella sera.
 
Koushirou  e Joe si erano fermati proprio davanti al bancone e chiacchieravano tranquillamente.
 
La coppia di amici, così, li raggiunse ma neanche quando arrivarono davanti ai due lasciarono la presa.
 
Anzi, Taichi cominciò ad alternare delle strette ad attimi in cui sembrava sciogliere la mano, creando dei continui brividi alla ragazza.
 
Sora si sentiva strana, accaldata, e quelle sensazioni le davano alla testa.
 
Il fatto che poi, anche mentre parlava, il suo amico non la mollava, le creava una sospensione assurda del cuore.
 
Il fatto che i due cervelloni del gruppo avessero qualcosa da bere in mano, Spinse Taichi a proporre all’amica di andare anche loro ad ordinarsi qualcosa.
 
E così fecero: si avvicinarono al bancone, e si distanziarono un poco dagli altri.
 
Taichi l’aiutò a sedersi su quelle sedie alte, tipiche dei pub, e , dopo essersi seduto anche lui molto vicino a lei, ordinò un’acqua per Sora e una birra piccola per lui.
 
-Sei davvero troppo salutista, Sora. Concediti una birra ogni tanto!- scherzò il castano, creandogli un sorriso.
 
-Ho sete! E non c’è niente di più dissetante dell’acqua, lo sai!- rispose lei ,facendo un sorso.
 
Vide il ragazzo cambiare espressione e quasi appoggiare la testa sul bancone:
 
-Stavo pensando che domani sera si cena da me... e che tua madre non può aiutare la mia in cucina...che dici se andiamo a cena fuori? Se no, non sopravviveremo.
 
Rise a quella richiesta.
 
Taichi odiava le cucine vegetariane della madre, a parer suo non aveva mai saputo cucinare.
 
Tante volte, assieme ad Hikari, decidevano di preparare loro stessi pranzi e cene, e ,se proprio era costretto, avrebbe optato nel cucinare lui stesso la sera dopo.
 
-Povera Yuuko, siete troppo cattivi con lei.
 
Alzò la testa, avvicinandola alla sua e guardandola con uno sguardo di disapprovazione:
 
-Ti ricordi quando ha quasi ucciso Koushirou con i suoi frullati??? Se non fosse stato un mio caro amico, avremmo preso una bella denuncia...per tentato omicidio!
 
Rise di gusto nel ricordarsi la faccia quasi defunta del rosso:
 
-Si, mi ricordo Hikari quando me lo raccontò. Però disse anche che se l’aveva cercata, ne aveva bevuti cinque o sei di fila, dunque non è colpa di tua madre!
 
-La difendi sempre! E’ una specie di assassina!
 
Sora gli diede un dolce pugno in fronte e lui ne approfittò per prenderle l’esile polso e abbassarlo.
 
Riuscì a sciogliere il pugno con niente, aggrappando di nuovo la sua mano delicata.
 
Non riuscì a resistere, così Sora gli schioccò un dolce bacio in fronte e si sentì tirare il braccio verso il ragazzo.
 
La dolce scena non era passata inosservata.
 
Poco distanti dal bancone vi erano Ayako e il suo gruppo.
 
La bella mora dagli occhi limpidi indossava un bel vestito nero, davvero molto scollato e corto.
 
Era molto aderente, così da risaltare le sue forme perfette.
 
Molte si chiedevano come facesse a resistere al freddo di quella sera con solo quel vestito, ma per apparire bella e mostrare sè stessa non si faceva di certo ostacolare dal clima.
 
Quando vide Sora baciare la fronte di Taichi e lui stesso accorciare ancora di più le distanze, gli scattò la solita scintilla di gelosia.
 
-Ayako...-la chiamò timidamente una voce femminile alle spalle.
 
Lei si voltò, guardandola nervosa e furibonda.
 
Una ragazza della sua stessa età, bionda e coi capelli corti, le disse timidamente:
 
-Credo...credo sia evidente che quei due stiano insieme... perchè li dobbiamo importunare?
 
A quell’innocente intervento, vide gli occhi azzurri della ragazza infiammarsi completamente:
 
-Dì un’altra volta una cosa del genere e ti isolo dalla scuola.- fece acida per poi girarsi verso la sua preda.
 
Le bastò uno schiocco di dita per farsi seguire dalla sua combriccola di ragazze, affascinanti anche loro.
 
Camminava decisa, sapeva quello che voleva fare e ciò che voleva ottenere.
 
Arrivò proprio nel momento in cui la bella ragazza dai capelli ramati stava giocando coi capelli folti dell’amico.
 
Quando si accorsero del suo arrivo, ad entrambi venne un colpo.
 
Sora si irrigidì e cambiò totalmente espressione, mentre Taichi non sapeva se sbuffare o meno.
 
Non ce la faceva più, era una persecuzione e ,più la rifiutava, più lei lo pedinava.
 
Non sapeva neanche come facesse a trovarlo ogni volta.
 
Neanche fece in tempo a chiedere qualcosa, che se la trovò avvinghiata a lui, salutandolo calorosamente e baciandolo sulla guancia.
 
Vederla così e ,sopratutto, vederla baciare Taichi, fece sprofondare completamente il cuore della giovane Takenouchi.
 
Si alzò involontariamente dallo sgabello alto su cui era seduta, non staccando i suoi occhi, ormai tristi, dai due che aveva davanti.
 
Vide Ayako voltare ,poi, il suo bellissimo sguardo su di lei e squadrarla vistosamente dalla testa ai piedi, per poi scoppiare a ridere.
 
-Sei sempre con il tuo “amico” eh, tesoro mio??- chiese poi a Taichi, pizzicandogli la guancia.
 
Innervosito, se la staccò subito di dosso, era davvero arrabbiato.
 
-Lasciami in pace! Quante volte te lo devo dire? Lasciami vivere!
 
A Sora non sfuggì la sua solita offesa, quella che le riservava sempre e che causava la risatine del restante gruppo.
 
Guardò a terra, davvero imbarazzata e sopratutto ferita, non tanto per l’offesa, sapeva di non poter competere con nessuna di loro, ma per l’ennesima avvinghiata a Taichi.
 
Sentì fitte al cuore, come se qualcuno glielo stesse pungendo con qualcosa di tagliente.
 
Di conseguenza, sentì formarsi un grande magone alla gola e pizzicarle gli occhi.
 
La partita di calcio del pomeriggio l’aveva fatta davvero scaricare, tanto da non ripensare più a quella vipera e alle sue amiche.
 
Infatti, dal post allenamento fino a quel minuto, si era sentita davvero bene, felice.
 
Ma ora, stava tornando da capo.
 
Alzò lo sguardo dorato, sentendo la voce di Taichi arrabbiata: le altre ragazze affascinanti lo circondarono, spintonando con le spalle la bella Takenouchi per allontanarla e per farle capire che doveva sparire.
 
Stette un altro secondo a guardare a terra, a fissare la punta dei suoi stivaletti neri.
 
Puntò per un’ultima volta l’attenzione sull’amico, che combatteva nel liberarsi da quel gruppo, ma era inutile, non ce l’avrebbe fatta per quel momento.
 
Prese la sua bottiglietta d’acqua dal bancone, per poi lanciargli un altro sguardo abbattutto che Taichi non si lasciò sfuggire.
 
Il giovane Yagami la vide allontanarsi e immergersi nella folla, e quasi che le forze con cui stava combattendo quelle sue fans svanirono.
 
 
 
 
 
 
Hikari era al fianco di Takeru.
 
Da quando si erano allontanati dal gruppetto, si erano fermati di continuo.
 
Quasi tutta la sua classe era lì, era assurda come coincidenza, così si misero a chiacchierare con i loro compagni.
 
Takeru era molto preso nel raccontare la partita di basket che avevano disputato tre giorni prima assieme ad alcuni di loro, ed Hikari faticava un pò a seguire il discorso, poichè non ne capiva nulla di termini tecnici di quello sport.
 
Cominciò ad osservarsi intorno, ammirando la quantità di gente che vi era quella sera, quando intravide Sora camminare verso un parchetto poco distante, da sola.
 
Hikari guardò se qualche loro amico fosse rimasto indietro, ma non vide nessuno che la seguiva, così, dopo essersi assicurata che davvero si stesse dirigendo da sola in quel parco, disse a Takeru che si sarebbe allontanata un secondo e di aspettarla lì.
 
Cominciò a seguirla, dapprima con passo lento, poi notò la velocità della camminata di Sora e aumentò il passo anche lei.
 
Quella sua camminata stava a significare che era successo qualcosa, come anche il fatto che stesse sola, e che suo fratello non fosse con lei.
 
Hikari faticava starle dietro, così decise di rallentarla, cominciando a chiamarla.
 
All’inizio parve che Sora non la sentisse, ma poi notò un effettivo rallentamento dei suoi passi, fino a che non si fermò.
 
Rimase di spalle, non si voltò subito.
 
La ragazzina dai capelli corti e castani non aspettò neanche un secondo, e si avvicinò subito a lei, facendola voltare e, così, scoprire il viso di Sora rigato dalle lacrime.
 
I suoi occhi mielati brillavano per l’acqua che ancora li inondava.
 
Il viso della Takenouchi impallidì ulteriormente quando notò il cambio di espressione della sua sorellina acquisita.
 
-Hikari...-sussurrò quasi tremando, la stava vedendo in quello stato.
 
Vide la ragazza agitarsi e afferrarle le braccia:
 
-Sora, che hai?? Che è successo?.
 
La giovane dai capelli ramati mise una mano davanti alla bocca, non voleva farsi sentire singhiozzare, ma la piccola fanciulla dagli occhi nocciola notò scivolare una maggiore quantità di lacrme sul suo viso.
 
Vederla così, e poi all’improvviso, fu un impatto fatale, tanto che ad Hikari vennero subito gli occhi lucidi.
 
Sora cominciò a sentire il fiato corto, il sangue pulsarle velocemente, al ritmo del suo cuore.
 
La testa ricominciò a formicolarle e quasi che l’immagine della sua piccola sorellina di fronte a sè si fece sgranata.
 
Si rese conto che le stava per tornare un attacco di panico, dopo tanto tempo.
 
No, non poteva, non in quel momento.
 
Cercò di dire a sè stessa di smetterla, di essere forte, di non fare la stupida e la debole.
 
Di fornte a lei c’era quella graziosa creatura che stava sull’orlo di un pianto nel vederla in quello stato.
 
Hikari riconobbe i sintomi di Sora, non ci voleva molto, non li avrebbe mai dimenticati, così ,presa dall’ansia ,cominciò a dire con voce rotta:
 
-Vado a chiamare Taichi, aspettami quì!
 
-No!
 
Il quasi urlo della Takenouchi la immobilizzò, frenando anche il suo stato.
 
La prima cosa che Sora avrebbe chiesto in quei momenti era proprio la presenza del fratello, ma ora lei, con tutta le forze che aveva in corpo, le stava proibendo di andare da lui.
 
Vide la ragazzina non convinta, così Sora le afferrò il polso, per tirarla più vicina a sè.
 
Tremava, e aveva l’aria davvero impaurita.
 
-N-non è niente...nulla di grave... mi... mi mancava l’aria lì dentro.. e poi lo stress... la stanchezza... è, è solo un attimo, non chiamarlo per niente. Non roviniamogli la serata...
 
Hikari la scrutò e ascoltò ogni sua parola.
 
La vide che, tremando, apriva la bottiglietta d’acqua che aveva tenuto in mano fino a quel momento, per poi sorseggiarla.
 
La giovane Yagami si guardò alle spalle, nessuno le aveva notate.
 
Poi, guardò di nuovo a Sora, stava mentendo, e non lo aveva mai fatto.
 
Quando si sentiva male in quel modo, i primi che chiamava erano da sempre stati lei e suo fratello.
 
Invece, se lei stessa non si fosse accorta dell’allontanamento della ragazza, Sora avrebbe affrontato quel dolore da sola.
 
Che cosa stava accadendo?
 
Hikari si sentì persa, non sapeva che fare, se andare comunque da Taichi o no.
 
Ma poi, le venne il dubbio che ,forse, se lei non voleva chiamarlo in causa, centrasse proprio lui.
 
Non si sa per quale miracolo, Sora riuscì a darsi una calmata, e cominciò ad asciugarsi le lacrime, per poi accennare ad un sorriso.
 
-Vedi? E’ già passato...- fece attirando così la sua attenzione.
 
Sapeva che la bella ragazzina dagli occhi nocciola non era stupida, anzi, era davvero troppo sveglia.
 
Non la vide affatto convinta e neanche ricambiarle il sorriso.
 
-Allora...dov’è Takeru?- cercò di cambiare discorso, facendo un altro sorso d’acqua.
 
Si guardò attorno, in realtà per prendere tempo.
 
Pensò che se Sora aveva cambiato discorso, nonostante stessero da sole, significava che non aveva la minima voglia di parlarne.
 
-E’ laggiù... assieme ai nostri compagni di classe.- rispose indicando la direzione.
 
Chiuse di nuovo la bottiglia, per riporla nella sua borsa.
 
Le sorrise di nuovo, per poi avvicinarsi:
 
-Li raggiungiamo? Se non ti vede tornare, poi si preoccuperà.- aggiunse con estrema serenità.
 
Era incredibile come avesse cambiato atteggiamento in un secondo.
 
Sora stessa non riuscì a credere cosa era riuscita a fare.
 
Aveva interrotto da sola la crisi e ciò fu dovuto al fatto che non voleva, con tutta sè stessa, farsi vedere in quello stato da Hikari.
 
Riuscì a mettere da parte, per il momento, ciò che le era accaduto poco prima, e la prese per mano nel momento in cui la piccola aprì bocca:
 
-Va bene, Sora... come vuoi tu.
 
Sentì la presa stringere, così da puntare il suo sguardo nocciola sugli occhi dorati e seri di lei.
 
-Non dire nulla a Taichi di questo, ti prego Hikari... è l’unica cosa che ti chiedo.
 
La stretta ,combinata a quel sentimento di supplica e dolore che le trasmise, la sconvolsero profondamente.
 
Sora la stava supllicando, e poche volte nella vita le aveva chiesto un favore.
 
Ciò la stupì molto e si sentì costretta ad accettare.
 
Lei , in tutta risposta, le diede un dolce bacio sulla fronte, per poi sorriderle di nuovo ed incitarla ad andare.
 
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo, Taichi era riuscito a liberarsi dal gruppo di fans.
 
Era da sempre stato un tipo calmo, scherzoso, poche volte scontroso, ma quelle situazioni gli mettevano davvero i nervi.
 
E non lo nascose, anzi, non l’aveva mai nascosto neanche ad Ayako: ogni volta, aumentava la sua acidità e sperava con tutto sè stesso che lei capisse, invece sembrava fare l’effetto contrario.
 
Più la rifiutava e più era incitata a continuare il suo corteggiamento.
 
E ormai era palese che voleva farlo distaccare da Sora, lo aveva capito.
 
Per farlo e facilitarsi in questo compito, si portava sempre quel gruppo di ragazze, che puntualmente le obbedivano.
 
Alcune lo facevano proprio perchè ci tenevano, altre ,invece,le obbedivano solo per un pò di popolarità.
 
Era risaputo che Ayako fosse una delle ragazze più belle della scuola, e molte ambivano ad entrare nella sua cerchia.
 
Non sopportava tutto quello, non lo reggeva.
 
E quello sguardo di Sora gli aveva creato un’angoscia e una specie di agonia dentro di lui.
 
Chissà cosa stava pensando in quel momento.
 
La cosa che lo agitava, era che lei non gli aveva mai detto nulla a riguardo, addirittura non aveva neanche mai pronunciato il nome “Ayako”.
 
Quando Yamato, a volte, cacciava fuori il discorso di lui e queste fans scatenate, sembrava quasi che Sora non li ascoltasse, che si estraniasse.
 
Per la prima volta, sentiva di non comprenderla, non riusciva a capire il suo comportamento.
 
E proprio questo fatto lo riempiva di un’ansia continua.
 
Ad un tratto, riuscì ad intravedere Yamato, con un nuovo bicchiere di birra per le mani, camminare verso l’esterno del locale.
 
Lo raggiunse in fretta, cercando però di placare la sua agitazione.
 
-Ehi, Yamato! Hai.. hai visto Sora??
 
Il biondino sobbalzò, per la sua entrata in scena improvvisa, poi, dopo essersi sistemato il ciuffo, rispose:
 
-Si, guarda, è laggiù, assieme ad Hikari e Takeru. Li sto raggiungendo anche io assieme a questi miei amici.
 
Ma Taichi non ascoltò l’ultima parte della frase: la vide effettivamente con loro e gli parve stesse anche ridendo di gusto.
 
Arrivarono insieme a destinazione.
 
Hikari fu la prima a notare il suo arrivo e il fratello notò lo sguardo enigmatico e indagatore della sorella su di lui.
 
Takeru stava scherzando con Sora e ridevano entrambi.
 
Fu Yamato ad interrompere la conversazione tra i due e attirò l’attenzione di tutti:
 
-Ehi, ragazzi, volevo presentarvi alcuni membri della band che suonerà più tardi. Lui è Noghimura ,- disse indicando un ragazzo alto, snello, dai capelli tinti di un blu scuro e con piercing sia sul labbro che sul naso.- e lui, invece, è Keji.- concluse riferendosi all’altra persona, dai capelli corti e neri, con altrettanti piercing.
 
Taichi li guardò un pò storto, erano vestiti tutti in pelle, pieni di borchie e catene, non è che Yamato ,poi ,avrebbe preso spunto da quei tizi in un futuro?
 
Li vide avvicinarsi a loro, mentre il loro biondo amico presentava i due ai presenti.
 
Nel momento in cui venne il turno di sua sorella, Noghimura le strinse la mano, esclamando:
 
-Ehi, molto piacere, bellezza.
 
A quel nomignolo, si scatenò la fiamma dentro Taichi ma, prima che potesse protestare, avanzò Takeru che, prontamente, avvolse La schiena della ragazza col suo braccio:
 
-Già, glielo dico sempre anche io che è stupenda.- disse baciandole la tempia e facendola diventare improvvisamente rossa in viso.
 
Il giovane Yagami non sapeva se abbattere prima il tipo rockettaro o il fratello del suo migliore amico.
 
Ma, così facendo, l’amico di Yamato capì che la ragazzina era “di sua proprietà”, così poi avanzò.
 
Il giovane Ishida presentò Sora, che cordialmente allungò la mano per la stretta, dicendo poi un dolce “piacere di conoscervi”.
 
-Che bambola amico, il piacere è nostro.- disse baciandole la mano e creandole un leggero rossore di imbarazzo.
 
A quel punto, Taichi intervenne piazzandosi tra le due donne:
 
-“Bambola” ci chiami tua sorella, ed è un pezzo che non ci si bacia la mano nelle presentazioni!!!
 
Sora lo guardò allucinata, certe volte faceva delle uscite davvero assurde.
 
-Lui è l’amico/fratello geloso, Taichi. Non badateci.- disse Yamato esausto, facendo un sorso di birra.
 
La Takenouchi continuò a guardare l’amico, che nel frattempo aveva incrociato le braccia.
 
Non appena le presentazioni finirono, Taichi posò lo sguardo sull’amica, cercando finalmente di capire in che stato fosse.
 
Quando fu assaltato da quelle ragazze fanatiche, gli era sembrato di aver percepito uno sguardo triste e deluso da parte sua, che, da una parte gli aveva fatto male e lo aveva agitato, dall’altra gli aveva acceso una specie di speranza.
 
Incrociò il suo sguardo bellissimo e brillante, trovando stanchezza nei suoi occhi, erano leggermente rossi.
 
Ma in quel momento gli sembrava serena, tranquilla come sempre.
 
Lei, infatti, gli accennò il solito sorriso, per poi prestare attenzione alle scene che le si mostravano davanti.
 
Quanto avrebbe voluto ritornare a qualche minuto prima, a ricreare quella fantastica atmosfera che si era formata davanti al bancone.
 
Ma sapeva che ormai era stata gettata all’aria, che per quella sera non poteva richiedere altro contatto con lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ed infatti, la serata continuò in quella maniera:  trascorse parlando con gli amici di Yamato, con qualche compagno di scuola e ascoltando qualche pezzo musicale.
 
Tutto ciò durò fino a che Sora non decise di tornare a casa, dicendo che fosse stanca e che la mattina seguente doveva svegliarsi presto per studiare, come ogni Domenica d’altronde.
 
Ovviamente, Taichi si propose di accompagnarla, anche perchè voleva tornare a casa anche lui e la sua migliore amica accettò senza far storie, mostrandogli il solito sorriso.
 
Altrettanto ovvia, fu l’insistenza del giovane Yagami nel far tornare a casa anche sua sorella, e lì ci vollero un pò per convincerlo ad andare via senza lei, che l’avrebbe accompagnata poi Takeru.
 
Dunque, i due amici erano sulla via di casa, da soli.
 
Sora cercava di scaldarsi le mani, già coperte da dei guanti di lana, e riavvolse la sua sciarpa attorno al collo, nascondendo in parte il mento, a quell’ora era davvero gelido là fuori.
 
Taichi continuava a lamentarsi della sorella, e anche di tutti loro che appoggiavano quella storia.
 
-Io non capisco perchè non vedete ciò che vedo io!
 
-Ossia, due giovani innamorati?- rispose lei, per prenderlo in giro.
 
La fulminò con lo sguardo, per poi sbuffare ancora:
 
-No, due giovani, troppo giovani, uno dei quali importuna mia sorella, la mia dolce e innocente sorellina.
 
Scosse la testa, la sua gelosia non aveva alcun limite:
 
-Ne abbiamo già parlato, Taichi... anzi, ne hai parlato con tutti... ti sei chiesto perchè solo tu la pensi diversamente?
 
-Certo! E’ perchè nessuno di voi ha una sorella minore, dolce e innocente come lei!
 
Sospirò, era davvero inutile, davvero un testardo.
 
Quante volte avevano provato a farlo ragionare? Milioni, ma nessuno ebbe un risultato soddisfacente.
 
A volte si chiedeva come sarebbe andata a finire quella storia, quando i due ragazzi si sarebbero potuti unire.
 
Le cose per Takeru ed Hikari potevano sembrare semplici, in realtà avevano tanti piccoli ostacoli.
 
-Non credi che dovresti lasciarli decidere  della loro vita? Solo Takeru ed Hikari possono decidere del loro cuore e che strada seguire. Stare insieme li rende così felici... perchè dovresti ostacolare la loro felicità? E’ ora di passarci sopra... Hikari ti amerà lo stesso, lo sai.
 
La guardò, stavolta seriamente e rimanendo in silenzio.
 
Più di una volta l’amica gli aveva fatto quei discorsi, e aveva ragione: quando sua sorella stava con Takeru aveva un sorriso diverso, incredibilmente stupendo, e una felicità davvero contagiosa, che quasi metteva di buon umore tutti quelli che le stavano intorno.
 
Ma questa sua gelosia, questo suo voler bene, questo suo attaccamento lo frenavano nel lasciarla andare.
 
Sapeva che Hikari non era un tipo da lasciarlo poi solo una volta fidanzata con Takeru, ma in un piccolo angolo del suo cuore temeva che potesse accadere, e perdere l’affetto enorme del suo angelo lo spaventava un bel pò.
 
Ma Sora aveva ragione, doveva fidarsi della sorella.
 
Poi la sua attenzione cadde sull’altro tema che Sora toccò, ossia la felicità.
 
-E tu.... tu non sei felice?
 
L’interessata lo guardò, dapprima un pò spaventata, per poi riprendersi subito.
 
Fece passare qualche istante prima di trovare le parole e rispondergli:
 
-Certo.
 
Non le riuscì affatto bene, nonostante il buio, Taichi intuì qualcosa di strano nel suo tono, non era la verità.
 
Guardò in avanti, disorientato e un pò agitato, perchè non era felice? Perchè gli mentiva? Che stava succedendo?
 
Sora capì che l’amico stava esitando troppo e gli venne qualche dubbio su ciò che poteva pensare, così cercò di cambiare discorso e cominciò a sperare di arrivare presto a casa, non stava bene dentro di sè e il fatto che non riuscisse ad usare un tono normale durante una conversazione con lui ne era la prova.
 
Fortunatamente, non erano troppo distanti, ed arrivarono al loro palazzo.
 
Taichi la accompagnò fino alla porta del suo appartamento, dove si scambiarono gli ultimi saluti.
 
Sora aveva aperto l’ingresso e gli stava augurando la buonanotte, ma qualcosa andò diversamente.
 
L’amico appoggiò la mano sul portone, come se non volesse farlo chiudere e come se volesse...entrare.
 
La bella Takenouchi lo guardò, un pò sbalordita e spiazzata, non sapeva come comportarsi.
 
Notò il giovane dalla folta chioma castana non spostarsi di un solo centimetro e guardare dapprima a terra, poi dritto nei suoi occhi mielati.
 
Per la prima volta in tutta la sua vita, non riuscì a decifrare il suo sguardo, e ciò la mise in agitazione.
 
Poteva benissimo sentire la mano con cui aveva afferrato la maniglia interna della porta tremare e il  battito del suo cuore accellerare di più ad ogni istante che passava.
 
Doveva assolutamente interrompere quella situazione in qualche modo, lui non dava cenno di volerlo fare.
 
Così, dettata dall’istinto e anche da quell’apparente comportamento che stava avendo Taichi, chiese:
 
-Vuoi...vuoi entrare? Vuoi rimanere quì?
 
Il ragazzo la guardò, quasi sbalordito, come se si stesse  risvegliando dallo stato assunto pochi istanti prima.
 
Non rispose subito, scrutò il viso delicato dell’amica ancora un pò e, quando finalmente si accorse dello sguardo interrogativo di Sora, si risvegliò completamente.
 
Che diavolo stava facendo??Fu questo che pensò prima di ritrarre le mani dalla porta e cambiare la sua espressione in una quasi sconvolta.
 
Si rese conto di ciò che aveva fatto, di essersi piantato lì, davanti alla sua entrata, e ciò era sbagliato, era stato davvero un errore.
 
-No!.. cioè.. non posso...- si affrettò a rispondere con molta ansia e difficoltà.
 
Il tremore di Sora diminuì a quella reazione, la sua risposta , detta in quel modo, quasi che poteva far pensare che lei stessa avesse proposto qualcosa di assurdo.
 
-Vedi...domattina ho da fare delle cose e...
 
Era una palese bugia, Sora sapeva capirlo, non era solo lui bravo nell’intuire una menzogna dell’amica, ma anche lei era davvero acuta in ciò.
 
E sentirlo mentirle, cercando di trovare delle scuse, non le andò giù, non voleva che iniziasse ad instaurare con lei un rapporto non veritiero, quella bugia era colpa sua, la sua domanda era stata sconveniente visto che doveva sapere che, oramai ,era stato impedito loro di fare come i vecchi tempi.
 
Si avvicinò velocemente al ragazzo, e gli diede il solito bacio della buonanotte sulla guancia, per poi accennargli un sorriso.
 
-Buonanotte Taichi, a domani.- disse, cercando di sorridergli ancora e cominciando a chiudere la porta prima ancora che lui rispondesse con un sussurro e alquanto spiazzato.
 
Aveva di nuovo fatto la figura dell’idiota, sapeva che lei avrebbe capito la sua bugia, e tutta quella situazione passata era stata colpa sua e del suo comportamento incomprensibile.
 
Fissò il portone chiuso di fronte a lui, e ,senza rendersene conto, cominciò ad allontanarsi e ad andare verso le scale che dividevano i loro appartamenti.
 
Sora sostò un minuto di fronte la sua porta, sentendosi il cuore spezzato cercare ancora di batterle.
 
Quelle volte in cui si era rifiutato, come in quella sera, di dormire da lei, inventandosi delle scuse, si era sempre sentita sprofondare.
 
Aveva ricominciato a tremare e, nell’analizzare cosa fosse appena accaduto, le tornò in mente anche l’altro fatto di quella sera che l’aveva lacerata.
 
Ma a quei ricordi, ricominciò a sentirsi male, tanto da correre subito in bagno per potersi rinfrescare il viso.
 
Taichi, nel frattempo, non aveva avuto ancora il coraggio di salire le scale, e aveva mollato un pugno contro la parete di cemento del vano scala, facendosi così del male.
 
Perchè doveva soffrire così? Perchè non poteva fare ciò che voleva, quello che aveva sempre fatto? Lo rendeva felice, lo aveva sempre reso tale, perchè avrebbe dovuto rinunciare a quelle cose? Rinunciare a lei?
 
Si voltò in fretta e si diresse velocemente davanti alla porta dell’amica, di nuovo.
 
Frugò nervosamente nelle sue tasche, per trovare il mazzo di chiavi dove ancora conservava quella per aprire l’appartamento di lei.
 
La inserì e stava per girarla quando qualcosa lo fermò: sarebbe stato un egoista, avrebbe solo complicato ancor di più le cose, sarebbe stato un  male, e doveva resistere, per il loro bene.
 
Così gli aveva detto il suo migliore amico, non avrebbe mai voluto deluderlo.
 
Appoggiò la fronte sul portone, respirando a fatica per il dolore acuto che sentiva al petto, e si accorse che le lacrime stavano scendendo dai suoi occhi nocciola.
 
Faceva davvero male tutto ciò.
 
Ancor di più era il dolore della ragazza che, arrivata in bagno, accese le luci per poi dirigersi verso il lavandino.
 
Vagava quasi in uno stato di shock, senza rendersi conto di come fosse arrivata lì davanti.
 
Cercò di focalizzare la sua immagine sullo specchio, ma era sfocata e all’inizio non riuscì a capire perchè.
 
Poi, nello stesso momento in cui percepì di avere le guancie bagnate, si accorse che stava piangendo.
 
Con quella consapevolezza, aumentò il tremore: che le stava accadendo?
 
Le ritornò in mente Ayako, bellissima e affascinante, stringere l’amico e, sopratutto, baciarlo.
 
Riemerse, così, la stessa sensazione di prima.
 
Si toccò il collo, quasi si sentì strangolare, cominciò a mancarle il fiato.
 
Le lacrime aumentarono mentre lei si affannava nel trovare un pò d’aria, ma la sua concentrazione nell’inspirare fu distrutta dal battito veloce del suo cuore, che stava aumentando ancor di più e che Sora pensò potesse esplodere da un momento all’altro.
 
Susseguì ,al culmine, una forte scossa al cuore, che la fece quasi urlare e cadere a terra.
 
Non sentiva più le gambe, non sentiva di avere le forza nelle braccia, non sentiva nulla.
 
Tramite i suoi occhi rigati di lacrime, riuscì a intravedere le mattonelle del pavimento, così da capire che era a terra, per poi rendersi anche conto che, nella caduta, si era portata con sè anche degli oggetti poggiati sui mobili attorno al lavandino.
 
Faticava a respirare, ancora, le mancava ossigeno e sentì gli occhi socchiudersi e, nello stesso tempo, tremare.
 
Poi,udì un rimbombo, ma non riuscì a capire subito cosa fosse.
 
Non riusciva quasi più a percepire ciò che stava accadendo attorno a lei, poteva solo sentire quello strano rumore e i suoi respiri farsi più lenti.
 
Vide di nuovo sfocarsi l’immagine davanti a lei, ma non perchè stava svenendo, ma sembrava come se qualcuno la stesse scuotendo.
 
Dopo essersi imposta questo dubbio, cercò di roteare gli occhi dorati, per capire cosa stesse accadendo, e vide la donna della sua vita, sua madre, in ginocchio e con le lacrime agli occhi.
 
Non realizzò subito, questo per la sua mente offuscata, per poi rendersi lentamente conto della situazione e che sua madre l’aveva trovata in quello stato.
 
Cercò di riprendere l’uso dell’udito, cercò di capire cosa stesse dicendo, e dopo un poco, ce la face.
 
-Sora! Tesoro mio, respira! Respira! Oddio, ti prego...ti prego..
 
La stava supplicando di riprendersi, era agitata e affranta, e il tutto perchè lei era una debole.
 
Toshiko aveva sofferto tanto nella vita, più di lei, e ora, col suo comportamento fragile, le stava recando un altro dolore, che non si meritava affatto.
 
-Riprenditi Sora! Ti prego...
 
La vide prendere velocemente il cellulare di lei, che era caduto a terra nel momento in cui le prese la crisi, e cercare di trovare un numero.
 
Nonostante la situazione, non ci volle molto a capire chi stesse cercando nella rubrica del suo telefono, così, si agitò ancor di più e riuscì a richiamare la madre alzando il braccio e tendendolo verso di lei.
 
Toshiko non si fece sfuggire il gesto di Sora, così fermò un secondo la sua ricerca per prenderle la mano e rassicurarla:
 
-Tranquilla, tesoro mio, ora chiamo Taichi, vedrai che ti riprenderai.- disse in lacrime e accarezzandole il viso.
 
Riuscì a sgranare gli occhi dopo la conferma della volontà della donna, per poi cominciare a dire con le forze che aveva:
 
-No! No..non farlo mamma, ti prego... non chiamarlo...
 
Non lo aveva detto con un tono alto, non ce la faceva, ma alla signora Takenouchi non sfuggì per nulla quelle parole, tanto da fermarsi, sconcertata.
 
Era da sempre stata la prima persona che avevano voluto chiamare in quelle situazioni, che lei stessa aveva sempre richiesto, e ora le diceva di non farlo.
 
La vide piangere ulteriormente, e sforzarsi a riprendersi:
 
-Ti prego, mamma... mi sto calmando da sola... ti prego...
 
Non l’aveva mai vista pregarla in quel modo, perchè non voleva che chiamasse Taichi? Il suo migliore amico? Perchè?
 
Posò il telefono a terra, per avvicinarsi ancora di più a lei e tirarla un pò su.
 
Riuscì, grazie anche al piccolo aiuto della ragazza, a portarsela tra le braccia e a stringerla a sè.
 
-Sora mia, che ti succede? Chiamo un’ambulanza? Chi chiamo? Sora mia...
 
Con la stessa volontà con cui aveva bloccato la crisi di fronte ad Hikari, Sora, piano piano, riuscì a trovare un respiro normale.
 
Sua madre l’aveva vista, l’aveva trovata in quello stato, ed ora sapeva anche che non voleva che Taichi assistesse a tutto ciò.
 
Toshiko non si meritava di subìre tutto quello, non si meritava il silenzio, la donna della sua vita, e che stimava con tutta sè stessa, meritava di essere tranquillizzata.
 
Riuscì a ricambiarle l’abbraccio e ad accucciarsi a lei, facendola tranquillizzare un poco.
 
-Mamma... sono una stupida... sono un’egoista... mi dispiace...
 
A quelle parole, la madre la strinse ancora più forte, cercando di asciugarle le lacrime, ma la vide intenta a continuare:
 
-Non riesco a lasciarlo andare, mamma... io non ci riesco...
 
A quel punto, Toshiko si immobilizzò, trattenendo per un momento anche il fiato:
 
-Di chi parli?- chiese per conferma.
 
-...non riesco a lasciar libero Taichi...- disse prima di scoppiare in un pianto liberatorio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Arrivò il Lunedì.
 
Il giorno precedente, Sora passò tutto il tempo con la madre, alla quale confidò qualcosa su ciò che le aveva fatto male, ma non volle dire molto di più.
 
Non voleva farla preoccupare, ma sapeva di doverle dare delle giustificazioni, sopratutto su Taichi, che la signora Toshiko considerava un figlio.
 
La giovane ragazza dai capelli ramati pensò a quella Domenica.
 
Si sentiva stanca, non fisicamente, ma emotivamente.
 
Era una sensazione strana, ormai aveva raggiunto il limite e il ritorno delle sue crisi ne erano la prova.
 
Sua madre ne rimase davvero sconvolta e affranta, l’ultima cosa che voleva era vederla soffrire,e assistere a quella crisi ,dopo tanto tempo, l’aveva lacerata.
 
E a distruggere l’animo della signora Takenouchi fu, soprattutto, l’apprendere che la figlia stava tenendo un fardello enorme dentro al suo cuore.
 
Sora non aveva mai pensato a sè stessa e alla sua felicità, aveva sempre cercato di nascondere le proprie emozioni negative e ,a volte, ci riusciva benissimo.
 
Toshiko l’aveva incitata a dare una fine a tutto ciò che la rendesse triste e che alimentasse il suo male interiore, parlò in generale, non sapendo di preciso cosa avesse avuto la figlia.
 
Ma una cosa le risultò davvero chiara: Sora non era felice, non era tranquilla.
 
Capì che Taichi centrasse qualcosa, ma la ragazzina evitò di fare un grande discorso su di lui, e dichiarò solo di aver davvero bisogno di alleviare il suo dolore e di pensare per un solo giorno al suo bene.
 
Non ce la faceva più.
 
Ogni persona ha un limite e lei lo aveva raggiunto su vari aspetti della sua vita.
 
Il primo, decise di affrontarlo in quella tarda mattinata ,dopo le lezioni.
 
I lunghi discorsi di sua madre, sul fatto di avere coraggio di cambiare qualcosa e di combattere per sè stessa, le avevano dato forza per sistemare alcune cose e prendere delle decisioni mirate al suo benessere interiore.
 
Si trovò, così, da sola, davanti al portone per entrare nella palestra dove si allenava a tennis.
 
Dopo averlo osservato di nuovo, con decisione, entrò.
 
Come al solito, vi erano gli altri ragazzi ,venuti per allenarsi, che la salutarono mentre lei proseguiva per la sua strada, ma , per la prima volta, non ricambiò nessun gesto.
 
Arrivò velocemente verso la sua allenatrice, che stava parlando con Meiji ed altre due ragazze.
 
Si accorse dell’arrivo della giovane solo quando sentì un tonfo a terra, al quale si voltarono tutti i presenti.
 
Sora aveva posato il suo borsone, proprio poco distante da lei.
 
Dopo averla squadrata e aver notato ,così, che stava indossando ancora l’uniforme scolastica, disse:
 
-Ancora devi cambiarti? Forza, sei in ritardo.
 
Meiji notò l’immobilità della bella ramata che ,dapprima fissò  la sua borsa, poi la sua allenatrice.
 
-Le ho riportato tutto, lascio il tennis, coach.
 
Inutile dire lo sbalordimento dei presenti a quelle parole dettate da un’estrema serenità e decisione.
 
Ma Sora non si fece scomporre e, dopo aver atteso qualche minuto per un’eventuale risposta, si voltò per tornare da dove era venuta.
 
Meiji guardò le altre due ragazze, allibite da un tale comportamento, mentre la donna avanzò subito di un passo:
 
-Ma..ma cosa stai dicendo Sora?? E le altre partite del  campionato? Cosa dirà la scuola?
 
Si fermò non appena udì le domande della sua allenatrice, non poteva non darle una risposta, non se lo meritava, così si voltò, sorridendo al suo solito:
 
-Ci sono altre due riserve ,no? La scuola se ne farà una ragione, non sono portata per questo sport! Buon proseguimento!
 
Disse, andandosene col sorriso sulle labbra, decisa per la sua via e lasciando una scia di persone sbigottite.
 
No, il tennis l’aveva stancata, non l’appassionava più, non era più motivata, e se stava andando ancora abbastanza bene era solo perchè aveva ancora molto da sfogare.
 
Ora come ora, le serviva qualcosa che le mettesse il sorriso sulle labbra, anche solo per poche ore, ma che la lasciasse divertire e star bene.
 
E, ragionando, non aveva visto altra via oltre quella che le si era proiettata.
 
Una via apparentemente sbagliata, ma se la passione era nel sangue, cosa poteva farci?
 
E, infatti, con altrettanta decisione si diresse proprio lì, nello stesso luogo dove era capitata il Sabato precedente.
 
Solo con quello sport avrebbe potuto scacciare tutto ciò che la stava devastando dentro e che, per il momento, aveva quietato.
 
Sapeva che poi avrebbe dovuto affrontare il tutto con sua madre e gli altri, ma era la sua vita e almeno una decisione voleva prenderla da sola.
 
Alla fine, ognuno deve giungere a delle scelte da solo.
 
Come aveva previsto, erano lì, e quel giorno c’era anche il loro mister.
 
Fece un respiro e strinse i pugni prima di scendere quella scalinata che la divideva dalla panchina di quel campetto da calcio.
 
Non voleva disturbare, avrebbe aspettato la fine del loro allenamento, ma ,in realtà, il suo arrivo fu notato da subito.
 
E la prima a farlo, fu la graziosa ragazzina che l’aveva da sempre guardata con ammirazione e che, quando la vide, si agitò talmente tanto da inciamparsi con la palla e cadere a terra, causando la risata delle compagne.
 
-Keiko, ma che diavolo fai???- sbottò l’allenatore, in piedi davanti alla panchina.
 
Si massaggiò dapprima la testa, per poi risistemarsi la coda castana chiaro e sbrigarsi ad indicare la nuova arrivata con entusiasmo.
 
Kykio si voltò subito, stupìta, assieme alle altre compagne.
 
Il mister sgranò gli occhi, anche lui conosceva bene Sora, l’aveva “corteggiata” ogni anno, supplicandola di entrare in squadra ma, puntualmente, non riuscendoci.
 
La Takenouchi si sentì in imbarazzo, non era abituata a stare al centro dell’attenzione, così, dopo essersi scostata i capelli ramati, salutò:
 
-Salve... non volevo interrompervi...- disse nel mentre vide tutta la squadra riunirsi e avvicinarsi a lei.
 
Il mister guardò il capitano Kykio, per poi incentrare di nuovo l’attenzione sulla bella ragazza in divisa scolastica.
 
Sora, ancora a disagio, si guardò dietro, pensando che forse era meglio passare dopo gli allenamenti, ma, pensando che volesse andarsene, l’allenatore dai capelli corti e biondi avanzò subito:
 
-Oh, Sora! Come va? Non ci disturbi affatto! Emh... pensavamo proprio di prendere una pausa per far riprendere Keiko dalla caduta!- disse ridendo.
 
A quella motivazione, la ramata si voltò di nuovo verso tutte loro, sorridendogli e poi rivolgendosi alla ragazza mora dai capelli corti e gli occhi verdi che capitanava la squadra.
 
-Ecco, Kykio... volevo sapere se quell’offerta che mi hai fatto Sabato pomeriggio... è ancora valida...
 
La vide mettersi una mano sopra al petto ed evidentemente sopresa.
 
La graziosa ragazza cominciò a saltellare da una compagna all’altra, presa dalla solita euforia, mentre il coach chiese:
 
-Quale proposta le hai fatto, Kykio?
 
L’interessata non distolse lo sguardo dagli occhi dorati di colei che aveva di fronte, e sorrise apertamente quando capì che stava parlando seriamente:
 
-Di entrare nella squadra, mister.- disse fiera, sentendo poi l’entusiasmo delle compagne alle spalle.
 
Vide l’uomo fiondarsi su Sora e prenderle le mani:
 
-Dimmi che non è uno scherzo, cara! –esclamò con occhi brillanti.
 
Dopo un primo istante di esitazione ,sorrise apertamente:
 
-No, non lo è! Ma sono consapevole che siete ormai a metà campionato e non so se è possibile fare il tesseramento ora, potrei comunque partecipare agli allenamenti.
 
-Sciocchezze! Abbiamo sempre avuto il tuo tesseramento!- rispose con euforia l’allenatore, scatenando un’espressione alquanto dubbiosa della ragazza.
 
Capì, guardando anche il capitano, che probabilmente ogni anno, con la speranza che si fosse unita alla squadra, tutti loro avevano imbrogliato sul suo tesseramento e sulla sua iscrizione.
 
Ma, invece di arrabbiarsi, ci rise sopra, doveva essere davvero una squadra anomala.
 
E lei, con le squadre di calcio un pò squilibrate, c’era stata sempre bene.
 
Così, in mezzo alla felicità del team, strinse la mano al suo futuro capitano, ridendo ancora tutti insieme.
 
-Bè, allora, vai a cambiarti!- propose subito Keiko.
 
Ritornò l’espressione sconcertata della ragazza, lei non aveva nulla in quel momento per cambiarsi, poi l’allenatore avanzò spiegazioni:
 
-Negli spogliatoi abbiamo divise e scarpe in più, le abbiamo sempre tenute per occasioni come questa.
 
Era davvero sbalordita, non poteva crederci, erano davvero fuori dal comune.
 
Ma si rese presto conto che già quell’atmosfera e quella situazione le avevano stampato un sorriso sulle labbra.
 
La battaglia contro il suo disagio stava avendo inizio.
 
 
 
 
 
 
 
 
La sera, la bella Takenouchi stava cenando assieme a sua madre.
 
Stavano mangiando silenziosamente, non sapendo di cosa parlare.
 
Toshiko era rimasta davvero abbastanza scossa la scorsa notte per la reazione della figlia.
 
Parlando un poco con quest’ultima, non era riuscita a capire perfettamente la situazione per ciò che riguardava il suo migliore amico, ma comprese bene la paura di Sora.
 
Secondo la ragazza, Taichi si stava allontanando da lei.
 
Era normale, sosteneva la figlia, ma lei non riusciva ad accettarlo.
 
Ormai erano cresciuti e giustamente il suo migliore amico stava guardando un pò oltre a lei, a suo parere.
 
L’adolescenza si faceva sentire, e lui, come tanti ragazzi, forse stava cercando l’amore, qualcuno di cui innamorarsi.
 
Spiegò alla madre che aveva fatto di tutto per lasciarlo andare, continuava a sorridergli e parlare normalmente nonostante fosse sommerso perennemente da ragazze migliori di lei.
 
Ovvio che doveva continuare ad essergli amica, lui non faceva nulla di male, anzi, era lei che stava sbagliando tutto.
 
Si sfogò, con mille lacrime, che aveva da sempre cercato di reprimere la sofferenza e il dolore di quelle scene che le si mostravano davanti,  non voleva assolutamente frenare la vita del ragazzo col suo cambio di atteggiamento.
 
Conosceva Taichi e sapeva che avrebbe fatto di tutto per non farla soffrire, era da sempre stato così, fin da quando era piccola, ma appunto per questo, per colpa di un eventuale suo crollo in pubblico, avrebbe potuto rovinare la sua vita e frenarlo nel cercare la persona giusta che lo avrebbe poi eventualmente affiancato.
 
Si sentiva un’egoista, una debole, tante volte avrebbe voluto tenerlo legato a lei, anche questo disse a sua madre, disperandosi di come fosse stupida a pensarlo.
 
Toshiko non sapeva cosa pensare, non sapeva se potesse essere stata presa dalla paura di rimanere sola di nuovo, di essere tradita da un altro uomo che amava, come accadde con suo padre, oppure se quella di sua figlia fosse proprio una disperazione d’amore.
 
Non osò domandarglielo quella notte, per paura di peggiorare il suo stato.
 
E proprio per tutto quello che era accaduto, da dopo la sua crisi, la signora Takenouchi scelse di non toccare il discorso, a meno che non iniziasse a parlarne proprio sua figlia.
 
Pensò di rompere il silenzio, cercando di chiederle cosa aveva in programma di fare il giorno dopo, la sua giornata, ma Sora l’anticipò:
 
-Ah, mamma... ho smesso di giocare a tennis. Ho riportato tutto all’allenatrice.
 
Toshiko si bloccò, sgranando i suoi bei occhi castano scuro e osservandola per bene: era seria, anzi, quasi accennava ad un sorriso.
 
Dopo aver scosso la testa, un pò incredula, riuscì a rispondere alla figlia:
 
-Pensavo ti piacesse, Sora... come mai?
 
-Non era per me.- rispose subito, prima di fare un sorso d’acqua.
 
La signora dai capelli castani e raccolti notò la figlia un pò in difficoltà, era evidente che non aveva finito il discorso, così attese per sentire cosa aveva ancora da dire.
 
Sora si scansò i suoi capelli ramati e li mise dietro al suo orecchio per non farli ricadere in avanti, per poi puntare il suo sguardo mielato verso la donna che aveva davanti:
 
-Ecco, mamma. Per la prima volta nella mia vita voglio prendere una decisione da sola, una scelta fatta per me stessa, per rendermi felice. Quindi, ti prego, cerca di venirmi incontro.
 
Toshiko posò le posate e si pulì la bocca col tovagliolo, per poi prestare attenzione alla figlia.
 
Non l’aveva mai sentita parlare in quel modo, sopratutto non aveva mai udito da lei una scelta fatta per la propria felicità, e ciò non poteva che metterla in ansia.
 
Dopo essersi fissata le mani, la bella ragazza decise di non tenere sulle spine sua madre, così da rivelare ciò che aveva fatto:
 
-Ho ricominciato a giocare a calcio, nella squadra femminile della scuola. Non devi preoccuparti, non è come giocare in una squadra maschile, è tutto meno violento. Ti prego, mamma, di accettare questa mia decisione. E’ l’unica cosa che mi rende felice in questo momento..
 
Vide di nuovo sua madre allibita e quasi sconvolta, evidente segno che non si aspettava affatto una cosa del genere, e di sicuro, non le sarebbe andato giù.
 
Era sempre stata contro a quello sport, fin dalle origini, non lo aveva mai accettato, ma stavolta Sora era stata chiara, tanto da esplicitarlo di nuovo:
 
-Lo so, tu non vuoi che io ricominci. Hai tutte le ragioni per rimproverarmi, puoi dirmi che non è uno sport per ragazze, puoi dirmi che c’è il rischio di farmi male di nuovo, puoi dirmi che è pericoloso e che sono un’incosciente ma... ma, purtroppo, io lo farò lo stesso, almeno fino a che non mi calmi un pò... è l’unica cosa che riesce a placare tutto quello che ho dentro di me...
 
Toshiko ancora esitava, e tutto ciò perchè era combattuta.
 
Avrebbe voluto urlarle, come un tempo, di smettere subito con quell’idiozia, di non fare cose stupide che potessero compromettere la sua salute fisica ma, dall’altra parte, le ritornava in mente la crisi del Sabato notte, di sua figlia sdraiata sul pavimento, sofferente per un qualcosa di molto più grande: il dolore al cuore, all’anima e allo spirito.
 
Sora aveva smesso da un pò a sorridere radiosamente come una volta, era perennemente pallida, preoccupata.
 
Certo, col calcio rischiava di nuovo di rompersi qualche legamento, ma in quel periodo per sua figlia sarebbe stato il male minore.
 
Per la prima volta, Toshiko si trovò nel dover accettare quello sport che aveva sempre combattuto.
 
-Io.. te lo concedo.. ma se vedo che non ci sono risultati, dovrai smettere...
 
Aveva detto quella frase con voce tremante, non convinta, ma una madre deve agire per il bene della figlia, e in quella situazione il calcio forse poteva essere una soluzione momentanea al dolore di Sora.
 
Quest’ultima sapeva a quali risultati stesse mirando sua madre, ossia alla sua felicità.
 
Si alzò da tavola, per abbracciarla contenta e scoccarle un bacio sulla fronte.
 
La signora Takenouchi ricambiò quel gesto, e nel frattempo capì anche un’altra cosa: sicuramente Taichi ancora non sapeva nulla a riguardo, perchè se no la famiglia Yagami gliene avrebbe già parlato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, Sora, come ogni mattina, andò a lezione, assieme ai suoi amici Taichi e Yamato.
 
Quella mattina fu abbastanza dura, ci furono diverse interrogazioni e compiti in classe, tanto che, alla fine della giornata scolastica, i tre si trovarono esausti.
 
Al suono della campanella, il bel biondo si avvicinò al banco dei due ragazzi.
 
La ramata era intenta nel rimettere apposto i suoi libri nella cartella, mentre il bel castano dalla folta chioma si era quasi allungato sopra al suo banco.
 
Il giovane Ishida rise nel vedere il suo amico quasi disperarsi:
 
-Come sono andati i compiti, somarello?
 
A quel nomignolo, l’interessato alzò la testa, facendogli la linguaccia:
 
-Sora è riuscita a passarmi metà compito, alla sufficienza ci sono, alla faccia tua!
 
La ragazza rise, per poi scompigliargli i capelli ,rendendoli ancora più ribelli:
 
-Sei modesto Taichi, ti ho passato qualche domanda, le altre le hai fatte da solo.
 
-Si, ma a lui faccio prima a dirgli così, tanto non mi crede!- si lamentò, guardandola negli occhi.
 
-Esattamente, non credo tu sia capace di fare qualcosa da solo.- confermò il biondo prima di scoppiare a ridere, insieme agli altri.
 
Yamato aveva sulle spalle il borsone con la sua chitarra elettrica, quel pomeriggio avrebbe avuto le prove e prima ancora, sarebbe andato a pranzare coi membri della sua band.
 
Dopo altre battute col suo migliore amico, infatti, se ne andò, salutando i due amici e lasciandoli soli.
 
Taichi, a quel punto, guardò Sora che ormai aveva finito di preparare la cartella, per poi notare il borsone che aveva portato con sè fin dalla mattina.
 
Dapprima non ci fece caso, pensò che avesse gli allenamenti di tennis, ma poi, pensandoci meglio, il Martedì non li aveva mai avuti, così, alzandosi e grattandosi il capo, le chiese:
 
-Da quanto hai gli allenamenti di Martedì, Sora?
 
Vide la ragazza spegnere di poco il suo sorriso.
 
Sora aveva deciso di parlargli del suo cambio di sport proprio quel giorno, prima non ce l’aveva fatta, sia per il tempo, sia per il suo stato interiore e sia per la paura.
 
Ma non aveva mai nascosto qualcosa al suo migliore amico e già il fatto che fossero passati tre giorni dal suo ritorno in campo la facevano sentire in colpa.
 
Si avvicinò al ragazzo, sorridendogli di nuovo.
 
Taichi la vide di fronte a lui, e ne rimase nuovamente incantato.
 
Vide le delicate mani di lei poggiarsi sul suo torace, per sistemargli la solita camicia e la sua giacca.
 
Poi, le fece scivolare verso l’alto, fino al collo, per rinforzare il nodo della cravatta che ormai si era sfasciato.
 
Senza accorgersene, avevano accorciato molto le distanze e quasi che Taichi si dimenticò della domanda fatta all’amica.
 
Finito il nodo, Sora alzò il suo pallido viso verso di lui.
 
Taichi non resistette e allungò le mani per abbracciarla e avvicinarla ancora di più a sè e diminuire la distanza dei loro visi.
 
Notò la ramata cominciare a giocare col suo colletto e allo stesso tempo diventare un pò triste:
 
-Devo parlarti, Taichi. Devo dirti una cosa, che non credo ti faccia piacere.
 
A quelle parole, quasi che il cuore del ragazzo scoppiò per l’ansia ricevuta.
 
Senza pensarci, con una mano le alzò subito il viso, per scrutare i suoi occhi dorati.
 
Sora potè leggere da subito la preoccupazione che lo stava invadendo, e divenne ancora più certa con la sua domanda:
 
-Cosa è successo? E’ accaduto qualcosa? Perchè non dovrebbe farmi piacere?
 
Quasi che la colpa inghiottì il suo cuore in un istante.
 
La bella ragazza si sentì sprofondare nel vederlo così agitato per lei, avrebbe dovuto parlargliene subito.
 
-Niente di grave, Taichi... E’ che...ho lasciato il tennis e...
 
Non riuscì a continuare che sentì stringersi forte da lui, e subito un bacio sulla fronte le creò uno strano calore che si diramò fino alle guance.
 
-Ma è una bella notizia! Finalmente ti sei decisa! Perchè dovrebbe dispiacermi??!- esclamò per poi baciarla di nuovo.
 
Ma Sora cercò di frenarlo subito, voleva dirgli la verità e non voleva perdere altro tempo.
 
Prese il viso di Taichi con le sue esili mani per fermarlo e attirare la sua attenzione, e ci riuscì benissimo.
 
A quel gesto, infatti, Taichi sentì sobbalzare il cuore, e fissò i suoi occhi nocciola sulla splendida giovane che aveva davanti.
 
La vide quasi abbattuta, un pò delusa, e non riusciva a capire ancora il perchè.
 
-No, Taichi... non ho finito.. c’è altro... vedi, io non mi trovavo bene col tennis, ricordi? Ti avevo detto che avevo bisogno di uno sport che scaricasse le energie... ebbene, sai... l’ho trovato...e.. mi dispiace ma era l’unico che...
 
Capì che Sora era agitata, e molto, così la strinse a se, cercando di trovare la risposta da solo indagando ancor di più il suo viso.
 
Intravide i suoi occhi lucidi e percepì la sua paura e la sua ansia, e cercò di calmarla e di farle prendere fiato.
 
Ma proprio in quel momento, arrivò il solito imprevisto.
 
Sbucò dalla porta una ragazza stupenda, dai capelli lunghi e corvini, che sembrò, però, davvero furibonda.
 
Ayako vide i due ragazzi avvolti in un abbraccio stretto che li manteneva davvero troppo ravvicinati, e ciò la fece infuriare.
 
La nuova arrivata chiamò subito l’attenzione; Sora riconobbe la sua voce, tanto che, spaventandosi, cercò di sciogliersi dall’abbraccio, ma Taichi sembrava non volesse mollarla.
 
Il ragazzo, non appena la vide, pensò che non era possibile continuare in quel modo, che ultimamente per colpa di quella fanciulla non era più riuscito a vivere un momento da solo con Sora, era davvero esausto.
 
-Non ora, Ayako. Vattene.- disse sbrigativo e cercando di non notare che si stava avvicinando comunque.
 
Taichi cercò di voltare di nuovo il viso dell’amica verso di lui, per farla continuare, ma ormai Sora era consapevole che non potevano finire il discorso, non lì.
 
Infatti, Ayako riuscì a staccarli, stavolta con una scusa davvero efficacie:
 
-Taichi, sono stata inviata dalla tua squadra, che tu ci creda o no! Avevi una riunione ora, e stai tardando, non ricordi? Il mister e tutti i tuoi compagni ti stanno aspettando nella nostra palestra, è li che li ho incontrati e mi hanno chiesto di venirti a cercare.
 
La giovane Takenouchi vide l’amico come svegliarsi da un sogno, quella riunione era evidentemente vera.
 
Il ragazzo si maledì, il mister si era raccomandato di essere puntuali, quell’incontro era importante per decidere i prossimi allenamenti e anche gli schemi da attuare e lui, essendo il capitano, doveva essere presente.
 
-Diavolo... mi è passato per la testa.- disse sbrigativo per poi scansare di nuovo la mora e tornare da Sora.-.. ci vediamo dopo? Ti scrivo...anzi, ti chiamo...ok?
 
Non fece in tempo a rispondere che le stampò un bacio in fronte per poi scappare via, non degnando l’altra ragazza, che rimase davvero infastidita da tutto ciò che aveva assistito.
 
In quel momento, invece, Sora pensò solamente che non era riuscita a dirglielo e che ora lei aveva gli allenamenti, di nuovo.
 
Si sentì scuotere il braccio per poi incrociare gli occhi azzurri di colei che aveva di fronte, a dir poco furiosi:
 
-Vedo che tu ancora non capisci, devi stargli lontano! Sai cosa significa?!
 
Sentì la stretta farsi ancora più forte e quasi delle scosse partirono fino a raggiungerle il collo.
 
-Fammi capire, perchè ti ostini a stargli così attaccata?! Non mi risulta che state insieme, o sbaglio? Rispondi!
 
A quella domanda, Sora sgranò gli occhi: nessuno le aveva mai chiesto direttamente tutto ciò, mai nessuno aveva toccato così l’argomento con lei.
 
Sapeva delle vaghe voci che giravano, e le aveva sempre lasciate volare, ma ora Ayako le stava ponendo una domanda molto diretta ed esigeva una risposta.
 
-Rispondi! State insieme o no?!- chiese quasi urlando e stringendole ancora di più il braccio.
 
Sora mise l’altra mano al petto e chinò il viso, non riusciva neanche a guardarla in faccia, ma, all’ennesima domanda cercò di rispondere, stringendo i denti e chiudendo gli occhi, come se quella risposta le stritolasse il cuore:
 
-No..
 
Sentì la presa allentare e Ayako scoppiare in un’amara risata, tanto da far quasi innervosire la ramata.
 
La giovane Takenouchi ne approfittò per voltarsi velocemente e prendere il borsone e la cartella, voleva andarsene, voleva sfogarsi con il suo amato pallone, stava per scoppiare, di nuovo.
 
-E allora perchè ti ostini a stargli accanto? Non lo hai capito? Non hai nessuna speranza! Ti sei vista?
 
Ayako continuava, come al suo solito sapeva bene dove centrarla, come distruggerla, sapeva che non aveva stima di sè stessa.
 
Ma Sora non voleva ascoltarla neanche un minuto di più, così corse subito verso l’uscita, sentendola ridere di nuovo alle sue spalle.
 
Doveva correre, doveva affrettarsi, doveva calciare, doveva scattare, doveva fare di tutto.
 
Tutto ciò che era necessario per cancellare anche tutta quella scena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era passata un’ora e mezza da quella riunione e Kuma stava tornando a casa.
 
Era stato il primo ad uscire, aveva una visita dal medico e quindi, con questa scusa , aveva lasciato una decina di minuti prima la sua squadra.
 
Stava fischiettando, cercando di non far caso al freddo di quel giorno.
 
Per fortuna, vi era un pò di sole, in grado di allietare quel gelo.
 
Passò, come era solito, vicino al campo di terra da calcio, dove si allenava la squadra femminile della scuola.
 
A volte, si fermava ad assistere a qualche allenamento, sia per curiosità, sia per solidarietà, era comunque la squadra femminile della sua stessa scuola, ci teneva alla loro vittoria.
 
Quel giorno, aveva fretta, ma nonostante ciò si fermò qualche secondo per scrutare le ragazze in campo.
 
Vi era Kykio che, come sempre, riusciva a gestire al meglio la squadra, era davvero perfetta per essere un capitano.
 
E poi c’era Keiko, che correva davvero tanto e riusciva a scartare ogni avversaria per quanto era piccola e agile.
 
E poi, c’era Sora, che, come al solito, correva velocissima sulla fascia.
 
Dapprima non si rese conto di tutte le sue veloci osservazioni, ma poi si puntò sull’ultima che aveva fatto: Sora era in campo.
 
La loro Sora.
 
Quella era effettivamente lei; abbastanza alta, snella, agile, capelli ramati raccolti in una coda alta e occhi dorati e determinati alla vista del pallone.
 
La sua classe si riconosceva ovunque, riusciva ancora a stoppare il pallone con grazia, e a scattare più veloce di un felino.
 
Kuma rimase dapprima scettico, poi cominciò a sentire l’adrenalina nel sangue.
 
Vedere Sora in campo, dopo tanto tempo, lo stava emozionando e non poco, e una specie di dubbio gli venne in mente: Possibile che Taichi non gli avesse detto nulla?
 
D’istinto, decise di correre e tornare da dove era venuto, doveva dirlo assolutamente agli altri compagni, il ritorno di Sora in campo era da sempre stato un sogno di tutti loro.
 
Sapevano quanto valesse la ragazza, loro prima di tutti gli altri.
 
Avevano giocato anni ed anni uno a fianco all’altra, lei era stata sempre una parte integrante della loro squadra, una cara amica, la loro mascotte.
 
Kuma pensò di non aver mai corso tanto veloce come in quel momento.
 
Entrò nella palestra, spalancando le porte con tutta la forza che aveva e spaventando chi era al loro interno.
 
Taichi e il mister lo guardarono contrariati, e il secondo non si fece sfuggire la domanda che si stavano facendo tutti:
 
-Ma non dovevi andare dal medico? Hai dimenticato qualcosa?
 
Ma tutti i presenti notarono che l’attenzione di Kuma era diretta verso il loro capitano, e anche quest’ultimo se ne accorse.
 
-Ma che diavolo hai per la testa? Perchè non ce lo hai detto?
 
A quella domanda insensata, Taichi gli prestò la sua intera attenzione, guardandolo confuso:
 
-Ma di che parli, Kuma? Credo che tu abbia bisogno di uno psicologo...- disse facendo scatenare una risata generale.
 
Ma videro il compagno indispettirsi ancora di più, e fare dei passi decisi in avanti:
 
-Di che parlo?? Di cosa sto parlando? Direi che il ritorno in campo di Sora interessi tutti noi, e non solo te, capitano!- fece quasi nervoso.
 
Tutti i presenti si impallidirono, e si ammutolirono a quella risposta del compagno.
 
Ma, ovviamente, chi sgranò ancora di più gli occhi per lo stupore fu proprio lui, Taichi, che rimase a bocca aperta e davvero sconvolto.
 
Kuma lo notò, ma non fece in tempo a spiegarsi che avanzò subito Hachiro:
 
-Sora ha ricominciato a giocare a calcio?!!
 
Cominciarono tutti a sommergere colui che aveva dato la notizia, ma Taichi, a quella domanda così diretta di Hachiro, avanzò subito, facendosi spazio tra i presenti e prendendo Kuma per il colletto della maglia:
 
-Questo scherzo è davvero di cattivo gusto, Kuma!
 
-Non è uno scherzo! Credevo...credevo che tu lo sapessi! Si sta allenando ora con la squadra femminile della nostra scuola! Al campetto di terra! Lo giuro, va a vedere tu stesso!- fece il ragazzo, un pò spaventato dalla reazione improvvisa del giovane dagli occhi nocciola.
 
Taichi notò la sincerità del suo amico, così gli tornò in mente la scena di qualche ora prima in cui l’amica cercava di dirgli qualcosa.
 
E forse, quel qualcosa, era prorio quello.
 
Lo lasciò immediatamente non appena materializzò nella sua testa questa possibilità, e, senza pensarci due volte, scattò verso il campo di destinazione.
 
Non si accorse nemmeno che al suo seguito avesse tutta la sua squadra che lo stava seguendo, non riusciva neanche a pensare, ma percepiva solo qualche dolore al cuore dovuto alla delusione che stava provando.
 
Arrivò senza accorgersene alla meta.
 
Mentre riprendeva fiato, cominciò a scrutare tra le giocatrici e non ci volle tanto a trovarla, lui l’avrebbe riconosciuta tra miliardi di persone.
 
In quel momento, aveva appena stoppato una palla al volo ed era scattata in avanti, senza neanche esitare.
 
Riuscì a superare due compagne e fare un tunnel ad un’altra, per poi passare la palla al suo capitano che la colpì al volo e centrò in pieno la rete.
 
Kykio sorrise, soddisfatta:
 
-Accidenti, Sora, sapevo che eri una fuoriclasse, ma non di questi livelli.
 
La ragazza cercò di riprendere il fiato, per poi sorriderle e fare il cenno dell’”ok”.
 
Si mise le mani sui fianchi, l’allenamento era finito, lo stava annunciando il loro mister e intravide Keiko andarle incontro, tutta sorridente:
 
-Oh, ti prego! Insegnamelo!
 
-Non credo si possa insegnare!- fece un’altra ragazza, di nome Yukino, prima di scoppiare a ridere con le altre.
 
-Ehi Sora.- la chiamò il capitano dagli occhi verdi, accennando con la testa verso una direzione.- Per caso hai portato anche il tuo fanclub?
 
L’interessata la guardò confusa, per poi voltarsi nella direzione indicata e sentirsi immediatamente sprofondare in un abisso: lontano, poteva benissimo vedere tutta la sua ex squadra di calcio che, non appena voltata, la cominciò a salutare calorosamente, urlando il suo nome e altri complimenti gratuiti che Sora non comprese.
 
Non riuscì a capire nulla perchè i suoi occhi mielati si impuntarono sulla figura di lui, del suo migliore amico, che la guardava con sguardo indecifrabile e che era poco distante dal resto del gruppo maschile.
 
Spostò la sua attenzione di nuovo sulle sue compagne e cercò ,nel mentre, di pensare a mente fredda: quello era decisamente il modo più sbagliato per fargli scoprire una cosa del genere, e si maledì cento volte per non avergliene parlato prima.
 
Oramai il danno era fatto, non poteva restarsene lì impalata e ,sopratutto, era ora di dare spiegazioni.
 
Salutò velocemente le compagne, prima di andare a riprendere il suo borsone in panchina e dirigersi verso quella specie di “folla” che la stava aspettando con ansia.
 
Dentrò di sè, stava morendo di paura, aveva un gran magone alla gola, come avrebbe reagito? Da cosa sarebbe dovuta partire? Quali parole avrebbe dovuto usare?
 
Emersero in un solo secondo mille dubbi, cercò con tutta sè stessa di trovare una risposta almeno ad uno di essi ma non aveva tempo.
 
Pur camminando lentamente facendo la scalinata a passi piccoli, arrivò in un attimo alla salita dove tutta la sua ex squadra la stava aspettando.
 
Si fermò ,poco distante da loro, e non esitò nel salutarli:
 
-Emh... ciao ragazzi...- fece un pò timida, per poi pentirsene.
 
Si fiondarono su di lei, e il primo fu Hachiro che l’abbracciò letteralmente, pieno di felicità.
 
-Io lo sapevo! Mai avresti rinunciato a tutto questo! Sei nata per fare la calciatrice!
 
Sora non riuscì a rispondere o trattenere nessuno di loro, che cominciarono ad assalirla con abbracci, a riempirla di complimenti ma anche di domande.
 
Cercò, come era solita fare, di rispondere educatamente a tutti loro e di ricambiare quel calore che, se fosse stato dato in una situazione normale, avrebbe accolto con piacere e l’avrebbe resa felice.
 
Ma sentiva lo sguardo di Taichi, lontano rispetto ai suoi compagni, mirare proprio a lei.
 
La stava aspettando, non c’era alcun dubbio, così, con la sua solita delicatezza e i suoi modi affabili di fare, riuscì a liberarsi dei suoi compagni, per farsi spazio verso di lui.
 
Salutò, senza spostare lo sguardo dalla figura di Taichi, il resto del gruppo, dicendo che ora doveva andare via con il loro capitano,e facendo così capire che dovevano parlare urgentemente.
 
Il fatto che il leader della squadra non sapesse di tutto ciò, non li fece protestare, così da andarsene senza problemi e salutando la loro amica, promettendole che non si sarebbero mai persi una sua futura partita.
 
Rimasero inevitabilmente soli.
 
Anche se tra qualche nuvola spuntavano deboli raggi di sole, il freddo era sempre presente e le folate di vento congelavano ancora di più la restante scena.
 
Sora sapeva che doveva iniziare a parlare, era ovvio, gli aveva tenuto in segreto una cosa del genere, e ciò non era mai accaduto nella loro vita.
 
Poteva sembrare una sciocchezza, ma per il trascorso della loro amicizia ciò non lo era affatto.
 
-Taichi... io...ho cercato di...
 
-Da quanto giochi a calcio?
 
La domanda diretta del suo migliore amico la interruppe e le fece quasi sobbalzare.
 
Il tono che aveva usato era apparentemente calmo, ma deciso.
 
Notò che Taichi stava stringendo i pugni e , mano a mano che i secondi passavano, chiudeva ancora di più la mano, fino a farla tremare.
 
Sapeva che ora non poteva mentirgli, era un libro aperto per lui e se avrebbe detto una bugia, lo avrebbe capito.
 
-Ho giocato Sabato pomeriggio... e poi ieri... e infine oggi... è che io...
 
-Sabato.. dovevo immaginarlo. Avevo capito che stavi mentendo.
 
Continuava ad usare lo stesso tono e ad interrompere le sue frasi, così non andava affatto, così la sua ansia e l’oppressione all’interno del suo cuore sarebbe solo cresciuta.
 
-E quando avevi intenzione di dirmelo? Quando oramai lo avrebbe saputo tutta Odaiba?
 
Ora la sua voce stava cambiando, stava diventando più nervosa, ma Sora non si perse d’animo.
 
-Te lo avrei detto oggi...
 
-Perchè prima proprio non potevi? Non hai mai avuto tempo per dirmelo?!
 
Stava perdendo la pazienza e la delusione che provava stava emergendo, nonchè la ferita che le aveva causato non accennadogli a tutto ciò.
 
-Le occasioni ci sono state ma...
 
-Ma cosa, Sora?! – chiese lui avvicinandosi a lei, con quasi gli occhi lucidi.
 
-Ma puntualmente venivi sommerso da Ayako! Perennemente!- sbottò lei, violando la legge che si era implicitamente imposta, ossia non nominarla.
 
Infatti, Taichi rimase per un attimo scosso da quella risposta, ma non reggeva neanche quella scusa.
 
Si, quella ragazza era perennemente con lui, ma solo quando uscivano in pubblico.
 
-Smettila di dire idiozie! Sabato ero a casa tua e non me lo hai detto! Inoltre abito ad un piano sopra di te! Domenica ne avevi tutto il tempo! Perchè mi hai nascosto una cosa simile? Perchè, Sora?!
 
La ragazza non sapeva cosa dirgli, non poteva menzionargli di aver avuto una crisi, non voleva dirgli di star male da tempo per certe cose, voleva evitare, ma in quel modo, cosa poteva inventarsi? Cosa poteva dirgli?
 
-Io ... io avevo bisogno di un altro sport... e tu lo sapevi... come sappiamo entrambi che non mi avresti lasciato praticare il calcio, lo hai sempre detto... ma il calcio mi serve...è l’unico sport che riesce a farmi dimenticare!
 
-Ma che stai dicendo?! Che cosa devi dimenticare?!- quasi urlò Taichi con gli occhi ormai evidentemente lucidi.
 
-Tutte le immagini di te e Ayako che ho nella mia testa!
 
Quasi lo urlò, in preda alla disperazione, chiudendo gli occhi e stringendo i pugni.
 
Non lo sentì più parlare e proprio in quell’istante si rese conto di ciò che aveva detto.
 
Aveva tirato fuori ciò che si era promessa qualche minuto prima di non rilevare, ma, presa dalla paura, dall’ansia e dalla consapevolezza che l’amico avesse ragione sul suo torto, lo aveva detto tutto d’un fiato.
 
Alzò così la testa, mostrandosi più scioccata di lui per ciò che aveva pronunciato.
 
Taichi era rimasto quasi paralizzato, fissandola con occhi quasi tremanti.
 
La sua chioma ondulava leggemente a causa del vento, e qualche foglia secca volava di fronte a loro, distorcendo un pò l’immagine delle loro figure.
 
Sembrava davvero che quel freddo li avesse congelati.
 
Ma Sora si svegliò a causa del battito del suo cuore, che cominciò ad accelerare di più non appena si rese completamente conto di avergli rilevato una cosa che teneva nascosta da mesi nel suo cuore.
 
Così, inondata dalla vergogna e dal senso di colpa, strinse di più il suo borsone e scattò ,più veloce del vento, lasciandolo lì, impietrito per tutto ciò che era accaduto.
 
O meglio, da quella semplice frase.
 
Aveva sempre pensato che non le importasse nulla di ciò che gli accadeva in quell’ambito.
 
Quando veniva sommerso da tutte quelle ragazze, lei guardava altrove, o continuava a scherzare con gli altri.
 
Quando Ayako lo assaltava, quasi che lo ignorava.
 
Lui si era sempre comportato così, per paura che potesse pensare male cercava di distaccare chiunque gli si attaccasse, anche se poi Sora non lo guardava mai in quei momenti.
 
O così aveva sempre pensato fino a quel minuto.
 
Ora si stava capovolgendo tutto.
 
Ora si stava rendendo conto che forse si sbagliava.
 
Ora dentro al cuore di Taichi si stava accendendo un barlume di speranza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE E STRA-NOTE DELL’AUTRICE
 
 
Chiedervi perdono non basterebbe.
Come anche spiegarvi il perchè di questo lungo abbandono.
Ci sono mille scuse, blocco dell’autrice? Che ho riscritto tre volte il capitolo? Che quando avevo trovato la retta via ho perso tutte le mie 70 pagine scritte? Bè, non basterebbero per chiedervi scusa.
Mi dispiace davvero, di cuore! Ma io ho vari difetti, quello principale è avere paura di darvi una delusione.
Quando ho iniziato questa storia non pensavo di attirare l’attenzione di tanti, sono davvero onesta, tanto che mi sono spaventata nel vedere tutte queste recensioni per 4 capitoli.
 
Ora, anche sto vivendo nella paura di avervi deluso.
Ma non ho avuto scelta, mi sono promessa di finirla, in qualunque modo e manca un maledetto capitolo (che ahimè devo finire, ma lo finirò!).
Non mi piace per niente il capitolo, so che ve lo aspettavate diverso ( come ho già detto, l’ho riscritto tre/quattro volte, e vi giuro che le idee erano totalmente diversa l’una dall’altra).
 
Ma ho scelto di cacciare di nuovo fuori la vera Sora, quella di cui mi sono innamorata nella serie 01, la ragazza amante del calcio, un pò maschiaccio, ma estremamente dolce e tenera.
Io amo la serie 01 e odio il seguito (ma dai? Davvero? Non si era capito, per niente).
Infondo sono tutte queste piccole cose che l’hanno legata all’altro personaggio che amo, ossia Taichi, quindi...perchè rinunciarci? Si, lo so, penso che a molti di voi non piaccia questo aspetto, ma io lo adoro...
 
Ragazzi, davvero, scusatemi se l’idea non vi piace, ma se rimanevo a rimuginare non l’avrei più continuata! Scusate se ho distrutto le vostre aspettative!
 
Comunque, devo ringraziare davvero la mia storia, What i’ve done, perchè è questa fanfiction che mi ha sbloccata,e devo ringraziare i sostenitori di essa (che sono anche dei miei vecchi fans) che mi hanno sempre incitata e dato forza nel continuarla! Questo capitolo lo dedico in parte a voi, grazie!
 
Infine volevo scusarmi con le ultime persone che hanno recensito Unbreakable bond e a cui non ho mai risposto, prometto che d’ora in poi vi risponderò! Ma ero davvero sparita dal sito per un bel pò e, quando sono tornata, mi vergognavo a rispondervi! (dovevo prima pubblicare l’aggiornamento!)
 
Con ciò, spero vi sia piaciuto un pochino o qualche idea, ci vediamo nel prossimo capitolo (CONCLUSIVO) che credo arriverà tra due settimane, contando un pò di vacanza e ozio nella settimana di ferragosto!
 
Alla prossima!!
Tanti baci per voi.
 
Ps se vedete qualche santo in giro, è colpa mia e del mio aggiornamento dopo ben due anni! (l’ultimo aggiornamento è stato fatto il 13/08/2012, davvero ho quasi fatto aspettare due anni...poi per questo schifo di capitolo,...che crudeltà...scusatemi ancora...)
 
 

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Capitolo 6
*** Odaiba 2006, Febbraio (part 2) ***


 
Pre-nota: non è il capitolo conclusivo, ho sbagliato un pò i conti!
 
 
 
 
 
 
 
Odaiba 2006, Febbraio (parte 2)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quel tardo pomeriggio, Taichi era tornato a casa molto agitato e davvero scioccato.
 
Si era rinchiuso subito dentro la camera, ignorando il saluto di sua madre.
 
Erano due ore che camminava su e giù per la stanza, ma non se ne rese per niente conto.
 
Sentiva la testa formicolare e il cuore sospeso, non riusciva ad iniziare un ragionamento che subito veniva annientato da quelle sensazioni sconvolgenti che stava provando.
 
Era come se fosse stato preso da un’ansia improvvisa che gli aveva distrutto tutte le facoltà mentali, nonchè i sensi.
 
Continuava a camminare su e giù, con lo sguardo completamente perso.
 
Cercò di assemblare ciò che era accaduto.
 
Iniziò dalla scoperta del ricongiungimento di Sora col calcio, il quale inizialmente gli aveva creato un’enorme delusione e dolore, non tanto perchè l’amica avesse cominciato a frequentare di nuovo quello sport, ma, più che altro, perchè glielo aveva nascosto, per ben tre giorni.
 
Il fatto che non gli avesse detto una cosa del genere lo aveva lacerato, ferito.
 
Loro si dicevano sempre tutto, Taichi era il primo a conoscere ogni cosa che la riguardasse, e, così facendo, sentì, in quel momento, diminuire l’importanza che sentiva di avere per lei.
 
Era questo che lo aveva scombussolato inizialmente e che, quasi, gli aveva creato una grande rabbia dentro.
 
E fino a lì, riusciva a continuare il suo ragionamento.
 
Poi arrivava il punto tragico.
 
Si immerse nei ricordi della loro breve conversazione, si ricordò tutte le domande che le fece, ogni parola usata, per poi sentire di nuovo nella sua testa le risposte di lei.
 
 
-Ma che stai dicendo?! Che cosa devi dimenticare?!-
 
-Tutte le immagini di te e Ayako che ho nella mia testa!-
 
 
Puntualmente, quando arrivava a quella frase, la mente di Taichi si spegneva.
 
Non  riusciva ad andare avanti, non riusciva ad analizzarla per colpa di quella specie di sospensione del cuore che gli toglieva il fiato e le energie.
 
Aveva bisogno di aiuto, di un parere.
 
Giunse a questa conclusione, non si sarebbe mai sbloccato da solo.
 
Ma a chi poteva chiedere?
 
Serviva una persona che lo conosceva bene, di cui si poteva fidare ciecamente, che non lo avrebbe tartassato troppo con eventuali domande e che avrebbe risposto a tutti i suoi dubbi: Hikari.
 
Appena materializzò il nome della sorella in testa, uscì dalla sua camera di corsa per poi entrare, senza neanche bussare, in quella della bella ragazza.
 
La giovane era intenta a parlare al telefono quando sobbalzò per l’entrata improvvisa del fratello.
 
Taichi notò la sorella, seduta vicino alla sua scrivania, col cellulare all’orecchio, ma in quel momento non gli interessò disturbarla:
 
-Hikari, devo parlarti, subito.
 
L’interessata sgranò gli occhi, per squadrarlo meglio e analizzare il suo viso già pallido.
 
Comprese subito la serietà del bel castano, nonchè il suo sconvolgimento, così si affrettò a chiudere la chiamata:
 
-Scusa, Takeru... ti chiamo dopo, devo un attimo parlare con Taichi.
 
A quel nome, il fratello fece una smorfia di disapprovazione, possibile che doveva stare sempre al telefono con quel biondino?
 
-Ma state insieme?- chiese senza pudore, facendola arrossire.
 
Si indispettì anche per la sua poca discrezione, voltandosi completamente verso di lui:
 
-Si bussa , di solito, quando si vuole entrare in camera di un’altra persona...e comunque... no... non ancora...- sussurrò un pò delusa.
 
Taichi fece un evidente sospiro di sollievo, che arrivò anche alla ragazzina, la quale si indispettì ancora di più:
 
-Sei venuto per controllarmi? –chiese infine confusa, non capendo cosa volesse.
 
Per un secondo pensò che fosse entrato perchè l’aveva sentita parlare al telefono con Takeru, ma questo dubbio svanì subito quando vide di nuovo il cambio di espressione del fratello.
 
Si fece un pò più serio, e cominciò a grattarsi la testa, evidente segno che era leggermente in imbarazzo.
 
Chiuse la porta della camera di Hikari, per prendere più tempo, per poi voltarsi di nuovo verso lei.
 
Sua sorella, a quel punto e vedendolo così, lo guardò ancora più incuriosita, ma vide che iniziò presto a parlare.
 
-Devo chiederti un parere.
 
Dopo aver sbattuto le palpebre degli occhi almeno cinque volte in un secondo, per vedere se stesse sognando, focalizzò meglio la sua figura: era davvero serio.
 
Taichi notò il suo stupore e il suo sguardo indagatore, così precisò:
 
-Ma niente domande sul come, quando e perchè, ok? Me lo fai questo piacere?
 
Lo vedeva abbastanza agitato, le mani gli sudavano, e il suo viso era leggermente rosso.
 
Hikari alzò le spalle, guardandolo ancora confusa:
 
-Ok.. come vuoi tu... dimmi... –disse non molto convinta.
 
Vide il fratello cominciare a camminare su e giù per la stanza, come se stesse cercando le parole e temporeggiando, al che la giovane Yagami pensò proprio che doveva essere successo qualcosa di sconvolgente.
 
Non lo aveva mai visto così e, sopratutto, aveva sempre evitato di chiederle dei favori o dei pareri, per quello di solito c’era Yamato.
 
-Ecco... immaginati questa scena.- iniziò, poi, deciso ma non guardandola negli occhi e continuando a camminare.-...Tu sei molto amica di Takeru, però c’è Daisuke, il tuo compagno di classe che ci prova spudoratamente con te, che non ti si stacca un secondo di dosso e che ti corteggia davanti a Takeru...
 
A quell’inizio, Hikari diventò ancora più rossa: era davvero una scena già vissuta.
 
Daisuke era un suo compagno di classe che non la lasciava neanche un secondo, tanto che, il Sabato precedente, quando il biondino doveva accompagnarla a casa, lui, pur di non lasciarli da soli, li seguì nonostante non fosse stato invitato, facendo così svanire l’ennesima chance per Takeru di dichiararsi alla bella castana.
 
La giovane Yagami non fece in tempo a pensare a tutto ciò e al perchè suo fratello le stesse dicendo quelle cose, che lui stesso continuò il suo racconto:
 
-Immagina che Takeru, ad un certo punto, cominci a comportarsi in modo strano, comincia a non raccontarti più certe cose e ad avere atteggiamenti altrettanto strani... riesci ad immaginarlo? Mi segui?- continuò Taichi, assicurandosi l’attenzione della sorella.
 
La vide annuire, anche se ancora non riusciva a capire minimamente del perchè tutto quel discorso.
 
-Insomma, metti caso che tu notassi quel suo strano comportamento e che tu decidessi di andargli a parlare per capire  il perchè e che lui si giusticasse dicendoti una cosa del tipo: “Mi comporto in questo modo  e ho deciso di fare queste cose perchè non riesco a cancellare tutte le immagini di te e Davis che ho nella mia testa” intendendo che ha iniziato a fare certe cose solo per cancellare quelle scene... ecco, come lo interpreteresti?
 
La stanza si inondò completamente di silenzio.
 
Hikari rimase spiazzata per svariati motivi: era innanzitutto davvero confusa, il fratello era entrato nella sua stanza in maniera impulsiva e gli aveva sparato tutta quella assurdità, e poi stava cercando di farla immedesimare in una certa situazione che, per comprenderla, le ci volle un attimo.
 
Quando cercò di aprir bocca, vide il fratello puntarle una mano contro:
 
-Ricorda! Niente domande! Solo risposte!-precisò subito.
 
Lo guardò di nuovo, un pò scocciata, per fargli capire che aveva compreso la sua volontà di non subìre un interrogatorio.
 
-Bè ecco... ci sono davvero passata in una situazione del genere, credo... l’hai descritta in una maniera abbastanza incomprensibile, ma penso di aver capito cosa volessi intendere.
 
Vide Taichi pendere dalle sue labbra, non lo aveva mai visto così attento, ma cercò di continuare:
 
-Poco tempo fa accadde proprio una cosa simile. Daisuke era davvero pesante, tanto che Takeru si offese una volta. Cercò di parlarmi come sempre ma... era strano, sembrava che in certe cose si trattenesse. Così, esposi i miei dubbi un giorno e lui non si fece problemi nel chiarirmi ciò.
 
Hikari si sentiva un pò in imbarazzo, aveva sempre parlato molto poco col fratello di Takeru, quindi le parve davvero strano parlare ,in quel momento, con lui di tutto ciò.
 
Ma vedere il ragazzo così attento e ansioso nel sentire l’esito della sua risposta la spingeva lo stesso a continuare e a non badare alle sue emozioni.
 
-Mi disse che era geloso di Davis, che non voleva che nessun altro mi toccasse, che gli dava fastidio vederlo corteggiarmi, e che, si, era consapevole che io non lo ricambiassi, ma, mi specificò, che comunque quelle immagini gli davano così tanto fastidio tanto da non riuscire a cancellarle dalla sua mente...
 
Ma il fratello sembrò congelato, una statua, non cambiò neanche un secondo espressione, ed Hikari intuì che forse non riusciva ancora a ragionare e ad intuire il messaggio.
 
Vista la situazione, la bella fanciulla dagli occhi nocciola decise di parlargli esplicitamente, riportando ,però, la scena a lui stesso.
 
Aveva capito che gli era accaduta una cosa simile, ovvio, chiunque lo avesse sentito ci sarebbe arrivato, quindi, perchè parlare di lei stessa?
 
-La ragazza che ti ha detto una cosa del genere è stata presa dalla gelosia di vederti con un’altra, che suppongo sia Ayako. E credo che, se provasse solo amicizia nei tuoi confronti, non avrebbe questo disperato bisogno di cancellare le immagini di te e quella vipera dalla sua testa.
 
Solo a quel punto e a quell’espressione diretta di Hikari, Taichi si scompose, diventando rosso in viso e cominciando a sudare.
 
Cominciò a balbettare, cercando di tirarsi fuori dalla situazione, ma vide la sorella ridere e scuotere la testa.
 
-Hikari, smettila! E poi come credi che possa essere vera una cosa del genere? Come fai ad esserne certa?
 
Vide gli occhi nocciola della sorella puntarsi sui suoi, decisi e seri:
 
-Semplice, perchè questa stessa ragazza, che ti ha dichiarato il bisogno di eliminare le vostre immagini dalla testa, mi aveva detto la stessa cosa quando gli raccontai di Takeru e Daisuke.
 
Al suo dolce fratello cominciò ad accorciarsi il fiato, stava evidentemente avvampando, stava prendendo fuoco.
 
Si stava rendendosi conto che la sorella aveva capito tutto, quando continuò:
 
-Mi aveva detto che Takeru si era comportato in quel modo perchè era geloso, e dinfatti lui ammise ciò. E lei aggiunse che la sua gelosia era dovuta all’amore che provava per me...- disse leggermente rossa, per poi guardare il giovane ormai in preda all’agitazione.
 
Non riusciva a credere alle parole della sorella, e si stava chiedendo se aveva fatto bene ad andare da lei, perchè in quel momento si sentiva svenire.
 
-Taichi...
 
Il richiamo della ragazzina lo svegliò di nuovo, causandogli un sobbalzo che quasi gli spaccò il cuore, ma mai come la frase che susseguì.
 
-Sora ti ama, lo vuoi capire o no?
 
Ora davvero, stava per esplodere.
 
Impulsivamente, uscì velocemente dalla camera della fanciulla, per correre a rinchiudersi nella sua.
 
Si era fatto vedere fin troppo imbarazzato, si stava vergognando a morte per quello che si erano detti in quella stanza.
 
Ma, sopratutto, non riusciva a rendersi conto di tutto ciò, non ci credeva minimamente.
 
Hikari sospirò, per poi alzarsi lentamente dalla sua sedia e dirigersi ,con tranquillità, verso la camera del suo fratellone.
 
Arrivata, cercò di aprire la porta, ma si stupì quando la trovò chiusa a chiave: la situazione doveva essere davvero peggio di quanto pensasse.
 
Lo pregò di aprirle, ma non ricevette alcuna risposta.
 
Il giovane Yagami si era seduto per terra, con la schiena puntata alla porta, e lo sguardo perso nella sua camera.
 
La mente ancora gli formicolava per l’assurdità della notizia appresa, doveva ancora focalizzare il tutto.
 
-Ma possibile che non ti sia mai reso conto di nulla?
 
La dolce voce della fanciulla lo svegliò di nuovo, causandogli un ulteriore tremore al cuore.
 
Di cosa doveva rendersi conto? Sora si era comportata da sempre allo stesso modo con lui, non aveva mai notato nulla di strano.
 
Era sempre stata al suo posto, non si era mai sbilanciata, lui era da sempre stato il primo ad abbracciarla, ad avere un contatto con lei.
 
Come se Hikari gli avesse letto nel pensiero, continuò:
 
-E’ una vita che ti ama, dai tempi di Digiworld, io l’ho sempre saputo, l’ho sempre capito.
 
A quelle rivelazioni ,davvero scandalose, Taichi si scompose e si agitò ulteriormente:
 
-Ma che stai dicendo? Stai delirando Hikari! Smettila!
 
Ma questa poteva essere una buona motivazione ai suoi dubbi, forse lei lo aveva sempre amato in maniera discreta, e il suo normale comportamento era da sempre dovuto al suo continuo amore per lui, fin dalle origini della loro amicizia.
 
-Come vuoi, ma ti chiedo di pensare a tante piccole cose... per esempio, anni fa, quando lei venne a quella partita nonostante le sue condizioni fisiche, mi disse delle parole importanti.. disse che non sapeva stare senza di te, che quei giorni che aveva passato in tua assenza aveva sofferto davvero tanto e che si rese ben conto che non le importava nulla di sè stessa, ma voleva solo renderti felice.
 
A quei racconti, Taichi si immerse a quel giorno di qualche anno prima, era stato terribile ciò che aveva passato in quel periodo.
 
Lo aveva reputato uno dei sbagli più grandi della sua vita, si era pentito un miliardo di volte per tutto ciò.
 
-Disse che se doveva proprio decidere, preferiva star male fisicamente che stare senza te. Taichi... non credo di aver mai visto una persona provare tanto amore...
 
Quasi gli venivano le lacrime agli occhi, e non sapeva neanche il perchè.
 
Possibile che sua sorella avesse ragione?
 
Possibile che Sora l’avesse sempre amato e non gli avesse detto mai niente?
 
Si ricordò di quanto aveva sofferto nel periodo in cui si rese conto dei suoi sentimenti per lei, e si sentì fortunato di aver avuto accanto Yamato, con cui si sfogò un poco.
 
Ma lei, se fossero state vere le parole di Hikari, si era tenuta da sempre un peso dentro al cuore, che non aveva rivelato a nessuno.
 
Come aveva potuto resistere a tutto ciò?
 
Sentì chiudere la porta, Hikari evidentemente se ne era tornata in camera.
 
Sapeva che ,se il fratello avesse avuto bisogno, sarebbe corso di nuovo da lei.
 
La ragazzina sentiva di aver un pò esagerato, ma alla fine, pensò, era ora di far aprire gli occhi al fratello.
 
Lei era l’unica che aveva osservato Sora e Taichi evolversi nel tempo, ogni loro sentimento, ogni lato del loro carattere, qualsiasi cosa.
 
Era l’unica che si era accorta del cambio di sentimenti della Takenouchi nonostante la sua giovane età a quei tempi, ed era stata una delle prime a capire il risveglio del cuore di suo fratello.
 
Per il bene di entrambi, lei non aveva accennato nulla a riguardo, sapeva che prima o poi avrebbero dovuto cavarsela da soli.
 
Ma era consapevole, anche ,come era suo fratello, che ci sarebbe arrivato molto tardi a capire tutto ciò.
 
Taichi si strinse il petto, tutto quel duscorso e quelle sensazioni facevano davvero male.
 
Cercò di mettersi nei panni di Sora ma durò poco, perchè sentì subito il cuore comprimersi per la sofferenza.
 
Lui non avrebbe mai resistito a tutto ciò, per tutto quel tempo.
 
La verità è che Sora si era da sempre fatta da parte per farlo felice, era a questo che lei aveva sempre puntato.
 
Il giovane Yagami non riusciva ancora a capacitarsi di tutta quella scoperta, tanto che cominciò a cercare di convincere sè stesso che tutto quello che aveva detto Hikari fosse falso.
 
Sora aveva solo provato amicizia niente più.
 
Ma questa frase, che si ripeteva continuamente dentro la testa, si faceva sempre più debole ogni volta che esaminava le tante scene passate, partendo proprio da Digiworld.
 
E quasi che entrò in panico mano a mano che i ricordi si facevano sempre più chiari.
 
Ed ora, come avrebbe dovuto comportarsi? Che cosa sarebbe accaduto?
 
Non sapeva più come agire, non sapeva cosa avrebbe dovuto dirle il giorno dopo, e tutto questo sconvolgimento durò l’intera notte.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Arrivò, così, la mattina seguente.
 
Taichi non aveva dormito per niente, e così, per la prima volta, fu davvero puntuale.
 
Quella notte l’aveva anche passata ad immaginare un’eventuale scena futura, ossia la situazione che poteva affrontare proprio quel giorno.
 
Pensò che Sora cercasse comunque di presentarsi, come al suo solito, a Casa Yagami quella mattina, per poi andare a scuola con i due figli di Yuuko.
 
Quasi che ne era certo che venisse, al massimo avrebbe fatto finta di nulla in presenza di Hikari.
 
Sora era un il classico tipo che voleva risolvere le situazioni di tensione il prima possibile, era successa una cosa del genere quelle poche volte che avevano discusso.
 
Ma quella mattina stava tardando.
 
Nel mentre decideva se chiamarla o mandarle un messaggio, Hikari, nonostante la presenza della madre, gli si parò davanti con una mano su di un fianco.
 
Con l’altra, reggeva il suo telefonino e cominciò ,così, a leggere un messaggio, un pò infastidita:
 
-“Buongiorno Hikari, stamattina vado prima a scuola perchè devo vedere il capitano della mia squadra di calcio,Kykio, quindi non aspettatemi! Ci vediamo direttamente dopo, un bacio, ti adoro.”
 
Taichi sgranò gli occhi, scosso e deluso allo stesso tempo, come il giorno prima.
 
Aveva speso minimo due ore della notte per cercare di immaginare la scena di quella mattina, per capire come si doveva comportare al suo arrivo in casa e, invece, Sora lo aveva mollato.
 
Non fece in tempo a ragionare per bene su questa cosa che Yuuko avanzò, allibita, con una domanda:
 
-Calcio? Squadra di calcio? Da quanto Sora gioca a calcio?
 
La signora Yagami era seriamente preoccupata, poichè capì che sua figlia non ne sapeva ancora nulla.
 
Invece, dall’espressione del figlio, trapelò la sua consapevolezza su questo evento.
 
-Vuoi spiegarmi una volta per tutte che sta accadendo? Prima cosa, non è da Sora non presentarsi quì la mattina, sappiamo entrambi che questa è una palese scusa. Seconda cosa: tu sapevi del calcio??? E non dici nulla? Anche io adoro Sora, e lo sai! Perchè non mi rendi partecipe di certe cose?!
 
Sua sorella era abbastanza infastidita, e poche volte l’aveva vista così.
 
Ma Taichi in quel momento non pensò alla sua predica.
 
Sora lo voleva evitare? Non poteva, erano anche vicini di banco, non poteva farlo.
 
Anche perchè, questo suo atteggiamento era davvero doloroso.
 
Prese la cartella velocemente e ,per la prima volta, non aspettò neanche la sorella per uscire di casa, lasciando ,così, le donne della sua vita perplesse dietro di sè.
 
Corse come non mai, non aveva mai corso così veloce per andare a scuola.
 
Per fortuna, nonostante il freddo, quel giorno spuntava un pò di sole.
 
Ma quasi che neanche se ne accorse, in quel momento poteva anche diluviare, tanto lui era in un’altra dimensione.
 
Arrivò nel cortile della scuola, posto all’ingresso di essa.
 
Vi erano molti studenti, e gran parte delle ragazze cercarono di salutarlo dopo aver notato la sua presenza, ma neanche questo notò.
 
Era intento a scrutare tra la folla, sapeva che non era del tutto una scusa quello che Sora aveva scritto a sua sorella. Certo, poteva incontrare Kykio anche dopo le lezioni e non quella mattina, ma ,se aveva detto una cosa del genere, era sicuramente vera.
 
Passò al setaccio un pò di gruppi di studenti, non degnando di un saluto nessuno di loro.
 
Poi, finalmente, l’avvistò, e, infatti, era proprio con lei, con la bella mora dagli occhi verdi.
 
Stavano ridendo in quel momento, ma, spinto da quello strano impulso che lo accompagnava dal giorno prima, si diresse senza problemi dalle due fanciulle.
 
Se fosse stata un’altra situazione, avrebbe esitato, anche per non interrompere una conversazione in corso, ma quella mattina nessuna scusa poteva fermarlo.
 
Era come se il suo cuore fosse perennemente accelerato, come se fosse investito da un’emozione e da una specie di ansia continua, che non lo lasciava neanche un secondo.
 
Doveva parlarle per calmarsi un poco, doveva ottenere di nuovo un dialogo normale con lei, se no non sarebbe potuto andare avanti con la sua vita.
 
Arrivò con decisione dalle due ragazze, che dapprima non si accorsero del suo arrivo, ma poi Taichi chiamò per nome la donna che amava, attirando la loro attenzione.
 
Vide chiaramente le due interessate voltarsi ridendo ma, mentre Kykio mantenne il sorriso, Sora cambiò la sua espressione, totalmente sorpresa.
 
La Takenouchi, alla sua vista, sentì dissolversi il cuore, lasciando ,così, un grande vortice al petto che sembrò risucchiare la sua anima.
 
La ramata si stupì ulteriormente quando scrutò il viso dell’amico e risultò non essere minimamente arrabbiato, come poteva invece trapelare il giorno prima, ma comunque era abbastanza pallido e agitato.
 
Ci fu un attimo in cui Sora non sapeva se guardare l’amica, il pavimento o lui, era davvero spiazzata e imbarazzata.
 
Anche lei, quella notte non aveva chiuso occhio.
 
Quel momentaneo segreto svelato in quel modo il giorno prima, più la sua frase inappropriata che poteva lasciar intendere qualcosa dei suoi sentimenti, le avevano messo davvero una grande angoscia dentro.
 
Aveva paura di aver dato una falciata alla loro grande amicizia, di aver dato il via al decadimento di tutto ciò che avevano costruito fino a quel giorno, e , con questi pensieri, ci era stata davvero male.
 
Ed ora, vederlo lì, apparire all’improvviso, le aveva provocato un ulteriore tonfo al cuore.
 
Taichi, per sdramatizzare, salutò col sorriso il capitano della squadra femminile, chiedendole anche come stesse.
 
Mentre gli rispondeva, sbucò un altro bel ragazzo, alto, dai capelli biondi e gli occhi limpidi:
 
-Ah, eccovi. Non vi ho incrociato lungo il cammino.
 
Non appena Yamato terminò la frase, notò la presenza di Kykio, una delle sue vecchie conquiste, fulminarlo letteralmente.
 
Sora salutò, spiegando di essere uscita prima per incontrare il suo capitano, e concluse posando i suoi occhi dorati su quelli nocciola di Taichi.
 
Aveva uno sguardo così profondo, un misto tra il malinconico e il serio, ma anche con un velo di dolcezza che la catturò letteralmente.
 
-Ma allora sono vere le voci che girano, Sora.
 
Il biondo la richiamò alla realtà e attirò l’attenzione di tutti i presenti.
 
-Hai davvero cominciato a giocare nella squadra femminile? E non mi hai detto nulla?
 
L’amica si imbarazzò, di certo non voleva davvero farlo sapere anche a lui in quel modo.
 
Non riuscì, comunque, a credere che si stava già parlando del suo cambio di sport in giro, e non riuscì a finire di pensarlo che arrivò la risposta pronta di Kykio:
 
-Noto che sei ancora amica di questo quì, Sora. Sei davvero la ragazza più buona della scuola.- disse, mandandogli un’evidente frecciatina.- Comunque, ci vediamo domani agli allenamenti. In caso di problemi, ci sentiamo per messaggi.
 
L’intervento della mora dai capelli corti spiazzò i due ragazzi, sopratutto il diretto interessato, non aveva proprio smesso di odiarlo.
 
-Non le è andata giù per niente, eh! Cosa farai alle donne tu...io non lo so.- scherzò Taichi, causando uno sguardo di disapprovazione dall’amico.
 
-Cambiando discorso, Sora, quando avevi intenzione di dirmelo? La scuola lo ha saputo prima di me... e tu, bè, a te riempio di botte dopo, sono sicuro che ne eri consapevole.
 
L’amico dalla folta chioma non riusci a controbattere, che vide Sora fare un passo in avanti, tendendo leggermente la mano libera verso il biondo amico, un pò preoccupata per le parole che aveva pronunciato:
 
-No, Yamato. Ho sbagliato io, ho...io ho cominciato senza dire niente a nessuno pochi giorni fa... Taichi lo ha saputo ieri perchè mi ha vista in campo.
 
Yamato sgranò gli occhi, incredulo, non riusciva davvero a comprendere tutto ciò.
 
Taichi la guardò, quasi ipnotizzato e stupìto anche lui.
 
Sora aveva subito cercato di toglierlo da una certa posizione scomoda, ma aveva detto la verità, era proprio così.
 
Ma ,vederla prendere da subito le sue difese, lo fece tremare ancora di più.
 
-Ti rendi conto che non sto capendo nulla e che questa storia è assurda? Fino a stamattina ero convinto che tu ancora giocassi a tennis.
 
Ma il suono della campanella la salvò momentaneamente.
 
Sapeva che poi, dopo le lezioni, loro tutti avrebbero fatto pranzo insieme e ,quindi, avrebbe dovuto affrontare l’argomento, di nuovo, ma almeno poteva prepararsi.
 
-Ora andiamo, ne parliamo dopo, Yamato.- disse oltrepassandoli e facendo un sorriso generale che le morì subito non appena si voltò in avanti.
 
Stava rovinando qualsiasi cosa.
 
Fino a quel momento era riuscita a trovare un equilibrio tra il dolore del suo cuore e tutta la vita che la circondava.
 
Ora la situazione le stava sfuggendo di mano.
 
Sora era paranoica, lo era da sempre stata, e cominciò a pensare a tutto nel mentre andavano in classe, al fatto di aver offeso i suoi amici, di aver lacerato Taichi e aver distrutto il loro legame indissolubile.
 
Quasi le veniva da piangere per l’agitazione, ma non poteva, perchè in classe lei si sarebbe seduta proprio vicino a lui, vicino allo splendido Yagami.
 
Ed infatti, inutile dire come passò quella mattinata di lezioni.
 
Sora faticò nel seguirle, ma cercava di stare perennemente attenta, era la scusa ideale per non poggiare di nuovo il suo sguardo su quello del ragazzo accanto.
 
Non sapeva perchè, ma sentiva che la stava guardando in un modo diverso dal solito, un qualcosa che comunque era difficile da decifrare per lei, e ciò l’agitava un poco.
 
Percepì, durante la mattina, i suoi sguardi impliciti e silenziosi.
 
Ovviamente, si scambiarono qualche innocente battuta nelle piccole pause che ebbero, ma nulla di così coinvolgente.
 
Si notava la tensione dovuta a certe cose lasciate in sospeso, Sora capì di dover affrontare a voce un discorso con lui, sicuramente, e giustamente, l’avrebbe preteso.
 
In quelle ore, pensò al fatto che non le sembrò minimamente arrabbiato per la storia del calcio.
 
Si aspettava una reazione totalmente diversa, sapeva che era contrario a ciò, ma proprio non si spiegava il perchè di quel comportamento improvviso.
 
E questo le fece pensare che, forse, e purtroppo, lo aveva sconvolto di più con le sue dichiarazioni.
 
E se le avrebbe chiesto spiegazioni su quelle parole, cosa avrebbe dovuto dire?
 
I dubbi la divorarono fino alla fine delle lezioni.
 
Quando suonò la campanella, cominciò ,come al suo solito, a mettere apposto le sue cose dentro la cartella, mentre Yamato si avvicinava ai due amici, stiracchiandosi un poco.
 
Taichi guardò i suoi compagnii, sorridendo debolmente:
 
-Devo raggiungere un attimo il mister per stabilire l’ora precisa degli allenamenti di questa sera. Vi raggiungo in cortile appena ho fatto... vi ci trovo, si?
 
Quest’ultima domanda quasi la porse a lei, a Sora, come un chiaro riferimento al fatto che voleva parlarle.
 
Rimase ancora incatenata al suo sguardo,  stupìta, per poi annuire assieme al giovane Ishida:
 
-Si, ovvio, ci fermiamo lì a fare pranzo oggi. Se proprio tardi, chiamaci.
 
Il bel castano annuì, sorridendo ai due e fuggendo via come un fulmine.
 
Sora lo guardò dileguarsi, fino a che non percepì il tocco delicato di Yamato sulla sua schiena, che la incitava ad andare:
 
-Andiamo, cara. Sto morendo di fame.- disse sorridendole e causandole la stessa reazione.
 
Così, i due amici si avviarono verso il punto di ritrovo stabilito per il pranzo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Passò una mezz’ora nella quale, come previsto, Sora dovette dare un pò di spiegazioni.
 
La notizia del suo ritorno al calcio ormai aveva pervaso tutta la scuola, per colpa sia del team di tennis della scuola, che aveva raccontato la scena del suo abbandono, sia per la sua ex squadra di calcio, che, per l’emozione, non si era trattenuta neanche un pò alla notizia.
 
Passò a spiegare ai suoi amici presenti il fatto che, da tempo, si era stufata del tennis e che ,comunque, il suo amore per il calcio non era mai sparito.
 
Ammise di non aver detto nulla all’inizio per paura della loro reazione e non si fece problemi a specificare che ciò che la metteva più in ansia era quello che poteva pensare sua madre e Taichi.
 
Ovviamente, raccontò tutto molto in generale, non voleva di certo raccontare delle sue crisi e gelosie improvvise che l’avevano spinta a trovare qualcosa di più gratificante del tennis.
 
Koushirou era quasi elettrizzato dalla notizia, come anche Joe che disse di voler presto vederla in campo.
 
Yamato le fece la predica, ricordandole di aver subìto un’operazione al ginocchio e lei, in tutta risposta, gli sorrise dolcemente e lo accarezzò, dicendogli che non avrebbe cambiato idea e che ormai per quella metà dell’anno era fatta.
 
Ad appoggiare il biondino, fu la dolce Hikari, che si mostrò ancora più preoccupata per tutto ciò.
 
Le disse che ancora non aveva dimenticato la scena di lei sulla barella e all’ospedale, e per niente al mondo avrebbe voluto rivivere quei momenti.
 
Sora l’abbracciò stretta a sè, scoccandole un bacio dietro all’altro e sussurrandole “scusa” per non averle accennato niente a riguardo.
 
La giovane Yagami si sentiva un pò offesa, ma neanche tanto, poichè scoprì, dai racconti della sorella acquisita, che aveva taciuto il tutto anche a suo fratello.
 
Questa informazione la illuminò un poco sui fatti, si immaginò cosa poteva essere accaduto il giorno prima: ecco il perchè di quella conversazione strana con lei.
 
Si tenne tutto ciò dentro la sua testa, pensando che comunque un lato positivo a questa notizia poteva esserci: forse avrebbe smosso le acque.
 
-Ehi, ecco Taichi finalmente!
 
L’osservazione dell’affascinante Takeru fece salire alla gola il cuore di Sora.
 
Arrivò, infatti, sorridendo e salutando tutti.
 
Cominciò a scherzare, come al suo solito, con Yamato, il quale lo prese in giro per la piega strana che aveva assunto i suoi capelli durante la corsa.
 
Se li sistemò, o, almeno, cercò di dargli un verso.
 
Prima che potesse incrociare il suo sguardo, per una specie di timore improvviso, Sora abbassò i suoi occhi, facendo finta di prendere la bottiglietta d’acqua e di farne un sorso.
 
E, come previsto, l’attenzione dell’amico cadde proprio su di lei.
 
Non volle aspettare ancora, erano passate fin troppe ore, così le si avvicinò.
 
La fanciulla dagli occhi miele era seduta su una specie di muretto basso, assieme agli altri, e vide con la coda dell’occhio Taichi fermarsi poco distante da lei.
 
La chiamò, con un sussurro, e, prima che potesse rispondere, si sentì prendere delicatamente il polso della mano.
 
Si sentì risucchiare di nuovo in un vortice, ma non potè non alzare lo sguardo e non guardarlo: le sorrideva dolcemente.
 
-Puoi venire un attimo? Devo parlarti.
 
Le due parole finali, che apparentemente potevano sembrare semplici ed innocue, erano come una coltellata in pieno petto per la ragazza.
 
Il “devo parlarti” era la frase più breve ed incisiva che Sora potesse conoscere.
 
Annuì, involontariamente, e si alzò davanti agli occhi di tutti i presenti.
 
Dal racconto della prescelta dell’amore, gli amici avevano capito che tra i due, per colpa di quel cambio di sport non dichiarato, si era creata una momentanea tensione, ma tutti sapevano che l’avrebbero distrutta presto.
 
Difatti, quello era il momento.
 
Nessuno domandò loro dove sarebbero andati e cosa dovevano fare, così Sora, guidata con delicatezza dall’amico, lo seguì fino ad arrivare dalla parte quasi opposta del cortile.
 
Poco più in là vi erano altri studenti, ma era normale, era l’ora di pranzo e molti avevano i rientri, per questo vi era gente.
 
Si posero, ovviamente, ad una certa distanza da loro, per non fare sentire i discorsi che avrebbero affrontato.
 
Non appena si fermarono, Sora non resistette più.
 
Quegli sguardi così nuovi di Taichi non riusciva a reggerli, le avevano fatto un impatto davvero strano.
 
Non riuscì neanche ad incrociare gli occhi nocciola del ragazzo, che, presa dall’agitazione, parlò:
 
-Mi dispiace Taichi, davvero, non sai quanto! Mi dispiace per tutto!
 
L’interessato sgranò gli occhi, sbalordito dalla sua reazione improvvisa, eppure non credeva di avere lo sguardo arrabbiato.
 
Notò gli occhi lucidi di lei e la fatica con cui voleva trattenere le lacrime:
 
-Ti prego, dimentica ciò che ho detto, tutto quello che ho detto! Ero presa dall’agitazione! Non mi aspettavo di trovarti lì... e così.. hai ragione, dovevo dirtelo subito, sono stata stupida... ti prego...perdonami... per tutto... non lo farò più.
 
Taichi assunse un’espressione seria: aveva detto di dimenticare tutto ciò che gli aveva detto, ma lui se lo ricordava benissimo e non voleva lasciar volare quelle parole perchè sapeva che, se Sora le aveva pronunciate, un motivo doveva esserci e dovevano essere munite di un altrettanto peso.
 
Le poggiò ,dapprima, un dito sopra alle labbra, facendola zittire, poi le accarezzò il viso, fino a far scivolare la mano sulla sua spalla.
 
A quel punto, poggiò anche l’altra su quella opposta, e la guardò dritta negli occhi:
 
-No, Sora, non dimentico nulla.
 
Quasi si sentì svenire.
 
Era come se qualcuno le avesse dato un pugno in fronte, la stessa sensazione.
 
Vide il ragazzo pensieroso, evidentemente stava ragionando prima di parlare di nuovo:
 
-E’ una vita che ci conosciamo, tra noi non ci sono mai stati segreti, mai. E non ti nascondo di essere rimasto davvero male nello scoprire tutto ciò così... so che lo hai compreso... come hai capito che avrei reagito male nel sapere che tu abbia deciso di ricominciare il calcio... sai quanto io tenga alla tua salute... lo sai, vero?
 
Lei riuscì ad annuire, non staccandogli gli occhi di dosso.
 
Poteva benissimo sentire il cuore aumentare il battito, sempre più. Aveva intuito che non era finita lì:
 
-Ma so anche che sei davvero matura per prendere certe decisioni da sola, tu sei consapevole  dei rischi che corri e , un pò a malincuore, accetterò la tua decisione.
 
A quelle parole, Sora poggiò una mano sopra alla sua, ancora salda sulla spalla esile di lei, e l’accarezzò, era davvero felice che avesse accettato la sua decisione.
 
Ma lo vide continuare:
 
-Come ti ho detto, tra noi non ci sono stati mai segreti, fino ad ora. In pochi giorni ho scoperto che non mi hai parlato di due fatti: il primo è il calcio, il secondo è Ayako.
 
Ora si che voleva davvero sparire dalla sua vista.
 
Non poteva credere che lui stesse affrontando con lei quel discorso, ma non poteva tralasciarlo?
 
Non l’avrebbe più nominata, glielo avrebbe giurato sulla sua vita e su quella futura, non si sarebbe mai più intromessa, ma Taichi proseguì imperterrito, ignorando lo sconvolgimento della fanciulla:
 
-Il segreto che mi ha ferito di più non è stato il calcio, Sora....ma il fatto che non mi hai mai detto che... ecco, che... quella ragazza potesse darti fastidio.
 
Il giovane Yagami non era ancora certo di tutto ciò che le aveva detto Hikari, aveva deciso quella notte che se ne sarebbe accertato da solo, facendo caso da lì in poi del comportamento dell’amica.
 
-No Taichi! Fermo! Io non intendevo.. non voglio che tu...- non sapeva neanche lei cosa voleva dirgli esattamente, perchè in realtà lui stava dicendo la cosa giusta.
 
Alzò la sua presa e la spostò dalle spalle al suo viso delicato, avvicinandola un poco a lui:
 
-No, lasciami parlare. Voglio che ora tu mi prometta una cosa, voglio che mi prometta di non nascondermi più nulla, niente, in qualsiasi campo, Sora. Giuramelo. Giuralo su noi due, e io farò lo stesso. Non sei l’unica che ha omesso qualcosa.
 
La bella ragazza lo guardò davvero sbalordita, non capendo di cosa stesse parlando. Ma vedeva che stava aspettando una risposta, era davvero provato.
 
Quello che le stava chiedendo era una promessa davvero grande, lei aveva paura di farla e lui lo notò.
 
Così facendo, lei non avrebbe potuto negare i suoi sentimenti, in parte.
 
-Sora, davvero, sono serio... giuramelo. Io ti giuro che non nasconderò più nulla, che ti dirò qualsiasi cosa, ogni cosa che mi darà fastidio, te lo dirò, qualsiasi cosa... non voglio più avere certe cose in sospeso con te, non le reggerei, ci starei troppo male...
 
A quelle parole, si irrigidì.
 
L’ultima cosa che voleva, era farlo star male.
 
Ci teneva molto a tutto ciò; pensò che se si fosse rifiutata, la loro amicizia sarebbe stata compromessa, e lo stesso rischio ci poteva essere nel caso in cui fosse stata costretta a dirgli tutto ciò che la infastidiva e che la faceva star male.
 
Così, non ebbe scampo.
 
Con i suoi bellissimi occhi, decisi e fieri come non mai, disse:
 
-Te lo giuro, non nasconderò più nulla, mai più cose non dette tra noi...
 
Vide formarsi un sole sul viso di Taichi, sorrise così apertamente tanto da scaldarla.
 
Ma poi lo vide trattenersi per un attimo, aveva ancora qualcosa da dirle.
 
Notò che si morse il labbro, per poi fissarla seriamente, di nuovo:
 
-Allora, quello che mi hai detto... che la presenza di Ayako ti da fastidio... è vero?-chiese con estremo coraggio, quello che in quegli anni era un pò mancato per la paura di perderla.
 
Vide Sora abbassare un poco la testa, per poi rialzarla poco dopo, per puntare ancora una volta i suoi occhi mielati su di lui:
 
-Si... non... non sopporto quando ti porta via da me...
 
Non credette neanche lei a quello che disse, così, presa dall’agitazione, abbassò le braccia dell’amico e indietreggiò, con qualche lacrima agli occhi.
 
-Io, non volevo dirti una cosa del genere... tu... tu sei libero di fare qualsiasi cosa, perchè mi fai dire questo? Io... io non voglio condizionarti...
 
Era così agitata che gli fece tenerezza.
 
Percepì subito il messaggio dell’amica, aveva paura di limitarlo, ma lei non sapeva che lui amava solo lei, che quelle parole non lo avrebbero influenzato affatto, anzi, lo avrebbero solo incitato a rimanerle accanto, che era la cosa che voleva di più in assoluto.
 
Senza pensarci, fece un passo in avanti e l’abbracciò stretta a sè, premendo la nuca della ragazza e facendola appoggiare sul suo torace.
 
Appoggiò la testa sulla sua spalla esile, in modo da avvicinare la bocca al suo orecchio.
 
Sora, a quella presa così salda, protettiva, sicura e affettuosa, lasciò cadere qualche lacrima e cercò di ricambiare il gesto.
 
-Non devi dirlo mai più, Sora. Io sono sempre stato libero di fare qualsiasi cosa... e ho sempre scelto di mia spontanea volontà di stare con te... sempre con te... sono così felice per quello che hai detto su Ayako...
 
Sgranò gli occhi a quelle parole sussurrate e , involontariamente, alzò la testa per vedere se fosse serio.
 
A quel viso, così dolce e pallido, Taichi non resistette neanche un poco e , dopo averlo accarezzaro, baciò teneramente la sua fredda guancia, più volte, causandole brividi a non finire.
 
Restarono abbracciati e a coccolarsi un altro poco, come avevano sempre fatto ai vecchi tempi, senza curarsi che stavano facendo tutto ciò in pubblico per l’ennesima volta, davanti agli altri studenti che di certo non si erano lasciati sfuggire la scena.
 
Ma ormai a loro non interessavano più i giudizi altrui, il mondo che avevano costruito fino ad allora e che avevano sospeso per un poco, era di nuovo in costruzione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I giorni seguenti, grazie a quella piccola conversazione, risultarono normali, o quasi.
 
Taichi e Sora erano tornati al loro classico ma speciale rapporto, che da sempre aveva causato l’invidia di qualunque persona.
 
Scherzavano, si facevano qualche simpatico dispetto, l’uno accompagnava agli allenamenti l’altra e viceversa, stavano sempre insieme, come facevano da una vita.
 
Ma qualcosa era cambiato tra i due, si era aggiunta una sensazione particolare.
 
Gli sguardi che si scambiavano perennemente erano non solo pieni di complicità, ma anche di affetto e quasi sognanti.
 
E questa piccola aggiunta era stata notata dai propri migliori amici, che ancora non osavano proferir parola e giudizio: fino a che uno dei due non avesse confermato i loro sospetti, i compagni non avrebbero dettato alcuna sentenza.
 
Arrivò il Sabato, giorno delle partite di calcio e stavolta il gruppo di digiprescelti ne dovevano vedere due: la prima, che si sarebbe svolta molto presto, verso le due e mezza, era quella che interessava la squadra maschile della scuola, capitanata proprio da Taichi, e la seconda, che si sarebbe svolta intorno alle cinque e sullo stesso campo della precedente, sarebbe stata quella femminile, capitanata da Kykio e in cui vi sarebbe stata la straordinaria partecipatizione di Sora.
 
I suoi più cari amici erano davvero elettrizzati al ritorno della ramata sul campo, e anche incuriositi: chissà come se la sarebbe cavata dopo tutto quel tempo!
 
Ma questa notizia non eccitò soltanto il gruppetto: l’apparente assurda storia della Takenouchi aveva fatto il giro della scuola.
 
Ayako, in un primo momento, rise di gusto non appena venne a conoscenza del ritorno al calcio della sua avversaria: quello sport l’avrebbe resa ancor di più un maschiaccio.
 
La bella mora dai capelli lunghi sapeva che Sora era diventata più femminile e affascinante agli occhi dei maschi sopratutto per il tennis, così quasi che si sentì vittoriosa quando seppe del suo abbandono.
 
Ma, nei giorni seguenti, si rese conto che la situazione era totalmente diversa da come aveva immaginato: molti studenti e studentesse, incuriosite da tutto ciò, erano accorsi al campo per assistere alla partita femminile.
 
In quei giorni Sora era sulla bocca di tutti, non solo per ciò che aveva fatto, ma anche per il fattore Taichi.
 
I due continuavano a mostrarsi sempre insieme, in pubblico, e avevano ricominciato a scambiarsi i soliti gesti affettuosi senza porgersi alcun problema.
 
Yamato capì ormai la situazione, lui aveva fatto il suo dovere, da buon amico aveva avvertito i due dei rischi che potevano correre, sia a livello relazionale, sia per la loro stessa vita.
 
I suoi compagni non erano stupidi e sapeva che avevano capito tutto il discorso che fece ad ognuno di loro, quindi, se continuavano a comportarsi in una certa maniera, doveva esserci un valido motivo ma, sopratutto, era stata una loro scelta.
 
Cominciarono a formarsi altre voci e storie su di loro, una in particolare che diceva che la bella ragazza avesse ricominciato il calcio solo per lui, per il suo Taichi.
 
Era da sempre stato uno sport che li aveva legati fin da piccoli, che aveva contribuito a farli diventari molto amici e a creare quella complicità attuale.
 
Ovviamente, questa voce non sfuggì per nulla ad Ayako, come ad altre persone.
 
Ormai, in molti, era nata la grande convinzione che i due interessati stessero ufficialmente insieme.
 
Ma era anche normale dato i loro sguardi e atteggiamenti reciproci.
 
 
Quel pomeriggio, Taichi aveva appena concluso la sua partita, terminata con un pareggio.
 
Dopo essersi fatto una doccia veloce negli spogliatoi, aveva raggiunto i suoi amici sugli spalti.
 
Aveva già notato un certo afflusso di gente e ormai aveva capito anche il perchè.
 
-Perchè non ti siedi, fratellone?
 
Si voltò verso la dolce voce che lo aveva invitato a prendere posto e vide la sua bellissima sorella sorridergli dolcemente e indicandogli un posticino al suo fianco.
 
Seduti lì di fianco vi erano i suoi due genitori, Yuuko e Susumo, sorridergli anche loro.
 
Ebbene, quel giorno erano accorsi anche loro tra gli spalti, accompagnati ,ovviamente, anche dalla signora Takenouchi che aveva appena preso posto al fianco della sua migliore amica, la signora Yagami.
 
In quei giorni, anche le loro famiglie erano abbastanza agitate da quella partita, avevano paura di un altro eventuale infortunio, così decisero di andare a vedere la loro giovane figliola fare ritorno sul campo.
 
Era stata anche un’idea di Sora, li vedeva molto ansiosi per quel suo rientro, così disse che , se avessero visto lei giocare e che effettivamente il calcio femminile non era poi così pericoloso, si sarebbero dati un pò più di pace.
 
Susumo accettò subito, senza neanche farla finire di parlare, causandole così un gran calore al cuore.
 
Quell’uomo avrebbe fatto di tutto per vederla felice, e doveva ammettere che tante volte avrebbe voluto dirgli che per lei era davvero un padre.
 
 
 
Taichi li osservò, sorridendo un poco vedendoli lì quasi più entusiasti di lui, poi si rivolse alla sorella:
 
-Tranquilla, sorellina, ora devo tornare un attimo in panchina.
 
A quella risposta, la fanciulla dai capelli corti e castani lo scrutò meglio, per poi guardare verso il campo: Sora e le altre ragazze erano lì, vicino alla panchina, a riscaldarsi un poco con stretching e piccoli passaggi.
 
Intuì che il fratello voleva andare personalmente ad augurare l’in bocca al lupo all’amica, come d’altronde Sora aveva sempre fatto con lui, così sorrise di nuovo, annuendo.
 
-Salutala anche da parte nostra, eh.- disse Koushirou all’improvviso.
 
Tutto ciò, era stato intuito non solo da Hikari, ma anche dal resto del gruppo.
 
-Finalmente guarderemo una partita un pò più interessante della precedente.- non mancò di scherzare Yamato, lanciando una piccola frecciatina all’amico.
 
-Sei sempre il solito, eh...- brontolò lui, facendo un poco l’offeso.
 
-Taichi..
 
Una voce calma, posata e dolce richiamò la sua attenzione: era Toshiko, seduta composta e con la solita grazia che la caratterizzava e dalla quale aveva preso Sora, che lo guardava con quei suoi occhi castani, fieri e amorevoli.
 
L’interessato si avvicinò un poco, per ascoltare bene ciò che aveva da dirgli:
 
-Puoi dire a mia figlia di non strafare e di fare attenzione? Davvero, cerca di convincerla a non cacciarsi in certe situazioni.
 
Poteva percepire tutta la preoccupazione della signora Takenouchi arrivargli al cuore.
 
In tutta la sua vita aveva assistito anche al continuo amore che Toshiko mostrava alla figlia, sopratutto da quando il padre le aveva lasciate.
 
Sora era la sua vita, la persona più importante che aveva, e la sua apprensione era più che giustificata.
 
-Tranquilla Toshiko, ci penso io! – rispose lui, allegramente, mostrando il sorriso a trecentosessanta gradi che poteva tranquillizzare chiunque.
 
Detto ciò, si voltò, posando i suoi occhi nocciola verso il campo: doveva affrettarsi a scendere, la partita sarebbe iniziata a momenti.
 
Così, con decisione si avviò.
 
Sora nel frattempo era intenta a rifarsi la coda alta, così i capelli non le avrebbero dato fastidio.
 
Sentiva un pò d’ansia, non sapeva neanche lei come sarebbe andata quella partita, chissà se era ancora capace di combinare qualcosa di utile.
 
Poco distanti da lei vi erano Kykio, intenta a fare un pò di stretching, e Keiko che, come al solito, la guardava con estrema stima.
 
Quella graziosa ragazzina era davvero tenera con lei, e, in quei pochi giorni, si era già affezzionata.
 
Keiko sarebbe stata sulla fascia opposta di Sora, dunque avrebbero svolto lo stesso ruolo, per questo la fanciulla dalla coda lunga e castana le aveva chiesto molti consigli.
 
Aveva appena finito di sistemarsi i capelli quando notò un sorrisino strano sul volto del suo capitano.
 
All’inizio, non riusciva a capire a cosa fosse dovuto, poi la illuminò:
 
-Ehi Sora, c’è il tuo fidanzato.
 
Sbattè le palpebre tre volte, per poi voltarsi nella direzione indicata da Kykio, ossia dietro di lei: vide un bellissimo ragazzo dalla folta chioma castana scendere gli ultimi scalini che lo dividevano dal campo e avvicinarsi lentamente a lei, sorridendole dolcemente e con le mani in tasca.
 
A quella visione, Sora non fece neanche caso al nomignolo che la ragazza dagli occhi verdi aveva usato per chiamarlo.
 
Le si formò un sorriso spontaneo e sentì la felicità dentro di lei aumentarle velocemente, tanto da scaldarla un bel pò, nonostante ancora il freddo di quel giorno.
 
Gli andò incontro, senza pensarci un secondo, e, una volta arrivati uno di fronte all’altra, Sora gli dedicò uno dei suoi dolci e rari sorrisi che lo fecero arrossire un poco.
 
Nonostante l’uniforme da calcio, lui la trovava sempre bellissima, tanto da fargli mancare puntualmente il fiato e le parole.
 
Ma aveva cercato di controllare le sue emozioni, così, con coraggio, iniziò a parlarle:
 
-Allora, come ti senti?
 
Lo guardò con i suoi occhi dorati, non spegnendo il suo sorriso:
 
-Bè, non saprei, ma non posso nasconderti di essere un pò ansiosa... chissà, forse non sono più portata!
 
A quell’ultima frase, Taichi alzò una mano, chiudendola in un piccolo pugno che le diede sulla fronte:
 
-Ma sentila! Sei così modesta?
 
Lei fece una piccola linguaccia, per poi ridere un poco.
 
-Comunque tua madre implora che tu faccia attenzione, Sora, e anche i miei genitori, un pò tutti...
 
L’osservò, un pò più seria questa volta, per poi gettare uno sguardo sugli spalti e vedere sua madre e i signori Yagami salutarla da lontano, seguita poi dalla sua sorella acquisita e tutti i suoi amici.
 
Intuì dal tono di voce che anche lui era un pò preoccupato, così riportò lo sguardo miele sul suo bel viso:
 
-Siete adorabili... certo che farò attenzione, ve l’ho promesso. Tranquillizza mia madre e dille che le voglio un mondo di bene.
 
Toshiko quel giorno, per vedere la figlia giocare, si era presa delle ore di permesso, e ciò quasi la fece commuovere.
 
L’amava davvero tanto, era davvero la donna più importante ed essenziale della sua vita.
 
Vide l’amico annuire, per poi chinare la testa e mordersi il labbro, come se stesse un pò in difficoltà.
 
-Tutto bene, Taichi?- chiese cercando di esaminare il suo viso e di trovare una risposta da sola.
 
L’interessato alzò il suo sguardo nocciola, per incatenarlo di nuovo al suo:
 
-Volevo darti questo..
 
Dalla tasca in cui teneva l’altra mano, l’amico cacciò un sacchettino.
 
Sora lo guardò, un pò stupìta e incuriosita: Taichi, da quel pacchetto, estrasse un oggetto che si rivelò essere un bracciale.
 
Quest’ultimo era costituito da una specie di fascia che incatenava i colori rosso ed arancione, la quale terminava al centro del braccialetto dove vi era un piccolo ciondolo.
 
La Takenouchi rimase sbalordita quando notò il simbolo che rappresentava: era lo stesso cuore che aveva inciso sulla sua digipietra, ma non era finito lì.
 
Come se si fosse incastrato perfettamente in quel disegno, una metà di quel cuore racchiudeva il sole inciso sulla pietra del coraggio dell’amico.
 
Era incredibile come potessero coincidere i loro simboli in quel ciondolo, era davvero un incastro perfetto, ma, sopratutto, lui aveva creato quel braccialetto solo per lei, riassumendo quello che erano nella realtà.
 
Il suo stupore era alle stelle, tanto da non rendersi conto che, nel frattempo,  Taichi le aveva preso delicatamente il suo esile polso per farglielo indossare.
 
Solo lì, in quel momento, notò che lui portava lo stesso bracciale, e ciò le creò un’emozione così forte che quasi la fece tremare.
 
-E’ un portafortuna, spero che ti piaccia...- fece lui, una volta finita la sua operazione, per tamponare il silenzio e facendo, così, notare alla ragazza che non era la sola ad essere arrossita un poco.
 
L’amico era in evidente imbarazzo, ma cercò lo stesso di guardarla negli occhi e sorriderle.
 
Sora esaminò ancora una volta quel bel bracciale, ormai saldo al suo polso: quel ciondolo così particolare era contornato dal colore del coraggio, l’arancione, e quello dell’amore, il rosso, che si incatenavano armoniosamente.
 
-E’ davvero...è così bello, Taichi... il regalo più bello che abbia mai ricevuto in tutta la mia vita.
 
Era davvero quello che il suo cuore dettava, a qualcuno poteva sembrare un semplice bracciale, ma quel piccolo oggetto racchiudeva un significato enorme.
 
Taichi, a quelle parole, si sentì esplodere per la felicità.
 
Aveva timore che non le piacesse, o peggio ancora, di fare una figuraccia, non era da tutti fare un regalo per una semplice partita.
 
E poi, non era un semplice regalo, aveva racchiuso un implicito significato dentro di esso e anche in quel gesto.
 
Perciò, si stava vergognando davvero molto.
 
-Ehi Sora, dobbiamo prendere posizione! Sta per iniziare la partita! Saluta il tuo ragazzo, da brava! Lo vedrai dopo!
 
Stavolta la frase di Kykio non passò così inosservata, a nessuno dei due, causando un enorme rossore in entrambi.
 
Si guardarono reciprocamente, ancora più imbarazzati e ridendo un poco per sdramatizzare.
 
-Ecco, devo andare... – fece lei con coraggio, anche se voleva restare ancora un pò lì per ringraziarlo ulteriormente per quel bellissimo oggetto.
 
Lui sorrise, facendole capire di aver compreso che doveva andare.
 
Si guardarono un altro secondo, come se non ce la facevano davvero a lasciarsi andare.
 
Quando Sora si decise e fece il primo passo, involontariamente Taichi la fermò, prendendole delicatamente la mano e tirandola a sè.
 
L’abbracciò teneramente, per poi scostarsi un poco e darle un lieve bacio sulla fronte fredda di lei, causandole un ulteriore rossore sulle guancie.
 
-Ti prego, fa attenzione...
 
Furono queste le ultime parole che le sussurrò e che le provocarono un grande brivido che le percorse tutta la schiena.
 
Si allontanò definitivamente, per lasciarla andare dalle sue compagne e, dopo averle sorriso nuovamente, si voltò per tornare sugli spalti.
 
Sora cercò di fare lo stesso, ma aveva il cuore che le batteva a mille e non sapeva come farlo smettere.
 
Arrivò dalle sue compagne con il viso ancora leggermente rosso, e ciò il suo capitano non se lo fece sfuggire:
 
-Che carino, ti ha dato anche un dolce bacio!
 
La Takenouchi cercò di non far caso alle parole dell’amica, anche se quella sensazione forte che la devastava, positivamente, dentro non diminuiva di affatto.
 
Seguì, successivamente, la sua squadra, che si era messa in fila, una a fianco all’altra, per il normale saluto verso il pubblico.
 
Alzò il capo, notando tutti i suoi amici sugli spalti sorriderle entusiasti.
 
Poteva sentire anche da lì l’agitazione di Joe che chiedeva a tutti di non disturbarlo in quel momento perchè stava finalmente avendo inizio la sua partita.
 
Rise nel guardarlo, e notando la faccia esasperata di Yamato nell’ascoltare il gruppetto.
 
Si accorse che era arrivato il momento di stringere le mani alle avversarie, usuale gesto di pre-partita, così, sotto all’applauso del pubblico, le ragazze si salutarono cordialmente, augurandosi buona fortuna.
 
Presero posizione, e Sora si piazzò sulla fascia destra, il suo ruolo preferito.
 
Il calcio d’inizio spettava alle avversarie e l’arbitro stava posizionando la palla.
 
In quel momento, la bella calciatrice incrociò lo sguardo deciso di Kykio, che, a sua volta, annuì come per dirle: “ce la farai”.
 
Poi spostò i suoi occhi ,dai riflessi leggermente rossi, a terra.
 
Tutti i suoi amici erano accorsi per lei, addirittura anche l’intera famiglia Yagami e la sua dolce e insuperabile mamma.
 
Poteva benissimo sentire anche gli urli di incitazione della sua ex squadra maschile, posizionati sugli spalti anche loro dopo essere usciti dagli spogliatoi, i quali erano rimasti ad assistere all’evento in onore della loro vecchia compagna.
 
E poi, c’era lui, Taichi, che credeva in lei, fortemente.
 
Le aveva donato un regalo bellissimo, un porta fortuna e, guarda caso, vi era il simbolo del coraggio su quell’oggetto.
 
Alzò la testa, decisa e sicura, doveva assolutamente renderlo fiero di lei, doveva ricambiare in qualche modo quel gesto stupendo, doveva mettercela tutta, sempre con discrezione.
 
Non doveva esagerare, poteva fare una bella partita senza farsi male, lo doveva fare sopratutto per lui, per sua madre e per la dolce Hikari, anche lei preoccupata a mille per ciò che le poteva accadere.
 
Sentì il fischio d’inizio partita che la riportò alla realtà.
 
Le avversarie avevano passato la palla all’indietro, per temporeggiare e riscaldarsi per bene prima di attaccare.
 
Ciò giovò anche alla sua squadra, infatti serviva un pò di tempo prima di abituarsi al campo e a correre e scattare.
 
Passò un quarto d’ora in cui non si combinarono grandi azioni, ma ad un certo punto le avversarie, rubando la palla a Yukino, scattarono in contropiede.
 
Fu un’azione davvero pericolosa poichè, non aspettandosi tutto ciò, la squadra di Kykio si trovò in difficoltà a rientrare in difesa.
 
Una calciatrice dell’altra squadra, trovandosi abbastanza vicina alla porta, tentò il tirò ma il portiere uscì dalla sua area, riuscendo a respingere la palla, ma non a trattenerla.
 
Venne, così, ripresa da un’altra avversaria che approfittò subito della mancanza del portiere per tirare, facendo coprire gli occhi ad Hikari e quasi demoralizzare gli altri compagni che ormai credevano non ci fosse scampo per il goal.
 
Ma all’esclamazione di Koushirou, tutti focalizzarono la grande azione che si stava svolgendo: Sora, con uno scatto, si era spostata velocemente in difesa e con un balzo aveva evitato il goal, impossessandosi della palla.
 
Taichi e Yamato ne rimasero affascinati, come il resto del pubblico che cominciò ad aplaudire e ad incitare la ragazza.
 
La Takenouchi approfittò dello stupore per ripartire subito, superando agilmente delle avversarie che ancora non si erano riprese.
 
-Keiko!!- urlò per farle capire che doveva scattare sull’altra fascia.
 
Cosa che fece, seguita dal capitano che , invece, correva al centro.
 
Sora vide tre ragazze andarle contro ,così eseguì un cross perfetto che fece arrivare la palla ai piedi della graziosa compagna che stava scattando sulla sinistra.
 
Ma la bella ramata neanche lì rallentò e corse veloce, riprendendo la sua posizione dalla parte opposta.
 
Ad un tratto, la corsa di Keiko fu interrotta dal raggiungimento delle sue avversarie, così fu costretta a passare la palla a Kykio, la quale, senza esitare e con estrema agilità, la fece scorrere al lato di Sora.
 
Di nuovo aveva il pallone al piede e ormai aveva raggiunto l’area di difesa opposta.
 
Due ragazze le stavano andando incontro ma non voleva rallentare l’azione, ormai era partita.
 
Così, fece un meraviglioso pallonetto: la palla si elevò con leggerezza, oltrepassando la testa delle avversarie.
 
Sora non si fermò neanche lì e scattò tra le due fanciulle per poi riprendere il pallone.
 
Ormai avevano raggiunto la porta e, non appena intravide con la coda dell’occhio il suo capitano, passò decisa e con la sua solita precisione il pallone.
 
Kykio non ci pensò due volte e lo calciò al volo, con tutta la forza che aveva.
 
E fu Goal!
 
Si udì un grande boato di felicità sugli spalti.
 
Toshiko e Yuuko, non appena videro Sora avvicinarsi alla porta avversaria, si erano alzate, prese dall’ansia, e, non appena la palla andò a segno, si abbracciarono, esultando come delle ragazzine.
 
Susumo era in piedi, più entusiasta di loro e aveva cominciato a dire a chiunque fosse nei dintorni che quella ragazza era sua figlia e che era davvero un talento.
 
Koushirou e Joe erano davvero increduli per le azioni fantastiche della loro amica e si dichiaravano davvero spiazzati, mentre Yamato rideva di gusto pensando alla scena di poco tempo prima in cui Sora esplicitava i suoi dubbi sul fatto se sarebbe riuscita a giocare o meno.
 
Hikari, dopo aver abbracciato e baciato (sulla guancia) ,piena di energia, Takeru, che rimase davvero spiazzato dal gesto della fanciulla, si gettò sul fratello, ridendo e baciando anche lui.
 
Taichi ricambiò subito il dolce abbraccio della sorella, dicendole che ora poteva stare davvero più tranquilla, per poi puntare i suoi occhi nocciola su quella ragazza straordinaria che aveva la fortuna di avere al suo fianco.
 
Sora era andata a congratularsi con Kykio, ed erano state raggiunte dalle compagne di squadra, felicissime anche loro di quell’azione.
 
-Ehi, Kykio, se non ci vai piano poi bucherai la rete!- scherzò la bella ramata, riferendosi alla grande potenza del suo tiro.
 
-E tu se continui a correre così raggiungerai l’altro capo del mondo.- le rispose, davvero contenta, per poi darsi il cinque.
 
-Oddioooo oddioooo che bell’azione!!- urlò Keiko per poi abbracciare Sora.
 
Lei rise, accarezzandole la testa e dicendole che si erano davvero intese bene.
 
-Grande Sora, hai rimediato al mio pasticcio...- aggiunse Yukino, vergognandosi un poco.- e complimenti capitano, sei una bomba!
 
Ci fu un abbraccio di gruppo, poi, comandate dalla bella mora dai capelli corti, le ragazze cominciarono a prendere le posizioni per riprendere la partita.
 
-Mi raccomando! Non abbassate la guardia! Ci vuole un secondo per tornare al pareggio!
 
Kykio era davvero un capitano stimabile, piena di grinta e forza, ci sapeva davvero fare.
 
Ed era così che doveva andare, non dovevano assolutamente abbassare la guardia, una mossa sbagliata come quella di prima e avrebbero preso un goal.
 
Riprese la partita, e ci furono momenti davvero scottanti per entrambe le squadre ma poi si giunse alla fine del primo tempo.
 
Dagli spalti, Taichi era divertito nel sentire l’entusiasmo dei suoi genitori ma, sopratutto, di Toshiko, che riassumeva ogni singola mossa della figlia a Yuuko e la commentavano assieme.
 
Chi l’avrebbe mai detto? Non credeva di poter assistere ad una scena del genere.
 
-Diavolo, Sora corre più di un giaguaro affamato.- commentò ad un certo punto Yamato che, con non chalance, cercava di accendersi una sigaretta.
 
Koushirou fu veloce, tanto da prendergliela al volo, e, con altrettanta indifferenza, fece:
 
-Già, quasi che corre di più rispetto ai vecchi tempi!
 
Il biondo lo guardò storto ma poi la scena venne presa da Joe:
 
-Ma scherziamo? E’ energia allo stato puro! Che grande! Davvero.
 
Hikari rise, era davvero felice che stesse andando tutto per il verso giusto.
 
Aveva da sempre avuto paura che a Sora potesse accadere qualcosa, non ne era poi così entusiasta di questo ritorno ma, vederla lì, sorridere come da tempo non faceva, le aveva fatto cambiare idea.
 
Stettero un altro pò a chiacchierare e a commentare il tutto, per poi quasi zittirsi quando videro le ragazze tornare in campo: si ricominciava.
 
Come se Sora in quel momento non avesse mai corso, continuava a muoversi velocemente da una parte all’altra, senza problemi.
 
Ma dovevano ammettere che le avversarie in attacco davano davvero filo da torcere.
 
Ed, infatti, ci fu un’altra azione pericolosa che costrinse la squadra di Kykio a chiudersi in difesa.
 
Stavolta a salvare la situazione fu Yukino, che riuscì agilmente a rubare la palla all’altra ragazza prima che potesse tirare, passandola a sua volta a Keiko.
 
Vedendo la compagna pronta a scattare in avanti, senza che dicesse nulla, Sora e il capitano scattarono come prima.
 
Keiko le vide, così da avanzare ancora più decisa e sicura: avrebbe avuto di sicuro un appoggio più avanti.
 
Poco dopo si trovò quasi circondata, così passò la palla a Kykio la quale, dopo aver schivato un’avversaria ma essersi trovata anche lei barricata, diede il pallone, con un bel lancio, alla Takenouchi, la quale scattò subito in avanti.
 
Al suo seguito correvano due avversarie ed un altra stava per venirle contro ma, con un’agile finta, la superò.
 
Quest’ultima, però, non si diede per vinta, così le corse dietro, prendendola poi per la maglietta e facendola sbilanciare e cadere a terra.
 
L’arbitro non si accorse del fallo e lasciò proseguire, nonostante le lamentele dal campo e dagli spalti.
 
Toshiko aveva la mano sopra alla bocca, come anche Hikari, non riuscivano a capire se la ragazza si fosse fatta male o no.
 
Ma la videro alzarsi subito, con gli occhi decisi e infuocati, e ricominciare ad inseguire chi l’aveva atterrata.
 
Ormai erano dalla parte avversaria e la fanciulla che aveva commesso il fallo stava rincorrendo la palla che le era sfuggita nel momento in cui aveva fermato Sora.
 
Sentì una corsa dietro di lei ma non fece in tempo a voltarsi che vide la bella ramata superarla agilmente e, prima che il pallone potesse finire alla fine del campo, Sora lo raggiunse.
 
Si voltò di scatto, scivolando un pò sull’erba, e crossò subito verso Kykio che colpì il pallone con la testa per poi metterlo dentro e segnare di nuovo!
 
Due a zero.
 
Quando Sora sentì di nuovo il boato di gioia, aveva appena terminato di scivolare sull’erba: per quanta velocità aveva preso nella corsa, per fermarsi le ci volle un pò e dovette anche aiutarsi chinandosi un pò e frenandosi con le mani.
 
Rimasero piacevolmente sbalorditi da quell’azione,e, di nuovo, le due autrici di tutto ciò furono sommerse dalle compagne che le riempivano di complimenti.
 
Taichi provò mille emozioni, era come se fosse tornato bambino, a tanti anni fa, quasi lo commuoveva rivederla lì e giocare a calcio.
 
Per lui, tutto ciò la rendeva ancora più speciale ed affascinante, era una delle sue straordinarie particolarità.
 
In molti l’avevano criticata per quella scelta, ma lei aveva davvero un talento nato e nel calcio riusciva a trasmettere anche tutta la sua eleganza e grazia, tanto da ammaliare molta gente.
 
La partita proseguì, rallentando un pò con gli attacchi poichè la stanchezza si faceva sentire.
 
Ormai si era giunti ai minuti finali, e le avversarie, pur di recuperare, erano diventate molto fallose.
 
Infatti, venne effettuato un fallo poco distante dalla porta avversaria, così l’arbitro decise di dare il calcio di punizione a favore della squadra di Kykio.
 
Le ragazze si posizionarono ma, mentre Sora stava per andare a prendere posto con le altre davanti alla porta, venne richiamata dal suo capitano:
 
-Ehi, Sora... dove vai? Ho deciso che la batterai tu questa punizione.
 
L’interessata sgranò gli occhi, per vedere se la sua amica fosse davvero seria.
 
Non vi erano dubbi, era quella la sua decisione.
 
-Ma.. agli allenamenti le ho provate poche volte, Kykio, sei sicura?
 
Annuì semplicemente, ma facendole capire che non voleva insistere di più e che quella era la sua scelta.
 
L’interessata andò a posizionarsi, per eseguire la volontà del suo capitano.
 
Mentre l’arbitro sistemava la barriera avversaria e la distanza di essa, la bella Takenouchi alzò lo sguardo per esaminare la porta.
 
In passato, aveva già provato numerose punizioni da quella posizione.
 
Si ricordò che si era allenata molto con il suo Taichi, con il quale si era divertita anche a fare qualche azione combinata.
 
Con la memoria, si proiettò proprio nel passato e quasi che le parve di averlo lì ,al suo fianco, pronto a consigliarle su come tirare.
 
Si guardò il polso e notò quello splendido regalo che le aveva fatto.
 
Cominciò dapprima a sfiorare il ciondolo, sopratutto il sole che rappresentava il coraggio poi, quando sentì il fischio dell’arbitro, prima di partire, alzò il polso, portandolo vicino alla bocca, e sfiorò quel simbolo con le labbra.
 
Ora poteva partire e non deluderlo.
 
Prese una piccola rincorsa e si ricordò, poco prima di calciare, i consigli dell’amico su come posizionare il piede per un tiro preciso.
 
Si vide la palla sollevarsi in aria, oltrepassare la barriera e andare verso l’angolo della porta.
 
Il portiere cercò di lanciarsi, ma fu inutile: il pallone urtò contro i pali dell’angolo e rimbalzò dentro.
 
Fu un tiro estremamente preciso, mirato proprio a quel punto, difficilmente raggiungibile, da veri talenti nati.
 
Sora stessa si meravigliò della riuscita di tutto ciò e se ne rese effettivamente conto quando sentì le compagne saltarle addosso, felici ed orgogliose di lei.
 
Poi, pensò che in realtà quel goal non era merito suo, ma di qualcun altro, così, staccandosi delicatamente dalle altre, si voltò per poi avvicinarsi agli spalti.
 
Vi era tutto il suo gruppo di amici che la stavano applaudendo, urlando dei complimenti.
 
Rise allegramente per tutto ciò, ma poi decise di ricambiare un certo gesto di anni prima.
 
Tese la mano, indicando proprio lui, Taichi, il quale si immobilizzò quando capì che era lui il soggetto che stava indicando.
 
Dopo essersi accertata ,dalla sua espressione, che avesse capito, Sora riportò la mano, chiusa in un pugno, a sè, sopra al suo cuore, sul quale diede due piccoli copletti per poi indicare di nuovo l’amico.
 
Stava evidentemente dedicando il goal a lui e tutto ciò lo spiazzò completamente.
 
Sentì mancargli il fiato e percepì una straordianaria sensazione espandersi dal suo cuore.
 
Vederla poi sorridere in quel modo, era come se avesse raggiunto il culmine della felicità.
 
Si rese conto ,successivamente, che quel magnifico gesto lo fece davanti a tutti, come se non le importasse ciò che avrebbe pensato la gente, come se non volesse nascondere per niente al mondo il bene che provava per lui.
 
E questo lo stupì ancora di più.
 
Sentì qualcuno dargli un simpatico pugno in testa, ovviamente molto debole anche a causa dei suo capelli folti che attutirono l’urto.
 
-Ah, ma guarda tu che figlio che ho! Le ragazze gli dedicano anche i goal!
 
Susumo si divertiva a scherzare col figlio e a fare battute, d’altronde Taichi aveva preso proprio da lui tutto ciò.
 
A quell’espressione del padre, il giovane arrossì e andò nel panico:
 
-Papà, ma che dici!!!?
 
Hikari rise, assieme alle due donne poco distanti.
 
Loro non potevano che esserne felici di tutto ciò, vedere quei due giovani amarsi ogni giorno di più scladava il cuore anche a loro.
 
La partita finì poco dopo e la squadra di Kykio vinse, così, per ben tre a zero.
 
Inutile dire l’entusiasmo che regnava nella squadra, il mister era alle stelle e si complimentò con ogni ragazza.
 
Ma l’attenzione cadde sul loro nuovo acquisto, che avevano puntato da anni e che erano riusciti finalmente ad ottenre.
 
Furono tantissimi i complimenti che inondarono Sora, la maggior parte dei quali vennero da Keiko e dal capitano.
 
-Sora, con te abbiamo un’intesa vincente, davvero. Siamo sulla stessa linea d’onda e questo ci ha portato alla vittoria.
 
L’interessata sorrise grata alle parole di Kykio, la stimava davvero molto.
 
-Già, uno può essere bravo quanto vuole ma se non esiste l’intesa di squadra non si va da nessuna parte. Sono davvero felice di poter giocare con delle calciatrici del tuo livello, Kykio.
 
Il capitano sorrise, davvero non aveva parole per esprimere tutto quello che voleva dirle, dal fatto di volerla ringraziare per essersi unita alla squadra fino alla vincita della partita.
 
Finalmente Sora si sentiva bene e a suo agio in una squadra femminile.
 
In passato aveva fatto parte di un team molto scontroso, dove regnava l’invidia e l’incomprensione.
 
Furono quelli i motivi per cui fu costretta a lasciare la squadra femminile, a causa di un infortunio era dovuta mancare ad una partita importante, per questo le sue ex compagne si offesero e non poco e il vecchio capitano la cacciò dalla sua squadra.
 
Invece lì l’atmosfera era completamente diversa, c’era solidarietà, simpatia e anche affetto.
 
Era davvero felice di essere capitata in quel team.
 
-Ehi Sora!
 
La voce familiare e unica di Taichi la fece voltare subito, disegnandole sul viso un grandissimo sorriso.
 
Il ragazzo, nonostante le esplicite prese in giro del padre e le frecciatine e gli sguardi curiosi dei suoi amici, preso da una certa emozione ed entusiasmo, non appena finì la partita corse in campo, per congratularsi personalmente con la sua amica.
 
Ma dall’altra parte, Sora, non curante di tutto ciò che la circondava e presa dalla felicità del momento, non appena lo vide, gli corse incontro per stringersi in un abbraccio.
 
Taichi la sollevò in alto senza problemi, causandole una risata.
 
Una volta a terra, si strinsero di nuovo in un profondo abbraccio.
 
Sora appoggiò la testa sul sul torace e chiuse gli occhi, mentre Taichi con un baccio la strinse a sè e con la mano libera cominciò ad accarezzarle al testa.
 
-Sei stata fantastica... unica... sono fiero di te- le sussurrò dandole un bacio sulla nuca.
 
Lei lo strinse ancora di più, affascinata da quell’affettto che riusciva a trasmetterle.
 
Alzò poi il suo viso, guardandolo dolcemente negli occhi e facendo scivolere le mani sul suo forte torace.
 
-Davvero?- chiese lei, felicemente stupìta da tutto ciò.
 
Annuì, per poi accarezzarle di nuovo il viso:
 
-Mi hai dedicato un goal, non ci credo!- esclamò scherzosamente, facendola ridere.
 
-E perchè mai?Anche tu una volta lo dedicasti a me.
 
-Si è vero, ma comunque mi hai fatto felice! E mi hai fatto sentire importante!
 
Vide lei cambiare il suo sguardo, trasformandolo in qualcosa tra il serio e l’affettuoso.
 
I suoi occhi brillavano e il suo sorriso era pieno di dolcezza:
 
-Tu sei importante per me, Taichi.
 
Sgranò gli occhi e cominciò a sentire il cuore battere all’impazzata.
 
Ultimamente Sora gli trasmetteva delle emozioni così forti che a volte pensava di non poter resistere a lungo e che a breve tempo lo avrebbero ucciso.
 
Senza volerlo, rimasero a guardarsi, affascinati l’uno dall’altra.
 
-Ehi Taichi, lasciala anche a noi!
 
La voce del signor Yagami li risvegliò completamente e li portò alla realtà.
 
La bella ragazza si sentì stringere ancora di più dall’amico che cominciò a brontolare:
 
-Oh, papà! Aspetta il tuo turno!!!!
 
-Ah no no! Tu la puoi coccolare tutto il giorno! Quindi lasciamela un pò!
 
Sora rise nel vedere Susumo staccare agilmente la presa del figlio e impossessarsi di lei in un altro caloroso abbraccio.
 
Dopo averla riempita di complimenti, arrivarono anche Yuuko e Toshiko, felici anche loro di tutto ciò che era accaduto quel pomeriggio.
 
La signora Takenouchi abbracciò amorevolmente la figlia, baciandola più volte e chiedendole se stesse bene.
 
Si affiancò presto Hikari, che le diede un dolce bacio sulla guancia dicendole che era stata bravissima.
 
Arrivarono, infine, i restanti maschietti, che la circondarono anche loro.
 
Koushirou e Joe si complimentarono immediatamente con lei, dicendole che poteva benissimo pensare di gareggiare anche per la corsa della scuola, che avrebbe vinto facilmente.
 
Yamato l’abbracciò, facendola quasi volare, per poi darle un bacio anche lui, scatenando un pò la gelosia del suo migliore amico.
 
-Penso che dopo la prestazione di oggi hai rubato molti cuori, amica mia.
 
Sora rise alle parole del suo biondo amico e lo abbracciò teneramente, ringraziandolo per esserci stato.
 
In realtà, mentre Taichi ,ore prima, stava giocando la sua partita, Sora si sentiva un pò agitata per la sua,e a tranquillizzarla fu proprio l’affascinante biondino.
 
Yamato era davvero straordinario, e sapeva infonderle la calma con poche parole e gesti.
 
L’armonia di quella situazione fu presto distrutta.
 
Si sentì una specie di frastuono, così tutti i presenti si voltarono verso una certa direzione che proveniva proprio dagli spalti: un bel gruppo di ragazzi accorsero entusiasti verso di loro.
 
Taichi sgranò gli occhi e storse il naso, quello era l’intero branco di matti che formava la sua squadra.
 
Non fece in tempo a dire qualcosa per fermarli che si fiondarono su di Sora, circondandola e cominciando ad abbracciarla e baciarla.
 
Tutti quei gesti calorosi diedero fastidio al loro capitano e causò le risate dei presenti.
 
-Sora! Questi sono per te! Bentornata nel calcio!- quasi urlò Hachiro, elettrizzato, porgendole un bellissimo mazzo di rose rosse che lasciò stupìta l’interessata.
 
-Oh, Hachiro...ma non dovevi...- fece lei sorridendogli dolcemente per poi abbracciarlo piena di gratitudine.
 
Il giovane calciatore, da tempo innamorato della ragazza, dapprima arrossì, poi pensò bene di approfittare della situazione per prenderla in braccio e “fuggire” dagli altri, urlando che la fanciulla fosse solamente sua.
 
Il resto della squadra cominciò a corrergli dietro, protestando pubblicamente.
 
-Non pensavo che mia figlia avesse tutti questi ammiratori...- esclamò spontaneamente Toshiko, sbalordita da tutti quei ragazzi e dal loro calore verso la figlia.
 
-Guarda, ognuno ha un regalino per lei! Che carini!- affondò Yuuko, guardando maliziosamente suo figlio.
 
La signora Yagami aveva sempre incitato Taichi a farsi avanti con la bella Takenouchi: i primi tempi, quando i due giovani erano solo amici, glielo diceva quasi come scherzo, negli utlimi, invece, era seria.
 
Aveva capito che ormai tra quei due vi era un affetto particolare e non vedeva l’ora che suo figlio si facesse avanti.
 
Così, con quelle parole, gli mandò un chiaro segno sul fatto di sbrigarsi, se no qualcuno gliela avrebbe soffiata da sotto il naso.
 
Ad accendere ulteriormente la fiamma fu suo padre:
 
-Eh, direi, una ragazza bella e stupenda come lei avrà mille pretendenti! Non mi stupirei se un giorno ,non molto lontano, si fidanzasse! Quel ragazzo sarebbe un uomo fortunato!
 
Hikari rise spudoratamente sia per le parole di Susumo che per le sue espressioni facciali, era davvero uguale a Taichi.
 
Quest’ultimo, ai fastidiosi discorsi dei suoi, scattò dietro a quel gruppetto, urlando ad Hachiro di mollare l’amica.
 
Yamato e gli altri risero alla scena, il loro amico era davvero buffo e riusciva a mettere di buon umore chiunque.
 
Quel giorno era pieno di felicità ed allegria, non solo per la buona riuscita della partita, ma per quella incredibile armonia che si era formata.
 
Era davvero inutile, vedere Sora e Taichi scambiarsi quei gesti affettuosi e quell’enorme amore riusciva a mettere di buon umore anche la persona più fredda e triste della terra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTA DELL’AUTRICE
 
 
Mi sono trovata costretta a spezzare il capitolo per vari motivi:
  1. La lunghezza (figuratevi che quello conclusivo dovrebbe uscire più lungo di questo!)
  2. Il tempo: l’ultimo capitolo è ambientato nel periodo estivo, dunque ho pensato bene di staccare il capitolo.
 
Ebbene, dovrete attendere un’altra settimana (se tutto va bene) per la conclusione di questa storia (è un’odissea, lo so!).
 
Chi non è molto preso dal calcio, potrebbe aver trovato questo capitolo alquanto noioso, ne sono consapevole, ma è stato necessario per la mia storia! Diciamo che è stato un “capitolo di transito”, per questo sono consapevole che non sia un granchè!!!
 
Spero di rifarmi col prossimo (mah, vediamo un pò!)
 
Ringrazio a tutti i miei lettori e sostenitori, vi adoro!!!
 
Alla prossima ragazzi! Un bacione grande!!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Odaiba 2006, Luglio ***


Odaiba 2006, Luglio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quella mattina era davvero caldo.
 
Ad Odaiba vi era un sole che poteva spaccare anche le pietre, nonostante fossero solo le otto.
 
Sora pensò che quasi potesse essere una delle estati più calde che avesse mai passato.
 
Sua madre, nel mentre facevano le scale per giungere ad un certo appartamento, cominciò a chiederle se aveva preso la crema solare e tutto l’occorrente per proteggersi dagli scottanti raggi del sole.
 
Ebbene, la giovane Takenouchi, assieme al suo gruppo di amici, stavano per intraprendere una settimana di vacanza al mare.
 
La destinazione era la casa estiva di Mimi Tachikawa.
 
Esatto, la bella e affascinante ragazza era tornata dall’America per passare le vacanze estive con loro.
 
La fanciulla dagli occhi cenere, però, li avrebbe aspettati direttamente nella sua mega villa, mentre il resto del suo gruppo sarebbe partito da Odaiba con una specie di mini-bus, affittato per l’occasione.
 
Proprio per questo, la bella ramata si sentiva molto entusiasta: avrebbe riabbracciato la sua migliore amica e passato del tempo prezioso con i suoi insuperabili amici.
 
Arrivarono alla porta dell’appartamento Yagami, e fu proprio Toshiko a suonare.
 
Ad accogliere le due fu Yuuko, che sorrise allegramente nel vederle.
 
Non fece in tempo a salutarle, che improvvisamente sbucò la dolce Hikari, pronta per salutare col solito calore e l’usuale tenerezza la sorella acquisita.
 
Sora l’abbracciò, dandole un bacio sulla tempia e facendole subito i complimenti: la ragazzina indossava un bellissimo vestito rosa pallido, che faceva risplendere ancor di più i suoi occhi nocciola.
 
-Sei davvero stupenda Hikari!- esclamò, facendole un occhiolino.- Ma tuo fratello non ti ha detto nulla a riguardo?
 
La bella ragazza dagli occhi dorati sapeva che Taichi, quando notava la sorella vestita in un certo modo tanto da renderla fin troppo bella, cominciava a brontolare e a farle la predica, fino all’esasperazione della fanciulla.
 
A volte, riusciva addirittura a farle cambiare i vestiti, era davvero un gelosone.
 
Vide Hikari ridere, assieme a sua madre, per poi svelare il mistero:
 
-Non ci crederai, ma neanche oggi si è svegliato puntuale! Sora... credo sia un caso perso!
 
L’interessata sgranò gli occhi, incredula, mentre sentì la signora Takenouchi cercare di soffocare una risata.
 
Possibile che anche se si trattava di un viaggio di svago doveva far sempre così?
 
Sospirò, quando riuscì a tradurre il messaggio che le avevano inviato la signora Yagami e sua figlia,e, annuendo con la testa, si avviò a destinazione.
 
Toccava sempre a lei svegliarlo, in tutti quegli anni era stato sempre il suo compito.
 
E ne aveva provate davvero di tutte, dai metodi fastidiosi, come gettargli dell’acqua addosso, a metodi un pò più tradizionali, scuotendolo e chiamandolo ininterrottamente.
 
Si affacciò e lo trovò, come al solito, a dormire in una posizione strana: Teneva un braccio dietro la testa e un altro penzolante fuori dal letto.
 
Teneva un ginocchio alzato, mentre l’altra gamba dondolava sospesa nell’aria, anch’essa fuori dal letto.
 
Trattenne una risata, era davvero unico.
 
Si avvicinò , inginocchiandosi vicino a lui.
 
Non si era accorto di nulla, non riusciva a sentire le risate provenienti dalla cucina, neanche una bomba lo avrebbe svegliato.
 
In quel momento, il ragazzo cambiò posizione, girandosi su di un fianco proprio verso di lei e accucciandosi un poco al fresco cuscino.
 
Sorrise dolcemente nel guardarlo, in realtà le faceva una grande tenerezza.
 
Scrutò meglio il suo viso, ormai adulto, e pensò che avesse davvero dei lineamenti perfetti.
 
Decise di cominciare a svegliarlo, ma stavolta volle intraprendere una strada un pò più dolce.
 
Cominciò ad accarezzare i capelli della sua folta chioma, e stava per chiamarlo quando lo sentì  pronunciare, con un sussurro, il suo nome.
 
L’interessata sbattè più volte le palpebre, a lei sembrava davvero che stesse dormendo.
 
Poco dopo, appurò che era proprio così, dunque, la stava sognando?
 
Fece una piccola risata e decise, così, di velocizzare il tutto.
 
Avvicinò il viso alla guancia di lui, per dargli un lieve bacio.
 
Taichi sentì un brivido partirgli proprio da quel punto e quasi che sentì freddo.
 
Nel frattempo, Sora aveva appoggiato le sue braccia, incrociate, sopra al materasso e , su di esse, vi pose anche il suo viso.
 
Le piaceva osservarlo mentre dormiva, sembrava davvero un angioletto.
 
Intanto il ragazzo si rese conto che quella vibrazione era stata causata da un qualcosa proveniente dall’esterno, così, involontariamente, cominciò ad aprire gli occhi.
 
All’inizio, gli apparve un’immagine molto sfocata, e pensò che stesse davvero sognando.
 
Cercò di focalizzarla meglio, in effetti nella sua stanza c’era qualcuno, ma gli prese davvero un colpo quando si trovò il dolce e sorridente viso di Sora, poco distante dal suo.
 
Era lì, ad un passo da lui, che lo guardava con quei suoi fantastici occhi brillanti.
 
E, a pensarci bene, quella specie di brivido che provò era la stessa ed identica sensazione che aveva quando lei lo baciava.
 
Si rese ben conto di tutta la situazione, così, per l’agitazione improvvisa, non solo arrossì bruscamente, ma si alzò di scatto, sbattendo poi la testa contro il muro a cui era accostato il letto.
 
Sora, dapprima, lo guardò allucinata, poi non riuscì a trattenersi e scoppiò in una risata.
 
Taichi si massaggiò la testa e si lamentò per l’atroce dolore.
 
Aprì un occhio, per guardare la persona che aveva di fronte e che stava ancora ridendo di gusto.
 
Lui si sentiva ancora scottare le guancie, ma cominciò lo stesso a brontolare:
 
-Ma...ma... ma ti pare il modo, Sora?? Potevo rischiare la vita!!!
 
Come al solito, faceva il drammatico e cercava di farla sentire in colpa, anche se effettivamente aveva fatto tutto da solo.
 
Smise di ridere, per puntargli l’attenzione:
 
-Non pensavo di farti così tanta paura, Taichi...- fece lei, un pò perplessa, si era davvero spaventato così tanto alla sua vista?
 
Si accorse che poteva fraintendere ciò che aveva detto, così cercò di correggersi:
 
-Non mi aspettavo di trovarti quì! Mi hai fatto prendere un infarto! Ma che... perchè sei a casa mia? Che ora è?
 
Come al solito, Taichi era uno smemorato.
 
Sora, a quel punto, si alzò in piedi, sistemandosi meglio i suoi pantaloncini di jeans davvero corti e la sua bella canottiera bianca che lasciava trasparire un poco il costume che aveva al di sotto.
 
Notando, difatti, il costume, a Taichi venne un enorme dubbio che venne risolto proprio dall’amica:
 
-Oh Santo cielo, Taichi... ma possibile che tu sia così smemorato? La gita...
 
Lo vide agitarsi ancora di più e scendere con un balzo dal letto.
 
Le chiese l’ora mentre prendeva i vestiti da indossare dal suo armadio.
 
-Sono le otto passate... e la partenza è alle nove... tuo padre è andato già a caricare i bagagli tuoi e di Hikari nella sua macchina e, suppongo, che ora aiuti mia madre a caricare i miei...
 
Durante la breve frase di spiegazione che l’amica dettò, il bel ragazzo si vestì e si rinchiuse in bagno.
 
Sora gli disse, come ogni santa volta, che lo avrebbe atteso in cucina, dove vi erano Hikari, Yuuko e Toshiko che se la ridevano di gusto.
 
Si stavano chiedendo come facesse a fare ogni volta così, che non avevano mai sentito una persona essere così sbadata, quando, alla velocità della luce, il ragazzo raggiunse tutte le donne, con la faccia imbronciata e chiedendo se ci fosse la colazione per lui.
 
Hikari, ridendo, gli indicò sul tavolo che già era tutto pronto, ma Taichi esitò, in un primo momento, ad avvicinarsi alla tavola perchè, nonostante la fretta e l’ora, a suo parere, indecente, aveva notato delle cose che non gli andavano affatto a genio:
 
-Sorellina, questa si chiama vacanza, capito? Quindi non è che posso star a controllare quanti uomini ti vogliono saltare addosso! Togliti quel vestito!Sei esageratamente graziosa!
 
L’interessata arrossì leggermente, mentre sua madre l’avvolse col braccio per rassicurarla:
 
-Tranquilla, tesoro. Non badare a lui, piuttosto cerca di concludere questa storia con Takeru!
 
Toshiko si mise una mano davanti alla bocca, cercando di trattenere una risata, sia per l’avvampo della piccola Yagami, sia per lo sguardo fulmineo del fratello.
 
Ormai, in quella casa non esistevano più segreti.
 
Anche l’amore della piccola Hikari era uno degli argomenti preferiti delle due famiglie.
 
-Suvvia, lasciatela in pace!- entrò in difesa Sora, cercando di cacciarla da quel suo tenero imbarazzo.
 
-Ah, ma tu Sora, credi che te la scampi? Quei pantaloncini sono fortemente illegali per quanto sono corti! Che c’è, sono in crisi con la stoffa?
 
Alla predica di Taichi, che nel mentre cercava di mangiare qualcosa al volo, la vittima esaminò i suoi shorts per bene, non notando un così grande scandalo.
 
-Figliolo, se se li può permettere, ben venga! Allieterà la visione di qualche maschietto!
 
Le parole di Susumo, il quale era appena rientrato in casa, fece di nuovo scoppiare a ridere i presenti, tranne suo figlio, che lo guardò davvero storto.
 
-Papà, ma che dici... dovresti appoggiarmi...- fece brontolando, mentre sorseggiava un goccio di caffèlatte.
 
Sapeva che al signor Yagami piaceva stuzzicarlo e gli aveva dichiarato una volta che avrebbe continuato fino a che non avesse concluso con la ragazza.
 
Sora salutò Susumo, abbracciandolo e augurandogli il buongiorno.
 
Si propose subito di accompagnarlo al suo appartamento per prendere la sua valigia, così da preparare la macchina della madre.
 
L’uomo dai capelli castanti acconsentì felicemente, circondandole con un braccio le sue belle spalle, e, imperterrito, volle lanciare un’ultima frecciatina al figlio:
 
-Ma questa maglietta non è un pò troppo trasparente, figliola mia?
 
Effettivamente, anche Taichi lo aveva pensato, ma alla fine non l’aveva ritenuta così oltraggiosa poichè, al di sotto, Sora teneva il costume.
 
Ma il solo fatto che il signor Yagami glielo avesse fatto notare, fece riaccendere la sua gelosia e la sua mania di protezione.
 
Si alzò dalla sedia, affiancando i due che ormai erano arrivati sulla soglia della porta:
 
-Vi accompagno anche io, così tu, Sora cara, puoi cambiarti questi vestiti indecenti nel tuo appartamento!
 
Hikari scoppiò a ridere, negli ultimi tempi suo fratello era davvero diventato geloso non solo nei suoi confronti, ma anche della bella Sora.
 
Infondo, da quel Febbraio le cose erano cominciate a cambiare tra loro, e quasi che, a volte, si comportavano da fidanzati.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando la famiglia Takenouchi e Yagami arrivarono al punto di ritrovo, trovarono già pronti e vicino alla specie di mini-pulman tutti gli altri compagni.
 
Yamato stava fumando in tranquillità una sigaretta, mentre Takeru gli parlava allegramente.
 
Joe stava sistemando i suoi bagagli, mentre Koushirou parlava con l’autista, sicuramente per sapere qualcosa riguardo al loro viaggio.
 
Quando Hikari scese dalla macchina, i suoi occhi nocciola caddero inevitabilmente sul biondino che le faceva, ogni volta, battere il cuore a mille.
 
Quest’ultimo, alla vista della bella fanciulla, sorrise dolcemente e non esitò ad andarle incontro, seguito da Yamato che, rispetto al primo, marciava più lento.
 
I due affascinanti fratelli erano vestiti  in maniera molto simile, t-shirt chiara e pantali di jeans corti fino alle ginocchia.
 
La dolce Yagami arrossì leggermente non appena Takeru fece un saluto generale: era davvero un bel ragazzo.
 
Tutti notarono la scena, in particolar modo quando il bel Takaishi iniziò a dare il suo saluto personale alla sua giovane amata, cominciando ad accarezzarle lievemente la guancia.
 
La sua mano fu fermata da Taichi, pronto, come al solito, a proteggere la sorella:
 
-Takeru, il discorso della distanza di sicurezza vale sempre!
 
Sentì Yamato sbuffare e gli adulti ridere a quella scena.
 
Un tocco delicato fece, però, mollare l’apparentemente dura presa del fratello dall’affascinante giovane.
 
Sora, come sempre, entrava in loro difesa, con i suoi semplici ed infallibili modi:
 
-Suvvia, Taichi, sono degli innocenti saluti.- disse per poi avvicinarsi a Takeru e abbracciarlo, così da fargli comprendere che ognuno di loro poteva salutare a proprio modo una persona.
 
Il ragazzo dalla folta chioma castana lasciò effettivamente la presa ma era pur sempre contrariato.
 
Vide, poi, il suo migliore amico abbracciare la bella ramata e stamparle un bacio sulla tempia:
 
-Ah, Sora, ancora ci perdi tempo a parlare con quello lì?- esclamò, rubandole una risata.
 
A quella battuta, nonchè gesto, l’interessato incrociò le braccia, un poco offeso:
 
-Fa poco il simpatico, amico...- brontolò, mentre sua madre si avvicinava alla figlia.
 
Yuuko abbracciò la bella Hikari, tutta sorridente, cominciando le sue solite raccomandazioni.
 
Susumo era intento nel portare i bagagli verso il pulman, sia dei suoi figli, sia quelli di Sora.
 
Nel frattempo, si avvicinarono anche Koushirou e Joe, che salutarono cordialmente tutti i presenti.
 
-Pensavamo che anche stamattina saresti arrivato in ritardo, Taichi.- scherzò il rosso, facendo sorridere tutti.
 
-Non si era svegliato, infatti. Come al solito ci ha dovuto pensare Sora.-intervenne la sorella, lanciando uno sguardo amorevole verso la sua cara amica dagli occhi dorati.
 
Yamato alzò gli occhi al cielo, esclamando che era proprio un caso perso, mentre Joe cominciò a dichiarare che forse poteva davvero avere un problema col sonno.
 
La serietà di quest’ultimo fece scoppiare a ridere tutti, anche le due donne.
 
La vittima del discorso si scoraggiò un poco, sospirando:
 
-Uff, ce l’avete sempre con me... ormai nessuno sta dalla mia parte...
 
Sentì accarezzarsi la schiena e, quando voltò il viso verso la persona che fece qual gesto, incrociò proprio il suo dolce sguardo:
 
-Lasciatelo stare.. anche se si sveglia più tardi di noi, alla fine arriva sempre puntuale!- esclamò sorridente la ragazza che amava con tutto sè stesso, causandogli  un tremore al cuore.
 
In realtà, ogni volta che lo prendevano in giro, lei cominciava a difenderlo a spada tratta.
 
Non fece in tempo a ringraziarla che arrivò suo padre, annunciando di aver concluso il suo compito.
 
Ormai potevano partire, era tutto pronto, così arrivò il momento dei saluti.
 
I signori Yagami abbracciarono la loro figlia più volte, come se dovesse partire per un mese intero.
 
Susumo si raccomandò  di non dare confidenza agli sconosciuti, e chiese, non solo a suo figlio ma anche a Takeru, di sorvegliarla tutto il giorno.
 
Il biondo rassicurò i genitori, causando un enorme rossore alla fanciulla: lei sapeva che il padre, in verità, giocava sporco e che il suo obiettivo era proprio quello di farla mettere con il giovane Takaishi.
 
Ciò era risaputo anche da Taichi, il quale dichiarò subito che non ci sarebbe stato bisogno di lui, ma che sarebbe riuscito a controllarla da solo.
 
La sua gelosia ormai non aveva limiti, sopratutto da quanto, ormai, con sua sorella parlava anche di Sora.
 
Non sempre, ovviamente, ma quando non riusciva a decifrare certi comportamenti di lei o semplicemente quando sentiva il bisogno di udire da qualcuno che la ragazza che amava potesse ricambiare il suo amore, lui correva da lei, dalla sua sorellina.
 
Aveva sempre una certa difficoltà ed imbarazzo a parlare di quell’argomento, ma alla fine era la persona di cui si poteva fidare ciecamente.
 
Sapeva che tutto ciò che lui avrebbe detto a Hikari, sarebbe rimasto al massimo tra loro due.
 
Dunque, il rapporto con la sorellina si era rafforzato ulteriormente.
 
Dall’altra parte, Sora era già tra le braccia della madre.
 
Per lei era sempre stato difficile partire per qualche gita, perchè l’ultima cosa che voleva era lasciare sola la donna che più amava al mondo.
 
Toshiko dovette rassicurarla per un mese, e , per tranquillizzarla ulteriormente, ci volle l’aiuto dei signori Yagami ,che giurarono alla loro figlia acquisita che si sarebbero presi  cura di sua madre.
 
-Mi raccomando, tesoro, divertiti... ti meriti questo ed altro. Rilassati e saluta la dolce Mimi da parte mia.- Disse Toshiko prima di stamparle un bacio.
 
Sora annuì, per poi ricambiare il gesto.
 
Si sentiva davvero in colpa di lasciarla sola, ma lei era fatta così.
 
Notarono Taichi avvicinarsi a loro, tutto sorridente e con le braccia dietro la testa:
 
-Difficile rilassarsi con quella sveglia di Mimi!- scherzò, provocando un sorriso ad entrambe.
 
Toshiko lo guardò bene, per poi dirgli:
 
-Mi raccomando, Taichi... prenditi cura di mia figlia...
 
Sora guardò la madre amorevolmente, e pensò che tutte le preoccupazioni che aveva e sentiva le aveva prese proprio da lei.
 
Con lo stesso sorriso a trecentosessanta gradi, il giovane rassicurò la signora:
 
-Puoi contarci, Toshiko! Non lascerò sole, neanche per un secondo, sia lei che mia sorella!
 
La giovane ramata cercò di guardarlo storto, ma non ce la fece e rise, affascinandolo di nuovo.
 
-Eh direi figliolo, se no è la volta buona che te la rubino da sotto il naso!
 
Alla battuta, non contenuta, del signor Yagami, i due interessati arrossirono.
 
A volte, Taichi lo avrebbe voluto uccidere.
 
Solo Hikari sapeva della tortura che dovette subìre il fratello in quei giorni da parte dei genitori: Yuuko cercò di ripetergli ,in ogni occasione, di approfittare di quella vacanza per dichiararsi, e Susumo gli ricordava perennemente dei rischi che poteva correre nello aspettare ancora.
 
Quei due, insieme, erano terribili.
 
Così, preso dall’imbarazzo e dall’improvvisa voglia di fuggire dagli adulti, prese Sora per mano e, subito dopo, corse verso Hikari facendo lo stesso e urlando che ora dovevano proprio andare.
 
Toshiko si mise una mano davanti alla bocca, cercando di contenere la risata, mentre Yuuko urlò la sua ultima raccomandazione:
 
-Mi raccomando figliolo mio!!! Fa quello che ti ho detto! Concludi quella faccenda!
 
A quelle parole, Susumo abbracciò la moglie, soddisfatto anche della sua prestazione.
 
Se sarebbe tornato a mani vuote, lo avrebbero cacciato di casa.
 
Salirono, così, nel mini-bus, dove ormai il resto dei compagni avevano preso posto.
 
Era davvero piccolo, aveva pochi posti, d’altronde loro erano solo in sette.
 
Koushiro aveva preso posto  davanti, assieme a Joe, per non soffrire il mal d’auto; nonostante i posti vuoti, Hikari decise di mettersi al fianco di Takeru che, guarda caso, le fece cenno di sedersi sul posto  accanto al suo.
 
Taichi stava per protestare pubblicamente quando fu spinto in avanti da Sora, che fece l’occhiolino al giovane Takaishi.
 
Lo spintonò verso la fine di quella specie di miniveicolo, dove vi erano tre posti in fila, due vicini al finestrino e quello in mezzo alla fine del corridoio.
 
Sul posto a destra sedeva già Yamato, armato di mp3, che stava già selezionando della musica per il viaggio.
 
La giovane Takenouchi spinse l’amico sul posto alla sinistra e lei si piazzò in mezzo ai due.
 
Il ragazzo dagli occhi di ghiaccio guardò i suoi amici, tra tanti posti si dovevano mettere proprio lì?
 
Ma il dolce sorriso di Sora non lo fece per niente protestare, quella ragazza aveva uno strano potere.
 
Prese le posizioni, il gruppo finalmente partì.
 
Koushirou si immerse nel suo computer portatile, mentre Joe cominciò a leggere un enorme libro.
 
La coppia più giovane cominciò a chiacchierare tranquillamente e, all’ultima fila, i due amici avevano cominciato a scherzare, come al loro solito.
 
Taichi aveva cominciato dal fattore musica, ma il suo discorso fu deviato in un altro argomento, proprio da Yamato:
 
-Invece di criticare la mia musica, pensa ad un problema più serio... con questa gita rischieremo di diventare parenti! E allora lì si che sarà una catastrofe!
 
Ricevette un pizzicotto dalla ragazza che era in mezzo, profondo segno di disapprovazione:
 
-Smettila Yamato, lasciateli in pace!  Sono grandi abbastanza per sapere cosa fare!
 
-Sora!! Quello stonato ha ragione... metti caso che poi si fidanzassero e si sposassero... come potrebbero crescere i nostri nipoti con uno svitato del genere??- esclamò Taichi, avvicinandosì all’amica ed indicando il ragazzo che era dalla parte opposta.
 
-Ma sentilo! Io avrei fatto lo stesso discorso con te! Sia mai che uno dei miei nipoti diventi un tonto e somaro come te!
 
Sora sospirò, ma non servì quasi a nulla, perchè continuarono.
 
Quei due si divertivano a punzecchiarsi a vicenda, era il loro passatempo preferito, facevano finta di non reggersi ma poi, quando mancava uno dei due, l’altro lo cercava sempre.
 
-State dando per scontato che vi facciano conoscere i vostri futuri nipoti.
 
A quelle parole della ragazza, i due la guardarono sbalorditi e offesi allo stesso tempo.
 
Yamato, in tutta risposta, le circondò le spalle con il suo braccio, per tirarla verso di lui:
 
-Non dire così, Sora cara. Lo sai che io, al contrario di quel tipo laggiù, sono favorevole al matrimonio tra mio fratello ed Hikari. E’ lui che è ostile...e una presenza negativa!
 
Nonostante gli sforzi, l’amica rise un poco, creando la gelosia di Taichi.
 
Yamato, a volte, faceva apposta nel prenderla e abbracciarla, ormai era diventata una sfida.
 
L’amico non poteva aspettare una vita per dichiararsi, così gli serviva una spinta in più.
 
Sapendo che era molto geloso, aveva cominciato a provocarlo con dei gesti affettuosi verso la bella ragazza in sua presenza,e, difatti, la strategia funzionava per bene.
 
Anche Taichi con il suo braccio circondò le spalle della fanciulla e avanzò il viso verso di lei, per fulminare il suo migliore amico:
 
-Io non sono contro il loro matrimonio! Dico solo che mia sorella è giovane per mettersi con tuo fratello ora! E poi, staccati da Sora!!- protestò pubblicamente, facendo arrossire un poco l’interessata, che si ritrovò proprio in mezzo ai due, che cercavano quasi di staccare le mani l’uno dell’altro da lei.
 
Proprio in quel momento, videro un flash provenire da qualche posto più in avanti.
 
Si resero  conto che Hikari aveva appena scattato una foto con la sua macchinetta digitale, mostrando un sorriso stupendo e pieno di soddisfazione.
 
La mostrò subito a Takeru, il quale scoppiò a ridere per le faccie buffe dei due ragazzi.
 
Yamato protestò, dichiarandosi molto irritato da quel gesto improvviso e, a suo parere,  fatto a tradimento.
 
Allora Sora propose un altro scatto e pregò i due ragazzi di sembrare normali,  così, i tre migliori amici si misero in posa, tutti sorridenti.
 
I due giovani non volevano ammetterlo ma erano felici del loro trio, quello che si era formato dalle elementari.
 
Erano davvero diventati inseparabili, riuscivano a comportarsi sempre in maniera così spontanea quando stavano insieme, e non avrebbero sostituito mai e poi mai un mebro del loro trio.
 
Il viaggio, così proseguì.
 
Yamato, munito di cuffie, si era addormentato, appoggiando la testa sulla spalla dell’amica,  che aveva appena smesso di leggere qualche pagina di un libro.
 
Taichi era perso nel guardare il paesaggio al di fuori del finestrino.
 
Sora lo osservò e cominciò a guardarlo teneramente: si ricordò di quella mattina, in cui aveva pronunciato il suo nome durante il sonno e quasi morì dalla voglia di chiedergli cosa stesse sognando, ma pensò bene di trattenersi.
 
Proprio in quel momento, l’affascinante ragazzo si voltò, incrociando il suo sguardo mielato e causandole un lieve rossore.
 
Le sorrise dolcemente per poi avvicinarsi un poco di più a lei.
 
La fanciulla teneva una mano appoggiata sul sedile e, involontariamente, Taichi la sfiorò, generando un sussulto al cuore.
 
Trattenne quasi il respiro quando percepì il lieve calore della mano dell’amico sulla sua: dopo averla sfiorata, anche il ragazzo ebbe un tremore ed un’emozione piacevole, così ,invece di ritrarla a sè, la fermò lì.
 
Sora poteva benissimo sentire le sue dita sfiorarle la pelle, in una specie di carezza che le madò dei brividi incredibili.
 
Possibile che con quei semplici ed innocui gesti lui sapeva sconvolgerla a tal punto?
 
Lo sguardo dell’amico cambiò: mantenne il sorriso ma si fece molto più serio e profondo, sopratutto quando dalle lievi carezze passò a stringerle la mano.
 
Quella stretta così salda e sicura la fece sussultare ancora di più, e non sentì alcun senso quando avvicinò il viso al suo per sfiorarla con le labbra sulla guancia.
 
A quella estrema dolcezza ed emozione, quasi che chiuse gli occhi, era davvero così piacevole.
 
Infatti, con l’altra mano, Taichi le toccò il viso, per girarlo verso il suo.
 
Notarono che la distanza tra di loro era poca, ma non poterono pensare ad altro che, per colpa di un dosso stradale, il minibus saltò, facendo sobbalzare tutti i passeggeri.
 
Yamato quasi cadde a terra, mentre Taichi strinse Sora a sè.
 
Purtroppo, però, lui andò a sbattere con la testa contro il finestrino, gemendo per il dolore.
 
La ramata si staccò subito, per esaminare il punto dolente, preoccupata che si fosse fatto davvero male, mentre l’amico biondo brontolava per il brusco risveglio.
 
Taichi si massaggiò il capo, aveva urtato davvero forte e sentiva il dolore espandersi da quel punto a quasi tutta la testa.
 
-Taichi, stai bene? Dove ti fa male?- chiese Sora seriamente preoccupata e cercando di esaminare la zona che gli doleva.
 
Le restava molto difficile scorgere un eventuale rossore tra quella chioma, ma il suo esame fu interrotto dall’immancabile battuta di Yamato:
 
-Tranquilla Sora, se siamo fortunati, quella botta gli avrà fatto solo del bene!- esclamò mentre si riposizionava sul sedile.
 
Il biondo evitò di cogliere il solito sguardo di protesta del suo amico e si accucciò di nuovo sulla spalla della ragazza.
 
Taichi stava per protestare nuovamente, quando Sora, a sua volta, si appoggiò a lui, anche lei per dormire un pò.
 
Il gesto improvviso, la percezione del suo tocco delicato , del calore e dell’affetto che sapeva trasmettergli, lo fecero avvampare, facendolo restare ammutolito.
 
Nel frattempo, Hikari si era voltata e vide la tenera scena: i tre amici risultavano, ai suoi occhi, abbracciati uno all’altro e suo fratello era impacciato a causa del fatto che fosse indeciso se ricambiare il dolce gesto dell’amica o no.
 
Rise a tutto ciò e scattò anche lì una foto a tradimento, non usando il flash per non essere scoperta.
 
Quei tre insieme causavano mille risate e, al tempo stesso, un affetto e un amore improvviso.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo qualche ora, finalmente, il bus decise di arrivare.
 
Si fermò davanti al grande cancello nero e ornamentale della villa di Mimi.
 
I primi a scendere furono Joe e Koushirou, i quali rimasero frastornati da quella immensa casa.
 
Il ragazzo dai riflessi blue aveva la bocca letteralmente spalancata, mentre il rosso cercava di contenersi un poco.
 
Entrambi sapevano quanto fosse benestante la famiglia della bella fanciulla, ma non pensavano fino a quel punto.
 
A dar voce ai loro pensieri fu proprio Yamato, che si stava stiracchiando un poco:
 
-Credete che ci saranno dei cartelli indicativi per strecciarsi all’interno di questa umile dimora?
 
Suo fratello rise alla battuta e agli sguardi confusi dei suoi due amici cervelloni.
 
Hikari si accostò lentamente all’uomo che amava, non scostando, però, il suo sguardo nocciola da quella specie di castello che si ergeva davanti a sè:
 
-E’ davvero bella, e grandiosa! Io non l’avevo affatto immaginata così.
 
Nonostante tutti fossero consapevoli delle possibilità economiche della bella neo-americana, quest’ultima non si era mai vantata coi loro amici di tutto ciò, e questo era uno dei suoi aspetti positivi.
 
A raggiungere il gruppetto e il loro stupore, furono, infine, Taichi e Sora.
 
Quest’ultima, avendo gli occhi anche lei puntati sulla struttura, involontariamente, con la sua solita delicatezza, appoggiò la mano sul braccio dell’amico, causandogli un altro pò di rossore, nonostante anche lui fosse preso da ciò che gli si mostrava davanti.
 
-Mi aveva detto che ci sarebbe stato spazio per tutti, infatti...- disse la bella ramata, anche lei un pò stupìta da tutto ciò.
 
-Spazio per tutti? Ci entreranno altre cinquanta persone!-esclamò Taichi, facendola ridere.- Ah, questa casa rispecchia proprio il suo animo e il suo egocentrismo!- scherzò infine.
 
Su quest’ultima battuta, la sua amica aveva qualcosa da rimproverargli, ma ci pensò presto la diretta interessata.
 
Infatti, una voce acuta e un pò gracchiante li assordì all’improvviso, e il bel castano pensò che avrebbe riconosciuto quella voce, a suo parere, da strega ovunque.
 
Videro il cancello spalancarsi e una bellissima ragazza dai capelli lunghi , mossi e di un colore simile al rosa confetto correre verso di loro.
 
I suoi occhi cenere lasciavano intravedere un misto tra felicità e una finta offesa e, quando si piazzò davanti al gruppetto con le mani sui fianchi, tutti notarono la bellissima fanciulla fulminare il castano:
 
-Ehi, capellone, mi sa che per te non c’è nessuno spazio, a meno che non ti accontenti della cuccia dei miei cani!
 
I presenti risero, quei due, fin da piccoli, avevano avuto un  rapporto simile come quello che intercorre tra un cane e un gatto, e quasi che si sollevarono nel vedere che le cose non erano affatto cambiate, erano davvero divertenti le loro scenette.
 
Sora ignorò completamente la finta lite in corso e si fiondò tra le braccia della sua migliore amica: quanto le era mancata!
 
Riusciva a vederla due volte all’anno, nelle vacanze natalizie e in quelle estive.
 
Si sentivano sempre per mail e qualche volta si videochiamavano, ma non era la stessa cosa.
 
La giovane Takenouchi sentiva dentro una grande felicità, Mimi era una delle persone più speciali della sua vita, e la loro amicizia era arcaica, non quanto quella con Taichi, ma erano diventate amiche dalle elementari, e ciò si era da sempre rafforzato negli anni.
 
La fanciulla dai capelli ramati si staccò un poco, per guardarla meglio, e quasi ne rimase affascinata:
 
-Mimi, sei sempre più bella! Guardati!- esclamò con tutta sincerità.
 
Effettivamente, la Tachikawa ,ogni anno che passava, sembrava sbocciare sempre più.
 
Quel giorno, indossava una maglietta corta, tanto da mostrare la sua pancia perfetta, e una minigonna di jeans che metteva in evidenza le sue gambe snelle ma perfette anche esse.
 
Non c’era alcun dubbio sulla bellezza della ragazza, nessuno poteva negarla.
 
Mimi, ai complimenti sinceri dell’amica, quasi arrossì, per riprendersi subito:
 
-Ma sentila! Pensa a te! Quanti cuori hai frantumato quest’anno? E questi shorts così corti? Sono dei pantaloni da battaglia, lo sai si?!- scherzò, creando un grande rossore a colei che aveva di fronte.
 
Nonostante le palesi proteste dell’amico, alla fine Sora non si era cambiata, ma in quel momento quasi se ne pentì:
 
-Da cosa?!- esclamò imbarazzata.
 
-Faremo conquiste in spiaggia, si si!-esclamò l’amica, abbracciandola di nuovo.
 
Ovviamente, a quel punto, entrò in scena Taichi, che staccò le due piazzandosi in mezzo , e stavolta fu lui a mettersi le mani sui fianchi e a guardarla davvero storto.
 
-Conquiste? Battaglie? Non siamo in guerra Mimi! Sei sempre la solita schizzata!
 
Tutti i presenti si guardarono tra di loro, sapendo a cosa stavano andando incontro, ossia un altro match tra i due.
 
Yamato avanzò, allargando le braccia e cercando di fermare la vera guerra in corso:
 
-Suvvia, Mimi. Non ci vediamo da tempo, perchè non ci saluti per bene invece di perdere tempo con lui?!
 
Per fortuna, il biondo amico riuscì a distrarla, anche perchè era vero, doveva salutare tutti i suoi cari amici, così iniziò il tour degli abbracci.
 
Saltò letteralmente sopra ai suoi due più cari amici, Joe e Koushirou, tanto da fargli perdere l’equilibrio.
 
Il rosso si allarmò subito, pensando che, con quel gesto, il suo computer potesse essere danneggiato ma causando, inevitabilmente, la finta lamentela ed offesa della bellissima amica, la quale gli rinfacciò il fatto che mettesse sempre al primo posto l’informatica invece che lei.
 
Scoppiarono a ridere, era davvero bello tornare ai vecchi tempi, tutti insieme ed uniti.
 
Quell’allegria era unica, era una preziosa particolarità del loro gruppo.
 
Mimi, dopo i saluti, non volle perdere tempo, ed invitò i suoi amici ad entrare: avrebbe mostrato loro le camere e fatto riporre i bagagli nelle proprie stanze.
 
Il gruppetto la seguì, trascinando ognuno il proprio trolley o borsone.
 
Takeru fece il gentiluomo, come sempre, con la sua Hikari e si propose senza problemi per portare la sua valigia.
 
La giovane Yagami arrossì leggermente, e lo seguì sorridendogli.
 
A Taichi, che la osservava perennemente, non gli sfuggì per niente e sbuffò contrariato.
 
Era vero, ormai erano agli sgoccioli quei due e sua sorella, ogni giorno di più, sembrava toccare il cielo con un dito per quanto fosse felice.
 
Forse era arrivato il momento di mettersi un pò da parte, da fratello lui ambiva alla sua felicità e doveva ammettere che così entusiasta non l’aveva mai vista.
 
Quanto era felice quando stava con Takeru!
 
Ma forse, la stessa felicità poteva trapelare anche da lui.
 
E se, senza accorgersene, avesse trasmesso anche lui tutto ciò ai suoi amici?
 
Alla sola idea, cominciò a provare vergogna e si guardò intorno, sperando che nessuno lo stesse notando.
 
Per fortuna, ognuno di loro era intento a chiacchierare.
 
Sora era ormai sommersa dalle mille parole al secondo della sua migliore amica, ebbene in quella vacanza sapeva che se l’avrebbe dovuta spartire con lei, ma ci era abituato.
 
Anche quando erano piccoli litigavano spesso per la compagnia di Sora.
 
Cercò di immergersi in quei ricordi, perchè voleva sempre stare con lei? Era semplice amicizia? O affetto fraterno? O addirittura a quei tempi era amore?
 
Non poteva saperlo, l’unica cosa certa è che le voleva da sempre un bene infinito e profondo.
 
Rise tra sè e sè quando notò con che velocità sapeva ricadere sempre su di lei.
 
Sora era poco più avanti di lui, affiancata da Mimi.
 
La osservò di nuovo, emanava sempre quel suo solito profumo, nonchè una dolcezza e delicatezza unica nel suo genere.
 
Amava i suoi gesti, la sua moderazione, la sua calma, compostezza, il suo sorriso splendido, i suoi occhi particolari.
 
Il solo pensiero faceva muovere più veloce il suo cuore, quanto avrebbe voluto dichiararle tutto ciò!
 
E lo avrebbe dovuto fare presto, perchè i due si erano promessi di non nascondersi più nulla e tutto quel segreto nel cuore cominciava a pesare.
 
Aveva proprio pensato che quella vacanza potesse essere un’occasione, sicuramente ci sarebbe stata l’opportunità in cui i due sarebbero rimasti soli e stavolta non avrebbe accettato alcun errore.
 
Era ora di cacciar fuori il proprio coraggio in quell’ambito in cui lui, a suo parere, stonava davvero molto.
 
A volte si sentiva davvero imbranato.
 
 
 
Ormai Mimi aveva mostrato a tutti le proprie stanze.
 
Ce ne erano un’infintà in quella villa, tanto da poter permettere ad ognuno dei suoi ospiti una camera singola.
 
Ma la bella Tachikawa non voleva dormire sola, e non voleva dividere il gruppo di amici: decise ,dunque, di usare solo tre camere da letto.
 
Le tre ragazze ne avrebbero occupata una, Taichi, Yamato e Takeru un’altra ed infine Koushirou e Joe avrebbero pernottato su di un’altra ancora.
 
Tutte e tre le stanze erano posizionate sullo stesso piano ,ossia il primo, mentre al piano terra vi erano una grande cucina con un enorme salone.
 
Vi era anche un altro piano, ma Mimi dichiarò che a loro non sarebbe servito, come un ‘altra area di edificio, posta a lato di quella principale, che sarebbe rimasta chiusa.
 
L’enorme struttura era circondata da un lussuoso giardino e, nel retro, la villa nascondeva une bellissima piscina.
 
La padrona di casa propose di passare il pomeriggio in piscina poichè ormai metà giornata era andata persa, e dal giorno dopo si sarebbero fiondati in spiaggia.
 
L’idea fu accolta con allegria da tutti, era davvero grande ed era munita di trampolino, doccie esterne e tante sdraie e ombrelloni attorno ad essa.
 
Un ulteriore stupore emerse quando si resero conto che Mimi aveva pensato anche ai pasti: vi era un maggiordomo e una cuoca, pronti a non farli stancare e stressare nel preparare le pietanze giornaliere.
 
Sora dichiarò che non c’era bisogno di tutto quello, che poteva essere eccessivo per loro e che si sentiva in colpa ,come sempre, di usufruire del servizio di quelle due persone, ma l’amica la tranquillizzò subito.
 
Il maggiordomo e la signora erano una vita che lavoravano per la sua famiglia, e si erano offerti loro di accompagnarla e di servire lei e i suoi amici, poichè sapevano che, per la lontananza, si potevano riunire poche volte e non volevano farle perdere tempo prezioso.
 
Hikari rimase stupìta anche stavolta, e non potè far a meno di ringraziare in anticipo quelle due persone per la loro premura.
 
Così, appena pranzo, il gruppo si fiondò volentieri tra quelle fresche acque.
 
Non tutti, però.
 
Sora e Mimi avevano deciso di prendere un pò di sole.
 
In realtà era una palese scusa per chiacchierare e questo era risaputo da tutti.
 
Hikari restò con le due ragazze in un primo momento, fino a che Takeru non la prelevò amorevolmente per portarla dentro la piscina.
 
Quest’ultima era divisa in due parti: una profonda e l’altra in cui si riusciva a toccare il fondo.
 
Si accedeva ad essa grazie a dei gradoni che piano piano si immergevano e aumentavano la profondità, e fu da lì che Takeru fece introdurre la dolce ragazzina.
 
La teneva per mano, sorridendole dolcemente e accorciando la distanza mano a mano che riusciva ad avanzare.
 
Hikari ricambiò il sorriso ma dichiarò di provare un pò di freddo, così il bel biondino, delicatamente, la strinse a sè, causandole un calore immenso.
 
Mimi non si perse neanche un secondo quella scena ed esplicitò tutte le sue osservazioni all’amica che aveva al suo fianco:
 
-Ogni volta che torno mi dico: la prossima volta quei due li troverò insieme, a baciarsi in chissà quale angolo, ed invece, puntualmente, li ritrovo così. Ma dico, che aspettano?
 
Sora rise a quell’espressione, ma entrò subito in difesa della giovane coppia:
 
-Che fretta dovrebbero avere? Meglio far le cose piano e per bene che affrettate.
 
La bellissima fanciulla dai capelli rosa assottigliò gli occhi, per esaminare bene sia le parole che il viso dell’amica:
 
-Ah, ma quindi la pensi così? E di te cosa mi dici? Quante ere dovranno passare prima di vedere un ragazzo al tuo fianco?
 
La giovane dagli occhi mielati la guardò sbalordita: era sempre stata senza peli sulla lingua, un pò come Yamato, e con lei era davvero decisa.
 
Le venne subito in mente Taichi, ma cercò di rimuoverlo non appena sentì le guancie riscaldarsi.
 
Doveva accennare a Mimi di tutto ciò, ormai anche lei era consapevole che tutto il gruppo aveva notato una specie di evoluzione tra lei e il suo migliore amico, era giusto tenerla informata, ma, che parole usare con lei?
 
Le restava davvero difficile, anche perchè la bellissima fanciulla dagli occhi cenere era cresciuta con loro.
 
Sapeva con certezza che mai Mimi avrebbe pensato che potesse nascere qualcosa di più di un’amicizia con Taichi, perchè li aveva sempre visti come fratello e sorella, per non parlare di quanto si dichiarava palesemente in guerra col giovane Yagami.
 
Dunque, da dove iniziare?
 
-Bè, ecco Mimi, in verità è successo qualcosa ultimamente...
 
Vide la Tachikawa spalancare la bocca, sgranare gli occhi e , successivamente, quasi slanciarsi dalla sdraia per esaminare nuovamente il viso di colei che aveva al fianco.
 
-Non mi dire!! No, non dirlo! Cioè, dillo piano! Lentamente, così che possa vedere se ho effettivamente capito bene!!- quasi urlò ,usando i suoi soliti acuti.
 
Sora arrossì ancora di più per la sua reazione, per lei non era facile parlare di ciò, anche perchè non ne aveva mai parlato con nessuno, solo con sè stessa.
 
La incitò a calmarla, alzandosi dalla sdraia e mettendosi a sedere verso di lei.
 
-Non urlare, ti prego... sai che io non sono molto brava nel parlare di certe cose...
 
Cercò subito di zittirla, per non attirare troppe attenzioni, ma quegli acuti di Mimi potevano udirsi anche fino all’altra parte del mondo.
 
Poco più in là, infatti, Taichi e Yamato erano usciti dalla piscina e stavano complottando qualcosa, sopratutto il primo.
 
-Amico mio, direi che possiamo dare il “bentornata” a Mimi, fatto come si deve, no?- fece il castano, facendo l’occhiolino.
 
Il biondo mise le mani dietro la nuca, sospirando:
 
-Sai che si arrabbierà a morte, perchè mai dovrei appoggiarti?
 
-Perchè so che la cosa diverte anche te! Non puoi dire di no! E poi, ti ricordi che a Natale ci ha nascosto i vestiti sotto la neve??? E noi in mutande, al freddo e al gelo, siamo stati a cercare i nostri indumenti per ore? So che non te lo sei dimenticato! Non vorresti una rivincita?
 
Il giovane dagli occhi limpidi lo guardò, aveva davvero ragione, durante le vacanze natalizie Mimi aveva voluto fare un dispetto ad ogni ragazzo del gruppo per lasciare un segno indelebiledi lei, mirato a non farsi dimenticare per quei mesi successivi, ma quello che riservò ai due amici era stato il peggiore degli scherzi.
 
Yamato ripensò al successivo raffreddore che ne conseguì, nonchè qualche linea di febbre, così decise di avanzare, superando l’amico.
 
Si avvicinarono alle due fanciulle, interrompendo il loro discorso, e ,causando proprio per questo ,l’irritazione della ragazza dai capelli rosa.
 
-Cosa volete voi due? Non vedete che stiamo parlando? Di cose importanti poi, quindi potete gentilmente tornare in acqua?
 
Sora li osservò bene, quei due li conosceva fin troppo e capì che c’era qualcosa che non andava ,così si alzò lentamente dalla sdraia.
 
Ma la coppia di amici aveva puntato proprio la neo arrivata, che quasi si preoccupò nel vederli tanto interessati a lei.
 
-Mimi, hai perfettamente ragione, è ora di tornare in acqua!- esclamò Yamato prendendola agilmente e tuffandosi subito dopo con lei sulle braccia.
 
La bella ramata guardò allibita la scena, pensando solo a quanto poteva arrabbiarsi Mimi una volta emersa, essere gettata in acqua all’improvviso era la cosa che la infastidiva più in assoluto.
 
Poi pensò che si fosse gettato in piscina solamente Yamato, e si voltò verso il suo amico d’infanzia che aveva gli occhi puntati sulla zona in cui i suoi due amici erano spariti.
 
Sembrava molto divertito, così Sora lo richiamò:
 
-Lo sai che odia subìre una cosa del genere...
 
Alla sua frase, a suo parere, premurosa, il giovane le si avvicinò, mettendosi le mano dietro la testa bagnata e ridendo con quel suo sorriso contagioso che, però, la ramata cercò di respingere.
 
-Certo! Per questo lo abbiamo fatto! Eravamo in debito da Natale!- le rammentò lui.
 
L’amica incrociò le braccia, ancora non del tutto convinta dalla sua versione.
 
Sapeva che tanto, debito o no, uno scherzo del genere glielo avrebbe fatto comunque, lo conosceva troppo bene.
 
Poi, la bella ragazza  pensò bene di assicurarsi delle intenzioni del suo amico:
 
-Non è che vuoi fare lo stesso giochetto con me, no?
 
Taichi la guardò, sgranando gli occhi e negando subito quell’intenzione:
 
-Non lo farei mai, Sora! Sono un cavaliere! Ti accompagno verso l’entrata della piscina, mia cara principessa!- esclamò scherzosamente , facendo un mezzo inchino e tendendole la mano.
 
L’interessata scosse la testa divertita, ma accettò quel suo invito e non perse tempo ad accogliere la mano del bel castano.
 
Ultimamente, si era trovata nel cercare spesso un contatto con lui, le dava delle emozioni così intense e la faceva star così bene che non poteva farne più a meno.
 
Le risultava sempre più difficile contenersi e provare di mantenere un certo distacco, ma vedere che anche lui la cercava così spesso le faceva vibrare il cuore.
 
Così, si avvicinarono ai gradoni della piscina,mano nella mano, dove erano seduti la piccola Yagami e il giovane Takaishi.
 
In sottofondo, potevano udire bene le lamentele di Mimi, che aveva già cominciato ad insultare Yamato per cosa aveva fatto.
 
Non appena la coppia di amici cercò di entrare in acqua, videro Kouhirou e Joe avvicinarsi anche loro alla riva, per lasciare lo spazio di sfogo ai due ragazzi.
 
-Però ve le cercate proprio eh!- esclamò il ragazzo dai capelli rossi, mentre si sedeva su di un gradone sommerso d’acqua in modo da restare comunque bagnato fino alle spalle.
 
-E adesso si lamenterà fino a stasera!- concluse Joe, posizionandosi al fianco dell’amico.
 
-Avete ragione, è stato davvero crudele farle un dispetto il primo giorno in cui l’avete rivista...- aggiunse Sora, che si era appena immersa in acqua con molta fatica.
 
Si posizionò vicino alla giovane coppia, così da accarezzare il braccio umido di Hikari e mandarle un dolce sorriso.
 
La ragazzina era quasi immersa nell’abbraccio di Takeru, il quale le aveva circondato le spalle con le sue braccia.
 
Arrivò subito Taichi, fulminando il biondino che oramai evitava i suoi sguardi.
 
Si sedette proprio dietro all’amica, abbracciandola teneramente per non farle sentire freddo:
 
-Lo sai che è il nostro modo di esprimere affetto verso di lei...- si giustificò subito.
 
L’amica lo rimproverò col suo sguardo dorato e dai riflessi rossi, potevano aspettare almeno un giorno prima di torturarla.
 
Hikari appoggiò Sora, come anche Takeru e Taichi si ritrovò di nuovo contro tutti.
 
Ma ogni volta quest’ultimo riusciva ad intenerire l’amica e farsi perdonare.
 
Nel frattempo, Yamato andò proprio verso di loro, per trovare un riparo da tutta quella furia omicida della bella padrona di casa, e si posizionò proprio tra i due migliori amici.
 
Intelligentemente, il giovane Ishida prese la Takenouchi come ostaggio, costringendo Mimi ad arrendersi e calmarsi.
 
Quella metà giornata passò così, tra scherzi, risate e giochi che facevano da una vita insieme.
 
A volte sembrava che il tempo non fosse mai passato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno dopo, la mattina erano già tutti in spiaggia.
 
Le ragazze sfoggiarono i loro costumi, che quasi riflettevano l’ego di ognuna; Mimi indossava un bellissimo bikini verde smeraldo, il quale risaltava ancora di più il suo fisico e le sue forme perfette; Sora ed Hikari avevano scelto un costume a due pezzi molto più moderato, costituito da una fascia come reggiseno e una semplice mutanda, la prima color nero e la seconda un bellissimo rosa.
 
Passarono poche ore quando la maggior parte di loro decisero di intraprendere una partita a beach.
 
Dapprima, giocarono tutti, formando squadre di quattro persone ognuna.
 
Giocarono Sora, Taichi, Hikari e Takeru contro i restanti, e quasi che persero di poco se non fosse stato per lo strabiliante punto finale del giovane biondino.
 
Poi, alcuni di loro rinunciarono nell’intraprendere un’altra partita: Hikari e Mimi erano stanche e decisero di togliersi la sabbia che avevano accumulato addosso con un breve bagno in mare, per poi prendere un pò di sole.
 
Anche Koushirou e Joe, non abituati a fare molto sport, rinunciarono ad un secondo match.
 
Taichi stava decidendo con Yamato di intraprendere una specie di duello, due contro due, come proprio le vere partite di beach volley, mentre Sora e Takeru si erano allontanati un poco per sorseggiare un pò d’acqua.
 
-Ehi Takeru, sei davvero forte! Se non fosse stato per te, tuo fratello ci avrebbe massacrato!-esclamò la bella ramata, sorridendogli dolcemente.
 
L’interessato la ringraziò, gli faceva davvero piacere ricevere i complimenti da lei, perchè si mostravano sempre sinceri.
 
Ma ad un tratto, l’affascinante ragazzino udì qualcuno pronunciare il nome dell’amica che aveva di fronte, e non  era di certo una voce familiare.
 
Si guardò intorno per poi intravedere un bellissimo ragazzo, alto e con un fisico scolpito, correre verso la fanciulla dagli occhi mielati.
 
Solo quando si avvicinò, Sora si accorse della sua presenza, e ne era alquanto stupìta:
 
-Meiji? Che ci fai quì?- chiese subito, esplicitando il suo dubbio.
 
Prima che potesse rispondere pensò che proprio il giorno prima, parlando con il loro gruppo di amici, si erano detti che quel posto era frequentato da quasi tutta le scuole di Odaiba in estate, era la meta preferita per le vacanze estive degli studenti, poichè vi erano molti eventi giovanili ed intrattenimenti.
 
-Sono in vacanza! Come te, d’altronde!- scherzò subito.
 
Il bel tennista dagli occhi chiari sembrò essere al settimo cielo nel trovare l’ex compagna di sport in quel luogo, e ciò non sfuggì per niente a Takeru che, involontariamente, puntò l’attenzione verso il campo da beach volley, dove vi erano suo fratello e Taichi.
 
I due guardavano proprio nella loro direzione e il castano, che aveva la palla in mano, sembrava volesse scoppiarla con le proprie forze.
 
Quasi gli venne da ridere, il giovane Takaishi conosceva fin troppo bene i suoi sintomi di gelosia, e quello era solo l’inizio.
 
Quando si voltò verso Sora, notò Meiji stringere la mano dell’amica:
 
-Dai, vieni a fare una partita con me! Non puoi dire di no!
 
-Mi dispiace, ma ho promesso ai miei amici che avrei giocato a beach volley con loro ora...
 
Puntualmente, Sora cercava di scaricarlo nella maniera più delicata ed innocua che potesse conoscere.
 
Dall’altra parte, l’arrivo del bel moro era stato notato anche dalle due ragazze del gruppo, che erano appena uscite dal mare.
 
Hikari notò Mimi fermarsi con lo sguardo totalmente scioccato:
 
-Ma .... ma chi diavolo è quel pezzo di uomo che sta parlando con Sora???! –esclamò, non potendo evitare di riconoscere la bellezza del ragazzo.
 
-E’ Meiji, il suo ex collega di tennis.
 
Koushirou, uscito anche lui dall’acqua, rispose con totale serenità e proseguendo verso il loro accampamento di asciugamani.
 
La giovane Yagami puntò subito l’attenzione sul fratello che oramai era partito in quarta verso i tre interessati.
 
Quasi che congiunse le mani per pregare che non facesse sciocchezze.
 
Quando raggiunse Takeru e Sora, prese ben cinque respiri per cercare di domarsi, ma servì ben poco, poichè il tono che usò non era per niente tranquillo:
 
-Tutto bene quì, Sora?- domandò subito, piazzandosi tra i due e facendo mollare la presa a Meiji.
 
Il biondino quasi che si imbarazzò , sopratutto per la giovane Takenouchi che doveva sopportare quella situazione.
 
La fanciulla lo guardò confusa, ma, riprendendo la sua solita compostezza e calma, proseguì:
 
-Si si, certo, Meiji mi aveva proposto di partecipare ad una partita di beach volley ma gli ho detto che avrei dovuto affrontarne un’altra con voi.
 
Takeru pensò che Sora fosse davvero straordinaria, una ragazza normale non avrebbe mai saputo gestire un certo imbarazzo e una situazione alquanto disagiante in quel modo, sembrava non perdere mai il controllo.
 
Con la sua risposta, la ramata voleva far capire all’amico che era tutto risolto, che aveva già rifiutato l’invito e si stavano salutando, ma quello che non poteva prevedere era l’ardore della gelosia.
 
Taichi era arrivato al punto di non tollerare più le insistenze di alcuni ragazzi, ed in prima posizione c’era proprio quel tipo.
 
Meiji, fin da quando l’aveva conosciuta, non aveva mai cessato di corteggiarla o di proporle qualche uscita e ,nonostante Sora per tutto quel tempo aveva da sempre cordialmente rifiutato, lui non si dava tregua.
 
Ovviamente, non si era mai permesso di sfiorarla, baciarla o abbracciarla, non era di certo un tipo come Ayako, ma la sua insistenza dava davvero sui nervi a Taichi, sopratutto in quell’ultimo periodo in cui faticava a dichiararsi.
 
-Bè, come vedi non c’è posto per te.
 
Sora sgranò letteralmente gli occhi e sbiancò a quella risposta così scortese ed acida dell’amico.
 
Meiji era buono e caro, ma come tutti i ragazzi, aveva una pazienza ed un certo orgoglio.
 
Il bel moro analizzò i presenti, per poi rispondere:
 
-Bè, il posto c’è, siete in tre o quattro, contando questo ragazzo quì.- disse indicando Takeru.- Io ho altri tre amici che mi stanno aspettando laggiù, possiamo fare una partita, a meno che tu non abbia paura di perdere.
 
Con lo stesso stupore di prima, la fanciulla dagli occhi mielati guardò anche Meiji, che stava davvero mandando fulmini e saette verso l’amico.
 
Sora provò a toccare Taichi e ad incitarlo a tornare in campo con lei, ma lui, senza spostare lo sguardo deciso dal ragazzo che aveva davanti, esordì:
 
-Takeru, Sora, raggiungete Yamato e ditegli che ora iniziamo una partita con quattro principianti.
 
Il giovane Takaishi notò l’ulteriore stupore di Sora e, prima che potesse contraddire Taichi, la prese per il braccio e la trascinò via, verso la destinazione assegnata.
 
Sapeva che ragionare con il bel castano dalla folta chioma in quelle situazioni era totalmente impossibile, così non se lo fece ripetere.
 
Meiji sorrise amaramente.
 
 Stava per voltarsi e chiamare la sua futura squadra quando il maggiore degli Yagami lo fermò:
 
-Che dici di fare una scommessa?
 
Con quella domanda attirò subito l’attenzione del tennista, che incrociò le braccia per fargli capire che stava ascoltando ciò che aveva da dirgli e che poteva proseguire:
 
-Se vince la mia squadra, tu prometti che non ti farai vedere per tutta la durata della nostra vacanza da Sora, o meglio, non le parlerai, non la importunerai coi tuoi nauseanti inviti. Dovrai starle lontano, intesi?
 
In quei mesi, Taichi si era scontrato più volte con lui, ad insaputa dell’amica.
 
Negli ultimi tempi, a causa dell’aumento di gelosia nei suoi confronti, il giovane Yagami non si era più trattenuto nell’esprimere la propria opinione e ,ogni volta che vedeva Meiji in posizione di attacco, andava a dirgliene quattro.
 
Non stando insieme a Sora, però, il tennista aveva tutte le ragioni del mondo di comportarsi come desiderava: se voleva corteggiarla, lo poteva fare, perchè non faceva un torto a nessuno.
 
Sora era libera e non impegnata, e questo cominciava a pesare.
 
-E se vinco io?
 
-Bè, decidi tu, proponimi la tua alternativa.
 
-Semplice. Uscirò ogni giorno di queste vacanze con lei e sarai tu stesso a convincerla a venire da me.- disse tutto questo quasi ridendo soddisfatto, perchè sapeva che non c’era un dispetto migliore di quello.
 
Taichi si morse il labbro, non poteva accettare, avrebbe rischiato troppo: se avrebbe perso avrebbe dovuto convincerla ad uscire con lui, facendole ,di conseguenza, capire che a lui non importava nulla di lei.
 
No, era troppo rischioso.
 
Ma si sa, i ragazzi sono orgogliosi e quando sono immersi in alcune sfide, niente li può fermare.
 
-Davvero, hai ragione, non accettare, è troppo rischioso e la perderai proprio questa partita.
 
-Accetto.- disse all’improvviso e tendendo la mano verso di lui, in segno di accordo.
 
Dopo un primo stupore iniziale, sorrise apertamente, come se volesse dirgli che era un illuso, che aveva già perso.
 
-Affare fatto. Si comincia.
 
Strinse così la mano, per poi correre a chiamare i suoi compagni.
 
Fece anche lui lo stesso, ma cominciò a maledirsi per ciò che aveva fatto, stava davvero impazzendo per quella ragazza.
 
Arrivato dai tre amici, notò subito lo sguardo indagatore di Takeru ed una Sora alquanto infastidita e con le mani sui fianchi.
 
Stava evidentemente attendendo una spiegazione per tutto l’accaduto, ma l’unica cosa che fece fu prendere per il braccio Yamato e allontanarlo un poco dagli altri due, affinchè non ascoltassero ciò che aveva da dire.
 
Il giovane Ishida sbuffò apertamente, per poi guardarlo con rimprovero:
 
-Che diavolo combini, eh? Quante volte ti ho detto di darti una calmata? Ma sei ritardato?!- sbottò, non potendo trattenersi da dirgli certe cose.
 
Vide Taichi ancora più intimorito, come se avesse fatto qualcosa peggiore di rispondere male ad un ragazzo e rischiare la rissa.
 
Il castano sentì gli occhi indagatori e la pressione del suo migliore amico addosso, così avanzò spiegazioni:
 
-Dobbiamo assolutamente vincere, Yamato. Non esisteno altre possibilità, dobbiamo vincere, ok?
 
Il biondo ragionò subito: uno che parlava così, che non ammetteva sconfitte e che voleva con tutto sè stesso la vittoria, era perchè evidentemente aveva scommesso qualcosa.
 
Spalancò gli occhi azzurri e gli strinse le spalle con le sue forti mani, costringendolo a guardarlo:
 
-Non dirmelo, ti prego, non dirmi che lo hai fatto... che hai scommesso con lui... e che centra Sora...
 
Dapprima girò gli occhi, a destra ed a sinistra, per vedere se qualcuno nel frattempo si era avvicinato, per poi annuire, mantenendo il capo basso, come se fosse un cane bastonato.
 
-Ma che diavolo ti salta in mente?!!!!
 
Taichi lo invitò subito al silenzio, ma quell’esclamazione era arrivata agli altri due che stavano poco lontani, e Sora stessa aveva incrociato le braccia, segno che aspettava ancora una spiegazione.
 
-Si lo so, ho fatto uno sbaglio, ma ormai è andata... quindi ti prego... aiutami...
 
-Per aiutarti ci sarebbe solo da riempirti di botte, calci e pugni, sperando che qualcosa nel tuo cervello poi si muova!
 
Yamato era furibondo, e aveva anche ragione.
 
Sora era la sua migliore amica e lui l’aveva piazzata in mezzo ad una insulsa scommessa, come se fosse un premio.
 
Lo avrebbe davvero riempito di pugni per una cosa del genere,a volte Taichi non sapeva regolarsi, ma oramai il guaio era fatto.
 
Se Taichi avesse scommesso qualcos’altro, se ne sarebbe andato subito da quel campo, ma c’era di mezzo quella povera ragazza e non voleva neanche immaginare cosa avrebbe dovuto fare in caso di perdita.
 
Senza rispondere all’amico, Yamato raggiunse suo fratello e la bella fanciulla, dicendo che a momenti avrebbero iniziato la partita.
 
La giovane Takenouchi chiese per l’ennesima volta del perchè di tutto ciò, ma non ricevette risposta ,anzi, i due amici coetanei cambiarono argomento.
 
Takeru storse il naso, confuso, quando il fratello maggiore gli raccomandò di impegnarsi e di mettercela tutta.
 
Lo conosceva bene, in qualsiasi partita disputata tra di loro, il bel biondo aveva sempre partecipato per giocare e svagarsi un pò, se poi vinceva o perdeva non gli importava più di tanto.
 
Quindi doveva esserci qualcosa sotto.
 
In una manciata di minuti, videro entrare Meiji e i suoi tre amici in campo, che, dopo aver salutato velocemente gli avversari, non persero tempo a prendere posizione.
 
Il lancio di inizio spettò a Sora che, dopo un bel respiro, fatto più che altro per far sparire tutti i suoi dubbi, schiacciò la palla con la sua solita eleganza e maestria.
 
Iniziò così un match davvero faticoso.
 
La squadra del bel tennista era davvero in forma, e ,pur di prendere la palla , si lanciava ,senza pensarci troppo, sulla sabbia.
 
Dall’altra parte, il team di Taichi, per il primo set, non scattò molto, andando così a perdere ,anche se di poco.
 
Era normale, avevano giocato altre partite poco prima, ed erano abbastanza stanchi.
 
Ad aumentare la difficoltà era il continuo caldo, che aumentava col tempo, visto che oramai si avvicinava l’ora di pranzo, e la mancanza d’aria.
 
Ovviamente, Taichi, vedendo il risultato, cominciò ad andare in panico, e difficilmente riusciva a nasconderlo.
 
Per la prima volta, Sora si stava innervosendo, il più grande dei fratelli Yagami si stava davvero comportando in modo assurdo, così gli si avvicinò, cercando di parlargli con la sua solita calma:
 
-Taichi, è solo una partita, calmati un poco...- disse, per poi cercare di accarezzargli un braccio.
 
Al suo tocco, il castano  sussultò, facendola quasi spaventare e poggiare una mano sul petto.
 
Takeru, infastidito un poco anche lui da tutto quello strano atteggiamento, si affiancò alla bella ramata, incrociando le braccia:
 
-Sora ha ragione, siamo quì per divertirci e rilassarci, stai calmo.
 
-Oh, fa silenzio Takeru!- sbottò lui, cercando però di fare come dettato  dal giovane Takaishi.
 
Yamato sospirò e stavolta lo prese lui per il braccio per allontanarlo un poco.
 
Si passò una mano tra i capelli, la sua fronte grondava sudore.
 
Puntò i suoi occhi limpidi su quelli nocciola dell’amico e , dopo aver preso un pò di tempo per farlo calmare, gli parlò:
 
-Se continui così, perderemo anche il prossimo set, così da chiudere subito la partita. E’ questo quello che vuoi?
 
Scosse la testa; a volte quando si ritrovava in quelle situazioni quasi si sentiva un bambino.
 
Invece lui, il suo migliore amico, sapeva sempre mantenere la calma e ragionare a mente fredda, e, a volte, proprio per questo lo invidiava.
 
Si rese conto di aver esagerato, come al suo solito, anche di fronte a  Sora.
 
Non era così che doveva comportarsi.
 
Ma Yamato non aveva finito di parlargli, aveva in serbo altre parole:
 
-Così facendo è come se ti arrendi. Giocare con l’ansia equivale già da adesso ad una sconfitta. E’ questo che vuoi? Davvero Sora vale così poco per te? La lasceresti così, con Meiji? La lanceresti tra le sue braccia?
 
Sentì un fuoco ardere come non mai dentro al suo cuore non appena udì quelle parole ma, sopratutto, non appena materializzò nella sua mente Sora assieme a quel ragazzo dagli occhi chiari.
 
La sua Sora.
 
Cosa stava facendo? Per tutto quel set non aveva fatto altro che sbagliare, dettato dall’ansia e l’agitazione che quasi lo facevano piombare a terra come un sasso.
 
Strinse i pugni ed anche i denti.
 
No, non l’avrebbe mai lasciata a nessuno, preferiva spararsi piuttosto.
 
Ringraziò in cuor suo Yamato, come sempre sapeva dargli la giusta motivazione e calma.
 
Scambiò il fuoco della gelosia con quello della determinazione.
 
Se qualcuno vuole qualcosa alla fine la ottiene.
 
E lui voleva Sora, voleva salvarla da quella stupida scommessa che il suo orgoglio e il suo stupido istinto lo avevano costretto a fare.
 
Sorrise al ragazzo biondo che aveva di fronte, per poi dargli una pacca sulla spalla.
 
Yamato capì che il messaggio era giunto a destinazione , così, insieme, ripresero le loro postazioni, nel campo opposto però, a causa del cambio di set.
 
Sora e Takeru non poterono far altro che seguire i due e si tranquillizzarono un poco vedendo che si sorridevano a vicenda.
 
-E ora facciamogli mangiare la sabbia, amico.- incoraggiò il giovane Ishida, mettendosi in posizione di difesa.
 
La palla, stavolta, venne battuta dalla squadra di Meiji, ma qualcosa cambiò.
 
I due amici coetanei cominciarono a scatenarsi, non fermandosi neanche un secondo.
 
Yamato riuscì a recuperare palle impossibili da prendere, mentre Taichi schiacciava con una forza mai vista.
 
Con l’aiuto anche di Takeru e Sora, agili anche loro, la squadra di beach dei prescelti riuscì a vincere facilmente il secondo set, per poi ottenere la vittoria, seppur con più fatica, anche del terzo.
 
Con due set contro uno, Taichi riuscì a vincere la sfida di beach volley contro Meiji.
 
Quest’ultimo, una volta appresa la sconfitta, lanciò uno sguardo contrariato verso il castano e, senza neanche salutare i restanti avversari, tra cui Sora, se ne andò assieme ai suoi compagni, lasciando libero il campo.
 
Il bel castano dalla folta chioma si sentì molto sollevato, per fortuna era andata bene, anche se all’inizio se l’aveva davvero vista brutta.
 
Si stava promettendo per l’ennesima volta di non fare mai più una sciocchezza del genere, doveva cominciare a controllare la sua gelosia che ormai non aveva più un argine.
 
Pensando a ciò, si girò verso i suoi compagni, intenti a prendere le proprie cose lasciate a bordo campo per dirigersi verso il loro “accampamento”, dove li stava aspettando il restante gruppo.
 
Sorrise a Yamato, che era stato il primo a rialzarsi e a dirigersi fuori dal campo, seguito da Takeru che ancora lo guardava confuso.
 
L’ultima fu Sora che, incrociando il suo sguardo nocciola, accennò ad un debole sorriso, per poi appropinquarsi anche lei verso l’uscita del campo.
 
Taichi capì che c’era qualcosa che non andava in lei, e si affrettò ad affiancarsi alla fanciulla e ad attaccare bottone:
 
-Bè, è stata una bella partita, no?? –esclamò con il suo solito sorriso e gettando le braccia dietro la nuca.
 
Ma dalla bella Takenouchi ricevette solo un silenzioso sguardo, che puntò poi verso l’uscita del campo da beach.
 
Una volta fuori dall’area di gioco, L’amico la fermò un pò allarmato, cercando di sorriderle ancora una volta:
 
-Che... che c’è? Qualcosa non va?- chiese ansioso.
 
Non era da lei non rispondergli, lo faceva rare volte, quando era contrariata da qualcosa.
 
La vide fermarsi di fronte a lui, abbassare il suo bel capo per qualche secondo e mordersi il labbro.
 
Dopo aver pensato per qualche secondo, incentrò i suoi occhi miele su quelli del ragazzo, colpendolo al cuore, erano così belli e particolari che ogni volta lo facevano andare in un’altra dimensione.
 
Ma in quel momento poteva percepire una specie di delusione in lei, quasi tristezza.
 
-Io...-io pensavo che la promessa che ci siamo fatti tempo fa valesse per entrambi.
 
A quelle parole, Taichi sgranò gli occhi, completamente spiazzato.
 
Sentì per un attimo formicolare la mente, quasi che in un primo momento non capì a cosa si riferisse.
 
-Forse ho capito male... ma... non ci eravamo promessi di dirci qualsiasi cosa? Non credo che ciò debba essere a senso unico... non sarebbe neanche giusto.
 
Vero, quella promessa!
 
La promessa con cui entrambi si erano giurati di dirsi tutto, dalle cose più banali a quelle più complesse, dalla scuola, all’amicizia, all’amore.
 
Da quel giorno, Sora era stata sempre di parola, non gli aveva nascosto più nulla, neanche i fastidiosi interventi di Ayako, nulla.
 
Invece lui? No, non era stato sincero come lei.
 
L’amica non sapeva dei suoi assalti precedenti a Meiji e ad altri ragazzi, lui non era stato corretto con lei.
 
Stavolta fu Taichi ad abbassare il capo, lanciandole dei continui sguardi per controllare perennemente la sua espressione.
 
Quindi, a quel punto, avrebbe dovuto dirle tutto? Della scommessa fatta con Meiji? Non l’avrebbe presa bene, nessuna persona normale avrebbe retto una storia del genere.
 
-Io non capisco... ti ho chiesto tre volte di spiegarmi il tuo comportamento di poco fa... e mi hai ignorata... se non te la senti di mantenere la promessa, bè, allora non vedo perchè dovrei farlo io...
 
Disse quest’ultima frase abbastanza ferita e, non percependo risposta ma i soliti sguardi teneri di lui, decise di voltarsi per proseguire.
 
Ma Taichi fu svelto e la fermò per l’ennesima volta, prendendola per mano.
 
Intanto, Mimi ed Hikari avevano notato il ritorno dei due fratelli e, di conseguenza,  la mancanza degli altri due.
 
La bella ragazza dai capelli rosa si alzò dal suo asciugamano, stiracchiandosi un poco e cominciando a scrutare con lo sguardo in lontananza, per cercare la sua amica.
 
-Sora? Si è trattenuta con quell’affascinante tennista?- chiese ingenuamente.
 
Uno degli aspetti negativi della lontananza risiedeva proprio in quello: restare indietro con certi avvenimenti.
 
Non poteva sapere come si era evoluto il rapporto dei suoi amici d’infanzia, e nessuno glielo aveva mai detto, ma non per cattiveria o per nasconderlo.
 
Nessuno poteva riferire una notizia simile, perchè neanche i due soggetti avevano mai dichiarato esplicitamente cosa provassero  l’una per l’altro.
 
In particolare, la prescelta dell’amore non aveva mai parlato con nessuno dei propri sentimenti.
 
Si era tenuta sempre tutto dentro, non perchè non si fidasse o per chissà quale motivo, ma solo perchè ciò che aveva dentro il suo cuore poteva avere l’effetto di una bomba.
 
Sora aveva sempre vissuto nella paura di danneggiare il bel rapporto che aveva con Taichi, per questo, in tutta la sua vita, aveva represso il suo amore.
 
Proprio in quel momento, gli occhi cenere di Mimi si piantarono sui suoi due amici, intenti a parlare da soli in lontananza.
 
 
Taichi era riuscito ad attirare di nuovo l’attenzione della ragazza che amava.
 
Sora non era la tipa testarda ed orgogliosa che tentava sempre di fuggire, anzi, se qualcuno voleva parlarle, se ne restava lì fino a che non avesse finito.
 
-Ho... ho fatto uno sbaglio, ma è tutto risolto ora...
 
Il bel castano esordì all’improvviso, con tono molto nervoso, e quasi in imbarazzo.
 
L’amica poteva ben notare il suo disagio, gli occhi nocciola di colui che aveva di fronte faticavano a starle addosso, perchè lui sapeva che la fanciulla era capace di leggere il suo sguardo.
 
-Che sbaglio avresti fatto?- chiese lei, senza porsi alcun problema.
 
Si grattò il capo, come se stesse decidendo di non rispondere a quella domanda.
 
Ma non era giusto, e lui lo sapeva.
 
Ma in quel periodo l’ansia e l’agitazione lo divoravano  e ,a volte, non sapeva controllarle.
 
Arrossì un poco, ed agitato confessò:
 
-Il fatto è che io non lo sopporto più, dovevo far qualcosa per togliertelo di dosso!
 
Sora sbattè le palpebre più volte, alquanto confusa.
 
Aveva capito che si stava riferendo a Meiji, era palese, ma il resto non riusciva a comprenderlo:
 
-E cosa avresti fatto?- le venne spontaneo chiedere.
 
-Ho scommesso che semmai avessi vinto quella partita lui sarebbe sparito dalla tua vista!
 
Quasi urlò, preso dalla rabbia del ricordo del tennista che lo derideva.
 
La ragazzina dai capelli ramati spalancò la bocca quasi incredula: una scommessa?
 
Non le sfuggì il significato vero di quella parola: ogni parte che partecipa mette in gioco una “posta”, dunque, esplicitò subito il suo dubbio, sebbene con un filo di voce:
 
-Cosa sarebbe accaduto se avessimo perso?
 
Sentì il cuore salirgli in gola, no, non poteva dirglielo, tanto oramai che importanza poteva avere?
 
-Non importa, non sarebbe mai accaduto.- cercò di chiudere il discorso, riprendendola per mano per farla proseguire con lui.
 
Ma trovò una specie di muro, Sora non si mosse di un millimetro da quella posizione e Taichi potè sentire benissimo il suo irrigidimento e la volontà di non muoversi da lì.
 
Il tutto fu accentuato dal suo sguardo, brillante e deciso ma evidentemente contrariato da ciò che stava facendo.
 
Non aveva scampo, anche perchè così stava di nuovo evitando di eseguire quella promessa che lui stesso aveva messo in gioco mesi prima.
 
Si voltò per bene verso di lei.
 
Si guardò di nuovo attorno, non sapendo che parole usare, ma tutta quella esitazione fece ancor di più  pensar male la povera ragazza che aveva di fronte, tanto da farle divenire gli occhi lucidi in un secondo.
 
-Io...- cercò di rompere il silenzio l’amico, che ancora non riusciva a puntarle gli occhi addosso.-... si, lo so, io non dovevo accettare tutto ciò... lo so, ne sono consapevole... ma ero preso dalla rabbia... e...
 
Ci stava girando intorno, tanto da aumentare l’agonia che Sora percepiva all’interno del suo cuore.
 
Sentì all’improvviso il tocco delicato di lei sulla pelle: gli aveva preso la mano, attirando finalmente l’attenzione su di lei e facendogli di capire di dirle una volta per tutte ciò che aveva fatto.
 
Sospirò, rendendosi conto per la milionesima volta di essere uno stupido:
 
-Se avessimo perso... io avrei dovuto convincerti ad uscire con lui... ogni giorno di questa vacanza...
 
Vide la sua espressione cambiare.
 
Percepì ogni sua emozione, il suo evolversi e la distruzione di quel dolce sorriso che aveva sempre stampato sul volto.
 
Gli occhi lucidi quasi divennero uno specchio d’acqua e la sua mano, che prima aggrappava quella dell’amico, scivolò via per essere portata sopra al suo cuore.
 
Notò che cercò di ingoiare l’evidente magone che si era formato in gola, voleva parlargli ma qualcosa gli rendeva ciò davvero impossibile.
 
Alla fine, seppur con un filo di voce rotta dalla delusione, ci riuscì:
 
-Hai scommesso...su di me?
 
Vederla in quello stato era come ricevere una serie di freccie al cuore.
 
Fece un passo in avanti, pronto ad avanzare altre spiegazioni:
 
-Sono uno stupido lo so! Io non ho ragionato per nulla! Ero preso dalla rabbia!
 
Quasi le urlò, per farle capire il suo pentimento, ma lei, con quell’apparente calma che l’aveva da sempre caratterizzata e con lo stesso tono basso di voce usato prima, chiese di nuovo:
 
-Valgo così poco per te?
 
Finito di pronunciare quella domanda, lo specchio d’acqua che si era formato davanti ai suoi occhi dorati si ruppe, solcando così le guance abbronzate.
 
Nell’attimo in cui udì simili parole, intrecciate a quella scena, Taichi appoggiò le mani sulle spalle nude di lei, stringendogliele per farle capire che voleva la sua attenzione.
 
-Non hai capito! Non glielo avrei mai permesso! Lo avrei preso a pugni piuttosto! Sarei andato in carcere pur di non vederti con lui!
 
Ma la vide scuotere la testa, come se quelle ragioni erano un niente, doveva essere più convincente.
 
-La verità è che sono geloso, Sora...tremendamente, e non riesco più a controllarmi.
 
Con quelle parole, notò un cambiamento in lei, ora lo guardava alquanto stupìta.
 
Taichi abbassò il capo e tolse le mani dalle sue spalle, chiudendole successivamente in pugni.
 
Quel gesto avventato poteva avere solo una giustificazione, e oramai non ci poteva più girare attorno.
 
-Ogni volta che ti vedo con qualcun altro, perdo la ragione, completamente. Io non lo sopporto...
 
Sora prese fiato e cercò di preparare la sua voce per tornare al solito tono calmo e privo di dolore:
 
-Ti ho dato mai l’impressione di essere interessata a Meiji?
 
Fece una domanda diretta e semplice, che non poteva assolutamente fraintendere.
 
Ultimamente era davvero esplicita, non sapeva se era per la promessa fatta o per qualche altro motivo, fatto stava che faceva capire subito ciò che voleva dire.
 
Taichi ragionò: ogni volta che l’affascinante tennista le si avvicinava lei riusciva a mandarlo via velocemente, senza problemi, senza farsi toccare.
 
A volte andava anche contro la sua indole, ossia l’educazione, non rispondendo a qualche sua domanda e mandandogli semplici sorrisi per fargli capire che non aveva tempo a soffermarsi a parlare con lui.
 
Effettivamente, Sora lo aveva sempre gentilmente rifiutato, anche con eleganza.
 
Appreso tutto ciò, la guardò negli occhi:
 
-No...mai..- rispose infine.
 
-E allora, non c’è alcun bisogno di mettermi in gioco, non ti pare?-chiese, sempre con calma, ma non nascondendo la delusione che ancora avvolgeva il suo cuore.
 
Lui annuì, ma sapeva di averla ferita, non voleva chiudere il discorso lì, volevar imediare:
 
-Sono stato uno stupido, ma il fatto è che io non riesco più a reggere tutto ciò...
 
-Che cosa?- chiese immediatamente, quasi spaventata.
 
Lo vedeva stanco, e aveva compreso il suo pentimento, ma in quel momento lo vide cambiare, diventare all’improvviso deciso.
 
Penetrò con il suo sguardo nocciola dentro di lei, come un fulmine, fino a schiantarsi proprio lì, nel cuore, creandole un enorme sobbalzo, tanto da lasciarle un senso di vuoto dentro.
 
Una sensazione così travolgente da farle venire i brividi.
 
-Io devo parlarti.
 
Quello stesso fulmine che scaraventò il suo cuore in una voragine, colpì anche tutti i suoi sensi in quel momento.
 
Sentiva un rimbombo in sottofondo, causato dal pulsare del suo sangue.
 
Cercava ossigeno, ma ogni respiro che faceva non le portava alcun sollievo.
 
-Di cosa?
 
Neanche si rese conto della domanda che le uscì dalle labbra, le sembrava che qualcun altro l’avesse pronunciata per lei.
 
-Di noi due... io ho bisogno di parlarti di noi due. E del nostro rapporto.
 
Taichi non era mai stato un tipo diretto, ed in quel momento era l’ultima cosa che serviva all’animo di Sora.
 
Al pulsare del sangue, si unì l’incredibile battito del cuore, facendole capire che precedentemente non era stato disintegrato.
 
Lui voleva parlarle.
 
Lui voleva parlare del loro rapporto, di loro due, solamente lui e lei.
 
Sentì quasi il mondo caderle addosso, che le voleva dire?
 
Percepì il fiato accorciarsi per l’agitazione, sentì prendere fuoco e di certo non era il sole.
 
Lui era lì, di fronte a lei, con quel suo sguardo deciso, che le aveva fatto perdere la testa ai tempi di Digiworld.
 
Lui, così coraggioso e determinato, affascinante come non mai.
 
-Sora!
 
La voce squillante di Mimi ruppe tutta quell’atmosfera, distruggendo il concatenamento dei loro sguardi che si spostarono inevitabilmente verso la bellissima ragazza dagli occhi cenere.
 
Correva verso di loro, agitando una mano.
 
Taichi sbuffò, non aveva tempo da perdere, ormai si era deciso e voleva che fosse quello il momento.
 
Una volta vicina, gli rese pubblico il suo pensiero:
 
-Mimi, non adesso, non vedi che stiamo parlando?
 
Lo guardò subito storto, indispettendosi per la sua scontrosità, ma poi spostò la sua attenzione sull’amica:
 
-Tesoro, scusa, ma tua madre è cinque volte che ti chiama al telefono... sta squillando anche ora...  visto che stavi parlando con questo imbecille ho cercato di non disturbarti...ma alla sesta volta che tua madre ha provato a chiamarti mi sono disturbata a venire.- concluse fulminando il compagno.
 
Sora, non appena sentì la quantità di volte che la madre aveva tentato di raggiungerla con una chiamata, quasi si agitò, preoccupandosi se fosse accaduto qualcosa.
 
Guardò per un attimo Taichi, che recepì subito tutta la sua preoccupazione.
 
Le accennò un sorriso, annuendo con la testa, come per dire “tranquilla, vai”, così, dopo aver ringraziato l’amica, corse verso l’accampamento.
 
Mimi la seguì con lo sguardo, mettendo poi le mani sui fianchi.
 
Aveva osservato la scena dei due da lontano, aveva notato gli amici discutere su qualcosa e lui sembrava non volerla mai mollare.
 
Le stava sorgendo qualche dubbio, ma la loro vacanza era appena iniziata, ne aveva di tempo per osservarli.
 
Sentì dei passi dietro di lei, per poi vedere Taichi sorpassarla lentamente, per raggiungere anche lui gli altri.
 
Lo osservò un poco, prima di parlargli:
 
-Per caso ho interrotto qualcosa?- chiese maliziosa.
 
L’interessato si voltò, ancora scocciato:
 
-Si, hai interrotto una conversazione che non ti riguarda.
 
-Se non mi riguarda....chissà che cosa trattava...- disse ridendo, per poi superarlo e correre di nuovo verso la direzione da cui era venuta.
 
Era incredibile come ogni volta succedeva qualcosa che li interrompesse.
 
Finalmente si era deciso a dirle tutto quello che il suo cuore urlava da tempo e la sua decisione era stata frantumata con niente.
 
Chissà se avrebbe ritrovato la stessa determinazione in quei giorni.
 
Perchè ormai se lo aveva promesso, ormai aveva giurato a sè stesso che entro quella gita le avrebbe dichiarato il suo amore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La giornata al mare passò velocemente da quella partita a beach volley.
 
Dopo aver pranzato all’ombra, protetti dagli ombrelloni, le ragazze si sdraiarono sotto al sole cocente e finirono per addormentarsi un poco.
 
I ragazzi si divisero: Joe lesse un libro, mentre Koushirou, Taichi e Yamato chiacchierarono e scherzarono tutto il tempo.
 
Anche Takeru inizialmente partecipò alla loro conversazione, ma poi scivolò  vicino ad Hikari per svegliarla dolcemente e andare a farsi un bagno con lei.
 
Quando Taichi se ne accorse, si unì alla coppia, anche se più volte si era giurato di lasciare in pace la sorellina.
 
Ma era più forte di lui, non riusciva a lasciarla andare.
 
Hikari, invece di infastidirsi, si inteneriva, percepiva tutta la paura del fratello, e tutto questo le aumentava l’affetto nei suoi confronti.
 
Ogni volta si riteneva fortunata, chiunque avrebbe voluto un fratello così, e non era da tutti essere amata in quel modo.
 
Anche Sora glielo ripeteva sempre.
 
A volte era capitato che esagerasse con lei e Takeru, ma la sorella acquisita lo proteggeva sempre e giustificava tutte le sue azioni, anche se poi andava da Taichi a rimproverarlo.
 
Quando Hikari cominciò a pensare a tutto ciò era nella sua stanza, sopra al suo letto, ad attendere che le sue compagne di stanza terminassero la doccia.
 
Sorrise a quei ricordi, nel vedere quei due ragazzi assieme, le persone che più amava al mondo starle sempre accanto e, a loro volta, non staccarsi mai l’uno dall’altra.
 
Rise ancora di più pensando che entrambi non si rendevano conto di come apparivano da fuori: Taichi non riusciva a stare senza di lei neanche per due minuti e Sora, quando era distante da lui, lo rassicurava sempre con degli sguardi impliciti che solo lui poteva tradurre.
 
E ciò non lo aveva notato solo lei, ormai era stato appurato da tutto il gruppo che, però, non sfiorava mai l’argomento.
 
Era tutto così semplice ai loro occhi: Taichi amava Sora e lei ricambiava, ma tra i veri soggetti della storia la cosa sembrava essere davvero complicata.
 
Per loro,però,  c’era una grande giustificazione che solo Hikari poteva comprendere al cento per cento.
 
Il loro rapporto era stato da sempre speciale: da quando erano bambini i due erano stati legati da quel filo rosso del destino, quel filo indistruttibile in grado di formare un legame indissolubile.
 
Ed anche lei finì con l’intrecciarsi in quel magnifico rapporto.
 
Anche lei si trovò legata a quel filo, e ringraziò chiunque aveva fatto si che ciò accadesse.
 
Proprio per la formazione di quel particolare legame, i due erano stati da sempre limitati.
 
Sora, pur di stare al suo fianco, aveva represso il suo cuore, non smettendo, però, di negargli l’affetto enorme che provava.
 
Era da sempre riuscita a trovare un equilibrio, a non esagerare mai, e solo una persona straordinaria e speciale poteva essere capace di fare tutto ciò.
 
Taichi l’aveva sempre amata come una sorella, da quando era piccolo; l’aveva sempre protetta e non l’aveva mai abbandonata, sopratutto dal momento in cui la vita della ragazza era stata quasi disintegrata per via del tradimento del padre.
 
Poi, qualcosa in lui cambiò letteralmente, si accorse dell’evoluzione del suo sentimento ma, al contrario della prima, il ragazzo faticava a trattenersi .
 
Hikari rise di nuovo ai ricordi legati ad un Taichi impacciato, sopratutto in quelle immagini in cui il fratello, imbarazzato, andava da lei a chiederle dei consigli, parlando però sempre in terza persona.
 
Era davvero incredibile, e non vedeva l’ora di vedere come sarebbe cambiato nel momento in cui le due persone più importanti della sua vita si sarebbero messe insieme, ufficializzando l’eternità di quel legame che li legava.
 
-Dai Sora, che sarà mai? E’ un vestito semplice e non troppo corto!
 
La voce di Mimi la fece risvegliare da tutti quei pensieri: le due ragazze uscirono insieme dal bagno, ma erano prese da una certa conversazione.
 
Sora era in intimo, e coi capelli ancora umidi, ma si sedette, sospirando, sul letto dove vi era la dolce Hikari, già pronta per la serata.
 
Indossava un bellissimo vestito  lilla chiaro, corto davanti e più lungo dietro.
 
Sorrise alla faccia disperata della sorella acquisita, e, per incoraggiarla, le accarezzò la mano.
 
-Mimi, lo sai che non è il mio genere, lo sai da una vita! Mettermi un vestito per andare ad una festa in spiaggia poi, per me è più che assurdo!- rispose Sora, mentre strinse la mano della dolce sorella, mandandole poi un occhiolino abbinato ad uno splendido sorriso.
 
-Fammi capire allora, cosa avresti intenzione di metterti? I “pantaloncini illegali”, come li chiama Taichi? Quelli si che sono corti, cara! Preferisci andare in giro con quelli che con un vestito che ti copre decisamente di più?
 
Il ragionamento di Mimi non faceva una piega, tanto da far arrossire un poco l’amica, quei suoi pantaloncini di jeans li aveva notati proprio tutti.
 
Vide Hikari sedersi meglio sul letto e affiancarsi a lei, per poi abbracciarla dolcemente, tanto da far intenerire anche l’affascinante ragazza dai capelli rosa, che tra l’altro girovagava ancora con l’asciugamano addosso.
 
-Sorellina, qualsiasi cosa tu metta sarai bellissima. Alla fine è un semplice vestito, tipo il mio, non è nulla di particolare. Poi d’estate è l’ideale, con questo caldo ti mantiene fresca.
 
La bellissima Tachikawa sorrise soddisfatta, Hikari l’appoggiava spesso in ciò, perchè entrambe non sopportavano che l’amica si trascurasse così tanto.
 
Lei era davvero bella e doveva rendersene conto.
 
Sora guardò stupìta la sorella, che aveva combinato quell’invito con il suo dolcissimo gesto.
 
Davvero stavano complottando contro di lei?
 
-Ma se poi a mezzanotte faremo il bagno, lo rovinerei, dunque non mi muovo dalla mia decisione. E poi sapete che non mi sento affatto a mio agio con queste cose.
 
Vide Mimi mettersi nella sua solita posizione di sfida, con le mani sui fianchi e sghignazzando un  poco.
 
-Ok, cara, allora accomodati pure, mostraci il tuo vestiario!- la invitò, porgendo la mano in direzione dell’armadio in cui aveva depositato le sue cose.
 
Ma la faccia della sua migliore amica era sospetta, anche troppo.
 
Dopo aver scrutato il suo sguardo, molto incerta, si avvicinò all’armadio e lo aprì: tutti i suoi vestiti erano spariti, eccetto l’intimo e l’essenziale.
 
Rimase davvero allibita, in  tutti quegli anni non aveva mai osato così tanto.
 
Si voltò di scatto, allucinata e pensando che fosse davvero impazzita:
 
-Dove sono le mie cose?!
 
A quel punto, Mimi incrociò le braccia, ed Hikari cercò di trattenere le risate:
 
-Mentre facevi la doccia, tesoro, ho chiamato il mio maggiordomo e gli ho fatto portare via il tuo vestiario.Ora davvero non so dove lo possa aver messo, Kenzo sarà uscito a quest’ora. Ah, mi sa tanto che se vorrai venire con noi dovrai scegliere qualcosa dal mio guardaroba.
 
Concluse scoppiando in una risata soddisfatta, mentre Sora ancora cercava di riprendersi da quella pazzia che aveva fatto.
 
Era incredibile, quando si metteva in testa una cosa diventava davvero impossibile reggerla.
 
-Piuttosto esco così!
 
Mimi spalancò la bocca, era davvero cocciuta, ma lei quella sera voleva renderla più femminile che mai, così si fiondò sul vestito da farle indossare, che aveva scelto addirittura quella mattina, e cominciò a rincorrerla per tutta la stanza.
 
 
 
Dall’altra parte, nel salone sottostante, i ragazzi erano pronti da un pezzo.
 
Joe continuava a guardare l’ora, sospirando un poco: ogni volta andava a finire così, per colpa delle ragazze partivano sempre un’ora dopo quella stabilita e ciò accadeva sopratutto se c’era di mezzo Mimi.
 
-Non cambieranno mai...- sospirò ad alta voce, facendo ridere Koushirou.
 
-Lo sai, Mimi è fissata, se poi ci aggiungi che aveva in mente di vestire Sora... allora mi sa partiremo tra due ore, se non mai.
 
La rivelazione del bel rosso fece voltare i restanti presenti.
 
Takeru scoppiò a ridere alla sola idea, Yamato sbuffò pensando che a quel punto non sarebbero mai usciti e Taichi si alzò in piedi, davvero allibito:
 
-Vuoi dire che quella pazza ha intenzione di fare una cosa del genere??
 
Koushirou annuì, cercando di sorridergli:
 
-E’ quello che mi ha detto, infatti mi aveva riferito che sicuramente avrebbero tardato.
 
Proprio in quel momento, sentirono delle voci venire da sopra, una delle quali era chiaramente di Mimi.
 
Notarono poi la diminuzione del suono, come se qualcuno avesse aperto la porta della loro stanza e poi l’avessero richiusa.
 
I ragazzi udirono successivamente una persona scendere le scale, così si affacciarono tutti e cinque per capire chi fosse: videro una ragazza stupenda indaffarata a sistemarsi la frangia castana e scendere con eleganza le scale.
 
Il suo vestito violetto le danzava attorno al ritmo di ogni suo movimento.
 
Ne rimasero affascinati, Hikari si faceva sempre più bella, ogni giorno di più.
 
Arrossì un poco nel vedere tutti i suoi amici attenderla alla fine delle scale, ma subito venne raggiunta dallo splendido Takeru, che era colui che ne era rimasto più colpito.
 
Le porse la mano, per aiutarla a scendere gli ultimi scalini, e le regalò un sorriso dolcissimo, tanto da farla quasi svenire.
 
Associato a quella sua splendida espressione, ci fu un sentito complimento:
 
-Sei più che stupenda...
 
La loro delicata stretta fu prontamente sciolta da Taichi, che l’accostò subito a sè e la guardò negli occhi:
 
-E’ una festa in spiaggia Hikari!! Tra la sabbia, ombrelloni e mare!!! Ma che pensi che andiamo a ballare?
 
Joe e Koushirou risero per quell’attacco di gelosia, prendendosi così uno sguardo fulminante dal fratello della vittima.
 
Quello era il modo con cui Taichi evitava di fare i complimenti alla sorella, sapeva che era bellissima.
 
Hikari cercò di riprendersi dall’imbarazzo, per poi giustificarsi:
 
-Mimi ci ha consigliato di indossare dei vestiti... E’ per questo che sono ancora sopra... sai com’è Sora...
 
A quel nome, il fratello si irrigidì, in più pensare a Sora con uno dei vestiti di quella pazza di Mimi lo fece quasi trasalire.
 
Ma non fece in tempo a chiedere altro che i presenti udirono sbattere una porta e un rumore continuo di passi, come se qualcuno stesse correndo.
 
Infatti, i presenti riuscirono intravedere una delle ragazze correre più di una freccia scoccata da un arco e, poco dopo, la fanciulla dai capelli rosei seguire quella scia, sventolando con una mano quello che doveva essere un vestito.
 
Yamato si mise una mano sulla fronte, non poteva davvero crederci che a quell’età erano arrivate a quel punto, mentre gli altri ragazzi risero un poco per tutta quella scena e per le urla disperate di Mimi.
 
-Mi sa che se vanno avanti così resteremo a casa stasera...- pensò Joe ad alta voce.
 
-Sbaglio, o qualcuna di loro girava in costume?
 
La domanda di Koushirou rimase sospesa in aria, poichè subito dopo videro apparire Sora in cima alle scale, per scenderle velocemente un secondo dopo.
 
Il ragazzo occhialuto arrossì vistosamente quando notò che la fanciulla girava in intimo senza problemi, e un leggero imbarazzo arrivò anche al rosso ed a Takeru.
 
Ma Sora sembrava non curarsene e si piazzò dietro ai suoi coetanei, poggiando le mani sulla schiena di Taichi.
 
Ma non potè parlare che apparì subito dopo Mimi, che indossava un aderentissimo vestito verde smeraldo, davvero corto in avanti, che aveva messo nell’attimo prima di inraprendere l’inseguimento della sua migliore amica.
 
Taichi non potè far a meno che prendere le difese di colei che amava.
 
Gli urtava quella storia, come anche il fatto di averla costretta ad uscire in intimo dalla camera.
 
Si, era vero che erano un gruppo di amici e che si fidava di tutti loro, ma Sora in quello stato la poteva vedere solo lui.
 
Ed ecco che tornava la sua gelosia.
 
-Mimi, te la smetti a comportarti da matta? Lasciala in pace, non le va di indossare i tuoi stracci, quindi non perseguitarla.
 
Ma le parole di Taichi per la determinata fanciulla erano il nulla, così scese le scale velocemente, parlando solo con la diretta interessata.
 
-Sora, io non capisco perchè ne fai una tragedia! Ti vergogni di fronte a loro, no? Cosa vuoi che gli importi! Al massimo farai scattare qualche ormone!
 
Non  appena vide l’amica avvicinarsi, Sora indietreggiò ed insieme cominciarono ancora a correre per poi finire in giardino.
 
Gli amici le seguirono, e Yamato brontolò ancora di più, non potevano continuare così e poi aveva anche una fame da lupi.
 
Si fermò ,affiancato da Taichi e seguito dai restanti, e si sforzarono tutti per capire cosa si stavano urlando entrambe.
 
Le due interessate si erano piazzate l’una di fronte all’altra, e continuavano a parlarsi sopra, non facendo comprendere ai presenti cosa si stessero dicendo.
 
Taichi pensò di non aver mai visto Sora così agitata, in quel momeno aveva perso la sua calma e compostezza usuale.
 
L’unico che poteva risolvere la situazione era Yamato, il quale si avvicinò alle due e le interruppe chiedendo quale fosse il “tragico problema” che le stava affliggendo.
 
Ma quasi si spaventò per la loro reazione: le vide girarsi contemporaneamente verso di lui e quasi urlargli in coro:
 
-Che c’è?!
 
Non le avrebbe mai capite le donne, lo sapeva.
 
Cercò di non badare al loro stato, così, senza farsi tanti problemi, chiese di nuovo di spiegare cosa fosse accaduto.
 
Invitò subito a parlare una alla volta e zittì Mimi, dando la precedenza a Sora che quasi lo ringraziò per il gesto.
 
-Mimi mi ha fatto sparire tutta la mia roba... e ora vuole che indossi le sue cose.. e lo sai che io.. insomma.. io e lei abbiamo idee molto differenti...
 
Gli fece tenerezza, lei non ne voleva fare una tragedia, sapeva che indossare certe cose la mettevano a disagio, così annuì per farle comprendere che aveva capito, per poi voltarsi verso Mimi:
 
-Dove sono le sue cose? Non è bello ciò che hai fatto.
 
Sbuffò vistosamente, sapeva che non l’avrebbe mai compresa:
 
-Non lo so, le ha portate via Kenzo, però puoi provare a cercare in ogni angolo della mia casa.- lo sfidò, sapendo che era davvero impossibile.
 
Se avrebbe dovuto girare ogni singola stanza di quella villa, ne sarebbe uscito la mattina seguente.
 
Sospirò, l’unica soluzione era quella, così si avvicinò a Sora, la quale lo guardava confusa.
 
Guardò per l’ultima volta Mimi, gli dispiaceva darla vinta a lei, ma aveva davvero fame e si era stufato di aspettare , così, agilmente, prese la sua migliore amica e la bloccò, stringendola da dietro.
 
Con estrema calma, incitò la bella fanciulla dagli occhi cenere ad avvicinarsi:
 
-Su, falle indossare quel vestito e andiamocene.
 
Sora cominciò ad agitarsi ed a protestare, seguita da Taichi che si avvicinò, infastidito dalla presa del biondo.
 
Quest’ultimo pensò che ci mancasse solo lui, ma non ci fece caso e per fortuna Mimi non se lo fece ripetere due volte.
 
Con agilità e complicità riuscirono a metterle quel benedetto vestito, di un leggero verde pastello, che risultò meno corto di quello di Mimi, ma aderente.
 
L’amica dai capelli rosa approfittò della disponibilità di Yamato:
 
-Devo finire di asciugarle i capelli e sistemarglieli, la potresti portare in camera e tenerla ferma?
 
Sbuffò di nuovo, pensando che ci stava prendendo gusto, ma eseguì gli ordini, prendendola a “sacco” e cominciando a dirigersi verso la destinazione, seguito da una Mimi soddisfatta e vittoriosa.
 
Solo così riuscirono a sbloccare la situazione e a dirigersi verso la festa in spiaggia poco dopo.
 
Per la prima parte del tragitto, Yamato e la splendida Tachikawa tennero la vittima di tutto ciò ben salda tra di loro, mentre si sorbirono non solo la sua protesta, anche quella del suo migliore amico.
 
A Taichi non andarono a genio molte cose, soprattutto la troppa vicinanza del biondino a colei che amava.
 
Ad aggiungere un pizzico di peperoncino al suo stato furono i complimenti schietti che l’affascinante Ishida fece a Sora non appena la sua migliore amica l’aveva finita di preparare: stava davvero bene, era davvero affascinante, e le disse che l’avrebbe addirittura sposata.
 
In tutta risposta, lei lanciò dritto sul suo viso la spugnetta impregnata di cipria.
 
Era davvero infastidita dall’accaduto.
 
Si sentiva terribilmente a disagio, nonostante i suoi amici cercarono di non farle il suo nuovo look.
 
Taichi maledì Mimi, se prima faticava a non guardarla ora gli era praticamente impossibile.
 
Hikari e Sora quella sera si erano superate e pensare ad entrambe era davvero difficoltoso.
 
La odiò ulteriormente quando cominciò a fare le sue solite battutine maliziose, quasi mirate proprio a lui.
 
“Mia cara, stasera conquisterai mille cuori, magari anche quello dell’affascinante tennista di oggi”.
 
Era evidente, quella ragazza aveva intuito che lui, Taichi, provasse qualcosa nei confronti di Sora, e voleva che ammettesse tutto ciò.
 
Sora la fulminò a quella battuta, per poi rimanere in silenzio, mentre Hikari prese sottobraccio il fratello, che si era alquanto innervosito.
 
Arrivarono così a destinazione: vi era un grande spiazzo che si affacciava proprio sulla spiaggia.
 
Si potevano intravedere vari focolari, udire musica di ogni genere e la gente ridere e ballare.
 
Vi erano stand gastronomici e bancarelle in cui si poteva fare qualche gioco o comprare qualche oggetto, era davvero una festa ben organizzata.
 
Yamato propose subito di andare a mangiare qualcosa prima di immergersi in tutta quell’aria di festa, e la proposta fu accolta da tutti.
 
Fecero così cena, sedendosi dapprima su qualche panchina al di fuori della spiaggia, per poi dirigersi, una volta finito, verso di essa.
 
Decisero di mettersi attorno ad un focolare, unendosi ad un allegro gruppo di ragazzi, molto socievoli e simpatici.
 
Sora ed Hikari si affiancarono a Mimi, la quale aveva cominciato a scherzare con alcuni giovani, mentre dalla parte opposta del focolare vi erano Taichi e Yamato che commentavano assieme ai restanti quella bella serata.
 
Il bel castano faticava a seguire la conversazione , e gli sfuggiva molte volte degli sguardi oltre a quel fuoco ardente, diretti proprio verso di lei.
 
Quella sera era più bella che mai, e lui non riusciva a distogliere il pensiero dalla sua migliore amica.
 
Ripensò alla mattina: stava riuscendo nell’intento di confessarsi, ma purtroppo ciò non accadde per i soliti imprevisti.
 
Era davvero sfortunato, sembrava che il mondo gli andasse sempre contro.
 
E se fosse un segno del destino? E se ciò significasse che doveva tenersi quel segreto per lui?
 
No, non poteva, perchè quell’ardore era troppo forte e lo stava bruciando dentro.
 
Non era neanche rispettoso nei suoi confronti, perchè tutto quel sentimento lo portava puntualmente a ferirla.
 
Non aveva più giustificazioni, doveva dirle la verità.
 
Dopo l’ennesimo sguardo lanciato a vuoto, Sora si voltò e incrociò la sua figura e i suoi occhi nocciola.
 
Ed ora che l’aveva catturata, niente poteva spostare l’attenzione del ragazzo da lei.
 
Sora sentì sussultare il cuore, ed era inevitabile.
 
Le ritornò in mente il discorso di quella mattina, lui aveva chiesto di parlarle e sembrava davvero intenzionato a farlo.
 
La sua serietà le aveva fatto capire che non poteva essere nulla di sciocco, doveva essere qualcosa di davvero importante e serio.
 
Questo la fece agitare inizialmente e provare qualcosa che non aveva mai sentito prima.
 
Per tutto quel pomeriggio, risentì nel suo cuore tutta quella profonda emozione che le aveva causato quelle poche parole dette da lui.
 
Non sapeva perchè ma non riusciva a voltare lo sguardo.
 
Le aveva cominciato anche a sorridere, ed ora poteva dire di essere totalmente persa.
 
Si cominciò a chiedere perchè fossero così distanti e perchè non si avvicinasse come sempre a lei.
 
Quasi che decise di andare da lui quando, però, un dolce abbraccio da dietro la fece risvegliare da quella specie di magia che si era creata.
 
Vide Hikari sorriderle dolcemente e chiederle con altrettanta grazia di seguirla un momento.
 
Le ci volle un attimo per capire ciò, e nel mentre la sorellina avvertì Mimi del loro momentaneo allontanamento.
 
A Taichi non sfuggirono le loro azioni, anche perchè erano le due donne della sua vita, ma non si allarmò molto e le seguì silenziosamente con lo sguardo.
 
 
Hikari l’allontanò un poco da quel focolare, facendole capire che doveva dirle qualcosa in privato.
 
La giovane Yagami aveva preso la ragazza dagli occhi dorati sottobraccio, e le sorrideva teneramente.
 
Sora notò quasi un rossore sulle sue guancie, che la rendeva ancora più dolce.
 
Quanto le voleva bene, l’amava con tutta sè stessa.
 
Quella docile creatura non era solo l’angelo di Taichi, ma era diventata anche il suo.
 
Hikari poteva essere definita lei stessa il legame tra Taichi e Sora, era sempre stata tra i due, li aveva da sempre controllati, e aveva monitorato silenziosamente le loro emozioni e la loro vita.
 
Lei li conosceva meglio di chiunque altro, più di Yamato e anche di Mimi.
 
Era a conoscenza di cose che altri non sapevano, lei era l’unica ad aver sempre saputo quel piccolo ma allo stesso tempo enorme segreto mantenuto nei cuori dei due giovani.
 
Ma il motivo per cui l’aveva allontanata, stavolta, non era riguardante lei o suo fratello.
 
-Ecco, Sora... volevo farti leggere questo...
 
Timidamente, Hikari prese il suo telefono e glielo porse.
 
Sora non esitò e cominciò a leggere subito cosa voleva mostrarle.
 
Era un messaggio di Takeru e quasi trasalì quando lesse le parole che le aveva scritto:
 
 
 
Stasera voglio parlarti, di noi due. E stavolta neanche un ciclone potrà impedirmelo. Appena puoi, vieni da me.
 
 
La Takenouchi era stupìta per svariati motivi: il primo, stava nel fatto stesso, ossia che con quel messaggio il bel biondino le diceva chiaramente che si sarebbe finalmente dichiarato, e il secondo era la straordinaria coincidenza di alcune situazioni della vita della piccola ragazza con la sua.
 
Non poteva crederci, le due erano accumunate anche dagli stessi avvenimenti.
 
Quindi, anche Taichi puntava a tutto ciò quella mattina? Possibile?
 
Si sentì quasi male al pensiero, ma si rese conto che Hikari le aveva appena mostrato un messaggio di Takeru ed era evidente che attendesse un suo commento.
 
Non era ora di pensare a lei stessa, doveva incentrarsi sulla giovane fanciulla dai capelli castani.
 
La guardò, esprimendo la totale felicità che albergava nel suo cuore.
 
Hikari meritava la gioia più assoluta, e sapeva che quando era con Takeru poteva raggiungere tale obiettivo.
 
E finalmente, la sua piccola agonia amorosa poteva essere ufficialmente risolta.
 
-Hikari... io sono così felice per te! Finalmente si è deciso!
 
Vide in un secondo formarsi delle lacrime sul viso angelico della sorellina acquisita e ciò quasi la spiazzò.
 
Nonostante tutto, Hikari sorrideva come non mai, e si strinse il petto quando sentì cadere qualche lacrima.
 
-Io...io sono così felice... ma non so come devo comportarmi.. lo so, è da stupida...
 
Solo quella fanciulla dagli occhi nocciola sapeva intenerirla così tanto.
 
D’istinto l’abbracciò forte a sè, baciandole il capo profumato e ridendo anche lei:
 
-Piccola mia, tu sei così fantastica e speciale... ti meriti questo ed altro... non preoccuparti, conoscendo Takeru , sono sicura che saprà renderti tutto più facile e naturale.
 
Le parole di Sora erano la sicurezza vera e propria.
 
Chiedeva sempre consigli a lei, pareri ed opinioni, perchè le sue parole erano così rassicuranti tanto da conferirle una tranqullità straordinaria.
 
Ricambiò l’abbraccio, ridendo e trasmettendole quella sensazione speciale che inondava il suo cuore.
 
Ma in quel momento, Hikari sentì il dovere di dirle qualcos’altro.
 
Perchè una persona come Sora, straordinaria e piena d’amore, meritava la felicità più di chiunque altro.
 
-Ora tocca a te ad essere felice.
 
L’interessata sgranò gli occhi e non potè far a meno di percepire la mancanza del battito del suo cuore per qualche istante.
 
Si scostarono per guardarsi amorevolmente.
 
Sora era ancora abbastanza confusa ma vedeva il piccolo angelo che aveva davanti sorriderle.
 
-E’ ora che liberi il tuo cuore, Sora. Non ha senso tenerlo così incatenato. Non avere paura, mio fratello lo proteggerà come si deve.
 
La Takenouchi sentì gli occhi tremare, ma mai come il suo cuore.
 
Le parole di Hikari ebbero un impatto davvero potente, anche perchè Sora stessa non si aspettava una certa schiettezza da parte sua.
 
La sua sorellina aveva compreso tutto, senza che lei pronunciasse parola.
 
Aveva capito che aveva imprigionato il suo cuore.
 
Il richiamo di Mimi le interruppero e attirò la loro attenzione verso di lei.
 
Prima che decidessero di raggiungerla, fu l’affascinante fanciulla dai capelli rosei ad andare verso di loro.
 
Sembrava alquanto sorpresa da qualcosa che aveva visto, ma non capirono di cosa potesse trattare.
 
-Ragazze, venite, questa me la dovete spiegare.
 
Non capendo ancora di cosa potesse trattare, non esitarono a seguire l’amica.
 
Poco dopo, si ritrovarono vicino al focolare da cui erano venute.
 
Le fiamme riuscivano a fare abbastnza luce da far vedere benissimo la scena che si poneva di fronte alle tre fanciulle.
 
Era una situazione che, purtroppo, Hikari e Sora conoscevano fin troppo bene.
 
Ayako tra le braccia di un Taichi che cercava di togliersela di dosso.
 
La bella e tremenda mora dagli occhi azzurri era di nuovo lì, sbucata dal nulla e pronta a rubare di nuovo il ragazzo che la ramata amava con tutto il suo cuore.
 
Hikari comprese lo stupore di Mimi, lei non la conosceva e loro non gliene avevano mai parlato, semplicemente perchè quella vipera di una fanciulla non era poi così importante per loro.
 
-Da quanto Taichi ha una fan così accanita?- chiese in modo spontaneo la bella ragazza dagli occhi cenere.
 
La sorella della vittima non poteva crederci, sapeva che quel posto era frequentato da moltissimi studenti della sua scuola, ma incontrare sia Meiji che lei era davvero una storia assurda.
 
Ma niente la stupì più di ciò che vide accadere poco dopo.
 
Sora, a quelle scene, era solita a rimanersene in disparte e lasciare che l’amico facesse ciò che fosse giusto per lui, che di solito coincideva col fatto di allontanarla, seppur con fatica.
 
Ma in quel momento, alla Takenouchi tornò in mente la storia della scommessa che Taichi aveva affrontato quella mattinata.
 
Se lui aveva osato tanto, perchè lei doveva sempre esitare e rimanere sulle sue?
 
Era ora di cacciare il coraggio che aveva nel cuore, di farsi valere, ma sopratutto di proteggere e prendersi la persona che amava.
 
Un insolito ardore si accese dentro di lei, tanto da chiedere a Mimi di scansarsi e farle strada.
 
La sua migliore amica la segui, interessata, con lo sguardo.
 
Sora si avvicinò con la solita eleganza e tranquillità che la caratterizzava, fino a raggiungere l’insolita coppia.
 
Quando arrivò a destinazione, Taichi era riuscito a scostarsela di dosso e aveva cominciato a dirle, come tutte le volte, che non voleva essere toccato da lei.
 
Ayako, che portava un top nero e una minigonna di jeans davvero corta, rise come al suo solito, ignorando le proteste del ragazzo e cercando di tornare all’attacco.
 
Ma stavolta la voce femminile e dolce di Sora congelò entrambi i soggetti:
 
-Taichi...
 
Sentir pronunciare il suo nome da Sora proprio in un momento come quello lo fece impallidire e sudar freddo.
 
Aveva sperato che non lo vedesse e, proprio per quello, stava cercando di risolvere quell’impiccio il prima possibile.
 
Si stupì della sua improvvisa entrata in scena, cosa che fino a quel momento non aveva mai fatto.
 
Vide la ragazza che amava prendergli la mano e sorridergli così teneramente tanto da farlo sciogliere completamente.
 
-Andiamo?- concluse, invitandolo ad intraprendere la sua direzione.
 
Ayako, che era rimasta davvero spiazzata da tutto ciò, quando  vide che cercava di portarlo via, intervenne subito:
 
-Ah, Takenouchi! Neanche ti avevo riconosciuta così conciata!- esclamò, scoppiando poi in un amara risata che però non fece il suo solito effetto.
 
Sora sembrava non curarsi più delle sue frecciatine, perchè aveva ben altro a cui pensare, ossia togliere Taichi dalle sue grinfie.
 
Taichi, d’altro canto, si era letteralmente perduto in lei e nei suoi occhi mielati.
 
Lo stava portando via, lei per la prima volta era andata a prenderlo durante un assalto di quella tipa.
 
-Allora?- chiese Sora a Taichi, non vedendolo muoversi di un millimetro.
 
L’interessato arrossì un poco, per poi cominciare a seguirla, ma furono di nuovo interrotti dalla bellissima mora:
 
-Dove pensi di portarlo, eh?
 
-Lontano da te, e via con me.
 
La risposta pronta e decisa della ramata affascinò ancora di più il bel castano dalla folta chioma.
 
Una grande felicità si formò nel suo cuore e cominciò ad espandersi in tutto il suo corpo.
 
Arrivò anche in viso, causandogli uno splendido sorriso.
 
Incitato da tutto ciò, Taichi cominciò davvero a camminare nella direzione in cui Sora voleva trascinarlo, fino a che non la superò e fu lui a riprendere possesso della sua mano e a diventare la “guida”.
 
Si allontanarono in fretta da Ayako e raggiunsero  momentaneamente Mimi ed Hikari.
 
La prima era rimasta stupìta dall’amica, quella era stata un’evidente scena di gelosia da parte di Sora.
 
Lei, così timida, pacata, controllata e non sicura di sè, in quel momento era andata contro ogni sua caratteristica solo per riprendersi Taichi.
 
Hikari sorrideva allegramente, e il fratello ricambiò subito il gesto:
 
-Io e Sora dobbiamo fuggire un attimo, vi raggiungeremo appena possibile!-scherzò lui, mentre la ramata si guardava indietro.
 
Ayako era partita e voleva evidentemente raggiungerli, così i due, dopo aver salutato le due fanciulle, corsero via ridendo.
 
Sorpassarono la spiaggia e si diressero in un piccolo e buio parco vicino ad essa.
 
Una volta addentrati per bene, Sora si guardò indietro più volte, divertita dalla situazione.
 
Appurò che oramai l’avevano seminata, del resto in quel posto magicamente oscuro non vi era nessuno, solo lei e Taichi.
 
-Mi sa che non ci insegue più.- confermò ad alta voce, voltandosi proprio verso il bel castano che ancora le stringeva la mano.
 
Taichi le sorrise, annuendo, l’avevano fatta franca.
 
Nel successivo attimo di silenzio, si accorsero di essere effettivamente soli, loro due, in mezzo a quel parco che quasi sembrava una foresta, e il chiaro di luna che permetteva l’illuminazione lieve dei loro volti.
 
Quando Sora pose gli occhi su quelli nocciola di lui, sentì benissimo il cuore accelerare.
 
In quei due giorni non avevano mai avuto una sola occasione di restare così soli, erano sempre stati in compagnia degli altri.
 
In lontananza si poteva udire delle leggere risate, provenienti proprio da quella festa in spiaggia e la gente aveva cominciato anche a farsi il bagno in quel mare apparentemente nero.
 
Si poteva sentire benissimo il rumore dei tuffi, così poi a Taichi venne il dubbio.
 
In teoria, era in programma un bel bagno a mezzanotte, e lui aveva portato via Sora dalla spiaggia senza chiederle cosa le andasse fare.
 
-Vuoi tornare in spiaggia per un bagno?- chiese subito, preoccupato di aver fatto l’ennesima figuraccia con lei.
 
La sentì ridere e la vide scuotere la testa:
 
-Direi di no, sai com’è, stasera non ho avuto modo di mettermi il costume.
 
Rise anche lui quando capì di essersi dimenticato ciò che quella povera fanciulla aveva dovuto subìre, per poi incentrarsi di nuovo su quella stupenda figura.
 
Era l’ennesima volta che ripeteva a sè stesso quanto fosse bella quella sera.
 
Quei vestiti le donavano, forse anche troppo.
 
-Stai davvero bene così...
 
Gli uscì dalle labbra quel suo pensiero, piuttosto contenuto rispetto a ciò che galleggiava nella sua mente, ma, nonostante ciò, Sora potè benissimo sentire il rossore espandersi sul suo viso.
 
Per fortuna quel posto era abbastanza buio, e si sentì in qualche modo quasi sollevata.
 
Notò che Taichi mollò la sua mano, per grattarsi la testa, era imbarazzato.
 
Il bel castano dalla folta chioma pensò che doveva mettere da parte tutto quel disagio, quello era il luogo e il momento perfetto per parlarle con estrema calma.
 
Non poteva più esitare, perchè aveva cominciato a vivere nella paura di perderla.
 
Vederla poi quella sera così stupenda, aveva incrementato i suoi timori, sicuramente una ragazza come lei non poteva passare inosservata.
 
Ormai era così geloso e voglioso di lei, che anche i tocchi del suo migliore amico gli urtavano.
 
E l’unico modo per fermare tutto ciò era dichiararsi e cercare di farla sua una volta per tutte.
 
Sora notò il ragazzo voltarsi e fare un passo nella direzione opposta alla sua, per poi fermarsi e sospirare.
 
Coraggio.
 
Era ora di utilizzarlo anche fuori dai campi di battaglia.
 
Si voltò di nuovo verso di lei, con uno sguardo davvero serio:
 
-Devo parlarti di una cosa, Sora, ovviamente se tu me lo concedi.
 
Inutile dire che dentro l’interessata si creò lo stesso vortice di quella mattina, che l’aveva torturata per tutto il giorno.
 
Erano soli e lui voleva parlarle, si sentiva davvero svenire e all’improvviso percepì un gran caldo, quasi le mancava l’aria.
 
Ma doveva contenersi, non doveva farsi vedere agitata, minimo non era niente di che, forse voleva parlarle di Hikari.
 
Si mise con la sua solita posizione posata e serena, congiungendo le mani in avanti e sorridendogli amorevolmente:
 
-Ma certo Taichi, dimmi pure.
 
La sua dolce voce era una delle tante cose che lo faceva impazzire.
 
Quel suono così delicato gli trasmetteva una tranquillità assurda, e una bellissima sensazione dentro al cuore.
 
Le cose da dire erano tante, perchè erano milioni le emozioni straordinarie che provava in sua compagnia.
 
Ma da un punto doveva pur iniziare.
 
-Ci conosciamo da una vita, nel vero senso della parola.
 
Appena Taichi cominciò a parlare, Il cuore della ragazza cominciò a battere così forte che quasi le sembrò volesse uscire dal suo petto.
 
Ma non poteva distrarsi, voleva ascoltare tutto ciò che aveva da dirle.
 
-Abbiamo condiviso la nostra infanzia, le elementari, l’avventura a Digiworld, le scuole medie e stiamo terminando insieme anche le scuole superiori. Se ci pensi bene, non ci siamo mai allontanati l’uno dall’altra, io ho sempre vissuto al tuo fianco e tu al mio, senza lasciarci neanche un secondo.
 
Ciò che il ragazzo diceva era tutto vero.
 
Sora poteva benissimo ricordare quasi ogni attimo della loro vita, che avevano da sempre trascorso assieme.
 
-Così facendo, siamo cresciuti insieme, facendoci forza a vicenda nei momenti bui della nostra vita. E siamo maturati insieme, da bambini piano piano stiamo diventando adulti.
 
Lo vide soffermarsi, prendere una pausa per vedere se lei fosse attenta, per poi continuare:
 
-Così, col crescere, ho cominciato a rendermi conto di molte cose, come quella , ad esempio, che ti ho sempre considerata scontata nella mia vita. Mi spiego, tu ci sei sempre stata in tutto questo percorso e ho sempre dato per scontato che ci rimanessi, ma mi sono reso conto che le cose ad un certo punto possono cambiare. Le persone possono prendere strade diverse e dividersi.
 
A quelle considerazioni, Sora quasi sentì un enorme magone, era da sempre stata una delle sue paure più grandi.
 
-Ad un certo punto della mia vita ho pensato proprio a questo: perchè Sora dovrebbe rimanere sempre al mio fianco? La vita è fatta di sorprese ed ognuno deve dirigere la propria esistenza come meglio crede. Ho cominciato a pensare che potesse esserci effettivamente una possibilità in cui tu avresti incontrato qualcuno capace di trasmetterti amore, di farti sentire sicura e speciale e che, inevitabilmente, ti avrebbe allontanato da me. E questo punto della mia vita si è focalizzato anche troppo tardi... ed è coinciso con l’entrata in scena di quel Meiji che ti sta sempre tra i piedi...
 
La fanciulla, totalmente rapita dal discorso di colui che aveva di fronte, si mise una mano al petto, sperando di alleviare quel battito che la stava distruggendo dentro e che non riusciva a calmare.
 
Per quanto fosse emozionata non riusciva a focalizzare per bene il fine di quel messaggio, forse perchè non riusciva a crederci.
 
-Quello che ti voglio dire, Sora, è che... io ho sempre provato un enorme affetto, un sentimento spaciale nei tuoi confronti che è davvero difficile da descrivere. Non ti nascondo che ho sempre pensato che fosse lo stesso affetto fraterno che mi lega ad Hikari, ma aprendo gli occhi, ho capito che non è affatto così. Lo so che è assurdo, lo so che forse è insensato, ma io... io credo che in tutto questo tempo qualcosa in me sia cambiato... qualcosa tra noi sia maturato... io sento che il mio cuore si è evoluto, come quel grande sentimento che provo per te... io credo di amarti... forse l’ho sempre fatto... ed ora provo un qualcosa che va al di là dell’amore e che non so neanche se esiste.
 
Quasi che le veniva da piangere a quelle dolcissime parole, piene di sentimento.
 
In tutta la sua vita non aveva mai pensato che potesse davvero giungere quel giorno.
 
Lei era da sempre stata convinta di essere una semplice sorella per lui, proprio per questo si ripeteva ogni giorno di non cercare di andare oltre a quell’affetto fraterno che li legava.
 
Ma ora, ora che lui le aveva detto tutto ciò che celava il suo cuore, quasi che sentì esplodersi dentro.
 
Percepì davvero qualcosa rompersi, forse quelle catene di cui parlava Hikari.
 
Qualunque cosa fosse, aveva liberato una sensazione così unica e speciale che la fece tremare.
 
-Io...io amo ogni singola cosa di te. I tuoi sguardi, il colore dei tuoi occhi, il profumo dei tuoi capelli, i tuoi sorrisi divini. Ogni singolo tratto di te, io non ti cambierei di un solo millimetro. La tua dolcezza puntualmente scioglie il mio cuore, la tua compostezza ed eleganza... sono divine. Per non parlare di come sei... la tua bellezza per me non ha eguali. Sei stupenda in tutti i modi, in pigiama, in divisa da calcio o scolastica, sai essere bella in qualsiasi maniera. E la tua voce... se dovessi pensare alla voce che potrebbe avere un angelo, io gli darei la tua. Io...io credo davvero di amarti più di ogni altra cosa.
 
Tutti quei complimenti la fecero fremere.
 
E, sopratutto, le fecero capire con quanta profondità l’amasse davvero.
 
Aveva elencato ogni singola sua caratteristica e l’aveva resa celestiale.
 
Non si era mai sentita così amata, non si era mai sentita così importante per qualcuno e lui, invece, la stava davvero mettendo sopra ad ogni cosa.
 
Voleva parlargli, ma sembrava non finire mai.
 
-Lo so, con  tutte queste parole mi sto giocando il nostro bellissimo rapporto... ma credimi, sono arrivato al limite, Sora. Comprendimi, io non riuscivo più a tenere tutta questa immensità di sentimenti che avevo nel mio cuore. Scusami, io...
 
A quel punto Sora lo fermò, avvicinandosi e poggiandogli un dito sopra alle sue labbra.
 
Aveva parlato fin troppo e aveva notato che Taichi si stava agitando per tutto ciò che aveva dichiarato e per le possibili conseguenze negative.
 
E non voleva che si distruggesse l’animo prima di udire la sua risposta.
 
Al suo tocco, Taichi rabbrividì così tanto fino ad irrigidirsi.
 
Il cuore gli si era fermato nel momento in cui vide l’amica avvicinarsi ancora di più fino ad appoggiare la fronte sul suo torace.
 
Fece scivolare le sue delicate mani, accarezzandogli così il petto e portandole fino alle spalle forti del bel giovane.
 
Era quella la felicità?
 
Quell’esplosione universale che sentiva dentro e che le faceva mancare puntualmente il respiro?
 
Era proprio vero, certe sensazioni non si potevano proprio descrivere a parole.
 
-Hai detto che il tuo cuore si è evoluto in tutto questo tempo... giusto?- esordì, alzando il capo e guardandolo negli occhi nocciola, completamente incantati da lei.
 
L’interessato riuscì solamente ad annuire, preso ormai da quella vicinanza che gli aveva quasi tolto la voce.
 
-Il mio cuore non si è mai evoluto Taichi...
 
Quasi che morì per quelle parole, se non fosse stato per il seguito della sua frase:
 
-...Il mio cuore... è nato per amarti.
 
Non poteva credere a ciò che udì: Sora stava dicendo una cosa così incredibile a cui faticava a credere.
 
Non riusciva neanche ad iniziare il ragionamento, ma per fortuna lei avanzò i chiarimenti delle sue breve ma incisive parole.
 
-Io non credo, ma sono sicura di amarti da molto prima. Avevo iniziato a provare un affetto profondo nei tuoi confronti dal periodo del divorzio dei miei, per poi assodare tutto ciò grazie a Digiworld. Io ti amo per come sei, amo la tua spontaneità, la tua sbadataggine, le tue risate, il tuo coraggio, tutto ciò che ti riguarda. Ho sempre avuto paura di perderti, e perciò decisi ai tempi di non rivelarti mai cosa nascondeva il mio cuore. Tu sei sempre stato la persona che ho amato di più al mondo, assieme a mia madre. Da sempre, e non c’è certezza più grande di questa. Io ti amo, Taichi.
 
Lo vide sorridere come non mai.
 
La grande emozione dentro al suo cuore era enorme, la felicità era alle stelle.
 
Sua sorella Hikari aveva ragione, era stata l’unica ad accorgersene.
 
Lui era stato talmente cieco che cominciò a maledirsi, se si fosse accorto prima di tutto ciò avrebbe evitato quell’agonia amorosa a lei e a lui stesso.
 
Sentì il mondo cambiare, era più luminoso, più bello.
 
Cercò di risponderle, per dirle altre mille cose che il cuore gli dettava, ma lei lo zittì di nuovo poggiandogli di nuovo il dito su quelle bramate labbra.
 
Lo vide quasi confuso, lui aveva voglia di dirle tante altre cose, di giustificare altri fatti, di raccontarle quelle verità nascoste con delle piccole menzogne, ma lei non gli dava la possibilità.
 
Ma capì ben presto il perchè.
 
Avvolse le sue docili braccia attorno al collo del ragazzo e si alzò sulle punte.
 
Fece il tutto così lentamente da rendere quella scena letteralmente magica.
 
Avvicinò piano il viso a quello del ragazzo e poggiò con altrettanta delicatezza le sue morbide labbra su quelle del giovane.
 
Il suo gesto era così lieve e pieno di dolcezza che Taichi non sapeva se schiudere quelle labbra o meno, per non rovinarlo.
 
Sentì l’universo cadergli addosso, come se si concentrasse solo su di loro due, per poi implodere.
 
Quel bacio a fior di labbra, apparentemente semplice, fu prolungato da entrambi, poichè solo quel tocco li aveva proiettati in un’altra dimensione.
 
Quando a Taichi sembrò che Sora volesse staccarsi per smettere, la bloccò, senza essere troppo impulsivo.
 
La strinse ancor di più a sè, con l’aiuto del suo braccio attorno all’esile vita della fanciulla, e con l’altra mano le accarezzò la guancia fino a far scivolare il suo tocco al mento e alzarle il viso, premendolo di nuovo contro al suo.
 
A quel punto, il bel castano fece evolvere quel semplice ed innocente gesto di Sora, e schiuse quel bacio tanto desiderato, assaporando le sue bellissime labbra.
 
Entrambi avevano sognato quel momento, che finalmente era arrivato.
 
Una marea di emozioni li travolse, il respiro sembrava essere svanito, e i battiti dei loro cuori si sincronizzarono, creando un’estrema armonia.
 
Taichi sapeva che il bacio di Sora doveva essere qualcosa di straordinario, di celestiale, ma non credeva che potesse portarlo così in alto.
 
Le labbra della ragazza erano come una calamita, ora che aveva iniziato, ora che si era finalmente congiunto a lei, non sapeva più come smettere e come staccarsi da quella bellezza.
 
In tutta la loro vita, avevano fatto mille cose, che gli avevano provocato emozioni diverse, ma nulla era mai stato così incantevole, emozionante e straordinario come quel bacio scambiato in quel piccolo paradiso sotto al chiaro di luna.
 
Le loro bocche ormai si erano incontrate e avevano cominciato a lottare debolmente, assaporandosi le labbra a vicenda, appoggiando appena la lingua tra i denti.
 
Una delle mani di Sora cominciò a fondersi nei folti capelli del bel castano, quei capelli ribelli che lei aveva sempre amato e che trovava straordinari.
 
Accarezzava ogni sua ciocca, provocando un continuo tremore di ulteriori emozioni a Taichi.
 
E, ad ogni vibrazione trasmessa, in risposta lui aumentava la profondità del suo bacio.
 
Sembrava non finire mai, forse perchè loro non volevano finirla lì.
 
Il loro bacio era lo specchio di tutta la storia del loro rapporto: si iniziò con uno lieve stampo a fior di labbra, per poi evolversi piano, senza alcuna fretta, in qualcosa di così passionale da farli rabbrividire.
 
Ormai anche Taichi aveva immerso la mano che prima aveva usato per alzarle il viso nei suoi capelli profumati, proprio dietro la nuca, costringendola così a non scostarsi da lui.
 
La teneva continuamente premuta su di lui, in modo che Sora non potesse indietreggiare e chiudere quel bacio, ma non ce ne era bisogno, perchè neanche lei aveva intenzione di smettere.
 
Le loro lingue avevano cominciato ad intrecciarsi, mentre entrambi continuavano ad accarezzarsi a vicenda.
 
I loro cuori erano esplosi, provocando un enorme frastuono e un gran senso di...felicità.
 
Doveva essere proprio quella la sensazione, un qualcosa di indescrivibile, divino.
 
Il loro mondo era stato creato, avevano raggiunto la perfezione, avevano finito di costruirlo.
 
Ed ora, erano pronti per affrontare il resto della loro vita.
 
Lo squillo del telefono di Taichi li fece rallentare e staccare dolcemente per un secondo, restando comuncque con le labbra estremamente vicine.
 
Si guardarono negli occhi, sorridendosi a vicenda, ridendo un poco per via di quel solletico che sentivano al petto.
 
-Ho baciato il mio migliore amico...- sussurrò lei, dedicandogli uno degli sguardi più brillanti che avesse mai fatto.
 
Rise a quella frase.
 
Era proprio vero, lui aveva baciato la sua migliore amica, la sua sorella acquisita e la donna che aveva sempre bramato.
 
Non riusciva a crederci, finalmente il suo sogno si era realizzato e lei gli aveva fatto capire quanto l’amasse.
 
Quel bacio era bastato più di mille parole, e lei , come sempre, sapeva che a loro bastava solo quel gesto, per questo prima lo zittì.
 
Avevano aspettato tanto, ed erano stati sempre contrastati da molti imprevisti.
 
E prima che qualcosa potesse interromperli di nuovo, Sora pensò bene di baciarlo.
 
Era straordinaria, in tutto.
 
Taichi diede una veloce occhiata al display del suo telefono, leggendo il nome di Yamato.
 
Non sfuggì neanche alla fanciulla che rise, guardandolo negli occhi:
 
-Ci stanno cercando, credo.
 
Ma il ragazzo non rispose, e la guardò silenziosamente, con quello sguardo profondo che poteva mettere al tappeto qualsiasi donna.
 
Dopo quel bacio, a Taichi parve tutto così diverso, tutto più bello.
 
Si sentiva più felice, e il cuore estremamente leggero e caldo.
 
Gli sembrò addirittura che un’atmosfera magica rendesse più brillante quel luogo, sentì che ormai aveva ottenuto tutto ciò che voleva, sentì dominare l’universo.
 
Aveva da sempre pensato che Sora potesse essere associata ad un angelo, ed ora più che mai era convinto di ciò.
 
Solo una creatura divina poteva farlo sentire in quel modo.
 
-Io non ho ancora finito, però.
 
Detto ciò, la prese di nuovo con tutte le sue forze, baciandola ancora una volta, con l’intento di farle capire quanto l’aveva desiderata e quanto la desiderasse in quel momento.
 
E ci riuscì perfettamente.
 
Quella notte avevano finalmente coronato il loro sogno.
 
Un sogno durato una vita.
 
Ma si sa, i sogni più grandi e maestosi richiedono tempo, pazienza, volontà e determinazione.
 
E solo chi ha queste caratteristiche può raggiungerli.
 
Loro erano la prova vivente che i sogni non sono impossibili, ma realizzabili.
 
Inoltre, Taichi e Sora , con la loro unione, rappresentavano la prova vivente che esistesse un legame indissolubile, che li aveva da sempre legati.
 
Un legame indistruttibile, nel tempo e nelle avversità.
 
Sotto al chiaro di luna, questo legame rifletteva una luce ancora più pura ed affascinante.
 
Perchè quel filo che li legava era un filo raro e divino.
 
Il filo rosso del destino.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando raggiunsero gli altri, ormai era ora di tornare a casa.
 
Tutti avevano capito cosa era accaduto,persino Mimi, anche se i diretti interessati non avevano pronunciato ancora una parola a riguardo.
 
Erano ancora sconvolti loro stessi per quell’esito, dovevano riprendersi un poco.
 
Mimi lanciò frecciatine a Sora per tutto il tragitto.
 
Era evidente che dentro si sentiva alquanto offesa, la sua migliore amica aveva omesso una certa verità.
 
Ma era anche consapevole come era fatta Sora, era così riservata che neanche un interrogatorio da parte delle forze di polizia poteva smuoverla.
 
Ciò che la fece calmare fu vederla estremamente felice e sorridente, come mai aveva fatto in vita sua.
 
Emanava dei sentimenti che riuscivano a scaldare persino lei e gli altri che la circondavano.
 
Una volta in camera, Sora non si fece problemi a rispondere alle domande dirette della sua migliore amica, causando l’estrema felicità di Hikari, che le saltò letteralmente sopra per la gioia.
 
Mimi le chiese dapprima se ci fosse qualcosa di più di un’amicizia tra lei e Taichi.
 
Aveva notato la sua gelosia di quella sera, cosa che in tutta la vita Sora non aveva mai mostrato.
 
Quest’ultima, presa ormai dalla felicità interiore che aveva,annuì, dicendole di amarlo.
 
Non ebbe peli sulla lingua, tanto da spiazzare completamente Mimi per quella rivelazione.
 
Sicuramente, se non fosse stata in America, l’avrebbe intuito prima.
 
Hikari le diede mille baci, esultando più per la sua sorella acquisita che per quello che era accaduto a lei stessa.
 
Infatti, quella sera, come preannunciato, Takeru si era dichiarato e le aveva chiesto esplicitamente di diventare la sua ragazza.
 
Per questa rivelazione, Mimi non si scandalizzò più di tanto, di loro sapeva che presto doveva accadere, ma non poteva che esserne felice, come anche Sora.
 
Il destino aveva voluto che entrambe, quella sera, raggiungessero il culmine della felicità.
 
Si sentì ancor di più legata a quel piccolo angelo che aveva auto al suo fianco per tutta la vita.
 
Sentì di adorarla, di amarla, era inevitabile, Hikari era davvero la ragazza più adorabile che conoscesse.
 
 
 
Dall’altra parte della camera, invece, l’atmosfera era completamente diversa.
 
Taichi, Yamato e Takeru si erano già sdraiati sul letto ed avevano già spento la luce.
 
Ma, invece di essere tutto oscuro, la  luna di quella notte illuminava magicamente quella stanza.
 
Era la stessa luce che li aveva cullati dolcemente quella sera.
 
Fu questo che pensò il bel castano, che stava impietrito a letto, fissando il soffitto.
 
Ripensò al profumo di lei, alla sua solita dolcezza e compostezza, anche in situazioni del genere.
 
No, non era affatto normale quella ragazza, era speciale, e nonostante ciò, lei aveva scelto uno come lui.
 
Si, ormai aveva scelto lui.
 
E se cominciava a pensare a quei baci, a quei gesti così celestiali e divini, il suo cuore iniziava così tanto a scalpitare al punto di farlo sentire male.
 
Sentì le sue guance prendere fuoco, era davvero strano.
 
Il solo pensiero lo emozionava e incrementava la voglia di tornare da lei e assaporare ancora le sue labbra.
 
L’aveva baciata.
 
Si erano baciati davvero.
 
Assieme al cuore cominciò a pulsare in maniera aggressiva anche il sangue, si stava davvero sentendo esplodere.
 
-Yamato..
 
Doveva chiedere aiuto a qualcuno e il suo migliore amico era lì, come sempre, pronto a rispondergli con un brontolio:
 
-Che c’è Taichi?
 
L’interessato non scostò il suo sguardo dal soffitto, quei battiti acuti, quella specie di big bang che aveva dentro, lo manteneva elettrizzato e non gli permetteva di prendere sonno.
 
-Credo..credo di non stare bene.
 
A quelle parole, Yamato, che gli voltava la schiena, si girò, mettendosi su di un fianco per guardarlo bene:
 
-Che hai?- chiese subito.
 
Lo sentì ridere, ma non potè vedere che gli occhi nocciola dell’amico erano diventati lucidi.
 
-Il mio cuore... il mio cuore scoppia di felicità.
 
Yamato scosse la testa, quasi che l’aveva fatto preoccupare.
 
Con quella frase, il giovane Yagami gli fece capire che i suoi sospetti erano fondati, ormai i due si erano dichiarati.
 
-Ti capisco, Taichi.
 
La voce di Takeru fece voltare entrambi, persino il bel castano che fino a quel momento non si era mosso di un solo millimetro.
 
Lo videro voltarsi verso di loro, mettendosi nella stessa posizione del fratello e poterono notare, nonostante il leggero buio, il suo sorriso splendente.
 
-Anche io mi sento così, dal momento che Hikari mi ha baciato. Ora finalmente è la mia ragazza.
 
Yamato pensò che il fratellino fosse impazzito, dire una cosa del genere a Taichi non era affatto saggio.
 
Pensava davvero che, nonostante il giovane Yagami fosse preso da quella immensa felicità, quelle parole non gli pesassero?
 
Ed infatti, vide Taichi mettersi dapprima a sedere sul letto per poi, urlare:
 
-Che cosa hai fatto tu?!!!!
 
Fortunatamente Takeru comprese ciò che sarebbe successo e si sbrigò a scendere dal letto, per correre fuori dalla sua stanza.
 
Il castano dalla folta chioma balzò subito, cominciando ad inseguirlo, senza evitare di urlargli contro.
 
Takeru aveva baciato la sua dolce sorellina, non doveva esserci niente di male, ma la gelosia nei confronti di Hikari non aveva limiti.
 
Per il trambusto, tutti gli altri compagni si affacciarono dalla camera, per vedere cosa stava accadendo, ma videro solo due frecce: la prima, dai capelli biondi, che rideva a crepapelle, la seconda ,dai capelli più scuri, che correva a dir poco furibondo.
 
Hikari rimase allibita e sconcertata, mentre Mimi e Sora ridevano come non mai.
 
Yamato si affacciò sbuffando, aveva sonno e sicuramente quella situazione sarebbe andata avanti per molto.
 
Koushirou e Joe si grattarono la testa, pensando che la reazione dell’amico fosse esagerata, insomma, era solo questione di tempo, lo sapevano anche loro che oramai Hikari e Takeru erano agli sgoccioli.
 
Ma alla fine, quella scena fece ridere e rallegrare tutti i presenti.
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giorno seguente, il gruppo di amici non si alzò molto presto.
 
Il tempo non era un gran che, qualche nuvola era sbucata all’improvviso coprendo il cielo sereno.
 
Così, i prescelti decisero di uscire un pò, per farsi un giro della località.
 
Sembrava tutto tranquillo, ma in realtà qualcosa non quadrava, o meglio, qualcuno non era affatto calmo.
 
Taichi si era alzato elettrizzato, pensando che avrebbe rivisto Sora e avrebbe passato altri straordinari momenti con lei.
 
Ma fu frenato da delle idee improvvise, che erano emerse parlando anche con gli altri membri maschili del suo gruppo.
 
Si, si erano baciati, avevano passato la serata insieme ma, si era dimenticato di fare qualcosa di importante, e ciò glielo fece notare proprio Koushirou con la sua innocente domanda:
 
-Quindi state finalmente insieme?
 
Già, Taichi non le aveva esplicitamente chiesto di diventare la sua ragazza.
 
Forse lo aveva dato per scontato, fatto stava che il giorno precedente si era dimenticato di questo dettaglio.
 
Ed ora, come doveva comportarsi con lei?
 
Si agitò ancora di più, facendo ridere i suoi amici.
 
Quando era immerso tra l’imbarazzo e l’agitazione, era davvero buffo.
 
Per esempio, in quella mattinata, Sora si era avvicinata per augurargli il buongiorno ma, non appena lo toccò, Taichi avvampò in un secondo, rovesciandosi addosso il cappuccino che aveva tra le mani.
 
La fanciulla si preoccupò, perchè ogni volta che quella mattina si accostava a lui, il ragazzo diventava impacciato e non riusciva a parlarle per bene.
 
Non voleva che accadesse ciò, non voleva vederlo a disagio, ma nello stesso tempo non sapeva come risolvere la situazione.
 
Durante il cammino per andare al centro di quella località, Sora cercò di calmarlo, anche perchè, paranoica come era , stava per iniziare a pensare che forse si era pentito dell’accaduto.
 
In quel momento, il bel castano era al fianco di Yamato, il quale notò subito l’arrivo della bella amica.
 
Taichi, invece, in quel momento era preso a rispondere ad una delle sue solite prese in giro, così quasi che il cuore gli balzò dal petto quando udì la sua splendida voce chiamarlo.
 
La ramata notò il suo evidente rossore, dispiacendosi ancora per il continuo disagio che causava la sua presenza.
 
Cercò comunque di evitare di notarlo, per chiedergli:
 
-Taichi, posso parlarti?
 
Gli mancò all’improvviso i battiti del suo cuore, e cercò di catturare l’ossigeno che sembrava non esserci nell’aria.
 
Yamato rise e, facendo l’occhiolino all’amica, avanzò in avanti, lasciandoli un pò soli.
 
Se dovevano aspettare una risposta da parte del giovane dagli occhi nocciola, non si sarebbe mai giunti ad una fine.
 
Sora seguì l’amico biondo con lo sguardo, sorridendogli grata.
 
Poi si affiancò a Taichi, guardandolo dispiaciuta.
 
Aveva quasi timore a parlargli, e se poi i suoi sospetti si realizzassero?
 
Tutta quella felicità che dal giorno prima era emersa e l’aveva stravolta, che fine le avrebbe fatto fare nel caso Taichi si pentisse di tutto?
 
Ma ebbe comunque coraggio di chiedere cosa stava accadendo:
 
-Tutto bene, Taichi? Ti vedo molto strano...
 
Avvampò ancora di più, e cominciò a grattarsi la testa con una mano e a sorridere come uno stupido:
 
-Ma no!! Certo che va bene!!- esclamò imbarazzato.
 
Ma cosa gli prendeva? Perchè doveva rovinare tutto col suo stupido comportamento? Perchè non sapeva mantenere la calma come lei?
 
Come al solito, si maledì, se avrebbe potuto cambiare qualcosa in lui, di certo avrebbe eliminato la sua stupidaggine.
 
Vide Sora guardarlo non convinta, e rattristarsi un poco:
 
-Sembra che... non vorrei offenderti ma.. sembra che tu voglia evitarmi... non è che forse quello che è successo ieri...
 
Taichi si impallidì.
 
Aveva capito dove voleva arrivare, il suo sciocco comportamento la stava ferendo ancora, come poteva farle una cosa del genere?
 
La fermò subito, assolutamente non doveva neanche pensarlo.
 
Aveva faticato così tanto per dichiararsi e non poteva gettare tutto all’aria.
 
-NO! No! Assolutamente!! Io non voglio evitarti e ieri sera...ieri sera è stata la serata più bella della mia vita!- esclamò tutt’un fiato, diventando di nuovo rosso e causando la stessa reazione a lei.
 
Sora sbattè le palpebre più volte, allora perchè faceva così? Possibile che si imbarazzasse tanto? Eppure il giorno prima  non le sembrava così impacciato.
 
Chissà cosa gli frullava in testa, ma , in quel momento, l’importante era che avesse negato un possibile pentimento dei gesti del giorno precedente.
 
Il suo cuore si sentì molto più sollevato, tanto da sorridergli dolcemente:
 
-Non essere così agitato, mi fai preoccupare.
 
La sua dolcezza era sempre stato un punto che adorava.
 
Quanto l’amava.
 
-Hai ragione... perdonami.. non so che mi prende...
 
Non sapeva come spiegarle la vera ragione.
 
Lui aveva fatto davvero una figuraccia non chiedendole esplicitamente di diventare la sua fidanzata.
 
Come aveva potuto saltare un passo del genere?
 
Era a quello che puntava, eppure la sua mente il giorno prima non ci aveva neanche pensato, questo perchè era così intento ad avere un contatto con lei che le parole gli svanirono e sembravano tanto superflue.
 
Lei d’altro canto gli sorrise ancora, mai lo avrebbe fatto sentire dalla parte del torto.
 
-Credo sia normale, sta tranquillo, Taichi. Neanche io a volte saprei come comportarmi, ma con me non devi farti problemi. Io ti adoro qualsiasi cosa tu faccia.
 
L’avrebbe voluta prendere e baciarla di nuovo.
 
Era sempre stata dalla sua parte, aveva sempre compreso qualsiasi suo atteggiamento.
 
Si sentiva sempre compreso da lei, non lo metteva mai in difficoltà.
 
Il loro discorso fu interrotto dall’annuncio di Mimi, che dichiarava di essere arrivati in quel piccolo paesino.
 
Vi erano vari edifici, molto tipici di quel luogo e lungo il percorso, quel giorno, vi era una specie di mercato, pieno di gente.
 
Fecero un bel giretto, e alcuni di loro comprarono qualche souvenir per le proprie famiglie.
 
Altri assaggiarono qualcosa da mangiare, per poi sedersi su dei muretti che circondavano una piccola piazza.
 
Takeru abbracciava di continuo la sua Hikari, la quale rideva teneramente ed emanava il calore che i raggi solari avevano negato a quella giornata.
 
Taichi era alquanto imbronciato, ma gli amici lo avevano calmato molto in quelle ore.
 
Non poteva di certo tenerla in una vetrina, anche Hikari doveva dedicarsi alla propria vita.
 
Pur sapendo che avessero ragione, non poteva evitare di sentire ancora un senso di gelosia nei suoi confronti, così, per evitare di guardarli di continuo, decise di farsi un giretto per esaminare quella piazzetta, lanciandosi le mani dietro la nuca.
 
Mimi lo guardava divertita, e faceva sogghignare anche i compagni con le sue battute.
 
Sora la incitò a smettere, sapeva come era Taichi e non lo faceva apposta.
 
Nel frattempo, la piazzetta si era riempita di giovani della loro età.
 
C’era chi ,come loro, si fermava per mangiare qualcosa, chi si scattava qualche foto e chi ammirava la fontana al centro e il resto del paesaggio.
 
Taichi era rimasto proprio lì vicino a quella fonte d’acqua, ammirando ancora una volta quella località.
 
Sora, vedendolo solo, propose di andarlo a prelevare e Mimi acconsentì, incamminandosi con lei verso di lui.
 
Ma qualcosa all’improvviso quasi fece cadere il giovane dalla folta chioma, ed immobilizzare le due fanciulle a poca distanza da lui.
 
Sora spalancò la bocca, incredula, non ci poteva credere.
 
Mimi guardò dapprima l’amica per poi chiederle:
 
-Ma quella fa sempre così?
 
Era riapparsa Ayako, dal nulla, come ogni sua apparizione.
 
La prescelta dell’amore era quasi convinta che quella ragazza avesse una specie di radar, era assurda come situazione.
 
Taichi rimase ancora più sbalordito, vedendosela anche più vicina del solito.
 
Infatti ,Ayako aveva cercato di scoccargli un bacio, ma fu abbastanza pronto da impedirglielo.
 
La seconda cosa che fece, fu proprio quella di gettare un’occhiata in giro, con la solita speranza che qualcuna in particolare non lo notasse, e con il solito esito di trovarla puntualmente lì.
 
Aveva rigirato gli occhi, evidentemente infastidita, ma stavolta non aveva neanche le forze di andarlo a riprendere.
 
Ayako, effettivamente, era un problema che solo lui poteva risolvere.
 
Mimi incrociò le braccia, ancora più infastidita, ma interessata nel vedere il proseguimento di tutta quella scena.
 
Notando tutto ciò, con forza, Taichi staccò ancora una volta quell’ostinata fanciulla, mantenendola abbastanza lontana.
 
-La vuoi smettere per favore? Non so più come fartelo capire!
 
-Ed io non so più come farti capire che non la smetterò mai! Mi piaci, Taichi, e lo sai! Come sai anche che io ottengo sempre ciò che voglio!
 
Quella era una dichiarazione bella e buona.
 
Sora guardò in basso, non aveva voglia di assistere a quella sceneggiata, e cominciò ad accarezzarsi un braccio, come per riscaldarsi da quel gelo che le era arrivato in volto.
 
Un’altra ragazza si stava dichiarando all’uomo che amava, ovvio che le dava un così tanto fastidio.
 
A Taichi non sfuggì neanche il suo dispiacere, non gli era mai sfuggito.
 
Chissà quanto l’aveva fatta soffrire in quei mesi per tutte quelle improvvisazioni di Ayako?
 
E lui, non era mai riuscito a porre la parola fine su certi atteggiamenti.
 
Si sentì ulteriormente uno stupido quando, involontariamente, paragonò il suo comportamento con quello che Sora ebbe con Meiji.
 
Lei lo aveva sempre rifiutato e gli aveva fatto capire di mantenere certe distanze, di non sfiorarla perchè lei non lo voleva.
 
E lui invece? Possibile che non era capace a fare una cosa del genere?
 
Per quei semplici sguardi che il tennista mandava alla donna che amava, aveva perso il senno il giorno prima, e allora lei cosa doveva dire di fronte a tutto ciò?
 
Ancora una volta Sora si era dimostrata la persona più straordinaria che potesse conoscere.
 
Ma ora era arrivato il suo turno.
 
Doveva dimostrarle che anche lui era capace di rinunciare a tutto per lei, a cacciare qualsiasi cosa che poteva ferirla.
 
Guardò improvvisamente Ayako, col suo solito sguardo deciso e serio.
 
-Stavolta no, non potrai ottenere ciò che vuoi.
 
La bellissima mora sgranò i suoi occhi azzurri, incredula per quella risposta così scontrosa.
 
A quelle parole, Sora ebbe il coraggio di puntare lo sguardo dorato su quella coppia, per capire cosa stesse realmente accadendo.
 
-Non puoi più toccarmi, nè abbracciarmi, nessun contatto. Non puoi ottenermi perchè il mio cuore appartiene ad un’altra.
 
La ramata si stupì di tutto ciò, assieme alla sua migliore amica, che successivamente sorrise trionfante.
 
Vide il bel castano guardarla e sorriderle amorevolmente, per farle capire che si stava riferendo proprio a lei.
 
Ayako non voleva crederci, così scosse la testa:
 
-Ma che stai dicendo?
 
-Sto dicendo che io ho una ragazza, e non è rispettoso da parte tua abbracciare l’uomo di un’altra.
 
Sora arrossì, e non mancò il suo solito sorriso non appena lui la guardò di nuovo.
 
Aveva detto ad Ayako che lei era la sua ragazza, lei era la ragazza di Taichi.
 
La mora voleva tanto rispondere ma poi lo vide allontanarsi da lei e dirigersi proprio verso la Takenouchi.
 
Mimi si scostò un poco, prevedendo cosa sarebbe accaduto tra qualche istante, e sorridendo felice.
 
Sora lo vide avvicinarsi lentamente, non spegnendo quel dolce sorriso che le stava dedicando.
 
Si fermò a poca distanza da lei, ma notò il ragazzo voltarsi verso la piazza, rivolgendosi ai ragazzi e ragazze che avevano notato la scena:
 
-Io voglio che lo sappiano tutti, una volta per tutte! Io voglio che lo sappia l’intero mondo!
 
Sora avvampò, cercando di richiamarlo, non era mai stata abituata a stare al centro dell’attenzione e quasi si sentì male per la vergogna, ma ormai Taichi era partito in quarta e nessuno poteva arrestarlo.
 
-Io amo questa ragazza! Io la amo con tutto il mio cuore!
 
Lo aveva urlato, rivolgendosi ai presenti e indicando proprio lei, la quale dapprima si vergognò poi quasi che rimase incantata.
 
Stava davvero urlando al mondo che lui amava solo lei.
 
Lo vide voltarsi e fissarla, con quel suo splendido sorriso e gli occhi nocciola brillanti e pieni di felicità.
 
Sentì di amarlo con tutta sè stessa, per lei era il ragazzo più bello e speciale del mondo, ed ora era convinta che fosse solo suo.
 
-Io ti amo, Sora Takenouchi!- concluse con la sua aperta dichiarazione.
 
L’interessata lo vide avvicinarsi velocemente a lei, così, prima che le fosse impedito, cercò di rispondergli:
 
-E io amo te, Taichi Yagami.
 
La baciò, come ancora non aveva fatto.
 
La prese racchiudendola tra le sue braccia, per poi alzarla contro di lui facendole pressione su quella schiena perfetta.
 
Lei si aggrappò attorno al suo collo, assaporando un altro suo bacio, che si faceva profondo ogni istante di più.
 
Mimi rise, come il resto dei loro compagni da lontano.
 
Hikari abbracciò Takeru, vedere i suoi due fratelli felici assieme era la visione più bella che poteva proiettarsi ai suoi occhi.
 
Yamato scherzò con Koushirou e Joe, dicendo che quella povera Sora avrebbe dovuto affrontare scene ben peggiori e vergognose di quella.
 
Ma tutti potevano notare la luce, il calore e l’amore che emanavano quei due.
 
Il giovane Ishida pensò che si era sbagliato in principio.
 
Pensava che il loro legame fosse morboso, che ognuno impedisse la vita dell’altro.
 
Ma forse non li conosceva abbastanza, e non era ancora immerso in quel legame indissolubile che li legava.
 
Loro due erano la definizione di amore.
 
L’amore è un sentimento complicato, tortuoso e difficile da comprendere.
 
Necessita di tempo, di evoluzioni e di sofferenza per essere compreso.
 
L’amore non nasce da un momento all’altro, deve essere curato e protetto.
 
Perchè l’amore, ha gli effetti devastanti di una bomba, per questo bisogna essere cauti.
 
E loro avevano aspettato, atteso fino a che non erano sicuri l’uno dell’altra.
 
Avevano affrontato momenti difficili, alcune ostilità ma ora erano lì, ad amarsi come non mai.
 
I due si staccarono per un momento, ridendo per tutto quello che era accaduto.
 
Sora lo guardò, un pò maliziosa, non mollando la presa attorno al suo collo:
 
-Da quanto sarei la tua ragazza, allora?
 
Vide il ragazzo che amava arrossire e quasi agitarsi, ma lo calmò subito dichiarando che stava scherzando, e che per lei il tutto era già iniziato il giorno prima.
 
Allora anche la bella ramata aveva dato per scontato l’inizio della loro storia con la sera precedente.
 
E, notando questo fatto, la baciò ancora.
 
Non si sarebbe mai stancato, non l’avrebbe mai fatto.
 
Perchè non c’era cosa che lo rendeva più felice.
 
E con lei al suo fianco, lo sarebbe stato per tutta la vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Sapete,
 
Dopo tutto quello che abbiamo passato, abbiamo capito molte cose.
 
Per esempio, che c’è sempre una ragione per cui incontri certe persone durante la vita: a volte tu hai bisogno di loro per tornare a sorridere, altre invece sono loro ad aver bisogno di te per migliorare.
 
E’ proprio questo legame che unisce certa gente e la lega per sempre.
 
E’ quello che noi abbiamo fatto, per il bene dell’altro.
 
E non c’è cosa che ci rende più felici.
 
Il legame indissolubile esiste, basta avere pazienza ed aspettare.
 
Perchè un legame così grande non ha bisogno di fretta e di tempo, ma solo di certezze che inevitabilmente richiedono di attendere per essere appurate.
 
Aspettate, attendete, soffrite, come abbiamo fatto noi.
 
Alla fine, quello che troverete andrà al di là della felicità e dell’amore.
 
Taichi e Sora
 
 
 
 
THE END
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE!
 
Scusate per gli errori, ma per quanto è lungo questo capitolo ad un certo punto mi si sono intrecciati gli occhi!
 
Mi viene da piangere, davvero.
 
In alcuni pezzi mi sono commossa anche io. Mi ero davvero affezionata a questa storia. Io ho sempre desiderato la Taiora in digimon, perchè era semplicemente la cosa giusta e più sensata. ( la conclusione di 02 è decisamente NO SENSE, non giustificata).
 
Per me Taichi e Sora sono sempre stati la coppia per eccellenza, e ,come vedete nella mia storia, secondo me,i loro caratteri si intrecciano magnificamente.
 
Io ho cercato di mantenere i loro comportamenti e aspetti originali dell’anime, Taichi solare e imbranato, Sora gentile, dolce e saggia.
 
Io davvero non capisco come abbiano potuto far accoppiare Sora e Yamato, non ha senso. E tralascio tutto lo sfogo che ho dentro, la mia storia parla di per sè.
 
Spero che vi sia piaciuta l’idea di come ho voluto concluderla.
 
E’ stata una faticaccia, davvero. Cambiare mille volte idea, aggiungere un pezzo, toglierne un altro... assurdo.. è stata un’odissea ma ce l’ho fatta.
 
La mia storia è conclusa.
 
Allora vi chiederete: ma scusa, perchè non hai messo “conclusa” e mi risulta ancora “in corso”?
 
Semplice, io ho mente un epilogo, quella mega fine che IO mi sono sempre proiettata in testa e che mira a cancellare quell’assurda scena che (purtroppo)  è stata rappresentata in adventure 02: Tutti i prescelti adulti, con figli che sono le loro copie, con coppie totalmente assurde. BLEAH proprio no!
 
Non dovrebbe essere lungo, ma ogni volta che lo dico poi mi esce un poema ahaha
 
Ringrazio i miei strabilianti, bellissimi e fantastici lettori che condividono con me le stesse passioni e, perchè no, emozioni!
 
La mia coppia perfetta è la Taiora e sono contenta di aver affrontato questa storia e averla conclusa con loro trionfanti! (autori di digimon, please, avverate i sogni dei fan delusi con un bel risvolto nella nuova serie adventure 03! Ah...magari...nei tuoi sogni!)
 
Ci vediamo quindi all’epilogo ragazzi.... sigh! Vado a piangere la fine della mia storia...
 
Vi prego, continuate a scrivere delle Taiora! Non abbandonate anche voi questa povera coppia che è stata frantumata dall’anime! Ahah
 
Un sentito e caloroso abbraccio,
 
la vostra Cristy89 ( ormai Sorita, avevo fatto la richiesta di cambio di nickname tre mesi fa e solo ora l’hanno applicata, ormai me ne ero dimenticata ahah)
 
 
Ps ecco una bellissima fanart riguardante adventure 03! I prescelti li immaginerò proprio così nella mia futura storia (quando avrò tempo di scriverla)
(Sora e Taichi...bellissimi... eh...io sono fissata ormai...)

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Capitolo 8
*** Odaiba 2016, Settembre (Epilogo) ***


Odaiba 2016, Settembre
 
 
 
 
 
 
 
 
Una bellissima e stupenda giornata di Settembre.
 
Era il primo Sabato del mese e il sole splendeva , rendendo assai brillante quel cielo azzurro e limpido che sovrastava Odaiba.
 
Una giornata perfetta, come doveva essere quel giorno.
 
Vi era un leggero ma dolce vento, che rendeva ancor più incredibile quel momento.
 
Lieve e soffice, come una carezza.
 
Quella splendida e candida luce trapelava dalle finestre, rendendo magico persino l’appartamento di Sora.
 
I raggi colpivano i delicati fiori bianchi che quel giorno decoravano la sua casa.
 
La luce si rifletteva anche su di essi, scatenando un colore brillante sulle pareti.
 
Erano stupendi, d’altronde sua madre aveva davvero gusto in tutto ciò.
 
In casa Takenouchi la gente aveva cominciato ad uscire, per avviarsi in chiesa.
 
Era così che funzionava il rinfresco matrimoniale, o meglio, così le era stato riferito.
 
Lo sposo e la sposa dovevano pernottare nelle rispettive case, dove sarebbe avvenuta la loro preparazione.
 
Prima di dirigersi in chiesa, le rispettive famiglie avevano organizzato un rinfresco, ognuno per i propri parenti ed amici, per attendere al meglio ,poi, il gran pranzo che sarebbe giunto più tardi.
 
La sposa era uscita dalla camera, con quel suo stupendo vestito bianco.
 
Fu applaudita dai presenti, la sua bellezza non aveva eguali e affascinò ed ammaliò ogni singola persona e cuore umano.
 
Sora quel giorno era bellissima.
 
Indossava un vestito candido come la neve: un corpetto,decorato con qualche diamantino e pizzetto, le stringeva il busto, evidenziando il suo fisico più che perfetto e la sua snellezza.
 
Da esso, scendeva armoniosa la lunga gonna, di seta morbida tanto da ballare al movimento del suo corpo e abbellita anch’essa con brillanti e piccoli pizzi.
 
Aveva preferito tenere i capelli non tutti raccolti quel giorno: si era tirata sulla nuca, grazie ad un bellissimo fermacapelli di pizzo bianco come il vestito, solo quelle ciocche ramate che le ricadevano avanti, evidenziando così il suo viso angelico, reso ancora più bello dal leggero trucco che si fece fare.
 
A rendere più brillante quella perfezione, furono i diamanti che teneva sulle orecchie e che decoravano qua e là tutto il vestito.
 
Non c’era alcun dubbio, quel giorno Sora Takenouchi era la ragazza più bella che si potesse trovare in tutto il Giappone.
 
Ormai l’attesa era quasi finita e lei doveva cominciare ad avviarsi.
 
Gli ultimi ospiti stavano lasciando la sua casa, salutandola calorosamente uno alla volta, baciandola e inebriandosi di quel dolce profumo che la pervadeva.
 
Ad avvicinarsi tra gli ultimi, fu la sua migliore amica, nonchè una dei suoi testimoni di quel giorno.
 
Mimi Tachikawa per l’occasione si era fatta fare un vestito su misura, di seta e di un colore verde smeraldo che s’intonava perfettamente coi suoi capelli rosa confetto, ormai diventati lunghi fino a metà schiena.
 
Li portava sciolti, decorati con qualche stellina brillante, tanto da far risplendere i suoi occhi cenere.
 
Si alzò un pò il vestito lungo, per avvicinarsi velocemente alla futura sposa e abbracciarla come non mai.
 
-Oddio, sto già per piangere, me lo sento!
 
Sora rise, ma poteva ben sentire la tensione e la commozione della sua cara amica.
 
Mimi l’aveva aiutata molto in quella preparazione, era stata sempre con lei, dalla scelta del vestito, alle decorazioni, alla scelta del ristorante, su tutto.
 
Infondo, chi meglio di lei poteva aiutarla in ciò?
 
Mimi Tachikawa, ventiseienne, era diventata una stilista, inoltre, possedeva anche un centro estetico in America.
 
Si era fatta davvero strada, aveva sempre avuto gusto in tutto ciò, anche se per Taichi non era affatto così.
 
Nonostante l’età, i due si divertivano sempre a prendersi in giro, ma neanche il giovane Yagami poteva negare l’immenso e utile aiuto che la bellissima fanciulla gli aveva dato per quel giorno.
 
-Se inizi a piangere, probabilmente ti seguirò a ruota... non vorrai farmi rovinare il trucco?-scherzò Sora, che l’abbracciò di nuovo, con un immenso affetto.
 
-Ah, mai e poi mai!- si riprese subito l’amica.- Ed ora vado a gestire la situazione in chiesa! Ognuno deve stare al suo posto, deve essere tutto perfetto!
 
Rise, sembrava davvero una di quelle pianificatrici di matrimoni.
 
In effetti, avrebbe potuto avere una bella carriera anche in quel settore.
 
La baciò di nuovo, non riusciva proprio a staccarsi, ma, pensando che doveva assicurarsi che tutto andasse per il verso giusto, corse via, incitando poi un’altra bellissima ragazza a sbrigarsi, visto che dovevano dirigersi verso la stessa meta insieme.
 
Sora, nel vederla, sorrise così dolcemente da poter sciogliere un intero ghiacciaio.
 
Hikari, nonostante dovesse essere nell’appartamento del futuro sposo, era passata anche nel suo.
 
Alla fine, non ci voleva neanche tanto, poichè il palazzo era quello.
 
La sorella acquisita era stupenda, più di un fiore appena sbocciato.
 
Indossava un vestito rosa pastello, che le risaltava l’abbronzatura e gli occhi nocciola.
 
Era corto davanti, per poi dilungarsi, attraverso un elegante velo trasparente, dietro, fino ai suoi bellissimi ed alti sandali.
 
I suoi capelli, lunghi ormai fino alle spalle, erano sciolti e ben ordinati.
 
Il suo trucco era perfetto, e la rendeva così affascinante che neanche il fatto che fosse fidanzata da anni avrebbe fermato un possibile pretendente.
 
Chissà il fratello cosa le aveva detto a riguardo.
 
Quasi che alla giovane Takenouchi venne una risata nel pensarlo.
 
La vide avvicinare lentamente a lei, con gli occhi già lucidi ma pieni di felicità.
 
-Sei bellissima, sorellina...- disse infine, per abbracciarla subito dopo teneramente, come solo lei sapeva fare.
 
Quel complimento, combinato al nomignolo che usava da una vita e che non aveva mai cambiato, le fece bruciare gli occhi: quante emozioni con quei pochi gesti!
 
Ci sarebbe arrivata viva in chiesa?
 
Ed ora, anche la testimone di Taichi la stava incoraggiando e salutando prima di quell’avvenimento.
 
Ebbene, Hikari Yagami avrebbe svolto quel ruolo, assieme al suo fidanzato, Takeru Takaishi.
 
La coppia, affiancata a Yamato, avrebbe rappresentato i testimoni dello sposo, mentre i restanti, ossia Mimi, Koushirou e Joe, avrebbero svolto lo stesso ruolo per la sposa.
 
Era stata una decisione in cui entrambi si erano trovati d’accordo: tutti i loro amici d’infanzia dovevano partecipare integralmente a quell’evento per loro importante.
 
Tre testimoni per parte, così da ritrovarsi in otto attorno all’altare.
 
Gli stessi otto ragazzi che avevano affrontato le peggiori avventure a Digiworld, lo stesso gruppo d’amici che in tutti quegli anni non si era mai diviso.
 
Hikari ormai era diventata una donna, e aveva un impiego anche lei: era diventata una maestra delle elementari, e Sora pensò che non vi fosse nulla di più azzeccato.
 
Era intelligente e dolce, ci sapeva davvero fare coi bambini, e negli ultimi anni lo aveva visto anche da vicino.
 
Il suo fidanzato Takeru, invece, era uno scrittore ma lavorava anche per uno studio di giornalismo.
 
Si erano davvero accoppiati bene, questo era il pensiero comune di tutto il gruppo.
 
Il bel biondino stava aspettando le due belle testimoni in macchina, con cui ,poi, avrebbe raggiunto la chiesa.
 
Hikari se lo ricordò ad alta voce, davanti all’affascinante sorella acquisita.
 
L’abbracciò più volte, col cuore colmo di gioia.
 
Fin da piccola aveva sognato di vederla così, fin da quando si era accorta che suo fratello e lei insieme formavano la felicità.
 
Ed ora, finalmente quel momento era arrivato.
 
Malvolentieri, Hikari salutò Sora, dicendole che si sarebbero viste poco dopo.
 
Ormai tutti se ne erano andati, poche persone erano rimaste in quella casa.
 
Vide sua madre, con la sua solita compostezza ed eleganza, avvicinarsi a lei a passi lenti e con le mani congiunte in avanti.
 
Gli occhi lucidi e fieri, proprio quelli che avrebbe avuto una qualsiasi madre nel giorno del matrimonio del figlio.
 
Toshiko sapeva che Sora si meritava quello ed altro.
 
Sua figlia, dal cuore puro, forte e fragile allo stesso tempo, meritava la felicità più grande.
 
Ma nonostante ciò, una specie di commozione la pervase: Il matrimonio era quel gesto che per una madre significava di lasciar andare ciò che aveva creato e cresciuto.
 
E in tutta la sua vita si ripetè che non aveva mai chiesto niente di più che una figlia come Sora.
 
Lei era ciò che ogni madre avrebbe sempre desiderato: brava, educata, gentile, dolce, determinata e forte.
 
E piena d’amore.
 
Le prese delicatamente le mani, facendole capire cosa era venuta a dirle.
 
Lo sapeva, entrambe erano consapevoli che un passo importante del genere avrebbe implicato l’emersione di un’altra faccenda.
 
Non avrebbe potuto fare altrimenti, aveva dovuto invitarlo e con lui, la sua attuale compagna.
 
All’inizio, Sora pensò di non farlo, ma, parlando con la saggia madre, donna della sua vita e da cui aveva sempre preso ispirazione, capì che quella era la cosa più giusta da fare.
 
Toshiko era stata sempre speciale, e razionale.
 
Aveva così tante caratteristiche positive che Sora non riusciva ad elencare.
 
Ma ora, era arrivato il momento.
 
-E’ ancora di là... non è partito.
 
Annuì, ancora un pò incerta:
 
-Va a chiamarlo... solamente lui però...
 
Vide sua madre eseguire l’ordine, mentre lei inspirò profondamente.
 
Quel giorno il suo sposo le aveva già fatto un regalo enorme, l’aveva inondata di coraggio.
 
Stava per affrontare uno dei punti più tragici della sua vita, che da piccola quasi l’aveva abissata nell’oscurità.
 
Ma Taichi l’aveva salvata, e ancora una volta, l’aveva incoraggiata ad affrontare a testa alta quella situazione che, pur ancora dolorosa, era ormai passata.
 
L’aveva rassicurata dicendole che non doveva affatto preoccuparsi, che per qualsiasi cosa lui ci sarebbe stato e sarebbe corso anche dalla chiesa fino a lei pur di sostenerla.
 
Sorrise ripensando a quanto fosse dolce e, al tempo stesso, divertente.
 
Lo amava con tutto il suo cuore.
 
Poi, lo vide: un uomo dai capelli dorati, del suo stesso colore, si avvicinava lentamente, con le mani in tasca.
 
Sembrava più intimorito di lei, forse aveva paura di ciò che aveva da dirgli.
 
Lo scrutò silenziosamente, spegnendo il sorriso di quel giorno.
 
Lei non avrebbe mai dimenticato, questo era sicuro.
 
Era stata una pugnalata al cuore, un tradimento così grande che ancora il suo animo ne risentiva.
 
Perchè, a causa sua, Sora aveva rischiato di cerscere senza un padre, senza una figura maschile al suo fianco.
 
Notò l’uomo osservarla amorevolmente, per accennare poi ad un tenero sorriso:
 
-Sei magnifica, figlia mia.
 
Sentì gli occhi bruciarle nuovamente, sapeva che avrebbe fatto male, sapeva che tanto l’odio che cercava di provare nei suoi confronti si sarebbe alleviato alla sua voce.
 
Annuì, sorridendogli, per far capire di aver apprezzato il complimento.
 
-Ti ringrazio, papà..- rispose, assumendo quella posa composta che aveva preso sempre da sua madre, congiungendo le mani in avanti.
 
Lei lo aveva invitato, dunque la parola spettava solamente a lei.
 
Sapeva cosa doveva dirgli, erano giorni che si preparava, e ora doveva usare il regalo fatto da Taichi.
 
-Vi ho riservato dei posti in chiesa... accanto a mia madre.
 
Con una sola frase, gli fece capire tantissime cose.
 
Aveva parlato al plurale, dunque includeva anche la sua attuale compagna.
 
Poi, gli aveva riferito che il posto che avrebbe dovuto occupare era proprio quello accanto alla sua ex moglie, ossia in prima fila, coi famigliari della sposa.
 
Cosa che decisamente non si aspettava.
 
Quasi si commosse per la notizia.
 
In tutti quegli anni lui aveva da sempre cercato di riprendere un certo rapporto con lei, era pur sempre sangue del suo sangue.
 
Per tanto tempo Sora si rifiutò, sbattendogli in faccia quell’enorme muro di cemento armato che aveva creato per proteggersi da lui.
 
Ma, da un pò di anni a quella parte, con l’arrivo di un certo lieto evento, e su consiglio della madre,  gli aveva aperto qualche spiraglio di luce .
 
Perchè il perdono è qualcosa che non deve essere negato a nessuno, ma ciò lo comprese meglio solo quando si ritrovò ad affrontare un nuovo ruolo nella sua vita.
 
Era stata però chiarissima su un fatto, quella donna, che non riusciva a pronunciare ancora per nome, non l’avrebbe mai e poi mai accettata.
 
Doveva accontentarsi di quella lieve relazione che aveva deciso di instaurare con lui, gli aveva dato una grande possibilità, un qualcosa in cui lui, Haruiko Takenouchi, aveva perso la speranza.
 
-Però...
 
Sora non aveva finito.
 
Gli aveva dato già un grande onore nel sedersi in prima fila, ma non si sentì di conferirgli anche l’altro ruolo.
 
Qualcun altro meritava di portarla all’altare.
 
-... però non posso proprio farmi accompagnare da te all’altare in chiesa. Penso che sia più giusto che lo faccia Susumo.
 
Vide Haruiko cercare di sorridere debolmente.
 
Non poteva davvero pretendere di più.
 
Era più che giusto, perchè Susumo Yagami in quegli anni aveva preso il suo posto, restando accanto a sua figlia come meglio poteva.
 
Le aveva fatto davvero da padre, non le aveva mai fatto mancare un certo affetto paterno e perciò Sora sentì di volere lui a sorreggerla in quella specie di sfilata.
 
-Hai ragione, ne sono consapevole. E poi, è stato sempre uno dei miei più cari amici.
 
Annuì, sorridendogli come meglio poteva e ecercando di non far trapelare il dolore che ancora punzecchiava il suo cuore.
 
Gli fece capire che non aveva altro da aggiungere, che aveva terminato ciò che aveva da dirgli.
 
Così, suo padre le si avvicinò, per abbracciarla anche lui, e Sora non gli negò neanche quel gesto.
 
Si sentiva sempre frenata, era normale, il perdono non avviene in tempi brevi, sopratutto per cose così gravose.
 
Forse col tempo tutto ciò si sarebbe affievolito, forse un giorno lo avrebbe perdonato completamente, ma non poteva ancora dirlo.
 
E, sopratutto, quello non era il momento per rattristarsi e pensare a ciò.
 
Ora aveva finito, e poteva avviarsi.
 
Finalmente avrebbe fatto quella promessa eterna.
 
La promessa con cui lei sarebbe stata ufficialmente sua, per sempre.
 
Haruiko stava dirigendosi verso l’uscita proprio quando incrociò Susumo, che stava andando a prelevare la sposa.
 
Il padre di Sora gli sorrise e lui fece lo stesso.
 
Il signor Takenouchi aveva ringraziato già milioni di volte il padre di Taichi per quello che aveva fatto in quegli anni.
 
Aveva una profonda stima per lui, e non poteva negare le valide ragioni di Sora nel sceglierlo.
 
Susumo era stato suo padre negli anni in cui lui era mancato.
 
Gli spettava quel ruolo.
 
Il bell’uomo dai capelli castani, come quelli che aveva l’uomo che amava, le porse la mano, sorridendole teneramente:
 
-Figliola mia, sei così bella che ho voglia di tornare giovane e sposarti io stesso.
 
Gli occhi di Sora brillarono, felici e commossi.
 
Prese volentieri la sua forte mano, dedicandogli uno dei suoi splendidi sorrisi.
 
Si, era proprio lui che doveva accompagnarla.
 
E ne era davvero sicura.
 
-Andiamo, l’autista ci sta aspettando vivamente... Shinichi lo sta facendo impazzire.
 
Rise per ciò che le disse.
 
Suo figlio sapeva essere davvero una peste.
 
Il suo dolce e bellissimo Shinichi, il figlio che aveva concepito con l’uomo che amava ben quattro anni e mezzi prima.
 
Si, Sora e Taichi avevano un bellissimo figlio, dalla chioma ribelle del padre, ma dal colore dorato di lei.
 
Dagli occhi furbi e brillanti di lui, ma del delicato colore di Sora.
 
La bella Takenouchi e il suo futuro marito avevano iniziato la convivenza esattamente cinque anni fa, dopo aver finito le rispettive università ed essersi assicurati un lavoro.
 
In realtà, anche durante gli anni universitari avevano convissuto: avevano risieduto nello stesso appartamento studentesco, visto che le loro università erano vicine.
 
Taichi era diventato un abile professore di ginnastica e si era anche immedesimato nel ruolo di allenatore della squadra di calcio maschile della città, mentre Sora aveva deciso anche lei di dedicarsi all’insegnamento, affiancando la madre, che era la direttrice della scuola di giardinaggio.
 
Dopo neanche un anno di convivenza, decisero di avere ciò che avevano sempre desiderato, ossia una famiglia.
 
Avevano dato la precedenza ad un figlio, invece che al matrimonio.
 
Avevano sempre desiderato di sposarsi con già qualche pargoletto che gli girava attorno, e quel desiderio lo realizzarono subito.
 
Ed ora, avevano quella piccola peste nella loro vita, simbolo del loro amore.
 
Un bambino così bello che rispecchiava lo splendore di entrambi i genitori.
 
E così puro ed innocente, da adorarlo alla sua prima vista.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dall’altra parte, lo sposo era già arrivato ed si era piazzato davanti all’altare.
 
Dietro di lui, vi erano i suoi tre testimoni, seduti sulle rispettive poltroncine ad attendere la sposa.
 
Taichi era davvero agitato e lo si poteva vedere anche dal di fuori della chiesa.
 
Yamato rise nel vederlo così: si allentava di continuo quella cravatta stretta che sembrava non farlo respirare e si sistemava con altrettanta frequenza la giacca nera dello smoking.
 
Il bel leader dei prescelti, nonostante tutti quegli anni, non aveva rinunciato alla sua indomabile chioma, decisamente meno folta rispetto agli anni passati.
 
Questo perchè Sora l’adorava e mai e poi mai gliel’avrebbe fatta tagliare.
 
E poi, era identica a quella del figlio e, vederli insieme con la stessa acconciatura, gli rendeva ancora più adorabili.
 
Il suo migliore amico lo vide di nuovo combattere con la cravatta e non resistette più:
 
-La vuoi stracciare prima del previsto?- scherzò, facendo ridere il fratellino e la sua bellissima ragazza al suo fianco.
 
Taichi si voltò, mostrando la sua agitazione che era alle stelle.
 
-Yamato, hai una sigaretta? Ne ho bisogno!
 
Il biondo sgranò i suoi occhi limpidi, il giovane amico non aveva mai fumato in vita sua, e, il fatto che gli chiedesse una cosa del genere, stava a significare che era realmente preso dall’ansia del matrimonio.
 
Dall’altra parte, sentì gli altri tre testimoni ridere per quella scena.
 
Persino Joe era scoppiato, che di solito era quello che cercava di contenersi.
 
Il ragazzo occhialuto quel giorno era davvero elegante, e quello smoking blu scuro gli donava molto, oltre a dargli quella professionalità che effettivamente aveva.
 
Joe era diventato un rinomato medico, come il gruppo si aspettava da quando erano piccoli.
 
Come era anche prevedibile il futuro del bel Koushirou, dai suoi capelli rossi scuro: il ragazzo in questione era diventato un importante ingegnere informatico, e non c’era nulla di più azzeccato.
 
Yamato, invece, aveva optato nel dedicarsi tutta la vita alla musica, diventando un insegnante nel conservatorio musicale: impartiva lezioni di canto ed insegnava come suonare la chitarra.
 
La passione per la musica l’aveva avuta fin da piccolo, anche quello poteva essere prevedibile.
 
-Ma perchè ti agiti tanto? Hai già una famiglia avviata, che sarà mai un matrimonio?- esplicitò subito il dubbio il suo caro e biondo amico.
 
Lo vide arrossire e sudare ancor di più:
 
-Ahhh! Non capisci?? Il matrimonio... il matrimonio è ciò che lega una persona per sempre ad un’altra!!! E’ una promessa eterna! Possibile che non ci arrivi?
 
Le sue espressioni agitate facevano ridere, ma il messaggio che inviò era davvero profondo.
 
Taichi aveva spiegato il vero significato di matrimonio.
 
Era una promessa, un atto con cui avrebbe fatto sua Sora per l’eternità.
 
Avrebbe catturato il suo angelo per sempre.
 
Yamato alzò il sopracciglio, non sapendo se ridere o meno.
 
E il dubbio svanì quando udì qualcuno da fuori urlare l’arrivo della sposa.
 
Lo sposo si irrigidì, diventando pallido.
 
Era arrivato il momento, finalmente.
 
Riusciva a vedere benissimo da lì, da sopra quell’altare, la macchina nera, decorata di quel candido e bianco tulle, arrivare di fronte all’entrata della chiesa dove avrebbe coronato un altro suo sogno.
 
Vide suo padre, uscire dall’altra parte, elegantissimo e con aria fiera.
 
Sistemandosi la giacca e sorridendo a tutti coloro che stavano aspettando la sposa all’esterno, si diresse con velocità verso quello sportello che avrebbe rivelato la donna della sua vita.
 
Lo aprì, con eleganza, ma non uscì lei.
 
Il primo a balzare fuori fu suo figlio, il piccolo Shinichi, elegantissimo e stupendo.
 
Un bellissimo smoking bianco lo rendeva quasi celestiale, quasi un’allucinazione , quasi un’apparizione.
 
Lo vide ridere e guardarsi attorno, lanciando risate alla gente che lo salutava.
 
Poteva benissimo udirlo salutare cortesemente, come gli aveva insegnato la sua splendida madre.
 
Notò Susumo porgergli un cestino bianco, pieno di petali di rosa dello stesso colore, alternati ad un rosa pallido.
 
Sicuramente in tutto ciò c’era lo zampino di Mimi.
 
Osservò suo figlio grattarsi la testa per un momento ma non esitò a prendere quella specie di contenitore.
 
E finalmente, con l’aiuto di suo padre, uscì lei.
 
Non riusciva a capire, nonostante la conoscesse da una vita, nonostante fossero fidanzati da  dieci anni e conviventi da quasi otto, considerando anche gli anni universitari, l’effetto che gli provocava la sua celestiale visione era indescrivibile.
 
Il fascino che gli trasmetteva, la sua bellezza che aumentava col passare dei giorni, non erano affatto normali ed umani.
 
L’aveva sempre pensato, lei non era di quel mondo, lei apparteneva a qualcosa di molto più in alto e irraggiungibile.
 
Ogni volta era un colpo al cuore.
 
Ogni volta era un’emozione diversa ed unica.
 
Non poteva credere che una tale creatura lo avrebbe affiancato per il resto dei suoi giorni.
 
Era strordinaria.
 
Non appena scesa, la prima cosa che fece fu chinarsi verso il figlio per sistemargli il papillon e la giacca, candida come il suo vestito.
 
Erano uno di fronte all’altro, le persone più importanti della sua vita, la sua famiglia.
 
La vide alzarsi, con la grazia che l’aveva sempre caratterizzata.
 
Si sistemò la bellissima e delicata gonna di seta morbida e salutò i presenti, sorridendo ad ogni complimento che le giungeva.
 
Ma non c’erano parole per descriverla.
 
Un “sei bellissima”, “sei stupenda”, “magnifica”, non davano neanche lontanamente l’idea di quanto potesse essere maledettamente affascinante.
 
Finalmente, dopo essersi spostata quelle poche ciocche che le erano cadute in avanti, puntò il suo brillante e dolce sguardo mielato sull’altare, su di lui.
 
Lo vide completamente incantato, neanche il rumore di tutti i presenti in chiesa che si alzarono in piedi  fece distogliere l’attenzione su quella divinità che stava per entrare.
 
Prima che potesse partire, la sua futura sposa fu preceduta dalla loro magnifica creatura che, con il suo sorriso identico a quello del padre, avanzò prima di loro, gettando quei delicati petali di rosa sul pavimento e avanzando in direzione dello sposo.
 
Con la sua entrata, iniziò la danza nuziale, suonata in modo così dolce e armosioso col pianoforte.
 
Vide Sora prendere sottobraccio Susumo, il quale le sorrise rassicurante, stringendole con l’altra mano libera quella della fanciulla aggrappata al suo braccio.
 
La sua futura nuora sorrise di nuovo dolcemente a quell’uomo che aveva rappresentato tanto nella sua vita.
 
E finalmente,avanzò, a passo lento ma deciso, al ritmo di quella musica che aveva dato inizio alla loro promessa.
 
Gli occhi di Sora, da quel momento non si staccarono più da quelli incantati e affascinanti dell’uomo che amava, che la vedeva avanzare verso di lui, sempre più.
 
Non si sarebbe mai dimenticato di quel momento, per tutta la sua vita.
 
Lo avrebbe tenuto sempre in mente e dentro al suo cuore.
 
Ancora una volta, lei gli aveva creato delle emozioni tali da non poter essere descritte.
 
Notò suo figlio arrivare davanti a quei pochi gradini che rialzavano l’altare e sentire Toshiko suggerirgli di andare verso di lei.
 
Eseguì l’ordine dato,ma solo dopo essersi fiondato sul padre e avergli urlato un caloroso saluto che fece scoppiare a ridere i presenti:
 
-Ciao papà! Siamo arrivati finalmente!
 
Taichi non si trattene, come anche sua madre, che oramai era giunta anche lei ai piedi di quell’altare.
 
Il giovane Yagami se ne accorse, e , facendo un cenno complice alla sua copia in miniatura, gli fece capire che doveva andare.
 
Shinichi si avviò, così, verso la nonna Toshiko, facendo capire, però, che sarebbe stata una cosa momentanea.
 
Quando il futuro sposo raggiunse la bellissima fanciulla, fu suo padre a passargli la mano di colei che avrebbe sposato.
 
Così, delicatamente, quella mano fu accolta dalla sua, forte ma allo stesso tempo piena di calore.
 
Salirono quei tre scalini mancanti non staccandosi gli occhi di dosso e non spegnendo quelo sorriso pieno di amore.
 
Non riuscì ad evitare di sussurarle dei complimenti:
 
-Sei maledettamente splendida.
 
In tutta risposta lei rise, ammaliandolo ancora come se fosse la prima volta:
 
-E tu sei così affascinante.- gli rispose infine lei, con quella lieve e dolce voce che aveva.
 
Il rito era iniziato.
 
La loro promessa stava per giungere.
 
Si sedettero tutti, ascoltando ciò che aveva da dire il prete.
 
Entrambi gli sposi potevano benissimo percepire l’emozione nell’aria e la commozione di colore che li conoscevano più in assoluto.
 
Erano ore che Mimi cercava di trattenere le lacrime, assieme ad Hikari, la quale poteva essere considerata una delle persone che sentiva di più di quell’ evento.
 
Suo fratello era lì, il suo fratellone, era seduto a poca distanza da lei, ed emanava una felicità mai vista.
 
Stringeva teneramente la mano di Sora, che aveva quel dolce sorriso stampato sulle sue morbide labbra.
 
La maggior parte degli invitati sapeva, però, che effettuare un matrimonio con un bambino vispo come Shinichi non poteva risultare un qualcosa di semplice.
 
Infatti, si staccò presto dalla nonna Toshiko, per avviarsi verso i genitori ed interrompere per un momento il prete e la celebrazione:
 
-Mamma, io pure voglio stare con voi!- si lamentò, creando l’ennesima risata per la sua innocenza.
 
Dopo aver riso anche loro ed essersi scambiati un complice sguardo, Sora lo fece mettere a sedere sopra di lei, baciandolo e abbracciandolo, ma invitandolo al silenzio e ad ascoltare.
 
Obbediva sempre alla mamma, perchè era cresciuto con il suo straordinario amore e ,a sua volta, l’amava tantissimo.
 
Arrivò poco dopo il momento della promessa, e gli interessati dovettero alzarsi in piedi.
 
Stavolta fu la nonna Yuuko a chiamare il nipote.
 
Era evidente anche il perchè: il bellissimo bambino dalla chioma dorata doveva portare le fedi ai suoi genitori.
 
Vedere una creatura del genere fare le cose con tanta innocenza e spontaneità, portando quello straordinario sorriso sulle labbra, creava un calore generale che riusciva a rendere di buonumore anche la persona più fredda ed oscura.
 
Lui era frutto dell’unione di due persone straordinarie, era normale che Shinichi avesse un effetto tanto particolare.
 
Si avvicinò ai genitori, tenendo con molta premura quel cuscinetto su cui erano poggiate due fedi di oro bianco.
 
Nessuno poteva sapere che all’interno erano incise le iniziali dei due sposi, nonchè disegnato, in miniatura, quel simbolo che Taichi aveva creato anni fa e che univa e assemblava le loro digipietre.
 
Coraggio e amore si stavano unendo, perchè in fondo si completavano entrambe a vicenda.
 
Taichi aveva dovuto trovare un grande coraggio per realizzare quell’enorme amore, perchè gli amori più belli si realizzano solo con coraggio di andare aventi nella vita e di affrontare vicende che inizialmente sembrano insormontabili.
 
-...se dunque è vostra intenzione di unirvi in matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a tutti i presenti il vostro consenso.
 
Le parole del sacerdote risuonarono per tutto quell’edificio, e un silenzio armonioso, pieno di sguardi attenti, inondò quel luogo.
 
Erano finalmente giunti a quel punto, ora la parola spettava solo a loro due.
 
Taichi si voltò verso colei che amava più di sè stesso, più di ogni altra cosa al mondo.
 
Incatenò il suo sguardo ,deciso ed affascinante, a quello dolce di lei, catturandola come ogni volta.
 
Le prese le mani, per stringerle poco dopo e mostrarle quell’amorevole sorriso che le dedicava sempre:
 
-Io, Taichi Yagami, accolgo te, Sora Takenouchi, come mia sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.
 
Vide gli occhi di Sora farsi lucidi.
 
Non sapeva perchè, ma quelle parole, pronunciate da colui che amava, le provocarono un’emozione e una commozione unica.
 
Fu davvero provata, tanto che dovette mandar giù quel magone che le si era formato per la commozione e prendersi tempo.
 
I due protagonisti sentirono chiaramente i singhiozzi formarsi alle loro spalle: Mimi aveva già il fazzoletto davanti alla bocca, Hikari cercava con molta fatica di contenersi, mentre le mamme dei due giovani erano già crollate in un pianto di felicità.
 
Intenerita da tutto ciò, Sora decise di avanzare e di non far attendere ulteriormente la sua risposta:
 
-Io, Sora Takenouchi, accolgo te, Taichi Yagami, come mio sposo. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.
 
Disse quest’ultima frase con estrema decisione, scandendo ogni parola e provocandogli un gran sobbalzo al cuore.
 
Tutti i giorni della loro vita.
 
Per tutti i giorni sarebbero rimasti insieme, per sempre.
 
Notarono il sacerdote fare un cenno al bellissimo bambino, che avanzò verso di lui e si piazzò proprio di fronte ai genitori che ancora si tenevano per mano.
 
-Ora donatevi questi anelli in segno di amore e fedeltà.
 
Taichi prese l’anello, senza esitare,  mandando un occhiolino al figlio, che lo guardò fiero.
 
Prese la mano sinistra della fanciulla e l’alzò verso di lui.
 
Senza staccarle gli occhi di dosso, da quel viso angelico che l’aveva osservato per una vita intera, infilò il bellissimo anello d’oro bianco sul suo anulare:
 
-Sora Takenouchi, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.
 
Rimase così tanto incantata che quasi dimenticò che doveva fare la stessa cosa.
 
Fortunatamente il figlio se ne accorse, e la richiamò, facendo ridere anche il padre e il sacerdote.
 
Prese la fede restante, e gliela infilò sull’anulare con delicatezza, con quel tocco lieve che solo un angelo poteva avere.
 
-Taichi Yagami, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.
 
La promessa era compiuta, la gente senza accorgersene aveva cominciato ad applaudire e Taichi, spinto proprio da quell’incitazione, la prese per baciarla come solo lui sapeva fare.
 
Catturò quelle sue morbide labbra e le assaporò, cercando di rivivere la prima volta che lo fece.
 
Ogni suo bacio era straordinario e aveva quel magico potere di non farlo staccare facilmente da lei.
 
Sora gli prese il viso, con quelle sue mani delicate, accarezzandolo e creandogli mille brividi in  tutto il corpo.
 
Gli fece capire di non smettere, di prolungarlo ancora un pò.
 
E avanzò anche lei, facendolo diventare molto passionale.
 
Quello che voleva trasmettergli era proprio la sua felicità e il fatto di desiderarlo ardentemente.
 
Finalmente, lei era diventata la moglie di Taichi Yagami, del ragazzo più coraggioso della terra, del guerriero più intrepido di Digiworld.
 
A lei era toccato questo grande onore, lei aveva conquistato il suo cuore e ora le spettava il compito di custodirlo e amarlo per l’eternità.
 
La lamentela del loro bambino li fece smettere e terminare quel dolce gesto che ormai era come una droga per loro.
 
Shinichi si era posizionato tra i genitori, chiedendo la loro attenzione e dicendo che anche lui voleva stare tra di loro.
 
Taichi rise di gusto, abbracciando stretta la sua bellissima sposa, la quale sorrise a sua volta alla sua creatura.
 
Ma il loro dolce gesto lo fece ingelosire di più, così decise di fiondarsi sulle gambe dei suoi genitori.
 
Dopo uno scambio di sguardi brillanti, i due adulti decisero di accoglierlo: Taichi lo abbracciò, e Sora ne approfittò ,non solo per dar un bacio al suo splendido bambino, ma anche per sistemargli per l’ennesima volta il vestito e i suoi capelli ribelli.
 
Quello che si mostrava a tutti gli invitati in chiesa era un perfetto quadro famigliare: una madre dalla bellezza divina, un padre solare ed affascinante e un bambino innocente ed affettuoso.
 
Gli applausi ed i sorrisi a quella visione aumentarono.
 
Toshiko e Yuuko abbandonarono il loro posto per abbracciarsi, contente di quell’esito.
 
Il sogno di una vita, ossia vedere i propri figli, cresciuti assieme, legati per sempre, si era avverato.
 
Ma il prete invitò la gente a calmarsi ed a riprendere i posti, i testimoni dovevano firmare e quindi, anche se la promessa era stata compiuta, c’era un altro pò da aspettare.
 
E in queglii attimi, Taichi e Sora seguirono i loro migliori amici eseguire ciò per cui erano stati chiamati.
 
Loro che erano stati davvero i testimoni del loro grande amore.
 
Loro che si erano dimostrati sempre presenti e comprensivi, in ogni situazione.
 
Loro che avevano aiutato a rendere tutta la loro storia e quel giorno così speciale.
 
I neo-sposi non potevano chiedere di meglio.
 
Si arrivò, così, alla fine della celebrazione.
 
Sora e Taichi dovevano avviarsi fuori dalla chiesa, dove già sapevano cosa li avrebbe aspettati.
 
Un’idea gliela diede proprio loro figlio che, stranamente, corse fuori assieme ai testimoni e ai suoi nonni.
 
Lo sentirono urlare:
 
-Zio Yamato!! Aspetta, io voglio il sacchetto più grande!!
 
Videro l’interessato prenderlo al volo e metterlo ,con agilità, sulle sue spalle.
 
Ebbene, per il bellissimo Shinichi tutti i testimoni dei genitori erano suoi zii.
 
Ed ognuno di loro lo amava.
 
D’altronde, chi riusciva a non farlo?
 
Il giovane Yagami prese per mano la splendida ragazza, ormai sua per tutta la vita restante.
 
Lei approfittò dell’attimo per rubargli un ultimo bacio a fior di labbra, ma che incrementò la voglia del castano di baciarla ancora.
 
La vide ridere, facendo risplendere ulteriormente il suo viso:
 
-Sei pronto, caro marito mio?
 
Rise a sua volta, pensando a quella tempesta che li avrebbe travolti:
 
-Ti proteggo io, cara moglie mia. Ti proteggerò per tutta la vita.
 
Quando le parlava in quel modo, una voglia irrefrenabile di congiungersi a lui la pervadeva.
 
Ma doveva resistere, ancora un pò.
 
Tirandola a sè, la fece avvicinare ancora di più, così da essere pronti all’uscita.
 
Non appena misero piede fuori dalla chiesa, videro innalzarsi una pioggia di riso candido sopra di loro.
 
Taichi, come aveva promesso, abbracciò sua moglie, facendole nascondere un pò il viso su di lui, ma entrambi risero di gusto notando con quanto furore la gente continuava a ripetere il gesto.
 
I più terribili erano proprio quei due: Yamato e Shinichi.
 
Il bel biondo si era avvicinato agli sposi e passava di continuo i sacchetti di riso a suo nipote.
 
Quest’ultimo, non esitava nello svuotarli velocemente in testa ai due festeggiati, sfruttando quella provvisoria altezza data grazie allo zio che lo teneva sulle spalle.
 
Hikari rise, ma nel mentre qualche lacrima la tradì.
 
Aveva provato più volte la felicità, grazie a Takeru e anche a loro due.
 
Era così contenta di quell’esito che non riusciva neanche a spiegarlo a voce.
 
L’affascinante Takeru l’abbracciò a sè, notando subito il suo stato e ,con delicatezza, rivolse il viso della fanciulla contro il suo, per stamparle un bellissimo bacio.
 
Nel mentre, la pioggia di riso era terminata e Mimi si era apprestata subito ad aiutare la sposa a togliersi i chicchi impigliati tra i capelli.
 
Sora rise, il suo cuore era colmo di felicità e non riusciva a far altro che sorridere.
 
-Signorina Yagami, credo che lei sia apposto ora!- concluse, per poi abbracciarla subito.
 
Esatto, ora lei aveva assunto il cognome di suo marito.
 
E ciò la riempiva di orgoglio.
 
-Oh, Mimi. Grazie, grazie di tutto... è così perfetto...
 
La vide tirarsi indietro e guardarla in viso, con i suoi occhi cenere pieni di lacrime.
 
-No..tu sei perfetta...
 
Fu Sora stavolta a stringerla a sè.
 
La sua migliore amica sapeva essere talmente adorabile.
 
Voleva sempre apparire forte e sicura di sè, ma ogni persona ha qualche debolezza, perchè anche esse contribuiscono a renderti umano.
 
Intanto, Koushirou e Joe si erano avvicinati allo sposo ed a Yamato.
 
-Ancora resisti alla cravatta, incredibile.- scherzò il rosso, facendo ridere anche gli altri.
 
-Ancora per poco! Al ristorante la toglierò, stanne certo! E se mia moglie non vuole, la allenterò!
 
-Allora io mi tolgo il papillon!- avanzò subito suo figlio da sopra le spalle del giovane Ishida.
 
Risero, padre e figlio erano terribili, chissà quella povera Sora come faceva a sopportarli.
 
-Se lo fate, non vi parlerò tutto il tempo.
 
Proprio in quel momento sopraggiunse lei, vesita di quel bianco candido, angelica e più bella che mai.
 
Al suo seguito, vi era la bellissima Mimi dal vestito smeraldo, Hikari e il suo fidanzato.
 
Erano tutti lì, tutti ed otto a scherzare e ridere come facevano da una vita.
 
Shinichi fece capire a Yamato di voler scendere e, in sincronia col padre, cominciarono a dire cose incomprensibili, ma alla fine tutti compresero che si stavano pentendo per quello che avevano detto e che avrebbero fatto qualsiasi cosa lei dettasse.
 
Le risate si alzarono, entrambi amavano quella donna a tal punto che ogni sua parola era sacra.
 
Avrebbero fatto qualsiasi cosa per renderla felice.
 
-Come farai Sora a resistere con loro due, ancora non lo capisco!- scherzò Joe, non facendo così cessare l’allegria del momento.
 
Videro la bellissima ragazza dai capelli ramati guardare piena d’amore il suo sposo e poi accarezzarsi il  ventre.
 
-Tu pensa quando si aggiungerà una quarta persona cosa dovrò affrontare.
 
Lei l’aveva buttata sullo scherzo, ma fu così chiaro il messaggio che tutti rimasero a bocca aperta.
 
Hikari avanzò subito, con un sorriso splendente, prendendole l’altra mano libera e scambiando uno sguardo pieno di felicità con la sorella acquisita.
 
Sora aspettava un altro bambino e loro non se ne erano ancora accorti.
 
Ma come potevano farlo? La sua pancia sembrava così snella, così avanzò subito con una domanda:
 
-Ma da quanto sei incinta?
 
Lei sorrise, rassicurandola e facendole capire che la cosa era recente.
 
-Notizia fresca fresca... l’abbiamo scoperto tre giorni fa.
 
Rispose suo marito per lei, che si era avvicinato per poi abbracciarla dolcemente e posare anche lui la mano su quel ventre leggermente gonfio.
 
Lei ricambiò il sorriso e anche il gesto, posando la sua mano esile ma calda sopra quella  forte dello sposo.
 
-Sarà un mese e mezzo. Non vi avremo mai nascosto una cosa del genere, tranquilli.
 
Sora fece capire ai presenti che ciò era vero, e sorrisero tutti alla lieta notizia.
 
-Diventeremo zii per la seconda volta! Da non crederci! Stavolta fa una femminuccia, mi raccomando! Così le regalerò mille vestitini!!!- esclamò Mimi dalla contentezza.
 
-Si, poi chi lo vuole vedere Taichi riaccendere le sue manie di gelosia!- scherzò Takeru, mandandogli un’ implicita frecciatina e richiamando le scenate passate che aveva fatto nei confronti della sorella.
 
-Già, la vita di un’eventuale bambina non sarà semplice, se poi prende la tua bellezza, amica mia, la rinchiuderà in un convento.- appoggiò subito lo scherzo il fratello maggiore.
 
-Ah, voi due!!! Siete sempre più simpatici col passare degli anni!!!- si lamentò il diretto interessato.
 
Videro ,poi, la sua copia in miniatura avvicinarsi alla madre e mettergli anche lui una mano sul ventre, alzandosi però sulle punte per arrivarci.
 
-La proteggerò io, mamma! Io proteggerò la mia sorellina e te!
 
Quanto amava suo figlio!
 
Quanto era tenero e quanto assomigliava all’uomo che amava!
 
Lo prese subito in braccio, stringendolo forte a sè e dandogli una serie di baci che scatenarono la stessa e dolce reazione di lui nei suoi confronti.
 
I lineamenti di Shinichi erano identici a quelli della madre.
 
I capelli e i modi erano del padre, ma la bellezza era tutta di lei.
 
Stavolta, furono interrotti dall’arrivo delle madri dei due sposi, elegantissime entrambe in quel giorno.
 
Toshiko si avvicinò di più alla sua splendida figlia, dando una carezza sulla guancia delicata a suo nipote.
 
Posò i suoi occhi scuri sulla creatura più importante che aveva mai avuto, che quel giorno sembrava appartenere ad un altro mondo, per poi dirle:
 
-Tesoro, è arrivato il momento del lancio del bouquet. Le invitate si sono già posizionate.
 
Già, vero!
 
In quel giorno Sora si stava dimenticando di fare tante cose.
 
Ma era presa da suo marito e suo figlio, e per fortuna sua madre lo capiva e l’aiutava a gestire quel giorno.
 
Fece scendere Shinichi e prese dalle mani della madre il mazzo di fiori, preparato e confezionato proprio dalla donna che l’aveva cresciuta.
 
Guardò Hikari e Mimi e fece loro cenno di andare:
 
-Forza, che aspettate? State ancora quì?- scherzò.
 
La Tachikawa prese per mano la bellissima sorella di Taichi e la portò in mezzo al gruppo di ragazze e donne invitate, pronte per contendersi quell’innocente mazzo.
 
Sora avanzò, per poi voltare le spalle alle invitate e fare l’occhiolino, così, agli amici che la stavano guardando sorridenti e divertiti.
 
-Pronte?- le preparò la sposa.
 
Poteva udire già le risate e gli sguardi degli altri invitati su quella scena.
 
Prima di gettarlo indietro, Sora espresse un certo desiderio: sperava che andasse tra le mani di una certa persona.
 
Dopo aver gettato una bellissima occhiata al cielo limpido sopra di lei, eseguì il gesto, facendo volare all’indietro quella bella composizione di fiori.
 
La videro innalzarsi leggera, planare come se fosse trasportata dal vento, anche se quel giorno effettivamente non c’era.
 
Sora seguì quella scia, con quei suoi stupendi e particolari occhi mielati.
 
La vide cadere con eleganza in mezzo a quel gruppo di ragazze, rivelando un attimo dopo la vincitrice.
 
Incredibile, il suo desiderio era stato esaudito.
 
Il bouquet bianco era tra le braccia di Hikari, stupìta di come gli fosse caduto facilmente sopra le mani.
 
La sposa sorrise come non mai, era quello che voleva.
 
Yuuko e Susumo scoppiarono a ridere, mentre Taichi doveva ancora riprendersi dalla scena.
 
-Ah, cavoli, mi hanno scoperto! Bè, i prossimi siamo noi, Hikari!- esclamò subito Takeru, mettendosi le mani dietro la sua chioma bionda e scoppiando a ridere.
 
L’interessata arrossì bruscamente, mentre Taichi si scompose del tutto:
 
-Ahhhh dovrai passare su di me prima!!!!- esclamò iniziando a corrergli dietro, come se fosse un bambino.
 
Persino Shinichi rimase allibito dal comportamento del padre, lo zio Takeru e la zia Hikari li aveva visti insieme sin dalla sua nascita, non poteva ancora capire la gelosia che suo padre aveva nei confronti della sorella.
 
I presenti scoppiarono a ridere, mentre Sora si mise le mani sui fianchi.
 
Non sarebbe mai cambiato, nonostante tutti quegli anni passati, lui non riusciva proprio a superarla quella cosa.
 
Lo chiamò subito, voleva farlo venire al suo cospetto.
 
Taichi, sentendo la voce di sua moglie richiamarlo, si fermò.
 
Voleva che si avvicinasse a lei, e non esitò nel farlo appena lo comprese, abbandonando quella specie di rincorsa con suo cognato.
 
Non appena arrivò al suo cospetto, lei avanzò, con la solita compostezza ed eleganza, fino ad allungare le sue braccia e circondargli il collo.
 
Così facendo, si ritrovarono vicinissimi, le loro labbra erano ad un centimetro di distanza e Sora poteva benissimo sentire il respiro di lui accarezzarle la pelle.
 
-Dica, mia regina.- scherzò, posizionando la presa attorno alla sua esile vita.
 
Sua moglie spostò lo sguardo da quelle labbra da sempre ambite ai suoi occhi nocciola, che le facevano accelerare il cuore.
 
-Mi sono dimenticata di dirti una cosa...
 
-Cosa?- chiese quasi sussurrando e cercando già di baciarla.
 
Taichi non riusciva più a resistere a quelle poche distanze, ed era faticoso esitare ogni volta nel compiere quel gesto che lo faceva impazzire.
 
Sentì lei prima dargli un piccolo bacio, facendo sfiorare a malapena le sue delicate labbra sulla bocca di lui, poi rispondergli con lo stesso sussurro sensuale ma dolce usato in precedenza:
 
-Che ti amo.
 
A quelle parole, non aspettò più, avanzando con un bacio tanto passionale quanto amorevole.
 
Quel gesto era così sentito tanto da riuscire a togliere il respiro ad entrambi.
 
Sapevano che non potevano continuare a lungo, avevano un matrimonio da portare avanti, ma non riuscivano mai a farne a meno.
 
Avevano sempre bisogno di congiungersi, di avere un contatto così caloroso, era davvero una droga per loro.
 
Li faceva salire alle stelle, toccare l’universo con un dito e dominare la galassia.
 
Quelle sensazioni erano così straordinarie tanto da fargli capire quanto potesse essere prezioso, particolare ed unico quel rapporto.
 
Si staccarono un poco, per riprendere fiato.
 
Taichi le accarezzò la guancia, sorridendole teneramente:
 
-Dov’è che lasciamo Shinichi stasera?
 
Rise a quella domanda.
 
Era già stato stabilito che in quella prima notte di nozze avrebbero lasciato suo figlio dai nonni, infondo era così che funzionava.
 
La prima notte del matrimonio dovevano passarla da soli, era la tradizione.
 
Giocando col colletto ed affascinandolo col suo sguardo mielato, rispose:
 
-Da mia madre. Poi lo andremo a prendere domani verso l’ora di pranzo.
 
Lo vide ridere e sentì la sua mano posta sopra alla schiena perfetta di lei farle pressione verso di lui:
 
-Abbiamo tutto questo tempo? Ne approfitterò, sappilo.
 
Rise di nuovo a ciò che disse, per poi notare lo spostamento della mano di Taichi dal suo viso al ventre, leggermente gonfio.
 
Lo sguardo del suo sposo cambiò, trasmettendole la felicità per quel lieto evento.
 
I suoi sogni si stavano realizzando: amarla, averla accanto, sposarla e creare una famiglia con lei.
 
Aveva faticato molto, ma ce la stava facendo.
 
Perchè quando si desidera ardentemente qualcosa, alla fine la si ottiene sempre.
 
-Non vedo l’ora che arrivi. Chissà, minimo sarà un altro maschietto.
 
Lei scosse la testa, divertita all’idea:
 
-Sarà una femmina, me lo sento. Intuito femminile.- disse più che decisa.
 
Taichi la guardò perplesso, sapeva che ancora non potevano conoscerne il sesso con certezza, era troppo presto, ma sembrava davvero convinta.
 
-E allora, hai già idea che nome darle?
 
Lei scosse la testa, facendogli capire che ancora non ci aveva pensato.
 
Vide suo marito illuminarsi attraverso un sorriso.
 
Lui sapeva che nome attribuire a sua figlia, Sora glielo lesse negli occhi, così gli chiese il suo parere.
 
-La chiameremo Yumi, “portatrice di bellezza”, perchè tua figlia non può che essere tale, sarà così bella che davvero la rinchiuderò in un castello.
 
Quanto la faceva ridere!
 
Era straordinario, era perfetto, era il ragazzo che amava e l’uomo che l’avrebbe affiancata tutta la vita.
 
Lo baciò di nuovo, con la stessa passione di prima, ma quel gesto fu interrotto subito dall’altra loro creatura.
 
Shinichi si era avvicinato, lamentandosi sia del fatto che fossero troppo sdolcinati, sia perchè aveva fame.
 
Dopo essersi immersi in un’altra risata, decisero di staccarsi, un pò a malincuore, ed incentrarsi sul loro bambino.
 
Aveva ragione, ora dovevano dedicarsi alla loro festa, agli invitati e a loro figlio.
 
Loro avrebbero festeggiato per bene dopo,  quando si sarebbero trovati soli.
 
Ora dovevano condividere quel momento gioioso con le loro persone care.
 
Con coloro che avevano affrontato la vita in loro compagnia, con cui avevano condiviso giorni, emozioni, risate e brutti avvenimenti.
 
La neo-famiglia Yagami si voltò proprio verso i loro testimoni, nonchè amici d’infanzia, e le loro rispettive famiglie, dedicandogli uno dei loro sorrisi più straordinari.
 
Quella era la perfezione.
 
Due cuori uniti in un unico amore.
 
Un legame rafforzato dal concepimento della loro creatura, essa stessa simbolo di cosa erano diventati.
 
Perchè Taichi e Sora simboleggiavano proprio ciò che in molti pensavano non esistesse: il vero amore.
 
L’amore più puro e sincero che potesse esserci.
 
Un amore frutto di un legame indissolubile, costruito col passare del tempo e con le intemperie della vita.
 
Un amore tanto grande da non sembrare vero ed umano.
 
 
 
 
 
 
 
The end.
 
 
 
 
F**k Digimon Adventure 02!
 
 
 
 
 
 
 
NOTE!!!!!!
 
 
Ecco il mio epilogo!!!
Ancora pensate all’ultima puntata di adventure 02? Cancellatela!!!!!
In questo capitolo ho cambiato tutto!!!
 
Tra cui alcuni mestieri insensati che gli autori di digimon avevano conferito ai prescelti (Mimi cuoca??? Ma da dove avevano cacciato questa sua passione??? Yamato viaggiatore sulla luna??? Oddio, mi sento male!! Sora stilista?? Non ce l’ho mai vista!!! Taichi un diplomatico delle nazioni unite? O santo cielo!)
 
Questa è sempre stata la fine che avevo immaginato dopo la conclusione di adventure 01.
 
Come potete notare, ho pensato di ipotizzare una convivenza prima del matrimonio per quanto riguarda Taichi e Sora, e la scelta di avere un figlio prima di compiere un gesto simile.
 
Ci sono stati svariati motivi che mi hanno portata a ciò: uno, è che attualmente le cose funzionano così davvero, molti scelgono di invertire gli avvenimenti, ormai tanti scelgono dapprima la convivenza, quindi ho voluto sembrare moderna ahah; due, volevo far in modo che potesse sembrare anche un bell’epilogo per la mia storia “What i’ve done” ( aparte qualche piccolo particolare, con gli anni  e con il figlio, a cui, guarda caso, ho attribuito lo stesso nome e la stessa descrizione, ci dovrebbe stare).
 
Ah, ovviamente ho scelto un matrimonio in chiesa, perchè gli altri non so come funzionano! Ma vabbè!
 
Spero vi sia piaciuto e che non vi abbia delusa neanche stavolta!
 
Ringrazio di nuovo tutti i miei lettori, in particolare Joker_93 ed Icequeen90, i quali mi hanno dato la giusta carica ed incitazione per concludere questa storia che avevo sospeso. Questo capitolo ve lo dedico, ragazzi!
 
Vi lascio con una fanart trovata in giro per internet e che descrive perfettamente l’idea della famiglia che ho voluto creare con la mia storia.
 
 
Grazie di nuovo a tutti, ed evviva Taichi e Sora! La perfezione!
 
 
Un bacio grandissimo,
 
 
La vostra Cristy89/sorita
 
 
 
 
 

 
 
 
 

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