I Pinguini di Madagascar: Sogni Stellati

di Fluffy Jpeg
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Orecchie Irritate ***
Capitolo 2: *** Desideri di Sonno Eterno ***
Capitolo 3: *** Silenzio Assordante ***
Capitolo 4: *** Una Vera Fortuna ***
Capitolo 5: *** Vivere nei Sogni ***
Capitolo 6: *** Fremiti di Luce ***



Capitolo 1
*** Orecchie Irritate ***


Capitolo 1: Orecchie Irritate.

Quella mattina, Skipper fu svegliato dal delizioso aroma del caffé appena fatto. Soldato glielo stava porgendo quando aprì gli occhi.
Si tirò seduto con uno sbadiglio. Mentre afferrava la tazza, notò che l'acqua visibile dall'oblò era molto chiara, illuminata dai raggi più caldi del Sole. Batté un paio di volte le palpebre prima di completare il movimento, e finalmente parlare.
- Uomini... - mormorò, strofinando la pinna libera sugli occhi stanchi. - Ma... che ore sono?
- Quasi mezzogiorno, Skipper! - gli rispose Soldato. All'espressione incredula del proprio capo, Rico rivolse un verso d'assenso, come a dire: "Sì! E' vero!".
- Perché non mi avete svegliato? Non possiamo permetterci di dormire così tanto! - esclamò, allargandole pinne per dare enfasi alla frase. Kowalsky tirò fuori il suo abaco, e fece un paio di calcoli veloci, poi lo ripose.
- Secondo i miei calcoli, la maratona dei Ninja a Petto Nudo di questa notte è durata due ore e 57 minuti in più del solito. Di conseguenza, la sveglia è suonata mentre eravamo svegli, e ci siamo dimenticati di puntarla nuovamente. Abbiamo dormito per un totale di 5 ore.
Soldato parve sconvolto da quella notizia.
- Così poco?! - domandò, portandosi le pinne al faccino. Kowalsky annuì gravemente, muovendo le sfere dell'abaco in altri calcoli che non rese pubblici.
Skipper sospirò, grattandosi il capo. - Io mi sono addormentato più tardi. - disse. Lo scienziato alzò lo sguardo dal suo strumento, rimanendo silente nell'ascoltarlo. - Non so quanto dopo... Sono dovuto uscire, mi hanno chiamato.
Rico mosse le pinne, emettendo vari versi. Il suo capo sollevò le spalle, tenendo meglio la tazza.
- Dormivate come ghiri in letargo! Ho provato a svegliarvi, ma non ci sono riuscito! Comunque era una cosa facile, Occhi Tristi era soltanto andato nel cortile di Roy, il rinoceronte... Non sapevo fosse sonnambulo. Ci avrò perso solo un paio di...
- Ore. - specificò Kowalsky, che intanto era tornato a guardare l'abaco e aveva cambiato i calcoli. - Più precisamente, due ore e 14 minuti. Hai dormito meno di tre ore questa notte.
Soldato strofinò le pinne sul becco, ancora più sconvolto.
- Ma Skipper, è pochissmo! - esclamò. - Dovresti dormire un altro po'! Devi recuperare tutto il sonno perduto!
L'altro sollevò una pinna, bloccando le sue parole.
- Niente da fare, abbiamo del lavoro da fare. - disse, irremovibile. - Dormirò quando le tenebre caleranno nuovamente. Con un po' di caffé starò benissimo.
Terminò la frase con un sospiro, e quindi si alzò.
A passi lenti si avvicinò alla televisione, sorseggiando la sua bevanda calda, costantemente sul punto di riaddormentarsi. Il suo sguardo stanco vagò fin sopra la radio; un nuovo sospiro uscì dal suo becco, mentre si voltava in direzione dei suoi sottoposti.
- Rico. - chiamò. - Telecomando.
L'interpellato parve arrossire, poi sputò l'oggetto richiesto con un verso di scuse. Skipper lo recuperò con calma, e accese il televisore sul canale delle news, com'era solito fare ogni mattina.
Il giornalista era ritto nel suo completo elegante blu, il microfono tenuto davanti alla bocca incurvata in un sorriso, per una volta, sincero. Dagli altoparlanti del televisore uscì la sua voce gracchiante e tranquilla:

« Ed oggi, quando calerà il Sole su questo caldo 10 Agosto, si potranno ammirare, aguzzando la vista, qualche stella cadente. E ciò andrà avanti per due giorni, fino al 12 Agosto, notte in cui ci sarà la pioggia di stelle più ricca. Iniziate a pensare ai vostri desideri: in queste magiche nottate, potrebbero avverarsi!... »

Gli occhi di Soldato luccicarono per la durata dell'intero discorso. Le pinne unite davanti al petto, già pensava a quella magia che a breve avrebbee solcato i cieli scuri.
- Le stelle cadenti! - esclamò. - Ohh, è così bello! Voi che desiderio espimerete?
Kowalsky e Rico aprirono i becchi per rispondere, con un entusiasmo paragonabile al suo; ma Skipper li precedette.
- Nessuno. - disse, seccamente. - E' solo una credenza popolare, fantasiosa e falsa come tutte.
La gioia del giovane pinguino si spense all'istante. Kowalsky gli accarezzò la testa, in un vago gesto di consolazione.
- Avanti, Soldato. - gli disse. - Quello che sto per dire andrà contro la scienza, ma sono sicuro che se ci credi davvero, un desiderio si avvera!
L'altro gli sorrise, grato di quelle parole. Ma la dolce scena venne interrotta da Rico, che emise un verso stridulo, indicando verso l'alto.
I due si misero in ascolto, e dopo pochi istanti, captarono un urlo disperato proveniente dall'esterno.
Immediatamente si misero sull'attenti, pronti a scattare fuori al segnale. Skipper sollevò la pinna libera, con una tranquillità innaturale per quei momenti.
- Comodi, uomini. - disse, sorseggiando altro caffé con un sorriso pacifico sul becco. - E' solo Coda ad Anelli.
- Ma Skipper! - intervenne Soldato. - Potrebbe essere in pericolo!
Il capo scosse la testa.
- Fidatevi. Non è niente. -. Indicò prima il lato della propria testa, poi verso l'alto. - Provate ad ascoltare.
Nuovamente, Rico, Soldato e Kowalsky si misero in ascolto.

- Maurice! Maurice, fallo smettere! Maurice! Obbedisci al tuo re, Maurice!
L'aye aye sospirò pesantemente, poggiando la testa al bancone con noia.
Era iniziato tutto quando si erano svegliati, qualche ora fa, e ancora non si era fermato. Re Julien vagava da una parte all'altra del recinto dei lemuri, con un nervosismo contagioso, e non faceva altro che urlare ordini al braccio destro. Ordini che, tanto per cambiare, egli non poteva eseguire, perché impossibili.
L'MP3 recuperato agli oggetti smarriti era completamente scarico, la radio era impazzita e non voleva saperne di funzionare, e il catta continuava a strillare, pigiando con le zampe le orecchie ai lati della testa nel vano tentativo di non udire i suoni circostanti.
- Maurice! Mauriiiiice! - continuò a urlare. - Falli smettere!
- Far smettere cosa? - tentò di capire l'aye aye. - Da ore vai dicendo di "farli smettere". Ma far smettere chi di fare cosa?
Il re si fermò di scatto, la zampa posteriore ancora alzata. Voltòla testa con uno sguardo a dir poco sconvolto.
- C-come cosa? - balbettò. - Ma non li senti? Non li senti?!
- Sentire cosa?! -. Maurice iniziava ad essere esasperato. Re Julien aprì le zampe per indicare attorno a lui, ma con un'espressione di dolore ricoprì subito le orecchie. Si sedette quindi a terra, e allargò le zampe posteriori, usandole come fossero le sue braccia.
- Tutto, Maurice! Tutto!! - esclamò, disperato. - Fanno tutti un tale casino! Non li sopporto più! Falli smettere di parlare, di muoversi, di fare tutto questo rumore! Falli smettere!
L'aye aye rimase silente un secondo, poi scrollò le spalle e sorrise, quasi intenerito da quel suo comportamento. Finalmente stava capendo tutto quello che passava lui ogni santo giorno con tutto il rumore che fa.
Un istante più tardi, Mortino gli si era aggrappato sulla testa, e lo guardava dall'alto in basso, con una faccia serissima, completamente anormale da parte sua.
- Non ridere delle disgrazie di re Julien! - lo avvertì, con la sua vocina alta alta. Maurice lo guardò con gli occhi semi-aperti, una tipica espressione di noia.
- Non stavo ridendo. Stavo sorridendo. E' diverso.
- Allora lo stavi prendendo in giro! - azzardò il lemure topo, orripilato dall'aye aye. Di contro, questi sospirò di nuovo, e decise di non dargli più peso, tornando a rivolgersi al catta.
- Re Julien, non posso farli smettere. - affermò. - E' un giorno di festa.
- Festa? - esclamò. - Chi ha organizzato una festa senza dirmi niente, eh? Eh?! Non mi aggrada questa cosa! - riprese il suo solito modo di fare autoritario, pur tenendo le orecchie premute ai lati della testa. - Le feste devono essere approvate da me! A meno che...
Ebbe un'illuminazione, e saltellò tutto felice.
- Mi hanno organizzato una festa a sorpresa!! - urlò. - Fantastico! Ma oggi non è il mio compleanno. Che giorno del Julienario è oggi?
Maurice scosse la testa, sorridendo nuovamente.
- No, no. Non è nessun giorno di festa nel tuo calendario. - spiegò. - Oggi iniziano le serate delle stelle cadenti.
- Stelle cadenti?
L'aye aye sospirò.
- Le gocce di luce ballerine.
Re Julien spalancò gli occhi, sorpreso dalla notizia e al contempo felicissimo.
- Le gocce di luce ballerine! - esclamò, con grande gioia. - Non ne vedo da... da... da quanto tempo non le vedo, Maurice?
L'interpellato appoggiò le zampe al bancone del bar, e il muso su di esse.
- Un anno. - annunciò. - Un anno esatto.
- Maurice! Stanotte si farà veglia per vedere le gocce di luce ballerine! - annunciò convinto, annuendo anche. Ma una nuova espressione di disgusto si dipinse sul suo volto, e scosse la testa borbottando qualcosa che ben presto venne urlato: - Ma come posso godermi lo spettacolo con tutto questo rumore?! Maurice! Maurice, falli smettere!!
L'aye aye sospirò nuovamente e decise di lasciar cadere l'argomento. Appoggiò la testa al bancone e chiuse gli occhi, con Mortino ancora tra le sue orecchie, che continuava a rimproverarlo per non star eseguendo gli ordini del re.

Il resto della giornata proseguì in modo piuttosto monotono.
Appena c'era un po' di calma, gli occhi dei pinguini si chiudevano da soli, e venivano abbracciati dai sogni quasi senza che se ne accorgessero. Ogni tanto entrava qualcuno urlando che c'era bisogno di aiuto, quando Marlene perché la lingua di Berry la rana era rimasta di nuovo attaccata ad una cicca da masticare, quando Maurice per avere un po' di calma, quando - il più delle volte - re Julien per cercare di convincerli a zittire tutti gli animali dello zoo; alla fine, venne liquidato con una coppia di tappi per le orecchie, sperando che la finisse.
Cosa che non è successa.
Skipper cercava di rimanere sveglio per non avere il sonno sballato, ma finiva sempre per il cadere per terra addormentato. Alla fine si arrese, e optò per una bella dormita ben fatta.
Calò la sera, e tutti gli animali dello zoo erano eccitati per la prima serata delle stelle cadenti. Ci fu una festicciola alla quale parteciparono quasi tutti, e tentarono di rimanere svegli per intravedere almeno qualche piccola stellina. Sapevano tutti che quel giorno ce ne sarebbero state poche, e solo i più bravi osservatori, e soprattutto i più fortunati, sarebbero riusciti a scorgerne una. Alcuni la chiamavano abilità, e tra molti di loro erano partite le scommesse.
A mezzanotte, nessuna stella cadente aveva ancora solcato i cieli, e quasi tutti, troppo stanchi, decisero di andare a letto.
Gli unici che non lo fecero furono i pinguini, che avendo dormito tutto il pomeriggio non riuscivano a prendere sonno e quindi andarono in missione fuori dallo zoo, e re Julien.
Questi si era arrampicato in cima alla palestra gonfiabile, alla cui base invece Maurice e Mortino dormivano. Sospirò, guardando il cielo con una certa tristezza, come faceva da tutta la serata.
Era una cosa strana. Di colpo, il rumore non gli piaceva più. Maurice gli aveva detto che forse aveva ascoltato la musica dell'MP3 troppo alta, e che gli aveva dato fastidio alle orecchie. E' una cosa temporanea, gli aveva assicurato. Passerà presto.
Ma come può passare, con tutto quel rumore? Era una domanda assillante, a cui Maurice aveva risposto con un semplice sorriso. Il rumore avrebbe continuato ad irritare le sue regali orecchie! Se non avesse sentito nessun rumore, sarebbe guarito molto prima: anziché impiegarci dei giorni, sarebbero bastate poche ore, magari addirittura pochi minuti.
Chiuse gli occhi, con un nuovo sospiro.
- Non voglio sentire nulla. - mormorò. - Solo la mia musica... Se solo tutti stessero zitti!
Si guardò intorno. Tutti dormivano beatamente, nel loro mondo di sogni. Calmi, tranquilli.
Silenziosi...
Tornò a osservare il cielo. Ancora nulla lo solcava: solo la Luna gli faceva compagnia, insieme a qualche piccola stella che, però, stava ferma, e non si trasformava in una goccia di luce ballerina.
Abbassò la testa. Sperava di vederne una, ma evidentemente gli dei del cielo non volevano esaudire i suoi desideri quella notte. Ma volle provarci lo stesso: magari, chissà, l'avrebbero ascoltato.
Si tirò in piedi, lottando appena con il traballare della struttura, poi incrociò le dita delle zampe, e le tenne di fronte al muso, gli occhi chiusi.
- Dei del cielo. - chiamò. - Per favore... Ho bisogno di silenzio. Ho bisogno di un desiderio!
Aprì gli occhi, guardò a destra, a sinistra, verso l'alto.
Nessuna stella cadente.
Ritornò alla posizione iniziale, con un'espressione di leggera preoccupazione.
- Ci sarebbe un così bel silenzio, se solo chi si addormenta non si risvegliasse più... - mormorò.
Abbassò le zampe, e si accoccolò sulla comoda cima della palestra gonfiabile, con un leggero sospiro.
Sopra di lui, senza che se ne accorgesse, passò, rapida e silenziosa, una stella cadente.






 

Eeed eccole qui, le note d'autore scritte piccine picciò alla fine del capitolo.
Ho finito di scrivere questa storia mesi e mesi fa a dire il vero, ma mi ero, diciamo, "dimenticata" dell'esistenza di EFP e non l'ho mai pubblicata. Poi per una qualche ragione evitavo di farla leggere, chi lo sa cosa mi passa per la mente-
Comunque! E' la prima storia a capitoli che ho effettivamente finito e ne vado immensamente fiera. Comunque, metterò immediatamente gli altri capitoli. Fino a qui, e per i capitolia  venire, buona lettura e spero che vi piaccia!

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Capitolo 2
*** Desideri di Sonno Eterno ***


Capitolo 2: Desideri di Sonno Eterno.

Re Julien si girò e rigirò sulla palestra gonfiabile per tutta la notte, cercando di prendere sonno senza riuscirci. Alla fine decise di sedersi sul muretto che delineava il suo habitat, come a sorvegliare lo zoo. Una cosa che lo annoiava molto. Sperava che almeno la noia gli avrebbe dato un po' di sonno, ma niente.
All'alba era ancora lì, sdraiato, con una zampa penzolante giù dal muro. Il suo sguardo vagò per i recinti, fino a quando inquadrò i pinguini, finalmente tornati dalla loro missione.
Con noia, saltò giù dalla sua postazione e si avvicinò ai quattro, chiedendo un vago: - Com'è andata?
Skipper, che già non apprezzava la sua presenza lì, alla domanda lo fulminò con lo sguardo.
- Non riesci a capirlo da solo? - chiese a sua volta, con un tono di voce aspro, incattivito.
Lo sguardo del catta notò che era coperto di cenere, e che un ematoma spiccava sulla sua pancia. Ma il capo dei pinguini era quello nello stato meno pietoso: allungando il collo, Julien poté notare Kowalsky che si trascinava dietro di lui a testa bassa, pieno di lividi in ogni dove e un vistoso segno rosso ai lati del volto. Soldato gli camminava di lato, attento a prenderlo al volo in qualsiasi momento: sul suo fianco c'era un grande segno nero, una chiara conseguenza di un'esplosione avvenuta vicino a lui. Rico avanzava in coda al gruppo, il corpo segnato da vari lividi, tenendosi una pinna dalla quale si intravedeva un brutto ematoma.
Il catta rimase silente qualche istante, portandosi una zampa alla bocca in un gesto pensoso. Poi scosse la testa, incrociando le zampe.
- No, non riesco a capirlo. E poi, perché mi devi sempre fare gli indovinelli? Dimmi le cose in modo chiaro!
Skipper si passò una pinna sul volto, e con un sospiro pesante lo superò senza dire niente. Zoppicava appena mentre camminava. Kowalsky alzò lo sguardo, soffermandolo su quel particolare; ma appena il capo si voltò, subito lo riabbassò, e senza dire una parola lo seguì, lento lento.
Soldato proseguiva alla sua velocità, senza staccargli gli occhi di dosso. Sobbalzò quando si sentì chiamare dal superiore.
- Lascialo indietro. - gli ordinò. Per un secondo, rimase interdetto; poi aprì il becco per controbattere. Ma Kowalsky, al suo fianco, gli fece segno di non parlare. Gli rivolse un sorriso forzato, e annuì, una sola volta.
- Obbedisci. - gli mormorò, con il tono più gentile che riuscì a trovare, tradendo un leggero tremore nella voce.
Soldato gli rivolse un sorriso a sua volta, dei più dolci che riuscì a fare, in un vano tentativo di consolarlo. Poi aumentò il passo, raggiungendo Skipper e Rico, qualche metro più in là.
Re Julien guardò tutto con sguardo annoiato, le zampe ancora incrociate davanti al petto.
- Ah, sì, bhé. Io sono qui, comunque. - disse. Poi si voltò, fingendosi offeso.
Skipper continuò ad avanzare, senza nemmeno ascoltarlo.

- Ora basta, Kowalsky. Basta! Non voglio più vedere invenzioni da parte tua. Mai più!
Più Skipper si avvicinava al suo volto, e più il suo tono di voce aumentava. Kowalsky si sentì piccolo e impotente, seduto lì per terra, costretto al silenzio proprio dal suo superiore.
- Prova a parlare - l'aveva avvertito, - e io ti faccio vedere la barriera corallina a furia di pesce in faccia!
E quindi era lì, a ributtare in gola ogni singola parola voleva dire, anche i più piccoli gemiti di paura, temendo che il capo potesse prenderle per inizi di frasi.
Skipper chiuse la porta del suo laboratorio con la chiave, poi gliela mostrò, con sguardo severo.
- Mai più! - urlò di nuovo.
Kowalsky ingoiò la propria saliva, poi annuì. Strofinò una pinna sulle fasciature sul suo corpo, vergognandosi di sé stesso.
Era colpa sua se erano ridotti in quello stato, ed era ben consapevole che si meritava una punizione. Ma quella... Già avvertiva l'impulso di prendere i suoi attrezzi e creare qualcosa di nuovo. E il sapere di non poterlo fare, gli faceva perdere persino la voglia di vivere.
Era l'unica cosa che sapeva fare...
Skipper ordinò a Rico di coprirgli gli occhi mentre nascondeva la chiave. Più volte tentò di spiare, ma l'altro era sempre più veloce di lui e gli bloccava la visuale.
Anche quando poté tornare a vedere, rimase immobile e silente, muovendo soltanto gli occhi per seguire i movimenti del superiore. Egli era davanti alla porta del laboratorio, esattamente dov'era quando aveva la chiave; si spostò verso destra, avvicinandosi alla televisione. Afferrò il telecomando, accese sul canale delle News, e quindi, senza degnarlo di uno sguardo, finalmente disse: - Puoi parlare.
Kowalsky non se lo fece ripetere, e corse alla porta d'acciaio. Vi si appoggiò, urlando nel vano tentativo di aprirla, mentre Soldato lo osservava in pena, Rico si sedeva in un angolo a fare cerchi per terra, e Skipper alzava il volume per non sentirlo.
La situazione non cambiò di molto: per buona parte della mattina, il giovane pinguino cercò di consolare lo scienziato, che nel frattempo era scoppiato in lacrime e cercava di farsi dire dall'armiere dove fosse la chiave. Il superiore non disse niente: ascoltò semplicemente le notizie da vari telegiornali, sorseggiando un altro caffé.
Ad un tratto, dal di fuori, la custode Alice li chiamò. La sua voce sembrava davvero preoccupata, per una volta; ma i quattro non uscirono. Non lo fecero nemmeno quando udirono la voce di uno sconosciuto, che offrì loro anche del pesce. Rico era già sul punto di fiondarsi fuori, ma Skipper lo bloccò, facendogli segno di no con il capo.
Come al solito, la sua paranoia gli stava facendo immaginare complotti di ogni genere, e la convinzione che quel pesce conteneva microfoni di alta qualità in grado di udire qualsiasi cosa anche da dentro lo stomaco di un pinguino gli impediva di ascoltare i brontolii disperati dello stomaco del sottoposto.
Il vento che portò il cambiamento aveva l'odore di un lemure.
Proprio a metà del nuovo episodio de "i Lunacorni", che Soldato seguiva con gli occhi che brillavano ad ogni parola e Kowalsky con noia, l'ingresso principale della base dei pinguini si aprì e ne entrò re Julien. Aveva uno sguardo perplesso, mentre poggiava le zampe posteriori a terra e si separava dalla scaletta.
Lo scienziato fu il primo a notarlo. Lo ispezionò varie volte con gli occhi, prima di chiedergli: - Dal tuo modo di muoverti si può intuire che tu sia confuso. Il che è strano, visto che tu di solito sei o offeso o eccitato per le cose più inutili esistenti sulla Terra.
Il catta gli rivolse uno sguardo risentito, incrociando le zampe al petto. Kowalsky annuì, come se quel gesto avesse appena dimostrato una sua teoria.
- E' successo sicuramente qualcosa di diverso dai soliti fatti che si verificano abitualmente allo zoo. L'unica domanda è: cosa?
Soldato intanto si era voltato, e lo stava osservando. Skipper e Rico, che stavano giocando a carte in un angolo della stanza, avevano sollevato lo sguardo, e facevano lo stesso.
Re Julien si accertò che tutti lo stessero ascoltando, prima di parlare.
- Maurice non si sveglia più. - annunciò.
Il superiore emise un sospiro annoiato, e tornò alle sue carte. Ma la sua attenzione venne supito ripresa dalle parole seguenti del catta: - E Mortino. E Joey. E Berry. E i camalonti. Non si sveglia più nessuno.
Tutti e quattro ebbero la stessa reazione: rimasero attoniti, i becchi leggermente aperti dalla sorpresa.
- Nessuno? - domandò Skipper. Abbandonò le carte sul tavolo, e si avvicinò al re. Dietro di lui, Rico spiò la sua mano. - Proprio... nessuno?
- Nessuno. - ripeté il catta, sottolineando con la voce la parola. - Ho provato con tutti. Non si svegliano.
Il pinguino lo guardò per qualche istante, prima di sollevare lo sguardo all'ingresso, ancora aperto. Senza aggiungere parola, salì i gradini della scaletta; quando sbucò all'esterno, rimase interdetto, mentre, spiando in ogni recinto, si accorse che in effetti stavano tutti dormendo. Era tarda mattina: oramai dovrebbero essere tutti svegli, anche chi ha fatto particolarmente tardi.
Uscì dal suo habitat e provò a sua volta a svegliarli, uno dopo l'altro; fu presto raggiunto dal resto della sua squadra, che lo aiutò nel compito. Ma nessuno reagì: continuavano a dormire, beati, senza che nulla li disturbasse.
Passando di fronte all'ingresso, i quattro notarono che era chiuso, e dei cartelli erano stati affissi al di fuori. Vi scivolarono davanti, e Kowalsky tentò di leggere cosa vi era scritto, con i caratteri irregolari tipici della calligrafia di Alice; ma non ci riuscì, e tornarono all'interno dello zoo senza sapere cosa fosse successo.
Quando rientrarono alla base, re Julien era ancora lì, che giocava con il telecomando.
Skipper mosse qualche passo verso di lui, avanti al gruppo. Il catta si voltò, stringendo ancora il controllo del televisiore come se fosse un'ancora di salvezza.
- Mi credi, adesso? - chiese.
Il pinguino si limitò ad annuire in risposta. - Cosa è successo? - domandò.
Re Julien scosse le spalle, dicendo un: - Come posso saperlo? Non si svegliano!
- Intendo cosa è successo di diverso. - specificò l'altro. Il catta sollevò le sopracciglia, con un lungo: - Ohh... - che risuonò molto infantile. Tipico suo, insomma. Poi, nuovamente scosse le spalle. - Nulla. - rispose. - Sono solo andati tutti a dormire. Semplicemente. E non si sono svegliati.
- E perché tu sei sveglio, allora? - fu la domanda di Skipper. Avvicinò il volto al suo, come ad indagarlo con lo sguardo. La sua paranoia iniziava a fargli immaginare di tutto; re Julien lo capì fin da subito, e sospirò di rimando.
- Io non ho dormito. - gli disse. - Non sono riuscito a dormire. Ho passato la notte a guardare il cielo e sperare che gli Spiriti del cielo esaudissero il mio desiderio.
Il pinguino scosse il capo, quasi fosse sconvolto dall'infantilità del lemure. - Coda d'anelli, i desideri non vengono avverati se li dici a questi fantomatici spiriti del ciel...
- Sì invece! - esclamò di botto il catta. Si sollevò sulle zampe posteriori, stringendo il telecomando ancora di più. - Sì! - ripeté, annendo come a darsi ragione. Skipper aprì il becco per rispondere, ma egli lo bloccò con un gesto.
- Ieri sera ho espresso il desiderio che chiunque si addormentasse in questo zoo non si risvegliasse più! - annunciò. E lo fece anche con un tono gioioso, come se fosse felice che quella cosa si fosse avverata. E, probabilmente, lo era.
Soldato si portò le pinne al volto, lo sguardo proiettato verso l'alto come spaventato.
- Ieri sera una stella cadente c'è stata! - esclamò. Tutti si voltarono verso di lui, e quindi continuò: - Stavo guardando il cielo... e l'ho vista! Ma eravamo in missione, non ho avuto il tempo di esprimere un desiderio. Probabilmente... è possibile che... abbia avverato quello di re Julien!
Nuovamente, Skipper aprì il becco per controbattere. Ma Rico e Kowalsky alzarono le spalle, e quest'ultimo disse: - E' l'unica spiegazione.
Lo sguardo del superiore balzò su ognuno dei presenti, poi sospirò, allargando le pinne.
- Ma bene! - esclamò. - Davvero. Se è stato veramente il desiderio di una stella cadente, allora che si fa? -. Guardò Soldato, considerandolo l'esperto della situazione. Lui ci pensò un attimo, prima di dire: - Basta aspettare un'altra stella cadente. Queste sono le tre notti magiche, soprattutto dopodomani. Non dovrebbe essere difficile. Basterà aspettare.
Kowalsky parve avere un'illuminazione. Tirò fuori l'abaco e fece dei calcoli veloci, poi si gratto la nuca e lo appoggiò affianco a sé. Con sguardo un poco preoccupato, aggiunse: - E non addormentarsi per le prossime 24 ore.
Re Julien sfoggiò uno sguardo confuso, e lo scienziato spiegò: - Hai espresso il desiderio che chiunque si addormenti non si risvegli. Quindi, se noi ci addormentiamo, non ci risveglieremo. -. Fece una pausa d'effetto. - Mai più. - concluse.
Tutti, lui incluso, ebbero un brivido.
- Ma io non ho dormito tutta la notte! - esclamò re Julien. - Come posso non addormentarmi?! Già adesso ho sonno!
Skipper gli appoggiò una pinna sulla spalla, lanciandogli uno sguardo da capo severo, ma sotto sotto, anche di amico. - Devi resistere. - gli disse. - Più siamo ad aspettare le stelle, e meglio sarà.
Rivolse uno sguardo ai suoi sottoposti, annendo.
- Uomini, sarà una missione difficile e di estrema importanza. Fallirla potrebbe portare a conseguenze disastrose. -. Fece una pausa, durannte la quale li osservò nuovamente, uno ad uno. - Siete con me?
I tre, immediatamente, si portarono la pinna alla fronte. Non occorsero parole: Skiper annuì nuovamente, con un leggero sorriso sul becco. Poi si volse verso il catta, chiedendogli: - E tu?
Lo guardò con noia. - Ho forse altra scelta? - domandò.
Il pinguino scosse la testa. L'altro sollevò le spalle.
- Allora sai già la risposta. - concluse.

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Capitolo 3
*** Silenzio Assordante ***


Capitolo 3: Silenzio Assordante.

- Quindi. - asserì Kowalsky, attirando l'attenzione dei presenti quando tutti furono usciti dalla base operativa. - La domanda ora è: come facciamo a restare svegli per tutto questo tempo?
Re Julien sollevò le spalle con aria svogliata. - Facendo qualcosa di divertente, e non noioso come tutte le cose che fate voi. - rispose con semplicità. Il suo sguardo vagò da un recinto all'altro, fino a giungere al suo, e alla visione del suo stereo. Per un istante, si illuminò; ma i ricordi del fatto che esso aveva bellamente deciso di abbandonare il suo re al suo misero destino gli tolsero quel barlume di vita che tanto faticosamente tentava di riaccendersi in lui.
- Dobbiamo anche tenere da conto che non dobbiamo stancarci fisicamente. - continuava intanto Kowalsky, analizzando come suo solito la situazione sotto un punto di vista scientifico. - Se il fisico si indebolisce, in automatico anche la mente richiederà il riposo necessario per la completa ripresa.
- Cioè tu stai dicendo... - lo interruppe Skipper, con un'espressione dubbiosa che torreggiava sul suo volto. - Stai dicendo che dovremmo sederci e non fare nulla?
- Beh, non proprio. - si corresse Kowalsky, cercando le parole più adatte per esprimersi. - Sedersi senza fare nulla è noioso, e la noia danneggia la mente che in automatico darà il comando di addormentarsi.
I suoi occhi notarono dell'inquietudine da parte di Soldato; piegò la testa e pensò un altro po' alla sua teoria, cercando il metodo migliore per non aumentare i sentimenti negativi del giovane pinguino accanto a lui. - Dovremmo provare a... divertirci, ecco. Divertirci senza però muoverci.
Annuì al termine della frase. Sì, era soddisfatto di come l'aveva esposta: persino re Julien ne avrebbe afferrato il senso.
Skipper sospirò malinconico, pensando al gioco di patata bollente che volava via salutandolo con la manina. Oh, beh. Non bisogna stancarsi fisicamente, quindi adattiamoci. In fondo, non aveva neanche troppa voglia di correre, quel giorno.
- Giochiamo a carte? - propose. Gli altri annuirono convinti, anche se una leggera ombra di inquietudine solcava i volti di ognuno.
E come dar loro torto? Di giochi di carte ne conoscevano davvero pochi, e la cosa è divertente solo per qualche ora; ma arrivati a metà pomeriggio, l'unica cosa che volevano fare tutti era di bruciarle, quelle carte. Re Julien non conosceva le regole di nulla, e dopo qualche tentativo i pinguini decisero di lasciarlo fuori dal giro; ma non potendo fare nulla, il catta si annoiava, e unito alla stanchezza della nottata in bianco le palpebre iniziavano a farsi pesanti, e più di una volta era arrivato vicino all'addormentarsi. A nulla erano servite le minacce di Skipper: continuava ad ondeggiare e a lamentarsi di voler dormire.
Le ore parvero interminabili, ma finalmente arrivò la sera. Nessuno dei cinque sapeva come era riuscito a far rimanere svegli gli altri, ma sorrisero quando il cielo divenne scuro, e le prime stelle si illuminarono nel cielo.
- D'accordo, uomini... - attirò l'attenzione Skipper, con voce stanca e svogliata. Accanto a lui c'erano quattro tazze di caffé, e nella pinna teneva la quinta. Parlò senza distogliere lo sguardo annoiato dal cielo, mentre gli altri lo guardavano. - Scrutate quelle stelle e cercate quella cadente. Appena la vedete, esaudite questo accidenti di desiderio e andiamocene tutti a dormire. Inizia l'operazione "stella stellina"!

Si sdraiarono tutti e cinque al suolo. Muso e becchi proiettati verso l'alto, nella prima sera in bianco davvero silenziosa della loro vita.
Re Julien storse il naso. Non aveva mai notato quanto potesse essere assordante il silenzio. Quello che aveva tanto bramato per guarire in fretta ora gli stava dando terribilmente fastidio, talmente tanto che sentiva un pizzicorino alle orecchie. Le mosse a scatti, infastidito. Se dicono tanto che il silenzio fa bene, che il silenzio è d'oro, perché fa innervosire tanto?
Voltò la testa a destra e a sinistra. Due pinguini erano da una parte, due dall'altra, e tutti erano incredibilmente silenziosi. Non proferivano parola, totalmente concentrati nel loro compito. Sospirò, tornando a guardare le stelle.
Che noia... Potevano anche parlare un poco. Non pretendeva che cantassero - hanno una voce orribile, tutti e quattro. Ma quanto meno potevano tirare qualche battuta, ridere un po'.
Rimase a pensarci qualche istante, poi ebbe un brivido. Le battute dei pinguini... eww! Le sue sono vere battute, mica come le loro! Maurice e Mortino ridono sempre tantissimo quando le dice! Soprattutto Mortino.
... Mortino. Chissà cosa sta sognando.
Sollevò un sopracciglio, dubbioso.
Perché sto pensando a cosa sogna Mortino? Non certo perché mi manca.
Voltò nuovamente la testa a destra, in direzione di Skipper.
Ah, ecco perché. Loro non parlano. Non parlano e io devo cercare qualcos'altro per intrattenermi.
Sospirò; ma il sospiro si trasformò in un profondo sbadiglio.
- No.
Era la voce di Skipper. Ne cercò lo sguardo, ma lui continuava a guardare il cielo.
- Come?...
- No, Coda ad Anelli. No.
Re Julien si fece corrucciato. - "No" cosa? - chiedette.
- "No" cosa, secondo te?
- Non farmi gli indovinelli! "No" cosa?
Venne un sospiro dal pinguino. - "No" sta per "Non ti addormentare"! Non mi pare difficile da capire!
- Sarebbe facile se solo parlaste un po'. Mi annoiate.
Finalmente, Skipper distolse lo sguardo, concentrandolo nel suo. Aveva gli occhi di un capo autoritario, e soprattutto impaziente.
- Bisogna essere totalmente concentrati in una missione. Non c'è il tempo di parlare, deconcentra e poi perdiamo la stella cadente.
- La che?
- La stella cadente!
Re Julien stette in silenzio, dubbioso. Solo dopo qualche istante il pinguino capì, e si passò una pinna sul volto.
- Le gocce di luci ballerine, Coda ad Anelli. - rettificò. Si sentì idiota ad usare quei termini infantili, ma quanto meno il catta capì.
- Ma scusa, il silenzio non fa addormentare? Voi vi addormentate quando c'è silenzio!
- Coda ad Anelli, non lo sai che il silenzio è d'oro?
Kowalsky, dall'altra parte, tossicchiò storcendo il becco; un segno comune quando è sicuro che una frase detta dal superiore sia sbagliata, e sembra chiedere il permesso di rettificare in questo modo.
Skipper si tirò su seduto, fulminandolo con lo sguardo. - Cosa c'è, geniaccio? Ho sbagliato il proverbio? L'ho usato nel contesto sbagliato? Forza, se devi mettere i puntini sulle "T" e i trattini sulle "I", fallo!
- Beh, prima di tutto i puntini vanno sulle "I" e i trattini sulle "T". - sottolineò, da bravo puntiglioso quale è. Si tirò a sedere anche lui, facendo scivolare lo sguardo serio dal cielo all'altro pinguino. - Comunque il proverbio è giusto, solo che...
- "Solo che" cosa? - chiese Skipper, con un tono irritato non poco.
- ... solo che il proverbio si riferisce al sogno. "Il silenzio è d'oro" perché concilia il sonno. Stavolta Julien ha fatto un'osservazione... intelligente. -. Fece una breve pausa, nella quale guardò il catta con sguardo piuttosto sorpreso. - Doveva capitare prima o poi, suppongo.
- Ecco, vedi? - riprese re Julien, sollevando una zampa. Indicò il cielo, sbadigliando nuovamente. - Avevo ragione io.
- Beh, sì, più o meno! Va bene, stavolta te la concedo. Ma adesso piantala di darmi tutto questo fastidio e cerca quella maledetta stella cadente.
- Quella che?
- STELLA CADENTE! Le "gocce di luce ballerine", come le chiami tu in modo molto infantile, sono chiamate stelle cadenti! Stelle CADENTI!!
Preso dalla rabbia, Skipper si alzò di scatto e si allontanò a passo svelto. Re Julien si rizzò a sedere, e lo osservò insieme a Kowalsky, perplesso. Soldato e Rico non distolsero gli occhi dal cielo, diligenti; ma Skipper non lo seppe, troppo arrabbiato per voltarsi.

Per sbollire la rabbia, il superiore decise di farsi un giro per tutto lo zoo, e controllare la situazione generale. Non sapeva bene neanche lui che cosa ci fosse da controllare, però; tutti dormivano, nessuno aveva fatto niente per l'intera giornata. All'ingresso, i cartelli si muovevano appena alla brezza della sera. Pensò di provare a capire cosa c'era scritto su di essi, ma ci rinunciò subito. Non capiva la scrittura, quindi che senso aveva?
Camminava su un muretto quando lo sguardo vagò alla base operativa, e gli venne un'idea per capire. Vi scivolò veloce veloce, e una volta dentro agguantò il telecomando, accendendo sul canale delle News. Non sapeva quali notizie andassero in onda di notte, ma aveva sentito spesso i visitatori dire che le notizie arrivano subito. Se i cartelli erano stati affissi di mattina, a quell'ora dovevano pur sapere qualcosa.
Si sedette nella stanza, alla luce tenue prodotta dalle immagini dei giornalisti che parlavano. Dovette attendere qualche minuto, ma alla fine la presentatrice nominò lo zoo di Central Park. Si fece attento, mentre partiva il servizio.

« Stamane, allo zoo di Central Park, è avvenuto qualcosa di tragico. La custode dello zoo, Alice, si
è recata al suo amato lavoro, ma una volta arrivata lì si è trovata di fronte ad uno spettacolo sconvolgente:
tutti gli animali erano sdraiati al suolo, e al richiamo nessuno rispondeva. »

L'inquadratura passò dalla giornalista ad Alice, a cui Skipper rivolse una smorfia. Ella, di fronte alle telecamere, cercava di apparire ciò che non è: una persona seria. Fingeva un'ombra di terrore negli occhi, ma si vedeva chiaramente che era gioiosa di ciò che era successo. Niente più lavoro! Era già al settimo cielo, e lo nascondeva davvero male.

« Terribile, davvero terribile! » urlava nel microfono. « Pensavo fossero tutti morti, stecchiti come caproni
al macello! Erano morti, però respiravano! »

- Se respiravano erano vivi, idiota. - commentò acido Skipper. Forse fu proprio quella frase che fece tornare l'inquadratura sulla giornalista, che parve anche lei un po' perplessa dalle parole di Alice.

« Dopo un'attenta visita del veteritario, si è scoperto che gli animali dello zoo erano perfettamente
in salute, semplicemente addormentati. Hanno provato a svegliarli in vari modi, ma nessuno rispondeva ai
richiami. Si è arrivati alla conclusione che, forse, gli animali sono stati infettati da un virus sconosciuto,
di cui attualmente si sta cercando un antidoto. Sono stati fatti vari esami del sangue, ma al momento
non è stata trovata alcuna soluzione. Temendo che il virus possa essere contagioso, lo zoo è stato
chiuso fino a nuovo ordine, e sia la custode che il veterinario saranno visitati e, se necessario, messi in quarantena. »

Skipper spense la televisione premendo il pulsante con la zampa. La stanza risprofondò nel buio, nel quale rimase in silenzio, pensoso.
Quindi era quello che era scritto all'ingresso dello zoo. Sperava potesse aiutarlo in qualche modo, magari offrendogli qualcosa per rimanere sveglio più facilmente. A quanto sembra, l'unica soluzione era davvero sperare che passasse una stella cadente; ma un dubbio lo perseguitava. E se fosse stata una semplice coincidenza, e quello che era successo fosse davvero a causa di un virus? In quel caso, non potevano fare chissà che cosa; ma magari, si poteva dormire.
Sollevò lo sguardo al soffitto, indealmente andando a guardare i suoi uomini; e d'improvviso si sentì uno stupido, ad averli abbandonati senza un comandante.
Lasciò il telecomando lì, e risalì la scaletta. Sbucò nel suo recinto con calma, stupendosi anche lui ora di quanto il silenzio potesse essere assordante, soprattutto dopo aver udito il suono gracchiante della televisione.
Si fermò in prossimità dell'acqua. Persino essa non faceva rumore.
Ma improvvisamente un suono giunse alle sue orecchie, sostituendo quel silenzio tanto noioso. Era il suo nome, ripetuto con ansia dalla voce tremolante di Soldato.
Sollevò di scatto la testa quando lo udì, e rapido si mise in azione: saltò oltre il recinto e scivolò al luogo ove avea lasciato i suoi sottoposti e il catta; ma la situazione era diversa, più tesa.
Rico e Kowalsky erano in piedi, alla destra di re Julien sdraiato per terra. Soldato stava alla sua sinistra, chinato su di lui, e con le pinne lo scuoteva con preoccupazione. Avvicinandosi, Skipper vide che il catta aveva la testa voltata di lato, e gli occhi chiusi in un piacevole riposo.
Soldato fu il primo ad accorgersi dell'arrivo del superiore, e lo chiamò nuovamente con paura. Tentò di spiegare, ma dal becco non usciva nessun altro suono se non il nome di lui. Fu Skipper a muovere la situazione, zittendo il giovane con un gesto della pinna e rivolgendosi al più alto dei quattro con un secco: - Kowalsky! Analisi!
- Dopo vari tentativi di calmare l'animo nervoso di Julien, egli si è posato pacifico al suolo. Abbiamo distolto lo sguardo da lui per un solo istante, e i suoi occhi si sono chiusi.
- Quanto tempo fa è successo? - domandò il superiore, chinandosi sul catta che sembrava non sentire nulla.
- Circa dieci minuti dopo il tuo allontanamento. - rispose immediatamente Kowalsky, senza nemmeno consultare il suo abaco. - E' da allora che lo chiamiamo e cerchiamo di svegliarlo. Ma... -. Non completò la frase; la situazione parlava da sé. Skipper guardò per lunghi istanti l'addormentato di fronte a lui, quindi sollevò lo sguardo allo scienziato.
- Ciò significa che questo sortilegio delle stelle cadenti è vero. - disse improvvisamente. Gli altri si scambiarono occhiate preoccupate, e i primi segni di vera paura iniziarono a presentarsi su ognuno di loro.
Quindi Kowalsky tornò a guardare Skipper. Incrociò le pinne dietro alla schiena, e deglutì a vuoto prima che la verità riuscisse ad uscire dalla sua gola.
- Così sembra. - asserì.
Lo sguardo di tutti si abbassò nuovamente su re Julien; e non ci fu bisogno di altre parole.

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Capitolo 4
*** Una Vera Fortuna ***


Capitolo 4: Una Vera Fortuna.

Fu una delle notti più lunghe della loro vita, quella che passarono in bianco scrutando il cielo. Non distolsero mai lo sguardo dalla coltre nera sopra di loro, fino a quando il Sole spuntò pigramente da dietro gli edifici della Grande Mela. Non una stella passò sulle loro teste, non una scia luminosa si disegnò nel buio.
- Dovremo rimanere svegli altre 24 ore. - fu la dura realtà che uscì dal becco di Kowalsky; parole che si unirono alla convinzione di tutti che un altro giorno così sarebbe stato impossibile da superare.
Portarono re Julien nel suo recinto, adagiandolo su uno dei lettini, quindi tornarono nella loro base rifugiandosi dal mondo. Per lungo tempo nessuno osò parlare: in fondo, di quali argomenti potevano trattare? Per rimanere svegli durante la notte, avevano discusso di tutto e di più, avevano esaurito ogni cosa.
Un silenzio innaturale, tale da aumentare in maniera esponenziale gli sbadigli di Skipper. Era quello che aveva dormito meno tra i quattro: se c'era uno che era sicuro di non farcela, quello era lui. Ma devo essere forte per i miei uomini, continuava a pensare. O dormiremo per sempre, e chi dorme non piglia pesci. Non che non possa fidarmi di loro. Ma...
Ma?
Scosse la testa. Com'era la seconda parte della frase che stava pensando? Non riesce più a ricordarselo. La stanchezza è troppa, gioca brutti scherzi. Se solo potesse... dormire... un poco...
- Skipper! SKIPPER!!
Il richiamo fu talmente violento e improvviso da fargli spalancare gli occhi dallo spavento. Saltò sulla sedia, e quasi vi cadde. Si salvò dalla rovinosa caduta giusto per un pelo, afferrando il tavolo con entrambe le pinne e rimanendo in quella posizione, terrorizzato e ansante, per qualche lungo istante. Quando iniziò a riprendersi, notò che i tre subordinati gli stavano accanto: Kowalsky era il più vicino, una pinna sul petto mentre tirava un sospiro di sollievo, così come Rico e Soldato a pochi passi da lui.
- Skipper, dannazione. Che spavento. - commentò lo scienziato, riportandosi dritto e austero come suo solito, anche se la camminata con cui si allontanò era un poco traballante. Al superiore ci volle qualche secondo perché afferrasse davvero il senso delle parole, e scosse la testa di nuovo, portando poi ad essa una pinna con fare confuso.
- Mi avete distrutto i timpani... - si lamentò; ma prima che potesse aggiungere qualcos'altro, Kowalsky era tornato alla ribalta, indicandolo con una furia non sua, lo sguardo iracondo di chi non sopporta più una persona.
- Ti eri addormentato, santo cielo!! - gridò. - Non rispondevi più! Siamo in una situazione disperata, e tu ci abbandoni così!!
Per la seconda volta, cadde il silenzio. Persino il tempo, già di per sé lento, parve fermarsi in quell'istante: lo scienziato che ancora puntava il superiore, questi immobile a fissarlo, e gli altri due inermi e silenti, senza sapere cosa fare.
Il primo a riscuotersi fu proprio Kowalsky. Quasi ad essersi reso conto solo in quel momento di cosa aveva detto, sussultò, ritrasse la pinna fin dietro la schiena con imbarazzo, addirittura ansimò per qualche istante.
- Scusa...! - esclamò, scuotendo la testa. - Scusa, non so cosa mi è preso! Lo giuro, io...!
- No, no. - lo interruppe Skipper; e il suo tono era stranamente calmo, rilassato quasi, anche se tremante dallo spavento di poc'anzi. - E' la stanchezza, non... devi scusarti.
Si passò una pinna sugli occhi, e tutti tirarono un sospiro di sollievo.
- Almeno questa esperienza ci ha tolto un po' di sonno! - esclamò Soldato, sempre alla ricerca del lato positivo delle cose. Rico spense il suo entusiasmo con un paio di versi sonnolenti, e si grattò la schiena mentre si allontanava da lui, per rintanarsi in un angolo accanto alla sua bambola.
- Rico ha ragione, Soldato. Il sonno ci è un po' passato, ma tornerà. - confermò Skipper, il tono preoccupato mentre risollevava il capo. - ... e sarà troppo presto...
Già avvertiva il sonno ritornare, e la certezza che non ce l'avrebbe fatta a tormentarlo. Era difficile riuscire a battere una tale certezza con la positività, soprattutto per uno come lui, attaccato alla realtà anima e corpo. Più o meno.
Ma di nuovo, Kowalsky si intromise. Stavolta però la sua voce apparve vergognosa, titubante, mentre pronunciava la frase che fece rizzare Skipper sulla sedia.
- ... ci sarebbe una mia invenzione...
- No! No, Kowalsky, no! Te l'ho già detto! Niente invenzioni!
- M-ma...!
- Niente ma, né se, né forse, né subalterni! Ho detto niente invenzioni!
Rico sbuffò - era una scena che andava avanti dal giorno prima - e Soldato si preparò a ritirare su lo scienziato per un'altra ora o due. Ma Kowalsky stupì tutti, e fece gelare il superiore con poche, semplici parole, pronunciate con una tale freddezza da non sembrare, per la seconda volta, lui.
- ... ti devo forse ricordare che ci hai appena fatto prendere un infarto, Skipper?
Il pinguino capo rimase nuovamente ammutolito. Aprì il becco per dire qualcosa, ma nulla né uscì, né un movimento mosse il suo corpo se non un sospiro, dopo lunghi secondi passati a pensare su quella singola domanda.
- Che cosa sarebbe questa tua invenzione?
Allo scienziato sfuggì un sorriso compiaciuto, ma fortunatamente l'altro non lo vide. Si schiarì la gola, quindi espose la sua idea.
- Ho inventato un defibrillatore cerebrale d'emergenza, che può inviare una scarica elettrica di quel poco che serve ad una persona per riaccendere i suoi sensi da uno stato di dormiveglia e permettergli di concentrarsi meglio sul lavoro.
- In termini semplici?
Kowalsky tossì di nuovo. - ... erano termini semplici. - commentò a bassa voce, prima di ripetersi nella maniera più facile che gli veniva: - E' un provoca-scosse alla testa che tiene svegli.
Che orrore descrivere le proprie invenzioni così... Termini del genere mandano sottoterra l'umore un genio come lui.
Nonostante la triste spiegazione che spense un po' l'entusiasmo dello scienziato, Skipper capì al volo la funzione del marchingegno, e annuì.
- D'accordo, proviamo questo coso. - strascicò.
Scese dalla sedia, e si avvicinò a Rico. Non gli disse nulla, gli fece solo segno con la pinna di dargli qualcosa. Il pinguino aprì il becco, e rigettò il telecomando della televisione. Skipper lo girò, aprì il portello delle batterie, e ne tirò fuori la chiave del laboratorio di Kowalsky, che nel venire a sapere dov'era nascosto il prezioso oggetto si stava già dando dell'idiota.
Il superiore inserì la chiave nella toppa, la girò, e quindi un rumore secco annunciò che la serratura era sbloccata. Il proprietario della stanza entrò tutto gongolante, felice di rivedere le sue belle creazioni ancora tutte intere e pronte da abbracciare. Ne accarezzò un paio mentre le spostava, fino ad arrivare all'ultimo strato di invenzioni, il più in basso e nascosto. Vi frugò un paio di secondi, quindi ne tirò fuori una scatolina di metallo a cui era collegato un elettrone.
Uscì dalla stanza reggendo l'invenzione trionfante, appoggiandola a terra dopo pochi passi.
- Eccolo qui. - annunciò. - Il "Scari-Svegliami"!
Ricevette sguardi confusi dagli altri.
- "Scari-Svegliami"? - ripeté Skipper.
- Sì... "Scarica" più "Svegliami". E' un nome bello, dai! Ci ho pensato per una settimana!
L'altro fece un'alzata di spalle, e tornò a guardare l'invenzione. - Pro e contro? - domandò, previdente.
- Ti tiene sveglio e manda scariche elettriche solo quando strettamente necessario. Possiede un sensore che intuisce i momenti di sonno e ti risveglia subito! -. Fece una pausa. Una lunga pausa. - Ma...
- Ah, eccolo qui il "ma". - commentò acido Skipper. - Lasciami indovinare: distruggerà l'universo.
- No, stavolta no. - negò Kowalsky. - Però... distruggerà la persona che lo indossa.
I tre si ammutolirono, quindi continuò senza aspettare incoraggiamenti: - Poche scosse aiutano a rimanere svegli; ma troppe provocano emicrania, sbalzi d'umore, ira e, se si raggiunge un numero troppo alto, attacca il cervello. Si possono comportare gravi danni cerebrali. E inoltre... -. Guardò sconsolato l'unico elettrone dell'invenzione. - ... può essere usato da una persona sola.
- V-vuoi dire che...? - mormorò Soldato; Kowalsky gli annuì, finendo la frase per lui: - Uno solo di noi può avere la certezza di arrivare in fondo. Nonché la quasi totale sicurezza di uscirne con il cervello distrutto.
Sì passò una pinna sulla testa, sospirando pesantemente. - Chi si offre? - domandò.
Rico guardò con noia l'aggeggio: l'avrebbe anche fatto, ma lo scienziato gli tirò un'occhiata che diceva tutto. Se anche fosse arrivato in fondo, non sapeva esprimere i desideri alle stelle.
Soldato era preoccupato. - Saranno dolorose? - chiese; Kowalsky gli rispose che all'inizio non lo sarebbero state, ma che ben presto avrebbe iniziato a bruciare. Fu la conferma che non ce la poteva fare. Fece un passo indietro, scuotendo la testa, e passò la palla allo scienziato.
Egli ancora si lambiccava il cervello. Non dovrebbe essere lui a farlo... ma dei quattro era forse il più sveglio. Aveva più possibilità di arrivare in fondo, quindi non aveva poi molta scelta.
Si chinò per recuperare l'invenzione; ma un attimo prima che potesse prenderla, essa scomparve dal pavimento, recuperata da pinne più scaltre: quelle di Skipper.
- Ma cosa fai? - domandò lo scienziato, già intuendo le sue intenzioni. - Sono quello meno stanco, lascia che...
- Sono io il capo. - lo interruppe lui. Il tono serio, autoritario, bloccò il fiume di parole del sottoposto come fosse una diga. - Non voglio che soffriate e vi sacrifichiate per una mia inettitudine. Lo indosserò io, esprimerò quel desiderio malaugurato e ci faremo una dormita tutti insieme. E la mia mente sarà ancora sana. -. Lanciò uno sguardo a Kowalsky alle ultime parole. - Non temete, uomini. So cavarmela.
Ci vollero meno di due minuti perché l'invenzione dello scienziato fosse agganciata al superiore. La scatola di metallo fu attaccata alla sua schiena con un pezzo di scotch, e l'elettrone fu posizionato sulla sua testa. Bastò un movimento dell'interruttore perché l'arnese fosse acceso; il leggero sibilo provocò un brivido a Skipper, ma non lo diede a vedere.
Kowalsky si allontanò di un paio di passi, ma non riuscì a nascondere la preoccupazione nel suo sguardo mentre lo guardava. Era la prima volta che non mostrava fierezza per ciò che aveva costruito.
- ... allora? Funziona? - domandò il superiore. Mosse appena la testa, e il filo che collegava l'elettrone alla scatola di metallo strusciò sulla sua pelle, dandogli fastidio. Lo scienziato ebbe un'alzata di spalle, mentre continuava a fissarlo.
- Dovremmo aspettare un momento in cui ti stai per addormentare. - disse.
Skipper annuì. Quindi fece a tutti segno di uscire, e salì la scaletta della sua base per primo.

Il suo comando di uscire non fu altro che un semplice tentativo di rimanere svegli. Skipper portò la sua squadra in giro per lo zoo, a passo lento e traballante, facendo il giro degli habitat per controllare che la situazione fosse a posto, oppure percorrendo il perimetro esterno della struttura. Controllarono che re Julien stesse bene, sperando che si risvegliasse; cosa che, naturalmente, non successe. Il giro durò solo un'ora; quando tornarono alla base, tutti erano ancora più stanchi e svogliati, e la sola cosa che desideravano era dormire.
Soldato prese il telecomando con uno sbadiglio, e accese sul canale dove di solito mandavano in onda i Lunacorni. Con sua sorpresa li ritrovò proprio lì, a parlare di smancerie e sorridere con dolcezza. Il suo sguardo si illuminò mentre sorrideva anch'egli, e iniziò persino a saltellare mentre elencava i nomi delle varie principesse, salutandole una dopo l'altra.
Kowalsky aprì il becco per dire qualcosa, ma Skipper lo bloccò prima.
- Lasciaglieli vedere. - mormorò, talmente basso che lo scienziato lo udì a fatica. - Almeno lui, voglio sia spensierato per qualche momento.
Voltò lo sguardo alla televisione. Già voleva sparare allo schermo, ma era troppo stanco per chiedere a Rico di passargli il cannone laser. - Tanto non dureranno molto. - aggiunse.
Si allontanò verso il tavolo, stropicciandosi gli occhi. Cercò di evitare di guardare i letti, e piuttosto si concentrò sulle carte, abbandonate nella metà della partita quella mattina da lui e l'armiere.
Magari potevano finire il gioco. Almeno avrebbero qualcosa da fare, e lui eviterebbe di iniziare fin da subito il giro delle scosse alla testa.
A proposito...
- Mi sa che la tua invenzione non funziona. - fece in direzione di Kowalsky. - Ora ho sonno, eppure non va.
- Beh, le scosse vanno solo se arrivi sul punto di addormentarti, per evitare troppo dolore. - spiegò l'altro. - Funziona. Vedrai.
Quella parola provocò un brivido in entrambi. Sembrava quasi un ultimatum. Il secondo sollevò lo sguardo, come a chiedere scusa.
Skipper sospirò. Meglio cambiare argomento. - Rico, finiamo la partita. - chiamò, sedendosi al tavolo. Prese le carte davanti a lui, ma solo dopo qualche istante si rese conto che non erano quelle che aveva prima.
- ... ops. - esclamò piano. - Ho visto le tue carte, scusa.
Le recuperò tutte, e iniziò a mischiarle. Mosse le pinne più e più volte, ma solo quando appoggiò il mazzo ormai pronto sul piano, in attesa che fosse tagliato, si accorse che il sottoposto non si era ancora seduto davanti a lui. Girò lentamente lo sguardo per la stanza, alla sua ricerca; e trasalì quando non lo trovò da nessuna parte.
Scattò in piedi, perforando Kowalsky con lo sguardo. - Dov'è?! - chiese a voce alta. - Dov'è Rico?!
Lo scienziato guardò prima lui, poi in giro per la stanza; Soldato fece lo stesso, confuso, ma entrambi si ritrovarono con il fiato mozzato quando si accorsero che, in effetti, erano solo in tre.
- Era con noi un attimo fa! - esclamò il più giovane, abbandonando i Lunacorni. - L'ho visto prima di entrare qui!
Skipper sollevò lo sguardo all'ingresso, quindi salì la scaletta con velocità.
Quando uscirono, alla luce ancora troppo forte del primo pomeriggio, si trovarono di fronte alla vista di Rico, sdraiato per terra a pancia in giù, che placido sognava qualcosa di incredibilmente bello, a considerare la faccia estasiata che faceva tra un russo e un altro.
Il superiore lo osservò a lungo, lo sguardo quasi invidioso. Quindi sospirò.
- Due su cinque. - constatò in un sussurro.
Soldato lo udì, e gemette terrorizzato.
- A... almeno siamo ancora la maggioranza...! - mormorò con voce tremante, ma neppure lui si sentiva poi così convinto.
L'altro non disse nulla; si limitò a sedersi, sospirando ancora più pesantemente. Il sospiro divenne sbadiglio, e le palpebre si fecero troppo pesanti questa volta.
- Beato lui. - disse. - Almeno può... dormire...
La testa si abbassò, lenta, e gli occhi si chiusero; ma proprio quando stava per addormentarsi, avvertì un'improvvisa scarica elettrica, che non gli provocò dolore ma gli fece riaprire gli occhi di scatto con un sussulto.
Dopo un istante di confusione, sbatté le palpebre e constatò che dopo questa cosa che era successo, qualunque cosa essa fosse, si sentiva meno stanco. Sollevò lo sguardo a Kowalsky, come a chiedergli delucidazioni, e lui indicò semplicemente la propria testa.
Ah, già.
Il Scari-Svegliami.
- Abbiamo conferma che funziona. - annunciò lo scienziato, ma non ne parve troppo entusiasmato.
Soldato saltellò, considerandola una buona notizia, finalmente. - Che fortuna! - esclamò.
Skipper annuì, abbozzando ad un sorriso non troppo convinto.
- Una vera fortuna. -
Purtroppo... 

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Capitolo 5
*** Vivere nei Sogni ***


Capitolo 5: Vivere nei Sogni.

Rico venne portato all'interno della base e adagiato sul suo letto. Non occorse essere prudenti per non svegliarlo: tale era intenso il suo sogno che, quando Soldato per la stanchezza perse la presa delle sue zampe ed egli cadde a terra in malo modo, lui continuò a dormire pacato, come nulla fosse successo.
Skipper volle portare nuovamente fuori i suoi uomini per un altro giro di perlustrazione, ma Kowalsky espresse senza alcun tentativo di nascondere la sua noia che sarebbe stata solo una perdita di tempo. Non accadeva niente da due giorni, non aveva assolutamente alcun senso controllare che tutto fosse a posto. Andava bene tentare di fare sempre qualcosa per tenersi svegli, ma la stessa cosa ripetutamente non portava alcun vantaggio.
Rimasero quindi tutti all'interno della base, ognuno a fare la cosa che meglio li teneva impegnati, oppure l'unica cosa che si sentivano in grado di fare: Soldato tornò davanti alla televisione a vedere i Lunacorni, Kowalsky entrò in laboratorio a sistemare le proprie invenzioni, e Skipper, colto dall'ansia provocata dalla scossa di poco prima, aveva iniziato a tirare testate al muro.
- Vieni qui. - gli propose ad un tratto il più giovane, chissà quanto tempo dopo l'inizio di quella cosa. Toccò il pavimento accanto a sé con tatto leggero, rivolgendogli un lieve sorriso che però lasciava trapelare il sonno accumulato. - O ti verrà il mal di testa.
L'altro fermò i suoi movimenti per voltarsi verso di lui. Lo sguardo stanco si mosse da terra alla televisione, quindi al sottoposto. - Loro? - domandò. Il primo annuì, semplicemente.
Con un sospiro, il superiore si avvicinò al punto indicato, e quasi si lasciò cadere a terra. Gli occhi si fissarono temporaneamente sui Lunacorni, che saltellavano da una parte all'altra dello schermo dicendo le loro smancerie con voce sdolcinata. Tornò quindi a fissare Soldato, trovandolo praticamente ipnotizzato da quelle immagini.
L'intenzione era di controbattere con qualcosa, ma l'altro era talmente adorante che decise di tenere il becco chiuso, e provare a seguirli almeno per cinque minuti.
Bastò meno di un minuto perché Skipper arrivasse sull'orlo dell'esaurimento. Tentò di guardare solo le immagini, poi di non guardarle affatto e ascoltarli soltanto; fu ancora peggio, e finì sdraiato a pancia in giù a coprirsi il muso con le pinne, rivolgendo il didietro alla televisione, mentre Soldato ancora sedeva pacato a guardarli.
Era inconcepibile, ascoltare anche solo per mezzo minuto quella roba era assolutamente impossibile. Eppure il più giovane ne era praticamente innamorato, e andava predicando le loro parole come farebbe un profeta con la Bibbia. Li ripeteva persino a memoria mentre passava l'episodio: ripetevano sempre le stesse identiche frasi, dopotutto. E ogni volta, con le pinne incrociate sul petto, Soldato sorrideva e citava, esaltando poi la saggezza di quegli strani animali con commenti vivaci e felici.
Skipper socchiuse gli occhi a quel pensiero. Non ci aveva pensato... Soldato non stava parlando. E' una cosa rara, addirittura forse inesistente.
Mugugnò qualcosa, mentre allontanava le pinne dalla testa e tirava su il busto.
Forse era solo la stanchezza. Nemmeno Kowalsky, mentre sistemava le sue invenzioni, parlava loro come faceva di solito. Tanto vale controllare comunque, pensò voltandosi verso di lui.
Si trovava alle sue spalle, e da lì il più giovane appariva nella stessa posizione nella quale l'avevano lasciato: seduto, con le pinne appoggiate al telecomando.
Si ritirò in piedi, e lentamente gli si avvicinò. Una volta abbastanza vicino, gli afferrò con dolcezza una spalla, e lo scosse appena. - Soldato...? - lo chiamò, ma lui non rispose.
Deglutì a vuoto. Anche tu, Soldato? Gli girò attorno, arrivandogli davanti. Tirò un lieve sospiro di sollievo, quando ne trovò gli occhi, socchiusi, ma comunque che indicavano che era ancora sveglio, o che forse il suo scrollare l'aveva risvegliato. Gli tirò su il volto con fare gentile, e gli chiese: - Tutto bene?
L'altro abbozzò un sorriso debole, ma scosse la testa. - C'è... - mormorò. Gli occhi si chiusero, ma l'attimo dopo li riaprì. Lottava con tutto sé stesso per non abbandonare il suo superiore, ma era una battaglia che Skipper sapeva era destinato a perdere. - C'è una fata... di là... bellissima... E mi ha... mi ha proposto di vivere... nei miei sogni...
Detto ciò, il capo ricadde, e gli occhi chiusi indicarono che, oramai, il giovane aveva ceduto.
Skipper lo guardò con un velo di malinconia. Tre su cinque... addio al vantaggio.
Lo prese in braccio, e lentamente lo portò fino al suo letto. Lo adagiò con attenzione sul suo cuscino, e gli mise tra le pinne il suo giocattolo dei Lunacorni.
Lo guardò per qualche momento, quindi si chinò su di lui, e gli scoccò un piccolo bacio sulla fronte.
- Dormi bene, Soldato. - mormorò. - Almeno tu...

Nel tentativo di rimanere sveglio, il superiore aiutò Kowalsky a sistemare le sue invenzioni; ma ben presto scoprì che, più che sistemare, lo scienziato non faceva altro che spostare e rispostare ciò che aveva costruito. Più il tempo passava, e più le scosse provocate dallo Scari-Svegliami diventavano frequenti e, soprattutto, dolorose. Kowalsky tentò più volte di convincerlo a toglierlo, ma l'altro rifuitò sempre con fermezza, persino quando la testa iniziò a dolergli.
- Soldato parlava di una fata. - iniziò ad un tratto egli. Kowalsky si voltò in sua direzione, stupito di sentirlo parlare di una cosa del genere; poi pensò che forse era solo un argomento con cui intrattenersi, e fece spallucce.
- Si sarà temporaneamente addormentato, magari nel dormi-veglia ne ha vista una. - replicò.
Skipper fece un verso di assenso, e dopo un lungo sospiro pensoso domandò: - Ma perché proprio una fata?
- Non saprei. Soldato è molto fantasioso. Se la sarà inventata.
- Già. - mormorò l'altro. - Forse.
Per lungo tempo, non passò altra parola tra i due. Solo il suono di un apparecchio dello scienziato che cadeva ruppe quel silenzio, attirando l'attenzione del superiore. Si voltò verso Kowalsky, che si era improvvisamente bloccato in mezzo alla stanza, ancora con le pinne allargate a tenere ormai l'aria.
- Oppure... - mormorava. - Oppure, oppure...
Tirò fuori il suo blocco e la matita, e iniziò veloce a disegnare qualcosa. Ci ragionò per qualche secondo, poi alzò lo sguardo su Skipper, ancora ripetendo: - Oppure...!
- Figliolo, finisci una frase, per una volta! - esasperò Skipper, ancora reggendo con molta precauzione l'Amami Laser dell'altro. - Già capisco poco di mio oggi!
Kowalsky tirò un altro paio di linee sul foglio, quindi lo girò in direzione del secondo in modo che potesse vederlo. Picchiettò il gommino della matita accanto al veloce schizzo di una stella cadente e dello zoo di Central Park, uniti da diagrammi e triangoli accanto cui erano stati scritti varie formule matematiche. - ... potrebbe essere la magia della stella cadente! - esclamò.
Skipper inclinò la testa meditabondo. - Dici? - domandò, ancora poco convinto.
- Mi fa strano parlare di queste cose. - continuò la spiegazione Kowalsky, avvicinandoglisi di un paio di passi. - La scienza non le ammette, ma vedrò di non pensarci. Julien ha espresso il desiderio che chiunque si addormenti non si risvegli più, giusto? Quindi, secondo la magia, ci dev'essere qualcosa che convince chi si addormenta a non svegliarsi.
- Intendi dire che ci sarebbe una fata che ti seduce per convincerti a non svegliarti più? - chiese l'altro, iniziando a capire qualcosa.
- Più o meno, sì. - rispose lo scienziato. - Come ha detto Soldato, ti offre di vivere nel tuo mondo dei sogni. Anche se... -. Si grattò la tempia con il gommino. - ... non sono sicuro esista davvero.
Sospirò, poi buttò in un angolo il blocco e la matita. - Nah. Non esiste. La scienza parla chiaro: queste cose non esistono. - mormorò, tornando alla sua invenzione.
Di nuovo, nel laboratorio calò il silenzio.

Arrivò il tramonto, e i due optarono per prepararsi alla veglia notturna uscendo all'aperto e arrampicandosi sul muretto dell'habitat dei lemuri, vicino a dove tutto era iniziato.
La luce lasciò presto posto al buio, e le prime stelle si fecero strada nel velo nero sopra le loro teste. Skipper abbassò lo sguardo su Kowalsky, il filo dello Scari-Svegliami che strusciò nuovamente sulla sua nuca. Lo irritava, ma si sforzava di non badarci, per quanto lo scienziato si accorgeva ogni volta dell'effetto che produceva la sua invenzione, sia psicologicamente che fisicamente.
- Non puoi andare avanti così. - gli disse. Lui era seduto, incurvato in avanti dalla stanchezza accumulata; lo guardava quindi dal basso, con gli occhi vivaci spenti da un sonno prepotente. - Ti sta distruggendo...
- Sto bene. - tentò di tranquillizzarlo il superiore; gli rivolse anche un mezzo sorriso, ma l'altro scosse la testa.
- Guardati, Skipper. - mormorò. - Non cammini: ti trascini! Stai in piedi a fatica, parli poco, e tutto quello che sai dire è sempre e solo "sto bene"...
L'altro deglutì a vuoto.
Era vero. Nonostante il sonno e la confusione provocata dalle continue scosse, aveva notato il suo modo di muoversi e di rispondere. Nonostante ciò, ripeté ancora una volta: - Sto bene. -, un sussurro talmente poco convinto che Kowalsky si rifiutò di accettarlo.
Passarono pochi minuti di silenzio. Skipper si ostinava a stare in piedi, ma inevitabilmente la testa continuava ad abbassarsi, colto dal sonno. Spesso la squoteva, ma non riusciva a reggere la stanchezza che, se possibile, ancora aumentava.
L'improvvisa scossa che gli fece aprire di scatto gli occhi gli strappò un urlo di dolore, breve, ma che risuonò alto nello zoo silenzioso. Ansimando, riportò lo sguardo a Kowalsky; e sobbalzò quando ne vide gli occhi chiusi, sul punto di cadere sul lato addormentato.
Lo afferrò per le spalle, quasi terrorizzato, e iniziò ad agitarlo con forza, urlando il suo nome, fino a quando l'altro si riprese, seppur solo in parte.
- Kowalsky! - lo chiamò nuovamente. - Sei ancora in missione! Resta qui, qui!
Ma gli occhi dell'altro si stavano già richiudendo: era chiaro che non avrebbe resistito un altro minuto.
- Kowalsky, guardami. - disse il superiore, con tono serio e autoritario. Ogni tanto ancora lo squoteva, per riaprirgli gli occhi che inevitabilmente continuavano a chiudersi. - Resta qui, Kowalsky. E' un ordine!
Lo scienziato capiva le sue parole, ma il sonno era troppo forte. Obbedire era diventata un'impresa oramai impossibile.
- Lei... - strasciò; sorrise, inclinando la testa di lato. Skipper fu costretto a squoterlo nuovamente perché continuasse la frase. - La fata... - riprese con voce impastata. - Esiste!... E mi ha promesso che... sarei stato... con Doris...
- Kowalsky, non ascoltarla! - gridò il secondo, sperando in cuor suo che l'altro fosse abbastanza sveglio per capire le sue parole. - Non farti imbrogliare! Devi rimanere qui, devi aiutarmi!
Non poté aggiungere altro: Kowalsky inclinò nuovamente la testa, i suoi occhi si richiusero. A nulla servirono altre scosse: lo scienziato si era oramai addormentato, vittima dello stesso incantesimo che aveva colpito tutto lo zoo.

Da lontano arrivavano vaghe voci di bambini che aspettavano le stelle. Troppo fiochi essi giungevano alle orecchie di Skipper, che aveva rinunciato ai buoni propositi di stare in piedi per accoccolarsi vicino ad una colonna, sempre sullo stesso muretto. Non aveva avuto la forza di portare Kowalsky nel suo letto come aveva fatto con Soldato e Rico, e quindi lo scienziato giaceva ancora lì, a pochi passi da lui.
Gli rivolse uno sguardo distrutto; quindi, improvvisamente, gli occhi gli si fecero lucidi, e piccole lacrime bagnarono silenziosamente le sue guance mentre volgeva la propria attenzione al cielo. La vista gli si affuscò, e senza rendersene conto iniziò a gemere.
Era solo, piangente e troppo assonnato per continuare in quel modo. Non resisteva più...
Le continue scosse avevano trasformato il mal di testa di prima in un'emicrania lancinante, e negli ultimi minuti ne aveva ricevute troppe, arrivando al limite della sopportazione. Voleva solo chiudere gli occhi, fregarsene del mondo, e dormire per giorni interi...
L'ennesima, forte scossa gli strappò un altro urlo. Venne colto da un esaurimento nervoso, e si alzò di scatto in piedi. Si strappò di dosso l'elettrone e la scatolina di metallo, e senza nemmeno pensare a cosa stava facendo li scaraventò giù dal muretto, gridando frasi sconnesse e prive di una reale logica.
Il congegno che si distruggeva al violento contatto con il suolo fu l'unico suono che rimbombò nello zoo. Solo dopo lunghi secondi passati ad osservare i resti dell'invenzione, Skipper capì di aver appena perso l'ultima possibilità di rimanere sveglio e salvare i suoi uomini.
Crollò seduto, le pinne alla testa e gli occhi ancora lucidi spalancati dalla paura.
- ... cosa ho fatto...? - domandò al vuoto, con la voce tremante di cui si era sempre vergognato. Passò lo sguardo ai vari habitat e ai dormienti in ognuno di essi, forse alla ricerca di una salvezza; ma tale era il sonno che tutto iniziò a girare.
Piangendo ancora, Skipper cadde all'indietro, lungo e disteso sul muretto dei lemuri.
Pochi istanti dopo, si addormentò profondamente.

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Capitolo 6
*** Fremiti di Luce ***


Capitolo 6: Fremiti di Luce.

La prima cosa che si chiese Skipper quando riaprì gli occhi era come ciò potesse essere possibile.
Non si era parlato fino a quel momento di uno stupido desiderio di Coda ad Anelli, che aveva scatenato questa maledizione sullo zoo? Teoricamente, se si era addormentato non doveva riaprire gli occhi.
Allora perché gli ho aperti?
Solo in un secondo momento il pinguino si rese conto che il fatto di essere sveglio era, forse, la cosa meno strana.
Era sdraiato a pancia in su in quel momento, il volto rivolto verso il cielo. Fu la prima cosa che vide: esso aveva i colori del tramonto inoltrato, limpido come solo poche giornate possono essere, in cui, tuttavia, non intravedeva alcuna stella. Per non parlare di quello strano colore violaceo che dava tono al blu scuro, e che lo separava con tinte innaturali dall'arancione e il rosso dell'orizzonte, dove dovevano risiedere gli ultimi spiragli del Sole sopito che, però, lui non trovò.
Si tirò a sedere, e lo sguardo confuso si posò sull'ultimo ambiente che pensava di trovare. Anziché essere sul muretto dell'habitat dei lemuri, era seduto sulla terra arida di uno strano deserto, che si estendeva fino a perdita d'occhio nel buio. Voltò lo sguardo alla ricerca di Kowalsky, che ricordava essere a pochi passi da lui; ma non lo trovò. In compenso, quando guardò alle sue spalle vide, non molto distante da lui, un lungo prato verde, che si estendeva fino all'orizzonte più chiaro seguendo una linea dritta, tanto da farlo assomigliare ad un corridoio naturale. La piccola erba smeraldina si allargava per mostrare qua e là dei fiorellini dalle tinte vivaci e sgargianti, che ondeggiavano come in una tenera danza, sospinti da quel lieve venticello che pareva soffiare solo in quel particolare Eden.
Skipper si grattò la nuca, perplesso. Certo che ne esistono di posti strani, nel mondo. Si guardò attorno, schivo e attento, poi decise di avvicinarsi all'erba. Il passo rallentava via via che vi si faceva più vicino; ma non fu l'angoscia dell'essere lì da solo che lo spinse a fermarsi, bensì una luce.
Essa si formò improvvisamente davanti a lui, una piccola sferetta che comparve da una scintilla nel nulla. Il piccolo oggetto luminoso vorticava attorno a sé, crescendo e poi allungandosi fino a prendere le vaghe sembianze di un corpo. Ben presto, il vago fu dettagliato, e Skipper distinse i tratti dolci e gentili di una piccola fanciulla, poco più alta di lui; i lunghi capelli biondi contornavano il volto lentigginoso, e ricadevano sulle spalle sottili dietro cui spuntavano due coppie di piccole ali che sbattevano armoniosamente, tenendola sospesa in aria. Un vestitino di seta la copriva fino alle ginocchia, dorato come i suoi occhi che rivolsero al pinguino un saluto silenzioso.
Lentamente, la fanciulla discese fino a terra: il contatto dei suoi piedi nudi con il suolo erboso fece crescere con più velocità i fili d'erba e i fiori attorno a lei, che si alzarono fino alle sue caviglie.
Tra i due corse per lunghi istanti un silenzio profondo.
Skipper la osservava stranito, colpito dalla sua bellezza, ma anche agitato da quella improvvisa comparsa. Ancora non capiva dove si trovava, e quella visione non faceva altro che infittire il mistero.
Fu al notare delle sue ali che il pinguino fece un collegamento che non considerava possibile.
- ... tu sei la... fata? - domandò con insicurezza, in un mormorio basso, quasi temendo che un tono di voce più alto avrebbe spazzato via la magia.
La ragazza gli rivolse un sorriso più largo, dolce come il miele. Annuì con leggerezza, in un gesto fluido e armonioso.
- Sì, sono la fata che ha nominato Soldato, e Kowalsky dopo di lui. - rispose, con una voce soave che parve accarezzare il pinguino con le sole parole. - E sono qui per proporti una cosa, Skipper.
L'altro spalancò gli occhi. - Come conosci il mio nome? - chiese, con una punta di agitazione nel tono. La fata mosse una mano, sollevandola appena in un lento gesto circolare, con l'intento di calmarlo.
- So tutto di te. - mormorò lei. - E' il mio mestiere.
- Ma come conosci tutto di me? - ripeté l'altro.
La fata inclinò appena la testa, comprensiva. Socchiuse gli occhi, quindi mosse nuovamente la mano che poco prima girava in cerchio: stavolta si avvicinò a Skipper, il quale, d'istinto, si ritrasse.
- Non aver paura. - sussurrò lei. Allungò ancora di più la mano in sua direzione, senza fretta alcuna; lentamente, il pinguino si fece convincere, e a scatti, con insicurezza, si avvicinò a lei.
Le cinque, sottili dita della fanciulla sfiorarono il capo di lui ove poco prima era collocato l'elettrone dell'invenzione di Kowalsky, di cui ancora avvertiva in parte la presenza. Gli provocò un brivido quel contatto, che si rivelò caldo e accogliente come quello di una madre. I due chiusero gli occhi in contemporanea, i respiri si sincronizzarono per quei lunghi secondi. Tutto si concluse solo quando lei mosse la mano sulla tempia di lui, quindi lungo la guancia, in una carezza affettuosa che fece sorridere Skipper.
Tornò a guardarla di sottecchi, colto da una calma che da molto non avvertiva. Gli occhi di lei ancora erano posati in quelli di lui, puri come la neve; ma lasciavano trasparire un'intuizione, che rendeva il suo animo candido più triste.
- Skipper... - mormorò. - Tu sei preoccupato per la tua squadra.
Il pensiero dei suoi uomini tornò improvvisamente alla sua mente. - Li avevo dimenticati. - mormorò, quasi incredulo. Chiuse nuovamente le palpebre al ricordo delle parole furiose di Kowalsky, che l'avevano investito solo qualche ora prima. - Come ho potuto...
- E' la tua stanchezza, Skipper. - la rassicurò la fata, tornando a sorridergli con dolcezza. Gli prese il volto tra le mani, passando le dita sui suoi occhi che tornavano ad essere tutt'ad un tratto lucidi. - Quando ci si addormenta, si dimentica. Per questo i mondi dei sogni ci appaiono tanto belli.
Ma le sue parole, anziché tranquillizzare il pinguino, ebbero l'effetto opposto. Egli spalancò infatti le palpebre, accorgendosi di colpo dell'unica cosa che dava un senso a tutto ciò che lo circondava.
- Non mi sono svegliato...! - ansimò indietreggiando. - ... io sto dormendo!
Di fronte a lui, la fata annuì lenta. Skipper scosse la testa, e portò le pinne alle tempie, colto nuovamente dall'agitazione.
- Non posso dormire! - gridò, sentendo improvvisamente la paura farsi strada in lui, e bloccargli il corpo e la mente. - Così dormiremo per sempre, e... e... loro si erano affidati a me! Non posso averli abbandonati! Non così!
La fanciulla osservò silente la sua ansia; quindi gli si avvicinò, lenta lenta, ogni suo passo verso il deserto che creava nuova erba fresca, come se essa volesse proteggerla dall'aridità del mondo esterno.
- Ascoltami... - mormorò. Allungò le mani, afferrando con dolcezza le sue pinne e allontanandogliele dal volto. - Sono qui per proporti una cosa, Skipper.
Il pinguino la guardò con gli occhi lucidi, improvvisamente pietrificato dal suo tocco caldo. - Che cosa...? - domandò piano, quasi privo di voce.
Lei avvicinò il volto al suo, fissandolo con i suoi grandi occhi dorati, e un lieve sorriso dolce e sincero.
- Ti propongo di vivere nel mondo dei tuoi sogni. - rispose a voce bassa. - Un mondo dove non ci sono i pericoli. Un mondo dove la tua squadra è tranquilla, lontano da ogni possibilità di farsi male. Dove potrete vivere sicuri, e felici.
Il fiato si mozzò in gola a Skipper. Gli occhi spalancati erano unicamente rivolti a lei, in quella vicinanza disarmante, che anziché tranquillizzarlo lo spaventavano sempre di più. Quella presenza tanto rincuorante ora era diventata un incubo, che non avrebbe mai voluto vedere. Passarono lunghi istanti di silenzio, interrotti solo dall'ansimare del pinguino che si perdeva nell'ampiezza del luogo.
- Ma io non lo voglio. - mormorò infine.
La frase sorprese la fata, che sollevò le sopracciglia, rimanendo ammutolita. Skipper ingoiò la sua saliva diverse volte prima di riuscire a riprendere.
- E' una proposta allettante, indubbiamente, ma... non sarebbe reale. Non sarebbe una vita degna di essere vissuta! Non ha senso vivere in una falsità, il mondo come l'aveva prima era già bello di suo! Pericoloso, sì... ma reale!
Fu lui adesso ad afferrare le mani della fata con la stessa dolcezza che aveva usato lei, e allontanarle dal volto; lei si ritirò lentamente dritta durante questi gesti.
- Ma... è il tuo sogno... - mormorò lei, confusa. Lui scosse la testa, avvertendo quella sensazione di paternità che fin'ora aveva provato solo con i suoi uomini. Un padre severo, forse, ma quando voleva anche tanto saggio.
- E' vero, lo è. - disse. - Ma i sogni sono belli proprio perché sono tali. Vivere in un sogno non ti rende felice; piuttosto, lo divieni quando uno di essi diventa realtà!
Si zittì, lo sguardo basso mentre abbandonava le mani della fanciulla, quasi si vergognasse dei dubbi che aveva insinuato nella sua mente innocente. Solo un suono scoppiettante lo convinse a rialzare lo sguardo, prima alla figura di lei, quindi a ciò che gli venne indicato: il cielo. Scrutandolo, vide una scia di fuoco solcare lenta la coltre violacea; poco lontano da lei, altre si stavano avvicinando come lunghi nastri luminosi.
- Cosa sono? - domandò, i muscoli tesi da quella visione improvvisa, ma in un certo senso affascinante. La fata non sollevò nemmeno lo sguardo, già sapendo cosa erano.
- Le stelle cadenti. - sussurrò.
Skipper tornò a guardarla. - Le stelle cadenti?! - ripeté, sconvolto. - Quelle che aspetto da due giorni?! No, non è possibile...! Ora che sono arrivate... io sto dormendo!
Si guardò attorno, alla disperata ricerca di una via per potersi risvegliare. Magari poteva esprimere il desiderio da lì, ma qualcosa gli diceva che non avrebbe funzionato.
Fu la fata stessa ad interrompere la sua ricerca. Ne attirò l'attenzione chiamandolo per nome; quando lui si girò verso di lei, i suoi occhi erano spalancati, confusi, mentre la mano destra era sollevata, vicino a lui.
- Il tuo sogno... è cambiato...! - mormorò, incredula. Posò nuovamente le cinque dita sulla sua testa, con più irruenza stavolta. Skipper si ritrovò spiazzato da quella reazione, tanto che non trovò la forza di muoversi, trattenendo il respiro. Solo quando lei si allontanò di nuovo i suoi muscoli si rilassarono.
- Il tuo sogno... - mormorò la fanciulla, la voce poco più di un lieve soffio di vento. - ... è di svegliarti...?
Skipper la guardò per qualche istante in silenzio; poi annuì, convinto. - ... sì. - confermò. - Sì.
- Ma... perché...?
- Perché rivoglio la mia vita. Rivoglio i miei amici, e la realtà attorno a me. -. Le sorrise, dolce. - Perché, in fondo, la realtà non è così orribile.
Gli occhi della fata lo osservarono altri lunghi istanti; poi, finalmente, ricambiò il suo sorriso, e annuì piano.
Posò nuovamente la mano sulla sua testa.
Poi, tutto divenne buio.

Skipper si risvegliò di scatto dopo quello che gli parve solo una manciata di secondi. La luce della Luna sembrò accecante, tanto che sbatacchiò le palpebre un paio di volte prima di rendersi conto di trovarsi nuovamente sul muretto dell'habitat dei lemuri. Portò una pinna alla testa, la quale era improvvisamente tornata a fargli male, mentre ritrovava Kowalsky che ancora dormiva, e Julien nella stessa posizione nella quale lo aveva lasciato, lì sul lettino, e tutto lo zoo nella stessa situazione che ricordava prima di addormentarsi.
Gli ci volle qualche momento perché la sua mente stanca ricordasse la visione delle scie di fuoco che solcavano il cielo violaceo del mondo dove fino a poco prima si trovava. Sollevò immediatamente lo sguardo alla coltre nera, trannenendo il respiro; e sul volto gli si dipinse un sorriso di sollievo quando, finalmente, le vide: le stelle cadenti, che veloci correvano sopra lo zoo, mostrandosi in tutta la loro bellezza agli occhi del pinguino che aveva tanto sofferto durante quei lunghi giorni.
Si rizzò velocemente in piedi, e con un rapido scatto si arrampicò nel punto più alto che trovò del muretto. Quindi, sollevato il volto al cielo, raccolse tutto il fiato che possedeva e urlò a pieni polmoni: - Voi! Lassopra! Almeno una di voi, mi ascolti!
Nel cielo, una stella parve brillare più intensamente delle altre. Skipper lo prese per il segno che la sua richiesta era stata accolta, e dopo aver recuperato fiato continuò, a voce più alta possibile, quasi temesse che quell'ultima possibilità potesse svanire per colpa di un tono troppo basso. - Annullate il desiderio di quell'ingenuo di Coda ad Anelli! Non sapeva cosa diceva! Interrompete questa maledetta magia!
Ansimò, gli occhi lucidi dallo sforzo. - Fatemi dormire... - mormorò, abbassando lo sguardo, speranzoso che il suo desiderio, quella cosa a cui si era sempre rifiutato di credere, potesse ora invece essere esaudito.
Tentò di convincersi a non guardare in alto, troppo timoroso di vedere le sue ultime possibilità scappare via e abbandonarlo al suo destino; ma una strana angoscia che cresceva in lui in ogni secondo che non succedeva niente lo costrinse a scrutare il cielo. Deglutì a vuoto, fissando le stelle che proseguivano dritte per la loro strada, incuranti di lui.
Poi, la stella che aveva brillato più delle altre poc'anzi rallentò.
Skipper spalancò gli occhi, battendo il sonno mentre si protendeva verso di lei, senza levarle un attimo le iridi stanche di dosso mentre la vedeva cambiare traiettoria, curvare verso la sua direzione, e riprendere velocità. Accellerava in maniera esponenziale, tanto che per lunghi istanti il pinguino si convinse che il suo impatto con il suolo sarebbe stato catastrofico.
Ma così non fu: all'ultimo, la stella rallentò nuovamente, fino al totale arresto a pochi metri dal campanile dell'ingresso. Quindi, sotto gli occhi increduli di Skipper, la grande luce iniziò a girare su sé stessa, scomponendosi in luci sempre più piccole che volarono con sicurezza e vivacità verso un diverso animale assopito. Con dolcezza infinita, ognuna si posò sulla fronte del dormiente, per poi scomparire dopo un piccolo fremito.
Piano piano, ogni essere caduto sotto la magia delle stelle cadenti riaprì gli occhi dopo il lungo sogno: alcuni si alzarono subito, dopo solo un semplice sbadiglio; altri si stiracchiarono a lungo. Julien si stropicciò gli occhi, rizzandosi a sedere sul lettino con la tipica stanchezza di chi si è appena svegliato; Maurice e Mortino, accanto a lui, scossero la testa, un po' confusi.
Kowalsky, vicino al suo superiore, si voltò verso di lui sbatacchiando le palpebre. Skipper gli sorrise; sorriso che si allargò quando udì la vecchia ciotola del pesce, porta della sua base, strusciare per terra; voltandosi vide Rico e Soldato uscire da essa, e salutarlo vivacemente nello scorgerlo.
Tirò un sospiro di sollievo, girando più volte su sé stesso per vedere ogni momento di quella lenta ripresa che per 48 lunghe ore aveva bramato di vedere. Solo in un secondo momento si fermò, concentrando la propria attenzione sullo scienziato del gruppo che, dopo essersi rialzato, gli si era avvicinato.
- Per Galileo Galilei! - esclamò, guardandosi intorno anche lui. - Lo Scari-Svegliami ha funzionato! Sei rimasto sveglio tutto il tempo, e senza riportare danni cerebrali! -. Sorrise, tutto gongolante, e Skipper provò un leggero senso di colpa nel vederlo così felice.
- Ecco, sì, a proposito dello Scari-Svegliami... - cominciò, grattandosi la nuca imbarazzato. Non occorsero altre parole perché Kowalsky si accorgesse da solo di cos'era successo: vide che non l'aveva più addosso, e una rapida occhiata attorno gli mostrò l'orrida visione della sua invenzione fatta a pezzi.
- AHH! - gridò, disperato. - AMORE MIO! COSA TI HANNO FATTO!
Saltò giù dal muretto e raggiunse i resti della creazione, mentre Soldato, Rico e Julien raggiungevano Skipper.
- Quindi... - attirò l'attenzione il catta, visto che nessuno si decideva a prendere parola. - ... è tutto finito?
Il pinguino capo annuì con la testa.
- Sì, direi di sì. - mormorò; l'attimo dopo, le parole furono seguite da uno sbadiglio. Il più giovane si portò le pinne al becco, coprendo un sorrisino intenerito che gli costò un'occhiataccia da parte dell'altro.
- Se è davvero finita, Skipper, penso che ora tu possa dormire! - esclamò Soldato saltellando; Rico lanciò un verso di assenso alle sue spalle. Ma Julien si frappose a lui, facendo "no no" con il dito.
- Gli Spiriti del Cielo ci hanno concesso una grazia immane! Ora non si dorme, nient'affatto! - annunciò. Il giovane pinguino lo guardò stranito, incinando il capo.
- E allora cosa si fa? - domandò.
- E me lo chiedi anche?! -. Julien saltò nel suo habitat e si arrampicò lesto sul suo trono. Recuperata la sua corona da Maurice, che gliela porse rapido e professionale, si rizzò sulla seduta e gridò: - SI FA FESTA!!
La proposta (se così la si può definire) accolse immediatamente i consensi di tutti, e lo zoo si riempì del suono alto e prepotente della musica lanciata dalla radio del catta. Radunati attorno all'habitat dei lemuri, ogni animale ballava a modo suo, già buttandosi alle spalle l'esperienza appena vissuta. Persino Kowalsky abbandonò la sua invenzione, oramai irrecuperabilmente distrutta, e si unì alle danze.
Skipper tentò di ritirarsi nella sua base per recuperare il sonno che la dormita troppo breve non gli aveva fatto disperdere, ma Julien lo spinse a rimanere lì con loro. Il pinguino riuscì comunque a ritagliarsi un angolo di pace, in uno spazietto del recinto dove nessuno, se non l'occhio attento dei suoi sottoposti, guardava mai.
Soldato lo raggiunse dopo pochi minuti che si trovava lì. - Il rumore è troppo alto? - gli chiese.
L'altro annuì semplicemente, troppo insonnolito per pronunciare parola. Gli occhi continuavano a chiudersi, la testa doleva come non mai, ma la festa non riusciva a farlo addormentare in pace. Il più giovane sollevò lo sguardo al cielo, chiedendosi cosa poteva fare; e si illuminò quando vide qualcosa.
- Guarda, Skipper! - esclamò, puntando la pinna verso l'alto. - E' ancora qui!
Il superiore portò le iridi verso l'alto, scorgendo solo in quel momento una piccola luce che ancora volava, formando piccoli cerchi armoniosi. Quando capì di essere stata vista, essa iniziò una lenta discesa che la portò di fronte al volto di Skipper, fremendo e scoppiettando di gioia del vederlo. Poi gli si avvicinò.
D'istinto, l'altro si ritrasse, e dopo qualche momento gli parve di avere un déjà vu. Si riavvicinò, osservandola con attenzione, per quel che gli permetteva la stanchezza.
Un lieve sussurro giunse alle sue orecchie, pronunciato da una voce soave che aveva già sentito.
- Buona notte, Skipper. - diceva.
Lui sorrise, grato nel riconoscere la fata dei sogni incontrata poc'anzi. Le permise di posarsi sulla sua fronte, ed essa, dopo un piccolo fremito, scompave.
Il superiore avvertì tutti i suoni diventare ovattati, come se si trovasse in una bolla di sapone. Sorrise, e quando gli occhi si richiusero sprofondò in un attimo nel mondo dei sogni tanto ambito. Si sbilanciò di lato, ma Soldato, lesto, ne rallentò la caduta afferrandolo con dolcezza. Lo posò a terra, e dopo essersi assicurato che stesse bene si allontanò con un balzo silenzioso.
Durante tutto il resto della notte, né le domande dei presenti, né i rumori emessi dalla radio, né gli urli troppo alti di Julien, riuscirono a disturbare i sogni stellati di Skipper.

FINE

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