Behind the shadow - The beging

di Devil Hunter Sheila_White
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter one ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Ricordi ***



Capitolo 1
*** Chapter one ***


Capitolo 2 Sapeva che sarebbe successo, anzi, fu sciocco per lui non prendere alcuna iniziativa fin da subito e a sottovalutare quei piccoli mostriciattoli della cui razza faceva parte. Avrebbe dovuto aspettarselo, e sperava di poter fare in tempo. Quella notte che fino a quel momento era stata calma e serena, adesso stava per diventare un pieno inferno. La sua bellissima donna umana, Eva, bionda come l'oro, si alzò frettolosomente dal letto dopo aver sentito un rumore assordante provenire dal piano di sotto sentendo dei grugniti e ruggiti. Capì che dei demoni erano entrati in casa e terrorizzata corse verso l'uscita della camera da letto per raggiungere la stanza dei suoi figli. Ma non dovette fare molta strada: i suoi due figli, di soli cinque anni, le stavano già andando incontro con gli occhietti azzurri tremanti e singhiozzando. La donna li strinse al petto carezzando la chioma argentea dei due gemellini, e quando alzò gli occhi verso l'alto vide quegli orribili mostri che strisciavano sbavando verso di loro. Urlò quando uno di quelle creature infernali si lanciò contro con un unico scopo: ucciderli. Ma a metà strada della sua corsa, il demone guaì ferocemente e qualcosa parve incendiarlo dall'interno riducendolo ad un cumulo di cenere spazzato via dal vento. Eva e i suoi figli guardarono alle loro spalle. Eccolo, lui era arrivato! Brandiva una spada enorme, i suoi capelli erano argentei come quelli dei bimbi, gli occhi azzurri, un viso quadrato e virile e uno sguardo accigliato.

:- Papà! - gridarono i gemelli lanciandosi contro di lui con le braccia aperte.

:-Sparda! - Subito vennero seguiti da Eva che si gettò al collo del marito.

Ebbene si, lui era Sparda, il leggendario Cavaliere Nero che si schierò dalla parte degli umani, sposando una di loro e generando due figli. Sparda afferrò la moglie per le spalle e la tirò indietro in modo che gli occhi di lei incontravano i suoi.

:- Eva, prendi i bambini e scappate il più lontano possibile da qui.-

:- Ma... -

:- Niente "ma", dovete andare via di qui, subito!-

Senza aggiungere altro Eva afferrò i bambini e cominciò a correre verso la porta d'ingresso, mentre Sparda aveva già dato inizio al massacro. Nel loro tragitto verso l'uscita, altri demoni invasero la casa e non poche volte si fecero scrupoli nel sbarragli la strada. In un modo o nell'altro riuscirono ad eluderli e si ritrovarono fuori di casa. I rumori alle loro spalle erano assordanti: botti, grugniti, ruggiti, vetri infranti...
I fuggitivi continuarono a correre senza mai guardarsi le spalle, nonostante i loro cuori desiderassero avere accanto il Cavaliere Oscuro. Affannati e stanchi, dopo aver percorsi non pochi chilometri tanto che non sarebbero più riusciti a vedere la loro casa ne a sentirne i rumori, Eva e i gemelli si presero una pausa. I fratelli, con indosso i loro pigiami - rosso per uno, blu per l'altro - crollarono a terra.

:- Mamma, dov'è papà? Perchè non arriva? - disse uno dei due, quello che sembrava essere il più grandetto visto che aveva un'espressione da ragazzo responsabile sul volto.

La donna li prese entrambi e l'abbracciò.

:- Presto tesori miei. Vedrete che papà arriverà molto presto e tutto sarà finito.-

Ma mai parole furono più sbagliate.Dalla loro destra un enorme demone squamoso e con una grande bocca attrezzata da lunghi denti affilati e pericolosi sbucò dall'oscurità dei cespugli. Le mani artigliate da pungenti lame sguizzavano verso di loro. Seppur con grande paura, l'istinto materno ebbe la meglio, ed Eva riprese le mani dei bambini e li costrinse a correre davanti a lei.

:- Correte bambini! Correte! - urlava -Non voltatevi indietro!-

I fratelli cominciarono a correre nuovamente, anche se stanchi dalla loro precedente corsa, con quanta velocità le loro piccole gambe gli permettevano. Alla povera donna veniva male correre con quella camicia da notte lunga anche se leggera come la seta. Ma non le importava: i suoi figli dovevano essere protetti anche a costo della sua vita. Più però correva e più sentiva le forze mancarle al punto che cominciò vertiginosamente a rallentare, e il demone dietro di lei la seguiva con molta pazienza, sbavando lungo il tragitto nell' attesa della sua preda. Non dovette aspettare molto: infatti per sfortuna di Eva, la donna inciampò contro un sasso e inevitabilmente cadde a terra. Fu in quel momento che il demone alle sue spalle guadagno pericolosamente terreno. Uno dei gemelli, quello con il pigiama rosso che sembrava essere il più piccolo, si voltò giusto in tempo per vedere la madre cadere.

:- Mamma!!- urlò in preda al panico.

Anche il gemello grande si voltò a fissare la scena, e vide il demone avanzare verso Eva che nel frattempo sollevò il busto e guardò verso il suo nemico; poi si mise ad indietreggiare nella speranza di trovare un riparo.

Allora, il bimbo col pigiama blu, da un' aria angosciata passò immediatamente a uno sguardo feroce. Le sopracciglia gli si aggrottarono, mentre pugni e denti si strinsero. Senza perdere tempo, cercò qualche utensile adatto per poter colpire il demone. Trovò sull'erba folta una sbarra di ferro vecchia e arruginita e molto appuntita - tralasciando il fatto che mentre cercava vide molti altri rifiuti - e tutto gli venne automaticamente in testa: velocità, strategia, forza... stava semplicemente agendo d'istinto; dopotutto era un mezzo demone anche lui, come il fratello, e nelle loro vene scorreva il sangue demoniaco del padre. Il piccolo mezzodemone, ignorando il fratellino, afferrò il pezzo di ferro e si lanciò con quell' arma improvvisata verso il nemico. Non appena gli fu vicino, con un balzo arrivò alla schiena del mostro e infilzò come meglio potè il pezzo di ferro procurandogli una bella ferita. Il demone si impennò come un cavallo imbizzarrito. Il bambino scivolò via dalla schiena squamosa, e raggiunse la madre l'aiutò ad alzarsi e ricominciarono a correre, raggiunto l'altro bambino che aveva osservato tutto con l'aria sospesa si misero a correre più forte di prima, tutti e tre insieme sentendo alle loro spalle i gemiti agghiaccianti del nemico.

Continuarono a correre per così tanto che si perdettero: non sapevano dove fossero, ma questo non aveva alcuna importanza, la priorità era quella di correre, allontanarsi dalla campagna e raggiungere un posto sicuro in città. Arrivarono nei pressi di un fiume e li si bloccarono.

:- Dobbiamo trovare un modo per attraversarlo, dall'altra parte c'è la città!- disse Eva.

Incoraggiò i figli ad andare avanti, spingendoli leggermente in avanti mentre lei si guardava alle spalle. C'era una possibilità che quel mostro sarebbe ritornato, oppure qualcun'altro potesse seguirli. Ma al momento Eva non vedeva nulla alle sue spalle se non il bosco oscuro e fitto. Però si sa', con le creature c'è poco da scherzare o di essere tranquilli: avrebbero potuto essere ovunque, nascosti, mimetizzati o invisibili. Per cui non c'era un minuto da perdere, dovevano raggiungere la città anche se sarebbe servito a poco: i demoni possono scovarti in qualsiasi posto, in qualsiasi momento. Dopo un pò di ricerche, trovarono un ponte che collegava le due sponde, un ponte vecchio, dal legno marcio, traballante e fragile. I bambini non volevano attraversarlo, sapevano che quell'aggeggio non avrebbe retto i loro pesi, e la corrente dell'acqua era troppo forte per poter passare il fiume a nuoto, per non parlare della temperatura gelida. Comunque Eva non volle sentire ragioni e li costrinse ad attraversare. Fortunatamente quando i gemellini attraversarono, con qualche titubanza e timore, il ponte non cedette al loro peso, mentre non si poteva dire lo stesso della loro madre. Al suo passaggio alcune assi dietro di lei si spezzarono. I due bambini gridarono facendo ampi gesti, indicando il ponte che si distruggeva e le corde sulla base della sponda che stavano cedendo. Eva non perse tempo a voltarsi per verificare perché si fidava dei suoi angioletti, accelerò quindi solo il passo, ma non servì a nulla: inciampò tra la fessura delle asse e cadde supina su di esse e da lì sembrò accadere il peggio:le corde non ressero spezzandosi alla base, e le palette di legno caddero in acqua trascinando con se Eva. I gemelli urlarono inermi per un attimo; in seguito unirono le loro forze, afferrando la fune alla quale Eva era aggrappata con entrambe le mani e tirarono insieme.
Erano così piccoli, ma avevano abbastanza forza da riuscire a trascinare la madre verso la sponda, anche se la fatica non mancò dato che la corrente dell'acqua dava attrito. Lentamente i due albini riuscirono a far avvicinare la donna prendendola poi per le braccia e portarla tutta bagnata. Eva, stanca ormai, abbracciò i suoi figli.

:-Coraggio, ancora uno sforzo e saremo al sicuro...-.

Li incoraggiò spingendoli ad andare avanti e lei a fatica li seguiva.
Tutto sembrava filare liscio. Non c'era più alcun ombra di nessun demone, e il trio sembrò aver quasi raggiunto l'obbiettivo. Peccato che proprio nel momento in cui stavano per lasciarsi alle spalle il bosco, un demone simile a un enorme ragno - cinque volte più grosso dei bambini - con grossi aculei velenosi sulla schiena sbucò da una siepe, posizionandosi minacciosamente davanti ai due albini, che non riuscivano a trovare una via di scampo, visto che il dannato sbarrò loro ogni via di fuga con delle disgustose zampe pelose, mentre avvicinava la bocca bavosa verso quelle piccole creaturine.

:-No!! Non i miei bambini!- supplicò Eva.

Ma serviva supplicare un demone? Una creatura senza anima, nutrita solo di una cattiveria indescrivibile e un solo scopo: uccidere; spargere sangue, che fosse di un uomo, donna, bambino, anziano... innocente o colpevole... Non importava. E le loro grida, il loro dolore, il loro sangue è una manna inebriante alla quale non possono non cedere.
Un urlo è il loro respiro, il dolore è la loro risata, il sangue la loro felicità. La malvagità è il loro credo.
Eva dava i suoi figli finiti per scontato. Per quanto fossero figli di un demone, erano ancora piccini. Non potevano competere contro quella bestia.
Cominciò a correre, l'adrenalina si impessessò del suo corpicino inerme facendole dimenticare la stanchezza e dandole il coraggio di una guerriera. Nessuno avrebbe toccato i suoi figli, a costo della sua vita!

Mentre i due fratellini si tenevano stretti l'un l'altro, il mostro fece fuori uscire delle spire piene di pungiglioni. Erano spacciati.
Poi si sentì un urlo agghiacciante che riecheggiò per tutta l'area.
I due gemelli si guardarono l'un con l'altro. Loro erano salvi. Sentirono però i loro piedi bagnarsi di qualcosa di viscoso e caldo. Il sangue della loro madre, tenuta in una velenosa morsa da quelle spire con gli aculei che penetravano nella sua nivea pelle, si stava espandendo lungo il prato.

:- Mamma!-

Il corpo di Eva cominciava a gonfiarsi mentre il mostro l'avvicinava lentamente a sè, come volersi godere quello spettacolo raccapricciante.
Le braccia, le gambe, il viso della donna cominciarono a macchiarsi di un colore violaceo, dando forma a delle voragini dal quale usciva altro sangue.

:-S-scappa..te.. a-andat..e via... presto..-

Questo fu il sussurro strozzato della donna che sacrificò la sua vita per salvare i figli. Gli occhi di Eva presero a lacrimare, guardando per l'ultima volta i suoi due figli: così simili e nel contempo così diversi dal loro padre...
I bambini cercarono di aiutarla, ma la donna li fermò urlandogli che dovevano scappare altrimenti sarebbe stata arrabbiata con loro per sempre. Improvvisamente il demone strinse di più le spire attorno al collo di Eva che... non solo le avrebbero impedito di respirare...ma la portarono ad una subitanea e indolore morte.

CRACK!

Il collo di Eva si spezzò... e la donna morì all'istante. Il demone lasciò cadere il corpo senza vita della bionda che cadde al suolo con un tonfo, in modo scomposto, come una marionetta. Poi la spostò con una zampa pelosa dato che costituiva un'ostacolo per raggiungere i due gemelli.
I bambini urlarono sia di dolore che di rabbia, piangendo, cercando un modo di raggiungere la madre ormai morta. Ma il demone si concentrò su di loro, vero e unico obiettivo del giorno. E dunque anche su di loro lanciò le spire velenose, quando...

ZACK!!

Stavolta fu il demone a stramazzare dal dolore e sangue verdastro schizzava dalle sue armi organiche troncate. Davanti ai bambini invece si fece largo un altro demone, con ali da mosca, una bocca piegata in una smorfia indecifrabile che sicuramente non prometteva niente di buono. Guardò i due bambini. Stavano bene, almeno loro... Poi i suoi occhi di fuoco si posarono sulla donna che aveva spostato e che ora giaceva a terra... senza vita...
Il suo sguardo sembrava gettar fuoco, il suo corpo tremava come in preda delle convulsioni. Un suo ruggito, un ruggito così potente che sembrava il rombo di un tuono capace di far tremare la terra. Il cielo sembrò squarciarsi, e un fulmine si estese nel cielo. La pioggia cominciò a cadere aumentando la sua intensità. Sparda si lanciò con la sua spada contro quel demone 3 volte più grosso di lui? Ma che importanza aveva? Che gli importava se quel demone lo avrebbe fatto fuori? Buona parte della sua famiglia venne già massacrata. Che senso aveva combattere?

:-Papà!!-

Ah già... i suoi figli... loro che... assomigliavano così tanto alla madre... Si. Doveva vincere per loro! Sparda si gettò contro quel demone e cominciò con la spada ad affettarlo come un'affettatrice fa ad un salume,; scatenò su di lui la sua rabbia, la sua collera. I bambini restavano stretti tra loro: il bimbo col pigiama rosso non riusciva a guardare sia per la paura ma soprattutto per aver perso la madre; il bimbo con il pigiama blu invece guardava il massacro, anche se non riusciva a capire molto.
Furono pochi minuti di agonia, ma finalmente arrivò la fine. Il mostro, tagliato in mille pezzettini, con il suo sangue verdastro sparso sull'erba, si ridusse in cenere che furono poi trasportare dal vento.
Sparda tornò nella sua forma umana: i denti digrignati, i pungi serrati, la vena della tempia che pulsava come un martello pneumatico, il respiro affannato, gli occhi iniettati di sangue e il cuore... spezzato. Si inginocchiò a raccogliere i resti della sua donna stingendola al petto e invocando più volte il suo nome. Lacrime calde cadevano a terra; un demone che piange? Non è affatto un demone.
La sua umanità cancellava l'orrore della sua specie da lui.
Anche i bambini raggiunsero i genitori. I due piccoli cercavano in tutti i modi di far risvegliare la madre, chiamandola, supplicandola baciandola. Ma non c'era verso di riportare in vita quell'angelo in terra. Sparda parve impazzire dal dolore: piangeva e urlava come un forsennato e i bambini, spaventati, facevano altrettanto. Facendosi forza, Sparda si alzò con quell'adorabile corpo inerme fra le braccia. Non voleva seppellirla, non voleva separarsene.. almeno non davanti ai bambini. Ritornarono a casa. Sparda mise sul letto Eva, adagio con attenzione, come se il suo corpo fosse fatto di porcellana e avrebbe potuto rompersi a ogni minimo movimento. La ricoprì di baci, sperando di poter morire anche lui, magari raccogliendo del residuo velenoso rimasto nelle ferite della donna, nel sentire quel corpo ormai freddo. I singhiozzi dei suoi figli lo obbligarono ad affrettarsi nel suo da fare. Li raggiunse inginocchiandosi sulla loro altezza e mettendo le mani sulle loro spallucce. Gli occhi di quei ragazzi gli ricordavano quelli della moglie.

"Eva... mio piccolo raggio di sole... Come ho potuto lasciarti morire... Che Dio prenda anche la mia anima adesso!"


:-Ascoltatemi... voi due siete in serio pericolo. Io.... io non posso tenervi con me. E non potete. Non potete nemmeno stare insieme...-

:-Papà...c-che dici?- singhiozzò il bambino col pigiama blu.

:-I..o...Io voglio la m-mamma...- piagnucolò l'altro.

Sparda li prese entrambi tra le braccia. Non erano pesanti i suoi tesorini. Li abbracciò, consapevole che quella era l'unica volta. Con loro aggrappati, Sparda riprese la sua forma demoniaca e volò via.

La notte stava giungendo al termine. L'aria si riscaldava leggermente e le prime luci dell'alba cominciavano a spuntare verso Est. Sparda atterrò nei pressi di una città, vicino ad un edificio ancora dormiente. Poggiò a terra il bambino col pigiama rosso e lo guardò negli occhi ancora una volta.

:-Figlio mio... questa sarà la tua nuova casa. Perdonami... Abbi cura di te.-

Sparda spiccò il volo con l'altro bambino in braccio, senza dare il tempo al piccolo di poter replicare. Quando il bambino rimasto a terra realizzò il tutto si sporse in avanti.

:-Veeeeeergiiiiiiiil!!!!! - urlò ancora piangendo.

:-Daaaaaaanteeeeeeeee!!- rispose l'altro, ormai diventato solo un puntino nel cielo.


Dante ne era più che sicuro: quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto suo fratello...e suo padre. Spaesato e confuso, il bambino si sedette sugli scalini dell'edificio, coprendosi il viso con le mani piangendo. La porta poi si aprì e il ragazzino quasi cadde con la schiena a terra. Invece venne afferrato da un paio di braccia.

:-Oh... caspita. Un altro orfanello. Piccolo chi ti ha lasciato qui?-

Dante non rispose, limitandosi solo a guardare la donna dagli occhi castani, un foulard che le raccoglieva i capelli neri che tuttavia si mostravano ribelli.

:- Ti hanno tagliato la lingua?-

Ancora nessuna risposta.

:-Bah. Vorrai dire che dovremmo prenderci cura di te. Jeanette???-

La donna trascinò con sè Dante nell'orfanotrofio, chiudendo la porta alle sue spalle.






L'angolo di Sheila

Ciao a tutti ragazzi. Vi ricordate di me? Sono io, Sheila. Bene... si... sono tornata dopo un lungo periodo di problemi e contrattempi.... Dunque... vi avevo promesso che Behind the shadow avrebbe avuto una revisione nella sua storia. E' così è stato. In oltre ho pensato di approfindire meglio un po' di cose, soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra Dante e Sheila.

Spero che il mio lavoro vi piaccia e che... sia di vostro gradimento. Grazie a tutti.

Vi prego lasciate un commentino ;) Baci

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Ricordi ***


cap due
Era spaventato...
era solo... Era indifeso...
Sua madre... Eva... Non c'era più.
Suo padre l'aveva abbandonato. E Vergil? Vergil? Dov'era finito il suo gemello?
Cosa gli sarebbe successo?
Dove l'aveva lasciato suo padre? Chi erano queste persone? Che posto era? Voleva la sua mamma... Ma non c'era. Non c'era più. Mai più ci sarebbe stata..Che ne era adesso di lui?!?



Dante non ricordava quasi nulla di ciò che accadde dell'incidente. Solo il rosso del sangue di sua madre... Quell'odore ferroso e forte. Mai più lo avrebbe dimenticato. Come non avrebbe mai dimenticato i demoni che distrussero la sua felice infanzia. Udì nuovamente il suono delle ossa che si pezzavano.... L'urlo straziante di suo padre mentre stringeva il corpo senza vita di Eva.  Mai lo aveva udito fare in quella maniera. E non si sarebbe mai aspettato di sentirglielo fare.
Aveva visto suo padre arrendersi, rassegnarsi, mentre posava il corpo della donna tanto amata sul letto. Fu come se cascasse un idolo dal suo cuore. Suo padre, il mitico cavaliere oscuro Sparda, non poteva arrendersi così. E poi lo abbandonò.
Sapeva ormai di essere solo. Sapeva di stare in un luogo sconosciuto. Stava su un letto, questo si, questo era riuscito a intuirlo. Un letto dalle lenzuola leggere sgalcite e puzzolenti. Stava poggiato con la testa sul cuscino, gli occhi chiusi, la bocca semi aperta e il respiro agitato. Gli incubi lo stavano perseguitando, proponendogli sempre le stesse scene di morte, sangue e demoni. Ma non riusciva a svegliarsi... ne a muovere un muscolo per farlo. Dannazione era solo un bambino. E i bambini dovevano sognare macchinine, le passeggiate con mamma e papà... Tutto finito.

"Daaaaaanteeeeeeee"

Vergil... Lo chiamava. L'ultimo ricordo del suo gemello. Solo la sua voce che invocava il suo nome.

Sentì bussare alla porta, un tocco forte e pesante. Aprì gli occhi lentamente, mentre respirava con affanno. Il visetto era madido di sudore. Lo sentiva colare ovunque. Il suo sguardo, composti dagli occhi azzurro-ghiaccio  (gli occhi più belli che si fossero mai visti), vagò confuso lungo la stanza. La prima cosa che si pose davanti a lui fu il muro. Notò che le pareti erano coperte da una carta da parenti semplici blu scuro, rovinati dal tempo e dall'umidità. Li spostò un po' ovunque per cercare di capire di più; altri letti, più o meno cinque,  si trovavano nella stanza. Quindi non era solo in quel.... posto.

:-Ehi tu! Svegliati! Vieni fuori!-

Una voce femminile venne da fuori la stanza. Non ne riconobbe il timbro vocale: di sicuro non era quello dolce della madre. In effetti, non sapeva chi fosse questa ragazza o donna. Lentamente alzò il dorso dal letto mettendosi seduto. Scosse il capo passandosi le mani sui capelli umodi  e quindi, intontino, si azò dal materasso. Con lo stesso pigiama indossata dalla sera prima,  aprì la porta di noce della stanza. Si vide davanti una giovane ragazza, dai capelli lunghi castani, gli occhi piccoli a mandorla azzurri, una bocca larga e un naso sproporzionato.

:- Era ora!- Sbottò questa.

La ragazza afferrò il braccio del piccolo e lo trascinò fuori dalla stanza  fino al bagno, posizionato solo due porte più avanti. Lo gettò letteralmente dentro, poi poggiò dei vistiti accanto al lavello.

:-Adesso fatti un bel bagno, poi vieni giù che Madame Roswelte sta cucinando per tutti noi. Ti conviene darle retta se non vuoi essere gettato fuori strada, bambino. Vieni giù tra 10 minuti. Non un minuto di più!-

La ragazza girò i tacchi e chiuse alle spalle la porta, lasciando Dante più confuso che mai. Anche qui il ragazzino fece un giro di perlustrazione con gli occhi: il bagno aveva i colori del cielo, ma non era per niente paragonabile a quella meraviglia. I servizi igenici erano ingialliti dal tempo anche se non sembravano sporchi. Tappeti pieni di polvere, tende strappate e ammuffite. In che posto si trovava mai?
Lentamente Dante si levò di dosso il pigiama mentre l'acqua tiepida riempiva la vasca. Nonostante fosse un bambino di soli 5 anni, aveva già la corporatura ben impostata. Tutto merito dell'eridità del padre, che aveva conferito al piccolo la sua parte demoniaca. Ah già... anche lui in fondo era un demone... era diverso dagli altri ragazzini della sua età... Lei era...

No!

Scacciò subito l'idea. No. Lui non era come quei mostri. Non lo sarebbe mai diventato. Avrebbe seguito le stesse orme del padre. Oppure si sarebbe disinteressato di tutto e avrebbe vissuto la sua vita con la sorte.
Quando la vasca si riempì Dante entrò dentro, cominciando a lavarsi per bene dalla testa ai piedi. Rimase un po' li sdraiato, lasciandosi coccolare dal vapore dell'acqua. Era miracoloso come quel tepore gli ricordasse tanto il calore delle braccia di Eva quando lo cullava, insieme al fratello. In quel momento tutto rievocava nella mente sua madre. Quando ne ebbe abbastanza uscì. Si asciugò con cura e si vestì con gli stracci che gli avevano offerto. Gli avevano dato una maglia bianca con strisce rosse, un gilet nero, pantaloni neri e una cintura rossa. Sembrava un indumento da pirata! Come diavolo lo avevano vestito?!
Fece una smorfia guardandosi allo specchio. Non solo per com'era vestito.... Ma soprattutto per i suoi capelli! I suoi capelli non erano albini! Erano neri! Cosa gli era successo?
Si portò le mani su quella nuova chioma, avvicinandosì allo specchio. Perchè suo padre aveva deciso di cambiarlo? A che scopo?

Trasalì quando la porta del bagno alle sue spalle si aprì. La ragazza di prima era tornata con le mani nel fianco. Ma tu guardala. Non aveva nemmeno bussato, che faccia tosta.

:-Ti sei lavato bene? Ottimo! Per fortuna sai anche vestirti. Come ti chiami?-

Dante abbassò il capo, senza proferir parola. Una piccola alone di tristezza si espanse nei suoi occhi; bulbi oculari che divennero lucidi, pronti ad esplodere. La ragazza attese una sua risposta; incrociò le mani al petto e passò il pesò del suo corpo da una gamba all'altra.

:-Oh, Cristo, un riservato del cavolo! Andiamo, scendi giù: Madame Roswelte ti sta aspettando. Andiamo.

Senza una vaga idea di sove si trovasse, ne chi fossero queste persone, Dante seguì la ragazza. Davanti a se si aprì la visuale di un corridoio dalle pareti scure, anguste e umide. Sentiva delle voci al piano di sotto (tralasciando il fatto che il suo udito era sensibilissimo a chilometri di distanza) di altri bambini, pobabilmente tutti della sua età: allora non era solo. Non che questo gli fosse importanto, non sarebbe riuscito, almeno in questo momento, a stringere amicizia con nessuno. E pensare che prima dell'incidente era un bambino solare e sempre aperto al divertimento...

Seguì la ragazza e arrivò in cucina: una stanza con tanto di piano cottura, frigo, forno e tavoli disposti in fila. Bambini non più grandi di lui, semmai più piccoli, stavvano seduti facendo chiasso e insultandosi tra loro.
Una donna stava ai fornelli; aveva i capelli alle spalle neri, a un lato vi era posto un fermaglio, gli occhi color caramello e un completo bianco con gonna lunga rossa.

Probabilmente si trattava di Madame Roswelte. Questa era intenta a prepare la colazione per quanti erano la dentro. Il piccolo Dante storse il naso per il cattivo odore. Sembrava odore carbonizzato di cibo residuo. E guardando tutti quei bambini, dagli abiti vecchi, capelli spettinati e visi trascurati, capì di trovarsi in un vero e proprio orfanotrofio.

Madame Roswelte tolse la pentola dal gas dove stavano delle frittelle calde e profumate (le uniche cose che avevano un buon aspetto e odore in quel posto, l'odoraccio veniva dalle pentole sporche poste sul lavabo). Le servi a una dozzina di bambini affamati e strillanti. Chissà se ce ne fossero stati altri? La donna ripose tutto sul lavandino d'acciaio poi si voltò verso Dante, che era rimasto ancora in piedi al centro della stanza guardandosi attorno.

:-Oh finalmente ti sei svegliato. Era proprio ora.- sbuffò portandosi le mani ai fianchi  - Accidenti dovrò cucinare di nuovo...non si sono svegliati tutti! Va bene ci penseremo dopo.... Bambino, mangia e poi vieni con me!-

Mentre la donna gli passava accanto, Dante si sedete al tavolo con la colazione fumante sul piatto. Almeno quella sembrava appetitoso. Mentre consumava lento il suo pasto con dei piccoli bocconi, i suoi occhi di ghiaccio scrutavano la stanza. C'erano bambini di tutti i colori, e non è modi di dire: bambini dalla pelle più chiara e dalla pelle più scura.
I muri della cucina erano scuti, vuoti... poveri. Non gli davano un senso di calore come il mobilio di casa sua. Nessun posto avrebbe mai ridato la sua felicità.
Finito il suo pasto, il giovane risalì al piano di sopra, come Roswelte gli aveva ordinato. Non se n'era accorto prima, ma il corridoio ospitava tante stanze, l'una di fronte all'altra. Quale sarebbe stata quella di madama?

:- Piccolo vieni qui.-

La donna fortunatamente uscì dal suo ufficio incitandolo con un cenno e Dante la seguì. Entrò in un piccolo ufficio, con tanto di libreria, trofei e anche delle licenze appese nei muri. Dante però non riusciva ancora a leggere bene quindi non capì a cosa si riferissero.
Roswelte si sedette dietro la scrivania e fece cenno al bambino di sedersi davanti a lei. Dante si sedette sulla morbida sedia grigia. Il tessuto che lo componeva sembrava velluto. Quanto si divertiva a casa sua a carezzare quel materiale. Solleticava le suo piccole dita.

:- Allora piccolo, come ti chiami?-  Cominciò la donna.

Ancora una volta Dante abbassò il capo.

:-Beh? Cos'è? Ti sei mangiato la ingua? Hai ancora la capacità di parlare?- ancora nessuna risposta -Senti piccolino, devo sapere come ti chiami... da dove vieni. Dove sono i tuoi genitori?-

Toccato il tasto più dolente: Dante strinse le piccole labbra, addirittura le morse pur di evitare che quelle  lacrime scendessero dal viso. Piangeva sempre quando Vergil lo canzonava; la mamma comuqnue sarebbe arrivata per rassicurarlo. Ma piangere non era una virtù da uomini... e lui voleva diventare un uomo vero e forte. Degludì e asciugò le lacrime. Non avrebbero vinto loro.  Madame Roswelte sospirò. Poggiò i gomiti sul tavolo e unì le mani.

:-Ascolta piccolo, fino a quando non ti deciderai a parlare, ti chiameremo... ... ... Tony! Ok? Ora ascolta. Cerca di non creare guai... stai buono e calmo, ok? Se doveste fare qualcosa a questa baracca e ci scoprissero siamo tutti nei guai, intesi, Tony?-

Sebbene non comprese appieno cosa disse la donna, le annuì.

Il resto della giornata Dante passò gironzolando per l'orfanotrofio per scoprirne i posti. Vide semplicemente sei stanze più o meno dalla stessa lunghezza, tutti uguali: quattro o cinque letti e un armadio. Nessuna televisione o giochini simili. Il piano di sotto ospitava la cucina, posto in cui era già stato. Dall'altro lato stavano due divani vecchi e sporchi e una televisione piccola. Fuori stavano dei piccoli giochi da parco: scivole, altalene, castelli.
E tutta la struttura si presentava fatiscente. Era davvero una baracca. I muri esterni erano scrostati, e pezzi di mattoni cedevano ovunque. Anche il giardino era molto trascurato, con erbacce e foglie secche sparse ovunque.  Calata la sera Dante tornò nuovamente in cucina. La stanza era più affolata rispetto a poche ore fa'. Vide persone che a colazione non notò. Come un ragazzo dai capelli castani e una tuta da militare. Era molto giovane dall'aria stanca e affamata. Forse era l'unico che lavorava in quella casa?

Madame Roswelte era ancora ai fornelli. Sembrava che questa donna non facesse altro durnte la giornata. A un tratto si sentì un urlo che irruppe nella quiete. Dante fissò il punto in cui captò l'origine del grido. Sperava che i demoni non lo avessero trovato.

E la ragazza dai capelli castani, tutta bagnata fracida, si mise faccia a faccia con madama.

:- Il rubinetto della doccia si è di nuovo rotto!! C'è acqua ovunque! Io spero che tu ti dia una svegliata! Non solo questo posto sta cadendo a pezzi, ma tu addirittura ti impegni a raccogliere mocci da strada; se ci beccano siamo fregati tutti!-

:-Taci Jeanette! Mi daresti tu i soldi per tutte le santissime cose che ci sono da pagare? Vedremo cosa fare! La signora White verrà qui domani.-

:-Ma non possiamo farci dare l'elemosina da quella donna! Anche se lei non sta per nulla male!-

:-E' un accordo che abbiamo preso. Lo farà. Domani vedrò cosa fare.-

Il ragazzo con la tuta da militare si alzò.

:-Vado a riparare la doccia.- mormorò con tono basso e scocciato.


Il ragazzo si alzò prendendo gli attrezzi necessari da un cassetto. Dalle mani piene di tagli, si poteva ben capire come qualsiasi tipo di riparazioni venivano effettuate da lui. Che misero postaccio.
Poco dopo un'ora, il ragazzo tornò a sedersi, bagnato e sporco. La cena era già pronta. In quella cucina si alzò il chiasso più totale: urla di bambini ovunque. Dante stava in silenzio come lo era da due giorni ormai. E rifletteva. Quindi questo posto stava in piedi per miracolo. E veniva abusivamente tenunto in piedi da una certa signora White. Che giro infernale!

Il giorno seguente era stato un risveglio più brusco rispetto a quello precedente. Dante venne svegliato da voci provenienti dal piano di sotto. Era Jeanette che discuteva ancora con Roswelte, la madre. Degli uomini erano entrati nell'orfanotrofio e avevano cominciato a portare via della roba. Roswelte era seduta sul divano con le mani giunte sul viso a coprirsi gli occhi. Era visibilmente disperata. Jeanette si posizionò di fronte a lei.


:-Ancora una volta non hai pagato le bollette! Per colpa tua ci porteranno via tutto un giorno!-

:-Vuoi tacere, Jeanette? Credi che io non lo sappia!- scoppiò la donna urlando.

:-Non capisco perchè tu lo faccia se non sei capace di badare a te stessa!-

Il "duetto" durò per un po'. Senza dar loro peso Dante si alzò dal letto. Si vestì e rimase seduto sulle coperte dopo averle sistemate perfettamente .La stanza era vuota. Le pareti di un forte blu acceso, il colore preferito del fratello... Non poteva fermare i suoi pensieri. La tristezza aveva potere assoluto sul suo cuore. Non poteva fare altro se non rimpiangere quel giorno.


"Ti voglio bene, Dante..."


Ma dov'era finito? Cosa gli sarebbe successo? Cosa ne sarebbe stato di lui?
Piegò le ginocchia e le circondò con le braccia. Poggiò il capo su di esse. I pensieri si mescolavano senza sosta sulla sua testa. I ricordi di sua madre, quella donna giovane, bella che aveva una grande cura per lui. Suo padre, un uomo di poche parole ma che con il suo sorriso metteva la pace nel suo cuore. E Vergil.... il suo compagno di giochi, di vita... non lo avrebbe più rivisto. La sua cara famiglia...

"Mamma..."

La porta della stanza si aprì. Il bambino trasalì dai suoi pensieri e guardò verso la porta. Due bambini della sua età entrarono in stanza strillando. Erano i suoi compagni. Questi gironzolarono un po' attorno ai letti, sventolando finte spade e scudi  prima di fermarsi e guardarlo. Dante assunse un espressione fredda e indifferente sostenendo i loro sguardi.

:- Ehi tu!- fece uno -Che stai facendo qui da solo?-

:-Povero! Non vedi? Non parla. Forse non ci riesce.-

Dante corrugò lo sguardo. Non gli piacevano quei bambini, ma non si sarebbe certo abbassato ai loro livelli.

:-Mi chiamo Mirko, vieni a giorcare con noi?-

Nessuna risposta. Dante scosse il capo. Il ragazzino , Mirko,  dai capelli color carota alzò le spalle.

:-Che fai qui tutto solo? Andiamo a giocare furoi! Prima che arrivi la signora White dobbiamo essere sistemati!-

Quei ragazzini non capivano. Dante non voleva stare con loro e non gliene importava nulla di questa donna ivocata come una dea. Tornò a sedersi sul letto mentre i suoi occhi azzurri guardarono fuori. I ragazzini uscirono senza risparmiarsi di insulti.
Fuori faceva freddo. I bambini erano sulle giostre che giocavano tutti insieme. Gli occhi tremarono un po' venendo coperti da un piccolo strato di lacrima. Anche lui e Vergil adoravano giocare alle giostre. Ricordò le volte in cui Sparda ed Eva erano comodamente seduti su una panchina a guardarli, abbracciati l'un l'altra, come fossero ancora due ragazzini; mentre Dante e Vergil correvano liberi lungo le siepi. Tutto spezzato.
Dante rimase seduto tutto il pomeriggio su quel letto. Fissava il vuoto davanti a sè; mille domande tormentavano la sua piccola pace: adesso che doveva fare? I demoni? Lo avrebbero ricercato? Lo avrebbero trovato? Ucciso?

La porta si aprì nuovamente. Era quel ragazzo dalla tuta militare. E adesso che voleva anche lui?


:- Tony - Dante fece una smorfietta nel sentirsi nominare in quella maniera -Madame Roswelte vuole che tu scenda giù. Sta venendo la signora White e vuole che tu sia sistemato insieme a tutti gli altri. D'accordo?-

Annuì, anche se la cosa non gli dava alcuna importanza. Alan, il ragazzo, gli scompigliò i capelli affettuosamente. Non appena se ne andò, Dante corse subito in bagno a sistemarseli di nuovo. Odiava che gli si toccassero i capelli. Non aveva nulla da sistemarsi, perciò lasciò la camera.

Nell'attesa di questa famosa donna White, Dante scese le scale andando verso il cortile. Jeanette, Roswelte e Alan eano in cucina a parlottare fra loro. Un odore dolciastro si levò dai forni. Sicuramente qualcosa in onore dell'arrivo di questa donna celestiale che tutti veneravano. Dante non capiva il perchè di tutta questa esaltazione.
Si sedette sull'erba a guardare il cielo. L'erba era fresca e pungente. Un profumo di fiori proveniva dal verde e Dante si distese su quel materasso insolito con le mani dietro la nuca. Sentiva i bambini strillare nella parte inferiore dell'edificio. Gli dava parecchio fastidio. Essendo un mezzodemone tutti i suoi cinque sensi erano molto più sviluppati, per cui un rumore che poteva essere chiassoso a orecchie umane, per lui era un inferno.

Osservare le nuvole bianche che, lente come lumache, scorrevano lungo la strada celestiale fece appisolare il ragazzino. Dopo un po' sentì gride di gioia. Spalancò gli occhi terrorizzato. Stava sognando nuovamente sua madre; e nel momento in cui dormiva, qualsiasi rumore improvviso lo metteva in allarme. Madame Roswelte accorse in giardino per dare il benvenuto alla così tanta attesa signora White. La fece accomodare dentro il salone. Dante si alzò dall'erba, con fare molto annoiato, ed entrò nel salone. E li finalmente la vide la donna di cui tutti meravigliosamente parlavano.

Osservò tutti i bambini attorno a una donna giovane donna bionda che distribuiva abbracci e baci a tutti coloro che le andavano contro. Neanche fosse una regina. Accanto a lei stava una bambina di circa 3 anni dai capelli ramati. Veniva coccolata dagli altri orfanelli e sembrava gradire dalle risatine. Il giovane mezzodemone poggiò la schiena contro il muro.
Infine la giovane donna alzò lo sguardo verso di lui. Gli sorrise dolcemente, come se lo conoscesse da sempre. Dante spalancò gli occhi e fermò il suo respiro. Il cuore gli batteva forte; la sua anima fu percorsa da brividi di stupore e di paura.
Quella donna... assomigliava moltissimo alla sua cara madre... Capelli biondi, lunghi e lisci, occhi azzurri e uno sguardo dolce come un angelo.


Dante rimase sbigottito e non mosse un muscolo. Era troppo pietrificato dai ricordi che ripresero a girovagare su dentro di lui. Rimase indisparte senza risparmiare a quella donna occhiate timorose. Lei dopo quel sorriso, sembrò essersi dimenticata di Dante. Riprese a giocare con gli altri orfanelli come se niente fosse. Mentre tutti si allontanavano con la donna verso la cucina, Dante rimase nel suo angolino. Non riusciva a darsi pace, in nessuna maniera.  Una piccola figuretta strisciante catturò la sua attenzione.


Camminava ridacchiando e facendo versi come solo una neonata poteva fare. Gattonava tranquillamente verso di lui, senza venir ostacolata da nessuno: si fermò ai suoi piedi e si mise seduta e lo fissò ridendo.
Anche Dante la fissò. La bambina aveva il faccino paffutello, due occhi grigi allegri e ridenti. I suoi capelli erano lunghi e rossi ramati. Agitava le braccine pienotte verso di lui, come se volesse dirgli qualcosa. Era così piccina da non riuscir a parlare ma era così eloquente con quei gesti. Dante inarcò un sopracciglio, come se per la prima volta provasse imbarazzo. L'unica cosa che fecero i due bambini furono guardarsi a lungo  rimanendo ai proprio posti, fin quando una voce non si levò dalla cucina.


:-Sheila? Dove sei tesoro?-

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