La monotonia non esiste

di Maricuz_M
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I’ll be there for you ***
Capitolo 3: *** Bad day ***
Capitolo 4: *** What a bore! ***
Capitolo 5: *** The statue in the lift ***
Capitolo 6: *** Gluttony ***
Capitolo 7: *** Shopping list ***
Capitolo 8: *** Challenge accepted! ***
Capitolo 9: *** That awkward moment when.. ***
Capitolo 10: *** Surprise! ***
Capitolo 11: *** Little Revenge ***
Capitolo 12: *** Autonomy ***
Capitolo 13: *** The last straw ***
Capitolo 14: *** The fear ***
Capitolo 15: *** Inertia ***
Capitolo 16: *** All you need is love ***
Capitolo 17: *** Watershed ***
Capitolo 18: *** It's a small world! ***
Capitolo 19: *** Revealing talks ***
Capitolo 20: *** Uneasiness ***
Capitolo 21: *** Terrible show ***
Capitolo 22: *** Ask Marco ***
Capitolo 23: *** Desperation ***
Capitolo 24: *** Good shot! ***
Capitolo 25: *** Think! ***
Capitolo 26: *** Mental block ***
Capitolo 27: *** Euphoria ***
Capitolo 28: *** States ***
Capitolo 29: *** Monotony doesn't exist ***
Capitolo 30: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Benvenuti nel nuovo mondo made by la sottoscritta.
Prima che leggiate, vorrei rompervi le scatole chiedendovi di non aspettarvi troppo da questa storia. Non è niente di particolare, a mio parere è molto leggera e (secondo i miei canoni di comicità) piuttosto divertente.
Se cercate semplicemente qualcosa per passare il tempo, allora prego. Se invece cercate trame complicate fatte esclusivamente da colpi di scena e che tengono col fiato sospeso, vi prego di rimanere a leggere (LOL, detta così è da disperati) consapevoli di ciò che sarà.
Detto questo, grazie per l’attenzione, scusate il disturbo e buona lettura! :D



 

La monotonia non esiste

 
Prologo
 
La mia vita è una continua consuetudine, piena però di un’ampia varietà di fatti.
Perché alla fine sono bravi tutti a dire che la propria vita è monotona, punto e basta. Io sono sempre stata dell’idea che non sia affatto così, come chiunque vuole far credere al resto della popolazione mondiale. Ok, delle giornate molto simili ci stanno, ma parliamone. Prendiamo un esempio: la giornata tipo di un adolescente. Si sveglia, fa colazione, va a scuola, torna a casa, mangia, fa i compiti –o almeno dovrebbe-, va all’allenamento di qualunque sport faccia o, che ne so, va in palestra, torna pure da lì, cena, fa il suo porcaccio comodo e buonanotte al gatto o chicchessia.
Ecco, sapete cosa dovreste essere per far sì che possiate passare delle giornate tutte schifosamente identiche? Degli automi. Ma deduco che voi non lo siate, o sbaglio?
Bene, tralasciando questa faccia della medaglia, sapete quante cose nascono e succedono, sebbene siano state scaturite da un giorno apparentemente insulso? Se fosse stato così superfluo e monotono non avrebbe causato fatti, misfatti, conoscenze, cazzi, mazzi e palazzi, non credete?
Ebbene, io tutto questo l’avevo capito quando a quattordici anni avevo mandato un sms ad una mia compagna di classe. No, non c’era niente di male, ma considerate anche che la mia migliore amica dell’epoca odiava a morte l’altra ragazza ed era poco tollerante. Quando qualche giorno dopo scoprì questo scambio di messaggi il litigio scoppiò all’istante. So che è ridicolo, ma ripeto: avevo quattordici anni.
E adesso ne ho diciannove. Voglio dire, ne ho avuto di tempo per perfezionare la teoria dell’inesistenza della monotonia.
Faccio un altro esempio: un bel pomeriggio di Febbraio avevo finalmente deciso di dar ripetizioni di matematica e avevo fatto sparger la voce. Qualche avviso sulla bacheca della mia scuola, altri in quella della scuola di mia sorella e cose del genere, ed il gioco era fatto. Ragazzi e ragazze che si aggiravano intorno ai quindici, sedici anni hanno cominciato a chiamare già da Marzo, e la mia giornata tipo era quindi diventata: scuola, studio e studio degli altri. Da non sottovalutare il fatto che fossi in quinta al liceo scientifico e che avrei dovuto dare l’esame giusto un po’ di mesi dopo, ma per fortuna non sono mai stata una testa dura. Fate voi, mi chiamavano tutti scherzosamente “secchiona”. Scherzosamente perché i miei compagni di classe sapevano quanto in realtà fossi una cogliona e che non stavo certamente tutti gli istanti a me a disposizione sui libri, e non lo avrei fatto neanche se mi avessero pagato.
Ma torniamo all’esempio, senza divagare troppo. A Maggio, uno studente del secondo anno del geometri che rischiava di esser rimandato nella materia di cui davo –e do tuttora- lezioni, mi ha contattata. Voi vi chiederete: perché diamine non è venuto prima? E io vi risponderò: lo conosco, è molto orgoglioso. Non sarebbe mai voluto andare a ripetizioni in tutta la sua vita, ma vedendosi quasi costretto dai genitori e da se stesso, che non voleva passare l’estate a studiare radicali o equazioni di secondo grado, aveva digitato il mio numero sul suo bel cellulare e aveva premuto il tastino verde.
Adesso che siamo a Novembre, almeno due volte al mese me lo ritrovo a casa perché vuole farsi rispiegare l’argomento che affrontano a scuola. E sapete cosa? A me fa piacere. Più che un ragazzo che mi dà soldi, lo vedo come un fratellino. Avete presente quei tipi belli, che fanno i fighi e che fanno sbavare le ragazzine? Lui è uno di quelli, però, visto che non ha assolutamente bisogno di farsi figo con me, tutte le volte che lo vedo mi mostra la sua parte migliore, il suo vero carattere. Ah, quanto lo adoro.
Se non avete capito il senso di tutto questo, ve lo dico io: nella mia quotidianità ho conosciuto un moccioso a cui voglio bene. Semplice, eh? Eppure non me l’aspettavo. Sei mesi fa gli ho aperto la porta di casa mia con un pensiero tipo “Vai, un’oretta con questo e festa” mentre adesso ho in mente delle frasi come “Oh, c’è Michele! Chissà cosa mi racconta oggi!
Sì, Michele è il suo nome e sì, mi racconta cosa gli succede durante la sua vita. Ovviamente solo fatti divertenti o comunque interessanti. Di quando dà da mangiare al pesce rosso me ne frega il giusto, ecco.
Ma perché sto parlando di Michele e non di me? Quando mi ci metto sono fin troppo logorroica. Me lo sono sempre chiesta: per quale motivo, se parlo della globalizzazione, finisco per narrare la fiaba di cappuccetto rosso e il lupo cattivo?
Ecco, lo sto facendo di nuovo.
Ok, sono Eleonora, ho diciannove anni, come ho già detto, e a Ottobre ho cominciato a studiare lingue all’università. Cosa non meno importante: sono un’idiota perché dopo le medie ho scelto il liceo sbagliato.
Ho una sorella più piccola, Azzurra, che a Settembre ha iniziato il secondo anno dell’artistico. Sicuramente lei ha scelto la strada migliore. La sua camera è un altro mondo, davvero. Disegni, muri dipinti, colori ovunque. Ti fa sentire vivo solo entrare lì dentro. Poi, come ogni artista, ha una particolare personalità: espansiva e sfrontata con una matita o un pennello in mano, timida ed introversa con le persone. Pensate che non ha mai visto neanche Michele, ospite fisso in casa nostra, perché sta barricata nel mondo di cui vi parlavo prima per non avere contatti con gli estranei. Se stiamo allegramente bisticciando in salotto e suona il campanello quando sa che devo dare lezione, scappa. Con classe e disinvoltura, ma scappa.
Ho davvero nominato un’altra volta Michele? Ok, approfittiamone per dire qualcos’altro su di me, allora. Se stravedo per qualcuno, chiunque esso sia, tendo a venerarlo in qualsiasi occasione.
Ma torniamo nel settore familiare, prego. Ho una madre e un padre, entrambi molto presenti nella mia vita e in quella di mia sorella, ma divorziati. Per fortuna non è stato niente di troppo tragico e traumatico, nessun piatto volante o urla per il corridoio, semplicemente l’assopimento del sentimento che avevano provato per tanto tempo l’uno nei confronti dell’altro. Ormai sono passati circa quattro anni, da quando mio padre si è trasferito.
Già, abitiamo con la mamma. Il buon vecchio Giovanni è un uomo d’affari e molto spesso è costretto a viaggiare, mentre mia madre Claudia è una fotografa, anche abbastanza famosa, ma che lavora la maggior parte delle volte nei paraggi e che per questo è più disponibile dell’ex marito per le due figlie.
Impegnata, fidanzata, sposata, vedova? Nessuna delle quattro, e neanche lo sono mai stata, vedova in primis. Sembra quasi che la mia persona sia allergica alle relazioni amorose. Questo ovviamente non significa che non abbia mai preso quella cotta che ti annienta, anzi, mi è capitato di sentirne la presenza più di una volta, ed è snervante. Proprio da questa estate si sta svolgendo il periodo meglio-soli-che-male-accompagnati dovuto dallo scarso interesse degli altri nei miei confronti. Diciamo che serve per convincermi, più che altro.
Cambiando campo, passiamo all’amicizia. Ecco, qui posso vantarmi. Il mio gruppo di amici è formato da cinque componenti, me esclusa. Una mia tipica uscita è caratterizzata dalle cavolate sparate da Manuela, gli sbaciucchiamenti di Ginevra e Roberto, le domande a sfondo filosofico di Marco e i flirt di Simon verso qualunque individuo di sesso femminile almeno lontanamente gnocco. So benissimo che sembriamo un gruppo di falliti raccattati, ma ci vogliamo un bene pazzesco. Alcuni rapporti poi sono reperti archeologici. Io ed il filosofo, tipo, siamo stati in classe insieme sin dai tempi della materna. Alle superiori abbiamo preso strade diverse, ma il rapporto era già più che saldato.
Come credo abbiate capito, do ripetizioni. Perché lo faccio? Perché mi dà fastidio chiedere sempre a mia madre di darmi i soldi per andare al cinema, all’università, comprarmi qualcosa o, insomma, vivere la mia vita. Azzurra può farlo, che ha ancora quindici anni, ma non io che sfioro i venti! E’ vero anche che viviamo piuttosto agiatamente, ma è per principio. Non che dando lezioni di matematica si guadagni una fortuna, ma per il momento è il massimo che posso fare. Devo conciliare tutto e non è semplice.
Ora posso parlarvi dei miei interessi. Innanzi tutto, gli sport non rientrano fra questi. No, non sono per niente una persona sportiva. Oltre che praticarlo, non mi piace neanche vederlo. Giuro che ho provato da piccola a fare qualcosa, ma non sono davvero portata. Per il basket sono troppo bradipo, per la pallavolo troppo poco reattiva, la ginnastica artistica non mi emoziona, la danza classica è troppo elegante, quella moderna forse si salva, ma comunque preferisco guardare gli altri, per il calcio no comment, per il nuoto mi avvalgo della facoltà di non rispondere, karate, pugilato o cose del genere non fanno per me.. Ok, dai, avete capito.
Insomma, questa mancata attività fisica mi ha permesso di avere più tempo per appassionarmi alla musica. Suono un po’ di chitarra, un po’ di piano, canto.. Sì, i risultati qui si vedono e sono decisamente migliori di quelli ottenuti nello sport. Non sono un Jimi Hendrix o un Giovanni Allevi al femminile, né tantomeno una Céline Dion, ma posso dire di cavarmela piuttosto bene in campo musicale.
Adesso non so davvero cos’altro dirvi sulla sottoscritta. Vi ho dato un’idea generale di me, ma descriversi è una delle cose più difficili da fare insieme al guardare un quiz televisivo senza cercare di indovinare la risposta delle domande che fanno al concorrente, ammettetelo. In ogni caso, vi assicuro che in futuro avrete modo di sapere molte altre cose del mio carattere, del mio aspetto, di ciò che faccio e perché. Ovvio, non c’è garanzia, potreste pure non capirmi, ma d’altronde io stessa a volte non ci riesco.

 


Ciao di nuovo!
E questo era il prologo della nuova storia, spero davvero che vi piaccia.
Come ho detto sopra, forse sminuendo il tutto, non è niente di troppo speciale, niente di geniale. Il mio intento è quello di intrattenervi, per cui, magari, fatemi sapere quello che ne pensate.
Gli aggiornamenti saranno ogni cinque giorni. Non ho un orario preciso, probabilmente sarà nel primo pomeriggio, ma non obbligatoriamente, ecco.
Non ho niente da dire, per adesso, vorrei fare dei ringraziamenti, però.
 
Ringraziamenti (you don’t say?):
*si schiarisce la gola* Prima di tutto grazie a chi ha letto questa cosa. Che sia successo per caso, per sbaglio o perché, magari, avete letto qualcosa di mio in passato. Grazie, a prescindere.
Poi, un mega grazie ad Emma, che sono mesi che mi scassa i cosiddetti per avere spoiler su ‘la monotonia non esiste’, che mi ha dato consigli sul carattere con cui avrei pubblicato, che mi ha dato la disponibilità per aiutarmi con le scene imbarazzanti che verranno scritte nei prossimi capitoli e poi non mi ricordo più. Ah, e che mi ha detto di pubblicare a mezzanotte! Grazie! :)
Grazie ai miei genitori, che mi hanno fatta.
Grazie alla nutella, che molte volte mi è stata vicina mentre scrivevo.
Grazie ad Ash, non quello dei Pokemon, che mi.. no, non ha fatto niente, ma grazie lo stesso perché so che quando scrivo qualcosa posso contare su di te.
Grazie al fiocco rosso.
Grazie a Francesca, che mi ha dato un suo parere sul prologo e sull'introduzione. :)
 
Ho quasi finito.
 
Adesso vi dico che ho un profilo twitter (Cliccami, che sono bello). Parlerò dei miei aggiornamenti, di cavolate o cose serie, risponderò alle vostre eventuali domande e io stessa farò domande a voi, magari per chiedervi un consiglio o un aiuto.
Inoltre, proprio ieri ho deciso di aprire un blog (Sono bello pure io, cliccami) che ha lo stesso scopo di Twitter, ovvero aggiornarvi. In più, ci sarà qualche curiosità sulle mie storie o su me stessa, nel caso vi interessino. Anche lì potrete interagire, ma serve la registrazione. Se siete pazzi, fatela pure, altrimenti non me la prendo.
 
Adesso ho finito.
Di nuovo, grazie a tutti.
Spero di leggere qualche recensione (perché è sempre bello leggerle) e che leggiate anche i prossimi aggiornamenti! :)
 
Un bacione
 
Maricuz

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Capitolo 2
*** I’ll be there for you ***


I Capitolo


I'll be there for you

Chiacchierando tranquillamente con mia sorella, sistemo piatti e bicchieri nella lavastoviglie. Me ne sarei volentieri fregata di quello che c’era sulla tavola nel momento in cui ho finito di nutrirmi, ma essendo mia madre a lavoro per tutto il giorno, devo occuparmi di casa. O dare almeno l’idea che lo stia effettivamente facendo, come in questo istante.
“E quindi, appena ho finito di parlare, praticamente dieci minuti dopo, mi ha mandata a sedere con un sei.” Si lamenta Azzurra, gesticolando come al solito, quando non si capacita di qualcosa. Spalanco gli occhi, realmente presa dal discorso “Scusa, puoi ripetere?”
“Hai capito bene. Le ho detto tutto. Tutto! E indovina quanto ha dato a Paolo, che ha detto la metà delle cose che ho detto io.”
“A rigor di logica, tre.”
“Esatto. Secondo la prof invece era da sette e mezzo.” Conclude, lasciandosi cadere le braccia sui fianchi. Oh, sì, la capisco. E’ snervante quando prendi meno e non te lo meriti, mentre gli altri prendono di più senza dire una ceppa. E, ahimè, è pure abbastanza frequente. Capita soprattutto a chi della scuola frega qualcosa.
“Io l’ho sempre detto che quella non capisce niente.” Borbotto, scuotendo la testa. Quella donna, sin dal primo giorno di prima superiore, ha reso la vita di mia sorella impossibile. L’anno prima, appena maggiorenne, ero anche andata ai colloqui con mia madre così da evitare di lasciarla andare da sola, e avevo parlato pure con quell’incompetente. E’ proprio una persona da evitare, a prescindere dal fatto che non sappia fare il suo lavoro.
Sospiro, dandomi un’occhiata intorno per controllare se ho sistemato tutto, poi mi ritrovo a fissare Azzurra, appoggiata allo stipite della porta che guarda la televisione con un tenerissimo broncio. Ah, quanto è bella la mia sorellina? Ha un bellissimo fisico, è alta, forse solo un po’ troppo magra, ma per il resto è praticamente perfetta. Il nostro viso è simile, abbiamo gli stessi occhi scuri ereditati da papà, solo che lei li ha leggermente più allungati come nostra madre. Abbiamo i capelli dello stesso colore bruno, lei mossi e selvaggi, io lisci. E abbiamo il bel nasino di mamma. Grazie, mamma!
“Ah!” mi sveglio, ricordandomi del messaggio di ieri “Tra mezz’ora arriva Michele! Sai, domani ha il compito.”
Azzurra alza gli occhi al soffitto “Oddio, questo Michele. E’ troppo piccolo per te, Elle. Rassegnati.”
Per la cronaca, mi chiamano tutti Elle. Mi raccomando, si pronuncia El, con la e aperta. Ridacchio annuendo “Sì, so che è piccolo. E’ perfetto per te, però. Ha solo un anno in più. Vuoi che te lo faccia conoscere?” in un attimo, vengo fulminata da una sua occhiata.
“No, grazie.” Abbozza un sorriso falsissimo, mi saluta e si rifugia in camera. Ha appena battuto ogni record, a questo giro non ha neanche aspettato il suono del campanello. Mi sistemo sul divano in salotto, guardando lo schermo della tv in attesa del ragazzo. Uh, The Simpsons.
Mentre rido per una scena, sento il mio cellulare vibrare nella tasca destra dei jeans. Lo tiro fuori, ancora completamente presa dall’episodio di quel cartone epico con cui sono cresciuta. Si vedono pure i risultati. Bello. Non controllo neanche da chi provenga la chiamata, come un robot rispondo “Pronto?”
Oh, Elle.” Una voce maschile, bassa e conosciuta. E’ Simon.
“Oh, dimmi.” Rispondo, smettendo di dare più attenzione alla televisione che ad uno dei miei migliori amici. Lui, italo-americano, l’ho conosciuto a dodici anni, ovvero quando ho iniziato ad andare a lezioni di canto. Avevamo la stessa insegnante e la stessa età, così, pian piano, ha iniziato a crearsi un rapporto d’amicizia. E’ entrato nel team –il giro con cui esco- quando alle superiori si è ritrovato come compagno di banco il mio storico amico Marco.
Senti, mi ha appena chiamato Marco” appunto“per dirmi che stasera avevano parlato di fare una pizzataa casa sua con successiva visione di un film.” Mi informa. Annuisco, come se potesse vedermi.
“I soliti?”
Eh, certo.” Dice, con tono ovvio. In effetti era una domanda piuttosto stupida.
“E che guardiamo?”
Forse Requiem for a Dream..”
“Con Jared Leto, mh? Bene, bene..” mormoro, compiacendomi per l’ottima scelta dei miei carissimi amici “Comunque un film allegro.” Constato.
Ascolta, io volevo vedere Austin Powers. Cambiamo argomento.”
“Simon, abbiamo visto ogni film almeno due volte.”
Non bastano mai, ok?
“Ok..” lo assecondo “Quindi da Marco alle..?”
Sette e mezzo. Vuoi un passaggio?” eccolo il gentiluomo che è in lui. Vedete, lui è il tipico ragazzo che ci prova con chiunque. Se lo può permettere, è bello, se vuole affascinante e simpatico, però.. A volte sa essere snervante con tutti i suoi flirt. Fortunatamente io l’ho incontrato quando era solo un bambino. Comunque, a parte questo, in fatto di amicizia non gli si può dire niente: è l’amico ideale, se ti fa una promessa la mantiene, se stai male è il primo a risollevarti il morale, se hai bisogno di qualcosa cerca di aiutarti in tutti i modi.
“Grazie Simon, ti voglio bene.” Ridacchio, accettando naturalmente la sua offerta.
Non dovevo chiedertelo, dannazione.” Rido ancora di più“Dai, passo alle sette e un quarto allora. Elle, non farmi aspettare, sennò facciamo tardi e sai che c’è chi ci impiccherebbe per un tale affronto.” Ecco, si sta riferendo a Ginevra, la bella Ginevra. Lei è un tipo. Ha le sue fissazioni, come per esempio la puntualità o l’ordine, spesso si rende antipatica con qualche uscita poco carina, ma anche lei è una buonissima amica e le vogliamo bene così com’è. Anche Simon le vuole bene, nonostante ad ogni occasione si mettano a litigare. In compenso, ha il suo bel Roberto –il classico ragazzo che ti fa girare mentre cammini per la strada, quello proprio figo- che le dà le giuste attenzioni e che la tiene un po’ più a bada, senza però farle reprimere il suo carattere. E’ un santo, Bobby
“Tranquillo, mi farò trovare pronta già cinque minuti prima.” Lo rassicuro.
Ok, mi fido. A stasera!
Lo risaluto e quasi non ho il tempo di riattaccare che il campanello mi avvisa dell’arrivo di Michele. Sospiro, mi alzo dal divano mentre col telecomando spengo la tv e saltello verso l’ingresso per aprire la porta. Il sorriso mi sorge spontaneo, non appena vedo quello del quasi diciassettenne. Mi sposto leggermente per farlo entrare, senza dire una parola, lui fa un passo poi mi bacia amichevolmente sulla guancia. E’ una persona molto affettuosa con chi riesce ad entrare nelle sue grazie, ed io ho avuto questa fortuna.
Mi sarebbe piaciuta averla in seconda superiore con il bello della scuola, allora in quinta, di cui mi ero presa una bella sbandata. Tutti i giorni, a scuola, mi trasformavo magicamente in una stalker professionista. Quasi sapevo tutti i suoi orari. Quel che era certo, era che tutti gli interavalli passava per i distributori automatici. Quante mattinate spese lì davanti? Mi era capitato anche di parlarci. Lui rappresentante di istituto, io della mia classe.
Ma torniamo a Michele.
“Allora, Mike.” Inizio, sospirando “Prima di tutto: novità?”
“Mah.” Si dirige verso la sala da pranzo, come d’abitudine, e posa lo zaino ai piedi della sedia su cui poi si siede “Uno di classe mia sostiene fermamente che “prosa” sia una città dove si scrive. Per il resto niente di nuovo.” Mi scappa una risatina divertita, poi annuisco e seguo il suo esempio.
“Questo qui è arrivato in terza senza sapere il reale significato?”
“Evidentemente. Comunque in quarta non c’arriva, te lo dico io.” Dice convinto, alzando le sopracciglia e sistemando libri e astuccio sul tavolo. Gli occhi credo siano la parte che preferisco di lui, sia per il colore che per il taglio. Sono verdi e grandi, ed hanno un non so ché di innocente e provocante. Poi se li sommiamo alle labbra carnose, il naso dritto, la carnagione scura e i capelli castano chiaro, otteniamo una caterva di adolescenti arrapate e sbavanti.
“E dai, siamo a inizio Novembre.. Che ne sai.”
“Eleonora.” Mi fissa, come se fossi un alieno “Prosa un posto? Magari in provincia di Poesia,  eh? Ma per favore.. Questo boccia.” Scuote la testa.
“Ok, sì, hai ragione. In pieno.” Cedo infine, arrendendomi “Ok, cominciamo con la matematica.”
“Evviva.”
 
Sorella: avvertita.
Mamma: avvertita, per telefono.
Cellulare: preso.
Chiavi: prese.
Caduta: fatta, dopo la doccia, in bagno e in scioltezza.
Sì, sono pronta. Saluto Azzurra ed esco di casa, e quando guardo l’orologio vedo che sono le sette e dieci. Alla fine mi sono messa in attesa di Simon veramente cinque minuti prima del previsto. Quando si dice che una persona è di parola..
“Eleonora!” mi sento chiamare dalla casa accanto. Mi volto e vedo –con piacere- il mio vicino di casa, Samuele. Ecco, sono una sfigata, ma posso dire di avere un culo enorme in quanto a conoscenze o amicizie. Lui, orfano di entrambi i genitori e figlio unico, vive con i suoi nonni materni praticamente da sempre. Ora ventitreenne, un viso né troppo bello, né troppo brutto e un sorriso, stampato perennemente sulla faccia, in grado di sciogliere un iceberg a chilometri e chilometri di distanza. Da quando sono a conoscenza del surriscaldamento globale, sostengo che lui ne sia la causa.
E’ il momento che sappiate un’altra cosa di me. Vi ricordate quello che vi ho detto su mia sorella? Che con le persone è in un modo e con un foglio o una tela in un altro? Ecco, io sono identica a lei, ma lasciate perdere i pezzi di carta e concentratevi sulle persone. Sei figo, affascinante, hai un bel sorriso e sei una potenziale anima gemella di me medesima, quindi di sesso maschile? Ti balbetterò in faccia pure se mi chiedi il mio nome, che è pure abbastanza lungo. Sei una persona normale, che conosco da una vita, una ragazza o comunque una persona con cui non rischio di avere una relazione? Piacere, sono la persona più spigliata su questa terra –surriscaldata dal sorriso di Samuele-.
Bella merda, eh? Potete dirlo, non mi offendo. Ci ho fatto il callo. Ci tengo in ogni caso a specificare che per quanto tu possa essere bello e impossibile, se mi fai girare le scatole trovo tutti i modi più fantasiosi per mandarti a quel paese, senza neanche balbettare.
“Sa..Samuele! Ciao!” il bastardo mi ha colta di sorpresa. Questo è giocare sporco. Generalmente con lui non si azzerano le mie capacità oratorie, essendo un misto tra le due categorie di persone che prima ho esposto. Stiro le labbra in quello che secondo i miei piani doveva essere un qualcosa di rilassato e lo guardo mentre si avvicina facendo enormi passi con quelle sue gambe lunghe. E’ pure altissimo, sicuramente supera il metro e novanta.
“Come stai?” mi chiede, illuminandomi con la sua solita allegria.
“Bene, bene.. tu?”
“Si tira avanti. Sto cercando un coinquilino per affittare un appartamento.. Ma quant’è che non ci vediamo?” cambia argomento, inclinando la testa e aggrottando la fronte “Hai iniziato l’università, giusto?”
Già, adesso che ci faccio caso sono un paio di mesi che non ci incrociamo neanche per la via in cui abitiamo per un saluto veloce. Certo, è una questione di istanti. Basta che io esca di casa alle cinque e lui alle cinque e un minuto per non vedersi.
“Sì, ho iniziato a Ottobre con i corsi.. Ti trasferisci?”
“Ebbene sì. Sai, la voglia di indipendenza..” ridacchia, tornando a distruggere migliaia di ghiacciai.
“Mh, penso di capirti.. Ho iniziato a dare ripetizioni per guadagnare qualcosa. Da qualche parte dovevo pur cominciare..”
“Sono d’accordo, io ho iniziato vendendo patatine e goleador all’oratorio.” E ridacchia di nuovo. Gli ambientalisti lo stanno odiando, lo so, sono sicura “Dove stavi andando?”
“Stavo aspettando Simon per farmi venire a prendere. Serata con i soliti, insomma..”
“Oh, c’è anche Marco? E’ tanto che non lo vedo, anche lui..” fa una lieve smorfia dispiaciuta, rendendosi probabilmente conto di non vedere molte persone da molto tempo. Annuisco abbozzando un sorriso “Gli mando i tuoi saluti.”
“Sì, grazie.” Una scaldata al globo, poi lancia un’occhiata alle mie spalle “Penso che quella macchina sia di Simon.” Dice, indicandola con un cenno della testa. Mi volto anche io per vedere un’auto che svolta l’angolo e che si avvicina. Sì, è Simon “Beh, allora ti saluto.”
“Sì. Spero a presto, così parliamo un po’.” Sorride ed io ricambio il gesto.
“Speriamo. Ciao!” alzo anche una mano, poi mi dirigo verso la macchina adesso ferma. Apro lo sportello, mi siedo, chiudo e sospiro guardando Samuele rientrare in casa.
Weilà, il ritorno del bel vicino.” Schiocca la lingua, ingranando la prima. Fingo di ridere e batto le mani “Fai ridere.”
“Seriamente, era tanto che non lo vedevamo in giro, o sbaglio?” chiede, stavolta più serio. Rispondo che sì, era qualche mese che non lo vedevamo, poi lascio cadere il discorso. Guardo il mio amico, i suoi capelli biondo scuro, gli occhietti costantemente socchiusi di un marrone strano e opaco, quasi grigio, i tratti marcati e virili e le labbra né sottili né carnose. Metto il broncio.
“Ti sei fatto la barba.”
“Elle..” sospira “So che il velo di barba fa figo, ma se non me la faccio sembro un barbone. Non so se ti è chiara questa cosa.” Spiega con il tono da maestrina delle elementari. Gli faccio il verso e mi guadagno una sua occhiataccia “Non è giornata.”
“Oh, si prospetta una serata interessante. Quanto ci metterai a litigare con Ginevra?”
“Poco, davvero poco.” Scuote la testa.
“Che è successo?”
“Ma niente di che.. Mi gira il cazzo, stop. Mi sono svegliato male.. Poi mio padre ha peggiorato la situazione tipo un’ora fa. Mi sono messo a suonare la chitarra e ha iniziato a rompermi i coglioni, come sempre. Suono da quando ho sette anni, quando capirà che farlo non è da sfigati scansafatiche?” chiede, battendo una mano sul volante “Idiota.” Borbotta. Come vedete, come tutti, ha i suoi problemi. Sospiro, appoggiando la testa sul finestrino e girando il busto verso di lui.
“E tu che hai fatto?”
“Che avrò fatto? Gli ho risposto male come al solito.”
“L’hai mandato in culo?”
“Era il minimo. Senti, sai anche tu cos’è per me la musica. E’ importante, non c’è bisogno che te lo spieghi, ma lui insiste e.. E non lo sopporto. Lui, il suo comportamento.. Odio quando mi si tocca qualcosa a cui tengo, specie se toccato nel modo in cui fa lui.” Sbuffa “Ok, la smetto. Non voglio stressarti, adesso andiamo a divertirci con i nostri cari amici, ci ingozziamo, ci scanniamo e quando andremo via starò bene.”
Sospiro, guardandolo con rimprovero. Non ricambia il mio sguardo, ma sono fermamente convinta che sappia cosa sto pensando proprio in questo momento. E’ un tipo con la mente aperta, lui, e proprio per questo non accetta quando i gusti –che siano i suoi o di qualcun altro- vengono disprezzati da chi crede che il suo parere sia legge. Vi spiego meglio, prendendo come esempio proprio la musica. Se gli dite “A me non interessa un gran ché” non succede niente, se gli dite “La musica fa schifo” potrebbe benissimo sfondarvi la pancia, afferrarvi l’intestino e farci una sciarpa, stile vecchine di altri tempi con la lana. E’ estremamente sensibile su questo punto di vista, ed oltre a questo, a volte è troppo altruista. Antepone il benessere degli altri al suo, pure per un semplice sfogo come quello che stava facendo fino a poco fa, come se i suoi problemi potessero uccidermi, mentre non è così.
“Simon..” lo riprendo, inclinando la testa. Sbuffa.
“Sì, sì, lo so. Posso lasciarmi andare, ma non ci riesco. Non voglio pesarti con i miei stupidi problemi. Ci sono tante cose peggiori nel mondo e-”
“Simon, Simon..” lo blocco “Per favore, non sparare stronzate. Non voglio dire che non ci siano cose peggiori, ma ne abbiamo parlato tante volte. Non ti devi riguardare, non con me almeno. O con Marco e Manuela.. Anche Ginevra ti ascolterebbe se avessi bisogno. Siamo qui anche per questo, non siamo solo dei coglioni che si divertono a stare insieme per sparare due o tre cavolate e ridere un po’.” Finisco il mio discorso con una leggera pacca sulla sua spalla. Lo vedo rilassarsi un po’ e accennare un sorriso.
“Ok, va bene.. Grazie.”
“Dovere, collega. Dovere.”
 
Suono il campanello mentre parlotto col biondo con le mani affondate nelle tasche alla mia destra, e dopo quasi un minuto di attesa, finalmente si apre la porta.
Uno dei sorrisi che più preferisco vedere si presenta davanti a noi, allegato ad un paio di grandi occhi azzurrissimi e a dei capelli corti, ricci e chiari “Oh, già qui? Addirittura in anticipo di un minuto.”
“Ciao anche a te, Marco.” Rispondo, alzando gli occhi al cielo.
“Che cazzo ridi?” chiede invece Simon, guardandolo con un sopracciglio alzato. Se vi state chiedendo il perché di questa domanda, ora vi spiego. Marco è un ragazzo serio, e se vi dico serio, vuol dire che è serio. Sorride, certo, ma quasi mai mostrando i denti come sta facendo in questo momento. Si limita a stirare le labbra, per intenderci. Per assurdo, però, nel momento in cui ride davvero, non smette più. E’ come se la prima risata fosse il “via” di tutte le altre, prima tenute incatenate dentro di lui.
“E’ un piacere vederti, amico.” Il riccioluto si schiarisce la voce, permettendoci di entrare con uno spostamento e cominciando a tornare con la solita espressione calma. Badate bene: il fatto che sia serioso non significa che sia inespressivo. Con quei pezzi di cielo è in grado di comunicare pure le leggi della fisica, non so se rendo l’idea “Comunque è colpa di Manu.” Spiega.
“Ah, allora non voglio manco sapere che ti ha detto.”
Manuela, la sparatrice di boiate per eccellenza. Fuori un visetto delicato e grazioso, nasino all’insù, occhi verdi, ciglia lunghe e nere, capelli castani lunghi fino alle spalle e corpo minuto; dentro un maschiaccio, giullare di corte, a volte un po’ scaricatrice di porto. Tra parentesi, l’adoro. Lei e riccioli d’oro sono gli amici più intimi che ho. Come ho già detto una volta, lui lo conosco dai tempi della materna. Lei, invece, aveva fatto il suo ingresso nella mia vita durante la prima media. Inizialmente non eravamo poi così unite, anche perché stavo molto dietro ad Enrica –l’amica poco tollerante-, poi ci eravamo avvicinate, e amicizia fu.
“Guarda che ti sento, Ricky Martin.” Spunta così la sua presenza, facendo intravedere la sua testolina castana dal salotto.
“Devo prenderlo come un “Sei un ragazzo talentuoso” o “Sei un ragazzo gay”?” replica, con sguardo furbo.
“Era un “Sei un ragazzo americano”, veramente.”
“Sai che mia madre è texana. Che c’entra il Texas con Porto Rico?”
“E tu che c’entri con Ricky Martin?”
“Ma sei tu che.. Ok, lascio perdere. Hai vinto.” Manuela batte le mani insieme e inizia a ballare quella che lei chiama la danza della vittoria. Mentre io rido guardandola saltellare come un babbuino con le molle sulle zampe anteriori, Marco sghignazza leggermente e Simon scuote la testa rassegnato. Tipico quadretto.
Il campanello mette ufficialmente fine a questa scena, di cui il mio amico biondo scuro cominciava ad averne abbastanza. Nell’ingresso si crea la solita visione celestiale: Ginevra e Roberto. Lei: bionda, grandi occhi da cerbiatta azzurri e tendenti al grigio, labbra carnose, sorriso rassicurante, alta e incredibilmente bella. Lui: castano, occhi color celeste chiaro, bel fisico, portamento elegante ed impeccabile, faccia da bravo ragazzo. Se pensate ci stia il trucco, vi sbagliate, perché è un bravo ragazzo sul serio, e questo non è positivo, visto che tutte le ragazze si infatuano di lui almeno una volta nella vita. Ebbene, Ginevra ha avuto la fortuna di esser ricambiata. Un fattore importante nell’inizio della loro storia –che risale a circa otto mesi fa- è stato sicuramente la sua tenacia. Questa ragazza è dannatamente testarda.
“Buonasera!” saluta sorridente il ragazzo, cominciando a togliere la giacchetta alla sua dolce metà. Gentleman.
“Ehi, siamo davvero gli ultimi?” chiede lei, piacevolmente colpita “Accidenti ragazzi, mi stupite. Soprattutto tu, Simon.”
“Principessa, spero con tutto il cuore che non abbia intenzione di rimembrarmi per tutta la serata la mia inferiorità, altrimenti sarò costretto ad eclissarmi prima del tempo.” La sua ironia sta già prendendo il sopravvento. Dev’essere proprio provato a causa della sua discussione col padre. La bionda pare capire subito che non è aria, così si limita a fare spallucce e distogliere lo sguardo, fingendo di interessarsi all’arredamento che in realtà sa a memoria.
“Per stasera concedo una tregua.”
“La ringrazio.” E un sospiro.
Marco si schiarisce la gola “Orsù dunque, se è questo il modo in cui siamo in procinto di ciarlare, mi adatterò. Vi dispiace avvicinarvi al salotto? Desidererei servirvi le squisitezze che ho ordinato con accuratezza per telefono.”
“Non è affatto credibile.” Protesta Manuela “Parlare così e poi dire la parola “telefono”.. Mah.” Borbotta, infine. Annuisco, essendo comunque d’accordo con lei, ma lasciamo tutti perdere. Ci sistemiamo, chi sul divano, chi sul tappeto –io rientro tra questi ultimi-, poi veniamo raggiunti dal padrone di casa che era andato in cucina per recuperare qualche bottiglia di bibita. Il resto è già sul tavolino al centro della stanza in cui ci troviamo, pronto ad esser divorato.
Il DVD viene inserito nel lettore mentre viene presentato il film da Marco “Attenzione che non è leggero e mi raccomando, niente urletti.” Così dicendo, indica me e Ginevra, facendoci sbuffare. Che colpa ne abbiamo noi se siamo un po’ più sensibili rispetto agli altri?
“Altra cosa da non sottovalutare: non è Austin Powers.” Aggiunge Simon, guadagnandosi un’occhiataccia da Manuela.
“Abbiamo visto ogni film almeno due volte.”
“E’ esattamente quello che gli ho detto io!” me ne esco, incrociando le braccia.
“E ripeto: non bastano mai!”
“Sta iniziando, silenzio per favore.” Questa era ovviamente Ginevra. Dopo un breve minuto di silenzio, di nuovo la sua voce “Cristo, ma quanti anni aveva, lì?”
“Chi, Jared Leto?” chiedo io, masticando il pezzo di pizza che ho appena preso.
“Eh, sì!”
“Beh, fai conto che il film è del duemila e lui deve compiere quarant’anni..” dice pacato Roberto, ovviamente informatissimo. Ogni volta mi chiedo come possa essere così onnisciente. Tutti i pregi a lui, incredibile.
“Ventinove? Che baldo giovane.” Commenta Simon, sgranocchiando qualche popcorn “Ha quasi quarant’anni? Non lo facevo così vissuto, vedendolo balzellare sul palco come un grillo. Comunque lo preferisco in tenuta marziana.”
“Io senza tenuta.”
“Manuela.” Il coro sorge spontaneo da parte di tutti i presenti.

 

 
Appunti sul capitolo:
Prima di ogni altro messaggio, devo dire delle cose.
Intanto il titolo del capitolo, I’ll be there for you. Un telefilm molto famoso e che adoro, “Friends”, ha come sigla una canzone che ha come titolo proprio queste parole. Siccome è un capitolo fatto apposta per farvi conoscere gli amici di Eleonora, ho deciso di omaggiare il telefilm in questo modo. E poi la canzone mi piace un sacco. Eja.
Poi, altro punto.
Requiem for a dream” è un film drammatico dove, appunto, Jared Leto è protagonista. Simon, alla fine, dice che preferisce l’attore in tenuta marziana. Jared Leto è anche il frontman della band “30 seconds to Mars”. Ecco spiegato il perché della tenuta.
 
Ora, veniamo a noi.
Innanzi tutto grazie, perché il prologo ha riscontrato più successo di quanto pensassi! Insomma, parlandoci chiaramente, il bello di una storia non sta certo lì. E a dirla tutta, non è neanche in questo primo capitolo. Però vi posso garantire che nel prossimo le cose si movimenteranno leggermente. ;)
Ma tornando alle persone che hanno recensito, e a cui ho risposto diligentemente (modestia, LOL), grazie davvero, perché tutte mi hanno dato la spinta di cui ho bisogno ad ogni storia appena iniziata. E per me è a dir poco fondamentale, direi.
Se continuaste a commentare, mi fareste contenta. Mi basta poco! LOL
In ogni caso, se avete domande su qualsiasi cosa, pure per soddisfare una vostra curiosità, fatemele pure. Nella recensione, nel blog, su twitter.. Tanto leggo tutto.
 
Ma comunque, miei cari lettori..
Che ne pensate del team? Ok, ancora è presto per avere un’idea precisa, ma come prima impressione? E poi avete avuto le prime comparse di Azzurra e Michele! Nelle recensioni ho visto che vi incuriosivano. Ah, e non dimentichiamoci di Samuele, mi raccomando. Voglio sapere tutto. Tutti i vostri pensieri. Saranno la mia unica droga. (?)
 
Non mi viene nient’altro da dire.
Ci vediamo per il secondo capitolo Martedì 11, il giorno prima del mio rientro a scuola. (Yay!) FUCK.
 
Un bacione immenso.
 
Maricuz

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Capitolo 3
*** Bad day ***


II Capitolo

 
Bad day


“No, no ti prego.” Supplico in qualsiasi modo questo dannatissimo oggetto inanimato perché mi mandi l’acqua quantomeno tiepida, ma niente: continua ad essere fredda. Sospiro, cercando di racimolare quel poco di autocontrollo che mi è rimasto. Questa mattina, Lunedì, mi sono svegliata tardi e ho rischiato di non arrivare in tempo ad una lezione a dir poco fondamentale all’università. A pranzo, prima di tornare alla stazione e successivamente a casa, mi sono fermata ad un McDonald e mi sono rovesciata della maionese sulla maglietta con una maestria che non pensavo neanche di possedere. Ma sapete cosa? Sono un tipo che tende ad essere ottimista, quindi ho sperato fino all’ultimo che nessuno di particolarmente interessante avrebbe notato la macchia, ma invano. In treno, tra i tanti posti liberi che c’erano, un ragazzo si è seduto proprio davanti a me. Davanti a me e rivolto verso di me. Avete presente le zone per quattro persone, vero? Ecco. Un dettaglio importante: il ragazzo era di rara bellezza.
La settimana non poteva iniziare in modo peggiore.
Ma evidentemente non bastava, visto che mi sto facendo una doccia fredda contro la mia volontà. Fermo il flusso, mi faccio lo shampoo sperando di non andare in ipotermia e prego in tutte le lingue del mondo che quando riaprirò l’acqua, essa sia di piacevole temperatura. Così faccio e, per fortuna, vengo accontentata.
Esco e mi metto accappatoio e ciabatte, per poi zampettare verso la mia camera borbottando brutte parole contro l’inefficienza delle docce oggigiorno.
“Perché stai parlando da sola?” mi chiede Azzurra perplessa, appoggiata allo stipite della mia porta. Sussulto, troppo presa dal prepararmi per accorgermi del suo arrivo. Sbuffo.
“Oggi non è assolutamente giornata.”
“Ma non lo è davvero o..”
“No, non lo è. E la giornata non è finita! Sono solo le..” controllo il cellulare, poi spalanco gli occhi “Sono già le quattro e dieci? Io in venti minuti dovrei essere in piazza mentre devo ancora vestirmi, asciugarmi i capelli e avere il tempo di spostarmi fisicamente da qui a lì?” domando istericamente, iniziando a velocizzare i miei movimenti.
“Devo rispondere o è una domanda retorica?”
“No, meglio di no. Per fortuna non c’è Ginevra oggi, almeno ho il bonus per qualche minuto di ritardo senza che qualcuno mi uccida.”
“Chi siete?”
“Io, Manuela e Marco.” Rispondo frettolosamente, con un paio di jeans fra le mani.
“E gli altri?”
“Bob ha una partita di rugby alle sei o alle sette, non ricordo.” ecco, un piccolo appunto: Roberto, bello, elegante e gentile, è uno dei pochi abitanti della zona a praticare questo sport che a me è sempre sembrato violento “Gin va a guardarlo insieme alle altre ragazze che stanno con altri giocatori della squadra. Simon non aveva voglia, è ancora in fase di combattimento con il padre. Sai cosa? Secondo me la soluzione sarebbe trasferirsi e basta.”
“Stavo proprio per dirtelo.” Mia sorella abbozza un sorriso, poi entra definitivamente in camera per sedersi sul letto.
“Come è andata a scuola? Scusa se non te l’ho chiesto, ma oggi vado veramente di fretta e sono in costante ritardo, per cui..”
“Non ti preoccupare.” Mi rassicura, inclinando la testa “Comunque tutto ok. Oggi non era una giornata pesante, al contrario di domani. Sto giusto facendo una pausa dallo studio.”
“Fa bene riposare ogni tanto il cervello, brava.” Mi guardo intorno alla ricerca di una felpa. Non ho bisogno di mettermi troppo in tiro, non ne ho neanche voglia. Ho solo bisogno di sentirmi rilassata, almeno per quanto riguarda l’abbigliamento. Eccoti, maledetta. Stavi scappando, vero?
“Lo so, grazie.”
 
“Ma non è finita certo con la doccia gelata!” Li avverto, sventolando davanti ai loro nasi il mio indice destro “Mentre mi asciugavo i capelli mi sono picchiata da sola, ovviamente per sbaglio, col phon. Vi rendete conto? Col phon. Non mi davo le phonate da quando avevo dieci anni perché mi pesava troppo e lo faccio adesso!”
“Io avrei avuto paura ad uscire di casa.” Dice Marco, alzando le spalle e guardando davanti a sé.
“Inizio a chiamare ambulanza e polizia, se vuoi.” Si offre, invece, Manuela. Sospiro stirando le mie labbra in un sorriso e scuotendo la testa.
“No, spero non mi serva nessuna delle due cose. Cercherò di stare attenta.”
“Però..” Eccolo. Eccolo il tipico però pensieroso e pieno di suspance di Marco. Precede sempre un suo ragionamento o una cosa che ha notato in una delle sue tante riflessioni, alcune davvero interessanti “Se ci fate caso, quando cerchiamo di evitare di fare qualcosa perché si ha paura di farla, la facciamo in uno dei pochi momenti in cui siamo distratti o comunque presi da altro.” Ok, sono d’accordo con lui, ma mi sta forse dicendo che morirò entro fine giornata?
“Marco.. Condivido il tuo pensiero, ma..”
“Ma non me puoi fa’ schiatta’ Elle! Porca troia, peggio di così non la potevi tirare! Ora è costretta a concentrarsi sulle sue mosse fino alla mezzanotte! Tanto vale non vivere!” è la mia stessa idea, solo detta più.. cruda e, naturalmente, dalla mia migliore amica.
“Dai, era per dire! Chiedo venia.” si difende il riccioluto, alzando le mani in segno di resa.
“Elle, guardati le spalle.” Borbotta l’altra.
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.” L’ennesima perla di Marco.
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?” e l’ennesima uscita di Manuela.
“Ragazzi, possiamo cambiare argomento?” chiedo, supplicante.
“No, ho a cuore la tua salute e non ti permetterò di cascare in argomenti come.. qual è la granita migliore o il film che preferisci vedere questa sera. Pensa alla tua incolumità.”
“Già il fatto che sto parlando sta distogliendo la mia attenzione dalle azioni che sto facendo.” faccio notare loro, spiegando nel modo migliore che conosco.
“Questo è vero, ma è comunque un discorso inerente alla-”
“Ok, ok, basta.” La castana interrompe l’altro, scrutando la strada con attenzione “Mi sa che adesso Elle abbia qualcos’altro da affrontare, oltre alla sua immane sfiga. O forse la deve affrontare in questo istante, ma comunque.. Elle.” Mi afferra la mano, mentre prende ad utilizzare una voce solenne “A ore undici, avvistato Jack. Jack!” ripete quel nome, stavolta allarmata.
“E chi cazzo è Jack?” il riccioluto dà voce ai miei pensieri, un sopracciglio più alzato dell’altro.
“Traducete il nome, caproni.”
Aggrotto la fronte, mentre ragiono. Jack in italiano: Giacomo. Giacomo. Spalanco gli occhi, sentendo lo stomaco stringersi. Punto subito lo sguardo verso sinistra, dove dovrebbe trovarsi il ragazzo, e constato che è davvero lì e che si sta dirigendo verso la direzione da cui proveniamo noi. Sospiro e guardo rassegnata la mia migliore amica, che si morde il labbro inferiore con sguardo colpevole, manco fosse colpa sua.
Se vi state chiedendo chi è Giacomo, ve lo spiego immediatamente. Poco tempo fa vi ho detto che non sono mai stata impegnata con qualcuno. Ecco, lui è l’unica persona che stava riuscendo a conquistare ufficialmente il mio cuore e la carica del mio ragazzo, durante il mio ultimo anno da liceale o, per esser più precisi, sette mesi fa. Credevo fosse perfetto: simpatico, intelligente e pure bello. Ci baciammo anche, eravamo tanto così dal metterci insieme e.. E lo beccai a pomiciare con un’altra. Non me la presi con lui direttamente, semplicemente smisi di frequentarlo. Quando mi chiese il motivo, gli risposi ironicamente “Ti ho visto con quella, state bene insieme e non voglio mettermi in mezzo” mentre pensavo “Riserberò per sempre rancore nei tuoi confronti, testa di cazzo”. Piansi, mi sentii una merda per una settimana intera, poi mi accorsi che stavo sbagliando tutto. Comunque, lo odio ancora. E’ una questione di principio, no?
Non lo vedevo dall’ultimo giorno di scuola e mi ritenevo fortunata, peccato che oggi è una giornataccia. Ehi, sfiga! Hai tirato fuori il tuo asso nella manica, eh?
“Ah.. Jack.” E con l’aggiunta di Marco, tutti e tre fissiamo il ragazzo. Come se si fosse sentito osservato, sposta lo sguardo su di noi. Per un attimo vedo un lampo di sorpresa nei suoi occhi verdi, poi una leggera indecisione. Infine, abbozza un sorriso e alza una mano per un normalissimo ed innocente cenno di saluto. Ricambio il gesto un po’ impacciata, ma dentro di me dico “Con che coraggio mi si rivolge in questo modo?
“Con che coraggio ti si rivolge in questo modo?” chiede Manuela, facendomi bloccare per due secondi. Ha appena detto la stessa cosa che ho pensato io o sono semplicemente rincoglionita?
“Ehm..” mi concentro sul dialogo e non sulla nostra telepatia “Non ne ho idea.”
“Ha semplicemente salutato.” Afferma il biondo con aria perplessa. Sia io che la mia amica ridacchiamo, burlandoci di lui.
“Marco, Marco.. Sei proprio un uomo.”
“Ve ne siete accorte solo adesso?”
“Te lo spiego brevemente..” inizio “Sai quello che mi ha fatto. Te lo ricordi, no? E’ quello che all’inizio ha fatto tanto il santarellino per conquistarmi e prima ancora che ci mettessimo insieme si era già trovato un’altra. Ti sembra carino, da parte sua?”
“Direi proprio di no.”
“Ecco. Considerando che non mi ha mai nemmeno chiesto scusa o tentato di rimediare, anche se non sarebbe servito a niente, conoscendomi, e aggiungendo il fatto che comunque tra di noi non c’è stato più niente di positivo.. Perché cavolo mi dovrebbe salutare in quel modo? Io saluto così un conoscente, qualche persona che magari consideravo amica ma che ho perso nel tempo.. Non una ragazza che ho frequentato, baciato, illuso e, passatemi il termine, tradito.” Per la centesima volta, mi sfogo sulla vicenda.
Marco si prende qualche momento per riflettere, poi annuisce “Penso di aver compreso. La consideri una presa per il culo.”
“Esattamente.”
“Ok, però rimane il fatto che è un semplice saluto e che alla fine non ti ha fatto niente di male, adesso..”
“No!” urlo, facendo girare una buona parte dei presenti verso di noi “No, escludendo il fatto che mi ha salutata, si è pure fatto vedere!”
“Scusami, ma che cazzo ne sapeva lui che ti avrebbe vista?”
“E infatti questa non è colpa sua. E’ colpa della sfiga, che non solo ce l’ha con me oggi, vuole anche che non la prenda con filosofia, procurandomi un nervosismo probabilmente immotivato, ma sicuramente imminente! No, ok, sono già nervosa. Maledizione!” sbuffo e chiudo gli occhi, alla ricerca della mia pace interiore. La cattiva sorte non vincerà, no!
Quasi non faccio in tempo a formulare questo pensiero, che mi ritrovo seduta a terra e con la caviglia sinistra sofferente. Me medesima non aveva notato che c’era uno scalino laddove stava camminando, mettendo così metà pianta del piede sulla superficie e l’altra nel vuoto, permettendomi di cadere come una povera idiota. Mi ritrovo a boccheggiare per il dolore lancinante e con gli occhi pieni di lacrime senza neanche rendermene conto.
“Ma che diavolo..” dice Manuela, vedendomi improvvisamente sparire nel nulla. Marco, invece, si abbassa immediatamente non appena realizza l’accaduto.
Scuote la testa, tastandomi la zona dolente “Ti sei distratta.”
“Fa male!” me ne esco io, incapace di dire qualsiasi altra cosa. Non mi è mai capitato di farmi male alla caviglia, è una sensazione nuova per me. Non sto neanche pensando al fatto che mi sono resa ridicola in mezzo ad una strada per non aver guardato dove stavo andando. Sono totalmente concentrata su tutta la gamba sinistra, che solo adesso sta tornando sotto il mio controllo. Ma la caviglia continua a far male.
“Ovvio che fa male.” Replica Marco, poi si morde il labbro inferiore. Sta pensando.
“E adesso?” chiede l’altra, guardando lui. Si è sempre dimostrato come quello più razionale nelle situazioni critiche, e anche se questa non è poi così grave, ci viene automatico aspettare i suoi comandi.
“La casa più vicina di chi è?” chiede, poi si risponde da solo “Manu, possiamo venire a casa tua? Il tempo di prendere il ghiaccio e metterlo sulla caviglia, per non farla gonfiare troppo.”
“Non ci sono problemi.. Ma la scarpa non dovrebbe..”
“No, meglio tenerla. Anche questo trattiene il gonfiore.”
“Fatelo smettere!” piagnucolo io, dondolando avanti e indietro. Il biondo sospira, fissandomi come se fossi una bambina.
“Ti porto io a casa sua.”
“E come?”
“Mi sali sulla schiena. Veloce, dai. Prima si fa, meglio è.”
Dopo un paio di tentativi, mi ritrovo sulla schiena di Marco e con le braccia intorno al suo collo, e intanto penso che l’asso nella manica della sfiga forse era proprio questo, e non la comparsa di Giacomo come credevo giusto fino ad un minuto fa. Decido di non scervellarmi troppo, giusto per non attirare il mio nemico a me, così catalizzo la mia attenzione su quello che mi accade intorno e cerco di frenare le lacrime, in questo momento del tutto indipendenti da me.
“Principessa Eleonora, il suo destriero pare un po’ mingherlino.” Commenta Manuela, squadrandoci.
“Non sono mingherlino.” Borbotta il diretto interessato.
“Sono d’accordo. Un ragazzo necessita di un po’ di fisico se vuol riuscire nell’intento di portarmi sulle spalle, e costui sta compiendo l’impresa.”
“In parte condivido il suo pensiero, ma lei, principessa, non pesa troppo. Le ricordo che è comunque di bassa statura.” Afferma.
“Ma sono grassa.”
“Ma vada in culo.” Ridacchia lui, sempre controllato. Anche io e Manuela ci lasciamo sfuggire una risata, poi torniamo nel silenzio, fino a quando Marco non mi domanda “La caviglia?”
“Fa ancora male, però meno di prima.”
“Ok, meglio. Resisti ancora due minuti, poi ci siamo.”
E così è. Abbiamo, anzi, hanno camminato per altri due minuti, discutendo principalmente sulla mia sfiga –che ormai è l’argomento del giorno-, e adesso sono semi-stesa sul divano con Marco letteralmente ai miei piedi che tenta di fissare il ghiaccio sulla mia zampa infortunata e Manuela che si apre un pacchetto di Fonzies mentre si gusta lo spettacolo. E le patatine.
“Me ne dai una?” chiedo, sfoderando il mio sguardo da cucciolo.
“Scordatelo. Potrebbe influire negativamente sullo stato della tua caviglia sinistra, e non me lo perdonerei mai.” Risponde, continuando a sgranocchiare davanti a me. Sbuffo guardandola male e torno ad osservare il biondo, sicurissima che almeno lui mi avrebbe trattata meglio.
“Me ne dai una?”
“Certo!”
“Ma siete degli stronzi!” sbotto, incrociando le braccia. Una se la ride, l’altro sghignazza. Veramente dolcissimi.
“Elle, la patatina mancata è la cosa più bella che ti sia capitata oggi, non lamentarti.” Continua a prendermi in giro Marco, sedendosi come una persona normale sul divano, levandosi finalmente dal pavimento.
“Ti prego, insegnami ad essere così simpatica!” lo supplico teatralmente.
“Non hai niente da imparare, mi sa.” Commenta Manuela, per poi rischiare subito dopo di strozzarsi. Ha, le sta proprio bene! Magari quella patatina che le sta andando di traverso avrebbe potuto darla a me!
“Ok ragazze, adesso direi di parlare seriamente. Elle, sarebbe cosa buona e giusta se tu camminassi il meno possibile, quindi giusto per andare all’università, nei prossimi giorni.” Annuisco, fidandomi delle sue parole. Sua madre è un medico “Adesso vado a prendere la macchina, poi torno qui, sali e ti riporto a casa. Obbiezioni?”
“Nessuna.” Diciamo all’unisono noi ragazze.
“Perfetto.” Marco si tira su “Tempo dieci minuti e sono di nuovo qui.”
 
“Beh, direi che ormai è quasi fatta. Mancano solo cinque ore e mezza alla mezzanotte!”
“Marco, ti prego. Potresti evitare di fare il conto alla rovescia? Mi metti ansia, Cristo.” Sbuffo, poi la suoneria del mio cellulare “Oh, porca vacca.”
“Cosa?” chiede lui, girandosi verso di me.
“Che cazzo fai? Guarda la strada! Non mi sembra la giornata giusta per distrarsi dalla guida! Comunque mi stanno chiamando.”
“Sì, questo l’avevo capito. Chi è?”
“Non lo so, ho paura di scoprirlo, però. Magari è la polizia che vuole avvertirmi! Mi vogliono mettere in prigione!”
“Scusa, Elle, ma se così fosse.. Perché dovrebbero avvertirti?”
“Allora hanno messo in prigione qualcun altro! Forse Simon. Ah, lo sapevo che quel ragazzo avrebbe fatto una strage in casa, prima o poi.” Prendo un respiro profondo, poi guardo il mittente della chiamata “Appunto, è Simon. La polizia mi sta chiamando con il suo cellulare. Forse non aveva credito..”
“Rispondi, che è venti minuti che il cellulare squilla. A proposito, cambia suoneria, per piacere.”
Sospirando, e non dandogli retta, premo il tasto verde e mi porto il telefono all’orecchio “Pronto?”
Basta, mi sono rotto il cazzo. C’è stato l’ennesimo litigio e sai cosa? Sarà anche l’ultimo.
“..Lo vuoi uccidere?” come volevasi dimostrare. Marco mi lancia un’occhiata dubbioso.
No, cogliona. Mi trasferisco. Raccatto tutto ciò che è mio e mi prendo un appartamento in affitto. A dir al verità ho già trovato anche il posto, e non me ne fotte un cazzo se abiterò al decimo piano di un palazzo con un ascensore che ogni tanto smette di funzionare, in un quartiere in culo al mondo dove per prendere anche solo un pacchetto di sigarette devo fare tutta la maratona di New York. Io in quella casa non ci sto più. Il tempo di trovarmi un coinquilino e mi trasferisco, quant’è vero che mi piace la figa.
Rimango per un attimo in silenzio, spiazzata da quel discorso così chiaro e conciso. Annuisco con espressione ovvia, come se potesse vedermi “Certo.”
Certo? E’ tutto quello che sai dire?
“Che ti devo dire, scusa? Mi fa piacere!”
Oh, grazie.” Qualche attimo in cui nessuno parla, poi di nuovo la sua voce “Conosci per caso qualcuno che cerca un posto per andarci a vivere?
“Ehm..” mi gratto la testa “Ora come ora non mi viene in mente nessuno.”
Se vuoi ti do cinque minuti, tanto ho attivato una promozione e pago pochissimo per le chiamate.
“Ah, davvero? Buono!”
Sì, infatti. Poi con tutto il tempo che sto al telefono con voi..
“Già.”
“Elle, siamo arrivati, ho già parcheggiato, non te ne sei neanche accorta ed io mi sento un po’ escluso.” Così dicendo, Marco attira la mia attenzione, di nuovo.
“Cerca un coinquilino!” riassumo al massimo la conversazione avuta con Simon, che ancora stava aspettando dall’altro capo del telefono. Il biondo annuisce, poi fa un cenno con la testa verso il marciapiede “Tipo lui?”
Mi volto e m’illumino “Samuele!”
Samuele?
“Il mio vicino, Samuele! Tre giorni fa mi ha detto di volersi trasferire!”
Samuele!
“Adesso scendo dalla macchina e corro a chie.. No, non posso.”
Come non puoi? Che cazzo vuol dire che non puoi?
“Mi sono fatta male alla caviglia.”
Quando?
“Quaranta minuti fa?” chiedo conferma a Marco.
“Sì, circa.”
“Quaranta minuti fa.”
Non esco una volta e ti fai male alla caviglia? Dannazione.. Avrei voluto esser lì.
“Stronzo, pure tu.”
“Vabè, io scendo prima che Samuele raggiunga la porta di casa.” E così fa il guidatore. Chiude lo sportello e con una leggera corsettina lo vedo raggiungere l’altro ragazzo, che sorridente –allarme surriscaldamento globale- inizia a parlare con lui. Li osservo discutere allegramente, da bravi amici di vecchia data, ma ovviamente non riesco a sentire cosa si dicono.
Elle, ci sei?
“Certo che ci sono.”
E’ andato?
“Sì, adesso stanno parlando. Non so di cosa, però. Penso che i primi due minuti consistano nel parlare del più e del meno. Sonda il territorio..”
Certo, certo. L’avrei fatto anche io.” Concorda Simon “Secondo te accetterà?
“Ci sono buone possibilità.” Sospiro, sistemandomi sul sedile e spiando i due ragazzi da dentro la macchina con non-chalance. Mi sento un po’ come una spia in appostamento. Forte.
Speriamo, non ho molta voglia di aspettare. Fosse per me andrei pure da solo, ma i soldi non crescono sugli alberi, per cui..
“Certo però, con tutti i giochetti genetici che fanno adesso, un albero del genere potrebbero crearlo.”
Sai che è la stessa cosa che stavo pensando io un paio d’ore fa? Sarebbe magnifico. Nascerebbe anche il proverbio “Avere il pollice al verde”, ti immagini?” e ride. Adesso sono sicura al cento percento. Questo ragazzo è completamente andato.
“Mamma mia, che schifo.”
Davvero, quasi mi vergogno di averla detta. Pensa che non me l’ha neanche suggerita Manu.
“Vantatene.”
Non merita farlo.
“Perlomeno hai ancora una dignità.”
Gentile da parte tua notarlo!” se ne esce, allegro “Insomma, Marco ha fatto? Mi pesa il braccio a forza di stare con il cellulare all’orecchio.
Controllo e non vedo né Marco né Samuele. Sento il mio sportello aprirsi e sussulto, per poi accorgermi che è il mio migliore amico “Allora?” chiedo.
“Gli ho dato il numero di Simon, lo chiamerà.”
“Gli ha dato il tuo numero, ti chiamerà!” ripeto.
E devo aspettarmi un sì o un no?” riferisco a Marco, che risponde “Un non lo so, ora come ora.”
Oh, meraviglioso! Che angoscia.
“Per adesso dovrai accontentarti. Male che vada posticipi il tuo trasferimento di qualche giorno. Giuro solennemente che nel caso Samuele rifiutasse, mi impegnerò a trovare il tuo futuro coinquilino!” prometto, e vedo annuire il biondo “Anche Marco lo giura!”
Ah, beh. Sono in buone mani, allora. Come minimo mi ritrovo un patito di videogiochi che mi tiene sveglio tutte le notti per colpa del volume della PSP! No, ancora meglio. Un alcolizzato. Un alcolizzato che terrà tutte le sue amate bottiglie nel frigo. So già che un giorno finirà l’acqua e sarò costretto ad ubriacarmi solo per dissetarmi. Ah, vi ho voluto bene ragazzi! Sappiate che la causa del mio futuro coma etilico è questa, vi avverto. Holy shit.
“Ci sentiamo, Simon.” E riattacco. 
 
 


Appunti sul capitolo:
Il titolo “Bad day” diciamo che ha due sfumature: quella ovvia, visto che Eleonora non ha avuto una bella giornata, e quella riferita all’omonima canzone di Daniel Powter, più specificatamente al suo video (che vi consiglio di vedere). Diciamo che dà uno pseudo-spoiler, ma non così immediato.
La caviglia, invece. Non so se vi è mai capitato di romperla o anche solo prendere una distorsione, ma non ve lo auguro per niente. Per fortuna a me è toccata solo la distorsione (quattro volte, sempre la destra e tutte le volte in modi diversi). Comunque, volevo infilarcelo, questo infortunio, perché ci sta tutto.
 
Ora, veniamo a noi.
Si è scoperto come mai Elle è nel periodo meglio-soli-che-male-accompagnati. Tutta colpa di Giacomo! *musichetta per la suspance*
E, inoltre, avete visto lo sclero di Simon. Non potete capire quanto mi sono divertita a scrivere l’ultima parte. :3
Sappiate che questo capitolo è l’inizio di tutto, la causa di molte cose. Non dal prossimo, ma da quello dopo ancora inizierà la storia vera e propria. Ancora siamo in fase di conoscenza, qui. ;)
Anyway, spero tanto che vi sia piaciuto e di non avervi deluso.
 
Come al solito, grazie a tutte. Chi legge, segue, preferisce e recensisce! :)
 
Un bacio enorme
 
Maricuz

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Capitolo 4
*** What a bore! ***


III Capitolo


What a bore!
 
Sbuffo, cambio canale e mi lamento con mia sorella, che non mi sopporta più. Infatti, Azzurra rotea gli occhi e poi si tuffa su di me per rubarmi il telecomando, che ovviamente non le cedo. Mi guarda malissimo ed io, da brava persona matura, le faccio la linguaccia.
“Mamma, quanto manca? Non la sopporto più!” urla lei, guardando con supplica la porta che dà sul corridoio.
“Vieni ad apparecchiare!”
“Ok!” coglie la palla al balzo per abbandonarmi e si alza di scatto.
“NO! No, non mi lasciare! Ti prego! Non puoi lasciarmi qui, sola, con una caviglia in riabilitazione e una televisione che non dà niente di interessante per apparecchiare la tavola, in vista di uno stupido pranzo! Per di più di Sabato!” sparo un sacco di motivi senza senso, mentre lei mi scruta con un sopracciglio alzato.
“Elle, non per rovinare l’atmosfera tragica che hai creato.. Ma sono tornata solo dieci minuti fa da scuola e già non ti sopporto più. Io mi farei qualche domanda.” Mi lascia una pacca sulla spalla e se ne va. Sbuffo e incrocio le braccia.
Mi annoio. Da quando mi sono fatta male alla caviglia non esco se non per andare all’università –cosa che faccio con non poche difficoltà-. Sono passati cinque giorni da Lunedì, eppure già darei di tutto pur di fare qualcosa più interessante che stare a guardare la televisione o navigare senza sosta sul web. Certo, i miei amici sono venuti a trovarmi qualche pomeriggio, giusto per allietare un po’ quella settimana, ma l’idea che comunque non posso varcare la soglia di casa mi mette angoscia. In ogni caso, i miglioramenti ci sono e la prossima settimana riprenderò a scorrazzare per il paese col team.
Ieri è venuto a trovarmi Simon. No, se proprio vogliamo essere precisi, è andato a discutere con Samuele per i preparativi e poi ha suonato a casa mia, giusto per raccontarmi anche gli ultimi sviluppi. Il mio ormai ex vicino di casa ha accettato di trasferirsi. Il grande evento avverrà Mercoledì prossimo, se non erro, e verrà festeggiato il Venerdì sera. Di comune accordo è stata stabilita una cena per inaugurare l’appartamento e, ovviamente, io rientro tra gli invitati, insieme a Marco, Manuela, Ginevra e Roberto. Ovviamente ci sarà anche qualche amico di Samuele, come è giusto che sia.
Mi arriva un messaggio, che per fortuna blocca le mie elucubrazioni mentali.
 

Sono troppo, troppo forte. Ha riportato il compito di mate, oggi: 8-!
La prossima volta ti porto dei cioccolatini.

 
Rido ed esulto mentalmente insieme a Michele. Mi sento come se quel voto l’avessi preso io, e sono piuttosto soddisfatta. E, ovviamente, sono fiera del mio studente. Se va avanti così, quest’anno non rischierà neanche per sbaglio di essere rimandato in matematica.
“Eleonora, vieni che è pronto!” ecco la mamma.
“Il tempo di soffrire e arrivo!” rispondo, gettando il cellulare sul divano dopo aver risposto al ragazzino complimentandomi con lui. Mi alzo e zoppicando mi avvio verso la sala da pranzo, dove un tavolo già apparecchiato e piatti già riempiti di pasta fanno sfoggio di sé. Che bello quando la mamma è casa, Azzurra ed io mangiamo quanto un gruppo di barboni affamati. Mi siedo, lasciandomi sfuggire un sospiro di sollievo, poi sorrido a mia madre che mi guarda preoccupata.
“Ti fa ancora male?” mi chiede.
Nah, tranquilla. Sto molto meglio.”
“Vuoi un po’ di ghiaccio?”
“Magari dopo.” Ecco, ricordatevelo nel caso vi succedesse qualcosa simile a ciò che è capitato a me: il ghiaccio fa sempre bene.
“Va bene.. Allora buon appetito!” E cominciamo ad ingozzarci.
Azzurra racconta la sua giornata a scuola mentre l’ascoltiamo attentamente, io con la forchetta rigorosamente in mano. Se state pensando che siamo una famiglia unita nonostante il divorzio dei miei, avete ragione. Se non lo state pensando, fa niente, ve l’ho detto io. Mia sorella intanto parla, e non appena finisce comincia mia madre, narrandoci le vicende che ha affrontato qualche giorno fa in compagnia del suo tirocinante Pietro. Da quello che dice, pare un tipo simpatico.
La suoneria del mio cellulare interrompe le varie chiacchiere. Mi immobilizzo guardando mia madre, aspettando che mi dia il permesso di rispondere. Lei mi fa un cenno con la testa ed io mi alzo. Con calma –per cause di forza maggiore- arrivo di nuovo al divano davanti alla televisione e rispondo alla chiamata, senza guardare chi sia.
“Pronto?”
Eleonora!
“..Pa’!” Sorrido, riconoscendo la voce.
Piccoletta, come stai?Piccoletta. Mi chiama così da tutta la vita e, ovviamente, non ha cambiato soprannome nel corso degli anni.
“Una caviglia ko, ma sto bene emotivamente!”
Una caviglia ko? E che hai fatto?
“..Preferirei non parlarne. E’ un po’ imbarazzante.”
Sei inciampata in mezzo alla strada.
“Potevi far finta di niente?!” sbotto, sorpresa dal fatto che abbia già indovinato. Quell’uomo mi fa paura ogni volta. Sa tutto, e se non sa, sa lo stesso! Io queste capacità non ce l’ho, dannazione. Eppure sono sangue del suo sangue, qualcosa simile a lui dovrei avercela.
Come faccio a far finta di niente, scusa? Ti sei fatta male!
“Non in quel senso.. Vabè, lascia perdere. Te come stai?” lo sento sospirare, poi risponde.
Un po’ stanco. E’ tutta la settimana che vado in giro in qua e là, anche stamattina. Adesso finalmente mi sono fermato un attimo. Ne ho approfittato per chiamare, visto che non vi senivo da decisamente troppo. A tal proposito, mi dispiace, ma sai che..
“Pa’, stai tranquillo, lo so, lo so..” lo rassicuro, sorridendo lievemente. Non che sia felice di questa situazione, in fondo lui è mio padre e non lo sento tutti i giorni come farebbe invece una ragazza o un ragazzo con i genitori sposati e tutto il resto, ma nonostante questo so che lui mi vuole bene e che se avessi bisogno correrebbe da me, ne sono fermamente convinta.
Se fossi lì, ti strapazzerei la guancia.
“Oh, gentile da parte tua ricordarmi quei tragici momenti.”
Ma sei troppo carina. Mi sembra ieri che ti tenevo sulle ginocchia senza avere problemi di circolazione del sangue.
“Ti passo Azzurra, ok?” lo interrompo, divertita.
Grazie, piccoletta. Ci sentiamo, tanto. Magari fatti sentire anche tu.” Dice, senza ovviamente accusarmi. Non lo farebbe mai.
“E io che ne so di quando hai riunioni o cose del genere?”
Manda un messaggino!
“Ok, va bene..” sospiro “Ci sentiamo. Ciao papà.”
Ciao, ciao.
Urlo dal salotto che è papà, un modo decisamente più veloce in confronto a quello che consiste nello zoppicare fino alla sala da pranzo, cosa che comunque comincio a fare. Devo finire di mangiare. Azzurra mi viene subito incontro, e contenta mi ruba il cellulare dalle mani “Papà!” la lascio chiacchierare e torno a sedermi davanti a mia madre.
“Che dice?” mi domanda, curiosa.
“Che lavora tanto e che ne ha approfittato per chiamare, nient’altro di interessante.” Rispondo, e lei annuisce. Come ho detto tempo fa, sono rimasti in buonissimi rapporti, per fortuna. Infatti, dopo qualche minuto, mia sorella torna col cellulare reclamando nostra madre, richiesta dal mittente della chiamata. Lei, con tutta la tranquillità del mondo, comincia a conversare con l’ex marito.
 
Diamine se c’è, la noia.
Continuo a non far sostanzialmente niente, pizzico qualche corda della chitarra giusto per tenere occupata la mente in qualche modo, senza avere una melodia ben precisa nella testa.
Ecco, direi quasi che questa settimana sia stata monotona, o perlomeno che questa giornata si sta svelando esattamente come altre. Sì, lo so, proprio io dico che la monotonia non esiste, ma davvero non riesco a credere al contrario, in questo momento. C’è comunque una piccola parte di me che è convintissima dell’idea opposta, per cui, sebbene creda sia un giorno pesante, sono speranzosa e mi auguro che accada qualcosa. Smetto di suonare e mi perdo con lo sguardo nel vuoto, cominciando a farmi qualche film mentale.
Un postino. Un postino, bello e sorridente, che suona alla porta per consegnarmi un pacco che, ovviamente, aprirò. E che ci faccio stare, in quel pacco? Una torta. Sì, nel pacco c’è una torta. No, la torta nel pacco per cosa? Mica è il mio compleanno. Cambiamo.
Una chiamata. Qualcuno mi chiama e mi dice che morirò tra sette giorni. Dio, speriamo di no.
Simon! Simon suona il campanello e mi fa compagnia. Lui è il tipo di queste improvvisate, magari succede davvero. Mi immobilizzo per dieci secondi, in attesa del suono del campanello. Appena scaduti, sbuffando torno a giochicchiare con lo strumento che ho ancora tra le braccia. Non appena lo faccio, sento il rumore che stavo aspettando poco fa.
Alzando le sopracciglia per la sorpresa, attendo che qualcuno vada ad aprire. Nella mia immaginazione, quando arrivava il postino, mi ero dimenticata del fatto che mia sorella sarebbe arrivata all’ingresso prima di me, quindi della sua bellezza ne avrebbe goduto solo lei. Arriccio il naso. Stupida caviglia, mi rovina pure le fantasie.
Così concentrata dall’odio nei confronti dell’infortunio, non mi accorgo che l’ospite –chiunque sia- si aggira per i corridoi fino ad arrivare davanti alla mia porta. Sento bussare e sussulto, colta di sorpresa “Avanti.” Dico, iniziando a posare la chitarra sul letto.
La porta si apre, mostrandomi il viso di Ginevra. Sorrido meravigliata, visto che mi sarei aspettata tutti, persino il suo ragazzo, tranne che lei “Ciao, Elle.”
“Gin, ciao! Che ci fai qui?” domando, per niente scontenta del suo arrivo.
Richiude la porta e scrolla le spalle “Niente in particolare, sono venuta per farti compagnia. Non ci vediamo da qualche giorno, così.. Insomma, mica ti voglio trascurare!” ridacchia, forse un po’ imbarazzata. Me ne stupisco leggermente.
Batto la mano sul letto, accanto a me, incitandola a sedersi “Il fatto che tu non venga a trovarmi tutti i santissimi giorni non significa che tu mi trascuri.”
Un po’ incerta, si accomoda al mio fianco “Sì, dici così perché sei buona, però.. Sai che vado un po’ a periodi e se mi concentro su qualcosa lascio perdere il resto. Cioè, non che lascio perdere del tutto, però.. Insomma, trascuro.” Ripete quel verbo, gesticolando. Annuisco.
“Ma sei presa da Roberto, mica da chissà cosa. Voglio dire, è giusto che tu stia con lui, visto che è il tuo ragazzo.”
“Certo, ma ci siete anche voi. E’ stato proprio lui a farmelo notare.. Sai com’è, lui. Pensa sempre un po’ a tutti, e ultimamente sono sempre con lui ovunque vada. Inizialmente pensavo dicesse così solo perché non mi voleva tra le scatole, poi mi ha spiegato.” Sorride, a disagio, facendomi tenerezza.
“Non si smentisce mai.” Commento io, divertita.
“Proprio mai. Comunque, non volevo parlare di questo. Cioè, non solo di questo.” Sì, dice molto spesso la parola cioè “Mi hanno riferito che la tua caviglia sta pian piano riprendendo stabilità.”
“Pian piano ce la fa, sì!” esclamo fiera, gonfiando il petto.
“Meglio. Averti fuori gioco per uscire è brutto, sai? Io e Simon litighiamo più spesso, e Roberto da solo non riesce a tenerci a bada. Manuela ha bisogno che tu rida alle sue battute orribili, visto che adesso c’è solo Simon che l’asseconda al verso giusto. Cioè, anche Marco ride, però lui è più contenuto, lo conosci. Lui invece non sa a chi fare le domande serie. Ogni volta ci ripete quanto è insoddisfatto delle nostre risposte.” Parla lei, trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
“Oh..” mi lascio scappare, intenerita “Ma come siete dolci. Andate allo sbaraglio, senza di me, eh?” scherzo.
Inevitabilmente allo sbaraglio.”
“E ci sono novità? In generale, dico..”
“Che Simon Mercoledì si trasferisce e che Venerdì fa la cena lo sai, no? A proposito, ci vieni, vero?”
“E perché non dovrei venire?” chiedo, divertita.
“Che ne so, la caviglia.. L’appartamento è all’ottavo piano.”
“Prendo l’ascensore.”
“L’ascensore ogni tanto si blocca.”
“La mia giornata sfortunata l’ho avuta. Penso che mi butterei dalla finestra dell’appartamento se si bloccasse proprio a me l’ascensore.”
“Guarda che adesso ti tengo d’occhio, eh.”
“Sarai la giudice, allora.” Rido, per poi stringerle la mano come se avessimo fatto un accordo. Parliamo ancora un po’, io della noia che mi ha assalito per ore e ore e lei di qualche aneddoto con gli altri del team. Mentre chiacchieriamo, mi rendo conto di quanto tempo fosse passato dall’ultima volta che siamo rimaste da sole come adesso. Sono mesi che sta o con noi, ma solo in gruppo, o sola con Roberto. Per come sono fatta io, però, non ne ho mai fatta una colpa, e credo proprio che anche per gli altri non ci sia mai stato un reale problema.
“Davvero, stavamo tutti per morire.” Racconta, non capacitandosi dell’accaduto “Manuela continuava ad infierire dicendo le sue solite stronzate, e noi ci piegavamo in due per il dolore. Marco era rossissimo, da quanto rideva. Simon si era appoggiato al muro, poco dopo mi sono girata ed era steso a terra che si copriva il viso con le mani e pareva preso da una crisi epilettica, da quanto si muoveva per le risate. Io stavo piangendo, il trucco andato totalmente a farsi i fatti suoi, e Roberto non l’avevo mai visto ridere così tanto, te lo giuro!” rido anche io, immaginandomi la scena “Guarda, non ti dico le battute solo perché rovinerei tutto. E’ proprio come le dice lei che fa schiantare.”
“Sì, sì, immagino. Mi domando come abbia sviluppato una tale abilità.”
“Mah.. Sinceramente credo sia colpa del fatto che non fa altro che guardare quei video su youtube di quei tizi che parlano alla telecamera. Ma non si sentono un po’ stupidi, a farlo? Non è imbarazzante? Vabè, comunque credo sia per questo. Mi è capitato a volte di guardarne qualcuno, e ho notato delle intonazioni che usa anche lei. Deve aver assorbito la loro essenza.” Afferma, sempre con il sorriso sulle labbra.
“Dovrebbe farli anche lei. Sarei la fan numero uno e la prima ad iscrivermi al suo canale.”
“Dici che avrebbe successo?”
“Perché no? Sarebbe una delle poche youtuber donne che non si occupano di trucchi o acconciature.” Scrollo le spalle, immaginando la pagina del sito di video con Manuela che parla da sola. Sghignazzo. Ce la vedo assolutamente, e anche perfettamente a suo agio. Quella ragazza è nata per far ridere le persone, e non certo per il suo essere ridicola, perché non lo è per niente.
“Magari diventerebbe pure famosa.”
“Magari.” Annuisco, con sguardo perso, sempre pensando a quello che potrebbe succedere se davvero Manuela prendesse quella strada.
Dopo un breve minuto di silenzio, il cellulare di Ginevra prende a squillare. Sussulta e apre la borsa, alla ricerca dell’apparecchio. Non appena posa gli occhi sullo schermo, sorride automaticamente “Scusami un attimo.” Dice, prima di rispondere “Pronto? Sì, sì certo, tutto bene.” Socchiudo gli occhi cercando di capire chi è il mittente della chiamata. Sì, sono curiosa, ok!
“Sono da Eleonora, perché?” una breve pausa “Certo che ti ho dato retta, per chi mi hai preso?”
Ah, ok, è Roberto. Sorrido anche io guardandola, vedendola serena. Quando dico che loro sono la coppia perfetta non scherzo affatto. Tralasciando il fatto che si amano da impazzire –e si vede, basta guardarli in faccia-, sono proprio fatti per stare insieme. Una ha la testa più dura del metallo, l’altro la pazienza e l’interesse necessari per fonderla e, non rimodellarla, ma farla ragionare. Comunque, questa testardaggine di Gin, non è mai stata un problema per lui, viste le conseguenze. In realtà la loro storia non è nata dalle avances dell’uomo, ma della donna. Lei aveva da poco diciotto anni, una schiera di ragazzi a seguito e nessuna voglia di accontentarli, neanche uno. E’ sempre stato un tipo che le cose se le vuole conquistare e sa di avere un bel faccino e un bel corpo. Questi due fattori l’hanno portata a credere che i sentimenti dei suoi spasimanti fossero superficiali e che lei, desiderosa di avere una relazione seria, avrebbe dovuto trovare da sé una persona che la conoscesse davvero, pregi e difetti, esterni ed interni che siano.
“Oh, Elle, ti saluta Roberto!” interrompe i miei pensieri, allegra.
“Risalutamelo!” fa una risatina, poi torna a blaterare qualcosa alla sua dolce metà.
Ricorderò sempre la prima volta che abbiamo visto il bel moro. Eravamo ad un locale per San Valentino, c’era una festa esclusivamente per single. Tutti noi del team partecipammo, essendo scapoli, chi più felicemente, chi meno. Simon era venuto con lo scopo di rimorchiare qualche ragazza, andando sul sicuro. Insomma, quelle impegnate non le avrebbe trovate, per cui aveva strada libera in quel senso. Marco aveva appena rotto con una ragazza che l’aveva trattato veramente male, quindi aveva come unico obbiettivo quello di svagarsi. Noi ragazze eravamo tranquille. Certo, le occhiate intorno le lanciavamo, anche solo per osservare gente mai vista, ma non avevamo in mente di instaurare nuovi rapporti.
Piccolo problema: un ragazzo solo soletto al bancone del bar, bello come pochi altri, sguardo sconsolato puntato sul bicchiere che si stava rigirando tra le mani distrattamente.
A Ginevra stava per prendere un attacco di panico, continuava a farneticare cose tipo “Quello è l’uomo della mia vita” o “Voglio essere la donna della sua vita”. Insomma, ripeteva le stesse cose scambiando i soggetti e i vari complementi. Per scommessa, andò a parlargli. Per testardaggine, continuò a farlo.
“Ok, scusami.” Riattacca e torna a dedicarmi attenzioni “Non si fidava, pensava fossi andata a fare shopping.” Ridacchia.
“Plausibile.”
“Sì, ma non dopo che mi ha esplicitamente detto di stare con qualcuno del team. Insomma.. Dai!” rido, vedendola incapace di spiegarsi. Annuisco e le do un paio di pacche sulla spalla.
“Tranquilla, ho capito.”
“Grazie. Sai, adesso era con i suoi fratellini!”
“I gemelli? Sai che non li ho mai visti?”
“Io sì. Sono veramente.. Sono.. Dio, non so come spiegartelo. Sono belli da morire, poi sono così carini!”
“Hai già detto che sono belli, non c’è bisogno che ribadisci il concetto dicendo che sono carini.” Le faccio notare, alzando un sopracciglio.
“Eh, ma carini nel senso.. Nel modo di fare, mi segui?”
“Ah, ah! Ho capito. Beh, sarà di famiglia.” Scrollo le spalle. Se i gemellini, crescendo, rimarranno carini come lo sono adesso, a detta di Gin, andrò personalmente a fare i complimenti ai genitori di Roberto. Lavoro eccellente, con tutti e tre.
“Non me ne parlare. A volte Rob è quasi inumano. Sai no, i suoi comportamenti a volte possono mettere a disagio. Non tanto perché siano in qualche modo negativi, però.. Ti fanno sentire inferiore, moralmente. E’ strano dirlo..” si muove sul letto, come se fosse scomoda. Aggrotto la fronte.
“Ho capito quello che intendi. Ma tu.. Ti senti davvero inferiore?”
“..No. Cioè.. Sì. Ma no.”
“Chiaro.. Cristallino, oserei dire.”
Lei sospira, si sistema dietro le orecchie dei ciuffi biondi e poi appoggia le mani sulle cosce “Allora.. I primi tempi no, perché ero troppo concentrata sul conquistarlo. Subito dopo che ci siamo messi insieme neanche, perché la soddisfazione di avercela fatta era tantissima. Poi sì, pian piano.. un po’. Ma intanto il sentimento aumentava, ed io sono egoista e masochista, e lo volevo per me ugualmente. Poi, il sentimento aumentava anche per lui, quindi è migliorata la situazione.. Insomma: se lui è un principe, a me fa sentire come una principessa.”
Un po’ perplessa, chiedo chiarimenti “Ma hai detto che i suoi comportamenti ti fanno sentire inferiore..”
“Non è inferiorità. Ti senti inadatto a stare al suo fianco. Ma non lo fa volontariamente!” si affretta a specificare, spalancando i suoi grandi occhioni celesti.
“Certo che no, non penso lo farebbe mai. Comunque adesso ho capito.” Sorrido.
“Bene, meglio..” sospira sollevata, come se fosse una questione di vita o di morte. Stiamo per un po’ in silenzio, poi riprende la parola “Non te le avevo mai dette queste cose. Ha ragione a dire che in questi mesi non vi ho calcolato più di tanto..” mi guarda “Chiedo umilmente scusa..”
“Scema, non ti preoccupare.” Alzò un braccio, invitandola ad abbracciarmi. Contenta, quasi scodinzolante, si avvicina e mi stringe, rischiando di soffocarmi.
“Mi mancava.” Se ne esce, allontanandosi.
“Cosa? L’abbraccio o la chiacchierata?”
“Un po’ tutte e due.”
Torniamo a parlare, e lo facciamo per un’altra oretta. Guardando la finestra vedo che fuori inizia a far buio, e non sono l’unica a notarlo. La bionda si alza e annuncia le sue intenzioni “Penso sia ora di andare, adesso.”
“Se vuoi puoi rimanere qui a cena!”
“No, no, ma grazie per l’invito.” Recupera la giacchetta che aveva appoggiato sul letto “Ci vediamo col gruppo tanto, prima della cena. Nel caso, ci vediamo lì, anche se cercherò di non commettere lo stesso errore che ho fatto per otto mesi buoni.” Ridacchia imbarazzata. Roteo gli occhi “Ancora con questa storia? E basta!”
“Ok, ok!” alza le mani in segno di resa, divertita “Non la tiro più fuori. Non con te almeno, magari con altre due persone.”
“Tre. C’è anche Simon.”
“Ma lui me la farebbe pesare!” si lamenta, come una bambina. Annuisco.
“Solo perché sei tu. E’ giusto comunque che ti scusi anche con lui, anche se alla fine gli hai fatto solo un favore. Da quando stai con Roberto la percentuale dei vostri litigi è diminuita notevolmente.”
“Vero.” Concorda “Va bene, va bene.. Mi scuserò anche con lui, quando lo vedo. Adesso vado sul serio!” si china per baciarmi sulla guancia “Ci vediamo!”
“Scusa se non ti accompagno alla porta.”
“Farei prima a rimanere a cena, se lo facessi.” Mi sfotte, ridendo. Con queste parole, esce dalla mia stanza e, dopo aver salutato anche mia madre e mia sorella, anche di casa.
 
 

 
Appunti sul capitolo:
Il titolo mi sembra abbastanza ovvio, quindi non do spiegazioni, mentre per il resto.. Posso dire qualcosa sugli youtubers: come si capisce dal testo, sono delle persone che spesso mettono on-line i propri video, che siano video comici, tutorial, recensioni etc, sempre di youtuber si tratta.
 
Allora, che ne dite di questo capitolo?
So benissimo che ancora non succede niente di interessante, e non mi stupirei se vi foste già stancati della storia, ma ormai è fatta: nel prossimo capitolo si smuoveranno un po’ le acque, credetemi. ;)
Comunque, tornando a What a bore!, Elle si è fatta una bella chiacchierata con Ginevra! Insomma, abbiamo conosciuto meglio uno dei personaggi secondari. :) Si sono scoperti anche dei retroscena della sua relazione con il bel Roberto, anche di come si sono messi insieme. Io li adoro, e mi piacerebbe sapere anche cosa ne pensate voi.
Ah, e Eleonora ha anche parlato con il padre! Non comparirà spesso, secondo la mia tabella di marcia, ma rimane il padre della protagonista. u_u
 
Ora, un po’ di pubblicità (se così si può definire).
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A questo punto, non mi resta che salutarvi dandovi l’appuntamento al 21 Settembre. :D
 
Grazie a tutti, come sempre!
 
Maricuz

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Capitolo 5
*** The statue in the lift ***


IV Capitolo


The statue in the lift
 
Scendo dall’auto salutando mia madre, che mi ha gentilmente accompagnata in questo quartiere. Se fossi venuta a piedi ci avrei messo minimo una trentina di minuti, e non avevo proprio voglia di camminare. Alzo lo sguardo verso il palazzo dove Simon e Samuele sono andati a vivere e penso alle parole del mio amico. Mi guardo intorno, non mi sembra affatto così lontano dalla civiltà come diceva lui. Lì vedo una cartoleria, una farmacia, un bar, una pasticceria.
Una pasticceria. Pasticceria da Mattia.
Il nome suona troppo bene, ed io sto andando ad una cena senza portare niente. Mi do della stupida mentre mi avvio verso il negozio, con l’intento di comprare qualcosa da poter servire per dessert. Solo a pensarci mi viene l’acquolina in bocca. Entro iniziando già a guardarmi intorno, un po’ a disagio. E’ deserta, probabilmente per l’ora. Chi entra in una pasticceria alle sette e mezza di sera se non la sottoscritta? Lo scampanellio annuncia il mio ingresso, e quasi dal niente compare un’anziana signora col sorriso gentile che attende che arrivi davanti a lei.
Raggiungo il vetro incerta, guardo per un secondo tutti i dolci davanti a me poi poso gli occhi sulla donna con un sorriso imbarazzato “Buonasera..”
“Buonasera!” replica allegra e zuccherosa “Come posso aiutala?”
“Vorrei.. Ehm..” vado un attimo in confusione, non avendo mai preso qualcosa in una qualsiasi pasticceria “Un vassoio di pasticcini. Da portare via. Grazie.” Sembravo più un robot, ma facciamo finta di niente.
Sorride divertita e persino intenerita. Non deve avere una vita interessante se si diverte con la mia inesperienza. Prende due vassoi di cartone diversi, per mostrarmeli “Quanto grande?”
“Ehm..” li guardo velocemente, poi indico quello più piccolo. A gesti comunico meglio.
“Hai in mente qualcosa di preciso o li prendo un po’ misti?” domanda ancora, gentile e paziente.
Guardo di nuovo i pasticcini e li studio per un po’, infine scrollo le spalle “No, no.. Vanno bene misti. Grazie.”
Due minuti dopo mi porge il vassoio impacchettato perfettamente. Pago, attendo il resto, poi mi defilo salutandola e ringraziandola per la terza volta. Per quanto quella vecchietta si sia comportata gentilmente, e apprezzo, mi sentivo esageratamente sotto osservazione, e non mi piace affatto quella sensazione. Appena torno all’aria aperta respiro profondamente. Mi incammino verso l’edificio a passo svelto, cosa che poi si rivela una brutta mossa. Appena arrivo davanti all’entrata mi blocco per una fitta di dolore alla caviglia, che quasi mi fa perdere l’equilibrio.
Una mano mi supera e si posa sulla maniglia della porta, accompagnata da una voce maschile e sconosciuta che mi fa voltare lentamente “Tutto bene?”
I successivi due secondi, sono tra i più intensi della mia vita. In questi due secondi, ripeto, due secondi, formulo così tanti pensieri che a fatica hanno un filo logico. Come prima cosa, alla vista di quel ragazzo, capisco che la bellezza di Samuele, Giacomo e lo stesso Simon sia ai limiti dell’umano. In secondo luogo, penso che il dolore alla caviglia in realtà mi abbia portato alla morte, perché costui è troppo divino per essermi comparso sul suolo umano. Terzo punto.. Qual era la domanda?
“Io.. Ehm.. S-sì, tutto bene.” Balbetto.
Lui annuisce un po’ dubbioso, poi spinge per aprire la porta e mi fa un cenno con la testa per farmi entrare. Abbozzo un sorriso e, cercando di ricordarmi come si fa a respirare e di recuperare le mie già scarse capacità motorie, faccio un po’ di passi per arrivare davanti all’ascensore. Premo il pulsante per chiamarlo e attendo, studiando il pacchetto dei pasticcini giusto per non concentrarmi sulla presenza alle mie spalle. La scritta dorata Pasticceria da Mattia fa sfoggio di sé, e mi ritrovo a pregare la vecchietta per far sì che non mi succeda niente di troppo imbarazzante.
Le porte si aprono, ed io mi infilo immediatamente nella scatola mobile. Appoggio la schiena su una parete, per avere una qualche superficie su cui riporre la mia fiducia ed il mio corpo, prima che ceda, poi vedo il ragazzo sconosciuto seguirmi lì dentro. Appena compiuta la mossa, mi guarda.
“Che piano?”
Eh, che piano? Panico. Dannazione, Elle, stai tranquilla, saprai pur rispondere ad una domanda di circostanza! Sbatto un paio di volte le palpebre, poi rispondo “Oh, o-ottavo.”
No, seriamente? Oh-o-ottavo? Cos’è, Elle, il nuovo ritornello per una canzone di Lady Gaga? Non è possibile che tu debba andare in cortocircuito ogni volta che incontri qualcuno di interessante. Lui, per fortuna, non sembra accorgersi della mia instabilità mentale, visto che si limita a premere il bottone che indica proprio l’ottavo piano. Ok, adesso il gioco si fa più facile. Basta me ne stia zitta e buona, senza guardarlo ovviamente, così da evitare ogni accenno di figura di merda.
Mi sistemo e guardo in basso, un po’ la moquette e un po’ la confezione dei pasticcini. Sono solo otto piani, in fondo. Meno di un minuto e arriverò a terra ferma, non c’è bisogno che mi spaventi. La suoneria del mio cellulare, però, spezza il silenzio. E’ un messaggio, per fortuna. Se fosse stata una chiamata sarebbe stato imbarazzante spiegare il perché avessi come suoneria un idiota che canta “I’m a banana”. Forse dovrei cambiarla, per sicurezza..
Cercando di non far cadere il pacchetto, recupero il cellulare. Il fatto che il ragazzo osservi proprio cos’ho fra le mani non mi infonde nessuna calma. Deglutisco e apro l’sms che mi ha appena inviato Manuela.
 

Dove sei? Simon e Gin si stanno già scannando.

 
Oh, perfetto. Sospiro e non rispondo neanche, essendo ormai al settimo piano.
Le ultime parole famose. Dopo uno strano rumore, l’ascensore si blocca improvvisamente, facendoci sussultare entrambi. Ci guardiamo immediatamente, io con gli occhi spalancati dallo spavento e lui apparentemente tranquillo. Ma come cazzo fai?
Ecco, già comincio a perdere lucidità.
“Ok..” mormora lui, prendendo in mano la situazione “Mi avevano avvertito. Aspettiamo un minuto, magari si sblocca da solo. Casomai facciamo qualcosa dopo.. Va bene?”
Annuisco lentamente, chiudendo gli occhi. Non soffro di claustrofobia, ma immagino possiate ben capire che la situazione non è affatto piacevole. Sto dando di matto, vi do giusto quattro motivi: i miei amici che si scannano, e questo fa partire i nervi a chiunque, l’ascensore bloccato, uno sconosciuto –probabilmente un modello, e dei più affermati- bloccato insieme a me, la caviglia.
Perché la caviglia? Perché forse, se fosse stata sana, avrei avuto la geniale idea di prendere le scale, per quanto sia pigra.
Per passare il tempo, comincio a maledire tutto ciò che mi capita. Maledico la caviglia, l’ascensore, la sfiga, i pasticcini. I pasticcini, sì, perché se non li avessi presi sarei entrata prima in questo catorcio e non si sarebbe bloccato, probabilmente. Vero anche che non avrei visto il ragazzo, ma a questo punto preferisco la mia vita alla sua visione.
I secondi passano, ma niente cambia. Torno a guardare il mio compagno di sventura che sospira e ricambia il mio sguardo. Devo avere una faccia distrutta, pare preoccupato “Tutto bene?”
Divertente. Davvero divertente. Lo sapevo, è bello, ma stupido. Un classico.
“No, non va bene per niente.” Rispondo brusca, senza neanche balbettare. Come se non bastasse ciò che già provo, adesso mi sento anche in colpa per il modo in cui ho rivolto la parola.
“Scusa, era una domanda cretina.” Replica, per niente offeso dal mio tono.
Scuoto la testa “No, scusami tu. E’.. E’ che.. insomma.. Non è piacevole questa situazione, sono nervosa, in questo momento anche un po’ instabile..”
Mi squadra con la solita inespressività, mentre parlo a macchinetta, poi mi blocca “Ma tu sei Eleonora?”
Mi paralizzo per qualche secondo, in seguito torno alla normalità balbettando “Io.. S-sì.”
Lui annuisce, vedo addirittura un lampo di soddisfazione sul suo viso “Io sono un amico di Samuele. Filippo.”
“Oh. Io..” tendo ad iniziare ogni frase con io, noto. Lo osservo, avendo finalmente una scusa per farlo. Ha degli occhi magnetici, di un’intensità incredibile. Dall’interno, sono di un azzurro chiaro che si scurisce sempre di più fino ad arrivare al confine esterno dell’iride. Poi hanno una forma piuttosto allungata, uno sguardo che ha un qualcosa da predatore. Eppure sembra tutto tranne che quello. Squadro un po’ tutto il viso, i tratti marcati e virili, le labbra carnose e ben definite.. Dev’essere il frutto di un qualche laboratorio che avanza studi sulla ricerca della bellezza.
“Mi dispiace ma.. Io.. N-non mi ricordo di te.” E mi sto domandando il perché.
“Oh, non preoccuparti. Immagino sia normale, eravamo al quattordicesimo compleanno di Samuele, avrai avuto dieci o undici anni. E poi è più facile accorgersi di una bambina che gioca da sola con il cane del festeggiato piuttosto che di un ragazzino che segue il pallone insieme a tanti altri.” Afferma, tranquillo. Si infila le mani in tasca, poi ne tira fuori subito una, quella che stringe il cellulare “Adesso chiamo Samuele, magari sa qualche trucchetto per sbloccare questo coso. Anche tu sei qui per la cena, immagino..” e abbassa lo sguardo verso lo schermo.
“Sì, sì. In realtà sono invitata perché frequento il suo coinquilino, Simon..” dico, senza riflettere.
Lo vedo rialzare lo sguardo e, subito dopo, anche il sopracciglio destro “Frequenti il suo coinquilino.”
“Sì.” Ribadisco, per poi rendermi conto che il suo frequentare aveva una sfumatura diversa da quella che aveva il mio “Oh, no! Non in quel senso! Siamo amici, è del mio gruppo..”
“Ah..” mormora, prolungando la vocale con un tono insinuatore. Arrossisco di botto.
“Davvero!” esclamo, raddrizzando la schiena indispettita. Lui annuisce, sorprendendomi stirando le labbra in un lieve sorriso, poi si porta il cellulare all’orecchio “Samu, siamo rimasti bloccati in ascensore.. Io ed Eleonora, la tua ex-vicina.” Wow, si ricorda davvero di me, allora “Sa.. Samu. Samuele! Non mi interessano le tue chiacchiere adesso, potresti farci uscire?”
Lo studio ancora. E’ incredibile come non si faccia buttar giù da niente. E’ riuscito addirittura a calmare me, e semplicemente conversando. Sospiro, in attesa.
“Grazie.” Borbotta, per poi riattaccare. Torna a guardarmi “Ora ci libera. Basta premere il pulsante dall’esterno e si sveglia. Questo coso ha bisogno del supporto morale.”
Ridacchio leggermente, poi annuisco. Lui, sospirando, si porta una mano tra i capelli e li tira indietro, attirando la mia attenzione proprio su di essi. Sono castani e mossi, corti dietro e lunghi davanti. Tenuti alla, passatemi il termine, bell’e meglio. Fighi, quasi quanto lui.
Finalmente, l’ascensore riprende a salire. Giusto cinque secondi dopo le porte si aprono mostrandoci il serial killer dei ghiacciai, chiamato comunemente Samuele “Ragazzi, ciao!”
Lo risalutiamo, chi più tranquillamente –lui- e chi leggermente più provato –me medesima-. Il mio altissimo ex-vicino di casa si preoccupa immediatamente per me “Elle, cavolo, mi spiace sia toccato proprio a te. Mi dispiace che sia successo in generale, ma insomma.. Lui, ad esempio, se lo merita.” Indica Filippo “Immagino che la sua compagnia non sia stata delle migliori. Sai, noi lo chiamiamo la statua.”
“La statua..?” ripeto io, perplessa.
“Sì, l’avrai notata la sua inespressività.” Dice, come se fosse argomento di tutti giorni.
“Ah, beh..”
“Ho anche sorriso, prima.” Si intromette il diretto interessato “Diglielo!” mi incita.
Annuisco “E’ vero. Comunque non è stata affatto una.. cattiva compagnia.” Avrei voluto dire brutta esperienza, invece che cattiva compagnia, ma poi sembrava mi riferissi al suo aspetto fisico e avrebbero potuto capire che non mi sarebbe dispiaciuto rimanere lì un altro po’. E avrebbero capito male. Samuele, in ogni caso, sembra stupito.
“Oh, wow. Beh, meglio per lui. Lo trattano tutti come se fosse un pezzo di ghiaccio.” E quasi mi viene da ridere. Un pezzo di ghiaccio amico di uno che il ghiaccio lo scioglie sorridendo. L’ironia della sorte.
“E tu dici sempre le stesse cose.” Gli fa notare Filippo “Entriamo?”
“Oh, sì, giusto. Ma che hai portato?” chiede poi, rivolgendosi a me. Alzo leggermente il pacchetto, di cui quasi non mi ricordavo l’esistenza.
“Pasticcini. Mi sembrava scortese arrivare qui a mani vuote..”
“Non dovevi disturbarti..”
“Figurati, nessun disturbo.” Sorrido e glielo porgo.
“Grazie.” Dice un po’ in imbarazzo, afferrandolo “Dai, venite.”
Lo seguiamo mentre ci guida dentro l’appartamento, percorriamo il breve corridoio poi alza il braccio destro “Là c’è il salotto, con il tavolo dove mangeremo. Eleonora, i tuoi amici ci sono tutti, dei miei l’unico sei tu, Pippo. Vado un secondo a mettere questi in frigo e arrivo.”
Prima di varcare la soglia, sento chiaramente la voce bassa di Filippo borbottare “Ma perché si ostina a chiamarmi Pippo?”, ma non ho il tempo di sorridere divertita, tantomeno la voglia. Il mio team, che parlottava tranquillo in salotto, si gira al completo verso di noi. Non mi sono mai sentita così alieno in vita mia. Deglutisco, poi un po’ impacciata indico il ragazzo alle mie spalle “Lui è Filippo, un amico di Samuele.”
Basta questo per sbloccare tutti e farli lanciare addosso alla statua che, appunto, rimane apparentemente indifferente allo sbraitare dei miei amici. Quando anche Roberto, l’ultimo rimasto, si presenta, uno dei nuovi padroni di casa domanda “Ma come vi conoscete, voi due?”
E qui, entra in gioco pure l’altro: Samuele. Si infila tra me e Filippo e ci mette le braccia sulle spalle, sorridendo raggiante “Sono rimasti bloccati nell’ascensore.”
Cade il silenzio.
A questo punto, mi aspetto di tutto. Guardo circospetta Simon, convinta che sarebbe capace di dire qualcosa tipo “Ah, l’ascensore! Anche nell’ultimo film porno che ho visto sono rimasti bloccati!”, poi punto gli occhi su Manuela, altra minaccia. Un suo “Oh, beh. L’ascensore bloccato è un classico.” potrebbe addirittura essere più imbarazzante dell’affermazione del chitarrista. Per mia fortuna, però, è Ginevra a parlare “Non ci credo. Ci sei rimasta bloccata davvero, alla fine?”
“A quanto pare..” rispondo, imbarazzata.
 
La serata è ufficialmente cominciata. Sono arrivati anche gli amici di Samuele e Filippo: Jonathan, che oltre ad essere carino è anche simpatico, Sonia, una ragazza di colore molto silenziosa, e Damiano che, udite udite, è il ragazzo a cui andavo dietro il secondo anno di liceo. Non so se ve lo ricordate, per sicurezza ve lo ripeto, magari entrando più nel dettaglio: ero una quindicenne un po' demoralizzata dalle proprie conoscenze in fatto di ragazzi, mai abbastanza interessanti da attirare la mia attenzione. Vederlo il primo giorno di scuola, ai distributori, mentre beveva il caffè con i suoi amici con quella sua faccia d’angelo -che ora non ha più, avendo indurito i tratti- e i suoi capelli biondi, era stato un colpo al cuore, per me.
Ero quasi ossessionata e totalmente presa, tanto da non riuscire a non sperare di incontrarlo ogni mattina. Ero attratta più dall'idea che avevo di lui che da lui stesso, ma quando ci eravamo presentati ufficialmente per causa di forza maggiore, in quanto lui rappresentante di istituto ed io della mia classe, quel qualcosa che provavo si è concretizzato ed è diventato una vera e propria infatuazione. Era facile esserne preda, visto che faceva il bello un po' con tutti, ma io ero ingenua, più di adesso, e alla ricerca di qualcuno che potesse piacermi.
Adesso, dopo quattro anni, non subisco più quel suo fascino, anzi. Francamente, mi dà persino fastidio.
Ci sediamo intorno al tavolo nel salotto, i due posti a capotavola ovviamente occupati da Samuele e Simon. Io sono sistemata proprio accanto a quest'ultimo e alla destra di Roberto, ovviamente affiancato dalla sua dolce metà che, a sua volta, è seduta vicino a Sonia. Dall'altra parte del tavolo, partendo dalla mia sinistra, abbiamo Filippo -ebbene sì, siamo proprio agli opposti-, Damiano, Jonathan, Marco e Manuela. Avendo la castana davanti vado sul sicuro: risate garantite al cento percento.
I padroni di casa iniziano a portarci le varie pietanze, cucinate proprio da loro, e tra i vari schiamazzi cominciamo a mangiare. O ad ingozzarci, che dir si voglia.
"Ragazzi," dice Damiano, attirando l'attenzione di tutti "se la vostra permanenza qui è come l'inizio della serata, si prospetta un periodo interessante."
Alzo le sopracciglia, contrariamente agli occhi che si abbassano sul piatto di pasta, e borbotto tra me e me "Sì, che bello. Un periodo pieno di ascensori bloccati."
Non so con quale assurdo potere, ma Ginevra pare sentire la mia affermazione, e la vedo afferrare delicatamente il braccio di Roberto e avvicinarsi al suo orecchio. Il moro, perplesso, annuisce per poi sporgersi verso di me "Gin dice che non ti permetterà di buttarti dalla finestra solo se ci provi col tizio." mormora. Ginevra si sta ovviamente riferendo alla conversazione avuta qualche giorno prima, in cui avevo detto esattamente queste parole: la mia giornata sfortunata l’ho avuta. Penso che mi butterei dalla finestra dell’appartamento se si bloccasse proprio a me l’ascensore.
Mi strozzo, finendo per tossire e far puntare tutti gli occhi su di me. L'unica a deridermi è appunto Ginevra, che cerca comunque di trattenersi.
"Tutto apposto." Rassicuro tutti, sventolando una mano. Non appena torna il chiacchiericcio, richiamo Rob "Dille che preferisco buttarmi dalla finestra."
Roberto aggrotta la fronte "Perché, scusa? È un bel ragazzo."
"Rob, non commentare. Riferisci."
"Ho solo espresso il mio parere.." si discolpa lui.
"Ed io sono d'accordo con te. Proprio per questo preferisco morire adesso piuttosto che dopo il suo più che potenziale rifiuto." spiego, cercando di non farmi sentire da altri.
“Roberto, Eleonora..” ci chiama Simon, proprio in quel momento. Ci giriamo di scatto verso di lui, come colti sul fragrante, così lui scuote la testa con espressione paterna “Potete flirtare in un altro momento? C’è Ginevra..”
“Oh, ti prego, Simon. Smettila di essere così simpatico.” Replica lei, mentre io sospiro di sollievo. Pensavo ci avesse sentiti.
“Se me lo chiedi così forse potrei.. No, non ci penso nemmeno.”
“Certo però che.. Essere meno simpatici di così è come prendersi una mazza sui denti.” Interviene Manuela, dopo aver appoggiato il bicchiere sul tavolo con finta non-chalance.
“Ora ti ci metti anche tu?”
“Vabè.” Torno a guardare Roberto e a parlare a bassa voce “Hai riferito?”
“Faccio immediatamente.” E con un sorriso, mi congeda. Si gira verso la bionda, che ancora sta ascoltando il dialogo tra Manuela e Simon con un sorrisetto divertito sulle labbra, ed io aspetto la sua reazione. Gin lo guarda, come se quello che gli ho detto l’avesse detto lui, spalanca gli occhi e fa una faccia schifata “Dille che è una cretina.”
“Ho sentito, grazie!” faccio un cenno col capo, e torno a mangiare, ma Roberto non lascia cadere il discorso.
“No, ok, senza darti della cretina, perché non rischi un po’? Non mi sembra neanche un tipaccio.” Ci voltiamo entrambi a guardare Filippo, intento ad ascoltare con espressione scettica uno dei tanti discorsi ipocriti di Damiano “Poi, a parte questo, manchi di autostima, Elle. Perché?”
“Ti interessa il perché? A volte neanche c’è, un perché, ed è la risposta alla tua seconda domanda. Non ci provo perché, oltre ad essere un azzardo, sarebbe un azzardo inutile. Mica mi piace. Cioè, che è bello lo vedo anche io, ma stop.”
“Chi è bello?” chiede Manuela, a voce fin troppo alta.
Deglutisco e arrossisco. Perché mi considerano tutti nei momenti in cui vorrei passare inosservata? Penso velocemente ad un qualsiasi nome, mentre ispeziono velocemente il tavolo “Simon.” Dico, a caso.
“Oh, grazie!”
“Prego, non c’è di che.”
Lancio un’occhiata verso Filippo, che ridacchia suscitando la sorpresa dei suoi amici e, sinceramente, anche la mia. Si diverte per quello che ho detto? Non è così esilarante da far ridere pure lui. Rifletto, poi, come un flashback, mi viene in mente il momento in cui mi prendeva in giro sul mio frequentare il nuovo coinquilino di Samuele. Ottimo, diamogli spago.
“Non ridi mai e adesso lo fai senza motivo?” chiede Jonathan a Filippo, forse quello che mostra maggiormente lo shock.
“E tu perché rovini questo momento, visto che non rido mai?” replica, ancora sorridendo.
“Ripeto: se la vostra permanenza qui è come l'inizio della serata, si prospetta un periodo interessante. Con maggiore espressività della statua annessa, aggiungo.” Commenta Damiano.
“L’inizio di una nuova era.” Samuele insiste sullo stesso argomento, mentre Filippo torna nella sua inespressività e scuote la testa “Vi si dà una mano e voi prendete il braccio. Ingrati.”
“Immagino che questo possa esser tradotto con: adesso non riderò volontariamente, alla facciaccia vostra.” Dice il ragazzo alla mia sinistra. E’ estremamente socievole, credo sia per questo che nonostante il suo comportamento altezzoso riesca a mettere a proprio agio chiunque, alla fine. Ecco spiegata quella frase, che pochi avrebbero detto ad un ragazzo praticamente sconosciuto.
“Esattamente..” il castano esita leggermente, scrutando l’interlocutore “Roberto.” Termina, con soddisfazione. Cavolo, sembra non gli freghi di niente, ma i nomi se li ricorda tutti. Pure il mio, dopo anni e anni “Noi due ci capiamo.” Aggiunge, indicando con l’indice se stesso e Rob.
Se diventassero amici sarebbe il colmo. Uno più bello dell’altro, un’immagine che manco con delle audizioni sarebbe possibile ricreare. E il sogno di ogni ragazza.
“Ok, chi sei tu? Ridi, scherzi, trovi qualcuno che ti capisce..” inizia Jonathan, sempre più scandalizzato, scatenando le risate di tutti, specialmente dei suoi amici. Tranne uno, naturalmente.
“Non è lui quello diverso, è Roberto che è sempre il solito.” Lo informa Marco, alla sua sinistra “Riuscirebbe a comunicare anche con gli scoiattoli. Non che tu sia un animale, Filippo.”
“No, certo, loro sarebbero più partecipi emotivamente.” Ok, quella frase dalla statua non me l’aspettavo. E’ autoironico, adesso?
“Roberto è Kronk.” Se ne esce tranquilla Manuela, sorridendo angelicamente. Scoppio a ridere, piuttosto rumorosamente, insieme a Simon e Marco che con me sono i più grandi fan delle battute idiote della nostra amica.
“Dal libro: sillogismi random.” Prosegue il ragazzo a capotavola, facendo fatica a mantenere un tono serio. Immagino che la troupe di Samuele ci stia prendendo per dei pazzi psicopatici che ridono per riferimenti a film come Le follie dell’imperatore, ma, fondamentalmente, non me importa un bel niente.
Ridono anche gli altri, però, quindi non siamo così fuori di testa. Non solo noi, perlomeno.
Appena finito il momento di ilarità, Simon si alza sospirando e facendo un cenno con la testa a Samuele “Il secondo. Portiamo il secondo.”
 
 


Appunti sul capitolo:
La traduzione del titolo è “La statua nell’ascensore”, per ovvie ragioni.
La Pasticceria da Mattia non esiste, o perlomeno non l’ho scritta per pubblicizzare una reale pasticceria. Se esistesse, mi raccomando: fate i complimenti ai proprietari per il nome.
Ho nominato Lady Gaga dopo che Eleonora dice “Oh, o-ottavo” per il semplice fatto che lei è rinomata per la ripetizione delle parole (po-po-po-poker-face, judas juda-ah-ah etc etc). Spero abbiate capito. D: Ovviamente non ho nulla contro di lei, non era una critica o roba così. Non vorrei che qualcuno abbia frainteso!
Infine, Le follie dell’imperatore. Se non avete visto il film, fatelo. Comunque. Roberto riuscirebbe a comunicare con gli scoiattoli, Kronk (un personaggio del film) comunica con gli scoiattoli, Roberto è Kronk. Questo è per chi non avesse capito la (pessima) battuta di Manuela. LOL
 
Allora, popolo!
Siamo finalmente giunti ad un buon punto.
D’ora in poi i capitoli saranno un po’ più emozionati, con più fatti e anche più personaggi!
Avete conosciuto qualcuno, intanto, specialmente il migliore amico di Samuele: Filippo. Per gli amici: la statua. Che ne pensate?
E degli altri? Jonathan, Sonia e Damiano?
Fatemi sapere, vi prego. Sono curiosa! *--*
Mi merito una recensioncina, suvvia.. Voi non lo sapevate (e adesso sì, perché sto per raccontarvelo), ma questo capitolo mi è toccato scriverlo due volte. Non perché non mi piacesse, no. Si era cancellato da solo! Così: puf!
E fu così che dopo neanche 12 ore ho dovuto ricominciare da capo, nonostante avessi avuto una ventina di minuti di crisi.
 
La prossima volta (26 Settembre, compleanno di mio fratello, LOL) avremmo la seconda parte della serata. Stay connected! (?)
 
Un grazie IMMENSO a chi continua a supportarmi, a chi mi ha letto pure da un altro stato (ciao, Emma!), a chi mi ha recensito la storia and co.!
Per chi volesse contattarmi, sul mio profilo ci sono collegamenti al mio profilo twitter e al mio blog. :)
 
Un bacione!
 
Maricuz

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Capitolo 6
*** Gluttony ***


 V Capitolo


Gluttony
 
Quando anche il secondo viene divorato, inizia gradualmente a crearsi un fracasso fastidioso, che prontamente Samuele blocca alzandosi in piedi e tirando su le mani "Buoni, buoni.. Siamo appena arrivati qui, non vogliamo che i vicini ci definiscano come dei ragazzacci casinisti, ed il fatto che lo siamo non giustifica tutto questo rumore, perciò.."
"State zitti, caproni." Finisce la frase per lui Simon, avviandosi verso la cucina. Mi scappa una risatina per il modo in cui l'ha detto, poi guardo Marco senza motivo. Lui ricambia il mio sguardo e sorride, e questa è la conferma: i ragazzi conosciuti questa sera gli piacciono, e di solito non sbaglia niente. Hanno passato il test.
"Io l'avrei detto in modo più carino, ma il senso è quello." continua Mr. I-ghiacciai-mi-temono.
"Ammetti che così rende meglio il concetto, però." gli dice Filippo senza neanche guardarlo, mentre gioca apparentemente annoiato con il bicchiere.
"Lo ammetto."
"Segnatelo e impara."
"E ora i pasticcini che Elle ci ha gentilmente portato!" esclama un Simon trionfante rientrando nel salotto con quel pacchetto che ha visto un sacco di cose. Insomma, sono rimasta bloccata in ascensore per la prima volta e lui c'era. Come non prendere in considerazione questa sua presenza? Quasi mi dispiace vedere la carta venire strappata dalla violenza del mio amico. Senza contare il fatto che la scritta Pasticceria da Mattia è troppo figa per essere rovinata così.
Comunque, scattano l'applauso e i ringraziamenti dedicati a me e alla mia geniale trovata, a detta loro. Che banda di festaioli.
"Ragazzi, caproni, chiunque o qualsiasi cosa, animale o persona voi siate, poco casino. Già il tizio qui accanto è poco fiducioso, non ci rovinate la vita.." supplica Simon, sorridendo però divertito.
"Stanno zitti solo quando mangiano, mi spiace." dice Sonia rassegnata. Deve conoscerli da molto, eppure è molto più tranquilla. Proprio per questo motivo sembra strano sia nel loro giro. Ad esser sincera non mi aspettavo neanche che Samuele conoscesse tipi come Damiano e Jonathan. Filippo non lo commento, lui è un caso più unico che raro.
"Ottimo, allora mangiate. Fate con calma." Così dicendo, Simon sistema in mezzo alla tavola il vassoio di dolci, il quale ci mette poco ad essere assaltato da quel branco di lupi affamati. Non vorrei pensaste male, quindi specifico: tra i lupi affamati ci sono anche quelli del mio team, specialmente Manuela e Marco, che hanno una terrificante avversione per i dolci. Guardo quell’ammassarsi di mani con il sorriso sulle labbra, divertita.
C’è un’atmosfera piacevole, rilassante, distensiva. Sebbene non conosca una buona percentuale delle persone presenti, non posso dire di trovarmi a disagio, nel gruppo, e deve essere questo il motivo per cui Marco li ha valutati subito positivamente. Certo, è ovvio che se dovessi trovarmi a parlare a quattr’occhi con solamente Filippo, la persona a me più scomoda visto il suo essere –fisicamente e caratterialmente parlando-, oppure Damiano, considerando i precedenti.. Sarebbe sicuramente destabilizzante, in senso negativo.
Ecco, invece Jonathan, che adesso sta mangiando un pasticcino con la crema manco fosse chissà quale prelibatezza, mi ispira più tranquillità. Sarà il sorriso spontaneo, gli occhi color cioccolato, caldi ed espressivi.. Fatto sta che pare la persona più genuina, in un certo senso.
“Elle.” Mi chiama Samuele, distogliendo la mia attenzione dai morti di fame “Prendine almeno uno, prima che sia troppo tardi.”
“Oh.” Sì, mi fanno gola, ma sto bene così in questo momento “No, non preoccuparti, non mi va. Possono pure prendere la mia parte.”
“Sei sicura?” chiede ancora, da bravo padrone di casa. Mica come Simon, che si è preso il pacchetto di sigarette e l’accendino per andare a fumare sul balcone.
“Al cento percento!” sorrido, cercando di essere abbastanza convincente così da farlo desistere. A quanto pare ci riesco: si volta nuovamente verso i loro amici e cerca di dividere Jonathan e Damiano che si contendono l’ultimo dolcetto alla frutta. Sghignazzando, mi alzo dalla sedia e seguo il mio amico fuori, vedendolo solo.
“Allora, uomo indipendente..” sussulta, non aspettandosi la presenza di qualcuno, poi si gira e posa la schiena sulla ringhiera “Ti piace come inizio?”
“Amo quest’inizio.” Fa un tiro, ancora sorridendo per la sua stessa risposta “E mi piace la compagnia di Samu.” Continua, buttando fuori il fumo appena aspirato “Te che dici?”
“Sono della stessa idea.” Dico sicura, appoggiando i gomiti sulla ringhiera. Guardo in basso “Accidenti, però. Altino, eh..”
“Capita, quando si è all’ottavo piano di un palazzo.” Risponde tranquillo. Sorrido divertita, continuando a studiare il panorama che mi si presenta davanti. E’ buio, ci sono solo le luci dei lampioni, delle insegne, di un paio di semafori e delle altre abitazioni, più o meno distanti. Una bella visione artificiale, che mi distrae per qualche secondo dal freddo. Simon nel frattempo finisce la sigaretta.
“Sento già la mancanza di mio padre. No, mi è uscita male. Non sento la sua mancanza nel senso che mi manca, ma sento la sua mancanza nel senso che sento che lui non c’è. La cosa mi fa stare molto, molto meglio.” Sospira, e senza che abbia la possibilità di rispondere e quindi permettergli di aprirsi con me, riprende a parlare “Rientro, inizio a sentir freddo.”
Annuisco “Sì, ora rientro anche io..”
Ed è questo il mio scopo. Mi perdo ancora per qualche secondo in ciò che vedo, mi sporgo anche per vedere se si nota la Pasticceria da Mattia, anche solo per ripensare al nome stupendo, ma con una certa delusione appuro che è già tanto se da quell’altezza si vedono quel paio di persone che camminano nel marciapiede. Mi giro sospirando tranquilla, ma mi blocco immediatamente quando vedo davanti a me Filippo in procinto di uscire, ma adesso immobile come me. Ci guardiamo, io con gli occhi spalancati e lui inespressivo. Quasi mi sembra di rivivere il momento esatto in cui l’ascensore si è bloccato.
“Quindi..” inizia lui, tranquillo, facendo qualche passo e arrivando accanto a me. Speravo di rientrare, in realtà, ma a quanto pare ha voglia di fare conversazione “Simon è bello, mh?” Dice, con aria di sufficienza. Ha, simpatico. Non posso fare a meno di ridacchiare e scuotere la testa.
“Ti sei divertito prima, a tavola.”
“Come darmi torto? Prima neghi di frequentarlo in un determinato modo, poi, per sviare una domanda scomoda, dici che è bello. Ti sei fregata da sola.” Mi informa, alzando le spalle. Solo adesso noto un piattino di plastica tra le mani con dei pasticcini, tutti diversi. Non lo classifico come dettaglio importante, però, così gli rispondo “Chi ti dice che era una domanda scomoda?”
“Si capiva. Avevi la faccia da non sono stata io.”
“Beh, si spiega tutto allora.”
Non mi risponde, ma continuando a guardarmi negli occhi mi porge il piattino che ho notato due secondi fa “Vuoi? Io ne approfitterei.”
Rimango spiazzata dalla sua offerta, faccio per ringraziarlo e rifiutare ma ricomincia a parlare “Se devo esser sincero, li ho presi per te. No, per entrambi. Non sapevo quali ti piacessero, quindi puoi scegliere. Non pensare male, solo che ho visto che non ne hai preso nessuno, e in fondo li hai comprati tu. Inoltre, data l’avventura passata un’oretta e mezza fa, direi che te li meriti.” Potrei pensare qualsiasi cosa, ma il ritmo lento e il tono calmo con cui dice queste parole mi fanno capire che è esattamente la nuda e cruda verità. Mi stupisco per la sua schiettezza. Forse una minima percentuale di me è delusa: se ci avesse provato con me non mi sarei sentita che lusingata, ma a parte questo direi che sono riconoscente. E’ un gesto molto carino.
Sorrido “Sicuro che non te li vuoi prendere tutti te?”
Avvicina ulteriormente il piattino, come per indurmi in tentazione “Prima che me ne penta.”
Non cambia espressione, non cambia tono, non cambia niente, eppure so che sta scherzando, non saprei neanche dire il perché. Abbasso lo sguardo sui quattro pasticcini, indecisa.
“Hai preferenze?” chiedo, studiandoli.
“Nessuna. Tu?”
“Più o meno, ma li mangerei tutti.”
“Fallo.”
“Ma che fai, mi tenti?” mi viene spontaneo chiedere, rialzando lo sguardo su di lui. Questa mia affermazione lo diverte, tanto che un sorriso spunta sulle sue labbra “Come no, ho sempre sognato di prendere per la gola una ragazza.”
“Quello lì.” Indico un bignè piuttosto anonimo “Sai che cosa c’è dentro?”
“Crema chantilly.” Risponde pronto.
“Perfetto, è mio.” Lo prendo con non-chalance, sotto le sue occhiate indifferenti “Ti dispiace?”
“Anche se fosse, l’hai già preso. Se ti vietassi di mangiarlo mi sentirei in colpa.”
“Non voglio che accada, quindi elimino il problema.” Così dicendo, mi avvicino il pasticcino alla bocca ed inizio a mangiarlo. Lui alza le sopracciglia “Dalla radice.”
“Un buon metodo, non è vero?” chiedo conferma dopo aver ingoiato.
“Più che il metodo, è buono il problema.” Fa un cenno con la testa verso il piattino “Un altro?”
Inclino la testa incerta, non volendomi approfittare troppo della sua gentilezza, così insiste di nuovo “Tanto so che lo vuoi. Due per uno, così siamo pari. Cioccolato, panna o nocciola? Entriamo, comunque, che fa freddo.” Fa tutto da solo, questo.
Lo seguo dentro, dove tutti si sono spostati sui divani e chiacchierano allegramente, come uno storico gruppo di amici. Rimaniamo in disparte, anche perché dopo poco Filippo attira la mia attenzione –non che sia difficile per lui- “Insomma?”
“Vada per quello al cioccolato..” sospiro, arresa. Alla fine hanno vinto i dolcetti.
Mangiamo quindi ciò che resta, avvicinandoci agli altri senza fretta, lui incurante di tutto, io cercando di esserlo, almeno degli sguardi che mi lanciano tutti i componenti del mio team. Pure Roberto, che di solito è il più discreto, studia la situazione con l’espressione di uno che è estraneo alla cosa ma che si interessa ugualmente. Mi accomodo accanto a Marco, ovvero l’unico che per il momento non mi sembra un nemico, e cerco di capire di cosa stanno parlando gli altri, lanciando però un’occhiata verso Filippo che proprio in questo momento si sta buttando addosso a Samuele, come se in realtà il divano fosse lui. Mi scappa da ridere vedendo il modo in cui rimane indifferente pure quando è lui stesso a fare il cretino, e la cosa diventa ancora più comica quando Samuele, continuando a parlare tranquillamente, cerca di allontanarlo in una maniera che mi fa capire solo una cosa: è abituato a tutto ciò. Sembra quasi un padre che con non-chalance cerca di staccarsi il figlio di tre anni di dosso.
Un ulteriore conferma a questa conclusione sono le espressioni di Sonia, Jonathan e Damiano, completamente presi dalle parole di Samuele, e non del ragazzo che è comodamente seduto sopra le sue ginocchia e sospira nel pieno relax.
Come me, Marco, Manuela e Simon ridacchiano, mentre Ginevra e Roberto si limitano a sorridere divertiti.
“Insomma, dopo tutto questo casino, do l’esame a Dicembre.” Conclude la poltrona umana, proprio mentre Filippo comincia a muoversi per sistemarsi meglio, a quanto sembra con lo scopo di riuscire a guardare in faccia il ragazzo che intrattiene l’intero salotto. Quasi distrattamente, comincia a toccargli i capelli piuttosto lunghi e ad osservarli. Samuele inclina la testa per farglieli lasciare, ascoltando però ciò che dice Roberto.
“Com’era giusto che fosse. Ultimamente capita troppo spesso che i professori non abbiano come priorità gli esami degli studenti. Un mio amico, che fa Ingegneria informatica, deve dare gli ultimi esami prima della tesi finale, ma non riesce mai a contattare la professoressa per concludere il progetto.”
“Poveraccio.. Immagino lo stress.” commenta l’altro, afferrando il polso di Filippo per fermarlo, che però non demorde, anzi. Alza anche l’altra mano, ma viene bloccato dal colui che usa come sedile, adesso piuttosto scocciato “Pippo, smettila di fare il gay.”
“Hai i capelli morbidi.” Dice lui tranquillo, poi aggrotta la fronte “E non chiamarmi Pippo. Sai che lo odio.”
“Tu sai che odio quando mi toccano i capelli.”
“Oh, a proposito di gay!” sbotta Jonathan, drizzando la schiena “Samu, ti ricordi Francesco? Quello che veniva alle elementari con noi.”
“Andavate alle elementari insieme? E non vi siete mai divisi?” chiede Simon, troppo curioso per non interromperli.
“Siamo stati nella stessa classe alle elementari, basta. Poi l’anno scorso ci siamo rivisti e abbiamo ripreso ad uscire.” Risponde Samuele, che in quel momento libera i polsi di Filippo che finalmente si alza per sedersi sul bracciolo del divano, senza che ci sia nessun altro sopra “Comunque sì, mi ricordo.”
“Sapevi fosse gay, vero?”
“Mi era stato detto, parecchio tempo fa..” riflette lui, annuendo “Che ha fatto?”
“Niente ha fatto, povera bestia. Che deve aver fatto? No, ti volevo solo dire che.. Quand’era? Ieri mi sembra, l’ho visto al supermercato insieme ad un ragazzetto, più piccolo di noi.”
“Che intendi per più piccolo?”
“Non pensa’ male, cazzo. Più piccolo di due, tre anni.”
“Ah.. E quindi?”
“E quindi mi sono fermato a salutarlo e sentire come stava. Sai, io sono un po’ un impiccione, lui non lo vedevo da tanto.. E poi è gay. Non avendo conoscenze in quel campo, a parte lui, m’incuriosiva sapere qualcosa. Sentivo puzza di gossip..” Jonathan alza le spalle, come per discolparsi.
“Stai a vedere che adesso Jon ci diventa gay.” Dice Damiano, facendo ridere un po’ tutti. Tranne me. Non lo sopporto, diamine!
“Macché gay e gay.. Non che abbia qualcosa contro, eh.” alza le mani “Però direi che sono tutto fuorché quello. Comunque, fatemi parlare invece di interrompermi sempre! Insomma, ho iniziato a parlarci. Ne è uscito che stanno insieme da un anno e mezzo, mi sembra. Convivono, pensa un po’..”
“Aspetta..” lo ferma di nuovo Damiano “Questo Francesco dove andava alle superiori?”
“Mi pare allo scientifico.”
“Ah, ma allora ho capito chi è. Alto, secco, moro.. Col piercing al labbro?”
“Sì, esatto!” batte le mani Jonathan, come se questo fosse un evento da segnare sul calendario. Si rallegra con poco, lui.
“Cazzo, non pensavo fosse gay.”
“Non lo dà a vedere, in effetti.”
“Il suo ragazzo chi è?” chiede Samuele, interessato. Ok, sto considerando questo gruppo praticamente perfetto. Tutti ragazzi bravi, belli, intelligenti, simpatici e non omofobi! Andremo d’accordo.
“Gianmarco, si chiama. Non l’avevo mai visto prima, ad esser sinceri. Un bel ragazzo, messo bene anche fisicamente. Deve essere uno sportivo.. Bella coppia.”
Annuiscono un po’ tutti, chi interessato, chi no, poi Filippo mette fine al silenzio con una domanda già nella testa di molti “Per curiosità, perché hai tirato fuori quest’argomento?”
“Boh, per chiacchierare.”
“Ah, beh.”
“Dai Pippo, non lo smontare.”
“La smetti di chiamarmi Pippo?!” ok, sto ufficialmente diventando fan del rapporto d’amicizia tra Filippo e Samuele.
“E come ti devo chiamare? Fili è orribile.”
“Che ne so, magari Phil.”
“Ma non mi convince..” si lamenta quello più alto, levandosi qualche ciuffo di capelli dal viso.
“Fatti convincere.”
“Insomma, Simon.” Attira l’attenzione su di sé Damiano, troppo egocentrico per lasciarla cadere sugli altri –si vede che mi sta sulle palle?- “Samuele ci ha detto che sei un chitarrista.”
“Oh, sì. Ha detto bene.” Risponde arzillo il mio amico, sorridente. Non c’è niente da fare, quando si inizia a parlare di musica scodinzolerebbe, se gli fosse possibile. Io, che canto e suono sia piano che chitarra, sono convinta che lui sia la persona più legata a quest’arte, vivrebbe solo di quella. Non è difficile immaginarlo da solo, su un’isola deserta, che suona il suo strumento e che si nutre della melodia che produce.
“E canti, anche?” chiede Sonia, particolarmente presa da questo discorso.
“Sì!” conferma il biondo.
“Ma hai preso anche lezioni o..”
“Ho preso anche lezioni. A dir la verità, ho conosciuto così Eleonora, tipo sei anni fa.” E sorride malefico guardandomi, sapendo quanto odio essere al centro dell’attenzione. Ricambio il suo sguardo fulminandolo, sperando che nessuno abbia voglia di approfondire questo nuovo dato su di me. Ovviamente Damiano, che adesso detesto ancor di più, è il primo a chiedere “Ah, canti pure tu?”
“Ebbene sì.” Rispondo, sorridendo forzatamente, cosa che non sfugge a nessuno del mio team. Sadico team, rettifico.
“Oddio, ci cantate qualcosa?” ha, simpatico Jon. Penso di odiare questo tipo di domanda. Cantare in occasioni come queste non mi è mai piaciuto, mi sembra di vantarmi, di dire “sono brava solo io”. Pure Simon, la persona più estroversa del mondo, non lo farebbe mai. E lui sa di essere bravo, a differenza mia.
“No.” Rispondiamo secchi entrambi, io a disagio, lui sorridendo. Come da copione, inizia il coro di protesta. E’ veramente un classico.
“E’ inutile. Io non cedo, ed Elle preferirebbe buttarsi dal balcone.” Dice il mio amico, indicando la portafinestra “Magari un giorno facciamo un karaoke collettivo, allora sì. Però cantiamo tutti almeno una canzone.”
“Ok, a patto che Jonathan sia esentato da ciò.” Dice subito Filippo, con una tonalità della voce leggermente terrorizzata. I suoi amici, forse sapendo come canti effettivamente il castano, scoppiano a ridere. La statua però interrompe tutto “No, non sto scherzando. Vi ricordate quando a casa mia ha cominciato a cantare Moves like Jagger e il mio cane è scappato via spaventato? Guardate che lui è pure un tipo coraggioso.” Ridiamo anche noi a questo punto, e ancor di più quando Jonathan, imbarazzato e colpevole, alza la mano destra “Confermo le sue parole.”
“Ok, allora.. Per motivi di salute altrui, Jonathan ha il diritto di non cantare.” Decreta Simon, felice come una pasqua. Potrebbe essere un bravo organizzatore di eventi.
“La ringrazio, sir.” Dice, inclinando la testa in modo umile, il diretto interessato.
 
Ormai è mezzanotte, la serata è giunta a termine. Sonia, Jonathan e Damiano sono già andati via, noi invece stiamo salutando proprio in questo momento i padroni di casa e Filippo, l’ultimo rimasto. Sappiamo già che con Simon ci vedremo presto, forse anche domani, ed è simile anche per Samuele visto che adesso abitano nello stesso appartamento.
Appena usciamo e ci ritroviamo davanti all’ascensore, io scuoto la testa e inizio a scendere le scale, sperando che la mia caviglia non mi chieda pietà subito dopo la prima rampa.
“Elle, capisco che tu adesso abbia paura dell’ascensore, però..” inizia Marco, ma è Manuela a concludere per lui “Devi anche ammettere che non è stato poi così brutto rimanere bloccata lì dentro. C’era un baldo giovane a proteggerti. Adesso ci siamo io, Marco, Gin e Bobby!” e sorride angelicamente.
“Ci potrebbe essere pure Brad Pitt lì dentro, per stasera faccio le scale.” Dico decisa.
Discutiamo ancora per un po’, ma alla fine vinco io. Ci facciamo gli otto piani a piedi, accordandoci per il passaggio a casa. Lasciamo i due fidanzatini da soli in macchina, io e Manuela verremo portate a casa da riccioli d’oro. Ci dividiamo quindi ulteriormente e entriamo in macchina. Io davanti, Manu dietro, che compare tra i due sedili.
“Insomma anche il nostro Simon diventa indipendente.” Dice, sospirando, mentre parte il motore della macchina.
“..Chi altro?” chiedo io, aggrottando la fronte.
“Nessuno. Mi piaceva dirla in questo modo. Però, pensateci.. Se lui è indipendente, lo siamo di più anche noi, no? Faccio un esempio.. Le serate cinema vengono fatte solo quando abbiamo casa libera, no? Tipo due settimane fa da lui.” Indica Marco “Casa di Simon è sempre libera, adesso!”
“C’è pure Samuele, eh.” le fa notare il biondo “Non è che possiamo fare il nostro porcaccio comodo. Per quanto ne sappiamo potremmo dargli fastidio.”
“Non è il tipo..” borbotta l’altra, incrociando le braccia.
“Su questo siamo d’accordo.” Rientro nel discorso “Ma non possiamo approfittarci della sua gentilezza!”
“Certo che no, mica ho detto questo!” si anima Manuela “Per quanto mi riguarda potrebbe benissimo far parte del gruppo. In fondo, noi tre soprattutto, lo conosciamo da un bel po’. Ah.. Ricordo ancora quando venivo a casa tua sperando di incrociarlo per strada!” sospira sognante, scuotendo persino la testa. Io e Marco ridiamo, poi mi fingo offesa “Ah, quindi tu venivi da me solo per lui! Grazie per avermelo detto!”
“In realtà, fino a qualche giorno fa, continuavo a farlo.”
“Ma piace a te o ai tuoi occhi?” chiede, giustamente e stupidamente, il guidatore.
Faccio una risatina ironica, poi rispondo per lei “I suoi occhi sono innamorati di lui dall’alba dei tempi.”
“Si spiegano molte cose..” annuisce il ragazzo, con un che di consapevolezza.
“Oh, scusate, ma anche loro vogliono la loro parte.” Si difende la castana. Le do ragione, poi le faccio una domanda “Sì, ma la tua parte dov’è?”
“Ma sentila! Come se lei andasse dietro a qualcuno! O forse ci nascondi qualcosa..”
“Non cambiare argomento, Manu.” Sghignazzo, trionfante “Sai benissimo che non mi piace nessuno da mesi. Sei tu quella preoccupante, qui. Non mi dici chi ti interessa dalla terza.”
“Vero.” Concorda Marco, che fulmino immediatamente.
“Anche tu, non parlare troppo.”
“Ti ricordo che sono stato lasciato il giorno prima di San Valentino dopo una relazione pessima.”
“Oh, cavolo. Scusa, è vero.”
“Toh, sono arrivata a casa!” urla Manuela, facendoci sussultare “Grazie del passaggio, ci sentiamo per uscire, ok?” apre lo sportello, esce “Ciao belli!” e sbatte. A malapena ci siamo accorti di tutto. Marco sospira, scuote la testa rassegnato e riparte, diretto verso casa mia. Vedendolo pensieroso, attiro la sua attenzione toccandogli il braccio e parlandogli.
“A che pensi?”
“A Filippo.” Risponde subito, lasciandomi perplessa.
“Perché pensi a Filippo, di grazia?”
“Siete rimasti bloccati nell’ascensore e siete entrati nell’appartamento come se non fosse successo niente. Poi, dopo cena, mangiate i pasticcini chiacchierando normalmente.” Ragiona con se stesso, più che con me “Questa cosa non mi torna.”
“Potresti essere più chiaro?”
“E’ indubbiamente bello, ed è un ragazzo. E tu sei timida, tanto. Ti faccio solo una domanda: hai balbettato? Perché di solito ti inceppi un sacco quando parli con persone come Filippo.”
Boccheggio per qualche istante, poi mi accorgo che, effettivamente, non ho balbettato se non all’inizio, quando manco sapevo fosse amico di Samuele. Aggrotto la fronte, dubbiosa “Hai ragione.”
“Niente di nuovo.” Commenta “Comunque non mi torna davvero, questa cosa. Non ti piace, perché altrimenti avresti balbettato, ma rimane il fatto che l’hai conosciuto questa sera. Avresti balbettato ugualmente. C’è una sola possibilità: è talmente socievole da farti sciogliere. Però mi fa strano pensare che sia lui a sciogliere te. Non lo chiamano statua, i suoi amici?” non sapendo cosa dire, alzo le spalle.
“Boh.”
“E con Damiano, invece? Non è lo stesso Damiano che ti piaceva qualche anno fa? Dalle occhiate che ti ho visto lanciargli pare ti stia sui coglioni!”
“Infatti è così.”
“E perché? Non mi sembra male.”
“No, senti, non c’è un motivo in particolare. Mi snerva, qualsiasi cosa dica. Mi viene da ridere solo a pensare che un tempo pendevo dalle sue labbra. Vabè, io ero in seconda, lui in quinta.. Era più grande, mi affascinava.”
“Anche adesso è più grande.”
“Ma non è più in quinta e non è più rappresentante di istituto. Ed io non sono più in seconda!”
“Jonathan?”
“Jonathan mi sta troppo simpatico.” Ridacchio, poi sono io a chiedergli “Sonia?”
“Carina..” mormora, sorridendo “Non ha parlato poi molto, ma sembra una persona.. piacevole. Però mi chiedo come mai abbia iniziato ad avere a che fare con quei quattro. Ci sarà un collegamento, un qualche amico in comune.. Per me la trattano come io tratto il mio computer.”
“La idolatrano?”
“Esatto.”
“E nel complesso?”
“Nel complesso sono tutti dei bravissimi ragazzi. E’ stata una bella serata.” conclude soddisfatto, fermandosi davanti casa mia. Sorrido, poi mi sporgo per baciargli una guancia “Grazie per il passaggio.”
“Nessun problema.”
“Ci sentiamo!” così dicendo, esco dall’auto e rientro in casa, sospirando stanca.

 


 
Appunti sul capitolo:
Il titolo “Gluttony”, che in italiano sarebbe “Gola”, inteso come peccato capitale. Viva i pasticcini.
Poi, questo è più importante: vengono nominati due ragazzi, ovvero Francesco e Gianmarco. Ebbene, sono due personaggi di un’altra mia originale (Amore al primo tweet), che personalmente adoro (non la storia, parlavo di Gi-emme e Fra’). Grazie ad una ragazza, ho deciso di fare questa specie di cross-over. Non che diventeranno personaggi principali o secondari, saranno semplicemente comparse, ma sia loro che altri potrebbero comparire di tanto in tanto nella storia. :)
 
Insomma, insomma.. Il secondo ed ultimo capitolo sulla serata per inaugurare l’appartamento di Simon e Samuele.
Ah, quante ne succederanno, qui..
Anyway, che ve ne pare?
Non voglio dilungarmi troppo, solo che mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate delle new-entry (alcune saranno anche personaggi piuttosto frequenti) e di chi, magari, tanto new non è (tipo tutto il team, Elle stessa..)
 
Grazie a chi segue, preferisce, ricorda, legge e recensisce, soprattutto a chi arriva in ritardo e commenta ugualmente ogni capitolo. *-* Voi, vi adoro. Avete una grande forza di volontà! Ahaha
Grazie inoltre a Emma, la ragazza che mi ha ispirato per il Cross-over tra “La monotonia non esiste” e “Amore al primo tweet” e che non riesce mai a leggere questa storia per cause di forze maggiori. (FU) Lol.
Grazie a mio fratello, che oggi è il suo compleanno, quindi auguri. (?)
 
Il prossimo appuntamento al primo Ottobre! :D
Capitolo di passaggio, ma anticiperà tanto.
 
Grazie ancora a tutti, alla prossima!
 
Maricuz

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Capitolo 7
*** Shopping list ***


VI Capitolo


Shopping list
 
I giorni sono passati, eppure continuo a rivolgere i miei pensieri verso i nuovi incontri fatti nella sera in cui abbiamo festeggiato il trasferimento di Simon e Samuele. Forse sono l'unica al mondo, forse una delle tante, ma se conosco qualcuno e questo qualcuno mi colpisce, allora penso a lui costantemente. In questo caso non è una sola persona, ma quattro, ma questi son dettagli. Posso comunque dire di esser costretta a farlo, adesso, visto che Marco mi ha messo la pulce nell'orecchio.
Perché, d'un tratto, ho smesso di balbettare con Filippo?
Ragiono da giorni, eppure non trovo la soluzione. Non lo conoscevo, prima -non considerando ovviamente il compleanno del mio ex-vicino, che non ricordo minimamente-, anche solo per questo, avrei dovuto farlo.
È bello, indubbiamente, motivo in più per non riuscire a mettere in fila qualche consonante e qualche vocale in modo da formare parole esistenti che, messe una dietro l'altra, formano frasi di senso compiuto.
È un possibile ragazzo..? Beh.. Secondo me no, ma rimane un ragazzo. L'unica via d'uscita è che il mio inconscio non abbia fiducia in me e si sia già messo l'anima in pace. Wow, è quasi comica la cosa.
Beh, questa è sempre la conclusione delle mie riflessioni, perché non so più che pesci prendere, davvero.
A parte questo, la mia è tornata la solita vita. Università, ripetizioni e uscite pomeridiane o serali con il team. E rientra in gioco ciò che viene spacciata per monotonia. Se sia la normalità o la famigerata quiete prima della tempesta, non mi è dato saperlo. E poi, se fosse l'ultima delle due, in cosa consisterebbe la tempesta?
Troppo timorosa anche solo per pensarci e creare previsioni, torno a concentrarmi sul libro che sto cercando di studiare da qualche ora, con scarsi risultati. Per fortuna non c’è fretta: gli esami saranno tra due mesi, ma non mi piace fare le cose all’ultime momento, situazione che si verifica sempre nonostante questa premura.
Sussulto non appena sento il rumore della porta della mia stanza che si apre, facendo entrare Azzurra con passo strascicato “Mi annoio.”
“Azzu, sto studiando..”
“Non è vero, ci stai provando e non ci riesci.” Ribatte, lamentosa. Odio quando ha ragione.
“E allora lasciami provare!”
“Facciamo qualcosa, dai.”
Proprio in questo momento, non so per quale sfortunata casualità, nostra madre passa per il corridoio, davanti alla mia stanza. Sentendo queste parole si immobilizza, poi si gira verso di noi “Non avete niente da fare? Vi scoccia andare al supermercato a fare la spesa? Sono stanca, ho anche un po’ di mal di testa..” mamma, perché usi il verbo scocciare in quel modo, come se avessimo scelta? Sospiro, già arresa. Azzurra si volta verso di me, come se dovessi essere io a dare la risposta.
“Facci la lista..” mormoro, stropicciandomi gli occhi. Abbiocco post-studio, un classico.
“Grazie mille, la faccio subito.”
 
“Fammi capire..” inizia mia sorella, stringendosi nel cappotto “Questo nostro andare al supermercato senza un mezzo di trasporto significa che dopo dobbiamo tornare a casa con le borse in mano?”
“Tu che dici?” chiedo, ironica.
“Ma ci spaccheremo le braccia!”
Ridacchio, scuotendo la testa “Il supermercato non è lontano, la lista non è lunga e ciò che dobbiamo comprare non mi sembra troppo pesante. Ce la caveremo con una busta a testa e rientreremo illese.”
“Sei ottimista..”
“A volte, sì, mi capita..”
Giusto dopo un minuto, la porta scorrevole si apre e noi entriamo, sollevate. Fuori fa freddo e tira vento, qui dentro c’è una temperatura perfetta. Frugo nelle tasche e recupero il foglio che mi ha dato mia madre. Non sapendo da dove cominciare, mi guardo un po’ intorno, facendo una smorfia. Lì ci sono frutta e verdura, quindi direi di iniziare con l’insalata. Informo Azzurra dei miei piani e cominciamo a discutere su chi deve premere i tasti sulla bilancia.
“Io sono più piccola.” Dice lei, agguerrita.
“Ed io sono più grande, quindi decido io.”
“Questo è ingiusto.”
“Questa è la vita.”
Sì, questa è la vita, ma alla fine è lei a vincere. Ho la fermezza di un pezzo di burro, specie se si tratta di mia sorella. Borbottiamo, scherziamo, prendiamo in giro il nome di qualche vegetale, poi ci decidiamo a cambiare reparto e continuare con la spesa. Passiamo davanti a quaderni, matite e cose del genere, dove puntualmente Azzurra si incanta. Ok, anche io sono fissata con la cancelleria, ma potete ben capire come lo possa essere un’artista.
“Voglio quell’aggeggio.” Appunto.
“Ehm.. Cos’è?” chiedo, perplessa.
“Un temperamatite.”
“Ah. Non l’avrei mai detto..” dopo una breve pausa, mi sorge un dubbio “Scusa, ma.. Con tutta questa roba, acquerelli, tempere, pennelli, matite, pennarelli, penne.. Te vuoi un temperamatite a forma di rana?”
Lei si volta lentamente verso di me, gli occhi neri strabuzzati e le labbra serrate “Eleonora.. E’ un temperamatite a forma di rana. Ed è verde.”
“Non riesco a comprenderti, mi dispiace. Comunque prendilo pure.”
“Oh, grazie!” lo afferra e lo osserva più da vicino, gongolandomi affianco. Sospiro rassegnata, distogliendo lo sguardo da una Azzurra in fase di rincoglionimento e puntandolo sul foglietto di carta che avevo appena recuperato dalla tasca. Sughi pronti, origano, peperoncino in polvere..
“Andiamo a cercare roba per il cibo.” Ordino, prendendola per la manica del cappotto.
“Dimmi che la pasta è già a casa.”
“Penso di sì, non c’è scritto nessun tipo di pasta nella lista. Perché?”
“Perché pesa troppo.”
“Giusta osservazione..” mormoro, dandole ragione nella mia testa. Decidiamo di dividerci, lei alla ricerca delle spezie ed io dei sughi pronti. Arrivata davanti ai vari scaffali, però, mi prende il panico. Decine e decine di sughi pronti diversi si presentano di fronte ai miei occhi. Ragù di cinghiale, di capriolo, di cervo.. Dannazione, di cervo? Sospiro e continuo la mia ricerca. Pesto alla Genovese, sugo al tonno.. Ma un semplicissimo pomodoro e ricotta, non usa più?
Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, ed è così che lo vedo, quel bastardissimo barattolino. Troppo in alto per esser raggiunto dalla sottoscritta senza far cadere un'altra dozzina di condimenti. Controllo anche negli scaffali più in basso, ma niente. E’ solo lì. Quasi rido all’idea: magari è solo un test per verificare se sono degna di mangiarlo. Mi mordo il labbro, e prima ancora di arrendermi e guardarmi intorno alla ricerca di un aiuto, una voce alle mie spalle mi spaventa tanto da farmi saltare sul posto.
“Eleonora!” Mi giro con gli occhi spalancati e una mano sul petto, per poi tranquillizzarmi.
“Ah, Damiano.. Ciao.”
“Ti ho spaventata?” chiede, ridacchiando. Ma che ti ridi?
“In realtà.. Sì.” Sentiti in colpa.
“Chiedo scusa.” Ci mancherebbe “Ti vedevo in difficoltà. Non sai quale scegliere?”
“Ehm.. No. So quale prendere, solo.. Non ci arrivo. Cioè, sì, ma penso che farei cadere tutto, quindi stavo cercando una soluzione.” Prendimi in giro e poi vedi.
“..Non hai pensato di chiedere.. Non so, a qualcuno che ci arriva?” Oh, oh! Wow! Sei davvero intelligente, grazie per aver condiviso questa tua qualità con me!
“Non ne ho avuto il tempo.” Stiro le labbra in un sorriso forzato, poi sospiro e indico il barattolo, costringendomi ad abbassare l’ascia da guerra che avevo intenzione cinque secondi fa “Non è che potresti prendermelo tu? Pomodoro e ricotta.”
“Certamente.” Sorride, incurante del fatto che il mio odio nei suoi confronti cresca ogni secondo –immotivatamente, poi-, e alza il braccio per aiutarmi. Lo ringrazio e vorrei salutarlo, ma a quanto pare non è dello stesso avviso “Quindi, fai la spesa.” Perspicace, anche.
“Sì. Mia madre non stava troppo bene, così a commissionato me e mia sorella.. Tu?” domando, anche se non sono molto interessata.
“Abito da solo, devo fare un salto a comprare qualcosa, ogni tanto. Non sapevo avessi una sorella, comunque!” e sorride, di nuovo.
“Ed io non sapevo abitassi da solo.” E cerco di sembrare gentile, di nuovo.
Grazie a Dio, accanto a me compare mia sorella. Sorrido raggiante, considerandomi finalmente salva, e le metto un braccio intorno al collo, stringendola a me rischiando di soffocarla “Ecco, lei è mia sorella Azzurra. Azzurra, lui è Damiano, un amico di Samuele.”
“Samuele il nostro ex-vicino?” chiede, leggermente intimidita.
“Sì, proprio lui.”
“Piacere, Azzurra.” Sorride il biondiccio, in modo affabile. Ma per piacere, io avrei detto in quel modo solo ad una bambina di undici anni massimo. Guardo mia sorella, che sembra non accorgersi del modo in cui si è rivolto a lei. Abbozza un sorriso educato, tirando fuori tutta la sua timidezza –vi ricordo che è peggio di me, in questi casi- e allargando così il sorriso di Damiano. Ma quanto sarà egocentrico? Gli piace azzittire le persone? Beh, con lei vince facile.
“Beh, noi dovremmo continuare con la spesa.” Dico, sperando ci lasci in pace.
Lo vedo annuire “Certo, certo. Tanto ci vediamo in giro.” Che culo.
“Sì, ci vediamo in giro.” Afferro mia sorella per il braccio e, cercando di farlo con non-chalance, sparisco dalla sua vista.
“Ma che razza di gente conosci?”
“Pessima. Pessima gente.”
“L’hai sentito? Mi parlava come se fossi una bambina.” Ah, allora se n’è accorta “E poi godeva del mio disagio! E’ un mostro! Quasi quasi preferisco Simon..” dopo l’ultima frase, scoppio a ridere. Frequentando il mio team da anni, Roberto escluso, anche Azzurra può vantarsi di conoscerli abbastanza bene da non imbarazzarsi con loro. Nonostante dica il contrario, adora ed ha sempre adorato Simon, l’unico che quando lei aveva dieci anni, si metteva a giocare e a disegnare con lei invece che chiacchierare col nostro gruppo.
“Non prendermi per scema. Per l’ennesima volta, poi.. Sappiamo entrambi che consideri Simon più un fratello che un amico di tua sorella.”
“Certo, ma non sempre i rapporti tra fratello e sorella sono pacifici.”
Touché.”
“Comunque, quel Damiano, non mi sembra per niente simpatico.” Non rispondo, ma faccio un’espressione abbastanza eloquente, tanto da farle capire che la penso esattamente come lei. Sospiro tornando alla lista. E’ difficile non sembrare simpatico a mia sorella, lei vede del buono ovunque. Tranne che nella sua professoressa.
C’è una sola persona, molto vicina a me, di cui non so cosa pensa Azzurra: Roberto. E’ entrato nel team da qualche mese, sì, ma in poche occasioni si sono incontrati. So per certo che pure lei è rimasta abbagliata dalla sua bellezza, ma non abbiamo mai parlato di lui, neanche per caso. A volte capita che ci ritroviamo a commentare qualche comportamento, qualche affermazione o qualche stranezza dei miei amici che notiamo entrambe. Adora Simon, stima Marco, ride come una pazza ad ogni battuta di Manuela, ed anche in questo è peggio di me, ammira Ginevra per il suo carattere forte, ma Roberto.. Lui è impeccabile. Non ci dà ragione di farci scervellare su di lui e quindi di far capire a me cosa ne pensa lei.
Non che per me sia fondamentale, solo che sono curiosa e mi piacerebbe che a mia sorella, a cui voglio un sacco di bene, piacessero i miei amici. Tutti.
“Oh, insomma? Che c’è nella lista?” torno nel mondo reale sussultando. Guardo Azzurra, che mi fissa in attesa, poi torno a leggere il foglietto “Cereali.”
“Oh, bello. Mi piace comprare cereali. C’è ampia scelta.”
“Sai che piace anche a me? E’ appagante.”
 
“Mi scappa la pipì.”
“Azzurra, sto cercando le chiavi, mi dai un secondo?”
“Te li do quante ne vuoi, il problema è la pipì, che non te li concede.”
Sospiro, lasciando cadere l’argomento, e finalmente apro la porta. Mia sorella appoggia immediatamente le borse a terra e saltella frenetica verso il bagno, facendomi rimanere sola come un’allocca mentre, con calma, inizio a sistemare ciò che abbiamo comprato. Fortunatamente arriva mia madre, che comincia ad aiutarmi.
“Come stai?” le chiedo appena entra, lanciandole un’occhiata.
“Un po’ meglio. Ho dormito un po’ mentre eravate via. Avete visto qualcuno?”
Nah, nessuno di interessante.”
“Sì, un tipo!” fa la sua comparsa Azzurra “Un bel ragazzo, amico suo. Non molto simpatico, eh, però pur sempre un bel ragazzo! O sbaglio, Elle?”
“Ah, un ragazzo?” eccola, la madre che si trasforma in suocera.
“Mi sta sulle palle.” Borbotto, mettendo anche il broncio. Ci manca solo che inizi a prendermi per il culo e a darmi motivazioni sul perché debba sposare Damiano così, sulla fiducia. Giacomo lo idolatrava sin dai tempi in cui avevo accennato –sotto minaccia- al fatto che mi piacesse qualcuno. Si è visto come è andata a finire. Cornuta ancor prima di avere la possibilità di esserlo.
“Si inizia sempre così..” sorride mia madre, con non-chalance.
“In genere se è così c’è un motivo. Lui mi sta sulle scatole a pelle, dubito che cambierò idea.”
“Samuele ti è sempre stato simpatico, eppure non ci hai provato nemmeno una volta!” ribatte lei, quasi indispettita.
“Se ci provassi in base alla simpatia, a quest’ora saresti nonna. E tra i padri dei miei figli ci sarebbero anche Marco e Simon.” Dico io, esagerando.
“Ti prego, di Simon no. Che razza di mostro verrebbe fuori, tra voi due?!” gridacchia la quindicenne, facendomi ridere “No, non sto scherzando.” Continua “Con Marco verrebbe proprio carino, pacato, tranquillo..”
“Sai, dovresti conoscere qualcuno di nuovo!” torna all’attacco mia madre “Potrei presentarti qualche modello a cui faccio le foto! Non tutti sono montati, sai? Oppure il mio tirocinante! Pietro, te lo ricordi? No, ha ventisette anni, ha pure la ragazza.. Ha un fratello più piccolo, però! Non ricordo il nome. Dovrebbe avere qualche anno più di te. Sennò sai chi? C’è una mia collega che ha un figlio che ogni tanto bazzica per i set, ha vent’anni, proprio un bel ragazzetto! E’ gentile e socievole, sarebbe perfetto!” lei parla, parla e parla, io smetto di ascoltarla quando sento la parola modello. Mi è bastata quella, di cretinata. Appena sento il silenzio, annuisco.
“Che fai per cena?” chiedo.
“Ma mi hai sentita?”
“Sentita, sì.”
“Però non ti ha ascoltata.” Precisa Azzurra. Ogni tanto anche lei utilizza questa tecnica. Gliel’ho insegnata quando era ancora una bambina carina ed ubbidiente: bei tempi.
“E dai, quando mi porterai un fidanzatino a casa?” si lamenta la donna, spaventandomi.
“Mamma, ti prego. Ho diciannove anni, non chiamarlo fidanzatino, mi dà l’idea di uno più piccolo di me. E comunque lo decido io quando portarlo e se portarlo. Quando ce l’avrò. Prima dovrei addestrarlo per bene, prepararlo alle tue affermazioni, alle tue domande. Altrimenti mi scappa..” scherzo.
“Come sei cattiva, con la tua mamma.” Dice lei stessa, tirando fuori il labbro inferiore.
“Sii adulta, per Dio.”
“Ecco, diglielo.” Mi dà manforte mia sorella.
“Che figlie ingrate.”
“Ti fanno comodo per fare la spesa però, eh..” la provoca Azzurra, facendomi sghignazzare. Il cellulare nella mia tasca destra inizia a vibrare, così mi allontano, lasciandole discutere del fatto che una madre sola deve essere aiutata dalle figlie. Tesi portata avanti dalla mia amabilissima genitrice, ovviamente.
Abbello!” rispondo, ingrossando la voce. E’ Simon, per questo faccio l’idiota.
Cosa! Come stai? Tutto apposto? A casa? Tua sorella? Tua madre? Tuo padre quando l’hai risentito? Senti, ti volevo chiedere..” ridacchio, non perdo tempo a rispondere “Oggi in piazza ho incontrato Enrico.”
“Enrico chi?” chiedo, aggrottando la fronte.
Enrico, quello che veniva a canto con noi!
“Ah, Enrico! Che ti ha detto?”
Abbiamo parlato del più e del meno, niente di che. Mi ha detto che ha una band, lui è il cantante. Ti volevo chiedere se ti andava di andarli a sentire, Sabato sera. Non dopodomani, la settimana prossima. Sono al Take it easy, iniziano verso le undici. Ha detto che ci offre da bere, se andiamo! Naturalmente lo diciamo anche agli altri, eh. Non ti chiedo di uscire, scusami ma non mi interessi. Però dimmelo se inizi a provare qualcosa per me! Vediamo di risolvere la questione!
Senza considerare la seconda parte, del tutto inutile, rispondo “Per me non ci sono problemi! Anzi, mi fa piacere andare. Non lo vedo da tantissimo..”
Puoi dirlo che ti piace.”
“Come canta, l’ho sempre detto. Ma perché oggi siete fissati tutti sullo stesso argomento?”
Tutti chi?
“Tu, mia madre e mia sorella.”
I soliti? Di che ti lamenti? Ne vuoi altri?
“Ci sentiamo, ok?”
No, attacca prima tu, cucciolina batuffolina!
“Ok.”
No, prima tu!” sospiro, poi gli riattacco in faccia sorridendo divertita.

 



Non penso di avere appunti sul capitolo, a questo giro! :)
Sono consapevole che come pezzo di storia non arriva da nessuna parte, ma è tutto calcolato! Serviva questo capitolo, specialmente per la parte finale, e lo scoprirete nel prossimo aggiornamento.
In ogni caso, spero vi sia piaciuto nonostante la poca sostanza. :)
 
Ringrazio tutti, ovviamente, dal primo all’ultimo che legge, che segue, ricorda, preferisce e recensisce!
Me commossa. :’)
 
Ci ritroviamo il 6 Ottobre, carissimi. Spero di mantenere il ritmo, la scuola è appena iniziata e già ci riempie di cose da studiare. I professori che ci dicono che interrogano il giorno prima dell’interrogazione stessa non aiutano, poi..
 
Un bacio enorme
 
Maricuz

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Capitolo 8
*** Challenge accepted! ***


VII Capitolo


Challenge accepted!

Più di una settimana fa Simon mi ha chiesto di andare a sentire la band di un nostro amico, e oggi finalmente è Sabato. Ho passato la classica settimana, che con varie modifiche si sussegue da mesi, mentre fuori le temperature si abbassavano e le decorazioni natalizie si diffondevano per il paese. Siamo ormai al tre Dicembre, e nonostante ci siano dei momenti che non passano mai, il tempo scorre indisturbato sotto gli occhi di tutti.
Michele un pomeriggio è venuto per un bel ripasso di matematica, Azzurra è venuta in camera mia per mostrarmi quanto funzioni bene il temperamatite che le ho permesso di comprare quando siamo andate a fare la spesa insieme, Roberto ha suonato il campanello di casa mia –destabilizzando per qualche secondo mia sorella, che è andata ad aprire- per chiedermi, con i suoi grandi occhioni celesti spalancati, se l’avrei aiutato con la festa a sorpresa per Ginevra, che compie diciannove anni tra una settimana esatta. Ovviamente, ho accettato. E giuro che non c’entrano niente gli occhioni.
Adesso sto aspettando che Marco, il mio autista personale, mi venga a prendere a casa. Ovviamente da dentro: non posso uscire e attendere per un tempo indefinito che arrivi, fa freddo. Non appena uno squillo al cellulare mi informa del suo arrivo, esco ed entro in macchina, ferma davanti alla porta. Che servizio.
“Ciao!” lo saluto, sorridendogli.
“Ciao, tutto apposto?” chiede lui, guardandomi per qualche secondo prima di partire, giusto il tempo di vedermi annuire.
“Tu invece?”                         
“La mia vita è tranquilla, niente sconvolgimenti, niente colpi di scena.. Sto bene.” Appena finisce di parlare, accende la radio. Non la usa spesso, ma sa che io non riesco a fare un viaggio in macchina senza un sottofondo musicale.
“Te l’ha detto Roberto della festa per Gin?”
“Penso che l’abbia detto a tutti del team, con calma. Mi ha chiamato ieri, a Simon stamattina, Manu oggi pomeriggio.. A te?”
“Ha suonato alla porta.” Ridacchio, pensando stupidamente di aver ricevuto un trattamento speciale.
“Hai la parte più difficile, tu. Devi tenerla occupata un pomeriggio, senza che contatti Rob. Ti sembra poco?” scherza, sorridendo.
“C’è anche Manu con me, no?”
“Appunto, complicherà le cose. Manuela inizierà a ridere senza motivo perché non vedrà l’ora di arrivare alla location della festa. Inizia a trovare una scusa plausibile, perché Ginevra è intelligente e si accorgerà della sua strana euforia.” Dice pacato, iniziando a farmi paura.
“Cavolo, non ci avevo pensato..” mormoro, aggrottando la fronte turbata. Lui fa spallucce.
“Sono qui apposta.”
“Grazie, sensei.”
Pochi minuti dopo, anche Manuela sale in macchina “Ragazzi, lo sapete del compleanno di Gin, vero? Oddio, non vedo l’ora di vedere la sua faccia quando accenderemo le luci e grideremo ‘auguri!’ tutti insieme!” io e Marco ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
“Ecco la conferma delle tue parole.” Dico, appoggiando la testa al finestrino.
“Ho sempre ragione.”
“Ma di che state parlando? Quali parole? Conferma di cosa?”
Nessuno dei due risponde. Io sventolo una mano per aria, Marco nemmeno quello. La castana ovviamente insiste a chiedere spiegazioni, ma continuiamo a far finta di niente fin quando non parcheggiamo vicino al pub e scendiamo di macchina con Manuela che sbuffa come un treno a vapore. All’ingresso troviamo già Ginevra, Roberto e Simon con la sigaretta fra le labbra. Appena viene buttata a terra e calpestata, entriamo.
“Freddino fuori, mh?” dice l’italo-americano, giusto per cominciare a parlare.
“Se solo non fosse scontatissimo, direi che ho visto un pinguino per strada.” Commenta Ginevra, sospirando sollevata. Temperatura accogliente, qui dentro.
“E perché cazzo l’hai detto, allora?”
“Gin, non rispondere male. Aspettate un secondo prima di litigare?” li placca subito Roberto, da bravo rugbista. Ha, ho fatto la battuta! Entrambi alzano le mani, sforzandosi per non dare la colpa all’altro. Prendo la parola, giusto per concentrare l’attenzione su altro “Simon, guarda. Sul palco c’è Enrico a sistemare l’attrezzatura.”
Tutti si girano verso il palco, dove appunto il ragazzo, insieme ad altri tre, prepara gli strumenti e li prova. Il biondo mi afferra un polso e mi trascina lì sotto, per poi dare una pacca sul culo ad Enrico non appena siamo lì. Lui sussulta prima spaventato, poi riconoscendoci si apre in un sorriso e salta giù per abbracciarci. In sostanza, rimango stritolata tra i due.
“Belli! Siete venuti! Elle, dimmi che sei stata tu a toccarmi il culo. Il mio ego si caricherebbe per lo spettacolo!” ridiamo e annuisco.
“Ti dico di sì anche se non è vero.”
“Grazie bella.” Mi risponde, dandomi un buffetto sulla guancia “Insomma, che si dice? Siete voi due e basta?”
Nope!” dice Simon “Siamo col nostro gruppo. Sulla fiducia, ti applaudiranno sempre. Vi abbiamo fatto buona pubblicità.” Dà un’occhiata agli altri componenti di gruppo, poi continua “Non ne conosco uno. Dove li hai trovati?”
“Amici e amici di amici. Ora siamo tutti amici.” Ridacchia, mettendo ad entrambi una mano sulla spalla.
“Di cosa vi occupate?” chiedo, curiosa.
“Vari generi, tutti derivati del rock, comunque. Sai come sono io. Canteremo per lo più cover, giusto due o tre canzoni nostre. Siamo un po’ un work in progress.” Spiega, sempre allegro. E’ visibilmente emozionato per la serata, e ci credo. Lo sarei anche io, anche se non sono proprio un tipo da rock, nonostante lo ascolti.
“Bella roba.” Apprezza Simon, annuendo “Allora attendiamo. Torna pure ai preparativi! In bocca al lupo.”
Enrico sorride “Crepi. A dopo!”
Lo lasciamo mentre risale sul palco e incita i suoi compagni con urla e botte sulla schiena. Raggiungiamo gli altri che, grazie a Dio, hanno trovato un tavolino libero. Ci sediamo con calma e cerchiamo di capire di cosa stanno parlando, o meglio, ridendo. Ginevra si sta reggendo a Roberto, anche se lui stesso fatica a non accasciarsi sulla superficie davanti a loro. Marco ha ceduto. Manuela invece sta dicendo “Ma non ridete! E’ vero!”
“Appunto.” Replica Gin, cercando di prendere fiato.
“Che ha fatto?” chiede Simon eccitato, voglioso di ridere anche lui.
“Niente di tanto divertente.” Borbotta Manuela oltraggiata “Ieri sera stavo guardando la tv, ad un certo punto dovevo andare in bagno, così vado, come fa una persona normale che deve andare in bagno. Il problema è che io sono abituata a non accendere le luci, perché so come è fatta casa mia e quando devo girare, mentre mia madre è abituata a lasciare l’aspirapolvere in mezzo al corridoio.”
Oh my God, ci sei inciampata?” domanda, sempre il chitarrista, aspettando la conferma prima di scoppiare. La castana lo guarda male “No. Ho chiamato Trilly per farmi dare la polverina magica ed iniziare a volare. Certo che ci sono inciampata!”
Mi aggrappo al braccio di Marco, alla mia destra, non sentendo più arrivare aria nei polmoni, troppo presa dalle risate. Cerco di chiedere aiuto, ma vedere gli altri mezzi morenti come me peggiora solamente la soluzione. Diventa una risata a catena, e anche la stessa Manuela comincia a mollare. Un altro gruppo di persone ci guarda come se fossimo dei pazzi, confermando l’idea che si sono fatti di noi vedendo che nessun bicchiere vuoto fa sfoggio di sé sul nostro tavolino e che quindi nessuno è ubriaco.
“Teste di cazzo.” Dice la mia povera amica, tra una risata e l’altra.
Appena ci calmiamo, cinque minuti dopo almeno, le chiedo se si è fatta male cadendo, domanda che scatena altre risate incontrollate di Simon e Marco. Vi avevo detto che Marco ride come un pazzo nel momento in cui si sblocca, no? Per Simon non c’è giustificazione, è semplicemente il più coglione. Quando Manuela riesce a rispondere, scopriamo che ha solo battuto la spalla e che adesso non sente dolore. Per fortuna: così mi sento meno in colpa per aver riso.
Sospiro, poco prima di sentire Enrico dire “Prova, uova, suola. Bon.”
 
L’esibizione si è appena conclusa. Hanno cantato circa dieci canzoni, e devo riconoscere che quelle originali sono veramente belle. Tutti sono d’accordo con me, anche Manuela che era più concentrata sul chitarrista che sulla musica in sé. Oggettivamente però non posso darle tutti i torti, visto che è veramente un bel pezzo di ragazzo, l’ho dovuta smontare però: è impegnato, e quella che pare la sua ragazza non è molto distante da noi.
“Dici che quella è la sua ragazza?” mi chiede Simon, un po’ scettico, con un sopracciglio alzato. Annuisco.
“Beh, sì. Si lanciano delle occhiate non indifferenti. Oh, ecco, guarda. Lui si sta avvicinando.” Infatti, il chitarrista senza nome scende dal palco e si avvicina alla ragazza con cui sospettavo stesse. Oh, e la sta baciando! Sono un fottuto genio. Intanto sento Simon borbottare “Peccato.”
“E’ carina.” Annuisce Marco, comprendendolo.
“E lui è figo, dannazione. Di così belli ne ho visti pochi.” Blatera Manuela, fissandolo con gli occhi spalancati. Ridacchio e le giro il viso verso di me “Sembri una maniaca. Calma gli ormoni.”
“Ma l’hai visto?!” si scandalizza lei.
“Non ti preoccupare, l’ho visto e pure bene.”
“Ma sentila Eleonora come si dà da fare!” ammicca Ginevra, sporgendosi sul tavolino. Arrossisco lievemente scuotendo la testa “Ho gli occhi, li uso. Stop.”
“Come se ne avessi pochi belli, attorno.” Continua.
“Ha parlato quella che il bello del gruppo se lo fa.” Commenta Simon, facendo sorridere un po’ tutti. Lo stesso Roberto sorride, solo più in imbarazzo. Ah, cosa non è? E’ la tenerezza più assoluta! In questi momenti invidio Gin: se fossi al posto suo lo strapazzerei di baci.
“Oh, scusami se stiamo insieme! Mica sarai geloso?” lo provoca la bionda, prendendo anche la mano di Rob per rafforzare il concetto. Simon ridacchia e scuote la testa “Ma figurati. L’unica cosa che invidio è che Roberto si è preso la nomina del più bello del gruppo al posto mio.”
“Mi sento escluso..” mormora Marco, passandosi una mano tra i ricci biondi. Subito io e Manuela ci buttiamo ad abbracciarlo e consolarlo con frasi e vocine stupide: “Ma tu sei più coccoloso!”, “Tu sei più nerd!”, “Hai un gatto che si chiama Bazinga!”, “Tu sei più biondo!” e cose del genere.
“Ok, il mio fan club dov’è?” interrompe il tutto Simon, fintamente sorpreso.
“Fallo da solo.” Ribatte Manu.
“Eh, sì certo. Adesso vado a rimorchiare qualcuno. Magari trovo qualcuna da portarmi a letto, chissà!” dice, scherzando.
“Ormai, a questo punto della serata, nessuno riuscirebbe a trovare qualcuno da portare a casa e qui, al Take it easy, per portarselo a letto.” Spara convinto Marco, portandosi alle labbra il bicchiere che teneva tra le mani. Effettivamente ha ragione. Non è una discoteca o comunque un posto in cui si va a cercare avventure da una notte. E’ tranquillo, ognuno viene col suo gruppo e la cosa finisce qui. Poi vabè, se scocca la scintilla, è un discorso diverso.
Simon si immobilizza, aggrotta la fronte e punta gli occhi su quelli del riccioluto “..Scommettiamo?”
“Dai, Simon, non fare l’idiota..” ride Marco, posando il bicchiere.
“Non faccio l’idiota. Io, adesso, rimorchierò una ragazza e me la porterò a letto. Se ci riesco a questo punto della serata, come hai detto tu, e qui al Take it easy, domani venite a pranzo da me, cucinerò io stesso.” Afferma convinto, sbattendo anche una mano sul tavolo.
“E dove sta la fregatura? Se vinci la scommessa, siamo noi a dover pagare pegno, no?”
“Marco, sai meglio di me che faccio schifo a cucinare. E poi, dovreste svegliarvi di domenica mattina prima di mezzogiorno, visto che a quell’ora vi voglio tutti dentro il mio appartamento. Ed ecco un altro punto per me: sono l’unico, insieme a Roberto, che si sveglia tranquillamente alle nove pure di domenica.” Dannazione, sembra convinto. Lancio un’occhiata divertita a Ginevra, che come me si sta godendo la scena con curiosità.
“Ma se vinci passi la notte a scopare, mica a dormire.”
“Non mi sottovalutare Marco, non mi sottovalutare.. Inoltre,” aggiunge, alzando l’indice “Dovrete essere disponibili per tutta le settimana, per me. A tutto.”
“E se vinciamo noi?” lo asseconda annoiato Marco.
“Beh, intanto potrete prendermi per il culo perché non sono riuscito nell’intento, poi avrete la mia completa disponibilità per l’intera settimana. Tutti e cinque: tu, Manuela, Eleonora, Ginevra e Roberto. Anche io, disponibile a qualunque cosa.”
“Qualunque?” chiede conferma il biondo, scettico.
“Qualunque, parola di musicista.”
Segue uno scambio di sguardi intenso. Da una parte quello sicuro e determinato di Simon, dall’altra quello scettico e un po’ sacrificato di Marco. Infine, quest’ultimo cede e porge la mano all’altro, ufficializzando definitivamente la scommessa, sotto gli occhi divertiti e partecipi del resto del team. Sospiro sorridendo “Quando inizi la missione, allora?”
“Anche subito, cerbiattina.” Infatti, si alza in piedi e comincia a sistemarsi la camicia, lanciando occhiate in qua e in là con occhio critico. Eccolo, che entra in modalità predatore. Cerchiamo un po’ tutti di non scoppiargli a ridere in faccia, giusto per non farlo inacidire. Dopotutto deve fare conquiste, stasera. Non appena si allontana, diamo il via ai nostri pensieri.
“Per me non ce la farà.” Marco.
“Per me sì. Ci proverà con tutte le ragazze del locale, poi finirà con la barista.” Manuela.
“Mh, se punta una di quel gruppetto là ci sta anche che tra cinque minuti stia già in macchina diretto a casa. Quel tavolo pare un pollaio. Se si sbriga prima che tornino per strada vince.” Ginevra.
“Io dico che ci riesce tra qualche tentativo. Ne vedo molte al bancone con il bicchiere in mano.” Roberto.
“Io spero solo che non paghi qualcuno.” Me medesima.
Ed è così che iniziamo a chiacchierare del più e del meno, senza però perder mai di vista il nostro amico. Ci dimentichiamo sempre di non provocarlo in qualunque modo, ma non possiamo evitarlo. Lui vedrebbe una provocazione anche in una frase come “Questo gelato è al limone”, e cercherebbe di dimostrare che non è vero. Ok, forse non a questi livelli, ma non andiamo tanto lontano da come è la realtà. Bevendo, lo osservo mentre si avvicina con non-chalance ad una ragazza seduta al bancone, parlandoci solo dopo qualche secondo.
“Sapete cosa mi fa venire in mente tutto questo?” chiede Roberto, anche lui con gli occhi puntati su Simon “Avete presente How I met your mother?”
Sorrido divertita annuendo “E’ uno dei miei telefilm preferiti.”
“Io penso che se fosse una persona lo sposerei.” Dice Manuela, appoggiando il viso su una mano.
“L’ho guardato qualche volta.” Dice Ginevra, invece. Lei è più un tipo da Grey’s Anatomy.
“Ecco, in questo momento mi sembra di vedere Barney, invece che Simon.” Termina Roberto, ridacchiando per la sua stessa frase. In contemporanea, ci voltiamo di nuovo a guardare il ragazzo. Il sorrisetto ammiccante, lo sguardo fintamente affabile, persino il modo in cui è appoggiato alla superficie, tutto ricorda Barney Stinson. Marco alza le sopracciglia “Cazzo, c’hai ragione però.”
“Dite che è questo il motivo per cui dice che lui è il suo personaggio preferito? Perché ci somiglia?” chiedo.
“Beh, sarebbe da Simon.”
“E pure da Barney.”
“Che cosa triste.” Commento, cominciando a ridere.
Proprio in quel momento, la bionda con cui stava parlando il protagonista dei nostri discorsi si alza e se ne va, lasciandolo solo. Marco e Roberto commentano fra loro la scena prendendolo per il culo, mentre noi ragazze continuiamo ad osservare lui, a conoscenza del fatto che entro un minuto avrà già abbordato qualcun’altra. E infatti, la successiva vittima è una morettina molto carina che sta massaggiando sola soletta alla parete del locale, non molto infastidita dalla presenza dell’altro.
“Mmmh questa ci sta.” Dice Ginevra, studiando.
“No, io dico di no.” Ribatte Manuela, con una smorfia.
“Vabè dai, stiamo a vedere.”
Aveva ragione Manuela. Dopo un paio di minuti la ragazza scuote il capo e va via, davanti ad un Simon sorpreso. A quanto pare non se l’aspettava nemmeno lui. Lancia un’occhiata nella nostra direzione, un po’ umiliato, ma comunque alla ricerca di supporto. Abbozzo un sorriso e faccio spallucce, mentre Marco gli fa capire con qualche gesto che sta fallendo. Simon sbuffa, e distoglie lo sguardo un po’ scazzato, tornando ad occuparsi della scommessa.
Ci prova con un paio di castane, un’altra bionda e persino una tipa con delle ciocche tinte di un rosa acceso. Infine, approda di fianco ad una rossa molto carina. Ha dei lineamenti molto dolci, un corpo minuto e molto aggraziato, caratteristiche che ci fanno stupidamente escludere la possibilità che possa accettare di andarsene con Simon.
Per questo, rimaniamo a bocca aperta mentre i due si avvicinano all’uscita del pub. Quando la rossa è ormai fuori, il nostro amico ci guarda e ci fa l’occhiolino, prima di sparire.
“Cazzo.” Mormora Marco.
“Questa non me l’aspettavo.” Afferma Manuela, continuando a fissare l’uscita.
“Mi sa che ci merita andare a casa. Domattina dobbiamo alzarci prima delle undici e mezza. Anche se non ho molta voglia di morire avvelenato..” Sospira il riccioluto, guardando me e la castana. Annuiamo, cominciando ad alzarci.
“E’ stato bello conoscervi e passare i miei momenti migliori con voi, ragazzi.” Dice Manuela, con un sorrisetto triste.
Ginevra ci saluta con la manina “Ci vediamo all’altro mondo.”





Appunti sul capitolo:
L’intero capitolo, titolo compreso, è dedicato al telefilm “How I  met your mother” (ripresa l’ottava stagione nemmeno due settimane fa, tra l’altro). Se proprio vogliamo essere pignoli, a Barney Stinson, uno dei protagonisti. Il titolo è infatti “Challenge accepted!”, uno dei soliti tormentoni ripetuti dal personaggio scritto tipo 2 secondi fa.
What else? Ah, questo appunto è dedicato più che ad altri ai lettori che mi hanno seguita anche in “Amore al primo tweet”! Il bel chitarrista della band di Enrico che attira l’attenzione delle ragazze, è il Sig. Bonetti Gabriele (e di conseguenza la sua ragazza è Ilaria). Se avete letto la mia precedente storia, non potete esservi dimenticati di lui. Se volete avere un’idea temporale più precisa, fate conto che qui hanno vent’anni. In sostanza siamo più o meno nel punto centrale del lasso di tempo che va dalla fine della storia all’epilogo. Spero di esser stata abbastanza chiara. :)
 
Insomma, eccoci qui.
Non mi sento ispirata per scrivere qualcosa di decente. D:
Probabilmente questo è l’ultimo capitolo di semi-passaggio per mooolto tempo, quindi preparatevi psicologicamente per i prossimi, specie quello che pubblicherò Giovedì 11.
Dio, quel capitolo mi dà una soddisfazione che non potete minimamente immaginare, davvero. *-*
Comunque, tornando a questo, ditemi cosa ne pensate. *-* Vengono nominati due eventi che saranno le trame generali dei prossimi due capitoli, dopotutto. u_u
 
Un graaaazie stratosferico a chi considera questa storia. :’)
Me provare tanto tanto affetto e gratitudine verso voi pazzi.
 
Ci ritroviamo l’11 Ottobre col capitolo più improbabile di tutta la storia delle mie storie. (?)
Nel caso siate degli stalker (scherzo, caVi :3) vi linko dove potete trovarmi, oltre che qui su EFP.
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Un bacione
 
Maricuz

Ps: Sono felice perché oggi avrò la mia prima chitarra. Ciao.

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Capitolo 9
*** That awkward moment when.. ***


VIII Capitolo


That awkward moment when.. 
 
Mi sveglio di soprassalto, il respiro mozzato e gli occhi spalancati. Stupido incubo.
Non mi sembrava poi tanto male, inizialmente, poi mi sono ritrovata davanti ad un burrone dove sono poi caduta. Cosa ci facesse un burrone in mezzo al paese, non lo so.
Sospiro, stropicciandomi il viso e muovendomi un po’ sul letto, poi afferro il cellulare per controllare l’orario. Uh, le dieci, ottimo. E’ persino inutile riaddormentarmi, visto che poi rischierei di non svegliarmi in tempo per andare a pranzo da Simon. Non che sia una cosa brutta, anzi, mi salverei soltanto la vita, ma meglio non far arrabbiare il mio amico. Gli dobbiamo una settimana di servigi, io e gli altri.
Mi alzo con molta calma, e sempre facendo il mio porcaccio comodo mi preparo. Nonostante questo, cinquanta minuti dopo mi chiedo se disturberei nel caso arrivassi in anticipo. Dopotutto l’appartamento è anche di Samuele, non posso mica prendermi certe libertà.
E infatti, dieci minuti dopo sono sul mio motorino diretta a casa loro. La coerenza!
Parcheggio, mi tolgo il casco e respiro profondamente l’aria di inizio Dicembre. Certo, andare in giro in motorino non è proprio il miglior modo per sopportare il freddo, ma mia madre non poteva portarmi e a piedi non ci sarei venuta neanche se me l’avesse chiesto Obama in persona. Insomma, che gli frega?
Infilo le mani in tasca, così da facilitare il loro scongelamento, e mi avvio verso il palazzo. Passo anche davanti alla Pasticceria da Mattia, facendomi sfuggire un sorriso divertito. Lancio un’occhiata all’interno e vedo l’anziana signora che mi aveva servito la scorsa volta sistemare qualche pasticcino su dei vassoi. Ci sono sicuramente più clienti rispetto a quella sera di qualche settimana fa: chi prende un caffè, chi fa colazione con qualche dolce, chi con un panino. Torno a guardare davanti a me, attraverso la strada e noto che si sta avvicinando all’entrata dell’edificio anche un’altra figura con un pacchetto della Pasticceria in mano. Il tempo di aprire la bocca per chiamare il ragazzo, e lui inciampa sullo scalino del marciapiede “Porca putt..” e, ovviamente, invece di un saluto mi esce una risata.
Sorpreso, si gira di scatto mentre arrivo di fianco a lui.
“Tutto bene?” chiedo, cercando di smettere di ridere. Lui annuisce, inespressivo “Sì, sì. Tutto bene.”
Ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, immobili, poi ci osserviamo per intero. E’ lui il primo a parlare “Non ci credo.”
“Nemmeno io.” Ridacchio, leggermente imbarazzata.
Il nostro primo incontro si è svolto esattamente in questo modo, solo con i ruoli invertiti. Persino il dialogo iniziale è stato praticamente identico, tranne per il fatto che lui non ha balbettato. Forse è anche per questo che non riesco a togliermi il sorriso sulla faccia.
Filippo apre la porta, non distogliendo lo sguardo “Come stai?”
“Bene, grazie. Tu?” domando a mia volta, entrando.
“Bene anche io, anche se poco fa ho rischiato di spalmarmi sul marciapiede. La tua caviglia si è ripresa?”
“Sì, per fortuna sì.” Ormai siamo davanti l’ascensore. Lo fissiamo per un po’.
“Magari lo evitiamo, che dici? Non vorrei si ripetesse anche il fattaccio.” Propone lui, avvicinandosi quindi alle scale. D’accordissimo, lo seguo di buon grado. Figurarsi se rischio nuovamente di rimanere bloccata in quella fottuta scatola.
“Che ci fai tu qui?” chiedo, giusto per fare conversazione e non ritrovarmi in silenzio.
“Stamattina mi è arrivato un messaggio di Simon che mi invitava a pranzo. C’è qualche evento importante?” la sua voce ha un’intonazione leggermente perplessa. Più o meno come la mia espressione facciale: perché diavolo Simon ha invitato anche lui? Che c’entra? Forse per far compagnia a Samuele..
“Una scommessa. Ieri sera abbiamo inavvertitamente provocato Simon. Se fosse riusciuto a portarsi a letto qualcuna, vinceva e andavamo tutti a pranzo da lui.” Spiego, cominciando la seconda rampa di scale.
“Quindi ha vinto.”
“Eh, sì.”
“E che senso ha invitarvi a pranzo? Che ci guadagna?” domanda, giustamente.
“Lui non guadagna niente, noi ci perdiamo. Non siamo un gruppo mattiniero, esclusi lui e Roberto, per cui non abbiamo potuto dormire a oltranza, come avremmo fatto in una qualunque altra domenica. E questo è un punto per lui. Inoltre, cucina da fare schifo. Ha usato questa sua incapacità contro di noi, incredibile.” Borbotto, infine.
“Beh, è stato scaltro.” Commenta, pensieroso “Però che c’entro io? Mi tocca intossicarmi per una scommessa che manco ho fatto!”
“Ma vallo a capire..”
Cade il silenzio, così mi concentro sui nostri passi. Sì, beh, ok, sono un po’ strana con Filippo, effettivamente, e la mia stranezza è dovuta proprio al fatto che con lui mi sento tranquillissima e a mio agio. Finché chiacchieriamo come abbiamo fatto adesso, perlomeno. Immagino che se si mettesse a fare uno spogliarello dal niente tanto a mio agio non mi sentirei, pur godendo della visione.
Ecco, mi sono fatta l’esempio peggiore. Mi ritrovo ad arrossire come un’imbecille.
“Eleonora.” Mi chiama. Sussulto e lo guardo con gli occhi sbarrati, come se mi avesse colta sul fatto. Cazzo, Elle, stai tranquilla, non legge nel pensiero. Lui aggrotta la fronte fissandomi “..Che ti prende?”
“A chi? A me? Niente! No, stavo pensando. Dimmi, che volevi?” dovrei scrivere un libro. Si chiamerebbe ‘Come passare da deficienti in pochi semplici mosse’. Lui lascia immediatamente perdere, per mia fortuna, ed assume un’espressione così seria da preoccuparmi “Come l’hai presa?”
Lo fisso, tanto intensamente che rischio di inciampare sull’ultimo scalino “Come ho preso cosa, scusa?” è successo qualcosa che non so? Dannazione, questo mi fa preoccupare! Sospira, mettendomi ancora più ansia.
“Intendo.. Questa storia.” Si appoggia alla parete, non suonando neanche il campanello. Deglutisco.
“Quale storia?”
“Questa.” Replica, facendo spallucce.
“Filippo, se magari mi rispondi in modo esauriente potrei anche capire.” Replico, nervosa.
Lui abbassa la testa, facendo cadere qualche ciuffo castano sul suo viso. Torna nella stessa posizione di prima ed alza un braccio, per risistemarli. Quei cazzo di capelli sono ipnotici, più degli occhi. Nel momento in cui li guardo non riesco a distogliere la mia attenzione. Mi faccio forza e torno al suo viso, quasi sofferente. E’ troppo espressivo, oggi. Mi sto preoccupando.
“Questa di Simon.”
“Simon cosa? Che ha fatto Simon? Ti ha scritto qualcosa nel messaggio? E’ successo qualcosa?”
“No, no, non intendo questo.” Scuote anche il capo, il bastardo. Parla, per l’amor di Dio.
“E che intendi?” quasi non sembra più una domanda, dal tono che utilizzo.
“Questa cosa che si è portato una ragazza a letto. Non dev’essere facile per te. Posso vagamente capire quello che hai provato quando l’hai visto andare via con quella..”
“Ma a me non importa un fico secco se..” mi blocco, ragionando sulle sue parole. Quando inizio a vedere un ghigno dipingersi sulle sue labbra, serro le mie e mi giro verso la porta, suonando il campanello “Sei solo un idiota. Ed io che mi sono preoccupata. Volevi solo prendermi in giro. Beh, complimenti, ci sei riuscito, ti sei divertito. Adesso potresti finirla con ‘sta storia che mi interessa Simon? Non è vero! Te lo sei inventato tu.”
Lo sento sghignazzare alle mie spalle “Sei troppo divertente, scusa.”
“Grazie.” Replico, secca.
“Prego.”
Si apre la porta in quel momento. Davanti a noi Samuele, pimpante e allegro. Evidentemente non è alzato da poco. Ci fa entrare, commentando il fatto che per la seconda volta siamo arrivati insieme e facendomi arrossire a questa constatazione, poi ci fa accomodare sul divano. Non prima di aver rubato il pacchetto della pasticceria che gli ha portato il suo amico che a me tutto pare tranne che una statua. Sembra che mi abbia presa in simpatia, con me sorride e scherza pure troppo, lo stronzo!
“Simon mi ha lasciato un biglietto per dirmi del pranzo di oggi. Non penso la ragazza se ne sia andata, ancora. Nel caso venisse fuori, diremo che sei venuta per me. Insomma, va bene che comunque è stata l’avventura di una notte, ma non credo che sarebbe carino nei suoi confronti che una ragazza cerchi il suo amante. E’ pur sempre una donna.” Dice  tranquillo, buttandosi pure lui a sedere.
“Eccolo il principe azzurro..”
“Non rompere, ho ragione.” Zitta subito il suo amico, sventolando il cornetto e portandoselo alle labbra per affondarci i denti.
“Non ho detto il contrario.” E dopo queste parole di Filippo, il silenzio.
Fino a quando non cominciamo a sentire dei rumori molto simili a dei gemiti –e anche piuttosto sentiti-, tanto da sembrare proiettati nella location di un film porno. I miei occhi, prima puntati placidamente sulla televisione spenta, si spalancano. Sento chiaramente Samuele smettere di masticare e, dopo qualche secondo, ingoiare a fatica il boccone. Dalla statua, nessuna reazione.
“Oh mio Dio.” Mormora il padrone di casa.
“Cristo, no. Questo no.” Mi lamento io, coprendomi il viso con le mani.
“Penso che scoppierò a ridere.” Se ne esce invece Filippo, come se stesse davvero valutando l’idea di piegarsi in due ma senza il minimo divertimento nella voce.
I minuti che seguono, sembrano infiniti. Giuro di non aver mai augurato a nessuno di avere una prestazione sessuale scarsa, tantomeno ad un amico, ma adesso.. Adesso non posso che sperare che finisca presto. Dannazione, non vedrò mai più Simon con gli stessi occhi, dopo oggi. Non riesco neanche a guardare gli altri due ragazzi, che stanno subendo questa situazione insieme a me. Non dico e non faccio niente, mi limito a stringere un cuscino tra le braccia e affondarci il viso, emergendo ogni tanto, illudendomi che finirà proprio in quel momento, come un brutto sogno.
Samuele sta ancora mangiando la sua colazione, con una lentezza disumana. Qualche morso accompagnato dalla sua espressione disgustata.
Filippo gioca col cellulare ad Angry Birds, a giudicare dai suoni.
Ma io dico.. Un mio amico sta copulando tranquillamente in un’altra stanza, pure rumorosamente, e tu giochi al cellulare? Proprio lui sbuffa. Tiro su la testa e lo guardo male. A quanto pare si sente osservato, allora ricambia il mio sguardo. Lui indifferente, io scazzata e pure rossa per l’imbarazzo. Alza un sopracciglio, mi porge il suo cellulare “Vuoi giocare tu?”
Continuo a guardarlo.
E lui continua a guardare me, tranquillamente.
“No, grazie.”
“Guarda che ti distrai.” Insiste, avvicinando ancora di più il cellulare.
“Non mi va.”
Aaaaaaaahhh, sììì!
“Ok, dammi quell’affare.” Afferro, forse con troppa aggressività, l’oggetto che mi viene porto da quest’essere impermeabile. Comincio a giocare, il cuscino rigorosamente stretto al petto e le gambe incrociate sul divano. Prendo la mira, lancio. Ha, preso, maiale bastardo. Ghigno e continuo a tirare volatili su prosciutti ancora vivi, estraniandomi da tutto il resto.
“No, guarda, qui faresti meglio a cercare di buttar giù le spranghe di ferro.” Sussulto nel sentire la voce di Filippo così vicina al mio orecchio. Lo guardo, gli occhi sgranati, l’espressione da pesce lesso. Quando si è avvicinato? Sbatto un po’ le palpebre, osservo lo schermo, poi annuisco.
“Sì, giusto.” Mormoro. Questo gioco è una fottuta droga.
“Abbassa un po’..” dice, facendo anche un gesto con la mano, come se non sapessi cosa voglia dire abbassare.
“Quanto, così?”
“No, così è troppo.”
“Così?”
“Prova.”
“Oh, ciao! Siete qui da molto?” stavolta, sia io che Filippo saltiamo sul posto. Il dito mi scivola dallo schermo, facendo schiantare il povero uccellino su una collinetta. Guardo malissimo Simon, soddisfatto e pure semi-nudo, appoggiato sullo stipite della porta.
“Vaffanculo.” Dico.
“Che sei gelosa?” ridacchia lui, inclinando la testa.
“Ma figurati. Mi hai fatto schiattare il volatile.”
“Lei dov’è?” chiede Filippo, guardando il corridoio vuoto con curiosità. Giusto, lei dov’è?
“E’ andata via dieci minuti fa.” Scrolla le spalle.
“E che ci fai semi-nudo?”
“E Samuele dov’è finito?”
“Sono semi-nudo perché mi sono appena fatto una doccia. Samuele è in cucina a bere. Elle, quante volte ti ho detto di non giocare ad Angry Birds? Ti fleshi, sei sensibile ai videogiochi.” Risponde ad entrambi il biondo. Boccheggio qualche secondo, offesa, poi assottiglio lo sguardo.
“E’ colpa tua. E poi ho trovato un compagno di giochi.” Borbotto.
Simon sorride, annuendo “Sì, ho visto. Dai, vado a vestirmi, a momenti arrivano gli altri e ancora devo mettermi a cucinare.”
“Che disgrazia. Perché, che ore sono?”
“Mezzogiorno.”
“Di già?”
“Io te l’ho detto che ti fleshi.” 
 
Incredibile ma vero: è passata un’ora da quando abbiamo finito di nutrirci, e ancora siamo vivi e vegeti, contro ogni aspettativa. Simon ha passato buona parte del pranzo rinfacciandoci la nostra perdita e ricordandoci delle condizioni prestabilite. Ci aspetta una settimana di servitù. Emozionante, non è vero?
Ovviamente non ha mancato di raccontarci la bellissima nottata trascorsa con Vanessa, la rossa che si è portato a letto. Ovviamente, io, Samuele e Filippo abbiamo parlato agli altri di quel lasso di tempo imbarazzante in cui abbiamo avuto la certezza che sì, Simon si è davvero fatto la ragazza e non le ha dato solo l’alloggio per una notte. Marco e Manuela mi hanno presa per il culo per un bel po’ di minuti, non appena sono venuti a conoscenza della scena tragi-comica, ma per fortuna l’argomento è caduto e ci siamo ritrovati a discutere di cose non riguardanti sesso e derivati.
“T’ho detto che quest’anno vince la Juventus.”
“Sì, tua mamma.”
Un po’ di calcio ci sta sempre bene, a quanto pare. Come d’abitudine, alla parola goal, noi ragazze ci alziamo e andiamo ad accomodarci sul divano per chiacchierare di cose che ci interessano.
“Ammazza quant’è figo Filippo oggi.” Mormora Manuela, guardandolo senza preoccuparsi minimamente d’esser vista. Sia io che Ginevra scuotiamo la testa divertite, poi attiriamo la sua attenzione. Se noi non fossimo così prudenti, tutti i ragazzi scoprirebbero di esser fissati insistentemente da lei.
“Ma tu non eri nel team Samuele?” chiede la bionda, confusa.
“Sì sì, ma c’è una regola che dice ‘E’ permesso apprezzare altri ragazzi all’infuori di lui’.” Afferma, convinta.
“Beh, allora sei salva.” Dico, annuendo.
“A proposito di Filippo..” Ginevra abbassa notevolmente la voce e si sporge, in modo da confabulare meglio “Ma lui che ci fa qui?”
“Dice che ha ricevuto stamattina un messaggio di Simon dove lo invitava a pranzo. Anche lui non sa il motivo. Pensavo di chiederglielo, dopo.. A Simon, intendo.” Rispondo io.
“Io lo so perché l’ha invitato. Cioè, lo immagino.” Dice Manuela, saccente.
“E’ quello che penso?” chiede Gin, con sguardo complice e malizioso allo stesso tempo.
“Credo proprio di sì.”
“No, ferme.. Pensate che Simon faccia parte del team Filippo? E’ bisex?!” Lo shock è tanto. Se a me dicono etero, mi viene in mente Simon! Come può essere?
“Ma no, scema.” Ride Manuela.
“No, lui fa parte di un altro team. Si chiama Filinora.” Dice Ginevra, sorridendo soddisfatta.
Filinora.” Ripeto “Starebbe per..?”
“Filippo ed Eleonora.”
“Ma è orribile. Non c’è una variante?”
“Penso venga Eleppo. Eleppo mi pare un tipo d’albero, quindi.. Preferisco Filinora.” Questa ovviamente è la castana.
“Che schifo.” Dico, facendo una smorfia “Oltre ad essere una cosa assurda, ha pure un nome indecente.”
“Una cosa assurda?”
“A me non piace, io non piaccio a lui. E’ assurda.”
“Che c’entra, scusa? Sai quante relationship assurde esistono? E poi non sempre sono intese come relazioni amorose. Quindi, Elle.. C’hai la coda di paglia.” Afferma la bionda, tornando in posizione eretta. Spalanco gli occhi, la scruto. Non può dire sul serio.
“Sono d’accordo.” E Manuela la imita.
“Facciamo che.. Facciamo che vi assecondo.”
“Sappi che io abbandono il team Samuele per entrare nel team Filinora.”
“Io già ne faccio parte.”
“Voi siete delle brutte persone.” Borbotto.
 
E a quanto pare, Ginevra e Manuela avevano ragione. Simon, non appena abbiamo avuto modo parlare in privato, mi ha spiegato che ha invitato Filippo per facilitare la riuscita del nostro matrimonio, deciso da lui. Mi ha detto anche che sono fortunata, perché ha deciso di non affrettare le cose –lui, eh- obbligandomi a baciarlo. Se non capite il senso di questa affermazione, ricordate: la scommessa.
Sono uscita da quel palazzo domandandomi perché avessi così tanti amici che tramassero alle mie spalle con così tanta tranquillità, o che semplicemente dicessero cazzate come “Chissà quante fan fiction Filinora nasceranno!” oppure “Già vedo le fan art.”
Ma per piacere! Manco il nome del team è figo!
Filinora. E’ veramente orribile. Penso sia il mix di nomi più brutto che abbia mai sentito.
“Filinora.” Sussurro. No, fa proprio schifo. C’ho provato.
Scuoto la testa, raggiungendo il motorino. Meglio non pensarci. Piuttosto, dovrei iniziare a pensare a cosa fare Sabato prossimo, visto che devo tenere occupata Ginevra per un pomeriggio senza che contatti Roberto. Sono troppo emozionata all’idea della festa a sorpresa, forse perché è la prima in cui ricopro il ruolo di intrattenitrice.
Oh sì, sarà interessante.
 
 


Appunti sul capitolo:
Che c’è da dire? Il gioco di Angry Birds penso lo conosciate in molti, se non tutti, quindi evito di parlarne.
Riguardo alla scena imbarazzante.. Non ha senso. E’ uscita dalla mia testa così, a caso, e ho provato ad immedesimarmi, pensando comunque che è una scena alquanto.. Improbabile.
Fino a quando Lunedì, durante il tema di italiano, qualcuno ha iniziato a fare versi alla “Simon che copula con una ragazza” da non so dove. Quindi sì, è possibile. Che sia un rapporto vero o finto, non importa. Capita.
 
E con questo capitolo, diamo pure il via al tutto. (?)
Come prima cosa, prendono il via i nomi mixati. Qui abbiamo il Filinora, il primo ad esser nominato. *l’autrice ride come una pazza perché è contenta non si sa per cosa*
A parte le stronzate, mi farebbe davvero molto piacere, come al solito, se mi faceste sapere cosa ne pensate di tutto quello che ho scritto, se vi ho fatto ridere, se non vi ho annoiato etc. :)
 
A tal proposito, ringrazio chi continua a recensire (anche chi dà del gay a tutti i miei personaggi etero, tipo una certa Ashini), chi legge in silenzio, chi segue, preferisce e ricorda.
Love ya.
 
Vorrei ricordarvi che se avete qualche domanda, di qualsiasi genere, sono disponibile sia qui su EFP che su Twitter o sul mio personal blog. u_u I link di quest’ultimi:
Twitter _ Blog
 
A questo punto, vorrei dire un paio di cose..
1- Auguri al presta-volto di Roberto: Matt Bomer. Ti amo. Anche se tu sei gay per davvero.
2- Evviva Vampire Diaries! Stasera in America esce finalmente il primo episodio della quarta stagione. *-*
 
Now, posso salutarvi.
Un bacione, ci vediamo la prossima volta (16 Ottobre) con un capitolo molto “celebrativo”. Chi si ricorda cosa succede prossimamente, è bravo. Complimenti! *-*
 
Maricuz

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Capitolo 10
*** Surprise! ***


IX Capitolo


Surprise!
 
Non sto facendo tardi. Non sto facendo tardi. Non sto facendo tardi.
Corro per le strade come una matta, ringraziando il cielo che di Sabato mattina, a quest’ora, sono in pochi ad uscire, soprattutto con questo freddo. Prendo le vie meno frequentate, giusto per sicurezza, dirigendomi verso casa di Ginevra. Manuela dovrebbe essere già lì.
Il piano non è difficile. Ci facciamo aprire da sua madre, nostra complice, la svegliamo, la aspettiamo mentre si prepara e la portiamo a fare colazione al bar. Direi che come inizio ci siamo. Basterà fare le cose con calma fino alle sei del pomeriggio, quando Roberto la chiamerà per farla venire a casa sua –dove si svolgerà la festa a sorpresa- dicendole che vuole farle gli auguri. In quel momento, saremo per caso nella zona dove abita lui, cosa che aiuterà me e Manuela ad essere invitate insieme a Gin. Ma non siamo delle fottute genie?
Svoltando un angolo, mi ritrovo a sbattere contro una ragazza e a scusarmi in una dozzina di lingue diverse, cosa che però non blocca per molto la mia corsa. Ritardo.
Arrivata finalmente davanti all’abitazione, vedo la castana con il cellulare in mano e con l’espressione concentrata. Respirando con la stessa delicatezza di un cane felice, le compaio davanti facendola addirittura sussultare.
“Che..” sospiro “Che stavi facendo?”
“Giocavo a nomi, cose e città. Un telefilm con la ‘c’? Dai che mi scade il tempo!”
Deglutisco il niente ragionando “C.. Chuck.”
“Giusto, Chuck! Che razza di imbecille. Perché non ci ho pensato prima? Grazie! Quanto cazzo è figo Capitan Fenomeno..”
“Prego.. No, Manu, che ringrazi? Spengi quel coso che si inizia la missione.” La guardo mettere via il cellulare con la fronte aggrottata, poi suono il campanello “Mi raccomando, non farti sfuggire niente. E’ di fondamentale importanza che lei non si insospettisca minimamente. Sii.. entertaining. Non mi viene un termine adatto in italiano.” Ma sì, perché no? Perdiamo capacità oratorie, così, senza motivo!
“Insomma devo intrattenerla.”
“Sì, brava. L’importante è che tu mi capisca.”
La porta si apre e noi saliamo le scale silenziose e pensierose. Entrambe stiamo racimolando quanti più argomenti ci vengano in mente. Ad esser sincera, non mi stupirei affatto se adesso Manuela tirasse fuori un block-notes e si mettesse ad appuntarsi qualcosa, giusto per non dimenticarsi di niente. Arrivate davanti alla nostra porta, mi scambiamo un’occhiata complice e cominciamo ufficialmente la nostra opera.
Un paio di minuti dopo, stiamo entrando lentamente nella camera della nostra amica. Attaccate alle pareti tantissime foto, che la ritraggono in miliardi di modi. Sorridente, triste, felice, incantata a guardare un punto impreciso, pensierosa, arrabbiata, corrucciata. Da sola, con il team, con il suo Roberto.. Sì, quelle sono le mie foto preferite. Se lei è Filinora convinta –e continua a suonarmi male- io sono Robevra. No, Ginerto. Dannazione, che schifo! Rovina la poesia creata dal loro amore, un mix del genere. In ogni caso, la loro è una coppia che adoro.
Ci avviciniamo al letto, dove insieme a lei dormono una ventina di pupazzi, e ci inginocchiamo ai bordi.
“Ma perché è bella pure mentre dorme, mentre io sembro appena uscita da un film horror?” chiede Manuela, sussurrando.
“Perché, ti sei vista mentre dormi?”
“No, ma me lo immagino.”
“Sì, ok.” L’assecondo “Svegliamola.”
Gineeeevraaa..” mormora Manuela, appoggiandole piano una mano sulla spalla e scuotendola.
“Ginevra, svegliati..” dico io punzecchiandole una guancia.
“Mmmh..”
“C’hai diciannove anni pure tu, Gin.”
“Sì.. sì..” mugugna lei, muovendosi infastidita.
“Stai invecchiando.. Già vedo una ruga che prima non c’era.” Dico, dandole il colpo di grazia. Lei apre un occhio. Ci scruta, me in particolare, poi si strofina la mano sul viso “Scherzi, vero?” chiede, con voce assonnata.
“Forse.”
“Mmh..”
“Ti ricordi che oggi ti abbiamo prenotata per tutto il giorno?” Chiede la castana, tirandosi su da terra per stendersi vicino a Ginevra sul letto.
“Adesso sì..” risponde lei, affondando il viso nel cuscino.
“Ottimo, allora inizia a fare quello che devi fare, che andiamo a fare colazione.”
“Voglio la cioccolata calda.”
“Manu, non mi interessa. Dillo dopo a chi te la deve fare.”
“Era così per dire, giusto per rendervi partecipi del mio desiderio.”
“Piano..” si lamenta la bionda, stringendo sempre di più il cuscino dove si sta auto-soffocando. Per risposta, le levo di dosso la coperta.
“Forza, che alle dieci e un quarto abbiamo fissato con Simon alla pasticceria davanti a casa sua.”
“Oddio, devo camminare per dieci minuti prima di prendere la mia cioccolata calda?!”
“Non devi camminare solo te.”
“Ho freddo.”
“Lo so che hai freddo, Gin. Ti ho tolto la coperta. Alzati e cammina!” Cerco di spronarla, inutilmente.
“Altri cinque minuti.”
“Arriveremo in ritardo.”
“Simon è sempre in ritardo, per una volta che lo faccio io..”
“Ma poi te lo rinfaccerà a vita.”
“Ok, mi alzo, mi alzo..”
 
E dopo un’oretta tonda tonda, riusciamo ad uscire di casa e ad avvicinarci alla meta. Per adesso non parliamo molto, Ginevra è ancora mezza addormentata, Manuela se ha fame non riesce a connettersi ed io.. Io non posso di certo mettermi a parlare da sola. E poi da una parte è meglio così: riserbiamo gli argomenti per dopo, quando ne avremo più bisogno.
“Dai ragazze, affrettiamo il passo, sennò arriva prima Simon.” Ci incita Gin, senza però molto entusiasmo nella voce.
“Tanto siamo arrivate, la pasticceria è lì.”
“Ma voi ci siete mai state? E’ buona la roba?” chiede Manuela, con espressione da cane bastonato.
“Ci sono entrata una volta per prendere dei pasticcini da portare alla cena che avevano organizzato Samu e Simon.” Rispondo io, ripensando a quella serata. Quel dannato ascensore..
“Ah..” ghigna Ginevra “La cena in cui hai conosciuto l’amore della tua vita.”
“Preferirei chiamarlo Filippo.”
“Chi ti dice che stavo parlando di lui?” ride Ginevra “Visto che ti piace?”
“Veramente no, non mi piace. E non cercare di mettermi in difficoltà con i tuoi trucchetti del cavolo. Non mi freghi.” Borbotto io.
“Ma si è sempre chiamata Pasticceria da Mattia?” Manuela si ferma e interrompe il nostro discorso. Alziamo tutte e tre lo sguardo sull’insegna ed io annuisco “Per quanto ne so, sì.”
“Suona troppo bene.” Dice la castana, estasiata.
“E’ la stessa cosa che ho pensato io!” affermo contenta. Pensavo di essere l’unica imbecille che diventa fan del nome di un negozio, ma a quanto pare non è così. Sono sollevata.
“Oh mio Dio!” esclama Gin “Questo compleanno si rivela molto interessante!”
“Vabè, ora, non esageriamo. Solo per il nome?” chiede Manuela perplessa. Sia io che lei guardiamo la bionda, la quale non sta più fissando l’insegna, ma l’interno della pasticceria.
“Chi se ne frega del nome. Venite.” Ci afferra per il braccio e ci trascina dentro, lasciandoci basite. Ho quasi paura di guardarmi intorno, nel momento in cui ci molla e ci permette di decidere i nostri stessi spostamenti. Osservo prima Ginevra, che si sta avvicinando al bancone, poi passo oltre e.. No. Questa non me l’aspettavo. Spalanco gli occhi, seguendo le mie due amiche senza neanche rendermene conto e fissando insistentemente il ragazzo che sta servendo una donna e suo figlio.
Punto di nuovo gli occhi su Manuela e Ginevra, tranquillamente appoggiate alla superficie che aspettano il loro turno, con uno strano sorrisetto sulla faccia. Sospiro e le imito, sicuramente meno calma di loro. Non fraintendete, non è lui a mettermi a disagio, sono queste due bastarde, Filinora convinte.
Quando si volta per venire a servirci, si immobilizza per qualche secondo, sorpreso di vederci. Guarda negli occhi tutte e tre, una per una, e l’ultima sono proprio io. Sbatte un paio di volte le palpebre, poi si avvicina senza variare la sua espressione “Buongiorno ragazze.”
“Buongiorno Filippo!” rispondono improvvisamente pimpanti le due. Io mi limito ad abbozzare un sorriso e a fare un cenno con la testa.
“Ditemi tutto.” Dice, posando le mani sul bordo del bancone opposto al nostro e stendendo le braccia, ovviamente senza distogliere lo sguardo. Oggi i suoi occhi sono più destabilizzanti del solito. Leccandosi il labbro inferiore distrattamente, ci ascolta prendendo nota mentalmente di ciò che gli diciamo. Quando abbiamo finito, torna in posizione eretta e comincia a preparare la cioccolata calda che Manuela tanto desidera, il caffè di Ginevra e il mio cappuccino. Buono, il cappuccino.
Mentre lo osservo muoversi arriva Simon, che afferra i fianchi della festeggiata e le stampa un bacio sulla guancia “Auguri, rompicoglioni!”
“Grazie, idiota.”
In quell’esatto momento, ci ritroviamo tre tazze fumanti davanti agli occhi, insieme alla statua, naturalmente. Il mio amico sta ancora celebrando Ginevra, quindi occupata con lui, così Filippo si rivolge a me “E’ il suo compleanno?”
“Eh sì.” Rispondo, continuando ad abbozzare. Il fatto è che ho paura delle insinuazioni che farebbero quelle due arpie, se mi mostrassi felice e contenta di vedere questo pezzo di figo che mi sta rivolgendo la parola. Cosa che, se ci penso, è inutile. Continueranno ad insinuare.
“Quanti anni?”
“Diciannove.” Dico.
“Ah, quindi come te, ok.”
“Ehm.. Sì.” Sì, come me, ma come fai a sapere la mia età esattamente, per Dio? O ha una memoria eccezionale e ha fatto il conto in base al nostro primo incontro –al compleanno di Samuele di qualche anno fa-, oppure gliel’hanno detto.
Finalmente, Simon e Ginevra smettono di bisticciare e tornano a considerarci. Filippo coglie l’occasione per farle gli auguri e per salutare il biondo, visto che ancora lui non si era preoccupato di farlo. Prepara un caffè anche per lui, poi va a servire altri clienti, lasciando noi quattro da soli.
“Simon, tu sapevi che Filippo lavora qui?” gli chiede Ginevra, sospettosa.
“Certo che lo sapevo.” Dice lui ovvio “E’ il migliore amico del mio coinquilino, so più cose di quanto pensiate.”
“E tu ce le devi dire, porca puttana!” sbotta Manuela “Noi dobbiamo fare accoppiare lui ed Eleonora!”
“Esattamente.” Concorda Gin “Ci devi dire i suoi turni, cosa fa, se studia, se ha hobby, se ha preferenze di qualsiasi tipo, anche sessuali. Ci dobbiamo preparare.”
“Ah, anche voi siete Filinora?” chiede Simon, sorpreso.
“Certo che siamo Filinora.”
“Scusate? Io sono qui.” Sventolo in aria le braccia, un po’ offesa.
“Non ti preoccupare, non ci disturbi.” Mi tranquillizza Ginevra, sorridendomi.
“No, no, ferma. Il problema non sono io che disturbo i vostri piani da agenti matrimoniali, siete voi che disturbate me. Perché dovete parlare così della mia vita? Non sono una donnina di The Sims che potete comandare a vostro piacimento!”
“Ma ci piace pensarlo!” sorride Manuela.
“Comunque ragazze, attenzione.” Ci richiama Simon, principalmente rivolto alle altre due “Mi sa che qui nasce un altro mix.”
“Ovvero?”
“Il Samunora.”
“Pessimo.” Borbotto io.
“Meglio di Eluele.” Ribatte lui convinto. Touché. Abbiamo ufficialmente appurato che il mio nome fa schifo e non è mixabile con niente. Sembra quasi che neanche lui voglia che trovi la mia anima gemella, è demotivante.
“A Samuele piace Elle?” chiede scandalizzata la castana.
“Sospetto di sì.” Risponde il biondo serio “Chiede spesso di voi tre, ma specialmente di lei. Potrei aver preso un granchio, magari è così solo perché la conosce da sempre e sono cresciuti insieme, ma non sarei sorpreso se davvero provasse qualcosa per lei.”
“Questa è bella.” Commenta Gin, soddisfatta “Due migliori amici che si contendono la stessa ragazza.”
“No, ma sapete qual è il bello?” intervengo io “Che vi state facendo dei film mentali in compagnia!”
“No, Samuele non può andare dietro a Elle!” si lamenta Manuela “Il mio cuoricino si spezzerebbe! E finirei per odiare lei!”
“Ecco, sì, odiami per una cosa falsa, ti prego!” viva il sarcasmo.
“E’ solo una mia supposizione, stai tranquilla!” dice Simon. Possibile che a me non mi consideri nessuno? Mi stanno immaginando con tutti e poi non mi ascoltano minimamente. Scuoto la testa sospirando e mi bevo il cappuccino, ascoltandoli senza provare più ad entrare nel discorso.
“Spero con tutto il cuore che tu abbia sbagliato.”
“Lo spero anche io. Non mi piacerebbero molto come coppia. Insomma, loro due sono molto più interessanti, visto che fingono di non provare interesse l’uno per l’altro.” Ginevra, io non provo interesse per lui, non è che fingo.
“Ma insomma, lui non mi sembra che finga di non provare interesse, sai?” Simon, dai, non prendermi per il culo. Quello con una passata di mano tra i capelli stermina mezza Italia.
“Perché, ha detto qualcosa che noi non sappiamo?”
“Non dice niente, ma ascolta tutto.”
“Quanto cazzo sei criptico.” Questa ovviamente è Manuela, ci tengo a precisare. Giro il cucchiaino nella tazza, osservando la schiuma.
“Non sono criptico, è esattamente così. E’ più furbo di quanto sembri. E’ uno che osserva, che pensa, che ragiona. E’ un gran personaggio, sì. E’ un amante dei dettagli.”
“Ma gli hai fatto il profilo psicologico?”
“Eh, certo. Sennò chi glielo faceva? Sono quello che ha più contatti, per adesso.”
“Ha ragione. Bravo Simon, mi stupisci. Continua così.”
“Grazie, principessina.”
“Vabè..” sussurro fra me e me, avvicinandomi alla cassa. Tanto vale avvantaggiarsi. Filippo nota il mio spostamento e mi raggiunge. Mentre pago per tutti, decido di fare almeno un po’ di conversazione, visto che i miei amici con me non la fanno “Da quanto lavori qui?”
“Non da poco.” Risponde, prendendo il resto.
“Si spiegano tante cose..” mormoro. Ecco perché in ascensore sembrava particolarmente attratto dalla confezione dei pasticcini. E perché nel balcone me ne aveva portati quattro, sapendo meglio di me –che li avevo comprati- con cosa fossero stati riempiti. Oh, e anche perché aveva portato la colazione a Samuele! Lui sembra capire i miei ragionamenti, non so come, e sorride.
“Effettivamente..” commenta, porgendomi degli spiccioli “Non venite spesso qui, vero?”
“Se devo esser sincera è la seconda volta per me e la prima per le altre due.” Rispondo.
“Infatti..” annuisce lui, incrociando le braccia e cominciando a fissarmi. Sentendomi un po’ a disagio per via dei suoi occhi puntati sui miei, lancio un’occhiata agli altri, che ovviamente ci stanno fissando quasi con la bava alla bocca. Non sono la protagonista di una telenovela, cavolo! Torno a guardare Filippo, che non si è mosso di un millimetro. Qualche cliente entri adesso, grazie.
“Beh, io.. Tornerei dagli altri.” Dico, impacciata.
“E io a lavorare.” Replica. Gli sorrido, non sapendo cosa dirgli, e torno dai tre, che stanno commentando l’ultimo episodio de ‘La vita di Eleonora’. Mi appoggio di nuovo al bancone e li studio con le sopracciglia alzate “Allora? Vi siete divertiti?”
“Un sacco.”
“Possiamo andare, ora?”
“No, devo finire la cioccolata!”
“Ancora?!”
“Eh, ero presa dall’argomento!” si giustifica Manuela, prendendo la tazza tra le mani. Io rinuncio ed evito di risponderle, sostituendo qualsiasi parola con un sospiro lungo e scocciato.
“Io sono sempre più Filinora.” Dice Simon.
“Non dirlo a me!” Ginevra comincia a battere le mani emozionata.
“A me non dirlo sul serio, però. E’ inquietante. Basta. Vi prego, andiamo.” Mi sento come quando da piccola non avevo voglia di fare la spesa e mi lamentavo con mia madre. Non è una bella sensazione. Dopo un paio di minuti mi accontentano, salutiamo Filippo ed usciamo da lì.
 
Più i minuti passano, più la cosa peggiora.
Un bel ragazzo ci ha fermato per chiederci l’ora, io gli ho risposto e Ginevra, Manuela e Simon hanno cominciato anche con il team Bohnora. Il boh della parte iniziale è dovuto al fatto che non sappiamo il nome di quel ragazzo. Vi rendete conto a che punto sono arrivati?
Comunque, il tempo scorre, il biondo ci saluta e dopo pranzo invece è Marco a raggiungerci. Dopo un’ora, se ne va anche lui per aiutare Roberto con la preparazione della festa con una scusa. Io e la castana intanto compiamo la nostra missione egregiamente, e alle sei siamo nella zona dove ci eravamo prefissate di essere.
Puntualissimo, il cellulare della festeggiata prende a squillare.
“Amore!” risponde felice Ginevra, vedendo il mittente della chiamata. Io e Manuela ci guardiamo con un sorrisetto vittorioso stampato sul viso, poi prestiamo attenzione all’altra.
“Grazie..” mormora, abbassando lo sguardo e sorridendo quasi imbarazzata. Oh, Cristo. La dolcezza “Sono con Elle è Manu.” Ci guarda “Sì. Posso? Non disturbo?”
Io esulto mentalmente, ma blocco il respiro quando la vedo in silenzio che ascolta il suo ragazzo, che dovrebbe dirle di portare anche noi due “Ok allora. Sì, certo!” dovremmo esserci riuscite, ma aspettiamo la conferma “Ok, allora a tra poco!” e riattacca.
“Ragazze, vi dispiace se passiamo da casa di Rob?” Era il nostro intento, cara.
“Ma no, figurati.” Dico io, sorridendo rassicurante. Pf, che attrice.
“Vedere Roberto è sempre un piacere!” afferma invece Manuela. Sì, ok, sappiamo tutti che è un pezzo di figo, ma parlarne così liberamente con la sua ragazza, nostra amica, mi fa un po’ strano. Per fortuna, Ginevra la prende sempre bene e anche in questo caso ride.
Arrivate a destinazione, suoniamo il campanello.
Quando ci chiudiamo la porta di casa alle spalle, troviamo il corridoio buio a darci il benvenuto e una singola luce provenire dal salotto. La voce di Roberto ci fa quasi sussultare “Sono in salotto!”
Mi viene da ridere, ma con tanta, tanta forza di volontà riesco a mantenere il controllo, anche quando Ginevra, con tutta la tranquillità del mondo, si dirige verso la stanza della sorpresa. Non appena varca la soglia, però, si blocca con gli occhi spalancati e le labbra serrate, che stira in un sorriso felice quando realizza di avere una trentina di persone davanti a lei che le fanno gli auguri all’unisono. Si porta una mano davanti alla bocca e dalla mia modesta postazione posso vedere anche i suoi occhi azzurri cominciare ad inumidirsi. Non piangere, che poi piango pure io.
Dopo la sorpresa iniziale, salta letteralmente addosso a Roberto, che fino a quel momento era rimasto ad osservarla con un’espressione soddisfatta e allegra sul bel volto. Si baciano, facendo scattare l’applauso e le urla d’approvazione, insieme a qualche “Vai di lingua, Robbe’!” o cose del genere, ovviamente provenienti dai suoi compagni di squadra. Io e Manuela, intanto, ci diamo il cinque.
Appena Ginevra lascia respirare la sua dolce metà, corre verso di noi e ci abbraccia ringraziandoci per una ventina di volte, o giù di lì. Quando torna a rivolgersi verso tutti gli altri invitati si ferma ad osservare Roberto in mezzo ai suoi due fratellini che la guardano. Uno con la testa più abbassata, timido, con le manine dietro la schiena, l’altro che si morde il labbro inferiore sorridendo, che appena la vede guardarlo si allontana dal più grande per andare ad abbracciarla.
Ed io sto morendo per la bellezza di questa scena.
Poco dopo anche l’altro si avvicina per andare a farle gli auguri. Roberto li guarda con un amore negli occhi assurdo. Se esplodesse, volerebbero ovunque soltanto un migliaio di piccoli cuoricini rosa.
“Ci tenevano a farti gli auguri..” dice, senza cancellare neanche per un attimo il sorriso.
Questa cosa pare commuovere sempre di più Ginevra, in ginocchioni per essere alta quanto i gemellini. Li stringe e li riempie di baci per un minuto buono, poi si dedica anche agli altri. Oltre a noi del team e alla squadra di Rob, c’è anche qualche nostro ex-compagno di classe con il quale Ginevra si sente ancora. Sì, Bobby ha fatto le cose per bene!
E così, passiamo tutta la serata a casa del rugbista per festeggiare una delle amiche più care che ho. 

 


Appunti sul capitolo:
A inizio capitolo viene nominato il telefilm "Chuck", uno dei miei preferiti tra l'altro. Chuck Bartowski è un nerd che si ritrova dei dati della CIA e della Sicurezza Nazionale nel cervello e che quindi è costretto a diventare una spia. <3 Capitan Fenomeno è il fidanzato della sorella. Ed è un figo. Se non ci credete, basta lo cerchiate su Google e ne avrete la conferma. ;)

AUGURI GINEVRA! °ç°
Ecco a voi il suo compleanno, sperando vi sia piaciuto il capitolo. :) Anche se sospetto che non sia tanto il compleanno in sé, quello che vi è piaciuto nel capitolo.
Sempre che vi sia piaciuto qualcosa nel capitolo.
Insomma, il nostro Simon ci informa del suo sospetto: forse a Samuele piace Eleonora. Eccoci qui che affrontiamo anche un altro mix, IL SAMUNORA. 
Col tempo potrebbero esserci degli schieramenti, voi magari aggiornatemi e ditemi che cosa ne pensate. :)
Nel prossimo capitolo (anche questo di pseudo-passaggio, ma vi garantisco che per un po' sarà l'ultimo seriamente), ci sarà il vostro amato Michele! :D Appuntamento al 21 Ottobre

Sapete dove trovarmi: o qui su EFP, o su Twitter, o sul Blog (che tra non molto aggiornerò).
A tal proposito, se avete domande di ogni genere, delle curiosità o delle richieste, fatele pure. :D

Alla prossima, guys! 
Un bacio!

Maricuz

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Capitolo 11
*** Little Revenge ***


X Capitolo


Little Revenge

“Aspetta, aspetta.. eh?” è così che Michele interrompe la mia spiegazione, lasciandomi con le mani a mezz’aria e la bocca spalancata. La chiudo, poi sospiro col naso.
“Allora.”
“Sì.” Dice deciso, fissandomi con i suoi occhioni verdi.
Ricomincio ad illustrargli i metodi per risolvere i suoi esercizi per casa, cercando di farglielo capire anche con qualche schema e qualche esempio. Lui mi guarda e segue il mio discorso, con la fronte aggrottata e le dita di una mano fra i capelli biondi. Via via che il tempo passa, i suoi muscoli facciali si rilassano e una piccola luce di comprensione si fa spazio nel suo sguardo.
“Ci sei?” chiedo, alzando le sopracciglia.
Lui annuisce lentamente “Credo di sì. Più o meno. Fammi provare..”  sbatte la mano sul foglio per trascinarselo sotto il naso e cominciare a svolgere uno degli esercizi.                      
Dopo circa tre quarti d’ora ci alziamo entrambi, lui mentre sistema il materiale nella sua tracolla chiacchierando allegramente “E quindi, dopo averci chiesto che cazzo avevamo fatto negli scorsi due anni, ha cominciato a parlarci delle sue cinque tartarughe. Aspetta, come si chiamavano? Raffaello, Donatello, Michelangelo, Leonardo.. E non mi ricordo la quinta. Vabè.”
Lo guardo, sbattendo semplicemente le palpebre “..Ma perché?”
“Te lo sai?” mi chiede retoricamente, fermandosi addirittura per cercare il contatto visivo con me e rendere meglio il concetto “Io no.”
Scuoto la testa “Capitava anche a me che i professori cominciassero a parlare della loro vita, ma con che coraggio puoi dare a delle tartarughe i nomi delle tartarughe ninja?”
“Beh, ha senso.”
“Sì, ma non lo dire ai tuoi alunni, per Dio! Come fanno poi a prenderti sul serio? Poi si lamentano se si prendono certe libertà..”
“Su questo ti do ragione.” Afferra la borsa e si avvia verso l’ingresso, con me a seguito. Probabilmente si prova più a suo agio lui che io stessa, in casa mia. Si volta non appena arriva davanti alla porta e mi sorride allegro “Grazie, come al solito. Cosa farei senza di te?”
“Niente. Non a matematica, perlomeno.” Dico, facendolo ridacchiare. Sorrido divertita anche io e apro la porta con calma, azionando il suo sopracciglio destro, che si alza.
“Mi stai cacciando?” chiede scherzando, spingendo di nuovo la porta affinché torni nuovamente chiusa. Ok, ha voglia di giocare.
“Se così fosse?”
“Mi offenderei e..” si blocca, non appena nel corridoio fa la sua comparsa Azzurra. Più o meno è la stessa reazione di mia sorella, che fissa il suo sguardo sorpreso –o per meglio dire: terrorizzato- su quello del ragazzo alla mia sinistra. Ed io non so se scoppiare a ridere o rimanere immobile ad osservare la scena. Ricordate la patologica e incommensurabile timidezza di mia sorella? Alterno lo sguardo: passo da lei a lui e viceversa, osservando le rispettive espressioni. Lei non muove un muscolo neanche a pagarla, lui passa da un momento di smarrimento a quello di studio, per poi concludere con una certa soddisfazione e sfrontatezza. Tutto questo nel giro di tre secondi.
“Ciao.” Dice semplicemente Michele, con un lieve sorrisetto dipinto sulle labbra.
Vedo Azzurra diventare rossa come un peperone e cercare di nasconderlo piegando la testa, facendole coprire il viso con quei capelli mossi e scuri che si ritrova. Abbozza un sorriso e alza di poco una mano, giusto per ricambiare il saluto, poi fugge in cucina, scomparendo.
Dopo un breve lasso di tempo in cui il ragazzo continua a guardare l’esatta posizione dove Azzurra è andata nel panico e io lo scruto aggrottando la fronte, mi schiarisco la voce “Mike..”
“Non ricordavo avessi una sorella.” Afferma, a bassa voce. Almeno ha la decenza di non farsi sentire dalla diretta interessata.
“Non ricordo di avertelo detto.. Non credevo fosse rilevante.” Rispondo, sbattendo le palpebre.
“Quanti anni ha?”
“E’ del ’96.”
“Bene, bene..”
“Che stai tramando? Ci vuoi provare con lei?!”
“L’hai detto tu.”
“No.” Scuoto la testa con decisione “Puoi anche scordartelo. E poi non ti considererebbe nemmeno.”
“Ehi, guarda che sono un bravo ragazzo, mi conosci!” si anima, gonfiando il petto “E poi scusami, perché non dovrebbe considerarmi?” Semplice: perché non riescea considerare nessuno, a causa della sua timidezza. Comunicale qualcosa tramite un disegno, allora ne riparliamo.
“Perché no.” Riassumo. Tanto.
Lui scuote la testa e mi guarda male ed io scoppio a ridere dopo la sua affermazione “Sei solo gelosa.”
“Sì, certo. Dev’esser per quello.” Lo assecondo.
“Me ne vado.” Dice, riaprendo la porta “Qui nessuno mi apprezza o mi permette di essere apprezzato.”
“Vai, vai.” Ridacchio, spingendolo fuori. Per un momento barcolla, poi riacquista l’equilibro e fa un passo verso di me per baciarmi sulla guancia.
“Ci sentiamo per la prossima.”
“Certo.” Sorrido.
Chiusa la porta, non ho neanche il tempo di voltarmi. Azzurra è già davanti a me che mi lancia fulmini e saette con gli occhi, manco fosse un Thor al femminile.
“Mi hai imbrogliata. Hai fatto finta di chiudere la porta per farmi uscire allo scoperto.” Sibila, a denti stretti.
“Uhm.. Veramente no, ha fatto tutto lui. Te lo giuro.”
“Certo, come no..”
“Non credermi, va bene, ma dammi retta: stai attenta.” Inizio a sventolare l’indice di fronte alla sua espressione corrucciata “Michele ci proverà con te e ti aggiungerà su facebook. Probabilmente, sarà disposto a venire spesso qui, anche quando non ci sarò.”
“Addirittura..” borbotta imbarazzata.  Non è per niente abituata a cose del genere. Chi lo sarebbe? Come mi è uscita fuori, pare il programma di uno stalker.
“Pf, questo è il minimo..” spaventiamola, sì.
“Te l’ha detto lui?” chiede, terrorizzata. Povera la mia piccola ed innocente sorellina.
“No, ma immagino lo farà.”
“Allora pregherò affinché non succeda niente di tutto questo.” Così dicendo, si volta per tornare in camera. Ma, purtroppo per lei, non sono soddisfatta. La seguo in silenzio, facendola sussultare quando si accorge di me dopo un minuto buono.
“Non ti piace?” domando, confusa.
“Cos’è, vuoi fare l’agente matrimoniale, adesso?” sbuffa, sedendosi alla scrivania.
“No, era una semplice domanda.” Mi sistemo sul letto “Non dire che è brutto, perché non ci credo manco se lo giuri sui tuoi disegni, e poi è simpatico! Almeno con me..”
“E’ un montato. E comunque, non rompere! Anche se mi interessasse non sarebbero fatti tuoi.” Detto ciò, afferra il lapis e si mette a disegnare, un gesto che significa all’incirca: ora ti puoi eclissare, ciao.
Sospiro e mi alzo, cedendo immediatamente, poi esco dalla stanza senza dirle nient’altro. Inutile sprecare fiato. Per adesso non le piace, e anche se gli piacesse già non me lo direbbe di certo. Insistere la indisporrebbe solamente.
Canticchiando tra me e me, entro nella mia stanza diretta verso il computer, che è spento da circa quattro giorni. Un bel record, considerando gli anni in cui viviamo. Mi accomodo e attendo l’accensione battendo le dita sul tavolo a ritmo, poi sposto la mano sul mouse e inizio a navigare sul web. Dopo un minuto, già sento il bisogno di mettere la musica. La canzone che ho scelto è una delle tante che ho sentito al compleanno di Ginevra che, a proposito, è stato bellissimo. Giuro che non dimenticherò mai la felicità della mia amica che gli ho visto avere quella sera.
Pensandoci, sorrido spontaneamente, fino a quando non sento il suono della chat. Non mi mancava per niente.
Quando vedo che è Samuele a scrivermi, aggrotto la fronte.
Ciao!
Ehi!
Come stai?” cosa vuoi, Samu?
Bene, bene.. Tu?
Piuttosto bene. Volevo chiederti..” ecco “Per l’ultimo dell’anno hai programmi? Ho chiesto a Simon, dice che ancora non ne avete manco parlato.
Infatti, è così.” Giusto, siamo al quattordici Dicembre, sarebbe anche l’ora di prepararsi “Comunque io non ho idea di cosa fare. Perché?
Dannazione, per colpa di quelle stronze di Gin e Manu mi viene in mente il Samunora e mi sento a disagio a parlare con lui. Sospiro, iniziando a leggere la risposta del mio ex-vicino di casa.
Capisco. Ascolta, l’ho già accennato a Simon, ti andrebbe di venire con noi ad una festa? Ovviamente l’invito è anche per Marco, Roberto, Ginevra e Manuela..
Con noi?” con noi intende il suo, di gruppo? Quindi Damiano, Filippo, Jonathan e Sonia?
Yes! Il mio gruppo.”
Ah.” Dico semplicemente. Non ho voglia di vedere Damiano. Non ce la faccio davvero a trovargli un lato positivo oltre l’aspetto fisico, sinceramente.
Ti scoccia..?
No, no! Anzi, ti ringrazio per l’invito! Ne parlerò con gli altri.” E aggiungo anche uno smile.
Perfetto! Basta che date la conferma entro il ventidue..”
Dov’è la festa?
In una casa un po’ in periferia. Mi è capitato di andare ad un evento là, una volta. Un bel posto, anche se fuori dal mondo!
“Almeno i vicini non romperanno..”
E’ quello il bello!
C’è un costo?
Sì, ma non sono sicuro se sia di quindici o venti euro. Sai no, cibo, bevande varie tra cui gli alcolici..” eh, chissà quanti alcolici “Ma poi non paghi nulla, non è tipo locale che paghi entrata e bevuta.”
Bene, riferirò.” Sospiro, riprendendo a battere le dita sulla superficie della scrivania. Sarà traumatico dire a quei rompiscatole dei miei amici che Samuele mi ha contattata per invitarmi ad una festa per l’ultimo dell’anno. Già li vedo ad insinuare tutti, tranne Manuela. Lei non spererebbe mai che io e Samuele provassimo qualcosa l’uno per l’altra, non è così masochista da augurarselo. Sono sicura che il suo interesse per lui non è prettamente fisico.
Ottimo! Adesso vado, ci risentiamo!” Lo saluto anche io, poi tornare a cazzeggiare e ad annoiarmi su facebook.
 
Dopo varie chiamate e messaggi minatori, mi ritrovo seduta sul divano insieme a Simon, Roberto e Ginevra e, visto che ci sono, colgo l’occasione per parlargli della festa. Le loro improvvisate dopotutto devono essere accompagnate da qualche discorso con un senso, non solo di frasi a caso. Dopo aver parlato per venti minuti buoni di ciò, espongo anche altri pensieri, quali il mio disappunto sulla presenza di Damiano.
“Non lo sopporto. E’ bravo solo lui!” mi sfogo, allargando anche le braccia e guardandoli come se volessi giustificare la mia antipatia.
“Elle, lo sai benissimo che non è bravo solo lui.” Dice il chitarrista, parlandomi come una maestra dell’asilo “Anche perché l’unico bravo, sono io.”
Scuoto la testa e guardo la coppia, sperando che dicano qualcosa di più serio rispetto alle perle di Simon. Roberto sembra stia pensando alle mie parole, e dopo un po’ pare essere d’accordo con me “Beh, sì, però in fondo non sembra una così brutta persona. E’ abbastanza simpatico, non è male.”
Alzo un sopracciglio scettica, poi realizzo che quello che sta parlando è Roberto, che come mia sorella vede del buono in tutti. Anzi, forse è pure peggio, visto che neanche ad Azzurra è piaciuto Damiano, dopo averlo conosciuto al supermercato.
“Io” Gin attira l’attenzione di tutti, e dicendo solamente il soggetto della frase “penso che tutto questo sia molto, molto.. Damianora.”
Mentre Simon scoppia a ridere come un cretino, io spalanco occhi e bocca “Cosa?!”
“Sì, dai, è chiaro. C’è molto più che un’antipatia, dietro. Non hai mai accettato che lui non si sia mai particolarmente accorto di te al liceo, per questo ripieghi sul suo egocentrismo cronico. E inoltre, sotto sotto, provi ancora qualcosa. E’ normale, eh! Non te ne devi vergognare!” sia io che il suo ragazzo la guardiamo, non del tutto convinti. Se proprio devo dirla tutta, io non sono convinta per niente.
“Rob, che cazzo le hai dato?”
“Giuro che io non c’entro niente.”
“Ok, dai,” torna a parlare Simon “escludiamo che ad Eleonora piaccia ancora, però non mi sembra l’abbia ignorata, l’altra sera. Non mi stupirei se le chiedesse di uscire.”
“Beh, in quel caso sarebbero cazzi amari per Samuele e Filippo! E io non voglio che siano cazzi amari per loro, specialmente per il signor non-sono-un-modello-ma-potrei-esserlo. Filinora tutta la vita!” esulta infine la mia amica, sotto il mio sguardo allibito.
“Ah, sì, mi avevi detto la cosa del Samunora e del Filinora..” ridacchia Roberto, rivolto verso Ginevra. No, perché si diverte pure lui, adesso? Dannazione!
“Tra l’altro il fatto che Samu si sia fatto sentire proprio con lei per dirle della festa è un po’ sospetto!” si illumina Simon, entrando nelle vesti di detective, poi si volta verso di me facendomi gli occhi dolci, trattenendosi dallo scoppiare a ridere “Forse vuole darti il bacio della mezzanotte! Che romantico!”
“Ma smettila..” borbotto, aggrottando la fronte.
“Eh, no. Il bacio della mezzanotte deve darlo a Filippo!” protesta la bionda.
“E se invece glielo desse Damiano?” ipotizza Roberto.
“No, io sono Filinora con tendenze Samunora.” Afferma deciso Simon.
“Filinora.”
“Filinora anche io, ma dico che con lei ci proverà Damiano.” Roberto incrocia le braccia “Simon, vuoi scommettere?”
BANG.
L’esca è stata lanciata, e subito Simon si protende in avanti, abboccando. Vi ricordo lo spirito competitivo di Simon, non si sa mai “Cosa?”
“Fate con calma..” mormoro io, accavallando le gambe.
“Definiamo prima le condizioni.”
“Ok. Che Damiano ci proverà con Elle è appurato. Specifichiamo: se Damiano proverà a baciare Elle, allora la vittoria è tua, altrimenti..”
“Altrimenti è tua.” Annuisce il castano, sorridendo sicuro “Cosa vuoi?”
“Io voglio essere il più bello del gruppo.” Dice, serio. Dopo un paio di secondi, sia io che Ginevra iniziamo a ridere come pazze “Ehi, che ridete?!”
“Scusami, Simon, ma è una cazzata.” Affermo immediatamente “Mica lo decide Roberto chi è il più bello.”
“Io voglio solo che lui sappia che io sono il più bello, che mi frega di voi?” sembra un bambino pestifero, ma va bene.
“Oh, Simon.” L’espressione di Roberto perde tutta la tranquillità precedente “Non potevo immaginare che.. Insomma.. Ascoltami,” gli posa una mano sul ginocchio, guardandolo intensamente “Se vuoi che io pensi che tu sia bello basta dirlo, non c’è bisogno di una scommessa. Non vorrei però che dopo ti illudessi che anche io provi qualcosa per te.”
“Che anche io provi qualc.. Ma che cazzo hai capito?!” sbotta Simon, togliendo schifato la mano di Roberto dal suo corpo, mentre quest’ultimo cerca in tutti i modi di rimanere serio “Non voglio che tu creda che io sia più bello! Io voglio che tu sia consapevole che ti batto in bellezza!”
Roberto scuote la testa “Perché ti nascondi?” ed io sono in difficoltà. Non capita spesso che scherzi in questo modo, a volte mi fa addirittura uno strano effetto. Più volte ho ribadito che nel suo modo di essere c’è sempre qualcosa di superiore, di altezzoso, per questo mi ritrovo sorpresa nelle occasioni in cui si mostra così normale, come noi. E’ una mia idea, ovviamente. In realtà è proprio lui il più normale del team.
“Ma chi cazzo si nasconde?!” urla, con voce acuta “Smettila di scherzare!”
“Io non scherzo, sei tu che lo fai.”
“Io non.. Ma..” dopo un paio di secondi passati a boccheggiare come un pesce rosso, il chitarrista riabilita i propri neuroni e se ne esce con un “Non sono gay!”
Risate.
Ci blocchiamo solo quando sentiamo una parta sbattersi e dei passi veloci e apparentemente arrabbiati per il corridoio. Ci voltiamo tutti contemporaneamente, notando poi la presenza di mia sorella, a dir poco furente, sulla soglia.
“Quel cretino mi ha aggiunta su facebook!”
“Chi è quel cretino?” chiede curioso Simon, l’unico che prima non stava ridendo fino alle lacrime.
“Il cretino a cui dà ripetizioni Eleonora.”
“Ah, Michele!” capisco, finalmente, poi sorrido “E accetta la richiesta, allora.”
“Ho già rifiutato.” Dice, scrollando le spalle.
“No, spiegatemi.” Ginevra guarda me e Azzurra “Michele ha aggiunto Azzurra. C’è un motivo per cui lei gli dà del cretino?”
“In pratica oggi si sono visti per sbaglio. Azzurra non ha gradito, Michele sì. Gli ho chiesto se ci avrebbe provato, perché il suo sguardo mi diceva questo quindi volevo una conferma, e lui non ha negato. Penso che l’amicizia su facebook per lui sia il primo passo per avvicinarsi a lei.”
“Signore e signori, vi presento il Micurra! No, meglio Azzele.”
“Non diciamo cavolate. E poi sono orribili entrambi.” Borbotta Azzurra, arrossendo di colpo.
“E’ la stessa cosa che ha detto tua sorella sul Filinora!”
Spalanco la bocca, alzo una mano, ma è troppo tardi. Azzurra inclina la testa “Filinora? Mia sorella c’ha il ragazzo?”
“L’avrà.”
“Chi è questo Filippo?”
“Un figo della Madonna. Più bello di lui.” Risponde Ginevra, indicando il suo ragazzo, per niente offeso dalla sua affermazione. Santo.
“Ah, beh..” annuisce Azzurra, apprezzando l’immagine nella sua mente. Il cambiamento che ha il comportamento di mia sorella con le persone che conosce bene è sconvolgente, e noto con piacere che anche in presenza di Roberto si sta sciogliendo. Sorriderei, ma stanno ancora sparlando di quello che per loro sarà il mio ragazzo. Per maggioranza di voti.
“Che poi è il migliore amico di Samuele!” aggiunge Simon, lanciando occhiate euforiche ad Azzurra “E non è finita. Forse anche Samuele va dietro a lei!”
“Non ci credo!”
“Credici.”
“Avete finito?” esplodo, completamente rossa “Potete parlare della mia finta vita sentimentale tra di voi? Mi mette ansia!”
Tutti mi guardano per un po’ senza dir niente, poi Azzurra si siede sul divano accanto a Ginevra, chiedendo dettagli che ovviamente la mia amica le dà. Sbuffo e tiro fuori il cellulare, giusto per concentrarmi su qualcosa che non sia la loro conversazione, e vedo un messaggio che non avevo sentito arrivare a causa del silenzioso. Ghigno, quando leggo.
 

Mi dai il numero di tua sorella?
Immagina i miei occhioni verdi tristi, perché mi ha rifiutato su fb. :(
Giuro che sarò un gentiluomo, con lei.

 
Ah, fidati Michele. Ora come ora ti permetterei di sposarla solo per fargliela pagare.
Nel mio messaggio di risposta, solo delle cifre.
 
 


Ok, niente appunti sul capitolo, mi sembra.
Insomma, che ne dite? Riassumendo brevemente: Michele vede Azzurra. Lui è felice, lei no. Samuele invita Elle e il suo gruppo ad una festa per l’ultimo dell’anno (questo capitolo si svolge il 15 Dicembre). Simon, Ginevra e Roberto fanno visita ad Eleonora, nasce il Damianora (oltre all’Azzele/Micurra, entrambe possibilità orribili), Azzurra viene a conoscenza della vita sentimentale di Eleonora creata dai suoi amici. Eleonora si vendica (ecco spiegato il titolo del capitolo) dando il numero di sua sorella a Michele, che gliel’aveva chiesto per sms.
Chiaro, no?
E a voi è piaciuto? Se non è così, vi chiedo di aspettare il 26. In base a quello che mi dite nelle recensioni, posso affermare con certezza che sarà di vostro gradimento. :P Secondo voi perché?
 
Ringrazio come al solito tutti, mi date una soddisfazione enorme. Se non ci foste voi, cancellerei tutto questo. Non so neanche dove voglio arrivare veramente, ma ci siete voi, pochi ma buoni, che mi spingete a continuare. :)
Grazie davvero.
 
Come ho detto, ci vediamo il 26, Venerdì.
Adesso vado a giocare la prima partita di campionato. *-*
Alla prossima!
 
Maricuz
 
Ps: Vi lascio un’altra domanda. Che ne direste di un nuovo personaggio, un giorno?

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Capitolo 12
*** Autonomy ***


XI Capitolo


Autonomy
 
Mancano quattro giorni al Natale, ed io ovviamente sono a cercare i regali giusti in lungo e in largo solo oggi. Non è mai capitato che noi del team ci trovassimo per fare regali agli altri, per non so quale ragione. Abbiamo sempre fatto da soli, forse per non esser condizionati, o forse perché siamo tutti amanti delle sfide.
E trovare i regali adatti è una sfida da non sottovalutare.
Mi stringo nel cappotto e mi fermo a guardare una vetrina, cercando anche di sbirciare all’interno del negozio. Dannazione, quanta altra gente c’è in giro a far compere? Non potevano essere tutti efficienti e non ritardatari, così da lasciar via libera a me? Sospiro, una nuvoletta si forma davanti al mio viso, poi riprendo a camminare non avendo ricevuto nessuno stimolo nel vedere la merce esposta. Che bello quando non c’è l’ispirazione, e che bello il sarcasmo!
Cammino e mi guardo intorno mentre rifletto. Devo assolutamente trovare questi maledetti regali entro Natale. Nel pomeriggio del venticinque ci incontreremo tutti a casa di Ginevra per scambiarceli, non posso arrivare lì a mani vuote o, ancora peggio, dare un pensiero a qualcuno e a qualcun altro no. Sarebbe terribile.
Ed io non vorrei mai essere trascurata da qualcuno dei miei amici. Perché dovrei farlo io?
Oltretutto per cinque giorni io ed Azzurra andremo a stare da mio padre, per cui rivedrò il team solo al mio ritorno o, con più precisione, alla festa dell’ultimo dell’anno. Infatti noi tutti abbiamo confermato la nostra presenza all’evento, nessun’escluso. Ho saputo tramite Simon che anche il gruppo di Samuele sarà ufficialmente presente, per mia somma gioia. No, ok, parlando seriamente: mi fa piacere rivedere Filippo, o Jonathan e Sonia che non rivedo dalla famosa cena di inaugurazione dell’appartamento, ma Damiano.. No, che nessuno mi nomini il Damianora, perché è ciò che è più distante dal mondo reale. Solo a pensarci rabbrividisco.
Entro in un negozio di oggettistica giusto per vedere se qualcosa riesce ad attirare la mia attenzione e magari a riportarmi alla mente qualche aneddoto, così da comprarlo anche se fa schifo ma con la giustificazione “mi ha fatto pensare a te”. Sperando non si offenda chiunque riceva il regalo, nel caso riesca nel mio intento.
Sono ferma a guardare un portafoto colorato d’argento a forma di gatto quando sento delle risate alle mie spalle. Curiosa come sono, anche se con discrezione, mi volto lentamente e lancio un’occhiata alla coppia ad un paio di metri da me che sta osservando un portapenne, parlottando –e probabilmente prendendo in giro- l’oggetto a bassa voce.
Torno immediatamente a fissare il gatto argentato senza prestarvi una particolare attenzione. Quei due li ho già visti da qualche parte. Mi ricordo particolarmente il ragazzo, forse perché un viso del genere non si dimentica facilmente, vista la bellezza.
Solo dopo un’attenta ricerca nei cassetti del mio cervello mi ricordo che è il chitarrista della band di Enrico, quella di cui siamo andati a vedere l’esibizione al Take it easy nemmeno un mese fa. Quasi scoppio a ridere ripensando al modo in cui Manuela non riusciva a distogliere lo sguardo dalla sua figura.
“Gabriele, smettila.” Sento dire dalla ragazza, che sta rischiando di morire di soffocamento per il troppo ridere.
“Non sto dicendo niente di male! Solo che un maiale insieme ad una mucca mi fa pensar male, ecco. Manca solo che si prendono a parole. Vedi qui? Immaginati due fumetti: ‘Sei un porco!’, ‘E tu una vacca!’.” risponde l’altro, storpiando anche la voce per facilitare l’interpretazione dei due animali. A sentire la risata spontanea e sinceramente divertita della ragazza quasi non riesco a trattenermi neanche io. Prendo un respiro profondo e mi allontano, rendendomi conto che mi sono ritrovata ad origliare una conversazione come una vecchietta che non sa più come trascorrere le proprie giornate.
Mi fermo per vedere un portachiavi con una piccola chitarra classica di plastica e poco dopo la coppia mi supera, tenendosi per mano, con ancora i sorrisi sulle labbra.
Sorrido anche io intenerita, forse un po’ malinconica. Non sono mai stata felice insieme a qualcun altro. Con Giacomo c’ero andata vicina, prima di scoprire il suo gioco, ma mai ci sono riuscita. Da una parte sto bene così. Nessuna preoccupazione, nessuna gelosia, nessun fastidio immotivato per qualche tipa che ci prova con il mio ragazzo, nessun pensiero fisso che mi distrae da qualunque cosa.. Ma se mi fermo a pensarci mi sento come.. incompleta. No, anzi: è come se una parte di me, che non è mai venuta fuori, spingesse per uscire.
Svegliarsi la mattina con la voglia di alzarsi dal letto per vedere quella persona, abbracciarla, stringerla, baciarla, parlarle, ascoltarla e guardarla negli occhi per vedere se la felicità che provi tu standole accanto la prova anche lei stando accanto a te. Andare in giro per mano, incrociare il proprio sguardo con l’altra da lontano, cercarsi inconsciamente.. Ma anche litigare, discutere, buttarsi in faccia pensieri, sentimenti, sensazioni. Come si dice? A cuore aperto. Sì, mi piacerebbe avere qualcuno con cui aprire il cuore.
Sospiro, rendendomi conto che sono uscita dal negozio e che adesso sono davanti ad una libreria, in cui entro dopo un paio di secondi di indecisione.
Ma alla fine, di cosa mi lamento? In fondo non ho neanche qualcuno a cui pensare la sera prima di addormentarmi. Più che volere un ragazzo in particolare con cui condividere tutto ciò di cui ho parlato prima, vorrei un rapporto come quello. Sono innamorata dell’idea che mi sono fatta dell’amore grazie a storie raccontate nei film, nei libri, su internet. Probabilmente Gabriele –così si chiama il chitarrista, da quanto ho capito- e la sua amata hanno suscitato in me questa voglia di distruggere il principio su cui mi sono basata negli ultimi mesi, o forse è colpa dei miei amici che cercano di accoppiarmi con qualsiasi forma vivente di sesso maschile.
Meglio soli che male accompagnati. Forse una brutta compagnia non è così pessima, messa a confronto con la solitudine. Perlomeno qualcuno da incolpare per il tuo male ce l’hai.
Vedo le scritte “Filosofia” e “Psicologia” sopra degli scaffali e trattengo un sorriso, pensando che molte domande esistenziali di Marco riceverebbero risposta grazie ad un libro. Non ritenendomi però una grande esperta dell’argomento, abbandono a malincuore l’idea e inizio a girellare per altri generi.
Non c’è molta gente, stranamente, ma svoltando a sinistra riesco ugualmente a scontrarmi con qualcuno, sicuramente un uomo visto che non si è scomposto di molto, e a fargli cadere a terra il libro che aveva tra le mani. Mi piego immediatamente per raccoglierlo, mentre l’altro a malapena si è reso conto della collisione, probabilmente colto alla sprovvista. Mi tiro su porgendo l’oggetto e chiedo scusa mentre punto lo sguardo sul viso del malcapitato, rimanendo spiazzata e con la bocca aperta quando realizzo la sua identità.
“Ciao, Eleonora.” Dice lui senza una particolare intonazione nella voce.
Chiudo la bocca, sbatto un paio di volte le palpebre e rispondo, come una persona educata di solito fa “Ciao!”
Io mi chiedo come mai, dal nostro primo incontro, lo stia vedendo ovunque. Quando davanti al palazzo di Simon e Samuele, quando in pasticceria, adesso anche in libreria.. Per non parlare delle imbarazzanti e inverosimili situazioni in cui mi sono ritrovata in sua presenza! Giusto per nominarle due: l’ascensore bloccato e il dietro le quinte del film porno. Tra l’altro si è svolto tutto in quell’edificio, dev’essere maledetto o qualcosa del genere.
“Scusami se ti sono venuta addosso.” Mi scuso ancora imbarazzata, mentre lui afferra il libro e lo rimette nello scaffale senza neanche guardarlo, ma continuando a fissarmi. Solo in quel momento noto che sta tenendo anche una scatola perfettamente impacchettata, e ringrazio la mia immane sfiga per aver risparmiato almeno lei.
“Non preoccuparti.” replica “Ti sei fatta male?”
“No, no!” nego subito, muovendo anche le braccia, poi abbozzo un sorriso “Coma va?”
Fa una lievissima smorfia e inclina la testa “Insomma.. Sono in difficoltà. Odio fare regali. Tu?”
“Stessa identica cosa. Sono in giro da un’ora e ancora non ho comprato niente.. Sono venuta qui” perché ero presa da pensieri depressi e non me ne sono resa conto “per fare una pausa prima di tornare a lavoro.”
“Anche io.” Un sorriso impercettibile si forma sulle sue labbra carnose e perfettamente disegnate, che per qualche secondo mi fanno perdere la ragione. Ma gliel’hanno modellate? Sono perfette, porcaccia misera. Il momento di totale adorazione viene interrotto proprio dal loro proprietario, che riprende a parlare “Mi ha detto Samuele che verrai anche tu alla festa.”
“Già.” Dico stupidamente, ancora frastornata “Ehm..” dì qualcosa, cretina “Ti va una cioccolata?” sparo a raffica. Poi cerco di rimediare, fallendo “..O un caffè.”
Oddio, no. Ci mancava anche questa. Il Natale mi fa decisamente male.
Per un momento anche lui sembra sorpreso da quella richiesta, anche se non quanto me, ma poi si riprende e annuisce calmo “Perché no? Magari dopo collaboriamo anche per trovare qualcosa di decente da regalare.” Ma cosa fa, mi dà corda? No!
Nonostante i pensieri sul mio viso spunta un’espressione allegra “Potremmo tornarci utili.”
 
Una tazza fumante tra le mani, un sorriso ebete e immotivato che non riesco a cancellare dalla mia faccia e un instabile, incontrollabile e del tutto indipendente stato mentale. Chi me l’ha fatto fare di chiedergli una cosa del genere?
“Allora..” mormoro incerta, cercando di non prolungare troppo quel momento di silenzio incredibilmente imbarazzante “Almeno tu hai comprato qualcosa.” Affermo, riferendomi al pacchetto che adesso è appoggiato al lato del tavolino.
“Sì, a mio fratello. Però sono partito da casa già sapendo cosa comprargli, quindi non conta.” Dice, facendomi ridacchiare.
“Hai un fratello?” chiedo sorpresa subito dopo. Lo facevo più un tipo da figlio unico, se devo esser sincera, forse per il suo essere statua.
“Sì, più grande.” Annuisce, poi dà qualche pacca leggera sulla scatola “E’ un fotografo, gli ho comprato un obbiettivo.”
Sorrido “Anche mia madre è una fotografa.”
“Davvero?”
“Sì.”
“Casa tua allora sarà piena di tue foto più o meno a tutte le età, roba da gita scolastica.” Scherza, ma con espressione seria. Annuisco sospirando, poi rispondo con tono rassegnato “Se è per questo, è illustrata anche tutta la vita di mia sorella. Se aggiungiamo anche i disegni che fa lei puoi ben capire che le pareti manco si vedono.”
Riesco a strappargli una risata, cosa che mi riempie il petto di soddisfazione, poi concentro la mia attenzione sulle sue parole “E anche tu scatti o disegni o sei l’unica donna di casa con altri interessi?”
“Penso di essere l’unica donna di casa con altri interessi, sì.” Sorrido imbarazzata.
“Se non sbaglio canti e suoni, giusto? Ti concentri sull’udito, più che sulla vista.” si sporge in avanti portandosi alle labbra la tazzina di caffè ancora caldo, inchiodandomi con quegli occhi ammalianti per natura. Mi sento un attimo a disagio, forse per il suo sguardo, forse per il movimento del suo corpo che dimostra un certo interesse, o forse perché si è ricordato di una mia passione venuta fuori per caso circa un mese fa. Ma del resto di cosa mi stupisco? Si ricordava di me dopo avermi visto una sola volta dopo un sacco di anni!
“S-sì, precisamente..” abbozzo un sorriso notando che ho balbettato leggermente, ma subito mi impegno nell’osservare il liquido marrone che mi appresto poco dopo a bere. Cioccolata. Mi sento molto un Homer Simpson che pensa ad una ciambella, in questo momento.
“E’ da tanto che sei interessata alla musica?” domanda, per poi tornare a sorseggiare la sua bevanda.
“Beh, sì. Da sempre, più o meno. Mio padre mi ha insegnato a suonare il piano quando ero una bambina, poi alle medie mi sono avvicinata alla chitarra e al canto. Ora non seguo più corsi, ma continuo a strimpellare qualcosa, quando trovo il tempo.” Spiego, alzando via via le spalle. Eccola la timidezza. Non balbetto tanto con lui, ok, ma rimane il fatto che parlare di me mi mette una certa ansia. Cercando di deviare la conversazione su altro, faccio io una domanda “Tu cosa fai?”
“Bevo il caffè.” Ghigna.
“Che scemo.” dico istintivamente, ridendo. Cristo, quanta confidenza! Quando me ne accorgo me ne pento immediatamente, ma notando che non gli ha dato un particolare fastidio, ma che, anzi, ci scherza pure sopra, mi rilasso.
“Lo so, lo so.. Non sembra, ma lo sono.”
“No, non sembri il tipo da queste uscite, effettivamente. Senza offesa.” Mi affretto ad aggiungere.
“No, no. Lo pensano tutti. Sei la prima che me lo dice, escludendo Samuele, ma è esattamente ciò che tutti pensano. C’è quest’idea che la persona non incline all’esibizione delle proprie emozioni non è in grado di scherzare, allora tutti si sorprendono se dico una stronzata.” Una scrollata di spalle “Direi che gli ultimi anni si possono riassumere così, sì.” Conclude, abbozzando un sorriso e non distogliendo mai –e dico mai- lo sguardo.
Annuisco, comprendendo il concetto, e mi ritrovo a pensare che gli sono apparsa come l’ultima di una serie di persone che campa di stereotipi e che l’ha giudicato proprio come.. una statua. Sembra intercettare i miei pensieri, quando assume un’espressione ulteriormente seria a quella precedente e riprende il discorso “Non volevo dire che sei l’ennesima, sarebbe una specie di offesa. Quando ho detto la cazzata di prima hai riso, non ti sei scandalizzata perché ho fatto una battuta.” Sembra voler aggiungere anche altro, ma poi rimane in silenzio.
Sospiro e annuisco un po’ imbarazzata “Non mi sono offesa.”
“Lo so, però ti stavi facendo dei problemi che non esistono. Stai rilassata.” Ridacchia, tendendosi anche lui leggermente. Un gesto in contrasto alle sue parole, tra l’altro.
“No è che..” oh, vabè, glielo dico, chi se ne frega “I tuoi occhi.”
Lui aggrotta la fronte confuso e fa un lieve cenno col capo per chiedere spiegazioni “Sono.. Scrutano, costantemente. Non so se te ne rendi conto, magari non lo fai neanche apposta ed è un’abitudine, ma sembra che studi ogni cosa, ogni gesto, ogni movimento, ogni parola guardando fisso negli occhi dell’altra persona.”
“Sembra perché lo faccio.” Dice semplicemente, bevendo l’ultimo sorso di caffè e appoggiandolo sul tavolino. Rimango spiazzata dalla sua uscita, ma poi mi scappa da ridere.
“Ah.” Sghignazzo, divertendo anche lui.
“Ti spiego, così torniamo anche al discorso di prima..” incrocia le braccia, sempre appoggiate sulla superficie, e con lo sguardo ovviamente puntato sul mio prende a parlare “Osservo le persone perché mi piace farlo. Mi piace da così tanto tempo che non ci faccio caso lì per lì, ma comunque me ne rendo conto. So che, magari, potrebbe dar fastidio a qualcuno, ma purtroppo non riesco a farne a meno. E’ affascinante capire l’essenza di una persona e dei suoi pensieri in base ad uno sguardo, che sia ricambiato o meno, o da un movimento preciso delle labbra, delle sopracciglia.. Non dico di essere un genio che interpreta tutto alla perfezione, ma mi illudo di saperlo fare.”
Senza che possa accorgermene pienamente, mi ritrovo a pendere dalle sue labbra. A parte il fatto che è il primo discorso lungo che fa, o almeno riguardo a se stesso, la sua intonazione calma è riuscita ad intrappolarmi già dalla prima frase. Appoggio il viso alla mano, avvicinandomi a lui inconsciamente, tanto che ormai siamo più o meno a trenta centimetri di distanza.
“In realtà qualche anno fa non immaginavo neanche che sarei finito a lavorare in una pasticceria, ma in qualche modo dovevo pagarmi l’università e aiutare mio fratello con l’affitto, visto che abitiamo insieme. Pagano piuttosto bene, è un bel posto, ogni tanto mi porto a casa dei dolci gratis e la proprietaria mi tratta come un figlio. Intanto studio lettere e filosofia, cosa che ho sempre voluto fare. Ne ho visti molti ai corsi che venivano tanto per fare qualcosa, per darsi un tono e rinunciare neanche quattro mesi dopo. Ecco, sappi che io non sono tra quelli. Il fatto è che mi è sempre piaciuto scrivere. Ho scelto il classico perché sapevo che avrei avuto una certa cultura in ambito letterario e non, e perché già a quattordici anni sapevo cosa volevo conoscere, e ciò che volevo conoscere volevo trasmetterlo attraverso la scrittura. Non mi sono pentito di questa scelta, così ho continuato per la mia strada anche dopo il diploma.”
Chiudo la bocca, che pian piano si socchiudeva sempre di più. Sento qualcosa espandersi nel petto, qualcosa simile all’ammirazione. Per cosa? Perché gli piace studiare e sapere? Perché sa cosa fare della sua vita? Perché riesce a far capire quanto adora quello che fa solo con l’utilizzo della propria voce? Non lo so, e alla fin fine manco mi interessa. So solo che lo sto stimando.
“..Ti ho ammutolita?” chiede, sorridendo.
“Io.. Io..” No, non balbettare “Ehm, sì. Però.. Cioè..”
“Sei confusa perché non capisci il collegamento tra le cose che ti ho detto?” chiede, riferendosi al suo osservare la gente e al suo corso di studi. Annuisco un po’ imbarazzata.
“Ti ho riempito di informazioni inutili, forse è per quello che non hai collegato.” Ridacchia, adesso un po’ a disagio. Si è appena reso conto di aver parlato tanto, mi sa.
“No, non sono informazioni inutili. Io, cioè, insomma.. Ti ho ascoltato, mi ha fatto piacere sapere qualcosa.” Ma che..? Dio, che schifo di uscite, che faccio. Cerco di rimediare “Spiegami.”
Mi fissa in modo strano, studiandomi ancora, poi prende un sospiro e ricomincia “In teoria.. Il mio sogno è quello di.. Non ridere.”
“No, figurati.”
“Vorrei diventare uno scrittore.”
Rimaniamo qualche secondo in silenzio. Probabilmente lui si aspetta una mia qualche reazione, io invece aspetto che prosegua.
“..Continua.” dico, incerta.
“..Non ridi?”
“Dovrei? E poi mi hai detto tu di non ridere.”
“Quei pochi a cui l’ho detto hanno riso.”
“E io no. Continua!”
Dopo un po’ di esitazione, riprende “Dicevo.. Che vorrei diventare uno scrittore.” Ripete e si ferma per controllare, ma ricomincia quasi subito “E mi piace osservare perché ritengo che per scrivere qualsiasi cosa, anche ciò che di reale ha poco, bisogna conoscere, e siccome sono fissato con le sfaccettature dei personaggi delle storie che leggo e creo, mi concentro molto sulle persone anche nella vita. Poi la mia buona memoria mi aiuta.” Termina ufficialmente, mentre io sorrido.
“Adesso si spiega tutto.”
“Visto? Sono illuminante.”
“Sarei un personaggio interessante, io?” chiedo curiosa. Lui, preso alla sprovvista, sbatte le palpebre un paio di volte, poi ci pensa su.
“Sei strana.”
“..Quindi è un sì o un no?”
“Quindi è un: sto cercando di scoprirlo.”
 
“Però, dai. Direi che alla fine ci siamo tornati utili davvero.” Afferma, mentre camminiamo per la strada l’uno affianco all’altra.
Annuisco convinta. Lui ha il regalo per suo fratello nella mano destra, mentre la sinistra è piena di sacchetti di varie misure con dentro altri pacchetti. La mia situazione è identica, solo che non ho nessuna scatola da portare.
Teoricamente, Filippo ha finito di comprare pensieri a destra e a manca, ma si è offerto ugualmente di accompagnarmi in un negozio di musica per  aiutarmi con la scelta dell’ultimo acquisto, programmato per Simon. Dove comprargli qualcosa, se non lì?
Entriamo nel negozio, con un clima decisamente più gradevole rispetto a quello esterno, e cominciamo a gironzolare ovunque. Al contrario di quello d’oggettistica, questo è molto più frequentato, specialmente da gruppi di ragazzi più piccoli di noi o coetanei.
Sia io che il modello alla mia sinistra stiamo setacciando con lo sguardo uno scaffale pieno di cd usciti recentemente, con un gruppo di adolescenti sghignazzanti alle nostre spalle. Non parliamo, tanto siamo presi dallo studio dei dischi, ed entrambi sussultiamo quando sentiamo la suoneria di un cellulare, proveniente dalla sua tasca destra.
Sospira e mi porge il pacchetto “Reggimi il pacco.”
Gesù.
Non poteva dire cosa peggiore.
I ragazzi dietro di noi, che si erano voltati sentendo anche loro la suoneria di Filippo, cominciano a ridere sguaiatamente. Il loro cervello deve avere la stessa massa di una nocciolina, e di questo sono consapevole, ma non riesco comunque a frenare l’afflusso di sangue verso il mio viso, che diventa più rosso del costume di Babbo Natale, giusto per rimanere in tema. Faccio quello che mi dice mentre lui sta fulminando con lo sguardo i bambocci, poi risponde al cellulare con tono brusco.
Non ascolto una parola della sua conversazione, troppo presa dal racimolare tutto il mio autocontrollo per donare alla mia faccia il reale colore della mia carnagione. Intanto quegli imbecilli continuano a divertirsi lanciandomi occhiate ambigue. Resisti, Elle.
Quando Filippo riattacca, mi guarda come se volesse scusarsi. Abbozzo un sorriso e gli porgo il regalo “Eccoti il tuo pacco.” Ripeto, giusto per fare le cose fatte bene.
Quei cretini ridono ancora più forte, non capendo che quelle parole le ho dette volontariamente. Sbuffo infastidita, ma mi ritrovo a spalancare gli occhi quando il castano mi afferra il braccio e mi allontana da lì senza dire una parola.
Quando ci fermiamo, mi guarda e sbotta “Scusa, ma stavo per dirgli cose poco gentili.”
“Ah. No, vabè, meglio. Stava diventando imbarazzante.”
“Scusa per l’uscita. Non l’ho detto volontariamente. Cioè, non per imbarazzarti. Se volessi farlo, troverei ben altri modi.”
Scoppio a ridere “Ah, beh, questo mi consola. Comunque non fa niente, davvero.”
“Bene, meglio..” sospira sollevato, e dopo una breve pausa in cui mi analizza, parla ancora “Ad un certo punto ho pensato che avresti preso fuoco.”
E di nuovo divento rossa. Grazie per avermelo fatto notare.
“Ecco, vedi? Di nuovo.”
“Basta!” scoppio, sempre più simile ad un pomodoro. Inizia a ridere di gusto, come non l’avevo mai visto, probabilmente, poi è il mio cellulare a squillare. Sbuffando, gli ammasso tutti miei acquisti addosso, per vendetta, poi rispondo al cellulare dopo aver visto che la chiamata parte da mia sorella.
“Pronto?”
Tu, maledetta!
“..Che ho fatto?” chiedo, dubbiosa.
Hai dato il mio numero a Michele! Sei una bastarda! Stronza!” urla, di là dalla cornetta. Spalanco gli occhi, ricordandomi del messaggio di una settimana prima. Strano che si sia fatto vivo solo adesso.
“Ops.” Dico solamente, ridacchiando soddisfatta.
 
 


Appunti sul capitolo:
Perché proprio “Autonomy”? Perché significa autonomia, e Elle ne ha due. Una razionale e l’altra no. Questo capitolo è dedicata a quella non razionale. Ciao, parte non razionale autonoma di Eleonora. *Saluta*
Questo è importante: la parte del “Reggimi il pacco” mi è stata raccontata da un mio amico. L’ho riadattata con  il suo permesso, LOL. Mi aveva fatto troppo ridere, scusatemi.
 
Insomma, insomma.
Questo capitolo, ragazze (o ragazzi, se è presente qualche maschietto, ma dubito ._.), è stato mooolto impegnativo, specie per quanto riguarda la parte centrale, quella in cui il nostro Filippo spiega un po’ di cosette di sé e del suo comportamento.
Qualcuno si aspettava una cosa del genere?
E inoltre, voi team Filinora, siete rimaste soddisfatte da questo capitolo? Non ditemi di no, eh. Non lo accetto. <3
 
Per il prossimo capitolo faremo un salto temporale di qualche giorno, ma inizia ufficialmente una parte parecchio intensa. Anche per me. Credetemi, sarà difficile. I miei propositi di una “storia senza troppe pretese” stanno andando un po’ a.. sciacquette.
Anyway, voi preparatevi, così siamo sicuri che nessuno morirà il 31 Ottobre! (Tra l’altro il caso è stato pessimo. E’ Halloween. :’D)
 
Ok dai, vi saluto e vi ringrazio come al solito. :’)
Sapete dove trovarmi: o qui su EFP, o sul Blog, o su
Twitter (dove qualcuno mi contatta, e mi fa molto, mooolto piacere!)
 
A Mercoledì!
 
Maricuz

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Capitolo 13
*** The last straw ***


XII Capitolo


The last straw

Nel giro di un paio d’ore, mi sono ritrovata in un mondo completamente diverso rispetto a quello di questi ultimi giorni.
Il Natale passato in famiglia, al calduccio, in casa, mentre fuori nevicava. Lo scambio dei regali col team, i sorrisi raggianti, le risate, gli abbracci, i baci e i ringraziamenti. Azzurra incazzata come una iena con me perché ho dato il suo numero a Michele, che le ha fatto gentilmente gli auguri, tra l’altro. La permanenza a casa di mio padre, che non vedevo da tanto e mi mancava.. Sì, sono state le solite giornate delle vacanze natalizie. Esclusa ovviamente l’incazzatura di Azzurra. Non vado a dare il suo numero in giro, di solito.
Adesso, invece, sono appartata insieme ad altre dieci persone in una zona più tranquilla rispetto alle altre. Questa casa, che si è rivelata lontana dal centro abitato come mi aveva detto Samuele, mette a disposizione principalmente tre ampie stanze, per la festa. Quella tranquilla in cui si riesce a parlare e a sentirci a vicenda e dove siamo seduti noi, quella dedicata alla discoteca che pullula di gente e, infine, quella con cibo e bevande, raggiungibile solo passando dalla zona tunz-tunz. Ci sono anche altre stanze con dei letti, secondo alcune voci. Non ho intenzione di scoprire cosa succederà lì, quando l’atmosfera si sarà scaldata. Preferisco passare la serata sguazzando nell’ingenuità.
Mentre sento il ritmo marcato delle canzoni nella sala accanto e le chiacchiere degli altri, mi guardo intorno. C’è un continuo via vai di gente, e il numero dei partecipanti aumenta più o meno ad ogni minuto. Ci sono facce completamente sconosciute, altre che mi pare di aver visto di sfuggita o all’università o semplicemente in giro durante il corso della mia vita. Quando mi ritengo soddisfatta della perlustrazione, mi lascio prendere dal discorso degli altri ed inizio a partecipare anche io.
Dopo una decina di minuti decidiamo di mettere qualcosa sotto i denti e bere qualcosa, così passiamo dalla sala cool, munita di luci come una discoteca che si rispetti, e raggiungiamo quella con tavoli e panchine, anche quella piena di gente. Mi siedo insieme a Manuela, Ginevra e Sonia parlando tranquillamente del più e del meno, quando Marco si avvicina e si abbassa per parlarmi faccia a faccia.
“Ho visto una brutta persona.”
“Beh, mi dispiace.” Dico, incerta. Se ogni volta che vede una brutta persona viene a dirlo a me, so per certo che non ci allontaneremo mai troppo, io e lui.
“No, intendo.. Una persona che tu non vorresti vedere.”
“Uh, uh! Fammi indovinare!” entra nel discorso Manuela, euforica. Marco le lancia un’occhiata scocciata, facendole intendere che non ha intenzione di giocare, poi torna a guardare me.
“Chi?”
“Giacomo.” Mormora, per non farsi sentire da orecchie indiscrete. Sbuffo, abbassando le spalle.
“Dov’è?” chiedo, rassegnata.
“E’ là, in fondo alla stanza.” Indica un punto alle sue spalle “Quel gruppetto dove ce n’è un paio con la faccia da drogato..” controllo, individuo il gruppo ma non riesco a focalizzare la figura del ragazzo doppiogiochista. Ricordate chi è, vero? Non so se rimembrate il giorno in cui mi sono fatta male alla caviglia in mezzo alla strada dopo averlo visto.
“Non lo vedo.”
“Il gruppo?”
“No, lui.”
“Io l’ho visto.” Ci informa Ginevra, con sguardo assassino “Quell’idiota. Dovrebbe stare attento, stasera. Se si avvicina troppo, giuro che lo azzanno.”
“Ma te l’abbiamo detto che quando l’abbiamo visto a Novembre ha salutato Eleonora come se niente fosse?” chiede Manuela, scandalizzata.
“No! Che imbecille!” risponde la bionda, altrettanto allibita.
Guardo Marco e cerco di non ridere quando alza gli occhi al cielo lamentandosi “Ancora con questa storia. Non vi comprendo.”
“Meglio, non ti complichi la vita.” Replica subito Ginevra.
 
Le lancette dell’orologio girano, piatti, vassoi e bottiglie si svuotano, la gente nella zona con la musica aumenta, noi stessi ci ritroviamo lì in mezzo alla massa a ballare e urlare come cretini, dopo la mezzanotte.
Il ghiaccio è stato rotto ormai da ore, ma posso dire con certezza che rischiamo di morire dal caldo, adesso. Non a caso, qualche ragazzo si è tolto camicia, maglione o qualsiasi altra cosa abbia addosso per rimanere a torso nudo. Anche Simon e Jonathan sono senza niente sopra, visto che ad un certo punto sono saliti su un tavolino ed hanno iniziato a fare uno spogliarello a basso costo. Si sono fatti prendere dall’euforia, forse un po’ troppo, ma noi ragazze abbiamo apprezzato in silenzio.
Certo, non avrei schifato un Filippo strip-dancer il primo dell’anno, ma non posso voler tutto dalla vita. Roberto nudo non lo richiedo giusto perché voglio bene a Ginevra e ci vuole un rispetto massimo per le amiche.
La statua –che statua non si è dimostrato quando abbiamo comprato insieme i regali per gli altri- proprio in questo istante è bloccato da un paio di ragazze, sicuramente caste e pure a giudicare dai loro movimenti esperti addosso a lui. Sento un pizzico di delusione quando mi rendo conto che lui non si tira indietro e le asseconda, ma poi realizzo che è un bellissimo ragazzo, mezzo brillo, molto probabilmente etero e soprattutto single. Può fare quello che vuole.
Nel frattempo, mi si avvicina Damiano a ritmo di musica, con un’espressione ammiccante che non mi emoziona per niente. Posa le mani sui miei fianchi e si sporge verso di me. Rabbrividisco.
“Allora, come ti sta andando la serata?” chiede, con le labbra vicino al mio orecchio. Faccio una smorfia, tanto non può vedermi.
“Bene,” finché non sei arrivato tu, vorrei aggiungere, ma la mia educazione non me lo permette “a te?”
“Benissimo.” Si allontana leggermente, giusto per guardarmi negli occhi e sorridere, ma quelle mani non si staccano dal mio corpo. Non fraintendete, non sta facendo niente di male, ma siccome non è una persona gradita, non lo è neanche il contatto. Abbozzo un sorriso anche io, continuando a muovermi un po’ sul posto e cominciando a guardarmi intorno, pur di non dare troppa attenzione all’egocentrico che ho davanti. Ora che ci penso, mi stupisce che non sia andato anche lui a fare lo spogliarello insieme a Simon e Jonathan, visto il suo bisogno degli occhi su di lui. Forse non ha bevuto abbastanza.
Perlustrando per la milionesima volta la gente intorno a me, mi accorgo di una chioma rossa che mi pare di aver già visto da qualche parte. Quando riesco a scorgere il viso della ragazza, la lampadina nella mia testa si accende. E’ la ragazza con cui è andato a letto Simon per la scommessa! Valentina, Veronica.. Boh. Era un nome con la “v”, questo me lo ricordo.
“Elle, volevo chiederti una cosa..” mi richiama Damiano.
“Dimmi.”
“Sei single?”
Dopo qualche secondo di confusione e altri di nervosismo in cui mi chiedo che cavolo gli importi, rispondo telegrafica “Sì.”
Lui sembra soddisfatto dalla risposta, cosa sbagliatissima, visto che proprio qualche giorno fa mi sono fatta una serie di pippe mentali sulla mia solitudine in ambito amoroso. E’ anche vero però che se mi fosse piaciuto un ragazzo ben preciso e questi avesse avuto la sua stessa reazione, mi avrebbe fatto piacere.
Ma non è andata così, quindi stringo i denti per non mandarlo a quel paese.
"Allora.. Non dispiacerà a nessuno se magari qualche volta usciamo, no?" oh sì, che dispiacerà a qualcuno. Qualcuno tipo me. Sospiro mentalmente, maledicendo gli altri che mi hanno messo in testa il Damianora e simili, visto che adesso non riesco a pensare a niente se non al fatto che hanno sempre avuto ragione.
"Non credo dispiaccia a persone esterne." rispondo, specificando volontariamente. Se fosse una persona perspicace e se avesse interesse per gli altri, lo noterebbe. Ma, di nuovo, non è così.
"Allora è deciso!" esulta.
"Non esattamente.." mormoro io.
"Cosa?" urla, non avendo capito a causa della musica ad alto volume.
"Ho detto, non esattamente! Non ho detto che avrei accettato!" grido, avvicinandomi al suo viso per permettergli di capire che no, non voglio uscire con lui.
Mentre Damiano riprende a parlare, vedo con la coda dell'occhio la figura di Simon spostarsi. Lo seguo con gli occhi, noto che si avvicina alla ragazza col nome che inizia con la "v". Quando parlano, si appartano e salgono le scale, mi scatta il campanello d'allarme e volo da Manuela e Marco, ignorando completamente il ragazzo con cui stavo parlando circa cinque secondi fa, di malavoglia.
“Avete visto?!”
“Cosa?” mi chiedono entrambi perplessi, aggrottando la fronte. Sentendo che faccio fatica a recepire le loro voci, li afferro e li porto nella stanza dove eravamo prima a parlare, a inizio serata. Sinceramente non sono molto propensa ad urlare ai miei amici di gossip.
“C’era la rossa, e Simon è salito nelle camere con lei!” dico, saltellando. Non perché sono felice, cioè, chi se ne frega, solo che sono contenta di non essermi persa la scena clou, per una volta.
“La rossa?” domanda Marco, inclinando la testa.
“La rossa?!” stessa domanda, ma intonazione diversa per Manuela. Ha capito chi intendo, ma sta chiedendo conferma.
“Sì! Quella della scommessa!” esclamo.
“Ah!” al riccio si accende la lampadina “L’avventura di una notte! Fanno il bis?”
“Sapete cosa sarebbe bello? Se dal bis diventasse la scopamica e infine la moglie! Una storia da raccontare ai.. No, non va raccontata ai figli. Insomma, non so voi, ma se i miei genitori mi venissero a dire che prima di capire di amarsi passavano il loro tempo insieme a farlo come ricci non mi sentirei per niente a mio agio.”
“Manu, per favore, non farmi immaginare i tuoi che..” Marco viene scosso dai brividi “Simon. Torniamo a Simon.”
“E poi, Simon sposato ora come ora non ce lo vedo.” Scuoto il capo io, non seguendo il discorso degli altri due. Meglio non dare troppa attenzione a ciò che dice la castana. Potrebbe bloccarsi la crescita persino ad un ottantenne, in alcuni casi.
“CHE RABBIA!” sentiamo la voce acuta di Ginevra irrompere nella stanza e ci voltiamo tutti di scatto. Vediamo Roberto dietro di lei che la segue come un cagnolino e cerca di farla ragionare, chissà per cosa. Mi viene immediatamente da pensare che stiano litigando, ma poi sento le parole del ragazzo e mi ricredo immediatamente. A dirla tutta, mi cascano proprio le braccia. Metaforicamente parlando, ovvio.
“Ginevra, non puoi innervosirti per questa stupidaggine! Non è un telefilm, la vita di Eleonora. Non si mette con quello che guadagna più voti, in questi casi non c’è democrazia.” Sta spiegando, cercando di essere paziente, ma si vede da lontano un miglio che è esasperato ai massimi livelli.
“No!” ribatte lei, allargando le braccia e venendo verso di noi, poi ripete “No! Deve stare con lui! Non c’è altra possibilità! Però lui è un imbecille!”
“Non è un imbecille, anzi, è un ragazzo molto intelligente.”
“Se fosse stato un ragazzo intelligente non avrebbe bevuto tutto quell’alcol e non si sarebbe fatto mettere la lingua in bocca da quella sgualdrinella con le chiappe all’aria!” ribatte immediatamente, sventolando l’indice per aria. Ok, penso stiano parlando di Filippo. Credo che si stia divertendo con qualcuna, visti discorsi della bionda.
“Non ho detto che è un santo, ho detto che è intelligente.”
“Fa lo stesso!”
“Scusate?” intervengo, giustamente direi “Avete presente quella ragazza che accoppiate con qualsiasi forma maschile di nostra conoscenza? Gradirebbe non sentir più questi discorsi, grazie.”
“Vedi, sta soffrendo!” mi indica Ginevra, guardando però il suo ragazzo “Le piace, non l’ha capito, ma le piace, e sentendone parlare così le dà fastidio!” mi guarda “Elle, tu non hai niente che non va, ok? Se gliene parli, capirai che lui prova ciò che provi tu! Non devi farti fisime perché pensi di non essere abbastanza. Sebbene lo sembri, non è perfetto!”
“Sì, grazie.” Annuisco, calma, poi esprimo veramente ciò che sento spalancando gli occhi innervosita “Quando cazzo capirete che non sono interessata a lui? Ho solo chiesto di non discutere più sul Filinora, Samunora, Damianora e chi più ne ha più ne metta!” dico, cercando di non alzare troppo la voce “Se arriverà la persona che mi sbloccherà la mente da questo momento di totale disinteresse verso il genere maschile, perfetto! Allora potrete mixare i nostri nomi e fantasticare, ma adesso basta!”
Il silenzio. Le ragazze mi fissano allibite, mentre Marco e Roberto mi guardano con comprensione: si aspettavano che prima o poi sarei scoppiata come una bomba ad orologeria.
Compare Jonathan magicamente dalla zona della discoteca, ancora mezzo svestito, e mette il braccio intorno alle spalle di Manuela e Marco, i primi due che gli capitano a tiro. Comincia a ridere “Ragazzi, che sono quelle facce? Buon 2012! Wohooo!” urla, un po’ brillo. Scoppierei a ridere, ma il nervosismo ha avuto il sopravvento nel mio organismo. Scuoto quindi la testa e vado dove prima avevo mollato Damiano, trovandolo con un’altra ragazza. Ah, beh, complimenti. Ottimo recupero. Offesa, non tanto per lui, ma più per il gesto, supero la sala e vado in quella con i tavoli e le panchine. Esce in quel momento Sonia dal bagno, così ci ritroviamo a sorriderci a vicenda per salutarci.
Io e lei non abbiamo mai avuto occasione di parlare faccia a faccia da quando ci siamo conosciute, e nonostante il mio umore in questo momento mi sento propensa a rimediare. Dopotutto mi ha sempre ispirato tranquillità e bontà, quella ragazza. Sembra così dolce!
“Successo qualcosa?” chiede lei, con un sorriso. Aggrotto la fronte, perplessa. Come fa a saperlo? Quasi leggendomi nel pensiero aggiunge “Di solito sei sempre con qualcuno, mai sola.”
“Ah.. Beh, si, è successo qualcosa. Ho avuto una piccola discussione con il team.” Io e basta, non gli altri, visto che c’era stato solo un mio monologo.
“Capisco.. Beh, non è certamente un buon modo per iniziare l’anno, ma ogni tanto qualche sfogo ci vuole. Un po’ come con i programmi del computer, ci vuole un aggiornamento.” Ridacchia, abbassando lo sguardo. Automaticamente sorrido anche io ed annuisco.
“Ok, allora ho fatto un aggiornamento.”
“Ci sediamo?” chiede, facendo un cenno con la testa verso dei posti liberi. Di buon grado accetto, ed automaticamente mi ritrovo a parlare con lei di quello che è successo. Senza essere troppo specifica sulla questione, naturalmente. Come potrei dirle che i miei amici pensano che io piaccia a Samuele, Filippo e Damiano? Per l’appunto sono tutti suoi amici. Ma mi sfogo ugualmente, dicendo che non sopporto la pressione che mi vengono a creare i loro discorsi, lo stato di disagio in cui mi sono ritrovata. Ad un certo punto mi sento persino in colpa perché mi rendo conto che loro non lo fanno per mettermi in difficoltà, ma la questione mi disturba ugualmente e non riesco ad evitarlo.
Lei mi ripete le stesse cose che mi sono detta da sola per tutto il tempo in cui ho parlato, ma siccome sentirselo dire da qualcun altro è diverso, mi sento ulteriormente in colpa, tanto che dopo qualche minuto la ringrazio, la saluto e vado alla ricerca degli altri per scusarmi, ovviamente non trovandoli da nessuna parte.
Passa il tempo mentre io setaccio la casa, non trovando nessuno. Non c’è nessuna traccia neanche dell’altro gruppo se non di Sonia, che adesso sta conversando con qualche sua amica. Il che mi preoccupa alquanto. Mi hanno lasciata sola, gli stronzi?! La mia disperazione mi spinge addirittura da Giacomo per chiedere se ha notato qualche spostamento sospetto, ma resisto. Controllo il cellulare per vedere se ci sono chiamate o messaggi, ma non vedo assolutamente niente visto che qui dentro non c’è manco il campo per avere la possibilità di ricevere qualcosa. Mi dirigo verso l’esterno, incrociando la ragazza con il nome che inizia per “v”, la rossa. Facendomi coraggio, le sfioro il braccio per attirare la sua attenzione “Scusa..” mormoro, imbarazzata. Lei mi guarda confusa, con quei grandi occhi verdi. Bella ragazza, Simon, ottima scelta.
“Tu.. Ehm..” sei andata a letto con Simon “Conosci Simon, giusto?”
Lei, sempre più confusa, fa un cenno affermativo con la testa. Sollevata dal fatto che almeno conosce il suo nome, vado al dunque “Sai dove è andato?”
Fa una piccola smorfia dispiaciuta “No, mi dispiace.. L’ho visto l’ultima volta una mezzoretta fa..”
Sospiro e abbozzo un sorriso “Ok, non preoccuparti. Grazie, scusa il disturbo.”
Mi sto facendo prendere dal panico. Dove sono finiti tutti? Corro fuori, faccio il giro e arrivo al parcheggio, dove noto l’assenza delle macchine di Marco, Simon e Roberto.. Ok, adesso posso farmi prendere dal panico. Passato il primo minuto di battito cardiaco accelerato accompagnato da una certa incapacità respiratoria, torna il mio amato nervosismo. Ed io che mi volevo scusare con loro.
Mi volto e faccio per dirigermi verso la mia moto –sono dovuta venire da sola, ricordate che ero da mio padre?-, ma vedo una figura a qualche metro da me appoggiata sul muro. Mi prende un colpo, poi realizzo che è Filippo.
Aspetta, Filippo? Anche lui qui? Dopo qualche secondo, nel quale io l’ho fissato sconcertata, ancora presa dallo spavento, lui distoglie lo sguardo dal fumo proveniente dalla sua stessa sigaretta e si accorge di me. Espressione che rimane immutata.
“Ah, allora non sono solo.” Biascica, passandosi una mano sulla fronte. Giusto, lui non era molto lucido neanche prima.
“No, a quanto pare no..” replico, per poi avvicinarmi a lui lentamente.
“Dove sono finiti tutti?” chiede, appoggiando la testa alla superficie verticale dietro di lui. Alzo le spalle “Boh.”
“Mh, buono..” sospira, per poi portarsi la sigaretta alle labbra mentre chiude gli occhi. Oh, che immagine. Se non fossi me gli salterei addosso per baciargli il collo, messo in mostra in questo momento. Anche se pure le labbra da dove esce il fumo attirano, eh..
Sbatto gli occhi sorpresa da questo improvviso attacco di ormoni, poi mi schiarisco la voce dicendogli che non sapevo fumasse. Lui risponde con un semplice “Non lo faccio spesso.”
Il momento viene interrotto dal mio cellulare, che mi avverte del fatto che ho ricevuto circa una ventina di chiamate, tutte da parte di Manuela, Marco, Ginevra, Roberto e Samuele. Aggrotto la fronte e riferisco la cosa a Filippo, che colto da un dubbio afferra il suo telefono.
“Avevo il silenzioso..” mormora “Samuele mi ha mandato un messaggio con scritto ‘Trova Eleonora’, tutto maiuscolo. Ok, e adesso?” chiede retoricamente, rivolto al suo amico.
“Forse è meglio che chiami qualcuno..” sospiro, ansiosa. Ho un brutto presentimento.
Quando Ginevra mi risponde, pronunciando il mio nome quasi con disperazione, già mi sento morire.
“Che succede?”
“Simon e Jon.. Loro..” la sento bloccarsi per singhiozzare “La strada era ghiacciata, la macchina ha sbandato, sono andati a sbattere con un albero..”
 
 


 
Non ho intenzione di dilungarmi troppo.
The last straw significa “l’ultima goccia”, la goccia che fa traboccare il vaso. Non è una traduzione letterale, ovviamente. E’ riferito all’esplosione di Eleonora!
Per il posto ho preso ispirazione da quello dove ho svolto io il mio capodanno, l’ultima volta, il resto è inventato quindi non pensate che abbia passato tutto questo in prima persona. Per fortuna non è così..
So che sono stata una stronza a concludere così, ma.. ogni cosa a suo tempo! Abbiate paura, infondo è Halloween. (?)
 
Il prossimo capitolo, la parte iniziale che verrà alleggerita in qualche modo, sarà pesantina. Verrà pubblicato come sempre tra cinque giorni, ovvero il 5 Novembre, giorno in cui io avrò un esame di matematica (evviva). Non aspettatevelo sul primo pomeriggio, quindi!
 
A questo ringrazio tuuuuutti coloro che mi supportano, in qualsiasi modo possibile.
Ci leggiamo Lunedì.
 
Buon Halloween a tutti, e buon compleanno a Frank Iero. :’)
 
Maricuz 

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Capitolo 14
*** The fear ***


XIII Capitolo


The fear

La paura si è impadronita di me nel giro di un secondo, alimentata dal senso di agitazione che avevo ancor prima di sentire la voce sconvolta di Ginevra.
“Simon e Jon.. Loro.. La strada era ghiacciata, la macchina ha sbandato, sono andati a sbattere contro un albero..”
Sono paralizzata, così come il mio respiro. Anche il cuore per un secondo si è fermato, adesso invece batte all’impazzata, come se fosse l’ultima occasione in cui può farlo e volesse dare il meglio di sé per concludere in bellezza. Filippo, osservandomi, capisce che c’è qualcosa che non va e richiama la mia attenzione con un movimento della testa e lo sguardo interrogativo e preoccupato. Non riesco a dire niente, rimango con la bocca socchiusa cercando di fare ordine nella mia mente e parlare, ma non ottengo il risultato sperato. Il ragazzo mi ruba di mano il cellulare e se lo porta all’orecchio.
“Ginevra, che c’è?” le chiede, costringendola a ripetere. Sentendo anche lui la sua condizione, la blocca “Ok, respira e passami Roberto, Marco o chiunque sia più tranquillo di te.”
Mentre lui parla agitatamente con qualcuno, mi appoggio al muro esattamente come stava facendo lui un minuto fa e chiudo gli occhi, cercando di respirare normalmente e raccogliere la massima lucidità. Quando riattacca, non molto tempo dopo, mi riassume brevemente la situazione, massaggiandosi le tempie “Allora, c’è stata questa collisione con l’albero, Simon ha perso i sensi mentre Jonathan è svenuto subito dopo aver contattato Samuele che per enorme botta di culo era fuori a prendere una boccata d’aria insieme ai tuoi amici. Li hanno raggiunti mentre chiamavano l’ambulanza e chi cazzo dovevano chiamare, adesso si stanno dirigendo verso l’ospedale.”
Annuisco impercettibilmente senza riuscire a chiedere più particolari e lo guardo, mentre lui fa lo stesso. Come se gli facessi male anche solo ricambiando il suo sguardo, sospira “Ok, ascolta, stai tranquilla. Sono vivi entrambi, non dovrebbero esserci grandi problemi. La macchina è sfasciata, ma loro no. Fortunatamente si erano messi la cintura e.. Cristo, non mi guardare con quella faccia.” Borbotta, in difficoltà “Comunque, non ho idea di come raggiungere l’ospedale. Io ero venuto con la macchina di Simon, tu?”
“In moto..” mormoro, indicando il mezzo alle sue spalle. Lui, con gli occhi spalancati, lo fissa sibilando qualcosa “Se vuoi possiamo andare con quella, non ho due caschi, ma possiamo comunque andare con calma. Non ci tengo ad aumentare il numero degli incidenti, stasera..”
Lo vedo rabbrividire e girarsi verso di me incerto “Non so se è una buona idea..”
Nervosa e cominciando ad avvicinarmi alla moto, sbotto “Senti, sono disposta anche a concederti il mio casco, ma deciditi. Io vado, con o senza di te. Senza offesa.” Ecco, il mio tentativo di rimanere tranquilla è andato giù per lo scarico.
Lui ci pensa un po’, mordendosi il labbro, poi prende un respiro profondo e mi segue “Ok, vengo anche io, ma vai piano perché ho il terrore delle moto e preferirei non averne ancora di più.” Dice velocemente. Spiazzata, mi volto a guardarlo.
“Hai paura delle moto?”
“Una paura assurda.” Mormora, guardandola.
“Ok, ti do il mio casco.” Affermo, cominciando a tirarlo fuori da sotto il seggiolino. Già ha paura, non voglio che si senta pure a rischio. Le strade sono pure scivolose..
“No, tienilo tu.” Rifiuta deciso. E’ strano, questo ragazzo. Lo fisso perplessa, poi glielo porgo “Prendilo.”
“No.”
“Perché no?”
“Perché poi non ce l’hai tu. Tienilo te. Mi fido della tua guida.” Dice, per poi deglutire. Rassegnata, mi infilo il casco e monto sulla moto, poi gli faccio un cenno incitandolo a montare. Ok, adesso ci vuole sangue freddo. Non devo farmi prendere dalla paura come prima, devo pensare a guidare. Sento Filippo sedersi dietro di me e posare intimidito le mani sui miei fianchi. Ciao, sangue freddo.
Respiro profondamente un paio di volte, poi chiedo al castano se è pronto.
“Sì..?”
“Sei ancora in tempo, Phil..”
“Sono pronto, tranquilla.”
“Tu sei tranquillo?”
“No. Parti.”
“Reggiti.” Gli ordino.
“Lo sto facendo.”
“No, tu mi stai toccando. Se partissi adesso, ti ritroveresti col culo a terra.” Lo informo, senza mezzi termini. Non che mi dispiaccia il modo in cui mi sta toccando i fianchi, ma se i ruoli fossero invertiti e se io avessi paura delle moto, manderei a quel paese la mia timidezza e mi ancorerei a lui come una cozza allo scoglio. O gli faccio schifo, o ha paura di essere invadente, o non vuole passare da fifone.
“Uhm.. Quindi.. Dovrei tipo stringerti di più?” ok, sto per ridere.
“Sì, dovresti tipo stringermi di più. Per una tua sicurezza, non per altro.”
Sospira, a disagio, poi lo sento borbottare qualcosa come “Io odio le moto..”
Mi sfugge un sorriso “Vuoi che ti faccia prendere un colpo partendo o preferisci reggerti sin dall’inizio? E’ come un abbraccio da dietro, forza.” Lo incito. Quando la sua presa diventa più decisa e sicura, accendo la moto e chiedo nuovamente una sua conferma. Mi aspetto solo un no a giudicare dal suo respiro affannoso, ma non è la risposta che dà.
“Sì, sì, parti..” dice con voce tremante.
Ansiosa di arrivare dagli altri, lo faccio. Nel momento in cui Filippo percepisce il movimento stringe ancora di più, senza arrivare ancora al mio soffocamento, per fortuna. Lo sento parlare tra sé e sé a bassa voce, ogni tanto col volume un po’ più alto, quando mi ricorda di andare con calma, che tanto gli altri dall’ospedale non scappano, anche se vorrebbe dire che non c’è più la necessità di rimanerci. Io lo rassicuro di tanto in tanto, cercando di mantenere una velocità tranquilla e scrutando con attenzione la strada. Non mi soffermo molto sul fatto che ho trovato una cosa che fa perdere il controllo a Filippo, avrò tempo per farlo quando non avrò altri pensieri molto più importanti per la testa come la salute di Simon e Jonathan.
Maledizione, sono stata via mezz’ora ed è successo tutto questo casino. E poi, porca puttana, proprio un bel modo di iniziare l’anno, questo.
Quando arriviamo sani e salvi nel parcheggio dell’ospedale, realizzo pienamente che lì dentro ci sono i nostri amici in chissà quale condizione. Mi tolgo il casco, non lo metto neanche apposto, e inondata dalla paura e dall’adrenalina comincio a correre verso l’edificio seguita da un Filippo piuttosto turbato dal viaggio –non per colpa mia-.
Saliamo le scale di corsa, subito dopo aver chiesto dei due feriti. Non diciamo una parola, risparmiamo l’ossigeno per arrivare prima. Sono quasi le quattro di notte.
Nel momento in cui mettiamo piede nella sala d’aspetto, percepisco sulla mia pelle la situazione.
Ginevra è in lacrime tra le braccia di Roberto, stanca, come se si fosse tranquillizzata solo da pochi minuti. Il ragazzo la culla e l’accarezza, baciandole di tanto in tanto i capelli con dolcezza. Vedere la bionda priva della forza che di solito la caratterizza è impossibile da sopportare, un po’ come lo sguardo spento e il viso inespressivo di Manuela, che sta con la testa poggiata sulla spalla di Marco. Poco più in là c’è Damiano, seduto con i gomiti sulle ginocchia e il busto in avanti, mentre Samuele cammina avanti e indietro col telefono attaccato all’orecchio.
Mi sento svenire, poi la mano di Filippo si posa sulla mia schiena, un po’ per supportarmi, un po’ per incitarmi a continuare il movimento che si era bloccato all’improvviso. Lo guardo, vedo che mi scruta, poi sussurra “Siediti, chiedo notizie a Samuele..”
Sembra quasi che prima di farmi sapere la verità, voglia proteggermi da essa. Annuisco, vado verso Ginevra, che appena mi vede si stacca da Roberto per abbracciarmi, scoppiando nuovamente in lacrime.
“Lui.. Sanguinava.. Ho paura, Elle..” singhiozza, esattamente come al telefono poco più di una mezzora fa. Mi mordo il labbro e chiudo gli occhi.
“Anche io..” Ma andrà tutto bene, staranno bene entrambi..” e dire che quelle erano le parole che nei film mi facevano pensare a quanto fossero degli illusi i personaggi. Giuro che d’ora in poi non sarò più della stessa idea. L’unica cosa che mi sta impedendo di andare nel panico è proprio la speranza, se non ce l’avessi.. Probabilmente non sarei neanche arrivata all’ospedale.
Prendo un respiro profondo e stringo per qualche minuto la mia amica, cercando di infonderle un po’ di sicurezza. Certo che staranno bene, quei due. Stiamo parlando di Simon e Jonathan, Cristo, non di due ragazzi qualunque. Non scorre del sangue normale, nelle loro vene. Come minimo usciranno da una stanza tra qualche secondo e ci diranno che era tutto uno scherzo, che ci stavano prendendo per il culo. Simon prenderà in giro Ginevra dicendole “Ma io non ti faccio sempre saltare i nervi? Avevi paura di non utilizzarli più, senza di me?
Ma l’espressione cupa di Filippo mentre si siede vicino a me mi dice che nessuno prenderà in giro nessun altro.
Ginevra si stacca e torna a farsi consolare dal suo Roberto, mentre Filippo si schiarisce leggermente la voce e si avvicina al mio viso per far sì che riesca a carpire le sue parole sussurrate “La tua è una calma apparente?” mi chiede.
Ci penso leggermente, poi replico “Più o meno.”
“Davvero vuoi sapere?”
“Certo.” Rispondo sicura, adesso. Annuisce abbassando lo sguardo –gesto insolito-, e inizia a parlare senza incrociare il mio.
“Ancora non sappiamo con esattezza cos’abbiano.. Ma siamo sicuri che quello messo peggio è Simon.” il mio cuore perde un battito, lui intanto si passa stancamente una mano sul viso “Ha battuto la testa.. Quando sono arrivati i soccorsi era vivo, ma non in buone condizioni. Jonathan invece era semi-cosciente, ma ha qualcosa di rotto, il braccio sicuramente non è messo tanto bene.” Sospira, tornando con gli occhi sul mio viso. E’ in questo momento che nota le lacrime che scendono anche sul mio viso “Elle..” mormora.
Mi porto una mano davanti alle labbra, iniziando ufficialmente a pensare al peggio. Simon ha battuto la testa? Non era in buone condizioni? Potrebbe succedergli di tutto, potrebbe aver avuto un trauma cranico, potrebbe perdere qualche capacità motoria, o mentale! Il respiro si affanna tutto d’un botto, i singhiozzi non mi permettono di riportare il ritmo alla normalità. Mi attraversa la mente anche il pensiero di poter soffocare così, piangendo, e il panico aumenta peggiorando la situazione. Filippo si spaventa quasi più di me e mi afferra il viso con le mani “Oh, Eleonora! Calma!”
Ovviamente, non funziona.
“Eleonora, se pensi di morire soffocata, muori soffocata. Concentrati sul tuo respiro, regolarizza! Cristo, ci stai spaventando tutti.” Dice, infine. Alzo lo sguardo e vedo che tutti mi stanno guardando mezzi terrorizzati, come se effettivamente non riuscissi a respirare. Cosa effettivamente vera. Torno a guardare Filippo e cerco di fare come mi dice, mentre lui non sposta le mani dal mio viso, ma, anzi, inizia ad accarezzarle per togliere le lacrime che continuano a scendere.
“Ehi, vuoi che faccia venire qui accanto a te qualcun altro? Magari Marco, mh?” come prima cosa mi viene da dargli dello stupido, perché pensa di non essere adatto per starmi accanto in questo momento, poi però mi accorgo che è giusto così. Ho bisogno di Marco. Lui è quello razionale, quello con più autocontrollo del mio team, uno di quelli con cui mi sento più a casa, e Filippo è consapevole di questi fattori.
Annuisco continuando a focalizzare la mia attenzione sul respiro, ripetendomi frasi che tentano di consolarmi, invano.
Simon e Jonathan stanno bene. Simon e Jonathan stanno bene. Simon e Jonathan stanno bene, meglio di me.
Filippo si alza e, dopo pochi secondi passati a stropicciarmi gli occhi e a trasformarmi in un panda, il riccioluto è accanto a me. Subito mi afferra per le spalle e mi stringe, trattandomi come io ho trattato Ginevra circa dieci minuti fa. Chi consolerà te, Marco?
“Tranquilla..” sussurra. Mi sento una cretina. Come ho potuto cercare di trasmettere forza a Ginevra quando io a malapena ce l’ho per me stessa?
“Ho paura..” dico “Ho paura che-” Simon non ce la faccia. Non dico queste parole, ho il terrore persino di pronunciarle. Ma Marco è sempre stato un tipo abbastanza sveglio.
“Elle.. Simon non ha ancora finito di fare scommesse a destra e a manca.” Mormora, facendomi sorridere nel pianto. Mi accoccolo maggiormente tra le sue braccia, ringraziando la sua altezza che adesso mi sta facendo sentire al sicuro. Anche se Filippo è più alto ancora, per non parlare di Samuele.
Alla fine mi ritrovo a battere ripetutamente il piede a terra per l’ansia, gli occhi chiusi ormai asciutti. Le lancette girano e girano, ma per tutti il tempo sembra essersi bloccato. Nessuno si muove, anche la scena sembra essersi bloccata.
Dopo quella che dovrebbe essere una trentina di minuti, si sentono dei passi concitati e nella sala d’aspetto arrivano altre due persone: i genitori di Simon. Solo in quel momento Marco si separa da me, per avvicinarsi e spiegar loro la situazione. Non ce la faccio a vedere le loro reazioni, così mi copro il viso con le mani e appoggio i gomiti sulle ginocchia. Non voglio vedere, non voglio sentire. Simon e Jonathan stanno bene.
Sento una mano che mi sfiora la schiena poco dopo, quando alzo il capo Samuele abbozza un sorriso e inclina la testa “Vuoi qualcosa? Damiano scende giù al bar per prendersi un caffè..”
Scuoto piano la testa, ma non riesco ad aprire la bocca per ringraziare. Nessuno noterà la mia maleducazione, adesso. Il ragazzo annuisce e con delicatezza mi avvicina a sé, ed io mi ritrovo appoggiata a lui come una bambola, senza la capacità di rifiutare quel gesto. Non penso neanche di avere la forza per rifiutarlo dentro di me. Semplicemente chiudo gli occhi e cerco di svuotare la mente, facendo prendere alla stanchezza il sopravvento. La mano che mi accarezza il braccio mi aiuta a rilassarmi, stessa cosa per il calore che sento spargersi per il corpo.
Ma no, non posso addormentarmi proprio adesso. Non ci riuscirei neanche volendo, col pensiero di non sapere cosa stanno passando in questo momento i due ragazzi. Cerco di mantenermi sveglia, nonostante non mi sposti da quella posizione. Deglutisco a fatica e apro gli occhi, e vedo un’altra coppia di adulti nella sala. Devono essere i genitori di Jonathan. Pensando a lui, mi viene un dubbio.
“Samu..” lo chiamo, piano.
“Dimmi.” Risponde immediatamente, con voce calma.
“Perché erano in macchina..? Dove stavano andando?” riesco a chiedere, dopo aver alzato il viso per guardarlo negli occhi. Ricambia il mio sguardo senza rispondere, poi scuote lievemente il capo “Non ne ho idea. Andrebbe chiesto a loro..”
Annuisco “Glielo chiederemo dopo.” Mormoro.
“Glielo chiederemo dopo..” ripete lui, sospirando.
 
Dopo aver scambiato qualche parola con Manuela, che dal mio arrivo non aveva aperto bocca, ho dovuto affrontare un’estenuante chiamata con mia madre, preoccupatissima sia per l’orario che per il fatto che fossi stata io a chiamarla e non il contrario. Quando le ho spiegato la situazione per poco non le è preso un colpo, e non sto a ripetere le svariate domande che mi ha porto senza darmi neanche il tempo di rispondere. Dopo un minuto per poco non scoppio a piangere, così le ho riattaccato in faccia. Stava peggiorando il mio stato emotivo e psicologico.
Non tanto quanto la visione del medico che si sta avvicinando al nostro gruppo, però.
Nessuno ha la forza di alzarsi e andargli subito incontro. Ci pensano i genitori dei due ad ascoltare le prime parole del medico, mentre noi studiamo le loro reazioni. Capisco che non ci sono buone notizie quando vedo la madre di Simon scoppiare a piangere dicendo “Oh mio Dio” in inglese.
Simon e Jonathan stanno bene.
Tutti gli uomini si avvicinano ai quattro genitori. Vedo chiaramente Roberto prendere un respiro profondo e tremante.
Simon e Jonathan stanno bene.
Li vedo parlare, poi Samuele infila le dita tra i suoi capelli lunghi, mentre Filippo si strofina il viso con una mano esattamente come aveva fatto parlandomi delle conseguenze fisiche di Simon e Jonathan.
Simon e Jonathan stanno bene.
Marco abbassa lo sguardo.
Cazzo.
 
 


Sono  proprio una testa di cazzo.
Potete dirlo tranquillamente, me lo sono detto da sola, non ci son problemi! Avreste ragione e tutto il mio appoggio!
Vi tengo ancora un po’ sulle spine, lo so, ma tranquille. Il prossimo capitolo arriverà tra quattro giorni, e non tra cinque.
Quindi, IMPORTANTE: il prossimo capitolo verrà pubblicato il 9 Novembre, perché il 10 non ci sarò per tutto il giorno. Sono a Roma, al concerto di Mika. :3
Però, chiedo venia, il capitolo successivo lo pubblicherò il 16. Sono in un periodo molto denso di impegni su tutti i fronti, scuola, sport e anche piacere (vedete il concerto), quindi scrivere non mi sarà facile. Scusate. :’(
Giuro comunque che sto facendo del mio meglio.
 
Sulla storia non dico niente se non di aspettare quattro giorni per sapere ufficialmente tutto quello che c’è da sapere. Stay strong, ok? LOL
Scrivere questo pezzo di storia è veramente un suicidio.
 
Grazie a tutti coloro che mi supportano e che hanno sofferto insieme a me su quest’incidente (perché significa che tenete ai miei personaggi, e ne sono tanto felice. *si commuove*).
Grazie a Francesca, che mi ha consigliato i danni e le conseguenze dopo il fattaccio. Sarei davvero persa senza di lei, in questo punto. D:
 
So, ci ritroviamo tra qualche giorno! :)
Un bacione!
 
Maricuz

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Capitolo 15
*** Inertia ***


XIV Capitolo


Inertia

Sono state le ore più brutte della mia vita.
Appresa la notizia, sono tornata a casa. L’unica cosa che mi ha permesso di addormentarmi nel silenzio maledetto della mia stanza è stata l’enorme stanchezza, che però ha avuto effetto dopo un paio d’ore, passate a rigirarmi nel letto cercando di smettere di piangere attanagliata da una costante paura.
Mi sono comunque svegliata verso le due, dopo aver dormito poco e male.
Quando ho raccontato tutto a mia madre e ad Azzurra, sono stata costretta a sopportare anche i loro volti sconvolti, soprattutto quello di mia sorella. Ha iniziato a piangere anche lei, cominciando a farmi domande che giravano e girano tuttora anche per la mia mente e a cui continuo a non saper dare una risposta.
Lo stesso pomeriggio ci siamo organizzati per andare a trovare Jonathan in ospedale. A parte due costole rotte, un braccio lussato e i graffi sparsi praticamente ovunque, sta bene. Non abbiamo parlato troppo dell’incidente, giusto quel che ci bastava sapere, tipo il motivo per cui entrambi erano in macchina. Stando alle sue parole, non si sentiva troppo bene e ha chiesto a Simon, che si era separato dalla ragazza coi capelli rossi da poco, di portarlo a casa, visto che anche il biondo cominciava ad essere stanco. Inutile dire che non era ai livelli massimi di allegria e spensieratezza.
Non ho parlato molto col resto del gruppo, anche perché non abbiamo avuto molto su cui discutere. E’ ovvio finire sull’argomento, e per l’appunto è proprio l’unico che vogliamo evitare il più possibile. Sappiamo che nessuno è abbastanza lucido da affrontarlo senza avvertire qualcosa nel petto.
Ma stamattina mi sono svegliata con un insolito coraggio. Senza neanche fare colazione sono uscita di casa, mi sono messa il casco e mi sono diretta verso quell’edificio che negli ultimi giorni ho visto fin troppe volte. Adesso sono di fronte alla stanza, che prendo un respiro profondo e che sporgo una mano per aprire la porta.
Vengo assalita dall’impulso di correre via dall’ospedale appena vedo Simon steso sul letto, immobile.
 
“Jonathan si riprenderà presto, ma Simon.. Lui ha avuto un trauma cranico, oltre ad essersi rotto una gamba. E’.. E’ in coma, Elle.”
 
Già con gli occhi pieni di lacrime, mi siedo vicino al ragazzo. Non riesco a trattenere qualche singhiozzo, mentre lo guardo.
 
“Non sappiamo se si sveglierà.”
 
Marco ha cercato di dirmelo nel modo meno scioccante possibile, ma come si può comunicare una cosa del genere cercando di non far soffrire l’interlocutore? Dove si può trovare il lato positivo anche in questo? Simon è in coma. No, non è morto, ma non sappiamo se si sveglierà. E’ come se il dolore di tutti noi si prolungasse per tutto il periodo in cui sarà incosciente, senza sapere se terminerà mai.
E lui? Lui è costretto a sospendere la sua vita così, di punto in bianco, dopo un incidente avvenuto per il freddo dopo la festa dell’ultimo dell’anno.
E io dov’ero? A lamentarmi con Sonia per una cazzata.
Scuoto il capo sfiorandogli le dita con le mie, sentendo anche un lieve senso di colpa opprimermi, come se il terrore non fosse abbastanza. Non ricordo neanche quali sono state le ultime parole che gli ho detto. Deve svegliarsi per forza, cazzo. Se proprio deve lasciarci, prima deve permetterci di dirgli qualcosa di intelligente e saggio.
Sorrido pensando a quando un paio di anni fa, dopo avermi salutata, mi aveva fermato e aveva affermato, serissimo e fiero “Nel caso dovessi morire e questa fosse l’ultima cosa detta: viva la figa. Ricordami così.
Come un ninfomane?” avevo chiesto.
Come una persona sincera. Ma sì, anche ninfomane va bene.
Che cretino. Così cretino che non puoi farne a meno. Ha sempre fatto tanto, per noi, anche inconsapevolmente o senza voler niente in cambio. E’ il primo a porgere una mano per rialzare gli altri e l’ultimo ad accettarla. Dannato lui e le sue scommesse..
Anche l’incontro tra Ginevra e Roberto era causa sua. Ve l’ho raccontato brevemente tempo fa, no? In un locale, per San Valentino, Simon sfidò Ginevra dicendole “Se hai il coraggio di parlare con quel tipo al bancone, offro io per un mese.
Offrì per un mese.
Cristo, la sua faccia era memorabile. Fu la prima e l’ultima volta che fece una scommessa con la testardaggine della bionda.
Sorrido malinconica mentre le lacrime continuano a scendere indisturbate e la mia mente scava nel passato per tirar fuori i ricordi più belli. Tutti, sostanzialmente. Lo conosco da sette anni e mi ricordo solo di aneddoti che mi fanno ridere o divertire, tanto che se qualcuno aprisse la porta in questo istante mi prenderebbe per una psicopatica. Da rinchiudere, pure.
No, non penso resisterei a lungo. Non penso lo farei nel migliore dei modi. Abbiamo bisogno di lui. Ho bisogno di lui, del suo diventare intrattabile quando sente parlar male di qualcosa che gli interessa, dei suoi battibecchi con Ginevra, le sue battute inascoltabili, le sue risate incontrollate nel sentire quelle di Manuela, il suo amore per la musica e per la sua adorata chitarra, dei suoi sorrisetti sghembi quando sente il profumo della vittoria..
Mi alzo e gli sfioro con una mano i corti capelli biondi, scossa dai singhiozzi.
“Io scommetto che non ti svegli.” Sfidami, ti prego. Apri gli occhi e dimmi che ho perso. Dammi della perdente. Ridimi in faccia e chiedi cosa hai vinto, dopo avermi mandato a farmi fottere perché ho scommesso sulla tua morte. Inizia a cantare “We are the champions” dei Queen usando il porta flebo come microfono.
Esco dalla stanza, asciugandomi il viso con le mani.
 
Spinta dalla fame e dalla voglia di parlare –sì, oggi mi gira proprio bene-, parcheggio vicino alla pasticceria col bellissimo nome e col bellissimo commesso. Mi è parso di capire che in questa giornata agirò per forza d’inerzia. Fino a ieri sera non avevo intenzione di fare conversazione, né tantomeno di andare all’ospedale per vedere Simon steso ed incosciente.
Entro nel locale, percependo subito il caldo e un buon odore di dolci nell’aria, contrastante con il vento freddo con cui mi sono scontrata fino a pochi secondi fa. Già questo è rassicurante e mi sento più tranquilla, in qualche modo. Vedo subito che non ci sono molte persone, anche dietro al bancone non c’è nessuno. Mi sembra di rivivere la prima volta in cui sono entrata qui dentro, quando la donna anziana era spuntata dal niente al suono del campanellino che suona ogni volta che la porta si apre.
Ma è proprio Filippo ad uscire, sospirando stanco a testa bassa. Quando alza lo sguardo e mi vede, spalanca lievemente gli occhi e si dirige subito verso di me. Anche io, rimasta ferma all’entrata per non so quale ragione, metto un piede dietro l’altro e mi appoggio alla superficie, davanti a lui.
“Eleonora..” mormora lui, scrutandomi.
“Filippo..” lo imito, lasciandomi sfuggire un sospiro.
“Sei andata..” comincia incerto, ma lo fermo con un cenno affermativo della testa “Hai gli occhi rossi.”
“L’hai capito da questo?”
“E’ stato un indizio.” Replica “Vuoi qualcosa?”
“Sì, una cioccolata, grazie.”
“Qualcosa da mangiare?” domanda ancora, cominciando a prendere una tazza.
“No, grazie.” Mi sento stupida a ripetere il ringraziamento, ma un nuovo fattore della giornata di oggi è l’educazione.
“Ok. Siediti, se ti va. Facciamo due chiacchiere. Il tempo di prepararti la cioccolata e arrivo.” Dice, con tono calmo, usato quasi con lo scopo di rassicurarmi. Cristo, sono così visibilmente distrutta? In ogni caso, sentendomi quasi importante per il fatto che mette in pausa il suo lavoro per farmi un po’ di compagnia, faccio quello che mi dice e mi sistemo ad un tavolino, stravolta. Mi sento stanca dentro, eppure faccio quello che devo fare. Inerzia.
Dopo un minuto scarso si siede davanti a me, spingendo la tazza verso di me con due dita. Abbozzo un sorriso, giusto per evitare di ripetere per la terza volta la parola “grazie”. Lui non dice niente, si limita a fissarmi e studiarmi come al solito. Io non smuovo il mio sguardo dalla bevanda, giro il cucchiaino osservando il percorso tracciato con esso e cerco di non concentrarmi sulla sua analisi. Sono troppo stanca per provare disagio.
“Vorrei chiederti come stai, ma siccome varie statistiche che hanno studiato le nostre conversazioni mi dicono che mi risponderesti male, eviterò di farlo.” Dice, giusto per spezzare il silenzio. Sorrido lievemente e scuoto la testa.
“E’ sempre bene esser prudenti.” Dico, sempre a testa bassa.
“In particolar modo con te. Sembri tanto buona e cara, ma non perdoni le domande stupide. Ne so qualcosa.” Continua a scherzare. Anche la voce prende un’intonazione divertita, ed è strano. E’ un fatto ancora più inusuale del suo sorriso. Infatti vengo spinta a guardarlo, finalmente, mentre faccio una risatina strana, quasi malefica, che lo fa ridere, visto il ghigno che gli compare sulla faccia.
“Non puoi farmene una colpa..” dico, facendo spallucce.
“Fino a prova contraria sono io a fare domande stupide.”
“Ed io ho l’autocontrollo di un dinosauro carnivoro ubriaco.”
“Questo è interessante. Non sapevo che i dinosauri disponessero di alcolici.” Commenta, appoggiando il viso su una mano.
“Hai mai visto un t-rex con una bottiglia di birra in mano che beve?” chiedo, stupidamente, per poi portarmi la cioccolata alle labbra. Lui scuote la testa.
“No. Forse perché ha le braccia troppo corte. Avrebbe bisogno di una cannuccia, poverino.”
“Forse.”
Dopo qualche secondo di silenzio, ridiamo entrambi. Non quella risata incontrollata, ma quella che ti alleggerisce il peso nel petto, ciò che mi sta affaticando da tre giorni. Quando mi rendo conto che potrei passare dalla risata al pianto, prendo respiri profondi e chiudo gli occhi.
Lui si accorge del mio gesto “Ok, scusa la domanda.. Tutto bene?”
Con un sorriso tremante, scuoto la testa “No, per niente..”
Sto cedendo. E pure davanti a Filippo! Meraviglioso. Ecco che mi ricordo magicamente perché non avevo voglia di parlare con nessuno, in questi giorni. Mi concentro sulla tazza e bevo, con lo scopo di avere un pretesto per andarmene. Lui mi guarda, con la fronte aggrottata e il labbro inferiore tra i denti, pensieroso.
“Elle, senti.. So che probabilmente sono tra le ultime persone nella tua lista a cui chiederesti conforto, ma sappi che se volessi fare anche solo due chiacchiere sono disponibile.” Non so cosa replicare, per fortuna riprende a parlare “Ti piace la cioccolata?”
“..Sì.” mormoro, dubbiosa.
“Dico, quella che stai bevendo.”
“Sì.” Ripeto, guardandolo con un sopracciglio alzato.
“Allora hai un motivo per venire qui.” Dice, con una faccia che dice “Semplice, no?
“Mi sto chiedendo..” dico, sovrappensiero “Perché cerchi sempre di prendermi per la gola? E’ già la seconda volta.”
“Mi capita di esser competitivo e di voler vincere. Con te ho vittoria sicura, in questo modo.” Mi porge la mano “Dammi il cellulare, ti salvo il mio numero. Per sicurezza.”
Senza dire niente, tiro fuori dalla tasca il cellulare e glielo consegno. Con la solita tranquillità scrive delle cifre e, dopo, delle lettere. Intanto io finisco la mia cioccolata. Quando mi viene ridato l’apparecchio, ho di nuovo gli occhi azzurrissimi di Filippo addosso. Ho sentito la vostra mancanza in questi sedici secondi, davvero.
“Che fai dopo?” domanda.
“..Dopo quando?”
“Dopo, quando esci di qui. Non ti sto cacciando, eh.” si affretta a dire.
“Sì, sì, lo so. Cioè, immaginavo. Comunque non lo so, pensavo di fare un salto da Samuele visto che sono qui.. Però.. Ehm..” non mi sento più tanto sicura. Volevo davvero andare da lui a fargli compagnia, sempre presa da quella botta di coraggio mattutina, ma visto il quasi crollo di prima non ne sono molto convinta.
“Non ce la fai?”
“Non penso, no..”
“Penso non ti farebbe male..” dice piano, passandosi una mano tra i capelli –inutile che dica dove stia guardando lui- “Poi Samuele è il contrario di me, è piuttosto allegro. Insomma, una persona come lui fa sempre piacere averla accanto, anche in questi momenti..”
“Pensi di essere una spiacevole compagnia?” chiedo, perplessa. Forse lo colgo alla sprovvista, visto che ci mette qualche secondo di troppo a rispondere.
“No.” Afferma, ma allungando di molto il suono della consonante “Non.. No, non lo penso. Non credo però di tranquillizzare molto una persona con un sorriso, come fa lui.”
“Hai altri metodi. La tua calma calma la gente.” Dico sicura.
“Quel pomeriggio, prima di Natale, eri a disagio.”
“Per i tuoi occhi, mica per la tua presenza.” Mi fissa, ed io fisso lui. A quel punto, sorrido vittoriosa “Lo stai facendo ancora. Cerchi di leggermi. Questo mi mette a disagio.”
“Adesso non mi sembra.”
“Perché sono soddisfatta del fatto che ho ragione, quindi ho altro a cui pensare.”
“La mia presenza ti tranquillizza?” chiede, a bruciapelo.
“Ispiri fiducia. La tua calma si riflette anche in chi ti sta intorno. Come in ascensore.” Continua a squadrarmi, poi parla anche lui.
“Non ti facevo proprio il tipo che dice queste cose così, senza paura di esser fraintesa o di qualsiasi tipo di reazione.”
“Non sono io, sei tu.. Ispiri fiducia.” ripeto sussurrando e alzando le spalle, semplicemente.
 
Sì, ok, Eleonora. Filippo ispira fiducia, per questo tu devi andargli a raccontare ogni tua riflessione su di lui nei minimi particolari?Niente, non ce la faccio. Non riesco a dire o fare cose che possono esser dette o fatte. Non riesco a controllarmi. Non ce la faccio, con lui. Se fosse successo solamente oggi mi sarei potuta giustificare con un “Sono psicologicamente stanca, pardon”, ma no! E’ da quando lo conosco che non sono me, quando parlo con lui. Anzi, che sono fin troppo me sarebbe più adeguato da dire. Non balbetto, questo lo hanno notato tutti sin dalla sera in cui abbiamo festeggiato il trasferimento di Simon e Samuele. Sembra una cazzata, ma davvero: è un fattore alquanto ambiguo.
E poi? Poi gli vado a chiedere di prendere qualcosa insieme. Poi andiamo a comprare insieme i regali di Natale. Poi lo vado a trovare in pasticceria. Poi gli confesso che con lui, malgrado la soggezione che mi mette il suo sguardo, sto bene.
E se un giorno cominciasse a piacermi davvero? Quanto resisterei dal non dirglielo? Come minimo lo aggiornerei in tempo reale “Cos.. No, aspetta? Fermo. Mi sa che.. No. Forse no. Sì, sì! Affermativo. Mi sono accorta che mi piaci circa due secondi fa, sì. Comunque sì, vorrei una cioccolata, al solito, grazie.
Però è anche vero che non è tutta colpa mia. Insomma, è lui che mette tranquillità addosso. Non c’entro niente io se è bello come un divo di Hollywood, se è intelligente, se capisce tutto alla prima, se quando sorride fa prendere un infarto, se nel momento in cui comincia a parlare dei sui sogni ti fa sbavare come Winnie the Pooh davanti al miele. No, io non c’entro niente. E’ colpa sua.
Però è un merito il fatto che riesca a distrarmi, e gliene do atto.
 
 


Ho cercato di nuovo di non deprimere troppo.
Il Filinora addolcisce sempre la pillola.. Basta un po’ di Filippo e la pillola va giù! La pillola va giù! La pillola va giù! (?)
Riassunto: Simon in coma, Jonathan mezzo rotto ma cosciente.
Spero vi sia piaciuto (relativamente) il capitolo e che non mi vogliate uccidere. Credetemi, se state male: vi capisco pienamente. E’ stato mooolto complicato scrivere tutto questo..
 
E vi ringrazio, perché nonostante questa cosa brutta siete qui, che mi offendete. :’) Allora tenete davvero a questa storia! (LOL) Offendetemi, davvero. Lo faccio tutti i giorni!
 
Come detto lo scorso capitolo, ci ritroviamo il 16.
Menomale, perché sono piena di impegni e rischierei di perdere il ritmo e quindi pubblicare dopo mesi. Ogni tanto queste pause più lunghe mi ci vogliono, chiedo scusa. Lo faccio anche per voi, davvero. :’)
 
Vi saluto dicendovi che potete trovarmi qui su EFP, o su Twitter, o sul mio carissimo ed inabitato Blog!
 
A Venerdì prossimo!
 
Maricuz

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Capitolo 16
*** All you need is love ***


XV Capitolo


All you need is love

Non sono andata da Samuele, quella mattina.
Ci sono adesso, cinque giorni dopo, seduta al tavolo della cucina con un bicchier d’acqua tra le mani e il ragazzo, sconsolato, accomodato davanti a me. Mi sembra tanto un cucciolo di cane che non riesce a convincere nessuno per giocare un po’ con la palla.
Gli pesa molto la situazione, si vede. Infondo con Simon ci vive, sente la differenza ogni mattina quando si sveglia. Anche per questo sono qui, per fargli compagnia e per distrarlo. Per distrarci. Il problema in questo momento è entrare in qualche argomento.
“Il tuo amico,” comincio, giocando subito la carta delle confessioni “Damiano. Mi sta sulle palle.”
Lui ride, con la testa bassa “E’ fatto a modo suo.” Lo giustifica.
Che strana affermazione, ogni volta me la propinano “Anche io sono fatta a modo mio, che c’entra?” non per questo non mi sopporta nessuno, vorrei aggiungere, ma meglio non esagerare con la sincerità. Non voglio offendere nessuno, pubblicamente.
“Sarai fatta meglio, boh.” Dice, alzando le spalle “Anche a Filippo non va molto a genio.”
“Questo perché è un ragazzo intelligente.”
“Mi stai dando dello stupido?”
“No, no. Tu sei solo buono.” Preciso, per poi prendermi un sorso d’acqua come premio.
“Anche tu sei buona.”
“Non così tanto.” sorrido.
“Che strani esseri, gli uomini.” Commenta, facendomi ridere.
Ed è così che rompiamo il ghiaccio –per lui poi non è neanche troppo difficile: basta che sorride e lo disintegra-. Cominciamo a parlare e a malapena riusciamo a prendere fiato, delle volte. Ci ritroviamo a commentare qualcuno che fino a non molto tempo prima era il vicino di entrambi, mi chiede come sta e cosa fa mia sorella, se i miei genitori, in particolare mio padre che non vede da molto, stanno bene e se il loro lavoro procede per il meglio. La classica chiacchierata tra amici di famiglia, insomma.
Ad un certo punto, però, mi prende un colpo, e improvvisamente i discorsi delle mie amiche mi ritornano in mente come una freccia scoccata da un arco poco distante. Il Samunora comincia a mettermi ansia da quando Samuele, dopo un respiro profondo e pieno di incertezza, pronuncia le seguenti parole “Penso di doverti dire una cosa..”
Deglutisco e cerco di fingere tranquillità “Certo, dimmi pure.”
“Io.. Mi.. Mi piace una ragazza.”
Perfetto.
Adesso non mi rimane che sperare che non sia io quella ragazza, e per vari motivi. Come prima cosa: non ricambierei il sentimento; in secondo luogo: mi dispiacerebbe pure. Insomma, è Samuele. Siamo cresciuti insieme, l’ho sempre ritenuto un ragazzo stupendo e tutti gli altri aggettivi che gli ho affibbiato nel corso della mia vita, ma non l’ho mai visto come qualcos’altro, qualcosa di più. C’è stato un periodo in cui lo vedevo come un potenziale ragazzo, i primi anni del liceo, ma direi che quel periodo è finito da un po’ di anni.
Altro fattore da non dimenticare assolutamente: Manuela. Ormai sono più che convinta del fatto che gli vada dietro seriamente, anche se lei stessa non si è resa conto che il suo essere fan girl si è trasformato in essere cotta di lui.
“Mh.” Dico, aspettando che mi dica chi è questa ragazza. Non posso negare la mia curiosità.
“Ehm.. Vedi, il fatto è che con questo incidente e questo mio abitare momentaneamente” e con questa parola capisco che anche secondo lui prima o poi Simon si risveglierà “da solo, ho riflettuto. Possono accadere un sacco di cose senza che nessuno possa prevederle. So che è ovvio, ma, parlandoci chiaramente, diamo ugualmente il tempo per scontato. Se ci torna scomodo qualcosa, o se non abbiamo il coraggio di affrontarla, rimandiamo, quando possiamo. Allora mi son detto ‘Cazzo, Samu, datti una svegliata’. Guarda caso, l’unica cosa in ballo che ho è questa, quindi voglio dirtela.”
Porca puttana, che ansia.
“Confessarlo a qualcuno non significa dirlo direttamente a lei, e in ogni caso non sei la prima a cui lo dico visto che ne è a conoscenza anche Fili, ma dirlo mi dà l’idea di concretezza, quindi potrebbe aiutarmi.” Dimmelo e non farmi soffrire così all’infinito, ti prego “In conclusione, Eleonora..”
Respiro profondo per entrambi, il mio però è nascosto.
“Mi piace Manuela.”
Credetemi, alzarsi di scatto dalla sedia e battere una mano sul tavolo per poi cominciare ad esultare come una bambina che sa di andare a vedere il prossimo spettacolo dei delfini è ciò che vorrei fare in questo istante, e trattenersi è davvero difficile.. Ma ci riesco. Ci riesco e fisso il castano negli occhi senza fiatare giusto per avere la certezza di non lanciare un urletto felice nel momento in cui apro la bocca. Lui intanto deglutisce, gli occhi verdi spaventati dalla mia mancata reazione, le labbra strette. Non so cosa dire, quindi annuisco lentamente e mi schiarisco la voce “Beh..” passiamo il testimone “Parlamene.”
Sollevato, sospira. Appoggia la testa sulla mano, della quale le dita vanno a finire dritte dritte tra i suoi capelli. Volge lo sguardo altrove “Io, non so. E’.. Così.. Non lo so. Con lei sembra che tutto prenda come.. colore. E’ viva, ma viva a modo suo. Non viva come.. Che ne so, Ginevra. Ginevra è viva perché è tosta, Manuela è viva perché sembra che sia costantemente felice, sempre allegra. E la sua presenza, di conseguenza, rende allegro anche me. Non so spiegare perché mi piaccia, ma credo che si basi su questo, sì.” Dice, concitato. Ok, ecco perché mi piacerebbe avere qualcuno accanto. Per questo. Per la sensazione che sta provando Samuele, quella di non riuscire a spiegarsi niente, di non riuscire ad esprimere l’emozione che si sente dentro. Questa è l’idea dell’amore di cui mi sono innamorata.
Per questo adesso ho gli occhi a cuoricino, mentre fisso il ragazzo.
“La conoscevo anche prima, di vista. Infondo siete amiche da parecchio, spesso la vedevo venire da te, ma non l’avevo mai incontrata in altre circostanze. Diciamo che l’ho scoperta alla cena..” riflette tra sé e sé. Io lo ascolto senza dire una parola. Lui nota questa mia non-loquacità, allora punta gli occhi su di me “Non.. Non commenti?”
“Che devo dire?”
“Non so, tipo ‘No, tu non ci provi con la mia amica’ oppure ‘Sì, vabè, fanne ciò che vuoi’..” fa spallucce, incerto. E intanto la sua testa cala sempre di più. Rido.
“Sono più propensa per la seconda. Convincimi.” È una scusa per sentirlo parlare di lei. Sono quasi felice, grazie a questi due scemi che si vengono dietro a vicenda.
“Dai, non fare la stronza.” Scioglie un ghiacciaio “Che vuoi sentirmi dire? Cosa provo quando la vedo? Come pensi che mi dichiarerò? Quale regalo le farò per San Valentino? Ok consegnare la mappa del tesoro, ma non tutto il tesoro. Non voglio rendermi ridicolo.”
“Ti piace fisicamente?” chiedo, giusto perché non ha neanche nominato quell’aspetto.
“L’ho osservata accuratamente, e posso dire che è una gnocca allucinante.”
Scoppio a ridere come una scema, tanto da arrivare quasi alle lacrime. Ho adorato il modo in cui ha pronunciato quelle parole. Mi passo una mano fra i capelli e sospiro “Se ti sentisse..”
“Cosa?” si tira improvvisamente su “Cosa farebbe se mi sentisse?”
“Boh?” sono consapevole di essermi fregata, anzi: di aver messo in pericolo Manuela.
“Eleonora.” Insiste.
“Non lo so, davvero. Probabilmente farebbe un’uscita tipo ‘Samuele ha degli occhi tanto belli, peccato non ci vedino’. E’ così, lei. Tende a svalutarsi.” Salvata in corner, yes. L’ultima affermazione lo porta a lasciar perdere lo scetticismo provocato dal resto del discorso, e torna ad appoggiarsi sulla mano.
“Avrebbe proprio bisogno di qualcuno che la valuti per come è veramente, in sua presenza..” borbotta, con lo sguardo puntato sul tavolo. Sorrido intenerita.
“Sì, lo penso anche io. E penso che saresti un buon candidato.” 
“Quindi ho la tua benedizione?” chiede speranzoso, con le labbra che si stirano da sole.
“Hai la mia benedizione.”
Mentre scendo le scale del palazzo, qualche minuto dopo, penso ridacchiando che i loro nomi mixati siano quantomeno pronunciabili, a differenza del Samunora: Samuela e Manuele. Ha, troppo divertente.
                      
I giorni trascorrono, e la situazione non cambia molto. Jonathan è stato dimesso dall’ospedale, al contrario di Simon che, per forze maggiori, è ancora lì, nel solito stato.
Sebbene non sia la stessa depressa ed emotivamente instabile di una settimana fa, mi sono accorta che mi sono come svuotata, dal giorno dell’incidente. Non mi ritrovo con le lacrime agli occhi quando sono in presenza di qualcuno –come con Filippo-, anzi. In compagnia riesco a sembrare normale, col sorriso sincero che spunta quando deve spuntare, con le espressioni che di solito mi caratterizzano, ma quando sono da sola.. Mi sono resa conto di non provare più la tranquillità di prima. Il più delle volte mi ritrovo a fissare il vuoto con pensieri che, appena riconosciuti, vengono cacciati immediatamente.
Provo a tenere la mente occupata studiando anche più del dovuto, per affrontare la lunga serie di esami che mi aspetta a breve, ma evitare completamente la paura che Simon non riapra gli occhi è impossibile. Ogni giorno preme sempre di più, ogni giorno la cosa si aggrava, ogni giorno sopportiamo un peso sempre più grande e io lo mostro sempre di meno. Negli ultimi giorni Marco mi ha detto più volte che questa mia pseudo apatia, dedicata solo alla questione del primo dell’anno, lo sta spaventando, ma sinceramente è l’ultimo dei miei problemi.
Per il resto sono la solita Eleonora di sempre: suono, chatto, studio, mi diverto a vedere Azzurra uscire di senno perché Michele sta continuando il suo processo di conquista, mi intenerisco ripensando a come Samuele mi ha parlato di Manuela nel suo appartamento e mi arrabbio quando Elena tratta Damon come un imbecille in Vampire Diaries, quando è l’unico che l’antepone sempre a tutto il resto. Quanto adorerò Damon? Ci mancano solo loro due a farmi aspirare all’amore della finzione..
Oggi è Domenica, e siamo all’esatta metà di Gennaio. Sono infagottata in una coperta davanti al computer, guardando per pura noia un video che mi sono ritrovata nella home di facebook. Sussulto quando il mio cellulare comincia a squillare, svegliandomi dallo stato d’abbiocco in cui mi sono ritrovata.
“Pronto?”
Elle..” sento a malapena la voce flebile di Ginevra, e già questo mi fa aggrottare la fronte perplessa.
“Gin.. Dimmi.”
Dove sei?
“A casa, perché? Hai bisogno di qualcosa?”
Posso suonarti il campanello?
“..Sei già qui?”
Sì.
“Aspetta, ti apro. Non c’è bisogno che suoni.”
Grazie..
Questo periodo è veramente allegro, devo dire. Riattaccando e sospirando, mi alzo per dirigermi verso l’ingresso. Quando apro la porta, vedo Ginevra con le mani infilate nelle tasche del giubbotto, mento e bocca nascosti dalla sciarpa, naso rosso per colpa del freddo e occhioni azzurri spalancati. Senza dire niente, mi faccio da parte per farla entrare al caldo. Avanzando, mi scruta attentamente fino a parlare, sempre con voce piccola “Sei seria, con la coperta.”
“Grazie.. Che è successo?”
“Deve esser successo qualcosa?”
“Considerando la tua voglia di vivere in questo momento” stavolta sono io a scrutare lei “e il modo in cui ti sei autoinvitata in casa mia.. Sì. Prego, vieni in camera!” e la guido.
“Da quando così osservatrice?”
“Non ci vuole molto, in questo caso. Comunque, da quando la vita non mi lascia far niente di utile se non guardare e studiare gli altri.” Le indico il letto, per farla sedere. Mentre io mi sento un po’ come Filippo, lei mi guarda in un modo che sembra sia sorpreso che confuso. Io abbozzo un sorriso e mi accomodo accanto a lei “Allora, che è successo?”
Lei sospira “Ho avuto una discussione con Roberto. Abbastanza pesa..”
“Per questo sei così poco energica..” annuisco tra me e me, comprensiva.
Lei mi guarda inespressiva “..Sì. Smettila di analizzarmi.”
“Certo, scusa. Raccontami.”
Dopo un breve momento in cui il suo labbro inferiore viene torturato come una strega nel medioevo, si passa le mani sulle cosce più e più volte ed inizia a parlare “Il fatto è che.. Io.. Sto soffrendo molto per Simon. E anche Rob. Insomma, siamo entrambi in uno stato emotivo piuttosto instabile, quindi.. Lui è scoppiato, qualche ora fa. Ed è la prima volta in tutta la storia del nostro rapporto che è lui a perdere davvero la pazienza.” Mormora, fissando il pavimento.
“Spiega..” la invito.
“Il fatto è che lui è diverso da me, ok? Cerca sempre di tirarmi su il morale se sto male, e l’ha fatto anche in questi giorni nonostante lui stesso non sia al massimo del benessere. Ma sono inconsolabile, perché non riesco a non aver paura per Simon, e credo che su questo punto di vista tu possa capirmi. Lui si è incazzato, ha iniziato a dire che lascio sempre che sia lui a sforzarsi di far andare le cose per il verso giusto, che anche lui sta male eppure è come se a me non interessasse. Vorrebbe che anche io provassi per una volta a consolare lui, o perlomeno di non fargli pesare la situazione come faccio io. Ha detto che..” deglutisce “Se continuiamo così, non ha senso.”
“..Non vi siete lasciati, vero?” chiedo, cercando di nascondere la mia paura. Se non stanno insieme loro, l’amore non esiste.
“No, no..” risponde subito “Però.. Ha ragione. Non.. Non faccio abbastanza. Dovrei stare più tranquilla, dimostrare che comunque la sua presenza per me è fondamentale, perché è così. Solo che.. Non ci riesco. Ora non ci riesco.” Scuote la testa freneticamente, lasciando cadere una lacrima “Ci posso riuscire quando litigo con i miei o con un amico e lui mi parla, o quando c’è traffico per la strada quando noi siamo in ritardo e lui mi garantisce che arriveremo comunque in tempo, ma non adesso che uno dei miei migliori amici è in bilico tra la vita e la morte.”
La guardo mentre inizia definitivamente a piangere, continuando a parlare a raffica “Non voglio perdere Simon per sempre. Anche se mi comporto come se l’odiassi, gli voglio un bene assurdo e, anche se non gliel’ho mai detto, gli sono immensamente grata per avermi spinto tra le braccia di Roberto. Non voglio perderli così, né l’uno, né l’altro. Ho bisogno di entrambi, e in questo istante ho il terrore di non riuscire a tener nessuno dei due accanto me. Mi sento infinitamente impotente, e odio sentirmi così. Di solito ho il controllo della situazione, adesso non posso o non sono in grado di far niente per migliorarla.”
“Gin..” sospiro, cercando di non crollare io stessa di fronte a lei.
“Mi sento persa, Elle..” piange, voltandosi verso di me e guardandomi negli occhi “Non so più dove trovare stabilità..”
Senza riuscire a dire qualcosa di sensato, mi fiondo su di lei e l’abbraccio. La tengo stretta, come quando la notte di Capodanno aspettavamo di sapere le condizioni dei due ragazzi, mentre la bionda continua a singhiozzare come una disperata sulla mia spalla.
“Non sei sola..” provo a dire, con voce tremante.
 
 


Appunti sul capitolo:
Viene nominato il telefilm (che personalmente adoro) Vampire Diaries, e due dei suoi personaggi principali Elena e Damon. Sono tendenzialmente Delena, per la cronaca, anche se negli ultimi tempi non sono molto sicura. Stelena non lo sono di certo, però!
 
Allora, cari i miei lettori, siamo ancora incerti su cosa accadrà a Simon.
Come tutti gli scorsi capitoli, è abbastanza triste, specie l’ultima parte (io mi sono commossa scrivendolo).
E come negli scorsi capitoli, c’è la parte che comunque è più positiva rispetto al resto. In questo caso niente Filinora, ma.. Ma la certezza che il Samunora, effettivamente, non esiste.
Non dico niente, piuttosto voi ditemi:
Cosa ne pensate dei sentimenti di Samuele per Manuela? E della litigata tra Ginevra e Roberto? Pensate che lui abbia ragione o no?
Ultima domanda, a cui troverete risposta nel prossimo capitolo: Simon si sveglierà?
 
Ah, l’amore..
Il prossimo capitolo, siccome sono indietro con la scrittura, sarà il 22 Novembre, ovvero tra 6 giorni (e non 5 come al solito).
Scusatemi, ma voglio evitare di arrivare a non pubblicare per un mese per un’eventuale mancanza d’ispirazione o tempo, quindi vedo di avvantaggiarmi e diminuire il ritmo. Purtroppo i vari impegni e la scuola mi tengono piuttosto occupata.
Chiedo venia. :(
 
Ringrazio comunque tutti coloro che mi seguono, che soffrono con me per Simon e che esultano per le scene “basta un po’ di Filippo e la pillola va giù”. Ho saputo di aver rovinato la vita a qualcuno, per questa cosa.
 
Ci si Giovedì 22!
Grazie ancora a tutti! :)
 
Maricuz

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Capitolo 17
*** Watershed ***


XVI Capitolo


Watershed

Sfoglio distrattamente il libro che ho tra le mani, lanciando occhiate dubbiose verso mia sorella che, dall’altra parte del divano, sta immobile a fissare il proprio cellulare con aria quasi combattuta. Cerco di non farmi troppe domande, ma al diciannovesimo sospiro emesso dalla sua bocca sbuffo e comincio a guardarla insistentemente, facendola immediatamente voltare verso di me con sguardo innocente “Che c’hai?”
Alzo un sopracciglio “Che c’hai tu! Cosa ti turba?”
“Niente.”
“Non mi sembra. Perché fissi il cellulare?”
Sembra che l’abbia messa in crisi. Comincia a torturarsi il labbro come se adesso, il dubbio, fosse: glielo dico o no? A quanto pare, si decide. Anche per questa volta la  mia curiosità verrà soddisfatta “Michele mi ha chiesto di uscire.”
“Ah..” ghigno “Beh, allora digli di no, se non vuoi. O vuoi?”
“No, non voglio.” Dice subito, arrossendo e tirando su le ginocchia fino al naso.
“E allora perché stai pensando alla risposta da dargli da venti minuti,  anche se è un semplice ‘no’?” chiedo tranquillamente, posando sul tavolino il libro che ormai non ha più la mia attenzione. E’ molto più divertente mettere in difficoltà Azzurra.
Lei deglutisce distogliendo lo sguardo “Forse, e dico forse, non sono poi così sicura.”
“E allora, gli dai una possibilità.” Dico, con semplicità “Perché dovresti precluderti l’opportunità di sapere con certezza se ti piace o meno? Se accetti l’invito non ci perdi niente e ci guadagnate entrambi.” Alzo le spalle, e lei sembra ragionare sulle mie parole. Nonostante l’espressione un po’ incerta, alla fine la vedo rispondere al messaggio. Non le domando se alla fine ha deciso di rifiutare o di accettare l’invito a quest’uscita col buon Michele, ma la guardo mentre lei torna a stringersi le gambe al petto con lo sguardo perso nel vuoto, come se volesse proteggersi da qualcosa.
Essendomi persa tra i miei pensieri, desiderosi di sapere i suoi, sobbalzo quando la sua vocina impaurita, attutita dal suo stesso corpo, afferma “Sono passati ventitré giorni.”
Capisco subito a che cosa si stia riferendo e prendo un respiro profondo, “Pensi che si sveglierà..?” domanda.
Scuoto la testa, improvvisamente più stanca rispetto a prima “Non ne ho idea.”
 
“Però..” dice Marco, col suo solito tono da sto-elaborando “Se è vero che l’unione fa la forza, allora perché chi fa da sé fa per tre?”
Lui, Manuela, Ginevra ed io stiamo poltrendo in camera del ragazzo, quasi svuotati di qualsiasi energia: chi per un motivo, chi per due. L’assenza del biondo dagli occhi verdi si sente, e la causa di questa mancanza continua a gravare sulle spalle di tutti. Inoltre, vedere Ginevra tra tutti noi senza il suo Roberto –del quale l’immagine per me è direttamente collegabile con quella della ragazza- dà all’atmosfera un non so che di malinconico. Questa scena è incompleta. Imperfetta.
“La saggezza del popolo cerca di accontentare tutti, Marco..” mormoro, senza staccare gli occhi dal soffitto, seduta sulla sedia girevole.
“L’ipocrisia è un po’ ovunque.” Commenta amaramente Ginevra, dalla sua postazione. Ha la schiena appoggiata al lato del letto, dove Manuela è stesa con una certa non-chalance, come se fosse suo. Intanto Marco è seduto su un’altra sedia, vicino alla sua libreria piena di libri e fumetti di cui non poteva fare a meno fino ad un paio di anni fa. Da quel momento ha iniziato a concentrarsi maggiormente sulle sue capacità, infatti la sua scrivania, sulla quale è sistemato il computer, è piena di schizzi che gli servono per i suoi lavori di grafica e di video montaggio. Vicino alla stampante c’è una videocamera.
“L’ipocrisia è un po’ in chiunque.” Continua Manuela, sospirando.
“Da adesso in poi, se sentirò un proverbio, non mi fiderò più.” Borbotta Marco, incrociando le braccia.
“Ci avete fatto caso che, a volte, una situazione può avere due sbocchi con la stessa percentuale di probabilità nonostante siano completamente opposti?” chiede Manuela, particolarmente riflessiva, questo pomeriggio. Aggrottiamo tutti la fronte, perplessi.
“Queste domande di solito le faccio io.” Dice l’unico ragazzo.
“Non l’ho mai vista su questo piano.” Ammetto.
“Beh..” inizia Ginevra “Come il e il no.”
“Che poi.. Se non c’è l’uno, non c’è l’altro.” Segue il suo discorso Manuela. Abbasso la testa e le guardo entrambe, mentre continuano la loro conversazione.
“Non avrebbero senso se non ci fosse l’altro.” Ragiona la bionda “E’ come se non esistesse il buio. Che importanza avrebbe la luce? Se nessuno dicesse mai le bugie, come si apprezzerebbe la sincerità?”
“Se Jerry non ci fosse, Tom chi inseguirebbe?” continua Manuela.
“Infatti!” esulta Ginevra, sentendosi compresa.
“Infatti!” ripete l’altra.
“Ok..” sussurro io “Adesso iniziamo a degenerare. In fase depressiva siamo davvero pessimi, tutti insieme.” Mi blocco per qualche secondo, infine aggiungo “Però mi è piaciuto il vostro dialogo. E’ stato illuminante, davvero.”
“Sì, lo devo riconoscere..” dice tra se e se Marco “Rimane il fatto che stiamo cercando in tutti i modi di rimpiazzare le due domande che abbiamo tutti e quattro per la testa. Forse è bene parlare di qualcos’altro, invece di fare discorsi del genere. Finiremmo lì, in qualche modo, ne sono sicuro.. Elle, sapevi che la Cristina in classe nostra alle elementari si è trasferita a Madrid?”
Eppure le due domande non se ne vanno. Quando si sveglierà Simon? Perché si sveglierà, vero?
 
Mi sono appena fatta la doccia, ho giusto l’intimo addosso, un freddo cane e un sonno strano, probabilmente dovuto alla noia. Nel momento in cui tremante allungo il braccio per prendere il pigiama, squilla il cellulare. Sospiro e decido di coprirmi. Il mittente riuscirà sicuramente ad aspettare dieci secondi. Quando son finalmente riparata dal tessuto, afferro il telefono e guardo il mittente. Filippo.
Filippo? Come Filippo?
Inizialmente mi chiedo addirittura come possa avere il mio numero, poi ricordo la mattina in cui sono entrata nella pasticceria e lui mi ha preparato la cioccolata. Quella giornata è stata una grande prova, sì. Prendo un respiro incomprensibilmente tremante, forse per l’emozione –se sia ansia o altro non lo so-, poi accetto la chiamata e avvicino l’apparecchio all’orecchio destro “Pronto?”
Eleonora, Eleonora!
“..Sì, è il mio nome..” mormoro, confusa, spaventata, preoccupata, stranita. Un po’ di tutto.
Sono Filippo.
“Questo è il tuo..”
Ho una notizia bellissima da riferirti.Sì, lo sento, vorrei dire. Dal tono della sua voce sembra che gli abbiano comprato una casa alle Hawaii. In ogni caso, a quelle parole, non posso fare a meno che pensare a Simon.
“Dimmi!” rispondo io, facendomi prendere dall’euforia.
Tipo.. Cinque minuti fa mi ha chiamato Samuele. Mi ha detto che i genitori di Simon lo hanno chiamato perché l’ospedale ha chiamato loro. Pare che Simon si sia svegliato, che abbia ripreso i sensi. Gli hanno detto di far passare la notizia a tutti, e siccome Samu adesso è in viaggio per venirmi a prendere e andare all’ospedale, ho pensato di avvertirti nell’attesa.Ok, non respirò più. Inizio a singhiozzare e a sorridere come una cretina, senza neanche preoccuparmi di rispondere a quel povero ragazzo che sta dall’altra parte del telefono.
..Elle, ci sei?
“Sì.” Rido io “Scusa.”
Pensavo fossi svenuta per la felicità.
“Come sta? Hanno detto niente a Samuele delle sue condizioni? Ha avuto ripercussioni a causa del trauma cranico?” faccio il mio terzo grado mentre mi spoglio di nuovo per mettermi qualcos’altro addosso, desiderosa di fiondarmi il prima possibile dal mio amico.
Non mi ha detto niente, mi dispiace.
“Ok, non fa niente, lo scopro tra poco, tanto.” dico frettolosa, aprendo l’armadio.
Vieni all’ospedale?
“Sì.”
Ci vediamo lì?
“Direi di sì.”
A dopo.
“Grazie, Filippo..” sospiro, finalmente tranquilla dopo giorni e giorni “A dopo.”
Nel momento in cui butto il cellulare sul letto, faccio mille mila cose insieme. Urlo cose random per la felicità, piango, rido, cerco di mettermi i jeans che, puntualmente, non riesco ad infilare per la foga, prendo una maglietta e una felpa a caso, mi infilo le scarpe e lego le stringhe mentre spiego a mia madre e a mia sorella il motivo per cui ho improvvisamente ottenuto tutta l’energia che ho in corpo in questo momento.
Non appena scoprono tutto, mia madre comincia a guardare in alto ringraziando il Signore, mentre Azzurra corre in camera sua per prepararsi e venire all’ospedale con me.
Come se tutto questo caos non bastasse, il cellulare prende a squillare di nuovo. Tra varie esclamazioni –alcune anche piuttosto colorite-, riesco a rispondere anche a questa chiamata “Pronto!”
Elle, Filippo mi ha chiamato.
“Eh, bravo Filippo.” Dico, uscendo dalla mia camera.
Sto montando in macchina adesso, ti passo a prendere?” lancio un’occhiata a mia sorella, che sta saltellando per riuscire ad infilarsi le converse bianche personalizzate da lei stessa “Sì, passa di qua. Viene anche mia sorella.”
No problem, c’è spazio. Poi andiamo anche da Manu. Mentre mi aspetti, avverti lei, Ginevra e Roberto. Il fatto che lui e Gin abbiano litigato non significa che non debba essere a conoscenza del risveglio di Simon, no? Non le dispiacerà, penso..” riflette, un po’ confuso. E’ tanto razionale, ma quando c’entrano di mezzo i sentimenti comincia a farsi delle domande.
“Non credo, no. Dai, parti! A tra poco.” Lo saluto, guardandomi intorno alla ricerca delle chiavi di casa.
A tra poco!
Chiudo anche la sua chiamata, poi prendo il cappotto e me lo infilo velocemente, gridando a mia sorella di sbrigarsi perché non ho la minima voglia di aspettarla. Neanche un minuto dopo anche lei è nell’ingresso di casa nostra, che si infagotta per bene consapevole del freddo che c’è la sera in pieno inverno. Salutiamo nostra madre, che si raccomanda di darle notizie sulle condizioni del ragazzo, poi usciamo in attesa di vedere la macchina di Marco. Dopo pochi minuti, passati ad avvertire tutto il team, arriva. Montiamo velocemente, io davanti e Azzurra dietro. Il tempo di chiudere entrambi gli sportelli che il riccioluto preme nuovamente sull’acceleratore.
Quando sale anche Manuela, si scatena il putiferio. Tutte noi cominciamo ad incitare Marco affinché faccia presto, ma ad un certo punto, dopo averci assecondate annuendo, sbotta con un “Sto in ansia quanto voi, ma porca troia, non voglio prendere una multa per eccesso di velocità! State buone e lasciate guidare me!”
E neanche troppo tardi, giungiamo a destinazione. Nella sala d’attesa in cui ci sono i genitori di Simon, sono presenti anche Filippo e Samuele, che appena ci vedono sorridono –nel caso di Filippo: come non l’avevo mai visto fare-. A differenza di tutti i bei momenti che mi sono capitati nella vita, questo lo percepisco come rallentato. Mi sembra di avere il tempo di osservare e carpire tutto. Vedo il luccichio negli occhi di Samuele quando si accorge della presenza di Manuela, vedo Marco andare a chiedere informazioni ai genitori di Simon, felici e commossi, vedo Roberto e Ginevra non guardarsi negli occhi nonostante siano arrivati quasi contemporaneamente, vedo Azzurra arrossire di fronte alla notevole figura di Filippo, il quale, appena si rende conto che ho ripreso a piangere come una stupida, si dirige verso di me con un nuovo e incomprensibile affetto, finendo con l’abbracciarmi.
Per quanti rapporti siano cambiati in questi ventitré giorni, stiano cambiando o cambieranno, per quanti problemi siano sorti e quanti segreti e pensieri siano stati svelati, per quante siano state le consapevolezze e le paure, il bene che vogliamo a Simon è rimasto immutato, e lo dimostra l’immediata presenza di tutti.
Se sentite dire da qualcuno “la mia vita è monotona”, mandatelo da me, grazie.
 
 


Lo so, lo so. E’ CORTO.
Scusate, ma lo vedevo perfetto così. Insomma, dovreste essere felici ugualmente. Posso garantire che il prossimo capitolo sarà comunque più lungo, ma ne parlerò dopo.
 
Insomma, bentornato tra noi, Simon. :D
Allora, come avete potuto vedere, sono stata buona. Mi sembrava di avervi fatto star male abbastanza solo col coma, la morte del biondiccio avrebbe ucciso tutte noi, me compresa. Vi spiego il titolo del capitolo “Watershed”, ovvero “spartiacque”. Diciamo che è riferito alla parte finale. Questi ventitré giorni di coma hanno fatto cambiare molte cose (Samuele si è deciso a confessare, più prima che poi, i suoi sentimenti per Manuela, mentre Ginevra e Roberto sono esplosi a causa della situazione facendo venire a galla dei problemi nella loro relazione che prima erano nascosti.. Diciamo che gli unici nel gruppo ad esser rimasti MOMENTANEAMENTE in ballo sono proprio Elle e Marco. Chissà).
 
Il prossimo capitolo, come ho detto, sarà meno breve. In ogni caso, pubblicherò anche questo tra sei giorni e non cinque, quindi la messa online è prevista per il 28 Novembre! Mi sto rimettendo in pari, per fortuna. Forse un giorno riuscirò a tornare col ritmo precedente.
Vi anticipo che ci sarà un pezzettino col nostro Simon. E parlerà. Tornerà a dire le sue stronzate. °w°
 
Come al solito, grazie a tutti coloro che mi appoggiano anche quando aumento le pause tra un aggiornamento e l’altro e che mi fanno vari complimenti che, probabilmente, neanche mi merito. :’) Vi voglio virtualmente bbene. <3

Visto che non lo ricordo da un po', se volete chiedermi qualsiasi cosa (o anche chiacchierare, tanto sono una nullafacente), potete trovarmi qui su EFP (ovviamente), su Twitter e sul mio Blog
 
Ci leggiamo il 28!
 
Maricuz

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Capitolo 18
*** It's a small world! ***


XVII Capitolo


It’s a small world!

“Dove ero arrivato? Ah, sì. C’era questa ragazza con un lungo vestito bianco e lo sguardo perso che mi camminava incontro sussurrando cose del tipo ‘Non morire. Non hai ancora realizzato i tuoi sogni, non hai ricordato ai tuoi amici che vuoi loro un bene immenso, non hai ancora firmato il tuo primo autografo, nessun fan ti ha ancora chiesto di fare una foto con lui. Non puoi morire. Non hai ancora compiuto lo scopo della tua vita terrena. Apri gli occhi, Simon.’ E dopo ho sentito una folata di vento, i miei polmoni si sono riempiti esageratamente e.. eccomi qui, con gli occhi aperti, vispo, sempre più bello.” Finisce il racconto, soddisfatto dopo aver fatto una memorabile interpretazione della ragazza dal lungo vestito bianco.
Azzurra, incantata, si sporge verso il ragazzo e sbatte più volte le palpebre “Davvero?”
“Certo che no.” Dice ovvio Simon “Non ricordo un fico secco di niente. A malapena mi ricordo dell’albero.”
Non sono passate neanche settantadue ore dal suo risveglio ed è già tornato un coglione. Possiamo tutti vedere il suo massimo splendore, insomma.
Io, mia sorella, Samuele e Filippo siamo venuti a trovarlo circa mezz’ora fa, e tra non molto tempo arriveranno anche gli altri per darci il cambio. Lo scopo è quello di non lasciarlo un attimo solo. O forse non è così: vogliamo solamente avere una scusa per vederlo. E’ mancato a tutti, e tutti hanno avuto paura di perderlo. Penso che queste continue visite siano come un modo per dimostrarlo a lui, senza usare parole e cadere sul sentimentale.
“Simon,” comincia a rimproverarlo Samuele, posando protettivo un braccio intorno alle spalle di Azzurra “non prenderti gioco della più piccola. E’ un’adolescente, sta ancora maturando.”
“Che c’entra? Anche io sto maturando!” ribatte subito il biondo “E poi non è un’adolescente normale, questa. E’ una strega.”
“Strega sarai tu.” Esclama offesa mia sorella.
I due bambini continuano a battibeccare, esattamente come hanno sempre fatto da quando hanno preso confidenza. Samuele intanto si schiera dalla parte di Azzurra –in fondo, l’ha vista nascere- e la difende a spada tratta. Lei non sembra a disagio nonostante la presenza della statua, forse perché comunque, oltre a lui, ci sono tre delle persone con cui riesce a sentirsi veramente tranquilla. Fa semplicemente finta che Filippo non ci sia. Al contrario, lui si gode la scena con un sorrisetto divertito stampato sulla faccia. Se devo esser sincera, l’ho beccato anche a scrutare mia sorella come se volesse studiare anche il suo profilo psicologico, oltre a quello di tutto il resto della popolazione mondiale.
Lo sto ancora osservando quando sento la voce scandalizzata di Azzurra “Elle, gliel’hai detto?!” e gli occhi di Filippo spostarsi sui miei. Sussulto e mi volto immediatamente verso la quindicenne cercando di capire alla svelta di cosa stessero parlando prima di interpellarmi, ma non ne ho la minima idea.
“Eh?” me ne esco, poco intelligentemente.
“Hai detto a Simon che Sabato esco con Michele?” riformula la domanda, non facendo caso al rossore dovuto a quell’incrocio di sguardi non previsto. Mi sto sentendo stupida.
“No.” Dico istintivamente “Sì.” Mi correggo “E’ che lui voleva sapere se c’erano state novità!”
“Ma parla della tua, di vita sentimentale, invece che della mia!”
E fu così che, di nuovo, tutti gli occhi furono su di me. Simon è il primo a chiedere spiegazioni, come se ci fosse effettivamente qualcosa dietro quelle parole di Azzurra “Mi son perso qualcosa, Elle?”
“Penso che fra tutti sono quella col minor numero di cose da raccontare.” Ed in fin dei conti, è vero. Azzurra uscirà con Michele, a Samuele piace Manu, Gin e Roberto hanno litigato.. Io che dovrei dirgli? Della recita con i miei amici quando dicevo loro che stavo bene? Della crisi in pasticceria? Della mia totale perdita della parte del mio cervello che tende a tenere i miei pensieri dove stanno invece di dirli in giro in compagnia di Filippo? In sostanza, in questi ventitré giorni, sono diventata una persona mentalmente instabile, e pure bugiarda. Niente di cui gli altri debbano essere a conoscenza.
“Rimane il fatto che son cazzi mia, se esco con qualcuno.” Insiste lei, arrabbiata.
“Ho rovinato una famiglia.” Borbotta intanto Simon, guardando stranito l’espressione di Azzurra.
“Hai ragione. Scusa.” Dico io. Che altro dovrei fare, se non scusarmi?
“Se.” Mette il broncio e incrocia le braccia, facendo intendere che non ha intenzione di dire nient’altro. Sospiro roteando gli occhi, mentre Samuele nasconde un sorrisetto divertito. Quello semisteso sul letto, invece, ridacchia apertamente proprio per farlo notare a lei “Vipera.”
“Rospo.”
 
“Quale obbiettivo dovrei prendere?” chiedo, con voce acuta. E’ inutile che mi dice termini specifici della fotografia quando io non ci capisco un fico secco. Intanto Azzurra, di fianco a me, mi guarda con sguardo perplesso. Siamo in macchina di Samuele, il quale si è offerto di accompagnarci tutti –Filippo incluso- a casa, e la prima fermata è proprio quella in cui saremo io e mia sorella a scendere.
Mia madre rinuncia a spigarmi quale obbiettivo desidera, comincia invece ad illustrarmi direttamente il posto in cui si trova. Oggi è a fare un servizio fotografico per dei capi d’abbigliamento qua vicino, a quanto ho capito in una specie di villetta dotata di un bel salotto da utilizzare come location. Ma io mi chiedo: come può una fotografa dimenticarsi del suo strumento di lavoro? Quando chiudo la chiamata, Samuele mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore “Problemi?”
“No, no. Devo portare un obbiettivo a mia madre, niente di che.” Rispondo sorridendo.
“Vuoi che ti dia uno strappo?”
“Non c’è bisogno, grazie.” Rispondo un po’ a disagio per la continua gentilezza del mio ex-vicino di casa “E poi non dovevi andare da Jonathan?”
“Vabè.” Sventola la mano destra per aria, staccandola per un paio di secondi dal volante “Aspettava, nel caso. Sei sicura, comunque? E’ già buio a quest’ora..”
“Da casa mia al posto in cui è ci vogliono giusto cinque minuti. Non preoccuparti!” non cederò mai “Al massimo mi accompagna Azzurra.”
“Scordatelo.”
“Vado da sola, nessun problema.”
Nessuno replica, ma vedo chiaramente Samuele e Filippo scambiarsi uno sguardo indecifrabile. Subito dopo, la statua si gira col busto e pianta gli occhi azzurri nei miei “Se vuoi ti accompagno io. Così al ritorno ne approfitto per comprare qualcosa per cena.” Non so perché, ma quest’ultima affermazione mi sa di scusa. Messa in questo modo, però, non mi sento di rifiutare. Punto primo: sarebbe scortese, come se non volessi stare con lui. Punto secondo: non voglio rifiutare. Mi piace parlare con lui, e non facciamo una chiacchierata degna di nota da giorni.
Sospiro e annuisco “Va bene..”
“Se ti devi sacrificare non importa, eh.” dice, fintamente offeso. Ridacchio scuotendo la testa, senza dire nient’altro. Anche perché mia sorella mi distrae dandomi un pizzicotto sulla gamba, poco prima di fermarci di fronte a casa mia. Ringrazio Samuele, e tutti noi passeggeri scendiamo. Azzurra ed io entriamo in casa lasciando Filippo con una sigaretta tra le labbra. Quando prendo l’obbiettivo e faccio per salutare mia sorella, lei mi si piazza davanti con espressione maliziosa e insinuatrice.
“Cosa vuoi?” chiedo, assottigliando lo sguardo.
“Se vuoi ti accompagno io.” Dice, e capisco immediatamente che sta ripetendo le parole del ragazzo che in questo momento è solo e al freddo. Neanche spreco fiato per risponderle, alzo gli occhi al cielo e esco di casa, ritrovandomi subito l’altro davanti, voltato verso la strada. Appena sente la porta chiudersi, volta un poco il capo verso di me e abbozza un sorriso. Continuando a stare in silenzio, lo affianco e cominciamo a camminare. Pochi secondi dopo butta a terra il mozzicone della sigaretta e lo pesta col piede destro con una naturalezza quasi comica. Infatti, sorrido lievemente. Lui se ne accorge e mi guarda aggrottando la fronte.
“Che c’è?”
“Pensavo.”
“A qualcosa di divertente?”
“Più o meno, sì.” Ridacchio tranquilla, fissando però il marciapiede.
“Sei tornata quella di prima in pochissimo tempo.” Osserva “Se devo esser sincero, mi sarei aspettato un recupero un po’ più lento, sai?”
A questo punto, alzo lo sguardo “Davvero?”
“Davvero. Sei forte.”
“Grazie.”
“Prego.”
E, di nuovo, cala il silenzio. Il sorriso sulla mia faccia non si decide ad andarsene, forse anche a causa del freddo che è riuscito a congelare la mia espressione senza che me ne rendessi pienamente conto. O forse perché sono tornata a fissarmi i piedi e non ho il timore di arrossire per le sue continue analisi. Neanche un minuto dopo, lo sento sghignazzare leggermente. Ora sono io a guardarlo confusa, e per più di un motivo: perché ride? Da quando lo fa così spesso?
“Scusa, è che.. Sei raggiante.” Fa spallucce, le labbra ancora stirate e gli occhi rivolti verso la strada “Mi correggo: non sei tornata come prima. Sei semplicemente nata per una seconda volta. Dovresti vederti. Cammini a metri e metri da terra, quasi saltelli, sorridi da sola, te ne freghi del freddo e anche di me, a dirla tutta. Emani luce e tranquillità. Ti brillano gli occhi.”
“Non so se darti dell’egocentrico perché hai sottolineato il fatto che non ti considero, o se stringerti la mano e farti i complimenti per la descrizione.” Replico, continuando a guardarlo. Sorride ancora e si passa involontariamente e velocemente la lingua sul labbro superiore, come per guadagnarsi qualche attimo in più per preparare una risposta decente. Questo pensiero mi diverte addirittura di più.
“Mah, sai, non penso che il mio sia egocentrismo. Se così fosse non mi sarebbe importato neanche di studiarti, o sbaglio?” mi lancia un’occhiata beffarda “Magari mi sono solo sentito svalutato perché non mi consideri. O forse voglio che tu mi consideri.”
In difficoltà e carente di risposte, opto per la difensiva “Cosa ti aspetti che dica?”
“La tua opinione. Secondo te perché l’ho detto?”
Ci penso un po’ seriamente, facendo anche una smorfia per far notare il mio impegno, poi sospiro “Probabilmente è stato casuale. Volevi solo rendere il concetto.”
Mi guarda senza una particolare espressione per qualche secondo, poi, cominciando a ridacchiare, gira la testa verso ciò che abbiamo davanti “Non deludi proprio mai. Speravo di averti sviato, invece niente.”
“Eh, che ci vuoi fare.” Mi vanto, ironicamente. Vedo finalmente il cancello della villetta e lo indico al ragazzo “Ci siamo!”
Filippo alza di poco le sopracciglia “E’ quella?”
“Già.”
“..C’è un tirocinante con tua madre?” chiede, dubbioso.
“..Uhm, sì.”
“Si chiama Pietro?”
“Sì.” Ripeto, sorpresa “Lo conosci?”
“E’ solo mio fratello.” Dice, calmo. Io spalanco gli occhi. Questa non me l’aspettavo proprio. Certo, forse potevo fare due più due visto che già sapevo cosa fa il fratello di Filippo per vivere, ma vai a pensare che è proprio il tirocinante di mia madre, con tutti i fotografi che ci sono in città!
“Ah. Bene.” Balbetto, spiazzata.
“Quando si dice ‘il mondo è piccolo’, eh?” scherza, privo di espressione.
Entriamo ed attraversiamo il giardino per arrivare alla porta dell’abitazione e suonare il campanello. Non so per quale ragione, ma la mia precedente serenità è svanita, lasciando spazio ad una strana tensione. I miei cambi di stato variano alla velocità di Speedy Gonzales. Trattengo il respiro quando vedo la porta aprirsi. Ormai spalancata, davanti ai nostri occhi compare un ragazzo visibilmente più grande di Filippo, ma comunque piuttosto giovane. Se è lui il fratello –e dal bell’aspetto pare proprio di sì- dovrebbe avere sui ventisette anni, se non ricordo male le parole di mia madre di qualche tempo fa.
Rimango un attimo disorientata a causa del suo sguardo chiaro e interessato su di me, ma per fortuna la presenza di suo fratello lo distrae, facendogli spuntare un sorriso spontaneo sul bel viso “E te che ci fai qui?”
“Accompagnavo lei. E’ la figlia di Claudia.” Spiega quello alla mia destra, facendomi capire che suo fratello gli parla di mia madre esattamente come mia madre parla di lui. Interessante. Intanto però riprendo a sentirmi a disagio, visto che Pietro riprende a studiarmi tranquillamente. Beh, in modo diverso da come lo fa sempre l’altro. E’ una semplice curiosità, la sua, non la voglia di sapere cosa c’è dietro la parte fisica delle persone. Ma rimane comunque uno sconosciuto.
“E vi conoscete?” domanda sorpreso.
“Già. Samuele era il loro vicino.”
 “Ma senti!” esclama, spostandosi per farci entrare “Come è piccolo il mondo!”
A quell’affermazione, io e Filippo ci scambiamo un’occhiata complice senza neanche rendercene conto. Appena la porta si chiude, il più grande mi porge la mano “Comunque, piacere. Sono Pietro. Ti chiami Eleonora, giusto?”
“Giusto.” Sorrido impacciata, ricambiando la stretta “Piacere mio.”
“Sei qui per l’obbiettivo, no?” chiede, facendoci strada per il corridoio “Venite pure, stiamo nel salotto. Fili, stasera che mangiamo? Ho fame.”
Sorrido divertita vedendo Filippo sbuffare “Lavora, alla cena ci penso io.”
“Va bene!” replica allegro l’altro, allungando la prima ‘e’. Ok, lo conosco da un minuto e già ho notato che i due fratelli sono l’uno l’opposto dell’altro. Sono felice comunque che fisicamente siano simili, davvero. E’ una bella sensazione stare tra di loro. Basta non guardarli negli occhi.
Arriviamo in salotto e quasi mi prende un colpo nel vedere mia madre fotografare la ragazza dai capelli rossi della scommessa di Simon. Oggi è il giorno dedicato agli incontri inaspettati, ho capito. Quando anche lei mi vede con i suoi grandi occhi verdi, abbozza un sorriso e fa un cenno con la mano. Faccio la stessa cosa.
Mia madre, invece, si fionda verso di me per afferrare il suo obbiettivo “Oh, grazie mille! Conosci Vanessa?” ecco come si chiama! Apro la bocca e boccheggio un paio di secondi “Ehm, no. Cioè, di vista.”
“Conosco il suo amico Simon.” Aggiunge la rossa, senza entrare nello specifico.
“Oh, Simon.” Sospira la donna “Che periodo che ci ha fatto passare, quel ragazzo. Per fortuna si è svegliato! A proposito, sei andata a trovarlo all’ospedale, giusto? Come sta?” Dio, quanto parla. Vanessa, mentre ascolta, rimane traumatizzata. Lei non sapeva niente della condizione di Simon fino a due secondi fa, ma non fa domande per non far capire a mia madre che non è molto informata come si suppone che sia.
“Sì, siamo tornati adesso. Azzurra è già a casa. Ah, comunque lui è Filippo,” indico il ragazzo che, silenzioso, se ne sta alle mie spalle “fratello di Pietro e migliore amico di Samuele.” Questa presentazione è ridicola.
“Non ci credo! Com’è piccolo il mondo!”
“L’ho detto anche io!” esclama Pietro. Intanto io e Filippo cerchiamo di non scoppiare a ridere.
“Mamma mia..” mormora mia madre, incantata dalla statua umana “Vi somigliate proprio tanto. Uno più bello dell’altro.”
“Io sono l’uno più bello dell’altro, per la cronaca.” Sottolinea il fratello maggiore, annuendo convinto. L’altro, scuote la testa rassegnato e si limita a sorridere verso la donna, ammaliandola maggiormente.
“E da quanto vi conoscete, voi due?” eccola, la madre che non si fa i cazzi propri. Adesso ho paura di tornare a casa. Tra lei e Azzurra mi faranno una testa enorme a forza di insinuazioni. Ho già capito: sono team Filinora. Anche loro. In ogni caso, rispondo mentre mi guardo intorno. Effettivamente è una bella stanza per fare delle foto. E poi c’è un andirivieni di persone sconosciute che ti fa sentire come in un formicaio.
“Da quando Samu e Simon si sono trasferiti.”
“Ma state insieme?” domanda Pietro con ben poco tatto. Io arrossisco all’istante, Filippo spalanca gli occhi azzurri preso alla sprovvista.
“Cosa? No!”
“Macché!”
“No, no.”
“Ah.” È scettico, il tirocinante “Scusate, non volevo mettervi in imbarazzo. Sembrava, da qualche occhiata che vi siete scambiati. Ritiro la domanda, dai.”
Forse è arrivato il momento di eclissarsi.
 
 


Ciao miei piccoli amici! (?)
Non so che dire riguardo al capitolo. Simon è sveglio e Filippo fa il ganzo. Non potete voler di più dalla vita.
Il prossimo capitolo (4 Dicembre) è in fase di scrittura (sono indietrooo T_T), vi posso dire però che, a parer mio, è piuttosto interessante!
 
Grazie come al solito a tutti coloro che mi supportano. :)
Se mi volete, sapete dove trovarmi! (EFP, Twitter e Blog)
 
Alla prossima settimana!
 
Maricuz

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Capitolo 19
*** Revealing talks ***


XVIII Capitolo


Revealing talks

“Quindi.. è ufficialmente finita?” chiedo.
Il pranzo fra donne è inevitabile. Ogni tanto deve esser fatto, e per oggi è stato organizzato. Non serve un ristorante di lusso e un portafoglio pieno zeppo di soldi. Ci basta una pizzeria, un bancone dove appoggiarci e delle sedie dove sederci, una lattina di coca cola o di aranciata davanti e le altre due ragazze. In questo periodo è di fondamentale importanza, visti gli eventi e i cambiamenti. La prima ad averci aggiornate è Ginevra, che appena arrivata sembrava stesse esplodendo per l’urgenza che aveva.
Ha detto di aver parlato con Roberto, ieri. Ed hanno litigato nuovamente.
Lui non era più arrabbiato, ma comunque stanco. Le ha spiegato le motivazioni, le cose che lei già sapeva, perché voleva solo farle capire come si sente, che anche lui è umano e ad un certo punto arriva al limite. Ginevra però è un osso duro, e nonostante le buone intenzioni di entrambi si sono ritrovati ad urlarsi addosso di tutto e di più: aneddoti del passato, del presente e persino del futuro. Poi, però, hanno iniziato a gridare affermazioni come “Ma io ti amo” o “Ora come ora, senza di te, non ci posso stare neanche volendo” o anche “Mi hai fatto diventare un masochista! Posso stare male quanto voglio, ma non riesco a fare a meno di te”. Sì, proprio come nei film. Il racconto di Gin è terminato con “E poi l’abbiamo fatto sul divano. E sul letto. E nella doccia.”
E’ a questo punto che arriva la mia domanda “Quindi.. è ufficialmente finita?”
“Sì, è finita. Siamo tornati insieme.” E sorride, raggiante come un tempo.
“Ginevra, un giorno però mi dirai com’è Roberto sotto e sopra le coperte.” Borbotta Manuela, poco prima di addentare con violenza un povero spicchio di pizza.
“Vedi tu, Manu.” Fa spallucce, con non-chalance “E’ bravo a fare tutto.”
“..In che senso? Dici in generale, nella vita?” chiedo, ridacchiando.
“Sì, intendevo quello. Ma può esser letta anche in un altro modo.” E ghigna.
“Eccola, l’ammissione che volevo!” esulta la castana, indicando l’altra con l’indice. Io mi limito a scuotere la testa, divertita dalla scena. Io, sinceramente, non avevo dubbi al riguardo.
“Ora parliamo di te, però.”
“E io che dovrei dire?” chiede Manuela, spegnendo la sua euforia di botto. L’imbarazzo s’impadronisce palesemente di lei, facendola arrossire. Io rido, mentre Ginevra spalanca i suoi occhioni azzurri e ripete la domanda “E io che dovrei dire?! Ma se l’altro ieri mattina mi hai svegliato perché Samuele ti ha mandato un messaggio su facebook! Dovresti dirci cosa ti ha detto, per esempio.”
E così inizia anche la narrazione di Manuela. Due giorni fa ci ha solamente detto che il ragazzo l’aveva contattata sul social network, nient’altro. Adesso ci dice che è stata una semplice conversazione tra semplici conoscenti, protratta però per molto. In sintesi: in queste quarantotto ore, quando potevano, hanno parlato. Beh, sì. Proprio una cosa tra semplici conoscenti. Io che so dei sentimenti di Samuele, poi, non posso fare niente se non sghignazzare mentalmente ed annunciare la vittoria per il team Manuele o Samuela –nomi che continuano a farmi ridere, tra l’altro-.
“Quindi sei felice.” Afferma Ginevra, dopo aver preso un sorso di bibita.
“Beh, sì..” mormora Manuela.
“Vedi che ti piace davvero, allora?” e questa sono io. Si è fregata da sola, la nostra cara Manu. Adesso deve solo ammetterlo.
“Non ho detto questo!”
“Ma dai, Manu!” ride Ginevra “Non c’è niente di male, anzi! Se provi qualcosa per lui puoi dirlo tranquillamente. E’ uno dei migliori nel gruppo! Bello, simpatico, gentile, sensibile.. E’ perfetto!”
La castana si morde un po’ il labbro, poi sospira “Ok, forse non lo considero solo come un figo pazzesco, va bene.”
Oh, sì. Proprio questo volevo sentire.
“Secondo me, gli piaci.” Dichiara risoluta Ginevra “Voglio dire, altrimenti non avreste chattato così tanto. A quanto mi hai detto è sempre stato lui a cercarti, no? Mi sembra un buon indizio. Tu, Elle, che dici?”
“Io.. Non saprei.” Ha, ho mentito “Non escluderei la possibilità. Proprio no.”
“Dai, non dite stronzate.” Scuote la testa “Non vedo il motivo per cui potrei piacergli. Bello e dolce com’è, cosa ci troverebbe di interessante in me? Sono solo una cogliona che fa battute squallide!” sentendo queste parole, mi vengono immediatamente in mente quelle di Samuele: “Avrebbe proprio bisogno di qualcuno che la valuti per come è veramente, in sua presenza..”. Quel ragazzo ha capito tutto.
“Magari potrebbe attirarlo proprio il tuo modo di essere.” La butto lì, senza far capire che so che è così. Ginevra si mostra d’accordo con me, mentre il soggetto del discorso si limita a fare una smorfia poco convinta. Inutile insistere, lo capirà da sola quando sarà Samuele stesso a ribadirlo.
“Ho i miei dubbi.” Dice “Ora, però, sta ad Eleonora.”
Ridacchio sarcasticamente “Non penso proprio.”
“Oh, sì, invece.” Gin batte una mano sul tavolo, facendoci sussultare. Questi attacchi da generale potrebbe anche evitarli.
“Va bene, parliamo di me, ma non ho idea di quale possa essere l’argomento da trattare. Fatemi delle domande e risponderò volentieri.” Credo, mi piacerebbe aggiungere.
“Partiamo con una domanda facile facile: Damiano s’è fatto risentire?”
“No, per fortuna.”
“Bene.” Sorride Manuela “Damianora: bocciato.”
“Oddio, si ricomincia..” mi lagno, nascondendomi il viso dietro le mani. Sento Ginevra sbuffare.
“No, non mi interessa. Puoi sclerare quanto ti pare, ma questa volta non ci sfuggirai. Seconda domanda: nel caso in cui Samuele vada davvero dietro a Manuela, ti dispiacerebbe?”
“Beh, direi proprio di no, e per più di un motivo: prima cosa, il Samunora non esiste; seconda cosa, non mi importa che esista; terza cosa, ne sarei felice, perché a Manu interessa Samuele e sarebbe ricambiata come è giusto che sia.” Spiego, con calma e sangue freddo.
“Samunora bocciato fu.” Conclude, di nuovo, Manuela.
“E allora non ci rimane che una via, cara, piccola, dolce Eleonora..” e sono sicura che si stia riferendo a Sasuke Uchiha. Lo sanno tutti che tra noi due c’è del tenero.
“Il Filinora.” Sussurra la castana, per dare al tutto un tocco di classe in più. Accidenti, ed io che ero convinta si trattasse del compagno di merende di Naruto.
“Chi l’avrebbe mai detto.” Borbotto ironicamente.
“Qui le cose si fanno sempre più serie. Non ti faccio il riassunto della situazione giusto per non consumare troppo la tua pazienza, ma puoi ben capire che ne abbiamo di prove che accertano l’esistenza di questa relation-ship. In più, consideriamo anche il fatto che tu non ci hai detto un sacco di cose. Non ci racconti mai cosa vi dite e come lo dite! E poi, parliamoci chiaramente, quell’abbraccio all’ospedale? Tutte le volte che vi siete trovati in giro? Lui che ti chiama? Ma, scusa, quando vi siete scambiati il numero di cellulare?” Qualcuno mi dia tregua, vi prego.
Guardo Ginevra un po’ imbarazzata “Una mattina ero andata a trovare Simon all’ospedale e dopo sono passata dalla pasticceria.”
“..Tu sei andata alla pasticceria? Quindi sempre tu volevi vederlo!” ragiona la bionda, spalancando gli occhi.
“No, non è che volessi vedere lui..”
“No, volevi vedere un pasticcino e chiedergli come stava. Elle, non ti crede nessuno.” Scuote il capo Manuela.
Sbuffo “Ok, forse un po’ volevo vederlo, ma solo perché mi piace parlarci, non perché mi piace lui.”
“Secondo me ti piace, ma non te ne sei accorta.” Dice Ginevra, stranamente con serietà. Roteo gli occhi, per niente d’accordo “Mi spieghi come ti senti con lui?” continua.
“Se ve lo dicessi fraintendereste.”
“Se ce lo dicessi forse capiresti che nessuno avrebbe frainteso nulla, perché è tutto vero.” Ribatte subito lei.
“Aspetta, che hai detto?” chiede confusa Manu.
“Ha detto che, se lo dicessi, capirei che mi piace Filippo.” Semplifico, fissando con sguardo di sfida Ginevra. Il problema è che, dentro di me, so che ha perfettamente ragione, sguardo di sfida o no. Ho paura di rendermi conto che, effettivamente, mi piace come ragazzo, e non solamente come persona. Paura fondamentalmente immotivata, se vogliamo dirla tutta. Dov’è finita tutta la voglia di innamorarmi che avevo fino a poco tempo fa?
“Ah. Ha ragione.” Afferma la castana. Le do ragione anche io, mentalmente.
“Dai, facciamola semplice: fisicamente ti piace?” cerca di aiutarmi Ginevra. Vuole tirarmi fuori le parole di bocca, oh!
“Beh, cazzo, sì.” Sbotto immediatamente.
“Domanda di merda.” Commenta Manuela.
“Sì, avete ragione, scusate.” Ridacchia Ginevra “Te lo faresti?”
Non ci fu risposta.
“Elle, te lo faresti o no? Non è poi così complicata la risposta. Basta un monosillabo.” Non ottenendo risposta neanche in questo modo, sospira, beve un sorso di coca e mi aiuta, di nuovo “Se lui volesse, se non ci fosse nessun rischio, se avessi tutte le certezze di cui hai bisogno, te lo faresti?”
Mi mordo un po’ il labbro, poi mormoro “Beh.. Penso.. di.. sì.”
“Anche se fosse la tua prima volta?”
Sbuffo “Ginevra.”
“Ok, ok, cambiamo domanda. Tra lui e Giacomo, chi sceglieresti?”
“Ovviamente lui. Domanda stupida pure questa, Gin.” Commento, infine.
“Ok, e tra lui e Marco? Se dovessi scegliere con chi passare una giornata intera da qualche parte, per i negozi, a casa, in giardino o nelle fognature.. Chi sceglieresti?”
Ok, fermi tutti. Mi sto trovando in difficoltà, e questo non è buon segno. Deglutisco, mentre le labbra di Ginevra si stendono in un sorrisetto malefico “Perfetto.” Dice “Ho tutte le risposte che mi servono.”
 
“Marco..” lo chiamo, sospirando.
“Dimme.” Risponde lui, indaffarato col mio computer.
Siamo a casa mia, dopo un mio SOS a causa dell’inefficienza di questo maledetto affare elettronico di cui non mi intendo per niente. L’informatico del gruppo è proprio il biondo, perciò non ho aspettato molto prima di chiamarlo. Diciamo anche che ne ho approfittato un po’. Ho bisogno di parlare con qualcuno che mi dica le cose come stanno e lo faccia nel modo giusto, e chi meglio di lui? Dal pranzo di oggi non faccio che pensare alle ultime parole di Ginevra. Inutile dire che il mio campanello d’allarme sia suonato ininterrottamente per tutto il pomeriggio.
“Quanto ti manca?”
“Ho finito cinque minuti fa. Te lo volevo dire, ma ti ho vista pensierosa e sono stato zitto. Sono entrato un attimo su facebook, nell’attesa. Ti dispiace?” spiega tranquillo, non scollando lo sguardo dallo schermo. Alzo un sopracciglio.
“Beh, ormai l’hai fatto. Comunque, certo che no.”
“Perfetto, allora. A che pensavi? Sembravi quasi turbata. Ci sono problemi?” grazie, Marco. Mi risparmi l’introduzione.
“Sì, e volevo parlartene.” Affermo sicura, anche se dentro di me mi sto dicendo che, probabilmente, la sto facendo troppo lunga.
Wo.” Soffia meravigliato, per poi chiudere tutte le finestre e girarsi completamente verso di me “Parlamene. O chiedimi qualcosa. Sono tutto tuo, Elle.”
“Riguarda Filippo.” Mormoro piano, decisamente meno convinta di prima.
Lui sorride intenerito “Ok, ho già capito. Non sai se ti piace e cose del genere, giusto?”
“Sì.. Più o meno. Non so se mi piace e, in più, ho paura che mi piaccia.” Tento di fargli capire la mia situazione mentale, sperando con tutto il cuore che ci riesca. Lui, però, assottiglia lo sguardo e aggrotta la fronte, creando un’espressione sia perplessa che indagatrice.
“Hai paura che ti piaccia.” Ripete “Nel senso che la vedi come un’opzione altamente probabile o nel senso che.. hai proprio paura di provare qualcosa?”
“Ho paura di provare qualcosa.”
“E questo perché?”
“Eh, speravo mi aiutassi a capirlo.”
Lui sospira, ed io lo guardo mentre si perde nei suoi ragionamenti con gli occhi vaganti per il vuoto. Quando entra nei suoi momenti di riflessione è impressionante: potrebbe accadere di tutto, intorno a lui, ma non farebbe caso a niente. Un po’ come Simon quando si mette a suonare la chitarra o come Azzurra quando comincia a disegnare. Un pensiero, una melodia, un’immagine. Canalizzati solo ed esclusivamente su un elemento. Affascinante. Tutto questo mi fa venire in mente Filippo. E’ come loro, quando si mette a scrivere?
“Beh, penso che se prima non annulliamo questa tua paura, non sapremo mai se Fili ti piace o meno. Se ti piace e reprimi il sentimento sin dall’inizio a causa della paura, allora passa e non c’è più niente da fare.” Mi informa, trascinandosi con la sedia vicino al letto, dove sono sistemata io. Annuisco, seguendo il suo discorso, poi lo ascolto mentre ricomincia a parlare “Entriamo nel dettaglio: hai paura di provare qualcosa in generale o paura di provare qualcosa per lui?”
“..Un po’ tutti e due, credo.” Rispondo, a testa bassa.
“Perché hai paura che lui ti piaccia?”
“Perché non mi sentirei abbastanza.” Dico spontaneamente, poi mi fermo per riflettere. Adesso è più difficile, così dedico tutta la mia attenzione ad una mattonella “Anche.. Anche escludendo l’aspetto fisico, intendo. E’ un tipo piuttosto particolare, l’hai visto, però ha le idee chiare. Sa quello che vuole. Io non sono così, anzi. Sono l’opposto. Ho sempre un sacco di dubbi, come adesso che non so neanche cosa provare. E poi studia continuamente, assiduamente, se solo passasse un po’ più tempo con me sarebbe in grado di stilare il mio intero profilo psicologico, con difetti annessi. Avrei paura di deluderlo.”
“Beh, sei stata molto chiara.” Sembra sorpreso, Marco “Da quanto ci pensi?”
“Tutto il giorno.”
“Non mi stupirei se ti fossi scordata di mangiare. Comunque, tornando al discorso principale.. Perché hai paura di provare qualcosa, nei confronti di chiunque?”
“Non lo so..” sussurro.
“Vuoi provare qualcosa?”
“Sì, ma non ci riesco. Mi blocca la paura.”
Aggrotta la fronte e si gratta il mento “Interessante quanto complicato. Non vorrei che tu fossi rimasta traumatizzata dopo la storia con Giacomo.”
“Se fosse?” chiedo spaventata.
“Se fosse, devi convincerti di una cosa: non tutti sono Giacomo. E soprattutto: Filippo non è assolutamente Giacomo. Se fossi in dubbio per Damiano allora sì, avrei capito il tuo tormento, ma per Filippo.. Se fossi attratto dagli uomini o se fossi direttamente una donna, un pensierino ce l’avrei fatto pure io. E’ praticamente perfetto, quel ragazzo.” Borbotta imbronciato, facendomi ridacchiare un po’.
“Quindi,” riprende, serio “secondo me devi solo lasciarti andare. Se hai tutta questa ammirazione per Filippo, non dovresti faticare molto per dargli la fiducia necessaria per innamorarti di lui.”
Dargli la fiducia necessaria per innamorarmi di lui. Detta in questo modo è quasi poetico. Mi mordo il labbro chiedendomi se davvero sono disposta a lasciarmi andare, e mi vengono in mente tante immagini, tante parole: la coppia nel negozio di oggettistica prima di Natale, Roberto e Ginevra, la demoralizzazione di quest’ultima e del suo bisogno dell’altro, Samuele che mi parla di Manuela, incapace di rimandare troppo la confessione.. Poi di nuovo Filippo, che si preoccupa per me nell’ascensore bloccato, che mi porta i pasticcini prima che finiscano, che mi sorride come se per tutti non fosse la statua, che accetta di bere qualcosa insieme a me, che mi confessa i suoi sogni nel cassetto, che si diverte a mettermi in difficoltà con i significati delle parole, che sa quando è giusto esserci o non esserci, che mi chiama per avvertirmi delle condizioni di Simon, che mi garantisce la sua presenza e il suo sostegno.
Possono accadere un sacco di cose senza che nessuno possa prevederle. So che è ovvio, ma, parlandoci chiaramente, diamo ugualmente il tempo per scontato.” Aveva detto il mio ex-vicino di casa. Perché stavo sprecando il mio, di tempo, crucciandomi su cose così elementari? Perché il mio sentimento non poteva esser spuntato fuori spontaneamente e basta?
“Elle..” mi chiama Marco, che fino a quel momento mi stava scrutando attentamente “Ti fiderai di lui?”
Scuoto lentamente la testa “Non capisco perché ho avuto così tanti ripensamenti.”
“Per paura.”
“E perché ora è meno forte?”
“Perché hai realizzato per chi la stai affrontando.”

 


Ecco a voi il capitolo "Chiacchierate rivelatrici", signori. :3
Su twitter avevo scritto "Dopo aver letto il capitolo della prossima settimana, alla domanda 'Quanto adorate Marco da uno a dieci?' risponderete: 10 + infinito.". Ebbene, ora che potete rispondermi davvero: quanto adorate Marco da uno a dieci?
Finalmente, dopo 18 capitoli, chi supporta il Filinora ha un po' di sollievo. Vi posso dire fin da subito che ci sarà da divertirsi.
In questo aggiornamento non succede un gran ché, è vero, ma dovete riconoscere che di argomenti da trattare ce ne sono: vedi Manuela e Samuele, Ginevra e Roberto, il Filinora e il nostro vecchio saggio Marco! 
Se devo esser sincera, sono molto soddisfatta, specie per l'ultima parte. :) 

Indi per cui, visto che è pure il suo compleanno, dedico questo capitolo tanto significativo ad Ash, colei che mi fa recensioni da piegarsi in due dal ridere (anche se probabilmente questo effetto lo fa solo a noi due). CIAO ASHINI, CIAO! *saluta con la mano* WHO'S THE NIGGER IN CHARGE, OVER HERE?
Se siete fan dei 30 Seconds to Mars, vi consiglio di leggere qualcosa di suo ;) queen of nonsense, here!

Adesso ringrazio tutti, uno per uno.
La soddisfazione che mi dà EFP non me la dà niente e nessuno. :')

Ci vediamo al prossimo capitolo, con il primo incontro tra Eleonora e Filippo DOPO che la ragazza ha finalmente realizzato cosa le fa battere il cuoricino.
Appuntamento a Lunedì 10 Dicembre, BESHTIE! <3

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Capitolo 20
*** Uneasiness ***


XIX Capitolo


Uneasiness

Ormai è chiaro sia a me che a tutto il resto del team: il Filinora esiste.
Vi risparmio le esultanze da mondiale di calcio di Ginevra, Manuela e Simon solo perché voglio loro bene e non voglio ridicolizzarli. Evito anche di descrivervi il mio rossore, e questo per una certa dignità che mi piacerebbe mantenere ancora per qualche annetto.
Samuele ovviamente non lo sa. Sarebbe come scavarsi la fossa da soli. Con tutto l’affetto che posso provare per lui, sarà probabilmente l’ultimo –insieme a Filippo- a sapere dei miei sentimenti per il ragazzo. Insomma, è il suo migliore amico!
Certo, è anche vero che lui mi ha parlato dei suoi sentimenti per Manuela, nonostante sia una delle mie due migliori amiche.
Bene, adesso mi sento in colpa.
Questa sera abbiamo invaso l’appartamento di Simon. E’ tornato a casa da pochi giorni, ha ancora il gesso alla gamba, rotta durante l’incidente, e si sentiva solo, visto che Samuele aveva una qualche cena. Vederci in salotto, tutti sistemati sui divani a chiacchierare, mi infonde una bella sensazione. Mi sembra che ciò che prima era all’ordine del giorno adesso sia un evento che non si ripete da un’infinità di tempo. Mi viene spontaneo sorridere vedendo i soliti due a battibeccare e il solito povero Roberto a cercare di calmare le acque. E’ questo il trio che mi mancava più di tutto il resto.
“No, sono stata io la prima a nominare il Filinora. E’ inutile che ti prendi tutti i meriti!” esclama esasperata la bionda, spalancando gli occhi.
“Io però ho l’idea di loro due insieme da molto prima.” Replica l’infortunato.
“Questo è tutto da vedere! Da quando? Forza.”
“Da quando sono entrati per la prima volta in questo appartamento!”
“Ma guarda un po’, esattamente da quando esiste la mia idea. Stiamo due a uno, Simon.”
Sono imbarazzata a morte, sì, ma mi sto anche divertendo come non capitava da prima della festa dell’ultimo dell’anno, e mi sembra che anche Manuela e Marco, sorridenti, si stiano godendo la scena tanto quanto lo sto facendo io. Roberto forse è l’unico che sembra rassegnato.
Ad interrompere la litigata ci pensa il riccioluto, alzandosi e mettendosi al centro della stanza “Ragazzi, devo dirvi una cosa..” tutti lo guardiamo perplessi e curiosi “Non è niente di eccezionale, mi sono alzato solo per attirare la vostra attenzione in qualche modo. Visto che siamo in un periodo di confessioni generali, tipo Manu che ammette di provare qualcosa per Samu o Elle che si rende conto di andare dietro a Filippo.. Ecco, volevo dirvi che ultimamente mi sto vedendo con una ragazza.”
“Bello de Simon!” sbotta il chitarrista, applaudendo.
“E lei chi è? La conosciamo?” chiede Ginevra, affamata di notizie.
“Ehm, sì, più o meno..” abbassa lo sguardo imbarazzato “Sto uscendo.. Sto uscendo con Sonia.”
Dopo un attimo di silenzio, scoppia il putiferio. I più casinisti sono ovviamente Ginevra, Simon e Manuela. Io e Roberto ci limitiamo a ridacchiare dell’esclamazioni degli altri. Dall’entusiasmo che ci stanno mettendo pare che Marco abbia appena annunciato il suo imminente matrimonio.
“Ed io che pensavo fosse una ragazza seria!” dice Simon.
“Infatti, lo è.” conferma Marco, con la fronte aggrottata.
“Forza, dillo che ti piace soprattutto per quello! Dillo, Marcolino. Dillo!” lo incita Manuela, con un’espressione che potrebbe esser collegata benissimo a quella di una psicopatica qualunque.
“Sì, anche per quello.” Borbotta, iniziando ad arrossire.
“Ma quanto sei dolce?” Ginevra si porta le mani davanti alle labbra fingendo di essere commossa. Roberto annuisce, dandole manforte. Io rido guardando Marco che diventa sempre più rosso. Ora esplode.
“Marco è in difficoltà!” annuncia Simon, col sorriso sulle labbra.
“Salvami.” Lo supplica il diretto interessato, tornando a sedersi sul divano.
“Ok! Allora, sapete chi mi ha chiamato ieri?” Ecco che, magicamente, la situazione torna sostenibile.
“Chi?” chiedo io, appoggiando la testa sulla spalla del biondo.
“Vanessa. Mi ha detto che qualche giorno fa ti ha incontrato, che eri insieme ad un ragazzo che deduco sia Filippo, basandomi sulla sua descrizione, e che è venuta a sapere dell’incidente per caso. Mi ha chiesto come sto, insomma..” riassume “Ma tu che ci facevi insieme a Filippo, eh, furbacchiona?” mi chiede, ammiccando.
“Non spostiamo l’attenzione su di me, impostore.” Ribatto “Non sapevo vi foste cambiati i numeri di telefono! Eppure era l’avventura di una notte.”
Due.” Precisa, alzando anche le dita per mostrarmi il numero “E comunque c’è feeling, a letto. Che ci vuoi fare?”
“Non ci credo.” Mormora Roberto “Ti sei procurato una scopamica.”
“Beh, diciamo che su due volte che ci siamo visti, due volte siamo finiti a farlo.” Occhiolino “Simon non fallisce mai.”
Mentre io scuoto la testa, la parte maschile della coppia più bella del mondo ha un’illuminazione “Simon, ti ricordi la scommessa sul Damianora? Se Damiano avesse provato a baciarla, avrei vinto, altrimenti avresti vinto tu.”
“Già! Se avessi vinto io sarei diventato il più bello del gruppo.”
“Esatto. Hai vinto, sei il più bello.”
 
Il tempo passa velocemente, non ci siamo zittiti neanche per un secondo e adesso sono già le undici e mezza. Siamo passati dagli argomenti più svariati, e adesso Simon sta straparlando riguardo al suo compleanno, che sarà tra sei giorni. Dice che il Venerdì sera ha intenzione di fare una cena, esattamente come quella dell’inaugurazione dell’appartamento. Anche i presenti saranno gli stessi, tra l’altro “Tranne Damiano, che mi sta sul cazzo”, termina.
“E Vanessa? Non la inviti?” chiede Manuela, muovendo su e giù le sopracciglia in modo ridicolo.
“Non lo so, ci stavo pensando. Comunque non fare mai più quel verso.”
“Quale, questo?” Sopracciglia che vanno su e giù.
“Sì, questo! E’ inquietante, per favore.”
“Ok.”
Ci blocchiamo tutti, curiosi, quando sentiamo la porta dell’appartamento aprirsi e richiudersi poco dopo. Non percepiamo completamente il rumore, poiché viene coperto dalla risata di Samuele e da un’altra voce decisamente più contenuta. Filippo. Magicamente mi ritrovo senza fiato e nel panico più assoluto. Da quando ho realizzato cosa provo per lui, non l’ho mai incontrato. Il cuore comincia ad andare troppo veloce per mantenere la calma, e la mia parte paranoica parte con i peggiori pensieri che, ahimè, non sono per niente incoraggianti. Ho la paura immensa di fare una figura di merda iniziando a balbettare come faccio di solito. La cosa demotivante è che, fino ad ora, con Filippo non ho mai avuto problemi di questo tipo. C’è sempre una prima volta, dice la mia stronza e acuta vocina nella mia testa. Oh, fanculo, Eleonora. C’è da dire anche che gli occhi del team su di me non sono d’aiuto, visto che mi mettono ancora più ansia. Manuela va dietro a Samuele e viceversa, perché tutti si concentrano su di me?! Infami.
Deglutisco, mentre tutti ci voltiamo verso la soglia del salotto, da dove si intravede il corridoio.
Appaiono, e a quanto pare non si aspettavano neanche loro questo incontro. Rimangono per un attimo bloccati, con gli occhi spalancati e, nel caso di Samuele, il sorriso ghiacciato –vendetta dei ghiacciai, immagino- sul volto.
Hi, guys!” Divertito dalla situazione, Simon alza il braccio destro e li saluta con la mano, sventolandola da una parte all’altra con espressione compiaciuta. A schiaffi. Ti prendo a schiaffi.
“Ciao!” esclama Samuele, sbattendo qualche volta le palpebre. Vedo posare la sua attenzione su ognuno di noi, finendo ovviamente sulla mia amica castana, che arrossisce di fronte al sorriso che nasce spontaneo sulle labbra del mio ex-vicino.
Filippo, meno propenso a mostrare sensazioni e sentimenti superficialmente, imita Simon. Fa esattamente come il suo migliore amico, e quando incrocia il mio sguardo mi sento andare a fuoco. Abbozzo un sorriso imbarazzato, a mo’ di saluto, e lui ricambia in una maniera decisamente più rilassata della mia. E più bella. Sto morendo, allora decido di distogliere lo sguardo. Respiro.
“Venite, non fate i paletti!” li invita Simon.
“Simon, è anche casa mia, non c’è bisogno che mi dici di sedermi.” Ridacchia Samuele, togliendosi il cappotto e dandolo a Filippo. Contrariamente alle mie aspettative, è proprio lui ad andare a sistemarli in camera, invece del proprietario. Lui infatti si dirige verso di noi, sedendosi nell’unico posto libero, tra Simon e Manuela. Furbo, il ragazzo.
“Sapevo sareste venuti, ma non me lo ricordavo.” Dice, giusto per spezzare il silenzio.
“Questo perché sei un lemure da spiaggia.” Beh, certo, Simon. Ha senso.
“Cosa sono, scusa?”
“Un lemure da spiaggia.”
“Sei sicuro di star bene?” chiede preoccupato l’altro.
Nel frattempo, tranquillo e silenzioso, Filippo ci raggiunge in salotto. E qui il misfatto. Ginevra, seduta accanto a me, salta in piedi e indica il posto, adesso libero, al ragazzo “Vieni pure qui!”
“No, no! Tranquilla, non disturbarti. Prendo una sedia.” Risponde gentilmente lui. La bionda, però, non cede. Si butta su Roberto, probabilmente facendogli anche male, e gli circonda il collo con un braccio.
“Tranquillo tu! Siamo tornati insieme da poco, dobbiamo recuperare. Assolutamente nessun disturbo.” Non ci posso credere. Stringo i pugni per trattenermi: in questo momento vorrei solo spalmarmi una mano sulla fronte o direttamente nascondermi da chiunque. Anche Roberto la guarda con un leggero rimprovero, ma non può mascherare completamente il sorrisetto divertito. No, anche lui no!
A quel punto, un po’ dubbioso, Filippo si avvicina al divano ringraziandola. Con non-chalance e sguardo basso mi spiaccico su Marco, giusto per lasciare al castano lo spazio necessario per non toccarmi minimamente. Sforzo inutile. Le gambe si sfiorano: due centimetri di contatto non mi sono mai risultati così stressanti. E il panico aumenta.
“Eh, Fili! Venerdì prossimo sei libero, la sera?” gli chiede Simon. Non ho il coraggio di voltarmi verso di lui per vederlo ragionare in quei due secondi di silenzio.
“Che io sappia, sì.”
“E invece no. Sei al mio compleanno.”
“Non usa più invitarla, la gente?”
“Io non la invito. Io le do l’onore di avere addirittura il dovere di essere alla mia festa di compleanno.” Beh, come ragionamento non fa una piega. Ed io continuo a fissare solo ed esclusivamente le mie ginocchia.
“Farò questo sacrificio.” Sospira il ragazzo accanto a me, incrociando le braccia e stendendo le gambe. Beato te che riesci addirittura a sospirare. E’ il ritratto della tranquillità, questo qui. In confronto io sembro il tronco di un albero. Perché sono fatta così male?
“Bello e bravo. Non deludi mai. Oh, mi raccomando, non ditelo a Damiano. Non ce lo voglio. Sonia e Jonathan ovviamente sì. A proposito, Jon come sta?”
Questa è l’ultima cosa che ascolto. Da lì in poi, per almeno dieci minuti, mi estranio completamente dal discorso, troppo occupata per dare retta agli altri. Mi concentro sul battito del cuore, per esempio, o sul mio respiro spesso tremante. O sulla punta del piede che, con un ritmo piuttosto lento, faccio ripetutamente battere sul pavimento. Quando persino Marco si stanca di quel movimento continuo, mi ritrovo il suo piede sopra il mio, e questo non è certo un gesto d’affetto. Faccio una smorfia e sbuffo piano, lanciando un’occhiata al riccioluto che mi fissa con una faccia che dice solamente “Datti tregua, cazzo.
E, mordendomi il labbro inferiore, torno a guardare in basso.
Dopo poco, però, una mano che non mi appartiene entra nel mio campo visivo, sfiorando leggermente la mia per richiamarmi. Implosione in corso. Lentamente alzo gli occhi verso quelli chiari ed intensi di Filippo, che già sono piantati su di me.
“Tutto bene?” mormora pianissimo, per non farsi sentire dagli altri che continuano a parlare con voce piuttosto alta di chissà cosa senza curarsi di noi. Deglutisco e annuisco con veemenza.
“Sei tesa.” Dice allora lui, studiandomi il volto. Mi irrigidisco maggiormente, perché i miei nervi sono degli idioti.
“Sto bene.” Ribadisco, per niente convincente. Alza un sopracciglio, ma annuisce ugualmente lasciando perdere. Da persona intelligente quale è, ha capito che non gli avrei detto niente neanche sotto tortura. Questo, ai miei occhi, lo rende sempre più bello, tanto che per un attimo sento i muscoli sciogliersi.
“Verresti un secondo con me in cucina? Devo chiederti una cosa.” Come non detto: muscoli in tensione, di nuovo. Annuisco ancora una volta, stavolta lentamente. In un certo senso, la presenza degli altri mi rassicura, e lui mi sta chiedendo di allontanarmi dal mio unico appiglio. Eppure, nonostante il turbamento, il fatto che mi voglia parlare faccia a faccia mi rende quasi felice, a prescindere dall’argomento di cui vuole discutere.
Si alza con calma, ed io lo seguo senza guardare in faccia nessuno, cercando di controllare il tremore alle gambe. Sento comunque che gli altri hanno improvvisamente smesso di parlare, costringendo Filippo a dire “Torniamo subito”.
Arrivati nella stanza, ci sistemiamo uno davanti all’altro. Lui appoggiato al piano della cucina, io al tavolo. Lo guardo in attesa, trattenendo il respiro, ma fortunatamente non soffro per molto questo silenzio “Si tratta di Samuele e Manuela.”
Lascio andare l’aria, ringraziando il cielo che mi ha mandato un tema abbastanza neutrale. Annuisco, aspettando la questione “Samuele mi ha detto che tu sai dei suoi sentimenti. Confermi?”
“Confermo.”
“Bene. Il fatto è questo: lui, più ci parla, più parte di testa. Ma, allo stesso tempo, è sempre più indeciso. Inizialmente era stra-euforico, adesso si sta facendo una marea di fisime. E ovviamente me le riferisce tutte, lo stronzo.” Ok, è stupendo. La sua espressione inesistente è troppo comica, relazionata con le sue parole “Sinceramente mi sono un po’ rotto le scatole, per non esser volgare. Quindi, ho bisogno di te. Mi serve solo una risposta ad una domanda. Non per Samuele, o per Manuela. Per me. Non ce la faccio davvero più. Sono contento per lui, ma lamentandosi con me toglie tempo al suo benessere.”
“Fammi pure le domande che desideri.” Dico semplicemente, sorridendo divertita.
“Può dichiararsi tranquillamente? Il  monosillabo giusto potrebbe salvarmi la vita. Pensaci bene.”
Ridacchio, poi annuisco “Sì, può farlo.”
Spalanca leggermente gli occhi “Risposta decisa. Questo mi fa sperar bene.” Si stacca dalla superficie e fa un passo verso di me, sorridendo, e un sospiro trasognato parte automaticamente “Grazie, da questo punto in poi hai il diritto di chiedermi qualsiasi cosa tu voglia, visto che hai salvato la mia intera esistenza.”
Mi trattengo prima di chiedergli di rendermi sua e sua solamente, abbassando per qualche secondo lo sguardo, con un sorrisetto sulle labbra “Potrei essere cattiva. Ti fidi così tanto?”
“Tu, ti fideresti?” mi chiede. Torno a ricambiare il suo sguardo.
“Di te o di me?”
“La risposta cambia?”
“Sì.”
Inclina leggermente la testa per studiarmi, come fa sempre. Credo che questa posizione favorisca il suo ragionamento. Lasciandolo fare, faccio respiri profondi, cercando di non mostrare in nessun modo qualsiasi cosa mi passi in mente in questo istante. A dirla tutta, cerco proprio di non pensare. Dopo qualche istante, gli spunta l’ennesimo sorriso “Tu mi stai sfidando.”
Aggrotto la fronte “Cosa?”
“Mi permetti di studiarti, ma cerchi di non farti capire. E’ una sfida bella e buona.”
“Ah. E.. chi sta vincendo?”
“Tu, purtroppo per me.” Fa spallucce “Comunque, tornando a prima.. Ti fideresti di me, in questo frangente?”
“Sì, mi fiderei.” In questo frangente, ma anche in qualsiasi altro.
“E di te?”
“No, in questo caso no.” Sorrido, furbescamente.
“Merda.” Sbotta, facendomi ridere “Adesso non dormirò più la notte finché non avrò saldato il debito. Sentiti in colpa.”
“Penso che me ne sbatterò altamente.” Dico, fingendo una serenità che non ho e, soprattutto, mentendo.
“Dunque quegli occhi dolci mi hanno illuso.”
“..P-può essere.” Arrossisco e balbetto, mandando all’aria tutti i miei sforzi. Wow, sono proprio una dura. Esigo un plauso, senza indugio alcuno. Sorride e socchiude gli occhi, incuriosito, probabilmente.
“Ho trovato la mia arma, Eleonora.” Mormora, indietreggiando verso la porta della cucina.
Deglutisco “Cioè?”
“I complimenti. Ti mettono a disagio, abbassano le tue difese, quindi è più facile portarti al limite. Mi hai sfidato, anche se inconsciamente, allora avrai la guerra. Un giorno riuscirò a capirti completamente. Che vinca il migliore.” E dopo un breve e teatrale inchino, esce di scena.
Sono fottuta.
 
 


Uneasiness, disagio (agitazione, turbamento, ansia).
Insomma, mi sembrava il titolo più adatto per questo capitolo.
Allora, che ne dite? Siete felici? Anche il team lo è, Ginevra specialmente. Avete visto come si fa in quattro per il Filinora? Che vecchia volpe.
Ah, ma vedrete Domenica 16, la povera Eleonora. Qui è partito un gioco pericoloso, che prenderà molto seriamente. :)
Fatemi sapere cosa ne pensate! :3
 
Vi ringrazio tutti, dal primo all’ultimo, immensamente.
Se mi volete contattare, c’è EFP, il Blog e il profilo Twitter!
 
Ci vediamo Domenica!
 
Maricuz

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Capitolo 21
*** Terrible show ***


XX Capitolo


Terrible show

“E adesso, come dovrei comportarmi?”
“E’ chiaro. Cristallino, direi.”
“Illuminami, ti prego.”
“Il tuo punto debole deve diventare la tua forza. Ti ha detto piuttosto schiettamente quale sarà la sua strategia. La devi semplicemente usare a tuo favore.”
“Eh, bravo, sensei. Quindi?”
“Quindi, se ti fa un complimento, devi ringraziare e lasciar perdere. So che è difficile, ma devi dimenticarti chi è lui e cosa provi, in quei momenti. Oppure ti convinci che i suoi complimenti non sono sinceri. Magari la sera, quando torni a casa, piangi ed esulti quanto ti pare, ma lì per lì devi essere impermeabile a qualsiasi cosa. E’ una prova di recitazione, questa.”
“E’ impossibile.”
“E’ difficile, sì, ma se non vuoi che ti scopra in questo modo, allora devi adottare questo metodo. Se mi viene in mente qualche altro piano, ti informo.”
“Ok.. Grazie.”
“Prego.”
 
Questa è stata la mia conversazione con Marco, risalente a qualche giorno fa. In sostanza: ho un bisogno costante della sua testolina razionale, dato che la mia è andata in pasto ai pescecani da poco meno di due settimane. Definitivamente.
Adesso sono in macchina con lui, diretti per l’ennesima volta verso l’appartamento dei nostri due amici. Stasera si festeggia il compleanno di Simon: venti anni di scemenza. Sono commossa. E in ansia, sempre per colpa di Filippo. Ogni volta che ci penso mi chiedo “Perché cazzo l’ho sfidato?” poi mi dico che, alla fin fine, non l’ho fatto apposta. Così, mi perdono. Sono una creatura notevolmente intelligente.
Arriviamo, e le scale non sono mai state così infinite. Ad ogni gradino mi impongo di essere in un certo modo. Impermeabile, imperscrutabile, inaccessibile, impenetrabile, inesplicabile, inspiegabile, incomprensibile, illeggibile, indecifrabile.. Sospiro. So già come andrà a finire. Gli basterà un saluto per farmi arrossire, e capirà che il motivo della mia tensione è lui. Demotivante.
“Elle, non ti vedo convinta..” mormora Marco, fermandosi davanti alla porta dell’appartamento. Sono finite le scale, e sono sempre più vicina al momento cruciale –che si prolungherà per tutta la sera-.
“Non sono convinta.”
“Così perdi in partenza, però.”
Deglutisco e lo guardo, cercando un po’ di supporto. Lui sorride e alza un braccio, carezzandomi la guancia: sono rare queste dimostrazioni d’affetto “Non mi dire che non riesci a svuotarti, perché ti ho visto farlo più di una volta.”
Aggrotto la fronte “Quando?”
“Dopo ciò che è accaduto con Giacomo, o quando Simon era ancora in coma.. Imitati. Fingiti non curante.”
Scuoto la testa, prendendo un respiro profondo “Non so se ci riesco.”
“Prova. Oppure rischia di perdere la battaglia. Da buon Filinora quale sono, penso che le conseguenze non sarebbero così disastrose come pensi tu.” Suona il campanello e mi sorride “Si va in scena.”
“Merda, merda, merda..” mormoro, poco prima che Samuele apra.
E lo vedo subito, il mio avversario, appoggiato allo stipite della porta tra corridoio e cucina, ovviamente voltato verso l’entrata, dove siamo noi. Cerco di non considerarlo più di tanto, mi concentro esclusivamente sul padrone di casa, salutandolo e dandogli due baci sulla guancia. Quando Marco si dirige verso Filippo per salutare anche lui, mi accosto a Samuele, che con sguardo leggermente desolato chiude la porta “Manuela non è con noi perché era fuori con i suoi, oggi. Sarà qui a momenti.”
Il ragazzo lascia andare un lieve sospiro di sollievo “Ah.. Per un momento ho creduto che non venisse.” Abbozza un sorriso “Proprio oggi che mi sono convinto.. Cioè, che Filippo mi ha convinto. Mi dichiarerò, penso a fine serata.” Ah, allora l’opera di Filippo è conclusa!
Sorrido, tra il felice e l’incoraggiante “Ottima scelta, Sam.”
“Grazie.” Ridacchia imbarazzato “Dai, vieni di là che son tutti in salotto!”
“Non tutti..” bisbiglio io, prima di prendere un respiro profondo e cominciare ad avvicinarmi al nemico. Lo guardo, e lo trovo già con gli occhi fissi su di me. Nel momento in cui il suo sguardo è ricambiato, alza una mano dopo averla tolta dalla tasca dei jeans e mi saluta in un modo che interpreto come un “Ciao, mia piccola, futura vittima”, seguito dalla classica risata malefica.
Abbozzo un sorrisetto teso, e mi spunta Marco nella testa che mi dice “Cogliona, devi mostrarti forte e decisa! Devi dimostrare che la vittoria è tua e che ne sei consapevole!
Per questo motivo mi fermo di fronte a lui, che mi scruta incuriosito “Ciao, Filippo” e mi sto sentendo un’imbecille.
“Ciao, Eleonora.” Replica serio “Ti vedo bene.”
Mi viene da ridere: sta già cominciando con la sua tattica, a quanto pare. Devo dire che, comunque, non mi aspettavo di avere questo tipo di reazione. Mi sto divertendo!
“Grazie” sorrido rilassata “A te dona molto l’aria combattiva, invece.” Oh, brava Elle. Quest’uscita ci è piaciuta.
E piace anche a lui, vedo. Incredibilmente, ride e si passa una mano tra i capelli mossi. Vuole uccidermi “Immagino.”
Lasciandogli l’ennesimo sorriso –questa volta un po’ furbetto-, lo supero e raggiungo il salotto, dove Simon sta chiacchierando con Jonathan, Marco e  Sonia. Ostacolo numero uno: superato con successo. Quest’ultimi stanno fianco a fianco, cercando il contatto dell’altro del tutto inconsciamente.
Picchietto sulla spalla di Simon e, quando si gira, gli circondo il collo con le braccia, stringendolo fortissimo e facendolo anche gemere per il dolore “Auguri, Simon! Ti voglio tanto bene!” esclamo, con voce infantile. Lui ride, mi allontana e mi stampa un bacio sulla guancia “Grazie, cucciola. Anche io ti voglio bene.” Stranamente, in questo caso il più serio è lui.
 
Nel giro di venti minuti ci siamo ritrovati a fare le presentazioni ufficiali: alla fine Simon ha deciso di invitare Vanessa, la rossa della scommessa, al compleanno. Inizialmente è stato un po’ imbarazzante, soprattutto per lei, ma per fortuna tra i giullari, cioè il festeggiato e Jonathan, e le persone che sono gentili e piacevoli per natura, come Samuele, Marco e Sonia, siamo riusciti a stabilire un clima abbastanza agevole anche per la nuova arrivata. Sono fiera di ciò, visto che mi sta simpatica. Forse sono le lentiggini.
Inoltre, appena il gruppo si è riunito al cento percento, ci hanno incitato per accomodarci attorno al tavolo nel salotto. La cosa bella, cari miei, è la mia postazione. Su dieci persone presenti, me esclusa, come è possibile che mi sia ritrovata accanto a Filippo? E perché io, da persona stupida, non ho valutato minimamente questa possibilità? Mi dico qualche parolaccia nella mente, sperando di arrivare indenne a fine serata. Cerco di non farmi notare mentre prendo dei respiri profondi, ricordandomi che ho affrontato cose molto più complicate di una stupida sfida. Con un bel ragazzo. Per cui provo qualcosa. Dio, che situazione.
“Elle, spiegami una cosa..” dice ad un certo punto Filippo, alzando lo sguardo dal suo piatto “Perché in questo periodo sei costantemente sull’orlo di una crisi di nervi?”
E tu, spiegami una cosa, perché sei sempre e costantemente figo, esattamente?“Non sono sull’orlo di una crisi di nervi.”
“Sicura di star bene? Se non te ne rendi neanche conto, allora penso tu abbia qualche problemino tecnico.” Dice, stavolta con un cipiglio leggermente preoccupato. Che dolce..
“Non mi rendo conto di tante cose..” mormoro, completamente incantata a fissarlo. No, ok, forse sarebbe anche il momento di abituarsi a quegli occhi. Aggrotta leggermente la fronte, perplesso.
“Ti stai riferendo a qualcosa che non so?”
Mi prendo qualche attimo per riflettere su ciò che ho detto, e arrossisco non appena lo faccio. Oh, sì, sputtaniamoci. Distolgo lo sguardo puntandolo sul cibo, riprendendo a mangiare, giusto per avere una scusa per non rispondere. Lui, ovviamente, non distoglie la sua attenzione e aspetta pazientemente la mia replica, che desidererei tanto non far uscire dalla mia bocca.
“No.” Dico, forse con un tono un po’ troppo acuto “Non mi sto riferendo a niente. A cosa dovrei riferirmi?”
“Dimmelo tu.” La fa facile, lui.
“Ho detto che non mi riferivo a niente.” Ripeto, continuando a fingere tranquillità e a non guardarlo negli occhi. Con la coda dell’occhio vedo che non fa nessun movimento, poi sospira e riprende anche lui a dedicarsi alla cena, permettendomi di non trattenere più il respiro dall’ansia. Come glielo spiegavo? Non potevo dirgli “Non mi sono resa conto per mesi che ti vengo dietro come un cane va dietro, oltretutto sbavante, all’osso lanciato dal padrone”.
Oltre che sincera, sarebbe una dichiarazione infinitamente romantica, devo ammetterlo.
“Per me,” lo sento di nuovo parlare, e d’istinto mi volto per guardarlo “vuoi che io mi incuriosisca, così che io, per comprendere, ti faccia dei complimenti. Ti imbarazzano, ma ti piacciono. Dì la verità.” E sorride leggermente, con un ché di provocatorio. Alzo un sopracciglio, anche se un po’ di rossore sulle guancie non riesco a trattenerlo.
“Io.. Io penso proprio di no.”
“Cosa? Non vuoi i complimenti o non ti piacciono?”
“Non li voglio.”
“E perché non li vuoi, se ti piacciono? Per quale motivo ti imbarazzano?” chiede, guardandomi. Non so da cosa riesco a capirlo, se dall’intonazione o dallo sguardo, ma c’è molto di più dietro a quella domanda. Sembra che mi stia chiedendo il perché di un mio determinato comportamento con lui. Mando giù il boccone, non distogliendo lo sguardo. Non sapendo come replicare senza fregarmi, faccio spallucce “Non saprei.” E osservo attentamente il bicchiere che ho appena afferrato.
 
A parte quella conversazione, non mi sono più ritrovata particolarmente in difficoltà. Se devo esser sincera, l’unico complimento fatto da lui nel corso della serata rimane quello iniziale, che più che altro era una provocazione e un promemoria della sfida. Giuro che non so a che gioco stia giocando.
Inizio a capire il motivo della sua pausa, però, dopo esserci riempiti ufficialmente lo stomaco con la torta. L’annuncio di Simon mi fa rabbrividire “Ragazzi! Ricordate quando alla scorsa cena parlammo di fare una serata Karaoke? Beh, questa è quella serata!” mi guardo subito intorno, e gli unici non sorpresi sono Samuele e Filippo, il quale mi lancia un’occhiata soddisfatta, come se mi avesse letto nel pensiero.
“Tu hai fatto canto, no?” mi chiede, pur sapendo la risposta. Assottiglio lo sguardo senza rispondere, lui mi illumina con un sorrisetto vittorioso per poi allontanarsi da me e andare ad aiutare Samuele, che sta ribadendo a Jonathan il fatto che lui non deve assolutamente cantare.
Ho capito, adesso. Lui aspettava questo momento perché sa che tutti mi faranno i complimenti, se canto bene.
..Un momento.
Secanto bene. Mi volto verso Simon, che sta sistemando il computer, le casse e i microfoni –da bravo musicista qual è, è molto attrezzato-. Punto specialmente l’ultimo oggetto nominato, con sguardo si sfida. Se cantassi male volontariamente, nessuno si congratulerebbe con me, quindi neanche lui. Certo, mi sarebbe piaciuto provare a mostrarmi brava in qualcosa di fronte ai suoi occhi, ma non posso dargliela vinta. Inoltre, sarebbe un modo per dimostrargli che anche io sono agguerrita, anche se non so per quale motivo.
Sarebbe molto meno faticoso lasciarmi studiare e fargli sorgere domande che, con un suo ragionamento, troverebbero risposta, ma ho paura ad immaginare le conseguenze. Paura, sempre paura. Sono una fifona, eppure ho il coraggio di cantare male davanti a dieci persone. Ho bisogno di un’altra seduta dal mio psicologo personale, credo.
Tra le varie chiacchiere ci spostiamo sui divani o sulle sedie trasportate lì vicino, mentre Jonathan fa un po’ da presentatore, non avendo il permesso di fare altro “Signore e signori,” comincia, parlando al microfono ed atteggiandosi un po’, camminando a destra e a sinistra “prima di iniziare con le canzoni, colgo l’occasione per fare nuovamente gli auguri a Simon l’invincibile!” a quelle parole, scatta l’applauso “La invitiamo a salire sul palco immaginario per aprire le danze canore!”
Simon afferra lo strumento e se lo porta alle labbra dopo essersi schiarito la voce “Grazie mille, Jon. Buonasera a tutti! Vi ringrazio immensamente per esser venuti qui, stasera. E’ grazie a voi se sto bene, adesso. Grazie a questa splendida atmosfera. Vi voglio bene.”
Aaaaw.” Parte il coro di noi ragazze.
“Ma ora si parte!” esclama, sorridendo raggiante “Siete caldi? So che siamo in Inverno, che nessuno faccia lo spiritoso.” Ed indica Filippo, che con la mano fa il gesto di chiudersi la bocca con una zip inesistente scatenando una risata generale “Comunque, ora canto una bella canzone dei Linkin Park, Numb. Insomma, una cosa tranquilla.” Ottima scelta. Ho sempre amato la voce di Simon in questo tipo di canzoni, questo brano più di tutti gli altri. Forse per il significato che sente quasi suo, dato che suo padre non ha mai voluto che facesse della musica la sua ragione di vita, riesce ad interpretarla in un modo assurdo. E’ angosciante, da quanto è fatta bene.
E l’ascoltiamo tutti, in silenzio, incantati dalla sua esibizione praticamente perfetta. Io sono forse la persona più abituata a sentirlo, avendo fatto tantissime lezioni di canto insieme a lui, ma gli altri sono a bocca spalancata. D’altronde, è pure serio, mentre canta. Dopo i tre minuti di canzone e qualche secondo di silenzio totale, partono urla, fischi e applausi. Pare quasi di essere ad un vero concerto. Vanessa, che molto probabilmente neanche sapeva di questa sua dote, è praticamente scandalizzata, con gli occhioni verdi spalancati e adoranti. La freccia di Cupido è scoccata.
“Bravo, Simon!” esclama Jonathan, riappropriandosi del microfono “Ottimo inizio, direi. Chi è il prossimo? O i prossimi. Si può cantare anche in gruppo.”
Eh, sì. Il mio piano si attuerà tra pochi secondi, visto che tutti mi stanno guardando. Mi alzo in piedi, tranquilla, come se non stessi per fare una figuraccia enorme di mia spontanea volontà. Prendo il microfono che mi porge Jon e sorrido “Ciao” Marco mi saluta di nuovo con la mano. Non ho la minima di cosa fare, così vado sul classico: My heart will go on. Cèline, non avercela con me, ti prego.
Inizio a cantare, imbarazzata a morte, ma fiduciosa, e lo sgomento sul viso di tutti è la cosa più divertente che abbia mai visto. Certo, non è facile stonare volontariamente per minuti interi, ma lo sforzo è ripagato. Dopo un po’, Filippo scuote la testa e cerca di non ridere, tenendosi una mano davanti alla bocca. Ha capito. Quando nota che ho gli occhi su di lui, fa un gesto che riesco a capire solo al termine del brano, quando si alza per uscire dal salotto: vuole che lo segua.
Cercando di non lasciarmi scappare una risata, ringrazio i miei amici ammutoliti. Devo aver fatto proprio schifo. Quasi corro verso il corridoio e, quando ci sono, mi accorgo della presenza del ragazzo in cucina.
Le sue prime parole sono “Sei meschina.”
“E’ un complimento?” chiedo, incrociando le braccia e appoggiando una spalla allo stipite. Che soddisfazione immane.
“E anche molto spiritosa, a quanto pare. Non mi sarei mai aspettato questo genere di mossa, davvero.” Ammette tra sé e sé “Ti sei addirittura messa in ridicolo, pur di non farti dire qualcosa di carino. Ciò è.. Non lo so, non riesco a trovare il termine adatto, ma sappi che è positivo.”
Ghigno, mentre nell’altra stanza inizia un’altra canzone “Beh, grazie.”
Comincia a fissarmi senza dire niente, facendomi realizzare la situazione e automaticamente sentire a disagio. Mi sta studiando, porcaccia miseria.
“Ti ricordi” sussulto, quando sbotta di colpo con l’inizio della frase “quando ti dissi che stavo cercando di scoprire se tu saresti stata un personaggio interessante o meno? Me l’avevi chiesto tu, a dire il vero..” Annuisco e continua “L’ho capito.”
“Sono contenta.”
“Devi essere contenta. Tu sei interessante. C’è una miriade di sfumature, nel tuo carattere, un sacco di ragionamenti che non riesco a carpire, paure che non riesco a comprendere..”
Distolgo lo sguardo, rossa come un pomodoro maturo. Sembra quasi che stia parlando da solo, e non con me. Mi schiarisco la voce, alzando le difese “Devo.. Devo pagarti per questa psicanalisi o..?”
Ride, tranquillo, bello come il sole “No, faccio gratis, ma grazie per esserti preoccupata delle mie condizioni economiche.”
“Figurati, tra amici..” rispondo, facendo spallucce.
“Comunque” dice, avvicinandosi “Voglio sentirti cantare seriamente. Giuro che non ti faccio complimenti, dopo.”
Scuoto la testa “Non mi lasceranno mai toccare il microfono di nuovo.”
Annuisce, fermandosi ad un passo da me, mostrandomi quanto sia alto, a differenza mia “Non avevo valutato questa possibilità. Simon ti ha già sentita, no?”
“Certo.”
“Allora lo chiedi a lui.”
“E gli altri usciranno dalla stanza.” Scherzo, guardando però ovunque tranne che nei suoi occhi.
“E io bloccherò la porta.”
“Che bello, grazie.”
“Figurati!”





Eh sì, ragazzi.
Siamo arrivati al ventesimo capitolo. Non ci posso credere. :')
Arriviamo al ventesimo capitolo e ci sono persone che si sfidano così, random, e che stonano volontariamente. 
Questo è il livello culturale massimo che può raggiungere questa storia. :'D
Ed è la prima parte, del compleanno di Simon. Nella seconda, che verrà pubblicata il 22 (ultimo capitolo prima di Natale), ci saranno due conversazioni abbastanza interessanti. ;) E' probabile che ci sia una pausa fino ad anno nuovo, devo decidere. D:

Ringrazio tutti, uno per uno, mille volte e altre trecento (?).
Siete davvero lovvabili. :')

Se volete contattarmi, nel mio profilo si trovano tutti i contatti che possono esser contattabili! EFP, Twitter, my Blog..

Carissimi, ci rivediamo il 22. :)
Grazie ancora di tutto!

Maricuz

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Capitolo 22
*** Ask Marco ***


XXI Capitolo


Ask Marco

Alla fine ho cantato davvero, e anche piuttosto decentemente. Filippo ha mantenuto la sua promessa non facendomi nessun complimento, ma il suo applauso insieme a quello degli altri accompagnato da un sorrisetto quasi fiero sul suo viso, mi ha fatto arrossire proprio come Eleonora deve arrossire. E sì, ho parlato di me in terza persona.
Ci sono state anche altre esibizioni di gruppo, in cui abbiamo più che altro riso come dei dementi, berciando al microfono come dei pazzi. Se ci penso, mi dispiace per tutte le altre povere persone che abitano in questo palazzo, ma non si pone il problema: non ci penso. L’unica, oltre a Jonathan, a non aver mai cantato è stata proprio la mia cara statua. Ha detto di non esser molto intonato e di non aver voglia di ridicolizzarsi, stasera. Peccato.
Quando vedo Simon allontanarsi un attimo dalla zona Karaoke per avvicinarsi al balcone, divento magicamente un cagnolino e lo seguo, giusto per fare due chiacchiere faccia a faccia. Si appoggia alla portafinestra, mentre si mette tra le labbra una sigaretta e mi guarda con la coda dell’occhio “Eleonora bella, qual buon vento ti porta qui?” mi chiede, storpiando un po’ le parole per la posizione delle labbra.
“Ti stai divertendo?” chiedo, sorridendo. Imita il mio gesto, alzando l’accendino.
“Con voi è inevitabile.” Vero “Tu?”
“Anche io.”
“Immagino. A che gioco state giocando, tu e Filippo?” mi chiede, ammiccando giusto per farmi arrossire quel minimo che mi caratterizza. Simon non è certo famoso per i suoi giri di parole.
“Nessun gioco.”
“Non usare questi trucchetti con me. Con gioco non intendo solo nascondino o Monopoli, lo sai.” Sbuffo, ammettendo a me stessa che stavo provando a raggirarlo, ma non è per niente facile. Per quanto sia un coglione, non gli sfugge niente. Orsù, tentar non nuoce.
“Ma niente, dai..”
“Elle,” ridacchia “perché ti ostini a non dirmi le cose?”
Sospiro “Ma non è niente, davvero! O meglio, c’è una specie di sfida in corso, ma nulla di particolare.” E non capisco davvero perché stia sminuendo la cosa. Ai miei occhi è una difficoltà bella e buona, quella di avere a che fare con Filippo in questo frangente. Forse è perché ho paura che lui non capisca.. Ma lui è Simon. E’ ovvio che capisce “Lui.. In poche parole, vuole vedere cosa nascondo.”
“..Vuole venire a letto con te?” ritiro ciò che ho detto.
“..No, Simon.”
“Scusa, pensavo fosse una metafora, quella.”
 “Non lo era.”
“Quindi.. Vuole vedere cosa nascondi. Nel senso.. Quello che pensi realmente?” soffia fuori il fumo e mi guarda con la fronte aggrottata. Sul serio, mi sta sembrando tutto così.. stupido.
“Sì..”
“E perché gli interessa?”
“..Non lo so.” Abbasso lo sguardo “Un giorno mi ha spiegato che per lui le psicologie dei personaggi hanno un’importanza fondamentale, e che gli piace osservare i comportamenti delle persone reali. La scorsa settimana mi ha detto che sono interessante.” Alzo le spalle.
“Quindi..” aspira dalla sigaretta “Si ridurrebbe tutto ad una specie di sua.. fissazione per le varie personalità?”
“Beh, sì..”
Ride, scuotendo la testa “E tu ci credi?”
Dopo una leggera esitazione, rispondo, forse anche leggermente indispettita per il fatto che lui abbia messo in dubbio questa caratteristica di Filippo “Certo che ci credo, perché? Che altro dovrebbe essere?”
“Non ti scaldare.” Mi rimprovera scherzoso, ancora con il sorriso sulle labbra “Intendevo dire, credi davvero che tutto si riduca solo, nota bene: solo, ad una sua fissazione per le varie personalità?”
“Ripeto: che altro dovrebbe essere?”
“Non so, magari la sua fissazione per la tua, di personalità.”
“..Che cambia?”
“Eleonora, non mi cadere qui, dai.” Fuma, giusto per fare una pausa scenica “Se ti dicessi ‘la sua fissazione per te’ capiresti o sarebbe un tentativo inutile?”
“Sarebbe un tentativo inutile, azzardato e del tutto inconcepibile.” Dico immediatamente. No, non è possibile, e non devo farmi illudere da una cavolata. Sparata da Simon, poi. Il cuore, nonostante la mia razionalità abbia il pieno controllo di sé, comincia a battere con un ritmo lievemente più veloce rispetto a prima.
“Io invece, e non parlo da sostenitore del Filinora, ma da persona quasi normale, sono fermamente convinto che la motivazione non sia quella che pensi tu. Sono interessante anche io, eppure con me questi giochetti non li fa, forse perché sono un uomo. Allora passiamo alle ragazze: sia Manuela che Ginevra sono interessanti, eppure, guarda un po’, con loro questi giochetti non li fa. Che ci studi tutti non lo escludo, anche perché non sono un imbecille e lo vedo, ma questa attenzione concentrata su di te, mi sa tanto di interesse di altro tipo.” Spenge la sigaretta “Poi boh, chiedi a Marco.”
 
Chiedi a Marco. Certo. Come se lui sapesse dare le risposte a tutte le domande del mondo. Non è mica uno stregone, quel povero ragazzo. So che comunque prima o poi finirò per parlargliene, ma non questa sera, e per più di un motivo.
E’ passato un po’ di tempo, ci siamo staccati dal Karaoke per preservare i nostri timpani e stiamo conversando a gruppetti di vari argomenti, tutti in salotto. A parte il continuo chiacchiericcio si possono benissimo sentire le canzoni messe allo stereo giusto per riempire un po’ la stanza con la musica, che per il compleanno di Simon non può certamente mancare.
Mentre tra ragazze parliamo di strani individui di sesso femminile che pubblicano foto sui social network in cui sono privi di indumenti, lancio qualche occhiata verso Filippo, un po’ per godermi la sua visione, un po’ per studiare il suo comportamento. Cerco di far caso al suo sguardo, principalmente, sempre impegnato nello scrutare gli altri. Però ha ragione, Simon, quando dice che con me si impegna particolarmente. Lo giustifico dicendomi che io stessa a volte non mi capisco e lui è un tipo competitivo che l’ha presa quasi sul personale, ma se gli interessasse davvero?
Ecco, lo sapevo. Quel coglione ha dato il via alle mie storie mentali illusorie.
“Elle, così lo consumi, però.” Mi volto di scatto verso Ginevra quando pronuncia il mio nome, avvampando immediatamente. Beccata.
“N-non consumo proprio niente.”
“Hai ragione. Il tuo balbettare ne è una prova schiacciante!” mi prende in giro la bionda, annuendo convinta.
“Penso di essermi persa qualcosa..” commenta Sonia, guardando prima Ginevra, poi me. Sventolo una mano sperando che lascino perdere l’argomento, ma ovviamente non è così. Ginevra, in tempo record, mi sputtana “A Eleonora piace Filippo. Te l’ho detto perché mi stai simpatica e sembri una persona fidata!”
Vanessa si schiarisce la voce “Ci sarei anche io.”
“Mi stai simpatica anche tu.”
“Sì, ma stai parlando di me, non di te.” Intervengo io, con la fronte aggrottata. Non che non mi fidi delle due ragazze, ma Gin avrebbe potuto fare un po’ più resistenza, prima di sbandierare a tutti la mia condizione sentimentale. Ancora non ha capito che non c’entra niente il numero di sostenitori, con l’oggettiva situazione. Voglio dire, che siano in due o in settecento dalla mia parte, non cambiano gli eventuali interessi di Filippo nei miei confronti, o sbaglio?
“Davvero ti piace?” chiede Sonia, quasi sorpresa. Alzo un sopracciglio, non capendo dove sia la stranezza.
“..Uhm, sì.”
“La maggior parte delle ragazze si sente a disagio con lui, per questo sono sorpresa.” Spiega “Con la mia domanda non intendevo farti credere altre cose.” Ah, ecco.
“Io non mi trovo a disagio.” Dice Ginevra, guardando la ragazza di colore.
“Questo perché non ti senti a disagio in generale e perché c’hai già il tuo uomo, pure bello.” Risponde lei, facendo spallucce “A me non mette a disagio perché lo conosco da anni, quindi l’effetto che mi fa è veramente scarso.”
“Ed io?” chiede Manuela.
“Dovresti dircelo tu.”
“Io sono tranquilla.”
“Perché hai altro a cui pensare e perché non te ne può fregare di meno se qualcuno ti studia, l’importante è che dici le stronzate che hai voglia di dire.” Questa volta è la stessa Ginevra a rispondere, ridacchiando.
“A dire il vero, un po’ a disagio mi sento..” affermo, tra me e me.
“Penso dipenda dai sentimenti che provi per lui.” Deduce Sonia, sorridendo. Arrossisco e mi volto verso Manuela, che proprio in questo momento comincia a parlare “Ma scusate, Eleonora in genere balbetta. Perché con lui non lo fa se a volte si sente a disagio?”
“Mistero.” Borbotta la bionda.
“Non sapevo neanche balbettasse.” Ci informa Sonia.
“..Non guardate me. E’ già tanto che io mi ricordi quale sia Filippo.” Si tira indietro Vanessa. Sinceramente, nel corso della serata, l’ho rivalutata molto. Conoscendola e parlandole si può facilmente intuire che oltre ad essere una bellissima ragazza è anche piuttosto simpatica e senza la puzza sotto il naso, due caratteristiche che apprezzo moltissimo.
Le sorrido “Anche se sapessi tutto nei minimi particolari, credo che non sapresti dare una risposta sensata. Capirmi è complicato.”
“Qualcuno sta cercando di farlo, però.” Canticchia Ginevra, destinataria della mia occhiataccia.
“Chi?” chiedono Sonia e Vanessa contemporaneamente.
“Filippo!” urla Manuela, con tono ovvio, facendo girare anche lui e tutto il resto del gruppo. Arrossisco immediatamente e gli sorrido con la tipica faccia a schiaffi, stessa espressione che ha la bionda quando esclama “Sì, ha dei begl’occhi, ma quelli del  mio Roberto battono tutti gli altri.” Ci fissano per altri due secondi, poi tornano a parlare tra di loro come se non ci fosse stata nessuna interruzione. Sospiro di sollievo,  mentre Ginevra fa notare a Manuela che è un’imbecille.
“Mi è scappata la voce!”
“Non ha senso, quello che hai detto. Comunque, la prossima volta, non fartela scappare.”
 
“Elle..” mi volto verso di lui “Marco mi ha chiesto di accompagnarti a casa. Te e Manuela.”
Poi boh, chiedi a Marco.
Chiedi a Marco un cazzo! Guarda cosa fa Marco, Simon. Guarda quanto è saggio. Fisso Filippo inespressiva, come se mi fossi improvvisamente ghiacciata sul posto “Tu?”
“Sì, io.”
“E perché?”
“Vuole accompagnare Sonia per stare con lei. Da soli.” Aggiunge, guardandomi come se stesse dicendo “Sai quello che intendo”.
“Non c’è nessun altro che possa accompagnarmi?”
“Oh, mamma mia. Ti faccio proprio schifo, eh!”
Ok, non ci state capendo niente. Vi spiego. Ormai siamo quasi a fine serata. Gli animi si stanno calmando leggermente, per dirne una: persino Jonathan ha smesso di gridare stronzate a destra e a manca. Ormai è il momento delle ultime conversazioni, quelle più tranquille che coinvolgono praticamente tutta la comitiva.
Ed io me ne esco con un’espressione mortificata, allo sguardo fintamente offeso del ragazzo che ho seduto vicino –chissà come mai finisce sempre accanto a me- “Ma no, non.. Io non.. Non volevo dire che..” lui sorride lievemente, ed automaticamente mi impappino maggiormente con le parole “Io.. Dai.” All’ultima parola, ridacchia.
“Un discorso che non fa una piega.”                                        
“Poi sono io quella meschina.” Borbotto, incrociando le braccia.
Del movimento nella stanza mi distrae: Roberto, Ginevra e Jonathan stanno per andarsene. Nella confusione generale, vedo benissimo Samuele avvicinarsi all’orecchio di Manuela e sussurrarle qualcosa. Incerta, annuisce. Cercando sostegno lancio un’occhiata a Filippo, che fa la stessa cosa con me. Ok, allora ho capito bene. Samuele si dichiarerà a momenti. Sorrido spontaneamente.
Vedendo che buona parte sta per eclissarsi, si alzano anche Marco e Sonia. Durante i saluti, faccio capire al riccioluto che me la pagherà, e anche piuttosto cara.
E’ così che, dieci minuti dopo, siamo in sei. Io e Filippo, di comune accordo, decidiamo di uscire e aspettare Manuela nel pianerottolo, per non disturbare i quasi fidanzatini e il festeggiato con la sua rossa. Gli ultimi due finiranno sicuramente a letto insieme, povero sciogli-ghiacciai. Salutiamo quindi Samuele, Simon e Vanessa e ci chiudiamo la porta alle spalle, per poi appoggiarci alle pareti bianche davanti all’ascensore, in silenzio.
Lo sento sospirare “Che bei ricordi.”
Scoppio a ridere immediatamente, capendo all’istante il riferimento “Esperienza irripetibile.”
“Beh, questo è tutto da vedere.” Giro la testa verso di lui, per vederlo alzare le sopracciglia, sempre con gli occhi rivolti verso la tanto odiata scatola mobile “Io credo che se entrassimo lì dentro di nuovo, rimarremmo bloccati ancora una volta. Ci scommetterei i miei libri.”
“Magari non dirlo a Simon.”
“Certo che no.”
Dopo una breve pausa, in cui torno a fissare un punto imprecisato davanti a me, riprendo a parlare “Sai cosa sta dicendo Samuele a Manuela?”
“No.” Risponde tranquillo “Tu?”
“Neanche. Idee?”
“Naturalmente.” Che domande, Eleonora “Conoscendolo, dirà tutto ciò che gli passa per la testa, parlando a macchinetta, probabilmente senza neanche seguire un filo logico. Se va bene, riuscirà a completare due frasi su dieci, approssimativamente.” Si lascia sfuggire un sorrisetto pieno di affetto “E’ molto più emotivo di me, a malapena respirerà.” Ripenso a quando Samuele mi ha informato della sua cotta colossale per la mia amica, e realizzo che Filippo ha dato una spiegazione di quel dialogo, in cui lui era assente. Sbalorditivo. Lo sto adorando.
“C’è qualcosa che non sai o non prevedi?” chiedo, dandomi dell’imbecille subito dopo. Non è mica onnisciente, idiota.
“Poca roba.” Dice, non variando l’espressione.
Scuoto la testa divertita “E’ per questo che vuoi cercare di capire quello che ho nella mia testolina bacata?” mi sorprendo di questa mia sicurezza, ma cerco di non darlo a vedere.
Assottiglia lievemente lo sguardo, abbassa il capo per guardarsi i piedi per qualche secondo, poi ondeggia la testa qua e là “Diciamo di sì.”
“Filippo..” mormoro pensierosa, guardando il pulsante dell’ascensore dopo aver voltato la testa “Pensi.. che sarei in grado di leggere le persone come fai tu?”
“Credi che io sia capace di farlo, quindi?” chiede a sua volta. Possibile che debba guardare oltre ad ogni mia singola parola pronunciata? Sospiro e annuisco, confermando le sue parole. Certo che lo sa fare, mi trovo sempre in difficoltà per questo.
Si prende qualche secondo per rispondere, poi, finalmente, parla “Penso che tutti siano in grado di farlo. C’è chi lo fa bene, e chi lo fa male.”
“Non hai risposto in modo preciso.”
“Questo perché è una delle cose che non so.” Sussurra aggrottando la fronte “Non so cosa leggi negli altri perché non riesco a leggere te come vorrei. Ti faccio un esempio.” Si stacca dal muro e si sposta per mettersi ad un passo da me, di fronte a me. Faccia a faccia. Deglutisco. Si mette le mani in tasca e riprende “Hai mai provato a capirmi?”
“Tante volte.” Annuisco energicamente, per fargli capire che non penso di riuscirci. Sorride un po’.
“Ecco, qualunque cosa tu pensi di me, su qualsiasi frangente, io non lo conosco, quindi non posso dirti se è vero o meno e, di conseguenza, se sei capace o no.”
“..Filippo.”
“Dimmi.”
“Stai per chiedermi cosa penso di te?”
“Ok, sei brava.”
Mentre rido, torna ad appoggiarsi al muro, sconfitto ma divertito. Vedendolo sorridente, mi sorge una mega-domanda, così sono io a piazzarmi davanti a lui, decisa. Vai, Elle. Fallo nero.
“Filippo.”
“E’ la terza volta che dici il mio nome.” Mi fa notare, ma lascio perdere.
“Mi spieghi una cosa?”
“Anche due.”
“Perché con me sorridi, ridi e fai un sacco di espressioni? Perché non sei statua?” Appena pronunciata la domanda, rimane a fissarmi per un tempo indefinito, immobile e apparentemente non toccato dal quesito. Prende un respiro col naso, si passa velocemente la lingua fra le labbra, poi apre la bocca “Bella domanda.”
Non commento, aspettando che risponda “La prima volta, in ascensore, perché mi facevi pena. Ti spiego: eri nel panico, stavi andando fuori di testa. Vero che avevi bisogno di qualcuno che mantenesse la calma, ma non un musone. Non mi sarebbe piaciuto ricoprire quel ruolo.” Sorrido “Nelle occasioni successive, permettimi di replicare con un bel ‘boh’.”
“Non lo sai?”
“No. Io so che tu balbetti spesso, ma perché con me non lo fai, anche se ti metto sotto pressione con i miei discorsi?” ah, allora sa che mi causa degli esaurimenti nervosi “Scommetto che non lo sai.”
“No, infatti. Hai ragione.”
“Certamente.”
“Quindi è” un buon segno? Avrei voluto chiedere, ma il rumore alla mia sinistra blocca la nostra conversazione. Ci voltiamo, vedendo Manuela chiudere la porta con sguardo allucinato mormorando “Sto con Samuele.”

 


Eccoci qui!
Avete appena letto il ventunesimo capitolo, nonché ultimo dell'anno! Yatta'!
Che dire? Siamo vivi. Nessuna fine del mondo. Nessun meteorite. Nessun Maya-zombie. Siamo apposto.
Abbiamo pure un Simon che conversa con Elle e, nel finale, Filippo sottoposto alle botte di coraggio della protagonista.

Come ho detto prima, questo è l'ultimo capitolo dell'anno.
E' vero che siamo in vacanza (grazie a Dio, perché non ce la facevo più), ma so già che avrò un sacco di impegni tra una festa e l'altra, per cui preferisco pauseggiare fino a Mercoledì 2 Gennaio 2013 (wow, 2013), sperando di avvantaggiarmi per il futuro. 
E non venitemi a dire che vi ho lasciato in un punto critico, perché non è vero! u_u

Grazie a tutti, come al solito. 
You're sooooo magic. *-----*
Per chi mi volesse contattare, sono qui su EFP, su Twitter e sul mio personal Blog, che aggiornerò in questi giorni. 
Qualcuno ultimamente mi ha chiesto da chi ho preso spunto per i volti dei miei personaggi. Gran parte li trovati proprio sul Blog. :)

A questo punto, vi saluto e vi faccio i miei migliori auguri per queste vacanze. :D
Buona Vigilia, buon Natale, buona fine dell'anno, buon inizio anno! 
Vi voglio virtualmente bene. :3

Maricuz
 

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Capitolo 23
*** Desperation ***


XXII Capitolo

 
Desperation

“E anche per oggi è fatta.” Gli chiudo il libro, mentre lui si lascia andare sulla sedia con un sospiro.
“Il mio cervello è andato.”
“Grave perdita.”
“Immensa.” Aggiunge stiracchiandosi. Si alza, sistema velocemente la cartella e poi mi guarda con i suoi occhioni chiari supplicanti “Ora tua sorella può uscire dalla sua camera?”
“Sì, Michele. Ti saluto adesso perché dopo sparisco.” Mi avvicino, gli bacio una guancia mentre sorride contento “Te la chiamo, aspetta qui. E, mi raccomando.. Trattamela bene.”
“Più che bene, prof.”
Esco dalla sala da pranzo, busso alla porta di Azzurra e le dico che il suo ragazzo la sta aspettando. Sì, stanno davvero insieme. No, non ho permesso loro di vedersi, oggi. Non prima delle ripetizioni, perlomeno. Ai fini didattici, non sarebbe stato per niente produttivo.  Entro nella mia stanza e mi butto sul letto, afferrando un pupazzo a caso per trasmettere un po’ di affetto a qualcuno o qualcosa. Sbuffo.
Alla fine, dopo il compleanno di Simon, Filippo ci ha accompagnate a casa e non ci sono state altre particolari conversazioni impegnative. Non abbiamo neanche parlato di ciò che Samuele ha detto alla mia amica, perché lei era davvero troppo provata per spiegarci in modo esaustivo la dichiarazione. Peccato.
Mi squilla il cellulare, lo prendo e rispondo “Pronto?”
“Elle!” urla la vocina acuta di Ginevra “Ma.. Manu si è messa con Samu!”
Aggrotto la fronte “Sì. Tipo tre giorni fa.”
“E perché diavolo l’ho scoperto solo adesso?! Sì, Rob, lo so che sto gridando, un secondo e arrivo.” Ah, è con Roberto. Buono a sapersi.
“Boh.”
“Come boh? Come fai a saperlo, tu?”
“Io c’ero.”
“Dannazione.” Breve pausa “Rob, smettila di gironzolare nudo, sono al telefono.” Scoppio a ridere. Vorrei chiederle di non farlo rivestire, ma tanto non lo vedrei ugualmente.
“Ok, stacco.” Dice dopo qualche attimo di silenzio, e rido ancora di più.
“Vai, vai. Divertitevi.”
“Non preoccuparti.”
 
Sì, in questi giorni la mia vita è monotona, ma posso affermare che lo è solo in parte.
Mia sorella si è messa insieme al ragazzino a cui do ripetizioni, così come una delle mie migliori amiche ha coronato il suo sogno con il mio ex-vicino di casa. Intanto, anche Marco si sta impegnando con Sonia, mentre Ginevra e Roberto, dopo un brutto periodo, tornano a fare scintille. Insomma, chiunque mi circondi non sta affrontando la monotonia, e ciò comporta la diminuzione della mia. Ha senso.
Dimenticavo anche Simon e Vanessa. Per me anche tra loro sboccerà qualcosa.
Ed io rimarrò ufficialmente l’unica esclusa dalle relazioni amorose nel team. Roseo avvenire, devo proprio ammetterlo. Sola, desiderosa di non esserlo, con mente pessimista, ansia per la sfida implicita con il ragazzo più misterioso che conosca –che mi piace, come se non bastasse il resto- e la mia grande sfiga. Chi me l’ha fatto fare?
Oggi, poi, la mia depressione si sta avviando verso le stelle, meta prevista per domani: San Valentino.
So già che rimarrò sola a casa, probabilmente con mia madre, mentre tutti i miei conoscenti e amici saranno fuori a cena o al cinema, godendosi le loro ore da coppietta come nei più diabetici film romantici. Beh, in fondo è giusto che sia così. Lo farei anche io.
Aspetta.. Domani è l’anniversario del primo incontro tra Roberto e Ginevra! Bene, loro non saranno reperibili nemmeno per un secondo. Le uniche pause saranno per andare in bagno.
Sospiro, suono qualche melodia deprimente con la chitarra e canticchio, giusto per non pensarci troppo. Ho lasciato facebook aperto, così, nel caso ci fosse qualcuno con la voglia di parlarmi, può farlo tranquillamente. La situazione è sempre più deprimente, ora che ci penso. La disperazione.
Dopo minuti e minuti, quando sento il suono della chat, sussulto e per poco rischio di far cadere a terra il mio amato strumento. Borbotto offese verso la mia poca prontezza e mi sposto dal letto alla sedia. Quando apro la finestra, vedo che è Marco. Non ti è andata male, Elle.
Elle, emme, enne, o!” ma quanto è divertente?
Marco!
Ti stai deprimendo?” No, dai, adesso è troppo. Mi guardo intorno, per controllare se è effettivamente nella mia stessa stanza, ma sono sola. Non è possibile.
Come puoi saperlo?!
Ti conosco. Ho fatto un ragionamento e mi sono detto ‘Chissà come si sente Elle!’ allora c’ho pensato. Questa è la conclusione.
Ma perché non lasci perdere i tuoi computer e vai a fare lo psicanalista, lo psicologo o qualsiasi cosa inizi con psico?
Non è che se capisco te allora capisco tutti, eh! Anzi, probabilmente è il contrario.
Grazie.
A proposito del capirti! Filippo a che punto sta?” Vorrei tanto saperlo, Marco.
Ma che ne so.
Buon punto.
Senti, ora ti dirò cosa pensa Simon di questa storia, visto che poi mi ha detto di chiedere a te. Così vediamo chi ha ragione..
Sono tipo la bocca della verità?
Più o meno, sì.
Ok, dimmi.”
In sostanza, dice che la fissazione di Filippo per la mia povera ed illeggibile mente sia dovuta ad un suo interesse nei miei confronti. Ora, chiedo a te.”
“..Elle, ma questo è ovvio.”
Mi blocco, sbatto qualche volta le palpebre mentre rifletto e torno indietro nel tempo, ripercorrendo le conversazioni avute con Marco in passato, cercando questa sua convinzione da qualche parte. No, non c’è. Non la trovo. Perché diavolo non me l’ha detto prima? Riporto la stessa domanda nella chat su Facebook, e la sua risposta mi fa stampare il palmo sulla fronte.
Non mi avresti creduto. E poi non me l’hai chiesto.”
No che non ti avrei creduto! E non ti credo neanche adesso!
Appunto, che cambiava?
Non lo so!
Io ho sempre detto di essere Filinora. Non dico mai le cose a caso, io!
Non dire quella parola.”
Filinora?
Sì. Mi sa troppo di fan club.
Penso ti faccia quest’effetto perché, effettivamente, lo è.
Appunto, non dirla!
Come ti pare. Comunque, credi quello che vuoi, non devi convincertene per forza. Io penso quello che penso per svariati motivi, e questo della sfida mi sembra l’esempio più lampante del suo interesse. Poi ti potrei fare una lunga lista, che inizia praticamente da quando vi siete conosciuti. Siete sempre stati piuttosto ambigui, voi due.
In che senso ambigui?
Beh, tu che non balbetti, lui che sorride spesso, il fatto che vi siete trovati subito. In genere tu hai bisogno di più tempo per fare amicizia, con lui è stato piuttosto immediato. Consideriamo anche che dubito che lui sia uno di quelli che, tempo una sera, si fa nuove amicizie. Poi le varie coincidenze, quando lo trovi per fare i regali, quando scopri che suo fratello lavora con tua madre.. Ok, questo è molto da fan fiction, però mi piace valutare anche questo aspetto. Sono un romantico.”
Cristo.
Già. E poi.. Boh, non lo so. Siete bellini insieme.
Siamo bellini insieme.”
.”
E se fosse vero, anche se penso che non lo sia, perché non si dichiara? Lui non ha le mie paure!
Magari ne ha altre.
Cosa mai potrei fargli?
Guardarlo con i tuoi occhioni scuri e rifiutarlo, ad esempio.
Non è possibile.”
Lui non lo sa. Diglielo, magari poi si dichiara.
Illuso.
Che me frega?
A me frega!
A me frega se frega a te, ma fondamentalmente no.”
Ho bisogno di farmi un bagno caldo.”
Vai, basta che non ti porti dietro delle lamette o un phon acceso.”
Veramente pensavo a delle pasticche.”
Fanculo.
 
Il bagno me lo sono fatto, poi, ma non ho usato nessuna pasticca per passare all’altro mondo. La sera sono andata a dormire, stamattina mi sono svegliata per andare all’università e ho pranzato con Azzurra e nostra madre. Ho cercato di tenermi occupata in tutti i modi, solo per non deprimermi a livelli troppo alti per esser sopportati. Nel pomeriggio, mi sono addirittura offerta volontaria per fare la spesa. La disperazione.
Proprio adesso sto entrando nel supermercato. Devo occuparmi principalmente per la cena di stasera. La romantica cena, con la candela accesa e musica rilassante con.. mia madre. La disperazione, ancora.
Vado in qua e in là per i vari scompartimenti, mi fermo a chiacchierare con qualche conoscente, sorridendo con un’allegria che non ho, tanto che mi fanno male le guance. Chiamo un paio di volte mia madre per dei chiarimenti sulla sua pessima scrittura nella lista stropicciata e mi sposto come un fantasma.
Cosa che non mi impedisce di sbattere contro qualcuno, tra l’altro.
Alzo lo sguardo mortificata, e mi si blocca il respiro quando incontro due occhi di un azzurro intenso e impossibile da dimenticare. Mi calmo, però, quando realizzo che non sono di Filippo, ma del fratello: Pietro. Infarto evitato.
“Eleonora, ciao! Filippo mi aveva detto che ti capita di stare con la testa fra le nuvole!” Potresti non nominarlo, please?
“Pietro! Che.. piacere!” e che gli dico, adesso?
“Sara!” guarda dietro di sé e sfiora il braccio di una ragazza castana, alta quasi quanto lui, con una smorfia infantile sul viso, che distoglie l’attenzione dai prezzi come se in realtà si fosse incantata a fissare quei numeri “Lei è Eleonora!” sono famosa, visto che non ho bisogno di descrizioni? Sara mi guarda inizialmente confusa, ancora nel mondo dei prezzi, poi spalanca gli occhi –marrone chiaro, spettacolare- e alza le sopracciglia “Eleonora! Che bello conoscerti! Io sono Sara!”
“La mia ragazza.” Aggiunge il ventisettenne, fiero. Sorrido un po’ imbarazzata dalla situazione e le stringo la mano, mormorando un “Piacere” un po’ incerto.
“Anche tu fai la spesa per la cena di San Valentino?” chiede lei, inconsapevole della coltellata inferta al mio petto. Annuisco con espressione sarcastica.
“Per le cene. Per accontentarli tutti devo mangiare più di una volta.”
Ridono, poi Pietro mi posa una mano sulla spalla con fare amichevole, come se ci conoscessimo da sempre “Domani è la giornata dei single. Avrai anche tu il tuo momento.” La disperazione.
“Non penso.” Sospiro, mandandolo mentalmente a quel paese per la triste affermazione da lui fatta “Anche per domani nessun programma, a parte l’università. Vabè, si vedrà. Qualcosa da fare lo trovo.” Abbozzo un sorriso.
“Sicuramente.” Sorride anche Pietro, raggiante come sempre l’ho visto “Dai, ti lasciamo alla tua spesa. Ci vediamo!”
“Ciao! E’ stato un piacere!” dice Sara, sventolando una mano.
“Anche per me. Buon San Valentino!”
 
Disperazione. Disperazione ovunque.
Quella di ieri sera è stata la cena più triste della mia vita, e dalla mia prospettiva è stata persino più triste di quella di mia madre, che perlomeno ha ricevuto una chiamata dal suo ex-marito –che dopo ha parlato anche con me, visto che lui è il mio unico uomo, ma non vale-. Abbiamo visto un film insieme, è tornata Azzurra dalla serata con Michele, ce l’ha raccontata facendoci sospirare come bambinette di fronte ad uno zucchero filato rosa e poi ognuna nella propria stanza.
Wow, memorabile.
Oggi è persino peggio, però. E’ la festa dei single e non ho nessuno con cui festeggiarla. Ovviamente mia madre oggi la lascio lì dov’è.
Mi avvicino alla finestra di camera mia mentre le note di Here without you dei 3 Doors Down risuonano nella stanza. Tutto questo è sempre più triste. Sospiro spostando la tenda, appoggio la fronte sul vetro freddo e guardo fuori. Piove. Mi sembra giusto. Anche le condizioni meteorologiche devono creare l’atmosfera adatta per la malinconia di questo momento.
Sola con la pioggia.
Sai cosa sarebbe divertente adesso, Elle? Se smettesse di piovere. Così saresti sola e basta. Sorrido mestamente e annuisco, come se non avessi fatto io quel pensiero, ma in realtà l’avesse detto qualcun altro.
Mi riscuoto quando il suono della chat mi avverte di aver ricevuto un messaggio. Mi illudo che sia qualcuno che voglia parlarmi, ma quando vedo il nome di una ragazza con cui non ho mai parlato che mi scrive “Hey, how are you? :D”, faccio una smorfia e sbuffo.
“Non mi avrai mai, stupido virus. E comunque sto male, grazie.” Borbotto, tornando ad appoggiarmi alla finestra. La disperazione. Certo che sono un’idiota. Potrei mandare un messaggio a qualcuno, giusto per avere un minimo di vita sociale. Ma no, faccio l’orgogliosa, attendo che qualcuno si ricordi di me senza un aiutino. Mamma, mi hai fatta male.
Sussulto una seconda volta quando, questa volta, sento la suoneria degli sms. Prendo il cellulare posato sulla scrivania speranzosa e controllo, probabilmente con gli occhi brillanti stile manga. Leggo ad alta voce, con la fronte aggrottata “Wind le offre.. Ma vaffanculo.” Butto il cellulare sul letto con rabbia. Chi si sta prendendo così ampliamente gioco di me? Qualcuno risponda.
Torno al computer per cambiare canzone, visto che, poverina, si sta ripetendo da ormai venti minuti. Dopo circa un quarto d’ora piuttosto tranquillo, in base alla media ottenuta precedentemente, sento bussare alla porta.
“Avanti..” dico distrattamente, stoppando la musica. Mi volto e vedo Azzurra appoggiata allo stipite.
“Ti vogliono all’ingresso.”
“..Hanno suonato?”
“Sì, ma avevi la musica a mille. Non penso tu abbia sentito.”
Scrollo le spalle: in fondo non mi interessa “Ok, chi se ne frega. Chi è? Il postino? Il mio ex professore di ginnastica? Voldemort? No, no, lo so! E’ Giacomo. No, anzi: la morte.” Wow, sono l’essenza dall’acidità, quest’oggi.
“La morte.” Risponde tranquilla “Tu chi intendi per morte?” chiede lei, ghignando.
“Tu chi intendi per morte?” chiedo io, incerta ed impaurita.
“Chi pensi che io intenda, per morte?” chiede lei.
“La morte di chi?” chiedo io.
“Di chi pensi che sia?” chiede lei.
“La mia. Tu chi intendi per morte?” chiedo io.
“Filippo.”
La disperazione.
 
 


BUON 2013!
Che bel modo di iniziare l’anno, con questo capitolo. E’ di una tristezza assurda. :’)
Vi dico già che questo potrebbe essere uno degli ultimi, prima del THE END, quindi godetevi i prossimi, il 23esimo particolarmente (Filinora a tutto spiano).
Non dico niente, solo: secondo voi, cosa vuole Filippo? *via col televoto*
 
Vi ringrazio immensamente per ogni cosa, ogni visualizzazione, ogni lettura, ogni recensione. Grazie davvero. *si commuove*
 
A questo punto, vi auguro ancora un buon anno, con tutto il cuore.
Pubblicherò il 7 Gennaio (nonché mio primo giorno di scuola. Uccidetemi, non ho ancora fatto niente).
 
A Lunedì!
 
Maricuz

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Capitolo 24
*** Good shot! ***


XXIII Capitolo


Good shot!
Ora del decesso: quindici e trentasette.
Ho lanciato un’occhiata all’orologio solo per pensare queste parole. E’ stato carino.
Guardo Azzurra con un’espressione sicuramente poco intelligente e molto allucinata, gli occhi, più che spalancati, mi stanno direttamente uscendo dalle orbite, mentre la bocca è chiusa, serrata, tanto che penso non riuscirò mai ad aprirla di nuovo. Deglutisco, mi schiarisco la voce, mi muovo sul posto spostando il peso dalla gamba destra a quella sinistra e continuo a fissarla.
“Cosa vuole?” riesco a chiedere, e quindi anche a smuovere le labbra.
“Non so tu, ma quando qualcuno mi chiede di te non vado a chiedergli cosa vuole. Vuole te.” Scrolla le spalle, sbatte le palpebre e giuro su di me che, se avesse le ali da angioletto, le spiegherebbe per andarsene e lanciare polverine magiche dall’alto.
“..Cosa ha detto?”
“Ha detto ‘Dov’è quel fiore di tua sorella? Non è bella come te, ma posso lavorarci!’. Secondo te cosa ha detto, Elle? Ha chiesto di te, poi sono venuta a chiamarti. Muoviti, che poverino è nell’ingresso, solo ed infreddolito. Piove fuori, lo sai?”
“Sì. Sì, lo so. Vado.” Mormoro, quasi completamente traumatizzata. Mi do un’occhiata, giusto per vedere se sono presentabile, controllo che i capelli siano quantomeno parzialmente in ordine poi la supero, uscendo dalla stanza e prendendo un respiro profondo. Cosa vuole?
Non ricordo neanche più se mi sono convinta che io gli piaccia o meno. Sicuramente no, però mi pare di aver avuto qualche dubbio l’altro ieri, conversando con Marco su Facebook. Dissipati tutti, i dubbi, se non sbaglio. Nel senso che sono della stessa idea di prima. Giro l’angolo del corridoio, trovandomi così magicamente nell’ingresso, laddove Filippo, con le mani nelle tasche del giubbotto e il cappello sulla testa da dove sfuggono dei ciuffi mossi e castani, sta fermo a contemplare una delle tante foto fatte da mia madre messe in bella mostra sulla parete. Si accorge di me solo quando ormai sono di fianco a lui, anche io con gli occhi puntati sulla foto. La mia prima lezione di pianoforte..
“Quello è mio padre e quella sono io a sei anni.” Affermo, stranamente tranquilla.
“Mi avevi detto che ti ha insegnato lui a suonare il piano..” Con la coda dell’occhio lo vedo annuire, così mi volto verso di lui sorridendo. Ha il naso e le guance leggermente arrossate, che carino!
“Ciao Eleonora.” Sorride.
“Ciao Filippo.”
“E’ un’improvvisata, me ne rendo conto, ma.. Sei libera, adesso?” dopo il blackout che mi oscura la mente per qualche secondo, boccheggio. Sono libera, adesso? Cosa vuole fare, esattamente? Perché è venuto a casa mia? Non poteva chiamare o, magari, mandarmi prima un messaggio? Non per niente, non volevo passare da cretina come sto facendo in questo istante.
“A-adesso?”
“Sì. Lo so, potevo chiamare, ma guardami.” Allarga le braccia, poi si indica, inespressivo “Faccio quasi tenerezza. Sono solo ed infreddolito,” esattamente come ha detto Azzurra “sono venuto qui con la pioggia, l’ombrello è fuori, e come te non ho fatto niente per San Valentino. Ok, in realtà sono uscito con Damiano e Jonathan, ma uno mi sta sulle palle e l’altro si è ubriacato. Non mi è andata meglio che a te. Così ho pensato: perché non festeggiare la festa dei single con una persona che mi sta simpatica e che non si ubriaca? Te lo chiedo faccia a faccia, così, se tu volessi rifiutare, ti sentiresti in colpa perché ti farei pena.”
Scuoto la testa ridacchiando, un po’ imbarazzata, mentre continuano a vorticarmi in testa un sacco di domande. Perché proprio io? Vuole davvero che io accetti? Ma cosa non meno importante.. Come fa a sapere che ho passato questi giorni da sola? Come un fulmine, un’illuminazione. L’incontro con Pietro di ieri.
“Tuo fratello.” Mormoro, annuendo e abbassando lo sguardo.
“Beccato. Ogni tanto è utile.”
“Quindi sono io, a farti pena?” chiedo seccamente, rialzando lo sguardo per puntarlo nel suo, sicura come poche volte. E’ chiaro. Pietro gli ha detto che la povera Eleonora ha passato da sola il giorno di San Valentino e che molto probabilmente sarebbe stata la stessa cosa per il giorno dopo, allora il buon samaritano ha deciso di farle un po’ di compagnia. Che gentile.
Spalanca gli occhi, spiazzato, e lascia cadere le braccia “Che.. Cosa.. No!”
“Dai, Filippo, non c’è bisogno che ti sacrifichi.” Dico stancamente, avvicinandomi alla porta per invitarlo ad uscire.
“Chi ha parlato di sacrificio? Elle, no, stai fraintendendo. Non sono qui per nessun sacrificio.” Mi afferra la mano, che stava per posarsi sulla maniglia, e la tira a sé per farmi voltare “Perché pensi questo?”
“Che altro farebbe qui uno come te se non provare pena per una come me?” questa mia domanda, che mi indurrebbe al suicidio seduta stante, pare confonderlo. Aggrotta la fronte per un attimo, senza rispondere, poi spalanca la bocca e la sua espressione perde la calma che ha avuto fino ad ora.
“Uno come me?!” alza leggermente la voce, ma la sua mano stringe ancora la mia
“Uno come te!”
“Beh, è chiaro. Uno come me.” Dice, sarcasticamente “Spiegami che differenza c’è tra uno come me e una come te, per favore.” Avvicina il suo volto al mio, fissandomi intensamente, come se volesse costringermi a parlare con la forza del pensiero. Mi mordo il labbro inferiore e faccio un passo indietro, riuscendo a controllare la mia boccaccia. Distolgo lo sguardo, ma subito aumenta la stretta sulla mia mano “Eleonora.” Mi richiama. Sospiro, ma non dico niente. In questi momenti di rabbia improvvisa, oltre che le lacrime che arrivano automaticamente agli occhi, sono capace di dire cose che quando sono lucida non direi mai. Non perché sono false, ma perché devono rimanere segrete. Chiudo gli occhi. Non piangere, stupida. Non piangere!
“Elle..” lo sento sospirare, poi delle braccia mi avvolgono. Ok, dai, piangi. Solo perché insisti.
Cerco di allontanarmi, ma non me lo permette. Quanto vorrei essere sola, in questo momento. Perché tutto questo sconforto accumulato? Perché devo scoppiare sempre di fronte a lui? Sono io il problema? E’ lui il mio problema? Con lui mi sento come un palloncino. Lui è l’ago.
“Elle..” ripete, muovendo la mano sulla mia schiena su e giù “Noi due dobbiamo parlare.”
Non vedevo l’ora, vorrei dire, ma non ci riesco per via dei singhiozzi. Annuisco semplicemente, mentre scioglie l’abbraccio per cercare nelle tasche un fazzoletto, che poi mi porge.
Pochi minuti di silenzio dopo, siamo fuori, sotto il suo ombrello, che camminiamo per il paese. E’ riuscito a portarmi fuori lo stesso, alla fine.
“Va bene se andiamo lì?” indica un bar, ed io mi limito ad annuire per la seconda volta. Entriamo nel locale e ci sistemiamo ad un tavolo leggermente appartato.  Sappiamo entrambi che tra poco si svolgerà la chiacchierata da lui anticipata e solo da lui conosciuta. Mi siedo, e dopo qualche minuto lo vedo tornare con una cioccolata ed un caffè. Per la bambina e l’adulto, una come me e uno come lui. No, questo non è per niente consolante..
“Non sarà come la mia cioccolata, ma..” dice, appoggiando davanti a me la tazza. Abbozzo un sorriso e comincio a divertirmi, come al solito, con il cucchiaino. Sento il suo sguardo fisso su di me, ma non mi azzardo ad affrontarlo. Sarebbe come alzarsi e andare direttamente al patibolo, in più non ne ho minimamente il coraggio dopo la scenata –ridicola- di poco fa.
“Scusa per prima.” Dice, piano. Mi fermo e lo guardo confusa, così prosegue “Effettivamente era fraintendibile, come situazione, ma davvero: non sono venuto perché mi facevi pena. Mi spiace di averti fatto capire cose sbagliate..”
Scuoto la testa “Cosa avrei dovuto capire?” chiedo mormorando.
“Beh..” alza le spalle, si guarda un po’ in giro.. Strano “Non so.. Mi sembrava carino passare la giornata dei single tra single.”
“Ti sembrava carino..” ripeto, portandomi alle labbra un po’ di cioccolata con il cucchiaino.
“Sì.. E il fatto che sia venuto direttamente a casa tua è semplicemente perché, davvero, volevo che tu accettassi di passare un po’ di tempo.. con me.” Termina, finendo col deglutire. Pomo d’Adamo. Mi allontano dal momento pace interiore appena riprende a parlare “E ho pensato che il modo migliore fosse quello di farti dire mentalmente ‘Ormai è già qui, poverino. Accontentiamolo’.. Ho sbagliato, forse, ma..” alza leggermente una mano, come per far notare la mia presenza “Sei qui. Ovviamente non intendevo ferirti in alcun modo.”
E’ tempo di bere. Prendo la tazza e mi gusto la cioccolata con calma, lo sguardo basso e immobile, il corpo teso. Rimane fermo, molto probabilmente non distoglie neanche l’attenzione da ciò che sto facendo, aspettando la risposta. Dovrei dire qualcosa, lo so anche io, ma cosa? Mi devo scusare, ma mi vergogno tremendamente. E’ Filippo, cavolo. Non farebbe male a nessuno, ma proprio perché è lui mi è difficile credere che volesse passare una giornata con me.  Non mi torna. Che c’è dietro?
Alzo lo sguardo incerta e scrollo le spalle, come per proteggermi fingendo sicurezza “Sono stata stupida io, scusami.”
“Non sei stata stupida, hai fatto due più due..” inizia a dire sospirando, ma lo interrompo “Appunto. Due più due fa quattro, non cinque. Ho sbagliato.” Com’è interessante, il portacenere, e com’è pulito “Non è da me, poi, essere così suscettibile. Credo. Non mi è mai sembrato di esserlo, ecco.”
“No, non sei suscettibile.” Conferma lui, prima di bere il caffè. Sto iniziando a conoscerlo: questa è la tipica pausa che anticipa un suo ragionamento o una sua frase ad effetto. Respiro profondamente, ansiosa di sapere. Appena posa la tazzina, si passa la lingua tra le labbra e riprende “Diciamo che, quando sei sotto pressione, le rotelle del tuo cervello girano più velocemente e producono idee per istinto e senza valutare tutto ciò che c’è da valutare. E’ la stessa cosa che ti ha spinto a rispondermi male nell’ascensore, quando ti ho chiesto se andava tutto bene.” Chiaro.
“Sul serio..” mormoro “Quanto vuoi?”
“Per le sedute?” domanda, sorridendo divertito.
“Sì.”
“Mi dai già abbastanza.” Risponde, criptico. Con prontezza, senza che io riesca a chiedergli spiegazioni, riprende il discorso “Comunque, qui torniamo alla solita storia, Elle.. Tu sei sotto pressione. Sei tesa. Stai in pensiero per qualcosa, e questo qualcosa ti sta affondando.”
“Si spiega la depressione di questi giorni..” borbotto, imbronciandomi.
“Mi sembravi un po’ giù di corda, infatti.” Commenta, osservandomi “C’è un motivo in particolare?”
“Ci penso.” Dico. Probabilmente è il fatto che, ultimamente ed egoisticamente, mi sono resa conto di essere sola. E’ brutto pensarlo, quando ho degli amici stupendi e una famiglia presente, nonostante sia divisa, ma come posso evitare di rattristarmi quando i miei stessi amici, oltre a me e agli altri, hanno una persona da amare? Io mi sento come scoppiare, ogni volta che realizzo di voler bene a qualcuno in modo particolare. Filippo.. Cosa non gli farei? Cosa non gli direi? Forse è per questo che non riesco a trattene le parole, con lui. Ci siamo conosciuti in un mio periodo di esasperazione pura, ma questa non è una giustificazione sufficiente. Non posso lasciarmi andare completamente. Non voglio. E lui non vorrebbe, se solo sapesse.
“Pensato?” mi richiama, dopo aver finito il suo caffè.
“..Ehm.. Sì, ma non alla risposta. Aspetta.”
Ridacchia, le sopracciglia leggermente alzate “E a cosa hai pensato, scusa?”
“Uhm, esplosioni varie.” Annuisco, cercando di esser credibile. Certo, quanto un delfino con le gambe.
“Cos’è, una metafora?”
“Più o meno. Lascia perdere. Non c’è un motivo ben preciso, è più un.. insieme di consapevolezze?” tento, finendo con un’intonazione che è tutto fuorché quella tipica delle affermazioni. Non è un’insieme, quanto un singolo paio di queste consapevolezze, ma lui non lo sa “In ogni caso, non capisco come un solo fattore determini il mio umore per giorni!”
“Capita, a volte. Dipende anche dalle circostanze.” Esatto, vedi San Valentino, Eleonora.
“Già. E questa volta c’è stato un tempismo impeccabile.”
“Stasera, prima di addormentarmi, rifletterò e troverò la soluzione.” Afferma d’un tratto, sicuro e con la sua solita espressione –inesistente-, fissandomi intensamente. Quasi rabbrividisco. Appoggia i gomiti sul tavolino e incrocia le braccia, e subito dopo inclina anche la testa “Sento odore di vittoria..”
“Oh, credo dovresti fare una visita medica, perché-”
“Però, oggi, voglio lasciarti in pace.” No! No, è già finita l’uscita? Ti prego, ancora un po’, non lasciarmi, stai ancora un po’ con me “Quindi, di cosa parliamo?”
“Cosa?” chiedo, presa alla sprovvista.
“Di cosa parliamo? Una conversazione normale, senza studiarci a vicenda.. Ah, aspetta, riguardo a prima è tutto apposto? Non sei arrabbiata, delusa o cose di questo genere, vero?” Non ci sto capendo più niente.
“No.” Bisbiglio, un po’ esitante.
“Perfetto, amici come prima.” Abbozza un sorriso tranquillo, poi fa un cenno con la testa verso la mia tazza ormai quasi vuota “La mia è migliore. Lo sapevo.”
 
Dopo aver sentito pronunciare il suo nome, si volta e si dirige verso un paio di ragazzi, scusandosi. Li saluta e comincia a scambiarci due chiacchiere, così ne approfitto per dare un’occhiata al cellulare che non sto calcolando minimamente da tantissimo.
 

Penso di esser stato invischiato in una relazione seria. Mi sa che è vera la storiella dei Maya e della fine del mondo..
Tu cosa racconti di bello?

 
Questo messaggio mi è stato mandato da Simon circa un’ora fa, quando erano solo le cinque e mezza. Ormai sono quasi tre ore che sono fuori con Filippo, e mi stava giusto riaccompagnando a casa. Per fortuna ha smesso di piovere. Mi mordo il labbro inferiore e penso ad una risposta fissando il ragazzo poco distante da me. Glielo dico o non glielo dico? Sì, glielo dico.
 

Sono fuori con Filippo. Comunque non credo che ti dispiaccia tanto stare con Vanessa.. :P

 
Non faccio in tempo a rimettere il telefono in tasca, quasi, visto che trenta secondi dopo c’è già una risposta.
 

FILIPPO! Un appuntamento! Lo sapevo. Spero per te che il mondo non finisca, allora! Come va? Vi siete già messi insieme? Il bacio c’è stato? Anche sulla guancia va bene! Oh, e come fai a sapere che sto parlando di Vanessa?

 
Mi imbarazzo leggermente, appena leggo l’sms, e ancora di più quando alzando lo sguardo mi ritrovo Filippo davanti che mi guarda perplesso. Deglutisco.
“Il fidanzato?” chiede, tranquillo.
“Mi prendi in giro?”
“Magari il futuro fidanzato.” Suggerisce, ricominciando a camminare al mio fianco. Lo seguo un po’ incerta, scuotendo la testa.
“No, è solo Simon.”
“Oh, ora sì che sono più tranquillo.” Mormora, con un’intonazione.. sarcastica? Filippo? Aggrotto la fronte, lo studio, ma non mi sembra che sia una maschera. E’ Filippo. Decido di lasciar perdere e riprendo a parlare “Uhm, non ho ancora capito perché ti sia messo in testa quest’idea di me e Simon, comunque no, non è il mio futuro fidanzato, anche perché si è messo con Vanessa!” annuncio, vittoriosa. Avevo ragione a dire che sarebbe sbocciato qualcosa. Lo sapevo, lo sapevo!
“Con Vanessa, eh? Beh, complimenti. Bel colpo.” Commenta, annuendo. Alzo un sopracciglio guardandomi i piedi e schiocco la lingua. Quel “bel colpo” poteva evitarlo.
“Bel colpo anche quello di Vanessa.” Ribatto, acida.
Si gira di scatto verso di me con espressione sorpresa e leggermente divertita “Che sei gelosa?”
“Ti ho detto mille volte che Simon non mi interessa!”
“Non intendevo questo, mi riferivo a quella specie di complimento.” Specifica, cercando di non sghignazzare. Gonfio le guancie istintivamente e si lascia andare ad una risata “Certo che sei strana. I complimenti ti piacciono, ma non li vuoi. Quando si fanno alle altre, ti dà fastidio perché vorresti che fossero fatti a te.”
“Sono una donna.” Borbotto, facendo spallucce.
“Questo lo vedo.” Replica “Ma non giustifica il paradosso.”
Svoltiamo l’ultimo angolo, adesso riesco a vedere casa mia. Sospiro “Beh, possiamo aggiungerlo alla lista delle cose incomprensibili riguardanti Eleonora.”
“Stasera ci penso.”
“Stanotte dormi poco, mi sa.”
“Se servirà a capirti un po’ di più, ne varrà la pena.”
Ci fermiamo di fronte alla porta, prendo un respiro profondo cercando di mascherarlo con un sorriso tranquillo e mi volto verso di lui, sbattendo un paio di volte le palpebre “Beh, se vuoi passare la tua vita a non dormire per capire gli altri, ti faccio un in bocca al lupo.”
“Se generalizzi troppo, perde significato.” Dice, dandomi un pizzicotto sul braccio.
“Ahi!”
“Era per distrarti.”
“Da cosa?” domando confusa, massaggiandomi il punto leso. Non mi ha fatto poi così male, a dire il vero.
“Vedi? Ha funzionato.” Indietreggia, infilandosi le mani in tasca “Grazie per avermi seguito nonostante il malinteso.”
“Grazie per essermi venuto a prendere.” Mormoro, sorridendo timidamente. Odio questi momenti, invece lui è calmo e beato, mentre si allontana da me.
“E’ stato un piacere.” Replica, prima di illuminarmi con un sorriso vittorioso, fin troppo lontano per i miei gusti “E poi è soddisfacente rendersi conto che anche io sono in grado di fare bei colpi, non trovi?” detto ciò, si volta e si incammina.
 

Non era un appuntamento.
 



SCIAO BELI.
Eccoci qua con "Good shot!" (Bel colpo!). Mi sembra chiaro il riferimento alle parole usate da Filippo. :)
Allora, miei cari Filinora-Fan, cosa mi dite di questo capitolo? Siete soddisfatti?
Non penso abbiate idea di quanto questi due mi diano soddisfazioni e, allo stesso tempo, mi facciano faticare. Cristo, scrivere un QUALSIASI dialogo con Filippo è angosciante! Roba che devo catalizzare tutta la mia concentrazione su di lui e l'interlocutore! Non che mi dispiaccia, ma sappiate che mi sforzo un sacco per rendere questi due amabili (LOL).
Se avete domande o bisogno di chiarire qualcosa, magari qualche frase o qualche gesto, sapete dove contattarmi. Blog, Twitter.. Qui su EFP. 

Il prossimo capitolo è in fase di scrittura. Per quel che prevedo, sarà interessante. Anche perché..
"Stasera ci penso" dice Filippo. Chissà cosa ne verrà fuori.

Grazie come al solito a tutti coloro che si interessano a tutto questo, che mi fanno complimenti o leggono e basta. AMAZING.

Direi che ci ritroviamo Sabato 12, sperando che l'11 sera riesca ad andare ad un locale dove si esibisce una band che adoro. 
Ditemi "in bocca al lupo".
Bene, crepi.
SCIAU!

Maricuz

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Capitolo 25
*** Think! ***


XXIV Capitolo


Think!
“Sto vivendo i giorni più belli della mia vita!”
“Hai circa cinque minuti per parlarcene, prima di entrare in casa della persona di cui stai per raccontare le mirabolanti gesta.” La informa Marco, non distogliendo gli occhi dalla strada.
“Non c’è poi così tanto da raccontare! Pensavo di non essere abbastanza, o comunque non adatta per una persona come Samuele, e invece.. Lo penso ancora, ma non quando sono con lui, ecco. Mi tratta come se fossi la migliore delle persone, come se per lui non esistesse nient’altro. E stiamo insieme da una settimana! Voglio dire.. Ah, io voglio sposarmelo. E’ perfetto! E’ persino meglio di come lo immaginavo, e per me era già perfetto prima!” sorrido intenerita mentre guardo Manuela gesticolare attraverso lo specchietto retrovisore. Quanto può essere persa? Non oso immaginare quanto sia felice di andare dal suo amato. Praticamente il mio opposto.
Questo pomeriggio, in chat, Ginevra mi ha informato che il progetto della serata sarebbe stato quello di guardare un film tutti insieme e cazzeggiare. Tutto questo proprio a casa di Simon. E fin qui, direi che non c’è niente di male. Il mio problema, è che casa di Simon è anche di Samuele, e la presenza di Samuele è direttamente proporzionale a quella di Filippo, individuo con cui non ho avuto nessun tipo di contatto per tre giorni, ossia dalla famosa uscita.
In sostanza, ancora non so il risultato delle sue riflessioni notturne, quelle in cui avrebbe capito ciò che gli avrebbe fatto vincere la nostra sfida e, purtroppo per me, ciò che lo avrebbe condotto direttamente alla scoperta dei miei interessi per lui. A meno che questa non sia già la sua idea. Ora che ci penso, non so chiaramente quali siano le domande di cui sta cercando la risposta.
Comunque vada, sono fottuta. Questo lo so.
Per questo motivo non ho preso molto bene la notizia del progetto serale. Ho avuto però tempo di calmarmi, e mi sono auto-convinta del fatto che.. Elle, se anche venisse tutto a galla, sopravvivrai in qualche modo
“Non vedo l’ora di vedervi insieme, stasera.” Commento, battendo le mani euforica, mentre Marco concorda con me annuendo contento.
“Non ci fissate, però, altrimenti sto in ansia.” Ci avverte, minacciandoci con l’indice. Mi metto una mano sul petto e la guardo. Lo prometto! Stai tranquilla, ho altro a cui pensare o, comunque, qualcun altro da fissare.
“Grazie, apprezzo!”
I successivi minuti consistono in brevi chiacchiere, parcheggio, scale e campanello. Gli ultimi scalini mi è sembrato di averli fatti a rallentatore, davvero. E’ stato un momento quasi eroico, sì. Certo, rappresentavo l’eroe prima della battaglia in cui molto probabilmente sarebbe morto, ma le migliori scene sono quelle più sentite emotivamente, no? La mia vita finirà con onore, e tutti l’applaudiranno come se avvenisse in un palcoscenico. Poi mi rialzerò.
Samuele ci spalanca la porta con sguardo speranzoso e felice, che certamente non cambia nel momento in cui proprio quello sguardo incontra l’espressione più innamorata che Manuela possa mai avere su quel viso. Mi volto verso Marco, mentre lui fa la stessa cosa. Cerchiamo di non ridere o di non reclamare la nostra presenza, ma per fortuna Samuele, da persona educata, saluta prima noi, così che quando entriamo può sbaciucchiarsi con l’amata quando gli pare e piace. Geniale!
Tutti quanti voglion fare il jazz!” dal salotto, Simon viene per il corridoio fermandosi in scivolata, braccia aperte e posizione molto teatrale. Wow, oggi uno spettacolo dopo l’altro. Comincia a ballare qualche passo ondeggiando in qua e in là, riprendendo a cantare la canzone degli AristogattiPerché resister non si può, al ritmo del jazz!
“Simon, per favore, implodi.” Entra in scena Ginevra, con le braccia incrociate, la spalla appoggiata allo stipite e l’aria annoiata. Simon non si dà per vinto, così le prende le mani con qualche sforzo e continua a muoversi “Perché non provi ed anche tu saprai com’è! E tutti quanti voglion fare il jazz!
“Ma ha cambiato marca di sigarette?” chiedo perplessa, divertita e spiazzata dalla sua allegria.
“No, è solo un uomo serio.” Mi risponde Samuele, alle mie spalle “Adesso c’ha la ragazza, ha messo la testa apposto.” Ah già, sono l’unica single insieme a Filippo e Jonathan.
“Stasera ci siamo tutti?” chiede Manuela.
Simon fa una giravolta, lasciando perdere Ginevra che stava ancora cercando di liberarsi, e ci degna della sua serietà “No, Jonathan è malato!” Perfetto.
“Damiano?” domando, alla ricerca di un appiglio. Il chitarrista alza le braccia e finge di stringere un trofeo “Ha cambiato compagnia!” Merda. Io e Filippo unici single. Spero che gli altri non decidano di fare le coppiette pucci-pucci proprio stasera.
“Roberto dov’è?” chiede Marco a Gin, togliendosi il cappotto. Giusto, me lo devo levare anche io.
“E’ in salotto al telefono!”
“Chi manca?”
“Filippo, Sonia e Vanessa.”
“Strano che Filippo non sia qui mezz’ora prima!”
“Sta arrivando, mi ha mandato un messaggio dicendo che era a discutere con il fratello.” Ci informa Samuele. Quando mi giro per guardarlo noto che ha il braccio intorno alle spalle di Manu e la tiene a sé come se volesse proteggerla. Mi sciolgo. Dio, questo ragazzo scioglie ghiaccio e persone, nella sua vita?! Un hobby?
Dopo neanche dieci secondi suonano il campanello, e giuro che per poco non mi sento svenire. Cristo, se è Filippo? Come faccio a guardarlo negli occhi? Ho paura. Ho paura. La calma di prima è scappata via, lontana da me. Probabilmente ha preso l’ascensore ed è rimasta bloccata lì, da sola ed inutile. Non respiro mentre Samuele apre la porta, rivelando la figura di Sonia. Svuotatevi, polmoni!
Dopo averla salutata, fuggo in camera di Simon per posare il cappotto, così lo lancio sopra agli altri. Devo farmi una ramanzina. Non posso stare tutto il tempo sul filo di un rasoio, porca troia! Mi passo una mano tra i capelli, pesticcio un po’ in qua e un po’ in là fin quando non sento la voce di Simon dall’ingresso “Oh, il signor Non-vengo-sempre-in-anticipo –pensate male, prego- si è degnato di arrivare!” Ma che cavolo..
Ok, e adesso? Non voglio uscire, sarei costretta ad un confronto troppo diretto. Se magari aspettassi un minutino potrei evitarlo e limitarmi, poi, ad un saluto veloce e distratto dopo. Sì, è un piano perfe-
“Eleonora, che stai facendo?”
Salto sul posto e mi poso una mano sul petto, percependo il cuore battere con un’intensità assurda. Guardo Filippo con gli occhi sbarrati, sparando le peggiori parolacce in ogni angolo della mente. Fuori il silenzio. Lui è semplicemente fermo sulla porta, con ancora la mano stretta sulla maniglia, il giubbotto dall’altra parte e la fronte aggrottata.
Mi schiarisco la voce, incrocio le braccia fingendo tranquillità e alzo le spalle “Niente.”
“Sembrava tu stessi pensando ad un posto per nascondere il corpo dell’uomo che hai ucciso.”
“Non ho ucciso nessuno.”
“Sembrava, ho detto.” Puntualizza, avvicinandosi per posare l’indumento. Volta la testa verso di me, poi abbozza un sorriso “Comunque, buonasera.”
“Buonasera..” soffio, guardandolo dal basso. Ammirandolo. Sbavando, molto probabilmente.
“Sul serio, a che stai pensando?” riprende il discorso, inclinando come al solito la testa. Ah, non te lo dirò, no davvero! Non se inclini la testa!
“Ho lasciato.. Il motorino sul.. tavolo.” Invento, consapevole del fatto che questa frase non ha senso. In realtà voglio solo distrarlo. Non sono completamente uscita di testa, tranquilli.
“Ah. Beh, questo è un guaio.” Annuisce convinto “Come risolvi?”
“Applico il teorema di Pitagora ed il gioco è fatto!” sorrido e gli do un paio di pacche sul braccio –di una notevole consistenza-, prima di superarlo per raggiungere gli altri. Ne sono uscita indenne, ok.
Arrivata in salotto vedo che è arrivata anche Vanessa e che si sono già sistemati tutti. Samuele, Manuela, Roberto e Ginevra si sono offerti per stare sul tappeto, gli altri sono sui divani “Guarda un po’, quel vuoto sarebbe perfetto per le uniche due persone rimaste in piedi!” sbraita la mia acida voce mentale. Sospirando, mi siedo vicino alla rossa, sistemata ovviamente accanto a Simon, e pochi secondi dopo, alla mia sinistra, si accomoda un calmissimo Filippo. Ah, ma fanculo!
Dopo le prime futili chiacchiere, vengono spente le luci e l’attenzione di tutti è focalizzata solo e solamente sullo schermo della tv. Ok, lo ammetto, la mia non è concentrata solo su quello, ma perché ripetere la causa della mia tensione? Fatemela ignorare.
Rimango stupita, inizialmente, quando vedo tutti piuttosto presi dal film, tanto che riesco quasi a rilassarmi.
Passano i minuti, le coppiette si fanno tutte più vicine. Scappa qualche bacio sulla guancia. Poi sulle labbra. A volte qualche pomiciata. Direi che ho cantato vittoria troppo presto. E’ veramente deprimente, considerando il fatto che vorrei fare tutte le cose elencate precedentemente con il ragazzo vicino a me che, scrivetelo sul calendario, si sta muovendo piuttosto nervosamente.
Siamo più o meno a metà visione, quando Filippo tira fuori dalla tasca il cellulare. Aggrotto la fronte contrariata. Perché non combatte con me, invece di farsi i cazzi suoi? Traditore!
Sblocca lo schermo, lo sfiora per aprire i messaggi e seleziona “Nuovo messaggio”. Mentre fa tutto questo, inclina verso di me l’apparecchio per fare in modo che io legga ciò che sta scrivendo. Istintivamente, sposto il busto verso di lui per facilitarmi l’impresa. Mi concentro e guardo le sue dita muoversi e le lettere formarsi sullo spazio bianco “Ti va se ci spostiamo da qualche altra parte? Tanto se ce ne andiamo non se ne accorge nessuno.
Oh, Cristo. Di male in peggio.
Cerco di valutare tutte le opzioni possibili. L’idea a cui sono più propensa è quella in cui io mi butto  direttamente dal balcone, ma non mi va più di tanto di morire. Se rimango qui, la conversazione è comunque solo rimandata, e resterei a reggere il moccolo di altre quattro coppie. Tristissima prospettiva. Incredibile, ma vero: la soluzione in cima alla lista delle meno peggio, è quella di accettare. Annuisco, senza alzare lo sguardo, e aspetto di vederlo alzarsi per fare la stessa cosa.
Presi dal film o dalla lingua dell’amato, nessuno realizza pienamente il fatto che ce ne stiamo andando con passo felpato.
“Respira, Eleonora” mi dico mentre lo seguo per il corridoio “Se ci deve essere una fine del mondo, sarà a Dicembre, non a Febbraio.
Entra in camera, aumentando la mia ansia, se possibile. Visto che sono masochista, chiudo io stessa la porta, guardandolo accomodarsi sul letto, davanti alla catasta di giubbotti. Non sapendo cosa dire o fare, mi dondolo spostando il peso dalle punte dei piedi ai talloni, ripetutamente. Mi studia per un po’, poi sorride divertito “Sempre più tesa.”
“Adesso lo sai, il motivo, o sbaglio?” mormoro, facendo un passo verso di lui e fermandomi ancora.
“Penso di saperlo..” annuisce e abbassa la testa, strusciandosi i palmi sulle cosce. Quando torna alla posizione precedente con uno scatto del collo per spostarsi il ciuffo di capelli che gli davano fastidio, picchietta la mano sul letto, invitandomi a sedermi. Dopo vari movimenti incerti, mi ritrovo seduta, il suo braccio a contatto col mio. Lui, sicuramente per permettermi di stare tranquilla –vi anticipo che è una frase sarcastica-, mi guarda senza far trapelare nulla. Dolce.
Mi schiarisco la voce e tiro su le spalle, girando gli occhi in qua e in là “Sempre più tesa.” Ripeto, per fargli capire che, se vuole parlare, deve farlo prima che scappi a gambe levate.
“Non pensi sarebbe più giusto se lo dicessi tu?”
“No.” Rispondo io, di botto. Non sia mai. Magari non ha capito e mi dice una stronzata, voglio lottare fino all’ultimo, io!
“Sei sicura?”
“Su questo, sì.”
“Dubiti delle mie capacità? Se dico che penso di sapere, significa che penso di sapere. Che, secondo me, la situazione è in un certo modo. E guarda che ci ho ragionato parecchio..” insiste, continuando a puntarmi con quegli occhi azzurro intenso.
“Non dubito. So tutte le cose che mi hai detto, ma tanto vale tentare..”
Dopo qualche attimo di silenzio, sospira “E’ colpa mia.”
“A cosa ti riferisci, esattamente?” chiedo, fissando le mie scarpe. Quando le ho sporcate di fango?          
“A tutto. Qualsiasi cosa è riconducibile a me. Aspetta, rettifico: non è una colpa. E’ più esatto dire che sono la causa. Il tuo continuo sentirti sotto pressione, i tuoi giorni di demoralizzazione totale.. Non c’è altra via.” Notando che non avrei aperto minimamente bocca, prosegue “Non me ne sono accorto prima per più di un motivo. Prima cosa, non mi sembrava che ti procurassi così tanto stress. Sì, eri tesa, ma quando parlavi con me, direttamente.. Insomma, tutto era tranquillo, naturale, spontaneo. Anche da parte mia, ovviamente. In secondo luogo, per più di una ragione che probabilmente ti illustrerò dopo, non volevo montarmi la testa, diciamo. Sai, ci vuole un’alta considerazione di se stessi se ci si rende conto di essere ciò che determina umore e azioni di un altro individuo. Ecco, non volevo accrescere troppo il mio ego prima del tempo.” A questa seconda pausa, mi impongo di dire qualcosa. Occhi sempre sulle scarpe.
“E come sta il tuo ego, adesso?”
“In qualche modo, rientra tra le ragioni per cui non volevo montarmi la testa.”
Non voglio sentire la mia tensione, il battito frenetico del mio cuore o l’aria che fatica ad entrare o uscire dai polmoni. Mi concentro solo sul suono calmo e rilassante della sua voce e la sensazione dei suoi occhi su di me “Eleonora..” mi chiama dolcemente “E’ così, vero?”
Annuisco piano, consapevole di aver dato la conferma finale. Lo sento sospirare piano, poi nessuno parla più: io perché non ho intenzione di farlo, lui perché sta sicuramente pensando a cosa dire. Non ho idea di cosa voglia aggiungere, e preferisco non pensarci. Potrei deprimermi, oltre che ammutolirmi.
“Solo..” sussurra “Non mi torna una cosa. C’entra relativamente, con questo discorso..”
“Quale..?” riesco a chiedere.
“Perché hai così poca fiducia in te stessa?”
“Sono nata così..” mi giustifico, accavallando le gambe e osservando adesso le mie ginocchia.
“Ne sono certo, ma.. Elle, l’altro giorno hai fatto un discorso strano dicendo ‘uno come te’ e ‘una come me’. Vorrei chiarire che, lì per lì, mi sono innervosito perché tu sottovaluti te stessa e, molto probabilmente, sopravvaluti me.” Spiega, tra l’altro l’unica cosa che ho capito di quel pomeriggio.
“Non ti sopravvaluto affatto.”
“Invece sì.”
“Allora anche tu, ti sottovaluti.” Affermo.
Dopo un breve silenzio, risponde “Ti vedo convinta anche su questo.”
“Lo sono.” E per svariati motivi. Wow. Se potessi vedere solo i dialoghi di questa scena direi che la ragazza ha le palle. Il fatto che tenga gli occhi piantati su qualsiasi cosa purché non appartenga a lui, rovina un po’ il mio coraggio, che non è altro che estraneazione. Aveva ragione, Marco, quando mi diceva che ero capace di uscire dal mio personaggio.
“Beh, allora ti ringrazio.. Ma dovresti avere più autostima ugualmente.”
“Certo..”
“Ascolta, Eleonora.” Ordina, schioccandomi le dita davanti alla faccia, facendomi sussultare “E guardami.” Sbuffando, eseguo. Caspita, quanto diavolo siamo vicini?
“Se tu riuscissi a convincerti di essere come ti vedono gli altri, me compreso, ti accorgeresti di un sacco di cose. No, di più, forse. Questo se solo tu aprissi gli occhi.”
“Ho gli occhi aperti.” Dico, fissandolo.
“Ma non ragioni. So che lo sai fare, allora fallo!” mi incita, con un qualcosa che mi sa di esasperazione.
“Adesso?”
“E quando, altrimenti? Pensa a quando sono venuto a prenderti il quindici. Perché l’ho fatto, secondo te? E valuta tutti gli aspetti, non solo quelli che ti pare.”
“Tu.. Tu mi hai detto che volevi..” tossicchio, imbarazzata “Ehm, volevi passare la giornata con me.”
“E quindi?” mi sprona “Ra-” ma non ottiene il risultato sperato, essendo interrotto dalla porta, che si spalanca all’improvviso.

 


WOW.
Capitolo finito ieri a scuola, questo. Il tempo inesistente.
Non commento neanche! Lascio a voi la parola, io ne ho messe fin troppe!
Ah, e se volete infamarmi perché ho bloccato il capitolo in una situazione dimmerda, fatelo pure! LOL. Sono davvero una sadica, me lo dicono spesso.

Prossimo capitolo in programma per il 19 Gennaio. Tra una settimana, sì, lo so. 
Ho faticato a scrivere questo, e la prossima settimana sarà molto, moooolto piena di impegni, 100 volte più di questa. 
Scusate. :(

Al concerto ci sono andata, ed è stato bello. Meraviglioso. Stupendo. Grazie a chi mi ha fatto l'in bocca al lupo la scorsa volta! LOL
E grazie a chi, in generale, mi segue. :)
Siete tutti meravigliosi. Più del concerto, forse, perché lo siete tutti i giorni. <3 (diabete mode: on)

Ci vediamo Sabato prossimo, e grazie a tutti. :)

Maricuz

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Capitolo 26
*** Mental block ***


XXV Capitolo


Mental block
“Oh, merda.”
Immobili nelle nostre posizioni, fissiamo Simon. Oltre ad essere visibilmente sorpreso, sembra anche scocciato, il signorino! Pensa quanto lo siamo noi. Entra ugualmente nella stanza, borbottando qualcosa che non riesco a carpire. Filippo alza le sopracciglia sconcertato dal suo comportamento, io mi limito a sospirare.
“Simon, so che è camera tua, ma potresti..” inizia, ma viene bloccato dall’altro, che sta frugando in un cassetto del comodino “Sì, bello, scusa. E’ che dovevo anticiparmi il lavoro per stasera. Se sapevo che eravate qui non entravo nemmeno.” Ah, era scocciato per aver interrotto! Che tenero, il mio amico. Comunque, nessuno dei due capisce completamente cosa intenda con “anticiparmi il lavoro per stasera”. Cerca ancora, e finalmente trova ciò di cui aveva bisogno, lo appoggia sulla superficie e chiude il cassetto, poi si tira su “Odio interrompere. In qualunque occasione.”
Sia io che Filippo controlliamo. Lui rimane impassibile, mentre io arrossisco come una bambina. Preservativi. Mi stampo la mano sulla faccia per non guardare né Simon né il ragazzo che ho accanto, troppo imbarazzata. Odio questo tipo di situazioni, mi mettono a disagio. Mi viene subito alla mente quella mattina in cui, in salotto con Samuele e Filippo, mi è toccato assistere alla parte sonora del rapporto sessuale tra Simon e Vanessa. Aggiungiamo, tra le cause del mio impaccio, le parole del mio non più amico “Oh, se volete usufruire non fate complimenti. Ciccio, non so se la misura è quella, ma..”
“Ok, Simon.” A quel punto, Filippo si alza “Hai appesantito abbastanza l’atmosfera, puoi tornare dagli altri. Grazie.” Lo afferra e lo trascina con poca grazia verso il corridoio, dove lo abbandona poco prima di sbattergli la porta in faccia e chiuderla a chiave. Sospira, appoggiandovi la testa “Scusa, ma penso che lo ucciderò.”
“Non credo.” Mormoro, posando di nuovo entrambe le mani sul letto.
“Dici?” chiede, voltandosi e tornando a guardarmi.
“Lo uccido prima io.”
“Permettimi di esser presente.”
“Ti farò uno squillo.”
Si dirige nuovamente verso di me e, quasi incerto, si siede. E’ più distante, rispetto a prima. Si schiarisce la voce, si passa una mano fra i capelli e fa l’ennesimo sospiro. Ed io lo guardo, aspettando che parli lui.
“Ti stavo dicendo..” ricomincia, incrociando il mio sguardo “Ragiona.”
“Non..” scuoto la testa “Non voglio. Io..”
“Elle, non vai incontro a niente di brutto se realizzi per cinque minuti quello che c’è da realizzare. Perché hai paura? Ti ho dato così tanti elementi che non dovresti neanche aver paura di averne un po’! So che è una frase quasi insensata, ma..” e lo blocco, imprevedibilmente.
“Perché perdi tempo con me?” Sbotto, vedendolo incredibilmente preso dall’argomento. Perché infierisce? Non vede che ho come un blocco mentale? Non ce la faccio a ragionare, né da sola, né con lui che mi incita a farlo, come se la risposta a tutte le domande fosse ovvia. Non è ovvia, cavolo. Non per me.
“Perché voglio perdere tempo con te eper te!” esclama, e si sposta leggermente più vicino a me. Ancora nessuno sfioramento di spalle, come c’era prima dell’interruzione di Simon “E questo è un altro indizio. Siamo circa a cinquecentoventisette.” A quel punto, alza una mano all’altezza del petto e tira su il pollice, poi anche l’indice “Così come l’ho voluto utilizzare per cercare di capirti.” Aggiunge il medio “Ti ricordi quando mi hai chiesto quanto volessi per le sedute? Ti ho risposto che tu mi dai già abbastanza.” Anulare “E quando ti ho detto che anche io sono capace di fare bei colpi? A chi mi riferivo? Sottolineo che l’ho detto prima di andarmene dopo un pomeriggio con te. Ma andiamo più indietro..” Mignolo “Ricordi quando ti ho detto che sei interessante, vero? Sai che posso esser definito un tipo riflessivo, credi che sia una cosa che dico abitualmente e superficialmente?”
“Filippo..” gemo e chiudo gli occhi, sofferente, sperando la smetta. Mi sta sbattendo tutto in faccia, girandoci intorno. La risposta è lì, ma non voglio vederla. Qualcuno mi spieghi che cazzo sta succedendo nella mia testa.
“Eleonora.” Dice, in risposta al suo stesso nome.
Non sento nessun’altra parola, ma solo il suo palmo caldo che si posa sulla mia guancia destra. Apro subito gli occhi, spiazzata ulteriormente da quel contatto. Mi fa strano. Non ce ne sono mai stati altri oltre a qualche abbraccio in situazioni difficili. Lo vedo fissarmi intensamente “Non ti avvicinare, non ti avvicinare..” prego nella mia mente “Non ti avvicinare, finirebbe male. O piango, o ti salto addosso. Non ti avvicinare. Qualcuno si farebbe male, in un modo o nell’altro.
“Per favore, spiegami, aiutami a capire, perché non ci riesco.” Sussurra, accarezzandomi col pollice “Perché hai paura?”
“Non ne ho idea..” dico, con voce spezzata. I suoi occhi hanno delle sfumature così.. forti.
“Hai capito, vero?”
“Diciamo..”
“Elle, se ti rifiuti di farlo mi tocca dirlo chiaro e tondo.” Abbozza un sorriso, continuando a fissarmi. Scuoto piano la testa abbassando lo sguardo.
“Punto sulle parole, prima che sui gesti. Se vuoi che te lo faccia imprimere nella testa facendo qualcosa, lo faccio. O vuoi che te lo faccia dire da qualcun altro? Marco lo ascolti sempre, mi sembra. Anche Simon, nonostante sia inopportuno la maggior parte delle volte. Ginevra mi sembra abbastanza sveglia, Manu no perché ora come ora ha altro a cui pensare. Roberto è bello e intelligente, lo temo troppo. Se vuoi te lo faccio dire da Samuele, da Sonia o da Jonathan! No, Jonathan no, non c’è. Vanessa? Sarebbe un buon modo per darle il benvenuto ufficiale.” Ridacchio leggermente per il tono che usa, come se volesse in tutti i modi addolcirmi la situazione. Sono proprio un’idiota. Una cretina. Una stupida imbecille. Come si può addolcire la situazione? La situazione è già dolce di per sé!
“Scusa..” mi viene da dire, abbassando anche la testa.
“Scusami tu.” Dice, togliendo la mano dal mio viso “Non posso garantirti niente. Non posso garantire che troverai un altro ragazzo anche solo lontanamente simile a me, che sappia fare la cioccolata come so farla io o che abbia anche solo la metà delle capacità che ha la mia testolina supersonica.” Fa spallucce, fingendo di esser dispiaciuto. Scoppio definitivamente a ridere. Lo adoro.
“E’ un buon segno, la risata?” mi chiede sorridendo, dopo avermi rialzato il viso. Annuisco, ancora divertita.
“Ora potresti ammettere a te stessa ciò che dovrebbe essere una mia ammissione? E’ più facile di quello che pensi. La stai rendendo una conversazione inverosimile, sai? Basta che ti poni qualche domanda..”
“Difetto di fabbricazione, quello di non saper mai rispondere alle domande di ragionamento.” Affermo, un po’ colpevole.
“E’ per questo che non permetti a quelle poche parole di entrare nella tua testa? Non vuoi farti troppe domande?”
“Forse..” In effetti, non ho mai avuto una gran simpatia per i quesiti scomodi.
“E per questo sopravvaluti me? Perché so rispondere, la maggior parte delle volte?”
“Forse.” Ripeto. No, adesso ho mentito. E’ anche per quello. Una delle prime cose che da sempre mi ha colpito di Filippo, oltre alla straordinaria bellezza, è che lui sa sempre quello che fa e sa cosa vuole fare in futuro. Ha delle ambizioni, ha dei sogni, ha degli obbiettivi. Lui sa e basta, io non so mai niente. E’ per questo che non voglio decidermi a capire, forse. Ho paura di farlo, perché non so cosa c’è dopo. Incredibile, io che sostengo l’inesistenza della monotonia, in qualche modo vorrei che esistesse perché mi garantisce la conoscenza di ciò che vivo. Ok, vado in cura.
“Mamma mia, che personaggio.” Mormora quasi incantato, fissandomi. Sbatte un paio di volte le palpebre, poi sorride “Il mio spirito da scrittore non farebbe altro che studiarti.”
“..Non lo fai, di solito?” chiedo, perplessa.
“Sì, ma quello è perché.. Elle, tanto non te lo dico se non lo dici prima tu. Non cercare di fregarmi.”
“Ma che.. Tu mica mi hai detto che a me piaci, però!”
E la consapevolezza dell’enorme zappata sui piedi che mi sono tirata mi arriva quando le sue labbra si stirano in un sorriso contento e vittorioso. Ok, l’enorme zappata diventa meno enorme, con quel faccino felice davanti. Il mio rossore non diminuisce, però.
“Dannazione.”
“Hai fatto tutto da sola.”
“Uhm..” pensa, Eleonora, pensa “No, perché io non ho detto che è così!”
“Questo è vero, ma non hai neanche detto il contrario. E comunque sappiamo entrambi che è così. Ormai ammetti anche questo, suvvia. Guarda che non mi dispiace risentirlo, eh!” gongola lui. Spalanco gli occhi e lo spingo piano, fintamente indignata.
“Ma tu sei un bastardo!”
“Un sacco. Mi diverto perché mi tornano facili queste cose, capisci? Nel momento in cui una cosa diventa piuttosto evidente, è quella. E sono stato fin troppo lento, credimi. Vedi, le conseguenze si affrontano quando è il momento, non prima. Come puoi cercare di rimediare o evitare una cosa che ancora non sai se succederà o meno?” chiede retoricamente e con voce tranquilla.
“Uhm, non si fa?”
“Esatto.”
“Ma se non vuoi fare del male a qualcuno, tipo.. Che fai?”
“Ci sono i casi particolari.” Aggrotta la fronte “Davo per scontato il fatto che non bisogna essere affrettati, comunque. Ma tornando al nostro caso specifico.. Quale conseguenza hai paura che scaturisca da.. questo? Hai paura che ti faccia stare male?” ma è possibile che riesca a fare le domande più difficili con quel tono così calmo e naturale? Sembra che a lui questa situazione non crei nessun imbarazzo o disagio. E’ così sicuro.
“Ehm.. Non lo so, sì e no.”
“Sì e no.”
“Sì, ho paura che tu mi faccia stare male, ma so che una persona come te non farebbe del male a qualcun altro volontariamente, se ci tiene.”
“Allora dove sta il problema?”
“Non lo so.”
Ridacchia “Sei spettacolare.”
“Grazie, ma smettila di prendermi in giro. Mi sento costantemente giudicata, mi sembra che tu mi tratti come una specie di cavia da laboratorio. Ogni cosa che faccio o non faccio deve avere una causa o un motivo che mi ha spinto a fare una determinata scelta!” dico, stranamente chiara.
“Questo perché tu sei più costante di quanto pensi e perché hai dei paletti che neanche di accorgi di avere.” Dice con un tono totalmente opposto al mio, che era piuttosto frenetico “Così come ne abbiamo tutti, non fraintendermi. E non devi sentirti come una cavia da laboratorio, con me, anche perché se ti studio non è certo perché voglio giudicarti. Te l’ho ripeto: sei interessante. O spettacolare, come ho detto poco fa. Tu mi interessi. Ogni cosa che fai mi interessa. Mi interessi, in ordine di importanza crescente, come personaggio, come persona e come Eleonora. Perché io non mi incasinerei mai sentimentalmente con un personaggio che come principale caratteristica ha quella di non esistere, e non mi impegnerei mai veramente a cercare di carpire ogni minimo dettaglio di una persona a caso.” Oh, Dio, ci siamo “Quando prima ti ho detto che volevo essere sicuro dei tuoi sentimenti prima di montarmi la testa, è perché io ho un’alta considerazione di te. Ecco perché per me è stato un bel colpo, quello di uscire con te. Il fatto che tu provi quello che provo io, in un certo senso, per me è un vanto. Sono stato in grado di conquistarti, non so esattamente come, non so esattamente quando, ma ci sono riuscito.”
Ho la gola secca. Tossicchio, lo guardo, sposto gli occhi poi torno su di lui “Sinceramente mi stupirei maggiormente del contrario. O del fatto che io ho conquistato te.”
Scoppia a ridere, e quasi esplodo per la gioia per come lui riesca ad essere allegro in mia compagnia “Ma ti senti, quando parli?”
“Che ho detto?” Ho sparato una boiata delle mie?
“Hai detto che mi hai conquistato! Vedi, il tuo cervello ci è arrivato, solo che non lo ascolti.”
“Io non mi ascolto mai.” E sto continuando a non farlo, tra l’altro.
“Inizio a perdere le speranze.” Scuote la testa, sempre col sorriso sulle labbra “Non.. Non so davvero cosa fare. Mi metti in crisi. Che devo dirti? Non so essere più chiaro, non so assolutamente essere romantico, perlomeno volontariamente, calcolo e programmo le cose sul momento, ma adesso..” sospira “Potrei chiederti di provare a stare con me, ma moriresti di infarto. Potrei provare a baciarti, ma moriresti di infarto. Potremmo chiudere il discorso senza una vera e propria conclusione, ma non voglio che accada. Potrei chiederti un parere, ma cominceresti a balbettare che non hai la minima idea di come procedere. Dov’è la soluzione, quindi? Se solo tu fossi giusto un pizzico più tranquilla, adesso..” si ferma, guardandomi intensamente come suo solito ma.. alternando i miei occhi con la mia bocca. Cazzo. Con ogni probabilità morirò d’infarto anche se mi parla di un’attività a caso, purché riguardi entrambi.
Sospiro e abbasso lo sguardo quando copre la mia mano con la sua “Se andassimo per gradi..” mmmh “Saresti d’accordo? Oppure preferisci non avere niente a che fare con me?”
“No!” mi lamento, guardandolo.
“No cosa?”
“Non voglio non avere a che fare con te. Sarebbe pessimo, a questo punto. Voglio dire..” mi blocco, quando sento le sue dita accarezzarmi le nocche.
“Allora andiamo per gradi.” E sorride lievemente, sciogliendomi. Questa mossa l’ha imparata da Samuele, non c’è storia “Usciamo il pomeriggio, la sera, la notte, quando ti pare, e vediamo quello che succede.”
“Sì.” Mormoro.
“Ora.. Torniamo di là, prima che tu esploda? Così magari riprendi a respirare. La tua tensione inizia a proiettarsi su di me.”
“Sì.” Ripeto, facendolo sorridere divertito. Si alza, non lasciandomi la mano e portandomi con sé. Sentiamo proprio in quel momento una serie di rumori sospetti, potrei descriverlo come “un branco di bufali in movimento con aggiunta di sussurri concitati”. Dio, non mi dite che..
Filippo spalanca la porta di scatto, dubbioso anche lui, e notiamo un piede che sparisce nel salotto. Quelle scarpe le riconoscerei ovunque.
Simon.

 

 
Io sono felice, ma sono sicura che voi volete uccidermi ugualmente perché nonostante tutto questo.. Non è scattato il bacio.
Eh, cari i miei lettori, sarebbe stato troppo facile, e la situazione si complica considerando i problemi nella psiche di Eleonora. Povera ragazza, quanti insulti (del genere: stupida, tonta, cretina, imbecille, deficiente e simili) si beccherà in questa settimana di recensioni.
In compenso, Filippo non verrà toccato.
Complimenti a chi ha indovinato l'identità di colui che ha interrotto i ragionamenti dei Filinora!
Simon, Simon, Simon.. Ditemi cosa ne pensate, sono troppo curiosa.

A questo punto vi dico che ci troviamo di nuovo Sabato, causa: mancanza di tempo.
Non so neanche più quando finirà, questa storia. Continua a non mancare molto, però.
Grazie a tutti coloro che mi hanno seguito e che mi seguiranno fino alla fine. :')

A Sabato!

Maricuz

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Capitolo 27
*** Euphoria ***


XXVI Capitolo


Euphoria
Euforia ovunque.
Sguardi euforici. Voci euforiche. Frasi euforiche. Persone euforiche.
Penso che da un momento all’altro anche gli elettrodomestici di questa casa diventeranno euforici. L’aspirapolvere dovrebbe stare attento, potrebbe aspirare troppa aria euforica, e sarebbe la fine per lui.
Mi schiarisco la voce e guardo la fetta di torta che Ginevra mi ha appena posato davanti. Qualcuno mi spieghi perché c’è disegnata sopra un’enorme faccia sorridente col cioccolato, per favore.
“Ginevra..” mormoro, ma Manuela mi interrompe subito.
“La voglio anche io!”
“Aspetta, la sto facendo!”
Sospiro. Non c’è nient’altro da fare. Da ieri sera sono tutti esageratamente felici, probabilmente più di quanto dovrei esserlo io. Sembra quasi sia successo l’avvenimento dell’anno, manco avessi detto che mi sposo o qualcosa del genere. Ginevra, per l’occasione, ha indetto una riunione di noi donne a casa sua, e devo ammettere che ho un po’ di paura. In realtà, se proprio devo dirla tutta, mi chiedo di cosa vogliano parlare, visto che lei, Manuela e Simon hanno origliato la parte essenziale della conversazione tra me e Filippo.
“Ok.” Ci sono tutti e tre i piatti sul tavolo, adesso, e anche la bionda si siede con noi “Buon appetito. Parliamo e festeggiamo.”
“Cosa?” chiede Manu, contenta, iniziando a mangiare.
“Cosa? Manu, ci sarebbero un migliaio di cose da festeggiare, oggi. Innanzi tutto è Domenica, ed è risaputo che la Domenica è un giorno di festa. Poi, forse Simon sta mettendo la testa apposto con Vanessa, che mi sembra proprio una ragazza per bene. E, come ci hanno annunciato ieri, Damiano si è finalmente tolto di mezzo, una conferma in più per la morte del Damianora. Inoltre, Marcolino si è finalmente sbloccato ed ha trovato la ragazza che, a parer mio, è la più giusta per lui. Sonia è così dolce!” si porta alla bocca un pezzo di torta “Poi tu, Manu, che hai accalappiato proprio una bella bestiola. Sappiamo da anni che Samuele è una delle persone più buone che esistano sulla faccia della terra. Mentre tu, Elle..” scuote il capo, guardandomi con espressione fiera “Ti sei messa con Filippo. Intelligente, affascinante e bellissimo. Complimenti.”
“Ehm, non vorrei rovinare troppo il vostro entusiasmo, ma non stiamo esattamen-” vengo bloccata di nuovo, ma stavolta è Roberto che entra nella sala da pranzo. Bene. Non sapevo neanche che fosse nella stessa casa in cui siamo noi.
“Gin, non trovo la felpa. Oh, ciao ragazze!” ci saluta sorridente lui, mostrandoci i muscoli delle sue braccia scoperte dalla maglietta. Facendo finta di non farci troppo caso, io e Manuela rispondiamo calme al saluto.
“Ma non era sul divano?”
“Giusto. Avevo controllato solo in camera.” E sparisce di nuovo. Annuisco.
“I tuoi sono in trasferta?” chiedo.
“Da cosa l’hai capito?” ribatte lei, con un sorrisetto malizioso stampato sulla faccia. Faccio spallucce, poi ne approfitto per finire la frase precedente “Dicevo, che io e Filippo non stiamo insieme.”
“Ancora.” Dicono in coro le altre due. Gonfio le guance, mentre Roberto entra di nuovo, stavolta anche con un cappotto addosso.
“Amore, vado.” Annuncia, piegandosi su Ginevra e stampandole un bacio sulla guancia, con tanto di schiocco. Ovviamente lei lo ferma e lo riavvicina per baciarlo come è giusto che sia, prima di staccarsi e chiedere “Secondo te quanto manca al giorno in cui Filippo ed Elle si mettaranno insieme?”
Lui ridacchia e scuote la testa, esasperato ormai dalla fissazione della sua ragazza per il team Filinora “Relativamente poco.”
“..In che senso, relativamente?” aggrotta la fronte lei, insoddisfatta dalla risposta. Il castano si mette dritto e alza le spalle “Beh, per quanto Filippo possa essere interessato, rimane un gentiluomo. Non farebbe mai qualcosa che potrebbe turbare in qualche modo Elle, anche se si trattasse di un semplice bacio. Ed Elle è facilmente impressionabile. Questa è la spiegazione del relativamente. Poco, perché comunque a questo punto le carte sono scoperte.”
“Chiarissimo e giustissimo. Efficiente come sempre, Rob.” Manuela alza la forchetta in suo onore, poi se la infila in bocca e torna a gustarsi la torta.
“Grazie!” sorride “Ora vado davvero, altrimenti faccio tardi per la partita.. Divertitevi!”
“In bocca al lupo!” gli urla Ginevra, mentre l’altro è ormai arrivato all’ingresso.
“Crepi!” e si sente il tonfo della porta che si chiude.
“Bene,” sospira la bionda “tornando a noi.. E’ vero, non state ancora insieme, ma ormai è praticamente fatta! Abbiamo le prove.”
“Quanto avete sentito, precisamente?” domando, annoiata.
“Tanto. La dichiarazione tutta.” Risponde l’altra, che ormai ha ripulito il piatto.
“E’ stata tutta la conversazione, una dichiarazione.” Mormoro, quasi faticando sull’ultima parola. Continuo ad avere lo stesso problema di ieri. Mi sembra quasi di vivere tutto questo in terza persona. Se penso alla depressione di qualche giorno fa per la mancanza di quel qualcosa che adesso potrei avere facendo una chiamata o con un semplice messaggio mi vorrei torturare. Ma che problemi ho?
“Effettivamente abbiamo ascoltato a lungo.”
“Quando abbiamo iniziato a spiarvi lui ti stava chiedendo perché tu avessi paura di stare con lui, mi pare.” Mi informa Ginevra, con tono vago. Mi porto una mano sulla fronte, poi la sposto direttamente davanti agli occhi. Hanno sentito praticamente metà discorso. Dovrei difendere la mia privacy, ma l’unica cosa che mi viene in mente è.. Che imbarazzo “Lui è stato molto dolce, ma tu.. Cristo, Elle, sei proprio di coccio. Che ti costava baciarlo? Lui te l’ha anche detto, che avrebbe voluto farlo!”
“Gin, dai.” Interviene Manuela “Lo sai che lei è parecchio tarda, in queste cose. E’ peggio di me. Pure io ero sotto shock dopo che Samuele si è dichiarato.. Un po’ la capisco.”
“Ma io no!” sbotta l’altra. Sospiro. Di nuovo.
“Sentite, io.. Io non ce la faccio, a stare completamente tranquilla e a mio agio, con lui. E non so neanche io perché, sinceramente. Ci sono dei momenti in cui potrei trovare il coraggio di fargli uno spogliarello, dalla scioltezza che ho, altri in cui potrebbero imbalsamarmi e non si noterebbe la differenza.” Mi sfogo, poi ripenso alle mie parole “Forse lo spogliarello non lo farei ugualmente, ma era per farvi capire.”
“E’ normale, all’inizio!” mi risponde Ginevra, concitata “Anche io con Roberto ero incerta!”
“Ma non impaurita!” Mi agito.
“Non capisco di cosa tu possa avere paura, visto che ti ha detto che l’attrazione per te c’è.”
“Oh, Ginevra, se sapessi la causa dei miei problemi la eliminerei all’istante, credimi.” Borbotto, incrociando le braccia sul tavolo e appoggiandoci la testa. La sento sospirare, poi mi sfiora un braccio per attirare la mia attenzione.
“Ok, abbiamo capito, qui non c’è soluzione. Ti do un consiglio, però. Mi darai ascolto?”
“Ci provo..”
“Quando sei con lui, non farti prendere troppo dalle tue fisime e non estraniarti dal mondo. Una via di mezzo, ok? Quello che basta per fare le cose consapevolmente, per comprendere quello che dice e quello che intende dire e per farti vivere la vita come è giusto che sia. Chiaro?” lo dice piano, dolcemente, come se non volesse traumatizzarmi in qualche modo. Rassicurata, respiro profondamente ed annuisco, segnandomi mentalmente i suoi ovvi ma fondamentali consigli “Adesso cambiamo argomento. Manuela. A che punto stai con Samu?”
“Ginevra!” esclama “Stiamo insieme da pochissimo, a che punto vuoi che stiamo?”
“C’è gente che manco sta insieme e lo fa, Manu. Vedi Vanessa e Simon.”
“Vero, ma.. E’ diverso. Io sono io, Samuele è Samuele.. Insomma, per adesso è ancora fermo sulla conquista. Mi tratta benissimo eccetera.”
“Perché Samuele è un ragazzo d’oro.” Sorride soddisfatta la bionda “Allora niente da discutere su questo, siete d’accordo? Direi di passare, appunto, al Vanimon. O Simessa. No, Simessa mi sa di chiesa.”
Vanimon mi sa di Digimon.” Interviene Manuela.
“Ma la i la devi pronunciare ai, geniaccio.”
“Giusto.”
“Beh, in ogni caso, io penso di adorarli. Lei specialmente. Cioè, Simon quando sta con lei è come se fosse.. normale! Sembra quasi intelligente. E poi la guarda in un modo che fa tenerezza. Direi che Vanessa è un miracolo! Ed è bella ed intelligente. Una new entry nel nostro club!” ciarla Ginevra, tutta contenta. Alzo un sopracciglio.
“Nostro club? Di belle e intelligenti? Parla per te.”
“Sai, Eleonora, è un periodo che mi parlano molto bene di un posto. E’ molto economico, e trovi un sacco di persone, sempre diverse. Si chiama fanculo, ti dice niente?”
“Ci sono stata, sì.”
“Me ne compiaccio. Dicevo? Ah, sì, Vanessa. Voi che ne dite?”
Ci esprimiamo anche io e Manuela, trovandoci ovviamente d’accordo all’altra. Passiamo poi a discutere anche dell’altra nuova coppia, ossia quella formata da Marco e Sonia. Inutile dire che approviamo anche questa, nonostante sia praticamente l’opposto dell’altra. Loro due sono tranquilli, discreti e piuttosto introversi, e anche quando sono insieme si limitano molto per non creare disagio agli altri, senza però riuscire ad evitare di creare quell’atmosfera di dolcezza e serenità. Che belli, che sono.
Quando un’ora dopo finiamo gli argomenti, cade il silenzio, e giusto in quel momento il mio cellulare, appoggiato sul tavolo, vibra. L’immobilità di tutte si trasforma in una gara a chi lo afferra per prima, scontro che si conclude con la vittoria, ahimè, di Ginevra. Apre il messaggio appena ricevuto, si schiarisce la voce e legge “Dove sei? Saresti disponibile per me?” pausa scenica, in cui ne approfitto per coprirmi gli occhi con le mani “Beh, Elle.. Il mittente mi sembra piuttosto scontato.” Commenta.
“Mh.” L’unico suono che riesco ad emettere è questo.
“Restituisciglielo!” grida Manuela “Così può rispondere che per lui è disponibile sempre e in tutti i sensi!”
“Manuela!” La rimprovera Ginevra.
“Non è vero!” Mi oppongo io.
“Elle.” Mi rimprovera Ginevra.
“E’ vero.” Afferma Manuela, con un ghigno sulla faccia.
“No, non lo è!”
“Sì!”
“Dai che t’attizza!” Ride la bionda, mentre io sono in una condizione in cui non posso che evaporare.
“Certo che m’attizza, ma, per favore, potreste non imbarazzarmi in questo modo? Rendimi il cellulare, decido io cosa rispondere e, soprattutto, rispondo io.” Allungo il braccio verso la bionda che, ancora sbellicandosi dalle risate, mi restituisce l’oggetto rubato. Sbuffo e mi accerto che il messaggio letto da lei sia effettivamente scritto così e, soprattutto, da Filippo. Ok, è tutto vero. Deglutisco. Comincio a scrivere.
 

Sono a casa di Gin

 
“Ehm, che gli dico?”
“Non hai detto che devi decidere tu?” mi sfotte la castana, gongolando. Sbuffo.
“E.. Sono disponibile?”
“Tu che dici?” chiede Ginevra.
“Beh, è un pomeriggio tra di noi, quindi.. Insomma..”
“Quindi, insomma, diventa un pomeriggio tra voi. Non ti preoccupare, tanto abbiamo già parlato delle questioni importanti. E poi, Eleonora, sei entrata in un’età in cui devi cercarti un marito. Sennò poi invecchi, diventi brutta e nessuno ti vuole più.” Grazie, Gin, sei incoraggiante. Sospiro per la milionesima volta e finisco di scrivere, anche se con una strana sensazione.
 

Sono a casa di Gin e sì, sono disponibile.

 
Poso il cellulare sul tavolo e, tutte e tre, attendiamo una risposta. Sinceramente non capisco perché l’attendano anche loro, visto che io dovrei uscire con Filippo, ma alla fine mi rendo conto che è per spirito di solidarietà e per la loro sfrenata voglia di sapere tutto delle vite sentimentali altrui, in modo particolare la mia. Quando vibra una seconda volta, un paio d’occhi celesti e un altro verde si fissano su di me. Leggo.
 

Perfetto! Dimmi dove ti torna più comodo incontrarci e ci sarò.

 
“Dove mi torna più comodo?” chiedo, aggrottando la fronte.
“Beh, qui vicino c’è la biblioteca. E’ impossibile che non sappia dov’è.” Mi suggerisce la bionda, alzando le spalle. Annuisco e rispondo, dopodiché attendo di nuovo un suo messaggio per ricevere conferma. Appena arrivato, leggo anche quello.
 

Ho capito. Ci vediamo lì davanti tra una ventina di minuti.

 
“Wow, non aspettava altro.” Commenta Manuela, ammiccando.
“Tanto non ha niente da nascondere. Quello che doveva dire l’ha detto, lui sta apposto così.” Ragiona Ginevra, tranquillissima. Sì, io intanto mi faccio inabissare dall’ansia, cosa che non sfugge a nessuna delle due “Che c’hai adesso?” mi chiede la bionda, esasperata.
“Arriverò lì e non saprò cosa dire, cosa fare, come comportarmi. Farò la figura dell’idiota senza cervello.”
“Questo perché un po’ idiota lo sei, viste le pippe mentali che ti fai. Un po’ di coraggio, cazzo! E poi, non appena sarai lì, dovrai semplicemente salutarlo. Stai calma, al resto ci penserà lui. Ha sempre cercato di aiutarti in qualche modo, perché non dovrebbe farlo adesso?”
“Perché è un sadico?”
“Non è un sadico.” Ribatte interdetta Manuela.
“No, infatti, non lo è.” concorda Ginevra “Stai calma e lascia fare a lui. Non poteva andarti meglio di così.”
“L’ho sempre detto che lui è perfetto.” Piagnucolo io, sbattendo la fronte sul tavolo.
“Meglio per te, no?”
“No, perché se lui è perfetto, io sono l’essenza dell’imperfezione.” Non ce la faccio. Non ce la faccio. Non ce la faccio.
“E allora? Che ti frega? Se anche tu fossi imperfetta, il problema è il suo. E’ lui che deve stare con te, non tu. Tu devi stare con lui. Mi stai ascoltando?”
“Sì, Ginevra. Ti sto ascoltando.” Ma non ce la faccio lo stesso.   
“Alza le tue chiappette d’oro, morettina. Hai un cervello da sbloccare: il tuo.” Solo dopo l’ennesimo sospiro e questa magnifica perla di Manuela decido di alzarmi. Le guardo, probabilmente con la mia tipica espressione da animale in lista per il macello, poi mi dirigo verso l’ingresso per prendere il cappotto e coprirmi. Mi hanno seguita, e mi guardano con un non so ché di incoraggiante. Adesso mi sento più un eroe che va a salvare il mondo, consapevole di non esserne in grado, ma che ha tutta la fiducia degli altri sulle spalle. Bella merda.
“Vado.” Mormoro, sperando mi fermino. Invece annuiscono allegre. Apro la porta fissandole, non abbandonando la mia speranza. Sono ormai fuori di casa quando vedo Ginevra che si avvicina e posa una mano sulla porta “Buona fortuna.”
Sbam.

 


Ce l'ho fatta. Con un'oretta di ritardo, ma ce l'ho fatta.
Continuo a non commentare il capitolo, lascio questo compito a chi lo sa fare meglio (voi), e vi chiedo semplicemente di non uccidermi per questa settimana di attesa. Avrei dovuto regalarvi un mega capitolo super stupendo, ma non ho saputo fare di meglio.
Per fortuna il periodo pieno di impegni si è concluso, ma onde evitare ogni tipo di ritardo vi dico che, anche per questa volta, il capitolo verrà pubblicato Sabato, se non prima, ma non ci sperate.

Spero davvero che questo aggiornamento vi sia ugualmente piaciuto, e ringrazio tutti coloro che sono arrivati a questo punto nonostante tutti i vari problemi di tempo e di trama (il non-bacio Filinora a qualcuno è bruciato). 
Grazie davvero a tutti.

Ci vediamo la prossima settimana, e come al solito se avete bisogno (o voglia, che ne so) di contattarmi potete farlo sia qui su EFP che su Twitter, o ancora sul Blog.
Buon fine settimana e buona settimana prossima (?)

Ps: Domani è il compleanno del Bonetti. Auguri Gabriele, ti voglio bene. <3 

Maricuz

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Capitolo 28
*** States ***


XXVII Capitolo


States
Quanto può esser bello avere delle amiche? Delle persone che possono comprenderti appieno, che sanno sempre quali sono le parole giuste per te e quali no, che ti chiedono cosa c’è che non va quando tutto va storto o che sorridono quando ti vedono raccontare ciò che ti rende davvero felice e ti fa brillare gli occhi.
Sì, dovrei pensare a tutto questo, invece che mandare mentalmente vari generi di insulti nei confronti di Manuela e Ginevra.
Come hanno potuto sbattermi fuori di casa in quel modo, quando era palese che stessi chiedendo un piccolo aiutino? Oltre a non avermelo dato, mi hanno buttato in pasto ai leoni –al leone- come se non fossi una persona facilmente impressionabile e piuttosto sensibile a ciò che accade a me medesima. Davvero, il loro è stato un comportamento davvero esemplare, dovrei proprio legarmela al dito.
Ok, no, lo ammetto. Sto semplicemente sviando la mia mente dal pensiero principale: Filippo. Sono appoggiata al muro, proprio accanto alla porta della biblioteca stabilita come punto d’incontro e sto praticamente congelando. Bello, Febbraio. Sospiro, creando la tipica nuvoletta di fronte alla faccia. La guardo finché non si dissolve, per poi concentrarmi sul cellulare che ho appena estratto dalla tasca. Le persone mi passano davanti indisturbate, inconsapevoli del mio stato mentale. Chissà come appaio agli altri, in questo momento. Avrò una faccia sconvolta? Dio, se così fosse anche Filippo se ne accorgerebbe. Devo assolutamente pensare a qualcosa di allegro, magari divertente. No, divertente no. Potrei cominciare a ridere da sola, e da sconvolta passerei a psicopatica. Forse è meglio non pensare a niente e continuare a sembrare sconvolta. Sì, va bene così. Il cellulare, però, lo controllo lo stesso. Facendo due conti, dovrebbe arrivare da un momento all’altro. E io dovrei decisamente cambiare sfondo, visto che ho lo stesso da tre mesi.
“Ci sono!” Filippo si ferma davanti a me, facendomi notare, fra tutte le cose, la sua altezza. Pian piano alzo la testa e incrocio il suo sguardo. Ha il fiatone, però sorride lo stesso “Scusa. Pietro ha preso la macchina per andare da Sara e sono rimasto a piedi.”
“Tranquillo, non sei in ritardo.”
“Da quanto aspetti?”
“Non molto. Un minuto, forse.” O forse un po’ di più.
“Ah,” sospira “beh, non è andata malissimo, allora. Tutto apposto?”
“Sì, sì!” rispondo immediatamente, col solito tono acuto di quando sono nervosa “Tutto bene. Tu?”
“Va tutto bene. Davvero.” E il modo in cui pronuncia quel davvero sembra quasi un mezzo per farmi capire che sa che, per me, tutto apposto non è. Faccio una piccola smorfia colpevole e, molto probabilmente, arrossisco. Beccata subito, accidenti.
“Scusa.” Bisbiglio, facendogli addolcire lo sguardo.
“Mi hai fatto qualcosa di brutto e non lo so?” mi chiede, con un sorriso lieve sulle labbra. Scuoto il capo freneticamente “No, no! Solo..”
“Elle,” mi interrompe “stai tranquilla. Siamo qui per passare un po’ di tempo insieme, niente di più, niente di meno. Non c’è motivo per stare in ansia. Siamo solo io e te che..” ma stavolta lo blocco io.
“Solo io e te. E’ questo il motivo.”
“Ok..” mormora, dopo qualche secondo “Penso che l’unico modo per affrontare la cosa, sia non affrontarla affatto. Quindi, dove vuoi andare?Facciamo un giro o entriamo da qualche parte?” Perché devo decidere io?
“Ehm.. Non lo so, è uguale.”
“Hai freddo?”
“No, non troppo. Sto bene.”
“Allora facciamo prima un giro.”
Cominciamo così a camminare, sempre in silenzio, l’uno accanto all’altra. Non so se è un problema nostro o se è normale, ma tutte le volte che ci troviamo in luoghi aperti c’è sempre il momento in cui nessuno dice niente, proprio appena iniziamo a muoverci. E’ anche la parte che odio, tra l’altro. Mi lascia troppo tempo per pensare, e non voglio farlo. Non mi piace.
“Insomma.. Eri da Ginevra, mh?”
“Già. E’ stato un periodo pieno di novità, era necessario.” Oh, sì. Adesso gli dico anche che abbiamo parlato di lui.
“Effettivamente..” sussurra “Oltretutto, molte sono di genere sentimentale. Marco e Sonia, Samuele e Manuela, Vanessa e Simon..” ok, sto sperando con tutto il cuore che non dica i nostri nomi. Sarebbe imbarazzante e forse anche affrettato. Vero, probabilmente, ma affrettato.
“Ti ricordi” grazie a Dio “quando Simon ci aveva invitato a pranzo e ci siamo ritrovati in salotto ad ascoltarlo mentre era con Vanessa?” si ferma per ridacchiare “Quello non si vergogna di niente, è incredibile.”
“E’ sempre stato così.” Sorrido, quasi intenerita “L’anno scorso aveva fatto una scommessa, che ha perso. Si è spogliato, è rimasto in mutande ed è montato in macchina, poi ha chiesto ad una vecchietta delle indicazioni. Mi sono vergognata io per lui. Probabilmente l’avrebbe rifatto..”
“Non ci credo. E la vecchietta come ha reagito?”
“Ha minacciato di denunciarlo imprecando contro le nuove generazioni.”
“Che dolce.”
“Sì. La sua dolcezza ha fatto cambiare idea a Simon. E’ lei il motivo per cui quella è stata la prima ed ultima volta.” Rido, pensando all’espressione sconvolta del mio migliore amico in quel giorno. Era primavera, se non sbaglio.
“Quindi è il vostro giullare?” chiede Filippo, curioso. Quando annuisco, continua “Voi Simon, noi Jonathan.”
“Per questo vanno d’accordo, forse..” rifletto, guardando a terra.
“Senz’altro. L’importante è non lasciarli soli.. Ah, Manu come sta?” Cambia argomento, lasciandomi inizialmente interdetta. Faccio due più due.
“Samu come sta?” ribatto, ghignando.
“Lui ha affittato un appartamento in Paradiso. Adesso sta a te rispondere. Manuela?”
“Vive con lui.”
“In un certo senso, mi sento un po’ come Cupido. Tu sei stata la mia freccia. Insomma, è la freccia che dà la conferma, che assicura l’unione tra i due individui. Infatti ho chiesto a te.” Mi volto e vedo sul suo volto un’espressione compiaciuta. Dondolo un paio di volte la testa.
“Sono un oggetto.” Sparo a caso, per buttarla sull’insensato.
“Sei anche l’oggetto che rende Cupido quello che è, non denigrarti.”
“E’ una grande responsabilità, allora..” Deglutisco. E’ inutile, qualunque intenzione io abbia, con lui va in fumo, soprattutto se cerco di non far prendere al discorso una piega strana.
“Ma dà anche soddisfazione. Poi, voglio dire, Cupido sono io..”
“Già.” Sospiro, fingendomi rassegnata “Dimenticavo che ogni tanto la parte più modesta di te esce fuori.”
“Non fingere che ti dispiaccia.” Mi ammonisce, spingendomi piano con la spalla. Alzo le sopracciglia, continuando a recitare.
“Chi ti dice che io stia fingendo?”
“Chi ti dice che io non sappia riconoscere se tu fingi o meno?”
“Ok, ok!” Smetto di trattenermi e scoppio a ridere “Hai vinto, va bene. Non mi dispiace.”
“Ok, adesso puoi dire che ti piace.” Insiste “Ammettilo.”
“Perché con te devo sempre ammettere qualcosa? Come se non lo sapessi, poi.” Mi lamento. Mi accorgo che sto praticamente saltellando affianco a lui, esattamente come una bambina. L’inquietudine di prima è quasi sparita, ed anche il mio corpo mi mostra quanto sia più sciolta. Menomale.
“Beh, le mie sono deduzioni. Spesso esatte, ma deduzioni.” Risponde ovvio, facendo spallucce.
“Certo, scusa.”
“Fa niente. Lì c’è un bar, entriamo?”
 
“Sai che ore sono?”
“Poco fa erano le sei e cinque. Ti annoio?” Mi domanda inespressivo, appoggiando il gomito sul tavolo e il volto sul palmo.
“Non dire cavolate, lo sai che non mi annoi.” Sorrido, guardando e giocando con la bustina vuota di zucchero. La mia domanda aveva il significato contrario a quello usato da lui per provocarmi: volevo semplicemente sapere quanto mancava al momento in cui l’avrei salutato per tornare a casa. Più lontano è, meglio è.
“Come sta andando, secondo te?”
“Bene! Ma sapevi anche questo.”
“Non lo sapevo, però lo speravo.” Alzo lo sguardo, trovandolo intento a fissarmi, rilassato eppure attento. Respiro profondamente, cercando di farla passare come un’azione casuale, e dopo una manciata di secondi inclino la testa e dondolo un po’ il busto.
“Perché mi guardi senza dire niente?” chiedo, nascondendo il mio imbarazzo alla meglio.
“Ti studiavo in stato di quiete.” Sorride appena, ma mi basta per avvertire un tonfo in pieno petto e arrossire. Dio, sono proprio senza speranza. Mi basta rendermi conto di qualche sguardo, qualche gesto o qualche parola e mi va in trip il cervello. Abbasso il capo e guardo la mia barchetta di carta –pace all’anima della bustina-.
“Ci sono molte differenze?” Chiedo dopo essermi schiarita la voce.
“Rispetto a quale altro stato?”
“Quanti stati ho?”
“Non hai idea.” Ridacchia, spingendomi a spostare la mia attenzione di nuovo su di lui.
“E.. Ne hai uno preferito?”
“Sì e no. Mi è difficile trovare le mie cose preferite, faccio troppe distinzioni, troppi ragionamenti.. Cerco pro e contro e non riesco mai a decidere quale sia l’alternativa più adatta. Per esempio, vado in crisi quando mi chiedono qual è la mia canzone preferita. A parte il fatto che nel corso della mia vita, che non è poi così lunga, ne ho sentite a migliaia, come faccio a dire qual è quella che prediligo? Una può essere bella musicalmente, l’altra può avere un testo più significativo, la terza può ricordarmi un evento importante. Magari ieri avevo bisogno di qualcosa che avesse un determinato ritmo, oggi delle parole che riescano a rispecchiarmi, domani di perdermi nella mia memoria..” scuote la testa, approfittandone per fare un gesto con la mano adesso libera “E’ tutto troppo relativo.”
Annuisco senza neanche rendermene conto, tornando improvvisamente con la mente a quel giorno prima di Natale, quando mi ero incantata ad ascoltarlo mentre parlava della scrittura. Il cuore batte velocemente, e sento il bisogno di fare respiri solo ed esclusivamente profondi. Sento così tante cose..
“E..” tossicchio “Facendo l’esempio dei miei stati..?”
Mi scruta non variando la sua espressione, fin quando non sorride divertito e, sospirando, si appoggia completamente allo schienale della sedia, incrociando le braccia davanti al petto. La pendenza della sua testa mi suggerisce l’azionamento delle sue rotelline, così mi preparo. Poco dopo, infatti, parla “Beh, dipende dal momento e dal punto di vista. Se ti guardo come ricercatore di spunti, sempre. In modo particolare, però, quando sei confusa o comunque in situazioni critiche. Questo è un mio difetto di fabbricazione: trovo affascinanti le figure problematiche. Se invece ti guardo come Filippo, nonché persona che prova sentimenti nei tuoi confronti, scelgo i tuoi stati di quiete, di allegria, di tranquillità e tutte le varie sfumature. Oh, e lo stato di riflessione! Purché non sia su di te o su cose che ti riguardano direttamente. Anche quando arrossisci e sei imbarazzata, tipo adesso, o quando sei in fase di venerazione, come poco fa.”
“Ok.” Alzo le mani e distolgo lo sguardo “Può bastare. Ho capito. Non ne hai uno preferito.”
“Lo sono tutti.” Dall’intonazione capisco che sorride, ma scelgo di non accertarmene “Se ti chiedessi di rispondere alla stessa domanda faresti scena muta, giusto?”
“Giustissimo.” Mormoro.
“Allora evito. Torniamo fuori o stiamo ancora un po’ qui, al calduccio?”
“Torniamo fuori.” Rispondo, senza ragionarci più di tanto.
“C’è meno contatto visivo, eh?” Sghignazza lui.
“Oh, per piacere. Smettila di ricordarmi che sei onnisciente.”
 
“Perché non mi hai detto che sei nato il tredici Dicembre?! Avrei potuto farti gli auguri!” Brontolo, mettendo su anche il broncio. Ho scoperto solo adesso il giorno del suo compleanno, capitemi! No, ok, è una cavolata.
“Non me li avresti fatti.” Ribatte convinto “Ci conoscevamo da.. Massimo tre settimane. Ti vergogneresti a farmeli adesso, figurati prima.”
“Non è vero, non mi sarei vergognata!” Mi giro, con gli occhi spalancati “E non mi vergognerei neanche adesso.”
“Sì, lo faresti se ti chiedessi un regalo specifico.”
“Non voglio saperlo.” Lo minaccio con lo sguardo, poi torno a concentrarmi sulla strada, mentre lui continua a prendersi gioco di me.
“Vuoi tenerti la sorpresa per il prossimo compleanno?”
“Se vuoi vederla così, va bene. Basta che non me lo dici.”
“Non so le richieste che tu hai ricevuto in passato, ma la mia non sarebbe oscena, davvero.”
“Ci credo, ma meno so e meno mi rivelo demente.”
“Non sei una demente.”
“Questo è quello che pensano tutti. Se solo tu fossi dentro il mio cervello..”
“Cosa succederebbe?” mi sprona, guardandomi curioso.
“Beh, non so come funziona, ma sentiresti o vedresti tutti i miei veri pensieri, tutte le mie fisime, tutti i miei traumi, tutti i miei ricordi, tutte le mie speranze e tutte le mie paure. Sarebbe come andare in una discarica piena di roba messa lì senza un filo logico. L’unica differenza è che nel mio cervello non ci sono cose che puzzano o che sono sporche. Credo. Non sono cose concrete, non possono puzzare o essere sporche!”
“Invitante.”
“Raccapricciante.” Lo correggo e rotea gli occhi.
“Tu invece? Quando sei nata?”
“Ieri.”
“Cosa?! Davvero? Ieri era il tuo compleanno?” Chiede fermandosi in mezzo alla strada, improvvisamente nel panico. Resisto un paio di secondi, poi inizio a ridere come una matta. Sono persino costretta a piegarmi in due dal dolore, mentre gli occhi iniziano ad inumidirsi per le lacrime. E’ una delle cose più stupide a cui abbia mai riso, è vero, ma la sua faccia era da fotografare e appendere davanti al letto, giusto per iniziare ogni giornata con un sorriso.
“Deduco che tu non sia nata ieri.” Dice, facendosi sfuggire un sorrisetto.
“No.” Prendo un respiro profondo e mi raddrizzo, passandomi le mani sotto gli occhi “Sono nata a Maggio. L’undici Maggio.”
“Anche mio cugino è nato l’undici Maggio.”
“Me lo segno.” Annuisco, cercando di recuperare tutto il contegno necessario per riprendere a camminare “Ma.. Tu dove abiti?”
“In fondo alla strada. Lì davanti.” Dice semplicemente.
“Ah. Comodo. Avete quasi tutto intorno. Appartamento?”
“Sì. Secondo piano, però, non ottavo. In ogni caso, il nostro ascensore funziona. Con te è necessario specificare questo aspetto, altrimenti non ci entreresti mai con me.”
“A volte basta prendere le scale.” Affermo saccente, come se avessi detto chissà quale perla di saggezza.
“Sarebbe stato bello prendere le scale, quel giorno, se qualcuno non si fosse fatto male alla caviglia.” Butta lì. Aggrotto la fronte.
“Cosa vorresti insinuare? Mica ti ho detto io di prendere l’ascensore!”
“E lasciare una povera donzella infortunata e suggestionabile nelle grinfie di un aggeggio poco funzionante? Mai.”
“Hai preso quell’ascensore per me?” chiedo, sconvolta.
“Non ho detto questo.”
“Non ci posso credere.” Bisbiglio, fissandolo con gli occhi più spalancati di prima.
“Ok.” Si ferma davanti ad una porta “Adesso ti chiederò una cosa, però prima ho bisogno che tu smetta di puntarmi in quel modo con quegli occhioni scuri, d’accordo?” sospirando e prendendolo alla lettera, chiudo gli occhi. Se ci avessi pensato non l’avrei fatto, vorrei sottolineare questo aspetto.
“Grazie. Ora voglio che tu mi assicuri che riceverò una risposta sincera.”
“Te l’assicuro.. Ma ho paura.”
“Lasciala perdere. Guardami.” Faccio quello che dice “Vuoi salire? Ti do cinque secondi per riflettere, solo perché ti voglio bene e so che in questo momento la tua discarica profumata ha fatto bum.” Ma bravo. Boccheggio per un paio di secondi, poi provo a chiedergli se mi prende in giro, senza riuscirci. Ha alzato l’indice e l’ha posto esattamente tra il suo viso e il mio.
Sì o no? Sì o no? No, non posso. Ma perché no?Maledizione, perché mi fa questo? Dovevo aspettarmi che prima o poi avrebbe smesso di facilitarmi le cose.
“Tre.. Due.. Uno..” Il dito si sposta e punta me. Deglutisco, mi passo la lingua tra le labbra e prendo fiato.
“Sì.”

 


La la la Eleonora è fori de capoccia la la la!

LADIES AND.. LADIES!
Eccomi qui, con il penultimo capitolo di questa storia. Di conseguenza, il prossimo sarà l'ultimo. Ma poi c'è l'epilogo, quindi alla fine dovete ancora cagarmi per un paio di volte. :')
Allora, che ne dite? Io non mi pronuncio. 
Anzi, siccome ho già scritto l'ultimo capitolo e sto preparando l'epilogo, fi faccio una domanda: cosa vorreste fosse chiarito o affrontato nell'episodio finale? E quando vorreste fosse svolto? Cioè, qualche giorno dopo, settimane, mesi, anni..? Potreste davvero aiutarmi rispondendo a queste domande. :'D

Well, well.. Se devo essere sincera inizio a sentirmi male. Non vorrei mai abbandonare nessuno di questi personaggi, ma l'ho fatto con Amore al primo Tweet, con Ruth, e devo farlo anche con La monotonia non esiste.
Ovviamente vi devo ringraziare per tutto quello che avete fatto e state facendo, ma lo farò meglio dopo l'epilogo. :')
Il 28° capitolo verrà pubblicato l'8 Febbraio, che è Venerdì. Non più una settimana di attesa, quindi. u_u

Se volete contattarmi, potete farlo qui su EFP, su Twittah oppure sul mio personal Blog.
E' stato un piacere. A presto!!

Maricuz

Ps: Domani è il mio compleanno. *gongola*

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Capitolo 29
*** Monotony doesn't exist ***


XXVIII Capitolo


Monotony doesn’t exist
Qualcuno  mi spieghi perché ho detto di sì.
Persino lui c’è quasi rimasto male! Appena ho accettato ha schiuso la bocca senza emettere suono e ha cominciato a guardarmi con occhi stralunati, cosa che non ha mai fatto, perlomeno con me. Quando ha realizzato, ha fatto un sorrisetto e ha tirato fuori le chiavi dalla tasca destra del cappotto.
Adesso, stiamo salendo le scale. Non so perché è diventato improvvisamente così silenzioso, e preferisco non chiedermelo. Preferisco anche non pensare al motivo per cui mi ha invitata a salire a casa sua, per cui apprezzo molto l’esclusione dell’ascensore. So come tenermi occupata.
Si ferma di fronte ad una porta, cerca la chiave giusta e la infila nella toppa. Nel frattempo, guardo la sua schiena e cerco di non fissarmi sul fatto che sto per giocare in casa avversaria. Deglutisco, giusto un secondo prima che si volti e faccia un piccolo inchino per invitarmi ad entrare. Abbozzo un sorriso e faccio i miei primi passi nel suo appartamento. La porta si chiude, mi giro lentamente e lo vedo appoggiato ad essa e con le braccia incrociate.
“Perché hai accettato?” chiede, inclinando la testa. Sta tutto in quel gesto, maledizione. Il torcicollo è la sua criptonite.
“Avrei dovuto rifiutare?” domando io, piuttosto incerta. Magari la sua era solo una prova..
“No, certo che no. Non c’era niente che avresti dovuto fare, dovevi semplicemente dirmi se volevi salire o no. Ti ho chiesto perché hai accettato. Volevi davvero farlo o ti dispiaceva dirmi di no?” indaga, mantenendo la sua aria indifferente. Se riuscissi a capire qualcosa dal suo tono di voce o dalla sua espressione sarebbe tutto più facile.
“Beh, non vedevo un reale motivo per rifiutare.”
“Non hai risposto.” Sospira.
“Sì, volevo salire. Non c’ho pensato molto.” Ammetto, allargando le braccia e alzando le spalle.
“Non hai pensato male? Ormai in queste situazioni, quando si chiede all’altro se ha voglia di salire, è inevitabile pensare a qualcosa collegato al sesso.” Afferma tranquillo, sbottonandosi il cappotto. Sospiro imbarazzata e faccio la stessa cosa.
“Ho preferito non pormi il problema.”
“Quindi ti sei fidata di me.”
“Quando non l’ho fatto?”
“Touché. Beh, posso sostenere l’idea che la faccenda non è tragica come pensavamo.” Appende i nostri cappotti all’attaccapanni e torna a guardarmi, avvicinandosi “L’interesse c’è, un po’ di fiducia sicuramente.. Il problema è che mi vedi ancora come una persona troppo estranea.” Aggrotto la fronte e lo ascolto: ho come la sensazione che mi dirà qualcosa di rivelatore “Scusa se tiro fuori sempre lui, ma è il mio esempio perfetto: Simon. Al suo compleanno, quando gli hai fatto gli auguri, l’hai abbracciato come se non ci fosse stato un domani. So che lo conosci da tempo, ormai c’è un rapporto che non ti permette di farti sorgere determinati problemi. Con me sarebbe una cosa totalmente opposta, e per più di un motivo. Uno di questi, è sicuramente la scarsa confidenza. Tu ne hai un immenso bisogno, però. Tu, anche solo per questo..” Adesso che la stringe, mi accorgo che la sua mano era a pochi centimetri dalla mia. Mi irrigidisco e abbasso lo sguardo impulsivamente, mentre lui finisce la sua frase “Ti intimidisci.”
“Beh..” deglutisco di nuovo “Come si risolve?”
“Non lo so, andiamo per tentativi.” Senza lasciarmi, mi trascina per il corridoio “Ti faccio vedere la mia camera, così vedi se mi rispecchia.”
“Camera?” mormoro incerta. Prima mi dice che andrà con calma, poi che ho bisogno di confidenza e adesso mi porta in camera? C’è un letto, lì dentro. Vuole farmi morire?!
“Non ti violento, Elle. So che lo sai.”
“Lo so, lo so..” Ma tu vuoi sedurmi e fare in modo che sia io a volerlo! Entriamo in una stanza piuttosto buia. Comincio a guardarmi intorno, mentre lui separa la sua mano dalla mia e si avvicina alla finestra.
“Allora non farti film mentali.” Dice, aprendo le persiane. La luce aumenta e mi permette di vedere meglio l’enorme libreria piena zeppa di libri. Spalanco la bocca, da persona piena di autocontrollo quale sono.
“Ma quanto leggi?”
“Tanto. Forse troppo. I libri in fondo però sono di scuola o dell’università, quindi non valgono.”
“Incredibile.”
“Grazie.”
“Non era riferito a te.” Rido, voltandomi verso di lui, adesso seduto sul letto. Sorride e alza le spalle “I miei libri sono io.”
“Sei fatto di carta?” chiedo, camminando per la stanza. La scrivania, su cui è posto un tomo enorme di chissà cosa, è cosparsa di fogli, sia bianchi che scritti. Ciò che attira maggiormente la mia attenzione, però, è un paio di occhiali in un angolino della superficie. Aggrotto la fronte.
“No, no. Sono fatto di carne, però posso ugualmente avere tante storie dentro di me.”
“Questo è affascinante..” affermo, tornando a guardarlo “Porti gli occhiali?”
“Solo quando studio, leggo o scrivo. O al computer.”
“Mi fai vedere come ci stai?”
“Sembro uno sfigato. Secchione, per giunta.”
Pf, non penso proprio.” Scuoto la testa, prendo gli occhiali e mi siedo accanto a lui, porgendoglieli “Dai, dieci secondi!” insisto.
“Solo perché sei tu.” Sospira, afferrandoli arrendevole. Mi mordo il labbro inferiore curiosa, mentre se li mette. Si volta verso di me e si mostra. Ridacchio soddisfatta, pensando dentro di me vari aggettivi più che positivi sul suo aspetto.
“Non sembri né uno sfigato, né un secchione.” Dico solamente.
“Cosa, allora? Un fallito?”
“No! Un.. Bel ragazzo con un paio di occhiali, sembri. Ti rendono molto.. Intellettuale.”
“Se ti piaccio di più così, me li metto più spesso.”
“Non ho detto questo.”
“Allora faccio schifo.” Conclude, ed io scuoto la testa.
“Se vuoi che ti faccia qualche complimento puoi dirlo immediatamente.” Il mio invito è più che lecito. Fa una smorfia stupida, che conferma la mia ipotesi, poi si toglie gli occhiali, iniziando ad osservarli e a rigirarseli tra le mani.
“Di solito non me li fai mai, ne approfitto.”
“Oh, povero cucciolo..” bisbiglio istintivamente. Inclina il capo quel che basta per inquadrarmi con la coda dell’occhio.
“Mi prendi anche in giro, adesso?”
“Mi sembra di averlo fatto, sì.”
“Beh..” sorride “Potrei prenderla come una cosa positiva.” Così dicendo, si alza e posa gli occhiali sulla scrivania, esattamente dove erano prima “Anche se mi ritengo offeso.”
“Non è vero!” esclamo, incrociando le braccia.
“Chi te lo garantisce?” domanda, appoggiandosi alla superficie di legno. Mi tiro su e mi posiziono davanti a lui, tranquilla “Tu.”
“Come?”
“Anche io ho imparato qualcosa di te. Non ti offenderesti per una cavolata del genere, ne sono sicura. In realtà non so proprio se lo faresti mai. Con la tua mente sforneresti una giustificazione o una ragione per ogni azione o frase fatta anche solo per caso, e sei tutto tranne che suscettibile. No, non sei il tipo che mette il muso.” Asserisco, convinta come poche volte. Lui mi guarda in modo strano, quasi come se fosse orgoglioso di me. Alzo un sopracciglio, allora sorride apertamente.
“Ho una brutta influenza su di te.”
“Solo perché mi fai venir voglia di usare un po’ meglio il mio cervello?”
“Nessuno ha mai detto che il modo in cui uso il cervello sia migliore di quello altrui.” Dice, senza nascondere la curiosità di sapere la mia prossima risposta. Faccio spallucce.
“Per me lo è, quindi non considero la tua come brutta influenza.”
“Se va bene a te, va bene anche a me.” Dice, tornando a non mostrare emozioni e pensieri. Abbozzo un sorriso e sospiro, senza un motivo. Non so cosa dire, e Filippo non mi sta aiutando. Si limita a fissarmi, ma pare stia pensando a qualcos’altro. Io ricambio il suo sguardo e non mi muovo, come se un mio spostamento possa disturbare il suo ragionamento. Non pensare di essere così importante, Elle.
“Devo farti una domanda.” Comincia, interrompendo fin da subito la mia conversazione con me stessa “Non è una domanda che si fa, solitamente, ma devo capire una cosa.”
“Dimmi.”
“Hai mai sentito il bisogno di.. toccarmi?”
“..Che razza di domanda è?” Sbotto, arrossendo all’istante. La mia reazione sembra turbare anche lui. Si raddrizza staccandosi dal tavolo e alza le mani come per farmi calmare. Gli occhi ben aperti mi suggeriscono che, sì, è agitato.
“No! Non in quel senso! Pensi davvero che ti farei una domanda del genere? Intendevo abbracciarmi, sfiorarmi una mano, un braccio, una spalla, il volto o qualsiasi altra parte innocua di un corpo umano o.. baciarmi, tipo.”
“Rimane comunque una domanda imbarazzante.” Borbotto, distogliendo lo sguardo “A cosa ti serve la risposta?”
“Ehm..” Si schiarisce la voce, buttando giù le braccia e provando a tornare imparziale “Ho.. Ho notato che tendi a volermi vicino, probabilmente senza rendertene conto. Quando prima mi sono seduto sul letto, tu mi hai seguito e ti sei seduta vicino a me. Quando mi sono alzato per venire qui, mi hai seguito di nuovo e ti sei messa davanti a me. Così ho pensato che, forse, è un’inconscia ricerca di contatto. Ti ho fatto quella domanda per capire meglio.” Può anche trovarsi in difficoltà, ma appena inizia a parlare del mio cervello bacato recupera tutte le sue capacità, il bastardo. Annuisco mestamente poi lo scruto con qualche occhiata.
“E dovrei rispondere, adesso?”
Sospira, guardandomi intensamente, poi scuote il capo “No, non importa. Non voglio che tu veda te stessa come un robot preprogrammato, non lo sei. Non dovrei farti queste domande del cazzo, ti blocco ulteriormente e basta. Scusa..”
“Perché me lo hai detto?” chiedo, studiandolo. Ha abbassato la testa, sembra che si senta davvero in colpa.
“Perché.. Vorrei che ti rendessi conto di quello che fai, che il tuo cervello non ha problemi come pensi che abbia. Funziona bene, se non riflettessi troppo sulle situazioni saresti la tranquillità in persona. Se non riflettessi troppo, se fossi sempre naturale e spontanea, potresti fare quello che realmente vorresti fare senza porti problemi.” Spiega, tornando a puntare gli occhi nei miei.
“Tempo fa mi hai detto che quando uso l’istinto non valuto le cose appropriatamente..” mormoro, cercando di capire.
“Non sto parlando di istintività, ma di spontaneità.”
“Non sono spontanea?”
“Sì che lo sei, ma solo quando sei a tuo agio.” Spiega, alzando una mano e posandomela sulla guancia. Dio, questi gesti improvvisi. Deglutisco e lo fisso, mentre lui fa la stessa cosa e continua a parlare “Nel momento in cui ti rendi conto che stai superando i limiti che ti imponi, ti chiudi a riccio e la naturalezza sfuma, per questo ti freni quando affrontiamo qualche discorso un po’ più serio. Sono io a mostrarti quello che fai, ecco il motivo per cui io dovrei tenere la bocca chiusa, ogni tanto.”
“Tu dovresti dire quello che vorresti dire, non ciò che non mi causa problemi. Non puoi incolparti di questo, non è giusto..”
“Se io parlassi con te come fanno tutti, Elle..” mi prende delicatamente il viso con entrambe le mani, aggrottando la fronte “Come fanno Simon, Marco, Roberto, Samuele, Jonathan.. Tu non ti bloccheresti, non ti rifiuteresti di vedere la realtà, di ammettere quello che provo per te. Se anche io fossi spontaneo, Eleonora, e non estremamente calcolatore come sono, con me sarebbe tutto più facile. Non ti sentiresti a disagio, e tutto sarebbe naturale, come te e come me..”
Scuoto la testa decisa, presa da qualcosa simile all’adrenalina “Sei tu mi parlassi come Simon, Marco, Roberto, Samuele, Jonathan, il papa o Barack Obama, se tu fossi come non sei.. Tu non mi piaceresti, e neanche sorgerebbe la questione. Smettila di incolparti per cose che non sono causate da te, non andare per forza alla ricerca di ciò che giustifica tutto questo, perché alcune domande non hanno risposta.” Wow, sorriderei per la soddisfazione, ma non posso farlo proprio adesso. Poso le mani sul suo petto, le porto fino alle spalle e mi aggrappo “E sì, ho sentito il bisogno di toccarti. Sin dal primo momento. Ti sei mai visto allo specchio? Hai un volto e un fisico che fanno invidia. Aggiungiamo anche la capacità quasi inquietante di capire le persone. E il modo in cui parli? I tuoi gesti?”
“Elle..” mormora, come per fermarmi. Ha l’aria totalmente spiazzata.
“No. Solo io posso screditarmi, tu no. Tu sei perfetto così.” Vorrebbe non farlo, ma un sorrisino spunta sulle sue labbra. Quelle labbra carnose, quegli occhi brillanti.. Stringo la sua felpa tra le dita e prendo un respiro profondo “Sono io l’idiota tra i due, capito?”
“Sì.” Sussurra.
“Bene.” Deglutisco e allento la presa, lasciando cadere le braccia, come se la forza di poco fa si fosse esaurita all’improvviso. Toglie le mani dal viso in quel momento, solo per posarle sopra le mie e bloccarle dove sono. Le osservo, ammiro ogni millimetro quadrato dell’immagine che ho davanti agli occhi: le sue nocche bianche per la stretta, le vene leggermente visibili, le pieghe della felpa.. Alzo con lentezza estenuante lo sguardo, fino a posarlo sul suo volto, e non so esattamente cosa vi trovo che mi spinge ad alzarmi sulla punta dei piedi e baciarlo. Forse il sorriso ancora presente sulle labbra, forse il modo in cui mi guardava prima di chiudere gli occhi, forse tutto ciò che ha dentro e che ha voluto mostrarmi, o forse perché ero semplicemente stanca di resistere come solo un’idiota come me potrebbe fare.
E improvvisamente non mi importa più del futuro e della paura che avevo. Non mi importa più delle certezze e della sicurezza che mi procurava la monotonia. La monotonia non esiste.
 
 


*Alleluja time*
*Consapevolezza della fine time*
*Malinconia time*

Oh, guys. 
Ce l'hanno fatta. Ce l'ha fatta. Eleonora ha agito, finalmente. Ma è l'ultimo capitolo, quindi non ce li godremo quanto vorremmo, purtroppo.
Rimane solo l'epilogo, ormai, che ancora deve essere iniziato (ops). So per certo che si svolgerà a tre mesi circa da questo capitolo. La maggioranza ha votato per il non far passare troppo tempo, allora opto per questa soluzione. :) Spero di riuscire a dare almeno un po' di spazio a tutti i personaggi. TwT

Non ringrazio nessuno. Cioè, ringrazio tutti, ma non farò nessun discorso strappalacrime (ancora).
Per quello c'è tempo la prossima settimana, Venerdì: giorno in cui spero di riuscire a pubblicare. Giuro, mi impegno affinché io riesca a pubblicare il 15 Febbraio! ..Che poi, è una cosa dolcissima. L'epilogo verrà pubblicato il giorno in cui Filippo è andato a casa di Eleonora per farla uscire con lui. :')
Ok, basta. Il diabete time non era previsto.

Basta, vi saluto.
Sapete dove trovarmi, tanto. Sono sempre i soliti siti/link. :3

Alla prossima, belli!

Maricuz

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Capitolo 30
*** Epilogo ***



Epilogo
 
“Eleonora, sposta quei piattini da lì, sono brutti!” ordina mia madre, facendomi sobbalzare. Spalanco gli occhi, girandomi verso di lei.
“Pensi che se li mettessi più a destra diventerebbero più belli?”
“Non è il momento di fare la spiritosa. Spostali.” Sospiro ed eseguo, convinta che, comunque, è un’azione del tutto senza senso. Li guardo, quei piattini, ma mi sembrano brutti quanto prima. O belli, quanto prima.
“Forza, metti le patatine nella ciotola.”
“Sì, mamma. Lo stavo per fare..”
“Ok, poi metti lì le bibite e..”
“Mamma!” la blocco “Puoi uscire, ci penso io. Tra poco arrivano anche Ginevra e Manuela, tanto. Mi aiuteranno loro, se avrò bisogno.” O meglio: Ginevra mi aiuterà, Manuela probabilmente comincerà a mangiucchiare le patatine che sto sistemando adesso.
“Va bene.” Sospira lei, decidendosi ad uscire dal salotto.
“E Filippo?”
“Stacca tardi, oggi..”
“Oh. Quindi arriva quando tutti gli altri?”
“Evidentemente..”
“Ok! Mi ha detto Azzurra che più tardi fa un salto qui insieme a Michele.”
“Lo so..” Qualcuno mi salvi.
“Ah, ok!” Compare di nuovo, stavolta con il cappotto e la borsa “Allora io vado da Giada, se gai bisogno di qualcosa, mi chiami. Ricordati che dopo la mezzanotte devi tenere la musica bassa, altrimenti il signor Claretti viene a rovinarti la festa.” Che gentile vicinato. Annuisco.
“Tranquilla, mamma. Sarà tutto sotto controllo.”
“Farò finta di fidarmi. Divertiti!”
“Grazie, anche tu.”
 
“Cristo, Manuela. Smettila di mangiare e dacci una mano, tra poco arrivano tutti gli altri!”
“Appunto! Poi mangiano tutto loro! Mi devo anticipare il lavoro.”
“Possibile che tu debba trovare una scusa per tutto?”
“Ragazze, non mi siete d’aiuto. Aiutatemi a spostare il divano.” Ottenuta la loro attenzione, cominciamo a fare spazio nel centro della stanza, nel caso in cui a qualcuno venga la malsana voglia di cominciare a ballare. Beh, la musica c’è, tanto malsana la voglia non sarebbe, dopotutto.
“Quindi..” riprende a parlare Ginevra “Vengono sia Vanessa che Simon?”
“Sì, entrambi hanno confermato.” Sospiro, guardandomi intorno. Dovremmo aver fatto tutto, se non sbaglio.
“Ma non pensi che si creerà un atmosfera un po’ pesante?”
“Non saprei.” Rispondo “Potrebbe, oppure no. Boh.”
Lo cose stanno così: negli ultimi giorni ci sono state molte discussioni nella coppia, non so per quale motivo. Da nessuna delle due parti sono arrivate informazioni di alcun tipo, per cui sappiamo solo che sono in crisi. Non potevo comunque non invitare entrambi, e mi sembrano ovvie le ragioni.
“Speriamo bene. Non sarebbe giusto ci rimettessi tu.” Commenta Manuela, mangiando popcorn.
“Manuela, basta!”
“Non ho fatto merenda!”
“E ti sfami con patatine e popcorn? Ti rovini l’appetito! Guarda quanti panini e quante pizze ci sono qui!” sbuffa “Ok, che ore sono? Quanto manca all’inizio ufficiale?”
“Cinque minuti.” Dico, controllando il cellulare. Mi avvicino allo stereo e inserisco la chiavetta USB, facendo partire la prima canzone a basso volume.
“Siamo state brave.”
“Più che brave.”
“Tu no, grassona.” Lo scambio di epiteti poco carini si interrompe immediatamente grazie al campanello. In realtà blocca anche me con un espressione idiota: la bocca aperta e la fronte aggrottata. Ero già pronta per bloccare le altre due. Serro le labbra e guardo le ragazze interrogativamente. Ginevra annuisce tranquilla “E’ Roberto. Gli ho detto di venire cinque minuti prima. E’ stato puntuale.”
“Perché?” chiedo, interdetta. Che senso ha far venire qualcuno ad una festa di compleanno cinque minuti prima?
“Beh, magari, se avessimo avuto altre cose da fare adesso, due braccia in più non avrebbero fatto male.”
“La previdenza: parte uno. Accidenti, Elle, queste patatine sono fottutamente buone! Non riesco a smettere!”
“Oh, certo. E’ sicuramente colpa delle patatine.”
“Ok, io vado ad aprire.” Mi avvio verso l’ingresso e, appunto, apro a Roberto. Sorridente, gli do il benvenuto nella mia umile dimora e lo guido verso il salotto, dove le altre due stanno ancora discutendo.
“Diamine, Manuela! Come puoi anche solo pensare che l’inglese sia una lingua più romantica del francese?!”
“Ma il francese mi sa di snob!”
“Pensi che non esistano inglesi snob?”
“Scusate,” le interrompo “mi sono persa il passaggio tra le patatine e la lingua più romantica mentre ero ad aprire.”
“Non chiedermi di ripensare alla conversazione.” Ringhia Ginevra, avvicinandosi all’unico uomo, tra l’altro piuttosto confuso “Mi salterebbero i nervi.”
“Ma perché ti arrabbi sempre con me?”
“Dici una stronzata dopo l’altra!”
“Anche Simon le dice!”
“Infatti mi arrabbio anche con lui!”
“Ma lui non si offende se lo insulti!”
“Non ti ho insultata.”
“Indirettamente, sì!”
Portatemi via da qui.
 
“Signore e signori, benvenuti alla seconda edizione della serata Karaoke! Sono passati ben tre mesi dall’ultima volta, e quest’esperienza non poteva che esser ripetuta in occasione del compleanno della nostra carissima Eleonora! Esigo un plauso.” Scatta l’applauso, imprevedibilmente “Sono onorato di essere anche quest’oggi il presentatore di questo evento, e sono lieto di invitare qui, sull’ipotetico palco, la festeggiata!”
Sforzandomi di sorridere con tranquillità e non con palese disagio, mi alzo dal divano e mi posiziono accanto a Jonathan. E’ passata un’ora dall’inizio della festa, tutti si sono già ingozzati quanto basta e hanno proposto l’inizio dell’attività. Ed eccomi qui, col volto arrossato e le braccia tese lungo i fianchi. Dai, Elle, sono i tuoi amici, mica dei giudici.
“Sei una gnocca!” urla Ginevra, giusto per aumentare il rumore prodotto dal pubblico. Scuoto la testa sorridendo, e roteo gli occhi quando Simon urla di essere d’accordo con la bionda. Se ci fosse Filippo..
“Buoni, ragazzi! Buoni. Qui abbiamo una ragazza per bene.” Li zittisce Jon “E per di più il suo principale difensore non è presente. Samu, dove cazzo è finito quel coglione di Filippo? E’ la festa della sua ragazza, non della mia!”
“Che cazzo ne so io!” risponde Samuele, sbattendo le palpebre “Mezz’ora fa mi ha mandato un messaggio con scritto ‘Mio fratello è un idiota’. Non so altro. Arriverà..”
“Ci mancherebbe.” Borbotta il castano vicino a me. Si schiarisce la voce e riprende a parlare al microfono “Cari spettatori, mi sembra giusto affidare ad Eleonora il diritto di scegliere chi inizierà questa serie di alternanza tra capolavori e obbrobri musicali! Elle, ti chiediamo, quindi.. Chi vuoi che cominci?”
Guardo il microfono che Jonathan mi ha piazzato davanti alla faccia un po’ riluttante, poi squadro ogni singolo individuo presente nella stanza. Sceglierei volentieri Simon, ma ora come ora lo vedo troppo nervoso. Se avesse voluto cantare si sarebbe sbracciato pur di farsi notare da me. Escluso lui, però, nessun’altro si sarebbe mai offerto. Chi voglio che si ridicolizzi? Oppure: chi è, perlomeno, intonato? Mi pare che Sonia non fosse malaccio. Sospiro, sentendomi leggermente in colpa, ed indico lei.
Dopo la dovuta presentazione della cantante e della canzone, ne approfitto per scivolare con non-chalance verso la cucina col telefono alla mano. Cinque secondi dopo, sento gli squilli di attesa della risposta alla chiamata.
“Elle, Elle!” risponde così, Filippo. Assottiglio lo sguardo, puntato su chissà che cosa.
“Filippo..? Che stai facendo? Cioè, dove sei?”
“Scusami!” ha il fiatone: avevo sentito bene, allora “Sto arrivando. Scusam.. Cazzo!”
“Cosa?” chiedo, allarmata.
“Niente, sono inciampato su una lattina. Cristo, ma buttatele via, invece di lanciarle a terra.”
“Ehi, stai tranquillo. Cammina con calma, guarda dove vai. Ti hanno mai detto che chi va piano, va sano e va lontano?”
“Qui c’entrano le tempistiche, però. Dovevo essere lì un’ora fa..” lo sento sospirare, stavolta non per la fatica. Abbozzo un sorriso, appoggiandomi al tavolo con la mano libera “Non importa, non ti sei perso niente di che.. Il karaoke c’è adesso.”
“Hai già cantato?”
“No, no.. Sta cantando Sonia, è la prima.”
“Ok, bene.. Sono nella tua via, comunque.”
“Allora mi avvicino all’ingresso..”
“Che carina, lei, che non vede l’ora di vedermi..” ridacchia, facendomi sghignazzare di conseguenza. Mentre mi sposto, replico “Magari non vedo l’ora di fartela pagare per il ritardo immenso.”
“Non penso. Se fossi arrabbiata mi avresti chiesto la causa scatenante di questo ritardo immenso.” Ripete divertito.
“Voglio comunque saperla.”
“La saprai. Le saprai. Ci sono, aprimi!”  
“E’ aperto.”
“Ah.” E subito dopo, si spalanca la porta “Ciao!” il saluto mi arriva sia dal telefono che dal vivo. Sorridendo, abbasso il braccio e termino la chiamata, mentre Filippo entra e richiude l’uscio alle sue spalle.
“Già qui?” chiedo, ironicamente. Lui alza le spalle e fa un’espressione buffa, per poi avvicinarsi, abbassarsi e baciarmi molto, troppo lentamente. Ehi, non può pretendere di arrivare con un’ora di ritardo e destabilizzarmi come e quando vuole!
“Già qui.” Mormora, staccandosi appena “Ti devo rifare gli auguri o bastano quelli di ieri?”
“Bastano quelli di ieri.” Sospiro, guardandolo. Ha il viso leggermente arrossato “Quindi, queste cause scatenanti?”
“Allora, staccavo alle otto oggi, e fin qui ci siamo. Il mio programma consisteva nel tornare di corsa a casa, farmi una doccia, vestirmi, prendere la macchina che prima aveva mio fratello e poi venire qui. Anche se avessi ritardato, si sarebbe trattato di pochi minuti.” Si toglie il giacchetto leggero e lo appende all’attaccapanni, tranquillo come al solito “Fino alla doccia non ci sono stati problemi. Appena sono uscito dal bagno, il cellulare ha cominciato a squillare: era Pietro, che doveva già essere a casa a quell’ora. Mi dice che una ruota della macchina è bucata, non si sa ancora per quale motivo. Insomma, già il viaggio da casa mia alla tua è stato rallentato da questo inconveniente, ma non è finita qui.”
“Prendi fiato.” Scherzo io, divertita. La sua faccia sconvolta è stupenda.
“Solo quando mi sarò giustificato al cento percento. Insomma, mi sono preparato. Ero pronto per partire quando Pietro è entrato in casa. Mi sono fermato cinque minuti a parlare con lui mentre si riempiva un bicchiere di coca-cola. Qui c’è la parte sovrannaturale del racconto, perché non me la spiego. Immaginati me davanti a lui, ad una distanza di circa tre metri e mezzo, forse quattro. Ora, inquadra Pietro che si avvicina. Ti giuro, non so come abbia fatto quel coglione, ma è inciampato. E in mano aveva quel fottuto bicchiere di coca-cola.” Non scoppiare a ridere, Elle “Allora, cosa è successo? Se Pietro è una creatura sovrannaturale, io non lo sono, e non sono riuscito ad evitare l’ondata di bibita, che mi è puntualmente finita sulla camicia bianca. Nel frattempo, Superman è caduto a terra, e ha battuto una ginocchiata che ricorderà finché campa. Il bicchiere di vetro, giustamente, è volato per aria, perché Pietro non è capace di tenere un bicchiere tra le dita, porca miseria. E si è sfracellato al suolo. Cosa ho dovuto fare io, quindi? Mentre quell’idiota si lamentava del dolore, sono andato a prendergli del ghiaccio, anche se avrei semplicemente dovuto offenderlo. Dopodiché, mi sono messo a pulire il casino sul pavimento, perché quello scansafatiche stava soffrendo troppo, chiaramente. Poi ho pensato a me: mi sono rilavato, perché ero mezzo appiccicaticcio, e mi sono rivestito. E ho guardato l’orologio. Ecco, lì ho offeso Pietro. Poi sono partito, ma era già tardi. Ho corso per tipo dieci minuti, finché non mi hai chiamato tu.”
“Wow.” Commento, dopo essermi schiarita la voce “Io mi segnerei tutto questo. Magari ci puoi costruire una trama interessante.”
“Non è una cattiva idea. Già vedo il trailer del film ispirato al libro.” Scherza, alzando lo sguardo ed imitando l’espressione vittoriosa di un eroe qualsiasi.
“Punti in alto.”
“Se puntassi al quattro, arriverei mai al dieci?” chiede, posandomi le mani suoi fianchi. Alzo le spalle e ci rifletto, poi scuoto la testa.
“Probabilmente no.”
“Voglio che il mio film abbia tanto successo, e che il libro sia un best-seller. L’ordine cronologico e di importanza è opposto a questo, però.” 
“Comprerò il libro.”
“Non puoi.”
“Perché?” chiedo, confusa.
“Perché te l’avrò già regalato io.”
“Ah.” Dico, ridendo. Certo, potevo arrivarci benissimo da sola.
“Oh!” una terza voce si aggiunge alle nostre. Ci voltiamo verso la parte del corridoio dove c’è la porta per entrare nel salotto, e vediamo Samuele che fa capolino “Ciao Fili! Comunque, scusate se disturbo, ma appena finisce questa canzone ci sarà un momento con un alto tasso di romanticismo. Se siete interessati..”
“Che momento?” chiedo io, interdetta, ma comunque incamminandomi verso il ragazzo.
“Ti dico solo un nome: Simon.”
Oibò.” Sento Filippo muoversi dietro di me “Allora non posso perdermi la scena.”
Proprio mentre varchiamo la soglia, termina la canzone cantata da Roberto e Ginevra –ringrazio il cielo di  non averla sentita, con tutto il bene che posso voler loro-, e si appresta a salire sul palco proprio Simon, con aria determinata e coraggiosa. Afferra il microfono e fa qualcosa anche col computer, probabilmente per scegliere una canzone. Tutto questo, senza dire una parola. Nel frattempo, i presenti salutano l’ultimo arrivato, che si sta riempiendo un piatto con ciò che è rimasto sul tavolo. Mi sembra giusto.
Quando siamo ormai tutti seduti, Simon si schiarisce la voce e avvicina il microfono alle labbra “Buonasera, Filippo.”
“Ciao.” Replica lui, accompagnando il saluto con un movimento della testa.
“Voi altri vi ho già salutato. Volevo.. Volevo cantare una canzone. Sì, va bene, è ovvio..” quello è nervosismo, lo riconosco “Prima di cantare, però, vorrei dire qualcosa a qualcuno. E’ molto esagerata come cosa, visto che potrei benissimo farlo in privato, ma siccome non ho la garanzia che questa persona mi ascolti, mi sembra più funzionale questo metodo. E poi sono un esibizionista.” Aggiunge, abbozzando un sorriso “Immagino che ad Eleonora non dispiacerà se ne approfitto per qualche minuto. Adesso c’è Filippo, poi. Magari fa meno caso a me e fa la piccioncina.”
“Stronzo.” Borbotto io, arrossendo leggermente. Sento il ragazzo vicino a me sghignazzare: ormai è appurato che è un sadico.
“Comunque..” Simon sospira “Mi sembra abbastanza ovvia l’identità della persona a cui vorrei fare questa specie di discorso.” Manco a farlo apposta, tutti gli occhi si spostano contemporaneamente su Vanessa, seduta tra Sonia e Manuela, che in questo momento si sta strofinando le mani sulle cosce, con la testa chinata verso il basso.
“Vanessa, io.. Ti chiedo scusa. In questi pochi mesi sono stato pessimo, e credo che tu abbia fatto più che bene a lasciarmi. Dire che sono un’idiota ormai è quasi superfluo. Ho già detto che sono un esibizionista, ma potrei benissimo aggiungere altri epiteti poco carini: buffone, imbecille, cretino, coglione, sinonimi e simili. E’ raro trovarmi serio, e se devo esser sincero non mi piace neanche avere questa poca malleabilità, ma non riesco a farne a meno. Sono un coglione, stop.”
“Romantico.” Sussurra Filippo, dopo aver deglutito del panino. Gli do una spallata leggera come per sgridarlo silenziosamente, poi torno a rivolgere la mia attenzione sul biondo.
“Il brutto è che coglione non significa né insensibile, né distaccato, né crudele. Eppure con te sono stato insensibile, distaccato e crudele. Non ti ho trattata col giusto rispetto, nonostante lo meritassi, e non mi sono scomodato per cercare una soluzione ai problemi nati nelle ultime settimane, tra l’altro tutti causati da me. Non sono stato dolce, gentile, garbato, galante.. cavalleresco! Non sono stato niente che fosse possibile amare. Non sono stato un uomo innamorato. Il problema, Vanessa..” deglutisce “E’ che io non sono stato ciò che ero e che sono tuttora.”
A questo punto, sento le dita di Filippo intrecciarsi con le mie. Mi volto per guardarlo e lui sorride, per poi fare un cenno con la testa verso Simon. Non vuole che perda il resto? Faccio quello che vuole, e quasi mi viene da piangere per la commozione per tutte le emozioni che trasmettono gli occhi di Simon.
“Io ti amo, e mi sento un pezzente perché non te l’ho mai dimostrato. Per questo, sto facendo questa sceneggiata, probabilmente ridicola ai tuoi occhi. Voglio che tu sappia che se deciderai di darmi una seconda chance, proverò a sviluppare la parte sentimentale di Simon e la utilizzerò solo e solamente per te. E aggiungerei che vado fiero della scelta che ho fatto.” Dopo un paio di secondi in silenzio, dove i due si sono semplicemente guardati negli occhi, Simon riprende a parlare “Adesso, canto.”
Le note di Stay with me degli You me at six si diffondono per la stanza. Incredibile la capacità di Simon di trovare la canzone più adatta a lui, sia per il testo che per la voce stessa.
A guardarsi intorno si vedono solo coppiette che si tengono per mano, che si guardano o che si baciano, poi c’è Vanessa: gli occhi lucidi puntati sul cantante, le labbra serrate e un ciuffo rosso di capelli tra le dita.
“Lo ammetto: è stato abbastanza romantico.” Commenta piano Filippo, avvicinandosi al mio orecchio. Mi giro una seconda volta e sorrido, annuendo.
“Così impari a fare le battutine.”
“Dai, fino a quel momento si stava solo insultando da solo!”
“Perlomeno sa di essere idiota.”
“Anche io so di essere idiota, a volte, ma non la userei come arma per riconquistarti.”
“E cosa useresti?” domando, curiosa. Lui ridacchia e scuote la testa “Non voglio pensare a come conquistarti una seconda volta. Preferisco prolungare la prima conquista fino a quando è possibile.”
“Non si può prolungare una conquista. Nel momento in cui conquisti qualcosa, è tuo, ed è finita lì. Cioè, puoi perderlo, ma l’azione vera e propria è terminata.”
“Posso conquistarti di più.”
“Non c’è un limite?”
“Boh. Non si può misurare un sentimento.”
Touché.
 
“Ma scusami, quanti saremmo?”
“Tutti.”
“Tutti tutti? Ma andremmo in hotel?”
“Non lo so, è solo un’idea buttata lì. Me l’ha detta ieri Samuele, ma poi non ne abbiamo riparlato.” Mi spiega Filippo, raccogliendo da tutto il salotto vari bicchieri di plastica. Se ne sono andati via tutti, ormai è notte fonda. Michele ha accompagnato Azzurra a casa ed è rimasto per una decina di minuti, giusto per partecipare ai festeggiamenti. A matematica ha la media dell’otto, ormai non è più un suo problema. Mia sorella è già andata a dormire: dopotutto stamattina è andata a scuola.
Adesso, il mio ragazzo –e mi fa strano definirlo così- mi sta riferendo l’idea di Samuele di andare tutti insieme al mare, quest’estate. Siamo già a Maggio, effettivamente. Non fa male pensarci.
“Io approvo!” affermo, porgendogli il sacco dell’immondizia.
“Anche io.” Replica, buttando via quel che gli capita.
“Non ho voglia.”
“Di fare cosa?” alza lo sguardo, con la fronte aggrottata.
“Di riordinare.”
“Se non lo fai adesso, dovrai farlo domani.”
“Sono stanca. E non ho voglia.” Mi lamento, posando a terra il sacco. Filippo ridacchia e mi prende la mano, cominciando ad indietreggiare verso il divano. Mi fa sedere sulle sue gambe, ed estremamente arrendevole appoggio la testa sulla sua spalla. Il benessere.
“Manuela e Ginevra sono state carine a cantarti Just the way you are.” Dice “Te l’avrei dedicata anche io. E’ una canzone molto dolce, non trovi?”
Annuisco e sorrido istintivamente, al pensiero delle mie due migliore amiche con il microfono in mano a cantare a squarciagola. E’ stato divertente.
“E’ stato bello anche quando Vanessa ha baciato Simon. E quando Marco ha chiesto a Simon di cantare per Sonia perché lui è stonato.” Ridacchia “Io sono stato inguardabile. In ritardo e poco romantico, eppure dovevo essere il migliore.”
“Migliore in che campo?” chiedo, mentre chiudo gli occhi.
“Sono stato il migliore in qualche campo?”
“Lo sei a priori..” mormoro, sempre più lentamente. Pian piano, mi sto addormentando, e lui che mi sfiora i capelli con le labbra non mi aiuta affatto.
“Lo dici solo perché sei più nel mondo dei sogni che qua con me.”
“E tu stai dicendo questo perché vuoi che io ripeta il complimento.”
“Forse sei ancora troppo sveglia.” Afferma, cominciando ad accarezzarmi la schiena. D’istinto mugolo un po’, non so quale sia il motivo preciso. Forse perché sono estremamente rilassata, o forse perché non voglio dormire per riuscire a parlare ancora un po’ con lui.
“Ti sei divertita, comunque?” chiede, con tono dolce.
“Un sacco.” Sospiro, sorridendo di nuovo. Qualsiasi immagine del compleanno mi si presenti in mente, la reazione è sempre la solita. Quando se ne sono andati anche gli ultimi rimasti quasi mi veniva da piangere perché era finita la serata. E’ passata così velocemente..
“Pensi che Simon riuscirà a mettere la testa apposto?”
“Se lui ha detto che lo farà, lo farà. E’ più testardo che coglione.”
“Notevole.”
“Vero?”
“E Roberto è sempre così.. così? Cioè, inizialmente pensavo che gli fossero capitate bene le giornate in cui ci incontravamo, ma con un punteggio di cento su cento non posso che farmi qualche domanda. Quel ragazzo è un automa programmato da Ginevra per essere approssimativamente perfetto, non c’è storia.” Borbotta, monologando.
“Mh.. No, era così anche prima che Ginevra ci mettesse le mani.”
“Perché ce le ha messe, le mani.”
“Ovvio che ce le ha messe.”
“Ma hai capito che volevo calcare sul doppio senso?” domanda, dubbioso. Sospiro.
“Infatti, io dicevo di quello.”
“Ha senso.”
E ci zittiamo così, per qualche minuto. Respiro lentamente, sento il suo odore, le sue braccia mi stringono e mi sento tranquilla. Stiamo insieme da quasi tre mesi, e devo dire che la situazione è migliorata tantissimo. Mi sono definitivamente sciolta, non mi pento neanche delle frasi sincere che prima con lui mi scappavano e mi facevano maledire la mia confusione mentale. Mi sento così bene..
“Elle..” sussurra. Apro gli occhi di scatto e mi allontano leggermente, per guardargli il viso “Mi sa che devo andare, adesso. Avevo dimenticato il fatto che sono a piedi.”
“No..” mi lamento, buttandogli la braccia intorno al collo e stringendolo.
“Eh, sì.”
“No. E’ buio, di notte.”
“Mi confondo sempre, grazie per avermelo detto.”
“Seriamente.” Gli bacio la guancia, presa da un moto di dolcezza. La mia fase sto-dormendo-da-sveglia è sempre quella più coccolosa.
“Sono serio. Che faccio, dormo qui?”
“Divano.” Borbotto.
“Ah, grazie!”
“Sto qui con te.”
“Ok, allora parliamone.”
“Tanto è comodo e spazioso.”
“Andrebbe bene anche stretto.” Così dicendo, attento a non staccarmi da dove sono, si sposta e si stende lentamente, con me sopra. Mi sistemo per bene, di nuovo con gli occhi chiusi, e cerco di non gravare troppo il mio incombente peso su di lui “Stai comoda?”
“Sì, tu?”
“Comodissimo. Sei sicura che vuoi che resti?”
“Non voglio tu vada via.. Vuoi andare via?”
“Io starei sempre qui. E poi non ci tengo a tornare da mio fratello..” Aggiunge, con tono divertito. Ridacchio.
“Chissà come sta il suo ginocchio.”
“Non mi interessa.”
“Perché sei una brutta persona.”
“A te piace una brutta persona. Che vergogna.”
“Il fascino del bad boy..”
“Potremmo aprire un dibattito filosofico in merito a questo argomento. Perché le ragazze sono attratte dal cattivo di turno? Non sarebbe tutto più semplice se si trovassero un bravo ragazzo che le tratti con rispetto e compagnia bella?”
“Le ragazze vogliono la storia da romanzo, Filippo..”
“Tutte?”
“Quelle che conosco.”
“E tu? Volevi una storia da romanzo? L’hai avuta? La stai avendo?”
“Mi hai psicanalizzato per mesi, mi hai studiata in ogni singolo incontro, mi hai spronata in tutti i modi ad accettare ciò che mi passava per la testa. Secondo te ho avuto e la sto avendo, la mia storia da romanzo?” chiedo, facendo lo sforzo di aprire gli occhi e guardarlo. Ok, ne è valsa la pena, ora che lo vedo bene.
“Sì?” tenta, sorridendo soddisfatto.
“Direi di sì.”
“Sono un bad boy.”
“Sei un bad boy.”
  


Ciao a tutti, questo è lo schifo per cui avete aspettato quasi un mese.
Scusatemi, perché è davvero uno scempio, a mio parere. D:

Non mi pronuncio sul capitolo, vado direttamente alla parte sentimentale, ovvero quella in cui ringrazio tutti, uno per uno, per aver supportato questa storia.
Dopo questa storia, aspetterò un (bel) po' di tempo prima della prossima, in cantiere dall'estate 2012. Praticamente è nata contemporaneamente a questa, ma ho deciso di volerci lavorare meglio. 
In sostanza, per un po' di mesi, non mi troverete se non per qualche one-shot che non ho in programma, probabilmente.
Posso dirvi che, comunque, la storia sarà sovrannaturale, e non avrà niente a che vedere con questa. Già voglio bene ai personaggi, ma sono dettagli.
Ora devo abbandonare questi, e mi dispiace. Non è traumatico come per quelli di "Amore al primo tweet" (storia che mi hanno tipo rubato, pubblicandola su facebook Mercoledì), ma comunque mi dispiace.
Per lo scippaggio, ho già mandato un messaggio. Se non verrà levata dalla pagina, userò le maniere forti (?) e sguinzaglio i cani.

Domani parto per l'Inghilterra con la scuola, quindi questa settimana non risponderò alle recensioni che mi manderete (SE me le manderete).

Grazie ancora per tutto. 
Ovviamente, se volete contattarmi c'è sempre il blog e l'account twitter. :)

Un bacio enorme

Maricuz

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