Little Marauders di millyray (/viewuser.php?uid=69746)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione e prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 20: *** Capitolo dicianove ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitrè ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventinove ***
Capitolo 31: *** Capitolo trenta ***
Capitolo 32: *** Capitolo trentuno ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentadue ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentatrè ***
Capitolo 35: *** Capitolo trenquattro ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentacinque ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentasei ***
Capitolo 38: *** Capitolo trentasette ***
Capitolo 39: *** Capitolo trentotto ***
Capitolo 40: *** Capitolo trentanove ***
Capitolo 41: *** Capitolo quaranta ***
Capitolo 42: *** Capitolo quarantuno ***
Capitolo 43: *** Capitolo quarantadue ***
Capitolo 44: *** Capitolo quarantatre ***
Capitolo 45: *** Capitolo quarantaquattro ***
Capitolo 46: *** Capitolo quarantacinque ***
Capitolo 47: *** Capitolo quarantasei ***
Capitolo 48: *** Capitolo quarantasette ***
Capitolo 49: *** Capitolo quarantotto ***
Capitolo 50: *** Capitolo quarantanove ***
Capitolo 51: *** Capitolo cinquanta ***
Capitolo 52: *** Capitolo cinquantuno ***
Capitolo 53: *** Capitolo cinquantadue ***
Capitolo 54: *** Capitolo cinquantatré ***
Capitolo 55: *** Capitolo cinquantaquattro ***
Capitolo 1 *** Introduzione e prologo ***
INTRODUZIONE
Ciaoooooooo!!!!!
Millyray è tornata a scassare con una
nuova fanfiction!!!!
Lettori:
nooooo!!!! Vattene via!!!!!!
Milly:
ahahah, calma ragazzi. Non scannatemi perché
comunque non vi libererete di me neanche se mi mandate qui Chuck Norris
quindi
calmate gli animi e sopportatemi.
Chi
ha già letto le mie altre fanfiction mi conosce
già,
sa come scrivo, o almeno così credo. Mentre, chi non mi
conosce, beh, avrà modo
di scoprirlo presto, se deciderà di leggere questa storia.
E
non so se sia un male o un bene… boh, lo scoprirete voi
XD.
Prima
di iniziare a pubblicare però, devo fare una
piccola premessa: questa fanfiction è ispirata a Came back
to the hell di Ino
Chan (vi consiglio di andare a leggere le sue storie perché
sono veramente
molto belle, soprattutto Came back, se non l’avete ancora
fatto) quindi, per
chi avesse letto la sua storia, troverà alcuni personaggi
che appartengono a
lei e forse anche qualche scene. Per chi invece non l’ha
letta, beh, pazienza,
meglio per me. Ihihih… :p io naturalmente ho chiesto il
permesso a Ino di
pubblicare questa storia e lei me lo ha concesso molto volentieri.
Ci
tenevo a fare questa precisazione perché non voglio
essere accusata di plagi o robe del genere. Voglio essere una persona
giusta,
soprattutto nel campo della scrittura che secondo me è una
cosa molto
personale.
Spero
comunque che voi leggerete lo stesso la mia storia
perché, anche se ispirata a un’altra fic, penso
che comunque valga la pena di
leggerla, non in quanto a bravura della scrittrice o bellezza della
storia, ma
semplicemente perché una storia, anche se ispirata a
un’altra, vale comunque la
pena di leggere. Tutte le storie che si scrivono sono in un certo senso
personali e ogni scrittore è diverso.
Quindi,
se avete aperto questa pagina, provate a dare
un’occhiata al prologo e al primo capitolo che ho
già pubblicato e allora
decidete se vale veramente la pena di leggerla.
Basta,
ho finito di rompere. Vi auguro solo buona lettura
e lasciatemi anche qualche commentino, così so se posso
continuare o se è
meglio lasciar perdere.
An
sì, prima però anche un po’ di
pubblicità. Eh sì, ci
vuole.
Per
la categoria di Harry Potter ho già pubblicato
S.Potter, ancora in fase di completamento. Per la categoria di Twilight
ho
pubblicato The Power of the Love e Stessi occhi stesso sangue. Invece,
per la
categoria di Maximum Ride, per chi di voi la conoscesse, può
dare un’occhiata a
La luce dei miei occhi.
Adesso
ho veramente finito.
Un
bacio.
Kisskiss,
Milly.
PROLOGO
I was riding
shotgun with my
hair undone
In the front seat of his car
He’s got a one-hand feel on the steering wheel
The other on my heart
I look around, turn the radio down
He says “baby is something wrong?”
I say “nothing I was just thinking how we don’t
have a song”
And he says
Sì,
rieccola, quella
sensazione che provava tutte le volte che suonava la sua chitarra e che
sentiva
la sua voce uscire dalle sue corde vocali. Quella sensazione che le
dava un po’
di brividi, ma anche emozione e adrenalina. Quando cantava si sentiva
più
forte, più potente, come se niente potesse abbatterle in
quel momento perché
era una cosa che le riusciva facile e bene e c’erano pochi
che la potevano
battere in questo.
Our song is the
slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.
Alzò
lo sguardo e puntò di
nuovo i suoi profondi occhi grigi in quelli del ragazzo che la stava
guardando
con un sorriso sghembo che sembrava dire: “Visto che ce
l’hai fatta? L’avevo
detto io”. E le pareva uno dei sorrisi più belli
che avesse mai visto, così
come i suoi occhi. E no, assolutamente non c’era niente che
adesso avrebbe
potuto buttarla giù perché stava
cantando… ed era con lui.
I was walking
up the front
porch steps
after everything that day
Had gone all wrong and been trampled on
And lost and thrown away
Got to the hallway, well on my way to my lovin’ bed
I almost didn’t notice all the roses
And the note that said
In
quel momento c’erano
soltanto loro due, loro due e nessun altro, loro due e i loro occhi che
continuavano a
puntarsi. E i loro volti
sorridenti. Perché quella canzone faceva sorridere, era una
canzone allegra,
una canzone allegra che non pensava sarebbe riuscita a cantare ora come
ora.
Anzi, pensava che non sarebbe mai più riuscita a cantare
canzoni allegre. Ma quella canzone
la rispecchiava.
Our song is the
slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.
L’aveva
composta lei quella
canzone, poco tempo fa tra l’altro, quando aveva avuto la sua
prima cotta, una
cotta che adesso le sembrava ridicola e stupida. Però la
canzone le piaceva lo
stesso, perché rappresentava i momenti più
importanti della sua vita. Ogni
testo delle sue canzoni è collegato a qualcosa, a qualche
momento, a qualche
evento…
I’ve
heard every album,
listened to the radio
Waited for something to come along
That was as good as our song
Cause our song
is the slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and he talks real slow
’cause it’s late and his mama don’t know
Our song is the way he laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again
Play it again.
Ed
era stato un momento felice
quello, quando aveva composto quella canzone, il momento di un periodo
particolarmente felice e spensierato. Una felicità che
avrebbe tanto voluto
avere anche adesso, ma non ci riusciva.
Beh,
forse quello era un primo
passo. Aveva ripreso a suonare e… c’era lui con
lei.
I was riding
shotgun with my
hair undone
In the front seat of his car
I grabbed a pen and an old napkin
And I wrote down our song.
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Capitolo 2 *** Capitolo uno ***
CAPITOLO
UNO
Ariel
si trovava nell’ufficio del preside di
Hogwarts e si guardava attorno con fare un po’ neutro, come
se lo stesse
facendo più che altro per ingannare il tempo
nell’attesa e non per curiosità.
Ormai conosceva l’ufficio di Silente come le sue tasche,
quante volte c’era
stata, e poche cose erano cambiate dall’ultima volta che lo
aveva visto.
Si
avvicinò alla gabbietta della fenice Fanny e mise
un dito tra le sbarre; l’uccello cominciò a
mordicchiarlo per gioco.
“Sono
contento che la mia fenice ti piaccia”. Disse
all’improvviso una voce dietro le sue spalle e la ragazza si
voltò
all’improvviso leggermente spaventata.
“E’ una creatura così incantevole e
nobile”. Silente se ne stava accanto alla porta con la sua
lunga barba bianca,
gli occhi azzurri dietro un paio di occhiali a mezzaluna e il lungo
vestito
verde pallido che gli scendeva fino ai piedi. Non era cambiato per
niente,
pensò Ariel, e nemmeno la professoressa McGranitt che se ne
stava lì accanto a
lui e guardava la ragazza con fare severo. Ma Ariel non si fece
intimorire da
nessuno dei due. Non era una facile da spaventare o intimorire.
“Tu
devi essere Ariel”. Continuò Silente
avvicinandosi alla ragazza.
“Sì,
professore”. Rispose lei aprendo finalmente
bocca.
“Mi
avevano avvisato che saresti arrivata”. Il
professore le fece un sorriso rassicurante e amichevole. Ariel
capì che cosa
intendesse, sapeva chi era venuto ad avvisare il professore.
“Devo
aiutare Harry Potter a salvare il Mondo Magico
e a cambiare gli eventi del nost… del mio tempo”.
Precisò lei. Era stata
mandata lì per aiutare, per sistemare le cose e a tutti era
parso saggio che
fosse lei la più idonea a venire lì anche se
c’erano molte altre persone che avrebbero
potuto farlo.
“So
già chi sei. Ho avvisato tutti i professori del
tuo arrivo e ho detto loro che saresti stata qui per un po’
di tempo e che
avresti frequentato Hogwarts”.
“D’accordo
professore”.
“Domani
ricominciano le lezioni, tu frequenterai
il quarto anno però sarai
Smistata lo stesso perché nessuno deve capire da dove
vieni”.
“Certo”.
La ragazza non sapeva che altro dire, il
professore sembrava aver sistemato tutte le cose per bene. Era solo un
po’
nervosa, nervosa perché si trovava lì, senza i
suoi amici e in un mondo dove le
cose erano ben diverse dal suo.
“Come
si chiama tua madre di cognome?” le chiese
ancora il preside.
“Martinez”.
“Bene,
allora tu sarai Ariel Martinez”.
La
ragazza capiva bene che doveva prendere il nome
di sua madre e non quello di suo padre; nessuno doveva capire chi era.
“Puoi
andare, abbiamo già portato i tuoi bagagli
nella tua stanza”. E con queste parole Silente la
congedò e Ariel cominciò a
dirigersi verso la porta.
“Hai
gli stessi occhi di tuo padre”. Aggiunse il
preside prima che se ne andasse. Lei si girò verso di lui e
gli fece un
semplice sorriso di ringraziamento. Solo nominare suo padre le veniva
una
tristezza e una malinconia che non poteva nemmeno descrivere. Le
mancava troppo
suo padre.
Ariel
si trovò davanti alla Signora Grassa e
pronunciò la parola d’ordine che le aveva dato la
professoressa McGranitt;
entrò nella Sala Comune dove c’erano un paio di
ragazzi, non tutti erano andati
a casa per le vacanze di Natale, che si voltarono verso di lei appena
la videro
arrivare ma nessuno le chiese niente. Evidentemente nessuno aveva
capito che
era nuova.
Salì
la scale che portavano ai dormitori e si buttò
sul letto; domani cominciava la sua avventura, un’avventura
che non aveva idea
né di come sarebbe andata, né di come si sarebbe
conclusa. Avrebbe conosciuto
persone nuove, anzi per la verità persone che aveva
già conosciuto che però
sarebbero state diverse da come se le ricordava lei.
Se
almeno ci fossero stati i sui fratelli lì con
lei, o la sua migliore amica, sarebbe stato tutto più
semplice, tutto più
divertente anche… invece, in quel momento si sentiva
soltanto triste e
preoccupata. Triste perché le mancavano la sua famiglia, i
suoi amici, suo
padre e preoccupata perché non sapeva niente di come o cosa
doveva fare, le
avevano solo detto che doveva impedire che certe cose accadessero, ma
per il
resto doveva improvvisare lei e quindi non sapeva come sarebbe andata e
soprattutto non sapeva quando sarebbe tornata a casa né
quando avrebbe
riabbracciato la sua famiglia.
Le
veniva da piangere però non lo voleva fare perché
era stanca di piangere, era stanca di soffrire. Non era una persona che
piangeva spesso, anzi per lo più era felice, amava ridere e
scherzare, fare i
dispetti, ma in quell’ultimo periodo questo non le riusciva
tanto bene, non ora
che era morto suo padre.
E
con tutti questi pensieri pian piano si addormentò
e si lasciò cullare dalle braccia di Morfeo.
Il
giorno dopo tutti gli studenti erano tornati
dalle vacanze di Natale e ora si trovavano tutti quanti nella Sala
Grande per
la cena. Le decorazioni natalizie non c’erano più
e questo rendeva tutti un po’
tristi perché non si respirava più
quell’aria di festa che c’era prima e che
faceva pensare subito alle vacanze.
Prima
che i tavoli però venissero imbanditi con ogni
tipo di pietanza preparata dagli Elfi Domestici, il preside si
avvicinò al
podio e disse: “Vorrei solo fare un piccolo annuncio prima
che tutti cominciate
a riempirvi la pancia con le ottime prelibatezze della cucina di
Hogwarts.
Quest’anno avrete una nuova compagna che
frequenterà con voi il quarto anno. Vi
prego di dare il benvenuto ad Ariel Martinez”.
Gli
studenti videro arrivare una ragazza con i
capelli biondi che le scendevano poco sotto le spalle ornati da una
meches
rosa, gli occhi grigio azzurri in cui si leggevano coraggio e
determinazione.
Era piuttosto carina tanto che qualcuno fece addirittura un fischio
sottovoce. Erano
anche tutti stupiti del fatto che cominciasse a frequentare la loro
scuola
soltanto adesso.
La
ragazza si sedette sulla sedia che le aveva messo
lì la professoressa McGranitt poco prima e poi le venne
calato il Cappello
Parlante in testa. Lei non aveva dubbi in quale Casa sarebbe finita,
quella in
cui era già finita una volta.
Infatti:
“Grifondoro!” urlò il Capello Parlante e
un
applauso si levò dalla tavola rosso e oro.
Lei,
felice, cominciò a dirigersi velocemente al
tavolo dei suoi nuovi compagni di Casa e si sedette in un posto che
aveva
trovato vuoto senza neanche guardare. Finalmente le tavole si
riempirono di
ogni tipo di pietanza e si poté cominciare a mangiare per la
gioia di tutti.
“Ciao!”
sentì qualcuno che la salutava e quando alzò lo
sguardo si trovò davanti una
ragazza dai lunghi ricci castani e un sorriso gentile rivolto a lei.
“Io sono
Hermione Granger”.
Ariel
l’aveva capito subito che era lei, quei ricci indomabili non
erano cambiati per
niente. Però Hermione adesso sembrava ancora una ragazza
spensierata e felice.
“Io
sono Ariel Martinez, però questo l’ha
già detto il preside”. Si presentò
anche
la bionda non sapendo bene che dire.
“Lui
è Harry”. Aggiunse ancora Hermione indicando il
ragazzo coi capelli spettinati
e scuri e gli occhi verdi che le sedeva accanto. Quando Ariel lo vide
rimase
quasi a bocca aperta; aveva tanto sentito parlare di lui, ormai lei e i
suoi
amici lo vedevano quasi come una leggenda, un mito, come una specie di
supereroe dei fumetti che leggeva uno dei sui fratelli. E doveva anche
ammettere che somigliava molto a suo padre.
“Lo
so di essere affascinante, però potresti anche richiudere la
bocca”. Le disse
lui sorridendo malizioso.
“Oh,
scusa. No, non volevo…”. Cercò di
scusarsi lei diventando tutta rossa; ecco,
certo che si era fatta proprio una bella figura. E non era nemmeno al
suo primo
giorno.
“Tranquilla”.
“Quello
che invece sta mangiando come un maiale è Ron, un altro
amico”. Le presentò
ancora Hermione indicandole un ragazzo dai capelli rossi che si stava
proprio
abbuffando. Oh, anche il mitico Ron! Pensò la bionda con un
sorriso, certo che
nemmeno lui era cambiato tanto.
“Piafere,
fono Rofald Feasley”. Precisò
lui
parlando con la bocca piena.
“Ronald!
Quante volte ti ho detto che non si parla con la bocca
piena!” lo rimproverò la
riccia e ad Ariel scappò da ridere; i battibecchi di Ron ed
Hermione ormai
erano diventati famosi e lei e i suoi amici a volte li prendevano in
giro per
questo.
Certo
che era proprio strano per lei trovarsi lì, con quei ragazzi
che sembravano
completamente diversi da come li aveva conosciuti lei; ma
d’altronde, nel suo
tempo erano avvenute troppe cose per poter rimanere sempre i soliti
spensierati
e la maggior parte di quegli eventi non erano affatto belli; non era
ancora al
suo primo giorno e già le sembrava tutto più
diverso da come lo aveva
conosciuto lei. L’atmosfera che si respirava sembrava molto
più leggera da
quella che sentiva lei nel suo mondo; i ragazzi lì si
preoccupavano soltanto
della scuola, dei voti, di trovarsi un fidanzato o una fidanzata, delle
partite
di Quidditch… chiaramente non si parlava ancora di
Voldemort, di guerra, di
morte come nel suo mondo, dove c’era sempre la paura e il
pericolo di vedersi
portare via qualcuno e magari anche davanti agli occhi, come era
successo poco
tempo fa a lei.
Per
carità, non che lei non si divertisse mai e che piangesse
sempre per la paura,
anzi, lei era una che piangeva pochissimo e che si lanciava nelle
battaglie con
coraggio e senza mai esitare, così come i suoi amici e i sui
fratelli.
E
poi, anche se la maggior parte delle persone del suo mondo erano sempre
in
ansia e preferivano scappare, lei riusciva a trovare sempre un pretesto
per
divertirsi, di momenti felici ne aveva avuti molti nella sua vita,
soprattutto
con i sui fratelli, che amavano scherzare e ridere anche loro e questo
era un
bene, almeno ogni tanto alleggerivano l’aria.
Quando
si riebbe da tutti i suoi pensieri, alzò lo sguardo e
notò che gli occhi verdi
di Harry erano posati su di lei e la guardavano con uno sguardo che lei
non
riusciva a decifrare e per un attimo ebbe il timore che lui sospettasse
qualcosa. Ma no, non poteva essere, magari la guardava soltanto
perché era
curioso.
“Ehi,
adesso sei tu che mi fissi”. Gli disse lei con un sorriso
malizioso.
“E’
vero, scusa hai ragione”. Rispose lui distogliendo lo sguardo.
“Tranquillo,
puoi pure continuare, anche se la mia bellezza non ti
infetterà”.
“Oh,
che modesta”.
“Senti
chi parla”.
I
due si sorrisero a vicenda con un misto di dolcezza e
maliziosità; la ragazza
dovette ammettere che Harry era proprio simpatico e forse anche un
po’… carino.
SPAZIO
PER ME
Ciaoooooo!!!!!
Ecco, questo era il primo capitolo. Spero che vi sia piaciuto. Ariel
è un
personaggio inventato da me, quindi non appartiene a Ino Chan, mentre
tutti gli
altri sono della Rowling, come ovviamente, sapete già.
Ora
c’è soltanto da scoprire chi è questa
Ariel, da dove viene, perché deve aiutare
Harry a sconfiggere Voldemort. E forse anche chi è la sua
famiglia?? Pensate
che sia qualcuno di importante o conosciuto??
Mah,
chi lo sa. Non vi resta che andare avanti a leggere e lasciarmi anche
qualche
recensione, così potrò sapere se è
giusto che io continui questa storia oppure
è meglio che lasci perdere.
Un
bacio e a presto.
Kisskiss,
Milly
|
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Capitolo 3 *** Capitolo due ***
CAPITOLO
DUE
“Ciao,
tu devi essere Ariel, vero?” le chiese una
ragazza dai lunghi capelli rosso fuoco e un paio di grandi occhi color
cioccolato. La bionda aveva il dubbio di averla già
conosciuta, ma non
riusciva a capire
chi fosse.
“Sì”.
Le rispose “E tu?”
“Io
sono Ginny Weasley”.
Ariel
rimase quasi a bocca aperta, di nuovo; di
tutte le persone che aveva incontrato quella sera, lei era stata
l’unica che
non era riuscita a riconoscere.
Era
proprio cambiata, la Ginny che ora le stava lì davanti era
solo una semplice
ragazzina di quattordici anni ancora ignara della vita e di
ciò che essa poteva
riservare. Invece la Ginny del suo mondo, si era resa conto di tutte
queste
cose, forse anche un po’ troppo velocemente e ciò
si riversava anche sul suo
aspetto. La Ginny di quattordici anni non aveva quella malinconia e
tristezza
negli occhi che attanagliava invece la Ginny del suo mondo, alla quale
invece
erano successe troppe disgrazie.
Ma
non voleva pensarci adesso, lei era lì per
cambiare le cose e quindi evitare molti dolori
a tutti.
“Loro
sono Lucy McDonald, July Sparks e Lisa
Tillon”. Continuò Ginny presentandole le sue tre
compagne di stanza, dato che
Ariel non accennava a risponderle.
“Piacere”.
Disse finalmente la bionda. Doveva
cercare di darsi una calmata, non poteva lasciarsi trasportare troppo
dai
ricordi e fare tutti questi confronti con il suo mondo e quello in cui
era
adesso, se no rischiava di apparire strana, rischiava di apparire una
tipa
lunatica e con la testa tra le nuvole, un po’ come Luna. Ma
questo era il male
minore, doveva stare più attenta a non far capire la sua
vera identità.
“Io
sono piuttosto stanca, vorrei andare a dormire.
Domani ci aspetta una lunga giornata. Incominciano le
lezioni”. Fece notare
Lisa, una ragazza con corti capelli scuri e gli occhi nocciola.
Appariva come
una classica secchiona, aveva pure gli occhiali e ad Ariel diede
l’impressione
di essere una persona un po’ troppo perfettina. Ma
d’altronde non era di Lisa
che doveva preoccuparsi, non doveva cercare di allacciare nessun
rapporto con
lei.
“D’accordo,
andiamo a letto”.
Quando
tutte e cinque le ragazze si erano avvolte
nelle calde coperte dei propri letti e, quando sembrava che Lucy, Lisa
e July
stessero russando alla grande, Ginny si voltò verso il letto
di Ariel e la
chiamò: “Ariel, stai dormendo?”
“No,
che c’è?” le rispose la bionda a bassa
voce per
non svegliare le altre tre. Non riusciva proprio ad addormentarsi e
magari una
chiaccherata con la rossa non le sarebbe dispiaciuta, se
però non faceva
domande troppo personali.
“Come
mai hai deciso di venire ad Hogwarts?”
“Perché
l’altra scuola non mi piaceva e questa
l’hanno frequentata anche i miei genitori”.
“E
quale era l’altra scuola che hai frequentato?”
“Beauxbatons”.
Questa bugia Ariel se l’era preparata
bene e avrebbe funzionato se nessuno si metteva ad indagare, ma
d’altronde, chi
avrebbe dovuto?
“An,
beh, forse non piacerebbe neanche a me. I
francesi mi sembrano tutti un po’ vanitosi e snob”.
“Non
hai tutti i torti”. Le diede ragione la bionda
sorridendo ad immaginare a chi potesse stare pensando in quel momento
Ginny.
“Martinez
però non è un cognome inglese”.
Continuò
poi la rossa, che sembrava molto curiosa e Ariel si stupì un
po’ di questo. La
Ginny che aveva conosciuto lei non faceva tutte queste domande, ma
d’altronde
non parlava nemmeno tanto.
“No,
infatti. Sono Colombiana”. Questa però era una
mezza bugia, ma non poteva certo dirle che Martinez era il cognome di
sua madre
se no si sarebbe dovuta inventare qualcosa su suo padre.
“Oh,
wow! E hai fratelli o sorelle?”
“Ho
un fratello più grande e un gemello”.
“Wow!
E come si chiamano?”
“James
e Miguel”.
“Bello”.
“Hai
finito con le domande?” le chiese Ariel che si
era un po’ scocciata e non voleva trovarsi con il rischio di
dover improvvisare
qualche bugia, non che non fosse brava, ma non ne aveva voglia.
“Sì,
scusami se sono stata indiscreta”.
“No,
tranquilla. Però ti devo avvisare che non mi
piace parlare molto di me”.
“D’accordo.
Allora, buona notte”.
“Buona
notte”.
Ed
entrambe le ragazze si addormentarono pian piano
lasciandosi cullare dai sogni .
Il
mattino dopo, quando Ariel si alzò, notò che il
cielo era piuttosto scuro e sicuramente si stava preparando a scendere
della
pioggia se non anche la neve.
Indossò
la sua divisa, prese la borsa con i libri e
scese giù per dirigersi in Sala Grande a fare colazione.
Andò a sedersi al
tavolo di Harry, Ron ed Hermione, dove per fortuna aveva trovato un
posto
vuoto; se doveva allacciare amicizia con loro, soprattutto con il moro,
doveva
cominciare subito a darsi da fare.
“Ciao,
dormito bene?” le chiese gentilmente la
riccia. Ariel notò che aveva la spilla da Prefetto appuntata
alla divisa, così
come Ron, ma questa non era una novità per lei,
gliel’avevano già raccontata.
Ormai lei e i suoi amici conoscevano tutte le storie del trio.
“Sì,
benissimo”. Le rispose la bionda con un sorriso
ma poi il suo sguardo si spostò su Harry che però
non la stava guardando, dato
che era impegnato a leggere il giornale con fare nervoso.
“C’è
qualcosa di interessante?” gli chiese allora la
ragazza per attirare l’attenzione.
“Niente.
Le solite cose”. Le rispose lui richiudendo
la Gazzetta con fare bruto. “Solti attacchi e omicidi e
nessuno vuole ammettere
che c’è Voldemort dietro a tutto
questo”.
“Harry!”
lo riprese Hermione facendogli un cenno con
la testa verso Ariel.
“Tranquilli,
io ti credo Harry. Voldemort è
tornato”. Disse invece la ragazza ma poi, improvvisamente,
temette di aver
parlato un po’ troppo e di aver fatto un passo troppo lungo;
l’avevano
avvertita di non accelerare troppo le cose, di mostrarsi dalla loro
parte ma
senza esagerare. Per la verità l’avevano avvertita
di tante cose ma mica
riusciva a ricordarsele tutte.
Quando
però vide gli occhi del ragazzo illuminarsi,
presagì che forse non aveva sbagliato.
“Davvero?”
“Certo.
Se tu dici che è tornato allora è tornato.
Perché mai ti dovresti inventare una storia del genere,
proprio tu che lo odi
forse più di tutti”.
Il
ragazzo le sorrise e Ariel non poté far altro che
ricambiare.
Ariel
si stava dirigendo verso l’aula di
Trasfigurazione insieme a Ginny e Luna, dato che avrebbero avuto
lezione con i
Corvonero. Nemmeno Luna era cambiata, era sempre rimasta la solita
lunatica,
fantasiosa, simpatica e divertente ragazza che a volte lei e i suoi
amici
prendevano un po’ in giro ma alla quale alla fin fine
volevano molto bene.
Quando
furono entrati tutti quanti in classe ed
ebbero preso posto, la professoressa McGranitt cominciò a
spiegare la
Trasfigurazione degli oggetti in animali; per Ariel questa materia non
era mai
stata un problema e nemmeno per i sui fratelli. Ma
d’altronde, loro avevano un
piccolo segreto riguardo alla Trasfigurazione.
Ariel
trasformò il suo bicchiere di vetro in un topo
al primo colpo e senza sbagliare niente.
“Molto
bene, signorina Martinez. Dieci punti a
Grifondoro!” esclamò l’insegnante
sorridendole in un modo forse un po’
complice. Ma d’altronde la McGranitt sapeva il suo segreto,
quello della sua
provenienza, almeno.
Ariel
guardò la riuscita del suo incantesimo con una
faccia un po’ schifata; un topo grigio e grosso la stava
guardando con degli
occhietti tra lo spaventato e il minaccioso. Non le erano mai piaciuti
i topi,
così decise di tramutare il suo bicchiere-topo in una
farfalla. Già,
decisamente meglio.
Quando
suonò la campanella di fine lezione, cominciò
a dirigersi, sempre insieme a Ginny, verso l’aula della
materia che amava di
meno, Pozioni, con il professore che amava di meno, Piton e con la casa
che
proprio odiava, i Serpeverde. Non sapeva proprio quali delle tre cose
odiasse
di più, forse i Serpevede, ma dato che Piton era un
Serpeverde, allora odiava
anche lui. Pozioni invece non era una materia molto brutta, solo che
lei non
era proprio brava, però l’insegnante che la
insegnava nel suo mondo era
decisamente più simpatico di Piton. Peccato che, da dove
veniva lei, il
professore Serpeverde insegnasse, la materia che le piaceva di
più.
Tutti
gli studenti del quarto anno di Grifondoro e
Serpeverde si affrettarono a prendere posto nell’aula buia e
umida, dato che
Piton non amava i ritardatari e coglieva al volo ogni occasione per
togliere
punti o assegnare punizioni, soprattutto quando si trattava dei
Grifondoro.
Infatti,
nemmeno lui si fece attendere tanto ed
entrò sbattendo la porta e dirigendosi a passo svelto verso
la cattedra
ordinando subito di aprire i libri; chi non lo conosceva avrebbe detto
che
quella mattina fosse piuttosto incazzato, ma chi lo conosceva invece
sapeva che
era sempre così.
Ariel
aprì il suo libro alla pagina che aveva detto
l’insegnante e quando alzò lo sguardo
notò che Piton la stava fissando con uno
sguardo duro e serio, anzi, sembrava quasi che la volesse incenerire
con gli
occhi. Ma non era la prima volta che la guardava così, ormai
Ariel ci era
abituata e sapeva anche il perché di quei suoi orribili
sguardi.
“Sembra
che il professore ce l’abbia con te”. Le
sussurrò Ginny all’orecchio non appena Piton si fu
girato.
“A
quanto pare”. Rispose la bionda.
“Ma
non ti preoccupare, non mangia gli studenti.
L’unico che forse vorrebbe mangiarsi è Harry, ma
non lo può fare e per più di
un motivo”.
Ariel
sorrise e
cominciò a preparare gli ingredienti per la pozione che
avrebbero dovuto fare
quel giorno.
ANGOLO
AUTRICE
Salve!!!!
Ecco anche il secondo capitolo. Lo so che non
succede nulla di particolare e purtroppo sarà
così anche per i prossimi
capitoli. Mi dispiace, vi dovrete sorbire un po’ di noia. Non
posso svelare
subito chi è Ariel.
Perciò
potete benissimo dirmi che vi fa schifo e che non
la volete nemmeno leggere. Mi rassegnerò *sospira
rattristata*.
No,
ragazzi, che sto scherzando. Lasciatemi una
recensione che sia positiva o negativa, è lo stesso, tanto
non vi mangio, non
sono mica Piton io. Mi ha fatto veramente molto piacere vedere che
questa
fanfic ha avuto successo già dal primo capitolo e che, chi
sta leggendo
S.Potter, abbia deciso di leggere anche questa mia nuova creazione.
Non
sapete quanto mi avete resa felice XD.
Ok,
ora la smetto di cianciare che ormai sicuramente non
potrete sicuramente più. Adesso lascerò cianciare
voi.
Un
beso. Milly.
roxy_black:
ciaooooo!!! Ecco brava, non aggiungere
altro perché tanto qua i miei lettori ormai sembrano aver
capito tutto. spero
che, nonostante tu sappia già tutto, continuerai a seguire
questa storia e
sappi che mi serviranno le tue utilissime capacità nelle
foto. Un beso, Milly.
fede15498: ahaha, vedremo se hai azzeccato, sempre se
stiamo pensando alla stessa persona. Comunque sia, è bello
sentirti anche qua,
mi piace quando i miei lettori mi seguono da una fic
all’altra. Ma questo l’ho
già detto. Uff, mi sto ripetendo come i vecchietti.
Vabbè, allora la smetto di
ciarlare che è meglio. La bocca serve per respirare non per
dire baggianate. Un
bacio, con la speranza di risentirti. Milly.
Ino
chan: oddio Ino ha
recensito la mia fic!!!!!!! Ti
giuro, quando ho letto la tua fic mi sono messa a saltare in giro per
la stanza
tanto che i tizi in camice bianco che avevano portato via te erano
venuti anche
per me. Eeeh, ci faremo compagnia nella casa dei matti. Purtroppo
però ci vorrà
ancora un bel po’ prima che si scopra di chi è
figlia Ariel, spero tu abbia
abbastanza pazienza. Mi dispiace però che le meches rosa non
ti piacciano, io
invece non sono una purista come te, infatti adoro le meches, i
tatuaggi, i
piercing… spero però che questo non ti turbi
troppo e che continuerai a leggere
questa storia. Ti giuro che, a parte le meches rosa non ci dovrebbe
essere nient’altro.
Al limite ti avviserò. Spero di risentirti. Un bacio, Milly.
Puffola_Lily: uuuuh, come sono contenta che ti piaccia
anche questa fic!!!! Qui forse si conosce un po’ di
più Ariel, almeno
qualcosina. Ti piacciono i nomi dei suoi fratelli?? Ehehe, no a parte
gli scherzi,
sono contenta che ti piaccia il suo nome visto che non sono stata tanto
lì a
pensarci e per me i nomi dei personaggi sono sempre importanti, infatti
non li
scelgo mai banali. Un bacio e alla prossima, Milly.
stefanmn:
hmhm…
allora pensi che Ariel venga dal
futuro? Mah… comunque, in ogni caso, ci tengo a spiegarti
che questa è una What
If, che letteralmente vuol dire E
se…
quindi non seguirò assolutamente il corso della storia
perciò Voldemort
potrebbe benissimo essere vivo. Spero di averti soddisfatto e spero di
risentirti. Kisssss, Milly.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo tre ***
CAPITOLO
TRE
Le
due ore di pozioni con Piton erano state
estenuanti; continuava a lanciarle occhiate malevole e a passare
accanto al suo
banco mentre stava facendo la pozione fissandola come se fosse qualcosa
di
orripilante. Almeno il Piton del suo mondo si era abituato ad averla in
classe
tutti i giorni, ma questo invece, non era ancora riuscito a digerire la
cosa.
Un paio di volte era pure stata tentata dal dirgliene quattro e dal
mandarlo al
diavolo e solo Merlino sapeva come fosse riuscita a trattenersi. Suo
fratello
invece non l’avrebbe proprio fatto, gliene avrebbe dette di
tutti i colori
senza neanche pensarci. Ma lei invece doveva stare attenta e questo le
dava
un’enorme fastidio. Ciò che però la
metteva a disagio, erano i suoi occhi,
tanto simili a quelli di una persona che conosceva.
Ma,
almeno anche quella lezione era finita per quel
giorno.
“Cosa
abbiamo adesso?” chiese a Ginny dalla quale
non si era ancora mai separata. O la rossa voleva essere gentile ed
essere
utile ad una nuova studentessa oppure non aveva nessun altro con cui
stare, ma
questo era improbabile dato che c’erano alcune ragazze che
avevano scambiato
con lei più di una parola dandosi un appuntamento per
studiare insieme.
“Difesa
contro le arti oscure”. Le rispose. Ariel
adorava Difesa, anche di più di Trasfigurazione, ed era una
tra le migliori
studentesse in quella materia. Però le avevano detto che
quell’anno c’era un
insegnante che non sapeva proprio insegnare, anzi che non voleva in
realtà, ma
oltre a questo era anche una megera e un rospo vestito di rosa.
Quest’ultima
descrizione gliel’aveva data Ron e ogni volta che le tornava
in mente pensava
ad un rospo con un vestitino rosa e si metteva a ridere. Ma almeno quel
giorno
avrebbe avuto le prove di tutto quello che le avevano detto su quella
donna.
Le
due ragazze entrarono nell’aula insieme e si
sedettero in un paio di banchi centrali; la professoressa Umbridge non
tardò ad
arrivare e, quando varcò la porta, Ariel cominciò
a scrutarla dall’alto in
basso: era alta poco più di lei, con i capelli brizzolati
raccolti in un
piccolo capellino che sembrava quello dei rabbini solo che era rosa
come anche
la sua camicia di flanella e la sua gonna lunga fino alle ginocchia e
le sue
ballerine con un leggerissimo tacco. Ariel dovette anche ammettere che
aveva
proprio la faccia da rospo e una voce gracchiante, peggio dei merli.
Dopo
circa una mezz’ora in cui non avevano fatto
altro che leggere i vari tipi di incantesimi difensivi che ormai
sapevano tutti
a memoria, Ariel alzò la mano.
“Che
cosa c’è che non va signorina Martinez?”
le
chiese la Umbridge con la sua vocetta da “finta nonna
gentile”.
“Beh,
professoressa, sa mi stavo chiedendo quand’è
che avremo finito di perdere tempo”.
Alcuni
studenti spalancarono la bocca per la sorpresa
mentre altri si mettevano a sghignazzare. Ginny stava cercando di
intimare alla
ragazza di tenere la bocca chiusa però Ariel questa volta
non riusciva più a
resistere: non era possibile che Difesa fosse diventata
così… così noiosa e del
tutto inutile.
“Come,
signorina Martinez?” le chiese la Umbridge
guardandola di sbieco.
“E’
da mezz’ora che non facciamo altro che leggere
come funzionano gli incantesimi di difesa e come si praticano e ormai a
me ste
cose escono dalle orecchie. Quando passiamo all’azione, alla
pratica?”
La
Umbridge cominciò ad avvicinarsi con passo lento
e strascicato alla ragazza e un sorriso minaccioso.
“E
perché mai dovremmo imparare la pratica?”
“Mah,
non so mi dica lei, è lei l’insegnante. Difesa
serve per imparare qualcosa e saper affrontare il mondo che
c’è la fuori…”.
“E
cosa ci dovrebbe essere là fuori?” la interruppe
la professoressa.
Ariel
sgranò gli occhi e le rispose in modo
beffardo. “Secondo lei?”
“Non
lo so, me lo dica lei signorina Martinez”.
“Bene,
vorrà dire che quando saremo tutti morti
daremo la colpa a lei”. A queste parole della ragazza tutti
quanti spalancarono
la bocca e rimasero di stucco. A qualcuno batteva pure forte il cuore
per paura
della reazione che avrebbe potuto aver l’insegnante. Ariel
invece sembrava
tranquilla, forse perché era abituata a tener testa anche ai
più grandi e poi
non si faceva spaventare tanto facilmente da nessuno, tanto meno da
un’insegnante.
“Punizione,
signorina Martinez. Stasera nel mio
ufficio”. E con queste parole, la Umbridge intimò
ad uno studente di continuare
a leggere mentre Ariel raccolse le sue cose e uscì dalla
classe furiosa, sotto
gli occhi stupiti e sopresi dei suoi compagni e quelli indifferenti
della
professoressa.
Camminava
lungo il corridoio velocemente senza nemmeno
guardare dove andava; aveva voglia di sfogarsi. Non era tanto il fatto
che la
Umbridge l’aveva messa in punizione, c’era finita
tante volte, però le dava
fastidio che un insegnante non volesse ammettere i pericoli che si
potevano
correre e lei, Ariel, questo lo sapeva bene. Anche se non ci fosse
stato
Voldemort, la gente doveva sapersi comunque difendere e se si
limitavano a
studiare solo la teoria senza mai mettere mano alla bacchetta, allora
erano
tutti fregati.
E
rimuginando su tutte queste cose, non si accorse
di star andando addosso ad una persona, finché non ci
andò a sbattere contro.
Quando
alzò lo sguardo vide un paio di occhi verde
smeraldo che la guardavano curiosi.
“Scusa,
non volevo”. Cercò di scusarsi lei un
po’
imbarazzata, il che era strano.
“Tranquilla”.
Le rispose Harry con un sorriso dolce.
“Piuttosto, mi sembravi un po’ frustrata”.
“Non
soltanto un po’”.
“E
posso sapere che cosa c’è che non va?”
“Si
tratta della Umbridge. Mi ha messo in punizione
soltanto perché le ho fatto notare quale era la
verità”. Mentre diceva questo
era mancato poco che si mettesse ad urlare.
“Wow!
Una punizione il primo giorno. Hai superato
pure il mio record”.
“Non
è la prima volta comunque”. Gli rispose lei con
un sorriso orgoglioso.
“An,
allora sei una piccola ribelle”.
“Ribelle
sì, ma non tanto piccola”.
“Abbiamo
qualcosa in comune”.
Stettero
solo per un attimo lì a guardarsi continuando
a sorridersi; Ariel pensava di non aver mai visto degli occhi belli
come quelli
di Harry.
“Comunque
ti consiglio di prepararti. A me ha
lasciato un bel ricordino”. Le disse poi lui mostrandole la
mano dove si
leggeva ancora un po’ sbiadita la scritta Non devo dire bugie.
“Ma
è proprio una megera!” esclamò la
ragazza
incredula.
“E
non solo”.
Tutto
quello che le avevano detto sulla Umbridge era
vero, a quanto sembrava.
“Comunque
ora devo andare”. Proseguì il ragazzo.
“Ci
vediamo, ok?”
“Ok”.
Ariel
lo guardò mentre si allontanava e non distolse
lo sguardo finché lui non fu completamente sparito dalla sua
visuale. Poi si
ritrovò a sorridere come un’ebete.
Cercò
subito di ricomporsi però, e andò in
biblioteca per fare il compito che aveva assegnato loro la
professoressa
McGranitt, visto che aveva un bel po’ di tempo libero.
Mentre
stava scrivendo, un ragazzo dai capelli scuri
e l’aria un po’ impacciata, le si
avvicinò: “Ciao”. La salutò,
diventando
leggermente rosso.
“Ciao”.
Ricambiò Ariel.
“Tu
sei quella nuova, giusto?” le chiese lui.
“Sì,
mi chiamo Ariel Martinez e tu?”
“Neville
Paciok”. Ariel rimase sorpresa per
l’ennesima volta; quante volte ormai le era successo in poche
ore? E dire che
lei era una persona difficile da sorprendere. Nemmeno lui
l’avrebbe saputo
riconoscere, era proprio cambiato. Il Neville che conosceva lei non era
così
timido e impacciato e soprattutto, era più carino. Poi le
venne in mente una
persona che conosceva e cercò di confrontarlo con Neville,
ma non riuscì a
trovare niente che potessero avere in comune.
Rimase
un po’ a parlare con il ragazzo, del più e
del meno e lui pian piano cominciò a perdere la sua
timidezza. Le pareva
proprio simpatico, una volta che imparavi a starci, così
come con Luna.
“Andiamo
a mangiare adesso, che dici?” le chiese
alla fine lui guardando all’orologio.
“D’accordo”.
I
due cominciarono a dirigersi verso la Sala Grande
e, quando arrivarono, Ariel si sedette nel posto davanti a quello di
Ginny
mentre Neville raggiunse il posto vicino al suo amico Seamus.
“Certo
che potevi anche risparmiarti tutte quelle
parole con la Umbridge”. Le disse la rossa con una voce un
po’ autoritaria.
“E
perché mai? Io ho il diritto di dire ciò che
penso e se a me non piacciono le sue lezioni glielo posso dire. Non
credo di
essere l’unica a pensarla così”.
“Sì,
ma almeno non ti beccavi la punizione”.
“Non
mi interessa. Lei può mettermi in punizione
tutte le volte che vuole. Io continuerò a dirle che si
sbaglia”.
“Sembri
Harry”. Le disse alla fine la rossa con un
sospiro di rassegnazione; aveva già conosciuto tipi come
Ariel, d’altronde era
cresciuta con sei fratelli. Ariel era testarda, cocciuta, spavalda e
non
mancava mai di dirti ciò che pensava di chiunque si
trattasse. Soprattutto
sembrava avere molto a cuore la giustizia e i diritti delle persone. E
poi
sembrava anche una ribelle, una che infrange spesso le regole, bastava
guardarla in faccia.
Dal
canto suo invece,
Ariel, dopo che Ginny le aveva nominato Harry, aveva cominciato subito
a
spostare lo sguardo lungo la sua tavola e, una volta che lo ebbe
trovato, non
riuscì più a smettere di lanciargli occhiate di
sottecchi.
SPAZIO
AUTRICE
Rieccomiiiii!!!
Visto che sembra proprio che la storia vi
piaccia ho deciso di aggiornare presto.
Allora,
che ve ne pare?? Mi sembra che tutti voi abbiate
capito uno dei segreti di Ariel, ma ancora non lo scriverò
esplicitamente nel
caso qualcuno comunque non lo avesse capito. E avete già
anche delle ipotesi su
chi potrebbero essere i suoi genitori. Bene, bene, bene.
Mi
fa piacere.
Sembra
però che Ariel stia provando qualcosa per Harry.
Mmmh, chissà… ma voi li vedreste bene insieme??
Ok,
dai vi lascio. Lasciatemi qualche commentino, anche
piccolo, piccolo.
Un
beso, Milly.
INO
CHAN: ehilàààà!!! Non sa
che gioia mi ha dato sapere
che recensirai tutti i miei capitoli e che seguirai la storia!!! E
soprattutto
che ti ho dato soddisfazione U.U mi ero messa a saltellare in giro per
la
stanza leggendo il tuo commento xD. Comunque, ti è piaciuta
la descrizione di
Ginny? Beh sì, effettivamente forse è piuttosto
significativa. Bene, spero
allora che ti sia piaciuto anche questo capitolo e… beh,
vedremo se hai
indovinato su di chi potrebbe essere figlia Ariel. Un bacio e a presto,
Milly.
FEDE15498:
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia
piaciuto e che non l’abbia trovato noioso visto che
più o meno tutti all’inizio
seguiranno quella tendenza lì. Ma d’altronde,
aspettare non nuoce e forse ne
varrà anche la pena visto i misteri che verranno fuori :p.
bene, non so se qui
avrai ricevuto più informazioni su Ariel, ma non ti
preoccupare, continua a
fare le tue ipotesi. Un bacio, Milly.
PUFFOLA_LILY:
ti è piaciuto lo scorso capitolo?? Beneeee!!!
Sono mucho contenta!!! Per quanto riguarda i nomi, beh, si James
è un nome che
anche a me piace molto (sai che avevo anche pensato di chiamare il mio
futuro
figlio James?? Però adesso ho deciso che non ne voglio
avere, ma se dovese
capitare… *w*), invece Miguel non è proprio il
nome dell’altro fratello, è solo
che se scrivevo quello vero qualcuno poteva capire immediatamente il
mistero su
Ariel. Capirai più avanti di cosa si tratta. Spero di
risentirti. Kisskiss,
Milly.
STEFANMN:
bene, spero che ti sia piaciuto anche questo
capitolo e spero di risentirti… un bacio e un abbraccio,
Milly.
|
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Capitolo 5 *** Capitolo quattro ***
CAPITOLO
QUATTRO
“Ariel…
Ariel svegliati”. Ginny cercava di svegliare
la sua nuova amica scuotendola sempre più forte ma la bionda
sembrava proprio
non volersi svegliare.
“Ancora
cinque minuti, Vicky”. Bofonchiò dopo un
po’
Ariel girandosi dall’altra parte, mentre Ginny sbuffava.
Era
passata ormai una settimana da quando la ragazza
era arrivata ad Hogwarts e poteva quasi dire che Ginny era diventata la
sua
migliore amica lì. Si era avvicinata abbastanza anche al
trio benché non
avessero ancora intrapreso quella confidenza che invece avevano loro
tre, ma
d’altronde, era un po’ difficile dato che lei era
più piccola di loro e non
seguivano nemmeno le stesse lezioni. Però ogni volta che
incrociava Harry si
salutavano piuttosto allegramente e magari scambiavano un paio di
parole. A
volte poi, le capitava di mettersi a pensare a lui quando era da sola,
ma forse
soltanto perché la sua missione era quella di aiutarlo e
quindi la sua
attenzione doveva essere rivolta a lui per forza.
Però… però, quando pensava a
lui non lo pensava come ad una missione, pensava a lui come…
non riusciva a
descriverlo nemmeno lei.
Dopo
un po’, decise che era ora di alzarsi e scese
dal letto con gli occhi ancora gonfi di sonno e i capelli tutti
spettinati. Si
voltò verso Ginny che era appena uscita dal bagno e la
guardò come se la
vedesse per la prima volta.
“Ben
svegliata, dormigliona!” la salutò allegramente
la rossa. “A proposito, chi è Vicky?”
“Mmmm?”
bofonchiò Ariel senza capire.
“Prima
mi hai chiamata Vicky. Chi è?”
“No,
nessuno”. Rispose la bionda cercando di
sembrare confusa. Quando aveva troppo sonno a volte non si rendeva
conto di ciò
che diceva. “Forse stavo sognando”. Aggiunse alla
fine vedendo lo sguardo
dubbioso di Ginny.
Una
volta che si furono entrambe preparate, scesero
di sotto per andare nella Sala Grande a fare colazione e si sedettero
al loro
solito tavolo.
“Secondo
me funzionerà benissimo”.
“Sì,
ma dobbiamo stare attenti a non farci
scoprire”.
“Come
se ciò fosse possibile, fratello”.
Stavano
dicendo due ragazzi seduti accanto a loro.
“Chi
è che non deve scoprirvi?” chiese Ginny rivolta
a quei due che avevano entrambi i capelli rossi come lei e Ariel
immaginò che
dovessero essere Fred e George. Era la prima volta che rivolgeva loro
la
parola, li aveva intravisti in giro per la scuola ma non ci aveva mai
fatto
troppo caso. E doveva ammettere che erano proprio identici ed erano
anche
soltanto dei semplici ragazzi spensierati con la voglia solo di
divertirsi e fare
scherzi. La ragazza fu colta da un momento di tristezza pensando a
tutto quello
che era successo e quanto tutti quelli che lei conosceva avessero
sofferto.
“Non
sappiamo di cosa tu stia parlando, sorellina”.
Risposero loro due facendo i finti tonti.
“Ah,
non fate quella faccia da ragazzi innocenti.
Tanto si sa che voi tramate sempre qualcosa”. Rispose lei in
tono beffardo.
“Ma
anche se fosse non sono affari tuoi”.
Ginny
sbuffò.
“Ciao
bionda!” la salutò all’improvviso uno
dei due
che Ariel non riuscì a
capire se fosse
Fred o George.
“Non
ci siamo ancora presentati”. Continuò
l’altro.
“Io sono George e lui Fred”.
“Ma
a volte la gente ci confonde quindi non ha molta
importanza come ci chiami”.
Ma
quei due avevano la mania di finirsi le frasi a
vicenda? Si chiese la ragazza.
“Io
sono Ariel Martinez”.
“Lo
sappiamo!” le risposero in coro i due. “Ti
conoscono tutti a scuola”.
Ariel
si chiese che cosa avesse fatto per essere già
diventata famosa in tutta la scuola; lo era stata anche nella sua,
così come i
sui fratelli e i suoi amici, ma solo perché loro attiravano
sempre
l’attenzione, lei invece lì non l’aveva
fatto perché per la missione non era
una buona idea farsi troppa pubblicità.
“E
come mai?” chiese lei curiosa.
“Mah,
non so. Forse perché sei bella”. Le ripose
Fred. O forse era George.
Ariel
sorrise maliziosamente ai due; non era la
prima volta che un ragazzo le diceva che era bella, aveva avuto un
sacco di
spasimanti ma ne aveva scelti pochi.
Dopo
pranzo, appena aveva finito di mangiare, Harry
le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio di
raggiungerlo al settimo piano,
davanti alla Stanza delle Necessità.
Lei
allora si alzò poco dopo che lui se ne fu andato
e cominciò a dirigersi nel luogo dell’incontro,
che sapeva benissimo dove era.
“Ciao!”
la salutò lui non appena la vide.
“Ciao!”
rispose lei e non poté fare a meno di
sorridergli. Si sentiva un po’ nervosa per quello che le
doveva dire e aveva il
cuore che batteva a mille.
“Ti
devo parlare di una cosa importante”.
“Dimmi”.
“E’
un segreto, però”.
Lei
annuì per fargli capire che aveva capito e che
non lo avrebbe tradito. Per certe cose bastava uno sguardo.
“Quando
mi avevi detto che mi credevi sul fatto che
Voldemort era tornato beh, ecco… da allora ho cominciato a
pensare che forse
anche tu saresti stata adatta per entrare in
un’organizzazione segreta che
abbiamo creato”.
Ariel
immaginò che le stesse per parlare
dell’Esercito di Silente, lo conosceva dai racconti.
“All’inizio
Ron ed Hermione erano stati un po’
dubbiosi ma alla fine hanno accettato anche loro. Volevo chiederti se
ti andava
di entrare nell’Esercito di Silente. Ci troviamo una volta a
settimana nella
Stanza delle Neccessità per imparare ad usare degli
incantesimi difensivi e di
attacco, dato che la Umbridge non ci insegna niente. Così
almeno sapremo
combattere un giorno che ci troveremo in pericolo”.
Dopo
averle detto tutto questo, i due ragazzi
rimasero per un attimo in silenzio guardandosi negli occhi, seri, senza
lasciar
trasparire nulla. Ariel si rendeva conto che il ragazzo le aveva appena
confidato qualcosa di importante e non doveva proprio tradire la sua
fiducia se
no, addio missione e non solo quello… e poi, era vero che la
Umbridge non
insegnava loro niente e quei ragazzi avevano bisogno di un bravo
maestro,
avevano bisogno di qualcuno che si fosse trovato a vivere quelle
orribile
esperienze di vita o di morte, in cui, se ti mancano la prontezza e le
capacità, sei fregato. Lei però no. Lei si era
trovata parecchie volte in
quelle situazioni e ormai conosceva quasi tutti gli incantesimi di
attacco che
potevano esistere. Però aveva proprio voglia di entrare in
quella associazione,
perché era una ribelle e trasgrediva spesso le regole e
voleva pure mostrare
alla Umbridge che c’era qualcuno più furbo di lei.
E inoltre, così si sarebbe
avvicinata ancora di più ad Harry.
“D’accordo”.
Rispose alla fine.
“Entri
nell’Esercito?”
“Sì,
certo”.
Lui
le sorrise.
“C’è
qualche prova che devo superare per farne
parte?”
“Oh,
no. Assolutamente no! Devi solo venire domani
sera, dopo cena, in questa stanza. E mi, raccomando, non parlarne con
nessuno”.
“Va
bene”.
Harry
si allontanò mentre Ariel rimase lì ancora per
un paio di minuti pensando a quello che era appena successo; doveva
considerarsi soddisfatta, si era appena guadagnata la fiducia di Harry
e aveva
appena trovato un pretesto per stargli ancora più vicina.
Però c’era anche
qualcos’altro che non la rendeva molto allegra. Per un
attimo, solo per un
attimo, aveva pensato che le avrebbe chiesto di uscire.
Però
lo avrebbe dovuto
capire da subito che non poteva essere così, se no non
avrebbe fatto tanto
mistero, non l’avrebbe portata fino a lì.
SPAZIO
AUTRICE MOLTO SODDISFATTA DI QUESTO CAPITOLO
Ehilàààà!!!!
Che mi dite?? Vi è piaciuto questo
capitolo?? A me sì. Anche Ariel ora entra
nell’esercito di Silente. Vediamo
come se la cava visto che ha detto di essere così brava.
Siete
riusciti a cogliere un altro indizio in merito a
questa misteriosa ragazza?? Ogni tanto lascio in giro qualche briciola
di
soluzione, come Hansel e Gretel che buttano a terra briciole di pane
per
ritrovare casa. Spero però che le mie non se le siano
mangiate gli uccelli xD
Bene
bene, il resto dei commenti li lascio a voi spero di
avervi soddisfatti anche con questo capitolo.
Un
forte abbraccio dalla vostra Millyray J
FEDE15498:
ehehe sì, anch’io ho goduto nel descrivere
quella scena. La Umbridge mi sta veramente antipatica >.<
spero ti sia
piaciuto anche questo cap e alla prossima. Un bacio, Milly
PUFFOLA_LILY:
ehilà!!! Eheheh, diciamo che quel dibattito
tra Ariel e la Umbridge mi è servito per far capire lo
spirito combattivo della
nostra piccola bionda. Non farti troppe illusioni su lei e Harry
però. Un beso,
alla prossima. Milly.
STEFANMN:
uuuh, sono felice che ti sia piaciuto lo scorso
capitolo e spero anche questo. E tranquillo, stronzo non è
una parolaccia. Spero
di risentirti, un bacio, Milly.
INO_CHAN:
Piton una bomba sexy?? O.O no assolutamente
no!!! Anche a me fa veramente schifo. In realtà non mi sta
nemmeno simpatico
sebbene alla fine sia stato ‘buono’.
Chissà però se indovini sul padre di
Ariel. Ehehe, sinceramente anch’io non vedo l’ora
di arrivare a quella parte
così potrò vedere le vostre reazioni :p. ultima
cosa: sì, fai bene a non vedere
Ariel e Harry felicemente insieme. Spero di averti soddisfatta anche
con questo
cap e tranquilla, le tue recensioni mi fanno sempre piacere, anche se
scrivi
solo due righe. Un beso, Milly.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo cinque ***
CAPITOLO
CINQUE
Ariel
si trovava nella Stanza delle Necessità
insieme a Ginny, Ron Hermione e tanti altri ragazzi, di Grifondoro, di
Corvonero e di Tassorosso. Di Serpeverde ovviamente non ce
n’era neanche uno,
quelli sarebbero immediatamente andati a fare la spia alla Umbridge.
Harry
aveva appena insegnato loro come evocare un Patronus
e ora tutti quanti erano lì che
tentavano di far apparire il loro animale protettore e ad Ariel veniva
pure da
ridere a vedere tutte quelle persone che si sforzavano e si abbattevano
immediatamente appena non riuscivano al primo colpo.
Però
evocare un Patronus non era così difficile, era
una delle sue magie preferite.
Ora
invece se ne stava un po’ in disparte a guardare
gli altri facendo finta di essere un po’ confusa; non doveva
far capire che
sapeva già fare questo incantesimo alla perfezione e
soprattutto non poteva
mostrare come era il suo Patronus se no Harry o qualcuno dei suoi amici
avrebbe
potuto sospettare qualcosa.
Ad
un tratto la ragazza vide Harry avvicinarsi ad
una Corvonero dai scuri capelli lunghi e gli occhi a mandorla e, quando
questa
gli chiese di aiutarla, lui le andò dietro e, aderendo il
suo petto alla
schiena della ragazza, le prese la mano che stringeva la bacchetta per
mostrarle come doveva muoverla.
Ariel
si sentì stringere lo stomaco da una strana
morsa e non riuscì a capire nemmeno lei perché e
poi, quando vide gli sguardi
dolci che i due si lanciarono, venne pervasa da un senso di tristezza e
le
passò la voglia di fare qualunque cosa; in quel momento non
se la sentiva
proprio di evocare un Patronus.
“Hai
bisogno di una mano?” le chiese ad un tratto
una voce dietro le spalle. La ragazza si girò di scatto
spaventata e rimase
sorpresa nel vedere gli occhi verdi di Harry che la scrutavano curiosi
e il suo
sorriso dolce. Non si era accorta proprio che le si era avvicinato.
“Cosa?!”
riuscì soltanto ad esclamare.
“Ti
chiedevo se avessi bisogno di una mano”. Le
ripeté lui.
“Beh,
se vuoi”. Rispose lei anche se non
aveva bisogno di nessun aiuto, però magari
anche con lei avrebbe fatto come aveva fatto con quella ragazza di
Corvonero.
Non
fu proprio così perché, con lei, si
limitò
soltanto a prenderle il braccio che impugnava la bacchetta e a
mostrarle come
doveva fare; il Patronus di Ariel era venuto, non perfetto come le
veniva di solito,
ma questo l’aveva fatto apposta,
per non far vedere il suo animale e inoltre, in quegli ultimi tempi,
non
riusciva a pensare molto ai ricordi felici, erano tutti offuscati da
quelli
tristi, anzi, dall’ultimo che non era per niente piacevole.
“Continua
a provare, vedrai che ti verrà”. Cercò
di
consolarla Harry vedendola un po’ abbattuta, senza ovviamente
sapere che non
era quello il vero motivo della sua tristezza.
Intanto
lui si allontanò per andare ad aiutare
Neville e lei tornò ad appoggiarsi al muro come prima
guardando attentamente
tutti i movimenti del moro; avrebbe voluto incenerire tutte quelle
ochette che
lo guardavano con occhi dolci e sognanti, che lo chiamavano per farsi
aiutare
anche se non ne avevano bisogno, soprattutto avrebbe voluto incenerire
la
moretta di prima. Senza sapere perché, si trovò a
paragonarsi a quella là, non
capendo che cosa avesse di diverso da lei; è vero, forse
aveva le tette più
grandi, ma solo un po’ e poi, per bacco, lei era
più piccola della cinesina o
quel diavolo che era, sarebbe cresciuta e sicuramente le sue sarebbero
state
più grandi. E inoltre lei era bionda con gli occhi azzurri,
i ragazzi andavano pazzi
per quelle come lei. Sì, forse non si stava comportando da
persona modesta, ma
che ci poteva fare, era sempre stata una ragazza orgogliosa e un
po’ anche
vanitosa e poi era stata viziata così, nel suo mondo
c’erano molti che
sbavavano per lei, la maggior parte della popolazione maschile della
sua scuola
le veniva dietro e aveva solo quattordici anni.
Doveva
ringraziare madre natura che le aveva donato
quel corpo e anche un po’ di quel sangue nobile e
aristocratico che le scorreva
nelle vene; anzi, doveva più che altro ringraziare suo
padre, anche lui era
stato un ragazzo affascinante e attraente. Ripensando a lui, le venne
addosso
un po’ di
malinconia e
nostalgia. Quanto le mancava…
Ad
un tratto però spostò lo sguardo verso Ginny che
era una delle poche che era riuscita ad evocare perfettamente il suo
Patrono;
era sempre stata brava, Ginny, negli incantesimi, di tutti i tipi,
soprattutto
quando si trattava di combattere, non mollava mai e non si perdeva
d’animo.
Peccato che la Ginny che conosceva adesso lei non era più
così, aveva perso
quella vena di
arroganza e coraggio,
sembrava quasi aver perso le speranze. E Ariel sapeva
perché… per lo stesso
motivo per cui adesso la stava guardando con quello sguardo pieno di
comprensione e per lo stesso motivo per cui era venuta lì,
in quel mondo, in
quella epoca cercando, allo stesso tempo, di restarne fuori per non
lasciarsi
travolgere dai sentimenti e dalle emozioni.
Aveva
un compito ben preciso e doveva portarlo a
termine…
Erano
ormai passate due settimane da quando Ariel
era arrivata lì, Gennaio era ormai agli sgoccioli sebbene la
neve stesse
diventando sempre più fitta e il freddo pungente era sempre
agli ordini del
giorno; certo, in Inghilterra il clima non era certo piacevole.
Ariel
si trovava nell’aula di Storia della Magia,
seduta accanto a Ginny e circondata dai suoi compagni di Grifondoro e
Corvonero; il professor Ruf intanto stava spiegando qualcosa che la
bionda
nemmeno si sforzava di ascoltare, come del resto la maggior parte dei
ragazzi
che si trovavano in quell’aula.
Stava
ripensando piuttosto, ai giorni che aveva
passato lì fino ad ora; non era andata poi così
male, se l’era cavata piuttosto
bene, nessuno sospettava di niente o almeno, era quello che sperava.
Era
riuscita ad avvicinarsi parecchio al trio, avevano fatto amicizia e
loro si
fidavano di lei, per lo meno così le sembrava. Aveva fatto
amicizia anche con
altri, come ad esempio Ginny, Neville, Luna e pure Fred e George. Lei,
ovviamente, lì avevi già conosciuti, ma vederli
lì, in quel mondo, in quel
tempo, era come conoscerli proprio del tutto, come se prima non li
avesse mai
visti. In quel momento erano persone con cui era più facile
fare amicizia,
erano semplicemente ragazzi che non sapevano niente della vita, della
sofferenza… erano proprio cambiati e non in meglio. O forse
era soltanto la
vita che era cambiata lasciando dietro di sé strascichi di
tutte le cose
negative.
L’unico
che aveva conosciuto veramente lì era Harry
e si chiese se sarebbe cambiato anche lui se non fosse
successo… quello che era
successo. Eppure, in quel momento, era solo un ragazzo, come lei, come
i suoi
fratelli, come i suoi amici; aveva diritto a vivere la sua vita, ad
essere
felice, ad avere una famiglia. E invece era la persona che aveva visto
più
dolore di molti, forse e non era giusto. Non sarebbe mai potuto essere
felice
almeno non nel suo mondo…
Se
avesse conosciuto pure lui, così come aveva
conosciuto Ron, Hermione o Ginny, chissà se avrebbe provato
le stesse cose che
provava ora, per lui. E non sapeva nemmeno lei che cosa provava; sapeva
solo
che quando lo vedeva ridere, rideva anche lei perché la sua
risata aveva
qualcosa che l’attraeva, qualcosa che metteva allegria anche
a lei, se lo
vedeva triste voleva correre a consolarlo, se una ragazza gli si
avvicinava lei
voleva incenerirla. E ogni volta che lo incontrava sentiva una strana
sensazione
nello stomaco e il
cuore le batteva più
forte del normale.
Non
sapeva che cosa fosse, forse compassione o forse
solo emozione per aver conosciuto una persona di cui le avevano parlato
tanto.
Sì, non poteva essere nient’altro e soprattutto
non doveva.
Ad
un tratto suonò la campanella che la riscosse da
tutti i suoi pensieri. Vide i suoi compagni alzarsi tirando un sospiro
di
sollievo.
“Andiamo
a pranzo?” le chiese Ginny.
Anche
Ariel si alzò e la seguì fuori per andare in
Sala Grande a mangiare.
“Seamus
Finnigan mi ha invitata ad uscire il sabato
di San Valentino”. Stava dicendo la rossa
all’amica. “Gli ho detto di sì, tanto
per uscire con qualcuno. Non che mi piaccia seriamente però,
sai com’è…”. ad un
tratto però si accorse che la bionda non la stava ascoltando
perché era intenta
ad osservare la tavolata poco più in là della
loro, dove c’era Harry che
parlava animatamente ma a
bassa voce con
i suoi due amici.
Quando
anche Ginny si accorse dov’era rivolto il suo
sguardo, la richiamò: “Ehi Ariel, ma mi stai
ascoltando?”.
“Cosa?
Oh sì, sì!”. Le rispose Ariel tornando
in sé.
Ok,
doveva smetterla,
si disse la ragazza.
ANGOLO
AUTRICE
Ehiiii!!!
Ciaoooo!!! Come state?? Contenti di risentirmi
così presto?? Vi è piaciuto questo capitolo?? A
me non tanto sinceramente e
forse magari vi ho fatto fare un po’ di confusione con i
pensieri intrigati di
Ariel. Ma d’altronde anche lei è tutta intrigata.
Beh,
io non ho molti commenti da fare, vorrei lasciarli
tutti a voi, mi va bene anche se sono negativi, potete benissimo dirmi
che la
storia vi fa completamente schifo. Non mi offendo mica.
Spero
che le recensioni aumentino e… beh, alla prossima,
allora.
Un
forte abbraccio dalla vostra, Milly.
INO
CHAN: ma come osi insinuare una cosa del genere sulla
mia storia?? Adesso ti crucio e non ti faccio più vedere
l’alba di domani!!!!
>.< ahahah, sto scherzando ovviamente :P ti ho fatti
prendere un colpo,
eh?? Buahahah!!! (ride sguaiatamente) ok, basta torniamo seri. Allora,
per
quanto riguarda Ariel, sì, un po’ hai ragione,
forse l’ho fatta un po’ troppo
perfetta e questo mi dispiace perché non vorrei far uscire
una Mary Sue che
odio persino io. Magari avrei potuto aspettare ancora un po’
prima di farla
entrare nell’ES ma così l’avrei tirata
troppo per le lunghe e sinceramente un po’
mi avrebbe scocciato e forse avrebbe scocciato anche i miei lettori.
Magari mi
sono lasciata prendere un po’ dato che non vedo
l’ora di arrivare al capitolo
cruciale e perciò non avevo voglia di farne troppi di
transizione. Ma starò più
attenta, promesso. Comunque sia, Ariel non è poi
così perfetta, di difetti ce
ne ha ma usciranno forse un po’ più avanti, siamo
ancora solo agli inizi. Forse
è il fatto che l’ho descritta tanto bella e
guardata da tutti che ti ha fatto
pensare a questo. Beh, sì, Ariel è bella e
l’ho ripetuto anche in questo
capitolo, infatti anche lei è piuttosto orgogliosa e
vanitosa. Ma siccome lo
erano anche i suoi genitori, molto attraenti intendo, mi sembrava
ingiusto non
farla altrettanto. Per quanto riguarda invece il fatto che Harry si sia
subito
fidato di lei beh, una che ti dice in faccia che ti crede e che non
pensa che
tu sia un bugiardo che cerca solo di attirare l’attenzione e
che attacca briga
con un’insegnante che ti mette i bastoni fra le ruote proprio
come fai tu, mi
sembra abbastanza degna di fiducia. Ma forse per il paranoico Harry,
come hai
detto tu, ho un pochino esagerato. Ok, ho già parlato troppo
ti lascio che
avrai sicuramente di meglio da fare. comunque, non ti preoccupare, se
hai altre
critiche fammele pure. Non mi offendo. Un bacio, Milly.
FEDE15498:
ehilà!!! Bene, mi ha fatto piacere che lo
scorso capitolo ti sia piaciuto. Comunque non ti preoccupare se non
riesci a
trovare le briciole, scoprirai tutto a tempo debito, anche chi
è Vicky. Non prestissimo
ma lo scoprirai prima o poi se continuerai a seguirmi :D un beso, Milly.
PUFFOLA_LILY:
sai che mi fa sempre piacere leggere i tuoi
commenti?? Chissà però che ideuzza ti sei
fatta…… *.* ehehe, dai, spero di
risentirti presto e un abbraccio dalla tua fedelissima Milly. :D
STEFANMN:
hmmm, perché ho messo in dubbio il fatto che
venga dal futuro?? Non me lo ricordo… beh, non dico che sia
sbagliata,
semplicemente non voglio svelare subito il mistero. Ma tu continua pure
a
seguire le tue idee. Un bacio, Milly.
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Capitolo 7 *** Capitolo sei ***
CAPITOLO
SEI
Ed
era arrivato anche Febbraio, portandosi dietro
piccoli raggi di sole che cercavano di irradiarsi dietro le nuvole
scure di
inverno, ma inutilmente visto che non bastavano per riscaldare e
sciogliere la
neve. E lì, nei parchi di Hogwarts, ce n’era
veramente tanta.
Ariel
camminava nei corridoi del piano terra,
infagottata con tanto di capotto e sciarpa rossa con lo stemma dei
Grifoni, per
dirigersi fuori e assistere alla partita di Quidditch tra Grifondoro e
Tassorosso; almeno questo l’avrebbe distratta un
po’. Le era sempre piaciuto il
Quidditch e amava moltissimo giocarci con i sui fratelli e i suoi
amici, si
divertivano sempre un mondo.
E
anche stavolta, come succedeva spesso da quando
era arrivata lì, una morsa di nostalgia le
attanagliò lo stomaco.
“Ehi,
ciao!” la salutò la voce di un ragazzo che
l’aveva appena affiancata. Era Harry, come
constatò lei voltando la testa, e
anche lui era piuttosto coperto per andare a vedere la partita.
“Vieni anche tu
a vedere la partita?”
“Certo!”
esclamò lei cercando di mostrarsi allegra.
“Ma tu non giochi? Non sei nella squadra?” gli
domandò poi impallidendo
all’improvviso per l’avventatezza della sua domanda
perché lui avrebbe potuto
accorgersi che lei in realtà non avrebbe dovuto sapere del
suo talento nel
Quidditch. Infatti le avevano sempre parlato delle sue doti in quello
sport e
di quanto fosse bravo sulla scopa e adesso si era stupita un
po’ per non averlo
visto con la divisa rosso oro insieme
ai
suoi compagni di
squadra.
Lui
però, per fortuna, non si accorse del fatto che
Ariel forse sapeva troppo e semplicemente le rispose rabbuiandosi un
po’:
“Infatti ci giocavo però, quando
all’ultima partita ho picchiato Malfoy dopo
che avevamo vinto, la Umbridge mi ha visto e mi ha proibito di giocare
ancora”.
Ariel
rimase piuttosto a bocca aperta; questa era
una cosa veramente perfida e subdola. Se a lei fosse stato impedito di
fare
qualcosa che amava avrebbe dato di matto. E come osava quella donna
cacciare
qualcuno dalla squadra di Quidditch che non c’entrava
assolutamente nulla con
questo, non era lei la capitana della squadra né tanto meno
la Capocasa dei
Grfìifondoro quindi non poteva deciderle lei le punizioni.
“E
come mai avevi picchiato Malfoy? Aveva detto che
avevate imbrogliato per aver vinto?” gli chiese poi
scherzosamente per
cercare di
sdramatizzare un po’ la
situazione.
Ma
non ci riuscì, anzi, sembrò quasi aggravare
ancora di più la situazione per la risposta lapidaria che le
diede il ragazzo.
“Ha offeso mia madre”.
Questa
volta Ariel rimase proprio senza parole,
intanto che avevano raggiunto il portone davanti alla Sala Grande.
Prima di
uscire però, Ariel gli sussurrò con tono dolce e
piuttosto dispiaciuto.
“Mi
dispiace”.
“Per
cosa? Mica l’hai offesa tu, allora non c’eri
neanche”.
Ariel
non riusciva a guardarlo negli occhi, non
sapeva perché, forse per paura di quello che avrebbe visto
in quei grandi pozzi
verdi, il che era strano visto che lei non aveva mai avuto paura di
niente. E
non sapeva nemmeno lei perché si stesse scusando visto che,
proprio come le
aveva detto lui, lei non aveva offeso sua madre. Però,
semplicemente le
sembrava l’unica cosa giusta da dire in quel momento.
“Andiamo
dai”. La esortò poi il ragazzo aprendo la
porta.
Quando
raggiunsero gli spalti, coperti e asciutti,
c’erano già tutti i loro amici, Ron, Hermione,
Seamus e Fred e George che
andavano in giro a fare scommesse. Inutile dire che loro puntavano sui
Grifoni,
ma poi si lamentavano con Harry del fatto che se ci fosse stato anche
lui in
quel campo avrebbero avuto la vittoria assicurata. Non che non si
fidassero
della loro sorella, che giocava da Cercatrice al posto del moro, e
delle sue
capacità ma, si sa, meglio puntare sempre sul sicuro.
La
partita finalmente iniziò e, dopo una stretta di
mano tra i due capitani, tutti i giocatori si levarono in aria sulle
loro scope
pronti a battere gli avversari. Dean stava al microfono per fare la
cronaca ma
naturalmente, siccome era di Grifondoro, si trovava spesso a incitare i
giocatori della sua Casa riservando loro pure qualche complimento,
così che la
McGranitt continuava a riprenderlo per essere un po’ meno di
parte, scatenando
le ilarità di tutti.
Harry,
Ron, Hermione, Seamus e Fred e George non
erano più seduti ma si erano alzati in piedi, come la
maggior parte degli spettatori
del resto, per tifare ancora meglio e urlare pure loro qualche
incitamento.
Pure Ariel si era lasciata trascinare dall’emozione e ora
anche lei faceva
fischi di giubilo per la sua Casa, così come aveva sempre
fatto con i suoi
amici quando giocavano i Grifondoro.
Dopo
la breve festicciola che c’era stata nella Sala
Comune Grifondoro per la vittoria della partita a Quidditch, Ariel si
trovò
seduta su una poltrona, a notte fonda, con le gambe incrociate e la sua
chitarra poggiata in grembo.
Fissava
un punto impreciso del pavimento della sala,
completamente persa nei suoi pensieri. Aveva notato solo poco fa che
c’era la
luna piena, se n’era completamente dimenticata e per questo
si sentiva un po’
dispiaciuta. Chissà cosa stavano facendo i suoi amici
adesso; anzi lo sapeva
benissimo che cosa stavano facendo e quindi, chissà se si
stavano divertendo.
Le
corde della chitarra non le aveva proprio
toccate, non ci riusciva, non ce la faceva. Ogni volta le venivano in
mente
brutti ricordi, episodi che voleva proprio cancellare dalla testa. E
doveva
sforzarsi parecchio per non piangere. Cosa che odiava.
“Ciao!”
sentì ad un tratto una voce salutarla, una
voce che riconobbe subito. Si voltò verso il ragazzo che era
appena sceso dalle
scale del suo dormitorio e gli sorrise dolcemente.
“Ciao”.
“Non
riesci a dormire?” le chiese Harry sedendosi
sul divanetto davanti a lei.
La
ragazza scosse la testa con aria abbattuta, senza
guardarlo negli occhi.
“Nemmeno
io”.
Calò
un attimo di silenzio tra i due, in cui
entrambi forse stavano cercando qualcosa di sensato da dirsi. Alla fine
fu
proprio Harry il primo a interromperlo.
“Sai
suonarla? La chitarra intendo”.
“In
realtà è da un po’ che non la
suono”.
“E
come mai? Scommetto che sei bravissima”.
Lei
gli fece un sorriso triste. “Beh me lo dicono
tutti però… beh, ho smesso di suonare e cantare
da quando è morto mio padre”.
Pure Ariel si stupì delle sue stesse parole, in genere non
era una che parlava
così facilmente dei suoi problemi o di quello che la
turbava, specialmente con
chi conosceva da poco. Ed era anche la prima volta che parlava della
morte di
suo padre così liberamente; pure la sua famiglia aveva
notato questo blocco, ma
non si era confidata nemmeno con loro e loro non avevano voluto
sforzarla.
Però
adesso… beh, Harry le dava una sensazione
strana, sentiva che a lui poteva dire tutto non solo perché
l’avrebbe
ascoltata, ma anche perché l’avrebbe capita.
“Secondo
me invece non dovresti”. Le disse lui ad un
tratto, con un tono molto dolce. “Lui sicuramente non
vorrebbe che tu smettessi
di suonare. Lui vorrebbe che continuassi a fare quello che ti piace
fare, a
maggior ragione adesso che è morto. Vorrebbe che tu fossi
felice”.
Ariel
fu piuttosto colpita dal suo discorso;
effettivamente non ci aveva pensato. Però…
“Ma
è difficile”. Si lamentò lei tenendo
sempre lo
sguardo basso.
“E’
tutto sempre difficile”. Concordò lui.
“Ma non
per questo dobbiamo mollare. Anzi, dobbiamo riuscire ad andare avanti
proprio
per le persone che ci hanno lasciato, che non sono più con
noi. Anch’io a volte
vorrei mollare tutto e andarmene lontano da qui senza preoccuparmi di
niente,
fregandomene di tutto, persino di Voldemort. Ma sarebbe una cosa da
vigliacchi”.
Pure
Harry era stupito di quello che aveva appena
detto. Non l’aveva mai confidato a nessuno questo pensiero,
nemmeno ai suoi
amici.
Ariel
ad un tratto puntò i suoi occhi grigi in
quelli verdi del ragazzo e i due colori sembrò quasi che si
stessero per
fondere insieme, come una cosa unica.
E
in entrambi gli sguardi c’era tristezza e
malinconia.
“Quindi
adesso prendi quella chitarra e ti rimetti a
suonare. E mi fai sentire una bella canzone”. La
incitò lui alla fine con un
sorriso… malandrino.
Sembrò
che ci fosse riuscito, dato che la ragazza
aveva impugnato la chitarra e si era preparata per suonare qualcosa;
infatti
aveva già fatto due accordi ma poi si era fermata. Lanciando
uno sguardo al
volto determinato di Harry, decise però di proseguire.
Maledizione,
era solo una canzone! Che cosa ci
poteva essere di tanto brutto o sbagliato nel suonarla?
I was riding
shotgun with my
hair undone
In the front seat of his car
He’s got a one-hand feel on the steering wheel
The other on my heart
I look around, turn the radio down
He says “baby is something wrong?”
I say “nothing I was just thinking how we don’t
have a song”
And he says
Sì,
rieccola, quella
sensazione che provava tutte le volte che suonava la sua chitarra e che
sentiva
la sua voce uscire dalle sue corde vocali. Quella sensazione che le
dava un po’
di brividi, ma anche emozione e adrenalina. Quando cantava si sentiva
più
forte, più potente, come se niente potesse abbatterla in
quel momento perché
era una cosa che le riusciva facile e bene e c’erano pochi
che la potevano
battere in questo.
Our song is the
slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.
Alzò
lo sguardo e puntò di
nuovo i suoi profondi occhi grigi in quelli del ragazzo che la stava
guardando
con un sorriso sghembo che sembrava dire: “Visto che ce
l’hai fatta? L’avevo
detto io”. E le pareva uno dei sorrisi più belli
che avesse mai visto, così
come i suoi occhi. E no, assolutamente non c’era niente che
adesso avrebbe
potuto buttarla giù perché stava
cantando… ed era con Harry.
I was walking
up the front
porch steps
after everything that day
Had gone all wrong and been trampled on
And lost and thrown away
Got to the hallway, well on my way to my lovin’ bed
I almost didn’t notice all the roses
And the note that said
In
quel momento c’erano
soltanto loro due, loro due e nessun altro, loro due e i loro occhi che
continuavano a
puntarsi. E i loro volti
sorridenti. Perché quella canzone faceva sorridere, era una
canzone allegra,
una canzone allegra che non pensava sarebbe riuscita a cantare ora come
ora.
Anzi, pensava che non sarebbe mai più riuscita a cantare
canzoni allegre. Ma quella canzone
la rispecchiava.
Our song is the
slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.
L’aveva
composta lei quella
canzone, poco tempo fa tra l’altro, quando aveva avuto la sua
prima cotta, una
cotta che adesso le sembrava ridicola e stupida. Però la
canzone le piaceva lo
stesso, perché rappresentava i momenti più
importanti della sua vita. Ogni
testo delle sue canzoni è collegato a qualcosa, a qualche
momento, a qualche
evento…
I’ve
heard every album,
listened to the radio
Waited for something to come along
That was as good as our song
Cause our song
is the slamming
screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and he talks real slow
’cause it’s late and his mama don’t know
Our song is the way he laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I
should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again
Play it again.
Ed
era stato un momento felice
quello, quando aveva composto quella canzone, il momento di un periodo
particolarmente felice e spensierato. Una felicità che
avrebbe tanto voluto
avere anche adesso, ma non ci riusciva.
Beh,
forse quello era un primo
passo. Aveva ripreso a suonare e… c’era Harry con
lei.
I was riding
shotgun with my
hair undone
In the front seat of his car
I grabbed a pen and an old napkin
And I wrote down our song.
“Wow!”
esclamò Harry quando la
ragazza ebbe finite di suonare. “E’ bellissima!
L’hai scritta tu?”
“Sì”.
“Beh,
hai un talento naturale.
E la voce… da chi l’hai ereditata?”
“Da
mia madre”. La ragazza fece un sorriso orgoglioso;
d’altronde sua madre era una
cantante famosa. Solo che questo faceva parte del grande segreto di
Ariel B… Martinez.
SPAZIO
PER MEEEEEE!!!
Ed
eccomi di nuovo qua a rompere i maroni :P ehehe, come vi va gente??
Siete
pronti per la magica e tenebrosa notte di Halloween?? Chiederete
dolcetti o
farete subito gli scherzetti?? Puahahahah!!!
Ok,
basta, cerchiamo di essere un po’ seri.
Allora,
che ve ne pare di questo capitolo?? Un po’ malinconico, vero?
Qui ho lasciato
altri indizi su chi potrebbe essere Ariel e su chi sono i suoi
genitori. Avete
capito?? E abbiamo anche scoperto il suo talento J
Sicuramente
avrete notato che un pezzo di questo capitolo è presente
anche nel Prologo
insieme alla canzone che si intitola Our Song di Taylor Swift. Siccome
adoro
questa cantante troverete molto spesso nelle mie storie alcune delle
sue
canzoni. Quindi se vi piacciono la musica country e le canzoni
d’amore andate a
sentirvela.
Ma
adesso parliamo un po’ anche d’altro…
voi siete stati al Lucca Comics?? Io mi
sto ancora rodendo lo stomaco per non esserci andata, volevo con tutto
il cuore
vedere i gemelli Phelps. Così, io e la mia migliore amica,
abbiamo deciso di
andarci l’anno prossimo così come abbiamo deciso
di andare, alla fine delle
superiori, in Inghilterra per vedere i luoghi dove hanno girato i film
di Harry
Potter che sono stati aperti da poco. Quindi, se sapete qualcosa a
proposito di
questo, visto che noi ne sappiamo veramente poco, per esempio dove si
trovano,
quanto costa il biglietto e altre cose del genere, potreste darmi
qualche
informazione, per favore??
Bene,
adesso penso di potervi lasciare con la speranza di ricevere tanti
commenti…
Un
beso, Milly.
ROXY_BLACK:
non ti preoccupare per Harry e Ariel, non sarebbero destinati a stare
insieme
quindi si vedrà. Grazie mille per i complimenti, mi fa
sempre piacere
riceverne, basta che siano meritati J
spero di risentirti
e non ti preoccupare, anche le tue foto arriveranno presto. Baci,
Milly.
STEFANMN:
hmmm, non ti piace la coppia Harry/Ariel?? Come mai?? Spero ti sia
piaciuto
questo capitolo e un bacio, Milly.
PUFFOLA_LILY:
purtroppo nel mondo di Ariel sono successe tante cose brutte che
più avanti si
scopriranno. E sì, a quanto pare si è presa una
cotta per Harry. Eheh J
mi fa piacere però che ti stia antipatica la Chang
perché non la tratterò tanto
bene. un bacio, Milly
|
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Capitolo 8 *** Capitolo sette ***
CAPITOLO
SETTE
Ariel
ed Hermione erano sedute ad un tavolo della
biblioteca intente a svolgere i loro compiti di Pozioni e
Trasfigurazione; da
poco si erano alzati anche Ron ed Harry che, dopo aver lanciato in aria
penne e
pergamene a causa di una cristi isterica per il troppo studiare,
avevano deciso
di abbandonarle e di trovarsi un’occupazione migliore, tipo
le cucine.
Ed
ora la bionda si era incantata a guardarli che
uscivano, soffermandosi ad osservare il fondoschiena di Harry. Un
po’ troppo
forse, visto che Hermione dovette tossicchiare per farla tornare sul
pianeta
terra.
Ariel
si riscosse immediatamente ma tornò sui suoi
compiti come se non fosse successo niente; la riccia però
continuò a lanciarle
occhiate di sottecchi aspettandosi che la bionda le dicesse qualcosa a
proposito. Ma, come sempre, dovette fare tutto da sola, visto che
l’amica
sembrava intenzionata a fare un bel niente.
“Guarda
che è inutile che lo nascondi”.
La
bionda alzò lo sguardo sulla riccia guardandola
come se all’improvviso le fossero spuntate le antenne in
testa.
“Che
cosa, scusa?”
“Che
ti piace”.
“Mi
piace chi?” Ariel odiava i giri di parole e se
la ragazza non si spiegava l’avrebbe strangolata.
Hermione
alzò gli occhi al cielo esasperata. “Mago
Merlino, Ariel! Ma chi secondo te? Harry, no?!”
Questa
volta la bionda strabuzzò gli occhi e sbatté
le ciglia un paio di volte per realizzare bene quello che
l’altra le aveva
appena detto.
“Eeeeh?
Ma che, ti sei fumata il cervello?”
“Certo
che no”. La riccia aveva un sorrisetto
soddisfatto; questo confermava tutto. “Io sono sanissima.
Piuttosto sei tu
quella che ha qualche problema visto che sbavi ogni volta che lo vedi e
che sei
diversa quando stai vicino a lui”.
“Hermione,
io non so proprio come ti vengano in
mente certe cose. Io non sbavo affatto quando vedo Harry”.
No, infatti vorrei
solo saltargli addosso. “E non sono affatto diversa quando
sto con lui”. No,
infatti mi sento solo più felice, allegra e più
incline a fare battute.
Ok,
stupida vocina del cavolo, smettila di intasarmi
il cervello se non vuoi che ti spiaccichi come un moscerino.
Perfetto,
ora ci si metteva pure la sua coscienza,
come se non ne avesse già abbastanza.
“Sì,
sì raccontalo a chi vuoi. Io ti dico che ti sei
proprio presa una bella sbandata per lui”.
“Certo,
e domani Johnny Depp verrà a prendermi in
moto per portarmi via con lui”.
“Non
sto affatto scherzando, Ari. Tu ti sei
innamorata!”
Ok,
no, questa era davvero bella. Ariel Martinez
innamorata? Avrebbe fatto prima a cascare il mondo piuttosto che lei
che si
innamorava di qualcuno. Lei non si era mai innamorata veramente di
qualcuno e
non aveva nemmeno intenzione di innamorarsi. Le sembrava una cosa
stupida,
smielata e per di più l’amore faceva soffrire e
non durava mai per sempre.
Però…
beh, qualcosa provava per Harry. Forse era
solo una cotta o attrazione fisica.
“E
se anche fosse? A lui piace la Chang”.
“Ahahah,
allora vedi che lo ammetti? Comunque io non
ci giurerei tanto”.
“Su
che cosa?”
“Sul
fatto che gli piace la Chang”. E Hermione le
fece un sorriso malizioso.
Harry
ordinò al suo cavallo di spostarsi con fare
annoiato. Stava perdendo la seconda partita a scacchi magici con Ron,
ma in
fondo non era una novità. Però era anche poco
concentrato, sembrava avere la
testa completamente da un’altra parte.
“Ron?”
chiamò l’amico.
“Hm”
“Che
cosa ne pensi di Ariel?”.
Lo
sguardo dell’amico si spostò
all’improvviso sul
moro e lo guardò con curiosità, stupito da quella
domanda.
“Beh,
è carina. E simpatica”.
No,
pensò Harry, Ariel non era solo carina e
simpatica. Era molto di più. Era figa ed era…
forte, sì. Il ragazzo sapeva che
aveva un carattere molto forte, determinato e anche parecchio ribelle,
solo che
doveva uscire fuori.
C’erano
molte cose di lei che lo attraevano: i suoi
capelli biondi, il suo profumo e soprattutto i suoi occhi, grigi come
il cielo
quando preannunciava pioggia, occhi in cui si vedeva della malizia,
solarità,
vivacità ma in cui si potevano scorgere anche tristezza e
malinconia.
E
poi, beh, gli piaceva la sua compagnia, a volte
era divertente e lo faceva ridere mentre altre volte potevano
semplicemente
parlare di qualsiasi cosa perché lei lo capiva.
“Ma
se io, tipo, la invitassi ad uscire, secondo te
accetterebbe?” chiese ancora al suo migliore amico.
“Non
lo so. Ma per caso ti sei preso una cotta per
Ariel?”
“Può
anche darsi”.
“Beh,
certo che punti in alto amico. Lei è proprio
bella. E forse dovresti provarci, ad invitarla a uscire
intendo”.
Harry
rimase un attimo pensieroso con gli occhi
fissi sulla scacchiera.
Però
quegli occhi grigi gli ricordavano
tremendamente qualcuno.
Ariel
ed Hermione erano risalite dalla biblioteca
nella loro Sala Comune e avevano appoggiato i libri sul tavolo; la
bionda non
era mai stata una grande studiosa, ma visto che non aveva niente di
meglio da
fare, aveva deciso di rimanere a fare compagnia alla riccia per
conversare un
po’ di più con lei e guadagnare soprattutto la sua
fiducia, visto che era
sempre quella che sospettava di più.
“Che
cos’hai al collo?” domandò ad un tratto
Hermione con gli occhi puntati sul collo della bionda.
“Niente!”
si affrettò a rispondere Ariel nascondendo
la collana con una mano. Non si era accorta che per sbaglio era sbucata
fuori
dalla sua maglietta, solo in parte però, rivelando
leggermente la sua forma.
Sapeva che Hermione era molto intelligente e furba e poi una collana
del genere
l’aveva usata pure lei.
“Ora
vado a farmi la doccia”. Aggiunse prima di
salire di corsa le scale.
La
Granger rimase nella Sala leggermente basita; i
suoi sospetti su quella ragazza cominciarono ad aumentare. Quella
collana aveva
uno strano ciondolo a forma di clessidra, da quello che era riuscita a
vedere.
Mah,
forse erano le sue solite paranoie, però…
Ariel
era sdraiata nel letto, a pancia in su, con
gli occhi aperti a fissare il soffitto del suo dormitorio completamente
al
buio. No, non riusciva proprio ad addormentarsi. Troppi pensieri che le
frullavano per la testa; il pensiero e la preoccupazione per la sua
famiglia,
la missione, quello che le aveva detto Hermione in
biblioteca…
“Ariel?”
si sentì ad un tratto chiamare. Era Ginny,
probabilmente non riusciva a dormire neanche lei.
“Hm?”.
“Ma
i tuoi fratelli in che scuola vanno?”
“Durmstrang”.
“E
quanti anni hanno?”
“James
un anno più di me e Miguel quattordici dato
che è il mio gemello”.
“Oh”.
Calò
di nuovo il silenzio, poi la rossa riprese.
“Posso
farti una domanda?”
Beh,
me ne hai già fatte due senza chiedermi il
permesso, pensò Ariel tra sé e sé. Ma
quella aveva tutta l’aria di essere una
domanda un po’ delicata e sperava che non fosse sulla sua
famiglia.
“Ti
piace Harry?”
“Eh?”
ma che avevano oggi tutti? Possibile che tutti
dovessero pensare che lei provasse qualcosa per Harry mentre non era
per niente
vero? Oppure era assurdamente vero e lei non stava attenta per fare in
modo che
nessuno se ne accorgesse.
“Perché
me lo chiedi?” fece poi a Ginny.
“Beh,
si vede da come lo guardi”.
“Davvero
si nota così tanto?”
“Beh,
abbastanza”.
Oh,
merda.
“Secondo
me dovresti provarci”. Continuò la rossa.
Ariel
si voltò verso la ragazza con gli occhi quasi
fuori dalle orbite solo che l’altra non se ne accorse a causa
del buio.
Ma
lei aveva sempre saputo che Ginny si fosse
terribilmente innamorata di Harry e quindi era strano che adesso le
dicesse di
fare questo. Aveva anche sofferto parecchio dopo… beh, dopo
che…
Ecco
perché lei non poteva, anzi, non doveva affatto
innamorarsi di lui; lui era destinato a stare con un’altra,
non con lei, anche
perché sarebbe comunque stato impossibile tra loro due.
Ma
come si suol dire, al cuore non si comanda.
“Sei
sicura?”
“Sì”.
A
Ginny però si strinse il cuore nel dare questa
risposta alla bionda; sapeva che Harry non provava niente nei suoi
confronti
che non sia una forte amicizia o una fratellanza che dipendeva dal
fatto che
lei era la sorella del suo migliore amico che considerava quasi come un
fratello.
Quindi
aveva cercato di farselo passare, di
dimenticarsi di lui e di distrarsi con qualcun altro; sembrava anche
che ci
stesse riuscendo perché riusciva a convincersi, a convincere
il suo cervello e
la sua ragione che Harry Potter non le piaceva più. E
quindi, se magari lo
vedeva felice insieme ad un’altra, forse questa cotta le
sarebbe passata in
maniera definitiva.
Ma
spesso, in fondo al cuore, immaginava spesso che
lui la invitasse ad uscire, che la baciasse, che le sussurrasse parole
dolci e
piene d’amore.
Eh
no, al cuore non si
comanda…
SPAZIO
AUTRICE
Ma
che mi succede?? Sia in questa fic che in quell’altra
ho scritto capitoli grondanti miele?? Io che parlo
dell’amore?? Ma quando mai
s’è visto??
Vabbè,
saranno gli ormoni.
Coooomunque,
ho visto che ormai tutti avete capito che
Ariel è una Black ma perché avete già
dato per scontato che sia la figlia di
Sirius?? xD
*trotterella
via fischiettando allegramente*
FEDE15498:
ehi, tranquilla se non hai recensito la volta
scorsa, mica ti mangio, al limite ti mando qualche Mangiamorte a casa. Ahah, no scherzoJ
sono contenta che Our Song
ti sia piaciuta, visto che io amo molto Taylor. Anche a me comunque
piacerebbero come coppia Harry e Ariel ma…
chissà.
STEFANMN:
eh sì, la vita di Ariel è abbastanza piena di
impegni ma c’è sempre posto per un po’
d’amore, non trovi?? Sirius Black è il
padre di Ariel?? Vedremo, vedremo :P
PUFFOLA_LILY:
eh sì, se non hai gli occhi grigi non puoi
assolutamente essere considerato un Black xD per la Chang invece,
vediamo. Però,
non se la caverà tanto bene :p
ROXY_BLACK:
certooooo!!! Taylor è sempre nel mio cuore. Però
non sono tanto convinta che Ariel possa assomigliare a lei
perché Taylor ha un
viso molto dolce e angelico, mentre Ariel è
tutt’altro che dolce e angelica e
si vede. Comunque sono d’accordo con te sul fatto che le
cotte spariscono con
un colpo di vento, ma vediamo se quella con Harry sarà
proprio così. Non ricordo
però se fossi tanto allegra quando l’ho scritto
quel capitolo, in realtà penso
mi sia venuto piuttosto malinconico, a parte la canzone.
Vabbè, alla prossima. Un
bacio.
LULI
EVANS POTTER: eh sì, Santa Ino proprio. Che faremmo
senza le sue storie? Pensa che io mi sto rileggendo Came back per la
terza
volta, per me è diventata ormai come una droga e ho
influenzato pure una mia
amica. Spero di aver aggiornato abbastanza in fretta perché
le Strillettere non
mi piacciono proprio. Un beso, Milly.
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Capitolo 9 *** Capitolo otto ***
CAPITOLO
OTTO
Ariel
si sentiva piuttosto stanca, quella sera; le
lezioni erano dure e c’erano un sacco di compiti da fare, in
più le punizioni
con la Umbridge le facevano venire una crisi isterica coi fiocchi che
si
sarebbe volentieri messa a spaccare tutto.
Così
decise di saltare la cena, decidendo di fare un
salto nelle cucine più tardi, e si diresse verso la Torre di
Astronomia, che
era sempre stato il suo luogo preferito del castello; ci andava quando
aveva
bisogno di stare un po’ da sola, cosa che però non
le era capitato spesso nella
sua vita. Solo in quel periodo forse.
Qualcuno
però l’aveva già preceduta;
trovò Harry
seduto in un angolo, con un ginocchio piegato e l’altra gamba
distesa, lo
sguardo fisso al cielo pieno di stelle luminose, unici elementi che
illuminavano l’ambiente, insieme a una pallida luna.
“Ciao,
scusa, non credevo ci fosse qualcuno”. Disse
lei non appena gli si fu avvicinata. Effettivamente si era sorpresa nel
trovarlo lì.
“No,
tranquilla. Avevo solo bisogno di stare un po’
da solo”. Le rispose lui con un sorriso che di allegro non
aveva proprio
niente.
“Ah,
ok. Beh, allora ti lascio da solo…”.
“No,
resta. Tu non mi dai fastidio”. La fermò lui
con uno strano luccichio che all’improvviso gli
illuminò gli occhi.
Lei,
allora si sedette in un altro angolo non molto
lontano da lui.
“Gli
altri ti danno fastidio?” gli chiese Ariel
allora per spezzare il silenzio che si era venuto a creare. E lei
odiava i
silenzi, specialmente quelli tesi e malinconici. Oppure quelli che
segnavano
l’arrivo di un uragano.
“No,
cioè… a volte ho solo bisogno di isolarmi un
po’, per riflettere per conto mio. Non so se mi capisci, ma
quando la gente ti
guarda come se fossi un pazzo che inventa storie per attirare
l’attenzione,
beh… preferiresti sparire dalla faccia della
Terra”.
“Si,
beh, posso capirti. Non credo tu abbia mai
voluto tutto questo”.
“Infatti.
Peccato che non tutti la pensano così. Io…
io vorrei solo avere una vita normale”. Si sentiva che
c’era dolore, tristezza
e anche rabbia nella sua voce.
Ariel
semplicemente tirò un sospiro piuttosto
pesante; non era mai stata brava con le parole di consolazione,
cioè, poteva
scriverle in una canzone, ma dirle così, semplicemente solo
con la voce non le
sembrava la stessa cosa, anzi, le sembravano solo parole sprecate, non
rendevano niente. La melodia dice tutto.
“Ti
manca?” le chiese ad un tratto Harry senza
spostare gli occhi dal cielo. “Tuo padre, ti manca?”
“Da
morire”.
“Ma
quand’è che è morto, se posso
chiedertelo?”
“Poco
prima di Natale”.
“Oh”.
Harry proprio non se l’aspettava quella
risposta, non credeva fosse passato così poco tempo, sebbene
però la sofferenza
che provava ancora Ariel avrebbe dovuto farglielo capire.
Provò il forte
desiderio di abbracciarla e consolarla, ma non gli sembrava il caso.
“Sai,
in fondo siamo nella stessa barca”. commentò
ad un tratto lei. “Mio padre è stato assassinato
da un Mangiamorte e beh, i
tuoi sono stati uccisi da Voldemort perché erano stati
traditi da un altro
Mangiamorte. Immagino che anche tu ne senta la mancanza”.
“Sì,
ma penso sia comunque diverso. Penso che la tua
situazione sia peggiore perché tu hai perso tuo padre
adesso, hai già molti
ricordi di lui e quindi ti fanno soffrire perché sai che i
momenti belli che
hai passato con lui non li potrai mai più rivivere. Io
invece, beh, non li ho
nemmeno conosciuti e non ho ricordi di loro quindi ci sto meno male.
Non
fraintendermi, vorrei con tutto il cuore che ora fossero qui con me,
però ormai
mi sono rassegnato”.
Ariel
avrebbe tanto voluto dirgli che non era così,
confessargli il suo segreto, specialmente quello che riguardava lui
ma… cazzo,
non poteva e Merlino solo sapeva quanto avrebbe voluto.
“Ok,
non sono stato di grande consolazione”.
Concluse Harry alla fine, con un sorriso rassegnato che venne
ricambiato dalla
ragazza.
“Tranquillo,
tanto il dolore prima o poi si
affievolisce…”.
“…
anche se non passa mai via del tutto”.
Dopo
un altro paio di minuti di silenzio, Ariel
sbottò.
“Se
proprio senti tanto la loro mancanza, puoi usare
la fantasia. Immagina che loro ci siano, immagina di parlarci, immagina
che ci
siano in ogni momento”.
Harry
assunse un’aria un po’ dubbiosa e riflessiva,
ma non disse niente. Poi però le chiese.
“Tu
ce l’hai un fratello o una sorella?”.
“Sì,
un gemello e un altro che ha un anno più di
me”.
All’improvviso
le venne in mente una domanda che
forse poteva sembrare un po’ assurda, ma era una domanda che
voleva porgli per…
beh, interesse personale.
“Ma
se tu avessi una sorella, come vorresti che si
chiamasse?”
“Jolie”.
Rispose il ragazzo. “Mi piace il nome
Jolie”.
Ariel
inevitabilmente sorrise, cercando di non farsi
vedere. E le venne in mente una delle sue migliori amiche.
Beh,
quando le cose andavano male, dopo dovevano per
forza migliorare.
O
no?
Si
era conclusa un’altra riunione dell’Esercito di
Silente e gli unici a essere rimasti ancora nella Stanza delle
Necessità erano
Harry, Ron, Hermione e Ariel, per rimettere in ordine e discutere di
quanto
avevano fatto.
Ad
un certo punto, il Bambino Sopravvissuto si
avvicinò all’amica bionda e, passandosi una mano
tra i capelli, le chiese:
“Ti
va se… se sabato prossimo andiamo a Hogsmeade,
solo io e te?”
Ariel
rimase un attimo interdetta; beh, era quello
che aveva desiderato per un bel po’ di tempo. Ma la sua
ragione le diceva di
dire di no, era meglio di no perché sapeva come sarebbe
finita. Però il suo
cuore le diceva il contrario e suo padre le diceva sempre di seguire il
cuore.
“Sì”.
Harry
le sorrise e questa volta era un sorriso vero,
un sorriso felice. “Va bene, allora”.
“Ma
guarda che è San Valentino sabato prossimo”. Gli
ricordò lei.
“Sì,
lo so. Ok, ci vediamo”. E dicendole questo, la
salutò, uscendo dalla Stanza con gli amici.
“Allora,
ha accettato?” gli chiese Hermione.
L’amico
annuì con un sorriso.
Ariel
era rimasta nella Stanza completamente sola;
stava tormentando un cuscino con le dita, lo sguardo fisso e assorto.
Non
era stata proprio
una buona idea, era andata contro le regole. Ma che cavolo! Quando mai
lei
aveva seguito le regole?!
ANGOLO
AUTRICE
Mi
sa tanto che ci ha letto la fic di Ino chan ha
iniziato a capirci qualcosa. *mostra un sorriso a trentadue denti*.
Ma
il dubbio su di chi sia figlia Ariel ancora rimane. Ho
visto che, dopo la mia spettacolare uscita di scena della volta scorsa,
molti
di voi hanno iniziato a pensare a Regulus. Devo dire che
l’idea mi alletta ma…
chissà.
Ormai
dovreste aver capito che io sono una che il mistero
non lo toglie mai ma piuttosto continua a infittirlo sempre di
più.
Ebbene,
finalmente sembra che Ariel e Harry si stiano per
mettere insieme. Ho notato anche che c’è una
leggera disputa fra voi lettori su
questa coppia, c’è chi è contento che
stiano insieme e chi invece considera
sacra la coppia Harry/Ginny. A me personalmente piace
quest’ultima coppia però
non trovo niente di male neanche nell’altra.
Adesso
voi direte: ma sei tu l’autrice, devi deciderti
una buona volta.
La
risposta ragazzi miei è: continuate a leggere.
Perché
io ho già decisoJ
*sguardo
fiero*.
INO
CHAN: ehilà!! Finalmente ti risento. Effettivamente avevo
iniziato a preoccuparmi e già avevo pensato di chiamare la
CIA, l’FBI e pure il
detective Conan. xD sono contenta che ti piaccia l’andamento
della storia perché
per ora mi sembra un po’ monotona. Comunque io adoro
descrivere i miei
personaggi originali, secondo me è una cosa bellissima
così si può sapere se
piace anche agli altri e inoltre credo che il personaggio originale
rispecchi
un po’ noi stessi. Per quanto riguarda la coppia Harry/Ariel,
come ho già detto
sopra, io Harry lo vedo bene anche insieme ad altre però non
odio mica la copia
Harry/Ginny, semplicemente non la considero sacra come certe altre (ad
esempio
Lily/James o Remus/Tonks). Ma vedrai, vedrai. Ti dico solo di non
preoccuparti.
Ariel figlia di Regulus? Beh, effettivamente sarebbe un colpo di genio
e devo
dire che l’idea mi piace ma, beh… come
dire… *si tappa la bocca per non far
uscire nulla di più*. Spero di leggere un’altra
tua recensione che mi fa sempre
piacere.
P.S.
sai che hai veramente un bellissimo senso dell’umorismo?
Adoro le persone che sanno scherzare, anche a proprio scapito. J
FEDE15498:
eheheh *sorride malvagia* è proprio ciò che
adoro, far venire dei seri dubbi ai miei lettori e poi svelarli
lasciando tutti
quanti spiazzati. Comunque, Ginny non se l’è
presa, ed è meglio così
effettivamente. Anche io odio quando un’amicizia finisce per
colpa di un
ragazzo, mi sembra una cosa così stupida. Spero di
risentirti. Un bacio, Milly.
STEFANMN:
sì, è vero che io adoro Sirius però
c’è anche
un altro Black che mi piace molto. E non serve mica che tu stia dalla
parte
della coppia Harry/Ginny o Harry/Ariel solo perché ci sto
io, tu scegli pure
quella che vuoi. Io sinceramente non “tifo” per
nessuna delle due, Harry lo
vede bene anche insieme ad altre. Dipende da come mi gira. Ma devi
continuare a
leggere se vuoi scoprire l’arcanoJ
PUFFOLA_LILY:
eh sì, Harry e Ariel si piaccionoJ
però un po’ mi dispiace che
la coppia Harry/Ginny non ti piace, ma vabbè dai. E speriamo
di scoprire presto
anche di chi è figlia questa povera ragazza. *sospira
scuotendo la testa*.
LULI
EVANS POTTER: Ariel è figlia di Regulus o di Sirius?
Questo è il problema. Ammetto che quando stavo leggendo la
tua recensione avevo
proprio un ghigno di pura soddisfazione stampato in volto. Ma sai come
siamo
noi scrittori… muahahaha. Ok, basta se no qua mi sa che mi
strozzi. Spero di
risentirti, un bacio.
|
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Capitolo 10 *** Capitolo nove ***
CAPITOLO
NOVE
Era
arrivato anche il fatidico giorno di San
Valentino di quell’anno
e tutte le
ragazze si stavano preparando ad uscire con i loro fidanzati o quelli
che
semplicemente le avevano invitate ad uscire per diventare poi fidanzati.
E
Ariel era una di queste; non era certo la prima
volta che usciva con un ragazzo, però si sentiva agitata lo
stesso. Forse
perché stava per commettere un errore. Forse
perché aveva paura che sarebbe
finita male.
Harry
la stava aspettando davanti alle porte
d’ingresso e, non appena la vide arrivare, un sorriso gli
sorse spontaneo sulle
labbra. Certo che era proprio bella.
“Andiamo?”
Lei
annuì e gli fece un sorriso dolce in risposta e
i due uscirono dal castello come fecero tanti altri giovani.
C’era
ancora parecchia neve per le strade, ma non si
faceva molta fatica a camminare. Quel giorno inoltre c’era
anche un tiepido
sole che cercava di farsi largo tra le nuvole grigie.
“Dove
andiamo?” gli chiese lei.
“Ti
porto in un posto. Credo ti piacerà”. Rispose lui
semplicemente con un sorriso malandrino.
Ariel
sperò che non la volesse portare da Madam
Piediburro, odiava quel posto; troppo sdolcinato, troppo smielato,
così pieno
di zucchero e miele da farle venire il voltastomaco. Aveva sempre
odiato questo
tipo di cose, così zuccherose.
Dopo
che camminarono per circa venti minuti,
finalmente arrivarono in un posto che lasciò la ragazza
leggermente sbigottita.
Era un luna park, tipo quelli babbani, con giostre di tutti i tipi,
quelle
veloci, quelle tranquille, per bambini e per adulti. E sembrava che
fossero
tutte babbane perché non sembrava ci fosse della magia a
farle funzionare.
Quel
luogo le era terribilmente familiare e, quando
capì perché, le si strinse lo stomaco.
Sì, ci era passata spesso con i suoi
amici quando andavano ad Hogsmeade, nel loro mondo, solo che era
completamente
distrutto con i residui dell’incendio. I Mangiamorte
l’avevano distrutto
proprio perché era babbano. Si era spesso chiesta come
doveva essere quando era
ancora intero ed ecco, adesso aveva la risposta. Era semplicemente
bellissimo,
c’erano un sacco di persone che si divertivano un mondo,
spensierati e allegri
completamente ignari della fine che avrebbe fatto quel posto.
“Allora,
ti piace?” le chiese Harry spostando lo
sguardo nei suoi occhi grigi.
“Sì”.
Gli rispose lei a bassa voce ancora incantata
a guardare quel posto; non sapeva bene perché la attirasse
così tanto. Forse
perché sapeva che prima o poi sarebbe stato distrutto e
quindi voleva goderselo
il più possibile, o forse per la strana sensazione che
provava sapendo che fine
avrebbe fatto.
I
due ragazzi cominciarono ad addentrarsi
all’interno del parco, facendosi largo tra la folla e dovendo
parlare parecchio
ad alta voce a causa della musica piuttosto alta, musica babbana
anch’essa.
Prima
salirono sugli autoscontri continuando
a inseguire Dean e un’altra
studentessa di Hogwarts, venuti lì anche loro per
divertirsi. Harry stava al
volante e Ariel continuava a stringerglisi contro tutte le volte che la
macchina sbatteva contro un’altra per smorzare
l’impatto che faceva col sedile.
Poi,
una volta usciti, l’accompagnò per prendere il
zucchero filato e se lo divorarono insieme ed entrarono persino in una
casa
degli orrori.
“Secondo
me non ce la fai”. Commentò Ariel ridendo
mentre si trovava con Harry davanti ad un bancone pieno di barattoli
vuoti che
dovevi far cadere con una cerbottana per vincere un premio.
“Tu
dici?” le chiese lui con un sorrisetto
malizioso, molto vicino al suo naso.
“Sì,
dico, dico”.
“Non
ti conviene metterti contro di me, bionda”.
“E
allora fammi vedere”.
Il
ragazzo preparò la cerbottana e riuscì a colpire
e far cadere tutti i dieci barattoli senza sbagliare un colpo.
“Visto?
Che cosa ti dicevo?” le chiese lui
strafottente.
“Tutta
fortuna”. Rispose lei arricciando il naso.
“Fortuna
o no, sono stato bravo”.
“Tsk!”
“Complimenti!”
si aggiunse una ragazza minuta, con i
capelli neri che sembrava una zingara e che stava dietro il bancone.
“Che
premio vuoi?”
Harry
spostò lo sguardo verso quella marea di
pupazzi che stavano in bella mostra sia dentro che tutto attorno alla
tenda del
gioco.
Poi
spostò gli occhi sulla ragazza e le chiese.
“Allora, che cosa vuoi?”
Ariel
lo guardò stranita. “Come?”
“L’ho
vinto per te questo gioco. Quindi sceglilo tu
il premio”.
La
bionda sorrise allegra.
“Voglio
l’orso gigante”. Rispose alla fine alla
ragazza dietro il bancone, che glielo porse.
“E’
più grande di te, come farai a portarlo?” le
chiese Harry guardando la ragazza che prendeva il peluches con un
po’ di
fatica.
“Per
questo ho un ragazzo molto forte che risponde
ai miei servigi”.
“Oooh,
che ruffiana!”
Harry
le prese il pupazzo e si diressero ad una
panchina, leggermente più lontano dal tumulto del parco per
potersi riposare e
parlare con calma.
Si
stava già facendo buio e presto sarebbe stata
l’ora di tornare ad Hogwarts, alcuni ragazzi già
si affrettavano per andarsene.
“Grazie,
per oggi”. Iniziò Ariel ma senza guardarlo.
“Mi sono veramente divertita ed era da un po’ che
non succedeva”.
“Prego,
sono contento di esserti stato d’aiuto”. Le
rispose lui con un sorriso dolce, spostando poi l’orso
gigante dall’altro lato
dato che era seduto in mezzo a loro, così che potesse
sedersi più vicino alla
ragazza. “E anch’io mi sono divertito”.
Ad
un tratto i loro visi si fecero più vicini, così
vicini che si potevano quasi sfiorare i nasi e sentirsi i reciproci
fiati sul
collo. Alla fine, Harry decise di togliere tutte le distanze e
baciò la
ragazza, dapprima un bacio leggero e casto, per darle il tempo di
schiudere la
bocca e lasciarlo entrare. Ariel non attese molto e si baciarono con
passione,
desiderando non staccarsi più e che quel momento non
passasse mai.
La
ragazza però sgranò gli occhi rendendosi conto di
quello che aveva fatto; no, non era stata per niente una buona idea. Si
staccò
dalle labbra del ragazzo e lo guardò come se avessero appena
fatto una cosa
sconvolgente.
“Io…
io non…”. Cominciò a biascicare la
ragazza.
“Non avremmo dovuto. Mi dispiace”.
“Cosa?”
fece Harry sgranando gli occhi.
“Scusami…
devo andare”.
La
ragazza fece per andarsene, ma Harry la trattenne
per un braccio.
“Aspetta!
Tu… tu non… non mi vuoi?”
Lei
lo guardò con rammarico e dispiacere; le faceva
tanto male dire tutto quello.
“No,
non è quello… non sei tu, sono io
che…”.
“Ma
risparmiami le scuse, Ariel!” le urlò lui; era
proprio incazzato e Ariel si sentì sprofondare.
“Parla chiaro piuttosto. Se non
mi vuoi, dillo chiaramente e ci leviamo il peso di dosso”.
Harry
si alzò e, riservandole un’occhiata di sbieco,
si allontanò da lei in direzione del castello.
Ariel
era rimasta lì, a guardarlo che se ne andava,
se ne andava via da lei. Era stata una giornata stupenda, bellissima,
si era
divertita come non le era successo da un bel po’ e si era
sentita così bene. Ed
era riuscita a rovinare tutto in pochi attimi, con delle semplici e
stupide
parole. E tutto perché questa volta aveva seguito la ragione.
Sì,
adesso aveva l’umore completamente a terra.
Tutti
i ragazzi erano rientrati da poco al castello
dopo la gita ad Hogsmeade e adesso si stavano dirigendo alla Sala
Grande per la
cena.
Ariel
però decise di non seguire gli altri così,
approfittando della stanza vuota, aveva deciso di rimanerci e di
crogiolarsi
nel suo dolore.
Avrebbe
tanto voluto che adesso ci fossero i suoi
amici o i suoi fratelli, loro sì che avrebbero saputo come
consolarla. E
invece… e invece era completamente sola, sola come non lo
era stata da molto
tempo o forse mai.
Adesso
lo doveva ammettere, era innamorata di Harry;
con lui era riuscita a confidarsi, con lui poteva sia ridere che
piangere, lui
era riuscito a farle riprendere in mano la chitarra e a farla cantare
di nuovo.
Vide
la sua chitarra poggiata in un angolo e la
prese; quello era un altro momento da mettere giù, su un
foglio di carta e
trasformarlo in melodia e musica.
I can be tough
I can be strong
But with you, It’s not like that at all
La
canzone le venne così, di getto, in fondo non era difficile,
bastava solo che
ripensasse a quella giornata e a tutti i momenti che aveva vissuto con
lui,
perché con lui tutto le sembrava più semplice
così come coi suoi amici. Lei
odiava essere sola e sentirsi sola, proprio come in quel momento.
Normalmente
era una ragazza forte e dura, ma non in quel momento.
Theres
a girl who gives a shit
Behind this wall
You just walk through it
Già
da quando lo aveva conosciuto aveva sentito che
c’era qualcosa, aveva iniziato a provare qualcosa per lui.
Anche se finora non
l’aveva capito o forse non l’aveva voluto
ammettere. Però era strano; lei non
si era mai innamorata e non era una tipa da provare quel sentimento.
Lui doveva
aver rotto quel muro, quella corazza che si era costruita.
And
I remember all those crazy thing you said
You left them running through my head
You’re always there, you’re everywhere
But right now I wish you were here
E
adesso? Adesso, che avrebbe fatto? Lui sicuramente
ora l’avrebbe odiata. E dire che con lui si trovava
così bene, avevano un sacco
di cose da raccontarsi. Tra loro ci sarebbe stato del feeling, erano
fatti per
stare insieme perché avevano lo stesso carattere, proprio
come i loro padri.
Damn,
Damn, Damn,
What I’d do to have you
Here, Here, Here
I wish you were here
Dannazione!
Aveva
rovinato tutto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averlo
lì con lei ora. Pur
di avere i suoi amici con lei. Pur di non sentirsi così sola.
I
love the way you are
It’s who I am don’t have to try hard
We always say, Say like it is
And the truth is that I really miss.
ANGOLO
PER MEEEEE!!!
Eccomi
di nuovo qua
spero di aver
aggiornato abbastanza rapidamente e spero anche che questo capitolo vi
sia
piaciuto visto che smaniavate dalla voglia di sapere come sarebbe
andato
l’appuntamento.
Non
bene comunque, o almeno non bene alla fine. Eh, quando si segue la
ragione si
rischia di rovinare sempre tutto.
Però
dai, c’è ancora tempo e chissà se
riusciranno a mettersi insieme finalmente i
nostri due eroi. xD
Bene,
penso di non avere altro da dire, piuttosto voglio che siate voi a
lasciarmi un
commentino.
Comunque
tranquilli, questa volta la canzone che ha cantato Ariel non
è di Taylor ma di Avril Lavigne, Wish you were here. Forse
l’avete già sentita e se
no, andate a vedervi il video che è molto bello come anche
la canzone.
Un
bacio,
Milly.
FEDE15498:
ehi, tranquilla, non ti preoccupare se non ce la fai sempre a
recensire, anch’io
sono piuttosto impegnata in questi giorni. Maledetta scuola!! Comunque
sì, ti
consiglio di leggere la fic di Ino perché è
veramente moooooooooolto bella,
anzi, bella è un eufemismo.
P.S.
com’è andato il compito di letteratura??
PUFFOLA_LILY:
an si? Hai letto la fic di Ino? Beh, allora sì che avrai
capito qualcosa. Purtroppo
però, come hai potuto leggere, l’appuntamento non
è andato molto bene, ma chi sa.
Mai dire mai. Grazie mille per i complimenti, mi fanno veramente un
sacco di
piacere. un bacio.
STEFANMN:
ecco, adesso hai saputo cos’è successo
all’appuntamento. Non è andato bene,
vero?? Comunque sì, hai ragione tu, Harry e Ariel hanno un
bel po’ di cose in
comune e per questo riescono a capirsi. In realtà, poi, non
è che ti toccherà
aspettare molto per scoprire qualcosa su questa
Ariel, diciamo circa quattro o cinque capitoli. Spero tu
abbia pazienza.
JULIET
ANDREA BLACK: eh sì, Jolie è fortissima. La stimo
xD adesso però mi hai messo
veramente paura, dovrò veramente guardarmi attentamente le
spalle, magari
dovrei prendere pure una guardia del corpo :p comunque sono
d’accordo con te
che i Potter e le rosse vadano d’amore e d’accordo,
però anche i Potter e i
Black sono come pane e mortadella, quindi… per il resto,
sono molto felice che
adori questa fic, ma scommetto che è così solo
perché è ispirata a quella di
Ino :p ahaha, spero di risentirti, un beso. M.
P.S.
hai cambiato nick?
|
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Capitolo 11 *** Capitolo dieci ***
CAPITOLO
DIECI
Ariel
era da sola nella Sala Comune di Grifondoro,
seduta su una poltrona, con gli occhi grigi fissi sul fuoco del camino.
Era
passata quasi una settimana da quando aveva
baciato Harry e da quando ci aveva litigato; e da allora le cose erano
andate
proprio male. Il ragazzo non le rivolgeva più la parola,
quando la incrociava o
la evitava completamente o le lanciava occhiate malevole e pure Ron la
ignorava
per
solidarietà verso l’amico. L’unica
del trio con cui aveva ancora un rapporto era Hermione, ma nemmeno
così tanto,
si incontravano più che altro per studiare o per fare i
compiti.
Adesso
stava più che altro con Ginny, Luna o
Neville. E qualche volta scambiava quattro chiacchere con i gemelli.
Ma
andava male… era con il trio che doveva fare
amicizia, erano loro che doveva aiutare per la sua missione, in
particolare
Harry e invece… si era completamente allontanata, o meglio,
loro l’avevano
allontanata. Beh, Harry poteva anche capirlo ed Hermione…
Ariel temeva che
sospettasse qualcosa.
Però
adesso… adesso era arrivato il momento di
rimediare, o almeno di provare a farlo. Ma ci sarebbe riuscita, ne era
sicura,
perché quando Ariel B…Martinez si metteva in
testa qualcosa sapeva sempre come
ottenerla.
Al
diavolo le regole, al diavolo il cercare di
passare inosservati… lei non era mai stata una ragazza che
seguiva le regole,
anzi… non aveva mai seguito la ragione, perché
doveva farlo adesso? Lei agiva
d’istinto, agiva con il cuore e molte volte si trovava
comunque ad aver fatto
la cosa giusta.
In
quel momento si aprì il quadro della Signora
Grassa ed entrò Harry con i capelli scuri scompigliati
più del solito,
probabilmente reduce da una lezione di Occlumanzia con Piton.
Ecco…
era arrivato il momento di entrare in azione.
“Harry!”
lo chiamò prima che il ragazzo potesse
andare nel suo dormitorio ignorandola come al solito.
Lui
si voltò verso di lei lentamente, con una
maschera di indifferenza che però non colpì per
niente la ragazza, o anche se
lo avesse fatto, non lo dimostrò.
“Devo
parlarti”.
“Io
non ho niente da dirti”.
“Infatti
ho detto che io devo parlarti”.
Il
moro non le rispose, forse spiazzato leggermente
dalle parole della ragazza e dal suo tono tranquillo, oppure
perché voleva
semplicemente ascoltarla.
“Mi
dispiace per quello che è successo a San
Valentino. Non dovevo dirle quelle cose. Quel giorno mi sono divertita
moltissimo e sto proprio bene con te. Vorrei che provassimo a…”.
Ariel
improvvisamente si bloccò non sapendo bene
come continuare, non sapendo che parole usare.
“A
che cosa?” la intimò lui a continuare, questa
volta però non indifferente, anzi, interessato.
“A…
stare insieme”. Disse queste parole con tono
leggermente più basso, ma senza spostare gli occhi da quelli
di Harry.
Il
ragazzo non le disse niente, spostò semplicemente
lo sguardo verso un punto imprecisato della stanza; molto probabilmente
stava
pensando a quelle parole, a quella proposta e Ariel desiderò
tanto potergli
leggere nella mente in quel momento.
“Tu
mi nascondi qualcosa?” le chiese lui ad un
tratto. Ma non aveva un tono arrabbiato, né troppo serio.
Era semplicemente
curioso, forse solo attento.
Ma
la ragazza rimase un attimo interdetta… sì, gli
nascondeva parecchie cose. Ma non poteva dirgliele. Non poteva
assolutamente.
“No”.
Gli rispose alla fine, sentendosi un nodo allo
stomaco. Non le era mai dispiaciuto così tanto mentire prima
d’ora.
“Bene”.
le rispose lui avvicinandosi a lei con un
sorriso. “Perché vorrei che la nostra storia fosse
basata sulla sincerità”.
Era
così ingiusto. Almeno a lui avrebbe potuto dire
qualcosa. Ma no, le avevano proibito anche quello. Nessuno doveva
sapere
niente. Ma faceva così male. Non le piaceva mentire sulla
sua identità,
specialmente con lui.
Alla
fine lo baciò; non voleva sentire più niente
che le avrebbe fatto provare rimorsi o pentimenti.
Quando
si staccarono i loro sguardi si incontrarono
incatenandosi con gli occhi, verde con l’azzurro.
“Hai
degli occhi bellissimi”. Le sussurrò lui a
pochissimi centimetri dal suo viso.
Sì,
aveva gli occhi di suo padre e per un attimo
Ariel temette che da questo avesse potuto capire qualcosa.
Ma
per la miseria! Aveva solo quello, di suo padre,
nell’aspetto fisico.
Ariel
e Harry erano seduti sulle rive del Lago Nero,
sotto un salice, lui con la schiena appoggiata al tronco
dell’albero e lei
seduta in braccio a lui.
Stavano
insieme da ormai un mese, dato che era
arrivato pure Marzo portandosi via tutta la neve. Per le prime
settimane a
scuola non si era parlato di nient’altro che della nuova
coppia venutasi a
creare, c’era pure chi aveva fatto le scommesse su quanto
sarebbe durata,
scatenando le gelosie della Chang che aveva ancora una cotta per il
moro.
Non
c’era niente da stupirsi, Hogwarts era popolata
di pettegoloni, c’erano commenti sempre tutte le coppiette,
specialmente se si
trattava di ragazzi o ragazze piuttosto popolari nella scuola e chi
poteva
essere più popolare del Ragazzo Sopravvissuto?
Ma
Harry era abituato che si parlasse di lui e ad
Ariel a volte piaceva stare al centro dell’attenzione.
“Vorrei
tanto che la Umbridge se ne andasse”. Sbottò
ad un tratto il ragazzo, dopo un minuto di silenzio che si era venuto a
creare
fra i due.
“Non
sei l’unico a volerlo”.
“Beh,
è pure peggio di Piton”.
“Perché
non crei un gruppo chiamato Sbarraziamoci
della Donna Rospo con tanto di spille da appuntare sulla
maglietta?”
“Penso
che l’ES possa bastare”.
“Sì,
ma quello non serve per farle capire quanto la
disprezziamo. L’ES alla fine ha un’altra
utilità che è più importante della
Rospa”.
“Sì,
saper combattere Voldemort e i suoi Mangiamorte”.
Harry
si alzò cominciando a passeggiare avanti e
indietro, molto vicino al Lago, così che, se non stava
attento, sarebbe potuto
caderci dentro.
“Ma
dimmi qualcos’altro, piuttosto”. Disse lui ad un
tratto, volendo cambiare argomento.
“Che
cosa?”
“Qualcosa
di te”.
Ariel
deglutì strozzandosi quasi con la saliva, ma
Harry sembrò non accorgersene.
“Mi
hai detto che tuo padre è morto… ma avrai una
madre o un fratello e una sorella?”
“Sì,
ho mia madre e due fratelli”.
“E
che scuola frequentano?”
“Durmstrang”.
Mentì lei. Ma ormai iniziava a farci
l’abitudine.
“E
come si chiamano?”
“James
e Miguel”.
“Prima
hai detto che frequentavi Beauxbatons. Ti
sarai lasciata dietro qualche amica. Non ti mancano?”
“Beh,
qualcuna forse. Ma non mi piaceva molto quella
scuola, per cui non è che abbia avuto grandi rapporti. Sono
stata io a chiedere
di venire a Hogwarts. Ma adesso dimmi tu qualcosa di te”.
Ariel
si accorse che affettivamente di lui non
sapeva molto, se non da quello che le avevano raccontato, mentre gli
altri aveva
avuto modo di conoscerli.
Il
ragazzo però ridacchiò. “Penso che di
me sappia
tutto il Mondo Magico”.
“Loro
sanno di Harry Potter, il Ragazzo che è
Sopravissuto. Ma io voglio sapere qualcosa di Harry”.
La
ragazza gli si era avvicinata e gli aveva rivolto
uno sguardo dolce, uno di quelli che mostrava solo poche volte.
“Che
vuoi che ti dica?”
“Non
so… ad esempio, che ti piace fare?”
“Volare,
giocare a Quidditch, stare con i miei
amici… fare gli scherzi alle persone”. E, dicendo
questo, la prese in spalla e
la buttò nel lago facendola andare a fondo.
“Ma
sei scemo?” gli gridò lei quando riemerse
sputacchiando acqua.
Harry
invece se la rideva della grossa.
“Questa
me la paghi! E adesso mi aiuti ad uscire di
qui!”
Il
ragazzo le porse una mano continuando però a
ridere, Ariel gliela afferrò, ma anziché usarla
per tirarsi su, lo strattonò
per il braccio facendo cadere anche lui.
Quando
riemerse parve un attimo sbigottito.
Questa
volta era il turno della ragazza di ridere,
cosa che fece senza alcun remore.
“Brutta
cafona!”
Cominciarono
a
schizzarsi l’acqua in faccia, continuando a ridere divertiti.
Poi, quando si
fermarono, si abbracciarono e si baciarono, incuranti del fatto che
qualcuno
poteva vederli, pure qualche insegnante che avrebbe potuto metterli in
punizione.
ANGOLO
AUTRICE
Ehilà!!
Mi avete aspettata tanto?? Mi dispiace veramente
tanto ma in questo periodo sono super impegnata. Scusate, dovrete
portare un
po’ di pazienza.
Allora,
beh, come avete potuto constatare, questo
capitolo era dedicato ad Harry e Ariel che finalmente ce
l’hanno fatta a
mettersi insieme. Pensate che durerà?
Beh,
non ho molti commenti da fare, li lascio a voi.
Un
bacio a tutti,
Milly.
P.S.
l’ultima volta mi sono dimenticata di specificare
che il parco giochi babbano in cui vanno Harry e Ariel non esiste nei
libri.
L’ho inventato io e non so dirvi di preciso come mi sia
venuta questa idea. Ma
non mi sembrava male metterci un parco giochi ad Hogsmeade.
FEDE15498:
non ti preoccupare se non sei puntuale, anch’io
sono una ritardataria cronica. Visto che però la scorsa
volta ci eri rimasta
male, adesso penso che invece farai i salti di gioia. J
e per quanto riguarda
Taylor, mi dispiace deluderti, ma sentirai ancora parlare di
lei… ehehehe…
P.S.
bravissima per il compito di letteratura!!!
INO
CHAN: ahahah oddio Piton in giarrettiera e tacchi non
è proprio una bella visione. Santo Godric però,
non pensavo fossi così
attaccata alla coppia Harry/Ginny. Anche a me piace, non dico certo di
no, però
non la considero sacra come quella di James e Lily (infatti,
anch’io piuttosto
che leggermi una Lily/Sev preferirei darmi fuoco). Ma non ti
preoccupare, se
Ariel viene veramente dal futuro, prima o poi dovrà tornare.
Quindi fai tu un po’
i conti. La definizione “amorevolmente pirla” su
Harry ci sta da dio comunque,
ahahaha, però povero, chiunque ci rimarrebbe male e si
incazzerebbe se la
ragazza che ama gli facesse capire che non
possono stare insieme. Spero che lo sportello del frigo sia ancora
lì dove deve
essere, non vorrei mai essere la causa di indigestioni alimentari dei
miei
lettori. Un bacio, M.
P.S.
ahah Jolie!! Fantastica quella ragazza!!! Eh,
vedrai, vedrai… :p
STEFANMN:
sono contenta che lo scorso capitolo ti sia
piaciuto e anche per la canzone di Avril. Fa trapelare un sacco di
emozioni
secondo me, sebbene non molto positive. Un bacio, M.
JULieT
ANDREA BLACK: Ehilà!!! Mi fa proprio piacere che
adori la mia storia, specialmente visto che è ispirata ad
un'altra fic e quindi
non del tutto originale. Cooomunque… Boooooob *arriva un
uomo grande quanto un
armadio che guarda Julier con aria minacciosa scroccandosi le dita*
Bob, ti
presento Juliet, Juliet, ti presento Bob la mia guardia del corpo.
Vediamo se
adesso avrai il coraggio di rapirmi… ehehehe :p
P.S.
sìììì, siamo
telepaticheeee!!!! Bello anche che
abbiamo qualcosa in comune, anche a me piace molto Taylor. Ma questo si
era
capito J
PUFFOLA_LILY:
eh, chi di noi non vorrebbe uscire con
Harry o Sirius o Jame o Remus o Hagrid o Silente… ok, basta,
sto vaneggiando. Ahahah,
vediamo se il tuo presentimento era corretto. Un bacio, M.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo undici ***
ATTENZIONE:
linguaggio scurrile
CAPITOLO
UNDICI
Ariel
stava scendendo tranquillamente le scale dalla
sua Sala Comune; si sentiva allegra quel giorno, finalmente era tornata
a
sorridere.
Ad
un tratto però si era trovata davanti Cho Chang
e, normalmente, la bionda l’avrebbe sorpassata andando
avanti, ma fu il suo
sguardo corrucciato e serio a trattenerla sullo scalino dove si trovava.
“Ti
serve qualcosa?” le chiese allora Ariel con
sguardo curioso.
“Devo
chiarire una cosa con te”.
“Parla
allora”. La spronò la Grifondoro.
“Mi
hai rubato il ragazzo”.
“Io
cosa?”
Ariel
adesso era proprio incredula; non poteva
credere che quella tipa venisse a dirle una cosa del genere.
“Hai
capito bene! Sei solo una schifosa troia!” le
urlò la Corvonero e qualcuno che era di passaggio si
fermò pure a osservare la
scena stupito udendo quelle parole.
Ariel
però, che odiava quando qualcuno la offendeva,
specialmente con delle parole così pesanti, veloce come il
vento, estrasse la
sua bacchetta dalla tasca e le lanciò un incantesimo che la
fece rimbalzare
contro il muro che era dietro di lei.
Cho
però si riprese subito, così anche lei
tirò
fuori la bacchetta. Ma Ariel, che era più preparata e con
dei riflessi
migliori, la disarmò in un batter d’occhio. Le si
avvicinò con uno sguardo
omicida e perfido, sembrava il diavolo fatto persona.
Ma
questo non sembrava spaventare l’altezzosa
Corvonero che, anche senza bacchetta, sapeva come farsi onore e la
prese per i
capelli facendola cadere per terra. Allora, anche la fiera Grifondoro
cominciò
ad attaccare ed entrambe si dettero calci e pugni attirando sempre
più
spettatori, chi spaventato, chi curioso, chi divertito e chi che faceva
scommesse su quale sarebbe uscita vincitrice.
“Harry
è mio!”
“No
è mio! Non è colpa mia se tu non sai tenerti
strette le persone!”
Proprio
in quel momento arrivò il motivo del loro
litigio che, vedendo quella scena e udendo quello che avevano detto,
rimase un
attimo interdetto. Tutti gli occhi adesso si spostarono su di lui.
Alla
fine però si avvicinò alle due ragazze per
staccarle, dato che non voleva si facessero troppo male.
Riuscì ad afferrare la
sua ragazza e a staccarla dalla Corvonero, mentre un altro ragazzo
tratteneva
la mora.
“Ariel
ma che ti è saltato in mente?” chiese allora
alla bionda guardandola un po’ severo.
“E’
stata lei la prima ad attaccarmi!” urlò lei
indicando Cho con sguardo rabbioso.
“Tu
sei stata la prima a tirar fuori la bacchetta”.
Fece l’altra di rimando.
“Ma
tu mi hai chiamata troia!”
“Perché
lo sei!”
“Chiudi
quella fogna che hai per bocca, cogliona!”
“Cogliona
a me?!”
“Ok,
ora basta!” cercò di calmarle Harry che stava
ancora cercando di trattenere Ariel dato che voleva di nuovo buttarsi
sulla
Corvonero.
“Lei
non ha alcun diritto di offendermi né di venire
a dirmi che le ho rubato il ragazzo”. Gli spiegò
la bionda senza però abbassare
la voce; era meglio se se ne andavano via tutti prima che qualche prof.
passasse di lì.
“Va
bene, adesso è meglio che ognuno torni alle
proprie faccende”. Concluse Harry alla fine, leggermente
stanco di tutto quel
gridare.
“Ma…”.
Cercò di protestare Ariel, così il ragazzo se
la mise in spalla come un sacco di patate e la portò fin nel
suo dormitorio
dove per fortuna non c’era nessuno.
La
mise seduta sul letto mentre lui le si
inginocchiò davanti e cominciò a controllarle i
graffi che aveva sulle braccia.
La
ragazza aveva tutti i capelli spettinati e un
viso corrucciato; sembrava essersi calmata adesso, doveva aver sbollito
la
rabbia, almeno in parte o forse era Harry che era riuscito a calmarla
un po’.
“Non
è niente”.
Borbottò lei allora
quando la
mano del ragazzo si fu spostata su un livido che aveva sotto
all’occhio, ma si
vedeva che un po’ le faceva male dato che si era leggermente
spostata come se
avesse preso una scossa.
Lui
allora, senza dirle niente, prese del ghiaccio
dal bagno e glielo mise sul livido per evitare che si gonfiasse.
“Dovevi
per forza picchiarti con Cho?”
“Lei
mi ha detto che le ho rubato il ragazzo e mi ha
chiamata troia”.
“Meno
male che non è passata la Umbridge”.
La
ragazza scrollò semplicemente le spalle.
Harry
allora le sorrise, un sorriso al contempo sia
dolce che malandrino.
“Sei
la mia piccola malandrina tu”. le sussurrò
all’orecchio prima di baciarla con passione facendola
sdraiare sul letto.
Approfondirono
sempre di più quel bacio, le loro
lingue erano impegnate in una danza piuttosto contorta ma passionale e
sembrava
che non si volessero più lasciare.
Alla
fine Ariel, approfittando del fatto che il
ragazzo era sopra di lei, prese a slacciargli la camicia con mano
esperta, come
se lo avesse già fatto prima, però lui le
afferrò la mano per bloccarla.
“Ti
prego, Harry, facciamolo”. Lo supplicò lei
guardandolo con i suoi profondi occhi grigi.
“E’
la tua prima volta?” le chiese lui con voce
leggermente roca.
Lei
scosse la testa così il ragazzo si sentì
più
libero di andare avanti.
E
ricominciarono a baciarsi di nuovo e, man mano che
si toglievano i vestiti, andavano sempre più giù.
Mezz’ora
più tardi, erano entrambi sdraiati nel
letto, completamente nudi con solo il lenzuolo a coprirli.
Lui
aveva un braccio dietro le spalle di Ariel e lei
una mano appoggiata sul petto leggermente muscoloso di Harry.
Non
dicevano niente, se ne stavano in silenzio, con
un po’ di fiatone come se avessero appena corso.
Però si sentivano soddisfatti,
entrambi.
Ad
un certo punto la porta della stanza si aprì
facendo sbucare la testa
rossa di Ron
che rimase lì sulla soglia leggermente sbigottito.
“Che
state facendo?” chiese alla fine.
Ariel
gli tirò un cuscino senza però riuscire a
beccarlo datp lui si era spostato.
“Esci,
testa di rapa!” gli gridò allora la ragazza;
era divertita però non arrabbiata. Il ragazzo comunque se ne
andò, conoscendo
abbastanza Ariel da sapere che non doveva provocarla.
“Dovremmo
metterci un cartello la prossima volta”.
Disse lei rivolta ad Harry una volta che la porta fu di nuovo richiusa.
“Sì,
scrivendoci magari Attenzione! Attività
sessuali in corso”. Rispose lui sarcastico.
Lei,
ridendo divertita, gli montò sopra dandogli un
altro bacio, questa volta però più leggero e
casto.
“Ti
amo”. Gli sussurrò a pochi centimetri dalla
bocca.
SPAZIO
AUTRICE
Uuuuh
abbiamo assistito anche ai calori bollenti di Harry
e Ariel. Ahah, spero di non aver sconvolto nessuno :p
Siete
contenti comunque che abbia aggiornato oggi? Eh, ho
deciso di essere buona e di farvi un bel regalo in questo sabato un
po’ grigio
(almeno da me). Ahaha no, la verità è che questo
sabato, strano ma vero, non
sono uscita così, io e Jimmy, ovvero il mio fantastico Pc
(sì, ho dato un nome
al mio computer, che c’è di strano?
>.<), abbiamo deciso di aggiornare
tutte le nostre fic in corso.
Mi
scuso con tutte le fan di Cho per la pessima figura
che le ho fatto fare. Sinceramente non so perché mi venga
sempre da trattarla
così male, in realtà la Row la descrive come una
ragazza dolce e sensibile, ma
a me viene sempre da farla come una sfigata racchia rompipluffe. Boh.
Vabbè,
spero comunque che questo capitolo via sia
piaciuto sebbene non succeda niente di particolare, ma come vedete
questi
capitolo mi servono un po’ per presentare Ariel.
Presto,
ovvero fra quattro o cinque capitoli, ci sarà
finalmente la grande scoperta, verrà fuori il segreto di
Ariel e scopriremo di
chi è figlia.
Visto
però che state morendo dalla voglia di saperlo o
quantomeno di riuscire ad avere qualche informazione in più
per farvi un’idea
sulla sua misteriosa famiglia, vi lascio un indizio. Provate a pensare
ai suoi
fratelli… James e Miguel non sono i loro nomi completi e, se
avete letto la fic
di Ino… *sbatte la testa sul muro per non dire
più niente*. Basta, basta, ho
già detto troppo.
Adesso
vi lascio, godetevi questo fine settimana.
Un
beso,
Millyray.
FEDE15498:
eh, chi lo sa come la prenderà Harry quando
scoprirà che Ariel gli ha mentito. Se continuerai a leggere
lo scoprirai :P
comunque lo scherzo che ha fatto Harry ad Ariel lo trovo piuttosto
divertente
però posso capire che chi si trova vittima non la pensi
altrettanto. E certo
che ti puoi unire al club “sbarrazziamoci della donna
rospo”, siamo un gruppo
sempre in crescita e adesso stiamo provvedendo a creare le spille. Se
leggerò
un’altra tua recensione ti darò il foglio con
delle semplici regole :P un beso,
M.
INO
CHAN: *guarda con aria perplessa i pezzettini di
frigorifero sputati da Ino* stai tentando di farmi sentire in colpa,
per caso? Beh,
adesso ti ripago con la stessa arma… Juliet ha ragione, non
aggiorni mai!! *le
fa una pernacchia* ahah, no dai, a parte gli scherzi, posso benissimo
capire se
non hai tempo per aggiornare più spesso le tue storie,
d’altronde nemmeno io
riesco ad aggiornare più di una volta la settimana. Comunque
ho letto l’ultimo
capitolo di I lost my home che hai pubblicato, anche se non ho
recensito, ma
tanto sai già quale sarebbe il mio commento: che la tua
storia è fantastica,
che amo i personaggi, che non vedo l’ora di sapere che cosa
succederà ecc… ma
tornando alla mia storia, effettivamente hai ragione su Harry e Ariel,
però per
adesso non voglio svelare niente, devi solo continuare a seguire e lo
scoprirai…
:P si capisce perfettamente che tu ami le storie corali,
però devi sapere che
in genere io mi concentro su un personaggio in particolare,
specialmente all’inizio.
Ma non ti preoccupare, andando avanti ci saranno molti altri personaggi
e
quindi l’occhio della fanfiction, come lo chiami tu, si
amplierà. Spero di
risentirti, un bacio. Milly.
JULIET
ANDREA BLACK: *Bob brandisce una mazza in modo
molto ma molto ma molto ma molto minaccioso* adesso non si
farà più trattare
come l’altra volta, mi spiace cara. :D comunque non credevo
che la mia storia
ti avesse influenzata così da fartici pensare addirittura a
scuola. Certo,
anche a me a volte capita, due volte durante la lezione di filosofia,
mi è
venuto un colpo di ispirazione che sono quasi saltata sulla sedia.
Però non
vorrei essere responsabile dell’abbassamento della tua media
perché, anziché prendere
appunti, ti metti a pensare ad Ariel e ai suoi possibili parenti :p
comunque mi
fa piacere che anche tu odi le Lily/Severus perché
ultimamente trovo sempre più
fan di questa coppia e mi viene ogni volta la pelle d’oca e
una terribile
orticaria solo a pensare a loro due insieme *inizia a grattarsi
dappertutto e
poi le vengono anche le convulsioni*. E grazie per aver detto che sono
fantastica ehehe. Siamo tutti fantastici e coccolosi come Harry. Eh
sì, carini
e coccolosiJ
ok,
penso di avere detto tutto, non sono una che si dimentica le cose come
te o che
spegne il computer cancellando tutto. ehehe. Spero di risentirti, un
bacio, M.
P.S.
ma sai che mi diverto sempre un mondo a leggere le
recensioni tue e di Ino? Ahaha
PUFFOLA_LILY:
bene, mi fa piacere che li trovi bene
insieme Ariel e Harry e spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Un
bacio e
alla prossima. M.
STEFANMN:
beneeeeee, Milly essere molto contenta che a
stefan piaccia storia. Ok, torniamo seri. Beh, che dire…
continua a seguirmi e
a leggere delle avventure dei nostri giovani eroi. *si unisce al
trenino dei
lettori per ballare la conga*.
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Capitolo 13 *** Capitolo dodici ***
CAPITOLO
DODICI
E
anche Pasqua era passata ma non aveva affatto
portato buone nuove; anzi, la situazione ad Hogwarts era peggiorata.
L’Esercito
di Silente era stato scoperto dalla
Umbridge e la Donna Rospo aveva creduto che fosse stata tutta
un’opera del
preside della scuola, quella di creare un’organizzazione
segreta. Il professore
però, non aveva di certo confermato il contrario e tutto per
proteggere i suoi
studenti.
Così
era stato costretto a scappare per non essere
trascinato ad Azkaban dal Ministro della Magia e la Umbridge era
diventata la
nuova Preside di Hogwarts, facendo più danni di quanti non
ne aveva fatti
prima.
Aveva
fatto appendere da Gazza un sacco di nuovi
decreti e leggi che praticamente vietavano qualunque cosa; Hogwarts
sembrava
essere diventata un centro di correzione più che una scuola.
Non
potevi nemmeno portare la camicia fuori dai
pantaloni o baciarti con la tua ragazza senza venire punito o senza che
sottrassero dei punti alla tua casa.
E
naturalmente nessuno era contento di tutto questo,
nemmeno i professori.
Ariel
e Harry si stavano dirigendo, mano nella mano,
verso la Sala Grande, dopo che erano appena stati a trovare Hagrid,
quando
all’improvviso si trovarono davanti Malfoy e il suo brutto
cipiglio.
“Ma
che bello, lo Sfregiato e la sua nuova
amichetta. Sicuramente ora vi state disperando come dei matti per la
mancanza
del vostro caro Silente”.
“Chiudi
il becco, Malfoy!” gli abbaiò Harry che
stava iniziando leggermente a incazzarsi, come succedeva sempre quando
incrociava il Serpeverde, ultimamente.
“E
perché dovrei farlo? Perché me lo chiedi
tu?”
Malfoy iniziò a ridacchiare sguaiatamente come se avesse
fatto una battuta
molto divertente.
“Senti
Furetto, ti conviene sparire se non vuoi fare
una brutta fine”. Lo avvisò Ariel parendo
però piuttosto tranquilla, anzi,
forse solo un po’ scocciata.
“Oh,
adesso pure una ragazzina si mette a
minacciarmi. Pensi di farmi paura?”
“Beh,
ti converrebbe averne. In genere non sono una
che scherza”. Adesso però il tono della ragazza
era diventato minaccioso.
Il
Serpeverde ricominciò a ridere come se trovasse
tutta quella cosa ridicola e divertente.
“Malfoy,
torna a leccare il culo alla Umbridge. Noi
abbiamo di meglio da fare”. gli suggerì Harry
trascinando con sé la ragazza
prima di essere tentato a tirar fuori la bacchetta.
Quando
arrivarono in Sala Grande per il pranzo si
sedettero al tavolo al quale erano già seduti Ron ed
Hermione, che stavano di
nuovo bisticciando per qualcosa, ma appena i due ragazzi arrivarono,
smisero
immediatamente.
“Guardatela!
Si comporta come se fosse la regina del
castello”. Biascicò Harry osservando la Umbridge
che se ne stava seduta nella
sedia in cui di solito sedeva
Silente e
guardava tutta la sala con il suo falso sorriso da dolce nonna che
cucina i
biscotti. Ma dietro a quella finta facciata si potevano notare
l’arroganza e la
voglia di potere.
“Mi
dà così sui nervi!” aggiunse Ron mentre
anche
lui spostava lo sguardo sulla nuova preside.
“E
gli unici che sembrano contenti sono i
Serpeverde”.
“Dovremmo
darle una lezione”. Propose Ariel.
“Di
che tipo?” le chiese Ron interessato.
“Farle
dei dispetti”.
“Non
vi conviene. Vi metterebbe in punizione o vi
espellerebbe”. Fece notare Hermione che come al solito non
amava infrangere le
regole. Inoltre quell’anno era un Prefetto.
“No,
se non ci scopre. Non sarebbe la prima volta
che faccio degli scherzi a un insegnante”. Disse la bionda
mentre si scambiava
un sorriso malandrino con Harry.
Quel
pomeriggio un sacco di studenti si erano
radunati per osservare con interesse e curiosità qualcosa
che si trovava sul
muro di fronte alle porte della Sala Grande.
Ad
un certo punto erano arrivati anche gli
insegnanti con la Umbridge in prima fila e, non appena si era
avvicinata era
impallidita tutto d’un botto.
LA
UMBRIDGE E’ UNA ROSPA INCAPACE DI GESTIRE UNA
SCUOLA E CHE PIUTTOSTO DOVREBBE ANDARE A SGUAZZARE IN UNO STAGNO
FANGOSO.
Questo
si poteva leggere sul muro, scritto a
caratteri cubitali e in più colori, in una scrittura
perfettamente leggibile.
C’era chi rideva divertito, come la maggior parte che odiava
la Umbridge e
altri che invece temevano i guai nei quali si sarebbero potuti cacciare
anche
se non erano stati loro.
C’era,
però, persino chi era arrabbiato come i pochi
che invece l’adoravano.
“Chiunque
sia stato, è stato un genio!” dissero Fred
e George che si trovavano in un angolo ad ammirare quella scritta
insieme a
Harry, Ariel, Ron ed Hermione.
I
due innamorati allora iniziarono a ridere e a
lanciarsi occhiate complici.
I
gemelli allora li guardarono, dapprima stupiti, e
poi con due sorrisoni enormi anche loro, avendo capito che
cos’era successo.
“Se
vi scopre sarete in guai seri”. Li avvertì
Hermione con sguardo ammonitore.
“Dai
Hermione, non essere così pessimista”. Disse
George.
“Sono
stati grandiosi”. Aggiunse Fred.
All’improvviso
la Umbridge cominciò a parlare e non
si poteva di certo fare a meno di ascoltarla, dato che si era incantata
la voce
per poter essere udita chiaramente da tutti e probabilmente anche in
tutte le
stanze della scuola.
Disse
che avrebbe fatto perquisire tutte le camere
da letto e tutti gli studenti per scoprire il colpevole di quello che
lei
considerava reato, dato che si capiva perfettamente che la scritta era
stata
fatta con delle bombolette spray babbane.
“Ok,
adesso siete fregati”. Disse Hermione in tono
Io-ve-l’avevo detto, ma non riuscendo a nascondere la
preoccupazione per i suoi
amici.
“Hermione,
pensi veramente che siamo così stupidi da
non nascondere l’arma del crimine?” le fece notare
Ariel con un sorriso
malandrino e orgoglioso.
“E
di certo non andremo a dire in giro che siamo
stati noi”. Aggiunse Harry.
Erano
passate un paio di settimane dallo scherzo
della scritta sul muro e la Umbridge non aveva ancora scoperto chi era
stato;
aveva perquisito tutte le stanze e aveva pure interrogato qualche
studente, ma
tutto invano, sembrava pure che ci stava per rinunciare.
Ariel
e Harry intanto, erano riusciti soltanto a
farle un altro scherzo, mettendole del lassativo nella tazza del suo
thè
pomeridiano, facendola correre in bagno per quasi tutto il giorno.
Però,
quella sera, avevano in programma di farle
saltare di nuovo i nervi, approfittandone anche per divertire gli
studenti.
And that’s why I smile. It’s been a while
since everyday and
everything has felt this right.
And now you
turn it all around .
And suddenly you’re all I need the
reason why,
I-I-i-i- smi-i-i-ile
Si
sentiva provenire dal cortile di Trasfigurazione
qualcuno che cantava e suonava una canzone allegra e vivace; Ariel si
trovava
al centro di un palco improvvisato, con in mano un microfono e saltando
di qua
e di là mentre dava sempre più forza alle sue
corde vocali. Indossava soltanto
un paio di pantaloncini corti, calze a rete, un top e i capelli adesso
erano
adorni anche di un sacco di meches verdi chiaro oltre a quella rosa e
gli occhi
pieni di matita nera.
Dietro
di lei si trovavano Fred e George alla
batteria, mentre un sacco di studenti si erano radunati attorno al
palco per
assistere al mini concerto ballando e scatenandosi. Harry se ne stava
vicino al
palco insieme a Ron. L’aveva aiutata a organizzare quel mini
concertino, era
suo complice, quindi la Umbridge avrebbe potuto mettere in punizione
anche lui.
Ma poco gli importava.
All’improvviso,
però, si interruppe per poi, neanche un minuto dopo,
incominciare con un’altra
canzone, più allegra e rokeggiante di prima. Un paio di
strumenti, come una
chitarra elettrica, erano stati incantati per suonare da soli.
You say that
I'm messing with your head (yeah yeah yeah yeah)
All cuz I was
making out with your friend (yeah yeah yeah yeah)
Love hurts
whether it's right or wrong (yeah yeah yeah yeah)
I can't stop
cuz I'm having too much fun (yeah yeah yeah yeah)
You're on your
knees, begging: “please, stay with me”
But honestly I
just need to be a little crazy
All my life
I've been good, but now
I’m thinking:
“what the hell!”
Adesso
Ariel
era scesa dal palco e aveva cominciato a saltare sul prato, i ragazzi
che si
spostavano per farla passare, sempre cantando con il microfono in mano.
Beh,
non era certo la prima volta che faceva dei mini concertini e si
divertiva
sempre un sacco a farli.
All I want is
to mess around
And I don't
really care about
If you love me
If you hate me
You can save me
Baby, baby
All my life
I've been good, but now
Whoooooooa what
the hell!
What? What? What the hell!
Si
sarebbe
divertita a cantarla di fronte alla Umbridge, ma in quel momento non
c’era e
forse per il momento era anche meglio. Voleva finirla quella canzone,
visto che
era una delle sue preferite e delle migliori che secondo lei aveva
scritto.
So what if I go
out on a million dates? (yeah yeah yeah yeah)
You never call
or listen to me anyway (yeah yeah yeah yeah)
I'd rather rage
than sit around and wait all day (yeah yeah yeah yeah)
Don't get me
wrong, I just need some time to play (e-yea)
You're on your
knees, begging: “please, stay with me”
But honestly I
just need to be a little crazy
All my life
I've been good, but now
I’m thinking:
“what the hell!”
Risalì di nuovo
sul palco andando vicino al suo ragazzo che si stava scatenando con la
chitarra
elettrica.
Non gli ci era
voluto molto per imparare ad usarla. Glielo aveva insegnato Ariel,
almeno le
note principali che servivano per suonare quelle canzoni.
All I want is
to mess around
And I don't
really care about
If you love me
If you hate me
You can save me
Baby, baby
All my life
I've been good, but now
Whoooooooa
what the hell!
All’improvviso
però, era arrivata la Donna Rospo che si era avvicinata al
palco mentre tutti
gli altri studenti si spostavano spaventati per farla passare e
c’era pure chi
era scappato.
Ma i ragazzi
non avevano smesso di suonare, anzi Ariel si era avvicinata a lei e le
stava
pronunciando le parole della canzone a poca distanza dalla faccia, per
niente
intimorita dal fatto che stava diventando rossa per la rabbia.
Così
la
professoressa, vedendo che non accennavano a fermarsi, con un colpo di
bacchetta zittì tutti quanti gli strumenti e solo allora la
ragazza smise di
cantare.
“Ma
non avevo
ancora finito!” si lamentò Ariel.
“E non le
converrebbe nemmeno finire se non vuole cacciarsi in un brutto guaio,
signorina
Martinez”. Fece la Umbridge cercando di mantenere un tono
calmo ma si vedeva
che stava per diventare isterica. “Lei non ha proprio alcun
contegno”.
“Ma non stavo
facendo niente di male”.
“E
non osi rispondermi!” gridò allora la
preside
come se si fosse lasciata improvvisamente andare al moto di rabbia.
“E le pare
questo il modo di vestirsi a scuola? Dovrei espellervi tutti!”
Soltanto
allora
i ragazzi si zittirono ma non lasciarono intendere di essere
spaventati, sempre
se lo erano.
“Quindi
verrete
nel mio ufficio, ora!” Concluse alla fine Umbridge, tornando
di nuovo calma,
come se avesse dato tutto lo sfogo alla sua rabbia e al suo isterismo.
“Voglio mostrare
che cosa succede ai bambini disubbidienti che cercando di andarec
contro le
regole. Oh, non la passerete liscia”.
I
tre ragazzi
si misero a seguire la Umbridge con la coda tra le gambe e delle
espressioni
mogie e fintamente dispiaciute e preoccupate. O quanto meno per quanto
riguarda
Fred e George. Ariel, invece, afferrò Harry per un braccio e
così anche lui fu
costretto a unirsi alla processione.
ANGOLO
DELL’ AUTRICE
PAZZA O MEGLIO… COMPLETAMENTE ANDATA
Ma
come mi è uscito
questo capitolo?? Bo…. *si sente intimorita sotto lo sguardo
dei lettori che la
guardano come fosse appena uscito dal reparto malattie mentali del
S.Mungo*.
Sarà colpa del bicchierino di grappa che ho mandato
giù. @__@
Ooook…
sorvoliamo.
Allora,
piccolo
chiarimento sul capitolo precedente. Ho visto che un paio di voi hanno
avuto da
ridire su quel Ti amo fra Harry e Ariel. Beh, effettivamente forse il
Ti amo
era un pochino esagerato, specialmente tra due adolescenti. Ma appunto,
sono
solo adolescenti e io credo che i giovani diano un po’ per
scontato queste
parole e questo sentimento. E comunque, i due ragazzi non stavano
insieme
proprio da poco, diciamo da circa un mese se non di più,
dato che si sono messi
poco dopo S.Valentino e lo scorso capitolo era ambientato in primavera
mi pare,
quindi marzo inoltrato se non quasi aprile. Inoltre, vi confesso, che
io con le
scene d’amore non ci so fare tanto. Ogni volta che le scrivo,
o mi viene
qualcosa di erotico o qualcosa di troppo smielato con delle frasi
esagerate da
far strappare i capelli persino a me.
Ma
ora torniamo a
questo capitolo… beh, sono iniziati anche gli scherzi alla
Donna Rospo. Le canzoni
che canta Ariel sono alcune strofe di Smile
e What the hell, entrambe di Avril Lavigne. E secondo voi, i ragazzi
verranno espulsi?
Inoltre,
so che non
l’ho scritto prima, è che mi è venuto
in mente soltanto oggi: ho deciso di
mettere un secondo nome ad Ariel, Pandora, vi piace?
Ultima
cosuccia prima
di andarmene… riuscite a chiarirmi un dubbio? Qual
è il cognome da ragazza di
Alice Paciock?
Grazie
mille, un
bacio a tutti.
M.
P.S.
ho deciso di
aumentare il rating della storia. Da giallo è passato ad
arancione.
FEDE15498:
eh sì, ho
dato un nome al mio pc perché gli voglio troppo bene. io ho
scelto Jimmy per il
mio smisurato amore per il nome James (Jimmy è un
diminutivo). Grazie per il
commento, spero di risentirti, per quanto la scuola te lo permetta. E
io posso
capirti -.-
PUFFOLA_LILY:
ahah,
contenta di averti fatta divertireJ
grazie per il
commento, come sempre adoro leggere le tue recensioni. Un bacio, alla
prossima
M.
INO_CHAN:
ciao
carissima, che bello sentirti. Grazie mille per il commento, mi fa
sempre
piacere sentire che cosa pensano gli altri. Sono una persona molto
aperta anche
a sentire le opinioni altrui. Comunque, per quanto riguarda quel Ti
amo, ho già
risposto sopra e non mi va di stare qui a ripetermi. Un bacio, spero di
risentirti cara M.
JULIET
ANDREA BLACK:
oh bene, sono contenta di aver trovato un’altra che odia le
Lily/Severus. Io sono
come Ino. Per me James è di Lily e di
nessun’altra. Punto. Comunque, ahah, non
sai quanto mi sono divertita a leggere dei tuoi mille dubbi *si sfrega
le mani
in modo molto soddisfatto come fanno le mosche*. Oddio, forse questa
non era
una cosa bella da dire O_O meglio che inizi a correre. Ma non ti
preoccupare,
presto i misteri verranno svelati. Mi dispiace comunque che quel Ti amo
ti
abbia lasciata di stucco, ma ho già risposto sopra,
quindi… spero di
risentirti, un bacio. M.
STEFANMN:
ehm no, non
hanno perso la verginità, almeno per quanto riguarda Ariel.
Lei lo aveva detto,
infatti, per questo Harry non ha esitato così tanto.
Comunque secondo me, non è
una cosa così importante, se lo avessi descritto nei
dettagli, allora sì che
sarebbe stato sconvolgente. Dovresti leggere i capitoli futuri per capir
|
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Capitolo 14 *** Capitolo tredici ***
CAPITOLO
TREDICI
Alla
fine non erano stati espulsi. La McGranitt era
riuscita a convincere la Umbridge a non buttare fuori dalla scuola i
quattro
studenti della sua casa. In compenso però si erano beccati
una punizione che
non era ancora finita e che non si sarebbero scordati tanto in fretta.
Ariel
ora si trovava nel corridoio di fronte alla
Sala Grande che passeggiava avanti e indietro senza sapere bene che
fare.
Harry
aveva l’esame di Storia della Magia e lei era
venuta lì per aspettarlo, sentendosi però una
strana sensazione nello stomaco.
Forse era dovuta al fatto che tra un po’ la scuola sarebbe
finita e lei non
sapeva che cosa avrebbe fatto tutta l’estate, da sola,
né dove sarebbe andata.
Beh, aveva già un’idea di dove poteva andare ad
alloggiare però avrebbe dovuto
mentire agli altri.
Intanto
cercava di distrarsi con altri pensieri; le
venne da sorridere ricordandosi come, pochi giorni fa, Fred e George
avevano
abbandonato la scuola volando sulle scope e lanciando fuochi
d’artificio
dappertutto lasciando un bel ricordo di sé e facendo di
nuovo impazzire la
Donna Rospo.
Lei
sapeva che lo avrebbero fatto, glielo avevano
già raccontato, così come sapeva che cosa sarebbe
successo dopo, quando Harry
fosse uscito tutto trafelato fuori dalla Sala e dove sarebbero andati,
anche
quello le avevano raccontato.
Ma
non sarebbe successo niente di male, anzi, in
fondo sarebbe andata bene, il Ministro avrebbe avuto la prova che
Voldemort era
tornato. Però la brutta sensazione allo stomaco non riusciva
a togliersela.
All’improvviso
la porta della Sala Grande si aprì e
la ragazza vide uscire Harry leggermente pallido e sconvolto.
“Harry,
che è successo?” gli chiese
avvicinandoglisi. Sapeva benissimo che cos’era successo ma
non poteva certo
farglielo capire.
Il
ragazzo spostò i suoi occhi verdi leggermente
sofferenti su di lei e poi la trascinò a sedersi su una
panchina con lui.
“Ariel,
devo dirti una cosa”. Iniziò lui e sembrava
che sarebbe veramente andato in panico. “Hai presente Sirius
Black? Ecco, lui è
il mio padrino e non ha ucciso nessuno. Adesso è al
Ministero con Voldemort e
io devo aiutarlo…”.
“Anch’io
devo dirti una cosa su Sirius Black…”. Lo
interruppe lei. Non sapeva come quelle parole le erano uscite,
né perché le
avesse pronunciate. Le erano semplicemente venute così,
forse perché era stanca
di mentirgli o forse perché si era resa conto che ormai la
verità doveva venire
fuori.
Vennero
però interrotti dall’arrivo di Ron ed
Hermione.
Harry,
Ariel, Ron, Hermione, Ginny, Luna e Neville
si trovavano al Ministero della Magia, più precisamente
nell’ufficio misteri e
avevano appena ascoltato la voce sibilante e gracchiante della Cooman
che, a
quanto pareva, era uscita da una Profezia riguardante Harry.
Fino
a lì erano stati fortunati, non avevano
incontrato nessuno che li aveva ostacolati, a parte la Umbridge della
quale
però erano riusciti a sbarazzarsi grazie ai Centauri e
volare fino a lì sui
Thestral.
Di
Sirius e Voldemort però, ancora nessuna traccia.
“Bene,
bene, bene”. si sentì all’improvviso una
voce
maschile che nascondeva un tono soddisfatto. “Così
mi semplificate le cose”.
I
ragazzi si strinsero l’un l’altro al centro della
stanza quando si accorsero di essere circondati dai Mangiamorte, tutti
quanti
con le bacchette sguainate e puntate contro gli aggressori.
All’improvviso
una Mangiamorte iniziò a ridere e,
quando si voltarono, scoprirono che si trattava di Bellatrix, col volto
interamente scoperto, a differenza dei suoi compagni. Ma lei non aveva
bisogno
di mascherarsi, sapevano ormai tutti che era una fiera seguace di
Voldemort.
“Dov’è
Sirius?” chiese Harry ai Mangiamorte cercando
di essere minaccioso.
“Sai
Potter, dovresti imparare a riconoscere la
differenza tra sogno e realtà”. Parlò
di nuovo la voce maschile di prima,
sempre con quel tono calmo. “Adesso dammi la
Profezia”.
Ad
un tratto i ragazzi lanciarono un incantesimo
dalle loro bacchette facendo cadere tutti gli scaffali con le sfere di
vetro
per rallentare i Mangiamorte e poter scappare.
Si
divisero tutti quanti, ciascuno inseguito da
almeno un individuo mascherato, riuscendo a tener loro testa, grazie
alle
lezioni che avevano seguito nell’Esercito di Silente.
Luna
però, senza sapere come, si era ritrovata messa
all’angolo; avanti non poteva andare perché
c’era il muro e dietro di lei c’era
un Mangiamorte con la bacchetta alzata e lo sguardo minaccioso sebbene
fosse
celato dalla maschera. La ragazza comunque riusciva ad avvertirlo.
Così non
sapeva più da che parte andare. Però aveva ancora
la bacchetta e sapeva usarla.
Il
Mangiamorte venne scagliato contro il muro da un
potente Schiantesimo che molto probabilmente l’aveva pure
fatto svenire.
Ma
non era stata la biondina a lanciarlo. Quando si
voltò per vedere chi era stato, trovò un ragazzo
piuttosto alto, muscoloso, con
i capelli di uno strano color blu elettrico. Non lo aveva mai visto
prima
d’ora, ma capì immediatamente che stava dalla
parte dei buoni.
Ginny
invece si era trovata circondata da due
Mangiamorte, mentre un terzo lo aveva già steso. Ma questa
volta sarebbe stato
più difficile perché, se attaccava uno
l’altro avrebbe attaccato lei e
attaccarli tutti e due insieme non era in grado. Mentre cercava
un’altra via di
fuga però, vide i due uomini mascherati volare lontano da
lei ai lati opposti
della stanza senza che però lei avesse mormorato nessun
incantesimo. Vide però,
poco distante da lei, un ragazzo alto, coi capelli scuri che, non
appena lei si
voltò a guardarlo, le rivolse un sorriso sghembo molto
attraente.
Ma
da dove era sbucato? Si chiese, non lo aveva mai
visto prima d’ora. Ma se l’aveva aiutata non poteva
essere cattivo.
Neville
invece era caduto a terra insieme alla sua
bacchetta che era rotolata non troppo distante da lui ma che non poteva
prendere perché un Mangiamorte si trovava sopra di lui e gli
stava puntando
contro la bacchetta, pronto a colpirlo.
All’improvviso
però lo vide cadere e si dovette
spostare perché non gli precipitasse addosso. Dietro al
Mangiamorte si trovava
una ragazza con lunghi capelli rossi leggermente ondulati e
un’aria veramente
minacciosa. Doveva essere stata lei a colpire il Mangiamorte, ma il
ragazzo non
sapeva proprio chi fosse, né da dove fosse venuta fuori.
Però
era stata brava a mettere K.O. quel tipo.
“Metti
giù le mani dalla mia ragazza!” gridò
Harry
contro il Mangiamorte che aveva scoperto essere Lucius Malfoy e che
aveva
afferrato Ariel puntandole contro la gola un pugnale.
Erano
finiti tutti quanti in una strana stanza in
cui al centro c’era soltanto un arco dal quale provenivano
dei strani mormorii che
potevano udire solo Harry e Luna.
Tutti
gli amici del Bambino Sopravissuto erano stati
afferrati dai Mangiamorte mentre davanti a lui si trovava appunto
Malfoy che
teneva la sua ragazza.
“Dammi
la Profezia, Potter!” gli disse il
Mangiamorte. “Oppure dovrai tentare di ricomporre la tua
ragazza pezzo per
pezzo”.
Harry
guardò la sfera di vetro che teneva in mano e
che interessava così tanto Voldemort.
Malfoy,
invece, per dare conferma alla sua minaccia,
spostò il pugnale sul braccio della ragazza che teneva e
cominciò a farle un
profondo taglio. Ariel intanto si sforzava di non urlare.
“Lasciala
stare!” gli gridò allora il ragazzo dai
capelli scuri che si trovava accanto ad Harry e che aveva aiutato Ginny
con
quei due Mangiamorte.
“E
tu chi sei?” gli chiese minaccioso il Mangiamorte
smettendo di tagliuzzare il braccio della sua prigioniera.
“Colui
che ti renderà la vita un inferno”. Rispose
lo sconosciuto piuttosto minaccioso e sicuro delle sue parole.
“Dammi
la Profezia, Potter”. Ripetè Malfoy
rivolgendosi di nuovo ad Harry e scandendo bene le parole questa volta.
Il
ragazzo fu tentato di dargliela così almeno
avrebbe lasciato andare la ragazza, ma lei gli gridò.
“No,
Harry, non dargliela!”
“Zitta,
tu!” l’uomo la tirò per i capelli
facendole
fare un urletto strozzato.
“Malfoy,
ma che shampoo usi peri capelli? Sai,
anch’io vorrei averceli soffici e lisci come i
tuoi”. Disse di nuovo il ragazzo
sconosciuto questa volta provocatorio e canzonatorio. Sembrava che
volesse
temporeggiare. Oppure semplicemente prenderlo per il culo.
Malfoy
sgranò gli occhi incredulo. Ma come si
permetteva quel ragazzino di insultarlo così? Non poteva
essere più grande di
Potter e dei suoi amichetti, sebbene questo qua sembrava non conoscerlo
nessuno, forse non era nemmeno di Hogwarts.
“E
ti consiglio di stare attento alle spalle”.
Aggiunse Harry con un sorriso malandrino indicando con un cenno della
testa
qualcuno dietro al Mangiamorte.
Non
appena Malfoy si voltò, un potente gancio destro
gli arrivò dritto in faccia che gli fece mollare la ragazza
e cadere per terra
leggermente tramortito senza aver capito bene che cosa fosse successo.
Sirius
era arrivato insieme ad altri membri
dell’Ordine per aiutare i ragazzi e il suo pugno aveva dato
il via alla seconda
parte della battaglia; i tre ragazzi sconosciuti che avevano aiutato i
membri
dell’ES stavano combattendo dalla loro parte per scacciare
via i Mangiamorte.
Sembravano piuttosto esperti e se la stavano cavando molto bene.
All’improvviso
però, uno dei tre, quello con i
capelli blu, mentre stava combattendo contro un seguace di Voldemort
mascherato, venne colpito da Bellatrix alle spalle con uno schiantesimo
e, se
non avesse avuto la prontezza di aggrapparsi al bordo
dell’arco, sarebbe
sicuramente finito dentro al Velo.
Il
suo amico, quello con i capelli scuri, gli corse
incontro per aiutarlo ad uscire, afferrandogli la mano, ma il Velo
sembrava
avere un potere attrattivo dato che cercava di trascinarlo dentro e si
sarebbe
portato dentro anche il ragazzo moro.
“Resisti,
Teddy”. Gli urlò l’amico cercando con
tutte le sue forze di tirarlo fuori.
Teddy,
però, cominciò a districare la mano da quella
dell’amico, probabilmente accorgendosi che non ce
l’avrebbe mai fatta e che si
sarebbe trascinato dentro anche lui. Il moro invece rinserrò
la presa, capendo
quello che voleva fare l’altro. Ma intuiva anche lui che non
c’era molta
speranza; l’arco faceva parecchia resistenza e lui, per
quanto forte fosse, non
avrebbe resistito per molto tempo, per non parlare che dietro di lui si
stava
svolgendo una battaglia e che rischiava di essere colpito mentre
cercava di
tirare fuori l’amico.
“James,
lascia andare”.
“Coglione,
non ho intenzione di mollarti!”.
Ad
un tratto qualcun altro afferrò l’altro braccio
di Teddy ed entrambi i ragazzi si voltarono sorpresi per vedere Remus
che
cercava di aiutarli.
James
e Remus riuscirono con qualche sforzo a tirare
Teddy fuori dalle grinfie del Velo e tutti e tre rimasero lì
un attimo
ansimanti.
E
così com’era iniziata, la battaglia
d’improvviso
cessò, o almeno, sembrò andare in stand by.
Voldemort
era comparso nella stanza e guardava con
il suo sguardo serpentesco tutti i presenti in quella stanza, mentre si
avvicinava ad Harry e gli tendeva la mano.
“Dammi
la Profezia, ragazzo”. Biascicò in direzione
del moro.
Harry
lanciò uno sguardo alla sfera che teneva
ancora in mano; Sirius gli aveva detto che non doveva darla ai
Mangiamorte per
nessun motivo al mondo e che piuttosto la doveva rompere.
“Prova
a prenderla”. Rispose al Signore Oscuro
davanti a lui e lanciò la Profezia dall’altra
parte della stanza dove andò a
schiantarsi contro il muro finendo in mille pezzi.
“Noooo!”
urlò Voldemort in preda a una crisi di
rabbia. Poi puntò la bacchetta contro il ragazzo
pronunciando rabbiosamente:
“Crucio!”
Il
ragazzo cadde per terra sforzandosi di non urlare
in preda ad una tortura allucinante e si conficcò le unghie
nei palmi sentendo
gli occhi che gli si riempivano di lacrime per il dolore.
“Lascia
in pace il ragazzo, Tom!” disse una voce che
tutti quanti riconobbero chi con sorpresa, chi con odio e chi con
gratitudine.
“Silente!”
sibilò Voldemort voltandosi verso il
Preside che era appena comparso, seguito dal Ministro della Magia che
aveva gli
occhi spalancati che quasi gli sarebbero usciti dalle orbite e che
sembrava sul
punto di svenire.
“Prenditela
con chi è tuo pari, Tom”. Disse ancora
Silente puntando lo sguardo contro l’uomo dagli occhi color
rubino. Voldemort
immediatamente scomparve lasciandosi dietro soltanto un fumo verdognolo.
“Lei
sa che cosa deve fare”. aggiunse Silente,
questa volta rivolgendosi al Ministro che si smaterializzò
immediatamente dopo
il Preside.
Scomparvero
anche i
Mangiamorte o almeno quelli che non erano stati catturati, mentre gli
Auror
provvedevano a portare ad Azkaban i prigionieri.
SPAZIO
AUTRICE
Ehilà!!
Eccomi qui, mi avete attesa a lungo? Sembra che finalmente
la storia stia prendendo una svolta. Era ora un po’ di
azione, direte voi xD
Naturalmente
la battaglia era riferita a quella che
avviene nel quinto libro soltanto che Sirius non è morto.
Eh, vi pare che avrei
fatto morire uno dei miei Malandrini preferiti? xD
Sono
comparsi anche tre nuovi ragazzi. Chi saranno mai? E
da dove sbucano?
A
voi le risposteJ
Poi
vorrei anche ringraziarvi per aver tentato di
risolvere i miei dubbi per quanto riguarda il cognome da ragazza di
Alice. alla
fine ho cercato di informarmi un po’ di più e ho
scoperto che effettivamente la
Rowling non ha mai detto qual era il suo cognome, nemmeno nelle
interviste. Sono
anche contenta che lo scorso capitolo vi sia piaciuto, temevo che
avreste
trovato il concertino un po’… ridicolo. :p e sono
felice che troviate bello il
nome Pandora, vi confesso che mi è venuto in mente
così, tutto d’un colpo. E più
avanti capirete perché ho deciso di darle questo nomeJ
Con
la speranza di ricevere un sacco di recensioni, vi
auguro buon ponte dell’Immacolata :p
Un
beso,
M.
PUFFOLA_LILY:
bene, sono molto contenta che ti sia
piaciuto lo scorso capitolo. Non ti preoccupare se non hai trovato il
nome di
Pandora, non ho intenzione di avadakadavrizzarti xD un bacio, cara.
Alla prossima,
M.
JULIET
ANDREA BLACK: sì, anch’io avevo sentito che il
cognome di Alice era Prewett e in tal caso sarebbe stata imparentata
con Molly.
Però non so, vabbè, vedrò come
risolvere questo arcano. Comunque, cercherò di
non seppellirti più tra i dubbi perché ci tengo
alle tue recensioni però se
morirò per colpa dell’alcool che mi
distruggerà i reni darò la colpa a te, non
ti preoccupare :p un bacio, alla prossima J
INO
CHAN: holaaa!!! *porge una sedia a Ino facendola
accomodare* ti serve qualcos’altro cara? Non voglio mica che
perdi anche l’ultima
briciola di sanità mentale che ti rimane :P ahah, ok, spero
di risentirti e
magari la prossima volta prendi una sedia prima di leggere. Un bacio, M
ROXY_BLACK:
hola mi amor!! Come stai oggi, schiavetta?? Comunque
non ho proprio idea di che nome dare alla band, boo. Mi
inventerò qualcosa.
*sguardo arrapante alla John* baciiiii J
M.
|
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Capitolo 15 *** Capitolo quattordici ***
No,
non state avendo nessuna allucinazione. Questo è un
aggiornamento, sì, non è un abbaglio…
lo so che sono tornata presto ma… bo, non
mi andava di lasciarvi troppo nell’attesa. Eh sì,
sono buona ioJ
e poi, non avevo niente da
fare xD L’altra fic, S.Potter, non ho idea di quando
aggiornerò. Potrebbe essere
questa settimana, come anche quella dopo o il mese prossimo. Bo, non ho
idea.
CAPITOLO
QUATTORDICI
In
quella strana stanza col Velo adesso erano
rimasti solo i ragazzi dell’ES, i tre ragazzi sconosciuti e i
membri
dell’Ordine della Fenice.
“Harry,
stai bene?” chiese Ariel buttandosi tra le
braccia del ragazzo che era ancora seduto per terra dopo le torture di
Voldemort.
Si
abbracciarono e lei gli diede un bacio sulle
labbra; il ragazzo però notò il sangue che colava
dal braccio della ragazza
ancora a causa del taglio che le aveva fatto Malfoy. Si
strappò un lembo della
maglietta e lo usò per bendarle la ferita.
“Ehi
sorellina, non si usa più salutare i vecchi
fratelli?” chiese una voce proveniente da dietro le spalle di
Ariel, in tono
leggermente divertito e canzonatorio.
“James!”
esclamò lei voltandosi verso il ragazzo
moro e tutti quanti la guardarono abbracciarlo stupiti; come faceva a
conoscerlo? Ma a quanto pareva dovevano essere fratelli visto che lui
l’aveva
chiamata sorellina. Ma da dove erano sbucati, lui e gli altri due
ragazzi
sconosciuti?
“E
a me? Non mi saluti?” le chiese un’altra voce,
questa volta femminile.
“Jolie!”
disse Ariel andando ad abbracciare una
ragazza con lunghi capelli rosso fuoco leggermente mossi che per questo
sarebbe
potuta benissimo essere una dei Weasley. Harry, al sentire proprio quel
nome,
si irrigidì guardando la ragazza più attentamente.
“Ma
che cosa ci fate voi qui?” chiese ancora la
bionda districandosi dall’abbraccio della rossa e anche dai
suoi capelli che le
si erano leggermente impigliati tra le dita.
“Eh,
ci mancavi troppo”. Le rispose l’amica con un
sorriso dolce e un po’ malandrino.
“Guarda
che non hai ancora salutato me”. Disse
un’altra voce maschile, più forte di quella di
James e che proveniva dal lato
opposto della stanza. Questa apparteneva a un ragazzo piuttosto
muscoloso e
alto con i capelli blu. Ariel naturalmente andò ad
abbracciare anche lui e
sembrò quasi sparire tra le muscolose braccia del ragazzo.
“Teddy!
Anche tu qui!?”
“Lo
sai che dove va Jimmy vado anch’io”.
“Ragazzi,
potreste dirci che cosa sta succedendo e
chi siete voi?” chiese ad un tratto Malocchio Moody che si
stava leggermente
spazientendo di tutto quello. Non era uno a cui piacevano molto i
segreti.
“Tranquilli,
stiamo dalla vostra parte. Non vi
faremo del male”. li rassicurò il ragazzo moro,
James, mostrando un sorriso
sghembo.
“E
vi spiegheremo tutto, ma questo non mi sembra il
posto migliore per farlo”. Aggiunse la rossa osservando tutti
quanti i presenti
con uno strano sguardo.
“Conosciamo
un passaggio segreto che ci porterà
direttamente all’ufficio di Silente a Hogwarts”.
Disse Teddy avvicinandosi agli
altri.
“Vi
conduco io”.
James
aprì un passaggio con la bacchetta in un muro
e si addentrò dentro seguito da tutti quanti. Anche i membri
dell’Ordine decisero
di seguirli, sebbene non fossero abituati ad andare in un posto
sconosciuto con
qualcuno che non conoscevano. Ma quei ragazzi avevano detto che stavano
dalla
loro parte e inoltre erano solo ragazzi, appunto, come avrebbero potuto
avere
intenzioni malvagie, sebbene fossero un po’ strani,
soprattutto quello coi
capelli blu. Sapevano troppo di magie combattive, si erano destreggiati
parecchio bene nella battaglia come se ormai ne fossero esperti.
Camminavano
da circa dieci minuti in quell’angusto
corridoio, illuminato solo dalla luce che emettevano le bacchette.
“Sei
un lupo mannaro?” chiese ad un tratto Luna
rivolta a Teddy che le camminava vicino.
“Come
scusa!?” fece il ragazzo leggermente incredulo
voltandosi verso la ragazza.
“Ti
ho chiesto se sei un lupo mannaro, Lusanguis
anche”.
Teddy
rimase un attimo a guardarla interdetto; come
aveva fatto a capirlo, così, semplicemente osservandolo? Non
era molto
contento, non voleva di certo che qualcuno scoprisse il suo segreto.
Però la
ragazza non sembrava avere cattive intenzioni, anzi, gli sorrideva in
modo
gentile e un po’ curioso.
“Sì”.
Le rispose alla fine tornando a guardare
dritto davanti a sé. “Ma come lo hai
capito?”
“Beh,
sei piuttosto grosso e muscoloso. Hai i canini
leggermente più lunghi del normale e mi sembri anche
piuttosto forte. Mio padre
una volta ha scritto un articolo sui lupi mannari Lusanguis”.
“Wow!”
esclamò Teddy con un leggero sorriso
affascinato. “Se tutti fossero così arguti come lo
sei tu, sarei leggermente
nei guai”.
“Sembra
che tu abbia già fatto colpo, Teddy”.
Commentò James che camminava davanti a tutti, facendo
arrossire Luna.
“Da
chi li hai ereditati i geni del lupo mannaro?”
chiese lei allora rivolta al ragazzo per togliersi
dall’imbarazzo.
“Da
mio padre”. Le rispose lui con una strana
espressione. Lanciò un’occhiata in direzione di
Remus che camminava poco dietro
di lui, senza però farsi notare.
Camminarono
ancora qualche minuto in silenzio, poi
Teddy sbottò.
“James,
guarda che ci siamo persi”.
“Ma
non dire cazzate, lupastro!”
“Ma
è vero. Questa strada l’abbiamo già
passata”.
“No,
non è vero. Non ci siamo persi”.
“Sì,
invece, ci siamo persi”. Teddy si affiancò a
James in prima fila.
“Guarda
che io non mi perdo mai”.
Il
licantropo tirò un sospiro rassegnato.
“Beh,
stavolta invece ti sei perso. Hai preso la
svolta sbagliata”.
James
ad un tratto si bloccò facendo arrestare tutti
e si voltò verso l’amico con sguardo minaccioso.
“E
allora conducici tu, visto che sai sempre tutto
Professor L…”.
Teddy
tossicchiò per farlo interrompere.
“…Teddy”.
Concluse il moro correggendosi.
Così
fu il licantropo a prendere in mano la
situazione e a condurre tutti quanti verso l’uscita di quel
corridoio, mentre
James si affiancava a
Jolie leggermente
frustrato, notando anche che la sorella dietro di lui camminava mano
nella mano
con un ragazzo moro e gli occhi verdi che gli parve piuttosto familiare
e
capendo anche chi forse poteva essere. Ma doveva ammettere che si era
perso. Jolie
intanto cercava di nascondere un sorrisetto divertito.
“Sono
colui che ti renderà la vita un inferno?” fece
Jolie voltandosi verso di lui con espressione scettica. “Come
ti è uscita
questa proprio con Malfoy?”
“Hmm,
non lo so. Ho sempre desiderato dirla”.
“Secondo
me ti sei visto troppi film, Jamie”.
Aggiunse Ariel guardandolo divertita.
Teddy
riuscì a trovare la strada giusta e in poco
tempo riuscirono ad arrivare sani e salvi all’ufficio del
Preside di Hogwarts
dove, ad una luce più forte, tutti quanti poterono osservare
meglio i tre nuovi
ragazzi.
I
due maschi erano piuttosto alti e muscolosi,
specialmente Teddy con la pelle leggermente abbronzata, i muscoli sulle
braccia
scoperte e quell’aria così vissuta, testimoniata
anche dal fatto che aveva una
lunga cicatrice sull’occhio sinistro. Gli occhi inoltre erano
di uno strano
colore dorato, molto acceso e portava un orecchino
sull’orecchio sinistro.
Proprio come aveva detto Luna aveva i canini più lunghi del
normale che
comunque non si notavano troppo. Ma nel complesso era piuttosto
attraente.
L’altro invece, James, beh, era anche più
attraente di Teddy, con quei capelli
scuri, leggermente lunghi e due pozze grigie per occhi, identici a
quelli di
Ariel. Aveva un portamento elegante, sebbene sembrasse piuttosto
scialbo. Un
perenne sorriso sghembo gli incorniciava il volto dando a tutti l’idea di
essere un ragazzo piuttosto
furbo e… dispettoso.
La
ragazza, Jolie, sebbene fosse meno muscolosa e
più bassa dei ragazzi, faceva anche lei il suo bel figurino,
con i capelli
rossi che le incorniciavano un volto dolce e intelligente in cui
facevano bella
mostra un paio di grandi occhi nocciola da cerbiatta con le ciglia
piuttosto
lunghe. E non sembrava per niente una ragazza facile o debole, anzi,
era più
lei a dominare che a essere dominata.
Tutti
e tre i ragazzi sembravano piuttosto giovani,
non mostravano più di quindici anni e come fossero finiti in
mezzo a quella
battaglia nessuno lo sapeva.
Ma
avevano anche qualcosa di terribilmente
familiare, soprattutto James; infatti Remus continuava a spostare lo
sguardo da
lui a Sirius.
“Direi
che sarebbe meglio andare in infermeria”.
Propose la rossa notando la caviglia slogata di Ginny e il naso
sanguinante di
Neville.
Arrivarono
in poco tempo all’infermeria dove Madame
Chips li stava già aspettando, probabilmente avvisata da
Silente ancora chissà
quando. Curò piuttosto in fretta tutti quanti e
visitò anche quelli che
sembravano illesi.
“Come
mai hai i capelli di quel colore?” chiese Luna
di nuovo rivolta a Teddy; sembrava che quel ragazzo avesse qualcosa che
attirava particolarmente la sua attenzione.
D’improvviso
però i capelli del ragazzo da blu
passarono al biondo miele e le mostrò un sorriso divertito.
“Sei
un Metamorfomagus!” esclamò Hermione incredula;
infatti sapeva che erano piuttosto pochi i maghi a possedere quella
capacità e
lei conosceva solo Tonks che l’aveva
ereditata dal padre.
“Eh
sì, il nostro caro Teddy ha un sacco di
superpoteri”. Commentò James mettendosi comodo su
un letto dell’infermeria e
beccandosi un’occhiataccia da parte del licantropo.
“E a proposito di capelli!
Ariel, perché ti sei fatta le meches di quel colore? Sembri
una Serpeverde”.
“Beh,
quelle rosse non mi donavano”. Rispose lei
impettita facendogli la linguaccia.
A
quel punto la porta venne aperta facendo entrare
il professor Silente, calmo e tranquillo, ancora tutto in ordine, come
se fosse
appena tornato da una rilassante vacanza anziché da una
battaglia contro
Voldemort.
“Professor
Silente!” esclamò Neville sorpreso.
“Oh,
salve ragazzi, sono contento di vedere che stiate
tutti bene”. disse il professore con un sorriso rilassato.
“E
Voldemort?” chiese Harry
leggermente allarmato.
“Per
il momento non ci disturberà. Ma almeno il
Ministro ha finalmente visto con i suoi occhi che è
tornato”. Poi voltò lo
sguardo verso Sirius. “E si è anche accorto che tu
sei innocente, Sirius”.
L’Animagus
sgranò gli occhi e sorrise felice per
quella notizia.
“Però
adesso penso che tutti voi vogliate sapere
qualcosa sui nostri piccoli ospiti”. Concluse Silente
rivolgendosi ai tre nuovi
ragazzi.
James,
Teddy, Jolie e Ariel si scambiarono sguardi
come se stessero chiedendo l’un l’altro, senza
aprire bocca, chi avrebbe
iniziato. Ma fu Ariel alla fine a interrompere il silenzio.
“D’accordo
inizierò io”.
Tutti
quanti si voltarono verso di lei per sentire
quello che aveva da dire, curiosi.
“Io
vi ho mentito. Non
mi chiamo Ariel Martinez, ma Ariel Black e vengo dal futuro”.
ANGOLO
AUTRICE
Ooops,
Teddy qua sembra più un vampiro. Bo, mi sarà
andato troppo sangue alla testa ò____ò
Ebbene,
Ariel ci ha svelato di essere una Black… hmmm, ma
questo noi lo sapevamo già… ehehe, mi sa che vi
toccherà aspettare ancora un
po’ per sapere tutta la storia *scappa via prima che i
lettori inizino a
prenderla a sassate*.
P.S.
il termine Lusanguis me lo sono inventato io (ho
messo insieme le parole latine lupus e sanguis. Che brava che sono xD
*si
applaude da sola*) e sono i lupi mannari nati già
così perché hanno ereditato
il gene del lupo da uno o entrambi i genitori e possiedono le
caratteristiche
che ha elencato Luna: occhi dorati, corporatura massiccia e robusta,
canini
leggermente più lunghi e forza superiore al normale.
Perché ho deciso questo? Bo,
non lo so. Sono quelle idee strampalate che ti vengono in mente tutto
d’un
colpo e che non riesci proprio a non inserire. Io li chiamo
“Capricci dell’autore”.
STEFANMN:
*milly corre in giro per la stanza lanciando
festoni e nastri colorati* alloooooora… certo, Teddy
è il figlio di Remus e
Dora ma… capirai più avanti… attendi,
attendi, che la pazienza è la virtù dei
forti. Un beso, M.
INO
CHAN: * Milly guarda Ted con aria sognante*
Teeeeddyyyy!!! Vieni qua che ti coccolo iooooo!!! Noi ti vogliamo
taaaanto
beneeee *inizia a inseguirlo mentre il pover Ted cerca di scappare con
una
faccia traumatizzata*. Tu James, invece, saresti figo anche con un
sacco di
piselli addosso. E intendo quelli da mangiare, non
c’è nessun doppio senso.
*urla in modo isterico*.
JULIET
ANDREA BLACK: veramente pazza lo sono già…
*comincia a ondeggiare avanti e indietro con sguardo vacuo*. Baby
Malandrini,
dici?? Mah, chi lo sa xD comunque, va bene, cercherò di non
bere troppo ma solo
perché voglio continuare a leggere le tue recensioniJ
PUFFOLA_LILY:
certo che Sirius non è morto. E ti pare che
faccia morire il mio amato Siriuccio *w* alla prossima, mi raccomando,
che sarà
il momento delle scoperte. Un beso, M.
|
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Capitolo 16 *** Capitolo quindici ***
CAPITOLO
QUINDICI
“Io
vi ho mentito. Non mi chiamo Ariel Martinez, ma
Ariel Black e vengo dal futuro”.
Per
un attimo tutti rimasero imbambolati a fissare
la ragazza senza emettere fiato, con gli occhi sgranati e le bocce
aperte.
“Come?”
“Cosa?”
“Stai
scherzando?!”
Queste
esclamazioni cominciarono a sentirsi dopo
quel paio di minuti di sorpresa in cui non si era sentita volare una
mosca.
“Come
hai detto che ti chiami!?” esclamò invece
Sirius guardando la ragazza come fosse un alieno.
“Ariel
Black”. Gli ripeté lei cercando però di
non
scoppiargli a ridere in faccia alla vista della sua espressione
stralunata.
“Tu…
allora… tu sei…”. Cominciò a
bofonchiare
l’Animagus mentre tutti gli altri presenti spostavano gli
occhi da lui ad
Ariel.
“Sì,
sono tua figlia”.
Sirius
sembrava sul punto di svenire mentre tutti
gli altri cadevano in un silenzio di tomba. Poi però James
scoppiò a ridere
sguaiatamente e riscosse così tutti gli altri.
“Anche
voi altri venite dal futuro?” chiese
Malocchio indicando gli altri tre ragazzi.
“Sì
e lui è mio fratello”. Rispose ancora Ariel
indicando il moro che si stava ancora sbellicando sul letto.
“Ahahah,
aspetta…”. Fece lui cercando di calmare le
risate. “…ahahha, mi presento io”.
“Se
riesci a smettere di ridere”. Lo provocò Teddy,
anche lui messosi comodo su un letto.
“Io
sono JamesRemus Black, il più figo del gruppo”.
Si presentò alla fine il ragazzo mostrando un sorriso
provocante.
“Che
presuntuoso!” esclamò Jolie come commento alle
ultime parole dell’amico.
Sirius
invece, che non si era ancora ripreso nello
scoprire che aveva, anzi, che avrebbe avuto una figlia, adesso
sembrò proprio
che sarebbe morto lì sul colpo.
“Oh
Santo Merlino!” esclamò Remus ma anche lui
sembrava parecchio divertito. “Ecco perché ti
somigliava così tanto! Cavoli
Paddy, se mi avessero detto vent’anni fa che avresti avuto
dei figli non ci
avrei mai creduto”.
“Infatti
questo mi sembra un sogno”. Commentò Sirius
che però non riusciva a spostare lo sguardo dai due ragazzi.
“No,
non è un sogno, papi”. Gli rispose Ariel
mostrandogli un ghigno degno dei Malandrini e molto somigliante a
quello del
padre.
Sirius
sobbalzò leggermente sentendosi chiamare così
e nessun altro sembrò in grado di commentare qualcosa.
“E
voi due?” chiese poi Arthur per far uscire tutti
da quella situazione leggermente imbarazzante. “Anche voi
siete figli di
qualcuno che conosciamo?”
Teddy
e Jolie si guardarono; per chi dei due
sarebbero stati più sconvolti?
Ma
fu James a prendere la parola, dato che sembrava
quello che aveva sempre la risposta pronta e il portavoce di tutti.
“Il
lupacchiotto qua si chiama Ted Lupin e…”.
“Coooosa!!?”
esclamò Remus strabuzzando gli occhi,
trovandosi nella stessa situazione di Sirius poco prima.
“Dai,
non ditemi che non ci eravate arrivati?”
chiese Ariel divertita. “Insomma, lupo mannaro e
Metamorfomagus. Quanti ce ne
potrebbero essere?”.
Remus
e Tonks si guardarono, uno più sconvolto
dell’altro e anche parecchio imbarazzati; insomma, avevano da
poco ammesso i
loro sentimenti ma non si erano ancora lasciati completamente andare,
soprattutto Remus e scoprire che avrebbero avuto un figlio…
beh, era
sicuramente più sconvolgente dello scoprire che un giorno
sarebbero morti.
“Ahah
Moony, chi è che adesso fa lo sbruffone?” fece
Sirius canzonatorio. “E poi l’ho sempre detto io
che tra voi due avrebbe
sicuramente funzionato. E in fondo, quel piccoletto vi
somiglia”.
I
due spostarono lo sguardo su quello che a quanto
pareva era loro figlio e non seppero nemmeno loro tutte le emozioni che
provarono; era così strano.
“E
tu cara, qual è il tuo nome?” chiese Kingsley
rivolgendosi alla ragazza dai capelli rossi, l’unica di cui
rimaneva ancora da
scoprire l’identità.
“Potter,
Jolie Potter”. Rispose lei tranquillamente
rivolgendo un sorriso a tutti quanti.
Adesso
tutti quanti si voltarono verso Harry che
però sembrava non aver ancora realizzato bene le parole.
“Scusa,
credo di non aver capito bene”. fece il
ragazzo in direzione della rossa.
Lei
però divenne improvvisamente seria e un’ombra di
tristezza sembrò calarle sugli occhi.
“Tu
sei Harry, vero?” chiese lei invece.
Il
ragazzo annuì fissandola incredulo.
“Ma
sei… cioè, non puoi
essere…”. Cominciò a
borbottare Ron senza sapere come concludere la frase.
“Sono
sua sorella”. Rispose Jolie allora, guardando
intensamente il rosso come se non avesse il coraggio di guardare Harry.
“Ma
chi sono i tuoi genitori?” le chiese Remus
volendo avere una conferma.
“Lily
e James Potter”.
“Ma
questo non è possibile”.
“Lily
e James in realtà non sono mai morti”. Prese
parola allora James. “Sono vivi e vegeti e beh, adesso non
sappiamo bene dove
siano, ma non dobbiamo andare a cercarli. Saranno loro a tornare. Certe
cose è
meglio lasciarle andare così come dovrebbero
andare”.
“Ma
che cosa intendi?” gli chiese Sirius iniziando a
sentirsi emozionato ed eccitato ed incredulo e stupito e rimbambito e
sorpreso
e… non sapeva nemmeno lui quante altre cose nel sentire che
il suo migliore
amico era vivo; sì, quello gli pareva ancora soltanto un
sogno.
“Che
non sono morti come tutti voi credete”. Rispose
Teddy questa volta. “Noi dovremmo nascere fra circa un anno e
Lily e James
dovrebbero tornare presto, se le cose vanno bene”.
“Ma
perché siete venuti qui, ragazzi?”
I
quattro ragazzi si guardarono di nuovo l’un
l’altro.
“Beh,
tanto vale svelare tutto. Ormai sanno già le
cose più importanti”. Disse James rivolto agli
amici e alla sorella.
Ariel
si voltò verso il resto dei presenti
nell’infermeria iniziando a raccontare.
“Siamo
qui per sistemare le cose. Per aiutarvi, in
un certo senso, a uccidere Voldemort”.
“Ma
non è ancora morto nel vostro tempo?” chiese Ron
incredulo.
“No.
Sono successi un sacco di disastri nel nostro
tempo”. Continuò James. “Sono morte un
sacco di persone, i Mangiamorte non
smettono di attaccare e Voldemort è all’apice del
suo potere. Persino Hogwarts
è diventata un inferno da quando Silente è morto
poco prima di Natale”.
“Silente
è morto!?” esclamarono Ron e Neville
contemporaneamente con gli occhi fuori dalle orbite, completamente
dimentichi
del fatto che il preside si trovasse proprio lì con loro. Ma
l’uomo in
questione non aveva battuto ciglio durante tutto il racconto dei
ragazzi.
“Sì,
ucciso da uno dei Mangiamorte”. Rispose Teddy.
“E proprio loro adesso hanno preso il possesso di Hogwarts e
ci hanno imposto
la loro cazzo di dittatura. Non fanno altro che prendersela con quelli
che non
vogliono stare dalla loro parte e fanno torturare gli studenti in
punizione”.
“Ma
non è possibile!” esclamò Hermione
completamente
scandalizzata.
James
si voltò verso di lei. “Non so nemmeno quante
volte hanno torturato Teddy solo perché sospettavano che
fosse un Lupo
Mannaro”.
Remus
lanciò uno sguardo preoccupato e spaventato in
direzione del figlio che ricambiò l’occhiata con
un paio di altrettanti occhi
color miele.
“Ma
questo è inaudito! E il Ministro non fa nulla?”
fece di nuovo Hermione.
“Anche
il Ministro è uno dalla parte di Voldemort”.
Le rispose Jolie. “Voi dell’Ordine state facendo il
possibile per contrastarlo
ma lui e i suoi seguaci stanno diventando troppo forti. Pure noi ci
siamo
trovati a combattere un sacco di volte contro di loro ma, come ha detto
prima
James, sono morte un sacco di persone a noi vicine
e…”.
La
ragazza si interruppe abbassando lo sguardo e non
sapendo più come continuare il discorso. Ma tutti
l’avevano capita ed era
calato l’ennesimo silenzio di tomba, questa volta carico di
tristezza e
rammarico. Come potevano dei ragazzi così giovani aver
partecipato direttamente
a una guerra e aver visto morire così tante persone che
amavano?
“Per
esempio?
Chi è che avete perso?” chiese il
Signor Weasley, non tanto sicuro di
volerlo sapere. Ma forse così almeno sarebbero stati
più attenti.
James
sospirò piuttosto rumorosamente e decise di
rispondere. “Beh, lei per esempio Signor Weasley. Alastor
Moody, Fred. E tu
papà”. Disse quell’ultima frase alzando
lo sguardo verso Sirius che lo guardava
dritto in quegli occhi grigi identici ai suoi. Gli altri invece si
erano
immobilizzati nel sentire i nomi di tutti quelli che erano morti,
soprattutto
il Signor Weasley che era impallidito tremendamente al sentire che
sarebbe
morto pure suo figlio.
“E
da un paio di settimane hanno ucciso anche mia
madre”. Aggiunse Teddy e tutti quanti si voltarono verso Dora
sconvolti. Remus
la afferrò per un braccio e la guardò
intensamente.
“Coooosaaaa!??”
esclamò Ariel voltandosi verso Teddy
strabuzzando gli occhi. “E tuo padre come sta?”
“Ha
avuto un infarto”. Le rispose il ragazzo con
voce dura.
“Mi
dispiace, Teddy”.
Cadde
di nuovo il silenzio, un silenzio in cui si
potevano sentire distintamente i sentimenti e le sensazioni diverse che
provava
ciascuno dei presenti. E non erano per niente sensazioni piacevoli.
“Ma
torniamo alle cose allegre!” esclamò a un tratto
James che, a quanto pareva, non sopportava molto i momenti lacrimosi e
tristi.
Si voltò verso Ariel e Harry. “Voi due state
insieme?”
Ariel
annuì sorridendo.
Harry invece… beh, lui sembrava ancora sconvolto dalle cose
che aveva appena
scoperto. Non aveva più fiatato e sembrava particolarmente
attratto da una
macchiolina sulle piastrelle del pavimento da quanto intensamente la
fissava.
Beh, scoprire che i tuoi genitori, che avevi sempre creduto morti, in
realtà
non lo erano e che da lì a poco avresti avuto una sorella
non era mica cosa da
tutti i giorni. E scoprire anche che molte persone che amavi e
conoscevi
sarebbero morte… ma perché Voldemort non era
ancora morto? Perché lui non lo
aveva ucciso?
ANGOLO
AUTRICE UN PO’ DEMORALIZZATA.
Ebbene
sì, signori e signore… il mistero è
stato
svelato!!!! xD avevate ragione, Ariel era figlia di Sirius. Ma se io
non metto
una qualche pulce nell’orecchio non sono contenta :p
JamesRemus,
Jolie e Teddy NON sono di mia proprietà ma, i
primi due appartengono a Ino chan, il lupacchiotto invece è
della carissima zia
Row. Io li ho solo presi in prestito, diciamo, e diciamo anche che
saranno un
pochino personalizzati secondo i miei gusti, notare infatti che James
ha i
capelli scuri (eh, non ci posso fare niente ma io, appena vedo un
ragazzo moro
con gli occhi azzurri, vado praticamente in estasi. Inoltre
già Ariel e suo
fratello sono biondi quindi non mi andava di fare biondo anche lui) e
il fatto
che Teddy sembra essere un licantropo un po’ particolare.
Comunque cercherà di
rimanere abbastanza fedele alle caratteristiche che ha dato loro Ino
dato che
sono fantasmagorici xD.
Non
so se vi aspettavate proprio queste reazioni da parte
dei personaggi, sicuramente no, ma devo dire che questa non
è stata una scena
molto semplice, soprattutto per quanto riguarda Harry. Sicuramente vi
aspettavate
che si incazzasse con Ariel. Però dai, vedrete nei prossimi
capitoli che cosa
succederà.
E
a proposito! Preparatevi perché il prossimo capitolo
sarà mooooooooooolto lungo.
Spero
di ricevere parecchie recensioni così mi tirate un
po’
su il morale perché sì, come ho scritto sopra,
sono un po’ demoralizzata
*sospiro di frustrazione*. E se magari avete qualche suggerimento da
darmi su
come uccidere la mia prof. di mate senza farmi scoprire sarebbe cosa
gradita
^^.
Un
bacio a tutti,
M.
INO
CHAN: Jacob Black dici?? Hmm, ammetto che quel pezzo
di maschione mi ispira sconcezze ogni volta che lo vedo però
non sono una
grande fan della saga della Meyer. Non saprei esattamente
perché ho deciso di
farlo così, come ho già detto è stato
tipo un colpo di fulmine, ma vedrai che
ideuzze ho in mente per il nostro bel lupacchiotto. Per quanto
riguarda,
invece, le reazioni di James & Co. sulla relazione tra Harry e
Ariel, beh…
continua a leggere xD un baciotto. M.
PUFFOLA_LILY:
mi sembra che questo capitolo abbia
risposto alla tua domanda. I nuovi personaggi sono praticamente di Ino
quindi
hanno gli stessi genitori e gli stessi nomi, a parte qualche
caratteristica
diversa. Grazie mille per i complimenti, comunque, mi fai venire sempre
più
voglia di scrivere. Un bacio, M.
JULIET
ANDREA BLACK: *mettendo sulla tavola bottiglie di
Whisky, grappa, Vodka, Martini…*. Oddio, qui più
che argento dovremo armarci
con croce e paletto di legno. O.O spero
ti sia piaciuto anche questo capitolo e… *inizia a oscillare
pericolosamente
avanti e indietro* e… sono… *reprime un
singhiozzo* proprio conteeeeentaaa che
la storia ti piaccia. Eeeee…. Nooooo…. Non sono
ubriacaaaaaaa!!!!!!
ROXY_BLACK:
aaaah, lo so che tu desideri ardentemente la
morte di Harry ma……. Continua a
leggere… xD anche perché l’hai detto
che volevi
un seguito, anzi, che lo pretendevi… e quindi, io pretendo
una recensione se no
ti ritroverai l’orsetto Teddy versione assassino psicopatico
(intendo il mio
peluche).
|
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Capitolo 17 *** Capitolo sedici ***
Nota
di inizio cappy: questo capitolo è dedicato alla mia
amica roxy_black. E lei capirà il perché xD
CAPITOLO
SEDICI
Teddy
e Jolie entrarono nella cucina di Grimmauld
chiaccherando sorridenti, quando improvvisamente tutti gli sguardi,
ovvero
quelli dei Signori Weasley, di Sirius e Remus, si puntarono su di loro.
I
ragazzi del futuro stavano lì soltanto dalla sera prima e ci
voleva ancora un
po’ perché gli altri si abituassero.
“Salve”.
Salutò Teddy sentendosi un po’ in imbarazzo
da tutti quegli occhi fissi su di lui e così anche i suoi
capelli cambiarono
colore, dal blu al viola. Il ragazzo aveva un aspetto decisamente meno
minaccioso rispetto a quella sera al Ministero; era molto meno grande e
grosso,
leggermente più basso, i canini più corti e un
viso più dolce e tenero. Che fosse
merito dei suoi poteri di Metamorfomagus?
“Volete
fare colazione, ragazzi?” chiese la signora
Weasley in tono gentile ma guardandoli un po’ come se
avessero due banane al
posto delle orecchie. Sirius invece distolse lo sguardo dal giornale
che stava
leggendo.
“Mi
basterebbe anche solo un po’ di cioccolata”.
Rispose il licantropo con un sorrisetto divertito.
“Sempre
il solito, tu”. lo prese in giro Jolie
mollandogli un pugno scherzoso sulla spalla mentre si andavano a sedere.
“Gli
altri sono ancora a letto?” chiese ancora la
Signora Weasley offrendo ai due ragazzi la colazione.
“Conoscendolo,
James dormirà almeno fino a
mezzogiorno”. Sospirò il ragazzo.
“Chissà
da chi avrà preso”. Fece Remus girandosi in
direzione di Sirius che gli lanciò
un’occhiataccia.
“Ma
taci idiota, che tuo figlio mica è perfetto!”
esclamò Sirius facendo scoppiare a ridere Teddy che per poco
non si strozzò con
la cioccolata che stava bevendo.
In
quel momento la porta della cucina si riaprì ed
entrarono dentro una Ariel piuttosto allegra, vestita solo di
canottiera e
pantaloncini e un Harry ancora insonnolito.
“Ciao”.
Salutò quest’ultimo notando la sorella
seduta a tavola.
“Ciao”.
Ricambiò lei con sguardo dolce, uno di
quelli che aveva mostrato poche volte nella sua vita.
Poco
dopo arrivarono anche gli altri ragazzi Weasley
e la cucina di Grimmauld Place sembrò
all’improvviso diventare tremendamente
piccola nonostante normalmente fosse grande il quadruplo della capanna
di
Hagrid. Naturalmente all’appello mancava solo James che
sicuramente era ancora
in camera sua a russare beatamente.
“Ehi!
Cafona!” esclamò Teddy vedendosi rubare da
sotto il naso un pezzo di brioches da Ariel.
“Cafona
a chi, lupo dei miei stivali!”
Mentre
i due battibeccavano facendo ridere tutti gli
altri, la porta si spalancò di nuovo facendo entrare un
James con addosso
soltanto i boxer e un’aria particolarmente pimpante.
“Hola,
chicos!! Qué tal?!” salutò entrando
come un
Dio che entra all’Olimpo e facendo voltare tutti gli sguardi
verso di lui, in
particolare quelli di Ginny che, per colpa degli ormoni, non
poté fare a meno
di ammirargli quei leggeri pettorali che si mostravano sul suo petto
nudo.
Jolie invece sbuffò.
“Black!”
“Dimmi,
amore mio”. Fece il ragazzo voltandosi verso
la rossa con uno sguardo trasognato.
“Potresti
almeno metterti una maglietta”.
“Ma
‘more, non dirmi che ti dispiace vedermi
così”. Le
rispose guardando prima lei e poi i suoi pettorali.
Jolie
inarcò le sopracciglia e storse il naso.
“Sei
veramente una cosa impossibile, cagnaccio”.
James
ridacchiò passandosi una mano tra i capelli
scuri per poi prendere il contenitore del latte e bere a canna.
“Potresti
almeno prendere un bicchiere. Da lì ci
devono bere anche gli altri”. Commentò di nuovo la
Potter con una faccia
schifata facendo ridacchiare tutti gli altri che assistevano a quello
scambio
di battute divertiti e curiosi.
James
spostò la bottiglia dalle labbra e si pulì i
baffi di latte con il polso. Poi inclinò leggermente la
testa guardando la
ragazza.
“Questa
è casa mia, posso fare ciò che voglio”.
Le
rispose terribilmente serio ma chi lo conosceva sapeva benissimo che
stava solo
scherzando.
“Disse
Lord Black”. Lo prese in giro Teddy.
“Ahah,
fiete frofrio difertenti, fagazzi”. Commentò
Ron parlando a bocca piena e beccandosi così uno
scappellotto dalla madre.
“Cierto
que somos divertenti! Con noi la risata è
assicurata!” esclamò JamesRemus sorridendo
malandrino, un sorriso che ricordava
terribilmente quello di Sirius.
“Penso
proprio che noi andremo d’accordo, sai
ragazzino?” dissero Fred e George comparendo alle spalle del
ragazzo e
guardandolo uno per ciascun lato.
“Seguro
que sì!”
“Ma
che cazzo di lingua parli?” gli chiese Harry ad
un tratto facendo scoppiare a ridere Jolie e Teddy.
“La
lingua di mia madre, idiota!”
“A
proposito!” sbottò in quel momento Sirius
concentrando la sua attenzione su Ariel e James. “Chi
è vostra madre?”
I
due fratelli si guardarono come per chiedersi
silenziosamente se avrebbero dovuto dirlo. Ma alla fine la ragazza
rispose: “Si
chiama Martha Martinez. Ma forse voi la conoscete meglio come
Noelle”.
“Noelle?!”
sbottarono Ginny e Ron contemporaneamente
spalancando gli occhi. “Quella Noelle?”.
“Eh
sì”. Rispose James con sguardo malizioso.
“La
cantante?”
“Sì.
Nostra madre è in parte Colombiana perciò ha
insegnato a me e James lo spagnolo”.
“Ecco
da chi hai ereditato quella voce”. Disse Harry
rivolto alla ragazza.
“Certo.
Ma mio fratello è molto più bravo di
me”.
“Modestamente”.
Fece il ragazzo chiamato in causa passandosi
una mano tra i capelli. “Con la mia soave voce ho fatto
cadere ai piedi un
sacco di belle donzelle”.
“Ma
quale soave voce?!” fece Jolie fulminandolo con
lo sguardo. “Fai scappare persino i grilli quando
canti!” no, non era vero.
James aveva una voce stupenda sia quando cantava che quando parlava, lo
sapeva
anche lei, però a Jolie piaceva prenderlo in giro e
soprattutto non gli
faceva i
complimenti gratuitamente.
Sirius
si avvicinò a Remus ridendo divertito. Quella
ragazza gli ricordava terribilmente Lily, aveva ereditato persino un
pizzico di
isteria dalla madre. E suo figlio… beh, non si poteva certo
dire che non fosse
suo figlio. Non aveva solo il suo aspetto ma persino tutto il suo
carattere.
“Ma
ti dice niente il nome della madre dei ragazzi?”
chiese all’orecchio dell’amico.
“Certo,
è la cantante più famosa del Mondo
Magico”.
“Non
intendevo Noelle, ma Martha”.
Il
licantropo assunse un’aria perplessa intanto che
James e Jolie continuavano a urlarsi addosso. Anzi, intanto che lei
continuava
ad urlargli addosso.
“Ma
tesoro mio, ammettilo che anche tu quasi svieni
quando mi senti cantare e che ti butteresti ai miei piedi”.
La prendeva in giro
James parlando in modo molto pacato e tranquillo.
“Io
non cadrei ai tuoi piedi nemmeno se mi facessi
una serenata sotto alla finestra!”
“Ooooh,
chissà perché questo non mi è mai
venuto in
mente”.
“Scusate
se vi interrompo, ragazzi”. Si intromise ad
un tratto George. O forse Fred. “Ma voi due state
insieme?”
Nella
stanza cadde un improvviso silenzio, come quello
che si vede nei cartoni animati quando qualcuno spara una fregnaccia e
tutti
rimangono raggelati. Improvvisamente però, James
scoppiò a ridere sdegnatamente
in una risata simile ad un latrato mentre Jolie gonfiava le guance e
diventava
più rossa dei suoi capelli.
“IO
NON STO INSIEME A QUESTO CANE!”
“Ahahah,
amore. Dai ammettilo che noi siamo
destinati a stare insieme… ahaha… è
scritto… ahahah pure nelle stelle ahahah!”
La
ragazza mollò un pugno sulla testa di JamesRemus
facendolo cascare a terra per poi cominciare a prenderlo a calci nello
stomaco
intanto che lui cercava di proteggersi la parte colpita senza
però smettere di
ridere.
“Ma
fanno sempre così?” chiese Ginny guardando i due
come se fossero usciti dal manicomio.
“Oh,
fanno anche di peggio, credimi”. Le rispose
Ted.
All’improvviso,
al posto di JamesRemus, comparve un
cane, più precisamente un Aschi molto grosso dal pelo bianco
e nero e gli occhi
di un agghiacciante grigio azzurro che uscì correndo dalla
cucina con la lingua
penzolante di fuori.
“Oh
Merlino!” esclamò Molly.
“Ma
è un Animagus!” aggiunse invece Arthur.
“E’
mio figlio!” ci tenne a precisare Sirius con gli
occhi che brillavano.
“Ma
come ha fatto ad imparare così in fretta?”
chiese invece Remus.
“Beh,
siete stati tu e James a insegnarci”. Rispose
Ariel guardando il padre. “E non ci abbiamo messo tanto
perché anche voi siete
Animagi perciò il gene è un po’
presente anche nel nostro sangue. Così possiamo
aiutare Teddy nelle notti di luna piena”.
“E
voi due in cosa vi trasformate?” chiese il signor
Weasley curioso rivolto alle due ragazze.
Ariel,
senza pensarci un attimo, si tramutò nella
sua forma Animagus, ovvero un cane di razza Collie dal pelo bianco
arancio e
anche lei corse immediatamente fuori dalla cucina alla ricerca
probabilmente
del fratello.
“E
tu?” chiese Harry alla sorella.
La
ragazza abbassò un attimo il capo e in due
secondi davanti a loro comparve una bellissima cerva dalle gambe lunghe
ed
eleganti e il pelo nocciola, come i suoi occhi.
“Non
si può certo dire che i figli non siano come i
genitori”. Commentò Sirius guardando
l’animale davanti a lui.
Dopo cena, JamesRemus
e Ariel erano sprofondati sulle morbide poltrone di Grimmauld, uno di
fronte
all’altro, separati solo da un piccolo tavolino di legno.
Jolie invece, era
distesa sul divano mentre Ginny, Harry, Ron e i gemelli erano seduti
per terra
su alcuni cuscini. Poco dopo vennero raggiunti da Teddy con in mano un
barattolo di Nutella e un cucchiaino in bocca.
“Io
non ho mai capito come fai a mangiarti la
Nutella così”. Fece James guardando
l’amico che andava a sedersi sul divano sul
bordo lasciato libero dall’amica.
“Io
non capisco piuttosto come faccia a mangiarla
senza ingrassare o senza che gli vengano i brufoli”. Lo
corresse Jolie con voce
annoiata e gli occhi chiusi. Sembrava si sarebbe addormentata.
Il
licantropo, per tutta risposta, scrollò le
spalle.
James
a un tratto, tirò fuori dalla tasca una
piccola chitarra e con un colpo di bacchetta la ingrandì.
“Bella
quella chitarra”. Gli disse Ginny.
“Grazie.
Si chiama Roxy”. Rispose lui
accarezzandola.
“Hai
dato un nome alla chitarra?”
“Cierto.
Roxy es mi amor”.
“Jamie,
mi porteresti la mia dalla camera?” gli
chiese Ariel con tanto d’occhi.
“Ma
portatela da sola!”
“Uffa!
Che razza di fratello sei!?” sbuffò lei
estraendo la bacchetta dalla tasca e richiamando la sua chitarra con un
incantesimo
di appello.
“Dai
cantateci qualcosa!” fece Ginny con un sorriso
contento.
“Va
bien, senorita”.
Il
ragazzo assunse un’aria pensierosa prima di
impugnare la sua chitarra e cominciare con i primi accordi di una
canzone
piuttosto allegra e movimentata.
Today I don’t feel like
doin’ anything
I just wanna lay in my bed.
Don’t feel like picking up my phone
So leave a message at the tone
Cuz today I swear I’m not
doin’ anything.
Poco
dopo anche Ariel si aggiunse con la sua
chitarra per dargli un accompagnamento e rendere la musica ancora
più allegra e
piena mentre gli altri ragazzi ascoltavano divertiti e affascinati. Non
si
poteva certo dire che JamesRemus avesse una brutta voce, anzi, se
qualcuno lo
notava sarebbe sicuramente potuto diventare un cantante famoso.
Tomorrow I wake up do some p90x
Meet a real nice girl have some really nice sex
And she’s gonna scream out this is
great
(oh my god this is great) yeeeah
I might mess around and get my college degree
I bet my old man will be so proud of me
But sorry pops you’ll just have to
wait
Oooh yes I said it, I said it, I said it cuz I
can.
E
la canzone non era per niente male, il testo
sembrava proprio rispecchiare il carattere di JamesRemus che sembrava
metterci
proprio tanta passione e tanta emozione in quella musica, in quella
canzone, in
quegli accordi.
No I ain’t gonna comb my hair
Cuz I ain’t goin’ anywhere
No no no no no no nooooooooo
I’ll just strut in my birthday suit
And let everything hang loose
Yeah yeah yeah yeah yeah yeah yeah yeah.
“Wow!”
esclamarono i ragazzi quando ebbe terminato
la canzone.
“Sei
proprio bravo”. Aggiunse Ginny gurardando James
piuttosto affascinata.
“Gracias”.
Le rispose il ragazzo con un sorriso
piuttosto attraente.
“Ora
tocca a me!” esclamò Ariel sistemandosi meglio
la chitarra in grembo e provando i primi accordi.
Tengo
que confesar que a veces
no
me gusta tu forma de ser
luego
te me desapareces y no entiendo muy bien por qué
no
dices nada romántico cuando llega el
atardecer te pones de un humor extraño con cada
luna llena al mes.
Pero
a a todo lo demás le gana lo bueno que
me das sólo tenerte cerca
siento que vuelvo a empezar.
“Uffa,
ti odio quando canti sta canzone”. Sbuffò
Teddy incrociando le braccia con un’espressione corrucciata
ma al contempo
divertita.
Ariel
invece gli sorrise sorniona e continuò a
cantare.
Yo
te quiero con limón y sal, yo te quiero tal y como
estás,
no
hace falta cambiarte nada,
yo
te quiero si vienes o si vas,
si
subes y bajas y
no
estás seguro de lo que sientes.
Continuava
a guardare Teddy mentre cantava la
canzone, come se fosse dedicata a lui e forse lo era. Gli altri presero
a
muoversi al tempo di musica, divertiti da quella canzone allegra e
affascinati
dalla bella voce della ragazza.
Luego
me vengo a encontrar con tus ojos y me dan algo más
solo
tenerte cerca siento
que
vuelvo a empezar.
Ariel
concluse l’ultima strofa con un accordo tenuto
più lungo e alla fine tutti le fecero l’applauso.
“Teddy,
sai che questa canzone l’abbiamo scritta io
e Victorie insieme?”
“Uuuuh,
Vicky!” esclamò James guardando l’amico
con
uno sguardo malizioso.
“Chi
è Victorie?” chiese Remus sopraggiungendo dalla
cucina insieme agli altri.
“E’
solo un’amica”. Rispose Ted scandendo bene le
parole ma guardando James con sguardo minaccioso.
“Sicuro?
Io scommetto due galeoni che vi metterete
insieme”. Si aggiunse Jolie dal divano.
“E
io ne scommetto tre che tu presto cadrai ai piedi
di James”. Le fece lui in risposta con fare molto
provocatorio.
La
ragazza gli ringhiò contro e scattò a sedere
incrociando le braccia assumendo un’espressione molto simile
a quella della
madre quando le dicevano qualcosa che non le aggradava.
“Ehi,
vedo che Remus ti ha passato il suo vizio”.
Disse Sirius indicando il barattolo di Nutella tra le mani di Teddy.
“Oh,
beh… c’è solo una cosa che amo
più della
cioccolata”.
“Victorie!”
“No,
idiota!”
“Scommetto
l’Arequipe!” rispose Ariel guardandolo
divertita.
“Ahaha
sì, me lo ricordo quando siamo andati insieme
in Colombia e tu non facevi altro che mangiare Arequipe”.
“Ahaha
e chi se lo scorda”.
Sembrava
che Ariel e James ci provassero gusto nel
prendere in giro il povero licantropo, sebbene lo facessero scherzando.
“E’
stato quando tu e Ariel stavate ancora insieme”.
“Tu
e Ariel siete stati insieme?” sbottò Harry
guardando Teddy al sentire quell’affermazione da parte di
James.
“Sì…
ma poi ci siamo lasciati”.
“E
come mai?” chiese Ginny.
“Beh,
non siamo fatti per… stare insieme”.
“Ragazzi,
possiamo farvi una domanda?” si intromise
a quel punto Tonks con uno sguardo piuttosto serio. “Ma come
mai siete venuti
qui? Insomma, dovete essere molto disperati per fare un viaggio nel
passato
rischiando di sconvolgere l’andamento temporale”.
Fu
Jolie a rispondere. “Anche se sconvolgessimo le
cose, il nostro futuro non potrebbe andare peggio. Come vi abbiamo
detto,
Voldemort ha preso molto potere e non sapevamo più che fare
così quelli
dell’Ordine ci hanno mandati qui”.
“Ma
voi fate parte dell’Ordine della Fenice?” chiese
la signora Weasley leggermente sconvolta.
“Non
proprio”. Le rispose James. “Però ci
siamo
trovati a combattere contro i Mangiamorte un sacco di volte. Usiamo la
magia
fin da quando avevamo cinque anni e ne abbiamo viste tante”.
Ed
effettivamente si notava. Quei ragazzi sembravano
essere cresciuti troppo in fretta, sembravano aver saltato tutte le
parti più
belle della loro infanzia, quell’innocenza tipica di tutti i
bambini che non
sanno che cos’è la guerra,
cos’è l’odio. Però sembravano
comunque molto felici,
con ancora tanta voglia di vivere. Forse perché erano tutti
insieme, uniti, nel
bene e nel male. E si sa, che quando si hanno gli amici e la famiglia
al
proprio fianco, diventa tutto molto più semplice.
“Come
te la sei fatta quella?” chiese Dora a Teddy
indicando la cicatrice che gli attraversava l’occhio da parte
a parte.
“Una
notte di luna piena piuttosto movimentata”. Le
rispose il ragazzo vedendo lo sguardo di Remus farsi cupo.
“Ma preferisco dire
che è una ferita di guerra”. Aggiunse con un
sorriso.
“Ma
come mai Voldemort nel vostro tempo non è ancora
morto? Come mai nessuno lo ha ucciso?” chiese Harry guardando
la sorella.
“Ci
hanno provato in tanti ma nessuno è tornato a
casa vivo. L’unico che può ucciderlo sei tu, sei
tu il Prescelto”.
“E
perché allora non l’ho ancora fatto?”
“Beh
perché… non ne hai avuto il tempo…
ecco, vedi…
il fatto è che sei…”. La ragazza
sembrava non sapere come concludere la frase
così lo fece James per lei.
“Quello
che sta cercando di dirti è che tu sei morto.
Per questo non l’hai ancora ucciso”.
“Black,
hai meno sensibilità di un opossum con la
rabbia” . lo sgridò la rossa.
“Beh,
meglio andare al sodo piuttosto che fare giri
di parole”.
Mentre
i due come
sempre battibeccavano, tra gli altri era calato il gelo.
ESQUINA
POR LA ESCRITORA XD
Hola!
Qué ta?? Todo bien?? Les gusta este capitulo??
JamesRemus:
smettila di copiarmi!!!!
Milly:
copiarti?? Ma se sono io che studio spagnolo!! Tu sei
solo una marionetta nelle mie mani e fai e dici quello che decido io!!
>.<
JamesRemus:
ehi! Voglio i miei diritti!! Tra l’altro non
sono nemmeno di tua proprietà.
Milly:
beh, allora tornatene da Ino!!!! Sei un masochista
però se vuoi stare con lei!!!
JamesRemus:
anche tu fai soffrire i tuoi personaggi!! Ho letto
alcune bozze e…
*Milly
gli tappa la bocca con una mano* Smettila di fare
Spoiler, cretino!!!!
*Iniziano
a picchiarsi e rotolare per terra*
Teddy:
-.- ok, qui toccherà a me prendere le redini.
Milly
*spingendo via Ted* No, no, ci sono… *butta
nell’armadio
i due ragazzi* allora, dicevamo?? An sì… beh, che
ne pensate di questo
capitolo?? Come promesso è piuttosto lungo. È che
questo e il prossimo sono
capitolo di passaggio quindi non li volevo dilungare troppo.
Alloooora,
piccoli chiarimenti… forse qui avrete notato
un JamesRemus diverso da quello di Ino. Beh, può essere, ma
come vi ho già
detto i personaggi saranno personalizzati. Ogni scrittore ci mette
sempre
qualcosa di suo, anche in una storia ispirata ad un’altra.
Magari non vi
aspettavate che cantasse anche lui come Ariel (ma d’altronde,
che cosa
pretendevate dal figlio di una cantante famosa e da
un’autrice degenerata come
me?? U.U) però io ho un debole pazzesco per i musicisti.
Quindi, se mi
presentate davanti un ragazzo moro (coi capelli lunghi anche) gli occhi
azzurri, che suona o canta in una band o come solista potete star certi
che gli
sarò devota per tutta la vita.
JamesRemus:
ecco, quindi inchinati ai miei piedi U.U
Milly:
taci!! Tornatene a Narnia *lo rispinge nell’armadio*.
Poi…
abbiamo scoperto chi è la madre di Ariel e James,
una certa Martha Martinez, conosciuta anche come Noelle. Ebbene, avrete
capito
che in questa fanfic non c’è nessuna Andrea Moody.
Eh, mi spiace ragazzi, ma è
così. Spero che vi starà simpatica anche Martha.
E siccome è in parte
colombiana sa parlare anche lo spagnolo così pure i suoi
figli, soprattutto
James, ogni tanto ci inseriscono qualche parola. Mi sembra che lo
spagnolo sia
abbastanza capibile ma se dovesse esserci qualche parola difficile che
non
capite scriverò anche la traduzione o se no chiedete a me.
(amo troppo lo
spagnolo, non ho potuto resistere dal non metterlo :p). A proposito,
l’Arequipe
è un “dolcetto” colombiano che si mangia
col cucchiaino e ha il sapore del
caramello tipo. È stra-buono e ve lo dice una a cui i dolci
non piacciono
molto.
Che
altro c’è da dire?? An sì…
le canzoni che cantano
James e Ariel sono, rispettivamente, The
Lazy Song di Bruno Mars e
Limòn y Sal di Julieta Venegas. Quella di Julieta non ha
una bella melodia però le
parole sono carine e parla di un licantropo per questo Teddy se la
prende un po’
xD.
Penso
di aver detto tutto se però avete delle domande non
esitate a pormele. Nel prossimo capitolo, forse o forse no, saranno
svelati
altri misteri xD.
Un
montòn de besos a todos.
Milly.
PUFFOLA_LILY:
hola chica! Sono contenta che lo scorso
capitolo ti sia piaciuto J
*saltella in giro per la stanza come le cavallette*. Qui hai anche
scoperto chi
è la madre dei ragazzi. Se hai altri dubbi, chiedi pure XD.
Un bacio.
JULIET
ANDREA BLACK: eh ma sai, so essere anche più
perfida di Ino xD *ino la fulmina con lo sguardo*. Per quanto riguarda
il
cognome Martinez, beh, si è capito no?? Martinez
è il cognome della madre e
Ariel lo ha assunto per non far capire che è una Black. Mi
raccomando però,
adesso non prenderlo tu il mio vizio di bere troppo xD.
ROXY_BLACK:
davvero pensavi che non l’avessi scritto io??
Allora vuol dire che ho dato il meglio di me xD *nasconde la mini Ino
in tasca*
ehm ehm… ebbene, mi spiace ma qui, a parte la ferocia di
Jolie non hai potuto
vedere altro. Ma ehi, pazienta un pochino e sarai premiata J
beh, che dire… grazie per
avermi fatto scoprire l’Arequipe. Ted: eh sì,
grazie grazie xD.
FEDE15498:
ehilà! Stavo per rivolgermi a Chi l’ha visto,
sai?? Meno male che sei tornata, come facevo io senza le tue
recensioni? Però sono
proprio felice che ogni mio aggiornamento ti renda felice, è
una cosa che fa
sentire realizzati e aumenta l’autostima J
comunque, ti assumo per l’omicidio della mia prof, posso??
Quanto prendi?? Ok,
spero tu non scompaia un’altra volta e spero che ti sia
piaciuto anche questo
cappy. Un bacio.
STEFANMN:
allora per la prof unisciti a Fede xD quattro
mani sono meglio di una J
beh, è vero, alcuni arcani sono stati svelati ma ti confesso
che ne mancano
ancora. Riusciranno i nostri eroi a portare in salvo il grande Teschio
di
Cristallo?? James: ma che c’entra? Milly: boh,
però suonava bene xD.
P.S.
c'è un bellissimo forum di Hp (al quale sono iscritta pure
io) nel quale si può ruolare e partecipare a vari gdr...
dateci un'occhiata e se vi piace scrivere, iscrivetevi... questo
è il link: http://patronusgdr.forumcommunity.net/
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Capitolo 18 *** Capitolo diciassette ***
Un
piccolo regalino di Natale dalla vostra cara Milly. :D
CAPITOLO
DICIASSETTE
Ariel
stava mettendo in ordine alcune sue cose che
erano sparpagliate in giro per la stanza. Se la Signora Weasley avesse
visto
tutto quel macello le avrebbe dato sicuramente una strigliata.
Preferiva
evitarsi le prediche di mamma Molly su quanto sia importante tenere in
ordine
una casa e su quanto la cura dell’igiene sia segno di
educazione e buon
carattere.
All’improvviso
sentì qualcuno che si appoggiava al
battente della porta e, alzando lo sguardo, incontrò i suoi
stessi occhi
grigio-azzurri sul viso ghignante di JamesRemus.
“Cosa
c’è, Jimmy? Jolie ti ha concesso di tenerla
per manina quando siete a tavola?” scherzò Ariel
notando l’espressione gongolante
di suo fratello.
James,
per tutta risposta, inarcò le sopracciglia
confuso. “Perché?”
“Hai
un’espressione tremendamente soddisfatta”.
“Sono
semplicemente felice di vederti”.
“Hm
hm”. Borbottò Ariel piegando con cura una
maglietta e sistemandola sulla pila di vestiti già ordinati.
Anche lei era
contenta di rivederlo, ma non glielo avrebbe mai detto a lettere chiare
e
tonde.
“Dimmi
un po’, Lessie”. Fece di nuovo James
buttandosi sul primo letto che trovò leggermente in ordine,
lasciando
ciondolare le lunghe gambe fasciate in un paio di jeans consumati fuori
da
letto. “Come te la sei cavata in questi mesi qui nel passato
senza il tuo figo
fratellone?”
“Smettila
di chiamarmi Lessie e ti risponderò”.
“Ah,
lo sai che non lo farò”.
Fra
i due ci fu per un po’ una specie di gioco di
sguardi in cui si sfidarono a chi faceva quello più
minaccioso finché Ariel non
riprese a mettere in ordine. Quando James faceva così era
una cosa impossibile,
sarebbe stato capace di reggere quel gioco anche fino al giorno dopo.
“Allora
dimmi, da quanto tempo tu e Harry state
insieme?” chiese ancora James lasciando perdere la domanda di
prima. In realtà,
sembrava che fosse proprio quello il punto che lo interessava di
più.
“Quattro
mesi”.
“Wow
è tanto. Praticamente il tuo record”.
“E’
la mia prima vera storia”.
“E
tu lo ami?”.
“Se
stiamo insieme direi di sì”. La ragazza proprio
non capiva dove il fratello volesse andare a parare con tutte quelle
domande.
“Pure
io sono stato insieme a tante ragazze ma non
le ho mai veramente amate”.
“Se
la finissi di essere così preso da Jolie forse
potresti veramente innamorarti di qualcuna”.
James
tutto d’un tratto assunse un’espressione
pensierosa come se stesse cercando di pensare bene a quello che voleva
dire.
Una cosa per niente da lui. “Sorellina, non vorrei fare il
corvo ma lo sai che
la vostra storia non potrà durare. Venite da due mondi
diversi e se lui nel
nostro tempo fosse ancora vivo sarebbe parecchio più grande
di te. Per non
parlare del fatto che non siete destinati a stare insieme. Lui dovrebbe
stare
con Ginny”.
Ariel
all’improvviso, sentì una specie di morsa
attanagliarle lo stomaco. “Sì, ma non stanno
ancora insieme. Lui non l’ama
ancora e…”.
“Ari…
noi prima o poi ce ne dovremo tornarne a casa.
E voi vi dovrete lasciare…”
“Ci
penserò quando sarà il momento”.
Rispose lei
abbassando lo sguardo.
“Io
non voglio che tu soffra”. Le disse James
avvicinandosi a lei e spostandole un ciuffo di capelli dietro
l’orecchio. La
ragazza però si ritrasse dal suo tocco quasi
inconsapevolmente. Odiava quando
suo fratello faceva così il tenero, odiava quando gli altri
si preoccupavano
per lei. Sapeva badare a se stessa, non capiva perché gli
altri dovessero
sempre dire che cosa era giusto per lei e cosa no.
“Sta
tranquillo, non sono così fragile”.
Il
ragazzo si voltò per andarsene, quando Ariel però
lo bloccò.
“Jamie,
come sta Miguel?”
“Abbastanza
bene. Gli manchi, anche se non lo
ammetterebbe mai”.
La
ragazza sorrise. Certo, il suo fratellino era
come lei, non era bravo a esternare i propri sentimenti, non a parole
almeno.
“E
gli altri? Emmie, John, Charly…”.
“Stanno
tutti bene”.
“Ehi,
ragazzi!” esclamò Harry entrando nella stanza.
“Che fate?”
“Niente.
Dialogavamo tra fratelli”. Gli rispose
James guardandolo in modo strano.
Ariel
però se ne uscì a passo di marcia dalla stanza
senza degnare i due di uno sguardo. La verità era che si
sentiva confusa,
JamesRemus le aveva creato uno stato di confusione nello stomaco che
non sapeva
proprio come interpretare.
Lo
amava? Amava Harry? O era semplicemente
attrazione fisica? O attrazione di qualche altro tipo? Certo, si erano
detti
che si amavano, quelle due fatidiche parole che una qualunque persona
normale e
sdolcinata avrebbe considerato l’inizio di un rapporto
destinato a durare e a
finire bene. Ma, doveva ammetterlo, lei diceva Ti amo con la stessa
facilità
con cui distribuiva le caramelle. Anche quando stava con Teddy gli
aveva detto
che lo amava e poi si erano lasciati. Ma il loro rapporto era stato
quasi più
un gioco. Non erano mai andati oltre al bacio e a qualche carezza.
Con
Harry era pure andata a letto. Ma aveva ragione
James. Non era destinato che loro stessero insieme. E certe cose era
meglio
lasciarle al destino.
In
camera da letto, invece, JamesRemus continuava a
scrutare Harry dall’alto in basso come a volerlo studiare per
bene. Era una
cosa che lo divertiva, mettere in soggezione le persone in questo modo
e gli
riusciva parecchio bene visto che era piuttosto alto.
“C’è
qualcosa che non va?” gli chiese il Ragazzo
Sopravvissuto con le sopracciglia aggrottate.
“Sai,
non per fare il fratello iperprotettivo ma, se
dovessi far soffrire mia sorella, potresti ritrovarti accidentalmente
al
S.Mungo”. gli rispose il moro con sguardo minaccioso ma allo
stesso tempo scherzoso.
“Ho
capito cosa intendi dire. Ma non ti devi
preoccupare”. Fece l’altro. “Piuttosto
tu, cerca di andarci piano con la MIA di
sorella”.
James
ghignò. “Oh, Jolie sa difendersi benissimo
anche da sola”.
“Sì,
questo l’ho notato. Ma puoi star certo che, se
dovessi farle qualcosa che a lei non va bene, non saranno solo i suoi
pugni che
dovrai cercare di evitare”.
I
due ragazzi rimasero per un po’ a scrutarsi finché
JamesRemus non mostrò il suo solito sorriso sghembo.
“Mi
sa tanto che io e te andremo d’accordo”. Fece
per poi tendere la mano verso Potter che gliela strinse deciso senza
interrompere il contatto visivo.
“Lo
spero”.
“Comunque…”.
Proseguì Black. “Sai, mia sorella a
volte tende a essere un po’ egoista e a pensare a se stessa.
Non devi accontentarla
sempre”.
“Che
cosa vorresti dire?” gli chiese Harry inarcando
le sopracciglia confuso.
“Niente,
solo che Ariel non pensa molto alle
conseguenze. E a volte combina un bel po’ di
casini”.
Era
da circa mezz’ora che Sirius, Remus, Dora e la
Signora Weasley stavano cercando di staccare un mobile dal muro ma
quello
sembrava attaccato con un incantesimo adesivo che sembrava non volerne
sapere
di sciogliersi. In realtà bastava soltanto un po’
di forza per staccarlo, ma a
quanto pareva, loro non ne possedevano a sufficienza. E per di
più quel mobile
era uno dei pochi che mancava da togliere, troppo vecchio e troppo
Purosangue
per restarsene in quella casa in cui si respirava già
un’aria più nuova e meno
cupa dopo tutte le pulizie che avevano fatto.
“Ehi!
Che fate?” chiese Teddy allegramente, entrando
nella stanza e vedendo tutti quanti concentrati attorno a quel mobile.
“Oh,
niente di che. Stiamo solo cercando di
sradicare questo mobiletto molto simpatico”. Gli rispose
Sirius scocciato.
“E
che c’è che non va?” anche il giovane
licantropo
si mise a guardare l’oggetto come se fosse una terrificante
pianta carnivora.
“Le
abbiamo provate tutte ma sembra che non si
voglia togliere. Non ho idea con cosa sia attaccato. Gli incantesimi
non
funzionano”. Si lamentò Dora buttandosi su una
poltrona con un sospiro.
“Posso
provare io?” chiese Teddy guardando i
presenti uno ad uno.
“Prova,
ma non credo ci
riuscirai”. Gli rispose Remus con uno
scrollo delle spalle.
Il
ragazzo però, non prese la bacchetta come tutti
si erano aspettati. Poggiò le mani sui due lati del mobile e
con un leggero
sforzo tirò verso di sé staccandolo insieme
a un po’ di intonaco di muro.
Tutti
gli altri presenti lo guardarono con gli occhi
fuori dalle orbite come se avessero appena visto la Madonna di Lourdes.
“Beh,
che c’è?” fece Teddy sollevando le
spalle come
se niente fosse.
“Ammazza!”
esclamò Tonks. “Ho partorito un
sollevatore di pesi”.
Il
Metamorfomagus ridacchiò. Doveva ammettere che
era divertente stupire la gente con certi trucchetti che nessuno si
aspetta.
“Eh
sì, il nostro Teddy è proprio come
Superman”.
Sbottò James scendendo dalle scale che portavano in salotto.
“E Vicky naturalmente
è la sua Lois Lane”.
L’amico
sospirò nella sua direzione con un moto di
frustrazione. James e le sue fissazioni che gli creavano un sacco di
fantasie
mentali che non esistevano.
“Oh
beh, caro, grazie per averci aiutati”. Disse la
Signora Weasley sorridendogli premurosamente. “Per favore,
potresti un attimo
reggermi questo finché pulisco?” gli chiese infine
porgendogli un candelabro
d’argento e piuttosto pesante. Teddy lo prese senza fare caso
continuando
ancora a guardare James.
Ma,
non appena lo ebbe preso in mano, tirò un urlo e
lo lasciò cadere per terra dove si divise in due parti con
un gran botto. Gli
altri lo guardarono spaventati e preoccupati per poi notare la sua mano
ustionata e leggermente sanguinante a causa dell’argento che
aveva appena
toccato.
“Oh
Merlino! Caro, scusami!” cercò di scusarsi la
Signora Weasley maledicendosi da sola. Sapeva che i licantropi erano
allergici
all’argento, Remus glielo aveva spiegato, ma in quel momento
le era proprio
passato dalla testa, non ci aveva proprio fatto caso.
“Non
si preoccupi”. La tranquillizzò Teddy con il
suo solito sorrise dolce così simile a quello di Remus. Era
incapace di
incazzarsi con chiunque.“Non è la prima volta che
mi succede”.
“Oops,
dimenticavo di aggiungere che non è allergico
alla criptonite”. Commentò JamesRemus vedendo
l’amico passargli accanto per
dirigersi in cucina dove portò la mano ustionata sotto
all’acqua fresca
trovando immediatamente sollievo.
“Ti
serve una mano?” gli chiese una voce gentile
dietro le spalle. Il ragazzo si voltò specchiandosi negli
occhi dorati di
Remus, identici ai suoi. La sua mano stava già guarendo,
lentamente, ma
sembrava che la ferita si stesse ricucendo da sola.
“No,
grazie. Ce la faccio da solo”. Gli rispose lui
notando però un’espressione piuttosto sofferente
nello sguardo del padre.
Sapeva che non era stata una buona idea venire lì, ne era
sicuro. Ma James, il
solito James che aveva convinto tutti, lo aveva rassicurato dicendogli
che non
c’era nulla da temere, che infondo erano venuti lì
per cambiare le cose e
quindi, tanto valeva che loro già sapessero.
“Jolie,
potresti dirmi una cosa?” chiese Harry rivolto
alla sorella ma tenendo lo sguardo fisso al cielo stellato. I due,
approfittando della serata afosa, si erano arrampicati sul tetto dal
balcone
del piano superiore e ora se ne stavano sdraiati sulle tegole, lei con
la testa
poggiata sul suo petto e lui con un braccio dietro le spalle della
sorella e
l’altro sotto alla propria testa che gli faceva da cuscino.
“Dimmi”.
“Esattamente
quand’è che torneranno ma… i nostri
genitori?”
La
ragazza sospirò notando una vena di malinconia ma
anche di celata emozione nascondersi nel tono di voce del fratello.
“Tra
poco, non so esattamente quando ma dovrebbe
essere prima di quest’estate se le cose vanno come
dovrebbero”.
“E…”.
continuò Harry ma la ragazza lo bloccò.
“Ti
prego, non chiedermi altro. Ci sono comunque
delle cose che non dovreste sapere. Anzi, abbiamo già detto
troppo”.
“D’accordo”.
Si arrese il moro. In genere era una
persona piuttosto curiosa e che faceva un sacco di domande,
specialmente se
riguardavano lui o la sua famiglia, ma voleva rispettare i limiti della
sorella
e non pressarla troppo. Forse era un’inconsapevole desiderio
di non farle
brutta impressione. Ancora non gli sembrava reale, ancora non ci
credeva di
stare stringendo Jolie tra le sue braccia.
“Posso
almeno chiederti che tipo di fratello sono
stato? Ti ho tratta bene?”
A
questa domanda Jolie esalò un sospiro più intenso
del primo chiudendo per un attimo gli occhi come a voler riflettere
bene su che
risposta dare. Sì, questo glielo poteva dire.
“Vedi,
in verità sei morto presto. La mamma era
appena rimasta incinta di me e… io non ti ho… mai
conosciuto”.
“Oh”.
“Però
sei stato tu a scegliere il mio nome”.
Aggiunse in fretta la rossa come a volerlo consolare in qualche modo.
Non che
fosse una grande consolazione però.
“Capisco…
beh, Jolie è un nome che mi è sempre
piaciuto”.
La
ragazza probabilmente avrebbe voluto aggiungere
qualcos’altro se non fossero però stati interrotti
dall’arrivo di JamesRemus e
gli altri ragazzi.
“Ehilà!
Che fate lassù?” li salutò il giovane
Black
mostrando il suo solito sorriso sghembo. “Vi state prendendo
la tintarella?”
“No
Black, stiamo solo cercando di contare le
stelle”. Gli rispose Jolie in tono provocatorio.
“Oh
beh, in bocca al lupo allora”. Commentò il
ragazzo saltando anche lui sul tetto, seguito immediatamente da Teddy,
Ron e
Ginny.
“Ariel,
sali anche tu?” chiese Harry rivolto alla
bionda che se ne era rimasta sul balcone.
“No
grazie, non ci tengo”. Gli rispose lei facendo
una specie di faccia disgustata.
“Devi
sapere che la nostra cara Lessie soffre di
vertigini. Non è mai salita su una scopa”.
Aggiunse il fratello.
“Davvero?”
“James!
Fatti i cazzi tuoi!” gli urlò la sorella dal
basso guardandolo con uno sguardo omicida. C’erano delle cose
di lei che
preferiva tenere nascoste.
“Beh,
ho semplicemente detto la verità”.
ANGOLO
AUTRICE IN FESTA
Hola
chicos!!! Buon Natale a tutti!!!!
James: Feliz Navidad
a todos!!!! *prende la chitarra e inizia a cantare a squarciagola* And
so this
is Christmas and a Happy New Year, let’s hope
that’s a good one, whitout any
fear!!
Milly
*strappando di mano la chitarra a James e
sbattendogliela in testa*: bene ragazzi, spero che queste vacanze e
queste
feste stiano procedendo bene. Ho deciso di aggiornare oggi
perché volevo farvi
un bel regalino di natale :D visto quanto sono buona?? Mi merito
proprio una
bella statua di cera al Madame Tussaud’s.
James
*massaggiandosi la nuca*: l’unica cosa che ti
meriteresti è una palla da bowling in testa.
Milly:
taci tu!! Comunque, ho solo un chiarimento da fare
su questo capitolo. JamesRemuc chiama la sorella col soprannome di
Lessie perché,
per la versione Animagus della nostra cara Ariel, mi sono ispirata
proprio a
Lessie, il famoso cane dei film. :D
Adesso
posso sul serio lasciarvi andare, non voglio
rovinarvi il Natale.
Un
bacione a tutti e mi raccomando, non mangiate troppi
panettoni che se no ingrassate.
Teddy
*con il barattolo di Nutella in mano*: mangiate la
cioccolata piuttosto xD
JULIET
ANDREA BLACK: carissima, sai questo detective
privato che ho ingaggiato per spiarti mi sta costando
parecchio… uff… ops,
forse non te lo dovevo dire. Maledetta la mia stupida lingua.
Vabbè,
dimenticatelo xD è proprio curioso che metta tutte le
canzoni che piacciono a
te, o è una semplice coincidenza oppure un segno del
destino, chissà… sono
contenta comunque che tu ti sia iscritta agli alcolisti anonimi, forse
dovrei
prendere lo stesso esempio xD davvero sei Argentina?? Che bello, mi ci
porti un
giorno? Io amo la lingua spagnola e, se dovessi scrivere qualche altra
fesseria, correggimi pure. J
E
certo che è un grandissimo complimento dirmi che ti sembrava
di star leggendo
un capitolo di Ino, mi hai veramente fatta sorridere :D Grazie, cara.
Spero ti
sia piaciuto questo regalino di Natale. Buone feste, mi raccomando. M.
FEDE15498:
carissima, io la Nutella ancora adesso la
mangio a cucchiaiate, sul pane proprio non riesco a sopportarla. Ho
mangiato
solo una volta in tutta la mia vita il panino con la nutella e ho quasi
vomitato. Sono proprio contenta comunque che i personaggi ti piacciano
(anche
se non sono miei, ahah) e non ti preoccupare se non riesci a recensire,
posso
capire, anch’io l’estate scorsa ho dovuto fare un
po’ di salti mortali per
trovare la connessione a internet da qualche parte. Divertiti durante
queste
vacanze con tutti i tuoi parenti, è bello quando si ha un
po’ di gente intorno.
Un bacio, M.
STEFANMN:
oh, mi commuovi con tutti questi complimenti. Ehehe,
tu hai letto anche l’altra mia storia ma ti devo dire che
questa non sarà
sempre molto seria e triste come quell’altra. Beh, che ti
devo dire, spero che
continuerai a goderti anche tutti gli altri capitoli allo stesso modo e
auguro
anche a te buone feste. Un bacio, M.
ROXY_BLACK:
James: hola chica, estoy piensando a una
canzone para tì, no te preocupe. Yo y mi quitara estamos
trabahando bien.
Milly: non vedo l’ora che tu apra il negozio di Arequipe, io
e Teddy ci
entreremo a braccetto saltellando. Però pretendiamo uno
sconto, ovviamente :P
eh sì, diciamo che lo scorso capitolo l’ho scritto
pensando a te, d’altronde
qualche regalino te lo dovrei pure fare con tutto il lavoro che stai
facendo
per questa storia xD Oops, non sveliamo troppe cose. Un beso, mi amor.
Hasta
luego, M.
INO
CHAN: ooooh, pensi che ti fregherò altri personaggi??
Chi? Io?? Nooo, mai. *si avvicina John che la tira per la maglietta*:
allora,
quando entriamo in scena noi altri? *indica con un dito Charly, Joel e
Emmie*.
Milly *spingendo via John*: sparisci tu. *Torna a guardare Ino con aria
fintamente innocente*: hmm, dicevamo?? An sì, ti piace il
nome Noelle, eh? Beh,
sono contenta perché mi sono scervellata un bel
po’ per trovare un bel nome d’arte
e ho pure rotto le scatole alla mia amica con questo. Comunque
effettivamente
Martha Martinez sembra un scioglilingua, ma non sono stata molto a
pensare al
suo nome. Ho frugato un po’ tra quelli di Paso Adelante. Per
quanto riguarda il
ritorno di James e Lily, beh, ci sto ancora lavorando, ma non dovrebbe
essere
un problemino :P. ora ti lascio, ho parlato anche troppo. Buone feste,
un beso,
M.
|
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Capitolo 19 *** Capitolo diciotto ***
CAPITOLO
DICIOTTO
Sirius
stava scendendo le scale per raggiungere la
cucina quando si imbatté in JamesRemus che se ne stava
seduto sui gradini con
uno strano aggeggio rettangolare tra le mani dal quale usciva un
sottile filo
nero che gli andava nelle orecchie. Naturalmente l’Animagus
non poteva sapere
che si trattava di un I-POD.
Il
ragazzo, non appena lo vide, gli sorrise
contento.
“James…”.
Borbottò l’uomo. Gli faceva uno strano
effetto pronunciare il suo nome, forse perché era lo stesso
del suo migliore
amico. E gli faceva anche uno strano effetto trovarselo lì
davanti tutti i
giorni. Ad Ariel si era già abituato ma con
James… boh, c’era qualcosa di
diverso, in fondo non era facile abituarsi a veder scorrazzare in giro
per casa
la tua copia giovanile.
I
due stettero ad ammirarsi per un po’, quando
improvvisamente, sentirono un gran botto proveniente dal piano
superiore della
casa che li fece allarmare.
In
men che non si dica scattarono entrambi e in poco
tempo si ritrovarono al piano più alto della casa dove
furono ben presto
raggiunti da tutti gli altri che si trovavano a Grimmauld in quel
momento. Ma
quello che videro li lasciò praticamente di stucco.
“John!
Cazzo, levatiiii!”
“Tappo,
sta calmo. Mica ti schiaccio”.
“Sei
sdraiato sulle mie palleeee!”
“Oh
davvero? Pensavo fosse la tua bacchetta”.
“Ma
perché voi ragazzi dovete essere così
chiassosi?”
Soltanto
in quel momento sembrò che i nuovi
arrivati, ovvero cinque ragazzi dall’aria terribilmente
familiare, si accorsero
finalmente degli altri che li stavano guardando come se provenissero da
un
altro pianeta, ovvero con occhi spalancati molto somiglianti a due
boccini e la
bocca aperta a tal punto che sarebbe potuto entrare uno sciame di
moscerini.
“Joooooel!”
esclamò all’improvviso JamesRemus in
direzione di uno dei nuovi ragazzi, leggermente più basso di
James, biondo,
occhi grigio azzurri e molto molto simile ad Ariel.
I
due ragazzi si tramutarono in cani, quello nuovo
in un cane lupo nero come la pece, cominciando a rotolarsi per terra
cercando
di azzannarsi la coda in modo giocoso e scherzoso.
“Viiiicky!!”
urlò Ariel spaccando i timpani a
qualcuno e correndo ad abbracciare una ragazza dai lunghi capelli
biondi alta
più o meno come lei e forse anche della sua stessa
età.
“Ciao
fratellone”. Salutò invece una ragazzina
dall’aspetto piuttosto piccolino, con i capelli castani
lunghi fino a metà
schiena e un paio di graziosi occhi color castagna. Aveva proprio un
aspetto da
cucciola.
“Emmie!”
esclamò Teddy al quale probabilmente era
rivolto il saluto. La ragazzina gli sorrise e gli buttò le
braccia al collo
esclamando un: “Mi sei mancato tanto”.
“Cuginooooooo!”
Teddy
e Emmie furono buttati a terra da un altro
ragazzo piuttosto alto, ben fatto e coi capelli castano chiari che li
travolse
come fossero due birilli.
“John,
trattieni l’entusiasmo”. Biascicò Ted
sdraiato sul pavimento con l’altro ragazzo addosso.
L’unico
che se ne era rimasto in disparte e che
osservava tutta quella scena come a dire “Perché
diamine qualcuno non ha ancora
chiamato il manicomio?” insieme a tutti glia altri presenti
che ora erano
ancora più increduli di prima, era un terzo ragazzo, un
po’ basso di statura,
coi capelli neri e leggermente lunghi che teneva legati in un codino e
gli
occhi scuri come la notte.
“Ehm,
ehm”. Tossicchiò Alastor Moody per cercare di
attirare l’attenzione. E finalmente i ragazzi si calmarono,
tornando composti.
“Si
può sapere chi siete voi?” chiese Tonks spostando
lo sguardo da un ragazzo all’altro e indugiando soprattutto
sulla piccolina che
aveva abbracciato Ted.
Ci
furono un paio di secondi di silenzio, quando poi
Ariel si decise a parlare per prima, come al solito.
“Lui
è il mio caro gemellino”. Presentò,
avvicinandosi al ragazzo biondo e simile a lei che poco prima era
saltato
addosso a James. “Joel Black”.
“Oh
santissimo Godric!” esclamò Sirius coprendosi il
viso con le mani. Sapeva che Ariel aveva un fratello gemello ma
trovarsi pure
il terzo figlio davanti, beh…
“Joel?
Ma non si chiamava Miguel?” chiese Ginny
stupita.
“Si
beh…”. Iniziò il ragazzo chiamato in
causa. “In
realtà il mio nome completo è Joel Alastor Miguel
Black. Ma Ariel preferisce
chiamarmi solo Miguel a volte”.
“Alastor?!”
fece Ron sorpreso.
“Sì,
come lo zio Malocchio”. Rispose Joel come se
niente fosse.
“Non
lo sapevate che nostra madre è la nipote di zio
Alastor?” chiese James notando che tutti sgranavano gli occhi
sorpresi.
“Tu,
cagnaccio!” urlò l’Auror tirando in aria
il bastone
in direzione di Sirius. “Preparati a correre!”
“Oddioooooo!”
gridò Sirius cominciando a correre
inseguito da Malocchio che agitava il bastone. Come facesse con quella
gamba
finta ad avere tutta quella potenza fisica nessuno lo sapeva.
“Non ricordavo
che Martha fosse la nipote di Malocchiooooooooo!”
Gli
altri non riuscirono a fare a meno di scoppiare
a ridere a quella vista.
“E
voi cari? Chi siete?” chiese la signora Weasley
con voce dolce. Era sempre gentile nei confronti dei giovani ragazzi
specialmente se erano imparentati con qualcuno che conosceva.
“Ciao,
nonna Molly!” esclamò la ragazza bionda che
aveva abbracciato Ariel.
La
donna spalancò gli occhi davanti a quella
ragazzina dal visino così dolce. Ora che la vedeva meglio
doveva proprio dire
che era uno spettacolo di ragazza, cosa che constatarono anche tutti
gli altri.
A Ron per poco non spuntò la bava alla bocca. La ragazzina
aveva dei lunghi
capelli biondi che le arrivavano fino al sedere, un paio di grandi
occhi
castani su un viso da bambolina di porcellana. Indossava un leggero
vestitino
azzurro estivo che le lasciava scoperte le lunghe gambe da ballerina e
un sacco
di braccialetti colorati e tintinnanti sul polso sinistro.
“Eh
sì. Lei è l’unica Weasley a non avere i
capelli
rossi”. Disse James con il suo sorrisetto sghembo portando un
braccio attorno
alle spalle della ragazza.
“Ma…
ma… chi sono…”. Balbettò la
signora Weasley non
riuscendo a togliere lo sguardo dalla bionda.
“I
miei genitori? Bill e Fleur. Mi chiamo Victoire”.
Rispose lei con un sorriso dolcissimo e stupendo.
Ah
ecco perché è così bella, pensarono
tutti quanti.
Con una madre fantastica come Fleur era inevitabile che nascesse una
ragazza
così meravigliosa. Probabilmente anche lei aveva un
po’ di sangue Veela.
“E
così sei tu la famosa Victoire”. Fece Remus
facendo
un occhiolino in direzione del figlio che arrossì
violentemente.
“Famosa?”
“Ehi!
Anch’io voglio il mio momento di gloria”.
Esclamò
improvvisamente il ragazzo dai capelli castano chiaro e gli occhi di un
azzurro
intenso, come il cielo. “Piacere, mi chiamo John
Paciock”.
“Paciock
hai detto?”
“Cosa?
Come?”
“E’
impossibile!”
I
ragazzi del futuro scoppiarono a ridere al sentire
quelle esclamazioni e quelle facce sconvolte.
“Sei
il fratello di Neville?” chiesero Fred e George
guardando il ragazzo. Non somigliava per niente al loro amico, John era
decisamente più figo, più palestrato e anche
decisamente meno timido, a
giudicare dal sorriso strafottente che gli incorniciava il volto.
“Sì”.
“Ma
come? Alice e Frank sono…”.
“Sì,
al momento sono ancora fuori di zucca ma… si
risolverà presto”. Rispose il ragazzo come se
niente fosse.
“Oddio.
Ma quante cose succederanno nel futuro!?”
fece Ron con tono melodrammatico.
“Molte
mio caro, molte”. Rispose John. “Peccato che
non molte saranno belle”.
“E
tu?” chiese Remus rivolto alla ragazzina che
stava vicino a Ted, leggermente timida.
“Lei
è Emmie. Mia sorella”. Rispose Teddy per lei
guardando il padre negli occhi dorati.
“Oh”.
Sia
Remus che Dora sorrisero alla piccola. Dimostrava
sui tredici anni, era bassina ma piuttosto graziosa, con i capelli
castani che
le scendevano lungo le spalle e due occhi color castagna, simbolo che
lei non
era un Lupo Mannaro come il padre e il fratello. Ed evidentemente non
aveva
ereditato la fisionomia e la forza fisica tipici dei lupi Lusanguis.
“Ora
manchi solo tu”. fece notare Malocchio
guardando l’ultimo ragazzo che se ne era rimasto leggermente
in disparte. Era tornato
dalla caccia di Sirius insieme a quest’ultimo che ora
però mostrava un vistoso
livido sul labbro inferiore.
“Ehm…
io…”. Cominciò allora il moro un
po’ insicuro,
arrossendo e abbassando lo sguardo. Non sapeva come
l’avrebbero presa se
avessero scoperto chi era suo padre. “Io mi chiamo
Charlie”.
“Charlie…
e poi?”
“Pi…
Piton”.
Questa
volta il ragazzo era sicuro che sarebbero
tutti quanti svenuti, come nei fumetti che leggeva Joel, quando uno
spara una
cazzata e tutti si rabaltano a terra.
“Oh
Merlino! L’invasione dei Moccini!!!”
urlò Sirius
in preda alle risate.
“Chi
vuole il dolce?” chiese la signora Weasley
alzandosi da tavola per servire il dessert.
“IO!”
esclamarono Teddy e John contemporaneamente.
“Charlie,
tu lo vuoi?” chiese poi all’unico ragazzo
che non aveva dato il suo consenso.
“No,
grazie”. Rispose questi.
“Ah,
non sarai come tuo padre che rifiuta sempre il
dolce. È per questo che è così
acido”. Fece Sirius imbronciando le labbra.
Charlie
ridacchiò. “Ahah no. È solo che non li
posso
mangiare, non spesso almeno. Sono diabetico”.
“Oh,
mi spiace”. disse Tonks.
“Tranquilli,
tanto ci sono abituato”.
“E
comunque, Tappo è dolce lo stesso”.
Sbottò John
guardando in direzione dell’amico e mettendo in bocca un
pezzo della fetta di
torta servitagli da Molly.
“Non
riesci proprio a chiamarmi per nome?”
“Non
è colpa mia se sei basso”.
“No,
sei tu che sei alto”.
“No,
io sono normalissimo”.
“Tu
normale? Ma quando mai?”
Alcuni
degli altri presenti seduti a tavola
ridacchiarono. Avevano il presentimento che quei due battibeccassero
quasi come
Jolie e James.
“Ma
dimmi un po’…”. Fece di nuovo Sirius
guardando
ancora Charlie. “Ma chi è tua madre? Insomma, chi
è la santa donna che ha avuto
il coraggio di portarsi a letto Moccy?”
“Sirius!”
lo sgridò Remus dandogli un calcio sotto
al tavolo. Lui era l’unico che poteva avere il coraggio di
parlare male di una
persona davanti a suo figlio. Ma sembrava che Charlie non se la fosse
presa
tanto.
“E’
meglio che non ve lo dica. Non possiamo svelare
troppe cose del nostro tempo”.
Gli
altri sospirarono.
“Ma
perché siete venuti tutti qui?” chiese Teddy con
un tono quasi da predica.
“Perché
ci mancavate troppo. Ed eravamo stanchi di
stare là”. Rispose Emmie guardando il fratello
tristemente.
“Ma
i vostri genitori sanno che siete qui?” aggiunse
la signora Weasley.
“Hum…
sì, in un certo senso”.
Nessuno
volle indagare di più su quella risposta
ambigua data da John.
Il
ragazzo si voltò verso Charlie addentando con
gusto un altro pezzo di dolce come per fargli dispetto
perché lui non poteva
mangiarlo.
“Sei
proprio stronzo, John. Te l’hanno mai detto?”
“Chi?
Io? Ma se ho un faccino da angioletto”. Gli rispose
l’amico con una finta faccia innocente.
“Sì,
sei un angelo solo apparentemente”.
“Ma
ragazzi!” li chiamò Tonks curiosa. “Come
avete
fatto a venire fin qui? Insomma, il potere delle Giratempo non dura a
lungo”.
“Ma
noi abbiamo delle Giratempo moderne. Durano più
a lungo e possono riportarti indietro quanto vuoi”. Le
rispose JamesRemus
mostrando la Giratempo che gli adornava il collo. “Le ha
create Hermione”.
“Wow,
devo dire a quella ragazza che è un vero genio”.
Sussurrò Ron a Harry, il quale annuì.
“Porca
merda!” esclamò all’improvviso Joel
guardando
in basso. “Mi sono sporcato i pantaloni”.
“Fratellino,
è ovvio se ti metti i pantaloni bianchi”.
Joel
mostrò una boccaccia verso il fratello maggiore
alzandosi per andare al lavandino e pulirsi i pantaloni.
Charlie
si tolse la camicia scura scoprendo il
torace ben fatto, come di qualcuno che pratica sport. Non sembrava per
niente
figlio di Piton, lui era decisamente più bello. Aveva
ereditato solo i suoi
occhi scuri e i capelli neri, ma almeno il ragazzo sapeva come si usava
uno
shampoo.
Si
buttò su una poltrona del salotto mentre Jolie
preparava l’iniezione di insulina che gli faceva da ormai
quasi un anno.
La
ragazza umidificò una piccola parte del fianco
del ragazzo con un po’ di cotone inumidito
d’alcool, mentre Charlie girava la
testa e già preparava una smorfia di dolore. Non gli erano
mai piaciute le
iniezioni, sebbene le facesse tutti i giorni da mesi ormai.
“Aaaaah!”
urlò il ragazzo sentendo Jolie che avvicinava
la mano con la siringa.
“Per
la miseria, Charlie! Non ho nemmeno iniziato”. Si
lamentò la ragazza.
“Ehi,
Tappo! Vuoi che qualcuno ti tenga la mano
mentre Jolie ti fa la punturina?” fece John con il suo solito
sorrisetto
bastardo.
“John,
cazzo! Mica devo partorire. Ahia, Jolie!”
esclamò poi Charlie sentendo l’ago pungerlo e
penetrare la pelle. “Avvisa prima”.
“Se
sono fatte di sorpresa fanno meno male”. spiegò
la ragazza spingendo lo stantuffo.
“Non
è vero”.
Dopo
neanche due minuti Jolie estrasse la siringa
dal suo fianco premendoci contro un cotoncino, sempre inumidito
d’alcool.
“Ehi,
Charlie. Vuoi un bacino per far passare la
bua?” gli chiese John canzonatorio.
“Beh,
non sarebbe male”.
Al
sentire quella risposta, l’altro si abbassò e gli
schioccò un bel bacetto dove Jolie gli aveva fatto la
puntura.
“Idiota!
Non intendevo da te!”
John
però, per tutta
risposta, scoppiò a ridere. Quanto lo divertiva prendere in
giro il povero
Charlie.
DISCUTIAMONE…
Salve,
ragazzi… eccomi con un nuovo capitolo :D
Allora,
piccola precisazione tanto per non fare torto a
nessuno. Joel, Emmie, John, Charlie e Victoire NON mi appartengono.
Sono di
proprietà di Ino chan (tranne Vicky ovviamente, che
è della Rowling) e io li ho
solo presi in prestito :D Credo che John e Charlie saranno gli unici ad
essere
fedeli a come li ha caratterizzati Ino, almeno per quanto riguarda il
carattere.
A proposito, io e la mia fantastica amica roxy_black abbiamo fondato il
funclub
di John e Charlie. Qualcuno vuole unirsi? Abbiamo già creato
le spille, ora ci
mancano le magliette.
Sicuramente
però vi state chiedendo perché cazzo ho deciso
di far avere al povero Tappo il diabete. Booo, un altro
schizzò dell’autrice.
Tornando
al capitolo… hmmm… confesso che non è
stato
semplice da scrivere ed effettivamente non me gusta molto. Ho
scartabellato tra
le varie canzoni di Youtube perché mi dessero qualche
ispirazione ma… non è
stato semplice -.-‘’ e ripeto, non è
granché però almeno mi è venuto lungo.
Tra
l’altro non l’ho neanche riletto quindi, se
c’è qualche errore, perdonatemi. Penso
sia tutto, lascio a voi altri commenti.
Un
bacio, M.
INO
CHAN: ahah, tranquilla, hai visto che ho corretto? Purtroppo
ho il difetto di mettere la Y nei diminutivi e mi sono resa conto
troppo tardi,
nel senso che la mia amica ha già fatto la sua foto con
scritto Charly, che in
realtà si scriveva Charlie e allora ho detto: amen, tanto
non cambia. Però il
personaggio è tuo, quindi hai tutto il diritto di lamentarti
:D sìsì, nello
scorso capitolo si è notato un po’ il rapporto fra
le due coppie di fratelli. Ma
dimmi, che ne pensi? James e Ariel sembravano un
po’… come dire… ostili. Bo…
vabbè, spero di risentirti. Un bacio, M.
STEFANMN:
sono contenta che lo scorso cap ti sia
piaciuto. Teddy: tranquillo, non le lascerò nemmeno un
cucchiaio di nutella
*milly intanto gliela frega dal baule*. Un bacio, M :P
ROXY_BLACK:
effettivamente avevo pensato di mettere i
bunelos nella storia… hmmm, vediamo che cosa mi
verrà in mente. Comunque se
vuoi rapirmi i pg devi chiedere a Ino e le sedute di psicoanalisi le
paga lei
xD spero allora che questo cap ti sia piaciuto, sono comparsi i nostri
dolcissimi John e Charlie. Un bacio, M.
PUFFOLA_LILY:
grazie come al solito per i complimenti e,
non ti preoccupare, i little marauders resteranno ancora per
mooooooooolto
tempo. Spero ti sia piaciuto anche questo cappy e alla prossima. Kiss,
M.
FEDE15498:
carissima, anch’io odio il pandoro e il
panettone. Anzi, odio tutti i tipi di dolci. Eh, che ci posso fare,
sono fatta
così io. Charlie: uff… e perché me lo
dovevo beccare io il diabete? é__é .
anche qui comunque ci sono tante belle novità e…
beh, spero di sentirti presto
e cerca di non ammazzare nessun altro per avere il pc che non voglio
avere
morti sulla coscienza :D
P.S.
tuo zio fa il medico per caso? Perché allora è
normale trovare certi nomi strani sulle cartelle. Ma io mi chiedo
perché le
malattie devono avere sti nomi così difficili.
Ultima
cosa ragazzi… vi faccio un giochino… chi riesce a
trovarmi tutti i nomi relativi al mondo harry potteriano in questa
foto, avrà
una bella sorpresa :D.
E
quasi dimenticavo… buon anno nuovo J
|
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Capitolo 20 *** Capitolo dicianove ***
Questo
capitolo è dedicato a Juliet Andrea Black perché
ha vinto il giochetto della scorsa volta. Complimenti cara :D *applaude*
CAPITOLO
DICIANOVE
“James!!
Muoviti a liberare quel cazzo di bagno!!!”
si sentì urlare Joel da in cima le scale, per poi vederlo
comparire
improvvisamente in cucina, sbuffante come una locomotiva.
Sirius,
Remus e Tonks lo guardarono straniti. Loro
non sapevano che Joel la mattina appena alzato era peggio di una donna
con le
mestruazioni. A volte mordeva peggio di un lupo mannaro, anche se gli
si
rivolgeva semplicemente la parola e il suo repertorio di parolacce si
faceva
veramente largo. Poi, per il resto della giornata, non diceva altro dato che era parecchio
stitico di parole. Al
giorno diceva sì e no dieci parole in totale e quella
mattina ne aveva già
dette otto.
“Nervosetto
il ragazzo”. Commentò Remus in direzione
di Sirius ridacchiando tra i baffi. Quella notte ci sarebbe stata luna
piena e
bastava guardare la faccia pallida e stanca del povero licantropo per
capirlo.
“Joel
è sempre così al mattino”.
Spiegò Jolie,
seduta già a tavola, ai due uomini.
Il
ragazzo, intanto, bofonchiò qualcosa per poi
andare al frigorifero a prendersi qualcosa da bere.
La
porta della cucina venne varcata da JamesRemus
che entrò passandosi una mano tra i capelli leggermente
umidi.
“El
ba ño
es libre, hermanito*”. Disse rivolto
al fratello, il quale se ne uscì immediatamente a passo di
marcia.
“Posso
farti una
domanda?” chiese Sirius guardando James con aria curiosa.
“Ma fra Ariel e Joel,
chi è il più grande?”
James
sorrise. “Ariel
è nata quattro minuti prima di Joel perciò
è lei la più grande. Ma non farlo
mai notare a Joel, se no si incazza. Odia quando lo facciamo sentire
più
piccolo”.
“Buongiorno!”
esclamò
Ariel allegramente seguita da Emmie che si stava stropicciando gli
occhi con
aria stanca. Anche lei risentiva leggermente della luna piena.
Poco
dopo tutti
quanti i ragazzi arrivarono a mettersi a tavola per fare colazione,
all’appello
mancava però soltanto Teddy, ma nessuno ebbe bisogno di
chiederne il motivo.
“Ma
in che Casa siete
finiti ad Hogwarts?” chiese Tonks curiosa.
“Scommetto
che siete
tutti Grifondoro”. Aggiunse Sirius guardando soprattutto in
direzione dei tre
figli.
“Hmm
non proprio”.
Cominciò Emmie. “Io sono Tassorosso come la mamma,
Charlie invece è un
Serpeverde mentre tutti gli altri sono a Grifondoro”.
Dora
guardò la figlia
orgogliosa e contenta, invece Sirius e Remus si guardarono sbigottiti.
Immaginavano che tutti quanti fossero finiti nella casa di Godric,
però
Charlie… oddio, era figlio di Piton perciò non
c’era nulla di strano. Anche se
effettivamente Charlie, per quel poco che lo avevano conosciuto, non
sembrava
tanto una Serpe. Erano sicurissimi che avesse preso dalla madre,
sebbene non
sapevano chi fosse. Forse li sbigottiva più il fatto che dei
Grifondoro fossero
amici di un Serpeverde. Perché chiunque, anche un cieco
poteva vedere che c’era
una bella amicizia fra loro, fra tutti quanti loro. In
realtà, anzi, fin
dall’inizio li aveva semplicemente stupiti il fatto che i
loro figli fossero
amici del figlio di Piton.
Certo
che la vita
riserva proprio cose strane.
A
un tratto si sentì
un improvviso botto e qualcuno che rotolava giù dalla scale.
“Auch!”
si lamentò
quello, finito sdraiato sui gradini a circa metà della rampa.
I
ragazzi si sporsero
e James riconobbe il piede che sbucava per quello del suo migliore
amico.
“Coccolo?”
chiamò.
“E’
morto”. Si
lamentò quello con voce roca.
Finalmente
però
riuscì ad alzarsi e a trascinarsi fino in cucina dove
crollò con la faccia sul
tavolo, i capelli di un deprimente marrone scuro a coprirgli il viso.
“Dai
Teddy, su col
morale che stasera ci divertiamo”. Cercò di
rallegrarlo James ma senza
risultato dato che il licantropo borbottò un qualcosa di
incomprensibile che
doveva suonare come un: “Taci coglione o ti sbrano la
faccia”.
Charlie
tirò fuori
dalla tasca due piccole boccette contenenti un liquido di un colore
orribile,
un misto tra il marrone merda e il giallo muco e ne porse uno a Teddy e
uno a
Remus.
“Pozione
Antilupo”.
Disse semplicemente a mo’ di spiegazione davanti allo sguardo
curioso di Lupin
Senior e legandosi i capelli in un codino.
Entrambi
bevettero
avidamente poi Moony esclamò sorpreso.
“Com’è che sembra più
buona?”
“Ci
ho messo un po’
di sciroppo alla fragola. Non cambia gli effetti ma rende la pozione
leggermente più digeribile”.
“Tu
sai preparare la
pozione Antilupo?”
“Certo,
me lo ha
insegnato mio padre”.
“Il
nostro Tappo è
veramente ben dotato”.
Commentò John
ridacchiando in modo perverso e lanciando un’occhiata a
Charlie che si batteva
una mano in fronte.
“Ahia!
Porca troia,
Jolie!” esclamò James trattenendo un gemito di
dolore.
“Se
stessi un po’
fermo forse non ti farebbe così male”. gli rispose
quella guardandolo male.
“Io
sono fermo, sei
tu che sei violenta anche quando curi le ferite”.
“Potevi
fare a meno
di saltare in groppa a Teddy così lui non ti avrebbe
lanciato contro l’albero”.
JamesRemus
esalò un
forte sospiro mentre si faceva curare un brutto taglio al braccio da
Jolie,
dopo che avevano trascorso la luna piena con Teddy e proprio questi lo
aveva
mandato a sbattere contro un grosso albero per colpa del quale si era
fatto
quella ferita.
“Non
mostrarlo a
Teddy o avrà i sensi di colpa”.
Consigliò la ragazza fasciandogli il braccio
con delle bende. Il ragazzo seguiva quei gesti con sguardo quasi
incantato o
meglio, assorto. Gli piaceva però quel contatto, lei che gli
toccava il braccio
e lo curava così amorevolmente. Era uno di quei rari momenti
in cui non si
infuriava con lei e non lo picchiava selvaggiamente.
“Tutto
bene,
ragazzi?” chiese Sirius sbucando dalla porta, anche lui
reduce da una notte di
luna piena con Remus.
“Sì,
todo bien”.
Improvvisamente,
però, una volpe attraversò di corsa la cucina
sbattendo qua e là inseguita da
un leone famelico che sembrava avere intenzione di sbranarla. Fecero il
giro
della cucina per poi uscire, sempre di corsa, fino in salotto dove il
leone
afferrò la piccola volpe per la collottola scuotendola
leggermente.
“Oh
Merlino!” esclamò
Sirius che aveva la strana sensazione di trovarsi in uno zoo.
“Sono
John e
Charlie”.
“Oh”.
Intanto
in salotto Victoire
se ne stava in piedi accanto al divano a guardare Teddy che dormiva
placidamente, con il petto che si alzava e si abbassava lentamente al
ritmo del
suo respiro.
Era
così
tremendamente carino e tremendamente tenero mentre dormiva, con le
palpebre
leggermente tremolanti, segno che stava sognando, i capelli che gli
ricadevano
sulla fronte, un po’ sudati e spettinati.
Doveva
essere
crollato immediatamente dopo essere rientrato a casa, stanco e
distrutto a
causa della trasformazione che aveva lasciato ancora qualche traccia,
come i
canini leggermente più lunghi e quell’aspetto
più massiccio. Però lei non
riusciva a non trovarlo dolce.
“Ciao
Vicky!” la
salutò Emmie, appena entrata nella stanza con ancora indosso
la camicia da
notte, i capelli spettinati e un’espressione assonnata.
“Che ci fai qui?”
“Niente!
Guardavo… se
stava bene”. rispose lei parlando troppo frettolosamente e
diventando
leggermente rossa. La bimba però sembrò non
accorgersene, probabilmente perché
troppo piena di sonno e spossata a causa della luna piena.
“Torna
a dormire,
Emmie”.
James
scese le scale
scivolando sul corrimano, immediatamente raggiunto poi da Ariel e Harry
che si
portava sulle spalle una Jolie divertita per chissà cosa.
La
signora Weasley
però, sentendo suonare il campanello poco prima, aveva
aperto la porta
d’ingresso e così i ragazzi si erano
improvvisamente trovati davanti Silente,
Piton e la McGranitt.
“Oooh
salve
professori”. Salutò allegramente James con un
sorriso strafottente.
“Professoressa McGranitt, la trovo bene. E’
ringiovanita per caso?”
L’insegnante
di
Trasfigurazione, dopo un momento di shock nel trovarsi davanti la copia
giovane
di uno dei suoi ex alunni, si portò una mano alla guancia
sorpresa e
meravigliata per quella affermazione fatta dal ragazzo. Non che non le
facesse
piacere ovviamente, ma non doveva esserle venuto in mente che, nel
tempo di
quei ragazzi, lei era più vecchia.
“Oh
ciao James”.
Salutò il professor Silente con un sorriso gentile.
“Minerva, Severus”. Disse
poi rivolgendosi ai due insegnanti accanto a lui. “Loro sono
il signor
JamesRemus Black e la signorina Jolie Potter”.
I
due insegnanti
spostarono gli occhi da uno all’altro ragazzo, in particolare
quelli di Piton
indugiarono soprattutto su Jolie. Silente gli aveva raccontato tutto,
dei
ragazzi del futurp, di quello che dovevano fare e anche che James e
Lily erano
vivi. Nemmeno lui avrebbe saputo descrivere la gioia che aveva provato
nello
scoprire che la sua Lily era viva.
“MALEDETTO
PACIOOOOOOOOOOOCK!”
“AAAAAAAAAAAAAHHHH!”
La
porta di una
camera da letto si aprì sbattendo di colpo e ne uscirono
fuori un divertito
John che non riusciva a smettere di ridere inseguito da un Charlie
furioso e
fumante, con la faccia rosso fuoco che brandiva un cuscino col chiaro
intento
di picchiarci l’amico.
Ma,
non appena si
trovarono di fronte ai tre professori, si arrestarono di colpo.
Silente
non potè fare
a meno di ridacchiare. “E voi dovete essere John e
Charlie”.
“Proprio
così!”
esclamò il primo con un sorriso a trentadue denti, per
niente intimorito di
essere al centro dell’attenzione.
Charlie
invece, aveva
nascosto il cuscino dietro la schiena e aveva abbassato lo sguardo
pregando
disperatamente di venire risucchiato dal pavimento. Si sentiva lo
sguardo
penetrante del padre addosso.
Sì,
Silente gli aveva
raccontato anche questo ovvero che avrebbe avuto un figlio sebbene non
sapesse
da chi. Non ci aveva creduto allora e non ci stava credendo tanto
neanche
adesso, anche se doveva ammettere che con quei capelli scuri e
leggermente
lunghi e gli occhi neri, beh, non gli somigliava come una goccia
d’acqua ma gli
somigliava.
I
tre insegnanti si
diressero in cucina dove trovarono anche il resto della combriccola con
Ron, Ginny,
i signori Weasley, Tonks, Sirius e Remus.
“Voi
sarete Emmie,
Joel e Victoire, suppongo”. Fece di nuovo Silente rivolto ai
tre ragazzi venuti
dal futuro.
“Che
cosa la porta
qui, professore?” chiese Remus.
“Sono
solo venuto a
dare il benvenuto a questi ragazzi e a dire loro che sono lieto di
ospitarli
nella mia scuola”. Fece una piccola pausa nella quale
estrasse un pacco di
lettere e le poggiò sul tavolo. “E vi consegno
anche queste. Ci sono anche
quelle del signor Potter e dei signori Weasley”.
Silente
e la
McGranitt rimasero a parlare ancora un po’, l’unico
che non aveva proferito
parola per tutto il tempo era stato Piton, troppo impegnato a scrutarsi
vicendevolmente con Charlie.
“Certo
che in quanto
ad affetto paterno il professor Piton sbocca da tutti i
pori”. Commentò John
acidamente una volta che i tre se ne furono andati. Aveva notato lo
sguardo
strano con cui l’insegnante aveva continuato a fissare
Charlie.
L’amico
gli rispose
con un’alzata di spalle. Per lui non c’era niente
di strano, non è che nel suo
tempo il padre gli dimostrasse molto più affetto. Gli dava
quel tanto che gli
bastava per crescere. Non c’è mai stato nessun
abbraccio o un ti voglio bene da
parte dell’uomo.
“Vediamo
un po’ che
sono queste lettere”. Esclamò ad un tratto James
prendendo le lettere poggiate
sul tavolo e consegnandole ai rispettivi proprietari.
“Ma
sono le lettere
di Hogwarts e dei nostri G.U.F.O!” esclamò Teddy
sorpreso. “Ma come ha fatto
Silente ad averle?”
“Non
ne ho idea. Ma
d’altronde Silente può tutto”. fu il
commento di Ariel che stava aprendo la sua
lettera imitata dagli altri.
Seguirono
due minuti
di silenzio, nel quale i ragazzi lessero le proprie lettere con occhi
attenti.
Improvvisamente
però,
videro Teddy impallidire e sgranare gli occhi davanti al suo pezzo di
carta.
“Fa
vedere!” esclamò
James strappando la lettera dalle mani dell’amico. Anche lui
però sgranò gli
occhi dalla sorpresa. “Come cazzo hai fatto a prendere tutte
E?”
“Cosa?!”
“Come?!”
“E’
impossibile”.
“Fa
vedere!” stavolta
fu Remus a strappare la lettera dalle mani di James mettendosi a
leggerla
insieme a Dora con un’espressione orgogliosa.
Teddy
intanto
arrossiva ma allo stesso tempo sorrideva contento.
“Beh
mio caro, sei
veramente pessimo. Ma proprio pessimo”. Commentò
James incrociando le braccia e
scrollando la testa.
“Meno
male che ho
copiato da te il compito di Pozioni”. Disse invece John.
“Ehi,
a qualcuno
interesserà sapere che sono diventato capitano della squadra
di Quidditch?”
sbottò tutto d’un tratto Harry mostrando la spilla
da capitano.
“Davvero?!”
fece
Jolie con gli occhi illuminati.
“Mi
farai entrare
nella squadra, vero?” chiese Joel con aria da: “Non
puoi dirmi di no”.
“Solo
se passi le selezioni”.
DISCUTIAMONE…
*
El
ba ño
es libre, hermanito. = il bagno è
libero, fratellino
Allooooora…
facciamo dei
piccoli chiarimenti: nella fic di Ino Emmie in realtà
è una Grifondoro. Io
invece ho deciso di metterla a Tassorosso perché secondo ci
sta bene lì.
Insomma, è una cucioletta molto fedele, sta bene a
Tassorosso. E nonostante
abbia quattordici anni io continuo a vederla come una bambina :D Spero
di non
aver offeso nessuno comunque, decidendo di cambiarle Casa xD
Poi,
seconda cosa. Per caratterizzare
Joel ho fatto un miscuglio tra me e mio fratello xD io la mattina
quando mi
alzo sono scazzata e lui invece dice sì e no dieci parole al
giorno :p
Ultima
cosa… la volpe e il
leone sono rispettivamente Charlie e John nelle loro forme Animagus.
Sono
contenta però che l’idea
di rendere Tappo diabetico vi sia piaciuta. Per una volta uno dei miei
schizzi
ha avuto successoJ
Charlie:
e intanto io sono
quello che deve bucarsi tutti i giorni e non mangiare nemmeno un
granellino di
zucchero è__é
Milly:
ma lo sai che così
sei più coccoloso ^^ *spupazza Charlie*.
Qui
comunque abbiamo visto
altre scene legate alla vita domestica ma dal prossimo capitolo,
finalmente,
succederà qualcosa *w*. E chissà che cosa ^^.
Per
il resto, non ho altri
commenti, spero me li lasciate voi che mi fanno sempre tanto piacere.
*w*
Un
bacio,
Milly.
STEFANMN:
sono contenta
che i personaggi ti piacciano J
comunque, per quanto riguarda le prese in giro di John… sono
fatte in
amicizia, eh… non ti preoccupare che in realtà
Johnny e Tappo si vogliono un
mondo di bene xD.
JULIET
ANDREA BLACK: mi sa
che tu e Ino soffrite dello stesso problema -.-‘’
fatevi curare mie care :p
cooomunque, complimenti ancora per la vincita del gioco, soprattutto
perché sei
riuscita a trovare James J
Spero di
risentirti, un beso. M.
INO
CHAN: eheh, a quanto
pare ci sono ancora un bel po’ di misteri da svelare.
E… io e la mia amica
stravediamo per Charlie e John, a volte non facciamo altro che parlare
di loro
xD. Sarebbe stato proprio un peccato non metterli insieme :p spero di
risentirti,
un bacio. Milly.
PUFFOLA_LILY:
uuuh, come
sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo *scodinzola*.
Spero che
anche questo ti piaccia. I nostri piccoli malandrini si stanno facendo
scoprire
sempre di più. Vediamo chi sarà quello che
avrà più successo *w*. Un bacio, M.
ROXY_BLACK:
John: vuoi un
bacino?? Beh, te lo dovrai meritare u.u tu non ti sei fatta la bua
è__é. Milly:
eh sì, che coccoloso il nostro Tappo ^^ mamma mia,
sarà per questo che è
diabetico, è troppo dolce ^^. Ok, spero di risentirti, un
bacio. M.
|
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Capitolo 21 *** Capitolo venti ***
Noticina
di inizio cappy: preparatevi a un po’ di demenza
xD
CAPITOLO
VENTI
“Aaaaaaaaaaah
nooooo!!!”
“Sììììì!!!
Vieni quaaaa!”
Harry
sfrecciò giù lungo le scale tenendosi le
braccia sulla testa inseguito da una Ariel che si stava sganasciando
dalle
risate brandendo una piastra per capelli con fare minaccioso e con
indosso
soltanto i jeans e il reggiseno.
“Vieni
qua che ti dò una piastratina alla testa”.
“Nooo!
Tu i miei capelli non li tocchi!”
Piombarono
in cucina sotto agli sguardi sbalorditi
di Sirius e Remus che però faticarono a trattenersi dallo
scoppiare a ridere. Il
ragazzo scivolò sotto al tavolo cercando di nascondersi;
poteva darsi che Ariel
trovasse tutto quello divertente, ma lui si stava veramente rompendo le
palle a
scappare e non aveva nessunissima intenzione di farsi lisciare i
capelli.
Infine,
trovandosi davanti il viso minacciosamente
sorridente della ragazza, strisciò fuori andando a
nascondersi dietro le gambe
di Jolie che stava passando lì proprio in quel momento.
“Che
sta succedendo qui?” chiese la rossa guardando
sia Harry sia Ariel come fossero dei pazzi usciti dal manicomio.
“Sto
cercando di sistemare i capelli a tuo fratello.
Spostati”. Le rispose la bionda con tono duro.
“Portami
via questa pazza, per favore”. Si lamentò
Harry stringendosi ancora di più alle gambe della sorella.
Proprio
in quel momento entrò Joel a petto nudo, con
indosso solo i jeans, un asciugamano attorno alle spalle e i capelli
biondi
ancora leggermente bagnati dalla doccia che aveva appena fatto.
“Chi
stai minacciando questa volta con la piastra,
Ariel?” chiese alla gemella con tono e sguardo annoiati. Di
solito, quando
erano a casa, lei si divertiva a inseguire JamesRemus oppure John con
quell’aggeggio
e i due poveretti dovevano sempre cercare di svignarsela, proprio come
stava
facendo Harry in quel momento.
“Ariel,
datti una calmata e vai a metterti una
maglietta”. Ordinò Jolie incrociando le braccia
con fare perentorio. Harry sbucò
tra le sue gambe e la guardò con aria da cucciolo bastonato.
“Uffa!”
si lamentò l’altra. “Che
guastafeste”. Borbottò
infine dirigendosi di sopra e abbassando l’arma. Quando Jolie
comandava, era
meglio obbedire subito.
Joel,
invece, si diresse in cucina dove aprì il
frigorifero per prendere il cartone del succo e bere direttamente da
lì,
proprio come faceva di solito il fratello. Infine, fece per uscire
però si
scontrò con la piccola Emmie che gli andò a
sbattere addosso.
La
ragazza, accorgendosi di essere andata a sbattere
contro un bel ammasso di pettorali, alzò lo sguardo verso il
viso di Joel che
la guardava con quei suoi occhi azzurri e un cipiglio curioso.
Arrossì
immediatamente cambiando involontariamente il colore dei capelli da
castano
scuro a rosso fuoco.
Girò
immediatamente sui tacchi e sparì oltre l’angolo
del corridoio borbottando un scusa fra i denti.
“Che
ho fatto?” chiese Joel con sguardo innocente,
voltandosi verso il padre e l’amico che si stavano ancora
sganasciando per
prima, soprattutto Sirius che sembrava essere stato attaccato da una
ridarella
acuta e non riusciva più a calmarsi.
“Quanto
si vede che sono figli tuoi, Pad”. Commentò
Remus asciugandosi gli occhi.
“Puff…”.
Sbuffò Joel nel momento in cui anche Jolie entrava
nella stanza e si fermava a fissare il biondo con sguardo da falco.
“Ma
è mai possibile che voi Black dobbiate sempre
andare in giro nudi?!” sbottò la ragazza.
Il
più piccolo dei Black si limitò a chinare il capo
per guardarsi per poi spostare lo sguardo su Jolie e uscire senza dire
una
parola. Chi lo capiva quel ragazzo o sapeva leggere nella mente oppure
era come
lui.
In
quel momento entrò anche JamesRemus che, non
appena vide Jolie, allargò le braccia e mostrò un
sorriso a trentadue denti nella
sua direzione.
“Jolie,
mi amor!” esclamò facendo per saltarle
addosso. Lei però riuscì a bloccarlo mettendogli
una mano sul petto e
soffiandogli in faccia un: “Non mettertici anche tu,
cagnaccio”.
Il
ragazzo però, essendo più alto e più
forte,
riuscì a spostarle la mano e ad abbracciarla stretta come
fosse un pupazzetto
di peluches, facendole poggiare la testa sul suo petto e mozzandole
quasi il
respiro.
“Blaaaaack!
Sembri una sanguisuga!”
“Me
lo dai un bacino?” fece lui con una vocetta
dolce e schioccandole un bacetto sulla guancia.
La
ragazza, però, gli mollò un calcio ben assestato
sulla caviglia facendolo urlare di dolore e cadere per terra.
“Perché
sei così cattiva, Jolie ma petite?” Si
lamentò
lui seduto per terra a tenersi la caviglia e guardando la rossa con uno
sguardo
da cucciolo bastonato. Jolie però sapeva che era tutta
scena, ormai aveva
imparato a conoscere tutte le sue espressioni.
“E
perché tu sei così fissato?”
“Buahahah!”
piagnucolò il ragazzo, per finta ovviamente,
buttandosi a terra a braccia e gambe divaricate. Poi prese a cantare a
squarciagola. “Estoy moriendo de pena, por no poderte
basar”.
Jolie
si battè una mano in faccia scuotendo la
testa.
“Ma
qual è il problema di voi Black?”
borbottò
uscendo dalla cucina.
Al
piano superiore, in una delle tante stanze di
Grimmauld, invece, Charlie se ne stava seduto tranquillo su una
poltrona con lo
sguardo perso da qualche parte nel vuoto, segno che era immerso in
qualche
pensiero.
A
un certo punto, venne raggiunto da John che,
vedendolo in quella posizione, inclinò leggermente il capo
squadrandolo
intensamente come a volergli leggere nella mente.
“Uhm?”
fece Charlie non capendo che cosa volesse l’amico.
Improvvisamente,
sul volto di John comparve un
sorrisetto beffardo e, senza sapere come, Piton se lo
ritrovò addosso prendendo
a strofinarsi la guancia contro il suo petto e il suo collo.
“Si
può sapere che stai facendo?” gli chiese.
“Voglio
un po’ di coccole, non si vede? La mia
natura mezza gattesca ne esige”.
“E
per caso vuoi metterti anche a fare le fusa?”
“Se
mi dai una grattatina alla pancia”.
John
si sdraiò a pancia in su sul grembo di Charlie
mostrandogli un paio di occhioni da cucciolo che, con la faccia da
angelo che
si ritrovava, avrebbero fatto tenerezza persino ad Hitler.
“Tu
sei tutto matto”. Bofonchiò Charlie voltando il
capo dall’altra parte, rassegnato all’idea che
sarebbe dovuto restare in quella
posizione finché John non rinveniva da qualsiasi cosa fosse
affetto e si
decideva ad alzarsi da quell’assurda posizione.
“Tappo?”
“Uhm?”
il moro fu costretto a girarsi di nuovo verso
l’amico che gli stava sdraiato in grembo, accorgendosi
però che la situazione
si stava mettendo male. John aveva inclinato il capo e aveva assunto la
sua
tipica aria bastarda.
“Tappo,
sento qualcosa qui sotto. Non è che ti stai
facendo certi pensierini su di me?”
Il
viso del povero Charlie assunse diversi colori,
passando dal bianco “vi prego, fatemi sprofondare”,
arrivando al viola “oddio,
adesso muoio” finché non si fermò sul
rosso imbarazzato “adesso lo castro
questo qui”. John guardò l’amico
assumere quelle diverse espressioni, prendendo
a sganasciarsi in preda a un attacco di risa isterico, per poi
ritrovarsi,
improvvisamente, scaraventato a terra in una posizione assurda con
Charlie che
urlava: “Pacioooock! Maledetto maniaco
depravato!!!!” rabaltando persino la
poltrona e il tavolino di fronte a lui.
Quella
fu la scena a cui assistettero due sbigottite
Victoire e Ginny, arrivate proprio in quel momento nella stanza.
Quel
pomeriggio si erano radunati tutti quanti in
cucina, con la Gazzetta del Profeta aperta al centro del tavolo. Si
erano fatti
tutti improvvisamente silenziosi, come se fossero impegnati a
progettare
qualcosa, si potevano quasi sentire i loro neuroni lavorare
freneticamente.
Avevano
appena letto sul giornale che Frank e Alice
Paciock erano scomparsi dal San Mungo senza lasciare tracce e nessuno
sapeva
dove potessero essere andati. O meglio, solo i ragazzi del futuro lo
sapevano
ed evidentemente stavano pensando a come dirlo agli altri.
“Magari…
sono stati rapiti”. Propose Sirius.
“E
da chi? Chi avrebbe interesse nel rapirli?” fece
Kingsley grattandosi la testa pelata.
“Papà
ha ragione”. Sbottò a quel punto Joel
giocherellando col braccialetto di cuoio scuro che portava sempre al
polso.
All’improvviso,
tutta l’attenzione dei presenti si
volse verso il ragazzo.
“Sono
stati rapiti dai Mangiamorte”. Rispose James
questa volta.
“E
siamo noi a doverli salvare”. Aggiunse John
assumendo un tono teatrale.
“Che
cosa?!” sbottarono i membri dell’Ordine
spalancando gli occhi stupiti.
In
quel momento, però, la porta d’ingresso venne
sbattuta fragorosamente e una sconvolta Ninfadora, con i capelli tutti
per aria
e di uno strano color giallo limone, fece il suo clamoroso ingresso
inciampando
nel portaombrelli e cadendo rovinosamente a terra, svegliando sia
Kreacher sia
il ritratto di Walburga che presero a strepitare entrambi.
“Oh
Merlino! Oh Merlino! Oh Merlino!” cominciò a
urlare agitata come una gazzella a cui hanno iniettato una buona dose
di
adrenalina.
“Dora,
ti vuoi dare una calmata?!” fece Remus
prendendola per le braccia e bloccando il suo camminare avanti e
indietro per
la stanza. “Che cos’è
successo?”
La
ragazza deglutì prendendo fiato prima di
cominciare a raccontare. “Stavo guidando in una stradina
vicino al bosco. Non c’erano
altre macchine né nessun altro così ho preso a
guidare un po’ più forte quando,
improvvisamente…”. Il viso di Tonks si fece
più pallido e sembrò quasi che il
panico l’avesse pervasa di nuovo. “E’
sbucato un cervo dal bosco e l’ho colpito
in pieno. Ma non l’ho fatto apposta, non volevo investirlo,
è spuntato dal
nulla”.
Gli
altri tirarono un sospiro di sollievo e qualcuno
ridacchiò persino. Da come era arrivata tutta trafelata e
spaventata, avevano
pensato che fosse successo qualcosa di terribile, tipo un attacco dei
Mangiamorte a casa sua, oppure che avesse ucciso qualcuno. La poverina
però,
non essendo abituata a guidare un auto e non avendo mai fatto
incidenti, si era
parecchio spaventata nell’investire un grosso cervo.
“Ahah
Dora, dai calmati, è solo un cervo. A proposito,
dove lo hai messo? Lo hai lasciato lungo la strada?” le
chiese Sirius
ridacchiando.
“Oh
no. L’ho… l’ho messo sulla macchina
e… l’ho
portato qui”. Rispose la ragazza guardandolo stralunata.
“Che
cosa?!” sbottò Black precipitandosi fuori,
seguito dalla cugina e da Remus.
Vide
il pick up azzurro e un po’ scrostato della
ragazza, parcheggiato davanti casa con un grosso cervo dalla pelliccia
marrone
chiaro e delle corna lunghe ed eleganti sdraiato nel cassone che stava
attaccato all’auto. Non seppe perché, ma
provò un tuffo al cuore nel vederlo e
una strana sensazione di familiarità.
Remus
e Sirius si avvicinarono al cervo. Black gli
accarezzò delicatamente la pelliccia dove si vedeva una
grossa macchia di
sangue. Il cervo era immobile, sembrava apparentemente morto e loro non
erano
bravi in veterinaria per accertarsene.
La
mano di Sirius corse sul per il collo dell’animale,
prendendo ad accarezzarlo anche in quella zona. Ad un tratto
però, si blocco
vedendo qualcosa che aveva particolarmente attirato la sua attenzione.
“Remie,
guarda”. Disse all’amico indicandogli quella
piccola macchiolina scura che si nascondeva tra i soffici peli del
cervo, come
una piccola voglia, una voglia che solo una persona a loro conosciuta
poteva
avere.
“Oddio!”
esclamò il
licantropo spalancando gli occhi sorpreso. “E’
Prongs”. Disse dando voce al
pensiero che aveva colpito anche il suo amico, ma che non aveva avuto
il
coraggio di pronunciare ad alta voce.
ANGOLO
AUTRICE DEMENTE
Hola
miei belli!! Come state?? Tutto bene??
Ok
ok, non guardatemi così… non so che cosa mia sia
preso
con questo capitolo, ho veramente superato il mio limite di
demenzialità. Forse
c’era qualcosa di strano nel pollo che ho mangiato oggi a
pranzo, oppure queste
vacanze mi hanno completamente fuso il cervello. Boo.
Spero
di avervi almeno divertiti come mi sono divertita
io scrivendo questo capitoloJ
Beh,
che dire… ci sono un bel paio di novità e se
leggerete il prossimo capitolo vedremo di scoprire tutto.
Spero
di ricevere un sacco di commenti.
Kiss
kiss,
Milly.
PARIS
BAXTER:
ehilà, che bello, una nuova recensitrice :D eheh, siamo
molto contenti. James: invece no che non siamo contenti
è__é se recensiscono in
troppi questa matta continuerà a scrivere e le nostre
torture non avranno mai
fine. Milly: *molla una padellata a James* Non ci fare caso cara ^^
Coooomunque, sono molto contenta che la storia ti piaccia con tutti i
suoi
personaggi annessi e connessi. Spero di risentirti e non ti
preoccupare, non
verrai contagiata dalla mia pazzia *corre in giro per la stanza
lanciando
coriandoli*.
FEDE15498:
carissima :D spero tu non abbia ucciso nessuno stavolta soltanto per
recensire
a questa matta :P beh, che dire, la storia sta procedendo e con delle
belle
novità anche. Mi fa piacere che i personaggi ti piacciano
però, se vuoi fare i
complimenti a qualcuno, devi rivolgerti a Ino perché, come
avrai capito, sono
suoi, io ci ho solo messo un mio tocco personale. Eh, Charlie e John,
John e
Charlie… quei due insieme fanno faville… *__*
quanto li amiamo *balla in giro
per la stanza suonando una piccola arpa portatile*. Ok, la smetto di
farneticare se no la mia sanità mentale va veramente a quel
paese. O.o un
bacio, cara:D
PUFFOLA_LILY:
se
alle tue domande rispose vuoi avere, seguire questa storia è
tuo dovere. I personaggi
son tutti qui pronti, anche se a volte un po’ tonti. Divertir
noi vi dobbiamo
anche se a volte a stento riusciamo. *James molla una padellata a
Milly* Ehi! Accidenti
che botta! *si massaggia la testa*. Oddio O.O ma che ho scritto? Pure
in rima
mi metto a parlare -.-‘’ vabbè,
vabbè. Sono completamente andata. Non spaventarti
cara, è solo l’età che avanza.
ROXY_BLACK:
*nasconde la motosega dietro la schiena* carissima ^^ John: allora,
avevi detto
che potevo mangiarla? >.< Milly *sguardo innocente*: io?
Ma quando mai?
John: sì, lo hai detto. Milly *nasconde John in un sacco e
lo tira addosso a
Charlie*: carissima ^^ ok, sto diventando pure ripetitiva. Ok, oggi
devo aver
mangiato pesante e adesso pure i miei ultimi neuroni rimasti stanno
andando in
tilt. Ma che ci puoi fare -.-‘’ Magari è
colpa di Mago Merlino… Igitus, igitus,
igitus i… pioggia e neve venite qui. Skip Skap Skup ci
divertiam tutto il dì.
^^
STEFANMN:
eh, purtroppo non c’è stata molta azione
qui… ma porta ancora un po’ di
pazienza. ^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo dove abbiamo
un paio
di succulente novità. John: succulento?
Cos’è succulento? Milly: ma tu pensi
solo a mangiare?? è__é
JULIET
ANDREA BLACK:
ah, purtroppo invece, a casa mia non hanno
ancora capito che la mattina non mi devono proprio parlare, tanto meno
mio papà
che certe volte mi riempie di domande è__è. Aaah,
io questi personaggi li
adoro, soprattutto perché ognuno ha una caratteristica
diversa ed è
una cosa fantastica descriverli tutti e
farli agire ognuno nel modo più adatto al suo carattere.
Anche se, lo ammetto,
non è molto semplice. Maggie, la cara Maggie ^^ Tutti amiamo
quella
professoressa, mi sa *w* beh, cara… spero di risentirti e
non vantarti troppo,
mi raccomando xD
P.S.
grazie mille per la correzione… chissà che in
questa
testolina bacata entri qualcosa di buono ogni tanto ^^
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Capitolo 22 *** Capitolo ventuno ***
CAPITOLO
VENTUNO
Harry
era lì immobile ormai da circa venti minuti a
fissare il padre che dormiva placidamente nel letto, con il petto che
si alzava
e si abbassava a ritmo del suo respiro, i capelli scuri e spettinati
identici
ai suoi, alcuni sparpagliati sul cuscino, altri leggermene incollati
sulla
fronte.
Così,
se ne stava lì, appoggiato all’armadio con le
braccia incrociate e uno sguardo indecifrabile. Aveva il cuore che
andava a
mille e sentiva le farfalle nello stomaco. Sapeva già da un
po’ che
suo padre era vivo, così come sua madre,
però… beh, trovarselo improvvisamente davanti,
dopo tutti quegli anni in cui ha
creduto che non lo avrebbe mai visto, era un po’ come
trovarsi davanti un
angelo.
Però
non sapeva che gli avrebbe detto, né che
avrebbe fatto. Più che altro, era interessato a quello che
lui avrebbe avuto da
raccontargli, magari sapeva dov’era Lily.
Ad
un tratto lo vide muoversi per poi aprire gli
occhi, mettendoci una mano davanti per schermarsi la vista dai raggi di
sole
che penetravano attraverso le tende. Harry rimase ancora lì,
immobile e senza
cambiare espressione.
James,
intanto, spostò la mano sulla ferita che
aveva al fianco, sentendola dolere un po’ e poi si
guardò intorno cercando di
capire dove si trovasse. Finalmente riuscì a inquadrare il
figlio e per un
attimo rimase lì a sbattere le palpebre come se fosse
vittima di un miraggio.
Si alzò a sedere e inclinò il capo per vederlo
meglio, visto che era senza
occhiali.
Quello
era veramente lui? Era veramente Harry, suo…
figlio? Non ci credeva, però era identico a lui e aveva gli
stessi occhi verdi
di Lily. Merlino, credeva che non lo avrebbe mai più
rivisto. Se lo ricordava
ancora quando era solo un piccolo bimbo in fasce ancora incapace di
mettere
insieme quattro parole e ora se lo ritrovava già come
adolescente, con
un’espressione che lo faceva sembrare l’adulto
della situazione. Ma forse si
trattava soltanto di un sogno, oppure era completamente uscito di senno
e
vedeva cose che non avrebbe dovuto vedere.
“Vado…
a dire a Sirius e Remus che ti sei
svegliato”. Disse il giovane Grifondoro cercando di mantenere
la voce più ferma
possibile, sparendo poi fuori dalla stanza. Voleva sottrarsi a quello
sguardo
sconvolto e confuso, a quelle mute domande che sentiva pervadere la
mente
dell’uomo.
In
men che non si dica, Harry ricomparve di nuovo,
questa volta seguito dai due Malandrini. Sirius, non appena vide James
vivo e
vegeto seduto sul letto, gli saltò addosso abbracciandolo
stretto, come forse
non aveva mai fatto in vita sua.
“Proooooooooongy!”
“Merlino,
Morgana e Circe!” esclamò Potter
prendendosi l’amico addosso con tutto il suo peso, rischiando
così di farlo
finire al Creatore e per davvero stavolta.
Sirius
intanto, gli diede pure una leccatina sulla
guancia, comportandosi da cane qual era.
“Che
schifo, Paddy! Che stai facendo?”
“Sono
felice di vederti”.
“Sì,
ma contieni le tue movenze canine, per favore”.
Remus,
sedutosi ai piedi del letto, ridacchiò
divertito attirando così l’attenzione dei due
uomini.
“Moony.
È bello vederti”. Salutò James con un
sorriso in direzione dell’amico licantropo.
Remus
si chinò sull’amico per abbracciarlo, cercando
di fare più attenzione rispetto a Sirius con la delicatezza
di un carro armato
e gli spettinò i solito capelli selvaggi.
Nel
frattempo, sulla soglia della porta si era
radunata tutta una folla di gente: Tonks, i Weasley che quel giorno si
trovavano lì, Harry e i ragazzi del futuro.
“Ma
scusate… che posto è questo? E come ci sono
finito?” chiese James districandosi dalle braccia di Moony.
“Sei
a Grimmauld Place, la vecchia casa dei miei
genitori”. Spiegò Sirius. “E…
ti ricordi di mia cugina Ninfadora?” aggiunse
indicando la ragazza che, immediatamente, cambiò colore di
capelli. “Beh,
mentre stava guidando vicino a un bosco ti ha messo sotto”.
L’espressione
di Potter mutò tutto d’un colpo,
impallidì improvvisamente e i suoi occhi si spalancarono
regalandogli
un’espressione stralunata nella quale però si
leggeva anche un senso di panico.
“Che
ci facevi là?” gli chiese Remus.
“Io…
non…”. Cominciò a balbettare James non
sapendo
bene quello che voleva dire. Poi però impallidì
tutto d’un colpo e i suoi occhi
si fecero talmente rotondi da diventare quasi come due boccini.
“Lily! Oh
Merlino! Lily, l’hanno presa!”
Sirius
e Remus cercarono di calmare l’amico che
sembrava sull’orlo di una crisi isterica.
“Aspetta.
Frena un attimo. Chi ha preso Lily?”
“I
Mangiamorte!”
Le
reazioni dei presenti a quell’esclamazione
dell’uomo
furono diverse. Alcuni si guardarono semplicemente tra loro leggermente
presi
dal panico, la signora Weasley si portò le mani alla bocca
spaventata e Sirius
e Harry sbiancarono.
“Ok
James, calmati un attimo”. Cercò di ragionare
Remus. “Spiegaci bene che cos’è successo
e soprattutto come fate tu e Lily ad
essere vivi”.
Potter
sembrò calmarsi un po’ tra le braccia dei
suoi amici e, preso un grande respiro, iniziò a raccontare.
“Quella
sera di Halloween io e Lily non eravamo
morti. Quando lui era entrato ci aveva atterrati tutti e due. Io
però ho
cercato di distrarlo e dare a Lily il tempo di scappare con Harry.
Sembrava
funzionare, Voldemort se la stava prendendo con me, non vi dico neanche
quanto
mi ha torturato, credevo… che sarei morto. Alla fine sono
svenuto e ormai
Voldemort li aveva raggiunti. Ha colpito Lily con l’Avada
Kedavra e poi anche
Harry ma con lui gli si è ritorta contro. Lily è
rimasta viva perché c’era un
legame che univa lei e Harry, una specie di protezione che ha protetto
entrambi, magia antica a detta di Silente”.
“Un
momento! Silente sapeva che voi eravate vivi?”
“Sì,
lui sapeva tutto. Quando è arrivato ha trovato
me e Lily a terra e si è accorto che eravamo vivi. Lui
però aveva capito che,
quel legame che univa Harry alla madre, lo univa anche a Voldemort
perché, nel
momento in cui Lily aveva protetto Harry con il suo Amore e Voldemort
aveva
scagliato l’anatema che uccide, questo potere si è
esteso anche a lui creando
un legame oscuro fra loro tre, una specie di Triumvirato”.
“Ma
perché non avete detto che eravate vivi?”
James,
a quel punto, lanciò un’occhiata quasi di
supplica al figlio. “Harry era più al sicuro se
stava tra i Babbani. Non correva
il rischio di venire trovato dai Mangiamorte e nemmeno che questo
legame che lo
lega a Voldemort si sviluppasse in lui troppo prematuramente, ancora
prima che
fosse in grado di controllare la magia. Tra i Babbani i suoi poteri
sarebbero
stati più limitati. Così Silente ci ha costretti
ad abbandonarlo e a
nasconderci e non far sapere a nessuno che eravamo vivi, altrimenti
avremmo dovuto
spiegare del legame con Voldemort”.
La
sua voce era diventata sempre più roca e il suo
tono sempre più rotto, si sentiva lontano un miglio che gli
faceva male
raccontare tutta quella storia e che soffriva come un cane.
“E
adesso? Com’è che siete venuti allo scoperto
proprio ora?” chiese Remus.
“Siamo
stati attaccati dai Mangiamorte. A quanto
pare ci hanno scoperti e non ho idea di dove sia Lily. Molto
probabilmente l’hanno
portata via”. Rispose James disperatamente.
Calò
il silenzio nella stanza, un silenzio nel quale
la tensione si poteva toccare con un dito, l’aria ad un certo
punto era
diventata irrespirabile e non si sentiva volare una mosca.
“E
non vi è mai venuto in mente di farvi sentire in
qualche modo?” sbottò Harry con un tono che non
prometteva niente di buono. “Che
ne so… mandare un segnale di fumo o un messaggio col codice
morse. Non vi siete
mica preoccupati, vero?”
Tutti
gli sguardi vennero puntati su Harry che
guardava il padre con espressione dura, gli occhi verdi minacciosi ma
allo
stesso tempo anche sofferenti.
“Harry…”.
Fece James guardandolo profondamente
dispiaciuto. “Io… io e tua madre, ti giuro,
eravamo disperati. Non volevamo
nasconderci, volevamo stare con te. Ma Silente continuava a dirci che
era
meglio così, che era per il tuo bene. Non potevamo fare
niente, non potevamo
nemmeno muoverci da casa”.
“Sai
una cosa? VAI A FARE IN CULO!!!”
Detto
questo, il giovane Grifondoro se ne uscì a
passo di marcia fuori dalla stanza senza degnare di
un’occhiata nessuno.
Forse
aveva avuto una reazione un po’ spropositata,
ma cosa importava? Era incazzato, terribilmente incazzato e…
non ci vedeva più,
cazzo! Come poteva suo padre, dopo ben
quindici anni, presentarsi così con una scusa assurda su uno
strano legame che
li univa tutti a Voldemort e sulla sua cazzo di sicurezza. Basta, era
stanco
che gli mentissero. Ormai non si poteva fidare nemmeno di Silente.
“Uff,
che palle!” sospirò Jolie scendendo le scale
seguita dai suoi amici. “Prima Frank e Alice e ora mia madre.
E per non parlare
che mio fratello è pure incazzato. Avremo mai un attimo di
pace?”
Si
ritrovarono tutti quanti in salotto e si lasciarono
cadere chi sulle poltrone, chi sul pavimento e chi appoggiato ad un
mobile. Avevano
appena lasciato James nella stanza al piano superiore perché
riposasse, sotto
effetto di una Pozione soporifera ovviamente.
“No
te preocupe, mi amor. Vedrai che risolveremo
anche questo”. Cercò di consolarla James e
stranamente questa volta lei non si
lamentò per il modo in cui l’aveva chiamata.
“D’altronde,
stanno bene, altrimenti tu e John non
sareste qui”. Aggiunse Ariel con un sorriso rassicurante.
Eh
sì, le cose stavano
iniziando a prendere una svolta, ma non si sapeva se positiva o
negativa.
DISCUTIAMONE…
Ok,
ok, ok… sono pessima lo so… non solo aggiorno
tardi
rispetto al solito ma vi lascio anche sta schifezza di capitolo.
Sì,
perché è proprio una schifezza, lanciatemi pure i
pomodori. Sicuramente non avrete capito niente del legame tra
Voldemort, Lily e
Harry come non l’ho capito nemmeno io.
-.-‘’ mi sono scervellata parecchio per
scrivere questo capitolo e ho seriamente rischiato una crisi isterica,
la mia
amica roxy ne sa qualcosa visto che mi ha pure dato una mano a
scriverlo. Ma è
tutta colpa della mia ispirazione che,
chissà per quale assurdo motivo, ha deciso di prendersi una
vacanza proprio
adesso è__é
Ok,
basta…. Ora vi devo lasciare e, siccome ho poco tempo
vi lascierò delle risposte striminzite alle recensioni.
Lasciatemi
qualche commentino, anche se è per offendermi
-.-‘’
Un
bacio,
Milly.
FEDE15498:
bene, contenta di averti tirato su il morale. Ora,
prova a tirare tu su il mio -.-‘’ un bacio cara e a
presto.
ROXY_BLACK:
eh, Ariel ci sta facendo vedere chi è
veramente e John e Charlie… sono sempre John e Charlie ^^
grazie mille per il
tuo aiuto, cara. Che farei senza di te?? E hai ragione, Jolie si deve
dare una
calmata, ma aspetta di vederla in azione xD
JULIET
ANDREA BLACK: mi sa che tu mi hai portato sfiga…
adesso puoi insultarmi quanto vuoi e dire pure che ti fa schifo
-.-‘’ è la tua
occasione. No, perché a me sto capitolo non piace proprio.
Tu cosa ne pensi? Un
bacio, cara, spero di risentirti.
STEFANMN:
eh, vedrai il nostro Tappo xD spero ti sia
piaciuto questo capitolo *vomita*. Come avrai capito, a me fa proprio
schifo. Staranno
vomitando pure gli opossum. Un bacio, caro e a presto.
PUFFOLA_LILY:
bene, se lo scorso capitolo ti è piaciuto,
per questo vomiterai tutti i tuoi organi interni. Baaaah, basta, la
finisco di
scrivere se no qui i miei lettori si ammazzano. Un bacio, cara spero di
ricevere altre tue recensioni dopo questo pezzo sporco di carta
igienica.
|
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Capitolo 23 *** Capitolo ventidue ***
CAPITOLO
VENTIDUE
John
e Neville se ne stavano seduti al tavolo della
cucina di Grimmauld a giocare ai scacchi magici, il secondo
però se la stava
vedendo veramente brutta perché ormai era la seconda partita
che stava
perdendo. Lui non era mai stato portato per quel gioco, persino lui si
considerava troppo imbranato e troppo tonto per cose del genere. Non aveva certo ereditato
l’intelligenza e la
furbizia del padre, cosa che, invece, aveva preso John, oltre alla sua
invidiabile bellezza. Questo almeno era tutto quello che riusciva a
pensare
Neville, mentre se ne stava lì, concentrato più
su quel fratello di cui aveva
scoperto l’esistenza solo da pochi giorni, che sulla partita.
Ancora
non ci credeva, non lo credeva ancora
possibile… che i suoi genitori potessero tornare finalmente
normali e che, di
lì a pochi anni, avrebbe avuto anche lui un fratellino.
John
mosse il suo cavallo, mangiandosi uno dei due
alfieri dell’avversario e mostrando un sorrisetto malandrino
in direzione del
fratello che si era messo a osservarlo come se ci fosse Zeus di fronte
a lui. Beh,
in realtà, se lo avessero chiesto a qualche ragazza
arrapata, molto
probabilmente avrebbero risposto proprio quello.
Mentre
Neville pensava alla mossa da fare,
silenziosamente entrò anche Charlie in cucina per dirigersi
al frigo e
prendersi qualcosa da bere.
John
fissò tutti i suoi movimenti senza,
stranamente, proferire parola, e sembrò particolarmente
interessato solo su un
punto del corpo del ragazzo. Neville fece finalmente la sua mossa ma,
quando si
accorse che il fratello non lo stava proprio cagando, si
voltò anche lui per
vedere il motivo della sua distrazione, notando Charlie solo in quel
momento.
Ma
perché gli sembrava che lo sguardo di John fosse
fisso sul… sedere del giovane Piton? Naaah, impossibile.
Solo
quando il moro si avvicinò al loro tavolo
tenendo stretta in mano una lattina di Cola Light, John finalmente
tornò alla
partita fissando attentamente i pezzi degli scacchi con uno sguardo
strano.
Neville
fissò attentamente anche il nuovo arrivato,
chiedendosi come facesse a essere figlio del professore di Pozioni che
lo
terrorizzava tanto. Charlie non gli somigliava per niente, a parte
forse gli
occhi scuri. Innanzitutto, non faceva paura come il professore, era
impossibile
con quel faccino da cucciolo e un’espressione talmente dolce
da intenerire
persino un soldato nazista. E poi era persino basso, mentre Piton era
piuttosto
alto e il ragazzo sembrava si lavasse i capelli, da quello che riusciva
a
notare attraverso il codino stretto che si era legato dietro la testa.
Per non
parlare anche del fatto che si vestiva meglio, sebbene con colori neri
pure
lui, da quello che poteva intuire vedendogli addosso dei jeans scuri e
una
maglietta a maniche corte del medesimo colore.
“Come
sta procedendo?” chiese questi a un certo
punto, bevendo un sorso della sua bibita.
“Direi
alla grande!” gli rispose John con un sorriso
a trentadue denti. “Lo sto stracciando per la seconda
volta”.
“Wow,
John! Da quando sei diventato così bravo a
scacchi?”
“Ho
imparato dal migliore”. E il Grifondoro lanciò
un’occhiata complice all’amico che gli sorrise a
sua volta.
Charlie
si diresse verso la porta, sempre tenendo la
sua lattina in mano quando ad un tratto si bloccò e si
voltò nuovamente verso i
due ragazzi.
“John?”
“Hmm?”
Il
ragazzo fece una pausa, spostando, intanto, lo
sguardo da uno all’altro Paciock.
“No.
Niente”. Rispose infine uscendo dalla cucina di
fronte allo sguardo curioso dei due Grifoni.
“Porco
Salazar! Non ne posso più!” esclamò un
James
Potter piuttosto arrabbiato e frustrato, mollando un potente pugno
sulla parete
di fronte a lui. Si era ripreso piuttosto bene dall’incidente
che aveva avuto
solo pochi giorni fa e la cicatrice sul fianco sarebbe stata soltanto
un altro
piccolo segno da aggiungere alla sua collezione di innumerevoli ferite
che
aveva sparse qua e là per il corpo, ferite da cruciatus, era
chiaro, segni che
gli avrebbero fatto ricordare per sempre quella maledetta notte
dell’ottantuno.
“Dai,
calmati Jamie”. Cercò di tranquillizzarlo
Sirius, poggiandogli una mano sulla spalla. “Vedrai che
troveremo un modo”.
Sapeva
benissimo perché l’amico fosse così
nervoso,
voleva recuperare la sua Lily al più presto e riportarla al
sicuro. D’altronde
era quello che volevano tutti.
“Ora
cerca di non farti prendere dal panico, è
l’ultima cosa che ci serve”. Aggiunse Remus
parlando in tono calmo. Lui era
l’unico che riusciva a mantenere la calma e la mente lucida
anche nelle
situazioni più disperate. Come facesse ancora nessuno lo
sapeva, forse era
merito di tutta quella cioccolata che mangiava.
“E
come faccio a non disperarmi? Mia moglie è finita
in mano ai Mangiamorte che potrebbero averle fatto chissà
che cosa. E mio
figlio mi odia, non vuole nemmeno parlarmi”.
Sia
Sirius che Remus abbassarono il capo.
Comprendevano lo stato d’animo dell’amico, pure
loro avrebbero avuto un diavolo
per capello se si fossero trovati in quella situazione. Per non parlare
del
fatto che non avevano proprio idea perché i Mangiamorte
avessero rapito Lily, o
meglio, una mezza idea ce l’avevano… ma speravano
di sbagliarsi.
“Vedrai
che Harry si calmerà e capirà. Dagli solo un
po’ di tempo”. Cercò di tranquillizzarlo
Remus.
Ad
un tratto, videro comparire alla soglia la nonna
di Neville e Remus, non appena la vide, fece una smorfia che non era
affatto
tipica di lui. Augusta Lupin, in Paciock, era stata la sorella di suo
padre, ma
quando questi era morto, quella tremenda sera in cui Remus era stato
morso dal
lupo mannaro, lo stesso che aveva causato la
morte di suo padre, aveva ripudiato tutta la sua famiglia
solo perché
lui era diventato un licantropo. Da allora non ha mai saputo niente di
lei, o
meglio, non ha mai voluto sapere niente di lei.
Nonostante
questo, però, era riuscito a rimanere in
buoni rapporti col cugino Frank, anche perché frequentavano
entrambi Hogwarts
ed era stato contento nel sapere che pure suo figlio andava
d’accordo con il
figlio di Frank e Alice. Ma non sarebbe mai riuscito, comunque, a stare
in
buoni rapporti con quella donna.
“Harry,
perché non ci vuoi parlare?” chiese Jolie.
pazientemente, al fratello, mentre se ne stavano entrambi seduti sul
freddo
pavimento di una delle tante stanze della casa dei Black. Da quando il
padre si
era svegliato, lui non si era fatto vedere molto in giro, se non solo
per
mangiare e, quando lo faceva, cercava sempre di evitare il suo sguardo
ma, se
così non succedeva, gli lanciava occhiate malevole.
E
adesso lei cercava di farlo ragionare, primo
perché le dispiaceva vederli così, secondo
perché non sarebbe potuto essere per
sempre incazzato con lui e faceva star male anche la ragazza vedere il
padre
così distrutto.
“Perché
è uno schifoso bastardo!” le rispose Harry
senza guardarla per non far capire quanto la cosa facesse soffrire
anche lui. “Mi
ha abbandonato a quei babbani senza neanche preoccuparsi se stessi
bene. Non
gli è importato niente di me, né a lui
né alla mamma”. Man mano che diceva
queste cose, la voce cominciava a farglisi sempre più
spezzata, anche se lui
cercava di non farlo notare. Ma sentiva pure gli occhi pungere a causa
delle
lacrime che non voleva far scendere.
Jolie
sospirò cercando di mantenersi calma. In
genere non era una tipa molto paziente ed era facile
all’isteria e alla
violenza, specialmente quando le persone facevano le testarde e non
volevano
stare a sentirla. Ma quello era suo fratello che non aveva mai
conosciuto ed,
effettivamente, anche lei avrebbe avuto la sua stessa reazione. Doveva
comunque
ammettere che, da un lato, stava facendo di tutto per non cominciare a
pestarlo
a sangue come avrebbe fatto normalmente con JamesRemus.
“Questo
è quello che pensi tu. Ma… lo hai sentito
anche tu, non potevano. Silente glielo ha impedito, si trattava della
sicurezza
di tutti e tre”.
Harry
ridacchiò sarcastico. Silente, un altro bravo
racconta balle. Per tutti quegli anni lui aveva saputo che i suoi
genitori
erano vivi e non gli aveva mai detto nulla, nemmeno un minimo segnale.
Si
sentiva tradito da una delle persone che più stimava e di
cui più si fidava al
mondo.
“Certo…
sono tutti bravi a parlare della sicurezza
quando non hanno altre buone scuse da tirar fuori”.
“Ti
prego, parlagli. Cerca di ascoltarlo. Non è
stato facile per nessuno”. Lo pregò la sorella,
cosa che aveva fatto pochissime
volte nella sua vita, se non nemmeno una. Harry, udendo quella voce
così dolce
che lo supplicava così gentilmente, si voltò
verso di lei, intenerendosi a
quello sguardo così tenero e sofferente. Non credeva che
stesse facendo del
male pure a lei. “Fallo per me”.
Il
Grifondoro rimase per un po’ in silenzio, con la
testa appoggiata al muro e lo sguardo perso da qualche parte. Ma ormai
era
bastata quell’ultima frase per farlo cedere.
“D’accordo”.
Il
volto di Jolie venne illuminato da un sorriso
radioso e, immediatamente, si precipitò a chiamare il padre
prima che il
fratello cambiasse idea.
Aveva
ceduto solo per lei? No, non credeva. Glielo
leggeva in faccia che smaniava dalla voglia di parlare col padre e
potersi
riappacificare con lui. Gli serviva solo una buona scusa per smetterla
di fare
l’incazzato.
Ma
allora, perché si era arrabbiato così tanto? Beh,
perché arrabbiarsi con qualcuno era più facile
che abbracciarlo e mostrargli le
proprie debolezze.
Non
appena James aveva sentito da Jolie, quella
ragazzina che ancora non si era abituato a vedere come una figlia, che
Harry
gli voleva parlare, o meglio, aveva ceduto a parlargli, si era
precipitato su
per le scale, per quanto il suo corpo stanco e ferito glielo
permettesse.
Prima
di entrare nella stanza, però, cercò di
calmarsi.
Trovò
il figlio seduto per terra che guardava un
punto indefinito davanti a sé. Gli si sedette accanto senza
dire una parola, ma
limitandosi a guardarlo di sottecchi.
“Ti
ascolto”. Disse il ragazzo senza voltarsi e
usando un tono piuttosto duro e freddo.
“Io…”.
Cominciò l’Animagus titubante, senza sapere
bene che parole usare. “Mi dispiace. Mi dispiace per tutto,
per averti
abbandonato ai Babbani, per averti fatto soffrire. Sia io che tua madre
siamo
stati malissimo, ti pensavamo tutti i giorni e non passava giorno che
non ci
chiedessimo dove fossi, come stessi e…”.
“E
non avete provato a vederlo con i vostri occhi?
Come stavo o che facevo? Di certo non mi sono divertito. Mentre voi ve
ne
stavate là, nella vostra bella casuccia, finalmente liberi
da Voldemort. Liberi
da me”.
Harry
non le aveva urlate quelle parole, le aveva
semplicemente pronunciate sempre con quel tono freddo e terrificante,
ma si
poteva sentire tutto l’odio che provava in quel momento. A
James si strinse il
cuore, veramente non sapeva più
che fare, ormai era certo che il figlio non lo avrebbe mai perdonato.
“Non
è vero”. Cercò di dire senza lasciarsi
andare
alle lacrime che sentiva premere. “Non è vero, non
eravamo liberi, anzi. Ci
sentivamo ancora più in trappola di prima. Ci mancavi,
terribilmente, ogni
giorno. Tua madre aveva gli incubi, continuava a sognare quella notte e
urlare
il tuo nome nel sonno. Io cercavo di essere forte, soprattutto per lei,
ma
dentro di me mi sentivo una merda, un vero coglione per averti
abbandonato
così. Mi dispiace, Harry. Io… noi, ti vogliamo
bene. Ci sei mancato,
terribilmente e non immagini nemmeno quanto”.
L’uomo
si voltò per vedere il viso del figlio e
restò completamente stupito nel vedere le lacrime che
scendevano da quegli
occhi verdi, bagnandogli le guance. In quel momento gli
sembrò come un diamante
prezioso ma allo stesso tempo molto fragile e che doveva essere
protetto a
tutti i costi.
“Io…
io vi ho sempre creduti morti… e… mi mancavate
e… allo stesso tempo… vi odiavo,
perché vi volevo con me…”.
Cominciò a
bofonchiare Harry tra le lacrime, senza sapere bene nemmeno lui quello
che
stava dicendo, scoppiando in singhiozzi senza più
preoccuparsi di trattenersi,
tanto ormai non ce la faceva più.
James
non seppe che altro fare così, fece la prima
cosa che gli parve più giusta. Allungò le braccia
verso di lui, avvicinandolo
al proprio petto e prendendo a cullarlo dolcemente, mentre il ragazzo
si
stringeva contro la sua camicia bagnandola di lacrime, scosso dai
singhiozzi. Il
figlio si lasciò stringere, finalmente tra quelle braccia
forti in cui aveva
sempre sognato si stare, stretto in un abbraccio che non avrebbe mai
creduto
possibile riavere.
“Senti,
Harry”. Gli sussurrò ad un tratto il padre,
accarezzandogli i capelli. “Ho deciso di darti
questa”. E gli mise in mano una
piccola boccetta contenente una sostanza trasparente e galleggiante,
come
nuvole di fumo. “Sono i miei ricordi. Così ti
sarà più facile capire”.
“Hola,
mi amor!” esclamò JamesRemus, illuminandosi
in un sorriso non appena vide entrare Jolie nel salotto dove si trovava
insieme
agli altri. Se ne stava sul divano a pizzicare qualche corda della
chitarra,
insieme ad Ariel
Joel,
invece, era seduto per terra, intento a fare
un ritratto a Victoire che, invece, se ne stava comoda su una poltrona,
a gambe
incrociate a leggere un libro. Lui nel frattempo masticava qualcosa in
bocca,
probabilmente le sue tic tac di cui non poteva mai fare a meno,
completamente
immerso nel disegno. Vicky era sempre stata il suo soggetto preferito.
Joel non
aveva ereditato le doti canore della madre come i due fratelli,
però in
compenso era un vero artista con i pennelli e i colori. Forse merito di
tutti i
Manga che si leggeva.
Ted
se ne stava davanti al computer portatile a
lavorare a qualcosa, probabilmente a scaricare qualche nuova canzone di
James,
con il viso completamente concentrato, mentre Emmie guardava quello che
stava
facendo, con sguardo curioso.
“Allora,
sei riuscita a farlo ragionare?”
“Hmm,
spero di sì. Adesso è di sopra con
papà”.
Rispose lei con un sorriso.
“Io
proprio non capisco che cosa se ne faccia il
Signore Oscuro di quella Mezzosangue”. Sbottò
Amycus Carrow sentendo echeggiare
la sua voce nell’immenso atrio d’ingresso della
Villa dei Malfoy.
Vi
si trovavano numerosi altri Mangiamorte, dato che
ormai Voldemort se ne era impossessato come sua base segreta.
“Certo
che non capisci. Sei troppo stupido per
capire”. Gli rispose Bellatrix con la sua solita voce da
posseduta,
accompagnata da una risata sadicamente malvagia, come se avesse fatto
chissà
quale battuta. “E non parlare così del nostro Lord
Oscuro”. Aggiunse poi,
soffiandogli in faccia in modo molto minaccioso, facendo rabbrividire
leggermente il Mangiamorte. Quella donna era pazza, completamente fuori
di sé.
Ma non c’era nulla da stupirsene, era ovvio dopo tutti quegli
anni passati ad
Azkaban. Poi si avvicinò con passo cadenzato al marito.
Sembrava che pure lui
ogni tanto ne avesse paura.
“Amycus,
lo sai che fra lei e il Signore Oscuro si è
creato un forte legame quella sera dell’ottantuno”.
Cercò di spiegargli con
molta pazienza Lucius Malfoy, stando vicino alla moglie.
“Sarà più facile per
lui avere il controllo sulla sua mente e costringerla a fare quello che
vuole”.
“Tipo
uccidere Potter, padre e figlio”. Aggiunse
Bellatrix ridendo di nuovo come un’isterica.
“Esattamente,
Bella”.
“Io
più che altro, non mi spiego perché abbia deciso
di prendere i Paciock”. Disse invece Alecto Carrow,
enunciando ad alta voce la
domanda che molti si ponevano.
Da
dietro la porta, però, nessuno si era accorto che
Draco li spiava con sguardo curioso, preoccupato e timoroso.
Chissà che piani
avevano. Anzi, forse preferiva non saperli. Non gli piaceva quella
situazione,
non gli piaceva il fatto che i Mangiamorte e Voldemort si fossero
installati in
casa sua. Non gli piacevano, non gli piaceva quello che facevano,
sebbene
sapesse che, in un certo senso anche lui si trovava invischiato in
tutto quello
e, qualcosa gli diceva che, molto probabilmente, presto si sarebbe
unito pure
lui alla loro schiera.
Sarebbe
dovuto essere orgoglioso, come gli ripeteva
molte volte il padre, era un onore servire il Signore Oscuro ed
aiutarlo a
salire al potere. Ma lui di onorevole in tutto quello non ci trovava
proprio
niente. Un conto era prendere in giro e minacciare
tutti i Nati Babbani e i Mezzosangue, ma un
altro era uccidere.
Si
allontanò silenziosamente da quella porta,
diretto presso i sotterranei della Villa, stringendo in mano una
fotografia,
una fotografia che aveva visto cadere alla donna dai capelli rossi che
era
stata portata, ancora intontita, nelle segrete di casa sua.
Non
ci mise molto a trovarla, se ne stava seduta con
la schiena appoggiata contro al muro, le gambe raccolte contro al petto
e il
viso affondato nelle ginocchia.
La
guardò un attimo, come incantato, aspettando che
si accorgesse di lui. Ma così non accadde, o la donna non lo
aveva minimamente
sentito oppure sì, ma faceva finta che lui non fosse
lì.
Draco
tossicchiò e, finalmente, la rossa alzò il
capo verso di lui facendogli sgranare gli occhi. Quegli occhi, quegli
occhi di
smeraldo gli erano fin troppo familiari.
“Chi
sei?” gli chiese lei con voce bassa e atona. I
capelli rossi come il fuoco incorniciavano un viso pallido e stanco, su
cui si
scorgevano due vistose occhiaie e uno sguardo tormentato e sofferente.
“Sono…
sono Draco Malfoy”. le rispose il ragazzo senza
riuscire a distogliere lo sguardo da lei. Non sapeva perché
ma, gli faceva uno
strano effetto. E nemmeno sapeva il perché del motivo per
cui era sceso fino a
lì solo per portarle quella foto. Era solo una dannatissima
prigioniera, che
diamine! Se poi lo scoprivano a chiacchierare tranquillamente con
lei…
“Questa
è tua?” le chiese poi, porgendole la foto.
La
donna allungò la mano senza esitare, stringendo
forte a sé quel pezzo di carta che ritraevano suo marito e
suo figlio, come se
fosse l’unico salvagente a cui potersi aggrappare.
Poi
ritornò contro al muro, molto probabilmente
volendo essere lasciata in pace.
Questa
però non era l’intenzione del biondo, che
voleva sapere qualcosa di più su quella donna che gli
sembrava fin troppo
familiare.
“Chi
sono quelli nella foto?”
La
rossa alzò di nuovo lo sguardo, scrutandolo
attentamente, come chiedendosi perché mai quel ragazzo, il
figlio dei Malfoy e
quindi padrone di quella casa, fosse così curioso di sapere
qualcosa su di lei.
Sempre se di curiosità si trattava.
“Mio
marito e mio figlio”.
“Come
si chiamano?”
“James
e Harry”.
“Di
cognome?” al ragazzo era salito un terribile
sospetto, non sapeva perché, ma…
“Potter”.
“SEI
LA MADRE DI POTTER?!”
Oh
Merlino! Non ci credeva. Quella era la madre di
Potter, dello Sfregiato. Perciò era viva.
Adesso
tutto gli
quadrava. Chissà se quella donna si rendeva conto di quello
che Voldemort
voleva facesse…
DISCUTIAMONE…
Ebbene,
sono tornata J
contenti? Che ve ne pare di questo capitolo? Finalmente
l’ispirazione e le idee
mi sono tornate. La volta scorsa ero veramente disperata, sapete, mi
è venuto
quel terribile blocco dello scrittore perciò, qualsiasi cosa
scrivessi, mi
pareva una schifezza immonda. Non sapevo più che fare,
quindi, e non riuscire a
scrivere è una cosa che non sopporto.
Beh,
qui abbiamo scoperto un po’ di cose. Ma i commenti
li lascio tutti a voi. XD dico solo una cosa: beh, l’idea di
Joel che mangia le
Tic Tac mi è venuta in mente vedendo me e il mio porf di
italiano che ce le
mangiamo. Sì, le adoro le Tic Tac non ci posso fare niente,
come adoro la
Nutella e i pg delle mie fanfic hanno il difetto di assumere qualche
mia
caratteristica. XD
Passando
ad altro, ho una grande notizia da darvi.
Positiva o negativa? Dipende dai punti di vista… XP
l’altro giorno, io e la mia
amica roxy, siccome non sapevamo che fare in quel sabato pomeriggio un
po’
deprimente, ci siamo messe a cazzeggiare su EFP e abbiamo tirato fuori
dalla
pattumiera un vecchio account che avevamo creato in comune. La cosa
pazzesca è
che c’era una fanfic che avevamo pubblicato secoli fa
(precisamente due anni fa
quando ancora eravamo delle povere pargole che non si intendevano per
niente di
scrittura) e, emozionandoci e divertendoci nel ricordare i bei vecchi
tempi, ci
è tornata l’ispirazione per continuarla.
Perciò, abbiamo deciso di farlo e in
questi giorni dovreste trovare un nuovo capitolo. Non so se qualcuno di
voi
avesse già provato a leggerla, ma se così non
fosse, ci piacerebbe che deste
un’occhiata. Si intitola Sam e Chris, lo so, non è
molto originale come titolo
ma penso conti più la trama XD.
Bene,
detto questo, posso anche lasciarvi. Un bacio a
tutti.
Alla
prossima, kiss.
M.
PUFFOLA_LILY:
capolavoro dici? Naaah, non mi sembra XD
comunque, spero ti sia piaciuto questo capitolo, un po’
divertente e un po’
drammatico. Un bacio cara, alla prossima, Kiss.
FEDE15498:
oooh, quanti complimenti *arrossisce*. Ma non
credo affatto che la mia storia sia così bella. Mi limito
solo a buttare su
delle pagine la mia fantasia e le mie idee che non riescono mai a
rappresentare
bene fino in fondo quello che la mente ha partorito. Capisco benissimo
comunque
il tuo problema sulla difficoltà di continuare le tue
storie, è una cosa che
capita a molti. Il mio consiglio è di delinearti ben bene la
storia nella
mente, fin dai minimi dettagli così ti sarebbe
più facile scriverla. Certe
scene di questa storia, per esempio, anche quelle che verranno molto
dopo, mi
sono venute in mente ancora prima che iniziassi a scriverla XD. Spero
ti sia
piaciuto anche questo capitolo e spero di risentirti. Un bacio.
P.S.
la fic che ho scritto con roxy è proprio quella che
mi hai recensito tu secoli fa. Purtroppo, ho visto solo ieri che
l’hai letta ed
è anche per questo che abbiamo deciso di continuarla XD
pensavamo fosse andata
nel dimenticatoio.
STEFANMN:
carissimo, se c’è qualcosa che non capisci
basta che chiediJ
effettivamente anch’io faccio dei pensieri ingarbugliati che
a volte nemmeno io
mi capisco. Un bacio, M.
JULIET
ANDREA BLACK: *nasconde siringa piena di
cioccolato che stavi per iniettarsi in vena* oooh, davvero ti
è piaciuto *w*.
Sai, ero veramente in crisi la volta scorsa perché non
riuscivo a scrivere
niente, l’ispirazione se n’era andata e non poter
scrivere è una cosa che
io non sopporto. Bene, qui abbiamo
scoperto dov’è finita Lily ma, adesso, come
farà a salvarsi? Se vuoi scoprire
questo e molto altro, ti consiglio di continuare a seguirmi. Un bacio
cara e alla
prossima. Le tue recensioni sono sempre ben accette.
Juliet:
lo dici solo perché vuoi che qualcuno ti
recensisca.
Milly:
ma assolutamente no. Puoi anche non recensire.
*intanto prepara fucile con cui ucciderla se non le recensisce* XD
Juliet:
sé, sé -.-‘’
ROXY_BLACK:
wooooooow, ti piace il modo in cui scrivo?
*w* *scodinzola* quindi, anche se dovessi scrivere “Roxy
è una zozza baldracca”
ti piacerebbe comunque? XD *occhiata omicida da parte di roxy*.
Ihihihi,
ebbene, per la tua immensa gioia, in questo capitolo sono comparsi
tutti i tuoi
pg preferiti XD
|
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Capitolo 24 *** Capitolo ventitrè ***
NOTICINA:
preparatevi, qualcuno potrebbe morire…
CAPITOLO
VENTITRE’
“Ci
serve un piano ben ponderato!” esclamò James con
tono piuttosto deciso.
Lui,
Sirius, Remus, Tonks e Malocchio si trovavano in una delle stanze
superiori di
Grimmauld a pianificare il modo in cui potevano infiltrarsi a Malfoy
Manor per
riprendersi Lily. Grazie alla Divinazione avevano scoperto che si
trovava lì e
ora, l’unica cosa che volevano, era tirarla fuori da quel
covo di Mangiamorte.
In
seguito, poi, avrebbero pensato anche a Frank ed Alice.
Con
loro, spaparanzati sulle poltrone o sui divanetti, c’erano
anche i ragazzi del
futuro, con Harry, Ron e Ginny, anche loro presi nell’ideare
il piano “come
riportare indietro Lily senza rischiare il proprio culo”.
“Potremmo
infilarci nelle segrete e da lì sbucare in
superficie”.
“Hmm,
non so. È troppo rischioso”.
“Alastor,
non vedo altre soluzioni”.
“Ma
in qualche modo dovremmo pur fare”.
“Shh…
fermi tutti!” esclamò ad un tratto Teddy, zittendo
tutti con una mano alzata.
Si sporse dalla poltrona e tese le orecchie in direzione della porta,
uno
sguardo preoccupato a deformargli il volto.
“Gli
è caduto il cervello”. Scherzò James,
rimanendo impassibile sul divano dove era
sdraiato.
“No,
seriamente”.
Teddy,
con i sensi più sviluppati per la sua condizione di
licantropo Lusanguis, era
stato il primo a sentire dei rumori sospetti che provenivano dai piani
più
bassi, nemmeno Remus, i
cui sensi erano
più sviluppati solo con l’avvicinarsi della luna
piena, aveva sentito niente.
Soltanto
dopo un po’, però, una risata sguaiata e malvagia,
appartenente a una donna,
squarciò i muri della casa, facendo rabbrividire persino i
quadri e le crepe
nelle pareti.
“Cazzo!
È Bellatrix!” esclamò Jolie alzandosi
di scatto dal pavimento. Aveva
semplicemente esplicitato quello di cui tutti quanti si erano resi
conto e quella
risata l’avrebbero potuta riconoscere tra mille.
“E
c’è Joel di sotto!” JamesRemus
scattò in direzione della porta, pronto a
lanciarsi contro gli intrusi, ma una mano di John lo trattenne,
afferrandolo
prontamente per un braccio.
“Jim,
non essere così avventato”.
“Ma
c’è mio fratello giù con
loro”.
Ormai,
tutti quanti si erano armati di bacchetta pronti a combattere dato che,
ovviamente, non si poteva evitare uno scontro. Ma, nelle menti di
tutti,
alleggiavano le stesse cose: “Come cazzo hanno fatto ad
entrare?” e “Ok, siamo
fottuti”.
“Tranquillo,
Jamie. Miguel sa badare a se stesso”. Cercò di
calmarlo anche Ariel, ma pure
lei si vedeva che era preoccupata.
Si
sentì un rumore di passi affrettati salire le scale e
Bellatrix, con Joel
stretto tra le mani e la bacchetta puntata alla sua gola, comparve
sulla soglia
della porta e squadrò da capo a piedi tutti quanti i
presenti. Sfoggiava un
sorrisetto molto soddisfatto e sadicamente macabro. Dietro di lei una
schiera
piuttosto corposa di Mangiamorte, la maggior parte mascherati e con le
bacchette puntate.
“Lascialo
andare!” le gridò Sirius pronto ad attaccarla. Ma
non poteva fare niente,
finchè teneva il ragazzo come ostaggio e come scudo umano.
Joel,
con le mani, cercava di allentare la stretta al collo del braccio di
Bellatrix,
ma quella donna sembrava essere parecchio forzuta.
“Ahahah…
non ci penso proprio”. Rispose lei con la sua solita voce
stridula. “Voglio
proprio divertirmi con questo bel bambolino”. E gli
leccò la guancia facendo
rabbrividire il povero ragazzo per il ribrezzo.
“Che
cosa vuoi? Come avete fatto ad entrare?” chiese James,
minacciandola con lo
sguardo come per dirle: “O mi rispondi o ti faccio vedere le
stelle in una
maniera atroce”. Ma era chiaro che, per il momento, nessuno
poteva fare molto.
Non volevano di certo colpire anche Joel. Quindi, forse temporeggiare
era la
soluzione migliore.
In
quel momento, però, senza che nessuno se ne accorgesse, il
ragazzo conficcò un
piccolo coltellino tascabile nella coscia di Bellatrix con tanta forza
che la
fece urlare e barcollare, mollando la presa su di lui. Evidentemente,
doveva
essere riuscito a tirarlo fuori dalla tasca senza che nessuno lo
vedesse.
Proprio
allora si scatenò l’inferno e cominciarono a
volare incantesimi, maledizioni e
anatemi a destra e a manca e ci fu un fuggi fuggi generale di
inseguitori e
prede, membri dell’Ordine che attaccavano Mangiamorte e
viceversa, le forze del
male che si scontrarono con quelle del bene, ognuna cercando di avere
la
meglio.
John,
era riuscito ad atterrare un Mangiamorte al quale era anche caduta la
maschera,
scoprendo la faccia di uno che, però, non conosceva. Si
accorse appena in tempo
che un altro lo stava per attaccare alle spalle, riuscendo
così a prevedere il
suo incanto e contrattaccando con il suo. Vennero, però,
entrambi sbalzati
indietro per la potenza degli incantesimi e John finì a
sbattere contro la
scaffalatura dietro di lui.
Sdraiato
per terra, se la vide cadere addosso e, chiudendo gli occhi,
urlò:
“Aaaaaah.
Se muoio, dite a Lady Gaga che l’ho sempre amata!”
L’impatto
con il mobile, però, non arrivò così,
sentendo scorrere i minuti e nessuna
morte incedere su di lui, il ragazzo aprì, prima un occhio,
lentamente e poi
anche l’altro, trovandosi davanti chi gli aveva salvato la
vita con la
bacchetta ancora puntata alla scaffalatura, inclinata peggio della
Torre di
Pisa.
“Tappo!”
esclamò con un sorriso contento.
“Smettila
di fare l’eroe da tragedia”. Sbuffò
Charlie, dirigendosi ad aiutarlo ad
alzarsi.
“Mio
eroe, mio principe, mio salvatore…”. Continuava,
intanto, a vaneggiare John,
aggrappandosi al braccio che gli porgeva l’amico per tirarsi
in piedi.
“Sì,
sì”. Il moro guardò con una strana
espressione il taglio al braccio di Paciock;
sembrava piuttosto profondo a giudicare dalla scia di sangue che si
vedeva
scorrere oltre la manica corta della maglietta.
“Bene,
bene”.
Entrambi
si voltarono verso la voce che aveva parlato, trovando, sulla soglia
della
porta, una Alecto Carrow dallo sguardo piuttosto spiritato.
“Adesso
ci divertiamo”.
“Charlie,
te lo confesso. Tua madre mi ha sempre messo su una strana
soggezione”. Sussurrò
John all’amico accanto a lui, che guardava la donna come
indeciso su che cosa
fare.
Una
figura dal lungo mantello scuro e il cappuccio talmente calato in testa
che non
si riusciva nemmeno a vederle il viso, se non qualche sprazzo di lunghe
ciocche
color rosso fuoco, camminava per i corridoi di Grimmauld, non facendo
nemmeno
caso alla battaglia che si stava svolgendo in quella casa.
Aveva
un unico obiettivo lì, non sapeva bene il perché,
né si ricordava di preciso come
fosse finita in quel posto.
Uccidi
Harry
Potter, uccidi Harry Potter, uccidi Harry Potter…
Questo
continuava a ripeterle una voce nella testa, una voce che non
apparteneva a
lei. Era viscida, sembrava il sibilo di un serpente e le metteva pure i
brividi. Ma questo le ordinava di fare e non poteva disobbedirle, si
sentiva
come una calamita che viene attirata da un pezzo di ferro senza
potergli
resistere.
Benchè,
sentisse, dentro di sé, con quel po’ di ragione e
di coscienza che le erano
rimasti, che uccidere fosse sbagliato. E
poi… chi era Harry Potter? E perché
doveva ucciderlo?
Sentiva
come se lo conoscesse, come se questo nome non le era del tutto
sconosciuto.
Così,
mentre camminava completamente sola e con passi lenti e misurati, lo
sguardo
fisso sulla strada e l’obiettivo bene in testa, non si
accorse di essere
inseguita da Draco Malfoy, il quale approfittava di ogni colonna e di
ogni
scorcio di muro per nascondersi, stando attento a non far udire il
rumore delle
scarpe.
Non
sapeva bene perché la stesse inseguendo, forse solo per
tenersi fuori dalla
battaglia e dall’assedio ai quali lo avevano costretto a
partecipare: ora che
era anche lui entrato nella schiera dei seguaci di Voldemort, avevano
detto che,
come loro, doveva annientare i membri dell’Ordine, i primi a
mettere i bastoni
fra le ruote nei loro piani di conquista del mondo. O forse, solo
perché sapeva
chi era quella donna e che
cosa stava
andando a fare e lui voleva cercare di impedirlo. Forse,
perché aveva pure lui
un minimo di coscienza da qualche parte.
La
donna, finalmente, raggiunse il suo obbiettivo: Harry se ne stava
seduto per
terra, ansimante, a reggersi un braccio da quale usciva copioso del
sangue, lo
sguardo fisso per terra.
Lei
estrasse la bacchetta dalla tasca e, quatta quatta, la puntò
contro il ragazzo.
Fu come l’arrivo improvviso di un fulmine che cade a ciel
sereno; dall’arma
uscì un raggio di luce verde che fece spalancare e tirare un
urlo sia ad Harry
che a Draco.
Malocchio
Moody venne sbalzato contro una parete e la bacchetta gli
volò via di mano.
Cazzo!
Combattere contro due Mangiamorte era piuttosto dura e lui non aveva
nemmeno
più l’età per certe cose.
Vide
il Mangiamorte venirgli incontro minaccioso, con la bacchetta puntata
alla sua
testa. Non aveva vie di fuga, ma cercò comunque di pensare a
qualche modo per
salvarsi la pelliccia, per la miseria, era un Moody, non si sarebbe
arreso così
facilmente.
Mentre
si preparava a scostarsi appena il Mangiamorte gli avesse lanciato
l’Anatema,
sentì un’inspiegabile spostamento d’aria
e trovò l’uomo mascherato svenuto ai
suoi piedi.
Alzò
lo sguardo per incontrare gli occhi azzurri di Joel che lo guardavano
determinati.
“Vigilanza
costante, zio”.
Malocchio
non potè fare a meno di sorridere a
quell’esclamazione del ragazzo; era figlio
di Sirius, certo, ma era in tutto e per tutto un Moody. E non solo
nell’aspetto.
JamesRemus,
Jolie e Ariel erano nascosti dietro ad un divano per non venire colpiti
dagli
attacchi di tre Mangiamorte che non li lasciavano vie di scampo,
facendo volare
incantesimi e maledizioni ovunque.
Anche
i ragazzi, naturalmente, stavano facendo la loro parte e ciascuno usava
il
primo mobile che trovava come scudo.
Però
non potevano andare avanti così ancora per molto, anche il
divano prima o poi
sarebbe saltato in aria e per non parlare del fatto che,
così facendo, si
stavano facendo soltanto una figura da coglioni.
“Ragazzi,
ci serve un piano. E in fretta anche”. Disse Ariel,
schiacciandosi contro lo
schienale del divano dopo aver cercato di colpire un Mangiamorte.
“Ci
sto pensando, ci sto pensando, ci sto pensando”. Continuava a
borbottare James,
tenendosi due dita premute alle tempie, come per spremersi meglio le
meningi.
Le
due ragazze si guardarono stranite: chissà che avrebbe
tirato fuori.
Ad
un tratto, però, videro saltare in aria una parte del divano
con un rumore
infernale che li fece quasi saltare verso il soffitto. Adesso,
però, si
trovavano con una fiancata scoperta e ciò non andava per
niente bene.
“Ok,
James, spero veramente che tu abbia ideato un piano,
perché…”. Jolie strinse i
denti per mantenere alto lo scudo che aveva creato con la bacchetta.
“Ragazze!”
le chiamò James con sguardo grave. “Ho
un’idea”.
“E
sbrigati, no?” lo incitò la sorella.
James
si voltò verso i tre Mangiamorte, ancora dietro lo scudo
creato dall’amica, li
guardò con sguardo deciso e incattivito e…
“Per
Narniaaaaaaaaaaaa!!!!!” gridò il ragazzo prima di
lanciarsi fuori dalla
protezione contro gli uomini mascherati, saltando sopra i mobili per
non farsi
colpire dai loro incantesimi.
Jolie
e Ariel si batterono una mano in fronte: quel ragazzo era veramente un
caso
perso. Ma trovava ogni modo per sdrammatizzare le situazioni critiche,
questo
glielo dovevano concedere.
Draco
aveva spinto la donna incappucciata, facendola cadere per terra e
mandare il
suo Avada Kedavra ad infrangersi contro la ringhiera delle scale.
Harry
era rimasto a fissarli ad occhi sgranati, incredulo e confuso.
La
donna, però, non si era ancora decisa ad arrendersi, come se
uccidere il moro
fosse diventata ormai una questione di vita o di morte.
Diede
un forte calcio a Malfoy, si trascinò a gattoni fino ad
Harry e, senza che
questi avesse avuto il tempo di reagire, gli saltò sopra
afferrandogli il collo
con le mani pronta a strangolarlo.
Il
ragazzo cercò di staccare le sue mani, senza capire bene che
cosa stesse
succedendo e chi fosse quella persona, anche se… aveva una
strana sensazione. Quelle
mani, quella pelle, non gli erano del tutto sconosciuti,
così come non lo erano
i ciuffi di capelli rossi che vedeva spuntare dal cappuccio.
All’improvviso,
quando ormai aveva cambiato diverse varianti di colore del viso e
sentiva il
fiato diventare sempre più corto, alla donna
scivolò il copricapo, svelandogli
due occhi verdi, verde smeraldo… come i suoi. Due occhi come
smeraldi
incastonati in un viso che conosceva perfettamente.
“Ma…
ma… mamma”. Esalò a voce bassissima e
atona, con un misto di sorpresa, stupore,
incredulità, emozione… no, era veramente lei?
Lily,
allora, spalancò gli occhi e lo guardò come se
vedesse un angelo piovuto dal
cielo; l’aveva chiamata veramente mamma? Ma perché?
Oh
Merlino, non poteva essere.
Che
cosa stava facendo? Come era possibile? Che le era successo?
Allentò
la presa sul suo collo e lo guardò con uno sguardo pieno di
supplica e prossimo
alle lacrime.
“Ha…
Harry?”
Emmie
non sapeva come era successo, non ne aveva la più pallida
idea. L’ultima cosa
che si ricordava era suo fratello che le urlava di nascondersi sotto al
tavolo
per non essere colpita da quella spietata di Bellatrix.
Lei
gli aveva obbedito, un po’ preoccupata e dispiaciuta per non
poterlo aiutare,
certo, ma sapeva anche che sarebbe stata un po’ di intralcio;
non era molto
brava con gli incantesimi combattivi, per non parlare del fatto che non
era un
cuor di leone come lui.
Ma
tutto quello era successo in un attimo.
Bellatrix
era riuscita a disarmare Teddy e aveva cominciato a colpire Victoire a
colpi di
Crucio. Allora, il licantropo le si era avventato addosso
perché lasciasse in
pace la ragazza, ma lei, pronta come sempre e impossibile da cogliere
di
sorpresa, aveva estratto un pugnale d’argento e lo aveva
colpito allo stomaco.
A
quel punto, per fortuna e forse per una mano dal cielo, erano arrivati
John e
Sirius che erano riusciti ad atterrare la Mangiamorte a colpi di
maledizione ed
schiantesimi, trascinandola fino all’altra stanza.
Emmie
e Victoire, allora, si erano avvicinate al ragazzo che si reggeva lo
stomaco
con entrambe le mani cercando di fermare l’emorragia.
La
bionda si era tolta la maglietta per bloccargli lo scorrere del sangue
almeno
con qualcosa, ma era troppo, decisamente troppo, sembrava un fiume in
piena.
“Vicky…”.
La chiamò Teddy con voce debole, ormai completamente
sdraiato per terra e con
lo sguardo che si faceva sempre più vacuo.
“Non… non toccare… il
sangue…”.
La
ragazza capiva benissimo che cosa l’amico intendesse, ma non
le importava
niente, non le importava della maledizione, del sangue infetto, della
licantropia… voleva solo che Teddy si salvasse.
Con
una ferita normale avrebbe potuto guarirsi da solo. Ma quello era
argento e l’argento
era come veleno per i licantropi, li faceva soffrire in maniera atroce
per poi
non lasciarli vie di scampo.
Il
ragazzo cercò di tenere duro, di resistere ancora un
po’, ma ormai non riusciva
nemmeno più a distinguere le forme dell’amica e
della sorella, entrambe in
lacrime. Ormai, era inutile, era inutile cercare di resistergli.
L’argento lo
avrebbe ucciso, era solo questione di minuti.
Mostrando
un sorriso che doveva essere consolatorio a Emmie e Vicky, chiuse gli
occhi
lasciandosi andare.
DISCUTIAMONE…
Ehilà,
eccomi qui…
Alluora,
siccome è morto tardi, non mi sto a dilungare in molte
chiacchiere. Purtroppo,
questo sarà l’ultimo capitolo che leggerete per
almeno una settimana, perché domenica
parto per l’Inghilterra e là non credo che
avrò il tempo di scrivere.
Perciò,
vi dovrò lasciare con questo colpo di scena e
l’ansia e la curiosità nel sapere
che cosa succederà. Muahahahaha *risata malefica*, come sono
perfida, muahahah.
Ok,
questa non era una cosa bella da dire ^^ *indietreggia di fronte ai
suoi
lettori armati di asce*.
Però
dai, vi lascio con questo bel capitolone pieno di azione, non potete
lamentarvi.
Va
bene, basta, non parlo più che è meglio.
Fatemi
sapere che cosa ne pensate.
Kiss,
M.
FEDE15498:
carissima, uuuh, un
commento per ogni personaggio. Sono contenta che ti piacciano anche in
questa
versione un po’ “riadattata”. Eh
sì, Draco sembra che stia capendo da che parte
è giusto stare, ma… chissà ^^ alla
prossima, mi raccomando. Kisss
STEFANMN:
Uh caro,
tranquillo, anche poche righe bastano, purchè siano sincere.
Beh, che ne pensi
di questo? Un bacio, la tua Milly ^^
ROXY_BLACK: Bellatrix: AVADA
KEDAVRA!! Milly
*tira calico a Bella*: carissima… eh sì, ormai
avrai capito che i miei pg sono
piuttosto particolare ^^ in ciascuno di loro c’è
qualcuna delle mie
caratteristiche ^^ ma, che mi dici di questo capitolo? Ci sono
abbastanza botte
per te?? xD kiss
JULIET
ANDREA BLACK:
*trattiene Juliet
per la manica della maglietta* ah, la mia cara Juliet… che
bello sentirti. Ma,
non capita anche a te di chiederti come diavolo faccia Charlie ad
essere figlio
di Piton? No, perché Charlie è veramente un
bonazzo e Piton… beh, Piton è Piton
xD ma vabbè, probabilmente si chiama Karma. Non ti
preoccupare per i
Mangiarmote, ci stanno già pensando quelli
dell’Ordine a farli fuori anche se…
oooops, Bellatrix ha combinato un casino con Teddy. Chissà
che succederà… hmmm…
^^ alla prossima, Byo.
PUFFOLA_LILY:
hmmm… un po’ di
pazienza e i tuoi dubbi saranno rivelati. Per sapere a che cosa serve
Lily a Voldemort
dovrai aspettare il prossimo capitolo e… John e Charlie
insieme? Mah, chissà…
^^ forse sì forse no… un bacio. M.
|
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Capitolo 25 *** Capitolo ventiquattro ***
NOTICINIA:
qui ho introdotto un personaggio che più che
altro farà soltanto da comparsa ma che mi serve…
capirete leggendo ^^
CAPITOLO
VENTIQUATTRO
In
quel momento a Grimmauld Place non si respirava
affatto un’aria tranquilla, anzi, tutt’altro. Se
qualcuno fosse entrato in quel
momento, non si sarebbe soffermato neanche per un minuto prima di
girare sui
tacchi e uscirsene alla svelta dalla casa, notando l’aria di
tensione e disperazione
che vi alleggiava e, soprattutto, per le urla lancinanti che si
sentivano
provenire dal piano superiore della casa.
JamesRemus
continuava ad andare avanti e indietro
per il salotto passandosi, ogni tanto, le mani tra i capelli in un
gesto
frustrato e nervoso e lanciando occhiate sofferenti in direzione delle
scale.
John se ne stava sdraiato a pancia in giù sul divano con la
testa nascosta
sotto al cuscino, mentre, accanto a lui, Charlie aveva le gambe piegate
verso
il petto e il viso affondato nelle ginocchia e ogni tanto sembrava
scosso da
tremolii. Emmie era abbracciata a Victoire che piangeva
incontrollabilmente
sulla sua spalla, scossa dai singhiozzi, cosa che avrebbe fatto
volentieri
anche la bionda se non stesse cercando di essere più forte,
almeno lei. Jolie
si teneva abbracciata stretta ad un cuscino come fosse la sua ancora di
salvezza, i capelli a coprirle il viso, probabilmente per non far
vedere che
aveva gli occhi lucidi. L’unico che riusciva a rimanere
impassibile, non si
sapeva come, era Joel, seduto composto sul tavolino con lo sguardo
fisso in
avanti e nessuna espressione in volto, incantato a guardare solo
Merlino sapeva
cosa. O forse, con quel cervellino attivo ventiquattro ore su
ventiquattro,
stava pensando a qualcosa molto intensamente.
Gli
unici che mancavano all’appello erano Ariel,
uscita fuori perché non ce la faceva più a
sopportare quello strazio e andata
chissà dove e Teddy che era il motivo per il quale tutti
stavano così. Dopo
l’avvelenamento da argento erano riusciti a chiamare il
dottor Kent, anche lui
membro dell’Ordine ma che veniva solo se qualcuno rimaneva
ferito, e aveva
portato una pozione contro l’argento. Peccato solo che
quell’antidoto facesse
un male d’inferno ai licantropi e le urla del ragazzo si
sentivano fino in
salotto nonostante si trovasse in una delle stanze più in
fondo della casa.
“Porca
troia! Ma a nessuno è venuto in mente di
silenziare la stanza?” esclamò James, facendo per
la centesima volta lo stesso
giro della stanza. Ormai avrebbe scavato un solco nel pavimento a furia
di
camminarci.
Nessuno
degli altri ragazzi, però, gli rispose,
tutti troppo impegnati a cercare di non fare caso alle grida
dell’amico, ma era
come ignorare che la propria casa andava a fuoco: impossibile, a meno
che non
si soffrisse di manie suicide.
“Porca
putt…!!” sbottò Harry, interrompendosi
di
colpo non appena la signora Weasley gli lanciò
un’occhiata malevola. Non era
colpa sua, però, se la ferita al braccio faceva
così male e quella pozione
cicatrizzante non aiutava di certo. Molly poteva essere delicata quanto
voleva,
ma il braccio bruciava da morire e l’unico modo che aveva di
sfogarsi era
tirare bestemmie e picchiare la testa contro il tavolo.
Non
osava nemmeno immaginare come dovesse sentirsi
Teddy in quel momento.
“Cerca
di portare pazienza, caro”. Lo consolò la
donna mettendo un’altra goccia della pozione sulla sua ferita
già pulsante. Il
ragazzo si morse la lingua soffocando un’altra imprecazione.
La
signora si accinse a preparare anche le bende,
quando fu interrotta dalla porta che si apriva.
Lily
Evans comparve esitante sulla soglia e guardò
prima la donna e poi il figlio, i quali spalancarono gli occhi alla sua
vista.
“Posso…
posso finire io?” chiese la rossa esitante,
scrutando attentamente la signora Weasley, probabilmente
perché, se avesse
guardato Harry, si sarebbe imbarazzata terribilmente e non sarebbe
riuscita a
mettere neanche quattro parole in croce.
“Oh…
oh, certo… certo che sì, cara”. Le
rispose
Molly colta alla sprovvista, ma mollando tutto lì e uscendo
dalla cucina per
lasciare a madre e figlio quel momento di intimità e
riappacificazione.
Salendo
le scale per poco non inciampò in James che
se ne stava seduto su un gradino a spiare Lily e Harry dalla porta
aperta.
L’uomo le fece un occhiolino complice; era stato lui a farsi
una bella
chiacchierata con la moglie e a convincerla che Harry non la incolpava
affatto
per quello che aveva cercato di fare, non era colpa sua se Voldemort si
era
impossessato della sua mente per far fuori il suo peggior nemico.
Nel
frattempo, in cucina, Lily aveva finito di
bendare il braccio di Harry e ora i due si stavano osservando, entrambi
imbarazzati, senza sapere esattamente che cosa dire. Entrambi si erano
immaginato molte volte come sarebbe stato quel momento, il momento
dell’incontro
e dei chiarimenti, si erano programmati tutto quello che avrebbero
dovuto dire,
ma… beh, si sapeva come andavano sempre questi momenti.
“Ti
ho sognato spesso, sai?” disse ad un tratto la
donna, abbassando gli occhi. “Somigli moltissimo a James.
È quasi
impressionante”. Un sorrisetto contento le spuntò
sulle labbra.
“In
realtà somiglio a te più di quanto
credi”. Le
rispose Harry cercando di parlare con voce sicura e decisa, ma
riuscendoci ben
poco. “Mi sei mancata”.
Solo
a quel punto Lily alzò tutto d’un colpo lo
sguardo su di lui, inchiodando i loro occhi dello stesso colore e, con
uno
slancio pazzesco, lo abbracciò stretto come se non volesse
più lasciarlo
andare.
“Anche
tu, piccolo mio. E non immagini nemmeno
quanto ti voglia bene”.
Non
ce la faceva più; era come essere sottoposti
alle cruciatus, anzi, peggio, era come se gli stessero versando
dell’acido
nello stomaco. Faceva un male d’inferno, ogni volta che il
dottore gli versava
la pozione sulla ferita che gli aveva procurato Bellatrix con quella
pugnalata,
riceveva una scarica di dolore pazzesca che lo faceva urlare come il
diavolo
all’inferno, tanto che sicuramente lo stavano sentendo pure
dall’altra parte
della città, e inarcare la schiena nonostante lo avessero
dovuto immobilizzare
a letto perché altrimenti si dimenava tutto.
“Tesoro,
manca ancora poco. Dai, cerca di resistere”.
Cercava di calmarlo Ninfadora, tenendogli la testa sulle sue gambe e
bagnandogli la fronte con una pezza umida per dargli un minimo di
sollievo.
“Dora,
mollagli la mano”. La ammonì Remus,
guardandola con espressione dura.
“No.
Perché?”
“Perché,
quando stringerà con la prossima dose di
pozione, ti maciullerà tutte le ossa”.
Merlino,
non ci aveva nemmeno pensato. Teddy aveva
una forza superiore ad un normale essere umano, per non parlare adesso,
che non
si sarebbe assolutamente controllato con tutto quel dolore da
sopportare.
Delicatamente
estrasse la sua mano da quella del
ragazzo e gli sollevò la testa, spostandogli i capelli dalla
fronte sudata.
Intanto,
il medico aveva sparso altra pozione sulla
sua ferita e il licantropo aveva lanciato un altro urlo allucinante,
conficcandosi
le unghie nei palmi.
Remus
si alzò per dirigersi alla finestra e poggiare
la fronte contro il vetro; Dio, non ce la faceva più. Non
osava nemmeno
immaginare quanto male dovesse provare Teddy in quel momento.
Non
potendo più stare in quella stanza, si diresse
quasi di corsa fuori dalla porta e uscì sbattendola dietro
di sé.
“Dai,
ancora poco. Manca ancora poco”. Sussurrava intanto
Dora, accarezzando i capelli del figlio e non facendo caso alla fuga di
Remus.
“Non…
non ce… la faccio più”.
Bofonchiò Teddy con
voce debole, le lacrime agli occhi e completamente fradicio di sudore.
“Ucc…
uccidimi… ti prego”. Sì, in quel
momento avrebbe tanto voluto essere morto
piuttosto che patire tutto quel male. Se fosse morto per avvelenamento
d’argento
non sarebbe neanche stato tanto male, almeno si risparmiava quel dolore.
“No,
non dire così. Ti prego”.
“Dai
campione. Hai resistito per tutto questo tempo,
resisti ancora un pochino”. Cercava di rassicurarlo anche il
medico che ormai
stava tirando fuori le bende dalla sua borsa, segno che ormai quella
tortura
era finita.
James
e Sirius videro arrivare un Remus Lupin
piuttosto trafelato, spettinato e sudato che aveva sceso le scale come
inseguito da una mandria di bufali e ora se ne stava appoggiato allo
stipite
della porta quasi col fiatone.
“Come
sta andando?” gli chiese Sirius, porgendogli
un bicchiere di Whiskey incendiario.
“Come
sta andando?!” ripetè il licantropo con gli
occhi fuori dalle orbite. Mandò giù la sorsata di
Whiskey. “Lo senti anche tu,
no? Se non è morto per l’argento,
morirà sicuramente per il dolore”.
Avrebbe
tanto voluto mettersi a spaccare gli
oggetti e persino i
muri, ma tanto non
sarebbe servito a niente. Doveva solo prendersela con se stesso, sapeva
la
maledizione che si portava dietro, la conosceva benissimo, eppure lui,
come un
bravo allocco, si metteva a
fare figli
con Dora. Fantastico, ora ci si mettevano pure i sensi di colpa a
mordergli il
culo, oltre ad un figlio licantropo ferito e urlante.
“Non
capisco come faccia Dora a stare là, a
sopportare…”.
“Le
madri hanno un legame particolare coi figli, per
loro riescono a sopportare tutto”. rispose James alludendo
anche a qualcun
altro, però.
Già,
Dora era rimasta accanto a loro figlio, non se
n’era di certo andata come aveva invece fatto lui, vigliacco
come al solito. Altro
che Grifondoro! Certo che era proprio un padre di merda.
Ariel
scese nel seminterrato di Grimmauld Place,
portando tra le mani un vassoio con due toast poggiati su un piatto. Lo
appoggiò su un piccolo tavolino leggermente instabile e si
inginocchiò di
fronte al prigioniero.
Draco
Malfoy, appoggiato schiena al muro e legato
per un polso come un cane in gabbia, alzò gli occhi color
del ghiaccio verso di
lei, che nella penombra della cantina sembravano illuminarsi come
quelli dei
gatti al buio, e la guardò con la tipica espressione: se gli
sguardi potessero
uccidere.
“Hai
fame?” gli chiese la ragazza in tono dolce.
“Ti
ho portato da mangiare”. aggiunse non ottenendo
nessuna risposta da lui.
“Perché
fai la carina con me?” sbottò allora lui con
tono aspro e duro.
“Cosa?”
“Sì,
perché sei qui a fare la carina con me anziché
startene
col tuo ragazzo?”
Lei
abbassò lo sguardo. Harry non aveva bisogno di
lei in quel momento e si sentiva leggermente inutile.
“Volevo
soltanto essere gentile”.
“Allora,
potresti liberarmi”. E le mostrò il polso
incatenato.
“No,
non posso”.
“Pff!”
No,
non poteva. Anche perché non aveva nemmeno le
chiavi e quelle manette non potevano essere aperte con la magia. E le
chiavi ce
le aveva solo Malocchio Moody. Era stato il vecchio Auror a decidere
che era
meglio segregare il giovane Malfoy in cantina. Era venuto insieme ai
Mangiamorte ad attaccarli e, a quanto pareva da quel tatuaggio che
marchiava il
suo braccio sinistro, anche lui era uno di loro. Erano riusciti a
imprigionare
altri seguaci del Lord Oscuro che avevano subito provveduto a portare
ad
Azkaban, ma non erano così bastardi da condannare un ragazzo
che, a quanto
pareva, si era trovato lì per caso. E, inoltre, faceva
comodo avere qualcuno da
interrogare. Peccato solo che Alastor fosse troppo paranoico da esigere
addirittura
che venisse legato.
“A
saperlo che mi trattavate così, non lo salvavo
neanche Potter”.
“In
realtà ci hai fatto un favore”.
“E
quindi?”
Ariel
decise di ignorarlo e, afferrato il vassoio,
glielo mise vicino ai piedi per poi dirigersi lentamente verso la porta.
“Grazie”.
Gli soffiò prima di andarsene, lasciandolo
di nuovo solo.
In
fondo, Malfoy le
piaceva. Certo, in quel tempo non ci aveva avuto molto a che fare, ma
lo aveva
conosciuto abbastanza nel suo, di tempo. Aveva sempre mantenuto un
carattere di
merda, ma… almeno aveva preso le scelte giuste.
DISCUTIAMONE…
Salve
a tutti ^^ eccomi qui, fresca fresca di ritorno dal
viaggio. Beh, fresca non proprio tanto, le mie gambe stanno ancora
soffrendo
per le troppe camminate, ma… cavoli, ragazzi, se
l’Inghilterra non è bella. Io
mi sono letteralmente innamorata di quel posto. Tra l’altro
eravamo in una
località sul mare e io amo il mare, con i gabbiani che ti
svegliano tutte le
mattine. E Londra poi… hmmm, io andrei a vivere
lì solo per passeggiare nel St
James Park tutti i giorni.
Lettori:
ehi, sei qui per parlare della storia.
Milly:
storia? Quale storia? Aaaaan, questa storia ^^ eh,
scusate, ho ancora l’Inghilterra in testa. Beh, allora, che
dire… sinceramente,
non ho molti commenti da fare, li lascio come al solito a voi. Spero
solo di
aver reso abbastanza il dolore che provava Teddy a causa di quella
pozione. Vi anticipo
solo che nel prossimo capitolo vedrete una scenetta piuttosto tenera
fra Remus
e Teddy <3
Beh,
visto che è piuttosto tardi, io andrei anche a
dormire.
Rispondo
alle recensioni e poi vi lascio in pace.
Un
beso enorme a tutti,
Milly
^^
PUFFOLA_LILY:
carissima ^^ beh, ecco qui per te questo capitolo. Che te ne pare?
Spero di
risentirti, a presto cara. Un bacione. M.
STEFANMN:
beh, hai visto? Tutto si è risolto per il meglio.
Hmm… forse. Continua a
seguirmi e anche a recensirmi, mi raccomando, eh? ^^ un
besooooo… M.
CG92:
woooow! Un nuovo recensore *____* *scodinzola in giro per la stanza e
batte
mani* come sono contenta. Tra l’altro un bel maschietto mi
pare di capire,
visto che qui sembra che ne siamo un po’ a corto. Spero solo
che tu stessi
soffrendo di insonnia da rimanere fino a tardi a leggere la mia fic,
altrimenti
mi fai venire i sensi di colpa :p Sono molto contenta però
che la storia ti
piaccia, sai, ci tengo a farla bene questa. Spero di risentirti ancora,
caro,
mi farebbe molto piacere. Un bacio, Milly.
FEDE15498:
carissima ^^ quella mazza puoi usarla contro Bellatrix, adesso. Hai
visto che
Teddy si è salvato? In modo un po’ doloroso, ma si
è salvato. Sono molto
contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e che ne pensi di
questo? Spero
di risentirti e a presto. Kiss
JULIET
ANDREA BLACK:
ridi ridi, che la vita è bella ^^ dai, i
nostri eroi sono ancora interi. Hmmm, beh, interi non so, ma per lo
meno sono
vivi ^^ eh, i nostri ragazzi del futuro sono tutti molto fighi, non si
saprebbe
proprio chi scegliere. Io direi di organizzare una bella cosa tutti
quanti
insieme, che ne so… in camera da letto, giocare a carte xD
hmm, ok, mi tappo la
bocca che è meglio. Beh, spero di averti fatta ridere e
piangere anche qui. Alla
prossima, kisskiss, M.
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Capitolo 26 *** Capitolo venticinque ***
No,
non sono morta né sono stata rapita. È solo che
gli
impegni scolastici mi hanno stravolta.
CAPITOLO
VENTICINQUE
Victoire
entrò nella stanza in punta di piedi e con
cautela, evitando di fare anche il più piccolo rumore. Si
avvicinò
silenziosamente al letto in cui giaceva un Ted profondamente
addormentato e con
il volto sofferente, una mano poggiata sulla ferita allo stomaco
avvolta in
alcuni giri di bende, gli occhi chiusi e le palpebre tremanti, segno
che stava
sognando qualcosa.
La
ragazza si sedette sul letto accanto alla sua
testa, prendendo ad accarezzargli i capelli bagnati per il sudore.
Inumidì un
panno nella bacinella d’acqua che si trovava lì
vicino e glielo passò sul volto
per rinfrescarlo un po’ e dargli sollievo.
“Vicky”.
Mugugnò il licantropo, agitandosi
leggermente. Non gli serviva vederla per capire che era lei, il suo
morbido
odore di lavanda lo avrebbe riconosciuto ovunque.
“Ciao,
Ted”. Lo salutò lei dolcemente quando lo vide
puntare gli occhi color miele sul suo viso e prendendo di nuovo ad
accarezzargli i capelli con fare materno. “Come
stai?”
Il
ragazzo spostò lo sguardo verso il soffitto,
assumendo una strana smorfia e si premette una mano contro il petto.
“Vicky,
per favore, potresti porgermi un secchio?”
La
ragazza lo guardò grave ma si alzò immediatamente
e gli passò il cestino che si trovava nell’angolo
sotto la finestra.
Teddy,
alzandosi di colpo, buttò la testa nel
contenitore e vomitò una buona quantità di sangue
come un rubinetto lasciato
aperto.
“Oh,
Merlino!” esclamò Victoire preoccupata,
portandosi le mani alla bocca. “Ted, posso… posso
fare qualcosa?” la poverina
avrebbe tanto voluto aiutarlo in qualche modo, alleviargli il dolore,
ma non
aveva la più pallida idea di che fare e vederlo vomitare
sangue non l’aiutava
di certo, tra l’altro le aveva sempre fatto molta impressione
quel liquido
rosso che scorre nelle vene.
Lo aveva sempre visto come presagio di morte.
“Vai…
vai a chiamare… mio padre”. Le disse lui
cercando di fermare quei rigetti, per non spaventare l’amica.
Se non era morto
per l’argento, se non era morto per il dolore, allora sarebbe
morto
dissanguato. Possibile che dovesse sempre essere così
sfigato?
Victoire,
senza attendere un attimo, corse fuori
dalla stanza e dopo pochi secondi Remus comparve sulla soglia della
porta,
precipitandosi sul figlio per aiutarlo a sostenersi.
Aspettò
che smettessero i conati e poi lo fece
ridistendere con cautela sul letto.
“Come
ti senti?” gli chiese, ben consapevole di aver
fatto una domanda molto retorica.
“Come
uno a cui hanno appena tolto gli organi per
grattarli un po’ e poi rimessi dentro”.
Remus
ridacchiò, stendendosi accanto al figlio e
passandogli un braccio dietro le spalle. I Lupin saranno pure nati con
la
maledizione della luna che non li dava una vita facile, ma almeno
avevano del
sano umorismo e sapevano riderci su.
“Stai
solo eliminando del sangue ancora infetto
dall’argento”.
Ted
gli passò un braccio sopra il petto per
abbracciarlo e stringersi a lui, immergendo il viso nel suo petto e
ispirandone
il profumo di carta e cioccolata che emanava, uguale al suo. Si
somigliavano
quasi in ogni cosa, non solo nell’aspetto, ma anche nei
gesti, nei
comportamenti, nelle parole e pure nell’odore. Lo dicevano
tutti.
“Ted?”
lo chiamò Remus, dopo alcuni minuti in cui
sembrava aver riflettuto profondamente su qualcosa.
“Dimmi… nel vostro tempo…
come sono… stato? Intendo, come padre”.
Il
ragazzo, in un certo senso, se l’era immaginata
quella domanda, come si immaginava già, anche, dove voleva
andare a parare il
padre con quel discorso.
“Sei
stato il miglior padre che potessi avere”. Gli
rispose, deciso e senza alcuna esitazione. Ed era proprio quello che
pensava.
Se non ci fosse stato suo padre, non avrebbe proprio saputo come
cavarsela in
certi momenti.
“Davvero?”
l’uomo spostò lo sguardo, nel quale si
poteva leggere preoccupazione, incertezza e timore, negli occhi gemelli
del
ragazzo. Era strano trovarsi lì, accanto al proprio figlio
già grande e sapere
che presto lo avresti avuto e lo avresti visto crescere e diventare
proprio
così. Ma allo stesso tempo, gli faceva anche male.
Perché ora sapeva che lo
avrebbe condannato per sempre.
“Sì,
davvero”.
“Nonostante…
nonostante ciò che sono? E ciò che per
colpa mia sei?”
Ecco,
era proprio questo che Ted si aspettava.
Sapeva che sarebbero arrivati a quel punto. Anche nel suo tempo suo
padre si
faceva sempre un sacco di complessi per il fatto che era un lupo
mannaro e che
aveva trasmesso questo gene anche ai suoi figli, si era sempre sentito
inadeguato per il compito di padre e un mostro.
Nemmeno le parole di conforto e l’affetto della famiglia e
degli amici che si
sentivano amati da lui servivano a niente per confortarlo.
“Sì,
nonostante il fatto che siamo licantropi sei il
miglior padre che potessi avere. Senza di te non ce l’avrei
fatta, non avrei
mai imparato a controllare la mia forza o a non lasciare che il lupo
prenda il
sopravvento. Io e Emmie ti vogliamo bene, per noi sei una delle persone
più
importanti che ci siano. E anche per la mamma”.
Remus
gli sorrise dolcemente, quasi commosso nel
sentire quelle parole. Gli ci era voluto pochissimo per affezionarsi a
quel
ragazzo e già adesso sentiva di amarlo con tutto il cuore.
Lo avrebbe amato con
tutto se stesso.
“Ti
voglio bene, Ted”.
“Anche
io, papà”.
“Possiamo
unirci anche noi?” chiese una voce allegra
e squillante provenire dalla soglia della porta.
I
due si voltarono in quella direzione per
accorgersi solo in quel momento dell’arrivo di Tonks insieme
alla piccola
Emmie, entrambe con due sorrisi imbarazzati sul volto.
“Ariel,
perché continui a venire da me?” chiese
Draco con voce dura. Era ancora legato alla parete dei sotterranei di
Grimmauld
Place con le catene che gli lasciavano profonde cicatrici sui polsi.
“Be’,
per non… lasciarti solo. Per… farti
compagnia”. Rispose la ragazza incerta, abbassando lo
sguardo. La verità era
che nemmeno lei sapeva perché veniva a trovarlo
così spesso, forse per non
lasciarlo da solo o perché le faceva pena Le dispiaceva che
lui se ne dovesse
star lì rinchiuso come il cattivo di turno che doveva essere
torturato. Secondo
lei Malocchio poteva anche andarci più leggero, sapeva che
voleva interrogarlo
per sapere che cosa avevano intenzione di fare i Mangiamorte, se
c’entravano
qualcosa con la sparizione di Frank ad Alice e come avevano fatto a
scoprire la
base dell’Ordine della fenice e altre cose così.
Ma potevano evitare di rinchiuderlo lì. Infondo, Malfoy non
era malvagio,
sapeva che era stato costretto a venire lì e combattere.
D’altronde, non aveva
nemmeno il marchio.
“E
perché ti importa di me? Perché non te ne stai
con Potter, visto che è il tuo ragazzo?”.
“Non
è che mi importi. È solo che…
be’, non voglio
che stai da solo. So che è brutto stare da soli, soprattutto
nei momenti
difficili, nemmeno a me piace, anzi, io odio stare da sola, mi piace
essere
circondata da persone, amici…”. Ariel ormai aveva
preso a parlare a
macchinetta, come se qualcuno avesse azionato un bottone, probabilmente
presa
dall’imbarazzo e dal non sapere veramente che cosa dire.
Perché
non te ne stai con Potter, visto che
è il tuo ragazzo?
Già,
Harry… poi c’era Harry. Ma… non sapeva
come
stavano esattamente le cose. Certo, stavano ancora insieme che lei
sapesse, ma
non erano più molto vicini e affiatati come prima, si erano
come allontanati. O
meglio, lui sembrava essersi allontanato. Preferiva passare tutto il
tempo che
aveva con Jolie e d’altronde lei lo capiva, e poi
c’erano anche James e Joel
che ancora non vedevano bene il loro rapporto.
Ma magari si sbagliava. Forse era solo che c’era troppa gente
in casa e non potevano
avere la loro intimità, per non parlare, poi, del fatto che
erano sempre troppo
impegnati a combattere e salvarsi le chiappe per poter fare i
piccioncini
innamorati.
Malfoy
voltò la testa nascondendola alla luce e
portandosi nella parte della cella coperta dall’ombra.
“Comunque…”.
Sbottò per interrompere lo sproloquiare
della ragazza. “Potete tenermi qui quanto volete e torturami
io non vi dirò
niente. Perché non so niente. Non ho idea di che cosa
vogliano quei pezzi di
merda dei Mangiamorte. Sono stato costretto a venire qui,
l’alternativa era
farmi uccidere”.
Ariel
prese a tormentarsi la collanina che portava
al collo evitando lo sguardo del ragazzo. Certo, era facile per i
Mangiamorte
costringere qualcuno a fare qualcosa contro la propria
volontà.
Si
alzò dal pavimento, pensando che forse era meglio
togliere il disturbo. Magari Malfoy non era come lei, a cui piaceva
essere
sempre circondata da persone e al centro dell’attenzione.
D’altronde, era un
Serpeverde, freddo e solitario.
“Martinez!”
la chiamò il ragazzo, però, prima che
varcasse la soglia. “Non ho capito che cosa c’entri
tu in tutta questa storia.
Perché sei venuta qui a rischiare la vita, soltanto per
salvare la pelle a quel
sfigato di Potterino? Non facevi meglio a tornartene a casa
tua?”
Ariel
sorrise maliziosa. Certo, lui non sapeva che
lei era una Black.
Ridiscese
le scale lentamente, pregustandosi le sue
varie facce nel momento in cui gli avrebbe raccontato tutto.
“Ma
questa è casa mia”.
Charlie
e Joel se ne stavano seduti sugli scalini,
entrambi con sguardo basso e delle espressioni mogie.
In
quel momento li raggiunse JamesRemus, mani in
tasca, il perenne sorrisetto divertito stampato in faccia e la bocca
impegnata
a fischiettare un allegro motivetto probabilmente composto da lui. Come
faceva
lui ad essere rilassato in qualsiasi situazione era un mistero. Va bene
che i
Mangiamorte erano tutti o scappati o morti, ma non erano ancora del
tutto fuori
pericolo e restava ancora da salvare Alice e Frank.
“Ragazzi,
che sono queste facce così abbattute?”
fece, non appena incrociò i due amici sulle scale.
“Per un po’ di tempo non
dovremo più preoccuparci dei Mangiamorte, abbiamo ritrovato
Lily e troveremo
una soluzione anche per i genitori di John”.
Certo,
erano belle parole quelle di James, ma non
bastavano più per confortare nessuno. Loro avevano imparato
a stare sempre
all’erta, a non mollare mai la bacchetta, nemmeno quando
dormivano e le visite
di qualche Mangiamorte erano ormai diventate una routine quasi, nel
loro tempo.
Charlie
mugugnò qualcosa quando, in quel momento,
sopraggiunse anche John che si massaggiava il fianco con una mano.
“Ehilà!
State tutti bene, vero?” chiese guardando i
tre ragazzi.
“Sì,
certo. Ma di’ loro che possono tirare un
sospiro di sollievo”.
John
spostò lo sguardo prima su Joel e poi su
Charlie, soffermandosi un po’ di più su
quest’ultimo. Gli venne da starnutire
così voltò la testa per non sputare in faccia a
qualcuno, quando gli altri tre,
rimasero di stucco.
“John,
come hai fatto?” chiese Charlie guardandolo
come se avesse due antenne al posto delle orecchie.
“A
fare che?” fece John non riuscendo
a capire.
“Quando
hai starnutito sei scomparso e poi
ricomparso”.
“Che?”
“John,
guarda la tua mano”.
Il
ragazzo abbassò lo sguardo sul suo braccio destro
e lo trovò molto ma molto pallido, anzi, praticamente
trasparente, come lo
erano fantasmi. John spostò lo sguardo sugli amici, questa
volta preoccupato e
spaventato.
Quello
non era per niente un buon presagio.
“Bene,
ora non ci resta che scoprire dove sono Frank
ed Alice”. disse Sirius deciso, passando lo sguardo su tutti
i presenti nella
cucina in quel momento.
“Interrogherò
il piccolo Malfoy per sapere qualcosa
di più su questo attacco”. Aggiunse Moody,
muovendo il suo occhi magico attorno
alla stanza.
Be’,
era chiaro perché i seguaci di Voldemort li
avessero attaccati, avevano giocato abbastanza bene questa volta le
loro carte.
Il Signore Oscuro non aveva agito direttamente, ma attraverso il corpo
di Lily,
entrando nella sua mente e facendola agire e compiere azioni che lei
non
avrebbe voluto. Peccato solo che l’amore di una madre
è molto più potente di
qualsiasi altro e, come questo potere li aveva protetti quindici anni
fa, li
aveva salvati anche questa volta.
Erano bastati uno sguardo e una parola.
Lily
si appoggiò stancamente alla spalla di James
che le passò un braccio attorno alla vita e fece un
occhiolino in direzione di
Harry.
“Pensate
che li abbiano presi i Mangiamorte?” chiese
Jolie, seduta accanto al fratello.
“E’
molto probabile, anche se non sappiamo esattamente
il motivo”.
In
quel momento comparvero sulla porta James, Joel,
Charlie e John con delle espressioni che non promettevano nulla di
buono.
“Dobbiamo
trovare i
Paciock al più presto”. Pronunciò Joel
tremendamente serio, indicando con un
cenno del capo John che si teneva stretto il braccio destro.
“O potrebbe
succedere qualcosa di brutto”.
DISCUTIAMONE…
Perdonatemi
per l’enorme ritardo, lo so che è da
settimane che non aggiorno ma, come ho già detto, la scuola
mi ha veramente
impegnato un sacco che non ho avuto tempo nemmeno per mettermi lo
smalto sulle
unghie.
James:
tutte scuse, tutte scuse.
Milly:
*tira un calcio nei marones di James*… dicevamo ^^
an sì, bene… allora, il capitolo. Be’,
sembra
ci siano delle svolte. Ted sta bene a quanto pare, quello
che non sta
tanto bene, invece, è John. Che cosa sta succedendo secondo
voi? Perché ha
preso a scomparire? E che fine avranno fatto Alice e Frank? Staranno
bene?
Tutto
questo lo lascio a voi.
Lo
scoprirete nella prossima puntata, sperando di non
dovervi di nuovo far attendere troppo.
Baci,
baci,
Milly.
FEDE15498:
carissima, sono contenta che lo scorso
capitolo ti sia piaciuto e scusami se ti ho fatta attendere troppo.
Cosa ne
pensi di questo capitolo? Altrettanto bello? Fammi sapere, un bacio. M.
P.S.
la tua non è l’unica mamma che ha Facebook, ormai
anche i genitori si stanno modernizzando. E tu ce l’hai FB?
^^
PUFFOLA_LILY:
wow, quando mi dici che scrivo benissimo e
che ti piace la mia storia mi emoziono sempre tanto… quindi,
non mi stancherò
mai di sentirtelo dire ^^ eh sì, diciamo che Draco in ogni
mia fanfic appare in
maniera diversa, quindi, non darlo mai per scontato. E’ un pg
che tende a
variare molto anche nelle mie grazie, a volte mi piace, a volte
è uno stronzo
come dici tu e a volte invece è dolcino e sensibile. E
Remus, invece… be’,
Remus si fa un sacco di complessi, proprio come dice Ted qui, ma noi
gli
vogliamo bene anche per questo, no? Ok, la smetto anche io di
romperti… alla
prossima puntata, non mancare mi raccomando. Qui con Givanni, qui ad
Art… ehm..
qui con Milly, qui con Little Marauders ^^
CG92:
wow, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto,
eh sì, diciamo che me le cavo nelle scene piene di dolore e
tormento. Povero
Teddy ç__ç comunque, non ti preoccupare, ti
riassumo qui in breve i vari pg, in
effetti ce ne sono tanti e capita di dimenticarsi o confondersi.
Più avanti
metterò anche una descrizione per ogni pg, così
magari sarà più chiaro come
sono, ok? Allora… JamesRemus Black, Joel Alastor Miguel
Black e Ariel Pandora
Black: figlii di Sirius Black e Martha Martinez (cantante latino
americana che
deve ancora comparire nella storia. Ted Lupin e Emmie Lupin: figli di
Remus
Lupin e Ninfadora Tonks. John Paciock: figlio di Frank e Alice Paciock.
Jolie
Potter: figlia di Lily Evans e James Potter. Charlie Piton: figlio di
Severus
Piton e…. bo ^^ (in realtà sulla madre di Piton
ho fatto un piccolo riferimento
in uno dei precedenti capitoli, vediamo se hai capito chi è
^^). Ecco fatto, se
c’è qualcos’altro che non capisci, fammi
un fischio. KIiiisss….
|
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Capitolo 27 *** Capitolo ventisei ***
CAPITOLO
VENTISEI
Molti
dei membri dell’Ordine della Fenice, insieme
ai ragazzi del futuro, erano radunati in cucina, chi seduto sulle dure
sedie di
legno attorno alla grande tavola, chi appoggiato al bancone dal lavoro
o alla
parete e chi semplicemente stagliato contro la porta con le braccia
incrociate.
Al
centro del tavolo svettava un grande foglio di
pergamena bianco con uno schizzo della villa dei Malfoy che Moody aveva
rappresentato un po’ a casaccio grazie a quello che era
riuscito a sapere dal
giovane Draco durante l’interrogatorio. Il ragazzo,
però, oltre alla
descrizione della casa, non aveva saputo dire nulla di più.
Ma non era stato
del tutto inutile; il piccolo Mangiamorte, infatti, aveva scoperto
anche che
Frank e Alice si trovavano proprio lì.
Ora,
però, erano immersi in un’accesa discussione su
come infiltrarsi in quel maniero per liberare i coniugi Paciock. E
sembrava
pure che avessero le ore contate visto che, più il tempo
passava, più il loro
ragazzino, John, scompariva come la nebbia che si dirada.
“Secondo
me la soluzione migliore è infiltrarsi dai
sotterranei, come aveva suggerito Ted”. Disse Sirius alzando
il capo in
direzione del padre di Dora. “E inoltre, se li tengono
prigionieri, molto
probabilmente li troveremo lì”.
“E
se così non fosse? E sicuramente avranno
appostato qualche sentinella anche lì”. Gli fece
notare Malocchio che,
paranoico come era, vedeva delle falle in qualsiasi cosa.
Sirius
sbuffò leggermente spazientito. “Alastor, le
sentinelle sicuramente ci sono in tutta la villa e i sotterranei sono i
più
sicuri. Io non vedo altre possibilità”.
“Sirius
ha ragione”. Gli diede man forte James. “Io
direi che quella sia la soluzione migliore. Se saremo fortunati,
riusciremo a
liberare i nostri amici e ad andarcene senza nemmeno riportare un
graffio”.
“E
se se ne dovessero accorgere?” chiese Remus che
già sentiva un leggero nodo di panico nello stomaco. Non gli
piaceva scontrarsi
con i Mangiamorte, erano troppo spietati e non si facevano scrupoli
nell’uccidere. Mentre lui sì.
“In
tal caso tireremo fuori le bacchette e li faremo
vedere di che pasta siamo fatti”. Rispose James con il suo
tipico sorriso
malandrino, mani in tasca e un’aria dannatamente tranquilla.
Nessuno riusciva a
capire come facesse a stare così calmo, nemmeno Moody lo
era, sembrava che
stesse solo organizzando una di quelle malefatte che faceva da giovane
ai danni
dei Serpeverde.
I
ragazzi del futuro, che per tutto quel tempo se ne
erano restati in silenzio ad assistere a quella discussione, chi con un
sorrisetto strafottente e chi completamente indifferente, voltarono
tutti il
capo verso JamesRemus che, accorgendosi di quegli sguardi addosso a
lui, inarcò
un sopracciglio curioso.
Tutta quella situazione aveva un che di familiare, non era la prima
volta che
si trovavano a progettare qualche piano pericoloso. Tanto, la storia
ormai era
sempre la solita: i Mangiamorte sequestravano qualcuno oppure
combinavano
qualche danno e toccava a loro buttarsi nei loro covi segreti,
rischiare la
pelle e riuscire a riprendersi quello che li serviva con dei piani che
prontamente fallivano ogni volta ma che, comunque, li riportava il culo
a casa,
almeno per miracolo.
“Perché
mi state tutti guardando?”
“Sei
tu quello che ha sempre dei buoni piani per
infiltrarsi nei covi dei Mangiamorte”. Spiegò
Teddy con una scrollata di
spalle, reggendosi lo stomaco con una mano. Probabilmente la ferita gli
bruciava ancora.
Il
ragazzo chiamato in causa non poté nascondere un
ghigno orgoglioso. “Oh, se lo dite voi. Ma stavolta hanno
ragione gli altri: i
sotterranei sono i migliori”.
“Ehi,
aspettate un attimo!” li interruppe Remus. “Ma
che state dicendo? Perché ho come la sensazione che volete
venire con noi?”
“Non
vogliamo venire. Dobbiamo”. Lo corresse John
con l’occhiata di chi la sapeva lunga.
“E
perché dovreste?”
“Be’,
chi vi aiuterà a riportare a casa la pelle?” fece
Ariel alzando lo sguardo duro e di chi non ammetteva repliche.
“E
come farebbero dei ragazzini ad aiutarci a
combattere contro un’orda di Mangiamorte spietati, sentiamo
un po’?” chiese
Malocchio con entrambi gli occhi, quello magico e quello normale,
puntati sui
ragazzi.
“Ci
state sottovalutando, per caso?” ringhiò John in
tono sprezzante, raggelando tutti con quell’occhiata
terribilmente minacciosa
che solo lui sapeva fare con quegli occhi azzurri come il ghiaccio che
si
ritrovava, le mani nascoste nelle maniche lunghe della maglietta.
“Siete
solo dei ragazzini, che credete di poter
fare?” Malocchio cominciava a spazientirsi un po’,
non aveva tempo da perdere
con dei marmocchi che volevano giocare agli adulti buttandosi in un
campo di
battaglia. Era un suicidio e se lui glielo permetteva sarebbe veramente
stato
crudele, nonché sadico e completamente fuori di testa.
Ok, li avevano visti combattere in quell’ufficio del
Ministero e doveva
ammettere che ci sapevano fare, ma quello non era stato niente, i
Mangiamorte
non erano così tanti e la battaglia non era nemmeno durata a
lungo grazie
all’intervento di Silente.
“Ehi
vecchiaccio, così ci offendi!” sbraitò
James
senza perdere il suo sorrisetto allegro e anche leggermente
canzonatorio.
L’Auror mostrò una smorfia, contrariato per come
era stato appena chiamato. Il
ragazzo, però, continuò facendo finta di niente.
“Se vogliamo, noi possiamo
anche essere più forti di tutti voi messi insieme. Nel
nostro tempo abbiamo
affrontato ben di peggio, ci siamo trovati davanti a qualche
Mangiamorte quasi
tutti i giorni e praticamente viviamo con una bacchetta di scorta
nascosta
nelle mutande anche di notte, i nostri piani per affrontarli sono
sempre stati infallibili
e se siamo ancora qui per potervelo raccontare ci sarà un
motivo, no? Non potete
lasciarci a casa a pregare solo che voi torniate sani e salvi. Non
potete
proibirci di combattere”. Man mano che James andava avanti
col suo discorso la
sua voce si faceva sempre più sicura e il suo sguardo sempre
più sottile, deciso
e senza alcun tentennamento, per poi volgersi verso Moody con
espressione
canzonatoria. “E poi, con tutto il rispetto, non è
che tu sia conciato
benissimo, sicuramente dei ragazzi giovani, arzilli, allenati e
scattanti come
noi si muovono molto meglio di te”.
Gli altri confermarono le parole di James con degli scrolli mesti del
capo.
Il
ragazzo mostrò il suo sorrisetto malandrino allo
zio, facendo ridere Dora ma ringhiare il povero Alastor che si dovette
trattenere dal lanciargli il suo bastone in testa. Come si permetteva
quel
moccioso insolente mancargli così di rispetto? Chi si
credeva di essere? Non
poteva crederci che fosse suo nipote.
Sirius,
intanto, guardò il ragazzo con una scintilla
di orgoglio negli occhi chiari. Era fiero di lui, gli ricordava
terribilmente
Harry che aveva sempre considerato come un figlio. Prima di incontrare
James,
Ariel e Joel, ovviamente. Fin dalla prima volta che aveva incrociato i
loro
sguardi, aveva capito subito che erano dei ragazzi decisi, forti,
coraggiosi e
tenaci, difficili da piegare e buttare a terra. Però, gli
dispiaceva da matti
aver dovuto crescere dei bambini-soldato. Quei ragazzi avevano visto
sicuramente troppo sangue, troppe morti, troppe lotte.
Che razza di futuro si prospettava per tutti loro?
L’uomo
assottigliò lo sguardo in un’espressione
così
identica a quella del figlio più grande da far quasi paura e
parlò con voce
severa.
“Sì
che possiamo. D’ora in poi le regole cambiano.
Non posso crederci che permettevamo a dei ragazzi ancora minorenni di
combattere. Sarete anche dei gran esperti, ma non vi permetteremo di
partecipare ad una missione suicida, sarebbe da incoscienti. Per non
parlare,
poi, del fatto che tu” ed indicò Ted “
non sei ancora messo bene e sembri più
un morto che cammina e tu” ed indicò John
“non so come farai a reggere una
bacchetta. E non ho intenzione di permettere ai miei figli di rischiare
la
vita”. e passò lo sguardo duro su James, Ariel e
Joel.
Nella
stanza calò un improvviso silenzio, l’unico
movimento era quello degli sguardi che si spostavano dai ragazzi a
Sirius.
James guardava l’amico leggermente sorpreso: dopo tutto quel
tempo, si era
finalmente deciso a diventare serio, a mettere la testa a posto e ad
assumersi le
sue responsabilità, lasciando da parte quel ragazzino che si
divertiva a
mettersi in mostra e a prendere in giro gli altri. Forse era dovuto al
continuo
stato di guerra in cui si trovavano, o forse alle sue esperienze
personali o
magari al fatto che, tutto d’un tratto, si era ritrovato con
tre figli a
carico.
Però era orgoglioso nonché terribilmente
d’accordo con le sue parole.
“D’accordo”.
Sbottò Joel tutto d’un tratto,
interrompendo il silenzio. “Come volete voi, avete vinto. Ci
faremo da parte”.
Si voltò verso gli amici e, con un cenno della testa,
intimò loro di seguirlo.
“Andiamo ragazzi, lasciamoli a progettare i loro piani in
santa pace”.
Gli
altri lo guardarono come se all’improvviso gli
fossero spuntante le ali, stupiti che proprio lui decidesse di mollare
così,
tranne James e Ariel che, invece, avevano capito benissimo che cosa il
fratellino avesse in mente, ma decisero di seguirlo lo stesso, voltando
le
spalle agli altri che intanto stavano gongolando soddisfatti.
“Allora,
cos’hai in mente?” chiese Ariel sedendosi
sulle ginocchia di Harry.
“Li
lasceremo andare”. Rispose Joel schioccandosi le
mani. “E poi li seguiremo. A modo nostro”.
“Ah,
Joel, che faremmo senza di te?” fece James
buttandosi sul letto con fare annoiato ma terribilmente soddisfatto.
“Allora
non avete ascoltato niente di quello che vi
ha detto Sirius?” chiese Harry, parlando tra i capelli biondi
della sua ragazza
che gli solleticavano il viso.
“Certo
che no, quando mai lo abbiamo fatto? Se
avessimo sempre dato ascolto agli altri, ora le cose sarebbero molto
diverse”.
Gli rispose Jolie, legandosi i lunghi capelli rossi in una coda.
“Benvenuto
nel club dei piccoli malandrini, tesoro!”
esclamò Ariel notando la sua faccia sbalordita.
Anche se, in realtà, nemmeno lui aveva molto di che
stupirsi. Pure lui era
così, disobbediva facilmente agli altri e non faceva quasi
mai come gli si
diceva.
JamesRemus,
intanto, si rabbuiò un attimo, senza che
gli altri se ne accorgessero: non è che ci tenesse
così tanto a scontrarsi con
i Mangiamorte e non si trattava nemmeno di salvare i genitori di John.
Sapeva
che in questo i membri dell’Ordine non avrebbero fallito, non
dubitava delle
capacità di suo padre e dei suoi amici ma… ma, da
quando Sirius era morto,
continuava ad essere perseguitato da questa sensazione che non gli
mollava mai
le viscere, la sensazione che, se lui non dovesse essere presente in
qualche
battaglia, allora sarebbe potuto succedere il fini mondo, che qualcun
altro che
amava sarebbe potuto morire. In pratica, voleva solo tenere sotto
controllo la
situazione e aiutare nel caso ci fosse bisogno. Starsene a casa con le
mani in
mano non lo aiutava di certo.
Uscì
dai suoi pensieri solo quando uno starnuto di
John scoppiò nei suoi timpani, seguito da quella scomparsa a
intermittenza che
ormai sembrava star caratterizzando l’amico.
“Johnny,
fai paura. Sembri una di quelle lucette di
Natale”. scherzò Ariel allegramente, ma in
realtà non c’era niente su cui
scherzare.
Qualcuno
dei due
Paciock stava morendo o forse tutti e due e non potevano permetterlo.
Non
potevano permettersi di perdere anche John.
ANGOLO
SCRITTRICE
E
rieccomi… scusate se ora gli aggiornamenti si fanno
sempre più radi ma ormai è inutile star qui a
spiegare i numerosi impegni che
mi portano via sempre un sacco di tempo, anche perché non
penso che vi
interessi.
Inoltre,
non ho molta voglia di sprecare troppe parole su
questo capitolo, i commenti, come sempre, li lascio a voi.
Piuttosto,
preferisco riservare un angolino alla
pubblicità.
Oltre
all’altra fanfic di Harry Potter, a quelle di
Twilight e a quella di Maximum Ride ho pubblicato anche una nuova
storia, una
One shot tra gli originali. Se siete interessati, andate a darci
un’occhiata,
si intitola Pervesness & Blood ma è rating rosso,
perciò, se non siete maggiorenni
nel sito, non potete entrare. Ma se comunque la volete leggere, vi
basta solo
contattarmi e provvederò a mandarvela per mail.
Poi,
cosa più
importante…………….
Ho pubblicato un libro. No,
non fate quelle facce stralunate, non sto scherzando.
Ho
sul serio pubblicato un libro, si intitola Come una
giostra. Ok, non è niente di spettacolare, ho usufruito di
una piccola casa
editrice che si finanzia da sé, tra l’altro non lo
vendono nemmeno nelle
librerie, ma da qualche parte si deve pur iniziare ^^
Se siete interessati a comprarlo, potete trovarlo on line su questo
sito che è
anche il sito della casa editrice, la Arduino Sacco.
http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=795
Ecco,
questo è quanto spero di non aver dimenticato
niente.
An
sì, buone vacanze a tutti e Buona Pasqua ^^ vi voglio
bene ragazzi, spero che continuerete a seguire questa fic e vi
ringrazio che
continuate a sopportarmi.
Un
bacione,
la
vostra fedelissima,
Millyray.
P.S.
in settimana spero di riuscire ad aggiornare anche
le altre fic, ma non prometto niente.
STEFANMN:
ehi, non ti preoccupare per il ritardo, tra l’altro
io sono quella che non può nemmeno parlare visto che qui gli
aggiornamenti si
fanno frequenti come la morte del Papa. Comunque, questi poveri cristi,
come
dici tu, torneranno a respirare quando finalmente sistemeranno tutte le
cose. Eh
e chissà quando. Continua a seguirmi e lo scoprirai ^^
bacioni, M.
PUFFOLA_LILY:
purtroppo, le tue speranze faranno fatiche
ad essere esaudite, mi spiace, ma veramente proprio non ce la faccio ad
essere
più presente. Spero comunque
che
continuerai a seguirmi, non ho certo intenzione di mollare questa
storia, con
dei bellissimi lettori come voi, tra l’altro ^^ un
abbraccione, cara e alla
prossima. M.
FEDE15498:
eh, deve essere bella l’Austria, mi piacerebbe
andarci. Comunque, chissà che per i nostri eroi le cose
comincino a sistemarsi
un po’, qui le disgrazie avvengono una dopo
l’altra, sembrerebbe. Ma non
demordiamo, tanto il bene vince sempre, no? ^^ comunque sì,
ho Facebook e te lo
do volentieri, mi fa sempre piacere quando qualcuno dei miei fan vuole
avere
qualche mio contatto. Mi chiamo Maja Urukalo-Depp (sì, nei
miei sogni più
immaginari sono la moglie di Johnny Depp xD). Spero di risentirti, un
bacione.
M.
THENEWMOON:
woooooooow una nuova recensitrice *______*
*scodinzola felice* ciao cara, sono contenta che segui la storia e che
ancora
non sei scappata da questa scrittrice completamente fuori di testa.
Grazie mille
per i complimenti, spero di risentirti, un bacio. M.
JULIET
ANDREA BLACK: ahahaha mi sa che era proprio JamesRemus
quel ragazzo. Sarà venuto a farsi un giro in Argentina
durante un tour di sua
madre xD cooooomunque, io sono già abbastanza armata *mostra
pistole, paletti,
asce, incudini, mitra, lanciafiamme, fucili*, possiamo partire alla
caricaaaaaaa!!!!! Non possiamo permetterci di perdere John.
John:
che bello, tutte ste ragazze che pensano a me
*_____*
Milly:
come si fa a non pensare a te XD sei così bono. Peccato
che sei una proprietà privata ^^
Bene,
spero di risentirti cara e alla prossima. Bacioni,
M.
|
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Capitolo 28 *** Capitolo ventisette ***
Questo
capitolo è dedicato ad Ino chan che mi ha permesso
di pubblicare questa storia. Grazie mille Ino che, anche se non ti fai
più
sentire, sono sicura mi
segui nell’ombra.
Buona lettura, la vostra fedele Millyray.
CAPITOLO
VENTISETTE
“James,
cazzo! Ma la smetti di spingermi?” sbraitò
Sirius a gran voce senza minimamente preoccuparsi del fatto che in quel
posto
dovevano fare silenzio per non attirare l’attenzione di
qualcuno ed essere
scoperti.
“Non
ti sto spingendo. Sei tu che cammini troppo
piano”. Rispose l’amico con aria imbronciata. Non
gli piaceva molto quella
situazione: prima di partire era piuttosto deciso e non vedeva
l’ora di
liberare Frank ed Alice, ma ora si rendeva conto che non era
più fatto per
quelle azioni di salvataggio estremo.
Aveva perso l’abitudine.
“Non
è che hai paura?” lo provocò Black
ridacchiando
sotto i baffi.
“Ma
quale paura? Non sparare cazzate!”
“La
volete smettere! Vi schianto tutti e due se non
la fate finita. Rischiate che ci becchino tutti quanti!” li
redarguì Malocchio,
picchiando forte col suo bastone sul pavimento in terra battuta dei
sotterranei. Lui, Sirius, James, Remus, Kingsley, Tonks e figlia
procedevano
cautamente per il lungo corridoio dei sotterranei di quella enorme
villa, in
fila indiana addossati alla parete. Sull’altro lato si
aprivano altri piccoli
cunicoli oppure delle celle chiuse con pesanti grate di ferro e
apparentemente
vuote di prigionieri.
Ma ancora non avevano scorto i due Paciock e cominciavano a temere di
aver
preso un granchio e di aver fatto male a fidarsi del piccolo Malfoy,
rischiando, così, di perdere il culo con tanto di palle nel
caso fossero stati
scoperti a gironzolare nel covo dei Mangiamorte.
Gli unici che non sembravano troppo nervosi o agitati erano Sirius e
James che
non avevano perso occasione per punzecchiarsi durante tutto il tempo.
“D’accordo,
Al, ma sta calmo… non agitarti tanto o
ti scoppieranno le coronarie. Sai, con la tua età non ti fa
bene scaldarti
tanto”. Lo avvisò Black e Moody, nonostante non
potesse vederlo perché gli
camminava davanti, era sicuro che un sorriso malandrino e canzonatorio
gli
decorasse il volto. L’anziano Auror, però, si
limitò a sbuffare, decidendo di
trattenere qualsiasi replica, conscio che avrebbe solo alimentato le
sue
battutine e che non lo avrebbe mai fatto stare zitto.
Continuò, invece, a
guardarsi attorno con fare guardingo, facendo girare l’occhio
magico. Adesso
capiva da chi JamesRemus aveva preso quel caratterino: era proprio vero
il
detto Tale padre tale figlio. Quel
ragazzino era identico a Sirius sia nell’aspetto che nel
carattere. Era una
cosa inquietante. Sperava almeno che gli altri due avessero preso un
po’ di più
dalla sua Martha.
Ad
un tratto, però, passarono accanto ad una cella
buia e tetra, piena di ragnatele e gocce d’acqua che
piovevano da qualche
tubatura rotta e che si infrangevano sul pavimento con un ticchettio
lento e
inquietante. Era una scena perfetta per girarci un film horror.
Ma non era tanto l’aspetto di quella prigione ad averli
attirati, quanto più il
fatto che sembrava esserci qualcuno lì dentro: sentivano
qualcuno che
rantolava, come se fosse profondamente addormentato o, cosa molto
più
probabile, gravemente ferito e, inoltre, vedevano una figura scura
appoggiata
pesantemente contro la parete opposta alla porta della cella.
Remus,
che aveva l’olfatto più sviluppato di tutti,
essendo anche vicino alla luna piena appena trascorsa, decise di
arrischiarsi e
di dare una controllatina, attirato anche dall’odore
piuttosto familiare di quella
persona.
Aprì la porta con un silenzioso Alohomora e si
addentrò con passo cauto con il
resto della combriccola a vegliarlo da dietro con le bacchette spianate
pronta
ad aiutarlo in caso di bisogno.
Quando,
però, fu a poco meno di un metro di distanza
dal prigioniero, il licantropo si trovò a sgranare gli occhi
per la sorpresa e
lo spavento, ritrovandosi a rotolare per terra con un leone grande
quasi quanto
un elefante a sovrastarlo dall’alto pronto a morderlo con le
fauci spalancate.
Joel
e James stavano spiando da dietro la porta che
dal corridoio si apriva nel salotto, gustandosi la scena che si parava
loro di
fronte con sorrisetti contenti e gongolanti. Il più grande
dei fratelli Black
non aveva potuto fare a meno di sentirsi orgoglioso per i geni che
erano, lui e
tutti i suoi amici, in particolare Joel che aveva avuto
quell’idea.
Proprio
al centro del salotto si trovavano Victoire
e Emmie, la prima in ginocchio che cercava di non soffocare e la
seconda che le
reggeva i capelli sull’orlo di una crisi di pianto,
immensamente preoccupata
per l’amica.
Alla bionda non ci era voluto niente infilarsi due dita in gola
mettendosi a
vomitare tutto quello che aveva mangiato quella mattina a colazione,
fingendo
un perfetto attacco di influenza intestinale.
In
quel momento, accorsero Lily e la signora Weasley
per vedere che cosa stava succedendo e impallidirono non appena videro
Vicky
piegata a terra che si reggeva lo stomaco con una mano faticando a
trattenere i
conati.
“Bene,
direi che possiamo andare”. Sussurrò James
all’orecchio del fratello che, in quella posizione, col petto
appoggiato sopra
la sua schiena e la testa esattamente sopra la sua, sporti entrambi
poco oltre
la soglia della porta, poteva comunicare con lui senza farsi beccare.
Joel
lanciò un’occhiata al camino in cucina e
annuì.
“Sì,
vado a chiamare gli altri”.
Ma
non ce ne fu bisogno visto che, non appena i due
fratelli si girarono, si ritrovarono davanti tutto il gruppetto in
attesa del
loro ordine.
“Certo
che Vicky è proprio un’attrice nata”.
Commentò John dando una sbirciatina in salotto dove due
preoccupate donne si
affaccendavano ad aiutare la piccola Weasley e a ripulire il casino che
aveva
fatto sul pavimento, cercando anche di calmare una Emmie piuttosto
piangente e
che sembrava sull’orlo di una crisi isterica.
Meno
male che la Veela alla fine aveva ceduto a
prestarsi a quella pantomima per distrarre Molly e Lily e permettere a
loro di
usare il camino per raggiungere villa Malfoy. La ragazza
all’inizio non aveva
voluto, sapendo che sarebbe dovuta rimanere lì a tenere
impegnate le due donne
e preoccuparsi per loro, anziché andare con i suoi amici. E
per lo stesso
motivo, le avevano affiancato la piccola Lupin, sebbene non fosse molto
brava a
raccontare le bugie.
Senza
attendere oltre, i tre fratelli Black, Ted,
John, Charlie e Harry che dovette trascinarsi dietro Draco si diressero
velocemente al camino, attenti a non farsi beccare.
Remus
era sdraiato per terra, una spalla sanguinante
e il leone che ancora gli gravava addosso schiacciandogli lo sterno con
le
possenti zampe anteriori. Gli amici avevano cercato di aiutare il
licantropo
sollevando le bacchette contro l’animale, ma Lupin, con un
cenno della mano,
aveva intimato loro di stare fermi e non fare niente.
E ora se ne stavano a guardare quella scena, stralunati e confusi:
Remus, per
niente preoccupato o spaventato, ma con uno strano sguardo sorpreso nel
volto
concentrato, osservava il leone negli occhi azzurri, il quale, invece,
se ne
stava tranquillamente adagiato sul suo petto per niente intenzionato ad
aggredirlo o fargli del male, ricambiando semplicemente lo sguardo nei
suoi
occhi color miele.
Era strano che un animale avesse degli occhi così chiari. E
terribilmente
familiari.
D’un
tratto, però, Remus si ritrovò a sorridere e a
sussurrare un nome che gli altri non poterono udire ma che, invece, il
leone
sembrò sentire perfettamente.
“Frank?”
Immediatamente,
l’animale cominciò a cambiare forma
prendendo sembianze più umane e svelando la figura di un
uomo sulla trentina,
forse dell’età di Remus, i capelli lunghi e biondo
scuro legati in un codino
piuttosto spettinato, alto, magro e un po’ sciupato ma con
gli occhi azzurri
adesso pieni di uno strano sollievo e gioia.
“Remus!
Cazzo! Da quanto tempo?”
“Puoi
dirlo forte. Ma mi hai fatto prendere un colpo”.
“Scusami.
Credevo fossi un Mangiamorte”.
Sirius,
improvvisamente, tossicchiò per attirare
l’attenzione dei due .
“Non
vorrei interrompere questa atmosfera così
intima, ma non mi piace questo posto e vorrei andarmene al
più presto. Frank,
sai dov’è Alice?”
Paciock
lo guardo con una strana luce negli occhi,
ma alla fine gli rispose con un sorrisetto divertito.
“Sempre
sensibile come un bradipo, vero, Black?”
“Sai
com’è: ormai ho trentasei anni e non mi cambi
più”. gli rispose l’altro, per niente
toccato dalla sua offesa.
“Comunque,
non lo so dov’è mia moglie”. Fece allora
Frank, cambiando totalmente argomento e rabbuiandosi un poco.
“Non
importa. La troveremo”. Lo rassicurò allora Ted
Tonks, aiutando Remus ad alzarsi.
“Ce
la fai ad alzarti?” chiese questi rivolto al
cugino.
“Non
lo so. Non sono proprio in forma”. Gli rispose
il biondo dando uno sguardo alla ferita che aveva al fianco e che aveva
ricominciato a perdere sangue, riapertasi, probabilmente, quando si era
trasformato.
Effettivamente, l’uomo non aveva una bella cera, sembrava
essere stato
torturato parecchie volte, rischiando anche la vita. Non
c’era da stupirsi se
John aveva iniziato a scomparire.
Adesso però dovevano trovare anche Alice e alla svelta.
“Ma
chi è stato a portarvi qui? L’ultima volta
eravate al San Mungo in completo stato schizofrenico e ora siete
prigionieri
dei Mangiamorte”. Chiese James, intanto che Moody si chinava
su Frank per
curargli la ferita.
“Quella
pazza di tua cugina”. Rispose, rivolto a
Sirius. “Ci ha fatto un incantesimo per riportarci alla
normalità e poi ci ha
drogati per portarci qui. Io sono stato torturato da lei solo
perché si
annoiava e doveva divertirsi in qualche modo. Ma non ho idea del
perché abbiano
fatto tutto questo e non so nemmeno dove sia Alice”.
Black
strinse i pugni
abbassando lo sguardo, cercando di calmarsi per non iniziare a prendere
a pugni
qualcosa.
Quella donna… non era solo pazza, ma anche…
malata. Sì, completamente fuori di
testa.
PARLIAMONE…
Salve…
rieccomi di nuovo con questa fic.
Però
non sono per niente contenta, no, no… che fine hanno
fatto tutti i miei recensori di fiducia? Eh? Ma dove siete finiti?
Non vi sarete stufati di questa storia?!!
John:
cooooosaaa?? Ma questo è oltraggioso!!!! In questa
storia ci sono io e non vi potete stufare.
James:
ehi, imbecille! Guarda che ci sono anche io. Anzi,
io sono il migliore… xD
Ariel:
voi due? Ahaha, ma non fatemi ridere. Dovreste
sapere ormai che tutti leggono questa storia solo perché ci
sono io.
Milly:
shhh, basta ragazzi. Zitti!!! A nessuno importa di
voi u.u
Beh,
spero che questo capitolo riceva qualche recensione
in più. Mi piace sapere che cosa ne pensiate, bastano anche
due righe.
Bene,
ora vi lascio. Vi auguro buone feste di primo
maggio e… fatevi sentire.
Bacioni.
M.
FEDE15498:
carissimaaaa!!! Tanti auguri di buon
compleanno, anche se un po’ in ritardo ^^ festeggiato, vero??
Comunque, che ne
pensi di questo capitolo? Sono riusciti a trovare Frank, ma ora
speriamo che
riescano a salvarli entrambi, i Paciock… o meglio, tutti e
tre… ti ringrazio
molto se riesci a convincere i tuoi a comprare il mio libro, ma capisco
benissimo anche loro. Cavoli, se io avessi una libreria *_____* starei
chiusa
sempre lì dentro… per me è il
paradiso. Beh, che altro posso dirti… passa un
buon ponte di primo maggio e divertiti ^^ bacioni… Milly.
PUFFOLA_LILY:
chi non amerebbe Sirius e i suoi figli? E tutti
gli altri, poi? Secondo me i pg di Ino chan sono veramente
fantastici… ha una
mente geniale quella ragazza. Che ne pensi di questo capitolo, invece?
Secondo te,
riusciranno a salvare Frank ed Alice? Oppure, qualcuno ci
lascerà le penne?
Bacioni, Milly.
|
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Capitolo 29 *** Capitolo ventotto ***
NOTA:
se volete lamentarvi per i miei soliti
ritardi, andate davanti a scuola mia e dite di mettere meno
interrogazioni e
verifiche, specialmente alla fine dell’anno u.u
CAPITOLO
VENTOTTO
“Corriiiiiiiiii!!!!!”
“Sto
correndo, imbecille!!!”
“Ci
ucciderà tuttiiiiii!!!!”
“Siete
tutti e due imbecilli!!!!”
Tonf…
puff… crack…
“Ti
si è incrinato un osso, Sirius?”
“Stai
zitto e alzati, imbecille!”
Sirius,
James e Frank si erano ritrovati, nemmeno
loro sapevano esattamente come, distesi e spiaccicati come insetti sul
freddo e
umido pavimento di uno dei tanti corridoi dei sotterranei di Malfoy
Manor.
L’ultima cosa che ricordavano era che, poco dopo aver
liberato Frank, si
erano trovati davanti una schiera di
Mangiamorte infuriati e pronti a ucciderli e così, per
salvarsi le chiappe, si
erano dovuti dividere e scappare a gambe levate.
Quello che Paciock, però, ancora non si spiegava, era come
quei due imbecilli
dei suoi amici fossero riusciti a perdere entrambi la bacchetta. Lui
non ce l’aveva
già da un bel po’ ed era giustificato, ma quei due
cervelli bacati non avevano
scuse. Si erano lasciati disarmare come allocchi.
Ed ora, per colpa loro, rischiava la pelle per la centesima volta.
E,
come se non
bastasse, si erano persi, non avevano idea di dove fossero
né come fare
per uscire da lì, il resto della combriccola era finito
chissà dove e la
cartina del castello ce l’aveva Malocchio.
Certo,
era stato come giocare a sorte fin dall’inizio
di quella scampagnata nel covo dei Mangiamorte, ma avevano pianificato
di fare
una cosa piuttosto discreta e di andarsene senza creare tutto quel
scompiglio.
E invece, la sorte aveva deciso di renderli le cose più
difficili.
“Ehi,
sentite anche voi questo rumore?” fece Frank
con sguardo concentrato e gli occhi rivolti verso il muro che avevano
appena
svoltato.
“La
tua schiena che scricchiola?”
“Non
fare l’idiota, Sirius!”
Improvvisamente,
uno dei Mangiamorte che li stava
seguendo e che aveva ancora la maschera addosso, sbucò da
dietro l’angolo e
fisso lo sguardo addosso ai tre poveretti che se ne stavano ancora
stesi a
terra completamente disarmati.
Sirius,
James e Frank, presi dal panico, non
sapevano che fare, a parte mettersi a recitare il Padre Nostro e tutte
quelle
preghierine che potevano venirli in mente.
L’individuo
mascherato alzò la bacchetta pronto a
colpirli con una maledizione, così, i tre abbassarono il
capo pronti ad
incassare il colpo o qualsiasi cosa sarebbe venuta.
“Dite
ai miei figli che li ho molto amati!!!” urlò
Sirius aggrappato alla gamba di James.
“Avada
Kedaaa….”.
“STUPEFICIUM!!”
“Petrificus
Totalus!”
“Protego!”
“Stupeficium!”
“Everte
Statim!”
“Sectumsempra!”
“Crucio!”
Teddy
riuscì a scansarsi appena un attimo prima di
venire colpito dalla Maledizione Senza Perdono, ma si
ritrovò ad andare a
sbattere contro un altro Mangiamorte che gli stava alle spalle.
Così
dovette cominciare una lotta contro di lui,
instancabile e sempre più deciso. Ecco un altro vantaggio
dell’essere Lupi
Mannari di nascita: si stancava difficilmente ed era più
incline alla rabbia,
cosa che gli dava maggiore carica.
Peccato,
però, che quello contro cui stava
combattendo prima, non si era certo arreso ed aveva tutta
l’intenzione di
attaccarlo alle spalle.
Il ragazzo non se ne sarebbe mai accorto se non fosse stato per la
prontezza di
Remus che, atterrato il suo avversario, aveva immobilizzato anche
quello che
stava per colpire il figlio rendendolo completamente innocuo.
“Oh,
grazie!” esclamò Teddy, decidendosi infine a
mollare una potente gomitata all’altro Mangiamorte che lo
fece svenire e cadere
a terra come una pera cotta. Non gli piaceva usare la forza bruta, non
era
leale, secondo lui, ma a volte ci voleva. D’altronde, non era
nemmeno leale
attaccare alle spalle e mettersi in due contro uno.
Remus
sorrise in direzione del figlio e poi si
diresse da Dora, svenuta a terra e con una spalla sanguinante.
“Stai
bene?” le chiese preoccupato.
Lei
alzò lo sguardo nella sua direzione e lo guardò
leggermente confusa, portandosi una mano alla testa, poi lo
portò sul figlio
leggermente scompigliato e sudato.
“Sì,
sto bene”. si decise a rispondere infine. “Voi,
piuttosto?”
“Alla
grande”. Le
rispose Ted strappandosi il bordo della maglietta per ricavarne una
fascia e
dividendola con i canini allungati, avendo assunto le sembianze da
lupo. “Muoviamoci,
dobbiamo trovare gli altri”. Decise, passando la benda alla
madre perché si
fasciasse la spalla.
Tonks
lo ringraziò con un muto sguardo e lo guardò
quasi affascinata; conciato così non sembrava un ragazzino
di quasi sedici
anni. Sembrava un uomo adulto, deciso e coraggioso, pronto anche ad
uccidere
per salvare chi amava.
Sirius
spostò pian piano le dita dagli occhi e
osservò attraverso le fessure, chiedendosi che cosa fosse
successo. Aveva
chiaramente sentito il Mangiamorte scagliare loro l’Avada
Kedavra, ma non aveva
sentito alcun colpo. E soprattutto, non era morto.
Sgranò
gli occhi, però, quando, al posto dell’uomo
incappucciato, vide…
“James?!”
“E
chi altri?”
JamesRemus
se ne stava in piedi in tutta la sua maestosità
ed altezza, davanti ai tre uomini, con un ghigno beffardo stampato in
faccia,
chiaramente pronto a deridere chiunque.
Anche gli altri due finalmente si accorsero di lui, ma non ebbero tempo
di dire
niente che videro comparire una chioma bionda e due paia di occhi grigi
che si
affiancarono al ragazzo.
“Oh,
li hai trovati”.
“Ariel!
Ma… ma… che ci fate voi qui?”
“Vi
salviamo le palle, no?”
Sirius
inarcò un sopracciglio in direzione dei
figli, quando ad un tratto sentì James che, ancora steso
sotto di lui, stava
spingendo il suo bacino contro il suo didietro, facendolo saltellare
come si fa
coi bambini.
“Che
stai facendo?” gli chiese, interpretando molto
male quella situazione.
“Ah,
sai com’è… ho realizzato che mi
piaci”.
…
…
…
“COSAAAAA!!!??”
“Sto
cercando di farti alzare, imbecille. È da mezz’ora
che mi stai seduto sopra”.
L’Animagus
non se lo fece ripetere due volte e
scattò in su come una molla, rosso in volto.
“Voi
due chi siete?” chiese a quel punto Frank,
fissando JamesRemus e Ariel con sguardo indagatore, probabilmente
notando la
somiglianza che correva tra il ragazzo e l’amico accanto a
lui.
“E’
una lunga storia, te la raccontiamo più tardi”.
Tagliò
corto James, afferrando la bacchetta che la biondina gli stava
porgendo. Ne diede
una anche a Frank, una che probabilmente era appartenuta a qualcuno di
quei
Mangiamorte.
“Ma
come avete fatto a farvi battere così?” chiese
il moretto, cercando di non scoppiare a ridere.
“Lasciamo
stare”. Lo liquidò il padre sventolandosi
una mano davanti alla faccia. “Ma voi come avete fatto a
sfuggire a Molly e
Lily”.
“Eh,
non per niente siamo figli vostri”.
“Ok, ok.
Piuttosto,
chi altri c’è con voi?” chiese James,
rivolgendosi ai due ragazzi.
“Vediamo…”.
Cominciò JamesRemus allungando le dita
per fare un conto. “A parte noi due ci sono ancora Joel,
Charlie, John, Ted,
Jolie, Harry e il furetto Malfoy”.
“Cooooosaaaaaaaa!!!!!???”
urlò Potter portandosi le
mani tra i capelli e sgranando gli occhi.
“Ehi,
non urlare. Mi spacchi i timpani!” si lamentò
Ariel massaggiandosi le orecchie.
“Ma
ci sono i miei figli qui, per la miseria!”
“Figli?
Ma non ne avevi uno solo?” fece Frank sempre
più confuso.
“Sanno
badare a loro stessi”. Cercò di calmarlo
JamesRemus. “Be’, Jolie almeno sì. Per
Harry non lo so”.
“Aaaaaaah!!!”
“Si
può sapere dove stiamo andando?”
“Ma
perché Madre Natura non ti ha donato un minimo
di pazienza?”
“E
tu perché sei sempre così borioso?”.
“Senti
chi parla! Sono l’eroe-del-mondo-magico-Potter”.
“Geloso,
Malfoy?”
“Geloso?
Di te? Ma figurati. Non potrei mai
invidiare una mezza calzetta come te”.
“Mezza
calzetta a chi?”
“La
volete smettere?!!”
Soltanto
all’urlo isterico di Jolie, Harry e Draco
si zittirono e continuarono a camminare, ignorandosi completamente.
Il silenzio, però, durò poco, visto che Malfoy
sembrava non avere intenzione di
rispettarlo.
“Ragazzina,
così rischiavi di farci scoprire”.
Harry
aprì bocca per rimbrottarlo su come si era
rivolto a sua sorella, ma fu preceduto proprio dalla ragazza che non
aveva
certo intenzione di incassare senza rimandare.
“Ma
stai zitto tu, che hai continuato a sbraitare
per tutto il tempo”.
“Ma
voi Potter avete la rottura di palle fissa nei
geni?”
“Mamma
mia, che lagna!” sbuffò Harry che non ne
poteva più.
Era
ormai da mezz’ora che si erano separati dagli
altri ragazzi e che stavano camminando per quei lunghi e deserti
corridoi,
imboccando porte e passaggi segreti. Quel posto sembrava peggio di
Hogwarts,
come si faceva ad abitarci proprio non lo sapeva.
Ma
perché Malfoy doveva venire con loro?
JamesRemus doveva averlo fatto apposta quando aveva deciso come dividere i gruppi. Ma
gliel’avrebbe
pagata. Eccome.
Dolohov
cadde a terra quasi senza fare rumore, con
un movimento visto quasi al rallentatore, quasi poetico, come spinto
giù da un
colpo di proiettile sparatogli nel petto.
Malocchio
e Ted guardavano la scena stupiti e
increduli, spostando lo sguardo dal Mangiamorte a terra a Charlie, che
se ne
stava in piedi a poca distanza da lui, a gambe leggermente divaricate,
i pugni
stretti, il petto che si alzava e abbassava ad un ritmo più
frenetico per
incamerare più aria e il sangue che gocciolava dal naso
piuttosto copiosamente.
“Charlie,
tutto bene?” chiese John correndo incontro
all’amico. Prese un fazzoletto dalla tasca dei jeans e lo
usò per pulire il
naso gocciolante dell’amico. Questi, però, chiuse
un attimo gli occhi e, non
potendo impedire che le gambe gli cedessero, si lasciò
cadere a terra, venendo
però prontamente afferrato da Paciock che se lo strinse
forte al petto per non
farlo cadere.
“Ehi,
non avresti dovuto farlo. Non sei ancora
abbastanza forte”. Lo ammonì John ma con un tono
che di severo non aveva
assolutamente niente. Anzi, era il tono più dolce che
Charlie gli avesse mai
sentito usare. Peccato che fosse troppo rincoglionito per accorgersene.
“Ma…
ma… come hai fatto?” chiese il Metamorfomagus
avvicinandosi ai due ragazzi e guardando il moro con uno sguardo ancora
incredulo. L’aveva visto chiaramente, aveva visto benissimo
che Charlie con uno
sguardo era riuscito a mandare completamente KO il Mangiamorte.
“Legilimanzia”.
Rispose John al posto dell’amico. “Charlie
è un Legilimens nato. Guardando una persona negli occhi
è in grado di
confondergli completamente la mente e fargli vivere il suo incubo
peggiore, ma
solo nella sua testa”.
I
due uomini lanciarono un’altra occhiata al
Mangiamorte steso a terra che se ne stava rigido, con gli occhi
sbarrati e la
bocca semiaperta dalla quale usciva della saliva schiumosa. Era
chiaramente
vivo, si vedeva che respirava. Ma doveva essere in uno stato vegetativo
profondo.
“Si
riprenderà?” chiese l’Auror.
“Sì”.
Rispose Charlie, rimettendosi in piedi anche
se John non aveva
intenzione di togliere
la mano dal suo fianco per paura che svenisse di nuovo.
“Andiamocene
da qui. Dobbiamo trovare Teddy”. Concluse
infine Paciock, recuperando la sua bacchetta.
“Ragazza,
tu non stai male!” sbottò Molly, mani sui
fianchi, gambe divaricate ed espressione da “Adesso ti ho
beccata e sei in un
brutto guaio”.
Victorie,
sdraiata nel letto con le coperte fin
sopra il mento, la guardò come un bambino che era stato
colto con le mani nel
sacco. Effettivamente, aveva creduto che ci avrebbe messo molto meno a
capire
che la stava prendendo in giro.
Però, era andata bene, dai, aveva dato parecchio tempo ai
ragazzi e,
soprattutto, questo le aveva fatto capire che era una brava attrice. Di
solito
era difficile imbrogliare Molly. E, doveva ammetterlo, si sentiva
orgogliosa di
questo.
Emmie,
dal canto suo, seduta a gambe incrociate sul
tappetto della stanza, spostava lo sguardo dall’amica alla
donna, senza sapere
bene che fare. Ma ormai era inutile negare la verità, lo
capiva anche lei.
“Molly,
non riesco a trovare i ragazzi”. Disse Lily entrando
trafelata nella camera.
“Oh,
credo di sapere dove possano essere”. Le rispose
la donna senza spostare il suo sguardo omicida dalla nipote.
“E
dove?”
“Ce
lo faremo dire da
loro”.
ANGOLINO
PICCOLO PICCOLO
Buonasera,
gentaglia!!!
Allora,
per non dilungarmi in chiacchiere inutili, passo
subito al sodo. Voglio chiarire immediatamente alcuni punti.
La
parte in cui James fa saltellare Sirius (in cui sembra
incularlo per usare parole più semplici e rozze) e in cui
gli dice “Ho
realizzato che mi piaci” l’ho presa da un film che
ho visto recentemente, si
intitola The Rum Diary. Se siete fan di Johnny Depp l’avrete
sentito sicuramente,
se non visto ^^
Poi…
per chi non avesse letto Came back lo spiego qua: Charlie
è un Legilimens nato, nel senso che
entrambi i suoi genitori sono abili Legilimanti, perciò lui
lo è per
ereditarietà, un po’ come Ted è un Lupo
Mannaro perché ha ereditato i geni dal
padre. Quindi, il nostro Tappo non ha avuto bisogno di impararla con
anni di
pratica. Inoltre, in questa storia, oltre alla lettura nella mente, la
Legilimanzia è in grado pure di controllarla.
A Charlie basta uno sguardo negli occhi per confondertela.
Quindi, state
attenti, muahahah ^^
Ultima
cosa… non vogliatemene, ma ogni volta che scrivo
di John e Charlie, o mi viene fuori qualcosa di sconcio o qualcosa di
dannatamente dolce. In questo caso era dolce. Mi dispiace, ma
è più forte di
me.
Mi
sembra sia tutto, se però qualcosa non vi è
chiaro,
non esitate a chiedermelo.
Cercherò
di aggiornare più spesso, anche perché ora sta
per finire la scuola, quindi dovrei avere più tempo.
Chissà…
Voi,
continuate a recensirmi ^^
Bacioni
Milly.
CG92:
carissimo, mi eri mancato ^^ il mio unico maschietto, ho detto, non
può avermi
abbandonato ^^ comunque, don’t worry, capisco quanto gli
impegni possano
impegnare… ehi, gioco di parole ahaha. Ok, basta, sto
schizzando male. Ma d’altronde,
è tutta la settimana che non ci sto con la testa. E non ho
nessun coltello in
mano, tranquillo *nasconde ascia dietro la schiena* ^^ comunque, sono
mooooooolto
felice che la storia continua a piacerti, ma vedrai quante belle
cosucce ho in
mente ^^ per quanto riguarda Malfoy… be’, diciamo
che è stato costretto un po’
dagli eventi a rimanere con l’Ordine. La spedizione a
Grimmauld è andata male e
lui è stato fatto prigioniero. Il marchio
gliel’avrebbero dato se fosse
riuscito ad uccidere qualcuno dell’Ordine e invece
è stato costretto a
collaborare con loro. Ok, diciamo che Malfoy non fa mai niente per
proprio
volere. Però, continua a seguirmi e scoprirai cosa veramente
succederà ^^
bacioni, M.
FEDE15498:
i
personaggi sono sempre tutti fantastici. Brava mamma Row che li ha
creati così
^^ non ti preoccupare per il ritardo, io faccio tante scenate ma alla
fine non
pretendo che siate sempre presenti. È solo perché
mi piace sapere cosa ne
pensate, così so se migliorare o se va bene così
^^ spero di risentirti… un
bacione ^^
JULIET
ANDREA BLACK:
James: ragazza, io odio i tradimenti. Quindi,
vedi di esserci sempre per me u.u Milly *tira un calcio a James* pussa
via,
tu!!! hai gli esami quest’anno? Hmm, in bocca al lupo
mannaro, allora ^^ Ted:
ehi >.< comunque,
non ti
preoccupare, la signora Black arriverà e vedrai che
bell’arrivo che sarà ^^
tutto a suo tempo. La bellissima cantante colombiana non si
farà attendere
ancora molto… e Frankie piccolo Simba? Ahahah, bella questa
^^ e aspetto la
prossima recensione, hai promesso ^^ bacioni, M.
PUFFOLA_LILY:
non credo che a Bellatrix basti un semplice psichiatra. Una camicia di
forza ci
vuole. Be’, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo,
anche se era piuttosto
modesto. Comunque sì, i figli dei Malandrini… eh,
non potevano essere diversi
^^ e Frankie presto diventerà il quarto membro…
*si tappa la bocca*. Non devo
fare spoiler ^^
ROXY_BLACK:
eh
sì, è veramente difficile lasciare una
recensione, ti capisco, ah u.u pensa allora
quanta fatica e quanto tempo ci metto io a scrivere questi capitoli u.u
ok,
convenevoli a parte… Victoire modella bulimica? Ehm, forse
sì, ma… non mi
veniva in mente altro ^^ intendo, niente di abbastanza
allettante… vabbè… se ci
sarai nel prossimo capitolo troverai sia Alice che Bellatrix,
don’t worry ^^. Bacioni,
M.
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Capitolo 30 *** Capitolo ventinove ***
CAPITOLO
VENTINOVE
Camminavano
ancora per i cunicoli del Malfoy Manor,
in fila indiana e con le bacchette davanti al viso per fare luce.
Avevano sceso almeno centinaia di scale, attraversato non sapevano
nemmeno loro
quanti passaggi segreti e ancora erano lì a girovagare alla
ricerca delle
segrete.
Jolie
sbuffò frustrata; ma chi glielo aveva fatto
fare di andare con Malfoy? Lui e Harry non avevano fatto altro che
battibeccare
per tutto il tempo e c’era mancato poco che venissero alle
mani.
Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che James, Teddy e gli altri fossero
già
arrivati e magari avevano anche già trovato Alice e Frank. E
invece loro erano
ancora lì a girare come topi in trappola solo per la
pignoleria di Malfoy che
non voleva correre il rischio di essere beccato.
I
suoi amici non avrebbero perso tempo con queste
cose, li vedeva già che facevano irruzione da qualche parte
spianandosi la
strada a suon di colpi di bacchetta da qualsiasi Mangiamorte ci fosse
stato
davanti a loro.
“Che
c’è, Potter? Sei stanca di camminare? Ti dobbiamo
portare in braccio?” fece Malfoy con tono acido e derisorio,
in risposta al suo
sbuffo.
“Chiudi
quella ciabatta, Malfoy o te la faccio
chiudere io”. Gli rispose lei ancora più
scocciata, senza guardarlo ma
continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.
“E’
un modo per chiedermi se puoi infilarmi la
lingua in bocca?”
Jolie
alzò il braccio pronta a tirargli un sonoro
schiaffo che si sarebbe ricordato per tutta la vita, quando,
però, venne
bloccata dal fratello che le circondò la schiena con un
braccio e lanciò un’occhiata
omicida al biondino.
“Malfoy,
ti consiglio anch’io di chiudere quella
bocca se non vuoi ritrovarti all’altro mondo troppo
presto”.
Il
Serpeverde avrebbe sicuramente risposto a questa
minaccia se, improvvisamente, non si fosse bloccato udendo dei rumore
sospetti
che si muovevano molto vicino a loro.
“Che
c’è adesso?” chiese Harry esasperato
andando a
sbattere contro la schiena del giovane.
“State
zitti!”
Potter
fece per protestare che lui non prendeva
ordini da nessuno, men che meno da un Malfoy, ma anche Jolie gli
intimò di
stare zitto, intuendo che cosa avesse fatto allarmare il Serpeverde.
“Dove
cazzo correteeeeeee!!!???”
“Non
lo sooooo!!!! Corriiiiiii!!!!”
“Aaaaaaaaaaahhhh!!!!”
“Cretiniiiiiiiiiiiii!!!!!!”
Stonk…
bum…stump…
“Ahia!
La mia testa!”
“Io
sono fuori forma per queste cose”.
“Sei
vecchio, Sirius, ammettilo”.
“E
tu ti sei contato i capelli bianchi?”
“Papààààà!!”
All’urlo
isterico di Harry tutti quanti si zittirono
e rivolsero l’attenzione a lui che, poveretto, se ne stava
sdraiato sotto il
padre, schiacciato dalla sua mole che era tutt’altro che
leggera come una
piuma.
“Potresti
alzarti, per favore?”
“Oh
scusami… non credevo di essere così
pesante”.
“E’
che sei sdraiato sui miei gioielli”.
James
si alzò sbattendo le mani sui pantaloni per
pulirli dalla polvere e, con il suo solito sorriso malandrino e
provocante,
aggiunse: “Non credevo fossi così ben dotato,
figliolo”.
“Idiota”.
Sospirò il ragazzo sbattendosi una mano in
faccia per l’esasperazione.
“Si
può sapere perché stavate correndo come dei
dannati?” chiese Jolie a quel punto, acida come sempre.
Al
posto di risponderle, però, JamesRemus le si
lanciò addosso stringendola forte sui fianchi e affondando
la faccia nella sua
pancia.
“Jolie,
mì amoooooooorr!!” cominciò a
strusciarsi
contro la sua maglietta e a guaire come il cane qual era.
“Cagnaccio,
ti vuoi levare??!” gli urlò lei cercando
di scrollarselo di dosso.
Lui,
ovviamente, fece finta di non averla sentita,
ma anzi, strinse ancora di più la presa e le diede una bella
leccata sulla
faccia che fece inorridire la ragazza.
“James,
che schifoooo!!”
“Ragazzi,
la volete smettere? Qualcuno potrebbe
sentirci”. fece a quel punto Ariel, guardando se arrivava
qualcuno.
“Finalmente
qualcuno che usa la testa fra tutti
questi Grifondoro pezzenti”. Le diede manforte Malfoy con
voce sprezzante. La bionda
però lo guardò piuttosto male per quel commento.
“Sì,
dai. Andiamo a cercare gli altri e vediamo se
riusciamo a trovare Alice”.
Charlie
si stava aggirando per i corridoi del Manor
con molta cautela, sobbalzando ad ogni minimo rumore.
Lo
sapeva che non era stata una buona idea
allontanarsi da solo, dovevano stare uniti, era una cosa che Moody
ripeteva
sempre quando si intrufolavano nella tana del nemico.
Ma
quelle urla lo avevano attirato parecchio e non
poteva far finta di niente. E poi… chi sarebbe potuto venire
con lui? Aveva
lasciato Joel, Teddy e John a combattere contro i Mangiamorte insieme
ad altri
membri dell’Ordine dopo che Paciock gli aveva detto di
andarsene per non
finirci in mezzo.
Odiava quando lo trattava così, quando era così
premuroso come se lui fosse un
bambino.
Però,
doveva ammetterlo, come combattente non era
granché e si sentiva ancora piuttosto debole dopo aver
sconfitto quel
Mangiamorte. Che cazzo! Doveva migliorarla quella tecnica, non poteva
sentirsi
una merda ogni volta dopo aver usato la Legilimanzia.
Svoltò
un angolo quando, eccolo, di nuovo quell’urlo.
Aumentò
il passo in direzione di quelle grida che
sembravano indicargli la strada, deciso ad arrivarci il prima possibile.
Gli sembrava di conoscerla, quella voce che urlava, gli era
terribilmente
familiare ed aveva una brutta, bruttissima sensazione.
Finalmente
arrivò ad una porta socchiusa dalla quale
si intravedeva un velo di luce e dalla quale provenivano dei rumori per
niente
rassicuranti.
Quando il ragazzo si accostò per spiarci dentro, rimase
scioccato di fronte a
quello che vide: sdraiata su un letto, legata con i polsi alla testiera
del
mobile, il seno oscenamente in mostra perché il reggiseno
era sganciato e i
pantaloni abbassati, una donna che lui conosceva benissimo. Sopra di
lei un
uomo che le si strusciava addosso senza assolutamente preoccuparsi
delle sue
lacrime e delle sue suppliche di smetterla.
Le afferrò un seno in modo piuttosto brutale e
cominciò a massaggiarglielo in
modo tutt’altro che delicato.
Charlie
cominciò a pensare freneticamente a come
aiutare quella donna. Non poteva lasciarla lì, soprattutto
visto che non era
una sconosciuta, dato che si trattava di Alice, la madre di John e
quell’uomo
che la stava torturando in quel modo brutale era Dolohov, uno che non
ci andava
affatto leggero.
Improvvisamente,
dopo aver detto qualcosa che il
ragazzo non riuscì a sentire, il Mangiamorte si
alzò per uscire da un’altra
porta che, molto probabilmente, doveva condurre al bagno.
Eccola,
la sua occasione. Senza attendere neanche
solo un minuto e stando attento a non farsi sentire, Charlie
entrò nella stanza
e si avvicinò al letto della donna. Non appena la vide da
vicino, si sentì
scivolare il cuore nello stomaco: aveva come l’impressione
che quella tortura
non fosse iniziata soltanto in quel momento e che Dolohov non si fosse
limitato
solo a strusciarlesi addosso e a toccarle il seno. La donna era piano
di graffi
sanguinanti sul collo, tra i quali svettava anche un succhiotto ed era
piena di
lividi sulle braccia e le gambe. Inoltre aveva gli occhi pieni di
lacrime e il
viso tutto arrossato per aver pianto e urlato troppo.
Non
appena il ragazzo alzò la bacchetta per
liberarla dalle catene che la imprigionavano, la donna
cominciò a emettere dei
versi strozzati, probabilmente sull’orlo di
un’altra crisi di pianto.
“Tranquilla”.
le sussurrò Charlie cercando di
calmarla. “Non voglio farti del male, voglio solo aiutarti.
Però devi fare
silenzio”.
Riuscì
a liberarle i polsi e, non appena lei si mise
seduta, lui scostò lo sguardo leggermente in imbarazzo di
fronte alla sua
nudità e lo portò sulla porta del bagno da dove
sentiva gli improperi del
Mangiamorte che, probabilmente, stava cercando qualcosa.
“Forza,
dobbiamo andare”. Le intimò allora Charlie,
spaventato che possano venire beccati.
Alice
però si limitò a guardarlo con i grandi occhi
scuri resi lucidi dalle lacrime e che le davano
un’espressione da cucciolo
maltrattato. Il ragazzo avrebbe voluto abbracciarla e consolarla, ma
purtroppo
non c’era molto tempo da perdere.
“Vieni,
andiamo”. Ripetè, porgendole la mano.
Lei
l’afferrò, decidendo di fidarsi di quel ragazzo
che non sembrava avere intenzioni cattive. D’altronde, come
poteva uno con un
faccino innocente come quello di Charlie spaventare qualcuno?
Si
avvicinarono alla porta, felici di star
raggiungendo la loro libertà, quando, improvvisamente,
Charlie si sentì volare
via di mano la bacchetta.
Quando
si voltò per vedere che cos’era successo,
trovò davanti a sé Dolohov con la bacchetta
alzata e la sua nell’altra mano,
uno sguardo minaccioso a contornargli le labbra.
La
situazione si stava decisamente mettendo male.
John
lanciò una potente Everte Statim contro
Bellatrix, facendola crollare per terra come un sacco di patate e il
naso
sanguinante.
Si
guardò un attimo intorno per vedere come se la
stavano cavando gli altri: ognuno era impegnato con qualche
Mangiamorte, ma
sembrava che fossero proprio i seguaci di Voldemort, per il momento, ad
avere
la peggio. E la cucina della Villa ormai era irriconoscibile,
trasformata in un
vero e proprio campo di battaglia.
Quella
distrazione, però, gli costò parecchio. Mai
voltare
le spalle al nemico, nemmeno quando questi era a terra.
Bellatrix
si alzò e, con una furia cieca, gridò:
“AVADA
KEDAVRA”.
John
fece in tempo solo
a voltarsi e a vedere il raggio di luce verde che gli veniva addosso.
PARLIAMONE…
*si
nasconde dietro al divano per non essere linciata dai
lettori* ^^
Eccomi
qui, non ci ho messo tanto questa volta : D allora…
le cose iniziano a mettersi male per i nostri amici. Che cosa
succederà adesso,
secondo voi?
Dovete
perdonarmi per quel piccolo sfogo demenziale, ma
quando scrivo dei malandrini, sia quelli grandi che quelli piccoli, la
mia vena
comica dilaga anche sul foglio di word… non ci posso fare
niente.
E Charlie… quanto coccoloso è Charlie :3 *insegue
Charlie per spupazzarselo*.
Bene,
detto questo, una piccola informazione di servizio:
su facebook ho aperto una pagina dedicata alle mie fanfiction. Potete
trovarci
foto, disegni, video di tutti i miei personaggi e, se volete, potete
lasciarmi
i commenti delle fanfic direttamente lì, così da
ricevere anche una risposta
(quasi) immediata ^^. Qui vi lascio il link, basta solo un
“mi piace”.
http://www.facebook.com/MillysSpace
Detto
questo, passo a rispondere alle recensioni :3
FEDE15498:
intanto, in bocca al lupo per gli esami. E non disperare, non sono
così
difficili. Inoltre, se sei stata una brava studentessa per tutti e tre
gli
anni, non ti tormenteranno tanto ^^ Ariel: se vuoi, quando sarai
promossa,
andremo io e te a ubriacarci e ballare sui tavoli per festeggiare ^^
Milly:
pussa via tu. Non traviarmi la ragazza. Comunque, dicevo…
sì, torniamo alla
storia. Eh sì, i malandrini fanno ridere, non ci posso fare
niente. In qualunque
situazione tirano fuori la loro vena comica. Teddy è un
figo, be’, certo lo
sono tutti, dal primo all’ultimo ^^ tranne
Charlie… lui invece è un cucciolo
tenerone :3 Charlie: ehi >.< cucciolo a chi? Milly
*spupazza* spero di
risentirti e vai a visitare la mia pagina ^^
PUFFOLA_LILY:
uuuh i tuoi complimenti mi fanno sempre impazzire ^^ spero ti sia
piaciuto
anche questo capitolo. Dai anche un’occhiatina alla mia
pagina, mi farebbe
molto piacere. kisskiss Milly.
JULIET
ANDREA BLACK:
io credo che tu sia la mia sorella gemella
perduta. Insomma, ci piacciono le stesse cose, pure Johnny Depp ^^
be’, d’altronde,
trovami qualcuno a cui non piace. E Charlie e John… eh,
quando si parla di loro
è impossibile non pensare male ^^ come fanno ad essere
così fighi questi
personaggi? Ah, tutta colpa di Ino che li ha creati così u.u
beh, spero di
sentirti presto e di vederti anche sulla mia paginetta. Al momento non
è molto
ricca ma, non ti preoccupare, vedrai tutte le belle fotuzze che ho
intenzione
di metterci. Baci, baci a presto…
CG92:
*cerca di trattenere Jolie che vuole ammazzare questo lettore
sprovveduto che
ha insinuato che lei potesse mettersi con uno come JamesRemus o come
Malfoy*.
mi spiace, caro, ma piuttosto che finire tra le braccia di James, Jolie
preferirebbe cruciarsi a morte. E lo stesso vale per Malfoy u.u Sono
contenta
però che
la storia ti piaccia, anche i
momenti deliranti e demenziali che ce ne saranno tanti, fidati. E
sembra che
questo potere di Charlie piaccia parecchio ^^ Alice, però,
non è finita tra le
braccia di Bellatrix ma in quelle di Dolohov. È un male o un
bene? chissà che
le ha fatto? Hmmm… tutto questo e molto altro nella prossima
puntata ^^
continua a seguirmi anche su facebook. Besos, M.
MILAGROS
CULLEN:
uuh una nuova recensitrice ^^ be’, che dire… sono
contenta che la storia ti piaccia e spero che continuerai a seguirmi
perché vedrai
quante belle cose ho in mente ^^ bacioni e a presto, spero. Kiss M.
|
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Capitolo 31 *** Capitolo trenta ***
Nota:
attenzione, capitolo leggermente violento.
Ma ho come l’impressione che verrò linciata dopo
questo ^^
CAPITOLO
TRENTA
Charlie
guardava il Mangiamorte dritto in volto con
gli occhi colmi di un leggero panico ma la mente già in
fermento per trovare
una possibile via d’uscita. Peccato che la sua bacchetta
fosse tra le mani di
Dolohov e che in una lotta corpo a corpo sarebbe sicuramente uscito
perdente.
Ma, almeno, gli rimaneva ancora il suo asso nella manica.
Sentì
dietro di lui Alice che iniziava a
singhiozzare, paralizzata lì sul posto, sulla soglia di
quella stanza che
sembrava essere una camera per le torture. Probabilmente temeva che, se
avesse
tentato di scappare, l’uomo avrebbe cercato di impedirglielo
attaccandola, però
allo stesso tempo non voleva nemmeno rimanere lì.
“Vai,
Alice. Vattene via”. Le intimò Charlie a bassa
voce, però con tono autoritario, per quanto gli riuscisse,
almeno.
“N…n…no!”
biascicò lei. Non le andava di lasciare lì
da solo quel ragazzino, ma in quel momento non era granché
in forma per
affrontare Dolohov.
“Va
via! Qui ci penso io!”
Il
ragazzo le diede una gomitata per spingerla fuori
dalla stanza. Finalmente Alice si decise ad andarsene, correndo con la
velocità
che le sue gambe deboli e malferme le permettevano. Ma, non appena la
vide
scappare, il Mangiamorte scagliò un potente Stupeficium che
andò a schiantarsi
contro la porta di legno che era stata richiusa prontamente da Charlie
perché
non colpisse la donna.
Il ragazzo si buttò a terra per non venire colpito a sua
volta, notando con la
coda dell’occhio lo strano ghigno soddisfatto di Dolohov.
Cazzo!
Si era tirato la zappa sui piedi da solo.
John
si rialzò dal freddo pavimento portandosi una
mano alla testa lì dove l’aveva sbattuta,
leggermente intontito e si guardò un
attimo intorno prima di notare una figura sdraiata immobile accanto a
lui.
In
quel momento, tutti i Mangiamorte che erano
presenti nella stanza, si smaterializzarono come se avessero ricevuto
l’ordine
di farlo, compresa Bellatrix e Ariel fu la prima a precipitarsi
dall’amico
cercando di aiutarlo.
John, però, la spinse via con uno scossone piuttosto
violento e si inginocchiò
accanto all’uomo steso a terra, che aveva riconosciuto come
Frank, cercando di
capire se era vivo.
Cazzo!
Non l’aveva nemmeno visto precipitarsi da lui
per spingerlo via dall’Avada Kedavra lanciatogli da
Bellatrix. Si era
semplicemente ritrovato a rotolare per terra col padre che lo
proteggeva col
proprio corpo.
Non l’aveva visto, però le probabilità
che se lo fosse beccato lui l’Anatema
che uccide erano altissime.
Eppure…
Merlino! Non voleva crederci!
“Papà?!”
lo chiamò scrollandolo per una spalla,
sentendo già gli occhi pizzicare per le lacrime che
minacciavano di scendere.
Sentiva la rabbia montare dentro di lui e a questa si univa anche il
senso di
colpa. Maledizione! Se non si fosse distratto…
“Papà?!”
“Frank!”
esclamarono Sirius e James
inginocchiandoglisi ai lati anche loro.
John
prese a scrollarlo più forte sentendo già
l’isteria, la rabbia e la disperazione montargli dentro.
I suoi amici non facevano che guardarlo impotenti e passare lo sguardo
da uno
all’altro, non sapendo bene che fare. Sapevano che cosa
significava la morte di
Frank: non solo disperazione per il loro amico, ma anche
che… oddio, erano
venuti lì per salvarlo, non per vederlo morire.
Dolohov,
da bravo animale pervertito e senza
scrupoli che era, non aveva perso un momento da quando Charlie si era
ritrovato
per terra. Comportandosi da bravo pedofilo qual era, non aveva
certamente
potuto resistere ad uno sguardo da cucciolo come quello del ragazzo.
L’aveva afferrato per i capelli e lo aveva buttato sul letto
come fosse
soltanto una bambola o un oggetto che poteva usare a suo piacimento.
Poi lo
avevo legato coi polsi alla testiera del letto, esattamente come aveva
fatto
poco prima con la povera Alice.
Charlie
già si vedeva chiare in mente le immagini di
ciò che gli avrebbe fatto e questo gli fece salire addosso
un senso di panico
terrificante che non lo lasciava respirare decentemente. Cercava
continuamente
un contatto con gli occhi di Dolohov per poterlo stendere con la
Legilimanzia,
ma sembrava che quello lo evitasse apposta, come se sapesse.
Eppure…
doveva trovare un modo per tirarsi fuori da
quella situazione. Non voleva essere… Dio, non voleva essere
violentato!
Lanciò
uno sguardo all’armadio davanti a lui quando
poi, tra l’armadio e il muro, notò un oggetto che
aveva tutta l’aria di essere
una frusta con appese delle manette.
Immediatamente un magone gli salì su per il petto
stringendogli ancora di più i
polmoni e lo stomaco in una morsa stretta e le lacrime non persero
tempo ad
uscire.
“Cucciolo,
adesso sei tutto mio”. Soffiò il
Mangiamorte cercando di assumere un tono sensuale, ma che, accompagnato
da quel
ghigno malato e da quello sguardo spiritato, fece solo accapponare la
pelle a
Charlie che prese a dimenarsi sotto di lui, intanto che
l’uomo gli saliva sopra
a cavalcioni e avvicinava le mani alla sua camicia.
Frank
cominciò a tossire come annaspando in cerca
d’aria, mentre tutti gli altri presenti lo guardavano ad
occhi sgranati, come
se avessero appena visto un morto che resuscita.
Be’,
effettivamente…
L’uomo
si mise seduto e, immediatamente, lo sguardo
gli volò sul ragazzino che gli era inginocchiato accanto e
che lo stava
guardando con occhi spalancati per la paura e le lacrime mal celate.
Ma perché, non appena lo aveva visto in pericolo, si era
sentito in dovere di
proteggerlo come se ne dipendesse la sua stessa vita? Era stata una
cosa
spontanea, tuffarsi su di lui per evitargli
l’Avada…
E adesso, mentre lo osservava tutto così preoccupato e
impaurito, si sentiva
dentro una strana ma piacevole sensazione di benessere.
Però…
quel ragazzino… insomma, gli somigliava,
sembrava quasi lui da giovane. Biondino, occhi azzurri…
Frank si sarebbe anche
sentito pronto a scommettere che quello sguardo d’angelo che
aveva era solo una
facciata per nascondere l’animo da Bastard Inside,
esattamente come lui.
E
se invece… no, non poteva essere.
“Neville?”
mormorò confuso e sbigottito.
John
scosse la testa per negare e sussurrò un
“No”
quasi affranto.
“Frankieeeeeeeeeee!!!”
urlò a quel punto Sirius
lanciandoglisi addosso e rotolando insieme a lui sul pavimento.
“Cazzo,
Sirius! Così mi uccidi”.
“Imbecille,
ci hai fatto venire un colpo”.
“Ma
l’Avada Kedavra non ti aveva colpito?” chiese
Remus, aiutando il cugino a rialzarsi.
“A
quanto pare no”. Sospirò Frank, ringraziando
mentalmente il cielo per la botta di culo che aveva avuto.
“Be’,
a questo punto, direi che stiamo tutti bene”.
constatò Ted Tonks, passando lo sguardo dall’uno
all’altro dei presenti e
facendo una breve rettifica delle ferite che tutti loro avevano
riportato.
“Un
momento! Ma Charlie dov’è?” chiese a
quel punto
Teddy, notando l’assenza dell’amico.
I
ragazzi del futuro si guardarono l’un l’altro
preoccupati.
In
quel momento, però, la porta si aprì di colpo
sbattendo e rimbalzando contro la parete e una figura femminile
entrò
barcollando e singhiozzando, guardandosi continuamente alle spalle come
se
qualcuno la inseguisse.
“Alice!”
urlò Frank non appena la riconobbe.
Immediatamente corse ad abbracciarla e ad accertarsi che stesse bene.
La donna
non sembrava avere ferite gravi, a parte qualche graffio e livido, ma
la sua
faccia completamente in lacrime, terrorizzata, sconvolta, scioccata,
non
presagiva niente di buono.
Inoltre, era mezza nuda.
“Alice,
tesoro, che è successo?” le chiese ancora
Paciock intanto che prendeva la giacca che James gli stava passando per
coprire
la moglie.
Lei
affondò il viso nella sua camicia sporca e
singhiozzò confusamente. “Io…
lui… Dolohov”.
“Dolohov?
Che ti ha fatto?”
“Io…”.
Era chiaro che la poveretta non riusciva
nemmeno a parlare, ma dovevano almeno farsi un’idea per non
giungere a idee raccapriccianti
che già tutti si stavano
facendo.
“Come
sei arrivata qua?”
“Io…
c’era un r… ragazzo. Mi ha aiutata”.
“Chi
era questo ragazzo?” le chiese allora John che
stava iniziando a capire qualcosa. “Riesci a
descriverlo?”
“No…
non so…”. Alice pian piano cominciava a
calmarsi, tra le braccia di Frank che la cullava e le massaggiava la
schiena.
“Non molto alto, moro coi capelli lunghi”.
Tappo,
pensò John. E doveva immediatamente andare a recuperarlo. Se
era rimasto con
Dolohov… non osava nemmeno pensarci.
“Cazzo!
Dobbiamo andare a cercarlo!” esclamò
JamesRemus con la fretta in tutto il corpo.
“Direi
di dividerci, anche perché qui non ci
conviene più rimanere”. Concluse Malocchio.
Jolie
e Ariel sbuffarono lanciandosi un’occhiata
quasi d’intesa. Meno male che Moody aveva detto
categoricamente che non
dovevano dividersi dai rispettivi gruppi nel muoversi alla ricerca di
Charlie,
nel caso sopraggiungesse qualche Mangiamorte. Sembrava però
che a John non
importasse molto di quello che i grandi e gli esperti comandavano. Ma
d’altronde,
quando mai gli era importato?
In
poco tempo era riuscito a distanziare le ragazze
e le due non avevano ancora capito bene come avesse fatto.
Semplicemente, si
erano ritrovate ad arrancargli dietro quando lui si era messo a correre
e poi,
svoltato un angolo, non l’avevano più visto. Era
un maestro nel battere la
fuga, questo non glielo toglieva nessuno.
Come
se cercando di fare più in fretta possibile,
riuscissero a ritrovare Charlie più facilmente. Non avevano
la più pallida idea
di dove potesse essere, Alice, da quanto sconvolta e spaventata era,
non aveva
certo saputo dire granché di dove fosse quella stanza.
Ariel
ghignò tra sé e sé: John poteva
mostrarsi
insensibile quanto voleva nei confronti di Charlie, ma era anche il
primo a
preoccuparsi per lui.
A volte la spaventava questo legame che c’era tra i due.
“Ti
prego, lasciami stare”.
Sentendolo
supplicare, Dolohov si eccitò ancora di
più.
“Adoro
quando mi supplichi”. Gli soffiò a poca
distanza dalla faccia, per poi andare a mordergli una spalla nuda con
tanta
forza che sicuramente gli avrebbe lasciato dei segni.
Charlie
voltò il capo dall’altra parte, lasciandosi
sfuggire un lamento. Aveva gli occhi inondati di lacrime e di paura,
non
riusciva a muoversi con quell’energumeno che gli stava
addosso e le braccia
legate sopra la testa ormai erano diventate insensibili.
Quel figlio di puttana, inoltre, gli teneva la mano nelle mutande e lo
toccava
senza alcun pudore. Ma l’unico ad eccitarsi lì era
il Mangiamorte, invece lui
si sentiva semplicemente uno schifo, avrebbe tanto voluto vomitare.
Merlino,
se fosse sopravvissuto a quella tortura…
Ma
dov’erano gli altri? Che fine avevano fatto i
suoi amici? Dov’erano quando aveva bisogno di loro?
“Toglili
le mani di dosso, pezzo di merda!” urlò,
all’improvviso qualcuno dalla porta.
Sia
Charlie che Dolohov si voltarono per vedere chi
fosse, e si trovarono davanti la figura di John che sembrava emanare
fumo da
tutti i pori per la rabbia che non si preoccupava nemmeno di reprimere.
Senza
nemmeno avere il tempo di battere ciglio, il
Mangiamorte si vide volare e poi sbattere contro la parete, cadendo a
terra con
un tonfo secco e svenendo.
John
voltò il capo verso di lui, con la furia negli
occhi, probabilmente facendosi una lista di tutti gli incantesimi che
conosceva
per torturarlo. Ma quando spostò gli occhi
sull’amico che ancora se ne stava
legato a letto, si sentì raggelare.
Immediatamente
corse da lui e, con un colpo di
bacchetta, sciolse i nodi che gli tenevano imprigionati i polsi.
Finalmente libero,
Charlie si mise seduto e buttò la testa oltre il letto
scosso da dei forti
conati che non lo facevano respirare.
“Oddio!”
esclamò John, circondandogli la vita con un
braccio e spostandogli i capelli dal volto perché non gli
dessero fastidio. Non
capiva se l’altro volesse semplicemente vomitare o se non
riuscisse a
respirare. Aveva la pelle terribilmente calda e sudata.
Alla
fine se lo tirò addosso facendolo sedere tra le
sue gambe e poggiare la testa sul suo petto.
“Respira,
dai”. Gli sussurrò all’orecchio,
prendendo
a massaggiargli il petto nudo e ad accarezzargli i capelli in un
tentativo per
farlo calmare. E per fortuna sembrò funzionare, visto che
Charlie adesso
riusciva a respirare abbastanza regolarmente e che c’erano
solo i singhiozzi a
scuoterlo tra le braccia di John.
“Così,
bravo. Va tutto bene”. John avrebbe tanto
voluto prendere a calci quel coglione che aveva osato mettere le mani
addosso
al suo Tappo, soprattutto dopo aver notato la camicia aperta e i
pantaloni e la
cintura slacciati.
Ma
intanto doveva far
calmare l’amico.
*prepara
ombrello* aspettate, prima di lanciarmi pomodori
addosso, sentite quello che ho da dirvi.
Oggi
pomeriggio mi sono rivista la prima parte dei Doni
della Morte con mia nipote e mi stanno venendo in mente delle ideuzze
nuove per
questa ficcy che però la allungherebbero. Oppure
realizzerò un seguito. Voi che
dite? Ma intanto, devo mandare avanti questa e ci sarà
ancora un mucchio di
lavoro da fare… vediamo, si accettano consigli,
però ^^
Poi…
voi come vedete il rapporto tra Charlie e John? E mi
rivolgo soprattutto a quelli che non hanno letto Came
back di Ino.
Fatemi
sapere le vostre opinioni, mi piacerebbe leggere
anche le recensioni di quelli che finora sono rimasti in silenzio.
Ringrazio tantissimo
quelli che mi recensiscono fedelmente fin dall’inizio, non
sapete quanto mi
facciano piacere. E così vorrei leggere anche quelle di
qualcun altro, non
siate timidi, non vi mangio mica ^^ vanno bene anche le critiche, i
consigli,
fatemi notare se qualcosa non vi piace… in fondo, una
piccola recensione non vi
porta via più di due minuti e renderete tanto felice uno
scrittore ^^.
Vi
rinnovo anche l’invito a mettere “mi
piace” alla mia
pagina facebook, Milly’s Space.
Anche
perché sarà lì che (più
avanti) troverete le foto dei personaggi di Little
Marauders xD.
http://www.facebook.com/MillysSpace
(link
per la pagina)
Bene,
ho finito il sermone. Potete mettervi a lanciare
pomodori.
*fugge
via*.
PUFFOLA_LILY:
John sta bene, Frank anche, i Malandrini sono rincoglioniti come sempre
e
Charlie è stato salvato… in tempo, pero? D: se
vuoi ammazzare Dolohov, armati e
andiamo insieme u.u grazie per i complimenti, alla prossima.
Kiiiissss…
JULIET
ANDREA BLACK:
leggendo le tue recensioni, passo dal
rotolarmi a terra dal ridere al tremare di paura ^^. Anche io ho sempre
desiderato avere una gemella, ma sei sicura di essere tu quella
cattiva? Non so,
perché io sono sadica e masochista, soprattutto con i miei
pg preferiti ^^
comunque, il tuo John sta bene, visto? ^^ alla prossima, carissima.
Baci, baci,
Milly.
STEFANMN:
ehi, temevo di non sentirti più L
be’,
sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo… e di
questo che mi dici? Alla
prossima, kiss. M.
MARISSA
ATWOOD:
sono contenta che questa storia ti piaccia e ti
incuriosisca. Ti consiglio anche di andare a leggere
l’originale, Came back to
the hell : D spero di risentirti, cara, più andrà
avanti più diventerà intrigante.
Baci.
|
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Capitolo 32 *** Capitolo trentuno ***
Capitolo
piuttosto corto, lo so, ma un po’ di passaggio,
per far tirare un sospiro di
sollievo ai
ragazzi. Spero vi piaccia lo stesso, buona lettura ^^.
CAPITOLO
TRENTA
“Teeeeddyyyy!!”
Emmie,
con una bella rincorsa che le fece svolazzare
i lunghi capelli castani, si fiondò tra le braccia del
fratello non appena lo
vide comparire nella cucina di Grimmauld Place.
Ted se la prese in braccio e l’abbracciò forte,
inspirando il suo buon odore di
cioccolata col naso affondato nell’incavo della sua spalla e
con i capelli
della sorella che gli solleticavano il viso.
“Ciao
piccola”. Le sussurrò solleticandole il naso
con il proprio.
“Anche
io voglio essere abbracciato così”. Si
lamentò
a quel punto John, sbucando da dietro le spalle di Ted e mettendo su un
broncio
indispettito che lo fece tanto assomigliare ad un bimbo capriccioso.
“Se
vuoi un abbraccio te lo do io”. Gli rispose la
voce di Victoire piuttosto sensualmente
John
si voltò trovandosi davanti la ragazza
appoggiata allo stipite della porta in modo inconsapevolmente
provocante, la
maglietta a metterle in risalto il seno e i capelli biondi e
lunghissimi che le
scendevano sulle spalle.
“Oh
Vicky… ma da te vorrei qualcos’altro”.
La
provocò lui, facendole un occhiolino malizioso.
“Maniaco”.
Sbuffò la ragazza alzando gli occhi al
cielo.
In
quel momento entrò anche una Lily piuttosto
trafelata e preoccupata che passò lo sguardo su tutti i
presenti a mo’ di sonda
radar.
“James!
Harry!” esclamò lanciandosi sul figlio e
stritolandolo in un abbraccio molto simile a quello della Signora
Weasley. Il
poveretto si trovò a soffocare tra le sue braccia,
preoccupato anche che non
gli incrinasse qualche costola.
Per fortuna, però, la donna, constatato che stava bene, lo
lasciò andare per
dedicarsi al marito.
“Ragazzi!”
A
quell’esclamazione, o meglio, urlo, tutti si
voltarono di nuovo verso la porta per trovarvi una furente Molly
Weasley che se
ne stava in piedi in tutta la sua misera altezza, anche se in quel
momento
sembrava decisamente più alta e maestosa, con le gambe
divaricate e le mani sui
fianchi.
Era,
senza alcuna ombra di dubbio, molto arrabbiata.
“Che
diavolo vi è saltato in mente?!” chiese,
sillabando bene ogni parola.
“Ma
perché guarda me?” borbottò JamesRemus,
sentendosi in soggezione visto che le stava davanti
e che la signora sembrava stesse guardando
solo lui, come se fosse soltanto colpa sua.
“Mi
stavo riferendo a tutti voi. Però ho come
l’impressione che sei tu il fautore della vostra
fuga”.
“Ehi!
Non è vero!”
Effettivamente,
non era vero. Certo, JamesRemus aveva
proposto di scappare dalla casa per andare ad aiutare gli altri a
Malfoy Manor,
ma era stato Joel a trovare un buon piano, con la collaborazione di
tutti gli
altri.
Non avrebbe mai costretto i suoi amici a mettersi in pericolo e ad
andare nel
covo dei Mangiamorte. Diciamo che quello era un patto che avevano
stipulato
quando praticamente avevano imparato a padroneggiare una bacchetta: se
c’era da
combattere, o lo facevano tutti oppure nessuno.
Non era un patto scritto e nemmeno orale, anzi, non l’avevano
proprio mai
espresso ad alta voce, ma… era qualcosa che ciascuno di loro
sentiva di dover
fare.
Sempre
insieme, nel bene e nel male.
A
distrarli da tutte quelle inutili chiacchiere fu
Frank che, schiacciato contro il muro infondo e ancora abbracciato ad
Alice,
tossicchiò per attirare l’attenzione. Aveva un
terribile male al fianco ferito,
per non parlare, poi, che nemmeno il resto del suo corpo era conciato
tanto bene.
“Alice!”
esclamò Lily, non appena vide l’amica che,
però, non aveva affatto una bella cera.
“Oh
cielo! Li avete trovati!” aggiunse la Signora
Weasley, portando le mani alla faccia, completamente dimentica della
ramanzina
che voleva fare ai ragazzi. “Non c’è
tempo da perdere. Dovete farvi controllare
le ferite. Sciò sciò!” e
così facendo, cercò di cacciare via tutti fuori
dalla
cucina.
Il
primo a lasciare la stanza fu Charlie ma, non
appena varcò la soglia, si dovette appoggiare con una mano
al muro, vedendo
improvvisamente la stanza girare e sentendo una sensazione di nausea
che gli
saliva dallo stomaco.
Anche le gambe gli cedettero e, se non fosse stato per i riflessi
pronti di
Joel che riuscì ad afferrarlo al volo prima che cadesse a
terra, si sarebbe
spiaccicato al suolo.
“Merlino!”
“Oh
cazzo!”
In
men che non si dica, John gli si inginocchiò
accanto e riuscì a farlo rinvenire. Il poveretto,
però, sembrava piuttosto
confuso e non perfettamente lucido.
“Ehi,
Tappo! Non morirmi tra le braccia che se no ti
stacco le palle!” lo avvisò il biondino con finta
voce severa, ma era
chiaramente un modo per fare dell’ironia e scacciare la
tensione.
“Merda,
Charlie! L’iniezione la dovevi prendere
un’ora fa!” esclamò Jolie controllando
l’orologio.
Ad
un altro ordine della Signora Weasley, finalmente
tutti lasciarono la stanza per dirigersi ai piani superiori.
Gli
unici a rimanere lì furono Ariel e Draco.
Quest’ultimo sbuffò di stanchezza e probabilmente
anche di frustrazione,
lasciandosi cadere su una sedia.
“Stupidi
Grifondoro isterici del cazzo!” borbottò
tra sé e sé.
“Qualcosa
che non va, Malfoy?” gli chiese Ariel
facendo finta di non aver sentito il suo commento acido.
“E
a te che frega, ragazzina?”
“Be’,
mi dispiacerebbe se stessi male”.
“Sì,
certo. Raccontala a qualcun altro”.
“Guarda
che c’è qualcuno a cui importa della tua
salute”.
La
ragazza si avvicinò alla porta, ma prima di
uscire, gli lanciò un’occhiata eloquente. Alla
fine se ne andò via sculettando,
lasciando Draco ad osservarla con uno sguardo indecifrabile.
“Fratellino!”
esclamò JamesRemus, appoggiato allo stipite
della porta chiusa del bagno.
Joel
si voltò per incontrare la figura spavalda del
fratello che lo osservava con i suoi penetranti occhi color ghiaccio.
Doveva confessare
che a volte sapevano inquietarlo, quegli occhi, lui era
l’unico ad aver ereditato
esattamente gli occhi del padre. Anzi, praticamente aveva ereditato
tutto dal
padre, poteva dirsi un vero Black, se non fosse stato un Grifondoro,
ovviamente.
Joel
gli si avvicinò e James gli circondò le spalle
con un braccio, facendo cozzare i loro fianchi.
“Tutto
bene quel che finisce bene”. disse, mostrando
il suo solito sorriso malandrino.
“Ancora
una volta”. Sospirò l’altro,
appoggiandosi
completamente alla parete e al fratello e chiudendo gli occhi.
“Dai,
ammettilo: siamo meglio di Chuck Norris”.
“Io
sicuramente sì”.
“Eheh,
modesto”.
Il
moretto gli scompigliò i capelli, per poi
mollargli un pugno scherzoso sul braccio.
I due fratelli vennero interrotti da un fischiettio piuttosto allegro e
qualcuno che saltellava sulle scale.
“Oh
ciao, ragazzi!” li salutò Ariel, non appena li
vide, tutta pimpante.
“Che
bello vederti di nuovo allegra, Lassie”. Le disse
James, con un tono talmente spontaneo che sembrava avesse solo detto
che aveva
fame.
La sorella gli fece una boccaccia, infastidita. Non le piaceva quando
le si
dicevano cose del genere, cose così melense e dolci, che
mettevano troppo in
risalto i suoi sentimenti.
Però
era vero. L’ottimismo e l’allegria di Ariel
erano duri da buttare giù, l’unica volta che si
era veramente depressa è stato
quando avevano perso il padre. Aveva praticamente smesso di parlare, di
mangiare
e persino di cantare. Il brutto era, però, che non aveva
nemmeno pianto.
E invece adesso… da quando erano lì…
Quel
viaggio nel
passato è stato piuttosto positivo, non solo per la missione
che dovevano
compiere per salvare il Mondo Magico, ma anche per loro, per il loro
spirito
distrutto.
Ragazzi,
ma io che devo fare per avere da voi qualche
recensione in più? No, ditemelo, perché oltre a
dirvi che non dovete avere
paura né vergognarvi, non so che altro fare. Vi minaccio di
mandarvi a casa
Bellatrix? Oppure vi devo mandare un pacco regalo a casa con James e
John
completamente nudi? Anzi, forse i maschietti preferirebbero Ariel e
Victoire ^^
Ok,
a parte gli scherzi… sono contenta di ricevere quelle
che ricevo, anche se sono i soliti quattro gatti (non per dire niente
contro di
voi, lo sapete quanto sono felice di leggere le vostre recensioni),
però mi
piacerebbe leggere qualche nome nuovo. Voglio sapere le vostre
opinioni, che
cosa ne pensate, datemi anche dei consigli, forse
c’è qualcosa che non vi piace
o vorreste che migliorassi qualcosa. O magari preferireste che
dedicassi più
parole per qualche personaggio che vi piace.
Ditemi, fatevi sentire.
Non penso vi porti via molto tempo.
Potete
anche trovarmi su Facebook, su Milly’s Space. (http://www.facebook.com/MillysSpace)
Se
volete, lasciatemi lì i commenti oppure potete anche
pubblicare qualcosa di relativo alle fanfiction, alle mie storie.
Oppure,
solamente salutarmi, scambiare quattro chiacchiere ^^.
Vi aspetto.
Ultima
cosa prima di andar via… l’ho già
scritto nell’altra
fic, ma lo dico anche qua, non si sa mai: vado via per due settimane in
un
posto in cui non penso di trovare connessione, quindi non
potrò aggiornare. Ma spero
di riuscire a farlo appena tornata.
Bene,
ora ho veramente finito.
Un
bacio a tutti e mi raccomando… RECENSITE!!
Kiss,
M.
PUFFOLA_LILY:
carissima ^^ che bello, una delle mie lettrici e recensitrici
più fedeli J
adoro le tue recensioni,
soprattutto quando mi fai i complimenti ^^ Grazie mille, cara. Spero di
non
deluderti. Un bacione e *si arma fino ai denti per accompagnarla a
uccidere
Dolohov* a presto, Milly.
STEFANMN:
sono proprio contenta che i pg ti piacciano… io li adoro ^^
be’, il discorso
sul Milly’s Space vale anche per te u.u se hai qualcosa di
relativo alle fanfic
o alle mie storie da pubblicare e da far sapere anche agli altri, fallo
pure…
bacioni, M.
JULIET
ANDREA BLACK:
le tue recensioni sono uniche al mondo,
Juls u.u però ora non montarti la testa…
comunque, non sarai mai una scrittrice
migliore di me, sappilo *le punta il dito indice contro con fare da
maestrina*.
Però, puoi sempre imparare ^^ comunque, non ti preoccupare,
penso che nel
prossimo capitolo arriverà la bellissima e famosissima
Noelle, cantante latino
americana che ha rubato il cuore al nostro adorato Sirius ^^.
Alla prossima, bacioni. M.
FEDE15498:
anche io ho cominciato ad amare lo yaoi grazie a John e Charlie e
adesso sono
praticamente una yaoista sfegatata ^^ se c’è
qualcosa di molto yaoioso sta
sicura che io non me lo perdo *pensa a quel telefilm che sta vedendo e
si ecci…*
ehm, andiamo avanti ^^ tuo fratello è karateka? Allora
è meglio che insegni
qualche mossa a Tappo così impara a difendersi dai maniaci
che vogliono
stuprarlo…
P.S.
ma sei una secchioncella ^^ woooow, brava. Complimenti.
|
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Capitolo 33 *** Capitolo trentadue ***
CAPITOLO
TRENTADUE
Finalmente
un pomeriggio rilassante.
JamesRemus
se ne stava sprofondato nella sua
poltrona con la chitarra in mano a pizzicare qualche corda, cercando,
probabilmente, di improvvisare una nuova canzone, Joel seduto per terra
con uno
dei suoi soliti manga e in bocca delle tic tac, Teddy buttato sul
divano a
sonnecchiare e tutti gli altri da qualche parte in giro per la casa.
In
quel momento, sopraggiunse Ariel che si guardò un
attimo attorno prima di rivolgere la sua attenzione alla radio, su cui
stavano
trasmettendo una canzone che sembrava averla attirata.
Intimò
al fratello di fare silenzio e alzò il
volume.
Y
un dia despuès
De la tormenta
Cuando menos piensas sale el sol
De tanto sumar
Pierdes la cuenta
Porque uno y uno no siempre son dos
Cuando menos piensas
Sale el sol
Cuando menos piensas
Sale el sol
Y un día después
De la tormenta
Cuando menos piensas sale el sol
De tanto sumar
Pierdes la cuenta
Porque uno y uno no siempre son dos
“E’
la canzone della mamma”. Constatò James, lasciando
che un sorriso gli
addolcisse le labbra.
Y
un día después
y un día después
Sale el sol
Y un día después
De la tormenta
Cuando menos piensas sale el sol
De tanto sumar
Pierdes la cuenta
Porque uno y uno no siempre son dos
Cuando menos piensas
Sale el sol...
Il
nuovo emozionante singolo della bellissima e bravissima Noelle, la
cantante
latino-americana famosa in tutto il mondo!
Pronunciò
lo speaker con voce allegra e
perfettamente udibile.
Puoi
ben dirlo, Ben. Noelle è famosa sia nel mondo magico che
babbano. Mi emoziono
sempre quando la sento cantare.
Aggiunse
l’altro, anche lui con vivacità.
Oltretutto
ci giunge notizia che si è appena lasciata col suo
fidanzato, il modello di
Playboy Victor Kummer.
Eh
sì, una relazione durata ben due anni. Bene, ora che
è tornata di nuovo
disponibile mi faccio avanti io. Una donna attraente come lei non va
lasciata
sola.
Mi
sa che ti dovrai mettere in fila, Tim.
I
due speaker scoppiarono a ridere, prima di mandare
un’altra canzone.
Sirius,
che se ne stava appoggiato allo stipite
della porta, senza farsi vedere da nessuno, abbassò lo
sguardo
malinconicamente.
Noelle, Martha. La sua Martha. La sua Pequena
Sunshine.
Quando
sarebbe arrivata? E, soprattutto, che avrebbe
dovuto fare lui una volta che l’avesse rivista?
Non ne aveva la più pallida idea. La relazione con Martha
era stata una delle
più belle che avesse avuto, per non dire forse
l’unica, ma anche una delle più
sofferte.
E se lei non avesse più voluto amarlo?
Però…
loro erano destinati a stare insieme. Aveva
lì, proprio davanti a sé, delle prove concrete,
tre figli erano più che
sufficienti per far capire che lui e Martha non sarebbero stati dei
completi
estranei.
Solo che… i ragazzi non gli avevano detto come lui e la loro
madre si erano
incontrati, né come si fossero di nuovo innamorati. Forse
non c’entrava niente
l’amore, forse…
In
fondo, era passato così tanto tempo. Lui era
cambiato, non era più il ragazzo di una volta, almeno
fisicamente. O meglio, di
certo non era come quel Victor Kummer, ma non era messo male nemmeno
lui, era
riuscito a recuperare il suo tono fisico almeno in parte.
E
lei? Lei sicuramente era rimasta bella come
sempre, come un piccolo raggio di sole che nemmeno le nubi
più grigie possono
abbattere, con un perenne sorriso sulle labbra.
John
socchiuse leggermente la porta della camera da
letto e diede una sbirciatina dentro: Charlie se ne stava sdraiato sul
letto,
coricato su un fianco, le gambe piegate fin quasi al petto e le mani
nascoste
sotto al cuscino, come se volesse chiudersi a riccio. Sembrava
piuttosto
tranquillo, teneva pure gli occhi chiusi, forse dormiva.
John,
però, sapeva che non stava dormendo. Tappo non
dormiva così, non in quella posizione.
Entrò
nella stanza e richiuse la porta dietro di sé
lasciandola cigolare, in modo che annunciasse il suo arrivo. Ma il
ragazzo
steso sul letto non ebbe alcuna reazione. Continuava a respirare
tranquillo e a
tenere gli occhi serrati.
L’amico
si sedette vicino a lui e poggiò una mano
sul suo braccio. Charlie, però, si mosse come se fosse
appena stato scottato e
si richiuse ancora di più su se stesso portando le ginocchia
al petto e
affondando il viso nel cuscino.
“Tappo”.
Lo chiamò, allora, John, riuscendo,
finalmente, a capire che cosa avesse avuto Charlie in quei tre giorni
che
sembrava preferire passare le giornate nell’isolamento della
sua stanza.
L’aveva già sospettato, ma la reazione del moro
gli aveva dato la conferma.
“Charlie”.
Riprovò, questa volta più deciso.
“Vattene,
John”. Gli rispose l’altro, la voce
soffocata dalla stoffa del cuscino.
“Me
ne andrò se anche tu uscirai da questa stanza”.
Lo
sentì solo sospirare, forse rassegnato, ma non
gli disse più niente. John provò di nuovo a
poggiargli una mano sul braccio e,
vedendo che lo lasciava fare, prese ad accarezzarlo, pensando a come
poteva
avere un contatto maggiore.
“Posso
abbracciarti?”
“E
perché dovresti abbracciarmi?”
“Perché
mi piace abbracciarti”.
Il
moro non rispose e John avrebbe almeno voluto
vedere la sua faccia, così che avrebbe potuto capire
qualcosa dalla sua
espressione. Ma comunque prese il suo silenzio per un consenso.
D’altronde, chi
tace acconsente.
Così,
si sdraiò meglio sul letto e, con la sola
forza delle braccia, lo afferrò e se lo coricò
addosso, adagiandolo sopra di
sé.
Charlie sgranò gli occhi e arrossì.
“Ma
che stai facendo?”
“Ti
abbraccio”.
“Ma
guarda che peso”.
John
ridacchiò. “Figurati, piccolo come sei
riuscirei a portarti in braccio da qui all’altra parte della
città”.
Charlie
assunse un’espressione contrariata per
quella presa in giro ma, contrariamente a ciò che John si
era aspettato, si
rilassò tra le sue braccia, poggiando la testa sul suo petto
e lasciandosi
cullare dalle forti braccia di John che aveva preso ad accarezzarlo
delicatamente sulla schiena e dal battito del suo cuore.
Restarono
in silenzio per un paio di minuti, finché
John non sbottò di nuovo.
“Dovresti
parlarne”.
“E
di cosa?”
“Lo
sai benissimo, di cosa”.
Charlie
sospirò stancamente, poi alzò lo sguardo in
direzione dell’amico. “Io non…
io…”.
John aveva ragione, doveva parlarne con qualcuno, sfogarsi. Ma il fatto
era
che… non ne aveva il coraggio. Già si sentiva una
merda così, si sentiva ferito
nell’orgoglio e parlarne con qualcuno avrebbe significato
ammetterlo, mostrarsi
ancora più debole di quanto già non fosse.
“Ho
avuto paura, John”. Sussurrò infine, abbassando
lo sguardo a contare le pieghe della camicia di John. “Se tu
non fossi
arrivato, lui mi avrebbe… mi avrebbe
sicuramente…”. Non riusciva a concludere
la frase, non riusciva nemmeno a pensare al fatto che, se Paciock non
fosse
arrivato in suo soccorso, il Mangiamorte l’avrebbe
sicuramente violentato.
Quando aveva visto l’amico entrare e precipitarsi su di lui,
si era sentito
immensamente sollevato, ma allo stesso tempo avrebbe voluto sprofondare
perché
era stato proprio John a trovarlo in quelle condizioni, con i pantaloni
slacciati, la camicia aperta, in lacrime e tremante.
Avrebbe preferito che fosse stato qualcun altro a trovarlo. E invece
era stato
John, come sempre, John c’era sempre nei momenti in cui ne
aveva bisogno, nei
momenti in cui si sentiva debole e vulnerabile.
E questo un po’ gli dava fastidio. Anche perché
John era terribilmente dolce in
quei momenti, riusciva sempre a consolarlo. Quasi quasi, preferiva
piuttosto il
suo lato bastardo.
“Lo
so”. Gli rispose Paciock, parlandogli in tono
rassicurante e gentile e facendogli di nuovo abbassare il capo sul suo
petto,
quando vide che due lacrime gli avevano solcato le guance.
“Ma questo non fa di
te certamente un debole. Chiunque si sarebbe spaventato trovandosi in
quella
situazione”.
Charlie non fu del tutto d’accordo: qualcosa gli diceva che
se John o anche
James si fossero trovati legati al letto con un pedofilo sopra di loro,
avrebbero sicuramente trovato un modo per scappare.
“Cerca di non pensarci più. Ormai è
passato e la prossima volta che troviamo
Dolohov ti lascerò prenderlo a calci nelle palle talmente
forte che se le vorrà
staccare”.
Persino
Charlie ridacchiò contro la sua camicia tra
i singhiozzi che non riusciva più a calmare.
John lo lasciò sfogare, perché era proprio
ciò di cui l’amico aveva bisogno. Ma
odiava vederlo soffrire così. Aveva sviluppato uno strano
senso di protezione
nei confronti di Charlie e non capiva perché. Era un
po’ il suo cucciolo da
difendere.
Uno
strano pensiero gli attraversò la mente, ma lo
scacciò via subito.
Ma
no… era certo che si sarebbe comportato allo
stesso modo anche se si fosse trattato di qualcun altro dei suoi amici.
“Ragazzi!
Guardate chi vi ho portato!” la voce
squillante di Dora attraversò tutto il corridoio
d’ingresso per giungere in
cucina, dove i presenti alzarono lo sguardo incuriositi.
La
ragazza comparve sulla soglia della porta, ma non
era sola: accanto a lei, una specie di modella da riviste maschili
faceva bella
mostra di sé. Era alta, anche se una parte della sua statura
era compensata
dagli stivali col tacco, aveva lunghi capelli biondi che le scendevano
fino
alle spalle in morbide curve e che le incorniciavano un viso ovale
perfetto,
sul quale spiccavano due grandi occhi castani e due labbra morbide e
carnose.
La pelle maculata non sembrava essere semplicemente abbronzata, molto
probabilmente era il vero colore della sua pelle. I vestiti, poi,
sembravano lì
solo per abbellire più che coprire e la gonna corta le
metteva perfettamente in
risalto i fianchi alla Marilyn Monroe.
“In
realtà io volevo solo qualcuno che mi aiutasse a
riparare la moto. Si è fermata e non parte
più”. disse la sconosciuta per
togliersi un po’ dall’imbarazzo che le creavano
tutti quegli occhi puntati su
di lei. “Ma questa ragazza mi ha trascinata qui”.
Ed indicò Dora accanto a lei.
“Martha!”
esclamò Remus quando finalmente capì
perché quella tipa gli sembrava così familiare.
L’ultima volta che l’aveva
vista era stato parecchi anni fa e doveva dire che era cambiata molto.
Merlino,
se era cambiata.
“Remus?!”
“Oh
Merlino! Martha!”
La
ragazza si voltò verso l’altra voce maschile che
l’aveva chiamata e sgranò gli occhi riconoscendo
le due persone che la
guardavano.
“James!?
Lily?!”
“Martha!”
(“Milly!”
^^ NdM. “Ciuchino!” NdC ^^).
“Martha!”
Questa
volta la ragazza si sentì chiamare da dietro
le spalle, da una voce che non le era completamente nuova, ma che,
anzi, le
creò qualche brivido lungo la schiena.
“Sirius”.
Sussurrò,
voltandosi con sguardo sorpreso.
Rieccomi,
dopo un lungo periodo di riposo…
Be’
dai, che dire… finalmente un po’ di calma per i
nostri ragazzi. E avete visto che è comparsa finalmente
anche la signora Black?
^^
Ma poi… quanto dolcini sono John e Charlie? <3
ihihihi. Anche se Tappo
comincia a darmi l’idea di essere un ragazzo problematico e
un po’ depresso.
Charlie:
guarda che sei stata tu a farmi così.
Milly:
Shhhhhh u.u
Bene,
non mi trattengo per molto, non voglio rompervi
troppo le scatole. Vorrei sentire le vostre opinioni, ma ormai ho
rinunciato a
cercare di convincervi -.-‘’ *sospira*.
JamesRemus:
che ci puoi fare? A nessuno piace la tua fic,
perciò non crucciarti troppo u.u
Milly:
ma cosa stai blaterando? E che ne dici di tutti
quelli che mi seguono? u.u
James:
lo fanno solo perché ci sono io u.u
Milly:
modesto -.-‘’
John:
e perché ci sono io ^^
Milly:
vabbè… alla prossima ragazzi, kissssss :*
STEFANMN:
non farmi male, ti prego, sono ancora pur sempre la tua migliore amica
nonché la
tua scrittrice preferita ^^ e vedrai che Tappo si riprenderà
: D a presto,
besos :*
PUFFOLA_LILY:
eh
sì, anche a me piacciono molto i tre fratelli Black, io li
vedo molto uniti,
anche se ogni tanto bisticciano si vogliono un bene
dell’anima. E poi James è
molto protettivo nei loro confronti, ma questo forse lo vedrai
più avanti. Mi spiace
di averti fatta attendere molto, ma spero che ne sia valsa la pena. A
presto,
baci. Milly.
FEDE15498:
*prepara il pacco regalo con James e John* ehilà : D la mia
piccola cara Fede
^^ comunque, nemmeno a me piace tantissimo studiare, però
diciamo che non è una
cosa che odio (finché non si tratta della matematica -.-) e
sì, non ho problemi
nemmeno io a impararmi certe cose
a
memoria ^^ spero di risentirti presto, un bacio. M.
P.S.
quasi dimenticavo: la canzone che i ragazzi
ascoltano alla radio è Sale el Sol di Shakira. Sulla mia
pagina Facebook vi
metto il video se volete vederlo e vi rinnovo l’invito a
mettere mi piace.
P.P.S.
già che ci siete, fatemi gli auguri ^^ mercoledì
ho compiuto diciotto anni ^^ ehehehehe : D
|
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Capitolo 34 *** Capitolo trentatrè ***
CAPITOLO
TRENTATRE
Da
quando Martha si era seduta a tavola per cenare
con i suoi vecchi amici ritrovati e con quelli nuovi appena conosciuti,
tutti i
presenti non avevano fatto altro che sbavarle davanti o guardarla con
curiosità.
Chi perché la conosceva e la adorava per la sua fama come
cantante latino
americana conosciuta in tutto il mondo magico e chi, semplicemente, per
la sua
bellezza. Infatti, nonostante avesse già poco più
di trent’anni, era ancora
molto bella e di anni ne dimostrava una decina in meno.
I
figli Weasley non le avevano praticamente tolto
gli occhi di dosso, specialmente Ron e i gemelli. Non potevano crederci
di
avere davanti, seduta alla loro tavola, una persona così
famosa.
Altro che il ministro del mondo magico!!
“Allora,
Martha? Che cosa hai fatto in tutto questo
tempo?” chiese improvvisamente Malocchio Moody, in tono
gentile.
Tutto d’un colpo, quella sera, era diventato dolce e
simpatico, pure il suo
solito cipiglio duro e impenetrabile si era sciolto per lasciare spazio
ad
un’espressione serena e cordiale. Un effetto dovuto
sicuramente al ritorno della
nipote che non vedeva da un sacco di tempo.
“Oh
be’, sono stata parecchio in giro per il mondo.
Sapete, i concerti, la musica…”.
“E’
vero che ti sei lasciata con quel modello? Come
si chiamava? Victor Kummer?” sbottò,
improvvisamente, uno dei gemelli,
interrompendola.
“Oh
sì, be’… non andavamo molto
d’accordo”. Rispose
lei gentilmente, ma subito abbassò lo sguardo e si morse il
labbro. Gesto che
non sfuggì a Sirius che la conosceva bene e sapeva che cosa
significava.
“Ma
il tuo vero nome qual è? Martha o Noelle?
Scusami, ma ancora non ho ben capito”. Questa volta fu il
Signor Weasley a
parlare. Anche lui sembrava parecchio attratto dalla cantante.
Lei,
allora, gli fece un sorriso, contenta che non
le si chiedesse qualcosa sulla sua vita privata. “Il mio vero
nome è Martha
Martinez. Noelle è soltanto un nome d’arte. Gli
amici mi chiamano Martha”.
“Non
capisco, però, questo vizio di cambiare nome
quando si diventa una persona famosa. Insomma, alle persone non piace
il
proprio nome?”
“Sa,
signor Weasley”. Cominciò a spiegare lei,
allora, molto pazientemente. “Non si tratta di un vizio, a
volte è una cosa di
convenienza. Può capitare che il nome vero di una persona
non attiri il
pubblico, insomma, chi ascolterebbe un cantante che si chiama Reginald
Dwayer,
per esempio. Invece, Elton John attira molto di più. Noelle
lo ha scelto il mio
produttore discografico perché ha detto che Martha Martinez
non significa
molto, è un nome piuttosto anonimo.
Guardi, per esempio, anche Marilyn Monroe…”.
“Marilyn
chi?”
“Marilyn
Monroe! Oh be’, lasciamo perdere”.
“No,
dimmi di Marilyn”. La pregò, allora, Hermione
che era parecchio interessata al suo discorso. Non era una sua fan,
l’aveva
soltanto sentita nominare qualche volta, però le sembrava
una brava persona. E
anche una brava cantante, per quel poco che aveva sentito delle sue
canzoni.
“Il
vero nome di Marilyn era Norma Jeane”. Continuò
perciò la cantante, contenta di potersi distrarre un
po’, anche se con discorsi
inutili. “Ma chi mai l’avrebbe caga…
ehm… badata se avesse mantenuto quel nome.
Così è passata alla storia come Marilyn
Monroe”.
Quando
concluse il discorso, abbassò lo sguardo di
nuovo imbarazzata. Non le era mai capitato di sentirsi così,
era più agitata
che durante un’intervista o un concerto, il cuore le batteva
a mille e sentiva
i brividi di caldo.
E tutto perché, odiava ammetterlo, c’era Sirius a
poca distanza da lei che
continuava a guardarla. Anche a lei ogni tanto l’occhio
cadeva su di lui, ma
subito lo scostava. Se avesse tentato di guardarlo, troppi ricordi le
sarebbero
tornati a galla, ricordi belli, certo, ma allo stesso tempo dolorosi.
Inoltre,
i suoi occhi puntati su di lei la mettevano
un po’ in soggezione. Gli occhi grigi di Sirius
l’avevano sempre messa in
soggezione, sapevano incantarla, ma anche spaventarla a volte, come se
guardasse dentro un pozzo di acqua ghiacciata. E le erano sempre
piaciuti
quegli occhi, proprio per questo.
Sirius
era anche l’unico a essere rimasto in
silenzio, oltre ad alcuni ragazzini che la guardavano in modo strano e
che le
sembravano avere un che di familiare, e il non sapere che cosa stesse
pensando
le dava ancora di più sui nervi.
“Ma
è vero che uno dei tuoi video lo hanno censurato
perché ti masturbavi?” chiese di nuovo uno dei
gemelli.
“Fred!”
lo sgridò la signora Weasley, dandogli una
pacca sulla testa per la sua insolenza, ma Martha scoppiò a
ridere.
“Oh
no, caro. Si dicono tante cose sul mio conto, ma
poche di queste sono vere. Hanno persino detto che ho avuto una tresca
con
l’attuale presidente degli Stati Uniti, ma… oddio!
Chi se lo scoperebbe quel
vecchio?!”
E
tutti scoppiarono a ridere divertiti.
Martha
sembrava una ragazza abbastanza allegra,
parlava senza problemi di qualsiasi cosa, non si scomponeva e sapeva
come
attrarre l’attenzione.
Almeno
così pareva agli altri.
Ma,
molto spesso, le persone nascondono molto di
più.
Non
riusciva a dormire quella notte, ma non era una
novità. Era capitato più volte che soffrisse di
insonnia.
Se
ne stava seduta su una delle comode poltrone di
Grimmauld Place, accanto al caminetto accesso, a rigirarsi una vecchia
fotografia tra le dita.
C’era
una tale confusione nella sua testa che non
sapeva da che parte iniziare per mettere un po’ di ordine.
Così aveva lasciato
perdere e stava provando a svuotare del tutto la mente.
Un
rumore dietro le spalle la riscosse e, girandosi,
vide Sirius appoggiato allo stipite della porta.
“Nemmeno
tu riesci a dormire?” gli chiese, tornando
a guardare davanti.
“La
mia mente non riesce a smettere di pensare”. Le
rispose lui, avvicinandosi con passo felpato.
Lei
annuì e non gli badò nemmeno quando le si
sedette di fronte.
“Vedo
che hai ancora quella foto”. Aggiunse, notando
la piccola fotografia che la ragazza teneva in mano.
“Non
potrei mai separarmene”.
Era
una foto piuttosto vecchia e consunta, ancora in
bianco e nero, ma Martha teneva a quella più che a qualsiasi
altra cosa.
Rappresentava lei quando aveva più o meno quattro anni,
abbracciata a sua
madre.
“Le
somigli molto, lo sai?” fece Sirius, guardandola
dolcemente.
“Me
lo hai detto un sacco di volte”.
Si,
Sirius glielo ripeteva praticamente sempre. Ma
questo era stato circa quindici anni fa, quando le cose erano un
po’ diverse e
quando non era successo niente di tutto quello.
Adesso,
invece… be’, adesso erano cambiate un bel
po’ di cose, loro prima di tutto. Lei non era più
la piccola e spavalda
ragazzina che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, non
era la
piccola Sunshine, come a Sirius piaceva sempre chiamarla e lui non era
più il
latin lover amato e sognato da tutte le ragazze che lo incrociavano.
Ma
non era questo il punto.
Il
punto era che… non sapevano nemmeno loro qual era
il punto.
“Sai,
Martha… ho pensato spesso a te”.
Sì,
anche lei aveva pensato spesso a lui, un po’
troppo forse… anche quando credeva di aver smesso, quando
credeva di aver
versato tutte le lacrime che possedeva per lui, quando lo aveva
maledetto e
odiato abbastanza per quello che le aveva fatto, anche allora un
barlume del
suo ricordo continuava a riaffiorarle.
A
Londra ci tornava sempre malvolentieri e solo per
i concerti, non voleva mai fermarsi un attimo di più.
Almeno
fino a quel momento, fino a quando, del tutto
per caso, seduta in un bar, non aveva letto sul giornale che Sirius
Black era
stato scagionato. E allora, una vocina, la stessa vocina che quella
sera le
aveva consigliato di restare a dormire lì, le aveva detto
che doveva rimanere
un po’ di più a Londra. Eppure, non aveva mai
creduto che un giorno lo avrebbe
incontrato di nuovo.
Ma quello stesso giornale le aveva anche fatto sorgere un milione di
domande e
di dubbi. Avrebbe voluto dei chiarimenti, avrebbe voluto capire tante
cose, ma
in quel momento… forse doveva capire prima che cosa provava
lei.
Sirius
era stato l’amore della sua vita.
Questo,
almeno, era quello che aveva creduto una
ragazzina di quindici anni.
Ma,
in fondo, come poteva essere altrimenti se per
lui avrebbe fatto qualsiasi cosa e se sapevano tutto l’uno
dell’altra.
Lui
sapeva benissimo chi era quella donna nella
foto, per questo le diceva sempre che le somigliava tanto,
perché sapeva che a
lei piaceva sentirlo.
Lui sapeva che vita tormentata e difficile avesse avuto sua madre.
Pandora
Moody non era mai stata felice, né da bambina, né
da adolescente, almeno fino a
quando non aveva terminato Hogwarts. Allora aveva conosciuto un ragazzo
colombiano che, agli occhi della sua giovane età, le era
sembrato il ragazzo
perfetto.
I genitori, naturalmente, non approvavano, ma lei finalmente aveva
trovato un
motivo per essere felice, un motivo per combattere ed opporsi agli
ostacoli
della vita.
Quando
era rimasta incinta di Martha il ragazzo
l’aveva persino convinta a scappare in Colombia con lui,
promettendole tutto.
Ma
le cose, ovviamente, non erano andate così.
Sarebbe stato troppo bello.
Solo
poco tempo dopo, lui l’aveva tradita con molte
altre donne e Pandora si era sentita morire dentro. Era sempre stata
una
ragazza fragile e, senza l’aiuto dei genitori,
faticò a riprendersi.
Anzi, non si riprese affatto.
Quando Martha compì cinque anni, Pandora prese delle
pasticche e decise di
porre fine alla sua misera vita.
Al fidanzato non importava niente della bambina, così lei
tornò in Inghilterra
e crebbe con lo zio Alastor che la trattò come fosse figlia
sua.
E
la crebbe anche piuttosto bene.
Ma
le sofferenze della madre, in un certo senso, non
avevano risparmiato nemmeno la figlia. Però questa era
un’altra lunga e
struggente storia.
“Sirius,
ci sono delle cose molto difficili da
rimettere a posto con delle semplici parole”.
Si
alzò dalla poltrona e decise di tornare nella
propria stanza.
Aveva
delle domande da fare a Sirius, molte domande,
ma… non era quello il momento giusto.
Comunque
stavano le
cose, niente sarebbe più tornato come prima.
MILLY’S
SPACE
Buooooonasera!!
Eh, ormai sono diventata una creatura
notturna, sembra che trovi tempo per fare le cose solo di notte. Questo
succede
quando si dorme fino a mezzogiorno.
Allora,
come state? Pronti a tornare a scuola o a
qualsiasi occupazione abbiate? O forse avete già iniziato?
Be’,
non importa… fatevi sentire comunque, lasciatemi
qualche recensione. Io non sono molto soddisfatta di questo capitolo se
devo
essere franca, però conta di più la vostra
opinione quindi un paio di paroline
possono bastare come commento ^^.
Non
vi tratterrò per molto, voglio solo informarvi che,
per quelli che non l’avessero notato, ho pubblicato altre due
fanfic: una è di
Harry Potter (il sequel di S.Potter), si intitola Welcome
to my silly life e l’altra è originale
(yaoi), You are my sunshine.
Mi piacerebbe che ci
deste un’occhiata.
Inoltre, vi invito ancora a mettere mi piace alla mia pagina Fb:
http://www.facebook.com/MillysSpace
Credo
sia tutto per ora…
E
vi ricordo
ancora……………
RECENSITE!!!!
Grazie
e buonanotte a tutti : )
Dalla
vostra fedelissima Millyray.
P.S.
quasi dimenticavo… volevo fare una piccola
precisazione, ma forse lo sapete già. Norma Jeane e Reginald
Dwyer sono i veri
nomi di Marilyn Monroe ed Elton John… e io li apprezzo molto
entrambi. ^^
|
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Capitolo 35 *** Capitolo trenquattro ***
CAPITOLO TRENTAQUATTRO
Martha
sospirò pesantemente e appoggiò le mani al
davanzale della finestra, sostenendo con esse buona parte del corpo.
Rimase a
fissare con sguardo vacuo il paesaggio nebbioso che si presentava fuori
dalla
finestra, mentre alcune piccole gocce di pioggia scendevano lungo i
vetri.
Sirius,
dietro di lei, si appoggiò al bordo del
letto e abbassò il capo lasciando che alcuni riccioli scuri
gli cadessero
davanti agli occhi.
“Ascolta,
Sirius”. Sbottò ad un tratto la donna,
parlando con tono molto più tranquillo rispetto a quello che
aveva usato fino a
poco fa. Ma sembrava fare parecchia fatica nel dire quelle parole. “Io… io
non sono convinta che sia una buona
idea. Forse non ti è ancora del tutto chiaro quello che
provi per me. Ma in
ogni caso, io non mi sento pronta… forse un giorno o forse
no, non voglio darti
false speranze”.
Era
rimasta a fissare la finestra, senza girarsi,
così Sirius, rialzando lo sguardo nella sua direzione, si
trovò a osservare la
sua schiena leggermente piegata, desiderando solo poterle circondare di
nuovo i
fianchi come faceva una volta.
“Non
puoi dire questo. Io sono sicuro di quello che
provo”. Rispose lui con voce profonda. “Io ti amo e
lo sai che su queste cose
non scherzo mai. Ti ho sempre amata, anche quando ero ad Azkaban. Non
ti ho mai
dimenticata”.
Era
vero, non l’aveva mai dimenticata. Anche quando
i Dissennatori gli portavano via tutti i suoi ricordi più
felici, il viso dell’unica
ragazza che aveva amato continuava a vorticargli davanti e a volte era
talmente
ben dettagliato che gli sembrava di averlo veramente lì
davanti, mentre altre
volte invece era più sbiadito. Ma era sempre presente.
Alcune notti era capitato pure che la sognasse.
Si ricordava fin nel dettaglio, comunque, ogni particolare del suo viso
e del
suo corpo e ora che era diventata una donna adulta non era cambiata poi
così
tanto.
“Mi
dispiace, Sirius”. Finalmente anche Martha si
voltò a guardarlo, con un’espressione
terribilmente rammaricata. “Abbiamo
vissuto dei bei momenti, sono stata felice con te. Ma non si
può tornare
indietro, non posso far finta che non sia successo niente. Sono passati
quasi
sedici anni e siamo due persone completamente diverse ora. Io non mi
sento
pronta ad iniziare una nuova storia con te, non mi sento pronta a
dimenticare”.
L’uomo
rimase a guardarla senza dire nulla. Non c’era
più niente da dire, lui le aveva detto tutto.
Capiva le difficoltà di Martha, per lei non doveva essere
stato facile, come
non lo è stato nemmeno per lui del resto.
Le ci sarebbe voluto del tempo. Sì, ma quanto? E,
soprattutto, lo avrebbero
avuto?
Gli
vennero in mente James, Joel e Ariel. Avrebbe tanto
voluto dirle di quei tre ragazzi, dimostrarle che un futuro felice
insieme ce l’avevano,
erano il frutto del loro amore quei tre.
O forse no? In fondo, nessuno dei tre gli aveva mai detto
com’era riuscito a
riconquistare Martha, erano rimasti sempre sul vago riguardo certi
particolare
del futuro.
Mille
dubbi cominciarono ad assalirlo. Se non avesse
avuto l’amore di Martha come avrebbe fatto?
Harry
inclinò il capo osservando attentamente i
gesti con i quali Ariel si rivestiva. Era bella, sexy, attraente, come
sua
madre, dopotutto.
E anche il sesso con lei era bello, passionale, eccitante…
molto eccitante.
Sentì
la virilità tra le sue gambe crescere di
nuovo. Avrebbe voluto saltarle addosso un’altra volta, ma non
gli sembrava il
caso. Vista la fretta con la quale la ragazza si stava rivestendo,
significava
che non aveva più molta voglia di trattenersi a letto ed era
meglio non
forzarla a fare qualcosa che non voleva.
Ariel
si tirò su i jeans attillati e prese ad
abbottonarli.
“Che
carina quella voglia”. Esclamò ad un tratto il
ragazzo, notando una macchiolina di pelle più chiara in
fondo alla sua schiena.
Aveva la forma di una stella con una punta un po’
più grossa delle altre.
“Grazie”.
Gli sorrise lei. “L’ho ereditata da mio
padre, anche James e Joel ce l’hanno. Credo sia un segno
distintivo di noi
Black”.
“Wow!
Allora nessuno può confondervi”.
La
ragazza gli sorrise maliziosa e poi andò a
frugare tra i mucchi di vestiti che avevano lasciato a terra in cerca
della sua
maglietta. Trovò, però, solo quella del ragazzo e
gliela lanciò addosso
colpendolo dritto in faccia.
“Hai
intenzione di rivestirti o di startene lì ad
oziare tutto il giorno?”
“Non
ho fretta”.
“Io
invece sì. Non vorrei che qualcuno dei miei
fratelli ci beccasse”.
Già,
non aveva alcuna voglia di sorbirsi le
ramanzine di James che di solito duravano
un’eternità e che, soprattutto,
dicevano sempre il vero con una logica degna di Aristotele. Joel,
invece, non
le avrebbe detto niente, risparmiandosi i discorsi, ma le avrebbe
lanciato una
di quelle occhiate malevole che bastavano più di mille
parole e che l’avrebbero
fatta sentire in colpa per tutto il giorno.
Non che gli altri ragazzi si sarebbero risparmiati: in quanto a
ramanzine pure
Jolie era come James e Victoire, molto dolcemente e gentilmente, le
avrebbe
spiegato che stava facendo un errore.
Gli unici ai quali questa storia sembrava non fare né caldo
né freddo erano
John e Charlie: il primo perché quando si trattava di sesso
approvava sempre e
il secondo perché nella maggior parte dei casi si faceva gli
affari suoi e non
metteva bocca su cose che non lo riguardavano.
Dopo
aver indossato anche la sua maglietta
striminzita, Ariel lanciò un’ultima occhiata al
suo ragazzo e uscì dalla
stanza.
Non
fece, però, che pochi passi quando si trovò
davanti JamesRemus appoggiato allo stipite di una porta chiusa e con
un’espressione parecchio concentrata.
La
ragazza gli lanciò un’occhiata perplessa, ma lui
si portò il dito indice alle labbra per farle segno di
tacere. Così Ariel si
avvicinò a lui e si mise anche lei in ascolto.
Dall’altra parte della porta si
sentivano le voci dei loro genitori che parlavano in modo piuttosto
concitato
ma a bassa voce, poteva capire solo qualche sprazzo di parola, ma non
sembrava
per niente una discussione amichevole.
“Prima
urlavano”. La informò James, mantenendo il
tono basso per non farsi sentire.
Ariel,
allora, lo afferrò per un braccio e cercò di
trascinarlo via. Il ragazzo, comunque, non oppose molta resistenza.
“Andiamo,
non dovresti stare ad origliare”.
“Senti
chi parla. Saresti la prima a farlo”.
La
bionda mollò un calcio nel didietro del fratello
e poi presero a rincorrersi ridendo come due bambini.
James
stava facendo volteggiare due arance tra le
mani quando vide scendere Sirius dalle scale con
un’espressione mogia.
Lo indicò con un cenno anche agli altri due amici che
rimasero a guardarlo in
silenzio finché questi non si servì da bere un
bicchiere di Whiskey
Incendiario.
“Hai
intenzione di annegare il tuo malumore
nell’alcool?”
gli chiese James riponendo nel cesto le arance.
“Può
darsi?”
“Prima
di rovinarti il fegato, perché non provi a
parlarne?” propose allora Potter che sembrava piuttosto
preoccupato per l’amico.
“Jamie,
tu non sei mai stato bravo ad ascoltare”.
James
storse il naso, ma doveva ammettere che Sirius
aveva ragione.
“Io
no, ma lì ci sono Remus e Frank”. Gli fece
notare.
Black
spostò lo sguardo sugli altri due, accasciati
ciascuno su una sedia che lo guardavano come se fossero in attesa di
una sua
parola.
“Dice
che le serve tempo”. Sbottò, allora, il moro,
riportando lo sguardo sul bicchiere mezzo vuoto e rigirandoselo tra le
dita. “Martha,
dice che non è pronta a iniziare una nuova storia con me e
che le serve tempo”.
“Be’,
è normale”. Fece Remus con quel tono di voce
che usava sempre quando doveva consolare qualcuno. “Non puoi
pretendere che
dimentichi immediatamente tutto quello che è successo. Deve
ancora realizzare
la cosa”.
“Sì,
ma quanto tempo le ci vorrà?!” esclamò
Sirius
in risposta, spazientito. “James dovrebbe nascere tra pochi
mesi e mi viene da
chiedermi se veramente ci sarà qualcosa tra noi…
i ragazzi non mi hanno detto
niente, magari…”.
“Non
roderti troppo”. Lo interruppe Frank, prendendo
a dondolarsi sulla sua sedia. “Hai detto bene, tra qualche
mese… in questo
tempo potrebbe cambiare idea”.
“Tu
continua a provarci”.
Aggiunse James. “Se sei riuscito a conquistarla a diciassette
anni ci riuscirai
anche adesso”.
MILLY’S
SPACE
No,
ragazzi, non mi sono dimenticata di questa storia ^^.
Ho avuto un sacco di impegni in questi giorni, con la scuola e tutto il
resto. Sì,
lo so, forse le scuse non sono abbastanza valide, oltre ad essere
sempre le
stesse, e so anche che dopo tutto questo tempo mi sarei dovuta
presentare con
un capitolo un po’ più lungo e scritto anche
meglio, ma non avevo molte idee.
Questo è un capitolo un po’ di passaggio, come lo
saranno anche i prossimi e
ammetto che anche io preferisco quelli in cui succede qualcosa.
Ma
bisogna lasciare un po’ di spazio anche alla
tranquillità ^^.
A
parte gli impegni, comunque, mi sono dedicata anche ad
altre brevi storie, se vi interessa saperne qualcosa andate sulla mia
pagina di
Facebook ^^
http://www.facebook.com/MillysSpace
E
per favore, vorrei che mi lasciaste anche qualche
recensione in più, sigh :’( vorrei sapere cosa ne
pensate, veramente e se
nessuno mi dice niente io penso che la storia faccia schifo, sigh
*scoppia in
singhiozzi*.
John
*dà leggeri colpi sulla spalla*: su su, cara, non
piangere.
Milly
*frigna*: ueueueueueueu!!!! Voglio recensioni,
voglio recensioni!!!!
John
*porge fazzoletto*
Milly
*si soffia il naso sulla sua maglietta*
John:
O.O
James:
va be’, visto che quella viziata e smaniosa di
recensioni della vostra autrice è troppo impegnata ad
affogare nelle sue lacrime
come una nerd depressa, continuo io u.u
Martha
e Sirius, ovvero i miei genitori ^^, riusciranno a
riconciliarsi e a ritrovare l’amore perduto? Se volete
scoprirlo, seguiteci
nelle prossime puntate ^^, sempre qui su EFP e sempre qui con Millyray
e
JamesRemus.
E
adesso, per chiunque voglia, sono disponibile per foto
e autografi ^^.
*James
viene assalito da un’orda di fan impazzite*.
FEDE15498:
carissima, liceale ^^. Come ti senti a ricoprire questo nuovo ruolo
così
importante in questa società sempre più in
degrado? ^^. Eheh, i gemelli non
hanno i peli sulla lingua. Ma in realtà quella domanda mi
è venuta in mente
pensando ad un video in cui veramente c’era una che si
masturbava ^^. Non mi
ricordo il titolo ma la canzone era delle t.A.T.u. be’, mi
spiace di averti
fatta attendere così a lungo e spero di risentirti presto.
Un grosso
bacione e in bocca
al lupo per la
scuola.
M.
PUFFOLA_LILY:
eh, neanche qui succede niente di eclatante ma, come ho detto,
è un capitolo di
passaggio. Spero di non averti delusa comunque, fatti risentire che le
tue
recensioni mi fanno sempre un sacco di piacere.
Un bacione e a presto.
Milly.
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Capitolo 36 *** Capitolo trentacinque ***
CAPITOLO
TRENTACINQUE
Quel
tardo pomeriggio, dopo uno dei ricchissimi e
abbondanti pranzi della Signora Weasley, che aveva deciso di invitare
tutti
alla Tana per cambiare un po’ aria, i ragazzi del futuro, i
figli Weasley e
Harry si erano buttati in una agguerrita partita a Quidditch solo per
una
scommessa tra Harry e Jolie, nata quando i due si erano messi a
bisticciare su
chi fosse il più bravo.
Le
uniche rimaste a terra erano Emmie e Ariel, la
prima troppo imbranata e maldestra per reggersi su una scopa e la
seconda
perché soffriva di vertigini, anche se non lo avrebbe mai
ammesso.
Così le due ragazze se ne stavano comodamente sedute insieme
agli altri adulti
a guardare gli amici che giocavano.
Al
momento quella in vantaggio era la squadra
capitanata da Jolie, ma solo perché Teddy era un portiere
decisamente migliore
rispetto a Ron.
I due fratelli Potter, invece, erano ancora alla disperata ricerca
della
pallina d’oro che sembrava essere completamente scomparsa.
“Se
la cava bene”. commentò James, guardando uno dei
ragazzi in particolare.
“Harry?
Sì, è bravo, ma
d’altronde…”. Rispose Sirius,
ma venne subito interrotto dall’amico che stava ridacchiando.
“No, non parlavo
di Harry. Lui è ovvio che è bravo, è
figlio mio. Parlavo di Charlie. Cioè, per
essere figlio di Mocciosus…”
Lily,
seduta in braccio a lui, sospirò e lo guardò
torva.
“E’
vero”. Concordò Black. “Non si direbbe
neanche
che è suo figlio. Non gli somiglia per niente…
insomma, Charlie è più…
carino”.
Tutti
i presenti scoppiarono a ridere. “Ahah,
Sirius, spero tu non ti dia alla pedofilia”.
Scherzò Frank, guardandolo
malizioso.
“Idiota!”
esclamò l’altro offeso, tirandogli un
calcio negli stinchi.
“Charlie
è uno che piace a prima vista”. Aggiunse
allora Ariel. “Il suo faccino da cucciolo intenerisce
tutti”.
“Oh
guarda, sembra che anche tua figlia si sia
innamorata del piccolo Mocciosus”. Commentò allora
James che, come Frank, aveva
preso gusto a prendere in giro l’amico. Si divertiva troppo a
vederlo
infuriato.
Ma questa volta ad arrabbiarsi fu, invece, la biondina, che gli
lanciò
un’occhiata obliqua.
“Non
sono innamorata di Charlie”.
“Prongy,
cos’è? Vuoi che tradisca tuo figlio?”
gli
rispose Sirius per le rime e James non trovò più
niente con cui ribattere.
Ariel,
intanto, si era di nuovo persa a guardare gli
amici che stavano giocando ma non sembrava guardare in direzione di
Harry.
Nel
frattempo, alcuni metri sopra le loro teste,
John con un colpo micidiale spedì un bolide lontano dalla
testa di Charlie e
Victoire riuscì a tirare la Pluffa in uno degli anelli che
Teddy non stava
proteggendo o non aveva voluto proteggere, dipende dai punti di vista,
guadagnando altri punti per la sua squadra. La bionda, infatti, aveva
deciso di
giocare contro gli amici, questa volta, e di unirsi ai suoi
consanguinei, anche
perché a loro mancava un altro Cacciatore.
E
proprio in quel momento arrivò anche Martha con un
bicchiere di Burrobirra in mano che si sedette sulla panchina accanto a
Sirius,
cercando di restargli ad una certa distanza, però.
Immediatamente tutte le battute e i commenti si spensero e Black
guardò la
ragazza di sottecchi, sentendo immediatamente dei brividi percorrergli
la
schiena, come succedeva ogni volta che la vedeva.
Martha
non sapeva ancora niente dei ragazzi del
futuro. O meglio, sapeva che venivano dal futuro e che erano
lì per aiutare a
sconfiggere Voldemort, ma non le avevano detto di chi erano la prole.
Sarebbe
stato uno shock troppo grande per lei, specialmente visto il rapporto
teso che
aveva con Sirius.
Lei però non era stupida e aveva iniziato a nutrire qualche
dubbio, ma vedendo
che ogni volta che tirava fuori l’argomento gli altri
dissimulavano, alla fine
ha lasciato perdere e il fatto che alcuni di loro avessero degli
aspetti fisici
familiari doveva essere solo una coincidenza.
Sirius avrebbe voluto svelarle tutto per farle capire che per loro due
c’era un
futuro, ma i suoi amici continuavano a dirgli che non era una buona
idea e
dentro di lui c’era anche la terribile paura di poter essersi
sbagliato.
Dal canto suo anche Martha aveva la testa piena di dubbi. Aveva
terminato il
suo tour e poteva benissimo tornarsene nella sua casa in America. Ma
c’era
ancora qualcosa che la tratteneva lì a Londra e in cuor suo
sapeva benissimo
che cos’era. Però il difficile era ammetterlo.
“Ma
come fa ad avere tutti quei muscoli?” chiese ad
un certo punto la cantante, guardando anche lei in alto.
“Chi?”
“John!
Voglio dire… ha solo sedici anni ed è
già
così muscoloso?”
Anche
gli altri rimasero un attimo a osservare il
ragazzo e si accorsero solo in quel momento che si era tolto la
maglietta e
stava volando a petto nudo con gli addominali e i pettorali ben in
vista. E non
era mica messo male.
“John
si allena spesso. A Hogwarts rimane sempre un
paio di ore in più dopo gli allenamenti e l’estate
scorsa si è iscritto in
palestra”. Rispose Emmie con un po’ troppo
entusiasmo.
“Oh,
anche lei è innamorata!” esclamò Sirius
facendo
avvampare la piccola Lupin che cambiò immediatamente colore
di capelli, da
castani a rosso fuoco.
“Ma
è mio cugino!” esclamò la ragazzina
voltandosi e
stringendo le gambe al petto.
“Be’,
l’incesto rende la cosa più eccitante”.
Emmie
sospirò mentre gli uomini sghignazzavano. Adesso
capiva perché i suoi amici erano così come
erano… con dei padri del genere.
La
Signora Weasley era impegnata a mettere in ordine
la cucina quando, voltandosi per andare alla porta, per poco non
lasciò cadere
a terra le posate da lavare: una figura se ne stava stravaccata sul
divano con
gli occhi chiusi e sembrava essere profondamente addormentata.
Ma in realtà si scoprì subito che non lo era,
quando aprì gli occhi, probabilmente
infastidita dal mezzo grido della donna.
“Draco”.
Sospirò lei, portandosi una mano al petto.
Il
ragazzo si passò una mano tra i capelli con aria
stanca.
“Che
ci fai qui?”
“Mi
riposo”. Rispose lui come fosse la cosa più
ovvia del mondo.
“Ma
perché non vai fuori a giocare con gli altri?”
“E
perché dovrei?”
Il
biondo avrebbe voluto aggiungere anche un “Giocare
con dei fottuti Grifondoro da strapazzo?” ma era troppo
educato per farlo e,
soprattutto, non gli piaceva trattare male la Signora Weasley visto che
era una
delle poche che lo trattava in maniera decente, insieme a Lily e Ariel.
“E’
solo che non mi piace che tu te ne stia qui da
solo”.
Malfoy
sospirò: ma cos’aveva quella donna? Il gene
del “preoccupiamoci per ogni povero bambino orfano e
maltrattato”?
“Per
me non è un problema. Mi piace stare da solo. E
poi sono stanco”. Dissimulò lui, voltandosi su un
fianco per dare più enfasi
alla frase.
“D’accordo,
ma se cambi idea…”.
La
donna non concluse la frase, ma si affrettò ad
uscire con i piatti sotto braccio.
Era
ormai l’una passata, ma Teddy proprio non
riusciva a dormire. Sarà stato il tacchino che aveva
mangiato a pranzo dai
Weasley che gli era rimasto sullo stomaco o il fatto che avesse tanti
pensieri
che gli frullavano nella testa, o magari tutti e due anche,
però, dopo essersi
girato e rigirato almeno venti volte, aveva deciso di scendere in
cucina e di
prepararsi una bella tazza di cioccolata calda.
Così,
in quell’immensa casa immersa nel silenzio e
nella penombra, se ne stava seduto al tavolo, la tazza calda stretta
tra le
mani, gli occhi fissi in un punto imprecisato del muro di fronte a lui
e la
testa che ciondolava leggermente.
Riuscì
a distrarsi solo quando sentì un rumore di
passi venire nella sua direzione.
Alzò lo sguardo e sulla soglia vide suo padre che, con le
palpebre pesanti, lo
guardava incuriosito.
“Non
sei a letto?” gli chiese.
“No”.
Rispose semplicemente il più giovane, posando
gli occhi sulla sua tazza.
Remus
andò al lavello e, preso un bicchiere dalla
mensola, lo riempì con l’acqua del rubinetto.
“Quelle
salse erano troppo piccanti”. Spiegò al
figlio, che gli sorrise debolmente.
Quando
svuotò tutto il bicchiere si sedette anche
lui al tavolo di fronte al ragazzo.
“Non
riesci a dormire?” gli chiese dolcemente.
Ted
annuì senza guardarlo.
“Qualcosa
ti turba?”
“No…
non precisamente”.
Lupin
senior inarcò le sopracciglia incuriosito
dalla risposta.
“Solo
che… boh… hai presente quella sensazione che
ti fa sentire come se qualcosa non andasse anche se non sai che
cosa?”
“Tipo
il sesto senso?”
“Più
o meno”.
Remus
sospirò e attese un attimo prima di
rispondere, probabilmente in cerca delle parole giuste.
“Sai,
noi licantropi abbiamo le emozioni amplificate
e sentiamo in anticipo quando qualcosa sta per avvenire. Un
po’ come gli animali
della foresta”.
“Lo
so”.
L’uomo
voleva fare qualcosa per tirare su il morale
del figlio, ma non aveva idea di cosa.
“Teddy,
io…”. Iniziò, ma il figlio lo
interruppe
prontamente.
“Senti,
papà, non iniziare con la solita tiritera
del sono un mostro e mi dispiace di averti condannato. Lo so
già, me la farai
un sacco di volte. Non è colpa tua e io non odio il fatto di
essere un
licantropo, ci sono cose peggiori. E poi, meglio io che Emmie,
no?”
Remus,
rincuorato, sorrise al figlio. Cosa aveva
fatto di buono per meritarsi una donna fantastica come Tonks e due
figli
meravigliosi come Ted e Emmie?
Il
ragazzo, allora,
porse la sua tazza di cioccolato al padre e gli sorrise in risposta.
Avrebbe pagato
quel prezzo mille volte pur di avere un padre come Remus.
MILLY’S
SPACE
Buona
sera, ragazzi.
Sono
tornata anche con questa fanfiction. Eh lo so,
probabilmente vi stavate chiedendo che fine avessi fatto, ma sapete
com’è…
mille cose da fare e finire per farne sempre neanche la
metà.
Ultimamente mi sono anche concentrata su altre storie, se andate a
visitare il
mio profilo o la mia pagina facebook (http://www.facebook.com/MillysSpace)
potete
vederle : )
Be’,
non ho molto da dire riguardo questo capitolo. I commenti
li lascio a voi.
Non succede molto, ma qualche giorno di pace ci vuole : ) Ma non vi
preoccupate
che la scuola inizierà presto anche per loro…
Bene,
vi lascio, ma non prima però di avervi detto anche
un’altra cosa importante ^^
Ho
aperto un forum (questo
qui: http://111.forumcommunity.net/)
e
mi
piacerebbe che gli deste un’occhiatina per sapere di cosa
parla : ) e se vi va
iscrivetevi. Ma non fermatevi alla prima impressione, ho voluto creare
qualcosa
di profondo.
Di questi tempi ne abbiamo bisogno.
Ok,
ora vado sul serio, anche perché sono le nove e mezza
passate e dovrei prepararmi per andare a dormire. : )
Un
bacio a tutti,
notte.
M.
P.S.
non ho riletto il capitolo perciò perdonate
eventuali errori.
FEDE15498:
ma
non importa, tesoro, l’importante è che recensisci
^^ ma sì, Sirius è
impossibile da non perdonare… e anche Martha se ne
accorgerà prima o
poi ^^ fatti risentire, bacioni.
PUFFOLA_LILY:
eh, la scuola ci rovina l’esistenza ^^ ma va be’,
portiamo pazienza noi ^^
tutti pazzi per Sirius a quanto pare qui dentro ^^ chissà
quando lo capirà
Martha… è meglio che si spicci se no ce lo
prendiamo noi ^^ Un bacione, M.
|
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Capitolo 37 *** Capitolo trentasei ***
CAPITOLO
TRENTASEI
“Ariel,
por favòr!!” gridò JamesRemus
attraversando
di corsa il ritratto della Signora Grassa per seguire la sorella che
correva
giù lungo le scale.
Sapeva come adesso si sarebbe evoluta la situazione: lui che la
rincorreva per
mezza scuola tentando di raggiungerla e una volta riuscitoci, se ci
riusciva,
si sarebbe dovuto mettere in ginocchio per scongiurarla di perdonarlo.
Anche se
più spesso capitava che lei riuscisse a sfuggirgli facendo
perdere le proprie
tracce, infilandosi in qualche cunicolo o passaggio.
Succedeva
sempre quando litigavano, anche se si
trattava di sciocchezze, Ariel era piuttosto permalosa. Lui
però odiava
litigare con lei, odiava litigare in generale.
Poteva non sembrare ma James era un pacifista convinto.
“Ariel,
no te enfades con migo, por favòr!” (Ariel,
non arrabbiarti con me, ti prego). Gridò di nuovo, arrivato
a metà rampa.
Contro
ogni sua aspettativa, però, la ragazza si
bloccò e si voltò verso di lui, guardandolo con
due occhi chiusi a fessura che
avrebbero potuto fulminare anche un Mangiamorte.
James
esalò un sospiro di sollievo e in due passi le
fu davanti.
“No
querìa que te enfadases conmigo” (non volevo che
ti arrabbiassi con me). Le disse il fratello. Non capitava molto spesso
che
parlassero spagnolo tra di loro, solo quando litigavano o non volevano
che
qualcun altro li capisse.
“Sòlo…”.
“Estoy
cansada con èsta historia de mì y
Harry” (sono
stanca di questa storia di me e Harry). Esclamò la bionda in
tono aspro. “La
vida es mìa y tu no tienes ningùn derecho a
decidir por mì” (la vita è mia e tu
non tieni nessun diritto per decidere per me). Si
voltò di nuovo per andarsene, però James la
bloccò per una spalla e la fece voltare di nuovo.
“Lo
sé. Es solo que… estoy preocupado por ti. No
querrìa
que sufrieses” (lo so. Solo che… sono preoccupato
per te. Non vorrei che
soffrissi).
“No
es un problema tuyo!” (non è un problema tuo).
Ariel
riuscì a divincolarsi dalla presa del fratello e, con uno
svolazzo della lunga
chioma, voltò i tacchi e si allontanò.
James
decise di lasciarla perdere. Era più ragionevole
quando sbolliva, ci avrebbe riparlato più tardi.
Tanto era sempre la solita storia: aveva tentato più volte
di parlarle della
sua relazione con Harry, di spiegarle che non andava bene, che ci
sarebbe stata
male perché loro non sarebbero rimasti lì per
sempre e che avrebbe potuto
compromettere qualcosa.
Ma Ariel non ascoltava, era cocciuta. Era convinta di sapere quello che
faceva
e detestava quando qualcuno le diceva quello che era giusto o sbagliato, quello che
doveva fare. Detestava
quando qualcuno decideva al posto suo, quando credevano di sapere che
cosa era
meglio per lei.
Era una cosa che la faceva andare fuori dai gangheri.
Fumante
di rabbia, andò a sbattere contro la spalla
di John che passava lì del tutto casualmente, ma non si
voltò nemmeno per
salutarlo.
Il
ragazzo le lanciò un’occhiata confusa, ma
capì
subito che cosa doveva essere successo, vedendo James con una faccia da
funerale in cima alle scale.
“Che
furia, ragazzi!” esclamò, non appena raggiunse
l’amico. “Che è successo?”
“Niente,
solo qualche incomprensione”. Sbuffò James.
“Litigi
famigliari? Non voglio intromettermi”. Disse
John alzando le braccia in segno di resa. Continuò a salire
le scale seguito
dal bel Black. “Mi sai dire dov’è
Charlie?”
“Credo
sia in biblioteca con Jolie”.
“Avrei
dovuto immaginarmelo”.
“Credo
che tu non sappia nemmeno che esista una
biblioteca”.
“Perché
tu sì?”
“Touchè”.
James ridacchiò.
“Comunque,
non ti preoccupare, amico”. Aggiunse Paciock
appena varcarono la soglia della Sala Comune, dando una pacca sulla
spalla dell’amico.
“Risolverai con Ariel. Sai come sono le donne, se la prendono
per niente. Un
momento prima ti dicono le cose più orrende e un attimo dopo
vengono a farsi
coccolare. Magari è anche in quel periodo del
mese”.
“Ha
parlato l’esperto”. Lo prese in giro
l’altro.
“Non
sfottere. Non sono affatto un esperto, io di
donne non me ne intendo proprio. Sono più complicate del
Distillato della Morte
Vivente. Solo che ho imparato, in un certo senso, a prenderle.
È tutta
questione di tattica”.
“Mica
sono come una partita di Quidditch”.
“In
un certo senso sì. Ci sono comunque delle regole
da rispettare quando tratti con loro, solo che poi si possono
verificare anche
altre situazioni, quelle che non ti aspetti. E possono pure essere
letali”. Concluse
con un sorrisetto malizioso. Era in vena di filosofeggiare John, quel
giorno.
“D’accordo,
Mister so – tutto – io. A proposito:
com’è
che ancora non hai adescato qualche ragazza qui?”
“L’anno
è appena iniziato, non voglio farmi una
brutta reputazione fin da subito”.
“Come
se te ne importasse qualcosa”.
“Joel!”
esclamò allora John, notando solo in quel
momento che il bel biondino era stravaccato su una poltrona, vicino al
caminetto, a leggere un libro con i piedi poggiati sul tavolino.
Il
più piccolo di casa Black gli lanciò
un’occhiata
da sopra il suo libro e non disse niente.
Se
solo anche Ariel fosse stata tranquilla e
pacifica come il suo gemello sarebbe stato più facile.
“Ma
perché lo leggi al contrario?” chiese John al
ragazzo, indicando il libro.
“E’
un Manga, idiota!”
“Ah
scusa”. Bofonchiò l’altro, ritirandosi
nel suo
cantuccio. Era meglio non toccare il piccolo Joel su quel tasto che
erano i
suoi amati fumetti giapponesi.
Poteva
anche essere tranquillo e pacifico, ma quando
si arrabbiava era peggio di Ariel.
Charlie
intinse la sua piuma nell’inchiostro nero e
continuò a scrivere il suo tema di Trasfigurazione.
Jolie, seduta davanti a lui, lanciò un’occhiata
dietro le sue spalle e sospirò.
“E’
da un’ora che quelle ragazzine là dietro ti
fissano”.
“Hum?”
il moro le mostrò una faccia perplessa e si
voltò nel punto indicatogli dalla ragazza. Ma appena lo fece
le suddette
ragazzine, del quarto o quinto anno, abbassarono subito lo sguardo e
tornarono
ai loro affari.
“Ma
che vogliono?” chiese il ragazzo tornando a
guardare Jolie.
“Ma
è ovvio, no? Probabilmente sperano che tu vada
da loro e le inviti ad uscire”.
“Cosa?!”
“Charlie,
la smetti di fare il santarellino? Non ti
accorgi che le ragazze ti sbavano dietro?”
“Ma
che dici, Jolie? Mi fissano perché sono il
figlio dell’insegnante di Pozioni. Probabilmente vogliono che
passi loro
sottobanco qualche appunto sul prossimo compito che faranno in
classe”.
La
rossina sospirò. Era inutile, Charlie non si
sarebbe accorto di nessuna ragazza che gli veniva dietro nemmeno con
una
dichiarazione scritta o una lettera d’amore. Era qualcosa che
lui non riusciva
a concepire e non sapeva dirsi se era perché aveva poca
autostima o perché
semplicemente non era interessato a loro.
Certo, anche lui poteva non avere tutti i torti, però quelle
occhiate che
lanciavano al suo fondoschiena e le risatine neanche troppo velate non
facevano
pensare a chi voleva soltanto degli appunti di Pozioni.
Se
però Silente avesse tenuto la bocca un po’
più
chiusa avrebbero avuto meno problemi, avrebbero attirato meno
attenzioni e meno
gossip. Detestava vedere quelle dita puntate contro seguite da
esclamazioni
come. “Ehi! Ma quella è la ragazza del futuro?
Chiediamole se sa come sarà il
mondo fra vent’anni”.
Sicuramente nessuno di loro avrebbe voluto sapere come è
effettivamente il
mondo fra vent’anni.
Tutti
erano rimasti a bocca aperta quando il
preside, al banchetto di benvenuto, aveva annunciato il loro arrivo ad
Hogwarts
dicendo che venivano dal futuro. Non aveva nascosto niente, nemmeno il
fatto
che fossero venuti lì per aiutare a sconfiggere Voldemort,
nemmeno i loro reali
nomi e di chi erano i figli.
E non aveva risparmiato nemmeno Ariel, rivelando la sua
identità.
James
e Sirius gli avevano chiesto che cosa diavolo
gli fosse saltato in mente. Con una rivelazione del genere metteva a
rischio
seriamente le loro vite se qualche Mangiamorte fosse venuto a saperlo.
Ma il caro professor Silente aveva risposto loro che non
c’era niente da
preoccuparsi, che lì al castello erano più che al
sicuro.
“Potresti
dir loro di smetterla?!” sbottò la ragazza
ad un certo punto, sbattendo le mani sul tavolo.
“A
chi?” fece l’amico confuso.
“A
quelle ragazzine. Le loro risatine e occhiatine
mi danno fastidio”.
“E
che posso farci? Smettila di guardarle”.
“Ma
non posso! Le ho davanti!”
“Qual
è il problema, ragazzi?” chiese ad un tratto
una voce dietro le sue spalle. John, senza farsi sentire, si era
trascinato
fino a loro e ora passava lo sguardo dall’uno
all’altra con un lecca lecca in
bocca.
“Quelle
ragazze! Continuano a fissare Charlie e a me
danno fastidio!”
John
inarcò le sopracciglia e guardò il moro in modo
strano. “Ti stanno importunando, Tappo?”
“Paciock,
non sono affari tuoi”.
“E
invece sì. Nessuno può dar fastidio al mio Tappo.
Solo io lo posso fare. Lasciate fare a me”.
Senza
che Charlie avesse il tempo di dire o di fare
niente, il biondino si allontanò dal loro tavolo per
raggiungere quello delle
ragazze.
Il moro sbatté la testa sul tavolo, già sicuro
che l’amico gli avrebbe fatto
fare una figura di merda.
Lo
osservò di sottecchi mentre parlava con le
ragazzine e loro se la ridevano di gusto per qualche sua battuta.
Almeno adesso avevano distolto l’attenzione da lui. John era
sicuramente una
preda migliore, tra tutto il loro gruppetto lui era il più
figo.
Emmie
si tolse gli Spettroccoli e li passò a Luna,
seduta accanto a lei.
“Sono
fantastici, Luna, veramente”. Le disse con un
sorriso dolce.
“Lo
so. Te li farò provare tutte le volte che vuoi”.
La bella Lovegood ricambiò il sorriso e spostò
all’altra una ciocca di capelli
che le era sfuggita dalla treccia, cadendole sulla fronte.
Rimasero
per un po’ a guardarsi, in silenzio, poi
Luna sbottò di nuovo. “Vuoi essere mia
amica?”
Emmie
spalancò un attimo gli occhi, sorpresa per
quella richiesta fatta così, come se le avesse appena
offerto una scatola di
cioccolatini.
“Certo”.
Le rispose alla fine.
Luna
le prese una mano e la guardò dritto negli
occhi color castagna. “Che bello! Non ho mai avuto
così tanti amici”.
La
piccola Lupin si sorprese di nuovo. La bionda era
proprio strana, ma strana forte. Però le piaceva, la Luna
che aveva conosciuto
lei non era affatto così.
Ad
un tratto, dietro un angolo, vide Ariel camminare
con le mani in tasca e gli occhi arrossati. Capì che doveva
aver pianto.
“Scusa,
possiamo andare
a vedere?” chiese alla ragazza accanto a lei, indicandole il
punto dove era
sparita l’altra e insieme si alzarono per raggiungere la
Black.
MILLY’S SPACE
Hola a todos!!! Come
state??
È
da un sacco di tempo che non aggiorno questa storia, lo
so, chiedo venia. Non sto neanche più a propinarvi le solite
scuse, vi chiedo
solo perdono ( e vi porgo una rosa XD)
Tiziano:
non fregarmi le canzoni >.<
Milly:
non te le sto fregando
Tiziano:
e invece sì, le nomini da tutte le parti.
Milly:
dovresti sentirti onorato.
Tiziano:
tzè u.u
James:
lasciatela stare, è pazza. Crede di star parlando
con una celebrità, voi non sapete tutte le cose che si
immagina di fare con lui…
Milly:
che stai dicendo? *reggendo una mazza*
James
*facendo finta di niente*: chi? Io? Niente, niente…
che dovrei dire?
Milly:
ah ok.
Be’, ragazzi, torniamo a noi. Che dite di questo capitolo? Lo
so, ancora non
succede niente, ma la calma c’è sempre prima di
una tempesta, no?
Dovrete sopportare ancora per un po’ questi capitoli di
passaggio, ma spero vi divertiate
lo stesso.
E
con questa vi saluto… mi trovo sempre ad aggiornare a
tarda sera. Boh ^^
Va
be’, dai..
Alla
prossima e lasciatemi qualche recensione. Anche negativa
va bene : )
Kiss,
kiss
Milly.
P.S.
oh e non scordatevi di visitare la mia pagina
facebook:
http://www.facebook.com/MillysSpace
FEDE15498:
ahahah cara… le tue recensioni mi fanno sempre morire ^^ qui
non si è parlato
di Sirius e Martha ma credo che si rifaranno nel prossimo. Eh, anche a
me
piacerebbe che un figo come lui mi venga dietro. Ma sembra che io i
ragazzi
proprio non li attiri… se non i cessi pervertiti
-.-‘’ va be’, dai, per questo
ci sono le fanfiction, no? ^^ sì, Charlie è
proprio adorabile e sembra che se
ne sia accorto anche qualcun altro ^^ chi sa che avrà detto
John a quelle
ragazzine XD Be’, spero ti sia piaciuto il capitolo e fatti
risentire… scusami
per il ritardo : ) un bacio, M.
PUFFOLA_LILY:
tranquilla, come vedi anche io sono in un mega ritardo : ) spero mi
perdonerai
: )
Eh, Martha è una ragazza cocciuta, un po’ come sua
figlia. E poi, sa il fatto
suo… chi sa come evolverà la situazione comunque.
Sirius: ma non dovresti saperlo tu? Sei la scrittrice…
-.-‘’
Milly: questo non mi rende certo onniscente. Molte volte mi invento
qualcosa al
momento, mentre sto scrivendo, eh… va be’ dai, ti
lascio, non voglio toglierti
altro tempo.
Ti mando un bacio e alla prossima : )
|
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Capitolo 38 *** Capitolo trentasette ***
CAPITOLO
TRENTASETTE
C’era
sangue dappertutto… sangue e macerie, ovunque. Pezzi di
mattoni e detriti
dispersi che non si riusciva più a capire a quale parte del
castello
appartenessero. Quella non era Hogwarts, non più almeno. E
chissà se sarebbe
mai tornata ad esserlo. Anche se fossero riusciti a ricostruirlo, a
ridargli il
vigore di un tempo, quelle pietre avrebbero continuato a grondare
sangue e
lacrime… per i feriti, per i morti e per quelli rimasti.
Charlie
si girò guardandosi attorno con l’orrore negli
occhi. Quand’era successo tutto
quello? Quando il suo mondo si era capovolto tutto d’un
colpo? Eppure gli
sembrava che fossero loro ad avere la meglio su Voldemort e i suoi
seguaci.
Allungò
gli occhi e notò Victoire sdraiata sotto un albero, la testa
spaccata contro
una roccia e il sangue che scorreva tutto attorno a lei. Aveva ancora
gli occhi
aperti, sbarrati, fissi su un cielo più scuro della pece.
Poco distante invece
giaceva Jolie con il viso coperto dai suoi capelli rossi che, sul suo
volto
diventato pallido, sembravano sangue. James, con una ferita allo
stomaco ma
ancora vivo, tentava di avvicinarlesi, strisciando e reggendosi la
pancia con
una mano. Più avanti notò un altro dei suoi amici
riverso a terra con la faccia
nel fango e nel sangue, un braccio penzoloni lungo il ponte, dove una
volta
c’era la ringhiera.
Forse era Ted… o magari persino John.
Le
lacrime presero a pungergli gli occhi.
Morti…
tutti morti…
Avrebbe
voluto morire anche lui. Perché non poteva?
Perché era sopravvissuto? Eppure
non era mai stato un bravo combattente, non come James o Joel o John.
Loro
invece, che erano i migliori, erano morti.
Strinse
di più la presa attorno alla bacchetta e lasciò
andare un paio di lacrime che
andarono a frantumarsi fra i detriti ai suoi piedi.
Cominciò
a dirigersi verso la porta della Sala Grande dove si erano radunati i
superstiti che radunavano i feriti o piangevano i morti. Forse ci
avrebbe
trovato qualcuno dei suoi amici… qualcuno di vivo.
Varcò
la soglia e…
Si
svegliò di soprassalto balzando seduto sul letto.
Riuscì a trattenere un urlo, altrimenti avrebbe svegliato
tutti i suoi compagni
di stanza, ma il cuore gli batteva all’impazzata e aveva il
fiatone. Si tastò
un attimo sotto i vestiti constatando di essere madido di sudore.
Vide
una luce accendersi da uno dei letti nella
stanza.
Merda, aveva svegliato qualcuno.
Si guardò attorno: Tiger e Goyle russavano della grossa,
nemmeno dei cannoni
sarebbero riusciti a svegliarli e
pure
Malfoy dormiva tranquillo nel suo letto, con un braccio piegato sul
viso.
Vide però sbucare la testa di Zabini da uno dei letti che
stavano ai piani
alti, con la bacchetta in pugno.
“Tutto
a
posto?” gli chiese, squadrandolo con i suoi
penetranti occhi blu.
Charlie
si portò una mano al cuore. “Sì, solo
un
brutto sogno”. Rispose, la gola arida. Non riusciva a calmare
il respiro né il
battito accelerato del cuore.
In realtà non si era trattato solo di un sogno. E lui lo
sapeva bene.
“Vado
a prendere un po’ d’acqua”. Disse,
alzandosi
dal letto. “Rimettiti a dormire”.
“Sicuro
di non aver bisogni di niente?”
“Sicuro”.
Si
chiuse in bagno chiudendo a chiave la porta
dietro di sé. Si sciacquò il viso e poi
poggiò le mani sul bordo del lavandino,
fissando il riflesso di se stesso che gli offriva lo specchio. Aveva
delle
occhiaie piuttosto profonde e i capelli spettinati.
L’elastico che gli teneva
legati i capelli si era perso da qualche parte tra le lenzuola e ora
gli
ricadevano sulle spalle scompigliati.
Da quando erano arrivati lì non si era fatto una dormita
decente, era
continuamente tormentato da sogni inquietanti e macabri di cui si
scordava il
soggetto subito appena svegliato, per fortuna, ma che gli lasciavano un
profondo senso d’angoscia che durava tutto il giorno.
Quello però era diverso, quello se lo ricordava
perfettamente. Poteva
significare solo una cosa.
Uscì
dal bagno cercando di fare il minimo rumore
possibile, poi prese la sua bacchetta e si assicurò che
anche Zabini fosse
profondamente addormentato. Poi abbandonò la stanza e
cominciò a camminare
lungo il corridoio, in tenuta da notte e a piedi scalzi.
C’era solo una cosa che poteva fare in quei momenti, solo una
cosa riusciva a
calmarlo.
Riuscì
a raggiungere la Sala Comune dei Grifondoro
in poco tempo, fortunatamente non incrociò nessuno lungo il
tragitto, il che
era un miracolo, ma al suo arrivo la trovò completamente
vuota.
Be’, d’altronde che si aspettava? Era
l’una di notte, era ovvio che tutti
fossero a dormire. Anche se di solito qualche Grifondoro rimaneva
sempre alzato
fino a tardi, chi a festeggiare chissà quale assurda festa e
chi a pomiciare.
Sconsolato,
andò a sedersi su uno dei comodi
divanetti della sala e si chiuse a mo’ di riccio, con le
ginocchia raccolte al
petto. Solo stare lì lo faceva essere un po’
più tranquillo.
Puntò
la bacchetta contro il camino e accese il
fuoco.
Rimase
qualche minuto da solo coi suoi pensieri. Non
voleva allarmare i suoi amici, però doveva raccontare a
qualcuno di quel sogno,
o meglio, di quella visione. Perché essere un Legilimante
del suo livello non
significava solo controllare le menti altrui, significava anche avere
delle
visioni premonitrici.
Ma magari non c’era niente da allarmarsi, magari era solo lui
quello paranoico…
“Tappo?”
La
voce dietro di lui lo fece sobbalzare. Si voltò
per vedere chi fosse ma il timbro era inconfondibile.
John, stagliato sull’ultimo gradino delle scale, in tuta e
canottiera, lo
guardava curioso.
“Che
ci fai qui?” gli chiese.
“Ho
fatto un sogno”. Rispose l’altro, come se con
quella risposta giustificasse tutto.
John
gli si avvicinò e si sedette accanto a lui,
guardandolo interessato questa volta. Non c’era traccia di
sonno o stanchezza
nei suoi occhi.
“E
che hai visto?”
Charlie
esitò un attimo prima di rispondergli. “La
guerra. Hogwarts era mezza distrutta e c’era un sacco di
sangue… persone
morte…”. Abbassò lo sguardo.
“Chi?
Chi era morto?”
“Vi…
Vicky… Jolie... e qualcuno che non sono riuscito a
capire… forse Teddy, forse tu”.
John
spostò lo sguardo sul fuoco, pensieroso.
“Ascolta…
non devi preoccuparti. Forse non significa
niente. E’ capitato altre volte che facessi sogni del genere
e non si sono
realizzati…”.
“Sì,
ma questo era nitido e chiaro. E non mi è mai
capitato di sognare qualcosa che riguardasse noi, ma solo Voldemort. E
se fosse
un segnale, qualcosa…?”
“Forse
riguarda un mondo parallelo o un futuro
parallelo o… non lo so, Charlie, ma qualsiasi cosa
sia… siamo venuti qui per
cambiare le cose, ok?” John cercava in tutti i modi di
calmare le ansie
dell’amico. O forse le sue. “Perciò le
cambieremo. E quello che hai sognato non
succederà”.
“Sicuro?”
“Sicuro?”
il biondino gli sorrise e gli spettinò i
capelli. Tappo era proprio come un cucciolo bisognoso di coccole.
“Ne riparliamo
domani, anche con gli altri”.
Improvvisamente
videro la porta della Sala Comune
aprirsi e Ariel e Harry comparire dentro sorridenti come non mai.
Chissà cos’era successo per farli ridere a quel
modo. Sicuramente erano andati
a combinare qualche porcheria nella Stanza delle Necessità.
“Che
ci fate qua?” chiese John con voce severa, non
appena li vide.
I
due si bloccarono un attimo, non aspettandosi di
trovare qualcuno.
“Potremmo
chiedervi la stessa cosa”. Fece Ariel in
tondo acido.
“Noi
siamo sempre stati qui. Voi, invece… dove siete
stati?”
“Non
mi sembra siano affari tuoi”.
“James
sicuramente lo vorrà sapere”.
“Perché
James dovrebbe saperlo? Io vado dove voglio
io e quando lo voglio io”. La ragazza Black stava proprio
iniziando ad
incazzarsi ed Harry dietro di lei assisteva alla scena senza sapere che
cosa
fare. “E poi non venirmele a fare tu le prediche.
Com’è che ancora sei qui e
non sei andato a letto con una delle tue puttanelle?” Gli
sputò acida, correndo
su per le scale, diretta al dormitorio.
Harry
guardò i due ragazzi seduti sul divano,
boccheggiando come un pesce fuor d’acqua e poi
seguì la sua ragazza e sparì
anche lui nel suo dormitorio.
JamesRemus
uscì urlano fuori dalla serra di
Erbologia con la borsa che gli sbatteva contro il fianco e
svoltò l’angolo di
corsa come se fosse inseguito da un Ungaro Spinato.
Be’, non era esattamente un drago quello che lo seguiva, ma
una sedia che
poteva essere quasi scambiata per tale, considerata la
velocità e la potenza
con la quale lo rincorreva. Peccato non sputasse fiamme. E dietro di
lei, a
concludere la parata, una Jolie abbastanza indemoniata, con i capelli
rossi
sparati in tutte le direzione e gli occhi inferociti. Lei poteva
passare
tranquillamente per un drago.
Gli altri studenti che stavano passando per il corridoio in quel
momento si
dovettero scansare per non finire sotto tiro.
Anche
Charlie e John, che stavano passando proprio
in quel momento, rimasero bloccati nel vedere la scena, ma non poterono
fare a
meno di ridacchiare quando sentirono Jolie urlare: “Questa me
la paghi, Black!”
non appena svoltato l’angolo. La Hogwarts del loro tempo si
era abituata a
quegli spettacolini, ma ora toccava a questa e ce ne sarebbero state di
occasioni per ridere.
“Be’,
direi che certe cose non cambiano mai” sospirò
John, voltandosi verso l’amico che sorrise guardandolo
rassegnato. “Non so se
sia meglio o peggio”.
“Lo
vedremo col tempo”.
Fecero
per andarsene, ma delle risatine attirarono l’attenzione
del moretto che si voltò nella direzione da cui provenivano
notando le
ragazzine che aveva incontrato qualche giorno fa in biblioteca
guardarlo in
modo strano e confabulare qualcosa tra loro.
“Scusa,
John” chiamò a quel punto.
“Sì?”
“Posso
chiederti una cosa?”
“Tutto
quello che vuoi, Tappo”.
Charlie
spostò lo sguardo sul biondino, squadrandolo
di sbieco. “Si può sapere che cosa hai detto alle
ragazze in biblioteca l’altro
giorno?”
John
parve inizialmente un po’ perplesso. “Niente. Che
cosa avrei dovuto dire?”
“Non
lo so, dimmelo tu”.
“Ma
io non ho detto niente”.
Paciock
era bravo a ingannare la gente con la sua
espressione da angioletto, ma Charlie lo conosceva troppo bene per
cascarci.
“John!”
John
roteò gli occhi in tutte le direzioni cercando
una via di fuga, poi, resosi conto che non ce n’erano,
indietreggiò contro il
muro e mostrò un sorriso falsamente innocente
all’amico, cercando un modo per
dissimulare.
“Be’,
potrei… potrei essermi lasciato sfuggire una
cosuccia…” iniziò. “Ma
è una cosuccia di poco conto”.
“Che
cosa ti sei lasciato sfuggire?” ringhiò
l’altro
spingendosi contro di lui, la bacchetta in pugno, cercando di essere il
più
minaccioso possibile, anche se essere più basso di una
spanna dell’altro non
aiutava molto.
“Ma
niente”.
“John!”
“Ok,
se vuoi te lo dico, ma tu devi promettermi che
non ti arrabbierai”.
“Prima
me lo dici poi vediamo”.
John
sospirò. Ormai aveva sganciato la bomba, gli
toccava farla esplodere ora.
“Be’,
ho solo detto che loro… che loro non ti
interessano… cioè, che le ragazze non ti
interessano”.
Charlie
inarcò le sopracciglia leggermente confuso.
“Hm?”
“Sì,
insomma… potrei aver detto loro che sei…
sì,
ecco… che sei g…”.
“Che
sono?” il moro aveva iniziato a sudare freddo. Aveva
capito, ma volevo sentirlo dire da lui. non era la prima volta che John
faceva
allusioni del genere e puntualmente lo faceva incazzare. Non riusciva a
capire
che cosa l’amico ci trovasse di divertente.
“Che
sei… gay”.
Non
appena il biondino pronunciò quella parola,
l’altro
strabuzzò gli occhi, aprì la bocca per tirare un
paio di respiri, strinse la
presa sulla bacchetta e, raccogliendo tutta l’aria che aveva
in sé, urlò:
“JOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHNNNNNNNN!!!!!
Preparati a correre o ti ucciderò con le mie
maniiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!”
“Ma,
Tappo! Perché ti incazzi!? Che importanza ha?”
Quello
lo fece infuriare ancora di più e per la
rabbia il suo viso divenne più rosso dei capelli dei
Weasley. “Certo che ha
importanza, adesso lo diranno a tutta la scuola”.
“E
allora? Qual è il problema?”
“Il
problema è che non è vero. E ora…
CORRIIIIIIIIIIIIIII!!!”
John
prese la rincorsa
e partì alla velocità della luce, esattamente
come James poco prima, inseguito
da un Charlie più indemoniato della sedia che rincorreva
l’altro. Se al posto
del moro, però, ci fosse stata Jolie, Paciock ora si sarebbe
già trovato a
pendere sulla Torre di astronomia per le mutande.
MILLY’S
SPACE
Lo
so, sono imperdonabile… da quant’è che
non aggiorno
questa fic? Da così tanto tempo che non voglio nemmeno
saperlo.
Ma ormai lo sapete, aggiornare le mie storie mi diventa sempre
più difficile
perché i momenti liberi sono veramente pochi. Non
starò qui a propinarvi le
solite scuse, che sicuramente potrete immaginare.
Spero solo che non me ne vogliate e che ancora vi ricordiate di questa
storia. Non
vi prometterò che sarò più costante
perché sarei una stupida a fare promesse
che non sono sicura di poter mantenere, però abbiate fede,
anche se molto
sporadicamente, riuscirò a mandare avanti questa storia. Ci
tengo troppo : )
Detto
questo, non voglio tediarvi ulteriormente, anche
perché è quasi l’una e i mostri sotto
al letto stanno solo aspettando che io
vada a dormire per attaccarmi nel sonno. Vendicheranno la vostra lunga
attesa
^^.
Non
ho riletto il capitolo perciò perdonate eventuali
errori e… uhm… mi sono accorta che mi sto
concentrando troppo su John e
Charlie. Eh, la pecca di una yaoista incallita. Prometto che la
prossima volta
dedicherò spazio anche agli altri pg.
Bene,
adesso vado che ho già parlato troppo.
Oh
e non dimenticatevi di venirmi a trovare su Facebook: http://www.facebook.com/MillysSpace
Hasta
pronto : )
Milly.
FEDE15498:
eh, Silente fa un sacco di cose strane, nemmeno io riesco a
capirle… mah, va be’,
come hai detto tu, ci sarà qualche motivo che gli frulla
nella testa. Joel te
lo cedo volentieri, è così scorbutico che
dà fastidio pure a me u.u comunque
sì, lui è il gemello di Ariel mentre James
è il più grande. Be’, a quanto pare
il piccolo segreto di Tappo è uscito fuori prima del
previsto ^^ ma l’unico a
non averlo preso bene sembra essere Charlie stesso… ahahaha
XD bene, spero ti
sia piaciuto anche questo capitolo e mi spiace averti fatta attendere a
lungo…
un bacio, M.
PENELOPE
POTTER:
i misteri di Silente sono tanti, ma se continuerai a
seguirmi potresti scoprirne qualcuno ^^ sì, lo spagnolo
è proprio una bella
lingua : ) fatti risentire, un bacio. M.
PUFFOLA_LILY:
eh
sì, James è figo quando parla spagnolo XD ma lo
spagnolo è figo in bocca a
tutti ^^ (anche a me piacciono gli spagnoli. E pensa che sono tornata
da poco
dalla Spagna ^^). John e Charlie insieme? Hmmm, chissà,
chissà… potrebbe
succedere o potrebbe anche di no ^^. Grazie mille per i complimenti,
alla
prossima. Milly.
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Capitolo 39 *** Capitolo trentotto ***
CAPITOLO
TRENTOTTO
Jolie,
JamesRemus, Vicky e Charlie erano seduti ad
un tavolo dei Tre Manici di Scopa davanti a una calda e schiumosa
Burrobirra
che Madama Rosmerta aveva offerto loro col solito sorriso gentile e
pieno di
affetto, quello che offriva a tutti i clienti. Era per le sue
attenzioni,
dopotutto, che quel locale veniva molto frequentato. Per le sue
attenzioni e
per la Burrobirra ovviamente, la migliore di tutta Hogsmeade.
Se c’era una cosa che era rimasta piacevolmente uguale erano
Hogsmeade e i Tre
Manici di Scopa.
“Ci
voleva proprio questa uscita. Mi ero stancato di
stare chiuso in quel castello”, commentò James,
buttandosi indietro sullo
schienale della sedia e allungando le gambe sotto al tavolo.
“Puoi
dirlo forte”, gli diede manforte Victoire.
“Però,
ragazzi, non scordiamoci che abbiamo una
missione da compiere”, fece Jolie, attorcigliandosi una
ciocca di capelli rossi
attorno al dito.
“Non
ce ne siamo scordati”, rispose Charlie. “E come
potremmo? Bisogna solo aspettare il momento giusto”.
“Sempre
se non abbiamo cambiato qualcosa nella linea
temporale. Sappiamo che il tempo non è una linea retta
sempre uguale, la storia
può anche cambiare”.
“Sta’
tranquilla. Tutto andrà come deve andare e noi
salveremo tuo fratello”, la rassicurò James
mostrandole uno dei suoi sorrisi
sghembi. Questo la rincuorò parecchio. JamesRemus poteva
anche essere un tipo
imprevedibile e irresponsabile, però sapeva che
cos’era il dovere. E,
soprattutto, non avrebbe mai fatto qualcosa che poteva arrecare danno a
chi
amava.
E lo stesso valeva per gli altri.
“Sapete
per caso che fine hanno fatto gli altri?”
chiese Vicky ad un certo punto, per cambiare argomento.
“Joel
si sarà rintanato nel negozio di manga, quello
che si trova nella parte babbana di Hogsmeade”, rispose la
rossina, smettendo
di torturare la sua ciocca.
“Ma
siamo nel passato e quel negozio ancora non lo
hanno costruito. Così come non c’è
ancora una parte babbana nel villaggio”, le
fece notare Charlie come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Oh,
giusto”, borbottò la ragazza, abbassando il
capo. Come aveva fatto a non pensarci? Nessun’altro,
però, parve far caso al suo errore.
“John
immagino che sia uscito con una ragazza, tanto
per cambiare”, disse James, portando lo sguardo fuori dalla
finestra.
Quella notte aveva nevicato parecchio e ora tutte le strade e i tetti
delle
case erano ricoperti di soffice neve bianca. Anche natale ormai si
avvicinava e
i negozi avevano già messo i loro addobbi e tirato fuori gli
articoli natalizi
da vendere. Luminosi alberi di natale facevano bella mostra ad ogni
angolo e
anche nell’aria si respirava già odore di festa,
inebriata dal profumo di buoni
dolci tipici.
Nonostante la guerra, nonostante Voldemort minacciasse
l’intero Mondo Magico,
nonostante ogni giorno sempre più persone scomparissero,
nonostante tutto la
gente aveva ancora voglia di festeggiare.
Sia ora che nel tempo dei ragazzi seduti a quel tavolo dei Tre Manici
di Scopa.
Perché le feste… le feste davano carica, davano
speranza, nuovi motivi per
combattere. Perché le feste mostravano quanto amore ancora
c’era.
Silente poteva anche essere un vecchio hippie con la faccia da babbo
natale,
però aveva tremendamente ragione.
L’amore era tutto.
“Parli
del diavolo…”, esclamò Vicky, indicando
col
dito fuori dalla finestra. John camminava nella neve con un braccio
dietro la
schiena di una ragazza che a malapena gli arrivava alla spalla e che,
con tutta
probabilità, era più piccola di lui. Anche lei
gli teneva una mano dietro la
schiena e lo guardava con un sorriso ebete e due occhi a cuoricino. Era
proprio
cotta.
“Povera
ragazza”, commentò di nuovo la bionda. Le sembrava
una cucciola, quella bambina che passeggiava con John, con un faccino
ancora
innocente e dolce. Un agnellino a passeggio col leone.
“Scommetto
che è vergine”, aggiunse James.
“Non
lo sarà ancora per molto”, concordò
Jolie.
L’unico
a non esprimersi fu Charlie. Non gli
interessava quello che faceva John, né tantomeno gli
interessava quante ragazze
si portasse a letto.
Non gli interessava assolutamente. La vita di John era di John e basta.
Non capiva
perché tutti i suoi amici si divertissero a curiosare
così tanto.
“Sappiamo
come va a finire: lui la frequenta un po’,
se la porta a letto e poi la molla”.
“E
lei lo odierà per il resto della sua vita”.
“Le
sue amiche la dovranno consolare”.
“Oddio,
vi immaginate tutti quei pianti?”
“Brucerà
le sue foto”.
“I
suoi regali”.
“Magari
anche i suoi ricordi”.
“Ragazzi,
la smettete?!” esclamò Charlie guardandoli
malissimo. I tre amici si voltarono verso di lui e lo guardarono
straniti. Era raro
vedere Charlie incazzato, però quando lo era diventava
piuttosto pericoloso.
I ragazzi tornarono seri e si risedettero composti sulle loro sedie,
forse
rendendosi conto di aver esagerato.
“Tappo?”
chiamò James, ma quel sorriso malizioso che
gli era comparso non prometteva nulla di buono. “Ma non
è che sei geloso?”
“Di
chi?” fece l’altro, inarcando un sopracciglio.
“Di
John”, rispose Black come fosse la cosa più
ovvia del mondo.
Charlie
strabuzzò gli occhi e arrossì tutto
d’un
colpo. “Ma che stai dicendo? Quello geloso secondo me sei
tu”. Incrociò le
braccia e voltò il viso dall’altra parte. Ma
perché i suoi amici si ostinavano
a fare quei commenti? A lui non piaceva John. Non gli piacevano gli
uomini, e
che cacchio? E in ogni caso John era la persona meno adatta di cui
innamorarsi.
Lui era uno stronzo con le ragazze, lui non sapeva amare.
“Geloso
io?” ripeté James con espressione
pensierosa. “Be’, ammetto che a volte sogno di
essere abbracciato da quelle sue
braccia muscolose”, concluse con tutta la disinvoltura del
mondo, come se
avesse appena detto che preferiva le Cioccorane alle Api Frizzole.
Vicky scoppiò a ridere.
Nel frattempo John e la sua nuova fiamma erano scomparsi dalla loro
visuale. Chissà
dov’erano andati, si chiese Charlie. Era facile rimorchiare
le bambine che
ancora credevano nel principe azzurro. E poi per lui era facile, gli
bastava
uno schiocco delle dita e tutti cadevano ai suoi piedi.
Ginny,
Luna ed Hermione aspettavano appoggiate alla
ringhiera del ponte che attraversava un piccolo fiume che in primavera
era
pieno di paperelle. Emmie era entrata in bagno circa dieci minuti fa e
le
ragazze cominciavano a domandarsi che fine avesse fatto.
“Secondo
voi dovremmo andare a controllare?” chiese
Hermione, quella visibilmente più preoccupata.
“In
bagno possono succedere molte cose brutte”,
disse Luna col suo solito tono sognante. Le altre due ragazze la
ignorarono.
“Dai,
Ginny, andiamo”, concluse infine la riccia,
avviandosi. Ma non fece in tempo a fare due passi che videro Emmie
uscire dalla
porta e dirigersi verso di loro.
“Oh,
finalmente. Perché ci hai messo così
tanto?” le
chiese Ginny quando la più piccola le ebbe raggiunte. La
ragazza però non
sembrò averla sentita. In verità non
sembrò neanche che le avesse viste. Continuò
a camminare avanti, spedita, i capelli lunghi che le sbattevano sulla
schiena.
“Emmie!”
la chiamò Hermione correndole dietro
insieme alle altre. “Emmie, cosa fai? Fermati!”
“Emmie!”
si aggiunse Ginny.
“Che
cosa ha tra le mani?” chiese Luna. Solo lei,
infatti, sembrò notare che la piccola Lupin reggeva qualcosa
tra le mani, un
oggetto incartato in carta di giornale.
“Emmie!”
chiamarono di nuovo Ginny ed Hermione in
coro. Adesso erano visibilmente preoccupate.
La rossa fece una corsa per raggiungerla, ormai a metà del
ponte, ma rimase
paralizzata sul posto a poca distanza dalla Tassorosso. Emmie aveva
mollato a
terra l’oggetto e, come se qualcuno avesse usato dei fili
attaccati alla sua
testa, si era sollevata in aria, con le braccia aperte e le gambe
penzoloni nel
vuoto. I capelli le fluttuavano attorno al viso diventato pallido, gli
occhi
erano spalancati.
Ginny,
Luna ed Hermione la guardavano dal basso,
spaventate e scioccate. Non sapevano che cosa fare, non avevano idea di
che
cosa potesse essere successo. Inoltre, un bel gruppetto di persone si
era
radunato in prossimità del ponte a guardare la scena,
increduli anche loro,
chiedendosi che razza di scherzo fosse quello.
Tra questi c’erano anche James, Jolie, Vicky, Charlie e Ted.
La
ragazzina, ancora sospesa in aria, aprì la bocca
e tirò un urlo con tutto il fiato che aveva in gola, un urlo
simile a quello di
un’arpia o di una sirena del Lago Nero. Un urlo stridente,
come il gesso sulla
lavagna, amplificato trenta volte, però. Qualcuno fu
costretto a tapparsi le
orecchie.
Infine, Emmie richiuse la bocca e cadde per terra come un frutto troppo
maturo
che precipita dall’albero.
“Emmie!”
gridò Ted, raggiungendo la sorella. Si
inginocchiò
nella neve e prese la piccola tra le braccia, scostandole i capelli
castani
dagli occhi. Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse
che respirava
ancora, doveva solo essere svenuta. “Qualcuno chiami aiuto!
Chiamate un’insegnante!”
“Professori,
avete qualche idea di quello che
potrebbe essere successo?” chiese Madame Chips, prendendo il
termometro con cui
aveva misurato la temperatura ad Emmie. La piccola aveva qualche linea
di
febbre e la pressione leggermente bassa ma non sembrava mostrare altre
anomalie. Però, da quando era avvenuto quel fatto ad
Hogsmeade, non si era
ancora svegliata.
Quella
sera l’infermeria era affollata come non lo
era mai stata. C’erano quasi tutti, si poteva dire. Silente,
la McGranitt, i
ragazzi del futuro, Harry, Ron, Ginny, Luna, Hermione, Remus, Tonks,
Sirius e
James, questi due venuti solo per stare al fianco dell’amico.
Il preside voleva che restassero solo gli adulti, ma i ragazzi avevano
opposto
tutta la loro contrarietà e l’avevano guardato con
uno sguardo che non
ammetteva repliche. E se riuscivano a mettere in soggezione un grande
mago come
Silente, allora erano veramente bravi.
“Ragazze,
ci potreste raccontare di nuovo com’è
andata?” chiese la McGranitt, rivolta a Ginny, Luna ed
Hermione.
La rossa sbuffò. Era già la terza volta che
raccontavano l’accaduto. “Emmie era
andata in bagno e noi l’abbiamo aspettata fuori, vicino al
ponte. Poi è uscita
tenendo questo oggetto in mano. Noi l’abbiamo chiamata ma lei
sembrava non
vederci e non sentirci. Poi è successo quello che tutti
hanno visto. Si è
sollevata in aria e ha urlato”.
Al
termine del racconto di Ginny, Silente si mise a
camminare avanti e indietro per la stanza, con le mani dietro la
schiena e con
lo sguardo pensieroso. Il peggio sembrava essere passato, Emmie si
sarebbe
ripresa e l’oggetto, scopertosi essere una collana di perle,
era stato affidata
a Piton perché l’analizzasse.
“Avete
visto se per caso è entrato qualcuno in bagno
dopo di lei?” chiese ancora la McGranitt come un bravo
detective.
“Non
abbiamo posto molta attenzione a chi entrava”,
rispose Hermione. “Però non mi sembra di aver
notato nessuno”.
“Forse
qualcuno è entrato prima e le ha lanciato un
incantesimo”, ipotizzò Sirius, seduto su uno dei
lettini dell’infermeria che,
miracolosamente, era vuota quel giorno.
“Sì,
ma quale incantesimo è in grado di fare una
cosa del genere?”
“Potrebbe
essere stato quell’oggetto che aveva tra
le mani”, propose allora James. “Magari lo ha
trovato in bagno e lo ha preso”.
“Avrà
solo quattordici anni ma non è di certo
stupida!” lo rimbeccò Ted, seduto accanto alla
sorella che giaceva nel letto,
profondamente addormentata. “Sa che non deve prendere le cose
che trova in giro”.
James lo guardò con aria colpevole.
“Ted
ha ragione, sicuramente c’era un’altra persona
che glielo ha dato”, concordò JamesRemus, al che
Ted gli lanciò un’occhiata
grata.
“Inoltre,
si sarebbe accorta che nella collana c’era
della magia”, fece notare il licantropo.
“Senza
offesa, ma come fa una ragazzina di
quattordici anni a notare che c’è della magia in
una collana?” chiese Ron con
un’espressione palesemente tonta.
Ted
roteò gli occhi esasperato. “Con il fiuto,
ovvio”.
“Con
il fiuto?”
“Cose
da licantropi, lascia perdere”.
“Adesso
capisco perché voi ragazze siete solite
andare in bagno insieme”, commentò John ma nessuno
rise a quella battuta. Be’,
eccetto James e Sirius.
“Ma
chi potrebbe aver fatto una cosa del genere a
una quattordicenne? E perché?” Sembrava proprio
che Madame Chips non riuscisse
a concepire una cosa del genere, dal tono che aveva usato.
“E’
stata colpa sua, professore”. A parlare era
stato JamesRemus e aveva usato un tono estremamente calmo ma deciso,
come se
fosse assolutamente certo di quello che aveva detto. Silente si era
voltato
verso di lui, senza scomporsi, incontrando i suoi penetranti occhi
color
ghiaccio. Tutte quante le teste si spostarono verso i due.
“Se lei non avesse
detto a tutta la scuola che noi siamo qui per sconfiggere Voldemort
questo non
sarebbe successo”. Fece una pausa osservando come alcuni
rabbrividivano nel
sentir pronunciare quel nome. “Mi spiace dirglielo, ma i suoi
studenti non sono
tutti santi. Tra quelle file ci sono figli di Mangiamorte e alcuni di
loro
presto riceveranno il marchio. Sicuramente hanno spifferato qualcosa e
il
Signore Oscuro di certo non vorrà lasciarci andare in giro a
organizzare la sua
sconfitta”.
Dopo
quelle parole, nell’infermeria, calò un
profondo silenzio, un silenzio in cui la tensione poteva
tranquillamente
tagliarsi con una daga. Silente non disse niente, semplicemente
sollevò la
palandrana che indossava e si diresse al primo letto libero che
trovò.
“Non
posso darti torto, ragazzo”, soffiò sedendosi,
e la sua voce sembrava essere diventata improvvisamente più
vecchia di almeno
dieci anni. “Potremmo restare qui a ipotizzare mille e mille
motivi su quello
che è successo, ma credo che non giungeremo mai alla
verità. Vorrei solo che il
responsabile uscisse fuori. Cercheremo di scoprire il più
possibile su questo
mistero e nel frattempo, terremo gli occhi bene aperti”.
I
ragazzi del futuro si guardarono l’un l’altro
esasperati. Silente di certo era un grande mago, saggio per certi
aspetti. Ma a
volte era troppo buono e sì, persino ingenuo.
“E
se la collana non fosse stata per Emmie? E se era
per Harry?” chiese Ron con gli occhi sbrilluccicanti.
Probabilmente credeva di
aver appena avuto un colpo di genio.
“Per
Harry?” ripeté Hermione.
“Voldemort
lo vuole morto, dopotutto”.
“Non
credi che in tal caso noi lo sapremmo?” gli
fece notare Ariel.
“E
in ogni caso non credo che Voldemort mi
ucciderebbe in questo modo”, aggiunse Harry. “Lui
vuole uccidermi con le sue
mani”.
Ron dovette rassegnarsi, rendendosi conto che i suoi amici avevano
ragione. Si ritirò
in un angolo e decise di restarsene zitto.
“E’
più probabile che la collana fosse diretta a me”,
si intromise, allora, il Professor Silente.
“A
lei?!” esclamò Il Ragazzo che è
Sopravvissuto.
“Certo.
Non credo che Voldemort si lascerebbe
intimorire da dei semplici ragazzini. Mentre io… io sono
quello che lo spaventa
di più. E’ chiaro che desidera la mia
dipartita”.
Nessuno
trovò niente da obiettare neanche a questo.
“Stiamo
tutti dando per scontato che sia stato
Voldemort a fare questo a Emmie”, disse ad un tratto Luna,
guardando tutti i
presenti coi suoi brillanti occhi azzurri, senza lasciarsi intimorire.
“Ma
forse qualcun altro ha preso l’iniziativa, forse uno studente
di questa scuola.
O potrebbe essere stato un banale incidente, terrificante, ma banale
incidente”.
L’ipotesi della Corvonero era piuttosto semplice e forse
persino poco probabile,
ma aveva senso.
Il fatto era che stavano navigando senza un minimo di vento; non
avevano idea
di cosa potesse essere successo, le ipotesi erano tante, proprio come
aveva
detto Silente. Lo avrebbero scoperto soltanto quando Emmie si fosse
svegliata. Almeno
lo speravano.
“Ora
andrò dal Professor Piton a chiedere se ha
scoperto qualcosa sulla collana”, concluse il preside,
dirigendosi all’uscita. “E
a cena diremo agli studenti quello che è successo. Speriamo
non ricapiti più. Voi
potete tornare nei vostri dormitori, Madame Chips vi farà
sapere se ci sono
novità sulla signorina Lupin”.
“Professore!”
lo richiamò Teddy. “Io posso restare?”
“Ma
certo”, concesse Silente con un sorriso.
E
naturalmente anche Tonks e Remus sarebbero rimasti
con lui, fino a che Emmie non si fosse svegliata.
“Ted?”
chiamò JamesRemus, prima di seguire gli altri
fuori dall’infermeria. “Vuoi che rimanga con
te?”
L’amico
gli sorrise
teneramente, ma scrollò il capo in un cenno di diniego.
“No, non serve, grazie”.
MILLY’S
SPACE
Da
quant’è che non aggiorno questa fanfic?
Da molto, troppo tempo, lo so. Non starò qui a propinarvi le
solite scuse,
spero solo che non ce l’abbiate troppo con me *qualcuno dalla
platea le lancia
un pomodoro*. Ok, come non detto ^^.
Allora,
sicuramente quello che è successo a Emmie ve lo
ricorderete dal sesto libro. Solo che in quel caso la vittima era stata
Katie,
se non sbaglio. Be’, io ho voluto cambiare
^^. Non mi ricordo però se l’oggetto
fosse una collana, ma va be’.
Credo
di aver sfasato un po’ la figura di Silente in
questo capitolo, ma il fatto è che a me non è mai
piaciuto, soprattutto negli
ultimi libri, mi ha parecchio dato sui nervi. I’m sorry, ma
è così, non posso
farci niente.
Spero
mi lasciate qualche recensioni, anche per dirmi che
mi odiate per aver tardato così tanto
nell’aggiornamento : ) e non
dimenticatevi di fare visitina alla mia pagina facebook
(https://www.facebook.com/MillysSpace),
anche
perché ho in corso parecchie altre fanfic, così
magari vi tenete aggiornati ^^
Un
bacione grande grande,
Milly.
FEDE15498:
ahaha l’autrice sembra essere scomparsa lo stesso ^^ mi
dispiace averti fatto
aspettare così tanto, spero tu non ce l’abbia
troppo con me. Però penso che
questo sia un capitolo abbastanza emozionante, quindi mi sto rifacendo
un po’ :
D Charlie tranquillo? Be’, vedremo, vedremo… ne
devono ancora succedere di
cose. Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, sempre se ancora
ti
ricordi della storia : )
Bacioni,
M.
|
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Capitolo 40 *** Capitolo trentanove ***
CAPITOLO
TRENTANOVE
“Emmie!”
gridò qualcuno dietro di lei. Emmie era a
metà strada per arrivare alla sala comune dei Tassorosso,
quando si trovò
davanti la chioma blu cobalto di suo fratello.
“Ted!”
esclamò lei quando questi, in pochi passi, la
ebbe raggiunta.
“Posso
portarti la borsa?” le chiese gentilmente il
ragazzo e, senza neanche darle il tempo di rispondere, le tolse la
borsa dalla
spalla e se la mise sulla propria. La ragazza alzò gli occhi
al cielo ma non
protestò. Tanto era inutile. Da quando era avvenuto
quell’incidente ad
Hogsmeade, suo fratello e i suoi amici le stavano addosso peggio delle
sanguisughe. Non la lasciavano un attimo da sola, sembrava quasi che le
avessero
messo addosso un radar o una cimice, il che, conoscendoli, era anche
abbastanza
probabile, perché pareva che potessero vedere tutti i suoi
movimenti e in ogni
luogo in cui metteva piede, che fosse il bagno o lo stanzino delle
scope, si
ritrovava qualcuno di loro che molto gentilmente, anzi, fin troppo
gentilmente,
si offrivano per accompagnarla o, meglio ancora, scortarla, come delle
ben
pagate guardie del corpo. Poi
iniziavano
a parlare con lei, le chiedevano del più e del meno, si
offrivano per aiutarla
coi compiti, finché, facendo finta di buttarla lì del tutto casualmente, le
chiedevano di quel
giorno ad Hogsmeade, di cosa fosse successo esattamente, chi avesse
visto,
eccetera, eccetera. E questo le faceva desiderare ardentemente di
potersi
trovare in un altro posto.
Aveva ripetuto fino alla nausea, a tutti quanti, ai suoi genitori, agli
insegnanti, a Silente e ai suoi amici che non se lo ricordava, non si
ricordava
assolutamente nulla di quel giorno, c’era un vuoto totale
nella sua testa. E la
cosa non era minimamente cambiata nemmeno dopo una settimana.
Capiva perfettamente che si preoccupavano per lei, dopotutto era la
più piccola
del gruppo e fin da
quando era nata
avevano tutti mostrato una certa più attenzione nei suoi
confronti, e non aveva
mai trovato da lamentarsi, le faceva piacere, ma adesso la cosa stava
iniziando
a diventare soffocante. Stavano esagerando, la trattavano da
handicappata.
“Mamma
e papà ci hanno mandato una lettera. Chiedono
come stai”, disse Teddy, camminando al suo fianco.
“Sto
allo stesso identico modo in cui stavo due
giorni fa”, rispose lei con un tano acido che non le
apparteneva.
Infatti, il fratello si bloccò subito. “Scusa.
Sono solo preoccupati”.
“Questo
l’ho capito, so che siete preoccupati tutti
quanti, ma è passata una settimana ormai e io sto
bene!” Guardò il fratello
abbassare il capo come se fosse dispiaciuto. Aveva
un’espressione un po’
tormentata quel giorno. Stava osservando la cicatrice
sull’occhio che rovinava
il suo bel volto, quando pensò di chiedergli se ci fosse
qualcosa che non
andava, ma lui la precedette: “Hai ragione, Emmie. Siamo un
po’ troppo
appiccicosi”. Le mostrò un sorriso dolce e lei non
poté far altro che
ricambiare. Ci aveva provato in tutti i modi a tenere il muso a suo
fratello,
ma era letteralmente impossibile, lo dicevano anche gli altri. Teddy
era troppo
dolce. James a volte, per scherzare, diceva che per sconfiggere
Voldemort
sarebbe bastato mostrargli Ted e quello subito si sarebbe intenerito.
“Ehi,
Emmie!” esclamò di nuovo una voce, che
però
non apparteneva al licantropo. I due fratelli Lupin si voltarono e
videro venir
loro incontro Joel, mani in tasca e capelli spettinati. “Cosa
succede? Ho
sentito la tua voce fino in cortile”. L’intenzione
del ragazzo non era certo
stata deriderla o imbarazzarla, eppure la ragazza non riuscì
a impedire alle
sue guance di diventare porpora. Controllò velocemente i
capelli ed emise un
sospiro di sollievo constatando che erano rimasti del loro normale
colore e non
qualcosa di strano, come le succedeva spesso quando Joel le parlava.
“Stavo
solo… parlando con Ted”, borbottò lei,
concentrata sui propri lacci delle scarpe.
“Immagino”,
ridacchiò lui. “Comunque, avete visto
mia sorella? Devo chiederle una cosa”.
“Non
ne ho idea, mi spiace”, gli rispose Ted.
Ginny
si stava dirigendo alla biblioteca con
l’intenzione di restituire un paio di libri che aveva preso
in prestito per il
compito di Incantesimi, quando, improvvisamente, aveva notato due
persone di
fronte all’entrata.
Così, senza pensarci, si era riparata dietro al muro a pochi
metri di distanza,
gli occhi puntati su di loro e le orecchie ben tese. Peccato solo che
da quella
distanza non riuscisse a sentire niente. Le sarebbe proprio tornata
utile una
delle Orecchie Oblunge di Fred e George.
Non sapeva bene perché si stesse nascondendo, ma
c’era qualcosa di sospetto in
Ariel e Malfoy che confabulavano molto vicino l’uno
all’altra.
Di solito Malfoy non parlava così tranquillamente con un
Grifondoro e, da
quanto ne sapeva lei, al Serpeverde non stavano molto simpatici i
ragazzi del
futuro, nonostante fosse proprio grazie a loro e all’Ordine
che Malfoy non era
finito tra le grinfie dei Mangiamorte dopo aver disertato. Ginny
credeva che l’antipatia
fosse del tutto reciproca, ma… a giudicare da come la Black
rideva e parlava
tranquillamente, forse si sbagliava.
“Perché
stai parlando con me, Black?”
La
ragazza si passò una mano tra i capelli con molta
nonchalance, cercando di trattenere un sorrisetto. Malfoy era sempre lo
stesso,
nemmeno nel loro futuro era cambiato poi molto. Sempre la solita
espressione
arrogante e quel caratterino che emanava superiorità. Ma, a
differenza di molti
altri, lei non si sentiva affatto in soggezione. Anzi, questo la
esortava a
provocarlo ancora di più.
“Sarò
libera di parlare con chi voglio. Non mi pare
ci sia scritto sulla tua fronte che è vietato parlare con
te”.
“Ma
tu sei una Grifondoro”.
“Davvero?
Non lo sapevo”.
Stavolta
anche Malfoy si trovò a ridacchiare. Certo
che quella Ariel ci sapeva fare col sarcasmo. Se non fosse una
Grifondoro,
probabilmente avrebbe cercato di approfondire la sua conoscenza.
“Black,
sono piuttosto scocciato oggi. Sparisci se
non vuoi assaggiare la mia bacchetta”, le disse, ma il tono
non gli uscì
affatto minaccioso come avrebbe voluto. E in ogni caso, non
sortì alcun effetto
sulla biondina davanti a lui, che lo riprese con un “Oh, non
mi dispiacerebbe
affatto vedere la tua bacchetta” e allungò una
mano verso il cavallo dei suoi
pantaloni, proprio in quel punto.
Malfoy
si scostò sorpreso.
“Teoricamente
noi non siamo imparentati?”
“Se
è l’albero genealogico che ti preoccupa,
tranquillo, io e i miei fratelli non ci siamo”.
“No,
non è un dannato albero che mi preoccupa, ma le
tue velate minacce sessuali”.
“Minacce
sessuali? Ma dai, addirittura! Comunque,
non ti preoccupare, l’incesto nella famiglia Black non
è di certo disprezzato”.
Lo
intrigava, lo intrigava parecchio quella ragazza.
“Per
caso mi stai facendo un qualche tipo di
proposta, Black?” le chiese lui con voce sensuale.
Lei
gli si fece più vicina, molto più vicina. Ora i
loro visi erano a pochi centimetri di distanza, Malfoy poteva sentire
il dolce
odore di miele che emanava la sua pelle e Ariel poteva vedere quasi
tutte le
sfumature negli occhi di ghiaccio del ragazzo.
“E
se anche fosse?” fece lei con tono basso e voce
roca. Socchiuse gli occhi in modo provocatorio.
“Ma
tu non stai con Potter?” si ricordò allora il
Serpeverde, ma non si scostò neanche di un centimetro.
“Hai
paura di Potter?”
“Per
niente”. E così dicendo, Malfoy le mise una
mano sulla schiena e la trasse a sé facendo cozzare i loro
bacini. Poi, senza
troppi preamboli, la baciò sulla bocca e i due iniziarono un
suadente gioco di
lingue per vedere chi sarebbe stato ad avere la meglio.
La mente di Ariel volò ad Harry solo per una frazione di
secondo, poi la
passione di quel bacio le fece dimenticare tutto.
Ginny
si portò una mano alla bocca completamente
sconvolta, gli occhi ancora spalancati sulla scena che aveva davanti.
Malfoy
e Ariel che si baciavano, così,
spudoratamente, davanti alla biblioteca, nel bel mezzo del corridoio
dove
passavano tutti.
Doveva dirlo ad Harry. Insomma, non era accettabile che la sua ragazza
facesse
una cosa del genere. Lo stava tradendo e con Malfoy, per giunta. Non
era giusto
nei suoi confronti.
Strinse
i pugni e cominciò ad allontanarsi, livida
in volto.
Martha
si scostò una ciocca dei capelli ribelli dal
viso e sospirò.
Era seduta sul letto e solo una larga maglietta ricadeva a coprire il
suo
delicato corpo. La maglietta di Sirius. Il suo odore le penetrava
prepotentemente le narici e, contro tutti i suoi propositi, se ne era
completamente assuefatta, come se fosse la sua droga. Esattamente
quello che
era successo quasi vent’anni fa, quando aveva incontrato lo
sguardo magnetico
di quel ragazzo giovane ma dall’animo terribilmente
misterioso e tormentato.
Aveva avuto l’onore di essere l’unica ragazza di
Hogwarts, per non dire dell’intero
mondo magico, a far breccia nel suo cuore di ghiaccio. Ma poi lui aveva
rovinato tutto. O meglio, Peter Minus aveva rovinato tutto.
E lei si era ritrovata persa e aveva giurato a se stessa che non
sarebbe mai
più successo.
Ma
adesso eccola lì, di nuovo caduta nella trappola.
E che dolce trappola che era, dolce, passionale, penetrante,
intensa…
Voltò
il capo verso Sirius steso a pancia in giù
accanto a lei, completamente nudo, i capelli scuri che gli ricadevano
sul volto
rilassato.
Ma perché era così difficile? Aveva passato quasi
un’intera vita a cercare di
dimenticarlo e ora lui tornava a sconvolgerla, di nuovo. Una parte di
lei le
diceva di lasciarsi andare, di amarlo come aveva fatto da ragazzina. In
fondo,
non era cambiato niente, tutto poteva tornare come prima. Ma
l’altra parte le
consigliava di retrocedere finché era in tempo, di andarsene
perché avrebbe
sofferto di nuovo. Con Sirius non c’erano mai certezze.
Quale parte ascoltare? I suoi sentimenti per lui non erano cambiati
mai,
nemmeno quando lo aveva creduto colpevole.
Con
mille dubbi in testa, scese dal letto e andò di
sotto, nella grande e cupa cucina di Grimmauld Place.
Prese un bicchiere dalla dispensa e si versò un
po’ d’acqua.
Dei rumori strascicati alle sue spalle la scossero e, quando si
voltò, vide la
figura di James fermo sulla soglia della porta.
“Martha!”
esclamò lui come se fosse sorpreso di
vederla lui. O forse era più sorpreso del suo abbigliamento,
da come l’aveva
squadrata, curioso e forse persino un po’ divertito.
“James”,
salutò lei, svuotando il bicchiere.
“Quindi,
tu e Sirius…”. Non terminò la frase, ma
si
capiva che cosa intendesse dallo sguardo malizioso.
“Già”.
“Lui
dov’è?”
“Di
sopra. Sta dormendo”.
“D’accordo.
Digli che sono passato”. L’uomo si voltò
per andarsene, ma Martha lo fermò di nuovo.
“James!”
“Sì?”
“Non
dirlo a mio zio”.
James
ridacchiò. “Non ti preoccupare. Ci tengo alla
vita del mio migliore amico”.
“Ariel!”
“Ginny!”
Le
due ragazze si erano incontrate nei pressi della
Sala Grande. O meglio, Ginny aveva visto la biondina da lontano e
l’aveva
fermata prima che se ne andasse. Alla fine si era decisa a parlare
prima con
lei, non voleva correre il rischio di aver frainteso e creare
così malcontenti.
“Ti
devo dire una cosa”, fece Ginny guardandola con
espressione dura.
“Dimmi?”
Il sorriso cordiale di Ariel faceva andare
la rossina fuori dai gangheri e avrebbe tanto voluto mollarle un pugno
per
toglierglielo dalla faccia.
“Hai
baciato Malfouy”.
La
biondina strabuzzò gli occhi. “Cosa?”
“Vi
ho visti, di fronte alla biblioteca”.
Ariel
sospirò quasi esasperata. Be’, era inutile
negare l’evidenza. “E quindi?”
Ginny
inarcò le sopracciglia come se non credesse
alle proprie orecchie. Ed effettivamente, non ci credeva. “Ma
tu stai con Harry”.
Glielo disse come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Questo
non significa che sono una sua proprietà. Della
mia vita posso fare quello che voglio”.
“Ma
lo hai tradito?”
Avrebbero
tanto voluto mettersi ad urlare entrambe,
se non fossero state in mezzo a tanta gente.
“Tradito?
È stato solo un bacio, mica ci sono andata
a letto”.
“Lo
spero!”
“E
comunque, Ginny, non sono affari tuoi. E ora scusami,
ma ho un sacco di cose da fare”.
Ariel
si allontanò
quasi di corsa e l’altra la guardò andarsene,
ancora desiderosa di prenderla a
schiaffi. Ma chi si credeva di essere?
MILLY’S
SPACE
Eccomi
tornata con un nuovo aggiornamento : ) Sto
cercando di aggiornare un po’ tutte le mie storie
perché poi sparirò per due
settimane e non credo avrò occasione per farlo.
Allora,
in questo capitolo a poco a poco sta emergendo il
vero carattere di Ariel che, vi dico, è piuttosto
complicato. Eh, a Milly non
piacciono le cose facili.
Mi piacerebbe anche approfondire di più la storia tra Martha
e Sirius,
specialmente quando erano compagni di scuola, e forse un giorno lo
farò,
pubblicando degli spezzoni nella mia pagina Facebook.
Va
bene, vi lascio subito, sicuramente non avete voglia
di sentire i miei sproloqui.
Mi raccomando, non dimenticatevi le recensioni.
A
presto,
M.
POTTER_92:
ehi, finalmente ti risento : ) grazie della recensione e non ti
preoccupare,
Emmie sta benissimo. Già, JamesRemus e John sono proprio dei
mascalzoni,
soprattutto quest’ultimo. Vedrai quante ne
combinerà al povero Charlie ^^ be’,
mi fa piacere averti risentito, ma non farti attendere di nuovo
così a lungo,
altrimenti mando la polizia a cercarti u.u o meglio ancora, Jolie. I
suoi calci
nelle costole non li auguro a nessuno. Ahaha scherzo. Ciao, Milly.
DUBHE01:
eh,
come vedi Teddy è molto coccoloso ^^ ma secondo me lo sono
tutti, Ino chan è
stata proprio una brava mamma.
A presto, Milly.
PUFFOLA_LILY:
a
quanto pare il colpevole non verrà mai fuori. Per fortuna,
però, nessuno si è
ferito gravemente. Aspetto altre recensioni, un bacione. M.
|
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Capitolo 41 *** Capitolo quaranta ***
CAPITOLO
QUARANTA
“Quindi
è finita?”
Harry
abbassò il capo, mordendosi il labbro. Che
poteva rispondere a questo punto? Erano andati avanti a litigare per
mezz’ora,
a urlarsi in faccia, a cercare di non picchiarsi, a dirsi improperi e
offendersi a vicenda. E ora il visino dolce e così
dispiaciuto di Ariel e il
tono ferito che aveva usato gli facevano tenerezza, stava quasi per
fargli
mandare il suo orgoglio a puttane per stringerla tra le braccia e
baciarla,
decidendo di darle un’altra possibilità.
Ma no, non poteva farlo. E non tanto per l’orgoglio. O
meglio, sì anche per
quello, non gli andava giù il fatto che lei lo tradisse,
tanto meno se con
Malfoy. Ma c’era anche dell’altro. Da un
po’ di tempo era confuso, non sentiva
più per Ariel la stessa passione che provava prima, non
l’amava più allo stesso
modo. Le voleva bene, certo, e sarebbe stata sempre un elemento
importante
della sua vita, ma non c’era più feeling, non
c’era più intesa. E forse non
c’era mai stata, doveva constatare ora, forse
l’unica cosa che aveva amato di
lei erano stati il suo corpo, il modo in cui si muoveva a letto.
Inoltre, era
cambiata parecchio da quando erano arrivati i suoi amici lì
e da quando aveva
rivisto suo padre. Non era più la ragazza dolce e
comprensiva che lui aveva
conosciuto, piuttosto era molto esuberante e disinibita, forse troppo.
E lui
non riusciva a capire questo cambiamento, non sapeva a cosa fosse
dovuto, se la
vera Ariel fosse quella o un’altra. E forse non
l’avrebbe mai capito. Quella
ragazza era decisamente strana, dava poche certezze e decisamente non
era il
tipo di persona di cui aveva bisogno lui.
“Sì,
è finita”, rispose infine, rialzando lo sguardo
ma senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Al contrario di lei che non aveva smesso un attimo di guardarlo.
“Bene, allora.
Ti auguro tante cose belle”. Ariel gli voltò le
spalle e uscì dalla stanza a
passo di marcia, senza voltarsi indietro.
Harry ringraziò Merlino che non fosse una di quelle ragazze
che piangono o che
supplicano. C’era del risentimento nella sua voce e
chiaramente lo avrebbe
evitato come la peste, ma quello poteva sopportarlo. E in ogni caso la
cosa era
del tutto reciproca. In fondo, era stata lei
a baciare un altro, cosa pretendeva?
Scrollò
il capo cercando di liberarsi dei troppi
pensieri che gli vorticavano in testa e cominciò a mettere
in ordine il suo
baule.
Sirius
entrò in salotto reggendo un bicchiere di
Whiskey Incendiaro e si scontrò con la figura di Martha, in
piedi sulla
scaletta a pioli che tentava di appendere delle decorazioni natalizie
alla
finestra.
Si chiese perché non usasse la bacchetta, avrebbe fatto
decisamente prima e non
avrebbe rischiato di farsi male stando in bilico su una scaletta, ma
decise di
non chiederglielo. Lei, che gli dava le spalle, non l’aveva
nemmeno notato,
così lui se ne stava indisturbato appoggiato al mobiletto a
osservare il suo
fondoschiena e le lunghe gambe fasciate in stretti jeans. Un sorrisetto
malizioso gli decorava le labbra.
Dopo
qualche minuto, però, decise che non voleva
semplicemente limitarsi ad osservare e, poggiato il bicchiere sul
tavolo, piano
piano, senza fare rumore, cominciò ad avvicinarsi. Ma non le
era nemmeno
arrivato a un metro di distanza che lei, cercando di scendere dalla
scaletta,
mise un piede in fallo e perse l’equilibrio.
Se Sirius non avesse avuto i riflessi pronti in quel momento, sarebbe
sicuramente capitombolata per terra, facendosi parecchio male.
L’Animagus, in due rapide falcate, ricoprì i pochi
metri che lo separavano da
lei e la prese al volo. Martha, che si era accorta solo fugacemente di
quello
che era successo, si ritrovò improvvisamente a fissare gli
occhi grigi di
Sirius, distesa tra le sue braccia come una bambina piccola.
“Oh!”
esclamò lei, fissando Sirius come se fosse la
prima volta che lo vedeva.
“Cerca
di stare più attenta”, la ammonì lui,
usando
però un tono dolce, come un padre che cerca di avvertire la
propria figlia
senza spaventarla. Poi la rimise a terra e le spostò dagli
occhi una ciocca di
capelli che era sfuggita alla coda disordinata.
“Sì,
certo”, rispose Martha, prendendo altre
decorazioni dal cestino per decorare anche i mobili.
“Grazie”.
“Perché
non usi la bacchetta? Faresti prima e non
rischieresti di romperti l’osso del collo”.
“Preferisco
farlo così. Mi piace mettere le
decorazioni”, sospirò lei, senza guardarlo. Ci
stava mettendo tutta la cura del
mondo per appendere quelle palline colorate, come se volesse prolungare
il
lavoro per non dover guardare Sirius. Comunque era vero, le piaceva
decorare le
stanze, soprattutto se per le feste di Natale. Quando era piccola e
ancora
viveva con sua madre in Colombia lo facevano sempre insieme e si
divertivano a
cantare e ballare nel farlo.
Uno di quei tanti ricordi che la facevano sorridere e piangere allo
stesso
tempo.
“E
poi, non è bello usare la magia per ogni cosa”,
aggiunse.
Aveva passato molto tempo nel mondo babbano e si era abituata a non
usare la
magia, anche se era da sola. Certe volte capitava che relegasse la
bacchetta in
un cassetto e che la lasciasse lì per mesi. In quei momenti
era consapevole che
stava rinnegando una parte di sé, ma proprio come i ricordi
di sua madre, anche
la magia alle volte la faceva soffrire. Molte cose della sua giovinezza
la
facevano soffrire.
“Certo.
Capisco”.
Con
la coda dell’occhio vide Sirius buttarsi sul
divano alle sue spalle e riprendere in mano il suo bicchiere di
Whiskey. Chiuse
per un paio di secondi gli occhi e trattenne un sospiro di
rassegnazione.
Avrebbe preferito che se ne fosse andato, non le andava di parlare con
lui
perché sapeva qual era l’argomento che avrebbero
dovuto affrontare.
“Hai
ancora intenzione di andartene?” le chiese lui
ad un certo punto.
“Penso
sia la soluzione migliore”. Martha si voltò
per afferrare tutto il cesto in cui erano contenute le decorazioni, ma
evitò di
guardare l’uomo seduto sul divano.
“Per
chi?”
“Per
entrambi”.
“Questo
l’hai deciso tu”.
Le
parve di notare un tono di polemica nella voce di
Sirius e un litigio era proprio ciò che voleva evitare in
quel momento.
“Perché
devi sempre complicare le cose?”
“Complicarle?
Io?”
Lo
vide alzarsi di scatto e osservarla come se
avesse detto la bestemmia più grossa del mondo. Allora
finalmente anche lei si
voltò a guardarlo.
“Guarda
che non ti ho mica costretta a venire a
letto con me. E non capisco perché ti ostini a negare i tuoi
sentimenti. Lo so
che provi ancora qualcosa per me, come io provo qualcosa per
te…”.
“Sirius,
ti prego”. Sperava di riuscire a calmarlo
con uno sguardo di supplica, ma così non sembrava.
“Ti
prego cosa? Se non mi ami dimmelo guardandomi
negli occhi e ti lascerò in pace”.
Cadde
il silenzio. Martha fissò i propri occhi in
quelli di Sirius ma non disse niente. Le parole le si erano come
incastrate in
gola.
Con
la coda tra le gambe, uscì dalla stanza quasi
correndo e si chiuse in bagno. Poi abbassò i pantaloni e si
sedette sulla tazza
del water, coprendosi gli occhi con le mani e lasciando che le lacrime
le
cadessero copiose sulle guance. Trattenne però i singhiozzi
perché nessuno la
sentisse. Dopo essersi finalmente calmata, prese un po’ di
carta e si pulì. Si
mise a cercare tracce di sangue, ma niente. Il suo ciclo mestruale era
in ritardo
di due settimane e non era affatto un buon segno per lei che era
puntuale come
un orologio svizzero. Inoltre, non era caduta dagli scalini
perché aveva messo
male il piede. Aveva avuto un mancamento, tutta la stanza aveva preso a
girare
improvvisamente. E nemmeno quello era un buon segno.
Doveva
andarsene, sì. Forse era la soluzione
migliore. Inoltre, si era allontanata parecchio dalla sua vita, dalla
sua
musica, dai suoi fan. Quello era il mondo che le piaceva veramente e
doveva
ritornaci, almeno per fare un po’ di chiarezza.
Ariel
entrò silenziosamente nella stanza di James,
infilando prima la testa attraverso la soglia e poi tutto il corpo,
come per
accertarsi prima che non stesse facendo niente di particolare. Il che
non era
da lei.
“Ciao”,
lo salutò cupamente. Poi, senza aggiungere
altro, si avvicinò e si sedette per terra di fronte a lui,
incrociando le
gambe. James, che se ne stava anche lui a gambe incrociate con la
chitarra in
grembo, la osservò attentamente con le sopracciglia
inarcate. “Che succede?” le
chiese.
Lei
trasse un gran respiro e disse: “Mi sono
lasciata con Harry”.
Lui
la guardò per qualche secondo, poi riportò
l’attenzione sulla sua chitarra e sospirò:
“Mi dispiace”.
“No,
non è vero”.
James
ridacchiò.
“Non
hai fatto altro che lamentarti della mia storia
con Harry. Non ci credo che sei dispiaciuto”.
Il
ragazzo mollò la chitarra e fissò la sorella
dritto negli occhi. “Ariel, se tu ci stai male certo che sono
dispiaciuto. Non
mi piace se sei triste. Certo che comunque penso che sia meglio
così. Tra di
voi non avrebbe mai funzionato”.
Lei
si ritrovò ad annuire, anche se un pochino
amareggiata. “Hai ragione. Come sempre”.
“Dai,
vieni qua”. Il fratello si protese per
abbracciarla e lei si fiondò subito tra le sue braccia,
lasciandosi stringere e
cullare. “Sabes que te quiero muchìsimo (lo sai
che ti voglio tanto bene)”, le
sussurrò lui.
“Yo
tambièn (anche io)”, gli rispose lei.
Quando
si staccarono, Ariel gli prese la chitarra e
si mise a suonare e canticchiare una canzone: “Black star,
black star, forever
you will be. A shining star,
a shining star, be were, ever you can. A
rock star, rock
star…”.
Intanto
James se ne stava a guardarla con un sorriso
dolce a dipingergli le labbra, la testa sorretta dalla mano, il gomito
poggiato
sul letto.
Lily,
attraverso il riflesso della finestra,
osservava James in piedi dietro di lei, le mani in tasca e
un’espressione
assorta dipinta in volto.
“Allora…
pensi… pensi di esserlo?” le chiese,
portando lo sguardo sulla sua nuca.
“Non
ne sono sicura”, rispose lei, senza voltarsi.
Si strinse le braccia al petto, come faceva sempre quando era
preoccupata e
tesa, e si morse un labbro.
“Be’…
facciamo un test”, propose lui allora,
avvicinandosi a lei e abbracciandola da dietro. Lei sciolse le braccia
e le
portò su quelle del marito, poggiate sulla sua pancia.
“Sì,
potremmo farlo”.
“Dovremmo
farlo”.
“E’
che… James…”, iniziò, ma si
bloccò di colpo,
fissando un punto oltre la spalla di James. Si era girata tra le sue
braccia
per averlo di fronte, ma non aveva il coraggio di guardarlo.
Più che altro non
sapeva come dirgli quello che sentiva senza farsi fraintendere.
“Dimmi”,
la incitò lui, guardandola dolcemente.
“Se
lo facciamo e risulta positivo, ho paura che…”.
“Di
cosa?” Ora negli occhi di James si poteva
leggere curiosità. Ma anche una certa preoccupazione. E di
certo non era
quest’ultimo sentimento che Lily voleva fargli sentire.
“Non
so se sono pronta…”.
“Ad
avere un altro figlio?!” esclamò lui spalancando
gli occhi sorpreso. “Tesoro, sapevamo che presto sarebbe
arrivata Jolie e
poi…”.
“No,
non è questo”, lo interruppe Lily. Si
mordicchiò di nuovo il labbro. Proprio non sapeva come
dirglielo. “Ho paura che
tutto finisca di nuovo… come l’ultima volta. Ad
Harry non è di certo andata
bene e hai sentito cosa hanno detto i ragazzi, che…
Harry…”.
James
notò qualcosa luccicare negli occhi di sua
moglie e capì immediatamente che erano lacrime. Quando ne
vide scivolare una la
raccolse col pollice. “Tesoro, non andrà
così. Jolie è cresciuta con noi, lo
sai… e per quanto riguarda Harry, lo salveremo. Non ti
preoccupare. Andrà tutto
bene”. Le sorrise teneramente, stringendola più
forte tra le braccia.
“Vorrei
avere la tua stessa fiducia”, sospirò lei,
appoggiando la testa sulla sua spalla e circondandogli la vita.
“Finché
ci sarò io andrà tutto bene”, le
sussurrò,
cullandola.
Lily
lasciò andare qualche altra calda lacrima, ma
l’abbraccio di James e le sue parole ebbero immediatamente il
potere di
rassicurarla.
Che cosa avrebbe fatto senza di lui?
“Quindi
vi siete lasciati?” chiese Ginny, riponendo
un libro tra gli scaffali.
“Sì”.
“Forse
non avrei dovuto dirtelo”.
“Oh
no, tu hai fatto benissimo”.
Madame
Pince lanciò un’occhiataccia ad Harry che
aveva parlato un po’ troppo a voce alta. Il ragazzo le chiese
scusa con lo
sguardo e abbassò il tono. “Ti
ringrazio”.
“Di
niente… insomma…”, la grifoncina era
improvvisamente arrossita e cercava di guardare da tutt’altra
parte per evitare
lo sguardo del ragazzo. “L’ho visto e non mi
sembrava giusto non dirtelo. Sei
il suo… eri il suo ragazzo”.
“Sì,
giusto”.
Ormai
non avevano più niente da fare lì. Ginny stava
per spostarsi, ma per sbaglio sbatté contro il fianco di
Harry facendolo finire
contro la scaffalatura dietro.
“Oh
Merlino! Mi dispiace!” esclamò allarmata.
“Tranquilla.
Non è successo niente”, cercò di
calmarla lui, sorridendole gentilmente.
“Non
ti sei fatto male?”
“Ma
figurati”.
“Oh,
ok”.
“Senti,
hai da fare adesso? Ti va di fare una
passeggiata in cortile?”
“Una
passeggiata in
cortile?” Dalla sua espressione, sembrava che Harry le avesse
appena chiesto di
andare a vivere su Plutone. Cercò, però, di darsi
immediatamente un contegno.
“Sì… sì, va bene”.
MILLY’S
SPACE
Hola!!
Bene, sembra che presto succederà qualcosa ^^
Allora, volevo solo fare alcune precisazioni. Numero uno: la canzone
che canta
Ariel si intitola Black star ed è di Avril Lavigne.
Numero due: non so che senso abbia la scena tra Lily e James ma sono
tenerissimi secondo me ^^
Numero tre: vi avevo detto per caso di non sottovalutare la piccola
Ariel? ^^
Detto
questo, grazie per la cortese attenzione. Spero che
mi lascerete qualche recensione, sono sempre contenta di riceverne. E
non
dimenticatevi di farmi visita nella mia pagina facebook (https://www.facebook.com/MillysSpace).
Inoltre,
recentemente ho pubblicato una oneshot yaoi, mi piacerebbe che le deste
un’occhiata
se vi piace il genere. La
trovate tra le
storie originali.
Bacioni,
Milly.
FEDE15498:
sì, anche a me ispirano di più Ariel e Draco,
però come hai sottolineato tu la
cosa non è molto fattibile. Ma si vedrà ^^.
Be’, spero ti sia piaciuto anche
questo capitolo e fammi sapere cosa ne pensi : ) Bacioni.
PUFFOLA_LILY:
wow, lo scorso capitolo ti è piaciuto così tanto?
Mi fa molto, molto piacere.
Sì, Ariel non è una ragazzina così
dolce e innocente come sembra. Quel ruolo è
di Emmie ^^. Martha sceglierà Sirius, dici? Qui non sembra
tanto, ma chissà. Io
non dico niente *risata malefica*. Be’, fammi sapere cosa ne
pensi di questo
capitolo. Un abbraccio, M.
P.S. no, non sono una grande fan di Ginny, ma penso che stia bene con
Harry.
DUBHE01:
Ariel/Draco? Hmmm, chi lo sa ^^ Ora come ora la cosa sembra poco
fattibile.
Alla prossima, spero : ) Ciao, ciao, Milly.
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Capitolo 42 *** Capitolo quarantuno ***
CAPITOLO
QUARANTUNO
Finalmente
erano arrivate le vacanze di Natale e
Grimmauld Place era piuttosto affollata in quei giorni, tra adolescenti
che
scorrazzavano per questa e quella stanza, membri dell’Ordine
che andavano e
venivano e i Malandrini che non perdevano occasione per farsi stupidi
scherzi.
Lily non faceva che sgridarli dicendo che erano molto più
bambini loro del feto
che aveva in grembo. E come se non bastasse avevano messo in mezzo pure
Frank,
che non aveva esitato nel diventare il quarto membro.
JamesRemus
e Ariel erano seduti sul pavimento del
salotto, lui con la fedele chitarra in grembo e lei con una scatola di
sfere
natalizie davanti a sé che passava a Emmie e Jolie
perché le mettessero
sull’albero. Joel invece se ne stava spaparanzato su una
poltrona a leggere uno
dei suoi soliti manga. Se ne stavano in silenzio, stranamente, di certo
persi
in qualche loro pensiero.
Ad
un tratto videro arrivare Martha e tutti i loro
sguardi si spostarono su di lei. Persino quello di Joel, che aveva
alzato gli
occhi dal suo fumetto.
Lei mostrò loro un debole sorriso e si affrettò a
raggiungere la cucina.
“Non
vi sembra… un po’ sciupata?” chiese
Jolie, che
aveva notato una certa tristezza negli occhi della donna. Sembrava che
nei
giorni in cui loro erano ad Hogwarts si fosse lasciata molto andare.
Aveva i
capelli spettinati, non si truccava più e indossava un
grosso maglione di lana
che sì, le stava bene, ma non era affatto nel suo stile.
“Sì,
l’ho notato anche io”, concordò Emmie,
allungandosi ad appendere una pallina sull’albero.
“Sembra che qualcosa la
turbi”.
“Ma
se mia madre è già incinta di me… non
dovrebbe
esserlo anche la tua, James?” fece Jolie, rivolta al moretto.
Lui alzò lo
sguardo su di lei e la guardò come se lei non dovesse
trovarsi lì. Sembrava non
aver seguito il discorso delle due amiche.
“Non
lo so”, rispose, con una scrollata di spalle.
“Non posso di certo chiederglielo. Lei non sa niente di
noi”.
“Ma
perché questa scelta di non dirglielo? Anche i
miei genitori lo sanno e pure quelli di Jolie”,
notò Emmie, osservando l’amico
curiosa.
Lui sospirò esasperato. “Non lo so, ragazze.
Papà mi ha detto di non dire
niente. E’ una questione tra loro due”.
“Sì,
ma si tratta di tua madre e di te”, insistette
Jolie, frustrata per il disinteresse del ragazzo. Non capiva
perché sembrava
che a James non importasse, di solito si interessava sempre quando
qualcuno a
cui voleva bene aveva un problema. “E se tua madre non fosse
incinta? Forse…”.
“Non
dire idiozie, Jolie!” si intromise Ariel
allora, parlando in tono duro. “Certo che è
incinta, altrimenti James
comincerebbe a sparire come era successo a John. Se non lo vuole dire
saranno
affari suoi”.
La
rossina lanciò un’occhiataccia alla ragazza, ma
non aggiunse altro e continuò a decorare l’albero.
Forse quello era il periodo
mestruale dei Black. Spostò lo sguardo su Joel, cercando di
capire se almeno a
lui importasse qualcosa, ma lui si limitò a girare
un’altra pagina del suo
manga senza fare caso a niente e nessuno.
“Piuttosto
dobbiamo concentrarci su Harry”, aggiunse
Ariel. “Dobbiamo tenere gli occhi bene aperti, è
in questo periodo che è morto,
no?”
Jolie
annuì, sentendo i brividi correrle lungo la
schiena. Accostare la parola morto a qualcuno che le stava a cuore le
procurava
un attorcigliamento allo stomaco. Voleva bene a suo fratello, gliene
voleva già
quando le uniche cose che aveva di lui erano delle foto e dei racconti,
ma
adesso che l’aveva conosciuto…
Fred,
George e Harry
ascoltavano i racconti di James e
Sirius divertiti e curiosi di sentire i guai che combinavano quando
erano ad
Hogwarts. Se fossero ancora stati studenti, i gemelli avrebbero preso
degli
spunti per farne di loro, ma ciò non toglieva che non
avrebbero potuto farne.
“E
allora Gazza è corso via urlando e imprecando
contro Merlino ogni fottutissimo Santo!” spiegava Sirius
ridendo al solo
ricordarsi la scena.
Anche i ragazzi scoppiarono a ridere, immaginandosi bene la situazione;
dopotutto, anche a loro era capitato di assistere a qualcosa di simile.
“Era
pieno di Caccabombe, una cosa schifosa. E
correndo è finito addosso all’insegnante di
Difesa”, aggiunse James, scatenando
altre risate.
“Non
vi dico che divertimento. Ho riso per un’intera
settimana”.
“Non
ditemi che state raccontando quella storia”, li
sorprese la voce di Remus, sopraggiunto in quel momento sulla soglia.
“Certo!”
rispose Sirius, ridendo come non rideva da
tanto tempo. Il licantropo osservò i due amici, divertito
anche lui. Era bello
riaverli tutti e due, ricostruire quel vecchio gruppo di cui spesso si
lamentava ma che era una delle cose più belle che gli
fossero capitate.
“Remus”.
Si sentì chiamare l’uomo da una voce ben
nota. Si voltò trovandosi di fronte il volto di Tonks che lo
guardava con una
strana espressione. “Ti devo parlare”.
Lei
si allontanò dal corridoio e lui la seguì, senza
che gli altri si fossero accorti di niente.
John
e Ted rientrarono in casa tremanti e scossi, le
bacchette strette in pugno. Erano solo andati a fare una passeggiata ma
a
quanto pareva non era andata così bene.
“Mangiamorte…”,
biasicò il Metamorfomagus, cercando
di recuperare il fiato. “Due… ci hanno
attaccati”.
“Oh
Merlino! State bene?” chiese Martha, spuntata in
quel momento dalla cucina, guardando i due ragazzi con fare
preoccupato.
Anche Charlie, che era sceso di corsa per le scale, si era fermato di
colpo e
stava guardando i due amici ancora ansimanti. In particolare stava
indugiando
sulla macchia di sangue che gli sporcava la maglietta.
“Sì,
ma ci hanno visti entrare qui”, sospirò John,
appoggiandosi al muro dietro di lui. “Sicuramente arriveranno
con dei
rinforzi”.
Neanche
il tempo di finire la frase che la porta
d’ingresso saltò in aria, travolgendo i due
ragazzi appena entrati e un
gruppetto di uomini mascherati fece il loro ingresso, le bacchette
spianate
pronti ad attaccare.
Gli
abitanti di Grimmauld non ebbero neanche il
tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si
ritrovarono a
dover affrontare i Mangiamorte per l’ennesima volta. Ma
rispetto all’ultima
volta, adesso l’Ordine era in minoranza.
Martha
si ritrovò spiaccicata nell’angolo della
cucina, tra il muro e il frigorifero. La bacchetta le era sfuggita di
mano e
giaceva a qualche metro di distanza, mentre un Mangiamorte puntava la
sua,
pronto a scagliarle una maledizione. Lei spostava lo sguardo da lui
alla sua
arma, cercando il modo di raggiungerla senza rischiare di essere
colpita. Ma era
sicura che se si fosse mossa, lui non avrebbe esitato a scagliarle una
maledizione senza perdono.
“Everte
Statim!”
Il
mago mascherato venne scagliato contro il muro
opposto, sbattendo violentemente la testa e cadendo a terra come un
sacco di
patate.
“Tutto
bene?” le chiese Sirius, la bacchetta ancora
stretta in pugno dopo averla usata contro l’aggressore.
Lei annuì un po’ incerta e porse una mano
all’uomo perché l’aiutasse a rialzarsi.
“Grazie”.
“Figurati”.
Improvvisamente,
l’Animagus vide Martha spalancare
gli occhi verso qualcosa alle sue spalle. Il colpo non doveva essere
stato così
potente perché il Mangiamorte era riuscito a rialzarsi e ora
si preparava ad
attaccarli di nuovo. Lui era pronto a incassare il colpo
perché era sicuro che
non avrebbe fatto in tempo a spostarsi né a contrattaccare,
ma all’improvviso,
in una frazione di secondo, vide la ragazza sferrare un potente pugno
alla
mandibola del seguace di Voldemort, facendolo crollare a terra, come
poco fa.
“Wow!”
esclamò Sirius stupefatto, guardando Martha
ammirato.
“Vigilanza
costante”.
“Sei
proprio la degna nipote di Malocchio”.
“Ma
chi è?” chiese lei, osservando l’uomo
steso a
terra, al quale era caduta la maschera.
“Credo
sia Yaxley”.
“Stupeficium!”
“Impedimenta”.
Ninfadora
si lanciò di lato per evitare il brutale
incantesimo che il suo avversario stava per lanciarle, lasciando che
colpisse
il muro, creandoci un gigantesco buco.
A poca distanza da lei vide Remus combattere contro altri due
Mangiamorte, mentre
dava il tempo a James di riprendersi da un colpo.
La
ragazza si preparò a lanciare all’aggressore un
altro schiantesimo, ma lui
riuscì a
pararla con un protego. La maschera
però gli cadde, scoprendo il volto di un ragazzo che doveva
avere più o meno la
sua età ma che non riconosceva. Probabilmente uno nuovo.
Per qualche breve attimo provò dispiacere per lui, ma questo
non le impedì di
attaccarla di nuovo, centrando il colpo e facendolo finire contro la
porta.
Cercò
di correre in soccorso del marito, ma ad un
tratto sentì qualcuno gridare forte, una voce di ragazze che
lei riconobbe come
quella di Emmie. No, sua figlia aveva la precedenza.
Corse
al piano di sotto zoppicando, arrivando nel
salotto devastato e trovandovi la piccola Tassorosso stesa a terra e
sovrastata
da un energumeno che riconobbe come Greyback. Non fece in tempo a fare
niente,
però, che si ritrovò quasi a capitombolare per
terra dal potente spostamento d’aria
provocato da Ted, arrivato di corsa.
“Giù
le mani da mia sorella!” gridò il ragazzo,
scagliando un Everte Statim contro il Mangiamorte. Quello perse la
bacchette,
ma non la tenacia né la sete di sangue.
“Toh,
un altro lupacchiotto. E molto più appetitoso”,
ruggì, scagliandosi contro Ted, preferendo uno scontro
fisico. Il Grifondoro
crollò sotto il suo peso, ma gli bloccò le mani
strette a pugno perché non
potesse serrarle attorno alla sua gola. Così tra i due
iniziò una lotta, con il
ragazzo che cercava di sottrarsi dalla sua presa e il Mangiamorte che
cercava
in tutti i modi di squarciargli la gola, le zanne snudate e la bava che
gli
colava dall’angolo della bocca.
Tonks
se ne stava immobile con la bacchetta puntata.
Voleva aiutare il figlio, ma se tentava un incantesimo avrebbe
rischiato di
colpire il ragazzo e di sicuro non sarebbe riuscita a toglierglielo di
dosso a
mani nude. Così andò a soccorrere la figlia che
aveva un braccio sanguinante.
Per
fortuna in quel momento arrivarono John e Joel.
Il primo, con una mazza da Quidditch in mano, picchiò sulla
testa di Greyback
facendolo crollare addosso a Ted. Joel lo aiutò a
scrollarselo di dosso e a
rialzarsi, mentre il Mangiamorte se ne stava disteso a terra.
“State
tutti bene?” chiese Paciock, dopo aver legato
mani e piedi del licantropo.
“Harry,
attento!” urlò JamesRemus, buttandosi
addosso a Harry per impedirgli di prendere il colpo. Jolie,
approfittando della
distrazione del Mangiamorte che la teneva per la gola, gli
mollò un potente
calcio sul piede, facendolo urlare per il dolore e mollare la presa su
di lei. Allora
gliene diede un altro nelle parti basse e, afferratolo per le spalle,
gli
sbatté la testa contro il vetro della finestra, facendolo
svenire e sanguinare.
Poi
corse a vedere se gli altri due stavano bene. Il
fratello, a parte una sbucciatura al ginocchio, stava piuttosto bene.
James
invece sanguinava sul fianco. Aveva spinto Harry per evitare che si
prendesse l’incantesimo,
ma era stato colpito lui.
Jolie
gli alzò la maglietta per controllare, sporcandosi
le mani col suo sangue. Ce n’era parecchio e stava sporcando
pure il tappetto.
“Ho
paura ti abbia colpito un organo”, disse,
premendo un asciugamano trovato lì sull’emorragia.
James intanto cercava di non
urlare per il dolore.
“E’
morto?” chiese Vicky, entrando nella stanza e
trovando Charlie seduto a cavalcioni sopra la pancia di un Mangiamorte,
un
altro di quelli che non conoscevano.
“No”,
rispose il ragazzo, lo sguardo fisso sugli
occhi spalancati dell’uomo sotto di lui. Non era morto,
nonostante fosse
immobile, l’espressione paralizzata in una smorfia grottesca.
Era ridotto a un
vegetale, in eterno combattimento col suo incubo peggiore, ridotto
così dalla
dote innata del Serpeverde. Si faceva paura da solo a causa di quella
capacità.
Non voleva neanche usarla, ma a volte la cosa sembrava prendere il
sopravvento,
quando era arrabbiato o spaventato.
“Tu
stai bene?” fece ancora la ragazza,
avvicinandosi cautamente.
“Sì.
Tu?”
“Sì”.
Ariel
aveva raggiunto il padre per aiutare ad
affrontare Dolohov, quando ad un tratto videro l’uomo
abbassare la bacchetta e
alzare la manica del mantello. Il marchio di Lord Voldemort era
diventato rosso
e sembrava anche bruciare parecchio.
Poi l’uomo puntò la bacchetta verso di
sé e si smaterializzò. Così fecero
anche
gli altri, lasciando i membri dell’Ordine completamente
increduli e basiti. Se n’erano
andati persino quelli che erano riusciti a sconfiggere, o
perché portati via
dagli altri o perché il Marchio Nero li aveva fatti
riprendere.
Ma
tutto quello era strano, fin dall’inizio era
stato strano.
John
era seduto sulla sedia in cucina, lo sguardo
fisso in un punto indefinito e l’espressione corrugata in una
smorfia di dolore.
Charlie, inginocchiato ai suoi piedi, cercava di curargli una ferita
all’avambraccio.
“Cazzo!”
imprecò il Grifondoro, sbattendo il pugno
sul tavolo.
“E
sta’ un po’ fermo!” gli intimò
l’amico, tra le
mani una pezza umida di disinfettante con cui cercava di pulirgli la
ferita
sanguinante.
“E
tu sta’ attento”.
“Non
posso se continui a muoverti”.
“Io
sono fermo”.
“No,
tu non sei mai fermo”.
“Uff”.
“Dai,
ho quasi finito”.
Paciock,
allora, cercò di concentrarsi su qualcos’altro.
Chissà come se la stava cavando James nell’altra
stanza. Avevano chiamato il
dottor Kent per controllare i feriti e lui era quello messo peggio.
“Non
capisco perché dovevi farlo tu”, si
lamentò il
biondino, mettendo su un adorabile broncio.
“Perché
stavi sanguinando copiosamente e il dottor
Kent ci avrebbe messo un po’”.
“Non
stavo sanguinando così tanto”.
Charlie
gli lanciò un’occhiataccia, come a
intimargli di smetterla di brontolare.
“Ammettilo,
non sono male come infermiere”, scherzò,
allora, per sciogliere la tensione.
“Be’,
no. Però non riesci ancora a farti le
iniezioni da solo”, lo prese in giro John.
“Quello
è diverso”, sospirò il moro, ma non
c’era
traccia di ironia nel suo tono. Aveva un rapporto strano con le
iniezioni e il
suo problemino zuccheroso, il
Grifondoro l’aveva notato, ma non riusciva a spiegarsene il
motivo.
“Charlie?”
lo chiamò.
“Hmm?”
Intanto il Serpeverde aveva iniziato a
fasciargli il braccio con delle bende.
“No,
niente”.
“Allora,
perché vi hanno attaccati?” chiese Moody in
tono piuttosto teso. Non era stato presente al combattimento e questo
gli stava
dando parecchio sui nervi, soprattutto perché
c’era sua nipote a rischiare
grosso.
Lui
e altri membri dell’Ordine, tra cui Alice, Lily
e i Signori Weasley, che erano corsi dalla Tana non appena avevano
saputo dell’attacco,
si erano riuniti nel salotto di Grimmauld per discutere di
quell’avvenimento.
“Non
ne abbiamo idea”, rispose James, un bicchiere
di Whiskey Incendiario in mano. “Non è da
Voldemort mandare i suoi seguaci ad
attaccare così”.
“No,
non lo è”, confermò Frank.
“Forse
hanno agito da soli”, propose Martha, seduta
sulla poltrona a gambe incrociate.
“Rischiando
di far arrabbiare il loro capo?”
“Secondo
me era una specie di… iniziazione”, si
intromise allora Tonks. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, curiosi
di
questa nuova ipotesi piuttosto strana. “Il Mangiamorte contro
cui ho combattuto
io era molto giovane, avrà avuto la mia età o
anche meno. È probabile che sia
appena entrato nelle file di Voldemort e che lui gli abbia chiesto,
come
dimostrazione di fedeltà, di attaccare qualcuno o ucciderlo.
Non mi sembra sia
una cosa nuova”.
Malocchio
sembrò soppesare le sue parole, così come
qualcun altro. “Potrebbe essere un’idea. E chi
meglio di qualche membro dell’Ordine.
Questo significa che Voldemort ha scoperto di noi e che questo posto
non è più
sicuro”.
Quelle parole, dette in tono piuttosto glaciale, provocarono non pochi
brividi
sulla schiena di tutti loro.
“Che
facciamo?” chiese Alice, allora, l’espressione
angosciata.
“Dobbiamo
trovare un altro quartier generale”,
annunciò l’Auror. “E devo parlare con
Silente”. E si avvicinò al camino,
afferrando un po’ di polvere volante.
“Dovresti
restare a letto”.
“Io?
A letto?”
James
si infilò una camicia bianca, cercando di non
muoversi troppo. Alla fine non era stato colpito nessun organo come
Jolie aveva
pensato, però il medico ci aveva messo un po’ a
ricucirgli lo squarcio e gli
aveva pure dato della Pozione Rimpolpasangue.
Sirius
ridacchiò. James era proprio identico a lui.
Gli si avvicinò per spettinargli i capelli scuri. Il figlio,
allora, alzò lo
sguardo verso di lui, guardandolo con quegli occhi color ghiaccio
identici ai
suoi, e gli sorrise teneramente.
“Ti
voglio bene, papà”.
“Anche
io ti voglio bene, campione”.
E
si strinsero in un forte abbraccio.
MILLY’S
SPACE
Buonasera,
gente. Era parecchio che non mi facevo sentire
qua.
Be’, che dire? Un altro po’ di azione.
Chissà cosa succederà adesso e se i
ragazzi del futuro torneranno nel loro tempo.
Cosa
mi dite? Lasciatemi una recensione e venite a fare
visita nella mia pagina Facebook : )
https://www.facebook.com/MillysSpace
Baciotti.
PUFFOLA_LILY:
i
tuoi complimenti mi commuovono sempre. Eh sì, le cose si
stanno per complicare
un po’. Non bisogna sottovalutare mai niente u.u Tra Martha e
Sirius è un po’
complicato, ma vedremo se si risolverà tutto.
Chissà. Spero di risentirti, un
bacione.
FEDE15498:
una Ariel/Draco? Hmmm, chissà ^^ be’, la coppia
Harry/Ginny credo sia sacra e
nessuno ce la toglie.
Ah, mi dispiace per la storia, ma quella proprio non posso toglierla
dal rating
rosso, sorry ^^ Ma a dirti il vero penso di averla scritta quando ero
minorenne, solo che io ho messo di essere maggiorenne ^^ Tanto nessun
poliziotto è venuto a bussare a casa mia XD
Fatti risentire, un bacione…
POTTER_92:
pussa via, Jolie *le lancia un osso* alloraaaa… vorresti che
le cose si
risolvessero per il meglio per tutti? Vedremo, vedremo…
intanto, continua a
seguirmi.
Bacioni,
M.
DUBHE01:
come ho già detto la Harry/Ginny è sacra u.u un
po’ come la Lily/James. Alla prossima,
bacioni. M.
|
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Capitolo 43 *** Capitolo quarantadue ***
CAPITOLO
QUARANTADUE
Severus
Piton alzò lo sguardo su Charlie, seduto
sull’ultimo gradino dei sotterranei di Grimmauld,
perfettamente mimetizzato con
l’oscurità del luogo che quasi non lo si vedeva.
L’insegnante di Pozioni studiò attentamente la
figura del figlio con i suoi
occhi scuri e poi li riportò sul Mangiamorte steso a terra,
quello che il
ragazzo aveva sconfitto durante il combattimento di poche ore prima.
“Riesci
a farlo ritornare?” chiese l’uomo, il tono
da insegnante odioso completamente sparito. Non gli piaceva usarlo col
figlio,
anche se doveva ancora abituarsi alla consapevolezza di averne uno. Per
lui non
era di certo stato facile come per Sirius o Remus e, oltretutto, il suo
Charlie
non era così esuberante come gli altri ragazzi e non gli
aveva reso il lavoro
più facile.
“No.
Credo che sia irreversibile”, rispose il
ragazzo, senza particolare enfasi nel tono, come se la cosa non gli
interessasse.
Piton sospirò, provando un certo senso di pietà
verso quell’uomo
dall’espressione grottesca, costretto a vivere il suo incubo
a occhi aperti
senza poterne uscire, nonostante fosse il servitore del mago
più crudele di
tutti i tempi. Quella era una punizione che non avrebbe augurato
nemmeno al suo
peggior nemico.
“Come
fai ad avere un potere del genere?” chiese,
poi.
Charlie
portò lo sguardo dall’altra parte, come se
temesse un contatto visivo col padre.
“Legilimanzia”.
“Ma
la Legilimanzia è in grado di far leggere nel
pensiero e, a volte, anche di controllarla. Non puoi aver ereditato
tutto
questo potere da me”.
“Anche
mia madre era una brava Legilimante”.
Piton
si immobilizzò di colpo e non aggiunse altro.
Il ragazzo non aveva mai voluto svelare il nome della madre e non lo
avevano
fatto nemmeno i suoi amici, sempre se lo sapevano. Questo significava
solo una
cosa: aveva un rapporto difficile con la donna che lo aveva messo al
mondo.
Ciononostante, si arrischiò a chiedergli: “Chi
è tua madre?”
“Non
posso dirtelo”.
L’uomo
restò per qualche secondo a guardarlo. Sapeva
che era inutile, ma provò lo stesso a penetrargli la mente
con quella tecnica
che padre e figlio conoscevano bene, incontrando soltanto una specie di
muro di
pietra che gli impedì di vedere qualsiasi cosa. Charlie gli
lanciò quella che
pareva essere un’occhiata di sfida. Già, non era
certo così stupido.
Con
un sorrisetto divertito e un moto di orgoglio
che sentiva invadergli il petto, si apprestò a tirare fuori
un’ampolla
contenente del liquido azzurro e a versarlo nella bocca del
Mangiamorte. Dopo
qualche secondo, lo guardò annaspare in cerca
d’aria finché la vita non lo
abbandonò totalmente.
La
morte non era così brutta, dopotutto. A volte era
una buona amica che veniva a porgerti la mano quando ne avevi bisogno.
James
si allungò per riporre un libro sullo scaffale
sopra il letto e solo per poco riuscì a trattenere il gemito
che stava per
spuntargli dalle labbra. Si portò una mano al fianco con una
smorfia di dolore
e si massaggiò la ferita che si era fatto affrontando i
Mangiamorte. Gli dava
parecchio fastidio, prudeva e faceva male. E, oltretutto, un assiduo
mal di
testa gli premeva contro le tempie e aveva brividi di caldo che gli
correvano
lungo la spina dorsale.
Si
appoggiò alla porta, sospirando, un sorriso
rassegnato a decorargli le labbra.
Forse sarebbe avvenuto prima del previsto.
Con
uno sforzo enorme, tentò di rimettersi dritto e
di assumere l’espressione più normale che potesse.
Aprì la porta e uscì in
corridoio.
“James!”
si sentì chiamare da una voce allegra e,
improvvisamente, si ritrovò Ariel appesa al collo.
Nell’abbracciarlo, però, la
ragazza era andata a sbattergli contro il fianco e ciò gli
aveva provocato una
scarica di dolore talmente forte che gli aveva oscurato la vista per
qualche
secondo e mozzato qualsiasi urlo gli fosse nato in gola.
“Ari”,
mormorò. “Che succede?”
“Niente!”
rispose lei, sempre in tono squillante.
“Avevo solo voglia di abbracciarti”. E, dopo
avergli dato un bacio sulla
guancia, scappò su per le scale, saltellando allegramente.
Il ragazzo si trovò a sorridere per l’esuberanza
della sorella e, per non
cadere a terra, si appoggiò qualche secondo al muro, prima
di continuare a
trascinare i piedi lentamente al piano terra, reggendosi il fianco con
una
mano.
Quando
entrò in cucina, trovò la signora Weasley
intenta a cucinare e i suoi amici seduti attorno al tavolo da pranzo.
Si
avvicinò al frigo e tirò fuori un cartone di
succo, bevendo direttamente da lì.
“James,
sei pallido”, notò Teddy, seduto accanto al
padre di fronte alla sua pozione antilupo.
“E’
vero. Sembra che stai per vomitare da un momento
all’altro”, aggiunse John con la solita delicatezza
che lo contraddistingueva
tanto.
Il
moro si sentì puntare tutti gli occhi addosso e
cercò di apparire più naturale possibile.
“Sto bene, sono solo un po’ stanco”,
rispose lui, cercando di raggiungere velocemente la porta. Un movimento
brusco,
però, gli provocò un’altra scarica di
dolore che questa volta gli fece venire
le lacrime agli occhi, mentre cadeva in ginocchio tra gemiti di dolore.
Gli
amici presenti nella stanza si alzarono di
colpo, allarmati. Ted corse a sorreggere l’amico
perché non sbattesse la testa
contro il pavimento e si inginocchiò accanto a lui. Poi lo
fece stendere per
terra a pancia in su, rivelando così una grossa macchia di
sangue che si era
allargata sulla sua maglietta.
“Oh
Merlino!” esclamò la Signora Weasley, portandosi
le mani alla bocca.
Remus,
intanto, cercava di sollevargli la maglietta,
ma le mani del ragazzo continuavano a spingerlo via. Così
Ted fu costretto a
bloccargliele.
“No”,
biascicò James, contorcendosi sul pavimento.
L’uomo
era riuscito a scoprirgli le fasciature che
ancora gli coprivano l’addome e che erano piene di sangue
fresco. Sperava che
si trattasse soltanto della ferita che si era riaperta, ma in cuor suo
vedeva
qualcosa di ben peggiore.
Infatti,
non appena gliele tolse, tutti i presenti
sgranarono gli occhi, inorriditi e sconvolti.
Jolie
si buttò sul letto con un gran sospiro e
rimase immobile a fissare il soffitto sopra di sé.
“Che
c’è, Lie?” le chiese Emmie, seduta sul
proprio
baule, notando l’espressione un po’ strana
dell’amica.
“Stavo
pensando…”, le rispose la ragazza, senza
voltarsi a guardarla.
“Ah,
perché sai pensare?” fece Victoire in tono
scherzoso. La rossina, per tutta risposta, le fece una linguaccia.
“Comunque,
pensavo…”, continuò Jolie.
“Secondo voi
la battaglia in cui dovevamo salvare Harry era quella che abbiamo
appena
affrontato?”
Le
due ragazze presenti nella stanza con lei non le
risposero subito, probabilmente impegnate a riflettere sulle parole
dell’amica.
“Secondo
me sì”, le rispose Emmie. “Prima di
partire
ci hanno descritto più o meno che cosa sarebbe successo e le
cose hanno
coinciso. Insomma, quelli che c’erano, il motivo
dell’attacco…”.
“Sì,
ma Harry non è stato neanche ferito”, la
interruppe Vicky pensierosa. “Voglio
dire…”. Ma prima che la bionda potesse
aggiungere altro, Jolie si era alzata di colpo dal letto e si era
precipitata
fuori dalla stanza; un terribile presentimento le era venuto tutto
d’un colpo.
Quando
Jolie giunse nella stanza di JamesRemus,
seguita da Emmie e Victoire, trovò il ragazzo steso nel
letto con un orribile
segno che gli copriva quasi tutto l’addome. Ricordava una svastica inscritta in una specie di
cerchio. Aveva tutta l’aria di
essere un tatuaggio, solo che era realizzato col suo sangue.
Al
suo capezzale si erano radunati quasi tutti, con
espressioni sconvolte e preoccupate.
La
grifoncina si sedette accanto a lui e gli prese
la mano delicatamente. “Jamie”, chiamò.
“Lie”,
mormorò lui, quasi senza voce. Aprì piano gli
occhi, puntandoli in quelli della ragazza, e le strinse la mano.
“E’
stato quel Mangiamorte?” chiese Jolie. “Quando
hai spinto Harry? Era la maledizione di cui è morto mio
fratello?”
“Cosa?!”
esclamò Harry, appoggiato al muro vicino
alla porta.
“Credo…
credo di sì”, biascicò JamesRemus,
cercando
di mettersi seduto.
“Ho
mandato un Patronus al dottor Kent!” disse la
voce di Sirius, accorso in quel momento nella stanza. “Avete
chiamato Silente?”
“Remus
è andato ad avvertirlo”, gli rispose James,
ponendogli una mano sulla spalla.
“Jimmy,
tu lo sapevi?” fece John, rivolto all’amico
steso nel letto.
“Lo
immaginavo”, il moro si spinse con le braccia
per mettersi seduto meglio, ma un’altra fitta lo colse
all’improvviso e Teddy
si slanciò per aiutarlo.
“Perché
l’hai fatto?” si intromise allora Harry,
avvicinandosi al letto e poggiando le mani sul bordo.
“Perché mi hai spinto
via?”
“Dovevamo
salvarti! Siamo venuti qui per questo.
Sapevo che quella era la battaglia in cui saresti stato ferito e non
poteva
succedere”.
“Ma
così…”. Harry non ebbe il coraggio di
concludere
la frase, ma tutti capirono che cosa intendesse dire. E lo sapeva anche
JamesRemus, proprio per questo non aveva voluto dire niente a nessuno.
Sperava
che la cosa riuscisse a passare inosservata, almeno fino alla sua
dipartita, e
invece aveva sottovalutato i dolori che avrebbe patito.
Piton
rimase a fissare il simbolo maledetto sul
corpo pallido di James per una decina di minuti buoni, poi
riportò lo sguardo
su Silente, poggiato alla testiera del letto accanto a lui. Nella
stanza erano
rimasti Sirius e gli amici del ragazzo.
“Allora,
Severus?” chiese l’anziano mago, senza
guardare nessuno dei presenti. Teneva lo sguardo fisso sulle proprie
mani.
“E’
una maledizione molto antica”, rispose il
professore di pozioni, col solito tono strascicato. “Veniva
utilizzato ai tempi
della comparsa dei primi maghi, ma ormai dovrebbe essere stata
dimenticata.
Sicuramente colui che l’ha usata doveva avere una conoscenza
molto vasta delle
arti oscure”.
Dopo
le parole del Serpeverde, la stanza cadde in un
pesante silenzio.
“E
non c’è niente che possiamo fare?”
chiese Ariel,
angosciata. Come tutti gli altri del resto.
L’insegnante
parve riflettere per qualche secondo,
poi ricominciò a parlare, osservando il morente.
“Ci sarebbe una pozione. È
piuttosto complessa, ma posso prepararla. Se non fosse che manca un
ingrediente
nella mia dispensa”.
“Quale?”
chiese Sirius con trepidazione.
“Si
tratta del Cuore della Cometa”.
“Ma
non era una leggenda?!” sbottò Ted, guardando
Piton come se avesse appena detto di aver fatto un viaggio su Marte.
“No,
non lo è”.
Il
Cuore della Cometa era un fiore in grado di
curare tutte le maledizioni, spiegò Piton. Era poco
conosciuto per il fatto che
era stato usato forse soltanto due volte in tutta la storia magica ed
era stato
poco usato perché era quasi irraggiungibile. Cresceva nelle
foreste
dell’amazzonia, vicino ad un villaggio di maghi e streghe che
vivevano ancora
in un ambiente primitivo, però molto capaci nel creare
tranelli e incantesimi
per proteggere le loro ricchezze, come, appunto, il Cuore della Cometa.
“Allora,
siamo d’accordo?” chiese Sirius, lo sguardo
fisso sulla mappa stesa sul tavolo che segnava la strada che avrebbero
dovuto
fare. Avrebbero raggiunto la foresta con una passaporta, ma quella li
avrebbe
portati soltanto al limitare. Tutto il resto sarebbero stati costretti
ad
attraversarlo a piedi.
Frank
e James annuirono. Avevano deciso di
accompagnare l’amico in questa spedizione altamente mortale
senza esitare.
Dopotutto, se si fosse trattato di uno dei loro figli sapevano che
nemmeno
Sirius li avrebbe lasciati andare da soli.
“Papà,
veniamo anche noi”.
I
tre uomini si voltarono verso la porta, trovandovi
Joel e John fermi sulla soglia che li guardavano con aria decisa.
“Cosa?!”
sbottò Frank, spalancando gli occhi.
“Be’,
avrete bisogno di tutto l’aiuto possibile”,
rispose John, scrollando le spalle, con un sorrisetto beffardo stampato
sul
volto. Sembrava che percepisse quella spedizione come una gita al luna
park.
“Sì,
ma di certo non porteremmo voi. Siete solo dei
ragazzini”, fece notare Paciock senior, scambiando
un’occhiata con i due amici.
“Ci
risiamo”, sospirò John in direzione di Joel,
mimando le parole con le labbra. L’amico alzò gli
occhi al cielo.
“Continuate
a sottovalutarci”, iniziò allora il più
piccolo dei Black. “Abbiamo affrontato cose peggiori. E poi
non ho intenzione
di guardare mio fratello morire senza fare niente”.
John
annuì, avvicinandosi di più all’amico.
I tre
uomini sospirarono, ben consci che non avrebbero potuto fare molto per
far
cambiare loro idea.
“Vengo
anche io!” Questa volta era stata la voce di
Harry a parlare. Arrivato in cucina senza essere notato, guardava il
padre così
intensamente che sembrava volergli dire qualcosa soltanto col potere
dello
sguardo. “James mi ha salvato la vita. Glielo
devo”.
MILLY’S
SPACE
Torna
settembre e torna anche Milly : ) come state? Vi
sono mancata?
James:
ti piacerebbe -.-‘’
Milly:
sta’ zitto tu! Allooooora ^^
Che dire? Questo capito l’ho scritto finché ero al
mare, ma non saprei dire se
mi soddisfa oppure no. Lascerò a voi i commenti.
Piccole precisazioni, anche se penso siano superflue: il Cuore della
Cometa è
una mia totale invenzione, non l’ho presa né
rubata in altre parti. Se ne avete
già sentito parlare allora è soltanto una
coincidenza, o forse no ^^.
Sto
vedendo già delle asce levarsi sopra la mia testa. Questa
cosa non mi piace. Be’, levo le tende, allora, prima che il
mio sangue inizi a
scorrere a fiumi o la mia testa faccia la fine di quella di Ned Stark.
Bacioni
e buon rientro a scuola o al lavoro : )
Milly.
PUFFOLA_LILY:
ehm, mi sa che anche tu stai levando l’ascia ora D: ma ti
avviso che se mi
uccidi non potrai mai sapere il finale u.u Sì, John e
Charlie sono tenerissimi,
li adovvo. C’è da ringraziare solo Ino.
Alla prossima,
bacioni,
M.
|
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Capitolo 44 *** Capitolo quarantatre ***
CAPITOLO
QUARANTATRE
“In
pratica arriviamo lì e prendiamo questo fiore,
no?”
John
fissò gli occhi sulla mappa che aveva
dispiegata davanti e si grattò la nuca con fare pensieroso.
Lui e Joel erano
rimasto da soli in cucina ad osservare gli ultimi particolari del piano.
“Sì,
ma non sarà così semplice”, gli fece
notare il
biondino, senza guardarlo in viso.
Paciock
sospirò. Questo lo sapeva, ma non avevo
certo intenzione di rinunciarci. E poi, un po’ di sana
avventura ero quello che
gli serviva.
“Ragazzi”.
Una voce dietro di loro li sorprese,
facendoli sobbalzare. Si voltarono verso la porta trovandovi James con
una mano
appoggiata allo stipite e l’altra che si reggeva il fianco,
piegato in due.
Probabilmente si era trascinato fin lì con le ultime forze
che gli erano
rimaste.
“James!”
esclamò John, sorpreso di trovarlo lì.
Cercò di raggiungerlo per sorreggerlo, ma Joel lo precedette.
“Non
potete andare”, mormorò il ragazzo in tono basso. Sembrava avere
il fiatone. Si
lasciò andare quasi completamente contro il fratello che,
sebbene più basso di
qualche centimetro, riusciva a reggerlo benissimo.
“E’ troppo pericoloso.
John
alzò gli occhi al cielo. “Jimmy, ti prego, non
fare l’eroe melodrammatico”.
“Ma…”,
cercò di protestare il ragazzo, sforzandosi
di mettersi dritto, ma un gemito gli scappò dalle labbra.
Paciock
allora gli si piazzò di fronte e pose le
mani sui fianchi, ricordando molto la Signora Weasley.
“Niente ma. Non ti
lasceremo morire. Se questa è l’unica soluzione
per salvarti lo faremo, anche a
costo di andare su Marte. Mi sono spiegato? E ora torna a
letto”.
James
lo guardò con un misto di gratitudine e
incredulità. Sembrava che ancora non si rendesse conto di
quello che i suoi
amici sarebbero stati disposti a fare per lui. James dava tutto se
stesso per
quelli a cui voleva bene, ma sembrava che non potesse concepire il
contrario. E,
capendo che non c’era nient’altro da dire, chiuse
la bocca e si lasciò condurre
verso la propria stanza, praticamente trascinato da John e Joel.
Un
deciso bussare alla porta scosse Harry dai suoi
pensieri. Jolie lo osservava ferma all’entrata della stanza,
indecisa se
entrare o meno.
“Ciao”,
la salutò lui con un sorriso, quelli che
riservava sempre a lei.
“Ciao”,
ricambiò la ragazza, decidendosi ad entrare.
Poi si sedette accanto a lui, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo
rivolto
verso l’armadio davanti. “Come stai?” gli
chiese, più per rompere il ghiaccio
che non per vero interesse. Prima di venire lì aveva in
mente un sacco di cose
da dirgli, ma ora non sapeva da che parte iniziare. Non era per niente
brava ad
esprimere i suoi sentimenti.
“Sei
venuta anche tu a dirmi di non andare?” fece
Harry, però, ignorando la sua domanda. “Ti ha
mandato la mamma?”
Jolie
prese un grosso respiro e rispose. “No. Non mi
ha mandata nessuno e non ho intenzione di dirti di non
andare”.
“Ah
no?” Harry si voltò verso la sorella, spiazzato
e perplesso.
“No”,
ripeté la rossina, guardandolo con un sorriso
che sembrava voler dire che lei la sapeva lunga. “Tanto
sarebbe inutile, l’ho
imparato con gli altri. Potrei dirti tutte le cose del mondo per farti
rinunciare ma so che non lo farai”.
“Sembra
che tu mi conosca bene”, sorrise il ragazzo,
abbassando lo sguardo.
“Conosco
la nostra famiglia e so che l’orgoglio e la
testardaggine sono una componente terribile. E poi, sembra che agli
abitanti di
questa casa ecciti il pericolo”.
Harry
non poté che trovarsi a ridere e Jolie lo
seguì. Quando si calmarono, lei gli prese una mano tra le
sue. “Solo, Harry,
promettimi una cosa”.
Lui alzò lo sguardo e la osservò negli occhi.
“Cerca di non morire. Abbiamo fatto tanta fatica per venire
qui e abbiamo
bisogno di te. E poi…”, spostò lo
sguardo da un’altra parte, arrossendo
leggermente. “e poi non potrei sopportare di perderti di
nuovo”.
Il
ragazzo sorrise, quasi commosso. Poi si allungò
verso la sorella e la strinse in un forte abbraccio. “Ti
voglio bene, Lie”.
John
cercava una maglietta abbastanza comoda da
mettersi per la spedizione, ma la maggior parte dei suoi vestiti era
composta
da camicie eleganti e magliette costose e di certo non gli andava di
rovinarle.
Infilò la testa nell’armadio e starnutì
per la polvere.
“Cerchi
qualcosa?” gli chiese una voce appena
entrata nella camera da letto.
“Una
maglietta”, rispose l’altro, senza neanche
guardare chi era entrato. Il passo di Charlie l’aveva sentito
quando ancora era
in corridoio.
“Questa
può andare bene?”
Soltanto
allora Paciock estrasse la testa
dall’armadio e rivolse l’attenzione
all’amico che reggeva in mano qualcosa di
rosso. Il ragazzo lo prese in mano e lo dispiegò, scoprendo
che era una
maglietta con un drago disegnato in mezzo.
“E
questa dove l’hai trovata?” gli chiese il biondino
curioso.
Charlie
scrollò le spalle. “Non ha importanza”.
John
se la infilò dalla testa, lasciando che gli
scivolasse sugli addominali scolpiti che il moretto si fermò
ad osservare prima
che la maglietta glieli coprisse.
“Grazie”,
fece John, osservandosi allo specchio.
Sembrava piuttosto contento del regalo. Dire che gli stava bene era un
eufemismo, ma John stava bene praticamente con qualsiasi cosa.
“Tappo?”
“Sì?”
Charlie
si trovò in un battito di ciglia stretto tra
le forti bracci di John che gli premette il viso contro il proprio
petto e inspirò
il suo odore, quell’odore che aveva solo il suo Tappo e che
ogni volta gli
provocava qualcosa di strano dentro.
“E
questo per che cosa è? Per la maglietta?”
John
si sciolse dall’abbraccio e si spolverò la
maglietta. “No, non è per la maglietta”.
E, senza aggiungere altro, si allontanò,
lasciando il povero Charlie confuso e perplesso. Ma mentalmente pregava
Merlino
perché tornasse sano e salvo.
Ariel
stava aiutando Joel a preparare una borsa con
le cose da portare per il viaggio, ma nessuno dei due diceva niente.
Lui non
parlava molto in generale e lei non sapeva che dire che il fratello
già non
sapesse.
Il
ragazzo infilò una cassetta del pronto soccorso
nello zaino quando lo sguardo gli cadde su James, addormentato sul
letto, una
smorfia di dolore che gli deturpava il viso.
“Ci
penso io a lui”, sentì dire alla sorella,
guardando nella sua stessa direzione. “Voi cercate di tornare
presto”.
Joel
si voltò vero di lei e annuì.
“Certo”. Poi si
alzò, afferrando lo zaino.
“Joel!”
lo richiamò la sorella prima che sparisse
oltre la soglia. “Ricordarti: vigilanza costante”.
Il
ragazzo sorrise e sparì dietro la porta.
I
sei avventurieri erano partiti alla ricerca del
fiore della Cometa e in tutta Grimmauld Place alleggiava un silenzio
terribile
e la tensione si poteva toccare con un dito.
Alice e Lily cercavano di tenersi occupate pulendo e spolverando la
cucina, ma senza
neanche scambiarsi qualche parola. Probabilmente non volevano esprimere
le loro
preoccupazioni ad alta voce per paura di farle diventare reali.
Ad
un tratto però, Lily fece cadere un piatto che
stava asciugando e questo si frantumò in mille pezzi
all’impatto col terreno.
Alice fece un balzo sul posto e si voltò verso
l’amica. Questa stava guardando
il pasticcio che aveva fatto come se non credesse ai propri occhi.
“Io…
mi dispiace”.
“Non
ti preoccupare”. La mora si avvicinò
all’altra
e le prese lo straccio dalle mani. “Tranquilla. Ci penso
io”. Estrasse la
bacchetta dalla tasca e, con un colpo veloce, riparò il
piatto. “E’ meglio se
ti siedi”. E la fece accomodare su una sedia.
“Sono
così preoccupata, Ali”, sbottò Lily,
allora,
spostando lo sguardo sull’amica e guardandola come se stesse
per scoppiare a
piangere da un momento all’altro.
“Lo
so, tesoro”, cercò di consolarla Alice,
prendendole una mano tra le sue. “Anche io. Ma dobbiamo
restare concentrate e
occuparci di James finché gli altri non tornano”.
La
rossa annuì mestamente e cercò di aggiungere
qualcosa, quando videro Martha entrare in cucina e dirigersi al
frigorifero
senza nemmeno guardarle. Le due ragazze la osservarono bene. Sembrava
che la
cantante si fosse lasciata parecchio andare; i suoi capelli biondi
erano
spettinati, aveva le occhiaie e gli occhi gonfi, come se avesse appena
pianto,
e non si curava nemmeno di come si vestiva. Non capivano che cosa le
stesse
succedendo e ogni volta che cercavano di chiederglielo lei scappava
via. Forse
avevano una mezza idea, ma non volevano azzardare niente.
“Martha?”
chiamò Alice con un tono cauto, come se
temesse di scatenare una terribile bestia. Martha si voltò
verso di lei e la
guardò come se lei non dovesse trovarsi lì.
“Stai bene?”
L’altra
rimase con la bottiglia d’acqua a mezz’aria.
“Sì, sì. Sto bene”.
“Sei
preoccupata per Sirius, immagino”.
“Un
po’, sì”.
Si
portò la bottiglia alla bocca e la svuotò quasi
del tutto, trangugiando grandi sorsate. Intanto teneva la mano libera
sulla
pancia.
“Bene,
direi che il posto è questo”, commentò
Frank,
non appena atterrarono in mezzo ad una radura. Gli altri si tirarono in
piedi e
si spolverarono i vestiti, guardandosi attorno. “Decisamente
è questo”,
concordò James.
“D’accordo.
Allora da che parte andiamo?” fece
Sirius che non voleva perdere tempo prezioso.
Frank
estrasse la mappa dalla tasca e se la rigirò
tra le mani. “In teoria dovremmo essere in questo
punto”. E puntò l’indice su
un grande spiazzo a destra del foglio.
“Ma
potrebbe anche essere questo”, gli fece notare
John, indicando un altro punto, che stava invece da un’altra
parte.
“No,
secondo me è proprio questo”, lo contraddisse
il padre.
“Maledizione!”
sbottò Sirius, frustrato. “Dobbiamo
deciderci”.
“Stai
calmo, Paddy”, cercò di rassicurarlo James,
posandogli una mano sulla spalla. “Non dobbiamo perdere la
calma. Osserviamo bene
la mappa”.
Tutti
e sei puntarono gli occhi sulla mappa,
scrutando bene entrambi punti indicati. “Io sono
d’accordo con Frank”, concluse
James, passandosi una mano tra i capelli.
“D’accordo,
allora dovremmo procedere verso est”.
Sirius
tirò fuori la
bacchetta e pronunciò l’incantesimo che serviva
per guidarli. Seguendo la
direzione indicata, quindi, si incamminarono tra gli alberi e
l’erba alta,
temendo i pericoli che avrebbero incontrato, ma soprattutto, pregando
di
riuscire ad arrivare in tempo.
MILLY’S
SPACE
Ebbene,
questo è il secondo aggiornamento del giorno ^^
Mi piace avere tempo per scrivere. alloooooraaaa… che ne
dite? I nostri eroi
sono partiti alla caccia del Fiore della Cometa, mentre James
è a letto tra la
vita e la morte. Riusciranno a salvarlo?
Leggete per scoprire ^^ e nel frattempo recensite!!!!
Bacioni,
M.
FEDE15498:
oh
eccoti! Pensavo t’avessero rapita gli alieni e stavo per
mandare gli Auror a
cercarti. E invece sei tornata, bene : )
Be’, se vuoi sapere come andrà a finire con James
continua a seguire la storia,
ma… niente armi qui dentro u.u
PUFFOLA_LILY:
*le porge un fazzoletto* James non vorrebbe vederti piangere. Credo che
tu non
sia l’unica che vuole vedere lui e Jolie insieme, comunque ^^
è una delle
coppie più acclamate, insieme a Charlie e John. Ahahaha.
Spero di risentirti,
bacini.
|
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Capitolo 45 *** Capitolo quarantaquattro ***
CAPITOLO
QUARANTAQUATTRO
I
ragazzi erano partiti da un paio d’ore e non se
n’era
più saputo nulla. Ariel sperava che stessero bene, come
tutti in quella casa, e
che portassero quel dannato fiore in tempo. Sorseggiò un
altro sorso del suo
tè, guardando fuori dalla finestra. Non c’era gran
che da vedere e a dirla
tutta non stava nemmeno osservando qualcosa in particolare, era solo
persa nei
suoi pensieri. Era parecchio preoccupata, sentiva un terribile peso
allo
stomaco ma non voleva darlo a vedere. Non le piaceva provare queste
sensazioni,
preoccupazione o tristezza, la facevano sentire così debole
e vulnerabile e mostravano
quella parte del suo carattere che non voleva si mostrasse.
Finì
di bere il suo tè, che ormai era diventato
freddo, e ripose la tazza nel lavello. Poi cominciò a salire
le scale verso la
stanza di suo fratello.
Lo trovò steso a pancia in su sul letto, gli occhi chiusi,
che dormiva
profondamente. Si poteva vedere come il suo petto si alzava e si
abbassava ogni
volta che prendeva una boccata d’aria e poi la espelleva.
Lei
rimase per un po’ a guardarlo e poi si sdraiò
accanto a lui, attenta a non svegliarlo. Ma James parve sentirla lo
stesso
perché si scosse un po’ e aprì gli
occhi.
“Scusa,
non volevo svegliarti”, disse lei,
prendendogli una mano.
“Ariel”,
sussurrò lui con voce bassa, intrecciando
le dita con quelle della sorella e le sorrise.
“Ti
fa male?” gli chiese la ragazza, portando la
mano libera sulle bende che gli fasciavano la ferita.
“Solo
quando respiro”, rispose il moro, sarcastico. Ma
Ariel non rise. Voleva fare qualcosa per aiutarlo, ma oltre a dargli
degli
antidolorifici non c’era molto altro da fare. “Si
sa niente degli altri?”
La
bionda spostò lo sguardo verso il petto scoperto
del fratello. “No. Ma sono sicura che torneranno presto con
quel fiore”.
“L’importante
è che tornino”, commentò il ragazzo,
buttando fuori due colpi di tosse. “Se succede qualcosa a
John, poi chi lo
consola Charlie?”
Questa
volta Ariel scoppiò a ridere. James adorava
fare battutine su quei due alle loro spalle, ma in realtà
non vedeva loro di
vederli insieme.
“Chissà
quando capiranno che sono fatti l’uno per
l’altro”.
“Lo
capiranno prima o poi. Vorrei tanto esserci per
poterli vedere”.
Ariel
spalancò gli occhi e lo guardò con espressione
grave. “Certo che li vedrai! Andremo al loro matrimonio, tu
ballerai con Jolie
e suonerai la marcia nuziale”.
James
le sorrise teneramente, poi si voltò su un
fianco per guardarla meglio. “Ariel, ascoltami”.
Fece una pausa prima di
continuare. “Voglio che tu sappia che ti voglio bene e te ne
vorrò…”.
“No,
non dire queste cose!” lo interruppe lei,
alzandosi di colpo. Non gli tirò uno schiaffo soltanto
perché stava male. “Non
dire che mi vuoi bene perché io non te lo dirò.
Tu non stai per morire. Tu
starai bene e noi faremo tante cose insieme”. Per quanto
odiasse piangere, non
riuscì a trattenere le lacrime che le sgorgarono dagli occhi
in quel momento. “Noi
faremo tante cose insieme. Diventeremo famosi e canteremo insieme ai
concerti e
la gente… la gente ci adorerà e noi…
noi…”. Non riuscì più a
continuare a causa
dei singhiozzi che avevano preso a scuoterla.
“Ari”,
sussurrò James e la attirò a sé per
abbracciarla. Lei allora continuò a piangere contro il suo
petto, stringendosi
forte a lui.
“Io
continuo ad essere convinto che dovevamo
prendere l’altra strada”.
“E
io ti dico che questa è quella giusta”.
“Ma
non può essere!”
“Ragazzi,
la volete smettere?!”
L’esclamazione
di John riuscì a zittire tutti. Frank
lanciò un’occhiata storta a Sirius che
ricambiò con una altrettanto minacciosa.
Gli altri fecero finta di nulla e proseguirono lungo la strada,
facendosi largo
tra gli alberi e le sterpaglie.
Ad
un certo punto, però, sbucarono in una spiazzo
aperto dove si spalancava un enorme burrone, dal quale precipitava una
imponente
cascata che finiva in una specie di enorme fiume.
“Bene
e adesso che facciamo?” chiese Frank in tono
acido. “Io l’ho detto che era meglio seguire
l’altra strada”.
Sirius
e James si avvicinarono cautamente al bordo
per guardare. “Non è molto alto”.
“Certo
che no! Solo una ventina di metri!”
“Se
sapevo che rompevi così le palle, ti facevo
restare a casa, Frank”.
“Ok,
come facciamo a passare?” chiese Harry.
“Siamo
sicuri che dobbiamo per forza scendere?” fece
James.
“Vedi
altre strade tu?”
“Potremmo
volare”.
“Ma
qui la magia non funziona”.
E
mentre i cinque stavano a discutere, John,
portatosi a qualche metro di distanza dal burrone, prese una forte
rincorsa e corse
dritto verso il burrone. Poi si lanciò nel vuoto e,
lanciando un urlo degno di
Tarzan, precipitò verso il basso e cadde con un gran tonfo
nell’acqua scura. Gli
altri osservarono la scena con occhi spalancati e quando non lo videro
riemergere cominciarono ad agitarsi.
“Oh
Santo Merlino!”
“Tuo
figlio è completamente pazzo”.
“Si
sarà ammazzato”.
“Eccolo!”
gridò ad un certo punto Joel, indicando un
piccolo punto con l’indice. E quello era proprio John che,
sbucato dall’acqua,
se la rideva come un matto e faceva segno agli altri di raggiungerlo.
“Be’,
direi che un modo l’abbiamo trovato”,
commentò
Sirius, preparandosi anche lui al tuffo.
“Ma
siete matti? Volete tuffarvi anche voi?” chiese
Frank, completamente sbigottito.
“E
dai, Frankie! Ammettilo che sei un fifone”, lo
prese in giro James, raggiungendo l’amico.
“Non
è questo. E’ solo che non ho più
l’età per fare
certe cose”, borbottò l’uomo.
Ted
fissava ormai da mezz’ora il soffitto del
salotto, steso scompostamente sul divano. Si sentiva stanco ma non
riusciva a
dormire. Gli faceva male la testa e sentiva tutto il corpo indolenzito.
Quella sera
ci sarebbe stata la luna piena e decisamente non aveva voglia di
affrontarla. Non
sapendo che James non sarebbe stato con lui. Certo, c’erano
tutti gli altri, ma
James… insomma, era James, era il suo migliore amico, era
quello che lo capiva
meglio e che lo aiutava a stare meglio.
“Teddy?”
Il
ragazzo sobbalzò leggermente a quella voce che lo
chiamava. Spostò lo sguardo allo stipite e
incontrò la figura di suo padre
ferma sulla soglia.
“Stai
bene?” gli chiese questi.
Il
ragazzo non sapeva se si stesse riferendo al suo
stato fisico o quello psicologico. Ma in entrambi i casi si sentiva una
merda,
quindi…
Remus,
probabilmente intuendo i suoi pensieri, entrò
in salotto con passo silenzioso e si sedette sul tavolino di legno di
fronte al
divano su cui stava il figlio.
“James
si riprenderà”, cercò di rassicurarlo.
Teddy
spostò i suoi occhi dorati e tormentati su di
lui. “Non
lo so”.
“Cerca
di essere ottimista”.
“Me
lo dicono tutti. Ma l’ottimismo non porta da
nessuna parte”.
Lui
era quello pessimista, James invece l’ottimista.
Lui era la luna, James il sole. Lui era quello tranquillo e riflessivo,
James
quello impulsivo e deciso. Insomma, si completavano a vicenda. Come
avrebbe
fatto senza di lui?
Non riusciva nemmeno a concepire una cosa simile.
“Papà?”
“Hmm?”
“Tu
come ti sei sentito quando hai saputo che i tuoi
migliori amici erano morti?”
Remus
rimase un attimo a riflettere su quella
domanda. “Mi sono sentito come se mi fosse crollato il mondo
addosso”.
“E
poi che hai fatto?”
“Poi
ho proseguito con la mia vita perché sapevo che
era quello che James e Lily avrebbero voluto. Il dolore è
durato per molto
tempo, ma un po’ alla volta si attenuava. Ma loro
c’erano sempre nel mio cuore,
non se ne sono mai andati”.
“Ma
non era come averli al proprio fianco”.
Questo
no, certo, Remus lo sapeva. Solo Merlino
sapeva quanto avesse sofferto per quella perdita. E a tutto quel dolore
si era
aggiunto anche il tradimento di un amico.
“James
non morirà, Ted”.
“Come
fai a dirlo?”
“Ho
fiducia”.
Dopotutto,
nemmeno James e Lily erano morti, no?
“Dobbiamo
aggiungere un pizzico di sale anche, dopo
aver mescolato”, ricordò Charlie al padre,
rileggendo di nuovo la ricetta della
pozione che stavano creando per controllare se avevano messo tutto.
Piton,
impegnato a mescolare il liquido che c’era in
un grosso calderone, lanciò un’occhiata al ragazzo
seduto al tavolo della cucina
della sua casa in Spinner’s End che sfogliava attentamente il
suo libro di pozioni.
Non gli somigliava per niente quel ragazzo, era minuto, aveva un naso
sottile e
un viso molto dolce, gli occhi profondi. E sì, decisamente
era più carino di
lui. Però era intelligente come lui e bravo a fare pozioni,
ma dopotutto lo
aveva abituato fin da piccolo a quell’arte, o meglio,
l’altra versione di lui,
quella del futuro. Sicuramente dell’aspetto fisico doveva
aver preso molto da
sua madre.
“Il
fiore lo metteremo alla fine”, aggiunse il ragazzo,
richiudendo il libro.
“Ci
tieni a quel ragazzo”, disse Severus, tornando a
concentrarsi sul suo lavoro.
“E’
uno dei miei migliori amici”.
L’uomo
si sentiva lo sguardo di Charlie puntato
sulla schiena, ma non si voltò.
“Perché
proprio loro? Insomma… non sono nemmeno
della tua Casa”.
Lo
sentì sospirare. “Perché loro mi sono
stati
vicini, mi hanno accettato. Non sono così cattivi come
pensi”.
“Io
non penso che siano cattivi”.
“Sì,
lo pensi. O almeno sei convinto che i loro
padri lo siano”.
Su
questo non lo poteva contraddire, ma aveva anche
notato che i ragazzi del futuro avevano più buon senso di
quanto non lo
avessero avuto i loro genitori alla loro età. E vedeva anche
che Charlie si
trovava bene con loro.
Forse… forse presto lo avrebbe anche visto insieme a una di
quelle ragazze,
chissà, magari insieme alla figlia di Lily… oh
Merlino! Ma che andava a
pensare?
“Papà,
sei arrossito?” chiese Charlie, guardandolo
con un accenno di sorriso.
“Cosa?
No!”
“Sì,
sei tutto rosso”.
“E’
colpa di questo
fumo. Fa caldo”, cercò di giustificarsi
l’uomo, nascondendo il viso dietro i
capelli, ma comunque divertito anche lui nel vedere il ragazzo ridere
di gusto.
MILLY’S
SPACE
Ciao,
ragazzi. Era da un po’ che non mi facevo sentire,
ma ho avuto parecchio da fare in questi giorni.
Sapete che ieri sono stata al Luccacomics? E’ stato
bellissimo *------* ho comprato
un sacco di cose e fatto un po’ di foto, se riesco le metto
sulla mia pagina
facebook
(https://www.facebook.com/MillysSpace)
così
le vedete. E voi ci siete andati?
Raccontatemi
e ditemi anche che ne pensate di questo
capitolo.
Un
bacione : )
FEDE15498:
le
persone di carta e inchiostro sono le migliori, le preferisco di
più alle
persone vere ^^ (è una cosa grave secondo te? Mah). John e
Charlie, John e
Charlie *__ * come non adorarli? ^^ Spero di risentirti presto, un
bacione.
PUFFOLA_LILY:
eh, sarà ancora dura per James e Jolie… Martha
è un personaggio che mi sta
lasciando un po’ a desiderare. L’ho creata, ma non
ne sono molto soddisfatta. Tu
che ne pensi? Fammi sapere. Un kissss <3
|
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Capitolo 46 *** Capitolo quarantacinque ***
CAPITOLO
QUARANTACINQUE
Stavano
camminando da ore ormai, erano stanchissimi
e quel che era peggio avevano l’impressione di non star
andando da nessuna
parte ma di star girando continuamente attorno. Erano sperduti in mezzo
ad un
bosco, o meglio, sembrava più una foresta tropicale, piena
di alberi e l’erba
era talmente alta che faticavano a camminare.
John
si fermò per riprendere fiato e si asciugò il
sudore dalla fronte. Portò lo sguardo al cielo, scorgendo il
sole attraverso i
rami degli alberi.
“Stai
bene?” gli chiese Frank, in piedi dietro di
lui.
Il
ragazzo si riscosse d’un colpo e si voltò a
guardare il padre, annuendo debolmente. “Sì,
sì”.
“Vuoi
che la porti io?” si offrì l’uomo,
indicando
lo zaino che il ragazzo aveva sulle spalle.
“No,
ce la faccio”.
Il
biondino riprese il cammino seguendo gli altri che
erano davanti. James, con la carta in mano, apriva la fila e dietro di
lui c’erano
Harry e Sirius che l’aiutavano a capire qual era la strada da
prendere e subito
dopo procedevano Joel e John e Frank. Quest’ultimo,
però, fece una rapida corsa
e in poche falcate raggiunse i due uomini davanti.
“Ragazzi,
dovremmo fare una pausa”, disse “e
mangiare qualcosa”.
James
arrestò il cammino e rifletté sulle parole
dell’amico; effettivamente non aveva tutti i torti, anche lui
sentiva un certo
languorino. Durante tutto quel tempo aveva continuato a camminare per
inerzia e
i piedi gli dolevano.
Alla
fine decisero di fermarsi per un po’ e trovarono
riparo sotto ad un albero, accomodandosi per terra o sulle rocce, e
tirarono
fuori quello che avevano portato da mangiare.
“Siamo
sicuri che sia la strada giusta? A me sembra
che stiamo girando in tondo”, fece John, addentando un pezzo
di pancetta.
“La
mappa dice che è questa”, lo rassicurò
Potter
senior, frugando nel suo zaino.
“Sempre
se la stai tenendo nella posizione corretta”,
lo prese in giro Frank mostrandogli un sorrisetto malizioso.
“Spiritoso!”
Dopo
quel breve scambio di battute, restarono a
mangiare in silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni. Evitavano
persino
di guardarsi, forse anche per la troppa stanchezza.
Emmie
lesse velocemente i procedimenti che seguivano
nella ricetta per i souflè, mescolando con energia la crema
contenuta in un
pentolino. Non aveva scelto dei pasticcini semplici, però
aveva bisogno di
distrarsi un po’ e di sfogare in qualche modo la sua ansia. E
poi JamesRemus
adorava i soufflè e, siccome non riusciva a mangiare niente,
magari con quelli
ci sarebbe riuscito, a mettere qualcosa nello stomaco, oltre che a
farsi venire
il buon umore.
Tirò
fuori le piccole ciotole in cui avrebbe
infornato i dolcetti e osservò se la sua crema fosse pronta.
Magari un altro
paio di rimestamenti potevano starci, con i soufflè
bisognava stare attenti.
In
quel momento venne raggiunta in cucina da Teddy
che, senza dirle una parola, si accasciò su una sedia con
aria piuttosto
stanca. Come biasimarlo? Quella notte c’era stata la luna
piena e ancora
soffriva i postumi della trasformazione.
Emmie
fece finta di niente, non voleva disturbarlo
con domande inutili e di certo non gli avrebbe chiesto come stava, la
domanda
era più che scontata. Così continuò a
rimescolare la crema, sentendosi lo
sguardo del fratello addosso.
“Fai
i soufflè?” le chiese lui.
“Sì,
per James. Ma magari li mangia anche qualcun
altro”.
“Sei
gentile”.
La
ragazza gli sorrise teneramente e poi posò la
crema per accendere il forno. Rilesse un’ultima volta la
ricetta per
controllare di non aver scordato niente e infine riportò di
nuovo lo sguardo
sul fratello.
“Sei
andato a trovare James?”
Teddy
abbassò lo sguardo mentre un certo senso di
colpa lo pervadeva. No, non ci era ancora andato e non ne aveva il
coraggio. Gli
faceva male vederlo soffrire e, soprattutto, ciò gli avrebbe
acceso
immediatamente la consapevolezza che… che… no,
non doveva pensarci. Gli altri
erano tutti sicuri che si sarebbe salvato, perché non poteva
crederci anche
lui? Perché doveva essere sempre così pessimista?
“Dovresti
andarci. Gli farebbe piacere”, lo
incoraggiò la sorella, infornando i soufflè.
Il
ragazzo decise di seguire il suo consiglio,
perciò, prima di ripensarci, si alzò dalla sedia
e corse su per le scale.
Arrivato
in camera di JamesRemus, trovò l’amico
seduto sul letto, appoggiato a molti cuscini, intento a scrivere
qualcosa su un
blocchetto. Il licantropo esitò sulla soglia per osservarlo
un po’ da lontano.
Ad un tratto il moro alzò lo sguardo e, quando lo vide
lì, inarcò le
sopracciglia.
“Guarda
che puoi entrare, non ho la lebbra”,
scherzò, allargando le labbra nel suo tipico sorriso
malandrino.
Allora
Teddy si avvicinò al letto e ci salì sopra,
sedendosi accanto all’amico a gambe incrociate.
“Stai
scrivendo una nuova canzone?” chiese a bassa
voce.
“Ci
sto provando, ma ho un po’ di nausea”.
“Vuoi
che scriva io?”
James
lo guardò dritto negli occhi color caramello. “No,
non serve. Tanto non ho ispirazione”. Scivolò sui
cuscini andando a sdraiarsi
un po’. “Pensavo che non saresti venuto. Mancavi
solo tu al mio capezzale”. Tentò
di sdrammatizzare con una risatina, ma tutto quello che ne
uscì fu un colpo di
tosse.
“Mi
dispiace”. Teddy abbassò lo sguardo, sentendosi
gli occhi pungere per le lacrime. Non era uno che piangeva di solito e
in parte
era anche colpa del suo essere licantropo. A volte si sentiva peggio di
una
donna incinta.
“Ehi!”
lo chiamò l’amico, allungando una mano verso
di lui. “Non ti sto accusando”, lo
rassicurò. “Era una battuta. Dai vieni
qui”.
James alzò un braccio per fargli spazio, in modo che
l’altro potesse
stenderglisi accanto e poggiare la testa sulla sua spalla. Il
Metamorfomagus
non se lo fece ripetere due volte e si strinse forte al moro. Gli
piaceva
stargli vicino e spesso avevano dormito abbracciati, fin da quando
erano
piccoli. E lo stesso valeva per James; il corpo di Teddy era caldo e
terribilmente comodo.
“Mi
prometti una cosa?” gli chiese Black.
“Cosa?”
“Ti
prenderai cura di Ariel e Joel?”
Teddy
esitò un attimo prima di rispondere. Non voleva
fare quella promessa perché ciò avrebbe
significato che accettava una cosa che
non avrebbe mai voluto accettare, ma allo stesso tempo voleva
accontentarlo.
Aveva sempre immaginato che sarebbero cresciuti insieme, che sarebbero
rimasti
amici per tutta la vita e che avrebbero raggiunto la vecchiaia insieme,
sostenendosi nei momenti felici e tristi della vita. E poi era persino
certo
che lui sarebbe morto prima di James.
Però erano in guerra e in guerra poteva succedere di tutto.
“D’accordo”,
rispose infine, cercando di tenere la
voce il più ferma possibile. Ma la verità era che
le lacrime avevano preso a
scorrergli lungo le guance e non aveva certo intenzione di farlo capire
all’amico.
Come avrebbe fatto senza di lui? Non riusciva nemmeno a
pensarci…
Charlie
e Severus si materializzarono nel salotto di
Grimmauld Place, trovando solo Victoire che sedeva su una poltrona e
leggeva un
libro.
“Ciao,
Vicky”, la salutò il ragazzo un po’
frettolosamente. “Abbiamo portato la pozione”.
“Bene.
Mettetela in cucina”.
Il
professore si diresse subito verso la porta della
cucina, con la pozione ben stretta in mano. Charlie invece rimase con
l’amica,
sedendosi sul divano.
La ragazza poggiò il libro sul tavolino e si
scostò i lunghi capelli biondi.
“Come
sta?” chiese il moro, senza specificare a chi
si stesse riferendo ma era chiaro.
“Per
ora resiste”, rispose lei. “Ma spero che i
ragazzi arrivino presto.
“Lo
spero pure io”.
“Sei
preoccupato?”
“Tu
no?”
Victoire
rimase a fissarsi le mani pensierosa. Tutta
quella situazione rendeva nervosa anche lei. Ne avevano viste di cotte
e di
crude nel loro tempo, ma nessuno di loro aveva rischiato la vita
né comunque si
era ritrovato sul punto di morte.
E aveva paura…
Si
erano rimessi in cammino già da un’ora e
finalmente si erano liberati di quella foresta e quell’erba
che arrivava fino
alla vita per giungere però a una zona in salita. Quindi non
è che la cosa
fosse cambiata tanto. Però almeno si erano riposati e
avevano mangiato un po’.
“Ehm…”,
bofonchiò John, cercando di attirare l’attenzione
degli altri.
“Che
c’è?” gli chiese Harry, preoccupato che
ci
fosse qualcosa che non andava.
Il
biondino assunse un’espressione mortificata. “Devo
fare la pipì”.
Sirius
si sbatté una mano in fronte e gli altri
sospirarono. “Non potevi farla durante la pausa?”
lo rimproverò Joel.
“Ma
prima non mi scappava”.
“D’accordo,
d’accordo!” esclamò Frank prendendo in
mano la situazione prima che gli altri si mettessero a litigare.
“Falla qua”.
John
mise a terra lo zaino e si avvicinò a un
cespuglio slacciandosi i pantaloni. Gli altri restarono ad aspettare,
non
mancando di guardarsi un po’ attorno. Non avevano ancora
ricevuto nessun
attacco e non avevano incontrato trappole e questo li preoccupava
assai. Quando
qualcosa filava tutto liscio allora non era mai un buon segno.
Quando
il ragazzo ebbe finito e si fu pulito le mani
sui jeans, James guardò un’ultima volta la mappa e
la chiuse. “Adesso dovrebbe
esserci un ponte. Voi ne vedete uno?”
Sirius
alzò una mano indicando un punto non molto
lontano. “Quello è un ponte?”
Gli
altri guardarono nella direzione che l’uomo
stava indicando, constatando che sì, si trattava di un
ponte.
Corsero in quella direzione ma quando lo videro, rimasero un
po’ raggelati: il
ponte non era proprio stabile, anzi, il vento lo stava facendo
oscillare
pericolosamente e mancavano un paio di assi qui e là. Per
non parlare del fatto
che era lungo, almeno tre metri, e copriva il passaggio che andava da
una
sponda all’altra, tra le quali turbinava un fiume impetuoso,
spinto da una
forte corrente.
“Bene”,
commentò Frank, controllando che non ci fosse
una via d’uscita più sicura.
“Direi
che ora ci tocca sfidare la gravità”.
“E
se attraversassimo uno alla volta?” propose
Sirius.
“Ci
metteremmo troppo”.
“Allora
andiamo due alla volta”.
Decisero
che quella era la soluzione migliore,
perciò i primi ad avviarsi furono John e Joel. Ma appena
ebbero attraversato
mezzo metro, il vento si alzò ancora più forte
facendo dondolare il ponte
instabile ancora di più. I due cercavano di reggersi alla
ringhiera, ma stare
sul bordo del ponte non era proprio un’idea saggia.
Si muovevano a piccola passi, attenti a non mettere un piede in fallo,
ma ad
ogni asse si sentiva scricchiolare qualcosa e temevano che presto o
tardi il
ponte avrebbe ceduto. Cosa che infatti successe: Joel mise un piede su
un asse
rotta e quella crollò sotto di lui, facendo precipitare il
ragazzo di sotto che
scomparve in un battibaleno.
“Joeeeeeeel!”
gridò
John, gli occhi spalancati e il vento che fischiava nelle orecchie.
MILLY’S
SPACE
Ce
l’ho fatta!
Lo
so, lo so, è veramente da tanto che non aggiorno
questa fanfiction, ma vi confesso che ero poco ispirata a mandarla
avanti. Sono
anche stata presa da un’altra storia, nel fandom di Sherlock
(si intitola “It’s
elementary, Watson. The fact that I love you”, se volete
darci un’occhiata),
però mi dispiace aver aggiornato così tardi.
Tenterò di non farlo più
succedere.
Va
bene, non sto a rompervi troppo.
Spero mi lascerete qualche recensione e vanno bene anche minacce di
morte ^^
Un
bacione,
Milly.
FEDE15498:
wow, sono contenta che le mie storie ti facciano questo effetto ^^
spero non
fosse niente di brutto la cosa che ti ha spaventata. Ahaha, John
sarà anche un
pirla ma noi lo adoriamo proprio per questo, vero, Charlie? ^^ Charlie:
“Eh?
John? Io non adoro John”.
Sese… va be’ ^^ un bacione, M.
PUFFOLA_LILY:
oddio, spero tu non ce l’abbia con me per questo mega
ritardo. Scusa, davvero.
*si fustiga da sola* Purtroppo per James e Jolie dovrai aspettare il
prossimo
capitolo, mi sa… ma arriveranno anche loro, non ti
preoccupare.
Fammi sapere, un bacio. Milly.
POTTER_92:
guarda che ti vedo lo stesso anche se entri di soppiatto ^^ James,
Jolie,
accuccia! Purtroppo nemmeno io mi sono fatta sentire per un
po’, I’m so so so
so so sorry. Tuttavia, spero di aver rimediato con questo capitolo.
Che cosa ne pensi?
Un abbraccio stritolaossa. Milly.
|
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Capitolo 47 *** Capitolo quarantasei ***
CAPITOLO
QUARANTASEI
“E
dai su, non fare il difficile!”
Jolie
alzò gli occhi al cielo sospirando
pesantemente e lasciò cadere il cucchiaio nel piatto facendo
schizzare un po’
di minestra sulle lenzuola bianche. Se non fosse stato in punto di
morte,
l’avrebbe preso a pugni molto volentieri. E invece le toccava
sorbirsi un
JamesRemus capriccioso senza opporre resistenza e che, oltretutto, la
guardava
con un sorrisetto sfrontato come per dire “Ahaha, questa
volta ho vinto io”.
Nemmeno quando stava male se lo poteva togliere. Ma cosa avevano
mangiato i
suoi genitori quando l’avevano concepito? Conoscendo Martha e
Sirius qualcosa
di pesante, sicuramente.
“Ma
sono ferito!”
La
ragazza brontolò qualcosa di incomprensibile e,
riempito il cucchiaio di minestra, lo infilò in bocca al
ragazzo che quasi si
strozzò. “Ehi, vacci piano!” si
lamentò questi.
“Hai
chiesto di farti imboccare, adesso non ti
lamentare”.
“Sì,
ma non essere violenta. Anche se so che ti è
difficile”.
“Non
mi provocare. Sono armata”.
“Non
vedo la tua bacchetta”.
“Non
mi serve una bacchetta. Ho un cucchiaio. E un
piatto. E della minestra calda”.
James
decise che era meglio non continuare a
controbattere e si lasciò imboccare senza più
aprire bocca, eccetto che per
accogliere il cibo. Era ben consapevole che l’amica sarebbe
stata in grado di
mettere in atto le sue minacce. Non minacciava mai a caso.
Jolie, seduta sul bordo del letto, si chiedeva intanto come fosse
capitata in
quella situazione. Emmie l’aveva fatto apposta, a mandarla
lì a portare la
minestra al ragazzo. Sembrava tanto innocente e santarellina, ma in
realtà ne
pensava una più del diavolo. A volte era persino peggio di
James e John messi
insieme.
“Chi
l’ha fatta?” chiese ad un tratto il moro.
“La
minestra, intendo”.
“La
Signora Weasley”, gli rispose inespressiva la
ragazza, dandogli un altro sorso di minestra. James lo
trangugiò a fatica.
Jolie poteva anche non credergli, ma davvero non se la sentiva di
mangiare da
solo. Gli tremavano le braccia se solo le alzava e reggere un piatto
caldo non
gli sembrava una buona idea. Oltretutto gli costava fatica persino
stare seduto
con la schiena appoggiata ai cuscini.
“Devo
vomitare”.
“Cosa?”
“Devo
vomit…”. Il moro non fece in tempo a
concludere la frase che un rigurgito gli risalì dalla bocca
dello stomaco e
tutta la minestra che aveva mandato giù fino a quel momento ritornò nel
piatto. Jolie infine gli passò un
fazzoletto perché si ripulisse. “Scusa”,
sospirò lui lanciandole un’occhiata
mortificata.
Lei gli sorrise rassicurante. “Non importa”.
Poggiò il piatto pieno di vomito
sul comodino e lo aiutò a ridistendersi sui cuscini. Infine
gli spostò i
capelli sudati dalla fronte mentre lui la guardava pieno di gratitudine
e col
petto che si alzava e si abbassava freneticamente nel tentativo di
incamerare
più aria possibile.
Martha,
che passava proprio in quel momento in
corridoio davanti alla stanza, lanciò un’occhiata
attraverso la porta
spalancata e restò a osservarli curiosa. “Tutto a
posto?” chiese.
“Sì”,
rispose velocemente Jolie con voce roca. Poi
si alzò dal letto e prese il piatto. “Vado a
portare questo in cucina”. E senza
voltarsi indietro uscì dalla stanza. Martha, invece,
entrò subito dopo che
l’altra se ne fu andata e, con passo silenzioso, si
avvicinò al letto del
malato e si sedette sul bordo dove poco prima c’era la rossa.
“Come
stai?” chiese al ragazzo gentilmente.
“Una
merda”, ridacchiò lui debolmente, scivolando
sui cuscini, gli occhi mezzi chiusi.
“Guarirai
presto. Sirius e gli altri torneranno
presto e porteranno la pianta”, cercò di
rassicurarlo.
“Basta
che tornino”.
La
donna, non sapendo che altro aggiungere per
essere di conforto, per quanto si può essere di conforto a
qualcuno che sta
morendo, iniziò a guardarsi attorno come per esplorare la
stanza. Notò una
chitarra poggiata contro il muro.
“Suoni
la chitarra?”
“Sì.
Si chiama Roxy”.
“Le
hai pure dato un nome! Anche io alla mia”.
“Lo
so”.
Martha
restò a osservarlo curiosa. Quel ragazzo la
incuriosiva, molto. Somigliava un po’ troppo a Sirius e aveva
certi
atteggiamenti che… e poi c’era questa strana
sensazione che non sapeva
descrivere ma era forte. Senza quasi rendersene conto gli prese una
mano tra le
proprie notando che la sua era molto fredda.
“Mi
nascondete un segreto. Tu e gli altri, intendo”,
disse ad un tratto fissandolo, in tono quasi freddo. Ma pensava che si
fosse
addormentato e che non l’avesse sentita, così
sobbalzò quando lo sentì
risponderle. “Può darsi”. Allora lo
sentì stringerle la mano ancora di più e
lei ricambiò la stretta. “Chi è tua
madre?”
Il
ragazzo si umettò le labbra prima di risponderle,
sempre con gli occhi chiusi. “Una donna bellissima e piena di
talento. Mi
cantava le ninna nanne prima di addormentarmi”.
“Le
somigli?”
James
piegò le labbra in un sorriso sghembo. “Dicono
che somiglio a mio padre”.
E
allora fu pervasa dal senso di consapevolezza. Martha
aveva finalmente avuto la risposta che cercava e, come in automatico,
la mano
libera da quella di James corse alla sua pancia e a quella piccola
sporgenza
che ancora non c’era.
“Dovresti
dargli un’altra possibilità. A
papà”,
mormorò il ragazzo ormai mezzo addormentato.
“Joeeeeeeel!”
John
era rimasto praticamente paralizzato sul posto
quando aveva visto l’amico sprofondare di sotto e non era
riuscito a fare
niente per evitarlo.
Sirius, rimasto con gli altri all’inizio del ponte, era corso
immediatamente
nella sua direzione, senza preoccuparsi
dell’instabilità del ponte. Harry fece
per seguirlo, ma il padre glielo impedì trattenendolo per
una spalla.
Solo
quando l’uomo lo ebbe raggiunto, Paciock sembrò
risvegliarsi e subito si inginocchiò per guardare attraverso
le assi crollate.
“Joel!”
esclamò John. Il ragazzo, penzoloni, si
reggeva con entrambe le mani a un’asse di ferro che era
rimasta attaccata ad un
chiodo.
“Grazie
a Merlino!” esclamò Sirius, le guance tutto
d’un colpo tornate del loro colore normale. Ora
però bisognava tirarlo su
perché quell’asse non avrebbe retto ancora a lungo
e, se fosse caduto nel fiume
turbinoso e gelido, non si sarebbe di certo salvato. “Dammi
la mano”, gli gridò
allungandogli il braccio destro.
Il ragazzo staccò la propria, pregando di riuscire a
reggersi con una mano
sola, e la allungò verso il padre. Solo che questi era
troppo in alto e non ci
arrivava. L’uomo provò ad allungarsi oltre il
bordo ma anche lui rischiava di
cadere.
“Prendiamo
la corda!” esclamò John mettendo a terra
lo zaino.
Joel,
però, trattenendo il respiro e raccogliendo il
coraggio, usò la trave di ferro come leva e si diede una
spinta verso sinistra
per riuscire a raggiungere la mano del padre.
L’afferrò al volo e lasciò cadere
l’unico appiglio che aveva e che si staccò
sprofondando di sotto.
Allora anche John si protese per prendergli l’altra mano e,
lui e Sirius,
riuscirono a tirarlo su non senza fatica.
Si ritrovarono tutti e tre stesi sul ponte col fiato grosso e i corpi
che
tremavano, un po’ per la fatica e un po’ per la
paura.
“Andiamocene”,
concluse infine Joel, rialzandosi.
Fecero segno agli altri di muoversi e, con molta più cautela
di prima,
raggiunsero l’altra parte del ponte.
Ted
camminava avanti e indietro per la stanza,
preoccupato e nervoso come forse non lo era mai stato. Emmie, seduta
sulla
poltrona, lo guardava quasi ipnotizzata.
“E
se non tornassero in tempo? E
se non tornassero affatto?”
Victoire
sospirò per l’ennesima volta. L’amico
non
aveva fatto altro che esprimere quelle ipotesi per tutto il giorno e
aveva
cominciato a diventare noioso. Oltretutto non sopportava sentirlo
parlare così.
Non lo sopportava nessuno.
Potevano capire che il ragazzo era un po’ pessimista e che
vedeva sempre il
bicchiere mezzo vuoto, però ora iniziava a superare il
limite. Teddy, dal canto
suo, invece, se la prendeva con gli altri perché credeva che
stessero
sottovalutando la cosa e che non la stessero affrontando nella maniera
giusta.
Però, accidenti… si trattava di James, del suo
migliore amico, di… della
persona a cui voleva più bene al mondo insieme alla sua
famiglia. Praticamente
per lui era quel fratello che non aveva mai avuto.
“Ti
vuoi dare una calmata, Teddy? Stai scavando un
buco nel pavimento”, gli fece notare Vicky, spostandosi una
ciocca di capelli
biondi sfuggita alla treccia.
Il
ragazzo però continuò la sua passeggiata come se
da ciò dipendesse la sua vita.
“Sapete
dov’è Ariel?” chiese la bionda.
“Non
lo so. Forse dai Weasley”, le rispose Emmie,
incrociando le gambe sulla poltrona.
“Uff…
sparisce sempre quando c’è qualche
problema”.
“E’
fatta così”.
Ted
in quel momento la capiva benissimo, anche lui
avrebbe voluto sparire, da un lato. Dall’altro,
però, sentiva la necessità di
stare lì, vicino a James. E poi, lui non era uno che
scappava di fronte ai
problemi.
Vicky,
ad un tratto, si allontanò dalla sua
posizione vicino al camino, si avvicinò al ragazzo e,
presolo per le spalle, lo
spinse verso la sedia più vicina. Non lo mollò
finché non ebbe annegato i
propri occhi in quelli dorati di lui. “Datti una calmata. Mi
stai facendo
venire mal di testa”. Ted restò a guardarla come
un cucciolo ferito. “Gli altri
torneranno presto e James starà bene”. Gli sorrise
dolcemente e il ragazzo si
sentì subito più confortato e le sue spalle si
rilassarono. Victoire gli faceva
sempre quell’effetto, il suo sorriso, le fossette sulle
guance che le
comparivano… quella ragazza aveva un potere su di lui che
nessun altro aveva. “E
adesso resta seduto lì che ti faccio una bella tazza di
tè”.
La bionda si allontanò ancheggiando per raggiungere il
fornello, mentre lo
sguardo di Ted la seguiva come attratto.
Vicky era bellissima, innegabilmente bellissima.
E
tu sei un fottuto licantropo, Ted.
“Hai
fame?”
Joel
quasi sobbalzò sentendo la voce del padre che
gli si era avvicinato da dietro. Doveva stare più attento,
non poteva distrarsi
così.
“No,
sono a posto”.
Sirius
gli si affiancò e rimase accanto a lui a
guardare le stelle che splendevano in cielo. “Quella
è la costellazione di
Orione”, indicò a un certo punto, puntando
l’indice verso un gruppo di stelle.
“Lo
so. Me l’hai insegnato quando ancora non sapevo
parlare”.
“Oh,
allora ho fatto qualcosa di utile”.
Joel
gli lanciò una strana occhiata e poi scoppiò a
ridere, seguito dal padre. “Sì, l’hai
fatto”.
“E
che altro ti ho insegnato?”
“Be’…
mi hai insegnato a volare. Sono più bravo di
James. E di Ariel. Ma lei soffre di vertigini per cui non
vale”.
Sirius
rimase in silenzio. Chissà come era stato per
loro, com’era stata la loro vita, com’era stato
come padre. Non vedeva l’ora di
scoprirlo e non vedeva l’ora di crescere quei ragazzi che,
certo, ne avevano
viste tante, però erano così…
così speciali.
Se una volta gli avessero detto che avrebbe avuto dei figli e che ne
sarebbe
stato felice… non ci avrebbe mai creduto e avrebbe preso per
pazza questa
persona.
“E
a loro cos’ho insegnato”.
Joel
si girò verso il padre e lo guardò con
espressione seria. “Non sono bravo coi sentimentalismi. A
quello ci pensa James”.
L’uomo
sorrise e gli
pose una mano sulla spalla. “D’accordo. Come vuoi.
Meglio se ora dormiamo. Domani
abbiamo ancora strada da fare”.
MILLY’S
SPACE
Sicuramente
vi siete chiesti che fine ha fatto Milly. Non
sono morta, tranquilli. Solo sono stata sommersa dai libri, dalla
scuola e da
tutte le altre cose che mi hanno tenuta parecchio impegnata. Chiedo
scusa.
Spero vi ricordiate ancora di questa storia.
Va
be’, non vi trattengo molto. Lasciatemi qualche
recensione e venitemi a visitare sulla mia pagina Face.
Un
bacione,
M.
PUFFOLA_LILY:
ehehe, piaciuta la scenetta tra JamesRemus e Jolie? Comunque, come hai
potuto
vedere, Joel si è salvato. Eh, mica potevo ucciderlo.
Comunque, scusami per il
ritardo, cercherò di non farlo più succedere.
Spero di risentirti ancora,
chissà se ti ricordi di me e di questa storia ^^ ahaha, un
bacione. M.
|
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Capitolo 48 *** Capitolo quarantasette ***
CAPITOLO
QUARANTASETTE
“Corriiiiii!!!”
“Doveeee???!!”
“Non
lo so, ma corriiiii!!”
Sirius
per poco non cadde in avanti con la faccia
nel fango inciampando nei suoi stessi piedi. Ma non c’era
tempo per cadere; lui
e gli altri erano impegnati in un’autentica maratona con
delle strane creature
che a prima vista sembravano umane, ma non erano umane. Avevano
l’aspetto di
umani, ma a guardarli bene potevano essere solo delle creature oscure
che
popolavano quella dannata foresta pronti ad azzannare chiunque vi si
addentrava. Avevano dei denti affilatissimi, come quelli dei cani, solo
che le
loro erano velenose e bastava solo un morso per farti schiattare
subito. Oltretutto
potevano correre comodamente anche a quattro zampe, il che li rendeva
molto più
veloci. E come se non bastasse in quella parte della foresta non
potevano usare
la magia.
Quindi era una gara di velocità tra loro e quelle
dannatissime creature.
A
un tratto James, rimasto indietro, tirò un urlo e
gli altri lo videro ruzzolare per terra. Uno di quei mostri lo aveva
afferrato
per una gamba e lo trascinava indietro.
“Non
farti mordere!” gli gridò Frank che stava
pensando velocemente a una soluzione.
“Grazie
tante!” ringhiò in risposta l’altro che
scalciava con tutte le sue forze e tentava di aggrapparsi a qualsiasi
cosa per
non farsi trascinare.
In
quel momento, con una sveltezza e prontezza da
maestri, Harry afferrò un grosso pezzo di legno e lo
ficcò tra le fauci della
creatura impedendogli di mordere qualsiasi altra cosa. Poi Joel gli
sferrò un
potente calcio allo stomaco e quello rotolò lontano.
“Grazie,
ragazzi”, fece James, alzandosi in piedi
aiutato da Sirius. “E ora rimettiamoci a correre”.
I
compagni di quello che avevano appena atterrato li
stavano per raggiungere e i loro ringhi e le loro grida inumane si
potevano
udire come se ce li avessero davanti. Erano riusciti a distanziarli per
un po’,
ma adesso stavano per avere la peggio.
Non avrebbero saputo dire quanti fossero, una ventina o trentina,
decisamente
troppi per combatterli tutti anche con la magia.
Corsero
per qualche altro metro, ma poi vennero
bloccati di nuovo e questa volta da un’enorme pozza di fango
che ribolliva come
acqua bollente.
“Sicuramente
non possiamo farci una nuotatina”.
“Ragazzi,
ci stanno per raggiungere. Dobbiamo fare
qualcosa”.
Il
lago era troppo largo per poterlo saltare ed era
anche profondo. Oltretutto, non erano sicuri di uscirne vivi, anche se
provavano a passarci a nuoto.
John fece scorrere lo sguardo sul grosso albero adiacente al lago.
C’era una
corda appesa a uno dei rami e pendeva proprio sopra il liquido
ribollente.
Non era sicuro che l’idea avrebbe funzionato, tuttavia
starsene lì impalati non
sarebbe servito a niente.
Si arrampicò velocemente sull’albero, davanti agli
sguardi attoniti degli
altri, e raggiunse il ramo con la corda. Poi vi si calò e si
dondolò forte per
riuscire a spingersi dall’altra parte. Una volta raggiunta
l’altra sponda,
mollò la corda e la lanciò agli altri.
“Forza,
muovetevi!”
Harry
afferrò la corda e imitò il ragazzo.
Quelle creature però li avevano già raggiunti e
ora dovevano difendersi in qualche
modo.
“Muovetevi!”
urlò Sirius mentre teneva una delle
creatura per il collo e tirava calci a quelli che cercavano di
attaccarlo da
dietro.
Infine, usando tutta la forza che aveva in corpo, sollevò il
suo ostaggio e lo
lanciò contro gli altri atterrandoli come birilli.
Anche Joel e Frank erano già passati e ora toccava solo a
James e Sirius.
“Forza,
Jamie!”
James
avrebbe voluto che fosse stato l’amico a
passare per primo, ma non c’era da discutere in quel momento
perciò si decise a
saltare. Si aggrappò alla liana e, con uno urlo alla Tarzan,
raggiunse anche
lui l’altra sponda.
Frank si batté una mano sulla fronte: era esageratamente
teatrale anche in
quelle situazioni.
Quando
anche Sirius arrivò al sicuro, i sei rimasero
a osservare che cosa avrebbero fatto quei mostri ora. Avevano tagliato
la corda
così che non potessero raggiungerli in quel modo. Un paio di
creature si erano
addentrate nel fango venendone risucchiati quasi subito. Gli altri
perciò non
ci provarono nemmeno. Non erano stupidi. Purtroppo.
“Ragazzi,
andiamocene prima che trovino un modo”.
Non
persero altro tempo e corsero ancora un po’ fino
a che non assunsero un passo sostenuto, ora che non c’era
più la minaccia di
quei cosi. Ma chissà quante altre ne avrebbero incontrate.
“Se
usciamo vivi da questo posto tutti quanti sarà
un miracolo”, disse Frank, passando sotto una grossa foglia
di palma.
“Non
dire idiozie. Ovvio che usciremo tutti vivi”,
lo redarguì Sirius in tono duro. Si erano avventurati in
quella missione per
salvare suo figlio, non aveva intenzione di perdere uno dei suoi
migliori
amici. “E poi potremo anche vantarci”.
James,
che arrancava dietro a tutti col fiato ormai
esaurito, si fermò a un tratto e si dovette appoggiare a un
albero. “Ragazzi,
non ce la faccio più”. Harry fu il primo a
raggiungerlo con sguardo
preoccupato. L’uomo scivolò contro
l’albero e si mise seduto, una gamba piegata
contro il petto. “Stai bene, papà?”
“Sì,
tesoro, sono solo stanco”, gli rispose il
genitori mostrandogli un sorriso rassicurante in risposta alla sua
espressione
terribilmente in ansia.
“Jimmy,
ce la fai?”
“Non
lo so”.
“Sei
ferito? Stai male?”
“Sono
solo troppo vecchio per queste cose”.
Frank
gli passò una bottiglietta d’acqua e
l’amico
se la scolò quasi tutta.
“Siamo
vicini”, sbottò ad un tratto Joel, la mappa
aperta davanti. “Guardate, ci manca da attraversare un altro
ponte e poi
arriveremo alle montagne dove cresce la pianta. Mancano pochi
chilometri”.
Anche John controllò la mappa e dovette constatare che
l’amico aveva ragione.
“Non
è meglio se ci riposiamo un po’?”
Joel
lanciò un’occhiata all’orologio da
polso. “Non
abbiamo tutto questo tempo. JamesRemus non ce l’ha”.
“Allora
è meglio se ci rimettiamo in marcia”,
concluse James rialzandosi, non senza fatica.
“Sei
sicuro, amico?”
“Sicurissimo”.
Nessuno
contestò né disse niente. Non c’era il
tempo
e in ogni caso non era una saggia idea lasciare indietro qualcuno.
Perciò
Sirius si fece passare un braccio dell’amico attorno alle
spalle e lo aiutò a
procedere.
“Non
si può ancora usare la magia qui?”
Frank
tirò fuori la bacchetta e provò a lanciare un
lumos ma non successe niente. “Niente magia”.
“Pensi
che ce la farà?” chiese Emmie rivolta a Jolie
che le stava accanto. Entrambe erano ferme sulla soglia della porta
della
stanza di JamesRemus e osservavano il ragazzo dormire. Il suo petto si
alzava e
si abbassava ma faceva molta fatica a respirare e la sua fronte
scottava
talmente tanto che ci si poteva cuocere un uovo sopra. La ferita poi
doveva
fargli molto male perché aveva un’orribile smorfia
dipinta in viso.
“Sì
che ce la farà. Lui se la cava sempre”, rispose
la rossina senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Doveva farcela,
assolutamente, non c’erano alternative. Non poteva immaginare
un mondo senza
JamesRemus, non era nemmeno concepibile una cosa del genere. Lui era la
spalla
di tutto il loro gruppo, era praticamente l’asse portante. E,
per quanto
facesse fatica ad ammetterlo, anche lei aveva bisogno di lui. Come
avrebbe
fatto altrimenti senza le sue continue battutine, il suo continuo
provarci con
lei, le sue coccole e i suoi strusciamenti. Ci si era affezionata
ormai. E,
soprattutto, chi avrebbe preso a calci se lui non ci fosse stato
più?
“Charlie
e Severus hanno preparato la pozione. Manca
solo il fiore”.
“Già”.
Quel
dannato fiore. Ma quanto ci mettevano suo padre,
suo fratello e gli altri? Sperava solo che non fosse successo qualcosa
a loro. Non
avrebbe sopportato di perdere due persone care in un colpo solo. In
quella
guerra rischiavano sempre di perdere qualcuno e, anzi, loro avevano
già perso
molte persone. Per questo erano tornati in quel tempo, per sistemare le
cose.
“Non
ti preoccupare, Emmie”, disse infine, posando
lo sguardo sulla Tassorosso. “Torneranno tutti sani e salvi e
salveremo James”.
“Certo”,
le sorrise la ragazzina.
James
e John stavano ridendo come due cretini da
quasi venti minuti e si tenevano la pancia per il dolore. Sirius,
invece, li
guardava con uno sguardo assassino, appeso a testa in giù al
ramo di un albero.
Senza accorgersi aveva messo il piede in una trappola e ora
c’era una corda legata
attorno alla sua caviglia che lo teneva prigioniero.
“Smettetela
di ridere e aiutatemi a scendere”.
Ma
per tutta risposta i due scoppiarono a ridere
ancora di più. Soltanto Frank ebbe la prontezza di tirare
fuori un coltello da taschino
per tagliare la corda. Per fortuna non era rinforzata con nessun
incantesimo,
probabilmente serviva solo per rallentare.
Non appena fu libero, Sirius cadde a terra sbattendo la testa.
“Non è
divertente, non è affatto divertente”, si
lamentò reggendosi il capo con le
mani. Ormai stavano ridendo praticamente tutti. Persino Joel.
“Comunque,
ci siamo ormai”, disse quest’ultimo una
volta calmatosi. “Questo è il ponte e
là ci sono le montagne”. Gli altri
guardarono nella direzione dove puntava il suo dito e in lontananza
poterono
vedere le montagne.
Dovettero attraversare solo un paio di cespugli pieni di spine per
raggiungere
il ponte.
“Per
la miseria!” esclamò Frank osservando quel
nuovo ostacolo. Il ponte non era affatto un normale ponte come avevano
sperato,
ma era pieno di quelli che sembravano dei ragni grandi come delle
pantegane e
pelosi.
“Grazie
a Merlino Ron non è qui”, commentò
Harry,
gli occhi puntati sul ponte.
“Come
facciamo ad attraversarlo?”
“Sembra
che stiano dormendo”, osservò Joel.
“Dobbiamo
riuscire a passare senza svegliarli. Basta non toccarli. Saranno pieni
di
veleno o qualcosa di simile”.
“Passare
senza svegliarli. È una parola”.
“Non
ci sono alternative e non abbiamo tempo da
perdere”.
Come
al solito fu Joel il primo ad avventurarsi,
seguito da John e subito dopo da Harry, mentre i tre uomini si
aggregavano a
turno. Dovettero andare molto piano, stando ben attenti a dove
mettevano i
piedi.
Arrivati a metà, però, Sirius esclamò:
“Oh cazzo!”
“Che
c’è?”
“Credo
di averne appena svegliato uno”.
“Cosa?”
Il
ragno che Sirius aveva appena superato, si girò
verso i sei intrusi allungando le sue orride zampe pelose. Aveva degli
enormi
occhi gialli, otto enormi occhi gialli, e non era affatto un bello
spettacolo. E
non solo, ma aveva anche un’orribile lingua serpentina che
faceva ondeggiare
dentro e fuori. Anche gli altri a poco a poco iniziarono a svegliarsi.
“Correteeeee!”
gridò Frank puntando dritto.
“Si
può sapere perché sei sempre tu a fare i
casini?”
fece James partendo in quarta dietro gli altri. Ormai non si
preoccupavano più
di fare attenzione a non svegliare i ragni, visto che erano
già svegli e
cercavano di afferrarli.
Joel
raggiunse per primo la fine del ponte ma vide
che i ragni si stavano muovendo nella sua direzione. Allora fece la
prima cosa
che gli venne in mente e tirò fuori la bacchetta, anche se
non era sicuro che
avrebbe funzionato. Lanciò un potentissimo Petrificus
Totalus riuscendo a
bloccarli tutti. I ragni rimasero immobili in posizioni assurde,
permettendo
agli altri di passare.
“Grande,
figliolo!”
“Sì,
ma non sono sicuro di quanto reggerà. Questo dura
di meno del normale Petrificus Totalus”.
“Non
importa. Ci penseremo”.
“Sono
queste le montagne?” chiese John, la testa
piegata verso l’alto.
“Credo
di sì”.
“Ammazza,
se sono alte”.
Quelle
montagne erano imponenti e come se non
bastasse non sembravano esserci abbastanza appigli.
“E
il fiore è la in cima?”
“Già”.
MILLY’S
SPACE
Eccomi
tornata. Lo so, è da un pezzo che non aggiorno, ma
sono stata presa con gli esami fino al due di luglio e poi ho avuto
altre cose
da sistemare e quindi solo ora riesco ad aggiornare. Spero vi
ricordiate ancora
di questa storia.
Non
vi trattengo molto, anche perché è tardissimo.
Ricordatevi
di lasciarmi un commento e di venirmi a visitare nella mia pagina
facebook,
Milly’s Space.
Grazie,
bacioni.
M
FEDE15498:
ehi : ) grazie mille per la recensione, oddio, è passato un
secolo ^^ spero ti
ricordi ancora di me xD ti è piaciuto questo capitolo? Cosa
ne pensi. Ti chiedo
scusa per il ritardo nell’aggiornare. Un bacione, Milly.
PUFFOLA_LILY:
come
si fa a non amare i personaggi di Ino ^^ sono tutti troppo fantastici e
io non
li rendo abbastanza giustizia. Spero di risentirti anche dopo tutto
questo
tempo. Un abbraccio, M.
|
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Capitolo 49 *** Capitolo quarantotto ***
CAPITOLO
QUARANTOTTO
Avrebbe
dato qualsiasi cosa per poter lanciare un
semplice incantesimo e farsi portare in cima in un battibaleno,
pensò James
mentre con un sospiro di fatica metteva il piede nel prossimo appiglio.
Quello era
il pensiero che accomunava più o meno le menti di tutti dal
momento in cui si
erano avventurati in quella dannata spedizione. Potevano usare la
magia, certo,
ma solo incantesimi basilari e solo per poco tempo, non
sufficientemente utile
per superare quell’ultimo ostacolo. Era la solita fregatura.
Così si erano
dovuti arrangiare come i babbani quando scalano una montagna, legandosi
la
corda attorno alla vita e procedendo in salita, lentamente e a fatica.
Mancavano
pochi metri, solo pochi metri li separava
dal fiore magico che avrebbe salvato la vita a JamesRemus.
Ce l’avrebbero fatta, sarebbero tornati a casa tutti sani e
salvi.
Ma,
non appena salirono di un altro po’, John
perse la presa sullo spigolo e si trovò a
volteggiare nel vuoto, con solo la corda che lo sosteneva. Il ragazzo
lasciò
andare un grido e allungò un braccio per recuperare il
costone di roccia. Fu inutile.
Si
dondolò un altro po’ ma anche quel tentativo non
ebbe successo.
“John,
riesci a darmi la mano?” gli chiese Frank
porgendogli la mano affinché il figlio riuscisse a
raggiungerla. Ma anche
quella era troppo lontana. Il ragazzo imprecò sottovoce.
Come aveva fatto a
essere così maldestro?
Guardò
in alto, poi in basso e fu colpito dalle
vertigini. Il pensiero che ci fosse soltanto quel pezzo di corda legato
attorno
alla sua vita a separarlo dalla voragine che si apriva sotto di lui gli
metteva
i brividi.
“Ragazzi,
la corda non reggerà ancora a lungo”, fece
notare Sirius guardando il pezzo di fune sotto di lui che iniziava a
strapparsi. “Così rischiamo di precipitare tutti
quanti”.
“Lo
avevo detto io che non era una buona idea
legarci tutti insieme”, commentò James.
John
si dondolò ancora, questa volta più forte, ma
tutto ciò che ottenne fu di far rischiare anche agli altri
di perdere la presa.
“Dobbiamo
trovare una soluzione”, disse Frank, il
volto pallido e sfigurato per la fatica. “E al più
presto”.
Il
giovane Paciock afferrò la corda con entrambe le
mani e chiuse gli occhi in un’espressione rassegnata. Una
soluzione c’era e lui
sapeva qual era. Non gli piaceva, non avrebbe mai voluto ricorrerci ma
non c’erano
alternative. Non poteva rischiare di far morire tutti quanti e non
poteva
nemmeno rallentare il passo.
Meglio uno che tutti, no?
Joel,
sull’altro lato del costone, lo guardava con
occhi enormi e spaventati. Aveva capito cosa l’amico voleva
fare, capiva
sempre.
“John,
no. Non pensarci neanche”.
“Devo
farlo”.
“Fare
che cosa?” si intromise Frank, gli occhi fissi
sul figlio.
Il
ragazzo alzò lo sguardo sul padre e gli sorrise.
“Ti
voglio bene, papà”.
Poi
estrasse un coltello dalla tasca e, ignorando un’altra
protesta da parte di Joel, fece quel gesto che aveva visto fare in uno
dei film
babbani che gli aveva fatto vedere Emmie: tagliò la corda
poco sopra la sua
testa.
Gli
altri non ebbero il tempo di sbattere le
palpebre, di reagire in alcun modo. Restarono a fissare il corpo di
John che
precipitava quasi al rallentatore, le braccia che si protendevano verso
l’alto,
in silenzio. Non un suono era uscito dalla sua bocca e quel sorriso
sulle
labbra non lo aveva ancora abbandonato.
Sembrava che tutto si fosse bloccato, persino il vento.
Il mondo aveva smesso di girare.
James
doveva vivere a tutti i costi, si ripeteva
Jolie. Ma a che serviva continuare a ripeterselo? Non lo avrebbe certo
trattenuto lì col potere delle parole, non funzionava
così, nemmeno nel loro
mondo. Le cose non erano mai così semplici, con tutta la
magia e tutte le
pozioni che possedevano le cose non erano mai semplici.
L’amico
era ancora vivo grazie soltanto alla sua
forza di volontà, ma si teneva legato al filo della vita con
i denti.
E oltre alla preoccupazione per lui c’era anche quella per
suo padre e suo
fratello, per Sirius, Frank, Joel e John che ancora non erano tornati.
Poteva essere
successo qualcosa anche a loro. Magari erano tutti morti o rapiti o
torturati.
Cercava di evitare quei pensieri ma venivano a tartassarla sempre
più spesso
man mano che passavano le ore e il tempo di James si accorciava.
Che
cosa avrebbe fatto lei se tutto fosse andato
storto? Se gli altri non fossero tornati col fiore e JamesRemus fosse
morto? Erano
tornati indietro nel tempo allo scopo di salvare Harry e avere una
speranza di
sconfiggere Voldemort invece avevano incasinato tutto ancora di
più, mandando
Il Ragazzo Che è Sopravvissuto in un’impresa
suicida.
Si
asciugò una lacrima che le era spuntata sul bordo
degli occhi e tirò su col naso. Poi abbassò lo
sguardo su James che dormiva
profondamente. Gli appoggiò una mano sulla fronte solo per
constatare che
scottava ancora come una fornace. La febbre lo stava divorando.
Gli strinse una mano tra le sue e cercò di infondersi
speranza. Ma non era lei
quella speranzosa del gruppo, non era lei quella ottimista. John e
JamesRemus
lo erano.
“Lie”,
sentì mugugnare sotto di lei. Il giovane
Black si era svegliato e stava sbattendo le palpebre per riuscire a
inquadrarla. “Lie”.
“Dimmi,
Jamie. Sono qui”.
“Lie”.
Il ragazzo non sembrava essere molto in sé.
Jolie gli strinse più forte la mano per fargli sentire la
sua presenza e
cercare di rassicurarlo almeno un po’. Aveva di nuovo chiuso
gli occhi
probabilmente riaddormentandosi.
Ma un altro mugugno le fece capire che non era così.
“Eres hermosissima, Lie.
Eres hermosissima”, mugugnò sottovoce.
“Come?
Non ho capito”.
“Te
quiero. Te quiero mucho”.
La
ragazza sospirò e gli posò la mano sul letto. Le
sembrava che dicesse cose senza senso, probabilmente delirava a causa
della
febbre.
“Andrà
tutto bene, Jamie. Andrà tutto bene”.
Ma
non ci credeva nemmeno lei. Niente sarebbe andato
bene.
Ariel
si staccò dallo stipite della porta e si
allontanò dalla stanza di JamesRemus con le mani in tasca.
Aveva voglia di spaccare qualcosa. E aveva voglia di piangere,
soprattutto di
piangere benché lo detestasse. Avrebbe voluto prendere a
pugni Jolie perché lei
non capiva, lei non capiva le parole che lui le diceva e non le avrebbe
mai
capite. Non capiva che il sentimento che James provava per lei era sincero e che lui
sarebbe andato anche in
capo al mondo se lei glielo avesse chiesto. Odiava Jolie, la odiava
perché non
era mai stata in grado di dimostrare nemmeno un briciolo di affetto per
James,
aveva saputo prenderlo solo a pugni. Lei non meritava il suo amore.
Eppure lo
riceveva lo stesso. E lui non pretendeva nulla in cambio.
Ma soprattutto la odiava perché era l’unica che
aveva il coraggio di stare al
suo capezzale.
Entrò
nel salotto vuoto e si sedette per terra
vicino alla finestra con la chitarra in mano. Non aveva voglia di
suonarla,
voleva soltanto tenerla perché la faceva sentire al sicuro.
Ma non c’era più
alcun angolo che fosse sicuro, non dalla morte almeno.
“Ariel!”
si sentì chiamare. Dalla porta Ninfadora
Tonks la guardava con la testa reclinata da un lato, negli occhi una
strana
luce. “Che ci fai qui?” le chiese. La ragazza fece
spallucce.
“Perché
non sei da tuo fratello?”
“C’è
Jolie”.
Tonks
entrò nella stanza e si sedette sul divano
continuando a guardare la bionda che, dal canto suo, continuava a
tenere gli
occhi fissi su una macchia del pavimento.
“Gli
altri torneranno presto”.
“Ancora
ci credi?”
Non
avevano fatto altro che ripeterlo in quegli
ultimi giorni e si era stancata di sentire sempre quelle parole. Ormai
avevano
perso qualsiasi significato.
“Perché
non dovrebbe essere così?”
Forse
perché se fosse così sarebbero già
tornati da
un pezzo, pensò la ragazza ma non lo disse. Non disse niente.
Non voleva più parlare, non voleva più nemmeno
spostarsi da lì e voleva che
Tonks la lasciasse in pace. Odiava anche lei in quel momento.
“Non
posso perdere mio fratello”, disse a bassa voce
tanto che si sentì soltanto lei.
L’aria
era incredibilmente silenziosa. C’era solo
silenzio. E immobilità. Nulla si muoveva, nulla faceva
rumore. Persino loro
sembrava che avessero smesso di respirare.
Ma la montagna era ancora lì, dura e ripida, non si era
spostata, non si era
accorciata e il fiore faceva bella mostra di sé con i suoi
petali colorati e
sembrava quasi che li stesse deridendo. Eppure Frank non sentiva niente
di
tutto questo, non percepiva nulla. Gli sembrava di star vivendo una
vita che
non era sua, di essere in un corpo che non era il suo, come in un
sogno. In un
incubo.
Era diventato insensibile.
“Dobbiamo
proseguire”, ordinò Sirius riprendendo la
scalata. Gli altri lo seguirono senza protestare, senza dire nulla.
In fondo, non c’era nulla da dire. Nulla.
L’immagine di John che precipitava nel vuoto era scolpita
nelle loro retine con
colori indelebili e non se ne sarebbe andata via mai più.
Sirius
fu il primo a raggiungere la cima, con un
sospiro e un gemito di fatica. Tastò con le mani la terra e
quasi la baciò
contento di essere finalmente al sicuro, più o meno, e
aiutò gli altri a
raggiungerlo.
Quando furono tutti al traguardo, rimasero a guardare il fiore a pochi
passi da
loro, ma senza avere il coraggio di toccarlo. Sembrava che avessero
davanti un
Dio o qualcosa di simile.
Finalmente Joel si decise ad allungare la mano e a raccogliere la
pianta, con
molta cautela, come se temesse che lo potesse mordere. Nulla di tutto
questo. Si
trattava di un semplice e banalissimo fiore.
“Tutto
qui? Tutto questo per un dannato fiore?”
sbottò Frank, troppo ansimante e stanco per urlare. James
gli poggiò una mano
sulla spalla cercando di dargli conforto, per quanto potesse aiutarlo.
Avevano superato
tutti gli ostacoli, avevano vinto ma non c’era ancora tempo
per la rabbia e il
dolore. E lui non voleva pensarci.
John
aprì gli occhi lentamente e si portò una mano
alla testa doveva aveva sbattuto. Il raggi del sole però lo
accecarono facendogli
quasi venire la nausea e fu costretto a richiuderli di nuovo. Allora
cercò di
controllare le altre parti del corpo, mosse le gambe e le braccia e
tutto il
resto e si sentì sollevato nel constatare che non aveva
nulla di rotto e che
poteva ancora muoversi.
Soltanto dopo lasciò che la mente analizzasse che
cos’era successo.
Aveva tagliato lo corda, lo aveva fatto per davvero. Ed era stato
semplice,
banale, scontato. Ma lui era fatto così, gli piacevano le
cose semplici ma in
grado di sorprendere. O, come in quel caso, di salvare la vita a
qualcun altro.
E non ci aveva pensato due volte. C’era di mezzo anche la sua
vanità, certo, il
pensiero che sarebbe morto da eroe, ma tutto sommato era contento di
essere
vivo.
Era
vivo. Non morto. Vivo.
E
allora scoppiò a
ridere. Rise finché non gli fece male la mascella, rise
finché non gli venne da
soffocare.
MILLY’S
SPACE
Hola!
Vi ricordate ancora di questa fanfic (probabilmente
no visto la mancanza di recensioni, ma è comprensibile ^^)?
Lo
so, non mi faccio viva da un sacco e probabilmente vi
starete chiedendo con quale coraggio io ricompaio qui dopo tutto questo
tempo e
con questo capitolo che è veramente una merdina. Ma che
posso dire? Non mi
piace lasciare le cose in sospeso e a questa storia ci tengo,
perciò io non
mollo, che voi lo vogliate o no.
Mi
sto rendendo conto che sto veramente tirando per le
lunghe questa parte della missione per salvare la vita a James ma a
volte non
ho il controllo dei miei personaggi ^^ No, comunque col prossimo
capitolo si
concluderà. E potrebbe anche arrivare presto, il prossimo
capitolo intendo.
Va
be’, basta con le chiacchiere. Spero di poter leggere
qualche recensione questa volta, lo spero davvero, potete anche
insultarmi, eh.
Nel frattempo io sarò emigrata in Messico a prendere il sole
e fumare
marijuana.
Besos.
Milly.
|
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Capitolo 50 *** Capitolo quarantanove ***
CAPITOLO
QUARANTANOVE
Scendere
era stato dannatamente più facile che
salire e anche più rapido. Ma è sempre
così.
Fecero la strada del ritorno in completo silenzio, nessuno
osò dire una parola
e cercarono anche di scacciare qualsiasi pensiero dalla testa, o
quantomeno,
cercarono di non proferirli ad alta voce perché non sarebbe
stato di aiuto a
nessuno.
Joel
non faceva che pensare a quello che sarebbe
successo dopo, una volta che la calma fosse stata ristabilita
concedendo loro
il tempo di metabolizzare le cose. Non sarebbe stato piacevole, per
niente.
Come avrebbe fatto a dare la notizia? A dirlo agli altri, a Emmie e a
Charlie
soprattutto? Per salvare la vita di suo fratello ne avevano perso
un’altra
altrettanto preziosa e sicuramente sarebbe stato costretto a raccontare
com’erano
andate le cose almeno un centinaio di volte. Certo, lui poteva anche
apparire
freddo e insensibile, ma soffriva, soffriva come tutti gli altri.
Frank
continuava a ricacciare indietro le lacrime. Non
era quello il momento di mettersi a piangere, doveva pensare a scendere
e a conservare
la mente lucida, quantomeno per non rischiare la vita dei suoi amici.
Non avrebbe
potuto sopportare di perdere qualcun altro quel giorno.
Che cosa avrebbe detto ad Alice?
Già se la immaginava… e Neville?
No, no, doveva smetterla!
Finalmente
i loro piedi toccarono terra e i cinque
ringraziarono Merlino per essere riusciti ad arrivare sani e salvi. Si
guardarono di sottecchi come per constatare che stessero tutti bene o
come per
leggersi nella mente e cercare di capire quale sarebbe stato il primo a
crollare.
Ma prima che qualcuno potesse esprimersi in qualche modo, dare voce
alla
sofferenza di tutti quanti, Joel si voltò dalla parte
opposta e spalancò gli
occhi. Il suo braccio si mosse quasi automaticamente e
l’indice si allungò a
indicare una figura in piedi di fronte a loro.
John
faceva bella mostra di sé in tutto il suo
splendore. Certo, era piuttosto sporco e sudati, perdeva un
po’ di sangue dalla
fronte, ma sembrava essere assolutamente vivo e vegeto.
Gli sguardi degli altri seguirono il braccio del giovane Black e la
reazione fu
unanime: sorpresa, incredulità, speranza…
sollievo.
“Ciao,
ragazzi. Ce ne avete messo di tempo”, esalò
John con un sorriso storto. “Scusate se vi ho fatti
preoccupare, ma…”.
Le
parole gli rimasero incastrate in gola perché
improvvisamente si era sentito schiacciare i polmoni. Frank si era
buttato in
ginocchio e lo aveva stretto in un abbraccio quasi mortale.
“Non farlo mai più,
brutto coglione. Non farlo mai più”.
Ci
volle più di qualche parola di consolazione per
riuscire a far staccare Frank e alla fine, quando tutti quanti ebbero
tirato un
sospiro di sollievo, si informarono per sapere come avesse fatto John a
sopravvivere.
“Ho
puntato la bacchetta e ho attutito la caduta con
un incantesimo. Non pensavo che avrebbe funzionato perché la
magia qui non
funziona. E invece ha funzionato. Non so se sia stato un colpo di
fortuna o un
miracolo”.
Joel
avrebbe scommesso nella fortuna perché, dopo
tutti questi anni che aveva trascorso con l’amico, sapeva che
godeva di una
fortuna incredibile e si salvava sempre per botta di culo.
Ma in quel momento non importava a nessuno.
Importava solo che lui fosse vivo.
“E
ora andiamo a salvare Jamie. Abbiamo perso fin
troppo tempo”.
Jolie
si era addormentata al capezzale di JamesRemus
e la mano che aveva tenuto stretta quel del ragazzo era sudaticcia. La
sfilò e
la strofinò contro le lenzuola per asciugarla quando
sentì dei rumori e uno
strano tramestio provenire dal salotto.
I
sei che erano andati in spedizione si erano
materializzati nell’ingresso di Grimmauld Place insieme a
Piton che reggeva in
mano la pozione che avrebbe dovuto salvare la vita a James. Finalmente
anche l’ultimo
ingrediente era stato messo e ora bisognava solo augurarsi che
funzionasse e
che non fosse troppo tardi.
Ad
accoglierli ci pensarono Lily e Tonks che, non
appena sentiti gli schiocchi delle materializzazioni, scattarono in
piedi e si
rallegrarono nel vederli.
“Avete
la pozione?”
“Sì,
è pronta”.
“Forza!
Sbrigatevi!”
Non
appena Jolie vide quella folla di persone
precipitarsi nella stanza, si spostò subito dal letto
capendo che il momento
era arrivato.
Il petto di JamesRemus si sollevava ancora, anche se debolmente, ed era
pallido
come un morto. Lasciarono che fosse Piton a dargli
l’antidoto, il quale si
inginocchiò accanto al letto e gliela mise in bocca con un
contagocce,
aiutandolo a deglutire.
Mentre lui svuotava la fiala, gli altri aspettavano con trepidazione.
Il
professore gli prese il polso per cercare il
battito. Non soddisfatto gli appoggiò un orecchio sulla
bocca per sentire se
respirava.
Poi si voltò verso gli altri e lo sguardo che fece non
lasciò spazio a dubbi:
Lily e Tonks si portarono le mani al viso scoppiando in singhiozzi e
John
crollò in ginocchio. Sirius rimase semplicemente raggelato,
così come gli
altri.
“No!”
si sentì urlare. Ci volle qualche secondo per
capire che quel suono straziante proveniva da Jolie. “No!
No!”
La
ragazza spinse da parte Piton piuttosto
bruscamente e si lanciò sul corpo di JamesRemus scuotendolo
per le spalle. “Jamie,
svegliati! Svegliati!” gli urlava, le lacrime che scendevano
copiose dalle sue
guance. Piton cercò di spostarla, di spingerla via ma la
ragazza sembrava aver
acquistato una forza che prima non aveva perché lo respinse
via ogni volta e si
aggrappò ancora di più all’amico
abbracciandogli il petto. “Svegliati, testa di
cazzo o giuro che ti prendo a calci nelle palle”.
Non poteva essere morto, non poteva! Come avrebbe fatto lei? Come
avrebbero fatto
tutti quanti gli altri? Come avrebbe fatto il mondo senza JamesRemus?
Il suo corpo era ancora caldo e ancora riusciva a sentire quel dolce
profumo di
miele che emanava… non c’era un senso in tutto
quello, non c’era. Il tempo
doveva fermarsi, il mondo doveva smettere di girare…
Si
sollevò sopra il suo viso e gli poggiò un bacio
sulle labbra. Anche quelle erano ancora calde e se si fosse staccata
sapeva che
sarebbe dovuta tornare alla realtà e affrontare…
tutto il resto. Perciò indugiò
e avrebbe voluto restare a indugiare lì per sempre. Ma
sentì una mano premerla
contro la nuca e una lingua morbida sfiorare la sua.
Quando capì che cosa era successo, si staccò di
colpo e restò a fissare
JamesRemus che ricambiava il suo sguardo con un sorriso sornione.
“Wow!
Vedrò di rischiare la vita altre volte”, disse
lui, beffardo. Udì lo schiaffo ancora prima di vedere la
sberla che Jolie gli
aveva rifilato.
“Non
farlo mai più! Guai a te se muori di nuovo!”
Teddy
se ne stava appoggiato al davanzale della
finestra ad ammirare il giardino innevato che gli si presentava davanti
agli
occhi.
Si sentiva spossato, la luna piena era vicina, ma era felice. O
quantomeno, in
pace. Avevano salvato la vita a Harry, a James, avevano fatto quello
che
dovevano fare e forse per un po’ sarebbero potuti stare
tranquilli. Ne
dubitava, ma ci sperava.
“Tutto
bene quel che finisce bene”, udì una voce
melodiosa dietro di lui. Non aveva bisogno di girarsi per constatare
che si
trattava di Vicky. La ragazza si fermò accanto a lui e lo
guardò dolcemente.
“Buon
Natale, Vicky”, le disse il ragazzo
spostandole una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro
l’orecchio.
Era
già Natale, pensò la piccola Weasley. In quei
giorni non avevano avuto né il tempo né la voglia
di pensarci. Ormai le
festività erano diventate solo un’abitudine per
tutti loro e a ricordarglielo
ci pensava sempre nonna Molly che diffondeva profumo di dolci per tutta
la casa
e distribuiva regali.
“Buon
Natale, Teddy”, ricambiò lei, spostando lo
sguardo alla finestra. Restarono lì per qualche tempo, in
silenzio, lanciandosi
occhiate di sottecchi quando erano sicuro che l’altro non
guardava.
“Buon
Natale, Teddy”, ripeté Victoire, questa volta
lasciando un bacio appena accennato sulla guancia del ragazzo. Poi
trotterellò
giù per le scale, fuggendo via.
Teddy non poté fare altro che portarsi una mano alla guancia
e a sospirare.
Ariel
lasciò andare l’accordo finale di chitarra e
alzò lo sguardo sul fratello maggiore seduto sulla poltrona
con gli occhi
chiusi, anche se non stava dormendo. Si sentiva ancora debole e stanco,
ma si
stava riprendendo e questo era ciò che contava. Il dottor
Clark era venuto a
visitarlo un paio di volte e aveva detto che era fuori pericolo. Ma
adesso
avrebbero dovuto fare molta più attenzione agli incantesimi
che lanciavano i
Mangiamorte perché a quanto sembrava si stavano addestrando
bene tra le file di
Voldemort.
“Jamie?”
lo chiamò la sorella.
“Hmm?”
“Dovremmo
scrivere una nuova canzone”.
“Sì,
lo dovremmo proprio fare”.
“Spero
che lo faremo presto”.
“Assolutamente
sì”.
In
quel momento vennero interrotti dall’arrivo di
John, Emmie e Charlie che sembravano discutere animatamente di
qualcosa. Ma si
interruppero non appena li videro.
“Come
procede?” chiese John, buttandosi sulla
poltrona di fronte a quella di James.
“Tutto
bene. Voi?”
“A
posto”.
Poi
vennero raggiunti anche da Joel, Teddy, Vicky e
Jolie che si sparpagliarono per il salotto, chi seduto, chi in piedi.
Restarono
in silenzio per un po’, ognuno a riflettere per conto
proprio, poi Ariel
sbottò:
“Adesso
che si fa?”
Tutti
i volti si spostarono su JamesRemus come se
fossero tutti in attesa dei suoi ordini. Era sempre così,
James era il leader
dopotutto, anche se non si era mai discusso della cosa. Ma veniva
spontaneo,
affidarsi a lui.
“Adesso
la nostra missione è terminata”, disse il
maggiore dei Black. “Perciò direi che ce ne
possiamo andare”.
“E
lasciamo tutto così? Salutiamo gli altri e
semplicemente ce ne andiamo?” chiese John, il tono che
lasciava intendere che
non era affatto d’accordo. “Lo sai che gli altri
non ci lasceranno andare così
facilmente”.
James
lanciò un’occhiata al fratello, il quale
annuì
tormentando il braccialetto di cuoio che teneva al polso.
“Ho
portato questa!” esclamò il moro, estraendo
dalla tasca una piccola fiala contenente del liquido azzurrognolo.
“Una goccia
basterà per far dimenticare a tutti la nostra
esistenza”.
“Vuoi
farli dimenticare? E funzionerà?”
“Certo.
La pozione agirà solo sui ricordi in cui ci
siamo noi, modificandoli ma senza lasciare spazi vuoti”.
Il
ragazzo fece scorrere lo sguardo sui suoi amici
per vedere chi avrebbe protestato; nessuno aprì bocca.
“Allora,
siete pronti?”
“Prontissimi!”
lo affiancò Jolie alzandosi in piedi
e James le sorrise.
Sirius
entrò nel salotto e si sedette sul divano. Da
un paio di settimane si sentiva strano, un po’ malinconico e
nostalgico, come
se gli mancasse qualcosa ma non riusciva a capire che cosa. Ma non
stette a
pensarci più di tanto, probabilmente era solo uno strano
influsso causato dal
tempo grigio che c’era in quei giorni.
Doveva sentirsi felice piuttosto. Di recente erano successe molte cose
belle,
meravigliose. James e Lily non erano morti e così aveva di
nuovo accanto a sé i
suoi migliori amici, tutti quanti; aveva persino ritrovato
l’amore della sua
vita che stava per dargli un figlio. Che cos’altro poteva
chiedere? Certo,
avrebbe preferito che non ci fosse la minaccia di Voldemort, che non
fossero
nel bel mezzo di una guerra che anche il suo primogenito avrebbe
conosciuto,
però era certo che l’avrebbero fermato, come
già avevano fatto in passato.
Sospirò
e restò ad ascoltare i rumori nella casa, ma
non ce n’erano. Grimmauld Place era decisamente troppo grande
e troppo
silenziosa. Voleva un po’ di chiasso, gli mancava il chiasso.
E perciò sperava
che quel bambino si portasse un bel po’ di baccano e
chissà, magari anche
altri. Non gli sarebbe dispiaciuto avere una squadra di Quiddicth che
correva
in girò per casa.
Aveva
proposto diverse volte a Martha di
trasferirsi, andare a vivere da un’altra parte
perché quel posto gli ricordava
troppe cose brutte della sua infanzia, però a lei piaceva.
Come facesse a
piacerle un posto cupo e macabro come quello lui non ne aveva idea,
però lei
era il suo raggio di sole e con lei tutto diventava più
bello.
Un
oggetto poggiato sul pensile attirò la sua
attenzione. Si avvicinò per analizzarlo da vicino: era un
braccialetto di cuoio
marrone, senza decorazioni. Restò a osservarlo incuriosito,
chiedendosi di chi potesse
essere perché non lo aveva mai visto prima d’ora.
E mentre se lo rigirava tra
le dita, il suo olfatto di Animagus percepì un odore molto
familiare.
Mah…
forse lo aveva lasciato qualcuno dei Weasley.
Lo
rimise sul pensile e
si allontanò.
MILLY’S
SPACE
E
rieccomi, dopo tanto tempo, con questa fanfiction. Di cui
a quanto pare vi siete dimenticati : (
Per
favore, lasciatemi qualche recensione. So che non
posso costringervi, ma davvero mi farebbe molto piacere e mi
stimolerebbe anche
ad aggiornare più in fretta. Sempre se vi va di continuare a
leggere questa
storia.
Io per ora la continuo per piacere mio, ma fatemi sapere anche voi se
ne vale
la pena.
Comunque
sia, ringrazio i lettori silenziosi che
continuano a seguirmi nonostante i miei ritardi.
Un
bacione a tutti e buona Pasqua.
Milly.
|
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Capitolo 51 *** Capitolo cinquanta ***
CAPITOLO
CINQUANTA
SETTE
ANNI DOPO
“Tocca
a te, tocca a te!” urlarono i bambini in
coro.
John
sospirò e abbassò le braccia lungo i fianchi
leggermente scocciato. Toccava a lui mettersi contro il muro e contare
questa
volta. Ma in fondo non gli importava, l’importante era che si
giocasse.
“D’accordo”.
Il biondino cominciò a dirigersi verso
l’angolo, mentre gli altri iniziavano a ridacchiare al
pensiero di dove si
sarebbero nascosti.
“Uno,
due, tre…”, iniziò il piccolo Paciock,
ascoltando gli altri che correvano qua e là, il viso ben
nascosto tra le mani.
James e Ted si nascosero sotto al letto – per qualche strano
motivo dovevano
sempre fare squadra – Emmie dentro la doccia, Jolie nel vano
dell’armadio, Joel
si arrampicò sopra e Ariel trovò il primo rifugio
libero dietro la porta del
salotto.
Quando John ebbe finito di contare, si guardò un
po’ attorno e poi si mise alla
ricerca dei suoi amici. Prima guardò nei posti in cui si
erano nascosti prima
e, non trovandoli tornò in corridoio scoprendo che Ted,
James e Jolie erano già
usciti allo scoperto e si erano salvati.
“Uffa!”
sbottò il ragazzino guardando storto gli
altri tre.
“E’
così che funziona il gioco. Adesso devi trovare
gli altri”, gli disse James gongolando.
John
andò in salotto e lì, subito dietro la porta,
notò una maglietta gialla che attirò la sua
attenzione. Spiò attraverso la fessura
e sorrise malandrino. “Ariel! Ti ho trovata”.
Cominciò a correre di nuovo verso
il corridoio, con Ariel che lo inseguiva per arrivare prima.
“Un,
due, tre per Ariel!”
Ariel
si bloccò in mezzo al corridoio, sporse il
labbro inferiore in fuori in un broncio molto contrariato e strinse le
mani a
pugno.
“Non
è giusto però!” gridò.
“Cosa
non è giusto?” chiese John confuso.
“Tu
imbrogli. Hai guardato dove mi sono nascosta”.
“Non
è vero. Io non imbroglio”.
A
quel punto, attirati dalle urla, anche Joel e Emmie
si aggiunsero agli altri per assistere alla disputa. Non era la prima
volta che
Ariel e John si mettevano a litigare per delle sciocchezze.
“Sì,
invece!”
“No!”
“Sì!”
“No!”
A
quel punto JamesRemus decise di intromettersi.
Quando i due si impuntavano avrebbero potuto continuare anche per
l’intera
giornata; Ariel era testarda come un mulo e John detestava essere
accusato di
imbrogli. E questo sia James che gli altri lo sapevano bene. John
poteva essere
qualsiasi cosa ma sicuramente non era un imbroglione e non ingannava
mai.
“Ragazzi,
smettetela. Chi se ne frega. È solo un
gioco”.
Ariel
lo fulminò con lo sguardo. “Non è solo
un
gioco. E lui non deve guardare”. A quel punto la bambina era
sull’orlo delle
lacrime per la stizza, mentre John la guardava tra
l’incredulo e l’arrabbiato.
E
proprio nel momento in cui sembrava che si
sarebbero messi le mani addosso, arrivò Tonks, attirata
anche lei da quelle
grida.
“Ragazzi,
si può sapere che cosa sta succedendo?”
“Ariel
e John stanno litigando”, la informò Emmie
onesta come sempre, le mani dietro la schiena.
“E’
stata lei a iniziare”, disse John puntando il
dito contro la bimba bionda di fronte a lui che tirava su col naso.
“Non
mi interessa chi ha iniziato. Smettetela di
fare i capricci e giocate come si deve. I grandi hanno cose importanti
di cui
parlare di sotto e se voi fate tutto questo baccano non riescono a
concentrarsi”.
“D’accordo,
scusa”, fece John abbassando lo sguardo.
“Scusa”.
Tonks
si abbassò per dare un buffetto a entrambi i
bimbi e poi si allontanò con un sorriso. Non appena
scomparve, Teddy si sedette
per terra a gambe incrociate, tracciando con le dita le linee del
tappeto.
“I
grandi devono sempre parlare di cose serie”,
mormorò.
“Sono
fatti così”, gli disse James sedendosi accanto
a lui. “E poi lo sai cosa sta succedendo”.
“Lord
Voldemort che ammazza tutti!” esclamò Ariel.
“Non
dire il suo nome”, la ammonì Emmie, gli occhi
color castagna che la guardavano pieni di rimprovero.
“E’
solo uno stupido nome”.
“Perché
non torniamo a giocare?” li interruppe John
allora.
“D’accordo.
Però non voglio più giocare a
nascondino”.
“E
cosa vuoi fare allora, Lie?”
“Mosca
cieca!”
“Quindi
pensate che il prossimo obiettivo di Voi
Sapete Chi sarà questo palazzo?” chiese Kingsley,
puntando un dito sulla
cartina di Londra che avevano davanti.
“Se
sta seguendo uno schema allora probabilmente
sì”, disse Remus.
“Ma
come possiamo esserne sicuri?”
“Non
lo siamo, infatti”.
“E
se decidesse di lasciar perdere il mondo Babbano?
Potrebbe attaccare il San Mungo o Diagon Alley”.
C’erano
troppi se
e troppi ma e Kingsley aveva tutte
le
ragioni del mondo per tirarli fuori. L’Ordine della Fenice lo
sapeva bene,
stavano tirando a sorte, stavano girando a vuoto ma quello era tutto
ciò che
avevano: una cartina, alcuni precedenti attacchi, un probabile schema
che
Voldemort forse stava seguendo. E vittime. Tante, troppe vittime.
“Ci
stiamo fidando troppo delle probabilità”.
“Hai
ragione ma vedi per caso qualche altra
possibilità?”
gli chiese James, mandando giù un altro sorso di whiskey
incendiario.
“Harry,
non hai avuto qualche altra… visione… su
quello che Voldemort farà?” domandò
Sirius guardando verso il figlioccio seduto
all’altra estremità del tavolo.
Il ragazzo, poco più che ventenne ormai, scosse il capo in
segno di diniego.
Era migliorato in Occlumanzia rispetto a un tempo. A volte capitava che
il
Signore Oscuro cercasse di entrargli nella mente ma lui lo chiudeva
sempre
fuori. Per quanto gli sarebbe stato comodo sapere che cosa questi
stesse
facendo, sapeva anche che era una strada a doppio senso e poteva essere
davvero
molto rischioso.
Ginny
gli si avvicinò da dietro e gli massaggiò le
spalle.
“D’accordo…”,
sospirò Sirius, girando la cartina
verso di sé.
“Pronta
per andare a dormire?”
“Noooo!”
gridò Jolie allegra, aggrappandosi alle
spalle di Harry perché non la mettesse giù. Il
ragazzo allora la sollevò in
aria e la fece volare come un aeroplano tenendola sospesa sopra la
testa. La
bambina teneva le braccia aperte e rideva divertita.
Harry fece il giro dell’intera stanza e poi, avvicinatosi al
letto, la depose
tra le coperte.
“E’
ora di dormire, piccola peste”.
“Uffaaaa!”
“E’
tardi”.
“Harry?”
“Sì?”
“Lo
sconfiggerai l’uomo cattivo, vero?”
Harry
le sorrise teneramente e le pose un bacio
sulla fronte. “Certo che lo sconfiggerò. Non avere
paura”.
“Io
non ho paura”.
“Brava,
Lie. Sei la bambina più coraggiosa del
pianeta”.
“Come
te”.
“Anche
più di me”.
“Sarò
una Grifondoro”.
“Certo
che sarai una Grifondoro! Non ho dubbi su
questo”.
Il
Ragazzo che è Sopravvissuto rimboccò le coperte
alla propria sorelle, pensando che sì, avrebbe sconfitto
Voldemort e lo avrebbe
fatto soprattutto per sua sorella, per dare a lei e agli altri bambini
un mondo
migliore in cui vivere. E anche per il bambino che lui e Ginny presto
avrebbero
avuto. Era una promessa.
“Adesso
dormi”.
Quando
Sirius si avvicinò alla stanza di Ariel, dopo
aver messo a letto James e Joel, rimase fermo sulla soglia per ammirare
la sua
piccola bambina che, già dentro il suo pigiamino, ballava
per la stanza con la
spazzola in mano a mo’ di microfono mentre canticchiava una
canzoncina che
aveva scritto lei e che parlava di coniglietti bianchi e ranocchie.
Rimase lì per qualche minuto, sorridendo come un ebete. Una
volta che ebbe
terminato le fece pure l’applauso.
“Ti
è piaciuto?” gli chiese
“Assolutamente!
Hai il talento di tua madre”.
Il
viso della bimba si aprì in un ampio sorriso,
mostrando la piccola dentatura a cui mancavano i denti davanti,
saltò sul letto
e si infilò sotto le coperte.
“Buonanotte,
principessa”.
“Notte,
papà”.
E
con un colpo di bacchetta Sirius spense la luce.
“Allora,
continuiamo da dove siamo rimasti?” fece
Remus, afferrando il libro delle fiabe di Beda il Bardo. “Vi
ricordate dove
eravamo rimasti?”
“Alla
storia dei tre fratelli”, gli ricordò Emmie,
stesa alla sua destra mentre il fratello stava dall’altra
parte, permettendo
così al padre di stare in mezzo affinché
raccontasse loro la storia della
buonanotte.
“Oh,
giusto, la storia dei tre fratelli”.
“Ma,
papà, io questa storia la conosco già. Me
l’ha
raccontata James”, disse Ted.
“James
dovrebbe smetterla di rovinarmi le sorprese”,
fece Remus in tono fintamente offeso.
“Non
è colpa sua”.
“Ma
certo che no, tesoro”.
“Io
però non la conosco. Voglio sentirla”,
protestò
Emmie.
“Allora,
Teddy, ti toccherà risentirla”.
MILLY’S
SPACE
Lo
so, è da un secolo che non aggiorno più le mie
fanfiction. Ed è abbastanza vergognoso da parte mia. Ma cosa
vi posso dire per
scusarmi. Nulla. Temo. E temo anche che vi dovrete abituare a questi
lunghi
periodi di attesa. Purtroppo è così con
l’università, il trasferimento in una
nuova città e abitudini di vita decisamente diverse.
Spero possiate avere pazienza e sopportazione. Ci tengo a continuare le
mie
fanfiction e a non lasciare i miei lettori insoddisfatti (sempre che io
ne
abbia ancora alcuni ^^).
Detto
questo, ditemi cosa pensate del capitolo. Siamo in
una nuova fase della storia. I piccoli malandrini sono tornati nel loro
tempo,
dopo aver cambiato la storia, e ora tutto scorrerà in
maniera lineare.
Fatemi
sapere cosa ne pensate.
Un bacio,
Milly.
POTTER_92:
eccolo! Nemmeno il mantello dell’invisibilità ti
nasconderà ai miei occhi u.u
allora, non direi propriamente che siano scappati con la coda tra le
gambe.
Hanno fatto quello che dovevano fare e se ne sono andati, altrimenti
avrebbero
commesso altri casini. Giocare con il tempo non è
consigliabile. E hanno
pensato fosse meglio andarsene a quel modo perché
così era più facile per
tutti.
Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e scusa per il
ritardo.
Un abbraccio, M:
|
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Capitolo 52 *** Capitolo cinquantuno ***
CAPITOLO
CINQUANTUNO
Severus
Piton sentì dei colpi alla porta, colpi
secchi e precisi. Il suo sguardo perforò l’uscio
della sua piccola casa in
Spinner’s End prima di alzarsi e con passo lento e
strascicato dirigersi ad
aprirla.
Spalancò l’entrata e si trovò davanti
la chioma scura di Alecto Carrow.
Assottigliò gli occhi, sorpreso di trovarsi la donna
davanti; nessuno dei
Mangiamorte veniva mai a trovarlo a casa. Sperava solo che non si
trattasse di
qualche emergenza per il Signore Oscuro. Il suo compito come spia era
molto
delicato e ogni azione necessitava di essere ben ponderata.
Quello
che lo sorprese ancora di più fu però la
presenza, insieme alla Mangiamorte, di un bambino che la teneva stretta
per la
mano come se senza quell’appiglio sarebbe potuto cadere a
terra.
“Ciao, Severus”.
“Alecto”.
“Mi fai entrare?”
Il
professore di Pozioni si guardò attorno
circospetto prima di far entrare dentro la donna; non voleva certo che
occhi
indiscreti li vedessero. E il quartiere in cui abitava non era il
migliore nel
farsi gli affari propri.
Alecto entrò trascinandosi dietro il bambino che quasi
inciampò nei propri
piedi.
“Lui
è Charlus”, disse lei indicando con
un’occhiata
il bambino. “Ed è tuo figlio”.
Severus
strabuzzò gli occhi. “Non sono in vena di
scherzi”.
“Non
sto scherzando. E’ tuo figlio. Anzi, nostro”.
L’uomo
riportò lo sguardo su quello scricciolo che,
più che un bambino, sembrava un cucciolo di animale smarrito
e ferito. Teneva
stretto al petto un orsacchiotto di
peluche a cui mancava un occhio e che era stato rammendato alla base
del collo,
segno che qualcuno gli aveva staccato la testa, per sbagli o di
proposito.
Sembrava la cosa più preziosa che possedesse.
“Quanti…
quanti anni ha?” chiese Piton.
“Nove.
Si chiama Charlus”.
“Come
tuo padre?”
“Sì”.
Charlus…
non gli avrebbe mai dato nove anni, al
massimo sei, per quanto piccolo e magrolino era, sicuramente denutrito.
Come
diavolo lo aveva trattato quella donna?
“Senti,
Severus, facciamola breve. Io non posso più
tenerlo. Sono troppo vicina al Signore Oscuro e… non
è l’ambiente migliore per
lui”.
“Davvero?”
Ora il Serpeverde era perplesso. Alecto
Carrow era sempre stata una fiera Mangiamorte, così come
tutta la sua famiglia,
in particolare suo fratello. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe
fatta
degli scrupoli per suo figlio. “Il figlio di Greyback e dei
Lestrange non fanno
che tormentarlo. Non può più stare
là”.
“E
che vuoi farne?”
“Lasciarlo
con te, ovvio!”
“Che
cosa?! Vuoi che me ne occupi io?”
“Certo!
E’ tuo figlio dopotutto!”
“E
perché non hai potuto dirmelo in tutti questi
anni”.
“Eri
troppo vicino a Silente…”.
“Che
cosa c’entra questo?”
“So
bene qual è il tuo ruolo tra i Mangiamorte e so
bene che tipo di uomo sei. Penso che con te crescerà meglio.
Gli darai tutto
ciò che gli serve, in fondo vivi in una casa
grande”.
“Il
Signore Oscuro sa di lui?”
“Lo
sa. Ma è ancora troppo piccolo. Quando verrà il
momento…”.
“Certo”.
Non voleva sentire la conclusione della
frase. Ma Alecto si sbagliava, non sapeva affatto che tipo di uomo lui
fosse e
non sospettava nemmeno del suo reale ruolo tra i Mangiamorte. Se lo
avesse
lasciato con lui non avrebbe di certo seguito la strada prescelta dalla
donna.
“Non
posso trattenermi a lungo. Ti prego, Severus”.
“E
lo lasci qui come fosse una valigia?”
“Non
ho alternative”. Alecto lanciò
un’occhiata
all’orologio da taschino che teneva sotto il mantello e
lasciò andare la mano
del figlio. “Devo andare ora. Qui ci sono tutte le sue
cose”. Gli mollò per
terra un sacco che non era pieno nemmeno per metà e strinse
la bacchetta. Poi
con un sonoro pop si
smaterializzò.
Il bambino restò a guardare il punto in cui la madre era
scomparsa con gli
occhi resi enormi per le lacrime trattenute.
Piton
osservò il bambino per qualche minuto. Non dubitava
delle parole della Mangiamorte, non del tutto almeno. Nove anni prima
avevano
passato diversi momenti piuttosto… intimi finché
lei non si era completamente
raggelata nei suoi confronti. Adesso capiva il motivo. Si domandava
però perché
glielo avesse confessato soltanto ora. Il bambino inoltre sembrava
essere la
sua immagine sputata quando era piccolo, con i capelli neri, gli occhi
scuri
come due pozzi, il viso mortalmente pallido. Persino i vestiti che gli
stavano
larghi…
Diamine!
“Siediti”,
gli ordinò in tono duro.
Il
bambino non si mosse.
“Sei
sordo per caso? Ti ho detto di sederti”.
Charlus,
allora, senza avere il coraggio di
guardarlo negli occhi, si sedette sul bordo del divano stringendo
l’orsacchiotto ancora di più-
“Charlus,
eh…”.
“Charlie”,
pigolò quello con voce inudibile.
“Come?”
“Charlie.
Preferisco Charlie”.
Piton
sorrise appena, un sorriso che pareva una
smorfia. Charlie… che diavolo ne avrebbe fatto di quel
marmocchio?
John
aspetto che la cuginetta si arrampicasse sugli
scalini dello scivolo e dopo vi si arrampicò lui, veloce
come una gazzella.
Quando fu sceso dall’altra parte, scorse Jolie seduta
nell’erba vicino alla
casetta di legno.
La raggiunse.
“Ciao,
Lie”.
“Ciao”.
“Che
fai?”
“Gioco”.
La
piccola era intenta ad aprire e chiudere i petali
di una margherita col movimento delle mani. Una di quelle piccole e
innocue
magie che i bambini imparano a fare da soli, prima di poter maneggiare
una
bacchetta.
John
si sedette accanto a lei senza invito. Stette a
guardarla per un po’ chiedendosi che cosa ci fosse di
divertente in quel gioco.
“Perché
te ne stai qui tutta sola?”
“Così”.
Jolie scrollò le spalle.
Il
biondino prese un ramoscello e iniziò a tracciare
dei ghirigori sulla ghiaia. Poco dopo vennero raggiunti da JamesRemus.
“Ehi”.
“Ehi”.
“E’
una giornata un po’ noiosa”.
“Forse”.
“Se
ci fossero Ariel e Joel sarebbe più divertente”.
Jolie
non rispose perché era troppo impegnata col
suo fiore e John nemmeno perché non era del tutto
d’accordo. Lanciò un’occhiata
a Tonks che se ne stava su una panchina a leggere un libro. Quel giorno
aveva
deciso di portare lei i bambini al parco perché potessero
prendere una boccata
d’aria e starsene fuori dagli affari dell’Ordine.
Di solito lo faceva Martha ma era dovuta rimanere a casa con Ariel che
si era
ammalata. Lo stesso aveva deciso di fare Joel per non lasciare la
gemella da
sola ad annoiarsi. Del qual fatto il piccolo Paciock era piuttosto
contento.
Joel non gli dispiaceva, anche se era sempre molto cupo e silenzioso,
ma a volte
faceva davvero fatica a sopportare la piccola di casa Black; era
capricciosa
come pochi. Il che gli dispiaceva, visto che era la sorella di uno dei
suoi
migliori amici.
In
quel momento arrivò anche Ted che si accomodò per
terra insieme agli altri. Non aveva una bella cera, la luna piena si
avvicinava
e sarebbe stato meglio per lui rimanere a casa. Ma non aveva voluto
rinunciare
all’uscita con gli amici.
“John,
mi spingi sull’altalena?” chiese Emmie in
tono supplichevole, guardando il cugino con due occhi enormi e dolci.
John le
sorrise e si alzò con un colpo di reni; non avrebbe mai
potuto dire di no a
quel dolce biscottino.
Severus
rimase a osservare il bambino steso sul suo
divano che si era profondamente addormentato, ancora abbracciato al suo
orsacchiotto.
Poi scosse la pozione bluastra che teneva in una fiala e
l’annusò. Infine, si
avvicinò al piccolo Charlie e gli staccò un
capello, cercando di essere il più
delicato possibile per non farlo svegliare.
Certo,
si fidava abbastanza delle parole di Alecto,
ma doveva verificare comunque, essere sicuro al cento per cento che
quello
fosse suo figlio.
Perché ora le cose sarebbero diventate decisamente
più difficili e la sua
missione poteva essere compromessa. Avrebbe dovuto parlarne con
Silente…
Ma
perché, perché quella dannata donna non aveva
parlato prima? Che cosa aveva in mente?
Piton
esalò un sospiro
quando abbassò gli occhi sulla pozione che ora era diventata
di un brutto
verdognolo. Poi li riportò sul bambino.
Bene, ora era veramente fregato.
MILLY’S SPACE
Buonasera,
signore e signori…
Eccomi
con un nuovo aggiornamento, questa volta un po’
più breve ma spero sia di vostro gradimento. Finalmente
iniziamo a scoprire
qualcosa di più sui nuovi malandrini, questa volta nella
loro tenera età.
Ditemi
cosa ne pensate del capitolo, le recensioni sono
sempre ben gradite. E
ricordatevi di
fare una capatina alla mia pagina fb
https://www.facebook.com/MillysSpace?ref=bookmarks
MAIAROSS:
ciao, carissima. Sono contentissima che la mia storia ti piaccia e che
tu l’abbia
letta d’un fiato. Sì, diciamo che adoro far
soffrire i miei personaggi e far
prendere colpi ai miei lettori, ma amo troppo l’happy ending
^^ Spero di
risentirti. Un bacione, M.
|
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Capitolo 53 *** Capitolo cinquantadue ***
CAPITOLO CINQUANTADUE
I
presenti a Grimmauld Place hanno fissato il piccolo Charlie sbigottiti
per
almeno mezz’ora,
finché il
professor Piton
non si era stufato e aveva minacciato di trasformarli tutti quanti in
larve.
Erano
tutti piuttosto stupiti del fatto che proprio Severus fosse riuscito a
mettere
al mondo una creaturina così bella,
per quanto piccola e fragile. E soprattutto erano stupiti del fatto che
qualcuno fosse stato disposto ad andare a letto con lui e a crescere
suo
figlio, il frutto dei suoi geni. Queste almeno erano le confidenze che
si erano
scambiati James e Sirius, confidenze non tanto riservate dato che erano
state
udite da Lily, la quale mollò ai
due uomini due schiaffi sulla nuca così forti
che ci mancò poco
che li
staccasse ciocche di capelli. Lei, dal canto suo, era molto felice per
il
Serpeverde, nonostante sapesse chi era la madre e con quali ambienti
aveva a
che fare. Diceva che un figlio era una benedizione e che ti rendeva una
persona
migliore.
Anche
i piccoli malandrini avevano accolto Charlie con allegria, avevano
cercato di
farlo sentire parte del loro gruppo, soprattutto John che ora gli stava
facendo
vedere tutti i suoi giocattoli. Mentre
questi tirava fuori dal baule tutto il possibile facendo
sfoggio del
proprio tesoro, Piton junior lo guardava come fosse un marziano, con
due occhi
enormi e tristi seduto in un angolino e cercando di mimetizzarsi col
mobilio.
Avrebbe tanto voluto avere con sé il
suo orsacchiotto, ma il padre non
glielo aveva permesso dicendo che era brutto e rotto e che i bambini di
nove
anni non si portano dietro pupazzetti, soprattutto non i
maschietti.
“Non
lo capisco.
Sembra che veda tutte queste cose per la prima volta. E non ha ancora
spiccicato parola”,
sussurrò John
a JamesRemus
mentre osservavano Charlie dal corridoio. Il piccolo Paciock, non
sapendo più a
che santo
appigliarsi per far reagire il bambino, lo aveva lasciato nella propria
camera
per vedere se stando da solo avrebbe combinato qualcosa, ma questi si
era
limitato a prendere in mano qualche giocattolo, a rigirarlo tra le dita
e a
riposarlo sul pavimento nel modo più delicato
possibile.
“Forse
è muto”.
“Non
credo”.
“Ha
una cicatrice
sopra il sopracciglio. Hai visto?” gli
fece notare JamesRemus
“Sì.
Posso chiedergli
come se l’è fatta
così magari
parla”.
John
ritornò in
camera e si
sedette di fronte a Charlie. “Come
ti sei fatto quella cicatrice?” gli
chiese puntando l’indice
contro la
ferita incriminata.
Charlie
si portò la
mano alla
cicatrice ma non disse nulla.
Abbassò lo
sguardo sulla
tasca gonfia di John e chiese: “Cosa
sono?”
John,
stupito nel sentire finalmente la voce del moretto, ci mise un po’ a
reagire e a
tirare fuori dalla tasca un sacchetto contenente delle caramelle. “Sono
Api Frizzole.
Ne vuoi?” Gli
porse il
sacchetto e Charlie ne prese una.
“Le
mie preferite sono le Tutti Gusto più Uno”.
“Bleah.
A me non piacciono”.
John
sgranò gli
occhi. “Come
fanno a non
piacerti?”
“Hanno
gusti
schifosi”.
“E’ proprio
questo il
bello. Non sai mai cosa metti in bocca”.
“Be’,
a me non
piacciono”.
“D’accordo.
Credo di
poterci passare sopra”.
Gli sorrise e
Charlie gli sorrise di rimando.
Tornati
da Grimmauld Place, Piton servì la
cena per sé e
per il figlio.
Charlie
prese la forchetta e iniziò a
mangiare sotto lo sguardo severo del padre. Quel ragazzino aveva
bisogno di
prendere un po’ di
peso e crescere,
perciò lo
avrebbe portato
spesso anche a Grimmauld Place dove c’erano
Molly e Lily che cucinavano
divinamente. E poi, aveva visto come gli altri ragazzi avevano cercato
di
inserirlo e di farlo sentire a suo agio. Sarebbero potuti diventare
amici.
Certo, quei piccoletti non gli erano mai piaciuti granché ma
questo era
dovuto ai suoi pregiudizi nei confronti dei Malandrini.
L’unica
cosa che lo
preoccupava veramente era ciò che
Charlie aveva dovuto passare in quella casa con Alecto, a stretto
contatto con
Voldemort e i Mangiamorte. Aveva dei lividi e dei graffi sulla pelle
che non
erano difficili da notare.
Non
pensava che un giorno si sarebbe veramente affezionato così tanto
a qualcuno,
eppure è successo.
Anche
Severus Piton aveva un cuore.
Due
anni dopo…
Erano
tutti pronti alla stazione di King’s
Cross, l’Espresso
per
Hogwarts stava aspettando che i nuovi studenti e quelli vecchi
salissero per
poter partire.
JamesRemus
e John si rincorrevano in giro per la stazione, facendo slalom tra le
persone,
mentre Jolie e Teddy stavano accanto ai loro genitori, emozionati per
questa
nuova avventura. Avevano sentito molto parlare di Hogwarts, sia dai
genitori
che dai famigliari vari e non vedevano l’ora
di calcare le loro stesse orme.
Solo
Ariel se ne stava con il broncio seduta sul carrello che conteneva i
bagagli di
suo fratello maggiore perché lei
ancora non ci poteva andare e non sembrava consolarla il fatto che ci
fossero anche
Joel ed Emmie a tenerle compagnia un altro anno.
Charlie
invece se ne stava un po’ in
disparte
rispetto a tutti gli altri a fissare il suo baule nel quale era
rinchiuso il
suo orsacchiotto. Avrebbe tanto voluto prenderlo e stringerlo a sé,
come faceva ogni
volta che aveva paura di qualcosa. E quella era una cosa che gli faceva
una
paura fottuta, aveva paura dei cambiamenti, paura di ciò che
non conosceva
e, soprattutto, paura delle persone. E sapeva che ad Hogwarts ce n’erano
tante, di
persone.
In
quei due anni non se l’era
passata male,
sicuramente gli era andata meglio che non con sua madre e Cygnus che
godeva ne
torturarlo in ogni modo insieme a quel depravato di Abraham. Almeno ci
sarebbero stati gli altri ragazzi con lui e soprattutto John che era
quello con
cui aveva legato di più.
“Pronti,
ragazzi?” chiese
James,
abbracciando sua figlia.
“Sì!” esclamarono
JamesRemus e John in coro.
I
genitori salutarono i figli e li aiutarono a montare sul treno.
“Mi
raccomando, fai
la brava”,
sussurrò Harry
alla sorella,
spettinandole i capelli rossi. “E
non farti traviare da Jamie”.
La
ragazzina sbuffò.
“Jamie
è solo
uno stupido.
Io non sono stupida”.
Harry
ridacchiò.
“Ci
vediamo per
Natale. E scrivimi ogni tanto”.
“Sì,
fratellone”.
I
due Potter si abbracciarono forte. Poi Jolie andò a
raggiungere gli altri.
Poco
dietro di lui Piton guardava il volto di suo figlio che si affacciava
da uno
dei finestrini del treno con due occhi smarriti.
Ci
mancò poco
che non lo
rincorresse per riprenderlo a sé.
Lily lo raggiunse e gli sorrise dolcemente.
“Non
ti preoccupare,
Hogwarts lo aiuterà a
diventare più forte.
Ti ricordi
come eravamo noi? Ingenui e fragili. Ed è stata
proprio Hogwarts a forgiarci”,
gli disse la
donna come se gli avesse appena letto nel pensiero. Perché era
proprio ciò che
Severus stava
pensando, che suo figlio era troppo fragile per tutto quello, sembrava
ancora
così piccolo
e spaesato.
“E
poi tu sarai
ancora là per
aiutarlo in
caso di bisogno, no?”
Già,
questo lo aveva
quasi dimenticato. In fondo, ricopriva ancora una cattedra ad Hogwarts
e
avrebbe trascorso lì gran
parte del suo
tempo.
Tonks
e Remus stavano in un angolo, davanti a loro il treno ormai si era
allontanato
e ora si vedeva soltanto il fumo all’orizzonte.
L’uomo
strinse la
mano della moglie per rubarle un po’ di
quella sicurezza e positività di
cui lei sembrava
sempre essere piena.
“Secondo
te se la
caverà?”
“Chi?
Ted? Ma certo
che sì!
Madame Chips non
si è fatta
alcun
problema e c’è anche
Silente che
lo aiuterà,
per non parlare
di James, John e Jolie”.
Remus
si voltò a
guardarla
dolcemente. “Come
fai ad essere
sempre così ottimista?”
“Perché tu
non lo sei perciò io
devo esserlo per
entrambi”.
I
due, sempre tenendosi per mano, raggiunsero gli altri. “Non
ti preoccupare.
Se sei riuscito ad affrontarlo tu, ce la farà anche
lui”.
“Su
questo non ho
dubbi”.
La
cerimonia dello Smistamento è proseguita
senza intoppi, liscia, con i nuovi studenti che si alternavano sotto il
Cappello Parlante.
Quando
Charlie era stato chiamato, aveva sentito gli occhi di tutti puntati
addosso.
Sicuramente la notizia, nonché la
prova, che Piton aveva un figlio suscitava scalpore. Ma lo stesso
scalpore lo
suscitavano anche i nomi di Potter e Black e i pettegolezzi nei
prossimi giorni
non sarebbero mancati.
I
pettegolezzi però non
sarebbero certo
stati un problema… no,
quelli
assolutamente no, pensava Charlie mentre guardava Cygnus e Abraham
seduti poco
distanti da lui. Non poteva crederci, pensava di essersene liberato una
volta per
tutte e invece no, venivano a tormentarlo anche lì,
ad Hogwarts.
Dannazione,
perché non
era finito ad
Grifondoro insieme agli altri malandrini, anziché a
Sempreverde? Ora gli sarebbe toccato
condividere la casa e probabilmente persino la stanza con quei due.
Lanciò un’occhiata
al padre
prima di afferrare la forchetta e iniziare a mangiare. Ma il suo
stomaco era già chiuso.
“Vedo
nel tuo
sguardo qualcosa che ti preoccupa, Severus”,
esordì Silente
seduto dietro la sua
scrivania, osservando il professor Piton da dietro i suoi occhiali a
mezzaluna.
“E’ successo
qualcosa
con Voldemort?”
“No,
non si tratta
di lui, Signore. Ma di Charlie”.
“Charlie?
Sei
preoccupato per tuo figlio, è normale”.
“Voldemort
lo vorrà tra
le sue file e
temo che anche Alecto Carrow sia della stessa opinione”.
Uno
strano scintillio attraversò gli
occhi del preside che ora sembrava avere l’attenzione
completamente rivolta all’uomo
di fronte a
lui.
“E
quando dovrebbe
succedere?”
“Probabilmente
quando avrà imparato
tutto ciò che
c’è da
sapere. E la mia
posizione tra le fila del Signore Oscure di certo non lo avvantaggia”.
“Sappiamo
entrambi
quanto è importante
la tua
posizione tra le fila di Lord Voldemort, Severus”.
Già,
Piton lo sapeva bene. Di certo
Silente non gli avrebbe detto di tirarsi indietro, nemmeno se si
trattava dell’incolumità di
un bambino. Ma
tirarsi indietro sarebbe stato peggio, lo sapeva persino il professore.
“Non
ti preoccupare
ora. Ci penseremo quando sarà il
momento”.
Harry
si lasciò cadere
sul letto
con un sospiro. Era stanco, spossato.
Salutare
i ragazzi alla stazione, il lavoro, altri piani per distruggere
Voldemort… stava
accumulando
troppa tensione.
Ginny
gli si inginocchiò dietro
e gli
massaggiò le
spalle. Harry,
sotto al tocco gentile della moglie, cercò di
rilassarsi il più possibile
ma i
muscoli tesi come corde di violino non aiutavano affatto.
“Sei
troppo teso,
dovresti cercare di rilassarti un po’”,
gli sussurrò Ginny.
“Fosse
facile”.
“I
bambini sono a
letto?”
“Sì,
Lily si è addormentata
poco
fa”.
“Vieni
qui allora”.
La
donna si distese a letto e Harry la fece accoccolare sul proprio petto.
Per
quanto pesante poteva essere stata una giornata, quello, stare tra le
braccia
di Ginny e coccolarsi, era il momento in cui tutte le sue tensioni e le
sue
preoccupazioni si allontanavano, almeno fino alla mattina dopo.
Il
Grifondoro sprofondò il
naso tra i
capelli profumati della moglie e mugugnò di
piacere. Almeno questo nella sua vita
stava andando bene.
***
MILLY’S
SPACE
Salve
a tutti… è da
un bel po’ di
tempo che non mi
faccio sentire. Lo so bene e mi dispiace. Diverse cose mi hanno tenuta
lontana
dal sito delle fanfiction, sia come scrittrice che come lettrice.
Certo, ci
sono anche i diversi impegni, ma ad essere completamente onesta è stato
più un
variare di
genere: ho preferito dedicarmi ad altri tipi di lettura e di scrittura.
Tuttavia mi dispiacerebbe lasciare le mie storie incomplete, perciò,
per quanto potrò,
cercherò di
portarle a
termine.
Detto
questo, io spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi piacerebbe
ricevere una
vostra recensione.
Vi
lascio anche il link alla mia pagina https://www.facebook.com/MillysSpace/
dove potete
seguire gli aggiornamenti delle mie storie e vedere qualche foto.
Grazie,
con affetto
Millyray
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Capitolo 54 *** Capitolo cinquantatré ***
CAPITOLO CINQUANTATRE
Erano due anni che non vedeva Cygnus e Abraham e quasi si era dimenticato della loro esistenza, se non fosse stato per le cicatrici che si portava addosso e gli incubi che ogni tanto lo assalivano, incubi in cui gli sembrava di essere tornato a casa della madre, sotto il comando di Voldemort. Aveva visto l’Oscuro Signore soltanto in due occasioni ma mai si sarebbe scordato di quello sguardo vitreo e serpentesco col quale l’aveva guardato, di quegli occhi scuri con uno strano bagliore rossiccio che gli sembravano la cosa più minacciosa che avesse mai visto.
Cygnus non gli sembrava diverso, aveva lo stesso sguardo psicopatico. Ed era psicopatico, a tutti gli effetti. Abraham in qualche modo si poteva gestire se non era sotto l’influenza dell’altro, ma lo stesso Charlie avrebbe preferito non averci nulla a che fare.
Invece ora se li ritrovava entrambi in dormitorio, con falsi nomi ovviamente perché avrebbero passato grossi guai se qualcuno avesse scoperto che i figli di due dei più famigerati e pericolosi Mangiamorte stavano ad Hogwarts; gli Auror sarebbero volati in picchiata a torturarli - fregandosene totalmente del fatto che fossero soltanto ragazzini - per scoprire dove si nascondevano i loro genitori.
La saggia idea per Charlie sarebbe stata quella di denunciarli immediatamente al preside, o quantomeno correre a dirlo ai suoi amici, dirlo a chiunque, ma tutto ciò che riuscì a fare fu restarsene immobile nel suo letto, sotto le coperte mentre Cygnus gli si avvicinava con fare minaccioso, rigirandosi la bacchetta tra le dita.
“Chi non muore si rivede”, disse. “Mi sei mancato in questi due anni, devo dire. Non avevo nessuno su cui provare i miei incantesimi”. Alla battuta seguì la risata sguaiata di Abraham che se ne stava ad osservarli dal suo letto, sopra quello di Cygnus. Quest’ultimo lanciò un’occhiata di sbieco al compagno e proseguì col suo monologo: “Be’, immagino che ci divertiremo molto in questi sette anni insieme. Buonanotte, scricciolo”. E s’incamminò verso la porta del bagno.
Ecco perché non avrebbe detto nulla. Cygnus gli faceva troppa paura. Tutto ciò che aveva dovuto passare quando vivevano a stretto contatto gli tornò alla mente vivido come se stesse succedendo in quel momento e sapeva con assoluta certezza che, se Lestrange avesse scoperto che aveva rivelato la sua identità, non ci sarebbe andato affatto leggero. Anzi, probabilmente se la sarebbe presa con qualcuno dei suoi amici.
Quello che però poteva fare era tenerli d’occhio; era certo che Cygnus Lestrange e Abraham Greyback non si trovassero lì solo per vivere la normale vita di due studenti ad Hogwarts desiderosi di imparare. I figli di due dei Mangiamorte più crudeli non avevano bisogno di imparare. C’era qualcos’altro sotto.
Nascose la bacchetta sotto al cuscino, come ormai faceva da quando aveva cinque anni, e si girò sperando di riuscire a dormire almeno qualche ora.
John, Ted, JamesRemus e Jolie erano nella sala comune di Grifondoro a dividersi le ultime cioccorane che avevano comprato sull’espresso per Hogwarts mentre venivano lì.
Si stava facendo tardi e tutti quelli del primo anno erano andati a letto, ed erano rimasti solo alcuni dei ragazzi più grandi.
“E’ una fortuna che siamo stati smistati a Grifondoro tutti quanti. Avevo paura che per qualche motivo ci saremmo trovati separati”, disse James mentre scartava un’altra
cioccorana.
“Non proprio tutti, Jamie”, gli fece notare John, al che l’altro ragazzo lo guardò stranito. “Manca Charlie”.
“Oh”.
A John era dispiaciuto quando aveva sentito il Cappello Parlante urlare Serpeverde e Charlie dirigersi verso la tavolata verde-argento. Gli altri tendevano a dimenticarsi di lui, forse perché era l’ultimo arrivato, ma John ormai si era affezionato a quel piccolo scricciolo mingherlino a cui aveva fatto vedere la sua collezione di statuine dei fondatori delle quattro case.
“Comunque qui è proprio come gli altri ci hanno raccontato”, disse Jolie per cambiare discorso.
John seguì piuttosto distrattamente il resto del discorso, troppo concentrato a pensare a cosa stesse facendo Charlie e se se la stesse cavando bene. Sapeva che non gli piaceva troppo stare fuori dalla sua comfort zone. Lo aveva tartassato diverse volte con le sue preoccupazioni nei giorni precedenti al loro arrivo ad Hogwarts, tanto che pure John aveva iniziato a temere. Non per sé, ma per Charlie.
Non vedeva l’ora di andarsene in camera e rubare la mappa del malandrino a James e vedere quel puntino col nome di Charlie Piton scritto tra i mille altri.
“Quindi i ragazzi ce l’hanno fatta”, commentò Martha seduta nella cucina di Grimmauld Place insieme al marito, a Remus e a Tonks. Malocchio Moody sostava in piedi vicino alla finestra, l’occhio magico puntato all’esterno come se ci fosse qualcosa di estremamente interessante.
“Tutti Grifondoro!” esclamò Sirius con fare orgoglioso.
“Eccetto Charlie”, disse Remus.
“E’ figlio di Piton, non poteva essere altrimenti”. Questa volta Sirius era un po’ compunto.
“E’ un peccato che ciò abbia separato i ragazzi”.
“E’ un peccato che Charlie non abbia beneficiato dell’influenza dei ragazzi”.
“Che intendi dire, Sirius?”
Black si passò una mano tra i capelli. “Insomma, sappiamo che i Serpeverde non sono famosi per fare azioni… positive”.
“Oh, non dire sciocchezze! Sei prevenuto, non tutti i Serpeverde sono malvagi. Charlie non lo è di certo”, protestò Ninfadora guardando verso la figlia che giocava con una bambola vicino allo stipite della porta, ben distante dal sentire i loro discorsi.
“Non sappiamo nemmeno chi sia sua madre. Io scommetterei su una Mangiamorte, considerato gli ambienti che Mocciosus frequenta”.
“Suvvia! Certe cose non sono genetiche. Sono certo che Charlie saprà fare le scelte giuste”, disse Remus e nessuno trovò nulla da replicare. Eccetto Malocchio che mugugnò qualcosa di incomprensibile allontanandosi dalla stanza sotto gli sguardi confusi di tutti.
Emmie, dal canto suo, se n’era rimasta seduta tutto il tempo vicino alla cucina, facendo finta di essere interessata alla bambola. Erano tutti convinti che non potesse sentirli, ma i geni del lupo mannaro li aveva ereditati anche lei - sebbene in parte - e l’udito sopraffino faceva parte del corredo.
Non le era piaciuto quello che avevano detto di Charlie. Certo, era un tipo particolare ma non era una cattiva persona. Almeno lui non faceva casino come tutti gli altri, non urlava, non bisticciava con nessuno, non faceva cose stupide. Se ne stava tranquillo per conto suo e con lui poteva parlare o semplicemente stare in silenzio quando era stanca e quando aveva mal di testa a causa della luna piena.
E poi era il migliore amico di John e, benché non lo avrebbe ammesso a nessuno, John era il suo preferito del gruppo.
***
MILLY’S SPACE
Milly, ma come ti permetti di tornare dopo tutto questo tempo? E con un capitolo così corto, oltretutto?
Eh, ragazzi… la vita, la crescita, gli impegni, il lavoro, gli studi. Va be’, che ce frega a noi, direte. Niente infatti, ma così sono andate le cose.
Confesso che mi sono allontanata da questo sito per perdita di interesse. Quando si cresce si cambiano gusti e molte volte, quello che si faceva da giovani, un giorno ci appare stupido e insulso. Però queste storie, questa fan fiction, hanno fatto la mia infanzia, sono la mia storia. Qualche giorno fa, per noia, mi sono messa a rileggere le mie fan fiction e mi sono detta “perché non continuarle?”. In fondo, ho sempre odiato un po’ quegli autori che lasciavano abbandonate le proprie storie e non potevo comportarmi allo stesso modo.
Tuttavia, sto meditando l’idea di spostare tutte le mie storie su un blog personale. Voi che ne dite? Lo seguireste?
Fatemi sapere e ditemi cosa ne pensate di questo capitolo.
Baci,
M.
P.S. bentornati.
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Capitolo 55 *** Capitolo cinquantaquattro ***
CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO
Se aveva pensato che quello che aveva vissuto da piccolo stando a stretto contatto con Cygnus fosse terribile, be’, si sbagliava di grosso. Non era niente. La perfidia di Cygnus stava raggiungendo il suo apice e più cresceva più la sua psicopatia aumentava.
Solo quel pomeriggio si era quasi beccato una coltellata nell’addome perché il giovane Lestrange si annoiava e voleva vedere il modo in cui una persona si dissanguava.
Charlie non era certo propenso a fargli da cavia per i suoi esperimenti malati e si era difeso come meglio poteva; peccato che col corpo a corpo non era proprio esperto, ma per fortuna Cygnus non aveva ancora imparato a resistere alla Legilimanzia. Gli aveva creato l’illusione di essere seppellito vivo e poi era scappato dalla Sala Comune di Serpeverde ripromettendosi di non tornare per un po’. Magari quella notte sarebbe andato a dormire nella Stanza delle necessità. Almeno si sarebbe fatto un sonno come si deve perché era stanco di dormire con un occhio sempre aperto e la bacchetta pronta sotto al cuscino. La paura di morire accoltellato nel proprio letto o soffocato lo faceva sussultare al minimo rumore, persino a quello del vento.
Abraham non era sclerotico allo stesso modo, ma gli faceva paura ugualmente. Aveva più intelletto di Cygnus per capire che ferire gravemente le persone o addirittura ucciderle all’interno delle mura di Hogwarts sotto lo sguardo vigile di Silente, non era proprio una buona idea. Piton ringraziava il cielo che ci fossero altri studenti in stanza con lui e davanti a loro non avrebbe fatto niente. Inoltre, se c’era una persona che faceva paura a Cygnus, quella era sua madre Bellatrix e ogni volta che riceveva una sua lettera si metteva a tirare oggetti per la stanza, a strappare le tende e poi si isolava Merlino solo sapeva dove. Ecco, in quei momenti Charlie di sicuro non aveva intenzione di andare a cercarlo. Non aveva certo intenzione di lasciarci la pelle a sedici anni.
Tutta Hogwarts era in fermento per la partita di quidditch di quel pomeriggio. Grifondoro contro Serpeverde, i rivali per natura. Probabilmente solo una piccola manciata di persone non avrebbe assistito alla partita. Il risultato era arduo da prevedere, entrambe le squadre avevano giocato bene quella stagione e le scommesse davano un cinquanta-cinquanta.
Madame Bumb diede il fischio d’inizio e i giocatori si levarono in aria com le loro scope. JamesRemus si lanciò subito alla ricerca del boccino, fiancheggiato dal Cercatore di Serpeverde.
I suoi amici erano sugli spalti ad assistere alla partita e a fare il tifo per i rosso-oro. Solo Charlie non esultava granché. Avrebbe dovuto tifare per i Serpeverde ma i suoi amici erano tutti in Grifondoro e lì in mezzo si sentiva come tra l’incudine e il martello. A dire il vero, non gli importava granché del quidditch.
Si sentiva frastornato, la testa gli ballava. Si ricordò che non aveva mangiato niente quella mattina e a pranzo aveva sbocconcellato poco.
Improvvisamente gli venne a mancare la terra sotto i piedi. Un boato si levò attorno a lui, seguito dagli applausi. Grifondoro aveva segnato ma tutti quegli schiamazzi lo facevano stare ancora peggio. Probabilmente era solo un calo di zuccheri - maledetto il suo problema col diabete - ma aveva bisogno di allontanarsi immediatamente.
Si alzò di scatto e cominciò a farsi largo tra la folla.
Decisamente tutto quello non faceva per lui.
Non sapeva esattamente dove stava andando, sapeva solo che voleva allontanarsi dalla confusione il prima possibile. Seguiva solo i suoi piedi perché la sua testa ormai era una trottola che si muoveva da sola. Dovette aggrapparsi a una gargoyle per non finire stramazzato al suolo.
Un volto gli comparve davanti agli occhi, ma era tutto troppo offuscato, troppo confuso. Una voce lo chiamava: “Charlie! Charlie!”
Doveva essere una persona amica e con questo pensiero consolante si permise di cadere tra le braccia di chiunque fosse il suo salvatore.
Vivere in un perenne stato di guerra era una cosa che avrebbe stressato i nervi a chiunque, ma soprattutto, quando veniva recapitata una lettera c’era sempre da temere il peggio.
Il Mondo Magico era ormai circondato da un’aura di terrore e preoccupazione: ogni settimana qualche Auror scompariva o veniva ucciso, i Mezzosangue e i Nati Babbani venivano ritrovati nel canale sbudellati o torturati a morte… Più o meno tutti quanti avevano qualche morto da piangere in famiglia.
Grimmauld Place non fu risparmiata da una tale tragedia.
Quando un gufo picchiò contro le finestre, Lily si girò di scatto e sentì dei strani brividi percorrerle la schiena. Aveva un’orrendo presentimento.
“È una lettera di Harry”, disse rigirandosi tra le mani il piccolo rotolo di pergamena che aveva slegato dalla zampa del volatile. James e Sirius si voltarono immediatamente verso di lei.
“Oh Merlino!!”
“Che c’è?”
“Silente è morto! E il governo è caduto nelle mani di Voldemort”.
La donna fece vedere la lettera che Harry aveva scritto con una calligrafia storta e poco curata e alcune lettere erano sbavate, segno che era piuttosto di fretta.
“Com’è possibile?” chiese Sirius. L’informazione stava ancora cercando di passare nel suo cervello.
“Silente dovrebbe essere ad Hogwarts”.
“E ora chi proteggerà i ragazzi?”
Charlie era grato che non avesse dovuto sbattere la testa a terra mentre sveniva, ma non si sarebbe mai immaginato che il suo salvatore sarebbe stato proprio John Paciock.
Questi lo guardava con aria compunta dalla sedia sulla quale si era praticamente sdraiato, vicino al suo letto. Si trovava in infermeria.
“Ben svegliato, bella addormentata”, lo salutò il Grifondoro.
Ecco, John e i suoi commenti del cavolo.
“Che è successo?”
“Mi sei caduto come una pera cotta tra le braccia. Per fortuna che ti ho seguito. Ho visto che non stavi tanto bene”.
Charlie si strinse di più nelle coperte sperando di venire risucchiato dal letto. Perché proprio lui tra tutte le persone? E perché doveva essere così dannatamente bello?
Il Serpeverde avvampò nel realizzare il pensiero che la sua testa bacata aveva appena composto. Ma che gli prendeva?
Cercò qualcosa da dire ma nulla di sensato riuscì a venirgli fuori dalla bocca. John stava in silenzio. Strano. John non stava mai in silenzio. Anche se era solo per provocarlo, ma Paciock doveva sempre dire la sua.
“Perché non me l’hai detto?”
Ecco, appunto.
“Dirti cosa?”
“Che sei diabetico”.
Maledizione a Madame Chips che non si faceva mai i fatti suoi.
Charlie sospirò. “Non lo so”.
“Come non lo sai?”
“Non lo so, John. Non mi sembrava una cosa importante”.
Soltanto allora il moretto ebbe coraggio di guardare in direzione dell’amico e notò che era piuttosto contrariato, le labbra tese rigidamente e le mani appoggiate sulle ginocchia.
“Come sarebbe a dire che non è importante? Tappo, sono tuo amico, queste cose me le devi dire”.
“Io…”. Charlie non sapeva come giustificarsi. A lui non era sembrata una cosa importante, non così tanto da doverne mettere a conoscenza tutti i suoi amici.
“Lo sai che con Teddy non ci facciamo problemi e lui è un licantropo”.
Charlie si scosse. Non avrebbe mai osato paragonare il proprio problema con quello di Ted.
“Lo so. È solo che… non è una cosa di cui mi piace parlare”.
“Quando è successo? Quando ti è venuto fuori?”
“Un anno fa circa”.
John parve calmarsi e finalmente si sedette sul letto accanto alle ginocchia dell’altro. Gli sorrise. “D’ora in poi vorrei che mi dicessi queste cose”.
Un becchettio alla finestra attirò l’attenzione dei ragazzi. Un gufo marrone li stava guardando dall’altra parte del vetro e alle zampe teneva legata una piccola pergamena.
***
Lo so, da quanto è che non aggiorno questa fanfic (e tutte le altre?). Da troppo, troppo tempo.
Ho anche pensato di chiuderla qui, di cancellare tutto e stopparla, ma ho ancora troppo da raccontare. Nella mia testa si stanno delineando tutte queste belle storie e le vicende dei personaggi che devo davvero cercare di portarla avanti.
Oltretutto, mi ripresento dopo secoli con un capitolo striminzito, ma portate pazienza... mi serve tempo per tornare in careggiata e rispolverare i personaggi.
Anche qui comunque c'è stato un salto temporale e ora i ragazzi sono cresciuti. JamesRemus, Jolie, John e Charlie frequentano il sesto anno. Nel prossimo capitolo metterò magari delle foto di come li immagino con un recap delle loro parentele e casate.
Bando alle ciance, lascio la parola a voi. Lasciatemi una recensione o un piccolo segno di vita che ancora ci siete. Mi dispiacerebbe sapere di avere perso dei fan per strada.
P.S. i personaggi di questa storia non appartengono a me ma a J.K. Rowling e ino chan (sulle cui fanfiction è ispirata anche questa mia).
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