TeenAgers

di Angele87
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** -2- ***
Capitolo 3: *** TeenAgers -3- ***
Capitolo 4: *** TeenAgers -4- ***
Capitolo 5: *** TeenAgers -5- ***
Capitolo 6: *** -6- ***



Capitolo 1
*** 1 ***


TeenAgers

TeenAgers

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

 

Il leggero vento fresco di fine estate mi accarezza con trasporto le mie gote rosa. Quella brezza frizzante e terribilmente rilassante, porta con sé l’odore del mare.

Se solo chiudessi gli occhi potrei rivedere il lungo litorale della mia cittadina natale. Se mi concentrassi meglio potrei scorgere una coppia di amanti abbracciata, potrei risentire il rilassante scroscio delle onde, la bellissima sensazione della sabbia umida sotto i piedi nudi.

L’emozione di quella giornata incredibile la porto ancora segretamente custodita nel mio cuore. In un posticino remoto e invalicabile della mia anima, nascosto in uno scrigno segreto, così che nessuno me lo possa rubare.

 

Sono passati quasi 10 anni da quel bellissimo girono di fine estate.

Da quel periodo della vita in cui non si sa nulla né di sé, né degli altri. Da quell’ intervallo della vita in cui tutto ti sembra ingiusto e avverso. Da quel momento della tua crescita in cui vorresti correre a nasconderti e non uscire più fino alla fine del mondo. Da quell’attimo magnifico che ti regala le sensazioni più belle, dalla difficile parte di vita chiamata adolescenza.

 

Mi volto con sicurezza avvicinandomi, silenziosamente, all’elegante culla bianca un po’ più lontana dalla finestra.

Il vento fresco non disturba il sonno del mio bambino.

Mi appoggio con dolcezza al bordo morbido del piccolo letto e osservò quella creatura dormire.

Il pancino soffice, fasciato dalla leggera tutina di colore blue, si alza ed abbassa ad un ritmo regolare. I piccoli pugni rosa sono stretti e tenuti con fermezza contro il petto.

Scosto il leggero velo che lo ricopre e con titubanza gli accarezzo la testolina piccola e priva, quasi, di capelli.

 

-Cosa sogniamo, piccolo principe mio?- gli sussurro consapevole di non poter ricevere alcuna risposta.

Il bambino si sposta di lato cercando nel sonno qualcosa o semplicemente qualcuno.

 

Sorrido, anche suo padre si comporta nella stessa, identica maniera.

 

-Che cerchi?- continuo accarezzandogli la guancia. Come per rispondermi, apre i suoi bellissimi occhioni nocciola striati da intensissimi tratti verdi. Non piange, si limita a scrutarmi con quelle pozze espressive ereditate da suo padre.

 

Gli faccio un piccola linguaccia ottenendo come risultato un suo sorriso sdentato. Alza una manina verso i miei capelli ricci e bruni. Semplicemente li adora.

 

-Vuoi tirarmi i capelli?- gli chiedo prendendolo in braccio senza più resistere. Si accoccola contro una mia spalla.

 

Lo sente ridere ancora mentre con una mano cerco di afferrare il leggero lenzuolo di lino. Glielo sistemo addosso coprendolo ben bene.

Mi avvicino alla finestra sedendomi sulla comoda sedia a dondolo.

 

-Sai che dovresti dormire?-gli chiedo cullandolo con calma. Lui ride ancora, afferrando una ciocca di capelli. –Ahia!- esclamo togliendogliela. –Così mi fai male…-  

 

Per tutta risposate ride ancora facendo dei piccoli versi eccitati.

 

-Non è questo lo spirito d’avere alle 21, 30 della sera…- gli sussurro sfiorandogli con le dita il nasino.

 

-Dormi?- gli chiedo ancora dopo averlo cullato per un paio di minuti. I suoi occhi dolci ed espressivi sono ancora svegli e pimpanti. –Evidentemente no…- dico in un soffio, sospirando.

 

So come farlo dormire. Adora il suono della mia voce mentre gli racconto le favole.

 

-Vuoi che ti racconti una storia?-

 

Ride.

 

Lo guardo contenta rispondendomi da sola. –Lo prenderò come un sì.-

Lo accoccolo meglio tra le mie braccia. –Questa non è una fiaba. Non è una fantasia. Non è una storia immaginaria. Questa è solo la vicenda di me e tuo padre. La storia di come io e lui ci siamo innamorati.-

 

 

-Elizabeth!- la voce imperiosa ed antipatica del mio capo mi risvegliò dallo strano trance in cui ero accidentalmente caduta. Mi riscossi un attimo prima di posare i mie occhi verdi su di lui.

 

-Mi dica, John…- gli dissi continuando a sistemare i CDs nei ripiani rossi.

 

-Sei un po’ distratta in questo periodo.- mi rispose indicandomi una ragazza, appena entrata, che curiosava tra gli scaffali. –Ricordi il nostro motto, vero?- mi chiese.

 

Sospirai. Come avrei mai potuto dimenticarlo. Quando ancora non lavoravo lì lo trovavo divertente.

 

-Se l’aiuto non c’è, il prezzo è fai da te!- recitai con un sorriso falso.

 

John allargò le sue labbra in un sorriso. –Esattamente, Lily.- mi spinse con poca grazia verso la ragazza. –Fai il tuo dovere…- mi disse in un soffio tornando ad occuparsi del suo dannato computer.

 

Osservai la ragazza per un paio di minuti. Mi mostrava le spalle, ma quei capelli tanto lisci e perfetti li avrei riconosciuti tra mille. Quel coloro tanto biondo e particolare si individuava facilmente.

 

Lara McHintash.

 

La ragazza più antipatica ed odiosa che mai avrei potuto incontrare. La più popolare. La più carina. La più perfetta. La più stronza di tutte.

Avrei tanto voluto voltarmi e scomparire per non dovermi abbassare a servirla. Ma lei in quel momento era una cliente e come tale avrei dovuto rispettarla fino alla fine.

 

Sospirai prima  di avvicinarmi e chiederle: -Hai bisogno di una mano?-

 

Si voltò con un sorriso dolce quanto falso, stampato sulle belle labbra rosee. I suoi occhi azzurri si fissarono nei miei verdi. Ci irrigidimmo entrambe.

 

-Elizabeth…- mi disse ritrovando la sua adorabile falsità.

 

Le sorrisi.

 

-Lara.- sillabai portandomi le mani nelle tasche dei jeans scuri.

 

-Lavori qui? Da quando?- mi domandò ancora.

 

-Da quasi un anno.- fui telegrafica. –Hai bisogno di una mano?-

 

Lara incassò il colpo ravvivandosi i capelli, come faceva sempre ogni volta che s’innervosiva. Mi poggiò una mano sulla spalla. –Axios festeggia il compleanno tra un po’.-

 

Sentire il nome del mio migliore amico trattenersi sulle sue labbra mi fece correre dei brividi su per la schiena. –Sì, lo so.- risposi con astio inumidendomi la bocca.

 

-Vorrei comprargli un CD.- continuò osservando qualche copertina. –Mi consiglieresti?-

 

Mi trattenni a stento dallo scoppiare a ridere. Lei voleva che io le consigliassi un CD per il mio migliore amico?Come poteva mai pensare che le dessi dei consigli giusti… avrei rischiato di farle fare una bella figura.

 

 -So che tu lo conosci molto meglio di me.-

 

In effetti. 17 anni di amicizia non sono niente rispetto a tre anni di flirt.

Sospirai abbandonando ogni mia idea di vendetta e le sorrisi. Axios l’avrebbe saputo e non ci avrebbe sprecato nulla ad arrabbiarsi con me, se il regalo non gli fosse piaciuto.

 

-Certo.- iniziai. –Seguimi. Celine Dion e Chrisitna Aguilera non sono proprio il suo genere.-

 

 

Il primo chap è corto. Ma è giusto che sia così. Quando una storia è nuova è meglio iniziare con chap brevi e di facile comprensione. Fatemi sapere se l’inizio vi ha intrigato, o disgustato, o appassionato, o deluso.

 

Grazie.

 

AngéleJ

 

  

 

 

 

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Capitolo 2
*** -2- ***


TeenAgers

TeenAgers

 

2

 

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

Mi sistemai con un colpo secco il berretto sulla testa. Il sole di fine agosto mi stava arrostendo.

Il lavoro era finito qualche ora prima e, in quel momento, mi dirigevo con stanchezza verso casa. L’ attività part- time che avevo trovato l’anno precedente stava diventando noiosa e soprattutto oppressiva. John, il mio capo, non mi lasciava respirare.

 

Alzai gli occhi al cielo ammirando i bei colori, di cui il manto azzurro si era tinto. Arancio, rosso, rosa… Quella luce insolita conferiva ai miei occhi un non so che di bizzarro. Il verde si scuriva tramutandosi in un nero azzurro.

 

-Dove vai?- una voce femminile mi bloccò, all’inizio della salita, dov’era situata la mia villetta rossa e bianca.

Mi voltai.

 

Riconobbi con facilità la figura snella a longilinea della mia migliore amica.

 

Lixia Roberts.

 

I tratti del viso tipicamente egiziani, i lunghi capelli neri lisci come fili di seta, la rendevano una delle ragazze più corteggiate della piccola cittadina dove abitavo a quel tempo.

 

Fui sorpresa di vederla. Di solito, alla fine dell’estate, Lixia non era mai negli USA.

Sua mamma trascinava tutta la famiglia alla riscoperta delle origini egizie.

 

Le sorrisi prima di abbracciarla forte.

Il suo profumo di mirra selvatica mi invase il naso.  Mi era mancata. Era la mia migliore amica ed io, come perfetta rappresentante dei teenagers americani, avevo bisogno di averla sempre accanto. Tutti, a 17 anni, hanno urgenza di una persona amica che non sia della propria famiglia. I fratelli, le sorelle  o i genitori, nono riescono a capire i problemi.

 

Mi distaccai da lei sorridendole.

 

-Bella come sempre…- le dissi sinceramente notando la sua abbronzatura invidiabile. 

 

Mi tolse il cappello dalla testa scompigliandomi i capelli. –Tu sei sempre un maschiaccio, invece…- scherzò.

 

Non me la presi.

Lixia aveva la dote di non farmi mai perdere le staffe. Il suo modo di fare così pacato ed educato. Il suo carisma, la sua dolcezza avrebbero incantato chiunque.

 

-Come mai sei già qui?- le chiesi, iniziando ad avviarmi verso casa.

 

-Mia nonna Nihil doveva partire per una crociera intorno al mondo. Così, io e miei genitori abbiamo tolto le tende prima…- mi rispose infilandosi le mani nelle tasche posteriori dei jeans.

 

Risi.

Adoravo ascoltarla parlare della sua famiglia. Non nascondeva mai niente. Era vera, semplice, genuina. Forse, per questo, piaceva tanto alla gente.

 

-Successo nulla d’interessante?-

 

Questa era la mia domanda di rito. Dopo ogni sua vacanza, le chiedevo sempre cosa fosse successo. Puntualmente, mi rispose.

 

-Nulla. A parte…-

 

E m’incantavo a sentire le sue fantastiche avventure nelle piramidi, tra la gente che parlava una lingua incomprensibile, con i ragazzi carini.

 

-E a te?-

 

La scrutai, cercando un modo originale per dirle che, come al solito, la mia vita era stata caratterizzata da un elettrocefalogramma piatto. Sorrisi prendendola sottobraccio e continuando a camminare.

 

-Nulla come al solito.-

 

Lixia rimase in silenzio, osservandosi le punte delle scarpe da ginnastica che indossava.

 

-Come sta Axios?-

 

La guardai.

Di solito, non chiedeva mai nulla sul mio migliore amico. Non l’aveva mai detto, ma io avevo capito che tra loro due non correva buon sangue.

 

-Quel vecchio volpone sta benissimo. Sai che sta iniziando a frequentare quella mezza gallina di Lara?-

 

Lixia storse le labbra, assumendo un’espressione buffa che mi fece ridere.

-Abbiamo avuto la stessa reazione…- le rivelai.

 

Camminammo ancora, parlottando dei nostri problemi, dell’inizio della scuola imminente e di tante altre cose su cui i ragazzi adolescenti adorano parlare.

 

-E cosa mi dici di Matthew Sims?- mi domandò a tradimento soffermandosi un solo momento.

 

Arrossii violentemente, iniziando a guardare verso il basso. Mi succedeva sempre. Ogni qual volta, qualcuno accennava ai ragazzi per cui provavo qualcosa, non riuscivo a fare a meno di arrossire e sentirmi imbarazzatissima.

 

-Matthew, cosa?- le rigirai la domanda mentre un filo di vento mi rinfrescava le guance bollenti.

 

-Non fare la finta tonta…- mi ammonì con dolcezza.

 

Mi inumidii le labbra secche. Perché dovevo essere così stramaledettamente timida?

 

-Non è successo nulla. Lui non sa nemmeno che esisto… Figurati.-

 

-LILY!- una voce maschile, fin troppo conosciuta, mi fece voltare. Riconobbi la figura alta ed eccessivamente imponente del mio amico d’infanzia, Axios Azgard. Il ragazzo bruno e simpatico della porta accanto, sempre pronto a scherzare e prendermi in giro. Un amico onesto e leale, una persona matura e alcune volte irascibile. Spesso scontroso e lunatico, faceva parte della mia vita da tempi memorabili.

 

Sentii Lixia irrigidirsi e assumere la classica posizione di sfinge. Petto in fuori e schiena inarcata. La osservai ed immediatamente mi reputai una schifezza in suo confronto.

 

In poche falcate, Axios ci raggiunse. Indossava dei jeans scuri ed una maglia. Gli occhi, di solito grigio azzurri, avevano assunto uno strano colore con quella luce.

 

Non notai lo strano sguardo che mi lanciò. Come avrei mai potuto rendermene conto?

 

-Ehi, quasi diciassettenne!- esclamai puntandogli un dito contro. –Ti ho prestato un Cd 2 mesi fa!- gli dissi come una sciocca. Perché ogni volta che Axios era presente non sapevo far altro che parlare di cose stupide?

 

Lo vidi arrossire sulle gote abbronzate dalla recenti vacanze in Grecia. Anche lui come Lixia aveva origini europee. La vera ed unica americana, se così vogliamo dire, ero proprio io. 

 

-Sì.- mi rispose mettendosi le mani nelle tasche, -te lo porto domani. Ma quanto sei tirchia?-

 

Misi le mani sui fianchi, facendo una smorfia. –Mai quanto te!-

 

Ridemmo tutti e tre, ritrovando, all’improvviso, la stessa e strana armonia che regnava tra noi alla fine dell’anno scolastico precedente.

 

 -Dove stavate andando?- ci chiese.

 

-Casa mia…-

 

-Bene, allora, facciamo un pezzo di strada assieme.-

 

Annuii riprendendo a camminare. Mi sentivo così bene. Adoravo Settembre e la scuola, proprio per quello. Tutti i miei amici ritornavano e smettevo di essere improducente. Odiavo esserlo.

Adoravo quella bellissima sensazione di casa, familiarità che albergava tra noi.

 

-Ah, Axios?- mi voltai verso di lui. –Il CD che ti regalerà quella mezza oca di Lara è un pezzo raro. Passamelo velocemente.-

 

Mi sorrise appoggiandomi un braccio attorno alle spalle ed attirandomi a lui. Mi grattò la testa con le nocche della mano.

 

-Sarà fatto mia signora!-

 

Mai potrò dimenticare la sensazione che s’impadroniva di me ogni qual volta ero con loro due. Risi senza contegno fino alle lacrime.

 

Non avrei mai immaginato che di lì a pochi mesi tutto sarebbe cambiato.

 

 

Scusate il ritardo. Problemi con la scuola, compiti in classe e tanto altro hanno impedito una messa in net più rapida.

 

Scusate.

 

Ringrazio tutti coloro che hanno dato una lettura alla storia ed in particolare:

 

Riley

 

Elaine

 

Diandraflu

 

Bibi

 

Lulu

 

 

 

Grazie,

 

AngéleJ

 

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Capitolo 3
*** TeenAgers -3- ***


TeenAgers

TeenAgers

 

3

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

Entrammo in casa continuando a ridacchiare.

 

La musica a tutto volume di mio fratello Samuel mi arrivò alle orecchie.

Axios si sedette sul divano osservandomi mentre, con passo deciso, mi dirigevo nella stanza dello scapestrato.

 

-SAM!- urlai spalancando la porta. –VUOI ABBASSARE IL VOLUME?!-

 

All’inizio, non scorsi la sua figura imponente da giocatore di basket. Poi, lo notai come al solito, emergere da dietro le pagine di un pesantissimo volume sicuramente fantasy.

 

-Cosa vuoi mostriciattolo?- mi chiese, dopo avermi lanciato uno sguardo divertito.

 

Inarcai un sopracciglio. Mi diressi senza esitazioni al suo stereo infernale e con un colpo secco della mano staccai la spina.

 

-Pace, finalmente…-

 

Raggiunsi la porta e senza degnarlo di uno sguardo tornai in soggiorno. Sentii i suoi passi ovattati dalle calze di spugna seguirmi.

Allungò una mano bloccandomi. Mi passò le sue braccia intorno alla vita e con un piccolo sforzo mi sollevò da terra.

 

-SAM!- urlai con tutta me stessa mentre mi capovolgeva. –METTEMI GIU’! BRUTTO GORILLA DECELEBRATO!-

 

Trotterellò senza molta fatica fino in soggiorno. Avrebbe continuato a torturarmi se non avesse trovato Axios e Lixia ad attenderlo.

 

Mi diede qualche pacca sul sedere prima di farmi scendere.

 

-Ti ho detto mille volte di non toccare il mio stereo.- mi disse lanciando uno sguardo alla mia amica.

 

-Ed io ti ho detto mille volte di tenere il volume della musica basso.- ribattei aprendo il frigo e prendendo diverse lattine. Ne lanciai un paio ad Axios e Lixia.

 

-Come avete trovato la vecchia Europa?- chiese Sam, riferendosi agli altri.

 

Lixia arrossì. –Sempre estremamente affascinante…-

 

Notai mio fratello incantarsi a contemplare la mia amica e non potei fare a meno di sorridere. Era così strana quella situazione.

 

-Va bene. Basta guardarla altrimenti la consumi!- esclamò Axios intervenendo nella discussione.

 

Giuro, l’avrei ucciso. Mi fiondai su di lui cascandogli addosso.

 

-Cosa?- chiese Lixia arrossendo maggiormente.

 

Le orecchie di mio fratello divennero porpora. Ma perché doveva essere un broccolo così timido? Si mise una mano dietro la nuca ridendo nervosamente.

 

Si  avviò verso la sua camera.

Si fermò sulla porta  voltandosi un po’. –Axios?-

 

Liberai la bocca del mio amico dalle mani. –Sì?-

 

-Ricordati che sono sempre il tuo capitano di basket ancora per un lungo, intero ed interminabile anno…-

 

Axios inghiottì il vuoto.

 

Mio fratello gli lanciò un’occhiata con quei suoi occhi scuri e penetranti. –In guardia…- Ci lasciò. Sentimmo la sua porta sbattere e la musica ricominciare, questa volta, ad un volume normale.

 

Mi distaccai da Axios guardandolo in faccia.

 

Poi, senza poter più trattenermi, scoppiai a ridere seguita a ruota da Lixia.

 

 

…Sentii un calore salire le mie guance, il cuore accelerare i suoi battiti e la bocca diventare secca.

Mi sollevai sulle punte dei piedi nel tentativo di guardare oltre la folla che occupava gli spalti del piccolo stadio scolastico. L’ultima partita di baseball prima della fine dei corsi.

Mi sollevai maggiormente e persi l’equilibrio. Mi sentii afferrare da un paio di braccia.

-Daniel…- sussurrai quando riaprii gli occhi e trovai il bellissimo attaccante della squadra di soccer che amavo segretamente da una vita.

Mi sorrise con quei suoi denti bianchi e perfetti e sentii le gambe tremare. Ci guardammo negli occhi per un lunghissimo istante prima che lui si chinasse e rubasse il primo bacio dalle mie labbra…

 

-ELIZABETH!- tuonò mia madre dal piano di sotto. Sbarrai gli occhi rigirandomi nel letto. Cercai a tentoni la sveglia sul comodino.

 

-AH!- gridai balzando giù dal materasso incespicando nel lenzuolo finito sul pavimento. Caddi, urtando violentemente il ginocchio. –AIUTO!- supplicai prendendomi tra le mani l’arto dolorante.

Sentii i passi leggeri di mia madre salire le scale e fermarsi prima davanti la camera di mio fratello. Con lui era sempre così gentile.

 

-Tesoro, alzati.- la sentii dire bussando leggermente sulla sua porta. Al contrario, quando fu il mio turno, entrò nella mia stanza senza tante gentilezze.

 

-Pigrona!- mi sgridò cercandomi nel letto e sospirando trovandomi come al solito sul caldo parquet.  –Ma che combini?- mi chiese appoggiandosi allo stipite della porta.

 

Le labbra rosee e piene di mia madre cercarono di non curvarsi in un sorriso divertito.

Com’era bella! Aveva un viso dolce e dai tratti sottili. I capelli bruni e vaporosi. I suoi occhi scuri erano tanto espressivi che riuscivano ad oltrepassarmi.

 

Mi rimisi in piedi, massaggiandomi con stizza il ginocchio. –Nulla, mi stavo solo spaccando una gamba.-

La sentii ridacchiare sommessamente prima di avvicinarsi alla grande finestra che occupava un’intera parete. Aprì le imposte spalancando tutto. La fresca aria di settembre m’invase il corpo facendomi sentire finalmente bene.

 

-Questo è l’ultimo anno di studio di Sam ed il tuo penultimo. Sembra sia passato un solo minuto dal vostro primo giorno di scuola ed invece…- disse stringendosi nelle spalle minute. Sospirò voltandosi appena verso di me. –Sono passati gli anni e tu sei sempre la solita ritardataria e tuo fratello il solito preciso e puntuale. E’ bello constatare che almeno in questo siete rimasti gli stessi.-

 

Le sorrisi, capendo al volo che quello era solo uno dei suoi tanti sfoghi pre-qualcosa. Faceva sempre discorsi strappa lacrime ogni volta che io o mio fratello ci preparavamo per intraprendere cose nuove.

 

Scossi la testa facendole un sorriso. –Tu sei la solita malinconica, cara Kathy.- la chiamai per nome, chiudendo, con uno scatto del bacino, il primo cassetto dei vestiti. Afferrai velocemente la biancheria e le calze. Mi avviai verso il bagno cosciente che presto mia madre avrebbe lasciato scivolare giù qualche lacrima emozionata.

 

Mi affacciai sulla soglia della porta facendola sobbalzare. –Comunque hai dimenticato la tua frase preferita.-

 

Si asciugò le poche lacrime sollevando il capo. –Quale?-

 

-La vita…-

 

Sorrise iniziando a rifare il mio letto. –E’ come un valzer- concluse lei scoppiando a ridere.

 

 

-Sam, dammi un passaggio!- gridai a mio fratello mentre come un razzo infilavo un pezzo di pane tostato in bocca.

 

Samuel terminò di bere il suo latte e caffè afferrando con gentilezza la busta del pranzo che gli offriva mia madre.

 

-Non se ne parla proprio, mostriciattolo.- Si alzò dal tavolo dirigendosi verso il lavabo. Si pulì le mani dopo aver accuratamente lavato la sua tazza ed il suo piatto.

 

-Per favore!- esclamai infilandomi il giubbino con ancora la mia colazione in bocca.

Sam afferrò le chiavi dell’auto e il suo zaino perfettamente chiuso ed ordinato.

-No.- mi rispose dando un bacio a mia madre.

 

-E dai, non fare il bastardo.- continuai uscendo a mia volta di casa.

 

-No.-

 

-Ti prego.- lo supplicai aprendo la portiera dell’auto.

 

-No.-

 

-Per favore.- proseguii allacciandomi al cintura di sicurezza.

 

-No.-

 

Sbruffai appoggiandomi spazientita al sedile. –Antipatico.-

 

-Mostriciattolo.-

 

Stava per mettere in moto quando la portiera posteriore sinistra si spalancò ed un ammasso di capelli, carne e vestiti s’impadronì del sedile.

 

-Buondì, miei simpaticissimi vicini di casa.- ci salutò Axios riprendendo finalmente fiato.

 

-Ma cos’è un’invasione di mocciosi sta mattina?- sbottò Sam accendendo la radio.

 

Axios inarcò un sopraciglio scrutando me e mio fratello. Chiuse la zip della sua maglia blue assumendo una posa pensosa.

 

Sam nel frattempo mise in moto l’auto.

 

-Sai hai ragione, capitano. Elizabeth è proprio una mocciosa appiccicosa.-

 

Rimasi un attimo in silenzio cercando di recepire il messaggio. Mio fratello scoppiò a ridere allungando una mano verso il mio migliore amico e schiacciando un cinque con lui. Ridacchiarono come due matti prima che io lanciassi loro un’occhiataccia velenosa.

 

-Su Lily!- mi prese in giro mio fratello non staccando gli occhi dalla strada. –Sai che ti vogliamo bene.-

 Inarcai un sopraciglio sbruffando. –Preferirei essere odiata più che amata da voi…- esclamai mettendo il broncio. Fissai fuori dal finestrino cercando di estraniarmi dalle loro conversazioni misogine.

 

All’improvviso lo vidi. Bello come me lo ricordavo. I capelli biondo cenere erano cresciuti durante l’estate arrivando a sfiorargli la fronte, i suoi occhi azzurri fissavano intensamente la strada che percorreva in bici. La maglia bianca metteva in risalto i muscoli delle braccia tesi a mantenere il manubrio.

 

Rimasi con la bocca socchiusa a guardarlo. Le guance mi si colorarono mentre il mio sguardo scendeva a guardare altre parti del suo corpo.

 

-Ehi, Sam c’è Daniel.- sentii dire ad Axios mentre si affacciava al finestrino. Mio fratello diede una rapida occhiata alla sua destra sorridendo.

 

-Sì è lui. Sai che è entrato nella squadra di basket?- chiese senza ombra di dubbio al mio migliore amico.

 

-Ma dai dici sul serio?-

 

-Sì. La squadra di soccer è stata soppressa e così lui ha deciso di unirsi a noi.- spiegò fermandosi al semaforo rosso.

 

-Peccato.- aggiunse Axios. –Era bravo in quello sport.-

 

Sam annuì prima di svoltare a destra. –Con lui si è spostato anche il suo fan club. Adesso alle partita di basket ci sarà un’orda di ragazzine scatenate ed urlanti.-

 

-TI AMO DAN!- gridò in falsetto Axios facendo sghignazzare me e mio fratello.

Scossi la testa sospirando. –Alcune volte mi domando se voi due abbiate tutte le rotelle al posto giusto…- dissi loro lanciando uno sguardo ad entrambi.

 

Axios sorrise obliquo allungandosi, all’improvviso, sul mio sedile e dandomi un poderoso bacio sul collo. Non seppi il motivo ma sentii una lunga scarica elettrica invadermi il corpo.

 

-Sì.- disse scompigliandomi i capelli. –Ho tutte le rotelle al posto giusto.-

Mio fratello ridacchiò e ancora adesso non capisco cosa volesse dire con quella frase.

 

Entrammo nel cortile scolastico e sospirai.

 

Un altro anno era incominciato e lo avrei ricordato come il più emozionante della mia vita.

 

 

Scusate il ritardo. La storia è un po’ lenta ma dovrebbe partire tra un po’. Come tutti i miei lettori sanno per vedere una qualsiasi storia d’amore dovrete aspettare un bel fiume di pagine. Quindi non mettetemi fretta^^.

 

Vi mando un bacione e grazia a tutti per il sostegno.

 

Diandraflu

 

DreamFire

 

Marti

 

Sky88

 

Lulu

 

********

 

Bibi

 

*July@*

 

Daphne

 

 

Ciao^^

 

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Capitolo 4
*** TeenAgers -4- ***


TeenAgers

 

TeenAgers

4

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

La campanella riecheggiò nei corridoi ponendo fine a quel chiacchiericcio insopportabile. Richiusi con uno scatto del bacino l’armadietto correndo a perdi fiato lungo i corridoi. Non avevo ancora visto Lixia.

“Chissà dove si è cacciata…” pensai mentre mi ravvivavo i capelli ricci come non mai. “L’acqua di mare è veleno per il mio cespuglio…”

 

Sentii le mie scarpe di gomma fare un rumore sinistro sul marmo del pavimento. Girai l’angolo proseguendo lungo il corridoio. Aula 17, storia e letteratura inglese.

Arrivai come una furia pregando perché la porta non fosse già chiusa. Vidi il signor. Storick affacciarsi nel corridoio ed afferrare la maniglia. Allungai il passo fermandomi con una sgommata da film davanti alla porta. Non vidi il ragazzo che proveniva dal lato opposto alla mia corsa. Inevitabilmente mi finì addosso molto dolorosamente.

 

Mi trovai sdraiata sul marmo gelido. I capelli ricci sparpagliati a terra ed un peso invidiabile che gravava sul mio petto. Il ragazzo si tirò su distaccandosi un po’. Arrossii quando mi accorsi che era a pochi centimetri dal mio viso.

 

…Daniel…

 

Mi sorrise con quei suoi denti perfetti. Le labbra rosa sottili si distesero timide. Il suo profumo fresco e pungente mi entrò nel naso, facendomi sentire una sciocca. Perché quel ragazzo doveva possedere quegli occhi così perfettamente chiari?

 

Ci fissammo per un po’, senza respirare.

 

-Hm, hm…- si schiarì la voce il mio insegnante. –Volete che vi lasci soli in corridoio?-

 

Daniel si tirò su, offrendomi una mano calda ed asciutta. –Scusami.- disse recuperando la mia borsa finita per terra. Si ripulì i pantaloni regalandomi un altro sorriso. Il mio cervello non fu capace di partorire nessuna frase. Nemmeno una parola semplice come “figurati”. Nulla. Niente di niente uscì dalle mie labbra.

-Vogliamo entrare?- chiese il professore alla fine, togliendomi dall’imbarazzo.

 

Entrai nell’aula accolta da un chiacchiericcio e alcune risatine. Fui rapida a rispondere con appropriate occhiatacce. Lixia ed Axios erano seduti in fondo. Con orrore notai la presenza di Lara McHintash, la biondina che credeva di essere la nuova fiamma del mio migliore amico.

 

-Cos’è successo?- mi chiese Lixia quando mi fui seduta. Vagai con lo sguardo per la classe senza risponderle. Solo quando i miei occhi si posarono su quella figura alta e slanciata, il mio cervello si riconnesse.

 

-Ho vissuto il momento più bello della mia vita…- le sussurrai mentre il signor. Storick incominciava a fare l’appello.

 

-Oh…- fu la sua risposta intanto che alzava una mano affusolata per rispondere.

 

-Cosa?- mi domandò Axios, pungendomi la schiena con la sua penna. Come al solito si era seduto dietro di me.

 

Sollevai gli occhi al cielo, sbruffando.  Sapevo come sarebbe andata a finire se gli avessi spiegato quello che mi era successo. Avrebbe iniziato a puntare il povero Daniel, facendolo diventare il nemico numero uno suo e di mio fratello.

 

-Niente.- gli dissi in fretta, lanciando uno sguardo eloquente a Lixia che cambiò immediatamente argomento.

 

-Lara perché non ti richiami il mastino?- domandò con ironia la mia migliore amica. Ridacchiammo insieme sotto le occhiate di Axios.

 

La biondina appoggiò le sue braccia sottili sul collo del mio amico. –Sai che sta sera do una festa?- gli chise con un atteggiamento da gatta morta in calore che, personalmente, detestavo. Vidi Axios inghiottire il vuoto mentre i suoi occhi scivolavano sulle labbra carnose di Lara.

 

–No.- le rispose mentre io e Lixia ci scambiavamo uno sguardo disgustato.

 

-Beh, ora lo sai. Ci vediamo sul molo numero 6 dove è ormeggiata la mia barca. Saremo un gruppo di amici cospicuo ma non tanti: una quindicina a stento. Tu sarai dei nostri?-

 

Sentii tutta la conversazione, disgustandomi parola dopo parola, sempre di più. Perché bastava così poco per fare perdere la testa ad un ragazzo? Era sufficiente che una bionda ossigenata sbattesse le sue folte ciglia per fare perdere loro il contatto con la realtà. Scossi il capo prima di strangolarmi con la mia stessa saliva.

 

-Ok, però vengono anche loro e suo fratello. Sai, non mi sposto mai senza la mia scorta.-

 

Giuro, avrei ucciso Axios. Gli sarei saltata addosso, imprigionandogli quel collo possente tra le mie dita magre, glielo avrei morso, per tranciargli di netto la giugulare, così non avrebbe più potuto parlare e lasciare che la sua bocca dicesse quella cosa. Io andare ad una festa di Lara McHintash? Ma manco morta!

 

Mi voltai, stringendo convulsamente la penna tra le dita.

 

Lara mi sorrise, più falsa che mai. Si ravvivò, con una mano, i capelli lisci e perfetti, tornando solare come al solito. Falsa come il silicone, ma pur sempre solare.

 

-Certo. Porta chi vuoi.- gli baciò distrattamente le labbra e, poi, lo liberò dalla sua stretta. Si appoggiò allo schienale della sedia, accavallando le gambe, ben attenta

a far salire la sua minigonna bianca abbastanza sopra il ginocchio, in modo da mostrare la pelle abbronzata.

 

“Patetica” pensai, riconoscendomi gelosa di lei. Io avevo a stento un colorito rossastro. Non ho mai capito perché, ma non ho assunto mai un colorito bronzeo dopo l’estate.

 

-Forse siamo noi che non vogliamo venire!- esclamai arrabbiata per la reazione gentile di Lara. –Io ho da fare.-

 

Axios mi guardò con un sopraciglio inarcato, lanciando un’occhiata anche a Lixia che ridacchiava sotto i baffi.

 

–Cos’hai da fare?- mi domandò mentre iniziava a giocherellare con la penna.

 

Sbruffai. Non avevo da fare nulla ma dovevo trovare qualcosa  per snobbare quella festa assurda.

 

…Lavoro…

 

-Io devo…-

 

Axios non mi lasciò finire. –Non dirmi che devi lavorare. So che questo è il tuo giorno libero.-

 

Strinsi gli occhi. –Beh… non era lavoro, infatti.-

 

-Cos’era?- m’incalzò guardandomi con i suoi occhi scuri, striati di verde.

 

Sentii il mio cuore saltare un battito prima che le mie guance si colorassero di porpora. Che mi era preso? Avevo notato che gli occhi del mio migliore amico avevano striature verdi che si mescolavano perfettamente con quel marrone chiaro, facendoli diventare incredibilmente particolari.

 

Mi riscossi. Non era quello il momento per una cotta assurda. Gli sorrisi, facendo un lungo respiro. –Ok, verrò.-

 

Lo vidi sorridere con spontanea felicità. –Dillo anche a  Sam. Mi raccomando Lixia non mancare.-

 

La mia amica gli fece un mezzo sorriso tirato e si voltò iniziando a seguire il professore che stava iniziando a spiegare il programma che avremmo affrontato quell’anno.

 

Nulla di particolare. Un libro di appena 900 pagine. Sospirai, accasciandomi sul banco. La scuola era appena iniziata ma come desideravo che fosse già terminata.

 

 

 

Mi ero stravaccata sul dondolo in giardino. Indossavo un paio di short chiari ed una maglia molto più grande del necessario. Sulle gambe pallide e magre, tenevo appoggiato l’ultimo libro che stavo letteralmente divorando, mentre ascoltavo uno dei tanti CD che avevo preso in prestito dal negozio. I capelli tirati su alla meglio con quel fermaglio lungo ed etnico che Lixia mi aveva portato da un suo viaggio in Egitto.

 

Avevo bisogno di rilassarmi. Dopo sette ore passate in quella schifezza di scuola avevo una gran voglia di starmene un po’ per conto mio prima dell’orrida serata che stavo per avere. Dannato Axios e le sue brillanti idee.

 

Sbruffai chiudendo il libro seccata, quando mi accorsi di aver ricordato l’intensità dello sguardo del mio amico. Perché dovevo essere così sciocca? Mi allungai completamente sul dondolo e sorseggiai il mio tè freddo.

 

-Cretino…- sussurrai ad alta voce, ripensando agli atteggiamenti che assumeva con Lara.

 

Dovevo ammetterlo. Un po’ ero gelosa di lei. Del fatto che sapesse fargli fare quelle espressioni buffe da ebete, per come sapeva fargli brillare quegli occhi espressivi e per come lo rendeva contento.

 

Sospirai prima di sentire mio fratello chiamarmi.

 

-MOSTRICIATTOLO?-

 

Mi alzai dal dondolo sporgendomi in avanti per vederlo meglio. –Che vuoi?- gli disse sgarbatamente. Lui non era stato gentile nei miei confronti.

 

-C’è Lixia al telefono, vuole sapere se possiamo portarla noi alla festa.- Mio fratello arrossì sulle gote facendomi intenerire, sapevo che quella domanda che mi rivolgeva era una stupida formalità per nascondersi dai suoi sentimenti. Annuii. 

 

-Certo, era assodato.-

 

Sam sorrise, tornando dentro. Non riuscii a sdraiarmi di nuovo che fui di nuovo interrotta. –Elisabeth?-

 

Axios.

 

Mi voltai appena, trovando il mio migliore amico accompagnato da un altro ragazzo, dall’aspetto molto famigliare. Feci in tempo a reprimere un grido quando mi accorsi chi era.

 

Giuro, avrei voluto che la maglietta di mio fratello, mi inghiottisse completamente.  Arrossii senza ritegno quando Axios si avvicinò al dondolo portandosi dietro Daniel.

 

-Ehi, Lily, il capo c’è?-

 

Il “capo” doveva essere mio fratello. Feci un accenno di assenso con la testa nella speranza quel decelebrato gorilla capisse di dover sloggiare in fretta. Invece…

 

-Oh, Dan lei la conosci?Elizabeth, la sorella di Sam.-

 

Divenni un pezzo di ghiaccio secco.

 

-Ehm, sì…- rispose arrossendo. –Ci siamo visti sta mani in corridoio, ricordi?-

 

Annuii afferrando la mano che mi offriva e riconoscendo  quel calore così bello. Me la strinse con gentilezza senza esagerare dimostrazioni di forza.

 

-Molto lieto, spero non ti sia fatta troppo male oggi.-

 

Mi incantai a guardarlo come una sciocca. Negai senza lasciargli la mano. –No, no, stai tranquillo…-

 

-Bene.-

 

Ci sorridemmo continuando a tenerci la mano. Fu il momento più bello della mia vita. Il resto scomparve. Il dondolo, Axios, il  mio libro, il giardino. Sembrava di essere in una dimensione sospesa i cui unici abitanti eravamo io e Dan.

 

-Ok, va bene!- esclamò improvvisamente il mio migliore amico, afferrando per le spalle il mio principe delle fiabe. –Basta presentazioni, dobbiamo lavorare prima della festa.-

 

-Tu ci vieni?- mi chiese Dan con gentilezza, facendo un passo indietro.

 

-Dove?- ero completamente fuori dai binari.

 

Daniel ridacchiò. –Come dove?Alla festa!-

 

Arrossii. –Oh, sì, sì vengo.-

 

-Perfetto. Allora a sta sera.- mi sorrise di nuovo, prima di seguire Axios in casa mia.

Mi lasciai scivolare sul dondolo senza più un filo di fiato. Felice in un modo vergognoso e soddisfatta di aver sentito di nuovo quel profumo meraviglioso.

 

 

Hellau miei cari lettori^^,

Scusate il ritardo ma dovevo fare un po’ di compiti in classe. Cmq, adesso sono qui pronta a sentire tutte le vostre lamentele. Spero vi sia piaciuto e abbiate notato che la storia si sta accendendo. Ora vi lascio, perché devo iniziare a scrivere gli altri chaps di altre mie ficcine.

 

Un kiss a tutti,

 

Fanny

 

Diandraflu

 

Lulu

 

Pink

 

*Chiara*

 

Daphne

 

Karry

 

 

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Capitolo 5
*** TeenAgers -5- ***


TeenAgers

TeenAgers

5

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

-LILY!- sentii mio fratello gridare dal fondo delle scale. Lanciai uno sguardo a Lixia che terminava di sistemarmi un riccio dietro l’orecchio.

 

-Sei proprio bella.- mi disse, guardandomi.

 

Arrossii, cercando la giacca di cotone bianco che dovevo indossare sulla maglia fuxia a bretelle ed i jeans attillati. Mi aveva obbligato ad indossare i tacchi e di conseguenza il mio andamento era insicuro, tentennante.

 

-Grazie…- le risposi, sentendomi un rospo dopo averle lanciato uno sguardo.

Lixia era bella. Oggettivamente bella. Di solito, prevale la bellezza soggettiva, ma lei era affascinante per chiunque. La carnagione, di natura più scura, metteva in risalto quelle labbra rosa acceso. I lunghi capelli neri si muovevano in sincronia con la sua testa. Le sopracciglia curate e gli occhi nerissimi ben truccati la rendevano davvero attraente per qualunque persona. Io mi riconoscevo sempre un passo dietro di lei eppure Lixia non aveva mai fatto nulla perché io mi sentissi così.

-Anche tu…-

 

La mia amica sorrise incoraggiante, spingendomi di fronte allo specchio. –So che non mi credi, quindi, guardati da sola.-

 

Alzai appena i miei occhi verdi sulla superficie lucida che rifletteva la mia immagine e rimasi non dico felice, perché nessuno è mai felice del proprio aspetto, ma soddisfatta. Quella sera riuscii a ritenermi per un breve momento passabile.

Mi sistemai la cintura etnica sui fianchi e sorrisi a me stessa. –Sta sera sono graziosa…- dissi in un sussurro alla mia migliore amica.

 

Lixia indossò la sua giacca nera sul completo bianco aderentissimo che indossava. Si sistemò i capelli fuori dal colletto, guardandomi storto. –Tu sei sempre molto graziosa.- me lo disse con risolutezza senza essere annoiata dai miei sfoghi di insicurezza.

 

Si diresse alla porta, aprendola nello stesso momento in cui mio fratello si precipitò in camera.

-Si può sapere quanto…-

 

Vidi Sam incrociare la figura di Lixia con lo sguardo e perdere completamente il contatto con la realtà. Lo vidi partire per un mondo lontano, popolato solo dalla mia migliore amica. L’espressione  idiomatica “restare con la bocca aperta” era, nel caso di mio fratello, un eufemismo.   

Si girò a guardarmi e notai con piacere che non cambiò espressione.

 

-Lixia… ma che hai fatto a mia sorella? Sembra quasi una ragazza.-

 

Risi incapace di arrabbiarmi con mio fratello. –Ma quanto sei sciocco!- Anche lui era carino: camicia e pantaloni eleganti. Non per vantarmi ma Sam era davvero uno schianto.

 

Lixia ridacchiò, allungando una mano verso di me. –Andiamo, Elizabeth. Ti aiuto a scendere i gradini.-

 

Vidi Sam lanciarci un’occhiata strana. I maschi non capiscono certe cose. Loro, i tacchi alti non li hanno mai portati. Mi aggrappai al braccio di Lixia, che sembrava esserci nata con quel tipo di calzature, ed arrivai sana e salva a piano terra.

 

Salimmo in auto ed io preferii il sedile posteriore. Sapevo che sia a Lixia che a Sam avrebbe fatto piacere stare più vicini. Quei due non volevano ammetterlo, ma sapevo da molto che provavano qualcosa l’uno per l’altra.

Abbassai il finestrino mentre Sam metteva in moto. Quando accese i fari sentii Lixia gridare e Sam scoppiare in una risata. Mi sporsi tra i sedili e vidi che oltre il parabrezza, di fronte il muso dell’auto, c’era Axios illuminato dai fari.

 

-Volevate lasciarmi di nuovo qui?-

 

-Tu volevi ammazzarmi dalla paura…- gli rispose Lixia, premendosi una mano sul cuore.

 

Entrò nell’auto senza neanche guardami. –Betty non c’è?- chiese, riferendosi a me.

Gli diedi uno scappellotto sulla nuca. –Scemo, non mi hai visto?!-

 

Allargò gli occhi quasi illuminato da qualcosa. –Lily?-

 

-Sì, quello è un altro mio diminutivo. - gli risposi, distogliendo lo sguardo dai muscoli delle sue braccia. Mi guardò ancora per qualche minuto. I suoi occhi avevano assunto un espressione indecifrabile e per un solo, breve istante ebbi l’impressione di aver visto una spolverata di rosso ricoprire le sue guance.

 

Rimasi in silenzio per un po’ fino a quando non vidi Sam imboccare una strada che portava verso il centro. La direzione opposta da dov’era situato il porto. –Sam, credo tu abbia sbagliato strada.-

 

-No, dobbiamo passare a prendere Dan.-

 

Giuro, rimasi senza parole.

 

 

 All’improvviso, mi ritrovai schiacciata al centro del sedile posteriore della mia auto tra Axios, stravaccato scompostamente, con un braccio sulla spalliera vicino ai miei capelli, e Dan visibilmente costretto in un posto troppo piccolo per lui. Così, cercavo di fargli più spazio quasi sdraiandomi sul mio migliore amico che, stranamente, si ostinava a restare zitto e a guardare il paesaggio che correva fuori dal finestrino.

 

Gli unici a discutere amabilmente erano Lixia e Sam. Come al solito, stavano parlando di qualche libro fantastico che si erano consigliati o dell’opinione di uno storico su un’opera d’arte o di qualsiasi cosa culturale a loro piacesse. Io ne capivo sempre poco, però mi incantava ascoltarli.

 

Finalmente arrivammo al molo. Non fu difficile trovare la barca di Lara. La più grande ed illuminata di tutte. Sfarzosa e lucida. Elegante e raffinata, come del resto cercava di apparire la padrona.

 

Axios scese bruscamente dall’auto, facendomi sbattere la testa contro lo sportello. Sentii un dolore sordo sulla fronte e l’avrei volentieri gettato in acqua. –Cretino!- gli gridai contro una volta scesa. –Mi hai quasi ucciso.-

 

Axios scosse la testa. –Sei viva, no?-  Sam ridacchiò, avviandosi verso la barca.

 

La brezza di fine estate era davvero piacevole sulla pelle e, a contatto con la parte arrossata sulla mia fronte, mi faceva sentire meglio. Guardai la luna piena riflettersi sul mare scuro e calmo, le piccole onde infrangersi sulla prua della nave di Lara ed il classico odore di mare solleticarmi le narici.

 

-Stai bene?-

 

Una voce gentile mi fece voltare mentre insicura cercavo di raggiungere l’entrata. Quelle scarpe mi stavano divorando i talloni. Guardai Dan che mi si era affiancato, rallentando il suo passo per non farmi sentire un peso. Divenni rossa, stringendomi involontariamente nella giacca. –Sì.- bofonchiai, fissandomi la punta delle scarpe.

 

Rimase in silenzio accanto a me, scortandomi fin sullo yacht.

 

-Benvenuti.- la voce di Lara ci accolse.

La vidi bellissima, nel suo abito aderente. I capelli biondi giocavano con malizia con la scollatura vertiginosa. Gli occhi blue ci scrutarono mentre le labbra si allargavano sul bel sorriso.

 

-Axios!- disse, gettandosi al collo del mio amico. Sentii una morsa nello stomaco, mentre lo guardavo stringerla tra le sue braccia forti. Sbruffai, dirigendomi verso il ponte da dove proveniva la musica. Intorno ad un tavolo, erano seduti un paio di ragazzi giocando a carte. Birre e pop-corn a fare loro compagnia.

 

Qualche metro più avanti, verso la punta, dove sventolava una tranquilla bandiera americana, un paio di ragazze con dei bicchieri rossi, ridacchiavano ed ammiccavano in direzione di Dan e Sam.

 

Mi passai una mano tra i capelli, ravvivandoli, e mi diressi al tavolo del buffet intenzionata ad affogare il mio dispiacere nella coca cola.

 

 

 

-Una festa divertentissima…- disse con un filo d’ironia Lixia. Sam le  scompigliò i capelli, facendola sorridere.

Eravamo stravaccati sulla poltrona nella stanza attigua  al ponte, dove imperterriti, continuavano a giocare a carte ed ascoltare la musica

Dan svuotò, dell’ultima goccia, la sua bottiglia di birra. S’inginocchiò sul tappeto e l’ appoggiò sul tavolino.

 

-Chi vuole giocare?-

 

Ridacchiai, pensando che quel ragazzo fosse davvero un tipo così semplice. 

Un paio di signorine, che passavano proprio in quel momento, squittirono eccitate.

–Che bella idea! Aspettate che chiamiamo gli altri.-

 

Lixia scosse la testa, accavallando le gambe. –Oche…- sussurrò, sfiorando per caso la mano di mio fratello. Arrossirono entrambi, ritirandola immediatamente.

 

Ci raggiunse anche Axios, scompigliato e leggermente rosso.

 

-Cosa fate qui?- chiese, stravaccandosi sul divano di fronte al nostro.

 

-Giochiamo.- gli risposi, alzandomi per aiutare Dan a liberare il tavolo.

 

-A cosa?-

 

Mi voltai appena, guardandolo con i miei occhi chiari. –Forse al gioco della bottiglia?- continuai, indicandola sul tavolo.

 

Passò qualche minuto prima che tutti i componenti si radunassero attorno al tavolo. Io ero seduta a gambe incrociate sul tappeto ed avevo il compito di girare la bottiglia.

Di fronte, c’era Axios, la sua amica o meglio conosciuta come Lara, mio fratello, Dan ed altri che conoscevo di vista ma che la padrona di casa non mi aveva presentato.

Sentii una mano gentile poggiarsi sulla mia spalla prima che Lixia si accomodasse accanto a me. Sorrise, sorseggiando la sua bibita.

 

-Iniziamo?- chiese una ragazza dai capelli rossicci.

 

Axios annuì e mi diede il via. –Vai, Lily…-

 

Vidi Lara storcere le labbra all’appellativo che aveva utilizzato il mio migliore amico. Cosa c’era? Voleva chiamarsi Elizabeth anche lei?

 

Scossi il capo, appoggiando una mano sottile sulla pancia della bottiglia e dando un bella spinta. La plastica girò veloce su se stessa, compiendo diversi cerchi, prima di fermarsi ed indicare i primi giocatori.

 

Una tipa bionda e Lara.

 

Tutto si risolse con la rivelazione di un pettegolezzo che lasciò indifferenti la gran parte dei ragazzi, comprese me e Lixia. Non ci interessava molto dei problemi di cuore della ragazzina…

 

-Tocca a me!- disse Lara, afferrando la bottiglia e girandola di nuovo.

 

Osservai il collo verde muoversi come una trottola, prima di bloccarsi e puntare me e Dan. Diventai rossa, sentendomi in imbarazzo.  Perché il destino doveva essere così avverso?

 

-Daniel ordina Lily…- intervene mio fratello, ridacchiando come un matto.

 

Il ragazzo sorrise, grattandosi la nuca. –Io veramente lascerei la possibilità a Lily di darmi un ordine.-

 

Rimasi con la bocca aperta: bello e anche gentile. Un uomo da sposare! Mentalmente mi sgridai: forse avevo corso un po’ troppo con la fantasia. Che sciocca

 

-No, no…- farfugliai, nascondendo la faccia  tra i capelli di Lixia. –Ordina pure…-

 

Dan rimase immobile, fissandomi come se fossi un’aliena. Era calato uno strano silenzio e tutti sembrava mi stessero guardando.

 

-Io veramente non so che chiederti.-

 

Se fosse stato un cartone animato, sicuramente sarei caduta dalla sedia, facendo un rumore buffo e divertente. Invece, come logico nella realtà, rimanemmo zitti un po’ tutti, prima di scoppiare a ridere.

Dan si grattò di nuovo la nuca, facendomi tenerezza: si vedeva che era in imbarazzo.

 

-Se non volete chiedervi nulla, posso farlo io al posto vostro?- s’intrufolò Lara come il prezzemolo nelle minestre.

 

Le lanciai un’occhiataccia. –No, grazie.- sillabai, afferrando la bottiglia e girandola di nuovo.

 

L’egocentrismo di quella ragazza aveva toccato un punto di non ritorno. Voleva sempre che tutti la notassero e la rimirassero. Un vera noia. Non aveva capito che nessuno aveva voglia di starla sempre a sentire? Aveva quella capacità di pilotare un discorso, incentrato su una persona ai suoi antipoti, su di lei.

 

Questa volta la fortuna era dalla mia: Axios ed una ragazzina bruna.

 

-Voglio sapere chi ti piace.-

 

Che domanda sciocca. Era così naturale la sua risposta che non la stetti nemmeno a sentire. 

 

Mio fratello sbruffò.

 

-Questa domanda fa schifo. Per favore cambiala prima che muoia di noia.-

 

La ragazzina bruna gli lanciò un’occhiataccia, prima di allargare gli occhi e ritrattare quello che aveva chiesto. –Anzi, voglio sapere chi è stata la prima persona che ti abbia fatto venire voglia di baciare.-

 

Axios divenne rosso, guardando male Sam. –Non puoi farti gli affari tuoi?-

 

Mio fratello, ridacchiò. –Per perdermi un’occasione di metterti in imbarazzo e farmi due risate. No, grazie.-

 

Mi appoggiai sul tavolo curiosa di sapere la sua risposta. Nonostante fossimo amici da tanto, “certi” argomenti non li trattavamo mai. Tamburellai con le dita sul legno impaziente di scoprire.

 

-Non sono tenuto a risponderti.- disse Axios, facendo sollevare risolini di scontento.

 

-Sai che devi pagare il pegno?- la ragazzina non demorse.

 

Axios si strinse nelle spalle con un sorriso assurdo. –Non ho paura delle sfide.-

 

La brunetta ridacchiò, avvicinandosi all’orecchio di una sua amica e dicendo qualcosa. L’altra spalancò gli occhi prima di sciogliersi in un sorriso.

 

-Allora il pegno.-

 

Alla ragazza brillarono gli occhi. –Tu dovrai…- iniziò, alzandosi in piedi. Che tipa strana. –Dare un bacio…- continuò, circumnavigando il tavolino ed avvicinandosi pericolosamente a me. –Lei.-

 

Chiusi gli occhi, quando sentii le mani della ragazza poggiarsi sulle mie spalle. Sbruffai come una pentola a pressione, diventando rossa. 

Percepii con chiarezza il rumore delle mascelle che toccavano il pavimento con violenza. Gli occhi di mio fratello erano puntati su di me.

 

-Cosa?- dissi brusca, alzandomi in piedi. –Io non bacio proprio nessuno.-

 

-Io non la bacio! Mica sono matto…-sentii dire ad Axios.

 

Fu come una pugnalata dritta al cuore. Mi voltai a guardarlo, senza in realtà accorgermi della sua presenza. Aveva  il collo rosso come ogni volta che si agitava.

 

-Non voglio baciarla.- ripeté, procurandomi un altro strano dolore all’altezza dello sterno. –Sarebbe una pazzia…-

 

Sentivo le mie guance accendersi di rosso, il calore diffondersi per tutto il corpo e quel fastidioso pungere agli occhi. Dannate lacrime inopportune. Mi sentivo umiliata, indesiderata e sconveniente. Cosa significava che baciarmi era una pazzia. Ero davvero troppo brutta per lui?

 

Continuai a fissarlo negli occhi. Il mio verde prato si sfidò con il suo marrone tanto particolare.

Mi toccai i capelli della nuca, sentendomi di troppo.

 

-Esatto.- cercai di rispondere con tranquillità, allontanandomi a grandi passi da quel tavolo. –Sarebbe una pazzia baciare una come me.- non riuscii ad evitarlo. Sapevo di poter passare come una melodrammatica, però, era quello che sentivo.

 

Aprii di scatto le porte, capitolandomi all’esterno, sul ponte dell’imbarcazione. Una dolce melodia mi arrivò alle orecchie. Lo stereo era ancora acceso sull’ultimo CD di Natalie Imbruglia e quella lentissima canzone “Shiver”.

Scesi bruscamente dal ponticello della nave e senza badare al freddo che sentivo mi diressi il più lontano possibile da quel posto.

 

Riuscii a non fare caso al freddo ma nulla potei fare contro le mie lacrime che maligne sfuggivano al mio controllo.

 

 

 

Tolsi quelle odiose scarpe col tacco. Abbandonate sulla sabbia bianca, della spiaggia poco distante dal porto, erano un’immagine molto triste.

 

Ero seduta su un tronco che era stato portato lì dal mare. Le braccia strette intorno al mio petto, per cercare un po’ di riparo da quel vento freddo che soffiava dispettoso trai miei capelli, portando con sé il melanconico odore dell’estate ormai passata. Di solito, mi piaceva restare sulla battigia a guardare l’immensità oscura, a sentire quello scroscio rilassante e meravigliarsi del luccichio della pallida luna. Quella sera, però, ero troppo impegnata ad essere infuriata senza una ragione con quel deficiente di Axios. Fortunatamente, le lacrime erano cessate, ma quella sensazione di malessere no.

 

-Non puoi prenderti un malanno all’inizio della scuola.-

 

Sentii una voce gentile, dal tratto carezzevole, arrivarmi alle orecchie, ormai abituate al silenzio. Mi passai una mano sulla faccia, per cancellare completamente le tracce di pianto.

 

-Sono forte e non mi ammalo.- gli risposi, prima di avvertire qualcosa di caldo posarsi sulle mie spalle. Non era la mia giacca: era troppo grande. Sentii quel profumo pungente e pulito e capii che doveva trattarsi della giacca a zip di Daniel.

 

-Forte quanto vuoi, ma copriti.- si sedette a cavalcioni sul legno, scrutando il mio profilo. 

 

-Senti, non ho bisogno di consolazione, perché non c’è nulla per cui io debba essere consolata.- sibilai con acidità, indurendo il mio sguardo.

 

Dan si strinse nelle spalle, allungando le gambe sulla sabbia. Aveva il volto rilassato e quei capelli corti scompigliati appena dalla brezza notturna. Non si scompose minimante a sentire il mio tono pungente, si limitò ad annuire e continuare a guardare il mare nero.

 

-Non sono qui per consolarti. Semplicemente mi piace il posto dove hai deciso di riflettere.- mi rispose con naturalezza, spiazzandomi.

 

Inghiottii il vuoto, sperando che la luna non illuminasse le mie guance ormai rosse. Quel suo profumo delicato aleggiava intorno a me, stordendomi.

 

-E’ stato un cafone!- esclamai improvvisamente, stringendo i pugni sulle ginocchia. –Come si è permesso?-

 

Dan annuì, iniziando a giocare con la sabbia. –Non ne ho idea.-

 

-Un rozzo, villano ed anche maleducato!- continuavo a ripetere. Non ricordo per quanto sono andata avanti, parlando del mio migliore amico e dei suoi difetti. Mi sentivo tranquilla a sfogarmi con lui, sembrava come se solo lui riuscisse a capirmi. Dan si limitava ad annuire e fare qualche battutina per farmi ridere.

 

-Insomma è un rozzo.-

 

-Questo l’hai già detto.- mi riprese.

 

-Ma io voglio ribadire il concetto.- spiegai, sentendomi improvvisamente meno arrabbiata di prima. –Non è stato carino comportarsi a quel modo. Lui sa quanto io mi senta inferiore alle altre ragazze per… per, insomma, il mio aspetto… So benissimo anch’io che nessuno mi avrebbe baciato in quella stanza, nemmeno mio fratello.-

 

-Io l’avrei fatto.-

 

All’inizio, il concetto espresso da quella semplicissima frase non mi fu chiaro. In fin dei conti, quanti significati potevano assumere tre parole messe in fila? Rimasi con la bocca aperta, rossa come mai nella mia vita. Il cuore aveva avuto uno strano battito, non accelerato, quello lo conoscevo. Era un battito diverso, quasi, orgoglioso. Sentivo il cuore rimbombare nel petto e, per la prima volta nella mia vita, non mi sentii inferiore a nessuno.

 

-Come scusa?- chiesi incredula, girandomi verso di lui. Una ciocca mi scivolò sugli occhi.

 

Dan sorrise, afferrando i miei capelli. Li risistemò dietro l’orecchio e, con una voce che avrebbe fatto rabbrividire persino un uomo, mi disse.

 

-Io ti avrei baciato molto volentieri, Elizabeth Cancer.-

 

 

Ciao belli^^. Eccomi qui con un nuovo chap. Finalmente la scuola è finita ed io posso rilassarmi, spero che questo cap vi sia piaciuto. Vi mando un kiss enorme.

 Ah, per Karry che me lo aveva chiesto, io quando inizio a scrivere una storia non ho nulla di programmato. A grandi linee so cosa devo fare, certo, ma mi lascio guidare dalla mia ispirazione.

 

Diandraflu

 

Francy

 

Pink

 

Lulu

 

Daphne

 

Devil90

 

Sky88

 

Angéle^__^

 

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Capitolo 6
*** -6- ***


TeenAgers

TeenAgers

6

 

Tutti i personaggi di questa storia appartengono ad Angele87. Fatti ed eventi sono puramente immaginari, l’autrice, quindi, non si assume nessuna responsabilità di omonimie e somiglianza di avvenimenti.

 

“Ringrazio tutta quella gente meravigliosa che mi ha ispirato personaggi altrettanto stupendi, e una riconoscenza, ancora più particolare, a tutti coloro che me ne hanno suggeriti degli altri drasticamente negativi.”

 

Un grazie enorme a quelle grandi persone che sono le mie amiche, le prime a cui ho parlato di questo progetto.

 

AngéleJ

 

 

Tolsi quelle odiose scarpe col tacco. Abbandonate sulla sabbia bianca, della spiaggia poco distante dal porto, erano un’immagine molto triste.

 

Ero seduta su un tronco che era stato portato lì dal mare. Le braccia strette intorno al mio petto, per cercare un po’ di riparo da quel vento freddo che soffiava dispettoso trai miei capelli, portando con sé il melanconico odore dell’estate ormai passata. Di solito, mi piaceva restare sulla battigia a guardare l’immensità oscura, a sentire quello scroscio rilassante e meravigliarsi del luccichio della pallida luna. Quella sera, però, ero troppo impegnata ad essere infuriata senza una ragione con quel deficiente di Axios. Fortunatamente, le lacrime erano cessate, ma quella sensazione di malessere no.

 

-Non puoi prenderti un malanno all’inizio della scuola.-

 

Sentii una voce gentile, dal tratto carezzevole, arrivarmi alle orecchie, ormai abituate al silenzio. Mi passai una mano sulla faccia, per cancellare completamente le tracce di pianto.

 

-Sono forte e non mi ammalo.- gli risposi, prima di avvertire qualcosa di caldo posarsi sulle mie spalle. Non era la mia giacca: era troppo grande. Sentii quel profumo pungente e pulito e capii che doveva trattarsi della giacca a zip di Daniel.

 

-Forte quanto vuoi, ma copriti.- si sedette a cavalcioni sul legno, scrutando il mio profilo. 

 

-Senti non ho bisogno di consolazione, perché non c’è nulla per cui io debba essere consolata.- sibilai con acidità, indurendo il mio sguardo.

 

Dan si strinse nelle spalle, allungando le gambe sulla sabbia. Aveva il volto rilassato e quei capelli corti scompigliati appena dalla brezza notturna. Non si scompose minimante a sentire il mio tono pungente, si limitò ad annuire e continuare a guardare il mare nero.

 

-Non sono qui per consolarti. Semplicemente mi piace il posto dove hai deciso di riflettere.- mi rispose con naturalezza, spiazzandomi.

 

Inghiottii il vuoto, sperando che la luna non illuminasse le mie guance ormai rosse. Quel suo profumo delicato aleggiava intorno a me, stordendomi.

 

-E’ stato un cafone!- esclamai improvvisamente, stringendo i pugni sulle ginocchia. –Come si è permesso?-

 

Dan annuì, iniziando a giocare con la sabbia. –Non ne ho idea.-

 

-Un rozzo, villano ed anche maleducato!- continuavo a ripetere. Non ricordo per quanto sono andata avanti, parlando del mio migliore amico e dei suoi difetti. Mi sentivo tranquilla a sfogarmi con lui, sembrava come se solo lui riuscisse a capirmi. Dan si limitava ad annuire e fare qualche battutina per farmi ridere.

 

-Insomma è un rozzo.-

 

-Questo l’hai già detto.- mi riprese.

 

-Ma io voglio ribadire il concetto.- spiegai, sentendomi improvvisamente meno arrabbiata di prima. –Non è stato carino comportarsi a quel modo. Lui sa quanto io mi senta inferiore alle altre ragazze per… per, insomma, il mio aspetto… So benissimo anch’io che nessuno mi avrebbe baciato in quella stanza, nemmeno mio fratello.-

 

-Io l’avrei fatto.-

 

All’inizio, il concetto espresso da quella semplicissima frase non mi fu chiaro. In fin dei conti, quanti significati potevano assumere tre parole messe in fila? Rimasi con la bocca aperta, rossa come mai nella mia vita. Il cuore aveva avuto uno strano battito, non accelerato, quello lo conoscevo. Era un battito diverso, quasi, orgoglioso. Sentivo il cuore bombare nel petto e per la prima volta nella mia vita non mi sentii inferiore a nessuno.

 

-Come scusa?- chiesi incredula, girandomi verso di lui. Una ciocca mi scivolò sugli occhi.

 

Dan sorrise, afferrando i miei capelli. Li risistemò dietro l’orecchio e, con una voce che avrebbe fatto rabbrividire persino un uomo, mi disse.

 

-Io ti avrei baciato molto volentieri, Elizabeth Cancer.-

 

          

Arrossii ed anche tanto. Mi voltai per guardarlo e vidi che lui scrutava il mare con insistenza. Non riuscivo a capire se quello che avevo sentito era stato uno scherzo del vento che in quel momento si era alzato più forte o era stato pronunciato davvero. 

 

-Come scusa?- domandai, cercando di darmi un contegno.

 

Dan sorrise, issandosi in piedi e porgendomi una mano. –Andiamo. Quando sono svanito tuo fratello stava per strangolare Axios.-

 

Rimasi un po’ delusa dal suo glissare la domanda. Non lo feci notare, però. Afferrai la mano che lui mi porgeva ed arrossii, quando riconobbi la mia piccola e morbida rispetto alla sua.

 

-Giocherai nella squadra di mio fratello?- chiesi dopo un attimo di silenzio. Mi ero stretta nella sua giacca per percepire meglio quel profumo incredibilmente buono.

 

-Se tu verrai a fare il tifo, allora entrerò volentieri…-

 

Un’altra volta la sua frase rimase sospesa e quel modo strano d’ignorarmi mi fece rabbrividire. Mi fermai ad ammirarlo e, prima che potessi fare qualcosa, scoppiai a ridere.

Dan mise le mani nelle tasche e si voltò a guardarmi. Vidi la luna riflettersi nei suoi occhi ed un leggero rossore ricoprirgli la guance. Aveva un profilo bellissimo: i tratti regolari e fanciulleschi, le labbra carnose e dall’aspetto molto morbido.

 

Fissò quelle sue pozze chiarissime nelle mie verdi e trattenni il fiato. Mi guardò con tanta intensità e serietà che sentii un fischio trapassarmi le orecchie, per l’agitazione.

 

Lo vidi avvicinarsi con lentezza ed un sorriso tranquillo. Era a pochi centimetri dal mio viso, quando alzò una mano per sfiorarmi i capelli, che dispettosamente scendevano sui miei occhi.

 

-Sei bella, sai?- mi disse ed io rimasi senza ossigeno al cervello. Mi tolse le ciocche dal viso per poi incamminarsi di nuovo, ignorandomi.

 

Nel mio petto il cuore sembrava aver cessato di battere. Forse andava troppo veloce e non riuscivo a percepirlo.

Lo fissai allontanarsi verso le scalette che ti riportavano sulla strada.

 

…Strada…

 

Mi riscossi, ricordando finalmente di aver lasciato le mie scarpe sulla sabbia. Corsi di nuovo vicino al tronco e le trovai dove le avevo lasciate. Le afferrai senza troppa gentilezza e, ancora correndo, raggiunsi Daniel che nel frattempo era scoppiato a ridere.

 

-Sei uno spasso…- si complimentò, quando mi sedetti per cercare d’infilarmi le scarpe. Erano dei sandali strani: avevano due lunghi lacci che dovevano essere legati attorno la polpaccio per fermare la scarpa.

 

-Come diavolo si mettonosti cosi…- dissi sottovoce, ingarbugliandomi da sola.

 

Dan rise, chinandosi alla mia altezza.

 

Arrossii quando lo vidi di nuovo a pochi centimetri da me. Bello, profumato, gentile, strano… Ci avevo proprio perso la testa.

 

-Tu sapresti fare di meglio?- gli domandai scocciata, rifiutandomi di continuare a fare magre figure.

 

Dan annuì. –Posso provarci.-

 

Afferrò con delicatezza la mia caviglia, facendomi rabbrividire: era così dolce.

Tirò su il jeans fino al ginocchio, sfiorandomi impercettibilmente la pelle.

 

-Devi…- incominciò, facendo il primo rombo con i due lacci. –Solo fare…- continuò, accarezzandomi il polpaccio. –Fare una serie d’incroci.- terminò, assicurandomi il tutto con un piccolo nodo.

 

Si staccò ed alzò lo sguardo, per incrociare i miei occhi timidi. Lo vidi trattenere il respiro ed io feci lo stesso. Immediatamente, tutto quello che era successo di brutto nella serata scomparve. C’eravamo solo io e lui, la brezza, le stelle, la luna e quelle stupide scarpe.

 

Lo vidi inumidirsi le labbra e per poco non ebbi un collasso.

Si schiarì la voce, facendomi un sorriso. -Non è difficile…-

 

Annuii, incapace di fare altro.

 

-Se vuoi, però, posso farlo sempre io…-

 

-Credo che le scarpe se le sappia allacciare da sola. Ha anche 17 anni…-

 

Una voce ci fece sobbalzare. Dan alzò lo sguardo mentre io mi voltai.

Axios era in piedi a pochi metri da noi. Aveva il collo rosso e le braccia incrociate sul petto.

Non riuscii subito a ricordarmi di essere terribilmente arrabbiata con lui. Così, non gli risposi lì per lì in malo modo.

 

-Muoviti, Elizabeth. Tuo fratello sta andando via.- disse ancora, avvicinandosi e prendendomi da un braccio. Mi sollevò quasi di peso, facendomi male.

 

-Ma sei scemo!- esplosi, cercando di divincolarmi.

 

Al contrario, Axios aumentò la presa.

 

–Devo ancora infilarmi l’altra scarpa. Vuoi aspettare, cafone?!-

 

Feci appena in tempo a farmi due giri con i lacci, come mi aveva fatto vedere Dan, che Axios mi riprese il braccio.

 

-Ci vediamo, Dan!- disse con uno strano accento nella voce. Sembrava infuriato.

Mi trascinò verso l’uscita della spiaggia dalla parte opposta al porto.

 

Feci un piccolo cenno di saluto al ragazzo e fui strattonata di nuovo.

Axios mi trascinava con tanta lena che, per seguirlo, inciampavo nei miei stessi piedi.

 

-Ti vuoi fermare?!- esclamai, quando presi la terza storta. Sentivo che presto la mia faccia e l’asfalto avrebbero formato una cosa sola. 

 

Infatti, non mi sbagliavo. Qualche secondo dopo, inciampai in una pietra leggermente più sollevata del lungomare e ruzzolai al suolo.

 

Sentii un dolore tremendo al ginocchio e solo allora quel deficiente si fermò.

 

-Sei uno stupido!- gridai, scoppiando in lacrime.

 

Il jeans si era strappato all’altezza del ginocchio sul quale troneggiava un bella sbucciatura. Mi faceva male e mi bruciava.

 

Axios si fermò, il fiatone e lo sguardo dispiaciuto.

 

-SCEMO!- gridai ancora, cercando di sollevarmi in piedi. –Ti odio. Come fai ad essere sempre così cavernicolo senza cervello!-

 

Vidi il mio amico cambiare espressione ed assumere un cipiglio rabbioso:le labbra serrate ed i pugni stretti lungo i fianchi.

 

-SCEMA SARAI TU!- scoppiò, facendo un passo verso di me. –Guardare quel mezzo cretino con gli occhi da cerbiatta! COSA AVEVI INTENZIONE DI FARE? Volevi un bacio da lui?!-

 

Sentii i miei occhi pungere come non mai. Il fiato in gola era diventato corto. Al cervello era arrivato il sangue che all’istante mi aveva oscurato la vista.

 

-ED ANCHE SE FOSSE?!- chiesi rabbiosa, rimettendomi in piedi. –Non devo dare certo conto a te! TU NON SEI IL MIO RAGAZZO! E nemmeno un mio parente e, da oggi in poi, non sarai neppure il mio migliore amico!-

 

Sentivo il cuore battere nel mio petto con una velocità tale da farmi male. Sembrava andasse ad urtare contro la gabbia toracica. Lo fissai negli occhi, sfidandolo a ribattere.

 

-Sai che c’è? Sono felicissimo di non essere più il migliore amico di un maschiaccio senza cervello che adesso ha imparato a fare le moine!- disse con calma, senza alterarsi di più.

 

Le sue parole mi ferirono, furono come uno schiaffo su una ferita ancora sanguinante.

 

-Io sono felice di essermi liberata di te. Non sei in grado di trovarti una ragazza che abbia un’intelligenza che non eguagli quella di un cucchiaino…forse perché anche la tua non è molto distante da quella.- divenni cattiva come non lo ero mai stata.

 

Ma non ero ancora stata ferita. Non in profondità, non nella maniera più dolorosa che io conoscessi.

 

-Almeno lei è bella, sexy e ti fa venire una voglia incredibile di baciare… di te non posso dire lo stesso.-

 

Magari è solo una sciocchezza, per tanti altri lo sarà, ma per me fu come una bomba nucleare.

Zoppicando, mi avvicinai a lui e, senza preavviso, lo schiaffeggiai.

Gli diedi un ceffone davvero forte sulla guancia destra. Fu abbastanza potente da fargli girare la testa.

 

Rimasi a fissarlo con odio.

 

-Io e te non ci siamo mai conosciuti…- sibilai con la voce incrinata dalla voglia di piangere e, prima che lui avesse il tempo di replicare, corsi via.

 

Senza voltarmi indietro.

 

Non era la prima volta che litigavo con Axios ma lui non era mai stato così cattivo con me. In quel momento, non riuscivo a badare al dolore alla gamba. Volevo solo arrivare a casa e nascondere la faccia nel mio cuscino. Solo lì avrei potuto soffocare quel dolore sordo che sentivo all’altezza dello sterno, quella voglia matta di non sentirmi divisa a metà, quel desiderio di cancellare la terribile sensazione di vuoto lasciata da un pezzo che è stato portato via con la forza.

 

 

 

Ma grazie a tutti per le bellissime parole che avete avuto nei commenti. Davvero sono commossa. Non pensavo potesse piacere questa storia. Bene i chaps di transizione sono ormai passati dal prossimo inizia la storia. Spero che fino a questo momento io sia stata abbastanza chiara nella descrizione di tutto, dai  luoghi ai personaggi. Fatemi sapere che ne pensate di questo.

Baci,

Angéle

 

Thanks to

 

Devil90

 

Karmensita

 

Pink

 

Karry

 

Marti

 

Lulu

 

Daphne

 

Daffydebby

 

*July@*

 

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