Alla ricerca della felicità.

di Tomoko_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione e un buon inizio. ***
Capitolo 2: *** The first date. ***
Capitolo 3: *** What is it? ***
Capitolo 4: *** Sono i gesti, che contano. ***
Capitolo 5: *** Niente è importante come adesso, questo minuto, questo momento. ***
Capitolo 6: *** Mi sa che non posso vivere senza di te. ***
Capitolo 7: *** I will always love you. ***
Capitolo 8: *** Whenever I’m alone with you, you make me feel like I’m home again. ***
Capitolo 9: *** Guardando il cielo penso a te. ***
Capitolo 10: *** Collaborazione e visione inaspettata. ***
Capitolo 11: *** Ritrovare se stessi. ***
Capitolo 12: *** A longer night. ***
Capitolo 13: *** Presentazioni, invito a cena e spiegazioni (e tanto Sakè!). ***
Capitolo 14: *** Gli occhi dell'angelo. ***
Capitolo 15: *** L'eredità del padrone. ***
Capitolo 16: *** Cieli che piangono, smorfie di dolore, silenzi rumorosi. ***
Capitolo 17: *** Perdendo la rotta ho imparato a volare. ***
Capitolo 18: *** Un brusco risveglio. ***
Capitolo 19: *** Caldo e freddo. ***



Capitolo 1
*** Introduzione e un buon inizio. ***


Salve a tutti! Questo è il continuo della mia prima storia “Dopo la guerra,Vita a Konoha”. Come detto nella descrizione, non c’è bisogno di leggere il primo testo (anche se sarebbe meglio :D) perché qui di seguito esporrò un riassunto dei precedenti 39 capitoli.

Alla fine della guerra, Sasuke incontra Hinata, che gli rileva lo stretto legame tra lei e il fratello Itachi. Infatti la Hyuga, prima che lei partisse, lo considerava un fratello.
Il ragazzo le aveva in parte confidato del piano i Konoha ai danni del Clan Uchiha, ma lei, che allora aveva solo sette anni, non lo aveva capito bene.
Parla così con Sasuke e scalfisce il suo cuore di pietra, ma sarà poi convinto da Naruto, durante un combattimento.
Il moro, in fin di vita, viene riportato a Konoha e salvato dalle abili mani di Tsunade, che decide di riammetterlo al villaggio sotto la stretta custodia di un tutore, di cui si fida molto: Hinata.
Quest’ultima comincia così a frequentare assiduamente Naruto, Sakura e S
asuke. Con Sasuke stringe un grande rapporto, il moro infatti la considera “l’eredità” lasciatagli dal fratello, e decide di considerarla sorella. Sakura e Sasuke si mettono insieme, nonostante i numerosi litigi, e spingono Naruto a frequentare la ragazza.
Non ci vuole molto infatti, che i due si conoscano meglio e cominciano ad apprezzare le innumerevoli note che li rendono simili e vengono travolti dall’amore.
I due si mettono insieme e Hinata, spinta dall’esempio del suo ragazzo, decide di voler diventare ancora più forte al punto che riesce a conquistare il titolo di Eremita delle Pantere, essere mistico ed elegante molto difficile da conquistare.
Naruto invece, trova grazie a Tsunade un libricino del padre con tutte le sue tecniche e segrete e lì una lettera della madre, che lo incoraggia con amore a cercare dei suoi parenti nel lontano villaggio del Vortice, ormai in rovina.
Così il biondo parte con la sola compagnia di Kurama ed incontra nei ruderi del villaggio la cugina delle madre e figli: Mito, come l’antenata di Kushina, Arashi (figlio maggiore, 19 anni, il nome significa Tempesta) e Haru (figlia minore, 17 anni, il nome significa Primavera).
Stringe con loro un grande rapporto e li convince a trasferirsi a Konoha. Qui, nella sua assenza, Sasuke e Sakura litigano violentemente e si lasciano.
Dopo molte frequentazioni, Haru fa breccia nel cuore di Sasuke, che cade innamorato, ma con lei ci vuole andare piano mentre Arashi si innamora della ragazza dai capelli rosa.
Intanto i fratelli Uzumaki si accorgono di essere osservati e avvisano Naruto, che intanto seguiva uno stage da Tsunade, dato che entro una anno gli avrebbe lasciato il ruolo di Hokage.
Così insieme andarono dalla donna, che li avvisò di un grande pericolo.
Qualcuno infatti, aveva ucciso una ragazza a cui avevano cavato via una potente abilità innata. Quindi Sasuke e Hinata erano in pericolo. Anche Haru, lo era, dato che si è poi scoperto che aveva un‘abilità innato in grado di controllare il fuoco e la lava.
Naruto, preoccupato per la sua ragazza, decide di trasferirsi per un breve periodo a casa di Hinata. Qui, quest’ultima, incontra il parere negativo del padre.
Hanno una bruttissima discussione -l’ennesima- e questa scappa via di casa e viene brutalmente rapita dai nemici, i quali si scoprono poi essere Kabuto e Ryuu, padre di Haru e Arashi
che aveva abbandonato da piccoli per seguire le orme di Orochimaru. Naruto, Sasuke, Sakura, Haru e Arashi intraprendono una folle corsa per salvare la ragazza.
Qui Haru ha un brutto discorso col padre, ormai accecato dal padre. Dopo un lungo ed estenuante combattimento, Naruto e Sasuke riescono a sconfiggere Ryuu ma Kabuto scappa.
I ragazzi tornano a casa e fanno rapporto all’hokage. Il giorno dopo decidono di passare una giornata insieme in riva al lago, facendo un bel picnic ( ci sono anche Shika e Ino, che si sono messi insieme, racconto anche come ).
Qui tutti pensano alla loro vita amorosa, e addirittura Naruto compie il grande passo e chiede ad Hinata di sposarlo.
Particolarità:
Nuovi personaggi.
Haru è una ragazza dolce e molto tenera, a volte infantile. La sua statura stessa (1, 59 m) ricorda quella di una bambina, non fosse per il seno prosperoso.
Litiga sempre come una bambina, ma mostra anche un lato di se molto più serio quando è nella sola compagnia di Sasuke.
Infatti la ragazza soffre un po’ di sindrome d’abbandono, non riesce ad accettare che il padre l’abbia abbandonata e ha paura che lo facciano anche gli altri.
Arashi, alto quasi quanto Sasuke, è un personaggio estremamente controverso. Ha l’intelligenza, la solarità, l’amorevolezza, e quel tocco di pazzia che hanno tutti gli Uzumaki.
Ma come suo padre, può cambiare ad un tratto e diventare una persona solitaria, seria, ombrosa e intellettuale, dalla grande forza lavoro. Per non parlare del suo aspetto fisico!
Alto, capelli sul marrone scuro del padre, viso completamente Uzumaki. In una parola, controverso!
 
Le nuove case.
Naruto, ferito dalla guerra e dal combattimento con Sasuke, rimane in ospedale per circa due settimane.
Nel frattempo il cittadini di Konoha ultimano una casa in tutto e per tutto simile a quella di Kushina e Minato, raccolgono le loro cose e glieli regalano.
 
Sasuke, da quando è stato dimesso dall’ospedale, lavora in gran segreto alla nuova reggia Uchiha, con cui progettava di vivere con Sakura. Peccato che questa reclina l’offerta e litiga così tanto con lui da lasciarsi.
 
Hinata vive ormai da due mesi con Naruto.
 
 
 Cap 1 Un ottimo inizio.
In una notte di fine agosto la brezza leggera movimentava i capelli della giovane Hyuga, dello stesso colore del cielo.
La ragazza era in missione con Sasuke e doveva dormire, ma proprio non ce la faceva. Era persa ad ascoltare  i tanti animali della notte, i loro passi, i loro versi. Fissava lo sguardo nel cielo e osservava le stelle. Cosa le ricordava?
Quello splendido anello d’argento con i diamantini con cui Naruto l’aveva chiesta in sposa. Che meraviglia che era! In quel preciso momento non lo portava, per paura che potesse perdersi o rovinarsi, ma passò ugualmente le dita sulla mano sinistra, come faceva sempre quando lo aveva.
Arrossì lievemente al pensiero di quel giorno passato da poco, al pensiero delle dolcissime parole che lui le aveva detto.
-Hmmmf.
Sasuke si rigirava nel saccopelo accanto a lei, evidentemente aveva il sonno disturbato.
La mora si accorse che il fratello stava sudando, sicuramente aveva un incubo. Gli sfiorò dolcemente una guancia e lo chiamò.
Il ragazzo strinse gli occhi e il socchiuse, guardandola da un sottilissimo spazio.
-Stai bene, Sasuke?
-Hmf si…
-Che sognavi?
-Hmf quel baka di Naruto era diventato obeso e cercava di mangiarmi…- il moro aveva la voce impastata dal sonno, si girò a testa in giù e continuò a dormire.
Hinata sorrise al pensiero di quell’assurdo sogno, si girò e cominciò di nuovo a dormire.
Era una strana missione quella. Tsunade-sama li aveva incaricati di raggiungere un villaggio dove era stato avvistato Kabuto. Ora era quello il primo pensiero di Konoha. Era l’ultimo grande nemico da eliminare, l’unico che in quel momento minacciava il mondo degli Shinobi.
 
Kabuto era proprio in quel villaggio, ma ancora per poco.
Era in ottima compagnia davvero, pensava lui, mentre correva via con il moro. Aveva fatto molto per quel ragazzo tanto odiato, ma ora che aveva perso la memoria, poteva comandarlo a suo piacimento.
E questo gli piaceva molto.


Ooook questo capitolo serviva fondamentalmente per il riassunto (che alla fine è venuto enorme) e per introdurre il nuovo piano di Kabuto... sempre il solito guastafeste! Intuite di cosa -o meglio chi- si tratta?
Spero di avervi incuriosito e colpito.
Un bacione a tutti :*

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Capitolo 2
*** The first date. ***


Capitolo INTERAMENTE su Sakura. E' un personaggio che non mi piace molto, ma volevo svilupparlo meglio. 
Ditemi che ne pensate.

The first date.

Non smetteva giorno che Sakura non pensasse alla sua vita, al suo modo di essere, a quello che in poche parole aveva fatto nella sua vita.
Fin da piccola era stata una brava bambina, ne troppo ubbidiente ne troppo disubbidiente.
Poi era cresciuta, era entrata nell’accademia e aveva cominciato a studiare, ma ne andava male ne andava ottimamente.
Era arrivata anche ad essere inserita in un team.
Qui Sasuke era il più forte e intelligente, lei era la ragazza brava e studiosa e Naruto era un buono a nulla.
Poi, un giorno, Naruto decise che doveva migliorare, che doveva essere il più forte, tanto da diventare Hokage.
Ha cominciato ad allenarsi e a sfoderare tutte le sue doti nascoste, diventando fortissimo. Anche il moro, vedendolo, era spronato ad essere di più.
Lei no.
Lei era spronata, si, ma non migliorava.
Lei era sempre la via di mezzo, o il nulla totale.
In poche parole, è sempre stata mediocre.
Ora, anche dal lato emotivo…
Naruto, il suo migliore amico, era la persona più estroversa e simpatica del mondo, forte, protettivo, buono e gentile.
Sasuke, sotto il suo strato di ghiaccio, era una persona molto matura, sensibile, protettiva, forte e dolce.
Lei invece cos’era, se non una bambina incapace di migliorare?
 
-Sakura-chan, sono arrivati questi per te.
Shizune interruppe violentemente il corso dei pensieri della ragazza, entrando con un enorme mazzo di rose rosse.
-Oh, grazie Shizune, dalli a me.- disse alzandosi e accogliendo tra le braccia il buchè di rose.
Da quanto tempo era che non abbracciava qualcuno?
-Chi è che ti fa la corte?- disse la donna, maliziosa.
-Ah… nessuno!
“Aspetta un po’, vuoi vedere che…?”
Prese il bigliettino che era fra le rose e lo lesse.
“Non si è mai troppo occupati per nulla, occhi smeraldo. Non declinare anche questo invito. Non aspetto risposte, alle sette e mezza ti voglio all’Orange.  –A”

“A.” pensò Sakura. Aveva già reclinato due suoi inviti ad uscire, dopo avergli detto che era pronta per cominciare a frequentarlo. Glielo avevo promesso.
Non è nemmeno in grado di mantenere le promesse.
-Comunque come mai qui?- chiese Shizune, interrompendola di nuovo.
-In che senso come mai?
La donna la guardò stralunata.
-Tesoro, oggi è mercoledì, il tuo giorno libero. Ti senti bene?
Sakura parve cadere dalle nuvole.
-Ah.. ho un po’ di mal di testa, credo che tornerò a casa. Sai.. ero venuta per fare qualche ora di straordinario.
Raccolse tutte le sue cose e corse via, verso casa.
Ma che le stava succedendo? Sembrava uno zombie. Non riusciva nemmeno a ricordarsi quand’era il suo giorno di riposo!
 
-Ooooh nonnetta, siete davvero cattiva!
Naruto si trovava nella ufficio dell’Hokage, e si stava occupando, alla sua postazione –tavolino basso e sgabello- di smistare dei documenti per Tsunade. Intanto sbraitava, e non poco.
-Smettila ragazzo, tornerà fra qualche giorno.
-Ma l’hai mandata via si e no due giorni dopo che le ho chiesto di sposarmi! Potevi aspettare qualche altro giorno!
-Oh andiamo, avrai tutta la vita per godertela!
Naruto mise su un sorriso da ebete. –Eh eh, tutta la vita!
-E ci saranno molti periodi in cui sarete in missioni diverse.
-Vero.
-A proposito biondino.- Naruto la guardò incuriosito –Fra meno di dieci mesi diventerai Hokage. Voglio che tu cominci a pensare seriamente alla tua squadra speciale.
-Hmmm?
-Naruto, sei un ninjia spettacolare e sei giovane, quindi, come tuo padre, non lavorerai solo dentro Konoha.
Devi organizzare la tua squadra speciale, con le persone di cui più ti fidi e che più stimi. Dovrai affrontare missioni di livello S.
Lui annuì serio.
-Bene, Naruto. Per ora puoi andare, pomeriggio torna qui.
Naruto saltellò fino alla  porta –Addio lavori forzati!
-Cos’hai detto, impertinente??- Tsunade battè forte il pugno sulla scrivani mentreil ragazzo scappava via.
Naruto corse via, uscì velocemente dagli uffici di Konoha e si avviò verso il chiosco di Teuchi: era ora di pranzo!
A Teuchi, Teuchi… come farebbe senza di lui, quando non c’era Hinata a cucinare?
Con la ricostruzione del villaggio, il chiosco era diventato più grande e più carino. Naruto entro in quella specie di ristorante e senti immediatamente la voce del cugino.
-Ehi, Arashi!
-Cugino! Vieni mangiamo insieme!!!
-Ehi Teuchi! Il solito!
-Certo, eroe!- disse l’uomo anziano, scomparendo nel cucinotto.
-Allora, Arashi! Che stai facendo ultimamente?
-Eeeeh iooo….
Naruto si stupì di vedere Arashi così imbarazzato.
-Che c’è Arashi?Rispondi, andiamo!
-Io… emh…
-Che hai fatto?
Il ragazzo divenne tutto rosso.
-Arashi… che mi nascondi?
-No è che io….. non so come dirtelo ma…
-Avanti, parla!!
-Io… Io ho chiesto a Sakura di uscire con me.
Naruto lo guardò per un attimo perplesso e poi scoppiò in una grossa e fragorosa risata.
-Ecco perché non lo volevi dire, c’è da vergognarsi!- e continuò a ridere, con le lacrime agli occhi.
-Nonononono non intendevo questo!!!- Arashi parlava velocemente e gesticolava. Che figuraccia…
-Si certo, salvati in calcio d’angolo! Se ti sente…- Naruto continuava a ridere.
-No ma che dici, Naruto!- Arashi era tutto rosso –Io non te lo volevo dire perché so che a te piaceva.
Naruto smise di ridere, lo guardò in un modo che diceva “Sei serio o sei impazzito?” e poi ricominciò a ridere come un matto.
-Tu.. tu pensavi che mi potesse dare fastidio?? Ahahaa ooooddioooo-
-Si ecco….
-Ma dove finisce certi giorni la tua intelligenza?- smise di ridere e lo guardò di nuovo, gli occhi luminosi –Ti devo ricordare che io ho chiesto alla mia donna di sposarmi?
Arashi portò una mano sulla nuca e imbarazzato disse –Ah si..hai ragione! A proposito, congratulazioni! Ti ha detto subito di si.
-Già.. per un attimo ne ho dubitato!
Le ciotole di ramen arrivarono, offerte dalla casa.
I ragazzi cominciarono a mangiare, a divorare una ciotola dopo l’altra (soprattutto Naruto) e dando un grande spettacolo (animalesco) ai presenti.
Alla fine, il biondo chiese ad Arashi cos’avessero fatto quella sera.
-Sarà una serata speciale. Ci vestiremo eleganti e… andremo a mangiare qualcosa.
 
La ragazza bionda arrivò di colpo a casa Haruno e trovò la sua amica in un pigiama di pile (fine agosto, che diamine ti prende?) molto, molto assonnata.
-Ma che cazzo stai facendo stupida?- Ino sbraitò contro di lei.
-Ehi ehi, abbassa la voce, ho mal di testa.- Sakura sussurrava quasi.
-Hai il post sbornia?
La ragazza si lasciò cadere pesantemente sul divano –Ma magari…
Ino cominciò a preoccuparsi seriamente per l’amica, ma non lo diede a vedere.
-Che ti metti stasera?
-Tu che ne sai di stasera?
-Sono la fiorista, ricordi?
-A giusto… comunque nulla, perché non ci vado.
-Non puoi non andarci! E’ la terza volta che ti invita.
-E la terza volta che non andrò.
-Sei una gran maleducata, Sakura. Glielo avevi promesso.
La ragazza cominciò a guardarsi le mani, chiaramente si sentiva in colpa.
-Non so cosa mettermi…
-Non è una buona scusa, mi dispiace.
Ino si diresse velocemente verso l’armadio della ragazza e prese un paio di vestiti a caso.
-Quale ti piace di più?
-Sicuramente non quello a fiori, lo odio. Me lo ha regalato mia madre.
La bionda scartò il sopracitato vestito e rimase con vestito rosa scuro.
Lo guardò bene e  ci pensò un attimo.
-E’ carino, ma non speciale.- i suoi occhi si illuminarono –Ok,aspetta qui!
-E chi si muove…
Ino cominciò a trafficare col vestito, tagliando, cucendo, aggiungendo parti.
Alla fine, quando Sakura lo indossò, rimase estremamente meravigliata.
Il vestito ora era mono spalla ed arrivava a metà coscia, era stretto sotto il seno da una fascia rosa chiaro, stesso colore dei capelli, per mettere in risalto il poco seno che c’era.
-E’ bellissimo, Ino. Grazie.
La bionda si portò una mano alla bocca e guardò bene la ragazza.
-Manca qualcosa… Sakura, dove sono i fiori che ti ha regalato Arashi?
-Sono poggiati sul mio letto.
Ino prese una splendida rosa rossa, tolse le spine dal gambo grattandole via con un coltello e poi lo arrotolò intorno alla spallina del vestito.
Il fiore risplendeva e il gambo ricordava il colore degli occhi di Sakura.
Ora era davvero bellissima. Ma erano le otto passate.
Ino la spinse fuori di casa e la accompagnò per un pezzo di strada.
Sakura ora aveva voglia di andare all’appuntamento, davvero, e cominciò a correre. Ino, con la sua voglia –e quel vestito- , l’aveva convinta ad andare. La sua felicità sembrava contagiosa.
Correva, sicuramente ora era in condizioni pietose, con i capelli attaccati alla fronte per il sudore.
Aveva paura che si fosse stancato e che non lo trovasse più lì.
Davanti al ristorante non c’era. Entrò anche dentro, ma non era seduto da nessuna parte.
Uscì di nuovo e cominciò a camminare, svolto l’angolo
Erano le otto e mezza.
E lui era lì.
Seduto sul marciapiede con il volto tra le mani.
Sospirò pesantemente quando lo vide, quasi non avesse respirato cercandolo.
Lui si accorse di lei e la guardò, sgranò gli occhi, incredulo.
-Non ci speravo più ormai.
-Scusa io… - Gesticolò cercando qualcosa di intelligente da dire - non ho scuse.
 Arashi si alzò, era incredibilmente più alto di lei e in un attimo gli fu addosso.
La strinse fra le braccia, con molta intensità. Tremava.
-Grazie. E... sei bellissima.
Sakura sorrise e ricambiò l’abbraccio, aggrappandosi alla giacca grigia- molto elegante – del ragazzo.
-Mi fai sentire una principessa se invece di sgridarmi mi ringrazi così...
Il brontolio della pancia di Arashi interruppe quel momento tanto dolce (stile Uzumaki, famiglia Uzumaki!).
Arashi arrossì, imbarazzato.
-Andiamo a mangiare?- chiese lei.
-Emh… abbiamo perso il tavolo. Dopo un ora di ritardo…
La ragazza guardò i propri piedi.
-Mi dispiace davvero molto, Arashi.
-L’importante è che ora sei qui.
Lui la prese per mano e cominciò a camminare.
La sua mano era calda.
-Dove… dove andiamo?
-Avevo pensato di fare altro ma… ora andiamo a prendere due ciotole di ramen da Teuchi e poi ci fermiamo a mangiare da qualche parte.
-Bene.
Sakura lasciò che lui la guidasse e si prendesse cura di lei, prendendo quelle ciotole e andando in giro.
Non sapeva dove stavano andando. Alla fine raggiunsero un parchetto e si sedettero su una panchina a mangiare. Risero tanto e poi andarono all’altalena.
Lei si sedette e lui cominciò a spingerla. Sakura sentì il bisogno di confidarsi, su tutti quei pensieri che le rimbombavano nel cervello. Li fece uscire, tutti quei pensieri che la stavano uccidendo.
Era mediocre.
Arashi parve arrabbiarsi.
-Tu non sei mediocre. Tu non sei così. Hai dimenticato tutti i passi avanti che hai fatto, Sakura? Sei il ninjia medico migliore di Konoha e tra tutti gli shinobi quella con più determinazione.
-Forse hai ragione ma la mia vita sociale fa schifo. Riesco a rovinare ogni cosa che ho per le mani. Sono una grande immatura. E non mi rendo conto del perché!
Il ragazzo passò davanti a lei e le accarezzò il viso.
-Ascoltami. Nulla, nulla ti vieta di cambiare, se non ti piaci. Hai passato un brutto periodo, ultimamente.
Hai visto il tuo sogno, Sasuke, sgretolarsi come creta. Ma la creta si può rimodellare, se pensi positivo puoi essere in grado di fare meraviglie, capito?
-Ti ringrazio, Arashi.
-Tu sei una persona davvero importante, per me. E non sono l’unico che ti vede incredibile.
A Sakura vennero le lacrime agli occhi, ma non pianse. Si commosse tantissimo, ma non lo diede a vedere.
Continuarono a parlare a lungo, fino a notte fonda, fin quando Arashi non la riaccompagnò a casa e la strinse forte fra le sue braccia.
-Sei una persona forte, Sakura.- Parlava inspirando il profumo dei suoi capelli –Per qualunque cosa, se hai bisogno di me, io ci sono.
Sakura si scosto leggermente, e prima di salire a casa lo guardò.
-Ci vediamo anche domani, Arashi?
Lui sorrise.
-Assolutamente si!
Tornò a casa saltellando.
 
Qualcuno gli aveva detto che era meravigliosa. Non era un semplice complimento, qualcuno che crede così tanto in te.
Forse non era mediocre.
O almeno, per qualcuno, non lo era.



Com'era questo capitolo? Spero che vi sia piaciuto... a me mica tanto! 
Ho cercato di incentrarlo sulle emotività di una ragazza fatta a pezzi -per anni- dall'amore.
Che ne dite? Fatemi sapere!
Ringrazio le quattro, stupende persone che mi hanno recensito, le 100 che hanno solo letto e coloro che mi hanno messo nei preferiti/seguiti/ricordati.
Un grazie di cuore :*

With love, Cla ♥
 

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Capitolo 3
*** What is it? ***


What is it?
 
Il moro correva ovunque, saltava, gridava, lanciava Kunai, eseguiva ninjustu potentissimi e diamine, gridava, gridava, gridava.
“Il ragazzo ha grande determinazione” pensava Kabuto guardandolo.
Correva, non si arrendeva. Aveva perso una grande parte di se. Nemmeno ci vedeva bene, ancora.
Correva, gli occhi nerissimi guardavano un nemico immaginario che colpiva ripetutamente, percuoteva e poi correva.
Fuggiva, correva, schivava, colpiva, correva.
Gli sembrava di correre via da qualcosa.
Correva via dal suo passato, che non ricordava. E sapeva che in fondo, era meglio così. aveva la consapevolezza che il suo passato, i suoi ricordi, non gli sarebbero piaciuti.
Sarebbero stati dolorosi. Ora, invece, era tranquillo. Stava bene anche se mancava qualcosa.
Il suo salvatore, Kabuto, gli aveva detto che erano amici da quando erano piccoli, che lui aveva subito una grave malattia ai polmoni, era andato in coma ed era praticamente morto.
Poi, dopo le sue assidue cure, è guarito.
E non sapeva per quale altro motivo ma aveva subito anche un intervento agli occhi, per cui ancora non ci vedeva bene.
Ma il ragazzo non si arrendeva e si continuava ad allenare.
Sasuke e Hinata invece non correvano più. Lo sapevano che Kabuto non è uno a cui puoi fargliela facilmente.
Non sarebbe rimasto più di un giorno in quel villaggio, per prendere provviste, quindi lo avevano perso a priori. E loro ci avevano messo un giorno per arrivare, quindi era inutile.
Continuavano ugualmente a girare per il  villaggio, byakugan e sharingan attivati, con la speranza di trovare qualcuno.
Ma ormai erano stanchi.
-Potremmo andare in ogni albergo o locanda e chiedere se lo hanno ospitato.
-Si, potrebbero essere rimaste delle sue tracce.
Cominciarono così a camminare più lentamente, a girare per ogni possibile rifugio. Erano ore che giravano a vuoto.
Ad un certo punto, mentre i due stavano entrando nell’ennesimo ritrovo, Hinata ebbe un mancamento.
Fu prontamente afferrata da Sasuke, che la prese fra le braccia.
-Stai bene?
-Io..io.. sì, credo di si.
-Hmf, sarà meglio che prendiamo una stanza.
Si avvicinò all’uomo di servizio che stava nella oull dell’albergo e chiese –per l’ennesima volta- di Kabuto, descrivendolo.
-Si, è stato qui.- rispose lui.
Sasuke guardò stupito la ragazza, che teneva ancora fra le braccia.
-Era solo?
-Non posso rivelarle certe cose.
Il moro trafisse l’uomo con lo sguardo.
-Senti, imbecille. Rispondimi o giuro che non tornerai a casa intero.
-Io non…
Sasuke posò Hinata su una sedia li vicino e prese l’uomo per il bevero.
-Forse non hai capito l’antifona…
-Ah, ah, si! Era con un ragazzo!- disse l’uomo impaurito.
-Bene, dammi la sua stanza.
-Sta-stanza 09!
-Bene.- il moro liberò l’uomo e fece per risistemargli la camicia.
Poi prese Hinata per mano e si diresse verso la stanza. La ragazza sembrava essersi ripresa.
Arrivarono in pochi minuti in una stanza piuttosto povera, che consisteva in una grande stanza con porta finestra, due fouton e un grande armadio.
Non c’era molto dove poter nascondere qualcosa lì, ma il giovane Uchiha controllò ugualmente l’armadio mentre Hinata controllava sotto i fouton. 
Nulla, non c’era nulla.
La mora si sedette sul fouton.
-Protremmo rimanere a dormire qui, ormai si è fatta notte.
Sasuke annuì piano sedendosi davanti a lei.
-Hai fame?
-Non molta.
Si guardarono per un attimo interminabile.
Poi Sasuke prese una mano della sorella fra le sue e disse una frase in un sorriso.
-Senti perché… non mi racconti qualcosa di Itachi?
Lei gli sorrise dolcemente e cominciò a raccontare.
I ricordi scorrevano davanti ai suoi occhi come un film antico, come se fosse una vecchia pellicola.
Flashback.
Il sole, in quel momento, era alto nel cielo. Era appena passata l’ora di pranzo e Itachi si era presentato davanti alla porta di villa Hyuga.
Prelevò velocemente la piccola Hinata e prendendola per mano la guidò verso il bosco. Camminarono a lungo, ridendo e scherzando.
Ogni tanto il ragazzo di tredici anni sollevava la bambina bruna dalla pelle bianco latte.
E le faceva il solletico, facendola morire dalle risate.
E lui quel gran sorrisone lo adorava. Viveva per quella felicità non sua.
Arrivarono in un splendido prato fiorito, talmente colorato da sembrare un arcobaleno. Hinata lasciò la mano di Itachi e cominciò a correre e a saltellare, col cuore gonfio di felicità.
Il moro la guardò per un po’, poi si coricò sul prato con le mani dietro la testa e chiuse gli occhi.
Li riaprì dopo molto, evidentemente era stanco e aveva dormito, chiamato dalla sorellina.
Aprì gli occhi e ne vide due lillà, con in un mezzo un fiore dello stesso colore che la bambina aveva avvicinato al ragazzo.
-Itachi-san!
-No Hina-chan, chiamami onii-san.
-Onii-san!- la ragazza sorrise mentre guardava lontano.
-Cosa c’è, Hina-chan?- disse Itachi, alzandosi piano.
La bambina indicò un fiore lontano, alto, un girasole bellissimo.
-Vuoi quel fiore, Hina-chan?- disse accarezzandole il viso.
Gli occhi di lei si illuminarono di luce nuova.
-Sì, onii-san!
Itachi si alzò e raccolse alcuni girasoli per l’adorata sorellina. Il moro però la scoprì a guardare un punto lontano nella boscaglia.
Un ragazzo biondo era lì, nell’ombra, che li guardava con occhi malinconici.
Prese Hinata per mano e gli si avvicinò, lei era rossa in viso ma non smetteva di guardarlo. Si chinò e lo guardò bene negli occhi, poi gli sorrise e gli porse un girasole.
Naruto si stupì, ma poi allungò piano la mano e prese quel fiore.
Fine flashback.
-Non ti immagini neanche, Sasuke, che sensazione strana ho avuto. Loro avevano lo stesso sorriso stanco, gli stessi occhi malinconici.
Si fece triste e si abbracciò, come se avesse freddo.
-E’ stato prima che Itachi… - Non finì la frase e guardò Sasuke mentre si alzava. –Che fai?
Sasuke cominciò a camminare avanti e indietro.
-Mi rifiuto di crederci.
-A cosa, Sasuke?
-Lui è una persona tanto buona mentre io.. io sono un fottuto mostro!- gridò, tirando un calcio all’armadio.
Hinata si spaventò e si mise le mani sulle orecchie, come quando era piccola e il padre si arrabbiava con lei.
Uno scatolo, che cadde da sopra l’armadio, catturò la sua attenzione.
Due libricini ne erano usciti, erano blu scuro e avevano delle date incise in oro sulla copertina.
Aprì lo scatolo e trovò altri sei libri uguali ai prima.
Li guardò, ne prese uno fra le mani, quello con la data più vecchia, e ne accarezzò i numeri orati, poi lo aprì piano e non potette credere a quello che vedeva.
Il suo sguardo divenne rapidamente da stupito a disperato, la bocca stretta fra i denti che la mordevano a bloccare i singhiozzi e grandi lacrimoni che le rigavano le guance arrossate.
-Che… che succede? Hinata!- Sasuke si chinò su di lei mettendo le mani sulle sue spalle.
Lei lo guardò tirando su col naso e continuando a piangere quel pianto disperato.
-Gua-guarda…- disse porgendogli piano il libretto.
Una grande foto era attaccata alla prima pagina e raffigurava lui e Hinata quando avevano 4-5 anni e avevano l’abitudine di giocare insieme. Poi, subito sotto l’immagine, una frase recitava:
“Uno shinobi deve adottare come nindo lo scopo ultimo di proteggere sempre i propri cari”
Hinata singhiozzò più forte e si perse nel suo pianto.
-E’ la scrittura… di onii-san!
Sasuke sgranò gli occhi su di lei, che continuò. 
-Questi sono i diari di Itachi!



Buonasera gente! Su questo capitolo ci ho lavorato molto, lo so, non è un granchè, ma c'è il mio Itachi! *W*
Ditemi che vi incorusioto!
Che ne pensate di Tobo/Obito? Io lo sapevo che era lui!
In ogni caso devo ringraziare di cuore i miei fan, vecchi e nuovi, vi ringrazio tantissimo! Vorrei davvero sapere, cosa vi piace di questa mia storia,
così da stupirvi ancora :3
Devo ringraziare moltissimo 
Green Death . Cioè, rassegnati, io ti adoro! Grazie! E anche  Zzigo, diamine, ti adoro. Un bacione grande anche a farshid e Fukushuu sama , i miei primi lettori e recensori! Vi adoro.
*W* Itachi !
With love, Cla.

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Capitolo 4
*** Sono i gesti, che contano. ***


Sono i gesti, che contano.
“”Caro diario,
oggi, ho 12 anni. Non avevo voglia di festeggiare con i miei.
Mia madre, Mikoto, avrebbe sicuramente organizzato una piccola festicciola per me e mio fratello.
Una cosa intima eh, perché il mio vecchio non permette.
Non ricordo che mi abbia mai fatto gli auguri…
Così mi sono rifiutato. Mamma ha chiesto cosa avrei voluto fare e io ho risposto in tutta sincerità.
Ci è rimasta un po’ male quando ho detto che volevo andare in casa Hyuga, ma mia mamma mi capiva, infondo. Lo sapeva che mi ero preso a cuore quella piccola fanciulla, come aveva fatto Shisui con me.
Fortuna voleva che quel lunedì era giorno di riunione, quindi sia mio padre che il Hiashi Hyuga erano fuori gioco.
E la giovane Hana Hyuga, madre di Hinata, in questo periodo gode di buona salute. Hana significa fiore e lei sembra così delicata… credo che mi adori.
In ogni caso oggi sono andato a casa Hyuga, entrando dal retro ovviamente, ed ho assistito ad una scena meravigliosa. Mi rimarrà sempre impressa nella mente.
Proprio come quella, splendida, ed ineguagliabile canzone.
Hana infatti, era seduta al piano con Hinata, e le stava insegnando una canzone.
Lei suonava ed ogni tanto notava la piccola manina della piccola farsi strada sui tasti bianchi e neri inserendo note armoniose col suono dolce della voce della donna.
Aveva il sorriso sulle labbra, ma quella canzone era tristissima, e Hinata, molto matura per la sua età (quasi sei anni), lo capiva, e suonava triste.
 
Testo: Take it all, Adele
 
Traduzione:
PRENDI TUTTO
Didn’t I give it all?
Tried my best,
Gave you everything I had,      
Everything and no less,
Didn’t I do it right?
Did I let you down?
Maybe you got too used to,
Having me around,
Still, how can you walk away,
From all my tears?
It’s gonna be an empty road,
Without me right here,


But go on and take it,
Take it all with you,
Don’t look back,
At this crumbling fool,
Just take it all,
With my love,
Take it all,
With my love,

Maybe I should leave,
To help you see,
Nothing is better than this,
And this is everything we need,
So is it over?
Is this really it?
You’re giving up so easily,
I thought you loved me more than this,

But go on and take it,
Take it all with you,
Don’t look back,
At this crumbling fool,
Just take it all,
With my love,
Take it all,
With my love,

I will change if I must,
Slow it down and bring it home,
I will adjust,
Oh, if only,
If only you knew,
Everything I do is for you,

But go on, go on and take it,
Take it all with you,
Don’t look back,
At this crumbling fool,
Just take it,
Take it all with you,
Don’t look back,
At this crumbling fool,
Just take it all,
With my love,
Take it all,
With my love,
Take it all,
With my love.
 
Non ho dato tutta me stessa?
Ho cercato di fare del mio meglio,
TI ho dato tutto quello che avevo
Tutto quanto e niente di meno
Non l’ho fatto bene?
Ti ho deluso?Forse ti sei troppo abituato
Ad avermi intorno
Ancora, come puoi andar via
Davanti a tutte le mie lacrime?
Sarà una strada vuota
Senza di me qui

Ma va avanti e prendi tutto
Prendi tutto quanto con te
Non voltarti a guardare
Questa sciocca vacillante

Prendi tutto
Insieme al mio amore
Prendi tutto
Insieme al mio amore



Forse dovrei andarmene
Per aiutarti a capire che
Niente è meglio di questo
E questo è tutto quello di cui abbiamo bisogno
Allora è finita?
Davvero?
Stai rinunciando così facilmente
Pensavo che mi amassi più di così
Ma va avanti e prendi tutto
Prendi tutto quanto con te
Non voltarti a guardare
Questa sciocca vacillante
Prendi tutto
Insieme al mio amore
Prendi tutto
Insieme al mio amore

Cambierò se devo
Rallenterò
Riparerò
Oh, se solo
Se solo tu sapessi
Tutto quello che faccio per te

Ma va avanti e prendi tutto
Prendi tutto quanto con te
Non voltarti a guardare
Questa sciocca vacillante,
Prendi tutto
Prendi tutto con te
Non voltarti a guardare
Questa sciocca vacillante,
Prendi tutto
Insieme al mio amore
Prendi tutto
Insieme al mio amore
Prendi tutto
Insieme al mio amore
 
 
Era una canzone triste. Probabilmente alcune cose erano riferite al terribile marito ma tutto il resto era destinato ad Hina-chan.
Mi chiedo perché. Cantava come se presto l’avesse lasciata sola e la incitava a prendersi tutto, perché lo meritava.
Insomma, è vero che ha spesso delle ricadute, ma non sta mica morendo!
In ogni caso, poi la mamma di Hina ha cominciato a tossire, si è girata e mi ha visto.
Aveva la mano davanti alla bocca, ma vedevo bene che mi sorrideva.
Ed io ho risposto al sorriso. La piccola mora mi venne incontro e con le braccia tese verso di me. Voleva che la prendessi in braccio e la accontentai subito.
Mi ha schioccato un grosso bacio sulla guancia e poi mi ha detto sussurrando al mio orecchio: .
Non ci posso credere. Sei anni e ne ha viste di tutte i colori. È consapevole del dolore della madre e non vuole umiliarla guardandola mente si imbottiva di chimici.
Nemmeno io, forse, avevo quella maturità… “”

 
Sasuke chiuse di scatto il diario del fratello.
Aveva passato giorni, esattamente tre e mezzo, senza mangiare ne bere, chiuso in casa sua a leggere i diari e a guardare foto.
Aveva scoperto tante cose su Hinata che non sapeva, letto frasi sul suo caro amico Shisui e rivissuto momenti del suo passato –pochi a dire la verità- di estrema gioia insieme a Itachi.
Ma niente, lui non aveva provato niente.
Né tristezza, ne malinconia, ne stupore.
Nulla.
-Ti va di mangiare qualcosa?
Sasuke alzò lo sguardo dal diario, alla voce tanto vicina di Naruto, che infatti stava sulla porta della sua stanza a guardarlo.
-Hn.- non si sforzò nemmeno di rispondere, totalmente indifferente.
Il biondo gli si avvicinò, prese la poltrona e la sistemò accanto al letto dell’amico, che stava comodamente coricato a piedi incrociati.
Naruto si sedette e lo guardò.
-Puzzi.
-Cazzi miei.
-Beh non so se è quello che ti p…- fu raggelato dallo sguardo freddo di Sasuke.
-Lo sai che dovrai uscire di qui vero?
-Hn.
-Sai, per prendere un po’ di aria fresca! Ovviamente dopo aver fatto una bella doccia eh.
-Che cazzo vuoi, baka?
Naruto mise i gomiti sulle ginocchia ed incrociò le mani, lo sguardo preoccupato.
-Haru chiede di te.
-Si sta allenando no?
-Sono molto preoccupato anche io.
-A beh allora esco subito.
-Hinata piange nel sonno.
-Hmf.- Sasuke guardò fuori dalla finestra, lo sguardo truce.
-Senti teme, lo so che trovando i diari di Itachi siete rimasti sconvolti, è un parte del vos…
-E’ qui che ti sbagli!- Naruto fu interrotto per l’ennesima volta. –Ho letto quasi tutto eppure sono rimasto completamente indifferente, ok?
L’amico non si stupì per nulla di quella frase, completamente falsa fra le altre cose perché uno che non mangia, non beve, non esce e chi sa che altro per più di tre giorni, non è “indifferente”.
Lo sapeva bene, ma era altrettanto consapevole che non era quello il momento adatto per parlare dei sentimenti del suo oscuro amico.
Altro lo preoccupava.
Si alzò e lo trafisse con gli occhi.
-Risolvi questa cosa con Hinata, capito? Ciao.
Naruto uscì e Sasuke rimase solo con i suoi pensieri.
Quanto pagheresti per sapere esternare i tuoi sentimenti più intimi?
 
Naruto camminava per le strade di Konoha a passo svelto.
Di solito la gente si fermava a salutarlo  o sorridergli almeno, ma in quel momento tutto il villaggio si accorse che non era il momento, perché il loro futuro Hokage era uscito evidentemente arrabbiato da casa Uchiha.
Questo non faceva che accrescere l’odio dei Konohaniani verso il “maligno” (come soprannominato dal villaggio).
Ma non aveva importanza, perché Naruto ora è pronto per tornare al lavoro.
Aveva fatto di tutto in quei giorni, era stato con l’anima in pena perché la sua donna aveva un problema e non lo ammetteva, ne avevano parlato e gli era stato vicino.
Ma non bastava. Ora toccava a Sasuke, dattebayo!, perché quello era un problema che aveva creato lui.
Da quando, quella sera, hanno trovato i diari di Itachi, non hanno più parlato. Lui si è esiliato, prendendosi tutti i diari.
E Hinata invece aveva tanto bisogno di parlare con lui, perché una ferita si era riaperta, e lui lo poteva capire davvero, erano le stesse ferite.
Era lì la mora, buttata sul divano, in sottoveste, gli occhi rossi di piano e le occhiaie, dato che non dormiva mai.
E si sentiva così inutile, così un peso morto, che aveva voglia di cancellarsi dalla faccia della terra.
Non voleva che Naruto si preoccupasse per lei, non voleva creargli problemi e invece, invece era riuscita ad ottenere solo gli occhi azzurri di lui affranti e la sua bocca piegata in un sorriso sbilenco.
Lo aveva reso preoccupato e si vedeva, tanto che aveva trascurato l’apprendistato di Hokage per stare con lei giornate intere.
Perché lui la ascoltava. La lasciava sfogare. Come se stringendola fosse in grado di far uscire via tutte le sue ansie.
Ma ora doveva parlare con Sasuke, subito, altrimenti non avrebbe mai risolto davvero, nonostante tutti gli sforzi inumani del biondo.
E lui era lì.
Nel pianerottolo di casa, accanto al bancone, che la guardava con uno sguardo apparentemente freddo, ma che se lo conosci bene e guardavi nel profondo nero dei suoi occhi, lo capivi, che si sentiva in colpa.
-Sasuke.
Lo chiamò, la voce dolce ma ferma, che celava il suo stato d’animo tanto scombussolato.
Lui rimase fermo, com’era arrivato, la mano sul bancone e lo sguardo truce.
Aprì la bocca, evidentemente confuso, non sapeva che dire.
-Hinata.
E disse il suo nome, il suo nome impregnato di tante emozioni tra le quali rabbia, rimpianto, malinconia, tristezza, senso di colpa. Tutto lì, nel suo nome.
E la mora gli corse incontro e lo abbracciò, la testa sul suo petto e lui subito la strinse e gli baciò dolcemente i capelli.
Erano tutte lì, le emozioni di Sasuke, in quell’abbraccio e nel nome appena sussurrato.
Non era capace di chiedere scusa a parole, ma lo stava facendo, chiedeva scusa di averla lasciata sola in quei giorni.
Era arrabbiato, con se stesso, che rimaneva sempre il freddo e distaccato Sasuke, mente dentro di lui si scatenavano gli umori peggiori.
Era triste e malinconico, si rendeva conto di ciò che aveva perso, un fratello tanto amato.
Ed aveva rimpianti, rimpianti di non aver provato a perdonarlo, di non aver provato a capirlo, di averlo ucciso.
E lei lo sapeva. La sua amata sorellina lo sapeva.
E quell’essere tanto piccolo ed esile, fragile quasi, era riuscita a perdonare, capire, amare.
Non servivano parole, fra chi si vuole bene.
-Me la suoni qualche cosa, Hinata?
Lei si stupì e sciolse l’abbraccio. Poi gli sorrise, aveva capito che lo aveva letto nel diario di Itachi.
Era tanto che non lo faceva, ma si avvicinò al piano bianco di casa Uzumaki (mai usato veramente) e lo sfiorò con le mani. Poi cominciò a suonare e a cantare.
 
Turning tables, di Adele.
E così che la immagino, la Hyuga, con questa arte dolce ed elegante. La consiglio.

 
 
“La vera abilità innata non sta negli occhi, ma nella capacità di celare i propri sentimenti.” Dal diario di Itachi Uchiha.


Un capitolo estemamente più corto degli altri, scritto in un momento di perduta calma. E si, stavolta mi sono lasciata andare coi sentimenti e coi pensieri.
C'è tanto di mio qui dentro, quasi che me ne vergogno. Spero che mi perdoniate questo capitolo depresso, come me. :)

With love, Cla.

 

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Capitolo 5
*** Niente è importante come adesso, questo minuto, questo momento. ***


Niente è importante come adesso, questo minuto, questo momento.
 
Sakura era col camice bianco, i capelli legati sulla nuca, una mano in tasca e l’altra che teneva stretta il polso di un uomo che si era procurato una grossa ferita sul braccio, che sanguinava molto.
Tirò fuori l’altra mano e contò i battiti con l’orologio, poi prese ago e filo e disse al paziente di rimanere assolutamente fermo.
C’è da dire che Sakura era davvero brava nel suo lavoro, sia che dovesse rimettere le budella di uno shinobi al loro posto sia che dovesse disinfettare le ginocchia sbucciate di un bambino.
Ci metteva l’anima, ci metteva tutta se stessa.
D’altronde, uno che non è veramente deciso a fare quel brutto e difficile lavoro, dopo una settimana cadeva come una pera cotta, perché non si può fare un lavoro del genere senza amore, senza passione.
-Sakura-san!
Ecco, quella era la voce che più la infastidiva quando era di turno: quella di Chiori, la caposala di pronto soccorso.
-Cosa, Chiori, cosa?- rispose alquanto stizzita, mentre continuava delicatamente a ricucire l’uomo.
-Chiedono di te.
-Non ora.
-Ma hanno richiesto proprio te!
-Non vedi che sto lavorando,Chiori?
-Si ma è un paziente!
-Appena avrò finito col signore qui.
-Finisco io qui! Muoviti!- disse indicando un punto lontano.
La ragazza si alzò e passò ago e filo alla caposala, grugnendo.
Per inciso, non era una bella giornata.
Si mosse stizzita verso il punto indicandole e scostò con rabbia la tenda.
“Ma mi prendono per il culo?”
Il sorriso da ebete di Arashi, seduto all’indiana sul lettino mentre sfogliava una rivista le fece gonfiare le vene sulla fronte.
-Ti sta bene la divisa da infermiera!
Sakura colpì con forza lo stomaco del ragazzo, che ululò da dolore (no, sono seria, ululava!).
-Io sono un DOT-TO-RE, non una fottuta infermiera!- era furente. –E tu stai rubando un lettino a chi ne ha davvero bisogno!
-Altro modo per dire “rubi il mio tempo d’oro, togliti dalle palle!”- sorrise amaro lui.
-Stai male?- chiese lei acida.
-Me lo chiedi? Mi hai fatto male!
-Allora non stai male, togliti dalle palle!
-Oh!- disse lui di rimando, mettendo le mani a cono sul petto come per simulare una freccia nel cuore. –Ora hai fatto male al mio povero cuore!- concluse teatralmente.
Lei grughì, poi sorrise e si mise le mani sui fianchi.
-Seriamente Arashi, dove finisce certi giorni la tua innata intelligenza?
 
-Seriamente Nara, certe mattine scarichi nel cesso anche il tuo cervello?
Shikamaru, mani nelle tasche, camminava a passo svelto con la seccatura –la sua amata ragazza- che lo inseguiva sbraitando.
-Shikamaru Nara, fermati immediatamente e guardami!
Il moro si bloccò e Ino sbatté forte contro le sue spalle, facendosi male alla testa.
-Sempre delicato eh?- disse la bionda, con le mani sulla fronte.
-Hmf.- il ragazzo si girò e prese per ricominciare a camminare, ma Ino gli afferrò un braccio.
Lo guardò negli occhi con lo sguardo più duro che aveva nel suo repertorio.
-Shika, non puoi.
-Perché?
-Perché questa storia finirà male!
-Senti seccatura, se non lo dirai tu ad Inoichi glielo dirò io.
Ecco, Shikamaru si era arrabbiato. Era quasi un mese che i due stavano insieme, ma a conti fatti avevano passato poco tempo insieme,
tra missioni, allenamenti e soprattutto il lavoro di Ino, a cui non poteva mai rinunciare altrimenti sarebbe stata scoperta dal padre.
Già, perché al padre non avevano detto ancora nulla. La ragazza aveva paura dei rispettivi genitori, tra i quali c’era una grande amicizia che durava da generazioni.
Cosa sarebbe successo se oltre ad amicizia, fra un Nara ed uno Yamanaka ci fosse stato amore?
Ma il Nara era stanco, davvero stanco. Aveva bisogno della sua ragazza e per starci non aveva bisogno del permesso dei propri genitori.
Ma Ino questo non lo capiva e così Shikamaru aveva deciso che doveva parlare con Inoichi.
Si era impuntato, nonostante i tentativi della bionda di distoglierlo da quel pensiero.
Ormai erano arrivati davanti al negozio Yamanaka.
-Non puoi dire a mio padre che stiamo insieme, Shikamaru!
-Che cosa fate voi due?- la voce grossa di Inoichi Yamanaka arrivò proprio da dietro Ino, che si girò di colpo, impaurita.
-Noi non facciamo niente!- disse la ragazza, tremando.
Inoichi spostò il suo sguardo severo dalla figlia al Nara, che lo guardava anche lui serio.
-Nara?
-Si signore. C’è una cosa che dobbiamo dirle.
Ino lo guardò scongiurandolo di non dire niente, ma il ragazzo guardava fisso negli occhi l’uomo.
-Ti ascolto.
Il moro prese per mano la ragazza.
-Ino ed io stiamo insieme da circa un mese.
Il biondo sospirò -Mi devo preoccupare? Intendo dire, avete intenzioni serie?
Ino fece per dire “No, è troppo presto” ma venne interrotta dalla sicurezza di Shikamaru, che rispose subito.
-Si, signore.
Inoichi li guardò male tutti e due e poi parlò.
-Ne discuterò con Shikaku e Choza.
Detto questo il biondo tornò nel proprio negozio.
-Da quand’è che abbiamo intenzioni serie noi due?- Ino guardò male Shikamaru.
Lui posò un mano sulla testa di lei e la guardò negli occhi.
-Quando io faccio qualcosa, seccatura, non è mai a caso.
Si sorrisero reciprocamente e poi Ino lo canzonò.
-Vorrai dire che quando ti sforzi di fare qualcosa non sprechi i tuoi muscoli!
 
 
“[…]
Non avrei mai pensato, mai e poi mai, che avrei potuto far piangere qualcuno.
Soprattutto se si tratta del mio amato fratellino.
No, mai, avrei pensato che farlo piangere fosse così facile.
Non ha pianto nemmeno quando ho ucciso tutta la nostra famiglia e poi ho riversato un odio inesistente su di lui.
No, perché io non l’ho mai odiato, piuttosto, l’ ho amato più della mia stessa vita.
Eppure, oggi ho visto la neve cadere, come quel giorno, e mi sono ricordato di quei momenti passati un paio di mesi prima della mia partenza.
Era il 27 dicembre, il giorno del compleanno di Hinata.
Da un mese e mezzo circa, evitavo in tutti i modi di incontrarla, quella splendida bambina di otto anni.
Era morta la sua mamma. E io presto avrei dovuto lasciare Konoha. Volevo che si distaccasse prima da me, volevo che mi odiasse, come volevo che Sasuke mi odiasse.
Così che il distacco fosse più semplice.
Ma se ora ci ripenso, diamine, penso solo al mio egoismo. Perché era anche per me, che lo facevo, che gli stavo lontano.
Non potevo evitare mio fratello. Ma lei, la mia sorellina, non potevo rivederla, perché avrei potuto seriamente mandare tutto a puttane,
non uccidere nessuno e rapire lei e Sasuke, diventare un nunkenin che tutti avrebbero odiato.
Rovinando loro la vita.
La neve me l’ha sempre ricordata.
Era nata in un mese freddo, ma lei non lo era, era dolce e calorosa, calma e premurosa, come la neve che scende piano e ricopre tutta la città, come fosse una dolce coperta bianca.
Non potevo non farle gli auguri, anche se era ulteriormente egoista, dopo non essermi fatto vedere per così tanto tempo.
Ma non ce la facevo proprio. Le scrissi un messaggio e mi incamminai. Sasuke arrivò di colpo afferrandomi per mano e chiedendomi se poteva venire.
Risposi di si e si stupì quando poco dopo arrivammo nella zona di Konoha adibita a cimitero. Ma non disse nulla.
Cercai a lungo quella lapide, con una fotografia dove stava una donna bellissima. Hana Hyuga.
Hinata sarebbe arrivata lì un paio di ore dopo, se non aveva cambiato abitudini.
Ricordo di essermi inchinato davanti a quel volto, di aver posato dei fiori bianchi con accanto il bigliettino.
Ho sussurrato una breve preghiera e poi ho guardato il mio fratellino, che mi guardava stralunato.
“Perché siamo qui dalla Hyuga?” mi disse lui. 
Gli dissi che era la mamma di Hinata, lui lo sapeva che me la ero presa a cuore e ne era geloso, ma in quel momento non disse niente.
“E perché è qui?” chiese di nuovo lui.
Era morta di parto, dissi sussurrando, mettendo alla luce una bambina bellissima, la sorellina di Hinata.
Gli raccontai di quanto quella donna fosse debole di fisico ma forte di cuore, di quando fosse buona e dolce, di quanto aveva incoraggiato la mia amicizia con sua figlia e
di come ci aveva aiutato a tenere nascosta la cosa ai padri tirannici, di come mi avesse abbracciato quando ne avevo bisogno e di quanto splendida persona fosse.
E lui, silenziosamente, aveva cominciato a piangere a metà discorso e mi ascoltava affranto.
Non avrebbe mai pensato, mai, che poco tempo dopo gli avrei tolto la sua famiglia, di una morte ancora più atroce.
Chissà come sarà ora il mio Sasuke, ora che ha 13 anni.
Chissà se hai conosciuto Hinata, chissà se avete fatto amicizia.
Chissà come siete, voi due, ora.”

Hinata chiuse il diario e inclinò lievemente il capo, guardando Sasuke di traverso.
-Davvero?
-Hmf.
La mora era seduto sul divano e aveva letto tutto ad alta voce, mente Sasuke ascoltava dalla sua poltrona preferita e Naruto faceva del thè.
-Ma non avevi mai incontrato mia madre!
-Purtroppo Itachi ha sempre avuto un’inclinazione melodrammatica.
Il biondo lo guardò male.
-Semmai sei tu che sotto sotto sei sensibile.
-Vieni qui, te lo faccio vedere io il sensibile.
-Fatti sotto, femminuccia.
Sasuke si alzò e lo guardò lanciando scintille.
-Sei tu la femminuccia, qui!
-Bakaiko.
-Testa quadra!
-Testa di cazzo!
Hinata trattenne a stento le risate, quando Haru entrò e li ritrovò ad accapigliarsi, tanto che Sasuke arrossì leggermente dall’imbarazzo
(la sua fama di freddo e impassibile era appena andata in fumo anche con la sua ragazza!) ed incolpò Naruto –che se la rideva alla grande- come un bambino.
La ragazza sospirò posando le ciotole di ramen sul bancone di casa Uzumaki e guardando il padrone di casa con aria soddisfatta e il segno della pace davanti alla sua faccia.
-Te lo avevo detto che sarei riuscita a portare ben sei ciotole di ramen tutta da sola!
-Ma se messe una sull’altra sono più alte di te!
Haru arrossì vistosamente.
-Non è vero, bastardo!
-Nana!
A quel punto Hinata scoppiò dalle risate, perché oggi Naruto era davvero in vena di litigare come bambini e faceva di tutto pur  di farlo.
Sasuke poi incoraggiava molto la cosa, era un provocatore nato, e mise la mano sulla testolina della sua fidanzata, come stesse accarezzando un cane.
-Non te la prendere, ragazzina, non è colpa tua!
A quel punto Haru cominciò a tirare pugni a ripetizione sul petto di Sasuke, grugnendo mille offese, ma lui pareva non accorgersene mentre parlava con gli altri.
Cenarono continuando a scherzare e poi Sasuke e Haru tornarono alle loro case, sbaciucchiandosi per strada.
Hinata sparecchiò e Naruto lavò i piatti.
Lei guardò di sbieco il biondo, quando questo le disse una cosa alquanto strana, con voce preoccupata.
-Senti amore ma… Itachi non è che era innamorato di te?
-Impossibile, io avevo quasi otto anni, lui tredici!
-Che c’entra…- lui la guardò preoccupato –Non so perché ma ho una strana sensazione su questa storia.
La mora gli andò vicino e si alzò sulle punte per baciarlo intensamente.
Naruto ebbe un brivido quando le labbra di lei si staccarono dalle sue, che erano in fiamme.
Se la prese fra le braccia e la strinse forte a se.
-Quando ci sposiamo amore mio?- le sussurrò posando il mento sulla sua testa e giocando con i suoi capelli blu notte.
-Quando decidi tu amore, a me basta anche solo starti vicino così.
-Sei dolcissima amore mio- disse sorridendo –Io comunque avevo già in mente una data…
-Sarebbe?
-Mi piacerebbe sposarti lo stesso giorno che ci siamo messi insieme.
-Il prossimo diciotto giugno? Amore è fra dieci mesi!
-Lo so, ma mi sento romantico e mi piacerebbe tanto sposarci quando faremo un anno di fidanzamento. E poi intanto io sarò diventanto Hokage e tu…
-E io cosa, Naruto?- si scostò da lui e si avviò verso il letto.
-Potresti tentare di riconquistare il tuo Clan e tuo padre, lo sanno tutti che sei la persona giusta per guidare gli Hyuga.
-Ma ho trasgredito alla regola principale di mio padre dandomi in sposa a te..- si buttò stancamente sul letto di Naruto.
Lui le si sedette accanto e la guardò per bene, accarezzandole la pelle bianca.
-Ascoltami, Hinata. Secondo me c’è ancora speranza ed è la cosa che più desideri al mondo, cambiare il Clan Hyuga, renderlo una vera famiglia… me lo hai sempre detto e non puoi rinunciare a un sogno così. Va bene?
-Ci penserò, Naruto.
Lui ghignò –No, non ci penserai, lo farai e basta!- poi le sorrise dolcemente –E non è perché te lo sto chiedendo, ma perché ti conosco bene e so che non ti arrenderai così. Perché tu sei la donna più forte che conosco.
Lei arrossì e distolse lo sguardo.
-Si si, ora andiamo a dormire?
Il biondo rise.   
-Si, fra un paio d’ore dormiamo…- disse malizioso, spogliandosi e saltandogli addosso, mentre lei rideva.
 
“Nella mia vita ho incontrato tantissime persone, per forza di cose, ne ho conosciute tante.
Ma fra tutta questa gente, cercavo sempre il tuo sguardo dolce e comprensivo.” Dal diario di Itachi. 

Eccomi qui con un nuovo capitolo! Scusatemi per l'attesa,
ma volevo un capitolo abbastanza sobrio e scherzoso, anche se con quella vena di dolcezza e malinconia che sempre mi accompagna.
Se ci pensate, c'è un piccolo indizio su chi sarà davvero mister x, anche se lui non è presente nella storia.
Ho lasciato mille cose in sospeso (I padri incazzati tipo Inoichi, Sakura e Arashi che si vedono) che forse risolverò al prossimo capitolo
(anche se ho intenzione di fare un capitolo tutto SasuHaru e non trovo mai il tempo u.u).
Mah vedremo! Che ne pensate della piega che sta prendendo la storia?
Vi ho fatto almeno sorridere con tutti questi momenti dementi? xD
E' il diario di Itachi, vi sta appassionando?
Fatemi sapere, che ci tengo davvero u.u Altrimenti Erosuke arriva a casa vostra e vi stupra :P
With love, Cla.

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Capitolo 6
*** Mi sa che non posso vivere senza di te. ***


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 Mi sa che non posso vivere senza di te.
 
Si erano allenati per tutta la mattinata senza interruzioni, quei tre, e si erano quasi ammazzati a vicenda.
Per di più avevano distrutto per l’ennesima volta il campo di allenamento e quindi si aspettavano una grossa sfuriata da parte di Tsunade e/o Sakura (chi era peggio?).
Hinata ne era uscita con più ferite degli altri –relativamente poche se si pensa che si è allenata con il futuro Hokage e con il più grande nunkenin della storia- ma sapeva che erano frutto di un buon lavoro.
Aveva esplicitamente chiesto a Naruto di allenarla per diventare più forte e poter essere accettata dal quel bastardo del suo Clan
e il biondo aveva tirato giù dal letto anche l’Uchiha, che ultimamente non alzava nemmeno un muscolo.
Non ci volle molto che fulmini, temporali e venti distrussero mezzo bosco e campo d’allenamento –Hinata dovette ricrearli, con molta fatica- .
Alla fine si lasciarono cadere sotto l’ombra di un bell’albero per riposare.
-Ho fame.- disse Naruto, mentre il suo stomaco brontolava.
-Hmf- quello era segno che anche Sasuke aveva fame.
-Sono troppo stanca per cucinare, ragazzi.- disse la ragazza, reclinando il capo e chiudendo gli occhi.
La sua maglia a rete era notevolmente strappata e i capelli blu notte, legati in una coda, ricadevano scomposti e umidi per il sudore.
-Potremmo andare da Teuchi- disse il biondo, rilassandosi sulla spalla della fidanzata.
-Andiamo sempre da Teuchi- mugugnò l’Uchiha.
-A proposito onii-san- Hinata sembrava completamente rilassata –Che farete stasera tu e Haru?
-Hmf?- il ragazzo sembrava piuttosto sorpreso, nella sua solita aria da indifferente.
-Sasuke, non ti sarai dimenticato che oggi è il compleanno della tua ragazza spero!
Sasuke aprì di colpo gli occhi e si rese conto che era l’otto settembre.
-Oh merda!- si alzò e volò via d’un lampo.
I due fidanzati si guardarono e scoppiarono a ridere, mentre Sasuke tornava indietro da loro.
-Che cazzo gli regalo??
-Il miracolo di diventare brava in cucina!-scherzò il biondo, facendo ridere Hinata.
Il moro lanciò uno sguardo infuocato all’amico, poi volse lo sguardo verso la sorella.
-Che mi consigli?- disse serio, sedendosi a gambe incrociate davanti a lei.
-Hmm non saprei…- fece lei, pensosa.
-Io propongo un libro di cucina!- disse Naruto sbracciandosi, perché gli amici non lo calcolavano.
-Vorrei che fosse qualcosa di speciale…- Sasuke chiuse gli occhi e cominciò a pensare.
-Perché non gli regali la chiave di casa tua? Cosi entra quando vuole.
-No, non voglio fare gli stessi errori che ho fatto con Sakura-chan.
-Mi ascoltate?!?- il biondo continuava ad essere ignorato.
-Una festicciola tutti insieme?
-Hmf…
-Ehi genteeee calcolatemi!
Sasuke finalmente lo guardò, prese con la mano un ciuffo di capelli biondi e cominciò a contare.
-Uno, due, tre…
-Ma che cazzo fai?!?- disse d’impulso Naruto, tirando via la mano dai suoi capelli.
Il ragazzo rispose con la solita faccia seria, cosa che fece spanciare Hinata dal ridere.
-Ti calcolo.
L’amicò diventò rosso di rabbia e gli saltò addosso.
-IO TI AMMAZZO! Perché diamine non parlate anche con me?
Il moro sbuffò.
-Perché io parlo solo con le persone intelligenti!
-Brutto stronzo!- Naruto lo colpì in pancia e poi tornò a sedersi, sbuffando.
Sasuke si rimise al suo posto massaggiandosi lievemente le costole, non dando a vedere il dolore che provava.
-Io comunque ho una bella idea.
-Sentiamo…
-Regalale un pacchetto con dentro alcuni buoni per dei massaggi.
-Ma qui alle terme non fanno massaggi!- disse Hinata, pensierosa.
Naruto rivolse uno sguardo malizioso all’amico –Lo so, lo so.
Il ragazzo capì al volo.
-Hmm…- si alzò e andò via.
Hinata rivolse uno sguardo di piena disapprovazione a Naruto.
-Che c’è?- chiese lui.
-Maiale.- disse lei in un soffio.
Si alzò e camminò indispettita, mentre lui la seguiva.
-Lo volevi anche tu questo regalo?- disse il biondo ridendo e sollevandola tra le sue braccia.

 
Sasuke, in pochi minuti, era arrivato alla fioreria di Ino. Qui si era guardato un po’ in giro e poi aveva poggiato i gomiti al bancone, in attesa che qualcuno lo servisse.
Arrivò proprio la bionda, che appena lo vide si ricordò subito perché quel ragazzo le era tanto piaciuto quand’era piccolo
–i capelli scuri e scompigliati, gli occhi nerissimi e privi di espressione, la pelle bianco latte- e si rese conto che non era cambiato di molto.
-Strano vederti da queste parti!
-Ho bisogno che mi aiuti per un regalo.
-Dimmi!
-Vorrei un bel fiore e un bigliettino.
Ino lo guardò maliziosa.
-E’ per Haru, vero?
-Hmf.
-Posso permettermi di sbizzarrirmi?
-Si…- Sasuke la guardava lievemente annoiato, e mentre lei era in magazzino a fare chissà cosa, lui scrisse su un bigliettino:
“Per il mio fiore personale, con tanto amore”
e poi, più in grande
“Hai vinto un messaggio fatto da me!”.

Ino tornò con un splendido fiore bianco tra le mani, molto grande e con un profumo particolare.
Il gambo era stato tagliato ed era stata applicata una piccola molletta per capelli, nera e brillantata.
Si stupì quando la vide immersa in una scotolina rossa, sopra al bigliettino.
-Questa la può mettere nei capelli quando vuole, il fiore non appassirà. Il bianco metterà in risalto i suo capelli marroni/rossi.
Prese il pacchettino, pagò e tornò a casa, segretamente felice.
C’era chi invece in quel momento non era per niente felice.
Il moro fissava l’acqua che non mandava più quel riflesso stanco, il laghetto era diventato solo una pozza nera, profonda, leggermente increspata dal vento.
Nulla, nulla turbava quella calma apparente.
A parte il suo stato d’animo, è ovvio.
Si sentiva completamente vuoto, completamente inutile, completamente inesistente.
Perché è così che sono le persone senza passato, non esistono, non contano nel mondo.
Sono solo anime vaganti, pensieri incoerenti e visi uguali a tanti altri.
Si distingueva nella folla come fosse ombra di altre persone.
Lui, che era così buio. No, non gli piaceva per nulla questa sensazione di inesistenza.
L’unica cosa che poteva fare era aggrapparsi a colui che lo aveva salvato.
Una profonda sensazione di superiorità si fece strada nel suo cuore, anche se non sapeva perché.
Da quando era diventato la marionetta di qualcuno? Perché?
La sensazione che tutto ciò fosse sbagliato gli attanagliò la mente, ma non lo diede a vedere, mentre due occhi rossi illuminavano il buio della notte.

 
Haru era stanchissima, aveva passato una giornata intera ad allenarsi con degli amici di Naruto, cioè Lee e Neji, decisamente più alla sua portata, e si era appena infilata sotto la doccia.
Erano le dieci di sera, aveva fame e quella doccia bollente sembrava non aver fatto l’effetto voluto, cioè rilassarla.
No, perché quando pensava a quel mostro le si contorceva lo stomaco.
Non si era fatto vedere.
Non che di solito importasse, lei non aveva nessuna pretesa, certi giorni non si vedevano mai, ci sono le missioni.
Ma quel giorno non aveva nessuna scusa.
Guardò i suoi occhi color miele allo specchio mentre cercava di asciugare i lunghi capelli rossicci.
Si guardava e scopriva la sua femminilità, ora che aveva compiuto diciotto anni.
Si piaceva.
Uscì dalla stanza canticchiando, felice di non aver pensato a lui per un momento.
E se lo ritrovò davanti, seduto sul suo letto a baldacchino, mentre la osservava divertito quando lei cantava avvolta dal grande asciugamano rosso.
-Ciao ragazzi….- Haru lo interruppe tirandogli addosso il piccolo asciugamano che aveva in mano.
Beccò proprio la sua testa, coprendogli il viso. Lui con un gesto stizzoso lo tirò chissà dove e le gridò contro.
-Ma che diamine ti prende?!?
Lei lo guardò con aria sufficiente.
-Assolutamente nulla.
Si diresse verso i mobili e prese mutandine e maglia enorme, poi si diresse di nuovo verso il bagno, dove si chiuse per cambiarsi.
-Seriamente Haru, che hai?
-Nulla.
Parlavano attraverso la porta bianca e a Sasuke questo non piaceva per nulla. Si alzò e si poggiò al muro accanto la porta, e parlò di nuovo.
-Ti ho portato una cosa.
-Non la voglio.
Una vena si gonfiò sulla fronte dell’Uchiha.
-Esci da questo maledetto bagno, Haru!
Lei aprì piano la porta e lo guardò dal piccolo spazio. Sasuke le afferrò la mano e la tirò fuori con irruenza, chiuse la porta e ce la spinse contro.
Si abbassò in modo da poterla guardare dritta negli occhi e notò della rabbia in lei.
Il fiato caldo del ragazzo sulla sua bocca però, la faceva calmare.
-Seriamente Haru, che hai?
Lei distolse lo sguardo e si imbronciò.
-Un fidanzato bastardo, ecco che ho.- poi lo guardò di nuovo –Te ne eri dimenticato, vero?
Lui deglutì e la guardò serio –No.
Lo spinse via con una forza che non credeva di avere.
-Stupido bugiardo!- disse andando verso il letto e infilandosi sotto le coperte.
Sasuke si avvicinò e le porse il pacchetto che aveva poggiato sul letto.
Mentre lui gliela porgeva, Haru notò con quanta cura il ragazzo si era vestito –maglietta aderente a maniche corte nera, pantaloni morbidi dello stesso colore e una cintura blu- profumava pure!
Arrossì leggermente e prese la scatolina, che aprì quasi con rabbia.
Ma la rabbia sparì quando vide quel ben di dio, quel fiore bianco che quasi luccicava. Lo prese in una mano e lo ammirò. E poi, quasi per sbaglio, notò il “buono” per il massaggio.
Arrossì vistosamente mentre glielo sventolava sotto il naso.
-Co-cos’è questo, Sa-Sasuke?
-Non sai leggere?- lui la guardava ancora più divertito.
-No ma…
-Avanti Haru, è solo un massaggio innocente!- poi la sfidò con gli occhi –Non avrai mica paura di me!
-No che non ho paura! Anzi, ne ho bisogno! Fammi questo massaggio scansafatiche!- disse coricandosi a petto in giù.
Ok ora dobbiamo chiarire alcune cose. Era più di un mese che i due stavano insieme, ma ci erano davvero andati piano, si erano fermati a qualche bacio passionale e al dormire insieme,
perché Haru era più piccola e lui voleva trattarla da principessa. Inoltre lei aveva chiarito che non era ancora pronta, che lui doveva aspettarla.
Quindi Sasuke non si sarebbe mai immaginato che lei accettasse quel massaggio, che accettasse lei sue mani sulla pelle nuda.
Nemmeno quando era seduto su di lei e le aveva alzato la maglietta scoprendo una schiena bellissima, la pelle olivastra e liscia, e aveva passato dolcemente le mani su di lei,
avvertendo i fremiti che inondavano entrambi i loro corpi.
E lei non poteva non avvertire le sue mani calde su di lei, nemmeno quando con un dito le passò sulla colonna vertebrale ed ebbe un brivido di piacere.
Non poteva non notare l’affanno di lui, mentre la accarezzava e mirava il corpo di lei.
Non poteva non notare il suo sguardo languido e carico di passione, quando lui la girò e la guardò negli occhi, sollevando leggermente la maglietta accarezzandole pancia e fianchi.
E no, non poteva non notare quanto lei stesse aspettando che quella sua mano salisse e giocasse con i suoi seni.
E quanto aspettasse che lui si piegasse su di lei, che la baciasse intensamente con quelle labbra soffici e fresche, che lei amava riscaldare.
E non si rese conto di quanto aspettasse quel momento, quando lei gli tolse la maglia e lui le baciava il collo, di come le mani di lei esplorassero il corpo di lui, in una sinfonia di sospiri e gemiti.
E no, non ci poteva credere quando fecero l’amore dolcemente e con passione, in casa di lei, su quel letto spazioso e tanto comodo.
E non ci poteva credere mentre lui la trattava da regina, le faceva assaporare ogni momento della sua prima volta.
Notte fonda, solo la luna ad illuminare i loro volti stanchi.
Lei aveva chiuso gli occhi mentre si lasciava cullare dalle parole dolci di Sasuke, che le ripeteva dolcemente quanto la amasse, quanto fosse felice che lei fosse sua.
-Mi sa che non posso vivere senza di te.- le disse sussurrando al suo orecchio, mentre si addormentavano stretti l’uno all’altro.

 
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“Non credo di aver mai conosciuto qualcuno migliore di mio fratello.
È la persona più dolce che esista, è simpatico quando vuole, è tenero, è forte.
Spero che non cambi mai, nonostante tutto quello che gli ho fatto e che gli ho detto.
Spero che nel profondo rimanga sempre se stesso, rimanga quella meraviglia che è.
Perché se c’è qualcosa per cui vorrei tornare indietro a otto anni fa, quando lo abbandonai solo, quando uccisi la nostra famiglia, è proprio quella notte.
Ogni giorno vivo col rimorso.
Non avrei  mai voluto uccidere i miei genitori, ma il Clan tramava nell’ombra.
Ho dovuto farlo, perché amo il mio paese, ed è lì che avrei voluto guardare mio fratello crescere, correre per le strade di Konoha, rubare qualche mela al fruttivendolo, correre su per quegli immersi alberi.
Aiutarlo quando avrebbe avuto problemi con gli amici, consigliarlo quando avrebbe avuto una ragazza.
Guardarlo crescere dolce, tenero e forte uomo qual è.
Il più grande rimorso è averti lasciato indietro.
Mi hai sempre stupito col tuo amore fraterno. Mi sei sempre stato vicino, mi hai sempre coccolato.
Eri la mia forza, anche se non lo sapevi. E lo sei tuttora.
Sei tutto ciò per cui vivo, ora che ho più di venti anni.
Perché spero di vederti, un giorno, a venti anni, a trenta, a cinquanta o quando saremo vecchi e decrepiti.
Ma ti voglio rivedere.
E stavolta sarò io a stupirti, sarò io a portarti dei fiori.
Il più grande rimorso è averti lasciato indietro.

 
Hinata chiuse il diario con le lacrime agli occhi e guardava Naruto, altrettanto commosso, che si avvicinava a lei e la abbracciava.
Le prese il diario dalle mani e lo posò sul comodino, poi la guardò negli occhi e la accarezzo.
-Mi dispiace molto per te e Sasuke, amore. Avete perso un cuore d’oro.
-Era davvero una brava persona…
-Cosa posso fare per te, amore?
Lei lo attirò a se e lo baciò dolcemente.
-Naruto… non darmi il tempo di pensare a niente.
-Vieni con me, allora.
La fece alzare e la portò nel bosco, ancora in pigiama.
Si distesero sotto il cielo stellato stringendosi la mano.
-Ti avevo chiesto di non pensare….
-Un amico una volta mi ha detto che il miglior modo di non pensare più a qualcosa è pensarci mille volte, e magari, parlarne con qualcuno.
Quella sera Hinata si svuotò completamente. La sua rabbia contro il proprio Clan, la tristezza di aver perso una madre; La malinconia pensando di aver perso, per ben due volte, il proprio fratello;
Il modo in cui capiva i sentimenti di Sasuke, la sua voglia di vendetta che a volte aveva provato anche lei, la tristezza per aver sbagliato, uccidendo il fratello;
il rimorso di non aver nemmeno provato a fermare Sasuke; il ricordo di quando tutti insieme erano arrivati troppo tardi sul luogo del combattimento.
E Naruto la  ascoltava con tutto se stesso, ad ogni tremolio di voce le stringeva ancor di più la mano e pareva sorreggerla, nonostante fossero coricati.
Infine Hinata si abbandonò ad un pianto disperato fra le braccia del suo fidanzato, che era la sua vera forza.
E il biondo parve quasi chiederle scusa di non esserci stato anche prima per lei, quando affrontava tutti questi problemi,
parve scusarsi del tempo perduto per anni ad inseguirsi (o meglio lei a inseguire lui) col loro amore.
E lei si addormentò bagnata dalle lacrime, ascoltando le parole dolci di Naruto. 
-Ti amo e ti amerò per sempre. Sei la mia forza, piccola mia. Sai… mi sa che non posso vivere senza di te.
                             
              "Non dimenticherò mai quello che ho fatto perchè è una grande cicatrice in mezzo al mio cuore." dal diario di Itachi.


Capitolo terribilmente in ritardo sdolcinato, lo so :D Ma sono in vena!
Ed aspettavo da tanto di scrivere un capitolo su Sasuke e Haru :) 
Perchè lui è dolcissimo quando vuole, davvero! Sopratutto con la sua ragazza poi, si riscopre amorevole.
Com'è il diario di Itachi? Vi è piaciuto? Ditemi di siiii!!!!
Ho inserito alcune immagini :D Credo che lo farò spesso! Come sono? :DD
Insomma, tante domande per dirvi RECENSITEMI! Ho bisogno del vostro sostegno u.u
With love, Cla.

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Capitolo 7
*** I will always love you. ***


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I will always love you.
In una stanza buia e piena di divanetti stavano tre uomini intenti a pensare e a confrontarsi.
L’odore delle sigarette (e di patatine al formaggio) impregnava l’aria, rendendola quasi irrespirabile.
Stavano li, tutti seduti attorno a quella flebile luce che emanava la candela.
-Seriamente, qual è il problema?- disse Choza, smettendo di sgranocchiare le patatine e guardando seriamente i due.
Shikaku sbuffò.
-Se si mettono insieme seriamente, i loro figli, saranno dei Yamanaka o dei Nara?
-Loro sono i nostri due eredi. Figli unici, fra le alte cose.- Inoichi si portò una mano alla tempia e cominciò a massaggiarla.
Tutta colpa di sua figlia che le faceva sempre venire il mal di testa.
-E che problema c’è? Dite loro di fare più figli!
-Sono affari loro, questi!- disse il Nara, alquanto stufato di quell’assurda situazione.
-Non ti incazzare, geniaccio! Ascoltami! Se loro mettono su famiglia e fanno più figli non vedo il problema, dato che ognuno erediterà una diversa abilità.
Il biondo lo guardò cupo.
-Choza, quello che dici è giusto, ma ci vuole un particolare tipo di chakra per eseguire le nostre tecniche, così come le vostre e quelle del clan Nara.
Ora, se questi si incrociassero, ne verrebbero a crearsi di nuovi, capisci?
-E di che ti lamenti! E’ capace che mettono al mondo un pargolo capace di usare entrambe le tecniche!
Shikaku chiuse gli occhi e cominciò a pensare.
Gli altri due uomini si voltarono verso di lui. Sembrava quasi si potesse sentire la sua mente che meccanizzava il problema. Poi l’uomo riaprì gli occhi dal tipico taglio giapponese.
-In effetti c’è una probabilità del 25%.
-Contro?- chiese Inoichi, curioso.
-Il 25% che esca tipicamente Nara, il 25% che esca Yamanaka e un ultimo 25% che esce con la testa bacata.
-Quindi dobbiamo solo stare a guardare?
Shikaku annui, silenzioso.
-Di che vi preoccupate!- disse Choza –Al massimo, se fanno quattro figli, tre saranno uragani e uno sarà incredibilmente stupido!
 
-Smettila di meccanizzare col tuo cervello, Nara.
Shikamaru e Ino erano coricati sul fresco parquet di casa Yamanaka, più precisamente quello della camera della bionda.
Stavano li da ore ad attendere il verdetto e a godere dell’ultimo sole della stagione, “rifrescandosi” sul pavimento.
-Ti giuro che riesco a sentire che pensi!
-Sei più seccante del solito oggi, seccatura.
-Non mi chiamare così!
-E smettila…- la voce di Shikamaru suonava molto stanca.
-Senti dolcezza, sei tu che ci hai ficcato in questo bel problema, quindi alza il culo e smetti di fonderti il cervello!
-Sempre dolce tu, eh?- disse sbuffando e guardando il marrone del pavimento, le lineature più scure e quelle più chiare del legno.
Ino si avvicinò di poco e gli sfiorò con un dito il ginocchio.
-Cerco solo di dirti che è inutile pensarci ora, ok?- disse con voce più dolce.
Lui, invece di risponderle, la prese per il polso e la attirò a se, in modo che le potesse stargli di fronte.
-Sono un po’ preoccupato.
Lei si avvicinò e gli mise la testa sul petto e di rimando anche lui fece lo stesso, dato che erano messi in modo da essere uno opposto all’altro.
-Anche io, Shika.
Lui si contorse per mettersi coricato come lei sotto la sua risatina isterica, poi la strinse di nuovo al suo petto, con più forza, per soffocare su nascere i singhiozzi di lei.
Le mise la mano nei capelli e la accarezzò, spinse la sua testolina contro il suo petto ed inalò il suo profumo.
Lei si calmò subito, tutta la sua tristezza, la sua paura, la sua ansia parve essere catturata dalle braccia forti di Shikamaru.
Si scostò e gli sorrise, riappoggiando la fronte contro la sua spalla.
Accarezzò il viso di lui, lo sentiva più rilassato, sentiva che aveva chiuso gli occhi e che, al passaggio della sua mano, aveva leggermente socchiuso la bocca.
Passò la sua mano sui capelli corvini di lui e slegò la coda, come faceva da piccola per farlo arrabbiare,
ma stavolta mise una mano nei capelli sciolti di lui e li accarezzò come stava facendo lui con lei.
-Umh…- Shikamaru pare uggiolare, sotto i tocchi di lei.
La afferrò per i fianchi e la attirò a se, stringendola con forza.
-Sei una stupida.
-Grazie amore, ti amo anche io!- disse lei ridendo.
-Sei una stupida perché ti diverti sempre a farmi incazzare, invece di stare così con me…
Lo fece coricare e gli salì addosso a cavalcioni.
Shikamaru la guardò e sfiorò il suo vestitino celeste,lo stesso colore dei suoi magnifici occhi grandi, che lasciava scoperte quelle bellissime gambe.
Sfiorò con un dito la sua coscia e lei ebbe un fremito.
La strinse a se con un braccio e le slegò i capelli, mentre con l’atra mano toccava la sua pelle liscia della coscia e la stringeva, facendola sospirare.
Involontariamente lui rise, perché i capelli di lei lo solleticavano.
-Non ridere di me, Nara.- disse lei gemendo accanto al suo orecchio.
Lui non rispose e spinse il suo sedere contro di lui, facendole sentire quanto era eccitato.
-Non ridevo di te e non parlare, seccatura. – disse lui, afferrandola e baciandola con passione.
 
Image and video hosting by TinyPic -Eccomi!
Arashi era coricato sull’erba del giardino di casa Haruno mentre aspettava l’esponente più giovane della famiglia stessa con cui, per l’ennesima volta in ritardo, doveva uscire.
Ad un tratto se la ritrovò davanti, in leggins e magliettina blu, stretta al collo e con qualche fronzolo.
-Sei seria?
-Cosa?- fece lei stralunata.
-Ci hai messo tre ore per infilarti due stracci?
All’inizio Sakura parve non capire, poi si rese conto dell’accusa e gli tirò un pugno in testa.
-Ahiahaihaiahaihai! Ma che cazzo hai?
-Due stracci?- le vene sulla fronte si erano gonfiate –Le ho comprate apposta per te!
La squadrò da capo a piedi: i leggins le mettevano in risalto le gambe snelle e la magliettina con qualche svolazzo rendeva più voluminoso il petto piatto.
La prese per mano e cominciò a camminare verso la destinazione da lui scelta, mentre ragionava sulla risposta meno pericolosa da dare.
Mi picchierà di nuovo” pensava lui, mentre stringeva la mano floscia di Sakura.
Aspetta. Floscia?
Si voltò di scatto per capire come mai la rosa non gli stringeva la mano, come suo solito, e questa le andò a sbattere contro la spalla.
Con la mano si teneva la fronte, forse stava per gridargli contro.
Poi notò che i grandi occhioni verdi erano lucidi.
-AH, AH, SAKURA-CHAN!- gridò come un matto –Ti ho fatto male??
La ragazza farfuglio qualcosa in risposta, che lui non capì.
-Parla Sakura!!- la afferrò per le spalle e cominciò a scuoterla avanti e indietro, si fermò solo quando il colore del suo viso
divenne quasi giallastro accompagnato dalle parole “Se non la smetti vomito”.
Allora lasciò le spalle e bloccò il visino con le mani abbassandosi alla sua altezza.
A quel gesto Sakura perse un battito.
-Ti sei fatta male?
Gli occhi verdi si inumidirono maggiormente.
-Non sono nemmeno un po’ carina vestita così?
-Ma che dici, sei bellissima!- sbottò lui.
Poi deglutì: la sua vita dipendeva da come si sarebbe spiegato, lo sapeva.
-E’ solo che… questi sono vestiti semplici da mettere e tu ci hai messo ore!
Lei arrossì.
-E’ colpa tua!
-Cosa?!?
-Si, colpa tua! Non mi dici mai dove andiamo e io non so che mettermi!
Gli occhi verde azzurro di lui ebbero uno sguardo divertito.
-Eheh, ora lo saprai!
Arrivarono davanti a un parco giochi per bambini, sotto lo sguardo interdetto dell’Haruno.
-Qui?
Lui annuì fiero e poi cominciò a correre ovunque. Quando si fermò ricevette un altro pugno, stavolta in pieno viso.
-Perché?- disse lui, con lo sguardo da cucciolo bastonato.
-Sei un bambinone, ecco perché!
-Ah, ma ringrazia che sono un gentiluomo e non picchio le donne…- sbuffò lui.
-A si? Che dici di un bel combattimento, allora?
Fu così che i due cominciarono a combattere, cercando di evitare i giochi dei bambini o usandone alcuni per colpirsi.
Alla fine, stanchi, si buttarono sull’erba.
-Stupido.
-Stupida.
-Ti odio!- disse lei, stizzita.
Lui la guardò come per dire “Come puoi odiarmi? Sono così tenero!” ed aprì la bocca con fare stupito, imitando il viso di un bambino.
Lei gli sorrise e poi poggiò la mano accanto alla sua bocca, per curare una ferita provocata da lei.
Arashi serrò i denti. Era tanto tempo che la aspettava, troppo forse, ma non per lui, che era un uomo paziente.
Quei tocchi, che ogni tanto lei gli riservava, facevano nascere qualcosa in lui, la voglia di ricambiare, la voglia di stringerla forte a se.
-Scherzavo Arashi, io non ti odio.
Lui le prese un polso e le sfiorò le dita con un bacio.
-Io ti amo, Sakura.- il volto piegato in una serietà che stonava tantissimo col suo fare infantile, ma erano entrambi parti del suo essere.
Lei non parve stupita dalle sue parole, ma le ascoltò con molta attenzione.
-E’ molto che ci frequentiamo, Sakura-chan. A questo punto, mi chiedevo se sono stato in grado di farti dimenticare Sasuke….
Lei chiuse gli occhi e ripensò al suo passato: gli anni passati ad amare Sasuke, a venerarlo, ad inseguirlo, a volte ad odiarlo per le sue scelte;
il tempo passato con lui quando stavano insieme, ricordava tante litigate e pochi momenti dolci, ma quelli erano indimenticabili.
Lui gli aveva donato la loro prima volta, gli aveva donato molto amore, si amavano, ma era stata capace di rovinare tutto e perderlo.
Grazie a tutto questo però, era cresciuta ed aveva incontrato Arashi.
Lui era solare, pieno di vita, dolce e buono. Sapeva anche essere serio e duro, ma non le dispiaceva affatto.
Anzi, ripensava a tutti quei momenti passati insieme, a scherzare o a fare incredibili discorsi seri e profondi,  alle ore passate a fantasticare su di lui ( che diamine, era bello!) .
Ripensava anche alle ore passate a cercare di stupirlo, in qualche modo, a scegliere i vestiti, il trucco, l’acconciatura, il profumo, le parole da dirgli. Il tempo e le ansie cercando di piacergli.
Lo guardò, i capelli bruni e gli occhi chiarissimi, la pelle olivastra e il viso da Uzumaki.
I suoi pensieri vennero brutalmente interrotti da Arashi, che si era fiondato su di lei, il polso ancora stretto nella sua mano, e l’aveva baciata, un bacio dolce, a stampo.
-Tu pensavi, ad occhi chiusi, e io ti guardavo e non ho più resistito ad assaggiare le tue labbra.
-Che sapore ho?- chiese scherzosa lei.
Lui fece per pensarci.
-Non lo so, non l’ho sentito bene..
Sakura si avvicinò e lo baciò con dolcezza e a lungo, stupendolo.
-Ti amo, Arashi- gli disse, sospirando sulla sua bocca.
-Lo so!- rise lui –E sai di ciliegia!
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Shikamaru ed Ino vennero convocati un paio d’ore dopo dai rispettivi padri e dal caro “zio” Choza.
Non parliamo neanche dell’assurdo momento in cui la madre di Shikamaru, che era andati a chiamarli, li sorprese a baciarsi “con tale foga e in pieno giorno!” (parole sue) sul parquet di casa Yamanaka.
L’imbarazzo di quella assurda scena venne ampiamente rimosso dalla preoccupazione quando vennero chiamati nella sala comune delle riunioni dei tre Clan.
E quando Shikaku comunicò loro la decisione presa, cioè assolutamente far nulla, Shikamaru pensò che probabilmente il padre credesse che questa storia non sarebbe durata a lungo.
Più tardi, quando furono di nuovo soli, sulla loro collinetta preferita, ne parlò con la bionda.
-Non credo che sia così Shikamaru. A volte la decisione più giusta da prendere e proprio quella di non prenderne nessuna!
In quel momento il moro pensò che avesse ragione, ma una cosa era certa.
Loro due si conoscevano da quando erano in fasce praticamente, il loro legame era sempre stato profondo, stretto, intimo.
Ma non era come quello tra loro e Choji, lui era sempre stato davvero un fratello.
Ed anche se loro un tempo affermavano la stessa cosa per quanto riguarda la loro amicizia, la loro intesa andava ben oltre.
Erano destinati a stare insieme, anche se si scannavano tutto il giorno, perché sapevano che la sera non sarebbe mancata la carezza o l’abbraccio.
Forse stavano insieme perché erano gli unici capaci di sopportarsi, oppure perché si capivano con uno solo sguardo.
Fatto sta che si amavano alla follia.
Di tutto questo discorso nella sua mente, Shikamaru fu solo capace di farfugliare “Non so tu, ma io non ti lascerò mai”.
Ma Ino lo capì, e disse che lo amava da morire, accoccolandosi contro la sua spalla.
Il profumo di viole che proveniva dalla sua pelle inondò le narici del Nara, che rimase estasiato.
Mai, mai avrebbe permesso che qualcuno intaccasse il loro rapporto.
 
“Ricordo la prima volta che incontrai la bella Hinata Hyuga come fosse ieri.
Quel giorno, era festa nel villaggio di Konoha, le strade erano piene di bancarelle, giochi e persone che ridevano.
Quella sera, uscì con la mia mamma e il mio piccolo fratellino, che allora aveva quattro anni.
I bambini correvano per le strade, ridevano e scherzavano.
Fra tutti il mio sguardo venne quasi incatenato ad un visino angelico, una bambina dai capelli blu notte a caschetto e gli occhi grandi e di un particolare viola,
il nasino all’insù e la bocca rosea e sofisticata.
La pelle era di un bianco latte, a parte sulle gote, dove si stagliava un tenue rosa.
Indossava un piccolo kimono bianco a fiori viola, leggermente più scuri dei suoi occhi.
Aveva lo sguardo perso per quelle meraviglie, ma notai che guardava solo, non osservando davvero.
Teneva distrattamente la mano ad un uomo alto, il suo tutore.
Non era con la propria famiglia e questo mi dispiacque molto.
Inconsciamente salutai la mia mamma, che avrebbe continuato il giro con Sasuke, e cominciai a seguire la bambina, incuriosito dal suo comportamento tanto maturo.
La guardai mentre rifiutava di prendere qualcosa da mangiare o da bere, mentre declinava ogni proposta a prendere qualche oggetto che potesse divertirla.
Una piccola principessa del dolore, sembrava.
Si avvicinò ad una di quelle grandi bacinelle coi pesci rossi, afferrò un retino di carta e tentò di prendere qualche animaletto.
Il tutore gli pagò il giro, ma non stette nemmeno tanto a guardarla, anzi, parlava animatamente con altri due conoscenti.
Mi diressi verso di lei e mi chinai anche io davanti alla bacinella.
-Se vuoi, posso prenderlo io un pesciolino per te, sono piuttosto bravo.- le dissi, notando che il retino di carta si rompeva sempre.
-No, grazie.- la sua voce dolce e calma mi stupì –Non mi permesso tenere animali in casa.
-Nemmeno un pesciolino?
Lei negò piano col capo.
-Come mai non sei qui con la tua famiglia?
-La mia mamma è molto malata.- rispose debolmente.
-E tuo padre?
Negò di nuovo col capo. –Io non piaccio a mio padre.
Così piccola e così triste.
-Come ti chiami, piccolina?
Finalmente mi guardò, coi suoi occhi grandi e luminosi. Era così dolce.
-Tutti mi chiamano Hinata-sama, anche se sono così piccolina.
-Io ti chiamerò Hina-chan.
I suoi occhi divennero luminosi. Le sorrisi come mai.
-Si addice di più a te, non credi? Io sono Itachi.
Quella bambina aveva la stessa età di mio fratello, ma aveva una maturità e dolcezza incomparabile.
Non la dimenticherò mai. Mi piacerebbe molto rivederla.”

Image and video hosting by TinyPic Sasuke leggeva ad alta voce coricato nel proprio letto, con un braccio ad avvolgere Haru, da cui non si era staccato per tutta la giornata.
-Tuo fratello sembra molto buono e dolce…
-Lo era davvero.
-Ti manca, vero?
Lui non rispose, mentre accarezzava  la grafia di Itachi.
Haru si strinse a lui.
-Non è colpa tua.
-Si invece.
-Mi hai detto che era malato.
Ancora silenzio.
-Lui rivive in te, perché ora porti i suoi stessi ideali.
Haru lo baciò con passione e trascorsero la notte insieme, di nuovo, a far l’amore.
 
“Vi amerò per sempre, perché siete a mia famiglia e vi porterò nel cuore. Siete parte di me, come se foste i miei stessi muscoli o le mie vene. Vi amerò per sempre.” Dal diario di Itachi.  
Eccomi qui con un nuovo capitolo!
Piaciuto? Interessante?
Lo so, sono estremamente romantica ultimamente.
Vi annuncio che il prossimo capitolo sarà interamente NaruHina, dopo tanto tempo!
Com'è il diario di Itachi?
Ringrazio tutti coloro che hanno aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/ preferite, grazie :D
Coloro che invece recensiscono sempre, a loro mando un gran bacio!
E ringrazio anche coloro che leggono sempre :) grazie :)
A presto,
With love, Cla.

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Capitolo 8
*** Whenever I’m alone with you, you make me feel like I’m home again. ***


Whenever I’m alone with you, you make me feel like I’m home again.
 
La sua mano posava sul suo ventre, delicatamente, una mano calda e grande, che pareva avvolgerla.
Hinata si svegliò nel primo mattino, accarezzò dolcemente le mani di Naruto e poi si girò piano a guardarlo.
Il sole illuminava il suo viso mettendo in risalto i lineamenti perfetti, la bocca carnosa e le folte ciglia.
Inconsapevolmente, portò la mano sul suo viso e sfiorò la pelle morbida con le dita.
Poi si avvicinò, e proprio mentre lo sfiorava con un bacio leggero, Naruto la strinse a se la baciò intensamente.
-Eri sveglio…- sussurrò la mora, mentre il ragazzo si fiondava a baciare il suo collo.
La morse e Hinata ebbe un fremito.
Naruto all’improvviso si alzò e cominciò a rivestirti, saltellando su un piede cercando di infilare i pantaloni.
-Vado a fare la spesa!
-Vengo con te, amore.
Anche Hinata si preparò per uscire, una semplice maglietta lillà e pantaloni a tre quarti blu, e seguì Naruto per strada.
Camminavano mano nella mano, parlando tra di loro e facendo grandi sorrisi.
Ogni tanto si fermavano per prendere qualche frutto, carne e spezie, che prontamente venivano loro regalate (il minimo dopo che Naruto aveva salvato il villaggio chissà quante volte).
In un oretta tornarono a casa e sistemarono insieme la spesa.
Poi Naruto strinse a se la sua fidanzata e le accarezzò i capelli.
Un profumo delicato di cannella gli fece venire in mente un’idea fantastica.
-Amore, oggi andiamo fuori Konoha. Potresti fare del bento?
-Si, ma dove andiamo?- chiese curiosa lei.
Lui le fece l’occhiolino –Segreto!
Mentre lei preparava il cibo per la gita fuori villaggio, il biondo sistemò in uno zaino dei ricambi per lui e Hinata mandando, nel frattempo, una copia ad avvisare Tsunade.
La mora si cambiò. Indossò un vestitino azzurro con fascia arancione sotto il seno, che si chiudeva dietro la schiena con un fiocco, e il cappello con la fascia dello stesso colore.
Appena entrambi furono pronti, si presero per mano e si avviarono verso le porte del paese, esibirono il permesso dell’Hokage e poi cominciarono a correre verso la loro metà.
Ridevano, i due, erano una coppia perfetta.
Insieme estrapolavano da loro stessi la parte migliore del proprio carattere, esibendosi in quella che il maestro Gai chiamerebbe “la danza della felicità giovanile”.
Erano giovani e belli, forti, insieme erano completi e felici.
La meta decisa da Naruto non era molto distante dal villaggio quindi arrivarono in poco tempo.
A quella vista Hinata sgranò gli occhi.
Non aveva mai visto uno scenario del genere, l’azzurro del cielo immergersi nell’azzurro dell’acqua, il colore del grano della sabbia fine che sotto un leggero vento le accarezzava la pelle nuda.
In quasi diciannove anni, mai scenario più bello le aveva accarezzato la vista, lasciandole nello stomaco una strana sensazione di calore.
Mai, a parte quando guardava il suo ragazzo, che ora gli sorrideva felice e soddisfatto per la scelta.
-Ho trovato questo posto andando verso il villaggio del vortice,quando ho cercato zia Mito, Haru e Arashi.
Hinata non era sicura di averlo sentito, presa com’era dall’ascoltare il suono del mare che si infrangeva sulla sabbia e il suono leggero dei gabbiani in lontananza.
Si tolse le scarpe in un lampo, le prese con le mani e cominciò a correre, il vestitino che svolazzava e il cappello sulla sabbia.
Correva, ogni tanto sulla riva tirava un calcio all’acqua che spruzzava ovunque, rideva e gioiva.
Naruto per un po’ guardò lo scenario, impregnato di gioia, con lo sguardo perso ad ammirare prima lo splendido paesaggio e poi la sua meravigliosa ragazza.
Hinata Hyuga ne aveva viste di tutti i colori.
Aveva passato gli anni migliori della sua vita a soffrire per la perdita della madre e di un fratello, per le continue critiche di un padre che non l’amava,
le continue oppressioni da parte del Clan, una famiglia divisa.
Ha dovuto combattere per ottenere tutto ciò che ora aveva, per diventare forte e per diventare un po’ più felice.
Lei aveva sempre detto che lui, Naruto Uzumaki, gli era stato d’ispirazione.
Ma nel cuore Naruto lo sapeva, che la sua bella fidanzata, era molto più di ciò che lei stessa credeva.
No, non era stato la sua ispirazione, ma l’aveva semplicemente aiutata ad essere ciò che è.
Hinata ce l’aveva fatta da sola e anche se in quel momento sembrava che tutto andasse male, che le ferite rimarginate da tempo si riaprissero e bruciassero come mai,
lei riusciva a perdersi per un momento ed essere felice.
Afferrò il cappello e raggiunse la mora, le sorrise felice rimettendogli il cappello in testa.
Il sorriso meraviglioso di lei, in quel momento preciso, scomparve, e lasciò posto alla pacatezza che accompagnava sempre il suo viso.
-Sai Naruto, io sono fiera di te. Sei diventato una persona meravigliosa nonostante tu sia sempre stato solo. Sei riuscito ad essere apprezzato da tutti per la tua solarità.
La gente ti ha fatto del male, ma tu sei buono ugualmente. E presto diventerai il loro Hokage. Ti ammiro per la tua tenacia, te la invidio. E sono fiera di te.
-Ma anche tu sei…- il biondo venne interrotto dal bacio di Hinata, a stampo, giusto per interromperlo.
Lei guardò il ragazzo con uno sguardo molto serio e contrariato.
-Non dire bugie, Naruto. Non sono assolutamente al tuo livello.  Non sono ne forte quanto te ne tenace. Sono buona, si, ma non viene apprezzato.
E nel profondo sono capace di provare invidia e odio. Perché io le odio le persone che mi hanno fatto del male, anche se per poco, perché poi mi dai la forza di perdonare.
Ma te lo giuro, Naruto, un giorno sarò così forte che non dover più fare affidamento su di te per migliorarmi, ma lo farò da sola. E raggiungerò i miei sogni.
Si voltò verso il paesaggio del mare, a guardare l’orizzonte.
-Io, Hinata Hyuga, figlia del capo Clan Hiashi Hyuga e della meravigliosa Hana Hyuga, ora che ho quasi diciannove anni, giuro solennemente sul mio onore che entro i vent’anni
sarò diventata il Capo Clan, facendo sì che quest’ultimo diventi una vera famiglia. Mai più casate. Mai più divisioni. È questo il mio sogno.

Poi, come se nulla fosse, come se non avesse pronunciato parole dure a se stessa, come se non avesse promesso nulla a se stessa, si avvicinò allo zaino ed estrasse la tovaglia,
che posò sulla sabbia, e i bento.
-Mangiamo? Ho fame!
Naruto la guardò incredulo, annuì e si sedette accanto a lei.
Gli porse il suo bento e le bacchette, sorridendo.
Lui la guardava stralunato, non riusciva a credere alla forza che aveva davanti.
-Ti starò sempre vicino, Hinata.
Lei gli sorrise dolcemente e in un soffio gli disse quello che pensava da tempo.
-Ti dovrei ringraziare ogni giorno della mia vita, Naruto. Tu sei l’unico capace di farmi sentire a casa.
Si sorrisero e cominciarono a mangiare.
Naruto non si perdeva un attimo dei suoi gesti, così gentili e pacati, così eleganti e dolci.
-Vorrei fare il bagno!- disse lei d’un soffio, dopo che ebbero mangiato e che si furono sgranchiti.
-Ho pensato bene quando ho infilato i costumi nello zaino, allora!
Si cambiarono velocemente e poi il biondo prese Hinata su una spalla e la gettò di pesò nell’acqua fredda.
Risero entrambi giocando con l’acqua, correndo e spruzzandosi.
Poi Naruto avvolse la mora con le braccia, la strinse a se con tutta la forza che aveva in corpo.
La loro pelle nuda aderì, si accarezzavano godendo di quell’acqua fredda che rinfrescava i loro corpi.
-Ti amo da morire, Hinata.- disse abbassandosi leggermente per baciarla, un bacio cruento, passionale e forte.
La ragazza si lasciò trasportare da quella passione, scorrendo le mani su di lui e sui suoi capelli.
Tornarono in spiaggia e fecero l’amore.
 
Tempo dopo Naruto ricordava quella giornata come una delle più belle della sua vita.
L’immagine di lei, felice e sorridente, immersa in quel paesaggio che tanto le somigliava ma non era comparabile alla sua bellezza,
gli rimase sempre nel cuore, come fosse stata incisa a fuoco.

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“Godi sempre della compagnia dei tuoi cari perché mai saprai cosa il destino riserva per te.” dal diario di Itachi.
 
Sisi, non mi dite niente, sono in un ritardo mostruoso!
Il capitolo è piccolino, ma dedicato completamente alla mia coppia preferita.
Wow gente, 3 bellissime recensioni per il capitolo precendente :D Sono contentissima!
Spero di continuare così, voglio sentire i vostri pareri.
Devo fare dei ringraziamenti, poi potete "andare in pace" xD
Innanzitutto ringrazio 
Evil Fox, che mi lascia delle splendide recensioni che mi fanno sempre morire dal ridere. GRAZIE!
Poi ringrazio  farshid che appena può mi lascia i suoi bei commenti! Ti ringrazio!
Ed infine Diyana, una mia nuova recensitrice che mi ha lasciato a bocca aperta, quando mi ha detto che aveva letto
TUTTA la mia serie (questa) in una sera e poi l'aveva addirittura riletta.
Cioè, senza parole, io ti adoro *w* Spero che questo capitolo mini mini ti piacerà!

Il prossimo capitolo sarà incentrato interamente su Sasuke.

 

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Capitolo 9
*** Guardando il cielo penso a te. ***


Guardando il cielo penso a te.
 
L’aria fredda di quel giorno di settembre inondò la camera dell’Uchiha, entrando dalla finestra, facendo svegliare Sasuke.
Quel giorno nessuno era venuto a svegliarlo. Di solito si svegliava con Haru che rideva ad un palmo dal suo naso,
o con Naruto che lo scuoteva malamente per le spalle o con la carezza affettuosa di Hinata che gli portava il caffè.
Quel giorno invece nessuno venne a disturbarlo, facendo si che lui dormisse fino al pomeriggio inoltrato.
Si alzò ed andò nel bagno per farsi una bella doccia calda.
Haru quel giorno si stava allenando con Arashi, Kiba e Neji.
Hinata invece si stava allenando con il capitano Yamato, cercando di imparare qualche tecnica di tipo legno. Erano mesi ormai che ci provava.
Infine Naruto sarebbe mancato per tutto il giorno, perché occupato con l’Hokage.
C’era sempre qualcuno a rompergli le scatole da mattino a sera, ma quel giorno sarebbe rimasto solo.
Che fare?
-Testa bacata di un Uchiha, dove sei?
Oh no. Non era possibile. Lei qui? Una giornata senza rompi scatole mai, eh? Questo era colpa del Karma…
Uscì dalla doccia e si infilò velocemente boxer e jeans, poi uscì dal bagno.
-Ah, eccoti.
-Ciao Sakura…- salutò un po’ amareggiato per il pomeriggio di solitudine appena perso.
-Ti sei svegliato ora?
-Hmf.- sbuffò –Perché sei qui?
-Naruto mi ha detto di passare per svegliarti e per portarti del cibo.- disse porgendogli la ciotola di riso e carne.
Lui l’afferrò sbuffando. Erano le tre e mezza e si, aveva fame.
-Lo so, lo so. Ora me ne vado tranquillo! Così torni a deprimerti.- disse voltandosi.
-Hmf.. aspetta.
Si voltò di nuovo e gli sorrise.
-Come va con Arashi?- disse guardando dentro alla ciotola.
-Come se Haru non te lo avesse detto! Ci siamo messi insieme.- disse allargando il sorriso.
-Bene.
-Grazie per l’interessamento.
-Io non sono interessato.
-Si si, ciao, vado a lavoro!- disse uscendo dalla camera.
Sasuke andò in cucina e cominciò a mangiare da solo, con calma.
Quando finì erano le quattro passate, indossò la sua maglietta scura, prese alcuni diari di Itachi e alcune foto per poi avviarsi nel giardino.
Qui si coricò sull’erbetta. Sentiva lo scroscio ritmico dell’acqua e il vento freddo soffiava sulla pelle.
Gli piaceva la sensazione di freddo sulla pelle, lo faceva sentire vivo.
Vivo… inconsciamente guardò verso il cielo azzurro.
Itachi non era più vivo.
Aveva perso i suoi anni migliori per un capriccio del villaggio e poi lo aveva perso definitivamente togliendogli la vita.
Certi giorni gli era proprio impossibile credere che si era lasciato trascinare in quel villaggio che lui odiava, che aveva mandato a morire tutti gli Uchiha.
Poi ricordava il fratello. Lui aveva scritto nei suoi diari che non ha importanza quanto odi un paese, lo amerai indirettamente perché è la culla dei tuoi cari.
Sasuke per questo era rimasto, per la memoria di Itachi.
Lo aveva crudelmente ucciso per vendetta mentre lui lo amava. Se solo si fosse fermato prima, ora non sarebbe solo in una grande casa, vivrebbe con lui,
avrebbero riso di gusto e si sarebbero presi in giro, come un tempo.
Da piccolo, lui lo ricordava bene, sorrideva sempre, anche senza un motivo particolare.
Ora era cupo e pochissime persone riuscivano a farlo sorridere o addirittura a ridere, si potevano contare sulle dita di una mano.
Il resto delle persone di solito o gli era indifferente o addirittura lo innervosiva.
Certa gente non meritava di esistere.
 
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“Oggi tu sei venuto da me,
ti sei accorto che ero triste e stranamente malinconico.
Eppure oggi sono stato cattivo con te, fratellino mio. Non ho giocato con te e ti ho anche risposto male.
Mamma mi ha addirittura rimproverato per questo, ma tu non hai detto nulla.
Avevi capito che c’era qualcosa che non andava.
Sono uscito di casa di fretta questa mattina, non ho nemmeno salutato e sono andato in accademia.
Non sono subito tornato a casa, ho fatto un lungo giro ed alla fine mi sono ritrovato immerso nel tramonto, guardando il fiume di Konoha.
Tu sei arrivato correndo…”
 

Sasuke leggendo ricordava quel giorno. Fu proprio una settimana prima del caos.
Avrebbe dovuto capirlo che c’era qualcosa di più. Avrebbe dovuto dirgli qualcosa, così non sarebbe andato via. Era un uomo che viveva nei rimpianti.
Se solo avesse fatto di più al tempo… se solo non lo avesse ucciso.
Ma era solo un bambino.
 
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“…Tu sei arrivato correndo e ti sei aggrappato al mio braccio.
Mi hai gridato che non ti sei arrabbiato con me per il mio comportamento di stamattina,
che posso tornare a casa con te perché non eri arrabbiato.
Sei venuto a prendermi, hai corso per tutta Konoha cercandomi, quando sei arrivato l’ho capito dal tuo fiatone e dalla tua ansia.
“Andrà tutto bene” dici ancora.
Se solo tu sapessi…”
 
Già, se solo avesse saputo cosa stava per fare, cosa gli avevano chiesto di fare, forse avrebbe potuto fargli cambiare idea.
Ce ne sono tanti di shinobi al mondo, perché dovevano proprio chiederlo a lui?
Non sarebbe stato meglio attaccarli direttamente?
No, avrebbero scatenato la furia degli altri Clan, ci sarebbero state rivolte.
E poi, contro un grande numero di Uchiha, gli shinobi di Konoha non possono nulla.
Troppo potere, è sempre questo il problema.
 
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“Chissà cosa diresti sapendo quello che sto per fare. Probabilmente me ne diresti di tutti i colori, mi odieresti.
Ti sto per togliere la famiglia ed ucciderò anche te.
Che diresti se ti dicessi questo?
No, non potrei mai ucciderti… tu sei il mio fratellino, quando nascesti ho giurato a me stesso di proteggerti da tutto e tutti.
Sei una persona troppo buona e dolce, Sasuke. Se così piccolo, non potrei mai ferirti mortalmente.
Stavo pensando proprio questo mentre ti abbracciavo…
Non una lacrima devi spendere per me, Sasuke.
Spero che tu rimanga così per sempre, dolce, buono e ingenuo, ancora piccolino, così quando ci rincontreremo sarà per ricominciare da dove ci siamo lasciati.
Ti amo, fratellino mio. Di quel bene morboso che vuoi solo a certe persone, quelle che rimarranno sempre nel tuo cuore.
Spero che non mi dimenticherai mai. Spero che non cambierai mai…”
 
Una lacrima scese lungo la guancia di Sasuke ed andò a posarsi su quella pagina di diario.
Solo allora si accorse che quella pagina aveva già visto lacrime, una lacrima aveva già lasciato il segno del suo passaggio increspando leggermente il foglio in un singolo punto,
un cerchio più scuro della pagina bianca.
Una lacrima non sua, conservata negli anni in un diario.
Anche Itachi aveva pianto, come Sasuke, una singola lacrima.
“Solo il buio si addice a me” pensò guardandosi intorno notando che era appena scesa la notte.
Poi, mentre osservava la grafia perfetta di un Itachi ancora troppo giovane ma già così maturo, un Itachi che aveva conosciuto, sentì una voce.
-Che ne direbbe il defunto Clan Uchiha vedendo il “sopravvissuto” in queste condizioni?
Si girò di scatto con gli occhi in fiamme, due luci rosse nel buio.
-Tu, stupido verme bastardo!- disse gridando.
-Non dovresti parlarmi così, caro Sasuke.
-Sono le parole che meriti, bastardo!- disse mettendosi in posizione d’attacco, lo sharingan attivato e puntato su di lui.
-No, no, no.- disse Kabuto beffeggiandosi di lui, negando piano col capo. –Non dovresti parlarmi così. Io ho qualcosa che tu desideri.
Sasuke lo guardò con odio.
-E se tornerai dalla mia parte… se tradirai di nuovo Konoha… tu riavrai…
Sasuke sgranò gli occhi a quel nome, incredulo.
 
 
Sera, ore 21.30.
Naruto lo aveva cercato ovunque, aveva fatto una moltiplicazione del corpo suprema e aveva cercato in ogni angolo, ma lui non c’era.
Non è possibile.
Non ci voleva credere.
Si sistemò la mantella scura sulle spalle e si infilò il cappuccio.
Si avviò verso l’uscita segreta dietro le montagne.
Doveva andare a cercarlo, subito.
Non poteva rischiare di essere radiato di nuovo dal villaggio.
-Naruto.La voce di Hinata lo chiamava da dietro proprio quando stava per oltrepassare la montagna degli Hokage.
La vide in posizione d’attacco, il byuakugan attivato e le mani tese.
-Non ti lascerò andare via, Naruto.



Capitolo strappa lacrime, e che immagini! Desideravo da tempo inserirle e finalmente è arrivato il momento giusto.
Non è più tutto calmo come negli ultimi capitoli: le acque si muovono, il nemico si fa vedere.
Che farà Sasuke? Chi è che riavrà?
E Naruto? Perchè vuole andare via da Konoha?
Ma sopratutto, chi è che nasconde Kabuto, qual'è il volto del misterioso Mister X?
Le scommesse sono aperte! Fatemi saper che ne pensate.
Non so quando aggiornerò, nel frattempo elaborate teorie ;)
With love, Cla.

 

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Capitolo 10
*** Collaborazione e visione inaspettata. ***


Collaborazione e visione inaspettata.
 
Il buio avvolgeva i due fidanzati immersi nella notte. Erano in luogo appartato, vero, ma non erano in nessun atteggiamento particolare, nessun atteggiamento da innamorati.
Invece si guardavano, lei in posizione d’attacco, lui incredulo.
-Non ti lascerò andare via, Naruto.         
-Non vado da nessuna parte!- disse provando a mentire.
-Non dire bugie.
-Davvero!- una strana smorfia, che doveva essere un sorriso, si fece largo sul suo viso.
-Sasuke è fuggito di nuovo. Ma non lo puoi seguire, ti giochi il posto di Hokage.
-Non voglio perderlo di nuovo.- lo sguardo si fece più duro, i denti erano stretti –Vuoi che se ne vada?
-No. Tu non puoi, Naruto! Se Tsunade dovesse scoprirlo, tu non potrai più diventare Hokage, lo sai, si arrabbierà molto, perché hai seguito di nuovo un nunkenin. Sono sue scelte, Naruto!
-Ci deve essere un buon motivo se fugge di nuovo. Lo conosci.
-Naruto!- la sua voce ora tremava –Non ti permetterò di rovinare i tuoi sogni. Il villaggio si arrabbierà se andrai a cercarlo di nuovo,
è un nunkenin e solitamente non si perdonano, lui ha avuto la grazia ma ora sta scappando di nuovo. Sarai considerato suo complice, Naruto, e come minimo non diventerai Hokage.
-Non me ne importa! Devo andar…
-Andrò io.
Lo sguardo di Naruto si fece nuovamente incredulo.
-Io sono la sua tutrice, ho il dovere di prendermi cura di lui. E sono sua sorella. Non verrò accusata di nulla e non ho nulla da perdere.
Il biondo guardava la sua ragazza, che era così determinata da sbalordire.
-Tu però devi andare ad inventarti una scusa con Tsunade. Poi mi raggiungerai.
-Come? Sarete distanti miglia!
-Tu hai questo, Naruto, non lo dimenticare.- disse sollevando lievemente la maglietta dalla schiena, mostrando un piccolo sigillo sui reni:
un vortice e dei ghirigori che si estendevano verso i fianchi.
Era un sigillo applicato da poco da Naruto, per la dislocazione istantanea.
Anche il padre, Minato, ai suoi tempi aveva applicato un sigillo sul ventre della moglie.
-Ti sei allenato abbastanza, sei in grado di usarla.
Naruto si avvicinò a lei e l’abbracciò.
-Stai attenta, mi raccomando. Cercherò di inventarmi una buona scusa. E… grazie.
 Lei, finalmente gli sorrise.
-Corri.
Lui si dileguò mentre lei si chinava, mordeva il dito facendo uscire del sangue e lo usava per incidere a terra un sigillo.
-Tecnica del richiamo: Kenta!
La Pantera grande e scura, dal manto nero e lucente, e dagli occhi azzurri come il ghiaccio, quasi vitrei, apparve davanti a lei.
-Lo sai che non voglio che mi chiami.- disse lui, guardandola duramente.
-Kenta-sensei, ho bisogno del tuo aiuto. Sei il più veloce fra le pantere e devo correre fuori dal villaggio, senza farmi vedere. E tu sei scuro come la notte.
-Non puoi passare in modalità eremitica e correre da sola?- disse sbuffando, mentre lei gli saliva in groppa.
-No, perché ho bisogno del byakugan e quando sono in modalità eremitica la mia cornea si modifica e non posso usarla.
-Va bene- sbuffò –Destinazione?
-Annusa l’aria, cerca Sasuke-kun. Quando lo trovi mantieniti ad una distanza di venti metri.
L’animale annuì lentamente, inspirando e cominciando a correre.
Intanto, Naruto era arrivato a casa della vecchia Tsunade, dato che l’ufficio era chiuso di sera.
Entrò dalla finestra direttamente nella sua camera, si inginocchiò accanto al letto matrimoniale e cominciò a chiamarla.
-Tsunade- diceva muovendo leggermente le coperte.
Lei russava alla grande.
-Ehi vecchia svegliati!- diceva spazientito.
-Nonna cazzo svegliati!- le tolse malamente le coperte e scosse per le spalle.
Lei si svegliò e tirò un pugno in testa al biondo.
-Che cazzo vuoi che mi vieni a svegliare di notte!?!- disse con le vene sulla fronte che pulsavano.
Il biondo, che era seduto per terra con una mano nei capelli a trattenere il bernoccolo, fece una faccia seria che colpì nel profondo l’Hokage.
-E’ successo qualcosa?- chiese preoccupata.
Naruto finse un sorriso.
-No.- mentì –Volevo solo avvisarla che io, Hinata e Sasuke staremo fuori villaggio un po’ di tempo.
-Motivo?
Lo sguardo del ragazzo si fece vacuo, mentre cercava una buona scusa.
-Perché il teme si è ricordato di un rotolo che conservava Orochimaru che gli interessa molto, quindi ha cominciato a correre come un matto per prenderlo.
Ovviamente Hinata non poteva non seguirlo e io li sto per raggiungere.
-Va bene.
-Detto questo si alzò in piedi, si spolverò i pantaloni e, uscendo dalla finestra, salutò Tsunade.
“Ma a chi la vuole dare a bere” pensò l’Hokage “Sta succedendo qualcosa di grosso”.
 
Hinata era in viaggio con Kenta ormai da venti minuti.
Con il byakugan attivato e il corpo aderente a quello dell’animale per non farsi vedere, sentiva l’adrenalina salirgli in corpo, farsi strada nelle sue vene
e se non avesse avuto una grande capacità di controllo, sarebbe stata scossa da fremiti.
Sperava davvero che Sasuke non stesse facendo un’altra cazzata, sarebbe stato duro riuscire a farlo tornare a Konoha, sta volta.
Aveva paura.
Ad un tratto, in una nuvola di fumo, Naruto apparve dietro di lei, accovacciato su Kenta, e la cinse forte con le braccia.
Sentiva anche la preoccupazione di lui e la sua tensione, in quell’abbraccio.
-Qual è la situazione?
-Siamo a 35 metri circa da loro.- rispose Kenta.
-Loro?- chiese il biondo, stupito.
-Si- rispose Hinata –Sono in due. Sasuke è in compagnia.
La mora si distese nuovamente sulla Pantera e gli gratto dolcemente il pelo fra le orecchie.
-Allunga il passo, Kenta-sensei. Dobbiamo raggiungerli per capire con chi è. Non ti fare notare.- disse sussurrando.
-Smettila di coccolarmi come se fossi il tuo animale da compagnia- disse sbuffando lui, mentre con un balzo aumentava la velocità.
-Potrei entrare in modalità semi binjuu e capire chi sia il nemico.
-No.- rispose dura Hinata al fidanzato. –Non dobbiamo farci notare. Il chakra di Kurama è pesante e tu illumini, si accorgeranno subito di noi.
Si avvicinarono e si misero sulla destra, nel buio della foresta fitta, e notarono le figure di Sasuke e un altro individuo a pochi metri da loro.
Non si capiva chi fosse, il buio era troppo, ma la Hyuga lo riconobbe grazie al suo chakra.
-E’ con Kabuto.- disse in un soffio.
Quell’uomo, quel verme, porta solo guai.
Sentì le mani di Naruto stringersi maggiormente sui suoi fianchi, i suoi denti che digrignavano e le ossa delle dita schioccare.
-Ora vado lì e…
-Calmati Naruto.- disse lei pacata –Lo hai detto anche tu che ci deve essere un buon motivo se ha di nuovo abbandonato il villaggio.
-Glielo faccio vedere io il buon motivo!
-Non azzardarti a muoverti di qui, Naruto!- la voce dura colpì il ragazzo, era difficile sentirla così, quasi arrabbiata. –Sono sicura che ha in mente un piano, dobbiamo fidarci.
 
Sasuke contava il tempo nella mente, il tempo che lo separava da lui.
Poco tempo e poco spazio e poi lo avrebbe rivisto.
Fremeva dall’eccitazione, quasi correva precedendo Kabuto ad uno dei vecchi covi di Orochimaru.
Arrivarono in una specie di grotta, entrarono ed attraversarono un lungo corridoio.
Ad un certo punto la grotta si ingrandiva ed ospitava un casa enorme, con un sacco di piani.
Tutto intorno c’erano strane piante, notò Sasuke, entrando nella casa.
All’interno, sembrava solo un enorme laboratorio, apriva tutte le porte e trovava altri laboratori o stanze vuote che avevano visto il passaggio di allenamenti cruenti.
-Smettila di girarmi casa, Uchiha!- disse il medico ninjia, stizzito.
-Questa non è una casa, è solo un enorme laboratorio.
-Fremi dalla voglia di vederlo, eh?
-Se è come dici, è qui, giusto?
-E’ qui.
-Lo voglio vedere immediatamente, e se menti ti ucciderò senza scrupoli.
-No.- rispose Kabuto con un sorrisetto strafottente –Te l’ho detto, devi passare dalla mia parte.
-Sisi. Fammelo vedere.
-Non ci siamo capiti, Uchiha. Tu devi essere totalmente in mio potere. Capisci?
-Tu sei matto.
-Se non farai come ti dico, non darò la medicina al ragazzo, e non gli tornerà la memoria. Sarà tutto inutile se tu lo vedessi nelle sue condizioni, capisci?
-Che vuoi che faccia?- disse Sasuke, sbuffando.
Lui gli mostro una foto: c’era Sai con la lingua di fuori, dove stava uno strano simbolo.
-Sigillo di asservimento.- disse con un ghigno.
Sasuke sgranò gli occhi.
 
Hinata e Naruto si avvicinarono al covo, stavolta senza Kenta, che si era ritirato.
Si divisero e costeggiarono il grande palazzo, quella reggia in cui erano entrati ormai da mezzora Sasuke e Kabuto.
Contemporaneamente, guardarono dentro a tutte le finestre che si trovavano sui lati, arrivando infine sul retro della casa.
Due finestre e due persone che ci guardavano attraverso.
Sasuke era seduto, con gli occhi chiusi, su una sedia. Kabuto tolse la mano dalla sua gola con un aria soddisfatta e piena di se.
L’Uchiha riaprì gli occhi e deglutì con una smorfia di dolore in viso, gli occhi malinconici.
Si stupì quando le finestre si ruppero e vide entrare i suoi amici con un balzo.
-Che… che fate qui?- la lingua gli bruciava e sentiva un sapore acre sulle tonsille che proprio non riusciva a mandar via.
-Indovina?- disse Naruto –Siamo venuti a riportarti a casa.
-Oh oh, questo non era previsto.- disse Kabuto, con fare canzonatorio –Uccidilo, Sasuke.
Lui deglutì –Non posso.- e la gola gli andò in fiamme e parve che soffocasse, si accasciò e tossì.
-Che ti ha fatto?!?- urlò Hinata, la calma completamente persa.
-Si è sottomesso a me di sua volontà.- disse la serpe, che attraverso un buco sul tetto si dileguò, fra le sue risate malefiche.
Sasuke, con fatica, si rialzò.
-Mi dispiace, ma dovevo farlo- mentre parlava, sulla lingua splendeva il marchio appena inciso.
-Co-cosa, onii-san?- la voce di Hinata tremava, mentre osservava Sasuke sfoderare la sua Katana preparandosi all’attacco contro Naruto, che era pronto a difendersi con un Kunai.
-Dovevo.. per lui… - rispose lui, lanciandosi all’attacco.
Fu un attimo: Hinata osservò i dintorni mentre lui parlava, e con il byakugan attivato, individuò quel chakra particolare, il suo chakra.
-Non è possibile!
Pochi secondi e passò in modalità eremitica, gli occhi color ghiaccio contornati dal nero delle palpebre, gli artigli pronti all’attacco e lei cominciò a correre come un lampo,
anzi, come una Pantera dietro la sua preda, i ragazzi non fecero  nemmeno in tempo a proferire parola.
Corse, salì due, tre piani forse.
Corse ancora ed entrò nell’ampia stanza buia sfondando la porta.
Immerso nel buio della notte, una candela accesa, lui era lì, seduto sul letto mentre stringeva delle fasce bianche intorno ai polsi e alle mani.
-Chi sei tu, ragazzina? E soprattutto, perché sei qui?
La sua voce non era cambiata di una virgola, era solo tristemente roca.
Gli occhi che la fissavano erano dello stesso nero di una volta, ma sapeva che non erano i suoi, quelli appartenevano ad un altro.
Il corpo di lei cominciò a tremare tutto. 

Itachi Uchiha era vivo.

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Ta daaaan! Rivelato chi è Mister X! Che ne pensate?
Io Itachi lo adoro, lo dovevo assolutamente inserire nella mia storia! Cioè,
in questa 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1215468&i=1  Lui è presente, ma dovevo assolutamente inserirlo anche qui.
Che ne pensate? Scelta troppo ovvia?
In ogni caso nel prossimo capitolo spiegherò come mai è vivo, così ne capirete di più.
E' davvero una cazzata assurda, mi faccio schifo da sola per la mia mancaza di fantasia
ma davvero dovevo inserirlo, non ce la facevo, è un personaggio troppo bello è contorto!
Mah, spero di trovare tante recensione, che domani si comincia scuola e questo rallegrerebbe :DD
Ringrazio tutti, TUTTI, coloro che mi leggono e che magari recensiscono o inseriscono la storia nelle preferite/ricordate/seguite.
Grazie per il vostro sostegno, spero che il capitolo vi piaccia, mi è costato molta fatica T,T.
With love, Cla.

 

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Capitolo 11
*** Ritrovare se stessi. ***


Ritrovare se stessi.
-Mi devi spiegare perché sei qui.
Naruto sembrava piuttosto arrabbiato con l’amico, aveva serrato la mascella  e stretto i pugni, con gesto di stizza.
-E’ soprattutto perché segui Kabuto- disse ancora.
L’altro di rimando, sbuffò, pareva prenderlo in giro perché ancora non aveva dedotto nulla da solo.
-Dice che lo ha salvato.
-Chi?
-Itachi.
E il moro, nel cominciare prendere a raccontare, si avvinghiò ai ricordi delle ore da poco passate.

(FLASHBACK)
Sasuke scrutava allibito la figura in piedi sull’albero che lo guardava con un aria di sufficienza.
-Non può essere vivo, l’ho ucciso con le mie mani! Ed ho anche visto il suo edo-tensei.
Sentiva quell’orrenda sensazione di speranza sempre taciuta risalirgli in gola.
-Ricordi quel combattimento? Obito ti prese con se e ti portò i suoi occhi, che io stesso avevo prelevato. Il corpo lo avevo io, ma ho sostituito quegli occhi con altri che non possiedono lo sharingan.
Aveva un infezione ai polmoni ed io passo passo l’ho curata.
-E l’edo-tensei?
-Quello è semplice da spiegare. A conti fatti, per l’edo tensei, ho bisogno,  per richiamare la sua anima, il corpo di un sacrificato. Itachi, da quando avete combattuto,
è caduto in un coma profondissimo, sembrava morto. Io ho semplicemente fatto un esperimento e lui è tornato sotto forma di edo-tensei, perché la sua anima era già all’altro mondo.
In seguito si è risvegliato dal coma, dopo che ho rilasciato l’edo tensei, perché avevo attirato la sua anima in questo mondo e quindi è riuscito a tornare in se.
-Una specie di miracolo.
-Un mio atto divino, caro Sasuke-kun, perché io sono talmente potente da essere in grado di fare ciò.
-Tu sei solo un verme bastardo.
-E tu il mio futuro servitore.
(FINE FLASHBACK)
 
-E’ incredibile. – disse Naruto, mentre osservava Sasuke che muoveva qualche passo in sua direzione, per poi cominciare a correre.
-Perché mi attacchi, Sasuke?!
Il biondo era davvero scoraggiato mentre saltava da una parte all’altra della stanza cercando di evitare tutti gli attacchi di tipo fulmine, evitando di rispondere e colpire il proprio amico.
-Lo sai che cos’è un sigillo di asservimento?- chiese lui sarcastico, affondando il chidori nel muro che si sgretolò –Significa che se non rispetto gli ordini, il prezzo è la vita!
-Ma a Sai…
-E’ più potente del suo, Uzumaki!
All’improvviso provò a fermarsi, il volto si fece più pallido di quel che era e il respiro affannato, la gola in fiamme.
Naruto guardava Sasuke che si stringeva la gola, roteava gli occhi a destra e a manca schiacciando i reni contro il muro.
Gli andò in contro e lo afferrò per le spalle e, estremamente preoccupato, cominciò a scuoterlo.
Per un attimo rivide gli occhi color pece farsi strada nei suoi azzurrissimi, quegli occhi che erano simboli del più alto grado di dolore lui conoscesse, nonostante lui stesso ne avesse provato tanto sulla propria pelle.
-Se mi attacchi stai meglio, giusto? Perché rispetti gli ordini.
Il  moro annuì leggermente, deglutendo per il dolore che sembrava ucciderlo.
-Ti fidi di me, Sasuke?
Lui quasi soffocava, non riusciva a rispendere, ma nonostante tutto annuì con una smorfia o un mezzo sorriso quasi a voler dire “e queste frasi da film?”.
-Bene, ‘tebayo! Allora, attaccami con una delle tue illusioni.
Il ragazzo sgranò gli occhi.
-Almeno la smetterai di attentarmi la vita con fulmini e saette!
Quello invece continuava a preoccuparsi e a tossire. Il biondo, di rimando, gli fece l’occhiolino.
-Tranquillo teme. Te l’ho promesso, per qualsiasi cosa… io mi farò carico del tuo odio. Nemmeno una delle tue orribili illusioni mi potrà fare paura.
L’Uchiha si alzò, una mano appoggiata al muro e una sulla testa chinata, a coprire il viso.
Poi rialzò il viso e, con gli occhi rossi di sangue, andò a cercare il color celeste degli occhi dell’amico.
Quello lo stava aspettando con un sorriso, quindi puntò gli occhi dritti nei suoi.
Ad un tratto, tutto, nelle loro menti, fu buio.
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“Io mi chiedo cosa, nella vita di Naruto, possa fargli male. Sembra quasi invulnerabile eppure.. eppure ci deve essere qualcosa.”
Naruto era solo, non vedeva nulla se non il buio. Non tentava nemmeno di correre, sapeva che sarebbe stato inutile. Tutto ciò che gli serviva era mantenere la calma e la mente concentrata.
Ad un tratto, alla sua destra, si accese una luce, anzi, un immagine.
“Cosa può pensare un bambino piccolo, quando vede tutti mano nella mano coi propri genitori, mentre lui non li aveva mai conosciuti?”
L’immagine di se stesso, così piccolo ed indifeso, costretto a rubare del cibo e a fare continue marachelle per ottenere gli sguardi dell’unica persona che al tempo gli riservava una carezza,
l’Hokage, si fece spazio nel buio, emergendo.
Una voce di un bambino, che piangeva, la sua voce, arrivò da chissà dove.

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-Perché? Perché mi hanno abbandonato tutti? Perché le cose sono andate così? Perché non possiedo un giocattolo, una casa, una famiglia? Perché devo combattere ogni giorno per un pezzo di pane?
Che i miei genitori non mi volessero? Che io abbia fatto qualcosa di male? Perché?

 
Era una voce triste e piena di odio, rancore. Gli tremarono le mani, consapevole del proprio passato, ed una fitta al cuore gli fece venir voglia di scappare.
Un'altra immagine, di qualche anno più tardi, arrivò di fronte a lui.
C’era lui, piccolino, sull’altalena triste come non mai, e una bambina dagli occhi perla e i capelli scuri. Sola, anche lei. Alcune scene si fecero strada nell’illusione:
quando lei gli regalò il salvadanaio a forma di rana con tutti i suoi soldi e quella di quando lui la salvava dai teppisti.
Poi altre scene, mai accadute veramente.
Rivide loro a quell’età, lui stranamente più freddo e più bastardo, che si faceva beffe di lei e del suo amore. La prendeva, la baciava, la strapazzava, poi non le parlava.
Un giorno invece la picchiava, oppure se la portava a letto senza tener conto dei suoi sentimenti.
Quelle immagini, quelle orribili immagini, gli fecero scendere due lacrime lungo le guance.
E poi il colpo finale, alla sua sinistra l’immagine di lei incinta, lui arrabbiato e ubriaco che la picchiava, uccidendo sia lei che il bambino.
Infine, il fuoco e lui sotto forma di Kurama distruggeva Konoha raggiungendo solo in seguito Sasuke e Obito.
“Hai mai pensato che sarebbe potuta andare così?”
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Intanto, al piano superiore, Hinata osservava con degli occhi celesti non suoi la scena che gli si mostrava davanti.
Itachi la guardava fisso negli occhi ma avevo uno sguardo assente ed ogni tanto lo spostava per sistemarsi bene le bende su polsi e mani.
-Chi sei?- chiese di nuovo lui.
Lei si avvicinò di un passo e lui la guardò nuovamente, stavolta osservandola seriamente.
Hinata si sentì quasi in imbarazzo, si sentiva nuda sotto il suo sguardo.
-Come puoi non ricordarti di me?
-Non ho idea di chi tu sia.
Lei si rammaricò per la sua risposta.
-Non ti ricordi dei miei occhi?- disse lei, tornando in un attimo alla normalità.
Lui fece per pensarci un attimo, evidentemente annoiato.
-Ho la sensazione di averli già visti un paio di occhi lillà…
Hinata corse verso di lui e sbatté il proprio petto contro il suo, poi lo strinse forte. Lui per un attimo si perse nei suoi capelli ed un profumo dolce di cannella lo inebriò.
-Oh, meno male Itachi! Mi hai fatto spaventare, scherzi sempre…
Lui la prese per le spalle e la spostò leggermente.
-Ho detto che mi sembra di averli visti degli occhi così particolari, ma non mi ricordo di te.
La mora perse un battito e fissò il vuoto lasciato dal ragazzo, che si era alzato.
-Ora che ci penso, il mio amico Kabuto mi aveva detto ci sarebbe stata la possibilità che qualcuno venisse qui da me a dire chissà cosa…
Volse lo sguardo verso di lei, lievemente scocciato.
-… e mi ha detto di ucciderlo.
Furono millesimi di secondo, Hinata ebbe a malapena il tempo di sbattere le ciglia e prendere coscienza delle sue parole che si ritrovò Itachi alle spalle e un lungo kunai puntato alla gola.
-Un’ultimo desiderio?
Lei lo guardò con terrore.
-Oh, ti prego, Itachi, non farlo!
Il moro si avvicinò piano all’orecchio di lei, sfiorò con le labbra il lobo e poi sussurrò.
In quel momento Hinata inalò avida il respiro caldo di lui.
-E perché non dovrei, bella principessa?
-Se un giorno recupererai la memoria, soffrirai per quello che mi hai fatto.
-Hmf.- Itachi parve colpito da quelle parole, tanto che si alzò e cominciò a passeggiare per la stanza.
La ragazza si alzò di slancio e gli si parò davanti.
-Tu mi conosci, Itachi Uchiha!!
-E come faccio a saperlo?- disse lui irato, prima attirandola a se e poi premendola contro il muro.
-Non eri così una volta.
Lui le tirò un pugno nello stomaco, facendo si che questa si accasciasse contro il muro gemendo per il dolore.
-Mi ricordi tanto tuo padre. Animalesco, prepotente, insopportabile. Faceva proprio così in certi momenti, con te.
Itachi la prese per la fronte e le sbattè la testa contro il muro, facendole uscire del sangue, poi la prese per i capelli e la sollevò.
-Non me ne importa niente del mio passato!
-Questo perché sai che è doloroso!- fu interrotta nuovamente da un colpo contro il muro.
-Perché non rispondi ai miei colpi, imbecille?!?
-Io non colpisco un amico!
-Io non ti conosco!- le disse, dandole una ginocchiata in pancia.
Lei si accasciò un poco gemendo, poi gli rivolse uno sguardo implorante.
-Oh, andiamo Itachi, svegliati! Non ci sono solo cose brutte nel tuo passato, ma c’erano tanti di quei bei momenti che hanno superato quelli brutti.
La tua vita è stata così e basta, ma non vale la pena rinunciare a bei ricordi per dimenticarne altri! Provaci!
-Chi sei tu, ragazzina?                                                                                                            
-Hinata Hyuga, mi chiamavi sorella, anche se il tuo vero fratellino, che adoravi, era Sasuke Uchiha.
E fu come se quel nome fosse la chiave per la sua memoria.
(FLASHBACK)
 
-Hinata adora quei girasoli.
-Hmf, secondo me puzzano.
Lui e Sasuke stavano seduti nel giardino di casa, dopo un allenamento duro, a guardare le nuvole e i fiori coltivati con passione.
-Lei dice che assomigliano al sole.
-“Ogni sua parola è buona e giusta” eh?- disse stizzito il minore, guardandolo di traverso.
-Non dico questo, ma lo penso anche io.
Sasuke saltellò fino ad un’aiuola di tulipani: rossi, rosa, gialli, screziati.
-A me piacciono questi fiori.
-In occidente si dice sia il fiore dei morti.
-Qui invece significano amore.
Lui si sollevò e guardò il fratellino di otto anni.
-Ti sei fatto una cultura?
-Me lo ha detto la mamma.
-A ecco.- disse guardandolo divertito.
Itachi si ricoricò con un sorriso e le mani incrociate dietro la testa. Chiuse gli occhi e si risvegliò solo quando Sasuke, con un tulipano, gli fece il solletico al naso.
Lui allora prese a fargli il solletico ai fianchi.
-ONEE-SAN! Lasciami!
-Ma come, Sasuke! Ti sto dimostrando il mio affetto!- disse ridendo.
-Ma io sono venuto solo per dirti che la mamma ha detto che è pronta la cena!- disse velocemente il piccolo, ridendo infastidito per il solletico.
Itachi fece finta di imbronciarsi.
-Quindi bene non me ne vuoi?
Il fratellino gli si avvinghiò al collo.
-Certo che ti voglio bene, onee-san!!!
 
(FINE FLASHBACK)
 
 
Si staccò da lei e la abbandonò sul letto, barcollò fino al suo letto e si mise la testa fra le mani, in preda ad un mal di testa pieno di ricordi.
Lo scorrere delle immagini nella sua mente lo scioccava e gli faceva paura, stava riacquisendo velocemente tutti i ricordi della sua anima, anche quelli acquisiti durante la guerra.
Aveva passato mesi non conoscendo nulla di se, con lo sguardo vuoto e nessun motivo per vivere.
Il corso dei suoi pensieri venne interrotto dal tossire di Hinata, che sputava sangue.
Itachi si alzò velocemente e si sedette di fronte a lei, le tenne la fronte tra le mani e le sollevò i capelli dolcemente, mentre lei continuava a vomitare sangue.
-Perdonami, Hina-chan.
Lei lo guardò, finalmente, ancora tossendo. I suoi occhi viola e perlacei erano impregnati di un’emozione unica,
felicità mista a speranza e un tono acido di dolore, questo conservato per anni nel suo cuore: dolore per aver perso una delle persone più importanti della sua vita.
Se solo avesse saputo che stava succedendo, anni prima.
-I tuoi occhi li ha Sasuke, eppure questi somigliano così tanto ai tuoi che potrebbero ingannare chiunque, ma non i tuoi parenti. Il tuo sguardo truce mi ricorda quello di quando mi dicesti addio, Itachi-san.
Lui le accarezzò dolcemente una guancia, togliendole via del sangue dal contorno della bocca.
Poi fece aderire la fronte alla sua e le parlò sorridendo.
-Sei cresciuta bene, Hina-chan.
Lei invece, si staccò e gli tirò uno schiaffo. Poi lo osservò mentre lui piano si avvicinava la mano alla guancia e massaggiava la parte lesa.
-Sei un cretino, Itachi. Dovevi dirmelo, dovevi dirmelo quello che avevi intenzione di fare! Si poteva trovare una soluzione o almeno avremmo potuto goderci gli ultimi mesi insieme.
Tu invece, hai preso e mi hai abbandonato di colpo. Dovevi dircelo! E quando Sasuke ti vedrà, dirà lo stesso.
Si alzò e fece per andarsene, ma lui la seguì e le afferrò un polso.
-Prima dobbiamo sistemare una cosa, Hinata.
-Cosa?
-Dobbiamo trovare Kabuto.
 
 
“Kurama”
“Cosa, rompiscatole?”
“Anche tu credi che sarebbe potuto andare così?”
“Fino a poco tempo fa, Naruto, c’era una parte di te che se avesse preso il sopravvento, avrebbe fatto anche di peggio.”
Naruto stava lì, seduto, con quelle orribili immagini che scorrevano veloci intorno a lui e che lo terrorizzavano sempre di più.
“E allora, come ho fatto a non prendere questa via?”
Fissava le scene veramente successe e quelle che alcune volte aveva immaginato nei periodi bui della sua vita, con orrore, quasi si stesse giudicando.
“Non è semplice da spiegare, ma in fondo lo sai anche tu come hai fatto”
Naruto chiuse gli occhi per smettere di guardare quella visione orrenda. Sasuke aveva creato una delle sue migliori illusioni, perché lo conosceva bene, anche meglio di lui stesso.
Per uscire da un’illusione di quel livello doveva essere risvegliato da qualcuno nella realtà oppure, nel peggiore dei casi, avrebbe dovuto concentrarsi tantissimo e liberarsene da solo.
Con gli occhi ancora chiusi cercò di scavare affondo nella sua anima, indagando per trovare il motivo per la sua buona riuscita.
Era sempre stato una persona decisa e con una grande forza di volontà. Era nato tenace. O forse no?
Si può dare un motivo alle proprie note caratteriali?
Forse era stato merito dei suoi genitori, che gli avevano inculcato nel DNA una grande forza fisica e mentale.
Da quando aveva la facoltà di ricordare i momenti della sua vita, aveva sempre provato e riprovato a procurarsi del cibo da solo, per poter crescere sano senza morire di fame.
Aveva sempre cercato di farcela da solo, di arrivare in un punto alto della scala sociale e vitale con le proprie forze.
Aveva sempre tentato di farsi riconoscere dal villaggio.
Aveva sempre cercato qualcuno che gli volesse un po’ di bene.

E crescendo, nella sua vita, ne aveva trovate molte di persone che gli volevano bene ed ognuna di queste gli aveva insegnato qualcosa che i genitori non avevano avuto il tempo di fare.
Da Sasuke aveva imparato a risollevarsi in un modo o nell’altro dal buio più oscuro.
Da Sakura aveva imparato quanto fossero importanti le amicizie.
Da Kakashi aveva imparato cosa significava essere feccia e cosa significava essere un ottimo shinobi.
Da Tsunade aveva imparato che la grande forza d’animo porta sempre a qualcosa di buono nella vita.
Da Hinata aveva imparato cosa significa amare con tutto se stesso, donando ogni cosa senza chiedere mai nulla in cambio.
Dalla madre e dal papà, o meglio dalle figure che essi gli ispiravano nel cuore, aveva imparato a credere sempre nei propri sogni.
Ma senza dubbio, il suo maestro di vita e padrino, Jiraja-sensei, gli aveva insegnato tutti i valori che conosceva e in cui credeva fermamente.

Riaprì gli occhi.
L’azzurro si estendeva deciso nel buio, oltre le immagini.
“Quindi?” chiese Kurama, mentre Naruto si alzava e muoveva pochi passi verso una delle immagini, deciso.
“Ho capito che non è solo merito mio se sono diventato una brava persona, ma è perché ho avuto accanto persone davvero speciali.”
Si avvicinò alla sua immagine da bambino e gli tirò un calcio. Sorrise nel vederla sgretolarsi in tanti cocci come vetro.
“Sono stato fortunato e non permetterò mai che tutto questo vada perduto!”
Si diresse verso le altre due immagini e le distrusse allo stesso modo, con entusiasmo.
“Saranno tutti fieri di me!”
Poi, il buio.
 
I suoi occhi azzurri si riaprirono di colpo e cominciarono a scrutare i dintorni.
Capì di essere ancora nella stessa stanza, ma la guardava da coricato.
-Ce l’hai fatta.
Sasuke era seduto e lo guardava annoiato, ma con una nota luminosa di fierezza degli occhi scuri.
-A quanto pare si!- disse lui, alzandosi in piedi togliendo via la polvere dai pantaloni.
-Sapevo che ci saresti riuscito.
Naruto sorrise e gli pose il pugno in un gesto amichevole ed anche Sasuke, con un sorriso più lieve, fece aderire le nocche alle sue.
-Non hai più il “bisogno” di uccidermi?- chiese Naruto, sempre sorridendo.
L’altro, di rimando, tirò fuori la lingua, facendogli notare che il sigillo era scomparso.
-Hinata deve aver ucciso Kabuto.- commentò il biondo.
-Non solo io.- disse la mora, comparendo dall’ampia porta.
Entrambi la guardarono, era ferita ma non gravemente, e aveva un gran sorriso che irradiava.
Dietro di lei, Itachi la seguiva, con nemmeno un capello fuori posto, segno della sua grande tecnica di battaglia.
Sasuke sgranò gli occhi e lo guardò, ma non si mosse.
 L’altro fece per aprire le braccia e sorrise.
-Che fai otouto, non ti degni nemmeno di abbracciarmi?
-Ma non sei arrabbiato con me, Itachi? Insomma io…
-Nemmeno ucciderci a vicenda intaccherà il nostro rapporto, otouto.
Il moro andò ad abbracciarlo e cominciò a piangere rumorosamente, mentre si stringevano.
Naruto si intenerì a quella scena fraterna, ma il suo sguardo divenne piuttosto infastidito quando Itachi si avvicinò alla sua ragazza.
Prese ad accarezzarle la pelle diafana sul collo, mirandola.
-Dicevo, Hinata, che sei davvero cresciuta bene…
Si avvicinò di più
Inalò il profumo di cannella
La avvolse in un abbraccio da cui lei non poteva scappare
e la intrappolò in un bacio.

 
Image and video hosting by TinyPic 3076 parole. Giusto per farmi perdonare, dopo 10 giorni di assenza.
Proprio non avevo il tempo di scrivere, troppi compiti fin dal primo giorno, chiedo perdono.
Questo capitolone però, mi è navigato in testa da molto tempo.
E mi è piaciuto scriverlo, diamine!
Voi che ne pensate? Desideravo da tempo inserire un illusione. Come sono le immagini?
E il modo banale in cui ho fatto rivivere Itachi-san?
E questi colpi di scena?
Insomaaaa mi dovete recensire, eh! Che a me mi vengono di colpo le crisi d'indentità u.u
Spero che mi perdoniate il ritardo, fans ! Vi voglio tanto bene *////*
A presto!
With love, Cla.

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Capitolo 12
*** A longer night. ***


A longer night.
 
Fuori era buio.
La pelle candida dei due Uchiha e della Hyuga che rifletteva la luce, pareva però illuminare. Luce nuova, erano tutti fratelli e sorelle, si volevano bene e si erano ritrovati.
Non più frustrazione, rimorso o dolore. Solo felicità.
Eppure, cos’è questa sensazione di vuoto dentro che sento?
È come se una mano avesse preso il mio cuore e lo avesse stritolato.
La sua mano.
Quella di Itachi posata sul suo viso.
Ho preso il loro odio e me lo sono caricato sulle spalle, in qualche modo li ho aiutati a tornare vicini e sereni.
Non dovrei essere anche io felice?
Sarà perché mentre penso tutte queste dannate cose, Itachi ha appena posato le labbra sulle sue?
Lei ha gli occhi spalancati, è stupita ma non fa nulla per liberarsi da quella morsa. D'altronde come può?
Itachi l’ha praticamente imprigionata nelle sue braccia, troppo stretto per liberarsi.
Un bacio rubato, lo capisco, ma è stato rubato a me.
La rabbia monta nelle vene, un modo per liberarla c’è, spaccare di mazzate quel mostro.
Ma non posso.
Improvvisamente mi accorgo di aver distolto lo sguardo e di star guardando da un po’ la porta di uscita.
La varco correndo ed esco fuori.
L’aria che respiro è fredda ma io sento i polmoni andare a fuoco.
Non ho smesso di correre e quasi gioisco vedendo un piccolo ruscello.
Mi inginocchio e metto la testa nell’acqua.
Mi devo calmare.
E non voglio sentire Hinata che mi chiama a gran voce, quasi implorante. Sento il dolore nella sua voce.
Poco dopo un'altra voce, quella di Sasuke, le dice di fermarsi e di lasciarmi solo.
Meglio così.
Alzo lo sguardo e finalmente respiro nuovamente, l’acqua fredda che scende dal mio viso.
Sasuke stava davanti a me, i piedi sull’acqua. Lui e le sue entrate a sorpresa.
-Cosa?
-Al dire il vero non so che dirti.
Il migliore amico di sempre, certo.
Chiudo gli occhi, sollevo il capo e inspiro lentamente.
Apro leggermente un occhio e osservo Sasuke, nella stessa posizione di sempre, non ha mosso nemmeno un muscolo.
Noto però che il suo sguardo ha un significato strano, che poche volte avevo scorto sul suo viso, direi quasi incredulo.
-Hmmf…. Non…
-Non te lo aspettavi nemmeno tu, lo so.- lo interrompo brusco io, stavolta mettendomi a sfregare bene l’acqua sul viso.
Poi rivolgo di nuovo lo sguardo verso di lui e cerco i suoi occhi neri, che mi stavano ancora fissando.
-Sai darmi una spiegazione a quel bacio?
-Ho sempre saputo poco del loro rapporto.
Abbassai lo sguardo e strizzai gli occhi: non volevo sentire ciò che sapevo avrebbe detto.
-Devi parlarne con Hinata.

 
In serata arrivarono tutti a casa.
Itachi si ritirò in casa di Sasuke con non poco imbarazzo, aveva combinato un disastro.
Naruto e Hinata invece, si avviarono verso casa, non provando nemmeno a dire una parola.
Lei aveva piano piano avvicinato la mano a quella di lui, l’aveva sfiorata, ma lui parve non accorgersene ed affrettò il passo.
In casa, anzi in camera, Naruto si mise il solito pigiama ed andò subito ad infilarsi nel letto, nell’angolo più lontano dalla ragazza.
Notando il suo atteggiamento, la mora si avvicinò al letto e gli si sedette al fianco.
Posò dolcemente una mano sulla sua spalla e lo accarezzò.
-Credo che dovremmo parlare.
Non ricevette nessuna risposta, solo silenzio.
Si avvicinò di più e si chinò sul suo orecchio, sussurrando dolcemente.
-Lo so che non dormi…
Ancora nessuna risposta.
Con la mano tremante gli accarezzò il volto e gli diede un lieve bacio.
-Credo che sia meglio che per stanotte vada a dormire da qualche altra parte…. Vado al campo d’allenamento, se vuoi, mi trovi li.
Si alzò piano e si avviò verso la porta della camera, si voltò ed osservò ancora una volta il corpo inanime di Naruto.
-Ti amo. – disse a voce più alta, in modo che potesse ben sentirlo.
Uscì di casa e si chiuse la porta alle spalle.
L’aria era fredda e il buio l’avvolgeva.
Ci stava bene immersa nel buio, ci aveva vissuto per anni, ma ora sentiva la mancanza del caldo sole di Naruto.
Decise di allenarsi un po’ per riscaldarsi.
Prima fece un po’ di stretching, poi si alzò e cominciò a colpire ripetutamente i grandi tronchi.
Infine cominciò ad allenarsi con le arti Hyuga, illuminando col chakra quello che le stava attorno.
Non voleva pensare, non doveva pensare.
Avrebbe dovuto parlare con Naruto e con Itachi, anche un bel discorso con Sasuke non sarebbe guastato.
Era talmente frastornata da quello che era successo quella sera: aveva inseguito Sasuke e lo aveva riportato al villaggio,
aveva scoperto che Itachi era vivo e lo aveva riportato al villaggio, aveva ucciso Kabuto con le sue mani e ne aveva riportato il corpo al villaggio.
E poi, il suo caro fratellone gli aveva dato quel strano bacio che l’aveva confusa e segretamente fatta arrabbiare.
Infine, Naruto era arrabbiato con lei.
E lei non sapeva che fare, perché lui le era stato vicino sempre e comunque, mai avevano smesso di parlarle così.
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Naruto intanto si era alzato. Era l’una e mezza di notte, era appena tornato da una missione ardua, ma non riusciva proprio a prendere sonno.
Parlare con Hinata?
Più tardi, quella non era l’unica via.
Si rivestì velocemente e si avviò verso casa Uchiha. Il biondo era talmente pensieroso, che non si rese conto del tempo e dello spazio che percorreva,
tanto che si ritrovò d’innanzi alla sopracitata casa.
Non bussò o altro, era di casa lì ormai, si fece spazio sul retro della casa ed entrò dalla cucina.
Sasuke e Itachi erano seduti al tavolo molto vicini e parlavano sommessamente, con davanti due grandi tazze di cioccolata.
Nello stesso momento alzarono lo sguardo sul ragazzo appena arrivato, poi Sasuke si alzò e si congedò.
“Non voglio assistere allo scontro” aveva detto, con un mezzo sorriso soddisfatto sul volto.
Naruto uscì nuovamente su giardino e si accomodò sui gradini in legno, seguito a ruota da Itachi.
Nessuno dei due parlò per qualche minuto. C’era nervosismo nell’aria, che era quasi irrespirabile.
Poi il biondo si alzò e tirò un calcio così forte ad una pietra che questa volò via e oltrepassò una quercia nella quale lasciò un buco perfettamente tondo.
-Uchiha Itachi- disse lui, cominciando finalmente a parlare  –Noi due non ci conosciamo bene. Le poche volte che ci siamo incontrati era sempre per Sasuke, o per me.
Ho sempre odiato il modo in cui avevi trattato tuo fratello, ma quando sono venuto a conoscenza dei motivi, ho ammirato il tuo coraggio.
Poi, quando tu eri sotto forma di edo- tensei, ci siamo rincontrati, e mi hai parlato nuovamente di Sasuke, chiedendomi di fargli cambiare strada.
Ebbene ci sono riuscito ed anche tu sei tornato. Ora, non conosco il tuo passato, ma un tempo non avevi sempre detto che Hinata era solo una sorella per te?
Lui non rispose e lo guardò truce, incitandolo  continuare il discorso.
-Sei tornato dopo anni che non la vedevi. Ora, mi spieghi come fai a cambiare improvvisamente i tuoi sentimenti?
-E’ cresciuta.
Naruto, che mentre parlava camminava nervosamente, si fermò davanti al muro e lo colpì con rabbia, sgretolandolo.
-Appunto!- ed in quel momento gridò –E’ cresciuta, che ne sai di com’è ora!
-Ho avuto modo di parlare, mentre combattevamo Kabuto.- la sua faccia era indifferente.
-Senti, amico.-  lo afferrò malamente dal bavero della giacca e cominciò a percuoterlo malamente –Se ti avvicini ancora a lei non so cosa ti succederà, chiaro?
-E così ti giocherai anche il suo amore.- Itachi parlò con una voce calma e al contempo strafottente.
L’altro lo lasciò lentamente e lo guardò con gli occhi sgranati.
-Lo sai, no? Che se le impedisci di vedermi, la perderai?
-Io la amo.- disse lui, con uno sguardo infinitamente triste.
Gli occhi blu si erano improvvisamente spenti.
-Non è a me che devi dirlo.
 
Il combattimento con Kabuto era stato difficile, ma insieme a Itachi era riuscita a combatterlo.
Mentre si allenava ricordava e rieseguiva tutte le tecniche da lei usate, facendo finta di schivare un attacco di quel mostro.
Le pareva anche di risentire la voce del fratello che ticchettava come un orologio il tempo che passava, scandendo ogni singola mossa.
(Flashback)
Hinata infieriva con un altro pugno sul corpo dolorante dell’avversario, mentre Itachi le parlava.
-Hai stretto amicizia con Sasuke?
-Si.
-Quando?
-Al dire il vero, solo ultimamente, ma abbiamo un ottimo rapporto.
-Presumo che sia stato per il solito problema della tua timidezza.
Lei poco poco arrossì.
-Beh, veramente, credo di essere migliorata negli ultimi tempi!
Lui sorrise, ma poi si fece largo uno sguardo di terrore.
-Attenta, Hinata, dietro di te!
Un grosso serpente stava per morderla, ma lei, che era in modalità eremita, si voltò di scatto e gli staccò via la testa con un colpo di artigli.
Itachi sgranò gli occhi, ma poi ebbe uno sguardo fiero.
-Sei davvero migliorata, Hinata. Sei più forte, più bella, meno timida. Chissà quante cose mi sono perso.
Lo sguardo di lei si fece più duro, anche se era posato sul nemico che stava soccombendo.
-Al dire il vero, tante. Non saresti dovuto andare via così…
-Basta, Hinata.- disse coprendole le spalle –Ora sono qui.
(Fine Flashback)
 
Spinse in avanti il pugno illuminato dal chakra e scorse una figura che ben conosceva.
Il ragazzo la guardava, gli occhi tristi di uno strano dolore.
-Sei bella anche ora che ti alleni.
Lei portò le mani, non più illuminate, ai fianchi, per cercare di non far vedere il rossore e la profonda paura di perdere quel ragazzo, il suo ragazzo, negli occhi.
-E’ uno dei motivi per cui sono profondamente geloso.
-Non devi!- e mosse un passo verso di lei.
-Si che devo! E se anche non dovessi, non riesco a non esserlo. Tu sei mia, sei la cosa più preziosa che ho.
Distolse lo sguardo da lei e fissò l’erbetta.
-E vedere lui, che faceva quello che tante volte io ho fatto, mi ha… strappato il cuore dal petto.
-Ma Naruto, io non volevo!
Corse verso di lui e gli afferrò le mani.
-Dovresti preoccuparti se fossi io a baciare qualcuno!
-Lo so, ma…
-Naruto-kun, ti prego ragiona! Io amo te nel profondo, non bacerei ma nessun altro.
-Ma questa cosa mi ha fatto soffrire…
Lei mosse con impeto le mani di lui.
-E non vedi quanto soffro io?
I loro occhi si incontrarono, le lacrime percorrevano il viso di lei.
-Dimmi io che c’entro! Non ti arrabbiare con me, Naruto-kun!
I singhiozzi di lei interrompevano malamente il suo discorso, mentre il biondo si avvicinava a lei e si stringeva al suo petto.
Anche lui, silenziosamente, cominciò a piangere ascoltando la sua disperazione e ricordando quelle orribili immagini che Sasuke gli aveva impresso nella mente attraverso un illusione.
“il suo modo di farmi capire che devo sempre tener cura della sua cara sorellina” si ritrovò a pensare lui, stringendola più forte.
-Lui mi bacia e tu ti arrabbi con me. Ma io non ho fatto nulla!
-Dovrei pestarlo di mazzate.
-Non sapeva di noi.
-Non mi importa! Ci ha fatto litigare.
Lei infilò le mani fra i suoi capelli e strinse la testa bionda al proprio petto.
-Lo senti Naruto? Il mio cuore batte forte. Solo con te, solo per te.
Lui si avvinghiò alla sua magliettina, si asciugò le lacrime e la baciò con passione, tanto da lasciarla senza voce.
Si muoveva veloce e famelica, assaggiava la sua bocca e ne carpiva il sapore, poi passò velocemente sul suo collo che inondò di baci caldi e sensuali
ed ogni volta che riprendeva fiato o sentiva quello di lei alzarsi, si avvicina al suo orecchio e le sussurrava dolci parole.
-Scusami… ti amo… e sei mia!
Un altro bacio passionale e quella diventò una lunga notte d’amore.         

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Ma buona sera! Scusate il ritardo! Credo che d'ora in poi aggiornerò una sola volta a settimana.
Beh, che dire.... Non sono esattamente conteta del finale di questo capitolo,
l'ho scritto per disperazione, dopo tanto che non riuscivo più ad aver tempo per scrivere!
Voi che ne dite?
E che ne pensate di questa parte iniziale incentrata sui sentimenti di Naruto?
Credete che sarebbe stato meglio un bel pestaggio? xD
Vabbèèèèè io vi lascio, spero che leggiate e recensite, vi adoro tutti! <3
With love, Cla.

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Capitolo 13
*** Presentazioni, invito a cena e spiegazioni (e tanto Sakè!). ***


Presentazioni, invito a cena e spiegazioni ( e tanto Sakè) .

 
Image and video hosting by TinyPic Quella sera, a Konoha, faceva molto freddo.
Talmente tanto che lo stesso Sasuke, rinomato per la sua freddezza, era nascosto in un enorme giubbino pesante con tanto di scalda collo. 
Imbacuccato com’era, camminava solo nelle strade deserte di Konoha.
D’altronde, quell’ottobre era ghiacciato e lui non poteva che giustificare le persone che rimanevano al caldo sotto le coperte, nel tepore familiare.
La famiglia.
Solitamente amava camminare a quel modo, lentamente, ascoltando il proprio respiro pesante abbattersi contro la morbidezza calda dello scalda collo.
Amava la solitudine, amava le strade buie e deserte, che gli ricordavano tanti momenti della sua vita, in cui aveva tante volte stretto i pugni lacerandosi la pelle.
Quella sera però tra le mani stringeva due buste colme di cibo e i suoi piedi andavano più veloci in direzione casa.
Dove lo aspettava la sua famiglia.
Sentiva il suo respiro più affannato verso il proprio obbiettivo, adorava quella sensazione, lo faceva sentire vivo.
Svoltò l’angolo e finalmente, in lontananza, vide il grande portone della nuova villa Uchiha, costruita da lui stesso.
Da circa una settimana, in quella casa, non era più solo.
Itachi lo aspettava affamato, dovevano cucinare insieme quella sera.
-Sasuke-kun!
Una voce arrivò alle orecchie del ragazzo, ma il suono era troppo ovattato a causa delle orecchie coperte, così non la sentì.
Continuò a camminare a passo spedito, anzi, accelerò di un poco e si avvicino con poche falcate alla grande cancellata.
-Sasuke!
Stavolta si voltò, gli occhi semichiusi non riuscirono a scorgere nulla nel buio della notte.
Si avvicinò al cancello, posò le buste a terra ed accese la piccola luce poco distante, per cercare la chiave nelle tasche.
-Finalmente!
Si voltò di un poco e si ritrovò una ragazza dai capelli rossicci piegata e con le mani appoggiate alle ginocchia per respirare meglio.
Capì che la povera Haru doveva aver corso dietro di lui per molto prima di raggiungerlo.
Si abbassò alla sua altezza –letteralmente, dovette piegarsi sulle ginocchia per vederla in viso, da piegata era ancora più bassa-
e la guardò dritto negli occhi di quel colore mielato, così in contrasto con i capelli rossicci che sotto la luce
vacua della lanterna accanto al cancello assumevano note rosso acceso.
-Tutto bene ragazzina?
-Bastardo- disse lei riprendendo fiato e perdendosi negli occhi bui di lui –Hai idea di quanto ti ho seguito?
-No.
-Oh grazie tante!
-Sbaglio o è la più famosa qualità degli Uzumaki la voce notevolmente sonora?
-Oooh!- Haru sbuffò, rimettendosi in piedi seguita a ruota dall’Uchiha e cominciando a tirare pugni contro il suo petto possente.
Lui, come se niente fosse e non sentendo il benché minimo dolore, le avvolse la vita con le braccia.
-Guardami.
Lei alzò lo sguardo ma subito chiuse gli occhi, perché Sasuke si era chinato su di lei per baciarla.
Fu un bacio lungo e intenso, un bacio di ritrovo e carico di emozioni, di quelli che ti fanno perdere il fiato perché troppo dolci e a tratti troppo passionali.
Uno di quei baci da farti viaggiare verso un altro mondo.
Poi piano piano il moro si staccò e le schioccò un bacio a fior di labbra, quasi a rinsavirla.
-Hai idea di quanto tempo è passato senza vederci?- le disse sospirando nell’incavo del suo collo.
-10 giorni, 2 ore e venti minuti.
Lui nascose il sorriso fra i suoi capelli morbidi.
-E lo sai che vestita così…
-Otouto.
La voce calda dell’Uchica maggiore fece quasi sobbalzare Sasuke, che si stacco immediatamente dalla fidanzata, imbarazzato.
-Dimmi onii-san!
Itachi non rispose e spostò lo sguardo alquanto divertito dal fratello alla ragazza minuta e formosa accanto a lui.
Era strano vedere quell’accostamento, pensò guardandoli: Sasuke era stato per molto tempo una persona buia e fredda ed ora era avvolto in una specie di piumino
mentre la ragazza sembrava emanare calore, e doveva essere così se aveva il coraggio di indossare una gonna e semplici collant con quel freddo.
Però, lei, nascondeva sicuramente qualcosa dietro quegli occhi malinconici.
La rossa gli porse improvvisamente la mano, dopo qualche minuto passato a scrutarsi, e si presentò.
-Haru Uzumaki.
-Uchiha Itachi, piacere mio.
-Oh- disse lei istintivamente.
-Lui è…- fece per dire Sasuke, ma Haru sollevò la mano in segno di fermarsi.
-Lo so benissimo chi è.
-Come?
-Naruto e Hinata mi hanno raccontato di come è tornato in vita, il resto me lo avevi già detto tu tempo fa.

La ragazza si soffermò nuovamente a guardarlo,
i capelli neri e raccolti, il volto truce se non fosse per quello splendido sorriso, tanto simile a quello del fratello minore.

-Perché mi guardi?- chiese lei, notando che il ragazzo la fissava a sua volta.
-Ti fisso perché sei la ragazza di Sasuke e lui non mi aveva detto nulla, perché stava portando la spesa per cucinare
e perché tu lo hai trattenuto.- sospirò –E infine ti fisso perché Sasuke doveva cucinare e io ho fame.
Queste ultime parole, pronunciate quasi con dolore, fecero ridere gli altri due, spazzando via la tensione che si era creata.
Itachi si voltò e fece per tornare in casa, ma poi rivolse lo sguardo verso il fratello.
-Che fai, non la inviti a cenare con noi?
-A… ok- stupito, prese la ragazza per mano e la condusse nell’ampio giardino seguendo l’aniki fin dentro casa.
Haru amava quella casa.
Ci era stata spesso nel corso del tempo della storia con Sasuke, che andava avanti da un paio di mesi.

Era l’unico posto dove potevano stare insieme e da soli, salvo qualche intrusione da parte del cugino o della sorella del moro.
In quei momenti, a volte giorni passati in ritiro in quella casa, si erano raccontati di tutto, delle loro vite travagliate, dei loro timori, dei loro problemi, dei loro obbiettivi.
Si erano incontrati grazie ad una persona amata da entrambi, che avevano sempre considerato come membro della loro famiglia.
Era la casa dove avevano coltivato il loro amore.
Itachi si stupì nel vedere la familiarità della ragazza con la casa, ben maggiore della sua.
La rossa infatti accompagnò Sasuke in cucina per posare la spesa, si sedette al bancone all’americana e
cominciò a frugare nelle buste, pescando ogni tanto qualche frutto.
Infine tirò fuori un’arancia e la sbucciò, ne inspirò il profumo e l’addentò con gusto, chiudendo gli occhi
ed immergendosi nel sapore a tratti dolciastro e a tratti aspro.
Quando li riaprì e vide Sasuke nascondere una sana risata ed il fratello che la guardava stupito e con gli
occhi sgranati, arrossì.
-Cosa?- inconsapevolmente alzò la voce, infastidita.
Il maggiore indicò lentamente lei e l’arancia, senza proferire parola.
-Cosa?!? Ne vuoi?

Lui di rimando fece segno di no col capo.
-Sembrava che ci facessi l’amore, con quell’arancia.
Sasuke lanciò uno sguardo d’intesa al fratello.
-Oh, fidati, è molto meglio nel letto.
Haru, più scocciata (o imbarazzata?) che arrabbiata lanciò l’arancia sul ragazzo.
-Maledetti i Kami che ci hanno fatto incontrare, Uchiha.
-Veramente è colpa di Naruto.
-Non nominare mio cugino.
-“Non nominare il nome di Dio invano!”- la canzonò lui.
-Bastardo!- disse lei tirandogli una pesca.
Lo scambio di battute e di frutti fece ridere a crepapelle Itachi, che si meritò le occhiatacce dei due.
-Hai bisogno della camicia di forza, Itachi-san?- chiese lei, un sopraciglio flesso all’insù.
-No grazie, mi bastano le medicine che prendo!
-Hmf.- Sasuke si voltò e cominciò a tirare fuori bollitori e riso –Itachi, aiutami a cucinare.
-Non lo può fare Haru?
-Per tutti i Kami, no!- sbottò lui.
-Brutto bastardo…- disse cominciando a prendere pesche e banane lanciandogliele contro –Non cucino così male!
-Ma se non sei nemmeno in grado di sbucciare una mela!!
La cucina venne invasa da tante risate e da un dolce profumo di riso e gamberetti.
 
In un oretta, Sasuke e Itachi avevano cucinato tante prelibatezze da inebriare Haru, che quando le vide sui
piatti da portata sulla tavola imbandita con cura da lei stessa, per poco non divorò tutti.
Insomma, erano li seduti da un po’ e Sasuke assisteva silenzioso allo scambio di battute fra Haru e Itachi.

In pratica il fratello riempiva di domande la ragazza, probabilmente per cercare di capire se potesse essere la ragazza giusta per il moro.
Lei rispondeva con calma anche se notevolmente imbarazzata, ma riusciva a trattenere quell’atteggiamento strafottente con cui nascondeva solitamente quell’emozione.
In tutto questo però, c’era una domanda che lo affliggeva da tempo e d’un tratto interruppe il discorso dei due.
-Nii-san.
-Hm?- fu l’unica cosa che riuscì a dire Itachi, che aveva un gamberetto in bocca.
-Come avete fatto ad eliminare Kabuto?
L’altro inghiottì il boccone e si riempì il bicchiere di sakè, per poi cominciare a ricordare.
(FLASHBACK)
Volavano palle di fuoco e d’acqua, ma quel viscido di Kabuto riusciva sempre a sgattaiolare via.
-Dobbiamo bloccarlo!- gli urlò contro Hinata, col byakugan attivato e una forza che non aveva mai visto.
Lui strinse i pugni e la guardò di rimando, torvo.
-Io non posso Hinata, non posso!
Guardò di nuovo Kabuto, che se la rideva alla grande, e apri una mano facendo volare verso di lui dei corvi, che una volta vicini a lui esplosero.
Peccato che quella fosse una copia del nemico!
La risata di Kabuto risuonò alle loro spalle.
-Già caro Itachi, non puoi. Stavolta non è il mio edo tensei, non sei come un tempo. Ora non possiedi nemmeno i tuoi occhi!
-Questo non significa che non posso nulla contro di te, feccia!
La serpe sorrise.
-Sicuro?
-Itachi!- la voce della ragazza lo avvertì del pericolo, Itachi si girò e distrusse con velocità alcune serpi.
Poi la mora lo raggiunse.
-Lascia che me ne occupi io!- disse lei.
-No. Questione di principio.
-O di orgoglio.
-Non ha importanza. Sfrutterò la mia velocità e la mia abilità con l’arte del fuoco e dell’acqua.
-Anche io posso essere veloce, posso utilizzare la mia abilità oculare, l’acqua è un poco anche la terra.
-No, Hinata!
La ragazza si voltò, chiuse gli occhi ed un ovale nero fece posto sulle sue palpebre.

Gli occhi perlacei fecero posto a due zaffiri felini, ed un poco anche i canini e le unghie si allungarono.
Cominciò a correre con una velocità fulminea verso Kabuto, che si divise in tante copie e creò tantissimi serpenti.
Lei si abbassò e cominciò a correre a quattro zampe, avventandosi sulle serpi che lo attaccavano.
-No, così perdi tempo!- disse lui, notando che Kabuto si era chinato e fra le risa aveva fatto uscire una serpe dalla sua manica, che si avvento sul collo della ragazza stritolandolo.

Subito creò una palla di fuoco con cui attaccò la serpe, che si sgretolò nel mezzo lasciando libera Hinata di respirare.
Andò accanto a lei e colpì le serpi che la stavano per attaccare.
-Non avrò lo sharingan, ma tu non puoi comunque combattere da sola.
Alzò lo sguardo e vide ciò che il nemico aveva appena evocato.
-Soprattutto ora, non puoi farcela da sola.
Due grandi, enormi serpi avevano fatto la loro entrata in campo e Kabuto sedeva strafottente su una delle due.
Hinata si alzò, asciugo il sangue alla bocca e sorrise amara.
-Itachi-san, non sono più come quando avevo otto anni. Ti dimostrerò che posso farcela.
Detto questo si chinò e disegnò alcuni sigilli sul terreno.
In una nuvola di fumo, Kenta ed altre 4 pantere più piccole (Nessuna era come Kenta, la più possente fra le pantere) apparvero davanti l’eremita.
-Qual è il problema?- disse Kenta, con voce roca.
-Ti facevo più intelligente. Non lo vedi?
-Lo vedo benissimo.
Le quattro pantere si scaraventarono sulle serpi in giro per il luogo, Kenta attaccò una delle grandi serpi e Hinata l’altra, quella comandata da Kabuto.
“Spero solo che tu abbia ragione.” Pensò il ragazzo “Spero che tu sia diventata davvero più forte.”
E Itachi, un senso di inadeguatezza che incendiava il petto, strinse i pugni e prese a calci alcune serpi, consapevole che ora come ora non era in grado di far altro.
Aveva perso una parte di se, la parte più importante.
 
  
Vi lascio con queste 2002 parole e spero con tanta curiosità!
Se non mi fossi fermata a 4 pagine di Word, avrei continuato per chissà quanto, è questo non va bene!
Vi devo lasciare col fiato sospeso u.u
Lo scontro fra Hinata e Kabuto ha inizio! Ho sempre detto che Hinata era diventata più forte, ma forse non si è capito bene quanto.
E così le dedico questo scontro!
D'altronde, la forza di Itachi risiedeva maggiormente nei suoi occhi, e ora che li ha Sasuke il suo livello come ninjia si è notevolmente abbassato.
Ma le sarà d'aiuto ;)
Che dite di questo capitolo? E l'immagine di Haru a inizio capitolo? Non è spettacolare?
Impersonifica proprio quello che io avevo in mente (dopo alcune modifiche, dato che prima era Kushina!)!
Adesso la smetto, che sennò le note diventano più lunghe del capitolo ;)
With love, Cla.
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Capitolo 14
*** Gli occhi dell'angelo. ***


Gli occhi dell’angelo
Le quattro pantere si scaraventarono sulle serpi in giro per il luogo, Kenta attaccò una delle grandi serpi e Hinata l’altra, quella comandata da Kabuto.
Itachi guardava da lontano. Cosa avrebbe fatto se Hinata avesse avuto bisogno di lui?
Formò il sigillo con la mano libera dal kunai, gonfiò le guance e soffiò facendo uscire un’immensa palla di fuoco che incendiò una trentina di serpenti.
Poi si voltò, sentendo il grido di carica di Hinata che si stava spostando velocemente di qua e di la per rincretinire la serpe a cui ogni tanto tirava pugni e unghiate.
La vide destreggiarsi sui massi e sui gl’alberi, cercando di attaccare da tutti i  lati proprio come faceva la grande pantera accanto a lei, Kenta.
Poi la serpe di Kabuto, di scatto, tirò fuori la lingua e cercò di colpirla.
Lei si mosse velocemente di lato, saltò su di un masso, prese la spinta con le gambe e si avventò sulla serpe, che stavolta la colpì al braccio facendola cadere rovinosamente a terra.
E non si mosse.
Kenta le si avvicinò di corsa e prese ad annusarla e a muoverle la testa e il corpo inanime col muso.
Itachi corse verso di lei e nell’arrivare, scorse una specie di gelatina viola che le copriva tutto il braccio.
Gli occhioni blu della pantera color notte presero ad osservare da vicino la sopracitata gelatina, mentre il corpo di Hinata cominciava ad essere percosso da scossoni e dai mugolii di lei.
-Il braccio e pieno di tagli e ferite.- la voce di Kenta gli parve così lontana da sembrare irreale –E questo è un veleno potentissimo che sta penetrando in lei.
La pantera si acquattò accanto a lei cercando di rassicurarla col proprio calore.
-Lo sai cosa devo fare ora, Hinata-sama. Brucerà ma non farà più male di quello che ti fa già.
Si rialzò e fece cadere la propria saliva, bianca, sul veleno, che cominciò piano ad evaporare.
Le serpi si avvicinarono sotto la risata malefica del nemico.
Kenta alzò il pelo e cominciò a ringhiare rabbiosamente, attirando l’attenzione delle altre pantere e tutte insieme ricominciarono a fare strage, mordendo le serpi che si trovano a tiro.
Itachi, inginocchio accanto alla ragazza, colpiva e si difendeva dalle serpi come poteva.
In quel momento capì che avrebbe fatto di tutto pur di difendere Hinata.
Lanciò kunai, palle di fuoco, corvi esplosivi.
Poi una mano si posò sul  suo polso e lo strinse.
Hinata era coricata sulla schiena e prendeva tanti respiri,il suo petto si alzava e si abbassava a ritmo, i capelli bagnati di sudore premevano sulla fronte ma lei, quell’angelo, lo guardava sorridendo amara.
Il veleno era scomparso completamente.
Fece leva sul braccio e si rialzò, aprì la giacca e la tolse. Chiuse gli occhi e si concentrò, nuovamente eremita ma con una marcia in più.
-Non puoi pretendere di battermi, Kabuto- strinse la mano intorno al copri fonte appeso al suo collo –Ho avuto tre fra i migliori sensei del mondo: Kenta, Naruto e la vita. Io sono una kunoichi della foglia!
E corse, tutta la sua forza nelle gambe, girò su se stessa difendendosi dall’attacco delle piccole serpi, saltò e colpì in un occhio una delle grandi serpi e mentre questa si doleva, Kenta la uccise staccandole via la testa con una zampata.
Corsero, formazione a punta, Hinata davanti, kenta di lato e le altre quattro pantere a formare una freccia dietro di lei verso l’altra serpe e Kabuto. Erano un branco e nel branco tutti si difendono l’un l’altro e si coprono le spalle.
Le pantere saltarono e morsero la grande serpe in più punti, Hinata saltò sul dorso di Kenta e arrivò sulla testa della serpe, dove il nemico l’aspettava armato.
Si avvicinarono correndo e i loro Kunai stridettero, una serpe fuoriuscì dalla bocca e cercò di attaccare Hinata alla gola, che si abbassò di scatto e colpì con una gomitata lo stomaco del ragazzo, che si ritrasse dolente.
Una serpe le avvinghiò la vita ma lei, con la mano di chakra, la colpì nel mezzo con gli artigli e si spezzò.
Tirò un calcio che Kabuto fermò col braccio, lei allora fece una piccola evoluzione e caricò il pugno, stavolta con l’arte Hyuga e gli colpì la spalla.
Messo fuori uso un arto, Hinata poteva avere la meglio. Gli andò dietro e gli colpì le ginocchia, lui cadde in avanti e con il braccio buono che trasformò in serpe cerco di colpire la mora.
Lei col piede calpestò il serpente-braccio e lo tenne fermo mentre con l’altra gamba colpì Kabuto alla testa.
Fu uno scatto, il nemico cadde all’indietro e Hinata affondò il braccio artigliato e intriso di chakra nel petto di lui.
Si rialzò, vincente, e guardo dall’alto il proprio branco, mentre i suoi occhi tornavano alla normalità.
Hinata Hyuga ce l’aveva fatta, era entrata nuovamente nella storia dei ninjia.
Ci era entrata come piccola eroina ma come una grande donna, una grande kuonichi.
Ce l’aveva fatta nonostante avesse visto le peggio cose al mondo, con quegli occhi d’angelo.
(Fine Flashback)
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Sasuke e Haru avevano ascoltato attenti il racconto del nemico, sentendo come proprie le immagini che Itachi gli proponeva.
Quest’ultimo prese la bottiglia di Sakè e se ne versò un altro po’ nel bicchiere ripetutamente svuotato. Avvicinò il bicchiere alla bocca e si fermò a guardare il liquore.
-Quanto tempo è passato? Otto anni? È possibile cambiare così tanto in così poco tempo?
-Io credo di si, onii-san.
-Guarda me, in otto anni sono forse cambiato?
Sasuke si appoggiò allo schienale, trasse un lungo respiro e guardò il soffitto.
-Io credo che Hinata, dentro di se, fosse già così forte. La perdita di due persone care ne ha ritardato la fuoriuscita, ma lei era già fortissima e lo ha dimostrato quando ha preso esempio da Naruto. Le persone che ha incontrato, quelle che le sono state vicino e quelle che non l’hanno fatto, sono stati tutti dati importanti nella sua vita, che hanno modificato il corso degli eventi. Anche io sono cambiato, tante volte, in questi anni. Sono stato un bambino felice, un bambino triste, un ragazzo vendicatore e rabbioso e ora…
-E ora sei il ragazzo stronzo ma nel profondo sensibile.- affermò convinta Haru, annuendo, completando la frase di lui.
-Io non sono sensibile.
-Sei un gran bugiardo.
-Hmf.
La ragazza gli fece la linguaccia e ricevette di tutta risposta un orrenda smorfia.
-Sasuke?- la voce di Itachi lo chiamò.
-Hmf?
-Portami in camera mia.
-Non ci puoi andare da solo?
-Credo di aver bevuto troppo…
Sia Haru che Sasuke si colpirono la fronte con la mano.
Il minore si caricò il fratello sulle spalle e lo portò in camera, lo adagiò sul letto e lo coprì col plaid.
-Mi piace la tua ragazza, è divertente.
-Approvata?
-Avevi bisogno della mia approvazione?
-Assolutamente no.
-Bene, il caso è chiuso.
Sasuke si alzò sorridendo e spense la luce.
-Buonanotte onii-san.
-Buonanotte otouto.
 
Lei era in camera sua, si era spogliata ed era rimasta con una grande maglia grigia che aveva trovato buttata sul letto.
Prese la tazza di the che si era preparata precedentemente e si appoggiò al muro, guardando lontano lo splendido paesaggio di quel nuovo paese, della montagna dei kage, della natura che era sempre presente e sovrastava tutto con prepotenza.
Sentì la presenza di Sasuke nella stanza immediatamente, grazie a quell’odore naturale di limone che lo caratterizzava.
Sentì il calore di lui dietro le spalle mentre si lasciava avvolgere in un abbracciò.
Lui posò la guancia di traverso sulla testa e chiuse gli occhi. Inspirò il profumo dolce di lei, quel profumo che lo faceva rilassare completamente.
Le lasciò lo spazio per voltarsi e le baciò la fronte.
-Che ha detto Itachi?
-Gli piaci.
-Bene.
Con le labbra poggiate contro la sua fronte inspirò nuovamente e chiuse gli occhi.
-E piaccio anche a te?
La voce dolce e un po’ infantile lo risvegliò da quel mondo parallelo in cui lei riusciva a mandarlo senza fare nulla.
-Che domande sono?
La prese in braccio per il sedere e la spinse contro il muro, baciandole il collo con passione. Poi si girò e l’adagiò sul letto, sollevandole la maglietta e accarezzandole la pelle nuda, facendola fremere.
Lei si mise a sedere e gli tolse maglia e pantaloni, infine lo invitò a coricarsi insieme a lei.
Nudi, sotto le coperte, i loro corpi fremevano di desiderio. Sasuke si avvicinò e assaggiò le sue labbra.
Poi la guardò dritto negli occhi miele da cerbiatta, che in quel momento brillavano di luce propria.
Si perse in quei due occhi magici e le tastò una guancia morbida. Inspirò nuovamente il profumo e si avvicinò come fossero due calamite. La strinse a se e la abbracciò.
-Io ti amo da morire, Haru.
Lei sorrise e lo baciò con passione, lasciandosi amare anche quella sera dalla sua dolce metà.
 
 
 Ma buon pomeriggio fanssss! Mi mancate, non vi fate più sentire.
Che ne pensate di questo capitolone? Ho voluto immaginare la mia Hinata (la mia adorata, Hina-chan!) in un combattimento
incui lei è l'eroina assoluta. E' cresciuta, è diventata forte e figa.
E poi qualche piccolo momento SasuHaru <3
Lasciatemi una recensione, che sennò vado in paranoia u.uOra vi lascio i tag delle mie altre due storie (di cui una OS NaruHina, sul compleanno di Naruto-chan) e vi informo dell'inizio di una mia nuova storia, dedicata alla mia migliore amica */////*

Il 10 ottobre non è il mio compleanno (chiunque ha i suoi giorni no).  
 
Smettetela di picchiarvi! 
With love Cla.

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Capitolo 15
*** L'eredità del padrone. ***


L’eredità del padrone.
-Qu-quindi mio pa-padre oggi era da Tsu-Tsunade-sama?
Hinata non era rossa in viso e con la voce tremante per il discorso che stava affrontando con Naruto e Sakura, piuttosto perché sentiva la tensione del ragazzo, mentre le stringeva forte la mano, che si era accorto di tutti quegli sguardi equivoci che le lanciava Itachi dall’alto della poltrona verde scuro.
Lei, Naruto, Arashi e Sakura erano seduti sul tappeto rosso con le teste appoggiate al divanetto verde, sul quale Sasuke era coricato con di sopra quella scimmietta di Haru che cercava inutilmente di colpirlo (chissà per quale motivo, poi) che finiva poi sempre a ridere.
Dall’altra parte, Itachi era posizionato sulla sopracitata poltroncina e non fiatava, mentre Ino e Shikamaru stavano accoccolati distrattamente sul divanetto a due posti, ascoltando quello che Naruto raccontava.
-Esattamente, e la nonna mi ha mandato via dicendomi di tornare domani.
Il biondo, nel parlare, lanciò uno sguardo di fuoco ad Itachi, come se stesse dicendo chissà quale minaccia e avvolse possessivo il proprio braccio intorno al collo di lei, cominciando a giocherellare con le guance leggermente arrossate.
-E’ piuttosto strano.- intervenne Sakura, che ascoltava attenta accoccolata sul petto di Arashi –Di solito ti tiene sempre informato su tutto e tutti, poiché diventerai il futuro Hokage.
Poi alzò lo sguardo e sorrise al moro, che aveva preso ad accarezzarle i capelli e a giocare coi ciuffi rosa.
-Aaaaah, dattebayo! Sono ancora più curioso se mi dici così.- abbassò lo sguardo verso la bellissima ragazza che teneva stretta a se –Che ne pensi?
Lei chiuse gli occhi e prese a riflettere. Di cosa potevano parlare?
-Naruto, hai già assistito ad un loro incontro, giusto?
-Si.
-E di cosa parlavano?
-Affari interni fra Konoha e il Clan.
-Quindi il problema deve essere di ragione completamente diversa, altrimenti avresti potuto ascoltare.- disse solenne Shikamaru, frugando nelle tasche alla ricerca di chissà cosa, dando fastidio ad Ino che si era quasi assopita davanti al fuoco di casa Uchiha.
Già, perché in quei giorni tra Naruto e Itachi non correva buon sangue e l’Uchiha non poteva uscire di casa dato che Tsunade ci teneva a tenere il suo ritorno segreto al villaggio.
Prima doveva trovare il modo di spiegare l’accaduto al popolo. Alla fine l’avrebbe tirata così per le lunghe, che Naruto, che entro sei mesi sarebbe diventato Hokage, avrebbe dovuto trovare una soluzione a quell’assurdo problema.
 Insomma, più passavano i giorni e più Naruto era in astinenza da Sasuke (oh, diamine, ma che hanno sti due?) che alquanto scocciato non usciva più di casa, preferendo di gran lunga la compagnia di Itachi o di Haru che aveva da un po’ piantato le tende in villa Uchiha.
L’unico modo per Naruto di vedere l’amico era quello di andare a casa sua –con Itachi presente-  e lo avrebbe fatto da solo se Hinata non l’avesse fermato, per paura che accadesse nuovamente qualche rissa fra i due.
Lei aveva l’accesso libero a casa Uchiha, ma un po’ per paura di stare sola con Itachi e un po’ perché sapeva che Naruto era geloso, non ci era entrata per quasi una settimana.
Ma Sasuke mancava anche a lei, per non parlare della piccola Haru con cui aveva stretto un bellissimo rapporto, e così era finita per implorare più gente possibile ad invadere villa Uchiha tutti insieme.
E nessuno negava un favore alla dolce e graziosa Hyuuga, che si era sempre prodigata per aiutarli in ogni loro piccolo sclero o problema serio.
In poche parole si erano ritrovati tutti ingarbugliati il quella situazione, stretti come se fossero legati da catene e incarcerati. Non potevano più uscirne.
-Secondo me, sorellina, parlavano di te.- disse Sasuke, rivolgendogli uno sguardo indifferente ma nel profondo (molto infondo) preoccupato.
-E perché mai cacciarmi, ‘tebayo! Teme, non credi che sarebbe giusto farmi assistere? Sono il suo ragazzo.- rispose il biondo infastidito.
-Appunto per questo non potevi partecipare… ehi, Nara! Non si fuma in casa mia.- si interruppe lanciando uno sguardo assassino all’altro moro, che con la sigaretta stretta fra le labbra alzò le mani arrendevole.
-Che seccatura, scusa!
-In effetti, avrebbe senso.- commentò Itachi –Magari il padre voleva sapere qualcosa su Hinata e, dato che hanno litigato, ha chiesto un incontro privato con l’Hokage.
-Soprattutto per parlare della mia mancanza dal paese quando abbiamo ucciso Kabuto, forse- acconsentì la ragazza.
-E tu, baka, non potevi esserci perché lo avresti detto subito a Hinata.- disse Sasuke, allungando una mano e dando un buffetto sulla chioma bionda dell’amico.
-E la smettete di giocare ad indovina chi?- chiese la bionda, con il viso nascosto nell’incavo del collo di Shikamaru e dalla coperta.
-Caso mai giochiamo a Sherlock Holmes.- la rimbeccò il fidanzato.
-Sisi, sono stanca e voglio dormire. 
In effetti si era fatto molto tardi e, chi abbracciato a uno e chi avvolto in una coperta, quando il silenzio cadde tutti cominciarono a dormire.
 
Nel buio, Hinata si diresse verso la cucina e prese dallo stipite una tazza in cui versò il latte freddo e pescò dalla dispensa una confezione di biscotti al cioccolato, i suoi preferiti.
Era di casa lì e l’indifferente Sasuke comprava sempre quei biscotti che lei adorava, riempiendola di piccole e taciute attenzioni.
Ne sorrise per un attimo serena e poi cominciò a fare quel piccolo spuntino, cercando di calmare i nervi.
Non le piaceva la tensione che c’era fra Itachi e Naruto. E non le piaceva questa storia assurda del padre.
Sapeva di avere tante persone con cui confidarsi e in quel momento erano tutte raccolte sotto lo stesso tetto.
Non volle però svegliare nessuno: era un periodo troppo strano e stressante per tutti, con la guerra appena finita, le perdite subite, il lavoro che stanca e tanti altri piccoli problemi, magari amorosi.
Infilò fra i denti un altro biscotto e prese la giacca, ci si accoccolò dentro ed uscì da villa Uchiha.
Il freddo era pungente anche quella sera d’ottobre e l’umidità non presagiva nulla di buono: stava per piovere.
Non le importò e continuò a camminare sicura.
Da quand’è che non percorri questa strada?
La voce della sua coscienza riemerse nel silenzio della notte e colpì un tasto debole.
Troppo, l’ultima volta è stata prima di partire per la guerra.
Svoltò l’angolo e prese il sentiero che portava dentro il bosco.
Con quale coraggio cerchi ancora aiuto nella sua immagine?
Le prime ore dell’alba cominciarono a rischiarare il cielo e l’aria circostante.
Il cielo da scuro com’era divenne di un dolce blu tendente al chiaro verso l’orizzonte. In quel punto preciso, le stelle scomparirono.
Il verde del prato sembrava illuminare. Tra gli alberi riuscì a scorgere il piccolo epitaffio posto ai piedi di un grande ciliegio.
Il ciliegio era completamente spoglio e le diede uno strano senso di inquietudine.
E’ arido come te che non pensi mai alla tua mamma.
Si avvicinò alla tomba e si inginocchiò.
Basta, stupida coscienza, smetti di parlare. Basta.
Con qualche gesto della mano tolse via alcuni petali appassiti lasciando solo i fiori più belli nel mazzo accanto alla foto di lei.
Hana Hyuga.
La foto la ritraeva ancora giovane, in una di quelle pose austere da ritratto che tante volte l’avevano costretta a fare.
I capelli blu notte ricadevano lungo le spalle, stretti infondo da un piccolo fiocco per capelli bianco.
Gli occhi era accesi e luminosi, ma leggermente malinconici.
Chissà perché eri triste, mamma.
Due lacrime le rigarono le guancie, le asciugò velocemente con la manica e chiuse gli occhi.
Chiuse le mani a mo di preghiera e cominciò a parlare.

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-Perdonami, mamma. È tanto che non ti vengo a trovare. Ultimamente i miei pensieri sono sempre affollati da problemi. Ogni volta mi ritrovo a pensare che vorrei essere più forte e più indifferente,in grado di sopportare ogni male,ma non è così.
Questa situazione mi turba molto, mammina cara. Naruto mi ha chiesto in sposa e vorrei tanto che papà partecipasse al matrimonio. Lo sposerò, anche contro il suo consenso, perché io lo amo da morire. Forse tu mi puoi capire, mamma, mi chiedo se tu hai amato come ho amato io. Sai… Non riesco più ad occuparmi di Hanabi come dovrei e come anni fa, sulla tua tomba, ho promesso. Forse dovrei risolvere con papà, non mi importa di chi erediterà il clan, ma devo prendermi cura di mia sorella. Ha 12 anni, ricordo come io ero allora e mi rendo conto che è completamente diversa. Mamma, sono preoccupata. Lei è permalosa e scorbutica, prima o poi per la linguaccia lesta che ha le succederà qualcosa. Io ero introversa e timida. Di quanto sono cambiata in quasi otto anni?  Sono meno timida e meno introversa, ma i problemi li tengo comunque dentro, cercando di distrarmi ascoltando e risolvendo i problemi altrui. Mi chiedo se è da te che ne ho preso…
- E’ così.
Una voce dura alle sue spalle la fece sussultare e di scatto si alzò in piedi.
Il padre, il solito Kimono austero e grigio, la ascoltava chissà da quanto. Inaspettatamente vide le sue mani tremare. Forse era arrabbiato con lei?
-Tu sei identica a tua madre e sei bella come lei.
Hinata arrossì: mai il padre le aveva parlato in quel modo. Poi scorse una nota di malinconia nei suoi occhi e si intenerì. In quel momento capì che il padre amava profondamente la donna che aveva sposato. Era per questo motivo, per la morte di lei, che era diventato un uomo burbero e dal cuore freddo.
-Presumo che tu sappia che ho avuto un incontro privato con Tsunade-sama.
Lei annuì debolmente.
-So tutto: del combattimento, della morte di Kabuto, di Itachi. In pratica ho letto il vostro rapporto.
Hinata sgranò gli occhi ma non perse la calma. Silenziosa, aspettò il resto.
-Ho suggerito all’Hokage una buona scusa per poter lasciar circolare Itachi libero a Konoha: il Clan Uchiha voleva attaccare il nostro Clan e Itachi lo ha fatto sapere all’hokage che ha mandato una squadra per evitare un’inutile guerra interna e il Clan è stato sterminato, fatta eccezione di Sasuke e di Itachi che è scappato da Konoha che aveva ucciso i suoi genitori e parenti.
Le bugie non le piacevano, ma non disse nulla e annuì nuovamente.
-Sono rimasto sorpreso nel leggere di come sei stata brava nell’uccidere Kabuto. Complimenti.
L’uomo si voltò e fece per andarsene, ma Hinata gli afferrò una mano e lo guardò implorante.
Intanto, una forte pioggia, cominciava a cadere sul villaggio che ancora stava per destarsi.
-Non pensavo di vederti qui, padre.
-Lo stesso vale per me.
-Da… da quanto mi stavi ascoltando?
-Sono arrivato poco dopo di te, quindi ho sentito tutto.
Si voltò verso di lei e fece una cosa che mai aveva fatto in vent’anni: le accarezzò il viso e poi passò la mano sui suoi capelli.
Lei si pietrificò, riusciva a sentire quel calore sulla guancia e poi avvampò.
Un odore di tabacco le invase le narici.
Mai era stata così vicino da sentirlo, non sapeva nemmeno che il padre di tanto in tanto fumasse.
-Sei identica a tua madre sia nel corpo che nel carattere. Mi chiedo però da chi tu abbia ereditato questa forza, figlia mia.
-Da te, forse?
La risposta arrivò immediata e decisa, sotto uno sguardo duro. Hiashi si stupì d’innanzi a quel comportamento. Sua figlia era cambiata, era cresciuta. D’altronde aveva quasi vent’anni. Come ha fatto a non accorgersene?
La pioggia rigava i loro volti scolpiti e stanchi, bagnava i capelli lunghi e i vestiti.
-No, Hinata, tu hai una forza diversa dalla mia. Tu hai qualcosa in più… forse sei addirittura più forte di me.
Lei ebbe l’impeto di prendere il padre per il colletto e di scuoterlo, ma non lo fece. Fece un passò indietro e rivolse lo sguardo in basso, verso la foto della madre.
-E allora perché non mi accetti come tua erede? Ho cercato in tutti i modi di diventare più forte, più dolce, più comprensiva, più buona. Sono forse una delusione per te?
Una lacrima si confuse con la pioggia, ma non apparteneva ad Hinata.
-Quando eri piccola ti trattavo male, come se fossi una delusione, perché non riuscivi a rialzarti dal buio. Ci eri caduta quando tua madre morì e tu, invece di allenarti, di pensare allo studio e alla tua vita, ti occupavi di Hanabi e un po’ anche di me. A mio modo cercavo di spronarti, ma tu non cambiavi. Ti rifiutavo e ti rifiuto come erede perché ti ho sempre vista come donna di casa che come possibile Capo Clan.
-Ma io posso diventare un ottimo capo Clan, padre!
Hiashi cadde rovinosamente a terra percorso da colpi di tosse e del sangue cadde sull’erba bagnata.
Solo allora Hinata prese a guardarlo attentamente, sembrava così vecchio, con il volto segnato dalle rughe, il bastone a sorreggersi mentre cercava di rialzarsi e l’affanno nella voce.
-Credo che dovrai cominciare a dimostrarlo davvero.
Poi distese una mano verso di lei in cerca di aiuto che lei afferrò subito cercando di sollevarlo.
 
Il biondo aprì gli occhi sconsolato, un ramo che sbatteva forte sulla finestra lo aveva svegliato.

Fuori sta per iniziare l’alba, il cielo è ancora scuro ma verso l’orizzonte cominciano ad arrivare le nuove note del giorno. Il vento è forte e l’acqua scroscia veloce ed impetuosa.
“E’ strano pensare a quanto quell’accostamento si rispecchi anche nella realtà: l’acqua e il vento sono gli elementi mio e di Hinata.” Pensò Naruto, accorgendosi finalmente sveglio che non c’era più il corpo di Hinata a tenergli caldo.
“Ma dov’è?”
Naruto si alzò immediatamente e cominciò ad ispezionare silenziosamente la casa.
Trovo il latte e i biscotti ancora sul bancone all’americana e infine si accorse che la sua giacca lillà era scomparsa.
“Amore, dove sei finita?”
I pensieri preoccupati del ragazzo vennero interrotti dall’Uchiha che entrò assonnato in cucina strofinandosi  gli occhi con pollice e indice.
-La smetti con ‘sto casino, dobe?
Notò lo sguardo preoccupato dell’amico mentre osservava la tazza di latte e i biscotti.
-Che c’è?- disse dato che lui non rispondeva.
-Hinata...- riuscì soltanto a bofonchiare lui.
Sasuke guardò di nuovo la colazione e poi nuovamente il dobe.
-Te la sei mangiata perché i biscotti erano poco dolci?
-No, cazzo, teme!- disse lanciandogli un rotolo di fazzoletti da cucina –Non scherzare sempre!
L’altro alzò un sopracciglio.
-Guarda, mi hai svegliato e non m’interessa nemmeno che hai da dire.
Si avvicinò e prese dallo stipite una scatola di cereali, i suoi preferiti, quelli al miele per addolcirsi.
Prese una tazza, la riempì di cereali e si sedette per mangiare.
-Hinata è scomparsa, Bakayaro!- Naruto sbattè forte la mano sul piano della cucina.
Ottenne solo un “Hmf” tirato dall’amico.
-Ma non la consideravi una sorella?
-Si, quindi so che se è uscita c’è un buon motivo.
-Ma non sei preoccupato per lei? C’è un sacco di gente la fuori che…
-Che non morde mica, semmai è lei che lo fa.- disse alludendo all’arte eremitica delle Pantere.
-Smettila.di.scherzare.TEME!- Il biondo scandì bene ogni parola, arrabbiato.
Sasuke sbattè il cucchiaio alla tazza e alzò la voce, infastidito.
-Siediti e smettila di preoccuparti, mi dai su i nervi.
Naruto farfugliò qualcosa arrabbiato e decise di uscire a cercarla, nonostante piovesse. Indossò la giacca e a grandi falcate arrivò all’uscio.
Aprì la porta deciso e un ondata di vento gli portò un profumo di tabacco e di lavanda.
Hinata reggeva Hiashi, morente.

2531 parole tutte per voi, a tempo record. Avevo l'ispirazione eheh, mi fotto dei compiti!
Così tanta ispirazione che non sono riuscita a trovare un immagine adatta, spero che questa vi piaccia ugualmente.
Mi scuso per il loyut stravagante (non so come esca alla fine) ma dal laptop esce tutto strano.
Che dite di questi ultimi avvenimenti? Hiashi è invecchiato...
Fatemi sapere!
With love, Cla.

 

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Capitolo 16
*** Cieli che piangono, smorfie di dolore, silenzi rumorosi. ***


Cieli che piangono, smorfie di dolore, silenzi rumorosi.


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La finestra si aprì e sbattè forte sui muri, facendo entrare l’acqua fredda della pioggia tempestosa e il vento gelido, che si intrufolò dentro le coperte e le arrivò dritto alle ossa.
Hinata aprì gli occhi e si tirò seduta all’improvviso, il respiro affannato, il viso rigato da lacrime a cui non riusciva a dare una spiegazione e il vento che ora le arrivava anche alle spalle.
Era tutto un sogno?
Si alzò lentamente e cominciò a camminare per la stanza buia, rendendosi conto che si trovava ancora a casa di Sasuke, più precisamente nella sua camera da letto.
Doveva essere mattina inoltrata, ma la luce non riusciva a filtrare attraverso le nuvole scure percorse da una tempesta.
Camminò nel buio e si appoggiò piano al muro, per capire dove mettesse i piedi.
Seguì le voci lontane che di tanto in tanto riusciva a sentire, scorgendo fra tutte la voce nitida e squillante di Naruto.
Percorse il corridoio e vide Sasuke abbandonato contro lo stipite della porta della cucina, dalla quale provenivano altre voci più pesanti, più sussurrate.
Era fermo, immobile, nonostante sentisse la sua presenza avvicinarsi a lui.
Non lo chiamò, non disse nulla, semplicemente si aggrappò con la mano alla sua maglietta scura.
Lui si scostò di un poco e la fece passare, sospingendola piano con una mano sulla sua nuca.
Vide Haru, Arashi e Ino seduti al tavolo con tazze fumanti di cioccolato caldo tra le mani, che ogni tanto si portavano alla bocca interrompendo chissà quale discorso serio.
In quel momento tutti e tre alzarono lo sguardo su di lei, occhi malinconici, tristi… dispiaciuti.
Haru, la piccola e dolce Haru, si alzò e l’abbracciò con forza cercando di darle coraggio ma lei rimase come pietrificata, lo sguardo vacuo perso chissà dove.
-Naruto?- quel nome, la sua salvezza, furono le prime parole di quella brutta giornata.
La ragazza parve interrogare con lo sguardo Sasuke, che annuì piano con la testa.
-Nella stanza in fondo al corridoio.
La mora si staccò da lei ed uscì con passi quasi meccanici, percorse il resto del corridoio ed aprì piano le porte giapponesi, spinta dalla voce del biondo al suo interno.
La scena era terribile, per lei.
Sakura si destreggiava fra medicine, flebo e l’uomo delirante coricato sul letto, mentre il biondo cercava di tenere sveglio l’uomo scuotendolo e parlandogli.
Hiashi.
Suo padre, l’uomo che le aveva rovinato l’infanzia con la sua durezza e crudeltà, mai un abbraccio o una carezza quando ne aveva bisogno.
E il giorno prima invece? La mano sul suo viso e sui i capelli, l’accostamento alla madre, quel quasi chiedere perdono per tutti i torti che le aveva fatto, le giustificazioni.
Non comprendeva il suo atteggiamento.
Ora lui era lì, seduto nel letto col capo all’indietro, i viso bianchissimo, gli occhi stralunati.
Naruto lo sorreggeva per le spalle ed ogni tanto lo scuoteva, urlando parole che lei non voleva e non poteva sentire.
La sua maglietta bianca era sporcata dal sangue vomitato da lui.
Sangue.
Quel piccolo dettaglio le arrivò al comprendonio come un fulmine a ciel sereno.
-Oh, vi prego Hiashi, dovete vivere! Vivere per le tue figlie, per tuo nipote, per un Clan intero! Diamine, no!- il biondo urlò, passando dal voi al tu nel giro di due frasi, continuando a scuoterlo finche l’uomo non cominciò a sputare sangue, per l’ennesima volta.
Naruto prese una bacinella e la mise sotto al suo mento, in modo da non sporcare ulteriormente, mentre Sakura si avvicinò per fargli bere un altro strano intruglio.
In quel momento il ragazzo si voltò e lasciò vagare gli occhi per la stanza, finché non vide la figura della fidanzata tremante davanti alla porta.
Lei lo vide sgranare gli occhi su di lei, stupito.
Il dubbio la invase, era successo qualcosa di brutto che temeva di sapere.
-E-ehi, principessa.- in difficoltà, lo vide cercare nella mente le parole giuste.
“Ma che fai, Naruto?” pensò lei, stringendo i pugni e muovendo qualche passo incerto in avanti “Non mi chiami mai così in pubblico, hai sempre detto che preferisci tenere certe cose solo nostre, intime ed uniche…”
Il ragazzo si voltò per un attimo verso Hiashi, che ormai aveva perso i sensi.
Non si stupì per nulla, erano ore che andava avanti quella tiritera, ora sarebbe rimasto così per una decina di minuti e poi si sarebbe risvegliato delirando e ricominciando a vomitare.
Si alzò e si avvicinò alla ragazza, con una mano le sfiorò i capelli e le sottolineò il contorno occhi, gonfio per il pianto e per lo stress.
-Come mai già in piedi? Puoi dormire ancora se vuoi.- disse appoggiando le mani sulle guance di lei.
Lei inspirò l’odore di lui. Riusciva a sentire solamente l’odore acre di sangue e di vomito, il suo profumo dolce e prepotente si era perso.
Stinse con forza i polsi di lui e chiuse gli occhi.
-Tranquilla, principessa. Tuo padre ora sta meglio.
“Non sto mentendo” pensò Naruto “gli unici momenti in cui sta meglio è quando non è sveglio.”
La vide riaprire gli occhi e si immerse in quel viola immenso, perso in quella tristezza dura e violenta, che pareva colpirlo come una frusta.
Lei invece non capiva. Non capiva che stava succedendo, non capiva perché il padre fosse in quelle condizioni e perché tutti fossero lì.
-Credo… credo che dovremmo avvisare Hanabi e Neji.
E dopo quella frase fu tutto chiaro.
Il padre stava morendo e le persone erano presenti per una veglia mortuaria.
Allora non era un sogno, era tutto vero.
Chissà come si era costretta a pensare che fosse tutto irreale, frutto della sua fantasia. Sentiva che c’era qualcosa di sbagliato, ma andava bene così.
Indietreggiò, andò a sbattere contro il petto di Sasuke che l’aveva seguita silenzioso. Si voltò e gli lanciò uno sguardo d’odio da sotto la frangetta, poi corse via.
Non le piaceva quella realtà.
All’ingresso Shikamaru, Kiba e Shino stavano posando alcuni ombrelli parlottando silenziosamente fra di loro.
Quando la videro ammutolirono di colpo e appoggiarono le schiene contro il muro, per permetterle di uscire dalla porta ancora aperta.
Sentì in lontananza Naruto gridare il suo nome e poi bestemmiare perché Sasuke lo tratteneva. Non si fermò, corse e corse per le strade di Konoha, per il bosco e per le montagne.
Si graffiò, cadde, urlò.
Ma corse e quello era il suo disperato modo di sfogarsi, di scaricarsi di dosso emozioni trattenute per anni e che la laceravano sempre di più, più di tutti quei rami che sbattevano sulle braccia e sulle gambe lasciandole tagli sanguinanti; e la pioggia lenta cadeva, piangendo per lei, al posto suo che aveva versato talmente tante lacrime da aver perso il loro significato.
Ma mai più le avrebbe versate quelle lacrime aspre che sapevano di anni di dolore, avrebbe lasciato che la pioggia, la tempesta, il suo elemento, piangesse scaricando tutto quel dolore immenso e taciuto.
 
 
C’è chi lotta con Morfeo
C’è chi lotta con un babbeo
C’è chi lotta per la via
E c’è chi non ha più vita.

 
 
 
Era stata sotto la pioggia per un giorno intero.
Si era calmata e aveva smesso di correre, aveva camminato a lungo esplorando il bosco che già conosceva alla perfezione.
Inconsapevole, le sue gambe l’avevano portata davanti villa Hyuga.
Quella non era casa sua, non aveva mai abitato nella nuova villa Hyuga, sarebbe stata un ospite lì e così si era messa su di un albero ed osservava con occhi attenti la casa, scorgendo ogni tanto la figura di Hanabi.
La tredicenne camminava per le camere della casa ascoltando musica e ballando ogni tanto, assumendo poi una postura buffa e saccente quando un parente o un servo incrociava il suo sguardo.
Camminava, rideva, si godeva gli anni migliori della sua vita.
Si rese conto di ammirare sua sorella. Sapeva nel profondo quanto lei soffrisse per la perdita fin troppo prematura della madre, che aveva conosciuto solo attraverso i suoi striminziti e sofferti racconti.
Ora avrebbe perso anche il padre, la sua figura burbera e rigida che, anche se mai con un gesto amorevole o qualcosa che gli si avvicinasse, era stato uno dei pilastri fondamentali della loro instabile vita.
Come avrebbe potuto dirglielo?
Come avrebbe potuto distruggere quell’equilibrio?

Se ne chiedeva come e ne era incapace, così il tempo era scorso velocemente ed aveva finito per ticchettare le dieci di sera.
Scese dall’albero silenziosamente ed inquieta aprì il cancello della villa. A passi incerti arrivò fino al portone di casa e suonò, venendo accolta immediatamente da una serva alta e possente.
La invitò a sedere nel salottino stile occidentale della camera della sorella minore e le servì un the.
Osservò silenziosa la bibita verdognola della tazza fra le sue mani finchè non venne risvegliata dalla voce squillante per l’euforia della sorella che le corse incontro.
Riuscì a posare velocemente la tazza di the bollente prima di lasciarsi intrappolare in un caldo abbraccio.
-Onee-san!- gridò quella al suo orecchio, stringendola un grosso abbraccio.
Quando tempo era che non si vedevano?
Immemore era il tempo trascorso con lei, quella piccola e dolce bambina, quando era piccola e si prendeva cura di lei, oppure quando le faceva battute assurde o sconce al principio della sua adolescenza, facendola arrossire.
Non passavano del tempo da sole da prima della guerra: c’era stata la guerra per l’appunto e poi erano sempre state in compagnia di Naruto e company.
Quanto tempo era passato?
Quattro, cinque mesi al massimo, comunque troppi.
Avvolse i fianchi della sorella con un abbraccio e questa si strinse forte a lei, per poi buttarsi di peso accanto a lei.
Era passato talmente tanto tempo che ora le sembrava di non riconoscerla più.
Era cresciuta, il corpo aveva assunto le parvenze di quelli di una giovane donna e i capelli, legati in una coda bassa, erano cresciuti arrivando quasi lunghi come quelli della maggiore.
Il volto era sorridente e sbarazzino più del solito, felice di rivederla.
Ma a che pensava Hinata? Sua sorella era cresciuta, facendo  i calcoli aveva da poco compiuto 14 anni.
Le aveva fatto da madre e si era dimenticata il suo compleanno… che sorella degenere!
-E’ tanto che non passi.- le disse lei in un sussurro, stringendole la mano –Capisco che hai da fare ma…
-Lo so.- la interruppe calma la maggiore. –Mi dispiace tanto, piccola Hanabi.
Abbassò lo sguardo verso le loro mani, strette una all’altra, in un incrocio armonioso ed uniforme.
-Beh, mi sento onorata della tua visita!- sorrise lei, che con fare bambinesco abbassò la testa per poterla
vedere nei suoi stessi occhi perlacei.
-Onee-san…- bofonchiò preoccupata incrociando il suo sguardo triste.
Ora anche Hinata la guardava. Raccolse teneramente le mani della sorella fra le sue, che tremavano.
-E’ successo qualcosa?- chiese lei, ancora più preoccupata, tirando su la schiena per guardarla bene nel viso, che notava solo piuttosto pallido.
-Imouto…- le strinse forte le mani e la guardò negli occhi. –C’è una cosa di cui dovremmo parlare…
 
 
Sasuke osservava silenzioso i suoi due compagni di team mentre ancora, dopo una giornata di cure estenuanti, cercavano di alleviare il dolore del povero Capo Clan.
Quello non era cercare di salvare una persona, era accanimento.
All’ennesimo sospiro dell’Haruno il moro sbuffò e mugugnò di smetterla, ma venne fulminato dallo sguardo dell’Uzumaki.
-Non smettiamo proprio nulla.- disse lui, arrabbiato –C’è ancora la possibilità che…
-No.- disse il ninjia medico, negando col capo –Naruto, mi dispiace, ma non c’è più nulla da fare.
La pioggia batteva ancora forte sulle finestre, anzi, pareva accanirsi anche questa, raddoppiando le raffiche di vento e le lacrime della natura.
Raddoppiando, come le persone arrivate in casa sua a sostenere chissà chi dato che le Hyuga non si facevano vedere, raddoppiando, come le urla atroci e il dolore nei cuori.
Raddoppiando, come le ragazze belle ed imperiose nella loro tristezza che si erano presentate proprio in quel momento davanti casa sua.
Hinata e Hanabi erano ancora per mano, pronte a sorreggersi l’un l’altra.
Entrarono in casa senza proferire parola e a passi svelti si avvicinarono alla porta della camera.
Naruto, l’unico rimasto accanto al morente, sgranò gli occhi davanti alla vista delle due ragazze, seguite da Sasuke.
Quelle due ragazze, così simili, così diverse, erano, nella loro tristezza, belle come non mai.
I loro corpi, diversi, fremevano allo stesso modo per il dolore. I loro visi erano pallidi e un contorno scuro accerchiava i loro occhi.
Gli occhi perlacei erano nostalgici e profondi, di un colore viola scuro, incredibilmente spenti.
Ma c’era qualcosa negli occhi di Hinata, qualcosa che il ragazzo non aveva mai visto e che non era capace di definire.
Occhi scuri e nostalgici, tristi ma incredibilmente forti e determinati, come se una nuova carica le invadesse il corpo stanco.
Ma non fu lei a parlare.
-Naruto-kun, ti chiedo scusa ma.. dovresti lasciarci sole con nostro padre.- la voce delicata di Hanabi era interrotta da piccoli singulti.
Il biondo le guardò nuovamente stupito, con una faccia che sembrava volesse poter dire di non aver capito nulla, poi comprese di colpo e cercò la sguardo della Hyuga maggiore.
Si perse per un attimo negl’occhi di lui, che erano di un blu profondo e incredibilmente stanchi, con lo sguardo interrogativo di chi chiede consenso.
Lei annuì leggermente col capo e lo guardò uscire per poi osservare, con un lungo sospiro, il padre.
Il volto bianco e freddo, stanco, buttato al’indietro sul cuscino, la bocca semi aperta e gli occhi serrati.
La giovane ventenne, consapevole di dover essere forte anche per la sorella, strinse ancora di più la mano che già aveva avvinghiata alla sua.
Si guardarono contemporaneamente dandosi forza, per poi percorrere gli ultimi passi che le separavano dal capezzale di Hiashi.
Si sedettero entrambe sulle sedie li accanto, quelle dove erano stati seduti precedentemente Naruto e Sakura.
Delicatamente, come nei film, smesse di piovere e uno squarcio di cielo fece spazio alla luna illuminando il volto stanco dell’uomo.
Il cielo aveva smesso di piangere al posto di Hinata, ma ora le lacrime rigavano il volto della sorellina, e le si spezzo il cuore.
Capiva la sorellina, non aveva avuto nessuna carezza materna o paterna e si faceva bastare tutti qui contrasti avuti col padre.
Erano l’unico contatto familiare, l’unico modo di essere vissuta.
E se lo faceva bastare… ma ora anche lui sarebbe andato via.
Strinse maggiormente la mano tremante prima di lasciarla e si alzò, premurosa, per bagnare una tovaglietta.
Si sedette sul letto, davanti al padre, e con la pezza fredda cominciò a bagnargli il viso, a pulirlo e a metterlo in ordire.
-Devi farti bello- sorrise lei –E sai perché, padre? Ora incontrerai la mamma.
Un singhiozzo ancora più forte che proveniva dalle sue spalle la fece sussultare. Si voltò ed osservò la sorella: Hanabi ora piangeva ancora più forte.
La mano del padre ora si avvinghiò nuovamente al polso della ventenne, che si voltò e gli sorrise.
Quelle che seguirono, furono le ultime parole del padre.
-Voi due, ragazze, mi dovete perdonare, altrimenti vostra madre non avrà il coraggio di guardarmi in viso.- tossì –Mi dovete perdonare per i miei atteggiamenti burberi e per tutto quello che vi ho fatto patire, ma credevo che questo potesse rafforzarvi. Inoltre… mi sento uno sciocco, ma io, il Capo Clan della famiglia Hyuga, usavo voi, innocenti creature- e la mano si strinse maggiormente –vi ho usato come valvole di sfogo, e me ne vergogno.
Hinata, la mano che tremava terribilmente, prese ad accarezzare i capelli bagnati di sudore del padre, un gesto che gli fece capire che aveva il suo perdono.
-Hinata, tu mi devi perdonare maggiormente. Ho scaricato su di te l’impegno di crescere una bambina, ho scaricato su di te il mio odio e il mio dolore. Ti ho umiliato mille volte, non ho mai avuto stima di te. Eppure tu mi hai dimostrato di essere forte e determinata, talmente tanto da…- e la guardò negli occhi per osservare la sua reazione –tanto da meritare il posto da Capo Clan.
Hinata non ebbe nessuna reazione.
-Non preoccuparti di questo, ora.- sussurrò pacata.
-No.- deciso e cruento fino all’ultimo sospiro –E’ il mio modo di chiederti scusa, quindi devi accettare.
-Va bene.
L’uomo si alzò lievemente e d’improvviso ricominciò a tossire e a sputare sangue.
Vomitava sangue e tutto l’amaro che ancora gli restava di quella vita crudele.
Si calmò, si rimise coricato e sul volto un sorriso.
-Hinata, proteggi tua sorella, crescila con i tuoi stessi valori. Hanabi, perdonami ancora, trova un buon partito per te e per tua sorella.- il sorriso, mai visto, si fece più ampio –Vi voglio bene.
E poi piano chiuse gli occhi e davanti alla sua piccola famiglia, spirò.
Hanabi, fino ad allora silenziosa, ricominciò a singhiozzare violentemente,
Hinata dava un ultima carezza al padre e gli stringeva la mano, truce, cercando di recuperare il tempo perduto in anni di odio.
 
 
Il funerale era stato terribile e disperato, ma era passato.
In quei due giorni, Hinata si era resa inavvicinabile. Barricata in villa Hyuga assieme alla sorella e al cugino Neji, consumavano il loro dolore in silenzio.
Naruto era preoccupatissimo, notti in cui non dormiva e poi doveva andare a lavorare erano passate, lente, ma passate. Non riusciva ad incrociarla, a stare con lei, ad abbracciarla, ormai dalla mattina del funerale.
Le aveva fatto dire che gli mancava attraverso Neji, il quale gli aveva poi detto che Hinata voleva incontrarlo.
Aveva scelto un momento particolare della giornata, le prime ore dell’alba. Ed un posto altrettanto particolare: una cascata nelle vicinanze di Konoha.
Naruto in quel momento stava saltando di ramo in ramo per arrivare fino al luogo scelto ed era pieno di dubbi.
Perché Hinata non si faceva avvicinare?
Ci pensava anche mentre arrivava in un punto in cui il bosco si diradava ed il suono dell’acqua scrosciante arrivava alle sue orecchie.
E la vide li, seduta accanto al punto in cui l’acqua cominciava a cadere perpendicolare al laghetto, le gambe strette al petto e il viso poggiatoci contro, i capelli sciolti che ricadevano sulle spalle e sulla giacca di un viola spento.
Quando lui le si avvicinò, lei si alzò in piedi e venne immediatamente avvolta da un abbraccio che lei ricambiò subito.
Si avvinghiarono l’uno all’altro, stringendosi e dandosi forza.
E non servì altro, ne parole ne altri gesti, andava bene così.
Entrambi si sedettero dove poco prima era seduta la ragazza, cominciando ad osservare il cielo e l’alba.
C’era silenzio fra loro, ma non era imbarazzato: la semplice presenza dell’altro donava loro calore e gioia.
Il rumore del silenzio era così rilassante che era difficile volerlo interrompe.
Ma il biondo fremeva dalla voglia di chiederle come stava, di esserle di aiuto, di confortarla in qualche modo. Aveva un terribile desiderio di stringerla forte a se e di baciarla, di riportarla a casa sua e di stare insieme con lei per sempre.
Aveva però paura di rovinare quel momento magico, in cui loro due erano un tutt’uno fra loro e con la natura. Temeva che quel momento scappasse e non tornasse più.
-Chiudi gli occhi.
Le labbra di lei si mossero pigramente, sussurrando e attirando l’attenzione di lui.
Chiusero entrambi gli occhi.
La mano di lei si avvinghiò alla sua, un tocco caldo e impercettibile.
Il vento sovrastava il bosco scompigliando le loro teste e faceva correre i nuvoloni grigi, si udivano pochi uccellini cantare poiché la maggior parte erano emigrati da tempo, ma i grilli e gli altri insetti cantavano in coro.
Il sorriso del sole cominciava a farsi spazio dall’orizzonte e a far luce sui loro volti, ora rischiarati da una dolce carezza di calore.
L’aria profumava di acqua e di fiori, betulle.
Naruto non resistette alla tentazione e si perse ad osservare la ragazza accanto a lui.
I capelli, di un caldo blu scuro, le contornavano i viso pallido e segnato dal dolore.
Inconsciamente cominciò ad accarezzarle le dita con le proprie.
La bocca era semi chiusa, dolce, sottile, un bocciolo di rosa, muovendosi a ritmo di un respiro tenue.
Gli occhi erano chiusi e lunghe e folte ciglia nere disegnavano due mezze lune sulla pelle candida.
La sua mano si mosse nuovamente, ballando sul suo palmo.
Hinata inspirò.
-Sta per piovere.
Aprì gli occhi e si voltò verso di lui, che la guardava con due splenditi zaffiri brillanti come diamanti.
Occhi negli occhi, mani nelle mani, vite nelle vite ed un cuore unico, che batteva all’impazzata.
Lo sguardo di entrambi cadde giù, dove le loro mani, per loro, avevano disegnato un cuore con le dita, e ne sorrisero compiaciuti.
 
Pluff.
 
Ed una goccia d’acque s’infranse contro il lago, dando il via ad una canzone ritmata, il suono della pioggia più bella che potessero sentire. Le ultime lacrime di Hinata piante dal cielo.
Ben presto i loro capelli e i loro vestiti si bagnarono ma loro stavano li, come due stupidi, accanto ad una cascata, un fiume, che presto avrebbe esondato.
Due idioti dagli occhi innamorati, sotto la pioggia fredda e cruenta, che passava su di loro lavando via tutto il dolore.
Perché ora erano insieme, occhi negli occhi, mani nelle mani, vite nelle vite e nulla più li avrebbe separati, perché avevano un cuore unico.
E nessuna goccia si distingueva dall’altra per il suo suono, in mezzo a quell’armonia, Naruto sollevo piano una mano ed accarezzò la guancia rossa di Hinata, che sorrideva felice.
Perché alla fine, ogni uomo e ogni donna, su questo mondo, cerca la felicità e questa non si può ottenere da soli.
Non è possibile sopportare amarezze e superare così tanto dolore da soli, e questo Naruto e Hinata lo sapevano bene.
Se c’era qualcosa che avevano imparato nella loro vita, era quella che per essere felici davvero, gioendo nel cuore e negli occhi, nello specchio dell’anima, bisogna essere insieme.
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Insieme a chi si ama.
 3628 parole, decisamente uno dei capitoli più lunghi che io abbia mai scritto.
Sono abbastanza soddisfatta della storia e delle pieghe che prende, d'altro canto drammatico-romantico-drammatico è il genere che più adoro.
Il finale andrebbe bene per il vero finale della storia ma... boh, tante cose ancora da scrivere :D
Chiedo scusa per lo scarso ritmo, ma il pc si rompe piuttosto spesso a casa mia, pardon!
Adoro tutti voi che mi seguite sempre e tutti i nuovi lettori!
Spero che il capitolo vi piaccia, recensite numerosi
With love, Cla.


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Capitolo 17
*** Perdendo la rotta ho imparato a volare. ***


Perdendo la rotta ho imparato a volare.
 
Il letto di Naruto era quello che lei in assoluto preferiva.
Non era molto grande, era di una piazza e mezza, ma era morbido e spesso, sempre caldo ma coperto da lenzuola leggere e fresche.
Hinata, quella mattina di novembre, aprì gli occhi svegliata dalla luce del sole già alto nel cielo che penetrava dalle finestre.
Spostò un braccio verso lo spazio nel letto: vuoto, Naruto non c’era.
Strinse forte il lenzuolo con le dita bianche, ripensando alla bellissima giornata che aveva passato con Naruto.
Lui l’aveva capita sotto la pioggia mentre cadeva veloce, l’aveva baciata con passione e l’aveva guardata a lungo.
Poi erano tornati a casa e avevano fatto il bagno insieme, sotto l’imbarazzo di entrambi, avevano acceso il fuoco e romanticamente avevano fatto l’amore, per poi spostarsi e rifarlo in quel letto adorato.
“Ti amerò fino alla fine dei tempi” le aveva detto e lei era arrossita, arrossiva sempre perché lui era l’unico in grado di farla sentire speciale e amata sempre più, anche dopo tutto il tempo passato insieme o in un angolo ad aspettare che lui si accorgesse di lei.
Dopo essersi persa per un istante nel ricordo di quella sera e di una vita, la mora, finalmente sveglia voltò la sguardo e…
-Aaaaah!- urlò spaventata mettendosi seduta sul letto e stringendosi contro il lenzuolo, per coprire le sue grazie.
La figura tenebrosa di Sasuke, seduto sulla poltrona con gli occhi semichiusi e un ghigno in viso, la spaventò.
-Ma che…
-Ehi sorellina, non fare così, non sono poi così spaventoso.
-Avevi uno sguardo… da… da…
-Porco?
-Esatto.- fece ingenua lei, annuendo.
-Ma guardala, ha parlato l’angioletto, quella che si sveglia nuda dopo aver passato una notte di fuoco con “Naruto-kun!”- disse canzonandola ed imitando la sua voce.
-Oh, Sas’kè!- arrossì vistosamente e gli lanciò un cuscino –Perché sei qui?
-Non posso venire a trovarti?
Hinata alzò un sopracciglio.
-Okok, Naruto mi ha chiesto di passare per vedere come stavi.
-A ecco- e sorrise al dolce pensiero di quel Naruto premuroso –Ma che ore sono?
-11 e 20.
-Oh.
Un lieve sospiro le fece gonfiare il petto muovendo le lenzuola e ricordandole le proprie nudità.
-E’ tardi, devo andare alla riunione del Clan e passare a trovare Naruto e… e fare la spesa e… cucinare…
-Ehi, ehi, non andare nel pallone!- sbuffò –Tranquilla…- e sbuffò di nuovo, seccato –oggi devo stare con te.
Ma gli sorrise e lei capì tutto ciò che non riusciva e non poteva dire, sorridendo anche lei.
-Emh, Sasuke-kun?
-Hmf?
-Devo vestirmi.
-A, eh.. si!- ed uscì dalla finestra con un balzo, imbarazzato –Ti aspetto fuori!
Hinata ne sorrise e, finalmente in piedi, indossò l’intimo, i pantaloni scuri, la canottiera lilla e la giacca a chimono blu scuro con lo stemma degli Uchiha.
Prese la sua spazzola e sistemò i lunghi capelli in una coda bassa e morbida.
Si guardò di sfuggita nello specchio e ricordò le dolci parole di Naruto, la sera prima, quando l’aveva spogliata e poi l’aveva messa davanti a quel suo stesso riflesso.
“Sei bellissima” le aveva detto, abbracciandola da dietro e accarezzandole il viso “Sei cresciuta molto in questi anni, eri bella quando eri piccola ma ora, ora che hai vent’anni, sei ancor più splendida. E guardati, ammirati e si fiera di te stessa, perché io sono fiero di appartenerti e che tu appartenga a me. Io ne sono meravigliato ogni giorno della mia vita. Ma sai perché sei così bella?” e sorrise, appoggiando la testa alla spalla di lei “Perché tutte le cose belle che hai dentro le esterni nel tuo splendore, anche in queste guancie rossissime” e le bacio dolcemente una guancia calda, e lei era avvampata per i suoi complimenti, per la sua vicinanza.
Anche in quel momento, mentre ripensava alle sue parole, arrossiva e si sfiorava le gote, sentendole in fiamme.
E ne sorrise.
Era strano come, in quei ultimi giorni, nonostante la perdita del padre, sorridesse, sorridesse di ogni piccola cosa non dandole più per scontate.
Indossò l’anello di fidanzamento che le aveva regalato Naruto e scese veloce le scale, per uscire da casa Uzumaki.
Sasuke stava appoggiato tranquillo al muro e quando la vide vi si scosto andandole vicino e porgendole una mano.
-Abbiamo abbastanza tempo per fare un giro?
-Si, Sas’kè-kun.- e prese entusiasta la mano di lui, che le fece fare un giro su se stessa per poi portarsi la mano nel braccio.
Camminavano insieme, a braccetto e sorridendo, verso i bei boschi di Konoha, che entrambi conoscevano a memoria poiché luoghi di allenamento e/o di riposo.
Si fermarono a parlare distesi lungo i prati del boschetto, ridendo e scherzando (per quanto Sasuke potesse sforzarsi) ed in un attimo tornarono bambini.
Cominciarono così a guardare le nuvole e a trovare persone o cose somiglianti: riconobbero una Tsunade piuttosto arrabbiata o una Sakura, dipende dalle interpretazioni, un topo che correva, una forma simile ad un pane ed infine, un uomo dallo sguardo severo.
-Mi… mi ricorda mio padre- disse in un sussurro, stringendo forte la mano di Sasuke.
-Sorellina, tutto bene?
-Andrà bene prossimamente- disse solennemente.
Il silenzio calò fra i due ed entrambi riuscirono a sentire il rumore forte della cascata distinguendolo da quello ritmato del ruscello in piena,  gli uccellini cantare e il vento muovere le foglie.
-Itachi manda a dire che gli dispiace per la sua assenza al funerale.
La corvina lasciò la presa dalla mano di Sasuke e se la portò al viso, bagnato dall’ennesime lacrime.
Lui se ne accorse e si tirò su a sedere, guardando interdetto e preoccupato la sorella.
-Hinata….
-Que-questo non lo do-dovevi dire- disse singhiozzando, il viso rosso e il dolore negli occhi.
-Ma lo sai che lui ci tiene a te…
-Ssi, m-ma dov’e-era quando a-avevo bi-bisogno di lui?- balbettò mentre piangeva, mentre lui l’aiutava a tirarsi su e le asciugava le lacrime.
-Io non… oh, Hinata!- e la strinse forte a se, non sapendo che altro fare –Non ne ho idea perché non è venuto, a me non dice nulla.
E lei continuava a singhiozzare.
-Riesci ad immaginare in che situazione mi stai mettendo?- e rise, imbarazzato –Fino a poco tempo fa io non sapevo nemmeno come sorridere!
Riuscì a farla ridere –Cioè, figurati se sono capace di gestire questa situazione.
E risero tutti e due a crepapelle –Non piangere più, fallo per ma salute mentale! Ma… Ma sei pazza? Ridi e piangi allo stesso tempo.
La prese per mano e la sollevò, mettendosela sulla schiena.
-Sisi, continua così… intanto stiamo facendo tardi!
E cominciò a correre con lei sulla schiena, che continuava a piangere e ogni tanto ridere, col viso rosso di emozioni.


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-Smettila Arashi…
-Eddai, sei così sexy dottoressa…
Nascosti fra le file degli scaffali della farmacia dell’ospedale, i due piccioncini si baciavano in un turbine di passione.
-Devo andare a lavorare, Arashi- disse non troppo convinta lei.
-Avevi detto che prendevi 10 min di pausa… lo sai quante cose possiamo fare in 10 minuti?
Detto questo le sbottonò velocemente la camicetta bianca, cominciando a giocare con i suoi seni.
-No… Arashi…
-Andiamo Sakura, preferisci andare a smembrare persone o stare un po’ qui con me?
La sollevò per i glutei e fece in modo che lei si avvinghiasse a lui.
-Oh, Arashi…
 
 
-Bene, a questo punto posso lasciarti solo.- disse Tsunade, alzandosi dal suo posto nell’ufficio dell’hokage.
-Si, a marcire fra le scartoffie!- Naruto era buttato sulla sua sediolina accanto alla scrivania.
-Te ne ho lasciate poche perché voglio che tu faccia una cosa.
-Se quella montagna è poco..- sbuffò il biondo.
-Naruto, zitto! Sono seria  e voglio che mi ascolti bene.- posò entrambe le mani sulla scrivania e lo guardò torva mentre si alzava e si metteva di fronte a lei. –Ormai la data per il passaggio di Hokage si fa vicina e voglio che tu cominci a pensare a quello che sarà il tuo team per missioni speciali. Inoltre ti servirà qualcuno che ti aiuti qui.
-Per quello c’è Sa…
-Sakura? Non sarà possibile, lei si occuperà a tempo pieno dell’ospedale e voglio, a proposito, che tu oggi gli comunichi della sua promozione a primario.
-Ah.- Naruto annuì serio. –Ah, nonna Tsunade! Quand’è che diventerò Hokage?
-Lo saprai a tempo debito. Ti mando a chiamare Sakura!
Seguita da Shizune, l’Hokage uscì dalla magione.
Naruto si sedette alla scrivania, per la prima volta solo, assaporò uno sprazzo del suo sogno, sentendosi arrivare addosso l’odore delle responsabilità che quel lavoro richiedeva.
Quel giorno Tsunade stava poco bene: l’età avanza e il lavoro non perdona, o forse era solo un violento post sbornia. Aveva quindi deciso di tornare a casa un paio d’ore prima e quelle ore, il biondo, se le godeva.
Mentre aspettava l’arrivo dell’Haruno, prese a compilare la pila di documenti, che dopo sarebbero passati per la mano dell’Hokage.
-Dattebayo!- la tentazione era molta, vedere scritto un documento firmato da lui sarebbe stato impagabile.
Aspetta un momento…
Naruto non possedeva ancora una firma! Ultimò l’ultimo documento e prese un altro foglio bianco, cominciando a scarabocchiarci sopra il suo nome.
Il suono lieve di qualcuno che bussava lo fece ridestare dal suo sogno di gloria.
-E’ permesso, Hokage?- una voce squillante avvertiva della presenza di una donna.
-Avanti.- il biondo si sforzò di apparire più serio che mai.
La porta si socchiuse ed una Haru piuttosto stupita apparve avvolta da vestitino arancio.
-E tu che ci fai qui tutto solo?
-Potrei farti la stessa domanda- rispose divertito alla cugina.
-Io sono qui per parlare con l’Hokage!- la rossa si avvicinò alla scrivania.
-E per oggi l’Hokage sono io.
-Ma se non eri in grado nemmeno di accorgerti che una ragazza splendida ti vuole da anni!
-Ma tu che ne sai???- rosso di imbarazzo, Naruto sbatte forte il pugno sulla scrivania, che sobbalzò.
-Eh eh- ghigno sadico –Mi hanno raccontato tante cose!
-Colpa di Emosuke ‘tebayò!
-Ehi!- e fu l’altra Uzumaki a battere sul tavolo.
Naruto assottigliò gl’occhi, indagatore –Ma tu non dovevi essere ad allenarti col Nara?
Lei voltò lo sguardo e sbuffò –Dovevo parlare con l’Hokage-sama.
-Avanti allora, sono qui!
-Non sei l’hokage, Naruto!
-Ma lo diventerò presto- s’imbronciò lui, poi, vedendo lo sguardo affranto della cugina, tornò serio –Haru, che c’è?
-Devo..devo parlare con Tsunade-sama..
-Cugina, faresti meglio a parlare con me.
-Io non posso…
-Haru avan…- e si interruppe vedendo le sue lacrime –Haru..- disse sussurrando.
Il biondo si alzò e, andando a mettersi davanti a lei, si poggiò alla scrivania e con una mano cercò di asciugarle una lacrima ma lei scostò quella mano.
-Non lo fare.
-Cosa?
-Aiutarmi. Non lo fare.
-Perché Haru?
La rossa alzò finalmente lo sguardo sul cugino.
-Perché Sasuke mi odierà.
 
 
-Siamo arrivati quindi.
-Grazie Sasuke.
I due erano arrivati d’innanzi alla grande villa Hyuuga, fresca di costruzione.
-Ti aspetto qui- disse appoggiandosi alla muro di confine.
-Oh, Sas’kè-kun, ci metterò un bel po’! Non devi stare qui ad annoiarti.
Hinata era sempre gentile e pacata, anche se in quel momento tremava.
Il moro si voltò e cominciò a camminare –Va bene, Hinata, a dopo- e poi, voltandosi lievemente –Non essere preoccupata, andrà tutto bene.
La ragazza sorrise –Grazie di tutto.
Aprì il portone per raggiungere il piccolo giardino che la separava da casa, lo superò e la porta si aprì davanti a lei. Hanabi vestiva una maglia lunga celeste e i leggins, il volto segnato da profonde occhiaie.
Appena la vide l’abbracciò stringendola forte a se, accarezzandole i capelli e il viso che fremeva ad ogni tocco.
Ancora non erano riuscite a superare la morte prematura del padre per una malattia che gli aveva fatto vomitare l’anima, ma lo dimostravano in modo completamente diverso.
Hanabi non dormiva, mangiava a malapena, parlava solo con la sorella.
Hinata piangeva e si costringeva a pensare al lato positivo, o si costringeva a non pensare.
Avevano passato intere giornate insieme a consolarsi e a mangiare gelato.
Non servì dire nulla e le due ragazze si presero per mano percorrendo la lunga villa, fino ad arrivare alla sala delle riunioni del Clan.
Prima di entrare, Hinata strinse forte la mano di Hanabi e inspirò forte.
Da quella riunione dipendeva il futuro suo e della sorella.
Hiashi, sul letto di morte, l’aveva nominata sua unica erede a capo Clan.
Ma cosa sarebbe successo se il Clan l’avrebbe rifiutata?
Hanabi la guardò comprensiva ed aprì la porta, sospingendola ad entrare.
La stanza era piena su due file di uomini e di pochissime donne.
Sarebbe stato ancora più dura diventare capo Clan, perché nella storia degli Hyuuga mai una donna aveva preso il posto più alto del Clan.
Si mise al posto di suo padre –quello in fondo ad entrambe le file, rivolto verso tutti come fosse a capotavola- e Hanabi nella fila di destra accanto a lei. Dall’altro lato, alla sua sinistra, stava Neji.
Le rivolse uno sguardo interrogativo, ma la ragazza non capì a cosa alludesse.
Un lontano cugino di Hinata, Kira Hyuuga, si schiarì la voce e la guardò con astio.
-Innanzitutto, Hinata, Hanabi, le nostre più sentite condoglianze.- poi, voltandosi verso tutti i presenti –Credo sia importante cominciare la riunione continuando a discutere della suddivisione nelle stanze
-No.
La voce seria e pacata della ragazza si scagliò fra tutte quelle che appena avevano cominciato a parlare.
-Come no?- Gli occhi chiari di Kira, quell’uomo anziano che nel suo odio le ricordava il padre, si scagliarono avvinghiarono a lei come volessero stritolarla.
-Non è di questo che dobbiamo parlare. Volevo piuttosto chiarire la situazione del capo Clan.
L’uomo flesse un sopracciglio –Insinui forse che spetta a te?
-Esattamente.
-Tuo padre ti ha cacciato di casa.
-Mi ha chiesto perdono sul letto di morte.
-Non ci sono testimoni.
-Con noi c’era, ovviamente, mia sorella.
-Non sei adatta per questo ruolo. Non hai completato i tuo apprendistato ed inoltre io, che sono il più anziano, sono la guida più giusta.
La corvina sorrise e piegò leggermente la testa di lato.
-Non sempre anzianità significa saggezza.
-Come ti permetti, ragazzina!- l’omaccione si alzò in piedi, minaccioso.
Hinata lo guardò severa –che strano sguardo, e quanto sforzo! Non le era mai capitato di farlo, ma il suo nuovo ruolo lo richiedeva e questo lo aveva imparato dal padre – e strinse al grembo le mani.
-Guarda dove sono seduta- disse pacata –e impara a portare rispetto.
L’uomo si rivolse al Clan –Volete che una donna così sfrontata e giovane ci porti alla distruzione?
-Hinata Hyuuga non è sfrontata.- “oh Ko, che brav’uomo che sei!” lo benedì mentalmente la ragazza. –L’ho vista crescere e posso affermare che è una donna incredibilmente gentile e dolce, intelligente, perspicace e forte.
-E’ la persona più forte del nostro Clan.- la voce dura di Neji si fece ben sentire –Ha imparato tutte le tecniche Hyuga, ne ha create di nuove ed è capace di padroneggiare terra e fuoco e ancor di più l’arte dell’eremita delle Pantere, un arte perduta ormai.
Hinata sgranò gli occhi sul cugino che mai, mai si era esposto così tanto per lei, lui che si allenava giorno e notte eccellendo in tutto per essere il pupillo del defunto padre.
Eppure aveva preso le sue difese.
-E’ comunque una ragazzina!- Kira alzò a voce, furente.
Hanabi, la piccola, scontrosa e prepotente Hanabi si alzò in piedi e guardò con aria di sfida tutti i presenti.
-Siete ben consapevoli che mia sorella ed io stessa ne abbiamo passate tante. Quindi, mi capirete bene quando dico che mia sorella ha tanta di quella saggezza da farvi impallidire. Lei mi ha cresciuto nonostante fosse nel periodo più brutto della sua vita. È riuscita ad insegnarmi i valori che mi servivano e ad essere contemporaneamente la brava persona che è ora. Il prossimo che si azzarda a dire…
-Basta, Hanabi.- la voce dolce di Hinata tornò alla ribalta, facendo addolcire la sorella che subito tornò a sederle accanto.
-Credo sia opportuno fare una votazione- disse di nuovo Kira, speranzoso.
-No.- e stavolta erano più persone a parlare, fra le più importanti –Non c’è discussione.
 
 
-Smettila di piangere, Haru. Non ti riconosco più.
Quando entrò, senza bussare, consapevole della presenza di Naruto, fu questa l’immagine che Sakura si ritrovò davanti: la rossa tra le braccia del ragazzo scossa fra fremiti in una valle di lacrime, e lui che dolcemente la confortava.
-Oh, scusate.- riuscì a dire, chiudendosi alle spalle la porta con noncuranza ed infilando le mani nelle tasche del camice –Ma Naruto mi ha fatto chiamare e… Oh, Haru! Che ti ha fatto?
Sapeva bene come fosse fatto Sasuke –o almeno credeva lei- e nonostante lui l’avesse velocemente dimenticata con quella ragazzina, le si spezzava il cuore a vederla così fragile. L’avrebbe fatta vedere lui all’Uchiha!
-Oh, Sakura!- Naruto si batté forte il palmo sulla fronte, sottolineando il tatto della rosa.
-Cosa?
-Niente, niente!- Haru si sforzò di sorridere e si mise seduta in disparte –Posso aspettare, fate pure.
Il biondo si sedette alla scrivania con un “Ah, quanto mi piace questo posto!” mentre la ragazza si avvicinava alla scrivania, curiosa.
Naruto la guardò indagatore.
-Sei stata con Arashi?
-Eh, si, perché?
-Si vede!- e fece gesto di controllarsi il collo, dove un succhiotto soprassedeva su tutto.
-Oh, porc…- e si strinse il colletto del camice intorno –Cosa volevi?
Il ragazzo prese un documento dal cassetto e cominciò a leggere, saltando alcune parti –Il villaggio di Konoha è lieto di informare la signorina Haruno Sakura, cittadina nata nel bla bla bla, questo lo salto si, che, da giorno 15 Novembre, otterrà una promozione da bla bla bla, diventando primario del reparto traumatologia ecc.- poi porse una copia del foglio alla ragazza –Qui ci sono tutti i dati specifici.
Lei non si muoveva, esterrefatta: solo 20 anni e già una carriera così importante. Dove sarebbe finita?
Naruto si alzò, con un gesto buffo mise il documento nella mano rigida della ragazza e la richiuse, gli fece i complimenti e poi la voltò, cominciando a spingerla dalla schiena per farla uscir fuori, chiudendole la porta alle spalle.
Si voltò, sospirò e prese a guardare la cugina, che stava ancora seduta con la stessa espressione.
Quanti problemi, ed ancora non era Hokage! Ma alla fin fine si divertiva…
Camminò fino ad arrivarle davanti e si piegò sulle ginocchia, prendendole le mani attirando la sua attenzione.
-Ascoltami bene, Haru. Io non ho idea di come lui possa reagire, sinceramente, io non lo vedo così grave. Non ti ama per questo. Ma glielo devi dire e parlarne con lui, anche se- rise – so quanto è difficile farlo parlare.
-E se… se non ne parlassi?
Naruto smise di ridere la guardò serio –Non puoi davvero pensare di non dirglielo.
-Va bene.- Haru si alzò, aprì la porta e si voltò prima di uscire – ma se non lo facessi?
-Allora glielo direi io- affermò serio lui, tornando a sedersi –E sai bene che sarebbe peggio.
Haru salutò ed uscì dalla stanza, lasciando Naruto immerso nel suo lavoro.
Prese un foglio bianco e cominciò ad imbrattarlo d’inchiostro: Tsunade gli aveva dato un altro incarico.
Dopo alcune ora in cui era stato ripetutamente interrotto da AMBU e team in cerca di missioni, questo era il risultato.
 
Genialità    Shikamaru Nara, IO eheheeh
Arte della medic  Pronto soccorso    Haruno Sakura, Hinata Hyuga
Abilità ninjia Particolari      Hinata, Sasuke, Shikamaru, Choji, Ino, Rock Lee, Kiba; Sai, Shino
Potenza attacchi corpo a corpo     Hinata (love), Rock Lee, Sakura (ahi!), IO
Potenza attacchi a lungo raggio    IO, Hinata, Sasuke, Ten Ten; Sai
Abilità nella difesa   IO? Sasuke; Neji Sai
 
Aveva scritto le cose che secondo lui erano più importanti ed aveva a questi abbinato dei nomi. Nella sua squadra speciale sarebbero entrate poche persone, lo stretto indispensabile per le missioni, ma i più eccelsi e chi più aveva bisogno.
Saltavano all’occhio i nomi della Hyuga, dell’Uchiha, dell’Haruno, di Lee e di Sai poiché i più ripetuti.
Sei persone per missioni speciali e d’alto rango a cui avrebbe partecipato l’Hokage.
Il numero giusto e non esagerato, e a parere suo le persone più importanti e più complete, senza nulla togliere agli altri.
Più guardava quella lista e più pensava che Hinata, Sasuke e Sakura avrebbero assolutamente dovuto seguirlo. Anche Shikamaru era importante per lui, era sempre stato un ottimo amico, il più importante nell’assenza di Sasuke. Erano quelli giusti, forti, utili, completi, i suoi migliori amici.
Gli altri alla fin fine, erano secondari.


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Prese le chiavi dalla tasca, ne infilò una nella serratura e girò.
Entrò e non appena si chiuse la porta alle spalle, senti la presenza di qualcuno.
Non si sentiva in pericolo, Sasuke Uchiha non si sente mai in pericolo, ma c’era qualcosa di strano in quella casa.
Sapeva che Itachi non c’era (era in una piccola missione segreta per testare quanto potessero avere fiducia in lui –Konoha bastarda-) ed inoltre sentiva un odore particolare, diverso.
 
Miele
 
Percorse il corridoio, entrò in cucina e non trovò nulla di strano o di diverso.
Poi, passando davanti al tavolino quadrato della cucina, la vide dalla finestra seduta nel vasto giardino giapponese sul retro. Percorse la distanza che li separava con grandi falcate, chissà perché, era attratto a lei come una calamita, come un girasole alla luce. L’amava.
Non si fece notare.
La guardò mentre se ne stava nell’aria fredda di novembre seduta sul gradino della piano in parchè che lo separava dal giardino con piccoli gradini.
Aveva gli occhi mielati persi chissà dove, la bocca carnosa serrata in un atto serio e armonioso, i capelli, quei splendidi capelli color rame che parevano incendiarsi in contrasto coi suoi, svolazzavano a malapena sotto il vento lieve e freddo.
Con passo felpato le arrivò inginocchiandosi da dietro, con un tocco leggero le scostò i capelli cominciando a baciarle il collo.
-Haru.
Sussurrò il suo nome e la vide vibrare, l’abbracciò pensando avesse freddo.
Lei non rispondeva, non ci riusciva, manteneva lo sguardo vacuo e quella smorfia di dolore in viso.
-Haru.
E stavolta non sussurrò ma parlò serio, capendo che c’era qualcosa che non quadrava.
Strinse le ciocche di capelli che abbracciandola toccava, per poi scostarsi dalla sua schiena per sederle accanto.
-Sasuke- sospirò, la voce le tremava –Ti devo dire una cosa.
Si voltò e si guardarono negli occhi –Ti ascolto.
Sospirò di nuovo, le mani le tremavano.
-Volevo parlarti di una decisione che ho preso.
Lui annuì lievemente.
-Sai bene che Arashi ha lottato molto per ottenere il permesso da mia madre per diventare dei ninjia. È una cosa che entrambi abbiamo voluto molto, per cui ci siamo allenati tanto tempo. Io, più che altro, mi sono sempre allenata duramente perché sapevo che un giorno avrei incontrato mio padre e volevo avere uno scontro con mio padre, ero preparata. Ma quando l’ho visto io non ho potuto fare niente, ricordi? Io non valgo niente come ninjia.
-Esiste l’allenamento.
-Ma… Sasuke…- non riuscì più a guardarlo negli occhi e si voltò nuovamente verso il giardino –A me non piace la vita da shinobi. L’ho capito solo adesso.
Anche Sasuke si voltò a guardare il cielo, irritato –Non puoi non fare nulla, Haru.
-Lo so, lo so, diventerei seccante, vuota e annoiata della vita. Sarei solo un peso per te.
-E allora, l’alternativa?
-Io.. io ci devo ancora pensare.
Sasuke cominciò a scuotere il capo in segno di negazione e a quel gesto, la rossa cominciò a piangere sommessamente e a tremare.
Interminabili istanti di silenzio passarono fra loro, ed intanto tramontava.
-E allora, allora vivi per me.
Lui interruppe quel silenzio con parole difficili da pronunciare, per uno come lui. Ma non aveva finito e si capiva, questo attirò l’attenzione di Haru, che si voltò a guardarlo con gli occhi lucidi e il volto bagnato da lacrime.
Lui alzò piano una mano per asciugargli il volto dalle lacrime, in una carezza che lei si godette per intero.
-Vivi di me, prenditi cura di me, della nostra casa, della nostra famiglia. Era un po’ che volevo dirtelo.. io ho bisogno di questo. Ho bisogno della pace che riesci a donarmi. Mi rilassi, mi calmi. E ti prometto che ci basteremo, saremo pane per l’altro. Saremo la casa in cui tornare dopo una giornata di burrasca. Vivi di me, Haru.
E solo il suo sguardo dolce le fece realizzare cosa lui gli stava chiedendo, sotto quelle parole pronunciate a fatica.
Strinse forte quella mano che la stava ancora accarezzando.
-Sarebbe stupendo.
E fu meglio di dirsi “vuoi sposarmi?” “si.”.
 
 
Non so dove i gabbiani abbiano il nido,
ove trovino pace.
Io son come loro,
in perpetuo volo.
La vita la sfioro
com’essi l’acqua ad acciuffare il cibo.
E come forse anch’essi amo la quiete,
la gran quiete marina,
ma il mio destino è vivere
balenando in burrasca.

-Gabbiani, Vincenzo Cardarelli.
 
 
Lei gli sorrideva, amava finire le giornate in quel modo.
Avevano fatto l’amore e ora lui riposava stanco sul petto di lei, inspirando il profumo della sua pelle e il suo respiro caldo.
Un braccio era steso accanto al suo, le dita attorcigliate in un disegno armonioso.
-Presto otterremo il nostro riscatto, Hinata.- inspirò il suo profumo e la baciò lì, sull’attaccatura del seno –Abbiamo avuto un infanzia terribile ma presto otterremo il nostro riscatto, vivendo felici.
-Saprò dirti se ho avuto il mio riscatto solo quando morirò, Naruto. Dopo che avrò realizzato i miei sogni e avuto una bellissima famiglia con te, amore mio.
Fu lui a sorridere, raggiante –Io non ho nessun dubbio, vita mia.
 


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Non mi so spiegare la vostra assenza. Non noto più lo stesso entusiasmo, le stesse recensionsi di un tempo.
Mi chiedo in cosa io stia sbagliando, cosa non vi piaccia più.
Peccato che non ci sia più nessuno a recensire per dirmelo...

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Capitolo 18
*** Un brusco risveglio. ***


Un brusco risveglio.
 

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L’alba era appena sorta e Naruto le stava dando dei dolci baci sulla guancia per destarla.
-E’ ora di alzarsi, principessa.
Cominciò a strofinare le mani sugli occhi, per destarsi, e solo quando ebbe finito riuscì a vedere qualcosa.
Con una mano lui le accarezzò i capelli e quando lei finalmente lo guardò arrossendo, lui sorrise.
-Avanti dormigliona, oggi devi andare in missione…
Si alzò e spostandosi sollevò un po’ troppo il lenzuolo, facendo venir freddo alla ragazza. Quindi si alzò, avvolgendo il proprio corpo nudo nello stesso lenzuolo, fino a raggiungere il bagno sotto lo sguardo divertito del biondo.
Quei due insieme stavano passando il periodo più bello della loro vita, finalmente, dopo tutti quei fattori terribili che avevano caratterizzato la loro infanzia.
Insieme stavano diventando grandi, impregnati in una quotidianità mai monotona ma sempre diversa e improvvisa. Era a questo che pensava mentre se ne stava sotto il getto d’acqua della doccia: ora Hinata era diventata Capo Clan ed era impegnata nella sua gestione, Naruto sarebbe presto diventato Hokage e a breve si sarebbero sposati.
Si asciugò un po’, indossò la vestaglia rosa di seta ed uscendo dal bagno venne immediatamente inebriata dal profumo della colazione sul tavolo.
Naruto non era in grado di cucinare molte cose, non aveva certo tempo da passare ai fornelli, ma da quando lui e la ragazza convivevano era riuscito a deliziarla preparando la sua colazione preferita: crèpes alla nocciola con cioccolato bianco fuso e mandorle, latte e qualche frutto di bosco.
Lo trovò seduto a tavola con un grande sorriso e mentre lei gli si sedeva di fronte, l’accarezzò facendola sorridere e arrossire, di nuovo.
Poi lei, stupendolo, gli diede improvvisamente un bacio molto dolce e casto, lasciandolo a bocca aperta.
-E’ questo per cos’era?- rise, cominciando a mangiare.
-Lo sai benissimo, Naruto-kun.- gli si avvicinò di nuovo e lo baciò a stampo –Sei dolce!
E lo era davvero poiché il biondo non aveva impegni se non dopo le otto, quando sarebbe dovuto andare alla magione dell’Hokage, ma si era svegliato comunque molto presto per preparare la colazione alla sua ragazza e stare un po’ con lei prima che partisse per la missione con Hanabi, Kiba, Ko e Sasuke.
Naruto sorrise soddisfatto. –Eheh, lo so!
Lei sorrise a sua volta e gustò con gioia il boccone –Complimenti, amore mio, sei migliorato!
Consumarono la colazione ridendo e scherzando, ogni tanto tenendosi per mano.
-‘Tebajò, Hina-chan! Dovresti farmi un favore.- il sorriso sadico di Naruto non prometteva niente di buono, ma lei annuì.
-Devi assolutamente fare il terzo grado a Sas’kè!
-Perché?
-Non ci ha detto che ha chiesto ad Haru di sposarlo, ricordi?
-Le cose non sono andate esattamente così, Naruto kun…
-Tu come lo chiami chiedere a una ragazza di passare il resto della vita con lui?
-Un atto di coraggio, direi- sorrise, pensando con quali sforzi Sasuke si fosse aperto con la sua ragazza.
-Si, coraggio della la mia povera cugina che ha detto “si”!- e cominciò a ridere di gusto insieme ad Hinata, aiutandola a sparecchiare.
Hinata posò i piatti nel lavabo e cominciò a lavarli –E’ all’incirca la stessa cosa che ha detto Sas’kè quando mi hai chiesto di sposarti.
Naruto incrociò le braccia e fece finta di imbronciarsi –E ti importa di quello che dice il tuo caro fratellone?
-Assolutamente no.- sorrise lei, di rimando, osservando il biondo in quella posizione buffa.
Lui la raggiunse con poche falcate e, abbracciandola da dietro, cominciò a baciarle sensualmente il collo.
-Bene- disse, con voce suadente –perché io non sopporterei di starti lontano nemmeno per un minuto.
La girò, la strinse a se e la baciò con foga.
 
Naruto e Haru avevano accompagnato i rispettivi partner davanti alle porte di Konoha, raggiungendo Kiba, Hanabi e Ko che li stavano aspettando.
La missione assegnatagli dall’Hokage era di livello B, ma ci sarebbero potute essere delle complicanze di livello A poiché avrebbero dovuto vedersela con dei malfattori che, da qualche tempo, avevano preso il brutto vizio di bloccare i trasporti mercantili rubando tutta la merce. “il vostro fine ultimo” aveva detto Naruto, che aveva partecipato alla consegna della missione da parte di Tsunade “è di bloccare questi ladri e di portarli qui, senza fare loro del male. Ecco spiegato il motivo di tre Hyuga”.
 -Sta tranquillo, c’è Sasuke con lei.- gli diceva l’Uzumaki in quel momento, mentre passeggiavano verso la magione dell’Hokage.
-Certo,  allora sto tranquillo!- rispose lui, sarcastico –E comunque Hinata è perfettamente capace di difendersi da sola.
-Scusa, scusa!- disse lei alzando le mani in gesto di difesa –Volevo solo rassicurarti!
-E come faccio a stare tranquillo- rise lui, di gusto –Se penso che tu ed Emosuke vi sposerete?
Lei divenne tutta rossa ed infastidita colpì il cugino sul braccio –Non c’è niente da ridere, Naruto!- sospirò, tornando calma –E nemmeno di che preoccuparsi, Sasuke mi tratta come una regina.
-Sappiamo tutti com’è fatto Sasuke.
Lei non rispose ma gli fece un occhiolino –Andiamo, Naruto, lo so che sei geloso!
-Non mi interessa sapere con chi stai, Haru!- sbottò lui.
-Infatti non sei geloso di me, ma di lui! D’altronde vi siete baciati, no?- disse a sfottò, cominciando a correre.
Naruto ripensò a quel dannato giorno in accademia, in cui aveva perso la sua dannata dignità per colpa di quel dannato scemo. Che sempre tu sia DANNATO, Uchiha Sasuke!
-Brutta peste che non sei altro!- e le corse dietro urlando –CHI è CHE TE LO HA DETTO? E’ STATO UN ERRORE, CAPITO?
In breve, correndo e scherzando (a volte picchiandosi), raggiunsero l’ufficio dell’Hokage.
Naruto bussò –Ehi nonnetta, sono arrivato, posso entrare?
Non ricevette risposta ed entrò, come se nulla fosse.
-Che abbiamo da fare oggi, Nonna Tsunade? Ah, c’è anche Haru.
Ma voltò lo sguardo e non vide nessuno, l’Hokage non c’era. Si avvicinò alla scrivania per vedere se avesse lasciato qualche messaggio, ma i suoi occhi vennero catturati da una visione orribile.
Tsunade era stesa per terra, priva di senti, la tecnica di trasformazione “anti età” era stata sciolta ed ora il suo viso ed il suo collo erano più rugosi, i capelli più sbiaditi.
-Nonna Tsunade!- urlò, andandole in soccorso e mettendosi il suo capo fra le braccia, cercando di risvegliarla. –Haru corri, chiama Sakura!
La porta che sbatteva contro il muro ed un “subito” stentato, furono le ultime cose che Naruto sentì prima di andare nel panico.
 
Hinata e Sasuke correvano in testa al gruppo, poco distanti dal gruppo di mercanti.
Stavano vicini e parlavano tra loro sommessamente, con calma.
-Come mai questa decisione improvvisa, quindi?
-Al dire il vero è un po’ che ci pensavo.
-Lo immaginavo, ma come mai?
-Hinata…
-Va bene, va bene, non riesci a parlarne e non mi intrometto più.
Seguirono attimi di silenzio e poi il ragazzo sospirò.
-E’ strano che io abbia bisogno di lei?
-Ti informo che è il sentimento più normale del mondo.- sorrise lievemente –Ma tu non sei normale.
-Stare con Naruto ti fa del male, sorellina.
-Invece stare con Haru può solo migliorarti, Sas’kè.
-Sto diventando rammollito.
-Stai diventando umano. È normale desiderare di sistemarsi e di avere una famiglia: nel tuo caso poi, sei ancor più giustificato.
Lui sbuffò –Non dovresti preoccuparti per me, sorellina. Piuttosto…- disse guardando dietro di se –Dovresti preoccuparti di quello sguardo allupato che rivolge Kiba a tua sorella mentre parlano.
Anche la mora si voltò e notò in effetti una strana intesa fra i due.
-Secondo te dovrei preoccuparmi?
-Kiba potrebbe essere accusato di pedofilia, sai? Ma non è il momento di parlarne.
Entrambi si voltarono e, sentendo le proteste del mercante nel non voler lasciare la sua merce a quegli sporchi ladri, intervennero.
 
Arashi guardava Sakura mentre si muoveva a scatti, meccanica, con una precisione inaudita che celava tutta la sua preoccupazione verso la sua sensei.
Quando Haru era venuta a chiamarla, la rosa non era svenuta solo perché consapevole del fatto di essere la migliore, dopo Tsunade stessa, nel salvare le persone, soprattutto dato il fatto che non si sapeva di cosa soffrisse l’Hokage.
Ma quando era arrivata lì, aveva fatto capire al suo ragazzo che c’era ben poco da fare.
Le aveva rimesso in circolo un po’ di chakra, aveva fatto tutto il possibile, ma Tsunade non si riprendeva, respirava a fatica. Osservava come la donna avesse perso di colore, come le mani, una volta tanto abili e scaltre, avevano perso la loro forza diventando di una fragilità unica. 
Notava come la pelle fosse rugosa e scagliata, come gli occhi nocciola avessero difficoltà a rimanere aperti: ma quando riuscivano a catturare un po’ di luce, trasmettevano tutta la sua disperata sofferenza, che non riusciva a comunicare altrimenti attraverso le poche sillabe che farfugliava. La tecnica della rinascita si era sciolta e mostrava Tsunade in tutti i suoi anni, gli stessi di Jiraja e Orochimaru, entrambi deceduti.
Aveva ripreso coscienza, sì, era pur vero, ma la sua mente sarebbe collassata a breve. Non sarebbe morta di una morte tragica, ma per natura, per vecchiaia.
E non era fosse la miglior cosa, il miglior modo di spegnersi dopo anni di duro lavoro?
Alzò lo sguardo dal volto della donna incontrando gli occhi di Shizune, egualmente preoccupati e rassegnati.
Si alzò in piedi e, guardando bene in viso tutti i presenti tra cui gli anziani, Naruto, Haru, Kakashi e Arashi, asserì –La mia sensei ha sempre combattuto i segni del tempo, ma si arriva ad un punto in cui l’anzianità colpisce tutti.
-Stai dicendo che dovremmo cominciare a pensare alla figura del sesto Hokage?- disse serio uno di loro.
-Purtroppo, ho notato la sua stanchezza fin dal combattimento con Pain. Questo combattimento e questo sforzo, unito a quelli sovraumani della guerra, l’hanno segnata profondamente e si è resa conto lei stessa che il suo tempo stava per finire. Inoltre, ricordo che le tecniche da lei utilizzate, soprattutto quella della rinascita, accorciano inesorabilmente la vita. E' viva, ma arriverà presto la sua ora.
Detto questo fissò le sue mani, che ora tremavano, mentre quella di Arashi raggiungeva il suo fianco stringendola a sé, come se sapesse che le sue gambe stessero per cedere.
-Dovremmo andare in riunione e prendere una decisione preventiva.- disse l’altro membro degli anziani.
-Un attimo, anziani.- disse Shizune, che si era alzata a sua volta –La mia sensei, sapendo cosa stava per accadere, ha già lasciato qualcuno in grado di seguirla. Credo dovremmo rispettare il suo volere.
Tutti si voltarono verso Naruto, che fino a quel tempo era rimasto in silenzio. Deglutì sonoramente.
-Prenderemo in considerazione il suo consiglio.
-Non è solo un consiglio!- Sakura fece sentire la sua voce –Lo ha addestrato ad essere un grande Hokage. Ha fiducia in lui ed anche voi dovreste averne nell’eroe di Konoha!
-Smettila, Sakura.- Naruto non guardava ne lei, ne gli anziani, ma la donna stesa sul futon –Non posso pretendere che tutti la pensino come la vecchia Tsunade. Capisco perfettamente i dubbi degli anziani. Un ottimo shinobi non è necessariamente un ottimo Hokage.
“Ma che dici, Naruto?” pensava la rosa, mentre lui parlava con quella serietà “Allontani i tuoi sogni da te?”.
-Ma prometto che se salirò ad un ruolo così alto, allora non sarò ottimo, sarò grande, nel ricordo dei miei genitori e degli Hokage che mi hanno preceduto.
-Questo si chiama parlare intelligentemente, Jincurikii.- affermò uno degli anziani, prima di uscire dalla stanza –Mi complimento con te.
Sakura si avvicinò al biondo, per picchiarlo –Ma che combini, testa quadra?
-Ferma, Sakura.- la interruppe Kakashi –Naruto si è comportato in modo furbo. Parlando in quel modo è sembrato molto più serio e maturo, accrescendo la sua buona posizione nei pensieri degli anziani.
-Non credo, Kakashi-sensei.- disse lui, andando a sedersi accanto al corpo inerme di Tsunade –Mi ha chiamato Jincurikii. Ho davvero pensato di diventare Hokage, perché se la nonna avesse lasciato il suo posto a me di sua volontà, nessuno si sarebbe opposto. Ma così…
-Smettila, cugino.- intervenne Haru –Da quando mi sono trasferita qui, quindi alcuni mesi, ho incontrato solo persone che ti hanno ben voluto. Il popolo vuole te, Naruto.
-Non è sempre stato così, Haru, e ci sono ancora tante persone che ancora oggi mi odiano.
-Ti sbagli, Naruto!
La ragazza venne colpita dagli sguardi fulminanti dei presenti, specialmente del fratello. Era inutile insistere, perché quando Naruto si comportava in quel modo, solo una persona era in grado di fargli tornare il sorriso.
E in quel momento era in missione.
 
Il combattimento l’aveva stancata, aveva immobilizzato più o meno la metà di quei venti ladruncoli da strapazzo, che però con le armi ci sapevano fare. Era stanca, ma era fiera di aver supportato da sola la maggior parte del lavoro. Purtroppo però, nonostante si fosse impegnata così tanto, Ko si era ferito alla gamba mentre Hanabi al fianco, da cui usciva molto sangue.
In quel preciso momento, la sorellina era distesa sotto le sue mani che, con quel poco che aveva imparato sulle basi della medicina, cercava di curarla.
-Muoviti a curarla, l’odore del sangue mi da alla nausea.- disse Kiba, storcendo il naso.
-Non posso fare più di così.- le rispose cauta lei, che non riusciva a spiegarsi come mai il suo chakra si stesse comportando in quel modo, andando e venendo. Il suo chakra verdino vibrava, si diffondeva e poi si restringeva. Sentiva che le forze le stavano mancando, ma non sapeva spiegarsi il motivo, aveva combattuto nemici ben peggiori.
Senti qualcosa risalirle attraverso il petto ed un conato di vomito la interruppe.
Tutti si voltarono verso di lei preoccupati.
-Onee-san,tranquilla, basta così, sto già meglio.- disse Hanabi preoccupata tirandosi a sedere.
La corvina non aspettava altro, prontamente si alzò e corse dietro un albero. Tutti sentirono la ragazza vomitare.
Sasuke si alzò a sua volta, preoccupato, e si avvicinò alla ragazza.
La vide piegata in due mentre, piegata sulle ginocchia e con uno sguardo allibito, guardava quello che era appena uscito dal suo esofago.
-Hinata.- la chiamò  invano, si avvicinò per sollevarle i capelli mentre ricominciava a vomitare.
Si asciugò la bocca con il dorso della mano sentendo che le veniva maggiormente da vomitare per il saporaccio che le era rimasto in bocca. Sentì distrattamente il fratello cercare di rassicurarla, ma lei era troppa impegnata a pensare ad altro.
Si sentì improvvisamente presa dalle braccia e sollevata, per finire poi chissà come sulla schiena del ragazzo.
Avrebbe voluto protestare, dire che non ne aveva bisogno, ma troppi erano i pensieri che l’affliggevano.
 
In piedi contro il muro, il biondo continuava a fissare quella che era la donna che le aveva insegnato tante cose ed inoltre una delle prime a credere veramente in lui.
Ripensava a tutti quei momenti passati con lei ultimamente e l’associazione mentale con l’uomo che gli aveva fatto da padre, amico e maestro fu inevitabile.
Ogni volta che pensava a lui, al suo sensei, morto per rendergli il cammino in qualche modo più semplice, sentiva come se una falce lo stesse pugnalando sulla schiena.
Si incurvava, teneva il proprio mento con due dita e chiudeva gli occhi, immergendosi i quei ricordi tanto belli quanto dolorosi.
Ricordava ogni minimo particolare del suo aspetto, i suoi capelli bianchi, la tinteggiatura rossa sul viso, la rabbia che usciva dalle sue mani e gli occhi gioiosi; le guance rosse quando perdeva il controllo e beveva troppo sakè, magari proprio in compagnia di Tsunade, il modo in cui il suo sguardo si faceva pervertito di fronte a un bel corpo e come questo lo facesse perdere di senno; il suo in estimato coraggio e la sua intelligenza, la sua profondità di pensiero, il suo amore per lui, suo figlioccio.
Ogni minima cosa, ogni piccolo rituale, era una pugnalata alla schiena: e si incurvava, si contorceva, sospirava.

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-Naruto.- la voce roca di Sakura, interrotta dal pianto, lo fece rinsavire.
La vide uscire dalla camera e chiudersi la porta alle spalle, con fare misterioso, ed andare verso di lui.
-Volevo solo dirti che devo fare una commissione urgente, quindi tu dovresti rientrare e stare un po’ con Tsunade, per piacere.
Lui annuì, convito –Che tipo di commissione?- s’incuriosì.
Lo guardò arrabbiata e si asciugò le lacrime –Sto andando a salvarti il culo, Naruto. E fammi passare la parola perché sono fin troppo triste e arrabbiata da contenermi, potrei anche ucciderti ora.
-Salvarmi il culo?- le fece eco lui, insospettito.
-Sì- asserì lei –Perché Tsunade-sama, poco tempo fa, mi disse che in una situazione come questa, sarei dovuta andare nel suo ufficio a cercare quello che ti farà diventare Hokage.
Lo sguardo perplesso di lui la spinse a continuare –Si tratta di molte lettere, Naruto. Lettere di raccomandazione da parte delle persone che hai aiutato con il team 7 e non, dei tuoi sensei e dell’Hokage stesso.
Sorrise, finalmente, fiera di avere una parte così importante. Batté il pugno sul suo braccio e sorrise nuovamente.
-Non ti preoccupare, Naruto, ce la farai. Vado a salvarti il culo!- gli fece l’occhiolino e si allontanò da lui, lasciandolo ancora più interdetto di come lo aveva trovato.

2800 parole tonde tonde! E mi diverte pensare che siano altrettanti i dubbi ;)
Naruto diventerà Hokage?
Tsunade morirà? (cavolo, lo so che muoiono tutti nelle mie storie, ma altrimenti non sarebbe troppo semplice?)
Cosa pensa di avere Hinata?
E Itachi dov'è finito?
Le scommesse possono cominciare! Ringrazio tutti coloro che recensiscono e mi scrivono consigli per messaggi, per non parlare di tutte le chiacchierate e il sostegno che mi date! Vi adoro veramente, grazie.
Se questo capitolo vi ha fatto ridere o piangere, se vi ha fatto schifo o vi è piaciuto, DITEMELO!

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Capitolo 19
*** Caldo e freddo. ***


Caldo e freddo

La notte era trascorsa ed anche l’alba era sorta mentre la squadra in missione si avviava verso le porte del villaggio con i malfattori catturati.
Hinata alzava lo sguardo e perdeva i suoi occhi nel cielo bianco, segno che presto avrebbe cominciato a piovere.
-Affrettiamoci.
Sasuke le passò accanto correndo controvento e la superò, seguito da tutta la squadra. Lei rimaneva indietro, trasportata dai suoi pensieri. Era turbata, temeva di avere ragione, non si sentiva pronta.
Non riusciva ad immaginarsi in quel cambiamento, non si capacitava di come fosse successo. Ora poteva  solamente cercare una certezza.
Tornò a casa velocemente, si fece una doccia, pulì e bendò ferite superficiali. Infine indossò una magliettina blu, i pantaloni scuri e una giacca  bianca e celeste.
Naruto ovviamente non c’era. Erano tornati in mattinata, ma non aveva fatto in tempo a vederlo prima che andasse alla magione. Un po’ ne era sollevata: quel ragazzo aveva il potere di leggergli l’anima, di capire i suoi stati d’animo fino nel profondo in un nanosecondo. Poteva essere leggermente ritardato in altre cose –e aveva ritardato di molto a capire che Hinata nutrisse un amore sconfinato per lui da anni- ma quanto si trattava di capire Hinata, lui era un maestro.
Non aveva il coraggio di parlargli, in quel momento, vedeva solo il nero della situazione.
Voleva solamente andare da Sakura per togliersi tutti i dubbi, e così fece.
Andò in ospedale, ma gli dissero che Sakura, per motivi piuttosto importanti, avrebbe ritardato fino alle nove di quella mattina. Esattamente un ora più tardi.
Una gentile infermiera l’accompagnò d’innanzi all’ufficio dell’Haruno e la fece accomodare in una delle poltrone della sala d’aspetto.
Hinata si mise comoda, per quanto potesse cercare di esserlo. Si sentiva come coricata su di un letto di spilli. Aveva paura di muoversi, di sbagliare qualcosa e di rimanere ferita. Era completamente in tensione.
 
Naruto era in tensione.
Stava seduto nell’ufficio dell’Hokage, disabitato e forse, per sempre, non suo. Era un tumulto di pensieri: si chiedeva se Hinata fosse tornata, se Sakura avesse trovato quelle lettere e le avesse date agli anziani, se Tsunade fosse sopravvissuta.
Stava con i gomiti sul tavolo e la faccia tra le mani, incapace di muoversi.
Pensava, si faceva tante domande e rifletteva. Era in grado di diventare Hokage? Si, si rispondeva. Sarebbe riuscito a convincere gli anziani di questo? Non ne era sicuro.
“Oh, Hinata, ma dove sei?” si diceva ora, pensando alla ragazza dagli occhi perlacei “Solo tu potresti rincuorarmi”.
Il rumore ritmico di qualcuno che bussava alla porta lo destò dai suoi pensieri.
La testa di Sakura sbucò dalla porta –Posso?
-Certo.
Entrò e si chiuse la porta alle spalle.
-Sapevo di trovarti qui, Naruto.
-Come mai, Sakura-chan?
-Perché l’altalena dell’accademia non c’è più- gli fece l’occhiolino lei, avvicinandosi.
Posò una lettera rilegata sul tavolo –Pensavo volessi avere questa- disse, sospingendola verso di lui.
Il biondo la prese in fretta tra le mani, curioso, e la guardò stupito. Piccole scritte che indicavano l’ora e il mittente in inchiostro nero, piccoli ideogrammi con uno stile ben noto. Jiraya l’aveva scritta per farla leggere agli anziani, era una di quelle famose lettere di raccomandazione.
-Gli anziani hanno letto e discusso le lettere durante la notte.- disse la rosa ben interpretando lo stupore dell’amico. –Questa mattina decideranno chi sarà il sesto Hokage. Ho pensato che nell’attesa ti andasse di sapere cosa dice il tuo sensei su di te.
Naruto sorrise a trenta due denti –Grazie Sakura-chan.- il suo sorriso andò scemando –Sakura… la nonna Tsunade come sta?
La ragazza negò col capo, gli occhi chiusi, senza dire nulla. Non andava affatto bene.
Annunciò di dover andare a lavorare ed uscì dall’ufficio.
Si rigirò nelle mani la busta ruvida, con quella scrittura pratica e perfetta. Se c’era una cosa in cui Jiraya fosse stato diligente, era di certo la scrittura. Aprì la busta e sfilò i fogli di carta.
Notò con quanta cura il suo sensei aveva scritto ogni ideogramma, con quanta cura avesse tenuto ai particolari. Cominciò quindi a leggere.
 
Cordiali saluti a voi, anziani.
Scrivo questa lettera nel caso in cui ci fosse qualche dubbio nella candidatura di Naruto Uzumaki per il posto di Hokage. Conosco questo ragazzo da anni, anzi, fin da quando era nella pancia della sua cara madre, Kushina Uzumaki. Credo che vi ricorderete bene di lei, della donna forte ed ironica che era. E ricorderete perfettamente il sacrificio compiuto da lei e dal suo promesso sposo, Minato Namikaze, padre di Naruto. Ricorderete bene l’intelligenza, l’animo buono e la potenza del Lampo Giallo di Konoha.
E’ nato da due persone meravigliose e importanti per Konoha, ma ci tengo a dire che non è grazie a loro che siamo qui a parlare di Naruto per il ruolo di Hokage. Se questo ventenne non avesse trovato la forza per combattere e, soprattutto, per vivere, non avrebbe superato i 5 anni di età. È orfano, è sempre stato solo fin da piccolo. L’unico che li aiutò in quel periodo fu il Terzo. Sapevo dell’esistenza di questo bambino e mi pento con tutto il cuore, dopo averlo conosciuto, di non averlo preso con me in tenere età.
Avevo riposto tutte le mie speranze in Minato, nella sua forza, ero convinto fosse la promessa, il bambino della profezia. Ma era morto e tutti i miei desideri erano crollati di colpo; egoisticamente, ho abbandonato il suo erede. Naruto è sempre stato solo, Dio solo sa come sia riuscito a non diventare una persona tenebrosa, cruda, vendicativa e malevola. E’ un ragazzo, un uomo, di natura buona, nonostante le avversità della vita. Questo mi meraviglia e non sono capace di dare una spiegazione. Naruto è semplicemente la persona giusta, perché è buona, intelligente, dolce, ironico e amorevole. Non è perfetto e non sono buonista abbastanza da ammetterlo, ma credo fermamente che qualsiasi suo difetto sia facilmente messo in ombra dalle sue virtù.
Lui è il bambino della profezia, l’unico in grado di spezzare la linea d’odio. E se gli darete la possibilità di diventare Hokage, entrerà nella storia.
Jiraya.
 
Naruto ripose la lettera nella busta e, serrando gli occhi, poggiò la schiena nella poltrona imbottita. Inspirò, si perse nel ricordo di quell’uomo tanto buono quanto strano.
C’era sempre, per lui.
 
 
Sakura aveva trovato la ragazza seduta sconfortata su quella poltrona. Incontrò il suo sguardo e la vide stringere i pugni sulle gambe, per poi alzarsi.
-Sakura-chan.- la salutò, la solita voce pacata, ma con un che di emozione.
-Hinata! Quando sei tornata?- infilò la chiave nella serratura e fece per invitarla ad entrare nel suo ufficio subito dopo di lei.
Entrarono immediatamente e la rosa andò all’attaccapanni a muro, sfilandosi il cappotto pesante ed indossando il camice.
-Giusto questa mattina.
-Naruto non mi ha detto niente!
-Ancora non lo sa.
E qui, Sakura cominciò ad insospettirsi, assottigliò gli occhi e la invitò a sedersi davanti a lei.
-Ho preferito passare prima da te.- disse scostando la poltroncina di cuoio nero per accomodarsi.
-Come mai?- le mani incrociate e il mento appoggiatovi, la testa leggermente inclinata ad osservarla –Qualcuno si è ferito durante la missione? Avete trovato qualche malato grave da farmi vedere?
-Sakura…- chiamò piano Hinata, che aveva capito che la dottoressa era entrata in gioco.
-Hai forse qualche ferita grave? Eppure non mi sembra, sei soltanto un po’ pallida.
-Sakura-chan..
-Naruto ha forse qualche tipo di problema? Ha una disnfusione…
-Sakura!- alzò leggermente la voce, giusto per non farla continuare.
-Cosa?
-Ho un ritardo di quasi un mese.
L’espressione in quel momento della giovane dottoressa era indescrivibile: gli occhi verdi sgranati, la bocca a formare una piccola “o” e il rossore che prendeva spazio sul suo viso.
Anche Hinata, ora, si sentiva in imbarazzo ed era diventata di un bel colore rosso acceso.
-Il tuo ciclo è regolare?
-Non sempre, ma ho avuto delle nausee ultimamente.
Sakura chiuse la bocca e deglutì –Ok Hinata, vieni con me.
Si alzò, seguita dalla Hyuga, ed andò ad aprire una piccola porta laterale d’un bianco anonimo, che celava una saletta per esaminare i pazienti.
-Mettiti qui.
La rosa le indicò un lettino marrone dove Hinata si stese. Subito, la giovane dottoressa le scoprì la pancia.
Solo in quel momento, la corvina, si accorse di aver preso un po’ di peso: guardava le mani esperte di Sakura premerle in punti precisi di quell’appena accennata rotondità, ogni tanto sentiva chiederle se le faceva male e lei negava piano col capo, tutta presa dall’osservare il suo ventre.
-Ora cercherò di capire se c’è e di quante settimane è. Ti farà un po’ male, al mio tre, inspira.
La vide annuire e ad un tratto Sakura disse “3!”.
Inspirò e sentì pressione sul ventre: il chakra verdino della ragazza e le sue mani premevano contro il ventre di lei. Aveva gli occhi chiusi, la dottoressa, tutta assorta in chissà quale marchingegno. Faceva male.
Dopo poco li riaprì, la fece sedere sul lettino e le prese le mani.
Taceva e la guardava curiosa, accrescendo la tensione di Hinata. Sospirò.
 -Saku…- fu interrotta.
-Nove settimane, Hinata. Auguri!
La ragazza sgranò gli occhi e poi,  ritornando alla calma, mise una mano nei capelli come ad accarezzare quel dolce pensiero.
Sorrise felice e si tirò giù dal lettino ed andò a stringere l’amica.
-Grazie, Sakura-chan- disse con un filo di voce.
-Non sono io che ti ho messo incinta!- scherzò lei.
-Si.. ma..- Hinata arrossì, scostandosi da lei, non sapeva che dire. Poi sorrise, di nuovo –Non una parola con Naruto, Sakura-chan!
La ragazza salutò ed uscì di tutta fretta, avviandosi verso casa. Si sentiva le gambe molli ed il suo cuore batteva forte, come quello di un uccellino.
Appena arrivata in casa, si lasciò cadere davanti alla porta.
La paura l’aveva abbandonata e si era trasformata in ansia. Ora sapeva che una piccola, minuscola vita cresceva in lei e non aveva più timore, anzi, ne era felicissima. Però sentiva pressione, ansia, tutti i dubbi salire a galla. Si chiedeva se fosse pronta, se lei e Naruto fossero stati buoni genitori.
Si domandava quale fosse il modo giusto per dirlo al suo ragazzo, ma soprattutto, quale fosse stata la sua reazione.
 
Haru non si aspettava niente di meno. Il ragazzo era arrivato e l’aveva travolta con la sua passione ardente, bruciante, col suo amore caldo e possessivo.
L’aveva presa e l’aveva coinvolta in tutto quel fuoco lì, sul divano di casa, non aspettava altro.
D’altronde glielo aveva detto: voleva avere una famiglia con lei, senza perdere tempo e senza preamboli.
Haru non era una ragazza da matrimonio, per sua fortuna. Tutto quello non le interessava, quell’assurda cerimonia, sfarzosa e senza un senso.
Era una ragazza dolce e romantica, ma non pensava che il culmine dell’amore fosse il matrimonio.
L’apice dell’amore, quello per essere felici, era il legame indivisibile.
Il conoscersi tanto affondo da non aver più bisogno di grandi parole. Il bisogno l’uno dell’altra.
Questo le bastava. Aveva la fortuna di aver trovato qualcuno che la pensasse allo stesso modo, qualcuno che amava e la rendeva felice.
Quindi si era lasciata travolgere. “Il naufragar mi è dolce in questo mare”1 mai pensiero più vero.
Villa Uchiha era un edificio enorme. Sasuke l’aveva costruita con fatica per la sua famiglia.
Ogni tanto Itachi, quando l’intravedeva mentre si scambiavano calde effusioni, si sentiva un egoista.
Si approfittava apertamente dell’ospitalità del fratello, privandolo della dolce intimità familiare al sapor di zenzero che avrebbe avuto quella casa se ci fossero stati solo lui e la sua ragazza.
Ogni volta che pensava queste cose, girava i tacchi e scompariva in un altro dei lunghi corridoi di casa Uchiha. Non poteva immaginarsi di venire allontanato e rimanere nuovamente solo.
Quel giorno, quando li vide stretti nella foga di un atto dolcissimo, preso da chi sa quale raptus uscì di casa, infischiandosene di tutte le urla offensive che il villaggio gli regalava. Imperterrito attraversò il villaggio e bussò con convinzione ad una porta poco conosciuta, ma con il nome “Uzumaki” scritto sopra in rosso.
Non ci volle molto e la porta si aprì. Una Hinata alquanto stupita apparve in tutta la sua bellezza.
Non si parlavano da un bel po’: lui l’aveva baciata e Naruto l’aveva picchiato, e la storia era finita lì.
Si rese conto che nonostante tutto ciò, il desiderio di averlo vicino in onore dei tempi passati non era svanito.
Al tempo stesso però, capì che Itachi significava guai. Era riuscito con un solo gesto a far litigare lei e Naruto e sapeva benissimo che, se il biondo lo avesse rivisto in casa sua, non avrebbe atteso molto prima di cacciarlo a suon di calci.
Guidata dal suo istinto sempre buono, scostò la porta e si spostò, invitandolo nonostante tutto a entrare.
-Dovrebbe essere il giorno più bello della mia vita, quindi non lo rovinare.- lo avvisò, mentre entrava.
L’uomo non fiatò e si andò a sedere sul divano di pelle bianca.
Una strana tensione c’era fra i due, si poteva tagliare con un coltello.
-Vuoi del tè per riscaldarti?
Il ragazzo annuì lievemente di rimando.
La scrutò mentre andava verso la cucina, fortunatamente open space.
La vide prendere la teiera e riempirla d’acqua, per poi metterla sul fuoco. Ogni tanto, con due dita, si sfiorava il ventre.
Si avvicinò cauta e si sedette di fronte a lui, sulla poltrona dello stesso colore del divano.
Si rese conto di essere osservata ed arrossì lievemente.
-Itachi…- lo chiamò con voce flebile, attendendo qualche parola.
-Ti chiedo scusa. Per l’intrusione, per averti abbandonata anni orsono, per ciò che è successo tempo fa. Prometto che chiederò scusa seriamente anche a Naruto.
Alzò lo sguardo e la vide annuire lievemente, ma non proferì parola.
-Il fatto è… che mi sento solo.
-Ma hai Sasuke, Itachi.
-So che mi vuole bene, stiamo spesso insieme, ma lui ha Haru.
Il fischio del tè sul fuoco li interruppe. Hinata si alzò, versò il liquido smeraldino in due bicchieri tipici e raggiunse Itachi. Si sedette davanti a lui, sul tavolino, e gli porse il bicchiere.
Le loro ginocchia si sfioravano, il respiro mancava.
Il moro fissò il liquido che risplendeva fra le sue mani, inspirandone il calore.
-Credo di invidiarvi, Hina-chan. Invidio te e Naruto, Sasuke e Haru. Invidio il vostro amore reciproco, l’esserci l’uno per l’altro, il desiderio di formare una famiglia- alzò lo sguardo e la vide toccarsi il ventre teneramente –Io non ho nessuno con cui condividere cose del genere.
-Quindi… quel bacio… non so dargli una spiegazione.- sospirò, fissando gli occhi scuri di lui.
-Per un attimo ho creduto di amarti. La verità è che io non so neanche cosa sia l’amore, tu sei stata l’unica ragazza con cui ho avuto un legame.
Hinata sapeva riconoscere il dolore. Lo aveva visto spesso, incontrato, si può dire, e ne aveva scritto il significato a fuoco nella mente. Guardandolo negli occhi, quegli occhi che non gli appartenevano, una placida sostituzione ai due pozzi neri che lo caratterizzavano, riusciva a scorgere la sua anima spezzarsi, infrangersi, incenerire nel fuoco.
Vide l’inferno nei suoi occhi. Hinata non era solo buona, era anche coraggiosa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per aiutarlo, e lui lo sapeva, altrimenti non sarebbe andato da lei.
Gli sorrise dolcemente e gli tese la mano –Avrai presto qualcuno da amare, Itachi. Non sarai per sempre solo.
Lui abbassò lo sguardo e negò col capo. Non prese nella sua quella mano docile, anche se avrebbe tanto voluto. Inspiegabilmente, non si lasciò aiutare.
-Io…- borbottò - io non sono più io. Non ho nemmeno i miei fottuti occhi.
Irato, posò il bicchiere sul tavolino e scomparve dietro l’uscio di casa.
-La verità, Itachi, è che non vuoi essere salvato.- disse ad alta voce lei, osservando il posto vuoto lasciato nel divano.
 
Naruto era stato ore seduto nell’ufficio di Tsunade, pietrificato, a pensare al suo futuro. Tutto ciò a cui aspirava era avere una bella famiglia con Hinata e diventare Hokage. Si chiedeva se fosse riuscito a realizzare il suo sogno più grande.
Poi, verso le tre del pomeriggio, arrivò la brutta notizia.
Naruto si fece forza e si alzò, raggiungendo la camera di Tsunade. Vi trovò gli anziani, Shizune, Sakura e Arashi. Shizune osservava silenziosa la sua sensei, mentre Sakura piangeva fra le braccia di Arashi, che cercava di consolarla accarezzandole i capelli.
Il biondo si avvicinò piano alla defunta.
La donna non era più stesa su di un fouton, ma su di un letto alto e spesso.
I capelli ricadevano morbidi sul cuscino, la bocca era leggermente schiusa. Indossava un kimono bianco con disegni di draghi rossi e arancio. Aveva le mani sul petto, con in mezzo uno splendido buchè di rose gialle, che ricordavano il colore dei suoi capelli, ormai spenti.
Le accarezzò dolcemente una guancia, che era ormai fredda.
-Sei stata la cosa più simile ad una madre, per me, nonna Tsunade. Grazie.- disse in un sussurro, come se lei sola potesse sentirlo, come se stesse solamente dormendo.
Naruto si chinò e le baciò la fronte, dove una volta stava il sigillo. Poi, avvicinandosi al suo orecchio, sussurrò nuovamente un grazie stentato.
-E salutami il vecchio porco.- disse riferendosi al sensei.
-Namikaze.- qualcuno lo chiamò alle spalle, erano gli anziani.
Gli fecero cenno di seguirli e raggiunsero una piccola saletta, con un tavolo e sedie.
Si sedettero loro tre. Nella stanza erano soli.
-Domani si svolgeranno i funerali di Tsunade Senju. Entro il giorno dopo dovrai avere un bel discorso pronto da fare a tutto il villaggio. Dopo eseguirai il giuramento.
-Per?
-Non ci fare ricredere, ragazzo. Sei stato scelto per divenire il sesto Hokage della foglia.
Detto questo gli avvicinò molte lettere e Naruto riconobbe qualche nome. Era gente a cui aveva fatto del bene, durante le missioni, durante il viaggio con Jiraya. Ce n’era addirittura una di Gaara.
Il ragazzo boccheggiò, cercando qualcosa da dire.
-Non vi deluderò.- disse convinto, per poi sorridere –Quando si comincia?
 
Uscendo, dopo ben quattro ore di dibattito con gli anziani, dalla stanza, vide Hinata seduta per terra con la schiena appoggiata al muro. Era persa nei suoi pensieri, con le ginocchia vicine al petto e gli occhi chiusi.
-Hinata.
La chiamò dolcemente, richiamandola al suo mondo. La vide scattare in piedi e corrergli incontro, accucciandosi poi contro il suo petto.
-Naruto! Sono ore che ti aspetto. Qui è tutto strano, a stento ho scoperto quello che è successo a Tsunade-sama, poi ti ho cercato ovunque e mi hanno mandato qui, ma non so nemmeno perché!
-Ehi, calmati, principessa.- con una mano prese ad accarezzarle la nuca –Sei andata da Tsunade?
-Non mi hanno lasciato entrare, Naruto. Sono solo una semplice kunoichi, io!
Lui la prese per mano e cominciò a camminare. –Tranquilla, avrai modo di salutarla.
Inspiegabilmente per lei, l’Anbu d’innanzi alla porta si comportò in modo piuttosto referenziale con Naruto, si scuso per non aver fatto passare la ragazza ed aprì velocemente la porta.
Ora, sul letto della Senju, erano sparsi tanti petali di fiori.
Qualcuno vociferava che Sakura avesse dato di matto, strappato i fiori dalla defunta buttandoli a terra arrabbiata. “Alzati da quel letto, sensei, sei più forte di così!” questa frase ricorreva di bocca in bocca, apparentemente pronunziata da Sakura tempo prima.
La stanza si era riempita di sconosciuti: gente importante per la defunta, dicevano, ma erano solo dei ricchi snob.
La maggior parte delle persone che Tsunade amava erano già morti e lei, finalmente, li aveva raggiunti.
Hinata le si avvicinò, una calda lacrima solitaria percorse il suo viso, finendo sul kimono bianco della donna.
Naruto la vide inchinarsi e ringraziarla rispettosa. La donna l’aveva sempre difesa, affermando il suo valore più volte con il vecchio Hiashi.
Intanto Naruto le accarezzava dolcemente una mano, che ora erano stese lungo il letto. Aveva preparato un bigliettino, Naruto, e ora lo aveva infilato di nascosto nella mano dell’Hokage.
“Grazie di tutto, nonna Tsunade. E lo dico a nome del Villaggio, ora. Tutto grazie a te. Grazie”
Un po’ ripetitivo, vero, ma quei ringraziamenti racchiudevano tutto l’essere della donna.
Si allontanarono piano, i due, e per mano s’incamminarono verso casa.
Il cielo non era più bianco, si era fatta sera. I due si stupirono però nel vedere tutto il resto, ogni cosa, ogni tetto, ogni albero, d’un dolce bianco. La neve copriva tutta la città, accarezzandola e confortandola, premurosa. Continuava a nevicare in quel momento, e i due, stretti l’uno all’altra, camminavano verso casa, in uno strano silenzio.
Ad un tratto entrambi si fermarono e contemporaneamente dissero “ti devo dire una cosa importante!”.
Risero per il loro tempismo e alla fine si decise che toccava a Naruto cominciare.
-Non dovrei dirlo, ma fra due giorni prenderò il posto di Tsunade.- la vide sgranare gli occhi, stupita. Poi si indicò col pollice, fiero –Hai davanti il sesto Hokage!
Ed Hinata, che ora capiva (per un attimo aveva pensato che per posto intendesse morire), gli saltò addosso e lo abbracciò, mentre lui la sollevava felice.
-Sapevo che ce l’avresti fatta, Naruto-kun! Complimenti.
-E stato merito tuo, Hinata. Mi hanno dato tantissime lettere, tra cui una di Ero-sennin, una della nonna Tsunade e una tua. Era la più… strappalacrime, direi!
La ragazza arrossì vistosamente –Non credevo che te le avrebbero fatte vedere.
-E invece si, ‘ttebayò!- gli fece la linguaccia, contento –Tu invece che mi dovevi dire?- disse alzando una mano per accarezzarle il viso.
Hinata rimase per un momento in silenzio a bearsi del contatto, poi dolcemente gli prese la mano e la spostò sul suo ventre.
-Anche qualcun altro è felice per te, Naruto-kun.
Fu lui a sgranare gli occhi, stavolta, mentre lei gli regalava un sorriso felicissimo.
-Hinata…- pronunciò quel nome con dolcezza infinita –Non ci posso credere, è la cosa più bella del mondo!
La sollevò e girò più volte su se stesso, felice. Poi la strinse forte e la baciò dolcemente.
-Aspetta qui un minuto solo.- disse, con la bocca ancora sulla sua.
Naruto si scostò e si infilò velocemente in un negozio, dal quale uscì con una piccola busta.
La fece cadere a terra estraendone un cappellino per lui, che indossò subito, e una sciarpa d’un luminoso arancio, nel qualche avvolse la ragazza. Arrossirono entrambi per quel gesto premuroso, mentre Naruto le baciava dolcemente la fronte.

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Naruto era felice: in un giorno solo aveva realizzato tutti i suoi sogni.


Note1: ultimo verso dell'infinito di Leopardi. 
Il titolo è "Caldo e freddo" perchè sono le parole e concetti che ricorrono più spesso nel capitolo.
3710 parole, sta volta! Ragazzi, vi ringrazio davvero tutti per il vostro sostegno. Abbiamo raggiunto 53 recensione e, nella prima storia della serie, ho ottenuto questo risultato solo dopo che la stroia è finita!
Un ringraziamento particolare va ad Athalfuns, The breath wind e a farshid. Grazie per le vostre splendide recensioni e per le divertenti chiacchiere!
In ogni caso, le scommesse erano quasi tutte esatte (oddio, sono così banale?) quindi prendete qualcosa da bere e fate conto che l'ho offerto io u.u
Spero che mi farete sapere il vostro pensiero su questo capitolo, Besos!

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