I have finally realised I need your love

di JulesBerry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Back in time - L'assenza dell'essere amato lascia dietro di sé un lento veleno che si chiama oblio ***
Capitolo 3: *** Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre, poi torna a casa e là lo trova ***
Capitolo 4: *** L’amicizia fra due persone di sesso diverso o non è nulla o è amore ***
Capitolo 5: *** Quando incontriamo qualcuno e ci innamoriamo, abbiamo l’impressione che tutto l’Universo sia d’accordo ***
Capitolo 6: *** Tutto ciò di cui ho bisogno è amore, ma un po’ di cioccolata, ogni tanto, non fa male ***
Capitolo 7: *** Due persone che si guardano negli occhi non vedono i loro occhi, ma i loro sguardi ***
Capitolo 8: *** L'insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura ***
Capitolo 9: *** Quel piacere dello spostamento che, in definitiva, consiste solo nel ricordo e mai nel presente ***
Capitolo 10: *** Ogni donna è una ribelle, e solitamente in violenta rivolta contro se stessa ***
Capitolo 11: *** "Sei la felicità che raccolgo ogni giorno dall'amore che ho seminato" ***
Capitolo 12: *** "Non mi pare ti sia mai importato qualcosa delle regole, Pasticcino!" ***
Capitolo 13: *** Something in the way she moves... attracts me like no other lover ***
Capitolo 14: *** Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri ***
Capitolo 15: *** Lo sport consiste nel delegare al corpo alcune delle più elevate virtù dell'animo ***
Capitolo 16: *** Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto ***
Capitolo 17: *** A Natale tutte le strade conducono a casa ***
Capitolo 18: *** Soltanto le persone che evitano di suscitare la gelosia meritano che se ne abbia per loro ***
Capitolo 19: *** Amore è cieco e gli amanti non vedono le dolci follie che commettono ***
Capitolo 20: *** Se non ci fosse l'inverno, la primavera non sarebbe così piacevole ***
Capitolo 21: *** "Vorresti rendere migliore questo mio breve sogno?" ***



Capitolo 1
*** Prologo ***




I have finally realised I need your love




 
Prologo
 


So close, no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trusting who we are
And nothing else matters
 
 
L’aereo che da Madrid la stava portando a Londra viaggiava ormai da un’ora e mezza. Era partita in perfetto orario, alle 16 in punto, e dopo due ore di volo sarebbe tornata nella sua amata Gran Bretagna.
Erano passati otto anni e mezzo da quella mattina di febbraio, da quel giorno che l’aveva vista andare via, ma il suo cuore era sempre rimasto inchiodato lì, nella sua vecchia casa, dai suoi vecchi amici. Il tempo trascorso non era servito a farlo tornare da lei, così adesso era lei che andava a raggiungere lui, decisa a non lasciarlo mai più.
Fissava con sguardo impassibile le nuvole attraverso il finestrino: farlo le dava la nausea, ma lei continuava a guardare imperterrita, da gran testarda che era, probabilmente per non dare a vedere agli altri passeggeri quella lacrima solitaria che le stava solcando il volto.
Era una ragazza abbastanza carina, lei: aveva dei lunghi capelli mossi, color castano ramato, e grandi occhi verde smeraldo. Nonostante il suo carattere affatto docile, era una persona molto allegra, dotata di uno spiccato senso dell’umorismo e di quell’astuzia che le permetteva di passarla liscia anche dopo aver combinato qualche disastro. E c’è da dire che ciò accadeva abbastanza spesso.
«Signorina, desidera qualcosa?» le chiese un’hostess molto gentile che la ridestò dai suoi pensieri.
«Sì, un bicchier d’acqua, per favore» disse lei sfoggiando il suo solito amabile sorriso.
Mentre sorseggiava l’acqua fresca la sua mente viaggiava senza sosta, dandole l’impressione di non poter essere fermata; in effetti, ormai poteva considerarla alla stregua di un’abitudine.
Ripensò a quello che le aveva detto la madre, pochi giorni prima.
 
«Margaret, amore?»
«Sì, mamma?»
«Come stai? Ti ho vista molto giù di morale, in questi giorni...» aveva osservato Gloria Demetra Wilson in Stevens, entrando nella camera della figlia e sedendosi sul bordo del letto. La ragazza aveva posato sul comodino il libro che stava leggendo e aveva respirato a fondo, posando gli occhi in quelli azzurri della madre. Erano molto simili, loro due. Stesso naso, stessi capelli, stesse labbra, stessa andatura. Gli occhi erano invece quelli di suo padre, Desmond James Stevens, e in effetti anche gran parte del carattere, sebbene poi lei ci avesse messo molto di suo.
«Sto bene, non preoccuparti. Be’, devo ammettere che sono ancora un po’ furiosa per quella storia dei Malfoy, ma mi passerà. E poi ci sono i Weasley, tanto per cambiare… Merlino solo sa quanto mi mancano. Sono passati…»
«Otto anni e mezzo, Meg. Lo so, sono tanti. So quanto ti mancano, perché gli occhi ti brillano quando parli di loro. Sono tua madre, certe cose le sento. Ti vedo piangere, quando finisci di leggere le loro lettere, e capisco quando non riesci a dormire, perché troppo persa nei tuoi ricordi. Loro sono...»
«La mia seconda famiglia» aveva completato per lei Margaret, passandosi una mano sugli occhi per scacciar via le lacrime che stavano per arrivare.
«Esattamente» aveva annuito Gloria, prima di continuare. «È proprio per questo che ho deciso di parlarti, Maggie. Io e papà ne abbiamo discusso a lungo, e siamo d’accordo sul fatto che tu dovresti...»
«No, mamma, non se ne parla. So cosa stavi per dire: vi ho sentiti bisbigliare, l’altra sera. Io, senza di voi, non vado da nessuna parte, che sia chiaro.»
«Tesoro mio, ascolta... Silente ha riconvocato l’Ordine della Fenice, potrebbe scoppiare una guerra da un momento all’altro. Il Ministero della Magia cerca di tenere tutti all’oscuro, ma noi dell’Ordine sappiamo cosa succede lì fuori, sappiamo che Voldemort è tornato, così come sappiamo che dobbiamo restare uniti.»
«È  proprio per questo che non posso lasciarvi! Voi siete i miei genitori!» aveva esclamato Margaret, indignata, ma sua madre le aveva appena preso il volto tra le mani per costringerla a guardarla.
«Il tuo posto è con loro, Margaret. Tu, George e Fred siete stati lontani per troppo tempo. Sei grande, ormai, e puoi decidere cosa fare. Il tuo più grande desiderio è sempre stato quello di tornare a casa, lo sappiamo tutti, e adesso ne hai la possibilità. La guerra sarà inevitabile, e io non voglio vivere con il rimpianto di non aver permesso alla mia unica figlia di tornare nel solo luogo che l’abbia mai resa realmente felice.»
«E voi, allora? Siamo qui da quasi nove anni e non avete fatto altro che lamentarvi di quanto tutto in questo paese sia così poco “inglese”! Perché mi lasciate partire da sola?» aveva chiesto, allora, iniziando ad alterarsi. Tutta quella situazione le metteva l’ansia, soprattutto dopo quello che era successo poco tempo prima. Non voleva che i suoi genitori restassero lì, lontani da lei, per chissà quanto tempo.
«Io e papà ti raggiungeremo tra qualche mese, dobbiamo solo sbrigare alcune pratiche... Sai, il lavoro. Però non perderemo molto tempo, te lo prometto. Saremo di nuovo insieme ancora prima che tu possa sentire la nostra mancanza» l’aveva rassicurata Gloria, accarezzandole i capelli e sorridendole come solo una madre avrebbe saputo fare. La ragazza aveva ricambiato il sorriso per poi sospirare, rassegnata.
«E con la scuola? Come farò? Insomma, mi manca solo l’ultimo anno, ed io voglio completare gli studi, sarebbe un pecca-» aveva iniziato, ma non aveva potuto continuare dato che la madre l’aveva interrotta.
«Frequenterai il tuo ultimo anno ad Hogwarts, credo che meglio di così non possa andarti» le aveva detto lei, quindi, ripensando per qualche secondo agli anni che lei e suo marito avevano trascorso in quella scuola e a quante ne avevano combinate tra quelle mura.
«Merlino, Hogwarts! Ma è grandioso, caz-… caspita!» si era corretta appena in tempo Meg, precedentemente trascinata dall’entusiasmo. Aveva intercettato lo sguardo di rimprovero di sua madre, così aveva iniziato a guardarsi intorno e a sistemarsi meglio sul letto, prima di chiedere nel più falso tono pacato che era riuscita a pescare: «Quando dovrò partire?»
«Tra una settimana precisa. Ho parlato con Molly, mi ha assicurato che all’aeroporto di Londra ci sarà qualcuno dell’Ordine a prelevarti» le aveva spiegato Gloria, e nel suo tono di voce non si poteva non scorgere un pizzico di tristezza. Stava lasciando andare la sua unica, brillante, splendida figlia, e non era sicura di poter mantenere la promessa che le aveva fatto pochi minuti prima. Non poteva sapere quando, e se, l’avrebbero raggiunta. Con una guerra alle porte, non sapeva neanche se si sarebbero mai più riviste.
«Mamma... Mi mancherete. Mi mancherai» l’aveva riscossa dai suoi pensieri Margaret, facendola sobbalzare. Aveva chiuso gli occhi, combattuta, ma sapeva che doveva essere forte. Forte come Vittoria, sua madre, e come aveva insegnato a quella che un tempo era stata la sua bambina, ma che ormai era una caparbia giovane donna.
Si era avvicinata alla figlia e l’aveva abbracciata stretta, poi si era alzata e si era diretta fuori dalla stanza, tenendo lo sguardo basso.
Per la prima volta in diciassette anni, Margaret Stevens poteva giurare di aver visto sua madre piangere.
 
L’aereo era in fase di atterraggio. Una volta che la manovra fu terminata, Margaret prese il suo bagaglio a mano e si diresse verso l’uscita. Non dovette perdere tempo, dato che non aveva bagagli in stiva: sulla sua valigia lei e il padre avevano applicato un Incantesimo di Estensione Irriconoscibile molto efficace, tanto che era riuscita ad infilarvi tutti i vestiti presenti nel suo armadio ed i suoi effetti personali.
Ad aspettarla, al suo arrivo, avrebbe dovuto esserci un membro dell’Ordine, e fu con enorme sorpresa che si accorse che, in realtà, le persone che si erano offerte di venirla a prendere erano Remus Lupin, Ninfadora Tonks ed Arthur Weasley. Gli occhi le si illuminarono di felicità.
«Arthur!» chiamò a gran voce, dopodiché corse verso il suo padrino e l’abbracciò tanto forte che avrebbe potuto stritolarlo. Poi, salutò calorosamente anche Lupin, vecchio amico dei suoi genitori, e Tonks, figlia della cugina di terzo grado di sua madre, Andromeda.
«Maggie cara, sei splendida!» fece Arthur con fare paterno.
«Non potevi non esserlo, sei identica a tua madre» continuò Remus, scombinandole i capelli e dandole un pizzicotto sul braccio.
«Andiamo alla Tana, no?» chiese conferma Margaret, esausta a causa del viaggio.
«Eh no, bellezza! Vedrai dove ti portiamo!» le rispose Tonks, facendole l’occhiolino.

Appena fuori dall’aeroporto, in un vicolo, i quattro si Smaterializzarono. La ragazza non aveva idea su dove la stessero conducendo: sapeva solamente che non vedeva l’ora di rincontrare tutti quanti dopo quasi nove lunghissimi anni. Apparvero in una piazzetta dove si ergevano delle case davvero poco accoglienti e dall’aspetto decisamente spaventoso e lugubre. Lupin le sorrise e le porse un pezzo di pergamena.
«L’ha scritto Silente, è il Custode Segreto. Senza quello non puoi entrare, quindi memorizzalo. Non fare troppe domande, qui fuori. Ci è già bastato Harry, ieri.»
«Harry... Harry Potter?» chiese Meg, incuriosita.
«In persona. Avanti, memorizza!»


“Il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice si può trovare al numero dodici di Grimmauld Place, Londra”1
 

Lesse quella frase due volte e la ripeté a mente qualche volta. Improvvisamente, tra il numero 11 e il numero 13, si Materializzò una porta, e accanto ad essa era segnato il numero 12.
«Fa’ silenzio, all’ingresso. Tonks, attenta a non inciampare!»
Margaret entrò silenziosamente dentro l’abitazione e dal fondo del corridoio intravide la sua madrina che si avvicinava, pronta a stritolarla a dovere. La giovane, presa dall’entusiasmo, si catapultò su di lei e l’abbracciò così come aveva fatto con Arthur, e istintivamente delle lacrime rigarono il viso di entrambe.
«Molly! Mi sei mancata tantissimo!» sussurrò la ragazza, dato che era stata pregata quasi di non fiatare.
«Anche tu, tesoro caro! La tua camera si trova su questo pianerottolo, ti aiuto a posare la valigia. Poi puoi salire di sopra; Fred e George non sanno del tuo arrivo, ho pensato che sarebbe stato più carino se avessi fatto loro una sorpresa» disse Molly con gli occhi che le brillavano, commossi.
«Hai avuto una splendida idea, sul serio. Vado subito!» rispose la giovane, iniziando a percepire una crescente agitazione e lo stomaco attorcigliarsi, mentre il cuore aveva preso a battere sempre più velocemente.
«La porta a destra, tesoro!»
Margaret si incamminò velocemente in direzione del pianerottolo al piano superiore.
Finalmente, dopo quasi nove lunghi anni, l’attesa era giunta al termine.

1:Citazione tratta da "Harry Potter e l'Ordine della Fenice".


- Angolo dell'autrice

Salve a tutti! Questa è la prima fanfiction che pubblico, quindi spero sia abbastanza decente! :)
Le frasi con cui ho aperto il capitolo sono tratte dalla bellissima canzone Nothing Else Mattersdei Metallica. Il titolo che ho scelto per la storia, invece, è tratto da Madness, dei Muse.
Come potete ben vedere, abbiamo l’introduzione di un nuovo personaggio, Margaret Sadie Eleanor Stevens, nata il 19 maggio 1978 e grande amica dei gemelli Weasley sin dall’infanzia.
Nel prossimo capitolo faremo un salto indietro nel tempo, vi aiuterà a capire un paio di cose riguardo la storia; aggiornerò tra due o tre giorni, e nel frattempo spero di trovare qualche recensione, mi aiuterebbero senz’altro a farmi capire cosa posso migliorare. :)
Un bacio,
Jules

- Personaggi e Prestavolto


Margaret Stevens: Phoebe Tonkin
Desmond Stevens: Simon Baker
Gloria Wilson in Stevens: Rachel Shelley 
Vittoria Mills in Wilson: Charlotte Rampling
Julia Palmer in Stevens: Meryl Streep
 

Ultima revisione: 13.01.2015

 

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Capitolo 2
*** Back in time - L'assenza dell'essere amato lascia dietro di sé un lento veleno che si chiama oblio ***


 
Capitolo 1


 
 

- Back in time -
L’assenza dell’essere amato lascia dietro di sé
un lento veleno che si chiama oblio
 


Well I know the road is long
But I'm staying strong
So don't cry
Cause this is not my last goodbye


 
20 dicembre 1978

 
Era un pomeriggio invernale come tanti, quello del 20 dicembre del 1978. L’atmosfera natalizia aveva già cominciato a farsi sentire da diversi giorni, e all’interno di quell’abitazione accogliente e riccamente addobbata si poteva percepire un’allegria fuori dal comune. Quasi insolita, in effetti, se si considerava il periodo difficile che si stava attraversando.
Due donne erano accomodate sul divano accanto al camino, una bassa, un po’ robusta e dai capelli rossi, l’altra un po’ più alta, magra e dai mossi capelli color castano rame. Stavano prendendo un tè, chiacchierando del più e del meno, e ogni cosa sembrava immersa in una quasi irreale tranquillità. Ci pensarono però delle urla e qualche schiamazzo a rompere quel piacevole equilibrio.
«Oh, George! Molla i capelli di Maggie! E tu, Fred, ridalle la cioccolata!» sbottò Molly Weasley, che con uno scatto si alzò dal divano e si diresse verso quei tre bambini che in quel momento si trovavano sul punto di azzuffarsi. Difatti, un bimbo di circa otto mesi, dai capelli rossi come la madre, gli occhi azzurri e il sorriso birichino, era intento a tirare con forza i capelli più scuri di una bambina di un mese più piccina, mentre il di lui gemello, dispettoso tanto quanto il fratello, le aveva appena rubato la cioccolata. La piccola, urlando, si gettò sul secondo e, con un morso ben assestato, si attaccò al suo braccio. Il piccolo, ovviamente, scoppiò a piangere, mentre il primo bambino se la rideva di gusto. La madre dei due gemelli, arrivata per separare i bambini, prese in braccio quello in lacrime e si diresse nuovamente verso il sofà, da dove Gloria Stevens aveva osservato tutta la scena senza riuscire a nascondere un certo divertimento nei suoi begli occhi azzurri.
«Fred, tesoro, non fare il melodrammatico. Non ha ancora messo tutti i denti!» disse Molly, cercando di calmare il pianto del figlio. «Scusami, Gloria, ma sono due pesti!» concluse, poi, un tantino esasperata.
«Figurati, Molly! Non mi racconti nulla di nuovo, Meg non è da meno: ha solo sette mesi e già ha un caratterino tutto particolare!» fece Gloria, che d’altra parte era corsa a prendere in braccio la figlia, la quale aveva appena provato a tirare un pugno al gemello rimasto sul tappeto insieme a lei, dando conferma di ciò che la madre aveva appena detto.
«Sono adorabilmente terrificanti, insieme. Ne combineranno di tutti i colori» commentò sorridendo, allora, e provando a far stare buona la bambina, che d’altro canto cercava in tutti i modi di avvicinarsi prima ad un bambino, poi all’altro.
«Non ci sono dubbi, mia cara. Credo anche che saremo costrette a proteggere con qualche incantesimo la recinzione che separa i nostri giardini. Con loro in giro, be’... non si sa mai» considerò Molly, che intanto aveva preso in braccio anche l’altro gemello, George, che reclamava la sua attenzione.

 
18 luglio 1983

 
Era notte fonda, alla Tana, e lei non riusciva a riprendere sonno. L’aveva sognato di nuovo, come ogni altra volta che era rimasta a dormire lì, ed era a dir poco terrificante.
Una bambina di cinque anni molto graziosa, quasi copia di sua madre – se non fosse stato per gli occhi verdi del padre – scivolò giù dal letto e si incamminò per il corridoio con il suo pigiamino svolazzante.
Non l’aveva mai fatto, ma era giunto il momento: non poteva andare avanti così.
Entrò silenziosamente in un’altra camera, chiudendosi dietro la porta, e scorse subito quei due letti dove dormivano due bambini completamente identici. Per lei, come per quasi nessun altro, distinguerli era semplicissimo: erano uguali, ma allo stesso tempo avevano qualcosa di diverso: impercettibile per molti, forse, ma non per lei. Tuttavia, in quella situazione e immersa in quell’oscurità, non poteva capire chi fosse uno e chi l’altro. Si diresse verso quello vicino alla finestra e cominciò a picchettare delicatamente sulla spalla del bambino, invano. Si disse che doveva essere Fred, dato che solitamente non si svegliava nemmeno con le cannonate. Così, lo scosse un po’ più violentemente, ma nulla. Gli tirò i capelli, ma ancora niente da fare. Quasi con rammarico, dato che per una volta avrebbe voluto usare le buone maniere, decise che era rimasta solo un’unica cosa possibile ed efficace da fare. Così, lo scoprì leggermente e, senza esitare, gli diede un bel morso sul braccio, al che il bambino si svegliò di soprassalto.
«Che? Cosa? Che succede? Dove sono i biscotti?» fece lui, agitandosi e guardandosi intorno, probabilmente ancora convinto di stare sognando. Aveva un aspetto molto buffo: i capelli rossi erano più scompigliati del solito e gli occhi socchiusi davano l’impressione che sul suo volto ci fossero molte più lentiggini.
«Freddie, non c’è nessun biscotto, sono io! Ho bisogno di te» disse la bambina, portandosi i capelli sul viso per nascondere il suo leggero imbarazzo. Il bambino, preso alla sprovvista, si mise a sedere e cercò di sembrare il più sveglio possibile.
«Maggie, che c’è? È tardi, ho sonno!» fece lui, lagnandosi, al che la ragazzina gli tirò i capelli.
«Tu non capisci! L’ho sognato di nuovo, è il mostro dell’armadio! Ho paura, Freddie!» spiegò lei, contrariata, tentando di fingere uno sguardo disperato che convincesse il bambino a consolarla.
«Il mostro dell’armadio?» domandò questi, incerto, grattandosi la testa.
«Sì. Non ricordi cos’aveva detto Georgie? C’è un mostro invisibile nascosto nell’armadio che mi spia e che vuole trasformarmi in una puzzola mentre dormo! Devi aiutarmi!» disse lei, sfoggiando un adorabile faccino triste e abbracciando il ragazzino, che adesso aveva iniziato a rischiararsi di consapevolezza.
“George, sei sempre il solito!” pensò lui, compiaciuto e divertito dalla mente diabolica del gemello.
«Ti proteggerò io dal mostro dell’armadio, Pasticcino! Vuoi dormire qui con me?» le chiese, quindi, in uno slancio di presunta cavalleria, ed un sorriso birichino gli si disegnò sul volto.
«E ci voleva tanto a chiederlo? Fammi spazio, Freddie» fece lei, felice di aver ottenuto ciò che aveva voluto sin dall’inizio. Si infilò sotto le lenzuala insieme al suo piccolo amico e, stretti in un amorevole abbraccio, si addormentarono insieme.
Fu soltanto l’inizio di quello che si trasformò ben presto in un vero e proprio rito.

 
3 febbraio 1987

 
Giusto prima di chiudere per l’ultima volta la porta di ingresso di quella casa, Gloria e Desmond Stevens si guardarono negli occhi per diversi istanti: chissà quando sarebbero ritornati. I loro volti esprimevano profonda tristezza, non erano mai stati così tetri.
L’uomo, che esercitava un grande fascino a causa dei suoi grandi occhi verdi e del suo sorriso disarmante, si apprestò a caricare i bagagli nell’automobile che il Ministero aveva messo a loro disposizione, mentre il vento scompigliava i suoi già indomabili capelli biondi.
Nel frattempo, sua moglie era intenta a guardare la figlia, di quasi nove anni. Questa, in lacrime, era abbracciata a due bambini, completamente identici, e non sembrava fosse disposta a lasciarli, né tantomeno loro lo erano.
Gloria si avvicinò a Molly e l’abbracciò più forte che poté, sentendo grosse e fastidiose lacrime scendere giù per le sue guance, nonostante avesse cercato in ogni modo di trattenerle. Desmond e Arthur, desolati, si unirono alle loro mogli, ma i bambini non riuscivano a darsi pace.
«Voglio restare qui con voi, non ci voglio andare !» strillò Margaret, stringendosi più forte ai due amici.
«Veniamo con te! Avevamo detto che saremmo stati sempre insieme! Perché adesso dobbiamo dividerci? Perché?» protestò George, quasi furioso, non riuscendo a trovare una spiegazione a tutta quella storia.
«Io non ti lascio, e nemmeno George. Non vai da nessuna parte senza di noi!» si lamentò subito dopo Fred, deciso a non mollare la presa su di lei.
Quella scena, per Gloria, era straziante. Il dolore che provava nel vedere la sua piccola Margaret in quello stato era indescrivibile: poteva forse essere paragonato a quello subìto quando centinaia di coltellate ti attraversano il corpo, infierendo affinché nemmeno un centimetro di esso venga risparmiato da quell’atroce tortura. Ma loro, purtroppo, dovevano partire. Desmond, che si era specializzato in Magisprudenza e lavorava all’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, era stato trasferito in Spagna a tempo indeterminato con l’incarico di assistere dei clienti estremamente importanti e, naturalmente, di continuare a svolgere le sue abituali mansioni al Ministero della Magia del Paese che li stava per ospitare. Non sapeva per quanto tempo gli sarebbe toccato rimanere lì, e non poteva certo partire senza sua moglie e la sua adorata figlia. Era stata una decisione difficile, ma l’unica possibile, così anche Gloria era stata costretta a chiedere il trasferimento per poter continuare a lavorare come Auror.
«Ragazzi, per favore, così peggiorate una situazione già fin troppo complicata. Torneremo, è una promessa» disse quest’ultima, cercando in tutto e per tutto di essere forte, proprio come sua madre.
E così, più rapidamente di quanto avessero temuto, era giunto il momento degli addii. Gli Stevens salutarono la famiglia Weasley per l’ultima volta, poi si accomodarono in auto e Desmond mise in moto.
Margaret, ancora in lacrime, scorse dal finestrino la sua seconda famiglia ancora ferma sul giardino incolto della Tana e volse loro un ultimo triste cenno con la mano. Pian piano, tutto divenne sempre più lontano. Guardò per un’ultima volta la sua casa, confinante con quella dei Weasley. Una domanda le sorse spontanea: come avrebbe fatto a sopportare tutto questo?

 

*



Fred e George Weasley
Sala Comune, Torre di Grifondoro
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, Scozia
1 aprile 1992

 
Cara Meg,
Noto con piacere che non ti sei dimenticata del nostro compleanno, dati i tuoi precedenti imperdonabili. No, non mi interessa se è successo solo una volta e no, non mi interessano le tue giustificazioni che attribuiscono la colpa a quell’idiota del tuo gufo. Ripeto, i-m-p-e-r-d-o-n-a-b-i-l-e.
Comunque, Pasticcino, lasciamo perdere questi convenevoli e passiamo alle cose serie – sono Fred, per la cronaca, ma l’avrai già capito dalla grafia.
Grazie mille per il regalo, anche se non ho capito bene: mi hai regalato un libro di poesie e frasi letterarie... Babbano?! No, dico... credevo sapessi con chi hai a che fare! Mi stai chiedendo di fare uno sforzo enorme, Cioccolatino! La biblioteca della scuola non sa nemmeno della mia esistenza, non so se mi spiego.
Be’, tuttavia, proverò a leggerlo... ma solo ed esclusivamente perché me l’hai regalato tu – non per questo adesso potrai montarti la testa.
Ma una cosa devi ammetterla: è da quando sei diventata una secchiona che vuoi trascinare anche me nel baratro per farti compagnia. Mi dispiace, ma ti dirò una cosa: non accadrà mai.
Bando alle ciance, devo proprio salutarti: mi attende un’intensissima ora di punizione nell’ufficio di Gazza. Troverò un modo per svignarmela, o non mi chiamo più Fred Weasley.
Lascio continuare George, okay? Mi manchi!

Fred

 
Ehi, Maggie!
Lascia perdere quello che dice Fred, se ti può consolare io credo fermamente nel fatto che quella volta il tuo gufo si sia confuso e abbia sbagliato strada. Insomma, se ti somiglia anche solo un pochino sarà mezzo ubriaco tutto il giorno – scherzo, non mi uccidere.
Passando oltre, grazie mille per il regalo! “Tutte le tecniche di seduzione, dal 1128 ad oggi”. Zuccherino, sei un genio! Grazie a questo libro, tutte le dooolci donzelle cadranno ai miei piedi – non che avessi bisogno di un aiuto per riuscirci, ma non si finisce mai di imparare.
Ma adesso, mi tocca farti la solita, immancabile domanda: quando accidenti ti decidi a tornare? E sei sicura che per quest’estate non si possa far niente, anche solo per pochi giorni?
Manchi a tutti, qui. Mamma ricorda ancora quando quasi divoravi senza pietà alcuna il vassoio di dolci fatti in casa o quando giocavamo tutti insieme a scacchi per Natale. Sì, a volte ho il sospetto che le piaccia infierire. Il fatto è che vorremmo avervi di nuovo qui con noi, in fondo non ci siamo mai abituati. Sono passati cinque anni e la tua assenza si sente molto più di prima.  
Adesso però scappo anch’io, ho gli allenamenti di Quidditch!
Ricordati che ti vogliamo bene, sorellina.

George
 

*



Margaret S. E. Stevens
Dormitorio de las mujeres, Castillo del Fuego
Colegio Esperanza de magìa y hechiceria, Espa
ña

19 maggio 1994

 
Carissimi Fred e George,
Mi sembra inutile ripetervi che voi due siete sempre una sorpresa. A volte in senso profondamente negativo, devo ammetterlo, ma pur sempre una sorpresa – e i vostri regali di compleanno parlano chiaro ormai da anni, peccato che io non ci abbia fatto ancora l’abitudine.
Quindi, per cominciare: grazie, grazie, grazie. Ovviamente mi sono piaciuti, anche se devo confessarvi che, be’... erano un po’ imbarazzanti, ma ho il sospetto che l’abbiate fatto di proposito. Cioè, per me non ci sono problemi, avrei solo dovuto evitare di scartarli di fronte a Flor e Mercedes, dato hanno riso per due ore dopo averli visti – e per la cronaca, vi proibisco tassativamente di provarci con loro.
Comunque, Fred: veramente carino quell’intimo. Certo, è molto eloquente, e il reggiseno era di due taglie in più, ma fa niente. L’ho rimpicciolito con un sol colpo di bacchetta.
Quanto al tuo regalo, George: wow. No, seriamente. “Tutto quel che c’è da sapere sul sesso”. Ammirevole, piccola canaglia, non c’è che dire! Un libro che può sempre tornare utile, no? Devo solo stare attenta e scovare un posto sicuro affinché mio padre non lo possa trovare MAI.
Adesso, l’angolo delle novità: tre giorni fa ho mollato Pablo, quella sorta di bipede – e lo so che state esultando, quindi continuate pure a farlo perché avevate pienamente ragione e io avrei dovuto darvi ascolto già qualche mese fa.
Come tutti avremmo potuto aspettarci, Matìas, quell’idiota fissato con quella stronzata della purezza di sangue e tutto il resto, non appena è venuto a sapere della notizia ha iniziato a provarci ancor più di prima, pensando di avere il terreno spianato. Ovviamente l’ho affatturato.
Non alzate gli occhi al cielo, vi scongiuro. So che non avrei dovuto farlo, ma non ho resistito. D’altronde, mia nonna Julia mi dice sempre: “Se lo respingi e lui ci prova, o lo affatturi o gli lanci le uova”. E naturalmente non avevo le uova.   
Per concludere, ragazzi, devo darvi una brutta notizia: non potrò raggiungervi per la finale della Coppa del Mondo di Quidditch. Papà non è riuscito a procurarsi i biglietti, mi sa che il destino si diverte a remarci contro. Sapete già che mi mancate tanto, tantissimo. Spero di poter tornare presto, sono già passati sette lunghi anni e non ce la faccio proprio più ad avere vostre notizie soltanto grazie a delle schifosissime lettere. Vorrei tanto riabbracciarvi.
Ora però devo lasciarvi, devo correre a lezione di Trasfigurazione!
Vi adoro e... be’, mi mancate.
Vostra Maggie, da oggi 16enne.

Ps. Arriverà mai il giorno in cui smetterete di trattarmi come una bambina solo perché sono più piccola di voi di un mese e diciotto giorni?


- Angolo dell'autrice

Hi guys! :D Eccomi con il nuovo capitolo!
Come vi avevo preannunciato, abbiamo fatto un salto indietro nel tempo per ripercorrere alcuni momenti dell'infanzia della nostra Margaret e dei gemelli. Come avete visto, Meg lascia la Gran Bretagna nel febbraio del 1987, ancor prima di compiere nove anni.
La frase che ho scelto come titolo è del poeta e scrittore francese Claude Aveline, mentre le strofe che aprono il capitolo sono tratte dalla canzone Last Goodbye di Alex Band.
Ringrazio infinitamente chi ha recensito il capitolo precedente, nella speranza che anche questo vi piaccia! :)
Nel prossimo, assisteremo alla reazione di Fred e George nel rivedere dopo così tanto tempo la loro cara amica. Che altro dire?
Un bacio,
Jules

Ultima revisione: 13.01.2015
 

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Capitolo 3
*** Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre, poi torna a casa e là lo trova ***



Capitolo 2
 

 
 
Un uomo gira tutto il mondo in cerca di quello che gli occorre,
poi torna a casa e là lo trova
 


But still they lead me back to the long and winding road 
You left me standing here a long, long time ago 
Don’t keep me waiting here, lead me to your door
 

«E questi? Cosa sarebbero?» chiese Harry a due ragazzi alti, dai capelli rossi e dagli occhi azzurri, uno la copia precisa dell’altro, indicando l’ennesimo prodotto che i due gli stavano mostrando.
«Pasticche Vomitose!» esclamarono i due gemelli all’unisono, soddisfatti della loro creazione. Dopo numerosi esperimenti erano finalmente riusciti a metterla a punto, e non potevano certo dire che fosse stata una passeggiata. Avevano dovuto lavorarci su parecchio, facendo loro stessi da cavie – cosa non sempre ideale, dati i risultati disastrosi dei primi tempi – ma alla fine, entusiasti, ce l’avevano fatta.
«Hanno le due estremità contrassegnate da colori differenti. Se mangi una parte, inizi a vomitare» iniziò il primo, George, orgoglioso.
«Hai così il permesso di uscire dall’aula e di salvarti dall’ennesima, noiosissima lezione di cui non ti importa un fico secco. Una volta fuori, puoi mangiare l’altra parte che ti rimetterà in salute in un batter d’occhio!» continuò il fratello, Fred, trattenendosi però dalla voglia di rabbrividire al ricordo dei primi tentativi, quando i conati erano tanto ravvicinati da non consentire di assumere l’altra estremità.
«Ingegnoso, no? Potremmo racimolare un bel po’ di galeoni, in effetti» considerò George, impostandosi addosso un’espressione concentrata. L’altro stava per aggiungere qualcosa, ma non gli fu consentito: una bella ragazza dai capelli ramati e dagli occhi verdi, infatti, aveva appena spalancato la porta della camera, appoggiandosi poi allo stipite e fissando i due coetanei con fare divertito.
«Merendine Marinare, eh? Che sia chiaro, esigo la mia percentuale: l’idea dei Pasticcetti Svenevoli ve l’ho data io!» commentò Margaret, non riuscendo tuttavia a nascondere una traccia d’emozione nella voce. Avrebbe voluto aspettare qualche altro secondo prima di manifestarsi, ma non aveva resistito oltre: il desiderio di entrare in quella stanza era stato troppo forte e insistente. Così adesso era lì, ferma sulla soglia, e non sapeva più cosa sarebbe stato opportuno fare, mentre i due la guardavano con occhi e bocca spalancati, come se avessero appena visto un fantasma.
Sulla stanza era calato un silenzio assordante, a tratti insopportabile, che la giovane interruppe con una leggera risata.
«Che è successo, vi hanno tagliato la lingua?» domandò, prendendoli in giro, ma in fondo capiva perfettamente la loro reazione. La sorpresa era stata davvero troppa per poterla reggere disinvoltamente. Il primo a riscuotersi fu George, che balzò in piedi e fece un gran sorriso.
«Meg! Cazzo, Meg! Così mi fai prendere un infarto!» quasi urlò, euforico, prima di correrle incontro e abbracciarla di slancio. La sollevò un po’ da terra, portandola alla sua altezza e stringendola più forte che poté, poi girarono un paio di volte sul posto, scoppiando a ridere entrambi.
«George, mi stai uccidendo!» gli fece notare lei con un filo di voce, al che lui la lasciò andare e si fece stampare un bacio sulla guancia, prima di asciugarle quelle poche lacrime che le bagnavano il volto. Lei lo ringraziò silenziosamente e si avvicinò al letto sul quale era ancora sdraiato Fred, che come paralizzato non aveva smesso neanche per un attimo di osservarla con quello sguardo sconvolto. Margaret si sedette accanto a lui e piegò la testa di lato, scrutandolo con interesse.
«Torno dopo otto anni e mezzo e neanche mi saluti? Per le mutande di Merlino, Freddie, non pensavo di poterti traumatizzare così tanto!» scherzò lei, arruffandogli i capelli. Si guardarono fisso negli occhi per un’eternità, non riuscendo a dire nient’altro, convinti che non potesse essere realmente vero. Alla fine, però, Fred non poté fare altro che ridere e attirarla a sé, abbracciandola come avrebbe voluto fare tante volte in quegli interminabili anni di lontananza.
«Bentornata a casa, Pasticcino. Adesso fatti stritolare a dovere» le disse, malcelando una punta di commozione.

«Ho aspettato questi abbracci per troppo tempo» sussurrò lei una volta che l’amico l’ebbe lasciata andare, accarezzando il viso di quest’ultimo. George le si sedette accanto e le prese una mano tra le sue, rivolgendole ancora un gran sorriso.
«A cosa dobbiamo l’onore di averti qui, Stevens? Sembrava un’impresa impossibile.»
«Ai miei genitori, bellezza. Hanno pensato che fosse il caso che io tornassi qui, finalmente, ma non è questo il momento adatto per discuterne. Avremo un intero anno a Hogwarts per farlo, più tutti quelli che verranno» spiegò Margaret, godendosi le loro espressioni sorprese. Quella sera si stava proprio mettendo d’impegno per sconvolgerli.
«Aspetta un attimo, dolcezza. Stai forse dicendo che sei tornata per restare? Non parti più?» le chiese Fred, quasi saltando giù dal letto. La ragazza scosse la testa, divertita.
«Scherzi? E chi vi molla più! Io non vado da nessuna parte senza di voi, mettetevelo bene in testa!»
«Zuccherino, questa è una notizia sensazionale!» commentò George, abbracciandola di nuovo.
«Quoto: sensazionale!» annuì il fratello, che non tardò a unirsi a loro, mentre l’amica cercava invano di far emergere la testa sopra le loro spalle per poter prendere aria. Aveva sognato quel giorno sin da quando avevano dovuto separarsi, e mai come in questa situazione si era sentita piena e felice senza alcuna riserva. Non avrebbe permesso a niente e nessuno di distruggere quella ritrovata serenità.
Una volta che si furono separati, Margaret si alzò e, un po’ stordita, prese a guardarsi intorno. Notò che nella camera erano presenti altre due persone, e provò un po’ di imbarazzo al pensiero di non essersi minimamente accorta di loro. Ron, forse comprendendo il disagio della vecchia amica dei suoi fratelli, le sorrise e le fece un cenno con la mano.
«Ciao Meg!»
«Oh, Ron! Che sbadata, scusami!» tentò di giustificarsi, avvicinandosi a lui per salutarlo. Dopodiché, gli posò una mano sul braccio e gli riservò un mezzo ghigno dispettoso incredibilmente simile a quello dei gemelli. Aveva pur sempre imparato da loro.
«Il piccolo, tenero, dolce Ronnie. Come sei cresciuto» gli disse, quindi, dandogli un pizzicotto sulla guancia. A quel contatto, le orecchie del ragazzo divennero dello stesso colore dei suoi capelli.
«Oh, Ronnie, e quindi non ti è ancora passata?» fece Fred, guardando il fratello minore con tanto d’occhi, fingendo sorpresa.
«Di che diavolo stai parlando?»
«Sta parlando della cotta stratosferica che hai per Meg da quando avevi tre anni, genio» spiegò George, lanciandogli un cuscino. Margaret e i ragazzi, compreso Harry, scoppiarono a ridere; Ron, ovviamente, non trovava nulla di divertente in tutto ciò, così prese il cuscino che gli era arrivato in faccia e lo scagliò contro i gemelli.
Mentre i tre fratelli erano impegnati quasi ad azzuffarsi, la ragazza si rivolse con un sorriso smagliante ad Harry e si presentò.
«E tu devi essere Harry! Piacere, sono Margaret Sadie Eleanor Stevens, puoi chiamarmi semplicemente Meg. Anche in Spagna è giunta la notizia di ciò che è successo, sai com’è: i miei genitori fanno parte dell’Ordine e sono in costante contatto con tutti quanti. Come ti senti?»
«Piacere mio, Meg. Be’, sto… sto bene, grazie. Solo un po’ nervoso per l’udienza, in effetti» rispose lui, stringendo la mano della giovane donna.
«Direi che è più che normale, ma rilassati. Mancano ancora diversi giorni e sono sicura che ti scagioneranno: dovevi salvarti la vita, non hai commesso nulla di illegale. Fidati, mastico Diritto Magico da quando ero bambina, mio padre ha studiato Magisprudenza. Il Ministero vuole farti passare per un pazzo squilibrato, questo lo sai già, ma tu sta’ tranquillo. C’è molta gente che la pensa come noi e che non si lascia abbindolare da Caramell» concluse la ragazza, lasciandosi sfuggire una punta di insofferenza nel pronunciare quel nome: i suoi genitori non erano mai stati in ottimi rapporti con il Ministro, e logicamente avevano trasmesso il loro leggero astio nei suoi confronti anche alla figlia.
Questa guardò Harry con dolcezza e comprensione, cosa che lo aiutò a sentirsi capito a fondo dopo tantissimo tempo, nemmeno lui ricordava da quanto. Quella ragazza era la positività fatta persona, sembrava che nulla potesse turbarla, ma naturalmente se l’avesse conosciuta meglio avrebbe potuto capire che non era affatto così. Margaret aveva una personalità strana, molto complessa e spesso contraddittoria, ed era quasi impossibile prevedere cosa le passasse per la testa. Il suo cervello lavorava sempre troppo, senza sosta, spesso contribuendo a rendere indecifrabile il suo stato d’animo.

Pochi istanti dopo, la giovane si sentì afferrare per la vita; ciò le fece perdere l’equilibrio, così si ritrovò nuovamente sul letto, addosso a Fred, che d’altra parte la fissava con fare innocente.
«Tu cresci ma non cambi mai, non è così?» gli chiese, allora, sedendosi in maniera più composta.
«E tu non hai ancora imparato a non lamentarti di qualsiasi cosa, eh? Fatti dare un bacino, suvvia» rispose lui, bloccandola per impedire che protestasse e iniziando a lasciarle una serie di baci sul viso. Lei, nonostante i primi tentativi di liberarsi, non riuscì a reprimere un sorriso.
«Maggie, sapevi che il mio fratellino ha raccolto in un album tutte le foto che ci hai inviato? Voleva dartelo una volta che fossi tornata» esordì George, sedendosi ai piedi del letto e sfoggiando il suo solito ghigno beffardo. Gli occhi verdi dell’amica si illuminarono di sorpresa.
«Voglio vederlo immediatamente! Dove l’hai nascosto?»
«Non esiste nessun album, quel simpaticone sta mentendo» mentì Fred, tentando di celare l’imbarazzo. Margaret sollevò un sopracciglio e sbuffò.
«Sì, certo, e io sono la figlia segreta della Regina. Accio album fotografico!» fece lei, e due secondi dopo un piccolo e grazioso raccoglitore di foto era planato verso di lei, poggiandosi sulle sue mani. Prese a sfogliarlo e, con suo grande stupore, vi trovò davvero tutte le foto che aveva inviato loro o quelle che avevano fatto insieme quando lei abitava ancora lì, dalla prima all’ultimissima: lei sulla neve, l’inverno prima; loro tre da bambini davanti all’albero di Natale della Tana, o che giocavano nel giardino di casa sua, in piena estate; lei con la sua lettera d’ammissione alla Scuola di Magia, in Spagna, e poi George che le fa il solletico, lei che morde Fred – come sempre – lui che le tira i capelli e la fa piangere, e tante, tante altre. Ce n’era persino una con il suo ex ragazzo, Pablo, sulla cui faccia era stata scritta la parola “Idiota”. Le osservò tutte e, ad ognuna, non riusciva a trattenersi dal ridere o dallo sbuffare allegramente.
Chiuse l’album con uno scatto e guardò i due gemelli con fare amorevole, poi si rivolse nuovamente a Fred e gli si accoccolò, beandosi del suo profumo e lasciandosi accarezzare delicatamente.
«Non credevo sapessi essere così dolce, sai? Mi sei mancato davvero tanto» gli sussurrò lei mentre lui le posava un bacio sulla nuca e continuava a giocare con i suoi capelli.
«Grazie della considerazione, Stevens! Fate un quadretto davvero sconcertante, voi due. Potrei vomitare! > si lamentò George, indignato, beccandosi una scarpa in piena faccia ed un’occhiataccia, mista ad un’espressione divertita, da parte di Fred.
«Ah, sì? Bene, piccioncini: fatemi largo che arrivo anch’io!» fece lui, di nuovo, prima di gettarsi addosso agli altri due, che iniziarono a ridere sempre più forte.
«Lasciamoli soli, eh? Hanno tante cose da raccontarsi!» disse Ron, rivolgendosi a Harry, che annuì.
I tre continuarono a parlare del più e del meno per qualche ora, fino a quando la voce di Molly Weasley non arrivò al piano superiore del numero 12 di Grimmauld Place, dove si trovavano i ragazzi, per annunciare che la cena era pronta.
Pian piano, pensò Margaret, i pezzi stavano tornando ognuno al proprio posto.


- Angolo dell'autrice

Eccomi di nuovo qui! In questo capitolo, che spero vi piaccia, abbiamo assistito alla reazione di Fred e George quando Margaret, senza alcun preavviso, piomba in camera loro dopo quasi nove lunghi anni. Come credo abbiate capito, ho ambientato la storia nel periodo in cui i gemelli frequentano il loro settimo ed ultimo anno a Hogwarts.
L'aforisma che ho scelto come titolo di questo capitolo è dello scrittore e poeta irlandese George Augustus Moore, mentre la canzone in apertura è 
The Long And Winding Road, dei Beatles. 
Be’, che altro dire? Ringrazio ovviamente chi ha recensito il capitolo precedente, e spero di trovare anche in questo qualche recensioncina (siete liberissimi di dirmi che la storia fa assolutamente schifo, tranquilli)!
Un abbraccio,
Jules (:

Ultima revisione: 14.01.2015
 
 

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Capitolo 4
*** L’amicizia fra due persone di sesso diverso o non è nulla o è amore ***



Capitolo 3
 


 
L’Amicizia fra due persone di sesso diverso
o non è nulla o è amore

 

Through the storm we reach the shore
You give it all but I want more
And I'm waiting for you
 

«Tutti a letto, su! Fate come vi dico, non voglio ripeterlo un’altra volta!» ordinò Molly Weasley subito dopo la cena, cacciando i ragazzi nelle rispettive stanze. Come ogni sera, difatti, questi avevano insistito nel tentativo di estorcere agli adulti qualche informazione relativa ai piani dell’Ordine, facendo andare la signora Weasley su tutte le furie. Non voleva che i suoi figli sapessero più del necessario, e il fatto che si ostinassero a fare domande a chicchessia le faceva profondamente perdere la pazienza.
Ai più giovani quindi non era rimasto che acconsentire e ritirarsi per la notte. Margaret aveva salutato tutti, esausta, e si era rinchiusa quasi immediatamente nella stanza che le era stata indicata, decisa a non fare altro se non dedicarsi totalmente alla piacevolissima attività del dormire. I gemelli, invece, andarono in camera loro e si fiondarono sui letti, non riuscendo a nascondere la stanchezza dopo una giornata lunga come quella. Ben presto si ritrovarono immersi nella contemplazione del soffitto, come se si aspettassero che questo, da un momento all’altro, potesse svelare loro i segreti più imperscrutabili dell’Universo.
«Ehi, fratellino adorato?» iniziò George, pensieroso, rompendo improvvisamente quel silenzio. Fred sollevò la testa e lo guardò, curioso.
«Dimmi, gemellino del mio cuore» rispose, ironico, spogliandosi e infilandosi il pigiama.
«Cos’hai pensato, non appena hai visto Meg? Non dirmi semplicemente che eri sconvolto, questo lo abbiamo capito tutti.»  
«Be’… Non saprei dire con precisione. Sicuramente è ancora più bella di quanto mi aspettassi, e questo mi ha spiazzato parecchio. Mi è andato completamente in panne il cervello, sembra strano ma è la pura verità. Tutta colpa di quegli occhi, per le mutande di Merlino. Sono sempre stati fantastici, ma insieme a quel sorriso sono insostenibili. È una combinazione illegale, George. Non pensavo potesse crescere così bene, la nostra Maggie» spiegò Fred, talmente sovrappensiero da non accorgersi di essere in piedi da un pezzo e di star vagando su e giù per la stanza senza alcuna meta. Il fratello, una volta udite quelle parole, alzò di scatto la testa e s’impostò addosso un’espressione compiaciuta e maliziosa al tempo stesso.
«Bingo. Ti piace Meg» affermò, certo che la sua osservazione fosse giusta. Puntò un dito inquisitore nella direzione del fratello, al che questi si fermò di botto e spalancò occhi e bocca, sorpreso.
«Cosa?!» esclamò con voce stridula, assumendo uno sguardo a metà tra lo scandalizzato e l’imbarazzato, ma George non parve dargli ascolto.
«Io lo sapevo, lo sapevo. L’ho capito subito, per le vesti più consunte di Morgana! Non avevi mai fatto quella faccia da pesce lesso prima di questo pomeriggio, per me è stata un’illuminazione vedertela addosso tutta la sera. Ti ho beccato, vecchio mio» spiegò il ragazzo, estremamente soddisfatto delle sue doti da osservatore, ma il gemello sembrava ancor più sbalordito a causa di quell’insinuazione.
«A me non piace Meg, George! Ti sei fumato il cervello? Devi essere impazzito!» cercò ancora di difendersi, ma George gli riservò un’occhiataccia e gli si avvicinò, poggiandogli poi una mano sulla spalla.
«Ma certo, Fred. Come ho potuto essere così stupido, tirare delle conclusioni così insensate? Non avrei dovuto farti una domanda simile, in fin dei conti non stiamo affatto parlando di una bella ragazza di diciassette anni con un viso dolcissimo e delle curve niente male, ma no» iniziò in tono pacato, sorridendogli, ma ben presto quell’espressione rilassata fu rimpiazzata da un’altra comicamente minacciosa: «Non fare l’idiota. Ho visto come la fissavi questa sera, a tavola. Non le scollavi gli occhi di dosso neanche per pochi secondi, eri come ipnotizzato, quasi non mi prestavi ascolto! E vogliamo parlare di quando ha incrociato il tuo sguardo e ti ha fatto l’occhiolino, sorridendoti? Hai fatto una faccia così ridicola, giuro. Ho riso così tanto da stare per cadere giù dalla sedia! Ti piace, eccome se ti piace!» concluse, infervorato, mentre il suo volto era ormai diventato di mille e più colori. Fred, preso in contropiede, non sapeva più cosa rispondere.
«La conosciamo da quando siamo nati, accidenti! Le nostre madri ci cambiavano i pannolini contemporaneamente, come può piacermi?» buttò lì, pensando poi che fosse la giustificazione più idiota che potesse pescare. E infatti George, ascoltandolo, si portò le mani ai capelli e cominciò a camminare per la stanza come uno psicopatico nel tentativo di frenare il crescente impulso di prendere ripetutamente a sberle la sua copia perfetta. Odiava quando doveva tentare di nascondere a tutti i costi l’evidenza, a maggior ragione se provava a farlo con lui.
«Ora ti prendo a testate, è una promessa. Cosa diamine vorresti dire? Se per caso non te ne fossi accorto, anch’io sono cresciuto insieme a lei e anch’io scambiavo il mio ciuccio con il suo. Ciò nonostante, se mai Merlino mi facesse la grazia di farmi trovare Margaret sulla soglia della mia porta, con solo un completino intimo di pizzo addosso, stai certo che non esiterei un secondo solo a strapparglielo» disse, quindi, tutto d’un fiato ed ancor più esaltato, ma dovette fermarsi e provare a ricominciare a respirare non appena vide l’espressione che si era appena dipinta sul volto del fratello.
«Ehi! Tu non strapperai proprio niente a nessuno» fece quest’ultimo, leggermente infastidito, ma si pentì di ciò che aveva fatto nello stesso istante in cui ebbe incrociato lo sguardo compiaciuto del gemello. Questi, quindi, si sedette sul bordo del proprio letto e sospirò, convinto di avercela fatta.
«Geloso, Freddie? Morgana maledetta, io non sbaglio mai» ghignò, fissando con fare divertito Fred, le cui guance nel frattempo erano diventate di un color porpora non tanto convincente.

Questi, ormai scoperto e posto di fronte alla realtà dei fatti, iniziò a porsi mille interrogativi: possibile che gli piacesse proprio la ragazza con cui aveva condiviso tutto durante la sua infanzia? In fondo, si trattava della stessa persona a cui raccontava i suoi problemi e che lo stava sempre a sentire, dandogli consigli e conforto; colei che, quando era bambina, correva da lui sapendo che avrebbe trovato una spalla su cui piangere, non sbagliandosi mai. Perché c’erano sempre stati l’uno per l’altra, sempre pronti a dirsi che andava tutto bene; sempre presenti e a tutti i costi, nonostante la lontananza, nonostante qualche battibecco, nonostante tutto. Era quindi possibile che un rapporto fraterno così profondo avesse celato qualcosa di diverso? Rivederla dopo tanti anni gli aveva procurato qualche capriola allo stomaco, cosa che da qualche mese accadeva ogni singola volta che si ritrovava ad avere per le mani una sua foto. Aveva provato a negare a se stesso ciò che in realtà stava succedendo, ma alla fine nulla era servito a frenare quella consapevolezza che, scalciando e dando gomitate, si andava facendo sempre più strada: era stramaledettamente attratto da Margaret e, inconsciamente, lo era sempre stato.
Adesso, si rese conto, non poteva più nasconderlo a George, così si sedette accanto a lui e scrollò le spalle, rassegnato.
«E va bene, confesso: mi piace Meg. Sei contento, adesso, o pretendi che le scriva una lettera in cui le dichiaro il mio amore eterno? Perché sappi che non lo farò mai, se è quello che stai aspettando» ammise, sottolineando l’ultima parte con particolare enfasi nella voce, al che il fratello sollevò il sopracciglio e lo fissò come se avesse voluto dirgli: “Sì, voglio proprio vedere quanto tempo reggi”. Dopodiché, questi riprese a sfoggiare un sorrisino compiaciuto e trionfante e continuò a osservare Fred, attendendo che continuasse. Quest’ultimo sbuffò e si arrese ancora una volta, dato che qualsiasi tentativo di opporre resistenza sarebbe risultato vano.  
«Sai, è una sensazione così strana. Insomma, Margaret ed io, io e Margaret. È una cosa un po’ assurda, non trovi? E pensare che fino all’anno scorso mi parlava di quegli idioti che le facevano il filo, ed io stavo lì come un cretino a darle consigli. Il fatto è che mi attrae da pazzi e non ci mette neanche il minimo impegno per farlo, perché lei non si rende conto di quanto sappia essere disarmante. E quel sorriso, giuro, è dal momento in cui ha varcato la soglia di questa stanza che ho creduto di non poterne fare più a meno. Mi ha stregato» concluse Fred, lasciandosi sfuggire un’espressione quasi sognante. A quel punto, George scoppiò a ridere come ancora non aveva fatto in quella serata.
«E tu pensavi di potermi nascondere una cosa simile? Non hai segreti per me, lo sai. Siete destinati, caro mio!» commentò, allora, rotolandosi sul letto. Fred rise a sua volta e gli tirò addosso un cuscino.
«Piantala o ti lancio una delle Fatture Orcovolanti di Ginny!» lo minacciò, scherzando. George, non appena si fu ripreso, si sedette sul letto e fissò il fratello con il solito ghigno diabolico.
«Sai, la cosa potrebbe andare in porto. Sì, ho osservato molto attentamente anche lei, questa sera. Credo sarai felice di sapere che il suo modo di guardarti non mi sembrava poi così tanto fraterno. Insomma, quando guarda me non ha la stessa espressione! Se vuoi...» gli disse, mentre i suoi occhi presero ad illuminarsi di quella luce che solitamente non prometteva buone intenzioni.
«Ti stai per caso proponendo come braccio destro in questa missione suicida?» domandò l’altro, curioso, sistemandosi sotto le coperte.
«Ma come siamo perspicaci!» rispose il gemello, fingendosi profondamente colpito. Fred, ridendo, scosse la testa.
«Vedremo, copia imperfetta, vedremo!»
«Sempre a disposizione! Ho l’impressione che quest’ultimo anno sarà... scoppiettante!» disse George, poggiando la testa sul cuscino e sentendo i muscoli del corpo rilassarsi. Spense la luce, intenzionato ad addormentarsi il prima possibile, ma si ricordò di un’ultima cosa. «Fred?»
«Eh? Dimmi!»
«L’amicizia fra due persone di sesso diverso o non è nulla o è amore! Be’, io naturalmente sono l’eccezione che conferma la regola. ‘Notte!»
«Aspetta un secondo: hai per caso letto il libro che mi ha regalato Margaret?» domandò Fred, stupito, ma non ricevette alcuna risposta. Suo fratello, difatti, era incredibilmente sprofondato nel sonno ad una velocità supersonica e stava iniziando a russare – o forse faceva semplicemente finta. Non gli rimase dunque che chiudere gli occhi, stanco, e ripensare alle parole di George, rendendosi conto che da quel momento in poi poche cose sarebbero rimaste come prima.


- Angolo dell'autrice

Ciao a tutti! :D Mentre il maltempo rovina i miei progetti da comune bagnante, eccomi tornata con un nuovo capitolo della nostra storia; è un capitolo intermediario, quindi è abbastanza corto. Come avrete notato, la situazione sta iniziando ad evolversi, e tutto comincia con una "crisi" spirituale interiore del nostro caro Fred. Mi sono divertita tantissimo nel descrivere la reazione di George, e spero piaccia anche a voi. :) 
L'aforisma che ho scelto come titolo, tra l'altro abbastanza noto, è dello scrittore francese Alphonse Karr, e l'ho riutilizzato nella battuta finale di George; la canzone del giorno (ormai possiamo chiamarla così, no?) è With or Without You, degli U2.
I suggerimenti sono sempre bene accolti!
Intanto ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e chi ha inserito la storia tra le seguite o addirittura tra le preferite, sono onorata. *-* 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia! Al prossimo aggiornamento!
Jules 

Ultima revisione: 16.01.2015

 
 

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Capitolo 5
*** Quando incontriamo qualcuno e ci innamoriamo, abbiamo l’impressione che tutto l’Universo sia d’accordo ***


 

Capitolo 4



 
Quando incontriamo qualcuno e ci innamoriamo,
abbiamo l’impressione che tutto l’Universo sia d’accordo

 

Starlight 
I will be chasing your starlight 
Until the end of my life 
I don't know if it's worth it anymore 
Hold you in my arms 
I just wanted to hold 
You in my arms

 
Era ormai notte fonda. Nessun rumore, a parte i respiri nel sonno delle sue compagne di stanza, ma lei non riusciva a dormire. Si era svegliata di soprassalto giusto una ventina di minuti prima, spaventata e sconvolta, e da circa dieci cercava di mandare vie le immagini di quell’incubo dalla sua mente, con scarsi risultati. Sentiva quelle urla rimbombare nella testa, e sembrava che nulla potesse essere abbastanza efficace da soffocarle.
Decise che a quel punto la cosa migliore da fare fosse alzarsi, così si infilò nella sua vestaglia e scese giù in cucina, sperando di trovare qualcosa da mangiare e di riuscire così a scacciare i pensieri che l’affliggevano.
Era trascorso qualche giorno dal suo arrivo, ma mai come in quell’occasione si era sentita così sola, nonostante fosse circondata da quasi tutte le persone a lei più care. Tutti quegli eventi che si erano susseguiti negli ultimi mesi l’avevano fatta riflettere su ogni cosa, e per di più continuavano imperterriti a torturare il suo cervello, concedendole solo sporadiche e sempre più agognate soste. Era come se il mondo fosse sul punto di crollarle addosso da un momento all’altro: si chiedeva se avrebbe mai rivisto i suoi genitori, così come si chiedeva se ce l’avrebbe fatta a sopportare il peso di una guerra che incombeva inesorabilmente, che non lasciava alcuna possibilità di fuga. Quasi istintivamente mise la mano destra nella tasca della vestaglia e vi trovò una lettera che Fred le aveva inviato quasi un anno prima. Sapeva che era lì: l’aveva riletta proprio la sera prima di partire. Stirò il foglio delicatamente, dopodiché il suo sguardo prese a scorrere le parole tracciate sulla pergamena.

 

Fred Weasley
La Tana, Ottery St. Catchpole
Devonshire, Inghilterra
26 agosto 1994

 
Cara Maggie,
Con oggi siamo a 7 anni, 6 mesi e 23 giorni. Sì, 7 anni, 6 mesi e 23 giorni da quando sei partita per la Spagna e mi hai abbandonato al mio destino crudele! Oh, cielo! Come farò a sopportare ancora quest’agonia? Riuscirò a conservare le mie energie vitali? Okay, basta, non è il momento di scherzare – poco credibile detto da parte mia, eh?
Bando alle ciance, Pasticcino: come stai? Noi stiamo bene, fortunatamente. Insomma, nonostante tutto si continua a vivere, questo è l’importante. La situazione fa abbastanza schifo, d’altronde saprai anche tu che si inizia a pensare ad un possibile ritorno di Tu-Sai-Chi. Insomma, guarda cos’è successo alla Coppa del Mondo, ha dell’incredibile. Abbiamo avuto paura, devo ammetterlo – cosa che non mi sentirai dire mai più, ti sto facendo una confessione di inestimabile valore che potresti ritorcermi contro in qualsiasi istante, e so che saresti capace di farlo. Forse è anche per questo che mi manchi, sai?
Sarebbe bello essere di nuovo insieme, parlare faccia a faccia, abbracciarti, dirti che sarai sempre una piccola mocciosa come facevo un tempo. Vorrei poterti rassicurare, so che ne hai bisogno. Sono preoccupato per te, lo sai, e anche George lo è. Non potremmo mai accettare che ti succeda qualcosa. Siamo tutti a rischio, e il fatto di essere lontani rende ogni cosa più difficile. Probabilmente, insieme a mio fratello, sei la persona che mi conosce meglio al mondo, ed è proprio per questo che ti vorrei vicina.
Comunque, dolcezza, mi tocca proprio salutarti. Potrei stare qui a scriverti anche tutta la giornata, ma mia madre mi sta chiamando urlando con quanto fiato ha in gola da almeno cinque minuti, mi sa che ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare.
Ti voglio bene, Pasticcino. Non vedo l’ora di riabbracciarti.
Mi manchi.
Fred
 
Ps. George dice che sei il suo Zuccherino e che ti tartasserà di lettere fino a quando non avrai accettato questo fatto.
 

Rilesse quella lettera più volte, e un notevole peso le si formò sullo stomaco. Scivolò contro la parete, sfoggiando uno sguardo stranamente vacuo e stringendo quel pezzo di carta al petto; percepiva un certo bruciore interessarle gli occhi, ma non doveva cedere alle lacrime. Lei, con quel suo caratterino, non accettava di mostrare quella sua debolezza, di lasciare che la paura e i troppi pensieri si impossessassero di lei. Odiava sentirsi in balìa di tutte quelle emozioni contrastanti, era come se minacciassero di far crollare le fondamenta del suo carattere, forse persino della sua esistenza.
Proprio nel momento in cui la sua mente iniziò a rasserenarsi, dei passi, dapprima più lontani, iniziarono a sentirsi più distintamente, fino a quando una figura assonnata e dai capelli rossi non entrò in cucina. Quando Fred la vide, strabuzzò gli occhi, sorpreso.
«Ehilà, Pasticcino! Da quando soffri di insonnia?» la salutò, rivolgendole un sorriso. Lei fece una smorfia e sbuffò allegramente.
«Potrei porti la stessa domanda, Marshmallow!» disse Meg di rimando, calcando l’ultima parola. Lui la fissò con un’espressione disgustata.
«Non chiamarmi più così, ti scongiuro: è da brivido.»
«Vedremo, Weasley. Santo cielo, cosa stai facendo?» gli chiese lei che, subito dopo, scoppiò a ridere nell’osservare il ragazzo frugare in ogni dispensa della cucina.
«Ho fame, no? Altra cosa, Stevens: ti hanno mai parlato dell’esistenza delle sedie? Sono comode, sai? E meno fredde del pavimento!» commentò Fred, alludendo al fatto che Margaret fosse seduta contro la parete. La ragazza avvampò, imbarazzata, prendendo immediatamente posto a tavola e cercando di nascondere il rossore tra i capelli. La cosa non sfuggì di certo al giovane, che però smise di sghignazzare nello stesso istante in cui Meg lo fulminò con lo sguardo.
«Biscotti? Cioccolata? Avanzi di torta?» le chiese, mentre teneva ancora la testa dentro la credenza. Meg ci rifletté su un attimo e poi rispose.
«Porta tutto, ho bisogno di zuccheri» disse, così Fred, carico di buonissime schifezze, si precipitò al tavolo, dove prese posto accanto all’amica.

Iniziarono a mangiare, e dopo una decina di minuti lui alzò lo sguardo su di lei e la studiò con enorme interesse e curiosità. Non si aspettava di trovarla sveglia a quell’ora, e per di più sola in cucina e persa in non si sa quali pensieri. In quei giorni aveva intuito che qualcosa in lei non andava: era spesso assente, rideva e subito dopo si chiudeva di nuovo in se stessa, quasi come se non fosse a suo agio o se si sentisse in colpa per chissà cosa. Non era un comportamento nel suo stile, affatto. Non lo era mai stato, e lui non riusciva minimamente a trovare uno straccio di ragione per cui sarebbe dovuto apparire normale.
«Merlino! Perché mi fissi? È potenzialmente irritante, sai?» sbottò Meg non appena ebbe sentito gli occhi di Fred penetrarle la calotta cranica. Questi mise su il suo classico ghigno compiaciuto e le prese una ciocca di capelli tra le dita.
«Mi chiedevo semplicemente cosa ci facessi qui, visto che non mi hai risposto, signorina Margaret Sono-la-donna-più-elusiva-del-mondo Stevens.»
«Per il tuo stesso motivo, è evidente!» disse Margaret, masticando un grosso pezzo di cioccolata. Fred inarcò il sopracciglio.
«Oh, vedo! Il problema è che non sembravi tanto affamata quando sono entrato e ti ho trovata seduta per terra con una faccia da funerale» commentò lui, passandosi al contempo una mano tra i capelli. Capì di aver colto nel segno quando non ricevette alcuna risposta da parte di Meg, che mangiò silenziosamente una fetta di torta e bevve lentamente un bicchiere di succo di zucca. Poi, proprio nel momento in cui non se lo aspettava, la ragazza gli prese una mano e lo guardò negli occhi con tanta intensità che parve fargli una radiografia.
«Fred, promettimi... promettimi che non mi lascerai mai, qualunque cosa accada» fece lei con estrema tranquillità, e nei suoi occhi non si intravide nemmeno l’ombra di una di quelle lacrime che diversi minuti prima avevano minacciato di fare la loro comparsa sul suo viso. Fred, inizialmente, rimase un po’ spiazzato, ma quasi subito il suo volto si aprì in un caldo sorriso.
«Ma che ti salta in mente? Senza di te, George e io saremmo persi, io in primis! No, sul serio, saremmo più idioti di quanto già non siamo se non ci fossi tu a ricordarci di usare il cervello!» la rassicurò, cingendole le spalle con un braccio e dandole un bacio sulla fronte. Lei cominciò a ridere, un po’ più sollevata, e subito dopo anche lui fu coinvolto da quella che sembrò una risata senza fine. Una volta che furono riusciti a calmarsi, ancora abbracciati, lei cercò le parole giuste da dirgli.
«Mi sono alzata subito dopo aver fatto un incubo. Eravate tutti morti, tutte le persone a me care non c’erano più. Ed era colpa mia, ovviamente, perché non avevo fatto in tempo a proteggervi. Quando ho aperto gli occhi mi sono resa conto che stavo tremando, era terribilmente realistico. Non riuscivo a muovermi, sono passati diversi minuti prima che riuscissi a sbloccare i muscoli. Il fatto è che ho una fottuta paura di perdervi, di non riuscire a fare del mio meglio per difendervi. Io sarei disposta a fare di tutto, qualsiasi cosa per assicurarmi che stiate bene, che non vi succeda nulla. Tuttavia, e non capisco perché, mi sento impotente di fronte a quello che potrebbe accadere, e questa sensazione mi provoca una rabbia indescrivibile. Questi anni che ho passato lontana da te e George sono stati difficili, davvero troppo duri, e adesso che vi ho accanto, be’… il solo pensiero che possa esistere qualcosa capace di dividerci nuovamente mi devasta» confessò Meg quasi in un sussurro, mentre si stringeva di più al suo interlocutore e il suo corpo percepiva un crescente senso di benessere, nonostante il riapparso bruciore agli occhi. Non ebbe modo di indugiare sul perché, poiché quel tocco piacevole e delicato sui suoi capelli la riportò di nuovo alla realtà.
«Non pensarci mai più, intesi? Siamo qui, siamo finalmente insieme, e l’importante è questo. Affronteremo ogni cosa, e lo faremo uniti. Te lo prometto.»
«Ci conto, Weasley» fece lei, alzando gli occhi sul volto di Fred. Questi ricambiò il suo sguardo e il cuore gli si riempì di gioia: aveva aspettato più di otto lunghi anni per rivedere quel sorriso indirizzato solamente a lui, e adesso lei era lì, tra le sue braccia. Era come se l’avesse chiamata, come se una volontà esterna l’avesse fatta ricomparire nella sua vita, inaspettatamente, senza preavviso, nel momento in cui ne aveva più di bisogno, in quel periodo così critico per tutti loro. Finalmente riusciva a comprendere che, con lei accanto, tutto sarebbe stato più semplice, il peso di ogni preoccupazione si sarebbe ridotto notevolmente. Nulla, assolutamente niente gli importava fintanto che poteva avere la certezza che quella ragazza era lì, che avrebbe potuto stringerla proprio come in quel momento, mentre lei sarebbe sempre stata pronta a rivolgergli il migliore tra i sorrisi del suo repertorio, quello che riservava solo ed esclusivamente a lui. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla, non avrebbe mai permesso a nessuno di portargliela via proprio ora che aveva nuovamente la possibilità di respirare il suo profumo, di ascoltare quella risata cristallina che sapeva tanto di musica, di studiare ogni singola sfumatura di verde dei suoi incantevoli occhi; li trovava così belli che dubitava fossero veri.

Si accorse di esser naufragato nei suoi pensieri quando vide la mano di Margaret fare su e giù davanti ai suoi occhi, che dovevano apparire persi nel vuoto.
«Ehi, sei ancora qui tra noi?» gli chiese lei, mettendo su quell’espressione perplessa che gli piaceva così tanto e che lo faceva sbellicare dalle risate.
«Dolcezza, ricordi quella nostra vecchia abitudine davvero tanto carina?» le domandò Fred una volta che ebbe assunto un credibile cipiglio pensieroso.
«Ma di cos-... Oh, sì!» esclamò Meg, mentre gli occhi le si illuminavano di nuova luce. Ripensò a quelle notti fredde e tempestose di nove anni prima e anche più, quando si rifugiavano sotto le coperte dello stesso letto e parlavano sottovoce per non svegliare George o per non far insospettire qualsiasi altro. Quei tempi in cui la paura più grande era un famigerato “Mostro dell’Armadio” o il rumore incombente di un tuono fuori dalla finestra.
«Dimmi: è ancora valida o temi che non sappia comportarmi come si deve di fronte ad una bella ragazza che dorme nel mio stesso letto?»
«Non ci proveresti neanche a sfiorarmi, sai benissimo che le conseguenze andrebbero dalle ossa rotte all’omicidio, passando per la perdita di un arto» commentò con noncuranza Margaret, cosa che fece sbuffare Fred, che tuttavia sfoggiava ancora il suo sorriso beffardo.
«Un giorno cederai al mio fascino, Stevens! È certificato che nessuna donna può resistermi a lungo!»
«Ti ho resistito per diciassette lunghi anni, non vedo perché non debba riuscire a farlo ancora!» commentò lei, divertita, ma non riuscì a nascondere un notevole rossore salirle su per le guance. Fred parve notevolmente soddisfatto di quella reazione, tanto che si alzò e si caricò l’amica sulle spalle, incamminandosi poi verso il pianerottolo.
«Che diamine stai facendo?» domandò Margaret, colta alla sprovvista. Il ragazzo rise di nuovo e continuò a camminare, imperterrito, come se non notasse i suoi vani tentativi di liberarsi.
«In memoria dei vecchi tempi, no?»
 
Non appena furono arrivati in camera, lui la sistemò sul letto e le si mise accanto, abbracciandola, e fissò con fare divertito il suo sguardo contrariato, mentre dal letto accanto arrivavano le parole sconnesse che George pronunciava nel sonno.
«Prima o poi ti trasformo in un coniglio, sono carini e per niente inopportuni!» gli sussurrò lei, minacciosa.
«Per te, ahimè, non si può fare nulla: sei così velenosa che è impossibile effettuare qualsiasi Trasfigurazione» ribatté Fred a tono, e riuscì a stento a trattenersi dal ridere quando vide che Meg aveva assunto un’espressione indignata e stava diventando di mille colori. Questa si girò di scatto, dandogli la schiena ed iniziando a farfugliare qualsiasi cosa le venisse in mente.
«Come osi? Tu... demente di un idiota di un...»
«Anch’io ti voglio bene, amore» commentò lui, ponendo l’accento sull’ultima parola e intuendo dal silenzio improvviso della ragazza che quest’ultima doveva essere arrossita ancora di più.
Per parecchi minuti si poterono sentire solamente tre ritmi di respiro differenti, fino a quando Margaret, dopo una strenua lotta contro se stessa, non parlò.
«Abbracciami» sussurrò debolmente, non molto convinta, così Fred – trionfante e felice come una Pasqua – le passò un braccio attorno alla vita e la tirò a sé, avvolgendola in un abbraccio e affondando il viso tra i suoi capelli: sapevano di orchidea.
«‘Notte, Fred» disse Meg, intrecciando le dita della sua mano con quelle della mano con cui lui la stava stringendo. Questi avvicinò le proprie labbra all’orecchio di lei, e ciò le provocò un piacevole brivido lungo la schiena.
«Buonanotte, mia piccola vipera.»
«Stronzo» commentò Margaret, facendo sorridere nuovamente Fred, che la strinse un po’ più forte a sé. Aspettò sveglio fin quando non ebbe sentito che il corpo della ragazza si era ormai rilassato in un tiepido sonno, poi decise di chiudere gli occhi e di cercare di addormentarsi, lasciandosi cullare dal suono del dolce respiro della persona che teneva tra le braccia. Sì, sarebbe rimasto volentieri così. Anche per sempre.


***
 

La luce del mattino entrava flebile dalla finestra e le illuminava il viso. Fece per muoversi ma si ritrovò stretta dalle braccia del ragazzo che aveva accanto, così ricordò ciò che era accaduto qualche ora prima e si sciolse in una smorfia divertita.
“In memoria dei vecchi tempi!”, pensò, e non poté che constatare quanto fosse vero. Lui c’era sempre stato quando lei ne aveva avuto bisogno, sempre pronto a coccolarla e a farla stare bene, anche se a volte ce la metteva proprio tutta per fare l’idiota. Sapeva qualsiasi cosa di lei, non c’era un particolare del quale fosse tenuto all’oscuro, e in fondo sarebbe stato quasi impossibile tenergli nascosta qualcosa.
Margaret si strinse un po’ di più nell’abbraccio e decise di aprire gli occhi. Constatò che George doveva essere già sveglio da un pezzo, dato che il suo letto era vuoto. Immediatamente si ritrovò ad immaginare la faccia del suo amico una volta accortosi che lei era lì, stretta al fratello, con una mano di quest’ultimo tra i suoi capelli e l’altra sul suo... fondoschiena?
“Oh, Fred! Sempre il solito!”, si ritrovò a pensare, e sperò anche che quella mano fosse finita lì involontariamente. Mentre lo fissava sentiva una strana sensazione allo stomaco, come se le sue budella fossero attorcigliate. Era estremamente piacevole stare lì, davanti a lui, e contemplare quel viso apparentemente angelico e tenero. Aveva l’impressione di essere stata catapultata in quella situazione da una forza esterna, si sentiva estremamente confusa, e la sua mente quasi immediatamente le chiese se non provava qualcosa per lui. Quando si trovava in sua compagnia, per lei il resto del mondo avrebbe potuto anche sparire, esplodere, andare in frantumi: non le sarebbe importato. Non avevano segreti l’uno per l’altra, conoscevano tutti i rispettivi desideri, le paure, e la sintonia che si era instaurata nel corso degli anni aveva quasi dell’incredibile, tanto che poteva risultare difficile credere che fossero per davvero solo amici. Guardarlo dormire, poi, era una cosa che le era sempre piaciuta.
Spostò la mano che gli teneva sulla schiena e la posò sul suo viso, accarezzandolo, per poi spostarsi sui capelli. Erano più soffici di quanto ricordasse.
Fred aprì lentamente gli occhi, poi la guardò con dolcezza.
«Buongiorno, dormiglione. Saranno venti minuti che ti osservo russare.» lo salutò Meg, dandogli un bacio sulla fronte che lui gradì particolarmente.
«’Giorno, Pasticcino. Dormito bene?»
«Benissimo! Soprattutto sapendo che il grande, invincibile, temerario e dolcissimo Frederick Weasley, in arte Fred, meglio chiamato da me Freddie, era al mio fianco, pronto a proteggermi dal Mostro dell’Armadio. Ricordi?»
«Come potrei dimenticare? George è sempre stato quello più dispettoso, non trovi?»
«Non ne sarei poi così tanto sicura, Weasley, soprattutto dopo le tue ultime battutine di ieri sera. A proposito, ti vorrei far notare che la tua mano sta stringendo insistentemente la mia chiappa, e la cosa mi sta dando abbastanza fastidio.»
«Eh? Oh, ecco, scusa. Sai... movimenti involontari nel sonno! Mi amputerai il braccio?» chiese lui con fare ironico, ma fu tradito da un leggero ma notevole rossore che si stava impossessando delle sue guance. Ritrasse velocemente la mano, come fosse stato scottato.
«Devo ancora pensarci, potrei escogitare una punizione peggiore. Ho dentro di me un enorme carico di veleno, l’hai detto tu» fece lei, scoppiando a ridere e coinvolgendo, come la sera prima, anche Fred.

Passarono un’altra decina di minuti stretti l’uno all’altra, il silenzio rotto soltanto dai loro respiri. Ogni tanto i loro sguardi si incrociavano, facendoli sorridere, per poi tornare a fissare tutt’altro. Fu solo dopo un po’ che Fred cominciò a parlare di nuovo.
«Senti, Maggie, devo chiederti una cosa. Mi domandavo se… se consideri me e mio fratello allo stesso modo. Nel senso, per te…» iniziò, ma fu prontamente interrotto da qualcuno che aveva appena spalancato la porta.
«Svegli, finalmente! Vi siete dati alla pazza gioia, stanotte? Non negate, dai. Fred, quella manina, quando mi sono alzato, non mi è sfuggita. Devo farvi i miei complimenti, però: siete stati molto silenziosi, non ho sentito niente!» disse George, appena piombato in camera, fungendo da ancora di salvezza per Margaret. Certo, un’ancora un po’ inopportuna, ma meglio di niente. Sì, perché Fred le aveva posto una domanda, apparentemente innocua, che era riuscita ad alimentare ancor di più i dubbi che frullavano nella sua testa vivace: vedeva i suoi due amici allo stesso modo? Per lei erano totalmente uguali? Non era poi tanto sicura che la risposta fosse affermativa.
Per lei, George era un meraviglioso fratello: scherzavano, amavano punzecchiarsi a vicenda, si confidavano l’uno con l’altra, si scambiavano battute e commenti maliziosi, e se fosse stato il caso sarebbero anche stati capaci di picchiarsi. Fino a poco prima aveva creduto che con Fred fosse la stessa cosa, ma si rese conto troppo presto di essersi sbagliata. Lui riusciva a farla sentire compresa, la rassicurava, le dimostrava continuamente il suo affetto. Anche George faceva tutto ciò, naturalmente, ma in maniera diversa. Lui era il suo migliore amico, senza ombra di dubbio. Fred, invece, riusciva ad essere qualcosa di più.
La voce della sua ancora di salvezza, però, la ridestò dai suoi turbinosi pensieri.
«Però, pensandoci bene... non vi vergognate? Non mi avete nemmeno chiamato per partecipare, dovreste chiedermi scu-... Ehm, Maggie cara... quello che intravedo sotto la camicia da notte è pizzo?» continuò con fare malizioso l’appena arrivato che, a quanto pareva, nutriva una profonda passione per l’intimo femminile in pizzo. Ciò, ovviamente, scatenò l’imbarazzo della ragazza, che cercò rapidamente di coprirsi con il lenzuolo.
«Copia imperfetta, non hai nulla di meglio da fare?» disse un divertito Fred, che stava quasi per scoppiare a ridere, noncurante del fatto che Margaret sarebbe stata capace di affatturarlo nel giro di due secondi scarsi.
«Vorrei tanto lasciare i due piccioncini alla loro intimità, ma purtroppo la mamma sta uscendo fuori di testa e dice che vi vuole giù per la colazione entro dieci minuti, dato che poi dobbiamo dedicarci alla pulizia della casa. Vi conviene sbrigarvi se non volete incorrere nella sua furia assassina! Su, veloci!» spiegò, precipitandosi fuori dalla stanza prima di poter ricevere una cuscinata da parte del fratello. Questi scosse la testa e guardò la ragazza, sorridendole.
«Meglio se ci sbrighiamo, eh?»
«Meglio di sì» assentì Meg, scostando il lenzuolo e poggiando i piedi sul pavimento. Così, una volta infilate le vestaglie, i due si incamminarono in direzione della cucina.


- Angolo dell’autrice

Ehilà! Eccomi con un nuovo capitolo, come avrete notato anche Margaret sembra esser stata colpita dalla famosa “crisi” interiore! Cosa ne pensate? :)
Posso affermare che questo è stato uno dei capitoli più sofferti, fino a stanotte infatti ho apportato continue modifiche, fino a quando non è venuta fuori questa roba. Probabilmente, non appena l’avrò pubblicato, mi verranno in mente altre centinaia di idee! D:
Il titolo che ho scelto è l’aforisma dello scrittore e poeta brasiliano Paulo Coelho, mentre la canzone di oggi è Starlight, dei miei amati Muse. *-*
Un enorme, infinito, immenso grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, le ricordate, le preferite e a chi ha recensito i capitoli precedenti! Siete un grande stimolo ed incoraggiamento, davvero! :D
Un grosso bacio,
Jules

Ultima revisione: 21.01.2015

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Capitolo 6
*** Tutto ciò di cui ho bisogno è amore, ma un po’ di cioccolata, ogni tanto, non fa male ***


 

Capitolo 5



 
Tutto ciò di cui ho bisogno è amore,
ma un po’ di cioccolata, ogni tanto, non fa male



And in this crazy life, and through these crazy times
It's you, it's you, you make me sing
You're every line, you're every word, you're everything
 

C’era quasi, il giorno successivo sarebbe partita per Hogwarts per la prima volta. Si trovava in camera sua ed era intenta a disfare il baule per la terza volta in quella giornata, assicurandosi di non star dimenticando nulla, da gran maniaca del controllo quale era. Voleva sempre che ogni dettaglio fosse al posto giusto e che tutto andasse secondo i suoi piani, e lei stessa si rendeva conto che spesso rischiava di esagerare, ma riusciva comunque a trovare una giustificazione ad ogni cosa.
Le giornate si erano alleggerite, e tutti loro vivevano in uno stato di quasi tranquillità. Harry era stato assolto, non era giunta alcuna notizia di gente scomparsa in modo sospetto e non c’erano stati troppi imprevisti. Avevano trascorso i restanti giorni di vacanza facendo le pulizie sotto la stretta vigilanza di Molly Weasley, ridendo alle battute del gemelli e cercando di origliare qualcosa delle riunioni dell’Ordine per mezzo delle Orecchie Oblunghe, venendo scoperti ad ogni singolo tentativo.
«Posso entrare?» chiese una voce femminile, accompagnata da una chioma lunga, color rosso fuoco, appena sbucata da dietro la porta e in attesa di una risposta.
«Sì, Ginny, certo!» fece Margaret, rivolgendole un sorriso. La più giovane dei Weasley si sedette sul bordo del letto, accanto al baule, e si apprestò a fissare l’amica con uno sguardo eloquente.
«Di nuovo? Caspita, Meg! Stai andando a Hogwarts, non stai partendo per la guerra! Se dovessi dimenticare qualcosa, mamma te la spedirà subito!» le ricordò, lasciandosi scappare una mezza risata di fronte all’espressione confusa dell’altra ragazza.
«Lo so, ma sono troppo nervosa! So che non dovrei esserlo, in fondo devo frequentare solo l’ultimo anno, ma sai come sono fatta. Non vorrei che qualcosa andasse storto» spiegò questa, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e guardandosi attorno in cerca di qualcos’altro da prendere.
«Pensa positivo, dai! Sei una strega brillante, hai una mente pazzesca e delle doti eccezionali, di che ti preoccupi?» le disse Ginny, osservandola con curiosità e con un po’ di divertimento. L’altra stava per rispondere, ma in quell’istante furono interrotte.
«Meg? Dove sei?» chiamò difatti una voce maschile e molto familiare dal piano di sopra. Margaret uscì dalla camera e si affacciò dalla rampa di scale, scorgendo due occhi azzurri che, luminosi, la fissavano dall’alto.
«Fred! Che cosa c’è?» fece lei di rimando, sorridendogli.
«Bellezza, ci serve il tuo aiuto con un Molliccio decisamente insolito» spiegò il ragazzo, ricambiando il suo sorriso. Meg, però, aggrottò le sopracciglia, perplessa.
«E dimmi: per quali tanga più indecenti di Merlino dovrei farlo io? Hai appena detto che è insolito, non potrebbe farlo qualcuno dell’Ordine? Ne sanno sicuramente più di noi tre messi insieme… anche se non è molto indicativa come cosa, dato che la maggior parte della materia grigia la metto io e voi due vi limitate ad assentire.»
«Hai finito di insultare i miei neuroni? Sai com’è, gli unici due rimasti stanno facendo l’altalena, non mi sembra il caso di disturbarli. E comunque, lagnona, non possiamo chiedere a nessun altro perché in casa è rimasto solo Sirius, che sicuramente sarà con Fierobecco. Gli unici maggiorenni siamo noi e George, e credo che la mamma urlerà davvero tanto se non lo facciamo. Aiutaci, ti prego!» le disse, sfoggiando la classica espressione pietosa perfetta quando si vuole ottenere qualcosa.
«Oh no. No! La faccia da cucciolo no, ti prego. Sai che non potrei mai dirti di no con quest’espressione. No, Fred, piantala. Guarda che me ne vado se non la smetti. No. E va bene, va bene. Salgo» sbuffò lei, scuotendo la testa con rassegnazione dopo una breve lotta contro se stessa. Era a tratti snervante il fatto che sapesse quasi sempre come farla cedere.
«Evviva!» esclamò quindi lui, trionfante, rivolgendole un sorriso malandrino. Meg gli fece una linguaccia, poi rientrò nella stanza e rivolse uno sguardo esasperato a Ginny, che intanto se la rideva di gusto.
«Non riesci proprio a dirgli di no, eh?»
«Non lo so, non ne ho idea. Ha un ascendente su di me pazzesco, è insopportabile» rispose Margaret, sedendosi sul letto ed incrociando le braccia, imbronciata. Non appena ebbe notato l’espressione maliziosa dipinta sul volto della sua interlocutrice, poi, si rabbuiò un po’ di più. «Ginny? Cos’è quella faccia?»
«Ti sei innamorata di lui!» sentenziò la rossa, euforica, puntando immediatamente un dito contro l’amica per farla tacere ed impedirle in tal modo di negare l’evidenza. «Lo guardi continuamente, accidenti! Sorridi ad ogni sua parola, lo osservi di nascosto, lo stuzzichi molto più spesso di prima, sei quasi sempre persa nei tuoi sogni e diventi di mille colori quando ti abbraccia o ti sfiora appena. È così evidente, come ho fatto a rendermene conto solo adesso? E vogliamo parlare di ieri pomeriggio, in cucina?» continuò, sempre più sicura che le sue supposizioni fossero vere. Margaret, d’altro canto, arrossì terribilmente al ricordo del pomeriggio passato. Anche in quella circostanza non c’era quasi nessuno in casa, e lei aveva deciso di approfittarne per preparare una torta al cioccolato, fino a quando Fred non era andato a cercarla.

«Pasticcino, non hai intenzione di avvelenarci tutti quanti con quella torta, vero?» le aveva chiesto lui, che era appena entrato in cucina e di certo non credeva di trovarla così indaffarata.
«A differenza tua, cucino splendidamente. Pensa un po’, ho anche testimonianze decisamente attendibili» aveva ribattuto lei, non degnandolo di uno sguardo e continuando imperterrita nella preparazione.
«Non ci crederò fino a quando non ne avrò avuto conferma, bellezza!» l’aveva stuzzicata lui, avvicinandosi.
«Weasley, stai per caso dubitando delle mie eccelse doti culinarie?» gli aveva chiesto lei, sfoggiando il suo classico tono beffardo e girandosi per guardarlo. Lui aveva continuato ad avanzare nella sua direzione, sorridendo in modo compiaciuto.
«Sai che vista da così vicino sei ancora più bella?» le aveva detto lui, inchiodandola al tavolo.
«Frederick Weasley, stai forse cercando di ammaliarmi?»
«Forse. Riguardo le tue doti, invece... magari riesci a farmi cambiare idea, no?»
Lei, che sentiva un certo rossore salire su per il suo corpo e infiammarle le orecchie, aveva preso la ciotola con la cioccolata e l’aveva portata tra il suo petto e quello del ragazzo. Sempre tenendo lo sguardo fisso sui suoi occhi, aveva affondato due dita nella crema e con esse aveva tracciato il contorno delle labbra di lui. A quel punto egli aveva schiuso leggermente la bocca, permettendole di infilare giusto un po’ le dita per consentirgli di assaporare il suo operato. Erano passati diversi secondi prima che lui parlasse.
«Non c’è male, Stevens. Forse, però, so come renderla un po’ più gustosa» aveva commentato, pensieroso. Detto ciò, aveva portato via la scodella alla ragazza e vi ci aveva immerso la mano destra.
«Fred! Cosa stai facendo?»
«Alta cucina. Sta’ a vedere» aveva mormorato, quindi, rivolgendole un sorriso eloquente. Senza attendere una sua risposta, le aveva spostato i lunghi capelli di lato e aveva portato la mano impregnata di crema prima sul collo, poi sulle spalle della ragazza che aveva di fronte a sé. L’aveva spinta ancora di più contro la superficie, tanto che quasi ella non ci si era seduta su. Tra di loro la distanza era ormai nulla e lei poteva ben percepire ogni centimetro del suo corpo che urlava. Senza esitare, Fred aveva cominciato a baciarle la spalla sinistra, e un’espressione compiaciuta gli si era dipinta sul viso. Aveva portato le mani tra i capelli di lei, tornando a fissarla.
«Così... Così è molto più buona» le aveva sussurrato quasi ad un soffio dalle sue labbra. Meg, intanto, non riusciva a muovere nemmeno un muscolo, era come paralizzata. Se le avesse dato fastidio l’avrebbe sicuramente scansato... o picchiato, tenendo conto dei suoi modi gentili. Invece no: era in balìa dei suoi gesti, di ciò che gli passava per la testa. Solamente quando lui si era fermato sul suo collo, lei era riuscita ad emettere un verso che somigliava anche troppo ad un gemito, al che lui era scoppiato a ridere e aveva puntato nuovamente gli occhi nei suoi.
«Donna dai capelli dal colore indefinibile, non ti facevo così pervertita!»
«Tra i due, quello evidentemente eccitato sei tu, non credo ci sia bisogno di fartelo notare. E comunque è... è il mio punto debole» aveva sussurrato lei, diventando rossa come un peperone. Le erano bastati solo pochi secondi per rendersi conto di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire. Il ragazzo, difatti, aveva messo su un’espressione tutt’altro che innocente e, se possibile, si era appiccicato a lei ancora di più, stringendole i fianchi con forza e delicatezza allo stesso tempo, e continuando a morderle e baciarle il collo con più insistenza. Lei, che stava decisamente impazzendo, con una spinta e facendosi aiutare si era messa a sedere sul tavolo, incrociando poi le gambe dietro quelle di Fred ed affondando le mani nei capelli di lui. Stavano perdendo entrambi il controllo della situazione, lo avevano capito perfettamente.
Improvvisamente, però, la porta si era spalancata, e in cucina erano entrate due persone, George e Ginny, che , se prima parlavano allegramente, adesso avevano la bocca spalancata e gli occhi sbarrati a causa della scena che si erano trovati davanti.
«Fratello... Voglio dire... Wow! La prossima volta però considera anche la possibilità di chiudere la porta a chiave, eh? O magari di fare porcate da un’altra parte, visto che qui ci mangiamo!» aveva detto George che, anche se evidentemente imbarazzato, aveva già impostato uno sguardo malizioso. Ginny, invece, era paralizzata e sfoggiava un’espressione totalmente inebetita.
«No, ti sbagli, cioè... Non è come sembra. Siamo, ehm...» aveva iniziato Fred, cercando una scusa convincente. Non riuscendo a trovarla, ovviamente: non si può negare l’evidenza.
«Sono caduta! Ehm, ecco... Mi stava aiutando a rialzarmi, e...»


«Ehi? Sei tra noi?» disse Ginny, ridestandola dai suoi pensieri.


- Angolo del terrore dell’autrice

Ciao! :D Questo capitolo avrei dovuto pubblicarlo domani, ma ho deciso di anticiparlo a oggi!
Però, siccome sono cattiva, vi sto lasciando in sospeso! Cos’avranno in mente i gemelli? Ci sarà davvero questo famigerato Molliccio o era soltanto una scusa? Dovrete aspettare altri due/tre giorni! :33
Sì, sono perfida *-*
-Perfida? Sei crudele! E poi Fred dice che la vipera sono io!
Taci, Margaret! Dicevo? Ah, sì! Il titolo di questo capitolo, che amo alla follia, è di Lucy Van Pelt, dei Peanuts.
La canzone del giorno (ormai non so più come definirla!) è Everything, di Michael Bublé *tanto amore anche per lui*
Ribadisco un infinito grazie a chi ha inserito la storia tra le seguite, ricordate, preferite e a chi ha recensito i capitoli precedenti! Spero di trovare anche in questo qualche recensione, è sempre un enorme piacere sapere cosa ne pensate, se avete dei consigli, delle critiche e anche delle domande da pormi! ;)
Un enorme bacio,
Jules


Ultima revisione: 22.01.2015
 

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Capitolo 7
*** Due persone che si guardano negli occhi non vedono i loro occhi, ma i loro sguardi ***



Capitolo 6
 


 
Due persone che si guardano negli occhi
non vedono i loro occhi, ma i loro sguardi

 

Anyway the thing is what I really mean
Yours are the sweetest eyes I’ve ever seen

 
«Sì, scusa. Ginny, io non riesco a spiegarmi cosa mi sta accadendo. Sono innamorata? Non lo so. Provo qualcosa per lui? Possibile, ma non capisco cosa. Non mi sono mai sentita in questo modo, è una situazione nuova per me, ed è tutto così disgustoso! Sai a cosa mi riferisco: le budella attorcigliate, il mal di stomaco... fa schifo» spiegò Meg all’amica, tormentandosi le mani. Ginny, d’altra parte, cominciò a saltellare per la stanza in segno di trionfo.
«Ti sei innamorata, è assodato! Accidenti, diventerai mia cognata!» esclamò questa, d’altra parte, esibendosi in una specie di balletto.
«Ginny, piantala!» si lamentò Margaret, esasperata, che di fronte a quella scena non riuscì a trattenersi per più di qualche secondo dalla voglia di scoppiare a ridere. Si alzò dal letto, decisa a torturare l’altra ragazza con il solletico per costringerla a farla finita con quella storia, ma Fred non tardò a reclamarla dal piano di sopra.
«Stevens
«Arrivo, dannazione! Ginny, perdonami, ma vado ad aiutare quei due... quei due incapaci. Appena torno, devi raccontarmi per filo e per segno come procede con Harry» concluse Meg, facendo l’occhiolino all’amica, che arrossì violentemente, come d’altra parte era solita fare ogniqualvolta si pronunciasse quel nome. Con un movimento leggero della bacchetta, la più grande delle due fece scivolare tutto dentro il baule per la quarta volta. Dopodiché, si diresse al piano di sopra, dove due pesti dai capelli rossi la stavano aspettando impazientemente.

Sul pianerottolo si ritrovò di fronte ai due fratelli, che sfoggiavano dei falsi sorrisi angelici. Sapeva bene che quelle espressioni non annunciavano nulla di buono.
«Allora? Dov’è il molliccio?» chiese, sospettosa, guardandosi attorno.
«Non c’è nessun molliccio!» fece George, sorridendo sempre di più.
«Già, proprio nessuno!» continuò Fred, ammiccando.
«Attenzione, voi due state rischiando grosso. Se non c’è nessun benedetto molliccio, si può sapere perché diamine mi chiamate da due ore?» domandò di nuovo lei, basita, fissando prima l’uno e poi l’altro e non sapendo più cosa aspettarsi da quei due. I gemelli si scambiarono uno sguardo complice e avanzarono verso la ragazza, che scortarono al divano, poi le si sedettero ai lati e George evocò un pacco dai colori molto vivaci. Meg continuò a guardarli con fare perplesso, fino a quando Fred non parlò.
«Bene. Il 19 maggio è stato un giorno speciale, sai perché?»
«Perché era il giorno del tuo compleanno, amica! E non un compleanno qualsiasi: qui si parla del diciassettesimo!» continuò George, come se stesse illustrando una questione di fondamentale importanza per la sopravvivenza dell’intero cosmo.
«La maggiore età, mica una bazzecola!»
«E siccome tu eri ancora in Spagna e noi non eravamo con te...»
«Ti abbiamo fatto un regalo!» esclamarono insieme, mettendo su delle espressioni tutt’altro che intelligenti. Lei sgranò gli occhi, presa alla sprovvista, non riuscendo a smettere di guardarli in modo stupito, fino a quando George non le porse il pacco e le mise un braccio intorno alle spalle, invitandola con un sorriso ad aprirlo. Lei si voltò verso Fred, che le cinse la vita e imitò il fratello.
«Avanti! Speriamo ti piaccia, è frutto di una parte dei nostri guadagni» aggiunse, facendole l’occhiolino.
«Ma non dovevate, credetemi! Io vi ho regalato solo quegli stupidi gemelli da polso!» protestò la ragazza, sentendosi un po’ in difficoltà, così prese a scuotere la testa e a rivolgere loro degli sguardi dispiaciuti.
«Sono molto belli e utili, e ti saranno anche costati!» la rassicurò Fred, dandole un pizzicotto sulla guancia che la fece arrossire.
«Tranquilla, ma se credi che non siano abbastanza, sono sicuro che una notte di passione a testa basti per rimediare!» aggiunse George, non riuscendo a trattenersi dall’impulso di dirlo, e mentalmente ringraziò che l’amica, che adesso gli stava indirizzando uno sguardo omicida, fosse troppo impegnata a tenere il regalo per potergli tirare un ceffone.
«George
«Shh, Zuccherino. Ora apri» disse di nuovo lui, indicando ancora il pacco. Margaret decise di farla finita con quella storia e tolse la carta velocemente, poi chiuse gli occhi e aprì la scatola. Una volta che ebbe visto cosa questa conteneva, rimase a bocca aperta: era un abito da cocktail in chiffon di seta color verde smeraldo, in stile anni ‘60, con volant di diverse sfumature di verde che correvano lungo tutta la lunghezza, fino alle ginocchia, e con un’ampia scollatura.
Non riusciva a trovare le parole. Rimase a fissare quel meraviglioso abito, estasiata, per istanti che le parvero infiniti, prima di riuscire a emettere un qualsiasi suono.
«Merlino vendicatore. È... non trovo parole! È splendido, grazie! Voi siete pazzi, vi sarà costato una fortuna!»
«Non poi così tanto, non preoccuparti. Questo e altro, per te!»
«E chi vi ha dato le misure?»
«Ginny!» esclamarono all’unisono i ragazzi, godendosi lo sguardo commosso di Meg.
«L’abbiamo preso questa mattina, è incredibile come non ti sia accorta di niente! Inizialmente avremmo voluto optare per l’azzurro, dato che è il tuo colore preferito, ma Fred ha insistito perché prendessimo questo» disse George, lasciandosi scappare quell’ultimo particolare non proprio accidentalmente. Margaret si girò verso il gemello citato, che non si aspettava quello scherzetto da parte del fratello. Guardò la giovane, dunque, e cercò di trovare le parole giuste da dirle.
«Be’, non è che ho proprio insistito, ho solo fatto una proposta! Ho pensato che questo verde s’intonasse perfettamente con i tuoi occhi, nulla di più» concluse, imbarazzato, ma si sentì un po’ sciogliere quando la ragazza gli puntò addosso quegli stessi occhi, ormai lucidi, e gli rivolse un sorriso amorevole. A quel punto, Meg guardò il soffitto e sospirò.
«Abbraccio di gruppo» disse, commossa, e non passò molto prima che si ritrovasse stritolata da quelle due pestifere teste rosse.
Erano capaci di esasperarla, di farla andare su tutte le furie un giorno sì e l’altro pure, di farle chiedere a se stessa come avesse fatto a sopportarli per diciassette anni, ma era proprio in momenti come quello che si ripeteva che ne era sempre valsa la pena. Ogni sfuriata, ogni attentato alle sue sinapsi da parte loro, ogni singola crisi di nervi: ognuna di queste cose non aveva alcuna importanza, non ne aveva mai avuta, e lei non sapeva chi ringraziare per la fortuna che le era stata concessa di avere al suo fianco due amici come loro, capaci di farla sentire se stessa in qualsiasi circostanza e nonostante tutto.
Una volta sciolto l’abbraccio, lei si asciugò gli occhi e rise dolcemente, passandosi una mano tra i capelli.
«Vi voglio bene, Zuccherini.»
«Te ne vogliamo anche noi, bellezza, ma non chiamarci mai più così e, cosa più importante, non osare rubarmi i soprannomi. Comunque, adesso vi lascio soli. Devo sbrigare alcune faccende, ci vediamo più tardi» fece George, impostandosi addosso uno sguardo furbo e precipitandosi fuori dalla stanza prima che uno degli altri due potesse anche solo sillabare qualcosa.

Una volta soli, Fred e Margaret si fissarono per pochi secondi, mentre un silenzio imbarazzante calava su di loro: era la prima volta che rimanevano insieme, senza nessun altro presente, dopo quello che era accaduto il pomeriggio precedente.
“Perché mi sento così imbarazzata?” si domandava lei, impedendosi di diventare viola. Si chiedeva anche se fosse il caso di prendere l’argomento “torta al cioccolato” e discutere della cosa.
“Perché il mio istinto mi dice che dovrei baciarla?” si tormentava lui, indeciso sul da farsi. Infine, prese coraggio e parlò.
«Quasi dimenticavo, Meg: ti ho comprato una cosa per i conti miei. Sai com’è, mi è piaciuta non appena l’ho vista» disse, recuperando la disinvoltura di prima e comportandosi come se non fosse successo niente.
«Stai scherzando, spero!» esclamò lei, tornata improvvisamente in sé per via dell’incredulità. Pensò che non poteva seriamente averle fatto un altro regalo.
«A quanto pare no, Pasticcino» ribatté con semplicità, poi prese un pacchetto che teneva in tasca e glielo diede, attendendo una sua reazione. Prima, però, fu invaso da una strana sensazione che lo costrinse a prendere le mani di lei tra le sue, posando un lieve bacio sul palmo. Lei gli sorrise e sfilò il nastro dal pacchetto, dal quale estrasse una collana con un piccolo ciondolo di smeraldo a forma di cuore, contornato da piccoli brillanti.
«Oh Fred!» commentò in un sussurro, portandosi una mano al petto. «È bellissimo, non so come ringraziarti. Sei eccezionale» riprese, poi, abbracciandolo. Lui la strinse e inevitabilmente sorrise.
«Mi ha fatto pensare subito a te, non potevo non prenderlo. Non devi ringraziarmi, splendore. È il minimo per il fiore più bello che esista» le sussurrò lui all’orecchio, maledicendosi subito dopo e provando il desiderio di prendersi a calci nelle gengive da solo.
“Sono impazzito, o in alternativa sono ubriaco, non c’è altra spiegazione. Non posso averlo detto io” pensò, ma non ne era poi così tanto convinto. In fondo, era innegabile che lei gli piacesse. 
“Non sei né impazzito né ubriaco, idiota! Razza d’imbecille, tu ti sei innamorato di lei, perché ti ostini a mentire a te stesso?” lo rimproverò, infatti, quella che doveva essere la vocina della sua coscienza, che di tanto in tanto si faceva sentire.
Decise di darle ascolto, una volta tanto, così si allontanò giusto un poco da Margaret per poterla guardare negli occhi: quegli occhi che tanto adorava, che lo facevano impazzire; quegli occhi che lo guardavano con tenerezza1, così pieni di luce, di vita, che da quando li aveva rivisti per la prima volta, dopo tanto tempo, gli avevano dato una ragione in più per credere che, in fondo, il mondo fosse un posto meraviglioso, o almeno lo sarebbe stato fino a quando quella luce fosse stata lì, fino a quando avesse visto la speranza brillare in quello sguardo.
Poggiò una mano sul suo viso e con l’altra le cinse la vita. Lei affondò le mani nei suoi capelli, mentre lo stomaco faceva miliardi di capriole e il cuore le batteva così forte che sembrava volesse saltarle fuori dal petto. Meg respirava a fatica, non riusciva a capire più niente: per lei adesso c’erano solo quegli occhi azzurri e limpidi in cui voleva perdersi, e sapeva perfettamente che non avrebbe più voluto ritrovarsi.
Lui la trasse a sé e la abbracciò forte, poggiando il volto sulla sua spalla e aspirando a pieni polmoni quella meravigliosa fragranza di rose che quella figura emanava. Quel profumo gliel’avevano regalato loro quello stesso Natale. Quel momento era così magico, così bello per durare a lungo.

Difatti, un tonfo ruppe il silenzio, e la porta si spalancò facendo cadere a terra due persone, George e Ginny. Erano sicuramente in attesa fuori dalla stanza. Fred e Meg sciolsero l’abbraccio e si guardarono per qualche istante, sorridendosi vicendevolmente con degli sguardi carichi di dolcezza. Lei poggiò la sua mano sulla gamba di lui, che la prese, ed entrambi tornarono a fissare con aria divertita i due intrusi.
«George! Sei un maledettissimo imbranato, non sai nemmeno stare fermo!» sbraitò, più furiosa che mai, la piccola di casa Weasley.
«Sorellina, sta’ calmina, non c’è bisogno di fare così. Mi dovevo grattare la caviglia: vuoi forse farmi un processo per un po’ di prurito? Sono caduto, non l’ho fatto di proposito!»
«Ma certo, e trascinare anche me faceva parte del tuo “non fare qualcosa di proposito”, non è così?»
«Questi sono solo dei piccoli e insignificanti dettagli, davvero poco rilevanti!» disse George con nonchalance, scompigliandosi i capelli con fare vanesio. Subito dopo, però, un’indignatissima Ginny gli si lanciò addosso per dargliele di santa ragione. Margaret e Fred convennero, piangendo dalle risate, che la cosa migliore fosse salvare il povero gemello da morte sicura. O, per non essere tragici, dalla perdita di un arto.
«Io fermo lei, tu prendi tuo fratello e portalo il più lontano possibile da quella furia assassina» fece la ragazza, cercando di sovrastare le urla di quei due che, manco fossero stati dei gatti inviperiti, si stavano accapigliando nel salone e trovando il consenso dell’amico.

Cinque minuti dopo, con enorme sforzo e volontà, Meg era riuscita a trascinare Ginny nella loro camera, mentre Fred assisteva alla scenata melodrammatica del gemello.
«Sto per morire, la mia ora è arrivata. Di’ a tutti che ho voluto loro bene, nel caso in cui non se lo ricordassero. Sana i miei debiti, occupati del mio testamento e di tutte quelle dolci donzelle che ho sedotto e abbandonato: non voglio lasciare niente d’irrisolto. Infine, ricordati di dare a tuo figlio il mio nome, sono sicuro che sarà capace di portargli lustro e onore» disse la “vittima” dell’aggressione, disteso per terra, mentre si passava un fazzoletto sulla fronte.
«George Junior non ti deluderà, stanne certo, ma non sono sicuro di essere pronto a beccarmi qualche fattura al posto tuo da parte delle tue ammiratrici. Adesso alzati, avanti, che dobbiamo finire di fare i bagagli e dobbiamo assolutamente trovare un modo per riuscire a infiltrare i nostri prodotti!» fece Fred, riuscendo ad attirare l’attenzione del fratello, che si tirò immediatamente in piedi e annuì.
«Esattamente. Ma prima dimmi una cosa: com’è finita?» chiese, ammiccante, sfoggiando tutta la sua immensa curiosità da vecchia comare.
«Né bene, né male. L’occasione arriverà, o io non sono più Fred Weasley» disse l’altro, convinto, meritandosi una pacca d’incoraggiamento da parte del gemello. Dopodiché, chiusero la porta alle loro spalle e s’incamminarono verso la loro camera.

1: trae spunto dalla frase di Coco Chanel: “Gli unici occhi belli sono quelli che vi guardano con tenerezza”.


- Angolo dell’autrice

Lo so, lo so, lo so: fa schifo. E vi chiedo umilmente perdono per quest’oscenità, non ve lo meritate. Ho provato in tutti i modi a fare di meglio, ma la mia mente non sembrava volersi sforzare più di tanto. D:
Comunque! I nostri piccioncini c’erano quasi, ma... insomma, sono cattiva, lo sapete. *-* Dovrete aspettare ancora un po’, purtroppo. :33
Il titolo di questo capitolo è stato “sgraffignato” al regista francese Robert Bresson; la canzone, invece, è il capolavoro di Elton John, Your Song *sparge amore ovunque*.
Adesso, ringrazio infinitamente chi ha recensito il capitolo precedente (mi lusingate, siete gentilissime! <3), e come sempre chi segue la storia, chi l’ha inserita tra le ricordate e preferite, e anche i lettori silenziosi! :D
Spero in qualche recensioncina, e mi auguro che questo capitolo non vi faccia orrido quanto ne fa a me. :D
Al prossimo aggiornamento!
Un bacio,
Jules


Ultima revisione: 23.01.2015

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Capitolo 8
*** L'insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe a trasformare il Paradiso stesso in un luogo di tortura ***



Capitolo 7
 


 
L’insonnia è una vertiginosa lucidità che riuscirebbe
a trasformare il paradiso stesso in un luogo di tortura

 

Yesterday,
All my troubles seemed so far away,
Now it looks as though they're here to stay,
Oh, I believe in yesterday


 
Un’altra notte insonne, tanto per cambiare. Ormai avrebbe dovuto averci fatto l’abitudine, eppure non riusciva a impedirsi di girarsi e rigirarsi nel letto, sperando che Morfeo si decidesse a farle visita quanto prima possibile. Troppe immagini s’intrecciavano nella sua mente, ma la scena era dominata da tutto ciò che riguardava Fred e i suoi genitori. Chissà come stavano, pensò, dato che non li aveva più sentiti da quando era partita. Scacciò subito quel pensiero dalla mente, convincendosi del fatto che fossero al sicuro, che stessero bene e che presto l’avrebbero raggiunta e sarebbero stati accanto a lei.
Ma ciò che la tormentava maggiormente era Fred. Quel volto invadeva i suoi pensieri e i suoi sogni più di qualsiasi altro. Da quando si erano rincontrati, era come se una parte di lei fosse rinata, come se fosse riuscita a ritrovare fiducia e, soprattutto, speranza. Ricordava ogni singolo dettaglio da quando era ritornata, come l’espressione di lui quando lei improvvisamente aveva varcato la soglia di quella camera, gli sguardi sfuggenti e carichi di complicità, le battute, i pomeriggi passati a pulire la casa e a farsi scherzi a vicenda, gli abbracci, la giornata a Diagon Alley, le notti spese a chiacchierare e a mangiare schifezze giù in cucina, le crisi di nervi a volte sventate, altre volte no, fino ad arrivare all’ultimo pomeriggio, con il cuore che batteva all’impazzata, che sembrava sul punto di scoppiare, e con lo stomaco e le sue mille capriole ininterrotte. Mentre ripensava a questi piccoli particolari, sentiva le farfalle volare su e giù e fare le più disparate acrobazie all’interno del suo corpo.
Non riusciva a capacitarsi di come un ragazzo le avesse potuto fare quell’effetto, per di più quel ragazzo che conosceva da quando era ancora in fasce. Spesso il destino gioca degli strani scherzi alle sue vittime, considerò, e quella volta era stata proprio lei a essere designata. Non era sicura di aver mai avuto un colpo di fulmine per qualcuno: nessuno era durato più di poche settimane. Alcuni per il carattere, altri per le incomprensioni, ma tutti erano accomunati dalla consapevolezza di non essere stati ritenuti all’altezza di stare al suo fianco.
Stavolta, però, era diverso. Forse era quello, il famoso e allo stesso tempo temuto colpo di fulmine: quello che ti spiazza e ti lascia senza fiato, che ti fa vedere il mondo sotto un altro punto di vista, spesso più luminoso e pieno di colori e sfumature. Poteva essere definito amore a prima vista? Non ne era sicura, d’altronde si conoscevano da tanto tempo, ma quello era stato come un nuovo primo incontro, come l’inizio di una storia da cominciare a scrivere, arricchendola giorno per giorno, come un libro non ancora letto, perfetto nella sua copertina.
Ma era davvero quello, l’amore? La paura di fare cose imbarazzanti, di apparire imperfetta agli occhi dell’altro, magari sbagliata? Oppure era l’immensa felicità che portava solamente lo stare anche pochi secondi con lui? La voglia di guardarlo negli occhi, di respirare il suo profumo, di sfiorare la sua mano, di sentire il proprio nome pronunciato dalla sua voce? In effetti, però, cambiava davvero poco: Margaret provava ognuna di queste cose.

Completamente priva di sonno, si alzò dal letto. Guardò l’orologio, che segnava le 4.20 del mattino: tra pochissime ore si sarebbero dovuti alzare, e lei non aveva proprio chiuso occhio.
Silenziosamente, nel tentativo di non svegliare Hermione e Ginny, s’incamminò in direzione della cucina, mentre il leggero brontolio del suo stomaco si andava facendo più insistente. Probabilmente, era più una fame da noia che una fame vera e propria.
Percorreva i corridoi bui e tetri del numero dodici di Grimmauld Place con una calma impressionante, il corpo totalmente in contrasto con l’anima, in tumulto e in rivolta contro se stessa.
Alla vista di un vassoio sul tavolo della cucina, il suo cuore iniziò a battere più furiosamente che mai contro la gabbia toracica. Si guardò intorno velocemente, nella speranza di scorgere un bel ragazzo dai capelli rossi seduto lì ad aspettarla, ma non c’era nessuno. D’altronde, erano le quattro e mezzo del mattino.
Accanto al vassoio, però, era poggiato un bigliettino, al quale era allegata una bella margherita bianca.


Signorina Margaret Stevens! Se è lei, può continuare a leggere e a ingozzarsi. In caso contrario, posa tutto ciò che hai in mano, chiunque tu sia!
Pasticcino, immaginavo saresti venuta qua: non hai mangiato quasi nulla a cena, e conoscendoti è davvero strano!
Sbrigati che è tardi (ne ho la certezza assoluta!), domani ci aspetterà una lunga e intensa giornata!
Buonanotte, ragazzaccia!  
Ps. La margherita. Sai che ogni fiore ha un significato, no? Ecco.
 

Un sorriso si aprì spontaneamente sul suo viso, mentre guardava con dolcezza il fiore che le era stato donato. Era sempre il solito: riusciva a colpirla anche con la più semplice delle cose. Sul vassoio le aveva fatto trovare un cornetto rigorosamente alla marmellata di pesche, che sapeva bene fosse la sua preferita, e un pezzo di deliziosa torta alla vaniglia. La conosceva meglio delle sue tasche, e si poteva capire soprattutto da gesti comuni come quello. Era certo che si sarebbe svegliata nel cuore della notte, com’era certo che sarebbe andata in cucina con una fame da lupi a cercare proprio quelle cose.
Meg iniziò a mangiare, e ripensò a quanto fosse straordinario il fatto che Fred esistesse, che fosse lì anche per lei, che le destinasse quotidianamente almeno uno dei suoi pensieri, anche se probabilmente erano molti di più – ma lei questo non poteva immaginarlo. E poi, quella margherita cosa poteva significare? Non se ne intendeva proprio di fiori e dei loro significati, e non si spiegava come potesse capirci qualcosa lui. Perché doveva amare così tanto farla impazzire? Perché non una rosa, ad esempio? Sarebbe stato molto più semplice. E invece no, e Margaret era convinta del fatto che l’avesse fatto di proposito, perché, conoscendola, sapeva perfettamente che lei non si sarebbe data pace fino a quando non avesse scoperto cosa voleva dirle con quella margherita.

Una volta che ebbe finito, Meg si alzò e si diresse al terzo piano, dritta nella camera dei gemelli. Quando entrò, non ebbe difficoltà a decifrare chi fosse George e chi Fred, anche perché aveva già dormito un paio di volte con quest’ultimo. Questa scena le ricordò quando erano piccoli e lei, a notte fonda, s’intrufolava nella camera dei due ragazzi, all’epoca “innocui” bambini, pronta a picchiare Fred nel caso non si fosse svegliato per farle posto.
Quella volta, però, l’unica cosa che voleva era contemplare per qualche secondo il suo volto, immerso nel sonno, e fissarlo bene nella mente, come se tutte le volte che lo aveva fatto in precedenza non le fossero bastate. E, in effetti, era proprio così.
Si accorse che sorrideva. “Chissà cosa sta sognando”, si chiese, aggrappata alla speranza che in quel sogno ci fosse anche lei. Si avvicinò un altro po’ al suo letto e con la mano destra, delicatamente, gli accarezzò i capelli e il viso, poi gli posò un lieve bacio sulla fronte.
Era sul punto di allontanarsi, quando Fred prese a mormorare, segno che doveva essere in dormiveglia. Margaret si apprestò nuovamente al letto e vi s’inginocchiò accanto, in modo che il suo viso fosse all’altezza di quello del ragazzo. Passò lievemente un dito sulle sue labbra, rimanendo piacevolmente sorpresa dalla loro splendida morbidezza. Fred si mosse un altro po’, e il suo mormorio si fece più insistente, fino a quando non pronunciò il suo nome.
«Meg» disse lui, debolmente, e il cuore di Margaret sembrava stesse per esplodere: l’aveva solo sfiorato, e lui, nonostante stesse dormendo, aveva capito che era lei.
«Dormi, sono solo venuta a fare un salto» gli sussurrò lei, e un caldo sorriso le illuminò il volto quando la mano di Fred si strinse alla sua. Questi aprì con poca convinzione un occhio e fece una smorfia, che in realtà doveva essere un sorriso.
«Cosa sei, un angelo?» le domandò, scherzando, con la voce impastata dal sonno.
«Non ci metterei la mano sul fuoco, lo sai. Avanti, ti lascio dormire. Buonanotte» fece Meg nell’atto di alzarsi, ma lui strinse di più la mano e si rifiutò di lasciarla andare.
«No, resta» le sussurrò Fred, che aveva chiuso di nuovo entrambi gli occhi.
«Lascia stare, dai... se non riesco a dormire va a finire che rimani sveglio anche tu» continuò lei, ma trovò ancora il dissenso del ragazzo.
«Vedrai che dormi. Resta qui» disse lui, che le faceva così tanta tenerezza che alla fine non riuscì più a dirgli di no.

Margaret s’infilò sotto le coperte e si strinse di più a Fred, poi poggiò la testa sul suo petto e lasciò che una mano del ragazzo le accarezzasse debolmente la schiena, mentre con l’altra le stringeva la sua. Lui riprese subito a dormire, quasi come a comando, e lei si sentì pian piano travolgere da un tepore che quella notte era tardato più del solito ad arrivare.
Allora capì che lui non era solo colui che la rendeva energica, euforica, che invogliava il suo estro a mostrarsi in ogni occasione; era anche la sua camomilla, il suo calmante personale, una delle poche persone capaci di metterla in pace con il mondo. Lì, avvolta nel suo abbraccio, l’Universo era perfetto: esso finalmente assumeva un profumo e un sapore familiare, non più estraneo.
Lasciò che il sonno s’impossessasse di lei, che la liberasse da ogni pensiero asfissiante, che la legasse ancora di più all’essere vivente al quale era quasi incollata; e finalmente si addormentò, una mano intrecciata a quella di Fred e l’altra sul petto, quasi a protezione della collana con il ciondolo di smeraldo.


- Angolo autrice

Eh sì, eccomi di nuovo!
-Poveri noi!
Meg, sempre tra i piedi?
Allora, eccomi qui con un nuovo capitolo, anche questo soffertissimo e modificato fino al midollo ogni singola volta che ho aperto Word in questi giorni. D: Ed ecco il risultato di tutti questi lavori di “ristrutturazione”! Prima delle numerosissime correzioni era orrendamente molto più breve, ma resta comunque abbastanza corto.
Spero che non vi abbia annoiato, ho cercato di focalizzarmi maggiormente sui pensieri e sui sentimenti della nostra Margaret che, poverina, è più confusa e tormentata che mai!
Tenete a mente il particolare della margherita, potrebbe riapparire tra un po’ di tempo! :)
Adesso passiamo all’illustrazione di ciò che ha ispirato la mia mente contorta (?). :33 Il titolo è di Emil Cioran, filosofo e scrittore rumeno; la canzone che apre il capitolo di oggi, invece, è, a mio avviso, una delle canzoni più belle che siano mai state scritte. *Modalità venerazione attivata* Sto parlando dell’immortale capolavoro di Paul McCartney, Yesterday.
Ora, come sempre, ringrazio chi ha inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite, e chi ha recensito il capitolo precedente.
Ragazze, tutti quei complimenti mi fanno saltellare per la stanza come un’idiota! *---*
Al prossimo capitolo, e nel frattempo spero di leggere qualche recensione! :)
Un bacione,
Jules

Ultima revisione: 24.01.2015

 
 

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Capitolo 9
*** Quel piacere dello spostamento che, in definitiva, consiste solo nel ricordo e mai nel presente ***



Capitolo 8
 


 
Quel piacere dello spostamento che, in definitiva,
consiste solo nel ricordo e mai nel presente
 


You can be anything you want to be 
Just turn yourself into anything you think that you could ever be 
Be free with your tempo, be free, be free 
Surrender your ego, be free, be free to yourself 


Il giorno della partenza per Hogwarts era arrivato. Come sempre, avevano dovuto fare tutto di fretta e furia, rischiando anche questa volta di ritardare. Molly Weasley si chiese, esasperata, se almeno in un’unica occasione sarebbero riusciti a fare le cose con calma e a essere puntuali.
«Su, avanti! Veloci con quei bagagli! Meg, tesoro caro, sei sicura di star bene?» disse, rivolgendosi alla figlioccia, mentre i ragazzi si affrettavano a sistemare le loro valigie sul primo carrello in cui si erano imbattuti appena arrivati alla stazione di King’s Cross.
«Eh? Ah, be’, sì. Tutto bene. Sta’ tranquilla, Molly! Sonno, solo sonno. Sì, solo questo, già» rispose la ragazza, sbadigliando, prima di inciampare e di essere sul punto di cadere addosso a una famiglia Babbana. Per sua fortuna, però, uno sghignazzante George riuscì a tirarla appena in tempo per un braccio, risparmiandole una figuraccia colossale.
«Non sei mai stata così imbranata, Zuccherino. Che ti succede? Hai un’aria orribile» le sussurrò lui a un palmo dal viso. Lamentandosi, Meg si fiondò tra le braccia dell’amico, scuotendo la testa senza una ragione precisa. Quella nottata quasi insonne era stata deleteria, per lei, che probabilmente non si era mai sentita così fiacca e rintontita, per non dire mentalmente assente.
Il gruppo di ragazzi si avviò, quasi correndo, verso il binario 9 e ¾ e, dopo aver salutato velocemente i presenti, salì sull’Espresso che avrebbe portato tutti loro a Hogwarts, iniziando a cercare uno scompartimento libero.
«Mi fai venire l’ansia» disse Ginny rivolta a Meg, che si reggeva a malapena in piedi, mentre trascinava il suo bagaglio.
«Gente, ne ho trovato uno libero, muovetevi!» gridò George dal fondo del binario. Nemmeno cinque secondi dopo, tutti si erano catapultati nello scompartimento; tutti, eccezion fatta per Margaret, che si era rannicchiata contro la parete in segno di resa, mentre gli studenti che passavano di lì la guardavano incuriositi. Fred, posata la sua valigia, corse ridendo verso la ragazza e, ignorando i mormorii di dissenso di quest’ultima, la prese in braccio alla stregua di un sacco di patate. Tornato indietro, la fece sedere su quel comodo sedile che sembrava attenderla con apprensione.
«Fratellino, pensaci tu al bagaglio!» disse, poi, facendo poggiare la testa della ragazza sulle sue gambe e cominciando ad accarezzarle le ciocche di capelli. George, quindi, appellò il baule dell’amica, che si presentò fluttuando a mezz’aria, non prima di aver rischiato di colpire e uccidere un gruppetto di ragazzini del primo anno.
«Sembra poter scoppiare da un momento all’altro! Ma cosa ci hai messo dentro, mattoni?»
«Mpf, ho messo solo le cose essenziali» commentò lei, noncurante, e cinque minuti dopo il sonno la travolse.

Quando si svegliò, era già trascorsa almeno un’ora e la signora col carrello stava passando proprio in quel momento.
«Dormigliona, finalmente sveglia! Vuoi qualcosa di dolce? O ti basta la mia invidiabile presenza?» fece Fred, ammiccando in direzione dell’amica, intenta a strofinarsi gli occhi. Quando questa si ricordò di avere addosso almeno due chili di mascara, per poco non si maledisse.
«Porca vacca, sembro un panda!» si lamentò Meg, osservando il suo riflesso al finestrino e sbattendosi una mano sulla fronte. Non appena si accorse che il ragazzo la stava fissando con fare divertito, attendendo una sua risposta, s’impose di far finta di nulla e riprese. «Tu non sei male, in effetti, ma ho fame. Facciamo due Zuccotti di zucca e una Cioccorana, io intanto vedo di trovare un rimedio a questo disastro. Quant’è?»
«Non fare la stupida, pensi che ti lascerei pagare?» esclamò lui, quasi scandalizzato, al che lei sollevò entrambe le sopracciglia.
«Lo so che non mi faresti pagare, ma io ho un’insana voglia di spendere i miei galeoni e nessuno potrà impedirmelo. Qualche problema a riguardo? Anzi, usa quei soldi per comprare qualcosa anche per te e per il tuo gemello zuccone. Fa’ come ti dico e non rompere le palle.»
«Uh, ma che carattere delizioso! Da vera nobildonna! Appena sveglia sei adorabile, te l’ha mai detto nessuno?» fece lui, ironico, prendendo poi le monete e avvicinandosi al suo orecchio per sussurrarle qualcosa. «Inizia a pensare a come dovrò sanare questo debito, Pasticcino» aggiunse, facendole l’occhiolino, al che la ragazza s’impostò addosso uno sguardo che era un incrocio tra il divertito e il sorpreso.

Mentre i gemelli si avvicinavano al carrello, una voce familiare attirò l’attenzione di Fred che, quando ebbe capito di chi si trattava, fu assalito dalla tentazione di buttarsi giù dal finestrino o di scappare a gambe levate verso un luogo ignoto. Sapeva che non l’avrebbe passata liscia, ma non era sicuro di essere pronto ad affrontarla.
«Morgana maledetta. George, girati lentamente con fare disinvolto alla tua sinistra e guarda un po’ chi c’è» sussurrò al fratello, che non tardò a lanciargli un’occhiata incuriosita.
«Fratello, sembra che tu abbia appena visto Tu-Sai-Chi in persona» commentò, non capendo cosa potesse preoccuparlo così tanto da fargli assumere quell’espressione tipica di chi si sente minacciato da un pericolo mortale.
«Peggio, George.»
«Dai, cosa sarà mai di così gra-... Merda. Copia imperfetta, ascoltami: se ci tieni a vedere gironzolare per la tua futura casa dei piccoli Weasley, ti conviene tornare indietro, perché, se ti vede, saremo costretti a chiamarti Frederica. E tu non vuoi questo, no? Dimmi di no» bisbigliò George, concitato, mentre il suo viso diventava progressivamente di un colore simile al viola. Sembrava fosse in apnea da due ore.
«Prima cosa, respira e rilassati: tu non hai proprio nulla da temere. Seconda cosa, non posso evitarla per sempre, no? Devo affrontarla, è giunta l’ora. Che Merlino mi aiuti» fece l’altro, che si passò una mano tra i capelli e riprese a guardarsi attorno, teso.
«Be’, diciamo che se muori in battaglia... divento automaticamente autorizzato a provarci con Margaret, no? Okay, sto scherzando! Buona fortuna, grande eroe. Ricordati che sei sempre in tempo» commentò il fratello, pronto a godersi la scena. Incurante del “pericolo”, Fred continuò a camminare verso il carrello, deciso a prendersi la responsabilità delle sue azioni. Dopo che l’aveva scaricata pochi giorni dopo averla portata a letto, un calcio nei gioielli di famiglia sarebbe stato più che meritato, e ne era perfettamente consapevole. Sperava solo che lei fosse un po’ più buona e caritatevole di quello che sembrava.
«Qualcosa di dolce per te, caro?»
«Tre Zuccotti di zucca, due Cioccorane, delle Api Frizzole e una liquirizia, per favore» disse, quindi, nel modo più tranquillo possibile. All’udire la sua voce, la ragazza tanto temuta si girò nella sua direzione con un’espressione a dir poco disgustata. Come sospettava.
«Fred
«Ciao Angelina! Come va la vita?» fece lui, con il solito sorrisino da faccia tosta quale era.
«Come va la vita?! Ti presenti con quella faccia da ebete e mi chiedi... come va la vita?!» sbottò lei, furiosa, prima di tirargli un pugno dritto sul naso. Un pugno che faceva parecchio male, a pensarci bene. La ragazza fu quasi subito portata via con la forza dalle sue amiche, cosa che non fu affatto semplice, mentre lui continuava a toccarsi la faccia, allarmato, assicurandosi che non stesse perdendo sangue. Poi, dopo aver pagato i dolciumi appena acquistati, si girò e raggiunse il fratello, che lo aspettava con un sorriso compiaciuto in fondo al binario, vicino al loro scompartimento.
«Ti è andata alla grande, non lamentarti. Io non me la sarei cavata così facilmente» disse George, tutto gongolante, battendo il cinque al gemello.

«Ce ne avete messo di tempo! Sto morendo dalla fame» commentò Meg, stranita da quel ritardo, non appena li vide arrivare.
«Sempre la solita!» le disse Fred mentre le porgeva le sue cose e si accoccolava a lei, lasciandosi massaggiare la testa e mostrandole approvazione facendo dei versi simili alle fusa di un gatto.
«Ragazzi, Fred ha incontrato Angelina» annunciò George, che scoppiò immediatamente a ridere a causa della scena che gli si presentò di fronte: Ron divenne viola poiché si strozzò con la liquirizia, il pesante libro che Hermione stava leggendo cadde con un rumoroso tonfo sul piede di Ginny, che iniziò a urlare, dopo un iniziale shock dovuto alla notizia, mentre Harry sembrava il più sconvolto, dal momento che fissava tutti con la bocca spalancata e uno sguardo pietrificato. Dopo un minuto buono, fu proprio quest’ultimo a ritrovare la parola.
«Non ci credo, non puoi essere ancora vivo!» disse, portandosi le mani ai capelli e guardando con preoccupazione Fred.
«Miseriaccia!» gli fece eco Ron, sgranando gli occhi.
«Spero ti abbia riempito di mazzate, dato quello che hai fatto!» continuò con disinvoltura Hermione, trovando il consenso di Ginny.
«E chi diamine sarebbe questa?» s’intromise Meg, sfoggiando un tono di voce un po’ più acuto del normale e assumendo uno sguardo notevolmente contrariato, segnale di un evidentissimo attacco di gelosia.
«Una cara amica che il tuo adorato Freddie si è portato a letto alla fine dell’anno scorso e che poi ha scaricato. Di cos’è che stavi morendo? Ah, sì! “Complicazioni di un’infezione provocata dal morso di un nano da giardino”. Peccato che lei non se la sia bevuta. Ah, guarda, è quella dolce donzella nel compartimento di fronte!» spiegò George, sghignazzando. Meg volse lo sguardo nella direzione indicatale dal gemello, e subito dopo cominciò a fare numerose smorfie di dissenso, disapprovazione e roba simile, suscitando l’ilarità dei suoi compagni di viaggio.
«Ed io che mi ero decisa a non odiare nessuno, quest’anno» disse Margaret in quello che doveva essere un sussurro, ma che in realtà fu un’esclamazione ben compresa da tutti quanti.
«Prego? E perché dovresti odiarla? Non sarai mica gelosa, Pasticcino?» le fece il verso Fred, mentre gli altri continuavano a ridere di gusto, al che il volto della giovane strega diventò di un colore anche fin troppo simile a quello di un peperone. Odiava essere messa in imbarazzo, era una cosa che non riusciva proprio a sopportare. Ogni dannatissima volta le sue orecchie, naso e guance sfioravano ogni singola gradazione cromatica del rosso, e sul petto le comparivano delle davvero poco eleganti chiazze viola. E poi, perché doveva essere gelosa? In fondo, non stavano nemmeno insieme, non c’era motivo di avere una reazione di questo tipo. Inoltre, si disse, era più che naturale che lui avesse avuto delle storie in passato. Insomma, non era di certo un ragazzo che passava inosservato. Ma, proprio in quel momento, quella fastidiosissima vocina che risiedeva nella sua testa prese a sussurrarle insistentemente tutte le valide ragioni per le quali anche solo il pensiero che Fred, il suo Fred, avesse avuto delle relazioni di un certo tipo le provocava un netto fastidio.
“Lalala, lo ami, lalala!”
“Oh, dannazione, vuoi piantarla?”
“Margaret Stevens in Weasley, suona bene! Non trovi?”
“Be’, in effetti, suona proprio be-... ma cosa diavolo sto dicendo?”
“Immagina, avrai dei figli con dei visini cosparsi da adorabili lentiggini!”
“Saranno meraviglio-... Morgana mi aiuti, ma cosa mi prende?”


«Maggie? Il tuo cervellino ci ha abbandonati per sempre?» le domandò Fred, scrutandola con espressione incuriosita, e da ciò Margaret capì di aver messo su per cinque minuti buoni il classico sguardo smarrito che assumeva tutte le volte che si perdeva nei suoi pensieri. Scosse velocemente il capo, per poi rivolgere al ragazzo uno splendido sorriso. Sarebbe stato sicuramente meglio fare finta di niente.
Improvvisamente, però, la porta dello scompartimento si aprì, ed entrò proprio una persona che nessuno si sarebbe aspettato di vedere.
«Weasley, Mezzosangue, con mio grande dispiacere mi è stato imposto di dirvi che dovete tornare nello scompartimento dei Prefetti. Mi chiedo come farò a…» Draco Malfoy, era proprio lui, s’interruppe non appena vide Margaret, che d’altra parte non aveva esitato a fulminarlo con lo sguardo. Lui le si avvicinò, mostrando un ghigno sarcastico. «Oh, guarda un po’ chi c’è: Margaret Stevens. Non ci vediamo da un sacco di tempo, non è così? Precisamente, da quando la tua importantissima famiglia si è rivelata in tutto e per tutto uguale ai Weasley. Nient’altro che sudici traditori. A proposito, come stanno mamma e papà?» riprese, e nella sua voce si poteva cogliere un pizzico di cattiveria e soddisfazione. Meg, allora, saltò in piedi, sfoderando la bacchetta e avvicinandosi minacciosamente al Serpeverde. Non era disposta ad ascoltarlo blaterare e sputare veleno senza far niente, senza muovere un muscolo, e vani furono i tentativi degli altri di bloccarla.
«Maggie, non ne vale la pena, è solo un viscido verme!» ci provò George, tirandola per un braccio, ma Fred gli fece subito cenno di lasciarla fare. Non aveva idea di cosa fosse successo tra la famiglia della ragazza e i Malfoy, e naturalmente non avrebbe perso l’occasione per vederci un po’ più chiaro.
«Ascoltami bene, smorfiosetto e viziato che non sei altro: nomina o parla ancora in quel modo dei Weasley o dei miei genitori, e giuro che te la faccio pagare cara, fosse l’ultima cosa che faccio. Magari così riuscirai ad acquisire un po’ di educazione, visto che, a quanto pare, non ti è mai stata impartita. Adesso sei vivamente pregato di sparire, dato che non sei persona gradita in questo luogo» sibilò minacciosamente la giovane, buttando fuori tutta la rabbia e una parte delle parole che teneva represse da mesi.
Sotto gli sguardi increduli dei presenti, Malfoy scomparve con una faccia a metà tra lo sconvolto e l’indignato, sbattendosi la porta alle spalle. Meg posò la bacchetta, amareggiata, e si scompigliò i capelli, sospirando.
«Accipicchia! Cioè, wow! Sei una potenza, Zuccherino!» le disse subito George, sorridendole con ammirazione, mentre Fred la guardava con orgoglio e la invitava a riprendere posto accanto a lui.
«Com’è che conosci quel viscidume?» le chiese quest’ultimo, curioso. Meg scosse la testa, affatto intenzionata a prendere l’argomento.
«Storia lunga, adesso non ho voglia di parlarne. Magari un’altra volta, eh?» disse, un po’ sconfortata, ma il ragazzo le diede un bacio sulla guancia e le sorrise, comprensivo. Qualsiasi cosa fosse successa, era certo che, prima o poi, lei gli avrebbe raccontato tutto.

Hermione e Ron si diressero nuovamente verso la carrozza dei Prefetti, e all’interno dello scompartimento, dopo cinque minuti, scese il silenzio. Ginny coccolava Grattastinchi, Harry contemplava con interesse il vuoto, George si era ormai addormentato e Fred poggiava la testa sulle gambe della sua migliore amica, che continuava ad accarezzargli i capelli con infinita dolcezza. Noncurante del fatto che George stesse dormendo, egli iniziò a cantare delle frasi sconnesse e senza senso, alimentando le risate di Margaret.
«Basta, sono offeso: non apprezzi la mia eccelsa performance!» sbottò lui, fintamente scandalizzato, e ciò fece ridere ancor di più la ragazza. Ovviamente, il rumore aveva svegliato George, che non aveva tardato a lamentarsi.
«Merlino, fratello, sei una schifosissima cornacchia! Non provare mai più a cantare mentre dormo! Ginny, fa’ la brava, fammi distendere» disse lui, che scansò senza tante cerimonie Grattastinchi e si appoggiò sulle gambe della sorella, indignata. «Ora va molto meglio» continuò, senza badare alle linguacce e alle smorfie che la più piccola di casa Weasley gli stava riservando. Tutti scoppiarono in delle fragorose risate; Fred, addirittura, stava quasi per ribaltarsi dal sedile, cosa che non avvenne grazie al rapido salvataggio di Margaret, che si pentì immediatamente di questo gesto cortese quando il ragazzo iniziò a farle il solletico, che soffriva a morte. Passarono le restanti ore a chiacchierare e a scherzare, fino a quando in lontananza, dal finestrino, non s’intravide il castello di Hogwarts, e i ragazzi compresero che era giunto il momento di indossare le proprie divise.


Angolo dell’autrice
-E tu oseresti definirti “autrice”? Questo capitolo fa più schifo delle mutande di Merlino!
Grazie mille, George... delicato come una rosa!
-Pff, figurati! Per qualsiasi cosa, sempre a disposizione!
...Oh, really? :3333


Come il caro George ha specificato, questo capitolo è osceno.
Sì, davvero, più lo rileggo più vorrei sbattermi la testa al muro per un tale scempio. Probabilmente è il peggiore che abbia scritto, ma una illusa piccola parte di me continua a sperare che vi piaccia almeno un pochino. :3
I nostri cari ragazzi, come abbiamo visto, stanno per arrivare a Hogwarts, e chissà dove verrà smistata l’innocua e indifesa (??? AHAHAH) Margaret! Sono aperte le scommesse! :D
Il titolo (ho sudato sette camicie per trovarlo, e ancora nemmeno mi convince tanto! Sì, sono pignola da fare schifo), stavolta, è di Joris Karl Huysmans, scrittore francese; la canzone del giorno è, invece, un capolavoro dei Queen, Innuendo.
Che altro dire? Spero con tutto il cuore che il capitolo vi sia piaciuto, altrimenti siete liberissimi di insultarmi, vi capirei.
-Oooh, quindi posso farlo anche io? *-*
Meg, ingrata, provaci e ti faccio finire con Percy. u.u
-Oh, no! Non puoi farmi questo!
Be’, in realtà... posso. :33 Quindi, sta’ zitta, fallo per il tuo bene!
Okay, ormai mi sento noiosa, ma ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e chiunque segua la storia! :) Un bacione, a prestissimo!
Jules

Ultima revisione: 25.01.2015

 
 
 

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Capitolo 10
*** Ogni donna è una ribelle, e solitamente in violenta rivolta contro se stessa ***


 

Capitolo 9



 
Dedico questo capitolo alla persona che è al mio fianco da quel primo giorno d’asilo di tanti anni fa, la mia migliore amica,
che mi ha fatto trovare degli splendidi auguri di compleanno,
e a Marina, onnipresente, Lena e V e r v, che hanno recensito il capitolo precedente.

 

Ogni donna è una ribelle,
e solitamente in violenta rivolta contro se stessa

 

I’ve fallen in love
I’ve fallen in love for the first time
And this time I know it’s for real
I’ve fallen in love
God knows, God knows I’ve fallen in love
 

Una volta che l’Espresso fu giunto alla stazione di Hogsmeade, si fermò. I ragazzi raccattarono la propria roba e, più o meno velocemente, scesero dal treno, dirigendosi poi verso le carrozze. Margaret, che iniziava a sentirsi giusto un po’ emozionata, osservò gli studenti del primo anno raggrupparsi attorno ad Hagrid, che li stava chiamando, così fu colta da un improvviso dubbio.
«George! George!» bisbigliò, strattonando la manica del gemello appena chiamato.
«Trottolina, cosa ti turba?» fece lui, mostrando un ghigno soddisfatto dovuto allo sguardo infastidito dell’amica: questa aveva imparato ad accettare di sentirsi appellare “Zuccherino”, “Pasticcino”, “Caramellina”, “Pulcina”, “Zollettina” o con altri soprannomi orrendi, ma questo nuovo nomignolo era davvero troppo per le sue orecchie. Trottolina: ma da dove era saltato fuori?
«Farò finta di non aver compreso come mi hai chiamato. Una domanda: dovrei forse andare con i pivellini del primo anno?» chiese lei, abbastanza perplessa, al che l’amico scoppiò in una fragorosa risata, beccandosi inevitabilmente uno scappellotto bello e buono da parte sua.
«Ahi!» si lamentò lui, massaggiandosi la nuca e mettendo il broncio, ma un pizzicotto sul braccio da parte di Margaret lo convinse a rispondere. «Sempre questi metodi coercitivi, eh? Comunque, Ciliegina Candita, sì. Dovresti andare con i novellini, ma siccome ti vogliamo bene, ti terremo con noi fino all’arrivo al Castello. Dammi la mano, meglio raggiungere Fred prima che i nostri posti vengano presi da qualcun altro» disse, allora, e dopodiché trascinò la ragazza in lungo e in largo, fino a quando non ebbe trovato la carrozza occupata dal suo gemello e da un altro ragazzo.
«Ehi Lee! Come va la vita?» esordì George, aiutando Meg a salire e dando una pacca sulla spalla all’amico.
«Non c’è male, vecchio mio. Tu, piutto-… Aspetta un attimo: e tu chi saresti, dolcezza?» fece Lee, che guardò con curiosità la figura femminile che si era appena seduta accanto a Fred, che d’altra parte non aveva tardato a passarle un braccio attorno alla vita.
«Oh, le presentazioni! Lee, lei è il mio Zuccherino; Meg, lui è il nostro socio numero uno» li introdusse George, prendendo posto.
«Lee, è un piacere conoscerti, finalmente. Sono Margaret Stevens, ma puoi chiamarmi Meg o Maggie. Come forse saprai, conosco queste due piccole canaglie da quando ancora ci rotolavamo nella culla» si presentò Meg, sorridendo e porgendo la mano al ragazzo, che la afferrò e si apprestò a presentarsi anch’egli.
«Il piacere è mio, Meg. Sono Lee Jordan, Grifondoro e commentatore delle partite di Quidditch della scuola» spiegò lui con fare orgoglioso, annuendo tra sé e sé. Meg, istantaneamente, sgranò gli occhi.
«Merlino vendicatore, io amo il Quidditch! A scuola, in Spagna, ero Capitano della mia squadra: giocavo come Battitore!» esclamò, infatti, euforica. Fred, George e Lee spalancarono la bocca.
«Cosa?» dissero i gemelli all’unisono, spiazzati. Difatti, non erano mai venuti a conoscenza prima d’ora di questo piccolo segreto dell’amica: avevano persino dubitato che lei fosse capace di non cadere dalla scopa. Era una notizia del tutto nuova e inaspettata, per non dire addirittura sconvolgente, dato che Meg non ne aveva mai fatto cenno duranti tutti quegli anni. Se non altro, però, erano certi che, per una come lei, quel ruolo fosse davvero l’ideale.
«E quando avevi intenzione di dircelo, Stevens? Ero certo non sapessi neanche cosa fosse, il Quidditch!» commentò George, colpito, beccandosi un’occhiataccia da parte della giovane.
«Non mi avreste mai creduta, ho preferito tenermelo per me» spiegò questa, che al contempo aveva provveduto a sistemare meglio le pieghe della gonna della divisa per coprirsi maggiormente, dato che Lee era parso fin troppo interessato alle sue gambe. Ciò, naturalmente, non era sfuggito ai gemelli. Il volto di Fred, difatti, si era tinto immediatamente di viola, e naturalmente lui non aveva perso tempo a tirare la ragazza un po’ più a sé, guardando di traverso l’amico. Il fratello, invece, aveva fatto segno a Lee di avvicinarsi ed era in procinto di sussurrargli qualcosa.
«Ehm, amico mio, sai che ti voglio bene, e appunto per questo voglio dirti una cosa: a meno che tu non voglia essere picchiato, trucidato, ammazzato o semplicemente affatturato dal mio caro gemellino, ti conviene evitare di guardare quella bella tipa sotto quel punto di vista, non so se sono stato chiaro» gli spiegò, allora, al che l’altro capì perfettamente il nocciolo della questione e, pertanto, strizzò l’occhio in segno di approvazione e d’incoraggiamento a Fred, che d’altra parte sorrise.

Pochi minuti dopo, finalmente i quattro giunsero al Castello. Margaret, che aveva avuto modo di vederlo soltanto in foto, rimase incantata dall’edificio che le si parò di fronte e da tutto ciò che lo circondava. Scesi dalle carrozze, i ragazzi si diressero verso l’enorme portone di quercia. Una volta entrata, sempre accanto ai suoi due inseparabili amici, rimase ancor più meravigliata dallo splendore e dal senso di grandezza che quel posto le suggeriva, e, tutto a un tratto, rimpianse di non aver potuto frequentare Hogwarts sin dal primo anno: la scuola presso la quale aveva studiato in Spagna era nulla in confronto al luogo dove si trovava in quell’istante. Mentre lei era ancora lì, incantata e con gli occhi che percorrevano interamente ogni singolo particolare sul quale si posavano, la maggior parte degli studenti si era diretta verso la Sala Grande.
All’improvviso, una voce femminile, che dava l’impressione di appartenere a una donna molto rigida e severa, la riscosse dal suo stato.
«Signorina Stevens! Dove si era cacciata? Venga immediatamente con me» la richiamò Minerva McGranitt, prima di farle cenno di seguirla. La ragazza volse lo sguardo ai gemelli, che le sorrisero incoraggianti, e s’incamminò. Mentre la professoressa, che conosceva perfettamente i suoi genitori e che aveva già incontrato al numero dodici di Grimmauld Place, la conduceva verso la sala dove erano radunati i ragazzi del primo anno, nella sua testa trottavano troppi pensieri contemporaneamente. L’essere osservata da tutta la scuola non la preoccupava più di tanto: in qualità di Capitano di una squadra di Quidditch, era piuttosto abituata a stare al centro dell’attenzione.
Più che altro, la cosa che la metteva in ansia ogniqualvolta ci pensava era lo Smistamento, dal momento che c’erano grandi probabilità che finisse in Serpeverde: era ambiziosa, determinata e aspirava a grandi cose per il suo futuro; la sua famiglia, poi, era una delle più antiche del Regno Unito, anche se, oramai, i suoi componenti venivano considerati come traditori del proprio sangue. No, non poteva davvero andare a finire in mezzo a quelle serpi: avrebbe quasi sicuramente perso il controllo e si sarebbe ritrovata ad Azkaban con l’accusa di omicidio di massa.
Corvonero sarebbe stato molto meglio, a causa della sua intelligenza e della sua astuzia. Sarebbe stata bene, lì in mezzo, se non fosse stato per lo scarso senso dell’umorismo degli appartenenti a quella Casa. No, pensandoci bene, non faceva affatto per lei. Non bisognava scordare che aveva passato i primi otto anni e mezzo della sua vita in compagnia di due pestiferi gemelli dai capelli rosso fiamma.
Un lieve sorriso le comparve sul volto: in cuor suo, sapeva perfettamente quale fosse il suo posto.
Mentre continuava a rimuginare su tutto ciò, quasi non si era accorta che si erano fermate e che la McGranitt era sul punto di rivolgerle la parola.
«Bene, signorina Stevens. Come sa, dovrà sottoporsi allo Smistamento come gli alunni del primo anno. Sarà chiamata a breve dal Professor Silente, che insieme agli altri insegnati ha convenuto che sarà meglio che lei venga Smistata prima di tutti gli altri ragazzi. Intanto si rilassi e stia tranquilla, non ci vorrà nulla» le spiegò molto rapidamente, prima di sorriderle e di avviarsi in direzione della Sala Grande, dove ormai tutti gli altri studenti si erano radunati ai tavoli delle rispettive Case di appartenenza.
Non era per nulla nervosa, ma voleva che quel momento finisse il prima possibile. Desiderava, più di ogni altra cosa, sedersi a quel dannato tavolo e tirare un sospiro di sollievo.

Mancava poco, lo sapeva: questione di minuti, secondi, attimi. Tuttavia, sobbalzò non appena riconobbe la voce di Silente levarsi nitida sulla Sala.
«Ancora una volta, bentornati! Prima di procedere con lo Smistamento dei ragazzi e delle ragazze del primo anno, invito la signorina Margaret Sadie Eleanor Stevens a presentarsi in questa Sala affinché possa essere collocata nella Casa presso la quale dovrà frequentare questo suo ultimo anno di studi.»
Una volta ascoltate quelle parole, dovette confessarsi di essere tesa come una corda di violino. Aveva le budella attorcigliate e la nausea, ma non poteva mostrarsi insicura: lei era una Stevens, per giunta l’unica erede con quel cognome, e non poteva comportarsi da meno. Dunque, con la solita disinvolta eleganza che tendeva a sfoggiare nelle occasioni importanti come questa, entrò nella Sala Grande e iniziò ad avanzare con passo sicuro verso la sedia sulla quale era poggiato il Cappello Parlante. Manteneva uno sguardo distaccato, lucido, che la rendeva la degna nipote di Vittoria, sua nonna materna, e sapeva che quest’ultima sarebbe stata fiera di lei se l’avesse vista.
Man mano che procedeva, gli sguardi degli studenti si fissavano sempre più su di lei, incuriositi.
«È agitata, ma è così orgogliosa che fa finta di essere la persona più tranquilla e strafottente di questo mondo» sentenziò George che, come tutti gli altri, non le staccava gli occhi di dosso.
«E tu come puoi dirlo, scusa?» chiese Hermione, perplessa, osservando l’amica con lo sguardo di chi è preoccupato che l’altra persona possa vomitare da un momento all’altro.
«Ha la schiena troppo dritta e rigida, ha quella postura solo quando vuole mostrarsi sicura di sé in una situazione che la fa sentire a disagio» concluse Fred, che teneva le dita incrociate sotto il tavolo, mentre sia George sia Ginny annuivano alla sua affermazione.
Quando quel lungo tragitto stava quasi per finire, Margaret intercettò lo sguardo dei due gemelli, e immediatamente si stampò sul viso qualcosa che era a metà tra un sorriso e un ghigno malizioso. Il marchio era Weasley, innegabile.
«Fred, te lo dico sinceramente: io ho bisogno di essere curato da uno bravo, non posso continuare a immaginarla in biancheria intima un minuto sì e l’altro pure!» disse George al fratello con una falsa aria disperata che, in qualsiasi altra circostanza, avrebbe fatto scoppiare a ridere l’interpellato, se non fosse stato che quest’ultimo era troppo concentrato su Meg.

La ragazza, ormai, aveva terminato il suo percorso. La professoressa McGranitt, quindi, sollevò il Cappello dalla sedia, la fece accomodare e glielo poggiò sul capo. Il cuore le batteva furiosamente contro il petto, e lei non vedeva l’ora che quel momento terminasse. A un tratto, sentì una voce insinuarsi nel suo orecchio.
«Bene, bene! Ma qui abbiamo Margaret, l’unica figlia di Desmond e Gloria Stevens! Con due genitori così, non puoi che essere difficile da collocare!» iniziò il Cappello, al che Meg fu tentata dal desiderio di alzare gli occhi al soffitto.
“Pff, cominciamo bene, allora!”
«Caratterino difficile, eh? Proprio come tua nonna materna, Vittoria. Avresti dovuto chiamarti come lei, le assomigli molto. Era – e immagino sia tuttora, nonostante gli anni – una strega molto capace e ambiziosa! Peccato non avesse molta pazienza... Proprio come te, eh? Ricordo che la Smistai in Serpeverde, così come l’intera famiglia di tua madre. Eccezion fatta, naturalmente, per quest’ultima, splendida e intelligente Corvonero. In questo senso, me la ricordi moltissimo. Vedo anche molto del coraggio e della nobiltà d’animo di tuo padre, valoroso Grifondoro, così come tutta la sua famiglia. Ricordi anche Julia, tua nonna, così abile, così disponibile! E poi Dawson, tuo nonno paterno: lui sì che aveva senso dell’umorismo, tanto quanto ne vedo in te! Il problema però persiste: dove ti colloco? Stoffa e aspirazione al successo, tipiche dei Serpeverde; intelligenza e perspicacia, caratteristiche dei Corvonero; determinazione, audacia, senso del dovere, essenziali per un Grifondoro. E, se permetti, anche un po’ di testardaggine. Però in te vedo qualcosa... oh, sì! Credo proprio di aver capito. Grifondoro!» esclamò il Cappello Parlante, infine, dopo quasi due minuti. Margaret si alzò, felice, e con un enorme sorriso stampato in faccia s’incamminò verso il tavolo dei Grifondoro, urlanti e scalpitanti, andandosi a sedere tra Fred e Ginny, che le avevano riservato un posto, sicurissimi che sarebbe andata a finire così.
«Stevens, non sarai diseredata!» esclamarono all’unisono i gemelli, abbracciandola così forte che avrebbero potuto soffocarla.
«Per un attimo ho creduto saresti finita in Verde-Argento!» commentò George, disgustato.
«Be’, in effetti, quel vecchio cappello pazzo ci aveva pensato» confessò Meg, che era intenta a stringere la mano ai nuovi compagni di Casa che pian piano si andavano presentando.
«Deve aver percepito la vipera che è in te» esordì Fred, sghignazzando e beccandosi un calcio da parte della ragazza.
«Ma poi ha detto di aver visto qualcosa, simpaticone che non sei altro» continuò lei, minacciando l’amico con lo sguardo, che però non si lasciò intimorire.
«Di certo non è stato l’unico» le sussurrò lui, infatti, in modo tale che nessun altro potesse sentire. Lei lo squadrò per qualche secondo, perplessa.
«Prego? Non capisco.»
«Semplicemente, mezza Sala Grande ti stava divorando con gli occhi. Sicura di non avere sangue Veela?» spiegò lui, dandole un pizzicotto sulla guancia e gustandosi il suo improvviso rossore, dato che la ragazza, all’udire quelle parole, aveva riacquistato tutto il colore perduto. Immediatamente, Margaret si domandò se faceva davvero quell’effetto e, cosa più importante, se lo faceva anche su di lui. In quel momento desiderò ardentemente di poter entrare nella mente di Fred, di leggere i suoi pensieri, di scoprire cosa il suo cervello elaborasse ogniqualvolta i loro occhi s’incrociavano o le loro mani si sfioravano. Avrebbe voluto penetrare nei meandri dei suoi desideri, comprendere quali sensazioni riusciva a procurargli, anche senza volerlo. Voleva sapere se il suo volto era presente nei sogni del ragazzo con la stessa intensità con la quale il suo nome era in quelli di lei.
«L’importante è che mi guardi la persona giusta, no? Degli altri non m’importa proprio nulla, adorabile Marshmallow!» disse poi Margaret con sguardo ammiccante in direzione dell’amico, considerando che avrebbe avuto tutta la notte a disposizione per perdersi nei suoi ragionamenti. Fred dapprima la guardò in modo sorpreso, ma si riprese subito e sfoggiò uno dei suoi sorrisi più accattivanti.
Noncurante dello Smistamento dei ragazzini del primo anno, noncurante delle occhiate assassine di Angelina, noncurante degli insulti di Harry nei confronti di una donna-rospo che doveva essere la nuova insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, le prese il volto tra le mani e si perse nel contemplare i suoi occhi. Sì, quell’anno iniziava davvero alla grande.


- Angolo dell’autrice

Tadaaaan! Eccomi qui con il nuovo capitolo!
Come alcuni di voi immaginavano, la nostra cara Margaret è finita in Grifondoro! Anche se, onestamente, la tentazione di Smistarla in Serpeverde era davvero tanta (ricordate che sono cattiva, no?). :33
-Non avresti osato...
Bellina, piantala.
-Non lo farò mai, devo ricordarti che ti odio? D:
Mi odi? :( Io ti ho dato la vita!
-Maggie, avanti! Lo sappiamo che non è vero!
-E va bene, ti voglio bene, contenta? Fred, con te faccio i conti dopo...
-Merlino mi aiuti...
Okay, basta, ritiratevi!
Bene, tornando a noi! :D Allora, il titolo di oggi è un aforisma di Oscar Wilde, è l’ho scelto perché mi ha colpito particolarmente, è come se mi ci ritrovassi un po’, e l’ho trovato perfetto anche per Meg! La canzone che apre il capitolo è, invece, un altro splendido pezzo dei Queen, che ho trovato adattissimo a ciò che prova il nostro Fred, ed è la bellissima I Want To Break Free.
Adesso ringrazio, come al solito, chi ha recensito il capitolo precedente e chi segue la storia! :)
Fatemi sapere cosa ve ne pare! Un bacione, e vi ringrazio infinitamente per essere ancora qui a seguire questa povera esaurita!
Jules

Ultima revisione: 26.01.2015



 
 

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Capitolo 11
*** "Sei la felicità che raccolgo ogni giorno dall'amore che ho seminato" ***



Capitolo 10
 


 
“Sei la felicità che raccolgo ogni giorno
dall’amore che ho seminato”


 
And in the end 
The love you take 
Is equal to the love you make
 

I giorni di settembre, per Margaret Stevens, erano passati tutt’altro che in fretta. Quel pomeriggio si trovava in Sala Comune, immersa nel libro di Pozioni che, per assurdo, era la sua materia di studio preferita. Era una delle poche persone rimaste lì: la maggior parte degli studenti, infatti, aveva preferito stare all’aperto e godersi quell’ormai raro cielo senza nuvole.
Per quanto cercasse di concentrarsi, non ci riusciva. Sentiva la testa pesante, come se questa stesse per sprofondare sulla pergamena che teneva aperta. Rigirava la piuma intinta nell’inchiostro fra le dita, cercando qualcosa di convincente da scrivere, ma nulla. Non era mai successo che lei non trovasse le parole adatte, tantomeno per un lavoro scolastico.
Il vero problema erano i suoi genitori: non li sentiva da quando era partita per Londra, in agosto. Non le avevano inviato nemmeno una lettera, non uno stupido gufo le aveva portato anche la più misera delle notizie. Le sarebbe bastato anche un: “Stiamo bene, non pensare a noi!”. Invece nulla, niente di niente. Si chiedeva perché la ignorassero, per quale ragione si ostinassero a non scriverle niente, e ogni singola volta che ci pensava non poteva fare a meno di percepire un grande nodo alla gola.
Ben presto, l’ultima persona che le faceva compagnia nella Torre di Grifondoro scomparve oltre il buco del ritratto, e lei rimase sola, libera di lasciarsi andare contro la poltrona e di dare il via a un pianto liberatorio. Lei odiava piangere. Lo odiava a morte. La faceva sentire debole, impotente, ma stavolta non riuscì a trattenersi, a tenere tutto dentro. Buttò fuori fiumi di lacrime amare, lacrime che esprimevano preoccupazione, dolore, rabbia.

Pianse per almeno cinque minuti, finché non dovette costringersi a calmarsi e ad asciugarsi gli occhi alla vista di un ragazzo fin troppo ben conosciuto che entrava dal buco del ritratto.
«Ehi, dove ti eri cacciata? Ti cercavo da un pezzo!» le domandò Fred, avvicinandosi a lei con fare perplesso.
«Oh, be’... Stavo finendo il tema per Piton, non voglio fare tutto all’ultimo minuto» si giustificò Meg, sperando che non si accorgesse dei suoi occhi lucidi. Lui si sedette sulla poltrona accanto alla sua, più sbalordito che mai, e la guardò con enorme curiosità.
«Meg, Pozioni è mercoledì! Devi darti una calmata, non c’è bisogno di... Aspetta un attimo» iniziò, ma s’interruppe nello stesso istante in cui notò che c’era qualcosa che non andava nell’amica, che difatti teneva lo sguardo rivolto al tavolo e cercava di coprirsi il volto con i capelli. «Ehi, guardami negli occhi» riprese, dunque, considerando che quella situazione non lo convinceva affatto.
«Che succede, Fred?» domandò lei con una disinvoltura tale da riuscire a camuffare un leggero tremolio nella voce, ma ciò non parve bastare a dissuadere il ragazzo.
«Meg, guardami negli occhi» insistette questi, infatti, fissando con insistenza la giovane. Questa decise che era meglio farla finita subito, tanto Fred l’avrebbe capito comunque, quindi alzò il viso e lo guardò, attendendo una sua reazione. Lui sgranò gli occhi, sorpreso, e non poté negare che quella situazione lo infastidisse abbastanza, dato che pareva proprio che l’amica gli stesse nascondendo qualcosa da fin troppo tempo.
«Si può sapere cosa ti sta succedendo?» le domandò, allora, fingendosi la persona più calma di questo modo, ma sapeva perfettamente che quel tentativo non sarebbe andato mai a buon fine.
«Assolutamente niente, non vedo cosa ci sia di strano» mentì Margaret, stavolta affatto convincente, al che Fred sbuffò sonoramente.
«Sì, ed io sono Godric Grifondoro. Margaret, ora mi dici la verità» ribatté, dunque, rivolgendole uno sguardo eloquente che esigeva una risposta, che ovviamente non arrivò.
«Non chiamarmi con il mio nome di battesimo, Fred!» esclamò lei, punta sul vivo, con fare contrariato.
«Perché mai? E non cercare di sviare il discorso!» fece lui, utilizzando tra l’altro quel tono di sfida che Margaret tanto odiava.
«Perché lo usi solo quando sei arrabbiato con me! Ed io non sto cercando di sviare il discorso!» sbottò la ragazza, diventando rossa a causa dell’indignazione, ma Fred non era intenzionato a dargliela vinta.
«Cosa mi stai nascondendo?»
«Non ti sto nascondendo niente, in che lingua devo dirtelo?»
«Piantala! Non sai fare la bugiarda, ti rendi solo ridicola!»
«Ma sta’ un po’ zitto, Fred!»
«Orgoglio ferito?» commentò il giovane con finta dolcezza, cosa che fece esplodere ancor di più Meg.
«Il tuo cervello è ferito, non il mio orgoglio» sibilò lei, alzandosi dalla sedia e posizionandosi di fronte a lui, ancora seduto, per guardarlo dal suo metro e sessantacinque scarso. Molto scarso. Lui accennò una risata.
«Questa è carina, Stevens! Giuro che me la scrivo!»
«Morgana maledettissima, perché devi essere così... così invadente?»
«Oh, perdonami se mi sta a cuore il tuo bene! In fondo, sei solo una delle persone a me più care, perché dovrei preoccuparmi?» commentò Fred, alzandosi anche lui, mentre il tono della sua voce si era alzato notevolmente.
«Mi hai rotto, dico sul serio!» sbottò Meg, portandosi le mani ai capelli e stringendoli, come se avesse voluto punire loro per la rabbia che stava provando in quel momento, mentre gli occhi le si arrossarono di nuovo.
«Sei una stronza! Grandissima, irrecuperabile, irrimediabile stronza!» le urlò contro Fred, ormai furente, rinunciando a ogni tentativo di non perdere la pazienza.
«Ti detesto!» urlò di rimando Margaret, offesa, sul cui volto le lacrime avevano ripreso a scorrere liberamente. Fred rimase un attimo interdetto: si sentì profondamente colpito da quelle parole, quasi ferito, anche se sapeva che non erano vere, che lei non poteva pensarle per davvero. Ma, dopo qualche istante, si riprese.
«Be’, sai una cosa? Anch’io ti detesto! Sai essere così tanto acida che mi chiedo perché non...» cominciò, ma fu interrotto da un’altra figura femminile appena entrata in Sala Comune.
«Lasciala stare, Fred: sta abbastanza male senza che tu continui ad aggredirla!» sbottò Angelina, infastidita dalla scena che le si era parata di fronte, prima di dirigersi a grandi passi verso Margaret, che era rimasta paralizzata, e abbracciarla sotto lo sguardo attonito del ragazzo. Quest’ultimo, rimasto per un attimo a bocca aperta, si costrinse a richiuderla e voltò loro le spalle, intenzionato a recarsi nel dormitorio per farsi una doccia, nel tentativo di ritrovare la ragione. Angelina che abbracciava Margaret: doveva essere davvero sconvolto per avere allucinazioni di questo tipo.

Nel frattempo, giù nella Sala, Angelina attese pazientemente che Margaret si calmasse e, dopodiché, la aiutò a rimettere tutta la sua roba nella borsa. La guardò con comprensione, asciugandole la guancia ancora bagnata.
«Grazie» fece Margaret, sfoggiando un debole sorriso prima di abbassare lo sguardo sul pavimento.
«Tesoro, figurati: se non ci aiutiamo tra di noi! Dovresti salire a parlargli, però. Tiene a te in una maniera pazzesca, e odia il fatto di non sapere cosa ti stia accadendo. Tu non volevi farlo preoccupare, e avevi ragione, ma così è peggio, l’hai visto di persona. Va’, se dovesse presentarsi George, giuro che lo tengo qui, anche a costo di usare le maniere forti. Lo fai spesso, dovresti sapere a cosa mi riferisco» le disse l’altra ragazza, facendole l’occhiolino e dandole un colpetto sulla spalla.
«Hai ragione. E ha ragione anche lui, diamine! Sono una... una stronza! Grazie, ti devo un favore» commentò Margaret a bassa voce, battendosi una mano sulla fronte, dopodiché s’incamminò velocemente verso il dormitorio maschile e si fermò di fronte alla porta che recitava: “Ragazzi del settimo anno”.
Bussò una volta: nulla. Provò di nuovo, ma ancora non ebbe risposta. Si decise a entrare, dato che sembrava proprio che lui non volesse darle corda.
Nella stanza non c’era nessuno, ma poteva sentire perfettamente dei rumori provenire dal bagno. Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla finestra, restando in attesa.
Pochi minuti dopo, una voce dietro di lei la fece sobbalzare.
«Oh. Sei qui» disse, non nascondendo un netto fastidio. Quando Margaret si girò, si ritrovò davanti un Fred Weasley appena uscito dalla doccia, con i capelli rossi ancora parzialmente bagnati e scompigliati e con solo un asciugamano legato in vita. Lo trovava dannatamente e schifosamente sexy. Non si era ancora abituata al fatto che lo trovasse così bello da levarle il fiato, da farle andare in panne il cervello, da farle venire voglia di corrergli incontro e di appendersi alle sue labbra. Capì che non era il caso di restare lì muta e impalata, dunque ponderò bene le parole da utilizzare. Si fa per dire, ovviamente.
«Senti, Fred... Scusa!» buttò lì lei, speranzosa che questo bastasse, ma lui non sembrava disposto a cedere così facilmente.
«Va’ avanti, so che ce la puoi fare» la esortò lui, incrociando le braccia al petto e sollevando un sopracciglio.
«Oh, e va bene! Ti ho mentito, cosa nella quale sono un disastro, e non te lo meritavi. Ho torto, torto marcio, e sai benissimo che per me è difficile ammetterlo, quindi ritieniti un privilegiato. Io proprio non lo reggo il fatto di litigare con te, è tremendo. Prometto di dirti tutto ciò che ti ho nascosto, ma ti prego, mettiamoci una pietra sopra.»
«Pff, tutto qui? Puoi fare di meglio!» commentò il ragazzo, che in fondo sembrava compiacersi di quella situazione. Lei sgranò gli occhi e spalancò le braccia, incredula.
«Fred, avanti! Per me è una tortura!»
«Chiedere scusa? Lo so, per questo è così divertente.»
«Non intendevo quello, anche se è la verità. Mi riferivo al fatto di aver litigato con te!» ammise lei, contrariata, con un pizzico di esasperazione nella voce.
«So anche quello, che ti pare? Ti conosco meglio delle mie tasche, non riusciresti a stare neanche poche ore senza di me. Ma non ti ho ancora perdonata!»
«Fred, cosa dovrei fare? Fa’ sparire ogni pensiero strano, quel sorriso malizioso lo conosco fin troppo bene. E poi, per le mutande di Merlino, hai solo un asciugamano addosso: per me non è facile concentrarmi, il tuo corpo mi distrae!» esclamò Meg che, senza volerlo, si lasciò scappare quell’ultima frase. Si morse il labbro, maledicendosi mentalmente e pensando che buttarsi dalla finestra non doveva essere poi un’idea tanto cattiva.
«Ti distraggo? Be’, in effetti, sono stupendo, magnifico, incantevole! Come biasimarti? Sono la quintessenza della bellezza!» commentò Fred, vanesio, mentre il suo ego gonfiava a dismisura. Meg si batté una mano sulla faccia: seriamente, come poteva essere innamorata di lui?
«Sei il più bello tra i cretini, nessun dubbio a riguardo» ammise, considerando che sarebbe stato molto meglio assecondarlo.
«Ragazza, mi hai corrotto» fece lui, infatti, avanzando verso di lei con le braccia aperte e un gran sorriso, che aveva preso il posto della rabbia e dell’indignazione. Margaret gli si fiondò addosso, affondando il viso contro il suo petto e lasciandosi abbracciare, e non poté non pensare che emanasse un calore meraviglioso e un profumo incantevole.
«Siamo due stupidi, Fred» si lamentò, corrucciata, ma lui sorrise ancor più apertamente.
«Puoi dirlo forte, piccola vipera» annuì il ragazzo, mentre accarezzava la schiena dell’amica.
«Non è vero che ti detesto, anche volendo non ci riuscirei» aggiunse Meg con una vocina acuta, e le sue guance si tinsero di un bel rosso pomodoro.
«Vale lo stesso per me, e non penso nemmeno che tu sia acida. Non sempre, almeno» disse Fred, continuando a sghignazzare con compiacimento. Margaret gli avrebbe tirato un cazzotto molto volentieri, ma decise di lasciar correre: in fondo, si stava benissimo in quella situazione. Peccato per un piccolissimo inconveniente.

«Ehm... Fred?» lo richiamò lei, in un po’ incerta, indecisa su come esporgli il problema.
«Sì, Pasticcino?»
«Sei, ehm... Sai, il tuo asciugamano» gli disse, allora, estremamente imbarazzata, chiedendosi se non fosse possibile sprofondare sottoterra a proprio piacimento.
«Me ne sono appena accorto. Hai sbirciato?» annuì il giovane, che senza dubbio non si sarebbe lasciato scappare alcuna occasione per stuzzicarla e metterla in difficoltà.
«No!» quasi urlò Margaret, infatti, ancora più rossa in viso.
«Prego? È un’opportunità imperdibile, sicura di non volerne approfittare? Insomma, deve essere un segno del destino che ci suggerisce di suggellare questa riappacificazione!» le sussurrò Fred all’orecchio, che ormai percepiva bollente al contatto con le sue labbra. Margaret, per un istante, fu tentata di seguire l’allettante idea del ragazzo, ma poi scosse la testa, tornando in sé.
«Piantala e va’ a vestirti, su!» esclamò lei, ancora scossa da brividi lungo la schiena e non totalmente convinta di ciò che la sua razionalità le suggeriva. Lui sbuffò, poi si precipitò molto velocemente in bagno, lasciandola lì a riprendere aria.
«Mettiti comoda!»
«Già fatto!» rispose lei, che si era già distesa sul letto di Fred e adesso stava provvedendo a riordinare il caos di quella stanza con un colpo di bacchetta: i bauli erano aperti e la quasi totalità del loro contenuto era riversata sul pavimento o sulle sedie, le pareti riportavano strane bruciature e le scatole contenenti le Merendine Marinare erano malamente nascoste sotto ogni sorta di mobile. Si chiedeva come facessero a dormire in quelle condizioni pietose.
«Sei più difficile di quanto pensassi: non cedi alle mie provocazioni, la cosa è snervante!» le disse lui dall’altra stanza, palesemente scocciato e quasi ferito nel suo orgoglio da conquistatore. A quell’affermazione, Margaret scoppiò a ridere, avvampando nuovamente al pensiero di quello che era successo poco prima e di come avrebbe volentieri ceduto; le passò per la mente l’immagine di loro due, distesi su quello stesso letto, lui su di lei, e dei loro vestiti che pian piano toglievano il disturbo. Trattenne il respiro, pensando che era ancora in tempo per accettare le sue provocazioni, ma si riscosse quasi immediatamente: se lui si aspettava che fosse disposta ad alimentare ulteriormente il fuoco della sua smisurata autostima e a dargliela vinta così facilmente, allora era un povero illuso.

Pochi minuti dopo, il ragazzo uscì dal bagno e si guardò attorno, stentando a credere che quello fosse realmente il suo dormitorio.
«Sei stata tu? Grandiosa» le disse, ammirato, prima di buttarsi sul letto accanto a lei.
«Avevi ancora qualche dubbio a riguardo?»
«No, Stevens, ma sei sempre una splendida sorpresa. Ma adesso, avanti: cosa succede?» le chiese Fred, distendendosi sul fianco in modo tale da poterla guardare meglio.
«I miei genitori, Fred. Non ho loro notizie da quando sono tornata a Londra, ho paura che sia successo loro qualcosa» iniziò lei, fissando l’amico nelle sue limpide iridi e prendendogli una mano tra le sue.
«Cosa stai dicendo? Spiegati meglio.»
«Sono stati loro a dirmi di tornare in Gran Bretagna, si erano già accordati con tua madre ancora prima di avvertirmi. La situazione era diventata troppo strana, non eravamo più così al sicuro.»
«Perché? Cos’è successo?» chiese Fred, ormai allarmato, non riuscendo tuttavia a trovare una logica in quelle parole.
«Be’, hai visto quel viziato di Malfoy, in treno, no? Suo padre aveva instaurato dei rapporti piuttosto amichevoli con i miei genitori, tanto che spesso andavamo a delle cene o a delle serate Ministeriali insieme. Mamma e papà, però, sono sempre rimasti abbastanza sul chi va là. Sai, non si fidano molto di questo tipo di persone. Solo che la situazione è degenerata, e una sera mio padre li ha cacciati fuori da casa: volevano proporre un fidanzamento tra me e loro figlio, ci credi? Dicevano che bisogna preservare il sangue puro e stipulare il maggior numero possibile di contratti matrimoniali tra le famiglie di un certo rango. Ovviamente, avranno pensato che sarebbe stato un grande affare quello di far accasare loro figlio con una strega proveniente da una famiglia antichissima, benestante e rigorosamente Purosangue – come se me ne fregasse qualcosa di questa stupida stronzata. Volevano che facessimo addirittura un Voto Infrangibile, così a quel punto mamma si è indignata e ha detto che non mi avrebbe mai costretta a sposare nessuno, tantomeno un Malfoy... e che nutriva un profondo desiderio di vedermi mettere su famiglia con... be’, con uno tra te e George» iniziò a spiegare, dicendo quest’ultima frase tutta d’un fiato e sperando che lui non ci facesse troppo caso. Le gote le s’imporporarono nuovamente, così s’impose di riprendere il discorso per celare l’imbarazzo. «Puoi ben immaginare la reazione del vecchio Lucius. Ha cominciato a gettare fango su di noi e sulla vostra famiglia, così mio padre è diventato parecchio furioso, e sai che quando succede non c’è da scherzarci. Potrei giurare di averlo intravisto fare esplodere una sedia della sala da pranzo, se la memoria non m’inganna.»
«Intravisto? Non eri con loro?»
«Be’, no. Sono scesa a spiarli non appena ho sentito che i toni erano diventati abbastanza pesanti. Sai, sono sempre stata curiosa. Prima, io... ehm. Ero di sopra, in camera mia, con... insomma, con uno. I miei ovviamente non lo sapevano. Fred, per l’amor del cielo, non guardarmi con quello sguardo omicida! Era solo un... diciamo amico. Storia passata, comunque! Tornando a Lucius e mio padre, non ci crederai, ma sono arrivati persino a puntarsi contro le bacchette. Mamma ha iniziato a strillare, Narcissa uguale, solo che è stata brava a portare via suo marito prima che potesse finire male. Almeno lei un po’ di buon senso ce l’ha, a differenza del resto della sua famiglia. Sulla soglia, quell’essere spregevole ha detto che nessuno avrebbe dovuto osare trattarlo in tal modo, che ce l’avrebbe fatta pagare e che aveva un sacco di conoscenze al Ministero. Nel suo stile, no?» terminò Margaret, prendendo fiato e aspettando una reazione da parte dell’amico. Difatti, mentre stava raccontando, Fred l’aveva guardata con uno sguardo che era andato dallo sconvolto allo stupito, passando per il disgustato e il rabbioso. E anche per l’omicida, quando aveva accennato a quel certo amico del cavolo. Non appena lei ebbe finito, il ragazzo quasi non saltò giù dal letto per l’indignazione.
«Quel viscido, schifoso, inutile verme! E sei tornata per questo?»
«Be’, in parte è per questo! Sarei stata la mira perfetta per possibili ritorsioni nei confronti dei miei genitori, sai meglio di me come ragiona questa gente. Mi avevano detto che mi avrebbero raggiunto presto, avevano intenzione di chiedere il trasferimento – o di licenziarsi, se non fosse stato loro accordato – ma non ho avuto nemmeno uno straccio di notizia da parte loro, zero» rispose lei, iniziando a provare un moto di rabbia verso sua madre. “Saremo di nuovo insieme ancora prima che tu possa sentire la nostra mancanza!”: perché prenderla in giro?

Si strinse forte a Fred, lasciandosi cullare dal suo respiro sulla sua fronte e dalle sue dita che le disegnavano il contorno del viso.
«Perché non me l’hai detto subito?» le domandò lui, scuotendo la testa con fare rassegnato e immaginando la risposta.
«Non volevo farti preoccupare» confessò lei, infatti, confermando le sue ipotesi. In risposta, la strinse di più a sé.
«Perfettamente nel tuo stile, Stevens. Io a cosa servo, se non mi racconti niente? Avanti, sta’ tranquilla e prova a non pensarci. Andrà tutto per il meglio, e ricordati che chi semina amore raccoglie felicità1!» le disse lui, fissando ancora di più i suoi occhi azzurri in quelli verdi di lei. Guardarla lo metteva in pace col mondo2. Lei, improvvisamente, rise.
«Non ci credo! Hai letto il libro!» esclamò, evidentemente colpita.
«Certo che non te ne sfugge una, Stevens!» commentò Fred, baciandole la punta del naso. Dopodiché, si mise cavalcioni su di lei, guardandola con aria di sfida, mentre lei si sforzava di non arrossire per l’ennesima volta.
«Ehm... Fred?» chiese, osservandolo con fare interrogativo.
“Approfittane!” le disse la vocina che risiedeva all’interno della sua mente.
«Cerco di farti cedere. Sicura di non voler cogliere l’attimo?»
«Sì, sicurissima: per questa volta non lo voglio cogliere!»
“Stai mentendo, sei una persona spregevole!”
«Stavo scherzando, bellezza! Sto semplicemente evitando che tu scappi!»
«E, nel nome di Merlino, per quale ragione dovrei scappare?»
“Sì, appunto, si sta così bene qui! Quale parte folle di te vorrebbe andarsene?”
«Semplice anche questa! È piuttosto ovvio, no?» rispose Fred, senza darle ulteriori spiegazioni, ma prima che lei potesse ribattere o protestare, iniziò a farle il solletico, facendo rimbombare nel dormitorio le sue urla e le sue irrefrenabili risate.
Vani furono per la giovane i tentativi di liberarsi, ma dopo una manciata di secondi, e con l’ausilio di un enorme sforzo, riuscì a capovolgere la situazione, trovandosi sopra di lui. Avvicinò la bocca al suo orecchio, mordendoglielo, poi sorrise con fare malizioso.
«Sicuro di non voler cogliere l’attimo?» gli sussurrò, gustandosi l’espressione sorpresa del ragazzo. Questi le prese il volto tra le mani, poggiando la fronte sulla sua, e per un attimo pensò di poter impazzire a causa di quella meravigliosa vicinanza tra loro due.
«Non stavolta, Stevens» sussurrò lui di rimando, a un soffio dalle sue labbra, sorridendole. Lei ricambiò, colpita da un tale autocontrollo, e appoggiò la testa sul suo petto. Poco dopo, cadde in un sonno leggero, cullata dal suo respiro e dalle sue carezze.

Mezz’ora più tardi, fuori dalla finestra il sole stava iniziando a calare, al che Fred tamburellò delicatamente sul capo di Margaret per ridestarla dal suo riposo.
«Meg, che mi dici a proposito di Angelina?» le chiese, allora, appena ricordatosi di quel particolare.
«Oh, mi trovo molto bene con lei, sai? Abbiamo instaurato un bel rapporto!» disse lei, stiracchiandosi e sbadigliando.
«L’avevo notato…» fece lui, amareggiato, ripensando all’episodio di solidarietà femminile che aveva dovuto subire circa un’ora prima. «Dai, alzati: voglio portarti fuori prima che cali il buio!» continuò, poi, trascinando la ragazza verso le scale del dormitorio e non trovando alcuna resistenza.
Arrivati in Sala Comune, trovarono una furiosa Angelina sbraitare contro un George insolitamente intimorito: effettivamente, la Cacciatrice di Grifondoro sembrava incarnare perfettamente lo spirito di Molly Weasley. Quando li vide scendere, però, si calmò improvvisamente e si scusò con George, che intanto aveva assunto un’espressione dapprima confusa e poi maliziosa, come suo solito.
«Cosa ci facevi tu nel dormitorio dei ragazzi? Anzi, cosa ci facevate da soli e insieme lassù?»
«Parlavamo, fratello. Sai, quella facoltà che le persone normali ed evolute solitamente hanno. Se vuoi t’insegno, gemellino del mio cuore!» ribatté Fred, lanciandogli un occhiolino che fece subito comprendere all’altro che ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni.
Ridendo e sotto lo sguardo indagatore, curioso e ammiccante di George, i due uscirono attraverso il buco del ritratto della Signora Grassa e si diressero verso il parco del castello. Camminavano abbracciati, continuando a ridere per la più buffa delle cose. Poi, lei si voltò e lo guardò di nuovo, serena.
«Fred» sussurrò, senza staccare gli occhi dal suo viso. Lui si girò, curioso.
«Dimmi, Pasticcino!» la esortò lui a continuare, prendendole una ciocca di capelli tra le dita. Lei si strinse a lui, poggiando il viso contro la sua spalla e inalando il suo profumo.
«Sei la felicità che raccolgo ogni giorno dall’amore che ho seminato» sussurrò, sorridendo dolcemente contro il suo maglione.
A quelle parole, Fred poté giurare di aver sentito il suo cuore perdere un battito.


1: William Shakespeare;
2: Trae ispirazione da: Le persone belle sono quelle che soltanto a guardarle ti mettono in pace col mondo. Quelle che in uno sguardo sembrano racchiudere tutta l’armonia esistente in natura. Quelle che hanno conosciuto il male, ma hanno scelto costantemente il bene. Quelle che da qualunque angolo le guardi, non puoi non vedere l’immensità che si portano dietro. (Serena Santorelli)



- Angolo dell’odiosissima autrice

Ebbene, sì! Siamo già arrivati all’undicesimo di venti capitoli, tutti pronti e che non vedono l’ora di essere pubblicati! :D
Siamo a fine settembre, ormai è passato quasi un mese dall’arrivo di Margaret a Hogwarts, e già si uccide di studio, poveretta!
-No, dico! Sono cresciuta con Fred e George, e poi che faccio? Studio? Cosa ti salta in mente?
Sempre che ti lagni, tu? D:
-È un’ingiustizia! Potrei benissimo utilizzare quel tempo per fare qualcosa di più creativo, così invece sembro Hermione!
-Ehi! Cosa c’è che non va nel sembrare me?
Aiuto. Meg ed Hermione che litigano. È anche peggio di un’invasione di morti viventi.
Passando alle cose serie (???), i nostri piccioncini se le stavano per dare di santa ragione se ne sono dette di tutti i colori (wow, che perspicacia! :33), non potevano mica apparire costantemente come delle zollette di zucchero pensanti e con facoltà motorie (sul pensanti ho ancora qualche dubbio...) . Inoltre, vi ho anche fatto capire una delle ragioni delle preoccupazioni maggiori della nostra povera, cara ragazza! Spero di non aver scritto stronzate allucinanti, solitamente partorisco i capitoli alle 2 di notte.
Bene! Per il titolo di oggi, ho citato la frase finale di Margaret, ispirata a sua volta all’aforisma di William Shakespeare che Fred ha utilizzato precedentemente (Dio mio, che casino). Insomma, ricordate il libro che Meg regala al caro gemellino, no? Strano, già, ma a quanto pare l’ha letto. :)
Per quanto riguarda la canzone in apertura, ho optato per un pezzo dei Beatles, The End, che fa parte del meraviglioso medley finale dell’album Abbey Road.
Per oggi mi sono dilungata anche troppo, sono già diventata noiosa dopo le prime tre righe. :S
Ringrazio chi ha recensito precedentemente e chi segue la storia, spero che questo capitolo vi sia piaciuto!
Un bacione,
Jules

Ultima revisione: 28.01.2015

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Capitolo 12
*** "Non mi pare ti sia mai importato qualcosa delle regole, Pasticcino!" ***



Capitolo 11
 


 
 “Non mi pare ti sia mai importato
qualcosa delle regole, Pasticcino!”

 

Baby I want you like the roses
Want the rain
You know
I need you
Like a poet needs the pain
I would give anything
My blood, my love, my life

 
Il tempo si era lentamente portato via anche ottobre, scandito da un freddo pungente che era perfettamente adeguato a quell’ultimo giorno del mese. Era il pomeriggio del 31, Halloween, e i ragazzi erano radunati attorno al fuoco scoppiettante della Sala Comune. Harry e Ron cercavano di portarsi al pari con i compiti, Hermione sferruzzava i suoi berretti da elfo, i gemelli racimolavano galeoni su galeoni vendendo i loro prodotti e Margaret li guardava divertita dalla sua poltrona. Più li osservava, più pensava che fossero incredibili: riuscivano a fare cose assurde e geniali anche a occhi chiusi.
Non appena ebbero concluso gli affari, si affrettarono a prendere posto davanti al caminetto, godendosi un po’ di relax dopo tanta “fatica”. Fred si comportava come suo solito, ghignando e stuzzicando chiunque gli passasse sotto tiro. George, invece, sembrava strano: aveva un’aria pensierosa, lo sguardo contratto e un’espressione indecifrabile.
«George? Che hai?» gli chiese Meg, sedendosi accanto a lui sul divano e riportandolo alla realtà.
«Eh? Oh, sei tu. Non ho nulla, ti sembro diverso?» ribatté questi, ricambiando il suo sguardo.
«George, non mentirmi» insistette lei, fissandolo con un cipiglio incuriosito.
«Zuccherino, te ne parlerò con calma un’altra volta, promesso» la rassicurò, tirandole una guancia poco prima di rivolgersi a Hermione. «Che roba sarebbe quella? Calzini deformi?»
«Questi “calzini deformi” sono berretti da elfo, George. Sai, per il C.R.E.P.A.! E credo che tutti quanti dovreste darmi una mano per diffondere la...» fece lei, indignata, iniziando un sermone infinito sull’utilità dell’associazione ideata da lei stessa, sermone che George e Margaret furono costretti a seguire, fingendo quel pizzico d’interesse necessario a non offenderla. Fred, nel frattempo, era parso ricordarsi di qualcosa di fondamentale importanza, così si era alzato e aveva trascinato Harry dall’altra parte della Sala.
«Ma che fai?» domandò quest’ultimo, fissandolo storto.
«Harry, ho bisogno di un favore a dir poco immenso: stasera mi presteresti il tuo Mantello dell’Invisibilità?» chiese il ragazzo dai capelli rossi, supplichevole, al che l’altro sgranò gli occhi, inevitabilmente colto di sorpresa.
«Il Mantello? A che ti serve, Fred?» fece, infatti, fortemente inquisitorio. Qualunque cosa avesse in mente Fred Weasley, sicuramente non poteva portare a nulla di buono se per essere realizzata era necessario il Mantello.
«Non dirlo a nessuno, lo sa solo George: vorrei fare una sorpresa a Margaret, senza quello mi risulta impossibile! Ti preeego!» lo implorò Fred, quasi mettendosi in ginocchio. Harry parve rifletterci su qualche momento, non propriamente convinto, ma alla fine decise di acconsentire, anche se ancora un po’ riluttante.
«E va bene, te lo lascio, ma sta’ attento» gli disse, abbastanza allarmato, ma Fred non perse tempo a ringraziarlo e a mostrargli tutta la sua riconoscenza. Dopodiché, questi lanciò un segno d’assenso al gemello e si volatilizzò nel dormitorio dei ragazzi, per poi venirne fuori dopo circa dieci minuti. Come se nulla fosse, si gettò su Meg, che era ancora seduta sul divano a parlare con George, e iniziò a farle il solletico, come suo solito. Con questa scusa, fece scivolare nella tasca della divisa della ragazza un pezzetto di pergamena sul quale doveva essere scritto un messaggio. Non appena ebbe capito di essere riuscito nel suo intento, mollò la presa su di lei e si allontanò con il fratello in direzione del buco del ritratto, scomparendo dietro di esso.

Margaret, che intanto stava parlando allegramente con Angelina, portò istintivamente una mano alla tasca destra e notò al suo interno la presenza di qualcosa che prima sicuramente non c’era. Dunque, prese il brandello di pergamena e lo aprì accanto all’amica, che non riuscì a reprimere la curiosità.

 
 
Ci vediamo alle 20.00 nel mio dormitorio, ho in mente una sorpresa per te (niente che possa compromettere la nostra salute, sta’ tranquilla).
Non andare in Sala Grande per la cena. Indossa l’abito migliore che hai.
Non ti dirò “fatti bella” perché non ce n’è di bisogno, già lo sei.
Nella speranza che tu non mi dia buca,
Tuo Fred

Margaret alzò gli occhi e notò che Angelina la stava guardando sull’orlo delle lacrime a causa dello sforzo di trattenere le risate, e capiva anche il motivo. Sapeva perfettamente di essere diventata di mille colori, di avere la bocca spalancata e di aver trasformato il suo visino tanto carino in quello di un troll. Tuttavia, cercò di riprendersi il più in fretta possibile.
«Hai... Hai letto?» chiese, ancora incredula, all’amica, che già gongolava come poche altre volte.
«Ovviamente» rispose quest’ultima, strappandole il foglio dalle mani per portarlo a turno da Alicia, Katie, Hermione e Ginny, mentre i ragazzi tentavano di sbirciare. Queste rimasero felicemente a bocca aperta, a parte Hermione, che cercava sempre di mantenere un certo controllo.
«Ragazze, mettiamoci all’opera: dobbiamo trasformare questa strega nella più sexy che Hogwarts abbia mai visto» ordinò loro Angelina, così il gruppo di streghe scattò in piedi e trascinò Margaret verso il dormitorio femminile. Una volta giunte nella loro stanza, la ragazza fu spinta con poca grazia sul letto e le altre presero posto dove potevano. Angelina, da vero Capitano, prese il controllo della situazione.
«Bene. Sono le 17.00, lei deve essere perfetta entro le 20.00. Sono stata chiara?»
«Angie, sei sicura di star bene? Fino a stamattina avresti voluto prendere Fred a testate!» commentò Alicia, dubbiosa, ma l’amica la zittì subito.
«Qui non stiamo parlando di quell’idiota, stiamo parlando di una nostra simile che ha bisogno del nostro aiuto, anche se non lo ammetterà mai. Dobbiamo dividerci i compiti, non siamo qui per cincischiare. Io non sono affatto ferrata in questo campo, quindi mi limiterò a dirigere il tutto. Katie, tu occupati del trucco, sei molto brava; Alicia, qui l’esperta di moda sei tu; Ginny, con i capelli te la cavi abbastanza bene; Hermione, tu...»
«Be’, io potrei distoglierla dall’andare a quest’appuntamento dato che, sicuramente, Fred la porterà a infrangere almeno la metà delle regole della scuola! E, se lo conosciamo abbastanza bene, state certe che sarà così. Ma ve la immaginate la Umbridge?» esclamò Hermione, iniziando con la sua solita predica riguardo quanto fosse importante rispettare le norme. Tutte la fissarono, basite, e Angelina inarcò così tanto le sopracciglia da far sembrare che queste potessero arrivare al tetto.
«Hai finito? Perfetto, tu mettile lo smalto. Sai farlo, no?» le domandò quest’ultima, brusca, al che l’interpellata alzò gli occhi al soffitto e annuì, rassegnata. «Ecco, brava. Meg, che ci fai ancora qui? Va’ a farti doccia e shampoo, avanti!» riprese, esortando la compagna a sbrigarsi.

La ragazza corse verso il bagno, come se avesse avuto paura che l’amica potesse scagliarle contro una qualche Maledizione Senza Perdono.
Mentre l’acqua calda scendeva sul suo viso e rasserenava il suo corpo, poteva sentire distintamente dall’altra stanza le animate discussioni riguardanti l’abito che avrebbe dovuto indossare. Per un attimo ebbe paura che qualcuno ci lasciasse le penne.
Quando uscì dalla doccia, quindici minuti più tardi, gli schiamazzi si erano calmati: erano probabilmente giunte a una conclusione. S’infilò l’accappatoio, avvolse i lunghi capelli in un asciugamano e si diresse nella stanza adiacente, dove trovò le amiche ad aspettarla in trepidazione: erano terribilmente esilaranti.
«Dopo numerose discussioni e un’azzuffata sventata, abbiamo dichiarato di comune accordo che gli abiti più adatti tra quelli che c’erano nel tuo baule sono questi due. Alicia ha già pensato ai possibili abbinamenti, le scarpe te le presta lei» annunciò Angelina, mostrandole con orgoglio ciò che aveva selezionato insieme con le altre quattro. Sul letto erano poggiati due abiti che Margaret conosceva molto bene: il primo era un tubino azzurro cielo che era stato abbinato dall’amica a dei tacchi a spillo bianchi; il secondo era quel meraviglioso vestito che le avevano regalato i gemelli per il suo diciassettesimo compleanno, combinato stavolta a delle scarpe col tacco beige. Senza esitazione, prese l’abito verde e lo guardò, sorridendo.
«Questo, assolutamente» dichiarò, felice più che mai, immaginando la faccia che avrebbe fatto Fred non appena l’avesse vista con quel vestito addosso. Il processo di preparazione proseguì tra le lamentele di Angelina, gli sbuffi di una Hermione contrariata, i diversi tentativi di creare un’acconciatura degna di essere chiamata tale da parte di Ginny e le risate divertite del soggetto sotto tortura.
Quando ebbero finito, erano già le 19.50 e tutte quante fissavano in modo ansioso Margaret, mentre quest’ultima andava a guardarsi allo specchio, rimanendo sbalordita: erano state eccezionali. Era la prima volta che indossava quel vestito, e non poteva negare che i suoi due amici ci sapessero proprio fare. Il trucco era riuscito alla grande, così come i capelli, mossi e semiraccolti di lato, con un ciuffo liscio che le ricadeva sul viso.
Mentre si spruzzava il suo profumo al gelsomino, si chiese in cosa potesse consistere questa sorpresa, ma non v’indugiò molto a causa della sua fremente tentazione di saltare addosso alle amiche dalla felicità. Uscì quindi dal bagno e dapprima le fissò tutte con uno sguardo perplesso, che nemmeno dieci secondi dopo si trasformò in un urlo di gioia. Non appena si ricompose, indossò velocemente la collana con il ciondolo di smeraldo a forma di cuore e, subito dopo, fu sospinta verso le scale che conducevano alla Sala Comune.
«Via libera» sussurrò Katie, così Meg salutò con un sorriso radioso le amiche e puntò verso il dormitorio dei ragazzi del settimo anno.

Quando si trovò davanti alla camera, non ebbe nemmeno bisogno di bussare: un ghignante George, difatti, aveva sentito i suoi passi e le aveva aperto la porta con disinvoltura e galanteria, non aspettandosi, tuttavia, di trovarla ancora più bella del solito.
«E tu chi saresti, bambola? Che ne hai fatto della Stevens?» le chiese, guardandola da capo a piedi e soffermandosi sulla sua scollatura.
«Hai intenzione di staccare gli occhi dalle mie tette inesistenti, oppure vuoi che ti faccia seriamente male?» ribatté lei, minacciosa, puntandogli un dito contro.
«Be’, se mi facessi male in un certo senso, devo dire che non ne piangerei.»
«Attento, indosso un tacco quindici e non ho paura di usarlo» lo redarguì la ragazza, lasciandosi scappare un sorriso, al che George le prese la mano e la condusse dentro. Si sedettero entrambi sul letto, in attesa dell’altro Weasley, e nel frattempo il gemello si divertiva a stuzzicarla e a farla innervosire, scrutandola maliziosamente dalla punta dei capelli a quella dei piedi.  
«Zuccherino, posso dare un’occhiata a quello che indossi sotto questo strato di stoffa?» le sussurrò, infatti, ghignando in maniera insopportabilmente compiaciuta.
«George, se non la smetti, ti prendo a schiaffi.»
«Ciambellina, avanti
«È totalmente inutile, lo sai» sbuffò lei, che non sapeva se ridere o scagliargli contro una fattura.
«Trottolina, dai! È pizzo?»
«Ma sei fissato con ’sto pizzo!»
«Non sono fissato. È che ti sta bene, Ciliegina Candita!»
Prima che lei potesse lanciargli un’occhiata truce, la porta del bagno si aprì e ne uscì uno splendido Fred con addosso un jeans e una camicia blu. Non appena lui la vide, non fu più capace di muovere un muscolo. I suoi occhi brillavano come se avessero appena visto un angelo o una figura sovrannaturale, mentre il suo sorriso pian piano diventava sempre più largo. Le si avvicinò e le tese una mano per permetterle di alzarsi, in modo tale da ammirarla in tutto il suo splendore. Non riusciva ancora ad abituarsi a tanta bellezza. Quasi gli passò per la mente di mandare all’aria ciò che aveva organizzato e di chiudersi lì dentro con lei, lontani dal mondo, lontani da tutto.
«Ma tu chi sei che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri1?» le sussurrò lui, baciandole la fronte.
«Noto con piacere di averti reso un uomo di cultura» bisbigliò lei, divertita, che ovviamente non si era accorta che, dietro di lei, era stato proprio George a suggerire al fratello quella frase, leggendola da un foglio di pergamena che i due, da gran canaglie, avevano preventivamente riempito di citazioni ad effetto.
«Ragazzi, credo sia meglio che io tolga il disturbo» affermò il complice di quella missione, sentendosi però abbastanza fuori luogo.
«Giusto» convennero gli altri due, non riuscendo a staccarsi gli occhi di dosso a vicenda. Il ragazzo, dunque, sgattaiolò il più velocemente che poté in direzione della Sala Comune, lasciandoli soli.
«A cosa devo l’onore di questo invito?» chiese poi lei al gemello rimasto. Erano quasi faccia a faccia grazie alle scarpe alte della ragazza.
«Lo scoprirai presto, Pasticcino» rispose lui, raccogliendo il Mantello dal letto.
«Quello è un Mantello dell’Invisibilità?» domandò lei, profondamente sorpresa.
«Sì, me l’ha prestato Harry: ci servirà. Credo ti convenga togliere le scarpe, non voglio correre alcun rischio» concluse lui, coprendo entrambi. Si avviarono velocemente verso il buco del ritratto, stretti l’uno all’altra per entrare meglio sotto il Mantello. Poi, scesero giù per le scale della Torre di Grifondoro, fino al terzo piano. Continuarono a camminare sino a metà corridoio, fermandosi di fronte alla statua di una strega, che, dopo che Fred ebbe borbottato qualcosa che Meg non riuscì a sentire, si aprì, lasciando intravedere ciò che aveva tutte le sembianze di un passaggio segreto.
Fred fece per entrare, ma la ragazza lo strattonò per un braccio.
«Dove mi stai portando?» chiese, insospettita, guardando l’amico con una scintilla negli occhi.
«A Hogsmeade, dolcezza! Ti propongo una serata alternativa, no?» rispose lui con ovvietà, ma Meg non sembrava per nulla convinta.
«Ma infrangeremo un sacco di regole, è contro ogni norma» protestò, infatti, e istintivamente pensò che Hermione ci avesse visto proprio giusto.
«Non mi pare ti sia mai importato qualcosa delle regole, Pasticcino!» sussurrò poi lui, posando le mani sui fianchi di lei e avvicinandola sempre di più: doveva accettare, ad ogni costo.
Due minuti dopo, finalmente, Meg sbuffò, rassegnata, e lo prese per mano, così si avviarono lungo il passaggio.
«Questo passaggio segreto porta fino al retro di Mielandia, a quest’ora il negozio dovrebbe essere chiuso» le comunicò lui, mentre le faceva strada. Una volta arrivati a destinazione, per evitare di fare troppo rumore, i due si Smaterializzarono.

Riapparvero in una via poco conosciuta e scarsamente illuminata dove erano situati diversi locali dall’aspetto affatto convincente. Fred le cinse la vita con un braccio e con l’altro tolse il Mantello, ormai sicuro che nessuno potesse vederli. Si avviarono verso la strada principale, dove molti bambini travestiti correvano allegramente e bussavano ai portoni delle abitazioni facendo Dolcetto o Scherzetto. I due ragazzi proseguirono verso un altro vicolo, stavolta ben illuminato, e si fermarono di fronte ad un ristorante dall’aspetto molto carino.
«Ti piace?» le domandò, ansioso di ricevere un suo consenso, che prontamente giunse.
«Sì, sembra molto grazioso!»
«Perfetto, anche perché ho già prenotato e saremmo entrati ugualmente, anche se ti avesse fatto schifo!» fece lui, ridendo e beccandosi uno spintone affettuoso da parte dell’amica: era sempre il solito.
Non appena furono entrati, un’ondata di piacevole calore li invase e li fece sentire fin da subito a loro agio.
«Ho una prenotazione per un tavolo per due» disse Fred a una cameriera che lo guardava con fare adorante, al che Meg si strinse maggiormente a lui e la guardò con aria di sfida.
«A nome di?» chiese quell’irritante biondina, senza degnare Margaret di uno sguardo.
«A nome mio, Lewis» rispose lui, notando la gelosia crescente nella sua amica e dandole un dolce bacio sulla fronte, e inevitabilmente ciò fece trasalire la cameriera. Una volta giunti al tavolo, Fred scoppiò in una fragorosa risata.
«Avresti dovuto vedere la tua faccia, Meg! L’avresti Cruciata in un batter d’occhio, se avessi potuto!»
«Se non la smetti di ridere, potrei anche prendere in seria considerazione l’ipotesi di Cruciare te non appena rientriamo a... casa!» disse prontamente lei, stando attenta a non pronunciare la parola “scuola”, poiché una donna seduta al tavolo accanto con suo marito li stava guardando, sorridendo. Anche il ragazzo se ne accorse e, in un batter di ciglia, prese la mano di Margaret ed incrociò le dita con le sue. Subito dopo, mise su un’espressione talmente esilarante – che voleva dirle qualcosa di simile a “sta’ al gioco” – che quasi non la fece cascare giù dalla sedia. Dopo pochi minuti, la cameriera tornò con due Burrobirre e pronta a prendere le ordinazioni.
«Io prendo il piatto del giorno. Tu, amore?» iniziò Margaret, che aveva deciso di reggere la messinscena ideata dal compagno.
«Quello che hai preso tu, zolletta di zucchero!» aggiunse lui, guardando la giovane con una finta espressione incantata. La cameriera, d’altra parte, segnò tutto sul taccuino e si allontanò con una faccia pienamente disgustata. La signora di prima, invece, continuava a fissarli con dolcezza.
«Da quanto tempo state insieme?» chiese, incuriosita, suscitando il disappunto del marito, che proprio non capiva perché sua moglie dovesse sempre impicciarsi negli affari altrui.
«Diciamo... da sempre!» rispose prontamente Fred con un enorme sorriso.
«Oh, ma che carini! State bene insieme, sapete? L’intesa traspare dai vostri occhi!» commentò la signora, ancora più addolcita.
«Be’, la ringrazio! Ci sposiamo quest’estate. Dopo due anni di convivenza, abbiamo pensato che fosse giunto il momento di fare il grande passo! Fred, tesoro, tutto bene? Sei un po’ pallido» continuò Margaret, che non sapeva per quanto tempo ancora ce l’avrebbe fatta a non scoppiare a ridere miseramente e a non far saltare tutto in aria. Fred, infatti, alla parola “sposiamo”, si era affogato con la sua Burrobirra, e adesso stava cercando di riprendersi facendo dei lunghi respiri.
«Sì, Maggie, mio splendore. Mi stavo chiedendo se sia stata una buona idea lasciare nostro figlio a mio fratello» aggiunse lui, quindi, prendendosi la sua rivincita.
«Sta’... tranquillo. George... se la caverà... benissimo!» cercò di dire Margaret tra i colpi di tosse, dato la bevanda era andata di traverso anche a lei. Fred stava per schiattare dalle risate.
«Avete anche un figlio? Oh, e come si chiama?» domandò di nuovo la donna, con sempre maggior interesse.
«George!»  esclamarono contemporaneamente i due ragazzi dopo un attimo di esitazione, durante il quale si erano guardati negli occhi nel tentativo di comprendere le reciproche intenzioni. Meg, riprendendo in mano la situazione, si rivolse nuovamente alla strega del tavolo accanto.
«L’abbiamo chiamato come suo fratello gemello, che è il padrino del bambino. Adesso ha sette mesi, è cresciuto così in fretta!»
«Ed è bellissimo come la sua mamma» fece poi Fred, con dolcezza, prendendole una mano tra la sua.
«Ma se è uguale a te!» commentò lei, che era un po’ arrossita a causa delle parole del suo finto promesso sposo.
«Quindi è ancora più bello!» esordì trionfante lui, beccandosi un pizzicotto sul braccio.

Poco dopo arrivarono le portate, e quella piacevole serata sembrava potesse portare entrambi via dal caos e dalle ansie del periodo che stavano attraversando. Impiegarono la maggior parte del loro tempo a ridere piuttosto che a mangiare e, quando ebbero finito, pagarono il conto e si diressero verso l’uscita per fare una passeggiata per le strade della cittadina.
«Sai... L’ho immaginato davvero, un nostro possibile matrimonio. Tu, splendida nel tuo abito bianco, io che ti aspetto all’altare, gli invitati, mamma che insegue George, ubriaco fradicio» confessò il ragazzo, mentre si spostavano, provocando un mezzo infarto a Margaret, che cercò in tutti i modi di non cadere a terra dallo shock.
«Io... Be’, io ho pensato realmente a un nostro possibile figlio. Era identico a te: stessi capelli, stessi occhi, stesse lentiggini... stessa abilità nel cacciarsi nei guai» disse lei, sorridendo e immaginando di nuovo un piccolo scricciolo dai capelli rossi che gattonava per tutta la casa e distruggeva tutto ciò che gli fosse capitato sotto tiro. Fred la guardò nuovamente, sorridendo anche lui.
“Chissà cosa ci riserva il futuro”, pensò, e lei parve capirlo, poiché divenne ancora più raggiante.

Alle undici e mezzo decisero che era giunto il momento di tornare al Castello, così si avviarono di nuovo verso la via spopolata dov’erano sbucati qualche ora prima e, dopo aver indossato il Mantello dell’Invisibilità, si Smaterializzarono. Riapparvero nuovamente nel retro di Mielandia, così s’infilarono spediti nel passaggio segreto che portava sino alla Statua della Strega Orba, a Hogwarts. Quando, dopo una lunga corsa silenziosa, furono arrivati alla Sala Comune di Grifondoro, ebbero la sorpresa di non trovarla vuota. Anzi, un gruppo di ragazzi era in trepida attesa del loro ritorno. George, a quel punto, saltò in piedi e si catapultò verso i due.
«Come sospettavamo, la Umbridge ha chiesto di voi, ma ho sistemato tutto: ho detto che tu ti sentivi male e che tu, invece, eri rimasta a fargli compagnia.»

Pian piano tutti si diressero verso i rispettivi dormitori. Lì, Margaret raccontò per un’ora o due l’esito della serata davanti alle amiche avide d’informazioni e che chiedevano sempre più particolari man mano che lei andava avanti; Fred, d’altra parte, fece la stessa cosa, solo che ci impiegò molto meno tempo: gli uomini non fanno mai troppe domande. Egli, difatti, poco dopo mezzanotte era già con la testa sul cuscino, intento a ripensare a tutto quello che era accaduto. Avevano finto di essere una coppia di fidanzati prossimi al matrimonio e la gente c’era cascata in pieno; avevano ballato come due stupidi al centro della strada principale di Hogsmeade; avevano provato a immaginare una possibile futura vita insieme, le nozze, dei figli, una casa tutta loro.
Si sentiva estremamente sdolcinato e a dir poco disgustoso. Era una sensazione totalmente nuova per lui: nessuna donna gli aveva mai fatto quest’effetto. Aveva l’impressione che il suo cervello si trasformasse in quello di un Troll ogniqualvolta la sfiorava, la abbracciava, la guardava negli occhi. Gli bastava anche solo la sua presenza per farlo diventare un completo idiota.
Si chiese per quanto tempo sarebbe durata quella situazione. Magari, un giorno, si sarebbe abituato e avrebbe assunto un comportamento diverso. Il fatto era che lei riusciva a trasmettergli fiducia, stabilità, delle certezze, e per nessuna ragione al mondo aveva voglia di privarsene.

1: William Shakespeare.


Angolo dell’autrice
-Ma tu proprio non hai altro da fare?!

No, non vi lascerò mai in pace. :D Infatti, eccomi con il nuovo capitolo!
Chi di voi ha iniziato la scuola? Chi è rimasto illeso? Chi ha riportato gravi danni permanenti? Domani, purtroppo, toccherà anche a me. Dio mio.
Passando al capitolo. Cosa nasconderà il caro George? Le scommesse sono aperte, gente!
Bene! Tornando ai nostri piccioncini, scommetto che le vostre testoline hanno viaggiato sulle onde dei più assurdi flash mentali, ma... Proprio così, ancora niente bacio o dichiarazione di amore eterno, anche se sono tornati ad essere delle zollette di zucchero pensanti (...??) e con facoltà motorie! Avete ragione, sono la perfidia fatta persona! *-*
-Brava ragazza, saresti una perfetta Mangiamorte! Non è vero, Nagini?
Lo dico da secoli, Voldy! Ma nessuno mi prende mai sul serio. ç_ç
Il titolo del capitolo si rifà alla frase che Fred dice a Margaret, non ho saputo resistere, mentre la canzone in apertura è In These Arms, dei Bon Jovi.
Comunico ufficialmente, inoltre, che ho già terminato di scrivere i primi tre capitoli ed il quinto della storia che sarà il seguito di questa, e sto cercando disperatamente un titolo ._. Spero, nonostante la scuola, lo studio e la palestra, di riuscire a continuare a scrivere tutti i capitoli e ad iniziare a pubblicare per gli inizi di dicembre. Adesso, però, è presto per pensarci! :)
Grazie mille a chi ha recensito e a chi segue la storia!
Un bacione,
Jules

Dal prossimo capitolo:


«Oh-oh... la mia fine è vicina!» fece George piano, sperando di essere diventato invisibile e che la sua migliore amica stesse puntando inferocita la sedia dietro di lui.
«Ma co-...» cominciò Fred, ma non poté concludere, in quanto...
«WEASLEY GEORGE, ASPETTA CHE IO TI PRENDA!» urlò Meg, puntando l’indice verso il gemello menzionato.


Ultima revisione: 30.01.2015

 

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Capitolo 13
*** Something in the way she moves... attracts me like no other lover ***



Capitolo 12
 



Something in the way she moves…
attracts me like no other lover

 

You're asking me will my love grow 
I don't know, I don't know 
You stick around now it may show 
I don't know, I don't know

 
Era un freddo pomeriggio dei primi di novembre, di quelli che portano malinconia e tristezza, e Margaret aveva deciso di scampare all’aria pungente di quella giornata rifugiandosi in biblioteca. Contrariamente a ciò che potesse sembrare, lei odiava quel posto. Non sopportava tutto quel silenzio, le faceva venir voglia di alzarsi e incominciare a urlare. Tuttavia, non poteva fare a meno di recarsi lì almeno un paio di volte la settimana; dentro di lei sentiva un costante bisogno di approfondire le sue conoscenze che andava assolutamente soddisfatto.
Stava per terminare una ricerca per un compito di Aritmanzia e, tant’era assorta, non si accorse di un George depresso che arrancava lentamente verso il tavolo dov’era seduta lei. Egli, nel tentativo di attirare la sua intenzione, iniziò a tossire, strisciare i piedi, muovere le mani in gesti svogliati e ticchettare con le dita sulla superficie piana. Fu solo quando, ormai esasperato, le tirò i capelli, che lei alzò pacatamente lo sguardo dalla pergamena e lo posò sul ragazzo che aveva di fronte a sé. In un primo momento, sbarrò gli occhi per la sorpresa: George in biblioteca.
Per un attimo ebbe l’impressione che il mondo si fosse capovolto, e per la testa le passò il pensiero che in quel momento magari Piton si stesse lavando i capelli con il miglior shampoo sul mercato per andare a ballare la samba con la McGrannit in minigonna, che Pix fosse diventato gentile ed educato, che Gazza stesse incitando i ragazzi a uscire dai dormitori nel cuore della notte. Notò subito, però, che in lui c’era qualcosa che non andava. In effetti, per essere lì, qualche trauma doveva pur averlo subito. Dunque, chiuse con uno scatto il suo libro e avvicinò il volto a quello dell’amico, che stava esaminando le sue scarpe, cercando in esse qualcosa di estremamente interessante.
«George? Che ti succede?» chiese lei, preoccupata, al che lui alzò il viso e puntò gli occhi nei suoi. Fred aveva ragione: erano i più belli che avesse mai visto.
«Non ne ho idea» rispose lui, non tanto convinto.
«Avanti, Georgie! È per la squalifica a vita, non è così?» colpito e affondato. Il ragazzo si contorse in una smorfia irritata e disgustata allo stesso tempo al pensiero di quell’essere spregevole che aveva squalificato lui e il suo gemello dal gioco del Quidditch.
«Non girare il coltello nella ferita ancora aperta, Zuccherino! Fa male.»
«Lo so che ti manca, lo so. Prendila con filosofia: almeno hai avuto la soddisfazione di picchiare quel verme di Malfoy» cercò di consolarlo lei, nella speranza che ciò funzionasse.
«Avrei dovuto fargli ancora più male. Fred lo avrebbe ridotto in poltiglia, se solo non lo avessero trattenuto» disse lui, risollevato ma non totalmente. Margaret annuì, silenziosa, e si morse il labbro.
«Ero sul punto di raggiungervi sul campo per portarvi via, peccato che vostra sorella abbia male interpretato le mie intenzioni, pensando che volessi aizzarvi» commentò, amareggiata, voltandosi per guardare fuori dalla finestra: pioveva a dirotto. George la osservò con attenzione in ogni piccola azione o gesto, ad esempio mentre arrotolava la sua pergamena, oppure mentre riposava su uno scaffale il libro che aveva utilizzato per la ricerca, o quando ancora stava per far rovesciare la boccetta d’inchiostro sul tavolo ed era diventata viola, temendo di aver fatto una figura imbarazzante. La trovava estremamente adorabile nel suo modo di arrossire quando si sentiva osservata. Dopo un po’, lei alzò di nuovo lo sguardo su di lui e si mise a ridere sottovoce.
«Perché mi guardi così?» chiese infine Meg, un po’ perplessa, cercando comunque di assumere l’espressione più normale possibile.
«Perché sei splendida, in ogni cosa che fai! Anche quando arrossisci e diventi veramente buffa, come in questo momento» disse lui, semplicemente, mentre un sorriso si apriva sul suo viso. Lei, d’altra parte, sentiva realmente un calore ben conosciuto salirle su per il collo e invadere le sue gote.
“Dannazione”, pensò, “adesso anche George? Merlino, non è possibile”.
«George, parla chiaro, non credo…» iniziò, notevolmente in difficoltà, ma lui sgranò gli occhi e la interruppe con un cenno della mano.
«Che hai capito? Ehi, non sto cercando di rimorchiarti! C’è già Fred che ti ama allo stremo, non ho affatto intenzione di togliergli il privilegio di pianificare tutte quelle mosse con cui spera di conquistarti. Sei la mia migliore amica, santa Morgana… quasi mia sorella, in effetti! Certo, non ti nego che qualche fantasia in cui per protagonista ci sei tu che mi leghi al letto, me la sono fatta, e non era male! Ma sai, è umano» chiarì immediatamente, aggiungendo però quell’ultima parte che, ovviamente, fece alzare a Margaret gli occhi al soffitto.
«Non cambierai mai, eh?» gli domandò, fintamente imbronciata, prima di abbracciarlo.
«Mai. Certe cose me le sentirai dire anche all’età di ottant’anni, puoi giurarci» rispose lui, categorico, ridendo e beccandosi una tirata di capelli. «C’è una cosa di cui vorrei parlarti, Zuccherino» continuò, sciogliendo l’abbraccio e pensando al modo migliore per farle quella confessione.
«Confidati, Pan di Zenzero!» lo esortò lei, godendosi la smorfia dell’amico di fronte al suo nuovo nomignolo. Incredibile come lui e suo fratello fossero convinti di avere ogni diritto di affibbiarle qualsivoglia soprannome, mentre rabbrividivano quando lei ne inventava qualcuno per loro.
«Credo che mi piaccia una ragazza» spiegò George in un tono stranamente grave, e lo sguardo di Margaret si fece subito stupito e curioso. Egli parve capirlo, infatti sussurrò qualcosa che lei non riuscì a comprendere. Dunque, ci riprovò, stavolta con esiti migliori.
«Hermione. Ecco, l’ho detto» ammise, infine, passandosi una mano tra i capelli fulvi nel tentativo di apparire disinvolto. Margaret, d’altra parte, rimase a fissare il vuoto per parecchi secondi, poi si riscosse e tornò a guardare il ragazzo che aveva di fronte.
«E quindi… ti piace Hermione?» chiese, allora, cercando di sembrare il meno sorpresa possibile, ma non era semplice: quella notizia era davvero degna di un giornale di gossip. Il solare, lo sbruffone, l’espansivo George si era preso una sbandata per la studiosa, la discreta, l’introversa Hermione. E, per un attimo, nella mente di Meg comparve nuovamente l’immagine di un mondo capovolto, in cui Mrs Purr faceva le fusa a chiunque incrociasse sul suo cammino.
«Sì, Maggie. So a cosa stai pensando, sembra strano anche a me, ma ha qualcosa che mi affascina, non te lo so spiegare... Mi sento un idiota» si torturò lui, che mise su un tenerissimo broncio che fece sciogliere l’amica. Questa gli mise le mani sul viso e lo guardò fisso negli occhi in modo molto amorevole, quasi per confortarlo.
«Non sei un idiota, capito? Non c’è nulla di male, di strano, o di qualunque altra cosa. Certo, non ti nego che non me lo aspettavo! A Fred l’hai detto?»
«Certo!» rispose George, che ripensò al momento in cui aveva comunicato al fratello la notizia.

«Fratello? Ti vedo strano! Che ti succede?» aveva domandato Fred al gemello, che sembrava molto interessato all’attività comunemente denominata “contemplazione del soffitto”.
«Promettimi di non ridere!» aveva esclamato George sulla difensiva, al che suo fratello lo aveva guardato con aria evidentemente sorpresa.
«Come potrei ridere? Siamo gemelli, io sono te e tu sei me! Dimmi tutto!» aveva detto Fred, sedendosi sul letto.
«Mi piace Hermione» si era allora costretto a confessare George, assistendo alla reazione del fratello. Questi, per prima cosa, lo aveva scrutato come se avesse voluto verificare che fosse ancora mentalmente sano, dopodiché era scoppiato in una fragorosa risata, non riuscendo a controllarsi. George non aveva perso tempo a incupirsi.
«Ti piace... Ti piace Hermione! Per le mutande di Merlino, voglio... voglio dire! Ti piace Hermione!» aveva esclamato Fred, ormai a terra e in preda alle risate, tenendosi l’addome per riuscire a parlare.
«Avevi detto che non avresti riso!» gli aveva ricordato allora il gemello, imbronciato. Fred, dunque, aveva cercato di riprendersi e si era seduto accanto a lui, tentando di rimanere serio.
«Sì, scusa, ma è stato troppo per le mie orecchie. Dicevi? Santo cielo, ragazzi: Hermione!»
«Fred, piantala!»
«Sì, okay! Be’, ti piace? Entra in azione, allora! Che aspetti?»
«Perché proprio lei? Merlino onnipotente, ce ne sono migliaia!» si era però lamentato George, non riuscendo a spiegarsi come fosse potuta accadere una cosa simile.
«Perché è completamente l’opposto di ciò che sei tu, e la cosa t’intriga» aveva spiegato Fred, saggiamente, riprendendo il foglio di pergamena che aveva avuto in mano fino a dieci minuti prima e continuando a stilare la lista di cose da dire e fare per far cedere Margaret al suo fascino. «E poi, se vogliamo essere sinceri, è diventata proprio carina negli ultimi tempi. Avrei dovuto pensarci prima» aveva aggiunto, poi, non perdendo occasione di provocare il fratello allo stesso modo in cui, qualche mese prima, quest’ultimo aveva fatto con lui.
«Cosa diavolo vorresti dire?» aveva chiesto George, infatti, sfoggiando un’espressione indignata e ricevendo una cuscinata da parte di un divertito Fred.
«Ehi, copia imperfetta, stavo scherzando! Come siamo suscettibili...»


«Vedrai che non ti resisterà a lungo, sarebbe impossibile!» lo rassicurò Meg, riportandolo alla realtà e alzandosi sulle punte dei piedi per stampargli un dolce bacio sulla fronte. George, ovviamente, colse l’occasione, così la strinse nuovamente in un abbraccio tanto forte da riuscire, come sempre, a sollevarla da terra.
«Grazie, tesoro» le sussurrò all’orecchio, facendo dondolare entrambi su loro stessi.
«Non c’è di che, bellezza. Devi togliermi un dubbio, però… Qualche minuto fa, hai detto qualcosa a proposito di alcuni “piani per conquistarmi”. Cos’è questa storia?» gli chiese lei, curiosa, ricordandosi delle precedenti parole di George. Egli parve capire a cosa lei si riferisse e provò a pensare a un modo efficace per scappare da quella complicata situazione: non poteva andare a dire alla diretta interessata che Fred era innamorato di lei. Era stato un idiota, gli era uscito dalla bocca senza che se ne fosse nemmeno accorto. Suo fratello l’avrebbe ammazzato, ne era certo.
Strano a dirsi per George Weasley, ma mille interrogativi comparvero davanti ai suoi occhi: e se lei fosse venuta a conoscenza da una terza persona, in questo caso lui stesso, dei sentimenti che Fred provava nei suoi confronti? Se lei, giustamente, si fosse inizialmente sentita in imbarazzo e avesse cercato in tutti i modi di evitarlo e di non rivolgergli la parola? Se, cosa ancora peggiore, a lei non piacesse lui? George, a quel punto, capì che c’era un’unica cosa rimasta da fare: doveva distrarla, e l’unico modo era quello. Sospirò, profondamente dispiaciuto per quello che stava per succedere. O, per meglio dire, era preoccupato per le conseguenze che quel gesto poteva comportare.
«Ciliegina, scusami. Scusami tanto. So che quello che sto per fare non sarà un gesto né nobile, né valoroso, né altro…» iniziò lui, melodrammatico come suo solito.
«Ma di che parli? Sei impazzito?» domandò lei, confusa.
«Non posso proprio, lo faccio per il bene della comunità. So che mi odierai dal profondo del tuo cuore, ma non ho altra scelta. Spero che un giorno mi perdonerai, milady, e magari capirai il perché di questo mio gesto.»
«Ma ti sei bevuto il cervello? Di cosa...» iniziò la ragazza, ma non riuscì a finire la frase: George aveva mollato la presa su di lei e l’aveva fatta capitolare a terra con un notevole slancio, mentre lui, intanto, era fuggito a gambe levate dalla biblioteca. Nel modo di scappare, aveva urtato il tavolo accanto a loro, facendo rovesciare la boccetta d’inchiostro sulla camicetta dell’amica.

Sotto le occhiate sbalordite e divertite degli altri ragazzi presenti nella stanza, Margaret sentì l’incredulità percorrere il suo corpo ad una velocità incontrollabile.
«Margaret Stevens. Margaret Sadie Eleanor Stevens, mantieni la calma. Maggie, respira a fondo e... George Weasley!» cominciò a urlare lei, il cui viso era ormai viola, mandando all’aria ogni buona intenzione di controllarsi. Ignorando le lamentele di Madama Pince che esigeva per l’ennesima volta il silenzio, la giovane Stevens si precipitò furiosa e livida di rabbia per i corridoi della scuola, in direzione della Torre di Grifondoro.
«Carina la camicetta, Stevens! E anche i capelli! Hai cambiato acconciatura?» commentò sarcasticamente Malfoy, che passava di lì, alludendo alla macchia d’inchiostro e ai capelli scompigliati di Margaret.
«Ma va’ al diavolo, Malfoy!» gli sbraitò contro lei con un tono e uno sguardo che non permettevano repliche.
«Quella piccola canaglia. Vedrà se non gliela faccio pagare!» disse poi tra sé e sé mentre accelerava il passo per raggiungere il prima possibile la Sala Comune della sua Casa.
Quando, finalmente, ebbe oltrepassato il buco del ritratto della Signora Grassa, la prima persona che vide fu proprio lui, che era in compagnia di Fred, Lee, Harry, Ron, Hermione e Ginny.
«Oh-oh... La mia fine è vicina!» fece George piano, sperando di essere diventato invisibile e che la sua migliore amica stesse puntando inferocita la sedia dietro di lui.
«Ma co-...» cominciò Fred, ma non poté concludere, in quanto...
«WEASLEY GEORGE, ASPETTA CHE IO TI PRENDA!» urlò Meg, puntando l’indice verso il gemello menzionato, mentre tutti si chiedevano cosa fosse successo.
«Dai, splendore, mettiamoci una pietra sopra!»
«La pietra la metto sopra la tua testa, deficiente!» esclamò lei con tanto d’occhi, sempre più furiosa. Così, in men che non si dica, una rabbiosa Margaret partì all’inseguimento di uno spaventato George, che cercò, invano, di rifugiarsi nel suo dormitorio.
Passò una buona mezz’ora prima che i due scendessero dagli altri: lei sorridente e felice; lui, non si sa come, ancora vivo. Peccato per il suo occhio nero.


- Angolo della cattivissima autrice

Ma povero George!
-Ma se mi hai fatto fare tu questa fine!
-Te lo sei meritato, brutto zuccone!
Sì, okay, picchiatevi da un’altra parte!
Sì, come potete ben notare, i primi due giorni di scuola hanno sortito il loro effetto. Probabilmente tra qualche giorno inizierò a parlare mischiando inglese, francese e spagnolo, il tutto condito con un bel po’ di concetti filosofici. Già, sono grave. :D
Con il trafiletto inserito nello scorso capitolo vi ho incuriositi un po’, e spero di non aver deluso le aspettative! In effetti, un’azzuffata tra Meg e George ancora non l’avevo descritta.
Benissimo, ecco svelato il segreto del nostro gemellino: è cotto di Hermione. Sì, Signore e Signori, Ladies and Gentlemen, Damas y Caballeros, Mesdames et Messieurs, proprio così!
Notizia inaspettata? O, in fondo, un po’ ci speravate/ve lo aspettavate?
Oggi, il titolo e la canzone in apertura del capitolo combaciano, e sto parlando della meravigliosa, stupenda, incantevole, eccetera eccetera, non riesco a trovare aggettivi dignitosi, Something, dei Beatles.
Che altro dire? Spero che il capitolo non vi abbia deluso, e ringrazio come sempre chi ha inserito la storia tra le seguite, tra le preferite, chi impiega quei pochi minuti per rendermi felice come una Pasqua grazie alle recensioni, e anche chi legge soltanto! A prestissimo!
Un bacione,
Jules


Dal prossimo capitolo:

«Sono orribile. Rinchiudetemi in un sarcofago e abbandonatemi lì» si lamentò, e il suo tono di voce era notevolmente più acuto e flebile del normale.
«Non dire così! Hai comunque il tuo fascino, anche se dà i brividi!» fece lui, cercando di avvicinarsi, ma invano, poiché ella lo scansò come aveva fatto precedentemente con il piatto e lo guardò in modo scettico.
«Non lo fare! Potrei essere contagiosa!» lo avvertì, avvolgendosi ancor di più nella divisa a causa del freddo, prima di deliziare i presenti con una serie di starnuti.


Ultima revisione: 31.01.2015

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Capitolo 14
*** Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano, esattamente come tutti gli altri ***



Capitolo 13
 


 
Succeda quel che succeda, i giorni brutti passano,
esattamente come tutti gli altri
 


And when the night is cloudy,
There is still a light that shines on me
Shine until tomorrow, let it be

Quella mattina di metà novembre, come tutte le altre, i ragazzi si trovavano riuniti ai rispettivi tavoli della Sala Grande.
A quello dei Grifondoro, Margaret, seduta tra Fred e George, osservava con occhi stranamente spenti il piatto che il secondo gemello era intento a riempire con una quantità smisurata di uova e pancetta. In modo molto poco aggraziato, la ragazza lasciò sprofondare la sua testa sul tavolo e oppose una strenua resistenza alle pressioni dei due ragazzi.
«Dai, Maggie! Hai solo un po’ di raffreddore, niente di che!» iniziò Fred, scuotendola per le spalle.
«Mangia, vedrai che ti sentirai meglio!» incalzò il gemello, mentre le porgeva il piatto e le scostava le ciocche di capelli dal viso.
“Testa”, “nausea” e “sonno” furono le uniche parole uscite dalla bocca della ragazza che i due riuscirono a comprendere. Hermione e Ginny, sedute di fronte, osservavano la scena un po’ divertite, un po’ dispiaciute per lo stato di salute dell’amica. Incurante dell’occhiata truce che Ron gli riservò subito dopo, George lanciò uno sguardo alla prima e le fece l’occhiolino, al che questa avvampò e cercò di posare gli occhi su qualsiasi cosa all’infuori del ragazzo, che, imperterrito, continuava a fissarla.
Quando, finalmente, Margaret alzò il capo, il suo volto era funereo. La pelle era veramente molto bianca, delle profonde borse contornavano i suoi occhi solitamente incantevoli, mentre i capelli apparivano più scuri, ispidi ed ingovernabili, nulla a che vedere con la morbida capigliatura ramata che sfoggiava ogni giorno. Per di più, tremava come una foglia. Guardare quelle uova le dava decisamente il voltastomaco, quindi scansò il piatto e prese di malavoglia del pane tostato, spalmandoci sopra giusto un po’ di marmellata. Non appena, dopo grandi sforzi, ebbe finito, si voltò verso Fred, guardandolo con fare supplichevole.
«Sono orribile. Rinchiudetemi in un sarcofago e abbandonatemi lì» si lamentò, e il suo tono di voce era notevolmente più acuto e flebile del normale.
«Non dire così! Hai comunque il tuo fascino, anche se dà i brividi!» fece lui, cercando di avvicinarsi, ma invano, poiché ella lo scansò come aveva fatto precedentemente con il piatto e lo guardò in modo scettico.
«Non lo fare! Potrei essere contagiosa!» lo avvertì, avvolgendosi ancor di più nella divisa a causa del freddo, prima di deliziare i presenti con una serie di starnuti.
Le lezioni, tuttavia, stavano per cominciare di lì a poco; in compagnia dei gemelli, quindi, s’incamminò verso l’Aula di Incantesimi, stando attenta a mantenere l’equilibrio.
«Secondo me, dovresti andare in Sala Comune a riposarti, Zuccherino» disse George mentre svoltavano un corridoio del primo piano, lanciandole un’occhiata preoccupata.
«Ha ragione, molto probabilmente ti sei beccata una brutta influenza» continuò Fred, dando manforte al fratello. Pochi secondi dopo, poterono scoprire quanto avevano ragione.
Stavano ancora camminando quando, di botto, Margaret rallentò il passo e si bloccò accanto ad una parete, riuscendo ad afferrare al volo la veste di Fred. Nello stesso momento in cui quest’ultimo si voltò, infatti, la ragazza oscillò pericolosamente e perse i sensi. George, rapidissimo, riuscì a evitarle una brutta caduta e ad afferrarla appena in tempo, mentre Fred era rimasto spiazzato. Guardò fulmineo il gemello, il cui volto appariva decisamente allarmato, e subito dopo Margaret, bianca come un cadavere e sorretta a peso morto dal fratello. Si avvicinò subito a quest’ultimo e si caricò la ragazza sulle braccia, dirigendosi il più velocemente possibile in infermeria.


***

Quando aprì gli occhi e si guardò intorno, altro non vide che l’infermeria della scuola. Era distesa su un lettino, coperta da delle lenzuola bianche, e addosso aveva una canotta e dei pantaloncini. Le tende delle finestre erano abbassate, dunque non poteva nemmeno cercare di intuire che ora fosse. Solo pochi istanti dopo si accorse che un ragazzo dai capelli rossi, seduto su una sedia accanto al suo letto, con la testa ripiegata all’indietro e gli occhi chiusi, le stava tenendo la mano.
«Fred?» sussurrò lei all’indirizzo del ragazzo che, istantaneamente, sobbalzò. Aveva gli occhi assonnati e sembrava molto stanco, ma un felice sorriso non tardò a comparire sul suo viso. Si sedette sul letto e la guardò, raggiante.
«Pasticcino! Finalmente!»
«Cos’è successo? Da quanto sei qui?» chiese lei, scossa. Per tranquillizzarla, lui strinse anche l’altra mano tra le sue.
«Sei svenuta, prima delle lezioni. Ti abbiamo portata di corsa qui, così Madama Chips ti ha visitata e ha detto che avevi la febbre molto alta. Credo ti abbia dato qualcosa, ti vedo molto meglio rispetto a questa mattina. Sono qui da questo pomeriggio: appena sono finite le lezioni, io e George siamo venuti immediatamente, poi ci hanno raggiunto anche gli altri. Madama Chips ha detto che ti saresti svegliata a momenti e ha chiesto a mio fratello se poteva scendere a prenderti qualcosa da mangiare» spiegò lui con estrema calma.
«E... chi diavolo mi ha messo questa roba addosso?» chiese lei, sbarrando gli occhi. Ricordava di essersi sentita male, ma ovviamente non poteva sapere cosa fosse accaduto dopo.
«Ginny, ovviamente! Certo, non ti nego che non mi sarebbe dispiaciuto assumermi quest’incarico, ma...»
«Fred, forse è meglio se taci. Che ore sono?» lo interruppe Meg, mettendosi poi a sedere sul letto.
«Le dieci di sera, credo. Ah, ti è arrivata questa!» fece lui, allora, porgendole una lettera un po’ stropicciata. Abbastanza sorpresa, la ragazza aprì la busta, che sul retro recitava “Margaret Sadie Eleanor Stevens, Torre di Grifondoro”. Non appena riconobbe l’elegante grafia di sua madre, gli occhi le si riempirono di lacrime di gioia. Finalmente, aveva ricevuto la lettera che aspettava da tempo, che sarebbe riuscita a tranquillizzarla, a confortarla. Finalmente, dopo più di tre mesi, aveva ciò che più desiderava in quel momento.
Porse la pergamena all’amico, che prese a leggere con estrema curiosità e attenzione.
 


Gloria Wilson in Stevens
Casa Stevens
Quartiere Magico di Madrid, Spagna
16 novembre 1995
 
Margaret, tesoro
Perdonaci, davvero: ci sentiamo realmente in colpa per non averti scritto durante questi mesi, ma sarebbe stato un rischio, specialmente per te. Immaginiamo la tua preoccupazione e, dunque, ti chiediamo ancora scusa, anche se dubitiamo che ciò possa bastare. Confidiamo che la tua grande intelligenza ti permetta di capire.
Noi stiamo abbastanza bene, il trasferimento ci è stato accordato. Le mie pratiche sono pronte da mesi, quelle di papà, invece, stanno per essere completate: sai, è difficile ottenere qualcosa in breve tempo quando hai tre quarti di sede lavorativa che cerca di ostacolarti.
Passando a te, Molly e Arthur ci hanno già informati dell’esito del tuo Smistamento, e tuo padre è stato così orgoglioso di sapere che anche sua figlia è entrata a far parte della tradizione familiare degli Stevens (Testuali parole: “Buon sangue non mente!”).
Immagino tu non abbia avuto modo di parlare con i nonni, che, ti assicuro, sono felicissimi di questa cosa. Logicamente, non nonna Vittoria e nonno Paul: quando gliel’ho fatto sapere, non hanno fatto altro che lamentarsi e lamentarsi ancora; ovviamente, avrebbero preferito tu venissi Smistata in Serpeverde. Credo proprio dovranno farsene una ragione.  
Spero che il tuo anno scolastico stia procedendo al meglio, e sono sicura che ti farai valere e che darai mostra delle tue abilità, rendendoci ogni singolo giorno sempre più fieri e orgogliosi di te.
Mi raccomando, controlla il tuo delizioso caratterino e comportati bene... o almeno provaci. Sai, non è tanto difficile: qualche volta potresti anche provarci, no?
Torneremo con ogni probabilità verso metà o fine dicembre, con un po’ di fortuna potremo festeggiare il Natale tutti insieme.
Da’ un bacio da parte nostra a Fred e George: quelle due piccole pesti ne sanno una più del diavolo!
Ti amiamo,
 
Mamma
 

Non appena ebbe finito di leggere, alzò lo sguardo sull’amica e si riempì di gioia nel vederla finalmente così felice, come se avesse riacquisito in un solo colpo tutte le energie perdute.
«Ma è... fantastico! Forse passeremo il Natale di nuovo tutti riuniti, come tanti anni fa!»
«Torneranno presto, Freddie, ti rendi conto? Non posso crederci, io...» iniziò lei, ma fu interrotta dallo sbattere di porte dell’infermeria: George, infatti, era di ritorno con un vassoio carico di pietanze e con un sorriso di sollievo, comparso nel momento in cui aveva visto l’amica seduta sul letto che parlava tranquillamente. Le posò delicatamente il vassoio sulle gambe e le arruffò i capelli già in disordine, poi si andò a posizionare accanto al fratello.
«Finalmente sei sveglia! Siamo stati qui tutto il pomeriggio, e probabilmente saremmo rimasti contro ogni volontà altrui anche stanotte, stanne certa!» disse, mentre iniziava a imboccarla premurosamente, ignorando bellamente i suoi sguardi minacciosi. Tra un boccone e l’altro, la ragazza cercò di dissuaderlo.
«George, posso farlo da sola, non c’è biso-...» provò la ragazza, ma capì che era tutto inutile quando si ritrovò a masticare un altro pezzo di roast beef. Fred se la rideva di gusto.
«Sai, Desmond e Gloria tornano per Natale!» esclamò, rivolto al fratello. Quest’ultimo, per lo stupore, e con gran sollievo di Meg, lasciò cadere la forchetta sul piatto, guardando sbalordito le due persone che si trovavano con lui in quella stanza.
«Grande! Eccezionale! Questa è una grande notizia, Fred! Des è un mito: una volta, in una lettera, gli ho spiegato il funzionamento delle Merendine Marinare e... ne è rimasto affascinato! Anzi, ne era entusiasta! E poi, Meg, tua madre è una bomba! Sarà uno spasso passare di nuovo del tempo con loro, sono grandiosi!»
«Credo che coglieranno l’occasione per invitare anche i miei nonni, non li vediamo da qualche anno. Immagino vi ricordiate della mia dolcissima nonna materna, vero?» disse lei, gustandosi le espressioni sconvolte dei suoi due amici: George, infatti, si portò le mani ai capelli, strabuzzando gli occhi come mai aveva fatto prima e guardandola con fare disperato; poco dopo, lo stesso comportamento fu assunto da Fred. Quella donna era stata il loro più grande trauma infantile.
«Vittoria? E chi se la scorda. Ricordo ancora quel pranzo di Natale di quando avevamo sei anni, quando ha appeso a testa in giù me e George perché avevamo accidentalmente fatto levitare il suo cane fino al water. E neppure Paul scherza...»
«Già, ho ancora impressa nella mente quella volta in cui, per vendicarsi di un piccolo scherzo innocente, ha trasfigurato le nostre patate al forno in degli orripilanti broccoli!» ricordò George, disgustato, ritenendo di non essersi ancora ripreso, nonostante fossero passati anni.
«Ignaro del fatto che tuo nonno Dawson avesse collaborato con noi! Lui si che è spassoso» continuò Fred, stavolta sorridendo, al che George annuì.
«Hai proprio ragione, fratellino! Tua nonna Julia, poi: di una gentilezza unica! Ci portava sempre dolci di tutti i tipi...»
«E vi difendeva quando nonna Vittoria vi accusava di essere delle piccole canaglie. Ma anche se non lo lascia a vedere, è molto affezionata a voi, così come tutti gli altri» concluse Margaret, strizzando l’occhio ai gemelli. Poi, si voltò verso George, osservandolo per pochi istanti prima di ricominciare a parlare. «Ehm, Pan di Zenzero. Come procede con il tuo Tortino di mele?» chiese, riacquisendo il suo classico sorrisino malizioso. Fred, intanto, annuiva animatamente e cercava di trattenersi dallo scoppiare a ridere in faccia al fratello, che era sempre più contrariato a causa dell’allusione a Hermione con quel nomignolo che lui stesso utilizzava per la ragazza che aveva di fronte. Scoccò un’occhiataccia a entrambi e iniziò a fissarsi le scarpe, maledicendo quell’attimo di follia che lo aveva portato a confidarsi con quei due simpaticoni.
«Be’... Sono irresistibile, ovviamente, ma devo ancora trovare il modo di farla cadere ai miei piedi» spiegò, imbronciato, ma quei due non sembravano propensi a dargli tregua.
«Tu continua a punzecchiarla, magari – oltre ad un naso rotto – riesci a raccattare anche un appuntamento!» disse Fred, cercando di apparire il più convinto possibile e di non rotolarsi a terra dalle risate, mentre Margaret annuiva animatamente, sghignazzando.
Fortunatamente per il povero George, però, proprio in quel momento arrivò Madama Chips, così i due dovettero imporsi di tacere.
«Stevens, sei sveglia, finalmente! Fammi vedere un po’» disse la donna, avvicinandosi a lei e scrutandola. «Bene, la febbre è totalmente passata e non c’è pericolo che ritorni. È stata davvero tosta, ma l’importante è che adesso stai bene. Non c’è bisogno che resti per la notte, puoi tornare al tuo dormitorio. Domani, però, ti consiglio di rimanere a riposo. Giovanotti, uno dei due sarebbe così gentile da scortarla in Sala Comune? L’altro recuperi le sue cose, per piacere! Buonanotte, ragazzi» continuò con veemenza la strega che, senza batter ciglio, si allontanò con la stessa velocità con la quale era arrivata.
«Io prendo le tue cose, voi cominciate a incamminarvi, avanti» propose George, cercando di cacciare via il più rapidamente possibile l’amica e il gemello. Quando, insieme, furono spariti oltre il corridoio, si lasciò scappare un sorriso divertito. «Saranno una coppia perfetta, loro due» commentò, convintissimo delle sue supposizioni, prima di rivolgersi anche a se stesso: era giunto il momento di darsi una mossa. Doveva riuscire nel suo intento, ad ogni costo; in caso di fallimento, l’idea di venir deriso a vita dal suo gemello non era poi così allettante.


- Angolo dell’autrice

Ciao a tutti! :)
Bene, so che questo capitolo non è il massimo, sia come sostanza che come qualità, ma spero mi perdoniate, dovevo inserirlo, anche se come capitolo di passaggio.
Dopo un iniziale spavento, la cara Meg sta meglio, e finalmente ha ricevuto le tanto attese e sperate notizie dai suoi genitori. Tenete a mente i loro nomi, ritorneranno!
Per quanto riguarda la seconda possibile coppia, non vi ci abituate troppo! Non mi riferisco più che altro a questa storia, ma a quella che sto scrivendo, che, ripeto, spero di iniziare a pubblicare a dicembre. La mia mente sta elaborando un paio di cose, quindi non vi illudete troppo, please. :33
Ora, il titolo del capitolo è un aforisma di William Shakespeare *venerazione mode on*, mentre la canzone in apertura è l’immortale Let It Be, dei Beatles (li utilizzo spesso, ultimamente, yeah! *-*).
Ringrazio chi ha recensito precedentemente e chiunque segua la storia, anche silenziosamente.
Spero che questo nuovo capitolo non vi abbia deluso e che vi piaccia, le recensioni sono sempre ben accette!
E adesso, tutti qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1275444 , storia di itsmarithere, si prospetta splendidamente! Ne vale la pena, credetemi!
Grazie ancora a tutti quanti!
Un bacione,
Jules



- Dal prossimo capitolo:

«Scusatemi: non ho capito bene che cos’è successo» intervenne subito dopo Harry, come risvegliato dallo stato di trance in cui si trovava.
«Be’, a quanto raccontano loro tre» cominciò Hermione, indicando i gemelli e Margaret, «Meg ha chiesto alla Umbridge il permesso di uscire dall’aula perché si sentiva male. Lei, be’... gliel’ha negato, allora Margaret ha detto che lei si sarebbe dovuta sentire in colpa poiché era a causa della sua orribile faccia da rospo e dei suoi fiocchi osceni se le era venuto il voltastomaco.»
«Ragazza: meriti tutta la mia stima!» esclamò Ron improvvisamente, mentre di fronte a lui Harry era appena scoppiato a ridere.
«”Signorina Stevens! Come si permette! Lei è in punizione per la sua insolenza!” Avreste
dovuto vedere che faccia aveva!» disse George in preda alle risate. Fred non era messo meglio.


Ultima revisione: 31.01.2015

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Capitolo 15
*** Lo sport consiste nel delegare al corpo alcune delle più elevate virtù dell'animo ***



Capitolo 14
 


 
Lo sport consiste nel delegare al corpo
alcune delle più elevate virtù dell’animo

 

You’re the only one I’m dreaming of
You see I can be myself now finally
In fact there’s nothing I can’t be
I want the world to see you’ll be with me

 
Era un freddo pomeriggio invernale, e l’inizio del mese di dicembre aveva portato con sé i primi deboli fiocchi di neve. Davanti al caminetto scoppiettante della Sala Comune di Grifondoro, un gruppo di ragazzi stava discutendo animatamente su quello che era diventato l’argomento prediletto delle ultime settimane: la Umbridge. Harry, seduto sulla poltrona, pareva depresso come non mai e faceva cenni sporadici con la testa, mentre Ron, di fronte a lui, non aveva di certo un aspetto migliore; Fred e George, seduti per terra, partecipavano con veemenza alla discussione, lasciandosi sfuggire spesso e volentieri varie imprecazioni; Hermione, come suo solito, sferruzzava berretti da elfo, mentre Ginny e Margaret, c’era da aspettarselo, aizzavano i due gemelli, ma non avevano un aspetto tanto divertito. Meg, infatti, era acciambellata sul pavimento e mostrava una benda legata alla mano destra, insanguinata: sembrava più furiosa che mai.
«È una vecchia megera!» sbraitò, così forte da far sobbalzare dei ragazzini del primo anno. Ginny, al suo fianco, le dava manforte.
«È un essere orribile... e spregevole!»
«Metterla in punizione per una sciocchezza simile» iniziò George, adirato.
«È stato scandaloso! E noi c’eravamo, l’abbiamo visto!» continuò Fred, alzandosi in piedi e battendo il pugno chiuso su un tavolino. Hermione si voltò di scatto, accigliata.
«Be’, sapete bene quanto io detesti la Umbridge, ma non è stata proprio una punizione immeritata. Mi dispiace dirlo, Maggie! Però, questo non toglie che i suoi modi siano assolutamente tirannici e scandalosi!» si fece sentire, piccata, e a quest’affermazione si voltarono tutti verso di lei, confusi e sbalorditi.
«Scusatemi: non ho capito bene che cos’è successo» intervenne subito dopo Harry, come risvegliato dallo stato di trance in cui si trovava.
«Be’, a quanto raccontano loro tre» cominciò Hermione, indicando i gemelli e Margaret, «Meg ha chiesto alla Umbridge il permesso di uscire dall’aula perché si sentiva male. Lei, be’... gliel’ha negato, allora Margaret ha detto che lei si sarebbe dovuta sentire in colpa, poiché era a causa della sua orribile faccia da rospo e dei suoi fiocchi osceni se le era venuto il voltastomaco.»
«Ragazza, meriti tutta la mia stima!» esclamò Ron improvvisamente, mentre di fronte a lui Harry era appena scoppiato a ridere.
«”Signorina Stevens! Come si permette! Lei è in punizione per la sua insolenza!”... Avreste dovuto vedere che faccia aveva!» disse George, in preda alle risate. Fred non era messo meglio.
«Per un istante, ho seriamente pensato che potesse esplodere da un momento all’altro! L’espressione della nostra Meg era impagabile, poi!» continuò l’ultimo, dopodiché diede una pacca sulle spalle alla ragazza, pacca così entusiasta da scaraventarla quasi a faccia a terra. Fortunatamente, il giovane fu abbastanza veloce e riuscì a trattenerla.
«Era vicina a me, l’ho vista perfettamente! La guardava in modo così soddisfatto e subdolo da fare paura! Siamo stati dei bravi insegnanti, in fondo» finì George, facendo finta di commuoversi. Hermione assunse un’espressione ancor più contrariata.
«Va bene, quella vecchia rospa se lo meritava, ma non dimentichiamoci che la frase “Non devo fare l’insolente” è incisa a vivo sul dorso della mano di Margaret, non della sua!» si alterò la ragazza, guardando sbalordita il gruppo attorno a lei.
«Ehi, tranquilla! Non è niente in confronto alla soddisfazione che mi sono presa! E poi, l’ho fatto anche per loro due e per Harry» fece la giovane Stevens, togliendo il panno. Il sangue si era ormai fermato.

Hermione la fissò confusa, ma tutti gli altri avevano già capito. George, con fare diplomatico, si alzò e poggiò entrambe le mani sulle spalle della ragazza, dopodiché la guardò negli occhi, sfoggiando il sorriso che lui chiamava “da conquistatore”. Lei, infatti, arrossì vistosamente.
«Hermione cara: il vecchio, amato Quidditch! Forse non ricorderai, ma siamo stati squalificati a vita!»
«Ma... Ma... Ma è assurdo! E anche ridicolo!» borbottò lei, scrollandosi di dosso le mani del ragazzo e ributtandosi a capofitto sul divano. Harry parve nuovamente folgorato.
«Ancora non hanno trovato i nuovi Battitori, vero?» chiese con curiosità, e a quel punto Ron scosse la testa con sconforto.
«Sono delle schiappe. Siamo tutti delle schiappe. Non abbiamo alcuna speranza» disse in tono atono, ma Fred parve illuminarsi. Infatti, questi si girò subito in direzione del gemello, che pareva avesse avuto la stessa identica idea. Così, si alzarono di scatto e presero di peso Margaret, che tuttavia oppose una ferrea resistenza.
«Cosa diamine state facendo?» sbottò, lottando contro i due ragazzi.
«Semplice, Madamigelle!» fece George, mettendo su uno dei suoi migliori ghigni.
«Andiamo sempre in giro con l’ex Capitano di una squadra di Quidditch e ce lo ricordiamo solo ora! Due stupidi, eh?» domandò in modo retorico Fred, che intanto aveva montato su un’espressione identica a quella del gemello.
«Eri Capitano di una squadra di Quidditch?» chiese entusiasmato Ron, mentre gli altri sbarravano gli occhi. Margaret stava diventando livida di rabbia.
«Sì, ero Battitore, ma fa parte di un tempo passato!» disse lei, cercando ancora di divincolarsi dalla stretta dei due amici.
«Perché ti ostini così tanto? Sei più cocciuta di Ronnino! Arrenditi di fronte alle nostre inattaccabili decisioni, donna!» esordì Fred, sghignazzando. La ragazza si decise a vuotare il sacco.
«Be’... L’anno scorso, ho mandato in ospedale due giocatori della squadra avversaria. Uno ne è uscito solo dopo un mese. Ho paura di fare di nuovo del male a qualcuno» spiegò lei, e la sua voce divenne improvvisamente acuta e docile. I visi dei gemelli s’illuminarono nuovamente.
«George: un killer in squadra! Progettavamo di introdurlo da tempo, e adesso i nostri sogni più profondi si stanno avverando! Ditemi che è reale» disse Fred in tono teatrale, meritandosi un’occhiataccia da parte della Stevens.
«Avanti, Maggie! Cerchiamo Angelina e chiedile di sostenere un provino, sarebbe fantastico poter giocare insieme!» cercò di convincerla Ginny, ormai saltata in piedi sul divano. Anche Hermione sembrava meno rigida e le rivolse un cenno d’incoraggiamento. Margaret sbuffò sonoramente, poi si arrese.
«Va bene, ci sto! Lasciatemi almeno andare a prendere la scopa, eh? L’ho portata, ehm... nell’eventualità.»
«Va’, veloce! Ehm, Ginny... Potresti seguirla nel dormitorio? Sei autorizzata a scagliarle contro una bella Fattura Orcovolante. Sai, nel caso dovesse passarle per la testa di restare lì sopra!» disse un Fred pieno di entusiasmo e che già faceva i saltelli sul posto.

Dopo meno di due minuti, le ragazze furono di ritorno con la Firebolt, perfettamente in ottimo stato, di Margaret. Tutto il gruppo, nessuno escluso, si diresse verso il campo da Quidditch: Angelina era sicuramente nell’ufficio del Capitano per elaborare nuovi schemi prima della partita successiva. Margaret era quasi trascinata dai gemelli, che ormai non vedevano l’ora di poterla ammirare mentre cavalcava la sua scopa. Andavano a passo molto veloce, tanto che dopo nemmeno quindici minuti stavano per fare irruzione nello spogliatoio.
Non appena furono entrati, capirono di aver avuto ragione: Angelina, infatti, era china su dei fogli, sui quali stava tracciando nuove tattiche di gioco. Non si aspettava di certo che un gruppo di sette persone irrompesse nel suo ufficio da un momento all’altro. Quando vide tutti loro, infatti, rimase profondamente sorpresa.
«Ehi! Cosa ci fate tutti qui?» chiese, scrutandoli uno ad uno.
«Johnson, con ogni probabilità, ti abbiamo trovato un Battitore!» esordì Fred, quasi urlando. La ragazza strabuzzò gli occhi e si guardò intorno per la seconda volta.
«E chi sarebbe?» domandò, quindi, alquanto scettica.
«Lei» disse George, indicando la ragazza che lui e suo fratello tenevano bloccata in caso di tentata fuga.
«Margaret? Sai giocare a Quidditch?» disse nuovamente Angelina, e nella sua voce si poteva stavolta scorgere un pizzico di velata speranza.
«Io, ehm...»
«Era Capitano della sua squadra di Quidditch, in Spagna. È un fenomeno, ci scommetto tutto quello che vuoi... anche un arto!» fece George con veemenza, al che Meg lo guardò con aria disperata: non aveva mai detto di essere un fenomeno. Fred, come il fratello, parve di altro avviso.
«Ha mandato in ospedale non so quanta gente con i suoi Bolidi! Deve per forza essere eccezionale!» incalzò Fred che, infatti, parve non aver proprio sentito il bisbiglio dell’amica che gli ricordava di aver quasi ucciso solo due persone. Angelina, d’altra parte, era esterrefatta da quelle preziose informazioni. Fissò Margaret per una manciata di secondi, quel che bastava per poter scorgere del talento. Corse a prendere una mazza e gliela porse.
«Meg, va’ fuori e inforca la scopa. Io prendo i Bolidi. Voi tutti andate sugli spalti! Vediamo di cosa sei capace, Stevens» sentenziò, prima di sospingerla fuori, facendole l’occhiolino.

I ragazzi si diressero velocemente verso i posti a sedere più vicini e la lasciarono sola in mezzo al campo.
Sentiva un nodo allo stomaco. Non teneva in mano una mazza da Battitore da marzo, quando era stata espulsa a causa del suo temperamento non tanto pacato: aveva insultato l’arbitro e, se ciò non fosse bastato, gli aveva spedito contro anche un Bolide. Fortunatamente lo mancò, anche se per questione di millimetri.
Salì sulla sua Firebolt con un’agilità e un’eleganza fuori dal comune. Si librò in volo, l’aria gelida di dicembre che le scompigliava i lunghi capelli raccolti in una treccia. Fece un giro del campo, e capì che aspettava quel momento da mesi. Amava stare su una scopa, sentirsi distaccata dal mondo intero, guardare tutti dall’alto e vederli sorridere nella sua direzione. Le dava nuova vita.
Dagli spalti, i ragazzi guardavano incantati quell’aggraziata figura che percorreva in lungo e in largo, senza fermarsi, l’intero campo. Fred non riusciva a toglierle gli occhi di dosso: per lui, non c’era nulla di più bello di lei al mondo. Per un istante, sperò che non terminasse mai quel turbinio, sperava di vederla scendere in picchiata per venirlo a prendere e portarlo chissà dove, magari su una qualche isola sperduta dell’Oceano Atlantico dove sarebbero stati soli, lontani dal mondo. Poi, doveva ammetterlo, si accorse che svolazzando su quella scopa le sembrava ancora più sexy e seducente del solito. Si voltò automaticamente verso il gemello: il suo sguardo perso lasciava intendere ogni cosa. Gli si avvicinò, cosicché riuscisse a sentirlo solo lui.
«George, questa è una tortura psicologica. Nella mia mente non vedo altro che i suoi vestiti che spariscono e lei che resta con solo quell’intimo in pizzo.»
«Se proprio vuoi saperlo, Fred, sto immaginando lei che mi strappa i vestiti di dosso e poi mi sba-...»
«Sì, George, credo proprio di aver compreso!» mormorò il primo, cercando di scacciare dalla mente l’immagine di quel dannatissimo reggiseno. A salvarlo – e a salvare anche George, a dirla tutta – ci pensò l’arrivo provvidenziale di Angelina, intenta a trasportare il baule con i Bolidi.
«Sei pronta?» urlò a Margaret, ormai abbastanza vicina, ma non attese risposta. Difatti, liberò subito un Bolide, ma l’altra ragazza se lo aspettava: sembrava esserci abituata. Quando questo le si avvicinò pericolosamente, lo colpì con così tanta forza da spedirlo dall’altra parte del campo da Quidditch.
«Fallo passare attraverso l’anello centrale, okay?» le chiese Angelina, che era rimasta piacevolmente sorpresa dalla potenza dell’amica, che colse al volo l’occasione di mettersi nuovamente alla prova. Con un altro colpo secco spedì il Bolide verso gli anelli e, tra lo stupore generale, esso attraversò quello centrale. Lo colpì altre due o tre volte, sempre con la stessa forza accompagnata dall’eleganza che la contraddistingueva. Non mancò un solo colpo. Angelina capì che poteva bastare, così riprese con fatica il Bolide e lo rimise al suo posto. Si voltò, poi, verso Margaret, ancora in sella alla sua scopa, e le rivolse un enorme sorriso.
«Sei in squadra, bella mia!» le disse, e le urla del “fan club” del nuovo membro esplosero nell’aria tagliente di dicembre. Margaret, senza esitare, sfrecciò verso le gradinate e, poi, trascinò Fred sopra la sua scopa.
«Che combini?» domandò lui, felicemente sorpreso.
«Ti faccio fare un giretto del campo, no? Posso capire perfettamente quanto ti manca. Dai, ti ho lasciato il timone, non fare il timido» gli sussurrò all’orecchio, posandogli un bacio sulla tempia.
«Stringiti forte, Pasticcino!» disse quindi lui, euforico più che mai all’idea di cavalcare nuovamente una scopa, per di più una Firebolt. Svolazzarono sul campo, sorridendo come due bambini cui è stata promessa una scorta annua di cioccolatini, stretti l’una all’altro per ripararsi da quella temperatura poco benevola.

Sugli spalti, nel frattempo, Hermione si era avvicinata a George che, a quanto parve, non se n’era accorto: era troppo assorto a guardare quei due fare avanti e indietro senza alcuna meta. Così, non appena sentì la sua voce, sussultò leggermente e la osservò, compiaciuto. Anche lei sembrava essersi incantata a guardare Fred e Meg.
«Sono bellissimi, non trovi?» chiese lei, accennando un sorriso.
«Sono la futura coppia di marito e moglie più splendida che abbia mai visto!» commentò lui, ridendo e avvolgendo le spalle della ragazza con un braccio. Nel frattempo, i due sulla scopa si avvicinarono nuovamente alle gradinate. Quando furono arrivati, Fred saltò giù con un balzo, ma Margaret rimase attaccata saldamente al suo manico.
«Avanti, Pan di Zenzero, ora o mai più!» esclamò, allora, con il poco fiato rimasto e incitando il gemello rimasto a terra a salire. Questi non se lo fece ripetere due volte.
«Arrivo! E guido io!» disse, con enorme entusiasmo. Diede un veloce bacio sulla guancia della ragazza che stava stringendo e montò sulla scopa, pronto a prendere quota e velocità. Per diversi minuti, echeggiarono nello stadio le furiose urla di disapprovazione di Margaret e le risate entusiaste di George, che sfrecciava come un forsennato. Hermione, intanto, si sentì avvampare: in fondo, nonostante fosse dicembre, non faceva poi così freddo.


- Angolo dell’autrice

Hola, chicos! :)
Il quindicesimo capitolo, Dio mio. Manca poco alla fine, e già mi sto lasciando prendere dalla nostalgia. No, dai, basta.
Allooora! Okay, so che starete pensando: “Una ragazza come Battitore?! Ma scherziamo? Giulia, al posto del cervello hai le pigne?!”. Be’, è anche possibile che io abbia le pigne in testa, avete ragione. Però, ho pensato: le squadre femminili di Quidditch ci sono, no? E lì ci saranno anche dei Battitori! And so, perché la cara Meg non dovrebbe ricoprire questo ruolo? *va a prendere gli striscioni del collettivo femminista*
Beeenissimo! Che ve ne pare di questo capitolo? Non è il massimo della genialità, perdonatemi, ma quando le idee arrivano, buone o cattive che siano, ti tortureranno fino a quando non le avrai espresse. :S
Il titolo che ho scelto è dello scrittore francese Jean Giraudoux, mentre la canzone in apertura è Hey, Soul Sister, dei Train. Sono l’unica a pensare che lui sia proprio un gran figo?
-No, non sei l’unica. *-*
Ringrazio come sempre chi è così gentile da lasciare una recensione e chi continua a seguire la storia!
Un bacione,
Jules



- Dal prossimo capitolo:

«Tu... Tu non dici sul serio. Non puoi. Ti rendi conto di... di quello che hai detto, Fred?»
«Ormai non so cosa pensare, Margaret» disse con una freddezza a lui poco appropriata. La ragazza strabuzzò ancor di più gli occhi, poi contorse le labbra in una smorfia.
«Sì? Perfetto, sparisci immediatamente! Anzi, no: me ne vado io. Non voglio guardarti un solo minuto di più» fece lei, la voce tremante. Poi, come un fulmine, corse via in direzione del parco, lasciandosi dietro il gelo di quella stanza.
Fred, non appena il buco del ritratto si richiuse, si voltò verso il gemello, che aveva assistito alla scena restando in perfetto silenzio. Il suo sguardo, tuttavia, trasudava dissenso.
«Fred, sei stato un idiota» disse George, sprofondando ancora di più nella poltrona.


Ultima revisione: 05.02.2015

 

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Capitolo 16
*** Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto ***



Capitolo 15
 


 
Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo
avesse come ultimo orizzonte il tuo volto

 

You could be my unintended 
Choice to live my life extended 
You could be the one I'll always love 
You could be the one who listens to my deepest inquisitions 
You could be the one I'll always love

 
La prospettiva dell’avvicinarsi delle vacanze natalizie aveva portato con sé un insolito buonumore tra la maggior parte degli studenti di Hogwarts. Fuori, nel parco, la neve era così alta che non la si poteva attraversare senza inzupparsi fino alle ginocchia; il clima pungente, però, era alleggerito dalla consapevolezza che quelli fossero gli ultimi giorni antecedenti la chiusura del primo trimestre.
La campanella che segnava il termine dell’ultima ora di lezione del pomeriggio di quel 16 dicembre era appena suonata, quando Margaret e i gemelli Weasley si apprestarono a uscire dall’aula di Trasfigurazione. Il loro umore pareva essere alle stelle.
«Fuori c’è neve a palate!» esultò George, illuminandosi.
«Nessuno m’impedirà di starmene fuori a tirare palle di neve contro la finestra di Ronnino Prefettino!» commentò Fred, i cui occhi brillavano di perfida soddisfazione. Margaret scoppiò a ridere e si mise tra loro due, prendendoli a braccetto. Una voce conosciuta, però, ruppe quella quiete.
«Stevens!» la richiamò Malfoy, sfoggiando il suo solito tono indisponente.
«Malfoy, cosa diavolo vuoi?» chiese la ragazza, esibendo un’aria minacciosa. Non ne poteva più delle provocazioni di quel moccioso: era snervante doversi trattenere dal ridurlo in poltiglia. A quel punto, il Serpeverde sghignazzò.
«Mi chiedevo soltanto con quale coraggio tu riesca ad andare in giro con gente come loro» disse lui, alludendo ai gemelli. Questi ultimi sembravano pronti a scagliargli contro una fattura.
«Stai forse lasciando intendere che sarebbe meglio camminare con te e la tua allegra combriccola?» domandò allora lei, pungente, guardandolo con fastidio, ma lui non ci fece troppo caso.
«Sei sempre stata sveglia, Stevens.»
«Peccato che io non abbia voglia di avere a che fare con gente come te, la tua famiglia e i tuoi amici da brivido, non so se rendo bene l’idea» rispose prontamente Margaret, non riuscendo, tuttavia, a celare un minimo di compiacimento. George, d’altra parte, le batté il cinque da dietro la schiena. Sempre se fosse stato possibile, Malfoy divenne ancora più pallido.
«Come osi, traditrice del tuo sangue!» fece lui, estraendo la bacchetta. Margaret, nonostante ciò, rise ancor di più, ma si portò una mano sotto la veste, per sicurezza.
«Fiera di esserlo, Malfoy! Se credi di potermi offendere dicendomi questo, be’... ti sbagli di grosso. E non costringermi a farti del male, non ne avevo intenzione. Ho un notevole senso civico, io» disse lei, continuando a ghignare.
«Ma certo, non ti offendi. Ti piace essere paragonata a loro, non è così? Dopo che avrai sposato un Weasley, cosa farai? Andrai a vivere in una bettola, no? È davvero triste vedere come una delle più antiche famiglie Purosangue del Regno Unito possa cadere così in basso. I Wilson vi riconoscono ancora come parenti, o vi hanno già ripudiati?» commentò Malfoy, acido. Margaret era pronta a controbattere ma, in quel preciso istante, un furioso Fred si avvicinò pericolosamente al ragazzo appartenente alla Casa di Serpeverde, puntandogli la bacchetta a un palmo dal viso. George fu tentato di imitarlo, ma decise di rimanere fermo. Margaret, invece, gli si attaccò al braccio, sperando di riuscire a fermarlo.
«Tu non sei nessuno, proprio nessuno, per poterti rivolgere a lei in questo modo, quindi non provarci mai più. Sono stato abbastanza chiaro, o vuoi che passi alle maniere forti?» sibilò Fred minacciosamente, sotto lo sguardo contrariato di Meg.
«Andiamo, per favore, non ne vale la pena!» gli sussurrò questa, infatti, cercando di trascinarlo via, naturalmente con pessimi risultati.
«Non mi fai paura, Weasley» contrattaccò il biondino, beffandosi di lui.
«Non costringermi, Malfoy.»
«Fred, ti prego!» lo supplicò ancora lei, esasperata, mentre George, invano, cercava di dirgli con lo sguardo che non era il caso, ma Fred ignorò anche il fratello. Lui e Draco Malfoy erano uno di fronte all’altro, le bacchette puntate contro che emettevano piccole scintille, e nessuno dei due sembrava intenzionato a lasciar cadere la questione. Margaret non aveva mai visto il suo amico così furioso prima d’ora.
«Che cosa sta succedendo?» chiese, a quel punto, la voce glaciale di Severus Piton, appena apparso in corridoio. I ragazzi sobbalzarono, sorpresi, e lui guardò con disgusto la scena per pochissimi secondi, prima di continuare. «Signor Weasley, metta via la bacchetta. Dieci punti in meno a Grifondoro. Signorina Stevens, lei la smetta di dare calci al suo compagno e si rimetta con i piedi ben saldi sul pavimento. Adesso andate, prima che cambi idea e vi metta in punizione» terminò, lapidario, lanciando loro un’occhiata malevola.  Senza esitare, Margaret prese per mano Fred e lo trascinò via il più velocemente che poté.
Era livido di rabbia, e Meg non capiva per quale motivo lui si comportasse così. Non c’era bisogno di ricorrere alle maniere forti: quell’idiota stava solo cercando di provocarli, lo faceva quasi ogni giorno, e lui c’era cascato come uno stupido. E poi, sapeva perfettamente difendersi da sola, non era necessario che lui s’intromettesse.

A parte loro tre, la Sala Comune era totalmente vuota. George si rifugiò in un angolo: sapeva perfettamente che il peggio stava per arrivare. Margaret spinse Fred su una poltrona e gli si parò davanti, le mani sui fianchi in pieno stile Molly Weasley. Come il ragazzo che aveva di fronte, anche lei era diventata viola.
«Ma si può sapere cosa ti passa per la testa, Frederick Weasley?» gli urlò contro, adirata. «Avevo la situazione in mano, non dovevi metterti in mezzo. Mi meraviglio di te: ti lasci trasportare dalle parole di un ragazzino viziato!» concluse, prendendo fiato; ciò permise a Fred di ribattere.
«Non permetterò mai a nessuno di parlarti in quel modo, che ti piaccia o no. E non m’importa se te la sai sbrigare da sola, di certo non rimango lì con le mani in mano!»
«E invece dovresti! George, ad esempio, che ha fatto? Non si è intromesso! E sono sicura che abbia dato fastidio a lui quanto ne ha dato a te. Lo dico anche per il tuo bene, Merlino: non voglio che ti cacci nei guai per fare il cavaliere! Quindi, la prossima volta, stanne fuori!» continuò lei, sempre urlando. Fred, con uno scatto, si alzò e le si mise di fronte. Quella notevole differenza di altezza non la intimidiva affatto, ma il ragazzo sembrava stesse per perdere il controllo.
«Non se ne parla proprio! Odio che ti si rivolga in quel modo, specialmente se a farlo è quell’essere spregevole!» esclamò, infatti, tentando di spiegarle le sue ragioni, anche se sapeva che ciò non sarebbe bastato per farle cambiare idea.
«Devi calmarti, diamine! La prendi troppo sul personale, io ormai non ci faccio nemmeno più caso. Dagli due belle risposte e se ne va con la coda tra le gambe, è semplicissimo!» ribatté Meg, difatti, come se fosse stata la cosa più ovvia nell’Universo, ma Fred non pareva pensarla allo stesso modo.
«Be’, sai, io ho l’impressione che non trovi la situazione poi tanto spiacevole!»
«Cosa? Spiegati meglio, perché spero tanto di aver capito male!»
«No, non hai capito male. In fondo, pensi che lui abbia ragione, non è così? Ci scommetto la mano!»
«Be’, la perderesti. Io non mi offendo se mi chiama “traditrice del tuo sangue”, o qualche roba simile. Lo sai che non mi è mai importato assolutamente nulla di queste cose, quindi perché adesso devi fare così? La smetti di dire stronzate, per favore? Sei snervante!»
«Sì? Bene, allora perché non vai da lui? Io non sono alla tua altezza, lo sappiamo tutti quanti! Tu meriti di meglio, meriti qualcuno che possa darti ogni cosa!»
«Fred, sta’ zitto, prima che sia troppo tardi!» intervenne George, ma Fred fece finta di non sentirlo e continuò indisturbato ad accusare la ragazza che aveva di fronte, che nel frattempo lo osservava con gli occhi spalancati, incredula.
«Sono sicurissimo che a volte ti chieda anche tu stessa perché mai stai ancora qui a perdere tempo con me! Tu non hai mai avuto bisogno di me, mai!» aggiunse lui, infatti, sempre più fuori di sé. Meg, a quel punto, poteva percepire le gambe tremare per la collera.
«Fred, tu ti sei bevuto il cervello! Come puoi credere una cosa simile? Mi stai facendo paura, te lo giuro! Sembri uscito fuori di testa!»
«La verità, cara Meg, è che a te non importa nulla di me, niente. Io sarò solo l’intralcio maggiore in quella che dovrebbe prospettarsi una vita costernata di grandi successi, per la giovane Stevens. Nient’altro che un peso, per te» disse ancora Fred, e le parole gli uscirono dalla bocca come un fiume in piena. Era troppo accecato dall’odio per capire quanto potevano averla ferita. Gli occhi di lei si riempirono di lacrime: ogni frase le appariva sconnessa, senza senso, a causa di quello che aveva sentito. Raccolse tutte le forze che aveva per non prenderlo a pugni e per non scoppiare a piangere nel bel mezzo di un discorso. George, dal suo angolo, sembrava dispiaciuto e mortificato: non se lo aspettava.
«Tu... Tu non dici sul serio. Non puoi. Ti rendi conto di... di quello che hai detto, Fred?» tentò lei, basita, pregando perché si rimangiasse tutto quello che le aveva gettato addosso, ma le sue speranze si rivelarono ancora vane.
«Ormai non so cosa pensare, Margaret» concluse lui, quindi, con una freddezza che gli era poco appropriata. La ragazza strabuzzò ancor di più gli occhi, poi contorse le labbra in una smorfia.
«Sì? Perfetto, sparisci immediatamente! Anzi, no: me ne vado io. Non voglio guardarti un solo minuto di più» fece lei, la voce tremante. Poi, come un fulmine, corse via in direzione del parco, lasciandosi dietro il gelo di quella stanza.

Fred, non appena il buco del ritratto si fu richiuso, si voltò verso il gemello, che aveva assistito alla scena restando in perfetto silenzio. Il suo sguardo, tuttavia, trasudava dissenso.
«Fred: sei stato un idiota» disse George, sprofondando ancora di più nella poltrona. Il fratello si chiuse in se stesso per diversi minuti, fino a quando non si portò una mano dietro la nuca, riacquisendo il buon senso.
«Io... Io non credevo in neanche una delle parole che le ho detto. George, ti sto dicendo la verità» disse Fred, infine, nei cui occhi si poteva leggere nitidamente il segno del rimorso, al che il gemello scosse la testa, rassegnato.
«Ma io l’ho capito all’istante che non facevi sul serio, era solo rabbia. Ma erano parole pesanti, fratello, e se non bastasse, lei è tremendamente testarda e orgogliosa. Sarebbe già un’impresa farsi perdonare da una ragazza normale, ma con lei… Be’, ti servirà parecchia fortuna!»
«Che cosa dovrei fare?»
«Va’ da lei, ora. Valle a parlare, immediatamente!» gli consigliò George, così Fred, all’istante, si precipitò fuori dalla Sala Comune, intenzionato a rimediare al disastro che aveva appena combinato.

Pochi minuti prima, Margaret si era diretta, correndo, verso l’aria fredda e pungente di metà dicembre. Attraversato il portone di quercia, si lasciò cadere senza troppi complimenti sul più basso dei gradini di pietra, immergendo piedi e buona parte delle gambe nella neve e lasciando sfogare un pianto silenzioso tra i palmi delle mani.
Non riusciva a capacitarsi di quello che era appena successo: una delle persone a lei più care, il ragazzo che amava, le si era scagliato contro urlando accuse infondate, facendola sentire, per la prima volta nella sua vita, totalmente e irrimediabilmente inerme. Lui era lì, di fronte a lei, che le urlava contro, la trattava come aveva sempre cercato di impedire agli altri di fare, le si rivolgeva con la voce più fredda e distaccata che aveva. Aveva insinuato l’assurdo, dimostrando una così scarsa conoscenza dei suoi reali sentimenti, ed era stato deprimente. Si meravigliava anche di se stessa: lei, con un carattere così forte da lasciare spiazzati, aveva permesso che qualcuno le si rivolgesse in quel modo.
Adesso voleva rimanere sola, non voleva essere disturbata da nessuno. Voleva solamente congelare sotto i soffici e delicati fiocchi di neve che le bagnavano dolcemente il viso, ma neanche questo le era concesso. Sentì, dietro di sé, dei passi familiari che si avvicinavano e, immediatamente dopo, una mano le si poggiò sulla spalla; aveva un tocco deciso e rassicurante allo stesso tempo.
Margaret pensò che non fosse possibile: non poteva aver avuto il coraggio e la stupidità di essere venuto a cercarla nemmeno dieci minuti dopo quella lite. Cercò di auto-convincersi, e per questo evitò di voltarsi nella sua direzione, sapendo che l’avrebbe riconosciuto al primo sguardo.
«G-George?» tentò, sperando con tutto il cuore che la risposta fosse affermativa.
«Sono Fred, e lo sapevi» disse lui, con voce roca, e il viso di Margaret si contrasse in una smorfia carica di rabbia. Si scrollò la mano del ragazzo di dosso e si girò di scatto per guardarlo, gli occhi rossi a causa del pianto e lampeggianti d’ira.
«Speravo avessi quantomeno avuto la decenza di non avvicinarti a me!» sbottò lei, cercando di controllare il tono della voce: non voleva dare troppo spettacolo. Fred, però, pareva non dare retta alle parole della ragazza. Difatti, s’inginocchiò sulla neve, di fronte a lei, e le prese con la forza entrambe le mani. Margaret sembrava ancora più furiosa.
«Non toccarmi!» sibilò, con fare minaccioso, e intanto la sua voce parve incrinarsi pericolosamente, ma lui mantenne ben salda la presa.
«Ti... Ti chiedo di perdonarmi, Meg. Ho sbagliato, sono stato un idiota. Non pensavo nemmeno una virgola di tutto ciò che ti ho buttato addosso.»
«Hai detto bene, sei stato un idiota! Ma dovevi pensarci prima, non dovevi permetterti di dire quelle cose! E ti ho già detto che non devi toccarmi!» sbraitò Margaret, che poi si liberò le mani con uno strattone e prese a camminare in mezzo alla neve. Fred la seguì, per poi affrettare il passo e sbucarle di fronte nel tentativo di sbarrarle la strada. Lei sembrava stesse per urlare.
«Meg, devi credermi! L’ultima cosa al mondo che desidero è farti del male!» cominciò a supplicarla, avvicinandosi, dato che lei si era fermata.
«Bel modo di dimostrarlo, Frederick!» commentò questa, sarcastica, e nei suoi occhi privi di lacrime era nuovamente visibile un lampo.
«Non puoi trattarmi così! Io non volevo!» fece Fred con veemenza, sconvolto. Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
«Non posso trattarti così? Non posso? Credo di averne pieno diritto! Lo sai cos’hai fatto, eh? Lo sai? Hai insinuato che non m’importi niente di te, quando io per te morirei! Quando sarei pronta a dare la mia stessa vita, per te! Ma forse sei troppo ottuso per capire che dai senso ai miei giorni! Sei troppo stupido per notare che io vivo del tuo profumo, della tua risata, del tuo sorriso, dei tuoi occhi, di ogni singola parte di te! Che ogni istante passato senza di te, è assolutamente vuoto, insignificante! Ma ciò, per te, conta meno di zero... e, a quanto pare, forse anch’io non conto niente» si ritrovò a dire, lei, con un tono di voce abbastanza alto da far voltare alcuni ragazzini di Corvonero del terzo anno. Fred rimase di fronte a lei, preso alla sprovvista e con sguardo vacuo davanti a quella che gli appariva ogni momento sempre di più come una rivelazione vera e propria. Dopo diversi secondi, cercò di riprendersi.
«Io... Meg, io... ho detto una cosa davvero squallida... e offensiva nei tuoi confronti. Tu per me conti più di qualsiasi altra cosa al mondo, e ti prego di non mettere in dubbio una cosa del genere. Ti sto chiedendo di perdonarmi, e sono disposto anche a mettermi di nuovo in ginocchio, a lanciarmi dalla Torre di Astronomia, se lo vorrai. Farò tutto quello che vuoi» le sussurrò, realmente dispiaciuto e pentito. Lei gli mise entrambe le mani sul petto, mentre gli occhi le diventavano di nuovo lucidi.
«Sparisci» bisbigliò, stanca, prima di spingerlo via con tutta la forza che aveva, facendolo barcollare. Riprese a camminare velocemente, cercando di ignorare la voce di Fred che le arrivava alle spalle. Voleva scappare via, andarsene, e la consapevolezza del fatto che ciò non fosse possibile la demoralizzava ancor di più.
Non poté non fare caso, tuttavia, alle sue mani che la trascinarono e la inchiodarono contro il tronco del grosso albero accanto al quale stava passando.
«Tu non vai da nessuna parte» le disse Fred, deciso, osservando l’espressione dura e indignata di Margaret.
«Toglimi le mani di dosso! Ricordi che non ho bisogno di te, Fred? L’hai detto tu stesso! Come osi...» iniziò lei, ma le fu impedito di continuare la frase, dal momento che il ragazzo la interruppe immediatamente.
«E infatti sono io che ho bisogno di te!»
«No, non è vero! Smettila, devi smetterla! Ti scongiuro, lasciami in pace...» quasi urlò Meg, sul cui volto ormai le lacrime avevano ripreso il sopravvento.
«Non posso farlo. Non posso. Io ti amo, e non posso lasciarti in pace. Adesso ti è chiaro o no?» le sussurrò Fred, che prese un piccolo rametto che era caduto per terra e lo Trasfigurò in una margherita bianca. «La ricordi? È uguale a quella che hai trovato su quel vassoio, la notte prima di venire qua. Secondo i Babbani, ogni petalo è un elogio alle virtù della persona cui viene regalata, mentre il fiore in sé stante indica un amore fedele, è il pegno di un sentimento eterno» spiegò, lasciandosi sfuggire un mezzo sorriso, prima di portare il fiore tra le mani della ragazza, che era impietrita e commossa allo stesso tempo.

Margaret sentiva ancora distintamente la rabbia bruciarle dentro il petto, ma il viso di Fred si faceva sempre più vicino al suo, e lei non aveva la minima idea di cosa fare. Avrebbe potuto urlare, scansarlo, mandarlo all’Inferno, ma non riusciva a fare nessuna di queste cose. Quel “ti amo”, pronunciato dalla sua voce, suonava così bene che avrebbe voluto sentirselo ripetere fino alla fine dei suoi giorni, sempre e solo da lui. Si sentiva incatenata, dipendente da quella vicinanza, anche se al contempo la odiava.
La sua anima appariva in una lotta estenuante: delle emozioni completamente contrastanti sembravano convivere l’una con l’altra, lasciandola sempre più spiazzata e confusa. Voleva stringere allo stremo, distruggere quella margherita, ma le mani le tremavano così tanto da non permetterle alcuna azione.
Poteva distinguere sul suo volto ogni singola efelide, e mai come in questo momento pensò che, su di lui, ognuna di essa fosse dannatamente splendida.
Fred fissò lo sguardo in quello della ragazza, e un fremito lo sconvolse: quei due smeraldi avevano un effetto devastante su ogni singola parte di lui. Le prese il viso tra le mani e appoggiò la fronte sulla sua, senza interrompere mai il contatto visivo. Meg pensò che quella sarebbe stata l’occasione perfetta per assestargli una bella testata.
«Ti odio, non immagini quanto. Ti odio, ma proprio da morire» si lamentò lei, con voce roca, stringendo i pugni attorno ai lembi di stoffa del maglione di Fred.
«Non è vero» soffiò lui sulle sue labbra, leggermente divertito da una delle tante lotte interiori e psicologiche della ragazza.
«Oh, sì che lo è. Sei spregevole, infantile, stupido, odioso, fastidioso, nevrotico, snervante... e vanitoso! E sei anche un... oddio, com’è quella parola...»
«Buffone?»
«Ecco, grazie! Sì, sei un buffone! Un cretino! Hai ragione, che ci sto a fare con te?»
«Giusta osservazione» commentò Fred, mentre poggiava le sue labbra sul collo di Margaret. Lei sbuffò, esasperata.
«Perché non sparisci? Vattene, avanti, non ti sopporto più!»
«Lo farò senz’altro, tranquilla, ma prima devo farti un’ultima domanda: hai altro da aggiungere?» le chiese lui, quindi, una volta che l’ebbe nuovamente inchiodata con lo sguardo. Meg avrebbe avuto voglia di prenderlo a schiaffi.
«Sì, un’ultima cosa: ti odio. Ti odio, ti odio, ti...» iniziò lei, sollevando un indice con il solito atteggiamento da maestrina, ma s’interruppe nello stesso istante in cui si fu resa conto che non poteva continuare a mentire a se stessa. Chiuse gli occhi e si passò una mano tra i capelli, decisa a farla finita. «Ti amo, dannazione, ti amo. Sei contento, stupido idiota?» finì, dunque, diminuendo gradualmente il tono della voce.
«Non ancora, ma ci siamo quasi, sai?» rispose Fred, ormai in parte sorridente. Portò le mani di Meg tra i suoi capelli, facendovele immergere, mentre le sue labbra si facevano sempre più vicine a quelle di lei, le domandavano ansiose di perdervisi. Di pochi millimetri era la distanza che li separava, ma ben presto fu annullata.

Si strinsero più che mai, difendendosi a vicenda dal resto del mondo e dal gelo che si stagliava contro la loro pelle. Continuarono a baciarsi in un turbinio di emozioni, assaporando quel momento di eterna beatitudine. Un desiderio inespresso per diverso tempo, finalmente manifestato e avverato. Per loro, in quel momento, nel resto dell’Universo non esisteva niente di meglio, nulla che valesse un solo attimo tra quelli che stavano vivendo.
Fred le cinse la vita, e lei, d’altra parte, si aggrappò al collo di lui, che la sollevò da terra, non smettendo però di baciarla: non lo avrebbe mai fatto. Fu lei, infatti, a staccarsi.
«Non ti ho ancora perdonato, che sia chiaro» commentò Margaret sulle labbra di lui, che le sorrise ancora di più, come per sfidarla.
«Più dolce sarebbe la morte se il mio sguardo avesse come ultimo orizzonte il tuo volto, e se così fosse, mille volte vorrei nascere per mille volte ancor morire1» disse Fred per tutta risposta, godendosi lo sguardo sorpreso di Meg.
«Certo che tu sai proprio come corrompermi, eh? Non avrei mai, e dico mai, dovuto regalarti quel libro! Così te l’ho resa troppo semplice, uffa!» sussurrò lei, divertita, lasciandosi andare poi nel suo caldo e dolce sorriso. Lo baciò una volta, poi ancora, poi di nuovo. Ripeté la stessa azione tante volte, non seppe nemmeno lei quante, ma non le importava. Tutto il resto era insignificante, non esisteva, era quasi immateriale. C’erano solamente loro due.
Solo dopo parecchio tempo si accorsero di un esultante George ai piedi della scalinata che faceva volteggiare e poi ballava con un’ignara e sconvolta Hermione, che stava passando di lì in quel momento.
Fred e Margaret scoppiarono in una risata armoniosa e felice, poi lei si voltò nuovamente verso di lui e, senza un’apparente motivazione, arrossì violentemente. Gli scostò i ciuffi di capelli rossi che gli ricadevano scompigliati sulla fronte e lo abbracciò dolcemente, per poi lasciarsi cullare dalle sue braccia e dal suo profumo. Non poteva sapere come fosse il Paradiso, ma quegli istanti, per lei, erano senza alcun dubbio qualcosa di infinitamente migliore.  
Prima che a entrambi venisse un malanno, lui la prese per mano e la riportò al castello. Con lei al suo fianco, adesso tutto aveva più senso.

1: William Shakespeare.


- Angolo dell'autrice

Diamo il via al trenino, readers! *Pepepepepepe*
No, forse è meglio di no. Decisamente.
Finalmente, arrivati al sedicesimo capitolo, il diabete è esploso e i nostri due dolci piccioncini ce l’hanno fatta! Avete avuto paura, eh? Sì, dovevo farla tragica, non poteva essere sempre tutto tranquillo.
Quello spoiler nel capitolo precedente, poi, è stato proprio perfido.
Questo è probabilmente uno dei miei capitoli preferiti, era già pronto e finito nella mia testa mentre ancora scrivevo qualcosa come il quarto o quinto capitolo, e questo è il risultato! Spero con tutto il cuore che vi piaccia.
Beeenissimo! Il titolo, che è tratto da una frase che dire che la amo è dire davvero poco, è di quel genio di William Shakespeare, mentre la canzone in apertura è la dolcissima Unintended, dei miei amatissimi Muse.
Ora, invece, vi invito gentilmente a recarvi qui: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=1259361, storia originale di V e r v, mi sta incuriosendo molto, e quindi ve la consiglio. ;)
Grazie infinite a chi segue la storia e a chi la recensisce, e anche per essere ancora qui! Dopo una giornata passata a studiare, è sempre un toccasana leggere il vostro parere su ciò che scrivo, quindi vi ringrazio infinitamente! Al prossimo capitolo!
Un bacione, 
Jules



- Dal prossimo capitolo:

«Siete davvero molto divertenti, voi due! Siete fatti l’uno per l’altra!» disse, cercando l’appoggio del ragazzo alla sua destra, ottenendolo.
«Già, vi siete impegnati così tanto a fare i simpaticoni che vi siete dimenticati di dire quella cosa... a tutti quanti!» esordì il gemello Weasley, attirando ancora di più l’attenzione. Tutte le teste si voltarono verso Fred e Margaret, che guardavano George in cagnesco.
«Fred, caro, cosa succede?» domandò Molly al figlio, scrutandolo come per cercare di intravedere i segni di una malattia fatale.


Ultima revisione: 07.02.2015

 

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Capitolo 17
*** A Natale tutte le strade conducono a casa ***



Capitolo 16
 


 
A Natale tutte le strade conducono a casa

 

Just fall in love with me this Christmas
There’s nothing else that we will need this Christmas
Won’t be wrapped under a tree
I want something that lasts forever
‘Cause I don’t wanna be alone tonight
I’ll wear you like a Christmas sweater
Walk proudly to the mistletoe tonight
I want something that lasts forever
So kiss me on this cold December night


 
Era il 24 dicembre, la vigilia di Natale. I ragazzi si trovavano al numero dodici di Grimmauld Place, il Quartier Generale dell’Ordine della Fenice, ed erano arrivati diversi giorni prima dell’inizio ufficiale delle vacanze, poiché il signor Weasley era stato attaccato da Nagini, il serpente di Lord Voldemort, mentre svolgeva il suo lavoro per l’Ordine. A Margaret, che aveva dichiarato di risiedere temporaneamente con i Weasley, era stato concesso di lasciare la scuola insieme alla famiglia. Arthur, fortunatamente, fu rilasciato proprio la mattina della Vigilia.
Quel pomeriggio, Margaret e Fred stavano rinchiusi nella camera di quest’ultimo, intenti a parlare sottovoce per non farsi sentire da nessuno all’esterno, e un onnipresente George cercava di intrufolarsi costantemente nella discussione. Questi era acciambellato sul suo letto, e osservava con finto disgusto la coppia che, accoccolata nel letto accanto al suo, si scambiava effusioni tra una frase e la successiva.
Stavano pensando a quando sarebbe stato il momento adatto per comunicare la notizia al resto della famiglia. Nessuno, difatti, sapeva che stavano insieme; a parte George, ovviamente, ed Hermione, che aveva casualmente visto la scena e aveva promesso di non dire niente a nessuno. Nei giorni seguenti, poi, George aveva continuato a stuzzicarla e tormentarla, ribadendo che avrebbe dovuto sentirsi onorata di dovergli fare compagnia nell’arduo compito di mantenere un segreto “così importante”. Le aveva anche chiesto di uscire insieme: diceva che avrebbe reso le cose ancor più ufficiali, ma lei non parve prenderlo troppo sul serio. Peccato che, a differenza di quanto la ragazza credesse, lui non stesse affatto scherzando.
«Potremmo dirlo domani, prima o dopo il pranzo» propose Margaret, intenta ad annusare il collo del suo ragazzo. Questi non parve pienamente convinto.
«Non saprei. Se lo dicessimo stasera, a tavola?» le chiese, dandole un dolce bacio sulle labbra.
«Non lo so, Freddie.»
«Di questo passo, non lo direte mai. Non è tanto difficile, eh! Fratello, basta che tu dica: “Ehi, gente, io e questo bel bocconcino sexy stiamo insieme!” . Poi m’introdurrò io e chiederò nuovamente a Hermione di uscire con me. Se non dovesse accettare, le faccio una delle Fatture Orcovolanti di Ginny» esordì George, assolutamente entusiasta di quest’ultima ipotesi, cosa che fece scuotere il capo a Fred e Margaret, divertiti. Poi, qualcuno bussò lievemente alla porta, e i due si scostarono velocemente l’uno dall’altra. Entrò Molly, che aveva un sorriso benevolo stampato sul volto e gli occhi che luccicavano.
«Maggie, ragazzi: potreste scendere giù in cucina, per favore?» chiese loro dolcemente. A quel punto, i ragazzi, incuriositi e perplessi allo stesso tempo, si avviarono e scesero giù per le scale.

Una volta giunti sulla soglia della cucina, Margaret s’immobilizzò, incredula e sorpresa a dismisura. Dopo pochi secondi, si slanciò in direzione delle due persone presenti nella stanza, visibilmente stanche dopo un lungo viaggio.
«Mamma! Papà! State bene?» chiese Margaret ai suoi genitori, dopo che si fu sciolta dai loro abbracci.
Gloria e Desmond Stevens erano entrambi sulla quarantina, di bell’aspetto, estremamente capaci e forniti di un profondo senso dell’umorismo, proprio come la figlia. Si erano conosciuti al loro primo anno a Hogwarts, sul treno che li avrebbe condotti al Castello per la primissima volta, quando ancora non sapevano che lui sarebbe diventato un valoroso Grifondoro e lei una brillante e astuta Corvonero. Si erano scambiati sguardi complici, sorrisi sinceri, fino a quando non si erano messi insieme, alla fine del loro quarto anno. Convolarono a nozze alla giovane età di ventuno anni, forse perché innamorati ogni giorno sempre di più, forse per la paura che l’ascesa al potere di Voldemort suscitava. Sta di fatto che l’anno successivo nacque Margaret, loro prima e unica figlia, evento che non fece che coronare la felicità della loro vita insieme. Apparivano molto provati e non totalmente in forma, ma, nonostante ciò, erano felici come non mai.
«Stiamo bene, tesoro. Forse giusto un po’ stanchi!» disse Desmond, dando un buffetto sulla guancia alla figlia.
«Fred! George! Come siete cresciuti!» commentò Gloria, non appena ebbe visto i due gemelli sulla porta, e sia lei che suo marito si precipitarono a salutare anche loro.
«Des, abbiamo della roba da farti vedere. Potrebbe piacerti» sussurrò Fred a Desmond, mentre questi gli strizzava l’occhio, complice. Gloria, invece, si rivolse nuovamente alla figlia.
«Cara, i nonni ci vengono a trovare stasera, dovrebbero essere qui prima di cena. Spero non ti dispiacerà se andiamo a riposarci; sai, è stato un lungo viaggio, siamo abbastanza stanchi. Ci vediamo più tardi, eh? Abbiamo un’infinità di cose da raccontarci» disse Gloria, con estrema dolcezza. Dopo aver dato un bacio alla figlia, entrambi si Smaterializzarono, riapparendo tre piani più sopra. Margaret scambiò occhiate eloquenti con i gemelli, così tutti e tre si precipitarono ai piani superiori per prepararsi per la cena.
Per lei, quello era il regalo più bello che potesse ricevere. Aveva iniziato a perdere la speranza di poter trascorrere il Natale insieme ai suoi genitori, ma questa era improvvisamente riapparsa e si era concretizzata proprio nel momento in cui non si sarebbe mai aspettata. Tutto ciò di cui aveva bisogno era lì con lei: c’erano loro, c’era il ragazzo che amava e c’era anche la famiglia di quest’ultimo, e non poteva desiderare di passare un Natale migliore.

Non perse molto tempo a prepararsi. S’infilò un jeans e un pullover, tirò i capelli di lato, si spruzzò un po’ di profumo e si Materializzò al piano superiore, nella camera dei gemelli, dove c’era solo George. In mutande. Questi cacciò un urlo da donnetta, poi si riprese e la fissò, compiaciuto.
«Cognatina adorata, è evidente che io sia irresistibile, ma se volevi vedermi mezzo nudo potevi semplicemente chiedermelo prima, invece di spuntare all’improvviso cercando di cogliermi di sorpresa!» le disse con nonchalance. Lei, allora, prese un cuscino e glielo scaraventò addosso con tutta la forza che aveva, e in quel preciso istante Fred tornò in camera. Guardò prima suo fratello e poi la sua ragazza, divertito.
«Stava cercando di abusare di te?» chiese, con enorme sorpresa di Margaret, al suo gemello.
«Non aspettava altro, santo Merlino! D’altronde, siamo uguali: se non resiste a te, non può resistere neanche a me!» disse l’interpellato, scuotendo la testa. Margaret rise e uscì dalla stanza: forse era meglio dare una mano in cucina.
Passò le restanti ore che la separavano dalla cena preparando un’infinità di pietanze insieme alla signora Weasley, ignara di avere accanto la neofidanzata di uno dei suoi figli. L’atmosfera era molto serena, e si alleggerì ancor di più quando una rinnovata Gloria le raggiunse con un sorriso smagliante. Mentre lei dava una mano in cucina, Desmond era concentrato in una fitta discussione con i due gemelli riguardo ai loro nuovi prodotti, e sembrava anche parecchio interessato, tanto che fu tentato di fare affari con loro.

Tutti s’interruppero quando quattro figure avvolte in pesanti mantelli chiusero con un tonfo la porta d’ingresso – scatenando le ire del ritratto di quella simpaticona di Walburga – e si diressero nel salone, dove ormai erano radunati tutti gli altri. La prima ad apparire fu una donna sui sessantacinque anni, che sfoggiava una gran classe, sia nell’abbigliamento che nelle movenze. Si guardò intorno con fare altezzoso, poi sorrise.
«Gloria, figlia mia. Margaret, tesoro!» disse Vittoria Mills in Wilson, mentre si muoveva verso di loro per abbracciarle. Le due apparvero notevolmente spiazzate da questa manifestazione d’affetto.
«Nonna, ehm... da quando abbracci la gente?»
«Da quando non vedo mia figlia e la mia nipote preferita dall’alba dei tempi! Ma non vi ci abituate, eh?» concluse, facendo loro l’occhiolino, per poi andare a salutare anche Desmond e i signori Weasley. Nello stesso momento, entrò un uomo sui settant’anni, anch’egli dall’aspetto molto rispettabile. Sembrava, però, meno rigido rispetto alla moglie, e immediatamente salutò calorosamente Gloria e Margaret, prima di lanciarsi in un infinito elogio di quest’ultima. Fred e George, dal loro angolo, decisero che era giunto il momento di far notare la loro presenza.
«Buonasera, signori Wilson!» dissero all’unisono, guardando i nuovi arrivati con un ghigno eloquente. Margaret riuscì a stento a trattenersi dal ridere. I suoi nonni si voltarono di scatto, sospettosi.
«Fred e George, ma buonasera! L’età vi ha portato giudizio, oppure siete ancora delle inguaribili piccole pesti?» chiese Vittoria in modo distaccato. Paul rise.
«Non vorrete essere messi di nuovo a testa in giù da mia moglie, eh?» domandò loro, divertito nel vederli rabbrividire. Sulla soglia, però, apparve anche un altro uomo sulla sessantina e dall’aspetto simpatico e gioviale, accanto al quale si trovava una donna poco più giovane di lui, con dei capelli che recavano traccia di un bel rosso vivo uguale a quello di stampo Weasley. Aveva un’aria molto dolce e gentile e le luccicavano gli occhi.
«Vittoria, dovresti prendere tutto più alla leggera: la tua salute ne gioverebbe! Sono solo ragazzi!» fece Dawson Stevens, ammiccando in direzione dei gemelli. La moglie sfoggiò un enorme sorriso, identico in maniera impressionante a quello di Margaret, e strizzò l’occhio ai due ragazzi.
«Mio marito ha ragione, cara: esageri giusto un pochino. Io li trovo così adorabili!» commentò, ricevendo un’occhiataccia da parte della consuocera. Dopodiché, i due andarono ad abbracciare affettuosamente il figlio, la nuora e la nipote, poi salutarono anche tutti gli altri. Quando Julia fu da Fred e George, porse loro, furtivamente, una scatola di dolci fatti in casa. I due s’illuminarono.
«Avevo appena finito di farli per Maggie, quando mi sono ricordata che piacciono tanto anche a voi!»
«Julia, credo di amarti!» esclamò George, riconoscente, trovando il consenso di Fred, che annuì.

Pochi secondi dopo, Molly richiamò i presenti dalla cucina. Quando tutti ebbero preso posto a tavola, rimasero sorpresi dall’enorme varietà e quantità di cibo presente. Tutto aveva un aspetto meraviglioso, ovviamente, e i presenti iniziarono a servirsi, famelici. Margaret era seduta tra sua madre e Fred, che a sua volta aveva accanto nonno Dawson. Di fronte ai due ragazzi, che si scambiavano occhiate continuamente, erano seduti un’imbarazzatissima Hermione e un ghignante e compiaciuto George, il quale aveva insistito affinché la ragazza si sedesse accanto a lui.
La conversazione, quella sera, era piuttosto piacevole. Si parlava del più e del meno, delle cose successe in quegli anni di lontananza, dei numerosi cambiamenti e di ciò che, invece, era rimasto totalmente invariato.
Margaret, all’improvviso, sentì la mano di Fred posarsi sulla sua gamba e accarezzarla dolcemente, portandosi, poi, verso l’interno coscia e cominciando a salire. Lei sentì le orecchie bruciare e una sensazione fin troppo ben conosciuta di calore salirle su per le guance. Si girò verso il suo fidanzato, e notò che questi fissava un punto imprecisato sul muro di fronte, sorridendo maliziosamente. Margaret si voltò a guardare George, totalmente distratto dai movimenti della ragazza che aveva accanto, e gli tirò un calcio che lo fece sobbalzare. Egli portò gli occhi dal fratello a lei e, avendo intuito la situazione, scoppiò a ridere, facendo ammutolire tutte le persone presenti a quella tavola.
Con grande sollievo di Margaret, Fred tolse velocemente la mano, prima che qualcuno potesse accorgersi di qualcosa. Vittoria, tuttavia, li fissò con uno strano sorriso, poi decise di iniziare un nuovo discorso per distogliere l’attenzione. Era sempre stata una donna molto perspicace.
«Harry, mi passi il pasticcio, per favore? Desmond, caro, mia figlia mi ha detto che hai dato le dimissioni.»
«Tutta colpa di Lucius Malfoy!» intervenne Dawson, adirato.
«Malfoy, maledetto! Quella famiglia porta solo guai!» commentò Paul, indignato, trovando l’approvazione di Vittoria. Mentre Desmond raccontava l’accaduto e parlava dei suoi nuovi progetti, Margaret e Fred si lanciavano sguardi interrogativi: quando avrebbero dovuto dirlo?
Si voltarono insieme verso George, intento a far ridere Hermione e a sfiorarle accidentalmente capelli, mani o qualsiasi altra cosa. Naturalmente, era molto improbabile che tutto ciò fosse puramente casuale.
Margaret, per movimentare un po’ la situazione, sfoderò cautamente la bacchetta, sotto il tavolo, e la puntò al soffitto, mettendo su un ghigno perfido degno del suo ragazzo. Si avvicinò ancora di più a quest’ultimo e gli prese la mano.
«Sta’ a vedere. Aspetta cinque minuti e te ne accorgerai» gli sussurrò, e lui sorrise, compiaciuto.
Dopodiché, si unirono agli altri nella conversazione, e Margaret sperò con tutto il cuore che qualcuno si accorgesse del germoglio di vischio che pian piano andava crescendo sopra le teste dei ragazzi che aveva di fronte. Infatti...
«Ero molto giovane quando è nato Desmond, avevo diciotto anni, avevo appena terminato gli studi a Hogw-... Oh, George, caro!» esclamò Julia, scoppiando a ridere e indicando al marito un punto sopra le teste dei due ragazzi. Dawson sbarrò gli occhi e ammiccò in direzione di Hermione.
«Cara, credo che dovresti guardare sopra di te!»
Tutti quanti alzarono gli occhi al soffitto per contemplare il bellissimo e rigoglioso vischio che Margaret aveva fatto apparire proprio sopra le teste dei due ignari ragazzi. Iniziò a ridere, seguita a ruota da Fred, che le si avvicinò all’orecchio e le sussurrò: «Ho avuto proprio la stessa idea, Pasticcino!»
A tavola, invece, scoppiò un vero e proprio trambusto: Vittoria e Paul sembravano essersi sciolti e adesso sorridevano apertamente; Hermione era diventata viola, e ciò aveva fatto aumentare le risate di Julia e Dawson; George, d’altra parte, guardava la coppia che aveva di fronte con aria vendicativa, mentre tutti gli altri cercavano di trattenersi dallo scoppiare a ridere. A parte Ron, che era divenuto paonazzo per la gelosia. Molly guardò dolcemente il figlio e gli fece l’occhiolino.
«George, Hermione: è la tradizione!» li esortò Arthur, anche lui ridendo di sottecchi.
«Signor Weasley, non credo che...» provò la ragazza, che tuttavia non ebbe il tempo di finire la frase, in quanto George le cinse la vita con un braccio per avvicinarla e le stampò un fugace bacio sulle labbra. Hermione, se prima era di un color prugna poco elegante, adesso era diventata così bianca che sembrava potesse cadere a terra da un momento all’altro, mentre Ron iniziò a stringere convulsamente la forchetta, dimenticandosi di respirare. Harry gli diede una gomitata, come a volergli ricordare che insieme a lui c’erano un bel po’ di altre persone. Non appena la ragazza si fu ripresa, recuperò immediatamente il suo solito tono aspro e si rivolse a Fred e Meg, ancora sghignazzanti.
«Siete davvero molto divertenti, voi due! Siete fatti l’uno per l’altra!» disse, cercando l’appoggio del ragazzo alla sua destra e ottenendolo.
«Già, vi siete impegnati così tanto a fare i simpaticoni che vi siete dimenticati di dire quella cosa a tutti quanti!» esordì il gemello Weasley, attirando ancora di più l’attenzione. Tutte le teste si voltarono verso Fred e Margaret, che guardavano George in cagnesco.
«Fred, caro, cosa succede?» domandò Molly al figlio, scrutandolo come per cercare di intravedere i segni di una malattia fatale.
«Già, Margaret, tesoro! Cosa ci dovete dire?» domandò nonno Paul, incuriosito. Altrettanto fecero Gloria e Desmond.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata eloquente, dopodiché Fred si schiarì la voce e prese la mano della sua ragazza, sotto il tavolo, e la strinse intensamente, come se avesse avuto paura di vederla portata via da lui. La guardò di nuovo, sorridendole; poi, si rivolse ai suoi parenti e a quelli della ragazza, che forse stavano iniziando a intuire qualcosa. Si decise e parlò.
«George, fratello, grazie per l’introduzione, anche se non ti era stata richiesta. Be’, io volevo... Noi volevamo dirvi che... Insomma, gente: io e Meg stiamo insieme» annunciò, dopo un enorme sforzo, facendo notare a tutti gli altri la sua mano intrecciata a quella della ragazza. A quella notizia, le reazioni furono le più disparate: Arthur, ad esempio, rimase felicemente sorpreso; Desmond, invece, quasi non perse i sensi e fu costretto a farsi sorreggere dal suocero, che, insieme alla moglie, strizzò l’occhio alla nipote e a Fred; Molly e Gloria si buttarono sui loro figli e li abbracciarono così forte da farli quasi soffocare; i signori Stevens Senior esultarono, dicendo che l’avevano capito sin dall’inizio, mentre tutti gli altri sorrisero calorosamente, ma non sembravano poi tanto presi alla sprovvista. Margaret, poi, chiese di nuovo un attimo di silenzio e attaccò a parlare.
«Volevamo fare anche un altro annuncio! Vero, Freddie?» chiese al suo ragazzo, che le stava cingendo la vita. Questi parve capire al volo ciò che lei aveva in mente.
«Esatto, Pasticcino! Visto che approvate, possiamo comunicarvi che... siamo incinti!» esordì, quindi, ma nessuno parve prenderlo sul serio a causa del suo tono poco convincente. Tutti, tranne il padre di Margaret, che era appena balzato in piedi e che sembrava intenzionato ad avanzare minacciosamente nella sua direzione. «Desmond? Che cosa fai? Amico mio, ragioniamo. Non vorrai davvero uccidermi, spero. Sono cose che capit-... Sto scherzando! Niente piccoli Weasley saltellanti, rilassatevi...» concluse Fred, allora, passandosi una mano tra i capelli. Tutti scoppiarono nuovamente a ridere, mentre Desmond dava nuovamente i segni di un possibile svenimento.

Dopo che tutti ebbero finito di cenare e di sistemare la cucina, continuarono a parlare, fino a quando non decisero che era giunto il momento di tornare ognuno nelle proprie stanze.
Passò circa un’ora prima che Margaret, sicura che nessuno si muovesse per i corridoi, si Smaterializzasse, riapparendo ai piedi del letto di Fred. Nello stesso momento, sentì la porta della stanza dei gemelli chiudersi, segno che George doveva essere appena uscito.
Fred era seduto sul materasso e sembrava proprio che stesse aspettando lei. Le sorrise, poi scostò le coperte e la fece accomodare accanto a lui. La strinse forte contro il suo petto e le baciò la fronte, mentre con le mani le accarezzava la schiena.
«Immaginavo che saresti venuta. Sono troppo affascinante perché tu possa resistere a stare lontana da me» sospirò, ghignando, e dopodiché cominciò a baciarla, prima lentamente, poi con più vigore. Mentre lei portava le mani sui suoi capelli rossi e li stringeva, lui si distese su di lei e le strinse i fianchi; poi, si spostò più su, fino al suo seno. Lei, scossa da un brivido, interruppe il contatto tra le loro labbra e si guardò intorno, allarmata.
«Dov’è andato George?» sussurrò, tornando a contemplare gli occhi splendidamente azzurri di Fred. Quest’ultimo posò un’altra volta le labbra sulle sue e interruppe ogni bacio con poche semplici parole.
«Cucina. Non so. Non ricordo.»
«Potrebbe tornare da un momento all’altro, amore. Meglio non esagerare...» disse lei, tra un sospiro e un altro, mentre lui le mordeva e baciava il collo, prima di scendere sempre più giù, trascinandosi anche le mani, che lavoravano bramose.
«Tesoro, non penserai che, con mio fratello che entrerà in camera da un momento all’altro, io abbia mai avuto l’intenzione di andare oltre!» sghignazzò lui, con la testa sotto le coperte.
Non appena Fred le tolse gli slip, il cervello di Margaret si offuscò quasi totalmente. Sentiva le sue mani toccarla, la sua bocca provocarle un piacere intenso. Lui continuò così per diversi minuti, lasciandosi condurre dalla voce di lei che lo implorava di non fermarsi, di andare avanti. Poi, fu lei stessa a tirargli la testa fuori dalle lenzuola e a portarla di fronte al suo viso, ai suoi occhi persi, per nulla stanchi. Lui quasi le strappò via ciò che rimaneva dei suoi indumenti e sfilò anche i suoi. Per qualche istante restò immobile a contemplare quelle iridi verdi nelle quali voleva affogare, poi portò le labbra al suo orecchio e prese a morderlo. I loro respiri adesso si confondevano in uno solo, e Fred percepiva ogni singolo brandello della sua pelle bruciare; capiva che gli stava chiedendo di fare di più, di approfondire il contatto. Ma non lo fece: quella non era la sera giusta. Ormai sapeva di non poter più trattenere quell’istinto, quella voglia che aveva dentro, sapeva che non avrebbe resistito più di tanto. Per questo motivo, quindi, diede un ultimo bacio a Margaret e le si distese accanto, cercando di evitare di sfiorare di nuovo la sua pelle. Lei parve capirlo, difatti gli sorrise e fece per andarsene, ma lui la trattenne per un braccio e con uno sguardo pieno d’amore la convinse a rimanere.
«Dove credi di andare? Ferma lì, non se ne parla. Ehm, però sarebbe meglio se tu ti rivestissi, saresti di maggiore aiuto!» commentò lui, divertito, facendole l’occhiolino.
Margaret rise, poi s’infilò biancheria e pigiama e li passò anche a Fred. Quando, finalmente, tornò quasi tranquillo, la avvicinò di nuovo a sé e la abbracciò forte.
«Ti amo, piccola vipera» sussurrò lui, assonnato.
«Ti amo anch’io, stupido idiota.»


***
 
«Fratello, dove stai andando?» chiese Fred a George, che ancora non si era nemmeno infilato il pigiama e, anzi, si dirigeva furtivo in direzione della porta.
«Eh? Io? Da nessuna parte, proprio da nessuna parte!» rispose questi, con lo stesso tono che avrebbe utilizzato un bambino sorpreso con le mani nella marmellata. Fred inarcò il sopracciglio in un’espressione scettica.
«Sì, ed io sono Mago Merlino!»
«Gemellino, cambia repertorio: sei ripetitivo!»
«Non sviare il discorso, copia imperfetta!»
«Oh, e va bene! Diciamo che ho un appuntamento, giù in cucina, con una dolce donzella!»
«Vittoria?» scherzò Fred, facendo sbellicare il fratello dalle risate. Questi si congedò con un veloce gesto della mano, poi si richiuse la porta alle spalle, ma di certo non gli sfuggì il suono di una Materializzazione proveniente dall’interno della stanza che aveva appena lasciato.

Scese le scale con tutta la calma del mondo, deciso a far attendere la sua partner di quella sera. Una volta arrivato in cucina, vi trovò una ragazza con una ben nota chioma cespugliosa ferma lì ad aspettarlo, che al contempo pareva lanciargli sguardi minacciosi. Lui si sedette con nonchalance sulla sedia di fronte la sua e prese a fissarla con il suo classico ghigno perfido, facendola diventare viola per l’impazienza.
«George, cosa diavolo vuoi?» domandò Hermione, scontrosa. Il ragazzo strabuzzò gli occhi, scandalizzato.
«Ma che modi! Hai accettato tu di venire qua, potevi perfettamente non farlo, no?»
«Ho accettato solamente perché, in questo modo, speravo che tu la smettessi di chiedermi di uscire ogni santissima volta!»
«Be’, ti sbagliavi» commentò George, con uno sguardo furbo che fece irritare ancor di più la ragazza che era con lui in cucina.
«Ma la pianti di...» iniziò lei, ma fu subito interrotta dal giovane, che partì all’attacco.
«Ti andrebbe di uscire con me?»  
«Co-... No!»
«Ti andrebbe di uscire con me?»
«Ti ho detto di no!»
«Ti andrebbe di uscire con me?»
«George!»
«Quindi?»
«No! La vuoi smettere?»
«Soltanto quando accetterai! Ti andrebbe di uscire con me?»
«Mai!»
«Esci con me?»
«Giuro che ti ammazzo!»
«Ti andrebbe di uscire con me?»
«Oh, dannazione, e va bene! Uscirò con te!» si arrese alla fine Hermione, anche se non riuscì a nascondere un minimo di divertimento. Ciò non sfuggì al ragazzo, che sorrise, soddisfatto.
«Finalmente ti sei arresa, eh? Come darti torto, non si può resistere a lungo al fascino Weasley!» fece lui, sfoggiando il suo ghigno malizioso.
«Non ho mai detto che mi piaci!» ricordò lei, sulla difensiva, sollevando le sopracciglia.
«E allora perché stai arrossendo?» le domandò George, facendola ammutolire. Rimasero a guardarsi per un lungo istante, occhi dentro occhi, quelli di lui evidentemente incuriositi, quelli di lei che trasudavano un notevole imbarazzo.
Hermione si alzò, nettamente infastidita, e fece per uscire dalla stanza, ma George fu di gran lunga più veloce, riuscendo ad afferrarla per un braccio. Si voltò a guardarlo, pronta a dirgliene quattro, ma proprio in quell’istante le sue labbra si posarono su quelle di lei, sconvolta e con gli occhi sgranati per la sorpresa. Tuttavia, non si oppose, ma rispose al bacio, circondandogli il collo e lasciandosi accarezzare dolcemente la schiena. Assaporarono quel momento per quelli che parvero secoli, stretti l’uno all’altra in quell’attimo di puro oblio, fino a quando non si separarono.
«Buonanotte, Hermione» le disse George, sfoggiando un lampante compiacimento di se stesso e delle sue doti da conquistatore.
«Buona… Buonanotte» sussurrò lei, ancora enormemente confusa, una volta che lui si fu diretto su per le scale. Non riusciva a comprendere che cosa le fosse preso: sapeva solamente che, finalmente, si sentiva pienamente euforica e felice.
George, d’altra parte, si sentiva pervaso da una strana emozione, non sapeva definire neanche lui cosa fosse, ma poteva capire perfettamente che era proprio quella la sensazione che cercava.

Entrò in camera e, per prima cosa, vide suo fratello e Margaret, addormentati l’uno sulle labbra dell’altra, con le mani affondate nei capelli, rosso e rame che davano vita a un connubio a dir poco perfetto. Pensò che non dovesse esserci nulla di più bello di poter trovare il proprio posto in un’altra persona, com’era successo a loro. Sì, perché loro due, insieme, sapevano di casa. Sapevano di Paradiso.

 

They call it the season of giving
I’m here, I’m yours for the taking
They call it the season of giving
I’m here, I’m yours
 

- Angolo dell’autrice

Eccomi qui! Premetto che in questo capitolo ci sono alcune parti che mi piacciono di più e altre che mi piacciono di meno o non mi piacciono affatto ç_ç però, sono curiosissima di sapere cosa ne pensate.
Ormai i nostri piccioncini sono di fatto una coppia e tutti ne sono al corrente, i genitori di Meg sono ritornati ed ecco che fanno la loro comparsa anche i nonni, per poi sparire. Tenete a mente i loro nomi, però, perché nella storia che segue, sempre se vorrete ancora leggere le cacchiate che scrivo, ritorneranno. :3
Adesso, siate sinceri: il colpo di scena di George, proprio in questo capitolo, non ve lo aspettavate, eh? Ho detto: ora o mai più!
Be’, non ho molto da aggiungere, a parte che il titolo è di Marjorie Holmes e che la canzone è Cold December Night, di Michael Bublé.
Okay, ringrazio come sempre chi segue la storia e chi perde quei pochi minuti del proprio tempo per lasciarmi una recensione, sono sempre ben accette. ;)
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, aggiornerò appena possibile!
Un bacione,
Jules


- Dal prossimo capitolo:

«Non dirmi che non ti faccio tenerezza...» fece lui con una tenera vocina. Lei rimase ancora impassibile.
«Da quando stiamo insieme, non mi fai più pena, Weasley. Dovevo tirartelo più forte, quel libro...» bisbigliò acidamente Margaret, e Fred riconobbe al volo l’avvisaglia dell’incombenza di un pericolo mortale. Stette lì, in silenzio, guardandola, e aspettando la sfuriata che sarebbe arrivata di lì a poco. Infatti...
«No! Ma dico io! Non ti danno sui nervi?! Sono così ridicole! [...]»


Ultima revisione: 08.02.2015

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Capitolo 18
*** Soltanto le persone che evitano di suscitare la gelosia meritano che se ne abbia per loro ***



Capitolo 17
 


 
Soltanto le persone che evitano di suscitare la gelosia
meritano che se ne abbia per loro

 

Jealousy, you tripped me up
Jealousy, you brought me down
You bring me sorrow
You cause me pain
Jealousy, when will you let go?
 

Era un freddo primo pomeriggio di un sabato di metà gennaio, e la maggior parte degli studenti era rifugiata nelle svariate Sale Comuni. Margaret stava distesa sul divano, davanti al fuoco, intenta a leggere il libro che suo padre le aveva regalato per Natale, gettando frequentemente sguardi contrariati al suo ragazzo, che dava dimostrazione dei prodotti suoi e del fratello alla folla di ragazzine urlanti.
Non riusciva a capire cosa ci trovasse di entusiasmante nel veder strillare quel mucchio di quattordicenni giulive con gli ormoni in subbuglio. La snervavano.
All’ennesima ovazione, chiuse con un tonfo e uno sbuffo il libro che aveva in mano e con nonchalance lo scagliò contro Fred, centrandolo meravigliosamente: non per puro caso giocava come Battitrice. Questi, massaggiandosi il fianco, si voltò verso la sua fidanzata, che ormai lo squadrava con il sopracciglio inarcato e un’espressione fortemente inquisitoria.
Fred, congedandosi dal fratello, le si avvicinò lentamente, ben cosciente del fatto che la situazione non prometteva nulla di buono. Le s’inginocchiò di fronte con fare innocente, come per far credere che avesse la convinzione di non comprendere il motivo di quella “punizione”, e le porse il libro.
«Credo proprio che questo sia tuo, Pasticcino!»
«Wow, che perspicacia» rispose lei in modo sarcastico, rimanendo totalmente inflessibile davanti all’espressione da cane bastonato che Fred aveva messo su. Questi, perdendo le speranze, sbuffò e poggiò la guancia sul palmo della mano.
«Non dirmi che non ti faccio tenerezza» fece lui con una tenera vocina. Lei rimase ancora impassibile.
«Da quando stiamo insieme, non mi fai più pena, Weasley. Dovevo tirartelo più forte, quel libro» bisbigliò acidamente Margaret, e Fred riconobbe al volo l’avvisaglia dell’incombenza di un pericolo mortale. Stette lì, in silenzio, guardandola e aspettando la sfuriata che sarebbe arrivata di lì a poco. Infatti...
«No! Ma dico io! Non ti danno sui nervi? Sono così ridicole! Ti girano attorno come degli avvoltoi, dimenticando che sei impegnato con la ragazza più pericolosa dell’intera Casa di Grifondoro! E tu sembri decisamente contento di questo gruppo di adulatrici! Ma che sbavino dietro a George, è bello quanto te! E almeno lui non è impegnato» sbottò Margaret, che dovette rimangiarsi le ultime parole proprio nell’istante in cui si fu guardata intorno alla ricerca del gemello del suo ragazzo. Egli era, difatti, appartato in un angolo della Sala Comune, ed era notevolmente indaffarato a pomiciare con una ragazza che sembrava tanto...
«Hermione, sì. Proprio lei! Ricordi la notte di Natale? A quanto pare, lei ha accettato la proposta di George di provare a uscire insieme per un po’ di tempo. Sono carini!» commentò Fred, nel vano tentativo di sviare il discorso. Margaret, dopo qualche istante, parve riprendersi dall’inaspettata notizia e riuscire a distogliere gli occhi da quell’inverosimile scena. Si voltò nuovamente verso Fred e lo guardò con lo sguardo inquisitorio di prima.
«Non cambiare discorso, furbacchione. Stavamo parlando del tuo fan club dei miei dannatissimi stivali.»
«Ehi, piccola amorevole vipera, io non posso farci nulla. È colpa del mio fascino, non mia. Insomma, sono irresistibile, lo sai! Tuttavia, anche se a volte sei l’acido fatto persona, io voglio solo te: non m’importa un fico secco delle altre!» disse lui, prendendole il viso tra le mani e avvicinandolo al suo. Margaret, dapprima poco convinta, si sciolse in uno dei suoi classici sorrisi e lo baciò ripetutamente. Era inutile prendersela con lui: meglio far morire d’invidia quelle ochette starnazzanti.
Convinta di essere al centro della loro attenzione, tirò il suo ragazzo sul divano e continuò a baciarlo nel modo più appassionato che poteva, mentre questi ricambiava con palese entusiasmo, tanto che dopo pochi secondi fu lui a prendere il comando dell’azione. A un certo punto, sembrò essersi dimenticato che mezza Torre di Grifondoro stava guardando proprio loro. Margaret, solitamente più razionale, lo fermò prima che la situazione degenerasse.
«Ehm, Freddie... Ricordati che ci guardano tutti. Un po’ di contegno, per favore» gli sussurrò lei all’orecchio, al che Fred si ritrasse lentamente e la guardò, un po’ imbarazzato.
«L’avevo, ehm... L’avevo dimenticato. Il fatto è che è tanto che io non...» tentò di giustificarsi, ma lei gli posò un dito sulle labbra, zittendolo.
«È più che normale. Anch’io, be’... Hai capito. Ma adesso andiamo, ho gli allenamenti di Quidditch» disse Margaret, balzando giù dal divano e trascinandosi dietro un Fred abbastanza tramortito, mentre George li seguiva tenendo per mano la sua nuova fiamma.

Giunti di corsa al campo da Quidditch, i ragazzi si spostarono sugli spalti, mentre Margaret si dirigeva a grandi passi verso gli spogliatoi.
Cinque minuti più tardi, prima degli altri compagni, ricomparve in sella sulla sua Firebolt, sfrecciando verso l’altro lato del campo, acclamata dalle urla di assenso dei suoi compagni di Casa. Oltre a questi, però, era presente anche un gruppetto di ragazzi del settimo anno di Corvonero, che di certo non si limitava con i commenti di apprezzamento indirizzati al nuovo Battitore di Grifondoro.
«Ma guardala! Voglio dire, è da urlo!» disse uno.
«Meglio se non parlo» commentò un altro.
«Vorrei essere quella maledetta Firebolt!» esclamò un terzo, più idiota dei precedenti.
«Datemi un mese, e la porto via a quel Weasley!» fece il primo.
Il gruppo di Corvonero, sicuramente, non si era accorto che Fred era proprio qualche posto dietro di loro, ormai livido di rabbia e sul punto di prenderli a pugni uno per uno. George, accanto a lui, sembrava irritato quasi in egual misura, ma cercava in tutti i modi di tenere a bada il fratello.
«Sono solo dei deficienti, Fred! Non ne vale la pena» cercò di convincerlo lui.
«È della mia ragazza che stanno parlando, quindi credo di avere il diritto di ucciderli con le mie mani!» sbraitò Fred, che quasi non si accorse che l’allenamento era appena iniziato e che Margaret aveva già scagliato un Bolide dall’altra parte dello stadio.

Cercò di mantenersi il più tranquillo e sereno possibile, anche se questa diventava un’impresa davvero difficile a causa del baccano provocato dal gruppetto d’intrusi. S’impose di mantenere il contatto visivo stabile e fermo sulla figura di Margaret e le orecchie concentrate sulle urla di Angelina, ma aveva l’impressione che sarebbe stato più semplice lottare contro un drago a mani nude.
Mani. Portò gli occhi su quelle di lei, in quel momento coperte da guanti, che sapeva fossero lisce e delicate come petali di rosa ogni volta che si poggiavano sul suo corpo.
Portò la sua attenzione sul suo viso, contratto in varie smorfie a causa della fatica, ma sempre splendido e incantevole. Quel viso che incontrava al risveglio, quasi ogni mattina, mentre il sole penetrava docilmente dalla finestra per ricadere sul suo cuscino.
Si soffermò sulle sue labbra color rosa pesca, le stesse labbra che amava sentire sulle sue e in ogni altra parte della sua pelle, e poi sui suoi capelli ramati, i capelli con cui amava giocare mentre lei dormiva beatamente sul suo petto.  

Dovette ridestarsi dai suoi pensieri, però, una volta che l’allenamento si fu concluso e l’irritante gruppetto riprese nuovamente con i soliti commenti. Fred, stavolta, era sul punto di alzarsi per ridurli in briciole, quando Margaret si accorse che qualcosa non andava e planò verso di lui, veloce come un fulmine. Solo allora i ragazzi di Corvonero si accorsero della presenza dei gemelli Weasley.
«Tesoro, cos’è successo?» chiese Margaret, preoccupata a causa delle scintille che lampeggiavano negli occhi del suo ragazzo. Questi cercò di apparire il più controllato possibile, con scarsi risultati.
«Non... Non ti danno sui nervi?» sbottò Fred, balzando in piedi.
«Non mi è nuova questa frase...»
«È da quando sei entrata in campo che esagerano con gli apprezzamenti, e a te non sembra nemmeno dare fastidio!»
«Per le mutande di Merlino, ecco che ci risiamo! Fred, di’ un’altra parola e giuro che ti faccio eliminare dallo stato di famiglia!» commentò George, esasperato, che, però, incontrò subito lo sguardo minaccioso di Hermione, che molto probabilmente voleva dirgli: “Stanne-fuori-idiota”. Abbassò subito gli occhi sulle sue scarpe, ammutolendosi.
«Santo cielo, Fred! Non posso sentirli da lassù!» esclamò seccata Margaret: odiava le scenate di gelosia di Fred, lo facevano diventare veramente ridicolo.
«Be’, forse hai ragione, ma io non riesco proprio a sopportarli! Potrei anche affatturarli, sai?»
«E che posso fare, io? Spedirgli contro un Bolide? Non è colpa mia se sono dei maiali, mica gliel’ho chiesto io!»
«Ma lo so, Stevens! Solo... cerca di essere meno sexy! E provocante!» la implorò Fred, esasperato, ma gli occhi di Meg parvero sul punto di uscire dalle orbite.
«Provocante? Ma io non faccio nulla per apparire in questo modo! Non posso smettere di essere qualcosa che non sono mai stata!» sbraitò furiosa lei, che ormai era scesa dalla scopa e la reggeva minacciosamente in mano. Fred divenne viola.
«Non lo sei? Tu non hai idea di quanta gente abbia voglia di strapparti i vestiti di dosso, George compreso! Ed è mio fratello!»
«Ora non più, amico! Ciò risale a quando ancora non stavate insieme: sarei uno schifo umano se mi facessi venire queste idee adesso!» esclamò George, indignato per essere stato tirato in causa ingiustamente.
«Fred, non ho intenzione di continuare a dare spettacolo! Quindi, se permetti!» concluse Meg, che poi si diresse al Castello e lo lasciò lì, spiazzato.

Arrivata in Sala Comune, si precipitò su per le scale del suo dormitorio e si buttò a letto, decisa a non parlare con nessuno fino al giorno dopo. Era arrabbiata come non mai: era davvero snervante dover subire quelle sfuriate di gelosia così ridicole e immotivate. Lei non aveva fatto nulla, non si era nemmeno resa conto di quello che stavano dicendo quei tre idioti. Era troppo concentrata, e il vento tirava abbastanza forte da sovrastare tutti gli altri suoni.
Per smorzare il nervosismo, decise di gettarsi sotto l’acqua calda della doccia, dove stette per una buona mezz’ora. Una volta finito, si asciugò i capelli e s’infilò pigiama e pantofole, poi si buttò sul letto. Erano solo le 18.00, ma era così stanca e giù di tono che voleva solamente dormire. Non sarebbe nemmeno scesa per la cena. Sprofondò sul cuscino, e dopo una decina di minuti il sonno la travolse.

Fred, al contempo, era seduto in Sala Grande, per la cena, e stava impiegando il suo tempo a lamentarsi con George, che ormai ne aveva fin sopra i capelli di ascoltare gli infiniti sproloqui del gemello. Sperando che finisse presto, allora, prese ad annuire a ogni parola con scarso entusiasmo, mentre, seduti di fronte a loro, Harry e Ron scuotevano la testa, oramai rassegnati.
«È assurda! Assoluta!»
«Hmm...»
«Crede che abbia sempre ragione lei!»
«Be’, non è che abbia proprio torto...»
«Cosa?» chiese Fred, scandalizzato.
«Non ha fatto nulla di male, fratello. Sei tu che sei... Come dire?» cercò di spiegargli George, non riuscendo a trovare la parola giusta.
«Ossessionato!» s’introdusse Ginny, arrivata proprio pochi istanti prima.
«Ma tu che ne puoi sapere? Sta’ zitta, per favore!» le rispose Fred, che se ne pentì non appena vide lo sguardo furioso della sorella minore.
«Tu osi dirmi di stare zitta?» esclamò quest’ultima, indignata, con un’espressione che preannunciava il probabile arrivo di una famigerata Fattura Orcovolante.
«O-okay, scusa, non volevo dire quello. Hai qualcosa da aggiungere?» fece lui, mostrando un discreto interesse. Ginny sorrise, soddisfatta.
«Non lo vuoi ammettere, ma sei dannatamente geloso di lei! E non alzare gli occhi al cielo! Diventi viola quando qualcuno la guarda o parla con lei, ogni santissima volta hai come scritto in faccia “Se ci tieni alla tua vita, stalle lontano”. Esageri, Fred! E, a volte, diventi anche tremendamente ridicolo, te l’ha mai detto nessuno?» concluse la ragazza, trovando i mormorii di assenso degli altri presenti, George compreso. Fred si morse il labbro, infastidito per esser stato messo di fronte all’evidenza dei fatti.
«E anche se fosse? Insomma, è la mia ragazza! E poi, è troppo provocante, non va bene! Attira troppi sguardi!» commentò, poi, scatenando le risate di Hermione e di Angelina, che si era unita alla conversazione, incuriosita.
«Abbiamo tutte quante la stessa divisa, e, onestamente, non ci trovo nulla di sexy o di provocante» commentò scherzosamente quest’ultima, facendo voltare di scatto il ragazzo.
«Sono pienamente d’accordo con lei, fratello! Se permetti, credo che il problema sia fondamentalmente tuo» riattaccò George, stavolta un po’ più gasato a causa del coinvolgimento nella discussione di tutta quella gente. Prima che il gemello potesse proferir parola, s’introdusse anche Ron.
«Concordo! Secondo me, sei un po’ troppo accecato dai tuoi... ehm... “desideri”.»
«Ronnino Prefettino, taci. Sei ancora piccolo per queste cose, non le puoi capire» disse Fred, cogliendo al volo l’allusione del fratello minore e riacquisendo un briciolo del suo classico ghigno da canaglia. Ron lo guardò male e si tinse di color porpora.
«Sono d’accordo, Fred. E credo che abbia ragione anche Ginny quando dice che spesso esageri» si aggiunse, stavolta, Harry, facendo arrossire la più piccola di casa Weasley, che scosse rapidamente la testa nel tentativo di mandar via quell’odiosa sensazione.
Fred, adesso confuso ed esasperato, spalancò la bocca e si prese la testa tra le mani, gli occhi sgranati che fissavano ognuno dei ragazzi che era intervenuto.
«Da quando i fatti miei sono l’argomento principale di un comizio politico? Sciò, via, disperdetevi, la riunione è finita!» fece, poi, assistendo ai loro sguardi divertiti che pian piano rivolgevano la loro attenzione a qualcos’altro, lasciandolo in pace. George, con un sorrisetto furbo, restò con gli occhi incollati al fratello, che era sul punto di tirargli una scarpa in piena faccia.
«Morgana maledetta, cosa diavolo vuoi?» gli chiese, delirante.
«Niente, ma sappi che credo che abbiano ragione» gli disse George, facendogli l’occhiolino e cingendo la vita di Hermione, seduta accanto a lui.
Non appena ebbe finito di cenare, Fred si alzò, rassegnato, e si diresse alla Torre di Grifondoro.

Quando Margaret si ridestò, era ormai passata la mezzanotte e le sue compagne di stanza dormivano beatamente. Poteva tornare a imitarle, ma decise che sarebbe stata più tranquilla se prima fosse andata a parlare con quell’idiota del suo ragazzo.
“È maschio, non è colpa sua se è così stupido! Fa parte della loro natura, nascono così!” pensò, mentre s’infilava la vestaglia e scendeva le scale del dormitorio. Prima di salire per quello maschile, scorse, in Sala Comune, due figure beatamente addormentate sul divano, abbracciate, lui con i capelli rossi e lei con una chioma cespugliosa. Meg sorrise, pensando a quanto fossero teneri, insieme.
Arrivata alla porta del settimo anno, girò lentamente la maniglia ed entrò il più silenziosamente che poté, ma con sua sorpresa anche Fred era sveglio, seduto sul suo letto. Margaret si avvicinò e si acciambellò sul materasso.
«Devo parlarti. Seriamente» sussurrò lei, in modo tale da non svegliare Lee. Lui fece un cenno di assenso, perciò Margaret iniziò.
«Fred, io... io ti amo, lo sai, ma trovo intollerabili queste stupidissime scenate di gelosia. Io non ho mai fatto nulla che potesse ferirti o anche solo darti fastidio, quindi non vedo motivo per cui tu debba comportarti così in certe occasioni. Se qualcuno tenta di infastidirmi, prenditela con lui, non con me. Io voglio solo te, e ti amo come non ho mai fatto in tutta la mia breve vita, e come nessuno ti potrebbe amare, né ora, né mai» bisbigliò lei, decisa, cercando di frenare l’impulso di prenderlo a testate.
«Vieni qua» fece Fred, sospirando, e la avvolse delicatamente tra le sue braccia, baciandole la nuca. «Hai ragione, ho esagerato. E non solo oggi, ma anche diverse altre volte. Lo ammetto: sono geloso! Ma ho paura di perderti, è questo il fatto. Prometto che cercherò in ogni modo di mantenere la calma, la prossima volta, perché tu non c’entri nulla, e lo so. Scusami tanto, Pasticcino» sussurrò lui, tenendola ancora stretta contro il suo petto. Le accarezzò dolcemente i capelli e continuò a cullarla, fin quando non sentì che si era addormentata. Senza osar fare alcun movimento azzardato, scostò le coperte e vi s’infilò dentro, stringendo sempre a sé Margaret, che aveva ritrovato equilibrio e armonia. Non mollò la presa su di lei nemmeno quando stava per addormentarsi a sua volta.
Apparivano uno legato all’altra da una catena invisibile ma ben salda, indistruttibile.


- Angolo dell’autrice

Eccomi tornata con il... diciottesimo capitolo? La mia storia è diventata maggiorenne. *-*
-No, ti prego, non dirmi che fai sul serio!
-Ma queste pseudo battute orrende te le sogni la notte?
-Chiamate uno psicanalista!
George, a che ti serve lo psicanalista?!
-È  per te, infatti, autrice idiota!
Okay, me la potevo proprio risparmiare. Mancano solo tre capitoli alla fine, già! Immagino che in questo momento stiate pensando: “evviva, ci liberiamo di lei!”
Ma tanto torno, mi rifiuto di darvi pace.
Allora, come sempre ci sono delle parti che mi piacciono di più e altre parti che non mi convincono molto, infatti fino a ieri pomeriggio ho apportato alcune piccole modifiche. Spero che il risultato finale non vi sia dispiaciuto!
Il titolo è dello scrittore francese François de La Rochefoucauld, mentre la canzone che apre il capitolo è Jealousy, bellissimo pezzo dei Queen. Brutta bestia, la gelosia!
Okay, adesso chiudo! Ringrazio, come ogni volta, chi recensisce e chi ha inserito la storia tra le seguite, preferite, ricordate, e chi segue la storia silenziosamente! Un vostro parere, comunque, fa sempre piacere!
Ultima cosa, niente spoiler del prossimo capitolo! Ho intenzione di modificarlo un bel po’, non reputo alcuna parte immune alle revisioni! Dovrebbe arrivare abbastanza presto, comunque! Cercherò di non perdere troppo tempo, ma purtroppo le interrogazioni incombono, e lo studio aumenta!
Grazie, grazie, grazie, ancora! 
Un bacione,
Jules

Ultima revisione: 08.02.2015

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Capitolo 19
*** Amore è cieco e gli amanti non vedono le dolci follie che commettono ***



Capitolo 18
 


 
Amore è cieco e gli amanti non vedono
le dolci follie che commettono


 
Cause I want it now 
I want it now 
Give me your heart and your soul 
And I'm breaking out 
I'm breaking out 
Last chance to lose control


 
Un altro mese era passato e si era portato via ciò che restava della festante atmosfera natalizia. Era passata la mezzanotte, e nella Sala Comune di Grifondoro rimanevano solo due persone, accoccolate in un’unica poltrona, davanti al fuoco. La testa di Fred penzolava al lato dello schienale, gli occhi socchiusi, le braccia racchiuse attorno alla vita di Margaret, acciambellata sulle sue ginocchia, con la schiena poggiata contro il suo petto e le mani concentrate a sfogliare avidamente le pagine dell’ultimo di cinque libri letti in meno di due mesi. Ogni tanto corrucciava la fronte o si mordeva le labbra, mentre il suo compagno mugugnava nel sonno parole sconnesse. Margaret fu colta dall’improvviso bisogno di ridere a causa delle frasi senza senso che il suo ragazzo le bisbigliava vicino l’orecchio, necessità che aumentò ancor di più quando questi sobbalzò, le prese il libro dalle mani e lo scagliò di lato. Poi, ancora con lo sguardo perso per via del sonno, si girò a guardarla, tentando di ricordare ciò che aveva da dire. Dopo qualche istante, ributtò il capo all’indietro, riprendendo a mugugnare qualcosa che stavolta doveva riguardare lei.
«Domani. 14 Febbraio. San Valentino.»
«Oh, Fred! Non vorrai dirmi che...» iniziò lei, ma fu subito interrotta da un cenno della mano sbrigativo da parte del suo ragazzo.
«C’è l’uscita a Hogsmeade. Devo... comprare regalo... per te» continuò lui, stavolta cercando di apparire il più sveglio possibile. Margaret sbuffò sonoramente, al che egli sollevò la testa e la guardò, confuso.
«Fred, non voglio nessun regalo, lo sai bene.»
«Ma è San Valentino!» disse Fred, sconvolto: era convinto che tutte le donne amassero, o pretendessero, ricevere regali quel giorno.
«San Valentino è solo una stupida festa, non ho intenzione di festeggiarlo» esclamò Margaret, guardando scandalizzata il suo ragazzo. Poi, però, si addolcì notevolmente quando notò che Fred ci era rimasto davvero male per quel suo rifiuto. Gli accarezzò delicatamente i capelli e si strinse più forte a lui, e poté giurare di aver intravisto un grande sorriso compiaciuto comparire sul suo volto. In fondo, probabilmente quello di non dover comprare chissà cosa alla sua ragazza doveva essere stato un gran sollievo. Margaret alzò gli occhi e incrociò i suoi, poi alzò lievemente il volto per baciarlo e assaporare quel momento di beata intimità. Non appena quel lungo bacio fu terminato, Fred tornò a guardarla con la sua solita aria maliziosa ed eloquente.
«Dobbiamo proprio andarci, a Hogsmeade?» le chiese, facendole l’occhiolino.
«Non ti va per via del raffreddore?» domandò Margaret, le cui guance erano diventate di un pallido rosso ciliegia. Fred fece finta di rifletterci su.
«Hmm... anche! Però, credo che potremmo sfruttare l’occasione per fare qualcosa di più... costruttivo» le sussurrò all’orecchio, scatenandole i soliti interminabili brividi lungo la schiena. Dopo un breve ma intenso bacio, Margaret gli diede la buonanotte e si diresse al suo dormitorio. Fred, invece, rimase un altro po’ su quella poltrona, mentre la sua mente camminava a una velocità impressionante. Si lasciò sprofondare contro lo schienale, facendosi investire da quello splendido tepore che le fiamme emanavano, e rilassò le meningi con la convinzione che l’indomani sarebbe stato un giorno perfetto.


***
 
Il sole splendeva alto attraverso la finestra del dormitorio femminile e si posava sulle ciocche di capelli di Margaret, dando loro degli splendidi riflessi rosso fiamma. Le undici dovevano già essere passate da un pezzo, ma lei ancora non si decideva ad alzarsi. Si girava e rigirava, avvolta in un sonno tormentato, in cerca di qualcosa cui aggrapparsi. Era come incatenata in quell’incubo, come se niente e nessuno potesse aiutarla. Improvvisamente, però, si alzò di soprassalto, sudata, il respiro affannoso, mentre un piccolo gufo le picchiettava allegramente la mano. Impaziente, gli strappò dalle zampe il bigliettino che questi portava con sé, e iniziò a leggere a voce alta nel tentativo di svegliarsi completamente.


Piccola vipera, dormi ancora? È quasi mezzogiorno, ti sei persa la colazione. Ma provvederemo dopo, sta’ tranquilla! Ti aspetto tra mezz’ora in Sala Comune, non tardare. Tutti gli altri sono già andati via, siamo soli.
A dopo, dolcezza.



Margaret, accortasi soli in quel momento del tardo orario, balzò in piedi e si precipitò in bagno per una doccia veloce, poi tornò in camera e si fiondò sul suo baule, perfettamente in ordine.
«Intimo sexy. Sì, ma quale? Nero? No, l’ha già visto. Rosso? No, troppo natalizio. Blu? Hmm... No. Ehi, ma da quando ne ho uno marrone? A me il marrone fa schifo! Okay, questo bisogna farlo sparire. Merlino, ma dov’è quello rosa? Oh, eccolo!» disse tra sé e sé, poi s’infilò la biancheria molto velocemente e si buttò addosso un paio di jeans aderenti e una maglia con un gilet abbinato. Aveva ancora una ventina di minuti. Ne perse una decina per rendere maggiormente definiti e morbidi i suoi capelli, altri cinque per truccarsi lievemente e spruzzarsi un po’ di profumo di orchidea.
Come un fulmine, si fiondò giù per le scale, fino ad arrivare in Sala Comune, vuota, tranne che per un bel ragazzo dai capelli rossi che fissava attentamente il fuoco, le mani intrecciate dietro la schiena. Silenziosamente, senza farsi notare, Margaret avanzò lentamente ma in modo deciso verso di lui, poi poggiò delicatamente le mani sulle sue spalle, al che egli si girò di soprassalto. Non appena la vide, il suo volto si allargò in uno splendido sorriso. Le racchiuse la vita tra le braccia e prese a baciarla il più dolcemente che poté, sfiorando con la lingua le sue labbra per chieder loro quell’accesso che non gli era mai stato negato. Quando finalmente ebbe abbandonato la sua bocca, tornò a concentrarsi sui suoi occhi verdi e sulla luce che essi emanavano.
«Sai di orchidea. È quello che mi piace di più, sai?»
«Allora vuol dire che dovrò comprarne qualche altro flacone.»
«È quasi l’ora di pranzo, scendiamo?» le domandò, sorridendo ancora. Lei annuì, poi lo prese per mano e, insieme, s’incamminarono per la Sala Grande. Il pranzo era ottimo, come sempre, ma era reso ancora migliore dal fatto che fossero completamente soli, ad esclusione ovviamente dei ragazzini del primo e secondo anno. Finirono in molto meno di un’ora il pranzo, poi si diressero nuovamente in Sala Comune, dove il fuoco del camino scoppiettava allegramente.
«Sali su al mio dormitorio, tra cinque minuti ti raggiungo» le sussurrò Fred, prima di darle un tenero bacio sul naso e di allontanarsi velocemente.

Margaret, che improvvisamente si era ritrovata a sentire nuovamente un certo sfarfallio nello stomaco, fece ciò che il suo ragazzo le aveva appena detto e, dopo aver chiuso la porta, si portò alla finestra. Sentiva molto caldo, anche se l’ambiente esterno era tutt’altro che mite. Sapeva che lui sarebbe tornato presto, e allora sarebbero rimasti loro due, soli in quella stanza. Era capitato anche in altre occasioni, ma stavolta era diverso: nessuno sarebbe rientrato da Hogsmeade prima del calar del sole. Mentre il suo cervello lavorava freneticamente, due mani ben conosciute le strinsero con decisione i fianchi, e una bocca tanto adorata si posò nell’incavo del suo collo, lasciando baci che le facevano ardere la pelle.
Trattenne il respiro mentre lui faceva aderire il suo corpo a quello di lei, schiacciandola contro il muro. La fece girare, poi, e le strinse i polsi, portandoli ai lati della sua testa; si baciarono con quanta più passione avevano, una passione ad alcuni tratti violenta, piena di desiderio. Fred fece scivolare le sue mani su tutto il corpo di lei, mentre Margaret faceva la stessa identica cosa. Interruppero il contatto tra le loro labbra e si persero l’uno negli occhi dell’altra, così belli e pieni di sentimenti profondi.
«Se... Se non vuoi... possiamo anche... evitare» sussurrò lui, serio e un po’ imbarazzato.
«L’unico modo per liberarsi da una tentazione è concedersi ad essa1» ribatté dolcemente lei, che riprese a baciarlo. Lui rise sottovoce e le sbottonò il gilet, poi portò le mani sotto la maglietta di lei e incominciò ad accarezzarla delicatamente.
«Dovremo concederci fino alla morte, allora» commentò Fred, mentre le tirava via la maglia.
«La cosa non mi dispiace affatto» sospirò lei, stringendo insistentemente tra le mani i capelli di lui, il quale adesso era impegnato a sfilarle via i pantaloni. Lei, poi, lo fece risollevare e gli tolse i vestiti che aveva addosso.
«Pizzo rosa, eh? Stevens, ci sai fare!» disse Fred, sorridendo, prima che le loro labbra fossero nuovamente impegnate in un turbinio di morsi e baci pieni di desiderio. Margaret quasi non scoppiò a ridere.
«Ne ho anche uno marrone.»
«Marrone? Merlino vendicatore, mi fa schifo» commentò lui, divertito, prima di riprendere a baciarla, per poi farla indietreggiare fino a toccare il bordo del letto, sul quale cadde, portando il suo ragazzo sopra di lei. Questi le portò via la biancheria e lasciò che le delicate mani di lei facessero lo stesso con la sua, cosa che gli procurò un’immensa sensazione di sollievo. Posò lo sguardo sulla donna che stava sotto di lui, e non poté fare a meno di pensare quanto fosse bello il suo corpo nudo e quanto meraviglioso fosse il contatto tra la loro pelle. Posò le mani e il suo volto su quello di lei e cominciò per l’ennesima volta a baciarla con intensità, poi iniziò a muoversi dolcemente.
«Sei bellissima» le sussurrò tra un bacio e l’altro, e lei sorrise. Era stupenda in ogni singolo suo gesto, anche il più naturale, il più spontaneo. La voglia di spingersi oltre, però, sembrò impadronirsi totalmente di lui, e lei parve capirlo.
«Fred, mi raccomando» bisbigliò Margaret sulle labbra di lui, con un tono che sembrava quasi al limite del minaccioso. Questi, con molta attenzione, approfondì lentamente il contatto, e subito sentì le unghie di lei insistere maggiormente contro la sua schiena. Pian piano iniziò a muoversi con sempre maggiore velocità, i suoi sospiri si mischiavano ai gemiti di lei. La mente di entrambi era totalmente vuota, i loro corpi così intrecciati da confondersi l’uno con l’altro, da sembrare una cosa sola. Andarono avanti per diversi minuti, fino a quando non furono travolti quasi contemporaneamente da un piacere immenso, imparagonabile a qualsiasi altra cosa. Rimasero avvinghiati per ancora un po’ di tempo, gustando il sapore della loro pelle; poi Fred ricadde accanto a lei e la strinse a sé, coprendo entrambi con il lenzuolo e sprofondando con il viso tra i suoi capelli.
«Ti amo» le sussurrò all’orecchio, prima di posarvi un bacio.
«Ti amo anch’io» disse piano lei, poggiando la testa sul suo petto, mentre un sorriso le si allargò sul volto. Stettero lì a fissarsi per quelli che parvero secoli, fieri di quella speciale complicità che li univa. Poi, si accoccolarono sotto le coperte, stretti come non mai, e si lasciarono cullare dal tepore emanato dai loro stessi corpi.
 

***
 
La neve era ancora alta e aveva preso pieno possesso delle strade e vie del villaggio di Hogsmeade, rendendo più difficile il passaggio, e due figure camminavano abbracciate in cerca di un posto dove rifugiarsi. George, che aveva ceduto il suo cappotto a Hermione, avanzava a passo svelto, trascinandosi dietro la sua ragazza. Arrivarono rapidamente di fronte ad una locanda e vi entrarono, decisi a ripararsi da quel freddo pungente. Il giovane si diresse a uno dei tavoli, prendendovi posto, ed Hermione lo imitò, evidentemente disgustata.
«Che c’è?» le chiese lui, sorpreso, che doveva essersi accorto che qualcosa doveva non andarle bene. Lei inarcò il sopracciglio, leggermente irritata. Incrociò le braccia contro il petto, pronta a mostrargli tutto il suo disappunto.
«George, mi hai portata alla... alla Testa di Porco?»
«E allora? Cos’ha che non va?» le domandò George, sgranando gli occhi. Lei spalancò la bocca, interdetta, e fece volare lo sguardo sull’ambiente attorno a lei.
«Fa orrido!»
«Ha il suo fascino!»
«Avrà anche il suo fascino, ma è da brivido!»
«Preferisci stare lì fuori, al gelo?» disse lui, scettico. Hermione fece per ribattere, ma non trovò nulla da dire, quindi si morse il labbro, come se avesse voluto trattenersi dall’impulso di tirargli una scarpa in testa. George sorrise, compiaciuto, e ordinò da bere, pensando a quanto fosse bello e soddisfacente stuzzicarla in ogni singola occasione e assistere alle sue reazioni irate. In quel momento, entrò nel pub un altro piccolo gruppo di persone, che occupò subito posto a un tavolo. George si voltò in quella direzione, scorgendo Angelina e Alicia, in procinto di prendere da bere. Queste lo salutarono con dei sorrisi radiosi, poi si guardarono intorno.
«Maggie e Fred non ci sono?» gli chiese Angelina.
«No, ehm... Fred ha un po’ di raffreddore, è rimasto al castello. Meg gli sta facendo compagnia, sai...»
«Immagino proprio che tipo di compagnia!» commentò Alicia, che subito dopo cominciò a parlare fitto con l’amica. George, sorridente, si voltò a guardare la sua ragazza, che lo fissava con sguardo corrucciato. Rimase spiazzato per qualche istante, poi le prese la mano che teneva sul tavolo.
«Dai, parlami. Che hai?» le chiese lui, dolcemente. Lei diede in una noncurante alzata di spalle.
«Assolutamente nulla» disse, quindi, in tono distaccato.
«Non me la bevo, lo sai» la ammonì George, indispettito. Hermione sbuffò sonoramente.
«Vorrei tanto sapere cos’hanno da guardare!» sbottò, infine, la ragazza, lanciando occhiate di fuoco ad Angelina e Alicia, totalmente immerse in una conversazione con gli altri ragazzi. George spalancò occhi e bocca.
«No, Herm, voglio dire: non stanno proprio guardando nessuno!»
«Sì, invece! Adesso non lo fanno perché sanno che le sto tenendo d’occhio, ma sono sicura che stiano aspettando con ansia che io mi distragga!»
«Herm, tesoro: hai forse mangiato pane e follia? Stai delirando, deve essere la puzza di chiuso che ti sconquassa il cervello.»
«George, non prendermi in giro!»
«Musona, non sarai mica gelosa!»
«Io? Ma cosa... George, insomma! Io non... Io non sono gelosa! Io...» tentò di giustificarsi lei, che divenne subito viola e si ammutolì. Prese a guardarsi le scarpe, cercando in esse qualcosa di estremamente interessante, quando sentì una mano posarsi delicatamente sul suo viso per sollevarlo. Incontrò le luminose iridi azzurre di George, che le sorrideva caldamente, e questo la fece sciogliere come neve al sole. Il ragazzo la prese per mano, poi la condusse fuori dal locale e la strinse forte a sé, respirando a pieni polmoni il suo profumo. Gli piaceva quella sensazione, quel calore che sentiva dentro il petto, che lo riscaldava anche quando fuori si gelava. Le prese il volto tra le mani e la guardò negli occhi, come se con un solo gesto avesse voluto trasmetterle tutte le emozioni che quel momento gli stava procurando. Posò le labbra sulle sue, nel tentativo di suggellare quell’attimo di pace, e si chiese chi fosse così pazzo da voler spontaneamente rinunciare a qualcosa di talmente bello, che riesce a completare così bene e con pienezza ogni singola parte di te. Una volta che quel lungo bacio fu giunto al termine, George tornò a far incrociare i loro occhi, e da quelli di lei poté capire che era felice.
«Buon San Valentino, musona» le sussurrò all’orecchio.
«Buon San Valentino, insopportabile di un Weasley» gli disse Hermione, stringendosi ancor di più a lui.
George le mise una mano tra i capelli e le fece poggiare la testa sul suo petto, sperando che potesse sentire il suo cuore battere all’impazzata. Poi, sorrise: si stava bene sotto la neve.

1: Oscar Wilde.


- Angolo dell’autrice

Hi, lovely readers! Cosa ve ne pare di questo nuovo capitolo? L’ho modificato fino a ieri sera, spero che tutto sommato sia risultato quantomeno decente!
Il titolo è un aforisma del carissimo William Shakespeare, mentre la canzone in apertura è, indovinate un po’, la mia canzone preferita, Hysteria, dei Muse.
Bene! Faccio i soliti ringraziamenti a chi recensisce e a chi segue la storia, e vi invito a farmi sapere cosa vi pare di questo nuovo capitolo! ;)
Lo spoiler del prossimo lo metto, però state attenti: potrebbero cambiare anche qui un bel po’ di cose. Quindi, se magari c’è qualcosa di diverso, sappiate che vi avevo avveriti! ;)
Adesso chiudo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi ringrazio nuovamente!
Un bacione, 
Jules


- Dal prossimo capitolo:

Margaret alzò lo sguardo dalla pergamena e lo posò sui due, e ciò che vide la fece inevitabilmente sorridere. Apparivano entrambi estremamente concentrati, e sfoggiavano delle espressioni corrucciate che raramente si addicevano loro; Fred si mordeva le labbra e si grattava il mento con la piuma, George, invece, fissava il cielo, pensieroso. Margaret diede una leggera gomitata ad Hermione, che spostò gli occhi prima su di lei, poi sui due gemelli. Istintivamente, scosse la testa, sorridendo.

Ultima revisione: 09.02.2015

 

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Capitolo 20
*** Se non ci fosse l'inverno, la primavera non sarebbe così piacevole ***



Capitolo 19
 


 
Se non ci fosse l’inverno,
la primavera non sarebbe così piacevole

 

Say those words, say those words like there’s nothing else
Close your eyes and you might believe that there is some way out
Open up, open up your heart to me now
Let it all come pouring out
There’s nothing I can’t take

 
Il mese di aprile era arrivato più rapidamente che mai, e la tiepida aria primaverile aveva iniziato a investire gli studenti, portando con sé una certa allegria. Tuttavia, le vacanze di Pasqua non erano iniziate nel migliore dei modi. La Umbridge, difatti, aveva scoperto l’esistenza dell’ES, Esercito di Silente, e aveva ottenuto l’incarico di Preside, dato che quest’ultimo era stato costretto a lasciare la scuola. Inoltre, gli esami finali si avvicinavano, e gli studenti del quinto e del settimo anno erano più impegnati che mai.
Margaret era seduta vicino al Lago Nero, riparata da una grande quercia, ed era concentrata a portarsi avanti con i compiti di Incantesimi. Accanto a lei si trovava Hermione, anche lei persa nello studio, mentre Fred e George, poco più in là, progettavano un nuovo prodotto per il negozio che avevano intenzione di tirar su. Margaret alzò lo sguardo dalla pergamena e lo posò sui due, e ciò che vide la fece inevitabilmente sorridere: apparivano entrambi estremamente concentrati, e sfoggiavano delle espressioni corrucciate che raramente si addicevano loro; Fred si mordeva le labbra e si grattava il mento con la piuma, e George, invece, fissava il cielo, pensieroso.
Diede una leggera gomitata a Hermione, che spostò gli occhi prima su di lei, poi sui due gemelli. Istintivamente, scosse la testa, sorridendo.
«Quei due che pensano: dovremmo immortalare questo momento» disse lei, mettendo da parte il libro di Antiche Rune.
«Se lo raccontassimo in giro, non ci crederebbe nessuno» commentò Meg, poggiando la testa contro il tronco dell’albero e lasciando che la tiepida brezza di aprile le solleticasse il volto e i capelli. Pensò che sarebbe stato bello rimanere lì tutto il giorno, indisturbata e immersa in quel piacevole momento di relax.   

«Cosa... Come avete fatto a rimanere così legati? Insomma, nonostante la lontananza» le domandò all’improvviso Hermione, e Margaret parve felicemente sorpresa da quella domanda. Poggiò sul prato il foglio di pergamena e la piuma e incrociò le braccia davanti alle gambe, continuando sempre a fissare divertita ogni mossa o atteggiamento buffo del suo ragazzo e del suo migliore amico.
«Be’, sai... Io, Fred e George siamo sempre stati molto legati. Quando sono partita, è stato davvero un duro colpo. Ricordo che la notte non facevo altro che piangere, e per di più mangiavo pochissimo. Strano a dirsi per me, no? Mia madre non ce la faceva più a vedermi così, dunque, dopo due settimane scarse, pensò che la cosa migliore fosse quella di tornare insieme a me in Inghilterra, e papà era d’accordo, anche se ciò avrebbe significato stare lontano da me e mia madre per tanto tempo... e vederci solo una volta ogni tanto. Ma a mamma non fu concesso il trasferimento dopo così poco tempo: dovevano passare almeno due anni, e di certo non poteva licenziarsi» spiegò, rievocando quegli istanti con un certo malessere. Non sarebbe mai riuscita a dimenticare la sofferenza provata in quegli anni.
«E allora?»
«Quei due anni passarono, ma ormai il tempo era passato anche per me. Ero riuscita a tranquillizzarmi, avevo superato il trauma, anche se quella lontananza mi ha sempre procurato un dolore immenso. Ci siamo sempre tenuti in contatto, ovviamente: ci spedivamo lettere ogni due giorni, e con esse anche migliaia di fotografie. Ma quando, lo scorso agosto, arrivai all’aeroporto di Londra... be’, non so se riesci a immaginare. Quando entrai in quella camera e vidi le loro espressioni incredule, il mio cuore perse qualche battito, e si riempì di una gioia immensa. Passarono i giorni, e il nostro legame divenne ancora più saldo di un tempo. A nove anni, consideri un tuo coetaneo come un amichetto di giochi, anche se ci cresci insieme. Con l’età, però, il rapporto diventa più profondo, solo che tramite delle lettere non lo si nota più di tanto. Passando nuovamente del tempo con loro, quindi, potei accorgermi di alcune cose» ammise, lasciandosi sfuggire un sorriso che, di certo, non passò inosservato all’amica.
«Ad esempio?» le domandò questa, infatti, molto incuriosita.
«Ad esempio... Sai, iniziai a vedere George non più come un amico, ma come il fratello che non ho mai avuto: lui sa cosa mi piace e conosce ogni mia debolezza, forse un po’ più di Fred. Sa a memoria ogni mia paura o aspirazione, desiderio, progetto, coglie al volo ogni mio singolo pensiero, riesce a decifrare i miei sguardi. È diventato il mio migliore amico senza fare alcuno sforzo, e quando guardo nei suoi occhi, so che lui sta leggendo dentro la mia mente. So che mi posso fidare, che se dovessi averne di bisogno, lui sarà sempre qui, pronto ad ascoltarmi e a farmi piangere sulla sua spalla per poi aiutarmi a combattere. È un pezzo fondamentale della mia vita.»
«Fred, invece? Avanti, come hai capito di star provando qualcosa per lui?»
«Fred... be’, la situazione diventa più complessa. Nelle sue lettere si poteva sempre intravedere qualcosa di diverso da quelle di George: erano più sofferte. Sai, quando passavo la notte alla Tana, o loro a casa mia, io e lui dormivamo quasi sempre nello stesso letto. Era l’unica cosa che condividevamo solo noi due. Quando, dopo tanti anni, una sera mi ha salvata dalla mia desolazione e abbiamo dormito nuovamente insieme... be’, non so cos’è successo, ma posso giurarti che quando mi sono svegliata, l’indomani, sentivo le farfalle nello stomaco e che non desideravo altro che restare per sempre tra le sue braccia. Posso affermare con ogni tranquillità che, molto probabilmente, stavamo già insieme ancor prima che lui si dichiarasse. Eravamo più affiatati che mai, la giornata ruotava attorno alle esigenze dell’altro... Il modo in cui ci guardavamo, ci sfioravamo, parlavamo. Gesti di affetto più sentiti, manifestazioni più o meno evidenti e abbastanza frequenti di gelosia... Entrambi avevamo capito che sarebbe finita così» finì Margaret, sorridendo e non distogliendo lo sguardo dal suo ragazzo, ancora profondamente perso in svariate riflessioni.

Hermione si concentrò invece su George, e contemporaneamente iniziò a riflettere sulle parole dell’amica. Quello di Margaret era stato un vero e proprio colpo di fulmine, qualcosa che accade raramente, ma che quando si verifica lascia il segno, come un marchio indelebile. Era stato improvviso, non cercato, ma era successo. Si sentì un po’ confusa, anche preoccupata, e comprese che non sapeva cosa voleva realmente. Meg parve leggerle nella mente, difatti le poggiò una mano sulla spalla e le rivolse un amabile sorriso.
«So a cosa stai pensando. George è un ragazzo meraviglioso, eccezionale, e tu gli piaci davvero tanto! In un certo qual modo, lo hai affascinato. Ma se non ti senti pienamente sicura, be’... Sei in pieno delle tue facoltà decisionali, no?» disse Margaret, ed Hermione prese a torcersi le dita.
«Meg... George è fantastico, e mi piace molto, ma mi sento così confusa! Ci sono momenti in cui il mio corpo è totalmente invaso da un’immensa sensazione di felicità, momenti in cui riesce a farmi stare così bene che credo di poter toccare le stelle con un dito... Ma ce ne sono altri in cui non capisco cosa voglio, in cui penso che sia tutto troppo affrettato... e strano! Non abbiamo nulla in comune, siamo tremendamente diversi, troppo. Non fraintendermi, con lui sto bene, ma siamo agli estremi opposti, non so se riesci a capirmi.»
«Lui sta cercando in tutti i modi di farti sentire la ragazza più fortunata dell’Universo, e in un certo senso lo sei, come lo sono io. Può capitare di essere indecisi, ma permettimi di dirti una cosa: se solo tu dovessi decidere di provarci, di tirare avanti per qualche altro mese, sappi che non te ne pentirai. Quando lo conoscerai in ogni piccola sfaccettatura, potrai capire se ne vale la pena o no, solo allora. Può darti davvero tanto, tantissimo.»
«Spero che tu abbia ragione» mormorò Hermione, lo sguardo sempre fisso sulle sue scarpe. Più quel conflitto interiore cresceva, più si sentiva estremamente stupida. George le piaceva, allora perché si comportava in quel modo? Cercava in tutti i modi di non darglielo a vedere, di far finta di non sentire quel tormento che la affliggeva, ma quando si ritrovava sola con se stessa, ecco che non poteva fare a meno di far viaggiare la sua mente attraverso tutte quelle piccole considerazioni che il suo cervello elaborava durante la giornata. Pensò che Margaret avesse ragione, che avrebbe dovuto aspettare del tempo per riuscire a capire se ne valeva la pena o meno, se fosse stato il caso di continuare o di troncare il tutto prima che uno dei due potesse starci davvero male. A volte provava ad attribuire la colpa di tutto quello che le stava succedendo allo stress e all’ansia per gli imminenti esami, ma non era poi così sicura che si trattasse di questo.
Ogni sua remora, però, non poteva che crollare di fronte al sorriso che il suo ragazzo le rivolgeva ogni volta che incrociava il suo sguardo, oppure quando le loro mani s’incontravano per intrecciarsi l’un l’altra.
Non appena questo pensiero le si fu presentato davanti, si alzò di botto e corse verso George; questi si ridestò dai suoi pensieri e la guardò, sbalordito, mentre lo prendeva per mano e lo costringeva ad alzarsi. Poi, lo tirò verso di sé e gli avvolse le braccia al collo, mentre lui le serrava la vita e si lasciava baciare teneramente. Per lo stupore, però, perse l’equilibrio, così entrambi finirono distesi sul prato, ma non smisero di ridere e baciarsi.

Fred, sbigottito anche lui, capì che per gli affari ci sarebbero stati altri momenti, dunque gettò un’occhiata divertita alla sua ragazza, che sorrideva compiaciuta di fronte a quella scena, e andò a sedersi accanto a lei, abbracciandola. La guardò negli occhi, cercando di trovare la forza di dirle quello che doveva.
«Amore, devo parlarti» le disse, infine, serio. Meg inarcò il sopracciglio, insospettita.
«Hai forse intenzione di mollarmi per qualche insulsa ma a tuo parere nobile ragione?» gli domandò, un filino minacciosa. Lui rise, poi scosse la testa.
«Ma neanche per sogno! Devo solo... dirti una cosa.»
«Spara, allora: via il dente, via il dolore! Che cosa sarà di così grave?»
«Io e George ce ne andiamo» buttò lì Fred, deciso a rendere la cosa il più indolore possibile. Margaret rimase spiazzata per un momento, ma si riprese subito dopo.
«No, allora. Potresti spiegarti meglio, per favore?» gli chiese lei, evidentemente confusa.
«È da un po’ di tempo che ci pensiamo, e abbiamo deciso che non ha senso sprecare altro tempo qui, a Hogwarts.»
«Sprecare tempo? Fred, stiamo parlando della vostra istruzione!» gli ricordò Meg, scandalizzata, ma lui le puntò contro l’indice.
«Non vorrai somigliare a mia madre, spero!»
«Per gli slip di Merlino, ha ragione! Lo dice per il vostro bene!»
«Maggie, è inutile che insisti! Il progetto per il negozio è pronto, e noi vogliamo metterlo in atto immediatamente, dato che abbiamo anche trovato il locale!»
«Ma potreste quantomeno aspettare la fine della scuola! È una follia, dannazione!» urlò Meg, sconvolta, attirando l’attenzione di un bel po’ di studenti.
«Uuuh, attenzione! Codice rosso, allerta massima, si salvi chi può!» esclamò George, in lontananza, rivolto al fratello. Evidentemente, entrambi si aspettavano una reazione simile.
«George, sta’ zitto! Fred, tu devi esserti bevuto il cervello! Non sei mai stato un luminare, ma non ci vuole un genio per capire che terminare gli studi è importante! Insomma, dovresti imparare a essere più responsa-... Ma che diavolo fai?» sbottò lei, in quanto Fred aveva deciso di approfittare di un suo momento di distrazione per gettarlesi addosso. Ignorando le sue lamentele e i suoi mormorii minacciosi, prese a baciarla con dolcezza, le dita delle mani che s’intrecciavano e il profumo della loro pelle e delle loro labbra che si mescolava in un’unica fragranza.

Finalmente, quando percepì che la sua ragazza doveva essersi ormai lasciata alle spalle quel piccolo battibecco di pochi momenti prima, interruppe quell’attimo e la aiutò a riprendere la posizione di prima, poi la strinse nuovamente a sé e le fece poggiare la testa sul suo petto.
«Mi sa che non c’è modo di convincervi. Sentiamo, com’è che volete andarvene?»
«Vedrai, bellezza, vedrai.»
«Mi raccomando, niente di potenzialmente compromettente per la vostra salute!»
«Hmm, non posso garantirtelo, sai come siamo fatti» commentò Fred, che subito dopo scoppiò a ridere, coinvolgendo anche Margaret. «Mi mancherai, piccola» le sussurrò poi, dolcemente, mentre le accarezzava i capelli.
«Oh, amore, anche tu. Ma sta’ attento: se scopro, perché io vengo a sapere tutto, che fai l’idiota con altre donne durante la mia assenza, giuro che ti uccido!»
«Ah, non posso?» scherzò il ragazzo, beccandosi un pizzicotto sul braccio.
«Fred, ti avverto: ti spacco la faccia.»
«Ehi, scherzo! Devi fartelo dire per forza che sei una piccola vipera?» sbuffò allegramente Fred, divertito nel vedere lo sguardo corrucciato della sua ragazza. Lei incrociò le braccia, nel tentativo di apparire indifferente.
«Stavo soltanto sottolineando una questione importante, che è quella delle proprietà: mi appartieni, ormai possiedo i diritti a pieno titolo!»
«Pff, non sei tu quella che deve preoccuparsi! Anzi, vedi di aprire bene gli occhi: senza di me nei paraggi, tutti quei pervertiti ti staranno alle calcagna come degli avvoltoi.»
«Uh-uh, la scuola è piena di ragazzi carini!» scherzò Meg, curiosa di vedere la reazione di Fred, che non tardò a diventare violaceo.
«Simpaticona, ti credi divertente? Sottolineiamo anche questo: tu sei solo ed esclusivamente mia. Qualcosa in contrario?»
«Dove sta scritto?» lo provocò ancora Margaret, ma lui, stavolta, era preparato.
«Nella tua famosa questione delle proprietà, no?» soffiò sulle sue labbra, prima di perdervisi nuovamente. Aveva intenzione di assaporare quel momento per istanti che dovevano sembrare ad ogni costo eterni, interminabili. Poi, soddisfatto, tuffò il viso tra i suoi capelli, concentrandosi a respirare il profumo di quel dolce pomeriggio di primavera.

 

And if there’s love just feel it
And if there’s life we’ll see it
This is no time to be alone, alone
I won’t let you go



- Angolo dell’autrice

Sì, manca solo l’ultimo capitolo! Chissà cosa vi ho preparato, eh? Spero di non farvi aspettare troppo per quello, ma non posso garantire nulla: deve essere sottoposto a ragionevoli modifiche!
Bene, spero che questo capitolo vi sia piaciuto! So che non è il massimo, ma mi serviva un capitoletto che traghettasse la storia al finale (temporaneo, eh!).
Il titolo è tratto dall’aforisma della poetessa statunitense Anne Bradstreet, mentre la canzone è I Won’t Let You Go, di James Morrison.
Un ringraziamento a chi segue la storia, se volete lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate, non potete che farmi un immenso piacere! :)
Un immenso grazie, ancora!
Un bacione,
Jules


- Dal prossimo (ed ultimo ç_ç) capitolo:

«[...] Ovviamente, sarebbe una soluzione temporanea. Insomma, fino a quando...» iniziò, ma si interruppe a metà frase. Margaret era felicemente stordita, la bocca semiaperta recava l’ombra di un sorriso, e gli occhi erano più sgranati che mai.
«Continua! Non far finta di essere timido, tanto non me la bevo! Fino a quando...?» lo invitò a continuare. Fred parve prendersi di coraggio, dunque trasse un lento respiro e sorrise.


Ultima revisione: 10.02.2015

 

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Capitolo 21
*** "Vorresti rendere migliore questo mio breve sogno?" ***



Capitolo 20
 


 
“Vorresti rendere migliore questo mio breve sogno?”

 

I never knew I had a dream until that dream was you
When I look into your eyes the sky’s a different blue
Cross my heart, I wear no disguise
If I tried, you’d make believe that you believed my lies
Thank you for loving me
For being my eyes when I couldn't see 
For parting my lips when I couldn’t breathe
Thank you for loving me

 
L’Espresso di Hogwarts sferragliava velocemente da ormai diverse ore, e Margaret si era addormentata contro il finestrino, con un libro in mano e con il caldo sole di fine giugno che risplendeva sui suoi capelli. Finalmente poteva godere di un meritato riposo, soprattutto dopo l’impegno che aveva messo nello studio per superare gli esami: dopo che Fred e George avevano lasciato la scuola, infatti, Margaret era riuscita a trovare un po’ più di tempo da dedicare alla preparazione, nonostante un’iniziale noncuranza e distrazione. Era sicura di aver dato il massimo e, se così fosse stato, avrebbe certamente ottenuto tutti i suoi M.A.G.O. con voti davvero molto alti.
Era ancora molto indecisa riguardo al lavoro che voleva intraprendere: aspirava ad entrare al Ministero, come fece suo padre, nell’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia, ma la invogliava anche l’idea di dedicarsi al giornalismo; era molto abile anche con le Pozioni, e non sarebbe stato nemmeno male tentare di entrare a far parte di una qualche squadra di Quidditch femminile come Battitore. Mille idee differenti si affollavano nella sua testa, una più allettante dell’altra.
Il treno rallentò, e gli studenti iniziarono a radunare tutto ciò che era di loro proprietà. Ginny si avvicinò a Margaret e cominciò a picchiettarle la spalla affinché si svegliasse.
«Che... Che c’è?» chiese, assonnata, mentre il sole accecante le faceva bruciare gli occhi.
«Siamo arrivati, Meg» la avvertì l’amica e, a quelle parole, Margaret si alzò di scatto e prese di fretta e furia il suo baule; poi, si precipitò fuori, trascinandosi dietro una confusa Ginny.

Quando fu dato loro il via, attraversarono la barriera e si ritrovarono a King’s Cross. Emozionata, si guardò intorno alla ricerca di un volto conosciuto, fino a quando non lo vide: Fred era lì, con le spalle poggiate contro la parete, che la guardava con il suo classico sorriso eloquente. Quando notò che lei lo aveva visto, s’incamminò nella sua direzione, felice come non mai, e lei gli corse incontro. Lui la prese in braccio, facendola volteggiare, poi le portò il viso contro il suo e la baciò con tanta intensità da recuperare in un solo istante due mesi di carestia. Poi, le permise di poggiare nuovamente i piedi sul suolo, ma la abbracciò ancora più forte di prima.
«Mi sei mancata tanto, Pasticcino» le sussurrò, con un sorriso.
«Mi sei mancato tanto anche tu, Purè di Patate!» disse Meg allegramente, con il volto schiacciato contro il petto di Fred. Questi fece una smorfia.
«Tesoro, non chiamarmi mai più così: fa orrido!» fece, con voce disgustata, e Margaret scoppiò a ridere. Si staccò dalla stretta e guardò in direzione del gruppetto di persone che salutava allegramente Harry, Ron, Ginny ed Hermione, così scorse i suoi genitori, intenti a fissarla amorevolmente. Corse verso di loro e si lasciò stritolare e arruffare i capelli, poi salutò anche Arthur e Molly Weasley, finché un’altra voce familiare non la riscosse.
«Zuccherino!» esclamò George, che aveva appena salutato i signori Granger e adesso cingeva la vita di Hermione.
«Pan di Zenzero!» disse Margaret, tuffandosi tra le braccia del gemello. Anche lui la fece volteggiare un paio di volte, fin quando Fred non tornò nuovamente da lei e la prese per mano.
«Ti va di fare un giro? Ho qualcosa da farti vedere» le sussurrò all’orecchio, e lei acconsentì. Fred lanciò un’occhiata furba al fratello e comunicò a Molly che sarebbero arrivati alla Tana in tempo per la cena, e dopodiché si allontanò, portando con sé la sua ragazza.

Si Materializzarono vicino al Paiolo Magico, ma prima di varcarne la soglia, Fred vide un fioraio sulla sinistra, così chiese a Margaret di aspettarlo lì. Quando tornò, non aveva nulla in mano, ma lei decise di non porgli alcuna domanda. Cinque minuti dopo, erano arrivati a Diagon Alley, e allora Meg si chiese cosa ci facessero lì.
«Perché mi hai portata qui?» gli domandò, incuriosita, ma lui non la degnò di alcuna risposta, limitandosi solamente a sorridere e a tirare avanti. Dopo qualche minuto, finalmente, ella comprese il motivo di quella passeggiata, e il suo voltò non poté fare altro che illuminarsi.
«Oh, Fred! È... È meraviglioso!» esclamò, non appena fu di fronte alla vetrina dei Tiri Vispi Weasley.
«Aspetta di vedere l’interno» disse lui, aprendo la porta e facendo entrare Meg.
Quest’ultima fu convinta di non aver mai visto un negozio così bello in vita sua; era tutto molto colorato: sugli scaffali si poteva trovare ogni tipo di prodotto, e ogni cosa emanava un’allegria immensa. Sentì le braccia di Fred avvolgerla da dietro e il suo profumo al muschio penetrarle i polmoni.
«Mi piace infinitamente. Sono senza parole!» commentò Meg, continuando a sorridere. Lui fece lo stesso.
«I guadagni sono strabilianti, ed essendo i primi mesi il lavoro è proprio tanto, così abbiamo preso anche l’appartamentino di sopra.»
«Deve essere stata una soddisfazione immensa.»
«Mai quanto sapere che ti piace. Sono contentissimo, davvero! Potresti lavorare qui, mentre cerchi un impiego… Cosa ne pensi?»
«Non sarebbe una cattiva idea, sai? I risultati degli esami arriveranno verso metà luglio e, quando li avrò avuti, potrò iniziare a cercare qualcos’altro. Accetto!» esclamò Margaret, dopodiché si girò, gli mise le braccia attorno al collo e lo baciò ripetutamente. Fece per spingerlo contro il bancone, presa dall’entusiasmo che quella situazione di piacevole intimità le suscitava, ma Fred la fermò, seppur a malincuore.
«Devo farti vedere l’appartamento, non abbiamo molto tempo. Peccato, l’idea mi allettava parecchio... Ma ci sarà tempo per, ehm... inaugurarlo, non so se mi spiego» le disse lui, facendole l’occhiolino e volgendo uno sguardo corrucciato al negozio, vuoto se non per loro due. Scosse la testa, deciso, e condusse Meg al piano di sopra, dove si trovava un delizioso appartamentino.

Fred si chiuse la porta alle spalle e girò lentamente su se stesso al centro della prima stanza.
«Che te ne pare? Questa è la cucina-soggiorno, in fondo c’è il bagno, sulla sinistra la camera mia e di George e di fronte c’è una stanza in più, non la utilizziamo. È piccolo, ma è...»
«Adorabile! È davvero un amore!» disse Meg, contentissima. Fred le prese le mani e la fece avanzare ancora di più; la guardò, compiaciuto, e le posò un bacio sulla fronte, poi sembrò soppesare qualcosa da dire, mentre lei lo fissava allegramente, incuriosita.
«Meg... Pensavo che... Insomma, mi chiedevo se ti andrebbe di venire a vivere qui, insieme a me. In tre non staremo scomodi: come ti ho detto, quella stanza è inutilizzata, potremmo adibirla a camera da letto. Ovviamente sarebbe una soluzione temporanea. Insomma, fino a quando...» iniziò, ma s’interruppe a metà frase. Margaret era felicemente stordita, la bocca semiaperta recava l’ombra di un sorriso, e gli occhi erano più sgranati che mai.
«Continua! Non far finta di essere timido, tanto non me la bevo! Fino a quando...?» lo invitò a continuare. Fred parve prendersi di coraggio, dunque trasse un lento respiro e sorrise.
«Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo di un sogno è racchiusa la nostra breve vita1»
«Cosa?» domandò Margaret, confusa. Fred rise, poi riprese.
«Vorresti rendere migliore questo mio breve sogno
«Fred, io... io non ti capisco, lo giuro!» esclamò lei, esasperata, ma rimase paralizzata una volta che Fred ebbe preso un piccolissimo mazzo di orchidee dalla tasca interna del giubbotto e, con un colpo di bacchetta, lo ebbe ingrandito. Lui posò lo sguardo su di lei; poi, con la mano non impegnata, prese dalla tasca dei jeans un piccolo cofanetto di velluto rosso. Quando lo aprì, al suo interno si trovava un bellissimo anello ricoperto di diamanti a scalare, con quello centrale poco più grande degli altri. Margaret, presa alla sprovvista, si portò le mani al viso, non riuscendo a credere ai propri occhi. Fred le s’inginocchiò di fronte, i fiori in una mano, l’anello nell’altra.
«Margaret Sadie Eleanor Stevens. Ci conosciamo da quasi un ventennio, da prima che imparassimo a parlare. Sei stata, per tutti questi anni, una delle persone a me più vicine, una delle più significative, importanti. Tutto quello che abbiamo passato insieme ci ha resi più uniti, e credo che fosse destino che arrivassimo a questo. So che è una follia, so che sto per chiederti qualcosa di assurdo, qualcosa che non mi sarei mai sognato di fare a diciotto anni da poco compiuti. So che sopportarmi per tutta la vita sarà un’impresa continua, e quindi ti chiedo scusa in anticipo per le crisi di nervi che ti procurerò, per i calzini che lascerò sparsi per casa, per gli innumerevoli pranzi bruciati che cucinerò, e per tanto, tanto altro ancora. Ma, lasciando queste considerazioni per tempi futuri... vuoi sposarmi?» le chiese, speranzoso, e lei per poco non svenne.
Lo studiò per diversi istanti, pensando che sarebbe stato opportuno avere con sé una macchina fotografica per immortalarlo in quell’atto di riverenza. Ma gli occhi le si riempirono di lacrime di una gioia immensa, mentre un nuovo enorme sorriso le si allargava sul volto. Si gettò sul ragazzo che aveva davanti a sé, facendogli perdere l’equilibrio e cadere disteso sul pavimento.
«Sì, Fred! Sì, voglio sposarti! Voglio farlo, anche se è irrimediabilmente folle!» quasi urlò lei, dopodiché prese a riempirlo di baci su tutto il viso, mentre lui si godeva quel momento di totale ma piacevole impotenza.

Non appena Meg ebbe finito di coccolarlo, si alzarono entrambi e lui le infilò l’anello al dito, poi le porse i fiori e gliene mise uno tra i capelli. Margaret, subito dopo aver annusato le orchidee, posò il mazzo in un vaso d’acqua e tornò da Fred, che la attirò a sé e la strinse dolcemente.
«E quindi sarai la futura signora Weasley: come ti senti a riguardo?» le domandò scherzosamente.
«Signora Stevens in Weasley, prego! Come mi sento? Felice... ed emozionata.»
«Però, non mi hai ancora detto cosa pensi della mia prima proposta!» le ricordò, in un finto tono di rimprovero.
«Credevo che fosse ovvio, no? Certo che vengo a vivere qui con te» puntualizzò lei, e Fred la sollevò da terra e la strinse ancora più forte a sé. Dopo averla lasciata andare, portò il baule della ragazza nella stanza che condivideva con George; poi, tornò da lei, la prese per mano e iniziò ad incamminarsi per uscire.
«Stanotte dividiamo il mio letto, domani magari ce ne procuriamo uno matrimoniale, eh?»
«Non c’è problema, Cioccolatino! Immagino che George fosse l’unico a sapere che mi avresti chiesto di sposarti, no?» domandò Margaret, sicura di star per sentire la risposta che si aspettava. Invece...
«Veramente, non è il solo. Ne erano a conoscenza anche le tue, ehm... le tue nonne» ammise Fred, passandosi una mano dietro la testa. Margaret rimase a bocca aperta.
«Non... Non ci credo! Com’è che gliel’hai detto?» chiese, sbalordita.
«Avevo bisogno di qualcuno che mi aiutasse nella scelta dell’anello: me ne piacevano diversi, non riuscivo a decidermi! Chiedere aiuto a George è stato inutile, era più confuso di me! Allora ho deciso di domandare a tua nonna Julia, ma Vittoria era a portata di orecchio ed ha insistito affinché venisse anche lei. Dovevi vederle, erano al settimo cielo! Ovviamente, non diranno niente a nessuno, sta’ tranquilla.»
«Mia nonna Vittoria? Assurdo: si sta ammorbidendo parecchio, negli ultimi tempi!» commentò Meg, ridacchiando.

Continuarono a camminare per un po’ di tempo, poi si Smaterializzarono e riapparvero poco lontano dalla Tana. Ormai il sole era calato e un debole ma piacevole vento alleggeriva il nascente clima estivo. Margaret apparve estasiata nel rivedere quel posto: dal suo ritorno, non aveva ancora avuto l’occasione di mettervi piede. La casa del suo futuro marito era sempre la stessa, con quel giardino incolto rimasto sempre lo stesso da nove anni. Accanto, vide la sua vecchia dimora: un tempo, tutto era in perfetto ordine, e la casa infondeva la sensazione di un incantevole equilibrio. Essa, però, non era abitata da diversi anni, e se non fosse stato per il costante intervento del signor Weasley, le piante sarebbero cresciute fino al tetto. La vernice bianca delle mura esterne era particolarmente sbiadita, ma nel complesso tutto sembrava in buono stato, migliorato ancor di più dai lavori di ristrutturazione che Desmond e Gloria stavano portando avanti da quando erano tornati ad abitare lì.
Meg restò ferma a contemplare le due abitazioni, entrambe ugualmente importanti per il suo passato. Guardò Fred con sguardo commosso, ma il sorriso non le si era spento. Lui le si avvicinò e la abbracciò, facendole ricordare con quel semplice gesto che, ormai, era di nuovo lì, e che lui avrebbe fatto qualsiasi cosa affinché nessuno potesse mai più separarli. Anche lui, però, nel suo intimo si sentiva pervaso da una strana sensazione. Quasi un decennio prima, erano solo due nanerottoli che correvano e si rotolavano per il giardino, senza alcun pensiero e ancora troppo piccoli per qualsiasi progetto. Adesso, invece, erano due adulti a tutti gli effetti, con preoccupazioni che si avvicinavano e con un matrimonio e una vita insieme da organizzare, ma che riuscivano a trovare l’uno nell’altra la forza e la voglia di andare avanti. Margaret sollevò il viso per guardare il suo fidanzato nelle sue iridi azzurre, e lui ricambiò con piacere lo sguardo.
«Quando daremo la notizia?» gli chiese, ed ecco che ricominciavano i dilemmi: erano stati tremendamente indecisi quando avevano dovuto far sapere ai familiari che stavano insieme, figurarsi cosa sarebbe successo per annunciare il fidanzamento. Si prospettava un’impresa epocale.
Fred alzò le sopracciglia e le rivolse un’espressione estremamente buffa.
«Di sicuro non stasera, Pasticcino: dobbiamo prepararci ed essere pronti psicologicamente! Lo diremo al compleanno di tua madre, il 7 luglio. Bill mi ha detto che vuole annunciare il giorno del suo matrimonio in quell’occasione, dato che ci saremo tutti, quindi ne approfitteremo anche noi» disse Fred con semplicità, e Margaret parve convinta.
«Perfetto! Hai già in mente una data?»
«No, affatto! Però, mi piacerebbe che fosse in estate» confessò lui, al che Meg s’illuminò.
«Sarebbe stupendo!» esclamò, saltellando, e ciò fece scoppiare Fred in una risata fragorosa. Poi, le prese il viso tra le mani e la baciò.
«Fantastico! Sappi, però, che voglio sposarmi a tutti i costi prima di Bill, quindi la decisione finale sarà molto influenzata dalla data che sceglierà lui» fece Fred in tono serio e deciso, cosa che fece rimanere esterrefatta la ragazza. Questa lo squadrò in modo perplesso, prima di dare in un’alzata di spalle. Lo afferrò per mano e fece per trascinarlo verso casa, ma si fermò di botto.
«Cos’è successo?» le domandò lui. Lei, sorridente, alzò la mano sinistra e indicò l’anello.
«Credo che questo sia meglio toglierlo: non passerebbe di certo inosservato. E, comunque, sono d’accordo con te: non ci tengo che Flebo si sposi prima di me!» disse con fare disgustato, poi scoppiò a ridere nuovamente, seguita a ruota da Fred. Sfilò l’anello dall’anulare e lo ripose nella tasca dei jeans, e in quello stesso istante lui la sollevò da terra, portandola in braccio sino alla soglia della Tana.

Bussarono, e un’agitatissima Molly Weasley aprì loro la porta.
«Fred Weasley! Sono trenta minuti o forse più che la lancetta con il tuo nome è ferma su “In Viaggio”! Si può sapere cosa diavolo è successo? E cos’avete da sghignazzare?»
«Niente!» dissero Fred e Margaret all’unisono, con una punta di divertimento nella voce.
Mentre avanzavano verso la cucina, si scambiarono delle occhiate fugaci e cariche di complicità: nei loro sguardi, si poteva scorgere tutt’altro che il “niente”.

1: William Shakespeare


- Angolo dell’autrice

Come ben sapete, questo è l’ultimo capitolo. Prima di passare ad altro, quindi, vi dico che ovviamente la storia non finisce qui, e che, come ho già accennato altre volte, sto lavorando alla storia che farà da seguito! Spero di iniziare a pubblicare per gli inizi o la metà di dicembre, con cadenza settimanale. Ho anche pronta una Flashfic, sempre sulla nostra “dolce” coppia di piccioncini. Quindi, se quando tornerò a pubblicare vorrete essere informati, basta semplicemente dirmelo adesso!
Ora, passando all’ultimo capitolo: colpo di scena, eh? Ve l’aspettavate? Non ve lo aspettavate?
Spero di essere riuscita nel migliore dei modi a concludere la storia dignitosamente, ho cercato anche di creare un modo affinché il tutto si traghettasse da solo verso il sequel.
Per il titolo ho utilizzato la frase di Fred, che si ispira all’aforisma di William Shakespeare, mentre la canzone è Thank You For Loving Medei Bon Jovi.
Allooora... Me la lasciate una recensioncina? *-* Be’, è l’ultimo capitolo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate e qual è la vostra impressione generale a storia completa. :)
Ringrazio infinitamente tutti coloro che mi hanno seguita fino a questo punto. Davvero, non so cosa dirvi! Per lasciarvi sulle spine che posso fare? Massì, vi metto lo spoiler del primo capitolo della prossima storia!
Un bacione,
Jules



- Dal sequel:

«Cercherò di spiegarvelo io!»
«Siamo rovinati!»
«Grazie per la fiducia, Paul, davvero commovente! Be’, volevamo dirvi che, tra un po’ di tempo, potremo contare un’altra famiglia Weasley in circolazione!» spiegò Fred, ma solo Ginny parve capire qualcosa, difatti si lasciò scappare un gridolino isterico di felicità che fu subito stroncato da George, che le pestò il piede per farla tacere.


Ultima revisione: 11.02.2015

 

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