Florilegio

di Elosaliceverso
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Cacciatori di stelle ***
Capitolo 3: *** Io sono un fiore. ***
Capitolo 4: *** Quello che le porte sanno ***
Capitolo 5: *** Ti piace? ***
Capitolo 6: *** Le piccole cose ***
Capitolo 7: *** Cullami, cullami. Camomilla. ***
Capitolo 8: *** Come tuo padre ***
Capitolo 9: *** Raccontami di noi ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***




Ma questa è un'altra storia, e dovrà essere raccontata un'altra volta.
(M.Ende, La storia infinita)




Una volta concluse Il Giardino dei Mandorli e Cronache dalle terre di Suna - Tagliavento, Salice ed Elos si sono trovate con un sacco di cose graziose non raccontate: non c'era stato tempo di farlo, perchè la storia di Itachi, Hanayuki, Hanako e tutti gli altri doveva essere in un certo modo, avere una certa trama, certi tempi, ma c'era tutto un prima, un dopo e un durante che ci spiaceva lasciar non scritto.

Grazie a quel miracolo della dispersione tecnologica che è msn, dopo una luuuuunga discussione su un titolo che proprio non ne voleva sapere di uscire fuori in una certa maniera, nasce Florilegio: che è una raccolta di storie su Itachi, Shisui e Sasuke, principalmente, ma anche su Hanayuki e su Hanako.
Sarà aggiornata alla quando viene viene, probabilmente: c'è già qualche storia scritta, ma quando finiranno si aspetterà l'illuminazione per proseguire. Salice, poi, è tanto ordinata e precisa, ma Elos non lo è per niente. Non è in ordine cronologico e non ha pretese di completezza: è solo un gioco, perché ci piace giocare e, soprattutto, ci piace scrivere. Speriamo che possa divertire anche voi.

Buona lettura!

Salice ed Elos.

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Capitolo 2
*** Cacciatori di stelle ***


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Breve introduzione: Ecco qui la prima storia che apre Florilegio. Questa one-shot è a tutti gli effetti un prequel di Il Giardino dei Mandorli che a sua volta in un certo senso (dice Elos) lo è di Cronache dalle terre di Suna - Tagliavento ma ciascuna storia può essere letta singolarmente, come più vi piace.

[Itachi , Hanayuki, Sasuke, Shisui]




Cacciatori di stelle.

Un tonfo. Due tonfi, leggerissimi I piedi nudi di Itachi sfioravano appena il pavimento, mentre attraversava la casa con i sandali in mano. Il cuore gli batteva forte nelle orecchie e ogni minimo rumore lo faceva scattare. Neppure alla sua prima missione sul campo era così agitato. Riusciva ad immaginarsi perfettamente la faccia di Fugaku se lo avesse scoperto a sgattaiolare fuori casa in piena notte, adesso che era appena diventato chunin. Proprio mentre stava corredando l'immagine mentale del severo volto di suo padre di tuoni, fulmini e saette, un rumore dalla strada lo fece trasalire.
Il verso di una civetta.
Poteva sembrare normale in piena notte, ma Itachi sapeva che era un segnale. Il segnale.
Fece scivolare di lato la porta scorrevole e se la richiuse alle spalle, saltando poi agilmente il muro di cinta.
Con la schiena appoggiata ad un cartellone pubblicitario, vestito completamente di nero, Shisui sorrideva con l'aria più divertita del mondo.
- Pronto? - Gli chiese, non appena Itachi lo raggiunse. Il bambino non fece in tempo a rispondere, poiché udirono chiaramente un rumore di passi provenire dal fondo della strada. Una figuretta in pigiama li raggiunse di corsa.
- Hanayuki! - Sospirarono entrambi, riconoscendo la figlia del braccio destro di Fugaku.
- A-Aspettatemi! - Ansimò la bambina, di qualche anno più giovane dei due.
Itachi lanciò un'occhiata contrariata a Shisui.
- Ti sei fatto seguire! -
- Anche tu! - Gli rispose l'altro, indicando l'albero di pesche che si appoggiava al muro che circondava il giardino. Un marmocchietto di cinque anni era aggrappato al ramo che si affacciava sulla strada e sembrava impegnato a tentare di sfracellarsi al suolo da un'altezza considerevole. Itachi volò letteralmente sul muro, acchiappando per il colletto Sasuke e portandolo al sicuro a terra come se fosse un cucciolo.
Frattanto Hanayuki stava balbettando qualcosa a Shisui.
- Io ti ho visto passare per strada... E siccome sei sempre con Itachi... - Shisui la interruppe ridacchiando.
- E dove c'è Itachi ci sei anche tu! E Sasuke, a quanto pare... Che facciamo? - Itachi si issò sulla schiena Sasuke e aggrottò la fronte, mentre il bimbo sventolava la manina davanti alla faccia di Shisui.
- Ciao Shisui! -
- Se rimaniamo ci scoprono subito, andiamo via! -
I quattro bambini s'involarono alla spicciolata lungo la strada, e rallentarono solo quando furono parecchio lontani dal quartiere Uchiha.

*


Avevano attraversato mezzo villaggio e si stavano arrampicando sulla montagna dell'Hokage. Itachi portava sulle spalle Sasuke, mentre Shisui apriva la strada, agile come un ragno. Hanayuki chiudeva la fila, titubante. Stringendo le mani sulle gambe di Sasuke, Itachi si voltò a guardarla.
- Non guardare giù, e concentra il chakra su mani e piedi! -
La bambina strinse le labbra e fece un cenno d'assenso, ma la mano sinistra perse la presa sulla roccia, e rischiò di scivolare giù.
- Il Chakra! Concentralo! - Le ripeté bruscamente Itachi. Shisui, qualche metro più sopra, si lasciò dondolare appeso ad un braccio solo.
- Sasuke! Che ne dici di salire con me? Sono più veloce di Itachi! - Propose al bambino. Il piccolo strinse le labbra e scosse il capo.
- Voglio stare con il fratellone! - Rispose in tono stizzito. Chiunque altro si sarebbe innervosito, Shisui invece si limitò a sorridere di più.
- Facciamo una gara con lui, io e te. Possiamo superarlo! -
Gli occhi del bambino si illuminarono, mentre spalancava per un istante la bocca.
- Va bene! - Esclamò entusiasta. Itachi, che aveva raggiunto Shisui, guardò accigliato prima l'amico e poi Hanayuki, che si affannava più in basso, sdrucciolando verso il basso di un metro ogni volta che ne guadagnava due.
- Vieni Sasuke! - Lo incitò Shisui, tenendosi verso il bambino, mentre Itachi lo faceva scivolare con cautela verso le braccia del cugino. Non lasciò la presa né la allentò, fino a che Sasuke non venne depositato al sicuro sulle spalle di Shisui, poi lanciò un'occhiata penetrante all'amico. Aprì la bocca per parlare ma Shisui lo precedette.
- Lo so! Tu pensa ad Hana, o non arriveremo mai in cima. E non guardarmi così! Non potrei mai lasciarlo cadere! - Il ragazzino più grande fece una smorfia scocciata, poi prese a salire agilmente verso l'alto, con Sasuke che si sporgeva verso il basso. Itachi strinse i denti e abbassò lo sguardo.
- Hana... -
- Itachi! Arrivo... - Sussurrò lei, palesemente a corto di fiato, aggrappata alla pietra con un che di disperato. Lui sospirò, allungando la mano destra verso di lei.
- Dammi la mano, Hana, ti aiuto io... - Dall'alto la vocina di Sasuke si sentiva strillare.
- Ma Itachi sta aiutando Hana! -
- E' una gara a squadre, Sasuke! Giochiamo a fare i ninja! - Rise Shisui.
- Io voglio stare in squadra con Itachi! - Si lagnò il bambino, sporgendosi pericolosamente verso il basso. Itachi trattenne il fiato, e strinse forte le dita di Hanayuki, fino a strapparle un gemito.
- I veri ninja non si lamentano delle proprie squadre, Sasuke. -
- Ma io voglio stare con Itachi! - Continuò imperterrito il bambino.
- Se arriviamo per primi in cima, al ritorno scenderò io con Hanayuki. - Lo blandì Shisui e da dove si trovava Itachi non si udì nessuna replica. Hanayuki annaspava accanto a lui, tentando di salire.
- Ti guido io... Qui c'è una sporgenza, metti la mano... Ecco. - Sospirò lui, alternando uno sguardo verso di lei a due verso l'alto, mentre Shisui e Sasuke svanivano, nascosti dal naso del primo Hokage, e poi riapparivano molto più distanti, sulla curva delle sopracciglia.
- Riesci a salirmi in spalla, Hanayuki? - Le domandò, titubante, guardandola con aria critica. La bambina si aggrappò a una sporgenza con una mano, asciugandosi l'altra sui pantaloni del pigiama e passandosela poi tra i capelli sudati ansimando; dopo un istante annuì. Lui si fece passare il braccio di lei sulle spalle, mentre gli si abbarbicava addosso, stringendosi a lui. Pesava decisamente più di Sasuke, ma per Itachi non era comunque molto. Inspirò profondamente, mentre concentrava con attenzione l'energia alle mani ai piedi, e iniziava la risalita. In pochi istanti scavalcarono lo zigomo del primo Hokage, e Itachi si riposò un attimo aggrappato alla palpebra scolpita nella roccia.
Quando raggiunsero la cima, una ventata d'aria fredda li colse accaldati e li fece rabbrividire. Non appena posato il primo piede sulla roccia, Sasuke si precipitò addosso ad Itachi, sbilanciandolo all'indietro. Per fortuna Shisui, di appena un passo indietro al bambino, li afferrò entrambi, tirandoli al sicuro.
- Questo marmocchio ti farà ammazzare, Itachi! - Brontolò lui, senza però perdere il sorriso. Sasuke, beatamente ignaro del pericolo che aveva corso, stringeva la mano umidiccia in quella di Itachi, indicando una grossa pietra piatta più avanti.
- Vieni Itachi! Shisui ha detto che ti potevo portare io lì! - Itachi, che in tutto questo non aveva pronunciato una parola, si sciolse per un istante in un sorriso, ma riprese subito l'espressione pacata dietro a cui nascondeva tutto il resto. Lasciò scivolare a terra Hanayuki, che rabbrividiva ancora per il rischio corso e mano nella mano con Sasuke, si avviò verso la pietra piatta. La bambina rimase indietro, accanto a Shisui.
- Non puoi combattere con Sasuke, Hana. Per Itachi sarebbe più facile strapparsi un braccio che separarsi da lui. -
La bambina arrossì e chinò la testa.
- Di cosa parli, Shisui? - Chiese, sollevando poi il capo, con uno sguardo allegro. Shisui le diede una piccola pacca su un gomito, tirandola poi verso la pietra.
- Va bene piccola Hana, stasera sei una cacciatrice di stelle, ma guai a te se lo dici a tuo padre! -
- Cacciatori di stelle? - Domandò la bambina, saltellando sulla pietra, sedendosi poi dietro a Itachi, che teneva in braccio Sasuke, intento a sbracciarsi mentre guardavano verso l'alto, ciangottando ininterrottamente.
- Senza una stella a testa non ce ne andiamo mai di qui. - Le rispose Shisui, sdraiandosi accanto a lei e indicando verso l'alto. Hanayuki lo imitò e si trovò a fissare un manto di velluto scuro, denso di stelle brillanti. Lassù, isolati da tutti i rumori, lontani dalle luci del villaggio, potevano vedere il cielo stellato come se gli astri fossero a portata di mano. Solo dopo qualche istante la bambina si rese conto di aver trattenuto il fiato davanti a quello spettacolo e riprese a respirare normalmente. Rimasero in silenzio per un po' quando Sasuke sventolò un braccino indicando un ritaglio di cielo alla sua destra.
- Ne ho visto una! Ne ho visto una! -
- Bravo Sasuke! Sei anche tu un cacciatore di stelle stasera! Esprimi un desiderio e non dirlo a nessuno! - Shisui aveva dato un buffetto sulla testa arruffata di Sasuke; il bambino aveva stretto gli occhi e gonfiato le guance, mentre si concentrava per esprimere un desiderio.
- Ah! Ne ho visto una anche io! - Esclamò elettrizzata Hanayuki. Accanto a lei, Itachi mugugnò.
- Mh. -
- Ne hai visto una anche tu, Itachi? -
- Mhmh – Mugnò ancora il bambino, subito preso di mira da Sasuke.
- Itachi! Itachi! Dove l'hai vista? Hai espresso il desiderio, Itachi? -
Hanayuki sbuffò impercettibilmente e Itachi si mosse, irrequieto. Shisui roteò lo sguardo, e, anche se nessuno poteva vederlo, trattenne un sorriso.
- Va bene... Manco solo io, e poi i bambini piccoli se ne tornano a dormire, eh? -


*


I quattro bambini erano arrivati davanti alla casa di Itachi. Lui sulle spalle teneva Sasuke, profondamente addormentato da quando avevano iniziato la discesa. Shisui teneva per mano Hanayuki, che ciondolava dal sonno, ed inciampava ogni due o tre passi sfregandosi gli occhi con la mano libera.
- Io porto a casa Hana, Itachi. Domani non abbiamo missioni vero? Possiamo vederci al solito posto. -
Itachi fece solo un gesto di assenso. Tra lui e Shisui non c'era bisogno di parole. La parlantina del ragazzino più grande poteva confondere le idee e farlo sembrare poco attento ai dettagli, ma nulla di quello riguardava Itachi sfuggiva a Shisui. E nulla di quello che accadeva a Shisui sfuggiva ad Itachi.
Stavano per separarsi, quando, eretta e granitica, scura e inquietante era apparsa la figura di Fugaku dal cancello. Non disse nulla, ma li fissava severamente, le mai infilate nelle maniche opposte, le braccia incrociate al petto e lo sguardo severo.
Itachi sgranò gli occhi, improvvisamente consapevole del caldo peso di Sasuke che respirava tranquillo sulla sua schiena. Sasuke che sarebbe dovuto essere nel suo letto a dormire. Sasuke che era stato portato fino in cima alla montagna degli Hokage in piena notte. Leggera come una nuvola che copre la luna, era arrivata anche Mikoto, e si sporgeva da dietro al marito.
- Cosa ci fate fuori di notte? - Chiese, squadrandoli dall'alto in basso. Chissà come, l'immobile figura di Fugaku si era leggermente rilassata. Shisui e Itachi si scambiarono uno sguardo d'intesa. Fu il più grande a parlare.
- Zia Mikoto! Itachi ed io siamo stati ad allenarci al campo d'esercitazione e... - Il bambino deglutì nervosamente. Per quanto fosse il migliore dei due a inventare bugie credibili, spiegare la presenza di Hanayuki in pigiama e di Sasuke era oltre la sua portata. Mikoto aggirò il marito, simile ad una farfalla svolazzante nelle vesti indossate in fretta.
- Un'altra bugia, Shisui, e dirò tutto quanto a tua madre. -
Il bambino chiuse la bocca con uno scatto, mentre guardava Itachi lanciare occhiate torve tutte intorno a lui. Dovette mordersi una guancia per non ridere, notando quanto in quel momento suo cugino assomigliasse al padre. Entrambi dritti e fieri come delle lance appuntite. Entrambi alle prese con una situazione in cui non avrebbero voluto trovarsi. Hanayuki si lasciò sfuggire un singhiozzo. Non era realmente preoccupata, ma la stanchezza l'aveva resa sensibile e ora voleva solo andare a letto. Mikoto le prese la mano e la tirò delicatamente verso la grande casa.
- Avanti, dentro casa. Tutti. -
Itachi e Shisui si guardarono sbigottiti. Fugaku, dal canto suo, aveva un'espressione altrettanto perplessa mentre si scostava per lasciar passare la piccola processione. Quando tutti e quattro i bambini furono nell'ingresso, con Sasuke ancora placidamente addormentato sulle spalle di Itachi, Mikoto si mise le mani sui fianchi.
- Ora preparo un letto per Hanayuki, e tu, Itachi, dormirai con Sasuke. Guai a voi se sento volare una mosca. - Il tono severo di Mikoto non ingannò neppure per un istante il marito; sapeva che trovava la cosa estremamente divertente. I bambini quasi corsero nella stanza, e non appena si furono coricati tutti, si scambiarono occhiate incredule. Itachi mise a letto Sasuke, che si rigirò tra le lenzuola soddisfatto, senza neanche aprire gli occhi. Hanayuki sospirò e si addormentò in pochi istanti, sorridendo. Shisui si sedette sul letto, coprendosi la bocca con la mano mentre sussurrava verso il cugino.
- Dici che domani ci sgrideranno? -
Itachi assunse un'espressione seria.
- Stavolta l'abbiamo fatta grossa. - Disse soltanto. Shisui si mordicchiò le labbra, poi si coricò, scrollando le spalle. - È inutile pensarci adesso, domattina ci verrà in mente qualcosa. -
Con un gesto rapido, strinse il polso di Itachi, e il bambino si rilassò leggermente, sdraiandosi a sua volta.


*


Dopo pochi minuti, il respiro dei quattro bambini si era fatto regolare, e Mikoto sorrideva in corridoio. Fugaku le lanciò un'occhiata risentita.
- Non hai intenzione di punirli, vero? -
- E per cosa? Per aver fatto un giro di notte? Shisui e Itachi ormai sono ninja, e sanno badare a sé stessi! -
- E Sasuke e Hanayuki? - Insistette l'uomo, burbero.
- Sono sicura che Shisui e Itachi non li hanno coinvolti. Li avranno seguiti e quei due se li sono trascinati dietro. -
- Quindi domani...? - Le chiese l'uomo.
- Oh, li spaventerò un po', e dopo colazione li rimanderò a casa. - La donna sorrise e scrollò le spalle, dirigendosi verso la sua camera da letto. Il Marito sospirò, e dopo pochi istanti si decise a seguirla.





Sproloqui dell'autrice: Ecco la prima storia. E' la prima fluff che scrivo e spero che rientri nella categoria, perchè come Elos sa, il mio - nostro - genere è quello del "tirate fuori i fazzoletti, ragazze!". Che altro dire? Posso solo solo anticiparvi che la prossima storia di Elos è... Qualcosa che per me è stato inenarrabile, al punto che mi sono commossa e ci ho piagnucolato un po' su.
Detto questo, aggiunto in breve che ad eventuali commenti risponderemo sui "nostri" capitoli, quindi se commentate questo, la risposta non sarà necessariamente sul prossimo, ma sul successivo che sarà scritto da me, per facilitare lo "smaltimento".

Vostra Salice
Creditis immagine : Rain_of_stars_by_Mar_ka - Deviantart

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Capitolo 3
*** Io sono un fiore. ***




Introduzione: Ispirata a Il Giardino dei Mandorli. Per poterla apprezzare pienamente sarebbe meglio averla letta.
Per Salice. A te, ad Hanayuki.

[Hanayuki, Itachi]



Io sono un fiore.

Ho aspettato seduta in un giardino che non sfiorisce mai.

Ci sono tre cose di Itachi che solo Hanayuki conosce.
Forse, a ben pensarci, le conosce anche Shisui - che è il suo migliore amico e che passa un sacco di tempo con lui - ma forse no, perché non è quel tipo di cose che un ragazzo in genere nota. Hanayuki a quelle cose tiene molto, perché ci ha messo anni a raccoglierle. Come un'altra collezionerebbe pietre lucide o foglie o farfalle, lei colleziona frammenti di Itachi.
Lo sposerà, un giorno, Itachi: così, un pezzetto alla volta, lo sta costruendo per sé.

La prima cosa: Itachi Uchiha pensa che le lucciole siano come gioielli.
E questa - oh, accidenti - questa non è una sciocchezza. Non tutti lo penserebbero. Non tutti sanno che colore ha una lucciola che si posa su una ciocca in un pomeriggio di luce chiara e vento verde in un giardino dove ci sono solo due persone, ed una delle due è tremendamente innamorata dell'altra, che forse capisce, forse no, ma che in ogni caso le chiede di aspettare.
E così lei aspetta.
Aspetterà anche mille anni, se servirà, ed alla fine di quei mille anni avrà la certezza di non aver aspettato inutilmente. Avrà avuto Itachi per tutto quel tempo, mille anni di Itachi, mille anni di Itachi da aspettare.
C'è chi desidera inutilmente per tutta una vita di poter trovare qualcuno che varrebbe la pena di attendere, e lei invece lo ha già, lo ha da sempre, e lo potrà avere sino alla morte ed anche oltre.
Itachi Uchiha conosce le lucciole e i pomeriggi di vento e di luce. Itachi Uchiha vorrebbe avere un bambino da chiamare pace.

Anche questa cosa qui, in un certo senso, è solo per Hanayuki e pochi altri. Forse Shisui sa di questa pace che Itachi si porta dentro come un desiderio, un richiamo; forse lo sa anche sua madre. Forse anche Fugaku, ecco: ma in Fugaku Hanayuki non ha molta fiducia.
Hanayuki non crede che Fugaku ricordi il colore delle lucciole.

La seconda cosa: la schiena di Itachi Uchiha è calda.
D'accordo, forse quella è una cosa che anche Sasuke deve conoscere: ma Sasuke ha lo stesso odore di Itachi, identico, e quindi neanche Sasuke può sapere che effetto fa trovarsi addosso quell'odore dopo che si è stati sulla sua schiena per un po', ritrovarlo sul kimono e sui capelli, ritrovare la sensazione del tepore.
Itachi non fa mai pesare l'aiuto che dà: e così tende una mano per stringere la sua, mentre si arrampicano tra le rocce a picco della montagna degli Hokage, e poi le chiede di salirgli sulle spalle, così potrà portarla su più facilmente.
Ecco: Hanayuki vorrebbe chiudere il ricordo della schiena di Itachi in un cassetto segreto, in un cofanetto, e poi lasciarselo cadere dentro sino a quando non sarà precipitato tanto profondamente da non poter mai più tornare su.
L'odore di Itachi è arancia e calore.

La terza cosa è tanto meravigliosa che non ce n'è una più preziosa, per Hanayuki.
Le è cara come nient'altro al mondo mai, perché certe volte ha l'impressione di doversi aggrappare ai pezzetti ed alle briciole, con Itachi, di dovergli strappare con la forza ciascuno di quei frammenti che poi lei mette insieme - ci sono tre cose di te che nessuno sa - per poter credere che, per tutti quei mille anni e mille ancora in cui dovrà aspettare, Itachi non si scorderà mai che c'è lei che lo attende.
Un fiore per un fiore, ha detto Itachi.
Un fiore per un fiore, e l'ha detto a lei.

Io sono un fiore. Lo pensa appesa al ramo, a testa in giù. La terra è fatta di foglie e di petali, e il cielo che ha sopra di sé è una terra d'erba verdissima punteggiata di bianco.
Io sono un fiore.
Ho aspettato seduta in un giardino che non sfiorisce mai.
Io sono un bocciolo. Posso resistere all'estate che brucia, all'autunno delle foglie cadute. Posso resistere all'inverno. Geleranno i fiori che ho intorno in giorni di dolore, ma io non gelerò.
Arriverò alla primavera e io, bocciolo, sarò fiore schiuso.


I giorni di dolore li vede incisi sulla faccia di Itachi degli ANBU, e non sa cosa dire, cosa fare, per far ritornare su quel volto il sorriso.
Sa che sarà inverno a breve. Sa che dovrà stringere i denti e tirare avanti per tutti i mesi del freddo e del gelo, ma sa anche che poi l'inverno finirà e sarà la primavera.
Sarà così. Lei saprà aspettare.

Lo vorrebbe solo per sé, Itachi, ma Itachi è di tutti: è di Fugaku e di Mikoto e di Sasuke, è di Shisui, ed è degli ANBU e di Konoha, soprattutto, Itachi prima di ogni altra cosa appartiene a Konoha.
A lei appartengono quelle tre cose, e poi tutte le altre che le sono state lasciate cadere tra le mani come semi da far crescere e fruttificare, il ricordo di ogni respiro tirato in compagnia di Itachi. Non le perde mai di vista, le tre cose, tutte le cose, perché saranno quelle che la porteranno da lui.

Ho aspettato seduta in un giardino che non sfiorisce mai.
Non può far altro che aspettare: non è Itachi, lei, e non lo sarà mai. Per aiutarlo può solo far così: tenere aperto un giardino dove ci sono le lucciole, dove i petali continuano a cadere incuranti degli ANBU, di Konoha, del clan, di Fugaku e della guerra, incuranti dei disastri, dei demoni, più forti di ciascuna di queste cose, come lei che, bocciolo, supererà l'inverno con loro.

Ci sono tre cose di te che nessuno sa, a parte me.
Ed è per queste tre cose che - mille e mille anni e mille ancora - Hanayuki continuerà ad aspettarlo, Itachi.



- Perdonami, Hanayuki, perdonami. -
I petali bianchi, nel vento, sono come una nevicata fuori stagione.





Note: E siamo al secondo pezzo (uh, sono Elos, a proposito! xD). Quest'ordalia di depressione gratuita è nata dall'ennesima rilettura di Il Giardino dei Mandorli: avevo la possibilità di mettere le mie avide zampine su Hanayuki, suvvia, potevo farmi sfuggire l'occasione?
Il prossimo, giuro, sarà ispirato alla filosofia del carini e coccolosi, ragazzi.

Fonte immagine: Kimono_Girl_by_Yukisora

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Capitolo 4
*** Quello che le porte sanno ***


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[Itachi , Hanayuki, Sasuke, Shisui]




Shisui e Itachi – 6 e 4 anni

- Stai fermo Shisui! - La voce di Mikoto trilla argentina nella grande casa degli Uchiha.
- Zia Mikoto, fa presto, voglio vedere vedere quanto sono cresciuto! - Shisui si agita e saltella sui talloni finché Mikoto non gli mette una mano sulla spalla, dolcemente ma con fermezza, e con l'altra traccia veloce un segno all'altezza del ciuffo ribelle del bambino.
- Ecco fatto! - Sospira. Dietro sua madre, Itachi guarda la scena con il suo faccino serio: questo almeno finché Shisui non lo afferra per una mano, mettendolo accanto allo stipite.
- Zia! Misura anche Itachi! -
La donna sorride e, siccome Itachi non dice nulla e si limita a scoccare un'occhiataccia al cugino, misura anche lui.
- Ecco qua. Sei più basso di Shisui alla tua età, Itachi, ma non preoccuparti, ognuno hai i suoi tempi e i suoi modi per crescere. -
Shisui ghigna e molla una gomitata al cuginetto, che risponde con un pugno e il volto imbronciato. E' solo un istante, ma in quel momento il volto di Itachi è vivace e mobile, pieno di vita. Solo per Shisui. Dopo un attimo torna ad essere un adulto in miniatura, che ignora con distacco le provocazioni del cugino.
Mikoto finge di non vedere, e disegna una donnola accanto all'ultimo segno tracciato; poi si rialza, lisciandosi i vestiti.
- E se invece di litigare facessimo merenda? - Domanda con finta noncuranza. La piccola zuffa cessa immediatamente, e i sue bambini sorridono. Uno entusiasta, l'altro vagamente incerto.
- Sì! - Risponde urlando per entrambi Shisui, afferrando Itachi per un braccio e trascinandolo verso la cucina.
Mikoto sorride e li segue.


Hanayuki – 5 anni

- E qui che cosa c'è, zia Mikoto? - Domanda Hanayuki, saltellando per la casa sino a fermarsi davanti ad uno stipite di legno: dal metro e mezzo in giù è gremito di piccole righe orizzontali, spesso accompagnate da un'iniziale o un piccolo disegno.
Mikoto abbandona la veranda, lasciando la culla dove Sasuke dorme beato all'ombra del ciliegio. Quando raggiunge la porta si china a guardare i segni e sorride alla bambina.
- Sono segnate le altezze di Shisui e Itachi. Vedi questo? - E indica un trattino piuttosto basso. - E' Itachi a quattro anni, mentre questo è Shisui a cinque, a sei e qua... Sette e otto. - Hanayuki sgrana gli occhi e li fissa avidamente.
- Quali sono quelli di Itachi, zia Mikoto? -
- Quelli con la donnola disegnata. Gli altri sono di Shisui. -
- Misuri anche me? - Domanda, con gli occhi scuri sgranati, mentre già batte le mani e sorride. A Mikoto non resta che sospirare e sorridere.
- Va bene, mettiti qua... - Si inginocchia accanto alla bambina, che la fissa ansiosa, con sguardo serio.
- Quanto sono alta? - Domanda con un filo di voce.
Mikoto trattiene il sorriso e la fissa seriamente, aggrottando addirittura le sopracciglia. La bambina si agita un poco, sollevando le mani a tastarsi la testa, come se volesse controllare di esserci per davvero tutta, lì accanto alla porta. Dopo un istante, quando sembra che Hanayuki non ce la faccia quasi più dall'ansia, distende il volto in un sorriso e traccia una riga sul legno, per poi afferrarla per le spalle e farla voltare:
- Ecco qua! Sei alta come Itachi alla tua età, ma meno di Shisui a cinque anni! Credo che lui sarà il più alto di tutti. Quando smetterà di crescere, ecco. - Mikoto si rialza, ma Hanayuki resta a guardare la riga sottile appena tracciata sul legno morbido, che va a sovrapporsi a quella di Itachi. Sorride. Quello che la bambina vede non è una linea, ma un segnale che conduce a Itachi.
L'incanto dura il tempo di un secondo, perché Sasuke si sveglia, solo in veranda, e scoppia a piangere. Mikoto si affretta ad attraversare il corridoio e ad uscire fuori, lasciando cadere la penna.
Hanayuki la afferra, e velocemente scarabocchia un fiore accanto alla donnola. E' storto e irregolare, disegnato sul muro, ma i suoi petali sono a forma di cuore.


Sasuke – 4 anni

Piove fuori, e le nuvole grige si stringono come una cappa sul villaggio della foglia in un'atmosfera uggiosa. Sasuke rientra a casa e sospira. Scalcia via i sandali bagnati e saltella a piedi nudi verso la cucina, dove la luce gialla della lampada e la voce di Mikoto che canticchia sembrano una promessa di felicità. Lascia cadere la borsa accanto al tavolo e poi si lascia andare anche a lui, poco distante.
- Bentornato Sasuke! Ti sei allenato molto? - Gli domanda la madre, mentre con destrezza maneggia cinque o sei tra padelle, pentole e casseruole.
- Un po' – Fa spallucce. E' stanco morto, dopo aver lanciato kunai per tutto il giorno, ma piuttosto che piegare la schiena si puntella con i gomiti sul tavolo, cercando di tenersi dritto.
- Ancora un minuto e ti preparo la merenda, Sasuke. -
Ancora spallucce, troppo stanco per parlare, concentrato nello sforzo di tenersi sveglio. Dopo pochi istanti le campane a vento dell'ingresso suonano, con un tintinnio discreto. Itachi è rientrato a casa dalla missione e Sasuke si dimentica di essere stanco, affamato e bagnato, per corrergli incontro.
- Itachi! Itachi! - Vola verso la porta, mentre suo fratello si sta togliendo i sandali e il giubbotto da chunin zuppo. All'ultimo spicca un balzo, fiducioso che, anche se non lo sta guardando, Itachi lo afferrerà al volo. E così è. Un attimo nel vuoto e le braccia di suo fratello lo stringono, salde come quelle di un adulto.
- Sasuke! Non dovresti correre in questo modo, potresti farti male. - Lo rimbrotta, ma con il sorriso sulle labbra. E, tenendoselo sotto braccio come se fosse un pacchetto, se lo porta in cucina, da Mikoto. La donna sorride ad entrambi i suoi figli, mettendo loro davanti due tazze profumate di tè all'arancia e un piatto di biscotti. Mentre mangiano li osserva, sorridendo fino a che Itachi non posa lo sguardo sui pantaloni fradici di Sasuke.
- Vai a cambiarti Sasuke, o ti prenderai un malanno! -
Mikoto interviene ridendo:
- Sai Sasuke, bagnarsi i piedi fa crescere, e Itachi ha paura che un giorno sarai più alto di lui! -
Itachi non si scompone all'affermazione della madre, ma sbuffa. Sasuke sgrana gli occhi e tira la manica di suo fratello.
- E' vero Itachi? -
Il bambino più grande sorride, e gli scompiglia i capelli prima di alzarsi e andarsene con un biscotto tra i denti.
- No. - Dice soltanto, ma sorride ancora, mentre Mikoto ride davanti ai fornelli.
- Ha ragione Itachi, Sasuke. Si cresce solo mangiando i biscotti che fa la mamma! - Esclama, ma Sasuke è già in piedi, i pugni stretti e l'espressione entusiasta:
- Andiamo a misurarmi mamma! Scommetto che oggi sono cresciuto un sacco! -
- Sasuke, ti ho misurato l'altro ieri! Non puoi essere cresciuto così tanto! - Mikoto scuote il capo e torna in fretta ai fornelli, tra le pentole.
Sasuke si alza, zitto zitto e raggiunge la porta dove Mikoto li misura ogni mese. Solleva lo sguardo verso l'ultimo segno tracciato, così in alto che neppure sollevandosi in punta di piedi la sua testa raggiunge la riga più alta. Sasuke guarda Itachi, lassù sul muro; sa che farà qualsiasi cosa per raggiungerlo. E prima o poi ci riuscirà.


Itachi – 6 anni

Dopo il primo giorno d'Accademia Itachi non è stanco, ma un po' frastornato.
La grande casa degli Uchiha, pure con il piccolo Sasuke che piange tutta la notte e ciangotta allegro tutto il giorno, è molto più silenziosa dell'Accademia.
Quando rientra, però, è più silenziosa del solito: non c'è nessun gorgoglio, nessun sonaglio, né uno sbattere di pentole proveniente dalla cucina.
Tutti i sensi del bambino sono all'erta, pronti a cogliere il minimo rumore insolito. Si muove a piccoli passi, stringendo un kunai nella mano destra, quando all'improvviso da un angolo spunta una figura scura. Itachi sobbalza e fa un passo indietro, pronto a lanciare, per poi accorgersi che l'ombra comparsa nel vano della porta altri non è che Fugaku.
- Itachi! La mamma ha portato Sasuke dal dottore, e mi ha chiesto di aspettarti. - Fugaku tenta un sorriso. Non gli riesce molto bene, ma Itachi sa apprezzare lo sforzo e si ricompone, vagamente imbarazzato. - Non voleva che tornassi in una casa vuota. - Prosegue suo padre, probabilmente imbarazzato quando lui. Itachi annuisce serio, e fa per passare oltre, quando suo padre lo ferma:
- Aspetta. Mikoto... Voglio dire, la mamma mi ha anche chiesto di misurarti. Ha detto che te lo aveva promesso.-
Itachi si stringe nelle spalle. Nonostante sia solo un bambino, non è così infantile da pretendere tutte le attenzioni di Mikoto: sa che Sasuke è piccolo e ha la precedenza. Però Fugaku non demorde, e gli porge la mano, accennando di nuovo un sorriso: che stavolta però raggiunge anche gli occhi, anziché increspare solo le labbra. A Itachi viene spontaneo rispondere allo stesso modo.
- Facciamo questa cosa io e te e basta, va bene? - Propone quel grande uomo che è suo padre. Un ninja bravissimo, come Itachi sa, come gli hanno ripetuto mille volte in accademia, quel giorno.
Quel ninja grandissimo però è suo padre, che ora lo guarda un po' imabrazzato, e persino Itachi non vuole farsi sfuggire l'occasione di stare un po' da solo con lui: anche se a volte si sente vecchio a sei anni, Itachi è ancora un bambino.
Sorride e, mentre stringe la mano di Fugaku, si accorge che la casa silenziosa non è più inquietante
.





Sproloqui dell'autrice: Ecco qua. Un po' spezzettata e diversa dall'altra pubblicata, ma spero abbastanza fluff senza essere noiosa! In teoria i ringraziamente dovrebbe farli Elos, perchè sono tutti sul suo capitolo, ma appena innaugurato l'account già tenta di svicolare dalle regole e mi fa gli occhioni dolci perchè risponda io.
Ringrazio dunque
Tatan. wari ,Dita_Inkiostro , Gweiddi at Ecate per i gentilissimi commenti a "Il giardino dei Mandorli" e, in generale per le storie e Hanayuki, che ringrazierebbe sentitamente, se solo sapesse. Mi dispiace moltissimo aver pubblicato con questo enorme ritardo, ma la mia situazione familiare era un po' incasinata e tutt'ora non è migliorata. Ma i vostri commenti mi fanno bene all'anima, grazie.
Spero sia valsa l'attesa



Vostra Salice
Credits immagine : ItachiMakoto By Lily

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Capitolo 5
*** Ti piace? ***




Introduzione: Un po' per Il Giardino dei Mandorli, un po' per Tagliavento. Non è necessario averle lette.
Ancora tutte le mie scuse a chi si è trovato spaesato con Per ottenere un pranzo al sacco: e, di nuovo, in particolar modo a Tatan e abcdefghilm. Scusate.

[Itachi, Sasuke]



Ti piace?

Hanno appeso una specie di campana del vento, sopra alla culla, che si agita debolmente ogni volta che la porta viene aperta: i ramoscelli ruotano un poco, nella penombra i fili ai quali sono appesi non si vedono nemmeno, e così sembra galleggino nel vuoto.
Come un gatto, si muove pianissimo e cauto nello spiraglio aperto per poter entrare.
La casa è nel caos dal mattino: parenti che vengono, parenti che vanno, parenti che si fermano e chiacchierano con Fugaku, con Mikoto, parenti che acchiappano il cosino nella culla, lo tirano su e lo spupazzano per un po' pigolando come deficienti cose come ma che carino! o sei tutto il papà, sei!
Il neonato al momento ha rassomiglianze solo molto vaghe con un essere umano, e la cosa non lo rende particolarmente grazioso. E' piccolo. Odora di latte e di fagottino sporco. Vagisce e strilla. Itachi si chiede quale di queste tre carattestiche siano rilevate dai parenti in questione come accomunanti a Fugaku: nessuna delle tre è una risposta lusinghiera per il padre, ad ogni modo.
Itachi è comunque un bambino molto cortese, e così si è limitato ad osservare i visitatori con educata perplessità, limitandosi ad ignorarli quando qualcuno di quei pigolii sovraeccitati si trasformava in un qualche genere di domanda imbecille rivolta a lui:
- E' bello il tuo fratellino, eh? -
oppure
- Non sei contento che sia arrivato il tuo fratellino? -
e infine, la più sconcertante di tutte,
- Vuoi tanto bene al tuo fratellino, vero, Itachi? -
Itachi non lo sa. Itachi vuole bene a Mikoto e a Fugaku, la mamma e il papà. Itachi vuole bene ai suoi parenti, ed è anche per questo che sopporta docilmente che rumoreggino a meno di tre metri da lui: sono fastidiosi, ma non intollerabili, e poi sono suoi. Itachi a loro vuole bene, ma questo fagottino non troppo profumato gliel'hanno scaricato in casa da meno di ventiquattr'ore, ancora non ha idea di chi sia, di cosa sia, di cosa voglia.
Ha pazientemente aspettato che se ne andassero tutti, lasciando la casa improvvisamente vuota e silenziosa. Mikoto riposa in una poltrona che è stata trascinata in cucina e tiene compagnia a Fugaku, intento a lavare i piatti: Itachi non ha mai visto suo padre lavare i piatti prima d'ora, ma la mamma è stanca, è pallida, ha bisogno di stare tranquilla. Sorride radiosa, esausta, e Fugaku è raggiante.
E' bello che loro siano contenti. Itachi si sente propenso ad essere conciliante verso il fagottino anche solo per questo.
Si avvicina alla culla muovendosi pianissimo, lento, come gli ha insegnato suo padre: prima la punta dei piedi a terra, poi il taglio, poi tutta la pianta, il passo del gatto e della tigre, così le assi di legno del pavimento non cigoleranno, non faranno rumore e non sveglieranno il fratellino.
Itachi è tanto convinto che il bimbo stia dormendo, perché sta zitto e buono e non piange e non vagisce, che quando una manina piccolissima emerge dalla culla e si allunga verso la campana del vento, be', gli viene da fare un salto indietro.
Si blocca di scatto, spaventato, il cuore che gli pulsa in petto con tanti battiti da uccellino impazzito.
La manina del neonato resta su per un po', poi si abbassa, poi viene risollevata con debole entusiasmo. Si protende a cercar d'afferrare uno dei ramoscelli di legno bianco, che però sono fuori dalla sua portata.
Itachi percorre gli ultimi due passi che lo separano dalla culla e, senza pensare, allunga una mano e spinge verso il basso l'estremità del bastoncino, mettendola alla portata del neonato. Vede le piccole dita del bambino chiudersi lentamente attorno al ramoscello, tirandolo, e la campana del vento oscillare. I campanelli appesi ai fili tintinnano.
Il fagottino guarda e pare interessato. Non sorride, però lo rifà. Il bastoncino gli sfugge dalle mani e Itachi gli vede inalberare, dopo un attimo di incertezza, un'espressione contrariata: così glielo tende di nuovo. L'espressione contrariata sparisce.
Ha una testolina quasi del tutto implume, con solo pochi ciuffi neri e sparuti. Itachi allunga un dito per accarezzarli. Per riuscirci deve issarsi in punta di piedi e sporgersi oltre la ringhiera di legno della culla: la posizione è scomodissima, ma i capelli del fagottino sono morbidi, ed ora il bimbo ha distolto la sua attenzione dalla campana del vento per rivolgerla a lui.
Sembra ancora più interessato. Allunga una mano e Itachi gli offre un suo dito. Se lo sente rubare e stringere, e gli occhi del bimbo - più blu che neri, velati, occhi da neonato - osservano la sua mano e se la tengono vicina al viso.
Il bordo di legno della ringhiera preme contro il suo torace esile. Itachi sopporta finché riesce, ma poi è costretto a far scappar via il dito dalla presa del bambino: questi pare prima sorpreso di vedersi sottrarre il nuovo gioco, poi insoddisfatto, infine infelice. Comincia ad aggrondare la fronte e il viso, le labbra tirate verso il basso e un'espressione da trenta secondi e parte la sirena, e Itachi sgattaiola in fondo alla stanza, acchiappa una sedia, la trascina accanto alla culla e ci si issa sopra in ginocchio a tempo di record.
Caccia di nuovo il dito tra le mani del bimbo, e il visetto tondo si rasserena in un baleno.
Pericolo scampato.

E' la mamma, la sera, a fare la domanda più intelligente della giornata:
- Ti piace il tuo fratellino, Itachi? -
Il fratellino è un ranocchietto con la testolina nera, e quindi non è bello. Itachi non sa ancora bene se sia contento di trovarselo in casa, a succhiare le attenzioni di Mikoto, così preziose, e quelle di Fugaku, già così rare, né sa se gli vuole bene o meno: non riesce a capirlo.
Il fratellino però è caldo. E' morbido. L'odore di latte non è poi così intollerabile, è buono, è dolce, sa di cose piccole e carine. Il fratellino gioca con le campane del vento, ma preferisce il suo dito a quelle.
Assente alla domanda della mamma, perciò, annuendo convinto:
- Sì. -
Sasuke dorme tra le braccia di Mikoto, che se ne sta sdraiata sul divano a riposare. Il bimbo ha mangiato - poco poco, come un uccellino - e si è assopito quasi subito. Itachi si sistema con i gomiti sulle ginocchia della mamma, piega il capo da una parte e li osserva.
Quando Fugaku arriva con una coperta, un po' più tardi, li trova tutti e tre addormentati.






Note: Ondate di amorevolezza e coccoloseria (brrr!) avevo promesso e ondate di amorevolezza e coccoloseria ho dato. Tanto poi ci pensa Kishimoto a rimettere a posto le cose. Signor Autore, perché, perchè?
Sono di nuovo Elos. xD Per il prossimo capitolo cosa preferireste? Un pezzo legato a Tagliavento, che è già pronto, o un pezzo su Shisui, Itachi e Sasuke che si sta praticamente preparando da solo, salvo crollo disastroso dell'ispirazione?
Nel frattempo non posso che ringraziarvi e ringraziarvi e ringraziarvi per tutte le meravigliose recensioni che avete lasciato. Io e Salice non pensavamo che questa raccolta sarebbe stata tanto apprezzata.


Gweiddi at Ecate: ma stavolta è stata tutta colpa di Sal! xD Io non ho fatto niente, giuro!

abcdefghilm: Ben ritrovata! ^^ Ti ringrazio molto per il complimento, e sono felicissima di rivederti qui.

Dita_Inkiostro: "Dolorosa" non rende l'idea, Sal non ha lasciato possibilità di speranza. Si vede che mentre scriveva era incline al sadismo. Grazie di cuore!

wari: Come ci si soffoca con l'aria? C'è una tecnica segreta? O_O Se sì, la voglio conoscere!
Dà pure tutta la colpa a Salice, perché è tutta sua. Prima mi accusa di scrivere storie depresse e deprimenti e poi se ne esce fuori con questa roba innominabile, dopo avermi fatto credere a tradimento che sarebbe finita bene.

Tatan: Non si capisce bene se vuoi tagliarci a pezzettini e friggerci con l'Olio Cuore oppure farci i complimenti; nel primo caso è colpa di Salice, qualunque cosa sia; nel secondo caso io mi prendo la mia parte, l'incarto e porto via. *_* Alla prossima!

Fonte immagine: Itachi_and_Sasuke__cute_chibis_by_askerian

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Capitolo 6
*** Le piccole cose ***


florilegio_3.html


[Itachi, Shisui]



Itachi uscì dall'Accademia e attraversò il cortile con un sospiro leggero. Sollevò lo sguardo verso l'alto, dove la luce passava tra il fogliame dell'albero formando delle lame dorate. Il sole era alto e il cielo limpido, azzurrissimo.
Sembrava incredibile pensare che quel cielo chiaro e sereno apparteneva allo stesso universo di qualche anno prima, dove le grida riempivano l'aria e tutto il mondo sembrava avere solo tre colori: bianco, nero e rosso.
Dopo qualche secondo si mosse, costringendosi a fermarsi però di botto: proprio all'angolo Shisui gli dava le spalle. Lo stava aspettando, come avevano concordato prima delle lezioni, ma era intento a parlare con una ragazzina che lui aveva intravisto qualche volta in Accademia: lei aveva una massa arruffata di capelli rossi e un sorriso accattivante sotto una montagna di lentiggini. Alle labbra di Itachi spuntò un sorrisetto mentre si mimetizzava tra le ombre dell'edificio. Attese in silenzio finché la ragazzina non si fu allontanata, poi calpestò rumorosamente l'erba e Shisui si girò con un gran sorriso:
- Itachi! Come è andata la giornata al piccolo genio dell'Accademia? - Gli chiese il cugino, stringendo in una mano il nodo del fazzoletto che confezionava il pranzo.
Itachi fece una smorfia:
- E tu? Appena uscito e già sei riuscito a farti preparare il pranzo da una ragazza! -
Shisui sgranò gli occhi per qualche istante, assumendo la stessa espressione delle carpe che nuotavano nello stagno sul retro di casa sua.
- Eh? Dici questo? - Shisui scrollò il pacchetto con poca grazia e molta disapprovazione da parte di Itachi.
- Sì. -
- Non è mica mio. -
Itachi aggrottò appena le sopracciglia. Se quello che aveva davanti non fosse stato Shisui, probabilmente il suo cambio d'espressione non sarebbe stato neppure notato. Il cugino invece colse al volo il minimo movimento e interpretò senza problemi la domanda inespressa.
- E' per te, ma conto di mangiarmelo io. - Aveva parlato con una tranquillità disarmante, ma l'aria che era nei polmoni di Itachi si volatilizzò e il bambino si trovò all'improvviso a tossire, mentre un vago rosa intenso gli colorava le guance:
- C-Cosa? -
- E' un cestino del pranzo, Itachi. Preparato per te da una ragazza. Sai le ragazze? Hai presente quelle cosine leggiadre che sono sicuro avrai in classe anche tu... Sai quelle che non fanno che chiacchierare e annodarsi nastri nei capelli anziché esercitarsi nelle tecnic... -
- Ho capito! Ho capito! - Annaspò Itachi, nel tentativo di interrompere il fiume di parole di Shisui, sicuro che una volta partito, neanche il crollo della montagna degli Hokage lo avrebbe più fermato.
- E perché lo hai preso tu? - Sibilò poi, tentando di darsi il contegno che di solito aveva, ma ora gli sembrava di averlo lasciato nell'aula, da qualche parte. Il cugino gli rispose con un sorriso furbetto, ed Itachi si chiese se non fosse il caso di fuggire a nascondersi: l'ultima volta che aveva visto le labbra di Shisui piegarsi in quel modo e gli occhi luccicargli, erano finiti entrambi in punizione per un mese intero.
- Perché mio caro, io ti conosco. - Sentenziò con aria saputa, scoccando uno sguardo verso la strada alle spalle di Itachi. Il cugino non poté fare a meno di voltarsi, dopo anni di allenamento alle missioni, e si trovò a fissare una figura che avanzava a gran velocità sulla strada, sventolando in malo modo un pacchetto. Lo sguardo di Itachi roteò allarmato verso Shisui, che riprese a parlare:
- Sai che casa mia è vicino a quella di Hanayuki vero? - Gli domandò serafico, e apparentemente con tutto il tempo del mondo. Itachi annuì nervosamente, scoccando un'occhiata preoccupata verso la persona che stava avanzando sempre più.
- E sai, Hana stamattina parlava così ad alta voce che non ho potuto non ascoltare -
- Shisui! - Esordì Itachi. Nessuno sano di mente avrebbe creduto che Shisui potesse ascoltare per sbaglio una conversazione. La sua era più che altro una vocazione; ma in quel momento a Itachi premeva che si sbrigasse, quindi si guardo bene dal dirglielo, limitandosi a spostare nervosamente il peso da un piede all'altro.
- Sì, sì... E vedi credo proprio che tu non avrai bisogno di questo pranzo per oggi. E siccome era un peccato rifiutarlo, ho detto alla tua fan che te lo avrei consegnato io e quindi... -
- Shisui, sbri-ga-ti! - Sillabò Itachi, alternando sempre più velocemente lo sguardo tra Hanayuki, ormai decisamente riconoscibile a metà strada, e Shisui proseguì:
- Certo, certo... Quindi insomma questo lo prendo come pagamento per averti risparmiato l'imbarazzo di dover spiegare ad Hana che avevi il pranzo preparato da un'altra ragazza! -
Detto questo Shisui schizzò via prima che la mano di Itachi potesse stringergli anche solo un lembo di maglietta. Shisui il fulmineo.
- Dannata tecnica! - Ringhiò tra i denti Itachi, voltandosi e trovandosi quasi addosso Hanayuki, che inchiodò all'improvviso, slittando sulla ghiaia.
- Fratellone! Itachi! - Strillò lei, sorridendogli e ansimando.
- Hanayuki! Come mai sei qui? -
Il volto della bambina si illuminò e sollevò un pacchetto fasciato con cura in un fazzoletto colorato. La stoffa portava impresso il ventaglio degli Uchiha.
- Io, io... Io ti ho preparato il pranzo, Itachi! - Esordì, sollevando il cestino e porgendolo verso di lui. Itachi allungò titubante una mano, quando dall'alto si udì quella che sembrava una risatina. Hanayuki sollevò la testa e si guardò attorno:
- Hai sentito qualcosa? -
- No! - Si affrettò a rispondere lui, afferrando frettolosamente il pacchetto e fissandola. A quel punto non sapeva esattamente cosa fare, e si trovò intensamente a desiderare di essere Shisui. Lui sapeva sempre cosa dire in queste situazioni. Si limitò ad un vago sussurro e un cenno della testa:
- Grazie Hanayuki. -
Fortunatamente sembrò bastarle, poiché arrossì lievemente e fece dietrofront sui sandali e si incamminò di nuovo verso casa sua, sventolando il braccio.
- Buon appetito! -
Non appena la figuretta della bambina fu svanita Itachi sollevò lo sguardo verso le fronde dell'albero:
- Scendi subito! - Intimò con voce severa. Gli rispose una risatina soffocata:
- Neanche morto! -
- Salgo io. - Sospirò Itachi, concentrando il chakra su mani e piedi, mentre dall'alto proveniva un'imprecazione.
Quando ebbe raggiunto una biforcazione tra i rami si accoccolò in posizione seduta, lasciando penzolare i piedi nel vuoto. Shisui attirò la sua attenzione scontrando le bacchette e sorridendo ampiamente:
- Mangiamo? -
Itachi non rispose, ma scartò con cura il fazzoletto, e lo ripose in tasca. Lo avrebbe restituito ad Hanayuki più tardi.
Quando arrivò ad aprire la sua scatola del pranzo, Shisui aveva ingoiato già il primo boccone. Il cestino che il cugino teneva in equilibrio sulle ginocchia aveva dentro le pietanze ben disposte e ordinate, e le verdure tagliate a forma di fiore davano colore all'intera confezione. Nel cestino di Itachi c'erano una manciata di polpettine di riso deformi, alcune con dei pezzetti di alga tagliati a disegnare delle faccine sorridenti o sorprese, e tre spicchi di mela a forma di coniglietto.
- E' buono? - Chiese Itachi a Shisui, che annuì a bocca piena prima di ingoiare tutto all'improvviso e indicare il suo pranzo:
- E il tuo? -
Itachi portò una polpettina alla bocca, stringendo gli occhi e preparandosi al peggio sotto lo sguardo attento – e divertito – di Shisui. Masticò con calma, ma il sapore che si trovò in bocca era tutt'altro che sgradevole. Il riso era un po' meno colloso del dovuto, e le palline si sfasciavano, ma l'interno era farcito e gustoso. Inghiottì del tutto, quasi stupito.
- Buono. -
Mangiarono silenziosamente, mentre un venticello caldo soffiava delicatamente tra le fronde, producendo un fruscio rilassante. Da qualche parte, nel prato, un grillo e un paio di cicale avevano organizzato un concertino estivo.
Quando anche l'ultimo chicco di riso e gli ultimi pezzetti di frutta furono spariti in bocca ai bambini, Shisui si stiracchiò con aria soddisfatta, gettando un'occhiata in tralice ad Itachi, che era zitto e silenzioso.
- Mi piacciono le piccole cose. -
Itachi inarcò un sopracciglio, senza neanche voltarsi. Shisui proseguì, imperterrito e sereno:
- Le piccole cose. Un pranzo su un albero, le cicale nel prato, l'aria calda che solletica la pelle... - La frase del ragazzino terminò in un mugugno soddisfatto mentre si stiracchiava ancora.
Imitando Shisui, Itachi respirò a pieni polmoni l'aria calda e dolce di pollini. La luce verde e oro che filtrava tra le foglie aveva colorato il bianco, il rosso e il nero dei pensieri nella sua testa, e i coniglietti di mela avevano coperto per qualche istante le cicatrici di dolore che la guerra gli aveva scavato nell'animo. In quel momento tutto sembrava tranquillo e sereno, l'aria calda gli appesantiva la testa e gli sembrava di potersi addormentare da un momento all'altro, così vicino a Shisui da sentirne il respiro regolare. Le parole stesse del cugino gli sembrava che arrivassero ovattate, stranamente morbide e lente:
- Sarebbe bello se tutto fosse sempre come oggi, eh? -
Itachi appoggiò la fronte alla corteccia, inspirando forte e chiudendo gli occhi mentre sorrideva.
- Sarebbe bello. -






Mi dolgo tantissimo di questo assurdo ritardo. Non odiatemi vi prego. Elos è qui pronta a pubblicare da settimane, e io sono rimasta davanti ad un foglio bianco fino a stasera, in cui tutto si è sbloccato all'improvviso! Vi chiedo scusa!


Sproloqui dell'autrice: .
Ringrazio dunque Tatan.: pensa che io non sono affatto una fan di Sasuke! Ma per amore di Elos (e di Itachi) mi sforzo molto nello scavare nella sua infanzia!

wari
: Carini e coccolosi è una filosofia che mi piace tantissimo! Posso garantire che farò tutto quello che è in mio potere per evitare altre scene tristi e strappalacrime! Solo felici e strappalacrime, al massimo, sì?

Gweiddi at Ecate,
Fugaku è una figura strana da descrivere, ma credo che anche lui a modo suo abbia avuto i suoi guizzi paterni! Forse più rari che in altri, ma il carattere introverso quei due benedetti figlioli da qualcuno devono pur averlo preso!

atari Anche io adoro Shisui! Credo che lui e Itachi siano stati una di quelle che si potrebbe definire "Accoppiate vincenti" ç_ç Spero ti siano piaciuti anche in questo pezzo.


Per finire, grazie dei graditissimi e bellissimi comenti, siete adorabili e spero che questo sudatissimo (in tutti i sensi, vista l'afa) pezzo vi sia piaciuto!
Vostra Salice
Credits immagine : have_lunch_with_me_by_neko_niki su Deviantart

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Capitolo 7
*** Cullami, cullami. Camomilla. ***




Introduzione: Ispirata a Cronache dalle terre di Suna - Tagliavento. Per poterla apprezzare pienamente sarebbe meglio averla letta.
Per farmi perdonare il ritardo, vengo portando scuse a non finire e un pezzetto più lungo del precedente. Spero che possa piacervi. A Salice, che non smette di regalare fiducia!

[Hanako, Shisui]



Cullami, cullami. Camomilla.

Alla prima contrazione la brocca le scivolò dalle mani prima che potesse riacchiapparla, finendo sul pavimento. Il rumore dei cocci infranti soffocò quello del suo respiro strozzato, mentre ingoiava una lunga boccata d'aria e si appoggiava allo stipite della porta in cerca di sostegno.
Respira. Respira, respira. Respira. Strofinò la fronte contro il legno fresco per trovare un po' di sollievo alla vampata di calore improvviso, febbricitante, che la stava facendo tremare. Si accarezzò la pancia con una mano, sussultando quando sentì qualcosa muoversi, lì dentro, premere e scalciare.
Sorrise.
- Vai di fretta? -
Boccheggiò mentre il bambino si stiracchiava proprio contro un qualche dolorosissimo punto tra l'ombelico e il plesso solare.
- … lo prendo come un sì. Mi hai fatto cadere la brocca, uh? La mamma voleva bere una camomilla, ma se continui a farle sfuggire le cose dalle mani potrà mandarla giù solo quando ti avrà già tirato fuori. -
Lo sentiva muoversi. Un'altra contrazione, irregolare, più lenta. Non era ancora il momento di raggiungere il letto, ma restare in piedi con il bimbo che scalciava dentro di lei, seccato e impaziente, non rientrava precisamente nell'elenco delle tre cose più facili che le fosse mai stato richiesto di fare.
Tornò in cucina per mettere un altro bollitore sul fuoco. Si sedette su uno sgabello ed aspettò che l'acqua fosse nuovamente pronta, ma quando provò ad alzarsi per avvicinarsi al camino l'ennesima contrazione le strappò un sussulto e la fece barcollare.
Si chiese che cosa sarebbe accaduto se le fosse successo mentre aveva la teiera in mano. Se l'acqua bollente le si fosse rovesciata addosso, se si fosse ustionata...? Nessuno l'avrebbe sentita gridare: c'era il silenzio nella casa vuota a incombere tutto attorno a lei, e il tintinnio delle campane del vento era come uno scroscio cristallino nell'immobilità assoluta della collina.
Il villaggio, pensò Hanako, era in fondo alla strada. Troppo lontano. Troppo isolato. Troppo pericoloso.
- Niente camomilla per la mamma, Shisui. - Sospirò e gemette, sentendo il respiro strozzarsi nella gola per uno spasmo al ventre più debole dei precedenti. - Faremo meglio a sdraiarci. -

- - -



Quella che ora era la vita di Hanako le piaceva. Ogni tanto le piaceva moltissimo.
Sapeva di muschio, di cose cotte nel forno e lasciate a freddarsi sul bordo delle finestre. Sapeva dell'orto pieno di lavanda e pomodori, dei barattoli di medicinali allineati nei ripostigli per tutte le occasioni.
I pazienti di Hanako la pagavano in denaro quando potevano, in provviste o piccole cose quando il denaro non c'era. Qualcuno l'aiutava a riparare lo steccato; qualcun altro a sistemare il tetto, a costruire un nuovo barile dell'acqua piovana, a zappare l'orto ora che il pancione era troppo grosso per poterlo fare. Le avevano regalato lenzuola per il bambino in una quantità più che sufficiente ad assicurare al neonato ricambi freschi sino alla vecchiaia. Un falegname le aveva fatto una culla bellissima in cambio di un impacco contro il mal di denti: era di legno chiaro, ricoperta di cera d'api perché fosse impermeabile e profumasse di buono. Dondolava.
C'erano sere nelle quali Hanako si sedeva vicino alla culla vuota e la spingeva per il puro piacere di guardarla oscillare, pensando a come sarebbe stato vederla piena, come sarebbe stato sentire il respiro del bambino riempire la stanza al di sopra del vento.
Quella che ora era la vita di Hanako le piaceva. Ogni tanto le piaceva moltissimo. Ogni tanto il dolore la raggiungeva: non era un dolore di quelli insopportabili, opprimenti, ma una specie di paura cieca per la solitudine che era tornata come nell'Heya, di nostalgia per i giorni di luce verde, i giorni di sole, chicchi di riso da seminare in monete mai spese e ricordi rubati.
Ad Hanako mancava Itachi.
Sentire Shisui muoversi nella sua pancia leniva il dolore, la paura, la nostalgia. Si portava via il malessere, ma poi Shisui si fermava, dorme, pensava Hanako, e lei restava di nuovo sola con la sua pancia piena del figlio di qualcuno che non avrebbe mai più respirato su questa terra.
Itachi, Itachi. Ci pensava la sera. Itachi che le dormiva accanto. Itachi che le respirava sul collo, che le passava le dita tra i capelli. Veder sorridere Itachi. Dipingere occhi rossi sui paraventi bianchi per avere sempre Itachi attorno, anche quando lui non c'era, occhi rossi sepolti nel verde e nell'azzurro della casa in cui poteva stare adesso.
Quella che ora era la vita di Hanako le piaceva, si diceva lei. Lo sapeva. Ogni tanto le piaceva molto, moltissimo, infinitamente. Quando il dolore spariva si vergognava d'essere stata male: perché non era giusto esser tristi quando c'era Shisui che le cresceva dentro, era sbagliato.
Shisui doveva vedere solo sorrisi, attorno a sé, Shisui doveva vedere solo la luce.

- - -



Un respiro, una contrazione. Un respiro, una fitta alla schiena, altra contrazione. Shisui scalciava. Tastò il ventre gonfio cercando di capire dov'erano i piedi - sono questi? - se erano al posto giusto, se il bambino s'era girato nel modo migliore, se soffriva. Prese un sorso d'acqua dalla caraffa che aveva poggiato accanto al letto, piegando un po' le ginocchia per cercare di rilassare i muscoli della schiena. Tutto il suo corpo protestò nel movimento e Shisui scalciò dentro di lei.
Hanako boccheggiò, resistendo all'impulso di girarsi sul fianco per potersi rannicchiare.
- Piano, piano. - Mugolò, accarezzandosi la pancia. - Manca ancora un po'. -

Era sudata. Era stanca. Era stanca, stava male, era sola. Shisui sarebbe nato in una casa deserta. Se fosse andato storto qualcosa durante il parto, se lei avesse perso conoscenza, non ci sarebbe stato nessuno per aiutarli. Sarebbero mor-
...

Mizuki. Strofinò una guancia contro il cuscino, implorando. Mizuki.
Bastava chiamarla per averla vicina: le sue mani sulla fronte madida, tra i capelli, le sue dita contro la pancia a premere piano per rilassarla. La sua voce che le diceva di non star contratta, di respirare lentamente, di rilassarsi.
Se chiudeva gli occhi la vedeva. Se li apriva, non era più lì.
Mizuki è morta.
Le faceva male la pancia.

Un respiro, una contrazione. Un respiro, una contrazione. Bevve di nuovo, e la nausea l'assalì: dovette piegarsi oltre il bordo del letto per poter rigettare. Una contrazione, prima che potesse respirare, tossì e annaspò, e di nuovo una contrazione, un respiro, una contrazione, un respiro, una contrazione...

Lo faccio nascere, pensò. Lo pensò con forza, lo pensò più di quanto avesse pensato qualunque altra cosa prima. Non voleva pensare mai più niente allo stesso modo.
Lo faccio nascere. Il bambino, Shisui, io lo faccio nascere.

- - -



- Signora Hanako? Signora Hanako, siete... -
male male male male male male male male male male male male male male
La contrazione passò: era durata un'eternità, un secolo e mezzo di dolore abbacinante. Spinse come un'onda ancora un attimo ai bordi della sua coscienza, e poi la risacca se la trascinò via. Poteva respirare adesso, e lo fece, grosse boccate d'aria che le riempivano i polmoni e placavano le pulsazioni della sua povera testa dolorante.
- … siete in casa? Signora Hanako? -
Hanako spalancò gli occhi. C'era qualcuno. Al piano di sotto c'era qualcuno. Rimase in silenzio, immobile e come raggelata dalla consapevolezza improvvisa della propria impotenza, prima d'allungare un braccio e cercare a tastoni un'arma. La brocca, no. Asciugamani, no. Un cuscino, la tazza, un libro, no, no, no, il pettine, trovato. Lo strinse e cercò di convincere il proprio chakra a lasciarsi manipolare quel tanto bastante a rendere il legno duro come diamante.
L'intruso stava salendo le scale. Veniva verso di lei.
- Signora Hanako, avete lasciato la porta aperta! Mi dispiace, be', invadervi la casa, ma ho bisogno di un... Dei onnipotenti! - La voce dell'uomo si era trasformata in un urlo, un miscuglio di sbalordimento, spavento, incredulità, alla vista della ragazza sul letto: e lui si era bloccato sulla porta, paralizzato ed esterrefatto.
Hanako lo riconobbe con sollievo:
- Signor Saien! Che cosa... -
Contrazione. Dolore, male male male male male, respiro.
- … ci fate qui? -
L'uomo non riusciva a smettere di guardarle il ventre.
- Uh, mal... mal di pancia. - Bofonchiò, inebetito. - Mia moglie ha... ha mal di... signora Hanako, state partorendo? -
Suonava paradossale, detta così, e ad Hanako venne da ridere.
- Credo di sì. - Ansimò, spossata. - C'è un vasett... - Contrazione, male male male male male, respiro. - … un vasetto sulla credenza in cucina. Penultimo da destra, il secondo scaffale. Potete prendere tutte le foglie che volete, ci fate una tisana... - male male male male male male - ... e vedrete che il mal di pancia le passa. Non posso... ah... venire giù con voi. -
- State partorendo. - Ripeté l'uomo, lentamente. - Partorite. State partorendo. - Indietreggiò, sbattendo le palpebre, e parve svegliarsi tutto ad un tratto. Le puntò un dito contro, alzando l'altra mano per passarsela sulla fronte sudata e tra i capelli, intimandole:
- Restate dove siete. Torno subito, signora Hanako, mi avete capito? Restate dove siete! -
Non mi muovo, pensò lei, mugolando per la nuova contrazione. Davvero, non c'è pericolo.
Sentì i suoi passi risuonare sbattendo giù per le scale, rumorosamente, l'impiantito del pianterreno cigolare e infine la porta di casa aprire e chiudersi. Poi, di nuovo silenzio.

- - -



- Apri gli occhi, bambina. -
Nel lago il sasso. Scendeva sempre più giù, lei lo teneva tra le braccia. Avrebbe toccato il fondale prima di poter risalire, ma dopo...
- Così, da brava. Manda giù e apri gli occhi. -
… in superficie?
Qualcosa di duro e liscio, una tazza, le batté a vuoto contro i denti prima che lei schiudesse la bocca. Calore, e poi morbido e dolce giù per la gola, non bollente. Camomilla, riconobbe lei infinitamente grata, miele e camomilla.
Chi c'è? Itachi?

Provò a chiamarlo, ma dalla gola non usciva più niente che non fosse uno di quei lamenti inarrestabili e incontrollabili che la assalivano ad ogni contrazione. La camomilla scivolò sul suo dolore come una mano gentile: lenì e scaldò, e tutto ad un tratto la pancia non le faceva più così tanto male. Aprì gli occhi, obbedendo alla voce, e si trovò davanti al viso familiare di una vecchia.
- Brava. - Ripeté la vecchia, premendole ancora la tazza contro le labbra: - Bevi. Finiscila tutta. -
Bevve avidamente, perché quella era camomilla e le distendeva i muscoli della pancia, perché quella era una voce amica e una mano gentile ed era compagnia in una casa deserta. Qualunque compagnia andava bene.
- Ti ricordi di me, bambina? -
Hanako scosse la testa, poi annuì. Sì, ricordava di averla già vista. No, non ricordava chi fosse.
- Vivo giù al villaggio. Mi hai preparato un impacco per il mal di denti, l'anno scorso. Adesso ti ricordi? -
Assentì, Hanako, e la vecchia ne parve contenta. Aveva un viso pieno di rughe asciutte e spigolose, il naso adunco e dita lunghe e nodose come rami d'olivo.
- Avresti dovuto dire a qualcuno che il momento era vicino, bambina. E' stato molto sciocco da parte tua non farlo. Saresti potuta morire, e con te il bambino. Non vuoi che muoia, no? Questo bel bambino. - Una mano della vecchia era sulla sua pancia, ora. Hanako sibilò per il dolore improvviso d'una contrazione, ma poi la donna le massaggiò il ventre, e le fitte tornarono a perdersi in quella sensazione che era morbida, gentile, rassicurante.
- Hai i fianchi stretti, sei acerba, bambina. Ti farà male. Ma non ti preoccupare... - Le disse poi, sporgendosi per accarezzarle la fronte. - … lo facciamo nascere, noi. -
Lo faccio nascere.
Hanako sorrise, e la vecchia annuì soddisfatta.
- Brava ragazza. -

- Spingi quando te lo dico. -

- Adesso spingi! -
- Nh...! -

- Non fare così, ti morderai la lingua. Apri la bocca, bambina, guarda verso di me! -

- Respira. Respira, respira, bambina, respira. -
Le sembrava stessero andando avanti da secoli, ere, da sempre. Le sembrava di non aver mai fatto altro per tutta la vita se non respirare e spingere, respirare e spingere.
Ma poi:
- Vedo la testa, bambina. -

Era stato il tramonto quando s'era sdraiata, e poi notte nel momento in cui la vecchia aveva cominciato a premere e a dirle di respirare e spingere, ma ora c'era una luce azzurrata di quelle che riempiono il cielo solo un attimo prima dell'alba.
Aveva continuato per tutto quel tempo a pensare a Itachi. Itachi che le faceva cadere una moneta accanto alla mano, Itachi che le pettinava i capelli. Itachi che sorrideva, Itachi quand'era triste, Itachi che parlava di Sasuke. Itachi, Itachi. Aveva avuto così poco tempo con lui, troppo poco per poterlo trovare giusto, troppo poco tempo per avere poi la vita piena d'un compagno morto, e adesso erano diecimila anni e più che cercava di far nascere il suo bambino.
Aveva continuato per tutto quel tempo a pensare a Itachi: ma nel momento in cui la vecchia spinse per l'ultima volta sul suo ventre, con forza, qualcosa le fece male, male da morire, tra le gambe e poi c'era un fagottino sporco e scuro a piangere nelle braccia della vecchia, ebbene, in quel momento Hanako pensò a Kisame.

- Quando quel cosino che ti porti nella pancia diventa grosso, Tagliavento, mandalo a cercarmi. -

- Qui dentro c'è un regalo per te, ma intanto voglio sapere come vanno le cose lì dentro. -
- Mancano un paio di mesi, ancora, ma va tutto bene. Credo sia maschio. -
- Maschio. Come lo chiami? -


Il bimbo era un cartoccino di pelle coperta di sangue e viscidume, tutto occhi serrati, pugni serrati, bocca serrata in un pianto singhiozzante, acuto. Hanako sorrise e la vecchia le disse, raggiante:
- Ha tutto al posto giusto, bambina, e mi sembra sanissimo. -
Tese una mano verso il neonato, Hanako, e lo chiamò:
- Shisui. -

- - -



Era la cosa più bella che ci fosse, ed era sua.
La testolina implume le stava in una mano, le gambe erano grandi il giusto perché potesse accarezzarle con due dita, senza fatica. Una di quelle manine minuscole, piccolissime, le aveva stretto il pollice con forza e non accennava a lasciarlo.
Suo, suo, suo. Mio, mio, mio. Lo pensò e poi lo disse, bisbigliandolo, e la vecchia rise piano.
- Non te lo porta via nessuno, bambina. -
Mai, mai, mai. Mio, mio, mio.
Hanako alzò gli occhi per guardarla, affermando piano:
- Io non ricordo come vi chiamate. -
- Kasumi Asano, bambina. -
- Kasumi Asano. Avete fatto nascere il mio bambino. -
Mio, mio, mio. Avrebbe avuto gli occhi di Itachi, forse, e forse il suo viso, la sua pelle, il suo sorriso. Avrebbe avuto qualcosa di Itachi e qualcos'altro di lei. Mio, mio, mio.

Le dormiva tra le braccia, Shisui. Aveva una pelle al sapor di latte.





Note: Qui è Elos che vi parla! Non dirò niente, se non che questo pezzo è stato sofferto. Molto. Non sapevo da che parte cominciare, e ancora adesso non sono soddisfatta. Le risposte ai commenti si spostano nella sezione che EFP gentilmente fornisce! *_* I pomodori, invece, sono nella cassettina piccola sulla sinistra. Ecco, quella lì. No, non il cesto con le pietre, grazie.

Fonte immagine: Father_and_Son_Uchiha_by_Hybrid22

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Capitolo 8
*** Come tuo padre ***


florilegio_1.html


[Kisame, Shisui Jr, Natsumi]






Il ragazzino raggiunse la casa che gli era stata indicata: era una bella villa circondata da un giardino curato, con tanto di stagno delle carpe, ponticello di legno e sentieri di pietra tra l'erba. Molte porte scorrevoli erano aperte per lasciar passare la calda brezza estiva, e diverse domestiche camminavano avanti e indietro, trasportando involti o chiacchierando tra loro. Il bambino sollevò un sopracciglio biondo: non era il tipo di abitazione che si era aspettato.
In realtà, stando a quello che gli aveva raccontato sua madre, non sapeva esattamente cosa aspettarsi da colui che era stato per lungo tempo un compagno di suo padre. Di certo, però, non si era aspettato una tranquilla villetta da mercante arricchito, colma di domestici. Si guardò attorno, ma non c'erano altre case nei paraggi. Doveva essere per forza quella.
Avanzò con fare deciso, stringendo le dita sugli spaghi che gli legavano alle spalle il suo bagaglio. Qualche vestito da allenamento, perlopiù, e un piccolo ventaglio ripiegato, ricordo di sua madre.
Quando raggiunse la casa, attirò l'attenzione di un paio di cameriere, che lo fissarono perplesse. Una di loro, dall'aria materna, gli si avvicinò per parlargli:
- Dimmi piccino, ti sei perso? -
Lui scosse il capo, scompigliando i capelli biondi e sottili.
- Sto cercando Kisame Hoshigaki. Abita qui? -
Cercò di mantenere un tono educato, come gli era stato raccomandato di fare. Al villaggio vicino a casa sua conosceva tutti da quando era nato, e non era abituato a parlare con gli estranei. Il villaggio era parecchio al di fuori di tutte le rotte commerciali, e la sua casa si ergeva solitaria ancora più lontano, come il nido di un animale selvatico.
La donna lo fissò un po' stupita, e si girò di corsa per poi voltarsi indietro a metà strada, come se si fosse ricordata solo in un secondo momento che lui era ancora lì, perplesso.
- Aspetta qui. - E sparì nei meandri della casa.
Lui rimase immobile, obbediente, e chiuse gli occhi. Inspirò profondamente, mentre cercava di “vedere” le correnti d'aria che lo circondavano. Le percepì una ad una, familiari come quando si esercitava a casa ma allo stesso tempo diverse. Era come nuotare in un fiume differente da quello in cui si è cresciuti. Le seguì piano, tirandole come fili, fino a che non ne trovò una che portava con sé delle voci che erano poco più di un parlottio, da dietro la casa. Erano due donne che parlavano:
- … un bambino biondo... -
- Lo sapevo che prima o poi si sarebbe portato dietro un piccolo bastardo... -
- E la padrona? Non che la sua condotta sia irreprensibile, ma sai come è facile all'ira! -
- Potrebbe punirci se scopre che sappiamo qualcosa. -
- Sì, la cosa migliore è far finta di niente! -
Le voci si spensero e il bambino sobbalzò quando un rumore di passi al galoppo tornò verso di lui.
Aprì gli occhi e si trovò di fronte la donna di prima, visibilmente agitata:
- Seguimi, la padrona vuole vederti. -
Lui aggrottò le sopracciglia, perplesso. Aveva chiesto di Kisame Hoshigaki, e lo portavano da questa “Padrona”? Comunque non fece domande. Piuttosto si guardò intorno, perché quella casa elegante tutta in legno era ben diversa dal posto in cui era vissuto. C'era molto sole in quella zona, e pareva quasi che l'acqua fosse un lusso. La zona non era desertica, ma l'estate aveva reso marrone l'erba dei prati, e solo i più agiati avevano potuto sprecarla per mantenere un giardino verdeggiante come quello che circondava il porticato di legno.
Dopo aver attraversato quasi tutto il portico che circondava la casa, la donna aprì una porta scorrevole, si inchinò e si dileguò veloce come il vento. Il bambino la fissò stupito per qualche istante, per poi rivolgere l'attenzione alla stanza.
Seduti ai due lati di un tavolino basso e quadrato, sedevano un uomo e una donna. L'uomo era enorme; aveva spalle ampie e un volto squadrato, per nulla gentile. Gli occhi erano piccoli e inquisitori, rotondi, fissati su di lui. La bocca era larga e sottile, e dava l'impressione di avere una fila spaventosa di denti al suo interno. Come se non bastasse la pelle aveva uno strano colorito, innaturalmente bluastra. Forse era per via di qualche bizzarra combinazione di genetica ninja. Sua madre gli aveva accennato qualcosa, a riguardo.
Quello era sicuramente Kisame Hoshigaki.
La donna non era meno eccezionale, a modo suo. Era decisamente alta, e si intuiva nonostante fosse inginocchiata. Aveva capelli folti e neri, con alcune bande grigie che dalle tempie scendevano verso il basso, per tutta la lunghezza della chioma. Aveva un bel volto ovale, e due occhi di un nero ardente, fissati su di lui anche se non ostili. Portava un kimono elegante, molto colorato¹, e lo fissava, palesemente incuriosita. Che fosse lei la padrona?
Avanzò di un passo, schiarendosi la gola, aspettandosi che fosse la donna a parlare, ma il primo ad apostrofarlo fu l'uomo:
- Stavi cercando Kisame Hoshigaki? -
- Sì signore. -
L'uomo rimase in silenzio per qualche istante, fissandolo. Sapeva cosa stava vedendo Kisame: aveva otto anni compiuti da sei mesi, capelli sottili e di un biondo che sua madre definiva “come la sabbia del deserto”. Il deserto che lui non aveva mai visto. Gli occhi erano scuri e, anche se sua madre non glielo aveva mai detto, lui sapeva che erano identici a quelli di suo padre. La aveva vista cambiare espressione talvolta, quando lo guardava, e scrutare poi l'orizzonte per molto tempo.
- Come ti chiami? - Abbaiò di nuovo l'uomo, decisamente serio e facendolo tornare di corsa alla realtà.
- Shisui, signore. -
L'uomo sollevò un sopracciglio solo e assottigliò leggermente gli occhi rotondi.
- Shisui Uchiha? -
- Shisui e basta, signore. -
Kisame emise uno strano ghigno, che poteva sembrare una sorta di sorriso spaventoso.
- Sei tale e quale a tua madre. -



***


Dopo alcuni minuti erano seduti tutti e tre al basso tavolino, di fronte ad altrettante tazze di tè ghiacciato. Quando la domestica – quella di prima, ancora agitata – aveva posato le porcellane sul legno, i cubetti di ghiaccio avevano fatto eco alle campane a vento appese sulla porta, che tintinnavano nella calda brezza estiva.
- Dunque tu sei il figlio di Tagliavento -
Esordì con voce roboante Kisame.
- Hanako, Kisame. Hanako. - Lo redarguì con noncuranza la donna, che aveva detto di chiamarsi Natsumi. Doveva essere una donna formidabile, se si era scelta come compagno il famoso Kisame Hoshigaki. L'uomo non le diede retta, e fece un vago gesto con la mano, concentrandosi su di lui.
- E perché tua madre ti ha mandato da me? - Chiese, quasi sospettoso.
- Mi ha detto di mostrarvi quello che so fare, signore. Che sarebbe stato un onore per me essere addestrato dall'uomo che è stato più vicino a mio padre negli ultimi anni della sua vita. - Secco e conciso, non gli riusciva di parlare molto, normalmente. In quella situazione poi, con due estranei a fissarlo, era ancora peggio.
Alla donna brillarono gli occhi alle sue parole, e sorrise verso il ninja, trionfante.
- Te lo avevo detto, che non si sarebbe dimenticata. -
Kisame non le rispose, ma le scoccò un'occhiataccia, tornando a guardare lui:
- Sentiamo, soldo di cacio, cosa sapresti fare? -
Shisui non rispose, ma chiuse gli occhi e si concentrò: prese a tirare leggermente l'aria, afferrando la corrente che si muoveva leggera attorno alla porta, muovendola in cerchio, fino a far girare come impazzita la campana di bambù appesa alla porta. Quando riaprì gli occhi la donna lo fissava interessata, mentre l'uomo sembrava più seccato che altro.
- Ancora quella robaccia. Tagliavento. - Bofonchiò, scuotendo il capo. - Pensi che ti possa addestrare in quello? Certo, tua madre era un genio, con quei suoi... Ventagli – Pronunciò l'ultima parola quasi con disgusto, proseguendo un istante dopo: - Ma non è roba per me. Avrebbe fatto meglio ad addestrarti lei stessa. - Parlava in modo duro, ma lo sguardo non era malvagio, decise Shisui. Lo fissò ancora per un istante. Sua madre gli aveva raccontato cose incredibili su suo padre, e ancora di più su quell'uomo.
- Attaccatemi. - Disse all'improvviso, conscio del fatto che voleva davvero mostrargli quello che sapeva fare.
- Come? -
- Attaccatemi, signore. Per davvero, per favore, o non potrò fare sul serio. -
All'improvviso le dita gli pizzicavano dalla voglia di dimostrare cosa sapeva fare. L'uomo mugugnò ma si alzò in piedi, e lui fece altrettanto. Con noncuranza e gesti precisi, Kisame aprì uno stipetto e ne estrasse una spada enorme, tutta fasciata.
Shisui deglutì, ma si impose di rimanere fermo. Sua madre gli aveva parlato anche di quello. Era pronto.
Senza preavviso, l'uomo si voltò roteando la spada proprio all'altezza della sua testa. Shisui si piegò all'indietro; se non avesse avuto i riflessi prontissimi, gliel'avrebbe staccata di netto, e tanti saluti alla sua dimostrazione. Senza indugiare oltre Shisui richiamò il vento tra le sue dita, e lo spedì verso l'avversario. Non voleva colpire lui, oh no. Sarebbe stato come fare aria ad una montagna. Si concentrò invece sull'armadio dietro all'uomo, rimasto ancora aperto. Lo tirò e lo spinse, finché non riuscì ad abbatterlo sulla schiena del grosso ninja, distraendolo. Fatto questo, rotolò di lato, finendo sotto il tavolino quadrato giusto in tempo per vedere un paio di piedi affusolati svanire oltre una porta. La signora si era saggiamente allontanata.
La spada venne calata con forza sul legno, schiantandoglielo a pochi centimetri dal corpo e investendolo con una pioggia di schegge. Con un ansito Shisui strisciò via dai resti del tavolo e fissò l'uomo, concentrandosi di nuovo: le iridi scure si fecero di un rosso sangue, e una sottile virgola nera le attraversava. Puntò lo sguardo verso Kisame, e all'improvviso fu quasi come se il tempo rallentasse. L'aria era più solida e densa, come minestra. I movimenti del ninja che aveva di fronte continuavano ad essere ampissimi e mortali, ma ora gli era facile scorgerne la traiettoria e schivarli. Si piegò evitando un fendente, e balzò di lato quando Kisame spinse la spada verso di lui.
All'improvviso l'uomo si bloccò, tenendo l'arma con una mano sola, come se fosse cosa da poco. Di certo quella spada era più alta di lui, otto anni e sei mesi.
- Fammi vedere gli occhi. - Ordinò Kisame, e lui si avvicinò, tenendoli bene aperti, anche se ora gli lacrimavano. Dopo qualche istante il rosso prese a scurirsi, tornando nero liquido.
- Uchiha. - Sussurrò l'uomo, e vedere quella massa di muscoli bisbigliare era uno spettacolo decisamente inquietante.
- Tua madre voleva che tu mi mostrassi questo, ragazzo. -
- Signore? Posso diventare suo allievo, signore? -
- Se vali anche solo la metà di tuo padre e di tua madre, ragazzo, sarai un ninja eccezionale. - Gli rispose, criptico, e Shisui decise che doveva essere una sorta di “sì”.
L'uomo non lo degnò comunque di uno sguardo in più, ma si limitò a sporgersi verso la porta e a urlare:
- Natsumi, credo che avrai ospiti per un po' -


***


Fuori dalla porta, Natsumi aveva già ordinato alle cameriere terrorizzate di preparare un altro futon nella stanza degli ospiti. Le donne avevano annuito tremanti ed erano corse via, lasciandola segretamente soddisfatta: più erano spaventate da tutto il caos creato da Kisame, meno avrebbero avuto da spettegolare sulle possibilità che Shisui fosse il figlio bastardo del suo amante. Nessuno sano di mente avrebbe mai potuto pensare che quel ranocchietto smagrito potesse essere suo figlio, ma i pettegolezzi erano il passatempo della servitù. Sorrise tra sé e sé mentre già pensava a che scusa avrebbe dovuto inventare per spiegare a suo marito l'assenza del tavolino, ma non era importante: il figlio di Tagliavento era arrivato.

.



1. Non ho una fonte certa, ma da quello che ne ho evinto leggendo molti manga, anche storici, più un kimono era colorato e decorato con fantasie, più veniva considerato elegante, probabilmente per l'alto costo necessario a tingere la stoffa e realizzare i disegni, allo stesso modo in cui un abito medioevale era elegante in proprozione ai colori usati, le stoffe e le gemme preziose applicatevi.




Sproloqui dell'autrice: rieccomi dopo molto tempo... Purtroppo non è un periodo particolarmente facile della mia vita, anzi... Ma non voglio tediarvi con le mie menate! Questa fanfiction è stata scritta mesi fa, e spero che vi piaccia. Devia di molto dalla storia del manga, mi rendo conto, ma così è venuta, seguendo la naturale prosecuzione della bellissima "Cronache dalla terra di Suna - Tagliavento" di Elos. Natsumi qui fa la sua comparsa ufficiale, sebbene sia nata dalla mia mente già da un po' di tempo. E' perchè io amo Kisame, che sentivo il bisogno di affiancargli una donna adeguata, ma nessun personaggio del manga mi sembrava adatto. E così è nata lei. Non voglio dirvi di più, perchè accarezzo l'idea di poter scrivere di loro un giorno, anche se al momento non ho certezze. Spero che vi sia piaciuta!
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato le storie fin'ora, quelli che hanno letto, e soprattutto quelli che continuano ad attendere fiduciosi i nuovi frammenti di capitoli, grazie!


Vostra Salice
Credits immagine : taglio di Itachi By TianXia su Deviantart

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Capitolo 9
*** Raccontami di noi ***




Introduzione: Ispirata a Cronache dalle terre di Suna - Tagliavento e a quella bellissima, bellissima, bellissima storia su Kisame che la meravigliosa Salice prima o poi finirà - solo per me.
Se quello di prima era ritardo, questo è... non so bene come definirlo. Transizione temporale? Sfasamento cosmico? Salice ha pazientemente aspettato che venisse prodotta, mentre io tenevo lì questa storia per mesi, mesi, mesi. Forse aspettavo germinasse. Mah.
[Hanako, Shisui, Kisame]



Raccontami di noi


. briciole



Il dolore dei bambini nati senza padre è come una lunga spina spuntata piantata da qualche parte appena sopra lo stomaco, un dolore ottuso, svuotato, che certe giornate non si avverte nemmeno; ma poi ci sono momenti in cui la ferita si gonfia, pulsa, si stringe attorno alla spina e lo stomaco duole, fa male il cuore.
Ad Hanako quel dolore è un dolore familiare, perché lei non ha ricordo alcuno dell'odore di suo padre, della sua voce, non ha ricordi di giorni passati sulle spalle di qualcun altro. Suo padre era uno sconosciuto per la sua stessa figlia, sua madre non ha avuto il tempo, l'interesse, di tenerla tra le braccia. Hanako vorrebbe che per Shisui quei ricordi ci fossero: vorrebbe dare Itachi a Shisui, ma Itachi non c'è, Itachi è andato dove lei e il bambino non possono raggiungerlo, dall'altra parte del vento.
Ma Hanako ricorda che Itachi sapeva d'arancia amara. Lo dice a Shisui, e poi rammenta che la prima volta che l'ha incontrato, nell'Heya, sapeva anche di cuoio e di sangue, ma questo non glielo racconta ancora: più avanti, magari, quando Shisui sarà più grande.
Ricorda che Itachi aveva una voce quieta, mani gentili. Racconta a Shisui che aveva la pelle chiara, come la sua, e gli occhi neri, come i suoi. Decide di dovergli dare cento ragioni e una di più per le quali dovrebbe essere orgoglioso di essere figlio di suo padre, e Itachi era un eroe, la prima, Itachi mi ha salvata tre volte, la seconda, Itachi era una buona persona, Itachi non lo dava a vedere, Itachi era coraggioso, amavo Itachi e Itachi era una persona che si può amare da qui all'altra parte del vento.
Ricostruendo Itachi briciola dopo briciola dopo briciola, Hanako non farà di Shisui un bambino senza padre.


.liquore



Shisui era cresciuto ascoltando sua madre raccontare.
La casa sulla cima della collina era piena di suoni: c'era il suono delle campane del vento appese alle finestre e alle porte, che tintinnavano ogni volta che le correnti d'aria cambiavano; c'era il suono delle foglie, il loro stormire come monete d'argento oltre i vetri e le tende e le paratie di carta; c'era il sibilo dei campi mossi dalla brezza e c'era il cantare basso di Hanako, la sua voce quieta, lo scrosciare dell'acqua versata nei bacili per lavare i panni, nelle pentole accese a bollire sul fuoco piene di legumi e di zuppe.
Tra i suoni, nel vento, i racconti di sua madre erano divenuti un sottofondo inarrestabile che l'aveva accompagnato mentre cresceva: e prima erano stati racconti dolci, privi di tempo, con bellissime principesse dagli occhi color dell'acqua e guerrieri con spade enormi od occhi rossi, gentili, tutti così gentili, e nessuno moriva o soffriva o si perdeva alla fine di quelle storie. Con il tempo le principesse erano divenute ninja, e i guerrieri con gli occhi rossi, be', anche loro erano ninja, e gli spadaccini dalle colossali lame... in certi racconti sembravano quasi brave persone, quasi, ma in certi altri erano spaventevoli.
Per questo Shisui si era aspettato molte cose, alla fine del suo viaggio verso sud: ma questo, questo no, questo non se l'era aspettato. Non si era aspettato questa bella donna dai capelli striati di grigio, con gli occhi fondi e il sorriso che sembrava nascondere mille pensieri riposti; non si era aspettato questa casa ricca, le serve curiose, né di poter dormire in una camera tanto bella da sembrargli uscita da un sogno: la casa del muschio era fresca e ventosa e piena di ricordi, ma era la casa d'una donna semplice, dai mezzi semplici, con gusti semplici.
Ma quello che più di ogni altra cosa non si era aspettato era l'enorme spadaccino, Kisame Hoshigaki, con il suo ghigno aperto su due file di denti aguzzi e la lama posata di traverso sulle ginocchia e trattata come fosse un'amante, non una spada.
- E così, tua madre se la passa bene... -
- Lei sta bene, sì. -
Kisame afferrò bruscamente una tazzina dai raffinatissimi intarsi, la riempì di sakè e, incurante degli effetti che un atterraggio brusco avrebbe avuto sulla delicata ceramica, la lanciò verso il bambino:
- Prendi. -
Shisui l'afferrò al volo e sgranò gli occhi davanti al liquore.
- Io ho otto anni. - precisò, fissando Kisame.
L'espressione allibita sul viso di Shisui dovette divertire l'uomo, perché, invece che irritarsi, sghignazzò e si riprese la tazzina.
- Tutto tua madre. - Si scolò il sakè in un sorso solo, prima di soggiungere: - Eccetto gli occhi. Hai gli occhi di tuo padre. Non nel colore, più nel senso di ti do fuoco con uno sguardo. -
Shisui sbatté le palpebre, incerto, e Kisame sogghignò ancora:
- Forse... - affermò. - … riusciremo davvero a fare di te qualcosa di divertente. -


.anni



Quando il ragazzo scivola giù dal ramo più alto dell'olmo, alla base della collina, è la la campana del vento appesa davanti all'ingresso ad accorgersene per prima. E' fatta di piccoli bastoncini bianchi legati l'uno all'altro da un filo di seta, che ruotano ad ogni soffio d'aria disegnando sentieri impalpabili sulla soglia.
Le mani che aprono la porta sono mani sottili: il tempo e le storie hanno tracciato un ricamo di rughe sulla pelle, ogni ruga un racconto, ogni ruga un anno, una persona, un ricordo. La testa che si affaccia a guardare di fuori è grigia di cenere, ed anche quella cenere è un racconto. C'è uno spillone di legno a forma di farfalla a trattenere il nodo dei capelli, uno scialle di lana - lana viola - gettato sulle spalle curve.
Il viso della donna è un viso di vecchia dove il tempo non ha scavato strade, ha aperto finestre. Sorride al ragazzo che sale lungo il sentiero, e questi alza una mano, salutandola. E' alto, è bello. Qualche volta lei vede l'ombra di qualcun altro camminargli accanto. Veste di bianco e di nero, ed ha una maschera appesa al collo: oggi è una di quelle giornate, pensa lei, in cui l'ombra non gli è al fianco, gli è dentro. Fa per chiamarlo, Itachi, con tutto quel dolore che neanche il vento si è portato via, ma poi sorride e tende le mani.
- Buongiorno, madre. - le dice il ragazzo, accettandole. Si china: posa la fronte contro quella di lei e per un attimo non fanno altro che guardarsi negli occhi. - L'Hokage... - dice poi Shisui, sorridendo come Itachi non aveva mai sorriso: ed ecco lì, tutto ad un tratto, che il dolore è scomparso. - L'Hokage - dice - ti manda i suoi saluti. -





Note: E di nuovo - oh, cribbio, quanto tempo - qui è Elos che vi parla! Non so neanche come scusarmi con voi e con Salice per il ritardo infinito. Ma c'è ancora qualcuno in attesa per questa raccolta? x°D
300, 500 e ancora 300 parole per tutte le piccole scene che avevo pensato per Hanako e Shisui. Sulla prima, niente da dire - se non che ho un altro pezzo pronto che è stato scritto sul medesimo tono. La seconda è per niente velatamente ispirata a Come tuo padre, di Salice. Con un tocco di Layla Miller, per chi coglie la citazione, perché ci sta sempre bene. La terza nasce da una recensione ricevuta millenni addietro da Gweiddi at Ecate. Mi rimase impressa - ah, chi non vorrebbe ricevere una recensione così? - e perciò ve la trascrivo qui. Speravo tanto di poter rendere l'idea, Gweiddi.
Io non posso sapere cos'abbiano pensato e penseranno le tue lettrici ma per me è stato come vedere il futuro. Ho visto Hanako invecchiata, seduta su una veranda con le campane che tintinnavano e Shisui, vestito da Anbu che andava da lei sorridendo con una pesante spada in mano e gli raccontava di Naruto e del suo largo cappello da Hokage. Ho visto quindi il possibile proseguo di questa storia dove le vite di Hanako, Shisui, Sasuke, Kisame, Naruto e gli altri andavano avanti ed inevitabilmente si intrecciavano ancora, perennemente, di continuo, per sempre. Ed è stato bello.

Fonte immagine: Itachi by kivi1230

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