Il compleanno di Stiles ovvero Una serie di giochi imbarazzanti

di leyda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Riunione a sorpresa ***
Capitolo 3: *** Inviti ***
Capitolo 4: *** Regali ***
Capitolo 5: *** Sabato ***
Capitolo 6: *** Caccia al tesoro ***
Capitolo 7: *** Grigliata ***
Capitolo 8: *** Sfida ***
Capitolo 9: *** Il lupo mangiafrutta prima parte ***
Capitolo 10: *** Il lupo mangiafrutta seconda parte ***
Capitolo 11: *** Penitenze ***
Capitolo 12: *** Arance ***
Capitolo 13: *** Cena ***
Capitolo 14: *** Dopocena ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il compleanno di Stiles

Ovvero

Una serie di giochi imbarazzanti

 

Prologo

 

«Sei impazzito, Scott? Forse la tua testolina mannara ha preso una botta di troppo all’ultimo allenamento con quello svitato di Derek? Perché io ci tengo ancora alla mia vita e non mi dispiacerebbe prolungarla oltre il giorno del mio compleanno. Che per inciso non ho intenzione di festeggiare nel bosco, nello specifico a casa Hale, con i due psicopatici omonomi!» sbottò Stiles sedendosi al tavolo vuoto con il vassoio pieno di roba fritta.

L’amico lo guardò con aria implorante, ma

«Non ci provare. Con me lo sguardo da cucciolo non attacca! Non sono Allison. A proposito…»

Proprio mentre stava per rivelare quello che gli era appena balenato in mente il tavolo si riempì del resto del branco, con in aggiunta Lydia e Allison. Quindi le conclusioni di Stiles furono udite da tutti i presenti prima che riuscisse a frenare la lingua, cosa che non sarebbe avvenuta in ogni caso.

«è per lei che vuoi organizzarla nel bosco! Oh, sei proprio un subdolo… mannaro! Ti odio!» esclamò aprendo la bottiglia con espressione stizzita.

«Oh, chi festeggia il compleanno nel bosco?» domandò la bionda licantropa, mentre sul viso di Scott si disegnava un sorrisino di vittoria.

«Cosa? Compleanno? Di nessuno! Hai sentito male!» tentò di salvarsi Stiles riuscendo solo a far ridere tutti i presenti.

«Fra una settimana è il compleanno di Stiles, ma Derek non vuole farci saltare neanche un giorno di allenamenti per festeggiare.» spiegò Scott mentre l’amico sbuffava seccato, alzando gli occhi al soffitto.

«E strano a dirsi, per una volta sono d’accordo con quello scontroso del vostro Alpha. E questa è una cosa che non mi sentirete mai più ripetere.»

«Io, invece, la trovo una buona idea. L’anno prossimo potresti essere morto.» intervenne Isaac

«Beh, grazie! Ed è proprio per evitarlo che voglio avere a che fare il meno possibile con il vostro capo, grazie tante.»

«Ma lo convinciamo noi, non preoccuparti. Fra una settimana nel bosco, allora.» concluse Erica alzandosene seguita da tutti

«Non posso crederci! Non hanno ascoltato una parola!» si lagnò il futuro festeggiato gesticolando indignato.

***

Il giorno dopo Stiles fu intercettato da Isaac che gli comunicò che Derek, dopo una lunga contrattazione, aveva ceduto alle richieste del branco, a cui si erano aggiunte anche quelle di Peter.

Gemendo di disperazione, il ragazzo sbatté la testa sull’anta di metallo dell’armadietto, sotto lo sguardo divertito del lupo.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Iniziamo col dire che: si, non siamo totalmente in quadro; e no, non sono un’unica persona con problemi di personalità multipla, ma siamo due persone distinte.

Si, questa è una storia a quattro mani. (Speriamo si sia capito ora, che non siamo da rinchiudere, quindi posate pure il telefono: la neuro non verrà!)

Speriamo che questo delirio vi piacerà. Cercheremo di aggiornare ogni settimana, possibilmente di venerdì sera.

Pensiamo non ci sia altro da dire… a presto, allora!

  

P.S. questa storia si autodistruggerà fra 10 secondi, a meno che non ci lasciate un commentino-ino-ino.

10

9

8

Scherzetto!

 

Però un commento ci farebbe piacere!

Leyda e Rose_97

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Capitolo 2
*** Riunione a sorpresa ***


 

Riunione a sorpresa 

ovvero

Come zio Peter riusci a farsi affidare l'organizzazione

 

 

 

 

Dopo quell’annuncio, la giornata scolastica era trascorsa relativamente tranquilla e in fretta. Mancavano pochi minuti prima che la campana suonasse e Stiles stava rimuginando vendetta nei confronti del subdolo individuo traditore, che corrispondeva al nome di Scott McCall, il suo migliore amico.

In realtà Stiles aveva sperato che Derek rifiutasse categoricamente le richieste dei suoi Beta, ma tant’è, ormai era andata così.

Alla fin fine quanti adolescenti, anzi, quante persone in generale, potevano vantarsi di passare il giorno del loro compleanno in mezzo a un branco di lupi mannari? Magari, se non avesse tenuto conto della scorbutica presenza dell’Alpha e di quella inquietante dello zio di quest’ultimo, si sarebbe divertito. E magari, se nessuno perdeva il controllo, avrebbe anche potuto riportare a casa la sua brillante e logorroica personcina tutta intera.

Rimuginando tra sé e sé, cercando di dare un filo logico alla spropositata e delirante varietà di pensieri che gli affollavano la mente, si diresse verso la sua fidata bambina: la sua Jeep.

Alzando lo sguardo su di essa, le chiavi che aveva appena preso gli caddero di mano tintinnando, per finire ai piedi di Peter Hale, che era tranquillamente appoggiato alla portiera con uno dei suoi misteriosi, inquietanti sorrisi.

Il licantropo gli porse il mazzo, stavolta per fortuna senza deformarlo, visto che non ve n’era motivo.

La sua mano si mosse automaticamente, mentre la sua faccia sembrava non avere intenzione di collaborare, dato che era rimasto pietrificato a bocca aperta.

«Dovresti considerare di variare la tua mimica facciale quando mi vedi, Stiles. Anche perché temo che avverrà abbastanza periodicamente, d’ora in poi.» gli fece notare l’uomo.

«Cosa sta succedendo? Questo è un incubo vero? Non può succedere davvero. Insomma un conto è Derek che per qualche mistica congiunzione astrale accetta le richieste dei suoi cuccioli, ma qui si va decisamente a finire nella fantascienza.»

«Per quanto il tuo discorso sia interessante, benché privo di senso, il mio impaziente nipote ci sta aspettando. Quindi sarebbe meglio partire.»

«Aspettando? Aspettando dove? Ehi!» esclamò vendendolo prendere posto sul sedile del passeggero.

Sbigottito, si accomodò al posto di guida e mise in moto, uscendo dal parcheggio.

«Quindi... » per la prima volta era senza parole.

«Oh, non preoccuparti. Derek non ha intenzione di ucciderti.» lo rassicurò prima di indicargli la strada da prendere.

«Non è lui che mi preoccupa, al momento» borbottò, seguendo le istruzioni che gli venivano date fino a raggiungere un pub.

Stiles seguì Peter, ancora scioccato dall’assurdità della situazione, fino al tavolo a cui era seduto Derek. Il lupo non li aveva persi di vista un secondo da quando erano entrati e, già dandogli un’occhiata veloce, capì quanto era nei guai: nonostante l’immobilità del corpo, inffatti, gli occhi scintillavano a intervalli regolari, passando dal verde al rosso, le narici fremevano di rabbia, la linea della bocca era più serrata del solito, ma questo non impedì al ragazzo di cogliere un sommesso e continuo ringhio, le mani erano strette a pugno e poggiate sul tavolo.

Deglutendo intimidito si avvicinò, grato, non sapeva bene a quale dei due licantropi, per aver scelto un luogo pubblico. Visto che c’erano parecchie persone, o meglio possibili futuri testimoni, l’Alpha avrebbe evitato di staccargli la testa non appena si fosse seduto.

Pochi silenziosi minuti dopo, con Stiles che cercava di capacitarsi della sua capacità di finire nei guai anche quando non aveva fatto nulla, Derek che lo fissava ringhiando e Peter che passava divertito lo sguardo dall’uno all’altro, fece la sua comparsa una cameriera per prendere le loro ordinazioni.

«Tre hamburger con patatine, due birre e una coca» stabilì il più grande, sorridendo amabile alla ragazza che si allontanò imbarazzata.

«Bene Derek, direi che è meglio se cerchi di calmarti. Non so se l’hai notato, ma Stiles è talmente terrorizzato da non aver ancora detto nulla»

«Un miracolo.» ringhiò beffardo, senza distogliere lo sguardo dal viso del soggetto in questione che assunse un’espressione indignata, superando la paura e attaccando con la sua solita sfilza interminabile di parole.

«Dovrei chiedere alla cameriera di mettere un po’ di aconito nelle tue patatine. Pensi che io mi stia divertendo? Sai che mi è quasi venuto un infarto quando ho visto tuo zio appoggiato alla mia bambina?! Cioè, la mia Jeep…» s’interruppe un secondo, imbarazzato. Stava per ricominciare a parlare quando, per la sua salvezza fisica, e quella mentale di Derek, arrivarono i loro piatti.

«Oh! Meno male! Ho una fame da lup… ehm… perché mi avete fatto venire qui, comunque? Non era meglio casa vostra se volevate uccidermi e nascondere le tracce?» ironizzò il ragazzo

Fu Peter a rispondere precedendo il nipote: «Siamo qui principalmente perché il cibo è ottimo ed è ora di pranzo. Secondariamente perché Derek vuole mettere in chiaro alcune cose riguardo sabato. Al momento è un po’ irritato, ma ti assicuro che sarà un discorso civile, fra uh… persone civili. Dopodiché potrai tornare a casa tua, in tutta tranquillità. Non è così?» concluse dopo un piccolo tentennamento.

«Se non si caccia nei guai.» commentò asciutto

«Ti rendo noto che è colpa vostra se finisco nei guai. Diamine, ogni svitato sovrannaturale che c’è in giro passa da Beacon Hills e voi, grandi e forti eroi dovete farvi coinvolgere e coinvolgere anche me nelle beghe che voi contribuite a creare. Quindi, non sono io che mi caccio nei guai. Sono i vostri guai che si attaccano a me, esattamente come i tuoi cuccioli!» ribatté piccato Stiles azzannando con violenza l’ultima patatina rimasta, dopo averla sventolata sotto il naso perplesso del moro.

Peter non aveva potuto trattenersi dallo sghignazzare divertito, dando implicitamente ragione all’umano.

«Io non ho mai voluto coinvolgerti.»

«Ah no? Ti devo ricordare quando ti sei presentato in camera mia, in camera mia per aiutarti a rintracciare il tuo amabile zio, qui presente? O quando mi hai fatto gentilmente scortare da Erica fino alla piscina della scuola per avere informazioni su Jackson versione lucertolone paralizzante? O prima ancora quando ti sei fatto quasi uccidere…»

«Sta zitto.» ringhiò l’Alpha, mutando il colore degli occhi in un rosso cupo, che non sortirono l’effetto sperato.

«Ecco! E che dire di tutte le volte che mi hai malmenato e zittito quando io cercavo di aiutarti?»

«Stiles…»

«Stiles, penso davvero sia una buona idea che tu ti interrompa qui. Per quanto il vostro siparietto sia divertente, siamo qui per discutere di un’altra questione.» cercò di sedare gli animi il più grande, con il solito sorriso enigmatico a ornargli le labbra.

I due interpellati si voltarono verso l’uomo, prima di tornare seduti composti: neanche si erano accorti di essersi avvicinati per rimbeccarsi faccia a faccia. Nella sua mente pensò che, davvero, Derek non conosceva il concetto di “spazio vitale”, almeno per quanto concerneva la sua persona.

«Di cosa dobbiamo parlare allora?»

«Del tuo compleanno. O meglio della tua festa. Per inciso, cosa vorresti per regalo?»

«Uhm… tornare a casa vivo?»

«Non è questo il punto. Il punto è…» iniziò Derek, ma venne interrotto dagli altri due

«Che non vuoi che gli altri saltino gli allenamenti. Lo abbiamo capito, Derek. Davvero. Abbiamo afferrato il concetto.»

«Quindi cos’hai intenzione di fare in proposito?» domandò schiettamente lo zio.

«Non lo so… ancora.» sbottò infastidito

«Di solito in cosa consistono esattamente questi allenamenti? Non so, vi nascondete, cacciate qualche ignara e indifesa preda, vi malmenate finché non vince chi ha più ossa rotte, cosa fate?»

«A parte il “cacciare qualche ignara e indifesa preda”, all’incirca il resto di quello che hai elencato.» ammise Peter.

«Gli insegno a sopravvivere» ringhiò invece Derek, lanciando un’occhiataccia prima al parente e poi al ragazzo che sbuffò scettico.

«No… tu stai mostrando loro tutte le fratture multiple e scomposte che un corpo può provare!» ribatté gesticolando animatamente «Se continuano così non ci sarà bisogno che ti preoccupi oltre della loro sopravvivenza perché saranno morti! Tutto sommato li capisco…»

«Hai qualche idea che possa essere accettata da tutti?» domandò il più grande.

«Beh… mi sembra che quello che fate tutti i pomeriggi sia simile ai giochi che facevamo io e Scott da piccoli… sai… nascondino, guardia e ladri… il lupo mangia frutta» terminò in un sussurrò. Sussurrò che fu comunque udito perfettamente, considerando con chi era seduto al tavolo, sebbene le reazioni furono diametralmente opposte: Derek lo afferrò per la maglietta trascinandolo per la lunghezza del tavolo fino al suo viso arrossato per ringhiargli contro che nessuno di loro vi avrebbe, nel modo più assoluto, giocato; Peter si limitò a una sghignazzata divertita già pronto a ribattere che anche a lui da piccolo ci giocava, ma venne inchiodato dall’occhiataccia del nipote, che lo sfidò a rendere nota la cosa.

Quando la rabbia fu un po’ scemata si accorse degli occhi spalancati di Stiles e, oltre al timore per la sua immotivata reazione, vi scorgeva, in fondo, la curiosità e l’inizio di una probabile spiegazione valida.

Derek si rese conto che doveva bloccare la cosa sul nascere, prima che quel ragazzino, a volte davvero troppo sveglio per i suoi gusti, scoprisse la verità, magari arrivando addirittura a chiedere a suo zio. Per questo motivo cercò di cambiare discorso, ma la sua mente non voleva collaborare.

«E se facessimo una combinazione di giochi? Ovviamente, se ci saranno anche Lydia e Allison oltre a Stiles, non potremmo condurre un allenamento completo in quanto potrebbero ferirsi. E non è il caso di riaprire le ostilità con gli Argent per una cosa come una festa di compleanno.»

«D’accordo. L’importante è che non saltino gli allenamenti. Per un giorno posso anche alleggerirglieli.» concesse l’Alpha

«Bene. Grande. E… chi dovrebbe organizzarli, quindi?» domandò titubante Stiles, già presagendo la risposta.

«È la tua festa, o no?»

«Potrei pensarci io, magari?» s’intromise il più grande.

Il sorriso, che a entrambi parve avere una punta di sadismo e malizia, fece venire loro i sudori freddi per un momento, ma accettarono comunque, dopo essersi scambiati un’occhiata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Bene! Ecco il primo capitolo! Speriamo che vi sia piaciuto.

Immaginiamo che il primo gioco, si sia già capito, almeno in parte…eheh! ^____^

In caso vogliate sapere come ci è venuta in mente quest’idea… -inserire atmosfera mistica e nebbiosa qui- chiedetecelo e vi sarà rivelato.

A parte gli scherzi, se avete suggerimenti, critiche, o anche ipotesi fatecelo sapere. Non sia mai che non vi ascoltiamo e magari potremmo prendere in considerazione l’idea.

Per quanto riguarda il periodo di ambientazione, siamo ovviamente dopo la fine della seconda stagione; più precisamente mancano sette giorni (sei oramai) all’8 aprile. Perché questa data? Perché girovagando su internet, wikipedia inglese in particolare, abbiamo scoperto che su un gioco di ruolo ispirato a Teen Wolf, questa data corrisponde al compleanno del nostro amatissimo e ciarliero Genim Stiles Stilinski!

Ergo, alcuni cambiamenti, come il ritorno di Erica e Boyd, il riavvicinamento di Scott e Allison e una possibile unione di Jackson al branco ci sembrava possibile.

Fateci sapere le vostre opinioni a riguardo.

 

P.S. per chi se lo sta chiedendo e/o non ha voglia di andare a leggere, gli altri compleanni, quelli segnati, sono:

Derek: 7 novembre (ecco perché si scannano e si attraggono ‘stì due, e parlo per esperienza personale di una delle autrici che è scorpione)

Scott: 23 agosto

Allison: 19 marzo

Lydia: 23 marzo

Jackson: 15 giugno

Isaac: 22 settembre.

Erica: 14 novembre

Danny: 29 febbraio

 

A venerdì prossimo!

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Capitolo 3
*** Inviti ***


Inviti

Ovvero

Come convincere un Argent

 

  

 

 

Mancavano ormai solo quattro giorni al “festoso evento soprannaturale” e, a parte il quasi rapimento a opera di Peter per discutere di dettagli che riguardavano esclusivamente i licantropi, e ancora non capiva cosa c’entrasse lui, non era successo altro di rilevante.

Per questo motivo Stiles aveva abbassato la guardia, sperando che il resto della settimana scorresse tranquillo senza che lui fosse coinvolto in qualche altro incontro ravvicinato con persone potenzialmente pericolose/letali per lui.

Come aveva già detto a Derek però, o lui era inevitabilmente attratto dai guai –ipotesi plausibile– oppure –altra ipotesi ugualmente plausibile– questi ultimi giravano con la sua foto in tasca per poterlo centrare come se avesse avuto un enorme bersaglio luminoso al centro della schiena.

Perché si fosse convinto di questa cosa era facile da spiegare.

Dopo una giornata trascorsa miracolosamente senza intoppi, di entità sovrannaturale o meno, visto il tipo di compagnia con cui condivideva le giornate, quella mattina era arrivato a scuola, oltreché in ritardo, con una strana sensazione che continuava a formicolargli sottopelle.

Inizialmente, ovvero finché non aveva raggiunto l’edificio, l’aveva attribuita ai postumi dell’adrenalinico incontro, ma appena messo piede in classe si era reso conto di essere stato un povero ingenuo.

Per sua fortuna, o sfortuna, in quanto ora avrebbe dovuto attendere il cambio dell’ora per sapere cosa la sorte aveva in serbo per lui, e non era sicuro di riuscire a reggere il colpo, la professoressa di letteratura era già arrivata e stava iniziando la lezione.

Pur prestando attenzione alle parole dell’insegnante, non poté evitare di notare gli sguardi apprensivi che si scambiavano Allison e Scott e quelli più speranzosi che rivolgevano a lui. Presagendo l’arrivo di un problema, si chiese chi gliel’aveva fatto fare di restare amico di Scott anche dopo la trasformazione, ma soprattutto con che cosa avevano ricattato l’Alpha, perché per lui non c’era altra spiegazione plausibile per quell’incredibile cedimento da parte di Derek-non-so-cosa-sia-lo-svago-Hale; e perché nessuno lo svelava anche a lui? Avrebbe potuto essergli utile in futuro, non si poteva mai sapere.

Ripromettendosi di torchiare ogni membro del branco, eccettuato Peter per ovvi motivi, finché non gli avessero risposto, attese seduto al suo posto che uno dei due facesse il suo dovere ovvero sottoporgli il problema del giorno.

Tuttavia rimase stupito quando entrambi si allontanarono parlottando per dirigersi alla prossima lezione.

«Incredibile! Non hanno smesso un secondo di fissarmi e ora se ne vanno come se nulla fosse. …Meglio così. Magari la sensazione di stamattina non era nulla di ché. Anzi probabilmente neanche mi riguarda. Può darsi che io stia diventando una specie di sensitivo? Magari è un problema di Scott e…» borbottando tra sé e sé non si accorse di essere in cima alle scale e mise un piede in fallo, sbilanciandosi. Stava già immaginandosi con il collo rotto alla fine della rampa quando una mano salvatrice lo afferrò, piuttosto rudemente a dire il vero, per il braccio, riportandolo in salvo.

Girandosi per ringraziare si trovò davanti il sorriso divertito di Jackson.

“Wow. Allora è umano, almeno in parte. Si insomma… avevo qualche dubbio ormai: prima le squame, poi la pelliccia, prima ancora era un’idiota… uhm, magari dovrei ringraziarlo.” Soppesò l’ipotesi, le parole già sulle labbra quando l’ultimo acquisto del branco non gliele fece inghiottire nuovamente.

«Se non vuoi irritare ulteriormente Derek ti sconsiglierei i tentativi di suicidio. Per quanto siano divertenti e totalmente inefficaci.»

«Non stavo cercando di suicidarmi. Altrimenti avrei scelto un modo più rapido, idiota.» lo rimbeccò

«Eccoti, Stiles. Vieni con me.» s’intromise Lydia, la quale dopo aver salutato il suo ragazzo con un appassionato bacio che innervosì Stiles, lo afferrò per un braccio prima di cominciare a trascinarlo in giro per i corridoi senza dirgli nemmeno una parola.

«Lydia, cosa… dove mi stai portando? Jackson…» tentò confusamente di farsi spiegare, ma la ragazza si limitò a scuotere la testa e a tirare dritto per la sua strada.

Stiles pensò che tutti, o almeno tutti quelli che avevano a che fare con il branco di Derek, ne stavano assumendo sempre più il modo di rapportarsi con lui: non lo ascoltavano, quello forse per preservare l’udito considerata la quantità di parole che vomitava senza alcun controllo o filtro, non gli davano spiegazioni di alcun tipo quando, come in quel momento, lo trascinavano in giro; gli facevano gli agguati, anche se questa era più che altro una prerogativa strettamente riservata ad Isaac, Erica e Boyd, oltreché al loro Alpha, ovvio, quando era totalmente estraniato dal mondo.

La rossa si fermò davanti ad un aula vuota e senza troppe cerimonie ve lo spinse dentro; dopodiché gli si piazzò di fronte con le mani sui fianchi e un cipiglio severo.

«Devi fare qualcosa per Allison» gli ordinò

«Qualcosa… per Allison? Io?» domandò confuso guardandosi intorno.

«Si, tu. Suo padre non vuole lasciarla venire.» ribadì afferrandogli il mento per riportarlo su di lei.

«Venire… dove?»

«Alla tua festa, sabato. Sveglia Stiles. Oggi pomeriggio devi andare a casa di Allison e convincere suo padre. Ora muoviamoci o arriveremo in ritardo.»

«Ehi, Lydia. Aspetta… è andata. Un attimo, cosa? Oh, no. Non se ne parla proprio. Devo trovare Allison e spiegarle perché non posso aiutarla.» decise scappando fuori dalla classe per cercare la ragazza, che sembrava essere sparita, insieme con il suo migliore amico.

Ricomparvero entrambi all’ora di pranzo, prendendolo alle spalle e sedendosi una da una parte e uno dall’altra. Pochi minuti dopo si aggiunsero anche Lydia e Jackson.

Stiles sapeva che ormai era già stato incastrato, perciò ciondolò la testa con un sospiro rassegnato prima di rivolgersi alla mora: «Andiamo a casa tua insieme?» domandò con una strana smorfia che doveva essere un sorriso.

Allison ebbe un moto di pena e stava per informarlo che avrebbe parlato lei con il padre, ma Lydia le assestò un calcio che la fece saltare sulla sedia.

«Non ti preoccupare Allison, ci vediamo all’uscita. Scott, ti odio, sappilo. È tutta colpa tua: se morirò mi avrai sulla coscienza. Anzi mi avrete sulla coscienza, tutti voi. E il mio spirito non vi darà pace!» sentenziò con solennità alzandosi con un ghignò soddisfatto.

Le restanti ore di lezione parvero trascorrere ad una velocità impressionante e in un batter d’occhi Stiles si ritrovò davanti alla porta di casa Argent, mentre ancora cercava di venire a patti con sé stesso.

«Allison, davvero, non credo di farcela. Tua padre mi mette una paura fottuta addosso.» iniziò, ma lo sguardo implorante della ragazza lo costrinse a gemere rassegnato «E va bene. Facciamolo. Dopo di te.»

Dieci minuti dopo il figlio dello sceriffo era a balbettare delle rassicurazioni, di cui non era molto sicuro, ma di cui cercava di ostentare sicurezza, al padre di Allison che lo osservava con un sorriso freddo con in mano un bicchiere di liquore.

Scott gli aveva raccontato che la prima volta che l’aveva conosciuto gli aveva offerto una tequila e di un’altra volta ancora in cui gli aveva offerto una birra, e Stiles si chiese se quello fosse un modo del tutto particolare di scoprire se qualcuno era un licantropo, dato che non potevano ubriacarsi, almeno in apparenza, o se fosse semplicemente un futuro problema di alcolismo.

Tuttavia ora si ritrovava seduto sul divano bianco, accanto all’ex-ragazza del suo migliore amico e, mentre una parte di lui sperava di riuscire a convincere il cacciatore evitando di riaprire le ostilità con i lupi e di riportare a casa il suo culo del tutto umano, un’altra parte, più piccola e fastidiosa sperava che l’uomo non gli raccontasse nuovamente la storia del cane rabbioso, che a quanto pareva era una delle sue preferite.

Lanciando una fuggevole occhiata alla sua destra, si chiese dubbioso quante volte l’avesse raccontata ad Allison, o a chiunque altro in generale...

All’improvviso la parte piccola e fastidiosa assunse le sembianze di Derek e gli ringhiò contro di prestare attenzione alla situazione invece che ai suoi film mentali; nonostante lo sconcerto per l’intrusione mannara nella sua testa, decise di seguire il consiglio e riprese contatto con la realtà.

«Signor Argent, le assicuro che non succederà nulla di pericoloso, sabato.»

«Sarà meglio per tutti, Stiles. A partire da te. In ogni caso non lascerò mia figlia con un branco di lupi mannari per una giornata intera.»

«Papà…» intervenne Allison guardandolo implorante e arrabbiata allo stesso tempo.

Prima che potesse dire qualcosa di avventato e mandare in fumo il suo tentativo di convincimento, intervenne: «Mi rendo conto della sua preoccupazione, anche tenendo conto del suo… ehm… lavoro extra, ma si tratta di una cosa tranquilla. Nessuno perderà il controllo. Il massimo che potrà accadere sarà di sporcarci i vestiti di foglie o cibo. Nulla di più… letale. A meno che qualcuno non sia allergico al polline, in quel caso sarebbe spiacevole stare all’aperto in mezzo a… » divagò nuovamente Stiles, finché non gli arrivò una gomitata nelle costole, accompagnata da uno sguardo di ammonimento.

L’uomo alzò un sopracciglio soppesandolo.

Il silenzio calò nella stanza e il ragazzo sentì il bisogno di infrangerlo nuovamente

«Senta,signor Argent, ci terrei davvero che Allison venga al mio compleanno. Nessuno vuole che succeda niente a qualcuno di noi. Come ho già detto, ci terrei ad avere una vita lunga e il più possibile sicura e so per certo che se succedesse qualcosa a sua figlia, questa possibilità sarebbe immediatamente invalidata perché lei metterebbe fine ai miei sogni adolescenziali nel modo più doloroso possibile.

Certo, con gli amici che ho non è detto che questo non si avveri comunque presto, ma se lei potesse provare a fidarsi di Allison e a concederci una tregua giusto per sabato, gliene saremmo tutti estremamente grati. So che avete un codice che vi impone di cacciare solo chi vi da la caccia, ma non è di certo questo il caso, diavolo è una festa di compleanno e sono anni che non festeggio con qualcuno che non siano mio padre, Scott e sua madre. Diciamo che quella di quest’anno, nonostante la premessa poco rassicurante con cui ha avuto inizio è una piacevole novità.» concluse mordendosi le labbra.

Dopo un lungo momento di stallo, in cui i due ragazzi si scambiarono un’occhiata preoccupata e speranzosa, Chris Argent annuì brevemente. Stiles stava per scattare su come una molla quando le successive parole dell’uomo lo freddarono sul posto con un brivido.

«D’accordo Stiles, una tregua per sabato. Ma come hai detto, se succederà qualcosa ad Allison ti riterrò responsabile e le conseguenze non piaceranno né a te né Derek e al suo branco.» l’informò con un sorriso freddo, prima di buttare giù l’ultimo sorso di liquore e alzarsi.

Pochi minuti dopo la ragazza aveva accompagnato Stiles alla porta e lo stava salutando, quando il ragazzo la guardò e, sventolandole l’indice sotto al naso, le disse: «Non chiedermi mai più una cosa del genere Allison. La prossima volta chiama il tuo super ragazzo, non il suo umanamente terrorizzabile migliore amico, ok?»

Allison annuì contrita, nonostante il sorrisino divertito sul suo volto, e allungandosi gli diede un bacio sulla guancia, facendolo arrossire.

«Grazie Stiles. Potrei raccontare le tue eroiche imprese a Lydia e metterti in ottima luce.»

Stiles la salutò con gli occhi grandi di confusione e una punta di aspettativa.

Mentre saliva sulla sua Jeep le gridò: «Non dirlo a Scott!» suscitando le sue risate, ignaro dell’amico appollaiato sul tetto che con uno sbuffò di risata si allontanò.

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Ehilà!

Tremate tremate, le streghe son tornate!

Piaciuto il nuovo capitolo? Povero cucciolo che viene tirato in mezzo a fare da mediatore.

Ci rendiamo conto che questo capitolo è un po’ più serio degli altri, ma con Chris Argent è più difficile fare del sarcasmo alla Stilinski.

Anche perché non è che le interazioni che Stiles ha avuto con gli uomini Argent siano state delle più pacifiche…

Anyway, ci teniamo a ringraziare chi ci segue, preferisce e recensisce, in particolare: More_B, susyko, Natina, sasosasosaso.

Grazieeee!! ^_____^

A venerdi prox...

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Capitolo 4
*** Regali ***


Regali

Ovvero

Un improvvisa popolarità

 

 

 

 

 

 

«Non puoi chiedermi questo, Lydia.» abbaiò Jackson incrociando le braccia e scoccando alla sua ragazza un’occhiata risentita, spostando poi lo sguardo sulla licantropa bionda che lo osservava con un sorriso saputo

«Andiamo Jackson. Nessuno metterà in dubbio la tua virilità, se è questo che temi.» s’intromise Erica.

«In ogni caso abbiamo già perso fin troppo tempo. Ci serve saperlo per oggi, assolutamente. Quindi tu ci darai una mano.» sentenziò Lydia entrando in classe accompagnata dal ragazzo mentre Erica li superava diretta altrove.

La fortuna era dalla sua, infatti, pochi metri più avanti, la sua ignara preda camminava affianco a Scott esponendogli le condizioni della chiacchierata avuta con Chris Argent il pomeriggio precedente. La bionda accelerò il passo e quando raggiunse Stiles gli assestò una decisa pacca sul sedere che lo fece sobbalzare spaventato e sorpreso prima di guardarsi intorno.

Sorridendo scaltra, la bionda li superò salutandoli.

«Cos’è successo?» domandò Scott

«Eh, nulla. Dai, andiamo.» glissò entrando in classe.

Al cambio dell’ora i due amici si stavano dirigendo in palestra quando vennero avvicinati nuovamente da una sorridente Erica che senza alcun preavviso saltò sulle spalle di Stiles allacciando le gambe alla sua vita.

«Che diavolo stai facendo, Erica?» esclamò il ragazzo compiendo qualche passo incerto per cercare di recuperare l’equilibrio. La lupa appoggiò la testa sulla sua spalla sinistra e gli sussurrò direttamente nell’orecchio: «Secondo te, Batman?»

«Ahah! Ok Catwoman, ora scendi…» la pregò.

«Perché, ti dispiace avermi così vicina?» scherzò sentendo il suo cuore aumentare i battiti per l’imbarazzo. Fece comunque come le era stato chiesto, pur rimanendo aggrappata al suo braccio. Poco più avanti Jackson stava ancora esponendo le sue rimostranze alla sua ragazza per l’assurdità di quel piano.

«Perché non possiamo chiederlo direttamente a lui?» protestò.

«Perché così capirebbe subito.»

«Ok, e perché non possiamo chiederlo a McCall?» domandò ancora, gettando un’occhiata oltre le sue spalle indicando il trio con un cenno.

«Perché se lo farebbe sfuggire prima di sabato. Sai com’è fatto.» sbuffò portandosi una ciocca rossa dietro la spalla. «Dai Jackson, solo per oggi.» concluse mentre si dividevano per andare nei rispettivi spogliatoi.

Appena la bionda la raggiunse iniziarono subito a parlottare, mentre si cambiavano per la lezione di ginnastica.

Nello spogliatoio maschile intanto, Jackson, cercando di passare inosservato si avvicinò il più possibile ai due, continuando ad osservarli per tutto il tempo. Danny gli lanciò un’occhiata sorpresa, ma non disse nulla.

Per tutta la lezione di ginnastica, Stiles si sentì come se fosse stato una cavia da esperimento; appena ne aveva la possibilità gettava un’occhiata in direzione di Erica o Lydia o Jackson e ogni volta li sorprendeva a fissarlo, o meglio a fissare qualche parte del suo corpo.

Erica in particolare era la più sfacciata e quando si accorgeva che lui l’aveva beccata alzava lo sguardo, che fino a qualche istante prima era puntato sul suo sedere e gli sorrideva maliziosa, imbarazzandolo.

Stiles allora si avvicinava a Scott e Isaac e tentava di nascondersi dietro i due, che gli riservavano occhiate incuriosite per via del suo battito cardiaco accelerato e del rossore, ma non dicevano nulla e dopo un paio di minuti si allontanava di nuovo.

«Si può sapere che ti succede?» esplose il licantropo biondo, la terza volta che li usò come scudo.

«Non vi siete accorti di niente?»

«Di cosa dovremmo accorgerci, Stiles?» domandò nuovamente, alzando un sopracciglio in un’espressione confusa, che divenne scettica al sentire la spiegazione del ragazzo «Secondo me è solo una tua impressione.»

«Io non sono paranoico.» protestò, prima che Finstock li richiamasse a fare gli esercizi dividendoli in coppie.

Sorridendo si avvicinò a Lydia pensando che non gli era andata affatto male: era in coppia con la ragazza che gli piaceva e, soprattutto, era lontano da Erica, che quel giorno sembrava non riuscisse a stargli lontano. Non che la cosa gli dispiacesse, anzi, dopo la trasformazione la bionda era davvero fantastica, ma quel suo improvviso e, lievemente morboso, attaccamento, lo mettevano un po’ in ansia, per svariati motivi.

Il primo dei quali riguardava il fatto di non essere mai stato esattamente popolare con le esponenti dell’altro sesso. Ok, magari lui non vi aveva prestato molta attenzione, troppo preso dalla rossa, che ora era davanti a lui con uno strano sguardo indagatore, comunque se così non fosse stato, qualcuna si sarebbe fatta avanti, no?

Il secondo e il terzo motivo erano collegati: Erica faceva parte del branco di Derek, e se non aveva capito male, gli era sembrato anche che fosse interessata a Boyd. Che sarebbe successo se l’Alpha fosse venuto a scoprire di questa nuova attenzione che gli veniva riservata? Come minimo Stiles pensò che l’avrebbe aspettato in qualche posto isolato per liberarsi di lui una volta per tutte; ma siccome era abbastanza pessimista in merito, non si sarebbe stupito se la prima volta che fosse andato in bagno da solo Derek fosse già lì ad aspettarlo per aprirgli la gola, con o senza denti.

Rabbrividendo, scosse la testa per allontanare quel sanguinoso scenario, concentrandosi sugli esercizi assegnati, sperando anche di riuscire a strappare alla ragazza la ragione di quell’inquietante comportamento ma, all’improvviso non riuscì a trattenersi dalla sorpresa e gli sfuggì una specie di squittio imbarazzato che attirò l’attenzione di Jackson e Allison che erano a fianco a loro.

«Wow! Che…che stai facendo?!» esclamò afferrando le mani che la rossa aveva fatto scivolare lungo le sue gambe fino ai fianchi e allontandole da sé. «Vuoi farmi uccidere da Jackson?» continuò gettando un’occhiata preoccupata al ragazzo lì di fianco che era già tornato ai suoi esercizi.

«Nessuno ti ucciderà, Stiles. Dai, continua.» sbuffò

Senza aggiungere altro, più per via dell’allenatore che si stava avvicinando che perché non avesse nient’altro da aggiungere, il ragazzo torno a fare gli addominali, mentre la rossa li contava.

Al suono della campana si fiondò negli spogliatoi, temendo qualche vendetta da parte di Jackson e cambiatosi in fretta scappò letteralmente in classe, nonostante la lezione successiva fosse quella di chimica, con Harris.

Allison intanto si era avvicinata all’amica per farsi dire cosa stavano architettando, ma l’altra minimizzò con una scrollata di spalle e un sorriso saputo, senza darle spiegazioni.

Quattro eterne ore di lezione dopo, Stiles, Scott e Isaac furono finalmente liberi di andare a pranzo e, mentre i due lupi erano tranquilli, l’umano continuava a guardarsi intorno circospetto.

«Stiles, rilassati. Ci stai facendo agitare e sai che non è un bene.» lo avvertì Scott.

«Non lo faccio mica apposta.» ribatté indignato

«Beh, ma di che ti lamenti? A quanto dici, sembra che oggi tu sia diventato irresistibile. Non capisco qual è il tuo problema. Goditela finché dura.» esclamò Isaac.

«Il mio problema non è che mi dispiacciano queste attenzioni, benché siano un po’ improvvise. Il mio problema è quello che potrebbe succedermi se qualcuno, uno a caso eh!, diciamo Derek, lo scoprisse. Non tanto per Lydia, più per Erica. Cavolo le piace Boyd e mi salta addosso? Ragazza devi rivedere il tuo schema di comportamento. A meno che non sia un tentativo di ingelosirlo, ma perché proprio io, fragile umano, quando poteva usare chiunque altro?» esclamò gesticolando.

«Veramente tu saresti il più adatto. Erica aveva una cotta per te, ti ricordi?»

«Già, aveva, hai detto giusto, Scott. Quindi perché ora? A meno ché non sia un altro il motivo...» ponderò strofinandosi il mento pensieroso.

«Ad esempio?» domandarono assieme i due lupi.

«Che volete che ne sappia io! Dovreste dirmelo voi: è un qualche strano comportamento lupesco? Che so, qualche particolare influsso lunare, un modo di fare stagionale da lupo, qualunque cosa!»

«No, sono solo un mucchio di sciocchezze. Adesso piantala di farti le paranoie e andiamo a mangiare qualcosa, se non vuoi essere tu il pranzo.» scherzò Isaac aumentando il passo.

«Ah-ah! Non sei abbastanza convincente, lupastro. Ti manca l’occhiataccia raggelante e il ringhio da lupo cattivo. Oh, e dovresti anche sbatacchiarmi contro qualche superficie invadendo il mio spazio vitale.» concluse con una smorfia, ricevendo occhiate stranite in risposta. «Beh? Che c’è?»

Liquidando la questione con un alzata di spalle li seguì, mentre entrambi iniziavano a parlare fitto fitto tra loro escludendolo. Anche quando si sedettero a mangiare la situazione non cambiò, ma per sua fortuna arrivò Allison che lo affiancò con un sorriso, accompagnata da un solitario Boyd.

«Ehi, Boyd…» lo salutò esitante, sperando che l’altro non avesse intenzione di frantumargli le ossa o chissà che altro.

«Stiles.» ricambiò un po’ accigliato, per via del nervosismo dell’altro.

«Dove sono gli altri?» domandò la mora, guardandosi intorno cercandoli con lo sguardo.

«Erica ha detto che avrebbe mangiato con Lydia e Jackson.» spiegò il nero, vedendo il ragazzo di fronte rilasciare il fiato che aveva trattenuto involontariamente. «Stai bene?» gli chiese.

«Si, si. È solo una giornata strana.» rispose in fretta, insospettendo gli altri due interlocutori.

«Perché?»

Sfortunatamente Isaac scelse proprio quel momento per inserirsi nel discorso, beccandosi un’occhiataccia che ignorò

«A quanto pare Erica e Lydia oggi non riescono a stare lontane da Stiles.»

«E grazie di spifferare i fatti miei a chi ti capita a portata d’orecchio, Isaac.» borbottò risentito, prima di rivolgersi a Boyd, ma venne anticipato da Allison.

«Veramente Isaac, Stiles ha ragione.»

«Ok! Possiamo evitare di parlare della mia improvvisa popolarità? Lo so già di essere incredibilmente affascinante oltre che un sagace oratore, ma cambiamo argomento?»

«Hai dimenticato modesto; e più che “sagace oratore” io direi straordinariamente logorroico.» ghignò il biondo iniziando un battibecco con l’altro che venne ignorato dal resto degli occupanti del tavolo.

Scott li lasciò stare per qualche minuto ancora, prima di afferrarli per un braccio e trascinarli verso lo spogliatoio, dopo aver salutato gli altri.

L’allenamento di lacrosse si svolse senza sorprese di nessun genere, cosa che non avvenne invece nello spogliatoio: Danny si avvicinò con aria perplessa a Jackson, che lo degnò appena di un occhiata distratta, prima di tornare a fissare il trio che continuava a farsi i dispetti a qualche panca di distanza.

«Cosa vuoi Danny?»

Il ragazzo gettò uno sguardo all’oggetto di osservazione del suo migliore amico, prima di scegliere attentamente le parole per rispondergli «Jackson hai qualche… problema… con Stilinski?»

«No.»

«Ah. Perché continui a guardarlo, allora?» continuò, mentre a poca distanza da loro i due lupi rizzarono le orecchie per prestare attenzione alla conversazione, scambiandosi un’occhiata allucinata, ignorando Stiles che continuava a blaterare.

«Perché ti interessa? Non sarai tu ad avere un qualche dubbio su Stilinski? Non mi sembrava fosse il tuo tipo.» ribatté con un’occhiata allusiva.

«Non lo è infatti, ma non pensavo fosse il tuo, di tipo.»

Scott non poté evitare di emettere un rantolo strozzato, subito soffocato dalla mano di Isaac che gli intimò di fare silenzio.

Cercando di farla sembrare una cosa del tutto casuale, si voltarono in modo da poterli osservare senza dare a Jackson l’impressione che avessero sentito tutto e continuando ad origliare.

«Scott!» urlò Stiles a pochi centimetri dal sensibile orecchio dell’amico che si piegò su se stesso, portandosi una mano all’orecchio con un piccolo ringhio.

«Cosa?»

«Mi hai fregato la maglia. Ridammela, altrimenti come diavolo torno a casa? Non posso mica girare mezzo nudo, mio padre mi arresterebbe.»

Le parole di Stiles costrinsero i due lupi a osservare con un certo sgomento –e gli occhi quasi fuori dalle orbite e la bocca spalancata ne erano la prova– il torace ancora nudo dell’amico prima di voltarsi dall’altra parte a incrociare lo sguardo furioso, ma non per questo meno ironico, di Jackson e quello perplesso e lievemente imbarazzato di Danny.

Affannandosi a cercare nella sua sacca, Scott lanciò la maglia addosso all’amico, mentre Isaac gli afferrava il borsone e cominciava a spingerli verso l’uscita, tra le proteste e le domande di Stiles.

Rimasti ormai soli nello spogliatoio, Jackson si voltò verso il migliore amico e, dandogli una pacca sulla spalla l’informò: «In ogni caso Danny,sei tu che non sei il tipo di Stilinski. Li preferisce mori e con gli occhi verdi.»

Dopo aver pronunciate queste parole poté sentire, grazie al suo nuovo udito lupesco, il guaito di McCall e la risata nervosa di Lahey, mentre Danny pronunciava uno stranito «Cosa?»

***

«Perché sono qui?» ringhiò l’Alpha

«Per trovare un regalo a Stiles.» fu la serafica risposta.

«Per quale motivo dovrei fargli un regalo?»

«Perché sarebbe di cattivo gusto, oltre che scortese, essere l’unico a mani vuote alla festa. E che ti piaccia o no, in qualche modo Stiles fa parte del branco.» spiegò come se stesse parlando a un bambino piccolo e capriccioso.

Derek era già pronto a ribattere quando lo zio, voltandosi nella sua direzione, con un sorriso affilato e scaltro disteso sulle labbra dichiarò: «Se preferisci posso occuparmi io di scegliere un regalo, anche da parte tua.»

Con uno sbuffo scocciato, accompagnato da un’occhiataccia, il nipote si allontanò affermando che avrebbe fatto da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Goodevening!

Allora… a quanto pare Stiles è diventato irresistibile... o c’era uno scopo altro, che si scoprirà prossimamente, ma che si può intuire?

Al solito ci teniamo a ringraziare chi segue, preferisce e recensisce, ci fate felici, e dato che noi non siamo scontrose come Derek, se ci lasciate qualche altra recensione, giuriamo di non mordervi!^^ A meno che non lo chiediate espressamente, ma purtroppo noi non possiamo trasformarvi… sorry ^^;

Ps. Se si va, andate a leggere la storia di Rose_97: Cappuccetto Rosso e il lupo (nota esclusiva di leyda che fa pubblicità occulta...)

Ok, basta con le divagazioni inutili… ci sentiamo al prossimo capitolo!! Baci

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Capitolo 5
*** Sabato ***


Sabato

Ovvero

Un dolce risveglio

 

 

 

Quando la sveglia suonò, quella mattina, Stiles la spense come al solito, per poi girarsi dall’altra parte e tornare a dormire. Sennonché, come un fulmine a ciel sereno, lo colpì la scioccante verità: era sabato, era il suo compleanno ed era il giorno della festa organizzata da Peter. Spalancò gli occhi, sperando che almeno per quel giorno filasse tutto liscio, senza strani comportamenti o agguati o chissà cos’altro.

Strofinandosi energicamente la faccia, si diresse in bagno e poi in cucina, dove venne accolto da un invitante profumo di dolci. Suo padre, infatti, aveva preparato i pancakes per colazione e lo stava aspettando per mangiarli assieme.

Con un sorriso si sedette di fronte al genitore, entrambi i piatti già pieni di frittelle coperte da sciroppo d’acero e frutta, che aspettavano solo di essere prese d’assalto.

«Wow! Buon appetito!» esclamò il ragazzo agguantando la forchetta e iniziando a ripulire il piatto, venendo subito imitato.

«Niente lavoro oggi?» domandò dopo poco, con la bocca ancora mezza piena.

«Stiles, ingoia prima di parlare.» lo riprese il padre con una smorfia «E comunque solo al pomeriggio. Domani riposo invece. I tuoi programmi per oggi, invece?»

«Uh… festeggio con Scott.» minimizzò scrollando le spalle, sperando di eludere altre domande, ma così non fu: dopotutto era il figlio dello sceriffo.

«E chi altri? E dove?»

«Ok, con Scott, Allison, Lydia e Jackson e altri amici. Ti ricordi Isaac Lahey? C’è anche lui. E… ehm, andiamo nel bosco. Alla vecchia casa degli Hale.» spiegò, omettendo il non trascurabile dettaglio che ci sarebbero stati anche i due Hale, ma questo, forse, era meglio che suo padre non lo venisse a sapere.

«Qualcun altro?» chiese fissandolo negli occhi con sguardo inquisitore, sentendo che mancava ancora qualcuno all’elenco del figlio.

«Beh, non arrabbiarti, eh papà!, ma ci sarebbe… c’è… anche Derek Hale.» ammise grattandosi la nuca in un gesto nervoso, abbassando lo sguardo sul piatto ormai vuoto. Il silenzio incredulo dello sceriffo a quella confessione si allungò tra loro per quasi un minuto, prima che il ragazzo gli rivolgesse un’occhiata contrita e leggermente colpevole.

«Stiles… » prima di continuare il discorso, o meglio, iniziare quella che sembrava una paternale coi fiocchi, lo sceriffo prese un respiro profondo. «Derek Hale. Quel Derek che ho arrestato? Lui? …No, aspetta prima di parlare! Ricordati quello che ci siamo promessi anni fa: niente bugie oggi. Se ci sono cose che non sei pronto a raccontarmi, posso accettarlo, ma niente menzogne. Chiaro? Da parte mia, prometto di rimanere calmo, quando scoprirò in che guai ti sei cacciato. O almeno proverò.»

«Ok, bene! Grandioso! Ti ricordo quando l’hai arrestato la prima volta? Io e Scott l’avevamo incontrato il giorno prima e… diciamo che ci sono state una serie di… circostanze, durante tutta la storia del leone di montagna in cui ho avuto modo di approfondire questa conoscenza…» raccontò, senza rendersi conto che le parole che aveva pronunciato avevano scioccato il padre.

«Che intendi per “approfondire la conoscenza”? Tu e lui… voi…» arrancò in difficoltà, non sapendo cosa pensare e come esprimerlo.

«Cos… papà! No! Oh mio Dio! No, assolutamente no! Ma che ti viene in mente?!» esclamò gesticolando in preda all’agitazione.

Come poteva suo padre, suo padre diamine!, pensare una cosa del genere, quando gli aveva detto che non poteva essere gay per via di come si vestiva?! Quella cosa non stava né in cielo né in terra!

Bevendo un sorso di spremuta per calmarsi e riordinare le idee, non poté fare a meno di pensare che quella era stata senza dubbio la settimana più assurda della sua vita, culminata in quella conversazione. E detto da lui, che passava le giornate, e spesso anche le notti, in mezzo a un branco di lupi mannari, era davvero tutto dire!

«O-ok! Non che ci sia nulla male, figliolo. È solo che ti sei espresso in modo ambiguo e sai col lavoro che faccio… »

Stiles accettò le scuse o la spiegazione, dipende da come decideva di vederla, con un cenno del capo e una scrollata di spalle, aspettando il proseguimento di quell’assurdo discorso; cioè, stava davvero parlando di Derek Hale, a suo padre, il giorno del suo compleanno, e per giunta durante la colazione? Ormai si aspettava che da un momento all’altro sbucasse fuori qualcuno, qualcuno come Jackson, e gli dicesse che era tutto uno scherzo ben architettato.

«Allora ora siete amici?»

«Eh. Più o meno.» estraniandosi nuovamente dalla conversazione cercò di catalogare il rapporto che aveva con il capobranco di Beacon Hills ma l’unica definizione che gli parve vicina alla realtà dei fatti fu: collaborazione occasionale forzata, quando non gli veniva imposta, ovviamente.

«Nel senso che state diventando amici o che siete qualcosa di più di amici?» la domanda spiazzò completamente Stiles, che rimase a fissare gli occhi limpidi del padre, a bocca aperta, soppesando la risposta.

«Ah... beh, entrambe. E prima che andiamo avanti con questa allucinante conversazione, posso sapere perché ti interessa tanto? A parte il fatto che è stato un sospettato della polizia?» questa volta fu il turno del padre di rimanere in silenzio.

«È solo che è strano, ecco. Quando l’hanno portato in centrale per interrogarlo mi è sembrata una persona decisamente particolare. A parte il carattere chiuso, per via della faccenda della sua famiglia, mi è sembrato ci fosse qualcos’altro. Come… non so…»

«Una specie di “magnetismo animale”?» concluse, racchiudendo le parole in delle ipotetiche virgolette.

«Già.» gli lanciò un occhiata stranita, prima di continuare: «Comunque, non una persona con cui avrei mai pensato di vederti andare d’accordo.» ammise con un sorriso sghembo, ricambiato dal figlio che ridacchiò, pensando a quanto avesse ragione.

«Ora sarà meglio che ti dia una mossa. Divertitevi e non cacciatevi nei guai. Almeno per oggi fammi passare una tranquilla giornata in centrale tra le scartoffie da archiviare!» scherzò alzandosi per sparecchiare e dandogli una pacca sulla spalla mentre raggiungeva il lavandino.

Cinque minuti dopo Stiles era di nuovo di sotto, pronto a uscire. Passando davanti al salotto vide il padre che osservava una foto; non aveva bisogno di chiedere per sapere di quale si trattava, e un piccolo magone gli strinse la gola. Avvicinandosi per salutarlo, lo strinse in un abbraccio ricambiato e rimasero così per un po’.

«Domani andiamo a trovarla, papà.» sussurrò, con gli occhi lucidi di commozione.

«Certo. Adesso fuori di qui, ragazzino, prima che ti cacci via io.» esclamò, con finto tono autoritario, per dissolvere la malinconia che si era creata.

Stiles si concesse un ultimo abbraccio, prima di lanciare un’occhiata all’orologio e accorgersi di essere quasi in ritardo. Scappò fuori con un grugnito di disappunto, prima di mettere in moto la Jeep e mandare un sms a Scott per sapere se doveva andare a recuperarlo. La risposta negativa dell’amico lo rincuorò un po’: se avesse evitato di tardare –dopotutto era un compleanno, non il suo matrimonio, e lui di certo non era una sposa – magari Derek sarebbe stato clemente e avrebbe evitato qualche agguato a sorpresa per ucciderlo. Perché era sicuro che almeno una volta, durante quella lunga settimana, questo pensiero avesse fatto capolino nella mente dell’Alpha.

Per fortuna, il sabato mattina le strade di Beacon Hills erano praticamente deserte. Non che negli altri giorni ci fosse lo stesso traffico che si poteva trovare in una grande metropoli, ma almeno per quel giorno Stiles poté bruciare qualche semaforo e arrivare davanti a casa Hale addirittura con un buon margine d’anticipo su tutti gli altri invitati, eccettuati quelli che vivevano già lì, ovviamente.

Parcheggiò la Jeep dietro la casa e rimase qualche minuto ancora nell’abitacolo, appoggiato al volante a osservare la costruzione cadente, che stava lentamente venendo rimessa a nuovo, finché un rumore improvviso sul tettuccio non lo fece sobbalzare di spavento.

«Ehi! Hai intenzione di rimanere nascosto qui tutta la mattina? Non ti mangiamo mica, se scendi!» rise una voce ben conosciuta, prima che la testa riccia di Isaac Lahey spuntasse a testa in giù a pochi centimetri dalla sua, con un sorriso sornione.

«Tu stai diventando esattamente come il tuo capo! Matto da legare e con la tendenza a spaventarmi a morte!» esclamò Stiles, portandosi una mano al cuore per tentare di calmarsi, e guardando storto il compagno di scuola che rideva.

«Hai sentito Derek? Siamo noi i pazzi, non lui che gira con noi.» la risposta di Isaac fece sbiancare Stiles, che chiuse gli occhi, con aria da condannato a morte, mentre lo sbuffo di Derek seduto accanto a lui –ma quando era salito? –lo raggiunse.

«Ma dai, non lo penso mica sul serio. E comunque che ne diresti di scendere dalla mia Jeep?» sbottò rivolto a entrambi aprendo la portiera, non osando ancora voltarsi per incrociare lo sguardo dell’altro licantropo.

Isaac gli diede appena la possibilità di chiudere la portiera prima di stritolarlo in un abbraccio facendogli li auguri, per poi trascinarlo in casa e mostrargli la torta che lui, Erica e –Stiles davvero non poteva credere alle sue orecchie– Derek gli avevano fatto.

Quando l’Alpha li raggiunse in cucina, il ragazzo non poté trattenersi dal domandargli beffardo quando e dove avesse imparato a cucinare dolci, proprio lui che era un lupo così acido. Senza aspettare la risposta, di sicuro caustica che gli sarebbe stata rivolta, si guardò intorno notando l’assenza degli altri membri del branco.

«Dove sono Erica e Boyd? E Peter?» chiese guardandosi intorno. Fu Isaac a rispondergli, mentre Derek li ignorava, prendendosi qualcosa da mangiare dal frigo.

«Erica si sta preparando. Boyd sta ancora dormendo credo, mentre Peter è uscito stamattina presto per andare a preparare qualcosa qui intorno.» spiegò, senza accorgersi dello sguardo preoccupato che Stiles si scambiò con Derek. Pochi minuti dopo fecero la loro comparsa gli altri due ragazzi e mentre Erica abbracciava Stiles scoccandogli un bacio sulla guancia, arrivò anche Scott in compagnia di Peter che sorrideva soddisfatto.

«Bene, ci siamo quasi tutti. Auguri Stiles.» disse togliendosi il cappotto e sedendosi al tavolo della cucina improvvisamente affollata. Dopo una lunga occhiata aggiunse sibillino «Spero che non sia stata una settimana troppo stancante per te.»

«Ma come… sono poteri da lupo o mi hai spiato per tutta la settimana? Perché non so se lo sai, ma si chiama violazione della privacy e stalking. Anche se parlare di questo con un branco di lupi mannari che possono ascoltare le conversazioni altrui e comparire quando meno te lo aspetti è un po’ inutile, me ne rendo conto.» ironizzò inarcando le sopracciglia in un’espressione sorpresa.

Peter rise divertito, imitato dai presenti, senza curarsi di rispondere alla domanda posta all’inizio di quella sequela di parole.

Alla fine, di comune accordo, si spostarono sotto il portico, ormai rimesso a nuovo, per aspettare Allison, Lydia e Jackson, che comparvero all’incirca mezz’ora dopo, e l’unico lupo del trio dovette sorbirsi una specie di paternale tutta ringhi e occhiatacce da Derek. Stiles, esasperato, si mise in mezzo, spalleggiato da Scott e riuscirono a riportare la calma.

«Bene, e ora cosa dovremmo fare?» domandò Lydia spostando lo sguardo tra il festeggiato e il capobranco, che si voltarono all’unisono verso lo zio di quest’ultimo.

Prima di parlare, Peter si assicurò di avere l’attenzione di tutti schiarendosi la gola, dopodiché estrasse da un borsone posto di fianco a lui un sacchettino di stoffa e iniziò a spiegare il primo gioco-allenamento che avrebbero fatto.

«É molto semplice: si tratta essenzialmente di una caccia al tesoro, ma ideata in modo tale che, per portarla a termine dobbiate collaborare tra di voi, rinforzando così lo spirito di branco. Ora formeremo cinque coppie estraendo a sorte. E sono sicuro che qualcuno di voi ha già pensato a un modo per evitare questa cosa, per questo ho preparato il tutto in modo tale che non sia possibile. Prima di andare avanti con la spiegazione Stiles, Lydia, Allison e due di voi cuccioli verranno a estrarre i propri compagni di gioco.» spiegò agitando il sacchetto e avvicinandosi a Stiles.

Qualche momento dopo, le accoppiate si erano così formate: Erica e Jackson, Allison e Boyd, Isaac e Scott,  Stiles e Derek e per ultima, con suo sommo sgomento e un filo d’inquietudine, Lydia e Peter, che prima di riprendere a parlare, si mise nuovamente a frugare nel borsone estraendone, questa volta, cinque paia di manette e altrettante fialette di plastica contenenti del liquido.

«Quelle sono… manette?» domandò frastornato Scott, voltandosi verso Isaac, che annuì incredulo bisbigliando il suo assenso.

«Si, sono manette. Ora, se Cip e Ciop hanno finito con le considerazioni ovvie, vado avanti. Dopo che vi sarete ammanettati al vostro “compagno di avventura” vi consegnerò una di queste fiale e, attraverso l’odore dovremo recuperare quello che ho nascosto stamattina in giro per il bosco. Dopodiché ci ritroveremo al lago, dove ho lasciato le chiavi. E per essere sicuro che nessuno bari, sappiate che se non lo fate, oggi non si pranza.»

«Come sarebbe a dire? Per quale motivo? Cos’è, una stupida punizione?» sbottò Jackson incrociando le braccia al petto e fissando l’uomo con sguardo di sufficienza, che venne ricambiato da un sorriso scaltro.

«Non è una punizione, ma quello che ho nascosto è il necessario per il pranzo di oggi, che sarà una grigliata, quindi, se qualcuno arriverà senza il proprio bottino, resterà a stomaco vuoto. Questa è la punizione, se vuoi vederla in questi termini.» concluse.

«Questa cosa è assurda. Non posso crederci che vuoi farci fare una cosa del genere! Che voi Hale foste pazzi lo sapevo, ma questo è veramente fuori da ogni logica. E poi dove hai trovato delle manette?! E se non troviamo le chiavi? Io non ho intenzione di rimanere incatenato a lui per chissà quanto tempo!» proruppe Stiles dando una manata sul petto a Derek, che era poco dietro di lui e gli indirizzò un’occhiataccia, che si perse sulla nuca del castano.

«Non preoccuparti di questo. Ho due copie di ogni chiave.» rispose affabile Peter, fingendo di non cogliere il problema del ragazzo e iniziando a consegnare gli oggetti, ammanettando lui stesso chi non voleva collaborare, cioè Stiles e il nipote.

Per ultimo si volse verso Lydia e le sorrise incoraggiante, vedendola combattuta tra l’accettare la situazione e il rifiutarsi di giocare. Considerando quello che aveva passato a causa sua, se avesse deciso di rifiutarsi, era sicuro che nessuno degli altri avrebbe avuto qualcosa da ridire. Stava per chiederle se, magari, voleva cambiare compagno quando, con un sospiro sconfitto e risoluto assieme, la rossa allungò il polso verso di lui.

Finalmente erano tutti pronti a partire e con un sorriso sornione, l’ex-Alpha di Beacon Hills diede il via, consentendo a tutti di iniziare la ricerca.

 

 

  

 

 

 

Angolo pazzo:

Eeee… è finito anche questo capitolo!

E finalmente è iniziata la festa!^_____^ Non vedevamo l’ora, accidenti!

Prima di tutto: lode a zio Peter e alla sua inventiva!! E questa è solo la mattina…. Mwahahah!!(leggere con risata malvagia, please…).

Seconda cosa: noi non siamo totalmente psicopatiche, but… we’re work in progress, right? So…(citazione necessaria. Perché si. Siamo Peter dipendenti ormai.) Cosa vi aspettate da questo gioco? Siamo curiose di saperlo, se vi va di dircelo.

[Terzo punto: per chi sta leggendo la storia di Rose_97, minacciatela di morte, perché se lo merita!!! >__<#  ndLeyda]

Terzo punto: ringraziamo chi legge e recensisce e chi segue, preferisce, ricorda. Siamo davvero lusingate!!^^

Ci vediamo al prossimo aggiornamento, cioè venerdì.

 

E siccome questa volta ci sentiamo brave (più del solito)… Rose_97 ci teneva a metterci una cosa del genere da un sacco di tempo.

NEXT ON TEEN WOLF

 

«E come diavolo ci arriviamo lassù?»

«Io ho un idea. Ma dobbiamo collaborare.»

«Beh, è questo il senso del gioco, no?»

 

«Tutto questo è colpa tua.» ringhiò, agitando il polso ammanettato.

«Scusa?! Colpa mia?! Abbiamo deciso entrambi di affidargli l’organizzazione…» fu la stizzita risposta.

 

«Quindi…»

«Cosa?»

«Era per fare un po’ di conversazione. Che ne pensi di questa storia?»

«Vuoi saperlo sul serio o è una domanda “tanto per”?»

 

 

Eheheh!

Di chi saranno questi dialoghi? Beh, almeno uno è lampante…

Coooomunque…. Ci sentiamo venerdì prossimo!

Fateci sapere se volete altre anticipazioni o un riassunto di quello che è già successo e ci penseremo, ok?

Ps. Le battute potrebbero cambiare… o forse no!^__^

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Capitolo 6
*** Caccia al tesoro ***


Caccia al tesoro

Ovvero

Una serie di improbabili recuperi

 

 

 

I primi a sparire nel bosco furono Scott e Isaac, che sembravano anche i meno seccati dalla situazione bizzarra, infatti  tutti i lupi del branco poterono sentire il loro chiacchiericcio e le risate che diventavano via via più flebili, man mano che si allontanavano.

Alla fine, gli unici rimasti nello spiazzo davanti a casa Hale erano proprio l’ideatore dei giochi e Lydia. Il licantropo aspettava paziente che fosse la ragazza a muoversi per prima, consapevole del fatto che, nonostante fossero passati mesi e avessero già interagito altre volte, per la rossa era ancora difficile trovarsi così vicina a lui, per di più legati per un polso.

«Da che parte dobbiamo andare, allora?» esordì, la voce le uscì un po’ più strozzata di come avrebbe voluto, ma decise di far finta di nulla. Peter, stappò la boccetta e ne ispirò l’aroma, prima di ricercarne la scia nell’aria attorno a loro; gli ci volle solo qualche istante per individuarla, dopodiché s’incamminarono lentamente, abbandonando anche loro la casa.

L’uomo avrebbe voluto poter dire qualcosa che inducesse la ragazza a rilassarsi, abbandonando quell’aria tesa, ma sapeva che qualunque cosa gli fosse uscita dalle labbra, avrebbe ricevuto una pronta risposta, che l’avrebbe zittito.

Dopo un po’ fu lei stessa a rompere il silenzio, ormai insopportabile, con una domanda banale, ma il lupo capì che vi era un tentativo di superare la diffidenza nei suoi confronti. Entrambi si rendevano conto che, ora che Lydia era a conoscenza di tutta la storia e faceva in qualche modo parte del gruppo, era controproducente continuare con quell’atteggiamento teso, che oltretutto faceva anche preoccupare gli altri.

«Siamo quasi arrivati. E siamo anche stati fortunati, non sarà un recupero difficoltoso.»

«Fortunati o aiutati? Dopotutto, chi ha preparato tutto questo stamattina, avrà di sicuro cercato di darsi un vantaggio.» insinuò seria, confermando la sua intelligenza ancora una volta.

«Almeno in parte, ovviamente. Non sono sicuro che tutti gli altri abbiano pensato a questa eventualità.» ammise con un espressione furba.

«Credo che lo faranno, più tardi, quando sarà ormai palese. Di preciso, cosa stiamo recuperando?»

«Se non ricordo male, dovrebbero essere le verdure da grigliare. Ho nascosto il cibo in modo che fosse più accessibile del resto.» spiegò, girando verso destra, odorando l’aria intorno per essere sicuro.

«Scelta saggia. E qual è la cosa più difficile da recuperare?» chiese curiosa, seguendo la nuova direzione intrapresa.

«Non ne sono certo, in fondo dipende da quanto si è bravi a collaborare, comunque credo sia la carbonella. In effetti ero indeciso se usarla o meno, ma tenendo conto che è primavera, e quindi i rami sono tutti giovani e fumosi, ho ritenuto fosse meglio.»

«Se dobbiamo grigliare e non affumicare, di sicuro. Oltretutto questa è una riserva. Non sono sicura che si possano accendere fuochi.»

«Basterà non farsi scoprire.» rispose alla velata accusa di infrangere la legge. «Per questo ho scelto il lago.»

Man mano che si addentravano nella boscaglia e che parlavano, la tensione lentamente scivolava via. Certo, Lydia era ancora incerta delle vere intenzioni del licantropo, ma almeno per quel giorno, e finchè non le avesse dato motivo di pensare il contrario, poteva concedergli il beneficio del dubbio.

Pochi passi dopo, vennero travolti da due lupi scalmanati che correvano dalla parte opposta. I due neanche si sarebbero accorti del fatto, se la sua voce arrabbiata non li avesse raggiunti. A quel punto, Scott e Isaac, perché di loro si trattava, smisero di azzuffarsi per rivolgere due espressioni confuse e stupefatte all’altra coppia.

«Vedo che almeno qualcuno si sta divertendo, con questo gioco.» disse Peter, aiutando Lydia a rialzarsi.

«Scusate. Non vi avevamo proprio visti.» disse Scott, squadrando con sospetto il lupo più grande, che ricambiò con sguardo serafico, mentre la ragazza sbuffava seccata.

Dopo un’ultima occhiata, Isaac tirò l’amico per il polso e sparirono entrambi tra gli alberi con un “ci vediamo al lago”

«Chissà fra quanto, se continuano a correre in giro senza una meta.» borbottò la rossa, spazzolandosi i pantaloni. «E noi? Quanto dobbiamo camminare ancora?» chiese guardandosi intorno.

«Non molto. Il nostro bottino è sotto quelle rocce.» spiegò, indicando un piccola montagnola composta da massi di medie dimensioni in cui si scorgeva una zona più scura. Probabilmente era stata costruita di recente, probabilmente quella mattina stessa, a giudicare dall’odore di terra umida e smossa, appositamente per accogliere una busta sigillata e mantenere al fresco il più possibile quello che vi era all’interno.

Dopo aver recuperato quello che spettava loro, si incamminarono verso la meta finale, in attesa di ricongiungersi agli altri.

 

Ad un centinaio di metri da casa Hale, procedendo per una strada in discesa, Allison seguiva, a un passo di distanza, il silenzioso ragazzo che le era capitato come compagno. Avrebbe voluto trovare qualcosa da dire, ma sembrava che qualunque cosa le venisse in mente di dire, sarebbe caduta nella mancata risposta di Boyd.

Dal canto suo, il lupo pensava all’ironia del caso: era finito in coppia con la cacciatrice che l’aveva usato come bersaglio, la notte che era scappato con Erica. Per un momento si chiese come se la stesse cavando lei con l’ultimo acquisto lupesco, ma accantonò subito il pensiero, archiviandolo con un “ probabilmente meglio di me”, tornando a concentrarsi sulla situazione attuale.

 Aveva capito da tempo che quella volta, era stata solo una sfortunata coincidenza e non le serbava rancore; il risentimento era più verso se stesso, per essersi fatto catturare e non essere stato in grado di proteggere Erica, ma non certo verso la cacciatrice. Anche lei aveva avuto la sua dose di problemi in quel periodo.

Seguendo l’odore di lavanda, contenuto nella fiala e ora sparso nell’aria, si disse che, va bene l’essere silenziosi e un po’ schivi, ma due chiacchiere, anche per appianare gli evidenti tormenti ­–come avesse fatto a mentire ai genitori, su quello che c’era stato tra lei e Scott, era un dubbio che avrebbe voluto risolvere–, non avrebbero fatto male a nessuno dei due.

«Puoi anche camminare di fianco a me. Non ti morderò.» disse, tentando goffamente di fare una battuta. Si rendeva conto che non era stata una frase molto originale, e oltretutto detta da un licantropo poteva anche apparire vagamente minacciosa. Tuttavia Allison parve apprezzare il  tentativo e si affiancò, un po’ titubante.

Qualche istante dopo, fu la voce di lei, a infrangere il silenzio, con delle scuse, immediatamente liquidate con un cenno del capo.

«Non sei un tipo loquace, vero? È per questo che Derek ti ha scelto?» fu il suo turno di scherzare.

«Può darsi. Gli bastano già le chiacchiere di Stiles, immagino…»

«Chissà come se la stanno cavando. Spero che non l’uccida o dovrà dare molte spiegazioni allo sceriffo e a mio padre.» borbottò, guardando il terreno davanti a lei per evitare qualche radice sporgente.

Il ragazzo si bloccò un attimo, preoccupato all’idea di re-incontrare il cacciatore in circostanze poco amichevoli e, cercando la scia del duo la individuò flebile e lontana da loro.

«Che succede?»

«Shh. Sto controllando che siano ancora vivi. Sembrerebbe di si, a giudicare dall’odore e dal chiacchiericcio.» spiegò voltando il capo verso destra, cercando di ascoltare meglio.

«Non è valido fare una cosa del genere.» puntualizzò la ragazza, prima di aggiungere con un sorriso «Ma sono curiosa, cosa si stanno dicendo?»

«I soliti battibecchi, niente di nuovo. Proseguiamo o arriveremo ultimi.» decise, riprendendo a muoversi.

 «Cosa stiamo seguendo? Che odore è?» domandò dopo un altro centinaio di metri, quando si trovarono di fronte a un piccolo bivio, in cui un sentiero si perdeva, coperto dal fogliame.

«Lavanda. Siamo quasi arrivati, però. L’odore è più forte.» annunciò, avanzando ancora fino a trovarsi davanti a una cavità in un albero. Stava per allungare una mano, quando un’altra, ben più affusolata e chiara, lo afferrò per un polso. Voltandosi, interdetto, si accorse dello sguardo, puntato più in alto, da cui proveniva un forte e continuo ronzio.

«Sei certo che sia proprio lì, quello che cerchiamo? Perché quelle mi sembrano decisamente minacciose e potenzialmente letali.» sussurrò, senza staccare lo sguardo dal favo ronzante, finché non sentì una mano sulla spalla e riportando lo sguardo più giù, incrociò quello di Boyd.

«Né sono sicuro. Preparati a correre.» annunciò prima di allungare nuovamente la mano e infilarla nella cavità, traendone un sacco contenente piatti e posate e tutto il necessario per mangiare. Al suo fianco, Allison deglutì insicura, mentre prendevano a indietreggiare tornando sui loro passi. Quando furono a una distanza tale per cui la ragazza non sentisse più l’assordante ronzare, si permisero entrambi un sospiro di sollievo.

«Un ottimo lavoro, direi.» esclamò con un sorriso teso.

«Già.» fu la laconica risposta.

«Ehm… Boyd, volevo scusarmi per quello che ho fatto a te e a Erica. So che è passato tanto tempo e avrei dovuto farlo prima.»

«Non importa. Basta che ci sbrighiamo, questa sorpresa mi ha fatto venire fame.» concluse, facendo capire che per lui la questione era chiusa.

 

Sperduti in mezzo al bosco, poco intenti a seguire la loro traccia odorosa, e più presi dal correre da una parte all’altra, giocosi come due cuccioli, come in effetti si sentivano quel giorno, Scott e Isaac, dopo essersi scontrati con il più anziano degli Hale e Lydia, avevano ripreso la loro corsa.

Inizialmente pensierosi, se n’erano presto scordati, più preoccupati a ridere e scherzare. Ad un certo punto, avevano intercettato la scia di Jackson e Erica, ma non l’avevano seguita per evitare una probabile zuffa con il co-capitano della squadra di lacrosse.

In compenso si erano finalmente decisi a stappare la loro fiala, liberando nell’aria un gradevole profumo di timo. Ne avevano ricercato la traccia nell’aria intorno, ma senza risultato. A quel punto, Isaac aveva proposto di ritornare a villa Hale e ripartire da lì. L’idea era stata accolta e spintonandosi e rimbalzando per via delle manette si erano ritrovati, in breve, nuovamente davanti al portico della casa.

«Beh, diamoci da fare se non vogliamo essere gli ultimi ad arrivare. Considerando che siamo partiti per primi, sarebbe anche piuttosto umiliante. Chissà che ne penserebbe Derek.»

«Probabilmente che siamo due idioti incapaci di seguire una traccia.» commentò Scott, ridendo.

«Già. E gli altri?»

«Lydia, probabilmente che siamo due idioti su di giri. Stiles e Peter, che siamo dei cuccioli, e gli altri darebbero ragione a Derek, no?» ponderò, mentre anche Isaac si lasciava andare a una risata che si perse tra i primi alberi oltre lo spiazzo.

«Dai, diamoci da fare allora, se non vogliamo dare ragione a tutti.» concluse il riccio, con ancora uno strascico di risata nella voce.

Scott annuì ed estrasse nuovamente la boccetta, spandendo nuovamente l’aroma e cercandone un continuo li attorno. Rimasero con i nasi per aria intenti a fiutare, per quasi un minuto, data la quantità di altri odori che si mescolavano e sovrapponevano, rendendo difficile discernere quello che serviva loro. Alla fine, il più alto trovò quello che cercavano e, dando un violento strattone, cominciò a correre trascinandosi dietro Scott, che era quasi caduto carponi per lo scatto improvviso. Correndo con un passo un po’ barcollante, per recuperare l’equilibrio, si lasciò andare a un’invettiva contro il compagno che se la rideva, scuotendo la testa.

Stavolta, nonostante le distrazioni olfattive, proseguirono spediti senza deviare dalla loro, nonostante ad un certo punto, la tentazione di seguire Stiles e Derek –li avevano sentiti discutere da qualche parte poco lontano, anche senza un udito troppo sviluppato– era stata forte. Si erano guardati soppesando i rischi, se Derek li avesse scoperti ­–e le probabilità erano alte– li avrebbe rimproverati con un ringhio e gliel’avrebbe fatta pagare alla prima occasione, insieme o separatamente era indifferente; se però non si fossero fatti beccare, avrebbero potuto assistere al comportamento dell’Alpha quando era da solo con Stiles.

Da quando avevano sentito le parole di Jackson qualche giorno prima, infatti, non avevano potuto fare a meno di discuterne, valutandone la veridicità, quando erano andati a comprare il regalo all’amico. Inizialmente, Scott non aveva voluto prendere l’idea nemmeno in considerazione, ma Isaac, che era stato messo a conoscenza di tutto quello che era successo tra loro tre, prima che anche lui diventasse un lupo, qualche dubbio l’aveva avuto. E tanto aveva detto, due giorni prima davanti a un trancio di pizza fumante, che anche Scott aveva finito per convincersene, almeno in parte. In sintesi, quindi, quella che si presentava loro poteva essere la cosiddetta “occasione d’oro” per confutare o meno l’ipotesi.

Per questo motivo, dopo essersi scambiati un’occhiata tormentata, erano stati quasi sul punto di cedere.

«No, dai. Non possiamo farlo! Se ci scoprono, e scommetto che ci scoprono, Derek ci ammazza e Stiles, prima ci sommergerà di parole e poi ci toglierà il saluto.» esclamò Scott, nonostante continuasse a voltarsi verso gli alberi dietro di lui.

«Hai ragione… ma è solo una sbirciata.» insinuò Isaac, vedendolo tentennare indeciso, spostando il peso da un piede all’altro. Scott stava quasi per cedere, quando l’inconfondibile ringhio di Derek giunse alle loro orecchie accompagnato da una minaccia che li fece desistere e continuare la loro ricerca. Ricerca che s’interruppe improvvisamente quando una coppia di alberi si parò davanti a loro, e dal ramo più in alto penzolava, inerme e sconsolato, il loro bottino.

«E come diavolo ci arriviamo lassù?» domandò sconcertato Scott, indicando la distanza che li separava, con il braccio non ammanettato.

«Io ho un idea. Ma dobbiamo collaborare.»

«Beh, è questo il senso del gioco, no?» commentò con una scrollata di spalle il moro, aspettando che l’altro esponesse il piano.

«Questi tronchi sembrano abbastanza vicini da permettere di metterci schiena contro schiena e arrivare lassù. Ci vuole coordinazione però.» spiegò, mentre osserva pensieroso prima i tronchi e poi Scott, che annuì ed esclamò un convinto «Facciamolo! Che ci vorrà mai? Siamo licantropi.»

Dopo un paio di tentativi andati a vuoto, entrambi si accorsero che era più complicato di come sembrava, anche perché la superficie per appoggiare i piedi e puntellarsi, era il tronco circolare e neanche troppo largo, di due alberi. Al quinto tentativo arrivarono quasi a metà prima che ad Isaac mancasse l’appoggio sotto al piede e facesse crollare entrambi a terra con un sonoro tonfo.

«Ahi. Scott levati di dosso, sei più pesante di quanto sembri.» borbottò, schiacciato dal corpo dell’amico, che lasciò andare uno scroscio di risa.

«Sembriamo veramente due idioti!» commentò con le lacrime agli occhi dal troppo ridere, rotolando di lato.

«Dai, riproviamo.» propose alzandosi a sedere, imitato da Isaac.

Dopo aver provato e fallito un’altra volta ancora, ci riuscirono e Isaac, allungando il braccio libero recise la corda con gli artigli, liberando ciò che dovevano recuperare. Incuriositi dall’insolita morbidezza e cedevolezza, aprirono la busta e scorsero una serie di coperte, e ben incastrato tra di esse, per evitare che si rompesse, c’era uno stereo con dei cd.

«Temevo che avremmo dovuto sederci per terra. E abbiamo anche la musica. Ora non ci resta che andare a mangiare.»

 

«Quindi…» esordì Erica, dopo che lei e Jackson avevano passato l’ultima mezz’ora a camminare in religioso silenzio.

«Cosa?» fu la brusca risposta del lupo, che non si voltò neanche a guardarla.

«Era per fare un po’ di conversazione. Che ne pensi di questa storia?» domandò la bionda, cercando di ignorare l’irritazione per l’atteggiamento indisponente.

«Vuoi saperlo sul serio o è una domanda “tanto per”?» chiese con uno sbuffo, fermandosi e costringendola a fare altrettanto.

«Sai, capisco che tu sia preoccupato per Lydia, ma non c’è bisogno di trattare gli altri, me in questo caso, come se fossero indegni di attirare la tua preziosa attenzione. E per la cronaca, stiamo andando fuori strada.» spiegò con un sorriso mellifluo, che si accentuò vedendo impallidire leggermente il  ragazzo.

«Io non sono preoccupato per nessuno.» borbottò con uno sguardo truce, che non ebbe alcun effetto. Ultimamente, cioè da quando era diventato un licantropo anche lui, gli sembrava che tutti i membri di quell’assurdo branco non lo prendessero mai sul serio. Si chiese se fosse perché era l’ultimo “nato”, ma non gli sembrava una spiegazione sufficientemente valida. Aveva anche pensato di chiedere spiegazioni a qualcuno. Farlo però, avrebbe significato nella sua mente, ammettere una debolezza e Jackson Whittemore non aveva debolezze, almeno secondo il diretto interessato. Per gli altri, invece, persino per Stilinski, e questa era la cosa destabilizzante, lui era un po’ come il cucciolo che vuole dimostrare di essere grande e coraggioso.

Non sapeva bene perché, ma questo gli faceva venire in mente il cartone del Re Leone, quando Simba aveva portato l’amica nel cimitero di elefanti e si erano trovati entrambi nei guai. Seguendo questa linea di pensieri, cercò di abbinare tutti i componenti del branco ai personaggi del cartone e ci mancò poco che scoppiasse a ridere.

In quel momento era Erica a seguire la traccia, che li portò nei pressi del fiume, in una specie di letto abbandonato. Osservandolo di sottecchi, vide il sorriso che cercava di farsi strada sulle labbra di Jackson, e fu tentata di chiedere spiegazioni, ma finché rimaneva tranquillo e la tensione intorno a loro era scemata, le andava bene così.

«Cos’è che ti fa ridere?» domandò, non riuscendo a tenere a freno la curiosità. Era così insolito vedere un sorriso divertito e non sarcastico su quel viso, che voleva assolutamente sapere quale ne fosse l’origine.

«Uhm, niente d’importante. E non sto ridendo.»

«Guarda che non sai ancora mentire.» l’avvisò con leggerezza, ricevendo un piccolo ringhio contrariato.

«Dobbiamo tornare indietro.» disse, ignorando la curiosità di Erica. Chissà che avrebbe pensato, se l’avesse messa a parte dei suoi pensieri.

La licantropa diede un’annusata all’aria circostante, constatando che Jackson aveva ragione ed entrambi tornarono sui propri passi, fino a trovarsi in un punto in cui non c’era assolutamente nulla, tranne il profumo avvolgente di eucalipto. Si guardarono intorno, spaesati, prima di notare una macchia azzurra, sospesa sopra l’acqua. Per arrivarci, uno dei due avrebbe dovuto stendersi su un vecchio tronco dall’aria marcescente, strisciando fino alla borsa frigo. Dopo una breve discussione su chi avrebbe dovuto fare cosa, decisero che Erica, essendo più piccola e leggera, avrebbe recuperato la bisaccia mentre Jackson si sarebbe assicurato che il tronco non cedesse, mandandoli a mollo nell’acqua, ancora fredda, del fiume.

Non senza qualche esitazione e qualche protesta, la lupa si stese con la faccia rivolta verso il compagno e iniziò ad indietreggiare, lanciando qualche occhiata insicura al legno scricchiolante. Aveva appena afferrato i manici, che la base cedette, ma per fortuna la presa sul suo polso era salda e con uno strappo, si ritrovarono rotolanti a qualche metro dalla riva.

«Bella presa tigre! Mi hai evitato un bagno gelido.» sussurrò, sedendosi su una roccia.

«Ovvio.» disse con aria compiaciuta. Erica si limitò a scuotere la testa, facendo ondeggiare i boccoli, prima di alzarsi tirandolo su con se, e dirigendosi verso il lago.

 

Quando Peter aveva dato il suo assenso a iniziare le ricerche, Derek e Stiles avevano esitato qualche secondo, osservando Scott e Isaac sparire nel bosco a velocità impressionante. Con uno sbuffo scocciato poi, Derek aveva stappato la boccetta, portandosela vicino al naso per riconoscerne l’essenza, che si rivelò essere limone, quando si ritrovò il viso di Stiles vicino al suo.

«Che diavolo stai facendo?!» ringhiò, allontanandolo con una mano.

«Volevo solo sentire cosa dobbiamo cercare. È limone, quello?» spiegò, massaggiandosi la fronte, dove Derek l’aveva spinto.

«È come pensi di riuscire a seguirla, tu? Sei diventato un licantropo e non ce l’hai detto?» ironizzo, iniziando a muoversi. Stiles non poté fare a meno di seguirlo, seppure un po’ controvoglia. Sperò di non dover passare troppo tempo ammanettato a quello scontroso di un Alpha, ma i suoi viaggi mentali subirono una violenta battuta d’arresto quando Derek iniziò a correre obbligandolo a fare altrettanto. Il ragazzo provò a protestare, ma come al solito le sue lamentele vennero bellamente ignorate.

Tuttavia, dopo quasi cinque minuti di corsa ininterrotta a ritmo sostenuto, furono costretti a fermarsi.

«Derek, se non ti fermi dovrai trascinarti dietro il mio cadavere…» ansimò senza fiato.

«Tutta qui la tua resistenza Stiles? Non giochi anche tu a lacrosse?» insinuò il lupo con un ghigno, rallentando comunque il passo.

La risposta sarcastica, stavolta, ci mise più tempo a uscire dalle labbra di Stiles, che erano impegnate a cercare di riempire nuovamente i polmoni d’aria «Io ho un’ottima resistenza, ma sono anche solo un povero essere umano, e come tale ho dei bisogni basilari, tra cui respirare!»

Derek non rispose e per qualche minuto mantenne un’andatura placida, sentendo il respiro del ragazzo tornare normale. Era indeciso se ricominciare a correre, quando la voce di Stiles si fece strada nelle sue orecchie, come se gli avesse letto nel pensiero.

«Se hai intenzione di rimetterti a correre come se avessi il diavolo alle calcagna, sappi che mi porterai in braccio, perché io ne ho avuto già abbastanza prima. Mio Dio, ma proprio con te, dovevo finire?» la domanda fu seguita da un basso brontolio, prima che Derek decidesse di esprimere i suoi pensieri in proposito.

«Tutto questo è colpa tua.» ringhiò, agitando il polso ammanettato.

«Scusa?! Colpa mia?! Abbiamo deciso entrambi di affidargli l’organizzazione a quello psicopatico di tuo zio, o sbaglio? Quindi è anche colpa tua, lupo indisponente che non sei altro.» sbottò Stiles cercando di incrociare le braccia, ma impossibilitato a farlo.

Suo malgrado il moro rimase in silenzio, dandogli implicitamente ragione, ma per non concedergli troppe soddisfazioni nell’arco di pochi minuti, accelerò l’andatura.

Pur spostandosi abbastanza velocemente, impiegarono quasi dieci minuti ad arrivare alla meta; la scia terminava bruscamente, e anche Stiles poteva accorgersene, oltre che dall’espressione sconcertata sul viso di Derek, dal fatto che di fronte ai loro occhi si godeva della vista di Beacon Hills dall’alto: erano infatti finiti davanti a un crepaccio. Rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo, cercando di analizzare la scena.

«Uhm, Derek…» iniziò Stiles, con voce titubante.

«Cosa?» sbuffò seccato, roteando gli occhi.

«…Sei sicuro di non avere il raffreddore? O magari hai confuso gli odori, perché qui… come dire, c’è solo lo strapiombo, è impossibile che quello che cerchiamo sia qui.» spiegò il ragazzo indicando con un ampio gesto circolare il panorama.

«Noi non prendiamo il raffreddore, e non ho confuso nessun odore.» latrò, scoccandogli un’occhiataccia «E se non stai zitto, ti uccido.» aggiunse.

«Non puoi farlo! Oggi è la mia giornata. E poi ti toccherà dare un sacco di spiegazioni a mio padre e a Scott e a tutti gli altri. Probabilmente l’unico a cui non importerebbe sarebbe Jackson, ma non importa. Non puoi farlo lo stesso!» s’indignò.

Il lupo lo ignorò e si lasciò cadere carponi proprio sull’orlo del precipizio, imitato, molto meno volontariamente da Stiles, che si lamentò dei suoi modi di fare improvvisi e pericolosi. Dopo essersi accertato che la loro traccia finisse effettivamente lì, voltò il viso verso Stiles, analizzandolo.

«Beh, si può sapere che ti prende adesso? Cos’hai da fissarmi così?» balbettò insicuro, guardandosi intorno.

«Devi calarti li sotto e recuperare quello che ci serve.» spiegò sintetico e lapidario.

Le parole impiegarono qualche secondo di troppo a raggiungere la mente di Stiles, e altri ancora per comprenderne il significato, valutandolo in tutte le possibili eccezioni, ma alla fine esplose con un: «Ma sei matto?! Sono almeno cento metri di vuoto! Se cado da lì, non me la cavo mica con qualche graffio, ci lasciò la pelle. Calati tu, se proprio ci tieni.»

Derek l’osservò impassibile, cercando di controllare l’irritazione e la voglia di spingerlo lui stesso, e inspirando a fondo gli spiegò il piano.

«Siamo ammanettati, idiota. Non puoi cadere. Ora calati e prendi quello che c’è là sotto, o ti ci butto io.»

«Già e se mi lasci andare? Potresti rompere le manette e lasciarmi lì, finché le forze non mi abbandoneranno e cadrò di sotto e morirò.» ipotizzò, immaginando tutta la scena nella sua mente.

Spazientito, Derek l’afferrò per la maglia, tirandolo a sé, ripetendosi per l’ennesima volta con voce cupa, e accompagnando il tutto con uno scintillio di zanne. Nonostante ciò, non parve intimidirlo abbastanza, perché Stiles riprese.

«Ok, e se…»

«Stiles, fallo e basta! Ti tengo io! Puoi fidarti di me per una volta, e smetterla di sfidarmi?» ruggì, non dando peso alle parole pronunciate, cosa che invece il ragazzo fece.

«Vuoi che mi fidi di te?» chiese sorpreso, inarcando le sopracciglia.

«Si.»

«Ok, ma se mi mandi là sotto per prendere quello che c’è, anche tu ti fidi di me, giusto?» insinuò con espressione compiaciuta, mettendo in crisi il lupo, che rimase a fissarlo per qualche momento prima di annuire brevemente, premurandosi di specificare immediatamente con un: «Per questa volta.» che non convinse nessuno dei due.

Con un sospiro dubbioso Stiles iniziò la discesa, evitando di guardare in basso per non farsi prendere dal panico, ma la presa ferrea sul suo polso era un buon deterrente. Ad un certo punto non poté scendere di più e iniziò a guardare la parete da una parte e dall’altra, sperando di trovare qualcosa, ma dovette abbassare ulteriormente lo sguardo per vedere, vicino al suo ginocchio sinistro piegato, una nicchia grande abbastanza per contenere qualcosa. Cercò di infilarci il piede per controllare e sentì un frusciò di carta e qualcos’altro, segno che aveva fatto centro. Indeciso su come muoversi, si umettò le labbra, prima di ammettere che c’era un solo modo: doveva affidarsi completamente al lupo.

«Ok, per prendere quella roba, devi tenermi, perché ho bisogno delle mani. E anche così dovrò fare una bella contorsione. Quindi, come vedi, sono obbligato a darti fiducia. Non farmene pentire.» sbottò alzando lo sguardo, per puntarlo in quello verde sopra di lui.

«Muoviti, Stiles.» sbuffò, serrando maggiormente la mano sul polso. Con un cenno, si lasciò andare e piegandosi all’inverosimile riuscì ad afferrare il sacco di carbone e a tirarlo fuori, aspettando poi che il lupo lo tirasse su.

Si stupì, quasi, della facilità con cui lo fece, come se non pesasse più di qualche grammo. Quando sentì nuovamente la terra solida sotto i piedi, si lasciò andare a un tremulo ringraziamento, avvertendo la mano di Derek allontanarsi dalla sua pelle sudata. Con un grugnito, il lupo si voltò e iniziò a incamminarsi, con Stiles al fianco.

Incredibilmente, furono i primi ad arrivare al lago, e si misero a cercare le chiavi per le manette.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

E finalmente ce l’abbiamo fatta!

Anzi ce l’hanno fatta!

Capitolo un po’ più lungo del solito, ma volevamo dare il giusto spazio a tutte le accoppiate.

Qual è quella che vi è piaciuta di più? A parte la Sterek, con cui ci siamo proprio accanite^^;

Siamo riuscite a finirlo giusto in tempo, quindi potrebbe esserci qualche errore, e speriamo non orrori!^^

Bene, prima di salutarvi e darvi appuntamento a venerdì prossimo, vorremmo fare un po’ di pubblicità occulta!^^ passatecela, siate buone/i…

Se volte ridere, andate a leggervi questa storia di Halloween (lo sappiamo che è passato, ma secondo noi vale la pena) “This is Halloween!” di Lepricano_di_inchiostro85, e se potete lasciategli un commento, così lo incentivate a scriverne altre!^^;;

E a chi piace la coppia McLahey vi consiglio io (Rose_97) “He’s in love again” di leyda

Bene, e dopo questa misera scena, vi salutiamo e vi diamo appuntamento a venerdì prossimo!

Baci a tutti/e.

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Capitolo 7
*** Grigliata ***


Grigliata

ovvero

Bacia il cuoco

 





 

 

Quando Stiles e Derek raggiunsero il lago, si stupirono abbastanza di esservi giunti per primi. Pensavano infatti, di aver perso un sacco di tempo con i loro soliti battibecchi, nonostante il lupo l'avesse obbligato a correre per riuscire a stargli dietro, e in parte anche per obbligarlo a stare zitto. Pensava o meglio, sperava, che Stiles non si fosse accorto del suo piano, ma essere arrivati lì, senza avervi trovato nessun'altro che potesse intrattenere, o meglio, sopportare, le eterne conversazioni del ragazzo, era stato un duro colpo, perché ciò significava che la sua strategia gli si era appena ritorta contro, come un boomerang.

Per un fugace istante la sua mente contemplò l'idea di fuggire non appena fosse stato libero da quella scomoda costrizione, ma gettando un'occhiata al volto sereno del ragazzo affianco a lui, si disse che non poteva fargli una vigliaccata del genere, in parte perché non era un comportamento degno di lui, in parte perché, non appena gli altri l'avessero scoperto, l'avrebbero rimproverato fino allo sfinimento. Un'altra piccola parte, che ricacciò immediatamente nei recessi della sua mente, gli fece presente che non voleva vedere la delusione sul viso di Stiles.

«A quanto pare, il tuo ritmo da addestramento dei marines ci ha permesso di arrivare per primi. Secondo te dove sono le chiavi? Spero che Peter sia stato di parola, altrimenti siamo fregati. Pensa se dovessimo rimanere così per tutto il giorno! Non potrei tornare a casa. Va bene che stamattina ho ammesso con mio padre che io e te siamo un qualcosa come amici, ma non posso certo ripresentarmi ammanettato con te! Altrimenti prima gli viene un colpo, e poi il colpo lo da a te e a me. Di pistola, intendo. Dai Derek, diamoci da fare e vediamo di liberarci... che ti prende? Forza.» esclamò, agitando il polso a facendo tintinnare il metallo, cercando di far muovere il moro, che era rimasto piantato dov'era, come sottoshock. Soffiando come un gatto, il ragazzo si portò alle spalle del lupo e cercò di spingerlo, inutilmente.

«Cosa diavolo hai raccontato a tuo padre?» ringhiò, girandosi ad affrontare Stiles che si sbilanciò, sbattendo contro il suo petto. Rimessosi in piedi, si massaggiò il naso, borbottando contrariato contro i modi poco gentili di certi lupi cattivi.

«Stiles!»
«Non gli ho certo detto che siete delle pericolose creature della notte, e che rischio la vita per salvare la vostra praticamente ogni luna piena e non. Cavolo Derek, pensi che sia così deficiente? Gli ho solo detto che ti conosco... più di quanto credesse.»

«Che significa? Sii più chiaro.»

«Eh... gli ho detto che siamo amici, più o meno... e ammettilo, con tutte quelle che abbiamo passato, è la verità. Poi lui ha cominciato a farmi domande e... e non è importante che tu sappia ogni dettaglio. Quello che devi sapere è che non sa nulla di voi.» concluse, voltando lo sguardo sulla vegetazione circostante, mordendosi l'interno della guancia, per essersi quasi fatto sfuggire tutta la conversazione di quella mattina, con la persona meno indicata di tutte. Maledicendo Derek e il suo sguardo indagatore, che lo metteva sempre in soggezione, spingendolo a dire cose che non voleva assolutamente fargli sapere, gonfiò le guance aspettando che l'altro si decidesse a muoversi, invece di continuare a fissare lui.

Finalmente, con un fruscio di erba smossa e un tintinnio metallico, Derek si voltò, lasciando cadere l'argomento, almeno per il momento. Stiles lo affiancò immediatamente, ricominciando a subissarlo di parole e domande, tra cui quella più importante: dove avrebbe nascosto le chiavi, un tipo come Peter?

«Quello laggiù non è il barbecue? Magari sono lì. Però è strano. Non riesci a sentire l'odore di tuo zio qui intorno? ...Oh, è per questo che ha usato le fialette con gli odori. Scommetto che l’aroma era così forte da averti inibito l'olfatto, almeno per ora. Ho ragione? Ehi Derek! Piantala di fare lo scorbutico e rispondimi: ho ragione si o no?» esclamò, sporgendosi per cercare i suoi occhi.

«Guarda dove metti i piedi.» ringhiò afferrandolo per il collo della maglietta, impedendogli di cadere.

«Allora, ho ragione?» continuò imperterrito, ignorando tutti i segnali d’avvertimento che gli venivano inviati.

«Si Stiles. Hai ragione. Ora liberiamoci di questa maledetta trappola, prima che io mi liberi di te.» esplose fulminandolo con un occhiata di fuoco.

«Va bene. Che scontroso che sei.» borbottò, alzando gli occhi al cielo terso. Se non altro, valutò tra sé e sé, non sembrava promettere pioggia, quindi avrebbero potuto godersi un bel pomeriggio. O almeno lo sperava, considerato l’assaggio della mattinata. In ogni caso prima che i giochi riprendessero, avrebbero potuto riposarsi. Lanciando un’occhiata all’acqua placida e cristallina, desiderò potervi fare il bagno, peccato solo per le temperature ancora rigide. Si chiese se invece, per i lupi mannari fosse un problema o meno. Nuovamente curioso, si voltò verso il lupo al suo fianco, che procedeva imperterrito e silenzioso, per rivolgergli un’altra domanda, ma venne distratto dalla perdita di equilibrio per via di una buca nascosta da alcune foglie.

Sospirando spazientito, dopo avergli evitato un’altra caduta rovinosa, Derek l’apostrofò con un ironico: «Devo portarti in spalla o riesci a camminare senza ucciderti, Stiles?»

«Non è mica colpa mia se qui è pieno di ostacoli.» ribatté offeso.

Fermandosi davanti alla griglia, dove trovarono cinque gancetti con appese altrettante chiavi, Derek posò a terra il sacco di carbonella, mentre Stiles iniziava a cercare la loro chiave, che si rivelò essere la terza. Le manette caddero a terra con un tonfo attutito e il ragazzo si chinò a raccoglierle, pensieroso. Pochi secondi dopo alzò lo sguardo e chiese, come colto da un’illuminazione: «Come mai non hai rotto le manette appena siamo partiti per questo gioco?» domandò, sinceramente curioso di conoscere la risposta. Stavolta, si disse, non avrebbe mollato finché non gli fosse stata data una spiegazione valida. Minacce di morte o meno, voleva sapere cosa aveva impedito a Derek di abbandonarlo nel bosco a cavarsela da solo, intanto che lui recuperava il loro bottino.

L’Alpha fece finta di non aver sentito il quesito che gli era stato posto. In effetti, anche lui si era domandato la stessa cosa, ma la risposta che si era dato non aveva nessuna intenzione di renderla nota a nessuno, men che meno al diretto interessato. Per questo cercò di ignorare, al meglio delle sue capacità, il saltellate e testardo ragazzo che continuava a tormentarlo. Gli era sembrato che, da quando aveva ammesso, forzatamente, ma non per questo mentendo, di fidarsi di lui, Stiles si fosse galvanizzato, e non aveva più smesso un attimo di parlare. E adesso, la pazienza di Derek era davvero agli sgoccioli: se l’altro non avesse taciuto almeno per qualche secondo ci avrebbe pensato lui stesso.

«Sto ancora aspettando una risposta.» lo punzecchiò ancora, ignorando con un brivido, il ringhio più basso e cupo che sgorgò dalla gola del lupo.

«Sta zitto Stiles.»

«Se vuoi farmi stare zitto, rispondimi. E ti prometto che non ti parlerò più finché… finché non arriveranno gli altri.» concesse, annuendo a sé stesso. Derek lo fissò per un po’, squadrandolo e sorridendo internamente dell’espressione del ragazzo, che sembrava letteralmente pendere dalle sue labbra; per questo motivo, anche se non aveva intenzione di accontentarlo, rimase ancora in silenzio, osservando gli occhi sgranati e la bocca leggermente socchiusa, che erano rivolti verso di lui, come in attesa di chissà quale rivelazione. Quando aprì la bocca per parlare, lo vide tendersi impercettibilmente verso di lui e, ghignando, rispose con un deciso «No.»

La delusione di Stiles durò il tempo di un respiro, perché l’attimo dopo era di nuovo pronto a battagliare sennonché dal bosco dietro di loro comparvero, quasi contemporaneamente Peter e Lydia e Erica e Jackson. Pochi secondi dopo si ritrovarono tutti liberi dalle manette, intenti a guardarsi intorno incuriositi. Peter, osservò con sguardo indecifrabile il nipote che iniziò a innervosirsi; era certo infatti, che il parente avesse ascoltato ogni parola che lui e Stiles si erano rivolti e, probabilmente, ogni reazione e cambiamento avuto. La voce di Lydia lo distrasse dai suoi pensieri, riportandolo al presente.

«Potremmo già cominciare a cucinare. In fondo abbiamo quello che ci serve: carbone, carne e verdure. Quando arriveranno Allison e Boyd e, se arriveranno, anche Scott e Isaac avremo già qualcosa di pronto.» spiegò la rossa, ottenendo l’approvazione dei presenti.

«Ok, chi di voi pensa di essere capace di non carbonizzare il cibo?» domandò nuovamente. Gli unici che risposero positivamente furono Stiles e Erica, che passarono quindi a dividersi i compiti: la bionda avrebbe preparato tutto, mentre il ragazzo avrebbe fatto il resto. Jackson nel frattempo aveva iniziato a caricare la griglia e ad accenderla. Impensierito dall’espressione di Derek, Stiles cercò di distrarre i due Hale con una battuta, ma non aveva idea di cosa dire; fortunatamente Lydia, perspicace come al solito, s’inserì tra i due e prendendoli a braccetto li allontanò da lì con una scusa.

«Ehi Stilinski, smettila di sbavare e concentrati. Vogliamo mangiare decentemente.» l’apostrofò Jackson, beccandosi una gomitata dalla bionda e un’occhiataccia da Stiles che fu comunque pronto a ribattere.

«Se vuoi mangiare decentemente hai sbagliato posto. Io cucino superbamente. Ora, visto che hai fatto il tuo dovere, da bravo lupetto quale sei, levati dai piedi. I cuccioli non dovrebbero giocare con il fuoco. Sciò!»

Brontolando, il lupo fece come gli era stato detto e si avviò verso la propria ragazza, mentre Erica rivolgeva un sorriso compiaciuto a Stiles che ricambiò. Rovistando nella borsa frigo li affianco, trovò, oltre alla carne, un grembiule bianco e un cappello da cuoco. Perplesso, si chiese se Peter avesse in mente qualcos’altro, o se sapeva già in anticipo –ma com’era possibile?– che alla fine, a cucinare sarebbe stato lui soltanto. Quell’uomo aveva una capacità inquietante di prevedere le cose, pensò guardandolo di sottecchi, e trovandolo con lo sguardo su di lui e un sorrisetto compiaciuto.

A distrarlo dal lupo ci pensarono Allison e Boyd, che arrivarono chiacchierando tranquillamente e porsero al ragazzo quello che avevano, ricevendone in cambio la chiave delle loro manette. Dopo essersi liberati anche loro, Allison domandò se avevano bisogno di una mano, ma Stiles, avvertendo una tensione inspiegabile, le assicurò che non ce n’era bisogno e la allontanò. Boyd intanto aveva preferito sedersi li di fianco ad osservare il loro operato.

«Come mai non hai voluto aiuto da Allison?» domandò poco dopo il ragazzo di colore, incuriosito.

«Me la cavo da solo, non  ce n’era bisogno.»

«E…» l’incalzò la lupa, passandogli il cappello.

Il ragazzo se lo rigirò un po’ tra le mani pensieroso, prima di rispondere.

«Uhm… penso sia stata una buona idea allontanare una Argent dal fuoco, considerando che ci sono due Hale, proprio lì e... Non posso crederci!» esclamò sorpreso leggendo la scritta rossa sulla stoffa bianca. I due ragazzi si sporsero incuriositi e lessero anche loro: “Ho una fame da lupo” sul margine inferiore. Scambiandosi un’occhiata non poterono fare a meno di ridacchiare, imitati dall’umano lì presente, che comunque decise di non indossarlo.

«No, perché?» esclamò la bionda, strappandoglielo dalle mani e tentando di metterglielo. Nonostante la sua agilità lupesca, Stiles fu molto veloce a schivare i suoi assalti e ridendo e sgridandola, le intimò di smetterla. Erica allora, decise di chiedere aiuto anche a Boyd, il quale fu lesto ad accettare; ma quando entrambi si voltarono verso il ragazzo lo videro correre verso il gruppetto qualche metro più in là, per nascondervisi in mezzo e cercare riparo.

«Coraggio Stiles, sarebbe scortese!» lo riprese Erica, rincorrendolo, imitata da Boyd.

Gli altri intanto osservavano la scena un po’ straniti. Veloce come un fulmine, il liceale cercò di nascondersi dietro Derek sperando che i due lupi si sarebbero fermati, ma invece si divisero, per cercare di prenderlo in mezzo. Con un grugnito riprese a correre, stavolta verso il bosco, mentre Lydia e Jackson chiedevano spiegazioni a uno dei due. Saputo della cosa, si scambiarono un’occhiata con Allison e si unirono anche loro. Voltandosi per controllare, Stiles vide che il numero dei suoi inseguitori era aumentato, ma per notare questo, non si avvide degli ultimi due componenti, che uscivano dal fogliame proprio in quel momento, andando a finire direttamente addosso a Scott e rotolando tutti e tre per terra.

«Che cavolo fai, Stiles?» esclamò Isaac, rialzandosi.

«Non fare domande, datemi una mano piuttosto!» ridacchiò il figlio dello sceriffo, nascondendosi dietro il ragazzo più alto.

«Nasconderti dietro a loro non servirà a niente. Esci di lì Stilinski, e saremo clementi.» ordinò Jackson, con un’espressione beffarda sul viso. Per tutta risposta, il fuggitivo si sporse leggermente e gli regalò una, decisamente infantile, linguaccia che lasciò tutti di sasso. Approfittando del momento, riprese la sua fuga, dirigendosi verso i due Hale, che osservavano la scena, uno apertamente divertito, l’altro dubbioso, ma con un sorrisetto. Incerto su chi dei due avrebbe potuto aiutarlo, decise di sfruttarli entrambi.

«Questo non era previsto, ma possiamo considerarlo una specie di allenamento, che ne dici?» sorrise Peter, osservando la combriccola che rideva e giocava.

Suo malgrado, Derek dovette convenire che lo zio aveva ragione e, nel contempo, si stupiva della capacità di Stiles di schivare gli assalti dei suoi Beta. Osservandolo gli venne in mente uno scoiattolo, agile e dispettoso, e una parte di lui fremette dalla voglia di unirsi alla caccia. Con il fiatone, il ragazzo schizzò zigzagando in mezzo a loro, ma il braccio di Derek scattò prima che se ne accorgesse, posandosi sulla sua spalla, cercando di fermarlo. Sgusciando via dalla sua presa, Stiles si voltò esterrefatto e gli puntò contro il dito.

«Non vale! Tu non puoi giocare o dovr…oufh!» l’invettiva fu fermata da Erica che gli saltò direttamente sulla schiena, spingendolo a terra. Quando rialzò il viso, puntò lo sguardo indignato in quello sardonico del lupo e gli promise «Questa me la paghi! È colpa tua se mi hanno preso, Derek.»

Aiutandolo ad alzarsi, Jackson e Boyd l’intrappolarono, mentre Erica gli calcava finalmente il cappello in testa, e Lydia estraeva una macchina fotografica per fargli una foto. Alla vista dell’oggetto, Stiles riprese ad agitarsi, ma la presa ferrea sulle sue braccia lo limitava di molto; fortunatamente la bocca era ancora libera, quindi non esitò a esprimere tutto il suo disappunto e la sua rimostranza per quello che volevano fargli fare.

«É solo una foto Stiles.» lo riprese Lydia, spazientita.

«E chissà che fine potrebbe fare. Dai, non potete farmi questo, se volete che cucini per voi.» tentò di ricattarli, senza sortire alcun effetto se non una risata divertita. L’unica che pareva mostrare un minimo di empatia era Allison, ma sembrava comunque non essere intenzionata a intervenire in nessun modo. Disperato vide avvicinarsi Scott e Isaac e pensò di chiedere il loro aiuto, ma i due si limitarono ad unirsi ai lupi che già lo circondavano con un sorriso.

«Oh, una foto di branco, mi sembra giusto.» ironizzò il ragazzo, sconfitto.

Soddisfatta, la rossa li inquadrò e scattò la prima foto, prima di voltarsi verso gli ultimi due componenti del branco, ancora in disparte.

«Forza, cosa aspettate?» li apostrofò, accompagnando il gesto con un cenno del capo. Con calma, Peter afferrò il braccio di Derek trascinandolo in mezzo ai suoi Beta che sorrisero stupiti, stringendosi un po’ per starci tutti, e aspettando il secondo scatto.

Perplesso, e speranzoso in una risposta negativa, Stiles domandò se le foto fossero venute. Magari Derek non aveva ancora insegnato loro a controllare il riflesso dell’occhio, ma le sue speranze vennero disattese da un «Sono venute alla perfezione.» di Allison che le stava osservando insieme alla ragazza.

A quel punto, Scott e Isaac si rivolsero al festeggiato chiedendo dove fossero le chiavi delle loro manette. Il ragazzo cominciò a frugarsi nelle tasche, dove le aveva messe prima per evitare di perderle, ma evidentemente, con tutto il trambusto che era successo in quei pochi minuti, era avvenuto proprio quello. Titubante, e ridendo nervoso, propose loro di provare a romperle. Isaac lo guardò con espressione incredula e quasi spaventata, mentre Scott era letteralmente a bocca aperta. Per fortuna, l’intervento di Peter lo salvò da una possibile sfuriata dei due, non appena si fossero ripresi.

«La copia delle chiavi è nella borsa che ho lasciato sotto al portico. Se evitate deviazioni e giochi, in mezz’ora dovreste essere di nuovo qui. E portate la sacca.» li esortò.

Nel frattempo, Stiles si era dileguato silenziosamente tornando alla griglia, ormai sufficientemente calda. Recuperando il grembiule, senza neanche guardarlo se l’infilò, e cominciò a disporre la carne a cuocere. Nel frattempo Jackson, Allison e Lydia stavano sistemando le coperte e tutto il necessario, mentre Erica passava in rassegna i cd disponibili. Fatto ciò, si sdraiarono tutti aspettando che Scott e Isaac tornassero o che Stiles iniziasse a far girare il cibo già pronto. 

Dieci minuti dopo, il ragazzo chiamò qualcuno per farsi aiutare, ma nessuno rispose al suo appello.

«Ehi, lupastri! Se volete mangiare alzatevi e venite a prendere la carne già pronta.» ripeté alzando la voce e voltandosi con il forchettone per girare la carne ben stretto in mano. Dieci paia di occhi lupeschi e quattro umani, si posarono su di lui incuriositi, prima di posare lo sguardo sul grembiule che indossava e scoppiare a ridere, confondendolo. Abbassando lo sguardo sul suo petto scoprì il motivo di tanta ilarità, ma decidendo di volgere la situazione a suo favore, li fissò negli occhi uno per uno con un sorrisetto di sfida.

«Bene, allora se volete mangiare, dovrete fare quello che c’è scritto.» ordinò, indicando con il pollice la scritta “kiss the cook” che campeggiava nero su bianco, ottenendo l’effetto desiderato. Gli unici che non si scomposero più di tanto furono Erica e Peter. Jackson saltò su con un indignato e incredulo «Ma fai sul serio?» che ebbe il solo risultato di allargare ancora di più il ghigno del ragazzo, che annuì soddisfatto.

 

Nel bosco intanto, Isaac e Scott, correvano verso villa Hale per recuperare la chiave e liberarsi.

«Uffa. Alla fine siamo rimasti gli ultimi lo stesso» sbottò Isaac calciando un mucchietto di foglie.

La mente di Scott realizzò quello che sarebbe successo con un secondo d’anticipo, ma questo non fu sufficiente a evitarlo: fece appena in tempo a vedere il filo tendersi e il tappeto erboso attorno a loro sollevarsi, prima di ritrovarsi intrappolato, insieme al compagno, dentro una rete a quasi due metri d’altezza. Un lamento del biondo gli fece intuire di pesargli direttamente sullo stomaco e, muovendosi impacciato, si spostò per quanto poté. Dopo quasi due minuti di silenzioso sgomento, Isaac riuscì a bofonchiare, con la voce ovattata dalla stoffa della maglia di Scott: «Non dovremmo provare a uscire di qui o a chiedere aiuto?»

«È un ottima idea. E come pensi di fare?» chiese Scott tra i capelli ricci del licantropo, cercando, con il braccio che penzolava fuori dalla maglia della rete, di reciderla e aprire uno squarcio che li facesse uscire.

«Cosa stai combinando? Ho il tuo ginocchio dritto nella pancia, smettila di agitarti.»esalò, con il poco fiato che gli era rimasto nei polmoni. Il moro fece come gli era stato detto, e spingendosi indietro con la schiena, riuscì a stabilire il contatto visivo con l’altro lupo. Rimasero seri per qualche momento, prima di scoppiare in una fragorosa risata per la situazione tragicomica.

«Ok-ok! Adesso però, cerchiamo di uscire da qui, sennò sai che figura?» propose Scott, con un eco di risata nella voce.

«Riesci a tagliarla con gli artigli?» domandò Isaac, cercando di divincolare il braccio libero per poter essere d’aiuto, in qualche modo. Con un mormorio e uno sbuffo, per lo sforzo di contorsione, Scott riuscì a lacerare buona parte della rete; cercò di avvertire Isaac, ma il buco si allargò improvvisamente, facendoli precipitare a terra.

«Ouch! Oggi non è proprio la mia giornata. È la seconda volta che mi cadi addosso. So di essere attraente, amico, ma così vai troppo in fretta.» scherzò, sedendosi e massaggiandosi la schiena.

«Non è che tu sia esattamente un atterraggio morbido, ma sai… sono un tipo impaziente.» rispose, aiutandolo ad alzarsi e spazzolandosi la maglia.

«Dai Casanova, mi inviterai fuori un altro giorno. Ora liberiamoci di queste manette prima di finire in un’altra trappola targata Argent.» farfugliò Isaac, lievemente rosso in volto, incamminandosi con un sospiro.

Pochi minuti dopo erano finalmente liberi, e dopo una breve sosta in bagno ­–ne approfittavano ora che potevano– si avviarono per tornare dagli altri. Quando arrivarono rimasero basiti dalla scena che si presentò ai loro occhi.

 

Dopo aver pronunciato la sua sentenza, tra i lupi e il ragazzo era iniziata una sorta di guerra verbale, che era stata sedata dall’intervento di Lydia in favore dell’umano, il quale non poteva credere alle sue orecchie. Con un senso di soddisfazione, per averla spuntata su quell’arrogante di Jackson, e per di più con l’aiuto della sua ragazza, Stiles già s’immaginava il bacio mozzafiato che si sarebbe scambiato con la rossa sotto gli occhi del suo fidanzato, ma poi il suo sguardo aveva abbracciato l’intera combriccola, aggiungendo all’appello anche i due componenti mancanti, e d’improvviso non fu più così certo di aver avuto una buona idea. Soprattutto, fu l’occhiata scarlatta che lo fece rabbrividire, a dargli il senso delle proporzioni della cazzata che aveva proposto. Ma ormai l’aveva detto, e non poteva tirarsi indietro dandola vinta a Jackson. Però poteva cercare di mettere dei paletti preventivi che gli evitassero di dire addio definitivamente alla sua precaria reputazione e autostima; tuttavia, guardando i componenti del gruppo ancora seduti sulle coperte a parlare, si rese conto che sarebbe stato piuttosto inutile, quindi si voltò con un sospiro e riprese a cucinare, maledicendo la sua parlantina e l’evidente mancanza di filtri tra pensieri e parole, che lo mettevano sempre, o almeno con una frequenza impressionante, nei guai.

Qualche metro più in là, sui plaid, stava avvenendo un’accesa discussione tra Jackson e Lydia. Il lupo non aveva digerito lo schierarsi della ragazza a favore di Stiles ma, con un’abile mossa, la rossa, riuscì a evitare che la faccenda degenerasse.

Prevedibilmente, il primo ad attaccare di sorpresa fu Peter: quando Stiles si voltò per chiamare qualcuno, il maggiore degli Hale era già di fianco a lui, e dopo avergli sfilato il piatto pieno di spiedini dalle mani, e aver catturato  la sua con un unico movimento fluido, si esibì in un perfetto e galante baciamano, che imbarazzò a morte il ragazzo e fu prontamente immortalato da Lydia.

«Tu mi odi. Posso sapere che ho fatto per meritarmi tanto odio? Ti ho anche aiutato quando ne avevi bisogno. È perché non ho voluto il morso? Ma mi piace la mia umanità, che posso farci? O è una cosa a pelle di voi Hale, odiare il povero Stiles?» piagnucolò, mentre il lupo si raddrizzava con un sorriso quasi paterno sul volto, nonostante l’immancabile malizia, e stringendogli la spalla con la mano libera, si pronunciò.

«Oh, non ti odio affatto, anzi trovo che tu sia molto intelligente, oltreché immensamente divertente. Tuttavia, volevamo essere originali con questa sorta di sfida che ci hai volontariamente proposto, senza pensare che ti si sarebbe potuta ritorcere contro.» dopodiché si allontanò con il suo bottino tra le mani.

La seconda a farsi avanti fu Allison, la quale fortunatamente si limitò a piegargli il capo con le mani e lasciargli un bacio sulla fronte; Stiles la ringraziò per la sua gentilezza nel non peggiorargli la situazione, ma il sorriso enigmatico con cui si allontanò, non lo rassicurò affatto. Sempre sentendosi gli occhi puntati sulla schiena, in particolare un paio, sicuramente rossi di rabbia per la stupidaggine a cui li aveva costretti, gettava qualche occhiata dietro di sé, per assicurarsi di non essere più colto di sorpresa e anche per provare a captare qualche discorso dei ragazzi comodamente seduti che aspettavano. Quello che più lo preoccupava era Jackson, che continuava a scrutarlo con un sorriso, che non avrebbe esitato a definire perverso, oltreché ovviamente l’Alpha. Era abbastanza certo che, alla prima occasione disponibile, magari anche dal primo minuto del nuovo giorno, Derek avrebbe sicuramente provato a staccargli la testa per tutto quello che aveva dovuto passare; ed erano solo a metà giornata, chissà che altro sarebbe successo nel pomeriggio. Perso nuovamente nei suoi pensieri, non si accorse dell’avvicinarsi silenzioso di Boyd, fino a che la sua mano, posandosi sulla fronte, non gli tirò indietro la testa, per baciarlo sui capelli e allontanarsi con un piatto anche lui.

Gli occhi di Stiles fecero appena in tempo a vedere le figure di Scott e Isaac uscire dal bosco, prima che la sua prospettiva mutasse repentinamente, e abbastanza brutalmente a dire il vero, fino a far entrare il viso di Jackson nel suo campo visivo. In effetti, ora l’unica cosa che vedeva era il viso beffardo e vittorioso del compagno di classe e una porzione di cielo, mentre sentiva le sue mani tenerlo saldamente, una sulla schiena e l’altra sulla nuca. Quello che videro gli altri invece, fu Jackson arrivare furtivamente alle spalle di Stiles e, con un movimento fulmineo ed elegante, attirarlo in un, almeno da parte sua, impeccabile casquet. Per un fugace istante temette che il lupo volesse approfittare di quella posizione per morderlo alla gola ma, mentre aspettava la mossa successiva, non poté evitare di cercare con lo sguardo gli occhi imperscrutabili del capobranco, trovandoli fissi su di loro, in particolare sul Beta, come sfidandolo a non esagerare. Il biondo seguì il movimento degli occhi del compagno, e non ebbe bisogno di voltarsi, per sapere chi avevano cercato e trovato: il pizzicore alla nuca era più che sufficiente.

«Tranquillo Stilinski, non ho intenzione di rubarti a nessuno. Ci tengo ancora alla mia vita.» sussurrò sibillino, con un ghigno che fece rabbrividire il ragazzo ancora sottoshock. Dopodiché, siccome Jackson in tutto quello che faceva doveva primeggiare, gli depositò un bacio sulla punta del naso, prima di rimetterlo in piedi e allontanarsi soddisfatto, non senza fregarsi un pezzo di carne come premio. Ovviamente, notò con un brivido di terrore, Lydia non si era lasciata sfuggire la performance del suo ragazzo e aveva provveduto a immortalarla.

Ancora stupiti, Isaac e Scott si fecero avanti, fino a raggiungere l’amico per avere delle spiegazioni, ma quest’ultimo era ancora troppo stupefatto per parlare, così preferirono rivolgersi a qualcun altro. A fornire loro un’esaustiva risposta fu, incredibilmente, Derek che, con la sua estrema ed efficace capacità di sintesi, li mise al corrente della situazione, intervallando le parole con ringhi sommessi. Questi attirarono su di lui più di uno sguardo: alcuni sorpresi, altri, come quelli di Peter, Lydia, Jackson e Erica, più consapevoli e supponenti.

«Quindi chi manca, ancora?» domandò Isaac osservando Stiles con un po’ di compassione, mentre si occupava delle verdure.

«Credo che tocchi a me.» si fece avanti la rossa con un sorriso misterioso e in parte calcolatore. Prima di raggiungere il cuoco, scambiò uno sguardo con Peter, che alzò impercettibilmente il sopracciglio, e con Jackson che annuì un po’ contrariato. Quello scambio non era passato inosservato all’Alpha, il quale però non riusciva a dedurne nulla, e la cosa lo infastidiva. Le voce divertita di Scott, però lo distrasse.

«Finalmente Stiles avrà quello che aspetta dalla terza elementare.»

«Non ne sarei così sicuro, McCall.» lo freddò Jackson, rifiutandosi di dare però, altre spiegazioni a supporto delle sue parole. Con una scrollata di spalle, Scott lo ignorò, per concentrare la sua attenzione sulla ragazza che aveva raggiunto il suo migliore amico e l’aveva costretto a piegarsi per –davvero non riusciva a credere ai suoi occhi– baciarlo sulle labbra. Troppo scioccato per prestare attenzione ad altro, non notò Peter, Jackson e Erica, rivolgere la loro attenzione a Derek, che senza neanche rendersene conto aveva ringhiato cupo, stringendo le mani a pugno talmente forte, da penetrare la carne con le unghie ancora totalmente umane. I tre licantropi si scambiarono uno sguardo veloce e un assenso con il capo, osservando poi il ragazzo a un paio di metri da loro, e cercando di captare le sue reazioni. Da parte sua, Stiles era rimasto davvero scosso dalla mossa di Lydia ma, incredibilmente, non per i motivi che si aspettava: aveva sognato per anni che una cosa del genere accadesse, certo, magari non davanti agli occhi di un Jackson potenzialmente letale, ma d’altro canto, se aveva ancora la testa attaccata al corpo, poteva pure ben sperare. Quello che lo lasciava perplesso era la sua totale mancanza di reazione fisica. Ovviamente non si era aspettato cose come le campane a festa e i cori d’angeli, ma un minimo di sconvolgimento, quello si. E  invece, l’unica cosa che sentiva era una sorta di… fastidio, come se qualcosa fosse fuori posto. Ma non era possibile, giusto?

Lydia si allontanò improvvisamente e lo guardò con cipiglio severo, prima di inclinare la testa. «Da uno che si professa innamorato di me dalla terza elementare mi aspettavo più coinvolgimento, sinceramente.» dichiarò, prima di guardare oltre lui, sulla griglia «E stai bruciando quelle.» aggiunse andandosene.

Prestando parziale attenzione alle verdure, Stiles iniziò a rimuginare tra sé e sé, coinvolgendo sé stesso in un, apparentemente eterno, monologo mentale; monologo che fu interrotto dalla ben nota voce di Scott. Voltandosi, si ritrovò davanti anche Isaac, entrambi con due sorrisi contenti.

«No dai. Così mi sciupate. Ma chi ve l’ha detto?» sospirò, arrendendosi ai due cuccioli. Davvero, quel giorno si comportavano come lupacchiotti giocosi. A quanto aveva visto, e da quanto aveva capito stesse per accadere quando era ancora ammanettato, non avevano smesso un attimo di correre e giocare e, a quanto pareva, travolgere altre persone. Mentre lo abbracciavano e lo baciavano uno per guancia, tra le risate degli altri, non poté evitare di chiedersi se fosse solo una cosa momentanea o se sarebbe durata più a lungo, ma conoscendoli, era abbastanza propenso per la seconda. Scott neanche se n’era accorto, ma non aveva considerato Allison più dello stretto necessario quella mattina; era costantemente insieme ad Isaac. Tuttavia non riuscì a evitare di ridere, quando buttandolo a terra, presero a leccargli le guance. «Ah, ragazzi! Dai, che schifo! Siete due licantropi o due cani bavosi?» si lamentò, tentando di allontanarli, ma le sue forze erano più che dimezzate dall’eccesso di risa.

Quando finalmente fu libero di alzarsi, li trattenne per farsi aiutare a portare le ultime cose e spegnere il barbecue, evitando di dare fuoco a mezzo bosco. In piedi davanti agli altri, che lo osservavano da sotto in su, aspettando qualcosa, esclamò un «Beh, chi manca all’appello?»

Con un sorriso smagliante e malizioso, Erica saltò in piedi e afferrandolo per le spalle, gli lasciò una stampa di rossetto sulla guancia sinistra, prima di risedersi soddisfatta.

L’attenzione di tutti si era magicamente ridestata: ora sarebbe stata una vera e propria battaglia, una sorta di scontro tra titani, e i presenti si stavano già dividendo in due fazioni, anche se, a onor del vero, quella favorevole alla capitolazione dell’Alpha era piuttosto esigua: eccettuato Stiles, solo Peter ne era convinto.

Il silenzio che era sceso sul gruppo, fu incredibilmente rotto dalla voce di Derek, che si pronunciò con un convinto: «Non ho intenzione di baciarti.»

«Non ho intenzione di farmi baciare da te.» rispose prontamente Stiles, con una smorfia.

«Bene.»

«Bene.» annuì il ragazzo, prima che un sorriso si facesse strada sul suo volto. «Quindi devo dedurre che non hai fame?» aggiunse, ghignando apertamente, inarcando un sopracciglio.

Lo sguardo di tutti, comodamente seduti sulle coperte –erano infatti rimasti in piedi soltanto i due contendenti– passava dall’uno, in piedi di fronte all’altro, aspettando la mossa successiva. Stranamente, ed era un vero evento, Derek non aveva ancora minacciato Stiles, ma anzi, sembrava quasi combattuto: se sull’accettare, prendersi il cibo con la forza o andarsene, era ancora da stabilire. Lo sguardo del capobranco andò assottigliandosi sempre di più, ma inaspettatamente, stavolta non c’era ansia negli occhi color ambra del ragazzo, solo fiducia, che ebbe l’effetto di innervosirlo e agitarlo ancora di più. Passò quasi un minuto, un minuto di tensione, che si riversò anche sugli altri, prima che la voce sarcastica di Stiles si facesse risentire. «Andiamo Derek, abbiamo tutti fame. Cedi e facciamola finita.» esclamò picchiettandosi l’indice sulla guancia «Ti ho fatto fare di peggio, se ricordi.» aggiunse, e prima di finire la frase si ritrovò pressato a terra, con un braccio sulla gola.

Il primo pensiero che attraversò la mente del liceale fu di aver davvero esagerato, tirando fuori la storia di Miguel: se quella volta se l’era cavata impattando con il volante, stavolta non sarebbe stato così fortunato. La seconda cosa che lo colpì furono gli occhi rossi dell’Alpha, e fu certo che anche gli altri li avessero notati, dal modo in cui erano scattati, pronti ad intervenire. Deglutì, aspettando che tornasse in sé o l’uccidesse, ma –e quello era davvero il giorno dei miracoli! – senza nessun preavviso, Derek si abbassò sulle sue labbra, baciandolo con rabbia per un breve istante e, prima di ritrarsi, gli morse quello inferiore, facendolo guaire di dolore.

Stiles era certo –poteva anche scommetterci la sua amata Jeep– che un istante prima di compiere il fattaccio, e per la sua breve durata, gli occhi di Derek erano nuovamente del loro colore grigio-verde, mentre quando si era allontanato erano nuovamente rossi. Oltre a questo, mentre osservava le facce dei presenti, e prendeva coscienza che era stato baciato proprio lì, in mezzo a tutto il branco, un altro pensiero, più inquietante ancora prese possesso della sua mente: stavolta aveva si, avvertito qualcosa. Sedendosi di fianco a Scott, il più lontano possibile dai due Hale, cercò di analizzare, scomporre e catalogare le sensazioni e i suoi pensieri confusi. Ovviamente c’era stata la paura, per un momento aveva davvero sudato freddo, ma poi era subentrata ad essa, precisamente alla vista di quel verde, l’aspettativa; infine, e quello davvero lo turbava e lo allarmava, aveva sentito una stretta alle viscere, qualcosa che era certo avrebbe dovuto avvenire con Lydia, e invece era accaduto con Derek. Oltretutto, non aveva nemmeno avvertito quella stessa sensazione di disagio, se si escludeva l’ovvio imbarazzo, dovuto alle assurde circostanze di essere schiacciati a terra da un licantropo furioso –ma lo era davvero?– e baciati davanti al suo branco, composto da suoi amici e compagni di scuola. Umettandosi le labbra, lanciò un’occhiata in tralice al suo personale aguzzino –come altro avrebbe potuto definirlo?– prima di staccare un morso di carne, con aria vagamente imbronciata. Mentre masticava, si chiese allarmato se il suo battito, chiaramente irregolare per lo spavento, fosse mutato anche in seguito, e se qualcuno se ne fosse reso conto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Yeeeh!! Buonsalve a tutti!!

Piaciuta la sorpresa?

Questo fin’ora è il capitolo più lungo, come avrete potuto notare, ma non sappiamo ancora se rimarrà un primato o meno. Comunque, il pranzo è ancora lungo… sembra una minaccia, vero? E potrebbe esserlo… Mwahahahah!!

Ed ora, la domanda di rito, diremmo:

Il bacio che vi è piaciuto di più, ovviamente escludendo Derek, qual è stato? Rose_97 dice quello di Jackson, mentre leyda parteggia per Peter e Scott e Isaac.

Ci piacerebbe ricevere un po’ di pareri, magari anche su quello che fin’ora vi ha divertito di più. O su quello che secondo voi passa per la mente dell’ex-Alpha di BH. O se preferireste dei capitoli più corti, ma sappiate che comunque la storia è ancora luuungaaa!!!

Anyway… cosa succederà prossimamente? Chi lo sa… noi, ovviamente!!^_^

A parte ciò, vogliamo ringraziare come al solito tutti quelli che preferiscono, seguono e recensiscono, in particolare le 6, Uao! SEI! Le Sei persone che hanno commentato il capitolo precedente ovvero: sasosasosaso, EmmeEnne, Artemis91, Natina, susyko e Fuores. Grazie!

Abbiamo detto tutto… per ora!!

A venerdì prossimo!!^________^

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Capitolo 8
*** Sfida ***


Sfida

Ovvero

Queen vs Europe

 

 

 

 

 

 

Stranamente, nessuno pareva intenzionato a commentare quello che era appena successo. Anzi, a parte Scott, che forse era ancora scioccato, per gli altri sembrava essere stato un atto di natura comune, come se ogni giorno, lui e Derek si saltassero addosso per baciarsi. Beh, era vero che si saltavano addosso, o meglio, era vero che Stiles faceva innervosire così tanto l’Alpha da costringerlo, praticamente, a saltargli addosso, ma sicuramente mai, nemmeno una volta, Derek l’aveva fatto per un motivo diverso dal minacciarlo fisicamente di morte. Perciò, com’era possibile che nessuno avesse qualcosa da dire in merito? Probabilmente non si azzardavano a farlo per timore della reazione del capobranco, ma non credeva che Peter o Lydia, o anche Allison non avessero nessun commento di natura ironica e/o cinica da fare. A dire il vero, Allison non era proprio il tipo da fare commenti di quel genere, ma non era neanche certo che non avrebbe detto nulla in proposito, quindi perché non si esprimeva? E Lydia? Dopo il suo commento di prima, credeva, anzi era sicuro, che se la fosse presa, quindi cosa stava aspettando a mettere in campo il suo 50% di malvagità? Possibile che non avesse realmente nulla da dire? Lydia, che sapeva sempre tutto su qualsiasi argomento?

A strapparlo dalle sue elucubrazioni, fu la voce di una delle due ragazze chiamate in causa nella sua confusa mente, in particolare era la voce della cacciatrice che lo richiamava alla realtà. «É tutto buonissimo Stiles.» commentò.

Le parole impiegarono qualche secondo in più a penetrare la cortina dei suoi pensieri, e per un attimo, rimase a fissarla con sguardo perso, prima di ringraziarla con un po’ di imbarazzo.  «Almeno qualcuno apprezza, e ha il buon cuore di rendermelo noto.» ironizzò.

Jackson sbuffò scocciato e, guardandolo con sufficienza rispose: «Se non avessimo gradito, a quest’ora ci saresti tu a sfrigolare sulla griglia, idiota.» senza accorgersi dell’irrigidimento dei due Hale, cosa che invece non sfuggì al figlio dello sceriffo, che fu pronto a ribattere, per allontanarsi da quel campo minato. Possibile che quell’idiota non collegasse il cervello prima di parlare? Voleva essere ucciso da Derek, che quel giorno era già stato messo alla prova a sufficienza?

«È bello sapere di poter contare sempre sulla tua gentilezza, mr. Simpatia. Perché non ti ci strozzi con quella costina, e ci liberi della tua stupidità?» lo freddò, mentre Lydia emetteva uno sbuffo di risata e Scott rideva apertamente.

«Dai Gandalf, lascialo perdere.» ridacchiò Isaac.

«Stilinski, mi hai appena paragonato a un hobbit?!» ringhiò Jackson, scatenando apertamente le risate di tutti. Risate che aumentarono all’espressione fintamente confusa e innocente di Stiles. «Come mai oggi non hai paura dei lupi, cappuccetto?» ghignò, con la sua solita espressione saccente, occhieggiando l’immancabile felpa rossa del ragazzo.

«Perché io sono uno che balla coi lupi, e questi sono i miei due due calzini.» rispose prontamente, afferrando Scott e Isaac un braccio per ciascuno, e tirandoli verso di lui, mentre erano ancora intenti a ridere.

«Ok, dovete citare tutti i film in cui compaiono dei lupi, o possiamo parlare di altro?» chiese Erica, posando la mano sul braccio di Jackson, già pronto a ribattere. «Tipo… cosa c’è qui dentro?» domandò mostrando la borsa portata dai due licantropi. Senza aspettare una risposta, aprì la zip e guardò all’interno.

«Oh, interessante.» commentò richiudendo e posandolo di nuovo al suo fianco, facendo sorridere Peter.

«Cosa c’è dentro?» domandò Boyd, allungando la mano verso la borsa.

«Dopo che abbiamo finito.» lo fermò la bionda, con un sorriso, conscia di star stuzzicando la curiosità di tutti. In realtà il contenuto non era niente di particolare, solo un pallone e qualche altro gioco per passare il tempo, ma sapeva che se avesse permesso loro di vedere, avrebbero abbandonato subito il pranzo per mettersi a giocare, e lei voleva che prima finissero di mangiare tutti quanti assieme, come avrebbe dovuto essere in un vero branco. Era abbastanza sconcertata dal fatto che fosse stato necessario organizzare una festa per creare un po’ più di spirito di gruppo, ma neanche troppo; alla fine, in un modo o nell’altro, era Stiles che teneva tutti uniti, che inventava piani per risolvere le situazioni, e possibile che Derek non si rendesse conto che si faceva aiutare più spesso da lui che da Scott? O forse, pensò, occhieggiando il capobranco, ne era perfettamente consapevole, ma non voleva ammetterlo né darlo a vedere in alcun modo? Eppure, trattandolo sempre in quel modo violento, attirava ancora di più l’attenzione su di loro.

Erica sorrise a Stiles, che continuava a guardarla con un espressione quasi angosciata, mentre intuiva i pensieri del ragazzo. Probabilmente si stava ancora chiedendo perché nessuno aveva detto nulla. Lei avrebbe tanto voluto, in realtà, dirgli quello che pensava, ma finché fosse stata a portata del super udito dell’Alpha non avrebbe aperto bocca. Quando Derek aveva ceduto, qualche minuto prima, a stento si era trattenuta dal saltare in piedi esclamando un «Era ora!» e battendo le mani, ma se avesse fatto una cosa del genere, le conseguenze poi non sarebbero state piacevoli, nonostante i poteri rigenerativi. Perciò avrebbe aspettato di essere da sola con Stiles, per metterlo in imbarazzo, concluse con un sorrisino.

Fu distratta dai suoi pensieri da Isaac che si alzò in piedi, e velocemente afferrò la borsa posta di fianco a lei, prima che riuscisse a fermarlo. Il licantropo si allontanò di qualche passo, recuperando il pallone e immediatamente, proprio come aveva immaginato, già erano tutti in piedi pronti a correre.

«Voi non giocate?» chiese Lydia, sistemandosi più comodamente, ora che lo spazio a disposizione era aumentato.

«Credo di essere troppo vecchio e poco benvoluto.» rispose Peter sorridendo placido, mentre le sue parole venivano liquidate da uno sbuffo e un gesto della mano, per sottolineare la sciocchezza.

«E tu Stiles?» chiese Allison. Aveva notato che era tentato, ma si frenava.

«Ma scherzi? Ci tengo alle mie ossa e preferirei mantenerle intere, non ritrovarmele sbriciolate come i biscotti della cheescake. Penso invece che mi farò una dormita.» concluse, sbadigliando mentre si stendeva un po’ più in là sulla coperta, con le braccia incrociate dietro la testa. Evidentemente Scott l’aveva sentito, perché arrivò di corsa, buttandoglisi addosso e mozzandogli il fiato.

«Non puoi dormire! Che ne è di tutta la tua energia da iperattivo? Vieni a giocare, ci tratteniamo, promesso.» lo pregò, cercando di farlo alzare, tirandolo per un braccio.

«Parla per te, McCall!» urlò Jackson.

«Ecco appunto. Magari vi raggiungo dopo, quando avrete sfogato parecchia della vostra super energia lupesca, che ne dici?» propose il ragazzo, tentando di scacciare l’amico.

«Dai, Stiles!» insistette, ma l’intervento di Erica e Lydia, lo lasciò stupito.

«Piantala Scott. Stiles rimane qui con noi.» esclamò la bionda, accoccolandosi da un lato del ragazzo, poggiando la testa su un suo braccio, mentre Lydia occupava l’altro lato.

«Voi andate pure a frantumarvi le ossa finché volete, noi preferiamo rimanere qui a goderci il festeggiato.» decretò la rossa, impedendo comunque a Stiles di ribattere alcunché in favore di uno o dell’altra. «Portatevi Derek, invece.» concluse spostando lo sguardo sul capobranco, che le riservò uno sguardo sorpreso. Scott alternò lo sguardo dall’amico, praticamente circondato dalle ragazze, che osservava la scena incuriosito, al ragazzo taciturno che non pareva intenzionato a muoversi da lì.

«Forza, Derek. Unire il branco, ricordi? Vai a giocare con i tuoi cuccioli…» lo liquidò Lydia, per nulla impressionata dall’occhiataccia che le fu rivolta, mentre Erica e Stiles si scambiavano una fuggevole occhiata divertita, pensando che la rossa sapeva esattamente quali tasti premere per ottenere la reazione che voleva, da chiunque.

Con gran sorpresa di Scott, ma non degli altri quattro, il ragazzo si alzò e raggiunse gli altri, mentre lui si scambiava un’occhiata stupita con Stiles, che non perse l’occasione per lanciare una frecciatina al lupo. «Ehi, guarda che l’importante è divertirsi, non spaccare ossa!» facendo ridere le tre ragazze e l’unico lupo rimasto.

Appena i due si furono allontanati, un brivido percorse la schiena di Stiles, il quale decise di tentare di far finta di aver sonno e volersi davvero fare una dormita, ma Erica si girò sulla pancia e, poggiando la guancia sul suo petto, lo fissò con sguardo malizioso. Stava per parlare, quando l’arrivo di Isaac l’interruppe.

«Cos’altro c’è?» domandò seccata Lydia.

«Uh, ci manca un giocatore.» rivelò, alternando lo sguardo tra il ragazzo umano e l’ex-Alpha di Beacon; ad alzarsi fu quest’ultimo, commentando con un enigmatico: «E sia, era destino. Fanciulle, lo lascio in buone mani, vero?» ricevendo in risposta due sorrisi scaltri e uno più compassionevole.

«Uhm… cosa intendeva dire con quelle parole? Che sta per succedere?» domandò preoccupato Stiles, intanto che Allison alzava il volume dello stereo, per impedire ai lupi più in là di ascoltare quello di cui stavano per parlare.

 «Oh, non preoccuparti.» assicurò Erica, ancora comodamente accoccolata su di lui, per impedirgli di alzarsi e tentare la fuga.

«Mi preoccupo eccome, invece. Sono da solo con una cacciatrice, una lupa e una ragazza immune. E siete tutte e tre un po’ troppo intelligenti, belle e scaltre per i miei gusti. Così non è uno scontro leale.» tentò di adularle, per evitare che iniziassero quello che, già lo sapeva, sarebbe stato un imbarazzante discorso. Imbarazzante per lui, perché a giudicare dalle loro espressioni, come di tre gatte che giocano con un solo e indifeso topolino, si stavano decisamente divertendo. E quello non era per niente un bene. Per lui. Perché non tentavano una cosa del genere con Derek? Ah già, si ricordò, lui è un Alphamalefico e misantropo. E forse anche misogino, dopo l’esperienza con Kate, ma non ne era sicuro. Ciononostante non era giusto che fosse solo lui a pagare le conseguenze di un colpo di testa dell’altro. Cavolo, aveva rischiato di fargli venire un doppio infarto.

«Caro Stiles… i complimenti non funzionano, anche se ci fanno piacere, vero Allison?» domandò Erica alla cacciatrice, che annuì.

«Ma no, che c’entra. Lo penso davvero.»

«E tutto ciò è molto lusinghiero, davvero. Però non riuscirai a distrarci.» ripeté la mora, ricevendo uno sguardo implorante e sconcertato insieme.

«Anche tu, Allison? Ma si può saper che volete da me? Non bastava…» s’interruppe, ma ormai il danno era fatto, e le ragazze colsero la palla al balzo.

«Cosa? Non bastava, cosa?»

«Era così per dire, Erica. Sai come quando dici…» tentò prima di arrendersi con un sospiro sconfitto «Ok, facciamo in modo che sia rapido, eh? Cosa volete, esattamente? Senza giri di parole. Dritte al punto. Come si dice: via il dente, via il dolore.» concluse, fissando il cielo per non vedere la complicità delle tre.

«Beh, se sei così deciso…  da cosa iniziamo?» chiese la rossa.

«Vogliamo partire dalle occhiate che vi scambiate? O parliamo direttamente da quello che è successo poco fa? Perché in entrambi i casi, ho molto da dire.» annunciò Erica.

«Uh, com’è questa storia degli sguardi?» s’informò Lydia, che era quella più all’oscuro, nonostante le avessero raccontato le parti salienti di tutto ciò che era successo. Eccezionalmente a prendere la parola, e a shoccare Stiles, fu Allison.

«La storia degli sguardi è una cosa del tipo: tensione. Fin’ora è stata decisamente platonica, anche se con sfoghi violenti, ma ti assicuro Lydia, era quasi palpabile. Probabilmente l’unico motivo per cui è rimasta a livello astratto, è stata la mancanza di tempo per sfogarla in modo adeguato.»

«Allison! Tu quoque? Non eri tu quella che voleva uccidere Derek?» urlò Stiles, attirando gli sguardi incuriositi del gruppo intento in una partita di calcio.

«Stiles, ho solo detto quello che ho visto.» rispose seria, con un’alzata di spalle.

«Ma non è…»

«È verissimo, invece. E io lo posso confermare. Ti ricordi quella volta in piscina? E a questo proposito, come mai eravate entrambi zuppi quando mi sono ripresa? Derek non me l’ha mai raccontato, sebbene abbia insistito parecchio.»

«Oh, parli di quando Jackson era ancora un Kanima? Scott mi ha detto di averli presi appena in tempo, prima che affogassero.» raccontò Allison, con timore di Stiles, che non voleva assolutamente parlare di quella volta, né di alcun’altra, grazie. E sperò vivamente che non gli chiedessero a cosa si riferiva prima, per aver fatto così infuriare Derek.

«Davvero? E come ci siete finiti a mollo, tutti e due? E se stavate affogando… aspetta, possibile che…» ipotizzò Lydia, spalancando gli occhi per l’idea che le si era appena formata.

«Non è una storia interessante, davvero. Anzi è piuttosto noiosa, a parte quando Scott mi ha chiuso il telefono in faccia. Scommetto che era con te, vero?» domandò direttamente alla mora, che si morse il labbro, colpevole.

«Stavamo cercando il bestiario, ed eravamo in camera di Gerard. Per quello ha reagito così. Ma tu come mai avevi chiamato?» rigirò la domanda. E stavolta fu il turno di Stiles di mordersi la lingua, per aver come al solito parlato troppo.

«Perché ero parecchio stanco, dopo aver tenuto due ore a galla quella massa ambulante di muscoli dispotici e violenti, che corrispondono al nome di Derek Hale. Avrei gradito un aiuto, celere possibilmente, invece Scott è arrivato quando stavamo iniziando a brindare con l’acqua della piscina. Dovrei ricordare al mio “migliore amico” che non voglio morire a scuola. Credo l’abbia dimenticato.» sibilò, corrucciando lo sguardo.

«E come mai hai dovuto farlo?»

«Fare cosa? Dirgli che non voglio morire a scuola, o tenere a galla Derek in una piscina? Specifica, Lydia.»

«Entrambe.»

«La prima gliel’ho detto quella volta che eravamo tutti a scuola, di notte, con quello psicopatico laggiù che ci braccava.» disse, indicando Peter con una mano «Per intenderci è stata la prima volta che avete rotto, Allison. la seconda… beh… non potevo mica lasciarlo morire, no? Dopotutto aveva provato a salvarmi… anche se è stato proprio lui a mettermi in pericolo. Cavolo, avrei dovuto lasciarlo affogare. E dire che ho sprecato due occasioni perfette! Che idiota che sono stato.»

«Due?» domandò la lupa, sistemandosi meglio.

«Beh, si. All’inizio l’ho praticamente buttato io in piscina. Mi era caduto il cellulare, e per recuperarlo mi è inciampato addosso, e siccome era già paralizzato è andato giù come un pezzo di piombo. La seconda occasione sprecata è stata quando ho chiamato Scott. Lì ero quasi al limite, e l’ho lasciato andare volontariamente per recuperare il cellulare. E Scott mi ha chiuso il telefono in faccia! Il mio migliore amico, mi ha chiuso una chiamata, mentre io ero in pericolo, con un Alpha paralizzato e inabissato, e un lucertolone mortale appostato fuori dall’acqua! E quando sono sceso per recuperare Derek, sapete lui che ha fatto?! Ha chiuso gli occhi e ha sorriso. Ha sorriso soddisfatto, capite? Maledetto lupastro, dovevo lasciarlo lì sotto ad affogare, altroché.» raccontò, poggiandosi sui gomiti.

Nell’infervoro che l’aveva colto, non si era accorto degli sguardi compiaciuti che erano passati tra le tre ragazze.

«C’è altro di cui vorresti sfogarti?» chiese Lydia.

«Un sacco di cose, in effetti. Ma mi sembrate già abbastanza soddisfatte così. Beh, abbiamo finito? Posso dormire un po’, ora?» La speranza di essersela cavata con così “poco” si frantumò sul sorriso di Erica. Gemendo frustrato, aspettò che qualcuna parlasse.

«Oh no! Ora voglio sapere cos’è questa cosa imbarazzante che ha fatto reagire così il mio algido capobranco. Avanti, illuminami!»

«Ahah! No. E stavolta è un no definitivo. Questa storia morirà con me, me la porterò nella tomba. Se sei così curiosa, chiedi direttamente a lui…» rispose Stiles, indicando con un cenno del capo Derek, a qualche metro di distanza, che dava prova di saper anche giocare a calcio. «E che cavolo! C’è qualche cosa in cui non è bravo? Ah già… l’umana comprensione. Bella consolazione…»  brontolò guardandolo storto.

«A me sembra che ti capisca. E molto bene, aggiungerei.» ridacchiò Lydia, riportando l’attenzione del ragazzo su di sé.

«Non sono d’accordo, ma concordo per quieto vivere.» sospirò, ridistendendosi.

«Io invece sono d’accordo con Lydia. Ti assicuro che poco fa ti ha compreso benissimo, secondo me. Tu che ne pensi Allison?»

«Che Derek ha decisamente colto l’attimo. Però pensavo fosse un tipo più riservato… ma non poteva certo lasciarsi scappare l’occasione.» commentò.

«Già, soprattutto dopo quello che ha fatto la nostra rossa qui presente. Doveva rimarcare la proprietà.» sogghignò Erica.

«Ehi, io sono ancora qui disteso, sotto di voi. E ci sento ancora. E… oh mio Dio. Era finito il cd… » gemette, insospettito dal silenzio che era sceso. Piegando il capo indietro, vide che tutti lo stavano osservando, chi ridendo perfidamente –Jackson e Peter–, chi confuso –Scott–, chi rassegnato –Isaac e Boyd–, ma lo sguardo più pesante era senza dubbio quello di Derek, furioso all’inverosimile.

«Ok… sono morto. Avete una pistola, così la faccio finita in fretta? O magari potrei riempirmi le tasche di pietre e buttarmi nel fiume…» ponderò, vedendo lo sguardo verde assottigliarsi, fino a diventare due lame affilate.

«Non preoccuparti Stiles. Hanno sentito solo la tua ultima battuta.» l’informò Erica.

«Oh, questo è molto consolante. Quindi chi mi ucciderà? Jackson? Boyd? Magari assieme? O un po’ per uno, così non fanno torto a nessuno? Spero che Scott mi difenda… Ehi amico! Mi difendi tu?» urlò, cercandolo con lo sguardo, e trovandolo intento a tenersi una gamba, sorretto da Isaac. Preoccupato, si alzò in piedi e li raggiunse.

«Mi spiace, Stiles. Stavolta passo…» ridacchiò, nonostante il dolore all’osso.

«Fammi indovinare… un contrasto violento con questo qui, vero?» ironizzò, indicando Derek proprio dietro di lui. «Dai, vieni a sederti finché non si risalda.». Mentre l’accompagnava, sorreggendolo con una mano dietro la schiena, aggiunse «E ora hai capito perché non ho intenzione di giocare con voi, su qualcosa che sia diverso da un campo di lacrosse con un arbitro, un allenatore e un sacco di testimoni.» concluse facendolo sedere. In parte era sollevato che l’amico si fosse momentaneamente infortunato, perché almeno quelle tre volpi avrebbero smesso di fargli domande imbarazzanti con l’intento di fargli fare un passo falso, dicendo cose che non voleva dire. Perché non le pensava assolutamente, si ricordò. Purtroppo, la sua fu una vana convinzione. A quanto pareva, infatti, dopo aver messo un altro cd, Lydia si voltò verso i due ragazzi con il chiaro intento di continuare.

«Lydia, ti prego…» pigolò, mentre Scott cercava di capire il terrore dell’amico, e la sua reticenza a parlare con la rossa.

«Voglio solo chiedere una cosa a Scott, dopodiché non parleremo più di questa cosa, finché non sarai tu a farlo di nuovo.» assicurò la ragazza, spostando lo sguardo in quello di Scott, che le riservò la sua attenzione, dopo una scrollata di spalle dell’amico.

«Di cosa stavate parlando? Cosa centro io?»

«Stavamo chiedendo a Stiles cos’è che ha fatto a Derek, per farlo reagire così. Ma non è questo che vorrei sapere da te. In realtà, m’interessava sapere che ne pensavi tu, della scena di poco fa.»

Scott arrossì un po’, spostando lo sguardo sull’amico che lo pregava con gli occhi di non rispondere, al gruppo più lontano, passando poi sul viso di Erica, che si era nuovamente sdraiata, sostenendo la testa su una mano, a Allison, che aspettava in silenzio. «Beh… io… ma…» farfugliò indeciso.

«Dai Scott. Tu conosci Stiles da più tempo di tutti noi. Che ne pensi?» lo stuzzicò Erica.

«Scott, accontentale e rispondi, o andranno avanti finché non dirai qualcosa che mi fregherà.» sospirò Stiles, poggiandogli una mano sulla spalla. L’amico lo guardò confuso, prima di buttare fuori un «È stato scioccante.» che però, al ragazzo che lo conosceva da sempre, fece capire che c’era qualcosa di non detto. Avrebbe voluto chiedere, ma di certo non in presenza di altri.

Le tre ragazze parvero interdette dalla risposta, ma Lydia non demorse e tornò alla carica. «Quello lo è stato per tutti, fidati. Io intendevo se hai avvertito qualche cambiamento in Stiles.»

«Certo che ho avuto un cambiamento! Ero terrorizzato dal fatto di poter morire da un secondo all’altro!» urlò il ragazzo chiamato in causa, venendo ammutolito dalle parole di Scott.

«Era di sicuro terrorizzato. Cavolo Stiles, avevi il cuore a mille. Pensavo stesse per venirti un infarto, o che stessi iperventilando.»

«Eh, sai com’è. Avevo un Alpha in procinto di assaggiare il mio sangue. Non so tu, ma io di solito mi agito per queste cose. Soprattutto quando il suddetto Alpha non mi sopporta.» esclamò sarcastico.

«Non è vero che non ti sopporta. Sennò non sarebbe qui…» rispose Scott, osservando Stiles portarsi le mani ai capelli, come per strapparli, lamentandosi, mentre Erica, Lydia e Allison ridacchiavano vittoriose.

«Ok, parliamo di altro?!» esclamò, il figlio dello sceriffo, decisamente in imbarazzo. «Come va la tua gamba?»

«Mh, sta guarendo. Probabilmente l’avrei evitato, prima, se non ti avessimo sentito. Ci hai deconcentrati tutti, amico.» rise Scott, allungando una mano per prendere qualcosa da mangiare.

«Beh, non è mica colpa mia. Prenditela con loro.» ribatté indicando le ragazze, che assunsero un’aria innocente. Sbuffando, si stese nuovamente, pensando alla conversazione, a tutto quello che era successo prima, e che aveva portato a quello. A quanto pareva, anche se non era molto sicuro di poter fare affidamento sulle percezioni  di Scott, nessuno aveva notato il suo effettivo turbamento. Certo era sconvolto dal gesto, come tutti gli altri, ma lo era di più per quello che aveva sentito, perché implicava un sacco di cose, una più sconcertante dell’altra, e nessuna, a suo parere, portava a qualcosa di concreto. Rimase assorto nei suoi pensieri, per quasi mezz’ora, ascoltando parzialmente i discorsi attorno a lui, finché una canzone non lo fece scattare a sedere per scambiarsi un’occhiata stupita con Scott, a cui nel frattempo, era guarita la frattura.

«Non posso crederci, è “Princes of the Universe”! Scott ti ricordi quando avevamo visto il film?» esclamò eccitato, con un sorriso enorme, ricambiato dall’altro.

«E chi se lo scorda. Quante bastonate ci siamo dati, giocando? Tu ti sei quasi rotto un braccio.»

«Eh, me lo ricordo! Dai, dobbiamo cantarla in memoria dei vecchi tempi.» decretò, tirandolo in piedi. «Aspetta, aspetta. Ci servono le spade.» aggiunse, correndo a staccare due rami dall’albero più vicino, mentre tutti si fermavano per osservare la scena. Stiles tornò di corsa e consegnò un bastone a Scott, che ridendo, chiese a Allison di rimettere la canzone dall’inizio. E fu come tornare bambini, non solo per loro due, ma anche per gli altri che li guardavano correre e duellare con i bastoni. Quando la canzone finì, Stiles aveva il fiatone, ma non gliene importava nulla, e ridendo si buttò nuovamente sulla coperta, mentre il resto del gruppo si univa a loro.

«Come mai questa performance guerriera, Stiles?» domandò Jackson, ridendo divertito, senza alcuna supponenza o sufficienza. Per una volta, era semplicemente Jackson, senza bisogno di dimostrare di essere il migliore. Dopotutto, se Stiles non aveva paura di essere deriso facendo una cosa come quella, anche lui poteva permettersi di abbassare un po’ la guardia, almeno per quel giorno.

«Perché no? Tanto non mi prendete già per pazzo? Che sarà mai questa cosa, ormai.» minimizzò, alzandosi sui gomiti, per parlare faccia a faccia con Jackson. «Vediamo se sai fare di meglio, Whittemore. A te, stupiscimi.» lo sfidò sorridendo.

Alzando il mento, con aria di superiorità, il lupo si mise a cercare una canzone che lo soddisfacesse, e la scelta cadde su “The Final Countdown”; dopodiché mise in pausa e si voltò, vagliando con lo sguardo tutti i componenti del gruppo, per trovare qualcuno che lo supportasse adeguatamente. Dopotutto, anche se era una sfida lanciata per gioco, non aveva nessuna intenzione di sfigurare. Alla fine decise per Isaac e Scott. Gli altri si sedettero sull’erba, e Stiles aspettò il cenno dello sfidato per far partire la musica. Già dai primi secondi di esibizione, si scatenò l’ilarità generale, ad eccezione di Derek, che come al solito cercava di mantenere la sua aria impassibile, nonostante qualche impercettibile alzarsi degli angoli della bocca. A metà canzone, Stiles stava soffocando dalle risate e gli rotolò addosso senza accorgersene, asciugandosi le lacrime agli occhi, mentre il lupo lo osservava con aria perplessa. Quando fece per rimettersi a sedere, vide l’ombra di un sorriso e, passandogli un braccio sulle spalle, gli sollevò un angolo della bocca, esclamando «Avanti, non fare sempre il lupo musone. Se sorridi non muore nessuno. A meno che per te non valga qualcosa come la storia delle fate…». Le ultime parole si persero sulla sua maglia, dove Stiles si era appoggiato ridendo, fino a farsi venire il singhiozzo.

«Sei un idiota.» commentò, inarcando un sopracciglio, ma senza fare alcunché per spostarlo.

«É… è colpa…loro… guardali!» singhiozzò, poggiando il mento sulla spalla del lupo e indicando il trio con una mano. «Oh Dio! Non… non ce la fac… faccio più. Passami dell’acqua.» ridacchiò ancora. Per fortuna, la canzone era finita e tutti poterono riprendere fiato, mentre qualcuno applaudiva agli inchini dell’improvvisata band.

«Ebbene Stiles?» domandò Jackson, incrociando le braccia con un sorriso vittorioso.

L’interpellato alzò le mani in segno di resa, «Ok, ok... Hai…hai vinto Jack….son.» rispose, prima di attaccarsi alla bottiglietta d’acqua, mentre il trio si risiedeva, soddisfatto. Rimasero qualche altro minuto così, dopodiché, il figlio dello sceriffo si alzò d’improvviso, correndo verso gli alberi.

«Ma che gli è preso?» domandò Erica.

«Credo che se la stesse facendo sotto per il troppo ridere, l’idiota.» commentò Jackson.

«Guarda che ti ho sentito!» urlò Stiles, girandosi a guardarlo brevemente, prima di addentrarsi tra gli alberi.

Mentre chiacchieravano, aspettando il ritorno del ragazzo, Derek aveva la fastidiosa e persistente sensazione che Erica, Lyda, Peter e praticamente tutti gli altri, avessero qualcosa da dirgli, e questo lo stava irritando enormemente; perciò decise di sfruttare l’assenza momentanea e la mancanza di superudito dell’altro, per chiarire velocemente la faccenda con il proprio branco. Avrebbe voluto mandare via Allison e Lydia, ma in qualche modo anche loro ormai ne facevano parte, quindi, con un sospiro interiore di rassegnazione, parlò con il suo solito tono duro e spiccio. «Parlate.»

Tutti si scambiarono uno sguardo confuso, incerti su come interpretare quell’unica parola.

«Potresti essere più chiaro, nipote?»

«È da prima che fremete per la voglia di parlarne. Fatelo ora.» sintetizzò, passando lo sguardo su tutti, sfidandoli a farlo davvero, nonostante le sue parole. Scott e Isaac si guardarono e, con un cenno d’intesa, si alzarono in piedi borbottando qualcosa.

«Se proprio non volete restare, andate a trattenere Stiles.» disse Erica, ma l’ordine secco di Derek «State seduti.» li costrinse a rimanere.

Nonostante il permesso accordato, nessuno dei lupi sembrava intenzionato ad aprire il discorso, per paura di qualche ritorsione futura, per questo motivo stavano tutti fissando le due ragazze, sperando che fossero loro a portare avanti la conversazione, mentre i lupi si sarebbero limitati a qualche intervento d’assenso. Portandosi i capelli dietro le spalle, Lydia puntò i suoi occhi verdi in quelli, ugualmente verdi del capobranco.

«La questione è semplice in realtà, come mai hai reagito in quel modo prima?» domandò, dimentica della capacità di Derek di rimanere impassibile e del suo mutismo indotto. L’Alpha, infatti, aveva si concesso loro di parlarne, ma non aveva accennato ad alcuna sua possibile risposta. Sfortunatamente la rossa era decisamente intelligente, e capì il suo gioco in una manciata di secondi, e sorridendo parlò nuovamente, stavolta con il chiaro intento di ottenere almeno una minima reazione fisica, se non verbale.

«Non ti servirà a niente, questo comportamento. Pensavo fossi cosciente, che la maggior parte di noi è sufficientemente sveglia da capire quello che è successo.»

«Cosa vuoi dire?» intervenne Scott, causando uno sbuffo scocciato da parte della ragazza e di Jackson.

«Per l’amor del cielo. Lahey portatelo via. Andate a cercare Stiles.» esclamò.

«Ma…»

«Scott. Stai zitto.» sibilò Lydia. «Dunque…»

«Oh, insomma. Siete così ovvi!» sbottò esasperata Erica, ricevendo un’occhiata gelida in cambio, che la ammutolì, ma ormai era come se avesse lanciato benzina sul fuoco: tutti si sciolsero e tentarono di dire la loro. Alla fine si ritrovarono a parlarsi tutti uno sopra l’altro e, in qualche modo, il lupo si defilò senza che nessun’altro se ne accorgesse, troppo presi a discutere tra loro. Sorridendo non visto, si spostò lungo il fiume, sedendosi su un masso, raggiunto poco dopo da Peter.

«Un’ottima strategia. Ma non cambia la realtà, nipote. Sei già a metà strada, devi solo decidere se fermarti o andare avanti. E per come la vedo io, dovresti proprio andare avanti. Non ve ne rendete conto, ma Stiles unisce il branco più di quanto pensiate.»

«Che assurdità.» commentò guardando l’acqua scorrere, mentre le voci di Jackson e Isaac, intenti a spiegare qualcosa a Scott li raggiungevano.

«Davvero? Chi ha aiutato Scott a controllarsi quando tu non sei stato in grado di farlo? Chi ti ha aiutato a trovarmi quando non sapevi dove cercare? Chi ti ha salvato la vita più di una volta? Chi è la mente dei tuoi piani? E chi, infine è sempre in prima linea quando c’è bisogno, anche se rischia di morire?» domandò retoricamente, aspettando poi in silenzio l’ovvio responso.

«…Stiles.» rispose a denti stretti.

Come evocato dalla sua voce, il ragazzo uscì dal bosco e, sconcertato dalle urla, si avvicinò ai due, per chiedere spiegazione. Peter sorrise enigmatico e, passandogli una mano tra i corti capelli disse «Senza il giusto collante i pezzi si sfaldano.» prima di allontanarsi, per andare a sedare i cuccioli.

«Uhm… tuo zio è posseduto da un oracolo? Che voleva dire con quella frase? E che gli è preso a tutti? E perché tu devi fare sempre il solito lupo asociale?»

«Io non faccio il lupo asociale.» ringhiò, girandosi a guardarlo.

Per tutta risposta Stiles inarcò le sopracciglia, e incrociò le braccia al petto. «Ah no? Quindi sei qui, perché in realtà sei un pesce e stai cercando di tornare nel fiume? In effetti saresti un ottimo pescecane, peccato che quelli vivano nel mare e non nei fiumi. Quindi in questo caso potresti fare il pescegatto, ma sarebbe parecchio contraddittorio, no? Certo, l’aggressività è la stessa, ma… perché sto parlando di questo? …Ah già. Sei un lupo asociale. Hai intenzione di confermare la mia tesi, restando qui, o preferisci smentirmi e tornare dagli altri?» domandò. Nessuno dei due si era accorto che il vociare alle loro spalle era cessato, per ascoltare lo scambio di battute, e nessuno vide Jackson recuperare il pallone e tirarlo precisamente dietro la nuca di Stiles, sbilanciandolo e facendolo cadere nell’acqua, trascinandosi dietro Derek che aveva cercato di afferrarlo.

«Jakcson! Sei pazzo?» sussurrò Lydia, non potendo evitare di ridere, quando i due riemersero, uno lamentandosi per il dolore, l’altro fulminando tutti con lo sguardo.

«Ah, che male! Ma chi diavolo è l’idiota?» urlò Stiles, riguadagnando la riva, seguito da Derek. «È gelata, Jackson. Decerebrato mannaro che non sei altro!» continuò, cominciando a battere i denti per il freddo.

«Oh, mi dispiace…» dichiarò, per nulla pentito, ma un po’ preoccupato, visto che Derek non aveva ancora detto né fatto nulla.

«See certo. Così ti sei vendicato per prima, vero, piccolo hobbit? Io vado a cambiarmi.» sentenziò, rivolgendo un’ultima occhiata al lupo ghignante prima di allontanarsi.

«Dovresti cambiarti anche tu, Derek» disse Allison, rimanendo seria, nonostante avesse una gran voglia di ridere.

«Muovetevi. Si torna tutti.» ordinò, gli occhi rossi di rabbia e i denti snudati. Immediatamente ci fu un gran fermento, e in pochi minuti tutto era stato raccolto e sistemato, e in un silenzio bisbigliante, si avviarono dietro Derek, raggiunti da qualche starnuto lontano, da parte di Stiles. Arrivarono alla villa tutti assieme e mentre i cuccioli si affaccendavano in cucina a sistemare gli avanzi e tutto il necessario, Derek afferrò Stiles per un braccio portandolo di sopra.

«Guarda che so camminare da solo.» si lamentò, con le labbra livide e un tremore costante. Senza parlare lo spinse in uno dei bagni e rovistò alla ricerca di un asciugamano.

«Fatti una doccia calda. Nella stanza a destra c’è qualcosa di asciutto.» disse, prima di uscire, per andare ad asciugarsi e cambiarsi a sua volta, mentre Stiles commentava con un «Non pensavo avessi anche l’acqua calda…»

Quando scese dagli altri, li trovò intenti a chiacchierare tranquillamente; si sedette davanti a Jackson, fissandolo con sguardo glaciale, e disse «Se ti azzardi a rifare una cosa del genere, ti passo da parte a parte. Sono stato chiaro?» Il lupo non poté fare a meno di annuire, intimidito, comprendendo che la minaccia era seria. Gli sembrò di essere tornato a prima della trasformazione, quando ancora Derek lo terrorizzava a morte. Anche tutti gli altri erano ammutoliti. L’unico che non sembrava risentire troppo della tensione era Peter. L’atmosfera tesa fu spezzata dall’arrivo di Stiles.

«Incredibile. Hai anche dei vestiti colorati.» esclamò, prima di mordersi un labbro, notando l’aria cupa, che scomparve del tutto con le successive parole. «Uhm, che sta succedendo? Progettavate un omicidio? Sapete, vero, che mio padre è lo sceriffo? …Perché mi guardate così?» domandò, osservandosi. Quando era entrato nella stanza indicatogli, aveva rovistato un po’ in cerca di qualcosa che fosse all’incirca della sua taglia, e possibilmente non di qualche colore scuro, perché non voleva assolutamente vestirsi come quel lupo scontroso. Incredibilmente aveva ritrovato la sua maglietta, ma l’aveva scartata in favore di una verde, e dei jeans chiari, ma niente scarpe. Per quello era sceso, e ora tutti lo fissavano straniti, come se gli fossero appena spuntate le ali, o due teste in più, e nessuno si decideva a parlare.

«Scott? Cos’ho che non va?» chiese, mentre Erica si lasciava sfuggire una risata silenziosa.

«Uh… nulla. Perché sei scalzo?»

«Le mie scarpe sono fradice, grazie a qualche idiota. Forse ne ho un paio nella Jeep, andresti a prendermele?»

Annuendo, fece per alzarsi, ma l’Alpha lo freddò con lo sguardo, indicando all’altro ragazzo dove trovarne e ordinandogli di stare fuori dai piedi per qualche minuto, portandosi dietro Lydia e Allison. Stupiti, i tre umani fecero come era stato ordinato, chiudendosi la porta della cucina alle spalle, ignorando gli sguardi imploranti rivolti loro.

«Forse è meglio se usciamo fuori…» considerò saggiamente la cacciatrice.

In silenzio, per cercare di captare quello che avveniva all’interno, si sedettero sotto la finestra che dava sulla cucina, ma inutilmente. Giudicando inutile perdere tempo in quel modo, Lydia si girò verso il ragazzo, che si stava allacciando le scarpe, ed espresse il suo pensiero.

«Probabilmente Scott era scioccato perché… beh, quelli sono i vestiti di Derek, no?» ad un cenno d’assenso di Stiles continuò, «Allora è probabile che tu ora abbia un po’ del suo odore.»

«Ma non è vero. Sanno di… ammorbidente? Derek usa l’ammorbidente?» considerò stupito, pronto a lanciarsi in uno dei suoi monologhi, stroncato sul nascere dalla voce di Allison. «Può darsi che sia così per noi, ma il loro olfatto è più sviluppato, quindi è probabile che sia come ha detto Lydia. Hai l’odore di Derek addosso.»

«Argh! No! È tutta colpa del tuo ragazzo.» strepitò, puntando il dito prima contro la rossa e poi contro la porta, che si aprì in quel momento, facendo riversare all’esterno tutti.

«Beh, comunque sei carino vestito così.» sogghignò la ragazza prima di alzarsi, dandogli un buffetto sulla gamba.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Ed è un altro capitolo lunghissimooo! Accidenti… ormai abbiamo preso l’andazzo…

Ringraziamo Natina che ci ha concesso l’uso dell’Alphamalefico! Grazie!!^^

OMG! Che fatica ‘sto capitolo!

Se non avete mai visto Highlander o il video della canzone, fatelo, perché Connor McLeod/Russel Nash è vestito come Castiel, per chi si guarda Supernatural. E tra l’altro, abbiamo appena scoperto che il regista del film è Russell Mulcahy, il produttore esecutivo TW… era destino! Gli Europe invece ci piacevano. Ok, chiuso questo excursus tra film e registi, passiamo ad altro.

Che ne dite di Derek-so fare tutto-Hale? È un Alpha poliedrico, il nostro capobranco. E con un pessimo carattere, ma lo sapevamo già. Per fortuna c’è Stiles a mitigarlo.

Ringraziamo i 10 recensori! Per questo motivo, questo è diventato una bomba, sotto richiesta di Rose_97. (Compatitela, poverina… troppi lupi mannari shirtless…) (come se leyda fosse normale!! Poverina è più fusa di me e si esaltà facilmente!) va beh, tralasciate pure i nostri battibecchi. Ringraziamo anche chi segue-prefe-ricorda questa storia.

Ci sentiamo al prossimo capitolo, in cui re-iniziano i giochi! Che ci avrà preparato zio Peter?^___^ Mwahahah!! Lo scoprirete il prossimo venerdì.

Baci a tutte/i.

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Capitolo 9
*** Il lupo mangiafrutta prima parte ***


Il lupo mangiafrutta

Ovvero

Raccolta di informazioni

 

 

 

 

 

 

I lupi che si presentarono loro, eccezion fatta per due, avevano l’aria di essere appena stati strigliati a dovere. Stiles si alzò, seguendo Lydia che si era avvicinata a Jackson, mentre lui si diresse verso Scott, che lo fissava come tradito. Aggrottò la fronte, perplesso, spostando lo sguardo su Isaac, proprio dietro di lui, in una muta domanda, ma questi si limitò a scuotere la testa, facendogli intuire che era meglio lasciar perdere. Un tarlo cominciò a farsi strada tra i pensieri del ragazzo, ma al momento non riusciva a mettere a fuoco quale fosse esattamente, ancora troppo stordito dalla rivelazione di Allison. Forse era per quel motivo che Scott gli stava riservando quello sguardo? Ma che ne poteva lui, se Jackson aveva deciso che usarlo come bersaglio per il tiro a segno fosse divertente? Cosa sperava, di vincere un orsacchiotto da regalare a Lydia, se riusciva a beccarlo in pieno? Che poi, bella forza!, con i sensi da lupo mannaro, avrebbe avuto le stesse probabilità di mancarlo, di una formica di mancare un campo da calcio: pari a zero.

Non era che magari Scott se l’era presa perché non aveva dei vestiti di ricambio? Ma mica aveva messo in conto un bagno a inizio aprile, per quella mattina. A meno che il suo migliore amico non preferisse vederlo morire assiderato –che morte orribile tra l’altro, considerò– approfittare della, decisamente rozza, gentilezza dell’Alpha, era stato necessario.

Accorgendosi che ancora nessuno dei licantropi aveva più aperto bocca, Stiles si voltò con cipiglio battagliero verso Derek, appoggiato alla porta di casa, a braccia conserte.

«Posso sapere che è successo là dentro? Hai staccato la lingua a tutti? Per questo non parlano?»

«Ho fatto un discorso al mio branco, non ti riguarda.» fu la secca risposta, data fissandolo negli occhi e sfidandolo a replicare ancora. Isaac fece per fermarlo, posandogli una mano sul braccio, ma Stiles si liberò e salendo i pochi gradini si portò alla stessa altezza del capobranco.

«Come sarebbe che non mi riguarda? Ma hai visto come li hai conciati? Sembra li abbia baciati un Dissenatore! Non potevi aspettare la prossima luna piena, per metterli al corrente di qualunque cosa tu abbia detto loro? Almeno avrei scambiato i sintomi per i postumi da trasformazione, e non mi sarei preoccupato così. Cosa gli hai detto?» domandò, voltando il capo verso Scott, che sembrava stupito dall’incoscienza dell’amico. Era contento che Stiles si preoccupasse per loro, ma oltre a ciò, il suo comportamento stava, purtroppo, avvallando la tesi degli altri, e non sapeva se era ancora pronto psicologicamente per reggere la cosa. A quanto aveva sentito lì dentro però, se non aveva capito male, Derek non aveva intenzione di “accelerare” i tempi. Almeno di quello ringraziava l’Alpha. Il problema era, semmai, che Stiles era proprio capace di infiammarlo come il fosforo a contatto con l’aria. E si, questa cosa la sapeva perché, ogni tanto, anche lui ascoltava le lezioni e studiava. Quindi, a prescindere dalla volontà di Derek, le cose avrebbero potuto benissimo subire un’accelerata.

Al momento però, non era sicuro se l’amico fosse consapevole della situazione e stesse facendo apposta, oppure al contrario, non si accorgesse di nulla e stuzzicasse il lupo, incurante delle conseguenze. Scott sapeva che Stiles era sveglio, ma sulle cosiddette questioni di cuore, era decisamente impacciato, e a riprova di questo, c’era il fatto che non avesse mai avuto una ragazza in diciassette anni di vita, troppo occupato a idealizzare Lydia, senza conoscerla davvero. Probabilmente quindi –e a dire il vero ci sperava fortemente– non si era accorto di tutto l’involontario flirt che aveva con Derek. Ma dopo tutto quello a cui aveva assistito, a partire da quella mattina, non era più così certo della scarsa consapevolezza dell’amico, riguardo al suo rapporto con il capobranco. Forse non ne era ancora pienamente consapevole, ma era certo che già qualcosa gli passasse per la mente. Ora che ne era consapevole, gli bastava guardare il modo in cui si fissavano torvi, eppure si aiutassero sempre, e la sua mente gli mostrò tutte le avventure passate, tutti i pericoli affrontati, riproponendoli sotto una diversa prospettiva, e si accorse con sgomento, che avrebbe dovuto notarla prima, una cosa di quel genere.

«Stiles…» ora gli sembrava che perfino il tono di Derek, quando si rivolgeva a Stiles, fosse del tutto diverso da quello che aveva sempre sentito.

«Spero tu non stia per dirmi che non faccio parte del branco, solo perché non ho voluto il morso! Perché, nel caso te lo fossi scordato, io in questa giostra potenzialmente mortale ci sono dentro dal primo giro. Chi ti ha scarrozzato quando ne avevi bisogno? Chi ti fa le ricerche? Chi da una mano a tutti quando serve? Quindi non ci provare. Non ho il morso, ma sono parte del branco anch’io.» strepitò, incrociando le braccia al petto, e fissandolo negli occhi verdi, stupiti da quella presa di posizione. Derek vide fuggevolmente Peter, che rideva sotto i baffi, divertito probabilmente, dal fatto che il ragazzo gli avesse appena detto praticamente le stesse cose che lui gli aveva detto al lago. Un brivido lo percorse, al pensiero che sia suo zio, che quel ragazzino, riuscissero a metterlo alle strette solo parlando.

«Stiles, che ne dici di giocare, ora?» s’intromise Allison, sperando che la situazione tornasse distesa. Il ragazzo la guardò confuso, seguendo la direzione del suo sguardo e vide Scott ancora più pallido di prima. Acconsentendo, si ripromise di scoprire assolutamente cos’era accaduto nella cucina di casa Hale, a costo di torchiare ogni licantropo lì presente. Sentiva una strana inquietudine serpeggiargli sottopelle, ma finché non avesse scoperto quello che voleva sapere, non le avrebbe permesso di inquinargli i pensieri.

«Ok, giochiamo… a cosa giochiamo, scusate?» domandò, sedendosi sul portico, con le gambe a penzoloni, osservando Peter in attesa.

Il lupo più anziano sorrise, sfregandosi le mani con aria soddisfatta, e tutti ebbero un moto di preoccupazione, mentre Derek e Stiles, proprio come la mattina, si scambiavano un’occhiata preoccupata, già dimentichi della baruffa di pochi secondi prima. E proprio come quella mattina, Peter estrasse nuovamente un sacchetto, che tenne chiuso, iniziando a spiegare.

«Questo gioco ha un raggio d’azione limitato, perché è necessario rimanere a portata d’orecchio. Quindi io direi di cinquecento metri circa, in tutte le direzioni prendendo come punto di riferimento casa Hale.»

«A portata d’orecchio, di chi?» domandò incredulo Stiles, zittito da uno scappellotto dietro la nuca da parte di Jackson. I due stavano per iniziare l’ennesima discussione, quando lo sguardo di Derek raggelò il Beta, che si allontanò in silenzio.

Tornata la calma, Peter continuò la spiegazione «Ovviamente, voi tre avrete un compagno» spiegò indicando gli umani «con cui dovrete collaborare, e seguire le direttive, se volete vincere. E stavolta, per chi perde sono previste delle penitenze. Di cui io non sono al corrente. Le deciderete dopo. Ora, il gioco è una rivisitazione e unione di altri due, a cui sono sicuro abbiate giocato almeno una volta da bambini. Nascondino.» spiegò, ricevendo vari cenni d’assenso, e qualche sbuffo per sottolineare l’ovvietà della cosa. «e… visto che siamo un branco di licantropi, mi è sembrato abbastanza autoironico, il lupo mangia frutta.» concluse, ottenendo il voluto effetto sorpresa, e scioccando la maggior parte dei ragazzi presenti. Il sorriso che aveva sul volto si allargò, alla vista dell’occhiataccia del nipote, mentre Stiles alzava il volto per scrutare il viso di Derek, mordendosi l’interno della guancia, riflettendo.

«Ora, voi tre pescherete un biglietto ciascuno, e quello sarà il vostro compagno, mentre quelli rimasti decideranno chi sarà il lupo.» concluse, avvicinando il sacchetto a Stiles, che pescò per primo, seguito da Lydia e infine Allison. Alla fine del giro, i lupi sorteggiati furono Peter, Scott e Erica. I rimanenti quattro si riunirono e iniziarono a discutere, sempre più animatamente, finché il suggerimento di Boyd di giocare a carta sasso forbici per decidere, non mise fine alla diatriba. Con gran divertimento di tutti, Peter concluse la spiegazione inerente le regole da seguire. «Prima di nasconderci, le ultime informazioni. Ogni volta che il turno finisce, cioè quando qualcuno viene preso e diventa il nuovo “lupo”, è necessario tornare qui, per decidere i nuovi sorteggi. Per vincere è necessario arrivare a toccare la porta di casa Hale. In caso il frutto scelto riguardasse un duo, l’unico a poter toccare la porta è uno di voi tre, mentre il vostro compagno tenta di tenere testa al momentaneo “lupo”, mentre per chi gioca da solo, basta riuscire ad eluderlo o metterlo momentaneamente fuori combattimento. Insomma, usate la fantasia. È tutto chiaro?» al cenno d’assenso, l’ex-Alpha puntò lo sguardo sul nipote, aspettando il suo benestare per iniziare.

Al gesto di Derek, tutti si allontanarono, chi camminando, chi correndo, a nascondersi da qualche parte, non troppo lontano dalla casa. Il capobranco concesse loro due minuti per trovare un nascondiglio e decidere il proprio frutto. Affinando l’udito, sperò di sentire qualche sussurro, almeno da parte delle coppie, ma nulla giunse alle sue orecchie, a parte i naturali suoni del bosco circostante. Prima di iniziare, si guardò attentamente intorno, cercando qualche traccia, ma dovette ammettere che suo zio aveva organizzato tutto alla perfezione. Aveva sperato di poter seguire qualche scia olfattiva, ma l’aria era ancora satura degli odori delle fiale usate quella mattina, e in ogni caso c’erano troppe scie diverse. Rassegnato, iniziò a elencare tutti i frutti che gli venivano in mente, con i sensi all’erta, riconoscendo comunque che stava addestrando bene il suo branco, erano tutti perfettamente immobili e silenziosi. Per un attimo pensò addirittura di inoltrarsi lui stesso nel bosco, lasciando incustodita la casa, ma poi un fruscio anomalo giunse alle sue orecchie, facendogli riconsiderare la sua decisione e sorridere soddisfatto.

Non molto distante da lì, Erica aveva dato di gomito a Allison, prima di indicare con un cenno della testa la direzione da cui erano arrivate. La cacciatrice intuì subito quello che la bionda stava cercando di dirle, e annuì, alzandosi lentamente per fare meno rumore possibile, seguendo la compagna. Nonostante cercassero di muoversi il più silenziosamente possibile, erano consapevoli che probabilmente Derek sapeva già che stavano arrivando. Invece, il rumore sentito dal lupo era colpa di Jackson, che si era avvicinato alla sua ragazza, una volta appurato che non toccava né a lui né a loro. Inevitabilmente si beccò un’occhiataccia da parte di Lydia per essere comparso così di soppiatto. I due stavano per iniziare a litigare, quando videro Stiles e Peter passare proprio davanti a loro, disinvolti e intenti a chiacchierare.

«Stiles, che cavolo fai?» sibilò Scott, interrompendo il discorso e tirando l’amico per un braccio, facendolo accucciare di fianco a se.

«Stavamo parlando. Voi invece fate una cosa a tre?» rispose caustico «In ogni caso non tocca a noi farci malmenare, quindi non vedo perché dovremmo nasconderci.»

«Ma…»

«Ci vediamo dopo Scott.» concluse alzandosi nuovamente e allontanandosi con Peter, lasciando i due lupi perplessi, mentre Lydia pensò di aver intuito il piano di Stiles. E siccome era curiosa anche lei, decise di seguirne l’esempio.

«Gli ho fatto qualcosa?» domandò mesto Scott, guardando nella direzione in cui erano scomparsi.

«McCall, sei davvero un idiota.» sbuffò Jackson. Anche lui aveva capito quello che stava facendo Stiles, ed ebbe il forte sospetto che anche loro due, a breve, avrebbero subito la loro dose di domande curiose.

Infatti, la rossa non perse tempo e soppesandoli con lo sguardo, cercò di decidere chi avrebbe potuto darle più informazioni. Senz’altro Scott sarebbe stato più facile da raggirare e far parlare, ma le avrebbe fornito un resoconto confuso e parziale, oltreché soggettivo; il suo ragazzo invece, non si sarebbe fatto problemi a dare una versione oggettiva di ciò che era successo, ma il problema sarebbe stato farlo parlare. Alla fine si decise per chiedere a Scott, che ancora guardava confuso nella direzione in cui era scomparso Stiles.

«Allora, chi di voi due mi vuole dire che è successo in quella cucina?» domandò, apparentemente rivolta a entrambi. Quello che non si aspettava era che entrambi i ragazzi sbiancassero, come se Derek fosse proprio dietro di loro a minacciarli nuovamente. Non scartando l’ipotesi, la rossa si volse a controllare, ma l’area era relativamente deserta, a parte gli abituali ospiti del bosco.

«Scott? Jackson? Volete rispondermi?»

«Lydia, è meglio che tu non chieda.» borbottò il suo ragazzo, senza guardarla. Purtroppo sapeva che non si sarebbe arresa, infatti la domanda successiva fu rivolta a Scott.

«Avanti, Scott. É per il bene di Stiles.» insinuò. Il lupo stava quasi per cedere, quando un pestone di Jackson lo fece desistere.

Lydia continuò a insistere ancora per un po’, senza ottenere nulla più di qualche vaga risposta, e alla fine dovette arrendersi.

Intanto, Stiles stava cercando di scoprire qualcosa, ma senza esporsi troppo, e girando abilmente intorno all’argomento. Gli sembrava di giocare una partita a scacchi, a ogni sua domanda, Peter rispondeva elusivamente, e ben presto, il ragazzo si stancò di quel gioco e decise di cambiare argomento di conversazione. Avrebbe saputo ciò che voleva da qualcun altro. Magari proprio da Scott. in effetti, c’erano un sacco di altre cose che avrebbe voluto sapere, e il lupo al suo fianco era la persona più adatta a cui chiedere, sempre che quello che gli avrebbe detto corrispondesse poi all’effettiva verità. Tuttavia la curiosità era troppa, e decise di tentare.

«Uh, come mai Derek ha accettato di fare questa festa?» buttò lì. Tra tutte le domande che gli frullavano in mente, ne aveva scelta una e aveva chiesto senza pensarci troppo.

Peter si lasciò andare a una risatina, pensando a quello a cui aveva assistito pochi giorni prima. «Diciamo che ha ceduto per cause di forza maggiore. Tutto il branco, e intendo proprio tutto, ha minacciato un ammutinamento di massa se non avesse ceduto. Ammetto che ha brontolato e ringhiato parecchio, ma alla fine credo che avesse avuto intenzione di accettare già dalla prima richiesta.»

«Oh, avrei voluto vederlo!» ammise.

«Dovevi vedere Scott. Prima si è arrabbiato, poi dato che non funzionava, si è alleato con Isaac e lì, Stiles, lì è stato davvero divertente. Sembravano due cuccioli abbandonati. Esilarante, sul serio.» rimarcò, scuotendo la testa al ricordo.

« Quindi anche Jackson… e tu… wow! Ma allora sono proprio uno di voi, senza zanne e senza pelo!»

«Stiles… non credo che il mio espansivo nipote ve ne abbia mai parlato, ma un branco non è formato solo da lupi.» rivelò, scioccando il ragazzo al suo fianco. Quella, effettivamente, era una di quelle informazioni che avrebbe tanto voluto ricevere, e ora finalmente l’aveva. Si prese qualche secondo per assimilarla e rifletterci.

«Quindi… uhm, prima dell’incendio, la vostra famiglia era… mista?» chiese, ricevendo un secco cenno d’assenso. Annuì di rimando, grattandosi la punta del naso, mentre nuove domande gli si affacciavano in testa. Ora capiva anche perché prima, sotto il portico, Derek aveva quell’espressione spaesata. Probabilmente la sua affermazione diretta gliel’aveva fatto ricordare. Si chiese anche se fosse solo una sua convinzione, ma a giudicare da quello che aveva appena scoperto, anche il resto del branco la pensava come lui e lo includeva. Il dubbio rimaneva, ovviamente, sul capobranco. Era anche lui convinto della cosa, o no? Forse non ci aveva mai pensato fino a poco prima, ma ora avrebbe dovuto decidere. Ma qualunque fosse stata la sua decisione, lui avrebbe continuato a fare di testa sua.

«Stiles?» la voce divertita di Peter lo richiamò indietro dalla sua mente.

«Eh?»

«Smettila di congetturare inutilmente. Sei parte del gruppo, e ne è consapevole anche Derek. Nonostante sia decisamente restio ad ammetterlo.» lo rassicurò, con una stretta sulla spalla.

«Con restio intendi violento, vero?» ironizzò «Che poi vorrei sapere perché deve trattare in quel modo solo me! Ma faceva così anche con gli altri umani della vostra famiglia?» aggiunse, agitando le braccia al cielo, ricevendo un cenno di diniego.

«Ah, ecco. Quindi cosa sono? Il suo antistress personale? Che poi quei cosi fanno solo venire ancora di più il nervoso, non lo fanno certo scomparire. Quindi sono una contraddizione inutile e dannosa. Però vorrei davvero saperlo. Insomma, Scott anche quando non lo ascolto, non mi tratta mica così. Capisco che vivere per anni da solo renda un po’ selvatici, e nel vostro caso non sono sicuro sia un bene, ma almeno le regole base dell’educazione uno dovrebbe ricordarsele.» si lamentò, aspettandosi una conferma. Invece Peter si limitò a ridere divertito.

«Stiles… hai mai letto qualcosa sui lupi?»

«Ovviamente, perché?» domandò stupito, non capendo il senso della conversazione.

«Quindi sai che i lupi preferiscono uno scontro psicologico a quello fisico, per mantenere la gerarchia?»

«Si, l’avevo letto. Ma cosa c’entra?» chiese ancora più confuso. Con un sospiro Peter si apprestò a spiegare, ma non ce ne fu bisogno, perché l’espressione improvvisamente consapevole di Stiles, fu sufficiente. «Quindi… tutte le volte è solo per una questione di predominio psicologico? È solo per questo che si diverte a spaventarmi a morte? Non posso crederci… ma io non sono neanche in grado di trasformarmi! Sono un semplice umano.» gesticolò, mentre la sua mente lo avvertiva che oltre a quello doveva necessariamente esserci qualche altra motivazione. Si ripromise di pensarci in maniera approfondita dal giorno successivo, sempre che Derek lo lasciasse vivere più a lungo del giorno seguente.

 Da qualche parte vicino alla casa, sentirono dei ruggiti, e Stiles, incuriosito si mise a correre in quella direzione, sperando di riuscire a vedere cosa stava succedendo, seguito da Peter. Ogni volta che aveva visto Derek combattere, erano sempre in pericolo, quindi stavolta voleva vedere come si comportava quando non c’era nessuna situazione letale. Emersero tutti dal bosco, quasi contemporaneamente, osservando Erica muoversi guardinga, in un tentativo di consentire a Allison di raggiungere la porta di casa, ma Derek anticipava ogni loro mossa, lo sguardo concentrato e i muscoli tesi. Osservando gli altri, Stiles vide Boyd e Scott preoccupati, ma riportando lo sguardo sull’Alpha, notò che era divertito. Aggrottando la fronte, si chiese come mai nessuno se ne accorgesse, e avessero tutti quello sguardo quasi spaventato in volto. Scrollando le spalle, seguì con gli occhi Erica, scattare da una parte all’altra, tentando di disorientare il lupo, e spingendolo ad allontanarsi dalla sua posizione, ma senza successo. Nonostante ciò, Allison era riuscita a eludere la difesa di Derek e ad avvicinarsi maggiormente alla casa.

Con un improvviso cambio di direzione, Erica si lanciò in un attacco frontale, contando di scansarsi all’ultimo momento, ma sfortunatamente, il capobranco aveva intuito le sue intenzioni, e muovendosi all’ultimo momento, la afferrò, lanciandola lontano, direttamente addosso a Boyd, che fu lesto a prenderla al volo, evitandole di farsi male. Allison intanto, aveva capito quello che la bionda stava per fare, e iniziò a correre verso i gradini, ma la figura di Derek le comparve davanti prima ancora che avesse posato il piede sul secondo scalino, impedendole di procedere oltre. Con un sorriso e un segno di resa, la cacciatrice si fermò, mentre alle sue spalle Stiles commentò l’ultima azione con un «Esibizionista.» sbuffato, che ricevette un’occhiataccia in risposta.

Boyd posò a terra Erica, che gli sorrise grata e lo prese per mano, avvicinandosi a Derek e Allison, imitata da tutti gli altri. La cacciatrice si rivolse alla licantropa porgendole la mano con una smorfia. «Ci abbiamo provato.» risero.

«E ora chi dovrebbe essere a prendere?» chiese Lydia, quando furono di nuovo riuniti, mentre Peter recuperava il sacchetto, e lo porgeva aperto, a Stiles.

«Erica. Allison giocherà di nuovo con qualcuno, ma dopo, la penitenza toccherà a entrambe.» spiegò il lupo, mentre le due ragazze scrollavano le spalle, soddisfatte dell’accordo.

A turno, i tre pescarono il nome dei loro nuovi compagni, e due delle nuove coppie non poterono scampare alla battuta caustica di Stiles, finito con Isaac. «Ah, ma questo è il giro degli infrattati, quindi?» esclamò facendo arrossire Scott e Allison, mentre Jackson gli rispondeva per le rime.

«Non preoccuparti, Stiles. Ti faremo dei nipotini con cui giocare. Magari se siamo fortunati, ti masticheranno le spalle, quando sei con loro.»

«Lo sai, Jackson? A volte mi chiedo come farei a sopravvivere senza la tua simpatia.»

«La…» continuò il lupo, ma venne interrotto da Erica, che annunciò che avevano solo due minuti per nascondersi e decidere. Borbottando, Stiles seguì un silenzioso Isaac nel bosco, mentre la bionda si sistemava davanti ai gradini, in attesa.

In parte, le previsioni di Stiles si rivelarono esatte, perché correndo curvi, lui e Isaac s’imbatterono in Lydia e Jackson, che non si erano allontanati di molto, e ora si stavano baciando. Alzando gli occhi al cielo, proseguì, fino a che il lupo non si accucciò dietro una piccola montagnola. Era abbastanza sorpreso dalla sua indifferenza. Di solito, o almeno fino a poco tempo prima, ogni volta che vedeva la sua fiamma dalla terza elementare, fare una tonsillectomia a Jackson, si infuriava prima, e si sentiva uno schifo poi. Ora, invece, era rimasto completamente indifferente, e questa, si disse, era un’altra cosa su cui avrebbe dovuto riflettere attentamente. Di sicuro c’era un po’ di fastidio per il fatto di essere ancora solo, ma almeno non era l’unico. A parte i due Hale, che avevano i loro bei complessi esistenziali da risolvere, Derek di sicuro, Peter invece gli sembrava decisamente più aperto. Forse lo frenava l’essere rimasto isolato per quasi dieci anni, e risorto recentemente, ma Stiles era sicuro che questo non l’avrebbe fermato a lungo. Quindi, gli unici, a quanto pareva a essere completamente soli, erano lui e Isaac che, se ne accorse in quel momento, non aveva ancora parlato, da quando si erano nascosti.

Vedendo che non aveva apparentemente intenzione di fare altro, gli diede un colpo di gomito e, dopo aver sgomberato un pezzo di terreno da un po’ di foglie, e recuperato un bastoncino, scrisse il primo frutto che gli venne in mente, aspettando un cenno. Isaac gettò solo una breve occhiata prima di annuire, tornando concentrato su altro. Poco dopo però, si voltò verso di lui con espressione sollevata. Curioso, Stiles recuperò il cellulare e digitò qualcosa, che mostrò poi all’altro. Una volta letto il messaggio, prese il cellulare dalle mani dell’altro e rispose, concisamente. Nonostante ciò, il ragazzo non demorse e, riponendo il telefono in tasca, iniziò a bisbigliare.

«Cos’è che ti preoccupa?»

«Non è nulla, Stiles. Resta concentrato.» tentò di chiudere la questione.

«Ehi. Smettila di comportati come il tuo capo e rispondimi.» rimbeccò il ragazzo, senza sapere che Derek era appostato poco lontano da loro e li aveva sentiti. Avrebbe tanto voluto ringhiargli contro, ma scuotendo le spalle decise che prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare. «Isaac.» lo chiamò ancora, dandogli una spinta.

«Accidenti Stiles, hai cinque anni?» borbottò, sedendosi e togliendosi le foglie di dosso. In realtà stava cercando di farlo infastidire al punto da concentrarsi su altro, magari in uno dei suoi monologhi, ma evidentemente non era ancora abbastanza capace, perché improvvisamente il ragazzo gli si avvicinò, fino a sussurrargli all’orecchio, consapevole di tutte le orecchie lupesche in ascolto, e non desideroso di essere sentito, «C’entra mica Scott?».

Il lupo si tirò indietro, guardandolo un po’ intimorito, e Stiles seppe di aver fatto centro. Per evitare che qualcuno ascoltasse, e anche perché Isaac sembrava pronto a chiudersi a riccio, ritenne saggio soprassedere e magari ritirare fuori la questione in un altro momento. Nonostante ciò, era curioso anche lui di sapere cosa stava combinando il suo migliore amico con la cacciatrice. Se non altro per sapere cosa aspettarsi in futuro. Se fossero nuovamente tornati insieme, avrebbero tutti, ma Scott nello specifico, sopportare nuovamente le paturnie di Derek sulla loro relazione; oltre a possibili incursioni da parte di Chris, che certamente non ne sarebbe stato affatto felice. E inoltre, lui avrebbe dovuto ricominciare a fare il messaggero in giro per la scuola, e a inventarsi coperture per entrambi. Tutto sommato, rimuginò, era abbastanza contento che quei due non stessero più assieme. E poi Scott sembrava averla presa decisamente meglio questa volta. E dato che non era né cieco né stupido, aveva capito che parte del merito andava anche al lupo al suo fianco, di cui all’inizio non era stato molto entusiasta.

«Ehi… che stanno facendo?» domandò, senza bisogno di specificare a chi si riferiva.

Il lupo lo guardò un po’ sorpreso dall’interessamento, ma rispose comunque, con una scrollata di spalle. «Stanno parlando.»

«Di cosa?» chiese ancora il ragazzo, guardandosi intorno, come se pensasse che da un momento all’altro Scott e Allison sarebbero comparsi davanti a loro, chiacchierando.

«Di nulla in particolare. E smettila, non ti dirò altro.» sentenziò, deciso.

La reazione di Isaac, incuriosì Stiles, che fece per chiedergli altro, ma il lupo voltò la testa di scatto verso la villa, in ascolto. Nel frattempo, Stiles decise che, se Isaac non aveva intenzione di parlare di Scott, lui aveva comunque ancora qualcosa da scoprire, quindi, scegliendo bene le parole, iniziò il discorso, prendendolo alla lontana.

«Come ti senti, ora?»

«Bene, perché? Non stavo mica male.»

«Beh, ma prima sembravate dei fantasmi. Cos’è successo?» buttò lì, giocando con un rametto.

«Oh no… » gemette Isaac, affondando la testa tra le mani «Ti prego Stiles. Non farmi questo. Non posso dirti nulla.»

«Come sarebbe, non puoi dirmi nulla? Io mi preoccupo per voi e questo è il modo di ringraziarmi? Non dicendomi niente? Bell’amico.» sibilò, incrociando le braccia e distogliendo lo sguardo.

«Guarda che lo so, che sei solo curioso.» lo rimbrottò il riccio, guardandolo storto.

«Ah! Ma non è assolutamente vero!» esclamò «beh, ok. Sono curioso, ma è vero che mi preoccupo. Avevate tutti delle facce… Almeno puoi dirmi che vi ha fatto quello scorbutico? Non quello che ha detto, solo quello che ha fatto.» aggiunse.

Prima di rispondere, Isaac lo fissò, indeciso. Sapeva fin troppo bene che l’amico era bravo a dedurre cose da piccoli particolari o da parole lasciate sfuggire per caso. «Niente di diverso dal solito… ha ringhiato un po’ e ci ha minacciato. Tutto qui. Adesso…» s’interruppe improvvisamente, rivolgendo la sua attenzione alla casa.

Circa un minuto dopo lo fissò e mimò un «andiamo.», prima di alzarsi e iniziare a muoversi per tornare indietro. A compiere il percorso inverso ci misero relativamente poco, e non si preoccuparono nemmeno di non fare rumore, benché Stiles avesse qualcosa da ridire in merito, ma decise di lasciare il comando all’amico, dopotutto il predatore letale era lui. Quando comparvero nello spiazzo, di Erica non c’era nessuna traccia, e persero qualche secondo prezioso a guardarsi intorno spaesati. Nonostante ciò non si decidevano ad avanzare, e stavano per iniziare a discutere, per questo non si accorsero subito della figura che si muoveva verso il biondo, ma nonostante ciò, Isaac riuscì a schivare l’attacco portato alle sue spalle, spingendo Stiles da parte. Nessuno di loro si era accorto di Derek che li scrutava indisturbato, venendo affiancato da Scott e Allison, mentre pian piano anche gli altri iniziavano a tornare indietro.

«Stiles se la caverà?» domandò il Beta.

«Con tutto quello che è successo, mi stupirebbe il contrario.» fu il commento secco dell’altro, mentre la mora osservava lo scontro con occhi attenti.

Intanto, poco più avanti, Erica stava mettendo alle strette Isaac, indeciso se attaccare seriamente o meno. Nonostante prima Derek non si fatto molti problemi, lui non era come il suo capobranco, e la differenza di sesso lo frenava decisamente. Eppure, scoprì con sua grande sorpresa, che la compagna di branco era decisamente più veloce e agile di lui, cosa di cui non si era mai accorto fino a quel momento. A qualche passo di distanza, Stiles si era fermato per osservare, e stava per dire qualcosa all’amico, quando fu distratto dagli occhi rossi che lampeggiarono per un attimo tra gli alberi di fronte a lui. Probabilmente, Derek aveva intuito la sua intenzione di dare un suggerimento al biondo, e aveva voluto fargli capire di non farlo in modo indiretto. Interdetto, si chiese perché non avrebbe dovuto aiutare il suo compagno di squadra, quando sentì la vibrazione del cellulare.

#Non immischiarti.

Deve fare da solo.# lesse il messaggio, prima di portare nuovamente lo sguardo dove credeva si trovasse Derek, iniziando a digitare un messaggio a sua volta.

#TU non immischiarti.

È il mio compagno di squadra.

E non sapevi neanche cosa volevo dirgli.#  dopo averlo inviato, il baluginio rosso comparve nuovamente, seguito poco dopo da una nuova vibrazione.

#É il mio Beta.

Non provare a dirgli di correre nel bosco. Ti uccido se lo fai.# sorpreso dal fatto che il lupo avesse capito le sue intenzioni, Stiles lo guardò uscire da dietro l’albero, annuendo controvoglia.

Senza perdere altro tempo, e decidendo per una volta, di dare ascolto a un ordine del capobranco, dopotutto si trattava comunque di un allenamento dei suoi lupi, e non voleva immischiarsi troppo, si avviò verso la porta a pochi metri da lui. Dopotutto, rifletté, Derek gli aveva detto di non dare suggerimenti a Isaac, ma non aveva impedito nulla a lui, quindi era libero di aggiudicare la vittoria a entrambi, andando a toccare il legno rosso e scrostato a poca distanza da lui. Erica, che in quel momento si trovava frontalmente all’abitazione, e quindi poteva tenere d’occhio entrambi gli avversari, se ne accorse e, sfruttando lo slancio di Isaac, finalmente deciso a fare sul serio, lo mandò a sbattere contro un albero, iniziando poi a correre verso Stiles, per fermarlo. Ignaro della rapida successione di eventi appena conclusasi, il ragazzo continuava ad avanzare senza fretta, finché non sentì i passi affrettati dietro di lui. Grazie all’urlo soffocato di Allison, riuscì a muoversi in tempo per evitare il braccio di Erica, diretto verso la sua spalla, ma non abbastanza per evitare di essere buttato a terra, ancora a distanza dalla porta, dando così la vittoria alla ragazza, che iniziò a gioire contenta, senza accennare ad alzarsi dalle spalle di Stiles.

«Erica… ti dispiace…» rantolò a corto d’aria, agitando il braccio e spostando le foglie.

«Uh, si certo.» esclamò, tirandolo in piedi con facilità.

A qualche metro da lì, Scott stava aiutando Isaac, momentaneamente intontito dall’impatto con l’albero, a rimettersi in piedi e camminare dritto per raggiungere gli altri due. Subito, lo sguardo di Stiles cadde su di loro, ma l’unica cosa che fece, prima di essere distratto dalla voce di Jackson, fu di ammiccare al compagno di squadra.

«Lahey, ti sei davvero fatto battere da Reyes?»

«Jackson… tu sei proprio l’ultimo a poter parlare. Stavi o no, pomiciando con Lydia fino a due secondi fa?» fu la frecciatina di Stiles, che ebbe l’effetto di far ammutolire il lupo e ringhiare il capobranco «E tu… smettila di intrometterti. E come facevi a sapere cosa volevo dirgli? Leggi nel pensiero?» aggiunse volgendosi per affrontare Derek, che lo scrutava impassibile, con solo un sopracciglio alzato.

Sbuffando per l’ennesima mancanza di risposte, si apprestò a ripulire i vestiti dalle foglie e dal terriccio, pensando a cosa avrebbe detto suo padre vedendolo tornare a casa con vestiti non suoi. Sperò che non facesse molte domande, ma il fatto che fosse lo sceriffo non gli dava molta rassicurazione in tal senso.

«E sappi che non mi sono ancora arreso. Lo scoprirò. Ma prima vorrei sapere come facevi tu a sapere cosa volevo fare, prima.» concluse con un occhiataccia.

Invece di rispondere, Derek lo guardò come se fosse pazzo, ma vedendo che il ragazzo ci teneva davvero, decise di rispondere, seppur in modo criptico, come al solito.

«Era palese.» commentò solamente, alzando gli occhi al cielo.

«Che cavolo vuol dire “era palese”?» lo scimmiottò «non era palese per niente!» contestò, non vedendo gli sguardi divertiti degli altri,

«Stiles, penso ti convenga di più preoccuparti della penitenza futura, piuttosto.» gli ricordò Boyd, accennando a Lydia che sorrideva compiaciuta.

«Allora… adesso tocca a te prendere. Ti senti bene?» domandò Peter, avvicinandosi ad Isaac, che rispose con un cenno della mano, sedendosi sui gradini.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Che fatica… ragazzi che fatica!!

Però ce l’abbiamo fatta anche stavolta.^^ Speriamo che questa prima parte vi sia piaciuta! Ah, che ne pensate di un branco di lupi che giocano al lupo mangia frutta?!^____^ quando abbiamo iniziato questa storia, ci siamo rotolate per cinque minuti pensando a questo!!

E il riferimento a HP? Ahah!!^^

Anyway, oggi siamo un po’ di fretta quindi, le note le concludiamo qui con i ringraziamenti di rito. E per chi segue la storia di Rose_97, fra un po’ aggiorna, le sto ammorbando i cosiddetti, quindi abbiate fede. Dovete solo credere! (Il dottor Deaton approva.^^)

E siccome leyda è una stron*a, ci tiene a farvi sapere che si è comprata… rullo di tamburi… un ciondolo a TRISKELE!! È da una settimana che va saltellando contenta per questa storia!^^ (Se qualcuno è di torino, posso dirgli dove trovarlo, mandatemi un messaggio privato. ndleyda)

Bene, a venerdì prossimo!!^^

baci

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Capitolo 10
*** Il lupo mangiafrutta seconda parte ***


Il lupo mangiafruttta

Ovvero

Ti sei distratto, Derek?

 

 

 

 

 

 

Isaac concesse loro qualche minuto di pausa, più per sé stesso che per gli altri, massaggiandosi la testa e la spalla, alternativamente. Si sentiva ancora un po’ stordito dalla botta, ma non era una cosa da guarire con il potere rigenerativo, quindi si rassegnò e fece cenno a tutti di procedere con le prossime accoppiate. Stiles, Allison e Lydia pescarono dal sacchettino, mentre Erica e Scott si sinceravano delle condizioni del biondo lupo.

«Accidenti, non credevo che ti saresti schiantato in quel modo contro il tronco. Se l’avessi saputo…» iniziò la bionda, stringendosi nelle spalle senza concludere la frase.

«L’avresti fatto lo stesso.» terminò Isaac, suscitando una risatina che confermò le sue parole.

Di fianco a lui, Scott gli mise una mano sulla spalla dolorante, sorridendo incoraggiante, non vedendo lo sguardo ammiccante che si scambiarono Erica e Stiles, né lo sguardo triste ma rassegnato di Allison. A quanto pareva, loro due erano gli unici a essersi accorti della atipica amicizia di quei due. Loro, e Allison ovviamente, che era stata con Scott. Stiles non sapeva come Erica notasse certe cose, ma era abbastanza certo che, prima della trasformazione doveva essere una buona osservatrice, dote che era rimasta e a cui si sommava il tipico istinto femminile e i sensi lupeschi. Una micidiale combinazione, considerò con un brivido.

Forse era per quella chimica che legava Scott e Isaac, che all’inizio l’aveva reso restio a includerlo nel duo, per trasformarlo in un trio. Senza sapere come, la sua mente gli propose un parallelo con un altro ben più famoso trio, decisamente magico, e gli venne da ridacchiare prima e rabbrividire poi, perché se Scott poteva senza dubbio essere paragonato a Harry, lui e Isaac avrebbero per forza di cose essere ricollegati a Ron e Hermione, e lui non aveva nessuna voglia, primo di essere paragonato alla strega, per quanto brillante essa fosse, per via di un ovvio scambio di sesso; e secondo di intraprendere alcun tipo di relazione che non rimanesse sul piano puramente amicale con Isaac/Ron. Grazie, ma con lupi psicopatici che non sapeva bene cosa cercavano da lui, ne aveva già avuti e, anzi, con uno aveva il suo bel da fare ancora adesso.

In ogni caso, non era quello il punto focale del discorso, gli suggerì la sua mente, nuovamente sotto una ben nota forma ringhiante e lupesca dagli occhi verdi. Preoccupato da questo ripetersi della manifestazione della sua coscienza nelle vesti di Derek, lo osservò di sfuggita, appuntandosi mentalmente che questa era un’altra cosa che avrebbe dovuto approfondire. Perché il suo subconscio lo riportava con i piedi per terra, usando le sembianze di un lupo violento, e precedentemente sospettato di omicidio? Probabilmente tutte le botte che aveva preso gli avevano sfasato qualche rotella, pensò scuotendo la testa.

Ma stava nuovamente divagando, si rese conto, dalla questione della chimica tra Scott e Isaac, ancora seduto sui gradini, a concedere un prolungamento della pausa. La sua ritrosia iniziale, oltre ad avere origine dalla storia del Kanima, era dovuta più che altro alla sensazione di abbandono che l’aveva colto. Non era esattamente quello che aveva sentito, ma non trovava parole più vicine a definirlo. Si era ripetuto che era così perché erano entrambi lupi mannari, e in qualche modo erano entrambi legati all’Alpha, ma sapeva che non era solo questo. Si era sentito quasi geloso, Dio, geloso!, delle attenzioni che Scott riservava a Isaac, e che erano così simili a quelle che una volta, neanche molto tempo prima a dirla tutta, aveva per Allison.

Aveva temuto che pian piano sarebbe stato messo da parte, escluso da quel mondo terrorizzante, ma di cui ormai non poteva più fare a meno; che anche Scott avrebbe cominciato a trattarlo come gli altri lupi, ma incredibilmente, da un giorno all’altro quasi, era stato praticamente il contrario. Isaac li aveva raggiunti al tavolo della mensa e si era messo a parlare con lui, quasi ignorando Scott, che aveva sorriso soddisfatto. In seguito lui e il suo migliore amico avevano avuto una chiacchierata rivelatrice, in cui aveva scoperto che anche Scott aveva doti straordinarie, e che si era accorto della sua insicurezza addirittura prima di lui stesso. Stiles non aveva potuto fare a meno di ascoltarlo a bocca aperta, snocciolare tutte le sue sensazioni, e rassicurarlo riguardo l’impossibilità di tenerlo fuori da quella storia, anche volendo farlo.

Da quel giorno, pian piano, tutti gli altri lupi si erano uniti al loro tavolo, e Stiles si rese conto con stupore che praticamente tutte le loro conversazioni, o rivelazioni importanti, erano sempre avvenute nei momenti in cui mangiavano. Anche quel giorno, in effetti, era accaduta una cosa simile. A quella scoperta, la sua mente gli ricordò che i pasti mancanti all’appello erano ancora la cena, ed eventualmente, prima di essa, la merenda. Si domandò quindi, che altro ne sarebbe saltato fuori.

Alla sua destra, intanto, Derek guardava con il solito cipiglio imbronciato, e l’aria sempre più impaziente, Scott e Isaac. Sapeva che stava per abbaiare qualche ordine, ancor prima che l’altro aprisse bocca, e deciso a evitarglielo, e sicuramente prima che la sua mente gli proponesse le tragiche conseguenze che ne sarebbero inevitabilmente derivate, gli diede una spallata, fingendo di cadere. Ovviamente fu fulminato dall’occhiataccia rossa, ma oramai non lo spaventava neanche più di tanto, mentre la mano del lupo si serrò dietro il suo collo. Lo riportò in piedi, tenendolo come un gatto avrebbe tenuto un cucciolo, per la collottola, e gli sibilo un divertito –accidenti, Derek era davvero divertito? Quello non era un buon segno– «Sei diventato un invertebrato?»

Ancor più stupefatti di Stiles erano gli altri, che avevano assistito per la prima volta al sarcasmo dell’Alpha. Non che Stiles ne fosse un gran conoscitore, ma aveva avuto la prova, nella piscina della scuola, che Derek sapeva perfettamente tenergli testa, quanto a battute sferzanti.

«Non direi.» ribatté, prontamente.

«Allora perché oggi non riesci a stare in piedi?» domandò lasciandolo, e portando il braccio a incrociarsi con l’altro sul torace.

«Magari mi hanno montato le ginocchia al contrario mentre dormivo.» suggerì, lasciandolo allibito.

Jackson scosse la testa esasperato e suggerì di cominciare a giocare, sempre se Stiles avesse ritrovato l’uso dell’equilibrio. Il ragazzo un po’ se la prese, per il riferimento solo alla sua persona. Isaac perdeva tempo a flirtare con Scott, che non se ne accorgeva neanche, e lui doveva essere ripreso da Whittemore e subire il raro sarcasmo Hale? Non era per niente giusto. Tuttavia non gli fu permesso di recriminare sulla faccenda perché, alzandosi in piedi, il riccioluto licantropo si dichiarò pronto a fare la sua parte, quindi che si disperdessero nel bosco.

Prima che Stiles e Scott, finiti in coppia si allontanassero, il primo si sentì toccare fugacemente il braccio e quando si voltò, Isaac lo ringraziò con un cenno del capo, che fu liquidato con una scrollata di spalle.

«Stiles, muoviti!» lo richiamò Scott, già qualche metro più avanti.

«Arrivo, arrivo.» esclamò seguendolo tra gli alberi.

Corsero leggermente per qualche metro accordandosi sulla scelta finché, per l’ennesima volta quel giorno –forse doveva riconsiderare seriamente l’ipotesi di Derek– Stiles inciampò, rotolando per una piccola discesa, mentre Scott lo raggiungeva ridacchiando, seppure un po’ preoccupato.

«Ehi, tutto bene? Ma che hai oggi? Sei ubriaco, che non ti reggi in piedi?» lo schernì, accovacciandosi di fianco all’amico che nel frattempo si era messo seduto e scrutava la griglia di fronte a loro, incuriosito.

«Che cos’è questo posto?» domandò, non aspettandosi realmente una risposta.

«Stiles, andiamo.» lo richiamò incerto Scott. Purtroppo il suo tono aveva messo in allarme il ragazzo, che si voltò repentinamente verso di lui, la bocca semiaperta, gli occhi socchiusi nell’espressione sospettosa che tante volte gli aveva visto.

«Tu lo sai…» insinuò, mettendosi in ginocchio.

«Stiles…» tentò Scott, inutilmente, perché l’amico era già scattato in piedi e si era infilato nel cunicolo «Stiles! Questa è davvero una pessima idea.» l’avvisò, seguendolo riluttante all’interno.

«Se vuoi che torni indietro, dimmi che posto è. E come fai a conoscerlo?» domandò, continuando a camminare tenendo una mano appoggiata al muro, freddo e ricoperto in alcuni punti di muschio.

«Dubito che se ti accontentassi torneresti indietro.» borbottò Scott.

«È probabile.» ammise, con una scrollata di spalle, ritrovandosi in una grossa stanza, simile a un magazzino in disuso. La luce filtrava da alcune finestre, poste in alto, e seminascoste dalla vegetazione esterna.

Incerto, fece strisciare la mano lungo il muro, cercando un interruttore, che non trovò. Senza darsi per vinto si avvicinò a un grosso faro e lo accese, trovandolo puntato su una sorta di gabbia metallica. Scott si ricordava perfettamente il posto e anche le circostanze in cui c’era stato, ma non aveva intenzione di renderle note a Stiles, che si muoveva circospetto, esaminando tutto. Alla fine si voltò verso l’amico rimasto sulla porta e inclinando la testa, domandò «Quando sei stato qui, cercavi Derek?» con l’aria di sapere già la risposta.

Scott cercò di non mostrare la sorpresa, ma questa fece capolino sul suo viso prima che se ne rendesse conto e riuscisse a impedirlo. Accidenti a Stiles, come faceva a saperlo? si chiese.

«Dai racconta!» lo esortò l’amico.

«Solo se mi dici come fai tu a saperlo.» propose, facendo un passo per raggiungerlo.

Stiles scrollò le spalle e spiegò in una maniera davvero sintetica per lui, segno che la curiosità era troppa. «Ho aiutato Peter a cercarlo attraverso il gps del tuo cellulare.» sintetizzò confusamente, ma prima che il lupo potesse chiedere altre spiegazioni, il ragazzo l’interrogò a sua volta. «Allora, racconta.»

«Non c’è molto da dire. Quando l’ho trovato, Derek era legato a quella specie di rete metallica con dei fili elettrici nel fianco.» espose, indicando con un gesto.

Stiles si voltò verso il punto descritto, la fronte aggrottata nel tentativo, forse, d’immaginare la scena, poi lo sguardo gli cadde sul tavolo dove c’era un vecchio macchinario, simile a una radio da guerra, con altoparlante e tutto d’un tratto, l’ambiente si riempì delle sue risate, mentre Scott l’osservava sconcertato, cercando di cogliere il nesso.

All’esterno, tutti i lupi avevano sentito l’improvviso scoppio d’ilarità di Stiles, e tutti, tranne Derek e Isaac, uno di fronte all’altro per via del gioco, furono tentati di raggiungere i due per scoprirne il motivo. I due lupi erano immobili e guardinghi, ma nonostante ciò non potevano evitare di sentire tutto, e Isaac era preoccupato; non sapeva se la situazione avrebbe infastidito Derek, rendendolo più furioso e portandolo ad attaccare con più violenza e meno controllo, o se al contrario l’avrebbe distratto consentendogli di avere una possibilità di fronteggiarlo. Di certo non si sarebbe mai aspettato quello che sarebbe successo di lì a poco.

Nascosti dietro gli alberi, gli altri membri del branco dividevano la loro attenzione tra quello che avveniva sotto i loro occhi, e quello che sentivano, ed Erica e Boyd, in coppia rispettivamente con Lydia e Allison dovevano anche raccontare quello che sentivano.

«Secondo me Stiles sta per combinarne un’altra delle sue.» sussurrò la rossa, così piano che la sentì solo Erica.

Sorridendo, la bionda rispose, avvicinandosi alla ragazza «É da vedere se andrà a scapito suo o di Derek.» prima di piegare il capo per ascoltare meglio, ora che le risa erano un po’ scemate, e Scott si era deciso a chiedere spiegazioni.

Sotto terra, a qualche metro dalle due e dall’Alpha, in procinto di mettere alla prova il suo Beta, Scott, approfittando della quiete momentanea si avvicinò all’amico e gli chiese di metterlo al corrente dell’origine delle sue risate. Stiles lo guardò con un’espressione che diceva “non è evidente?” che per un istante lo fece sentire un vero idiota. Provò ad arrivarci da solo, osservando le stesse cose che aveva visto l’amico, ma davvero non ci trovava nulla di divertente.

«Scott, non posso crederci. Guarda questo posto, possibile che non ti venga in mente nulla?!» esclamò stupefatto.

Con un sospiro sconfitto, il lupo ammise che non aveva idea di quello che gli passava per la testa. Intanto, sopra le loro teste, Isaac aveva deciso di iniziare ad attaccare Derek, riuscendo a tenergli testa, ma non confidando troppo in una vittoria, considerando che l’altro conosceva tutte le sue mosse e schemi d’attacco, avendoglieli insegnati lui stesso.

Sogghignando divertito, e totalmente ignaro della situazione che aveva preso corpo all’aria aperta, Stiles si avvicinò alla specie di microfono anteguerra posto sul tavolo, e afferrandolo e voltandosi verso Scott, che ancora l’osservava, disse «Non dirmi che non ti ricordi di questo.» prima di chiudere gli occhi un momento e cancellare il sorriso, sostituendolo con un espressione seria e truce. Il lupo aveva finalmente capito, e già un sorriso stava nascendo sul suo volto.

«Murdock… sono io che vengo a prenderti!» esclamò Stiles, mantenendosi il più serio possibile e imitando la battuta di Rambo, facendo ridere Scott, e seguendolo a ruota, ignaro del fatto che tutti gli altri avevano sentito la sua performance e che Derek era rimasto così sconcertato, che era riuscito a schivare l’attacco di Isaac, per un soffio.

«Accidenti, hai ragione! Sembra proprio il film di Rambo! E Derek ha anche lo stesso carattere.» rise Scott, non avendo minimamente prestato attenzione a quello che era successo sopra.

Imperterrito e incurante del gioco ancora in corso, Stiles continuò «E poi guarda questo posto… voglio dire, è la sala delle torture degli Hale? Dai, è pieno di catene e manette e chissà che altro c’è nascosto negli angoli… ora capisco perché quei due sono così… strani.»

«Perché, scusa?» domandò l’amico, guardandosi nuovamente intorno.

«Come “perché”?» ripeté a sua volta Stiles, un secondo prima di sganciare la bomba, senza sapere che avrebbe aggiudicato la vittoria ad Isaac «Chissà che razza di… di giochini perversi ci facevano qui! E non dirmi che queste cose servono per la trasformazione, perché dai, tu hai rotto le catene che compravo per tenerti a bada, ogni maledettissima volta. Ci ho speso un patrimonio.» gesticolò, mentre fuori, Isaac era riuscito a colpire un visibilmente scioccato Derek, atterrandolo.

Pochi secondi dopo, la figura di Peter comparve di fianco ai due ragazzi, con un ghigno divertito sul volto. Li guardò entrambi inarcando un sopracciglio e, con tutta la calma che aveva li informò che dovevano tornare di sopra e che Derek era furibondo.

«E quando mai non lo è?» minimizzò l’umano, poggiando il microfono che ancora stringeva, sul tavolo, e seguendo i due lupi nuovamente all’aria aperta. Quello che non si aspettava di certo, tornando nella radura, era il ringhio furibondo dell’Alpha e l’occhiata scarlatta che gli rivolse, inchiodandolo sul posto con un brivido di autentica paura. Il suo istinto gli gridava di fuggire il più lontano possibile da lì, magari per andare a rifugiarsi nell’armadio di camera sua, o nello studio del Dottor Deaton, decisamente più sicuro, ma lo sguardo di tutti i lupi e delle due ragazze puntato su di lui, smosse il suo orgoglio. Nonostante sapesse che il battito cardiaco l’aveva tradito in meno di un secondo, non poté evitare di buttare lì un «Quindi ti ha preso, eh?» canzonatorio, che alimentò ancor di più la rabbia del capobranco.

Scott e Isaac, i più preoccupati per la sua incolumità, cercarono di intromettersi per farlo tacere, ma lo sguardo eloquente di Peter ricordò loro gli avvenimenti di poco più di un’ora prima, facendoli desistere immediatamente. Stiles invece, ignaro di tutto, ma con un idea ben precisa di cos’era successo, ignorando il suo buonsenso –abbandonato quando era rimasto invischiato in quella storia– si avvicinò lentamente con passo lievemente incerto. Ci avrebbe scommesso la Jeep, che Derek sarebbe stato più che felice di mettere in pratica le sue minacce, stavolta, e senza neanche stare a rimuginarci troppo su, tuttavia, era da quando l’aveva incontrato che non faceva che irritarlo, volontariamente e non, quindi non vide perché stavolta sarebbe dovuto essere diverso. Magari ci sarebbe andato un po’ più leggero però, giusto per evitare di tornare a casa in un barattolo di conserva e con la stessa consistenza della marmellata.

«Allora…» disse, cercando sostegno in qualcuno degli altri lupi, ma nessuno osò incrociare il suo sguardo o quello dell’Alpha. «A giudicare dal tuo cipiglio, immagino che tu abbia perso…?» ipotizzò, limitando il sarcasmo a una sottospecie di domanda.

«È sempre colpa tua.» ringhiò, stringendo le mani a pugno, per non stringerle intorno al collo di Stiles, che impudente, continuava ad avvicinarsi.

«Possibile che ogni volta che qualcosa non ti va, devi dare a me la colpa? Mi hai preso per la tua scappatoia personale, per caso?» sbottò, guardandolo torvo. «Se tu non riesci a mantenere la concentrazione, perché devi stare ad ascoltare quello che dico a Scott, sono problemi tuoi. So di avere una personalità particolarmente arguta e sagace, ma se di solito non mi sopporti quando parlo, per quale motivo origli quello che dico? Che poi, immagino l’abbiate fatto tutti, vero? Origliare intendo. Immagino che per voi lupi mannari il concetto di conversazione privata e privacy siano sconosciuti, è cosi?» divagò, abbracciando con lo sguardo tutti i presenti. Il fatto che anche Peter, rimanesse impassibile, gli diede l’esatta misura della rabbia di Derek, e lo portò a chiedersi a quale santo protettore dovesse indirizzare i ringraziamenti per il fatto di essere ancora in vita.

Sapeva che se dovevano continuare a giocare, avrebbe dovuto assolutamente trovare il modo di riportare la furia dell’Alpha sotto controllo, onde evitare spargimenti di sangue, umano e non. E sapeva anche che, dato che era stato lui ad aver dato fuoco alle polveri, sempre a lui toccava trovare il modo di evitare che la suddetta polvere esplodesse. Ma come avrebbe potuto farlo? Mordicchiandosi il labbro pensieroso, giunse alla conclusione che non c’era modo di evitare l’esplosione, quindi avrebbe dovuto cercare di limitarla. Concentrandola, come al solito, tutta su di sé.

«Ehm… immagino che domani mi ucciderai e spargerai i miei resti in giro per il bosco.» scherzò, abbozzando un sorriso.

«È una buona idea.» ringhiò Derek, mentre in mezzo alla furia omicida che lo pervadeva si faceva strada un po’ di curiosità.

Stava cercando di controllarsi, perché sapeva che in realtà Stiles aveva ragione, e se si era distratto la responsabilità era esclusivamente sua. Invece di concentrarsi sull’avversario, perché al momento era quello che Isaac stava impersonando, aveva preferito sentire quello che quel ragazzino aveva da dire sul luogo in cui era stato effettivamente torturato. Era stato fregato dalla sua curiosità e non era colpa di Stiles, per questo non l’aveva appeso al primo albero disponibile, appena l’aveva rivisto. Tuttavia non poteva fare a meno di provare rabbia anche nei suoi confronti, e non per la sconfitta, ma perché sentirgli dire quelle cose, aveva alleggerito inspiegabilmente il peso legato a quel posto e a quello che vi aveva passato.

«Allora, prima che succeda potresti soddisfare una mia curiosità…» lo sentì dire, perso nel fondo dei suoi pensieri. Gli bastò uno sguardo per sapere che stava per pronunciare qualche sciocchezza, ed evidentemente anche Scott l’aveva capito, perché gemette uno «Stiles, no.» facendo un passo avanti.

«Sei a tanto così dal farti uccidere, Stiles.» latrò, sperando che l’altro desistesse dai suoi propositi, anche se aveva capito che lo stava facendo per aiutarlo, in un qualche suo modo contorto. Per quale motivo Peter non interveniva? Magari, si disse, perché si ricordava che l’ultima volta che aveva cercato di calmarlo, lui gli aveva fatto fare un tour della casa a suon di calci e pugni. Probabilmente era quello a frenarlo, ma Stiles, immobile davanti a lui nonostante il timore –lo sentiva dal battito– sembrava deciso, e anche divertito. Razza di incosciente, gli ringhiò il suo subconscio, come sa che non lo ucciderò?

«Secondo te…» iniziò, guardandosi un istante alle spalle, come a giudicare la distanza degli altri, prima di abbassare la voce in un sibilo talmente sottile da essere udito solo da lui, e domandare «…sono attraente?» Era certo di essere l’unico ad averlo udito, a giudicare dalle espressioni confuse e curiose dipinte sui volti degli altri lupi. Prima che la sua mente ne prendesse coscienza, il suo corpo si era mosso, inchiodandolo a una colonna della casa, con un ringhio. Il lampo di terrore che gli attraversò gli occhi nocciola lo riportò in sé.

«Che diavolo dici?» sbraitò, non credendo che l’incoscienza dell’altro potesse toccare certe vette.

«Voglio saperlo prima di morire. E visto che a quanto pare succederà domani, ho solo oggi per scoprirlo.» rispose Stiles, aggrappandosi alle sue braccia per riuscire a respirare, dato che nella foga, Derek l’aveva sollevato da terra. Il lupo lo lasciò andare con un ringhio, svuotato di tutta la rabbia, scuotendo la testa. A quanto pareva, era riuscito nel suo intento, e ancora timorosi, anche gli altri si avvicinarono.

Scott si avvicinò all’amico, chiedendogli se andava tutto bene, mentre Peter senza perdere tempo e per non dare a nessuno la possibilità di fare commenti e domande inopportune, porgeva il sacchetto a Allison, Lydia e infine a Stiles, intanto che Derek si sedeva sui gradini con aria cupa. In pochi minuti erano tutti in procinto di allontanarsi, Allison in coppia con Jackson, Lydia con Scott e Stiles con Erica, e tutti, prima di dividersi, lanciarono un’occhiata preoccupata al capobranco, sperando non toccasse a loro affrontarlo. Lydia era abbastanza certa che tale onere non sarebbe toccato loro, perché aveva scelto un frutto improponibile, stessa cosa avevano fatto Jackson e Peter. Ma quello che nessuno sospettava era che, appena erano scomparsi tra il fogliame, Derek, desideroso di vendicarsi, si era arrampicato su un albero e aveva seguito l’ultima coppia, per scoprire quale frutto avrebbero scelto.

Stiles sospettava che il lupo avrebbe cercato di vendicarsi di lui, ma non poteva certo pensare, quando aveva scritto la sua scelta con un bastoncino, che Derek gli si fosse appostato proprio sopra, per poi allontanarsi silenziosamente un secondo dopo e ritornare alla casa. L’Alpha pensò anche di chiamare il frutto per primo, ma in questo modo avrebbero tutti sospettato qualcosa, per cui si risolse ad elencarne una serie di comuni, e gli giunse chiaro l’ironico commento della sua ignara preda «Uhm, sta facendo un cocktail di frutta?» rivolto a Erica, che rise piano.

Dopo poco però, l’ilarità fu sostituita da un brivido, perché l’Alpha aveva richiamato proprio loro. Deglutendo si scambiarono un’occhiata impaurita e Stiles recuperò il cellulare dalla tasca, valutando per una frazione di secondo di chiamare il padre per un ultimo saluto, ma optando poi per una strategia da adottare.

#Appena puoi, cerca di correre nel bosco, io corro alla porta.# digitò velocemente, porgendo il cellulare alla bionda, che dopo aver letto, gli rivolse un cenno d’assenso. In un silenzio carico di aspettativa e tensione, raggiunsero nuovamente lo spiazzo. Gli altri erano già tutti lì.

Derek era immobile come una statua, le braccia ai lati del corpo e l’aria sinistra, conferitagli dal ghigno che aveva dipinto in viso. Qualche metro prima, i due si erano divisi: Erica aveva proseguito, mentre Stiles aveva cercato di portarsi il più vicino possibile alla casa e alla porta rossa. La bionda aveva aspettato di sentirlo fermarsi, prima di uscire da dietro l’albero scelto come ultimo nascondiglio. Immediatamente gli occhi, fortunatamente verdi, del capobranco si erano posati su di lei, e aveva potuto cogliervi un guizzo di divertimento. Appena vide le foglie muoversi, si voltò correndo per inoltrandosi nuovamente nel verde, sentendo per un po’ i passi di Derek dietro di lei. Quando il silenzio la circondò, si girò un attimo per controllare e fu un errore fatale, perché andò a scontrarsi con il torace solido dell’Alpha, il quale senza perdere tempo l’atterrò prima di correre indietro a fermare anche Stiles.

Il ragazzo aveva colto l’attimo al volo e si era lanciato fuori dal cespuglio, alla massima velocità consentita dalle sue umane gambe, ed era già sul portico con la mano tesa a pochi centimetri dal legno, quando Derek gli era letteralmente piombato sulla schiena, pressandolo contro la porta, che con tutto il peso dello slancio di entrambi, si spalancò, facendoli ruzzolare all’interno in un groviglio di braccia e gambe.

«Ma sei completamente pazzo?» ansò Stiles, che era finito, seguendo una qualche confusa e lievemente dolorosa dinamica, metà sulle scale e metà sul pavimento, nonché parzialmente addossato al lupo, il quale gli aveva coperto la testa un secondo dopo aver realizzato quello che stava succedendo, per evitare che se la rompesse, e il risultato ora, era una specie di bizzarro abbraccio. Gli sembrava di star vivendo un déjà vu, ma per fortuna stavolta nessuno dei due era paralizzato e, prima di scostarsi, Stiles si accertò di non avere fratture o chissà che altro, che gli impedisse di muoversi. Nel frattempo tutti, compresa Erica che era tornata indietro di corsa, si erano affacciati nel vano della porta.

«Ho già visto una scena simile.» commentò Scott con un ghignetto, osservando l’amico piegare il capo verso di lui con un espressione oltraggiata, accompagnata da un ringhio del lupo.

Alzandosi, il ragazzo non riuscì a evitare di commentare sardonico «Devo prenderla come una risposta?» che gli costò uno scappellotto, ma nessuna negazione verbale, cosa che lo stupì.

Per evitare altre discussioni, Lydia s’intromise, proponendo di prendere una pausa per bere qualcosa, prima di procedere con le penitenze. E il solo sentire quella parola, pronunciata dalla rossa con un tono soddisfatto, fece provare un brivido ansioso a tutti quelli che erano stato sconfitti.

Con calma si avviarono in cucina, prendendo posto sulle sedie, o direttamente sul bancone, mentre Isaac tirava fuori un po’ di bevande, Boyd recuperava dei bicchieri, e Stiles rovistava in giro alla ricerca di qualcosa da sgranocchiare, possibilmente sotto forma di patatine. Quando aveva quasi messo a soqquadro metà dispensa, fu fermato da ciò che cercava, piazzato direttamente sotto al suo naso, ma quando allungo la mano, la ciotola di patatine saldamente tenuta tra le mani di Erica, si spostò fino al tavolo. Dato che non aveva alcuna voglia di scendere dal ripiano della cucina, sperò che qualcuno si avvicinasse abbastanza da potergliene fregare una manciata. Speranza vana, perché alla fine fu costretto a cedere, e recuperandone un bel po’ ritornò alla sua posizione iniziale, con Derek in piedi di fianco a lui che non accennava a voler mangiare alcunché.

Sperando di ritrovarsi ancora tutte le dita attaccate, gli piazzò una sfoglia di patatina fritta proprio davanti alla bocca, aspettando. Vide il lupo abbassare lo sguardo, osservando la sua mano per poi portarlo, lentamente, sul suo viso, un sopracciglio inarcato in una muta domanda. Alzando le spalle, Stiles proruppe con un «Hai paura di ingrassare?»

«Idiota» rispose, prima di accettare l’offerta, ignorando le occhiate sapute dei Beta. Li aveva già messi in guardia, quindi era abbastanza certo che sarebbe passato del tempo, prima che si fossero azzardati nuovamente a fare battute idiote e supposizioni –fondate, certo– ma che non dovevano fare. Nonostante ciò, sarebbe stato meglio se Stiles l’avesse piantata di comportarsi come stava facendo. Non capiva se lo facesse per provocarlo, o se non ne fosse consapevole. In ogni caso, aveva deciso che quella giornata sarebbe rimasta “fuori dal tempo”: avrebbe fatto finta, in seguito, che fosse stata un sogno o un volo di fantasia, nonostante da anni non facesse né l’uno né l’altro. Deciso questo, non vide il motivo per non approfittare fino in fondo del resto della giornata.

Sfruttando il fatto che il ragazzo stesse ridendo a una battuta di Isaac, gli rubò un altro paio di patatine dalle mani, ma prima che riuscisse a portarsele alla bocca, sentì la sua voce indignata esclamare «Ehi! Quelle sono mie, lupastro, prenditi le tue.»  aggrappandosi al suo polso per impedirgli di mangiarle. Del tutto indifferente, e sotto il suo sguardo contrariato, il lupo le gustò una alla volta.

Imbronciato, e per evitare altri furti, Stiles si ficcò il resto di quelle che aveva in mano, direttamente tutte in bocca, guardandolo con aria di sfida, e sentì Erica pronunciare a voce sufficientemente alta «Che bambini.»

«È co…» iniziò immediatamente Stiles.

«Oh, ti prego, Stilinski. Non starai per dire “ha cominciato lui” o “è colpa sua”, vero? Sarebbe davvero patetico anche per te.» ghignò Jackson, stroncando sul nascere le lamentele, ma fomentandone altre.

«Jackson… dovresti smetterla di mangiare limoni la mattina.» esclamò, spiazzando tutti per un attimo.

«Io non mangio limoni.» ribatté stranito il diretto interessato, prima di ricevere un pizzicotto sul braccio da Lydia «Ahia! Ma che…» protestò.

«Intendeva dire che sei acido, scemo.» spigò la rossa, alzando gli occhi al cielo, mentre Stiles sghignazzava soddisfatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Eccoci qui!

Ahah, piaciuto il capitolo?^^

Che ne pensate del riferimento a Rambo? Il secondo eh, quando viene catturato e torturato. Quella scena è praticamente uguale al telefilm! Potremmo mandare un tweet a Jeff e chiedergli se si è ispirato al film!^^

A parte, ciò… Stiles, smettila di ficcarti nei guai!! Incosciente!!

E con questo capitolo, i lupi hanno finito di mangiare frutta! … che battuta squallida, perdonateci! Comunque, il prossimo ci saranno le temute penitenze! E con queste siamo un po’ incerte, quindi se avete suggerimenti, sono decisamente bene accetti!! Fatelo, sul serio!!

Uhm… non sappiamo che altro aggiungere… a parte che entrambe dovremmo smetterla di impelagarci nelle long. Vabbè!

Ah, ma avete visto i nuovi volti del cast di Teen Wolf?! Che ne pensate?^^ Noi non vediamo l’ora, e ci stiamo lanciando in accese discussioni! Speriamo di arrivare vive alla premiere nel 2013! Ahah!!^^;;

Ok, la smettiamo di sproloquiare a sproposito e ringraziamo come al solito le anime pie e generose che commentano, e anche quelle che ricordano, preferiscono e seguono! GRAZIEEE!!

Al prossimo venerdì!

Baci a tutte

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Capitolo 11
*** Penitenze ***


Penitenze

Ovvero

Dire, fare, baciare, lettera, testamento

 

 

 

 

 

 

Rimasero nella cucina, recentemente restaurata, di casa Hale ancora una decina di minuti. Lasso di tempo durante il quale, quelli che dovevano cimentarsi nelle penitenze si mostrarono allegri, a parte Derek, arcigno come suo solito, nel vano tentativo di distrarre l’attenzione di tutti. In realtà stavano cercando, neanche si fossero accordati precedentemente, di prolungare il più possibile quel momento di pausa. Sapendo che i giochi li aveva organizzati Peter –ed erano stati divertenti, questo dovevano concederglielo, ma anche particolari– probabilmente le penitenze lo sarebbero state altrettanto. E inoltre non erano sicuri riguardo alla persona che le avrebbe scelte. Forse le avrebbero estratte a sorte, come avevano fatto finora, o forse le avrebbero decise quelli che si erano salvati, ma in entrambi i casi, la prospettiva era abbastanza inquietante. Nel primo caso, avrebbero potuto fare chissà quale cosa la mente di Peter avesse partorito, nel secondo caso, invece si sarebbero trovati ad affrontare l’unione delle menti dei presenti, e chissà cosa ne sarebbe venuto fuori.

Ogni tanto, si scambiavano delle occhiate di soppiatto, studiando in particolare le intenzioni di Lydia e Peter, che sembravano i più divertiti da quello che li aspettava. Erica cercava di tenere occupati Boyd, che rimaneva comunque tranquillo, nonostante avesse anche lui l’aria di non vedere l’ora di scoprire cosa sarebbe successo, e Jackson, anche se a lui, in realtà, sembrava ci stesse involontariamente pensando Scott, stuzzicandolo e ricevendo risposte sarcastiche in cambio.

Lydia chiacchierava con Allison, e ogni tanto ridevano, lanciando occhiate agli altri occupanti della cucina, mentre Peter sembrava partecipare, ma essere al contempo al di sopra di tutto, come se stesse in qualche modo supervisionando l’intero branco e il suo modo di rapportarsi. Ogni tanto incrociava lo sguardo di Stiles, e ogni volta che succedeva, quest’ultimo non poteva fare a meno di inarcare un sopracciglio in una muta domanda, salvo poi spostare lo sguardo su Derek, impassibile al suo fianco.

Isaac divideva la sua attenzione tra Scott e Stiles, che scuoteva le spalle come a dirgli “che vuoi farci”, prima di lanciarsi in qualche sconclusionato discorso sulla prima cosa che gli passava per la testa, finché Derek, irritato da tutto quel chiacchiericcio ininterrotto, non gli indirizzava un piccolo ringhio ammonitore, o gli dava una leggera spinta, spostandolo verso il bordo del bancone. All’ennesimo colpo Stiles, non accortosi del margine, piombò a terra con un «Woah!» strozzato dalla sorpresa, e il boccone che aveva in bocca gli andò di traverso, rischiando di strozzarlo.

Iniziò a tossire, mentre tutti si voltavano a guardarlo incuriositi, e l’unico che ebbe la prontezza di fare qualcosa, forse mosso anche da una punta di senso di colpa, fu l’Alpha che lo tirò in ginocchio e, attraverso il velo di lacrime che gli offuscava la vista, lo vide porgergli un bicchiere d’acqua, che si affrettò a bere. Rialzando il viso, si accorse dello sguardo scrutatore di Derek, che lo fissava con una punta d’irrequietezza, velocemente mascherata.

«Scemo, mi hai quasi ammazzato.» gracchiò, con un ultimo colpo di tosse, per dissipare l’agitazione che lo stava invadendo.

Fortunatamente, il lupo dava le spalle agli altri, che non ebbero così modo di vedere l’espressione rapita che aveva in volto. Stiles deglutì a vuoto, sbattendo le palpebre, prima di alzarsi e tornare a sedersi dov’era prima, mentre Derek, senza una parola, usciva dalla stanza, lasciandolo solo a fronteggiare le occhiate incuriosite. Scrollò le spalle, ignorando il motivo di quella che poteva definire solo come una fuga da parte dell’Alpha.

Quel giorno stava battendo ogni record, si premurò di informarlo il suo cervello, dato che era addirittura riuscito nella mirabile impresa di far fuggire Derek. Si chiese cosa, esattamente, avesse visto di tanto sconvolgente da indurlo a compiere un atto del genere, ma non trovava spiegazioni sufficientemente valide.

Il lupo, intanto, si era precipitato nella prima stanza che gli era capitato d’incrociare, ritrovandosi in bagno, prendendo a misurarlo a grandi passi mentre dalla gola erompeva un ringhio, basso a sufficienza da non poter essere udito dagli altri, che avevano ripreso a chiacchierare. Con un moto di frustrazione, si trattenne dal tirare un pugno al lavandino, in quanto l’avrebbe di certo divelto e attirato l’attenzione, con conseguenti domande indagatrici.

Ce n’era una però che gli si era immediatamente formata nella mente appena chiusa la porta: da dove gli veniva tutta quella rabbia improvvisa?

Non che di solito non lo fosse, arrabbiato, ma ultimamente questo sentimento era più simile a un fuoco che covava sotto la cenere, invece della furia costante che lo aveva caratterizzato al suo ritorno a Beacon Hills.

Si fermò con le mani ai lati del lavabo, stringendo e facendosi sbiancare le nocche. In realtà sapeva a cos’era dovuto quello scatto di rabbia, ma la sua mente si rifiutava di far emergere quel pensiero a livello conscio; sforzo inutile, peraltro, considerato che i suoi sensi avevano così saldamente deciso di metterlo comunque al corrente delle sensazioni che provava. Per un solo fugace istante, maledì il fatto di fidarsi così profondamente delle sue percezioni, salvo poi tornare in sé scuotendo la testa. Non era colpa sua se si ritrovava in quelle condizioni ma, al solito, era colpa di Stiles. Sua e della faccia che aveva quando l’aveva guardato.

Ringhiando, si staccò dalla ceramica, ormai incrinata, e riprese a percorrere a grosse falcate lo stretto spazio, i pugni stretti e i denti serrati, mentre la sua mente gli riproponeva l’immagine di pochi minuti prima. Dannazione a quel ragazzino, ai suoi grandi occhi da cerbiatto con le ciglia bagnate di lacrime, alle sue guance arrossate, e soprattutto alla sua bocca, sempre pronta a far fuoriuscire parole. Anche se in quel momento, il tempismo di Stiles era stato decisamente impeccabile. Se avesse tardato solo un altro attimo, probabilmente l’avrebbe baciato sotto lo sguardo di tutti, proprio quando qualche ora prima, esattamente nella stessa stanza, aveva detto, o meglio ordinato e minacciato, i lupi, di farsi gli affari loro e che non sarebbe accaduto nulla.  

I toni in cui si era espresso erano stati sicuramente meno calmi e comprensibili, ma il succo del discorso era quello. Ed ora Stiles si permetteva di mostragli quel viso, e lui si era davvero trattenuto per un soffio, e parte del merito andava anche allo stoicismo che sempre l’accompagnava, oltre che alle parole del ragazzo. E in meno di un giorno, anzi in un paio d’ore, gli stava facendo rivalutare la considerazione, nota solo a lui stesso, di aspettare il momento giusto per reclamarlo come suo. Perché alla fine sarebbe successo, e l’avrebbe fatto, lo sapeva lui, lo sapeva il suo branco, probabilmente lo sapeva anche Stiles, anche se ancora non lo accettava. Ma d’altronde era un suo tipico atteggiamento, quello di sfidarlo e dargli contro. E anche stavolta stava facendo esattamente la stessa cosa. Proprio quando aveva deciso che avrebbe atteso, per il bene di entrambi, ecco che Stiles iniziava a comportarsi in quella maniera, a tratti provocandolo e facendo poi come se non avesse fatto nulla. Quello che non capiva era se si stesse comportando così inconsapevolmente, o se anche lui avesse deciso, in qualche modo, di accelerare i tempi e cercasse di farglielo capire.

Se Derek fosse stato giusto quel po’ più espansivo, probabilmente, invece di chiudersi lì a distruggere il bagno recentemente rinnovato, sarebbe tornato di là e avrebbe provato a parlare con Stiles. Purtroppo si conosceva anche troppo bene, e sapeva che non l’avrebbe fatto, ma niente gli impediva di capire le intenzioni del ragazzo attraverso altre risorse a sua disposizione, come ad esempio i suoi, precedentemente maledetti, sensi. Decise, un attimo prima di ritornare dal branco, che li avrebbe concentrati tutti su quello che sentiva provenire da Stiles, e in base a ciò si sarebbe successivamente regolato di conseguenza.

Richiudendosi la porta alle spalle, capì anche l’origine del moto di rabbia improvvisa. Era indirizzata verso sé stesso, e verso la sua incapacità di non cedere di fronte agli occhi luminosi e vitali di Stiles, anzi, di fronte a Stiles in generale. Probabilmente nessuno, o quasi nessuno se ne era ancora accorto, di questa sua arrendevolezza, ma in futuro avrebbe portato probabilmente dei guai. Tutti, però, si erano già resi conto di quanto quel dannato ragazzino fosse diventato importante, per lui e per il branco, e i maldestri tentativi odierni di parlarne con lui, ne erano un eccellente dimostrazione.

Soffiando come un gatto irritato, rientrò in cucina, evitando di guardare Stiles, un po’ per timore di trovarlo ancora nelle stesse condizioni che l’avevano letteralmente fatto fuggire, un po’ per dedicare la sua attenzione alle reazioni degli altri. Evidentemente, pochi minuti prima, aveva un po’ sopravvalutato i suoi cuccioli, perché nessuno sembrava aver trovato nulla di strano nel suo allontanamento. Quando però incrociò gli occhi azzurri di Peter, e la loro espressione lievemente perplessa e molto sospettosa, capì che subodorava qualcosa e che non era troppo lontano dalla soluzione.

Dopotutto era stato lui a parlargli e a farlo riflettere sulla riva del fiume, subito dopo pranzo, e sempre lui era, ormai, il suo unico parente, quindi era ovvio che lo conoscesse meglio degli altri, nonostante gli anni di lontananza e i cambiamenti radicali. In fondo, entrambi sapevano che, sepolti sotto strati di sentimenti negativi, c’era ancora qualcosa delle persone che erano state.

Le sue elucubrazioni furono interrotte dalla voce squillante di Lydia che annunciò che oramai era tempo di riprendere a giocare. A quelle parole, i suoi sensi furono aggrediti da un’ondata di preoccupazione, che gli fece pizzicare il naso. Si era dimenticato che era il momento delle penitenze, ma non trovava il motivo di quell’agitazione. La ragione gli si presentò in modo chiaro e lampante nel sorriso brillante della rossa, e nel ghigno soddisfatto di Jackson.

Sentì un sospiro di fronte a lui, seguito da un «Ora siamo nei guai» bisbigliato di Stiles. Alzò la testa incuriosito, e ricevette la stoccata dal ragazzo «È inutile che fai quella faccia, tocca anche a te.» l’apostrofò, con una nota appagata negli occhi, alla prospettiva di quello che sarebbe potuto toccargli in sorte.

Derek si affrettò a spegnergli l’allegria con un deciso «Si ma a te tocca doppia.» che ebbe l’effetto di fargli spalancare la bocca, in cerca di qualcosa di sufficientemente efficace da ribattere. Alla fine la richiuse imbronciato, sibilando «Spero ti tocchi qualcosa di tremendo.»

Rumorosamente e in modo disordinato, uscirono ancora una volta di casa. La maggior parte di loro si sedette sul portico, con le gambe penzoloni, o sulle scale, mentre i penitenti rimanevano in piedi, di fronte agli altri.

Questi ultimi, ovvero Erica, Isaac, Allison, Stiles e Derek, eccettuato l’ultimo, si scambiavano continue occhiate preoccupate, insicuri sul loro destino. Si sentivano un po’ stupidi a sentirsi così agitati, ma non potevano farne a meno. Nonostante di solito andassero d’accordo, erano comunque ancora adolescenti, e la voglia di farsi scherzi e mettersi vicendevolmente in imbarazzo era praticamente irresistibile. E cos’era più appropriato, per un compito del genere, che una serie di penitenze? Certo poi ci avrebbero riso su, ma per ora era la preoccupazione a farla da padrona.

Stiles diede una gomitata a Derek, per farlo voltare verso di sé.

«Non puoi usare il tuo ascendente Alpha per evitarci questa cosa?» domandò, non preoccupandosi di tenere basso il tono, ma gesticolando animatamente.

Derek sospirò prima di rispondere, con l’aria di stare per spiegare una cosa semplice a un bambino che si rifiutava di capire.

«No.» fu la lapidaria risposta, che inevitabilmente scatenò nuove proteste.

«Come sarebbe “no”?! Che razza di risposta è “no”? E si, lo so che è una risposta decisamente lunga e articolata per i tuoi standard di loquacità, ma non potresti, che so, aggiungere qualche altra parola di supporto? Giusto per non far sentire quel “no” meno solo, e magari farmi anche capire perché “no”?»

«Perché, come mi hai furbamente ricordato stamattina nel bosco, l’organizzazione non è stata affidata a te né a me. Quindi ora stai zitto e smettila di agitarti.» brontolò.

«Stai zitto e smettila di agitarti? Guarda che non sono un cane. Quelli con tratti canini siete voi. E non darmi ordini, accetto solo consigli.» ribatté incrociando le braccia, mentre Isaac si intrometteva.

«Allora ti consiglierei di smetterla Stiles, perché se non l’hai notato, si stanno divertendo tutti e chissà che hanno in mente adesso.» disse il Beta, ammonendolo con lo sguardo.

Dopo che le parole di Isaac ebbero fatto presa nel suo cervello, Stiles si rese conto con sgomento, che ogni volta che si metteva a battibeccare con Derek, perdeva di vista il resto del branco. Come se le loro presenze si affievolissero e scivolassero ai margini della sua mente. E di solito questo non gli succedeva, al contrario, lui era quello che notava anche le cose più insignificanti. Chissà se anche al grosso lupo apparentemente cattivo ma sicuramente inquietante, al suo fianco, succedeva la stessa cosa. Probabilmente no, visto che raramente l’aveva visto provare un qualche tipo di smarrimento, e poteva con orgoglio aggiungere la fuga di prima, alla corta lista di volte.

Stava nuovamente divagando, e la sua mente, molto subdolamente, gli fece notare che ultimamente, le sue divagazioni riguardavano tutte un certo lupo dallo sguardo cupo. Questo era preoccupante e strano anche per i suoi standard. Di solito gli unici momenti in cui pensava a Derek era quando erano entrambi in pericolo, o quando era in corso qualche casino sovrannaturale, non di certo quando avrebbe potuto dedicare la sua attenzione a ben altri più piacevoli, e sicuramente proficui, pensieri. Avrebbe dovuto riflettere molto seriamente su tutti gli eventi della giornata, quando e se, avesse avuto modo di farlo, e non appena fosse giunto a una conclusione, avrebbe dovuto parlare con quel lupo scorbutico.

A quel punto, Peter si alzò in piedi e fece qualche passo, fermandosi a metà strada tra i due gruppi e per la prima volta in tutta la giornata, parve tentennare per un attimo, prima di parlare.

«Allora…» incominciò, mentre il solito sorriso enigmatico gli fioriva sulle labbra «è il momento delle penitenze. In realtà, non ho deciso nulla in particolare da farvi fare.» annunciò.

«Ah, quindi le possiamo evitare?» tentò Stiles, il sollievo evidente nella voce.

Il lupo rise, prima di rispondergli «Ho detto nulla in particolare, non nulla di nulla.»

«Dannazione.» esalò, crollando il capo sul petto per qualche secondo.

«Come stavo dicendo, non ho pensato a nulla nello specifico, ma a scegliere il genere di penitenza sarete voi stessi.» spiegò, ricevendo occhiate incuriosite.

«Non sarà mica obbligo–verità?» domandò Erica, con tono di apparente sufficienza.

«No, ma è qualcosa di simile.» confermò Peter, rimanendo poi in silenzio per far crescere la tensione. Quando vide Stiles iniziare ad agitarsi, parlò nuovamente «Immagino conosciate tutti “Dire, fare,baciare,lettera, testamento”?» chiese.

Le reazioni furono varie e diametralmente opposte: chi non doveva “giocare” si lasciò andare a versi di compiacenza, pensando a quello che avrebbero potuto scegliere, mentre chi era costretto a partecipare, prima sbiancò leggermente, poi iniziò una serie di lamentele, dapprima contenute, poi sempre più forti. Alla fine, a riportare l’ordine fu un ringhio da parte di Derek, che ordinò a Peter di spiegarsi meglio, mentre Stiles commentava con un incredulo «Non ci hai mai giocato?! Ma vivevi nel frigo da piccolo? E questo spiegherebbe anche il tuo comportamento da ghiacciolo… al limone direi, considerata l’acidità.»

Nonostante l’interruzione, Peter illustrò al nipote le regole, intanto che Jackson scuoteva la testa con un sorrisino derisorio e Scott si accigliava. Poco più in là, Allison parlottava con Erica e le due sembravano sviluppare una bella complicità, che stupì Stiles, memore di quello che era accaduto a casa di Scott qualche mese prima, quando erano ancora ai due lati dello schieramento, in ranghi opposti, nonostante il fine comune.

«Signorine, come mai non mi sembrate così preoccupate?» domandò interessato.

«Beh, non siamo noi quelle con qualcosa da nascondere.» fu la pronta risposta di Erica.

Stiles boccheggiò prima di rispondere con uno strozzato «Io non ho niente da nascondere!» che non fece nulla più che far nascere un sorriso complice tra le ragazze «Ehi. Perché quello sguardo? Io non ho niente da nascondere.» ripeté, un po’ meno convinto delle sue stesse parole.

Allison gli posò una mano sul braccio «Però sembra che tu abbia la coda di paglia…» commentò, aumentando il suo stupore.

«A te non fa bene stare con questi tipi qui. Proprio per niente, stai diventando supponente come loro.» fu l’acida risposta.

«Stiles… se hai finito di chiacchierare, possiamo andare avanti.» disse Peter, placido come sempre.

«Ah perché… aspettavate me?» domandò il ragazzo «Va bene, cominciamo allora.» rispose scrollando le spalle, con una punta di nervosismo.

«Bene, allora chi vuole cominciare?» chiese l’uomo, passando lo sguardosu ciascuno di loro, aspettando un volontario, che non si fece avanti. Dal portico si levò uno sbuffo scocciato, e Lydia si alzò sbeffeggiando la loro mancanza di coraggio.

«Comincio io… ma niente cose strane. O almeno… non troppo strane.» si fece avanti Isaac, un po’ incerto nonostante tutto.

Peter gli disse di chiudere gli occhi e alzare una mano. Il riccio obbedì, mentre l’altro lupo alzava la mano destra, con le dita bene aperte, in modo che Isaac ne scegliesse uno a caso. Quando ebbe fatto, gli fece riaprire gli occhi, informandolo che aveva scelto “testamento”.

«Non è una bella scelta, da uno che prima faceva il becchino part-time.» commentò con leggerezza, facendo ridere gli altri. «Quindi che devo fare ora?» s’informò.

«Lo decidiamo noi, un attimo di pazienza.» ghignò Jackson, prima di iniziare a confabulare con gli altri.

Il gruppetto sotto il portico si avvicinò iniziando a parlare talmente a bassa voce, che l’unico che forse sarebbe riuscito a sentire qualcosa era Derek, ma era troppo impegnato, secondo Stiles, a fare la statua di pietra, per informarli, quindi dovettero aspettare che fosse qualcuno degli altri a parlare.

Quasi un minuto dopo, Peter e Scott si staccarono dal gruppo e gli andarono incontro, preoccupando un po’ il lupo. Prima che potessero iniziare con le domande, l’ex-Alpha gli spiegò che avevano deciso che Scott gli avrebbe fatto il solletico per un minuto intero, durante il quale lui non avrebbe docuto ridere. Sentendo quello che gli era toccato in sorte, ringraziò silenziosamente chi aveva proposto quell’idea, chi aveva proposto Scott, e infine, il fatto che lui soffrisse pochissimo il solletico e che nessuno lo sapesse.

Scott sembrava, ma non voleva azzardare ipotesi campate in aria, un po’ in imbarazzo per quello che doveva fare, e gli sarebbe molto piaciuto sapere se era perché si era offerto lui o se perché qualcuno l’aveva persuaso. In ogni caso, rimase stoicamente immobile aspettando di sentire le mani dell’altro compiere il loro lavoro. Dovette impegnarsi comunque molto per non sorridere contento, anche perché era praticamente impossibile che il moro scoprisse il punto che l’avrebbe fatto ridere sul serio. Sorprendendolo invece, quasi allo scadere del minuto, Scott scoprì che dietro le ginocchia Isaac non sapeva resistere, ma nonostante ciò fu il biondo a vincere, rimanendo serio fino alla fine.

«Vergognati McCall, non sei neanche capace di far ridere.» lo sfotté Jackson.

«Almeno però non faccio saltare i nervi.» ribatté immediatamente, tornando a sedersi.

Stavolta, fu il turno di Erica cui toccò il “fare”, e fu obbligata a cantare una canzone con un cubetto di ghiaccio in bocca. Il risultato fu esilarante per tutti, e anche Derek si fece scappare un sorriso, che rimase inosservato. Alla fine, la bionda inghiottì quello che rimaneva del ghiaccio ed entrò un attimo in casa, andando a bere qualcosa a temperatura ambiente.

Nell’attesa che tornasse, Allison si fece avanti e le toccò “baciare”. Quasi in simultanea Scott e Stiles si scambiarono un’occhiata, includendo poi un Isaac momentaneamente distratto. A decidere chi avrebbe dovuto baciare fu Lydia, che aspettò. Appena Erica ricomparve con un «Che è successo?» sorpreso, la rossa si morse le labbra, inarcando un sopracciglio.

«Bene, Erica allora.» stabilì.

La bionda la guardò stralunata, non capendo di cosa parlasse e chiese spiegazioni al più vicino. Fu Boyd a dirle che Lydia aveva deciso che la prima persona che avesse parlato, sarebbe stata baciata da Allison.

«E Stiles è rimasto zitto? Questo la dice lunga…» commentò sorniona.

«Erica!» la riprese il ragazzo, indirettamente chiamato in causa.

«Che c’è? Tu parli sempre, se stavolta non l’hai fatto qualcosa vorrà dire.» sogghignò.

«Ah, lascia perdere.» sospirò sconfitto, scuotendo la testa. In un primo momento aveva pensato di parlare, per evitare che Scott si sentisse “in dovere” di farlo, ma poi ci aveva ripensato, ricordando quello che aveva provato quando aveva scoperto del bacio di Lydia e Scott. Avrebbe preferito evitare che Scott, che ancora era parzialmente legato alla ragazze, ci stesse male, arrivando magari a pensare che l’avrebbe fatto per ripicca. Per questo era rimasto zitto. E oltre a ciò, un brivido gelido gli era sceso per la colonna vertrebrale, e non aveva faticato a trovarne l’origine in due occhi verdi che lo inchiodarono sul posto. Impossibilitato a fare alcunchè, se non deglutire, aveva distolto lo sguardo, sentendosi un po’ spaventato. Decisamente quella giornata aveva preso una strada tutta particolare.

«Ehm… » sentirono tutti il richiamo sommesso di Allison e Scott, non potè impedirsi di sentirsi in colpa per non aver aperto bocca.

Ma entrambi avevano deciso di rompere e aspettare un’evoluzione in tutta quella storia sovrannaturale e, nonostante si fosse sentita ferita, Allison aveva capito il motivo per cui l’ex-ragazzo non si era subito fatto avanti rompendo il silenzio che era sceso. Aveva capito molto di più, in realtà; si era accorta che ormai, lei e Scott stavano iniziando a prendere strade diverse, e che il lupo era ormai attratto da Isaac, anche se ancora si sentiva legato a lei.

Erica la fermò, prima che avesse fatto due passi e voltandosi con un svolazzo dei capelli, guardò direttamente negli occhi prima Lydia e poi Peter. «Se non sbaglio, a me tocca ancora una penitenza.» chiese conferma.

Alla conferma della rossa, si voltò verso la cacciatrice e le disse «Se per te va bene, vorrei proporre una cosa.»

Allison annuì curiosa, in attesa che continuasse.

«Ora scelgo di nuovo io, e se anche a me tocca il bacio, potremmo fare contenti i maschietti qui presenti… » spiegò, certa che l’altra avrebbe capito senza ulteriori spiegazioni. Dopo qualche secondo di sorpresa, e qualche altro di valutazione, la mora le accordò il suo assenso. Se anche a Erica fosse uscito “baciare”, si sarebbero baciate come si conveniva. Era un po’ titubante in realtà, in vita sua non avrebbe mai pensato di dover baciare una ragazza per gioco, ma dopotutto, fino a nemmeno un anno prima, non credeva neanche che i lupi mannari esistessero. E poi non sarebbe di certo morta per quello ed entrambe si sarebbero divertite e a farne le spese sarebbero stati i lupi lì presenti, incluso Stiles.

Soddisfatta di aver trovato una degna complice, Erica chiuse gli occhi e attese che Peter le si avvicinasse per farla scegliere. E se non fosse stato sicuro che Erica avesse avuto gli occhi chiusi, avrebbe pensato che l’aveva fatto apposta.

«A quanto pare non avevi scelta.» commentò.

Allison scosse le spalle, fingendo indifferenza per gli sguardi stralunati dei ragazzi presenti, mentre Erica le si avvicinava perprenderle il volto tra le mani. Nonostante la mora avesse accettato le sue condizioni, le chiese se era d’accordo.

«Non eri tu quella sicura di sé, quella volta in laboratorio?» la stuzzicò. Erica non potè fare a meno di sorridere, prima di baciarla. Entrambe sentirono le esclamazioni stupite intorno a loro. Si divisero dopo qualche secondo, ed entrambe notarono la marcata differenza rispetto al baciare un ragazzo. Nonostante fosse stata una cosa breve e senza alcun coinvolgimento, era stato stranamente dolce.

«Beh, direi che abbiamo ottenuto lo scopo voluto.» esclamò la bionda voltandosi verso il gruppo. A quanto videro l’unico che non era rimasto per nulla colpito dal gesto era Peter, ma da lui non si aspettavano niente di meno, conoscendolo. Invece la cosa più divertente fu vedere Stiles lanciare una fuggevole occhiata divertita a Derek, che si accigliò di rimando, spostando lo sguardo.

«Wow, questa non me la sarei mai aspettata.» commentò Jackson, con un tono di voce quasi ammirato, che fece scuotere la testa a Lydia, in segno di rassegnazione, anche se neppure lei si aspettava che qualcosa di simile potesse accadere.

«Che razza di branco che hai. Comunque tocca a te, lupo impassibile.» commentò Stiles, con una gomitata al fianco di Derek.

«Tu hai due da farne, fatti avanti.» sogghignò il più grande. E prima che il ragazzo riuscisse a ribattere, Peter gli diede ragione, costringendolo a chiudere gli occhi e a scegliere un dito. Per un secondo fu tentato di barare, per vedere cosa si sarebbero inventati gli altri membri del branco, ma lo sguardo fisso del nipote lo fece desistere dall’intento.

Aprendo nuovamente gli occhi, Stiles scoprì di aver scelto “dire”, suscitando un sarcastico commento dall’ultimo licantropo entrato nel branco. «Certo che tu e le parole andate proprio a braccetto, Stilinski.»

Ignorandolo palesemente, Stiles aspettò che si mettessero d’accordo su quello che doveva dire, ma passato qualche minuto, si spazientì, e si avvicinò. «Allora, avete deciso o no?»

«È difficile sai?» sbottò Scott, guardando male l’amico.

«Come difficile? A detta vostra io parlo sempre. Come fate a non trovare niente da farmi dire?» ribattè confuso, aggrottando la fronte. A bloccare la discussione fu Lydia che con un deciso «Dai, abbiamo quasi deciso. Sciò.» lo fece allontanare nuovamente.

«Non posso crederci. Come… » iniziò a borbottare tra sé e sé, quando Jackson gli si avvicinò e gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

«Perché dovrei dire qualcosa del genere?» domandò confuso Stiles, scostandosi. Il lupo sogghignò e gli fece cenno con la testa, aggiungendo un «Penitenza.»

Sospirando, il ragazzo alzò le spalle e senza nemmeno accorgersene, prima di parlare, proprio come tutti si erano aspettati, guardò Derek. «Non sapete proprio che inventarvi eh? Va beh… Amore e paura sono sentimenti compatibili fra di loro» citò, mentre le parole gli fecero venire in mente qualcosa che aveva già letto, ma non riusciva a ricordare dove né quando.

Dandogli una pacca divertita, Jackson tornò a sedersi di fianco a Lydia, mentre Peter si avvicinava al nipote dicendogli di chiudere gli occhi. La scelta di Derek cadde sul mignolo dello zio, costringendolo a fare “testamento”. Sbuffando, aspettò che si decidessero a decidere qualcosa, ma quando anche Stiles fu costretto ad avvicinarsi, s’insospettì, ma non ebbe tempo di recriminare, perché si separarono tutti, alzandosi e avvicinandoglisi.

«Che diavolo avete intenzione di fare?» ringhiò, assumendo inconsciamente una posizione di difesa.

Sorridendo misteriosamente, Peter gli disse di scegliere quattro persone tra tutti loro. Sospettando qualcosa di imbarazzante, inizialmente si rifiutò ma quando lo zio lo minacciò di farlo al posto suo, capitolò, e riluttante indicò il parente, Isaac, Scott e, sebbene sapesse che avrebbe alimentato altri commenti, non si fidava abbastanza degli altri da preferirli a Stiles, che fu la sua ultima scelta. Quando però lo vide fare una smorfia leggeremente insofferente, si chiese se avesse fatto la scelta giusta.

«Va bene, ora devi sopportare, nipote.» lo avvisò lo zio, prima di alzare la mano fino a posarla sulla testa del nipote, iniziando ad accarezzarlo, mentre un ringhio iniziava a prendere corpo nella gola dell’Alpha che mal sopportava quel tocco, o quello dei due lupi dopo di lui. Man mano che i tre si diedero il cambio, il suono cupo si fece sempre più forte e cupo. Per ultimo toccò a Stiles, che sperò sentitamente che il moro non gli avrebbe staccato la mano.

Lentamente, mentre gli altri affianco trattenevano il fiato, il ragazzo portò la mano tra i ciuffi scuri di Derek, lasciandola ferma qualche momento, e deglutendo insicuro. Mentre iniziava a muoverla –cavolo, se gliel’avessero raccontato la settimana prima non ci avrebbe mai creduto, che si sarebbe ritrovato ad accarezzare lo scorbutico Alpha di Beacon Hills – sentì il ringhio mutare impercettibilmente di tono. Abbassando lo sguardo dai capelli di Derek al suo viso, gli parve anche di scorgere un lieve rossore, che gli fece sgranare gli occhi.

Non riusciva a crederci, Derek si stava facendo fare le coccole da lui, Stiles Stilinski, ricambiando con quelle che potevano sembrare fusa? Dopo pochi secondi di legittima incredulità, allontanò la mano, stupendosi della sua riluttanza a farlo, ma dopotutto non poteva certo passare il pomeriggio così.

«Ok…» iniziò, schiarendosi la voce per distrarre tutti dal prestare attenzione al capobranco «pare che io abbia ancora tutta la mano attaccata al polso, quindi direi che tocca di nuovo a me?» chiese fissando Peter, che annui con un sorriso enigmatico dei suoi.

Chiudendo gli occhi per l’ultima volta scelse nuovamente, e pescò “lettera”. Prima che si riunissero nuovamente, Stiles ci tenne a fare una precisazione «Posso scegliere io quello che deve “affrancare e spedire”? Perché sapete, ci tengo alle mie ossa.»

«Va bene.» concesse Peter «Chi scegli?»

«Isaac e Scott.» rispose immediatamente, suscitando le risate dei due lupi. Accogliendo le sue condizioni si allontarono a confabulare.

Pochi minuti dopo, Erica si avvicinò, accompagnata dagli altri due e fece voltare Stiles, dicendogli di ripetere quello che avrebbe scritto sulla sua schiena. Dopo aver ricevuto l’assenso del ragazzo, iniziò a passare il dito sulla sua schiena, a formare tre parole.

«Ok… ma… mam... mamma… deel… bb… branco…? Mamma del branco? Che significa?» la domanda stroncata dalla pacca di Isaac che l’aveva appena “affrancato” e poi dal calcio di Scott che aveva “spedito” la lettera, costringendolo a fare un passo in avanti. «Ehi, amico! Avevo scelto te perché speravo ci andassi piano.» esclamò voltandosi verso i due che ridacchiavano.

Il ringhio di Derek, fece ridere gli altri, riportando l’attenzione di Stiles sulle parole che aveva ripetuto, e spontaneamente gli uscì uno stridulo «Io non sono… che diavolo mi fate dire, idioti?»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Ce l’abbiamo fattaaaaa!!!!

Che capitolo faticoso! Trovare delle penitenze degne è stata dura! Speriamo che vi siano piaciute, e ringraziamo sasosasosaso dei suggerimenti, anche se alla fine non li abbiamo seguiti!

E ora è il momento di un annuncio *musica triste* ormai ci stiamo avvicinando alla fine di questa storia, ma stiamo pensando a un possibile seguito… comunque mancano ancora quattro/cinque capitoli più epilogo, ancora non sappiamo definitivamente. Ma per ora godetevi quelli che mancano!^^

Ah, un altro annuncio: forse il capitolo di venerdì prossimo potrebbe slittare a sabato mattina causa problemi scolastici… maledetti problemi scolastici! >_<##

Coomunque… è il momento dei ringraziamenti!!

Al solito ringraziamo tutti quelli che hanno preferito, seguito, ricordato e i sei recensori del capitolo precedente, ovvero: sasosasosaso, garwood, susyko, francii, Sterek_love99, BakaAkuma.

E per finire… pubblicità occulta delle autrici! (vergognose, ce ne rendiamo conto… -_-)

Rose si sta cimentando in un incontro tra Teen Wolf e Disney… [e ho detto tutto! Ndleyda] Teen Wolf meets Disney; e ha pubblicato il nuovo capitolo di Cappuccetto Rosso e il Lupo, per chi la segue;

Leyda ha mollato gli ormeggi e ha portato i nostri lupi in mezzo al mare a fare i pirati… [Ah, ora sono lupi di mare! NdRose] Lost souls in the ocean

Al prossimo capitolo!!

Baci a tutte/i

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Capitolo 12
*** Arance ***


Arance

Ovvero

L’ennesimo gioco imbarazzante

 

 

 

 

 

 

«Che significa? Vi sembra che negli ultimi tempi io sia diventato un licantropo, e soprattutto, che abbia cambiato sesso?! No, perché se è così ci terrei a essere partecipe di questi straordinari cambiamenti, che devono essere sicuramente avvenuti a mia totale insaputa! Scott, amico, perché non me l’hai detto?» ironizzò immediatamente Stiles, ignorando il ringhio di Derek.

«Stiles, era per… beh… ma non l’ho deciso io! Perché te la devi prendere con me, scusa? Io ti ho solo dato un calcio.» protestò Scott, imbronciandosi.

«Eh certo. A proposito, se la prossima volta ci andassi un po’ più leggero te ne sarei estremamente grato. E poi, che domande! Sei o no, il mio migliore amico? Con chi dovrei prendermela? Io avrei impedito che ti facessero dire una cosa del genere.» fu la pronta risposta.

«Si ma… » tentò ancora Scott, voltandosi in cerca di aiuto.

«È inutile che cerchi aiuto.» sibilò Stiles, assottigliando lo sguardo nocciola «Oh mio Dio! Finiscila Derek, che sembri un raffreddato asmatico!» sbottò, voltandosi verso il lupo e guardandolo male, prima di venire folgorato da un illuminazione «E si può sapere perché tu non gliel’hai impedito?» domandò, sentendo finalmente il ringhio cessare, in favore di uno scoprirsi di zanne, sia per l’insulto velato che per la domanda.

Silenziosamente, Scott tirò un sospiro di sollievo, e si ritirò nuovamente nel gruppo, certo di essere stato dimenticato. Ora che Stiles stava concentrando la sua attenzione totalmente su Derek, avrebbero tutti potuto sistemarsi comodi e aspettare che la smettessero di punzecchiarsi, oppure intervenire per farli smettere, e riprendere a giocare. Guardando gli altri, si accorse che la decisione comune verteva sull’aspettare ancora qualche minuto e poi intervenire. Sorridendo, riportò anche lui l’attenzione sui due.

Derek era rimasto momentaneamente senza parole. Non sembrava niente di inusuale, tenendo conto della sua solitamente scarsa loquacità, ma la verità era che non sapeva esattamente come rispondere alla domanda postagli. Cosa credeva quel ragazzino? Che si fosse divertito nell’accettare di vedergli pronunciare quelle parole? Purtroppo, una parte di lui rispose che si, decisamente gli aveva fatto piacere, e questo non fece altro che farlo infuriare ulteriormente perché, dannazione, lui era l’Alpha. Com’era possibile che pensasse a un ragazzino logorroico e attira guai, che però si preoccupava costantemente di tutti loro?

Comunque, aveva provato a intervenire per evitarglielo, ma era stato zittito seccamente da Lydia, con un «Tu non puoi importi, perché sei anche tu un penitente.»

Per questo aveva dovuto assistere in silenzio, maledicendosi per il concordare comunque con il pensiero degli altri, e maledicendo Stiles, il suo compleanno e, soprattutto, le sue uscite inopportune che lo deconcentravano, facendolo finire in questo genere di situazioni. Sfortunatamente per lui, non era la prima volta che accadeva una cosa del genere, e questo pensiero non servì ad altro se non ad alimentare ulteriormente la rabbia.

«Non ho potuto.» sputò fuori, tra i denti serrati.

Stiles avrebbe voluto riuscire a trattenere la lingua tra i denti, ed evitare di commentare oltre, facendo oltretutto inferocire ancor di più Derek, ma proprio non ci riusciva. Quando il lupo era di fronte a lui, non riusciva a contenersi in alcun modo, era più forte di lui, quasi come una volontà esterna alla sua, che gli imponeva di continuare a stuzzicarlo. E prima che riuscisse a mordersi la lingua, le parole abbandonarono le sue labbra, tirate in una smorfia «Tutto qui? Questa è la tua idea di spiegazione tipo? Perché se è così, scusa, ma devi davvero lavorarci molto. Aggiungilo alla lista di cose da fare tra cui diventare più socievole e…»

«Stai zitto.» ringhiò il lupo, ma Stiles continuò imperterrito.

«Ecco, è a questo che mi riferivo. Più socievole e meno dispotico. Va bene che sei l’Alpha, ma anche gli altri hanno diritto a esprimersi sai? Non puoi sempre zittire chiunque ti voglia rivolgere la parola.»

«Tu ti esprimi troppo. E troppo liberamente.» disse, gli occhi che si colorarono di rosso per un secondo.

«Non è assolutamente vero. Solo perché ti rispondo come meriti, anche se poi vengo puntualmente malmenato, non vuol dire che io mi esprima troppo, o troppo liberamente.» lo scimmiottò Stiles, facendo un passo avanti e fronteggiandolo con aria di sfida. Derek si limitò a guardarlo inarcando un sopracciglio, rimanendo impassibile, per quanto possibile.

Alla fine, vedendo che non otteneva risposta, sospirò sconfitto «Seriamente Derek, tu hai delle grosse lacune riguardo al significato della parola “comunicare”. Potrei prestarti un dizionario, che ne dici?»

«Ci sei già tu che parli abbastanza.» fu il lapidario commento.

Le reazioni alle sue parole furono immediate: parte del gruppetto che assisteva, sghignazzò divertito, Derek si morse la lingua, subito dopo aver parlato, diventando ancora più cupo di prima, e le sopracciglia di Stiles schizzarono verso l’attaccatura dei capelli, mentre iniziava a parlare. «Cioè, fammi capire. Tu parli poco perché io invece, parlo troppo? È questo la tua scusa? Quindi se io chiedessi, che ne so, ad Isaac…»

«Ehi, lasciami fuori, Stiles.» si difese immediatamente il riccio.

«Ok, allora diciamo che se io chiedessi, a qualcuno a caso dei lupi alle mie spalle, quanto sei loquace quando io non sono nei paraggi, la risposta sarebbe diversa da “per niente”?» domandò gesticolando.

Derek avrebbe davvero voluto smentirlo, anche solo per il gusto di vedere l’espressione che avrebbe fatto, ma ovviamente, Stiles aveva ragione e anche quando lui non c’era, era chiacchierone all’incirca come un sasso. A dire la verità, solo quando c’era lui a gironzolare nei paraggi, riusciva a esprimersi con qualcosa che andasse oltre i semplici monosillabi o degli ordini ringhiati tra i denti, arrivando a costruire intere frasi dotate anche di sarcasmo. Anche se non avrebbe mai raggiunto il livello del suo avversario. Sperava comunque che nessuno avesse mai fatto caso a questa sua mutazione linguistica. Anche se probabilmente, d’ora in poi sarebbe accaduto, quindi avrebbe dovuto sforzarsi di più, almeno per non destare troppa curiosità.

Dannazione a Stiles, si ritrovò a pensare nuovamente, con solo qualche frase tagliente, lo stava praticamente costringendo, nell’arco di una sola giornata oltretutto, a cambiare atteggiamento nei confronti del suo branco. E Peter ne sembrava anche estremamente divertito. Non si sarebbe stupito affatto se avesse scoperto che in realtà il suo scopo fosse stato quello fin dall’inizio. E neanche che, in qualche modo, avesse coinvolto anche il quel logorroico e, indubbiamente brillante, ragazzo.

«Lo sapevo.» disse Stiles, dopo qualche secondo di silenzio e attesa.

«Finiscila…» sibilò, lasciando intendere la minaccia che ne sarebbe seguita.

Ma ovviamente Stiles, anche se aveva perfettamente colto, non poteva accontentarlo e infatti «Sai che minacciarmi o zittirmi, o entrambe, non ti darà comunque ragione?» esclamò con fare cospiratore, tirandosi velocemente indietro, quando vide le zanne del lupo scintillare. «Ok, come vuoi tu.»

«Beh, se avete finito di beccarvi… » iniziò Erica, alzandosi e avvicinandosi ai due, con un sorriso estremamente divertito.

Anche se la frase sembrava apparentemente conclusa, sia Stiles che Derek, poterono leggerne la vera fine, come se la ragazza l’avesse pronunciata. E ovviamente erano già nuovamente pronti a scattare come molle, ma l’incredibilmente tempestivo intervento di Scott, evitò l’accendersi di un’altra discussione, che stavolta avrebbe sicuramente coinvolto l’intero branco.

Certe volte Erica si comportava proprio come una bambina dispettosa, considerò, rimproverandola con lo sguardo. Non che loro fossero molto diversi, quel giorno in particolare, aggiunse, con una punta di rimorso, velocemente accantonata. In ogni caso per il momento non gli sembrava una buona idea istigare ulteriormente Derek, che dopo la sua penitenza sembrava addirittura più elettrico e scontroso del normale. Insomma, di solito lasciava abbastanza correre le frecciatine di Stiles, limitandosi a qualche ringhio e gesto intimidatorio, invece ora gli stava rispondendo. Quella giornata aveva veramente dell’assurdo.

Dietro di lui, Peter si stava stiracchiando, prima di attirare l’attenzione nuovamente su di sé, per spiegare il prossimo e ultimo gioco che avrebbero fatto. Prima che parlasse però, lo vide confabulare con Lydia e Jackson, e la cosa non sembrava per nulla un bene. Già il fatto che la rossa fosse coinvolta non era un buon segno, ma che lo fosse anche Jackson, era decisamente un pessimo presagio. L’accostamento malizia-intelligenza-perfidia dei tre, non avrebbe portato sicuramente nulla di buono.

E tuttavia pareva l’unico a pensarla così, perché Allison, Isaac, Boyd e Erica, sembravano totalmente indifferenti alla cosa. E le spiegazioni che poteva suggerire erano due: o erano già a conoscenza della prossima mossa, oppure erano totalmente incuranti di quello che sarebbe loro toccato, forse dovuto al fatto che quel giorno di stranezze ne avevano affrontate. Oppure, e la folgorazione lo portò a voltarsi verso Stiles, che ignaro chiacchierava con gli altri, avevano perfettamente intuito che il bersaglio designato, al solito, sarebbero stati quei due. Scott si sentì un po’ risentito per averlo capito per ultimo.

Sicuramente, quel giorno si stavano accanendo con particolare accuratezza, forse nella remota speranza che si dessero una mossa. Non tanto Stiles, quanto più Derek sempre chiuso nel suo guscio a cui impediva praticamente a chiunque di entrare. Eppure, e se se n’era accorto lui, –dopo una spiegazione, ovvio, ma comunque– che Stiles era l’unico che riusciva ad arrivare al Derek nascosto e a scuoterlo, la cosa doveva essere davvero lampante. Probabilmente, anzi sicuramente, in futuro avrebbe portato guai grossi come montagne, ma lui con che diritto avrebbe potuto intervenire a sfavore? Dopo che, nonostante gli avvertimenti e gli avvenimenti, aveva continuato a stare con Allison? E poi, Stiles era il suo migliore amico, e lo era rimasto anche dopo che era iniziato tutto quello, addirittura aiutandolo, quindi qualunque cosa fosse successa dopo quel giorno, l’avrebbe appoggiato; e Alpha o meno, se Derek avesse fatto un solo passo falso, gliel’avrebbe fatta pagare amaramente.

Con un brivido di ribrezzo, si rese conto di star pensando come un personaggio di un libro per ragazzine o, ancor peggio, come un Harmony, ma era quello che sentiva sul serio, e avrebbe mantenuto la sua silenziosa promessa.

Isaac, vedendolo estraniarsi e incupirsi leggermente, gli posò una mano sulla spalla, domandando silenziosamente se andasse tutto bene. Anche per lui quel giorno era pieno di sorprese. Non si aspettava che qualcuno avesse intuito quello che iniziava a sentire per Scott, ma per sua sfortuna, o fortuna, era ancora da vedere, Stiles era più sveglio di quanto che gli era inizialmente sembrato da quando era avvenuta la sua trasformazione. E la cosa folle era che non aveva mai neanche avuto una ragazza, eppure se n’era accorto immediatamente. Forse l’aver adorato Lydia per anni in silenzio, unito alla sua naturale capacità di osservazione, gli avevano consentito di notarlo. Se fosse stato una ragazza, avrebbe detto che avesse il cosiddetto sesto senso femminile, ma così non era, e tuttavia non aveva niente da invidiare a questa caratteristica prettamente femminile.

Avere Stiles nel branco era decisamente una cosa positiva, oltre che per l’acuta capacità di osservazione e la capacità nelle ricerche e nell’organizzare piani, perché portava sicuramente una nota di allegria nel branco, composto di lupi, spesso e volentieri nei guai e guidati da un capobranco con la perenne sindrome premestruale, da quanto era lunatico. E va bene che erano lupi mannari e la luna aveva un grande influsso su di loro, ma forse Derek l’aveva presa un po’ troppo sul serio questa cosa.

Scott annuì alla sua occhiata, indicando poi con un cenno del capo i tre cospiratori. A vederli, anche Isaac si accigliò, ma la preoccupazione rimase comunque a un livello pressoché nullo. Dopotutto le vittime designate di quel giorno erano Stiles e, ancor più, Derek. E anche Scott l’avrebbe saputo, se avesse passato un po’ più tempo a casa Hale insieme al resto del branco. Nei giorni precedenti alla festa infatti, Peter aveva continuato ad aggirarsi con un alone di mistero e divertimento, facendo loro ogni tanto, qualche domanda, apparentemente priva di senso. E ora, Isaac, Boyd, Erica e anche Jackson, ne riconoscevano le motivazioni, mentre Scott, che oltre a vivere perennemente sulle nuvole, a quanto pareva, era una specie di beta part-time, ne era all’oscuro.

«Secondo te che stanno architettando?» gli domandò.

«Di sicuro, qualunque cosa sia, riguarderà il prossimo gioco. Che oltretutto dovrebbe essere anche l’ultimo.» rispose con aria distratta.

«Perché?»

«Perché ormai è quasi buio, e oltretutto dobbiamo anche iniziare a cucinare la cena se vogliamo mangiare.» fu la logica e inattaccabile spiegazione.

Stiles lo sentì e si avvicinò incuriosito.

«Ah ma mangiamo qui?» chiese, evidentemente stupito.

La risposta giunse da dietro alle sue spalle, sotto forma della voce di Derek che esasperato disse «Dove pensavi di mangiare altrimenti, idiota?»

«La tua gentilezza mi sconvolge sempre di più, lo sai?» affermò senza voltarsi.

Derek evitò di rispondergli rivolgendo, invece, la sua attenzione al trio. «Che state architettando voi tre.» pronunciò, più come un ordine, che come una domanda, facendo sussultare Jackson e Lydia. Peter rimase imperscrutabile, come suo solito, mentre si voltava verso il nipote sorridendo fintamente innocente «Per quale motivo pensi che stiamo architettando qualcosa?»

Il nipote si trattenne dal rispondergli utilizzando le esatte parole che la sua mente gli aveva proposto, optando per un più diplomatico e criptico «Non dovrei?» accompagnato da un inarcarsi delle sopracciglia.

Senza perdere il sorriso, ma mutandolo in uno apertamente divertito e consapevole, Peter gli si avvicinò, poggiandogli una mano sul braccio. Immediatamente gli occhi verdi del moro saettarono alla mano che, nonostante un moto d’incertezza, non si ritrasse.

«Stavamo solo chiacchierando amabilmente. Nulla di sospetto o malvagio.» gli assicurò.

«Il fatto che tu sappia mentire senza farti scoprire, non è abbastanza per non farmi dubitare delle tue parole… zio.» aggiunse dopo una breve pausa, con un po’ di insicurezza, che trasparì solo dallo sguardo, la voce ferma e secca come sempre.

Peter parve sorpreso, ma anche piacevolmente colpito, e Derek ne ebbe la conferma dal battito mancato che aveva sentito. Dopotutto forse, c’era ancora qualcosa dell’uomo che aveva conosciuto da piccolo, sotto quegli strati di follia e malizia. E la stessa cosa avrebbe potuto affermare di sé stesso; sebbene il senso di colpa lo schiacciasse ogni giorno, lentamente, dalla terra arida che era diventato dopo la morte della sua famiglia, stava nuovamente venendo alla luce qualcosa che non fosse rabbia e dolore.

Probabilmente, se non fosse mai tornato a Beacon Hills, non sarebbe mai successo. Una parte di lui cercava ancora di convincerlo che, dopotutto, il suo ritorno non era stata una mossa molto intelligente, ma quella era ormai una voce che andava affievolendosi ogni giorno di più.

«Direi che ci siamo riposati abbastanza.» esclamò Lydia, alzandosi in piedi e portandosi le mani ai fianchi.

«Quindi dobbiamo per forza riprendere a giocare? Non potremmo evitare? E poi ormai è quasi buio, dovremmo…» tentò Stiles, venendo messo a tacere da un’occhiata della rossa. «Spero che non ci siano altre penitenze, almeno.» borbottò, spostando lo sguardo intorno.

Lydia si lasciò andare in una risatina divertita, mentre Peter entrava in casa e Jackson sembrava, al momento, l’unico che avesse voglia di rispondergli.

«Non preoccuparti Stiles, per questo gioco le penitenze sono totalmente superflue.» ghignò divertito.

Tuttavia, oltre al ragazzo, a preoccuparsi furono anche gli altri, e il gruppo si scambiò una serie di sguardi preoccupati. I due non dissero altro, fino a che Peter non fu nuovamente sul portico con, e questo scatenò la curiosità di tutti, due arance. Isaac stava già per chiedere a cosa servissero, quando il lupo fece cenno a Lydia, che prese la parola, iniziando a spiegare.

Stiles non era sicuro del perché, ma sapeva che c’erano altri problemi in arrivo, e sentirli annunciare dalla voce di colei che era stata la sua musa in tutti quegli anni, era più inquietante che sentirli dalla voce ironica di Peter Hale. Evidentemente però, il suo doveva essere un pensiero condiviso, perché lo stesso brivido di aspettativa si ripercorse anche sugli altri.

Con un sorriso tagliente, la rossa annunciò il gioco e Stiles, che non l’aveva mai sentito, osservò un po’ sconcertato le reazioni di alcuni. Non sapendo ancora se dovesse, o meno preoccuparsi, ma era abbastanza certo di si, e in caso, quanta preoccupazione fosse necessaria, diede di gomito ad Erica, e le chiese spiegazioni.

«Non ci hai mai giocato? Davvero?» domandò stupita, perché invece Scott aveva subito reagito. E le sembrava strano che il lupo lo conoscesse e lui no.

«Beh, magari ci ho giocato, ma aveva un altro nome.» borbottò un po’ insicuro, stringendosi nelle spalle.

Tuttavia, prima che la bionda avesse tempo di spiegargli come funzionava, Lydia lo afferrò per il braccio trascinandolo in una fila composta da Isaac, Scott, Derek e Peter, piazzandolo tra il migliore amico e il lupo asociale.

«Intuisco che questa sistemazione non è casuale, e questo mi sta facendo preoccupare ancora di più. Lydia, che razza di gioco stiamo per fare?» domandò, tentando di attirare l’attenzione della rossa che, intanto, si era fatta passare un’arancia da Peter, sistemandosi poi di fronte a quest’ultimo. Vedendo che non otteneva risposta, si voltò verso Scott, ma l’amico al momento sembrava un po’ preso da altro, in particolare da “altro” al suo fianco, per rispondergli. Chiedere a Derek era assolutamente fuori questione, per svariati motivi, tra cui i due principali erano che per quel giorno gliene aveva già fatte passare abbastanza, stuzzicandolo in continuazione, e secondariamente, aveva paura che la risposta, pur se data con il solito tono asettico proprio del lupo, sarebbe stata ugualmente imbarazzante.

In ogni caso non ebbe bisogno di chiedere alcuna spiegazione perché, a beneficio di quei pochi che non avevano mai giocato né sentito di quel gioco, Lydia, dopo aver ricevuto l’ok di Peter, spiegò cosa avrebbero dovuto fare.

«Allora, per quei pochi che non lo conoscono, il gioco consiste nel far passare l’arancia dal primo della fila all’ultimo e ritorno. Senza usare le mani ovviamente.» aggiunse, vedendo già le labbra di Stiles muoversi «Per vincere non si deve farla cadere, altrimenti si ricomincia il giro. E ovviamente non bisogna neanche romperla. Vince la squadra che finisce per prima un giro completo.»

«Ok, non sembra difficile, ma dov’è la fregatura?» chiese Stiles, pentendosi immediatamente di averlo fatto per via del sorriso soddisfatto che si allargò sulle labbra di Lydia.

«Ovviamente non si possono usare le mani, come ho già detto, perché vanno tenute dietro la schiena. Quindi l’arancia va incastrata sotto il mento e passata.» illustrò.

Stiles boccheggiò un secondo, indeciso, prima di pigolare un «Non credo di aver capito…» anche se in realtà la spiegazione era stata assolutamente chiara. Sbuffando esasperata, Lydia decise di optare per una spiegazione pratica, e incastrando l’arancia sotto il mento, si voltò verso Jackson, già pronto e, sotto gli occhi sbalorditi e sempre più impanicati di Stiles, iniziarono praticamente a strusciarsi l’uno sull’altro, per passarsi il frutto. Il tutto durò meno di un minuto, ma tanto bastò ad ammutolire il figlio dello sceriffo, che cercò di fare cambio di posto con Scott. Inutilmente.

«Spero sia chiaro adesso, Stiles.» sogghignò Lydia, sistemandosi i capelli dietro la schiena.

Quando tutti ebbero acconsentito, più o meno felicemente, Lydia e Peter, agli inizi delle rispettive file, si prepararono, aspettando il via da parte di Jackson.

Oltre al fatto di doversi praticamente strusciare addosso a Derek, e già questo era sufficiente a farlo quasi iperventilare, c’era il pensiero che avrebbero potuto doverlo rifare; e qui il suo cervello si spaccò a metà perché, mentre una parte di lui era ancora abbastanza terrorizzata dal lupo, l’altra, che quel giorno aveva subito una bella scossa, sperava che la cosa si sarebbe protratta per le lunghe. E prima che avesse il tempo di decidere quale delle due parti fosse la più forte, si ritrovò Derek voltato verso di lui, l’arancia incastrata sotto la gola, e uno sguardo duro ed esasperato negli occhi grigio-verdi.

Se il fatto di parlare non gli avesse fatto cadere il frutto, l’avrebbe sicuramente già rimproverato, ma davvero Stiles non si sentiva pronto ad affrontare una cosa del genere. Si sentiva come quando, sempre il suddetto lupo, gli aveva ordinato di tagliargli un braccio. Diamine, non aveva ancora metabolizzato il bacio di qualche ora prima, e ora dove strusciarsi addosso a Derek per uno stupido gioco? Perché lo odiavano così tanto?

Rassegnato all’inevitabile, e sperando che i segni dell’agitazione non fossero troppo evidenti, e che magari fossero scambiati per paura, portò le mani a incrociarsi dietro la schiena e si avvicino inclinando il capo. Incredibilmente, a fare un passo falso, fu proprio Derek, che fece cadere il frutto appena Stiles fu troppo vicino, a causa del suo odore che lo avvolse, stordendolo un istante. Ringhiando, ripassò l’arancia a un sogghignante Peter e, stupendosi dell’intesa che aveva con lo zio nonostante i trascorsi burrascosi, in meno di un attimo era di nuovo faccia a faccia con Stiles.

Tranquillizzato dalla figuraccia appena fatta dall’Alpha, Stiles si avvicinò con più sicurezza, e con un sorriso appena accennato. Il problema, comunque si presentò immediatamente, non tanto perché Derek era qualche centimetro più alto di lui, quanto perché aveva un’approfondita conoscenza circa la riluttanza del lupo a farsi toccare. E in quel caso avrebbe decisamente dovuto avvicinarsi parecchio e, sperò, per non molto tempo.

A riscuoterlo fu la voce di Scott alle sue spalle, che gli ingiunse di darsi una mossa. Voltandosi un istante con un’occhiata fulminante, si accorse che la squadra avversaria era ormai quasi a metà, perché Jackson stava cercando di passare l’arancia a Allison. Non avendo intenzione di perdere, si volse immediatamente, sibilando un «Col cavolo che perdiamo!» e si avvicinò senza più incertezze a Derek. Con molta fatica, dovuta più che altro alle risatine di Scott e Peter, riuscì a prendere il frutto, sentendolo inquietantemente molle. Facendo attenzione a non farlo cadere, nonostante un certo forte impulso, trovò Scott già pronto, e vuoi gli anni di amicizia e complicità, vuoi la mancanza di imbarazzante attrazione, in un attimo anche loro erano passati oltre, e ora toccava all’amico vedersela con Isaac.

Sorridendo soddisfatto, perché ora sarebbe toccato a Scott vincere l’imbarazzo, incrociò le braccia al petto, facendo un passo indietro e finendo appoggiato a Derek.

«Che stai facendo?» sibilò il lupo immediatamente, facendolo staccare immediatamente, come se fosse rimasto bruciato.

«Scusa, che ne sapevo che eri così vicino?» bisbiglio, dando un’occhiata alla squadra avversaria e vedendo che aveva ricominciato il giro perché qualcuno aveva fatto cadere il frutto.

Aspettando che toccasse nuovamente a lui, osservò Lydia e Jackson, accorgendosi di non essere per niente geloso, anzi la sua mente dovette ricordargli che era stato innamorato di Lydia per anni, ma non servì comunque a farlo infastidire, né tantomeno ingelosire. A un tratto, un’imprecazione da parte di Isaac, cui era scoppiata l’arancia sotto il mento proprio quando stava per ripassarla a Scott, lo costrinse a riportare l’attenzione sul gioco.

Alla fine, a quanto pareva tutti quei movimenti e le cadute, avevano ammorbidito talmente il frutto, che non aveva più retto, e ora un gradevole profumo di arance invadeva l’aria, accompagnato dalle risate divertite. Senza perdere tempo, Peter ne prese un’altra e diede un colpo a Derek, il quale riscuotendosi, riprese a giocare.

«Dannazione…» soffiò Stiles, sentendo già le palpitazioni. Non sapeva con chi prendersela, se con Peter per il gioco, con Lydia per averlo messo in quella squadra, o con Isaac che aveva fatto esplodere l’arancia. In ogni caso, fu pronto nuovamente e stavolta la colpa fu esclusivamente sua, e in parte di Derek che, se la prima volta era rimasto immobile facendo fare tutto a lui –come sembrava equivoca questa frase, anche nella sua testa– ora stava decisamente partecipando. E per la sorpresa, Stiles non riuscì a tenere il frutto, e dovettero nuovamente ricominciare, mentre l’altra squadra era già al giro di ritorno.

«Che diavolo, Stiles!» berciò Derek, prima di girarsi verso lo zio.

Quando, pochi secondi dopo erano nuovamente faccia a faccia, a Stiles parve di cogliere un indefinito rossore sulle guance di Derek, ma non era il momento di pensarci, prima dovevano vincere. Annuendo a sé stesso si avvicinò e, nonostante l’imbarazzo per il fatto che anche il lupo stesse a sua volta muovendosi su di lui, e sentendosi equivocamente eccitato –e non avrebbe dovuto, soprattutto in mezzo a un branco di divertiti licantropi, gli ricordò la sua mente– in pochi secondi, con gran stupore di entrambi –e giusto un po’ di delusione– trovarono una perfetta intesa e riuscirono nel loro scopo.

Stessa cosa quando toccò a lui e Scott, mentre quest’ultimo e Isaac, soprattutto per la differenza d’altezza, rischiarono di farla cadere nuovamente, ma ciò non accadde. Sfortunatamente gli altri avevano finito il giro, con Jackson che aveva ripassato l’arancia a Lydia, e ora erano tutti intenti ad osservare loro. Erica, proprio di fronte al licantropo riccioluto, sembrava divertita anche dalla sua situazione con Scott. Scuotendo la testa, Stiles incrociò lo sguardo di Allison proprio di fronte a lui, trovandolo un po’ triste, ma la gomitata nelle costole che ricevette lo distrasse decisamente.

«Che fai?» sbottò, massaggiandosi il fianco.

«Muoviti, idiota.» ribatté Derek, indicando con il mento oltre le sue spalle, dove Scott aspettava impaziente.

Con un «Oh!» stupito recuperò il frutto dall’amico e si volse verso il capobranco, sentendo tutti gli sguardi divertiti, puntati su di loro. Cominciava a sentirsi un po’ un fenomeno da baraccone, in verità. E l’arancia era nuovamente molle, contro la sua gola. Mentre Derek la recuperava, e gli sfiorava il collo con la punta del naso, gli venne in mente la volta in cui aveva minacciato di aprirgliela con i denti e non riuscì a impedire a un brivido di autentica paura, di attraversarlo.

Quando anche la loro squadra ebbe finito, il lupo gli afferrò il braccio e gli chiese –molto poco gentilmente, ma quella non era una novità– cos’era quello sguardo impaurito che aveva avuto per una frazione di secondo.

«Uh, pensavo alle tue minacce passate. Tutto qui.» chiarì con una scrollata. Vide Derek aggrottare le sopracciglia, tentando forse di ricordare, ma per sviare il discorso, si rivolse agli altri «Beh, direi di andare dentro e cucinarci qualcosa, altrimenti stiamo a digiuno.» affermò, riscuotendo l’approvazione generale.

Per l’ennesima volta quel giorno si riversarono nuovamente in casa Hale, mentre Isaac spariva di sopra a cambiarsi la maglia e pulirsi un po’.

Peter si avvicinò al nipote, sussurrando uno svagato «Avrai parecchio a cui pensare, ora.» prima di allontanarsi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Ci siamo riuscite ad aggiornare! Con un giorno di ritardo, ma fortunatamente l’avevamo annunciato!^^

Piaciuto il capitolo e il gioco? Lydia, Peter e Jackson sono davvero sadici, ma li ringraziamo lo stesso! Eheh!!

Ci rendiamo conto che è un po’ più corto degli altri, ma non ci sembrava sensato aggiungere altro…

E sproloquiando di cose che non centrano assolutamente nulla… chi di voi andrà/è già andato a vedere “lo Hobbit”? e avete già visto le prime due puntate di Teen Wolf in italiano? che ne pensate delle voci?

Va bene, note corte per questo cap.

Come al solito ringraziamo chi ha recensito, prefericorseguito!^^ Al prossimo capitolo, e scusate se non abbiamo risposto alle recensioni del capitolo prima, rimediamo ora!^^;

A venerdì prox!

Baci

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Capitolo 13
*** Cena ***


Cena

Ovvero

Risvolti inaspettati

 

 

 

 

 

 

Mentre Isaac era al piano di sopra a cercare di limitare i danni –e magari evitare di profumare come un deodorante per armadi– al piano di sotto, stava prendendo piede un’accesa discussione su chi avrebbe dovuto cucinare e cosa.

Jackson aveva immediatamente proposto che fosse nuovamente Stiles ad occuparsene aiutato da Isaac, visto come se l’era cavata a pranzo, ma il ragazzo si era subito dichiarato contrario. Quando Isaac scese, la scena che gli si parò davanti era decisamente insolita: Jackson e Stiles erano ai lati opposti del tavolo che discutevano, mentre tutti gli altri erano disposti intorno a loro, cercando di tenersi agli angoli, osservando in silenzio, a parte Derek, che era alle spalle di Stiles a braccia conserte.

L’impressione che ne ebbe fu che Jackson fosse stato messo all’angolo da Stiles, che continuava a rimproverarlo, mentre gli altri osservavano impassibili. Forse era vero che Stiles li trattava come dei cuccioli, alla fine. E a quanto gli sembrava di capire, Jackson era la sua vittima preferita. Forse perché era l’ultimo arrivato o perché nonostante l’aria strafottente era davvero un cucciolo. Ma era più propenso a credere che Stiles si stesse in qualche modo vendicando, di tutte quelle che gli aveva detto e fatto passare, prima della trasformazione. In ogni caso era davvero divertente assistervi, gli sembrava di essere davvero una famiglia, sicuramente atipica e scapestrata, ma nonostante tutto unita.

Scivolò silenziosamente vicino a Scott, chiedendo con un bisbiglio cosa stava succedendo, ma non ci fu bisogno di una risposta da parte del lupo, perché i due litiganti ripresero subito a discutere.

«Per quale motivo devo cucinare io? Di nuovo? Ho già dato oggi a pranzo, ed è stata assolutamente un’esperienza fuori dall’ordinario. E poi ci hai presi per due cuochi, a me e ad Isaac? Se hai così fame infilati il grembiule e comincia a spignattare tu. Per quel che mi riguarda, io posso anche ordinarmi una bella pizza.» protestò Stiles, uscendo dalla cucina per andare a sedersi sul divano.

«Jackson, sei un idiota.» lo rimproverò immediatamente Scott, mentre Lydia annuiva concorde.

«Ma che volete da me?» ribatté l’interessato, incrociando le braccia con fare offeso e mettendo il broncio.

Molto pacatamente, Boyd cercò di mantenere tranquilla la situazione, proponendo di collaborare tutti per preparare qualcosa. Prima che se ne accorgessero, Isaac, esibendosi in un ghigno, sgusciò fuori dalla cucina, andando ad occupare il posto libero di fianco a Stiles.

«Oh. Provavano a incastrarti di nuovo?» sorrise il ragazzo, frugando la sala con lo sguardo alla ricerca del telecomando.

«Già, ma direi che per oggi abbiamo fatto il nostro dovere. E poi sono curioso di vedere Jackson cucinare.» ridacchiò.

Anche Stiles si lasciò andare a una risata divertita, scambiandosi il cinque con il biondo, che dopo pochi secondi gli chiese perplesso per quale motivo stesse iniziando a ribaltare i cuscini del divano.

«Non trovo il dannato telecomando per accendere quella dannata televisione!» sbottò, alzando le braccia al cielo, interrompendo per un secondo la sua opera. Quando si girò, per la sorpresa finì in braccio al biondo. Come al solito, Derek era magicamente comparso, ovviamente alle sue spalle, ovviamente senza fare rumore e ovviamente facendogli prendere uno spavento colossale.

«Senti, se stai cercando di uccidermi e farlo sembrare un infarto, mi dispiace informarti che oltre ad avere un cuore parecchio robusto, un infarto a quest’età desterebbe parecchi sospetti.» esclamò, recuperando la posizione eretta, di fronte a Derek, che lo osservava accigliato. «E comunque ci stai riuscendo, purtroppo.» aggiunse con aria teatrale, facendo sorridere i due lupi.

Sentendo il vociare che proveniva dalla cucina attenuarsi, Isaac piegò indietro la testa, sbirciando il vano della porta, e per poco non scoppiò a ridere. A quanto pare la discussione si era interrotta, per poter spiare e sentire quello che stava succedendo in salotto. Ed erano tutti accalcati sulla soglia, con sguardo avido e in religioso silenzio.

Purtroppo fu proprio questo a fregarli, perché sia Stiles che Derek si girarono, abbassando lo sguardo su Isaac e poi, seguendo la sua stessa traiettoria, cogliendo tutti gli altri, che si nascosero immediatamente facendo finta di niente. Sconsolato, il ragazzo si lasciò cadere sul divano, poggiando i gomiti sulle ginocchia e scrollando il capo.

«Non ci posso credere…» piagnucolò, mentre Isaac gli batteva qualche consolatoria e divertita pacca sulla spalla.

Pochi secondi dopo, si rialzò con aria decisa e marciò verso la cucina. Incuriositi, i due lupi lo seguirono, fermandosi però sulla soglia. Risoluto, Stiles agguantò una sedia e vi salì sopra, attirando immediatamente tutta l’attenzione. Dopo qualche secondo in cui passò in rassegna tutti i volti sotto di lui, e scoprendo che Peter se l’era svignata chissà quando, esordì «Tu e tu, vi occuperete del primo. Diciamo… un’insalata di pasta.» iniziò, indicando Erica e Boyd «Voi due invece, farete la carne.» continuò indicando Scott e Allison e infine si volse verso Lydia e Jackson e ordinò loro di fare il contorno o l’insalata «Si insomma, qualcosa di commestibile, ok? E… Jackson, la verdura va lavata.» sogghignò, facendo per scendere dalla sedia.

«E quando Peter torna… beh… apparecchia lui, ok? Quando è pronto chiamateci.» concluse, balzando a terra e uscendo dalla stanza seguito dal silenzio dei presenti, e ritornando alla sua ricerca.

Pochi secondi e Isaac lo raggiunse, mentre Derek era stato quasi inchiodato dalle occhiate stupite e, alcune speranzose di un contr’ordine, dei suoi Beta.

«Buon lavoro, allora.» disse, prima di chiudere la porta dietro di sé e tornare in salotto anche lui.

Immediatamente le proteste iniziarono, ma quando la porta provò ad aprirsi –probabilmente era Jackson– un cupo ringhio d’avvertimento da parte di Derek, la fece richiudere immediatamente. E pochi minuti dopo, anche il vociare si attenuò, sostituito in parte da rumore di stoviglie e da chiacchiere divertite. Quando si sedette, i due ragazzi lo fissarono per qualche momento. Isaac sembrava divertito, come dimostrava anche il sorriso sghembo sulle sue labbra, mentre Stiles gli sembrava quasi riconoscente per averlo supportato.

Dopo qualche minuto di silenzio, interrotto dalle voci provenienti dalla tv ora accesa, Isaac si alzò e sparì per le scale e il capobranco, grazie al suo udito fine, lo sentì rovistare in camera sua. A disagio si mosse sul divano, fingendo di sistemarsi meglio ed evitando di guardare verso il ragazzino seduto al suo fianco. Purtroppo aveva fatto i cosiddetti conti senza l’oste, ovvero non aveva tenuto conto della curiosità di Stiles.

Era da quando erano rientrati in casa che una domanda continuava a frullargli per la testa, ma pensava di doversi tenere la curiosità, e invece la sorte era stata dalla sua parte e ora che erano momentaneamente soli e che tutti gli altri erano troppo occupati per impicciarsi di quello che si sarebbero detti, decise di cogliere il momento. Se fosse stato fortunato, forse avrebbe avuto addirittura una risposta. Voltandosi e portando una gamba sotto di sé, fisso insistentemente il lupo, che rimase impassibile solo pochi secondi, prima di sbuffare uno scocciato «Che vuoi?»

«Ecco… ora non uccidermi, ma…» tentennò lanciando un’occhiata alla soglia chiusa e alle scale «è vero che la torta l’hai cucinata tu?» bisbigliò avvicinandosi al suo orecchio e allontanandosi il secondo dopo, in attesa.

In quei pochi attimi, la mente del lupo aveva passato in rassegna diverse azioni possibili. Alcune dettate più dai suoi –al momento decisamente scombussolati– ormoni, altre dall’imbarazzo e altre ancora dalla rabbia. Nell’indecisione tra il ringhiargli contro, evitare di rispondere e baciarlo, rimase zitto, sperando che Stiles si arrendesse, ma ovviamente sapeva che non sarebbe successo, e infatti così fu.

«Dai, Derek, rispondi. Giuro che rimarrà tra noi e che mi porterò quest’informazione nella tomba.» promise, alzando la mano destra.

Il lupo lo fissò, leggendo tutti i segni della curiosità in quel volto e, sentendosi particolarmente benevolo in quel momento, decise di accontentarlo.

«Si.» rispose, credendo che la questione fosse chiusa, ma nuovamente le sue speranze scoppiarono come una bolla di sapone.

«Ok. E quindi… ti piacciono i dolci? O ti piace cucinarli? E quando hai imparato?» domandò a raffica, sempre facendo attenzione a tenere basso il tono di voce.

Alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa, si voltò cercando di guardare la tv, ma gli occhi curiosi di Stiles occuparono la sua visuale, poiché il ragazzo si era sporto di fronte a lui e non aveva intenzione di cedere, senza prima aver scoperto quello che voleva.

«Spostati.» gli ordinò.

«Andiamo, Derek. Non puoi fare sempre il lupo asociale che si tiene tutto dentro. Vuoi esplodere per caso? Perché se è così sei sulla buona strada, quei muscoli non reggeranno ancora a lungo tutti i segreti che ti tieni dentro e prima o poi si tenderanno tanto che farai “puff” come un palloncino troppo gonfio.» esclamò, battendogli l’indice sul petto. «Hai un branco adesso, come farai a tenerli uniti se tu continui a startene in disparte? Non ti sto dicendo di andare di là, raccoglierli tutti intorno a te e raccontare loro la storia della tua vita, ma essere un po’ più espansivo e comunicativo non farebbe male né a te né a loro.»

Derek lo osservò, concordando internamente con le sue parole, ma mentre una parte di sé accettava il consiglio, l’altra, quella ferita e che aveva preso il sopravvento per tanti anni, era restia a farlo e fu proprio questa a farlo parlare.

«Cosa dovrei fare secondo te, eh? E poi non mi sembra che tu possa darmi consigli, visto che continui a mentire a tuo padre.»

Stiles incassò il colpo chiudendo un secondo gli occhi, e il lupo si sentì in colpa perché, se Stiles era costretto a comportarsi così era anche per colpa loro, sua in particolare. Avrebbe dovuto convincere Scott a tenerlo fuori da quell’assurda faccenda, già dall’inizio, ma non l’aveva fatto e ora sarebbe stato praticamente impossibile riuscirci, senza che tutti loro ne soffrissero.

«Non ti darò la soddisfazione di riuscire a farmi cambiare discorso. Anche se mi costa ammetterlo, in parte hai ragione, ma stavano parlando di te. E mi hai chiesto cosa dovresti fare? Potresti cominciare evitando di dare solo ordini o, cosa molto irritante per tutti, spiegazioni a metà, quando le dai. Perché di solito tieni tutto per te, e poi le cose precipitano e riusciamo sempre a salvarci all’ultimo secondo, rischiando la vita. Quindi magari, potresti mettere al corrente dei tuoi piani suicidi qualcuno dei tuoi Beta. Almeno uno, se proprio non riesci a parlare con tutti.» sbottò Stiles, continuando a picchiettarlo con il dito a ogni passaggio significativo del suo discorso.

«Se lo facessi e gli altri ne venissero a conoscenza…»

«Oh mio Dio, Derek! Se non ti fidi di nessuno, torna a fare il lupo solitario ora, perché come diamine farai a restare in un branco se continui a vedere nemici anche al suo interno?!» sbottò Stiles, alzando la voce, ma nessuno parve essersene accorto, perché non ci furono cambiamenti.

«Stiles…» l’avvertì con un brontolio cupo.

«No Stiles, un cavolo! Sai che ho ragione, ma siccome sono io a dirtelo mi dai torto per partito preso. Sei davvero assurdo, lupastro.» concluse, tornando a sedersi composto e facendo finta di guardare lo schermo.

Senza che potesse accorgersene, si ritrovò pressato contro il bracciolo del divano, con Derek che respirava furioso a qualche centimetro dalla sua faccia.

«So benissimo che hai ragione, ma.non.è.facile.» scandì, prima di liberarlo e allontanarsi, resistendo ai suoi contraddittori impulsi che da una parte gli suggerivano di mettere in atto le minacce tante volte fatte, dall’altra di zittirlo, provvisoriamente certo, con un bacio. E quanto ci metteva Isaac a tornare?! Se avessero continuato così ancora un po’, avrebbe assecondato una delle due parti, quale non lo sapeva ancora.

«E grazie tante di avermelo detto, capitan ovvio. Lo so che non è facile.» sbottò ironico «Ma potresti cominciare rispondendo alle mie precedenti domande, che ne dici?» domandò con un sorriso, avvicinandosi di nuovo.

Sospirando irritato sia per l’eccessiva pericolosa vicinanza, sia per le risposte che continuava a pretendere, cercò di ignorarlo, ma quando si sentì strattonare per il braccio, cercò di fulminarlo con lo sguardo, inutilmente. «Derek… guarda che posso continuare finché non mi accontenti o non mi uccidi. E non puoi farlo, perché mio padre sa che sono qui e saresti il primo indiziato. Quindi parla. Rispondimi…» cantilenò senza smettere di agitarsi, con un sorriso sfacciato sulle labbra.

«Non è necessario ucciderti per farti tacere.» rispose criptico, dandogli solo un’occhiata di sfuggita, cercando di rinchiudere il desiderio che stava prendendo il sopravvento, e che gli imponeva di baciarlo di nuovo. Era difficile farlo però, soprattutto con il soggetto in questione che seguitava a parlargli nelle orecchie per farlo cedere.

«Si certo, parla per frasi criptate, ma rispondi alle mie domande. Come mai sai cucinare dolci?» chiese ancora «Coraggio, non lo saprà nessuno.» continuò con fare cospiratore, passandogli un braccio dietro le spalle e avvicinandosi di più.

Stiles non si aspettava davvero una risposta, in realtà stava continuando a tormentare Derek senz’altro motivo se non vedere fino a che punto l’avrebbe sopportato, prima di alzarsi e sparire in camera sua. O almeno, questa era la motivazione iniziale, ora invece non riusciva a smettere. E il fatto che nonostante tutto il lupo continuasse a dargli corda, lo destabilizzava perché di solito le loro conversazioni non andavano mai così. Sempre che di conversazioni si potesse parlare. La morale comunque, era che non sapeva esattamente come comportarsi e quindi continuava a cercare di irritarlo, ignaro che la pazienza dell’altro fosse agli sgoccioli e ignorando anche la piccola parte della sua mente che gli ricordava di star giocando col fuoco, e che lo stava anche facendo volontariamente.

La sua parte razionale diede forfait quando incrociò per l’ennesima volta gli occhi esasperati di Derek, ma prima di scomparire nei meandri della sua testa gli comunicò che aveva davvero una mente contorta e che, se proprio lo voleva, poteva anche baciarlo lui, invece di continuare a molestare la pazienza del lupo, sperando che cedesse. Sconvolto da quella auto-rivelazione, si allontanò leggermente, lasciando comunque il braccio abbandonato sulle spalle dell’altro, gli occhi un po’ più spalancati e fissi sulle labbra di Derek, che lo osservava in silenzio, corrucciato. Il lupo avrebbe voluto chiedergli che diavolo gli prendeva ora, ma il suo istinto gli diceva che entrambi si trovavano su un confine labile come un filo di ragnatela, e che se avesse parlato si sarebbe maledetto per chissà quanto tempo.

Erano così concentrati, che non si accorsero di Peter e Isaac che stavano scendendo le scale assieme e che rimasero lì fermi prima che, silenziosamente, uno attraversasse il salotto e sparisse dietro la porta della cucina, e l’altro si ritirò un po’ più su, giudicando infine poco carino –e molto pericoloso, in caso l’avessero scoperto– rimanere a spiare. Prima di rintanarsi in camera sua per qualche minuto ancora, colse di sfuggita Stiles che stringeva il pugno indeciso, prima di accorciare le distanze.

In un ultimo tentativo per fermarlo, il suo cervello gli disse che probabilmente era tutta colpa del gioco che avevano fatto poco prima, se si sentiva così, ma mettendosi a tacere con “e chi se ne importa”, si avvicinò ancora, abbassando lo sguardo sulla bocca di Derek. Non riusciva a credere a quello che stava facendo, ma non riusciva a frenarsi né a guardare l’altro negli occhi. Non avrebbe dovuto continuare a insistere prima, e Derek avrebbe dovuto reagire nel suo solito modo violento, invece di dimostrare quell’insolita pazienza.

Stava per tirarsi indietro, quando le parole sbuffate da Derek gli arrivarono direttamente sulle labbra semiaperte, «Ti muovi o no?!» ringhiò, facendogli alzare gli occhi incrociando quelli grigioverdi.

«Cos… io… tu… cosa…» farfugliò indeciso, consapevole di sfidare la, già labile, pazienza dell’altro.

Ma come si era ridotto? Si sentiva una ragazzina imbranata. Ci voleva tanto a sporgersi quel poco che gli mancava? Evidentemente si, se teneva conto che aveva davanti il ragazzo più lunatico che conoscesse. E non era una battuta sulla sua natura lupesca e la luna, ma davvero Derek era imprevedibile. O beh, al diavolo tutta la sua indecisione. Se l’aveva incitato voleva dire che così schifo non gli faceva quindi, prima che cambiasse idea, prese un respiro, neanche stesse per immergersi, e l’accontentò.

Derek stava quasi per spingerlo via, non riuscendo a interpretare la sua esitazione, e irritandosi per questo, quando finalmente Stiles si avvicinò e azzerò qualsiasi spazio, insieme al suo malumore. Nonostante tutto, però lo sentiva nervoso e questo stava innervosendo anche lui. Dopo pochi attimi, il ragazzo si allontanò, quasi spaventato.

«Quello… cos’era?» domandò infastidito il lupo.

Il figlio dello sceriffo boccheggiò in cerca di una risposta degna da rifilargli, ma alla fine pigolò solo «un… bacio?» che fece arcuare le sopracciglia a Derek, in una domanda muta.

«Se ne sei convinto…» ironizzò, tentando di farlo sciogliere, e riuscendo nell’intento. Irritato, Stiles lo baciò di nuovo e stavolta, per fortuna, con meno imbarazzo.

Quando sentì la pressione sulle labbra diminuire, segno che stava per allontanarsi, Derek lo fermò con una mano dietro il collo, facendogli al contempo inclinare il capo per far aderire meglio la bocca alla sua. Senza dubbio, quello andava a far franare la sua convinzione di chiudere quella giornata in un angolo della sua mente, insieme con quella di prendersi il tempo che gli serviva per valutare come comportarsi in futuro con Stiles. Ora sarebbe stato senz’altro difficile, ai limiti dell’impossibile, riuscire a rapportarsi come prima con quel ragazzino logorroico.

Per adesso, comunque, ovvero finché nessuno fosse andato a disturbarli, aveva intenzione di approfittarne al meglio dell’occasione; permise a Stiles di allontanarsi solo di una manciata di centimetri, in modo da riprendere fiato e provocarlo ancora un po’ «Andava già meglio…» ghignò compiaciuto.

La mente di Stiles, al momento decisamente in subbuglio, impiegò più tempo del dovuto per elaborare quelle poche parole e dare loro un senso compiuto; e in ogni caso non seppe come ribattere senza sembrare una ragazzina petulante, quindi optò per la strategia preferita del lupo davanti a lui: rimase in silenzio, aspettando che fosse l’altro a fare qualcosa. Improvvisamente si accorse di stringere tra le dita i capelli di Derek e, lentamente, li liberò, non spostando però la mano e, anzi, iniziò ad accarezzarlo alla base del collo. Aveva capito che in quel punto il lupo era particolarmente sensibile alle coccole e infatti, pochi secondi dopo, abbassò la testa per lasciargli più spazio, andando a poggiarla sulla sua spalla.

In quel preciso istante Derek si odiava, o meglio, odiava la sua arrendevolezza a quelle carezze, ma non riusciva proprio a fare a meno di goderne, dopo anni passati da solo, senza alcun contatto con nessuno. Sperò che Stiles capisse, anche senza bisogno che glielo spiegasse, che quello che gli stava lasciando fare aveva un gran peso e importanza per lui, ma non confidava troppo in questo. Invece, a quanto pareva l’aveva sottovalutato, perché sentì distintamente il suo bisbigliare all’orecchio. 

«Cosa?» gracchiò, alzando il capo per guardarlo negli occhi.

«Ho detto: so quanto ti costa. Quindi… si insomma, grazie.» ripeté sorridendo timido, stringendosi nelle spalle, come a minimizzare le sue stesse parole.

«Ti odio quando fai così.» borbottò il lupo, lasciandolo basito. Stava già per chiedergli che cosa aveva fatto di male, adesso, ma stavolta fu Derek a prendergli il volto tra le mani e baciarlo con irruenza.

Sulle scale, Isaac si stava rassegnando al non poter più scendere senza rischiare di essere gelato da un’occhiataccia dell’Alpha, ma improvvisamente, un gran fracasso proveniente dalla cucina, riaccese le sue speranze.

«Ma che diavolo fai, Jackson?!» urlò Scott, allontanandosi proprio un attimo prima che l’acqua bollente si rovesciasse nel punto in cui si trovava qualche istante prima.

Subito, i due lupi iniziarono a litigare, mentre gli altri cercavano di calmarli, soprattutto per evitare che arrivassero alle mani e mandassero in fumo tutto quello che c’era di già pronto. Dato però che nessuno, a parte i diretti interessati, aveva visto cos’era successo realmente, non si sentivano di prendere le parti dell’uno o dell’altro.

«Non l’ho fatto apposta, McCall. E poi sei un lupo mannaro, guariresti subito, quindi di che ti lamenti?» sbottò Jackson.

Scott era letteralmente furioso. Anche se quello che diceva l’altro era vero, non per questo si sarebbe lanciato da una finestra solo perché sicuro di guarire. «Ma che c’entra? Il dolore lo sento lo stesso, idiota.» urlò, cercando di avvicinarsi abbastanza per colpirlo, ma Boyd che lo teneva per le spalle gli impediva qualsiasi movimento in tal senso.

«Quanto la fai lunga. Ti sei spostato, no? E ti ho già detto che non l’ho fatto appo…» ripeté il biondo, interrotto dalla porta della cucina che si spalancava, rivelando la figura, più severa del solito, di Derek. Gli bastò un’occhiata per riportare la tranquillità, ma prima di andarsene, colse gli sguardi di Peter, Lydia e Erica, colmi di comprensione. Ai tre bastò uno scambio veloce per capirsi e iniziare a ridere contenti, ma nessuno riuscì a cavare loro una parola di spiegazione.

«Se usaste gli occhi per osservare, invece che guardare e basta, l’avreste capito immediatamente.» dichiarò Lydia, tornando a quello che stava facendo.

Qualche minuto dopo, con la scusa di dover andare in bagno, Erica attraversò il salotto e osservò Stiles. Quando ritornò in cucina, ridacchiava divertita e la rossa le chiese spiegazioni.

«Stiles è ancora peggio, e Isaac vorrebbe sotterrarsi.» disse solo, sistemandosi i riccioli biondi.

«Immagino.» fu il commento di Lydia.

I tre intanto, si apprestavano a giocare, o meglio, Stiles e Isaac, si stavano preparando per giocare a Tekken, mentre Derek si sistemava meglio sul divano, ora lasciato libero. Infatti i due ragazzi avevano preferito spostarsi per terra e, facendo finta di nulla, il figlio dello sceriffo si era sistemato contro le gambe dell’Alpha, e Isaac scelse di fingere di non notarlo. Man mano che andavano avanti, iniziavano a scaldarsi sempre di più e a farsi prendere dal gioco e nessuno dei due si accorse della mano di Derek che aveva iniziato ad accarezzare la corta chioma di Stiles, almeno fino a quando il combattimento non finì.

Cercando di ignorare quella piacevole presenza sulla sua testa, continuò a giocare. Purtroppo però non riusciva più a concentrarsi e finì col perdere i successivi quattro combattimenti, con suo grande scorno, mitigato però da quelle inaspettate, e tuttavia piacevolissime, effusioni. Isaac sembrava contento, forse per le vittorie o forse, ma gli sembrava un pensiero assurdo, per la tregua che avevano preso lui e Derek. In ogni caso, continuarono così fino a che Scott non li andò a chiamare.

Sentendo il cessare dei suoni provenienti dalla cucina in favore di un solo rumore di chiacchiere, poco prima che Scott comparisse, Derek si era allontanato da Stiles. Tuttavia aveva la spiacevole sensazione di essere stato spiato per tutto il tempo, ma non capiva da chi e questo lo infastidiva, nonostante avesse un preciso sospetto.

«Wow, non posso credere che mi abbiate davvero ascoltato! Grazie, sono quasi commosso.» scherzò Stiles, sedendosi di fianco a Scott.

«Beh non è che avessimo molta scelta…» rispose Jackson, prima che un pestone di Erica lo zittisse.

Contrariato, il lupo prese posto di fianco alla sua ragazza e pochi minuti dopo stavano tutti cenando allegramente, con qualche baruffa risolta con lanci di mollica di pane, fino a che Derek non decideva di intervenire. Ma anche in quel caso non serviva a molto perché, immediatamente, il bersaglio diventava lui, con gran risate da parte degli altri, che ignoravano bellamente i suoi ringhi d’avvertimento.

«Ah, ma allora anche voi sapete cucinare! Quindi a pranzo era tutta una scusa per far lavorare me e Isaac? Che lupi approfittatori che siete.» borbottò Stiles, attaccando il suo secondo piatto di pasta.

«Ma tu cucini meglio, Stiles.» lo blandì Erica.

Sventolandole la forchetta davanti al viso, il ragazzo le rispose «Non provarci, lupetta. La verità è che siete dei ruffiani.» si infilò un altro boccone in bocca e poi aggiunse «e vi faccio molto comodo, tutto qui.»

«Ma lo sai che è così, quindi esattamente ci stai rimproverando o ti stai vantando?» gli chiese Boyd.

«Uh… tutt’è due, credo.» ammise scrollando le spalle «Diciamo che ho bisogno di gratificazioni ogni tanto.»

«Ah, e le chiedi a noi?»

«Eh, appunto. Chiedile a chi di dovere, scusa.» continuò Jackson, sfruttando l’imbeccata di Scott.

Stiles era senza parole. Si era forse perso qualche passaggio fondamentale tra le urla di quei due prima e la complicità ai suoi danni ora? Cos’era successo nel frattempo? Sconcertato, si voltò verso Isaac, che evitò il suo sguardo, abbassando la testa, ma colse lo stesso un sorriso divertito. E quello lo preoccupava. Avrebbe voluto chiedere a Derek, ma non era saggio, al momento, mostrare apertamente tutta quella confusione: i cuccioli gli sembravano già abbastanza su di giri, senza che li caricasse oltre.

Poi in un attimo, ebbe l’illuminazione: con molta probabilità, qualcuno di loro aveva visto lui e Derek prima. E ora, per osmosi, l’avevano capito anche gli altri. Dannazione, che branco di impiccioni. Più che come lupi mannari si comportavano come un branco di pettegoli. Ecco, questa era un’altra cosa di cui avrebbe dovuto occuparsi in seguito.

Nonostante le frecciatine e le battutine, non ci furono altri “incidenti” e la cena proseguì tranquilla fino alla fine. Velocemente, Boyd e Allison liberarono la tavola, mentre Isaac e Erica prendevano l’uno la torta e l’altra lo spumante per festeggiare.

«Ma quello dove l’avete preso? Non abbiamo l’età per bere.» chiese stupito Stiles, ignorando Scott al suo fianco che gli ricordò che lui un paio di mesi prima l’aveva portato ad ubriacarsi in collina. «Ssh! Scott!» lo riprese, sperando che il suo commento fosse passato inosservato.

«Ah, ma pensa un po’ il caro Stiles. Chissà che altro ci hai nascosto finora.» scherzò Lydia, dando di gomito a Jackson perché l’appoggiasse.

L’inizio di un imbarazzante e probabilmente forzata confessione, fu stroncata da Isaac, che posò la torta in mezzo alla tavola, di fronte a Stiles. Stavolta non poté evitare di guardare Derek di sfuggita, ma preferì chiedere ad Isaac. «Ma… davvero?» chiese stupito. Non si aspettava una cosa del genere, in realtà. Quando il riccio gli aveva confessato che la torta l’aveva cucinata Derek, Stiles si era immaginato qualcosa di più “casereccio”. Quella che aveva davanti invece, sembrava una torta alla frutta uscita da una pasticceria. Ah si, avrebbe fatto confessare al lupo dove e quando aveva imparato. E chissà che altri talenti nascosti aveva quello scontroso.

Dal nulla, vide Lydia tirare di nuovo fuori la macchina fotografica e ordinare a tutti di stringersi per fare una foto. Dopo averla sistemata e impostata con l’autoscatto, fece di corsa il giro del tavolo lanciandosi letteralmente in braccio a Jackson, che la prese al volo. Quando andò a controllare com’era venuta, si mise a ridere perché a parte Derek e Peter, nessuno degli altri lupi si era ricordato di dover controllare il tappeto di luce per non far brillare gli occhi come raggi laser. Quindi sembravano un gruppo di umani in mezzo a delle specie di robot umanoidi. Anche se Stiles le chiese di cancellarla, Lydia sorrise e la reimpostò nuovamente, e stavolta venne una foto perfetta.

Dopo qualche altro scatto, finalmente il festeggiato fu libero di tagliare la prima fetta e iniziò a distribuirne. Erroneamente tutti, a parte chi conosceva la verità, fecero i complimenti ad Isaac, pensando l’avesse fatta lui, e un’occhiata ammonitrice di Derek, fu sufficiente a convincerlo a reggergli il gioco. Silenziosamente Stiles gli si avvicinò e gli diede un colpetto con il gomito, facendolo voltare verso di sé.

«È buona, vero?» domandò innocentemente con un sorriso. Il moro si limitò a sbuffare, intuendo vagamente quello che passava per la mente dell’altro.

«Forse.» rispose, riconoscendo l’abilità di Stiles di impostare la conversazione in modo tale che, chi li sentisse, pensasse si stessero riferendo esclusivamente al dolce e a nient’altro.

Dopo aver brindato e aver ovviamente compiuto la classica tirata d’orecchie, si spostarono tutti in salotto e qui Jackson, sorridendo soddisfatto e un po’ sadico, propose di giocare a carte. Dopo che tutti ebbero accettato li informo di che gioco in realtà avesse in mente…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Eccoci qui, anche questo venerdì!

Oddio, ormai siamo davvero agli sgoccioli con questa storia! Noooo!! Ci eravamo affezionate!T^T

Speriamo che sia stato un capitolo all’altezza dei precedenti e sappiate che qui i personaggi hanno preso il comando, perché in realtà questo capitolo non doveva assolutamente andare così, ma ehi! Come si fa ad opporsi a dei lupi mannari e a uno Stiles carino e coccoloso?^_^

Coomunque speriamo di riuscire a postare venerdì prossimo in modo regolare e, cavolo sarà l’ultimo aggiornamento di questa storia per il 2012, ci credete? Pazzesco!

Uhm, ci stiamo un po’ lasciando andare in questi commenti, eh? Sarà il clima festaiolo e la scampata fine del mondo ad opera dei Winchester? (scusate il delirio, ora ci calmiamo, eh?^^;;)

Ad ogni modo, chissà se qualcuno indovina che razza di gioco ha proposto Jackson… ahah!! E… ah si! Nel prossimo capitolo, finalmente, scopriremo che cosa ha ricevuto Stiles!^^

Bene, come al solito ringraziamo chi recensisce, preferisce, segue e ricorda e anche i lettori silenziosi!^^

A venerdi prossimo e…

 BUONE FESTE!!

 Baci a tutte/i

Leyda e Rose_97

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Capitolo 14
*** Dopocena ***


Dopocena

Ovvero

Di regali e poker

 

 

 

 

 

 

«Allora siete tutti d’accordo per una partita a carte?» domando Jackson, passando in rassegna tutti i visi intorno a lui. Gli sembrava che qualcuno avesse già intuito cosa stava per proporre, ma sperò anche che nessuno fosse così sciocco da parlare, mandando tutto in fumo. Aveva decisamente voglia di vendicarsi di quello che Stiles era riuscito a fargli fare, e se le cose andavano come previsto,  ce l’avrebbe senz’altro fatta.

Evitando di gongolare troppo apertamente, aspetto che ognuno dei presenti gli desse il suo consenso, chi più chi meno convinto. Stiles sembrava avere un idea di quello che stava per dire, ma nei suoi occhi, Jackson leggeva la speranza che non fosse effettivamente quello. Derek aveva acconsentito più per far gruppo che per reale voglia di giocare, e il lupo sapeva che appena avesse parlato gli si sarebbe rivoltato contro, ma a quel punto sarebbe stato tardi per tirarsi indietro senza conseguenze. Gli unici che sembravano veramente all’oscuro, erano forse, Allison, Scott e, anche se gli sembrava strano, Boyd. Scrollando le spalle, aveva appena aperto bocca per parlare quando il cellulare della mora squillò.

Allontanandosi un po’, ma rimanendo comunque nella stessa stanza, ricordandosi che era circondata da lupi che avrebbero ascoltato ogni parola della sua conversazione, Allison rispose al padre.

«Papà, ma proprio adesso?» si lamentò, con un gesto stizzito del braccio che non reggeva il cellulare.

Tutti i mutaforma lì presenti sentirono distintamente la risposta di Chris Argent e, a  parte Scott, Peter e Derek, furono tutti percorsi da un piccolo brivido. Allison, ti ho anche lasciato troppo tempo con quei licantropi. Spero per tutti che tu stia bene. Sto venendo a prenderti. Ora. La tregua è durata anche troppo.

«D’accordo. Tra quanto sarai qui?» domandò sconsolata abbracciando con lo sguardo tutti. «Ok, a fra un po’.» chiuse la chiamata, tornando a sedersi di fianco a Lydia che le sorrise condiscendente.

«È il brutto di essere una cacciatrice con soli lupi mannari per amici, tesoro.» la sbeffeggiò con tono leggero.

Allison chinò la testa, nascondendo il sorriso dietro i capelli scuri. «Beh, prima che me ne vada voglio vedere cosa ti hanno regalato, Stiles.» esclamò, fissando il figlio dello sceriffo.

Jackson provò a intervenire, temendo che dopo, la sua proposta di giocare a carte sarebbe stata dimenticata in favore di chissà cos’altro, ma Isaac gli diede una spintarella, rassicurandolo. Il biondo lo osservò un po’ sconcertato, avendo notato nel tono usato dal compagno un certo… desiderio? di giocare. Inarcando un sopracciglio, si annotò mentalmente di tenere d’occhio Lahey. Già nei mesi passati gli era sembrato di scorgere qualcosa di strano nel suo modo di comportarsi con gli altri due compagni di avventure, e in particolare quel giorno. Il problema era che, nella giornata che andava ormai concludendosi, tutti, e non solo lui, erano decisamente stati troppo distratti dal mutamento di Stiles e Derek, dalla tregua che sembrava essere stata stipulata tra loro, e che stava rapidamente mutando in altro.

E riguardo a questo, Jackson si sentiva in lotta con sé stesso. Probabilmente erano le sue due parti che si scontravano, quella umana e quella lupesca. Dato che non era certo uno stupido, aveva ben interpretato quello che era iniziato tra il suo Alpha e il figlio dello sceriffo, e sapeva anche come si sarebbe evoluto il loro rapporto e cosa sarebbero diventati alla fine. E qui, entravano in campo le sue due metà: entrambe non potevano non notare la chimica che c’era tra quei due, e la reputavano ugualmente assurda. Ma mentre la sua parte umana non voleva accettarlo, unicamente perché avrebbe significato che Stiles Stilinski sarebbe diventato il compagno di Derek Hale, ovverosia un Alpha a sua volta, e questo comportava il fatto che probabilmente, da quel momento, le decisioni di Stiles avrebbero avuto molto più peso di quanto già non ne avessero ora. La sua parte da lupo e da Beta invece, era felice che il suo Alpha avesse finalmente trovato qualcuno. E riusciva ad avvertire, come probabilmente tutti gli altri, quasi ci fosse un collegamento empatico, che Derek aveva già cominciato a cambiare, che era un po’ più sereno.

Assurdo, reputò la sua mente, arrendendosi comunque all’evidenza, come già avevano fatto quel giorno. Dopotutto, erano stati proprio loro, nell’arco di meno di ventiquattro ore a spingere perché quei due si svegliassero almeno un po’. Probabilmente si erano comportati così inconsciamente, assecondando ciò che il loro istinto ordinava. O forse erano solo adolescenti che avevano deciso che Derek e Stiles erano fatti l’uno per l’altro e, senza chiedere pareri a nessuno dei due, avevano voluto vedere che sarebbe successo se fossero riusciti nel loro intento. Magari era un mix delle due cose, ma in entrambi i casi, non avevano calcolato le conseguenze. Forse solo Peter l’aveva fatto. Anzi, Jackson sospettava che tutta quella giornata era stata architettata e orchestrata in maniera magistrale dall’ex-Alpha, proprio con quello scopo, tra gli altri che avrebbero potuto esservi.

Senza che se ne accorgesse, era rimasto a fissare l’uomo, che aveva ricambiato il suo sguardo perso sorridendogli cortesemente prima, e divertito poi, quando Lydia aveva dato un pizzicotto sul braccio del suo ragazzo, riscuotendolo.

«Cosa vuoi?» aveva ululato, strofinandosi la parte offesa. Ogni tanto aveva il dubbio che in realtà, Lydia non fosse assolutamente immune, ma che fosse esattamente come loro e lo nascondesse con una grande abilità.

«Dove hai lasciato il regalo di Stiles?» domandò inarcando un sopracciglio.

«È nella porche qua fuori, perché?»

«Allora va a prenderlo, no?» rispose in tono un po’ petulante, spingendolo con le mani giù dal divano. Sbuffando seccato, Jackson si alzò e recuperò le chiavi della macchina. Passando affianco a Stiles, lo guardò con astio, sperando che quello che aveva progettato si concretizzasse.

Uscendo, lo sentì bisbigliare rivolto a Lydia «Ma che gli prende?» che non ottenne risposta. Seguendo l’esempio di Jackson, anche tutti gli altri si alzarono per andare a recuperare i regali, nascosti chissà dove, e nella sala rimasero solo Stiles, Lydia, Erica e Scott. Con gran sorpresa di tutti, anche Derek a quanto pareva, gli aveva comprato qualcosa. «Non ci credo… anche il grosso lupo cattivo ti ha fatto il regalo, Stiles. Vorrei dire qualcosa, ma ogni parola mi sembra superflua.» sogghignò Lydia.

Erica, dandole manforte aggiunse «Scommetto che il suo sarà il più gradito di tutti.»

Stiles sbuffò, dicendosi convinto del contrario e confidando in Scott che lo conosceva da tanto tempo, per riuscire a non dare ragione alle due ragazze. I primi a tornare furono Isaac e Derek, che ripresero i loro posti sul divano e per terra. Derek aveva valutato di sedersi il più lontano possibile da Stiles, ma considerati tutti gli avvenimenti e i commenti della giornata, l’aveva reputata una precauzione inutile e gli si era nuovamente seduto alle spalle. Era anche abbastanza certo che nessuno, almeno per quella sera, avrebbe avuto nulla da aggiungere sulla sua decisione.

A quanto pareva, la pensava allo stesso modo anche il festeggiato, che nuovamente si appoggiò alle sue gambe, cercando alla cieca una sua mano e sistemandosela tra i capelli, in una muta richiesta. Anche senza guardarlo in volto, poteva perfettamente immaginare che Stiles avesse lo sguardo basso, per non dover fronteggiate le occhiate sapute degli altri, che erano invece rivolte a lui. Man mano che tutti rientravano nella stanza potevano vederli perfettamente, ma nessuno osava commentare in nessun modo. L’unico che ci provò fu Scott, ma fu ammutolito dall’occhiata supplichevole di Isaac e ancor più da quella minacciosa di Erica.

Gemendo internamente si sistemò affianco all’amico, evitando di guardarsi in faccia vicendevolmente. L’ultimo a rientrare fu Peter.

Ora, sistemati davanti a Stiles, un po’ alla rinfusa, vi erano una discreta quantità di pacchi, dalla variegata ed eterogenea forma e involucro. Non sapendo da quale iniziare, optò per quello di Allison, considerato che a breve se ne sarebbe dovuta andare. Un po’ la invidiava per questo, perché sarebbe scampata al gioco architettato da Jackson, e che già sapeva essere stato proposto unicamente per vendicarsi di lui e del fatto che aveva dovuto obbedirgli.

La cacciatrice pescò dal mucchietto un pacco piccolo e ben incartato in un lucido sacchetto blu e argento. Stiles si era riproposto, nei giorni passati, di non cercare di immaginare in alcun modo quello che avrebbero potuto regalargli, per non crearsi aspettative. Aprendo la busta, vi trovò dentro due scatole, una un po’ più piccola dell’altra. La più grande conteneva un piccolo taser, mentre l’altra un ricambio.

Sconcertato, la osservò negli occhi, e la vide alzare le spalle, minimizzando. «Beh, ho pensato che potesse servirti se mai ti trovassi da solo contro uno degli Alpha… ti darà il tempo di scappare e chiedere aiuto.» spiegò, un po’ incerta ora, della sua scelta.

Stiles alternò per un po’ lo sguardo tra l’oggetto tra le sue mani e la ragazza, la bocca aperta in una “o” perfetta. «Con te funzionerebbe?» domandò poi alzando la testa per guardare Derek.

«Se ci provi ti uccido. Però rallenta, questo è vero.» concesse.

«Oh. Grazie Allison, in effetti è decisamente utile.» concluse avvicinandosi per ringraziarla.

Appena tornato al suo posto, si ritrovò sulle gambe un ben più voluminoso pacco. Al tatto sembrava morbido, quindi la prima cosa che gli venne in mente, cercando un punto per aprirlo, fu che si trattasse di vestiti. Rigirandoselo tra le mani, trovò anche un biglietto e, a giudicare dalla grafia, doveva essere di Lydia, ma la frase non era sicuro a quale dei tre attribuirla, se alla rossa, a Erica o a Jackson. «Cos’avete contro i miei vestiti, scusate? Sono comodi.» commentò immediatamente.

«Si, ma se vuoi che tuo padre ti prenda sul serio quando fai outing devi vestirti in modo adeguato.» ribatté immediatamente Jackson, innescando diverse reazioni. Scott e Stiles rimasero a bocca aperta, mentre gli altri s’incuriosirono.

«Tu come… aspetta… ma tu eri svenuto!» esclamò stordito Stiles «Scott, lui non era svenuto?!» domandò girandosi verso l’amico che lo fissava con gli occhi spalancati.

«Uh… di che state parlando?» fu la lecita domanda di Isaac.

«Ti ricordi quando mister voglio-assolutamente-essere-un-licantropo-ma-l’universo-ha-altri-piani, qui presente era appena fuggito da casa di Scott?» iniziò, ignorando le lamentele di Jackson «Ecco quella sera l’abbiamo inseguito fino a un club... beh, un club gay. E poi Derek ha provato a uc… fermarlo, e noi abbiamo trovato Jackson nel parcheggio e l’abbiamo caricato sulla Jeep. Poi, siccome le disgrazie non vengono mai sole, è arrivato mio padre e ho provato a inventarmi che ero gay per mandarlo via. Ma pensavo che lui» esclamò additandolo senza neanche guardarlo «fosse svenuto! Scott, non era privo di sensi, oltreché di vestiti?»

«Beh, un po’ cosciente lo era…» ammise l’amico.

«Non ci posso credere. Speravo che quella storia fosse finita nel dimenticatoio della mia vita e invece ora la sapete tutti… che tristezza.» fu il commento di Stiles, prima che si dedicasse al regalo. «Aspetta, aspetta! Ma quindi l’altro giorno a scuola…» esclamò, colto da un improvvisa illuminazione. Lydia, Erica e Jackson si scambiarono un’occhiata divertita e un po’ colpevole.

«L’altro giorno, cosa?» si sentì chiedere da Peter, che si stava oltremodo divertendo. Stiles avrebbe voluto evitare di rispondere, perché dietro di lui, gli sembrava che Derek si stesse innervosendo e lui sembrava essere la vittima più prossima e probabile da cui iniziare.

«Uhm… diciamo che l’altro giorno ho goduto di uno scoppio di popolarità da parte di questi tre. Ma Jackson è stato quello più discreto.» ammise.

«Questo lo credi tu.» dissero contemporaneamente Scott e Isaac, memori di quello che era successo nello spogliatoio di lacrosse. Stavolta fu il turno di Stiles di chiedere delucidazioni, ma la voce nervosa dell’altro chiamato in causa lo distrasse.

«Allora, apri il regalo o no, Stilinski? Abbiamo anche altro da fare, poi.»

Dandogli tacitamente ragione, il figlio dello sceriffo trasse fuori dalla carta regalo una serie di vestiti, dall’aria elegante ma comoda. E soprattutto costosa. «Cavolo… quanto ci avete speso? Spero che possiate cambiarli.» esclamò un po’ in imbarazzo. Passandoli in rassegna, notò una preponderanza di rosso. Impaziente, Erica lo fece alzare e lo spedì a provarne qualcuno. Dal bagno li vicino lo sentirono trafficare e borbottare, prima che la porta si aprisse e Stiles tornasse nella stanza con un look che decisamente non gli apparteneva comunemente, ma che gli stava dannatamente bene. Inizialmente, i tre avevano pensato di stravolgere completamente il tipico modo di vestirsi del ragazzo, ma poi avevano convenuto che, se proprio volevano che indossasse i loro regali, avrebbero dovuto limitarsi.

Alla fine avevano trovato un compromesso accettabile che era a metà strada tra il solito vestiario di Stiles, largo e comodo, e qualcosa di un po’ più alla moda e decisamente più aderente, per evitare di nascondere il fisico del festeggiato, già inutilmente occultato. Mostrandosi agli sguardi di tutti, Stiles si sentiva come se lo stessero analizzando al microscopio, e allargando le braccia e sospirando chiese a Scott. «Che ne dici amico?»

Il lupo annuì, concorde, ma fu Jackson a parlare prima che ci riuscisse lui. «Finalmente dei vestiti decenti Stilinski.»

«Jackson!» lo riprese Lydia, mentre i due amici commentavano con un «Idiota» ben udibile.

Un posto più in là, Peter stava sfacciatamente fissando il nipote che aveva rapidamente distolto lo sguardo dal suo, alternandolo tra il fisico di Stiles –che cercava di non soffermarsi su quella sensazione che gli occhi di Derek  gli stessero scavando addosso– e il resto della stanza, fermandosi per un attimo sulle scale.

«Derek, non dici nulla?» si sentì dire da Erica. Fulminandola con lo sguardo, si concentrò sul figlio dello sceriffo, cercando di trovare qualcosa per commentare, che non fosse fraintendibile. «Sono rossi.» esalò infine, e immediatamente, il bisbiglio di Jackson gli raggiunse le orecchie. «Molto appropriato, direi.»

Ma la voce ironica del lupo fu sovrastata da quella altrettanto sarcastica di Stiles «Però, che occhio. Pensavo fossero blu, sai?» disse alzando un sopracciglio. «Beh, vado a cambiarmi.» concluse.

«Perché non rimani con quelli? Ti stanno bene.» propose Allison.

Stiles passò lo sguardo sulla sua figura, poi sull’Alpha e infine sulla cacciatrice, mordendosi il labbro inferiore prima di rispondere. «Preferivo gli altri vestiti. Sono più comodo, e questi sono nuovi, hanno ancora l’etichetta. Preferirei non rovinarli subito.» spiegò, grattandosi la testa e cercando il consenso di Derek, dato che alla fine quello che voleva indossare era suo. Il lupo annuì e Stiles sparì nuovamente dietro la porta del bagno.

Afferrando la maglia verde, prima di infilarla nuovamente si fermò a pensare che Derek gli aveva concesso di indossare qualcosa di suo per ben due volte nella stessa giornata. Si sentiva stranamente lusingato da questo  fatto, anche se non era nulla di straordinario. Dopotutto, lui e Scott si erano scambiati i vestiti parecchie volte da quando erano piccoli. Sospirando, finì di vestirsi e tornò in sala, cogliendo l’ultimo commento di Erica e la risposta ringhiata di Derek. A quanto pareva anche al lupo scontroso piacevano i suoi nuovi vestiti. Evitando di soffermarsi troppo su questo pensiero, si annunciò facendo più rumore del necessario e tornò al suo posto.

Stavolta fu il turno del regalo di Scott, che si rivelò essere un nuovo videogioco per il computer, e di Isaac e Boyd, che insieme gli avevano comprato un’edizione illustrata del Signore degli Anelli, per cui Stiles stava risparmiando da tanto. Li ringraziò tutti e tre, coinvolgendoli in un abbraccio di gruppo, in cui Scott era il più basso e fu preso in giro da Jackson per questo.

Ormai mancavano solo i regali dei due Hale, e Stiles aveva appena preso il pacchetto che Peter gli porgeva, quando tutti i lupi si voltarono verso la porta di casa. «Ci sono problemi?» domandò Allison, posando una mano sul braccio di Scott.

«Sta arrivando tuo padre.» rispose il ragazzo, voltandosi verso di lei.

La cacciatrice parve indecisa su come comportarsi, ma Stiles venne in suo aiuto, proponendole di aspettare sotto il portico assieme a lei. «Forse è meglio se tuo padre vede un numero di licantropi pari a zero, ti pare? Dai, prendo la giacca e andiamo fuori, ok?» aggiunse.

Pochi minuti dopo i due ragazzi erano all’aperto ad aspettare, mentre tutti gli altri si erano addossati alle finestre per vedere ed essere pronti a intervenire. Solo Derek era uscito, unendosi ai due liceali in attesa, sorprendendoli un po’.

«Sicuro che sia una buona idea?» gli chiese Stiles, affondando le mani nelle tasche.

Senza distogliere lo sguardo dagli alberi di fronte a sé, Derek annuì. «È casa mia.»

«Ok, capo. Siamo con te, vero Allison?» disse il festeggiato, sporgendosi per guardare la ragazza, che diede subito il suo assenso.

Quando il fuoristrada di Chris Argent si fermò nello spiazzo la tensione nell’aria era talmente tanta, che Stiles non si sarebbe stupito di vedere scintille intorno a loro, come fossero state lucciole. Facendo qualche passo, seguendo Allison, si avvicinò al cacciatore che sembrava assolutamente disarmato.

«Signor Argent…» salutò Stiles, innervosito dai due sguardi che lo perforavano: quello di Chris davanti e quello di Derek sulla sua schiena. «Siamo tutti sani e salvi, come può vedere.» sorrise nervosamente, sentendo Allison sospirare rassegnata di fianco a lui.

«Andiamo tesoro.» si limitò a dire l’uomo, fissando l’Alpha immobile sotto il portico della casa, che ricambiò lo sguardo senza esitazione.

«Va bene. Grazie di avermi invitato Stiles.» si congedò la mora, spostandosi poi un po’ a lato «Grazie di avermi ospitato, Derek.» aggiunse, sorridendo poi a Stiles, quando le giunse il saluto in risposta di Derek. Entrambi si sentivano soddisfatti di essere riusciti a evitare situazioni di troppa tensione e, quando entrambi gli Argent furono saliti in auto, Stiles raggiunse il lupo, osservandoli andare via insieme a lui. Poi gli diede un pugno sul petto, sorridendo soddisfatto.

«Ottimo lavoro.» esclamò ammirato, superandolo per rientrare.

Appena messo piede in casa però, tirò un sospiro di sollievo, mentre Scott gli dava una vigorosa pacca sulle spalle e Isaac lo guidava di nuovo verso il divano. «Allora, dove eravamo?» s’informò, vedendosi nuovamente porgere il pacco di Peter. Scartandolo, Stiles rimase senza parole: il maggiore degli Hale gli aveva regalato un cellulare nuovo.

«Non è un po’ esagerato?» riuscì a dire, dopo un po’.

Peter sorrise enigmatico come suo solito. «Non si sa mai che fine potresti far fare al tuo. Questo è impermeabile all’acqua.» rispose poi, facendogli sapere che era a conoscenza anche di quel fatto.

«No, tu mi devi spiegare come diavolo fai a conoscere tutto quello che è successo mentre eri morto. Perché è una cosa fuori da ogni logica!» esclamò Stiles, rassegnandosi all’evidenza che probabilmente Peter Hale sarebbe venuto a conoscenza di qualsiasi cosa. «Grazie comunque. Cercherò di non rovinarlo, ma non posso prometterlo considerando con chi ho a che fare.» ridacchio, imitato da tutti porgendo la mano all’uomo per ringraziarlo. Peter la strinse con un sorriso scompigliandogli i capelli divertito.

Appena ebbe preso il regalo di Derek dalle sue mani, sentì un improvvisa curiosità e concentrazione da parte di tutti i presenti. A essere onesto, anche lui era molto curioso di sapere cosa l’Alpha avesse potuto regalargli. A giudicare dalle dimensioni del pacchetto –una piccola scatola rettangolare, molto leggera– non doveva essere nulla appartenente alla categoria vestiti e simili, ma neanche un libro. Impaziente, strappò la carta regalo,  ritrovandosi a stringere tra le mani una scatola contenente un hard-disk portatile, con una buona capacità di memoria. Girandola di lato, vide che era già stato aperta e, confuso, portò lo sguardo a incontrare quello di Derek, dietro di sé.

«Dentro c’è l’archivio degli Hale. Te ne ho fatto una copia, così saprai dove cercare informazioni attendibili.» spiegò, soddisfatto della sorpresa che illuminò gli occhi di Stiles. Lo vide fremere d’impazienza, alternando lo sguardo tra il suo nuovo regalo e lui.

«Wow! Grazie, è fantastico!» esclamò saltando su e abbracciando Derek «Oh, non vedo l’ora di… Oh, ehm, scusa… grazie Derek» si ricompose tornando a sedersi e grattandosi la testa imbarazzato, sorridendo del suo stesso entusiasmo. C’era però una domanda che stava iniziando a frullargli nella mente: quel regalo significava che finalmente Derek l’aveva accettato come membro effettivo del branco?

A interrompere qualunque genere di riflessione stesse per intraprendere, ci pensò la voce di Jackson, che ricordò a tutti che aveva proposto di giocare a carte prima e che ognuno di loro aveva accettato. Concordando mestamente, si adoperarono per spostare tutti i regali e buttare le varie carte, liberando lo spazio in mezzo a loro.

«Allora, che gioco è?» domando rassegnato Stiles, immaginando già la risposta.

Infatti, come aveva supposto, Jackson rispose «Poker»

«Oh, ok. Poker. E cosa puntiamo?» chiese ancora, una minuscola nota di speranza che andò in frantumi con la voce di Erica e Lydia. «Che domande, i vestiti.». Strofinandosi le mani sugli occhi, sospirò sconfitto «Lo sapevo. Ma perché l’ho chiesto...? D’accordo, allora vado a finire di vestirmi, eh?» esclamò, conoscendo la sua incredibile capacità di perdere al gioco. Per questo preferiva quelli di ruolo e strategia, in generale quelli che non prevedessero una buona dose di fortuna.

Sfortunatamente, la mano di Jackson si serrò sul suo braccio inchiodandolo al suo posto. «Non ce n’è bisogno, Stiles…» sogghignò estremamente soddisfatto.

«Ti odio, Jackson.» sibilò liberando il braccio.

Con il ghigno irritante che ultimamente utilizzava poco, il lupo si alzò e recuperò un mazzo di carte, eliminò i jolly e lo mischiò, prima di distribuire cinque carte ciascuno. Scott e Stiles si scambiarono un’occhiata esasperata, perché già immaginavano come sarebbero finiti.

Con un po’ di timore, e speranza di non essere l’unico sfortunato e potenzialmente incapace, Stiles guardò le proprie carte e poi i volti di tutti gli altri da cui poté dedurre che: o avevano tutti delle ottime carte, o avevano tutti la cosiddetta “faccia da poker”, perché erano tutti impassibili. Di alcuni non se ne stupiva più di tanto, Derek e Peter ad esempio, ma che Isaac e Scott riuscissero a non far trasparire nulla, lo lasciava sorpreso. Distratto da ciò, per poco si dimenticò di cambiare le carte, ritrovandosi con una buona combinazione in mano. Forse non sarebbe andata tanto male, si disse speranzoso. E l’illusione durò fino alla terza mano, prima della quale a perdere i primi pezzi erano stati Isaac, Erica e Jackson, ora tutti e tre senza scarpe.

Prima di iniziare avevano stabilito che solo uno per turno, cioè quello con le carte peggiori si sarebbe spogliato di un indumento, e che il primo a rimanere in mutande avrebbe perso.

Da quel punto in poi, Stiles pensò che Peter, che in quel momento stava facendo il mazziere, avesse truccato le carte perché, per quattro turni consecutivi furono lui e Erica a perdere, alternativamente,  e furono costretti a togliersi scarpe e calze –Stiles– e calze e una maglia –Erica–.

«Questa storia non mi convince. Perché non lo fate fare a qualcun altro il mazziere?» s’impuntò Stiles, ricevendo delle nuove carte per un'altra mano e notando che erano abbastanza buone. Se avesse avuto fortuna, cosa in cui non sperava troppo, sarebbe riuscito a fare full. Incredibilmente andò come aveva sperato e stavolta a rimanere scalzi furono Derek e Lydia. Sogghignando, sperò che fosse proprio l’Alpha a rimanere in mutande, in modo da poterlo prendere in giro per una volta.

«Ehi, ehi. Non mi fido di te!» esclamò ad un certo punto, vedendo che il mazzo toccava di nuovo a Jackson «E poi perché siete solo voi due a dare le carte? Perché non posso farlo io?» continuò allungando la mano per farsi consegnare il mazzo.

Sospirando esasperato, Jackson fece finta di accontentarlo, salvo poi passarlo a Lydia, di fianco a lui. «Ho già detto che ti odio? Scott, l’ho già detto vero?» domandò retoricamente, mentre la rossa sorrideva divertita, mischiando.

«Stiles, non te la prendere…» cercò di tranquillizzarlo quando gli consegnò le sue carte, prese con un sospiro.

«Dai non posso crederci!» si lagnò quando, due maglie –che aveva previdentemente indossato– dopo, toccò ancora a lui spogliarsi rimanendo in canotta. Lo consolava il fatto di non essere il più svestito, in quanto Derek era già a torso nudo insieme a Erica, che era rimasta con i pantaloni e il reggiseno. A infastidirlo era il fatto che Scott aveva perso solo le scarpe, e non si capacitava di questa sua improvvisa bravura a poker. Non si stupiva di Lydia invece, ancora praticamente coperta.

Continuò a mugugnare finché una manata non lo raggiunse al centro delle scapole. «Ho capito, la smetto.» bofonchiò, senza girarsi a guardare Derek. In effetti, non aveva più osato farlo, da quando quel lupo con le caldane –perché davvero non capiva come facesse a essere sempre vestito così leggero– aveva perso la maglia. Preferiva evitare per non dare altro motivo a Jackson, il maledetto che aveva organizzato tutto e che secondo lui stava anche truccando il gioco, di ridere di lui e sfotterlo. Era ancora troppo scombussolato da tutta la giornata, e già il fatto di averlo seduto affianco non aiutava, ma almeno gli impediva di guardarlo per forza. L’unica volta –per fortuna sua e dei suoi ormoni, arrivati a questo punto– che aveva visto l’Alpha a torso nudo, era ancora un Beta e aveva un proiettile nel braccio, ed era stato troppo sconvolto dalla richiesta assurda per prestarvi attenzione sul momento, ma l’immagine di Derek che si rotolava in terra durante il processo di guarigione era ben stampata nella sua mente, e in quel momento non aiutava per nulla.

«Jackson, mi sa che il tuo gioco ti si sta ritorcendo contro.» lo beffò Isaac, ancora con tutti i pezzi al proprio posto, mentre anche Jackson si liberava della canotta rimanendo in pantaloni. Lydia fece una smorfia al licantropo che aveva parlato, facendo scivolare il braccio sotto quello del suo ragazzo e stringendoselo addosso.

«A me non dispiace per niente, tesoro.» sorrise prima di baciarlo.

«Andiamo avanti?» propose Scott, evitando di osservarli.

Isaac lo fissò interdetto, ma fu Stiles a commentare «Amico, è inutile che fai il casto e innocente, ti devo ricordare di quando abbiamo rubato il furgone della polizia?» facendolo arrossire e balbettare imbarazzato. Si era accorto che aveva volontariamente evitato di scendere nei particolari, ma già solo quell’accenno era bastato a scatenare curiosità indesiderate.

«Questa me la dovrai raccontare McCall, perché io ero li dentro, ma non ero cosciente e voglio sapere come hai fatto a non accorgerti che ero fuggito.» intervenne Jackson, porgendo due carte a Boyd, che in quel momento faceva il mazziere, per farsele cambiare.

«Fatti tuoi, Whittemore. Non ti dirò un bel niente.» berciò Scott un po’ risentito verso il migliore amico.

Evidentemente anche Stiles se n’era accorto, e pensò che il lupo gliel’aveva mandata, perché perse nuovamente e fu costretto a privarsi della maglia. Ora si, si sentiva in imbarazzo, e sperava che non si notasse troppo, ma Erica e Lydia, che ultimamente non si lasciavano sfuggire un occasione che fosse una, per metterlo alle strette, iniziarono a commentare.

«Stiles, io non capisco perché ti metti sempre vestiti sformati e larghi. Meno male che abbiamo provveduto.» iniziò la rossa.

Erica annuì, «Già, eppure hai un gran fisico, dovresti sfruttarlo per fare conquiste.» sogghignò indicando con un lieve cenno del capo il capobranco seduto al fianco del ragazzo, che brontolò lievemente.

«Vi prego, dite qualcosa voi due… qualcosa per farle stare buone!» puntualizzò immediatamente, rivolto a Boyd e Jackson che sorrisero miti. «Zittirle tu?» pregò voltandosi verso Derek, evitando di guardarlo da qualche parte che non fossero gli occhi grigioverdi che sfuggivano i suoi.

Sentì Erica ridere di gusto e la guardò interrogativo. «Lo stai facendo di nuovo.»

«Facendo cosa?»

Erica eliminò della inesistente polvere dai pantaloni, sorridendo compiaciuta «Guardando solo negli occhi…»

«Ancora con questa storia?!» si lamentò esasperato, mentre Isaac distribuiva le carte. Purtroppo, ora che la lupa gli aveva messo la pulce nell’orecchio, non riusciva a impedirsi di lanciare sporadiche occhiate fuggevoli al moro al suo fianco, che con molta più abilità faceva altrettanto.

Questa volta toccò a Isaac spogliarsi che rimase con la maglia. Per ora, i più svestiti erano Derek, Erica, Stiles e Jackson, tutti ugualmente senza maglia, seguiti da Peter, Boyd e Isaac i quali se avessero perso avrebbero dovuto privarsi anche loro dell’ultimo indumento superiore che indossavano. Mentre quelli ancora praticamente intoccati erano Scott, e nessuno riusciva a capacitarsi del come fosse possibile, e Lydia.

Ormai quella erano arrivati alla fine del gioco, in quanto il primo a togliersi anche i pantaloni, avrebbe perso, ma la partita si prolungò ancora di due turni in cui, Peter e Isaac rimasero a torso nudo. Alla fine, proprio come il licantropo aveva predetto, il gioco si era effettivamente ritorto contro Jackson, il primo a perdere anche la parte inferiore di vestiti. Sbuffando contrariato, ma comunque soddisfatto dell’imbarazzo di Stiles e, anche se cercava di nasconderlo, di Derek, il lupo ammise la sconfitta e tutti poterono rivestirsi.

«Beh, direi che è ora di andare. Stiles mi dai un passaggio?» domandò Scott, stiracchiandosi.

L’amico annuì, evidentemente distratto da altro, lanciandogli le chiavi della Jeep per iniziare a caricarvi su la sua bici. Finita la partita e reindossato tutto, ognuno si era diviso, chi andando in cucina a spiluccare ancora qualcosa, chi facendo una scappata al bagno, chi cercando chiavi e altre cose disseminate in giro. Isaac aveva raggiunto Scott fuori, per dargli una mano, Jackson e Lydia si stavano infilando le giacche, chiacchierando con Peter, sembrava che tutti avessero fatto apposta a lasciare Stiles con Derek.

«Grazie per averci, anzi avermi sopportato per tutto il giorno. Immagino sia stata una bella prova per la tua luposità schiva e solitaria, eh?» scherzò Stiles, infilando le mani nelle tasche dei jeans. «Uhm… per i vestiti»

«Tienili» l’interruppe Derek, tornato imperscrutabile come al solito. A quanto pareva, la capacità di comprenderlo di Stiles, si era esaurita per quel giorno.

«Davvero?»

«A me non vanno e… ti stanno bene.» ammise, lievemente imbarazzato, grattandosi la punta del naso, un gesto che il figlio dello sceriffo non gli aveva mai visto fare.

Stiles sorrise, annuendo. «Va bene. Dopotutto, tu hai ancora la mia maglia. Allora ci vediamo al prossimo guaio, eh?» si congedò, allungando la mano verso il pomello della porta.

«Magari anche prima.» rispose Derek, voltandosi e salendo le scale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Nooooo!! È finitaaa!!! T^T

Scusate, leyda va un attimo a disperarsi in un angolo e lascia il posto a Rose:

Povera… mi dispiace per lei e mi dispiace anche perché è finita (o forse no!) comunque leyda è tornata…

Si, è ho deciso molto democraticamente, che ci sarà ancora un epilogo, prima dell’arrivo del seguito di questa storia, quindi aspettatevelo per la prossima settimana!^^ Dopodiché metteremo sul serio la parola FINE a questa lunga giornata. Oddio, è meglio se non ci penso che sennò vado di nuovo a disperarmi in un angolo…

Comunque, ci metteremo un po’ per il sequel, perché non sappiamo bene come strutturarlo ancora, quindi prima ne scriveremo qualche capitolo, giusto per non prenderci all’ultimo nanosecondo per essere puntuali con gli aggiornamenti e poi lo pubblicheremo.

Ad ogni modo… il gioco l’avevate indovinato praticamente tutti! Anche se non era difficile da intuire.

E ora, è il momento dei penultimi saluti di fine capitolo: Ringraziamo tutti quelli che hanno recensito, chi ha preferito, seguito e ricordato! E vi aspettiamo la prossima settimana per l’ultimo-ultimo aggiornamento! (No-o! Non voglio!ndleyda)

A venerdì prossimooooo!!!

Baci

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Epilogo

 

 

 

 

 

 

 

Dopo aver accompagnato Scott a casa, l’amico l’aveva invitato a fermarsi ancora un po’ e, accontentandolo, si erano buttati sul divano di casa McCall con una Pepsi a testa. Erano rimasti in silenzio qualche minuto, prima che Scott, dopo aver bevuto un sorso iniziasse a parlare.

«Hai l’odore di Derek addosso.» commentò, giocherellando con la linguetta della lattina.

Stiles era rimasto muto ancora qualche istante, pensando a come rispondere a quelle parole, ma l’unica cosa che gli veniva in mente era molto simile al «E…?» che gli sfuggì dalle labbra.

«É strano, però sai… si insomma… potrei abituarmici, volendo…» riuscì a dire infine. Stiles inarcò le sopracciglia, continuando a guardare di fronte a se, la mente in parte presente e attiva nella conversazione, in parte occupata ad elaborare.

«Che stai cercando di dire?»

«Beh che se tu… ecco, tu… tu e…»

«Scott, sei diventato un telefono?» rise Stiles, voltandosi verso di lui.

Imbronciandosi, Scott buttò fuori quello che stava cercando di dire. «Che se dopo quello che è successo oggi tu e Derek… non riesco a dirlo! Beh, se tu e Derek avete intenzione di non so… continuare…»

«Continuare cosa?!» esclamò sgranando gli occhi.

«Dai Stiles, già mi è difficile pensare a voi due insieme. Non metterti anche a fare il finto tonto.» lo pregò Scott.

«Amico, di che accidenti stai parlando? Me e Derek, sei serio?»

Il lupo lo guardò male, pensando che lo stesse prendendo in giro. «Dai Stiles, oggi eravate così… così poco i soliti voi. Eravate… teneri! E ti ha anche prestato i suoi vestiti!»

«Scusa, dovevo girare nudo?» chiese con tono scettico.

«Di sicuro a Derek non sarebbe dispiaciuto.» gemette Scott, ridendo quando vide Stiles arrossire e portarsi le mani alle orecchie.

«Ok, farò finta di non aver mai sentito quest’ultima frase. Anzi, questa conversazione, che di sicuro sta avvenendo tra me e me, solo nella mia testa. Tu non puoi essere il mio migliore amico, che ne hai fatto di lui? E comunque la tua frase non ha senso. Sono sempre io, oggi, ieri, domani… il solito Stiles.»

«Allora guardami e dimmi che oggi non ti sei comportato in modo diverso dal solito.»

«Non l’ho fatto, infatti.» commentò incrociando le braccia, rischiando di rovesciare il contenuto della lattina sui pantaloni.

Scott lo osservò con uno strano sorriso furbetto –davvero, dov’era il suo migliore amico?– e disse con fare saccente «Allora dimmi che oggi non ti sei mai imbarazzato in presenza di Derek.», facendogli sgranare gli occhi.

Bastardo, pensò Stiles. Ovvio che si era imbarazzato con tutto quello che era successo, come poteva pretendere che dicesse il contrario? «Si può sapere che vi è preso a voi lupetti, oggi? Mi sembravate un po’ troppo su di giri e cospiratori nei miei confronti.» domandò, assottigliando lo sguardo e bevendo un sorso, in attesa.

Scott boccheggiò un po’, preso alla sprovvista. In effetti quel giorno si erano divertiti tutti, nessuno escluso, ma Stiles aveva ragione, erano stati particolarmente insistenti e impiccioni nei suoi confronti. Specialmente a partire dal pomeriggio. «Non lo so. Era tutto come… non so, istintivo, ecco. Penso… non prendermi per pazzo, ma io penso… che fosse a causa di Derek.»

Stiles aprì la bocca in una O perfetta, prima di esalare un «Come, scusa?» scuotendo poi la testa e alzando le mani. «No, lascia stare, preferisco non sapere… per ora.» concluse.

«Ok» disse lentamente Scott. prima di tornare a chiedere nuovamente «Quindi, insomma, tu e Derek…»

Stiles sospirò, cercando di trovare un modo per spiegarsi. Il suo problema non era il volere o meno, il problema era potevano? Con tutte le minacce e i guai e i casini che capitavano loro fra capo e collo quotidianamente, sarebbero davvero riusciti in quest’impresa che si presentava monumentale? Aveva capito che al branco non dava nessun problema, e questo era un po’ strano, ma se alla prima minaccia Scott e Derek si fossero ritrovati in disaccordo, lui avrebbe scelto di aiutare Scott. Sapeva che era così, e allora che sarebbe successo a un ipotetico lui e Derek?

«Senti, anche se fosse possibile, non è possibile adesso.» spiegò, osservando l’espressione confusa sul viso dell’amico.

«Che vuol dire non è possibile adesso? Parli già come Derek, ora?» sorrise, tornando serio di fronte allo sguardo scettico di Stiles.

«Voglio dire che per ora non è pensabile una cosa del genere. Noi non siamo come te e Allison, ok? Questa cosa potrebbe portare più guai che altro. Pensaci» lo fermò alzando la mano, quando vide che aveva intenzione di interromperlo «Pensa se gli Alpha attaccassero domani e tu decidessi di lasciare di nuovo il branco di Derek. Ovviamente ti darei il mio appoggio e cercherei di aiutarti come posso, e sarebbe tutto come al solito. Pensa se invece passasse un po’ di tempo, io e Derek ci mettessimo assieme, e gli Alpha attaccassero. Tu molli il branco, ma io? Chi dovrei seguire? Te, perché sei il mio migliore amico e ti aiuterei sempre e comunque, anche perché saresti spacciato senza di me, e perché hai una visione finale più moderata, o Derek per quello che saremmo? Tu cosa sceglieresti?» concluse, bevendo l’ultimo sorso di Pepsi.

Scott aveva il suo sguardo da cucciolo abbandonato, ma stava riflettendo seriamente sulle parole di Stiles. Alla fine, disse «Stiles, ci stai pensando troppo. Sei già coinvolto, vi ho visti oggi, orami è tardi.» scrollando le spalle con un sorriso complice.

Stiles scosse la testa, alzandosi dal divano e avvicinandosi alla porta. «Forse è tardi, ma possiamo ancora fermarci qui. Diciamo che oggi è stata una parentesi allegra in un mondo di guai.» concluse, aprendo la porta. «Ci vediamo domani, Scott.»

 

Guidando verso casa sua, Stiles continuava a ripensare a quello che aveva detto a Scott, e di tanto in tanto buttava un’occhiata ai regali ricevuti, in particolare a quello di Derek. Nonostante la sua argomentazione avesse senso, non riusciva a non pensare che in fondo avrebbero anche potuto provarci. Probabilmente se non ci fosse stata quella giornata lui e il lupo scontroso ci avrebbero impiegato altro tempo per arrivare a quel punto, e magari nel frattempo il branco sarebbe diventato ancora più unito, in particolare Scott e Derek, e lui non si sarebbe fatto tutti questi problemi.

Problemi per cosa poi? Di certo non per una assolutamente impensabile relazione con l’Alphamalefico. Già si saltavano al collo quotidianamente per ogni parola di troppo, figurarsi una relazione sentimentale. Probabilmente si sarebbe ritrovato ucciso al primo litigio, ovvero dopo neanche cinque minuti. Anche perché lui e Derek erano davvero incompatibili caratterialmente. Nonostante oggi questa sua teoria avesse vacillato pericolosamente. Dopotutto si era o no fatto coccolare in presenza di Isaac… Oh Dio! Si era fatto coccolare in presenza di Isaac! Ma che diavolo gli era successo?!

Appena parcheggiato nel vialetto di casa, si accorse che tutte le luci erano spente. Probabilmente suo padre era già andato a dormire, anche perché era parecchio tardi, così avrebbe potuto evitare di farsi vedere con indosso i vestiti di qualcun altro. Purtroppo, le sue speranze andarono in frantumi appena aprì la porta, perché suo padre era steso sul divano e saltò su appena lo sentì.

«Stiles, finalmente. Di chi sono quei vestiti?» chiese accigliato.

«Ehm… di Derek. Sono, anzi siamo caduti nel fiume grazie a Jackson. Ma sta tranquillo, sono sano come un pesce. Ah! L’hai capita? Fiume, pesce.» tentò di sviare l’attenzione da possibili altre domande, mentre cautamente si spostava verso le scale.

Lo sceriffo sorrise, scrollando le spalle e gli augurò la buonanotte, ricambiato. Trascinandosi stancamente, Stiles salì le scale ed entrò in camera sua, posando i regali sulla scrivania sovraffollata. Appena ebbe acceso la luce però, si accorse che qualcosa non andava. Era tutto come al solito, moderatamente disordinato, ma c’era qualcosa di fuori posto, lo sentiva a pelle, ed era una di quelle sensazioni da brivido. Deglutendo, esaminò la sua stanza, trovando infine l’anomalia: la finestra che lui aveva lasciato chiusa, ora era aperta e sul letto c’era un piccolo pacco incartato con un biglietto.

Si avvicinò circospetto, neanche si fosse trattato di una bomba innescata e prese prima il pezzo di carta, lasciandolo poi cadere nuovamente sul letto. «Oh cazzo.» si lasciò sfuggire in un rantolo. Immediatamente afferrò il telefono e compose un sms che inviò a Derek, prima di correre a chiudere la finestra. Senza aspettare una risposta, decise di andare a farsi una doccia per elaborare quel nuovo dettaglio, cercando di incastrarlo in qualche modo.

Neanche cinque minuti dopo, proprio quando aveva appena chiuso l’acqua, sentì il suo cellulare suonare, abbandonato sulla scrivania. Infilandosi velocemente i boxer, si precipitò a rispondere, ma fu distratto dall’ombra appollaiata sul suo cornicione, che lo fece saltare indietro con un urlo strozzato in gola, prima che Derek gli intimasse a gesti di farlo entrare.

Deglutendo per lo spavento, Stiles l’accontentò mentre il telefono ancora suonava. Sapeva già, a giudicare dall’espressione torva che stava per ricevere qualche cosa di simile a un ringhio.

«Che diavolo è?» ringhiò infatti Derek, alludendo alla musichetta che ancora si sentiva nell’aria.

Stiles rise, imbarazzato e un po’ spaventato. «È il cellulare. Non ti piace? Mi sembrava appropriata come suoneria.»

Derek si avvicinò minaccioso, facendolo indietreggiare. «Hai messo “Hungry like the wolf” come suoneria?» sibilò assottigliando gli occhi, fino a ridurli a due fessure.

Stiles si grattò la guancia, distogliendo lo sguardo. «Veramente è solo per quando chiami tu…» ammise, voltandosi e cercando i suoi vestiti, sentendo Derek sospirare sconfitto.

«Perché mi hai fatto venire qui?» chiese, rimanendo immobile al centro della stanza, osservandolo vestirsi, con una punta di delusione che si affrettò a reprimere.

Stiles si avvicinò al letto e gli consegnò il biglietto, ricevendo una reazione molto simile alla sua. Derek alzò lo sguardo su di lui, e rimasero a fissarsi con sguardo preoccupato, spostando infine l’attenzione sul pacchetto.

«Aprilo»

«Scusa? Gli Alpha entrano in camera mia, mi lasciano un pacco e tu pretendi che io lo apra? Fallo tu, se vuoi.» esclamò, lanciandogli la sua migliore occhiata arrabbiata. «Oh, d’accordo. Lupo dispotico.» capitolò strappando la carta con violenza. Dentro c’era una piccola sveglia con un altro biglietto. «”Tempo scaduto”? Che significa?» lesse alzando poi lo sguardo, stavolta davvero spaventato, su Derek.

«Non lo so.»

«Beh, consolante direi. Dei lupi psicopatici entrano in camera mia, dopo che abbiamo già dato loro del filo da torcere, e ancora non sappiamo cosa vogliano. Un ottima cosa direi. Che… che stai facendo?» domandò sorpreso, osservando il lupo chiudere la finestra, togliersi giacca e scarpe e avvicinarsi.

«Stanotte rimango qui. Vai a dormire.» ordinò.

«Ehi, ehi! Ti devo ricordare che camera mia, regole mie? E che vuol dire rimani qui?» esclamò indignato. O almeno sperava di apparire tale.

«Parlo in un’altra lingua forse?  Restare, sostare, fermarsi, trattenersi, scegli il sinonimo che più ti piace, la cosa non cambia.» concluse avvicinandosi ancora.

Annuendo sorpreso, Stiles si infilò sotto le coperte, e gli fece segno di sedersi. «Se non vuoi che io ti ammorbi con le mie chiacchiere tutta la notte, ti conviene sederti.» sorrise, alzando un angolo della bocca in un sorriso divertito. Con un verso molto somigliante a un grugnito, Derek l’accontentò e si sedette sul letto. «E comunque non credo che torneranno proprio stanotte, sai?» ammise.

«Non importa.»

«Ok, super Alpha, come vuoi.» concesse, alzando le mani. «Tanto lo so che è tutta una scusa per dormire qui.» continuò sottovoce, ricevendo un’occhiataccia. «Ah, meno male. Sei tornato il solito scorbutico.» sospirò sollevato.

«Di che stai parlando?» domandò invece confuso, il lupo.

«Lascia stare, è colpa di Scott e delle sue credenze fuorviate.» minimizzò con un gesto della mano, come se stesse scacciando una mosca molesta. Dopo quasi un minuto di silenzio teso, in cui Derek aveva continuato a fissarlo, Stiles maledisse la sua boccaccia e si convinse a spiegare. «Secondo lui oggi eravamo “teneri”. Ti rendi conto? Ti sei improvvisamente trasformato in un gatto coccolone, secondo lui.» disse, alzando gli occhi al soffitto.

Senza commentare in nessun modo, Derek lo spinse un po’ più verso il bordo e si sedette appoggiando le spalle alla testiera del letto, sotto lo sguardo allibito di Stiles. «Eh certo, come se fosse il tuo di letto.» sbottò voltandosi di spalle e spegnendo la luce. «Buonanotte.» borbottò, chiudendo gli occhi, mentre la mano di Derek finiva ancora una volta sui suoi capelli, accompagnandolo nel sonno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo pazzo:

Nooo!! È finitaaa!! Perchééé?! *leyda corre a nascondersi sotto la scrivania a piangere*

leyda al momento è distrutta dalla fine della storia. *Rose corre a consolarla* è stato fantastico ricevere tante recensioni positive, ma ogni cosa bella prima o poi finisce (mi sento molto saggia a dire questa cosa). Non posso ancora crederci che siamo già giunti alla fine, ma state pur certi che torneremo con il seguito di questa storia. Per ora però dovrete accontentarvi di quest’ultimo capitolo.

*leyda si asciuga le lacrime* ok, ci sono, tenterò di rimanere abbastanza lucida e concentrata da commentare più o meno decentemente… see ciao! Non ci sono mai riuscita in tutte le storie che ho scritto, figuratevi se ci posso riuscire ora.

Anyway, cercheremo di tornare in fretta con il seguito, intanto già dall’epilogo qualcosa su chi sarà presente come antagonista l’avrete intuito, ma secondo noi, non indovinerete mai cosa abbiamo in mente… anzi, se qualcuno indovina può chiederci di scrivergli una storia, decidendo trama, personaggi, pairing, raiting, tutto insomma. Solo… sempre su Teen Wolf, eh?^^; se volete e se indovinate, ovviamente…

Bene, quindi questo sarà l’ultimo angolo pazzo per un po’, e ora è d’obbligo ringraziare tuuutti!!

Cominciamo:

*Recensori: Per favore, non vi offendete, ma se facessimo anche l’elenco vostro, staremmo qui fino a domattina –anche perché gli altri li abbiamo copia-incollati direttamente–, quindi a voi va tutto il nostro GRAAAZIEEEE!!! Siete state/i fantastici!! Vi adoriamo profondamente e speriamo di risentirvi tutti anche nel seguito!^______^

 

*preferiti:

1- 30stom 
2- Aliensl 
3- Beatrix91 
4- bsbina

5- Camiel is Back 
6- cory94 
7- cuzza 
8- Deamstiel 
9- Destiel95 
10- Dita di Polvere 
11- EmmeEnne 
12- Eternity21 
13- Fabiola90 
14- FireMC 
15- Francysmile 
16 HarryLouisNiallLiamZayn 
17- Lizzy94rock 
18- lunatica365 
19- m e l y_chan 
20- mackyhale 
21 MakaIndex 
22- Myu_chan 
23- Nialler_97 
24- Rose_97 
25- Savani_Unico 
26-shadow
27- Silver_17 
28- SpitfulAngel 
29- Sterek_love 
30- Sterek_love99 
31- VeroSD
32 - xharrysnecklace 

 

*seguiti:

1 - 30stom
2 - abeautifulie
3 - Ale2357
4 - Alice_Wolf
5 - amrty
6 - Animenight89
7 - Artemis91
8 - BakaAkuma
9 - belial_die
10 - BI_
11 - BlackLittleMole
12 - bleberry
13 - Calamity_Shadow
14 - Chartraux
15 - CHERR
16 - Clhoe
17 - consu46
18 - cory94
19 - Dalin
20 - Dark Owl
21 - Darkdubhe
22 - DawnSun
23 – DeiDeiDei
24 - Didolatan
25 - Dita di Polvere
26 - DreamParadis
27 - ERISd
28 - Felikeme
29 - Fire Gloove
30 – franciii
31 - Francysmile
32 - funny17
33 - Fuores
34 - giords
35 – HarryLouisNiallLiamZayn
36 - holafe
37 - I39k
38 - Indifference
39 - inmyeyes
40 - kae
41 - keeyla collins
42 - LadyAxor
43 - ladybaker
44 - luna23
45 - lunatica365
46 - mackyhale
47 - Manuel_Hale
48 - Mar ti
49 - Marti_OBrien
50 - martyfleur
51 - marycate
52 - Matata
53 - Mayne
54 - milly_fra_salvatore
55 - mirymery
56 - MissJapan13
57 - moon
58 - Natina
59 - NekoBoy
60 - Ninaki
61 - Pitta
62 - plubuffy
63 - pureessence
64 - Ritsuka96
65 - sabry140695
66 - SARAHPOXY
67 - sasosasosaso
68 - Savani_Unico
69 - Selvy
70 - sexyperrie

71 - shanitsu
72 - Shiva_
73 - silverstar
74 - silvia93
75 - SilviAngel
76 - simopotter
77 - Smee
78 - Smut_Criminal89
79 - Snixx_94
80 - Sole_Luna_
81 - sourwolf
82 - stellina4ever
83 - Sterek_love99
84 - susyko
85 - swashbuckling_starlight
86 - TheMadQueen___
87 - UptownGirl
88 - VanillaChocolat 
89 - Vengeance Is A Life Style 
90 - xharrysnecklace 
91 - YouOnlyLoveOned
92 - zayniepaynie
93 - _Lullaby_ 
94 - __BlackHole__ 
95 - __Evelyn__ 

 

*ricordati:

1 - Angie _

2 - Destiel95

3 - RakyKiki

4 - Shania

5 - Sterek_love99 


6 - TheVampiresAssistant


7 - xKinsaH

8 – YouOnlyLoveOned

 

Ci risentiamo prossimamente!!

BACIONI A TUTTE/I!!

Rose_97 & leyda

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