Non si sfugge al richiamo del sangue

di Madama Pigna
(/viewuser.php?uid=187550)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno straniero nella corte di Asgard... ***
Capitolo 2: *** L'arrivo a Jotunheim ***
Capitolo 3: *** La Capitale del Regno ***
Capitolo 4: *** La biblioteca del palazzo ***
Capitolo 5: *** Il mercato, i pettegolezzi e gli attentati ***
Capitolo 6: *** Discussione tra (più o meno) fratelli ***
Capitolo 7: *** La perseveranza del ricordo ***
Capitolo 8: *** Pedofobia.. o qualcosa del genere ***
Capitolo 9: *** Di flora esplosiva e buone notizie ***
Capitolo 10: *** Zizzania all'orizzonte ***
Capitolo 11: *** MAI discutere con gli orsi ***
Capitolo 12: *** Sconvolgere un guerriero Asir è facile! ***
Capitolo 13: *** Quando si dice un piccolo fraintendimento.. ***
Capitolo 14: *** Di viaggi e novità impreviste ***
Capitolo 15: *** Helgrind - parte 1 ***
Capitolo 16: *** Helgrind - parte 2 (Una notizia pessima ed una cattiva) ***
Capitolo 17: *** Rotta per Asgard - ma non c'è certezza di arrivo -. ***
Capitolo 18: *** Aria di tempesta ***
Capitolo 19: *** Memorie del Mutilatore ***
Capitolo 20: *** Memorie della Valchiria ***
Capitolo 21: *** Se non altro, sembriamo tutti vivi.. ***
Capitolo 22: *** Dolci emicranie ***
Capitolo 23: *** Temperature estreme ***
Capitolo 24: *** Di chiacchiere e falò ***
Capitolo 25: *** Ricordi - Parte 1 ***
Capitolo 26: *** Ricordi - Parte 2 ***
Capitolo 27: *** Il punto di non ritorno ***
Capitolo 28: *** Gli stranieri usano i portali ***
Capitolo 29: *** Benvenuti calorosi ***
Capitolo 30: *** Caldi reincontri.. forse troppo ***
Capitolo 31: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 32: *** Rapimento ***
Capitolo 33: *** Chi muore si rivede.. ***
Capitolo 34: *** Amore mortale ***
Capitolo 35: *** Perché io? ***
Capitolo 36: *** Un piano perfetto.. ***
Capitolo 37: *** ..o quasi ***
Capitolo 38: *** Impotenza ***
Capitolo 39: *** Tre fratelli inermi ***
Capitolo 40: *** Combattimenti e sconfitte ***
Capitolo 41: *** Arrivano i soccorsi ***
Capitolo 42: *** Fine + Epilogo ***
Capitolo 43: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Uno straniero nella corte di Asgard... ***







Quel giorno, ad Asgard, c’era un gran fermento.
Tutti parlavano della stessa, identica cosa.

Dai viottoli più in periferia alle camere delle nobildonne più sfarzose, tutti – che fossero servi, mercanti o nobili questo poco importava - avevano in bocca lo stesso argomento.
Il principe Thor era tornato.
E, al suo ritorno, i Tre Guerrieri e Lady Sif non l’avevano trovato da solo.



Loki era infatti sopravvissuto alla caduta dal Bifrost.
E sempre quel giorno sarebbe stato processato per i crimini contro Asgard e Midgard, sebbene pochi sapessero di preciso quali fossero. Molti esultavano per questo: il Dio degli Inganni non aveva mai ispirato molta fiducia. Il suo potere sulle rune e sulle parole aveva sempre intimorito i nobili Asir, e parecchi sarebbero stati felici di levarselo dai piedi, anche nel modo più definitivo.
Va detto però che c’era anche qualcuno, forse più saggio forse più pazzo, che non si rallegrava all’idea di una condanna a morte: il principe Loki era sempre stato una delle menti più sveglie del regno, e molte volte era stato un freno contro la brama di gloria e di potere del fratello Thor e di altri giovani e aitanti guerrieri che a volte trascinavano pure membri del popolo in battaglie indesiderate, portando via ragazzi robusti dai campi e dalle altre attività produttive.

In ogni caso ormai l’assemblea degli Asir era riunita, e tutti trattenevano il fiato aspettando l’esito della condanna. Chiunque si sarebbe aspettato un processo pubblico, di fronte a tutta Asgard. Invece il re aveva scelto un Consiglio privato, fuori da orecchie indiscrete; alcuni dicevano fosse una richiesta della regina, forse per risparmiare al principe l’umiliazione o per evitare indesiderate reazioni del popolo. Altri non si ponevano domande, occupati coi loro affari.

Ma nessuno, in qualsiasi circostanza, si sarebbe immaginato ciò che accadde...
















- Silenzio nella corte! -, intimò il re, cercando di fare un gran vocione. Senza successo, però.
L’Energia Oscura che aveva dovuto accumulare per mandare Thor su Midgard lo aveva logorato. Il Sonno di Odino era ormai vicino e il sovrano degli Asir stava facendo di tutto, in quel momento, per non caderci. Voleva salvare suo figlio. Non poteva condannare a morte Loki per quello che aveva fatto dopo aver semplicemente esiliato Thor un anno prima! Erano due cose diverse, questo sì. Thor aveva solamente dato battaglia mentre Loki aveva tramato e ucciso senza battere ciglio, sì. Ma c’erano troppe cose da tenere in conto per giudicare così alla leggera. E i membri del consiglio non lo volevano capire, perché gli conveniva così.


Intanto anche il Principe Thor fremeva. In piedi accanto al padre, teneva il Mjolnir appeso alla cintura, sebbene lo stringesse con vigore, quasi a darsi coraggio. Non voleva perdere suo fratello, nonostante quello che aveva fatto. Anzi, credeva fermamente alla sua versione dei fatti: cioè che avesse attaccato la Terra perché controllato mentalmente da Thanos. Forse era poco obiettivo, ma non gli importava. Loki doveva salvarsi, non poteva morire proprio ora che l’aveva ritrovato... che si erano chiariti... che si erano dichiarati...  proprio ora che aveva assaggiato l’odore della sua pelle e...
Che Padre lo mandasse in esilio, o lo spogliasse dei suoi poteri fino a data da destinarsi, se proprio non poteva perdonarlo!
Ma la morte, quella no!


In preda alla disperazione guardò sua madre, in cerca di conforto.
Ma Frigga non era messa meglio di lui.

La Regina sembrava aver passato la notte peggiore della sua vita. Nonostante l’impegno delle ancelle per renderla impeccabile come tutti giorni, gli occhi erano comunque segnati dalle occhiaie, e non c’era traccia del suo sorriso gentile. Naturalmente non era più una fanciulla da tempo, eppure era sempre stata piena di energie e solo in quel momento tutti i suoi anni di vita sembravano pesargli, come un enorme macigno messo sulle sue esili spalle.


Una volta zittita l’assemblea, l’anziano re parlò. –Io, Odino Borrson, Re di Asaheim, Padre degli Dei, dichiaro questo processo aperto. Lord Tyr, esponi le accuse al Consiglio e all’imputato -.
Un guerriero irsuto si alzò dal suo scranno, completo di armatura dorata ed espressione particolarmente scontrosa. Guardò il Dio degli Inganni con sommo disgusto, poi lesse con voce infossata lo scritto di una pergamena. – Loki Laufeyson, sei accusato di alto tradimento per aver attentato al trono di Asgard, la città in cui sei stato benevolmente accolto da bambino, per aver tentato di uccidere il principe Thor, il Guardiano Heimdall, i guerrieri Hogun, Volstagg, Frandal e Sif, e questo solo un anno fa. Sei accusato poi di aver attaccato Midgard, mondo che non ti aveva mai arrecato alcun torto, provocando la morte di svariati innocenti. Di aver stretto un'alleanza con gli immondi Chitauri e con Thanos, di aver tentato di utilizzare il Tesseract, fonte di potere dall’ uso proibito dal Padre degli Dei secoli e secoli or sono -. Sentendo quelle parole, i compagni d’arme di Thor, già nominati dal Dio della Guerra, storsero il naso. I rapporti tra loro e Loki non erano mai stati molto felici, e dopo tutto quello che era successo, non avevano esitato nemmeno un secondo a sostenere tutte quelle accuse, senza curarsi delle preghiere di Thor (che non era certo il tipo che implorava, tra le altre cose!). Lo facevano anche per lui, dopotutto. Lord Tyr si sedette e Lady Vör, Dea dell’ Accortezza, si alzò.
– Quali sono le tue difese Loki, figlio adottivo di Odino? -.





Il Dio degli Inganni guardò i membri del Consiglio freddo come la sua terra natia.

Era in piedi davanti ai diciotto Asir più potenti del regno. Riuniti in un tavolo semi circolare in oro, imponenti e in pompa magna davanti a lui, stavano nove maschi a sinistra, e nove femmine a destra. Tra loro i suoi genitori adottivi sedevano al centro.

Aveva ripreso il pieno controllo di sé soltanto dopo essere stato sballottato qua e là da Hulk. Le cose, in ogni caso, cambiavano poco per lui: era dalla sua caduta dal Bifrost che aveva completamente perso la volontà di vivere. L’unica ragione che forse poteva ancora tenerlo ancorato alla vita era Thor, soprattutto ora che finalmente i loro sentimenti si erano chiariti, dopo secoli e secoli d’incomprensione.

Ma il suo destino era già scritto: se anche Odino avesse avuto intenzione di perdonarlo, gli altri membri del Consiglio non gli avrebbero mai permesso di scamparla. Lo temevano per il suo talento nella magia e per la sua lingua affilata, per il suo intelletto. Da sempre i nobili aspiravano ad avere più potere nella corte, e sapevano bene che se Thor fosse stato incoronato re senza Loki al suo fianco, sarebbe certo stato facilmente manovrabile. E in quel momento, purtroppo, Odino non aveva la forza di tenerli a bada. Si sarebbero battuti con le unghie e con i denti, lo sapeva. E i pochi che non erano contro di lui non erano sufficientemente aggressivi per respingerli in modo significativo.

Frigga, Odino e Thor lo guardarono, imploranti, come a chiedergli di usare la sua parlantina per togliersi dai guai. Ma nemmeno l’amore del Tonante avrebbe potuto salvarlo, lo sapeva bene.
- Ho già esposto la mia difesa quando sono tornato ad Asgard. Non ho altro da aggiungere -. Così rispose, in modo apatico.

- Allora la sentenza sarà emessa quest’oggi stesso. Secondo le nostre leggi… -.
- NO! -. Thor, Dio del Tuono e impulsivo matricolato, dovette essere trattenuto dai Tre Guerrieri per impedirgli uno dei suoi gesti avventati. – Loki, non puoi rinunciare a combattere! Difenditi! Sei un principe di Asgard, sei mio fratello! Ti prego, non… -.
- Loki non può essere giudicato secondo le nostre leggi -.
Alle parole della sovrana, nella sala calò il silenzio. Ventitré paia d’occhi osservarono attentamente Frigga, chi perplesso, chi arrabbiato (senza darlo troppo a vedere).
- Temo di non comprendere, Maestà -, chiese Lady Vör in tono diplomatico.

- Loki non può essere giudicato come principe di Asgard. Egli non è un Odinson. A essere precisi, non è nemmeno un’Asir. Inoltre, la sua difesa non è stata costruita in maniera equa e giusta -, affermò. Thor e Odino la guardarono esterrefatti. Loki con disperazione.
Di tutti gli Asgardiani lì presenti la Regina era l’ultima persona da cui ci si aspettava un discorso simile. Stava rinnegando suo figlio Loki per una mera questione di sangue? Dopo tutti quegli anni in cui aveva sempre trattato Thor e lui alla pari? E cosa aveva davvero in mente ?

Loki non lo sapeva, ma il suo cuore, già ridotto in pezzi, non poté fare altro che sgretolarsi a quel discorso. Era troppo provato per capire che c’ era qualcosa di più dietro le parole di Frigga.

- Pertanto, non saremo noi a giudicare le sue azioni. Guardie – ordinò ai soldati all’ingresso – Fate entrare il mio ospite -, disse, calcando particolarmente sulla parola mio, forse per far capire che era meglio non mettersi contro di lui – chiunque esso fosse - per non mettersi quindi contro di lei.
- Mia cara, chi… -.
- Perdonami, Odino. Non avevo scelta -, rispose in un sussurro.



Le porte si aprirono, lasciando entrare uno straniero nella sala degli dei.

Era un uomo corpulento, alto all’incirca come Thor e quasi altrettanto muscoloso. Vestiva in maniera molto sobria, con delle vesti in cuoio nere che non lasciavano scoperta nessuna parte del corpo, se non il volto dagli occhi verdi. Le mani, particolarmente grandi, erano anch’esse coperte (dai guanti) e pure il naso era piuttosto importante. Odino notò che somigliava vagamente a Loki. Ma ciò che più lo spaventò fu lo sguardo: determinato, duro e glaciale, come quello di chi un tempo fu uno dei suoi peggiori nemici, poi ucciso dal sangue del suo sangue.

Capì subito con chi aveva a che fare. Ma il suo cuore non era disposto a credergli.
Perché, in quel caso, avrebbe potuto non reggere.

Vide sua moglie alzarsi, e questo gli diede l’ennesima conferma. Doveva essere qualcuno d’importante, se la Regina di Asgard si alzava in sua presenza. E forse fu per quello che ci fu un certo tentennamento in mezzo ai nobili di Asaheim. Dovevano alzarsi anche loro? Sicuramente, ma l’identità dello straniero era ancora sconosciuta. Insomma, ci fu un solo momento di silenzio, ma che non sembrò passare mai.



Lo sconosciuto, però, sembrava incurante dello sgomento di tutti i presenti. Si limitò ad avanzare con passo sicuro verso la regina, mentre ella lo presentava agli altri Asir.
- Costui è Byleistr Laufeyson. Re di Jotunheim. L’ho invitato qui perché possa fare da giudice nella seduta di questo consiglio -.

Solo allora tutti si alzarono. Ma con le armi sguainate. Tutti i presenti a eccezione dei sovrani puntarono le loro armi verso lo Jotun travestito: chi un martello, chi una spada, chi una lancia, chi una mazza o un’ascia, nessuno di loro lasciò la propria mano disarmata di fronte allo Jotun.

Ma la reazione del sovrano fu altrettanto perentoria.
- FERMI! Che cosa fate, stolti? Avete sentito la vostra regina: è un ospite. Che nessuno osi attaccare per primo, o dovrà risponderne direttamente a me! Riponete le armi. All’istante! -.


I nobili Asir si guardarono negli occhi un momento, per poi decidere di obbedire.
Senza smettere di tenere d’occhio il Gigante si risedettero.
- Re Byleistr, sono mortificata di questo trattamento che ti è stato riservato... -.
- Non fartene un cruccio, regina Frigga. Dopotutto, non abbiamo certo scatenato una guerra. Per ora -.

Sarcasmo. Nella voce del Gigante si avvertiva, sebbene quasi impercettibile, un freddo tono di sarcasmo. Odino non poté evitare di pensare che anche Laufey parlasse spesso con quel tono.
- Ma non è per questo che sono qui. Se non è un disturbo per... Lord Tyr, giusto? Gradirei ascoltare di nuovo con attenzione tutte le accuse -.
Il dio, che non era noto per la sua simpatia per i giganti, lo fissò con non troppo moderato astio. - Come conosci il mio nome, figlio di Laufey? -.

Lui rispose indicando con il capo il moncherino del guerriero. – So bene come ti sei procurato quella ferita, Dio della Guerra: il lupo della brughiera, che in questo regno è chiamato Fenrir, altri non era che mio fratello Helblindi. All’epoca della Grande Guerra era poco meno di un ragazzino, ma questo non gli impedì nemmeno di cavare l’occhio al Padre degli Dei. Aveva la...spiacevole abitudine di mutilare le persone se si sentiva minacciato. Ma forse non ricordi che anche io ero presente nel momento in cui sei stato ferito -, concluse ironicamente.

Fu tale la freddura che nessuno osò aggiungere altro. Odino non sembrò felice di ricordare quegli eventi, e con un cenno di Gugnir, la sua potente lancia, fece segno a Tyr di continuare.
L’Asir si riscosse, e ripeté ogni singola accusa, per poi dare un’aggiunta. – Ed è effettivamente vero che Loki non è un Asgardiano, ma è comunque contro il nostro popolo che ha commesso dei crimini, quindi non vedo perché... -.


- Temo di non capire dove siano, questi crimini contro Asgard, Lord Tyr -.
- Ha tentato di uccidere il Principe Thor! E anche altri Aesir! -, affermò Lord Bragi. Re Byleistr inarcò teatralmente un sopracciglio. - Ma davvero? Io conosco una diversa realtà dei fatti -.

Cominciò a camminare avanti e indietro, a passi lenti, passando davanti a ogni Asir lì seduto.

- Il qui presente Loki Odinson o Laufeyson, come preferite, era diventato re in seguito al Sonno di Odino... Il Principe Thor era esiliato, ciò significava che non era ne Asir, ne tantomeno principe. In quanto ai cosiddetti Tre Guerrieri, a Lady Sif e al Guardiano Heimdall, si erano macchiati indiscutibilmente di tradimento alla corona di questo Regno... -.

I sopracitati reagirono molto violentemente.
- INFAME GIGANTE! – .
- COME OSI VENIRE QUI E... -.
- SILENZIO! -, tuonò il re.

- Stavo dicendo -, continuò tranquillamente lo Jotun. – Nonostante non abbiano subito ripercussioni, è un dato di fatto che costoro abbiano disobbedito a un comando diretto del loro legittimo re. Loki, invece, aveva tutto il diritto di fare quello che ha fatto. Qualcuno può forse negare questo? -.

Lord Forseti, probabilmente uno dei pochi a non avercela realmente con il Dio degli Inganni, né a coltivare degli interessi particolari tramite il suo decesso, scosse la testa.


- Certo che no. E, Lord Tyr, abbiamo già verificato che lo Scettro di Thanos ha degli effetti momentanei sulla personalità non indifferenti. Al di là delle opinioni non si può cambiare la realtà dei fatti. Cioè che Asaheim non può condannare Loki Laufeyson per le sue azioni-.

- Esattamente. L’unico Regno che può vantare questo diritto è Jotunheim -.

Un mormorio sommesso. Un’occhiata storta di Odino.
- Quali sono le tue intenzioni, Re Byleistr figlio di Laufey? -.
- Rendere giustizia alla mia gente, Padre degli Dei. Loki ha tentato di distruggere il mio Regno, infrangendo il nostro trattato di pace -.
- Tuo padre ci aveva minacciato di guerra! -, affermò Thor rosso in viso. Sta per scoppiare.

- Vero. Ma questo perché tu, figlio di Odino, sei venuto da noi a dare battaglia. Tentare di attaccarvi mentre eravate ancora nella nostra terra era un suo diritto legittimo. Ma quale altro danno avrebbe potuto effettivamente fare un vecchio re come Laufey, impossibilitato a uscire dal suo territorio? Invece Loki Laufeyson l’ha portato ad Asgard con l’inganno, e si è macchiato di patricidio! -.

- Patricidio? Perché, Laufey è stato un padre, per Loki? NO, LO HA ABBANDONATO AL SUO DESTINO QUANDO ERA APPENA UN NEONATO! E SE NON FOSSE STATO PER MIO PADRE SAREBBE MORTO -.

- Non cambia lo stato delle cose -.
- E allora come vorresti condannarlo, Re Byleistr? Da questo punto di vista, Loki è anche tuo fratello. Ti macchierai di fratricidio? -, chiese Forseti, che cercò di mettere in scacco lo Jotun con la sua stessa arma. Lui, però, rispose impassibile.
– No. A me spetta giudicarlo. Non è abitudine dei re eseguire le sentenze -.


Fu allora che Thor perse definitivamente la pazienza, e tirò fuori il suo mitico martello.
– Schifoso opportunista di uno Jotun! Non hai neanche il fegato di sporcarti le mani! Vieni qui a pretendere quello che non puoi possedere! Con che diritto pretendi di avere potere su mio fratello, eh?! -, esclamò, avvicinandosi minaccioso.
- Ad essere trasparenti, principe, ho già ucciso un consanguineo prima di oggi, a causa delle discutibili leggi di mio padre Laufey. In ogni caso lui non è tuo fratello, figlio di Odino. Puoi crogiolarti nell’illusione che lo sia o anche uccidermi in preda alla rabbia, ma nel fondo del tuo cuore sai che ho ragione -, rispose Byleistr, tranquillo nonostante il Mjolnir puntato contro di lui.
- La tua freddezza è degna del tuo regnod’origine. Ma sappi che difenderò mio fratello da te e da qualunque altro membro immondo della tua specie, a costo di ucciderti! -.

Lo Jotun per tutta risposta gli rise in faccia. – Ma davvero? Credevo che la tua sete di gloria fosse acqua passata, Thor Odinson. A quanto pare anche i pettegolezzi possono cadere in errore, ogni tanto! Ma ti avviso che molti, a Jotunheim, sarebbero disposti a sacrificare anche la vita pur di vendicare la mia morte, specie se venuta dal principe di Asaheim! E se Loki Laufeyson è riuscito a portare di nascosto dei Giganti di Ghiaccio dentro il vostro regno chi vi dice che un giorno qualcuno non ci riesca di nuovo? Con un esercito, magari? -.
Thor era più furioso che mai. Ma il discorso razionale del nemico lo convinse a riporre l’arma. Doveva stare calmo. Altrimenti avrebbe fatto solo il suo gioco. Guardò Loki, che in tutto questo era rimasto in piedi al centro della sala senza battere ciglio. Era come se non ci fosse.

Gli si avvicinò, molto tentato di toccarlo.

Frigga riprese la parola. – Byleistr è dalla parte della ragione, Thor. Non essendo Loki nostro figlio, non essendo un Asir, noi non possiamo decidere per la sua sorte. E Asgard non scatenerà un’ altra sanguinosa guerra con gli Jotun solo per una persona. Sono spiacente, figliolo -.
Thor perse un battito. Come poteva Frigga, sua madre, dire parole così mostruosamente fredde? No, non poteva essere.. E Padre? Perché non faceva qualcosa? E Loki? Ad ogni secondo che passava, sembrava solo sempre più perso nelle sue tristi ombre. Doveva fare qualcosa, maledizione! Ma cosa?!

- Loki… Ti prego... Difenditi... Non puoi lasciare che ti portino via... Ti imploro... Puoi uscirne fuori… Padre! Dì qualcosa! -, disse, in direzione di suo padre, molto pallido, eppure inerte. Dopo un lungo momento di silenzio, il Padre degli Dei annuì in direzione del sovrano di Jotunheim.
- Così sia -, affermò, tetro. – Se il Consiglio è d’ accordo, Loki Laufeyson sarà portato al suo mondo natio, e lì il suo Fato verrà deciso secondo le leggi del mondo di brina -.
E quasi tutti i membri dell’ assemblea, purtroppo, erano d’ accordo.
























- COME AVETE POTUTO CONSEGNARLO NELLE MANI DI QUEL MOSTRO? -.
- Thor.. -.
- NON ME LO SAREI MAI ASPETTATO DA TE, MADRE! SEI STATA ORRIBILE! E TU, PADRE, TU NON HAI FATTO NIENTE! HAI LASCIATO CHE QUEI MALEDETTI VOTASSERO PER LA CONDANNA A MORTE DI LOKI SENZA BATTERE CIGLIO! -.
- Thor, calmati! -.
- IO NON MI CALMO AFFATTO, SIF! E DOVRESTE VERGOGNARVI, TUTTI VOI! COME AVETE POTUTO FARGLI QUESTO? -.

I quattro guerrieri e i due sovrani non riuscirono a rispondergli. Odino aveva tolto buona parte dei poteri al Dio del Tuono quando aveva tentato di attaccare Byleistr durante il Consiglio. Ma anche se non poteva impugnare Mjolnir, il Tonante aveva lo stesso trovato un modo per manifestare tutta la sua ira.

- E’ un traditore, Thor! Anche la Regina l’ha rinnegato come figlio! Perché non lo accetti? -.
- E’ INNOCENTE! -.
- Hai sentito il risultato dell’assemblea! -.
- NON MI IMPORTA DI QUEL CHE DICE UN MANIPOLO DI VECCHI EGOISTI CON A CUORE SOLO I PROPRI INTERESSI PERSONALI! E VOI CREDETE CHE LOKI SIA UN TRADITORE DOPO TUTTO QUELLO CHE ABBIAMO PASSATO INSIEME! AVETE SOSTENUTO TUTTE LE ACCUSE! LA NOSTRA AMICIZIA PUO’ ANCHE FINIRE QUI! -.



La Regina, spazientita, decise di agire in modo estremo. Si avvicinò al figlio, tutt’altro che pericoloso nelle sue condizioni mortali, e gli diede un gran ceffone.
Era la quinta volta in quel millennio, per la miseria!

- Thor. Fai. Silenzio. Ci sono un paio di cose che devo spiegarvi. Voi quattro, uscite -.
I Tre Guerrieri e Lady Sif, impressionati dal comportamento del principe, ci misero un po’ per riprendersi, ma fecero come gli era stato detto, non prima di inchinarsi ed essersi scambiati un’occhiata stranita.

- Bene. Ma fai in fretta, donna, perché non sarò cosciente ancora per molto -, rispose Odino.
Si fidava di sua moglie. Durante il processo gli aveva stretto la mano, facendogli capire di lasciare che se ne occupasse lei. E così aveva fatto. Ma ancora non capiva.
 Era invecchiato, il Padre degli Dei. Non vedeva più tanto lontano. Per questo voleva affidare il regno a Thor, nonostante fosse ancora troppo impulsivo. Il suo vigore si era affievolito, e non poteva più tenere a bada eventi come quello. Il peso del trono, ormai, si era fatto insopportabile.
- Sono andata su Jotunheim -.
- A Jotunheim? Quando? -.
- Quando Thor è andato su Midgard, Odino, pochi giorni fa. Tu eri troppo occupato nell’osservare cosa faceva per notare la mia assenza. Ho avvicinato Byleistr e ho stretto un patto con lui. Mi ha dato la sua parola che Loki sarebbe stato al sicuro dentro i confini del suo Regno. Così abbiamo escogitato un trucco adeguato, un trucco per sviare i membri del Consiglio: sapete entrambi quanto Loki se li sia inimicati e se gli avessimo fatto credere che avrebbe scontato una pena di morte a Jotunheim non si sarebbero insospettiti -.
- Ti rendi conto di come ha reagito quando lo hai rinnegato come figlio? -, chiese Odino, alterato. Frigga annuì, grave. – Lo so. Ma Byleistr gli spiegherà tutto -.

- Cosa ti ha chiesto in cambio il Re di Jotunheim? -, chiese Thor.
- E’ davvero necessario dirlo? -.
Odino aveva già capito. Si capiva dalle narici che vibravano, dall’occhio carico d’ira.
Anche Thor, dopo qualche secondo, capì.
- Lo Scrigno degli Antichi Inverni? -.
- Sì.Byleistr non farà scoppiare un’altra guerra, Odino. Il suo popolo ricorda fin troppo bene la lezione che noi Aesir gli abbiamo inflitto secoli fa -, aggiunse la donna. – E ti assicuro Thor -, affermò dura la regina quando il figlio cercò di parlare. – Che gli Jotun sono molto diversi dai mostri mangia bambini di cui ti parlano le balie sciocche -.
Thor rimase in silenzio un momento, stringendo i pugni. Il ceffone lo aveva calmato, per fortuna, ma solo esteriormente. – Forse. Ma sai perfettamente che Loki ha tentato di distruggere Jotunheim. Come fai a credere che lì starà al sicuro, tra la stessa gente che ha tentato di distruggere? -, le chiese. Ella rispose senza alcuna esitazione. - Perché più che provocargli danno, a Jotunheim Loki ha reso un favore. E potrebbe rendergliene altri... -.

























Note autrice:
Buonasera gente ^^ ho infine deciso di postare in questo sito questa fanfiction, scritta da me molto tempo fa (prima che uscisse Thor 2, uno dei motivi per cui non tiene conto di quel film).
Spero vi piacerà e che recensirete in tanti! Alla prossima,
Madama Pigna!



Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'arrivo a Jotunheim ***




Il Bifrost si richiuse alle spalle dei due Jotun, lasciandoli soli nei meandri di quel deserto di ghiaccio che era Jotunheim. Byleistr si guardò intorno. – Direi che adesso la regina può stare tranquilla -, disse pacatamente. Si avvicinò al ‘prigioniero’, che non si curò molto di lui, e gli tolse catene e bavaglio.
- Queste non servono. Noi Jotun non siamo soliti incatenare gli ospiti -.
Il tintinnio del metallo gettato per terra risvegliò Loki dal suo torpore, stupito dalle parole del re.
- Cosa? -.
Byleistr, che già aveva percorso qualche passo, si voltò.
- Perché mi hai liberato?! Perché non mi uccidi qui, adesso? Gli Jotun vogliono farmi a pezzi con le loro mani da vivo, forse?! Si divertono di più con una preda che cerca di fuggire?!-, continuò il più giovane, in tono stranamente acuto. L’altro lo guardò stupito, per poi scrollare le spalle. - La regina Frigga mi aveva detto che eri più sveglio di così. Non ho intenzione di ucciderti, se è quello che pensi -.
- Potrei ammazzarti con un solo gesto della mano -.
- Come siamo aggressivi. Ma so che non lo farai. Non conosci le mie capacità e non sai se sono in grado o meno di contrastare i tuoi attacchi magici. Comunque, ti ho liberato perché, come ho già detto, sei un ospite. Ho fatto un accordo con tua madre -.
- Non è mia madre. L’hai sentita anche tu -.
- Il Dio degli Inganni che si fa ingannare -.
- Smettila -.
- No, non la smetto, altrimenti non capirai nulla. Frigga e io abbiamo stretto un patto. Io ti ospito nel mio regno finché Odino non sarà in grado di tenere a bada la situazione con i membri del vostro Consiglio, e lei mi riporta lo Scrigno degli Antichi Inverni. Quella del ’rendere giustizia alla mia gente’ era solo una messinscena. Non ho ragioni di inimicarmi i sovrani di Asgard con la tua morte... -.
- Ho ucciso tuo padre! -.
- Non era mio padre più di quanto non fosse il tuo. E se devo essere sincero, mi hai fatto un grosso favore uccidendolo. Quasi nessun Gigante qui vorrà farti la pelle per aver ucciso Laufey -.
- Quasi? -.
- Ci sono alcuni…radicali. Vecchi decrepiti con mentalità obsolete. La maggior parte viveva a Utgarda quando hai liberato il potere del Bifrost, quindi ora sono relativamente pochi. Ma i dissidenti esistono sempre -.
- Tu.. tu menti! Non è possibile che Frigga si sia alleata con un Gigante di Ghiaccio! -.
- Giacché ne ha anche adottato uno, non vedo la ragione per cui sia così difficile accettarlo. Sei uno sciocco. Ed anche un ingrato. Non tutti hanno genitori disposti a fare una cosa del genere per un figlio. I vostri nobili causeranno comunque qualche problema, quando scopriranno la cosa… Frigga lo sa, e non le importa -.
Loki era ancora troppo scosso perché trovasse una risposta adatta.
- E adesso seguimi, salvo che tu non voglia stare in mezzo a questa desolazione tutto il tempo. E’ calata la notte, e persino la nostra razza può avere difficoltà a sopravvivere senza riparo, in questo periodo dell’anno. E a tal proposito, ti consiglio di riprendere il tuo vero aspetto, se non vuoi morire assiderato. Questa pelle non è adatta a Jotunheim -.
Detto questo, si voltò. Prese un respiro profondo, e cominciò la trasformazione inversa. Le sue dimensioni crebbero, e i capelli, stranamente, non si ritirarono. La pelle si tinse di blu con disegni neri e spigolosi; gli occhi divennero rossi come il fuoco.
I tratti del viso cambiavano ben poco, se non per nulla. Le cose che più attirarono l’attenzione di Loki, però, furono le mani. Più grosse della norma, erano orribili, quasi mostruose. Piene di creste ossee, ruvide e spigolose, sulle nocche e lungo le falangi, che permettevano appena alle dita di chiudersi a pugno. Al solo guardarle, arretrare veniva istintivo. Avevano quasi l’aria di essere uno strumento di morte.

Lo Jotun rimase solo con dei pantaloni, non particolarmente raffinati, e ritornò a guardare il finto Asgardiano, scettico.  – Ebbene? -.
- Io con te non vado da nessuna parte -, affermò Loki, arretrando. Suo ‘fratello’ lo guardò sarcastico.
- Allora non ti dispiacerà se me ne vado da qui, lasciandoti solo, in balia del freddo e delle bestie notturne.. -.
Loki esitò. In effetti, non gli conveniva granché. Ma era davvero meno rischioso andare con quel Gigante? Se avesse provato ad attaccarlo, aveva sempre la magia per difendersi, sì, però non era al massimo delle sue forze e Byleistr aveva cambiato aspetto autonomamente, quindi probabilmente era anche lui un mago… E non sapeva di che calibro.
Ma del resto, che importava? Ormai si era rassegnato alla sua fine. L’istinto di sopravvivenza era un nonnulla, qualcosa che in un corpo non-vivente non aveva alcuna importanza. I pensieri che stava formulando altro non erano se non rimasugli che tardavano ad andarsene. Lui, in realtà, era già morto.

Si avvicinò al Gigante, indifferente. Se anche lo avessero torturato a morte, sarebbe durato poco, rispetto a quanto aveva passato con Thanos. Era talmente distrutto, dentro, che la sua apatia gli avrebbe persino impedito di usare la magia, se anche ci avesse provato.
Byleistr annuì. – Come immaginavo. Prendi il tuo vero aspetto, e andiamo -.
- Preferisco questo -.
- Vuoi davvero morire di freddo? -.
- Morto per morto, il come non mi interessa.. -.
Lesse a malapena l’esasperazione negli occhi dello Jotun. A mascherare le sue emozioni era davvero bravo, doveva ammetterlo. Non si aspettava, però, che si sarebbe avvicinato e gli avrebbe preso il polso.
- Ehi! Che stai... lasciami! -.
La presa di Byleistr era ferrea, ma, stranamente, non troppo forte da fargli male. Sentì improvvisamente un alone di gelo, e la manica delle sue vesti si sgretolò, lasciandogli il braccio nudo… e blu.
- NON MI TOCCARE! Non voglio! -, urlò, isterico.
- Ti sto salvando la vita. Non hai gli abiti adatti per stare qui con una pelle calda -.
- Non mi importa! Non voglio quest’aspetto da mostro! -.
Byleistr non tentennò minimamente. Allentò la presa, fino a lasciarla del tutto, solo quando vide Loki totalmente trasformato. Lui non ritornò nel suo aspetto Asir.
- Presto il tuo corpo non sarà tanto d’accordo -.
Loki tentò di ritrasformarsi, ma inutilmente. In effetti, prima sentiva molto più freddo. Probabilmente, il Re di Jotunheim aveva ragione. Ma non gli importava.
Non poteva sopportare di vedersi in quell’aspetto. Gli era venuto un nodo allo stomaco, quando Byleistr lo aveva afferrato per il braccio; come aveva fatto quell’altro Jotun, un anno prima... Quando era cominciato tutto quell’inferno, si era buttato nel vuoto ed aveva incontrato Thanos…
No, lui non riusciva a elaborare quei ricordi, né ad accettarsi per come era veramente, non dopo secoli e secoli di illusioni, non dopo quei mesi terribili.
Non ancora.

Vide che Byleistr lo fissava con una certa curiosità. In particolar modo, gli guardava le mani.
Alzò un sopracciglio.
- Che cosa mangiavi quando eri ad Asaheim? -.
Loki alzò lo sguardo, momentaneamente distratto dai suoi fantasmi. – Eh? -.
- Che cosa mangiavi? -.
- Quello che mangiava chiunque -, disse lui, sbrigativo. Che razza di domanda era? – Perché? -.
- Hai le unghie nere. E di solito solo i vecchi le hanno. Oppure quelli con un’alimentazione disastrosa -.
- Ero un principe. Partecipavo a banchetti tutte le sere! -.
- E scommetto che non mangiavi particolarmente.. -.
- Non è affatto vero -, mentì il nano.
- Possono anche chiamarti Dio degli Inganni, ma questa bugia era davvero patetica. Rende evidente come non conosci nulla della nostra razza, sotto parecchi aspetti. Non sai nemmeno come mantenere il tuo corpo sano… Non mi sorprende che tu sia così gracile -.
- Come mai tutte queste preoccupazioni, Re dei Giganti? -, chiese Loki, con un tono sarcastico assolutamente insopportabile. Era particolarmente irritato da quelle affermazioni, soprattutto perché, fino a quel momento, non riusciva a contraddirle. Byleistr, comunque, rispose senza battere ciglio.
- Finché rimarrai in questo Regno, Loki, sarai sotto la mia diretta responsabilità. Perciò non desidero che ti accada qualcosa, soprattutto a causa delle tue condizioni fisiche, perché sarebbe davvero ridicolo.. -.
- Ah, già. Il patto con mia madre. Certo -.
- Libero di crederci o meno -.
- E allora che facciamo qui? -.  
- Aspettiamo il favore del vento, cioè adesso -, rispose lui, misterioso.
Fu il turno di Loki di fare un’espressione perplessa.
Lo Jotun estrasse dalla tasca dei pantaloni un grosso fischietto, a misura di Gigante, diciamo, abbastanza affusolato. Non c’era abbastanza luce, per capire di che materiale fosse fatto.
Il Re lo avvicinò alle labbra, e soffiò a lungo, emettendo un verso stridulo, che penetrò con le sue onde acustiche tutta la piana. A Loki ricordò vagamente il grido di un’aquila.
- E ci serviva il vento? -.
- Il luogo da dove viene il nostro mezzo di trasporto è molto distante. Le nostre correnti sono piuttosto forti, generalmente, quindi tanto vale non avercele contro e, anzi, sfruttarle -.
- Mezzo di  trasporto? -.
- Non mi trascino le zavorre a piedi -.
- Ma quale cortesia… -.
- Ricambio la tua -.
- All’inizio sembravi voler camminare. Sei un tipo volubile? -.
- No. Volevo evitare perdite di tempo iniziando a fare un po’ di strada, ma evidentemente alla principessina muovere le gambette viene troppo difficile, perciò aspetteremo qui -, rispose lui, sedendosi su una provvidenziale, enorme roccia.
- Sai cosa è successo l’ultima volta che un principe di Asgard è stato chiamato principessina? -.
- Sì, mi hanno informato. Ma tu non sembri imbecille come il principe Thor. O magari hai intenzione di smentirmi? -.
- Non oserei mai -.
Loki nemmeno se ne rendeva conto, di quanto fosse lui estremamente volubile. Un attimo prima era come un condannato a morte davanti al patibolo, e dopo era ancora capace di sfoderare la sua lingua, a causa di piccole provocazioni che stuzzicavano il suo orgoglio. Era una piccola battaglia infantile, quella tra i due. Che se ne rendessero conto o meno, aveva poca importanza, al momento.

Aspettarono qualche minuto, finché, in lontananza, Loki non vide un piccolo puntino blu, che non seppe identificare. Era come un qualche… animale al galoppo.
Riuscì a guardarlo abbastanza bene da poterlo descrivere solo poco dopo.
E, certamente, come cavalcatura era tutto, fuorché simile ad un cavallo.

In qualche modo, somigliava a quel mostro che aveva aggredito lui, Thor, Sif, Frandal, Hogun e Volstagg l’ultima volta che erano stati a Jotunheim. Anzi, guardandolo meglio, era praticamente uguale, solo molto più piccolo, poco meno della metà. Aveva la testa grossa, tozza e cornuta, come la lunga coda, con un funzionamento simile a quello degli scorpioni. Possedeva la classica pelle blu, le zampe enormi da fare invidia alla creatura Midgardiana Bigfoot, e un’andatura, stranamente, rapida.

Non che quell’altro bestione non fosse veloce… tutt’altro.

Magari era un cucciolo della stessa specie. O forse no, visto che era ben provvisto di corna e zanne.  
Aveva degli occhi rossi vagamente inquietanti, soprattutto perché apparivano molto astiosi verso lo Jotun più grosso. Sbuffò una nuvoletta di condensa dalle narici, dritta in faccia al Re. La simpatia, in ogni caso, era ricambiata. Persino un cieco se ne sarebbe reso conto.
- Alla buon’ ora! -.
L’animale ringhiò sonoramente, mostrando i dentoni. Byleistr non ne fu per niente impressionato.
- Non guardarmi così, stupida bestia disubbidiente. Non dovevi allontanarti nemmeno, sei in pieno torto -.
La bestia pareva intelligente. Sbuffò ancora, non potendo ribattere, e si voltò di lato, lasciando scoperto il fianco, che Loki scoprì dotato di una grossa sella.
La creatura ruotò il corto collo, studiandolo con attenzione. Sembrava dubbioso, come se ancora dovesse farsi un’idea su di lui. Nel frattempo lo Jotun gli salì sopra, e poi gli porse la mano. La non-esattamente divinità lo guardò scettico.

- Non sembra amarti molto -.
- Non è un mio problema -.

Loki considerò l’idea un paio di secondi, poi sospirò affranto, porgendogli la mano. Le sue escrescenze ossee erano dure, e ruvide.
Arrivati a quel punto, tanto valeva continuare.
Chissà come stava Thor.. Se sentiva la sua mancanza.. Non aveva reagito tanto bene all’udienza.. Ma ormai non si fidava nemmeno della propria ombra, nonostante tutto quello che avevano condiviso.
E, soprattutto, quello che aveva concesso al Dio del Tuono.
Fu con questi pensieri che Loki cominciò il suo viaggio.
- Dove andiamo? -, chiese.
- A Nuova Utgarda -, rispose Byleistr. – La Capitale di Jotunheim. Spero che tu non abbia lo stomaco delicato, perché ho una certa fretta e Geri non ha una falcata leggera -.
 
In seguito, Loki si ritenne molto fortunato a non aver avuto lo stomaco pieno, quel giorno.
Ciò che visse nei mesi successivi, comunque, fu molto diverso da quello che si aspettava.
A cominciare da un brillio d’argento in lontananza.


 

********************


Ehilà, bella gente!
Dunque, dunque, dunque. Questa è l'ora di un
piccolo avviso.
Purtroppo ho saputo di dover partire per un viaggio con un po' di anticipo (domani mattina). Starò via per circa otto giorni, e non potrò avere la connessione. Avevo intenzione di fare aggiornamenti settimanali, ma, vista la circostanza, ho postato il secondo capitolo con un po' di anticipo. Il terzo è già pronto, quindi appena tornata non subirà altri ritardi, tranquilli.

Per farmi perdonare, metto i link di un paio di foto, con un attore che io trovo assolutamente da slurp :Q____ Richard Armitage (quello che ha interpretato Thorin Scudodiquercia in Lo Hobbit ed anche una spia HYDRA ne The first Avenger: Captain America), nella versione del telefilm Robin Hood (ma non con la stessa voce, no! più profonda), perché è come immagino Byleistr nel suo aspetto Asir. Chissà, magari in qualche capitolo, se ho l'occasione di mettere le mani su gimp, potrei postare un lavoretto grafico, Frost Giant version ;)
One.
And two. 
Ne avevo vista anche un altra, tempo fa, dove aveva gli occhi verdi. Perché poi non capisci nemmeno se ha gli occhi azzurri o verdi, ma in questo caso li immagineremo di smeraldo come quelli del fratellino.

Parlando del secondo capitolo, invece.. Ve li aspettavate discorsi simili? xD e di solito solo i vecchi le hanno. Nel nome di Hela, ma che diamine scrivo? *facepalm*. Insomma, è stupido, senza senso, ma mi è venuto così .-. Accettatemi così come sono :'(
Comunque, non vedo l'ora di postare il terzo.. dove do' la mia personalissima visione di città Jotun. Altro che film... Dico solo che mi sono ispirata al gotico. In parte ;) Perché ho visto un'immagine su Tumblr da cui è partito tutto *_* e poi sono magneticamente attratta dagli archi <3 specie quelli rampanti. Ma lasciamo perdere i discorsi di storia dell'arte. Spero vi sia piaciuto lo stesso, e complimenti a chi è riuscito a leggere tutte le note. Se avete qualcosa da farmi notare, domande da porre, recensioni e critiche da fare.. Io risponderò con moolto piacere! :D Sono disponibile.

Alla prossima, dunque!
Madama Pigna.

P.S. e dovete ancora vedere Helblindi.. per i fan della Marvel sarà una bella sorpresa ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** La Capitale del Regno ***




Sotto le stelle di Jotunheim, Nuova Utgarda sorgeva in tutto il suo splendore.
Con una pianta radiale, era divisa in dodici strade principali, più altre vie minori, tanto che dall’alto sarebbe sembrata un fiocco di neve. Dominavano sfumature d’azzurro e d’argento, con alcuni tocchi di bianco.
Le case e gli altri palazzi erano piccole torri sempre un po’ più elevate, a mano a mano che ci si avvicinava al centro della città. Ovunque, i pesi erano distribuiti con archi a sesto acuto, colonne, pinnacoli, e i tetti sembravano lanciarsi verso il cielo. Nonostante l’imponenza, infatti, le costruzioni erano tanto alte e affusolate da dare l’impressione di essere sospese in aria. Non avevano intarsi di alcun genere, ne rosoni,  o immagini sacre, se non particolari simboli posti sopra le soglie degli edifici. Mentre avanzava sopra la strana bestia, nemmeno si rendeva conto dei Giganti che lo guardavano incuriositi, o salutavano con rispetto Byleistr; era troppo intento a stare con il naso all’insù. Non notò nemmeno le strade piede di vita, il mercato, o i misteriosi rilievi che ricoprivano molte delle superfici disponibili.
 
Rimase totalmente strabiliato, però, vedendo la reggia.
Molto più alto di tutto il resto, il palazzo reale brillava di una luce quasi lunare.
Non era come la reggia di Asgard, che dalla forma ricordava quasi un diadema d’oro, sebbene quasi ugualmente alto. Era come un agglomerato di torri splendenti, un insieme di lance che puntavano alla volta celeste, dove una piccola luna sembrava la principale fonte di luce.
Poco distante da lei, una stella, molto più grande di tutte le altre, ma comunque molto distante, sembrava donarle i suoi raggi, contribuendo a illuminare la reggia e l’intera città.
 
Sebbene tutta la città fosse fatta di pietra, almeno apparentemente, riluceva come cristallo. Loki si chiese se sotto ci fosse qualche magia, o se fosse solo una magnifica illusione. Ma forse nemmeno lui sarebbe stato in grado di crearne una tanto grande. E, dopotutto, era il mago più potente dei Nove Regni!
 
Raggiunto il muro di cinta, attraversarono l’enorme portale a sesto acuto molto in fretta, entrando in un cortile interno, largo e semideserto.
Guardandosi intorno, vide diversi soldati di guardia, malgrado il buio. Erano disarmati, ma questo, per i Giganti, non era un problema. Il loro ghiaccio era talmente duro da poter concorrere con il metallo.
 
Uno Jotun, forse un cortigiano, ben più coperto rispetto ai guerrieri, si avvicinò verso di loro, con aria ossequiosa. - Maestà, siamo lieti che voi siate tornato. Alcuni temevano che sareste stato.. trattenuto dagli Asir -, affermò, guardando Loki sottilmente incuriosito. Byleistr scese senza dargli troppa retta, per poi far scendere il piccolo Jotun. Solo allora gli rispose.
- Non ho corso alcun pericolo, Lord Beitr. Anche gli Asir sanno essere di parola -, disse, senza curarsi particolarmente del Gigante, che sembrò impercettibilmente sollevato. – E’ un bene, mio Re. Il nostro mondo cadrebbe di nuovo nell’oscurità, senza di voi. A questo proposito, se non sono indiscreto, Maestà.. -. Byleistr si fermò a guardare il membro della corte con distacco.
- A nome di tutta la popolazione, volevo domandarvi se avete già considerato qualcuno per.. -.
Lo Jotun lo interruppe con un gesto. – So già cosa stai per chiedermi, Beitr. Puoi tranquillizzare chi ti ha forzato a pormi questo quesito. Anche in questo preciso momento, sto valutando coloro che potrebbero essere considerati degni di un tale compito -, rispose, senza remore. – Adesso, però, nonostante l’ ora tarda,  desidero che Thìalfì venga al mio cospetto. Vallo a chiamare -, continuò. Loki vide le iridi del Gigante ridursi a due fessure. Evidentemente non apprezzava la persona nominata. – Sì, mio signore -, e se ne andò.
Pochi minuti dopo, arrivò a passi veloci un piccolo Jotun, minuto persino per gli standard dei nani. Sarà stato alto (o basso) circa un metro e cinquanta, aveva i capelli bianchi e l’aria estrosa dell’imbranato intelligente. Aveva dei pantaloni larghi e una sorta di gilet dai colori spenti. I disegni neri sul volto erano spirali e curvi ghirigori. Non esattamente il tipo di persona a cui Loki avrebbe prestato attenzione, generalmente. Si inchinò velocemente davanti ai due, prima di parlare. – Re Byleistr, sono tutto orecchie -.
L’altro nano notò che, dal modo in cui si guardavano negli occhi, dovevano essere sufficientemente intimi. Si capiva al primo sguardo: era uno Jotun fidato.
- Thìalfi, accompagna il principe Loki nella sua camera. Esaudisci i suoi desideri, quando possibile, e assicurati che abbia sempre tutto il necessario. E sappia tutto il necessario. Desidero anche che gli venga servito regolarmente il Concentrato di Bergelmir -.
Lo Jotun annuì. Poi Byleistr si voltò verso il ‘fratello’. – Thìalfi ti istruirà su alcuni usi e tradizioni di Jotunheim. Non mi aspetto che ti interessino, ma finché sei qui voglio evitare incidenti e offese inconsapevoli alla nostra stirpe. Non tutti gli Jotun potrebbero apprezzarti, quindi, per la tua stessa incolumità, è bene non dargli scuse per attaccarti. Comprendi? -.
Loki, per la prima volta da che era entrato in città, parlò, offeso. Non c’era assolutamente bisogno di parlargli come se fosse stato un bambino!
Rispose con occhi duri. – Naturalmente -.
Non gli avrebbe dato sazio, però.
 
Byleistr non lo degnò di un’occhiata. Si voltò dall’altra parte, diede le ultime disposizioni a Thìalfi e percorse l’entrata della reggia senza una parola di più.
 
Il piccolo Jotun non ne sembrò sorpreso. Si sfregò le mani, poi guardò il principe con troppa intensità, a suo dire. Non aveva un’educazione propriamente perfetta. Anzi, lui la paragonò a quella di un contadino.
- Dunque, suppongo che vorrai riposarti, principe Loki. Il tuo alloggio non è lontano -.

 

************


Dopo alcuni mesi passati con la forma di un mortale, Thor poté ritornare alla sua potenza divina, ma solo dopo che Odino si fu svegliato dal suo Sonno e sistemò tutta la faccenda con gli altri nobili.
 
Prima di ciò, il Tonante aveva passato tutti i giorni seduto sul Bifrost, accanto ad Heimdall, chiedendo in continuazione di Loki. Voleva sapere se stava bene, se sembrava triste, se pareva sentire la loro mancanza, come lo trattavano gli altri Jotun... e ogni altra piccola cosa.
Heimdall finiva spesso per cacciarlo. Persino la sua pazienza aveva un limite, e non poteva stare dietro ai capricci di un bambino troppo cresciuto abbassando la guardia sul resto dei Nove Reami.
Così, Thor passava il resto delle giornate nelle sue stanze, camminando su e giù sbuffando; senza voler incontrare nessuno, nemmeno Sif. Anzi, lei e gli altri suoi compagni d’armi erano le ultime persone che voleva vedere, insieme a sua madre. La regina, comunque, non se la prese. Conosceva bene il figlio. Quando poi ci andava di mezzo Loki, la sua mancanza di maturità diventava infantilità quasi insostenibile. Lei, invece, non era affatto preoccupata. Avrebbe avuto tutte le ragioni per farlo, naturalmente, ma qualcosa, quando aveva guardato per la prima volta Byleistr negli occhi, l’aveva spinta a fidarsi. Non sapeva bene perché, ma quel giovane Jotun non le trasmetteva paura, nonostante l’aspetto poco rassicurante (e Frigga aveva visto le sue reali sembianze, sapeva di cosa parlava). Mentre stava accanto al capezzale di Odino, ripensò al suo primo incontro con il Re dei Giganti, molto più tranquillo di quanto ci si potesse aspettare realmente. Avevano persino passeggiato in un giardino!
 


Frigga si guardò intorno, sistemandosi la pesante pelliccia che indossava. Infreddolita come poche volte era stata in vita sua, cercò di capire da che parte doveva andare per trovare un centro abitato. Eppure la cosa non si dimostrava facile. Anche prima della Grande Guerra, le città Jotun avevano la fama di mimetizzarsi quasi alla perfezione con il paesaggio, almeno per coloro che non avevano occhi rossi con cui penetrare il buio delle notti glaciali di quel pianeta. Ma Heimdall era stato molto chiaro: una nuova città era sorta, poco lontano dalle rovine di Utgarda. Più distante dal punto in cui sorgeva il Bifrost, ma non troppo.
Tuttavia, restando ferma non l’avrebbe mai trovata e inoltre sentiva le membra irrigidite: doveva muoversi.
Avanzò, passo per passo, gettando ogni tanto un’occhiata al terreno gelato, memore di certe scivolate in cui era stata protagonista, quando ancora era una bambina e giocava a palle di neve, incurante del ghiaccio. Si stava alzando il vento: doveva fare in fretta, se non desiderava morire di freddo.
Era in mezzo alle rovine della città vecchia. Logico, pensò la regina, anche se avrebbe preferito non trovarsi lì. Quelle macerie avevano un’aria spettrale, quasi oscura, e la mettevano particolarmente a disagio. E poi, non avrebbe sicuramente trovato chi cercava, in quel luogo di morte.
Con i sensi all’erta, si allontanò, arrivando in pieno deserto. Era un luogo meno riparato, e le correnti fredde ancora più forti, ma non cedette. Aveva un obiettivo, e non avrebbe mollato tanto facilmente.
Dopo circa mezz’ora di camminata, riuscì a intravedere qualcosa: bagliori di luci d’argento. Luci urbane. E qualcos’altro, qualcosa in movimento, sempre più vicino.
E’ ora.
 
La sala del trono non era niente a che vedere con quella di Asgard. Non altrettanto grande, non altrettanto dorata e curata. Era l’apoteosi della sobrietà: se la città di Nuova Utgarda –così i Giganti l’avevano chiamata -, era particolarmente vivace e festosa, il suo monarca non lo era altrettanto. La sala del trono, per un re, a volte era come la camera di un bambino: sebbene non altrettanto chiaramente, da essa si poteva comprendere la personalità di un sovrano. E quella stanza non era né troppo piccola, né troppo grande, il che denotava un buon equilibrio dell’ego.  Il trono in pietra, lungo e squadrato, sicuramente poco comodo –un trono non dovrebbe mai essere confortevole- era poco sopraelevato: Sua Maestà il Re affrontava ogni udienza senza guardare dall’alto in basso, scrutando negli occhi amici e nemici, tuttavia manteneva quella parvenza di superiorità che dovrebbe avere ogni sovrano.
Gli Jotun che l’avevano accompagnata s’inchinarono rispettosamente di fronte al loro regnante, in quel momento seduto sul trono. Frigga lo guardò attentamente, e lui guardò attentamente lei, studiandosi reciprocamente. La Regina di Asaheim notò che alla sua destra c’era un altro Jotun, di dimensioni ridotte, dai capelli bianchi e lo sguardo genuino. Le sembrò una cosa strana, ma non disse niente.
- Re Byleistr -, affermò uno di loro - Siamo tornati dalla nostra ricognizione con una persona. La sovrana di Asgard -, non disse l’ultima parola con troppa simpatia, - E’ venuta qui per una visita, a detta sua, importante. Abbiamo convenuto fosse meglio scortarla al vostro cospetto -.
Gli occhi del sovrano erano estremamente freddi. Da essi traspariva una tale autodisciplina da sembrare quasi senz’anima. Guardò lo Jotun senza battere ciglio. – Avete notato nient’altro, durante la vostra guardia? -.
- Nessun movimento sospetto, mio signore. La Madre degli Dei era sola -.
- Bene. Ritornate pure nelle vostre case. Per oggi avete fatto un buon lavoro -.
Era raro che un re parlasse direttamente con un soldato semplice. Byleistr doveva essere un tipo particolare.
Una volta congedati gli altri Giganti di Ghiaccio, il Re fissò la Regina con più attenzione.
- A cosa devo questa visita inaspettata, Regina di Asgard? Una sovrana in terra straniera non dovrebbe girare da sola, seppur con la vigilanza del Guardiano... -.
- Re Byleistr. Spero di non aver arrecato troppo disturbo -.
- Questo dipende dalla ragione della visita. L’ultima volta che un membro della famiglia reale di Asgard è giunto in questo regno, le conseguenze non sono state esattamentepiacevoli per il re che mi ha preceduto -.
- Ma vedo che hai saputo approfittarne. Ho visto la città. Un traguardo notevole, da raggiungere in un solo anno -.
- Non lo nego. La mia gente si è riscossa dopo molti anni d’inerzia: in tanti hanno partecipato nella costruzione di Nuova Utgarda -.
- Da quello che ho potuto vedere, è bella tanto quanto Asgard -.
Il piccolo Jotun accanto al Re sembrò particolarmente soddisfatto.
- Me ne compiaccio. Il mio sottoposto, Thialfi, ha lavorato sodo per rendere fattibili gli Antichi Scritti, tra cui i progetti di una città mai costruita, almeno fino ad oggi -.
Dunque era questo il nome del nano.
- Ma non hai ancora rivelato, Regina Frigga,  la ragione della tua presenza -.
- Sono qui per chiedere… aiuto. E asilo -.
Lo Jotun la guardò, incuriosito.
- Non per me, Re Byleistr, ma per mio figlio, Loki -.
- Perché mai dovrei aiutare l’assassino di mio padre? -.
Frigga lo guardò con determinazione.
- Non prendiamoci in giro, Byleistr: sappiamo entrambi che Laufey era..-.
- Non accetto insulti a mio padre da parte di un’Asir, Madre degli Dei. E’ il mio popolo ad avere il diritto di giudicare le sue azioni, non certo un’Asgardiana.. -.
- D’accordo. Ma non si può negare quanto Jotunheim abbia giovato della sua morte -.
Byleistr la scrutò, contrariato, ma fu solo un istante, di cui lei si accorse per un pelo.
- In quale guaio si è messo, Loki Odinson, per aver bisogno dell’aiuto di noi Jotun? -.
- Domani sarà ricondotto ad Asgard, da cui è stato lontano per un anno. Sarà processato per alcuni crimini dal nostro Consiglio, misfatti, però, di cui non ha colpa. Il Padre degli Dei è prossimo al Sonno di Odino, e non potrà aiutarlo. Ci ho riflettuto a lungo, e l’unico modo per salvargli la vita è portarlo qui, dove non potrà essere giudicato. Ma ho bisogno del tuo consenso e della tua alleanza -.
- E per quale motivo ti aspetti che io accetterò? Cosa mi daresti in cambio? -.
Frigga prese un lungo respiro. – La mia è una speranza, non una certezza. So quanto la tua gente abbia sofferto dopo la Grande Guerra. Mio marito non se n’è mai curato molto. A lui bastava che non ci fossero danni agli altri regni a causa vostra. Ma spero lo stesso che il richiamo del sangue ti spinga ad accettare la mia proposta -.
- Richiamo del sangue? -, il Gigante alzò un sopracciglio. - Spiegati meglio, Regina Frigga. E senza tanti giri di parole, la schiettezza è una qualità che apprezzo -.
- Loki.. è un Gigante di Ghiaccio. Ed è un Laufeyson. Tuo fratello -.
Calò il silenzio. Byleistr non sembrò dare più attenzione alla Regina. Scambiò un’occhiata con l’altro Jotun, il quale non mascherava la sua sorpresa con altrettanta maestria. Il sovrano bisbigliò qualcosa all’altro, che se ne andò, e poi ritornò a guardarla.
- Io ho un solo fratello, Regina Frigga. Mio padre ucciseil piccolo neonato che diede alla luce tanti anni fa -.
- Lo abbandonò nel Tempio, è vero, ma Odino lo trovò e lo adottò. La storia è più lunga di quanto pensi -.
A quel punto, Byleistr si alzò, e Frigga istintivamente arretrò quando le si avvicinò. Ma, almeno, teneva le mani pericolose dietro la schiena. – Menti. Laufey ha ucciso quel bambino tanti anni fa. E se non gli ha spezzato il collo con le proprie mani, di certo non l’ha lasciato nel Tempio degli Antenati -.
- Non so cosa successe di preciso, Re Byleistr. Ma è andata così. Tu forse eri troppo giovane per... -.
- Non così tanto da non ricordare quegli eventi, Frigga -.
- Allora mi stai dicendo che hai visto tu stesso Laufey uccidere tuo fratello? -.
Il Gigante tacque.
- No -, rispose. Si girò dall’altra parte, camminando avanti e indietro, come pensoso. – Farbauti… -, mormorò, sovrappensiero. Poi guardò la Regina, come se stesse decidendo di fidarsi o no.
- Ami tuo figlio? -.
- Cosa? -.
- Ami tuo figlio? Saresti disposta a tutto, pur di proteggerlo? -.
- Amo entrambi i miei figli. Per loro sacrificherei la vita! -, rispose lei, con sincerità.
Byleistr annuì, tornando a essere freddo e insensibile.
- In questo caso, cammina con me, Regina di Asgard. Hai molte cose da raccontarmi -.
Frigga non lo sapeva, ma con quelle parole si era guadagnata l’eterno rispetto di Re Byleistr.
 
- E perciò pensi che in questo modo Loki sarà salvo -.
- E’ la sua unica possibilità. I nobili non sospetterebbero nulla se tu reclamassi la sua vita, e se lo facessero, avrebbero troppa paura per impedirtelo. Già il fatto che sei uno Jotun potrebbe innervosirli, in più sei Re e avresti il mio sostegno -.
- E il Padre degli Dei? -.
- Lo convincerò ad assecondarmi -.
- Bene -.
- E penso che dovresti tenere la forma Asir -.
Byleistr la guardò un po’ dubbioso. Aveva assunto quell’aspetto solo per mettere a suo agio la regina.
- Mi trovi meno minaccioso, da Jotun? -.
- Assolutamente no, ma lo saresti ancora di più se mostrassi le tue capacità -.
- Riesco a cambiare forma solo con molta concentrazione -.
- Ma loro non lo sanno. Avrai un’aura di mistero in più -.
- Così li spaventerei ulteriormente. E in questo modo non metterei in allarme nessuno, al di fuori del Consiglio -, convenne il sovrano.
- Esatto. Quando Odino si risveglierà dal suo sonno e tutto sarà sistemato, Loki tornerà, e tu potrai avere lo Scrigno…Sarà una reciproca garanzia -.


   

************   

Buona sera signori e signore! Sono tornata :D e sono stanca morta .-. appena finisco qui corro a letto. Il mio ultimo campo estivo è stato bello, ma molto sfiancante xD
In ogni caso, ho aggiornato. Mi rendo conto che questo era solo un capitolo di passaggio, la storia in sè comincierà dal prossimo in poi. Spero vi sia comunque piaciuto :) per Nuova Utgarda mi sono ispirata ad una immagina vista su Tumblr. Purtroppo in questo pc non ho il link salvato, ma ricorda molto il gotico, solo più sintetico, senza fronzoli. Oserei definirlo un 'gotico moderno'. Subito mi ha fatto immaginare una possibile città Jotun *_* e beh, non mi sono fatta sfuggire l'occasione.
Ho voluto aggiungere una parentesi, la descrizione dell'incontro tra Frigga e Byleistr. In realtà è incompleta, come è facilmene intuibile, perché pensavo di far leggere la seconda parte più avanti.
Comunque, scusatemi, io sto crollando dalla stanchezza per scrivere altro.Se avete commenti, cose da farmi notare o altro, mi farà molto piacere rispondere alle vostre recensioni, possibilmente domani con un mega panino in mano, o nei pressi di una piscina, why not xD
Alla prossima,
Madama Pigna.
P.S grazie a chi ha recensito precedentemente :D

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** La biblioteca del palazzo ***


- Quello cosa sarebbe? -, chiese Loki, guardando con sincero occhio diffidente uno strano liquido marroncino, che ricordava vagamente una sostanza usata per sgradevoli paragoni in tutti i Nove Reami, e anche oltre. Il che, ovviamente, non lo incoraggiava ad assaggiare.
- Questo, principe Loki, è il Concentrato di Bergelmir. E’ un integrante che di solito usiamo noi Giganti, soprattutto in caso di carestie. Si ricava dall’omonima pianta, uno sterpo molto comune, su Jotunheim, che si trova praticamente ovunque. Contiene molte sostanze essenziali per un buon sostentamento.. -.
- E secondo il tuo sovrano, io dovrei bere questo intruglio? -.
- Si, dovresti. E, se posso permettermi, principe, credo proprio che tu ne abbia bisogno -.
- Ma gli Jotun non danno mai del voi? -, chiese il mago con esasperazione.
- Nella maggior parte dei casi, solo e soltanto al Re -, rispose il nano dai capelli chiari, sorridendo insolente. Maledetto Jotun. Capiva perché tutti lo trovassero tanto irritante. Era la persona più fidata del re (quindi attirava spesso invidie), aveva un abbigliamento a dir poco ridicolo e una brutta tendenza a puntualizzare. 
- E cosa succede se non bevo? -.
- Non sei obbligato, principe Loki, ma ti sconsiglio di non farlo. Jotunheim non è calda come Asaheim. Già il fatto che tu senta freddo, anche al chiuso, non è un buon segno. Se poi non bevi, potresti addirittura stare peggio. Bevi tutto d’un fiato. Non ha un buon sapore -.
Loki sospirò. D’accordo, dopo qualche giorno passato lì, poteva anche accettare di non essere nel mirino dei Giganti. Ma era la settima volta che lui e Thìalfi facevano quella conversazione. Doveva bere quell’intruglio, ora o mai più.
Prese la grossa coppa di legno, osservando quel liquido vischioso come lo sciroppo. Alla fine non poteva essere tanto dannosa. Aveva anche usato un incantesimo per capire se fosse velenoso. E non lo era.
Bevve un sorso. All’inizio non sentì nulla, solo un vago sapore a metà tra la menta e il peperoncino (per quanto possa suonare assurdo, non riuscì a trovare un paragone migliore). Ma poi..
Sputò tutto quello che aveva in bocca, disgustato, e non gli dispiacque nemmeno un po’ che fosse finito in faccia al Gigante con i capelli bianchi. Non aveva mai assaggiato niente di più.. vomitevole in vita sua.
- E’ amarissima! E sa di piede vecchio! -.
Il nano non fece una piega. Nonostante tutto, doveva essere abbastanza paziente, anche se era palesemente più giovane di lui. Si limitò a prendere un fazzoletto dalla tasca per pulirsi in viso. – Nessuno ha mai apprezzato il sapore del Concentrato, principe. Ma continua a bere, ti farà bene -.
- Ritorno a credere che mi vogliate morto -.
- Non è così -.
- Allora dimostramelo. Bevi -, lo sfidò il falso-dio. Anche questa volta, Thìalfi non ebbe esitazioni. Sembrava quasi che sapesse bene come prenderlo. Loki non ci pensò, ma forse, a forza di stare vicino al Re, ormai il nano sapeva come comportarsi con certi individui. Prese il boccale e bevve tre sorsi, accennando appena una faccia nauseata. Poi lo mise al suo posto, sul tavolo della stanza del principe, ancora spoglia e priva di personalità. La stanza  di un ospite, per l’appunto.
- Fatto. E’ solo una questione di abitudine, principe. E, come diciamo noi su Jotunheim, un boccale di Concentrato al giorno toglie il guaritore di torno! -.
Loki trattenne a stento uno sbuffo. Odiava sentirsi lunatico in quel modo. Soprattutto perché non ne capiva la ragione. In ogni caso, se poteva riuscirci quella mezza calzetta, poteva benissimo farcela lui. Ne andava del suo orgoglio. Prese l’odiato contenitore per mano e, già assumendo un’espressione più che disgustata, bevve tutto il contenuto. Quando finì, trattenne a stento un conato di vomito, deciso a non dare soddisfazione al piccolo nano lì accanto, lasciandogli dire commenti non richiesti. Poi decise di cambiare argomento. – Ci sono libri, in questo pianeta? -.
- Certo che ci sono! Che genere di libri desideri, principe? -.
Loki si stupì della risposta. Ma era evidente che, se in un anno erano riusciti a costruire una città come nuova Utgarda (seppure, aveva scoperto, non ancora completa), dovevano avere pure qualcosa a che fare con l’istruzione. Quella permanenza, suo malgrado, si preannunciava piena di sorprese.
- Qualsiasi cosa andrà bene, per il momento -.
- Allora seguimi. Molte opere sono state distrutte quando hai liberato il potere del Bifrost, ma tutte le altre ora sono qui, nella biblioteca del palazzo -.
 
 
Scoprì, suo malgrado, che la biblioteca era abbastanza fornita. In particolare, c’erano moltissimi libri di storia, dei Nove Regni e di Jotunheim stessa. Molti testi erano simili a quelli che leggeva ad Asgard, e per un po’ li sfogliò alacremente, preda della nostalgia. Dopo un po’, però, cominciò ad annoiarsi. Erano tutti argomenti che conosceva perfettamente! Si guardò intorno. Era solo. Aveva congedato quasi subito Thìalfi, anche perché detestava essere osservato mentre leggeva. Così notò un grosso tomo, in uno scaffale particolarmente in alto, anche per uno Jotun di dimensioni normali. Forse fu quello ad attirare la sua attenzione. Con un leggero movimento di dita, lo fece volteggiare verso di lui, creando una piccola nube di polvere. Da quanto tempo quel libro non veniva sfogliato? Non ci pensò molto a lungo, non gli interessava. Quel tomo era così grosso che, anche con entrambe le braccia, era piuttosto faticoso da trasportare. Lo appoggiò sul tavolo pesantemente. Per fortuna, alcuni pezzi d’arredamento erano pensati anche per i nani, altrimenti non sarebbe mai riuscito ad appoggiarlo sul ripiano con la sola forza delle braccia. Usando le mani, spazzò via con delicatezza gli ultimi rimasugli di polvere, e, finalmente, riuscì a leggere il titolo.
La discendenza di Ymir: albero genealogico e storia dei sovrani e dei maghi di Jotunheim.
Il piccolo principe aggrottò le sopracciglia. Non aveva mai sentito parlare di Ymir. Eppure, si era sempre considerato una persona abbastanza dotta.. Più di certi analfabeti che abitavano Asgard, perlomeno..
Ma erano ormai alcuni giorni che ci pensava. Byleistr aveva ragione: sotto molteplici aspetti, lui non conosceva assolutamente niente della razza degli Jotun. Forse avrebbe dovuto mettere fine a questa ignoranza. Aprì il libro, notando quanto le pagine fossero antiche. Scorrendole, notò invece che l’inchiostro era sempre più recente. Dopo gli scritti su Laufey, rimanevano solo poche pagine bianche, e fu lì che capì.
Il libro viene aggiornato con il passare dei secoli. E’ magico.
Tomi del genere, anche nella ben più vasta biblioteca di Asgard, erano rarissimi. Quel libro, incantato affinché durasse nei millenni, forse era antico tanto quanto i primi re di quel mondo di ghiaccio. E tali pozzi di conoscenza non erano mai deludenti per Loki Laufeyson. Ormai eccitato al massimo, il topo di biblioteca che era in lui fece per leggere da cima a fondo quel libro. E non ne rimase deluso.
A mano a mano che leggeva, i suoi occhi si spalancavano di meraviglia, la sua mente sempre più concentrata. Scoprì moltissime cose che non sapeva.
Lesse di Ymir, detto il Primo Re, che riuscì ad unificare l’intero mondo degli Jotun, da sempre razza restia all’asservimento, sotto un'unica corona. Di come creò lo Scrigno, potente strumento di pace, e di potere, che conteneva l’intera forza vitale del Regno, di come poteva essere usato solo e soltanto dai suoi discendenti diretti. Dei due figli, Vali e Narfi, il primo stratega e guerriero, che diede inizio alla discendenza dei re, il secondo mago e metamorfo, antenato dei manipolatori di Seidr più potenti di Jotunheim.
Da sempre legati dal sangue, i membri delle due stirpi non avevano mai avuto più di uno o due figli ciascuno, e anzi, guardando l’albero genealogico, notò che lui, suo fratello Byleistr e anche un altro fratello, un certo Helblindi (di cui nessuno pareva sapere nulla, a palazzo), erano gli unici discendenti rimasti delle due famiglie, che si erano unite con Laufey Helason e Farbauti Jormungandrson.
Nessun Re, o Regina (nel caso di Hela Angrobadottr), comunque, era immeritevole della sua attenzione. Generazione dopo generazione, ogni sovrano aveva fatto la storia con imprese individuali al limite dell’impossibile o con azioni politiche che erano state in grado di influenzare tutti i Nove Regni. Come Mimir, detto l’Onnisciente, le cui leggende raccontano che il suo spirito, nascosto nelle omonime Catene, sia da intermediario tra vivi e morti, pronto a rispondere alle domande di coloro che riescono a raggiungerlo in quel luogo tanto ostile. Oppure Bergelmir, discendente di Narfi, divenuto Reggente per qualche tempo, durante la Grande Inondazione definì nuove tecniche di costruzione, usate tutt’oggi, medicine e vitti (compreso quell’orrido Concentrato) per una corretta alimentazione, e che fece scoperte in ambito magico che Loki non avrebbe mai immaginato avessero la firma di uno Jotun, come, ad esempio, il metodo per aprire quello che i mortali chiamano ponte di Einstein-Rosen. E c’erano dei Re Domatori di Bestie, Pacificatori in grado di porre fine alle più sanguinose guerre mai avvenute nei Nove Regni. Come il sovrano Hyrrokkinn (la cui stazza, avrebbe scoperto poi, non era dissimile alla sua), che cavalcava un enorme e selvaggio lupo di nome Skoll, e non si fece disarcionare nemmeno quando, durante una battaglia contro gli elfi neri, le sue briglie furono trasformate in serpenti. Oppure Roskva, che placò gli animi di Vanir e nani, quando la loro guerra avrebbe potuto mandare in rovina tutti i Nove Mondi.
Certo, scettico com’era, Loki avrebbe anche potuto pensare che fossero tutte storielle, invenzioni, favole da raccontare ai bambini. Ma lavorando su un libro del genere, non si poteva mentire: anzi, solo i testimoni diretti potevano scrivere del fatto storico in questione.
A dire la verità, non riusciva a capire proprio tutto – non aveva mai studiato la lingua Jotun con particolare attenzione, sebbene si fosse reso conto gli veniva naturale. E poi c’erano alcuni riferimenti di cose a lui sconosciute! Come la Grande Inondazione, appunto, o la Primavera Bagnata -. Avrebbe dovuto chiedere dei chiarimenti, appena uscito da lì. Ma per il momento non aveva alcuna voglia di smettere di leggere.
Continuò quindi la sua lettura, lasciando che le ore scorressero senza che se ne rendesse nemmeno conto. Era arrivato quasi alla fine, quando venne interrotto.
- Non è quel che si dice una lettura leggera -, affermò qualcuno dietro di lui. Voltandosi, vide che si trattava di Byleistr. – Ma molti subiscono il fascino delle antiche storie, alla prima scoperta. Tanto da rimanere chiusi qui dentro anche a quest’ora tarda della notte -, continuò. Loki notò che stava riponendo un libro ben più piccolo del suo, anche se in un posto altrettanto in alto, dalla copertina in pelle azzurra.
- E’ un fascino che puoi comprendere, Re Byleistr? -, chiese, giusto per non rimanere zitto.
- Una volta. Molto tempo fa. Adesso mi concentro sul presente -, rispose vago.
Lo Jotun più piccolo ritornò a leggere, notando, però, uno strano particolare. Accanto al suo nome, palesemente aggiunto di recente, c’era anche un appellativo.
- Perché qui sta scritto Loki Laufeyson, Ammazzatiranni? -, chiese, curioso.
- Non è quello che sei? -, rispose il sovrano di rimando, con tono retorico.
- Solo per aver ucciso Laufey? -.
- Esattamente. Il mio predecessore non era molto amato dal popolo. E non senza una ragione -.
- Ma chi è che da’ questi titoli? -.
Byleistr rispose alzando le spalle. – Quando uno Jotun non se li da’ da solo, di solito è il popolo che lo fa. Poi le voci circolano, ed ecco che sei un Mutilatore, un Pugno Spaccapietre o un Ammazzatiranni -.
Loki annuì. In effetti, non era tanto diverso dall’essere noto come Dio del Tuono, o degli Inganni.
- Eppure prima di te c’erano due re. Non solo Laufey. Qui parla anche di Farbauti, nostra madre.. O padre, non ho ancora capito bene come funzioni questa cosa su Jotunheim -.
Byleistr lo guardò, sottilmente incuriosito. Non era una persona particolarmente interessata nei suoi confronti, di solito. Durante la settimana che aveva passato a Nuova Utgarda era stato in compagnia quasi esclusivamente di Thìalfi, e occasionalmente di qualche altro Jotun, ma di rado si incontravano, e non sempre rivolgendosi la parola. Doveva aver detto qualcosa di stupido, sicuramente.
- Immagino ti sarai reso conto da solo che la nostra razza non ha due sessi distinti -.
- Certamente -, aveva passato quasi tutta la sua giovinezza cercando di accettarsi per come era, non totalmente maschio, ma nemmeno totalmente femmina. Solo da quello, avrebbe dovuto capire molte cose. - Ma non avete una qualche definizione di madre? -.
Lo Jotun più grosso scosse la testa. – No. Il nostro unico riferimento al sesso femminile sono i nomi correlati alla Regina Hela. E comunque, non è stato Farbauti a darci alla luce -.
Fu il turno di Loki assumere un’espressione incuriosita. Byleistr lo notò. Era molto vicino alla finestra, e, rispondendo, non si curò particolarmente di osservarlo.
- Hai già dato un’occhiata all’albero genealogico? -.
- Sì. Sia Laufey che Farbauti erano discendenti di Ymir -.
- Esattamente. Si unirono a causa di una vecchia disputa tra Hela e Jormungandr, discendente di Narfi, secondo il quale per la stirpe di Vali era ora di farsi da parte. Continuando la contesa rischiavano di spaccare Jotunheim con una guerra civile, e così decisero di risolvere la questione con l’unione dei due figli -.
- Un matrimonio combinato, insomma -.
- Non esiste una vera e propria.. cerimonia come quella del matrimonio, nel nostro mondo, ma sì, qualcosa del genere. Spettava comunque a Laufey darci alla luce -.
- Ma non c’è una sorta di.. sesso di dominanza, in una coppia Jotun? -, chiese Loki, diventando viola per l’imbarazzo, pentendosi subito della domanda. Byleistr non ci fece caso, o, se se ne accorse, non lo diede a vedere. – Da questo punto di vista, noi non siamo come gli Asir, principe Loki. Non è chi fornisce il seme a essere quello dominante, solitamente, quanto chi lo accoglie nel proprio ventre. La vita su Jotunheim può non essere facile e devi avere un corpo all’altezza per condurre una gravidanza senza rischi, oltre al fatto che i figli appartengono al genitore indiscusso, e non certo all’altro. Per lo stesso motivo, nel caso della famiglia reale, è il nobile che da alla luce i discendenti -.
- Oh -.
Gli venne in mente un pensiero assurdo: per assicurare quindi una discendenza, Byleistr avrebbe dovuto..? Scoppiò a ridere di gusto, trovando quell’idea troppo bizzarra. O meglio, lo avrebbe fatto, se solo il diretto interessato non lo stesse fissando. Dimensioni a parte, non sembrava una persona con molto senso dell’umorismo. E poi chissà come la pensava lui al riguardo; era molto meglio non irritarlo.
Dando un ulteriore occhiata, pensò che tanto valeva fare qualche domanda.
- Helblindi è noto come Mutilatore per.. -.
- Per aver mangiato il braccio a Lord Tyr e aver cavato l’occhio di Odino, sì -.
- Morì in guerra? -.
- No. Nemmeno la combatté, a dire la verità. Era poco meno di un ragazzino. In entrambi i casi agì d’istinto, trasformandosi in lupo con Tyr e in falco con Odino -.
- D’istinto? -.
- Era un metamorfo molto abile. Quasi tutti i Giganti, da piccoli, sono in grado di cambiare forma, ma Helblindi aveva un talento tale da farlo anche da adulto. Durante la guerra incontrammo Tyr durante un’ incursione. Ci attaccò. E dal momento che la paura è uno strumento di sopravvivenza, Helblindi agì di conseguenza. Il resto della storia lo sai -.
- Che fine ha fatto? Nessuno nel palazzo ha saputo dirmi nulla -.
Lo sguardo di Byleistr rimase freddo e impassibile.
- Helblindi se ne è andato da Jotunheim molti secoli fa. Era abbastanza talentuoso anche come mago. Non gli interessava la politica e perciò ha lasciato il trono a me -.
Più stava in quel posto, più le domande circolavano nella sua testa. Ma se avesse indagato oltre, dubitava che il Re di Jotunheim gli avrebbe risposto. Fratelli che fossero o meno, non avevano una tale intimità.

   

*************   


Ehilà! Finalmente aggiorno!
Questo capitolo è spuntato dal nulla. Non era affatto previsto. Probabilmente avrei potuto farlo meglio, ma volevo rispettare la 'scadenza'. Dunque, vado un po' di fretta, quindi vi saluto tutti e ringrazio chi ha recensito in precedenza!
Alla prossima,
Madama Pigna.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il mercato, i pettegolezzi e gli attentati ***





Buio. Buio totale. In quel luogo, così distante da Asgard, non c’erano nemmeno le stelle a dare un po’ di luce e speranza. Credeva di aver già toccato il fondo, quando si era lasciato cadere nel vuoto, ma si sbagliava. Non sapeva ancora quanto le cose sarebbero peggiorate, o quanta sofferenza avrebbe vissuto nei mesi successivi. Cosa avrebbe subito, cosa avrebbe fatto per volontà di qualcun altro.
Poco dopo la sua caduta, la mancanza di aria, nello spazio, era stata la seconda sensazione che aveva provato. La prima era stata il freddo. Mai, in vita sua, aveva sentito la morsa del gelo cingerlo così brutalmente. Ma non era durato molto. Piano piano, la sua pelle si era tinta di blu, con suo sommo orrore. Ma non poteva muoversi, ne impedire in alcun modo la trasformazione, privo di forze com’era.

In ogni caso non poteva pensare a quello. Sentiva sempre di più la necessità di respirare, ma era nello spazio vuoto. Non c’era aria.
Sperava che almeno sarebbe finito tutto al più presto. Sarebbe morto in fretta? Sinceramente, sperava di sì. Non aveva più niente per cui valesse la pena vivere, ormai.

Gli sembrò di vedere del ghiaccio avvolgergli il braccio, poi la sua vista si appannò di rosso. Perse i sensi.
Quando si risvegliò, si ritrovò davanti a Thanos.
**************
- Allora, finto Asgardiano? Non ti sei ancora deciso? -.
Loki non aveva più la forza, ne il coraggio, a essere sinceri, di alzare lo sguardo. Tanto già sapeva cosa avrebbe visto: un mostro dalla pelle violacea, Thanos di Titano, che ormai dai mesi lo torturava nei modi più fantasiosi per ottenere la sua collaborazione, conducendo il suo corpo e la sua mente (soprattutto quest’ultima) in condizioni pietose. A volte, sentiva di non essere più in grado di resistere alle pressioni e alle torture dei Chitauri. Fosse stato per lui, si sarebbe lasciato morire, ma quegli esseri ripugnanti ben conoscevano le sue intenzioni e lo tenevano sempre d’occhio. Sapeva di dover resistere, che non doveva mettere a disposizione di Thanos i suoi servigi, o anche solo le informazioni di cui aveva bisogno. Voleva il Tesseract, il potere, l’universo. Non poteva permetterglielo! Come non gli poteva permettere di tenere sotto controllo la sua mente. Poteva desiderare di morire, poteva anche non essere stato mai abbastanza per Odino, e Thanos poteva ricordarglielo nei modi più dolorosi che riusciva a inventarsi. Ma non lo avrebbe mai tradito in questo modo, come non avrebbe messo in un pericolo del genere le persone che, nonostante tutto, amava ancora. Frigga, Sigyn, Odino.. E, più di tutti, Thor. Quando non era sicuro di riuscire a resistere, pensava sempre a lui, come in quel momento. Pensava ai suoi capelli color dell’oro, gli occhi limpidi e celesti come il cielo d’estate, ai bei momenti passati insieme, la sua risata tonante e, qualche volta, un po’ sguaiata. Alle sue solite carezze dietro il collo, al suo sorriso.

Non aveva altro a cui aggrapparsi.

- N-non ti dirò niente, Thanos. Non tradirò mai Asgard in questo modo! -, esalò.
- Dopo che loro hanno tradito te? Dopo averti maltrattato ed usato? Il tuo non sarebbe un tradimento, ma una forma di giustizia! Guardati, Loki di Asgard. Guarda la tua pelle. Ti hanno mentito in tutti questi anni, nascondendoti la tua vera natura. Con me avrai modo di essere libero di essere te stesso -.

Era già riuscito a strappargli alcuni ricordi. E li stava sfruttando molto bene. Deglutì, prima di rispondere.
- Tutta la mia vita è stata una bugia. E’ vero, mi hanno nascosto le mie vere origini, e, forse, non ero amato o anche solo trattato come mio fratello Thor. Ma io lo amo ancora e non lo tradirò. Non sono un mostro! -.
Thanos si mise a ridere. Se di risata si poteva parlare, cupa, tetra e malvagia com’era.
- Ma davvero? Discendi da una specie rozza e priva di umanità o intelletto, il cui unico scopo è spargere dolore e distruzione! Credi che tu sia un’eccezione alla regola? Dopotutto, non è pur vero che ti chiamano Dio degli Inganni, e non certo senza una buona ragione, Loki Laufeyson? -.
- Proprio perché sono il Dio degli Inganni, so perfettamente di non doverti dare ascolto, Thanos! -, rispose lo Jotun, certo che l’avrebbe pagata cara per quell’insolenza.

Infatti, il titano non fece tardi a colpirlo abbastanza forte da mandarlo a sbattere contro la parete di nuda roccia viva. Gemendo, sentì di avere altre ossa rotte. Anzi, in effetti probabilmente non c’era più niente da rompere, dentro di lui. Ma, surtroppo, la sua era una natura estremamente difficile da strappare alla vita.
Girando lo sguardo, vide che il servo senza nome di Thanos, una sorta di sottoposto, era giunto fino alla sua cella, con un mostruoso ghigno stampato in faccia. Teneva in mano un’arma, uno scettro, o almeno così gli sembrò. Sulla sua sommità stava anche una lama, all’apparenza molto tagliente, e una sorta di luce azzurrina, che in tutto quel buio gli fece male agli occhi. Il suo corpo percepì subito dell’energia provenire da quell’arma. Rabbrividì, riconoscendone subito la provenienza. Guardò i due con terrore.

- E’ pronto, mio signore -, disse il servo entrando nella cella, inchinandosi e porgendo l’arma al titano, che lo prese con un ghigno. Diede un’occhiata a Loki, e la sua espressione malvagia si allargò.
- Forse ti stai chiedendo come è possibile. Beh, Loki Laufeyson, non sei il primo che viene a farci visita -, disse, e, senza alcun preavviso, puntò lo scettro sul petto dello Jotun. Ne scaturì una luce azzurrina, che esternamente sembrò risalire verso gli occhi del falso dio.

Loki annaspò, sentendosi soffocare. All’improvviso si sentì trascinato come da un vortice. Tutta la sua vita gli passò davanti, come stravolta. Devo resistere, devo farcela. Non posso lasciarlo vincere! Devo..I ricordi cambiavano, e la rabbia cresceva, la volontà diventava sottomissione, mentre l’amore si trasformava in odio. Anche la coscienza cominciava a sfumare. Non c’era niente da fare, Thanos aveva vinto.
Mi dispiace, Thor. Non ce l’ho fatta.
Svenne.
Il servo guardò lo Jotun, ormai domato, con un pizzico di dubbio. – Mio signore, siete sicuro che funzionerà? E’ un essere imprevedibile.  E l’incantesimo non è indelebile. Potrebbe liberarsene -.
- E’ troppo debole per farlo. Concluderà la sua missione e appena mi avrà consegnato il Tesseract, lo ucciderò. Come hai detto tu, è troppo imprevedibile. Dopodiché, distruggerò l’intero universo -.
 
Pochi istanti dopo, quando si risvegliò, il Dio degli Inganni aprì gli occhi, mostrando gli occhi non più verdi, ma di un freddo e crudele blu. Lo Jotun ghignò, mentre la sua pelle ritornava ad avere un aspetto Asir.
- Sono pronto per conquistare Midgard, Thanos -, disse, con un tono di voce che non gli apparteneva.
Il titano ghignò, insieme al suo braccio destro. Gli porse lo Scettro, che diede al piccolo Gigante abbastanza energie per guarirsi e alzarsi. I lineamenti, però, erano distorti, non si sapeva se dalle torture o dall’incantesimo. – Non deludermi, Loki Laufeyson. Questa è la tua occasione per dimostrare di che pasta sei fatto. E per vendicarti dei torti subiti. Vai, e portami il Tesseract -.
Loki ghignò, usando i suoi poteri per tornare nella sua dimensione di origine.
Il figlio di Laufey era ritornato. E tutti lo avrebbero temuto. Avrebbe ucciso tutti. Senza pietà. Senza ripensamenti. Solo quando il sangue di Thor Odinson gli avrebbe bagnato le mani e le vesti, con la testa di Odino infilzata su una picca e Frigga buttata giù da una torre, si sarebbe ritenuto soddisfatto.


 

********************


- NOOO! -.
Loki si era svegliato di soprassalto, urlando.
Con i pugni stretti fra le lenzuola e il volto sudato, si era messo seduto, respirando pesantemente.
Un incubo. Aveva avuto un incubo. L’ennesimo, da quando, Hulk lo aveva liberato dalla sua prigione mentale sballottolandolo di qua e di là. Di giorno, evitare di pensarci era facile, fingere che andasse tutto bene anche. Del resto, lo aveva sempre fatto.
Ma quando le ombre calavano, le nuove scoperte sugli Jotun non valevano più nulla, e le sue più profonde paure prendevano il sopravvento sulla razionalità, quello era il momento, il terribile momento in cui i brutti ricordi tornavano a fargli visita. Ed era così stanco. Avrebbe dato qualsiasi cosa per dimenticare, o, ancora meglio, per cancellare quei mesi, fare in modo che non fossero mai esistiti. Ma era impossibile. Doveva conviverci, accettarli così com’erano. Razionalmente, questo lo sapeva. Ma era più facile a dirsi che a farsi!
Non poteva prendere le sue esperienze e gettarle via dalla finestra, né catalogarle come fossero oggetti. Aveva bisogno di tempo. Se mesi o anni o secoli, non lo sapeva neppure lui.

Si alzò dal letto. Gli rimaneva sempre quel senso di.. soffocamento, tutte le volte che si svegliava. E, anche quella mattina, si sarebbe affacciato al balcone della sua stanza, in cerca di aria.
I giorni, a Jotunheim erano molto diversi da quelli di Asgard. Erano molto meno luminosi, tanto che sembrava sera, in quel momento, mentre a mezzogiorno poteva sembrare il tramonto. Era passata un’altra settimana, ma aveva notato, però, che la luce stava divenendo più intensa. Anche le temperature cominciavano ad alzarsi, il che era molto strano. E gli Jotun sembravano lavorare più alacremente del solito, quasi in attesa di qualcosa. Affacciandosi, anzi, vide che già a quell’ora molti erano per strada a lavorare.
Chissà se gli era permesso uscire dalla reggia. Non lo aveva mai fatto, da quando era giunto lì.
Ma, dopotutto, nessuno glielo aveva proibito, no? Era un ospite, come aveva detto Byleistr.
Si ritirò all’interno della stanza, deciso a prepararsi.
 
 
Le strade, come aveva già visto poco prima, erano abbastanza affollate, quel giorno. Molti Jotun trasportavano una vasta serie di oggetti, più o meno singolari. Incuriosito da quella merce a lui sconosciuta, decise di seguire il flusso, per vedere dove andava tutta quella gente.
Dopo pochi minuti, raggiunse quella che sembrava una grande piazza, dove vari Giganti trafficavano in mezzo alle bancarelle. Un mercato, pensò Loki. Oggi c’è il mercato, concluse.
Ecco la ragione di tutto quel traffico.

Sperò ardentemente di non essere riconosciuto, giusto per poter girovagare senza i soliti convenevoli. Avrebbe potuto usare la magia (come spesso faceva ad Asgard), ma scoprì di non averne voglia. Forse il suo vestiario sarebbe bastato, però.
Come Thìalfi si era premurato di spiegargli, i vestiti, su Jotunheim, avevano un significato molto preciso.
I mantelli bianchi, per esempio (specie se su una spalla sola), erano tipici della famiglia reale. Erano simbolo di energia ed eternità, poiché erano del colore delle stelle e delle nevi perenni, estremamente pregiati giacché era difficile congiungere una tonalità tanto luminosa al tessuto.  Anche le pellicce erano piuttosto preziose, dal momento che l’unico animale, su Jotunheim, dotato di pelo adatto allo scopo era il Lupo di Barri, che abitava, appunto, solo in quella zona.

I guerrieri, di solito, stavano a petto nudo, con le gambe scoperte, eccetto spalliere e altri piccoli assortimenti per proteggere il corpo. I funzionari e le persone comuni potevano avere un gilet, una casacca o una tunica per coprire il busto, e normalissimi pantaloni (per fortuna non c’erano le gonne). La fattura delle vesti, naturalmente, era quella che dava un riconoscimento sociale.
La cosa che più lo aveva incuriosito, comunque, era che nessuno, in nessun caso, indossava mai abiti a maniche lunghe, a meno che..
A meno che non si aspetti un bambino, quindi sarebbe il caso di cambiarti d’abito, principe’’.

Sì, il tirapiedi di Byleistr aveva detto qualcosa del genere.
Beh, in ogni caso quasi tutti i Giganti potevano essere considerati guerrieri. Lui però, ovviamente, non girava a petto nudo. Decisamente, non era abituato a quella mancanza di pudore, e comunque era troppo smilzo per risultare credibile. Perciò aveva cercato di essere il più comune possibile: pantaloni neri e aderenti, una casacca viola di modesta fattura. Niente di speciale, insomma.
 
Girando per i carretti, notò che un Gigante stava sistemando, su un bancone, degli specchi, alcuni molto semplici, mentre altri ben più particolari. Loki decise di dare un’occhiata. Le superfici riflettenti, come gli avevano spiegato, erano ben diverse da quelle a lui conosciute, su Jotunheim, poiché rari erano i mezzi adatti per creare determinati oggetti tramite la fusione delle materie prime, come nel caso degli specchi di vetro e argento. In quel pianeta, gli Jotun creavano un particolare tipo di ghiaccio, con metodi di cui erano più o meno gelosi. Osservò una lastra, affascinato. Conosceva perfettamente il proprio riflesso Asir, ma non altrettanto bene la sua vera pelle, quella Jotun. Guardò il suo viso, notando che, nonostante tutto, fossero cambiati, in sostanza, solo i colori. Osservò anche i suoi marchi dinastici. Notò che erano un po’ diversi da quelli che aveva Byleistr, soprattutto quelli del volto. Il Re aveva dei segni ad artiglio, molto simili a quelli di Laufey, mentre lui aveva linee simili a un tridente, sulla fronte, ed altre che marcavano gli zigomi e il mento, rendendoli più taglienti. Però gli altri segni erano quasi altrettanto spigolosi e arcuati. E si somigliavano abbastanza, anche se non in modo così evidente.
Confidava perciò che non sarebbe stato riconosciuto.

- Salute a voi, principe Loki! -.
Come non detto.

Ma perché nessuno dei suoi piani andava mai a buon fine, ultimamente?
 
Alzando lo sguardo, vide il commerciante guardarlo con un sorriso affabile, che gli ispirò subito antipatia.
- Vi interessa qualcosa in particolare? Gli specchi sono la mia specialità, modestamente, ma ho anche altra merce a disposizione -, disse, mettendogli davanti altri oggetti, come soprammobili di pietra o piccoli cofanetti in legno. Indicò uno di questi ultimi, pieno di elaborati decori, tinto d’argento e decorato con piccoli smeraldi. – Questo è stato fatto con il legno della Jarnvidr, la Foresta di Ferro: durissimo e difficilissimo da lavorare. Ho messo molto impegno negli intarsi, ed è uno dei miei lavori migliori -, continuò, fiero di sé. Loki gli lanciò uno sguardo sottilmente irritato. Tralasciando il fatto che gli aveva dato del ‘voi’, cosa assai strana, sembrava proprio uno di quei ciarlatani che occupavano qualsiasi mercato. La merce, però, era effettivamente di squisita fattura. Quel tipo sembrava solo molto viscido. E leccapiedi.

- Tu conosci il mio nome, ma io non conosco il tuo -, disse, gelido.
- Perdonatemi, principe, il mio nome è Trick, figlio di Oslaf, servo fedele del Regno e del Re, naturalmente -, rispose, con un inchino. Queste frasi, chissà come mai, gli risultavano familiari. Ma, purtroppo, gente del genere esisteva ovunque. – Come mi hai riconosciuto, Trick figlio di Oslaf? Credevo di passare inosservato da occhi indiscreti, ma, forse, sbagliavo -, affermò. Fortunatamente, nessuno stava dando loro molta attenzione, così almeno non avrebbe avuto addosso gli occhi di tutti.
- Infatti, principe Loki, vi siete mescolato alla folla perfettamente, meritate i miei più sinceri complimenti. Ma ho avuto modo di incontrare molto da vicino il Re Byleistr, anni fa, e, ancora prima, il Re Farbauti. Difficilmente mi dimenticherò  quei giorni. Sul viso avete marchi dinastici molto simili a quelli di vostro padre, ma avete la stessa compostezza di vostro fratello -, disse. - Ma non preoccupatevi, sarò discreto. Se, nel frattempo, siete interessato alla mia merce, sarò ben felice di donare uno dei miei lavori all’Ammazzatiranni -.
 - Stavo solo guardandomi intorno. Al momento non ho bisogno di niente -, rispose Loki.
- Come volete. Se cambiate idea, sapete dove trovarmi -.
 
 
Poco dopo, il principe si trovava ancora al mercato, seppure molto distante da quel venditore fin troppo confidenziale e subdolo.
Non era molto diverso dai mercati di Asgard, anzi, forse era più vivace. E pieno di pettegoli, per giunta. Aveva già ascoltato parecchie conversazioni più o meno interessanti. Alcune trattavano di notizie dalle altre città di Jotunheim, mentre altre degli alti funzionari di Nuova Utgarda, che, scoprì, non erano nobili, ma venivano scelti personalmente dal Re.
Pensò che potesse anche ritornare alla Reggia, a quel punto. Fece la strada a ritroso, pensando che, durante il pomeriggio, avrebbe potuto visitare altri posti, giusto per non stare sempre al chiuso. Poi, però, passò dietro un grosso tendone, e, non visto, le sue orecchie ebbero modo di sentire un pezzo di frase che lo inchiodò immediatamente sul posto.

- ..Nuova Utgarda.. è ovvio, il nostro nuovo re ha dato un messaggio molto chiaro, costruendo un'altra Capitale! Ha voluto ricordare a tutti che, dopo la morte di Laufey, sarebbero cambiate molte cose! Se in meglio, o in peggio, è una questione di punti di vista, però! -.
- Sssh! Almadr, non dovresti parlare di queste cose così, come se niente fosse! -.
- Chi se ne importa! Se anche mi fermasse il Capitano della Guardia Reale, o persino Byleistr 
in persona, non cambierebbe ciò che penso! -.
- Non dovresti dirle comunque, queste cose! -.
Loki decise di stare ad ascoltare. Come aveva detto suo fratello, i dissidenti esistevano sempre, e sempre era meglio sapere come la pensavano.

- Geimill, ma ti rendi conto di chi abbiamo sopra il Trono di Jotunheim? Un Gigante senza rispetto per il suo stesso padre, che lo ha combattuto e ostacolato per anni, senza avere nemmeno il fegato di farsi vedere! E per chi? Per nani schifosi e pezzenti. Ha persino ucciso un membro della sua stessa famiglia! -.
- Sono solo voci, Almadr, come puoi saperlo davvero? -.
- Bah! Tu sei giovane, non puoi ricordartelo. Ma io facevo parte della cerchia stretta di Laufey, un tempo! So di cosa parlo, e credimi, le voci sono assolutamente vere! E mentre gli sciocchi diventavano infedeli al loro vero re, Byleistr faceva circolare voci false sul suo conto. Come se da adolescente avrebbe potuto davvero solcare le Catene di Mimir.. Invece si fa chiamare Scalatore! Ah! Sterminatore di Scarti, questo è il suo vero titolo! E nessuno glielo può togliere, a quell’ipocrita schifoso! -.
- D’accordo, è tollerante con i nani, ma.. -.
- Solo per raccogliere consensi, dal momento che non ha lo Scrigno come base solida del suo potere. Ma lo hai guardato bene? Sempre con la puzza sotto il naso. Non ha nemmeno dato un erede al trono, in tutti questi anni! E non si resta certo giovani per sempre.. -.
- In effetti.. Alcuni dicono che sia addirittura vergine.. -.
- Appunto. Vedi che inizi a darmi ragione? Non vuole mischiarsi a noi Jotun inferiori, è chiaro! Escluso quella feccia di Thìalfi, che comincio a chiedermi se non faccia altri lavoretti al suo padrone, fuori dalla corte! -.

Loki storse il naso, ma continuò ad ascoltare. Conosceva molto bene il potere delle malelingue, e sapeva riconoscerle, ma non aveva abbastanza elementi per distinguere verità e menzogna.

- E quel nano schifoso che si è portato dietro da Asgard.. Loki.. Che certo non si può considerare un vero Jotun! Non riesco a credere che sia uscito dal ventre di Laufey. Se così fosse, allora Farbauti non aveva un seme forte come si diceva. Dopotutto, suo padre era una serpe, nel vero senso della parola. Con tutte quelle trasformazioni, non avrà procreato in modo decente. E poi era un altro senza rispetto per il trono! Va bene che Hela era una storpiata, ma non a caso ha dato alla luce un grande re come Laufey -, continuò lo Jotun di nome Almadr, con il tono di chi è convinto di non essere nel torto.
- Forse hai ragione.. Ma dovresti smetterla di parlare a voce alta di questi argomenti! Se uno solo dei sostenitori di Re Byleistr ci sentisse, finiremmo sgozzati senza nemmeno rendercene conto! -.
Cambiarono argomento, e Loki decise di aver sentito abbastanza.
Quel discorso lo aveva confuso. Se prima non aveva un’idea precisissima di Byleistr e del suo Regno, adesso non ne aveva nessuna, solo un ammasso di informazioni da studiare ed elaborare. Doveva capire cosa c’era di vero e cosa no, in quel discorso. Forse avrebbe potuto sondare le menti dei due Jotun.. Ma a forza di ricevere insulti per le sue arti magiche, spesso esitava nell’usarle. E poi, non sapeva se quei due erano coscienti delle bugie o verità che dicevano, quindi sarebbe stato inutile. Parlavano e basta, quei due.

Ritornò sui suoi passi, diretto al Palazzo Reale.
Ma avvertì un movimento, poco distante da lui, e si voltò appena in tempo. Uno Jotun dal braccio armato stava per attaccarlo.

- MORTE ALL’ASSASSINO DI LAUFEY! MORTE AL FALSO JOTUN! MORTE AI NANI! -.



********************


Ehilà, bella gente!

Sta cominciando ad esserci l'azione, qui ;) perdonatemi il lieve ritardo, non sono riuscita a completarlo in tempo e ieri ho avuto un po' da fare... così la sera sono praticamente crollata, senza idee precise. All'inizio doveva essere una situazione un po' diversa, ma poi ho dilungato un po' la scena del mercato xD così il fantomatico fanatico assassino lo vedremo nel prossimo capitolo, e, probabilmente, in altre scene (tramite flashback). Spero di non avervi annoiato :) la storia del vestiario e dei colori è un po' costruita per aria, ma dopotutto qui su Midgard il significato dei colori può tranquillamente cambiare da cultura in cultura, quindi perché gli Jotun devono avere idee simili a quelle del nostro Occidente? :D Ecco un abbozzo delle mie idee (sono graditissimi suggerimenti!)

Bianco: forza ed eternità, usato di solito dalla famiglia reale.
Nero: riservatezza, attrae il calore, quindi in alcuni casi rappresenta l’intimità familiare.
Rosso: colore dell’anima (uno Jotun ha gli occhi rossi) e delle passioni (credo possa definirsi una cosa universale!).
Giallo/oro: vanità e ostentazione (per un Gigante forse l'oro brilla troppo, no? Ed è il colore degli Asir!).
Verde: simboleggia la ricchezza e la fortuna (tipico delle piante, che tra i ghiacci son rare).
Blu o azzurro: essendo tonalità molto comuni, su Jotunheim, può assumere molteplici significati, o essere del tutto neutrale. Appartenenza alla propria terra, serenità o saggezza. Nelle sfumature più chiare, anche valore in battaglia, per via del ghiaccio.
Viola: umiltà e discrezione, essendo l’opposto del giallo.
Arancione: vivacità (sono poco convinta in tal proposito)
Rosa: allegria (come il giallo da noi a causa del sole, è il colore che assume il cielo quando la stella di Jotunheim è più alta)
Marrone: ??

Potrei raffinarle meglio. Del resto ci ho pensato soltanto ieri xD sono particolarmente disposta ad ascoltare le vostre idee, anche se immaginare Byleistr con un mantello bianco o di pelliccia non mi dispiace affatto :Q___ magari in sella al suo animale :3 a cui devo ancora dare un nome >.< tempo fa mi pare di averlo scritto da qualche parte, ma mo' chi se lo ricorda più? *facepalm*

E poi... Ah, sì, le altre volte non l'ho detto a causa della fretta. I nomi che sentirete qui (escluse probabilmente le comparse, tipo i due Jotun pettegoli) saranno tutti o quasi presi dalla mitologia norrena. Di sicuro i nomi della Stirpe di Ymir sì. Sono tutti nomi di Giganti, escluso, credo, il nome del lupo di Hyrrokin (che nella mitologia è una delle gigantesse che rende omaggio a Balder nel suo funerale). Ho mischiato un po' le carte, contraffacendo le parentele e inventando/cambiando un po' le storie. 
Cavolo, mi sto dimenticando qualcosa sui capitoli precedenti, me lo sento!

Comunque, cosa ne pensate di questo in particolare? Avete le idee confuse, o forse ancora più chiare? Chi è davvero Byleistr? Un Re che si prodiga per la sua patria, o una persona con oscuri segreti da nascondere? Loki scoprirà mai la verità? E cosa farà poi? Che fine ha fatto il Dio degli Inganni? Supererà mai le sue 'crisi notturne' o passerà il resto della vita con la paura del buio?
E soprattutto, perché mi sto dilungando così tanto?!

Beh, prima di concludere, ringrazio TANTO, ma veramente TANTO sia chi mi segue silenziosamente, sia chi commenta le mie storie <3 spero di non avervi deluso con questo capitolino :/

Bene, adesso credo che sia ora di concludere le note!
Ora penso che andrò a recensire qualche fic. Finisco sempre per non farlo, è irritante -.-''

Al prossimo capitolo! Con auguri di buon Natale in anticipo (?!)


Oh oh oh!!
Madama Pigna

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Discussione tra (più o meno) fratelli ***





Evitò l’affondo del Gigante facilmente, ma, sfortunatamente, lui non sembrava volersi arrendere tanto presto. Continuò a cercare di colpirlo, mentre, notò Loki, intorno a loro scoppiava il caos più totale. Il dissidente non era venuto solo, e presto scoppiò la guerriglia. Subito molti Giganti sfoderarono le proprie armi di ghiaccio, in difesa dei propri cari, di se stessi.. o della propria mercanzia.
 
 - Muori, nano disgustoso! -, urlò lo Jotun. – Ripulirò questo mondo dagli scarti e dalla vergogna, a cominciare da te, Loki Laufeyson, principe degli schifosi Asir e patricida! -.
 
Partì con un altro affondo, che stavolta evitò per un pelo. Non aveva armi con sé, e non sapeva manipolare il ghiaccio. Gli restava solo la magia da usare.
Si concentrò, per evocare un’illusione che avrebbe distolto l’attenzione dello Jotun, ma fallì miseramente, rischiando per la terza volta di venire trucidato. Cosa mi sta succedendo?! Pensò, provando un sentimento molto simile alla paura. Non gli era mai successo, prima! Mai.
Si buttò a terra, rotolando sotto un banco e rialzandosi appena in tempo, perché quel pazzo omicida aveva spezzato il legno in due con un solo colpo. – Vieni qui e muori, codardo! -.
Altri due Giganti corsero verso di lui. Altri due energumeni che provavano a ucciderlo!
Si guardò intorno, cercando una soluzione. Quel gruppo di ribelli sapeva bene come distribuire il caos.
Fortunatamente, ben presto arrivarono anche le guardie cittadine, che cercarono di tenere a bada la confusione. Il sangue cominciò a scorrere.

Vide una bancherella piena di oggetti di pietra, e, non sapendo bene come difendersi, si adattò alla situazione: li prese, e cominciò a scagliarli verso i tre. Un paio di colpi andarono a vuoto, ma due di loro vennero colpiti in testa, e uno cadde a terra. Almeno il Concentrato aveva qualche buon effetto, allora.
 
Peccato che non gli avrebbe salvato la pelle.
- Vieni qui e MUORI, nano! -, disse l’altro Jotun, quello rimasto in piedi.
In tutto quel macello, probabilmente nessuno si era accorto della sua situazione.
Strinse i pugni, cercando, quanto meno, di far apparire qualche pugnale.
Andiamo.. Maledizione, proprio adesso..?
 
Il Gigante si lanciò verso di lui, pronto a finirlo.
Non ebbe il tempo di reagire.
 
Qualcuno interruppe l’attacco, buttando a terra il ribelle e uccidendolo all’istante con un colpo alla gola.
Quel qualcuno era Byleistr.
 
- Vattene immediatamente, Loki! -, ringhiò lui, alzandosi ad affrontare l’altro avversario. Nel vedere il Re, alcuni Jotun decisero di rivolgere l’attenzione verso di lui, dando modo ai soldati di ‘aggiustarli’ a dovere. Il sovrano ne sistemò un paio con un proiettile di ghiaccio che, Loki lo avrebbe giurato, trapassò da parte a parte il cranio del primo guerriero, forse per la forza con cui era stato scagliato, forse per via della lama tagliente, o forse per entrambi.
Byleistr non può essere un mago. Concluse il principe, meravigliato. E’ un guerriero troppo abile.
Si muoveva con una velocità e un’agilità che non aveva mai visto in un Gigante del Ghiaccio. Ogni suo movimento era sinuoso, come studiato, ogni suo colpo non veniva scagliato mai a caso. Era un formidabile combattente, forse anche più bravo di Thor. Di sicuro più.. affascinante.
Molti altri Jotun che aveva visto combattere avevano una tecnica grezza, lenta, prevedibile, in certi casi.
Byleistr, invece, combatteva come un predatore esperto ed elegante, quasi da pantera, una pantera molto scaltra e flessuosa, pensò, vedendo i suoi muscoli muoversi come se non avessero mai fatto altro in vita loro. Cosa, probabilmente, vera.

- Cosa DIAMINE stai facendo, Loki?! -, ebbe il tempo di dirgli (urlargli) tra un avversario e l’altro.
Si riscosse. Aveva ragione. Cosa diavolo stava combinando?! Rischiava di morire, per di più in modo del tutto idiota, e cosa faceva lui? Rimaneva a fissare la guerriglia?
A proposito, perché anche Byleistr stava combattendo? Non era esattamente abitudine dei re sedare piccole ribellioni come quella. Doveva esserci qualcosa di più dietro.
Decise di obbedire, più o meno.
Facendosi largo nella confusione, si allontanò dal centro della piazza, andandosi a nascondere in uno dei portici al bordo, dove non c’era nessuno a combattere e aveva un’ampia visuale.
 
I combattimenti durarono poco, comunque, dato che i ribelli erano in minoranza, e, notò Loki, i guerrieri del Re erano di gran lunga più preparati. Alla fine, rimase in piedi solo lo Jotun che lo aveva attaccato per primo, dando inizio alla sommossa. Due soldati lo bloccarono sul posto.
- Skrymìr -, esordì Byleistr. – Vedo che non hai perso l’abitudine di creare disordini -.
- E tu invece sembri avere smesso di trucidare nani, Byleistr! Quanto sei ipocrita, Falso Re! -.
- Sappiamo entrambi che dicerie su delle mie ipotetiche azioni contro i nani sono solo voci distorte dalla tua lingua velenosa, molto lontane dalla verità -, rispose lui, senza scomporsi. Uno dei suoi uomini, però, non aveva esitato a colpirlo al viso, premurandosi di insultarlo a dovere. Il sovrano alzò la mano per placarlo. – Fermo, Capitano. Non ha senso malmenare un condannato a morte, anche quando si meriterebbe ben di peggio -.
L’altro obbedì, anche se non smise di guardare con odio, tanto odio, il ribelle.

- Uccidermi non ti servirà, Byleistr! Sarò come un martire, per il popolo! -.
- Per il popolo sei soltanto un pazzo che ha organizzato tumulti contro il proprio re, e questo non cambierà dopo la tua morte -.
Lo Jotun di nome Skrymìr si agitò nella presa dei suoi carcerieri. – Tu non sei un re! Sei indegno del tuo popolo, indegno della tua stirpe e del tuo titolo! Hai approfittato delle difficoltà del tuo regno per salire al potere, ti sei rifiutato di aiutare tuo padre nel momento del bisogno! Sei peggio di quello schifoso nano che si dichiara essere un LAUFEYSON! Il complice del suo patricidio.. -.
- Portatelo via -, ordinò Byleistr, voltandosi. – Non mi interessano gli sproloqui di un fanatico -.
- Io so cosa sei. Io c’ero, quella notte -, disse, mentre il suo tono e il suo sguardo si facevano più arcigni, più cattivi. – Ero io l’Osservatore che aveva trovato i nani. E ho visto quello che hai fatto -.
Il Re non si era fermato, ma Loki poteva vedere i suoi occhi, da lontano. E poteva leggere l’enorme rabbia del suo sguardo, di solito controllato ai limiti dell’apatia.
- Sei un parricida! E non è un caso che Helblindi sia scomparso proprio quella notte! NON E’ UN CASO! MI HAI SENTITO,STERMINATORE DI SCARTI?! -.
Neanche quella volta, Byleistr si voltò.
Loki vide, però, Skrymìr liberarsi improvvisamente dalla stretta degli altri Giganti, e, con il braccio armato di ghiaccio, correre verso il sovrano di Jotunheim, urlando.
- MORTE AL FALSO RE!! -.
 
E fu allora che accadde.
Veloce come un fulmine, Byleistr si girò, evitando l’affondo dello Jotun, che finì per strappargli i pantaloni all’altezza della coscia destra, senza ferirlo. Non creò nessuna arma di ghiaccio. Loki lo vide stringere il pugno, e colpirlo così forte da spedirlo alcuni metri più in là, come se fosse stato un giocattolo. Nello stesso momento, un inquietante rumore, come di qualcosa che si rompe, si era sparso nella piazza. Byleistr aveva colpito Skrymìr in testa, uccidendolo sul colpo. Le escrescenze ossee che gli ricoprivano le dita erano sporche di sangue, e, se avesse potuto vedere meglio il morto da quel punto, di sicuro non avrebbe apprezzato le sue condizioni. Ora, capiva che quelle.. cose dovevano essere state ereditate. Pugno Spaccapietre, forse, sarebbe stata una nomea ideale anche per lui.
- Prevedibile -.
 
Calò il silenzio, per un lungo, lunghissimo istante, per poi venire spezzato da Byleistr stesso. – Portatelo via. Che i suoi resti siano tracannati dalle bestie. Quelli come lui non meritano privilegi come le sepolture -, ordinò, per poi andarsene con passo più svelto. Passò accanto alla colonna dietro cui si era nascosto, e il nano pensò fosse meglio filarsela a palazzo.
- Non così in fretta, Loki. Tu ed io dovremo fare un discorsetto, quando torneremo a palazzo -.


 

******************


 
- E adesso -, disse il Re, chiudendo la pesante porta delle sue stanze private, - Spiegami, principe Loki, quale dio, antenato o qualsivoglia essere esistente nell’universo guida le tue azioni in modo talmente idiota e incosciente da farti quasi ammazzare dal primo Jotun di turno -.
- Re Byleistr, io.. -.
- Non chiamarmi ‘Re’ quando abbiamo una conversazione privata -, lo interruppe lui, sedendosi in un semplice scranno di legno. Dando una veloce occhiata alle sue camere, chiunque avrebbe pensato ad un militare, non ad un giovane sovrano. – Trovo queste formule ipocrite e inutili -, continuò, passandosi una mano tra i capelli. Era ritornato il sovrano controllato di sempre, almeno all’apparenza, ma nessuno sarebbe stato abbastanza stupido o pazzo da credere che non fosse ancora arrabbiato. E parecchio, anche.
- Rispondimi e basta. Quando sei giunto qui temevi per la tua vita; benissimo, era comprensibile, passabile, niente di drammatico, comunque. Non mi hai dato l’impressione di essere tanto stupido da non avere comunque qualche sospetto. In queste settimane te ne sei stato buono a palazzo, senza creare problemi di nessun genere. E poi ti trovo circondato da ribelli, con il loro stramaledetto capo che cerca di trucidarti, e tu che fai?! Rimani stralunato come una bambola di pezza!! Non ti difendi in alcun modo, non tenti nemmeno di scappare. Dimmi, qualcosa ti ha spinto ad avere degli irresistibili istinti suicidi, ultimamente? -.
Loki ne aveva dovute sorbire molte, di lavate di capo, nella vita. Ma questa era la peggiore in assoluto. Subita in età adulta, da una persona a lui praticamente estranea, addirittura il Re di un altro Regno, nemmeno si trattasse di Odino in persona! Se non fosse stato che Byleistr aveva maledettamente ragione, si sarebbe infuriato come non mai. Anzi, era arrabbiato lo stesso, a dire la verità.
- Dunque? -.
Strinse i pugni. – No -, rispose, quasi ringhiando. Da seduto, Byleistr arrivava alla sua altezza, più o meno, e in tal modo poteva vedere meglio alcuni dettagli del suo viso. E, notò, aveva delle escrescenze d’osso anche sulla nuca, simili a quelle di Laufey ma quasi del tutto coperte dai capelli.
- Allora dammi una spiegazione, perché oggi non solo hai messo a repentaglio la tua vita, ma anche quella di un intero Regno -, disse, gelido.
Questo era vero. Come aveva letto in alcuni resoconti, da quando Odino aveva portato via lo Scrigno degli Antichi Inverni, o Cuore di Jotunheim, come molti lo chiamavano lì, il Regno era caduto in una crisi senza precedenti. Tra carestie, pesti e anche declino culturale, la popolazione era diminuita, le nascite drasticamente calate e il Reame messo in ginocchio. Persino le temperature erano calate. E anche se negli ultimi anni sembrava quasi che si stesse riprendendo, Jotunheim aveva bisogno dello Scrigno.
E sì, lui si era comportato da vero deficiente. Era difficile ammetterlo, ma no, non poteva negarlo.

Rimase in silenzio per qualche secondo, mentre il Re di Jotunheim lo guardava con insistenza.
Esigeva delle risposte concrete e, al posto suo, non sarebbe stato meno intransigente, lo sapeva.

- Non so cosa mi sia successo -, rispose. – All’inizio ero abbastanza reattivo, prima che arrivassi tu. Ma a un certo punto ho provato ad usare la magia e.. Non ci sono riuscito -.
Il monarca cambiò espressione all’istante, sgomento, e si avvicinò di più al nano. – Che cosa? -.
Loki annuì debolmente. Quel fatto continuava a ronzargli per la testa, preoccupandolo oltremodo. Non gli era mai accaduto niente del genere! E non poteva capitargli in un momento peggiore, tra l’altro!
– Puoi non credermi, se vuoi, ma quando ho cercato di usare degli incantesimi.. era come se avessi perso i miei poteri, così, all’improvviso. Non riesco a usare la magia nemmeno.. nemmeno adesso -.
Byleistr lo guardò molto, molto attentamente, come per cercare di capire se stesse mentendo o meno, prima di parlare. – E poi? Perché sei rimasto fermo? -, continuò a interrogarlo.
- Non lo so. Non ero particolarmente spaventato, voglio dire, non sarebbe stata la prima volta che mi ritrovavo a combattere, ma ero disarmato e.. e non lo so. Ad un certo punto ho perso la concentrazione, neanche stessi sognando. Non riuscivo a focalizzarmi sul pericolo, era come se.. -.
- Come se non fossi più in te -, completò Byleistr. Si era portato una mano  sopra l’orecchio, come se stesse riflettendo su qualcosa di molto remoto e lontano. A un certo punto sembrava quasi non lo stesse ascoltando più. – Byleistr.. -, provò Loki.
- Bene -, riprese il sovrano. – Allora non abbiamo più niente da dirci. Sei congedato -.
Il finto Asgardiano alzò un sopracciglio, stupito. Lo mandava via così?
- Come? -.
- Da questo momento, sarai sotto la sorveglianza del Capitano Thrym. Ti seguirà ovunque tu andrai, per evitare che un episodio del genere si ripeta -.
- Che cosa?! -. Non aveva la minima intenzione di farsi seguire da un perfetto sconosciuto, neanche fosse una fanciulla indifesa!
- Hai capito benissimo, principe Loki: non ho intenzione di tenerti segregato come un prigioniero, ma non potrai andare da nessuna parte senza una scorta adeguata. Pertanto, a meno che tu non voglia rimanere confinato nella reggia per il resto del tuo soggiorno, devi accettare queste condizioni -.
- Ma io non.. -.
- E’ deciso -, lo zittì lui.
- Almeno spiegami il perché di quell’attacco! Perché ci sono Giganti che non ti vogliono come Re e vorrebbero le nostre teste? Posso capire perché odiano me, ma che cosa hai fatto tu? Perché ti chiamano Sterminatore di Scarti? Come conoscevi già quel Gigante, Skrymìr? -.

L’espressione pacata del re si gelò. – Le questioni tra me e quel fanatico arrivista non hanno più importanza, adesso. E soprattutto non ti riguardano -, rispose.
- Mi riguardano eccome, invece, visto che oggi stavo per morire! -.
- Perché sei incapace di difenderti, non per altro! -.
- Skrymìr non era l’unico a dire quel nome! C’erano altri a chiamarti Sterminatore di Scarti, al mercato! -.

- NON osare pronunciare quel titolo in mia presenza! Non sai neppure di che cosa parli! -, disse Byleistr, alzandosi. Si stava palesemente scaldando, e, visto cosa aveva fatto prima, farlo arrabbiare non era esattamente una buona idea. Ma Loki era stufo di bugie e travestimenti: ci aveva convissuto una vita intera, cosciente che lo fosse o meno. Basta inganni. Lui voleva la verità, nient’altro che la verità!

- Allora spiegamelo, Falso Re! -.

- Non sono tenuto a dare spiegazioni a un principino Asir cresciuto negli agi e nei vizi! Non ho mai mancato ai miei doveri di Principe di Jotunheim e non l’ho mai fatto neanche adesso che sono il Re, ti basti sapere questo! Quelle che hai sentito sono falsità, niente a che vedere con la realtà dei fatti! E adesso, FUORI! -.
Loki avrebbe voluto rispondere, ma Byleistr agì per primo: lo prese per lo scollo della sua tunica, e, come se fosse di piuma, lo sollevò di peso e lo cacciò fuori dalle sue camere. – Ehi! -.

Aprendo lo porta, i due fratelli videro Thìalfi, che aveva ancora la mano alzata, in procinto di bussare.
- Cosa c’è, Thìalfi? -, chiese Byleistr, brusco.
Il consigliere dovette capire che non era il momento adatto per parlare con il suo sovrano, e preferì cambiare aria. – Ehm, non era nulla di urgente, sire, posso sempre parlarvene in un altro momento.. -.
- Ecco, bravo. E ora lasciatemi solo. Non voglio essere disturbato per nessuna ragione al mondo, chiaro? -.
- Sì, Maestà -.
 
Il Re non disse altro. I due nani si videro la porta sbattuta in faccia.

 

**********************



 
Mai più. MAI PIU’.
 
Ho passato una settimana da.. AAARGH!
Tra preparativi per il viaggio, abiti da provare e vari ed eventuali imprevisti.. Mamma mia! Praticamente ho scritto il capitolo all’ultimo momento, perché non è tra quelli ‘stagionati’, che ho già scritto da un pezzo. Ma la cosa peggiore è stata non vedere nemmeno una recensione al capitolo precedente ç__ç faceva davvero tanto schifo? D’accordo, c’era poca azione, però qualcosa c’era! O dati i ringraziamenti vi siete sentite libere di ignorarmi? ç__ç perché siete almeno diciassette persone a seguirmi, a meno che la gente non clicchi ‘inserisci tra le seguite’ così, a caso. Lo escludo.
Scherzi a parte, non ho mai avuto tanta gente in quella lista, e da un lato sono molto soddisfatta e grata J
Per fortuna ci ha pensato xxx a rincuorarmi un po’. Ci siamo scambiate un paio di messaggi privati che mi hanno tirato su di morale e gonfiato l’ego in modo davvero spropositato.
Quindi lancio una sfida: il record di recensioni in un solo capitolo! Ricordate che più ce ne sono, più io mi sento figa e quindi scrivo di più! Vediamo se arriviamo almeno a quindici! O anche dieci, non sono tanto brava da meritarne quindici (ma se qualcuno non la pensa così può dirlo tranquillamente, eh :D). Se per un qualche miracolo di Odino arriviamo a venti, giuro che completerò tutti i miei altri arretrati! Lo giuro, dovesse essere l’ultima cosa che faccio su efp!
 
Ma io credo di smontarmi la carriera, con tutte queste note. Dico troppe c.. cavolate. Basta, d’ora in poi parlerò solo dei capitoli. A tal proposito: questo come vi sembra? Poteva essere meglio? Peggio? Ho scritto qualche baggianata? Per domande e chiarimenti sono sempre disponibile!
 
Qui il mistero si infittisce! Byleistr non ha alcuna intenzione di parlare del suo oscuro passato, MA, signore e signori miei, il prossimo sarà un capitolo-flashback! DEL TUTTO incentrato sul caro Sovrano di Jotunheim (che poi non si capisce se è uno stronzo come Laufey o no).
Chi è Skrymìr? Come ha conosciuto Byleistr? Come iniziata questa lotta tra di loro? E PERCHÉ Byleistr viene chiamato Sterminatore di Scarti? Che cosa ha fatto? Dove ha imparato a combattere in quel modo così diabolikamente figo (uso della k volutissimo)?! Qual è la bugia, e qual è la verità?
Cosa sta succedendo a Loki? Non è più LUI! Sta cambiando come un bruco dentro al bozzolo! Che gli prende? Qualcuno lo ha già intuito, altri ancora brancolano nel buio in cerca di una risposta 8D o almeno voglio sperare, significa che riesco a mantenere la suspence.
Ho bisogno di sapere che cosa ne pensate!
 
E adesso devo scomparire! *si butta in acqua con l’attrezzatura da sub*. Al prossimo capitolo!
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** La perseveranza del ricordo ***





Il sovrano di Jotunheim prese un respiro profondo. Aspettò, con la poca pazienza che gli era rimasta, di non sentire più i passi dei due nani, poi si voltò, guardando la sua stanza con sguardo assente.
 
Hai approfittato delle difficoltà del tuo regno per salire al potere, ti sei rifiutato di aiutare tuo padre nel momento del bisogno! Sei peggio di quello schifoso nano che si dichiara essere un LAUFEYSON! Il complice del suo patricidio..
 
Erano menzogne, lo sapeva benissimo.
 
Sei un parricida!
 
Almeno la maggior parte.
Eppure la rabbia rimaneva; una rabbia cieca, verso Laufey, i fanatici come lui, verso se stesso..
No. Non doveva lasciare che le parole di Skrymìr scalfissero la sua corazza, ne, soprattutto, farsi sopraffare dall’ira, specialmente in un momento così delicato, e non ora che era Re.
 
E non è un caso che Helblindi sia scomparso proprio quella notte! NON E’ UN CASO! MI HAI SENTITO, STERMINATORE DI SCARTI?!
 
Quel maledetto nome lo avrebbe perseguitato persino oltre la morte, lo sapeva perfettamente.
 
Lo scranno su cui si era seduto in precedenza fece una fine miserevole. Byleistr lo prese per lo schienale, e lo scagliò ringhiando contro il muro di pietra, con tutta la forza di cui disponeva, che non era poca.
Lo avrebbe volentieri ridotto in briciole, per poi prendere a pugni la parete con tutta la sua forza, fino a distruggerla, o fino a spaccarsi le mani. Lo avrebbe voluto fare, ma non lo fece.
Chiuse gli occhi, concentrandosi sul suo respiro, cercando di recuperare la calma e il controllo con cui era noto tra gli Jotun.
Non li riaprì fino a quando non fu sicuro di essersi ripreso del tutto.
No. Non devo perdere il controllo di me stesso. E non così. Mai più. Farbauti non avrebbe voluto che mi riducessi in questo modo.
Si sedette sul letto, passandosi le mani sul viso, e poi sui capelli.
Sono uno stupido. Un maledetto stupido, impulsivo e incapace di starsene buono nel suo trono, si disse. Non si sarebbe dovuto comportare in quel modo. Esclusa la terribile arrabbiatura, scampata per un pelo, quel giorno non si era assolutamente comportato da re.
 
Aveva partecipato in prima persona nel contrastare una rivolta. La guerriglia non lo spaventava, ma come monarca non poteva correre inutili rischi di quel genere. Questo lo sapeva, e si rimproverava ancora di più, perché lo aveva fatto sapendo che probabilmente ci sarebbe stato Skrymìr. Infatti il suo secondo errore era stato ammazzarlo di persona, perché si, lui non prendeva mai a pugni se non per uccidere. E, terzo e non ultimo, forse si sarebbe potuto comportare molto meglio, con Loki, pure con quello che aveva combinato e nelle sue.. condizioni. Anche se le sue erano solo ipotesi, ma non era la prima volta che vedeva sintomi di quel genere, purtroppo.
 
Quanto avrebbe voluto dare all’abitudine la colpa per la sua impulsività. Da Principe ribelle era sempre coinvolto in qualche piano contro il padre, in combattimenti, operazioni di salvataggio e altre svariate cose. E non delegava nulla a nessuno: se c’era un lavoro da fare, prendeva con sé qualcuno dei suoi uomini e lo faceva, punto. E al diavolo le regole non scritte, erano Jotun, non Asir. Che razza di sovrano è uno che non è disposto a rischiare la vita in prima persona, per il proprio popolo?
In ogni caso, in qualche modo Byleistr agiva: non era il genere di persona adatta a stare con le mani in mano. Era uno Jotun di azione. E, certe volte, proprio non ce la faceva a limitarsi a dare ordini. Sentiva come di non fare abbastanza, ed era una sensazione che odiava, fin da quando era bambino. Un bambino che aveva visto gli eventi della Grande Guerra sapendo di essere ancora troppo piccolo per combattere.
 
Si era messo sulle spalle la responsabilità di un intero popolo fin da quando era ragazzo. In sostanza tanti lo consideravano già Re molto prima di diventarlo ufficialmente. Ma non era abbastanza. Non per lui.
Sei troppo severo con te stesso, gli disse una vocina nella testa. Il popolo ti ama, e queste sono soltanto leggerezze. Non hai fatto niente di così orribile. Sbuffò, perché la voce era molto simile a quella di Helblindi. Non lo vedeva da tanti, troppi anni, ma a volte gli sembrava quasi di risentirlo, con le sue rare e francamente patetiche paternali. Davvero, faceva proprio schifo come fratello maggiore.
Ma sapeva bene che non era così: perché qualcosa aveva fatto. La sua vecchia reputazione di Sterminatore non era del tutto immeritata, tutt’altro. Soprattutto, quello che aveva fatto a suo fratello lo rendeva abbastanza sicuro che avrebbe passato l’eternità di Helheim tra atroci sofferenze. Non c’era perdono per chi uccideva un membro stretto della famiglia, per un parricida.
 
Si passò una mano sugli occhi. Non aveva visto via d’uscita, quel giorno, ma questo non cambiava le cose.
Aveva già infranto una promessa fatta a suo padre. L’altra l’avrebbe mantenuta, sempre, anche a costo della sua stessa vita. Non era in cerca di redenzione: sarebbe stato inutile. Ma amava il suo popolo, e amava Jotunheim.
Era l’unico genere di amore di cui ricordava il sapore. Aveva dato tutto per il Regno, e avrebbe continuato a farlo. A qualunque costo.
 






 
Il piccolo bambino Jotun si preparò all'offensiva. Non doveva assolutamente perdere, quella volta. Adesso era ben più di un gioco, per lui.
Strinse tra le mani il suo bastone, e prese la rincorsa, attaccando con foga. Ma era ancora un novellino, e già in una sola mossa aveva fatto parecchi errori; al suo avversario bastò spostarsi all’improvviso e alzare un piede. Byleistr ruzzolò senza controllo, facendo le capriole, fermandosi solo quando si scontrò con un mucchietto di neve, che gli riempì la bocca. Maledicendosi per la propria inettitudine, si rialzò con un cipiglio arrabbiato sul viso.
La Jarnvidr, a quell’epoca, era una foresta rigogliosa e fiorente, quasi quanto i boschi midgardiani.
Da piccolo ci andava spesso. Non era distante da Utgarda, ed era un bel posto dove passare la giovinezza.
In quel momento era in una piccola radura.
A farlo sentire umiliato, in particolare, fu la risata di Helblindi, che, seduto a gambe incrociate dall’altra parte, assisteva alla sua prima lezione di lotta.
Il più piccolo lo guardò malissimo, sentendo l’improvviso impulso di prendere il fratello per i capelli e di fargli ingoiare la neve che si era preso lui.
- Vorrei vedere te al mio posto! Neanche tu sai combattere! -, gli disse, incrociando le braccia.
- Ma io ho altri talenti, fratellino -, rispose lui, facendogli l’occhiolino.
- Sì, infatti l’altro giorno non riuscivi neanche a riprendere il tuo aspetto -, rilanciò Byleistr, tagliente.
- Bambini, adesso basta. Siete ancora piccoli, avrete del tempo per affinare le vostre capacità -, fece da paciere il terzo Jotun, arginando l’ennesima discussione che stava andando a formarsi.
- Ora, Byleistr, fai attenzione. Lascia stare tuo fratello, vuole solo irritarti. Helblindi, tunon lo distrarre -, continuò, lanciando un’occhiata di ammonimento al figlio maggiore, che preferì obbedire.
Farbauti, tra gli Jotun, era considerato il guerriero più forte della sua generazione, uguagliato, forse, solo da Laufey e pochi altri. Particolarmente alto, anche per gli standard dei Giganti, non aveva ereditato le incredibili capacità metamorfiche del padre Jormungandr, come Helblindi, però aveva un’enorme forza fisica e tutte le capacità che qualsiasi guerriero sognava di avere. Ma, soprattutto, era un padre.
- Non attaccare maiin questo modo. E’ come servire la tua stessa testa all’avversario. Io ti ho fatto lo sgambetto, ma qualcun altro ti avrebbe anche ucciso. Quando sferri un colpo, non devi agire a caso. Studia sempre i punti deboli dell’avversario, o rischierai di tradirti -.
Il bambino annuì.
- Ad esempio, quale potrebbe essere il mio, secondo te? -.
- Il tuo? Ma padre, tu sei Farbauti Jormungandrson, non puoiavere punti deboli! -.
- Tuttihanno punti deboli, Byleistr. Non lasciarti suggestionare dalla mia stazza: anzi, più si è grossi, più è estesa la superfice dove si può colpire. Tu, almeno per ora, sei più piccolo e scattante, e questo potrebbe essere un vantaggio. Dove mi colperesti con più facilità? -.
Il figlio più giovane studiò il padre per un momento, pensoso.
- Alle.. Alle gambe? -, chiese, esitante.
Farbauti sorrise, incoraggiante. Byleistr si sentì un po’ più sicuro.
– Esatto. Forza, ora prova ad attaccarmi di nuovo -.
Il giovane Jotun strinse la presa sul legno, e provò con un fendente.
- Sei troppo rigido. Sciogli i muscoli -.
- Ma come faccio a essere sciolto quando ho il braccio ricoperto di ghiaccio? E perché usiamo i bastoni? -.
- Perché sei ancora inesperto, e potresti farti male. Per fare pratica un ramo va benissimo. Inoltre -, lo Jotun si chinò alle spalle del figlio, guidando il suo braccio in varie mosse. – Ti serve proprio per capire come devi muoverti. Se sei molto teso, i tuoi movimenti saranno troppo rigidi o lenti. Anche nella lotta più disperata, devi essere rilassato. Ricordati che l’arte del combattimento implica la preparazione fisica, vero, ma è soprattutto una questione di testa -, concluse, picchiettandogli il dito sulla fronte. – Puoi essere la persona più forte e robusta dei Nove Regni, ma se il nemico ti becca in una giornata storta, allora sì che rischi grosso. Svuota la mente, e resta concentrato -.
- Va bene -.
- Parlando del ghiaccio, tu sai già evocarlo, ma devi farlo con il cervello: se ricopri braccio e avambraccio, è ovvio che resti bloccato. Non superare mai il gomito, se vuoi creare una spada. Ricordati che l’arma è come un’estensione del tuo arto: non la stringere troppo, e muoviti con naturalezza. Se vuoi creare una lancia, tieni a mente che il ghiaccio non è un metallo, e si spezza molto più facilmente. Stessa storia per le asce e in generale ciò che è provvisto di asta. I pugnali possono essere usati efficacemente in uno scontro ravvicinato, ma se sei dotato di buona mira puoi scagliarli contro l’avversario, e forse anche ferirlo gravemente -.
Continuò a dargli consigli e istruzioni, correggendolo tutte le volte che sbagliava, ma senza scoraggiarlo.
Byleistr non dimenticò mai i suoi insegnamenti.
 

 
Erano passati molti anni, da allora. Farbauti era morto, il giovane Principe aveva oltrepassato da poco la soglia dell’adolescenza, e non era più il bambino di un tempo, sia fisicamente che, soprattutto, mentalmente. 
Era appena tornato dalla caccia. Non era passato mai un giorno della sua vita, senza che si fosse allenato per raggiungere l’eccellenza, e si vedeva. Stava portando la sua preda sulle spalle, da solo, verso quella che era costretto a chiamare ‘casa’. Utgarda era caduta in rovina, da quando avevano perso contro gli Asir. E, purtroppo, dopo la morte di suo padre Jotunheim aveva scoperto il lato più malvagio e perverso di Laufey.
C’erano poche persone, in giro. La maggior parte dei Giganti preferiva non farsi vedere, soprattutto con i tirapiedi di Laufey in circolazione, che tiranneggiavano senza subire alcuna conseguenza.
Qualcuno c’era, però.
In lontananza, Byleistr vide il fratello, Helblindi, insieme a dei bambini piccoli, seduti davanti a lui come una platea.
Ecco dove diavolo era finito. E dire che lui si era anche preoccupato! Sarebbero dovuti andare a caccia insieme. E invece lui intratteneva quei bambini con una delle sue storielle, vivacizzando il tutto con le sue trasformazioni! Poi gli diceva che era scorbutico, certo.

Lui e il suo pubblico non si resero subito conto del suo arrivo. Almeno finché non si schiarì la voce, interrompendo il racconto, trattante di una qualche creatura di nome Fafnir e del suo tesoro.
Gettò la carne ai suoi piedi, mentre i presenti si voltavano verso di lui. I sorrisi dei bambini svanirono. A differenza di suo fratello, Byleistr era una persona troppo ombrosa per piacere a degli infanti. Mai un sorriso. Mai una risata. Al massimo ghigni e toni sarcastici.
- E allora, Helblindi? Non aiuti tuo fratello a procurare il cibo per l’inverno? -, gli fece notare lui.
Lo Jotun assunse un’espressione dispiaciuta. Conoscendolo, se ne era completamente dimenticato. Comunque, si sforzò di sorridere ai mocciosi, congedandoli.
- Riprenderemo il racconto domani, bambini. Tornate a casa -.

Byleistr li osservò andarsene senza dire una parola. Dopodiché, decise di sedersi dove prima stavano loro, cominciando a scuoiare l’animale morto che si era portato dietro con un pugnale di ghiaccio. Era un metodo rudimentale, ma, quanto meno, efficace.
- E’ una fortuna che io sia abbastanza abile da compensare la tua assenza, fratello -, si limitò a dire. Era perfettamente inutile fargli una lavata di capo dalla testa ai piedi. Non era suo padre, e comunque non era proprio dell’umore giusto.
- Byleistr, scusami. Hai ragione a essere arrabbiato, solo che.. li avevo visti così giù di morale, e.. -.
- Lascia perdere, ho capito -, rispose lui sbrigativo, anche se effettivamente non aveva mai compreso quella passione per i bambini che aveva suo fratello. Cominciò a togliere tutti i rimasugli di carne rimaste sulla pelle, sfregandoci sopra un ruvido sasso.
- Quello che invece davvero non capisco -, continuò. – E’ il motivo per cui continui a illudere con le tue storielle quei mocciosi. Se li vuoi aiutare, potresti fare qualcosa di realmenteutile! -.
- Non possono passare tutta l’infanzia senza qualche momento di serenità, Byleistr! -.
- Helblindi, mi è bastata un’occhiata per capire che almeno metà di loro non supererà l’inverno -.
- Sei uno stronzo -.
- Sono realista -, replicò. – Non è come quando eravamo bambini noi, quando non c’erano carestie e malanni. Se non imparano a cavarsela ora, non impareranno mai. E tu in quel modo non li aiuti, parlando di.. Cos’erano stavolta? Draghi e ricchezze nascoste sotto le caverne? -.
- Perlomeno da grandi non saranno degli apatici senza cuore come te -, rispose Helblindi, piccato.
Suo fratello sospirò. Erano entrambi due incredibili testoni, ma Helblindi sapeva anche essere duro di comprendonio, oltre che fin tropposensibile e, di conseguenza, permaloso e con l’insulto facile.

- Se proprio vuoi aiutare quei bambini, fai qualcosa di utile. Aiutami a cacciare. Migliora la tua magia curativa, qualcosa del genere insomma! A cosa serve intrattenerli con delle stupide storie illusorie che certo non salveranno loro la vita? -.
- Ne abbiamo già parlato -.
- Sì, sì. La speranza, certo -.
- Byleistr, non puoi fare sempre così! -.
- Vuoi invertire i ruoli, adesso? -.
- Guarda che sono serio -, rispose lui, sedendogli accanto. – Da quando è morto Farbauti, tu.. -.
- Non ho voglia di parlare di lui -, lo interruppe il più giovane, spiccio. – E comunque, Helblindi, smettila di tentare di psicanalizzarmi. La parte del fratello maggiore non ti viene bene, e lo sai -.
- Vorrei soltanto che ti aprissi un po’ di più, con me! Sono tuo fratello, dannazione, eppure non riesco a capire quello che ti passa per la testa. Lo soche mi nascondi delle cose. Ma perché non mi dai un po’ di fiducia? -.
- Non è una questione di fiducia -, rispose Byleistr. – E comunque non vado a raccontarti i fatti miei qui, dove chiunque può nascondersi e ascoltarci -.
- Sei un paranoico -.
- Può darsi, ma la prudenza non è mai troppa -.

Helblindi sbuffò, passandosi una mano sui capelli scuri. – Cambiamo argomento, che è meglio. Come vanno le dita? -.
Da qualche tempo, ormai, le mani di Byleistr avevano cominciato a ingrossarsi; falangi, falangine e falangette comprese. Le ultime tre, inoltre, gli davano un fastidio terribile. Stavano cominciando a spuntare le escrescenze ossee, simili, probabilmente, a quelle di Farbauti.
- Mi prudono, come al solito -, rispose atono.
- Dai, vedrai che tra qualche settimana usciranno fuori -.
- Lo so. Anche se non credo che saranno mai come quelle di nostro padre -.
- Non è detto, sai? Papà diceva sempre che.. -.
Helblindi si interruppe. Parlando, aveva appoggiato una mano sulla spalla del fratello, così, senza preavviso, e l’espressione di Byleistr –quel modo di spalancare gli occhi, anche se solo per un istante, come se gli stesse facendo male -, non gli era piaciuta affatto.
- Che cos’hai? -.
Il giovane Gigante lo guardò, fingendosi stupito. – Come, scusa? -.
- Che cos’hai? -.
- Niente -.
- Non ti credo. E.. -, annusò l’aria con insistenza. – Cos’è quest’odore di sangue? -.
- Ti ricordo che sono appena andato a caccia e sto facendo a pezzi un animale -.
- NON è per quello. Viene anche dalla tua schiena, Byleistr. Non me ne sono accorto subito, ma non ho dubbi. Il mio naso non sbaglia mai. Fammi vedere -.
- Non ho niente -.
- Non è vero! Fammi vedere! -.

Il maggiore tentò di sollevare la casacca smanicata del fratello, senza, però, riuscirci. Byleistr si alzò di scatto, allontanandosi da lui. – Ti ho già detto che non ho niente, Helblindi, quante volte devo ripetertelo? -.
Avrebbe negato anche l’evidenza, piuttosto che fargli vedere cos’aveva.
- Byleistr non mentire! Togliti quella cosa -.
- No -.
- Toglila -.
- Sei un visionario -.
- Toglila, ho detto! -.
- Non ci penso proprio -.
- D’accordo, lo hai voluto tu! -.

Cominciarono a pestarsi di brutto. Helblindi cercava di spogliare il fratello, Byleistr glielo impediva in tutti i modi. Alla fine, quest’ultimo atterrò il maggiore, bloccandolo con il suo peso.
- Sei sempre stato pessimo, nel corpo a corpo -, gli disse.
Helblindi non disse niente. Si trasformò in uno scoiattolo e, cogliendolo di sorpresa, gli salì addosso per poi ritrasformarsi, ribaltando le posizioni. Steso a pancia in giù, Byleistr ringhiò di dolore. Suo fratello si era messo proprio nel punto più delicato.
- Togliti di dosso, maledizione! -.
- Non finché non saprò che cos’hai -, ribatté lui.
 
Byleistr chiuse gli occhi, dannandosi per non essersi aspettato qualcosa del genere.
Il primogenito sollevò il tessuto, scoprendo delle bende, messe alla bella e meglio in tutta la schiena, macchiate di sangue.
- Sei ferito? Perché non me lo hai detto? -.
L’altro preferì non rispondere. Helblindi gli si tolse di dosso, aiutandolo ad alzarsi.
- Come è successo? -.
- Ma niente, una stupidaggine. Sono caduto su una lastra di ghiaccio mentre mi allenavo, tutto qui -, disse, cercando di apparire disinvolto. Helblindi assottigliò lo sguardo. In nome degli Antenati, perché doveva utilizzare il cervello solo nei momenti meno opportuni?!
- Allora perché me lo nascondevi? -.
- Semplicemente non volevo farti preoccupare per una cosa da niente -.
- Se è una cosa da niente fallo decidere a me. Devo cambiare quelle bende -.
- Posso fare da solo -.
- Byleistr.. -.
- Ma perché ti preoccupi tanto? Non ho nulla di grave, sul serio -.
- E allora perché ti fa tanto male? Ti conosco, non sei il tipo che si lamenta per un nulla -.
- Non mi sto lamentando -.
- Ma prima si! -.
- Mi sei arrivato addosso con la delicatezza di una valanga, che pretendi? -.
- E quando ti ho solamente toccato? Byleistr, non costringermi a usare la magia, non sono idiota come credi tu! -.
Il più giovane sospirò, rendendosi conto di dover capitolare.
– Non qui, va bene? Andiamo in un posto un po’ più isolato.. -.
 
 
- Ma questi sono colpi di frusta! -, esclamò Helblindi, sgomento. – E si sono quasi infettati! Byleistr, sei un pazzo! Sai cosa significa un’infezione a delle ferite del genere?! Saresti potuto morire, razza di idiota! -.
Il giovane non rispose. Anzi avrebbe quasi sorriso, se solo la carne viva, al contatto con l’aria, non avesse bruciato. Il gelo di Jotunheim poteva essere spietato con chi non aveva una pelle adatta. E lui in quel momento ne era un po’ mancante, almeno in certi punti.
Helblindi avvicinò le mani alla schiena del fratello, completamente ricoperta di ferite. Chiunque fosse stato, non aveva usato la mano leggera, poco ma sicuro.
- Perché.. perché nostro padre ti ha fatto questo? -.
Erano Principi di Jotunheim, dopotutto. Se qualcuno gli poteva fare una cosa del genere, quello era il Re.
- Ho lasciato scappare dei nani durante una battuta di caccia -, rispose.

Le rovine del Palazzo di Narfi erano abbandonate da secoli. Un tempo luogo dove i giovani maghi potevano apprendere l’arte del Seidr, ora che l’energia del pianeta era quasi del tutto scomparsa pochissimi erano in grado di usare la magia, e perciò dopo la guerra non era stato ricostruito. Inoltre, Laufey non apprezzava l’uso delle antiche arti, motivo in più per cui era un luogo perennemente deserto. Nemmeno le spie ci andavano a curiosare. Era il posto ideale dove parlare senza timore.
- E ti ha preso a frustate?! -.
- Non fare l’ingenuo, Helblindi. Sai com’è fatto Laufey. Se non mi ha ucciso di persona è solo perché il mio omicidio avrebbe ben pochi consensi. E perché sono un possibile erede al Trono -.
Seduto dietro di lui, Helblindi si concentrò un momento, poi un alone azzurrino scaturì dalle sue mani, rigenerando lentamente la pelle del fratello.
- Ti fa male? -.
- Non molto -.
- Perché sei andato a caccia in queste condizioni? Dovresti riposare, perlomeno! -.
- E dargli un’altra scusa per farmi fustigare davanti ai suoi maledetti servitori? No grazie, non sono così stupido. E comunque è meno grave di quanto semb.. Ahia! Così mi fai male, dannazione! -.
Il più vecchio stava osservando la pelle non del tutto guarita del giovane Jotun.
- Da quanto tempo la tua pelle non si rigenera da sola? -.
- Un po’ -.
- Non sarebbe dovuto accadere, non così presto almeno. A meno che.. -.
Byleistr non poteva vederlo in volto, ma quando la stretta sulla sua spalla si rafforzò, fu assolutamente certo che Helblindi aveva un’espressione furiosa in viso. E che probabilmente aveva notato le cicatrici, ormai quasi invisibili, delle frustate precedenti. Era una fortuna che la sua età non permettesse, secondo l’etichetta, di girare a petto nudo, perché per essere un guerriero era ancora troppo giovane. In questo modo non doveva dare spiegazioni a nessuno. Ma evidentemente non era tanto abile nel nascondere certe cose.. non ancora.

Suo fratello si alzò di scatto, preda dell’ira. Byleistr lo imitò. – Helblindi.. -.
- Non è la prima volta, non è vero, Byleistr?! -, urlò, quasi. Tremava di rabbia, e i contorni dei suoi lineamenti cominciavano a mutare. Gli occhi brillavano di un rosso più vivo che mai.
- Io lo ammazzo. Giuro che lo ammazzo.. Schifoso bastardo! Io.. -.
- NON CI PENSARE NEMMENO, Helblindi! E’ esattamente per questo che non te l’ho detto, maledizione! Perché avresti fatto una delle tue stupidaggini! Ora calmati, in nome degli Antenati! -, gli disse, stringendogli un polso. Era esattamente questoil problema con i mutaforma: agivano più che altro in base all’istinto e in preda alle emozioni, senza ragionarci su. Avevano un lato animale e potenzialmente lunatico che si manifestava con una facilità impressionante, e questo poteva renderli pericolosi.

- COME FACCIO A CALMARMI? TI HA MARTORIATO COSI’ TANTE VOLTE DA CONSUMARE LA TUA RIGENERAZIONE! -.
Ed era per questo, probabilmente, che Laufey non si era mai azzardato a torcergli un capello. Non a caso Helblindisignificava colui che acceca con la morte, nome crudele datogli da Laufey, dal momento che era stato capace di trasfigurarsi fin dal travaglio. A detta di alcuni, Laufey non ci vedeva più dal dolore.
- DA QUANTO TEMPO? -.
Le sue fattezze stavano cambiando; probabilmente in quelle di lupo, la sua forma preferita.
- Helblindi, se non ti calmi io.. -.
- DA QUANTO TEMPO? -.
- Non ha importanza -.
- Si che ce l’ha! Ce l’ha eccome! -, disse, riprendendo quel minimo di controllo necessario, camminando avanti e indietro. – Come ho fatto a non rendermene conto? Come?! -.
Non ti sei mai reso conto di molte cose, fratello, pensò Byleistr. Non aveva mai condiviso con lui i suoi sospetti riguardo la morte di Farbauti. Se riusciva a trattenerlo a stento solo per quello, per qualcosa di peggiore Helblindi si sarebbe quasi sicuramente fatto ammazzare, lo sapeva bene.

- Parlerò con nostro padre. O con Skrimìr. Forse lui può fare qualcosa per.. -.
- Ma se è il primo a goderne, dopo nostro padre! -.
- Non è vero! -.
- Lui non ti ama, Helblindi! Ti corteggia solo perché Laufey non vuole che tu ti metta con il primo che capita! Che poi non capisco perché hai la smania di avere dei figli così presto.. -.
- Smettila di comportarti così con lui! Se fossi meno scorbutico nei suoi confronti, capiresti che.. -.
- Che è viscido, fanatico e arrivista. Ma questo lo sapevo già -.
- Non puoi comportarti così con tutti! -.
- E tu non puoi fare così sempre! Non puoi vivere nell’illusione che vada tutto bene, Helblindi! Un giorno le tue speranze finiranno per farti del male, e io potrei non essere lì a proteggerti! O peggio, dovrei assistere senza poter fare niente! Cresci un po’, maledizione! La vita non è fatta di latte e miele! -.
  

*****************  



E così siamo al settimo capitolo. Siamo al settimo capitolo, gente! Evvai! E' un numero importante ù.ù
Allora, so che molti di voi diranno 'E beh? A cosa è servito? Sappiamo comunque meno di niente sullo Sterminatore!'. Mi sono limitata a seminare piccoli indizi perché pensavo di far 'raccontare' certi ricordi a qualcun altro :D E quindi non è ancora il momento, ecco. 
Perciò..ah, sì, dimenticavo. Chiedo scusa per le panzanate della scorsa settimana fra le note. Qualcuno dirà 'ma eri sconvolta ç__ç' ma ho comunque esagerato, insomma ho sparato idiozie da una parte all'altra di efp. Ringrazio comunque molto coloro che mi hanno recensito lo scorso capitolo ;) ovvero Alex Herondale, Merihon, Sarah del mondo antico e Camelia_Calliope :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso :D a me piace un sacco il rapporto che ho dipinto tra Byleistr e Farbauti, per quanto sia durato poco ç__ç ma come vedete anche da morto suo padre ha una grandissima influenza su di lui (l'unica persona che abbia mai avuto questo effetto sul Re di Jotunheim). Anche quelo con Helblindi non è male, sebbene un po' più.. difficile x) *facepalm*. Che poi viene rotto per una non bene identificata ragione. Vabbeh, leggete e saprete, mi dispiace concludere così ma ho mia sorella accanto che aspetta da venti minuti di usare il pc xD
Per domande o chiarimenti non esitate a chiedere! Vi risponderò con molto piacere :)

Alla prossima!
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Pedofobia.. o qualcosa del genere ***


 
Loki pestò i piedi per terra, arrabbiato per non aver ottenuto ciò che voleva.
Thìalfi lo notò, senza stupirsene particolarmente. – Mi hanno detto quello che è successo alla piazza del mercato. E non ho potuto fare a meno di ascoltare parte della conversazione. Devi scusarlo. Non è una bella storia, quella del suo primo titolo. Oltretutto Skrìmir era una sua vecchia conoscenza che.. beh, diciamo solo che non è mai stato uno stinco di santo -.
- Tu sai perché lo chiamano in quel modo? -.
- Sì, principe, ma non sono la persona più adatta per raccontartelo -.
Loki si voltò sbuffando, deciso ad andarsene nelle sue stanze. – Immagino che sia qualcosa di tanto grave che mi farebbe perdere la fiducia nel Falso Re -.
 
L’altro Jotun aggrottò le sopracciglia, raggiungendolo subito e parandosi davanti a lui. – Non chiamare il Re in quel modo in mia presenza, Principe. Conosco tuo fratello da secoli, ed è un insulto che non si merita! -.
- Perché, la nomea di Sterminatore se la merita? -.
- Non mistificare le mie parole, Dio degli Inganni! Non è quello che intendevo dire! Byleistr è un buon Re. Il legittimo Re di Jotunheim, per inciso! -.
Loki ghignò. – Ora capisco il perché di quei pettegolezzi, al mercato -, disse, provocando una reazione di stupore nel suo interlocutore. – Quali pettegolezzi? -, chiese lui.
- Alcuni pensano che tu e Byleistr ve la intendiate parecchio. Più di quanto lasciate intendere, voglio dire.. -.
La faccia che assunse Thìalfi fu davvero impagabile, per Loki. Dopo tanto tempo, sentiva riemergere il suo lato più malizioso.

Era una sensazione unica.
 
- Altri, invece, sostengono addirittura che Byleistr sia vergine e che non abbia alcuna intenzione di unirsi con qualcuno per dare un erede al trono -, continuò lui, sghignazzando. – Tu che sei una conoscenza tanto intima da bussare tranquillamente alla porta delle sue camere private, dimmi, puoi confermarlo? -.
La faccia del nano si indurì, e Loki capì di avere fatto centro.
- Il mio Re ha già abbastanza problemi senza che tu aggiunga i tuoi commenti fuori luogo, principe -, affermò, per poi allontanarsi sdegnato.
 




Più tardi, quando gli animi ormai si erano sbolliti, Thìalfi decise di incontrare nuovamente il suo Re. Conosceva molto bene Byleistr, e sapeva che un comportamento del genere, da parte sua, era un pessimo segno.
Lo aveva guardato ragionare lucidamente nelle situazioni più disperate, trattare con la feccia più bassa e gretta del loro mondo con il più invidiabile degli autocontrolli. Non lo aveva mai visto né piangere, né venir preso dal panico. E le poche volte in cui non riusciva a trattenere la sua furia, era per ragioni molto gravi.
Non era mai stato molto socievole, almeno da quando lo aveva conosciuto, ma un atteggiamento tanto scorbutico, ora che era Re, era inammissibile, e Byleistr lo sapeva perfettamente.
 
Uno dei pregi innegabili di Thìalfi, che lo avevano portato alla sua posizione salvandolo, probabilmente, dal destino sempre prefisso ai nani negli ultimi secoli, era la capacità organizzativa. Quando seguiva Byleistr nelle sue imprese, con i suoi uomini, o quando si dovevano costruire nuovi nascondigli per i ribelli, era un ottimo logista, e nell’ultimo anno una buona percentuale della celere costruzione di Nuova Utgarda si doveva a lui. Non era un leader, fedele com’era al suo monarca, ma anche quando era un fanciullo più imbranato di un cucciolo, aveva sempre avuto un buon cervello per certe cose. Soprattutto era molto diverso da Byleistr che, in particolare quando erano più giovani, a volte correva un po’ troppi rischi, senza curarsi della propria incolumità. E poteva comprendere le sue ragioni, sì, ma rimaneva comunque l’unico erede al trono, l’unica speranza per Jotunheim.
Quante volte il suo Re lo aveva definito un coniglio per questo? Tante, però ciò non toglieva il loro legame di.. sì, era abbastanza sicuro di poterla definire amicizia, quasi, per quanto il Gigante fosse restio ad aprirsi con gli altri. E comunque erano poche le persone che lo contraddicevano apertamente nelle sue decisioni. Lui era una di quelle.
 
Per la seconda volta, quel giorno, arrivò davanti alla porta del suo sovrano, guardandosi intorno. Nel corridoio non c’era nessuno. Byleistr considerava inutile e irritante avere delle guardie fuori dalla sua porta.
- Byleistr..? -, provò, bussando.
Sentì un vago mormorio di assenso, che decise di interpretare come un permesso di entrata.
Trovò il suo re sdraiato sul suo letto, con le mani dietro la schiena, che fissava il soffitto spoglio con aria assente.
Non si stava riposando. Byleistr Laufeyson non si riposava mai, neanche quando dormiva, anzi, soprattutto in quel momento, quando emergevano vecchi ricordi di cui non gli parlava mai. Sicuramente stava riflettendo su quello che era accaduto, o stava cercando un modo per calmarsi che non implicasse distruggere il mobilio, tipo la sedia che giaceva a pezzi in un angolo. Notò che aveva i pantaloni strappati, lì dove, sapeva, si nascondeva una cicatrice orrenda, di una bruciatura, ragion per cui il Gigante portava sempre i pantaloni lunghi; non per mere ragioni estetiche ma perché detestava che lo sguardo cadesse sempre lì, quasi in mezzo alle gambe.
 
- Ti hanno ferito? -.
- Non sarei qui, se così fosse -, rispose lui, e, senza dargli tempo di replicare, alzò il busto, mettendosi a sedere. – Cosa volevi dirmi, Thìalfi? -.
- Dovevo parlarti della questione del.. -.
- No, non dirlo, fammi indovinare: la questione dell’erede -, affermò il Re, sarcastico, e siccome il suo consigliere aveva taciuto, confermandoglielo, sospirò, tenendosi la base del naso tra due dita.
 
Il nano non disse niente per un po’, sapendo quanto quell’argomento lo rendesse irritabile.
 
- Byleistr, non voglio farti altre prediche su quello che è successo oggi, o sul fatto che Jotunheim ha bisogno di un erede, soprattutto considerando che finché non abbiamo il Cuore il tuo regno non potrà mai dirsi stabile. Ma la gente parla! Stanno circolando voci pessime sul tuo conto, e anche sul mio, a dirla tutta! -.
- Non sarebbe la prima volta che una minoranza straparla -.
- Lo so, ma perché alimentare il fuoco? -.
- Perché non voglio farmi ingravidare in un momento così critico! Un attentato come quello di oggi potrebbe ripetersi, e devo essere nelle condizioni di combattere e.. -.
- Anche quando il capo delle ribellioni è morto? -.
- Thìalfi, non credere di potermi parlare in questo modo. Oggi in particolare non sono dell’umore adatto a tollerare certe insolenze -.
 
Il nano sospirò, coprendosi gli occhi con una mano. Il pessimo carattere doveva essere una cosa di famiglia, nella stirpe di Ymir. Come avevano fatto i suoi antenati, discendenti del guerriero nano Modgudr, a essere così fedeli a certi soggetti in tutti quegli anni, proprio non lo sapeva. Sarà stata una straordinaria pazienza, ma molti dei suoi ascendenti erano stati i compagni d’arme o i consiglieri più fedeli dei Re di Jotunheim.
- Almeno hai pensato a qualcuno? -.
- Un paio di Giganti ci sarebbero, ma effettivamente nessuno di abbastanza.. beh, hai capito -.
 
Perché comunque alcuni pettegolezzi erano abbastanza veritieri: Byleistr non aveva intenzione di concedersi a qualcuno indegno della sua stirpe. Come quasi tutti i Giganti con Antenati molto importanti, ci teneva particolarmente a non gettare vergogna alla sua famiglia. Perciò decidere con molta cura il compagno con cui avrebbe dato una continuità al suo sangue era estremamente importante. Inoltre era molto pretenzioso. Non si sarebbe mai messo con un completo idiota, o con uno Jotun troppo arrogante, e nemmeno con una persona incapace di (quanto meno) tenergli testa in un combattimento. Il che rendeva tutto assai più complicato, tanto che il nano dai capelli chiari si chiedeva se non lo facesse apposta.
- Forse dovremmo organizzare un torneo, o qualcosa del genere -.
- Non sono un trofeo -.
- Non sarebbe niente di ufficiale. Però tu potresti osservare i vari guerrieri e prenderne in considerazione qualcuno -.
- Non mi convince -.
- E allora che dovremmo fare, Byleistr? Aspettare che la vecchiaia ti rendi sterile, o che ci pensi Loki al posto tuo? Perché più aspetti, più i tuoi nemici fremono, Byleistr! Sarebbe tuo dovere.. -.
- Non parlarmi di doveri, Thìalfi! Conosco perfettamente i miei, non ho bisogno di qualcuno che me li rammenti. E adesso sparisci, e pensa ai tuoi, piuttosto. Avevo detto di non volere essere disturbato per nessuna ragione al mondo, o forse stai avendo problemi di memoria? -.
Il consigliere capì di avere usato le parole sbagliate. Con Byleistr si doveva avanzare con i piedi di piombo, e lui non lo aveva fatto. Decise di obbedire. Quella non era proprio giornata.
 
 
 
 


Quando il consigliere chiuse la porta, Byleistr tornò a sdraiarsi, maledicendo lui e tutti i nani esistenti e insistenti dell’universo.
Come se non lo sapesse che doveva partorire un.. un neo.. neonat.. oh, dannazione, non riusciva nemmeno a mettere tre parole come quelle nella stessa frase. Lui, uno dei più abili e spietati guerrieri del Regno.
 
Ma proprio non riusciva a prendere la cosa in modo più sereno. Quante volte suo fratello aveva provato ad avere dei figli, senza riuscirci? E poi, alla fine, era stato lui stesso a non dargli l’occasione di vivere quella felicità tanto agognata? Non sarebbe stato giusto. Lui non poteva avere dei figli. Semplicemente non poteva. Non riusciva nemmeno a immaginarsi con un bambino in braccio, figurarsi a crescerlo, dargli un’educazione, dei valori in cui credere. Quale razza di esempio sarebbe stato, lui che aveva un’anima tutt’altro che innocente?
Lui che aveva avuto solo Laufey, che certo non poteva dirsi un buon padre. E no, non sarebbe mai stato come Farbauti, di questo ne era sicuro. Non dopo il crimine di cui si era macchiato.
 
Non riusciva nemmeno a guardarli in faccia, i bambini!
 
Perdere la verginità non lo spaventava (almeno quando non implicava il resto), e nemmeno la possibilità di soffrire durante un parto ipotetico.
Ma pensare di doversi prendere cura di una cosa così.. piccola, innocente e piena di vita, lo terrorizzava. Oh, se lo terrorizzava. Solo a considerare l’idea, gli sembrava di avere le mani bagnate di sangue innocente, come spesso capitava nei suoi incubi peggiori.
Poteva prendersi la responsabilità di un intero Regno, di un intero popolo, ma quella di un bambino no. Non era pronto. Non sarebbe mai stato pronto.
 
Quando era ragazzo non ci pensava neppure. Con la vita che faceva, sarebbe stata un’assurdità. Sempre in giro per Jotunheim a cercare alleanze, combattere contro i suoi nemici o altro, non aveva mai pensato molto a quella eventualità, sebbene sapesse perfettamente che un giorno avrebbe dovuto procreare per forza. Era stato praticamente ovunque, e conosceva il suo pianeta meglio di quanto conoscesse se stesso, il che era tutto dire.
 
Voltandosi, il suo sguardo cadde sul planisfero che teneva appeso sopra il letto, percorrendo ogni regione con l’occhio. Ogni luogo, ogni provincia, gli rammentava qualcosa di più o meno importante. Decidendo che forse era meglio pensare ad altro, ripercorse ogni ricordo e ogni territorio nei particolari.
 
Le Catene di Mimìr, con quella loro forma simile ad una falce di luna. Con Mimìsbrunnr, la vetta più alta, dove c’era la Fonte, e poi la seconda, Mimaméidr, detta l’Albero; Sokkmimìr, dove si seppellivano i morti, Hringmimìr, la Montagna dell’Anello, un tempo ospitante i fabbri più illustri, Hoddmimìr, il monte delle miniere, e infine Mimingus, la più bassa.
 
Conosceva particolarmente bene quelle montagne. Non a caso, il suo secondo titolo era Scalatore delle Catene, dato che per tradizione quella regione era chiamata al plurale. Erano la zona più fredda di Jotunheim, così gelida e ardua che persino gli Jotun rischiavano la morte per ipotermia. Per settimane, si era ritrovato a dover percorrere quella zona, braccato com’era da suo padre. All’epoca, non era ancora popolare e amato tra la sua gente, tutt’altro, visto il suo crimine. Si era ritrovato tra due fronti: da un lato la regione di Utghartia, dove non aspettavano altro che uscisse allo scoperto per fargli fare una brutta fine. Dall’altro il Campo di Pietre, Grijòtuna, il territorio più a nord, nonché il più sterile, dove venivano esiliati i criminali più infidi e non c’era possibilità di ritorno. In mezzo, le montagne.
Era stata una delle sue scelte più azzardate.
 
Aveva sentito sulla sua pelle il vero significato del freddo, del gelo. Mai, prima di allora, aveva compreso davvero quale fosse il significato letterale della parola tremare, mai aveva bramato tanto un po’ di calore, mai era stato tanto pericoloso per lui addormentarsi.
La nomea di Scalatore era una delle più prestigiose proprio per questo. Era quasi morto, lassù. E molti, prima di lui, non avevano avuto quella fortuna.
Guardò le sue gambe, passando il palmo della mano nello strappo dei pantaloni, sopra una cicatrice che si estendeva per tutto l’interno coscia.
La sua vita, sotto certi aspetti, aveva alcune contraddizioni. Proprio lui, un Gigante di Ghiaccio, doveva la vita a un’ustione. Piuttosto ironico, effettivamente.

 







Giuro che vi parlerò del viaggio in montagna di Byleistr, nel prossimo capitolo. Così capirete come ci si può bruciare nel luogo più gelido dei Nove Regni XD è una cavolata abnorme, ma ha il suo fascino. Perché la flora Jotnar è tutta particolare ;D e ne parlerò, la prossima volta!
Dunque, il grande sovrano di Jotunheim è affetto da qualcosa di simile alla pedofobia. Assurdo, no? Piano piano, lo sto spogliando della sua scorza di guerriero, mostrando i punti più intimi e fragili di codesto Jotun. Forse l'OC pieno di segreti e rimorsi è un modello un po' usato, ma vi spiego un po' meglio la faccenda di tale Laufeyson, almeno come la vedo io:

Byleistr è un guerriero, un sovrano. Per quante debolezze e tormenti può avere (e, a ben vedere, ne ha solo uno), non distoglie lo sguardo dal suo obiettivo. Può avere qualche tentennamento, e, ogni tanto, pescare alcuni dei suoi ricordi che lo hanno condizionato di più, ma guarda avanti. Io in questi capitoli mi sono molto soffermata sui suoi fantasmi, senza andare nei particolari, perché rimane comunque uno dei personaggi principali, ma lui non è solito avere rimpianti, di nessun genere, esclusa, forse, questa eccezione. Perché lui agisce sempre secondo ragione. Oserei definirlo una vetta impervia, oltre che persona particolarmente schiva.

Anche se dal canto suo non lo biasimo se non vuole dei pargoli, almeno per il momento xD se mai ci sarà un sequel, dovrò ricordarmi di appuntarmela, questa cosa.

Comuunque.. mi piacerebbe farvi vedere come mi sono immaginata Jotunheim, geograficamente parlando. Avevo disegnato un abbozzo, mi sono informata su tutte le terre citate nella mitologia xD come quello di cui ho parlato in questo capitolo. Anche se, riguardo ai nomi delle montagne, in realtà, originariamente, erano veri e propri nomi di Giganti xD ma come avevo già detto in precedenza, più che un copia e incolla la mia è una rielaborazione. La mia regione preferita è la Jarnvidr *.* che io immagino immensa, un po' come i boschi canadesi. Solo che al momento non dispongo di scanner, e comunque fa un po' schifo xD Ma vabbeh, ho parlato abbastanza per oggi. Spero che recensirete in tanti! Alla prossima!
Madama Pigna


 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Di flora esplosiva e buone notizie ***


I Giardini Fulgidi erano un luogo splendido. Le piante di quel mondo erano molto caratteristiche, e particolarmente resistenti a quel clima. Era davvero rilassante camminare per quei vialetti, durante il giorno. Anche se stava ricominciando a sentire freddo. Decisamente, quel cappotto di pelliccia non bastava.
Byleistr forse notò che stava tremando. Lui, però, anche nella forma Asir, non sembrava soffrire.
- Non userò il Cuore di Jotunheim per attaccare Midgard, Regina Frigga, né per combattere altri mondi, su questo hai la mia parola. Non è stato creato come strumento di guerra, e non intendo ripetere le azioni di mio padre Laufey. Non c’è ragione di avere paura -, disse duro. Frigga ne rimase sorpresa.
- Oh, no, non è questo.. E’ che.. Ho un po’ di freddo -.
Lo Jotun la fissò un secondo. – Se è solo questo, credo di sapere cosa ti serve -.
Attraversarono il giardino, fino ad arrivare nel suo centro esatto. Più si avvicinavano, più Frigga poteva avvertire un po’ più di calore. Non sentiva caldo, ma nemmeno più freddo.
Vide, nel centro della zona, una bizzarra cupola, nera come l’inchiostro e piena di peli fittissimi.
Non era il genere di colore che qualcuno avrebbe messo in un giardino.
Attorno a quella cupoletta, alta all’incirca un metro e mezzo, e larga tre, ne stavano altre, più piccole, come delle figlie, mentre, distanti da loro, in piccoli vasi, crescevano altre piantine di diverso tipo, forse appena nate, che aveva già visto nei Giardini.

All’improvviso, le venne un sospetto.
- Ma questa cosa emana... calore?! -.
- Esatto -, rispose Byleistr, che si teneva a debita distanza. – Noi le chiamiamo Pustole Ardenti -.
- Non mi sembrano così calde -.
- Non lo sono per un Asir. Crescono spontaneamente solo sulle cime delle Catene di Mimir, le montagne più impervie del nostro mondo, nonché la zona più fredda. Spesso le altre piante, lassù, crescono solo intorno ad una di queste. Ma mai troppo vicino, e non solo per il calore; quando il loro ciclo vitale finisce, esplodono, e il loro liquido caldo schizza tutt’intorno. È una pianta che non teme predatori-.
- Credevo che nemmeno gli Jotun osassero valicare quelle montagne… -.
- La maggior parte, sì -.
- Chi ha dato il nome alle Pustole Ardenti? -.
Byleistr fece spallucce. - Un vecchio esaltato che ho incontrato anni fa -.
 
 
 
 
Non devo.. dormire. Si ripeteva il giovane Jotun, sfregandosi inutilmente le braccia in cerca di un po’ di calore. Non devo.. dormire. Non devo.. dormire. Se lo faccio, sono morto, o peggio, ibernato.
Nemmeno gli Jotun erano del tutto immuni al freddo, non a quello delle Catene, in ogni caso. Byleistr ormai vagava da giorni, senza sapere se sarebbe sopravvissuto o meno.
Se non aveva perso del tutto l’orientamento, doveva essere arrivato alle basi di Mimìsbrunnr. Ciò significava che se fosse sceso nelle pianure sud, sarebbe stato ancora nella regione di Utgathia, dove quasi sicuramente i soldati di suo padre lo aspettavano. Doveva andare lontano da quella regione, verso est, dove c’erano prima la Jarnvidr, e poi Prymheim, dove era diretto. Sempre sperando che certe voci non si fossero diffuse anche lì.
Ma intanto doveva attraversare le montagne. La priorità era quella.
Guardò il paesaggio tutto neve, ghiaccio e montagne. Non si sentiva più le mani e i piedi, e camminava a stento, mentre il gelido vento di Ràn, proveniente dal mare Ranheim, lo frustava senza pietà, a volte facendolo incespicare. Era esausto, dopo giorni di cammino, ma non poteva e non doveva cedere.
 
Devo trovare un riparo, pensò, ma era più facile a dirsi che a farsi. Quelle montagne avevano una forma conica tale che, persino nel versante sud, dove in teoria c’era meno vento, tutto era percosso dalle correnti.
E lui stava morendo di freddo. Se solo avesse avuto una pelliccia, o un mantello..
Si morse il labbro con insistenza, sperando che il dolore lo risvegliasse un pochino. Non poteva permettersi di cedere alla stanchezza! L’ibernazione, anche quando non fosse morto, lo avrebbe addormentato per secoli, e, in tutta quella gelida desolazione, anche per l’eternità, probabilmente. E lui non avrebbe lasciato che nel frattempo Laufey annientasse Jotunheim con la sua crudeltà.

Ma sapeva perfettamente che la sola determinazione, in quel frangente, non bastava. Aveva bisogno di sostenitori, alleati, chiunque potesse rendere realizzabile il suo progetto di rinascita.

E prima, in ogni caso, doveva sopravvivere alle Catene, cosa non facile.
La storia diceva che prima di diventare Re, Mimìr affidò il Regno a Bergelmir, poco tempo dopo la Grande Inondazione, e intraprese un viaggio interiore tra quelle montagne, durato alcuni anni. Ritornato a Utgarda, dopo molti secoli di monarchia abdicò, tornando tra quelle montagne per non uscirne mai più. Secondo la leggenda, era diventato un tramite tra vivi e morti, e Byleistr, scettico com’era, stentava a crederci. Dopo Mimìr, nessuno era arrivato a camminare sulla sommità più alta di Mimìsbrunnr e ne era tornato vivo. Perciò stava ben attento a non andare troppo in alto, per quanto a volte fosse costretto dalla conformazione del territorio.
Doveva vincere contro la montagna. Per quanto fosse quasi impossibile, doveva vincere.
 
 
Improvvisamente gli sembrò di percepire del calore, e stentò a crederci. Credendo di avere le allucinazioni, si guardò intorno, cercando una conferma delle sue sensazioni.
Dietro un enorme macigno, probabilmente franato, e quindi un po’ al riparo dal vento, vide una strana cosa nera, alta quasi quanto il suo gomito, che sembrava ricoperta di peli. Attorno a lei, il calore che provocava permetteva ad alcune piante di vivere e riprodursi. Byleistr non ci pensò due volte a rifugiarsi lì vicino, pur se il calore era sempre un po’ smorzato dalla morsa del freddo, in grado di  stringere anche lui.
La stanchezza e la fame, nelle ultime ore, si erano fatte sentire troppo, e aveva davvero bisogno di riposarsi.
 
Quando il vento si sarebbe placato un po’, e magari la stella Aurvandill avrebbe fatto più luce con la luna Earendel, si sarebbe alzato, ma fino a quel momento..
 
D’improvviso interruppe i suoi pensieri. Nonostante i continui ululi dell’aria, gli era sembrato di sentire un rumore.. strano. Come un brontolio di stomaco. Ma non era il suo, lo avrebbe capito da solo altrimenti!
Con la coda dell’occhio, gli parve di vedere quello strano masso di peli neri muoversi. Come sgonfiarsi e dilatarsi di nuovo. Sentì di nuovo quel rumore vagamente inquietante.
Istintivamente si portò indietro. Non era stupido, diamine, se non conosceva una cosa non doveva avvicinarsi per forza. Non si allontanò, però. Quella strana.. pianta?, gli impediva di morire di freddo, e tanto bastava.
Anche se in effetti gli era sembrato di avere sentito parlare di simili.. cose. Forse da Helblindi, prima che se ne andasse.. Le.. come si chiamavano.. Le aveva scoperte Mimìr, in effetti..

Le.. le Pustole Ardenti, sì! Si chiamavano così. E si chiamavano così perché..

Ricordandosi la loro caratteristica più pericolosa, il Principe scattò, correndo subito al riparo dall’altro lato del masso, e appena in tempo. La Pustola esplose, spargendo il suo liquido caldissimo specialmente verso l’alto. Sfortunatamente, uno di quei flussi fu in grado di superare l’ostacolo, cadendo proprio sulla coscia destra di Byleistr che, data la sua natura Jotun e l’infreddolimento, urlò di dolore, creando un eco che si sarebbe sentito persino a Ranheim.
 
 
 
Ancora poche ore di cammino, e sarebbe stato all’altezza della Jarnvidr, dove avrebbe potuto scendere di quota. Doveva solo.. camminare, e avere pazienza.
La sua paura, più che altro, era la possibilità che s’infettasse la ferita, o che non guarisse abbastanza in fretta. Per evitare che le sue condizioni peggiorassero con lo sfregamento tra gamba e gamba, aveva ridotto la sua casacca in tante strisce, improvvisando una fasciatura. Tanto quel tessuto era talmente leggero da fare ben poca differenza.
Di buono invece c’era che l’ustione lo aveva svegliato, e forse anche troppo. Non aveva pensato neanche un attimo di poter dormire, con quelle fitte di dolore all’interno coscia. E la marcia non contribuiva a farlo sentire meglio.
 
Fu solo per buon senso che entrò in una grotta, quando il brutto tempo stava incidendo troppo sul cammino. Era meglio non arrivare a destinazione troppo esausto, quindi doveva riposare le membra almeno un po’ prima di continuare.
 
Si accucciò in un angolo, cercando di non disperdere il calore corporeo. Non vedeva l’ora di uscire da quella regione.
Credeva di avere già abbastanza freddo di suo, quando udì una roca voce piena di sarcasmo.
- Benvenuto, Byleistr figlio di Laufey. Sterminatore di Scarti e Scalatore delle Catene. Avvicinati giovane Gigante, avvicinati.. -.
Fu allora che percepì l’alone di morte che si respirava nella Grotta della Fonte.
 
 
 
 


Alla fine, Loki scoprì che il Capitano delle Guardie Reali non era poi così male.
Thrym, questo era il suo nome, era stato uno dei primi Giganti a essere fedele a Byleistr. Durante gli anni in cui l'attuale Re organizzava sommosse contro il padre, alcuni dicevano che il guerriero avesse salvato la vita al Principe in più occasioni. Questo, almeno, finché lui non lo congedò per un certo periodo, a causa della sua gravidanza.
Il figlio dello Jotun, un nano di nome Munnrida, gli aveva fatto compagnia negli ultimi giorni, facendogli da guida entusiasta. Un mortale non gli avrebbe dato più di sei o sette anni, nonostante avesse qualche secolo in più.
Per un bambino della sua età, comunque, era particolarmente sveglio, sempre ad armeggiare con qualunque genere di oggetto si ritrovava tra le mani, tanto che il finto Asgardiano si chiedeva se per caso non avesse sangue di nano (di un altro genere, ovviamente). E anche con una propensione a combinare disastri a dir poco preoccupante (come quella volta in cui per errore diede fuoco ai vestiti di Loki, ma questa è un’altra storia).
 
Non pensava che un bimbo Jotun potesse comportarsi in modo così spensierato, con tutti i problemi che aveva Jotunheim, soprattutto prima di Byleistr.
Ne aveva parlato anche con suo padre, che li seguiva sempre con occhio vigile. Lui aveva semplicemente scrollato le spalle. – Mio figlio è fatto così. E anzi, ne sono felice. Quando avevo io la sua età non c’erano grandi motivi per essere alleg.. MUNNRIDA THRYMSON! SCENDI IMMEDIATAMENTE DA QUEL CARRETTO PRIMA CHE TI RINCHIUDA NEI SOTTERRANEI DELLA REGGIA!! -.
 
 
Era passato un mese e mezzo dall’attento fallito; due mesi, quindi, da quando era a Jotunheim.
I tre Giganti stavano camminando tra le vie dei Giardini Fulgidi, un complesso giardino botanico che poteva vantare di avere moltissime specie floreali, provenienti un po’ da tutta Jotunheim.
A Loki quel luogo piaceva moltissimo, e non solo per la sua tranquillità. Le piante di quel mondo erano molto diverse rispetto a quelle di Asgard, o di Midgard. Alcune producevano calore. Altre invece avevano scorze con gradazioni fosforescenti, e si autoalimentavano grazie a quella poca luce che assorbivano le foglie. Certi esemplari avevano radici tali da poter scavare nella roccia in una quantità di tempo inferiore a quelli a lui conosciute. Molte si propagavano in lunghezza invece che in altezza, e i soli alberi esistenti erano simili ai pini e agli abeti, spesso con una corteccia di legno spessa e durissima. Crescevano nella Jarnvidr (chiamata Foresta di Ferro proprio per la resistenza della vegetazione), la vasta regione che, insieme a Utgarthia, si trovava nella fascia centrale del pianeta, ed era quindi più calda rispetto agli altri territori.
 
Munnrida si divertiva un mondo, lì. Elencava a Loki tutti i nomi delle piante, le loro peculiarità, come coltivarle, qualche volta anche una curiosità storica o due. Lo Jotun non si capacitava del fatto che alla sua età sapesse già tante cose. Pure lui era così, da bambino, ma tendeva a tenersi le informazioni per sé, senza andarle a raccontare, anche perché lo avrebbero preso in giro. E poi non era certo così socievole, e neppure tanto vivace. Capiva perché suo padre si disperava, a volte. Quel piccoletto aveva l’argento vivo in corpo.
 
Quel giorno, però, non era particolarmente propenso a passeggiare per Nuova Utgarda. Anche se nelle ultime settimane era riuscito a quietare i suoi soliti incubi, quella mattina aveva come la sensazione di essersi svegliato male. Non era per Thanos, ma per le domande che ancora non avevano risposta. Lui e Byleistr non si erano parlati per una decina di giorni, dal pomeriggio in cui Skrimìr era morto. Poi avevano raggiunto un rapporto più o meno civile, negli ultimi tempi, ma sempre piuttosto freddo. Si era comportato da stupido, e se ne rammaricava, ma non era una persona molto brava con le persone, come del resto non lo era neppure Byleistr. Come rimediare, quindi?
 
Ci stava rimuginando su, quando all’improvviso arrivò un soldato verso di loro, correndo trafelato.
- Principe Loki! -, esalò, inchinandosi, - E’ arrivato un messaggio da Asgard -.
Il nano perse un battito. Perché in tutto quel tempo non ci aveva pensato praticamente mai?
- Cosa dice? -.
- Il Padre degli Dei si è risvegliato. Tra tre giorni, una delegazione di Asir verrà qui con il Cuore di Jotunheim -.







Salute gente! Come va?
Ho avuto una certa difficoltà a concludere il capitolo, ma alla fine ce l'ho fatta!
Innanzitutto, un ringraziamento a Fedeverdeen99, che ha recensito lo scorso capitolo. Così passiamo subito alla trama *_* (non sentirti sminuita, Fed, lo faccio per non divagare troppo).

Dunque, non chiedetemi da dove viene l'idea delle piante, nossignore, perché non lo so. Volevo mettere qualcosa di semplicemente comico/assurdo tra le esperienze del Re XD anche se lui di certo non ride, quando ci ripensa! Anzi, a ben vedere, lui non ride mai xP

Piuttosto.. Arrivano i nostri Asgardiani preferiti! FINALMENTE, direte voi! E non vi biasimo. Dopo il prossimo capitolo arriverà la parte un po' più attiva della storia, quella che marcisce nel mio computer da mesi in attesa di essere pubblicata. Dove sarà presentato un personaggio nuovo, che quasi sicuramente morite dalla voglia di conoscere, essendo stato citato molte volte in questi ultimi capitoli! Yuppi yhaei!
Spero di avervi incuriosito e che vi sia piaciuto anche questo capitolo. 

Una piccola recensioncina, anche per critiche, piccole note e/o consigli, sarà molto gradita :D
Alla prossima!

Madama Pigna

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Zizzania all'orizzonte ***





Loki camminava avanti e indietro per la sua stanza, nervoso.
Non sapeva cosa fare.
Insomma, era molto felice, questo sì. La notizia si era sparsa velocemente in tutta Nuova Utgarda, e, dopo poco, anche fuori dalla regione. Erano tre giorni che gli Jotun festeggiavano per le strade, e persino Byleistr si era concesso un lievissimo sorriso, una volta tanto. Praticamente tutti i Giganti lo ringraziavano, lo lodavano, gli davano del ‘voi’ e in generale lo trattavano come mai era stato trattato ad Asgard.
Era già rispettato per la questione di Laufey, ma adesso lo amavano come se avesse sempre fatto parte di quel mondo. E si parlava di Giganti, non certo di Midgardiani in vena di idolatrare creature semplicemente più longeve di loro... Inoltre la maggior parte degli Jotun non era particolarmente propensa a leccar piedi.
La maggior parte.
 
Questo, però, gli rendeva più complicate certe cose. Se lo Scrigno ritornava nel suo Regno di origine, lui, in teoria, sarebbe potuto ritornare ad Asgard. Ma se non avesse voluto?
Insomma, esclusa la sua famiglia, cosa lo portava ad andare là?
C’era Thor, sì. Ma con lui le cose erano rimaste.. beh, torbide.
Prima di andarsene da Midgard avevano fatto sesso, sì, ma ciò non aiutava Loki a rendersi più sicuro. Magari il Tonante voleva solo ‘consolare’ il povero fratellino rapito e con la mente resa schiava, senza altre intenzioni all’infuori di quella. O magari aveva solo qualche voglia e, poiché non erano fratelli di sangue, non aveva dato molta importanza al fatto che si stesse portando a letto proprio lui.
Non ne avevano parlato, né durante l’amplesso, né poi. Non c’era stato il tempo.
E il giovane Principe aveva paura di sapere quali erano realmente i sentimenti che il Tonante provava per lui.
Decise di andare a fare una passeggiata. Non sapeva quando gli Asgardiani sarebbero arrivati, quel giorno, ma non aveva voglia di accoglierli con così tanta prontezza, quasi come se non vedesse l’ora di andarsene. Magari i sentieri dei Giardini Fulgidi gli avrebbero schiarito le idee, chissà.
Prese il suo mantello di tessuto verde, da sempre il suo colore preferito, e uscì, sperando di riuscire a eludere la sorveglianza di Thrym pur senza la magia. Aveva bisogno di stare da solo.
 
 
 
 
 
Arrivati a Nuova Utgarda, i quattro guerrieri si guardarono intorno, chi stupefatto, chi spaventato dallo sviluppo tanto celere della città Jotun. Camminando per le strade, potevano vedere gli altissimi edifici brillare, anche se non capivano di che materiale fosse fatto. Non si poteva certo dire che i Giganti non si fossero dati da fare. La loro guida, un certo nano di nome Thìalfi, stava parlando loro delle complesse tecniche usate per la costruzione della città, dei materiali usati, e di altri argomenti di cui loro non capivano assolutamente nulla, lasciandolo parlare a sproposito. Forse l’unica che lo ascoltava era la Regina Frigga, che aveva insistito per andare di persona su Jotunheim.
 
I Tre Guerrieri e Lady Sif si chiedevano, invece, se anche militarmente erano così sviluppati. Anche Thor si poneva delle simili domande, sebbene la sua priorità, in quel momento, non fosse quella. Seguiva la madre stringendo un involto (dove era nascosto lo Scrigno) con forza, guardandosi intorno come a cercare una persona. Loki.
C’erano molti Giganti in giro per la città, ma nessuno somigliava a lui. Quando finalmente arrivarono al palazzo reale, per Thor fu un sollievo, ma non per molto.
Loki non era nella reggia, ma a passeggio!
La Regina Frigga si offrì di cercarlo, in modo tale da potergli parlare in privato prima di tutti, e, dopo i convenevoli con Byleistr, abbandonò il gruppo.
 
 
 
 
 
- Sono contenta di vederti sereno -, disse la Regina degli dei, sorridendo al suo indirizzo. – Erano anni che non ti vedevo sorridere così -, continuò, accarezzandogli la guancia. – Mi dispiace per quello che ho detto durante il Consiglio. So di averti ferito, ma non potevo fare altro, capisci? -.
- Non importa, Madre. Comprendo le ragioni del tuo gesto, e non ti dò colpe -, rispose il principe. E diceva la verità. All’inizio era ancora arrabbiato con lei per averlo ferito in quel modo, ma, in seguito, riflettendoci sopra, aveva compreso. E poi, non era certo facile arrabbiarsi con Madre, figuriamoci per tanto tempo!
- Oh, tesoro -, Frigga abbracciò Loki, incurante della pelle blu.
 - Sapevo che stare qui un po’ di tempo ti avrebbe fatto bene. Ora raccontami tutto -.
Prese il figlio sottobraccio, cominciando a camminare per le grandi vie di Nuova Utgarda, non solo nei Giardini Fulgidi, dove le bizzarre piante di Jotunheim si mostravano in tutta la loro sfolgorante bellezza.
- Allora, com’è stare qui? -, chiese la regina.
- All’inizio è stato assurdo. Mi guardavo sempre le spalle immaginando di essere sgozzato da un momento all’altro. Non avrei mai immaginato che gli Jotun avessero una società ai livelli di Asgard, o che fossero capaci di costruire tutto questo -, indicò l’ambiente intorno a loro con un dito - Solo in un anno. Mi sento finalmente parte di qualcosa. Si, una volta mi sentivo un Asir, ma ad Asgard gli altri non mi avevano mai trattato come mi trattano gli Jotun. Anche se sono un nano, gli altri Giganti mi rispettano, e non solo perché sono un principe. Riconoscono le mie qualità, le apprezzano. Ad Asaheim la maggior parte dei nobili vorrebbe vedermi morto solo per i propri interessi. Anche se il resto si salva, tutto sommato -, disse, quasi ridendo.
- E Byleistr? Freddo e calcolatore come si mostra? -.
- Ha molto a cuore il suo regno, però sì -.
- Un po’ come te -.
- Vero. Detto così, sembra che lo siano tutti gli Jotun. Ma qualcuno sa essere addirittura socievole, ti dirò. Hanno spazzato via ogni convinzione errata che avevo... -.
- Bene. Spero che facciano lo stesso con quella testa dura di Thor! -.
Loki la guardò stupito.
- Thor è qui? -.
- Certo. Ed è strano che io ancora non abbia sentito qualche tuono -.
- In effetti.. Forse è meglio tornare indietro. Ma aspetta, non lo avrai mica lasciato solo?! -, chiese, piuttosto allarmato.
- No, certo che no. Ci sono i Tre Guerrieri e Lady Sif con lui -.
- E tu sei sicura che cambierà qualcosa? -.
I due si guardarono.
- Alla reggia. Subito -.
 
 
 
 
Loki ci aveva visto giusto: Thor stava attaccando briga con i Giganti, prima di essere stato bloccato da lui. Frigga era andata con Byleistr a porre lo Scrigno nella sala del trono. Gli sarebbe piaciuto andare con loro, ma purtroppo aveva un paio di cose da chiarire, con il Tonante, in privato. Ora o mai più.
- Quel.. quell’essere.. -, disse il più grande, riferendosi all’atteggiamento non proprio di benvenuto che il Re gli aveva dato, considerato il modo in cui aveva trattato i suoi sudditi.
- Bada a come parli, Thor. E’ di mio fratello che stai parlando! -.
- Tuo fratello? Ed io cosa sono allora? -.
- Thor, sai perfettamente che il nostro rapporto è tutto, fuorché fraterno! -.
- Byleistr ti ha portato qui con l’inganno! Come puoi fidarti di lui?! -.
- Se è per questo è stato solo il complice di Madre! E comunque, Byleistr non è ne un mostro, ne un ingannatore, ne un codardo. E non mi sta trattenendo con la forza. Sono io che voglio rimanere qui -.
- Ma perché? -.
- Perché voglio capire -, rispose Loki. – Voglio conoscere di più il mondo da dove vengo. E’ forse un male? -.
- Perché vuoi conoscere un popolo di mostri? -.
- Non è un popolo di mostri, Thor! E’ il mondo da cui provengo! Gli Jotun sono diversi da come ce li hanno sempre dipinti. Laufey era così, e forse pochi altri, ma non l’intera razza! -.
- E’ Byleistr che ti sta mettendo in testa queste idee? -.
- MA COSA STAI DICENDO, THOR?! GUARDATI INTORNO! JOTUNHEIM E’ RINATA! NON E’ MAI STATA COSì FLORIDA DAI TEMPI DELLA GRANDE GUERRA! -.
- Loki, io.. -, tentò di calmarlo Thor, impressionato dal cambio di umore improvviso.
- E TU OSI AFFERMARE QUESTE COSE SU BYLEISTR, CHE E’ STATO AUTORE DI TUTTO QUESTO?? SAPPI UNA COSA, THOR! NON IMPORTA CHE TU SIA FIGLIO DI ODINO, PRINCIPE DI ASGARD O POSSESSORE DI MJOLNIR! MIO FRATELLO VALE UN MILIONE DI VOLTE TE, E TU NON SARESTI MAI IN GRADO DI FARE QUELLO CHE HA FATTO LUI! NON DIMENTICARTELO MAI! -.
- ADESSO ESAGERI!! DA QUANDO PRENDI LE DIFESE DEGLI ALTRI?! -.
- QUESTO NON TI RIGUARDA! BYLEISTR COMUNQUE NON MERITA I TUOI INSULTI! TU NON SEI NESSUNO PER GIUDICARLO! SEI SOLO UN BAMBINO VIZIATO CHE NON CAPISCE NIENTE!! -.
- Ma.. -.
- VATTENE, THOR! QUI NON SEI IL BENVENUTO! -, continuò Loki. Non poteva pensare che Thor provasse davvero qualcosa per lui, se nonostante tutto quello che avevano passato serbava ancora tanto disprezzo per il suo mondo natale.
- Loki io… -.
- TI HO DETTO DI ANDARTENE! -.
- NON SENZA DI TE! -. Il Tonante afferrò lo Jotun per un polso, cercando di trascinarlo. Ma incontrò molta resistenza. – Lasciami Thor! Mi stai facendo male! -.
- Me ne andrò da Jotunheim solo con te al mio fianco! -.
- Non sono un oggetto di tua proprietà, Thor! Mollami! -, Loki non voleva (e comunque non poteva) usare la magia proprio contro il Dio del Tuono, ma non aveva neanche abbastanza forza bruta per respingerlo senza di essa. E la sua pelle, da blu, cominciava a diventare rosea, mentre il freddo di Jotunheim tornava a congelargli le ossa.
- Loki, torna da me! Il tuo posto è ad Asgard, non qui! -.
Il piccolo Gigante non ebbe il tempo di replicare. Il principe ereditario di Asgard lo tirò a sé, e lo baciò, possessivo, senza mollare la presa.
Loki spalancò gli occhi, sorpreso. Thor li aveva chiusi, e cercava di forzare le sue labbra con la lingua.
 
 
Ma fu violentemente respinto. Con la furia negli occhi, Loki riprese velocemente il suo aspetto Jotun. Il Tonante sentì improvvisamente la sua pelle più fredda, finché non sentì il palmo della mano e le labbra scottare. Mentre mollava la presa, Loki gli diede una forte spinta per allontanarlo, e, disgustato, gli diede un ceffone, lasciandogli intenzionalmente una brutta ustione da freddo, con la forma della propria mano. Aveva imparato a usare il ghiaccio e la propria pelle come arma, e le avrebbe usate, se fosse stato necessario.
- Mollami, ho detto! -.
Thor lo guardò stupefatto, toccandosi la ferita con cautela.
- Che cosa credi? Che io sia pronto a soddisfare ogni tuo singolo desiderio carnale, quando vuoi, e come vuoi?! -, chiese Loki, isterico. – IO NON SONO LA TUA PUTTANA, HAI CAPITO?! E NON LO SARO’ MAI! CON ME HAI CHIUSO, THOR! TORNA DA DOVE SEI VENUTO! NON TI VOGLIO PIU’ VEDERE! -.
Detto questo si voltò, camminando a grandi passi verso la reggia. Purtroppo, come immaginava, Thor cominciò a seguirlo, cercando di parlargli.
- Loki, mi dispiace, io.. non volevo.. -.
- Tu non capisci niente! Niente! -, esalò Loki, con voce rotta, preda dell’ennesimo cambio di umore. – Non hai mai capito come mi sentivo in tutti questi anni, e non lo capisci nemmeno ora! -.
- Che cosa sta succedendo qui? -.
Le loro urla si erano sentite da molto lontano, probabilmente. Il Re di Jotunheim e la Regina di Asaheim erano davanti a loro, seguiti subito dopo dai quattro guerrieri Asir. Byleistr era palesemente irritato, con le braccia incrociate; Frigga, invece, molto preoccupata.
- E’ una questione tra me e Loki, Re Byleistr. Non ti riguarda -, rispose Thor, scorbutico.
- Thor! -, lo riprese Frigga. Ma cosa diamine voleva fare?
Lo Jotun non batté ciglio. – Fino a prova contraria, figlio di Odino, sei nel mio Regno, e quello che stai cercando di portare via è mio fratello. La questione mi riguarda eccome. Anzi, dal momento che Loki è e resta un Principe di Jotunheim, e solo io in questa terra posso contraddire la sua volontà, sei pregato di andartene. Come ha già detto lui, non sei il benvenuto -.
- Che cosa?! -.
- Hai capito benissimo, principino di Asaheim. Non accetto ospiti che non portano rispetto né alla mia gente né alla famiglia reale -.
- Vorresti cacciare me e la Regina di Asgard, Byleistr Laufeyson?! -, disse Thor, scaldandosi.
- La Regina Frigga sarà sempre la benvenuta. Ma lo stesso discorso non vale per te -. 
- Thor, andiamocene. Questo spettacolino è durato anche troppo. Stai esagerando -, affermò Sif.
- Non esagero! Intendi cacciarmi con la forza, Byleistr?! Ti sfido a farlo! -.
- Non mi batto con ragazzini viziati facilitati da un martello magico, Thor Odinson -.
- CHE COSA?!? -.
- Thor, smettila. Perché se non ti caccia via Byleistr con la forza, lo faccio io -, ringhiò Frigga, estremamente arrabbiata per la figura che le stava facendo fare il figlio. Senza contare le conseguenze politiche che potevano avere le sue azioni, ovviamente.
- Madre, come puoi permettere che.. -.
- Se avessi un minimo di rispetto per Loki, Byleistr e me, non saremmo arrivati a questo punto -, continuò la sovrana di Asgard.
- Non è una questione di rispetto! Loki è tuo figlio! -.
- Non è nemmeno una questione di parentela! Se Loki desidera restare qui ancora per un po’, ne tu ne io possiamo permetterci di contraddirlo! -.
Thor ringhiò, rivolgendosi di nuovo a Loki.
- Hai idea di come abbia passato tutte queste settimane senza di te? All’inizio credevo di averti perso per sempre, poi ti ho aspettato ogni giorno, ogni ora, ogni minuto! Avevo paura che qualcosa ti avrebbe trattenuto! E avevo ragione! -.
- Non ruota tutto attorno a te, Thor! Ed io non sono ne un oggetto, ne uno schiavo! Non puoi dirmi quello che devo o non devo fare! -.
- Ma non vedi cosa ti sta succedendo? Stai cambiando! E.. ti stai allontanando da me! -.
- Non vedo perché questo sia un male! Sei avido, crudele, arrogante, egoista e stupido! Non ci perdo niente a stare lontano da te! Anzi, da quando me ne sono andato, sto molto meglio distante dalla tua persona! -, replicò, istintivamente e senza pensarci troppo.
- Non ti credo! -, affermò Thor, certo delle sue parole. Non poteva essere così. Era impossibile. Ma Loki, purtroppo e come al solito, male interpretò le parole del Tonante.
- Ah, certo. Perché io sono Loki, il Dio degli Inganni, il malvagio e inaffidabile Principe Oscuro di Asgard! Sono l’ergi, l’estraneo, il mago, il debole! Colui che mente sempre e comunque, vero?! -.
- No! Non intendevo questo, solo che.. -.
- Ti ho detto di andartene! E se avessi un minimo di rispetto nei miei confronti, lo faresti! -.
- Ma io.. -.
- Vattene, Thor -.
Il dio, alla fine, dovette capitolare.





Questo capitolo me gusta poco. E' la cosa peggiore che abbia mai pubblicato.
E' volutamente sintetico, un po' perché fare le cose per bene sarebbe stato troppo lungo e non voglio allungare ulteriormente questa noiosa parte, un po' perché mi mancava l'ispirazione. Insomma, oggi vi ho lasciato navigare nella vostra immaginazione. I prossimi capitoli saranno migliori, e più interessanti. Sono già scritti, almeno una parte, e comunque ormai la trama è decisa, non dovrei fare altri ritardi. 

In ogni caso.. Non è che per caso potreste commentare? Escluso questo capitolo, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, tutti voi, non solo quelli che recensiscono più o meno abitualmente. Non pretendo niente di particolare, anche una recensione di poche righe è ok. E ho bisogno di qualche critica. Senza critiche non so dove sbaglio e se non so dove sbaglio divento pazza!

Coomunque. A chi interessasse, ho appena pubblicato una fic nella sezione The Avengers, con una certa attenzione a Thor, Loki ed anche i tre figli Hela, Fenrir e Jormungandr. A chi interessasse, ecco il link :)

Alla prossima!
Madama Pigna!

P.s: al prossimo capitolo vedremo un certo Laufeyson all'azione! E non sto parlando di Byleistr e Loki xD

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** MAI discutere con gli orsi ***


- Non posso credere che Loki preferisca stare con Byleistr piuttosto che stare con me!! -.
- Figliolo, non puoi pretendere che Loki faccia quello che vuoi tu. Ed è un bene, anzi. Vuole conoscere il Regno in cui è nato, piuttosto che distruggerlo. Non metterti in mezzo. Hai fatto male a comportarti in quel modo, e ora ne paghi le conseguenze. Lascia passare un po’ di tempo, e poi torna a scusarti, senza costringerlo a scegliere. Dovresti chiedere perdono anche a Byleistr -, disse Odino, in modo molto severo.
 – Ha rispettato i patti e tu lo hai offeso davanti alla sua gente: non hai il diritto di chi ha ragione, perciò non lamentarti se sei stato praticamente cacciatoda Jotunheim -.
Era già tanto se non era stato esiliato di nuovo.
 
Thor sospirò, mettendosi una mano tra i capelli. Ora che la rabbia si era un po’ sbollita, riconosceva di essere nel torto. In parte.
- Non siete minimamente preoccupati per lui? Gigante di Ghiaccio o meno che sia, Byleistr non mi pare tanto meritoso di fiducia! E’..è.. troppo.. Oh, maledizione! -, affermò, continuando a camminare su e giù per le stanze private dei due genitori. – Come fate a sapere di potervi fidare? Cosa sapete di lui che io non so? -.
- A volte bisogna correre il rischio, Thor -, rispose Frigga, appoggiandogli una mano sulla spalla. – Ma non temere per Loki. Abbi fiducia in lui. Se anche corresse dei pericoli, non è più un bambino indifeso. Tornerà -.
Il principe tacque. – Quindi voi non disapprovate minimamente..? -.
Odino sospirò. Quando lo aveva saputo, era dovuto uscire dalla stanza per alcuni minuti, pur di non svenire o peggio, fare discorsi inutili sul legame fraterno e gli pseudo incesti in generale. Tanto era comunque troppo tardi. - Non posso dire che la notizia non mi abbia sorpreso. Tuttavia, se è questo il tuo desiderio, non ti ostacoleremo. Sempre che le tue intenzioni siano serie -, continuò, squadrandolo duramente.
- Certo che lo sono! Ma non ho idea di quello che Loki abbia intenzione di fare. Prima del processo aveva detto di amarmi, si è concesso.. -, mormorò. Il Padre e la Madre degli dei si accigliarono. Avevano già fatto quel passo? Thor non si curò dei due genitori. - ..E adesso.. Voglio dire, so che ho sbagliato, ma non riesco a capire.. Era come se avesse la luna storta. Un secondo prima era tranquillo e dopo, per una mia piccola affermazione, già si infiammava! -.
I due sovrani erano ancora più perplessi.
E dire che a me era sembrato radioso, quando ho parlato con lui.. pensò Frigga. Non sarà forse..?
Thor fu congedato, ma lei non smise di pensarci, parlando della sua teoria anche al consorte, che si grattò la barba, pensieroso. Non che per loro quell’ipotesi sarebbe stata un problema. Ma per Loki?
 
Thor decise di andare da Heimdall, come suo solito. Nel bel mezzo della strada, però, fu raggiunto dai suoi ex-amici, che cercavano, in qualche modo, di riallacciare i rapporti. Ma il Tonante era ancora arrabbiatissimo, e non aveva intenzione di concedere il suo perdono. Loro, però, non mollavano.
Cercarono di chiamarlo, ma lui non rispose, così si limitarono a seguirlo. Prima o poi avrebbe dovuto dar loro ascolto. Quando Thor raggiunse il Guardiano, non ci fu bisogno di richieste. Heimdall sapeva già cosa dire. – Loki sta bene, principe Thor. Non è molto felice delle tue azioni, ma fino ad ora nessuno Jotun gli ha fatto del male, escluso l’episodio di poche settimane fa. Lo trattano da loro pari, e non come ospite indesiderato -.
- Ne sei sicuro? -.
- In questo preciso momento sto guardando cosa accade su Jotunheim, e sì, ne sono sicuro -.
- Non hai nessun dubbio riguardo a Re Byleistr? Non hai mai visto niente di sospetto? -.
- Non sono la persona più adatta per rispondere a questa domanda. Ma tengo d’occhio Jotunheim da quando il figlio di Laufey è diventato Re. Fin’ora, non ha mostrato intenzioni bellicose -.
- Ma io ho bisogno di sapere con certezza che non farà del male a Loki, o ad Asaheim! Non c’è nessuno, in tutti i Nove Regni, che possa rispondere alle mie domande?! -, chiese il Tonante, disperato.
Alla domanda del principe, uno dei Tre Guerrieri, Volstagg, ebbe la pessima idea di parlare.
- Beh, Thor, se anche ci fosse, che so, un altro fratello a cui chiedere informazioni, non credo che ti risponderebbe.. -.

Calò il silenzio, mentre i compagni del Tonante guardavano il Voluminoso con rimprovero, e il Principe assumeva un’espressione vittoriosa sul volto. – Ma, in effetti, esiste un altro fratello. Byleistr lo aveva accennato.. O mi sto sbagliando, Heimdall? -.
Il Guardiano scosse la testa. – No, principe Thor. Ma devi sapere che Helblindi Laufeyson prova tutt’altro che amore per gli Asgardiani. Il suo titolo di Demone del Vàn se lo è guadagnato cavando l’occhio a Odino e divorando il braccio destro di Lord Tyr, oltre che con la mutilazione di un buon numero di soldati Asir -, disse, fissando il gruppo con i suoi intensi occhi d’oro, in particolar modo la sorellastra, Sif.
- Lo so, ma devo correre il rischio. Puoi mandarmi di nuovo a Jotunheim? Se qualcuno può dare risposta al mio quesito, quello è lui -.
- Potrei farlo, ma lo Jotun con cui vorresti parlare se ne è andato dal suo mondo molti secoli fa -.
- E’ morto? -.
- No, ha soltanto cominciato a viaggiare per i Nove Reami. Da qualche decennio, si trova su Midgard. In questo preciso momento, vive in un freddo luogo dell’America del Nord -.
- Allora portami subito lì -, affermò Thor.
Ma, ovviamente, Sif, Hogun, Volstagg e Frandal non lo avrebbero lasciato da solo contro un mago Jotun. E il fatto che non voleva avere più nulla a che fare con loro non era di alcuna rilevanza.
 
 
 
I guerrieri si guardarono attorno. L’ultima volta che si erano trovati su Mdgard, poco più di un anno prima, erano in mezzo ad uno spoglio deserto, in una cittadina altrettanto misera, a loro parere.
In quel momento, invece, erano inmontagna, nel bel mezzo di un bosco: il luogo perfetto per uno Jotun.
Nonostante il bel tempo, con il cielo limpido, e il sole alto nel cielo che si faceva largo tra i rami, la temperatura a quell’altitudine era molto rigida. Del resto, pensò Sif guardandosi intorno, Anche se non siamo in un ghiacciaio, questo genere di piante sta solo nei luoghi particolarmente freddi.
 
- Come l’ha chiamato Heimdall questo posto? -, chiese Frandal.
- …Canada, credo. Perché? -.
- Ricordami di non tornarci -, rispose lui, sfregandosi le mani. – Non mi sorprende che il fratello di Byleistr abbia scelto di stare qui.. Anzi, probabilmente questo clima per uno Jotun è pure piacevolmente caldo! Heimdall avrebbe potuto avvertirci di questo freddo -.
- Non lamentarti. Potevamo capitare in posti molto peggiori di Midgard.. -.
- Hogun ha ragione, Frandal. Dopotutto non è un compito difficile. Dobbiamo solo conversare con lo Jotun senza farci ammazzare -, disse Volstagg.
- Non vedo perché un solo Jotun dovrebbe essere un problema, quando ne abbiamo sbaragliati centinaia -, obiettò lo spadaccino.
- Perché questo è un mago, Frandal! Metamorfo, per giunta! -.
- Silenzio! E muoviamoci. Sapete bene cosa ha detto Heimdall! Cercate quindi di non indisporre Helblindi Laufeyson come state indisponendo me adesso! -, disse Thor.
Gli altri quattro si guardarono negli occhi, mortificati. Il Tonante gli si rivolgeva solo in quel modo, brusco e arrabbiato, da quando Loki era stato portato su Jotunheim. Solo da allora, probabilmente, si erano resi conto di quanto il Dio del Tuono fosse legato al Dio degli Inganni. All’inizio non ci volevano credere, ma nemmeno i Tre Guerrieri erano tanto stupidi da negare l’evidenza.. Mentre Lady Sif, invece, sembrava accettarlo quasi con serenità. Che già sospettasse qualcosa? Dopotutto c’era stato un periodo in cui lei e Thor erano molto, molto vicini.. Ma poi avevano troncato la relazione, senza tante spiegazioni in merito.
Forse era stato da allora che Sif aveva intuito qualcosa.
In ogni caso, avevano altro a cui pensare. Si guardarono intorno, per capire se in mezzo alla neve potevano trovare tracce dello Jotun. Ma non ne trovarono. Gli unici segni di vita erano gli alberi, le loro impronte per terra e..

- Venite qui! Ho trovato qualcosa! -, disse Sif, un po’ più intraprendente degli altri. Si era spostata una decina di metri più in là, ed era china su delle tracce fresche.
Da sud verso nord, impronte di lupo (un lupo almeno delle dimensioni di un orso) calpestavano il terreno per alcuni metri, per poi trasformarsi in impronte di stivali, di dimensioni non esattamente umane. Erano abbastanza profonde, come se sorreggessero un grosso peso, e schizzi di sangue intervallavano il terreno.
- Deve essere andato a caccia -.
- Deve essere pericoloso -.
- E finiscila Volstagg! -.
- Muoviamoci -.
Seguirono la pista per circa venti minuti, finché non arrivarono in una grande radura, in cui, al centro, svettava una grande baita di pietra. Davanti ad essa, le tracce di sangue finivano. Al loro posto, un grosso cervo con la gola squarciata. A quella vista, il Voluminoso deglutì. E dire che di solito non era così fifone. Ma l’idea di affrontare un mago, per di più uno Jotun, lo innervosiva. Parecchio.
I guerrieri si guardarono intorno, cercando altre tracce del Gigante di Ghiaccio.
- Dov’è? -, chiese Sif.
- Ci sta osservando, probabilmente -, si espresse Hogun.
- Può darsi -, convenne Thor. – Ma non abbiamo tempo da perdere. Helblindi Laufeyson! -, urlò il Tonante. – Se ti trovi in questo luogo, mostrati! Non abbiamo intenzioni bellicose nei tuoi confronti! -.
C’era troppo silenzio, in quella radura. I guerrieri si disposero in cerchio, guardando in ogni angolo, in cerca del Gigante.
- E’ lui -.
Gli Asgardiani si voltarono nella direzione di Frandal, e lo videro.

Un enorme orso bruno, piuttosto possente e dagli artigli lunghi almeno quindici centimetri, sostava sotto gli alberi. E stava guardando proprio loro, con aria cattiva cattiva.
Immediatamente sfoderarono le armi, pronti a colpire in caso di bisogno. Non avevano dimenticato l’accenno di Byleistr sulla mano di Lord Tyr. Tutti tranne Thor.
- Non innervositelo! -.
Troppo tardi. L’orso aveva già cominciato a ringhiare, mostrando i denti aguzzi. Gli Asir lì presenti, comunque, avevano visto di peggio, e si prepararono a dare battaglia.
- Helblindi Laufeyson -, disse Thor. – Vogliamo solo parlare. Ti chiedo di tornare al tuo aspetto bipede, in modo da poter..-.

L’animale, ovviamente, non lo ascoltò. Si limitò a ruggire in loro direzione, per poi avviarsi verso il cervo sgozzato. Lo studiò un momento, fiutandolo con insistenza. Dopodiché, senza tante cerimonie, prese a divorarlo con feroce voracità, così da lasciare gli Asir perplessi di fronte a quello spettacolo animalesco.
- Forse dovremmo farlo finire di mangiare -, osservò Volstagg, che ben immaginava la possibile irritazione dell’animale se fosse stato interrotto. Ma Thor e Frandal, non essendo della stessa idea, si avvicinarono incautamente, con le rispettive armi in pugno.
- Non abbiamo tempo da perdere. Helblindi Laufeyson, come Principe di Asgard, io ti ordino di.. -.
- GRROOOWWWRR!! -, ruggì l’animale, prima di artigliare il braccio dello Spadaccino con una zampata, strappandogli un urlo. Chissà perché era sempre lui a farsi male sul serio, quando si trattava di Jotun.
- Tenetevi pronti! Difendetevi ma non uccidetelo! -, ordinò Thor, tenendo saldo il Mjolnir in mano e parando gli scarsi affondi dell’avversario. Gli diede una martellata alla zampa, fu scaraventato alcuni metri più in là, ma si rialzò subito.
- Mostrati per come sei davvero! -.
L’orso, che si era alzato su due zampe, ruggì ancora, e rimessosi gattone corse verso di lui, pronto a divorarlo con le sue mascelle possenti, immediatamente bloccato da Lady Sif, che gli saltò in  groppa e affondò uno dei suoi coltelli nella spalla dell’ animale, facendolo sbraitare dal dolore, mentre Hogun gli dava un colpo ben assestato nelle natiche con la sua mazza ferrata.
Fu allora che l’orso si rialzò nuovamente in piedi, scrollandoseli entrambi di dosso.
- GRROOOWWWRR!! -.
E fu allora che un lupo, grande almeno quanto quel grizzly, gli saltò addosso, affondandogli le fauci nella nuca ed uccidendolo sul colpo, senza dargli scampo.

I Tre Guerrieri, Lady Sif e Thor guardarono la scena, stupiti, senza muovere un muscolo. E adesso come avrebbero potuto prendere informazioni su Byleistr?
Il lupo, almeno lui, non sembrava avere brutte intenzioni. Però era abbastanza strano. Oltre ad essere molto grosso, era anche nero come l’inchiostro, forse con dei riflessi bluastri. Aveva gli occhi… intelligenti, completamente rossi, escludendo le iridi nere. Diede agli Asir una veloce occhiata, poi si avvicinò, mutando forma. Il pelò si diradò, mostrando una spessa pelle blu notte, che assunse poi un colorito più umano. Mentre si alzava, le zampe posteriori divennero gambe, quelle anteriori braccia, mentre le dita corte si allungavano, aumentando il numero da quattro a cinque. Le dimensioni si ridussero e il muso si accorciò, mostrando un volto umano. Gli occhi, da rossi, divennero grigi come l’acciaio. Spuntarono corti capelli castani. Indossava abiti Midgardiani: pantaloni e maglietta neri, un giubbotto di pelle. La bocca era ancora sporca di sangue.
- Per essere i guerrieri più forti di Asaheim, lasciate davvero a desiderare. Per aver scambiato un comunissimo orso per me, poi, dovete essere poco intuitivi…-.
- Quindi sei tu Helblindi, figlio di Laufey? -, chiese Hogun. Lui non gli diede molta retta. Sputò alle sue spalle un grumo di sangue d’orso, disgustato, per poi uscire dalla tasca un fazzoletto, con cui si pulì.

- Sono io. A cosa devo la visita del principe degli Asir con il suo seguito? Se non sbaglio, volevate parlarmi -.

- Ma quindi hai sentito tutto! Perché non ti sei fatto vedere prima? -, esclamò Volstagg. Che si pentì di aver parlato, quando si sentì trafitto dagli occhi penetranti dello Jotun.
- Vi osservavo. Ero appena tornato dalla caccia quando ho visto il Bifrost. Non lo scorgevo dalla Grande Guerra, è vero, ma non lo avevo dimenticato. Come non avevo dimenticato l’odore degli Asir... Non sapendo quali erano le vostre intenzioni, ho preferito aspettare e osservare come vi comportavate. Mi è nota la fama del vostro principe come ammazza giganti -.
- Quello era il passato -, replicò Thor.
- Non si è mai troppo sicuri -.
- Siamo venuti qua per delle informazioni -.
- Riguardo a cosa? -.
- Tuo fratello Byleistr. E’ il Re di Jotunehim, adesso -.

Helblindi fissò intensamente il Dio del Tuono, prima di rispondere.
- Entrate, parleremo in un posto più comodo. Così sistemerò anche quella ferita -, affermò, indicando il braccio destro di Frandal. – Ma non toccate niente -.
 
Camminarono verso l’entrata, e Volstagg, curioso, non poté fare a meno di porgli una domanda.
- Di cosa odoriamo noi Asir? -.
- Puzzate di idromele -, rispose lui, aprendo la porta. –E di guerra -.





 
Ehilà, bella gente! Come butta? Vi è iniziata la scuola?
Questo è stato il mio primo giorno, e non ho fatto praticamente niente! Ci sono state manifestazioni in cortile, con musica, karaoke (anche se non tutti cantavano bene xD) e dimostrazione di varie discipline, come scherma, arti marziali e hockey sui pattini a rotelle! Insomma, un primo giorno molto promettente ^^

Ma sto divagando: so che di solito i miei aggiornamenti sono settimanali, ma non ce la faccio a resistere fino al venti, sono troppo eccitata! C'è un motivo per cui ho messo 'guerra' tra le note, e io non vedo l'ora che si arrivi a quel punto! E poi i prossimi due o tre capitoli sono pronti, praticamente, e morivo dalla voglia di postare!

Ora, mi rendo conto che il mio giustificato razzismo verso gli Asir è un pochino esagerato, ma in ogni storia ci deve essere il gruppo di tonterelli, e io l'ho trovato in Thor e i Tre Guerrieri! :D spero non ve la prendiate per questo x) e poi questa sorta di 'incomprensione' mi fa troppo ridere, DOVEVO mettere qualcosa di simile!

A proposito. 
Voglio assolutamente sapere da voi lettori che impressione vi ha dato Helblindi. Insomma, è palesemente diverso da come lo ritraggono i miei flash back. Molto più controllato. Cosa avrà fatto Byleistr per renderlo così? Saranno stati i secoli lontano da Jotunheim? Chissà, chissà. Se ci sarà un sequel, dovrò ricordarmi di mettere qualche sua esperienza nei Nove Regni :)
Oh, dimenticavo: per il suo aspetto mi sono ispirata a… *rullo di tamburi*.

Michael Fassbender! 
Sempre detto che mi piacciono gli attori oltre la trentina ù.ù anche se nel caso di Helblindi in teoria ha meno rughe. E’ vero che è il più vecchio dei tre, ma su scala umana non gli darei più di 33/35 anni, per come lo immagino io.
Forse gli appassionati di film x-men hanno già sentito parlare di M.F.: in ''first-class'', o ‘‘l’inizio’’, lui interpreta Magneto quando era giovane! Quanto ho AMATO la sua interpretazione.. ç__ç
Non vi ho ancora mostrato certe immagini. Questo è, più o meno, come immagino Byleistr da Jotun, anche se non ho messo le ‘linee’ perché non riuscivo a farle sembrare almeno leggermente naturali:
 
*
Qui invece ho sperimentato gimp con la faccia di Michael, cioè Helblindi:
**
***
Mentre così è più Asir:
****
*****
Bene, vi lascio a recensire, o a fare qualsiavoglia impresa vogliate compiere dopo aver letto :) Intanto io recensirò una storia di fedeverdeen, le avevo detto che avrei commentato ma ancora non l'ho fatto xD
Alla prossima!
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Sconvolgere un guerriero Asir è facile! ***



- E così Byleistr è diventato re -.
Lo Jotun finì di pulire la ferita di Frandal, e appoggiò la pezza sporca di sangue in un vassoio.
- Esatto -, disse Thor.
- Il popolo lo accetta? -.
- Più che accettarlo, direi che lo adora! -, esclamò Frandal. – Ma aspetta, che stai…? -.
- Distendi il braccio -, ordinò Helblindi. A un’occhiata preoccupata dello Spadaccino, gli prese delicatamente il polso, e precisò: – Non te lo mangio, stai tranquillo. Non vado matto per la carne di Asir -.
I presenti non seppero identificare il tono del metamorfo. Se serio o ironico. In ogni caso, Frandal obbedì.
In pochi istanti, la pelle di Helblindi mutò, ritornando blu, con delle caratteristiche linee nere lungo il corpo. Anche gli occhi si accesero di un vivo rosso. Le mani si circondarono di un alone blu, che avvolse il braccio di Frandal, il quale guarì nel giro di alcuni istanti.

Il Gigante lasciò la presa, mentre riprendeva un aspetto più umano. – Sei stato fortunato. Gli artigli di quell’orso avrebbero potuto tranciarti qualche legamento, o peggio. E per un guerriero Asir sarebbe stato piuttosto vergognoso, direi.. -.
- Per fortuna avevo l’armatura.  Perché non mi sono ustionato? -, domandò Frandal, stupito, osservandosi il braccio con meraviglia. Non era mai guarito così velocemente.
- Non necessariamente il tocco di uno Jotun brucia. Possiamo controllare, almeno in parte, la nostra temperatura -, rispose lui, sedendosi sull’unica sedia libera, prendendo un bicchiere di vino rosso.
Erano tutti nel salotto un po’ spartano del Gigante. Thor e Frandal erano in due poltroncine di pelle, chester, vecchio stile. Hogun, Volstagg e Sif nel divano. Il fuoco nel camino, acceso con la magia, scoppiettava allegro.
La guerriera si guardava intorno circospetta. Oltre a diversi strumenti da alchimista che occupavano buona parte della stanza, c’erano svariati fogli ovunque, pieni di appunti e disegni d’anatomia, specialmente femminili. La cosa non la tranquillizzò.

- E perciò sei un mago, Helblindi Laufeyson -, affermò. Non era una domanda.
- Helblindi basta e avanza. E sì, sono un mago.. -.
- Non sei molto ordinato -.
- Vero, ma non sono solito ricevere ospiti. Specie se inattesi -.
- Sembri più vecchio di Re Byleistr.. -.
- Lo sono. Ma di pochi decenni -.
- Allora come mai non sei seduto sul trono di Jotunheim? -.

- Sif -, l’avvisò Thor, con tono severo.  Helblindi però fece un cenno di diniego.
- La schiettezza non è un problema, Thor Odinson. Domandare è lecito, rispondere è cortesia. Quanto al trono di Jotunheim, Lady Sif, sappi che nel mio mondo la successione avviene in modo diverso rispetto ad Asaheim. La primogenitura non dà necessariamente il diritto al trono. Dipende dal volere del popolo, da quello del sovrano precedente, e da un buon numero di nomee. Quindi non mi sorprende che Byleistr sia diventato Re -.
- Nomee? Che genere di nomee? -, chiese Volstagg, incuriosito.
- Le più svariate. Secondo il genere d’imprese. Un po’ come i titoli che vi date voi Asir: Dio del Tuono, Dea dell’Amore e altri simili. Se riesci a controllare animali particolarmente feroci, diventi Domatore di Bestie, per esempio -.
- Mio fratello Heimdall mi ha parlato di un certo Pugno Spaccapietre, quando ero bambina. Ne decimò parecchi dei nostri, durante la Grande Guerra -, affermò Sif.

Helblindi annuì. – Il Guardiano ha detto il vero. Il suo nome era Farbauti Jormungandrson, noto soprattutto come Pugno Spaccapietre. E non era una fama immeritata: poteva davvero spaccare le pietre, e in un solo colpo... -.
- Lo conoscevi? -.
- Era mio padre -.
- ...Ma tuo padre non era Laufey? -, chiese Frandal.
- Uno dei due, certo -. Helblindi guardò i guerrieri, che erano rimasti leggermente confusi.
- Davvero non lo sapete? -, chiese. – Non sapete che gli Jotun sono ermafroditi? -.
- Se non ti dispiace, Helblindi, vorrei tornare al motivo per cui siamo venuti qui. I miei compagni approfondiranno poi le caratteristiche della tua razza -.
- E sia, dunque -, rispose lo Jotun, appoggiando il bicchiere vuoto nel tavolo di noce. – Cosa volevi sapere? -.
- Byleistr è una persona affidabile? Voglio dire, se ad esempio stringessi un accordo con lui, ci sarebbe un’alta probabilità che lui lo infranga? -.
- Forse. E’ una persona di parola, generalmente, ma questo dipende dai suoi interessi. Se ha stretto un patto con Asgard, comunque, specie ora che è Re, dubito che lo infranga, ma non ne sono così sicuro. Non vedo mio fratello da.. Beh, da molti, molti anni. Probabilmente è cambiato dall’ultima volta che l’ho visto. Posso dire con certezza, però, che non farà niente che metterà a rischio l’incolumità di Jotunheim -.
- Anche se in mezzo ci fosse…l’assassino di Laufey? -.

Gli Asgardiani trattennero il fiato per un secondo, in attesa della reazione dello Jotun, che parve solo sorpreso.
- Quindi Laufey è stato ucciso? -.

Thor annuì. Helblindi si fece più cupo. Alzatosi, con un paio di gesti mirati guidò il Seidr, sollevando il bicchiere per metterlo in cucina, sistemando anche i vari fogli in giro per la stanza. Si avviò verso alcune bocce, dove su un piccolo fornello stava bollendo uno strano liquido rosso acceso. Abbassò il fuoco.
- Chi è stato? -.
- Ecco io... -.
- Non fraintendermi, Thor Odinson. Non ho intenzione di andare a caccia di vendetta, tutt’altro. Lui non meritava una tale attenzione. Saperlo morto può solo darmi un senso di liberazione. Era un padre pessimo e da re ha portato Jotunheim alla rovina. Ricordo che uccise il suo terzogenito appena neonato, lui e molti altri, solamente perché era troppo piccolo, e quindi uno scarto, secondo le sue idee malate e obsolete. Al massimo devo al suo assassino un favore -, disse, in tono amaro.
- Oh. Beh, ecco.. -.
- Io ho risposto alle vostre domande. Ora voi rispondete alle mie -.
- Mi sembra giusto. Beh, in realtà c’è anche da dire che quel neonato non è mai morto. E che l’ha ucciso lui Laufey -.
Helblindi si voltò verso il Principe di Asgard, mostrando un’espressione più che stupita.
- Credo che dovremmo cominciare dall’inizio, Thor Odinson... -.
 
 

 
- E perciò Loki.. Mio.. fratello -, rielaborò lo Jotun. – Adesso è ospite di Byleistr? -.
- Sì, ma non sono sicuro che.. -.
- Ascoltami principe Thor. Come la Regina di Asgard si è già premurata di dirti, te lo ripeto anch’io: Loki ha solo fatto un favore, a Jotunheim. Magari trovo discutibili le sue azioni contro la nostra razza, ma non le giudico. So bene come ci si comporta, quando si è sconvolti. E il Padre degli Dei ha fatto un errore molto stupido, nascondendogli le sue origini. Far passare uno Jotun per un Asir… -, Helblindi scosse la testa, sospirando. – E poi i mortali dicono che nessuno sia più saggio di lui… -.
- Per la questione dell’ermafroditismo? -, domandò Thor.
- Specialmente quella, ma non solo. E’ come allevare un pinguino travestito da rettile in un deserto. Non si può fare, perché l’animale soffre, non essendo nell’ambiente più adatto a lui -.

- Cos’è un pinguino? -, chiese Volstagg.

- Un animale Midgardiano, che vive in ambienti molto, molto freddi. Almeno per i vostri standard -, rispose Helblindi, scrollando le spalle.
- Io ancora non ho capito una cosa. Ma su Jotunheim non ci sono.. non ci sono le donne? -, chiese Frandal.
- Tecnicamente, nemmeno gli uomini. Non abbiamo due sessi distinti, nella nostra razza. Possiamo procreare assumendo sia un ruolo femminile, sia un ruolo maschile, per usare le parole di un monosessuato... Immagino che ad Asaheim non si parla molto di noi Giganti in questi termini, vero? Altrimenti penso che Loki si sarebbe reso conto da solo delle sue origini. Mi chiedo quale scusa gli abbiano rifilato per la sua diversità biologica.. -.
- Madre gli diceva che era la magia a renderlo speciale. Insomma, lui è il più potente mago dei Nove Regni -.

I presenti si voltarono verso Thor, che arrossì notevolmente.
- Non l’ho sempre saputo, me l’ha detto lui prima di essere portato su Jotunheim.. -, replicò lui, distogliendo lo sguardo.
- Ora si spiegano molte cose... -.
- Prego? -.
- Nulla -, affermò Helblindi. – Ma ho come l’impressione che tu non mi abbia voluto incontrare per ragioni prettamente politiche -.

Buon intuito. Doveva essere una cosa di famiglia...
- No, infatti -, rispose Thor. – Io e Loki siamo cresciuti come fratelli. Anche se non siamo consanguinei, ciò non cancella l’affetto che provo nei suoi confronti. Sono certo di essere... sì, di essere ricambiato, ma quando sono andato su Jotunheim non è voluto ritornare ad Asgard con me, tanto da essermi chiesto se Byleistr lo tratteneva in qualche modo. Non abbiamo avuto uno scambio molto pacifico, l’ultima volta che l’ho visto -, replicò il Tonante, mettendo su un broncio un po’ infantile. Sif notò che gli occhi di Helblindi si erano fatti scaltri, come di chi sa.
- Beh, Loki Laufeyson sta solo riscoprendo la sua vera natura. E’ ovvio che voglia capire qualcosa di più sulla nostra razza. Non si sfugge al richiamo del sangue -.
- Ma lui è... -.
- E’ uno Jotun. Se prima non lasci che si accetti per quello che è, non sarà disposto a stare con te nemmeno se fosse il suo più grande desiderio -.
- Ma tu non lo conosci nemmeno! -.
- Vero, ma ci arrivo anche ragionando: non dubito che quello che si dice sulla mia razza nel vostro mondo sia poco lusinghiero, ed essendo cresciuto tuo fratello con determinate convinzioni.. magari con una considerazione di se stesso già abbastanza bassa, non riesce a reggere la verità quando comprende le sue vere origini. Difatti tenta il suicidio, ma, invece di morire passa un anno in mezzo ad un esercito di mostri, tra cui il loro capo che gli annebbia la mente al punto di poterla controllare e fargli fare ciò che gli pare e piace. Come credi che debba uscirne una persona? Distrutta, quasi sicuramente. Mina le basi, e crollerà tutto l’edificio. E da ciò che mi avete detto, quelle di Loki dovevano essere già abbastanza fragili... -.
- Non insultare mio fratello in questo modo! -.
- Non è un insulto, ma un dato di fatto: e comunque, la colpa di questi eventi e di questa debolezza non sembrerebbe sua, quanto delle bugie con cui è stato cresciuto -.

Thor prese un profondo respiro. I suoi compagni erano stupiti da tutti i cambiamenti degli ultimi mesi. Se un tempo sarebbe scoppiato per una piccola cosa, adesso si tratteneva più che poteva. Era diventato un po’ più maturo. O forse il motivo di tanto sforzo era solo Loki?

 
 
***********
 
 
Il giovane Principe si avviò a svelti passi verso una delle torri della Reggia, la più alta, per la precisione; dove, ormai lo sapeva bene, il Re era solito isolarsi verso la sera, riflettendo sui problemi del Regno o su altre cose in generale. Ora che il Sovrano di Jotunheim aveva preso le difese del fratello, Loki non sapeva più bene a che livello era arrivato la loro relazione, e per questo motivo aveva deciso di parlargli in privato, stavolta senza arrivare ad una discussione vera e propria. Per chiarirsi. Il fatto che fossero fratelli di sangue poteva determinare i loro rapporti? Se sì, fino a che punto?
Ormai aveva deciso di lasciar perdere il passato del ‘fratello’. Aveva capito che non avrebbe ottenuto altre risposte forzando le cose. Era una persona testarda, vero, ma aveva cercato di scoprirlo in qualsiasi modo. Alla gente non piaceva parlare dei segreti del Re, e non c’erano documenti illuminanti da nessuna parte. Perciò aveva rinunciato. Dopotutto se Byleistr non glielo voleva dire, chi era lui per costringerlo?
 
E poi aveva altri problemi per la testa.
Non riusciva ancora a usare in modo efficiente la magia. E questo lo preoccupava oltremodo.
Inoltre si era pentito di tutto quello che aveva detto a Thor quasi subito dopo il ritorno degli Asgardiani su Asgard. Il fatto che fosse dispiaciuto, però, non cancellava l’offesa e soprattutto non faceva scomparire l’orgoglio.
Forse Dio del Caos gli stava abbastanza bene come soprannome. Rispecchiava a menadito quello che sentiva dentro.
Inoltre si sentiva strano, da quando era venuto a Jotunheim. Aveva cercato di ignorare quella sensazione, fin’ora, ma si stava facendo sempre più pressante, con il passare delle settimane.
All’inizio pensava fosse per quello che aveva passato con Thanos. Poi per le scoperte sul suo mondo di origine, quella nuova sensazione di appartenenza che si stava facendo spazio nel suo cuore. Lo stesso, però, le cose non quadravano.
 
Scosse la testa, decidendo di non pensarci almeno per un po’. Era arrivato al cospetto del Re.
 
Byleistr gli stava di spalle, anche se era certo che si fosse accorto della sua presenza. Le braccia erano appoggiate al basso parapetto della torre, che arrivava più o meno al petto del nano. Si appoggiò anche lui, e stettero in silenzio per un po’. L’altro Gigante non dava segno di voler iniziare una conversazione.
 
 
-.. Pensavi davvero quello che hai detto? -, chiese a un tratto, incuriosito, ma senza distogliere lo sguardo dalla città. Loki alzò lo sguardo su di lui, perplesso. – Detto su cosa? -.
- Su di me. Quando tu e il principe Thor avete avuto quella discussione -.
- Ah, quello. Certo. Thor è troppo stupido per fare quello che hai fatto tu. Sa distruggere, non certo costruire.. -, rispose Loki, mormorando le ultime parole.
– Non mi credi? -.

- Credo che tu sia stato sincero. Quanto alle tue parole.. Forse un po’ dilatate dalla rabbia.. – continuò, passandosi una mano sui capelli. – C’è sempre qualcosa da fare, quando sei Re. Tutto questo non è abbastanza. Un anno non è sufficiente per riparare i danni di trenta secoli, anche quando cerchi di arginarli da più di una dozzina -.
- Immagino che i tuoi rapporti con Laufey non erano proprio un granché -.
- Ci odiavamo. Soprattutto dopo che.. ho cominciato ad organizzare la resistenza contro di lui -.
- E dire che una volta pensavo fossi io quello con brutti rapporti con mio padre.. -.
- A ciascuno il suo. Lo avresti odiato anche tu. Non potevamo nemmeno ucciderci a vicenda: le leggi morali del nostro mondo sono estremamente rigide, su questo punto. I legami di sangue sono sacri, quelli tra padre e figlio più di tutti. Avremmo entrambi perso il diritto al trono, e con la mancanza dello Scrigno non era il caso di rischiare -.

- Ma allora perché Skrìmir ti ha chiamato parricida? -, chiese Loki a bruciapelo, vergognandosene all’istante.

Perché ultimamente parlava senza nemmeno pensare?! Che Thor lo avesse instupidito forse?
Abbassò lo sguardo, mentre Byleistr lo guardava con espressione indecifrabile.
- Perdonami, non avrei dovuto.. -.
- Lascia perdere. Era una domanda legittima -.
- Non intendevo.. io non.. -.
- Non sei in te, in questi giorni, l’ho capito. Non sono certo un esperto di sentimenti, ma suppongo che tu sia ancora deluso da Thor Odinson -.
- Sì, anche, ma questo non vuol dire niente -.
- Non importa. Vista la piega che sta prendendo il nostro rapporto, credo sia il caso di darti una risposta. Sei mio fratello, dopotutto, anche se non siamo cresciuti insieme. Ascolta attentamente, perché non parlerò una seconda volta -, affermò. Pur se si stavano avvicinando, sapeva che in quel modo avrebbe potuto rovinare tutto. Ma era meglio così. Sospirò.

- Tutto cominciò quando nostro fratello Helblindi conobbe Skrìmir.. Purtroppo, non ci volle molto perché si innamorasse di lui.. -.



Questo capitolo è piuttosto.. transitorio. Voglio dire, per il resto non è utile a niente, praticamente.
Ma vabbeh, spero vi sia piaciuto ugualmente. 
E spero che recensirete in tanti! ^^ Per dubbi (anche se vi sembrano stupidi, non riderò di voi in caso :D), chiarimenti, critiche o altro, parlate tranquillamente xD
Alla prossima!
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Quando si dice un piccolo fraintendimento.. ***




Dopo aver raccontato la triste storia di come il Principe di Jotunheim divenne noto, ingiustamente, come Sterminatore di Scarti, Byleistr stette zitto. Non molti Jotun conoscevano quella vicenda, se non in modo impreciso, ma tutti avevano un giudizio in proposito. Lui stesso non si era mai perdonato, per quello che aveva fatto, che da un punto di vista logico poteva anche essere giusto, ma non sotto altri aspetti.

Loki non sapeva bene cosa dire. Non gli era mai capitato che qualcuno si aprisse così con lui, non per una cosa del genere, comunque. E non era bravo a consolare la gente. Non sapeva nemmeno dirsi se le azioni di Byleistr fossero sbagliate o meno. Suo fratello, comunque, non lo guardava nemmeno negli occhi. Si era perso a guardare l’orizzonte, dall’alto di quella torre. All’apparenza sembrava che la cosa non lo toccasse, ma Loki era pur sempre il Dio degli Inganni e lui stesso aveva sempre assunto quell’atteggiamento.
- Perché mi hai raccontato questa storia? -, chiese a bruciapelo.

Il Re di Jotunheim si girò verso di lui. – Mi hai chiesto perché mi chiamano Sterminatore di Scarti. Ti ho risposto -, affermò.
- Si, ma, insomma.. -.
- Loki -, continuò lui, - Per quanto alcuni siano restii anche solo a considerarti un Gigante, ciò non cambia la realtà delle cose. Sei uno Jotun. Sei un Laufeyson, sei mio fratello e sei un Principe di Jotunheim. Devi essere a conoscenza di certe cose. Ed è meglio saperle da me, piuttosto che da qualche pettegolo… -.
- Thìalfi conosce questa storia? -.
- A grandi linee, sì. Ci ha messo un po’ a fidarsi di me -, concluse, sarcastico.
Ritornò a guardare il panorama, cupo, probabilmente perso nei suoi pensieri. Loki lo imitò.

Guardando Nuova Utgarda, quasi non riusciva a credere che quello fosse lo stesso pianeta in cui era stato poco più di un anno fa. Byleistr era stato di parola: aveva reso Jotunheim più bella, più forte, più giusta. Da Principe, aveva lottato contro le ingiustizie del padre e cercato di rendere la vita più tollerabile nei luoghi in cui passava, allo stesso tempo costruendo saggiamente la sua fama con mirabili imprese, come un intelligente politico, guadagnandosi l’ammirazione e il rispetto del suo popolo, e organizzando la resistenza. Ora che era Re, faceva il possibile e l’impossibile per rendere il suo regno unito, autonomo, forte ma degno del rispetto degli altri popoli (seppur ogni tanto approfittando della sua cattiva reputazione, quando strettamente necessario).

In un certo senso gli ricordava Thor, ammirato e stimato da molti, ma con l’aura solenne di Odino, probabilmente. Era, in ogni caso, sotto qualunque aspetto lui riuscisse a guardare, un ottimo Re. La sua unica macchia, quella che non aveva mai potuto, ne voluto, cancellare, era quella. Ma Loki era una persona molto razionale, anche empatica, quando voleva.
- Non voglio giudicarti per questo -.
- Saresti uno dei pochi che non lo fa -.
- Parlo sul serio. Non dico che quello che hai fatto sia giusto o sbagliato. Ma non hai agito così per sadismo o malvagità. Volevi proteggere tuo fratello Helblindi, e la ragione ti ha detto di fare in un certo modo, perché non avevi altra scelta -.
- Non è detto. Se io avessi… -.
- Non si può parlare di ‘se’ e ‘se’.  Il passato non si può cambiare. E’ il rimorso che parla, non la realtà dei fatti. Sarebbe mostruoso se la cosa non ti toccasse minimamente, ma mi sembra ovvio che non sia così -.
- Ciò non toglie che ho ucciso un innocente, macchiandomi di un crimine orrendo. Sei gentile a cercare di non farmelo pesare, ma non c’è attenuante per un infanticidio. Mi sono sporcato le mani, ed è giusto che ne paghi le conseguenze. Sapevo fin dal principio a cosa sarei andato incontro, e se potessi tornare indietro... Non sono certo che cambierei del tutto gli eventi. Forse nemmeno il perdono di Helblindi, per quanto improbabile, cambierebbe le cose -.

- Da quanto tempo non lo vedi? -.
- Da quel giorno. Non è mai più tornato nel nostro mondo. Non so nemmeno se è vivo o morto. Sono passati millecinquecento anni, da allora… -.
- E non lo hai mai cercato? -.
- Che avrei dovuto fare? Se anche avessi trovato un modo per uscire da Jotunheim, avrei dovuto cercarlo per altri otto Regni. E, se anche lo avessi trovato, cosa ci avrei concluso? Nulla. Inoltre avevo dei doveri verso il mio popolo. Non potevo permettermelo -.
- Oh. E dopo? -.
- Dopo ho viaggiato per tutta Jotunheim. Ho visto lo stato in cui gravava il mio popolo, e ho fatto tutto quello che era in mio potere per arginare i danni. Spesso dilagavano fame e malattia, mentre i favoriti di mio padre godevano di privilegi e concessioni ingiuste -.
- Ecco perché non esistono i nobili, su Jotunheim -.
- Non esistevano nemmeno prima del regno di Laufey. I funzionari e quelli socialmente più in alto lo sono perché si sono guadagnati il loro posto, non per stupidi diritti di nascita. Il diritto al trono stesso, se non dimostri di meritarlo, non lo puoi avere -.

- Per questo circolano tutti quei racconti su di te? -.

Byleistr lo guardò stizzito. – Non sono racconti. Sono storie vere. Con tutto quello che ha fatto nostro padre.. Ho dovuto faticare persino per il rispetto del nostro popolo. Dopo essermene andato da Utgarda, Laufey fu molto bravo a infangarmi la reputazione, i primi tempi. Dovetti agire di conseguenza -.
- Per questo sei andato nelle Catene di Mimìr? -.
Il Gigante annuì. – Ripensandoci adesso, fu la cosa più stupida che abbia mai fatto in vita mia. Ma almeno funzionò: sono stato l’ultimo a visitare la grotta dell’ Onnisciente -.
- Quindi la leggenda è vera? -.
- Sì. Come prova delle mie azioni, portai la testa di Mimìr di fronte  ad un gruppo di ribelli. Lì parlò per l’ultima volta, dopodiché si sgretolò, raggiungendo finalmente la pace che tutti i morti bramano.. -.
 
 
 
 ******************************
 
 
 
- D’accordo. Allora penso che non abbiamo più niente da dirci, Helblindi Laufeyson. Noi dovremo tornare ad Asgard -, disse Thor, alzandosi. Lo Jotun lo imitò, annuendo. – Sì, penso che sia ora che andiate -.
- Non è stato così terribile -, commentò Volstagg, lasciandosi sfuggire un sospiro, il quale non sfuggì al Gigante, che lo squadrò con i suoi occhi magnetici. – Con questo cosa vorresti dire? -.
Volstagg avvampò di vergogna, e abbassò lo sguardo, grattandosi la folta barba, nervoso. – Nulla, solo una stupidaggine -, rispose, mentre i suoi compagni lo squadravano con sommo rimprovero. Helblindi sembrò capire lo stesso. – Asgardiano, per quanto io possa essere famoso per determinati episodi della Grande Guerra, il tempo in cui coltivavo il mio odio per voi Asir è passato da molti anni. Non ha più senso provare paura o rancore, da e per entrambe le parti. In ogni caso, non sono solito aggredire nessuno senza buone ragioni -, affermò.

- Però il nome di Mutilatore ce l’hai -, ribattè Sif, schietta. Lo Jotun alzò un sopracciglio.
- E’ vero. Ma, come ho già detto, sono stati episodi isolati. Certo non vado in giro in cerca di zizzania -.
- Cosa vorresti dire? -.
- Assolutamente nulla, Lady Sif. Sto solo rimarcando le sostanziali differenze fra noi due-.
- Che cosa?! -.
- Sif.. -.
- TU non dire niente, Thor! Non hai fatto altro che provocare Byleistr, da quando lo hai conosciuto! -.
- Sif, non esagerare, però! -.
- Non sto affatto esagerando, Frandal! Dico solo quello che penso! -.
- E allora dillo in modo meno brusco, Lady Sif. Che io sappia, non ti ho mai fatto alcun torto, quindi, se hai qualcosa contro di me, chiariamoci adesso e finiamola. Sembri una guerriera intelligente, non tradire questa impressione -.
- Tu usasti la magia contro i soldati di Asgard! -.
- E con ciò? -.
- Lo hai fatto in modo deplorevole, senza onore! Non gli hai dato la possibilità di difendersi! -.
- Sif, non siamo venuti qui per questo! In questo momento le azioni di Helblindi non.. -, tentò Thor.

- A essere più precisi, è stato il contrario: Lord Tyr, con il suo fanatico odio verso noi Giganti, non aveva esitato neanche un istante a sfoderare la spada contro di me, che all’epoca ero solo un bambino, e contro mio fratello, persino più giovane. Ho usato la magia, è vero. Ma, se non lo avessi fatto, a quest’ora sarei morto. Non mi vergogno dei miei poteri, tantomeno quando riesco a salvare delle vite, la mia o quella di persone a me care -.
- Non è onorevole usare dei trucchi! E’ da codardi! Mio padre era tra quei soldati e tornò ad Asgard senza una gamba per colpa tua! -.

- Poteva anche non tornare affatto, se è per questo. Non chiederò scusa per aver difeso me stesso durante la guerra -.
- Ti trasformi in un lupo! Il più spregevole degli animali! Come facciamo a fidarci di ciò che ci hai detto? -, affermò la valchiria.
- Idiozie. Lupi, serpenti o vermi non sono più buoni o più cattivi di qualsiasi altra.. -, Helblindi si interruppe di botto, assumendo un’espressione stupita. Gli Asgardiani lì presenti videro le sue narici fremere.
- Maledizione! -, disse, scostando Volstagg e Hogun borbottando imprecazioni contro le valchirie attaccabrighe che facevano perdere tempo inutilmente.

I guerrieri si voltarono, e videro lo Jotun alle prese con la pozione di prima, che ora stava emettendo inquietanti bolle nerastre, oltre un nauseabondo odore di bruciato che cominciavano a sentire anche loro.
- Cos’è questa stregoneria? -, chiese Sif.
- Chiamasi manufatto di alchimia, è una pozione che si sta bruciando, rovinando completamente il lavoro di mesi! -, rispose Helblindi, coprendosi bocca e naso per difendersi dai fumi della strana sostanza. Con la magia, fece levitare il contenitore.
- Spostati, Lady Sif! Devo liberarmi di questa schifezza, prima che sia tardi! -, affermò, trovandosi davanti la guerriera corvina.

- Perché te ne sei andato da Jotunheim? Byleistr ti aveva cacciato? -.
- Me ne sono andato di mia volontà, e adesso levati, per la miseria! -.
- Io non mi fido di te! -, disse Sif, senza ascoltare quello che le veniva detto.
- Sentimento reciproco! Io ti avevo avvisata -, ribatté lo Jotun, che con un gesto appena accennato scagliò la donna Asir contro i suoi compagni.
 
Lei non demorse, e, dando di spalle al mago, gli si lanciò contro, cogliendolo di sorpresa e facendolo cadere a terra
.
- NOOO! -, disse lui, che, avendo perso la concentrazione, aveva lasciato cadere la provetta, che si frantumò per terra, spargendo il liquido sui due l’istante successivo. Subito, la sostanza evaporò, e i due, loro malgrado, la respirarono. Immediatamente le loro pupille sembrarono dilatarsi. I loro visi divennero rossi per la circolazione sanguigna, ma non sembravano più avere intenzioni bellicose l’uno contro l’altro.

-..Ragazzi..? -, provò Frandal, notando la semi immobilità facciale dei due mentre si rialzavano. Gli sguardi che si erano lanciati i due non gli erano piaciuti per niente. Gli occhi di Helblindi erano già abbastanza magnetici di per sé, ma adesso avevano un’espressione ancora più intensa.. e maliziosa.
Sif, dal canto suo, era ancora più preoccupante. Era addirittura bramosa, e il suo desiderio si leggeva a un miglio di distanza.
Si lanciarono l’uno contro l’altro nel modo più selvaggio, eccitante e perverso che lo Spadaccino avesse mai visto. Gli altri Asgardiani non ebbero neanche il tempo di elaborare quello strano cambiamento, perché Sif salì a cavalcioni sul mago, stringendogli i fianchi con le cosce, e lui la tenne altrettanto stretta, reggendo il suo peso senza problemi e continuando a baciarla mentre saliva le scale verso la sua camera. Gli Asir tentarono di raggiungere la compagna, sicuramente vittima di qualche incantesimo venefico, ma un campo di forza estremamente potente glielo impedì, tanto che nemmeno le martellate di Thor poterono nulla.

- Credo di sapere a cosa servisse quella posizione -, esordì Frandal.
Dopo nemmeno pochi minuti, e per tutta la mezz’ora successiva, gemiti e urla di piacere glielo confermarono.
 
 
 

 
 
Dopo altri minuti di silenzio, finalmente, i quattro udirono ancora la voce di Sif, sebbene non fosse proprio piacevole e melodiosa da ascoltare. – SCHIFOSO MAGO JOTUN CHE NON SEI ALTRO, DIMMI SUBITO CHE COSA MI HAI FATTO!!! -.
Subito dopo i due scesero le scale, Helblindi in primis. Aveva la cintura agganciata male, i vestiti stropicciati (probabilmente rimessi con moolta fretta), la pelle sudata, i capelli in disordine e l’aria distrutta. Si reggeva al corrimano e si massaggiava la testa socchiudendo gli occhi, come per degli effetti post-sbornia.
- Maledetti Asir.. -, mormorò a bassa voce.
- Maledetto sei tu! Che cos’era quella cosa? -.
- Si chiama Amortensia, ed è un’invenzione dei Vanir. Causa immediato desiderio reciproco, e, se alterata come quella abbiamo assunto noi, può avere esiti molto più intensi. In certi casi, anche gli effetti collaterali di un’ubriacatura -, rispose lui, facendo apparire un pezzo di ghiaccio che si appoggiò sulla fronte.
- Perché l’hai usata?! -.
- Io?! Lady Sif, se abbiamo fatto sesso, è soltanto perché tu sei una detestabile cocciuta. Non posso farci niente, gli effetti di quella posizione sono pressoché impossibili da contrastare, almeno finché la passione non viene consumata -.
- E allora perché quel campo di forza, figlio di Laufey? -.
- Metti giù quel martello, Thor Odinson, non posso controllare la mia magia con una pozione del genere in corpo. Tutt’ora non posso usarla del tutto consciamente -.
- Perché avevi una sostanza tanto pericolosa, allora? -.
- Il perché non ti riguarda, Lady Sif. E comunque smettila di lamentarti: l’Amortensia non altera le prestazioni o il piacere, abbiamo completamente distrutto la mia stanza, ma ci è piaciuto. Ti è piaciuto e c’è poco da fare! -.
Nessuno impedì alla valchiria di dare un sonoro ceffone al figlio di Laufey, tanto forte da farlo voltare.  
- Non osare darmi della puttana in questo modo! -.
Helblindi si girò verso di lei lentamente, con gli occhi che fiammeggiavano. I Tre Guerrieri deglutirono.
 
Quello sguardo preannunciava solo una cosa: pericolo.
- Colpiscimi ancora una volta con una così ridicola accusa sulle labbra, Lady Sif, e non avrai più né mani,lingua per rifarlo -.
Fu allora che Thor si mise in mezzo ai due. – Non la toccare! -, disse impugnando il martello.
- Non hai molto rispetto della tua ex, se la difendi come se fosse una debole donnetta -.
- Come fai a saperlo?! -.
- Non è difficile da intuire, figlio di Odino. Anche se mi sembra piuttosto chiaro che tu abbia cambiato interessi. Ma dopotutto non è un incesto, almeno tecnicamente parlando -.
- COME OSI PARLARMI IN QUESTO MODO?! -.
- Non ti ho insultato in alcuna maniera, Thor Odinson, non volontariamente, almeno. Ma mi chiedo cosa ci sia effettivamente sotto questo strato di rozzezza da renderti tanto interessante. Cogli ogni scusa per usare la tua arma. O forse è perché sono uno Jotun? Ho conosciuto gente che avrebbe voluto trucidarmi solo per questa ragione. Come la tua amica, del resto -.
- Le hai mancato di rispetto! -.

- No, Thor Odinson, è stata lei per prima a farlo con me. E ti dirò di più, Lady Sif -, continuò, stavolta rivolgendosi direttamente alla guerriera. – Ricordo perfettamente il giorno in cui tuo padre perse la gamba: non ho mai apprezzato il sapore del sangue d’Asir come in quel momento! Di un po’, come ha vissuto i suoi ultimi anni da storpio? -, la provocò lui, senza andare tanto per il sottile.
 
- IO TI AMMAZZO!! -, urlò la valchiria bruna, ormai fuori di sé. Sfoderò la sua lancia a due punte e tentò di trapassarlo da parte a parte, fallendo. Helblindi, in un lampo di luce azzurra, si era trasformato in un moscone, volando subito lontano dalla lama della donna.
- VIENI QUI E MUORI DA UOMO, CODARDO!! -.
L’insetto volò quasi fino alla finestra, ma volava in modo decisamente strano, quasi sbandando. Helblindi si ritrasformò in aria, crollando miseramente a terra imprecando. Evitò per un pelo un secondo affondo di Sif.
- A quanto pare un effetto positivo quella cosa ce l’ha! -, disse lei. La temperatura era bruscamente calata, e la lampadina della stanza lampeggiava in modo irregolare. Alcuni oggetti cominciarono a tremare.

Helblindi era disarmato, ma conosceva bene l’ambiente. Rotolò sul tavolo, mettendo una certa distanza di sicurezza tra lui e la valchiria, rovesciandolo per usarlo come scudo.
- Non è che sia molto onorevole attaccare un disarmato, Lady Sif! -, le fece notare, scostando l’ennesimo attacco.
- MUORI!! -.
- D’accordo, come non detto -, disse lui. Agitò le dita, e un vortice di fogli si sparse per la stanza, coprendo la vista degli Asgardiani e dando abbastanza tempo allo Jotun di fuggire dalla finestra. Subito Sif lo imitò, seguita da Thor e gli altri. Helblindi stava aprendo un portale, non sapevano per dove e a Thor non importava, doveva fermare Sif. Ma lei era implacabile, e sferrò un altro attacco contro il mago. Vide le dita dello Jotun muoversi leggermente e, preoccupato per la sorte dell’amica, fece l’unica cosa che gli venne in mente di fare.

Scagliò Mjolnir contro Helblindi, colpendogli la testa di striscio.
Il portale collassò, e un’esplosione di energia li colpì.
Poi, il buio.
 




Voglio Helblindi nella vita reale. Quante discussioni sociologiche/filosofiche potremmo fare insieme xP e inoltre guarirebbe il mio raffreddore in un battibaleno! Il mio naso sembra urlare 'Guadagna qualche recensione o strariperò!'. Vi prego, recensite in tanti questo piccolo capitoluccio per arginare il fiume! *si alza dalla sedia perché deve andare a prendere la carta igienica. Si pulisce accuratamente le mani prima di riutilizzare la tastiera*. Io ho DAVVERO il raffreddore, non dico per dire ç__ç Dicevo? Ah sì, anche per ridurre il consumo di carta! I nostri amici alberi  ve ne saranno infinitivamente grati! E anche io!

A tal proprosito. Ho visto un sacco di gente che ha aggiunto queste storie tra le seguite *_* se continua così, la lista di ringraziamenti dell'ultimo capitolo sarà moooolto lunga (27! Mai accaduto a me! WOW!), perché ho deciso di ringraziare tutti all'ultimo aggiornamento (solo per praticità, eh!).
Parlando della storia, so di non dare una bella impressione a Sif, non la odio nemmeno quindi perché farla comportare in questo modo? Questione di trama, signore e signori. E di sequel *ghigna*. Spero di avervi perlomeno fatto ridere. E di avervi reso curiose/i riguardo alla parte con Loki e Byleistr. Tempo al tempo, signori miei, tempo al tempo.

Ora mi ritiro nella mia alcova! Domani comincio l'orario lungo (tutti giorni esco alle due e un quarto, COMPRESO sabato!) e devo essere preparata!
Alla prossima,
Madama Pigna

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Di viaggi e novità impreviste ***




Il gruppo di guerrieri atterrò bruscamente in un terreno sterile e farinoso, rotolando malamente tra i sassi. Si ritrovarono a tossire violentemente, con le lacrime agli occhi, per scacciare via la polvere dai polmoni.
Solo quando si ripresero sufficientemente da guardarsi intorno, e notare un luogo grande come un deserto roccioso, stantio come una piccola caverna umida, e freddo come una ghiacciaia, fu allora che Helblindi, contraddicendo la sua perenne aura di autocontrollo, diede un tale pugno al Dio del Tuono da farlo sbandare (trattandosi di Thor, era già molto), e, furioso, riversò il proprio malumore su di lui.

- IMBECILLE!! TI RENDI CONTO DI CHE COSA HAI FATTO?! -.
- Eh? Cosa? -, chiese Thor, confuso. Ma perché capitavano tutte a lui?
- MI HAI COLPITO MENTRE APRIVO UN PORTALE! TI E’ ANDATO DI VOLTA IL CERVELLO?! POTEVAMO FINIRE NELLO SPAZIO VUOTO! O PEGGIO, POTEVO FINIRE A MUSPELLHEIMR, DOVE SAREI MORTO ANCORA PRIMA DI RENDERMENE CONTO! -.
La cosa che veramente spaventò Thor e gli altri, comunque, era che Helblindi stava perdendo il controllo sul suo aspetto. Non stava solo diventando più grande, o più blu. Cambiavano i suoi lineamenti, il suo fisico, il tono di voce. La ferita sulla testa era guarita abbastanza velocemente. Un momento prima sembrava una donna orientale con la lingua biforcuta, la pelle rossa e la coda da rettile. Un istante dopo poteva essere uno Jotun, o un serpente delle dimensioni di una casa.
- M-mi dispiace, io.. -.
- NON ME NE IMPORTA UN ACCIDENTE CHE TI DISPIACCIA! SEI UN IRRESPONSABILE PRINCIPESSINA VIZIATA, ECCO COSA SEI! NON SAI NEMMENO BADARE AI TUOI AMICI! -.
- Ehi! Ora basta! -.
- BASTA UN CORNO! -, affermò lui nella forma di lupo. – SAI DOVE SIAMO? NEL REGNO DI HEL, ECCO DOVE SIAMO! DA CUI NESSUNA ANIMA, VIVENTE E NON, HA MAI FATTO RITORNO! E TU PRETENDI CHE IO… -.

- ADESSO SMETTILA, HELBLINDI! DEVI STARE CALMO! -, urlò Hogun. – Guardati! Non riesci nemmeno a controllarti! -, continuò, indicandolo con un dito. Aveva giocato la carta giusta. Nessun mago degno di tal nome avrebbe voluto perdere il controllo dei propri poteri in quel modo.
Il Fosco era silenzioso, ma non stupido.
Helblindi si calmò, decidendo di obbedire. Le sue iridi rosse videro il suo corpo mutato in un canide, e sembrò stupirsene. Chiuse gli occhi, respirando profondamente.
- Maledetti Asir. Per colpa di quella pozione non riesco a controllare i miei poteri -, affermò, per poi guardare con moderato astio Sif, oltre, ovviamente, Thor.
- Ringraziate i vostri antenati, e soprattutto il vostro amico, che io mi sia calmato.. -.
Annusò l’aria per alcuni secondi, dopodiché zampettò in direzione delle loro spalle.

- Non ho energie sufficienti per farci uscire da qui. Perciò dovremo restare finché non sarò in grado di aprire un varco dimensionale. Nel frattempo, probabilmente dovremo affrontare i Custodi degli Inferi. Non potrò esservi di aiuto, perciò.. sarebbe meglio trovare un nascondiglio -, affermò.
- Sembri esperto. Sei già stato qui? -, chiese Hogun.
- Tra tutti i Nove reami, questo è l’unico da cui ho preferito stare lontano, insieme a Jotunheim. Le mie parole sono dettate dal buon senso. Da quel che ne so, Hela non ama i visitatori -.
- Sei stato anche ad Asaheim? -.
- Una volta, ma non ho mai trovato nulla che suscitasse il mio interesse in modo particolare. E, se adesso abbiamo finito con gli interrogatori, direi che… -.
Lo Jotun non riuscì a finire la frase, poiché un cane, grosso come un cavallo, ringhiò nella loro direzione.
- E’ uno dei cani infernali a guardia degli Inferi! -, disse Volstagg, tenendo ben salda l’ascia bipenne.
L’animale ringhiò in loro direzione, ricambiato da Helblindi, ancora in forma di lupo.
Prima che qualcuno potesse fare nient’altro, però, dalle ombre del luogo spuntarono figure sempre più nitide ed inquietanti: spiriti, mostri, cadaveri. Presto furono circondati.

- Cosa facciamo? -.
- Combattiamo, Frandal! -, rispose Thor, impugnando Mjolnir.
- E come pensi di sconfiggere i morti, Tonante? Sono troppi! -, replicò Helblindi.
- Per una volta, mi associo a lui! -, aggiunse Sif.
Ma erano pur sempre guerrieri. Se dovevano morire, lo avrebbero fatto combattendo. Pronti ad attaccare, vennero però sorpresi da una voce acuta, quasi femminile.
- Fermi tutti! Toccateli con un solo dito, zampa, zanna o squama e passerete i prossimi duemila anni a nuotare nel Gyoll, il fiume di spade! E’ un emissario di Hela, che ve lo ordina! -.

In mezzo a un gruppo di Giganti, spuntò una persona, molto più minuta e sottile. Dall’aspetto, era sicuramente un nano Jotun, ma le forme, e i lineamenti, erano abbastanza femminili. Aveva una lunga treccia di capelli bianchi, i fianchi larghi e perfino un piccolo seno. Era vestito (o vestita?) con una lunga veste rossa svolazzante, che le lasciava nude le braccia toniche.
I morti arretrarono di scatto, e il cane abbassò le orecchie, mugolando.
- Non farmi quegli occhi dolci, Gamr! Ne ho visti di gran lunga migliori, la maggior parte dei quali appartenevano a dei cuccioli, non certo a te! Ritorna all’ingresso, o ti ci spedisco io, a calci! Non sono Hela, non ti ricoprirò di biscotti per cani come se fossi il chihuahua di una star del cinema -, replicò lui/lei. L’animale uggiolò forte, e obbedì, scappando a zampe levate.
Il piccolo Jotun scosse la testa, sospirando. – Roba da matti.. Non ci sono più i cani infernali di una volta.. Un tempo sì che la sorveglianza era decente! -.
Si avvicinò al gruppo a piccoli passi, con un sorriso (stranamente) materno sulle labbra.

- E’ da tanto tempo che dei viventi non si avvicinavano a questi regni. Normalmente, voi sareste stati quasi di sicuro scacciati via, oppure rinchiusi per sempre negli antri più oscuri degli Inferi. La Regina Hela è molto severa in certe regole. Ma poiché è qui presente del sangue del suo sangue, e che notizie.. preoccupanti le sono giunte alle orecchie, ha deciso di fare una piccola.. eccezione. Siate i benvenuti! -.
 
I presenti si guardarono l’un l’altro, stupefatti da tanta fortuna. Poi guardarono i due Jotun ancora più stupefatti.
- Sangue del suo sangue…? -.
- Hela Angrobdadottr è mia nonna, Thor Odinson. L’unica femmina che sia mai nata nella nostra razza, anche se non avrei mai immaginato un simile favore. E suppongo quindi che tu sia.. -.
- Modgudr, il Guardiano di Gjallarbrù, il Ponte d’Oro di Ginnungagap che collega il pianeta Niflheim con Helheim. In vita fui compagno d’armi del Re di Jotunheim Hyrrokin -.
- Non sei una donna? -, chiese Volstagg, basito.
Il nano sorrise furbo al suo indirizzo. – Oh, ma lo sono, Asgardiano. Come sono anche un uomo. Il mio aspetto è dovuto a una mera questione ormonale, dal momento che, in vita, ho avuto diciassette gravidanze. E, modestia a parte, anche nella morte mi sono conservato benissimo-.
 Frandal e Volstagg rimasero troppo sconvolti per domandare qualcos’altro.

- Ma adesso seguitemi: il vostro piccolo incidente vi ha fatto quasi raggiungere il Ginnungagap, Il Vuoto Pieno che separa i due Regni di Hela: io vi guiderò attraverso il Ponte d’Oro, e da lì alle porte di Helgrind -.
Lo Jotun si voltò, e cominciò a camminare verso una luce dorata, apparsa all’improvviso. Thor invece si avvicinò ad Helblindi, bisbigliando. – Possiamo fidarci? -.
L’altro gli lanciò un’occhiata stizzita, poi scrollò le mastodontiche spalle da lupo, indifferente. Era abbastanza grosso da non dover alzare lo sguardo per guardarlo negli occhi. – A questo punto, dubito che abbiamo molta scelta, figlio di Odino. Sempre che tu non voglia rifiutare l’ospitalità di Hela e girare per il suo Regno senza trovare via d’uscita. Non credi? -, rispose, per poi seguire il nano.
Thor ringhiò. Quel saccente modo di fare doveva essere senza dubbio una cosa di famiglia. Non poteva esserci altra spiegazione. Proprio no.

Esclusa quella che lui si comportava da cretino in qualsiasi caso con qualsiasi persona. Ma questo, ovviamente, Thor Odinson non lo avrebbe mai ammesso nemmeno se se ne fosse reso conto.

 
 
 
Giunti al Ponte, che altro non era se non un tunnel di luce dorata in mezzo al Vuoto Pieno, Modgudr si voltò verso il gruppo di novelli visitatori. – Prima di incontrare la Regina, ritengo opportuno che voi siate a conoscenza di certe cose. Hela non è il genere di persona che va considerata inoffensiva, se presa nel verso sbagliato. E’ un po’… particolare. Il principe Helblindi forse saprà spiegarvi meglio cosa intendo dire -.
- Non sono più un principe da tempo, Modgudr -, obiettò lui.
- Sei un figliol prodigo, ciò non toglie che resti un Principe di Jotunheim -, affermò il nano, severo.
Helblindi sospirò, passandosi la mano tra i capelli, esasperato. Era appena riuscito a ritornare in forma umana, anche se ogni tanto storceva il naso, come se cercasse, istintivamente, di annusare l’aria.

- Moltissimi anni fa, quando ancora né io né nessuno di voi era nato, e addirittura prima del potere di Odino, scoppiò una guerra tra i Regni di Jotunheim e Muspellheim. I Muspell attaccarono noi Jotun nel nostro regno. Fu, ovviamente, una battaglia persa in partenza: come nessuno Jotun può vivere nel regno dei Demoni di Fuoco, nessuno di loro sopravvisse abbastanza a lungo nella terra dei Giganti da continuare l’assedio. Inoltre all’epoca eravamo meglio organizzati. Ci bastò poco per scacciarli. Purtroppo, però, il principe di quegli anni, Angrobda Hyrrokinson, morì carbonizzato nel bel mezzo di un agguato. Ciò che causò la sua morte, in particolare, fu consumare buona parte delle energie magiche per proteggere dalle fiamme non se stesso, ma il cucciolo che in quei mesi portava in grembo, e a cui mancava poco di nascere. Ci riuscì, in parte: gli altri Giganti lo estrassero vivo dal corpo ancora caldo del Re, ma la bimba, poiché in realtà si trattava dell’unica femmina di tutta la nostra razza, era nata con la pelle metà ustionata. I guaritori non riuscirono a curarla abbastanza in fretta, e rimase sfregiata per sempre -, raccontò.

- Ma non è questa la cosa più importante -, disse il nano, facendo cenno di continuare. Gli altri ascoltavano attenti a ogni singolo dettaglio. Disconoscevano completamente la storia dei Giganti di Ghiaccio, e fino a poco tempo prima non avrebbero certo immaginato che gli sarebbe mai interessata, ma dovevano ammettere che aveva un certo fascino.
- Infatti -. Helblindi annuì, mentre il gruppo continuava a camminare. – Hela fu una regina particolarmente scrupolosa, severa nelle leggi, impietosa con i criminali e attenta ai bisogni del popolo. Purtroppo -, disse, incupendosi, - La sua popolarità calò bruscamente quando diede alla luce l’erede al trono -.
Stette un momento zitto, come a cercare le parole.
- Hai detto che Hela è tua nonna -, disse Hogun.
- Quindi si trattava di Laufey -, affermò Sif.

- Esattamente -, diede conferma il Gigante. – Alcuni teorizzavano che il modo in cui Hela era nata avesse compromesso la sua possibilità di procreare degli eredi degni al trono, date le azioni di Laufey. Oltre alla sua.. come dire.. sanità mentale. Non l’ho mai conosciuta di persona, e mio padre non amava parlarne, ma molti mi dicevano che fosse.. Beh, particolare, appunto -.
- Ed è qui che arriviamo al nocciolo della questione -, affermò il Guardiano. – Non guardatela troppo negli occhi, assecondatela, non siate insolenti e soprattutto mai, mai menzionare Laufey, nemmeno se desideraste andare negli abissi più profondi e maledetti di questo regno. Intesi? -.
I viventi annuirono, decisamente inquietati.
- Bene -.
Continuarono ad avanzare, circondati da quell’alone di colori in confronto al quale il Bifrost era grigio come una nuvola. Gli Asgardiani ne avevano sentito parlare. Il Vuoto Pieno non era altro che l’anello di congiunzione, il passaggio tra vita e morte, morte e vita. Da lì tutto aveva origine e tutto una fine. Si trovava ovunque, e da nessuna parte. Era un tramite, con cui maghi come Helblindi e Loki aprivano portali tra i mondi, ad esso erano collegati il Bifrost e i manufatti più potenti dell’universo.
Quando ne uscirono, la vista era completamente diversa da quello che si aspettavano.
Davanti a loro, sorgeva il Vhalhalla.
 



 
****************



 
Erano passati alcuni giorni dalla confessione del Re.
Nella sua stanza, Byleistr stava terminando di controllare gli ultimi documenti sullo scrittoio. C’erano nuove leggi da approvare, o resoconti delle pattuglie intorno alla regione, più che altro. Niente di particolarmente urgente, ma detestava accumulare il lavoro,o lasciarlo arretrato per poi riprenderlo con ritardo vergognoso, specie quando si trattava di burocrazia. Per quel giorno era finita, comunque. Era calata la notte, su Jotunheim, e anche da parecchio. Era tempo di ritirarsi nella propria alcova e dormire un po’.
Ripose con cura tutto; il giorno dopo li avrebbe consegnati a chi di dovere, in modo che ogni cosa fosse pubblicata (le leggi) o riposta negli archivi (le relazioni). Subito prima di alzarsi, però, sentì bussare, e lo trovò strano. Chi mai sarebbe venuto a disturbarlo, a quell’ora? Avrebbe potuto trattarsi di un’emergenza.

Quando aprì la porta, vide Loki davanti a sé. Ecco perché non aveva sentito i passi. Suo fratello, avrebbero detto i Midgardiani, aveva il passo leggero ed elegante di un gatto.
Fu lesto a lasciar andare quei pensieri. Il Principe di Jotunheim aveva un’aria, se possibile, più sconvolta, preoccupata e terrorizzata, in quel momento, che nel primo giorno della sua permanenza a Nuova Utgarda. La cosa, ovviamente, non tranquillizzò il Re, a cui non venne lasciato il tempo di parlare.

- Byleistr.. Ho.. Ho fatto la stupidaggine più grande della mia vita -, disse, sussurrando. Era molto vicino alle lacrime, e teneva le mani sul ventre. Byleistr pregò gli Antenati che non fosse quello che pensava.
Tanti anni prima, qualcun altro, con la stessa espressione spaventata, aveva già bussato alla sua porta.
- Sono incinta. Incinta di Thor -, affermò d’un fiato.





Ehilà.
Ho finalmente lanciato la notizia bomba xD Dopo ben quattordici capitoli,alla fine, la conferma ufficiale arriva. Loki è incinta! Di Thor! Da qualcosa come circa due mesi xD 

Se qualcuno se lo sta chiedendo, uso il termine 'incinta' e non 'incinto' perché il primo termine, comunque, è molto più naturale, considerando che Loki è pur sempre ermafrodita. E' più dolce ^^ la parola 'incinto' invece sa di grottesco, e non è l'impressione che voglio dare io, specie per un argomento del genere <_<

Quanto a Thor, Helblindi e gli altri, dovranno ancora stare insieme per un bel po', poveracci xD tra tutti i posti in cui potevano capitare, proprio Helheim non era il migliore ahahah xD 
Come sono cattiva :P

Spero che abbiate apprezzato molto anche questo capitolo :D e non vedo l'ora che la nuova compagnia incontri Hela (e non solo).
Perché si sa, le riunioni di famiglia possono essere molto, MOLTO imbarazzanti.

Vediamo chi indovina quali Antenati inserirò ;D sono curiosa di vedere cosa ne uscirà fuori (perché è un capitolo che devo ancora scrivere, ma ho già molte idee in proposito xD).



Alla prossima!
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Helgrind - parte 1 ***


Anticipo fin da subito che ho dovuto spezzare questo capitolo xD perché era davvero troppo lungo. Per il resto.. Beh, forse c'è poca azione, ma spero lo stesso che apprezzerete e che recensirete :)
P.s: forse avrei dovuto approfondire un po' di più la mia versione del regno dei morti, ma poiché ci avrei messo troppo e comunque non è particolarmente inerente alla trama ho deciso che era meglio non soffermarsi a lungo xD
Alla prossima e buona lettura!
Madama Pigna









 
- Perché?! Perché l’ho cacciato via? Ho rovinato.. tutto! -, esclamò Loki, singhiozzando.

Era da molto tempo che Byleistr non malediceva tra se e se le tempeste ormonali, specie quelle dovute alle cosiddette dolci attese (che, per sua esperienza personale, erano tutt’altro che dolci). Ciò non significava, comunque, che ne avesse perso la capacità. Suo fratello, appena confessato il suo piccolo misfatto, era scoppiato a piangere, peggio di un vedovo, e a lui non era rimasta altra scelta che accoglierlo nella sua camera e lasciarlo sfogare lì. Porgendogli, ogni tanto, una spalla su cui piangere, senza però smettere di imprecare mentalmente contro tutti gli dei che conosceva. E contro i loro lombi, ovviamente. I loro stramaledettissimi lombi, stramaledettamente funzionanti se in un solo, stramaledetto amplesso erano capaci di ingravidare uno stramaledettissimo Jotun.
 
Sto diventando ripetitivo, si ritrovò a pensare.
Ma insomma, come poteva non prendersela?! Un principe di Jotunheim che.. che diamine, aspettava un figlio da un principe di Asaheim! Da Thor Odinson, poi! Amore che fosse o meno, non gliene importava niente. Fossero stati due persone comuni, niente in contrario, affari loro se si mettevano a figliare mezzosangue, non era tanto fanatico da avere in testa idiozie come i discorsi sull’inquinamento della razza eccetera.
Ma qui si parlava di principi, maledizione! Principi, e futuri re; nel caso di Thor, e, sperava, non nel caso di Loki, perché per fare una idiozia del genere doveva aver mandato il cervello a farsi benedire, quando era con Thanos. E comincio anche a esagerare, pensò di nuovo. Calmo. Devo restare calmo, decise, esercitando la sua grande bravura nell’imporsi una severa auto-disciplina. Prese un bel respiro. Ora gli toccava anche cercare di far tornare in sé suo fratello. E lui non era mai stato bravo a consolare le persone.
Semmai il contrario.
 
- Ascoltami, Loki. Devi cercare di calmarti.. -.
- COME FACCIO A CALMARMI?! Ho cacciato via l’uomo che amo, l’ho insultato, l’ho ripudiato, e adesso scopro di aspettare un figlio da lui! Non mi vorrà più! -.
- Non essere ridicolo. Sicuramente quel troglodita travestito da Asir è abbastanza testone da amarti ancora. Sbaglio o tra compagni si litiga sempre? Questa ne è la prova -.
Davvero patetico, Byleistr. Al suo posto non ci cascheresti nemmeno tu, che di amore non sai niente.
Infatti, Loki non smise di piangere, anzi. Lo guardò abbastanza male, prima di riabbassare lo sguardo.
- E tu come puoi esserne certo? -.
Doveva inventarsi una buona scusa. Ma che poteva dirgli?
- Tu come puoi essere certo che non ti vorrà più? -.
Era qualcosa. Almeno quello.
 
- In ogni caso, credo che la questione da discutere sia un'altra. Perché me lo hai detto? -, chiese, leggermente confuso. Insomma, Loki conosceva la sua storia, sapeva che l’ultima volta non era andata certo bene, quindi per quale motivo correre il rischio anche lui?
Il più piccolo ritornò a guardarlo, stranito. – Come sarebbe a dire perché? Sei mio fratello! Dovevi saperlo! -.
 
La risposta lasciò completamente spiazzato il Re, che, di tutte le risposte che si sarebbe aspettato, quella non l’aveva nemmeno contemplata. Come poteva Loki considerarlo un fratello? Dopo tutto quello che aveva fatto.. Dopo.. dopo.. dopo tutto.
Dovevano essere gli ormoni. Non riusciva a trovare un’altra spiegazione plausibile.
- Va bene. A questo punto, credo ci sia solo un’altra cosa da fare -, disse, circondandogli le spalle delicatamente, con un braccio, non sapendo bene se fosse la cosa giusta da fare o meno.
Loki alzò lo sguardo su di lui. – Vuoi andare ad Asgard? -.
- Non vedo altra scelta, Loki. Che Thor lo voglia o meno, vostro figlio sarà un Principe, sia di Jotunheim che di Asaheim. Credo.. che sia meglio, fin da subito, chiarire come affrontare la faccenda, prima che questo neonato venga sballottolato di qua e di là per meri scopi politici. Tanto prima o poi lo sapranno comunque -.
 
Il più giovane annuì, abbassando gli occhi.
- Tu invece? Lo vuoi tenere? -.
- Certo che lo voglio tenere, razza di cretino! Non mi sarei messo a piangere in quel modo, altrimenti! -, affermò lui focoso, alzandosi subito.
Byleistr preferì non far caso a quell’improvviso cambio d’umore. – D’accordo, d’accordo. Allora credo sia il caso di prepararci. Hai recuperato abbastanza controllo sulla tua magia per aprire un portale? -.
 


 
*****************
 


 
Il Vhalhalla in una sola parola?
Per Volstagg sarebbe stato cibo. Per qualcun altro donne. Per un bambino dolci e per un vecchio giovinezza, ma, fondamentalmente, era tutta una questione personale.
Ognuno vedeva ciò che più desiderava al mondo. E questo, ovviamente, li rendeva stralunati e poco attenti a dove mettevano i piedi. Dopotutto erano dei viventi, logico che il richiamo del paradiso fosse per loro irresistibile.
Modgudr dovette richiamarli più volte, onde evitare che si perdessero in quel mare di anime che sostanzialmente era il Regno di Helheim. Gli parve di vedere anche solitarie lacrime di commozione, ma l’antico guerriero Jotun non se ne stupì, poiché nel Vhalhalla potevi vedere anche i tuoi sogni e i tuoi desideri più segreti e utopistici realizzarsi.
 
Non indagò su quelli dei viventi, poiché ognuno ha diritto di tenere i propri segreti per sé.
 
Ma, strano a dirsi, è noioso indagare su ciò che si cela nel mondo dei defunti, piuttosto è meglio continuare a narrare la storia dei suoi visitatori, poiché non tutti hanno una psiche tale da reggere certi segreti.
Non tutti, ad esempio, sarebbero felici di incontrare i loro avi.
 
I viventi lì presenti, però, erano stati allevati tutti in società dove la famiglia e in particolare gli antenati avevano una certa importanza. Helblindi in primis. Mai inveire contro i propri ascendenti, e che fossero padri, nonni o trisavoli aveva ben poca importanza. Questo era stato insegnato allo Jotun fin dalla sua prima giovinezza, ed è quindi facilmente immaginabile quanto fosse grande il suo odio nei confronti di Laufey, tale da esprimere senza peli sulla lingua cosa ne pensava di lui. O forse gli anni lontano dalla sua terra d’origine avevano solamente inciso molto sulla sua morale, chissà.
 
In ogni caso, piccoli ostacoli a parte, gli Asgardiani e lo Jotun arrivarono a Helgrind, la reggia di Hela, sani e salvi. Questa aveva uno stile molto simile alle antiche città di Jotunheim. Vista dall’esterno, sembrava un enorme ammasso di pilastri ammassati tra di loro, solo che quella residenza non era azzurra, bensì rossiccia, come la sabbia di certi deserti. Si erano ormai allontanati dal Vhalhalla, e in lontananza si scorgevano i fuochi del vero e proprio Inferno. A metà strada tra questi e il palazzo, uno strano ammasso di bagliori multicolori sembrava estendersi all’infinito, come le luci di una città. Ad alcuni viventi parve strano che tutto avesse una base così orizzontale, come se non avesse limite, seppure non ci fosse il cielo.
 
Entrarono nell’Helgrind, e subito la loro vista fu coperta dal buio. Un dedalo di corridoi deserti li separava dalla Regina dei Morti, colei che lo stesso Padre degli Dei aveva soprannominato Terribile Hela, e non, probabilmente, senza una buona, buonissima ragione.
Ugualmente, Modgudr li guidò sicuro verso la meta, come se fosse stato una qualunque guida turistica midgardiana che faceva solo il suo onesto mestiere.
 
Dopo un po’, tuttavia, il silenzio teso che ormai si sarebbe potuto tagliare con un coltello venne spezzato.
Delle voci, poco distanti dal gruppo, cominciavano a riempire il luogo, che piano piano si rischiarò.
Il tunnel si aprì in una sala illuminata da dei bracieri.
Sembrava quasi che quell’ambiente volesse rispecchiare l’animo cupo di certi suoi abitanti, forse perché morti, forse per altre ragioni. In ogni caso, i nuovi arrivati non si soffermarono a rifletterci per molto, troppo impegnati ad ascoltare la conversazione tra i due defunti sospesi a mezz’aria. Dopotutto le anime non avevano piedi, e anche Modgudr si spostava volteggiando leggermente.
 
Le due figure erano ben più grosse del Guardiano, in particolare una. Al Tonante parve molto più grande di tutte le creature che avesse mai fronteggiato, e gli dava la sensazione che, se avesse voluto, avrebbe potuto esserlo ancora di più.
Era un serpente, maestoso e fiero, dalle scaglie verdi che rilucevano di diverse sfumature ipnotiche alla luce del fuoco. Costui fronteggiava quello che sembrava uno Jotun, anche se aveva un corpo fin troppo femminile per apparire ermafrodita. Aveva una liscia veste nera con intarsi bianchi, bellissima, che non poteva però compensare la mancanza dei capelli, sostituiti dalle escrescenze cornee.
I due sembravano non essersi accorti di altre presenze nell’enorme sala del trono, perché il rettile continuò.
 
- Tuo figlio ha gettato la vergogna su tutta la nostra stirpe! -.
- Tuo figlio ha lasciato che accadesse! -, rispose la Gigantessa di rimando.
- Tuo figlio ha ucciso mio figlio! -.
- Non è colpa mia se tuo figlio ha sempre avuto il cuore così schifosamente molle da lasciarsi ammazzare in modo così stupido!
- Non è colpa mia se tuo figlio è sempre stato una mela marcia pronto ad assassinare persino la sua stessa madre in nome dell’ambizione, oltre che il sangue del suo sangue, ovviamente! -.
- COME OSI? -.
- Come osi tu! -.
- Schifoso viscido verme fin troppo cresciuto! -.
- Stomachevole racchia mezza sbruciacchiata! -.
- Rettile arrogante! -.
- Principessina viziata! -.
- Fiato ammorbante! -.
- Mediocre illusionista! -.
- Sei un ammasso di squame buono solo a produrre delle borse! -.
- Sei una orripilante sfregiata utile soltanto come combustibile! -.
- L’unica cosa che supera le tue dimensioni è il tuo stramaledetto ego! -.
- L’unica cosa che supera la tua bruttezza è la tua ultradannata cecità! Ben due volte ti avevo avvertita, Hela, e tu non mi hai mai voluto dare ascolto! Se i Nove Regni ora corrono un simile rischio è soltanto colpa tua! -.
- Sei un subdolo e untuoso meschino! -.
- E tu sei una stupida testarda! Quando, quando mi darai ragione, per una buona volta?! -.
 
I viventi osservavano la scena, allibiti.
A Helblindi in particolare, poi, mancava solo la mascella spalancata, e in quel caso se anche un paio di piccioni avessero fatto il nido sulla sua lingua lui non se ne sarebbe nemmeno accorto.
 
E quelli dovevano essere i suoi nonni?
 
Era troppo sconvolto persino per pensarlo.
 
Quella era la Regina osannata per la sua saggezza e la sua impareggiabile imparzialità?
Quello era il metaforma più abile che Jotunheim avesse mai conosciuto prima della sua nascita?
 
Quelli erano Hela Angrobadottr e Jormungandr Grìdrson?
 
I due continuarono a insultarsi per un po’, rinfacciando l’uno all’altro difetti ed errori commessi apparentemente senza un senso particolare.
Rivali nella vita quanto nella morte.
 
- Oh, per la miseria, ci risiamo. Hyrrokinn, forse sarebbe meglio se tu.. -.
- Sì, Modgudr, lo so bene -.
 
I viventi si ridestarono dal loro torpore, e videro che, tra loro, era apparso un altro nano Jotun, più basso di tutti loro, ma con uno sguardo che avrebbe fatto scappare il più grosso dei mostri tra le braccia della propria madre.
 
Aveva l’aria di uno capace di seppellire Mjolnir sotto una montagna solo per farla franare addosso al Tonante, non appena avesse richiamato il suo martello. Somigliava a Loki, ma aveva muscoli ben più massicci e un’espressione dura come la pietra. Sembrava antico, e la forza del suo spirito vitale, ora che era così vicino, era tale che potevano sentirla tutti. Ma era una forza quasi incrinata, come di un vecchio che aveva visto troppo e vissuto troppo.
 
Era un Antenato.
 
Si avvicinò ai litiganti con un tale sdegno che nemmeno il Padre degli Dei, agli occhi di Thor, avrebbe potuto eguagliare.
 
Quando vide che i due non si erano nemmeno accorti del suo avvicinamento, perse definitivamente la pazienza.
 
- FATE SILENZIO! -, tuonò.
Immediatamente i due sobbalzarono, voltandosi verso l’antico Gigante noto come Domatore di Bestie.
Fu allora che Hela, prima di quel momento girata di profilo, mostrò il suo intero volto.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Helgrind - parte 2 (Una notizia pessima ed una cattiva) ***


Chiedo scusa per il ritardo ^^'' purtroppo ho avuto problemi con la linea. In effetti ho sempre problemi con la linea, che va e viene di continuo, ma questa volta non voleva proprio tornare. Spero che il capitolo vi piaccia, e, vi prego, non uccidetemi per quello che leggerete!







Era davvero molto brutta. Raccapricciante, in effetti.
Qualunque bambino si sarebbe traumatizzato a vita, vedendola.
Magari era per questo che suo figlio era venuto su in quel modo.
 
Innanzitutto, l’occhio sinistro era più sottile per colpa di un lembo di cute cascante, rendendo lo sguardo perennemente storto. La pelle, poi, dove avrebbe dovuto essere non necessariamente liscia, ma perlomeno blu, uniforme e dura, era piena di piaghe, deformando i lineamenti duri, di quel colore rosso/bruno tipico delle bruciature, talmente orrenda da sembrare quasi in decomposizione.
L’altra parte del viso, blu, ricordava terribilmente Laufey, e questo non avrebbe potuto tranquillizzare nessuno.
 
Tuttavia, sia lei che il rettile si fecero piccoli piccoli al rimprovero severo del nano, ammutolendo all’istante. Entrambi avevano abbassato lo sguardo, pentiti.
 
- Vergognatevi. Tutti e due, a prescindere da quello che avete fatto in vita. Siete morti da più di quattromila anni. Crescete un po’, maledizione! Non siete più dei cuccioli, e sarebbe ora che accantoniate le vostre questioni per comportarvi da adulti -.
 
- Nonno.. -, provò la Regina.
- Silenzio. Mai, e dico mai, nella nostra famiglia, c’è stato un simile rapporto tra un discendente di Narfi e un discendente di Vali. I vostri rancori hanno quasi distrutto la nostra casa una volta, e ora di nuovo.  Se aveste quel minimo di dignità che spetta ai vostri ruoli, non saremmo arrivati a questo punto. E se i vostri padri non avessero scelto la via della rinascita, si vergognerebbero di voi. Non siete fratelli, ma vi ho cresciuti come tali e vi siete amati come tali. Eppure non riuscite più a stare nella stessa stanza senza litigare come due cuccioli con ancora il moccio al naso. Non mi interessa chi ha torto o ragione. Comportatevi in modo consono alla vostra posizione, se non volete peggiorare ancora di più la situazione che avete causato. Non ho alcuna intenzione di sentire le vostre urla dal Vhalhalla! -, disse.
Helblindi vide il suo bis-bis nonno scomparire dopo pochi istanti, con ancora una espressione severa in viso che, in qualche modo, gli era familiare. Probabilmente le discussioni tra la figlia di Angroba e il figlio di Grìdr erano all’ordine del giorno, se colui un tempo noto come Domatore di Bestie appariva così disinvoltamente in diversi posti del Regno dei Morti.
 
La Jotun e il Serpente di Midgard si guardarono astiosi, per poi darsi di spalle piuttosto seccati, l’uno sibilando, l’altra borbottando imprecazioni.
 
 
Modgudr sospirò, scuotendo la testa. – Perdonateli. Solitamente non fanno così, a meno che non siano nella stessa stanza e non parlino dei loro figli -.
Si avvicinò. – Hela, sono arrivati i vivi che stavamo aspettando -.
I due non-viventi si voltarono.
– Perfetto -, disse la Regina. – Avvicinatevi, dunque, viventi. Non faccio questo tipo di eccezioni alla regola solo per avere un pubblico ai miei scambi con Jormungandr -, disse, sembrando all’improvviso un’altra persona, più severa, più dura.
 
 
 
Si sedette su un elevato trono di pietra, e con un gesto appena accennato fece apparire delle sedie di fronte a lei. Nel frattempo, il rettile avvolse le sue spire intorno ai presenti, e la sua testa spuntò alla destra della rivale, osservando gli ospiti con un’attenzione che mise subito a disagio gli Asgardiani, ma non Helblindi,  che non distolse lo sguardo dai dischi gialli che erano gli occhi del padre di suo padre.
Uno studio così attento da parte di un avo era una cosa che si aspettava.
 
 
I due si guardarono per un lungo istante, finché il più anziano non ghignò. – Testardo e impulsivo. Questo ragazzo mi ricorda qualcuno -, disse, voltandosi verso la Gigantessa. Hela sbuffò.
- Non dire che ti ricorda me, Jor. Io non ho l’indole lunatica e primitiva di voi metamorfi -.
- Qualcosa del genere sì, però -.
- Ma smettila. Piuttosto nostro nipote mi pare insofferente verso l’autorità, e in questo non ha certo preso da me, non trovi? -.
- Forse, ma noto che ha raggiunto un autocontrollo notevole. Dopotutto buon sangue non mente, e ha un grande talento -.
- Sì, sì. Passiamo al dunque, non voglio passare per una vecchietta che fa discorsi come ‘’ha preso dal suo papà!’’ e roba del genere -.
Il rettile alzò gli occhi al cielo. – Siamo Antenati, cos’altro vorresti fare in questo luogo avvilente e squallido? -.
- Preferirei giocare a carte con il Mostro di Firenze. Almeno Pietro Pacciani, Giancarlo Lotti e Mario Vanni hanno talento per il poker -.
- Sì, così li facciamo reincarnare una terza volta, giusto per dare più spazio ai necrologi dei giornali midgardiani, eh? -.
- è stato un incidente! Ho rimediato subito con una morte veloce e infantile, e lo sai! Comunque sia, lasciamo le nostre questioni per dopo. C’è una cosa che il Principe Thor, i suoi compagni e nostro nipote devono sapere. Anzi, due -.
 
- Due? -, chiese il Tonante, perplesso. – Quali notizie può darmi la Dea della Morte? -.
- Signora della Morte, o Regina della Morte. Non Dea, Thor Odinson. Sono una Gigantessa, io -.
- Chiedo scusa -.
- Ecco, bravo. Adesso siediti, ho ragione di credere che tra pochi istanti potresti perdere conoscenza -.
- Che? -.
- Siediti e basta, figlio di Odino. Non mostrarti più tonto di tuo padre, su -.
- Ehi! -.
- Suvvia, giovanotto, conoscevo Odino da che era un bimbetto con il pollice in bocca, e anche suo padre, Bor. Posso dire che certi difetti sono tipici della vostra famiglia. E poi andiamo, uno che sceglie di allevare un principe Jotun ad Asaheim non ha tutte le rotelle a posto, solo solo per il fatto che adesso mezza stirpe di Ymir vorrebbe conciarlo per le feste. Compreso mio nonno Hyrrokin, e, credimi, lui sarà anche piccolo ma come le suona lui non le suona nessuno -.

- Cosa dovremmo sapere, Regina Hela? -, la interruppe Helblindi.

I due nonni si guardarono un momento. Poi, Jormungandr parlò. – Preferite prima la notizia pessima o la notizia cattiva? -.
- E’ molto incoraggiante -, commentò Frandal.
- Siamo nel Regno dei Morti, Asgardiano, non in un parco giochi per bambini molesti -, rispose il Serpente.
- Se entrambe le notizie sono tanto nefaste, decidete voi. Fa qualche differenza? -, chiese Sif, incrociando le braccia.
- Molto bene, allora. Da dove cominciamo? Ah si! -, rispose Hela. – Loki aspetta un figlio da te, Tontante. Questa era la pessima notizia -.
- Uno spreco di ovuli, a suo dire -, continuò ironico il vecchio rivale, scuotendo la testa esasperato.
- CHE COSA?!? -, urlarono gli Asgardiani, sconvolti. Frandal si voltò verso l’amico, sconvolto.

- Tu hai.. tu hai..? -.

- Fortuna che il giovanotto si vanta di essere un esperto d’amore -, commentò il serpente, tenendo la grossa testona appoggiata alla coda. – Osservare voi viventi da questo Regno ci rende particolarmente informati, sapete? -.
- Ah, ai nostri tempi le caratteristiche della nostra razza erano ben più conosciute. Non erano così eclatanti casi di nascite di mezzosangue. Ricordi quando Bestla ricevette delle avances prima di sposarsi da una delle ancelle della corte di Vanaheim? Quante risate quando ha scoperto che lei era solo una lei! A momenti scoppiava in lacrime, era davvero delusa -.
- Sei stata tu a farle credere che Bestla era uno Jotun purosangue, e non una mezza Asir! Davvero, Hela, ci conosciamo da più di diecimila anni e ancora non mi capacito della tua capacità di fare scherzi infelici. Come quando hai spaventato Odino.. -, rispose lo Jotun, scuotendo la testa.

- Non l’ho fatto apposta, ve l’ho detto mille volte! Semplicemente ero andata ad Asgard per parlare con Bor e per sbaglio sono apparsa davanti a suo figlio! Che colpa ne ho io se era un bambino fifone?! -.
- Persino io mi sarei spaventato a morte se un Asir brutto come te mi fosse improvvisamente apparso davanti da piccolo, Hela! E non ridere, perché sarebbe meschino persino per me! -.
- Uffa, quante storie! Sua madre Bestla non mi ha parlato per mesi, avrò pure il diritto di farmi una risata! -.

- Conoscevate mia nonna? -, chiese Thor, stupito.
- Certo che conoscevamo tua nonna, noi tre eravamo amici d’infanzia. Beh, non è che io abbia mai approvato il suo matrimonio con quella testa calda di Bor, ma, come dicono i midgardiani, tra moglie e marito non mettere dito! Tu hai ereditato il suo stesso perbenismo ingenuo, oserei dire! -.
- Ma.. ma come fate a sapere.. -.
- Di Loki? Per gli Avi, Thor Odinson, i morti sanno tutto -.
- Vuole dire che spettegolano su tutto -, aggiunse Jormungandr.
- Vuoi smetterla di correggermi? -.
- Assolutamente no -.
- Perché? -.
- Perché sai benissimo che quando dico una cosa ho sempre ragione -.
- Non è vero! Quella volta in cui.. -.
Continuarono a discutere, mentre i viventi fissavano Thor preoccupati.
 
Il povero Dio del Tuono stava lentamente elaborando le parole della Regina dei Morti.
Loki aspettava un bambino.
Da lui.
 
Cosa avrebbero fatto, adesso?
Loki lo sapeva? Sapeva della gravidanza quando lo aveva cacciato da Jotunheim? O ne era del tutto ignaro?
Suo fratello lo voleva, questo figlio?
E lui, Thor figlio di Odino, voleva diventare padre?
Non aveva mai pensato seriamente ad un’eventualità del genere. Certo, non aveva mai neanche pensato di non volere figli, ma mettere su famiglia era una cosa su cui non aveva mai riflettuto, la vedeva come qualcosa di un lontano futuro, e adesso.. Improvvisamente stava per diventare genitore.
 
E se..
E se Loki se ne fosse già liberato?
No, non poteva pensarci.
 
Ma più del bambino in sé, la cosa che più lo spaventava era la possibilità, che adesso stava seriamente prendendo in considerazione, che Loki fosse stato sincero quando gli aveva detto di non volerlo più tra i piedi. Era un’eventualità che non riusciva a sopportare.
 
Perso nei suoi pensieri, non ascoltò il dibattito tra i due morti.
 
- Per esempio, tu eri convintissimo che Farbauti sarebbe stato un mago, prima che nascesse, invece non sapeva manipolare il Seidr meglio di una formica! Non aveva nemmeno la rigenerazione! -.
- Non avevo detto questo! Avevo detto che ero convintissimo che mio figlio avesse un Seidr potente, e sai perfettamente che l’energia magica può anche manifestarsi in vigore fisico. Difatti Farbauti era uno dei più forti guerrieri della famiglia -, ribatté altezzoso, e i presenti notarono un lampo d’orgoglio nelle sue iridi dorate.
- Peccato che.. -.
- Azzardati a nominare la sua morte solo per avere ragione, Hela, e giuro sul sangue di Narfi che.. -.
 
- Ehm ehm. Non dovevate dire qualcos’altro, ai viventi? -, fece notare Modgudr, che aveva fiutato la possibilità di un ennesimo litigio. Con i membri di quella famiglia ci voleva una certa dose di pazienza.
Con loro in particolare.
 
I due si ricomposero. – Hai perfettamente ragione, Modgudr. Per quanto abbia cercato di.. rimandare l’argomento, fin’ora, prima se ne parla, meglio è -, rispose Hela, tornando seria. Era come se in lei combattessero due personalità opposte: una un po’ capricciosa, quasi infantile, l’altra più severa e composta nei modi. Un po’ come la sua faccia, la sua personalità aveva elementi differenti e opposti l’uno dall’altro.
 
La donna strinse le labbra, affondando le unghie nei braccioli del suo trono. I suoi occhi rossi sembrarono emettere fiamme.
Poi, finalmente, parlò.
 


- Laufey è risorto. E vuole muovere guerra ai Nove Regni -.

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Rotta per Asgard - ma non c'è certezza di arrivo -. ***







I viventi rimasero in silenzio, continuando a fissare la Regina dei Morti e il Serpente di Midgard.
 
All’inizio, non seppero come reagire.
Poi, passarono esattamente ventitré secondi, prima che Hela sbuffasse battendo il pugno sul suo trono.
- Ebbene, non avete niente da dire? -, chiese. L’argomento, per lei, era tutt’altro che piacevole, persino Thor lo aveva capito.
 
 
Ma non è che il gruppo non avesse niente da dire. Semplicemente i più erano troppo sconvolti per parlare.
 
- Ma.. Ma dovrebbe essere impossibile! -, disse Lady Sif, che prima di parlare aveva scambiato impulsivamente uno sguardo con Helblindi. Costui annuì, d’accordo con la valchiria. Il suo viso si era fatto immediatamente più cupo.
Per quanto potesse essere un ‘figliol prodigo’, il mago non dimenticava certo le sue origini, né il tipo di condotta che Laufey aveva sempre adottato durante il suo regno, sia nei confronti suoi e di suo fratello (soprattutto di quest’ultimo), sia nei confronti della popolazione. Dei nani in particolare..
 
 
La Jotun sospirò, massaggiandosi la radice del naso. – E’ vero. Ma almeno sapete perché? -, chiese.
- Mio padre una volta mi disse che il tuo compito di Regina era non lasciare che le anime dei morti uscissero da questo Regno, né che i vivi vi entrassero.. -, mormorò Thor Odinson. A quel poveretto sarebbero crollati i nervi, prima o poi. In quel periodo nessuno serbava mai buone notizie, per lui.
 
 
- Esatto -, la sovrana si alzò, fluttuando avanti indietro, come pensosa. - Voi, ovviamente, siete troppo giovani per saperlo, ma al tempo in cui io respiravo ancora, resuscitare i morti era quasi una bazzecola, se avevi la giusta conoscenza e il giusto potere. Gli elfi neri, da sempre i più abili nell’arte della negromanzia, erano particolarmente bravi in questo. Certo, molti lo consideravano immorale, almeno finché non gli moriva una persona cara, ma dettagli. Il punto è -, continuò, – Che era possibile. Tuttavia era molto pericoloso. Non avete idea dei danni che hanno causato esperimenti e incantesimi andati male. Una delle Grandi Guerre, ad esempio, per la precisione quella che combatté mio nonno Hyrrokin. E’ stata una delle ragioni che mi hanno spinto a diventare la prima Regina negli Inferi, in assoluto. La mia magia, unita a quelli di altri maghi defunti –per lo più Antenati o elfi neri, ma sorvoliamo-, crea, in aiuto al Ginnungagap, uno strato protettivo che impedisce alle anime di andarsene tramiti incanti esterni. Ed io, razza di imbecille che non sono altra, non mi sono resa conto di aver fatto un errore strategico -.
- Un errore strategico? -, chiese Frandal.
- Non interrompere, schermitore -, lo rimbeccò il serpente.
- Stavo dicendo.. Sì, un errore strategico. Pensavo di essere abbastanza potente per tenere a bada certe anime –con il potere di Jormungandr e di altri defunti che detestano bighellonare nel Regno senza far niente, poi, mi pareva scontato-. Ma non avevo considerato che qualcuno dei dannati potesse arrivare a manifestare il Seidr in età avanzata -.
 
La Regina si interruppe, abbassando lo sguardo. – Dopotutto.. Il sangue non mente.. mai.. E anche se Laufey non è mai stato un mago, ciò non significa che non avesse anche solo un minimo di magia dentro di sé per fare quello che ha fatto -.
 
- Come sarebbe a dire?! -. Helblindi, che da sempre odiava suo padre per come si era comportato, si alzò, improvvisamente preda di una pericolosa collera, controllandosi a stento. Una vena pulsava sulla sua fronte, quasi come se fosse pronta a esplodere.
 –Laufey ha distrutto tutto quello che era stato fatto di buono in centinaia di generazioni, e in tutta la mia giovinezza non l’ho mai visto usare la magia nemmeno una volta! Eppure ha lo stesso sterminato migliaia di innocenti, e ridotto il nostro pianeta a un.. a un.. -.
- A un letamaio -, disse Jormungandr, serrando i temibili occhi gialli. – La tua rabbia è comprensibile, nipote. Ma non sempre le cose vanno come ci aspettiamo, come tu ben sai. Nemmeno io avevo previsto una cosa del genere, ed ho sempre pensato di essere in grado di prevedere le mosse di quel pazzo. Ma il danno è fatto, e noi defunti non possiamo fare niente, per il momento -.
Spostò l’attenzione verso Hela, che non aveva continuato. Il suo sguardo, per un momento, si rattristò, quasi come se fosse dispiaciuto per l’eterna rivale; ma poi i suoi occhi ritornarono verso i vivi.
– I vincoli sentimentali non funzionano solo con il sangue. Soprattutto se sei morto, quando la sola cosa che conta è la tua anima. Amare qualcuno significa dargli un terribile potere, mettergli il cuore in mano sperando che non lo riduca a brandelli. Non sempre ci si affida alle persone giuste. Un legame d’amore, negli Inferi, dà la possibilità di renderti invulnerabile. E.. -.
- Basta così, Jormungandr -, lo interruppe lei, rialzando lo sguardo, tornato duro.
 
- Morde più del dente di un serpente il dolore di avere un figlio ingrato.. perché Laufey è mio figlio, qualsiasi cosa accada. Una parte di me dovrebbe odiarlo. Vorrei odiarlo, davvero. La vergogna della mia carne, della mia stirpe, la piaga che ha spezzato Jotunheim. E non c’è giorno, non c’è ora in cui non mi penta di non avere ascoltato chi vedeva più lontano di me. Le colpe dei figli sono sempre colpe dei genitori, ed io non sono stata in grado di prevedere quello che Laufey avrebbe fatto. Lui mi disprezzava.. Ma sapeva bene che io non sarei mai riuscita a odiarlo veramente. Durante l’anno in cui è rimasto negli Inferi, ha aspettato la morte dei suoi servi più fedeli. Poi, quando anche Skrìmir, colui che nemmeno dopo la sua morte era passato dall’altra parte, è sceso qui, ha sferrato il suo attacco. Il mio legame con lui e la fedeltà dei suoi scagnozzi gli hanno permesso di usare un’enorme quantità di magia, e di rompere le barriere magiche del Regno, scatenando il caos più totale. E mentre i dannati resi liberi ci tenevano occupati, lui e i suoi soldati se ne sono andati, occupando con la forza i corpi di qualcun altro. Adesso i confini di Nifelheim sono difettosi. Non si può uscire, ma solo entrare-, si interruppe.
- Non amo parlare di questo. Ma dovete uscire da qui, e sconfiggerlo -.
 
- Ma come, allora? -, domandò Volstagg.
- Ora c’è un solo modo per tornare nei mondi dei vivi, ed è.. -.
- Il Ginnungagap -, disse Helblindi. – Ciò significa che le probabilità di tornare sono.. -.
- Minime. Se succedesse qualcosa, sareste fortunati ad atterrare in qualche pianeta disabitato e disintegrarvi in migliaia di pezzettini minuscoli -, lo interruppe Jormungandr.
 
Gli Asgardiani sgranarono gli occhi. Non era affatto rassicurante, no no no.
Perché negli ultimi tempi dovevano sempre immischiarsi in affari mistici? Non temevano la battaglia, né i mostri, né la morte (quando era inclusa nel concetto di ‘battaglia’). Ma la magia, con tutti i suoi surrogati, non faceva proprio per loro. Erano impreparati a quel genere di cose!
– Ma non avete altra scelta. In questo stesso momento -, continuò il rettile dagli occhi gialli, – I Demoni di Fuoco, tra cui alcuni impossessati dagli insorti, si stanno preparando ad assaltare Asgard, protetti dalla magia di Laufey. Il Guardiano non potrà vederli arrivare. E nella reggia ci sono anche Loki e Byleistr. Se non avranno un aiuto, rischieranno la morte. Soprattutto Loki, viste le sue condizioni -.
 
Il gruppo impallidì. Thor, che aveva già assimilato troppe informazioni sconvolgenti in una volta, svenne.
 
 
 




 
 
 
Quando riprese i sensi, il gruppo si trovava già davanti al Ponte D’ Oro. Gli Asgardiani, però, capirono che non sarebbero tornati ad Asgard da lì.
-Ma Heimdall non può vederci? -, chiese Frandal.
- No. Qui siamo al di fuori della sub dimensione dei viventi, Spadaccino. E se anche potesse farlo, il Bifrost non è in grado di prendervi da qui. Dovrete per forza aprire un tunnel nel Ginnungagap, e non sarà facile per mio nipote. Né, soprattutto, privo di rischi per tutti voi -, rispose la Regina.
 
- Helblindi -, disse l’enorme rettile, avvicinandosi al discendente. – Quando sarai davanti a Laufey, non sottovalutarlo. Qualcosa lega la sua anima al mondo dei viventi, e assorbe i nostri poteri magici, come ti ho già spiegato. E’ una magia complessa, deve per forza aver attinto alle conoscenze degli Antichi per elaborarla. Non sappiamo cosa sia quest’oggetto, ma devi distruggerlo. Laufey non potrà mai tornare nel Regno dei Morti, altrimenti -.
Lo Jotun annuì.
- E c’è un’ultima cosa che devi sapere. Si tratta di Farbauti -.
Il Gigante lo guardò, interrogativo. Jormungandr continuò.
- Nemmeno lui è mai riuscito a liberarsi dell’amore per Laufey. Durante la battaglia, anche lui è uscito dagli Inferi, ma è..Diverso. Non ha il controllo del suo corpo. Potrebbe fare qualsiasi cosa, per ordine di Laufey. Conosciamo entrambi abbastanza la sua forza da sapere che non è una bella notizia. Riportalo qui, Helblindi -.
 
Riportalo da me, sembrava stesse dicendo.
 
Poi sospirò. – E’ per questo che i Re e i loro compagni non dovrebbero innamorarsi.. I sentimenti ingarbugliano sempre questo genere di circostanze. Sfortunatamente, l’amore è un sentimento  troppo insidioso per essere controllato. Buona fortuna.. ne avrete bisogno -.
 

 
- Aspettate, prima di partire volevo chiedervi.. delle cose -, disse il mago, mentre gli altri lo guardavano incuriositi. Lo Jotun aveva un’espressione nuova. Si avvicinò d Hela quasi con esitazione, il che era strano, visto l’atteggiamento precedente.
- Lui.. che fine ha fatto? -, chiese, in un sussurro.
Il volto della Regina si addolcì, abbassandosi a mettere una mano sulla spalla del giovane. – Sta bene, Helblindi. Era troppo piccolo per restare qui, così ho fatto in modo che rinascesse. Adesso è felice -.
- E mio fratello? -.
I due defunti si guardarono, ma fu sempre Hela a rispondergli. – Noi e gli altri Antenati abbiamo discusso a lungo del destino di Byleistr, una volta che sarà morto. Abbiamo convenuto, infine, che l’unico giudice alle sue azioni sarà la sua coscienza -.
Il figlio di Laufey rimase in silenzio. – D’accordo. Spero di rivedervi il più tardi possibile -.
 
Il Serpente di Midgard ghignò. – Anche noi, nipote. Anche noi -.
 
 
 
 


 
Lo Jotun si voltò, guardando imperscrutabile le sfumature accecanti del Vuoto Pieno.
Alzò i palmi verso di esso, irrigidendo i muscoli facciali in un’espressione di assoluta concentrazione.
L’incantesimo necessario era estremamente complesso. Non lo aveva mai provato prima –non ne aveva avuto il motivo- e di solito non utilizzava il Seidr per magie del genere. Tuttavia si considerava un mago esperto. Se erano arrivati lì per sbaglio grazie al suo operato (e la collaborazione del Principe Thor, ovviamente), non vedeva perché uscirne sarebbe stato impossibile. Estremamente difficile, certo, pericoloso, ma non infattibile.
 
Ignorò il leggerissimo tremore che si era impossessato delle sue mani.
Non poteva e non doveva distrarsi, per nessuna ragione.
 
Dopo circa un minuto, i colori si mischiarono in qualcosa di più ordinato, e apparve un portale alto circa due metri, dalla forma rotonda. Dall’altra parte, i presenti videro quello che, all’apparenza, sembrava un bosco estremamente fitto. Non sembrava tipico dei luoghi del freddo nord, come nemmeno una foresta tropicale.
Piuttosto doveva avere un clima piuttosto mite. L’unica cosa che rendeva visibile la flora, però, erano i raggi di quella che forse era una pallida luna, come se fosse notte inoltrata.
 
 
- Ho bisogno di un contatto fisico per farvi entrare, Thor Odinson -, disse il mago.
I viventi obbedirono, prendendo lo Jotun per le spalle. Insieme, camminarono verso il portale e, dopo un momento in cui tutti ebbero le vertigini unite a una certa nausea, entrarono nel Ginnungagap.
 
Dietro di loro, il portale si richiuse, e Hela, Jormungandr e Modgudr si chiesero se quella storia sarebbe finita bene.
Non ne erano molto sicuri.






 


Mi rendo conto che il capitolo è, forse, un po’ breve. A onor del vero, di solito o scrivo capitoli lunghi o scrivo capitoli corti. Non ho ancora trovato un buon compromesso xD comunque pensavo di non fare un capitolo con due scene così diverse tra loro. Parlerò del Vuoto Pieno più avanti – e spiegherò perché è così pericoloso -, ma, nel frattempo.. musica! *esce un paio di maracas. Dal nulla appaiono dei musicisti e insieme a lei cominciano una cacofonia sinfonia senza senso. Si mette a ballare. Dopo un po’ smette*.
Bene gente! Ora che ho concluso il mio sclero (perdonatemi, ma a volte è necessario per i poveri pazzi come me, è una ottima valvola di sfogo) vi lascio a commentare! A proposito: voglio ringraziare tutte quelle che hanno contribuito, anche se in piccola parte, alle 30 recensioni di questa storia. Mi avete fatta felice! I commenti sono qualcosa che mi spronano sempre a non bearmi sugli allori (il detto non era proprio così, ma vabbeh). Quindi grazie! Alla prossima, Madama Pigna!

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Aria di tempesta ***






Quando furono definitivamente dentro il Vuoto Pieno, i loro occhi confermarono quello che avevano visto in precedenza: quello era proprio un bosco.  Non era umido e caldo come una selva tropicale, né freddo come una foresta del Canada, ma era comunque un bosco.

- Potete lasciarmi -, disse lo Jotun.

Per terra, gli Asgardiani videro, ai piedi delle rispettive piante, quelli che avevano tutta l’aria di essere aghi di pino, lunghi mezzo palmo. Lady Sif si chinò per studiare il terreno, come da sua militaresca abitudine, e le sue mani avvertirono le piccole punture che quei secchi aculei, spesso congiunti due a due, davano. In giro vide alcune pigne, e rialzandosi, notò anche qualche giovane castagno, che con i suoi rami sottili protendeva le sue foglie a punta di lancia verso l’alto.
 
Chissà, forse anche loro avvertivano quell’aria satura di guerra imminente.
 
Per migliorare la visibilità,  Helblindi aprì la mano destra davanti a sé. Da essa nacque  un fuocherello dai colori vivaci, che illuminò il sottobosco per un raggio di alcuni metri, creando strane ombre tra gli alberi.
Alcune un po’ inquietanti.
 
La valchiria alzò un sopracciglio. – Non eri un Gigante di Ghiaccio? -.
Il mago, voltatosi, le rispose con poca attenzione. – Certo. Ma sono anche un mago. Manovrare il fuoco non è così difficile, una volta imparate alcune nozioni -, disse, piuttosto generico per i gusti della bruna.
 
Thor si guardò intorno. – Esiste un criterio per cui qualcosa come il Ginnungagap dovrebbe sembrare così.. tranquillo? -.
- E’ mio l’incantesimo ci permette di viaggiare qui. Ed è mia la magia che tiene le redini di tutto ciò -, rispose Helblindi, alzando il braccio verso l’alto, come per poter osservare meglio i rami più alti grazie alla luce di quel fuoco. - Quello che vediamo è una proiezione della mia mente, suppongo. Influenzata quasi sicuramente dalle vostre, però -, continuò.

- Quindi è così che ti consideri? Tranquillo? -, chiese Sif, in tono ironico.
Il Gigante sorrise divertito, scuotendo la testa. – No, Lady Sif di Asgard. Io sono tutt’altro che tranquillo. Ma la mente riserba sempre molte sorprese. In ogni caso, adesso non sono particolarmente turbato -.
- Come fai a non esserlo, dopo quello che i tuoi stessi avi ci hanno rivelato?! -, chiese lei. – E poi non mi sembra che tu fossi particolarmente calmo, fino a poco fa.. -.
- Su questo non hai torto, lo ammetto. Ma ho imparato a mie spese che certe emozioni non devono mai influenzare il raziocinio. E in questo momento non posso permettermi sbalzi di umore. Tengo fuori dai miei pensieri quello che potrebbe condizionare la buona riuscita di questo viaggio.. – replicò lo Jotun.
 

- Certo che è strano. Sapere che un innocente boschetto come questo potrebbe ammazzarci tutti, senza che neanche ce ne accorgessimo! Almeno sapessimo il perché crepiamo, dico io.. -, affermò Volstagg, decisamente nervoso.
 
Il gruppo cominciò a camminare. Non esisteva un tracciato vero e proprio, in quel bosco, così dovevano stare attenti a dove mettevano i piedi. Altrimenti rischiavano di inciampare in pigne, rami caduti e quant’altro.
- Hai presente il frullatore, Voluminoso? -, domandò lo Jotun.
- Frulla..tore? No, che cos’è? -.
- E’ un marchingegno midgardiano. Una sorta di.. mortaio meccanizzato, solo più efficiente. In sostanza, riduce in poltiglia il cibo e gli ingredienti che metti dentro. E’ molto utile, in certe ricette. Il Ginnungagap è come un frullatore: tritura e miscela il fisico e il metafisico per ottenere la struttura dell’universo, diciamo. Solo che a nessuno di noi piacerebbe essere disintegrato dal primo all’ultimo atomo. La nostra stessa anima, qui, sarebbe compromessa -.

- Per questo Jormungandr aveva detto quella frase sui pezzettini minuscoli, Volstagg: in quel caso saremmo morti, certo, ma almeno il nostro spirito sarebbe integro -, aggiunse Hogun.
- Esatto. E’ pur vero che voi Vanir siete educati fin dall’infanzia a questo genere di cose -.
 
Il gruppo fissò il mago con sorpresa.
- Come lo sai? -, chiese il Fosco, che raramente metteva un tono stupito alle poche parole che era solito dire.
- Solo l’odore. Certo, è gran parte coperto dalla puzza di Asir.. -.
- Ehi! -, affermarono gli Asgardiani, offesi. Helblindi li ignorò.

- Ma l’odore di Vanaheim è molto penetrante, difficile da cancellare se sei natio di quel mondo. Il mio essere mutaforma ha migliorato molto il mio olfatto, nei secoli, per questo sono riuscito a percepirlo. E comunque, Asgardiani, se voi non foste  assuefatti da quel maledetto idromele che bevete come se fosse acqua, ammettereste anche voi di puzzare. Non è colpa mia se praticamente con gli alcolici ci fate il bagno -.

- Beh, siamo Asir, è difficile per noi ubriacarci in pochi sorsi! -, si giustificò Thor.
– Immagino.. L’ultimo che riesce a tenersi in piedi vince, giusto? -.
- Esatto -.

Lo Jotun alzò gli occhi al cielo. - Meglio lasciar perdere le differenze culturali, per il momento. In ogni caso, non arriveremo mai né ad Asaheim né da nessun'altra parte, se non.. -.
- Se non? -, chiese Thor.
- Se non vi concentrate. Io non conosco Asgard, sicuramente non bene come chi ci abita. Perciò dovrete essere voi a guidare la mia mente -.
- Cosa dobbiamo fare, per l’esattezza? -, domandò la valchiria dai capelli scuri, determinata.
- Concentratevi tutti su un luogo preciso. Tenete bene a mente ogni dettaglio. Rammentate ogni sensazione che questo posto vi abbia trasmesso, e non dimenticatevi della sua ubicazione. Non pensate solo al nome del luogo, tipo ‘Asgard’, perché la parola in questione non vi porterà da nessuna parte. Ma deve essere lo stesso posto per tutti, quindi accordatevi fra di voi, altrimenti rischiamo di disperderci -.
 
I cinque annuirono. Dopo essersi scambiati un paio di idee, alla fine, scelsero la sala dei banchetti come punto di arrivo. Era un luogo in cui avevano festeggiato le molte vittorie, digerito le poche sconfitte e, più in generale, conoscevano molto bene.
 
Pensarono intensamente alle sue caratteristiche.
 
I lunghi tavoli ovali, ricoperti di prezioso oro, ennesima componente della luminosità del salone.
Le ampie balconate, che regalavano ai commensali lo spettacolo mozzafiato della Capitale di Asaheim, insieme a una fresca brezza che allietava nelle serate più calde.
Il cibo delizioso. Il chiacchiericcio della corte durante la cena.
E i ricordi che ognuno di loro aveva di quel luogo, compreso anche uno dei più recenti, e tra i più vivi; quando Thor li convinse ad intraprendere una pericolosa avventura su Jotunheim, complice la rabbia per l’incoronazione fallita.

Ma c’erano anche memorie ben più gradevoli. Come, nel caso di Frandal, le belle dame che amavano circondarlo, chiedendogli di raccontare qualcuna delle sue imprese. E questo solo per fare degli esempi banali.
 
 
Dopo circa dieci minuti di cammino, di fronte al gruppo apparve un sentiero.
- Perfetto. Questa è la strada che da Helheim ci porterà ad Asgard. Non ci resta che seguirla. Poi potremo uscire di qui -, spiegò lo stregone.
- E affrontare i Muspell -, aggiunse Hogun, alle parole del mago.
- E affrontare i Muspell -, gli fece eco lui.
 
 
- Non è un caso che Laufey si sia impossessato proprio del corpo di un Demone di Fuoco -, affermò Sif.
Il volto di Helblindi si incupì. – No, infatti. La mia razza non ha mai perdonato l’omicidio del principe Angrobda. E comunque ormai nel mio mondo non c’è più nessuno che sostiene Laufey, se non i morti come Skrìmir. I Muspell sono perfetti per la vendetta di mio padre -.

- Ma chi sarebbe questo Skrìmir? A sentire te e Hela, sembrerebbe il sostenitore numero uno di Lauf.. -, chiese Frandal, presto interrotto dall’altro.
- Infatti è un bastardo. Ti basti sapere questo, Spadaccino -, lo interruppe Helblindi, spostando di lato il ramo di un roveto che minacciava di graffiarlo con le sue spine. Tuttavia lo lasciò andare contro lo schermidore, che ghignò.
- Relazione finita male? -.
Lo Jotun alzò il sopracciglio. - Ti interessa così tanto? -.
- Era solo una curiosità.. -, replicò lui, affabile.
 
L’altro lo ignorò, voltandosi invece verso Sif e Thor. – Ma fa sempre così? -.
I due annuirono.
 


 

 
I membri della novella compagnia si zittirono, chi concentrato sull’incantesimo, chi riflettendo sulla situazione in cui si erano ritrovati, vittima del caso. O, forse, del famigerato Destino di cui straparlavano tanto gli antichi mortali, sempre in cerca di risposte che a volte non riuscivano a darsi.
 
Perché mai tre vecchiette perverse dovrebbero guidare gli esseri viventi come marionette senz’anima?
Uno dei tanti misteri che hanno sempre reso Midgard un affascinante pianeta, a detta di alcuni.
 
 
In ogni caso, i sei camminarono seguendo il sentiero di terra battuta per un po’. Due di loro si arrischiarono persino a pensare che, forse, tutto sommato, nonostante quello che stava accadendo ad Asgard, almeno quel viaggio sarebbe stato tranquillo. Dopotutto in questi casi si sbaglia sempre, che esista o meno un Fato prestabilito.
 


I cinque guerrieri lo capirono quando videro lo Jotun fermarsi di botto. La sua espressione allarmata li convinse ad arrestarsi. C’era un problema. Considerato il luogo in cui si trovavano, un grosso problema.
- Cosa succede? -, chiese Thor, preoccupato.
Il mago non rispose subito. L’Asir noto come Tonante non era nemmeno sicuro di essere stato sentito.
Vide lo Jotun appoggiare la propria mano sulla testa, proprio sopra l’orecchio.
- Contatto fisico. Adesso -, ordinò, e i lineamenti contratti del suo viso convinsero i presenti a obbedire.
- Stiamo per essere investiti da.. Aargh! -, gemette lui, serrando la mascella.


Fu allora che un vento forte come un uragano colpì il bosco di pini e castagni.


















Non amarmi 
per il gusto
di qualcosa
di
diverso
Non odiarmi
per il gusto
d'uccidermi
lentamente



Dunque, vi sono mancata?
Sorry, purtroppo ieri sono stata tutto il pomeriggio fuori, e la sera quando sono tornata ero troppo esausta per postare. Poi ho approfittato per aggiungere un paio di paroline e..
Ah, a proposito, lo so, con i versi faccio schifo (e nemmeno ispirandomi alla canzone Non Amarmi cambia qualcosa xD).

MA *sfrega le mani tra loro con aria complice*, tornando a noi.. Non lo faccio apposta per tenervi sulle spine, come direbbe qualcuno. Scusate, non c'è stata vera e propria azione per tipo tre capitoli, dovevo rimediare! ù.ù

E poi il 'vento forte come uragano' serve. E' tutto calcolato nella mia testolina, trust me U__U 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Se avete dubbi (riguardo trama, personaggi, Ginnungagap o altro) chiedete pure, vi risponderò con piacere.

Ci vediamo all'angolo recensioni, se vi va! ;D
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Memorie del Mutilatore ***


Attenzione! Parte del capitolo contiene descrizioni vaghe ma crude di atti violenti.
So if you don’t like, don’t read! La scena parte dagli asterischi rossi.
 


 








 
 
Complice la forza del vento, gli alberi si piegarono all’inverosimile, e le piante più fragili si sradicarono, trascinate via dalla bufera. Terra e polvere si sollevarono, rendendo l’aria irrespirabile e la vista inutile.
 
Thor si parò gli occhi con una mano, mentre tutto intorno a lui si disfaceva come un castello di sabbia preda della bufera. Anche gli alberi cominciarono a sgretolarsi, mentre le loro particelle si univano a quella danza mortale che ormai circondava completamente il gruppo, come un bozzolo, facendosi sempre più vicina e stretta.
 
 
D’improvviso, tutti loro non sentirono più la terra sotto i piedi. Abbassando lo sguardo, videro il vuoto sotto di loro.
 




E i sei caddero.
 
Caddero nel vuoto, mentre intorno a loro non c’era più niente, solo i colori accecanti del Vuoto Pieno che ritornavano a occupare tutta la loro visuale.
Urlarono. La paura stringeva i loro cuori in una morsa d’acciaio, e il loro coraggio, lo sapevano bene, non poteva servire a niente, lì.
 
- NON MOLLATE LA PRESA!! -, urlò lo Jotun.
E gli altri non avevano la più assoluta intenzione di farlo, infatti. Non erano maghi, certo, ma non ci voleva molto intuito per capire che al momento la loro sopravvivenza dipendeva soltanto da quello. Non avrebbero lasciato la giacca di pelle di Helblindi nemmeno volendo, la stretta era troppo forte e istintiva.
 
 


 
 
Ma non lo era altrettanto quella sulle armi. Certo, Thor aveva il Mjolnir attaccato alla sua cintura, e quello non si sarebbe sganciato tanto facilmente. Lo, stesso, però, non si poteva dire delle altre.
 


Ancora in balia alla tempesta del Ginnungagap, ancora in caduta libera, Sif non si accorse subito che la sua lancia si stava sfilando dal fodero che teneva dietro la schiena. Poi, la vide volteggiare con la coda dell’occhio, e, preda di una paura improvvisa, si sbracciò verso l’alto con il braccio libero, prima di perdere completamente il contatto.
 

- SIF NON FARLO! -, urlò lo Jotun.

 
Troppo tardi, poiché la mano della guerriera scivolò dal cuoio, ed ebbe solo il tempo di vedere le proprie dita serrarsi sulla lancia, prima perdere completamente la vista.
Prima di sentire il proprio corpo ardere e bruciare, come vittima di un rogo.
Prima di avvertire qualcosa entrare nella sua mente, trascinandola nell’oblio.
E nel passato.
 
 
 
 
 
 
 

 
- Mollami, Helblindi! Usare la magia non vale! -.
Erano a Midgard, in Nord Europa, precisamente nella attuale Norvegia; si capiva dal clima, non caldo come quello di Asgard, ma nemmeno freddo come quello della sua terra natia. Forse sembrava strano, ma, quando ancora Jotunheim aveva il Cuore, i Giganti potevano spostarsi tranquillamente nei Nove Regni. Quella fu la sua prima volta, la sua e, ovviamente, di Byleistr.
 
Ricordava che stavano litigando, ma non rammentava il perché. Però quella specie di gita, prima della Grande Guerra, era stata molto istruttiva per lui: aveva visto animali che nel suo mondo non esistevano, e per le sue abilità di metamorfo era una conoscenza importante.
In quel momento cercava di intrappolare suo fratello trasformandosi in un grosso serpente. Sibilò in risposta alle sue proteste. Come se fosse in grande vantaggio! Suo fratello non si lasciava intimidire da niente, soprattutto da lui. E anzi, più un combattimento si faceva difficile, più lottava con determinazione. Era un bambino troppo piccolo perché imparasse sul serio a combattere, però aveva la stoffa del guerriero e si vedeva.
 

A un certo punto, Byleistr optò per l’astuzia: prese il serpente (ovvero lui) alla base del collo, stringendo forte. Si stavano praticamente soffocando a vicenda, ma erano due testoni, soprattutto il più piccolo.
Alla fine Helblindi cedette. Senza respirare non poteva mantenere la forma animale a lungo. Si ritrasformò addosso al fratello, arrabbiato.
 
- Ma sei scemo? Potevo soffocare! -.
- Anche tu mi stavi strangolando! Siamo pari. E poi ha funzionato, questo è l’importante! -.
Helblindi sbuffò, sedendosi accanto a lui. Il fatto che fosse più grande non gli impediva di fare a botte con suo fratello. Anzi, era quasi sempre Byleistr ad averla vinta. Anche perché quando lui cominciava a giocare sporco, lo faceva anche l’altro, ma senza il minimo scrupolo. Innocenza o cattiveria infantile, la differenza era poca.
Ricominciarono subito a pestarsi. All’epoca lo facevano spesso. Alla fine, per loro, era un gioco.
 

La zuffa fu presto interrotta, comunque. Due mani grosse e piene di dure placche ossee li separarono.
- Bambini! Smettetela subito! -.
 
Suo padre non fece fatica a interromperli: era piuttosto alto e muscoloso, anche per essere uno Jotun adulto. E non c’erano mani più robuste di quelle di Farbauti Jormungandrson, detto Pugno Spaccapietre.
 
- Perché stavate litigando? -.
 
Byleistr, ovviamente, che mai al mondo avrebbe voluto essere nel torto davanti a lui, parlò per primo.
- Helblindi mi prendeva in giro perché non sono bravo come lui a trasformarmi! -.
Farbauti aggrottò le sopracciglia, tra il perplesso e il seccato. – E ti sembra un buon motivo per fare a pugni? -.
- Sì! Cioè.. no! Comunque non ho cominciato io: ho solo risposto dicendogli che almeno non mi farei prendere a calci da un mortale! Ed è la verità! -.
- Non è vero! -.
- Sì che è vero! -.

 
Stavano per ricominciare. Farbauti sospirò. Quando erano piccoli, Helblindi e Byleistr non riuscivano a stare nella stessa stanza cinque minuti senza discutere o picchiarsi a vicenda.
- Non fate i bambini, adesso... -.
- Noi siamo bambini! -, risposero all’unisono.
- ..Cercate di non bisticciare, comunque. Almeno non qui… Eravate rimasti indietro -.
 
Si chinò accanto ai due, fattosi serio.
- In ogni caso, vi ho sempre detto di non litigare su chi è bravo a fare cosa e chi no. Nessuno di voi due vale più dell’altro. Entrambi avete grandi capacità! Helblindi, tu sei un metamorfo molto abile, e sei il primo dopo anni a essere nato sapendo manipolare il Seidr -, disse. Il maggiore gonfiò il petto, orgoglioso.
 
- E io, padre? -, chiese il più giovane, titubante.
- Tu sei un piccolo guerriero capriccioso -, replicò suo padre, dandogli un pizzicotto sulla guancia.
- Ehi! -, rispose lui, sentendosi oltraggiato.
- Non fare l’offeso. Sei tenace e hai talento: diventerai di sicuro un grande guerriero! -.
 
Al piccolo brillarono gli occhi. – Come te? -.
- Proprio come me. Anzi, forse, un giorno, sarai anche meglio di me! -.
- E quando saremo grandi, saremo fortissimi! E non ci batterà nessuno! Byleistr sarà un guerriero più forte di te e io saprò trasformarmi in animali enormi, come nonno Jormungandr! -.
- Ne sono certo! -, rispose il loro genitore, assecondandolo, noncurante della grossa forzatura di Helblindi.
Lo Jotun ricordava cosa era successo poi.
 
All’improvviso, una voce profonda si fece sentire alle loro spalle, mentre il proprietario li guardava con palese irritazione. – Che state facendo qui? Farbauti, cos’è questa perdita di tempo? -.

Il compagno del Re si voltò, sorridendo. – Io e i bambini stavamo facendo delle considerazioni, Laufey -.
- Di che genere? -, chiese il Gigante, senza ricambiare il sorriso.
- Sul loro futuro. Mi chiedo chi fra loro due sarà il Re, quando noi due non ci saremo più. Sempre che non lo diventi lui -, rispose l’altro, appoggiando dolcemente la mano sul ventre, leggermente gonfio, del sovrano.
 


L’altro però lo scacciò bruscamente. Detestava quei gesti d’affetto, e quando si parlava del loro terzo genito diventava più scontroso del solito, Helblindi lo aveva notato da piccolo e si era spesso domandato perché. Lo aveva compreso poco tempo dopo, comunque.
- Helblindi, Byleistr, andate da qualche altra parte a giocare -, ordinò il monarca.
Byleistr lo guardò perplesso. – Perché, padre? Qui non va bene? -.
- Obbedisci e basta -.
- Ma.. -.
- Byleistr, fa quello che ti dice, per favore. Non allontanatevi troppo -.
Lui annuì, e insieme al fratello se ne andò, mentre tra i due Re cominciava una discussione di cui non potevano serbare ricordo.
 
 
 
 
 


 
 
 
Il Vàn era uno strano fiume. L’unico, su Jotunheim, a restare allo stato liquido per quasi tutto l’anno.
 
Suo padre diceva che era così perché, dentro, perfino Jotunheim era calda. Ed era da quel calore che le acque scaturivano calde sulla superficie, per poi raffreddarsi lentamente man mano che si allontanavano dalla loro fonte. In quel periodo dell’anno, il più gelido, aveva una consistenza bizzarra. Non completamente ghiacciata, ma nemmeno del tutto fluida. Sembrava quasi di toccare la neve morbida appena posatasi sul terreno, non fosse stato che l’acqua continuava lentamente a scorrere, placida e disinteressata.
 


Attraversava quasi tutta la Jarnvidr, ma in quel momento lui e suo fratello erano lontani dagli alberi millenari della Foresta di Ferro. Disobbedienti alle noiose raccomandazioni degli adulti, i due piccoli principi se ne erano andati a zonzo per conto loro, per poi iniziare a litigare animatamente, come sempre.

Helblindi nemmeno rammentava qual’era l’argomento di quell’ennesima discussione –forse era qualcosa in merito alle capacità che, con le diverse metamorfosi, stava iniziando a sviluppare-. Però ricordava quella pianura piena di sterpi, quella parte del fiume così pulita, così pura, quel luogo che successivamente aveva evitato come se fosse stata una malattia.

Il primogenito stava rispondendo a una frecciatina di Byleistr, che nonostante fosse il più piccolo trovava quasi sempre qualcosa a dargli ragione (solo che lui non lo ascoltava mai). A un tratto, però, si interruppe, perché aveva una strana sensazione.

- E adesso che hai? -, sbuffò suo fratello, incrociando le braccia. L’altro lo guardò stranito.
- Non lo senti anche tu? -.
- Non sento niente, Helblindi! Lo dici solo per farmi vedere quanto sei bravo! Smettila! Papà ha detto che non devi vantarti della tua magia. E comunque le bugie non si dicono! – replicò Byleistr con la sua vocetta infantile, stanco di tutte le volte in cui il fratello gli aveva rinfacciato la sua mancanza di talento nell’arte del Seidr.

- Non è una bugia! Sento davvero qualcosa.. Guarda! Cos’è quello? -, domandò, indicando qualcosa davanti a lui.
Byleistr si girò. Un tunnel verticale di luce accecante piombò sul loro pianeta, subito seguito da un boato assordante. Lo spostamento d’aria fu tale che i capelli dei due principi, in specie le ciocche ribelli di Byleistr, si tirarono subito all’indietro.

Quella cosa, così come era apparsa, scomparì. Era troppo distante perché si notasse qualcos’altro; ma poi si levò il vento, portando dietro di sé un odore che Helblindi non avrebbe mai dimenticato.
- Cos’è questo? -, chiese ancora. Le sue narici vibrarono, in un gesto che avrebbe ripetuto diverse volte, nella sua vita.
- Questo cosa?! Helblindi, mi stai spaventando. Di cosa stai..? -.
- C’è uno strano odore! E’.. non lo so.. sembra quasi cuoio, solo con un po’ di metallo e un’altra cosa che non capisco cos’è. Però pizzica -, rispose.
Byleistr si guardò intorno, cercando qualcosa che si potesse connettere con l’odore che avvertiva il maggiore, ma non vide niente di strano.

La guerra non era ancora arrivata fin lì. La loro infanzia non era ancora finita.
- Fratello, ho una brutta sensazione -, affermò Helblindi.
 
 
 
********


 
- Lasciatemi! Lasciatemi!! -, urlò lo Jotun più giovane, presto intrappolato dalle solide braccia dei guerrieri Asir. Non era un nano, ma era comunque abbastanza piccolo da essere catturato senza troppe difficoltà.
Un omone armato di spada, con l’armatura d’oro e i capelli castano chiaro, gli diede un pugno per farlo stare zitto. – Taci, piccola vacca, se non vuoi che ti tagliamo la lingua! -.
- Lasciatelo in pace! -, esclamò Helblindi, anche lui bloccato.
- Oh, il piccolo mostro vuole fare l’eroe! Vediamo se.. -.
 
- Lord Tyr! Non siamo venuti qui per questo! -, fece notare un uomo.
- Oh, taci, Ullr! Questi luridi esseri sono nostri nemici! -.
- Sono dei bambini, generale! E la nostra doveva essere solo una missione di ricognizione! -.
- Per l’appunto, capitano. Bambini Jotun con i capelli neri, una firma inconfutabile delle loro discendenze. Solo certi membri della famiglia reale hanno i capelli neri, su Jotunheim! Questi due vengono direttamente dall’utero deforme di Laufey. Uccideteli! -.
- Che COSA? Generale, voi siete un pazzo se credete che ucciderli servirà a qualcosa! Potremmo solo istigare i Giganti ancora di più! Va contro tutti i principi di Asgard! Mi oppongo! -.
 
 
Un rumore di ossa che scricchiolano. Un tonfo. Lord Tyr aveva dato al suo sottoposto 
un pugno sul naso, facendolo finire per terra. – Non contraddire gli ordini, se non vuoi che ti flagellino per insubordinazione! E voi obbedite, branco di sciocchi! I mali si estirpano sul nascere, non quando divengono adulti! -.
 
 
 
 
Helblindi non ascoltava più. La paura si era impossessata di lui. Una grande, forte, potente e insradicabile paura, generosamente amplificata del Seidr che scorreva nelle sue vene, forgiando la sua natura di mutaforma.
L’istinto ebbe la meglio sulla ragione, e i freni inibitori che occupano le menti di ognuno di noi svanirono.
Dove prima c’era un bambino dalla pelle blu e gli occhi rossi, intrappolato da quei guerrieri con la pelle calda, ora stava un’enorme lupo nero, il più grosso che gli Asgardiani avessero mai visto. Ringhiò contro i nemici, che arretrarono spaventati. Approfittando della sorpresa degli Asir, Byleistr si liberò della loro presa con una gomitata.
 


Da lì i ricordi si facevano confusi. Le urla degli uomini, Byleistr che cercava di convincerlo ad andarsene, il fiume che si tingeva di rosso. Helblindi agiva secondo un istinto primordiale; le sue capacità, in una situazione estrema come quella e per giunta in un’età dove non era in grado di controllarsi, potevano davvero renderlo un vero e proprio animale, guidato solo dalla volontà di sopravvivere.
 
Non fece alcuna distinzione tra gli avversari. Chiunque si avvicinava a lui e a suo fratello finiva per sfiorare la morte. Persino i colpi d’ascia e di spada non potevano fermarlo, al massimo il dolore lo spaventava e lo aizzava ancora di più. Il suo Seidr in circolo non gli avrebbe mai permesso di morire, nemmeno se avesse voluto. Ogni ferita a lui inferta guariva nel giro di una decina di secondi, al massimo.
 
 
L’attacco finì solo quando, una volta persa la spada, a Lord Tyr fu mangiato il braccio: ricordava abbastanza bene come avesse chiuso la mascella munita di zanne arcuate, come il generale avesse tentato di fargliela aprire nel tentativo di liberarsi, agonizzante di dolore. Come lui avesse scrollato la testa fino a staccargli del tutto l’arto, sventolando le ossa e i pezzi di muscoli penzolanti, seminando un rosso e vischioso liquido tutto intorno.
 
E poi quel sapore ferroso, quell’essenza di sangue sulla lingua, la morbidezza della carne dilaniata dai denti. Ma solo una cosa gli era rimasta impressa tanto da poterla sentire al solo pensiero:  quell’odore, quell’odore che con la vicinanza degli Asgardiani e l’adrenalina nelle vene si era intensificato sempre di più.
Quello non avrebbe potuto mai scordarselo.
 
Anche se solo successivamente avrebbe saputo dare un nome a quella sostanza alcolica che le sue narici avvertivano.
 
Idromele.

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Memorie della Valchiria ***




- Papà! -.
All’epoca non conosceva il principe Thor, che aveva appena imparato a camminare; e non aveva molti compagni di giochi, perché stava sempre con suo padre oppure, quando non c’era lui, con la sua balia.
 
Corse verso il gruppo di guerrieri muovendo le gambette in modo svelto. Per avere quella età, aveva una mente sveglia e vivace, ma comunque troppo giovane per comprendere cosa era successo al padre.
 
Ullr era su una barella, in mezzo a tanti altri uomini feriti, o morenti, di ritorno da una spedizione su Jotunheim. Tante altre volte quell’ufficiale era partito, in quel periodo, in particolar modo su Midgard, la terra dei mortali; ma era sempre tornato senza un graffio.
 


- Papà! -.
Suo padre, privo di conoscenza, era troppo in alto perché Sif lo vedesse bene, piccolina com’era; ma sarebbe stato impossibile non riconoscere il suo profilo. Notò, perplessa, che le gambe del guerriero erano coperte dal mantello con cui era solito coprirsi quando c’era freddo.
 
Accanto all’Asir, il suo fratellone, Heimdall, completo della sua armatura d’oro, accompagnava i superstiti all’uscita del Bifrost. L’uomo, all’epoca ben più giovane, la notò, e le si inginocchiò di fronte, impedendole di seguire il lugubre gruppo di soldati.
- Sif.. -.
- Perché mio papà non mi ha risposto? -, chiese a bruciapelo. I due non avevano lo stesso padre, ma la loro madre, Prudr, aveva avuto il suo primogenito durante il suo primo matrimonio. Poi era rimasta vedova, e aveva sposato Ullr. Tempo dopo era morta dandola alla luce.
- E’ complicato, Sif -, rispose Heimdall, che era sempre stato avvezzo più a guardare ed ascoltare, e non  a cercare di spiegare determinate cose a una bimba così piccola. – Si è ferito in battaglia. E’ vivo, di questo non devi preoccuparti, ma ora lo stanno portando alla Camera della Guarigione -.
- E allora perché sei così triste? La Camera della Guarigione guarisce tutto! Anche i graffi alle ginocchia, fidati! -.
Il giovane Guardiano quasi sorrise di fronte all’ingenuità della sorellina, e le scompigliò i capelli.
 – Lo spero tanto, Sif. Lo spero tanto -.
Poi arrivò il re, Odino, e Heimdall si ricompose, congedando la piccola. Doveva riferire molte cose al suo sovrano. Nessuna di queste piacevoli, sfortunatamente.



La futura valchiria ancora non sapeva della terribile ferita di suo padre, causata da una misteriosa creatura di cui pochi osavano parlare, la cui magia oscura, secondo alcuni, era tale da aver infettato ogni mutilazione che aveva procurato ai soldati Asgardiani, impedendone ogni possibile guarigione magica.
 
 
 
Spiando poi i discorsi delle guaritrici, aveva infine compreso che non c’era altra scelta.
La gamba di Ullr sarebbe stata tagliata.

 
**********
 


Ignorando le insistenti gocce di sudore, l’aspirante guerriera mosse la sua spada di legno in un’abile –o almeno in quella che avrebbe dovuto essere abile- mossa, disarmando il manichino di fronte a lei. Passò subito agli altri, mentre un uomo di mezza età la osservava da lontano, appoggiato al suo bastone.
Erano passati solo pochi secoli dalla sua ultima battaglia, ma sua figlia stava crescendo così in fretta.. Era ormai una ragazzina prossima all’adolescenza, l’età più turbolenta della vita, o almeno così si diceva.
Sif aveva scelto di seguire le orme di Ullr, pur con tutti i rischi. Aveva scelto di diventare una valchiria, come tutte le altre donne Asgardiane dedite alla battaglia. L’ormai ex guerriero non dubitava che sua figlia sarebbe riuscita a coronare il suo sogno, ma c’era ancora molta strada da fare.
 

La vide disarmare tutti i fantocci dell’arena, a quell’ora deserta. Il sole era ancora basso all’orizzonte.
- Hai dimenticato qualcosa -, disse lui, sorprendendola. Non credeva che Ullr la stesse osservando, e si sentì in lieve imbarazzo, come tutte le volte che guardava i suoi allenamenti. Nemmeno con quel vecchio barboso di Tyr si sentiva così sotto esame.
- Cosa? -, chiese, diretta.
- Gli affondi. Dopo aver disarmato un nemico, devi pur renderlo innocuo, anche senza volerlo uccidere.. -, rispose lui.
 
 
 
La faccia di Sif, in quel momento, ricordava tanto il mantello scarlatto tipico dei membri della famiglia reale.
Si sentiva una perfetta imbecille. D’accordo, quelli erano manichini, e quindi chiunque altro avrebbe pensato che non era così grave non aver pensato di ‘uccidere’ delle cose non viventi, ma lei non era ‘chiunque’, lei era Sif, figlia di Ullr, la ragazza che aspirava alla perfezione in battaglia.
Non poteva semplicemente dimenticare qualcosa di simile!
 
Abbassò l’arma, delusa da se stessa.
- Sono una stupida -, mormorò, più a se stessa che a qualcun altro. Il mutilato scosse la testa.
- Macché stupida. Signorina, se tu fossi una stupida, a quest’ora ti avrei spedito a fare inutili ricami con quelle oche delle ancelle di corte, invece di istruirti per diventare una guardiana di Asgard. Ma non lo sei, quindi continua ad allenarti, perché puoi fare di meglio. Altrimenti non userai mai un’arma vera -.
Sif annuì, grata dell’incoraggiamento. A dire la verità suo padre era sempre piuttosto scorbutico, bisognava esserci abituati per capire bene cosa gli passava per la testa.
 
 
 
*************
 
 
 
Quel giorno sarebbe diventata una guerriera a tutti gli effetti.
Avrebbe giurato fedeltà al suo mondo, al trono. Avrebbe messo a disposizione se stessa e la sua vita al servizio di Asgard e della pace nei Nove mondi. Avrebbe raggiunto la sua più grande aspirazione.
 

Camminava avanti e indietro, nervosa. Di solito non era un tipo ansioso, o insicuro, tutt’altro, ma avrebbe sfidato chiunque a non esserlo in una occasione simile, persino Thor, che faceva tanto il gradasso ma che il giorno prima di impugnare Mjolnir per la prima volta era più irascibile e litigioso di un orso.
Con lei, anche Hogun, Volstagg e Frandal divenivano guerrieri quel giorno, ma non erano in sua compagnia, almeno non in quel momento. Dovevano ancora raggiungerla. Tanto meglio, non doveva mostrarsi sicura con nessuno. Quei tre sarebbero stati capaci di sfotterla fino all’esaurimento, pur di non sentire il loro, di nervosismo.
Nei corridoi antecedenti la sala del trono, comunque, era appena entrata una persona. Aveva un viso segnato dal tempo e una mano chiusa su un bastone, che compensava in parte la mancanza della gamba sinistra, ma non del tutto.
 
Suo padre non era mai riuscito a riprendersi totalmente da quel colpo. Era un uomo nato per la battaglia, lui, non per restare in panciolle il resto della sua vita ascoltando discorsi idioti su quanto fosse stato coraggioso a fronteggiare il lupo Fenrir.
Raramente si poteva leggere un sorriso, sul suo viso vissuto, eppure quel giorno sembrava ringiovanito di anni.
 
- Il gran giorno è arrivato. Sei pronta? -, chiese lui, sorprendendola alle spalle.
Sif cercò di recuperare un po’ di sicurezza, e gli sorrise. – Sì, padre -.
- Sei nervosa? -.
- No, padre -, mentì lei.
Ullr schioccò la lingua più volte, scuotendo la testa in segno di diniego. – Ricorda che il vero coraggio non è la mancanza di paura, ma la capacità di affrontare la paura stessa. Non è un male la tua inquietudine, anzi. La spavalderia e l’eccesso di sicurezza portano sempre ad una brutta fine -, affermò.
 
- Ad ogni modo, non sono venuto qui per farti la paternale. Ormai non dovresti più averne bisogno -, disse.
Sif notò che il padre portava qualcosa, appeso dietro la sua schiena. Toltosi il fodero di dosso, Ullr estrasse, con una certa perplessità da parte della figlia, un’arma, molto somigliante ad una spada.
 


Ma la giovane valchiria sapeva che quella non era una spada qualunque.
Era un artefatto dei nani. E già questo, di per sé, la rendeva speciale. Addirittura di gran lunga migliore delle ottime lame Asgardiane. Ma non era tanto questo che le importava, quanto altro.
 
Aveva spiato suo padre allenarsi con quell’ arma per anni, sperando di poterla anche solo toccare. Almeno prima che Ullr diventasse storpio, lasciando quell’oggetto inutilizzato.
Sapeva che, azionato un meccanismo speciale, quella spada si trasformava in un’affilatissima lancia, con due lame lunghe un braccio. Si teneva dalla parte centrale, e c’erano ancora molti veterani, ad Asgard, che avrebbero potuto giurare che quell’arma avesse mietuto i più temibili nemici di Asgard, saggiamente guidata da uno dei suoi ufficiali, Ullr.
 


 
Quante volte, da piccola, aveva sognato di poterla impugnare!
 
Ma non aveva mai nemmeno pensato di chiedere una cosa del genere a suo padre: era la sua arma personale, e anche se non aveva più ragion d’usarla, tale rimaneva. E un guerriero non prestava mai la propria lama. Sarebbe stato come prestare un braccio. O una gamba..
 
 

Vide l’ex ufficiale tendere il braccio verso di lei. Casualmente (o forse no) il braccio con cui teneva la spada.
- Ormai sei diventata una valchiria, Sif. Hai bisogno di una buona lama degna del tuo livello. Adesso questa è tua -, disse, senza tanti giri di parole.
 
La bionda (all’epoca Loki non gli aveva ancora tagliato i capelli) lo fissò intensamente, come se non avesse capito bene. In effetti aveva gli occhi sbarrati dallo stupore. – Cosa hai detto, padre? -.
- Ti ho già insegnato tutto quello che so. Non ho altro da offrirti -.
- Ma è.. è la tua spada..! -.
- No, è la tua. Nelle mie mani è solo un inutile pezzo di metallo, ormai -, insistette lui.
 
Sif guardò suo padre, poi l’arma che lui teneva in mano, e poi di nuovo suo padre. Era convintissimo di quello che faceva. E nessuno lo avrebbe dissuaso del contrario, se lo conosceva bene come Sif credeva.
 
Con un’esitazione solo iniziale, la guerriera allungò la mano, stringendola per la prima volta su quell’elsa. Sentì la sua sicurezza ritornare solida come prima.
 
Afferrò l’arma con entrambe le mani, ma con una delicatezza assolutamente nuova in lei, quasi come se stesse maneggiando un’antica e preziosa reliquia. Lentamente, estrasse l’arma dal fodero. Osservò le linee della spada con attenzione, prima di aprirla nella sua interezza, come lancia. La sua forma preferita.
 
La richiuse, per poi riporla nella sua legittima custodia, che appese alla schiena.
Guardò di nuovo suo padre per alcuni secondi, prima di abbracciarlo stretto.
 
- Grazie, papà. Non ti deluderò -.
 
Il vecchio stava per rispondere dicendole qualcos’altro, prima che il ricordo si spezzasse.
 
 
 

 
*************
 
 
 
 
Helblindi riaprì gli occhi, riuscendo infine a limitare il contatto mentale con Lady Sif.
Non era mai stato un campione di telepatia, sfortunatamente. Un simile incontro-scontro tra menti era inevitabile.
 
 
 
Ma non poteva indugiare oltre in questi pensieri. Non aveva altro tempo da perdere.
Sforzando ancora di più la sua mente, già messa a dura prova con il repentino salvataggio della valchiria, ricreò l’incantesimo che aveva intessuto precedentemente, stavolta mettendo in considerazione altri.. imprevisti di quel genere.
 


Andava bene qualsiasi paesaggio, a quel punto non gliene fregava assolutamente niente. Non avrebbe speso inutilmente energie nel formare un ambiente gradevole ai sensi.
 
Continuarono a precipitare, ma il Ginnungagap si ritrasformò, creando un punto di atterraggio.
 
Dannazione, pensò lo Jotun.
 


La loro caduta cambiò inspiegabilmente traiettoria. Se prima stavano scendendo in verticale, ora stavano per fare un atterraggio con un’inclinazione di circa trenta gradi, nel bel mezzo del.. bianco.
 
Questo farà male.
E poche volte nella sua vita Helblindi aveva odiato tanto avere ragione.
 
 
 
 
 
 

Come da copione, i sei capitombolarono in un terreno pieno di neve, ruzzolando per metri e metri prima di potersi fermare. Malauguratamente, Helblindi non era nelle condizioni per manovrare le leggi della dinamica a loro favore.
 
Inutile fu cercare di accompagnare la caduta in modo tale da subire meno danni possibili. Il Gigante rotolò per più tempo di chiunque altro, senza riuscire ad arrestarsi.
 
Alla fine, dopo essersi assicurato almeno un polso e tre o quattro dita rotte con una bella distorsione alla caviglia per finire in bellezza (anche se, a vederla in maniera ottimista, era già un miracolo non essersi fracassato l’osso del collo), finì per capitombolare a pancia in giù, con la neve in faccia.
 
 
 
 
 
Com’era divertente viaggiare con gli Asgardiani..

 



























 
*****Note Autrice*****

Ehilà!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Che ne pensate, ho detto troppo poco? Potevo fare di meglio? Per me sì.

Comunque Helblindi si sta dimostrando fortunato quasi quanto Loki xD ironicamente parlando, intendo.

Piccola nota per chi se lo fosse chiesto: nella mitologia, Ullr e Prudr sono due figli di Sif, ma in questo caso ho cambiato le carte in tavola perché.. così, perché mi andava xD E poi non so quali sono gli effettivi nomi dei genitori di Sif; che io sappia non ce li hanno nè nei fumetti nè nelle leggende nordiche, perciò ho agito di conseguenza.

Ah, tra le recensioni ce n'era una in cui veniva richiesta un po' più presenza di Loki. Così ho fatto alcune modifiche, e nel prossimo capitolo ci sarà (e forse anche in quello successivo).

Se altre di voi hanno consigli, critiche o suggerimenti da darmi, sarò molto felice di ascoltare :) alla prossima!
Madama Pigna

Ps: per chi segue ''No mercy, no justice. And revenge doesn't show it'': chiedo infinitivamente scusa, dovrete aspettare ancora un po'. 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Se non altro, sembriamo tutti vivi.. ***


Thor, ripresosi dalla caduta, si alzò in fretta, ignorando deliberatamente il calco nevoso lungo metri e metri che la sua caduta aveva provocato. D’istinto, strinse il pugno sul Mjolnir, un gesto che da sempre era stato in grado di rassicurarlo o, perlomeno, calmarlo.
 
- Sif!.. SIF! -, chiamò.
 
Ma della valchiria, il Tonante non vide neanche l’ombra.
 
Cominciò a sudare freddo. Sif era la sua migliore amica, la compagna di mille avventure. Non era solo una ex fidanzata, per lui, era molto di più. Era una di quelle colonne che tenevano in piedi il soffitto della sua vita. Una di quelle fondamenta che rendevano il suo animo forte, coraggioso, incrollabile.
Se lei se ne fosse andata.. niente sarebbe stato più lo stesso.
 
Aveva già sofferto una volta la morte di una persona cara. Non amava Sif nel modo in cui amava Loki, questo no, ma affrontare un altro lutto del genere, con tutto quello che stava succedendo, sarebbe stato troppo per lui.
 
 
Dopo alcuni secondi di tetro silenzio, udì un grugnito provenire dietro un mucchio di neve. Subito fece il giro, e vide, con parziale sollievo, Volstagg e Frandal, in parte infossati nella neve. Un po’ ammaccati, certo, ma vivi.
 
- Thor! -, esclamò lo spadaccino, il primo a essersi accorto di lui.
- Frandal! -, il possessore del Mjolnir tese un braccio all’amico, aiutandolo ad alzarsi. Sotto di lui, il Voluminoso era sepolto. Solo le gambe, che si dimenavano come pesci in trappola, sporgevano in tutto quel candore; uno spettacolo tragicomico a cui però i due biondi non potevano assistere tanto a lungo.
 
Prima che il loro imponente amico morisse soffocato, decisero di afferrarlo per i piedi, aiutandolo a uscire.
 
- Niente di rotto? -, chiese il Tonante.
- Fortunatamente no. Volstagg ha attutito l’impatto -, rispose l’altro con un ghigno.
 
 
Quando il Voluminoso fu finalmente libero, i tre trovarono anche Hogun, che precipitando si era rotto la gamba. Poi si guardarono intorno, alla ricerca di Sif e di Helblindi.
 
 
 
- SIIIF! -, chiamarono.
Ma di lei, nessuna traccia.
 
Poi la videro.
Riversa a terra, priva di conoscenza –se non del tutto morta, ma cercarono di non pensarci- teneva la propria spada in mano, e non  dava alcun segno di ripresa. La coda con cui acconciava i propri capelli si era sciolta, e adesso la sua chioma scura, bagnata dalla neve, si distendeva in sparse ciocche, quasi coronando la sua bella testa.
 
I guerrieri corsero verso di lei, e, con orrore, si avvidero del sangue che, lentamente, stava colando dalle sue orecchie, e, un po’, dal naso. Toccandola, Thor la sentì calda. E questo era un bene, se significava che forse era ancora viva, ma la sua amica era.. Troppo calda.
Scottava come il Regno di Muspellheim.
 
- Sif.. -, la scosse un po’ per la spalla, chiamandola in tono preoccupato. – Sif.. -.
La valchiria non rispondeva, e allora Thor la scosse più forte. – Sif! -, esclamò.
 
 
 
 
In lontananza, il mago giaceva per terra, immobile.
 
Sei davvero un povero idiota. Avresti dovuto aspettarti qualcosa del genere. Gli disse la voce della sua coscienza.
Oh, Helblindi sapeva che stava per esplodere in una delle sue poderose e per niente piacevoli arrabbiature. Di rado il suo.. come lo avrebbero chiamato i mortali? Ah sì: di rado il suo grillo parlante aveva la voce di Byleistr. Ma tutte le volte che accadeva, era statisticamente provato, era per dargli ripetutamente del cretino. Quando commetteva stupidaggini tali che sarebbe stato ancora più stupido non arrabbiarsi con se stesso per colpa delle conseguenze subite.
Dopotutto suo fratello aveva sempre avuto la spiccata capacità di mettergli davanti tutte le sue idiozie. Che poi lui fosse tanto cieco da non vederle (o da non volerle vedere) era un altro discorso.
Ti vanti di essere uno dei maghi più abili del cosmo e poi fai un errore così clamoroso? Dovresti ringraziare la buona stella dei tuoi compagni di viaggio, Helblindi, dato che tu non ne hai una.
 
Grazie tante, disse lui.
Prego.
Ma vai ad Helheim.
Ci siamo appena stati, per quale motivo io dovrei ritornare?
 
Lo Jotun decise di dare un taglio a quella malata conversazione con la sua coscienza. Sicuramente aveva ricevuto dei danni cerebrali, e non era l’unico..
 
Cercò di muovere le dita, gemendo leggermente quando il suo seidr rimise a posto tutte le ossa nella loro legittima posizione. Ancora a terra, si accorse di stare sanguinando dal naso. Tastandoselo, non sentì alcun tipo di dolore, per cui sì, probabilmente lo sforzo precedente gli aveva causato qualche danno all’interno del cranio, causando quella piccola emorragia. Il suo incantesimo, però, reggeva, quindi quasi sicuramente la sua rigenerazione era ancora in grado di funzionare in modo da riparare tutto autonomamente.
 
Decise di alzarsi, pur sentendo il suo corpo piuttosto indolenzito dalla caduta.
Uno dopo l’altro, appoggiò i palmi sulla neve, facendo leva per sollevare il torace. Si issò poi reggendosi su un ginocchio, senza essere troppo veloce. Perché rischiare dei giramenti di testa, dopo tutto?
 
Si guardò intorno, in cerca degli Asgardiani e del Vanir. Il paesaggio era inondato dal bianco del ghiaccio e della neve, e, in lontananza, riusciva anche a scorgere un mare. Quelli laggiù erano pinguini? Sì, decisamente. Pinguini Imperatore, per la precisione. Quegli uccelli palmati vestiti in smoking erano inconfondibili, persino agli occhi di un extraterrestre come lui.
Sembra il Polo Sud. Peccato non esserci per davvero, pensò il Gigante di Ghiaccio. Per i criteri di qualche specie al di fuori della sua forse il clima era un po’ duro, certo, ma almeno lì l’energia del cosmo non minacciava costantemente di spaccargli il cervello.
 
Sentì il suono di alcune esclamazioni, senza però afferrarne il senso (e sperò che non fosse un sintomo di qualche danno al sistema uditivo). Voltandosi, vide una scena che lo lasciò decisamente confuso, tanto che dimenticò persino di arrabbiarsi. Anche perché, sembrava esserci già qualcuno parecchio infuriato, in mezzo ai guerrieri.
 
Dei ringhi rivolti alla sua direzione glielo confermarono.
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 
 
- Stai meglio? -.
Loki, appena finito di pulirsi la bocca, annuì, reggendosi alla spalla del fratello maggiore.
- So che è un’ovvietà, ma i sintomi della gravidanza stanno cominciando a farsi sentire -, affermò Byleistr, nel suo aspetto Asir. – Forse è meglio che tu non ti sforzi tropp.. -.
- Ce la faccio -, lo interruppe il più giovane .
 
I due fratelli erano arrivati ad Asgard, e il Guardiano era andato avanti nel percorso del Ponte Arcobaleno, per avvisare i sovrano del loro arrivo. E, in particolare, del bisogno di interloquire con urgenza. Nel frattempo, però, Loki aveva subito alcuni sintomi della gravidanza, come, ad esempio, la nausea; non forte come quella di qualsiasi donnicciola (era pur sempre uno Jotun), ma, in ogni caso, decisamente fastidiosa.
 
 
Byleistr decise di non preoccuparsi più di tanto. Non era un esperto di gravidanze, questo no, ma aveva conosciuto abbastanza Giganti del Ghiaccio gravidi da sapere che le condizioni del minore non erano certo un buon motivo di inquietudine. E comunque Loki adesso riusciva a usare la magia quasi come prima, e questo era senz’altro un buon segno.
 
 
In silenzio, si avviarono verso il Palazzo Reale, non molto distante dal Bifrost se non fosse stato per la lunghezza del ponte adamantino.
 
La gente, impegnata nei propri affari, non sembrò badare molto a loro, e, tutto sommato, era meglio così.
 
 
 
Quando arrivarono alla reggia, i due sovrani li accolsero con una certa perplessità, anche se, sotto sotto, immaginavano la ragione di una visita così inaspettata.
 
La Regina, ricordando il discorso fatto con Odino prima della partenza di Thor (e prima che quel disgraziato di suo figlio scomparisse in un'esplosione), si chiese se fosse il caso di informare Loki del.. dileguamento del Tonante. Non poteva certo negargli la verità per sempre, ma nemmeno mettergli addosso uno stato di agitazione che non avrebbe giovato né a lui, né, tantomeno, ad un ipotetico nascituro inatteso.
 
 
Tuttavia, non ebbe tempo di preoccuparsi per quello. Nel momento stesso in cui salutò il figlio con un abbraccio, la sua aura magica percepì che qualcosa non andava.
E non era l’unica a essersene accorta.

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Dolci emicranie ***


Lo so, sono una str****. Non solo ho ritardato, ho anche riso della scomparsa dei pinguini! Leggete e capirete. Chiedo scusa per il ritardo, purtroppo è stata una settimana sterile di ispirazione.



 
 
 
 
 
Di fronte al mago, uno spettacolo alquanto.. strano era in atto.
 
Lady Sif, ripresasi dalla caduta, era diventata decisamente aggressiva, per usare un eufemismo.
 
Messa a quattro zampe sulla neve, i capelli in disordine e l’espressione da animale braccato (sfortunatamente Helblindi conosceva bene quella faccia), le pupille dilatate fino a divorare del tutto il blu dei suoi occhi, ringhiava contro i suoi compagni, che invano tentavano di farle tornare un po’ di senno. A volte si alzava in piedi e li attaccava con graffi o pugni, ogni tanto morsi, dimenticandosi del tutto di avere un’ottima spada giacente sulla neve.
 
Per un momento, un solo momento, Helblindi rimase imbambolato a fissare i cinque guerrieri.
Se non fosse stato per tutta la situazione in generale, quella scena avrebbe potuto persino farlo ridere, ma no, non lo faceva ridere, per gli Avi.
Notò il sangue fresco sul viso della guerriera. Immaginò certi suoi colleghi al posto suo: alcuni avrebbero davvero riso fino alle lacrime (dannati elfi neri. E il loro senso dell’umorismo da gran bastardi), altri invece avrebbero già agito (almeno i Vanir avevano un po’ di buon senso). Decise, perciò, di fare come questi ultimi.
 
Ipotizzò cosa fosse successo:  probabilmente, il contatto con Lady Sif era stato troppo violento. E non perché lei era una donna, o un’Asgardiana, ma perché non aveva la mente allenata di una maga e stava per essere disciolta nel tessuto dell’universo. Logico che avesse subito dei danni.. non proprio irrilevanti. Forse nella sua testa era ancora vicino al Vàn, cercando di proteggere sé stessa e Byleistr, poteva anche darsi. Helblindi aveva visto i ricordi della valchiria come se li avesse vissuti in prima persona, non vedeva perché non sarebbe potuto succedere il contrario.
 
Diamine, lui non era specializzato in telepatia. A dirla tutta, nemmeno nei colpi di fortuna, ma ora stava veramente cadendo troppo in basso.
Dovrebbero inventare una scienza per controllare la sorte, pensò.
 
Si avvicinò al gruppo. Gli uomini intorno a Lady Sif non volevano farle del male, e, notò sottilmente divertito, in questo modo erano piuttosto inconcludenti: peccato non aver visto la donna Asir graffiare la faccia di Thor Odinson. Allora che avrebbe riso. Comunque, i cinque cercavano di bloccarla, ma niente, si dimenava come un anguilla, urlando e ringhiando, e non c’era modo di tenerla buona.
 
- Uaaahhrr!!! -.
 
A un certo punto, ella si avventò su di lui, tirandogli un pugno sullo zigomo. Helblindi imprecò mentalmente, perché Lady Sif le dava piuttosto forte, ma si lasciò malmenare. Non visto, avvicinò la mano destra vicino alla nuca della donna, approfittando dello stato in cui versava fintanto che se la prendeva con la sua faccia.
Un luccichio blu delle dita, e i danni cerebrali della valchiria guarirono.
 
 
Però continuava a picchiarlo a macchinetta.
Piuttosto seccato, a quel punto fece quello che avrebbe fatto persino il più esperto dei telepatici.
Gli tirò un sonoro schiaffo, che risuonò nelle orecchie dei presenti come il rumore che spezzò definitivamente la tensione. Una piccola rivalsa per la sberla che aveva dato inizio a tutto quel pandemonio.
 

Sif si risvegliò dal suo stato di lupa selvaggia, fortunatamente, e, come appena svegliatasi da un sogno, lo fissò in modo stralunato. – Ma che diamine..? -.
- Va meglio, adesso? -, chiese Helblindi, tranquillo.
- Io.. credo.. di sì -, disse, forse non ricordando bene il colpo di prima.
Però si era svegliata, lo si doveva riconoscere.
 
- Ottimo. Comunque la tua spada è là -, disse lui, indicandole la lama. Non aveva voglia di discutere, e in ogni caso non sarebbe andato in cerca di zizzania dopo aver visto i ricordi della valchiria.
Lei, almeno, un oggetto appartenuto a suo padre lo aveva. Lui invece solo i ricordi d’infanzia. Poteva capire la ragione di quel gesto. Un gesto stupido, istintivo e avventato, certo, ma dopotutto lui era stato il primo a sbagliare. Avrebbe dovuto prevenire quel genere di imprevisti, invece no, erano quasi morti.
 
Lui non era abituato a pensare anche all’incolumità degli altri, per gli Inferi. Quando ancora viveva a Jotunheim, di solito quello che se ne preoccupava era Byleistr. Lui invece tendeva sempre a crogiolarsi in stupidi sogni, rifiutandosi di tornare alla realtà. Perché la realtà di Jotunheim, a quel tempo, era davvero troppo orribile, e i tentativi  di Byleistr di farlo scendere dalle nuvole erano semplicemente stati inutili.
 
E anche dopo essersene andato era stato così: nella maggior parte delle situazioni pericolose in cui era stato coinvolto (ed erano non tantissime, ma abbastanza), di rado il pericolo riguardava qualcun altro. Quindi non era proprio abituato a pensare alla vita degli altri, un po’ per mancata abitudine, un po’ perché, sotto sotto, un pochino egoista lo era. Magari non erano molte le persone che lo conoscevano abbastanza bene da poterlo dire con sicurezza (avrebbe potuto contarle con le sole dita delle mani), però esistevano.

Dopotutto, negli ultimi secoli non era stato troppo amichevole con gli altri (perlopiù alieni disposti a ucciderlo a causa della sua natura di mago Jotun, ma su quello era meglio sorvolare).
 


- State tutti bene? –, chiese agli altri.
- Più o meno. Hogun si è rotto la gamba -, rispose Frandal, indicando il compagno d’armi seduto su un mucchio di neve. Il Gigante si avvicinò al Vanir, chinandosi per osservare meglio l’arto, poi scosse la testa.
- Non posso guarirla mentre siamo nel Ginnungagap. Troppo pericoloso. Mi sono già sforzato con i danni di Lady Sif e abbiamo già corso il rischio di rimetterci la pelle, oggi -.
- Allora è meglio non provarci un’altra volta -, concordò il Fosco, annuendo.
- Tutto questo perché Sif doveva recuperare la sua stupida spada-lancia -, grugnì Volstagg, che vista l’esperienza di nemmeno venti minuti prima era ancora troppo nervoso per avere un minimo di tatto, già di per sé una caratteristica mancante nella sua personalità di guerriero bonario.

La valchiria aveva appena riposto la sua arma nel fodero, quando udì quelle parole e gli lanciò un’occhiataccia. – Non è stata colpa mia quella specie di tempesta, Volstagg! E comunque conosci perfettamente il valore affettivo della mia.. -.
- Lo sai cosa intendo! Magari Hogun avrebbe ancora la gamba sana, e non avremmo rischiato tutti di morire o peggio se tu non avessi.. -.
 
 


Helblindi stava per zittire i due guerrieri, dicendogli che non aveva alcun senso discutere ora che erano tutti salvi e più o meno sani. Lui aveva i suoi difetti, d’accordo, ma perché loro dovevano essere così infantili?
Avrebbe volentieri esposto la sua opinione al riguardo, se un mal di testa atroce non gli avesse bloccato le parole in gola. Mugugnò, portandosi una mano alla testa. Quella posizione stava diventando un’abitudine, e non era affatto una buona notizia.
 
- Non ho lasciato volontariamente la presa! -, rispose la guerriera alla provocazione del Voluminoso, e il tono di voce alto con cui lo disse non migliorò la sua situazione.
 
Oh, perché non si era applicato un po’ di più, in quel genere di incantesimi?!
Si sentiva come uno studente durante una verifica difficile.
La differenza? Conosceva abbastanza bene Midgard da sapere che almeno un alunno, in quel mondo, non rischiava di morire se un esame andava male. Non di solito, almeno.
 
- State zitti.. -, mormorò. L’energia del Vuoto Pieno stava di nuovo premendo su di loro. Per questo era stato stupido: aveva formulato l’incantesimo precedente come se il Ginnungagap fosse stato qualcosa di quieto, come uno stagno, o un pozzo. Ma il Vuoto Pieno non era uno stagno, era un oceano in continua, perpetua tempesta, la massa primordiale dove l’incontro di luce e buio, bianco e nero, bene e male e opposti in generale non aveva mai tregua. Era il Caos che generava l’ordine e i suoi momenti di quiete erano talmente rari e brevi che erano stati fortunati ad essere ancora vivi.
 
Lui non era il mago più potente dei Nove Regni, dannazione. Uno dei più forti, di questo ne era sicuro, ma non il primo.
 
Concentrazione.. Devo trovare la mia concentrazione..
 
Ma la passata esperienza con la valchiria aveva riportato a galla memorie che Helblindi avrebbe voluto solo dimenticare. Il Caos si stava intromettendo nella sua mente e poteva soltanto peggiorare le cose.
 
 
 
- Vorrei vedere te al mio posto! Neanche tu sai combattere! -.
- Ma io ho altri talenti, fratellino -.
 
- Mollami, Helblindi! Usare la magia non vale! -.
E questi era soltanto i primi. Ricordi felici, tutto sommato, ma che ne anticipavano altri molto meno allegri.
 
 
 
- Questo cosa?! Helblindi, mi stai spaventando. Di cosa stai..? -.
- C’è uno strano odore! E’.. non lo so.. sembra quasi cuoio, solo con un po’ di metallo e un’altra cosa che non capisco cos’è. Però pizzica -.
[…]
- Lasciatemi! Lasciatemi!! -.
 
La prima volta che era stato costretto a versare il sangue di qualcun altro. La prima, ma non l’unica.
 
 
 
- State zitti.. -, bisbigliò, e non sapeva nemmeno lui se era riferito agli Asgardiani o ai ricordi nella sua mente. La testa gli faceva sempre più male.
 
 
- Sono realista. Non è come quando eravamo bambini noi, quando non c’erano carestie e malanni. Se non imparano a cavarsela ora, non impareranno mai. E tu in quel modo non li aiuti, parlando di.. Cos’erano stavolta? Draghi e ricchezze nascoste sotto le caverne? -.
- Perlomeno da grandi non saranno degli apatici senza cuore come te -.
[…]
- Non puoi comportarti così con tutti! -.
- E tu non puoi fare così sempre! Non puoi vivere nell’illusione che vada tutto bene, Helblindi! Un giorno le tue speranze finiranno per farti del male, e io potrei non essere lì a proteggerti! O peggio, dovrei assistere senza poter fare niente! Cresci un po’, maledizione! La vita non è fatta di latte e miele! -.
 
Suo fratello aveva ragione. Aveva sempre avuto ragione.
 
 
 
Vedeva ogni ricordo davanti agli occhi come se lo vivesse per la prima volta. A volte provava felicità, ma spesso sentiva la rabbia scorrere dentro di lui come un accompagnamento al sangue nelle sue vene. Ma non poteva permetterlo. Doveva combatterlo.. Non poteva lasciarsi divenire preda delle sue memorie, anche quando erano le più terribili.
E non era ancora arrivata la peggiore..
 

- Ancora un po’, fratello! Resisti! -.
- Non.. Non ce la faccio.. Il dolore… E’ troppo.. -.
 
No! Quello no! Qualunque cosa, ma non quello! Non avrebbero resistito un istante di più, se avesse rivissuto quell’esperienza in quel modo!

Concentrazione concentrazione concentrazione.. Doveva concentrarsi su qualcos’altro. Qualsiasi altra cosa, che non avesse a che fare con suo fratello, con Jotunheim e con tutto quello che ne seguiva.
C’era una frase.. Una frase che una persona gli diceva spesso, molto tempo fa..
 
Sai, credo che la vera concentrazione si trovi a un certo punto tra la rabbia e la serenità!*
 
Ma certo!
Indubbiamente era quello che gli serviva. Riuscì a isolare quei ricordi, e tornò alla realtà, dove Volstagg e Sif, mentre Thor e gli altri cercavano inutilmente di riappacificarli, stavano discutendo ancora. Nemmeno si erano resi conto di come stava! Dannati Asir guerrafondai!

Ma la tempesta del Ginnungagap, comunque, non era passata. L’energia premeva contro la sfera di protezione intorno a loro, riducendola sensibilmente e creando scosse di terremoto. I pinguini erano spariti.
Facendo forza su quelle difese, il Ginnungagap premeva anche sulla loro fonte, ossia: il suo cervello.
 
 
- STATE ZITTI!! -, urlò lo Jotun, gemendo poi per il dolore alla testa. Snocciolò mentalmente un paio imprecazioni alla Midgardiana qua e là (non proprio di quel genere adatto a essere trascritto, sfortunatamente), per sua disgrazia le più colorite dei Nove Regni ma che.. beh, erano fin troppo espressive. E calzavano perfettamente alla situazione generale in cui si trovavano.
 
 
Cadde a terra, benedicendo la neve fredda che, in quella pelle calda, addormentava un po’ quella spiacevolissima sensazione. Chiuse gli occhi. Avrebbe voluto strapparsi i capelli dal dolore, lui non era in grado di gestirlo fino a quei livelli insopportabili. Conosceva i suoi limiti, per la miseria, e non avrebbe sopportato un minuto di più quel dolore. Era come se dei coltelli incandescenti lo stessero pugnalando più volte, contemporaneamente, rompendogli il crani e riducendo a brandelli bruciacchiati il suo cervello.
Forse urlò, ma non ne era troppo sicuro.
 
 


Poi, come tutto era iniziato, tutto finì.
Quando riaprì le palpebre, le dieci iridi dei guerrieri lo accolsero, sopra di lui, con aria preoccupata.

- Certo che ce ne vuole per attirare la vostra attenzione.. Capisco perché Loki abbia fatto tutto quel casino: voi cinque rendereste matti chiunque -, mormorò lo Jotun. Nella sua testa, però, c'era una sola parola.

Ahi, ahi, ahi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 




 
 
*: Alours, questa, forse alcune di voi l’avranno riconosciuta, è una citazione presa da Xmen: l’inizio. Detta da Charles Xavier, e indovinate un po’ a chi era riferita? A Eric Lensherr, ossia Magneto, ovvero il ‘prestavolto’ di Helblindi. Non ho fatto una specie di copia-incolla, sia chiaro, ma il personaggio interpretato da Michael Fassbender in quel film mi aveva molto affascinato, ed il tema della rabbia, caratteristica di Helblindi, era una cosa che accomunava entrambi i personaggi. La citazione, in questo caso, è detta da un personaggio completamente differente dal professor Xavier, ma che in questa fic, temo, non vedremo :)

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Temperature estreme ***


Ehilà!
Innanzitutto: tanti auguri :)
Ecco che siamo al capitolo 23, di ben quattro pagine e mezzo! E' un bel numero per me O_O (intendo quello dei capitoli).
Comunque eccoci qua. Spero che vi piaccia. E per quanto riguarda l'altra fic, beh, mi dispiace, ma il prossimo capitolo non lo posso postare proprio il giorno di Natale. Cioè.. no. Persino io che sono la reincarnazione del Grinch quando si parla di queste feste, non posso postare un aggiornamento con certi contenuti. Mi spiace.
Alla prossima,
Madama Pigna! E se avete domande, dubbi o critiche non esitate a farmi sapere! :D














 
- Spiegami perché continui a volerti rompere le ossa in questo modo, Byleistr -, affermò il maggiore, prendendogli delicatamente le mani.
- Non posso prendere a pugni se poi mi faccio male! Devo allenarmi a non sentire il dolor.. -.
- D’accordo, ma così tra qualche anno non riuscirai nemmeno a scrivere! -.
- Anche Farbauti lo faceva, alla nostra età! E comunque non è un problema, posso sempre usare il mio aspetto Asir per.. -.
- Sì, dopo dieci minuti di assoluta concentrazione. Fratello, tu non sei me -.
- E meno male -.
- Spiritoso. Bah, fai quello che vuoi, se proprio ci tieni ad avere le mani perennemente curve come gli artigli di un corvo -, disse lui, contrariato.



Il giovane mago cercò di sistemare meglio che poteva le spaccature delle ossa di Byleistr. Dava pugni talmente forti alla pietra da squarciarsele, almeno all’inizio. E non poteva usare la magia per guarirle, o sarebbe stato come ricominciare da zero. Doveva limitarsi a ridare forma alle escrescenze ossee, e, in alcuni casi, fasciarle. Inoltre Byleistr aveva preso a bere molto spesso il Concentrato di Bergelmir, dato che aveva effetto soprattutto sulle ossa. Aveva una tolleranza estremamente alta per i sapori amari.
 
 Sperava almeno che ne sarebbe valsa la pena. Anche se, conoscendo l’ostinazione di suo fratello, non ne dubitava.
 
 
 
 






- Laufey è un bastardo -, disse Byleistr, in uno dei loro incontri fra le rovine. Il Re ormai ci aveva preso gusto, a frustarlo. Il secondogenito evitava di raccontare a Helblindi che lo faceva sempre lui, di persona, soprattutto da quando aveva smesso di manifestare il dolore a cui era sottoposto. Voleva strappargli urla di agonia, ‘per rimetterlo in riga’, diceva lui, e ‘cancellargli dalla testa le sue sciocche idee’. Ma Byleistr ormai evitava di contraddirlo apertamente. Non tutti però erano convinti della sua conversione, anzi pensavano fosse diventato solo arrendevole.
La verità era che il giovane Jotun aveva imparato che non serviva a niente farsi frustare, quando poteva agire nell’ombra senza che il Re se ne rendesse conto. Spesso cercava di fare il possibile per far sì che nessun nano fosse catturato e ucciso, che nessuna famiglia fosse in lutto perché i bambini erano morti di fame. Ma agiva di nascosto, mai sotto la luce del sole, mai rivelando l'autore di quegli atti generosi. Non voleva ringraziamenti. E poi, con la sua reputazione di figlio di Laufey, nessuno avrebbe creduto a simili storie. Nessuno avrebbe persino accettato il suo aiuto.


 
Da dietro, Helblindi non rispose, continuando a curarlo. Conosceva bene le idee di suo fratello, e le condivideva, pure se non approvava il suo atteggiamento che spesso lo metteva nei guai con Laufey. Ma meno sapeva, meglio era per la sua sicurezza. Lui era l’unica ragione per cui Byleistr non era diventato un ribelle a tutti gli effetti. Non ancora.
 

- Non riesco a credere che agisca pensando di fare il bene del Regno. Almeno, quando c’era Farbauti, non poteva certo fare il tiranno come voleva lui. Nostro padre non lo avrebbe mai permesso. Ma cosa crede di fare, trucidando nani e imprigionando dissidenti, infischiandosene dei veri problemi? Mentre lui e i suoi sostenitori stanno lì a ingrassare, gli abitanti delle altre regioni patiscono la fame, o sono costretti a quarantene che non lasciano scampo. Lo odio -, continuò.
- E immagino che anche stavolta hai voluto farglielo notare -, rispose Helblindi, lanciandogli un’occhiataccia.
- No, stavolta no -, ribatté Byleistr. – Mi ha preso a frustate perché ho fatto a botte con i suoi lecchini -.
- E suppongo tu li abbia malmenati per bene -.
- Ovviamente. Fanno tanto i gradassi ma quando si tratta di menar le mani sono peggio dei bambini. Se lo avessi voluto, li avrei uccisi senza difficoltà -.
- E, tanto per sapere, come mai hai deciso di pestarli? -.
Byleistr non rispose.
 
 




 


 
- Possiamo fare qualcosa per te? -, chiese il Tonante, guardando lo Jotun nascondere le iridi grigie sotto le palpebre mentre con le dita si massaggiava la fronte. L’altro scosse la testa, alzandosi dal cumulo di neve in cui si era seduto per riprendersi dal dolore precedente. Ora andava molto meglio, ma sentiva perennemente un prurito alla nuca, fastidiosissimo, segno che la protezione magica reggeva ma era sempre e comunque messa alla prova dal Vuoto Pieno.
- Non c’è nulla che tu o i tuoi compagni possiate effettivamente fare, in questo momento. Anche se aveste delle nozioni elementari sul Seidr, sarebbe estremamente difficile aiutarmi, attualmente. Possiamo solo sbrigarci a raggiungere Asgard e basta -.
 
Thor abbassò la testa, cupo.
Si sentiva completamente inutile. Come un pesce rosso in balia del gatto, incapace di difendere se stesso o qualcun altro. Non sapeva cosa fare. Aveva sempre pensato che la magia fosse inutile, un insieme di trucchetti per chi non aveva spina dorsale e non era capace di tenere un’arma in mano. Ora invece scopriva che era ben più complicata di quanto pensasse e adesso che si ritrovavano nel Ginnungagap era proprio quella a tenerlo in vita.

Chissà quante volte Loki aveva provato a fargli entrare in testa certi concetti, ad aprirgli quella mente spesso ottusa e poco ragionevole, senza essere nemmeno ascoltato. La stretta sul Mjolnir si rafforzò.
 
 
 
Lui come stava? Bene? Male? Era in pericolo? E il bambino poi?
Pensando all’accenno di Hela sui Demoni di Fuoco, la preoccupazione non fece che aumentare.
Forse Loki (e non solo lui. Madre, Padre, tutta Asgard, senza dimenticare Byleistr), stava rischiando la vita in quel preciso istante, e lui non poteva fare nulla per evitarlo!

O magari era già morto.
No, non riesco neppure a pensarci.
 
- Anche se ne sapessi qualcosa di magia, io non so usare il Seidr, non ne ho -, borbottò, con lo sguardo a terra. Helblindi, per tutta risposta, lo guardò quasi con dispiacere, comprensivo.
- Mio padre Farbauti non era un mago, ma era un guerriero capace, Thor Odinson. Diceva spesso che tutti noi abbiamo qualcosa di buono, un particolare talento nel fare qualcosa, e che non essere bravi nel fare qualcos’altro non è un male. Tu hai la tua forza e io ho la mia metamorfosi, per esempio. Ma in ogni caso, devi ricrederti: tutti gli esseri viventi possiedono il Seidr, anche se non tutti sono in grado di usarlo consciamente. Si manifesta in forme diverse da individuo a individuo, ed è così che puoi scatenare tempeste o usare la magia in generale.. -.


- Ehm.. non per rovinarti la lezione, Helblindi, ma.. -.

Lo Jotun di voltò, notando che il tono dell’altro Asir biondo era un po’ traballante, come del resto le sue gambe. – Cosa c’è, Spadaccino? -, chiese perplesso. Il guerriero, stringendosi il busto con le braccia, tremava da capo a piedi.
Anche gli altri gravavano in uno stato simile.

- P-potresti alzare la t-temperatura? N-non che abbia qualcosa c-contro la neve ma n-non sono a prova di raffred-dore -, disse, battendo i denti a causa del freddo.
 
Helblindi sbatté le ciglia un paio di volte, prima di capire.
- Ah, giusto. Chiedo scusa, a volte dimentico che le altre razze hanno una resistenza al freddo minore rispetto alla mia. Non sono sicuro di poter cambiare del tutto questo ambiente, ma posso provarci -, replicò.

Si concentrò, e, dopo alcuni istanti, lo scenario intorno a loro cambiò, divenendo all’improvviso più scuro. Altissimi alberi, come i cinque guerrieri non ne avevano mai visti prima, crebbero intorno a loro, molto simili agli abeti e alle piante generalmente viventi nei luoghi molto freddi. La loro corteccia, però, era grigia come il ferro, e, apparentemente, dura come la pietra.
Improvvisamente erano in un bosco, stavolta però molto diverso da quello precedente: molto più freddo e pieno di neve. Inoltre il cielo era di un colore indefinito: non abbastanza chiaro per essere giorno, non così scuro da poter essere notte, almeno secondo gli standard Asgardiani.

- Non è cambiato molto -, affermò Hogun, riferendosi al gelo lì intorno. – Anzi, semmai adesso rischiamo davvero l’ipotermia -.
- Guerriero di poca fede. Dammi solo qualche minuto. Nel frattempo, però, ricominciamo a camminare -.
 


 
*****************
 
 


Chiunque sapesse che Byleistr era uscito dal suo mondo pochissime volte nella sua vita, e sempre per periodi molto brevi (qualche ora al massimo), avrebbe certo pensato che non conoscesse bene quanto i suoi fratelli la sensazione del calore. Dopotutto come avrebbe potuto? Jotunheim era il pianeta più gelido dei Nove Regni. L’evoluzione della sua gente in Giganti del Ghiaccio, o Jotun a dir si voglia, ne era la prova. Non c’era razza nel cosmo che tollerava meglio la gelida morsa delle nevi. E che, di riflesso, evitasse con più zelo i luoghi eccessivamente caldi.
 
Ma lo Scalatore delle Catene si era guadagnato la sua nomea (perlomeno quella ufficiale) pure subendo un calore troppo forte per la sua pelle di brina. E quando il Re ripensava a certi momenti della sua giovinezza, ricordava anche il fiume Vàn, che, oltre a essere collegato al suo primo incontro con un gruppo di Asir, era anche il corso d’acqua nato dalle sorgenti calde del suo pianeta. Lui era stato da quelle parti diverse volte, quindi sì, sapeva come reagiva il suo corpo di fronte all’accaloramento eccessivo.
 
Una opprimente sensazione di soffocamento, specie se si è circondati da vapori d’acqua calda. Il sudore – che spesso nei Giganti si tramutava in ghiaccio, ma quella era un’altra storia -, quella gran voglia di bere acqua fresca, cose così.
Nel suo aspetto Asir, la sua percezione del calore era meno sensibile, certo, ma non tollerante tanto quanto quella di un altro natio di Asaheim, perché comunque non apparteneva a quel luogo.
 
 
 
 
Quando lui e Loki erano arrivati ad Asgard, all’inizio non aveva avvertito niente di strano.
Poi, però, mentre il giovane fratello stava abbracciando la madre adottiva, una strana sensazione si era fatta strada dentro di lui.
Era una persona che ragionava con la logica e non con le emozioni. Tuttavia, le esperienze amare del passato gli avevano insegnato una lezione importante.
Mai ignorare il proprio istinto e i cattivi presentimenti. Specie quando  questi avevano il brutto vizio di anticipare sempre gli eventi infausti. Se dopo tutti quegli anni era ancora vivo non doveva ringraziare la fortuna amica.
 
 
Loki dovette avvertire una sensazione del genere, perché quando si divincolò dalla stretta di Frigga il suo sguardo non era affatto sereno. Lo stesso la Regina di Asgard.
 
Il Principe si voltò verso il fratello con aria grave. - Qualcuno sta cercando di entrare ad Asgard! -, esclamò.
 
 
E va bene che Byleistr era di natura tendenzialmente pessimista, ma persino lui non sarebbe arrivato a immaginare un assalto alla Città d’Oro o qualcosa del genere.
- Cosa? Ne sei certo? -, chiese. Oh, che meravigliosa domanda retorica..
- Lo sento! Qualcuno sta per aprire un portale. E’ una magia potente, io non.. -, il terzo figlio di Farbauti guardò Frigga sconvolto. Come se cercasse da lei una soluzione.
- Non sono abbastanza in forze per fermarla -, disse.
 
Fu in quel momento che i due Jotun sentirono un calore crescente.
- Loki, da dove stanno venendo? -.
- Non lo so! Non riesco a capire. La gravidanza mi annebbia i sensi -.
E Frigga avrebbe voluto dire qualcosa come ‘’Allora aspetti davvero un bambino!’’, ma non era quello il momento. Si scambiò uno sguardo con Odino. Asgard era in pericolo, e con essa anche uno dei loro figli.
Senza dare il tempo di dire altro, Loki si guardò attorno con nervosismo.
- Dov’è Thor?! -.
- Non è qui -, rispose Odino.
- COME SAREBBE A DIRE ‘’NON E’ QUI’’?! -, urlò il nano gravido.
- Era partito per.. una ricerca su Midgard -, rispose Odino, pensando che non fosse il caso di fare sapere a Re Byleistr delle intenzioni di Thor di scovare Helblindi. Stava per aggiungere altro, quando l’ennesimo strillo di Loki lo zittì ancor prima di avere la possibilità di parlare.
- MIDGARD? DOVE? DA QUELLA SGUALDRINA MORTALE? IO LO AMMAZZO!! -.
- Loki non è il caso di fare scenate di gelosia, in questo momento! -, lo rimproverò Byleistr. La sensazione di calore si stava facendo più forte. Forse Il più piccolo non se ne rendeva conto quanto lui, dato che era cresciuto in un paese caldo, ma poco importava.
Stava sicuramente per ricevere una risposta acida, quando un improbabile istinto preveggente gli disse che qualcosa stava per accadere. Il suo corpo, temprato da fin troppe battaglie, agì da solo: si buttò sui tre (facendo in modo che Loki non subisse troppi danni, ovvio), facendoli cadere a terra, con gran dolore.
 
Il tempo di un battito di ciglia, e un fiume di fuoco investì il punto in cui si trovavano un istante prima.
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Di chiacchiere e falò ***








Procedendo non molto velocemente, a causa della gamba rotta di Hogun, la compagnia avanzò tra i meandri del Ginnungagap. Questo, tuttavia, in parte, comunque, libero dagli incanti dello Jotun, cambiava spesso aspetto.
A volte era un deserto dall’orizzonte di roccia, dura e rossa come ruggine e sole tanto caldo da spaccare le pietre.
Altre pareva un fondale marino, ricco di specie colorate e vistose, tuttavia sconsigliabili dal toccare. I guerrieri preferirono non chiedersi come facessero a respirare.
I sei capitarono anche in lussureggianti foreste tropicali, le cui piante verdi ricordarono tanto a Thor gli occhi di Loki, di cui sentiva sempre più la mancanza, anche se non erano passati che pochi giorni dall’ultima volta in cui l’aveva visto.
 
Ancora non sapeva come aveva fatto a superare l’anno precedente, in cui lo credeva morto.
Forse perché semplicemente non aveva vissuto, in quei giorni. Perso in una specie di oblio la maggior parte del tempo, le poche volte in cui ne usciva era per colpa di terribili incubi in cui rivedeva la persona a lui più cara morire; una, dieci, mille volte, senza tregua.
Non c’era da stupirsi se le sue reazioni erano così spropositate, quando si parlava di suo fratello.
 
A causa di tutti questi pensieri cupi, comunque, il Tonante non fece molto caso alla strada che stavano percorrendo, dal momento che il resto del viaggio continuò senza alcun rischio.
 
Dopo un tempo che non seppe definire, però, Helblindi decise di fermarsi. Ovviamente, lui fece per protestare, ma il mago smontò la sua opposizione senza sforzi.
 
- Capisco la tua fretta, Thor, ma non possiamo continuare. Abbiamo tutti bisogno di riposo, specialmente il sottoscritto, e devo ancora guarire la gamba di Hogun; Volstagg e Frandal non possono continuare a trainarlo fino ad Asgard, anche facendo i turni -.
- Potrebbe volerci troppo tempo! -.
- Il tempo è piuttosto relativo nel Ginnungagap, per quanto ne so potrebbero essere passati cent’anni oppure un minuto da che siamo entrati a Helheim. Farà poca differenza qualche ora di riposo, e sarebbe deleterio arrivare a destinazione stanchi morti durante un attacco di Muspell -, replicò l’altro.
E il Dio del Tuono dovette dargli ragione. Ciò che gli aveva detto il fratello naturale di Loki, però, lo mise ancora più in ansia di quanto non lo fosse già poco prima.
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Dato che il Ginnungagap (o magari la mente di Helblindi?) sembrava avere una certa predilezione per i paesaggi silvestri, si fermarono in un bosco freddo, molto simile a quello già vista in precedenza, e subito gli Asir si adoperarono per preparare un fuoco, dato che il cielo si era fatto buio.
 
Da bravi guerrieri un po’ medievali, la loro organizzazione fu eccellente. Del resto, non era la prima volta che si accampavano da qualche parte, e in diverse missioni avevano passato la notte fuori dalle mura di Asgard, senza ricchi banchetti o diligenti domestici pronti a soddisfare ogni desiderio.
 
Sif cercò le pietre adatte per il cerchio del falò. Ce ne volevano un certo numero, la maggior parte grandi, adatte a non disperdere il calore delle fiamme. Hogun, non potendosi muovere, liberò un pezzo di terreno dal’humus umido, dalle foglie e dai rametti. Thor e Frandal raccolsero un bel po’ di legna secca (quella verde non bruciava per niente); Volstagg, invece, assistette Helblindi mentre sistemava la gamba del Fosco.
L’ermafrodita dagli occhi grigi poté riparare solo una parte della frattura, che, a detta sua, si era rivelata multipla. Ma non era più tanto grave, perciò adesso il Vanir aveva meno danni di prima.
 
- Tuttavia penso sia meglio immobilizzare la gamba. Volstagg, cerca due legni abbastanza grandi in mezzo a quelli che hanno recuperato i due biondi -, dispose.
- Quale simpatico modo di menzionare Thor e Frandal -, disse il Voluminoso, obbediente. – Ma come li fissiamo? -, continuò, porgendogli i bastoni.
- Non abbiamo nulla per poterlo fare, perciò.. Con la tua barba. O i tuoi capelli, fai un po’ tu -, rispose lo Jotun, sistemando i pezzi di legno ai lati dell’arto. Hogun lo guardò stranito, ma stette zitto, come suo solito.
- Cosa?! -, esclamò il rosso. – La mia barba? -.
- Sei l’unico con una chioma abbastanza lunga. Esclusa Sif, ma io non glielo chiederei -, dichiarò.
 
- E faresti bene a non farlo. Meglio non parlare di tagli di capelli con lei, specie se sei un mago -, si inserì il Fosco. Helblindi aggrottò le sopracciglia, perplesso. – Perché? -.
- Loki le fece uno scherzo di cattivo gusto, qualche anno fa -.
L’imponente Asgardiano annuì convinto. – Già. Una volta aveva una delle chiome bionde più belle di tutta Asgard. Poi lui, mentre lei dormiva, le ha tagliato i capelli quasi a zero, con non so quale incantesimo, e da allora le sono sempre ricresciuti scuri -.
- Davvero? -.
- Sì. Per giunta all’epoca stava con Thor e dopo un po’ di tempo si sono lasciati.. -.
 
 
 
 
 
- Non starete riesumando di nuovo quell’episodio, spero! Sono passati almeno mille anni, da allora! -, affermò Sif, comparsa all’improvviso nelle vicinanze. Tra le mani aveva una grossa pietra di almeno dieci chili, e Helblindi si chiese quale fosse il raggio massimo del suo tiro, con un simile proiettile. Dopotutto si parlava di una delle più forti Valchirie di Asgard, non certo di una fragile donzella delle favole midgardiane.
- Stavi quasi per ammazzare Loki, mandando al diavolo tutti giuramenti fatti nemmeno cent’anni prima –, ribatté il guerriero panciuto, - Non ricordo di averti visto più arrabbiata di allora (escluso quando hai cercato di ammazzare Helblindi) ed è una reazione difficile da dimenticare, fidati! -.
 
La guerriera fece spallucce. – E’ successo tanto tempo fa. E, per essere precisi, sono stata io a mollare Thor. Era evidente che non fosse più interessato a me, non so se per il mio cambio di colore o altro, quindi la nostra relazione aveva semplicemente perso senso -, rispose, sistemando l’ultimo macigno al suo posto, per poi riannodarsi i capelli nella solita coda.
- Sarebbe stupido se avesse perso interesse solo per il colore dei tuoi capelli -, osservò Helblindi, accigliato. – Sei ugualmente molto bella, forse non la più bella delle donne, ma comunque con un buon potenziale -, affermò, senza tanti peli sulla lingua.
 
I tre lo fissarono, senza parole. La valchiria, in particolare, era un po’ perplessa.
Lo Jotun se ne accorse.
- Beh, perché mi guardi in quel modo, Lady Sif? Non dirmi che nessuno ti ha mai detto una cosa del genere, perché ho conosciuto abbastanza uomini e donne da non crederci minimamente -, disse, privo di imbarazzo. Come se stesse semplicemente constatando la bellezza di un quadro o lo squisito fascino scientifico verso una particolare creatura.
 
La guerriera si riscosse. – Nulla, solo che non mi aspettavo un simile complimento da qualcuno che fino a poco tempo fa avrei considerato un nemico mortale -, rispose. Poi decise di sedersi insieme ai tre, avendo  finito il suo lavoro. Messasi a gambe incrociate, intrecciò le mani, usandole come appoggio del mento.
 
 
 
- Perché a casa tua c’erano tutti quei disegni di anatomia femminile? -, buttò lì improvvisamente, fissandolo senza astio ma anzi con un pizzico di divertimento, mentre il Gigante sistemava la gamba del Fosco.
Fu il turno del mago di rimanere perplesso. – Ma questo cosa c’entra? -.
Sif scrollò le spalle. – Assolutamente niente, ne convengo,  ma era da un po’ che me lo chiedevo. Insomma, erano illustrazioni troppo precise e scientifiche per essere frutto delle fantasie di un maniaco -.
I due uomini lì presenti, compreso Hogun, risero, mentre lo Jotun la guardava contrariato.
- Certo che per pensare qualcosa del genere dovevi avere una bella impressione di me! -, affermò ironico.    
 
- Colpa tua. La prossima volta ti trasformi in qualcosa di più innocuo di un lupo. E poi senti chi parla, signor ‘’Puzzate di idromele e di guerra’’! -.
- Guarda che è vero! Solo che non avete un naso abbastanza sensibile per saperlo! -.
- E poi di cosa dovrebbe puzzare la guerra? -.
- Sei una valchiria, dimmelo tu -.
- Non ho il naso abbastanza sensibile, ricordi? L’unico odore che sento io mentre combatto è il sudore; misto al sangue, ovvio -.
- C’è anche quello -.
- Mi stai dicendo che noi Asir puzziamo di sangue?  -.
- Forse non tutti voi, ma di sicuro i guerrieri come te sì, almeno i primi tempi dopo una battaglia. Certi odori vanno via con difficoltà. In ogni caso resta l’idromele e quello è persino peggio -, replicò il mago, eloquente.
 
I due guerrieri (a cui presto si erano aggiunti Frandal e Thor), osservavano il siparietto con un misto di curiosità e divertimento, quasi dimenticando la ragione per cui erano lì, insieme a uno Jotun quasi sconosciuto.
 
 
- Come fai a preferire il sangue all’idromele? E’ disgustoso! -.
- Sono un guaritore, il sangue è una cosa con cui ho a che fare quasi sempre. E, comunque, ha smesso di farmi impressione quando ero piccolo -.
 
Sif cambiò espressione, facendosi più curiosa.
- Un guaritore? Tu? -.
- Esattamente -.
- Non ti vedevo come un superdotato nell’arte della guarigione.. -.
- Infatti non lo sono. Ho sviluppato le mie capacità curative con anni di esperienze e, soprattutto, di studio. Per questo hai visto tutti quegli appunti. Stavo semplicemente studiando la razza umana. Ma ora mi toccherà ricominciare le mie ricerche sull’apparato riproduttivo femminile, grazie al carissimo principe Thor Odinson -, rispose, lanciando un’occhiata penetrante al Possessore di Mjolnir, che sorrise imbarazzato.
- Ehm, non è detto che casa tua sia stata distrutta.. -.
Helblindi alzò un sopracciglio. - Conosco la portata dei miei poteri, Asgardiano. Aggiungici la martellata in testa, l’esplosione e gli agenti atmosferici che sicuramente avranno danneggiato tutto quello che rimaneva, e dovrai convenire che , la mia ricerca è andata persa -.
- Ma i mortali hanno una medicina abbastanza avanzata.. -.
- Considerando il progresso che hanno raggiunto nell’ultimo secolo sì, ma per i miei standard no. Io vado ben oltre agli studi Midgardiani, Tonante. Se in tutta la mia vita avessi studiato solo dai libri non avrei mai raggiunto il mio livello -.
- Che intendi dire? -.
- Secondo te le nostre razze come si sono evolute? Esperimenti magici e non, dissezioni, osservazioni, confronti con altre specie. Cose così. Gli umani non possono usare la magia, invece, e questo rende le loro conoscenze incomplete. Sotto alcuni punti di vista, per esempio, le razze senzienti dei Nove Regni sono molto simili, altrimenti la nascita dei mezzosangue sarebbe stata non dico impossibile ma, quanto meno, improbabile  -.
- Ah -.
 
 
Lo Jotun scosse la testa, sospirando rassegnato. – Che perdita di tempo inutile.. -.
- Mi dispiace. Ma forse so come rimediare -, disse Thor. Il mago lo trafisse con le sue iridi grigie, così continuò. – Ad Asgard la nostra biblioteca è tra le più fornite dei Nove Regni. Le nostre conoscenze mediche molto sviluppate, anche da un punto di vista magico. Potresti essere mio ospite e poterla quindi visitare -.
 
 
Helblindi continuò a fissarlo.
 
 
L’idea era allettante, tutto sommato. In particolare considerando che nei secoli passati era sconsigliabile per un membro della sua razza sostare ad Asaheim, visto il tipo di clima politico.
 
Non che saltasse dalla gioia all’idea di fermarsi ad Asgard per un lungo periodo, certo, ma d’altronde era un passabile sacrificio. In extremis, avrebbe potuto limitare il suo olfatto con la magia, giusto per non sentire quel detestabile odore alcolico, che gli dava sempre un insopportabile senso di nausea.
Era d’accordo sull’ideale della tolleranza tra razze, sì, però questo non cambiava il fatto che fosse irrimediabilmente ostinato, nelle sue idee.
 
-.. D’accordo. Ma il primo che mi offre dell’idromele lo trasformo in un rospo untuoso, puoi starne certo -, disse.
Il biondo rise, dandogli una sonora pacca sulla spalla. – Come desideri! Nemmeno a Loki è mai piaciuto l’idromele -, affermò, probabilmente un po’ più sereno di quanto fosse prima. O forse faceva finta, chissà.
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo aver acceso il fuoco, i sei chiacchierarono per un po’, ma senza troppa vivacità. Helblindi aveva ragione, erano stanchi e si dovevano riposare. Così si sistemarono per la notte. Quasi tutti, almeno.
- Io non posso dormire, altrimenti rischio di rompere l’incantesimo -, disse il mago. – Ma voi dormite.. -, continuò.
 
 
- Vi servirà -.
 
 

























 
 
Buona seeeeraa!
E rieccoci. Capitolo di passaggio, ma, per non demoralizzarvi, vi do’ una buona notizia: manca pochissimo all’aggiornamento rivelatore.

E chi vuole intendere intenda. Gli altri in camper.
 
=.=’ Tralasciando le battute squallide da campo estivo (perché solo agli scout puoi sentire roba simile xD), no no, sul serio, non dico nel prossimo capitolo, ma in quello dopo, al 90% delle probabilità, potremo finalmente mettere una definitiva luce sul passato di Byleistr ed Helblindi. Contenti? Spero tanto di sì ^.^
La prossima volta, invece, daremo una svolta al rapporto tra Helblindi e Sif, con chiarimenti e tutto quello che è degno di esserci.
 
Ho altro da aggiungere? Mh, credo di no.. credo.
 
Vabbeh, alla prossima allora! Come sempre, per critiche, domande, chiarimenti o altro non esitate a farvi avanti!
 
Madama Pigna

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Ricordi - Parte 1 ***


Auuf! Scusate il ritardo. Purtroppo ero convinta che si dovesse aggiornare domenica, poi mi sono ricordata di aver postato il 10, mentre oggi è giorno 20 (credo.. ultimamente sono un po' confusa su questo punto, ho il cervello in pappole ^^'). Si è aggiunta la connessione guasta e quindi eccoci qui. Piccolo appunto su questo capitolo: dato che ho una assurda mania per i flash back, si è allungato al punto che ho dovuto dividerlo. Quindi il prossimo aggiornamento, per non farvi aspettare troppo la famosa 'rivelazione', sarà tra pochissimi giorni (questa, ovviamente, non è una buona scusa per non recensire :P xD). Adesso godetevi il capitolo!








 
Byleistr si sforzò con tutte le sue forze, pur di non perdere i sensi, ma non ce la fece.
Circa una settimana prima era dilagata la malattia a Utgarda. Il giovane non sapeva dare un nome a quel male, ma sapeva che era uno di quelli peggiori, perché aveva già visto quelle macchie nere, alcuni anni prima. Quel modo in cui la gente piano piano si indeboliva, finché non riusciva più ad alzarsi dal letto e, in preda a brividi di gelo uniti alla febbre, moriva.
Nemmeno due giorni dopo, suo padre lo aveva fustigato di fronte a tutti i suoi cortigiani, incolpandolo del fatto che frequentava straccioni e che in tal modo poteva trasmettere il malanno a tutti gli altri.
 
Ogni ferita, dal momento che non gli era concesso il riposo, era un tormento, ma Laufey aveva ordinato a suo fratello di non guarirlo per nessuna ragione al mondo. Se voleva diventare un guerriero, diceva, doveva accettare di soffrire come tale senza stupidi trucchetti. Byleistr non si era ribellato, e adesso, mentre portava sulla schiena una preda più pesante del solito –probabilmente l’unico animale grasso in tutta Jotunheim, pensava lui- la sua schiena, irrigidita dai continui spasmi di dolore, gli implorava di fermarsi a riposare. Il suo corpo era indolenzito dalla troppa fatica, in quei giorni. Non c’era un muscolo in cui non sentiva dolore a ogni minimo movimento. La stanchezza gli intorpidiva i sensi, gli occhi avrebbero voluto tanto chiudersi. E doveva essere svenuto anche prima, quando, attendendo una buona preda, all’improvviso si era ritrovato per terra, senza più la forza di rialzarsi, per almeno mezz’ora. Poi si era ripreso e aveva ucciso quell’animale di passaggio.
Ma non agiva più secondo i bisogni del suo corpo da tempo. Non c’era riposo, per lui, non poteva permetterselo. A fine giornata, forse, avrebbe dormito cinque o sei ore, invece delle solite tre o quattro, tanto quella specie di alce era così grossa che le famiglie che aiutava a sfamare non avrebbero risentito di un paio di ore di sonno in eccesso. Sempre se riusciva ad arrivare a Utgarda, a quel punto.
Solo un altro piccolo sforzo, pensò. Non manca tanto, solo un’ora di camminata. Posso resistere. Ho camminato per quattro ore, per non parlare dell’andata e del tempo perso a cacciare. Cosa sarà mai un’ora?
 
La sua schiena non era dello stesso avviso, ma non poteva certo rimanere lì in mezzo al niente!
 
Ignorò la stanchezza. Tuttavia, i piedi, prima pulsanti, cominciavano a perdere sensibilità. Le ginocchia erano messe a dura prova dal peso del suo carico, come anche la colonna vertebrale, ingobbita, e le spalle, quasi in fiamme. Il giorno dopo, chissà, magari avrebbe avuto un torcicollo.
 
A volte si arrivava a livelli di fatica tali che, per un po’, la sensazione di intorpidimento era opprimente al punto da non sentire più il dolore del corpo. Esisteva solo l’obiettivo, il punto di arrivo da raggiungere al più presto per poter riposare. Non era la prima volta in cui il giovane si sentiva in quel modo, ma avrebbe persistito, come sempre.
 
Ci sto provando, padre, pensò molti minuti dopo, quando, proprio davanti a suo fratello, sentì che non avrebbe potuto reggere un secondo di più in uno stato cosciente. Cadde a terra, in mezzo al ghiaccio, avvertendo su di sé le mani di Helblindi mentre lo soccorreva, forse cercando di sollevarlo per portarlo alla reggia.
Giuro che ci sto provando..
 
 
 









 
 
- Byleistr! Ti prego! Va tutto bene, non.. -.
- PADRE!! -, urlò il più giovane, scostando il braccio del fratello senza rendersene conto, dimenandosi come una animale in trappola. – Padre!! -,urlò ancora, in preda a un delirio a cui Helblindi non sapeva dare una spiegazione.
- La malattia.. sta distruggendo.. tutti! -, continuò il Principe. Si era svegliato in quello stato da ore, ormai, e il più grande non aveva idea di come rimediare. Nessuna delle malattie che aveva visto fino a quel momento provocava vaneggiamenti del genere. Era scoppiata di nuovo l’epidemia, perché Byleistr non era stato più attento?! Perché non gli aveva parlato dei suoi malesseri?! Perché?!
- Non so cosa.. fare.. padre.. padre.. -, mormorò piano Byleistr, e Helblindi capì a malapena le sue parole.
Neppure lui sapeva come agire. Aveva provato di tutto, ma a cosa gli serviva la magia, quando non sapeva nemmeno quale fosse il male che affliggeva suo fratello, ne, tanto meno, in quale modo abbatterlo?
Quasi tutte le conoscenze del suo mondo erano sparite dalla circolazione. I maghi e i guaritori sterminati, i libri bruciati o nascosti. E quella era solo la punta dell’iceberg, in tutta la miseria che Laufey aveva provocato.
 
Preoccupato da quell’improvviso calo di toni, lo Jotun si avvicinò al viso dell’altro. Nessuna malattia lo avrebbe mai scalfito, e questo a causa dei suoi poteri, lo sapeva, e fin’ora suo fratello non era stato colpito da nessun morbo, neanche una volta. Ma allora perché..?
 
 
Sentì la rabbia dentro di lui crescere. A che serviva trasformarsi in qualche animale se poi non sapeva come far evitare la morte ai suoi cari? La sua ignoranza in materia di guarigione lo rendeva inerme.
- Byleistr -, sussurrò, sperando che potesse sentirlo. I suoi occhi erano semichiusi, ed era diventato quasi immobile, come se non fosse del tutto cosciente. – Per favore, resisti. Dammi almeno il tempo di capire come farti stare meglio. Puoi farcela, lo so che puoi. Hai steso tutti quegli stupidi, l’altro giorno, ricordi? Il tuo fisico è forte. Combattilo, lo so che ne sei capace, lo so! -.
 
 
Il giovane non sembrò averlo sentito. – Padre.. -, ansimò. – Ci sto.. ci sto provando.. te lo giuro.. -.
Helblindi non sapeva cosa Byleistr volesse dire, ma non ci rimuginò, pensando fosse solo la febbre,  ormai altissima. Appoggiando il  palmo gelido sulla fronte del fratello, comprese che non si era abbassata di un solo grado. Un istante di concentrazione, e un rettangolo di ghiaccio si creò dal nulla sotto la sua mano. Helblindi sperava, in questo modo, almeno di alleviare un po’ le sofferenze di Byleistr. Non fu così.
- Te l’ho promesso.. TE L’HO PROMESSO!! -, urlò il principe secondogenito, ricominciando ad agitarsi.
- Che cosa, Byleistr?! Che cosa hai promesso?! -, chiese il fratello, a cui ormai mancava poco per piangere.
- Ma non ci riesco.. NON CI RIESCO! -.
- Sì che ci riesci, Byleistr! Puoi farcela! -, lo incoraggiò l’altro, stringendogli la mano.
Ma suo fratello non sembrava in grado di sentirlo. Le sue labbra continuavano a muoversi, imperterrite e indifferenti a tutto, formulando frasi che per Helblindi non avevano alcun senso.
 
 
 
 
 
- E’ inutile che ti affanni tanto. Probabilmente morirà nel giro di pochi giorni, se non prima -.
 
 
Helblindi si girò, e, con rabbia, vide Laufey sull’uscio della porta, che lo guardava sprezzante.
- Nessuno ha chiesto il tuo parere! -, disse, infischiandosene del fatto che lo Jotun davanti a lui non solo era suo padre, ma anche e soprattutto il Re. Si alzò, stringendo le mani a pugno. – E nessuno qui gradisce la tua presenza! -, continuò. Non gli importava che Laufey fosse anche il suo sovrano, non meritava il rispetto che si doveva a un Re di Jotunheim, quindi non si sentiva in dovere di trattarlo come tale.
- Bada a come parli, ragazzino! -.
- Sai benissimo che ho ragione! Perché non hai lasciato che io guarissi le sue ferite prima? Forse adesso starebbe meglio! -, ribatté il più giovane.
- Se tuo fratello pretende di poter infastidire i miei uomini giocando a fare il soldato, che si comporti come tale! I veri guerrieri non hanno bisogno di trucchetti come i tuoi -.
- Hai ragione, sono solo trucchetti, visto che non ho la possibilità di migliorare! Ma cosa ti costa lasciarmeli fare?! La nostra vita è sempre stata così insignificante, ai tuoi occhi? -.
- Sì, visto che non sapete sopravvivere a un po’ di febbre! Che razza di eredi siete se non.. -.
- UN PO’ DI FEBBRE??! HAI APPENA DETTO ‘’UN PO’ DI FEBBRE’’? QUESTA NON E’ FEBBRE, E’ MORTE! -.
- Non farla tanto lunga, Helblindi.. In ogni caso, non puoi fare niente per lui, è un dato di fatto. E, anche se lo volessi, nemmeno io. Smettila di perdere tempo in questa squallida stanza e lascia che muoia, invece di allungare la sua agonia -.
Il primogenito del Re sentì lo stomaco stringersi dalla furia. Un paio di oggetti, nella stanza,esplosero con gran baccano, e le pareti gelarono istantaneamente. Avrebbe voluto attaccarlo. Avrebbe voluto rifargli tutti i connotati, avrebbe voluto mandare ad Helheim tutti i principi morali che legavano padre e figlio, avrebbe voluto..
Non poté attuare nessuno dei suoi propositi. Avvertì una fredda mano, grossa e con le dita rozzamente curve, afferrargli il braccio; e anche se la stretta era debolissima, fu abbastanza per fermarlo. Voltandosi, vide Byleistr che lo guardava. Non capì se fosse del tutto cosciente o meno, i suoi occhi parevano distanti, come se stesse cercando di metterlo a fuoco senza riuscirci. Ma il suo gesto era un messaggio chiaro.
 
Non lo fare. Non metterti in pericolo per me.
 
Osservò per alcuni istanti il fratello, cercando di capire se la sua impressione fosse giusta o meno.
Alla fine, pur se riluttante, decise di dargli retta. Tornò a sedere, dando di spalle a Laufey.
- Non mi importa come la pensi. E’ mio fratello, e gli starò vicino finché non guarirà -.
 
- Fai come vuoi -, sibilò il Re, iroso.
 – Ma non sarò io a seppellirlo, quando creperà davanti ai tuoi occhi! -, continuò, andandosene sbattendo la porta.
 
 
 
- Helblindi! Helblindi! -.
Lo Jotun si svegliò si soprassalto, facendo un piccolo sobbalzo. – Eh? Cosa? -.
Sif lo squadrò con occhio critico. – Ti eri addormentato -.
- Mh -.
La valchiria alzò gli occhi al cielo, credendo che il mago fosse rincretinito dal sonno. In realtà il Gigante, che si era ritrovato con le mani di Sif ad agitargli ostinatamente le spalle, si era svegliato abbastanza prontamente, ma lei non poteva saperlo.
La donna, prima china su di lui, si voltò, ravvivando le braci del fuoco, ormai sul punto di spegnersi se non fosse stato per la sua guardia. – E meno male che non dovevi dormire -, affermò, sarcastica.
- Scusa, ma restare svegli per ore senza far niente è un passatempo che non ha niente di ludico -, rispose. Non si era nemmeno accorto di essersi addormentato.
L’Asgardiana scosse il capo. – Lascia perdere, è una tortura anche per me. Almeno possiamo tenerci vigili e svegli a vicenda -.
- Non dormi? -.
- No. Troppe cose per la testa -.
 
 
 

 
I due rimasero così in silenzio, ognuno con i proprio pensieri.
 
Helblindi era confuso dal sogno che aveva appena fatto.
In realtà, non era proprio un sogno, lo sapeva anche lui. Era un ricordo.
 
Un ricordo risalente a tanti, tanti anni prima, quando ancora non aveva rotto i rapporti con suo fratello, e Jotunheim non era altro che il pallido spettro di quello che era stata al tempo in cui era un bambino in fasce. Helblindi ricordava quegli anni felici meglio di Byleistr, essendo più anziano, e forse proprio per questo non era mai riuscito del tutto ad accettare di vedere tutta quella miseria davanti agli occhi.
 
Quella fu l’unica volta in cui Byleistr prese una delle malattie che circolavano per il Regno. Adesso che era un esperto in materia, poteva ben capire il perché: nonostante il fisico robusto, suo fratello, in specie in quel periodo, dove alle pestilenze si aggiungeva la carestia, aveva sempre sforzato il suo corpo fino allo stremo, a volte in modo quasi autolesionistico, indebolendosi troppo e permettendo così ai morbi di colpirlo maggiormente.
 
Almeno, questa era la causa medica.
 
Ma la vera ragione di tutto quello era un’altra, e Helblindi, dopo secoli di auto-esilio, non riusciva a capirlo molto meglio di allora.
 
Perché suo fratello faceva sempre tutti quegli sforzi?
 
 
 
Era sempre scorbutico, pessimista e asociale con tutti, franco nelle conversazioni e diffidente nei rapporti sociali. Malgrado ciò faceva sempre il possibile per aiutare il prossimo.
 
E se da un lato Helblindi capiva il senso del dovere, dall’altro stentava a comprendere quella irreprensibile capacità di consumarsi fino all’osso, se lo si vedeva come una cosa necessaria. Forse non era abbastanza altruista o empatico per saperlo.
 
Inoltre, come se quel quesito di per sé non fosse già abbastanza, c’era un’altra domanda che gli ronzava in testa.
 
 
Come diavolo aveva fatto a sognare anche un ricordo di Byleistr?
 
Non era mai entrato nella sua mente. Perciò come era possibile aver visto con i suoi occhi e con i suoi sensi quello che aveva vissuto lui in prima persona? Non riusciva a darsi una risposta concreta.
 
 








 
 
 
Nel frattempo, la valchiria osservava il mago con discrezione. Come aveva detto lui stesso, era molto più sicuro per tutti se lui restava in uno stato vigile. Quindi era meglio tenerlo sott’occhio, se l’incantesimo gli toglieva tante energie. Fortunatamente, lo Jotun non sembrava in vena di riaddormentarsi. Anzi, sembrava piuttosto crucciato, come se si stesse scervellando su un problema molto grave. Fissava il fuoco con intensità, quasi in trance, sfiorandosi le labbra con le dita in un chiaro gesto di riflessione.
 
 
Incredibile che uno così fosse capace di trasformarsi in animali giganteschi fin dalla giovane età..
 
 
 
Sif, dopo aver rischiato di morire nella caduta del Ginnungagap, si era ritrovata a pensare spesso a quei ricordi che le erano stati involontariamente trasmessi dal mago. Non avevano neppure sfiorato l’argomento, loro due; non con Thor, Hogun, Volstagg e Frandal a sentire parlare di memorie così intime.
Ma a dispetto di quello che poteva sembrare ad alcuni, Lady Sif era una donna intelligente. Con i suoi difetti, naturalmente, ma intelligente. Non ci voleva molto intuito per capire di che cosa trattassero quelle reminescenze nella sua mente. Aveva anche riconosciuto suo padre, Ullr, nella mischia, pur se non rimembrava il momento preciso in cui gli era stata staccata la gamba. Tanto meglio, perché sarebbe stato un tormento.
 
Eppure, quelle sensazioni non volevano scivolare via. La paura, gli odori, le urla.
Aveva sempre pensato che, se mai avesse incontrato la bestia che aveva reso suo padre storpio, avrebbe certo fatto di tutto per ucciderla. Ma le cose non erano andate come aveva sempre immaginato. Fenrir, il demone del Vàn era un mago Jotun, un metamorfo, che, a quanto pare, diventava pericoloso quando non controllava più le sue emozioni. Inoltre era uno dei fratelli naturali di Loki, e questo la diceva lunga sul suo atteggiamento inizialmente un po’ cinico.
 
Ma vedere quei ricordi aveva cambiato i suoi punti di vista. Adesso non poteva certo pensare che Helblindi fosse una sorta di animale assetato di sangue! Almeno non di solito, per quel poco che aveva visto.
 
 
- Mi dispiace per quello che ho detto quando eravamo a casa tua -, disse.
 
Il Gigante si riscosse dai suoi pensieri, perplesso.
 
- Non potevo sapere nei dettagli cosa era successo a mio padre e il tuo atteggiamento mi aveva subito messo in guardia. In ogni caso sarei dovuta essere più.. diplomatica, ecco -.
 
- E io immagino che avrei potuto evitare di provocarti: quella su tuo padre è stata una delle affermazioni più..meschine che io abbia mai pronunciato -, ammise lo Jotun, passandosi una mano sui capelli castani. – Sono sempre stato poco incline alla comprensione, e quando le nostre menti si sono incontrate..-.
 
- Hai visto anche tu ricordi che non sono tuoi? -, domandò Sif, sorpresa. Il mago annuì.
- E.. che cosa hai visto? -, chiese, sperando che non fosse nulla di imbarazzante, o troppo intimo, come i momenti passati con Thor o in generale i periodi meno felici della sua vita.
 
- Ho visto il giorno in cui Ullr è tornato da Jotunheim. E il giorno in cui sei diventata una guerriera a tutti gli effetti. Capisco perché tu sia così affezionata a quell’arma -.
 
 
Istintivamente, Lady Sif abbassò lo sguardo sulla sua spada, come per assicurarsi che fosse ancora lì. – Volstagg non era del tutto in torto, quando mi ha rimproverato di averci fatto rischiare la pelle -.
- Forse, ma non credo di poterti giudicare. Al posto tuo avrei fatto la stessa cosa -.
L’Asgardiana alzò un sopracciglio. – Davvero? -.
Helblindi annuì. – Anche io amavo molto mio padre. E del resto è una delle ragioni per cui non ho mai avuto simpatie per il tuo popolo, visto che è morto proprio il giorno in cui è finita la guerra -.
- Mi dispiace.. -.
Lo Jotun scrollò le spalle. - E’ passato molto tempo. Ormai cerco di non esagerare con le emozioni negative -.
- Cosa intendi dire? -.
- Alcuni mi definiscono come una persona molto.. passionale. Il mio miglior pregio e il mio peggior difetto, credo. E quando non controllo le mie emozioni non controllo nemmeno i miei poteri, soprattutto la metamorfosi -.
- Come quando siamo andati ad Helheim -.
- Esatto. Thor (ma anche tu, ad essere sinceri), mi aveva fatto infuriare parecchio -.
Sif stette un momento in silenzio.
- E come quando tu e tuo fratello avevate incontrato Lord Tyr? -.
Helblindi la guardò sorpreso. – E’ questo quello che hai visto tu? -.
- Sì -.
Il mago volse lo sguardo al fuoco, fattosi cupo.
- Ero un bambino spaventato. Ho fatto quello che i miei istinti più nascosti mi dicevano di fare. Volevo solo salvarmi la vita. Non avevo idea di quello che facevo. Quando poi io e Byleistr siamo rimasti soli, all’improvviso mi sono reso conto di essere sporco di sangue, ovunque. Aveva un odore talmente intenso che ne sono rimasto impregnato per giorni, e da quei tempi non è più riuscito a infastidirmi più di tanto -.
 
-.. Sapevo che il generale era un conservatore estremista, ma non avrei mai immaginato fino a questo punto. Alla fine è colpa sua se mio padre è rimasto storpio -, disse, trattenendo un ringhio a quello rivelazione. Tyr non le era mai piaciuto. Oltre a tutto quello, era espressamente contrario alla carriera militare femminile.
- Allora questa è una tregua, Lady Sif? -.
La valchiria fissò il mago, che a sua volta la guardava interessato.
- ..Sì. A questo punto direi di sì -.
 
 
 
 
 
 
 














Rimasero nuovamente in silenzio, mentre Helblindi ritornava a pensare al misterioso sogno che aveva fatto. Ideò diverse teorie, una più improbabile dell’altra, ma, quando ne concepì una plausibile, rimuginò a lungo su quello che doveva fare. Era rischioso, certo, ma lui era sempre stato poco incline a percepire il pericolo.
 
Forse il contatto tra menti mi ha reso più aperto a questo genere di incantesimi, o forse vedere mio fratello in sogno è stato solo un caso, ma.. Se adesso guardassi nel passato, potrei scoprire cose della mia famiglia finora a me sconosciute. Negli ultimi secoli, ripensando alla mia vita prima di andarmene da Jotunheim, mi sono venuti dei dubbi che non sono mai riuscito a risolvere e questa potrebbe essere l’unica occasione per capire.
 
Con il senno di poi, capì di essere stato molto impulsivo. In quel momento, però, quella consapevolezza lo aveva solo sfiorato. Ma se il Ginnungagap era l’incontro/scontro dei due opposti, il tessuto dell’universo e, beh, tutto il resto del sermone, allora forse lo si poteva usare per guardare in quello che era cessato di essere.
 
Cosa che fece.

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Ricordi - Parte 2 ***


ATTENZIONE - ESPLICITO MALTRATTAMENTO DI MINORI 





Helblindi si guardò intorno, cercando di riconoscere quella proiezione di spazio-tempo in cui si era trovato subitamente. Dopo alcuni minuti, ricordò. La Norvegia, certo. Midgard. Camminò per pochi minuti, ma trovò subito chi cercava: tre figure dalla pelle blu, di cui, una, più grande, china sulle altre. Istintivamente sorrise: anche adesso che era adulto, trovava suo padre Farbauti davvero.. enorme. Ritornò al ricordo.
 
 
 
All’improvviso, una voce profonda si fece sentire alle loro spalle, mentre il proprietario li guardava con palese irritazione. – Cosa state facendo qui? Farbauti, cos’è questa perdita di tempo? -.
Il compagno del Re si voltò, sorridendo. – Io e i bambini stavamo facendo delle considerazioni, Laufey -.
- Di che genere? -, chiese il Gigante, senza ricambiare il sorriso.
- Sul loro futuro. Mi chiedo chi fra loro due sarà il Re, quando noi due non ci saremo più. Sempre che non lo diventi lui -, rispose l’altro, appoggiando dolcemente la mano ventre, leggermente gonfio, del sovrano. L’altro però lo scacciò bruscamente. Detestava quei gesti d’affetto, e quando si parlava del loro terzo genito diventava più scontroso del solito, Helblindi lo aveva notato da piccolo e lo notava anche adesso che ripercorreva quel ricordo. Anzi, ora almeno era in grado di capire il perché.
- Helblindi, Byleistr, andate da qualche altra parte a giocare -, ordinò il monarca.
Byleistr lo guardò perplesso. – Perché, padre? Qui non va bene? -.
- Obbedisci e basta -.
- Ma.. -.
- Byleistr, fa quello che ti dice, per favore. Non allontanatevi troppo -.
Lui annuì, e, insieme al fratello,se ne andò. Helblindi allora aumentò l’attenzione verso i due genitori.
Quando i due furono abbastanza distanti, Laufey sbuffò. – Bambino insolente! -.
- E’ solo molto cocciuto. In questo ha preso da te. Come Helblindi, del resto… -, affermò Farbauti.
Il sovrano lo guardò malissimo. – Sono solo due patetici ragazzini. Da me non hanno preso nulla -.
- Sono i tuoi figli, Laufey! Non puoi trattarli così! -.
- Li tratto come mi pare e piace! Sono il Re e faccio quello che voglio! -.
Fu il turno di Farbauti di guardare male il compagno. – Fino a prova contraria -, affermò, - Siamo entrambi Re, secondo il volere di tua madre Hela e di mio padre Jormungandr -.
- Non nominare quella storpia in mia presenza! -.
- In ogni caso -, continuò lui, - Questo non ti dà il diritto di parlare così, ne dei tuoi figli, ne, tantomeno, di tua madre! Come puoi parlare così di lei?! Era una grande regina, non lo puoi negare! -.
- Non mi interessa come la pensi! Mia madre era così, e i miei figli sono inetti e smidollati, come te! E anche quello che mi hai messo in grembo di recente è una vergogna per la nostra stirpe! -.
- Sai che non è vero! Byleistr è un combattivo, anche se ancora bambino; Helblindi è abile nelle metamorfosi tanto quanto lo era Jormungandr, e sa manipolare il Seidr, cosa che né io né tu abbiamo preso dai nostri avi! E nostro figlio, quello che non hai ancora dato alla luce.. -.
- E’ un disgustoso nano! -.
- Non ha importanza se è piccolo! Laufey, l’altra sera intorno a te esplodevano gli oggetti! E la settimana scorsa si sollevavano a mezz’aria. Non capisci? Anche con Helblindi era capitato qualcosa del genere -.
- Quel demonio cambiava forma mentre ero in travaglio! -.
- Non lo faceva mica per darti altro dolore! E’ un metamorfo, cosa ti aspetti? Il punto è che il nostro terzo figlio potrebbe essere, anzi, sicuramente lo è, un mago! Come non ne esistevano dai tempi di Angroba e Grìdr. Questo bambino potrebbe diventare uno dei maghi più potenti dei Nove Regni, se solo tu… -.
- Non se ne parla neanche! E’ deciso! Attaccheremo questo mondo! E se quell’ammasso di carne d’Asir che si fa chiamare ridicolmente Padre degli Dei proverà a fermarmi, lo distruggerò! -.
- Laufey, conosci Odino! E sai bene che se si mettesse in mezzo con il suo esercito potremo fare ben poco! -.
- Anche i nostri soldati sono forti! -.
- Ma gli Asir sono meglio attrezzati. E Odino è troppo potente. Potremmo resistere a lungo, certo, ma poi? Le perdite sarebbero pesantissime. Inoltre, hai pensato a quello che Asaheim ci toglierebbe se vincesse? -.
- Non perderemo -.
- Questo lo dici tu -.
- Cosa ne è stato del baldo guerriero che con un pugno poteva spezzare la pietra e uccidere persino Demoni di Fuoco? -, chiese Laufey, piuttosto sarcastico. Il viso di Farbauti si indurì.
- Quel guerriero adesso è padre di tre figli, con la responsabilità di un popolo sulle spalle -.
Il Re sbuffò. – Sei sempre stato pateticamente melodrammatico -.
- Forse. Ma non puoi mettere a rischio la nostra gente per un tuo capriccio, Laufey! Che senso ha? Jotunheim non è abbastanza, per te? -.
- No, non lo è! Abbiamo sempre avuto il potere per andare alla conquista dei Nove Mondi, e lo abbiamo sempre tenuto nascosto. Per quale motivo? Noi possiamo essere superiori a tutti gli altri! -.
- Laufey, tua madre e mio padre hanno già rischiato una volta di incrinare l’integrità di Jotunheim con le loro dispute! Vuoi forse dare il colpo di grazia?! -.
- No, al contrario! Voglio ridare la forza al nostro popolo! Per questo voglio conquistare Midgard! E’ un regno ricco, privo di qualsivoglia difesa. Abitato solo dagli insulsi mortali, che stermineremo in poco tempo -.
- Peccato che sia al centro dei Nove! Gli altri Regni la prenderebbero come una provocazione! Penserebbero ad una manovra ben più ambiziosa! -.
- E avrebbero ragione! Altrimenti perché partire proprio da lì? -.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Anche quella scena gli era piuttosto familiare. Nessun bambino avrebbe potuto mai cancellare un ricordo simile dalla propria mente, forse nemmeno con la magia, a meno di voler rinunciare alla propria identità.
 
Byleistr fu il primo a vedere Farbauti disteso per terra, con la pancia squarciata. I due fratelli, avevano visto molte ferite, in quei mesi, e ormai il più piccolo capiva quando non c’era più niente da fare.
Proprio per questo, nessuna lo impressionò tanto quanto quella. Il compagno di Laufey aveva già perso molto sangue, e la ferita era molto, troppo estesa.
- Padre! -.
Lui e Helblindi corsero verso di lui.
- C-chi è stato? Gli Asgardiani… Odino… Che sia maledetto! Che siano maledetti tutti loro!! -, urlò Helblindi, in preda alle lacrime. Aprì la sua sacca in cerca di qualcosa, e uscì fuori un panno.
- Helblindi.. Non prendertela con gli Asir… è inutile… siamo in guerra, è normale. Devi essere obiettivo e ragionare.. senza farti prendere dalla rabbia.. -, disse Farbauti, debole.
 
- Eravamo in guerra, padre. Odino si è preso il Cuore di Jotunheim -, rispose Byleistr, tetro. Suo padre annuì, per niente sorpreso.
- Papà.. devi tenere premuto qui, va bene? Io.. io cercherò aiuto! -.
Helblindi se ne andò correndo, lasciando gli altri due soli.
- Tuo fratello è una testa dura. A volte mi chiedo se abbia i paraocchi. Non si arrende nemmeno all’idea che possa andarmene -.
- Gli hai sempre detto che è poco obiettivo -.
- Non abbastanza -.
Farbauti e Byleistr, invece, sapevano già come sarebbe andata a finire.
 
- Padre, mi dispiace, se solo fossi stato più grande, o fossi stato un mago come Helblindi... avrei potuto fare di più. Invece sono inerme! -, disse il bambino, prossimo alle lacrime.
- Non imputarti colpe che non hai, Byleistr. Arriverà anche il tuo momento. Ma adesso ascoltami -.
Byleistr annuì. Non sarebbe mai stato obbediente con Laufey tanto quanto lo era stato con Farbauti.
- Da oggi, per Jotunheim saranno anni molto duri e difficili. Sai bene cosa succede quando lo Scrigno non dà energia al pianeta. Ci saranno carestia, fame, malattia. Il nostro popolo avrà bisogno di un sostegno forte, capisci? E Laufey non è adatto a fare il re. Non odiarlo per questo, ti prego -.
- Va bene -.
- E devi restare accanto a tuo fratello, sempre. Devi proteggerlo -.
- Ma... è Helblindi il maggiore! -, rispose Byleistr, dubbioso.
- Sappiamo entrambi com’è fatto. E’ troppo sensibile, si lascia prendere dalle emozioni e se ne lascia influenzare. E questo può essere molto pericoloso. Tu invece sei più saldo, come me. Sii forte, per te e per lui. Devi proteggerlo, dagli altri e, soprattutto, da se stesso -.
- Padre -, disse Byleistr, serissimo, stringendogli la mano. – Sai che farei l‘impossibile, per Helblindi. Te lo giuro, farò tutto quello che sarà necessario per proteggerlo! -.
- Bravo il mio ragazzo -, rispose Farbauti, sorridendo nonostante tutto. – E non dimenticate mai i miei insegnamenti -.
- Non lo faremo -.
- Ne sono sicuro. E che gli Antenati vi assistano -.
Non ci furono addii, tra loro due. Non avevano niente dirsi, non ce n’era bisogno. Farbauti spirò nel silenzio del Tempio di Jotunheim, con il suo secondogenito accanto. Quando Helblindi giunse con i soccorsi, era già troppo tardi. Il giovane pianse e si disperò, ma suo fratello non mancò mai di consolarlo e stargli vicino.
 
Laufey non versò una lacrima per il compagno. Si limitò a ordinare una degna sepoltura, sbrigativo e poco interessato, mentre per la gente di Jotunheim sembrò cominciare l’inizio della fine…
 
 



 
Helblindi trattenne il fiato. Tutto adesso acquisiva senso. Ogni dubbio, ogni domanda aveva trovato una risposta! Doveva tornare indietro. Nel suo tempo. La sua mente non poteva vagare ancora a lungo nel Ginnungagap, c’erano Sif e gli altri da portare ad Asgard, e lui..
Procedendo con le tappe del tempo, però, non poté fare a meno di vedere dell’altro.
 
 
 
 
 
 
 
Erano passati alcuni giorni dalla fine della guerra. Il piccolo Jotun cercava di allungare il passo, nel tentativo di raggiungere il Sovrano nel bel mezzo delle lande ghiacciate. – Padre! Perché avete ordinato a quei soldati nani di andare a guardia del Campo di Pietre? -.
Il più anziano continuò a camminare, infischiandosene altamente del figlio che tentava di raggiungerlo. - Perché mai dovrei risponderti, stupido bimbetto? -.
Byleistr, nonostante il fiatone, cercò di insistere. – E’ vero che quel posto è pieno di criminali? Che lì non c’è né cibo né acqua? -.
- Ovviamente, infante inutile che non sei altro. E’ la terra degli esiliati! -.
- Ma allora perché mandare gli Jotun più piccoli lì? -, chiese ingenuamente il piccolo.
- Perché Grijòtuna è esattamente il luogo dove deve stare quella lurida feccia -.
- Ma.. non capisco.. che avevano fatto di brutto? -.
- La loro sola esistenza è già di per sé uno scandalo, Byleistr -.
- In che senso? -.
- I nani sono degli scarti, figlio. Scarti inutili alla nostra società -, spiegò lui, come se fosse scontato. – Valgono meno dei maghi e degli inetti che non sanno tenere un’arma in mano -.
Il bambino guardò il padre, dubbioso. – Ma.. Farbauti diceva che anche chi non sapeva combattere aveva qualcosa di.. di buono -.
- Idiozie! Farbauti si sbagliava su molte cose. Infatti è morto. Dimentica qualsiasi cosa lui ti abbia detto -.
- Cosa c’entra il fatto che sia morto? -.
- Niente che tu possa capire -.
- Ma io.. -.
 
- Non OSARE contraddirmi, moccioso! -, urlò il Re, dando un tale manrovescio a Byleistr da farlo cadere in mezzo alla neve, sul lato opposto da dove era partito il colpo.
- Pensi forse di sapere meglio di me cosa è male per il nostro popolo e cosa no?! -.
Il bambino non rispose subito, troppo occupato a trattenere le lacrime di dolore. Si morse un labbro, mentre sentiva la guancia pulsare, tanto gli aveva fatto male lo schiaffo. Già prima che morisse suo padre, Laufey non lo aveva mai trattato come un figlio, né Byleistr si era mai aspettato un gesto d’affetto, ma mai avrebbe pensato che la sua mancanza di amore fosse compensata da.. da  quel disprezzo..
 
- No, padre -, rispose, suo malgrado, con sincerità. Era solo un bambino dopotutto, come poteva capire, lui, certe cose? Sapeva solo che Laufey sbagliava, mandando quei giovani in quelle terre. Cercando di tenersi in equilibrio sulle gambe malferme, si alzò.
- Allora non azzardarti mai più a discutere i miei ordini, mi sono spiegato?! -, pretese il Gigante adulto, prendendo Byleistr per i capelli situati sopra la fronte, in modo tale che alzasse lo sguardo su di lui.
Byleistr, per quanto gli fosse possibile, annuì.
- Bene. E adesso fuori dalla mia vista! Ho cose più importanti di te a cui pensare. E non fare parola con tuo fratello di quello che ci siamo detti, se non vuoi che subisca lo stesso trattamento, chiaro?! -, ringhiò, facendolo cadere di nuovo, stavolta di schiena, non appena aveva lasciato la presa.
La neve, in quel punto, era ancora sporca di sangue, se di Asir o di Jotun Byleistr non era in grado di capirlo.
- Sì.. padre -, mormorò il Principe, osservando il Re che se ne andava per la sua strada. Aveva deciso la via del silenzio, non appena Laufey aveva menzionato Helblindi. Suo fratello, per quanto Seidr potesse avere, andava protetto. E se riusciva un moccioso come lui a metterlo fuori gioco, per il Re di Jotunheim sarebbe stato uno scherzo.
 
 
 
 
 
 


 
 
 
- Byleistr, che cosa.. -.
- Vattene! -, urlò il più piccolo, accovacciato in quel buco in mezzo alle mura di pietra. Helblindi, all’epoca, non ci fece molto caso, ma il fratello aveva il petto scoperto e tremava da capo a piedi. Teneva le gambe accucciate al torace, forse per tenersi più caldo, o forse per nascondersi.
Non erano nemmeno adolescenti. Un midgardiano non avrebbe dato loro più di dieci, undici anni.
- Ti cerco da stamattina! Che hai fatto? -.
- Vai via! -, gridò l’altro. Laufey aveva usato la frusta su di lui per la prima volta. La rigenerazione ancora funzionava bene, non aveva più nemmeno un graffio, ma doveva sfogare in qualche modo tutto il dolore di quelle ore, passate a cercare di trattenere le lacrime pur di non dare sazio al Re, e non voleva che suo fratello lo vedesse così. Doveva mostrarsi forte, non poteva essere debole! E se Helblindi avesse capito perché era stato assente così a lungo Laufey si sarebbe arrabbiato. Forse avrebbe fatto del male anche a lui, e suo fratello non era abituato a essere maltrattato fisicamente. Non sopportava nemmeno le botte delle zuffe, figuriamoci quello.. E cosa potevano fare due bambini piccoli come loro contro il Re?
Assolutamente nulla.
 
 
 
 












 
 
 
 
Helblindi ritornò al presente boccheggiando.
Lady Sif lo vide guardarsi intorno, senza in realtà vedere nulla, per poi fissarla negli e occhi e, subito, distogliere lo sguardo. Lo Jotun si alzò in fretta, guardando gli alberi in modo tale da darle di spalle.
- Helblindi.. -, provò la guerriera, perplessa.
 
- Scusami Sif,  io.. ho bisogno di.. un momento -, la interruppe lui. L’Asgardiana notò, stupita, che il tono del mago, di solito sicuro e fermo, si era fatto tremulo. Ma bastava guardarlo in faccia per capire che era sconvolto.
Il mago camminò a passi veloci, verso gli alberi più lontani che i suoi poteri gli permettevano di creare.
Vide un abete gigantesco, di quelli in cui ci vogliono almeno due persone per abbracciarlo tutto, e ci si fiondò dietro, sperando di non essere visto.
 
 
Come aveva potuto..
 
Come aveva potuto suo padre Farbauti chiedere una cosa del genere a suo fratello?! A un bambino così piccolo?!
Far pesare delle responsabilità simili su delle spalle così giovani, così.. innocenti.
Tutti i suoi dubbi avevano trovato una risposta. Sul perché suo fratello si consumasse così tanto per gli altri, su tutte le volte in cui gli aveva coperto ogni ragazzata, sul perché tollerava senza un lamento tutti i maltrattamenti, gli insulti, persino le frustate.
E lui lo sapeva. Sapeva senza sapere, vedeva senza realmente vedere.
Stupido, cieco.. ma soprattutto egoista.
 
Accucciato in mezzo ai rami pieni di neve, come un infante, pianse, coprendosi il volto con le mani tentando di preservare un po’ di dignità.
 
 
Era comodo avere un fratello come Byleistr.
Nessuna punizione, Laufey godeva molto di più maltrattando il più piccolo.
Nessuna responsabilità, suo fratello se le era messe tutte sulle sue spalle.
Una vita relativamente agiata, per gli standard che Jotunheim vantava a quell’epoca.
 
 
Se solo fosse stato più responsabile.. no, non più responsabile: più coraggioso.
 
Era un codardo. Un maledetto codardo. Si era rifiutato di accettare la realtà, persino quando Byleistr gliela aveva messa sotto il naso. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire, come dicono i Midgardiani. A ragione.
 
Se solo gli avesse dato retta.. se solo lo avesse protetto davvero, invece di limitarsi a guarire le semplici ferite del corpo le poche volte che gli capitavano sotto gli occhi.
Byleistr aveva vissuto metà dell’infanzia e tutta l’adolescenza al solo scopo di farlo stare bene. Di far stare bene il loro popolo. Senza pensare a se stesso, mai, nemmeno una volta.
 
Tutto per quella stupida promessa fatta a Farbauti..
 
Già. Dove sarebbe, lui, se non fosse stato per suo fratello?
Sarebbe morto poco dopo la guerra, certamente.
Perché suo padre aveva ragione: lui non era come Byleistr, non lo era mai stato. Ma perché affidare responsabilità del genere a un bambino? Perché?! Perché distruggergli la vita facendolo diventare adulto così, improvvisamente?
 
 
Tutto quello che era successo.. Quei millecinquecento anni passati lontano dalla sua terra.. E che Byleistr non aveva passato meglio di lui, sicuramente.. Erano stati tutta colpa sua.
 
Singhiozzò, il viso deformato dal rimorso che sentiva dentro.
 
Rimorso. Era così che Byleistr aveva passato metà della sua vita? Con quell’opprimente peso, che schiacciava il petto e toglieva il respiro come nessuna zavorra corporea avrebbe mai potuto fare?
 
 
Si sentiva un mostro.
 
 
 
Non avrebbe mai dovuto andarsene da Jotunheim.
Non avrebbe mai dovuto lasciare suo fratello con la sola compagnia dei suoi doveri di Principe.
Non avrebbe mai dovuto essere così ottuso. Le cose sarebbero potute essere diverse, altrimenti.
 
 
 
Sentì la terra tremare leggermente. La neve appigliata ai rami degli alberi cadde a piccoli mucchietti.
 
 
 
Inghiottì il groppo che aveva in gola, cercando di darsi un freno.
Si guardò le mani, leggermente tremanti.
 
La sua magia era sempre stata intimamente connessa con i suoi stati d’animo. C’erano state volte in cui i suoi poteri erano esplosi intorno a lui con la forza di un uragano, altre nelle quali non usciva fuori nemmeno un grammo di Seidr. Quando era morto Farbauti, per molte settimane non era riuscito a trasformarsi in nessun tipo di essere vivente, ne’ ad effettuare il più banale degli incantesimi. Solo due volte era stato in condizioni del genere, in contesti quasi simili; e, si rese conto, non poteva permettersene una terza.
 
Ma era impossibili restare calmi, a quel punto. Come avrebbe potuto?
Eppure, Byleistr ci sarebbe riuscito, ne era certo.
 
Doveva assolutamente tornare a Jotunheim. Non ne aveva mai avuto il coraggio, prima, ma adesso non si trattava più soltanto di quello. Ora che Laufey era risorto, con potere sconosciuto tra le mani, nessuno poteva dirsi al sicuro. Tantomeno suo fratello, che sarebbe stato di sicuro uno dei primi bersagli.
O Asgard. Con tutto il resto dei Nove Regni.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando ritornò dal gruppo, aveva ancora gli occhi rossi, ne era perfettamente consapevole. Ma a quel punto, non gli importava poi così tanto. In quel momento il suo orgoglio era rintanato in un piccolo angolo buio della sua mente. E poi dormivano tutti eccetto Sif, o almeno così credeva.
 
 
 
 
Evidentemente, però, si sbagliava. Le piccole scosse dovevano aver messo in allarme il gruppo, o forse era stata la guerriera bruna a svegliarli, non lo sapeva; fatto sta che tutti stavano guardando lui.





























 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non so voi, ma io con i terremoti ho un rapporto tendenzialmente.. indifferente. E non lo dico per sminuire la capacità distruttiva di questo fenomeno naturale, assolutamente. Del resto nemmeno tantissimo tempo fa si è visto cosa può provocare. Sarà che io abito in una zona comunemente riconosciuta come a estremo rischio sismico, quindi ci ho fatto il callo. E so di abitare in un palazzo che in quanto sistemi antisismici ne sa abbastanza. Di terremoti ne ho sentiti, non fortissimi, fortunatamente, ma di solito non mi ‘impanicano’. Quindi se il capitolo vi è sembrato un po’ freddo riguardo le ‘piccole scosse’, beh, ora sapete perché xD


Ma riguardo alla storia... stavolta aggiornerò in pochi giorni (per davvero), e, cosa dire, è il momento della verità.
Vi avverto, è molto, molto triste. Credo sia la cosa più drammatica che abbia mai scritto, spero in modo decente. Ergo, se qualcuno non se la sente, vi sintetizzerò freddamente il capitolo tramite MP, se me lo chiedete (ma non credo che qualcuno vorrà astenersi dal leggere xD).
Ah, per chi non lo sapesse, volevo segnalarvi la presenza della lista 'aggiungi personaggi', proprio sotto al link per arrivare al proprio profilo. Lo dico perché da non so quanto tempo vedo i nomi di Malekith e Ian a cui mancano dei voti, specie a quest'ultimo. Considerando che c'è persino Sigyn nella lista, che dopotutto non appare nel film THOR, è ingiusto nei loro confronti ù.ù perciò spero che chi mi segua accolga il loro appello disperato!
Ma a proposito di personaggi mai apparsi nel film, che ne dite, voi votereste Byleistr ed Helblindi? XD dopotutto non sono l'unica a usarli, anche come personaggi principali. *si strofina le mani in maniera malefica*. Dovrò informarmi su questo punto.



Alla prossima, quindi!
Madama Pigna.


E non linciatemi! So perfettamente di stare maltrattando i miei OC.

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Il punto di non ritorno ***


Attenzione! Presente tragedia con scena violenta. 













 
 

- Ancora un po’, fratello! Resisti! -.
Byleistr era il secondogenito di Laufey, e quindi più piccolo di lui ma, pure con il suo carattere un po’ scorbutico, aveva una spiccata vocazione per l’azione. Non era un impulsivo, e sebbene fosse ancora un adolescente, sembrava sapere sempre cosa fare. Non era più un bambino, ormai mancava poco perché divenisse adulto a tutti gli effetti. E, se non fosse stato per la sua prontezza, lo avrebbero fatto abortire.
 
Rispose con un gemito. Era piccolino, suo figlio. Se si guardava il suo grembo di profilo, appena percepibile all’occhio. Eppure c’era, esisteva, e stava anche per venire al mondo.
- Non.. Non ce la faccio.. Il dolore… E’ troppo.. -,sussurrò, in un breve momento di lucidità.
- Oh, maledizione, Helblindi! Lo so che fa male,ma devi sforzarti. Se fai nascere tuo figlio qui, sarà tutto inutile, capisci? Se nostro padre vi scopre, morirete entrambi! – affermò il ragazzo, prendendo sotto braccio il maggiore. – Guarda, secondo le mie informazioni, il rifugio dei nani dovrebbe essere laggiù -, continuò, indicando con la mano libera una bassa collina ghiacciata.
- Non chiamarli così… -.
- Non è un insulto, stupido, è un dato di fatto... Sempre meglio di essere chiamati scarti, non trovi? -.
I due giovani Giganti raggiunsero il luogo, mentre il vento gelido sferzava i loro corpi ululando contro le loro orecchie. C’era la piccola apertura di una grotta, lì, ma Byleistr sapeva che non gli conveniva entrarci subito.
- Venite fuori! So che siete nascosti qui! -, urlò, apparentemente a vuoto.

In effetti, non dovettero aspettare molto. Ben presto furono circondati da piccoli Jotun, armati con le loro armi di ghiaccio. Ma Byleistr non aveva fatto tanta fatica a percepirli e sapeva che nessuno di loro era un guerriero: se fossero stati scoperti, non si sarebbero salvati. Lui stesso avrebbe potuto sconfiggerli tutti.
- Sono i figli del re! -, disse uno di loro, astioso. – Uccidiamoli e mandiamo le loro teste al padre! -, continuò, e alcuni annuirono, ma il principe sapeva esattamente cosa dire.
- Sciocchi! Se fossimo venuti per trucidarvi, saremmo stati accompagnati da dei soldati. Ma non vogliamo farvi del male -.
Helblindi gemette il nome di suo fratello, supplicando. I suoi occhi erano appannati per la sofferenza. Non poté fare a meno di chiedersi come doveva essere con un neonato più grosso.
- Tu sembri più anziano degli altri -, esclamò autoritario verso uno di loro, che sembrava aver compreso la situazione; un po’ perché erano venuti soli, un po’ per la sofferenza di Helblindi, il ventre non tanto gonfio e il sangue tra le cosce dello stesso. – Siete in grado di aiutarlo? -.
Il nano guardò i due, specie il maggiore, con esitazione. - Perché non se ne è liberato? -.
- Mio fratello non è Laufey. Lui lo vuole. Allora, cosa rispondi? -.
Byleistr aveva abbandonato l’infantile tono capriccioso da tanto tempo, forse troppo. Adesso il suo modo di chiedere era del tutto diverso. Già da allora, forse, il suo destino di re era facilmente intuibile.
Ma era ancora molto giovane, e il piccolo Gigante scorse una scintilla di preoccupazione nei suoi occhi, che rendeva molto meno freddo il suo tono duro. Annuì. I suoi compagni abbassarono le armi. – Venite. Tuo fratello ha bisogno di un posto tranquillo -, disse.

Ormai Helblindi non era abbastanza lucido nemmeno per ringraziare.















- Come stai? -.
Erano passate ore, ma finalmente il travaglio era finito. Avvolto nelle pellicce, Helblindi dopo il parto si era addormentato con il neonato fra le braccia per un po’, felice e sereno. Byleistr non aveva mai abbassato la guardia. Sapeva che c’era poco da essere sereni, tantomeno felici.
- Molto meglio di prima, adesso -, rispose l’ altro, senza nemmeno guardarlo.
Se Byleistr fosse stato un po’ più sensibile, avrebbe trovato molto tenera quella scena: chi non troverebbe dolce un genitore che allatta il proprio cucciolo? Helblindi, poi,aveva sempre avuto una certa predilezione per i bambini. Ma non aveva mai visto un neonato essere guardato da suo fratello con così tanto amore e adorazione, prima di quel giorno. La cosa non si prospettava facile, ma doveva affrontare l’argomento. Ora o mai più.

- Devi liberartene, Helblindi -, disse d’un fiato.
Lo Jotun distolse lo sguardo dal figlio, guardando il fratello con stupore. – Cosa? -.
- Non fingere di non aver capito... -.
- Non ucciderò mio figlio, Byleistr! -, ruggì in risposta. Il neonato non ci fece troppo caso. Continuò a succhiare il capezzolo di Helblindi, come se la questione non lo riguardasse.
- Non intendevo questo. Non avrei lasciato che nascesse, altrimenti -, disse, - Ma non lo puoi tenere, lo sai. Richiede attenzioni che.. -.
- E’ mio figlio! Riceverà da me tutto quello che è necessario. E da nessun altro! -.
- Sai benissimo che non puoi! Che cosa vorresti fare, andare avanti e indietro da Utgarda a qui tutti i giorni, fingendo di esserti liberato di uno scarto quando la cosa è del tutto diversa? -.
- Non devo fare avanti e indietro per forza -, rispose Helblindi. – Non mi importa di stare con nostro padre o con Skrymìr. Posso chiedere ospitalità ai piccoli Jotun e.. -.
- Maledetto ingenuo. Ti hanno fatto partorire qui perché un principe in travaglio davanti al loro nascondiglio attira l’attenzione, non perché ti vogliono tra loro -.
- Se avessero voluto liberarci di noi, lo avrebbero fatto -.
- Forse. Ma in ogni caso, non pensarci nemmeno. Sarebbe un atto di tradimento. E sai benissimo come nostro padre punisce i traditori -.
- Byleistr, non m’interessa! Non lascerò mio figlio abbandonato in mezzo alla neve come ha fatto Laufey con nostro fratello! -.

Il bimbo ormai percepiva fin troppo chiaramente la tensione. Cominciò a piangere, prima piano piano, poi sempre più forte, attirando le attenzioni di Helblindi.
- Sssh, piccolo mio, non piangere. Papà non ti lascerà, sei al sicuro, tesoro -.
Byleistr sapeva di essere privo di qualsiasi tatto, e non si curò di svegliare il fratello dal suo piccolo Vhalhalla personale. Lo faceva per il suo bene, dopotutto.
- Non sto dicendo che devi lasciarlo morire. Ma non puoi crescerlo tu, fratello. Ho già parlato con i nani, tra loro ce ne sono alcuni che hanno dei figli piccoli. Uno di loro potrebbe allattarlo e il tuo cucciolo crescerebbe al sicuro da... -.
- Non se ne parla nemmeno! Voglio stare con mio figlio. E poi so benissimo di cosa hai parlato, con gli altri. Non ho dormito tutto il tempo, sai? -.
Il volto di Byleistr si indurì.
- Helblindi, dovresti riposare, il tuo parto è stato difficile, hai perso molto sangue e... -.
- E se non fosse stato per il mio Seidr sarei potuto morire, lo so. Come so anche che forse non potrò avere altre gravidanze! Quindi perché vuoi che abbandoni il mio unico figlio? -.
- E perché, per essere felice, devi averne per forza uno?! -.
- Non c’è una ragione a queste cose, Byleistr! Solo perché tu sei un intollerabile insensibile, non vuol dire che siano tutti così -.


Lo Jotun si passò una mano sugli occhi, esasperato. In realtà avrebbe voluto prendere a pugni la parete fino a spaccarsi le mani, ma non era quello il momento adatto a rompersi le ossa. Quella storia sarebbe finita male, se lo sentiva. Suo fratello, stupido ingrato, non faceva che peggiorare la situazione: era abbastanza egoista da pensare solo a se stesso e a quello che voleva lui, in quel tipo di frangente, senza soffermarsi sulle conseguenze che probabilmente, anzi sicuramente ne sarebbero seguite.
La vera tragedia? Che non se ne rendeva neanche conto.

- Helblindi, non puoi fare così, dannazione! Preferisci sapere tuo figlio morto, o piuttosto sano e salvo, seppur lontano da te? -.
- Perché dovrebbe essere al sicuro solo lontano da me? -.
- Helblindi, sei il primogenito di Laufey! Pensi che nostro padre non rivolterà l’intera Jotunheim, pur di trovarti? -.
- Come se di me gli importasse qualcosa! -.
- Infatti, non è così. Ti cercherebbe perché hai tenuto in vita uno scarto, e sai benissimo come la pensa a riguardo! Ti scuoierebbe vivo personalmente, essendo tu il suo primogenito, e getterebbe il tuo cucciolo giù da una rupe prima di farlo! -.

Sebbene ancora molto debole, Helblindi strinse suo figlio con più determinazione, spaventato da una simile idea. – Non mi troverà. E se mi troverà combatterò. Sono pur sempre un portatore di Seidr... -.
- E a me? Non pensi a me, fratello? -.
- Che intendi dire? -.
- Pensi che Laufey non cercherà di costringermi a dirgli dove ti trovi? O, se ti trovasse, credi che lui non esiterà a farmi scendere in campo, nel caso tu opponessi resistenza? Secondo le sue leggi, dovresti uccidere tu stesso quel neonato, lo sai? E se ti rifiutassi, sai a chi toccherebbe farlo? -.
Nella stanza, calò il silenzio.
- Non parliamone più -, disse Helblindi, cercando di avere un tono risoluto, ma fallendo. – Io mio figlio lo tengo, non ho bisogno della tua approvazione per questo -, aggiunse.















Byleistr si guardò attorno. Non era rimasto molto della loro reggia, ma in quel poco che durava c’era un gran movimento. Dei soldati si stavano radunando all’esterno, e alcuni lo guardavano in modo veramente.. strano. La cosa non gli piacque. Decise di andare a controllare di persona cosa stesse accadendo.
Uscito fuori, venne incrociato da suo padre, Laufey.
- Byleistr, ti sei finalmente degnato di ossequiarci con la tua presenza, vedo... -, affermò con sarcasmo. Lo Jotun decise di non cogliere la provocazione. – Che cosa sta succedendo, padre? -.
- Un Osservatore mi ha segnalato un rifugio di scarti. E adesso i soldati fanno il loro dovere, al contrario di te, figlio -.
Byleistr aggrottò le sopracciglia. – Dove si trova questo luogo? -.
- A sud delle Catene di Mimìr, nella grotta d’una collina. Da quando t’interessa di queste pulizie, Byleistr? -.

Era così che Laufey chiamava i massacri dei nani, ma il giovane Gigante non ci fece caso, da sempre abituato alla mentalità obsoleta del padre. Gli si gelò il sangue nelle vene, però, quando sentì il nome del posto. Forse Laufey lo capì, forse no. Fu svelto, comunque, a ricomporsi.
- Le Catene di Mimìr? Ne siete certo, padre? Quella zona è molto inospitale, piena d’insidie e pericoli... Come potrebbero riuscire a sopravvivere degli scarti, quando anche per i veri Jotun è un posto tanto difficile? Lo trovo improbabile.. -, affermò, in tono incerto.
- La tua opinione non ha importanza. Anzi, perché ti sei scomodato a esprimerti? Non sarà mica che vuoi difendere quei disgustosi scarti, spero -, indagò Laufey, sospettoso.
Byleistr imprecò mentalmente, ma non si tradì. – Io difendere degli scarti? Ma certo che no, Padre! Altrimenti sarei già lì! -.
- Molto bene. Allora sarai contento di sapere che prenderemo anche Helblindi, quel traditore! -.

Byleistr strabuzzò gli occhi. – Cosa? Mio fratello... Siete sicuro che sia proprio lì? Non sarebbe mai capace di sopravvivere in quella terra inospitale, padre… -.
- E’ la conclusione più logica. Le Catene sono molto vicine a Utgarda. Se quel debole di tuo fratello è scappato per far nascere il suo scarto al sicuro, deve essere lì, probabilmente. E sai che non mi piacciono i traditori -.
- Probabilmente voleva solo evitare la vergogna pubblica, padre -, rispose Byleistr, scrollando le spalle. – Magari si è già liberato del cucciolo e sta ritornando.. -.
- Sciocco. I tempi non quadrano, se fosse così sarebbe già tornato. Helblindi è lì, e se non ucciderà il suo disgustoso scarto di fronte a me, lo scuoierò vivo personalmente! -.
- Ma padre! E’ il vostro primogenito! Vostro figlio! -.
- E’ un debole,e una vergogna per la mia carne. Vedi di non scordartelo! -, ordinò il re.
Byleistr era disgustato. Ma d’altronde non si aspettava niente di meglio. Si voltò, deciso ad arrivare alle Catene per primo. Ma non andò come sperava.
Gli sembrò di percepire un movimento, dietro di lui. Non riuscì a fare niente, però, perché ricevette un forte colpo alla nuca, tale da fargli perdere i sensi.
















Le orecchie gli confermarono ciò che stava succedendo, ancora prima degli occhi. Urla di terrore animavano la piana a sud delle Catene di Mimìr, davanti alla collina ghiacciata. Si era precipitato lì più in fretta che aveva potuto, quando aveva ripreso i sensi. Doveva avvertire Helblindi, gli altri Jotun... Proteggere loro e suo fratello. Ma aveva fallito.

Arrivò sul posto quando le urla erano cessate. Per terra, in mezzo al ghiaccio, giacevano cadaveri di Jotun nelle condizioni più diverse. Alcuni avevano provato a scappare, trovando così una morte veloce, colpiti alle spalle. Chi aveva tentato di combattere, invece, aveva il corpo squarciato, da cui spruzzava sangue a fiotti, rosso e vischioso. Ai bambini era stata spaccata la testa contro la pietra.
L’unico rimasto in piedi era Helblindi. Ferito in più parti, con una mano teneva il suo bambino piangente. Con l’altra, ricoperta di ghiaccio, si difendeva. Se ci riusciva, evocava con il Seidr una barriera protettiva. Doveva anche aver assunto la sua forma di lupo, in precedenza, perché alcuni soldati morti attorno a lui avevano la gola come squarciata da delle zanne. Ma era visibilmente stanco e provato, mentre ancora molti guerrieri erano tutti interi. Attendevano solo l’ordine di Laufey, e poi avrebbero ucciso anche lui.

- Fermi! -, urlò. Ma lui non era nessuno per contraddire il Re.

- Padre! Imploro pietà per Helblindi! La gravidanza lo ha reso debole! -.
Seduto sul suo grosso animale, Laufey lo guardò con sprezzo. – Ecco il nostro principino! Se non fosse stato per le tue visite, seppur rade, non avremmo mai trovato questo luogo. Ti chiameranno Sterminatore di Scarti, un giorno -.
Si inchinò frettolosamente davanti al re. – Padre, vi prego. Mi occuperò personalmente dello scarto, ma lasciate Helblindi. Con il tempo recupererà il senno. Lasciate che me ne occupi io -.


Laufey lo guardò con sommo scetticismo. Helblindi arretrò di alcuni passi, con il terrore negli occhi.
- Ucciderai tu lo scarto? -.
- Con le mie stesse mani, Padre. Poi mi assicurerò che mio fratello recuperi la ragione -.
- Byleistr... no... -, mormorò il maggiore.
- E sia, dunque. Procedi. Voialtri, abbassate le armi -, ordinò il Gigante.
Byleistr annuì, e si alzò, avviandosi verso il fratello, che lo guardava con orrore. Subito evocò una barriera magica, ma era così sottile e fragile che il minore dei due figli non dovette sforzarsi troppo per oltrepassarla. Una volta giunto davanti a Helblindi, cominciarono una breve lotta, il cui esito finale era scontato. Era sempre stato Byleistr quello dotato nel combattimento, e l’altro era molto debole. Alla fine il più giovane lo stese con un pugno nello stomaco, e gli strappò il bimbo dalle braccia per poi bloccarlo a terra con un piede. Padre e figlio piangevano disperati, ormai consci dell’inevitabile. Eppure Helblindi non si arrese. Troppo stanco per contrastare il peso del fratello, prese ad artigliargli il piede, e a supplicarlo al tempo stesso, guardandolo come mai lo aveva guardato prima.

- Byleistr, ti prego non lo fare! -.



Il piccolo si dibatteva, piangendo come un pazzo. Chissà se anche loro, da neonati, erano così?

- E’ mio figlio! E’ tutta la mia vita! Fratello, ti scongiuro! -.

Di sicuro aveva preso da Helblindi. Ma non avrebbe avuto altro tempo per dimostrarlo.

- Fratello.. Ti prego.. -.

Non sapeva se la voce del maggiore si fosse affievolita con lo scorrere dei minuti, o fosse lui a essere distante con la mente e il pensiero. Nonostante ciò, sentì la voce di suo padre distintamente.

- Basta tentennamenti, Byeistr! Uccidi quello scarto! – esclamò Laufey.

Non riuscì nemmeno a distogliere lo sguardo dal neonato.
Era come se i suoi occhietti spaventati lo avessero fatto cadere in una sorta di trance.
 
Gli spezzò il collo con relativa facilità. Un lavoro veloce, pulito pulito, degno di un assassino esperto.
Dopo averlo fatto, il piccolo, ormai inerte cadavere, gli scivolò dalle mani.


L’urlo angosciante di Helblindi riecheggiò per tutta la Catena. Di colpo, sembrò recuperare le forze, preda del dolore e della rabbia. Si liberò dalla presa, alzandosi urlante. Tentò di attaccare il fratello, forse per ucciderlo. E ci sarebbe anche riuscito, probabilmente, se Laufey non lo avesse colpito alle spalle, come aveva fatto prima con il più piccolo.
– Portatelo via. Si riprenderà -, ordinò ai soldati.
 
- Hai fatto un buon lavoro, Byleistr. Finalmente vedo qualcosa in cui mi somigli un po’ -.
E, purtroppo, Byleistr sapeva di dovergli dare ragione.
















- ASSASSINO!! -.
Byleistr non si era più mosso da quella piana, situata in mezzo alla Catena di Mimìr e alla collina rocciosa. Dopo che Laufey e i suoi guerrieri se ne erano andati, si era chinato sul cadavere del nipote. Tremando, aveva passato un dito rozzo tra quella zazzera di sottili capelli neri, cercando inconsciamente la somiglianza tra lui e il padre. Era troppo piccolo e paffuto perché somigliasse a qualcuno in particolare, ma aveva gli stessi segni dinastici di Helblindi, forse anche il naso di suo zio. Si era chiesto se era il caso lasciarlo lì, dargli una qualche sepoltura, o restituirlo al fratello. Non era riuscito a darsi una risposta. Da quando aveva udito il rumore del collo rotto, non era riuscito a provare più nulla. Si sentiva completamente vuoto.

Sul punto di non ritorno.
 
Ora Helblindi, ripresosi, più sconvolto che mai, era lì. La sofferenza e la rabbia infondevano una tale forza al suo Seidr che fu scaraventato contro la roccia, con gran dolore. Non si riprese nemmeno in tempo che suo fratello lo prese per la gola con una forza sconosciuta, bloccandogli il respiro.
- HAI UCCISO MIO FIGLIO! -, urlò. – GLI HAI SPEZZATO IL COLLO COME AVRESTI FATTO CON UNA BESTIA! MI HAI AIUTATO A FARLO NASCERE E POI MI HAI TRADITO! Come hai potuto, COME HAI POTUTO FARMI QUESTO?? -, gli sputò in faccia, con il viso rigato di lacrime. Anche volendo, Byleistr non poteva rispondere.
- CREDEVO FOSSI MIO FRATELLO! CREDEVO TU SAPESSI CHE MIO FIGLIO ERA TUTTO PER ME, E INVECE L’HAI UCCISO! SEI UN MOSTRO, NE PIU’ NE MENO CHE IL DEGNO FIGLIO DI LAUFEY!! -.

Byleistr subì ogni parola in silenzio. Gli occhi e la gola gli bruciavano, e l’enorme peso della colpa gli opprimeva il petto come un macigno. Sapeva che Helblindi aveva ragione, sapeva quali sarebbero state le conseguenze per quell’infanticidio; e le avrebbe subite senza lamentarsene.
Il maggiore lo scaraventò a terra, tenendolo bloccato con la magia.

- Perché?! -.

Byleistr non rispose, troppo occupato a tossire, in cerca d’aria. Con una semplice torsione del polso, Helblindi sollevò il fratello da terra, avvicinandolo al suo viso. Non aveva mai visto quel misto di odio, rabbia e dolore in lui, e sapere di esserne la causa lo distrusse.

- Rispondi, maledetto. Prima di ucciderti voglio sapere perché. Perché hai ucciso mio figlio? -.
Byleistr distolse lo sguardo.

- RISPONDIMI,SCHIFOSO ASSASSINO!! -.

Helblindi fletté il braccio, e il giovane venne sbattuto ripetutamente contro la parete, per cadere di nuovo a terra. Cercando di combattere il dolore, Byleistr rispose. Almeno questo, glielo doveva.
- L’ho fatto per te! Nostro padre ti avrebbe scuoiato vivo se ti fossi rifiutato di ucciderlo, e comunque non avrei potuto sopportare di vederti assassinare il tuo stesso figlio. Il bambino sarebbe morto in ogni caso. L’unico che poteva farlo al tuo posto, senza versare altro sangue, ero io... -.

- Allora avresti dovuto uccidermi comunque -, replicò Helblindi, gelido. – Perché i nani Jotun non saranno gli unici a crepare, questa notte -.

A Byleistr non importava di morire. Davvero. La possibilità di spegnersi, su Jotunheim, era una cosa che dovevi sempre considerare, e accettare, per non impazzire. E sapeva che la sua non sarebbe stata nemmeno una morte tanto immeritata. Ma era un principe. Non poteva permettersi di pensare solo a ciò che desiderava per sé.
 

Non piangeva da quando era bambino. E nemmeno dopo la morte di Farbauti aveva versato tante lacrime, era uno che teneva il dolore per sé. Ma in quel momento era diverso. Non riusciva a interrompere il flusso insolitamente caldo che gli bagnava le guance.
- Helblindi, so cosa vorresti fare. Non chiedo il tuo perdono, e non lo chiederò mai. Non lo merito. Ma uccidermi non ti restituirà tuo figlio -.
- Non osare menzionare mio figlio con la tua lingua biforcuta, schifoso bastardo! -.
- Ascoltami! Queste carneficine non avranno mai fine, se non avrà fine il regno di Laufey! Insieme potremmo rendere Jotunheim un posto migliore! Abolire queste leggi crudeli! Ricordi com’era, prima della Guerra? Prima che Farbauti morisse, lasciando che la malvagità di Laufey prendesse il sopravvento? -.

La mano di Helblindi ritornò a serrare la sua gola. – Non AZZARDARTI a nominare Farbauti per difendere la tua inutile vita! Non vali neanche la metà di quanto valeva lui! Credi che blaterare su questi inutili moralismi ti salverà?! -.

Byleistr chiuse gli occhi. Aveva ancora molto da imparare riguardo alla retorica..
- Credevo te ne importasse qualcosa, del nostro mondo… -.
- Niente ha più senso per me, adesso -.
- Vorresti andartene? -.
- Me ne andrò. Non sono un fratricida. Puoi anche perdere tempo a risanare questo schifo di mondo. Non potrà mai, mai cambiare quello che hai fatto -, disse, lasciando definitivamente la presa. Byleistr lo guardò stupito, massaggiandosi il collo.
- Che.. che vuoi dire? -.
- E’ possibile utilizzare dei passaggi, che collegano i Nove Mondi. Non ho bisogno del Cuore di Jotunheim per usarli. Forse so come aprirne uno -.
- Cosa? No… Ti prego Helblindi... Non lo fare... -.
- Hai ucciso mio figlio, mostro -.

- L’ho fatto per salvarti! Non avevo altra scelta! -, disse Byleistr, in preda alle lacrime.

- C’è sempre un’altra scelta -, rispose l’altro, imperturbabile. Aprì un portale, non senza un notevole sforzo. Ormai i due erano a una decina di metri l’uno dall’altro.

- Helblindi ti prego! Fratello... non mi lasciare! -.

Il maggiore non lo degnò di uno sguardo, quando oltrepassò il portale.
- Non sono tuo fratello. E questo è un addio, Byleistr -.

- NO! -.
Con un enorme sforzo di volontà, il giovane si alzò, correndo a più non posso verso il maggiore, la mano protesa nella sua direzione. Ma era troppo tardi.
- HELBLINDI!! -.
Solo silenzio. Ormai, suo fratello non poteva più sentirlo.
 
 
Si accorse allora di essersi fermato davanti al cadavere del nipote.
Scoppiò in singhiozzi, cadendo in ginocchio, incurante di tutto il resto. Era stato inutile. Tutto inutile. Voleva salvare suo fratello, invece lo aveva distrutto e allontanato. E ora era solo. Sarebbe sempre stato solo.
Gli restava un’ unica cosa da fare.
















Laufey si vide gettato ai piedi il cadavere del figlio di suo figlio, e, stupito, alzò lo sguardo sul giovane secondogenito. Doveva essere accaduto qualcosa. Qualcosa di molto importante.

- Ti dirò poche parole, vecchio. E ascoltami bene, perché potrebbero essere le ultime che mi sentirai dire -, affermò un nuovo Byleistr, freddo e glaciale come solo il Cuore di Jotunheim era mai stato. – Qualunque cosa tu faccia, qualunque crimine macchierà il tuo nome lasciandoti impunito... Un giorno ti si rivolterà contro. Giungerà una nuova Jotunheim, più bella, più forte, più giusta. E sarò io a portarla. Ma non agirò come un tiranno patricida. Ti lascerò sopra questo tuo trono, e lascerò che il tempo faccia il suo corso. Si diranno molte cose, di Byleistr Laufeyson, per quanto cercherai di infangarne la fama. E quando il mio momento giungerà, il nostro mondo mi accoglierà a braccia aperte, per riparare i danni da te causati! Questo è il mio scopo, il mio unico obiettivo. E sarò implacabile. Ricordatelo sempre -.

Approfittò della sorpresa di Laufey, per uscire senza essere trovato.
Da allora in poi, Byleistr Laufeyson non fu più visto a Utgarda.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Gli stranieri usano i portali ***


Le mie scuse infinite per il ritardo, davvero. E' quasi un MESE che non aggiorno! Giuro che, in questo momento, se non avessi il piede KO, salterei dalla gioia. Finalmente metto mani su una connessione internet degna di essere chiamata tale! Alè! Perché a casa mia devo sempre avere problemi con la connessione! Che bellooo!
A proposito, per chi volesse uccidermi a causa dello scorso capitolo (che immagino avrà sconvolto la stragrande maggioranza di voi, soprattutto considerando l'attesa per questo aggiornamento), sappiate che pensare al passato di Byleistr ed Helblindi mi rattrista quanto voi, se non di più. Ma presto i due si reincontreranno, ve lo garantisco. E anche Thor e Loki, ovviamente (non che io abbia parlato di loro in termini romantici spesso, in effetti. Perdonatemi la mancanza, sono ancora poco ferrata con i dettagli in rosa).

Coomunque.. aspettando di poter fare ritorno qui, ho graficato un po'. Quando non scrivo, la mia valvola di sfogo è GIMP.
Ed ecco uno dei lavori che è uscito (ho creato immagini quasi esclusivamente a proposito di questo intreccio, quindi pubblicando le altre farei spoiler xD). Che ne dite? Potrebbe essere un buon logo pubblicitario per la storia? :) se frequentassi ancora i forum non sarebbe una brutta idea.













 



Nella frondosa radura si aprì un portale dalle sfumature azzurrine.
Subito, le piante intorno si incurvarono sotto la forza dell’onda d’urto, la quale aveva spostato l’aria di parecchi metri.
 
Prima di scomparire, il suddetto portale rigettò un giovane dalla pelle blu come la notte, che cadde in ginocchio. Poi, tutto ritornò quasi come prima.
Quasi.
 
 
Lo Jotun non si rese subito conto di essere arrivato a destinazione, forse perché nemmeno sapeva dov’era, questa destinazione. Capì di essere lontano dal suo Regno, comunque, grazie al calore che quel boschetto emanava, completamente diverso dalla Jarnvidr e infinitamente più luminoso.
 
Strinse l’erba con forza, e subito il gelo della sua razza si propagò in quell’innocente prato.
Rabbia. Dolore. Delusione. Tristezza. Quel miscuglio traboccante di emozioni negative stava per esplodere. Non si sarebbe controllato ancora per molto.
Non lo aveva mai fatto.
Sicuramente, suo fratello gli avrebbe intimato di fermarsi. Di non farsi prendere dall’ira in questo modo. Ma fu proprio pensando così palesemente a lui, che Helblindi non ci vide più. Alzò il busto e alzò il viso, ruggendo la sua rabbia al cielo.
 
- PEEEERCHE'?? PEEEERCHE'?? -.
Urlò e urlò, finché la flora intorno a lui non morì d’ipotermia e l’acqua del laghetto lì vicino non esplose in mille schizzi e schegge di ghiaccio. Il primogenito di Laufey conosceva un solo modo per anestetizzare il dolore. Ed era la rabbia. Ma nemmeno quella sarebbe bastata a placare il suo animo, non quella volta.
Singhiozzò.
- Perché..? -, mormorò.
 
Stanco nel fisico e nell’animo, scoppiò in lacrime, finché, esausto, non perse i sensi.
 








 
Riuniti davanti al fuoco, i cinque Asir guardavano lo Jotun inorriditi.
Loro erano guerrieri, avevano visto diverse volte battaglie sanguinose. Ma l’assassinio di un bambino, un infanticidio a mente lucida.. era una cosa completamente diversa. Inimmaginabile. Orrenda.
Erano inorriditi dal gesto di Byleistr, e il modo in cui Helblindi si era sfogato sembrava quasi così.. freddo. Insomma, non lo era, ovviamente, ma non aveva urlato, o pianto, nulla di tutto ciò. Sembrava solo.. mesto.
 
– Come… come sarebbe a dire che l’ha ucciso per proteggerti? Tuo.. tuo figlio! E Byleistr l’ ha ucciso... Come puoi non odiarlo? -, chiese Sif, a nome di tutti. Era visibilmente sconvolta. La sola idea di avere un figlio, per poi perderlo in questo modo, le era insopportabile. Le sembrava di morire soltanto al pensiero. Come era possibile che Helblindi avesse vissuto tutto quel tempo con un peso simile?
 
Helblindi fissò il fuoco, tetro. – So che, detto così, può sembrare mostruoso. Ma è la verità. Amavo mio figlio, più della mia stessa vita, ed è per questo motivo che sono stato lontano da Jotunheim per così tanti anni, perché non potevo perdonare mio fratello per quello che mi aveva fatto. Solo dopo molto tempo ho compreso la ragione del suo gesto -.
Si interruppe un momento, come per cercare le parole giuste.
- Quando rimasi incinta, ero ancora molto giovane. All’epoca non me ne rendevo conto, ma non sono mai stato.. beh, particolarmente fertile. Poi, dopo tanti, tanti tentativi, finalmente stavo per avere un figlio... Ma non mi sarei mai immaginato quello che accadde -, continuò.
- Agli occhi di un Asir, lui.. avrebbe avuto dimensioni normalissime, ma per me.. era minuscolo. Potevo tenerlo con una mano sola. Era così piccolo, eppure non mi importava. Semplicemente era perfetto, e le dimensioni non mi interessavano -, disse, fissando il fuoco con malinconia. Gli Asgardiani notarono che aveva gli occhi lucidi. Forse stavano per dire qualcosa, ma il mago parlò ancora.
- Mio fratello ha sempre fatto tutto il possibile per proteggermi. Non aveva mai ucciso nessuno prima di quel giorno. Era poco più di un ragazzo e.. le leggi di Laufey non lasciavano scampo a nessuno. Se gli avessi dato retta, una volta tanto, forse mio figlio sarebbe ancora vivo. La sua morte è stata anche colpa mia -, disse.
- Ma.. -, il Tonante provò a parlare, presto interrotto da un gesto dell’altro, però.
- No, Thor, non farlo. Non giudicare Byleistr per quello che mi ha fatto, o, se proprio devi, non farlo come io penso che tu sia facendo. Voi non sapevate come era Jotunheim a quei tempi.. -.
- Che vuoi dire?
 
- ..Forse avete ragione nell’essere scettici, ma voi non siete cresciuti in un mondo dove non era cosa rara vedere la gente morirti davanti agli occhi. E per i più svariati motivi. Di fame, di stenti, a volte per colpa dell’ennesima epidemia, oppure perché eri esplicitamente contro il Re. Quasi sempre, né io, né mio fratello potevamo farci qualcosa, specie nell’ultimo caso. Ma anche passare tutti i giorni a cacciare non placava i dolori di stomaco nei più deboli, e troppe volte io non avevo le conoscenze necessarie per guarire le malattie che circolavano nel Regno. E’ una delle ragioni che mi hanno portato a studiare così tanto il funzionamento degli esseri viventi, Lady Sif. La magia non serve a niente, se non la sai sfruttare. Ma Byleistr.. lui era sempre il primo a mettersi in gioco, sempre il primo ad accettare i rischi, ad adoperarsi per chi da solo non ce l’avrebbe mai fatta. Laufey conosceva la sua indole e cercava di soffocarla in ogni modo. Maltrattamenti, minacce, punizioni troppo dure per una persona troppo giovane. Un giorno svenne davanti ai miei occhi, perché era malato e nonostante questo non aveva smesso di cacciare, né di affaticarsi in generale. Non fu in grado di tenersi di piedi per due settimane, e nel delirio della febbre lui continuava a dire che bisognava trovare una cura per il morbo.. Come se della sua stessa vita non gliene importasse niente. Questo perché in situazioni del genere è sempre così: o fai persino le cose più meschine per restare vivo, o muori dentro e finisci per accettare il fatto che potresti andartene da un momento all’altro, perché tanto in questa vita non c’è molto per cui vale la pena restare -.
- E’orribile -.
- E’ quello che ci ha fatto Laufey dopo la morte di mio padre Farbauti. No, non incolpo la tua gente di questo, Thor. Non sono più così cieco. Non avremmo perso nessuna guerra, non saremmo mai caduti in rovina così, se non fosse stato per lui -.
 
- Ma allora.. che cosa hai fatto in tutto questo tempo? Se mia madre avesse perso me e Loki quando eravamo ancora piccoli, non so se sarebbe ancora in circolazione -, chiese il biondo.
Helblindi abbassò lo sguardo per un istante, per poi ritornare a guardare il dio. Si passò una mano sui capelli. – Atterrai in una foresta di Svartalfheim, nella zona degli elfi neri. Rimasi lì per molti decenni, migliorando i miei poteri, ma soprattutto cercando di capire cosa volevo veramente. Ho conosciuto anche gente piuttosto strana, a volte pericolosa, facendo diverse esperienze. Dopo ho cominciato a viaggiare: Alfheim, Muspellheim –ovviamente con le dovute precauzioni magiche, a causa del calore-;  rimasi per alcuni secoli a Vanaheim, e, negli ultimi sessant’anni, su Midgard. Almeno fino ad ora -.
- E non hai mai.. Pensato di tornare? -.
- Qualche volta. Quindici secoli non sono pochi. Come vedi, non l’ho mai fatto. Ma anche se fossi tornato, cosa avrei potuto dirgli? ‘Scusami Byleistr se ti ho spezzato il cuore e ti ho abbandonato al tuo destino’? Così, come se niente fosse? -, rispose. I guerrieri non seppero come replicare.
-  Ora come ora, però, dobbiamo solo pensare al presente: quando arriveremo ad Asgard, probabilmente saremmo nel bel mezzo dell’inferno.. Era in senso figurato, Volstagg -, aggiunse, vedendo l’espressione allarmata del rosso. – Anche per voi, che avete una pelle abbastanza calda, non sarà affatto facile batterli. Avete già combattuto contro dei Demoni del Fuoco? -.
- Un paio di volte -, rispose Sif.
- Io no. Ma avrei di gran lunga preferito evitare l’esperienza.. -.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
************************
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dal forte odore di bruciato nell’aria, Byleistr dedusse di avere le punte dei capelli leggermente infiammate.
Si passò velocemente una mano sulla chioma nera, volendo evitare ustioni alla testa. Rialzandosi, controllò che i due sovrani di Asgard e suo fratello non avessero subito danni considerevoli, per poi tornare a concentrarsi su altro.
A poche centinaia di metri da loro, un enorme portale si apriva su un mondo di fuoco e lava: dominavano colori forti, come il rosso e l’arancio, le fiamme dirompevano e fiumi di magma vulcanico scorrevano placidi. L’ingresso a Muspellheim era gigantesco persino per uno Jotun; in larghezza, ci sarebbero entrati almeno tre Jagare, gli immensi bestioni da cui persino una buona parte degli Jotun preferiva stare alla larga.
 
Proprio al centro di esso, una creatura di dimensioni simili al sopracitato animale lo guardava con aria affamata. Aveva grosse zampe munite d’artigli, la pelle squamosa con sfumature rossastre da farla sembrare infuocata. Dal dorso e dalla lunga coda  spuntavano pugnali d’osso che avrebbero potuto trapassare lo Jotun da parte a parte. Dagli occhi gialli, forniti di pupille verticali, non traspariva alcun senno.
Dentro la bocca pronta a sputare fuoco nuovamente, una lingua ruvida e nera si sfiorava i lunghi denti. Le sue grandi ali stavano per essere spalancate.
 
 
 
 
Ma il grosso drago non era venuto da solo.
Un gruppo di guerrieri armati di tutto punto accompagnava l’animale, che era tenuto a bada tramite delle catene dall’aria solida. Presto, però, la bestia fu liberata, dandogli così occasione di spiccare il volo e spargere distruzione per tutta la città.
 
 
Il corno del Guardiano del Bifrost suonò, mentre l’esercito di Asgard si preparava all’offensiva.
 
 
 
 
 
In quel preciso istante, Byleistr ebbe la netta sensazione di non essere a conoscenza di qualcosa.
Poco importava, comunque.
 
Stavano per affrontare un esercito.

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Benvenuti calorosi ***


Note autrice: gli aggiornamenti d'ora in avanti non saranno più una volta ogni settimana, ma ogni due, probabilmente fino alla fine del periodo scolastico.


























 
- Sento che ci siamo -.
Il gruppo di viaggiatori si fermò, fissando il mago con perplessità. – Ma qui non c’è niente di diverso da quello che abbiamo visto finora -, controbatté Frandal, guardandosi intorno.
- Apparentemente. Ma le vibrazioni magiche sono diverse, in questo punto. Ne sono sicuro, se apro un portale qui andremo dritti ad Asgard. Se voi siete pronti, possiamo andare in qualunque momento -.
Thor annuì. - Allora andiamo. Non voglio perdere altro tempo -.
- Bene -.
 
Helblindi alzò le braccia dritte davanti a sé, tenendo le mani a ventaglio. In quello stesso punto,  in mezzo alle foglie secche, si aprì un uno squarcio cosmico dai bordi iridescenti, che si innalzò fino ad assumere la forma di un elisse verticale.
 
 
 
Per un momento, solo per un momento, i sei rimasero a fissarlo, senza dire nulla.
 
 
- Perché non si vede niente? -, chiese Thor, preoccupato.
Difatti il portale non era come quello da cui erano entrati nel Ginnungagap, dove si vedeva una fitta boscaglia dall’altra parte. Era, anzi, completamente bianco, come se dall’altra parte ci fosse il vuoto. Come se l’altra parte, anzi, non esistesse affatto.
 
Helblindi era leggermente esitante, quando rispose. Tuttavia seppe mantenere una parvenza di calma.
- In effetti, è piuttosto.. insolito. Ma io non conosco Asgard, Thor. Quindi non ho un’immagine con cui richiamarla. Ricordati che siamo ancora nel Vuoto Pieno -, disse.
 
- Andate prima voi -, aggiunse.
Sif gli lanciò un’occhiataccia. – Bella prova di coraggio, davvero! -.
- Io devo ancora mantenere l’incantesimo intatto. Se andassi per primo voi non fareste una bella fine -, ribatté il mago.
Certo, maghetto, pensò Sif. Ma la valchiria decise di lasciar cadere il discorso. – Vado prima io, allora -, disse. Era certa che non fosse una qualche trappola del mago. Basarsi su certi pregiudizi non aveva più alcun senso. Quando si giocava in squadra, la fiducia era tutto, Sif lo sapeva bene, e non avrebbe rischiato di mandare a monte tutto. Anche perché, ormai, lei ed Helblindi non avevano più questioni da chiarire.
 
Fece un passo avanti, osservando quello sfondo di sterile bianco davanti a lei.
Dopotutto siamo ancora vivi. Perché non dovrebbe funzionare? Helblindi non si è dimostrato così incapace.
 
Scosse la testa, sospirando. Prese un respiro profondo, per poi entrare nel tunnel di luce.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nessuna energia mistica che mandava il suo corpo in fiamme. Nessun arto mancante.
Niente di niente.
 
Per un momento, Sif si chiese se si trovava in una qualche sorta di oblio.
Infine, fu come risucchiata in un vortice di aria.
Lanciò un’esclamazione di sorpresa, mentre perdeva l’equilibrio e veniva trascinata via dalla corrente magica.
 
Un piccolo portale si aprì sul Regno Dorato, buttandola fuori. Fortunatamente, era raso terra, quindi le bastò rotolare per ammortizzare l’atterraggio.
 
 
 
 
Si rialzò, osservando il passaggio magico. Vide dei puntini in avvicinamento, e ipotizzò che stessero arrivando anche i suoi compagni. Sarà meglio togliersi dai piedi, pensò, e saggiamente decise di spostarsi di lato.
Udì uno strano rumore, come una bottiglia appena stappata. Dopodiché, Thor e i tre guerrieri spuntarono fuori, rotolando ammassati fra di loro. Si udirono diverse esclamazioni volgari.
La guerriera sbuffò.
Maschi.. Perché sono sempre così stupidi?
 
In ultimo, lo Jotun atterrò all’in piedi con l’uso della magia.
 
- Siamo tutti vivi, direi -, affermò, mentre guardava i quattro uomini lì presenti con un sorriso leggermente divertito. Si pulì via il pulviscolo dai vestiti con naturalezza.
 
 
 
Con un basso borbottio di sottofondo, Volstagg, Hogun, Frandal e Thor riuscirono a sgrovigliarsi, alzandosi in piedi. – Siamo arrivati? -, chiese Volstagg, dubbioso.
 
- Questo giudicatelo voi stessi -, rispose il Gigante, indicando l’ambiente intorno a loro con un dito.
Gli Asir e il Vanir obbedirono, osservando il luogo in cui erano abitati. Era Asgard, sì, ma sembrava una via periferica. Non erano arrivati nel pieno centro della città, dove c’era anche la corte.
- Questa è Asgard, sì. Ma la reggia è per di là.. cos’era quell’esplosione?! -, affermò Thor, impugnando Mjolnir.
Il Tonante indicò un punto in lontananza, dove sfumature di giallo e rosso si fondevano tra loro. Sif sguainò la sua arma, mentre gli altri facevano lo stesso. – I Muspell. Sono già qui -.
 
Helblindi mise mano all’orecchio, tentando di ampliare i suoi sensi iper sviluppati.
- Sif ha ragione. Ci sono già i rumori della battaglia all’orizzonte -.
 
Hogun guardò le strade. Erano deserte. – E probabilmente durano da un po’. Gli abitanti devono essere stati portati nei rifugi da chissà quanto tempo -.
 
- Allora cosa stiamo aspettando?! Dobbiamo andare! -, affermò il principe Asgardiano, roteando il martello e volando via. Non aspettò gli altri, che quindi sarebbero arrivati in ritardo.
 
 
 













 
 
 
- LOKI! -.
Il Re dei Giganti di Ghiaccio prese il Principe per le spalle, appiattendolo tra sé e una delle mura dorate. Un fiume di fuoco passò accanto a loro proprio in quel momento, e Byleistr, già zuppo di sudore, sentì l’ennesima ondata di calore prosciugargli parte dei pochi liquidi che gli erano rimasti in corpo.
Decisamente, lui e i draghi, dopo quella esperienza, non sarebbero mai potuti andare d’accordo.
 
Dannati loro e il principe che li aveva costretti ad andare in quel mondo proprio poco prima di un’invasione.
Dovevano andare via. Prima che Loki perdesse il bambino. E i Demoni di Fuoco avevano preso troppo terreno per sperare in una vittoria facile.
Trascinò via il fratello, lasciando che fossero i soldati a vedersela con l’animale. Non per paura o menefreghismo. Ma in quel momento aveva altre priorità e aveva visto abbastanza battaglie da capire quando ci si doveva ritirare o meno. Da solo, chissà, avrebbe anche potuto affrontare un bestione di quel genere. Ma con lui c’era Loki, che in quel momento non era nelle condizioni adatte a correre rischi. Sarebbe stato solo un peso da proteggere, per quanto sgradevole fosse quel termine.
 
 
 
Con i vestiti ancora fumanti, i due Jotun andarono verso i corridoi più interni, controcorrente rispetto ai soldati che correvano verso il nemico. Loki, a causa della gravidanza, camminava a stento con quelle temperature inaccettabili, e perciò era sorretto da Byleistr. Tuttavia era abbastanza lucido da indicargli la strada in quel labirinto laminato d’oro.
 
 
 
Avevano perso di vista Frigga e Odino, e, in più, ogni tanto incontravano qualche Muspell solitario che era riuscito a penetrare le difese. Il Sovrano di Jotunheim faceva il possibile per metterli fuori gioco in meno tempo possibile, ma non ci riusciva sempre, e tanti Demoni contro il solo Gigante in grado di combattere era uno scontro impari. Troppo impari anche per un guerriero come Byleistr.
 
Il nano si fermò improvvisamente, con il fiatone. – Aspetta.. -.
 
Byleistr ebbe un terribile senso di dejà-vu; seguito immediatamente da un macigno sullo stomaco . - Loki, so che sei stanco ma non ci possiamo fermare adesso! Ti prenderò in braccio, se devo, ma.. -.
- Non è questo. Percepisco qualcos’altro, ora -.
- Un motivo in più per non fermarsi! -.
- Non hai capito. Non sono Muspell, è magia Asgardiana, questa, e si avvicina sempre di più.. Guarda lì! -, urlò, a causa di tutto il frastuono della battaglia. Lo Jotun alzò lo sguardo, in una di quelle mastodontiche terrazze della reggia, e vide un oggetto non bene identificato volare nel cielo avvicinandosi sempre di più.
 
- Quello è..? -.
- Sì, è lui! E’ Thor! -, rispose il fratello, annuendo. L’energia che aveva percepito, infatti, proveniva da Mjolnir.
 
 
 
 











Il Tonante entrò dal castello tramite il belvedere esterno, colpendo quanti più Demoni del Fuoco possibili. Cercò di non pensare a quanto il calore eccessivo persino per lui avesse potuto danneggiare il suo amato. Loki era uno Jotun, dopotutto, e nelle sue condizioni, poi..
Devo arrivare il prima possibile.
 
Atterrò sulla terrazza con un tonfo, scaricando tutta l’elettricità accumulata verso i nemici più vicini.
Se Loki fosse stato danneggiato in qualche modo, in qualsiasi modo, non ci sarebbe stato nessuno, in tutti i Nove Regni, in grado di fermare la sua furia, di questo ne era più che certo.
 
Entrò nella reggia correndo, colpendo e mettendo fuori gioco ogni Demone che si metteva sulla sua strada.
 
Poi vide i due Giganti alle prese con uno dei Muspell. Vedendo quell’essere grande quasi quanto uno Jotun minacciarli, l’istinto ebbe la meglio.
 
Una scarica elettrica uccise all’istante il Demone, che cadde a terra.
 
 
- Loki! Stai bene? -, disse, avvicinandosi ai due con il martello alla mano.
 
Con un sospiro, vide che stava meglio di quanto si aspettasse. Un po’ meno Byleistr, che probabilmente lo aveva protetto fino a quel momento. Ma lui era abbastanza grande e grosso da cavarsela senza troppi danni fisici. O almeno era quello che pensava Thor. E comunque il Re non sembrava avere ferite importanti.
 
 
Non ebbe il tempo di rifletterci troppo, in ogni caso.
Lo schiaffo che gli arrivò dritto in faccia gli avrebbe sicuramente fatto fare una giravolta, non fosse stato per la sua stazza. Non dimentichiamoci che Loki rimaneva comunque un Gigante di Ghiaccio, pur essendo nano e gravido.
 
- SPIEGAMI CHE COSA DIAVOLO HAI FATTO IN TUTTO QUESTO TEMPO! -, gli urlò, furioso.
- Loki, io.. -.
Il Tonante sapeva che almeno quella volta non aveva fatto niente di male. Tuttavia non riuscì a dire molto.
- SEI ANDATO A DIVERTIRTI CON QUELL’ALTRA, VERO? CON QUELLA SGUALDRINA MIDGARDIANA! -.
- Loki dannazione per una volta ascolt.. -.
- MENTRE NOI RISCHIAVAMO DI MORIRE CARBONIZZATI! SEI UN IMBECILLE, UN PENTAPALMO, UNO SCHIFOSO VERME, UN RIPUGNANTE BASTARD.. -.
- LOKI! BASTA! -, Thor lasciò cadere il Mjolnir a terra, prendendo il moro dalle spalle. – Io non ti ho tradito! Non potrei mai tradirti, Loki, soprattutto adesso che.. che aspetti un bambino! -.
 
Il viso chiaro dell’altro si addolcì, anche se solo un pochino. Soprattutto, il piccolo Gigante aveva gli occhi spalancati dalla stupore. – Tu come facevi a saperlo? -.
- E’ una lunga storia, amor mio, te la racconterò più tardi. Ma devo portarti al sicuro. Stanno arrivando anche Sif e gli altri, loro aiuteranno a combattere i Muspell. C’è anche un altro, con noi, è.. -.
 
Sì udì il ringhio di una bestia feroce. I due principi di Asgard si voltarono subito verso la direzione da cui proveniva.
 
Ma il Re di Jotunheim aveva già visto la creatura. Ed era l’ultima cosa al mondo che si sarebbe mai aspettato di vedere. In quella situazione, e, più in generale, in tutta la sua vita.
 
 
 
Una sola parola uscì dalla sua bocca.
 
 
 
 
- Helblindi.. -.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Caldi reincontri.. forse troppo ***












Era lui.
Erano passati tantissimi anni dall’ultima volta in cui lo aveva visto, ma Byleistr non aveva alcun dubbio. Non avrebbe mai potuto confondere il viso della persona con cui aveva vissuto più di metà della sua vita. Quei lineamenti gli erano troppo familiari per sbagliare.
 
E non aveva mai visto quegli occhi così grigi in nessun essere vivente, se non nella forma Asir di suo fratello.
 
Sbatté le palpebre più volte, troppo sorpreso per fare alcunché.
Quasi non sentiva più nemmeno i rumori della battaglia.
 
Vide Helblindi saltare e poi atterrare sul pavimento dorato, attutendo l’impatto rotolando nella forma di uno strano animale in grado di appallottolarsi su se stesso. Un Demone di Fuoco si avvicinò per attaccarlo, e Byleistr fece per correre verso di lui; ma si bloccò, quando vide che il mago aveva immobilizzato il Muspell con un gesto della mano, scagliandolo poi via metri e metri più in là con il Seidr.
 Non ricordava che suo fratello fosse in grado di spostare gli oggetti (o le persone) con la sola forza del pensiero, almeno.. non se perdeva il controllo dei suoi poteri.
Poteva essere cambiato qualcosa? Probabile, dopo tutto quel tempo..
 
 
 
 
D’improvviso, però, la sua mente di guerriero e di Re cominciò a lavorare. Si insospettì.
Perché Helblindi era lì? Qual’era il suo scopo? Cosa ci guadagnava nel combattere qualche Demone di Fuoco, proteggendo la capitale degli Asir? Razza che, tra l’altro, lui aveva sempre odiato? Per come ricordava suo fratello (e lui aveva sempre avuto un’ottima memoria), tutto questo era privo di senso.
 
Gli venne un dubbio.
 
E se si fosse alleato con Thor e i suoi compagni per ucciderlo? Poteva anche essere. Non aveva avuto la forza di vendicare il figlio tanti anni prima, vero, ma chi poteva dirgli se le cose erano cambiate o meno?
 
Il suo insradicabile pessimismo lo portò a pensare al peggio. Non aveva mai avuto alcuna difesa contro la magia del fratello. Cosa sarebbe successo se lui, il Re di Jotunheim, fosse uscito di scena definitivamente?
Senza nessun erede, con un fratello incinta di un principe Asir ed un altro (divenuto fraticida) per niente adatto al ruolo di Sovrano in tempi tanto difficili, sarebbe stata una catastrofe. Una terribile catastrofe. Tutti i suoi sforzi, i suoi sacrifici, tutte le vite che si erano sacrificate per rendere Jotunheim un posto migliore, avrebbero perso tutto il loro valore. Tutto si sarebbe rivelato vano, inutile. Una fioca speranza senza alcuna possibilità di successo.
Vide morte e distruzione dove non ne esistevano affatto - ma aveva sofferto troppo e per troppo tempo, per pensare ad una riconciliazione pacifica. Non era nemmeno da considerare come una remota possibilità, secondo lui. Piuttosto un sogno utopistico, irrealizzabile.
 
 
No.
Non poteva permettere che accadessero quelle cose. Prima di lasciarle succedere, Byleistr sarebbe morto.
 
 
 
Decise, per il momento, di tenersi a debita distanza dal fratello. Non avrebbe negato le sue colpe, questo mai, ma c’erano troppe persone che contavano su di lui per andarsene proprio ora.
Come sempre, i suoi doveri erano al primo posto nella scala delle priorità.
 
 
Nel frattempo, i Muspell erano riusciti a penetrare nella reggia. Del drago nessuna traccia – forse era stato sconfitto, o forse era a seminare distruzione da qualche altra parte -, ma i soldati nemici si davano un gran da fare per creare più disordine possibile. Era una fortuna che Thor e i suoi amici guerrieri fossero arrivati proprio in quel momento. Altrimenti, la sconfitta sarebbe stata assicurata.
 
Thor fulminava e martellava chiunque si avvicinasse a lui e a Loki, Sif e Frandal uccidevano o ferivano gravemente più Demoni possibili, Hogun e Volstagg colpivano implacabili con mazza e ascia.
 
Helblindi, avendo ripreso un aspetto umano, usava diversi incantesimi per indebolire o sconfiggere i Muspell. Conosceva tecniche che avrebbero potuto ucciderli tutti in un battito di ciglia, ma lui non le amava molto, erano troppo.. folgoranti. L’idea di uccidere qualcuno all’istante, come se stesse semplicemente spegnendo una impotente candela, non gli piaceva. E poi, in quel contesto, se avesse sbagliato qualcosa avrebbe anche potuto uccidere un alleato, e non un avversario.
 
 


Si guardò intorno, alla ricerca del fratello. Doveva pur essere da qualche parte!
Vide i guerrieri battersi egregiamente, cambiando così le aspettative della battaglia. Quello accanto al Tonante doveva essere Loki, ma a loro due ci avrebbe pensato dopo. Nessuno sembrava avere più particolari difficoltà, e questo era un bene, così avrebbe potuto concentrarsi sulla sua ricerca (possibilmente senza farsi ammazzare).
 
Lo vide alle prese con non uno, bensì quattro Demoni del Fuoco, che lo avevano circondato.
Helblindi lo fissò, estraniandosi per un momento da tutto il resto.
 
Portava i capelli più corti di quanto si ricordava, in quel momento gocciolanti di sudore. Era molto più muscoloso, anche – e più alto. I lineamenti un po’ induriti dalle battaglie erano contratti in una espressione concentrata.
In mano teneva una lancia, probabilmente presa da uno dei soldati a terra. Anche se non era un’arma solitamente congeniale agli Jotun, sembrava riuscire lo stesso a dare un po’ di filo da torcere ai Muspell.
Chissà a quanti allenamenti si era sottoposto, per raggiungere quel livello di maestria. Ma del resto, pensò il mago guardando i muscoli tesi del fratello, anche io ho impiegato secoli per diventare così potente.
 
Si abbassava per evitare i colpi ardenti dei Demoni, e con una velocità disarmante coglieva il punto debole del nemico più vicino per trapassarlo da parte a parte. Ma era comunque quattro contro uno.
 
Il mago non indugiò oltre. Si teletrasportò dietro di lui, usando la sua magia e sbarazzandosi di due di loro, mentre Byleistr si occupava del terzo e del quarto. Ma non fece tardi a rendersi conto della sua presenza.
 


- Tu che cosa ci fai qui? -, chiese lui alle sue spalle, sgomento.
- Ti salvo la pelle, mi pare chiaro -, rispose il fratello, che aprì il palmo della mano verso tre Demoni, a braccio teso,  liberando il Seidr e scagliandoli dieci metri più in là. Sbatterono contro un muro, lasciando delle bruciature sulle pareti d’oro, ma non si rialzarono. Non contenti, altri membri dell’esercito nemico accerchiarono i due fratelli, e il maggiore decise di disintegrare quelli più vicini.
- Come hai fatto a..? -, chiese Byleistr, pugnalando il Muspell che gli stava davanti con una daga di ghiaccio.
- Non sei l’unico ad aver affinato le proprie capacità, in questi anni -, ribatté lui.
 
Il Re non rispose. Come ogni altro, nel palazzo, era troppo occupato nello scontro.
Dopo alcuni minuti, tuttavia, il silenzio tra loro, facilmente compensato dai rumori della battaglia, fu interrotto da Helblindi.
- Dobbiamo parlare! -.
Byleistr diede un colpo al Demone alle sue spalle, per poi finirlo, ignorando il dolore delle nuovi ustioni. – E ti sembra questo il momento, Helblindi? Qualsiasi cosa tu voglia dirmi, dovrà aspettare -, replicò.
Helblindi non cedette, e scosse la testa. – No, dobbiamo parlare adesso! -.
Byleistr assunse una espressione irritata. – Ma ti rendi conto almeno che rischiamo di morire per mano di un esercito di fuochi ambulanti, Mutilatore? -.
- E’ importante! -.
- Il tuo concetto di ‘importante’ è sempre stato piuttosto relativo. Non ho intenzione di ascoltare i tuoi vaneggiamenti proprio adesso.  ALLA TUA DESTRA! -, lo avvisò lui, e appena in tempo. Se non lo avesse fatto, il mago dagli occhi grigi si sarebbe ritrovato cotto a puntino dall’ennesimo Muspell di passaggio.
- Me ne ero accorto -, sbuffò il più anziano. Byleistr ringhiò.
- Stai zitto. Prima ne usciamo vivi, e prima potremo parlare, qualsiasi cosa tu voglia dirmi -.
- Ma.. -.
- Non ci siamo visti per millecinquecento anni e adesso pretendi di intavolare una conversazione?! -.
- Fratello, io.. -.
 
Colto di sorpresa da quell’appellativo, Byleistr venne colpito al fianco da uno di quei proiettili di materiali fumanti che alcuni Demoni di Fuoco riuscivano a creare. Soffocando un’imprecazione, il Re cadde a terra.
Allarmato, Helblindi eresse una protezione magica intorno a loro, e si avvicinò all’altro Jotun, per capire le sue condizioni.
Ma Byleistr stava relativamente bene, altrimenti non sarebbe riuscito ad afferrarlo per il bavero della giacca, avvicinandolo al suo viso tanto da far quasi sfiorare i loro nasi.
- Prima mi chiami mostro e poi ti consideri ancora mio fratello?! -, ringhiò.
 


- Ho ucciso tuo figlio, Helblindi, non c’è bisogno che me lo rinfacci dopo tutto questo tempo! Se cerchi vendetta su di me sappi che non te lo lascerò fare. Pagherò il mio crimine quando sarò morto, puoi starne certo. Ma adesso ho delle responsabilità che non voglio e non posso ignorare -, continuò, levandosi il mago di dosso e continuando la battaglia.
 
Ancora per terra, Helblindi vide Byleistr togliersi gli ultimi rimasugli di materia incandescente dai vestiti senza emettere un lamento. Ma certo, doveva immaginarlo che dopo tutti quegli anni passati lontano da lui il fratello avesse cambiato opinione sulle sue azioni. Come poteva biasimarlo, se era arrabbiato con lui? Perché sì, Byleistr aveva ucciso suo figlio, ma per la semplice ragione che non aveva avuto altra scelta.
E dopotutto, se non fosse stato per la sua arroganza e stupidità, niente di tutto ciò sarebbe accaduto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo un po’ di tempo, comunque, l’esercito Asgardiano riuscì a debellare completamente l’esercito Muspell. Quasi tutti i nemici furono sconfitti, mentre gli altri batterono in ritirata aprendo un portale verso Muspellheim.
 
Quando le acque si furono calmate, e agli Asgardiani non rimase altro che ripulire le macerie e le tracce dello scontro, sembrò quasi che l’eterogeneo gruppo potesse riuscire a parlare con calma e tranquillità.
 
 
Ma non bisogna mai cantare vittoria troppo presto.
 
 
 
 
- Loki.. Tu.. Tu stai bene? -, chiese il principino dorato, ansioso.
- Sì. Credo di sì -.
- Ascolta Loki, quello che ti ho detto su Jotunheim.. io non volevo! Cioè sì ma avevo paura di non rivederti più e la mia stupidità ha fatto il resto e ho sbagliato ti ho offeso e non ho capito le tue motivazioni ma io.. io ti amo e voglio passare con te il resto della mia vita e non più solo come fratelli! Ti giuro che non succederà mai più una cosa del genere! -, parlò a raffica il biondo, fermandosi solo per brevi pause respiratorie. Teneva la mano di Loki con premura, quasi fosse la cosa più preziosa al mondo. Eppure l’altro non era del tutto convinto. Lo guardava abbastanza scettico e, anche se non era esattamente una buona notizia, Thor fu felice di poter rivedere quel viso, dopo tutto quello che era successo.
- Cosa ti ha fatto capire i tuoi errori? -, chiese sospettoso, aggrottando i begl’occhi verdi.
- Ho conosciuto una persona che mi ha fatto ravvedere su molte cose. Quando sono andato su Midgard (e senza la minima intenzione di incontrare Jane) ho incontrato.. -.
 
Non finì mai quella frase.
 
Il drago, prima scomparso, riapparve improvvisamente, più forte e arrabbiato che mai. Nessuno ebbe il tempo di reagire. Thor vide che la bestia alata si era diretta verso l’altro mago, più isolato rispetto agli altri.
 
 
Non lanciò il martello. Non lo avvertì. Fu tutto talmente veloce che se ne accorse a cose quasi fatte.
 
 
Anche il malcapitato se ne era accorto appena, quando..
 
 
 
 
 
- HELBLINDI! -.
 
 
Una spinta violenta, e lo Jotun si ritrovò a rotolare per terra, al sicuro dal fiume di fuoco lì accanto.
Poi si rese conto di chi lo aveva salvato.
 
- No.. NO! -, urlò, mentre il corpo di suo fratello perdeva il suo aspetto decoroso e altero.
 
Si alzò correndo verso di lui, chinandosi su quel pazzo, quel maledetto pazzo che adesso giaceva privo di conoscenza nel pavimento di una reggia straniera di un paese straniero.
 
 
I guerrieri provarono ad avvicinarsi, per sistemare la bestia una volta per tutte.
 
 
- STATE LONTANI! -, urlò il mago, che spalancando il braccio scaraventò i guerrieri contro il muro. I suoi occhi brillavano di rosso intenso come le ferite del fratello. Urlò di rabbia, e il drago, in procinto di attaccare di nuovo, si disintegrò con un esplosione. Helblindi tornò a concentrarsi sul fratello. – Byleistr! Byleistr.. -, gli sollevò il busto, dandogli dei colpetti sulla guancia lesa. – Svegliati.. svegliati! Byleistr resta cosciente! Devi restare cosciente! -.
 I capelli, i vestiti bruciati, la pelle completamente ustionata e piena di bolle ripugnanti erano una vista orrenda, terribile. Doveva fare qualcosa. Era un mago con una formazione completa, adesso, poteva usare il Seidr per guarire le ferite, anche se aveva consumato già molte delle sue energie nel viaggio dentro al Ginungagap e durante la battaglia. Ma doveva sbrigarsi, o sarebbe stato troppo tardi. Nessuno Jotun sarebbe potuto resistere a lungo in quelle condizioni, e nemmeno il Re poteva essere un’eccezione.
 
 
Il Seidr si propagò dalle mani di Helblindi al corpo del guerriero, guarendo lentamente tutte le bruciature. Si sentiva quasi svenire, ma non era quello il momento per riposarsi. Doveva stringere i denti.
 
 



 
 
Passò un minuto.
 
Poi due.
 
Infine tre.
 
 
 
 



Byleistr, per favore.. non ti ho nemmeno potuto chiedere scusa..
 
Un altro, interminabile istante, e il cuore di Byleistr Laufeyson ricominciò a battere normalmente.
 



Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Di nuovo insieme ***


Aggiorno oggi perché domani e lunedì potrei non esserci per postare il capitolo! Buona lettura ^^
















Stupido.
Era stato stupido.
Se ne era reso conto già da tempo, sì, ma mai come in quel momento, dove tutti gli anni lontano da Jotunheim, a migliorare il suo talento, a studiare, a fare qualsiasi cosa che non gli facesse pensare al passato, gli erano sembrati inutili e sprecati.
Che senso aveva vivere così a lungo, se si sprecava in tal modo il tempo a disposizione?
Helblindi ci aveva messo secoli a superare il suo lutto, a placare l’enorme rabbia e la sofferenza che provava tutte le volte che ripensava a suo fratello. Aveva perso suo figlio, senza rendersi conto che parte della responsabilità di quella morte era anche sua.
 
Ripensandoci successivamente, aveva compreso il perché aveva tanto voluto diventare padre così giovane. Voleva un figlio perché Farbauti era morto troppo presto; perché Laufey non lo aveva mai amato, ma anzi temuto e disprezzato. Perché voleva sentire cosa si provasse nell’avere una famiglia, una vera famiglia, unita, in cui ci si ama e ci si protegge a vicenda.
Byleistr forse era troppo piccolo per ricordarselo, ma Helblindi rammentava bene il rapporto tra i suoi genitori, prima che suo fratello nascesse. Farbauti amava molto Laufey, ma i suoi sentimenti erano tutt’altro che corrisposti.
 
Eppure non aveva capito che lui aveva già una famiglia, e quella famiglia era Byleistr.
Aveva al suo fianco una persona che lo amava più di qualsiasi altra cosa, che avrebbe dato anche l’anima pur di saperlo al sicuro, e invece lui l’aveva calpestata e cacciata via.
 
Era stato egoista. E stupido.
 
Ancora una volta, stava per perdere suo fratello, stavolta senza possibilità di ritornare indietro.
 
 
 
 
Ora, con la testa fra le mani, aspettava il risveglio di Byleistr. Erano in una camera di guarigione, poiché subito la battaglia Odino (il Vecchio Guercio, avrebbe pensato lui se solo la situazione non fosse stata così drammatica) aveva ordinato che tutti i feriti fossero portati in quella zona, e le guaritrici avevano voluto verificare anche le condizioni del Re di Jotunheim. In un’altra circostanza, si sarebbe sentito terribilmente offeso per questa svalutazione delle sue capacità. Ma in quel momento era troppo stanco per protestare.
 
Le sue palpebre stavano cominciando ad abbassarsi. Si stropicciò gli occhi, deciso a restare sveglio finché suo fratello non avesse ripreso i sensi. Ma era così stanco.. e non si riposava in modo decente da giorni.
Si addormentò con la testa appoggiata sopra la mano, senza rendersi conto che Byleistr, ironia della sorte, stava aprendo gli occhi proprio in quel momento.
 
 
 
 






Attraverso le palpebre, vide una luce dalle sfumature dorate. Non se ne rese subito conto, però. Sentiva la mente come annebbiata. E non riusciva ad aprire gli occhi.
L’ultima cosa che ricordava –l’unica- era una sorta di calore doloroso, delle sfumature infuocate che arrivavano verso di lui. Poi più nulla, solo il vuoto.
Quel rosso.. e poi il calore.. il fuoco.. il drago.. la battaglia..!
 
Ricordò tutto, e aprì gli occhi di scatto.
Si era istintivamente buttato su Helblindi per salvarlo dalle fiamme. Allo stesso tempo buttando all’aria tutti i suoi propositi di tenersi in vita, praticamente. Ma allora perché era ancora vivo?
 
 
Si mise a sedere, pensando di stare fin troppo bene per uno che era appena stato attaccato da un drago.
Si accorse di essere a petto nudo. La cosa non lo stupì particolarmente. I suoi vestiti di certo erano stati meno fortunati di lui. E poi la cosa non lo infastidiva più di tanto, dopotutto era un guerriero Jotun.
Si guardò le braccia. La sua pelle pallida era un po’ arrossata ma, per il resto, non aveva nulla di strano. Nessuna ferita, nessuna piaga o bolla da ustione (e purtroppo aveva un suo bagaglio di esperienze tale da saperle riconoscere). Niente di niente.
Alzò il lenzuolo leggero che copriva gli arti inferiori. Ebbe un brivido di irritazione nel vedere dei pantaloni non suoi (e che quindi qualcuno doveva avergli messo mentre era incosciente). Ma anche il resto del suo corpo era in condizioni ottime, pur conservando, ovviamente, tutte le vecchie cicatrici.
 
Si guardò le mani, prive di quelle loro scomode escrescenze nella forma di Asir. I guaritori di Asaheim erano così abili? Di certo non poteva essere stato Loki. Sarebbe stato stupido mettere a rischio la vita di suo figlio cercando di guarirlo. Lo scartò a priori. Anche se avesse voluto farlo, di certo Frigga o qualcun altro lo avrebbe fermato. A ben pensarci, anche la Regina usava il Seidr. Chissà se..
 
Un grugnito alla sua sinistra lo distolse dai suoi pensieri, e si voltò di scatto, per poi sobbalzare indietro quando si rese conto di chi era seduto proprio accanto a lui, in una posizione dormiente.
 
Lui cosa ci fa qui?!, pensò, chiedendosi se era il caso di alzarsi, infilarsi i restanti vestiti che giacevano in una sedia alla sua destra e scappare oppure, e questa possibilità forse non assicurava la sua incolumità fisica, restare e.. e poi cosa? Chiedergli semplicemente scusa per aver ucciso suo figlio? Impossibile.
 
 
 
Cercando di fare meno rumore possibile, allungò il braccio su quelle vesti, fortunatamente di un taglio simile a quelli vecchi. Lentamente, molto lentamente, scostò il lenzuolo dal suo corpo, alzandosi con esasperante attenzione. Non che Helblindi avesse mai avuto un sonno leggero (tutt’altro), ma aveva comunque dei sensi abbastanza sviluppati da sentirlo anche durante il sonno.
 
Mentre si vestiva, però, lo sfiorò un dubbio.
Potrebbe avermi guarito lui, in effetti..

Non essere stupido, Byleistr. E’ impossibile. Una sciocca speranza priva di fondamento. Ti stai solo illudendo.
 
Ma allora perché aveva detto di volergli parlare?
Probabilmente era solo una scusa per ucciderti senza alcun testimone, si rispose da solo il Gigante.
 
 
Stava praticamente già uscendo, quando..
 







 
 
Helblindi si svegliò. Non perché avesse sentito rumori particolari o non avesse sonno, semplicemente la mano che reggeva la sua testa aveva perso la sua presa, e il suo capo era scivolato all’ingiù, ridestandolo bruscamente. Come ho fatto ad addormentarmi?!, si chiese.
Non ebbe il tempo di pensare ad una risposta, però, perché si accorse che il letto non era più occupato. Allarmato, si guardò intorno, e lo vide. In piedi di fronte alla porta, non aveva nemmeno appoggiato la mano sul pomello. Immobile com’era in quel momento, sarebbe potuto passare per una statua a dimensioni naturali.
 
 
Si guardarono negli occhi.
Helblindi avrebbe voluto dire qualcosa, ma ora che aveva suo fratello davanti, sembrava come essersi dimenticato tutto quello che voleva dire. Era completamente a corto di parole.
Byleistr, dal canto suo, avrebbe soltanto voluto abbassare lo sguardo, aprire la porta e andarsene il più lontano possibile. Ma non riusciva a distogliere lo sguardo da suo fratello.
 
Il mago si alzò, accennando qualche passo esitante. – Byleistr.. -, iniziò.
Il Re di Jotunheim nascose la sua tensione con un tono inespressivo. - Helblindi -.
- Sono passati.. molti anni.. -.
- Millecinquecento -.
- Un bel po’, anche per la nostra razza.. -.
- Già. Cosa ci fai qui? Questi Asgardiani erano così interessati a me da venirti a cercare con il loro guardiano tutto occhi e orecchie? -, chiese l’altro, con un’impronta di sarcasmo a mascherare il nervosismo.
- No. Cioè, sì, anche per questo, ma non è la ragione principale. Sono qui per.. -.
- Che cosa vuoi da me? -, lo interruppe Byleistr, che adesso stringeva la maniglia con insistenza. Helblindi lo guardò irritato. – Stavo appunto per dirtelo! -.
- Non è vero. Stavi per dire perché sei qui, non cosa vuoi da me. Ma immagino di essere io la ragione principale, no? -.
- Non fare il puntiglioso come tuo solito! Certo che sei tu la ragione principale! -.
- Allora avevo ragione.. Come hai intenzione di agire, quindi? Ti trasformerai in un animale mortale e pericoloso? Mi bloccherai su una parete come l’ultima volta? Oppure userai qualche strano incantesimo che hai imparato standomi alla larga in tutti questi anni?? -.
Helblindi fissò il fratello come se fosse pazzo. – Ma che cosa stai dicendo? -.
- Non fingere di non aver capito! Conosco le tue intenzioni! -, esclamò Byleistr, accennando ad aprire la porta.
Che non si aprì.
Fece un secondo tentativo, con più forza ma, con sua grande sorpresa, si ritrovò chiuso dentro.
 
- Tu non esci di qui finché non mi spieghi cosa diamine ti passa per la testa! -. Affermò Helblindi.
Il più giovane alzò lo sguardo su di lui. – Sei sempre stato bravo a ricattare la gente con la tua magia -.
Non era dalle sue responsabilità che voleva scappare, ma piuttosto dal confronto che, ne era sicuro, si sarebbe svolto di lì a poco. Sarebbe stato costretto a fare del male a suo fratello, per difendersi?
Tra i due cadde il silenzio.
 
 
 
 
 
 
- ..Vuoi uccidermi? -.
 
Helblindi sbarrò gli occhi dalla sorpresa. – Che? -.
- Sappiamo tutti e due quello che ho fatto tanti anni fa -.
- Vero, ma è proprio per questo che io.. -.
- Capisco di meritarmelo, Helblindi -, lo interruppe il Re per l’ennesima volta.
- Byleistr, ascoltami un momento.. -.
- No, ascoltami tu. Sono stato un mostro, lo so. Qualsiasi cosa io faccia non potrà mai cambiare quello che ho fatto, hai ragione. Tu mi odi, e io non.. non ti biasimo per questo.. anche volendo, non potrei. Sappi solo che non ho mai dimenticato quel giorno. Volevo.. volevo soltanto proteggerti, Helblindi. Ma non ci sono riuscito, e questo sarà sempre il mio unico rimpianto -.
 
L’altro Jotun lo fissò sconvolto, senza parole, mentre il fratello continuava a parlare.
 
- Io non ti ho mai chiesto di perdonarmi. Non lo meritavo prima come non lo merito adesso. Quando te ne sei andato, ho fatto di tutto perché non accadesse più una cosa del genere. Ma ho tramato, ucciso e odiato per arrivare dove sono ora, e la mia anima non sarebbe stata pulita comunque. Quindi chi sono io per giudicarti? Ti chiedo solo.. di aspettare. Un giorno avrai la giustizia che meriti, ma non posso scappare dalle mie responsabilità di R.. -.
 
 
Helblindi non lo fece finire di parlare. – Basta, Byleistr. Ti prego basta rimorsi -.
Il Gigante azzerò la distanza fra loro, e strinse il fratello in un abbraccio, con evidente stupore dell’altro. Dopo tutti quegli anni, ancora Byleistr non riusciva a perdonarsi per quello che aveva fatto.. Il suo stomaco si contorse al pensiero delle parole di Hela.
 
Abbiamo convenuto, infine, che l’unico giudice alle sue azioni sarà la sua coscienza.
 
Una condanna comunque.
 
- Mi dispiace; per averti fatto male, per averti detto mostro, per non aver capito le tue ragioni. Per tutto. Perché non è stata colpa tua. Avrei dovuto darti retta, tu sei sempre stato così razionale, e avevi ragione, su ogni cosa. Ma sono stato egoista e quando mio figlio è morto ero troppo sconvolto per capire che era anche colpa mia. Non mi sono nemmeno reso conto di quanto ti sia costato, e solo perché volevi salvarmi la vita -, disse, con voce rotta. – Perché mi hai salvato, pur sapendo che ti avrei odiato a morte. Mi dispiace tanto. Non sono mai stato un buon fratello maggiore, hai sempre cercato di proteggermi e non me ne sono mai reso conto. Io ho già perdonato te, ma tu potrai mai perdonare me? -.
Byleistr era rimasto fermo, immobile. Paralizzato. Non si capiva se avesse sentito o meno. Era come se l’abbraccio e il discorso di Helblindi lo avessero messo totalmente in crisi (cosa effettivamente vera). Lo Jotun si chiese da quanto tempo l’altro non ricevesse un abbraccio. Un abbraccio vero.
Sciolse a presa, preoccupato da quella non-reazione. – Fratello, io.. -.
Byleistr lo guardò un momento negli occhi, prima rispondere.
- Sei così imbecille da aver aspettato tutto questo tempo? Dopo millecinquecento anni? -.
- Mi hai sempre detto che sono uno stupido, no? -.
Il Re aveva cercato di mantenere un tono distaccato, ma era difficile, e Helblindi lo capì. Lui aveva già gli occhi lucidi, del resto.
- Sei più grasso… -, continuò il minore.
- E tu sei più alto – replicò il maggiore.
- Smettila di piangere, stupido rammollito.. -.
- Solo se la smetti tu -.
Helblindi indicò il voltò del fratello, sorridendo leggermente. Byleistr, stupito, si toccò la punta di un occhio, scoprendo di dovergli dare ragione. Dopodiché, bastò uno sguardo.
In un attimo erano stretti l’uno all’altro. Stavolta senza risparmiarsi. Entrambi avevano cominciato a piangere, e il mago avvertì il fratello scosso dai singhiozzi.
– Questa stupida.. forma.. Asir.. E’ così fragile.. -.
- Sei quasi morto, Byleistr. Lasciati andare, per una volta -.
- Se tu e Loki non foste così.. incapaci di cavarvela da soli.. -.
- Se tu non fossi così incapace di esprimere il lato più bello di te -.
- Il solito, patetico sentimentale -.
- Lo so. E tu resti sempre un piccolo guerriero capriccioso -.
Il più giovane, da sopra la sua spalla, sembrò quasi ridere istericamente.
- C-come.. Come hai fatto a perdonarmi? -, chiese.
 
- Tu ti chiedi come io abbia fatto a perdonarti -, rispose Helblindi, con le lacrime agli occhi. – Io mi chiedo perché non ci sono riuscito prima -, continuò.
Byleistr, chino sulla sua spalla, non smise di piangere.
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Rapimento ***


Io non volevo farlo, davvero.
Il capitolo è abbastanza breve, ma, dopo alcuni giorni di riflessione (cercando di spremermi le meningi per scrivere qualcosa di meglio, ok?! E' colpa mia se ho il blocco dello scrittore?), ho deciso di lasciarlo così. Per dare un po' di sale. O per farmi ammazzare. 
In compenso c'è più Thorki del solito, per chi piace. Fangirls della coppia difendetemi please!
Godetevi la lettura! Moooolto lentamente *così avrò il tempo di scappare via*!
Alla prossima,
Madama Pigna!














Non sapevano quanto a lungo fossero rimasti in quel modo.
Prima o poi, però, avrebbero dovuto sciogliere l’abbraccio.
 
Byleistr fu il primo a divincolarsi. Helblindi lo lasciò fare, senza ribellarsi, ben sapendo quanto fosse sempre stato difficile per il fratello manifestare serenamente le sue emozioni. Non era mai stato molto espansivo.
- Dovremmo raggiungere gli altri -, affermò il guerriero, asciugandosi il viso. – Ci staranno aspettando. Quei Muspell non avranno attaccato Asgard per caso e di sicuro avranno in mente una strategia. Non possiamo rimanere impreparati -, continuò, cercando di darsi un contegno.
 
Helblindi si sarebbe volentieri preso a schiaffi da solo. I Demoni di Fuoco, certo! Ancora nessuno ad Asgard conosceva il motivo di quell’attacco. Né, tantomeno, della scomoda resurrezione di suo padre.
- A questo proposito, Byleistr.. Ci sono alcune cose che devi sapere -, disse, con tono grave.
Byleistr non fu per niente tranquillizzato dal quel repentino cambiamento espressivo.
- Cosa mi devi dire? -, chiese, allarmato.
- Forse è meglio se ti siedi -, rispose il mago, spingendolo delicatamente verso il letto.
 
Una volta seduti, gli raccontò tutto: di come Thor e gli altri lo avessero trovato, di come erano capitati dentro il regno di Hela, di come ne erano usciti. Ma soprattutto gli parlò del ritorno di Laufey e dei suoi seguaci più fedeli. Mentre parlava, suo fratello non lo interruppe, mai, nemmeno una volta. Ma il suo sgomento era evidente, come pure la sua preoccupazione. Come sconfiggere un Gigante già morto?
 
Helblindi aveva delle risposte troppo approssimative per una persona che non aveva avuto la possibilità di studiare la magia, come Byleistr. E in ogni caso doveva ancora individuare la fonte del potere di Laufey. Lui era comunque un non-vivente, la sua magia non poteva più essere nel suo corpo, e nemmeno in quello dei Muspell posseduti. Doveva esserci un qualche catalizzatore, o un altro tipo di oggetto magico, diamine..
 
Ma finché rimaneva lì, non lo avrebbe mai scoperto.
In effetti, forse aveva ragione Byleistr, quando parlava di strategia. Dovevano andare a Muspellheim, poco ma sicuro, senza però rischiare di venire uccisi o sconfitti. Visto il tipo di nemico, bisognava pensarci bene.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo, anche Thor stava cercando di spiegare, con il sussidio di Sif e gli altri, la situazione ai suoi genitori e, ovviamente, a Loki. Quando finì di raccontare la sua avventura (tralasciando, naturalmente, tutti i particolari imbarazzanti) il moro aveva una espressione indecifrabile in viso. Dopotutto, era stato lui a uccidere Laufey, e sapere del suo ritorno proprio in un momento del genere.. non era una bella notizia.
 
- Loki.. -, sua madre Frigga si avvicinò al secondogenito, cercando di appoggiargli una mano sul braccio. Lui rifiutò il contatto, gelido. – Devo parlare con Byleistr. Se quello che dite è vero, allora siamo tutti in pericolo -, disse. Per un istante, i suoi occhi si abbassarono verso il ventre piatto. Ma fu solo un istante.
 
 
Thor fu ferito da quella freddezza. Soprattutto perché credeva che il suo amato avrebbe cercato la sua, di protezione, e non quella di un fratello infanticida.
 
Si pentì subito di quello che aveva pensato. Perché doveva essere tanto stupido, certe volte?
- Non sappiamo se si è già risvegliato o meno. E comunque c’è Helblindi con lui. Credo sia il caso di lasciarli soli un momento.. -, disse, esitante. Per tutta risposta, Loki lo guardò scettico.
- Pensi che sia il caso? -.
- ..Non crederai mica che Helblindi..? -.
- Preferisco considerare tutte le possibilità, Thor -.
 
A quel punto, fu Sif ad intervenire. – E’ tuo fratello, Loki -.
- Se è per questo uno dei miei padri è Laufey -.
- Non posso dire di conoscere bene Helblindi, ma nemmeno la tua mente contorta può credere che lui provi ancora rancore dopo aver salvato la vita di Byleistr! -, disse lei, ormai sapendo bene come ragionava il moro.
 
Lui ci pensò un minuto, poi annuì, d’accordo con lei.  – Hai ragione. Ma in ogni caso devo parlare con loro, con Helblindi in particolare, a pensarci bene.. -.
- Perché? -, chiese Volstagg, dubbioso.
- Perché è l’unico che può effettivamente spiegarmi come Laufey sia resuscitato, o con cui possa formulare una ipotesi ammissibile per sconfiggerlo, almeno secondo quello che Hela ha detto -.
Thor sbarrò gli occhi, avvicinandosi di più allo Jotun, preoccupato come non mai. – Non puoi affrontare un esercito di Muspell o Laufey nelle tue condizioni! Vi farete ammazzare! -, esclamò, riferendosi ovviamente anche al frugoletto in arrivo. Il mago lo guardò storto.
- Io non sono uno stupido Pentapalmo come te, Thor. Io penso, prima di agire, e ti assicuro che alla vita di mio figlio ci tengo. Non ho intenzione di scendere sul campo di battaglia se non è necessario -.
- Se pure lo fosse non ti permetterei di rischiare la vita! Quello che hai dentro è anche mio figlio! -.
- Non parlarmi in quel modo! Come se non lo sapessi che è nostro! Ma sai perfettamente che io sono uno dei pochi in grado di contrastare determinati incantesimi! -.
- Potrebbe benissimo farlo Helblindi! -.
- E tu come puoi essere cosciente del suo livello?! Non sei un mago, Thor, stai lontano da faccende in cui non puoi metterci il naso! -.
- Forse sarò un completo ignorante, ma sono sempre e comunque.. -.
- Cosa? Il principino viziato di Asgard? Non puoi comandarmi, Thor, nemmeno con un figlio in arrivo! -.
 

Il Tonante ammutolì. Poi, come facendosi coraggio, guardò il corvino con determinazione.
- Sono il tuo compagno, Loki -.
 
Il Principe di Jotunheim (ma non solo lui, in verità) lo guardò basito. – Cosa? -.
 
- Sono il tuo compagno dal primo momento in cui i nostri genitori hanno deciso che saremmo stati fratelli. Sono stato il tuo compagno in ogni battaglia, in ogni gioia o dolore. Mi sono reso conto di esserlo sempre stato solo il giorno in cui ci siamo uniti in una cosa sola, e mi dispiace. E’ vero, ho fatto degli errori, ma non puoi cancellare quello che provo per te come se fosse niente. Io non voglio che ti sia fatto alcun male, né a te e né a nostro figlio, quindi almeno pensaci bene prima di prendere una decisione che potrebbe distruggere tutti e tre -, disse.
 
Sbalordito dalle parole del Tonante (molto più che dalle scuse precedenti, perché non era un tipo che abbandonava facilmente il rancore), lo Jotun, per un secondo, non seppe come rispondere a quelle affermazioni così sentite. A quella dichiarazione ufficiale del loro legame, fino a quel momento dai contorni confusi.
 
- Thor, io.. -.
 
 
 
 
Che cosa volesse dire, nessuno lo seppe mai.
 
Un urlo di agonia riecheggiò tra le pareti del palazzo.
Gli Asgardiani, allarmati, si voltarono verso la direzione da cui proveniva, trovando familiare quella voce.
Anche Loki urlò. – Byleistr! -, e corse verso le stanze in cui avrebbero dovuto trovarsi i fratelli naturali.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Trovarono il Re di Jotunheim inginocchiato per terra.
Quasi come se stesse cercando di scavare nel pavimento con le sole mani, quasi grattandolo con le unghie.
 
- Byleistr! -, Loki si avvicinò, guardandosi intorno. – Dov’è Helblindi? -.
Il fratello alzò il viso. Gli occhi erano rossi, come se prima avesse pianto.
Quello che preoccupò il più giovane, però, era lo sguardo folle con cui veniva guardato.
 
- Era qui! Era qui di fronte a me! Ma è scomparso! -.
Loki lo guardò stranito. – Come sarebbe a dire scomparso? -.
- Te lo giuro su tutti i nostri Antenati, Loki! Te lo giuro! -, rispose, quasi urlando, indicando il pavimento. – Stavamo parlando quando all’improvviso ha cominciato a sentirsi male. E’ crollato per terra in preda alle convulsioni, e io lo scuotevo, cercavo di parlargli, ma lui non.. non si riprendeva, cercava di parlare e non ci riusciva. Poi è scomparso! All’improvviso! Si è volatilizzato mentre era tra le mie braccia! -, continuò, isterico.

Loki non aveva mai visto Byleistr perdere la testa in quel modo.
 
- E’ stato Laufey! -,
- Come? -, chiese Odino.
- E’ stato Laufey, vi dico! Helblindi stava subendo un attacco magico! Credo stesse cercando di dirmelo senza riuscirci! E io non ho potuto fare niente! NIENTE! -.





Fu allora che i guerrieri ricordarono le parole di Hela e Jormungandr.

I morti sanno tutto.



Dimentico degli Asgardiani lì presenti, Byleistr gemette, tirando su col naso. 
Lui aveva già capito.

- Una trappola.. Questa battaglia è stata solo una trappola.. -, mormorò.














 

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Chi muore si rivede.. ***















In un caldo e roccioso regno, intanto, un piccolo portale si apriva dentro un salone di pietra, spoglio e apparentemente deserto. Un solo istante, ed il mago Jotun noto anche come Helblindi Laufeyson precipitò alcuni metri da terra, gemendo quando la sua spalla sinistra subì l’impatto contro il terreno.
 
Non riuscì ad alzarsi, occupato com’era a respingere l’attacco telepatico che qualcuno stava eseguendo contro la sua mente. Qualcuno con una forza non indifferente, era meglio sottolineare.
 
Passò i primi minuti sul terreno, non del tutto cosciente di non essere più ad Asgard.
Sentiva gli arti tremare, e i muscoli gli dolevano. Non sapeva se per la stanchezza, per la caduta, per l’attuale sforzo mentale o per una sciagurata combinazione di tutte e tre le cose.
 
Quando riuscì a respingere del tutto l’assalto, emise un sospiro, benedicendo gli anni in cui aveva imparato le principali nozioni di telepatia. Chiuse gli occhi, togliendosi stancamente dalla fronte i capelli sporchi di sudore.
 
Dopo un po’ di tempo, decise di alzarsi.
Si guardò intorno. Si trovava dentro una grande stanza rotonda, completamente composta da blocchi di pietra color ruggine. Il calore era asfissiante, afoso, ma secco. Con grande sorpresa, percepì intorno a lui un incantesimo di protezione contro le alte temperature, pure se limitavano solo in parte l’arsura di quel luogo. Avvicinandosi ad una parete, la sfiorò, sentendola polverosa.
 
Muspellheim.
Si trovava a Muspellheim.
 
Chissà perché, pensò ironico il Gigante, con i sensi all’erta.
C’era troppo silenzio, in quel posto.
Un assordante, allarmante silenzio.
 
 
Accennò alcuni passi, non sapendo bene cosa fare. Era completamente da solo, o almeno così sembrava.
Ed era troppo strano.
Gli ricordava come, certi giorni a Jotunheim, nessuno sembrava quasi voler osare a metter piede fuori dal proprio buco. Buco in senso quasi letterale: le case del popolo facevano pena, e la reggia aveva un che di patetico.
 
 
Aguzzò le orecchie. Anche se non aveva abbastanza energie per trasformarsi in un lupo, aumentando la capacità dei suoi ipersensi, non era certo sordo. Infatti cominciò a sentire un rumore di passi.
 
Si voltò verso la direzione da cui proveniva, e li vide.
Due esseri grandi quasi quanto Jotun, due Muspell, si avvicinarono a lui.
 
Sembravano avere la pelle rossa avvolta dalle fiamme. Avevano anche delle gigantesche corna nere, specie il più grosso. Quest’ultimo gli si avvicinò, ed Helblindi, istintivamente, non riuscì a fare a meno di arretrare.
Quel Muspell.. Aveva un ghigno sadico sul viso che gli era molto familiare. Troppo.
I lineamenti non erano gli stessi, ma chi altri avrebbe voluto guardarlo in quel modo, nei Nove Regni?
 
- Dopo tanto tempo, ci incontriamo di nuovo, figlio -.
 
 
 
 
 






 
 
 
 
 
Il mago ringhiò di rabbia, stringendo i pugni. Le sue iridi grigie, per un momento, brillarono di rosso.
- Laufey! -.
- Non mi sembra il migliore dei modi per salutare il proprio padre, Helblindi. O il proprio compagno. Ma del resto sei sempre stato un ragazzino rispettoso delle regole -, disse sarcastico, lanciando un’occhiata all’altro Muspell, anche lui con un orrendo sogghigno stampato sulle labbra. Skrymìr.
- Ciao, Helblindi -.
- Tu non osare rivolgermi la parola! -, ribatté il Gigante, indicandolo con rabbia. – Hai cessato di essere il mio compagno quando hai negato di aver generato un nano, maledetto ipocrita schifoso! -.
- Non ti sono mancato nemmeno un po’? -, chiese l’altro, in tono derisorio. Helblindi rispose alla provocazione ricambiando i loro ghigni. – Ti assicuro che nei Nove Regni esistono uomini e donne molto più belli e appaganti di te, Skrymìr. Le tue bugie e il tuo egoismo non mi sono mancati affatto -.
 
La faccia del risorto, piuttosto rossa di suo, divenne livida di rabbia. Laufey ignorò lo stato d’animo del luogo tenente; le faccende amorose tra lui e il figlio avevano perso la loro importanza secoli fa.
- Sono contento che tu sia tornato da me -.
- Sei stato tu a portarmi qui con la forza, non provare a negarlo! -, esclamò il mago, concentrando il suo Seidr per un possibile attacco (pur non essendo molto in forze). – E sappi che i tuoi assalti mentali non funzionano con me: non sei abbastanza abile per un mago del mio livello -, continuò, sicuro si sé.
- Oh, quindi il maghetto si è esercitato con i suoi trucchi, in tutti questi anni? -.
- Sono gli stessi trucchi che usi tu -, rispose Helblindi, non volendo fornire informazioni sulle sue abilità.
- Certo. Ma tu, al contrario di me, sei vivo -.
- Un’acuta osservazione, Matricida -.
Laufey rise, maligno. – Passiamo agli insulti pesanti, eh? Suppongo che Hela ti abbia raccontato un paio di cosette prive di importanza, mentre eri nel suo Regno. Lei e Jormungandr sono sempre stati così pettegoli.. -.
- Sì, mi ha raccontato qualcosa. Devi averla uccisa in modo che non sembrasse un assassinio, altrimenti il popolo non ti avrebbe mai accettato come suo Re -.
- Ho un certo talento nell’ammazzare gli scarti, lo sai -, rispose suo padre, con il suo sguardo da fanatico.
 
 
Helblindi fremette di rabbia.
- Comunque, stavo dicendo che tu, al contrario di me, sei vivo. Soprattutto, sei vivo e dentro il tuo corpo naturale. Forse sarebbe meglio rimediare a questo. Come avrai certamente intuito, non è un granché per uno Jotun possedere il corpo di un Demone di Fuoco.. -.
- Avvicinati a me e stai sicuro che venderò cara la pelle -, affermò Helblindi, duro. In mezzo alle dita piegate ad artiglio sembrò quasi apparire un flusso di magia blu.
- Nelle tue condizioni? No, non credo. Se tu avessi avuto le energie, penso che ci avresti attaccato prima. E poi non voglio ucciderti in modo così diretto. Tu mi servi, figlio mio. Per il momento, mi limiterò a renderti completamente inoffensivo -, affermò Laufey, volgendo lo sguardo verso un corridoio laterale.
 
- Prendilo per me -, ordinò a qualcuno che non si era ancora palesato.
 
 



Helblindi, incuriosito, si voltò in quella direzione, e lo vide.
 

Uno degli Jotun più grossi che i Nove Regni avessero mai visto negli ultimi diecimila anni si avvicinò al gruppo con passo marziale. Per il principe primogenito era impossibile non riconoscerlo. Così grosso, con quell’aria così.. forte, quei muscoli enormi, le linee dinastiche così ben delineate. Sulla fronte quei segni avevano una forma che ricordava vagamente un tridente. Helblindi non aveva mai visto la forma Jotun di Loki, altrimenti avrebbe saputo che il più piccolo era stato l’unico a ereditare quella caratteristica.
I lineamenti, anche se erano gli stessi, non erano piegati in quel sorriso bonario che a volte il Gigante si sforzava di ricordare. Sembravano come pietrificati, senza alcuna espressione, e gli occhi rosso sangue erano gelidi come gli occhi di Farbauti Jormungandrson non erano mai stati.
 

Helblindi ricordava come si sentiva protetto e al sicuro, quando suo padre lo stringeva tra le braccia. Con un genitore simile, sarebbe stato impossibile il contrario. Ma adesso era abbastanza certo che, se fosse finito tra le sue mani, sarebbe sicuramente morto. Non lo avevano soprannominato Pugno Spaccapietre senza motivo.
 
 
 

Jormungandr glielo aveva detto.
Lui, maledetto imbecille, non ci aveva pensato abbastanza.
E non aveva avuto il cuore di dirglielo a Byleistr, non subito.
 
 
- Sono riuscito a restituire il corpo legittimo solo a lui, sfortunatamente. La maggior parte dei miei uomini non aveva più il proprio corpo, nemmeno Skrymìr, e quell’altro schifoso scarto, un anno fa, mi ha incenerito senza rimpianto. Ma in fondo Farbauti è utile. E lo sarà anche quando verranno per attaccarmi -.
 
 
 
 
Non ci fu tempo per un altro scambio di battute.
Farbauti corse verso di lui, pronto per metterlo fuori gioco.
Non era mai stato quel genere di persona che aspetta l’attacco dell’avversario.
 
 
 
Lo Jotun più giovane fece quello che gli venne naturale.
Cercò di sfuggirgli.
 
Non era nelle condizioni adatte per combattere con la magia. E nel corpo a corpo aveva sempre fatto pena. Non aveva altra scelta. O scappava, o si lasciava prendere. E la seconda opzione non era accettabile.
 
Sentì, alle sue spalle, il rumore del ghiaccio che circondava il braccio del Gigante, e istintivamente si buttò di lato per evitare l’affondo. Farbauti lo raggiunse presto, cercando di bloccarlo sotto di sé, e fu solo per fortuna che Helblindi riuscì a sgusciare fuori dalla sua presa, mentre a suo padre rimaneva solo la giacca di pelle.
In quegli anni aveva sviluppato qualche muscolo, sì (che Byleistr aveva chiamato ‘grasso’ senza peli sulla lingua, ma in quel momento di riconciliazione aveva preferito non ribattere), ma era solo una conseguenza delle sue trasformazioni, niente con cui potesse effettivamente combattere contro Farbauti senza il fondamentale supporto della magia.
 
Tentò di trasformarsi in animale. Un qualsiasi animale, avrebbe lasciato fare all’istinto del momento.
Ma il suo corpo non gli rispondeva più. Quegli sforzi gli facevano dolere i muscoli.
Ogni suo tentativo di fuga era sempre più lento.. la magia non lo avrebbe aiutato, quella volta.
 
 





 
 
Alla fine, proprio come Laufey aveva previsto, fu catturato.
Per buona misura, Farbauti lo sollevò in alto, stringendogli il collo.
 
Helblindi ebbe un moto di terrore.
Tutto ma non quello.
Tutto, anche la tortura, ma non quello.
 
 
 
- Papà.. -, lo Jotun gemette, cercando di forzare la presa del più anziano in cerca di aria. – Farbauti.. sono io. Tuo..  figlio! Puoi liberarti di lui.. aagh! -, continuò, ma la stretta del Gigante si era fatta più forte, impedendogli di parlare.
Aria. Aria. Aria. Aria. Aria!
Ho bisogno di respirare.. Non ce la faccio.. i miei poteri.. si stanno indebolendo!
 
Helblindi sentì le sue energie collassare. Era l’ossigeno a sostenere le sue cellule, rendendo possibile la combustione necessaria al loro sostentamento e a far sì che riuscisse a trasformarsi, e senza di esso anche il suo Seidr veniva meno.
 

Il sangue cominciava a scorrere nel suo corpo velocemente, guidato dall’adrenalina. Ma se l’ossigeno non arrivava al sangue non alimentava il Seidr e se non alimentava il Seidr lui non poteva difendersi e allora suo padre avrebbe potuto strangolarlo o indebolirlo al punto tale da renderlo inoffensivo in modo da poter essere usato da Laufey per i suoi scopi crudeli provocando così una strage di proporzioni immani.
 
Aria. Aria. Aria!
 
La sua pelle si tinse di blu, e cominciò a ritornare alle sue dimensioni naturali. Ma anche quella trasformazione involontaria impiegava delle energie, e, mentre sentiva i suoi abiti stracciarsi a causa della sua crescita incontrollata e improvvisa, suo padre seppe che poteva lasciarlo andare.
 

Era figlio di Jormungandr, dopotutto.. Chi, meglio di lui, sapeva come mettere fuori gioco un mutaforma?
 

Lo Jotun sentì la sua schiena sbattere contro il terreno duro, scontro terribilmente doloroso che gli tolse quel poco di fiato che aveva ancora nei polmoni, arrivando a fargli perdere i sensi per una decina di secondi, dopo i quali non riuscì a fare altro se non alzare e abbassare freneticamente il petto, cercando di gonfiare i polmoni il più possibile.
 



Era già piuttosto debole prima, a causa di tutti quegli sforzi, ma adesso..
Adesso era completamente alla mercé di Laufey.
Qualunque cosa gli avrebbero fatto, non sarebbe riuscito a opporre resistenza.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Amore mortale ***


Scusate il ritardo. Voglio ricominciare ad aggiornae ogni sette giorni, ma ultimamente sono un po' stanca, fisicamente e mentalmente (e non è solo la fine dell'anno). Presente il karma? Ecco. Secondo me è la principale ragione del fatto che, nell'arco di pochi giorni, dei ladri hanno fatto un tale casino a casa che sembrava fosse passato Attila, il mio computer si è preso uno stramaledettisimo virus, non si sa come il televisore è caduto nel bel mezzo della notte (o.O) e altre cose. In ogni caso per il pc ho trovato una soluzione temporanea, e per fortunaho finito il capitolo. Considerato l'attuale stato mentale con cui l'ho scritto, ne vado particolarmente fiera, non so perché xD e sono contenta di aver aggiornato. Mi farebbe ancora più piacere ricevere una bella recensione ;D In ogni caso spero che vi piaccia. Buona lettura! P.s. questo non è un capitolo allegro!





 







- Laufey.. Laufey ti prego.. -.
Il Re di Jotunheim aveva sempre avuto ottimi tempi di recupero. A quasi un giorno dalla fine del parto, si era già alzato in piedi, pronto a mettere fine a quella inutile vita a cui aveva appena dato la luce.
In quella stanza che sarebbe dovuta appartenere al suo terzogenito, il suo compagno e i suoi altri due figli (due patetici esseri anche loro), lo fissavano con terrore. Farbauti era di fronte a lui, e cercava di fargli cambiare idea, inutilmente ovvio. Byleistr ed Helblindi fissavano i genitori troppo spaventati per fare alcunché. Sul finire della Grande Guerra, avevano già visto troppe atrocità per non avere paura dello sguardo che, in quel momento, trasformava i lineamenti del Re, rendendoli folli e crudeli.
I due bambini tremavano. Non erano mai stati particolarmente vicini, se non per litigare o per scambiarsi botte. Ma in quel momento erano accovacciati su stessi, uno accanto all’altro, stringendosi la piccola mano reciprocamente.


 
- Laufey.. amore mio, ti scongiuro.. -.
- Non lascerò in vita uno schifoso scarto, Farbauti -, rispose il Re, gelido. Il suo pugnale era puntato sul collo del neonato, che piangeva terrorizzato. – L’ho partorito io. Io ho il dovere e il diritto di farlo -.
- Laufey.. -.
- Questa è la mia decisione, Farbauti -.

 
Cercando di sopprimere le lacrime, il Gigante annuì. – Va bene. Come desideri. Ma non farlo davanti ai bambini. Per favore. Se devi farlo, non lasciare che i nostri figli vedano l’assassinio del loro fratello -, lo implorò, ponendosi davanti a i due infanti, quasi come a proteggerli da quello che, di lì a poco, il Sovrano di Jotunheim avrebbe fatto. O avrebbe provato a fare. Senza ripensamenti, in ogni caso.
Laufey lo guardò un momento, poi acconsentì. – E sia. Gli spezzerò il collo quando usciremo fuori dalla Reggia, e la sua carne sfamerà le bestie -, decretò. Poi uscì, seguito subito da Farbauti.
I due giovani principi rimasero da soli.
 
 







 
- FARBAUTIII! -.
 
Era stato facile mettere momentaneamente fuori gioco il Re.
Era stato facile fuggire con suo figlio tra le braccia, lontano da quell’assassino.
 

Ma non lo era stato tranquillizzare il piccolo nano che poteva tenere con un braccio solo.
Soprattutto, non era ancora riuscito a trovare una soluzione.
Suo figlio non poteva restare a Jotunheim. Laufey l’avrebbe cercato in lungo e in largo, pur di ucciderlo.
Come poteva proteggerlo da uno che era stato capace di mandare in rovina un intero pianeta con la sua follia e il suo egoismo? Non sapeva come fare. La sua sicurezza vacillava come mai prima di quel giorno.
 



In verità, una soluzione c’era.
Sussurrava nell’orecchio del Gigante ormai da mesi, fin da quando era iniziata quella guerra priva di alcun senso. Farbauti, però, non riusciva ad accettarla, ad ascoltarla. Forse non era abbastanza abnegante nei confronti della sua terra. Forse era troppo egoista, o non aveva abbastanza senso del dovere, non lo sapeva.
Ma non avrebbe mai potuto fare del male a Laufey; né, tantomeno, ucciderlo con le sue stesse mani.
 
Avrebbe voluto salvare i suoi figli dalla sua malvagità, avrebbe voluto salvare Jotunheim dalla sua follia, ma era troppo debole per fare una cosa del genere. Non alla persona che amava, non al padre dei suoi bambini, non al Re che lo aveva spinto a essere il migliore, il più forte, sul campo di battaglia e sul campo della vita.
 
Dopo la morte di suo padre Jormungandr, non aveva avuto nessun altro.
Con che cuore avrebbe potuto guardare negli occhi i suoi figli, sapendo di averli resi in parte orfani?
Impossibile.
 


 
 
Eppure le grida del Re riecheggiavano tra le rovine. Doveva trovare un’altra soluzione, e alla svelta.
 


D’improvviso, gli venne un’idea.
Si trovava nel territorio preso dagli Asir. Dopo l’ultima battaglia, i soldati di Asaheim erano andati a leccarsi le ferite, prima di sferrare l’attacco finale. Ormai erano penetrati troppo nella capitale, ed era impossibile recuperare una simile perdita. Jotunheim aveva già perso, anche se Laufey si rifiutava di ammetterlo.
 



Ma in quel momento, la zona era deserta. Poteva agire.
Penetrò tra i palazzi, più o meno vittime dell’arrivo degli Asgardiani, fino ad arrivare dove voleva lui.
Con sollievo, si rese conto che il Tempio degli Antenati era ancora integro.
Probabilmente, Odino aveva dato ordine di non danneggiare quella struttura.
Il Re di Asgard rispettava la cultura degli Jotun, nonostante tutto, e del resto anche Asaheim aveva a cuore i propri ascendenti. Farbauti lo sapeva, perché lo aveva conosciuto, e sapeva anche che, se avesse notato qualcosa di strano, si sarebbe diretto personalmente nel Tempio per controllare l’edificio.
 


Arrivato lì, si guardò intorno, pensando a cosa avrebbe potuto usare per attirare l’attenzione.
Guardò una delle statue esterne. Rappresentava Grìdr, suo nonno.
Del resto, il Tempio lo aveva fatto costruire lui.
 
Se suo padre Jormungandr lo avesse visto in quel momento, sarebbe andato su tutte le furie, lo sapeva.
Ma quella era una delle sculture più grandi. Chiunque l’avrebbe notata, se fosse stata danneggiata.
 
Il suo bambino lo fissò, quasi come per chiedergli cosa avesse intenzione di fare.
Almeno si era calmato, ora che era lontano da Laufey.
 
Il Gigante gli sorrise, poggiandolo delicatamente sulla pietra del basso muro di cinta.
– Non ti muovere, Loki -, disse. Poi camminò svelto verso la statua, ben più grande di lui. Ritraeva suo nonno in posizione di battaglia, con le mani protese verso l’osservatore, come per lanciare un incantesimo.
Farbauti sapeva che stava per fare qualcosa di moralmente deprecabile. Tuttavia lo fece.
 
Strinse forte il pugno, e, con un colpo ben assestato, centrò una delle caviglie della statua.
Nella pietra si creò una ragnatela di crepe. Non potendo più reggere il peso, si ruppe, e, conseguenzialmente, anche l’altra gamba si spezzò, facendo rovinare la statua a terra, in frantumi.
Il Gigante si era già spostato. Con amarezza, immaginò cosa avrebbe fatto suo padre se lo avesse beccato a fare una cosa del genere. Lo avrebbe quasi sicuramente strangolato. E, da un lato, non sarebbe stato biasimabile.
 
Recuperò suo figlio, ed entrò. Il Tempio era freddo.
Forse rifletteva le condizioni del loro popolo.
Se le attuali o le future, questo non voleva saperlo.
 
Coprendo meglio il piccolo, si guardò intorno, finché non vide una nicchia dove suo figlio sarebbe potuto stare senza cadere per terra. Ce lo mise con delicatezza, rimpiangendo di non avere qualcosa di più comodo e caldo per il suo terzogenito. Quello era un addio. E Loki non avrebbe potuto ricordarlo consciamente.
 
Lo baciò sulla fronte. Non sapeva che cosa sarebbe successo a suo figlio, d’ora in avanti, non sapeva se gli Asir gli avrebbero salvato la vita o meno, la sua era solo una flebile speranza. Ma doveva tentare.
 
Con il cuore pesante come un macigno, si allontanò dal Tempio degli Antenati.
Laufey lo cercava ancora.


 
- FARBAUTIII! -.
 
 
 
 
 




 
 
- DOV’E’?!! DOVE LO HAI NASCOSTO?!! -.
- Al sicuro -, rispose Farbauti, indietreggiando. – Lontano da te -.
 
Il monarca ruggì di rabbia. Non era forte o alto quanto il compagno, ma questo non gli impedì di guardarlo con odio. – DIMMI DOV’ E’!! DIMMI DOVE SI TROVA QUELLO SCARTO SCHIFOSO, PRIMA CHE AMMAZZI ANCHE TE! -.
- COME PUOI ESSERE COSI’ MOSTRUOSO?! -, urlò il guerriero di rimando. – COME PUOI ODIARE COSI’ TUO FIGLIO? COME PUOI ODIARE COSI’ I TUOI FIGLI, COME PUOI ODIARE COSI’ ME?! -.
- Farbauti, portami da lui. ORA! -.
- No -.
- Molto bene. Morirai prima di lui! -.

I due ingaggiarono una lotta feroce. Farbauti era molto forte fisicamente, ma lento, mentre Laufey dal canto suo era più scaltro e agile. E sapeva benissimo che Farbauti non lo avrebbe mai colpito in modo grave.
Presto, però, il suo compagno gli bloccò i polsi, allontanandoli dal torace.

- Laufey, ti prego! Rifletti! Questo è il punto di non ritorno. Non superarlo amor mio, ti prego. Puoi essere migliore di così, io lo so! Non uccidere nostro figlio per vecchi decreti senza senso aboliti da generazioni! Rinuncia al tuo odio, metti fine a questa guerra. Possiamo raggiungere un accordo con Odino.. Salvare lo Scrigno, salvare milioni di vite.. Salvare te stesso da questa follia -, lo implorò, con le lacrime agli occhi. Non sapeva più che cosa fare con lui.
 
Laufey smise di opporre resistenza, fissandolo con ambigua intensità.
Farbauti allentò la presa. Ce l’ aveva fatta, pensava. Era davvero riuscito a fargli cambiare idea.
C’era ancora speranza.
 
- ..Hai ragione, Farbauti.. -.
 
Poi, però, l’espressione del Re mutò con fredda determinazione.
 
- Questo è il punto di non ritorno.. -.
 
Evocò del ghiaccio, che non si propagò nel braccio, no.
Nel ventre del Re si alzò uno spuntone, pericolosamente appuntito, e approfittando del calo di guardia Laufey si liberò i polsi, stringendo Farbauti Jormungandrson nel suo ultimo, gelido abbraccio.
 
- Ma non è il mio. E’ il tuo -.
 
Farbauti boccheggiò, sentendo la lama che gli perforava lo stomaco. Le sue gambe cedettero, e lui si accasciò, tentando invano di reggersi sulle spalle del suo compagno, approfondendo ancora di più quella mortale penetrazione. Laufey lo aveva ingannato. La cosa più triste? Quella non sarebbe stata l’ultima volta in cui ci cascava.
 
Disgustato da quell’approccio, Laufey si staccò dall’altro Jotun, facendolo cadere prono sul terreno aspro.
Il liquido corporeo di Farbauti sporcava lentamente il suo corpo, lasciando il ghiaccio e scivolando in fluidi rossi sulle sue gambe, in mezzo alle sue cosce. Poco male, se ne sarebbe ripulito subito.
 
Senza ulteriori parole, lasciò il compagno a morire da solo, credendo che sarebbe spirato in fretta.
 
 

Il Gigante di Ghiaccio gemette, premendosi una mano sulla ferita.

Era stato ingenuo.
Era stato stupido.

Era stato debole.
E non avrebbe avuto un’altra occasione per rimediare.



Un’ultima lacrima scese dal suo viso, pensando a Byleistr ed Helblindi.
Sarebbero rimasti soli al mondo. Peggio. Soli e con Laufey come padre.
 
Non voleva immaginare cosa avrebbe fatto loro Laufey, o non avrebbe avuto pace nemmeno negli Inferi.
Crollò, con la schiena rivolta verso le scale di un palazzo distrutto, rovina tra le rovine.
 
Forse Byleistr sarebbe stato abbastanza forte per reggere quello che si sarebbe abbattuto su Jotunheim.
Ma Helblindi no. Helblindi era come lui. Schiavo della sua natura, schiavo delle sue passioni.
Da solo, sarebbe stato destinato a morire.
 
Farbauti chiuse gli occhi, incapace di muoversi, pregando che qualcuno lo vedesse per potergli rivolgere il suo ultimo saluto, le sue ultime volontà. La ferita faceva male, ma cominciava a sentirsi spossato. Non era un buon segno.
 




Eppure, nonostante questo...
Il suo cuore non aveva smesso di amare il Re di Jotunheim.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Perché io? ***


Buonasera :) è quasi mezzanotte, forse è ora che io aggiorni xD in questo capitolo niente infarti, tranquilli. In compenso si capisce una piccola parte del piano di Laufey, e si accenna alla vita di Helblindi dopo essersene andato da Jotunheim (infatti ho intenzione di scriverci una fanfiction prequel, se vi interessa :D). Spero che vi piaccia, e non odiatemi per come tratto i miei personaggi, vi prego :(
Alla prossima, spero recensirete in tanti :)
Madama Pigna











Byleistr non era mai stato un tipo pauroso.

Da bambino non ricordava di aver sofferto di qualche fobia particolare: non temeva gli animali, né quelli grandi né quelli piccoli, non era disgustato dallo sporcarsi durante il gioco, generalmente era il primo ad iniziare una zuffa e il buio non lo aveva mai spinto a tremare di paura.
 
Per se stesso, almeno, le paure erano davvero, ma davvero poche.
Non si amava al punto di temere per la propria vita (anzi, non si amava affatto).
 
Semmai era per gli altri che aveva paura. Per suo fratello Helblindi in special modo.
E per Loki, certo, ma lui era venuto dopo.
 
 
Dopo anni e anni che non perdeva il controllo in quel modo, Byleistr era terrorizzato.
E anche se adesso sembrava aver recuperato la calma, la paura rimaneva, tutta, a minacciare la sua lucidità.
Ricordava perfettamente come aveva vissuto gli ultimi anni dell’infanzia. E l’adolescenza.
 
Poteva sopportare qualsiasi dolore a cui veniva sottoposto, non importava quanto avrebbe fatto male.
Ma crescere come era cresciuto lui non poteva non avere delle conseguenze.
E la sola idea che Helblindi morisse, o che vivesse anche solo un decimo di quello che aveva vissuto lui, lo faceva tremare come non aveva mai tremato di fronte a nessun nemico.
 
Aveva passato tutta la sua giovinezza cercando di tenere lontano suo fratello da quel tipo di sofferenza.
Ma arrivati a quel punto, Helblindi sarebbe riuscito a resistere contro Laufey?
Byleistr non ne era tanto sicuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
 
Lentamente, il mago aprì gli occhi.
Doveva aver perso i sensi, dopo lo scontro con Farbauti.
 
Provò a passarsi una mano sugli occhi. Ma scoprì di essere bloccato.
Perdendo rapidamente il sonno, Helblindi si guardò le braccia. Poi le gambe. Infine alzò lo sguardo sopra di lui.
 
Oh, no.. no no no no no..
 
I suoi arti erano come imbottigliati da ingombranti manette di metallo, che si chiudevano ermeticamente su gambe e braccia. Era assurdo, ma in quel momento gli venne in mente l’uomo Vitruviano tanto noto ai Midgardiani. La posizione era quella, dannazione. Soprattutto considerando che era inscritto in un cerchio di metallo dal quale sembrava circolare energia azzurra. La sua energia azzurra.
 

Quello sembrava proprio il momento buono per abbandonare la sua principesca dignità di fratello prodigo e dare libero sfogo a tutte le signorili imprecazioni che gli stavano passando per la testa. La maggior parte delle quali riferite a: se stesso, Skrymìr e Laufey. Non necessariamente in quest’ordine.
 
 
Di solito aveva tempi di rigenerazione piuttosto buoni (e tante grazie, era un mutaforma abilissimo), ma non aveva recuperato nemmeno un quinto delle sue energie. E capiva anche il perché.
Quella sorta di macchina (oh, probabile opera dei nani, ci avrebbe scommesso un braccio) stava come risucchiando le sue forze, più o meno come se fosse.. una batteria.
 

Una batteria di lunga durata che fornisce energia a qualcosa. Ma a cosa, di grazia?, pensò Helblindi.
 
Giuro che se esco vivo di qui una delle prime cose che farò sarà una visita ai nani, maledizione a loro.

 
Con la coda dell’occhio, notò dei fili collegati alla macchina. Cercò di voltarsi, per capire dove arrivavano, ma in forma Jotun non poteva girare il collo così tanto. Un gufo però ci sarebbe riuscito, per fare un esempio. Ma, ovviamente, provare a trasformarsi o a girarsi era completamente inutile.
 
Helblindi provò ugualmente diverse volte, fino a rischiare il torcicollo. Poi, senza soffocare un ringhio di frustrazione, tornò alla posizione originale, sentendo più che mai la mancanza del suo Seidr.
Capiva cosa intendeva dire Laufey, quando diceva che non lo avrebbe ucciso subito.
 

Tu mi servi, figlio mio.

 
Lo Jotun sbarrò gli occhi.
Fu come se dentro il suo cervello fosse suonata una sveglia.
 

Laufey aveva pianificato tutto.
La battaglia era stata un maledetto diversivo. Non sapeva fino a che portata aveva previsto il suo coinvolgimento, ma l’attacco lo aveva sfiancato e suo padre, ovviamente, aveva subito colto l’occasione.
Ma per quale piano crudele gli serviva Helblindi? Probabilmente aveva a che fare con la magia. Forse voleva i suoi poteri per ridare nuovi corpi ai suoi soldati.. ma il Seidr, per quanto fosse energia, nella sua forma più pura e potente, non serviva a nulla senza le conoscenze adatte. E Laufey non le aveva.
 


O forse no?
Fino a poco tempo fa si sarebbe detto che il Matricida non era nemmeno un mago..
La domanda, tuttavia, rimaneva quella.

Perché io? Loki sarebbe stato perfetto.. persino senza essergli stato vicino sono riuscito a percepire il suo Seidr da centinaia di metri di distanza.. Lui è sicuramente più potente di me, anche se non di molto. E poi aspetta un bambino, per cui è necessariamente più vulnerabile.

Perché portare qui me?
 

 
 
 
 
 
 
 
 





 
 Byleistr continuava a camminare avanti in dietro con il suo masso marziale, come l’anima in pena che era sempre stato. Loki lo osservava senza dire nulla, ben sapendo che nemmeno con la sua lingua d’argento sarebbe riuscito a tranquillizzarlo, o anche solo convincerlo a sedersi.
Era troppo preoccupato (giusto per il piacere di usare un eufemismo), e non senza una buona ragione.
 
 

Riuniti nella sala del trono, con un ologramma magico della corte di Muspellheim, il gruppo cercava di organizzare una strategia. Non c’era nessun comandante delle truppe di Asgard (Lord Tyr era deceduto in battaglia e gli altri erano nelle sale di guarigione), perciò erano solo lui, Byleistr, i suoi genitori, Thor e il suo gruppo di esaltati. Che si portava sempre dietro.
Sperò solo che, se tutta quella situazione si fosse risolta per il meglio, non sarebbe stato perennemente così. A nessuno fa piacere avere fra i piedi gente fastidiosa quando vorresti stare nella tua intimità, con la persona che ami. E del resto Loki non aveva mai amato molto i Tre Guerrieri e, soprattutto, Sif.
 


Si riscosse da quei pensieri. Pur essendo molto irritato dalla presenza di quegli Asgardiani (un po’ per gli ormoni, un po’ perché non c’era mai stato buon sangue tra loro), capiva che in quel momento non era proprio il caso di fare il geloso. Avevano problemi molto più gravi tra le mani.
 
 
Essendo l’unico seduto, era quello più vicino all’immagine tecno-magica. Asgard era ben provvista di quel genere di cose, per scopi di difesa-offesa, ma le notizie che Heimdall portava non erano affatto buone. Infatti la reggia di Muspellheim era diventata improvvisamente invisibile, e non era dato sapere cosa stesse accadendo lì dentro, cosa stesse pianificando Laufey o se Helblindi fosse vivo o meno.
La mancanza di informazioni era una pecca gravissima. Come organizzare una strategia di attacco senza sapere i sistemi di protezione e di attacco del tuo nemico? Era come andare dentro la tana del lupo con una benda sugli occhi. E anche con un esercito avrebbe potuto trasformarsi in un massacro.
 

Ma dirigersi verso l’ignoto sembrava l’unica opzione possibile.
Non potevano perdere tempo cercando di ricavare qualche informazione. Sarebbe stato quasi sicuramente troppo tardi per Helblindi, e anche per contrastare i piani di suo padre, qualunque essi fossero.
 
 
Sfiorò con un dito i cancelli infuocati del castello dei Muspell, attraversandoli senza difficoltà. Facevano parte di un ologramma, in fondo. Non erano fatti di vero fuoco.
Sono pura illusione.. rifletté Loki tre sé e sé.





 
Illusione.
Illusione..


 
Ma certo, illusione!
 
Lui era il padrone assoluto delle illusioni. Nessuno nei Nove Regni era in grado di fabbricarle meglio di lui.
 
Avrebbero potuto distrarre i Muspell con delle illusioni.. non sarebbe stato rischioso, tanto potevano essere controllate anche a distanza.. Attirarli in un punto strategico e...

Loki continuò a pensare alla sua idea, considerandone pro e contro, mentre gli altri non arrivavano a nulla. La tragicità della situazione non sembrava scalfire il suo sangue freddo. Forse chiarire le cose con Thor lo aveva aiutato a mettere un po’ di ordine ed equilibrio dentro la sua anima.
 
E comunque, non poteva permettersi errori.
 

 
 
 
 
 
 
 
 





 
  
- Perché io? -.
Laufey si girò a guardare il primogenito con disgusto. – Perché, per una gentile concessione della malasorte, nelle tue vene scorre anche il mio sangue, Helblindi -.
- Non sono il tuo unico figlio, e lo sai anche tu. Perché non Byleistr? O Loki? -.
- Ah! Chi, quei due disgustosi traditori del proprio sangue? Il secondogenito completamente privo di anche solo un mediocre talento nella magia, e lo schifoso scarto che si è unito con il figlio di uno dei miei peggiori nemici, avvelenando il suo ventre con il seme Asir? -.

 
Helblindi sorrise maliziosamente. - Se è per questo, io sono un po’ meno potente di Loki, mi è bastato incontrarlo per capirlo. E mi sono portato a letto molta più gente di lui, per inciso. Di recente, persino una Valchiria -, disse, ironico. Non si stupì quando una sonora sberla colpì la sua guancia, infiammandola all’istante. La ferita guarì all’istante, per cui nonostante fosse stata dolorosa non se ne curò.

- Questo perché sei una troia, Helblindi; ma io devo accontentarmi. Il corpo robusto di Byleistr, sfortunatamente, non compensava la sua mancanza di potere. No. Tu eri l’unico passabile. Sei potente, e hai dimensioni accettabili per la nostra razza. E io non ho intenzione di restare in questo involucro disgustoso. Per questo mi servi. Una volta che avrò occupato il tuo corpo, potrò persino accedere alle tue competenze. So già che conoscerò i segreti di molti mondi, come combatterli e come sconfiggerli. Non credere che non ti abbia osservato, durante l’anno passato a Helheim: hai contatti con gente di tutti i Nove Regni, gente piuttosto importante, in alcuni casi. I principi di Vanaheim, per esempio. E’ interessante il rapporto ambiguo tra te e il principe Freyr. Come ti facevi chiamare, dalle sue parti? Gerdr, giusto? O forse mi sbaglio? -.
 
 

Seppure incatenato, Helblindi rise di scherno di fronte al Demone di Fuoco che ora era l’involucro in cui dimorava il padre.

Sapeva che l’altro voleva intimorirlo, e non aveva nessuna intenzione di lasciarsi spaventare così facilmente.  – E chi mi dovrebbe soggiogare? Tu? Non farmi ridere, Laufey: puoi essere mio padre, e puoi anche avermi trasmesso i tuoi peggiori difetti, ma tu non sei me, e io non sono te. Non siamo legati da affetto reciproco, perciò non puoi controllarmi con il potere dell’affetto, come hai fatto con Farbauti. Non hai le conoscenze necessarie a controllare una mente con la sola forza della propria, e, se anche fosse così, ho appreso i segreti del potere sul pensiero insieme a uno dei più potenti telepatici mai esistiti: non ho paura che il mio libero arbitrio venga compromesso -, disse, con tono di sfida.
 
- E in ogni caso, molta di questa gente di cui parli, padre, se riunita potrebbe benissimo uccidermi. E uccidere te, di conseguenza -.
 
 

 
Laufey lo guardò con disprezzo, quasi come se volesse ucciderlo (anzi, forse l’uso del ‘quasi’ era piuttosto superfluo). Tuttavia non lo colpì una seconda volta, ma anzi ghignò.
- Vedremo, Helblindi. Vedremo. Forse Skrymìr ti farà cambiare idea -.

Il volto dello Jotun si indurì. – Quel bastardo non renderà le mie difese più deboli, Laufey -, disse, in tono fermo e sicuro. No, non si sarebbe più fatto ingannare dalle sue paroline dolci.
 


In ogni caso, Laufey non gli rispose.
Gli aveva già voltato le spalle, andandosene con il passo di chi ha tutto sotto controllo.






 

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Un piano perfetto.. ***



Ohilà! Oggi aggiorno in anticipo di due giorni, contenti? :)
Piccolo avviso: questo è un capitolo un po' pesante. Se siete già di umore nero per conto vostro, non leggete, ci tengo alla mia pellaccia e pure alla vostra sanità mentale, anche se non sembra xD
Tra l'altro c'è la descrizione di una cosuccia non propriamente corretta e morale che in molti chiamano tortura

*Sparisce in una nuvola gialla prima di potere essere uccisa lentamente e dolorosamente*.
*Ringrazia i 70 followers e spera che nessuno cancelli la sua fic dalle seguite/preferite*.


























Odino si abbassò, evitando per un soffio un pericoloso proiettile di ghiaccio che, se lo avesse colpito, lo avrebbe sicuramente ucciso all’istante trapassandogli il cranio. Per fortuna, Farbauti avere una buona mira solo fino a un certo punto. Sapeva essere pericoloso solo entro una certa distanza, ed il sovrano Asir lo sapeva.
 

Ma per quanto fosse rammaricato di come le cose fossero andate a finire, erano pur sempre in guerra.
E Farbauti, esattamente come lui, aveva ucciso troppi tra i soldati nemici per non essere eliminato.

Glielo aveva detto, prima che tutto quell’inferno iniziasse.
Parla con Laufey. Fagli cambiare idea. E se non ci riesci, liberatene, se non per il bene del tuo Regno almeno per il bene dei tuoi figli. Era stato ascoltato? No, altrimenti non sarebbero arrivati fino a quel punto.



 
E ora erano così vicini all’obiettivo finale.. Sapeva bene che non poteva sterminare i restanti membri della Stirpe di Ymir –era uno dei pochi al di fuori degli Jotun a sapere del loro potere sullo Scrigno. E una Jotunheim senza guida sarebbe stata forse peggio di una Jotunheim con Laufey come Re. Il caos più totale. La sua famiglia governava da troppe generazioni per essere estirpata così brutalmente.
 
Unica soluzione? Prendere lo Scrigno, così che il Regno si sarebbe indebolito abbastanza da arrendersi.
Il problema era arrivarci.
Con un guerriero come Farbauti c’era poco da scherzare, persino armati della lancia Gugnir.
Puntò la sua arma verso l’avversario, e in risposta al suo colpo lanciò un incantesimo, che il Gigante evitò.
Gli altri soldati, di entrambi i fronti, erano occupati a guerreggiare fra di loro, ma tra gli Asgardiani uno si liberò del nemico, dirigendosi subito verso il compagno del Sovrano di Jotunheim.
 
Il Padre degli Dei non fece in tempo ad avvisarlo. Farbauti lo colpì, facendolo volare di lato. Non aveva quasi bisogno delle lame di ghiaccio, con i muscoli che aveva.
Tuttavia formò uno scudo di ghiaccio con cui proteggersi dal secondo raggio energetico.
 
La battaglia durava già da molto, e dovette passare ancora un po’ di tempo perché giungesse alla fine.
Farbauti non era invincibile, e non era indifferente alle ferite. Poteva sconfiggerlo, con un po’ di fortuna.
Entrambi stanchi, entrambi lesi in più parti, non avevano alcuna intenzione di cedere.
 
Tuttavia, ci fu un istante in cui Farbauti lasciò scoperto un punto vicino al suo petto. Odino stava per cogliere quell’occasione. Con la lancia stretta tra le mani, stava già per ucciderlo con un affondo.
Avrebbe dato così un vantaggio in meno ai Giganti. Il figlio di Jormungandr era troppo pericoloso.
 
Fu nello stesso momento, però, che il Re degli Asir udì un grido. Come il verso di un rapace.
Non ebbe il tempo di capacitarsene, che subito un falco volò in picchiata verso di lui, facendogli cadere l’elmo dorato per poi risalire subito in cielo. Odino ebbe appena il tempo di parare l’affondo di Farbauti.
Da quando in qua ci sono volatili su Jotunheim?, pensò l’Asgardiano.

Poi pensò a quel gruppo di guerrieri usciti dal Bifrost quasi moribondi.
Pensò ai loro deliri su quel lupo gigantesco, e poi al resoconto di Heimdall.
Pensò alle ascendenze di Farbauti.
 
Evidentemente, in famiglia era nato un altro mutaforma, dopo la morte del Serpente di Midgard.
Pessima notizia.
 
Prima che potesse attaccarlo nuovamente, Odino cercò di puntare Gugnir su quell’uccello. Hugin e Munin, i suoi guardiani nelle battaglie più feroci (corvi addestrati personalmente da lui e Frigga), non c’erano, forse occupati a dare man forte da qualche altra parte, e quindi non potevano occuparsene.
Ma non poteva distrarsi dai colpi di Farbauti. Era attaccato su due fronti.
Agì di conseguenza.
- Colpite quell’uccello! -, ordinò, continuando il suo scontro con Pugno Spaccapietre.
Alcune frecce volarono sopra le loro teste, e sentì il pennuto guaire.
 
- NO! -, urlò il Gigante, distratto.
 
Di nuovo, il Padre degli Dei pensò di approfittarne.
Ma non aveva fatto i conti con la rigenerazione di Helblindi. Dopo essere precipitato per alcuni metri, infatti, il bimbo (anche se il Re non aveva alcuna idea di quale fosse la sua età) riprese la quota, tornando a scendere verso i due avversari. Stavolta non ebbe esitazioni: vedendo il proprio padre in pericolo, il falco gli volò in faccia, e, con gli artigli curvi, gli colpì l’occhio. Tirò e tirò, mentre Odino urlava di dolore, finché non si ritrovò un bulbo oculare impigliato tra gli unghioni.
 
Farbauti strinse il pugno, pronto ad approfittarne.
Ma, sebbene in ritardo, ancora una volta i corvi salvarono la vita al loro padrone.
Volatili molto più esperti del mutaforma, non esitarono ad attaccarlo in due, graffiandolo e beccandolo senza tregua. Un colpo più profondo quasi gli squarciò l’ala, e il falco cadde, subito acchiappato al volo da suo padre prima che atterrasse a terra. – HELBLINDI! -.
 
Lasciandosi dietro alcune piume brune sporche di sangue, il Gigante voltò le spalle al nemico e scappò, pronto a portare il figlio al sicuro. Odino si accorse a malapena di quello che era successo, troppo accecato dal dolore.
 
Ma Hugin e Muninn erano magici. Non ci sarebbe stata una rigenerazione veloce per il giovane Principe.
 
Soldati fedeli lo portarono al riparo, seguiti dai suoi corvi neri.
 
Ma probabilmente avrebbe lasciato andare via i due Giganti lo stesso.
Dopotutto, era padre anche lui.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Helblindi non trattenne le lacrime, quando il corpo di suo padre venne congelato nella camera funeraria, come era usanza del loro popolo. E non capiva come suo fratello si controllasse così bene.
 
Laufey spese poche parole, che nemmeno ascoltò, prima di uscire.
Se solo ci fosse stato anche il loro fratellino. A papà avrebbe fatto piacere averlo sepolto accanto, se proprio non poteva saperlo vivo e vegeto con loro. Invece doveva accontentarsi di restare lì con i suoi Antenati.


 
Come se fosse una grande consolazione.
Gettò un’occhiata alla mano libera, quella con il braccio fasciato. La ferita faceva male, probabilmente sarebbe rimasta una cicatrice, ma in quel momento il petto era troppo pesante per avvertire quel dolore.
Dentro il suo pugno, un occhio congelato lo fissava, azzurro come i cieli di Midgard.
 

Ti ho difeso bene, papà? Aveva chiesto, quasi sul punto di svenire.
Non dovresti essere tu a difendere me, aveva risposto suo padre.
 

Gli occhi gli bruciarono di più. Aveva visto troppe brutte cose, in quei mesi. Non voleva rivederle mai più.



Pose l’occhio sulla tomba. Almeno, in questo modo suo padre avrebbe ricordato il suo tentativo.
Gli Asir gli avevano tolto così tanto.. Non sarebbe riuscito facilmente a liberarsi da quel nascituro odio.
 
Per molti minuti, non riuscì a uscire da quel luogo, come se le sue gambe fossero state immobilizzate.
Non voleva andarsene da lì.
Abbracciò suo fratello, che nel frattempo, a sua insaputa, giurava ancora a se stesso e a Farbauti che lo avrebbe protetto per sempre. Poi se ne andarono insieme, inconsapevoli di ciò che li avrebbe divisi.
 



 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Prima di uscire allo scoperto, Skrymìr ghignò, guardando con soddisfazione il marchingegno tecno-magico collegato al figlio del suo signore. Dove infatti Helblindi non poteva vederlo, la sua energia, che con rapidi picchi a volte circolava più velocemente a causa dei suoi sentimenti inquieti, veniva immagazzinata in un piccolo oggetto, tondo e un po’ informe, ricoperto di ghiaccio. Trafugato dalla tomba di Farbauti insieme al suo corpo.
 

L’occhio di Odino.
 

Il piano del suo signore era perfetto.
Rendendo mezzo orbo l’Asir per proteggere suo padre, Helblindi aveva compiuto un gesto di affetto. E anche se l’amore non poteva trasmettersi a tal punto su un oggetto del genere, era comunque vero che una piccolissima parte della sua magia era rimasta permeata nel bulbo oculare, senza essere dispersa poiché era rimasta congelata per secoli. Con un processo molto complesso, quella piccola energia poteva fare da catalizzatore per assorbirne altra ancora, così come aveva permesso a lui e a Laufey di rimanere ancorati al mondo dei viventi. Il suo ex compagno, una volta privo del Seidr, non avrebbe retto all’ondata di magia che Laufey gli avrebbe mosso contro, neanche se fosse venuta dal suo stesso corpo.


Le sue barriere psichiche, se non la sua stessa mente, sarebbero state distrutte.
Sarebbe rimasto solo il suo corpo e la sua energia, pronti per essere presi da Laufey.
 
 
 


 
Non restava altro che completare il processo alla svelta.
Ma Skrymìr sapeva come fare.
Conosceva Helblindi. Sapeva molto bene quali tasti premere, e li avrebbe sfruttati. Tutti.
Fargli perdere le staffe sarebbe stato facile.
Vederlo preda della furia mentre gli veniva portata via la sua unica difesa? Una goduria.
 
Si avvicinò allo Jotun con passo leggero, pregustandosi lo spettacolo.
Tanto, avrebbero presto recuperato i minuti perduti.
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Da dentro le manette, il Gigante di Ghiaccio strinse i pugni, carico di frustrazione.
Se solo fosse riuscito a espandere la propria mente verso i cavi, o il meccanismo.. Sabotare quella macchina infernale sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ancora più facile di bere un bicchier d’acqua.
Ma non poteva. E non riusciva nemmeno a usare i suoi poteri Jotun per spezzare quei legami magici.
 
Sospirò, per poi riprovare con più determinazione, non avendo ancora capito che più ci provava, più energie gli venivano tolte. Oltre al danno la beffa, insomma.
 
 
- Non ti senti forse a tuo agio, amor mio? -, udì chiedere.
Le sue iridi rosso fuoco brillarono d’ira, ma preferì non rispondere.
 
Vide Skrymìr avvicinarsi a lui, fino ad essere vicinissimo. Tanto che i loro nasi quasi si sfioravano.
 
- Che cosa vuoi? -, domandò brusco, spostando il viso pur di evitare quello sgradito contatto.
- Solo vedere come stai -, replicò. – Mi dispiace non poterti toccare senza ferirti -, aggiunse.
Helblindi lo fulminò. – Vedo che non hai smesso di mentire spudoratamente -.
L’altro si irritò; quel tono gli ricordava Byleistr un momento prima che lo uccidesse con un pugno.
 
- Cosa te lo fa credere? -, chiese semplicemente.
- Sei sempre stato uno schifoso ipocrita. Incapace di amare me, figurarsi di amare il proprio figlio. In questo non sei molto diverso da mio padre. Vi siete proprio trovati, voi due -, rispose il principe, con amara ironia.
 
- Mi hai sedotto perché dovevi, non perché mi desideravi realmente. O, se provavi davvero desiderio per me, era solo una questione carnale, nulla di più. E io, da stupido ragazzino, mi sono lasciato ingannare -.
 
- Quindi mi stai dicendo che ora dai retta a Byleistr? Avrò forse rinnegato un neonato, Helblindi, ma non ho ucciso io tuo figlio -, disse, sorridendo. Difatti Helblindi reagì come aveva previsto.
 


- NON SAREBBE MORTO SE NON FOSSE STATO PER IL FANATISMO DI MOSTRI COME TE! -.
E per la mia ingenuità, aggiunse il mago nella propria mente.
- Byleistr sapeva che razza di essere eri. Non si è mai lasciato prendere in giro -, ringhiò.
 
 
 
 
Skrymìr non se la prese. Anzi, Helblindi gli aveva dato uno spunto per continuare.
Un ottimo, buonissimo spunto.
 

A quel punto, poteva anche cominciare ad essere sincero.





- E’ vero. Infondo, tuo fratello aveva ragione su molte cose. Non ho mai avuto un reale interesse verso di te.. anche se, lo ammetto, tutte quelle serate insieme sono state piuttosto divertenti.. -, disse, accarezzando con fare lascivo il fianco dell’ex compagno, che fremette di indignazione e rabbia. – Una cosa non l’aveva compresa, però. La persona che io desideravo davvero.. E piuttosto ardentemente, anche.. Era Byleistr stesso -.

Lo sguardo di Helblindi mutò, passando dall’ira allo stupore.
- Oh, lui probabilmente era l’unico a non accorgersi degli sguardi che provocava.. Nessuno si sarebbe mai avvicinato a lui, scontroso com’era, ma non immagini il rimpianto di non poterlo sfiorare nemmeno con un dito, non in quel modo almeno.. -.

- Tu, maledetto schifoso.. -.

- Non hai idea di quanto fosse eccitante.. Quando Laufey me lo lasciava torturare nelle segrete.. -, continuò.
- Ovviamente, era un tipo difficile da far cedere. Sapeva ingoiare le urla con una grande tenacia, questo glielo concedo -, cominciò a raccontare lui, con un ghigno sadico sul viso. – Ma ogni tanto, con qualche nuova idea, i suoi gemiti di dolore avevano un tono così soave.. Come la prima volta che ci siamo incontrati. In realtà, è stato poco prima che io conoscessi te.. Tuo padre era stufo della resistenza stoica che opponeva Byleistr. Aveva bisogno di qualcuno capace di raddrizzarlo. E’ buffo. Lui mi odiava, ma senza di lui non sarei mai diventato il braccio destro di Laufey. Mi ha permesso di fare carriera -.
 




- Lo legammo con le catene più solide che avevamo a disposizione. All’inizio, lasciai che altri lo picchiassero con una buona dose di pugni e calci. Quando raggiunse un buon numero di lividi –aveva una parte del viso tumefatta, mi pare che avesse anche perso due denti -, decisi di appenderlo al muro, per frustarlo. Ricordo ancora la piccola punta metallica con cui finiva la frusta. Ma la cosa divertente avvenne dopo -, affermò.
 



Nel frattempo, scariche di energia stavano ricaricando l’occhio. Helblindi non ce la faceva a trattenersi, a impedire che la sua magia gli venisse tolta. Ogni singola parola di quello schifoso maniaco sadico lo rendeva più furioso. Come aveva osato.. mettere le sue sudice mani su suo fratello, torturarlo in quel modo atroce..
 



- Quando finii di frustarlo, e sganciai le catene, lui cadde a terra, carponi, incapace di tenersi in piedi, troppo esausto persino per parlare. Fu allora che io dissi:’’Stai attento, Byleistr. I tuoi graffi potrebbero infettarsi! Meglio prevenire eventuali danni!’’. Poi presi un secchio di vino, pieno fino all’orlo, misto al sale. Laufey pensava fosse uno spreco, ma poi io lo avevo convinto che ne sarebbe valsa la pena. Gettai quel liquido sulla schiena martoriata di Byleistr, tutto quanto, e non ne risparmiai una goccia -.
 








Helblindi tremò. Per un momento, il tempo parve fermarsi.
Gli sembrò di essere lì in quella cella, con Byleistr, mentre veniva tormentato in quel modo, soffrendo con lui.

Ma non era con suo fratello, in quei momenti.

Non lo era mai stato.
 




- Avresti dovuto esserci. Il suo urlo fu talmente forte che, se non fossimo stati metri sotto terra, lo avresti sentito anche tu prima che svenisse tremando come una fogl.. -.
 




- MALEDETTO! CHE TU SIA MALEDETTO, Skrymìr! -.

 
 
Il carceriere vide il prigioniero sprigionare un’enorme quantità di magia, che, come in un insieme di scariche elettriche, fluì attraverso i legami magici, concentrandosi in un punto che poteva vedere solo lui.
Un bulbo oculare, che si trasformò in una sfera azzurra di pura energia.
 
Helblindi continuò a urlare, mentre il globo brillava sempre di più.
Poi perse i sensi, cadendo in uno stato comatoso, e la sua testa scivolò all’ingiù.
 










 
 
Lo Jotun risorto ghignò.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era stato fin troppo facile.







 

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** ..o quasi ***



Sappiate che io non apprezzo per niente questo capitolo ^^' lo trovo confusionario, specie nell'ultima parte, ma purtroppo devo aggiornare. Speriamo vi piaccia lo stesso xP per domande, critiche e dubbi non esitate a farmi sapere :)





















Se c’era una cosa che proprio no, non si poteva negare del Bifrost, era la sua indiscrezione.
Insomma, come fa uno ad andare in missione segreta su un altro pianeta con un portale multicolore luminoso che si vede per miglia e miglia? Non si può certo fare. Non è fattibile. Anzi, è decisamente ridicolo.
 

Ma in fondo dovevano simulare l’attacco di un esercito, no?
Tanto valeva fare un’entrata in grande stile.
 


 
Loki fece cenno ai guerrieri di stare in silenzio, quando atterrarono.
Erano abbastanza lontani dal palazzo di Muspellheim, che si vedeva quasi lungo l'orizzonte.
Fece un gesto con la mano, concentrandosi al massimo.
Intorno a loro, un esercito di Asgardiani armati comparve dal nulla.
 
Ogni soldato era in piedi, lancia o spada alla mano, con una rigida compostezza militare, quasi come se stessero realmente attendendo il nemico. Ogni tanto, per aggiungere un tocco di realismo, battevano i piedi, chiudevano gli occhi o incitavano gli altri (gli ufficiali a cavallo).
 
 
Attivando anche un incantesimo d’invisibilità, Loki e il resto del gruppo si allontanarono da lì, avviandosi verso un sentiero secondario che li avrebbe condotti velocemente alla base di Laufey.
Notarono, soprattutto il giovane Gigante, che la temperatura era tenuta piuttosto bassa, per quel luogo. Non faceva molto più caldo di quanto lo facesse ad Asgard. Ed era molto strano.
 
 

In ogni caso non persero tempo a pensarci. L’esercito fittizio sarebbe stato una perfetta esca per gli scagnozzi di Laufey, ma quella distrazione non sarebbe durata a lungo.
 

Dopo circa un’ora, infatti, i Muspell partirono dal palazzo verso quel fasullo campo di battaglia, pronti alla lotta. Avevano poco tempo. E dovevano sbrigarsi.
 








 
 
Giunti ai cancelli di fiamme, non trovarono nessuno di guardia.
Anche quella era una cosa strana.
I guerrieri e i due Giganti si guardarono, temendo una trappola.
Ma non avevano altra scelta. O entravano, o lasciavano Helblindi e il resto dei Regni al loro destino.
 

Istintivamente, Thor prese la mano di Loki, stringendogliela forte.
Non sopportava che fosse lì, rischiando di mettersi in pericolo.
Si scambiarono uno sguardo. Loki era determinato ad andare avanti fino alla fine.
Ma non sarebbe stato da solo, in quella battaglia.
 




Varcarono la soglia di quel castello con determinazione, presto seguiti dagli altri Asgardiani e da Byleistr.
 
Al diavolo le regole non scritte, aveva pensato lo Jotun prima di partire. Anche se sono Re, non posso stare senza fare niente mentre i miei fratelli rischiano di perdere la vita. Piuttosto preferisco morire io stesso.
 
 
 
..Fratello, resisti ancora un po’..
 
 
 
 
 










Quasi gongolando di gioia, Skrymìr si stava allontanando dalla stanza per avvisare Laufey della sua vittoria.
 

Ma prima, naturalmente, afferrò il famigerato occhio, spegnendo automaticamente la macchina magica che succhiava le energie di Helblindi. Gettandogli un occhiata, il servitore del Matricida ebbe un brivido di soddisfazione. Il cuore del mago forse aveva persino smesso di battere.
 
Il suo fisico, avendo perso tutta quell’energia, si era infiaccato e indebolito. In realtà Skrymìr stava guardando un vecchio. Un anziano Gigante pieno di capelli bianchi, smagrito e con una ragnatela di rughe.
 


Ci volevano millenni perché un abitante di Jotunheim si riducesse in questo stato naturalmente.
E lui era stato abbastanza in gamba da causare una trasformazione del genere in pochi minuti.
 


Era soddisfatto? Sì, moltissimo.
 
Helblindi si sarebbe potuto scambiare per Ymir in persona, vecchiaccio com’era! Ah!
Di certo Laufey ne sarebbe rimasto estasiato. Adesso che gli stava portando la sua fonte di potere completamente carica, poi.. Nessuno sarebbe più stato in quando di fermarlo. Nemmeno i suoi figli.
 
 
Il corpo del suo ex compagno sarebbe tornato giovane e forte solo se si fosse ripreso la sua magia perduta.
In quel caso, avrebbe significato che Laufey lo aveva già posseduto.

E andiamo, Loki era uno schifoso scarto gravido di uno schifoso Asir! Certo non sarebbe stato abbastanza in forze per battere il padre una seconda volta, nemmeno con i suoi amichetti Asgardiani.
 
Quanto a Byleistr.. Beh, lui non era mai stato in grado di vincere il figlio di Hela in uno scontro diretto.
E ora che Laufey stava per prendere il comando del corpo di Helblindi, figuriamoci.
Il Falso Re non avrebbe mai torto un capello a suo fratello, nemmeno sapendo a chi veramente andava incontro. Quanta debolezza aveva generato il seme di Farbauti!
 
Ma ora non importava più. Il suo vero Re non aveva più bisogno di eredi. Sarebbe diventato immortale, e questa volta per davvero. L’energia rubata a Helblindi, la sua rigenerazione, gli incanti che il suo vero Re aveva appreso.. Lo avrebbero reso praticamente onnipotente.
 


Non sarebbe stata una cattiva idea prendere anche l’energia di Loki, poi, o perché no? Assediare Asgard (facendo sul serio), prendere il Tesseract e tutte quelle altre preziose reliquie..
 
 
Il braccio destro del Matricida, però, non si era accorto di una cosa.
Mentre si allontanava, la macchina ormai non più funzionante perse l’energia necessaria a tenere i legami magici chiusi. Liberando così Helblindi, che cadde a terra con un tonfo.
 
Non c’era più niente a risucchiare il suo Seidr. Sempre se Seidr era rimasto.
Non si svegliò.
Ma non era morto, questo no. La sua mente e la sua anima erano ancora attaccate alla vita.
 
Altrimenti, le sue mani ormai tutt’ossa non si sarebbero mosse impercettibilmente.
 
 
 












Quel castello di pietra era un vero labirinto.
 
 
La squadra di salvataggio era passata nello stesso, maledettamente identico punto almeno sei volte!
No, forse non era stato costruito appositamente per perdercisi, ma era come se fosse stato progettato senza alcuna logica, senza alcun fine razionale. Era tutto corridoi e corridoi e corridoi.
Una cosa così assurda che quasi i nostri eroi non ci volevano credere.
Persino Frandal, che certo non era né architetto né erudito in generale, avrebbe potuto fare qualcosa di meglio. Insomma, più che un palazzo reale sembrava un insieme di tunnel per delle enormi talpe focose.
Non c’era nemmeno una dannata finestra per arieggiare, o anche solo per avere un qualche punto di riferimento da ciò che si vedeva all’esterno, nulla di tutto ciò.
 
Stavano perdendo troppo tempo.
 
 


E Byleistr cominciava a innervosirsi.
Possibile che niente andasse mai per il verso giusto?
 
Prima o poi i Muspell si sarebbero accorti del loro trucco. Sarebbero ritornati, e allora sì che sarebbe stato un guaio. Quei corridoi erano deserti, certo, ma non lo sarebbero stati ancora a lungo, di questo ne era sicuro.
 

E ogni minuto che passava era un minuto in cui Helblindi subiva chissà quali angherie da parte di Laufey..
Più ci pensava, più la paura lo soffocava.
 
Oltre a questo, un’ altra brutta sensazione si era fatta strada in lui, da quando era entrato lì dentro.
Era come se qualcosa li attendesse. Come se qualcuno (Laufey o uno dei suoi) stesse aspettando solo il momento buono per ucciderli, anche se teoricamente erano invisibili e perciò non rintracciabili.
Non era molto piacevole avere quei pensieri.
 
 


Gettò un’occhiata a Loki, cercando di capire se gli ultimi incantesimi lo stessero logorando troppo.
Poteva anche darsi, vista la situazione generale e il suo stato.
Quello sarebbe stato un pessimo momento per perdere di nuovo i propri poteri.
 
 
Dopo alcuni minuti Volstagg, come faceva sempre quando era nervoso e non poteva mangiare, si mise a parlare.
 
- Secondo voi.. Helblindi è ancora vivo? -.
Non era il massimo della delicatezza, in effetti.
 


- Deve esserlo -, rispose Sif. Tutti la guardarono, incuriositi da quell’affermazione.
- Non può aver battuto uno squadrone di guerrieri Asir da bambino e arrendersi così adesso che è un adulto. Semplicemente mi rifiuto di credere a una scemenza simile -, spiegò lei.
 
Altrimenti suo padre sarebbe stato sconfitto da una specie di pappamolle schizofrenico; e in nome della sua memoria e  dell’onore di entrambi no, non poteva accettarlo. Altrimenti avrebbe resuscitato quel mago da strapazzo e lo avrebbe ucciso di nuovo con le sole mani, punto. Era solo una questione di principio!
 
 
 
 


E a proposito di Giganti risorti.
Le era sembrato di vedere qualcosa di grosso, dietro quell’angolo. Qualcosa di blu.
 
- ATTENTI! -.
 
 
Gli altri sei furono avvisati appena in tempo.
 
L’enorme Jotun uscì allo scoperto, scagliando diversi pugnali di ghiaccio sul gruppo.
 


Loki annullò l’incantesimo dell’invisibilità, che evidentemente non funzionava, ed eresse una barriera protettiva per parare i colpi. Tuttavia uno di quei proiettili era stato scagliato più velocemente.
Thor lo parò con Mjolin, e se non fosse stato per lui forse lo avrebbe colpito in pieno viso.
 
Il guerriero di brina non perse tempo, e neanche il gruppo di Asir (più un Vanir), che attaccò.
 
 


E mentre iniziavano lo scontro, Loki si voltò verso il fratello.
 
Era immobile.
Aveva gli occhi spalancati dallo stupore.
Non riusciva completamente a muoversi.
Non sembrava essere in grado nemmeno di sentire, o di vedere quello che accadeva intorno a lui.
Nei suoi occhi, fissi nello Jotun, non c’era solo paura, ma anche qualcos’altro.
 
Non lo aveva mai visto così.. spaesato.
- Padre -, lo sentì solo mormorare.
  
 
 
 
 
 
 
 
Nel frattempo, i guerrieri stavano avendo non pochi problemi.
Lo Jotun era forte. Dannatamente forte.
Parò come  niente i colpi d’ascia di Volstagg, disarmandolo, lanciò l’arma appena presa su Frandal, che se non fosse stato per la sua agilità sarebbe stato tagliato in due, diede un tale calcio a Hogun da farlo sbattere sulla parete più vicina, quasi spaccò il cranio di Sif quando cercò di darle un pugno (fortunatamente da lei deviato) e non solo: prese il martello di Thor quando questi glielo lanciò contro (prese il martello, avete letto bene! Non mantello, martello! Il Mjolnir!), e lo scagliò lontano, con una forza tale da spaccare tutte le pareti che incontrò. Così il Gigante avrebbe avuto tutto il tempo di strapazzare i guerrieri senza fastidiose armi magiche in giro. Comodo no?
 
Il tutto in quindici secondi netti.
 
Alla faccia del vecchio arzillo.
 
Approfittando del fatto che era distratto con il Mjolnir, Sif, seppure sgomenta (bisognava essere degni per sollevare quell’arma! Che razza di stregoneria era mai quella?!), colpì lo Jotun. Dritto al ventre.
 
Questa l’avrebbe raccontata  durante i banchetti, a spregio degli uomini naturalmente.
Se ne fossero usciti vivi, ovvio.
 
 
 
Tuttavia il Gigante non sembrò gradire.
 
 
 
 
Sotto lo sguardo sconvolto del gruppo, si tolse senza un lamento l’arma dallo stomaco. Non versò nemmeno una goccia di sangue. Come se fosse..
 
- Questo Jotun è un morto vivente! -, urlò Hogun.
 
- RITIRATA! -, ordinò Thor. Il suo martello gli ritornò in mano, e lui lo lanciò verso il Gigante, stavolta prendendolo in pieno e mandandolo lontano, attraverso le mura spaccate precedentemente.
Non potevano vincere contro uno già morto.
 
 
E non voleva mettere in pericolo nessuno senza un buon motivo.
 
 
 
Vide Loki afferrare la mano di Byleistr, e forzarlo ad allontanarsi.
 
Lui spese poche parole. – Laufey ha resuscitato Farbauti? E lo controlla? -, sussurrò.
 
- Sì. Hela e Jormungandr lo avevano detto -, rispose Thor.
 
Byleistr si fermò di botto, e gli altri con lui.
 
- E PERCHE’ DIAVOLO NON LO AVETE DETTO PRIMA?!?!? ADESSO SALTA TUTTO! -.
 
Loki si interpose fra i due. – Possiamo fare un’altra strada, Byleistr -.
 
- Non c’è nessun’ altra maledetta strada in questo labirinto! Se Farbauti era vuol dire che siamo vicini! E lui non si fermerà davanti a niente e nessuno, se il suo compito è quello di fermarci! Credetemi! -, rispose Byleistr, che cominciava a diventare blu. Si girò, passandosi nervosamente una mano sui capelli.
 
 
Il più giovane si mise a pensare, indeciso sul da farsi. Era inutile rimproverare Thor e gli altri di quella mancanza; era troppo tardi persino per arrabbiarsi. - Ascoltate. Appesa al fianco sembrerebbe che abbia una mappa. Qualcuno deve prenderla, così almeno potremo orientarci in questa specie di buco! -.
 
 
..Silenzio. E chi si sarebbe mai avvicinato?
 
 
 




 
Improvvisamente, il Re di Jotunheim assunse uno sguardo determinato, riprendendo la sua vera forma.
- Ci penso io. Ma voi andatevene -, disse. – Io lo distrarrò -.
Thor lo guardò perplesso. – Re Byleistr, per quanto tu possa essere abile, nessuno può sconfiggere i morti. Morirai!-.
Loki fece per parlare, probabilmente d’accordo con il compagno, ma non gli fu dato il tempo di aprir bocca.
- Si tratta di mio padre -, insistette il giovane sovrano, determinato. – Io.. So come combatte, come ragiona e come colpisce. Penso di potervi dare abbastanza tempo per raggiungere mio fratello. Liberate Helblindi, e rendiamo a Hela le anime che le spettano -.
Loki fece un secondo tentativo. - Byleistr non devi essere proprio tu a.. -.
- ..Ne sei proprio sicuro? -, disse Thor.

Lo Jotun lo fissò duramente con i suoi occhi di rubino. - Non sono mai stato così certo di qualcosa in vita mia, Thor Odinson -, replicò, gettando un’occhiata dietro di loro, e preparandosi ad andare incontro all'altro Jotun. La sua mano si armò di pugnale. – Molti si sono chiesti, negli anni, chi tra me e Farbauti Jormungandrson sarebbe uscito vincitore, in un ipotetico scontro. E’ tempo di dare una risposta a questa domanda. Ora andiamo, prima che sia troppo tardi! Thor, tieni Loki al sicuro -, continuò, correndo verso quello che, sfortunatamente, era diventato un nemico da abbattere, con cui si sarebbe dovuto scontrare guardandolo negli occhi, ingoiando il tormento di colpire una persona cara. Thor conosceva bene quella sensazione, e gli altri non erano tanto stupidi da non poterlo immaginare, e non poterono fare a meno di ammirare il Gigante per questo.
 
Il Tonante prese Loki di peso, ignorando le sue proteste. Non avevano altra scelta. Se volevano sconfiggere Laufey e far ritornare il Gigante Farbauti nell’aldilà, dovevano trovare Helblindi.
A qualunque prezzo.








 

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Impotenza ***











Nemmeno Byleistr sapeva come diamine aveva recuperato quella mappa.

Forse aveva solo lasciato fare all’istinto: cogliendo un istante di distrazione di suo padre, era stato facile prendergliela da sotto il naso e consegnarla velocemente a Thor e agli altri.
Per poi prendere subito una distanza di sicurezza.
 
Cercando di ignorare la voce disperata di Loki (ancora incatenato tra le braccia di Thor), aveva esortato i sei ad andarsene. Il figlio di Jormungandr era pericoloso e perciò qualcuno doveva tenerlo occupato.
 


..Loro non lo sapevano, ma quel genere di furtarelli gli veniva piuttosto bene.
Capitava, quando viveva a Utgarda, che per punizione Laufey gli impedisse di mangiare anche per giorni interi (non che in genere mangiasse molto, pensandoci bene), e beh, lui in qualche modo doveva arrangiarsi. Non era stato difficile imparare a derubare i servi che si occupavano del cibo, senza che loro nemmeno se ne accorgessero. Con il tempo era diventato più complicato, data la crescita della sua statura, ma non impossibile.
La necessità aguzza l’ingegno.
 
E c’era da dire che Farbauti era persino più grosso di lui.
 
 
 
 
 
 
 



 
Erano rimasti soli. Solo lui e suo padre. O perlomeno il suo corpo guidato da Laufey.
Byleistr se lo ripeté più volte nella testa.
Aveva passato i decenni della sua infanzia spiando Farbauti allenarsi e addestrare gli altri soldati. Lo aveva visto combattere e sconfiggere anche cinque Giganti interamente da solo. Forse suo padre non era mai stato astuto quanto Laufey, ma la sua forza era innegabile e aveva coltivato il suo talento nel combattimento con secoli di esercizio ed esperienza. Questo Byleistr non doveva dimenticarlo.

Se il Re di Jotunheim avesse sbagliato qualcosa, quel giorno, non sarebbe potuto tornare indietro. Farbauti non avrebbe corretto nessuna imperfezione, nessun errore tecnico. Ne avrebbe approfittato e lo avrebbe ucciso.
 


Dovette inghiottire un groppo in gola.
 


Aveva paura.

La morte aveva smesso di spaventarlo da tempo. Aveva vissuto sulla sua pelle cose ben peggiori.
Ma l’idea di combattere contro suo padre lo paralizzava. Sentiva di averlo deluso troppe volte –perché in quegli anni i suoi successi non erano riusciti a cancellare il ricordo dei suoi fallimenti-, e troppo gravemente per non meritare quello che, ne era più che certo, sarebbe seguito in quel duello all'ultimo sangue.


Per la prima volta in vita sua aveva paura di subire del dolore in un combattimento.
Aveva paura di non essere abbastanza forte da fronteggiare Farbauti. Non aveva mai avuto molta stima di se stesso, e l’unica persona che si fosse mai curata di inculcargli un po’ di sicurezza probabilmente ne avrebbe distrutto i rimasugli di lì a poco.

 
In ogni caso, doveva tenere Farbauti occupato il più possibile.

Per quanto Thor e i suoi compagni fossero forti, non potevano conoscere lo stile di combattimento di Farbauti bene quanto lui. Suo padre era buono in famiglia quanto inarrestabile in battaglia e non esitava a sfruttare ogni singola debolezza del suo avversario per ucciderlo e vincere.

Inoltre era morto quando era più grande di lui (il Byleistr del presente), perciò aveva comunque più esperienza.

Proprio in quel momento, mentre lui era perso in quei sostanzialmente inutili pensieri, Farbauti lo stava studiando; se era ancora in grado di ragionare come militare, probabilmente stava valutando le diverse opzioni per ucciderlo rapidamente e raggiungere gli altri intrusi.


E Byleistr non si era mai sentito alla sua altezza. Né come persona..
..Né come guerriero.










 
 
 
 
 
Helblindi gemette, sentendo il suono della propria voce roco e indebolito.
Cosa gli era successo?


Cercò di alzarsi, sentendosi indolenzito come non mai. Ma non ci riuscì.
Sentiva come un dolore sordo, in tutto il corpo. La spina dorsale, tutte le ossa gli facevano male in modo insopportabile. Come se il suo organismo fosse improvvisamente diventato dieci, cento volte più fragile. Aprì lentamente gli occhi, scoprendo di non vederci neppure tanto bene. Ma la sua mano destra era vicinissima al suo naso, e fu impossibile non notare quella ragnatela di pieghe su un dorso che non riconosceva come proprio. E poi quelle dita estranee.. più sottili, più.. esili delle sue. E anche più nodose. Per un momento gli sembrò quasi di vedere rami di ulivo blu, e non le sue mani Jotun.
Non riuscì a ri-assemblare tutti i pezzi del puzzle, non subito. Si sentiva enormemente stanco, intorpidito. L’occhio della sua mente era appannato, offuscato da qualcosa.
 

Sono vecchio, concluse il mago.
Non ho più il mio Seidr.


Sono.. debole. Come un mortale. Forse di più.
Una sola lacrima scese lungo il viso dello Jotun.
Non aveva la forza per versare altro.
 
 
 
 
 
 









- Secondo questa mappa dovremo esserci quasi.. questa stanza è stata evidenziata, ci deve essere qualcosa d’importante. Forse Helblindi si trova lì.. Voi due volete smetterla di litigare?!! Vi faccio notare che se vogliamo perdere meno tempo possibile dovremmo restare uniti, o ancora meglio in silenzio, tanto per non farci ammazzare inutilmente! -, sbottò Sif all’indirizzo della giovane coppia, che aveva cominciato a discutere animatamente. La valchiria si appuntò mentalmente di non stare mai in compagnia di esseri in dolce attesa per più di cinque minuti, d’ora in avanti, femmine o ermafroditi che fossero. Non si poteva sopportare un Loki gravido, e soprattutto non si poteva sopportare un Thor ansioso e iperprotettivo. Se poi i due litigavano, ancora peggio. Davano semplicemente i nervi.


Per fortuna, i due alle sue parole si acquietarono.
Non che Sif avesse fatto salti di gioia all’idea di lasciare Byleistr solo contro un morto vivente. Ma era una guerriera e sapeva che a volte, anzi molto spesso, per vincere una battaglia i sacrifici erano necessari. Il Re di Jotunheim si era offerto volontario nonostante il rischio, e lei rispettava la sua scelta.

L’unico modo per salvarlo era trovare Helblindi. Perciò le perdite di tempo non erano ammesse.
Preferì non pensare alle possibili reazioni del mago appena venuto a conoscenza del fatto.
 
Camminarono per altri minuti, imboccando vie sempre più arzigogolate e impensabili. Un paio di volte incapparono anche in dei passaggi segreti. Ma non trovarono nessuno a bloccargli il cammino.
Finché..
 
 
- Cos’è questa vibrazione? -, chiese Hogun, improvvisamente.
- Non lo so. Ma viene dal terreno! -, rispose Frandal.
- E si sta facendo sempre più forte! -, esordì Volstagg. – E’ un terremoto! Tutti al riparo! -.
Con il pavimento che tremava sotto i loro piedi, i sei s’incollarono alle pareti, non essendoci niente sotto cui nascondersi. Appena in tempo: la scossa si fece così forte che dovettero accucciarsi per non perdere l’equilibrio cadendo per terra. Il soffitto cadde a pezzi, agitando un nuvolone di polvere che impedì al gruppo di vedere per una decina di secondi, ammorbando l’aria lì intorno.

Quando la terra smise di tremare, e loro furono di nuovo in grado di aprire gli occhi, scoprirono di essersi divisi. Si erano separati in tre punti diversi, ergo adesso erano divisi in tre parti diverse.
 
Loki e Thor si erano riparati sotto un arco.

Volstagg, Frandal e Hogun avevano trovato rifugio nello stesso corridoio da cui erano venuti.

Sif era da sola, ma soprattutto era l’unica che poteva continuare il cammino verso Helblindi.



 
La guerriera tossì, la gola infastidita dalla polvere, per poi guardare verso quelle macerie. Era impossibile tornare indietro.
– Frandal! Hogun! Volstagg! State tutti bene? -.

Alcuni mormorii dove avrebbero dovuto esserci i Tre Guerrieri le confermarono che loro erano vivi.
- Loki? Thor? -.
 
- Niente di rotto, per ora -, rispose il moro, che si era alzato con l’aiuto del Tonante.
- Dobbiamo spostare queste macerie! – aggiunse il dio.
- Ci vuole troppo tempo -, rispose Loki. – Qualcuno deve continuare. Ma c’era un solo corridoio che portava verso quella stanza, e non è il nostro. Ditemi che almeno qualcuno di voi è lì dentro! -.
- Ci sono io -, disse Sif. Dovevano urlare per farsi sentire.
 

Almeno aveva ancora la mappa.
- Voi iniziate a scavare, forse riuscirete a raggiungermi. Ma io vado -.
- Stai attenta, Sif! -.
- Sì Thor, prenderò a calci qualche Muspell anche per te -, replicò la mora, estraendo la propria arma.

Poi, voltatasi verso il corridoio, ricominciò a camminare.
 
 
 
 
 
 
 
 






 
Byleistr era appena caduto a terra, quando il terremoto arrivò in quella parte del palazzo.

Per difendersi da una pugnalata, suo padre lo aveva allontanato con un pugno, e poi con un calcio.
Probabilmente avrebbe anche continuato, se non fosse stato che una parete gli era crollata addosso, ricoprendolo, anzi seppellendolo con macerie e calcinacci.

Consapevole di doversi allontanare lo Jotun si alzò, intenzionato a mettersi al sicuro.

Ma poi ci fu un altro crollo. Dozzine di massi più o meno grossi gli caddero addosso, e non fece in tempo nemmeno a porre le braccia sopra di sé, perché una di quelle pietre gli finì in testa.

Ingoiò il dolore, ma la sua testa cominciò a girare. O era la stanza a ruotare intorno a lui?

Lottando contro la sensazione di star svenendo, si mise al riparo, assicurandosi di avere la testa fuori da ogni pericolo. Anche se la situazione in generale era tutto fuorché sicura..

Il terremoto finì, e il Re di Jotunheim guardò verso le macerie, non sapendo cosa aspettarsi.
Passarono alcuni interminabili minuti, nel più profondo e assordante silenzio.
 




Poi, all’improvviso, un pugno sbucò fuori dalle rovine.
 
 
 
E Byleistr ebbe l'assoluta certezza di non avere scampo.
 
Ma, infondo, aveva capito fin dall’inizio di stare andando incontro alla morte.








Sperò soltanto che il suo sacrificio non sarebbe stato vano.








 

Ritorna all'indice


Capitolo 39
*** Tre fratelli inermi ***


Ed eccoci al trentanovesimo capitolo.. mi stupisce aver scritto così tanti capitoli, davvero! Non credevo che mi sarei dilungata fino a questo punto.. poveri lettori, come li tratto male :'( ma comunque volevo tranquillizzarvi, siamo quasi alla fine.
Credo che ci saranno almeno altri due capitoli, più un epilogo. Poi pensavo di fare dei prequel su Byleistr ed Helblindi, anche se prima ho intenzione di finire Capelli. Se qualcuno non sta leggendo quella raccolta ma ha intenzione di sapere come andranno le cose subito dopo questa fic, consiglio di seguirla :) 
Bene, ora mi dileguo così potete leggere! Ci vediamo all'angolo delle recensioni per eventuali consigli, critiche, complimenti o domande!


Adios!
Madama Pigna













Armata di coraggio e determinazione, Sif corse lungo i corridoi labirintici del palazzo, il tragitto che doveva seguire impresso a memoria nella sua mente.
Non sapeva se quella era la strada giusta da fare, ma sperava di sì, perché se Helblindi non si fosse trovato dove pensava allora le probabilità di vincere quella battaglia sarebbero state bassissime.
 
E per quanto a lei piacessero le sfide no, non aveva nessuna intenzione di rischiare quella volta.
Quando arrivò a destinazione, vide uno strano marchingegno, pieno di fili, dall’uso sconosciuto.
Ai piedi di esso, una creatura blu, uno Jotun, giaceva per terra, a pancia in giù, apparentemente inerte.
Non riusciva a vederlo in faccia, da lì.
Aveva le vesti ridotte a brandelli, e tanti capelli bianchi, eppure gli era in qualche modo familiare.
 
- Helblindi? -, chiese, guardinga. Strinse più forte la sua spada. Poteva sempre trattarsi di una trappola.
 
Un gemito soffocato fu la sola risposta che ottenne.
- Helblindi, sei tu? -, ritentò.
Stavolta il Gigante non le rispose. Provò ad alzarsi debolmente, e Sif notò quanto il suo corpo fosse vecchio e magro. Non poteva essere il mago, allora.. O forse sì?
I dubbi della guerriera si dissiparono quando l’anziano essere alzò lo sguardo su di lei.
I suoi occhi erano color del fuoco. Un fuoco sul punto di spegnersi, ma riconoscibile.
 
Poi il mago ricadde al suolo soffocando un’imprecazione, e Sif si riscosse, correndo in suo soccorso.
Provò a farlo rialzare. Il peso dello Jotun non era un problema, anche nelle sue dimensioni naturali. Il vero intoppo era l’altezza. – Helblindi! Che cosa ti è successo? Sei.. -.
- Un vecchio? -, rispose lui con una voce rauca e gracchiante.
La guerriera non rispose. Forse, se non fosse stato così debole, il Gigante avrebbe potuto persino essere ironico, magari aggiungendo un “Che occhio, Lady Sif!”, ma non era quello il caso.
Il tono di Helblindi era disperato.
 
 
- Laufey mi ha.. -, un colpo di tosse lo interruppe. – ..rubato il Seidr.. quel poco che mi rimane mi mantiene appena in vita.. -, continuò, mentre Sif lo aiutava a mettersi a sedere.
- Non ce la fai a camminare? -, chiese l’Asgardiana. Il Gigante scosse la testa.
A Sif facevano impressione tutte quelle rughe. Non è certo come un invecchiamento naturale, pensò.
- Mi fa male.. -, disse Helblindi.
- Dove? -.
- Ovunque.. Mi sembra di avere le ossa divorate dai tarli.. -.
- Come facciamo a farti tornare come prima? -.
 
Helblindi chiuse gli occhi. Era troppo stanco.
La sua rigenerazione era andata a farsi benedire insieme al Seidr, e quel suo essere così fragile lo destabilizzava. Solo una volta si era sentito così impotente, il giorno in cui suo figlio era morto.
Anche allora era troppo debole per fare alcunché.
Anche quel giorno, se non avesse agito in fretta e con la testa, avrebbe perso qualcuno di caro.
 
- Dobbiamo trovare Laufey. E’ lui che ha la mia magia. E’ in una specie di sfera azzurra, adesso.. Se riusciamo a evitare Farbauti, noi.. -, cominciò a parlare, seppur debolmente, e Sif lo ascoltò, con un enorme senso di colpa sullo stomaco nel momento in cui aveva accennato a suo padre.
Decise di non dirgli dov’erano gli altri, soprattutto Byleistr.
Si sarebbe solo sentito male, e sarebbe stato inutile.
 
 
Si guardò intorno. Doveva trovare qualcosa per trasportarlo.
- Aspetta un momento -, disse, e si alzò dalla sua posizione, facendo un giro intorno alla macchina.
C’erano anche diverse lastre a comporla.
Lastre di considerevole larghezza.
 
 
Cominciò a smontare (forse distruggere sarebbe stato un termine leggermente più appropriato) la macchina a suon di calci con la sua forza da Asir, afferrando i diversi pezzi e tirando fuori tutto l’utile. Poi strappò i cavi elettrici, pensando bene di usarli come fune.
In due minuti, Helblindi vide, stupefatto, la guerriera montare appositamente per lui una sorta di slittino. Certo, avrebbe dovuto comunque trascinarlo, e non sarebbe stata una cosa veloce, ma era comunque molto più pratica del portarlo trascinandolo per gli arti.
(E, di conseguenza, fargli anche male).
 






 
- Sif piano! Piano piano piano piano pia.. Ahi! -.
- Non è colpa mia se sei in queste condizioni. Non sono abituata a trasportare le persone anziane -, replicò la valchiria, più o meno con il tono di una persona che parla con un bimbo capriccioso.
Suo padre, persino senza una gamba, non aveva mai permesso a nessuno di aiutarlo in quel genere di cose. Helblindi invece aveva una soglia del dolore ridicolmente bassa. Ovvio che lei non sapesse proprio dove mettere le mani!

 
- Ma mi hai fatto male -, piagnucolò lui. Appunto.
Il mago suonava quasi buffo con quella voce gracchiante, ma vista la situazione non glielo fece notare.
 
 
- Scusa. Ci provo, ma non l’ho mai fatto prima d’ora -, disse lei.
 
Una volta finito di sistemare lo Jotun sulla barella senza ruote, dove in realtà il mago stava un po’ stretto da seduto, la guerriera afferrò i fili elettrici e cominciò a tirare, trasportandolo senza sforzo.
- Hai idea di dove dobbiamo andare? -, chiese.
 
Il Gigante fissò la mappa che la valchiria gli aveva dato. Non vedeva per niente bene.
Tutte le linee degli intricati corridoi erano sfocate, e si fondevano tra loro. Non vedeva molto nitidamente nemmeno mettendo quel pezzo di carta attaccato al naso.

 
La frustrazione di non poter fare neppure una cosa così elementare lo rese ancora meno affabile.
- Non si capisce niente! Io non capisco niente! I miei occhi non distinguono due linee vicine da un palmo di naso, maledizion.. -, un colpo di tosse lo interruppe, facendolo piegare su se stesso.

Adesso anche la gola gli faceva male.
I suoi polmoni gli sembravano rattrappiti come frutta secca.
 
 
 
 










 
- Thor.. -.
Il Tonante si voltò verso il suo compagno. Stava cercando di capire come trovare un luogo più sicuro.
- Cosa facciamo se.. se perdiamo? -, chiese Loki.
Thor lo si voltò verso di lui.
Il moro era spaventato.
E probabilmente non lo era solo per se stesso: si capiva dal modo in cui si abbracciava il ventre.
 
Il Principe degli Asir sentì lo stomaco farsi più pesante.
Pensò che aveva avuto ragione: Loki non sarebbe dovuto venire, non nelle sue condizioni.
Non lo considerava propriamente debole, perché non lo era, ma nei suoi confronti aveva sempre provato un forte senso di protezione, come se si dovesse prendere cura di una creatura bellissima ma fragile, neanche fosse una scultura di vetro. Ed era vero che Loki aveva avuto i suoi momenti di debolezza, ma il moro pensava di averli superati. Forse era così, ma non aveva ancora fatto i conti con la gravidanza. Un evento del genere può scombussolare chiunque, specie con un clima del genere.
Forse Thor aveva ragione. Forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto ad Asgard.
Ma tanto era comunque troppo tardi.
 
 
Il biondo si avvicinò, premendo le mani sulle sue spalle. Lo guardò con dolcezza, cercando di essere rassicurante.
- Andrà tutto bene, Loki. Sif è una guerriera in gamba, e Helblindi ha già dato prova della sua abilità, anche se non davanti ai tuoi occhi. Ce la faranno -.
- E Byleistr? Non avremmo dovuto lasciarlo lì a combattere Farbauti da solo.. -.
- Tuo fratello non si sarebbe mai perdonato se tu fossi rimasto lì con lui a rischiare di morire -, replicò, senza sapere benissimo da dove veniva quella certezza. Forse vedere la reazione del Re di Jotunheim, sempre così freddo tanto da risultargli antipatico, al rapimento di Helblindi lo aveva impressionato.

Come aveva già capito nel Vuoto Pieno, anche Byleistr aveva un cuore, pur se non lo lasciava intendere.
- E’ grande e grosso.. Resisterà.. -, continuò, ma stavolta tradendo incertezza.
Il piccolo Jotun lo fissò. – Thor, se Padre fosse controllato in quel modo, tu riusciresti davvero a colpirlo? -, chiese, anche se non diede tempo all’altro di rispondere. – No, non potresti attaccarlo senza almeno provare a farlo ritornare in sé, e anche se ti rendessi conto dell’impossibilità della cosa non potresti fargli male con convinzione, esattamente come hai fatto con me a New York.. -.

Il guerriero scrutò il non-fratello con attenzione. – Hai raccontato quello che è successo solo durante l’interrogatorio.. Non credevo che ne avresti voluto riparlare.. -.
Loki si appoggiò al suo petto, nella speranza che il calore del suo amato riuscisse a scacciare i suoi brividi.
– E’ stato orribile.. -, mormorò, preferendo non entrare nei dettagli.
 
Ora era lontano da Midgard, dai Chitauri, da Thanos, ma quando ripensava all’anno passato con quei mostri gli sembrava quasi di rivivere la pena e l’agonia di tutti quei mesi.

Un giorno ne avrebbe parlato nei particolari, forse. Ma prima voleva godersi il calore di Thor.
Il Tonante lo strinse a sé, immergendo il viso nei suoi capelli neri come la notte.
Dimenticandosi di tutto il resto.
 
 
 
 



- Che sentimentali.. -.
I due si voltarono di scatto, separandosi.
Davanti a loro un Muspell di discrete dimensioni li fissava, con un inquietante ghigno malvagio stampato sul volto. La voce suonava familiare a Loki. In effetti, era la stessa che aveva sentito alcune settimane fa, quando suo fratello aveva sedato quella rivolta.. Era la voce di uno dei ribelli.
Skrymìr, se non si ricordava male.
 

L’ex compagno di Helblindi, a quanto gli aveva raccontato Byleistr.
 
Non era difficile capire perché tra i due non ci fosse mai stato buon sangue.
Il Dio degli Inganni poteva leggere tutto il sadismo dello Jotun anche in occhi che non erano realmente suoi.
 


Vide Thor impugnare istantaneamente Mjolnir. – Non osare avvicinarti, cane! -.
- Il nome corretto sarebbe ‘Skrymìr’. Il più importante luogotenente del Re, Laufey. Strano che non abbiate incontrato Farbauti nella strada per arrivare fin qui -, disse. Poi il suo sogghigno si fece più largo. – Ma scommetto che non siete venuti soli, vero? Spero che abbiate detto addio a chi avete lasciato indietro. Nelle sue condizioni Farbauti non esiterebbe nemmeno ad ammazzare uno dei suoi figli -.

Il cuore di Loki si fermò.
 
- E a tal proposito, sarò molto felice di consegnarvi a Laufey.. Il figlio del suo peggior nemico insieme al piccolo scarto che l’ha ucciso.. -, disse, avvicinandosi. Nella mano destra apparve una fiamma.
- Credo che mi divertirò a sfruttare i poteri dei Muspell contro di voi.. -.
 
 
 
 
 









 
Il Gigante di Ghiaccio urlò, quando suo padre riuscì a lussargli una spalla grazie ad un bluff. Gli aveva già incrinato (o magari rotto) due o tre costole, spaccato il naso e procurato diverse escoriazioni, senza contare i denti che gli aveva fatto letteralmente volare e i tagli (anche se pochi, visto lo stile di suo padre). Byleistr non ne aveva mai prese così tante in vita sua, e non tutte così in una volta, perlomeno non durante un solo combattimento. Sapeva fin dall’inizio che non sarebbe stato semplice, e la sua condizione non lo stupiva, dato che stavano combattendo da ore.
 
Non che avesse cominciato fin da subito come un perdente, anzi, si era scontrato con Farbauti con una forza degna del suo avversario. Ma suo padre –almeno il corpo- era un non-vivente. Per quante ferite potesse provocargli (e si era già premurato di fargliene tanto quanto lui), non sentiva ne il dolore, ne la fatica, ne, tantomeno, sentiva qualche disagio nel combattere contro il figlio, al contrario del più giovane. Inoltre combatteva per uccidere, e Byleistr –pur con tutto il suo impegno- sapeva che i tentativi di fermarlo sarebbero stati inutili. Non era uno scontro pari, o comunque dalla vittoria destinata a lui: se non avesse resistito abbastanza a lungo, avrebbe perso. Ed era partito già sapendo di andare incontro alla morte.
 


Farbauti colse il momento di distrazione, e, bloccandolo su una parete di roccia, cominciò a riempirlo di pugni al torace, mozzandogli il respiro, tanto che il figlio gli cadde praticamente addosso, in una posizione che favorì maggiormente il Gigante noto come Pugno Spaccapietre.
Al primo colpo, Byleistr cercò di divincolarsi dalla sua presa ferrea con il braccio sano, fallendo.
Al secondo, gli sembrò di sentire un nitido rumore di ossa rotte. La gola cominciò a bruciargli. Non riusciva più a respirare in modo efficiente. Le costole spaccate gli avevano perforato un polmone, come minimo.
Il terzo fu quello in cui cominciò a tossire, sputando sangue senza sosta. Iniziò a vedere rosso.
Quando Farbauti lo colpì per la quarta volta non ebbe più alcun dubbio. Sarebbe morto.
 


Suppongo di non essere mai diventato un guerriero più forte di te, padre.



 

L’anziano Jotun non percepì più alcuna resistenza, e lo lasciò cadere per terra, lasciandolo al suo destino. Byleistr crollò al suolo senza un lamento, e, ormai inerte, lo vide allontanarsi con gli occhi semichiusi, sperando che il tempo che era riuscito a guadagnare sarebbe servito a qualcosa.

Era.. così strano. Fin da piccolo aveva sempre pensato che Farbauti avesse una certa aura di invincibilità, per quanto non avesse mai dato chissà quali dimostrazioni di forza di fronte a lui. E aveva ragione.
Ironico che proprio suo padre, la persona che gli aveva insegnato a combattere, a non arrendersi, lo avesse fatto cedere.

Perdonami, papà. Io non sono mai stato buono come te.. Non potrò raggiungerti nel Vhalhalla.
 



Dopo il suo ultimo pensiero coerente, vide solo nero.
 
 



Certo che si sarebbe risvegliato tra i fuochi infernali di Helheim.









 

Ritorna all'indice


Capitolo 40
*** Combattimenti e sconfitte ***


E rieccoci qua! Fortuna che ho trovato una rete appena dopo aver finito il capitolo ^^
Oggi il capitolo sarà un po' più lungo, così voi vi divertite :D e così io riduco il numero di capitoli, perché devo rispettare una tabella di marcia xD

Buona lettura!
Ps: suvvia la quasi morte di Byleistr non è stata la cosa più tragica di questa fanfiction ;P













Skrymìr lanciò contro di loro una fiamma incandescente, e Loki si rese conto che si trattava più precisamente di materia magmatica, calda sicuramente centinaia se non migliaia di gradi.
Con il Seidr, deviò appena in tempo il proiettile, prima che potesse colpire lui o Thor.
 

Il Tonante non voleva usare i fulmini in un luogo così chiuso. Già la struttura aveva ampiamente dimostrato la sua resistenza, non poteva permettersi un altro crollo nello stesso luogo in cui stava Loki. E poi non voleva rischiare di far loro del male con le scariche elettriche. Così saltò verso il falso-Muspell, dandogli un forte colpo in testa con il Mjolnir. Nella maggior parte degli esseri viventi conosciuti, questo sarebbe bastato a mettere l’avversario fuori combattimento, magari uccidendolo.
 


Ma era anche vero che Skrymìr non era un essere vivente.
 
 
Il servo di Laufey scosse la testa, intontito dalla botta. Poi approfittò del fatto che Thor aveva abbassato la guardia e lo colpì con un gancio destro. Il Tonante venne spedito alcuni metri più in là, gemendo dal dolore. Loki vide, spaventato, il volto del Tonante sfregiato da un’orrenda bruciatura, che deturpava quasi metà del suo viso, la parte sinistra.


 
Cercando di ingoiare il dolore, Thor si rialzò, mentre la sua arma magica ritornava nella sua mano.
Ricominciarono la lotta, e stavolta Thor fece più attenzione a non essere colpito. Presto Skrymìr si rese conto del timore del Tonante di essere bruciato, e cercò di approfittarne in più occasioni.

Loki si allontanò istintivamente dal combattimento. Non sapeva che cosa fare per aiutare Thor.
Cominciava, anzi, a sentirsi male: il calore dei Muspell era asfissiante anche solo a quella distanza per lui, e cominciò a sudare, iniziando a sentire dei problemi a respirare.
Quasi cadde su un parete, finendo per terra.
Stava diventando tutto nero..





 




- Loki! -.
Il Tonante diede una martellata al finto Demone di Fuoco, cercando di raggiungere il moro.

Ma Skrymìr era molto più coriaceo in quella forma, questo grazie alla magia di Laufey, e non gli dava tregua. Il Principe degli Asir gli ruppe una delle corna, sperando in un qualche cambiamento, ma a nulla servì. Sembrava che il servo di Laufey non
potesse provare dolore, e a renderlo ancora più inarrestabile era il fatto che le sue ferite guarivano in un lampo. Thor si era già reso conto in passato di non poter fare molto contro la magia, e mai come in quel momento rimpianse di aver sempre sbeffeggiato i maghi Loki o Helblindi. Loro avrebbero certo saputo come sconfiggere Skrymìr.



In ogni caso non si perse d’animo. Doveva difendere Loki; nessuno gli avrebbe più fatto del male, finché gli sarebbe stato possibile impedirlo. Aveva giurato a sé stesso di proteggerlo, e lo avrebbe fatto, anche a costo di mettere a repentaglio la sua stessa vita.

Continuarono il combattimento, mentre il figlio di Odino si sforzava di capire i possibili punti deboli dell’avversario. I colpi contundenti di Mjolnir sembravano quasi fargli il solletico. Di certo il calore non poteva ferirlo in quelle sembianze, e Loki era troppo debole per attaccare con la magia.


Il suo amore era svenuto.. doveva portarlo via da lì! E subito!
- Frandal! Volstagg! Hogun! Mi sentite? Cercate di trovare un varco, ho bisogno di rinforz.. -.
Un calcio allo stomaco lo zittì in un gemito, dandogli un’altra bruciatura.
 
 
 








 
Loki e Thor, però, non erano gli unici ad avere problemi, in quel momento.

I Tre Guerrieri si erano ritrovati circondati da Muspell in ogni dove, ritrovandosi senza via d’uscita.
Quei soldati, scoprirono subito, non erano immuni alle ferite, per fortuna.

Questo però non cambiava il fatto che fossero nei guai fino al collo.


 
Avevano già affrontato altre volte situazioni simili. A ogni Muspell che uccidevano, altri due spuntavano fuori da chissà dove. Di solito però in quei casi trovavano sempre un modo per tirarsene fuori, con Loki che escogitava uno dei suoi trucchi o con Heimdall che apriva il Bifrost per loro.
Ma Loki era chissà dove e Heimdall non poteva aprire il Bifrost, non senza che Asgard subisse un secondo attacco dai Demoni di Fuoco. In quel momento nessuno poteva aiutarli.
 
Ma in fondo erano guerrieri, giusto?
Avrebbero agito di conseguenza, anche se non potevano resistere per sempre.













 
 
 
Sif e Helblindi arrivarono in un grande salone.
Con sollievo, la guerriera vide dall’altra parte dell’abitacolo un balcone, dove si affacciava una notte senza stelle; segno che, in fondo, non erano ancora stati sepolti sottoterra. Ma quanto tempo era passato da quando erano lì?
 
Quel palazzo, comunque, era claustrofobico. Persino nella forma esterna sembrava un formicaio.
Si guardò intorno. – Non riesci a percepire niente, tu? -, chiese a Helblindi, nella piccola speranza che avesse ancora i suoi ipersensi da mago mutaforma. Ovviamente quello scosse la testa.

Lasciò la presa sui cavi (più precisamente li scagliò sul pavimento), a metà tra lo sdegno e lo sconforto.
- Se continuiamo a girare così non concluderemo nient.. -.
 


Neanche a dirlo, una forza sconosciuta la sollevò da terra, scagliandola sulla parete e bloccandola del tutto.

Si dimenò, cercando di liberarsi da quella forza, ruggendo di frustrazione.

Quando lo aveva conosciuto, Helblindi aveva fatto una cosa del genere, per allontanarla. Era lo stesso tipo di magia, ma veniva continuata a usare lo stesso per impedirle ogni movimento.
Quello che poteva fare era, al massimo, muovere i muscoli facciali, chiudere gli occhi o parlare.

Del tutto inutile, in quel momento.
 


Laufey si avvicinò, guardando soddisfatto la guerriera, messa subito fuori combattimento.
Nel suo pugno teneva stretto una piccola sfera, grande come un occhio umano e brillante di una lieve luce azzurra. Sembrava ricoperto di un sottile strato di ghiaccio, apparentemente immune al calore di quel corpo Muspell, dettaglio che probabilmente rimarcava il luminoso alone azzurro.
 
Chissà come avrebbe reagito, Lady Sif, se avesse saputo che quello una volta era il bulbo oculare di Odino.
Ma in fondo non era molto importante, in quel momento.
 
- Dovresti vergognarti, Helblindi. Farti trainare come un vecchio decrepito da un’Asgardiana.. se non fosse che effettivamente sei un vecchio decrepito, a pensarci bene -, disse il Matricida, derisorio.
- Ma non importa. Dopotutto la tua amica mi ha fatto un favore: ti ha portato da me senza che dovessi muovermi da qui. Così potrò prendere possesso del tuo corpo subito -.
 
Neanche finì di parlare, quando iniziò il suo primo attacco telepatico verso Helblindi.
Il mago gemette, sentendo il cervello pulsare come pugnalato da decine di piccoli coltelli.
Cadde con la schiena sul pavimento, portandosi le mani alla testa.
 








 
Loki riprese i sensi, vagamente consapevole di stare correndo un pericolo mortale.
Si massaggiò la fronte, sentendo la calura opprimente cercare di annebbiargli i sensi.
Poco lontano da lui, Thor e Skrymìr combattevano un duello all’ultimo sangue.
 
Il Tonante stava avendo la peggio.
 
Di nuovo, la paura gli strinse lo stomaco.

- Thor.. -, disse, debolmente.
Doveva alzarsi.
Doveva aiutarlo.
Ma.. come?

Come poteva, nel suo stato, sconfiggere un Demone di Fuoco, immune alla spada, al Mjolnir, alle ferite e al..
..fuoco?
 
 
Improvvisamente non gli sembrò più un’impresa così impossibile.
Lui era un Gigante di Ghiaccio, giusto?
Certamente. E anche se era incinta, questo non gli impediva certo di usare i suoi poteri sul ghiaccio.
 
Appoggiandosi alla parete si alzò, prendendo il suo aspetto Jotun. Faceva ancora più caldo, in quella pelle, ma doveva resistere solo un altro po’. Poi non avrebbe più sentito caldo.
 
Il luogo cominciò a rinfrescarsi, diventando sempre più umido. Dopo aver superato l’iniziale difficoltà,
Loki riuscì a coprire le superfici di brina, prima, e di ghiaccio, poi. Ghiaccio sempre più spesso.
 
Skrymìr non era indifferente al cambiamento di temperatura, e nemmeno Thor, sebbene, ovviamente, lo sopportasse meglio di lui. La situazione cominciava a cambiare. Il falso Demone non sogghignava più tanto.
Ruggendo di frustrazione, anche il Muspell cercò di usare i suoi poteri sul proprio corpo, riscaldandolo sempre di più, cercando di smorzare il freddo lì intorno. Ma più riscaldava se stesso, più sentiva freddo, ed era esattamente quello che Loki voleva.
 
Adesso il vero combattimento era fra loro due. – Spostati, Thor! -, disse Loki, scostandolo.

Il biondo non ebbe tempo di replicare.
Il Gigante, completamente trasformato, si mise di fronte a Skrymìr, che lo attaccò lanciandogli materia liquefatta. Tuttavia essa si solidificava ancora prima di colpire i due e per il moro era facile deviarla con una corrente d’aria gelida. Si avvicinò sempre di più al Muspell, stemprando l’aria calda intorno.

La vera lotta stava nella resistenza. Chi avrebbe resistito di più, avrebbe vinto.
E Skrymìr non aveva pratica con i poteri dei Demoni.

Si fissarono negli occhi, ghiaccio contro fuoco.
Poi, quando sentì che Skrymìr stava per cedere, Loki seppe che era il momento.
In un ultimo sforzo, scatenò tutto il gelo e il ghiaccio che poté, stavolta non in tutta la stanza ma verso Skrymìr.
Il falso Muspell urlò.
Dal ghiaccio scatenato si levò del vapore, rendendo invisibile ciò che stava succedendo.
 
Quando la nebbiolina si diradò, il Muspell era stato immobilizzato nel ghiaccio.
Solo allora Loki si permise di svenire di nuovo, stavolta subito preso al volo da Thor.




 
Un attimo prima di perdere i sensi, però, il moro vide suo padre Farbauti avvicinarsi verso di loro.
Poi tutto ritornò buio.














 
Il dolore era costante. Freddo. Inarrestabile.
Penetrava la sua mente come se essa fosse stata fatta di burro, come un fiume in piena privo d’impedimenti. Stravolgeva i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue emozioni, incatenava il suo libero arbitrio e lo inibiva al punto di farlo smettere di ribellarsi.

Devo resistere, pensò Helblindi. Anche se non ho più la forza di prima, devo resistere. Devo.

Ma il dolore era troppo forte, talmente forte che temeva sarebbe impazzito.
L’unica cosa che riusciva a fare era urlare.
 
 
 





 
Anche Sif urlava. Ma il suo era un tipo di dolore diverso.
- HELBLINDI! -, provò a chiamare. Di magia ne sapeva poco, ma non stentava a immaginare quello che stava succedendo.

Tentò di muoversi ancora una volta, preda di un’agitazione che nemmeno lei sapeva spiegare.
Doveva aiutarlo, in qualche modo. Doveva liberarsi da quell’incantesimo maledetto e fermare Laufey; colpirlo dritto al cuore, ecco cosa doveva fare! Forse il falso Muspell era abbastanza distratto dal torturare il figlio –guardate quello schifoso, come si divertiva a seviziarlo!-, per far sì che si concentrasse di meno sulla magia che fermava lei dall’ucciderlo.

Non voleva solo mettere fuori combattimento una possibile minaccia per tutti i Nove Regni.
Voleva salvare Helblindi.
- Resisti! -, disse ancora.
 


Cercò di muovere il braccio, incollato alla parete come il resto del suo corpo.
Non riusciva nemmeno a muovere le dita.
Strinse le labbra, mugugnando per lo sforzo. La sua spada giaceva a terra, lontano da lei.
 
Niente, non ci riusciva.
Ma la valchiria aveva una grande determinazione e non si sarebbe arresa tanto presto.
 


Improvvisamente, sentì una scarica di energia sconosciuta muoversi dentro di lei, che fluì nel suo corpo fino all’arto. Riuscì a stringere il pugno e poi, con un altro po’ d’impegno, a muovere il braccio.
Guardò in direzione di Laufey, che si era ormai avvicinato implacabilmente verso Helblindi.

Nessuno dei due se ne era accorto.
 
Staccò anche l’altro braccio, e, facendo leva sul muro, riuscì a liberare anche il resto del suo corpo.
Saltò agile sul pavimento. Presa la sua arma, prese la rincorsa.
Con un salto, arrivò fino all’altezza del Demone, in quel momento di spalle, affondando la lama dritta nel petto.
 
Laufey ebbe un singulto. Dalla sua bocca colò del sangue.



 
Lo scontro mentale si era concluso.
 
 







 
Mentre stava cercando di resistere al potere di Laufey –era così che si era sempre sentito Byleistr, mentre veniva torturato? Così impotente?-, gli sembrò di sentire una voce. Una voce molto lontana, quasi confusa, una voce femminile che però in qualche modo sovrastava le sue urla e il suo dolore.

Resisti!, diceva la voce.

Questo riuscì a smuoverlo dal suo attuale stato mentale, quasi tagliando quel filo ininterrotto che era l’attacco magico di suo padre. Forse poteva davvero resistere. In ogni caso, doveva provarci.

La telepatia non era solo una questione di Seidr.
Uno scontro tra menti non era determinato unicamente dalla quantità di magia degli avversari. Anzi.
 

Un vero telepate non usava la semplice energia, non la sprecava in questo modo.
Un vero telepate era sottile, come un filo di seta. Era silenzioso come il passo di un gatto e inconsistente come l’aria di montagna. Si avvicinava alla mente del nemico senza essere percepito, come un predatore notturno, e solo quando lo circondava del tutto, e aveva già invaso buona parte degli strati esterni con delicatezza, senza farsi notare, solo allora divorava il centro mentale dell’avversario.
 
Lui non era mai stato un tipo molto bravo in quella materia. Ma sapeva che irrigidire la propria mente a causa del dolore era un errore. Se i muri del pensiero non erano abbastanza resistenti, o la volontà non abbastanza forte, come nel suo caso, bisognava rendere la propria mente inafferrabile, come i venti di mare, e fluida, come acqua di fiume. Esporsi, rendersi nudi al punto che l’avversario si potesse illudere di avere vinto, per poi sfuggirgli in un soffio, come una cavalletta o una mosca fastidiosa.

Era una tattica incauta, ma, se attuata con velocità e scaltrezza, una strategia con possibilità di vittoria.
 
Cercò di rilassarsi. Era un mutaforma, dopotutto. Se rimaneva calmo a sufficienza, plasmare la propria mente in quel modo, pur con quell’invecchiamento che non aveva coinvolto solo il suo corpo, sarebbe stato relativamente facile. Ma solo i più bravi ci riuscivano. Helblindi, fortunatamente, ne aveva conosciuti di abili abbastanza per imparare qualcosa.

Avvertiva la mente di Laufey muoversi dentro di lui come una folata di vento gelido.
Era uno dei pochi modi in cui uno Jotun potesse sentire effettivamente freddo. Tanto freddo.
 

Quando suo padre fu sul punto di ingarbugliare la sua mente, Helblindi scappò all’improvviso. E così, ancora e ancora, più volte, mentre cercava di racimolare le sue poche energie per contrattaccare.
Non sarebbe potuto andare avanti così all’infinito.



Poi, improvvisamente, gli sembrò quasi di essersi liberato di qualcuno che gli teneva il fiato sul collo.

Sentì un gemito, e si rese conto solo in quel momento di avere chiuso gli occhi.
Li riaprì, chiudendo e aprendo più volte le palpebre a causa della luce. Si mise seduto.
 
 
Davanti a lui, Sif si era liberata di Laufey, che giaceva per terra bloccato dalla guerriera.
La spada dell’Asir gli aveva perforato il petto, ma sembrava quasi che non gli importasse.
Cercava solo di rialzarsi, ringhiando pesanti insulti e imprecazioni verso la valchiria.
 
 
Poi Helblindi si rese conto che la sua mano era protesa verso di lui, come per afferrare qualcosa.
Ai suoi piedi, l’occhio di Odino brillava di energia più che mai, quasi come se lo riconoscesse.
 


All’improvviso, sentì un’enorme rabbia assalirlo.
Laufey aveva fatto del male alle persone che gli erano più care. Aveva fatto del male al suo popolo, provocato migliaia e migliaia di lutti, distrutto l’infanzia di suo fratello Byleistr.

Doveva pagare per quello che aveva fatto.

- Sono spiacente, Laufey. Sottovalutare gli Asgardiani è sempre stato uno dei tuoi peggiori errori strategici -, disse, scambiandosi un’occhiata d’intesa con Sif.

Il mago si alzò, per poi chinarsi dolorosamente a raccogliere la lucida sfera di energia azzurra. La tenne fra le proprie mani un momento, avvertendo dentro di lui un fremito. Il suo corpo desiderava riavere la propria magia, e anche il Seidr sembrava quasi volersi ricongiungere a lui. Non restava altro che liberarlo.




 
 
- Questo è per Jotunheim -.
 
Helblindi schiacciò il fragile occhio nella propria mano, che s’incrinò lievemente.
Subito, da quelle crepe si sprigionarono raggi di luce azzurra.
Miracolosamente, il mago sembrò recuperare parte dei suoi anni.

 
- Questo è per mio padre! -, continuò, tenendo ancora più salda la sfera.
- FERMO! NON OSARE! -, urlò Laufey, ma Sif lo teneva ancora ben fisso al terreno.

 
- Questo è per Byleistr. E per Loki -, disse il figlio, gelido.
Adesso, Helblindi aveva la sua età naturale. Suo padre si dimenava, folle, per fermarlo, ma inutilmente.
Per una volta, il Matricida era inerme di fronte ai suoi nemici, proprio come loro lo erano stati con lui.

 
- E questo.. QUESTO E’ PER TE! -, urlò.
Con tutta la forza di cui disponeva, lo Jotun lanciò per terra l’occhio vitreo, rompendolo in mille pezzi.


Un’esplosione si propagò dall’oggetto magico, scagliando i tre lontano da lì.
Laufey urlò di dolore, sentendo l’anima staccarsi violentemente dal corpo che aveva invaso abusivamente.
 




 
Helblindi fu sbattuto su una delle pareti, ruggendo di dolore.

Ma adesso era diverso.
Adesso riaveva la sua arma più potente, la sua migliore difesa e il suo più terribile attacco.
Il Seidr.
 




Si rialzò quasi subito. Si sentiva come.. rinato.
Probabilmente erano secoli che non era così in forma.
Forse l’energia che aveva già l’occhio di per sé aveva aiutato.


Comunque non importava, in quel momento.
Doveva occuparsi di Laufey.
Eppure, avvicinandosi al corpo del Muspell, si rese subito conto che esso era senza vita.

Morto. Laufey è morto. L’ho ucciso io.
 


Doveva sentirsi in colpa? Provare soddisfazione? Non sapeva quale opzione fosse moralmente più auspicabile. Ma certo non era dispiaciuto. E poi Laufey era già effettivamente deceduto: lui si era solo limitato a rispedirlo da dove veniva. Chissà come l’avrebbe presa Hela.


 
Ora doveva soltanto cercare gli altri insieme a Sif e..

Ma.. un momento.
Dov’era Sif?
 
 
 








 
Sif si arrampicò faticosamente sulla roccia friabile, cercando di tenersi aggrappata. Sotto di lei, un’enorme voragine. Quello che lei aveva creduto un balcone verso l’esterno era una porta verso il nulla, che portava a una specie di grotta immensa, probabilmente. Chissà quanti Muspell erano precipitati laggiù, per caso o per condanna. Chissà quanti metri erano precipitati verso il buio, prima di raggiungere il fondo. Lei non aveva comunque intenzione di imitarli.
 

- Aiuto! -, urlò, sperando che qualcuno la sentisse. Il sudore provocato dai movimenti precedenti rendeva la sua mano sudata, la sua stretta meno salda di quanto avrebbe dovuto essere. Al diavolo l’orgoglio, la roccia era troppo friabile per tenersi appigliata a lungo. Prima o poi sarebbe caduta, e allora sarebbe stata la fine. E le andava anche bene morire in battaglia, ma non così.
Non sfracellandosi al suolo come una marionetta.
 

L’appiglio a cui si teneva si spaccò.
Urlò, cadendo verso il basso, giù, sempre più giù, agitando disperatamente le braccia e le gambe nel tentativo di trovare un altro punto su cui avere una buona presa, ma nulla. La morte era ogni secondo inesorabilmente più vicina.. presto avrebbe rivisto il Vhalalla, dove ci sarebbe stato suo padre, e stavolta ci sarebbe rimasta per sempre. La luce si diradò sempre di più.





Quando aveva già pensato che quel buio insopportabile sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe avvertito, sentì un grido acuto, come di un rapace. Poi degli artigli affilati l’afferrarono per la maglia dell’armatura, da dietro, sollevandola in alto, lontano da lì.

Alzando la testa, vide un’enorme aquila sopra di lei, abbastanza grande da reggere il suo peso.
Dopo un iniziale momento di sorpresa, sorrise, iniziando anzi a ridere di sollievo.
 
 



Non voleva morire in quel modo. Era stata fortunata.







 

Ritorna all'indice


Capitolo 41
*** Arrivano i soccorsi ***










- Stai lontano  da Loki! -, urlò Thor, tenendosi a debita distanza.

Rabbrividì. Se Farbauti era in quella stanza, significava che aveva avuto la meglio su Byleistr.
E probabilmente il Re di Jotunheim era morto.
 



Inghiottì un groppo in gola. Come avrebbe fatto a dirglielo a Loki, adesso?
Cercò di non pensarci. In quel momento doveva tenere a bada il guerriero Jotun.


 
Quello lo ignorò, concentrandosi invece su Skrymìr.
Si avvicinò a lui, studiando il ghiaccio in cui era intrappolato.





 
Sotto gli occhi stupefatti del Tonante, diede tre colpi ben assestati al Muspell, liberandolo dalla sua prigione ghiacciata. Il servo di Laufey cadde, annaspando per terra.
Poi alzò lo sguardo sul principe Asir, e sorrise malignamente.
Si rialzò, fissando lo Jotun ancora sotto il controllo di Laufey.
 

- Uccidili. Tutti e due. A cominciare dallo scarto -, ordinò.
Lo Jotun si mosse verso di loro senza obiettare.



 
Thor strinse Mjolnir in mano, guardandolo storto.
Che venga, il Gigante. Io non mi arrenderò finché non sarò morto.
Si preparò all’offensiva, sicuro che sarebbe stato il duello più difficile che avesse mai affrontato.

Eppure, il colpo non arrivò.
 



Sentì, anzi, una forte esplosione.
Poi vide Farbauti bloccarsi.
In qualche modo divenne.. diverso.
 



I suoi occhi persero l’innaturale gelo, e il loro vuoto scomparve, presto rimpiazzato dallo smarrimento.
Le ferite che aveva riportato nello scontro con Byleistr, più quelle che lo avevano condotto alla morte, ripresero a sanguinare, stavolta come se avessero un reale effetto nel Gigante.

Cadde a terra, tossendo sangue, ignorando gli altri presenti.


 
Skrymìr lo guardò sconvolto. Poi vide che anche le proprie ferite cominciavano a riaprirsi.
- No.. -, mormorò. – NO! -.
 
- LAUFEY NON PUO’ AVER PERSO! -, urlò. Poi, pieno di rabbia, si voltò verso Thor, che aveva posato delicatamente Loki a terra. – VOI! VOI SARETE I PRIMI A PAGARE! -, affermò.
Preparò un colpo mortale, intenzionato a uccidere i due principi.
 
Ma il suo lancio fallì, come deviato, per finire verso una parete lontana.
 
 
 
 








- Non credo proprio che lo farai -, affermò una voce.

Con sollievo, Thor si voltò verso la direzione da cui proveniva, e vide Helblindi, presto seguito da Sif, che camminava verso di loro. Nella sua forma Jotun era più alto del Muspell di cui aveva preso possesso Skrymìr.
Ebbe il brutto presentimento che stesse per accadere qualcosa di terribile.

Gli occhi di Helblindi Laufeyson erano più infuocati e furenti che mai.
Non  leggeva solo furia, in essi. Quella non l’avrebbe spaventato.
 



C’era un abisso di odio, nelle iridi rosse del mago.
Un abisso talmente profondo da essere forse incolmabile.
C’era sete di sangue.



 
E forse solo il sangue avrebbe potuto riempire quel baratro di rabbia e rancore.




Skrymìr probabilmente ebbe la sua stessa impressione.
Indietreggiò, con il terrore negli occhi.
- Helblindi. Sei ritornato giovane.. -.
- Perspicace. Per fortuna avevo una valida alleata al mio fianco -, disse.
 



Era arrivato lì direttamente volando, lasciando Sif sola in quella stanza, a inseguirlo.
La sua rabbia non si era ancora smaltita completamente. La morte così veloce di Laufey non lo aveva per niente soddisfatto. Non era abbastanza, per tutto quello che aveva fatto.
Qualcuno doveva pagare.
Rimaneva Skrymìr e lui era stato abbastanza sadico da riaccendere la furia di Helblindi come niente.
 
- Allora è finita qui. Molto bene, mi arrendo. Rinchiudetemi, se proprio volete.. -.

- Credi forse che te la caverai così? -, parlò Helblindi. Nonostante ciò che riflettevano i suoi occhi, il suo tono era estremamente calmo. Gelido. Nessuna delle persone presenti lì dentro lo aveva mai sentito parlare in quel modo. Forse l’unico a conoscere veramente quella parte di lui era Byleistr.

- No, Skrymìr. Hai commesso troppe atrocità per fartela passare liscia, questa volta. In passato sarei stato disposto a perdonarti qualsiasi cosa, a credere a una qualunque delle tue scuse. Ora non più. Ora pagherai. E la tua punizione, prima di ritornare a Helheim, sarà molto, molto severa -.
 
E prima che qualcuno potesse fermarlo, alzò il braccio destro verso di lui, evocando un Seidr nero come la sua rabbia. Dopodiché, strinse la mano a pugno.
 
E fu lì che Skrymìr cominciò a gridare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Loki aveva spiegato centinaia di volte a Thor che la magia non si divideva in ‘buona’ e ‘cattiva’.
Erano le intenzioni a fare di un incantesimo un’azione malvagia o meno, o almeno questo affermava lui.
Eppure in quel momento il Tonante non ne fu tanto sicuro.
 
All’inizio era troppo smarrito per intervenire. Era come se fosse stato del tutto assente.
Quasi non sentiva le urla di dolore di Skrymìr. Probabilmente, quella tortura includeva un dolore atroce in tutto il corpo. O forse era solo un gioco mentale, non lo sapeva e non gli interessava saperlo.
 
Poi si riscosse. Chi stava subendo l’incantesimo di Helblindi non era una persona innocente, lo sapeva benissimo, ma non avrebbe assistito un minuto di più a quella malvagità inutile.
 
- Helblindi, basta! Pagherà quando si troverà ad Helheim. Non puoi fare da giudice e boia contemporaneamente! -, affermò. Cercò di avvicinarsi, ma scoprì un campo di forza troppo forte per essere superato o distrutto. Chissà se Helblindi lo aveva innalzato consciamente.
In ogni caso ottenne solo una risposta negativa.
- Ha ucciso l’unico figlio che avevo! Mi ha ingannato, e io non avrò mai più la possibilità di diventare padre! -, replicò, con le lacrime agli occhi. – Ha contribuito a uccidere migliaia di innocenti e torturato mio fratello per anni! Merita di provare il dolore che ha provocato ad altri! -, disse, sovrastando le urla.
- Ma questa non è giustizia, Helblindi! Questa è solo una vendetta. Pensi che a tuo figlio sarebbe piaciuto sapere cosa rischi di diventare? -, domandò Sif, anche lei bloccata.
- A quest’ora, se fosse vivo, sarebbe un adolescente e io forse potrei saperla, la sua opinione. Invece è morto pochi giorni dopo la sua nascita e non saprò mai che tipo di persona sarebbe diventato -.
- E’ vero. Ma così facendo non onori la sua memoria, tutt’altro! Ti stai solo riducendo al livello di carnefici come Skrymìr e Laufey. Non fare il loro stesso gioco crudele. Io penso, anzi so che tu sei una persona migliore di loro, Helblindi. Non tradire questa impressione -, disse, concludendo la sua risposta con una frase che lo stesso Jotun, non molto tempo prima, le aveva detto.
 
Ci volle ancora qualche secondo perché Helblindi abbassasse il braccio.
- Molto bene. Vorrà dire che sarà Hela a decidere cosa fare di lui. Tanto morirà in ogni caso, ora che non c’è più Laufey -, disse, lasciando Skrymìr a stramazzare al suolo. Poi vide Loki, accasciato per terra, e camminò a passi svelti, per capire quali fossero le sue condizioni. Ignorò le domande preoccupate di Thor, controllando il moro con un incantesimo. – Sta bene. Ha una resistenza forte, nonostante le apparenze. Un po’ di riposo dovrebbe bastare, quando saremo usciti da qui e questa storia sarà finita -.
Nel frattempo, il fratello più piccolo aveva riaperto gli occhi, leggermente smarrito.
Presto si rese conto che Farbauti e Skrymìr non erano più un problema.
Non si accorse subito di Helblindi, però. Il suo sguardo era proiettato su suo padre, ormai morente.
Il mutaforma seguì il suo sguardo, vedendo solo in quel momento lo Jotun.
Stupito si alzò, andando verso di lui. – Papà! -.





 
Immediatamente si vergognò di quello che aveva fatto.
Credeva di aver imparato a contenersi, e invece..
Era scoppiato proprio di fronte a suo padre. Non si sarebbe mai liberato del tutto dal suo lato più nero, aggressivo e lunatico, lo sapeva, ma non credeva di essere ancora capace di arrivare a quel punto. In quel periodo erano successe tante cose, che avevano sconvolto l’equilibrio mentale costruito in tutti quegli anni.
 
Si chinò su suo padre. Il suo aspetto non era cambiato affatto.. E lui cercava di memorizzare ogni singolo tratto del suo corpo, provando a imprimerlo nella sua memoria il più possibile.
Era solo un bambino quando lo aveva perso. A volte i ricordi su di lui erano sfocati.
 
- Mi dispiace. Non avrei dovuto farlo, sono stato meschino.. Perdonami -, disse.
Farbauti tossì, cercando di parlare. Ancora poco, e sarebbe ritornato al mondo dei morti, lo sapevano entrambi. Helblindi poteva anche curare tutte le sue ferite, ma non avrebbe potuto cancellare che in ogni caso il figlio di Jormungandr era defunto tanti anni prima. E ai defunti apparteneva.
 
- Helblindi.. a questo punto non mi importa un accidenti cosa gli hai fatto.. -, disse, e nonostante tutto sorrise. – Sono comunque fiero.. di te, di Loki, e di Byleistr.. Mi dispiace per quello che io ho commesso.. -.
- Non è colpa tua, eri controllato da Laufey – rispose Helblindi, la cui rabbia si era ormai sbollita.
Cambiava umore molto facilmente, questo non si poteva negare.
- Sì invece, perché avrei dovuto prevederlo.. -, replicò il più anziano. Chiuse gli occhi.
- Mi sono scontrato con Byleistr, prima di venire qui.. l’ho colpito più volte, e non sono riuscito a ribellarmi agli incanti di Laufey.. Devi andare da lui, Helblindi. E subito -.
Helblindi perse un battito. – Byleistr? E’ qui? No, papà ti prego dimmi che non è stato così stupido.. -.
Ottenne solo silenzio. Si alzò di scatto. – Dov’è? -.
Con un cenno della testa, Farbauti gli indicò la strada.
Helblindi lo guardò un momento, indeciso se lasciarlo lì, mentre ritornava al Regno di Hel.
Loki si fece avanti. Aveva il viso tremendamente pallido. Probabilmente aveva paura quanto lui per il fratello, ma si avvicinò allo Jotun con determinazione. – Sto io con lui. Non potrei comunque essere di aiuto. Vai da Byleistr, salvalo. Adesso, o sarà troppo tardi -.
Helblindi annuì. Loki aveva passato meno tempo di chiunque altro con Farbauti. Almeno in quel momento, aveva il diritto di stargli vicino fino alla sua seconda morte.
- Addio papà -.
Ti voglio bene.
Corse nel corridoio indicatogli, cercando di soffocare il pianto.
 
Non era mai stato bravo con gli addii.
 
 
 
 
 








 
 
I soldati che i Tre Guerrieri stavano combattendo erano Muspell veri e propri, che si erano alleati con Laufey forse sperando di guadagnare un po’ di potere. Il Matricida era bravo a raccogliere consensi.
Perciò non avevano smesso di lottare alla morte di Laufey.
 
E i due Asir (più il Vanir), stavano drammaticamente avendo la peggio.
Pur essendo considerati delle divinità, anche loro avevano dei limiti. Di bravura, ma soprattutto di resistenza. Cominciavano ad avvertire la stanchezza e se non fosse venuto qualche aiuto per loro sarebbe finita molto male. E morire per mano di un Demone di Fuoco non era molto piacevole.
 
Volstagg scostò appena in tempo Frandal dal ricevere un brutto colpo di fiamme.
Nel frattempo non si era accorto che Hogun aveva trafitto il Muspell che stava per ucciderlo.
 
 
La loro situazione era disperata.
Se non fossero venuti dei rinforzi..
 
 
 
D’improvviso, una grande luce pervase l’abitacolo, travolgendo tutti i Demoni lì presenti.
Quando si diradò, i tre uomini videro, con stupore, che di fronte a loro vi era un esercito.
 
In testa ai soldati, un enorme lupo dal pelo grigio ringhiava ai Muspell.
Sopra di esso, montava un nano Jotun dall’aria forse ancora più feroce dell’animale.
 
 
 
I Tre Guerrieri capirono che Laufey doveva essere morto.
Le barriere che imprigionavano i non-viventi nell’aldilà erano di nuovo sotto il comando di Hela.
 
 
- Coraggio, guerrieri di Helheim! Confido nella vostra forza! Mostriamo a questi pagliacci travestiti da fiammeri di che pasta è fatta la stirpe di Ymìr! ALL’ATTACCOOOO!!! -.
Come una cosa sola, i guerrieri del regno dei morti si mossero verso i nemici, travolgendoli.
 
I guerrieri si riscossero, mettendosi da parte. Erano troppo stanchi per poter essere di molto aiuto, e comunque i morti non ne avevano affatto bisogno. Vinsero, anzi, con molta facilità.
In mezzo videro anche la Regina e Modgudr, vicini al Domatore di Bestie.





Erano salvi.
Almeno loro.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 42
*** Fine + Epilogo ***









- BYLEISTR! -, il mago corse verso il corpo inerme del fratello, guardando con orrore i segni della lotta contro Farbauti. Perché si era battuto contro di lui? Perché, ancora una volta, doveva sacrificare se stesso per il bene di qualcun altro?! Perché non aveva semplicemente lasciato che..
 
Lasciato che cosa? Farbauti andava trattenuto, e tu lo sai bene. Come lo sapeva anche Byleistr.
Con un braccio, Helblindi si asciugò una lacrima, prima che questa potesse uscire dall’occhio.
Come lo sa anche Byleistr. E’ ancora vivo. E io non lascerò che se ne vada. Non lo abbandonerò.
Non di nuovo.
 
Ma guardandolo, capì che suo fratello era in condizioni troppo critiche. Aveva diversi lividi violacei grandi quanto il palmo della sua mano, un occhio pesto e due denti rotti.  La spalla slogata gli dava una posizione innaturale. Ma la situazione peggiore era , tra il petto e l’addome, dove una serie di emorragie interne facevano bella mostra di sé con delle macchie violette che si estendevano larghe e dense in quasi tutta la pelle. Dalla bocca era uscito un rivolo di sangue, ora scuro.
 
Helblindi, guardandolo, non poté fare a meno di ricordare come suo padre fosse morto.
 
 
 
E non poté fare a meno di ricordare come non fosse riuscito a fare niente, di fronte alle ferite di Farbauti.
Era un bambino inesperto, all’epoca, ma questo non fece alcuna differenza.
Per alcuni istanti, si bloccò lo stesso.
Temendo di fallire una seconda volta.
Temendo di veder morire suo fratello – e stavolta per davvero.
 
Si considerava un medimago esperto. Più che esperto.
Ma a volte i suoi sentimenti gli impedivano di ragionare lucidamente.
E se con le metamorfosi andava più che bene lasciarsi andare all’istinto, almeno nel suo caso, con altre branche della magia non era affatto così. Con altre avrebbe potuto persino peggiorare i danni.
 
Si impose di respirare lentamente. Doveva cercare di stare calmo. Ragionare come guaritore e non come fratello. Solo così avrebbe potuto salvare Byleistr.
Ma era così difficile..
 
- Stupido, stupido, stupido.. -, mormorò. – Come hai potuto pensare di poterlo affrontare da solo.. -.
 
Ma, riflettendoci meglio, forse nemmeno Byleistr pensava di poter tenere testa a Farbauti.
Semplicemente, aveva sempre avuto una terribile inclinazione per il sacrificio.
E non aveva più abbastanza amore verso se stesso perché gli importasse realmente di rischiare la vita.
Soprattutto se ci andavano di mezzo lui o Loki.
 
 
..Adesso sì che era vicino alle lacrime.
- Byleistr.. -, Helblindi provò a utilizzare la magia, riuscendo a guarire solo le ferite meno profonde.
Rimanevano le emorragie mortali.
 
Il cuore di Byleistr aveva smesso di battere.
 
No no no no no! Byleistr resisti.. puoi farcela.. devi farcela! Non reggerei anche la tua morte, lo sai!
 
Ci siamo appena riconciliati! Non puoi farmi questo!
 
- BYLEISTR! -.
Cominciò a scrollarlo, ormai disperato, come se questo sarebbe potuto bastare per risvegliare il fratello.
 
- Byleistr, ti prego svegliati.. -, gemette, prendendolo fra le braccia.
Le sue lacrime cominciavano a scendere, lente e dolorose, sul viso di Byleistr, tanto i due erano vicini.
 
E si malediva, Helblindi. Si malediva, perché nonostante tutto quello che aveva imparato, nonostante tutte le sue esperienze e le sue competenze, ancora non riusciva a mantenere abbastanza sangue freddo quando una persona a lui così cara rischiava la vita.
 
Ci era riuscito con le bruciature, sì. Ma quelle ferite al ventre avevano inibito il suo raziocinio.
 
Gli avevano ricordato quanto fosse facile fallire.
Gli avevano ricordato quanto fosse facile desistere e non riuscire a perseverare.
Gli avevano ricordato quanto fosse facile perdere qualcuno per sempre senza alcun preavviso.
 
 
Quanto avrebbe voluto che Byleistr avesse avuto la capacità di guarire in fretta come lui..
Se non fosse stato per tutti quei maltrattamenti, che lui subiva senza un lamento solamente per proteggerlo, non sarebbero mai arrivati in quel punto. Mai.
 
 
 
Se solo lui avesse potuto..
 
 
- Ma... è Helblindi il maggiore! -, rispose Byleistr, dubbioso.
- Sappiamo entrambi com’è fatto. E’ troppo sensibile, si lascia prendere dalle emozioni e se ne lascia influenzare. E questo può essere molto pericoloso. Tu invece sei più saldo, come me. Sii forte, per te e per lui. Devi proteggerlo, dagli altri e, soprattutto, da se stesso -.
 
 
Helblindi alzò il viso, guardando il volto tumefatto di Byleistr. I suoi occhi chiusi.
No, papà. Tu non hai mai avuto la forza di Byleistr. Io e te abbiamo sempre condiviso la stessa debolezza, invece. Non abbiamo mai fatto quello che andava fatto.
Ma adesso è il momento che io diventi forte per Byleistr. Adesso sta a me proteggerlo.
 
 
La sua magia cominciò a insinuarsi nel corpo di Byleistr. Era ancora troppo scosso per guarirlo – ma forse, forse la rigenerazione di suo fratello non era morta del tutto. Forse era solo assopita o inibita. In quel caso, se si fosse impegnato, avrebbe potuto studiare la situazione con il suo Seidr, e risvegliare la rigenerazione in modo tale che Byleistr guarisse da solo, almeno in parte.
 
Studiò a fondo il suo organismo, le sue cellule. La rigenerazione era scritta nel codice genetico. Non poteva, perciò, scomparire.
 
Provò a rianimare Byleistr con delle scosse elettriche. Una, due, tre volte.
 
Usò tutto il Seidr che aveva per riuscirci.
Non aveva mai fatto niente del genere prima, ma non poteva permettersi di fallire.


Non poteva..
 
 
 




************* 
 




 
 
Byleistr si svegliò molto lentamente, quasi come se un incantesimo lo tenesse tutt’ ora ancorato al mondo dei sogni.
Non pensava che fosse così, Helheim. Escluso il dolore sordo che avvertiva in tutto il corpo, specie nel busto, non era niente di terribile. Di certo non era una delle classiche punizioni per le anime dannate dell’aldilà.. Almeno, secondo le storie. E di certo non poteva andare nel Vhalalla, lo escludeva a priori.
 
Ma era sicuro di essere davvero morto?
Aprì gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per abituarsi alla luce. Dove si trovava?
- Ben svegliato, Re Byleistr -, disse una voce femminile, che trovò stranamente calda e vagamente familiare.
 
Voltandosi alla sua sinistra, vide, seduta su una semplice sedia di legno e avvolta nelle pellicce, la Regina Frigga, con uno di quei sorrisi materni che di rado aveva visto nella sua vita.
 
E che non erano mai stati rivolti a lui, comunque.
 
Guardandosi intorno, capì di essere nella sua stanza. Sempre alla sua sinistra, dietro alla donna Asir, c’erano mobili che non aveva mai avuto prima: in una poltrona era seduto Helblindi, con la mano poggiata sul capo storto. In un piccolo divanetto, invece, Loki era appoggiato al petto di Thor, che aveva la testa appoggiata sull’alto schienale. Tutti e tre stavano dormendo un sonno profondo, e il Tonante, notò Byleistr irritato, russava.
 
- I tuoi fratelli volevano aspettare qui il tuo risveglio. Hanno vegliato su di te tutto il tempo, e hanno congiunto tutte le loro forze per guarirti. Thor non voleva lasciare solo Loki. Aveva paura che si sforzasse troppo, nelle sue condizioni. Mi ha chiesto di sostituirli nel caso ti riprendessi mentre si
riposavano -.
 
Byleistr non rispose subito. Cercò di mettersi a sedere, indolenzito come mai prima di allora. Nemmeno le impietose frustate di Laufey avevano mai avuto quest’effetto su di lui. E a tal proposito..
 
- Cosa è successo.. a Muspellheim? -, chiese, sforzandosi di non sembrare troppo esausto.
- Penso sarebbe meglio se adesso tu ti riposassi ancora un po’, Re Byleistr. Abbiamo vinto, ti basti sapere questo.. E sei rimasto incosciente per sei giorni. Non è il caso che tu faccia sforzi eccessivi -.
 
- Sei giorni? -, chiese, senza nascondere lo stupore.
 
La Regina annuì. – Nessuno sapeva se ti saresti ridestato o meno. Solo al quarto giorno siamo stati sicuri che era solo una questione di tempo -, continuò, versandogli un bicchiere di Concentrato da una brocca sul comodino, che il Gigante prese senza lamentarsi.
 
Mentre beveva, però, notò che c’era qualcos’altro di diverso, in quella stanza. Appoggiò il boccale sul mobile, e poi parlò, alzando un sopracciglio.
 
- ..Quelli.. cosa sarebbero? -, chiese, indicando il mobile ai piedi del letto strapieno di oggetti.
- Doni -.
- Doni -, ripeté lui. No, non aveva del tutto elaborato il significato di quella parola.
- Beh, non è da tutti affrontare un non-vivente sapendo di non poterne uscire vivi. Hai tenuto testa a tuo padre per ore, Byleistr. In condizioni normali, forse lo avresti anche battuto. Alcuni Reami hanno voluto ringraziarti. Sei stato l’unico che ha veramente sfiorato la morte durante l’attacco  -.
 
- ..Fantastico.. -, mormorò lui, senza nascondere troppo il suo sarcasmo.
 
Frigga sorrise.
 
 
 
 
 
Epilogo
Due mesi dopo..
 
 
Helblindi aprì il libro di anatomia Asir, pregustandosi un piacevole pomeriggio alla scoperta della medicina Asgardiana. Loki era in giro da qualche parte a organizzare i preparativi del matrimonio con Thor, e non lo avrebbe rivisto fino a sera. Byleistr stava sbrigando delle faccende burocratiche a Jotunheim, e lui si trovava nella biblioteca di Asgard, in quel momento completamente deserta.

Pace. Finalmente.

Non era la prima volta che inseguiva persone gravide per evitare che facessero idiozie (Loki era un tipo fin troppo vivace, sotto quel punto di vista. Forse lui e Thor avrebbero dovuto legarlo a una sedia, chissà, prima che uno dei suoi esperimenti magici gli esplodesse in faccia durante la gestazione), ma stare ad Asgard come ‘ospite diplomatico’ (la posizione ufficiale era quella), era stato più faticoso del previsto. Stare in mezzo a tutti quegli Asir (con la loro puzza di idromele inclusa) era davvero noioso. Anche quando erano amichevoli sapevano parlare solo di duelli!
 
E poi c’erano le faccende politiche.
Meglio non parlarne. Anzi, basti dire che più volte Byleistr e Loki avrebbero voluto strozzarlo.
La sincerità legata al sarcasmo tendeva a fare poche amicizie.
 
 
In ogni caso era lì, ed era deciso a rimanerci finché non fosse calata la notte.
Era persino passato su Midgard a prendere una di quelle specialità preconfezionate chiamate ‘patatine’, ed anche un pacco di biscotti, cosicché non avrebbe dovuto interrompere la lettura per andare al banchetto.
A guardarlo nessuno lo avrebbe mai pensato, ma Helblindi mangiava parecchio e non disdegnava le schifezze sostanzialmente nocive che gli umani del ventunesimo secolo si ostinavano a mangiare. Lui si giustificava dicendo che la sua rigenerazione bruciava un sacco di sostanze nutritive, compresi i grassi. Chissà se era vero.
 
 
Stette lì a leggere per un po’, rilassato.
Non aveva mai avuto molto sesto senso riguardo agli eventi futuri, altrimenti sarebbe stato piuttosto nervoso.
 
 
Perciò si stupì nel vedere Lady Sif entrare dentro la biblioteca di corsa, presto seguita dai Tre Guerrieri. Ella stava urlando loro di smettere di inseguirla, perché era una donna adulta e autonoma. 

Ma che diamine succede?, pensava Helblindi. Sif pareva piuttosto alterata.

Alterata con lui.
Il che era strano, perché non le aveva fatto assolutamente niente e nelle ultime settimane stavano persino stringendo un rapporto di simpatia.
 


Che abbia il ciclo?, pensò Helblindi. Poi scosse la testa.
Solo le femmine terrestri avevano così tanta sfiga da avere le mestruazioni.


 
- Helblindi, devo parlare con te. Urgentemente -, disse lei.
Il mago si alzò, lasciando il libro aperto alla pagina che stava leggendo. Si avvicinò.
- Dimmi pure. C’è qualche problema? -, le chiese.
 





 
Sif lo fissò in silenzio per un istante. – Sono incinta -, gli disse diretta.

Helblindi non sembrò molto turbato.
- Congratulazioni. Sei venuta da me per qualche consiglio? -.
Non vide Hogun che si era coperto il volto con una mano.
Stupido, aveva pensato il Vanir.



 
Sif scosse la testa, altrettanto esasperata. – Non hai capito. Aspetto un bambino.. E il padre sei tu -.


Lo Jotun alzò un sopracciglio. – Impossibile, Sif. Te l’ho detto, sono sterile. Non posso essere io, dev’essere stato qualcun altro a.. -, rispose Helblindi, ma la valchiria lo interruppe.
- Negli ultimi tempi non ho avuto rapporti con nessuno, Helblindi. Tranne che con te. Puoi essere soltanto tu -, disse, fissandolo negli occhi. Il mago cominciò a innervosirsi.
- Ti dico che ti sbagli Sif. Sono sterile. Come un deserto. Se non hai fatto sesso con nessun altro, probabilmente è un falso allarme, nulla di cui tu ti debba preoccupa.. -.
- Non è un falso allarme! Ne sono certa. Più che certa -, ribatté lei. – Controlla, se non ti fidi -, continuò, poggiando le mani suoi fianchi. I suoi occhi lanciavano una sfida. Una sfida che era sicura di vincere.

Helblindi sospirò. Tanto non è possibile, pensava, allungando la mano verso il ventre di lei.
 



Bastò un banale incantesimo per confermare che si sbagliava.
 
 



Un fascio di luce blu comparì tra le sue mani, e nella sua mente percepì una presenza, estranea eppure dannatamente familiare (come se il suo corpo la riconoscesse), presente dentro l’utero di Sif.
 

Confuso, alzò lo sguardo verso di lei, sudando freddo.
 
- Sei.. sei incinta? -.
- Sì -.
- E sei.. sei sicura che sia proprio mio..? -.
- E’ tuo. Non ho alcun dubbio -.
 



 

 
Il Gigante la fissò per un solo istante, sconvolto.
Poi, sentì la terra mancare sotto i suoi piedi, e svenne.
L’ultima cosa che sentì, prima di perdere i sensi, furono le braccia di Frandal e Volstagg afferrarlo.








 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
 




 NOTE AUTRICE - SI PREGA DI LEGGERE PER FAVORE!
 
E mentre una coppietta d’imbarazzati russi chiacchiera allegramente, io mi accingo ad aggiornare.
No davvero, sono teneri. Non capisco – ovviamente – quello che si dicono (tra di noi parliamo in inglese) ma si capisce che si piacciono, dato che è tipo la quarta serata che passano insieme solo loro due (non credo che facciano altro, perché mi sembrano piccioncini troppo innocenti, però non posso saperlo: ho il sonno MOLTO pesante xD).
Eh sì signore e signori, sono all’estero in vacanza-studio, precisamente a Liverpool (esatto, la città dei Beatles xD). Sono qui da circa una settimana, e fortunatamente ci sono connessioni wi-fi per gli studenti :D teoricamente avrei dovuto aggiornare ieri, ma eravamo a Londra e siamo tornati tardi. Posso aggiornare solo di sera ma ovviamente ero stanca morta, stranamente c’era molto caldo e quindi la gita è stata più faticosa xD
Perciò eccomi qui! Ma bando alle ciance. Il capitolo finale non mi è piaciuto PER NIENTE =.=’ e da qui sono arrivata alla conclusione che non mi trasferirò mai all’estero a tempo indeterminato, perché parlando in inglese tutto il giorno poi le parole italiane la sera non mi vengono quando scrivo -.- è frustrante.
 
 
Comunque, come vi pare il finale? Siete sorpresi? Sconvolti? O ve lo aspettavate?
Ora per sapere come finisce si va a CAPELLI, miei cari lettori e mie care lettrici ^^ (per chi non lo sapesse è una mia long in corso da qualche tempo, che include anche Missing Moment della vita di Sif).
Ma prima di passare a quella raccolta sono molto CURIOSA…
Che ne pensate della fanfiction? Vi è piaciuta? L’avete letta con piacere? Avreste preferito che le cose andassero diversamente? Insomma, cosa ne pensate? C’è qualcosa che devo migliorare, avete idee o pareri da darmi? Mi piacerebbe se tutte le persone che mi hanno seguito lasciassero una piccola recensione per sapere cosa ne pensano :) in tal caso ve ne sarei infinitamente grata!
Non pretendo un rotolo di pergamena, ovviamente ^^’
 
Comunque, adesso credo che per qualche settimana mi fermerò (esclusi gli aggiornamenti di CAPELLI, tanto i capitoli sono già pronti xD), poi si passerà a The Crown Prince, ovvero la long pre-NSSARDS con i Missing Moments sulla vita di Byleistr (precisamente dal suo divenire Sterminatore di Scarti al patto con Frigga). Se avete domande riguardo questa long, non esitate a chiedere, risponderò ;)
 
Bene, adesso me ne vado ad aggiornare CAPELLI.. poi non so, forse me ne andrò nella mia stanza a vedere un film con il mio amato Richard Armitage.. o perché no uno con Michael Fassbender, vedremo.
 
 
Alla prossima! Ci vediamo all’angolo delle recensioni :D
Un bacio,
Madama Pigna :* 

Ritorna all'indice


Capitolo 43
*** Ringraziamenti ***


Nella mia infinita distrazione, mi sono dimenticata una cosa molto molto importante che un'autrice non dovrebbe mai dimenticare:
I RINGRAZIAMENTI.


Bando alle ciance e alle scuse, e passiamo subito a ringraziare le persone che mi hanno seguito per tutto questo tempo:


Coloro che, innanzitutto, hanno
RECENSITO, dandomi sempre il loro parere, con consigli, critiche e complimenti, che mi hanno sempre spinto a proseguire:

P.s. non metto i nomi con un ordine preciso, quindi non importa se il vostro nickname appare per ultimo o per primo :) 


LadyRhaenys_Targaryen
Camelia_Calliope
Aim High
Merihon
Sarah del mondo antico
queensan
I love chocolate
ThisDick__
roby_lia
Judith_piton98
Destiel_Doped
ice_shadow
Lady Sigyn
Tsuzuki88
Crazy demon
frostgiant
Loki94
bea13_1991
jim92
Emenya
GretaJackson16  

In particolare ringrazio LadyRhaenys_Targaryen, che dalla sua prima recensione non me la sono praticamente più tolta di dosso (in certi capitoli sei stata l'unica a recensire, e il tuo modo di fare mi ha sempre fatto ridere, risollevandomi spesso il morale e la voglia di continuare <3), roby_lia, che invece di studiare per i suoi esami preferiva leggere la mia fanfiction (cosa che io forse non avrei fatto se fossi stata all'ultimo anno di liceo!), Camelia_Calliope, che è stata una delle prime a recensire la storia e che ha sempre colto i dettagli e i miei piani diabolici, non disdegnando nemmeno di darmi critiche/consigli, cosa da non sottovalutare :) frostgiant, la quale mi ha reso fiera di me stessa con le sue recensioni e con il suo attaccamento alla storia. E poi anche ice_shadow, Destiel_Doped, Crazy Demon e Judith_piton98.
Grazie a tutte voi (ma ci sarà qualche maschietto in questo sito? o.O)


Poi passiamo a chi ha messo la mia storia nelle
PREFERITE:

akiralovemanga
Alcibiade88
Alouette D Claire
Chiccardj
Crazy demon
dany_smile
Doflamingo_Mihawk
Dracarys96
Fandom_Fan
Free_doom
Frosthawk
gleencester
ice_shadow
irasebeth bloodgarm
jim92
Judith_piton98
La Morenas Riddle
LadyRhaenys_Targaryen
Lady_Mad_Hatter
LokiLove
Magnifica Me
RobysRasia
Sami Toivonen
Ship_COFFE_Bar
Venere DG
Zenior

Nelle
SEGUITE (siete un bel po' xD):

1 -
Aim High
2 - AkiraSeven_99
3 - Alexandra_27
4 - AnaisAnais79
5 - Anastasia_Snape
6 - anita92
7 - AoiBara
8 - Black ace
9 - blackdavil
10 - blackwhiteeli
11 - BLUFLAME
12 - calinevivien
13 - Camelia_Calliope
14 - chiara336
15 - Chinaski
16 - Ciel88
17 - cino nero
18 - Destiel_Doped
19 - Dot94
20 - Edimburgh_
21 - Ellie96
22 - Emenya
23 - ero io
24 - FenrirLokison
25 - Freia89
26 - frostgiant
27 - GjXD
28 - GretaJackson16
29 - jensen girl
30 - jim92
31 - Keyra_
32 - La Morenas Riddle
33 - LadyGrave
34 - LadySky
35 - Leliwen
36 - Lilife
37 - Loki94
38 - Lori Liesmith
39 - mandarino
40 - masu666
41 - Merihon
42 - me_seroy
43 - mik92
44 - miley2805
45 - murasachineko
46 - MusikAnime
47 - Myosotis
48 - O c e a n
49 - obiwankenobi
50 - onemorething
51 - PesceConCrema
52 - pometto
53 - Princess_Klebitz
54 - queensan
55 - roby_lia
56 - Rumy
57 - Ryanne
58 - Sarah del mondo antico
59 - Sasha29
60 - Selvy
61 - Shiny11Star
62 - shuroxkei
63 - stefydlv
64 - stellarossa
65 - Tesoruccio_Maya
66 - vivodiricordicherestano
67 - Walli
68 - Whatsherface
69 - zackaide
70 - Zenior
71 - Zigo
72 - _G_J_
73 - _monique_

Scusate ma non ho la forza di togliere link e chincaglierie varie xD



Poi chi ha messo NSSARDS tra le
RICORDATE (pochi ma buoni (: )

1 - dany_smile
2 - roby_lia
3 - Sadako94
4 - Tsuzuki88
5 - _Phobos_  



Infine,
ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui, leggendo la mia storia con passione ed interesse. Vi ringrazio di cuore, tutti quanti <3
Mi avete dato il coraggio e la forza per continuare questo viaggio insieme (oddei si vede che sto male, è una frase COSI' fatta -.-), terminando la (per me) grande impresa di scrivere una storia di ben 42 capitoli (che per la sottoscritta, da sempre inconstante in una maniera vergognosa, non sono affatto pochi!).

Ma il viaggio continua.. ci saranno altre mete, altre tappe, altre storie. I personaggi di questa fic mi sono rimasti nel cuore e dubito che riuscirò mai a toglierli (sempre SE vorrò ù.ù), e nemmeno per loro è finita qui. La vita continua, e per la loro ho tante, TANTE idee in mente.

(Sì, parlo anche della prole, sebbene non sia mia intenzione fare una cosa in perfetto stile BEAUTIFUL).

Perciò.. se qualcuno volesse accompagnarmi in questo viaggio, preparate gli scarponcini da trekking, si camminerà un sacco!
(e ditemelo tramite MP, se volete essere avvisati di eventuali nuove storie e/o aggiornamenti. Per me non è un disturbo :) ).


E in caso dimostrassi segni di cedimento, non esitate mai a farmelo notare ù.ù




Grazie, grazie ancora. Penso che non ci sia bisogno di dire nient'altro.
Alla prossima storia :)

 
Madama Pigna      

 





 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1981633