Magic is everywhere. You have only to find it.

di noewalrus
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ladies and gentlemen, girls and boys... ***
Capitolo 2: *** Let me take you down... ***
Capitolo 3: *** There's a fog upon L.A... ***
Capitolo 4: *** So i lit a fire, isn't it good, norwegian wood... ***
Capitolo 5: *** He's a real nowhere man... ***
Capitolo 6: *** I'd like to be, under the sea... ***



Capitolo 1
*** Ladies and gentlemen, girls and boys... ***


 

#spazioautrice
Ciao a tutti! Questa fanfiction è dedicata ad una persona speciale - non voglio fare nomi quindi la chiamerò semplicemente C. - che ha letto buona parte dei capitoli prima che li pubblicassi qui... Gliela dedico perché le piaceva, se non sbaglio, e spero tanto che ritorneremo a parlare, perché un po' mi manca...
Oh, mi son dimenticata di una cosa: se volete proprio assaporare la magia del Tour, dovreste leggere i capitoli mentre ascoltate la canzone da cui è tratto il titolo del capitolo. Non è obbligatorio ovviamente (xD), ma mentre scrivevo ogni capitolo mi fissavo con una canzone diversa che è poi quella da cui ho preso una frase e l'ho messa come titolo. 
Detto questo, non mi resta che dirvi: BUONA LETTURA! E spero che piaccia anche a voi come è piaciuto a me scriverla :) 
Noe.

 

 

 

 

- ROLL UP, ROLL UP FOR THE MAGICAL MYSTERY TOUR, STEP RIGHT THIS WAAAY! -

In piedi vicino al bus che era parcheggiato vicino al negozio, Jolly Jimmy Johnson urlava e sbraitava per farsi sentire anche dalle persone più lontane. Doveva portare a casa la pagnotta, seppur misera, da corriere, e senza far sapere alle persone che il Magical Mystery Tour esisteva, sarebbe morto di fame. 
Erano rimasti ormai solo due posti. Ma non era mai partito senza un bus esattamente al completo. 
Tutti i vecchi partecipanti c'erano: l'autista Alf, ovviamente, la deliziosa hostess Wendy Winters, la piccola Nicola e molti altri. Come al solito c'era anche il signor Bloodvessel, convinto di essere "the courier", i Beatles in gran forma e l'ingombrante zia di Ringo - Jessie. Ogni volta si aggiungeva qualcuno, se ne andava qualcun'altro, ma loro erano sempre presenti. 
Halie e Gabby entrarono nel negozietto, incuriosite da quell'uomo che gridava come un pazzo. Dietro al bancone, c'era un uomo munito di baffoni e sorriso smagliante. 
Aveva un'evidentissima miopia, e per quanto si sforzasse di non farla notare, era spesso costretto a strizzare gli occhi per vedere le cose lontane. 
- Salve, ragazze! Posso... Posso fare qualcosa per voi? - si sfregò le mani con aria entusiasta.
Gabby, che era la più spavalda, disse con un sorriso smagliante: - Abbiamo visto quell'uomo fuori e vorremmo sapere di cosa si tratta. -
- Il Magical Mystery Tour? Ottima scelta. - Cercò qualcosa sotto il bancone e riemerse con due biglietti coloratissimi. - Sono gli ultimi due che mi rimangono, che coincidenza! Costano cinque sterline l'uno. -
- Bene, li prendiamo! - sorrise Gabby e gli porse un biglietto da dieci.
- Perfetto! Vi divertirete un mondo, parola di boy scout. Ma ora correte, il bus partirà tra dieci minuti e Jolly Jimmy è un uomo puntuale! -
- Grazie mille! Arrivederci! - Gabby prese l'amica per la mano e la trascinò fuori dal negozio.
Il commesso sorrise, e dopo aver tirato fuori dal cassetto una bacchetta magica, disse: - Magic is everywhere. You have only to find it. -
Poi scomparve.

 

Nel frattempo Halie stava cercando di capire le ragioni della sua amica.
Le vacanze estive stavano finendo, tra poco sarebbe cominciato un nuovo anno scolastico, non potevano trastullarsi con queste cose!
- Gabby, ma perché? Non ci ha neanche detto cos'è esattamente, ci ha solo venduto dei biglietti e promesso del divertimento. Magari è una gita per nonnetti. -
- Perchè no? - le rispose sorridendo e lasciando la spiazzata del tutto. La spiazzava sempre in questa maniera. Gabby era molto impulsiva e spesso Halie non capiva il perché di queste decisioni improvvise che comprendevano anche lei. Poi Gabby la lasciava senza argomenti con un 'perchè no?' e sapeva di avergliela data vinta gratuitamente.
- E va bene. Eccoti le cinque sterline che hai pagato per me. -
- Non le voglio. Prendilo come un regalino di compleanno! -
Halie avrebbe compiuto sedici anni due settimane dopo. Gabby li aveva già compiuti qualche mese prima, il 17 Giugno del 1967.

 

Salirono le scalette del bus e vennero accolte dal buffo uomo che urlava in strada. Lui sorrise loro e le pregò di sedersi in fretta.
Scelsero gli ultimi posti rimasti, sulla parte destra, a circa cinque o sei file dalla portiera. Halie insistette per il posto vicino al finestrino. Le piaceva perdersi nei suoi pensieri e contemplare in silenzio il paesaggio. 
Dopo qualche minuto, il bus partì e una voce squillante giunse alle orecchie di tutti.
- Benvenuti a tutti, signore e signori, ragazze e ragazzi! Questo è il... Magical Mystery Tour! Io sono il vostro corriere. Il mio nome è Jimmy Johnson, per gli amici Jolly Jimmy, e voi siete tutti miei amici! Vi presento Alf, l'autista, e Miss Wendy Winters, la vostra favolosa hostess! Ora fate buon viaggio e godetevi questo Magical Mystery Tour! -
Gabby era entusiasta. Assolutamente entusiasta. Per la prima volta nella sua vita, era entusiasta per qualcosa di cui non sapesse proprio nulla. 
Anche Halie lo era. Era molto eccitata per questo evento, ma non voleva darlo a vedere. 
Per questo si limitava ad osservare le colline inglesi e i prati leggermente sfioriti, tipici di settembre, fantasticando su tutto quello che sarebbe successo. 
Durante le fantasie di Halie, Gabby aveva già stretto amicizia con un mucchio di persone: un fotografo nano, una piccola bimba e uno strano ragazzotto che fumava un'infinità di sigarette mentre masticava ossessivamente del chewing gum. 

 

- Credo di aver venduto quei due biglietti alle ragazze giuste. -
- Oh, piantala! Se non fossero entrate non le avresti mai notate! -
- Bonzo, io conosco bene il mio lavoro. Quelle due erano semplicemente perfette. Non so perché, ma SO di aver fatto la cosa giusta. -
- Non sai neppure quanti anni hanno! -
- I don't care. Quelle due animeranno il Magical Mystery Tour, è sicuro come l'oro. Lo vedo. Vedo già la magia in loro. -
- Certo, come io vedo quella pozione che sta uscendo dall'alambicco! Su, smettila di blaterare e vai ad abbassare il fuoco! -
- Subito, mon amour.

 

 

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Capitolo 2
*** Let me take you down... ***


#spazioautrice

Salve a tutti! Ecco il secondo capitolo. Domani partirò per Londra e ci resterò fino al 27, quindi in questi giorni non aggiornerò ;) Vi consiglio come sempre la lettura accompagnata dall'ascolto della canzone del titolo. E ora, adios e buona lettura! 

Noe.

 

 

 

- Avete mezz'ora per visitare il piccolo borgo di Chesham, dopodiché risaliremo tutti sul bus e ripartiremo verso l'avventura! -
A Halie, l'idea di visitare quella minuscola città - se di città stiamo parlando - sembrava assolutamente assurda. Non aveva molto da offrire in sé a parte pub e negozi vari, essendo davvero un piccolo paesino, ma, appena fuori, c'erano moltissimi prati e valli che, con la tipica nebbia di inizio autunno, assumevano un'aria spettrale, molto suggestiva. Halie s'era appena comprata una macchina fotografica e cominciò a scattare foto. Fu lì che lo vide.
Se ne stava seduto per terra, a contemplare il paesaggio con un foglio ed una penna in mano. Spiccava, con i suoi abiti marroni, in mezzo ad un immenso campo di fragole. 
Halie corse giù per la collina e lo raggiunse, in preda ad una strana curiosità che non le apparteneva mischiata all'incoscienza. 
- Salve, che fa di bell...- fu l'unica cosa che disse, prima di venire interrotta da un gesto della mano sinistra di quel ragazzo, che la intimò a tacere e a sedersi accanto a lui. 
Lei obbedì. Lui iniziò a spiegare.
- Le parole non servono, a volte. Lo senti? Lo senti anche tu? Tutto ciò che vorremmo dire quando apriamo la bocca si dissolve e entra a far parte di questa nebbia... E ognuno capisce tutto senza dire una parola. -
Halie lo guardò attentamente. 
Indossava degli occhiali tondi. Dimostrava almeno cinque anni in più di quelli che aveva realmente, ma era di una bellezza stupefacente, resa più matura da quei baffetti e un leggero accenno di pizzetto agli angoli della bocca. 
Ad un certo punto, dopo essersi acceso una sigaretta, cominciò a scrivere qualcosa sul foglio con una grafia non esattamente bella.

 

Intanto Gabby stava facendo colazione in un piccolo bar nella piazza principale del borgo. Non era sola: stava chiacchierando con quel ragazzo conosciuto sul bus, che aveva incredibilmente smesso di fumare e masticare chewing gum. 
- E quindi ti chiami Gabby? Bel nome, ragazza. -
Lei abbassò lo sguardo e arrossì.
- Oh, cavolo, tra poco ripartiremo e non ho ancora finito il caffè. A proposito, io sono Paul. -
Si portò la tazzina alla bocca e bevve tutto d'un fiato. Poi si alzarono, pagarono il conto ed uscirono insieme dal locale. 
- Beh, abbiamo ancora dieci minuti... Ti va di fare un giro? -
- Okay! - rispose Gabby sorridendo.
Era molto strano. Di solito era molto loquace, quasi logorroica, e invece quel giorno sembrava che le avessero rubato la voce. 
O magari, più semplicemente, lei lasciava parlare lui per sentire la sua bellissima voce. 
- Non sono mai stato in questo paese. È pazzesco come si può vivere a Londra da una vita e non essere mai stati qui. -
- Neppure io ho mai visitato le città qui vicino. Non è male, vero? -
- Un po' troppo piccolo, ma non è male. -
Tra una frase e l'altra erano arrivati al bus ed erano saliti, continuando a chiacchierare di cose così. Gabby aveva visto dal finestrino Halie arrivare con un ragazzo abbastanza strano, erano saliti anche loro e lui si era seduto con un suo amico proprio davanti a lei. 
- John, dannazione, dov'eri finito? Stiamo per partire - disse Paul.
- Quando pubblicheremo il nuovo singolo e io avrò una canzone da lato A che otterrà il primo posto, capirai - e gli sorrise maliziosamente.
 - Si, sempre se un giorno o l'altro non ti perdi in un prato - gli disse ironicamente il ragazzo seduto con lui. Aveva un accento particolare.

 

- Bene, amici miei, siete tutti a bordo? Perfetto! Mettetevi comodi perché la prossima fermata sarà tra circa tre ore. Per qualsiasi cosa, rivolgetevi pure a me o a Miss Winters! - disse al microfono Jolly Jimmy.
Un altro ragazzo, seduto in prima fila, si alzò e si diresse verso i tre.
- Ragazzi, io non ce la faccio. Tre ore con quella pazzoide di mia zia seduta accanto! Io non ci riesco. -
- Lascia fare a me - bofonchiò colui che corrispondeva al nome di John.
Si alzò e andò da un vecchietto. Gli bisbiglio qualcosa all'orecchio e un lampo attraversò quegli occhi anziani. Dopodiché, il vecchietto era seduto proprio vicino a Jessie. 
John tornò trionfante.
- Ma come hai fatto? - gli chiese stupito il nipote di Jessie.
- Ringo, Ringuccio mio, all they need is love - rispose John poeticamente.
- Oh mio Dio - disse il ragazzo dall'accento strano e scoppiò a ridere.
- Shhhh, George, rischi di svegliare Gabby - gli intimò Paul.
- Gabby? Paul, abbiamo già fatto conquiste, vedo - ridacchiò John.
- Si, certo, e tu, con quella seduta dietro proprio dietro di te? Siete incorreggibili, ragazzi... - George alzò gli occhi al cielo.
- Beh, in ogni caso, vi ringrazio e... whoop! - Ringo, nel tentativo di sedersi vicino a Paul, scivolò a causa di una frenata brusca dell'autista e fece un capitombolo degno di un film con Jerry Lewis. Il che scatenò una risata generale.
Gabby si svegliò di colpo e vedendo Ringo a terra, rise e sghignazzò come una pazza. Halie, che aveva assistito a tutta la scena, rise con la sua risata cristallina. 
I Beatles, a parte Ringo, si contorcevano letteralmente dalle risate. Lui era ancora per terra e si guardava in giro rassegnato. 
Combinava sempre qualcosa.
- Ahahahah, dai Ringo, ora siediti e smettila di fare il pagliaccio - gli disse ironicamente Paul. 
Il malcapitato sbuffò e si sedette.
- Beh, credo che sia ora di fare delle dovute presentazioni... - sospirò mentre si sistemava sul sedile.
- Giusto! - annuì George. - Voi ormai avete capito i nostri nomi, scemi come siamo, ma voi chi siete? -
- Io sono Gabby e lei è la mia amica Halie. Abbiamo diciassette anni e siamo di Londra. -
- Perfetto - borbottò John accendendosi una sigaretta. Fece un tiro, poi la passò a George, che ripeté il rito e fece per passarla a Gabby. All'inizio era stupita, ma poi la prese e aspirò. Iniziò a tossire convulsamente.
- Gabby, Gabby, stai bene? - disse preoccupata Halie.
- Che novellina - commentò Paul ridacchiando.
- Si, si, tutto bene - rispose Gabby sorridendo. 
Si era ripresa e stava passando la sigaretta a Halie, che senza dire una parola le lanciò un occhiata come per dire 'tu sei pazza' e facendo capire che rifiutava gentilmente. Allora la diede a Paul, che infine la passò a Ringo. Il giro si ripeté più volte, fino a che non ne rimase solo un piccolo mozzicone. 
Allora John frugò nella tasca della giacca e trovò la sua armonica a bocca. Cominciò a suonare Love Me Do e tutti e sei la cantarono in coro. 

 

- Visto? Quelle due hanno fatto fluire la magia nei Beatles. E quando un gruppo così è pieno di magia, tutto può accadere. -
- E va bene, devo ammettere che avevi ragione. Dove si stanno dirigendo ora? In che direzione? -
- A nord-ovest, verso Aylesbury.

 

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Capitolo 3
*** There's a fog upon L.A... ***


#spazioautrice

Ebbene sì, sono tornata da Londra. E quindi vi posto il nuovo capitolo. Non voletemene, è tratto in parte da una storia di cui mi sono innamorata pazzamente e quindi la scrivo qui sotto così che la leggiate e che capiate a chi mi sono ispirata. Okay, ora accendete Blue Jay Way e godetevi la storia - se vi va! ;) Nel frattempo è in elaborazione una graziosissima slash/one shot/fluff/cavolate varie che spero vi stuzzicherà! :D

Noe.

P.S. di questo capitolo non sono convintissima... Insomma, a me piace, ma non so se gradirete. Ditemi come la pensate! :)

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1555781

 

 

 

Halie fu la prima a svegliarsi. Non si svegliò di colpo, ma a poco a poco riprese coscienza e la nebbia davanti ai suoi occhi svanì.
Si trovava sdraiata sul pavimento di una piccola stanza quadrata, con accanto Gabby ancora assopita. Davanti, a guardarla dall'alto dal suo metro e ottanta di altezza, c'era John. 
Aveva uno sguardo enigmatico e malizioso insieme, e sorrideva.
- Finalmente ti sei svegliata. Ce ne hai messo di tempo, eh! Ora lascia qui la tua amica e seguimi. -
Halie obbedì. Non perché pensava che fosse la cosa giusta da fare, ma semplicemente perché non era ancora sveglia del tutto.
John la prese per mano e la condusse in un'altra stanzetta, più piccola, con uno scatolone in mezzo. Da esso, tirò fuori due piccoli quadratini, che a Halie sembrarono dei foglietti di carta. Gliene porse uno.
- Mettilo sotto la lingua e succhialo. -
- Cosa? -
- Fidati. È come un gioco. -
Lei lo prese e fece come le era stato detto. Lui fece lo stesso. E dopo un po' cominciò un grande sogno spaventoso, un'odissea. 
Videro entrambi una luce, sul muro, che si avvicinò e si tramutò in una fatina. Sembrava buona, ma con pochi colpi di bacchetta magica trasformò la stanza in un terribile incendio. 
- Vieni, bella, corri - urlava ridendo come un pazzo John. 
Halie era paralizzata dal terrore. Così l'afferrò per un braccio e la trascinò verso la porta. 
Corsero giù per le scale, che anch'esse andavano a fuoco, e al pianerottolo sotto incontravano Paul e Gabby che limonavano allegramente. John strattonò via il suo amico e Halie fece lo stesso con la sua amica. C'era un incendio, ora se n'erano resi conto anche loro, e dovevano fuggire. 
Recuperarono Ringo e si misero a cercare George. Ad un certo punto sentirono delle voci provenire da una stanza. Chiusa a chiave. 
Il loro amico era là dentro. In compagnia. Così lo lasciarono perdere e riuscirono ad uscire. 
Il mondo fuori sembrava distorto. Scorreva fluido viola nelle strade, e i passanti avevano biglie al posto degli occhi. 
- Uh-uh! - gemette sorridente Gabby prima di cadere svenuta a terra. Paul la prese in braccio e continuarono a correre. 
Più andavano verso il bus, più sembravano allontanarsene. 
Il cielo era diventato di un verde smeraldo e le nuvole erano fucsia. 
Halie sentiva delle voci piangere, urlare e soffocare: era molto spaventata e scoppiò a piangere fragorosamente. John si rivolse a lei con un sorriso e le disse:
- Bella bambina, non piangere così. Vuoi una caramella o un palloncino? -
Halie urlò di terrore e si mise a correre mentre Ringo e Paul si rotolavano dalle risate. John la rincorse urlando:
- Che ho fatto per meritarmi del carbone? -
La ragazza correva con la testa girata per guardare quel pazzo. Ma non si accorse di un albero che la colpì in piena fronte, facendola cadere per terra tra le lacrime. Iniziò a piovere.
- Ehi - disse John che sembrava tornato in sé - Cos'è questo faccino triste e sconsolato? - Poi si sedette accanto a lei e l'abbracciò.
- Non volevo farti del male, volevamo solo divertirci un po'... -
- Cos... Cos'era? - chiese tremante Halie.
- Oh, gli studiosi lo chiamano acido lisergico... Ma era solo un cartone. Oltretutto neanche troppo buono. L'effetto è già quasi svanito. -
- Un ca... Cartone? -
- LSD. - sentenziò da una parte soddisfatto e dall'altra rassegnato.
- Oh... Mi dispiace tanto. - lo guardò nei suoi occhi nocciola. - Dove sono i tuoi occhiali? -
- Proprio qui, sul mio naso - rise John, e Halie glieli sfilò con dolcezza, appoggiandoli sulla sua gamba. Poi lo baciò. 

 

Finalmente cessò di piovere. 
Gabby era rinvenuta e stava bene. 
Avevano ritrovato George - senza la sua dolce metà, purtroppo - e si erano tutti riuniti in un pub di quella città per riscaldarsi. 
Non sapevano esattamente dove si trovavano, ma a loro bastava sapere che il bus era lì ad aspettarli.
- Ohohoh, Halie Webb e Gabby Foster vittime di un bad trip in compagnia di quattro pericolosi drogati... - disse Paul ridacchiando.
- Tre pericolosi drogati - lo corresse John. - George era perso in una stanza, in compagnia di qualcuno, uuuh-huu. -
- Eeeeehi, non fate così! Tutti abbiamo diritto a una ragazza. Anche Ringo, vero Jeeeeessie? - George lanciò un'occhiata al suo compare.
- Oooh, se non fosse per il mio naso avrei regni interi di donne ai miei piedi! - si lamentò sarcasticamente il diretto interessato. - Beh, dopotutto è stata un'esperienza illuminante, non è così, Paulie? -
- Ma di che parli? Non capisco... - chiese Paul fintamente confuso. 
Gabby arrossì e lo guardò sorridendo.
- Dicono tutti così... ma per staccarvi, io e Halie abbiamo dovuto usare la forza bruta! Hai capito benissimo! - disse John.
- "Vuoi un palloncino o una caramella?" - sogghignò Paul - Non era di certo meglio questa tua sparata! -
- I cartoni sono così. Non sai mai cosa ci trovi dentro. - disse John con aria da saggio e anziano maestro. Tutti scoppiarono a ridere. - Giusto, Halie? - la guardò dolcemente.
- Giusto - rispose lei sfoderando un sorriso sincero e cristallino.

 

- Altro che magia! Lo sapevo, quelle due sono a posto, sono proprio i quattro soliti pazzi che rovinano sempre tutto! -
- Oh, non fare così, sono giovani... Hai avuto proprio occhio per le ragazze, e poi senza quei cartoni non si sarebbero innamorati. -
- Già, i cartoni. Chissà dove li hanno presi... -
- Va bene, glieli ho regalati io. Lo confesso, volevo un po' di movimento. -
- In effetti, a pensarci bene, non è stata una cattiva idea. Dopotutto erano innocui, e si è visto dopo una mezz'oretta... -
- Li ho fatti io con le mie sante manine. Ora, però, rimettiamoci al lavoro! -
- Subito, Bonzo. La prossima magia qual è? -
- Non lo so. Lascia che venga da sola.

 

 

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Capitolo 4
*** So i lit a fire, isn't it good, norwegian wood... ***


#spazioautrice 

I nuovi capitoli saranno un po' particolari, e ci tengo a precisare che le date riportate nelle mie storie, per quanto poche - non ci sono molti riferimenti temporali - non corrispondono per forza alla realtà. Beh, è una storia inventata, quindi ci sta (?). Ora vi lascio alla lettura di questo capitolo un po' difficile e disastroso... Forse il flungst (termine che mi ha insegnato la prodigiosa Kia85 xD) non vi piacerà molto. E qualcuno vi sembrerà di botto molto strano. Saranno i postumi del Mystery Trip? Scopritelo voi... Con le cuffiette nelle orecchie, eheheheh! :D

Noe.

 

 

 

 

Quando il sole sorse su quella pazza notte, tutti e sei erano seduti in cima ad una collina a contemplare il paesaggio. John teneva stretta Halie, come se avesse avuto paura di perderla, e Paul era sdraiato vicino a Gabby, che si era addormentata per l'ennesima volta. Ringo tamburellava con le dita sul terreno e George, in uno stato di trance ipnotica, guardava fisso il sole, come se ne stesse assorbendo l'energia...
Erano tutti in silenzio, ma l'atmosfera era tranquilla e spensierata. Almeno finché Gabby non si svegliò di soprassalto, facendo sobbalzare Paul.
- La frana! La frana! - urlò la ragazza mentre si alzava di scatto.
- Ma che stai dicendo, Gabby?! - disse Halie, turbata in quel momento così piacevole con John vicino.
- Il bus! La frana! - ripeté in uno stato quasi catatonico.
- È impazzita... - borbottò Ringo accendendosi una sigaretta.
- Gabby, cos'è successo? - le chiese preoccupato Paul, guardandola intensamente nei suoi occhi castani.
- Oh, devo aver avuto un incubo... Scusatemi...  - rispose imbarazzata.
- Ahahah, doveva essere davvero un brutto sogno se ti sei svegliata così - le disse dolcemente Paul, schioccandole un bacio sulla punta del naso. Al che lei divenne proprio un peperone.
- Ahem, si è fatto proprio tardi... - John accompagnò maliziosamente la frase con un pugno sulla schiena di Paul.
- Dobbiamo tornare al bus o ci lasceranno qui! - disse Ringo alzandosi in fretta e sistemandosi i vestiti.

 

Arrivarono appena prima che il Magical Mystery Tour ripartisse, e si sistemarono sui sedili come le volte precedenti. George aveva trovato nel suo zaino dei mitici panini al formaggio, e li offrì a tutti.
- Devo annunciarvi una cosa importante - disse solennemente George.
- Avanti - gridarono tutti in coro.
- Una volta finito questo viaggio... - fece una piccola pausa. - ...Ho intenzione di andare in India, a Rishikesh, per meditare. -
Tutti scoppiarono a ridere. Com'era possibile che quel mezzo mangione, mezzo drogato e sempre considerato 'il più piccolino' volesse maturare e addirittura chiudersi in una stanza senza cibo per riflettere? Per quanto ne sapevano, George rifletteva in due momenti della giornata: quando scriveva canzoni - non proprio durante tutte le canzoni - e quando si faceva talmente tanto di cartoni da non distinguere una fisarmonica da un ascensore. Quindi, il 'progetto Rishikesh' era pazzesco.
- Eeeehi, non sto scherzando - disse ridacchiando mentre si accendeva una sigaretta. - Ho sentito di questo Maharishi Mahesh Yogi, o qualcosa così... Che insegna un metodo per meditare... Qualcosa del genere. -
- Ti sei informato bene, vedo! - disse sarcasticamente John.
- E hai intenzione di trascinarci in questa, ehm, storia? - chiese sospettoso Ringo. - Non è che io sia il tipo di persona che ama la roba vegetariana, le preghierine della buonanotte e tutto il resto... -
- 'Preghierine della buonanotte'! - rise Paul. - Beh, Joj, devi dircelo tu. Se vuoi che ti accompagniamo, lo faremo. -
- Mi piacerebbe che veniste anche voi. E magari anche le ragazze! - propose George con spirito intraprendente.
Halie e Gabby stavano ascoltando in silenzio fino a quel momento. Si scambiarono un'occhiata, e poi fu la seconda a prendere la parola.
- Ecco, sarebbe qualcosa di stupendo, ma alla fine di questo viaggio dovremo tornare a scuola. - disse rassegnata.
Senza dire una parola, Paul la guardò implorante con quei suoi occhi a cui nessuno poteva resistere, men che meno Gabby Foster, innamorata persa di lui - e anche corrisposta.
- Oh, al diavolo. È vero, abbiamo diciassette anni. Proprio per questo dobbiamo andarci! Altrimenti non ci saranno più occasioni. -
Halie la guardò preoccupata. John le arruffò i capelli con un gesto amorevole, ma lei continuò a fissare la sua amica.
Poi, tutto d'un tratto, disse: - Non posso... -
Il suo sguardo perso nel vuoto. La mano di John che si ritrasse in fretta. Un silenzio durato giusto il tempo di una strofa di una canzone, magari di una di quelle nonsense di John. Poi Halie si svegliò dalla sua trance e ripeté: - Veramente, non posso. Mi piacerebbe molto, ma non posso. Non sarei nemmeno dovuta venire adesso, come faccio? - chinò il capo per nascondere una lacrima. - Gabby, tu vacci, se vuoi, ma io non posso davvero. -
Poi si chiuse in un altro silenzio, finché, poco dopo, il pullman accostò e tutti scesero. 

 

Una volta a terra, John la prese per mano e cominciarono a camminare.
- Ehi - le sussurrò.
- Mi dispiace. -
- Anche a me. Anche se credo che ci sia ancora una possibilità di convincerti. -
- No, sul serio, è inutile. Godiamoci questo viaggio, finché dura, e poi basta. - disse come se volesse staccare una spina rotta da una presa di corrente. Con insofferenza, ma anche con decisione.
- Perché? Perché preferisci tornare a scuola anziché fare un viaggio in India? Non sono abbastanza per te? - chiese con acidità.
- Ma cosa dici, John, sei pazzo? Tu non capisci! Mi piaci da morire, ma devo pensare anche al mio futuro! E poi ho una famiglia, dei genitori che non sanno dove sono e che mi vogliono bene... -
John si fermò e si girò verso di lei, per poi sfiorarle la guancia e il mento con una carezza.
- Diamine, anche io ti voglio bene, non hai idea di quanto te ne voglia... -
- Mi dispiace... - riuscì appena a dire Halie prima che lui se ne andasse per le vie di quel paese. Lei prese la strada opposta e andò a cercare Gabby. La trovò appena fuori da un bar, aspettando Paul che era andato in bagno.
- Sono un disastro... Non so più cosa fare... - disse Halie tra le lacrime.
- Oooh, vieni qua! - e la strinse in un abbraccio di quelli che solo lei era capace di fare.
- Staremo via un mese, un mese e poi torneremo a scuola, tesoro... Non c'è problema, stai tranquilla... - le sussurrò Gabby mentre erano ancora abbracciate.

 

Nel frattempo, John aveva trovato il suo posto seduto al bancone di un pub, a bere una birra dopo l'altra con una velocità pazzesca. 
- Ti ha mollato, eh? - ammiccò il barista mentre gliene portava un'altra. 
- Chiudi la ciabatta, vecchio panzone! - gli urlò dietro John scagliando al di là del bancone un bicchiere vuoto. Era già sbronzo, e per questo fortunatamente sbagliò mira e colpì una vecchia macchina per fare il caffè. 
- Mantieni la calma, bello, altrimenti ti sbatto fuori! - gracchiò il barista.
- Ooooh, se ti capisco, caro mio - fece una voce alla sua destra. 
Era una ragazza bionda, pesantemente truccata, che sfoggiava un sorriso a trentadue denti. Ma il sorriso non era certamente l'unica cosa di cui era ben fornita. 
- Succede a tutti, anche a quelli fighi come te. Ma che ti frega di quella? Manco la conosco, ma so che ce ne sono duecento migliori. - 
John, sbronzo com'era, rise e sghignazzò con lei. 

 

- Ma quindi ci andiamo anche noi in India? - disse Halie mentre lei e Gabby si incamminavano alla ricerca di John.
- Si - le sorrise la sua amica.
Una grossa insegna catturò la loro attenzione. "Irish Whiskey" recitava il cartello, inciso nel legno ed incastrato fra due lanterne particolarissime.
Le due amiche decisero di entrare. 
Halie spinse il pomello della pesante porta di legno del locale, e per poco non svenne. 
Lì c'era il suo John, quello che amava da matti, avvinghiato ad un'altra, a baciarla con trasporto. 
Fortunatamente aveva Gabby dietro di lei che l'afferrò per il braccio e la fece tornare in sé. 
Ma al posto di urlare ed incazzarsi di brutto, come avrebbe dovuto fare, scappò fuori dal pub, spingendo la sua amica contro un tavolino. Fu lì che John si accorse di lei. 
Staccò da sé la ragazza e guardò Gabby.
- Oh, merda! - riuscì ad urlare.
- Sei uno scemo... - gli disse lei. - Quando ti succede qualcosa di brutto, sei solo capace di sbronzarti e fare cazzate. - Poi lo prese per mano, portandolo fuori dal locale, e si sedettero su un muretto. John stava in silenzio e guardava fisso un punto lontano, con aria rassegnata.
- Tu non lo capisci proprio quanto lei ci teneva a te. Eravamo riusciti ad arrivare ad un accordo, che saremmo venuti per un mese in India e poi io e lei saremmo tornate a casa. E ora sarà già tanto se quella non si butterà da un ponte, persa com'è. In questo siete proprio uguali... - si alzò dal muretto. - Adesso vado a cercarla. Vedi di non fare altre baggianate, okay? - gli chiese con atteggiamento stufo.
- Okay - sospirò John senza nemmeno guardarla.

 

 

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Capitolo 5
*** He's a real nowhere man... ***


#spazioautrice

E così, un nuovo capitolo. Non so più per quale motivo ho aspettato fino ad ora a pubblicarlo, ma vabbé xD Mi sono decisa: mo' lo posto. Oltretutto avevo già scritto i due dopo, e mi spiaceva troppo lasciarla così, incompleta :3 Quindi, eccovi serviti. Uuuh, la slash che stavo scrivendo è pronta, ma sono troppo pigra da mettermi d'impegno e cercare un titolo, quindi aspetto che arrivi la luce divina ad illuminarmi con un qualcosa di geniale ;D Nel frattempo, ascoltatevi la bella canzone che accompagna questo capitolo - che è una delle mie songs preferite dei Fab :') Evvabbe, spero che vi piaccia, perché voglio troppo pubblicare i prossimi capitoli, mi diverto da morire a scriverli! :D

Noe.

 

 

 

 

La trovò seduta in un prato.
- Nowhere maaaaaan... Don't worry... - cantava guardando il sole che stava tramontando. 
- Halie... È uno stronzo, va bene, ma lo sai meglio di me com'è fatto... Tu gli hai detto che non saresti venuta in India e lui ha reagito così. In maniera irrazionale, senza pensare. Mi dispiace... -
- Non mi ha mai voluto bene... Mi ha solo usata... -
- Oh, basta! Lo sai benissimo che non è vero! Ho capito che ti senti male, ma le cose non stanno così. -
- Gabby... Ma dove siamo? -
- Siamo arrivati ad Aylesbury, mi pare. Stasera, tra qualche ora, i Beatles faranno un concerto qui, in un teatro del posto, e tutto il bus ci andrà. -
- No, per favore, non dormo da giorni... -
- Se non vuoi venire, ti lascio le chiavi di scorta del bus che Jolly Jimmy ha dato a Paul, e starai lì. -
- Scusa, ma non ce la faccio davvero... -
- Ehi, stai tranquilla, tieni. - Le porse una piccola chiave con incisa la lettera A. - Sta per Alf, l'autista, credo. -
- Già - si sforzò di sorriderle Halie.

 

- Dai un occhiata qui, è urgente! -
- Oh, diavolo! -
- Ho perso per un attimo il controllo della sfera e guarda cos'è successo! -
- Maledizione! Dobbiamo fare qualcosa... 
- Ho guardato a ritroso tutto da quando sono scesi dal bus e direi che dovremo darci da fare per sistemare le cose...

 

Quella sera, Gabby era fuori dal teatro, in mezzo ad una folla urlante, ad aspettare che aprissero il portone. Paul le aveva detto che prima del concerto non sarebbe potuta entrare nei camerini, ma a concerto finito le sarebbe bastato usare l'altra chiave che le aveva dato e si sarebbe ritrovata nel backstage. 
Era confusa: pensava ad Halie, che era quasi sicuramente sul bus, da sola. Non era andata con lei perché era convinta che ci fosse un'altra possibilità che scendesse e venisse al concerto. Ma per ora doveva preoccuparsi di entrare e trovare un posto. 
Finalmente aprirono le porte: tutti corsero dentro in maniera disordinata e lei si prese un posto in una delle prime file. 
Il concerto cominciò. 
Tra canzoni come Norwegian Wood, All My Loving e altre, tutto andava abbastanza bene: John riusciva a suonare e cantare nonostante tutto quello che era successo. 
Quello che non sapeva era che qualcuno li osservava di nascosto, da dietro la porta principale: era Halie. 
Non era riuscita a resistere, voleva andare a quel concerto ma senza farlo sapere a nessuno. Soprattutto a John. Non voleva dargli quella soddisfazione, che nonostante fosse mentalmente a pezzi lo amava ancora, nonostante il suo gesto così brutto. 
Lei amava quel suo viso così particolare, sia quando inforcava gli occhiali, sia quando, come in questo concerto, non li indossava. 
Amava il modo in cui suonava la chitarra, come la teneva, in quella posizione così fiera. 
Amava la sua voce in ogni canzone, in ogni discorso, ogni volta che apriva bocca. Specialmente ora, quando stava cantando la di lei canzone preferita, ovvero Nowhere Man. 
La cantava spesso in bus, mentre viaggiavano, e sbagliava sempre volutamente una parola del testo originale - "kissing" al posto di "missing"- tanto che John la correggeva ironicamente tutte le volte.
E ora, sul palco, quando quell'idiota - non si capisce se volutamente o no - l'aveva sbagliata, il cuore le era sussultato nel petto. 
Doveva mettere da parte l'orgoglio, e andare da John. Ne aveva bisogno. 
Mentre Paul si apprestava a cantare Eleanor Rigby, lei uscì di soppiatto dal teatro e si avviò verso una porticina sul lato sinistro dell'edificio. Dopo vari tentativi, riuscì ad aprirla, e si ritrovò in mezzo ad un turbine di persone che correvano reggendo scatoloni, strumenti musicali e microfoni. Fermò una ragazza dai capelli castani e ricci.
- Scusi... Il camerino di John Lennon? -
- La prima stanza a destra, per di qua. -
Aprì la porta di legno scuro e si ritrovò in una camera decisamente enorme per una sola persona; si sedette su una poltrona di stoffa rossa. Riusciva ad udire gli accordi finali di Think For Yourself, poi i quattro ragazzi che salutavano il pubblico con uno scroscio di urla ed applausi. Neanche due minuti dopo, la porta si spalancò. Era John.
- Ci vediamo tra poco, ragaz... Ehi! - non terminò la frase, da quanto era stupito dalla sua presenza. - Halie... - la guardò intensamente.
- John... -
- Mi dispiace... Ho fatto una cazzata. Non so come scusarmi... - disse chiudendo lentamente la porta. - Ti amo da impazzire, e guarda cos'ho fatto... -
Una lacrima sembrò rigare il viso di Halie.
- Se ora mi odi, non ci posso fare nulla... - sospirò lui sedendosi su un divano verde.
- Invece sì che puoi - sussurrò Halie lasciandosi sfuggire un sorriso.
- Ah si? E come? - chiese John che aveva colto il sorriso.
- Vieni qui e baciami, stronzo! - ridacchiò divertita.
John si sedette vicino a lei sulla poltrona e i due si scambiarono un lungo, dolcissimo bacio.

 

- Non correre, dai! - urlò Gabby mentre Paul la trascinava sotto la pioggia incessante e fitta che bagnava Aylesbury.
Alla fine del concerto, era corsa a vedere se Halie era ancora sul bus ma non c'era. Era molto preoccupata per la sua amica, e non appena l'aveva detto a Paul i due si erano precipitati a cercarla.
- Potrebbe essere ovunque, cav- riuscì a dire Gabby appena prima di cadere in un'enorme pozzanghera fangosa.
- Maledettissima pioggia! - Paul l'aiutò a rialzarsi. - È meglio se ti porto dentro e ti cambi i vestiti, con questo freddo ti prenderai qualcosa. -
- E Halie? - gli chiese lei.
- Quando ti avrò portato in camerino, uscirò a cercarla. Prima però andiamo, sei tutta sporca di questo fottutissimo fango. -
Raggiunsero la porticina ed entrarono nel backstage. Paul si guardò intorno per un po' e poi trascinò Gabby fino ad una porta con una scritta - stanza di servizio - appeso al pomello.
- Aspetta qui un secondo, entro a prendere una coperta e ti porto in un posto più decente. - le disse.
Paul fu di ritorno qualche minuto dopo con uno scatolone.
- In effetti non era il massimo là dentro. Ma so dove possiamo andare. - 
Così la trascinò di nuovo per quei stretti corridoi finché raggiunsero un'altra porta - stavolta con una stella incisa proprio al centro.
- È la stanza per i manager, i roadies e gli altri... Ma visto che loro non ci sono è vuota. Vieni, ti faccio vedere. -
- Okay - gli rispose Gabby tremante.
Paul mise sul tavolo lo scatolone e riprese a parlare.
- Lì c'è la doccia, di là il letto, qui accanto il frigo. Dentro lo scatolone ci sono dei vestiti e robe così. Adesso vado a riunire gli altri per cercare Halie. Tu stai qui tranquilla e fatti una doccia... -
Le schioccò un bacio sulla bocca. - Buonanotte. Riposati. Vedrai che la troveremo. -
- Grazie. Buonanotte, Paul... - gli rispose lei.
Paul stava per chiudere la porta dietro di sé, ma la riaprì leggermente e disse a Gabby: - Se hai bisogno di qualcosa, qualunque cosa... Io ci sono, okay? - 
Lei gli sorrise. - Okay. -
Esteriormente, Gabby sembrava calma, ma dentro non faceva che pensare a Halie, al fatto che era molto triste. Non voleva neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere.

 

 

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Capitolo 6
*** I'd like to be, under the sea... ***


#spazioautrice

Avete presente quel momento in cui vi rendete conto che è da mesi che non postate su efp? Ecco, ciao a tutti, sono tornata! ^^ Spero veramente che questo aggiornamento della storia vi piaccia. Passate anche a leggere la one-shot che ho pubblicato, sono troppo gasata perché ha 800 parole esatte :D  Non so esattamente se questo ritorno sia dovuto alla pessima giornata che ho avuto oggi, ma avevo voglia di postare ed embé... Buona lettura! 

Noe.

P.S. il finale è un po' enigmatico... Insomma, la mia mente bacata farà confluire due mondi nel prossimo capitolo! :D

 

 

 

 

- Uff, che sfacchinata! Sono veramente stanco. -
- A chi lo dici, principessa! Ma ce l'abbiamo fatta. Tra qualche ora il Tour riprenderà normalmente. -
- Smettila di chiamarmi così! Lo sai che odio quel nomignolo. -
- A me invece piace un sacco. -
- Non mi interessa. -
- Che principessina bisbetica! Ma dimmi, domattina dove andranno? -
- Credo che andranno a Watermead a sguazzare tra le anatre. -
- Puah! Quel lago non lo sopporto proprio. -
- E perché mai? -
- Da piccolo ci sono caduto dentro mentre giocavo con degli amici, ed era novembre. -
- Ahahahah! Sei proprio un mago sfortunato nel gioco. -
- Beh... Sfortunato nel gioco, fortunato in amore.

 

Il tiepido sole delle mattine inglesi di settembre illuminò il viso di Gabby. 
Era già sveglia, ma era rimasta nel letto insieme a Paul - ancora dolcemente addormentato - a godersi il caldo delle coperte. Ora, stufa di stare lì ferma, si era delicatamente alzata senza scuotere il ragazzo ed era andata a cercare qualcosa da mettersi addosso. Nella borsa teneva sempre degli abiti di ricambio. Dopo essersi vestita, uscì dalla porta-finestra e si sedette su una piccola sedia di legno, a godersi il panorama che dalla terrazza mostrava tutta la città di Aylesbury e la pianura circostante. 
"Che posto meraviglioso" pensò. "Non ero mai stata nelle città vicino a Londra."
- Buongiorno! - disse dolcemente una voce alle sue spalle.
- Paul! - sorrise Gabby. - Finalmente ti sei svegliato. Sono quasi le nove, credo che tra un po' gli altri verranno a prenderci e ripartiremo. -
- Eh già. - si sedette su una sedia vicino a lei. - Vuoi una tazza di tè? -
- Oh si, grazie. Ti aiuto. -
La vita si era come fermata, in quel momento. Quella città, moderna e allo stesso tempo bucolica, costituiva per tutto il gruppo una sottospecie di porto tranquillo e idilliaco. Tutti erano più rilassati, dopo il giorno precedente - carico di ansie e preoccupazioni. 
Mentre bevevano il tè - un ottimo earl grey in perfetto stile inglese, con appena un goccio di latte - qualcuno bussò alla porta. Erano gli altri al gran completo. Paul e Gabby presero le loro cose e lasciarono la stanza.

 

Il bus li aspettava nello stradone principale della città, con Jolly Jimmy in piedi vicino alla portiera, sorridente come sempre.
- Allora, ragazzi e ragazze, have you had a good time in this place? - chiese.
- Oh, it's getting better - disse Ringo e tutti risero. 
- Perfect - rispose loro il corriere facendo l'occhiolino. - Ora salite, stiamo per partire. -
Uno dopo l'altro, i ragazzi salirono sul bus e si sedettero ai soliti posti, ormai diventati "di loro proprietà".
- Che sonno - sbadigliò George. - Con questo trombone in stanza non ho dormito per niente. -
- Io? - chiese Ringo stupito. - Io non russo affatto! -
- Si, amico, come vuoi, ora lasciami dormire - disse George appena prima di addormentarsi.
- Bah - bofonchiò Ringo. - Voi avete dormito bene? -
- Oh, benissimo, vero Paulie? - ridacchiò John lanciando uno sguardo di sfida al suo amico.
- Benissimo, Johnny - rispose lui sorridendogli. Erano proprio affiatati.
- Ma dove andremo adesso? - chiese Halie curiosa.
- Non lo so proprio, cara mia - le rispose Gabby sconsolata. - Ehi, sembra che il nostro corriere stia per dire qualcosa. -
In effetti Jolly Jimmy era in piedi appoggiato ad un sedile, con in una mano il microfono e nell'altra un foglio pieno di scritte.
- Amici miei, come va il Tour? Fatemi sentire! - Era sempre pieno di entusiasmo e di voglia di fare, quell'uomo. Delle grida divertite giunsero fino alle sue orecchie, aumentando il suo sorriso.
- Wonderful! Vi starete chiedendo qual è la nostra prossima magica mysteriosa tappa. Ecco, ci stiamo dirigendo con il vento in poppa al lago di Watermead, per una giornata di relax. Dunque, ora sono più o meno le dieci, perciò... arriveremo lì per l'ora di pranzo circa. I dettagli più tardi! -
The Watermead Lake. Un piccolo lago, non molto famoso ma decisamente interessante come alternativa alle città. Per Gabby, che adorava il mare e l'acqua in generale, era davvero un'idea eccitante. 
- Che meraviglia! - disse sorridendo.
- Gabby, tu sei sempre entusiasta per qualsiasi cosa - ridacchiò Halie.
- Oh, non è vero - le rispose tirandole un leggero pugno sul braccio. - Quest'estate non siamo nemmeno andate al mare. -
- In effetti hai ragione. A parte quella gita a Bristol e questo Tour, non siamo state da nessuna parte. -
- Noi ci siamo stati a Bristol, vero ragazzi? O era Birmingham? - chiese Ringo confuso.
- Ringo! Ahahahahah! Sì, era Bristol. Me lo ricordo perché una notte del '61 il fiume ha straripato e le strade erano allagate. C'erano cose che galleggiavano dappertutto, vi ricordate? - disse Paul.
- Oh, si che mi ricordo di Bristol... Vero George? - disse John ridacchiando.
- Oh, Johnny, non girare il tuo maledetto dito nella piaga! Si che mi ricordo... - sospirò George imbronciato.
- In pratica siamo andati lì per fare qualche concerto - cominciò a spiegare Paul - ma prima di darci l'ok dovevamo sottoporci ad una specie di audizione... Non so se mi spiego: era un locale abbastanza prestigioso. Allora entriamo nella saletta, dove troviamo gli strumenti, e tre tipi seduti ad un tavolone. Salutiamo, ci sistemiamo e partiamo a suonare Roll Over Beethoven. Tutto bene per i primi trenta secondi, poi uno dei tre agita in alto le mani e noi ci fermiamo. Secondo questo grande luminare della musica, George stava cantando in playback con sotto la voce di qualcuno di noi. "Capisco che vogliate far provare l'ebbrezza di cantare su un palco al vostro compagno più piccolo" diceva tutto infervorato, "ma si vede palesemente che è playback, perciò arrivederci". A quel punto George se n'è andato e Ringo l'ha rincorso, e si sono persi la scena più epica dell'universo: John, incazzatissimo, è andato dritto da quello che aveva detto quella bestemmia contro il grande George Harrison e l'ha preso a pugni finché non è caduto dalla sedia. E intanto gli altri che ripetevano "ma no, ma no, ovviamente stava scherzando, vi scritturiamo ovviamente, non c'è problema" e si agitavano. È stata una scena davvero divertente. -
- Se non mi portava via lui, avrei sistemato anche gli altri due. - disse solennemente John. - Harrison non si tocca. - Dopo questa, tutti scoppiarono a ridere, anche George.
- Certo, amico - rispose il diretto interessato con il suo strano accento.
- Anche noi non siamo stati da nessuna parte quest'estate. Troppo lavoro per il nuovo album. - disse con una vena di tristezza Ringo. - L'abbiamo pubblicato da un mesetto. Ma ne abbiamo già in mente uno nuovo... -
- Oooooh - Halie si lasciò scappare un sospiro eccitato. - Il titolo? -
- Beh, sarebbe segreto... - rifletté pensieroso John - ... ma si chiama Sergeant Pepper's Lonely Hearts Club Band. -
- Conciso e breve, direte voi... - disse George.
- ... ma è un'idea del nostro Paulie! - gridò Ringo con il suo vocione, mettendo una mano sulla spalla del creatore del mitico titolo.
- Oh, in effetti... - arrossì. - Sai, suona un po' come salt and pepper, e agli altri è piaciuto subito. -
- È un titolo buffo! - disse Gabby ridendo. - Sarà come l'album che è appena uscito? Cioè... Le canzoni, i temi... -
- A dire il vero... Ecco, non abbiamo ancora nessuna canzone pronta. - ammise John. 
- Ma la ballata melen- stava per dire Halie quando venne interrotta da un dito del ragazzo sulla sua bocca.
- Halie, stai zitta un secondo! Stavamo dicendo, ragazzi? - si lasciò scappare una risatina.
- Stavate parlando dell'album, ma vedo una luce al di là degli alberi... Mi sa che siamo arrivati al lago! - disse George.
In effetti, pochi minuti dopo il pullman parcheggio sotto un grosso albero e tutti scesero. Il lago di Watermead era stupendo a mezzogiorno. I riflessi lucenti del sole sull'acqua gli donavano un'aspetto delizioso. C'erano molte sdraio sulla spiaggetta di sassi e ciottoli, e un bar-ristorante sulla sponda opposta. Non era piccolo: un giro intorno alle rive sarebbe durato un'ora e mezza abbondante, se non due ore o più. 
- Splendido! Io vado a farmi una nuotata! - gridò Gabby mentre si slacciava gli stivali. Poi svuotò le tasche degli shorts e si tuffò nell'acqua limpida. Paul la seguì a ruota.
Halie si sedette su una piccola collina sulle rive del lago, sotto un salice, e iniziò a scattare foto. Il tempo era veramente bello: molto soleggiato, strano per una giornata di inizio settembre come quella. Faceva molto caldo. Ad un certo punto posò la macchina fotografica su un grosso sasso e si fermò a contemplare il paesaggio con i suoi occhi. Era veramente spettacoloso. Un gruppo di anatre nuotava al centro del lago. Questa doveva essere una parte di lago staccata dal vero Watermead e generata da un fiume, perché, oltre al bar e alle sdraio, non c'erano altri segni di presenza umana. Anche i turisti estranei al Magical Mystery Tour non erano tanti. "Probabilmente si riversano sulla parte di lago civilizzata, dove ci sono hotel e ristoranti" pensò Halie. Però era così un bel posto, adatto per pensare, adatto per rilassarsi, senza elementi di disturb...
- Aaaaaah! - Qualcuno le diede uno spintone e lei finì dritta nell'acqua - gelata, dopotutto era pur sempre un settembre inglese - che contrastava con il piacevole caldo che sentiva prima. A dire il vero, non era così dispiaciuta di essere nel lago, perché Paul e Gabby sembravano divertirsi a torturare quelle povere anatre e a sollevare sassi dal fondo. Ma ora doveva assolutamente scoprire chi fosse l'autore del suo tuffo. Ce l'aveva proprio accanto, perché un nanosecondo dopo averla spinta aveva pensato: "E se non sa nuotare?" e si era buttato. John, ovviamente. I suoi occhiali e la sua maglietta erano appoggiati vicino alla macchina fotografica di Halie, che era rimasta lì per fortuna. 
- Ma stavo così bene seduta lassù! - disse mentre gli si avvinghiava e gli metteva la testa sott'acqua. 
- Ma così affogo! È questo il tuo ringraziamento per averti fatto evadere dal caldo che ti stava uccidendo? - disse ridendo mentre cercava di divincolarsi dalla sua presa.
- Sì! - gli rispose e poi cominciò a nuotare verso il fondo sassoso. Aveva gli occhi spalancati e osservava i riflessi del sole che l'acqua limpida lasciava trasparire. Non era molto profondo e si appoggiò ad un grosso sasso. Stette lì per qualche istante, poi il fiato le mancò e tornò in superficie. John era sparito. Neanche sott'acqua si vedevano i suoi lunghi pantaloni scuri. Improvvisamente sentì una mano afferrarle la caviglia destra e fece appena in tempo a fare un grosso respiro prima di venire trascinata da chissà chi nei flutti acquosi. Attraverso il confine tra acqua ed aria, i lunghi rami del salice ora apparivano distorti dalle onde e si mischiavano con la collina, il cielo e le nuvolette bianche, dando vita ad un dipinto astratto e coloratissimo. Halie si girò rapidamente e vide che il misterioso personaggio che la stava tirando sempre più giù - sempre John - era alle prese con una sottospecie di maniglia che spuntava tra i sassolini. Lo raggiunse sul fondo del lago e cominciò a spostare con lui i piccoli ciottoli, lasciando intravedere uno spigolo quadrato. Ma, prima di terminare il lavoro, dovettero risalire in superficie per respirare un paio di volte. 
Era una botola collegata ad un cunicolo sotterraneo. Riuscirono a scendere lungo la stretta galleria verticale grazie alle molte sporgenze attaccate alle pareti. 
E quando, ormai all'asciutto, aprirono quella porticina arrugginita, non potevano credere ai loro occhi.

 

 

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