Devil May Cry

di Iria
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tears ***
Capitolo 2: *** Damned ***
Capitolo 3: *** Paradise Lost ***
Capitolo 4: *** Angel ***
Capitolo 5: *** Innocent ***
Capitolo 6: *** MoonLight Sonata ***
Capitolo 7: *** Once Upon A Time ***
Capitolo 8: *** Into The Darkness ***
Capitolo 9: *** I Plough My Way ***
Capitolo 10: *** I'm striking out for Paradise ***
Capitolo 11: *** To be the One I am ***
Capitolo 12: *** We're going down to the Devil ***
Capitolo 13: *** Itsuwari (Lies, Bugie) ***
Capitolo 14: *** Osore (Fear, Paura) ***
Capitolo 15: *** Kyoshoku (Vainglory, Vanagloria) ***
Capitolo 16: *** Urei (Pain, Dolore) ***
Capitolo 17: *** Rising ***



Capitolo 1
*** Tears ***



тєαяѕ
 

“Similis ero Altissimo*.”

Il giovane era impegnato in quel momento nella nobile, come amava definirla, arte della scopata a tradimento.
Era un angelo dall’anima dannata, nera come la bocca dell’Inferno o come, che dir si voglia, le meravigliose ali di un Cherubino, il quale spingeva tra le braccia di Lucifero un innocente essere umano.
Oddio, innocente fino ad un certo punto visto le colpe di cui in vita si era macchiato.
Grave compito, il suo, anche se non mancavano momenti di sano divertimento come quello.
“Il diavolo non piange.”
Il peccatore aveva avuto la sua ultima occasione di divertirsi e, in un certo senso, il nostro demonio si era anche stancato di quel fiacco giochetto: persino in un Gamchicolh* la noia avrebbe presto preso il sopravvento…
Impuro, subdolo, tentatore e terribilmente affascinante era il modo vanesio e pigro con cui incantava le sue vittime, paragonabile in altre parole allo stesso metodo usato anticamente dal muto Astaroth*…
“Degno di un principe dell’Inferno.”
Lasciò che il fumo della sigaretta che aveva acceso investisse il volto della sua vittima, che imprudentemente si era avvicinata per concedergli un bacio.
“Mh, sei pronto?” Chiese con distacco, ignorando il tossire della povera creatura.
“La strada che porta all’Inferno non ha bisogno di segnalazioni: sono i suoi abitanti che ti conducono ad esso.”
“Se a condurmi tra le schiere della Stella del Mattino* sarai tu, non vedo perché non dovrei essere pronto.” Nella voce del peccatore il demone leggeva ironia.
“Non puoi liberarti delle fiamme dell’Inferno, Angelo Caduto.”
Il ragazzo si mise a sedere, scrutando con sguardo intenso l’animo della vittima.
“I cry, when angels deserve to die”
In fondo la morte era un avvento naturale della vita.
“Piangi demone?” Chiese ancora l'umano, notando una piccola lacrima nascere e morire negli occhi del giovane.
“Il diavolo non piange.” Soffiò l'altro in risposta, portandosi alle spalle della creatura di Dio e puntandogli un pugnale d’oro alla gola.
“Rido delle lacrime di fuoco e di ghiaccio che si perdono nei tuoi occhi, patetico…”
“Peccato che nel tuo caso non sia così.” Continuò l’anima dannata.
“Le tue ultime parole?” Lo freddò l’abitante dell’Inferno, ignorando quel maligno sibilio.
“In punto di morte c’è tanto di cui si vorrebbe discutere.” Bisbigliò l'uomo.
“Scegli qualcosa, non ho molto tempo.” Fece ironico il giovane.
La vittima sorrise.
“Le porte degli Inferi si aprono, scende il buio.”
“Scelgo di non scegliere: le costrizioni mi sono sempre state strette.” Rispose.
“Commovente, peccatore.” Le labbra del ragazzo si mossero appena nel pronunciare quelle parole.
Le sottili e bianche dita del dannato si strinsero intorno alla gola della creatura; il respiro veniva meno e Lucifero famelico attendeva il nuovo venuto.
La voce del Diavolo risultava dolce, profonda, sensuale e fredda; le labbra nere articolavano le parole di un’antica ninna nanna di morte.
Infine, sottile fu la scia di sangue che bagnò il pavimento, sporcando i piedi nudi del Caduto.
Il sangue bruciò sull’infernale pugnale dorato, mentre la ferita che si apriva sulla gola della vittima cicatrizzava: il corpo dell’essere umano giacque sul pavimento, immobile e morto.
“Mi pagassero almeno.” Fece quello ironicamente -ah, ma d'altra parte era stata una sua malsana scelta, quella- e, spegnendo la sigaretta che fino a quel momento aveva tenuto tra le labbra nel sangue della vittima, rivolse uno sguardo disgustato al cadavere del povero Cristo che aveva avuto la nera sfortuna di incontrarlo.
Certo, naturalmente anche il nostro demonio pretendeva il dovuto pagamento, ma una volta che anche l’Inferno ti aveva risputato fuori dalla sua nera e sporca gola, cosa potevi pretendere?
Lanciò un’occhiata al proprio riflesso nello specchio che occupava l’intera parete di fronte: ricambiava il suo sguardo quell’essere demoniaco dal volto angelico che aveva imparato ad amare ed odiare.
Aprì pigramente le ali scheletriche, liberandole dalla loro prigione di carne e sangue.
“Got lost in the fire”
In Paradiso aveva creduto di amare il freddo e il gelo, ma adesso era circondato, perso nelle fiamme, inevitabilmente scottato da esse.
La dannazione eterna non era una carica di cui andare fieri e il Grande Capo lassù -o comunque gli inetti a lui sottoposti- dava non poche rogne con il suo redimere, redimere, redimere, redimere…
Aveva dato la vita all’Inferno cacciando dal Paradiso Lucifero, qualcuno doveva pur tenere compagnia  a quell’altro scavezzacollo, no?
Sfiorò con la punta delle dita la superficie liscia e perfetta dello specchio, sorrise compiacendosi della propria bellezza, peccato per le lacrime che scendevano lungo le guance, guastando il quadro di quella perfezione divina.
“Il diavolo non piange!”
Guardò indispettito le gocce di acqua salata che evaporavano, trovando la morte, appena nate dagli occhi del demone.
“Le fiamme dell’Inferno ti faranno compagnia, per sempre.”
Quelle erano lacrime.
Lacrime.
Ma il diavolo, no...
Lui, lui non piangeva, o almeno le lacrime non potevano essere versate…
Già, il diavolo non avrebbe mai versato nulla di simile… gli angeli avrebbero riso, gli angeli non avevano il diritto di prendersi il gioco dei demoni.
Gli angeli erano, forse, creature ancor più immonde dei dannati.
I dannati sceglievano quella via per compiacere i propri istinti, non importava quale fossero le conseguenze, anche se un biglietto di sola andata per l’Inferno era assicurato.
Negli angeli, crudele, sorgeva la malignità quando questi avevano uno scopo da raggiungere: fosse anche il più viscido degli inganni.
… E Yurij Ivanov in quell’istante si mostrò non solo per quella grande troia quale egli era, ma anche per quel demone piangente che aveva sempre negato di essere: sulla ferita della vittima lasciò correre la lingua dove, quasi un istante dopo, caddero tre calde lacrime: il più bel fiore con cui un morto potesse essere sepolto.
“Non sprecare quelle poche lacrime che ti è concesso di versare.”
Il demone scomparve, il suo sorriso suadente fu l’ultima ombra del suo corpo a sparire.

 

Continua…(?)

(*)Similis ero altissimo: “Sarò simile all’altissimo” le parole pronunciate da Lucifero prima di schierarsi contro l’Altissimo e fallire.

(*)Gamchicolh:spiriti d’impurità guidati da Astaroth.

(*)Astaroth: Un principe dell’Inferno,che appunto seduce con vanità e pigrizia le sue vittime;è raffigurato come un uomo con mani e piedi di zampe di drago,grandi ali nere,e tra le mani (o sarebbe meglio dire zampe XDXD) ha una serpe;alle volte viene anche rappresentato in groppa a un lupo.

(*)Stella del Mattino:altro nome con cui si indica Lucifero,colui che era il più brillante,più bello,più intelligente,fra gli angeli. La Stella del Mattino è il pianeta Venere,che è appunto il più luminoso all’alba,come quando appena cala la sera (Stella del Vespero),scoperta dovuta al grande (???) Pitagora XDXD!

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Capitolo 2
*** Damned ***



Ðαмиє∂

                                                                                                       “Omnea mea mecum porto*”

Aprì con eccitante sensualità quegli occhi di puro cristallo; era comodamente sdraiato sul suo letto e ancora il sapore sporco della vittima gli bruciava labbra.
“Oh! Finalmente il principino si è svegliato… credevo di dover attendere la prossima Punizione divina!” Una voce divertita parlò al suo risveglio.
Per anni, Yurij aveva ardentemente sperato di non riudire più quelle note taglienti e sibilline... aveva pregato con tutto se stesso, con ogni misero frammento della propria anima!
Oh, ma i demoni hanno un'anima?
“Mh… Boris, brutto figlio di puttana, lasciami in pace!’’Soffiò irritato, chiudendo nuovamente gli occhi.
Dio, alle volte desiderava ardentemente strappare le corde vocali a quel tizio, ma preferiva non pagare le conseguenze per un'azione tanto buona come quella…
“Avanti, Angelo! Alzati!” Insistette Boris, sollevando di peso il giovane.
Non aveva mai rinunciato ad apostrofare Yurij con quell'appellativo che tanto sapeva di presa in giro.
Oh, il demone appena giunto conosceva tanto, forse fin troppo sulla natura del giovane dagli occhi cristallini -liquidi, liquidi come la densa lava del buco infernale.
“Cazzo Boris, mollami!” Si ribellò allora l'altro, scalciando furioso.
Con un simile tono perentorio, il demonietto non avrebbe proprio potuto disobbedire ad un ordine tanto diretto. C'erano vizi e maniere che il nobile Yurij ancora non aveva perso.
“Come desidera.”
Se il Caduto, riverso a terra, non fosse stato tanto impegnato a lanciare insulti e colorite ingiurie nei riguardi del Demone, probabilmente Boris non avrebbe avuto neanche il tempo di darsela a gambe...
“Ti odio.” Sibilò Yurij, massaggiandosi le tempie e desiderando di non perdere il proprio adorato autocontrollo.
Tirò un lungo sospiro, per poi osservare il suo ospite con intensità.
“Allora? Si può sapere che diavolo vuoi?” Continuò alterato, dirigendosi nella sala da pranzo.
Mentalmente, ripeté ogni singola azione compiuta nell'ultimo secolo, ricercando l'eventuale recente errore che aveva spinto Boris a fargli visita.
Dopo un'accurata analisi, si disse che no, assolutamente lui non aveva commesso nulla di deplorevole! O quasi... Forse giusto qualche guerra. “Diamine Yurij! Sono secoli che non ci vediamo! Mi sarei aspettato un ‘Come Stai?’ o ‘Come vanno le cose Laggiù?’ o ancora ‘Che pensa Lucifero della mia fuga?’, ma immagino di star chiedendo troppo a sua Eccellenza, il Signor Yurij Ivanov…” Ribatté fintamente offeso Boris, seguendo il rosso.
Ma a quelle parole il Caduto si voltò rabbioso, ed il ghiaccio dei suoi occhi mutò, tramutandosi nel fuoco dell’Inferno...
“La caduta è una vergogna!”
“Osa ancora chiamarmi in quel modo e giuro che ascenderai al Cielo rimpiangendo l’Inferno.” Lo minacciò il Demone, strattonando per la collottola Boris.
“La redenzione per un Demonio è l’umiliazione più grande.”
“Uh paura..!” Esclamò divertito il giovane. Solo con l'Angelo Boris mostrava questo particolare lato del suo, altrimenti serio, carattere.
Era stato proprio lui, d'altra parte, a fare -o per lo meno ad iniziare l'opera, poi conclusa da Lucifero- di Yurij quello che era.
Questi lo fissò esasperato, voltandosi nuovamente e lasciando che l'infernale Messaggero trottasse al suo fianco come un cagnolino obbediente.
“Oh! Certo che sono cambiate parecchie cose dall’ultima volta che sono salito al Piano Intermedio..!” Esclamò, osservando curioso un televisore.
Il Caduto sospirò, socchiudendo gli occhi e sperando vivamente -cosa che non aveva mai fatto: la speranza non era sua prerogativa, quindi doveva essere seriamente stressato!- che in quel frangente Boris sparisse.
Peccato che quel Dannato era ancora lì tronfio e sorridente, quando riaprì gli occhi.
Non era mai stato particolarmente paziente...
“Piantala di giocare all’esploratore e dimmi per quale motivo sei risalito.” Disse Yurij, indicando una sedia a Boris, che si accomodò.
“Sai com’è… avevo bisogno di una vacanza.” Iniziò quello, ma si bloccò nel vedere l’espressione furiosa del compagno.
Doveva restringere i tempi, altrimenti sarebbe stato decisamente ridotto in cenere...
Sbuffò scocciato, quindi riprese:
“Lucifero è su tutte le furie, Yurij… stai causando troppi casini e poi, povero, si sente piuttosto solo da quando non siedi più al suo fianco.” Spiegò, cercando di leggere l’espressione del Dannato.
Un'ombra si posò mefitica sul volto niveo del giovane, deturpandone i lineamenti: l'oscurità del ricordo, caduta come morte nei suoi occhi accesi ed illuminati da fiamme azzurre, dipinse l'espressione della dannata creatura.
“Brucia ancora, e sempre brucerà il sigillo della purezza spezzata.” “Che cosa vorresti dire?!” Chiese il Caduto, la rabbia che nuovamente saliva.
Il ghigno di Boris si fece mostruoso. “Oh, ma niente, Angelo! Credo sia geloso del modo in cui, ehm,‘recluti’, dannati.” Si interruppe, soddisfatto per l'effetto delle proprie parole.
Dov'era la spavalderia del padrone di casa? Dove si era nascosta tutta la sua irritazione? Ah! Divorata dall'angoscia meschina che quei sussurri penetranti gli infondevano sin dentro il marcio ed avvizzito cuore che vantava.
“Oh a proposito!” Continuò quindi Boris, alzandosi. “Evita per un po’ di fare la troia e modera le spedizioni di peccatori… stanno sorgendo altre discussioni col Cielo, come se non ce ne fossero abbastanza. So che è difficile per te e che è nella tua natura, ma..!” Si bloccò, perché Yurij con un sorrisino tra il malizioso e il crudele gli si era avvicinato.
Risvegliare una belva e portarla sull'orlo della follia risultava semplice ai diavoli.
Soprattutto se affrontavano una personalità incrinata come quella che Huznestov adorava stuzzicare. “Come mi hai chiamato, marmottina?” Domandò il Demone, bloccando il suo interlocutore al muro con forza.
Una crepa si aprì nella parete.
Sorrise, rievocando un inebriante ricordo condito dal sangue, dalle grida e dal tocco di quello stesso essere.
“Cosa c’è Angelo? Le provocazioni ti infastidiscono?” Ribatté Boris e, fregandosene altamente del fatto che il rosso gli aveva puntato al collo la punta gelida del suo pugnale, mantenne un fastidioso sorrisino di scherno sulle labbra.
“Dimmi il vero motivo per cui sei qui…la proposta di redenzione è ancora valida.” Bisbigliò dolcemente Ivanov, picchiettando la punta del pugnale sulla gola del Demone.
“La supplico, Signore, smetta di giocare con la mia anima.”
“Non l'hai ancora capito Yurij?” Chiese retorico Boris.
Eppure il Cielo stava collassando, ormai i segnali erano sin troppo chiari..!
“Di cosa parli?”
Ah, il Dannato allora non si limitò più a ridacchiare silenziosamente: scoppiò in una risata fragorosa, liberandosi dalla presa dell'antico Angelo Caduto.
Ma alle orecchie di Yurij, risultò fastidiosa, quella presa in giro, troppo fastidiosa.
“Non prenderti il gioco dei Diavoli…”
“PIANTALA DI RIDERE!” Gridò, quindi, a pieni polmoni Yurij Ivanov nella sua forma demoniaca.
Era meraviglioso anche sotto quell’aspetto disgustoso…
Lo scheletro bruciato, annerito dal fuoco di ali che un tempo erano state splendide, lucenti e dal piumaggio morbido aveva strappato la maglia che il demone indossava, liberandosi dalla prigione di carne che lo aveva occultato nel corpo del Dannato.
La sua pelle, dal delicato colorito, era divenuta livida, grigiastra, bruciata e morta.
I suoi capelli erano le fiamme dell’inferno.
I suoi occhi di cristallo risplendevano di perfidia ed invitante crudeltà, sporcando il candore che li caratterizzava.
“Non ti temo, Angelo…” Sussurrò sicuro Boris, sorridendo amabilmente.
Yurij si morse un labbro e lasciò andare il compagno, indietreggiando.
“Essere vile, strisciante… Vergognati!”
“Vattene, Boris.” Bisbigliò.
“Ti cercheranno, Yurij: avranno bisogno di te.” Continuò il demone.
“Non meritava la pace.”
Boris si sistemò gli abiti laceri da maggiordomo che indossava, impassibile, sollevando ancora lo sguardo per incontrare il cristallo -nuovamente lucente- degli occhi di Yurij.
“Non so niente, brutto stronzo maledetto! Se ti degnassi di dirmi qualcosa..!” Tentò dunque il Caduto, ma Boris lo interruppe.
“Se le cose stanno così, non mi è concesso parlare.” Decretò infine, assumendo il tono di servitore obbediente che Lucifero tanto lodava.
“Non puoi confidare nelle parole di un Demone.”
“Va' via…” Ripeté, allora, l'Angelo a denti stretti.
Sulle sue membra, lungo tutto il suo marcescente corpo, si incidevano la frustrazione e la consapevolezza che, ancora per una schifosa volta, la sua lunga esistenza aveva preso una direzione decisamente sbagliata. “Non fare altri danni, non spedirci altre anime, concedi loro la redenzione: non puoi nemmeno immaginare il casino che abbiamo…” Gli ricordò Boris, sospirando.
“Cercherò di fare il bravo.” Si costrinse a sorridere il giovane.
“Un’ultima cosa.” Fece d'improvviso il Messaggero, mordendosi un labbro con fare divertito.
Incrociò lo sguardo di Yurij, beandosi del colore limpido nel quale aveva imparato a nuotare evitandone gli inganni della dannazione.
“Ancora non te vai?” Fece sgarbato Ivanov, pronto anche a staccargli la testa..! Ma le parole che seguirono lo gelarono, e quasi sembrarono acri come sangue tra le labbra, come sudore sulla pelle, feroci come ferite crudeli e profonde.
“Non piangere più, Yurij…”
Il dannato fissò sorpreso il compagno e si portò una mano al volto: non poteva essere umido, le lacrime erano bruciate, evaporate al contatto con la sua cute…
Ma allora..?
Boris lo fissò tristemente, un’espressione quasi umana, la sua.
“Come… come lo sai!?” Chiese indignato Yurij.
Che lo avesse spiato?
“Esiste l’acqua all’Inferno?”
“Non piove molto spesso dalle nostre parti, Angelo…”
Con quell'ultimo e lontano sussurro, il Demone si perse tra le nere fiamme che lo avvolsero, e la sua voce impregnata di biasimo, rombando nelle orecchie di Yurij, inferocì il confuso Dannato.
“VAFFANCULO!” Sbraitò allora, lanciando un soprammobile contro la parete di fronte alla quale poco prima vi era l'ospite: l'oggetto si ruppe in mille pezzi, aprendo una crepa più profonda nel muro.
Ah! Le risate di Boris risuonavano ancora nelle sue orecchie, la rabbia lo scuoteva, le fiamme non gli concedevano tregua!
E fu allora, proprio mentre stava per affiorargli alla bocca una maledizione con il Cielo e l'Inferno, che un fruscio lo colse impreparato.
Oh, se fosse stato di nuovo Boris stavolta gli avrebbe staccato la testa..!
“Spero solo di non ricevere lo stesso trattamento.”
Però fu una voce, diversa dalla prima, a riportarlo alla realtà e alla lucidità; si voltò, sorridendo con malinconia.
Kei..?” Bisbigliò, quasi insicuro.
La sua nemesi perduta annuì.
“Possibile che anche gli Angeli lo tormentassero?”

Fine secondo capitolo.

(*) Tutte le mie cose porto con me

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Capitolo 3
*** Paradise Lost ***



Pαяα∂ιѕє Łøѕт

"E vi fu battaglia nel cielo: Michele e i suoi angeli combatterono col dragone, e il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e il luogo loro non fu più trovato nel cielo. E il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù: fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati gli angeli suoi."

L’Imperatore avanzava con passo lento ed elegante nel suo regno di caos.
I suoi angeli neri lo adoravano; adoravano la sua Luce Sporca, cupo riflesso della brillantezza di un tempo.
E Lucifero si crogiolava in quell’adorazione, a suo dire, più che giustificata.
Oh, il suo aspetto angelico era rimasto immutato, come se le fiamme non lo avessero mai bruciato, come se sulla sua pelle nivea non si fosse mai abbattuta l’Ira Divina.

“Eri pieno di saviezza, di una bellezza perfetta; eri in Eden, il giardino di Dio; eri coperto d'ogni sorta di pietre preziose. Tamburi e flauti erano al tuo servizio, preparati il giorno che fosti creato.
Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.”


Quelle parole, quelle dannate parole... Lo odiava, odiava la Creatura a cui aspirava di arrivare: poter anche solo osare sfiorare il suo potere, per poi cadere, ancora…
Ma non poteva non amarLo.
Chi gli aveva donato quella Luce, se non Lui?
Chi lo aveva reso talmente forte?
Lucifero annegava nei suoi pensieri, soffocato dai contrasti tra di essi.
Non ricordava il Paradiso, quello che la sua memoria conservava ero solo il misero raggio di un glorioso splendore ormai cancellato.

“Ti avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio, camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
Tu fosti perfetto nelle tue vie dal giorno che fosti creato, finché non si trovò in te la perversità.”

Rise di gusto, rievocando ancora le Sue parole.
Perverso. Era forse uno sbaglio ardire alla Grandezza?
Non riteneva la posizione in cui era costretto una situazione di svantaggio, anzi, era pur sempre il Padrone di un mondo che si contrapponeva a quello del Suo Signore.
Il Suo Signore… Possibile che avesse ancora quello stupido vizio di definirLo tale?
L’Inferno, sconfinato, si apriva davanti ai suoi occhi.

 Per l'abbondanza del tuo commercio, tutto in te si è riempito di violenza, e tu hai peccato; perciò io ti caccio via, come un profano, dal monte di Dio e ti farò sparire, o cherubino protettore, di mezzo alle pietre di fuoco.”

Sedette sul suo trono, poggiando pigramente una mano al mento.
Nuovi demoni nascevano dal fuoco infernale.
Da tempo non accoglieva Angeli dalle Ali in fiamme tra le sue braccia.
L’ultimo era stato lui.
Ricordava ancora il sangue che scorreva dalle sue ferite di fuoco e le sue Ali spoglie.
I suoi occhi di ghiaccio che si aprivano furenti.
I lamenti che le sue labbra producevano.

 “Perché sei caduto?” Aveva allontanato dal nuovo venuto le anime dannate che lo circondavano.
Egli giaceva supino su una pietra dell’Inferno, il Fuoco ancora avvolgeva le sue Ali, consumandole, e quel corpo dalla perfezione Divina soffriva.
“Esistono… Infiniti… Pec-peccati... Qualunque… Sia... L’inganno … A te più… Gradito… Sappi che quello è la… Mia menzogna e la m-mia… Verità… E la m-mia c-colpa…” Sibilò a fatica, penetrando con sguardo rancoroso il profilo fin troppo conosciuto di Lucifero. Il suo torace nudo si alzava e abbassava velocemente, sostenendo il ritmo frenetico del respiro morente.
Lucifero lo guardò soddisfatto.
“Accetti le Pene che l’Inferno ha da offrirti ?” Chiese l’Imperatore.
“No.” Disse ferocemente il Caduto.
“Accetti di sottostare a Lucifero, Stella del Mattino?” Continuò freddo il Signore dei Dannati.
“Ancora alimenti la tua Luce perduta?” Ridacchiò l'Angelo, ma la sua risata morì, soffocata dalle labbra di Lucifero che si posarono sulle sue.
L'Essere Caduto sigillò gli occhi, disgustato, ma il suo corpo bruciava -non poteva reagire- e il suo disgusto si trasformò in dolore: dalla sua bocca non fuggirono più risate, ma solo cupi gemiti di una sorda sofferenza.
“Caduto dal Cielo, io ti assumo all’Inferno.” Bisbigliò.
“Non… ho accettato le tue… condizioni..!” Esclamò agitandosi il Condannato.
“Non serve che tu la faccia.” Sussurrò Lucifero sollevandolo e conducendolo alla sua dimora.

“Il tuo cuore si è insuperbito per la tua bellezza; tu hai corrotto la tua saggezza a causa del tuo splendore; io ti getto a terra, ti do in spettacolo ai re.”

Rimirava la bellezza dei lineamenti del volto che gli era stato conferito, specchiandosi negli occhi dei suoi Figli.
 Nessuno sguardo era, però, come il Suo
Quegli occhi erano unici e il Suo Signore aveva forse creato una Creatura che lo eguagliava.
Forse, appunto.
Ed anch’ella era scivolata via dalle braccia dell’Altissimo.
E com’era stata la Caduta?
Il Diavolo ricordava solo il meschino imbroglio di un calore inebriante ed estatico, che si confondeva col dolore bruciante e, come una lenta tortura, aumentava il suo tormento, fino alla follia.
E gli umani, sicuramente, avevano assistito a quello spettacolo bellissimo e raccapricciante: una stella luminosa risucchiata dall’oscurità.

“Tutti quelli che ti conoscevano fra i popoli restano stupefatti al vederti; tu sei diventato oggetto di terrore e non esisterai mai più.”

Oggetto di vanità era stata anche la sua fama tra gli uomini.
Tutti ammiravano la sua Luce, proprio quella che accompagnava l’alba e precedeva la sera.
Si alzò, stancamente.
“Esisto ancora, Mio Signore, non sono scomparso: è l’odio che nutro verso di Lei a mantenere viva la Luce che con amore mi ha donato.” Bisbigliò, riascoltando il lontano sussurro del Signore.
Amava quella voce, lo rassicurava.
Odiava quelle parole, riascoltava la sua condanna.
Perdeva ancora il Paradiso.

Vide cadere tra le orde di corpi nudi e anime dannate un nuovo ‘Compagno di Sventura’; sospirò.
Recava un taglio sulla gola.
Lo sfregio era bagnato, poteva sentire l’odore delle lacrime così come quello della muta pioggia che cadeva, inumidendo il suo viso.
“Il Diavolo non piange.” Sibilò, affidando il Dannato ai suoi simili.
Yurij aveva infranto, ancora, le leggi dell’Inferno.
“Verrà il giorno in cui dovrai scegliere, Angelo.” Soffiò con rancore, i suoi occhi erano puntati verso l’alto e rimiravano la pioggia acida, mentre altri demoni si avvicinavano per poter godere di quello spettacolo unico.

Fine terzo capitolo.
In quest’altro misero frammento di storia abbiamo avuto modo di avvicinarci leggermente alla figura di Lucifero,che tenterò di analizzare più approfonditamente in seguito!Spero vi sia piaciuto!Nel prossimo avremo torneremo da Ivanov e Kei ù.u…
Allora vediamo,la scritta che ho messo ad inizio capitolo è un passo de ‘L’Apocalisse’ di Giovanni,mentre tutto lo scritto che accompagna i pensieri di Lucifero sono i pensieri di Dio nella Bibbia,per quanto riguarda la Caduta di Lucifero,secondo Ezechiele ^^…

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Capitolo 4
*** Angel ***



Posto il Link del disegno che la mia cara e bravissima Hanami ha fatto su Yurij!

http://img98.imageshack.us/img98/4474/img041ei4.jpg

Aиgєℓ

E vidi un angelo potente che gridava a gran voce: “Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?” Ma nessuno, né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo.

“Un Bullshot*.” Bisbigliò; e le sue labbra rosee si mossero appena.
Pigramente, si perse nei rumori della folla del locale, fra i respiri corrotti dal fumo, dalla droga o dall'eccitazione che come una campana di vetro asfissiavano ogni singolo presente.
Infine, quando gli venne servito il cocktail, quegli occhi di cristallo di cui era il proprietario studiarono il liquido dorato della bevanda umana con curiosità.
Che cosa buffa l'alcool e la sua dipendenza!

Ogni volta che assaggiava quella velenosa creazione umana, le sue papille gustative si concedevano più e più capriole, senza lasciarsi sfuggire neanche una singola sfumatura dei sapori umani; costante novità per l'Angelo Caduto.
Dunque, sorseggiò con lentezza disarmante la bevanda servitagli, ripesando a ciò che era accaduto ore prima…

“Spero solo di non ricevere lo stesso trattamento..!” Da quanto tempo non udiva più le note di quella voce?
Un triste sorriso curvò le sue labbra e, voltandosi, salutò il nuovo venuto.
“Kei...” Bisbigliò.
Il giovane dagli occhi di rubino che lo fronteggiava annuì soddisfatto.
Aveva delle meravigliose Ali candide spruzzate di macchie d’oro e di rosso fuoco, tipiche del rango di Guerriero.
Scrollandole e rinchiudendole dietro la schiena, senza però farle sparire, gli si avvicinò con cautela.
C'era una certa tensione ad elettrizzare l'aria, e certo non era dovuta ad un'eventuale odio tra i due schierati; anzi, era forse la grande energia gemella dei due che, tornando finalmente completa, saettava gioiosa tra di loro.

“Si può sapere che succede? È casa mia questa, non un porto di mare.” Esordì freddamente Yurij, riferendosi alla precedente visita di Boris.
Porre le dovute distanze era non necessario, ma vitale. Il Dannato non poteva più pretendere neanche di influenzare il pensiero di Kei con supposizioni o pensieri: alla corte di un Angelo di alto rango come lui, infatti, risultava essere solo alla stregua di un qualsiasi sporco demonietto imbottito di secondi fini.

“Cerca di capire, manchi parecchio a tutti noi.” Fece Kei, accomodandosi sul divano.
Avvertiva il disagio nei rigidi movimenti del compagno, e non poteva certamente biasimarlo.
Era dalla Caduta di Yurij che i due non si trovavano tanto vicini! Anche se, in effetti, risultavano essere schierati in maniera diametralmente opposta, l'uno corrotto e divorato dall'Inferno, l'altro forse -ed era ancor peggio..!- maciullato dal Paradiso.

Yurij si sedette di fronte a lui, guardandolo seriamente.
“Cosa cerchi?” Chiese calmo.
Ogni singolo respiro gli bruciava l'addome ed i polmoni, e supplicava se stesso affinché l'aria da lui emessa non fosse poi così contaminata dalla propria sporcizia di Creatura corrotta.
Kei aveva intuito quel turbamento nei sentimenti dell'antico compagno, ed una piccola parte di sé ne risultò alquanto infastidita.
Yurij pretendeva di insudiciarlo..! Ah, l'aveva per caso scambiato per un piccolo e fragile spirito?
Questo, questo sì che feriva -metaforicamente parlando- il Guerriero.

“La domanda non è cosa cerco io...” Iniziò allora Kei; ed il rosso lo guardò confuso.
“Ma cosa sei tu, Angelo.” Concluse in un silenzioso sussurro.
Non voleva essere una frase di scherno, tanto meno cercava di umiliare il giovane dagli occhi azzurri.
Semplicemente, gli aveva chiesto di rispondere a quel mistero che da troppo tempo tempestava i dubbi e le incertezze in bilico di Kei.

“Se sei venuto per farmi la predica, non ne ho bisogno: la finestra da dove sei entrato è alla tua destra, puoi rilanciarti da lì.” Ribatté l'altro telegrafico.
Ma le sue mani tremarono e per un attimo si accese il più cupo ed immenso baratro di nera disperazione nei suoi occhi e nei battiti sordi del suo cuore.

“Angelo… Che appellativo dispersivo.”
“Com’è l’Inferno, Yurij Ivanov?” Chiese con indifferenza Kei, come se il compagno non l’avesse gentilmente invitato ad andarsene.
Sviava tra i discorsi del Caduto, facendo abilmente slalom tra quegli infidi sentimenti che ricordava e che conosceva a menadito.

“Caldo.” Rispose alla stessa maniera l'altro, mordendosi a sangue l'interno della guancia.
Quando Kei iniziava una conversazione con le formalità, non c'era nulla, nulla di buono sul suo già nuvoloso orizzonte.

“Oh avanti! Sai cosa intendo!”
“Kei, la mia pazienza ha un limite e sai quanto sia basso… quindi brutto pennuto o ti spicci a parlare o giuro che… TI STRAPPO QUELLE COSE DA DIETRO LA SCHIENA SE NON LA PIANTI DI SPARGERE PIUME OVUNQUE!” Sbraitò d'improvviso, interrompendo il discorso, poiché infastidito dal dolce, leggero e meschino movimento delle Ali del tatuato che, delicatamente, lasciava cadere sul pavimento piume d’oro.
Per un attimo, un'espressione estremamente divertita si dipinse sul volto del Guerriero, ricordando che, anticamente, alle volte era stato lui a dare di matto nei confronti di Yurij.
Repressa una risata, che però depositò nel proprio cuore e sbuffando, sigillò le ali nella carne della propria schiena.

“Va bene Yurij… da dove vuoi iniziare: cattiva notizia o pessima notizia?” Chiese, stavolta intavolando il discorso con tono meschino.
“Di norma la scelta dovrebbe essere tra una notizia buona e una cattiva.” Osservò ironicamente il Caduto, sollevando un sopracciglio.
Non che gli andasse di scherzare, considerando che quella fosse la seconda visita di un essere soprannaturale nell'arco di pochi minuti -ed erano millenni che non si facevano vivi-, però non poté considerare le premesse ridicole, se poste in quella maniera.

“Uhm… siamo esseri ordinari, noi? Non mi sembra che tu abbia il cuore caldo di un uomo.”
Kei sapeva sempre dove mirare le proprie frecciate, e gli umani con i loro privilegi su quel mondo che non possedevano, con la perfezione della loro assurdità esistenziale erano uno degli argomenti più cari a Yurij.

“Affatto.” Bisbigliò quindi quello, senza batter ciglio nell'osservare il Guerriero.
Eppure ogni fibra del suo essere avrebbe voluto implodere lì, in quello stesso istante e troncare ogni tipo di contatto con l'antico Angelo.

“Bene, allora scegli!” Sorrise Kei con fare serafico.
Non che fosse un atteggiamento rivolto a tranquillizzare l'interlocutore, piuttosto il Guerriero voleva semplicemente svelare lentamente le proprie carte, ed in parte divertirsi nel farlo.

“Notizia cattiva…” Sospirò Yurij, stando al gioco.
L'aveva fatto spesso, una volta in più non avrebbe potuto danneggiarlo... e poi, segretamente, anche lui era divertito da quelle loro piccole e velenose battaglie.

“Gli Angeli, creature di infinita bellezza.”
“Il Capo -o almeno così sembra, visto che non si fa vivo da tempo- ti rivuole al suo servizio…” Soffiò Kei, senza pensarci su due volte.
Con occhi scintillanti e divertiti, studiò le contrastanti emozioni formatesi sul viso di Yurij: si sorprendeva sempre della grande quantità di sensazioni che il suo simile era in grado di irradiare.
“C-cosa?” Balbettò, infatti, perplesso.
Il respiro gli si mozzò, ferendo come un tizzone ardente la sua gola.

“Sveglia, Yurij! Ti rivuole in Paradiso!”
Kei, d'altra parte, era completamente immerso nell'attento studio sul volto del Caduto.
I millenni non ne avevano mutato una singola linea, anche se il cereo grigiore dei dannati era facilmente individuabile agli occhi dell'Angelo: la loro cute non poteva vantare lo splendore del diafano.

“Di luminosa crudeltà.”
“Non tornerò in Paradiso, non nelle sembianze di un Novizio o di un Angelo dell’Ultima Sfera*!” Ribatté, quindi, velenoso.
Sarebbe stato umiliante, tremendamente umiliante e ne aveva abbastanza di vedere le proprie membra messe a servizio di Chicchessia padrone infernale o celeste.
Da stupido, aveva guadagnato la propria masochistica libertà.
Da idiota, cercava di redimersi da colpe sin troppo antiche.

“Mpf..!Sei Caduto dal Paradiso, fuggi dall’Inferno… non accetti di tornare tra le braccia del Signore: hai le idee un po’ confuse, non ti pare?” Lo schernì il Guerriero.
Yurij aveva sbagliato ogni singolo passo della propria esistenza e Kei lo sapeva bene.
Lui aveva cercato di condurlo con sé alla ragione, eppure la testardaggine di quella testa rossa aveva avuto la meglio fino alla fine.

“Meglio poter vantare un briciolo di potere all'Inferno, piuttosto che tornare alla mia schiavitù Celeste. Cos'ero, Kei? Cosa, se non uno degli esperimenti meno imperfetti di Dio? E questo, questo dovrebbe fare rabbia anche a te!” Disse aspro il Demone, iniziando a rigettare ogni singola frustrazione.
Ma Kei lo bloccò, sollevando una mano con fare perentorio.

“Taci. La tua opinione non è altro che frutto di rabbia e rimorso. Che potere puoi avere all'Inferno, se hai sputato sul ruolo di Principe che Sua Altezza Illuminata Lucifero ti avrebbe concesso? Sei un servo ben più sporco nella gola del Diavolo! Mentre in Paradiso eravamo noi a...” Ma non ebbe il tempo di terminare quel discorso furioso.
Le sue parole furono ingoiate dal ruggito aspro di Yurij.

“Non dirlo.”
“Conosci la gerarchia dell’Inferno?”
Kei, allora, si limitò a fissarlo in silenzio con fare indispettito, per poi tirare un lungo sospiro nel quale impresse quanta più pazienza fosse in grado di infondere.
“Bocca cucita.” Affermò infine, tornando ad uno stato di relativa calma. Ma i loro due cuori battevano all'unisono, e sarebbero stati in grado, con la forza di quel suono, di sfondare le pareti.
“Sono pronto per la pessima notizia.” Annunciò, poi, il Dannato.
Oh, era proprio quello che Kei desiderava sentire.

“Il Tempo è Scaduto.” Bisbigliò semplicemente.
A quelle parole, sembrò quasi che Yurij congelasse; restò ad occhi spalancati e a labbra schiuse per qualche secondo, poi il calore circolò nuovamente nel suo corpo, rendendolo quasi febbricitante.
“Ha… ha trovato un Sostituto?” Chiese con voce strozzata, quando recuperò il dono della parola.
“No, ecco perché ti rivuole: ti creò per questo.” Rispose quindi Kei, guardando attentamente il Demone.
Questi tremava rabbioso e, senza che se ne fosse reso conto, una lingua di fuoco nero scaturì dalle sue mani, chiaro segno che ormai era giunto al limite della sopportazione.
Non poteva ascoltare oltre, non ne sarebbe stato fisicamente capace.

“Perché ha mandato te e non uno stupido Messaggero di terzo ordine!?” Gridò a quel punto -ma la sua voce suonò simile ad un docile lamento-, puntando alla gola dell’Angelo la fiamma infernale.
L'occhiata accondiscendente di Kei parve spiegare, senza bisogno di parole, che nessun altro sarebbe stato in grado di portare a compimento tale gravosa missione.

“Perché avresti eliminato quel povero Novizio.” Rispose indifferente, non badando al Fuoco che lo minacciava; ed anzi era rilassato, come se discorresse piacevolmente con un amico innanzi ad una tazza di tea.
E allora Yurij, nonostante ancora fremesse carico di rabbia, richiamò a sé il Fuoco, allontanando quell'inutile minaccia dal compagno.
Il suo cuore sorrise, d'altra parte era cambiato poco tra di loro...

“Non c’è alcuno sfizio con te.” Si lamentò.
Kei a quelle parole sorride soddisfatto, poi lanciò uno sguardo al volto di Yurij.
Il Caduto aveva la testa china, gli occhi socchiusi ed un’espressione di profondo dolore ed infinita tristezza dipingeva il suo viso, rendendolo quasi più vecchio, stanco, mettendo effettivamente in luce la sua vera età.
“Perché non hai richiesto tu quel Compito?” Chiese piano, alzando gli occhi.
Oh, Kei si aspettava quella domanda, non era forse stata una delle poche promesse cui non era stato in grado di adempire adeguatamente..?

“Yurij, siamo esseri talmente antichi e pericolosi… il nostro potere è infinito, apparteniamo alla stessa stirpe generata dallo stesso sangue, ma il Compito affidatomi fu ben diverso dal tuo. Non posso pretendere il tuo Potere perché non mi appartiene…” Bisbigliò infine, come a volersi scusare, ed aprendo le grandi Ali.
“Il volo degli Angeli è uno spettacolo unico…”
Yurij gli sorrise, divertito:
“Nelle tue mani stringi la Verga della Giustizia, ma… Da quando sei così saggio, Guerriero?” Chiese.
“Da quando ho potuto ammirare la Caduta di un amico…” Rispose tristemente.
Il Demone rise sprezzante, gli occhi di cristallo chini: “Non permettere mai che le tue Ali brucino, Kei…” Disse mostrando ciò che rimaneva del suo Orgoglio di Angelo.
Il ragazzo dagli occhi di rubino gli si avvicinò, lasciando passare delicatamente due dita sullo scheletro duro e annerito di quelle che erano state ali magnifiche.
Posò le labbra sull’ombra di quella gloria, baciandone le ossa e sorrise debolmente:
“Mai…” Bisbigliò.
Yurij ricambiò il sorriso, richiudendo la sua Vergogna e la sua Condanna (Orgoglio e Benedizione).
“Addio, Kei…” Sussurrò mentre l’Angelo apriva le Ali piumate.
“No, Yu… Arrivederci.” Ribatté, decollando.
Ivanov lo osservò piroettare nel cielo tristemente, e posò lo sguardo di ghiaccio su una delle piume dorate che l’Angelo aveva lasciato cadere; la raccolse, ammirandone lo splendore e la purezza.
“Gli Angeli… Sono gli eletti del Signore?”

Finì il suo cocktail ed alzò lo sguardo studiando il locale e gli Esseri presenti in quel posto…
Che stupida razza gli uomini: trovavano rifugio nell’alcool (che a suo dire era alquanto disgustoso), sfogavano i propri istinti sessuali su poveri ragazzi o ragazze, si drogavano o vendevano quella roba, ma, soprattutto, uccidevano…
Erano comportamenti che sfioravano la sottile barriera che, attraversata, trasformava l’Essere Umano in Bestia…
E così era quella la razza che il Nostro Signore aveva creato a Sua Immagine e Somiglianza?
Qualcosa di cui essere davvero orgogliosi, senza dubbio…
Due braccia sottili avvolsero il collo del Dannato, sottraendolo a quelle riflessioni insensate,prive di uno scopo, ma fondamentali per la Sua Causa…
Il tempo in quel momento parve fermarsi.
“Ciao, Yurij…” Una voce di donna risuonò sensualmente al suo orecchio.
“Lilith*…” Sibilò infastidito il rosso.
Cazzo! Era la terza volta in una giornata che un essere sovrannaturale decideva di fargli una visitina! Possibile che non volessero lasciarlo in santa pace..!? Sbuffò disgustato da quel tocco.
“Mmh! Ma Yu!” Protestò la Donna, avvertendo l’irritazione del giovane.
Si sedette elegantemente sul bancone, accavallando le lunghe e meravigliose gambe:
“Non dirmi che ti dispiace vedermi!” Continuò, avvicinando il suo volto a quello del Dannato.
Lilith era una creatura meravigliosa…
Aveva un volto ovale, liscio e perfetto, due grandi occhi verdi, lunghi capelli corvini che le sfioravano il sedere, una pelle lattea, forme morbide e delicate ed una sensualità talmente sporca ed innocente da risultare ingannevole e incantatrice...
“Perché non sei con Lucifero?” Chiese aspro il Demone, senza lasciarsi imbambolare e concentrando il discorso su di lei
Se esisteva un vizio che le donne condividevano in massa, indubbiamente era quello dell’egocentrismo: parlare delle loro passioni, dei loro valori le eccitava più di qualsiasi altra cosa…
O almeno era questo quello che Ivanov credeva…
La Donna scrollò le spalle.
“Preferisco divertirmi qui sulla Terra… Gli esseri umani sono creature talmente affascinanti!” Disse, scendendo dal bancone e avvicinandosi ad un uomo fermo nella posa di estrarre un accendino dalla tasca.
La Tentatrice passò la lingua sulla guancia della sua futura vittima.
“Non capisco perché nessuno si sia ancora lamentato di te…” Bisbigliò divertito il Demone, osservando come la Donna risultasse appassionata nell'atto di scegliere le prede del suo dolce, ingannevole e malefico gioco…
“E’ il mio Compito…” Ribatté alla stessa maniera Lilith.
“La donna, reincarnazione del Peccato…”
La Sposa del Diavolo gli si avvicinò, ancora, sollevando il volto del Dannato per poter fondere i loro preziosi occhi.
“Verrà il giorno in cui Inferno e Paradiso si schiereranno contro la causa comune, quando questo accadrà da che Fronte arriverai? E quando infine Dannati e Angeli si scontreranno nei Cieli con chi combatterai, Astro Caduto e crudelmente Esiliato?” Proferì con una nota di sarcasmo nella dolce, sibilante voce.
“Credo che quel giorno mi prenderò una vacanza..!” Rispose Yurij, alzandosi.
“Gli Angeli ti cercano, i Demoni ti pretendono, gli Uomini ti desiderano; versi lacrime… Dov’è il tuo orgoglio, Misera Creatura?” Infierì la Donna.
Il Demone sospirò, nascondendo al mondo i suoi occhi acquamarina.
“Non puoi fuggire per l’Eternità ed ormai è tutto pronto.” Bisbigliò, ancora, Lilith.
“Piantala di decretare inutili sentenze, torna dal tuo Signore, lasciami in pace…” Disse il rosso voltandosi.
Lilith scosse la testa, desolata…
“Hai rinunciato alla pace ancor prima di essere generato…” Sussurrò.
La Donna scomparve silenziosa, una piuma nera si posò leggera tra le mani dell’Angelo Caduto…
“Così diversa dalla tua piuma, Kei. Eppure… Non riesco a percepirne la differenza: le colpe ed il sangue di cui sono sporche hanno la stessa consistenza…”


Fine quarto capitolo.

(*)Bullshott: è un cocktail e fa parte della stessa famiglia del Bloody Mary!Quindi con una base di Vodka ^^!

(*)Ultima Sfera: approfondirò più avanti l’argomento quando illustrerò la gerarchia del Paradiso e dell’Inferno ^^!Comunque sia l’ultima Sfera (o Terza sfera) è quella a cui appartengono Principati,Arcangeli e Angeli ^^!

(*)Lilith:Allora vediamo…Molti sostengono che Lilith sia l’entità femminile di Lucifero,altri invece che ella sia una Donna,prima sposa di Adamo e in seguito moglie del Diavolo,in questa Fics Lilith è la seconda,quindi un essere completamente diverso da Lucifero,caro ^^!

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Capitolo 5
*** Innocent ***



Prima Sfera:Serafini, Cherubini, Troni.
Seconda Sfera:Dominazioni, Virtù, Potestà.
Terza Sfera:Principati, Arcangeli, Angeli.

Ho voluto inserire la Gerarchia anche perché servirà a farvi capire, più o meno,d ove porrò Yurij… Bene, vi lascio al capitolo!

Dedicato a Pad per il suo compleanno. 

Iииø¢єит
"...Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio"

Silenzio.
Teneva il capo chino e gli occhi chiusi, un meraviglioso sorriso, invece, gli curvava le sottili e splendide labbra…
La terra era desolata e sotto i suoi piedi, ancora agonizzante, il Demone combatteva.
L’arma nella mano destra splendeva, mentre il sangue scivolava lungo la lama, bagnando l’arido terriccio.
Rise malvagio, aprendo le grandi ali e sollevando la spada.
Il Dannato arrancava, schiacciato sotto il peso dell’Angelo.
“Non puoi sfuggire a quel che ti è stato destinato, arrivi dalle Fiamme: coi tuoi peccati e la tua impurità contamini il Paradiso che Nostro Signore ha creato per i giusti e i buoni… Non sei né l’uno, né l’altro e la Bocca Dell’Inferno pretende il sacrificio della tua vita. Giunto a noi, sapevi che saresti tornato all’Impuro meno che corpo e ancor meno che anima.” Proferì la Sua Condanna.
Il Demone fissò inespressivo l’Angelo, ridendo, poi, malignamente.
“La razza Alata è... impura quanto noi…” Bisbigliò a fatica il Condannato.
“Taci!”
Recise la gola al Dannato, strappando la testa all’anima impura e portandola davanti agli occhi.
“Non esiste redenzione per chi ha tradito il Signore…” Bisbigliò, sfiorando le labbra semiaperte dell’Essere con la punta della spada e portando lo sguardo sui suoi occhi rovesciati.
Il sangue scorreva, bagnando e bruciando i piedi dell’Angelo.
Disgustato, lasciò cadere il capo del Demone sulla terra; indietreggiò di qualche passo,mentre ancora insuperbito fissava il cadavere.
“Uriel*, credo che ti sia divertito abbastanza…” Una voce parlò alle sue spalle.
Sospirò piano, voltandosi.
Il Guerriero era davanti a lui, gli occhi richiamavano le fiamme dell’Inferno, i capelli argentei la sporca purezza del Paradiso, le Ali di oro e di rosso erano fiera rappresentanza del suo rango.
“Sei appena risalito dalla Terra, respira e cerchi di non scocciarmi in ogni momento…” Ribatté l’Arcangelo, infilzando allegramente la spada nel capo del Dannato e fissando l’arma al terreno.
“Una chiara provocazione, disgustosa direi, come il modo con cui hai infierito sul suo corpo ormai Condannato.” Osservò con calma snervante Kei, indicando l’ombra del Demone che scompariva lasciando solo una chiazza di sangue nero a macchiare il terreno.
“Teme che possa accadere qualcosa di simile al suo amico se si avvicinasse?” Chiese con cattiveria Uriel.
“Affatto, sarei preoccupato più per te che per lui.” Disse semplicemente Kei, provocando l’ira dell’Angelo.
“Prende posizione per poter riaccogliere in Cielo un Caduto! Se questo non è tradimento, mi dica cos’è?!” Ringhiò, puntandogli un dito contro.
“Si sta preparando una Grande Battaglia…” Bisbigliò semplicemente Kei, ignorando le parole di Uriel.

L’Inferno bruciava di una fredda luce…
Il calore delle Fiamme, che tormentavano le Anime dei Dannati, si era affievolito.
Lucifero chiuse i suoi occhi di freddo cobalto, mentre Lilith sua sposa lo cullava.
“So ciò che senti…” Bisbigliò la Donna, posando una mano sul petto dell’Impuro laddove, forse, vi era un cuore.
Lucifero prese la mano della sua Sposa, carezzandone la pelle nivea dell’arto delicatamente, assorbendone la pura morbidezza e baciandola silenziosamente.
“L’Inferno è un impero troppo piccolo per due sovrani, Stella del Mattino, e lui non ha ancora fatto una scelta.” Continuò la Donna.
“Shhh…” La zittì il rivale di Dio, posandole un dito sulle soffici labbra.
“Si risveglieranno presto…” Continuò sorridendo, malvagio.
Strinse a sé Lilith, il calore sporco della Sposa lo confortava…
E infondo del sangue versato dagli Angeli non gli importava.
La Razza Alata decadeva, lentamente ed inesorabilmente, le piume delle loro meravigliose Ali, che con fierezza aprivano, si tingevano di rosso…
Condusse Lilith alla sua Dimora.
E nel frattempo la sua anima sporca e dannata risplendeva in una luce turbata, timorosa ed eccitata da ciò che sarebbe potuto accadere versando il Sangue degli Eletti…

La sala di cristallo era circolare ed aveva alte pareti intarsiate da magnifici ghirigori.
Cinque troni nascevano dalle mura magnifiche: il cristallo diveniva argento e poi oro, il metallo più puro e prezioso…
I seggi erano decorati da intarsi accurati e minuziosi, scene di pace e distruzione erano richiamate ed incise sulla loro superficie.
L’Angelo dalle Ali infuocate entrò nella sala…
Alle spalle del trono più meraviglioso e magnifico tre grandi specchi si affacciavano sui Mondi.
Paradiso, Terra, Inferno.
Sospirò stancamente, lanciando uno sguardo al Libro sigillato nello schienale di un seggio.
“Non conviene rimanere qui…” Bisbigliò una voce alle sue spalle.
Kei si voltò sorridendo con asprezza.
“A nessuno è concesso entrarvi…” Ribatté il Guerriero.
Il nuovo venuto chinò il capo, annuendo con un dolce sorriso.
“E’ accaduto qualcosa che la turba? Lei non ama la compagnia di altri suoi simili, ma raramente accade che si rifugi in questo luogo…” Osservò curioso l’Angelo.
“Nulla che tu non conosca.” Bisbigliò Kei.
Studiò la sua immagine riflessa nei tre specchi.
Il Paradiso lo mostrava come fiero e giusto Angelo che alzava con orgoglio e al contempo velata umiltà lo stendardo di una Nuova Guerra…
Sulla Terra era un giovane freddo e calcolatore, un ragazzo che nonostante l’indifferenza e l’apparente egocentrismo portava  nel cuore il vero senso della giustizia (attuato nella vendetta demoniaca…).
L’Inferno non mostrava alcuna immagine del Guerriero: lucido e splendente lo specchio rimase immutato.
Kei sospirò stancamente, portando una mano all’elsa della spada legata al suo fianco.
“Ho visto Uriel, poco fa…” Soffiò in tono grave.
“Era al confine?” Chiese il suo interlocutore.
“Sì, e aveva ucciso… Quello è territorio neutrale, non si dovrebbero commettere di questi atti!” Disse indignato Kei, scuotendo il capo.
L’ultimo venuto portò lo sguardo sul magnifico trono, il Libro intrappolato nello schienale vibrò ed egli ghignò soddisfatto, mentre il Guerriero intravedeva negli occhi dell’Eletto un’avida luce.
“Ha fatto o detto altro?” Chiese improvvisamente.
“Ah! Secondo il suo ‘modesto’ parere sarei un traditore…” Aggiunse con cautela Kei.
Non capiva ciò che stava accadendo: possibile che il Paradiso fosse talmente corrotto? Si morse un labbro, deluso, amareggiato e confuso.
“Vuole che torni” Proferì con una certa calma l’Angelo, fissando le sue iridi dorate nel fuoco del Guerriero.
“Esattamente.” Sibilò l’interpellato.
Non riusciva a trattenere quella rabbia e quell’odio incontrollati.
Non voleva (o meglio non poteva) dimenticare la sofferenza e la disperazione causate da battaglie né vinte e né perse.
“E’ un caduto, signor Kei! Bruciato dalle fiamme, macchiato dal peccato. L’Inferno lo avrà accolto spalancandosi senza indugio sotto la Luce corrotta che lo avvolgeva…” Disse aspro e cattivo l’Angelo.
“Il Giudizio a cui è stato sottoposto era corrotto! Il Processo che si è svolto non è durato molto: il tempo, immagino, che egli si sia ribellato agli ordini del Consiglio e che quest’ultimo l’abbia condannato!” Disse Kei, infiammandosi.
Strinse i pugni ed i muscoli si tesero, vibrando per poi rilassarsi ed il Guerriero tremò.
Perché ciò che amava era scomparso?
Perso…
Ricordava quella mano tesa.
“Non aveva alcuna colpa, era Innocente e lo avete proclamato Colpevole di un viscido inganno e di una crudele congiura…” Bisbigliò, mentre pregava affinché quelle immagini si dileguassero.
Ne era sempre stato tormentato…
Sì, sempre: si riteneva responsabile di ciò che era accaduto.
Non aveva fatto nulla per evitarlo.
Ma avrebbe mai potuto? Il suo intervento avrebbe cambiato qualcosa?
“Innocente..? La sua anima sporca era percepibile al solo sguardo…” Disse il suo compagno, ridestandolo da quelle tristi riflessioni.
Kei scosse il capo, ridendo amaramente ed avviandosi all’uscita.
“Il Consiglio ti cerca…” Disse infine l’Angelo, prima che il tatuato uscisse.
Quest’ultimo sorrise: allora era quello il motivo per cui l’aveva cercato.
Sul suo volto prese forma una maschera di comica ironia ed annuì silenziosamente.
Lo specchio dell’Inferno riflesse una cupa oscurità alla presenza dell’Angelo.
Un tunnel buio, dove le fiamme suadenti sussurravano dolci e sibilanti inviti, pregandolo di bruciare con loro.

Belial* attendeva seduto su una roccia con le braccia incrociate il suo arrivo.
I capelli castani gli sfioravano dolcemente le spalle, ricadendo in morbidi boccoli ed i grandi occhi verdi, così innocenti, studiavano viziosi il terreno circostante.
Le labbra erano curvate in un fanciullesco sorriso spensierato e cattivo, ma talmente affascinante.
Belial era meraviglioso.
Meraviglioso nel suo aspetto angelico, in cui ombre demoniache prendevano il sopravvento.
Le sue due grandi ali argentee si muovevano pigramente.
Meraviglioso in quell’atteggiamento arrogante.
Meraviglioso nella velata crudeltà espressa dal suo giovane e bellissimo viso.
“Finalmente sei arrivato…” Bisbigliò, voltandosi in direzione del nuovo venuto, che gli sorrise.
Yurij gli si avvicinò: in quel territorio poteva addentrarsi senza avere problemi e si sedette accanto al compagno.
Le ali scheletriche del Caduto si rinchiusero all’interno del corpo del proprietario, che ammirò con desiderio le ali piumate d’argento del Demonio.
Belial portò lo sguardo sulla schiena nuda del rosso, dove quattro cicatrici si aprivano a deturpare la pelle diafana del Dannato.
“Solo questo è rimasto di ciò che eri?” Chiese in un sussurro il giovane, sfiorando le ferite.
Yurij rabbrividì sotto quel gelido tocco: il calore dell’Inferno non scaldava i corpi dei Diavoli e rise, poi, amaramente.
“Già, ho restituito ciò che mi era stato affidato…” Fece ironico. “E non mi rimane che l’ombra di ciò che fu…” Aggiunse tristemente.
Belial lo strinse a sé, cullandolo dolcemente.
“La caduta per te non è stata una vergogna o una disgrazia… Ma una liberazione.” Disse piano, specchiandosi negli occhi di cristallo del giovane davanti a lui.
Chi ha detto che i demoni non possono provare sentimenti?
“Non meriti di essere sottomesso a stupide regole e tanto meno di essere lo schiavo dell’Altissimo.” Continuò.
Possibile che siano… Più umani degli Angeli?
“Questo perché l’Altissimo non merita di avere uno schiavo come te…” Concluse, bisbigliando amorevolmente quelle parole all’orecchio del rosso.
Yurij rise, allontanandosi piano, sfidando con una certa malizia e ironia il Demonio davanti a lui.
“Merito, quindi, di essere lo schiavo di un Re dell’Inferno?” Azzardò con garbo.
Belial scosse il capo, ghignando.
“Sei il più Dannato degli esseri*, Yurij.” Mormorò con calma snervante.
“Oh! Con questi complimenti mi lusinghi.” Fece il Caduto.
I Demoni stanno al gioco, partecipando attivamente, vincendo, perdendo e vendicandosi…
“L’inferno gela, Angelo... E tutti attendono la tua decisione: quando l’Innocenza fu mascherata in Colpevolezza non combattesti, rassegnato ad un destino non tuo. La Guerra sarà dura, sono furiosi e non siederai più in Paradiso per calmare la loro collera.” Proferì, sollevandosi. “E quel che è peggio è l’Alleanza che ne potrebbe nascere: è una cosa che non voglio.” Un capriccio, era un capriccio quello di Belial.
Yurij chinò il capo sospirando tristemente.
“L’universo non gira intorno al tuo ego, mio caro.” Bisbigliò. “E ovunque mi schieri, la mia partecipazione non gioverà né l’una,né l’altra fazione. In Paradiso si narra dei gravi torti che ho inflitto al Signore e Lucifero freme di riavermi al suo fianco solo per potermi spezzare l’osso del collo.” Rise di gusto, alzandosi anche lui.
Belial volse gli occhi in alto.
“E’ un luogo a cui tutti i Demoni agognano, in fondo…” Confessò, riferendosi chiaramente al Cielo.
“Ma che temono di raggiungere, impreparati alla delusione che potrebbero ricevere…” Continuò Yurij.
“Esattamente…” Concesse con garbo il Re.
Belial sorrise ancora a Yurij; gli occhi verdi del giovane si illuminarono di una luce troppo pura per essere reale. Tese una mano verso il volto del rosso, carezzandogli delicatamente una guancia.
“Scegli con cura il tuo ruolo.” Soffiò, sorridendo dolcemente, mentre una luce malvagia alimentava quelle iridi di smeraldo.
Il Caduto si rilassò a quel tocco, sfiorando con la punta delle dita la mano del compagno.
“Farò il possibile…” Rise, mentre le labbra di Belial sfioravano con delicatezza le sue.
Il Re si allontanò, aprendo le grandi ali argentee: un carro su cui ardeva il fuoco infernale si materializzò al suo fianco.
Yurij scosse il capo esasperato.
“Esibizionista…” Si ritrovò a pensare mentre ammirava la scomparsa del compagno.
Le fiamme dorate sfioravano quei delicati e forti lineamenti, senza ferirli…
Sospirò, riaprendo dolorosamente le sue ali scheletriche.
Spiccò elegantemente il volo, abbandonando quella terra di mezzo dove la testa mozzata di un Demone era la muta testimonianza che la neutralità di quel luogo era stata spezzata…
Che scorra! Che il sangue innocente degli Angeli bruci su questa terra!

Fine quinto capitolo.

*Uriel: è un Arcangelo tra i più conosciuti insieme a quegli altri tre Gabriel,Raphael e Michael U_U

*Belial: è un re,procura al mago onori e favori,l'appoggio dei potenti,è una delle energie più forti, si dice sia sorto subito dopo Lucifero. E'il demonio della sodomia (Lo ammetto,l’ho scelto anche per questo n/////n). E' lo spirito più vizioso dell'inferno. E' un demonio bellissimo, pieno di grazia e di dignità. E' però molto cattivo e crudele; il suo nome significa "ribelle e disobbediente". Spesso si manifesta come un angelo bellissimo seduto sopra un carro di fuoco. Comanda 80 legioni di diavoli.

* ‘Sei il più Dannato degli esseri’: citazione da ‘Scelti dalle Tenebre’ di Anne Rice,parole di Marius a Lestat.

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Capitolo 6
*** MoonLight Sonata ***



MøøиŁιﻮђ† øиα†α
“Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno”

 Avanzava silenzioso in quella casa umana, un sorrisino di scherno gli curvava le dolci labbra.
Si risistemò pacatamente la leggera giacca di seta bianca, ripiegando le maniche della camicia nera al di sopra di essa ed i pantaloni dello stesso tessuto del soprabito erano semplici ed eleganti, risaltando il fisico atletico e ben fatto della figura.
Nella mano destra recava un bastone nero dalla punta sottile al capo del quale vi era un intarsio d’oro bianco dalle sembianze serpentine…
I suoi piedi nudi non lasciavano trasparire alcun suono poggiandosi sul pavimento di marmo.
Dietro di lui vi era, però, una scia di orme infuocate, macchiate di sangue nero…
Entrò nella camera da letto.
Lui dormiva…
Il candido lenzuolo copriva il suo bel corpo, il respiro era regolare e nulla turbava la quiete di quell’attimo così sovrannaturale.
La grande finestra era spalancata e la gelida aria notturna entrava prepotentemente nella stanza.
Il Caduto i mosse pigramente nel sonno: ogni misero movimento pareva calcolato affinché in questo vi fosse quella giusta dose di malizia, sensualità, innocenza e cattiveria…
La luce della luna per un attimo illuminò l’intera camera e l’attenzione dell’intruso fu catturata dal meraviglioso ed elegante strumento presente nella stanza.
Un pianoforte, delizioso
Con un elegante movimento della mano appostò il bastone di fianco allo strumento, accomodandosi poi alla tastiera.
Con lentezza disarmante le sue mani scivolarono sui tasti d’avorio e le prime dolci note furono accennate.
Accompagnava con lievi cenni del capo il suono.
I capelli neri che sfuggivano alla bassa coda gli ricadevano ordinati ai lati del bel volto ovale e liscio.
Gli occhi cobalto studiavano i tasti e si perdevano in quella musica così incantevole.
“Sonata al Chiaro di Luna di Ludwig Van Beethoven…” Bisbigliò una voce delicata alle sue spalle.
Il suonatore sorrise a quel sussurro, annuendo col capo, senza deconcentrarsi, mentre le sue mani continuavano una lenta danza sui tasti.
Yurij Ivanov si sedette al suo fianco ed il sorriso sul volto dell’intruso si trasformò in un’espressione deliziata.
Lo sguardo del rosso si perdeva, affascinato, in quella successione di dolci e tristi note e in quell’istante la luna illuminò il viso diafano dell’essere.
“Non era forse il violino, lo strumento del Diavolo..?” Mormorò divertito il Caduto, mentre le note prendevano un ritmo più deciso, per poi scemare ancora in quella disperata dolcezza…
“Qualsiasi strumento il cui suono sia prodotto quasi come se fosse innaturale viene definito di mia fattura…” Bisbigliò in risposta.
La Sonata assumeva le sue sfumature più romantiche.
“E chi ha davvero venduto l’anima alla tua persona per ottenere abilità nell’arte?” Continuò il Demone.
Il Diavolo rise.
“Parecchie, forse troppe, sono le leggende e i miti degli umani…”
Quella risata era così pura ed innocente proprio come il bianco che amava indossare.
“Puoi negarle?” Chiese ridendo il Dannato.
L’imperatore dell’Inferno non rispose; continuava nella sua opera, mentre il risolino di Yurij lo invitava ad andare avanti.
Rimasero in silenzio, mentre la musica soffocava prepotentemente l’aria nella stanza.
Il Caduto aveva chiuso gli occhi, assaporando ogni lieve inclinazione delle note e il Diavolo... Il Diavolo si fondeva con esse come un amante appassionato ed ardeva, ardeva silenzioso di quella passione, rievocando immagini ed emozioni con ogni movimento delle dita lunghe e sottili che con estrema agilità e delicatezza si muovevano sulla tastiera ancora e ancora…
La sonata si concluse con due tristi note scure, le labbra dell’esecutore erano curavate ancora in un dolce (infido) sorriso (ghigno).
“Meraviglioso, Lucifero… Meraviglioso.” Concesse Yurij.
Teneva gli occhi ancora chiusi, perso com’era nel suono ingannevole prodotto dal Diavolo.
L’Imperatore chinò leggermente il capo in un lieve inchino che rappresentava un muto ringraziamento e nei suoi occhi blu le Fiamme dell’Inferno bruciavano pigramente.
“A cosa devo quest’onore? Come mai Satana avanza in una notte umana nella mia casa, suonando il mio pianoforte..?” Chiese il rosso, estremamente divertito.
“Per romperti l’osso del collo, magari…” Si pronunciò Lucifero.
“Oh, vedo che sai già del mio incontro con Belial.” Osservò con un cipiglio infastidito Ivanov.
“Sono pur sempre l’Imperatore..!” Disse il Diavolo, allargando le braccia come ad indicarsi, recuperando poi con un abile gesto il suo bastone.
“Non hai risposto alla mia domanda, Lu…” Cantilenò Yurij, marcando l’espressione su quel diminutivo alquanto ridicolo, rispetto alla magnificenza che avvolgeva il nome di Lucifero.
Questi sorrise, accarezzando pensoso i tasti bianchi del pianoforte, riparando alcune imperfezioni dovute al tempo.
“Raccontami ciò che accaduto…” Bisbigliò, infine, pochi attimi dopo Satana, ignorando quel nomignolo con una smorfia.
“Conosci già tutto ciò di cui hai bisogno.” Ringhiò Yurij in risposta, intuendo ciò che il Diavolo voleva sapere.
“No, invece: so naturalmente della tua partecipazione alla Guerra...” Disse calmo “Come dimenticare..?” Aggiunse, poi, divertito al ricordo di ciò che accadde. “E del tuo ruolo, naturalmente.” Continuò Lucifero, con quella freddezza inquietante.
Il Caduto lo fissò con un certo disgusto, come spesso era successo quando l’Inferno era stato la Sua Dimora e quando ancora tentava, vanamente, di instaurare un qualche rapporto o punto di incontro col Diavolo.
“Ma non mi hai mai accennato le cause della tua Caduta, Angelo.” Concluse, concentrando quei meravigliosi occhi cobalto nelle iridi turchine del giovane dai capelli vermigli.
Era vero, in fondo…
Yurij non aveva mai fatto parola con Lucifero di ciò che era accaduto quando era stato scacciato, nonostante più volte il Signore dell’Inferno avesse chiesto spiegazioni… Che naturalmente non aveva mai ricevuto.
E in quel momento come non mai sembrava che il Suo Signore necessitasse di quelle informazioni quasi fondamentali per il destino della Nuova Guerra…
Il Dannato sospirò, chiudendo gli occhi e portando il volto verso l’alto.
“Il Paradiso è talmente perfetto da sembrare truccato in ogni particolare.” Mormorò il Demone. “Un Inferno di Angeli…” Concluse con cupa convinzione.
“Ti trasmetterò immagini, emozioni, sensazioni… Non sono un bravo oratore ed il racconto impiegherebbe troppe ore umane.” Continuò il rosso, sedendosi elegantemente sul letto, incrociando le braccia e accavallando le gambe.
Fissò per un interminabile istante Colui che lo fronteggiava e sorrise… Sorrise senza un apparente motivo.

“Mio Signore..?”
“Si?”
“Perché gli Angeli sono così crudeli?”

Belial, silenzioso, rimirava dall’alto il suo regno di Fiamme, sospirando...
“E’ con lui, dannazione, E’ CON LUI!” Sbraitò, lanciando lontano la coppa d’oro da dove stava bevendo.
“Si consoli Signor Belial, si consoli sapendo Kei nelle mani del Consiglio.” Bisbigliò una voce alle sue spalle.
“Michael*..!” Esclamò, aprendo i grandi occhi verdi in un’espressione di infinita sorpresa, che lo fece apparire così simile ad un bambino.
L’Arcangelo sorrise, compiaciuto.
“L’Inferno non è il luogo che più ti si addice…” Continuò il Re, avvicinandosi al nuovo venuto, il cui volto si contrasse in una smorfia divertita.
“No, non lo è…” Concesse l’Angelo, ridendo di gusto -e morendo dolorosamente nel profondo del suo cuore.-, fissando intensamente il compagno.
Due occhi smeraldini nell’oscurità videro la scena e la figura sospirò.
“Ti sei fatto troppi nemici, Angelo…” Bisbigliò, scuotendo il capo e sorridendo tristemente.

Fine sesto capitolo.

(*)Michael: Arcangelo.

 

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Capitolo 7
*** Once Upon A Time ***



Ho da dirvi ancora una cosa DAVVERO IMPORTANTE: questa FF non si rifà in alcun modo alla Bibbia; è tutto frutto della MIA FANTASIA. Quindi se alcune, MOLTE, cose non risponderanno ai racconti Biblici ne conoscerete i motivi. Vi dico questo in modo da non creare né disguidi, né polemiche ^^… Non dico che la mia FF sia perfetta, ma ha bisogno delle mie idee malate e perfettamente incoerenti con qualsiasi altro testo religioso per andare avanti XD!Poi vediamo…
Questo carattere –Angelo-: verrà usato negli spezzoni tra passato e presente e rappresenta il presente ^^, e nei dialoghi del presente utilizzerò questo carattere –Angelo-.
Questo carattere -
Angelo-: verrà usato per rappresentare il racconto passato ^^.

Øи¢є υρøи α тιмє
“Allora il dragone... andò a far guerra a quelli che... osservano i comandamenti di Dio e custodiscono la testimonianza di Gesù”

Emise un lungo sospiro nel silenzio, tenendo gli occhi celati.
Lucifero lo osservava affascinato, attendendo paziente la scarica dei ricordi del suo Angelo…
Un sorriso meraviglioso si dipinse sul volto del Diavolo, quando tutto, finalmente, accadde.

Avanzava per gli alti e dorati corridoi circolari, tenendo lo sguardo fiero e gelido.
I capelli di fuoco gli ricadevano in morbidi boccoli ai lati del viso, sfiorando con eleganza le spalle.
Possedeva lineamenti affilati ma dolci allo stesso tempo ed occhi così taglienti ed inespressivi che assumevano luci brillanti e vivaci.
Tre paia di ali spruzzate di prezioso nevischio e inutile oro si aprivano sulla schiena dell’Angelo, affiancato dal Guerriero.
“Sei irritato?” Chiese ridendo l’Eletto dalle ali di fuoco.
“Cosa te lo fa credere?” Ribatté l’altro, sorridendo e studiando una piuma dorata di Kei, che elegantemente si era posata sul palmo della sua mano.
“Il Consiglio ha disturbato il riposo del Guardiano… Normale che quest’ultimo ne sia risentito.” Rispose indifferente il tatuato. “Perdi la testa solo per simili sciocchezze…” Aggiunse, poi, ghignando.
“Conosci troppo di me…” Soffiò il rosso, stringendo con furia la piuma in una morsa di pietra: era stato un atteggiamento rozzo, che stonava con i modi di fare del Guardiano..! Movimento che corresse, poi, non appena lasciò libera la piuma con un elegante e morbido gesto della mano.
Quest’ultima spirò, scomparendo in lievi scintille di fuoco…

Kei scosse il capo, sorridendo lievemente e fermandosi, infine, col compagno innanzi alle grandi porte ad arco che li sovrastava.
Eleganti e magnifici, gli altorilievi raffigurati rappresentavano la gerarchia angelica.
Rami di un albero genealogico umano si districavano dal punto più alto in labirinti di nomi e di gradi, di livelli e di importanza…


“Quanta futilità, come se avessero avuto bisogno di leggere su di uno stupido schemino chi tra loro fosse il più potente!” Le riflessioni disgustate, stizzite ed amareggiate di Yurij spezzarono il flusso dei ricordi.
“Questa è alterigia, Caduto…” Rise Satana.
“Oh, è un vizio di molti eletti Eletti, Lucifero…” Soffiò il rosso, accompagnando con una lieve risata cristallina quelle parole.

L’Angelo dalle sei ali sfiorò con la punta delle sottili dita bianche il suo nome, posto poco sotto l’Altissimo…
“Posizione considerevole… Se cadessi, ci sarebbe un gran bel botto sulla Terra, non trovi?” Ironizzò, ridacchiando il rosso.
“Non scherzare, piuttosto, siamo in ritardo…” Sviò il discorso il compagno.
Il Guardiano annuì sbadigliando e con un gesto scocciato della mano aprì le grandi porte…
Lo spettacolo che gli si presentava dinnanzi ogni volta che oltrepassava quella soglia (rare, poiché spesso e volentieri preferiva di gran lunga sonnecchiare nelle sue stanze ed inviare Messaggeri al suo posto) era sempre lo stesso.
Monotono…
Litigi e discussioni che non lo toccavano minimamente sorgevano ad ogni parola pronunciata ed alla stessa maniera giudizi e processi si svolgevano nella quotidiana e luminosa apatia di quei luoghi.

Sospirò pazientemente, lanciando uno sguardo alla grande sala ovale e a coloro che occupavano i seggi posti su tribune di diverso livello.
“Finalmente ci degna della sua presenza..!” Esclamò un Angelo dai meravigliosi occhi nocciola e dai capelli ramati sfumati dall’oro dei campi di grano.
Planò dinanzi al rosso, accogliendo Yurij e sorridendogli dolcemente.
“Raphael*…” Lo salutò con gentilezza il Guardiano.
L’Arcangelo in questione chinò lievemente il capo: sapeva di essere nelle grazie della creatura che lo sovrastava.
In effetti Raphael era uno dei pochi Eletti che Yurij davvero apprezzava…
“Non l’abbiamo convocata qui per inutili convenevoli, Signore!” Esclamò un Angelo dalla folla.
“Se il tuo Compagno è stato così educato da salutarmi, non vedo perché io non dovrei ricambiare il saluto, Uriel…” Rispose tranquillo il Guardiano.
“Salutarla…” Una smorfia di disgusto si dipinse sul volto dell’interpellato. “Non meriterebbe nemmeno di mettere piede in questa sala!”

“Uriel… Che spirito, Lucifero che spirito..!” Sospirò Yurij, improvvisamente.
“Cosa intendi, Angelo..?” Chiese il Diavolo, le iridi di cobalto concentrate sui lineamenti del viso del Caduto.
Cos’era cambiato in quel volto, dopo la Dannazione..?
“Avresti dovuto vedere i suoi occhi mentre pronunciava quelle parole che avrebbero dovuto ferirmi e umiliarmi… Quegli smeraldi lanciavano scintille di fuoco, tentando di sciogliere la corazza che circondava la mia posizione.” Rispose con sentimento il rosso.
“Il suo spirito di Eletto è quindi prossimo alla caduta.” Continuò il Diavolo, interpretando in quel modo le parole del suo interlocutore.
“Oh, Lucifero… La sua anima, ne saresti saziato..! Ma Uriel è rimasto troppo a lungo a crogiolarsi nelle sue convinzioni di malata santità, restando avvelenato da questi principi, macchiato… Non cadrà, non cadrà semplicemente perché è un Caduto dal principio.” Rispose con calma Yurij.

“Capisco il tuo turbamento, Uriel, ma adesso ti prego di accomodarti.” Disse, poi si rivolse al resto delle Creature Alate. “Che tutti voi prendiate il vostro posto.” Li invitò cordialmente, per poi rinchiudere le porte alle sue spalle.
Aprì pigramente le sei grandi ali, attendendo che tutti si fossero accomodati e, con un sorriso di circostanza, si portò al centro della stanza.
“Avete urgentemente richiesto la mia presenza… Illustratemi i motivi e spero siano validi.” Disse a gran voce l’Angelo.
“Signore, come mai tutta questa riluttanza a presentarsi innanzi al Consiglio?” Un Angelo dai capelli d’ebano e gli occhi di giada aveva pronunciato quelle parole con calma, senza scomporsi o mostrare il minimo timore…
Eppure quella frase era suonata talmente arrogante e accusatoria..!
“Semplicemente perché non avete bisogno della mia presenza per giudizi e sentenze." Spiegò tranquillamente Yurij.
“Il Consiglio non ha solo questa funzione!” Ribatté l’altro.
“Ma usufruisce solo di questo potere, Gabriel*.” Disse fermamente il rosso, poi continuò.
“Se mi avete chiamato a voi solo per questo, non vedo il motivo per continuare a rimanere in questa sala… Se non vi dispiace, ho un letto che attende solo di essere scaldato nelle mie stanze…” Disse sorridendo affabile, mentre le occhiate astiose di Gabriel e shockate di Uriel lo trafiggevano, lasciandogli una piacevole sensazione di soddisfazione.


“Non potevano far nulla,  se non squadrarmi e rimirare la mia forza e il mio potere in eterno…” Bisbigliò Yurij, ridacchiando.
Che essere meraviglioso era stato…
“E tu, naturalmente, non facevi nulla per nascondere queste tue qualità..!” Fece Lucifero, divertito.
“Perché avrei dovuto? Mi temevano e rispettavano… Mi odiavano, ma allo stesso modo non potevano non amarmi..! Con un solo dito... Un solo dito e avrei potuto distruggerli.” Pronunciò il rosso ed il suo sguardo si perse in ricordi e mondi lontani, dove una spessa parete di pensieri segreti negava l’accesso a spiriti indesiderati, laddove il tempo inesorabilmente si fermava, perdendosi in epoche oscure e sconosciute.
“Eppure… Eppure adesso sei qui, spirito impuro e cuore di tenebra, corpo di cenere e umili ali… Neanche l’ombra di ciò che eri…” Lo canzonò Lucifero.
Yurij sorrise, chinando il capo in un gesto accondiscendete.

La risata rassegnata di Kei raggiunse le sue orecchie: il Guerriero rideva dei suoi atteggiamenti e delle reazioni dei presenti..!
Non era molto diverso da lui, affatto.
Ma nonostante questo, infinite sfaccettature di atteggiamenti e sorrisi, movimenti e parole mai dette o bisbigliate nel silenzio segnavano, inevitabilmente, quella differenza che li poneva uno di fronte all’altro…
“In verità, Signore, l’hanno chiamata qui per me!” Una voce calda, ma estremamente fastidiosa ed ironica pronunciò quelle parole alle spalle dell’Angelo.
Lo sconosciuto era poggiato all’ombra di un’alta colonna Corinzia, che numerose adornavano la sala…
Appariva sprezzante, arrogante, ingannatore e semplicemente adorabile…
Gli occhi verdi dell’essere scrutavano lucenti il profilo delicato del Guardiano.
Un sorrisino malizioso e di scherno curvava quelle meravigliose labbra carnose e lo sconosciuto aveva capelli di un particolare e prezioso colore, mentre quel suo corpo era straordinariamente perfetto e ben modellato.
Teneva le braccia incrociate al petto e le iridi di smeraldo splendevano; mute parole vi si leggevano al loro interno, ma ancor prima di comprenderne il significato esse sparivano, dando spazio a nuovi e silenziosi dialoghi.
“Un Demone..!” Esclamò entusiasta Yurij.
Quale eccitante novità era quella..!?
Gli sguardi disgustati e stizziti di tutti i presenti non lo sfioravano e con candida curiosità sorrise all’essere.
“Boris Hustnezov, unico e solo Messaggero dell’Inferno, servitore dell’Imperatore Lucifero e di Re Belial al suo servizio, Angelo…” Si presentò con orgoglio il Demone, staccandosi dalla colonna, avvicinandosi ed inchinandosi con una certa eleganza e grazia davanti al Guardiano.
Yurij non poté fare a meno di mostrarsi piacevolmente sorpreso.
“Era questo il motivo di tanta urgenza, Signore.” Proferì Raphael con calma dal suo seggio.
“Il Messaggero del Diavolo vuole un colloquio con lei, in privato…” Aggiunse l’Arcangelo che affiancava Raphael.
Michael.
Michael dai dolci occhi nocciola spruzzati d’oro, dai morbidi e lisci capelli castani, Michael che possedeva quel sorriso della santa beatitudine…
Le labbra sottili e dalla forma perfetta, che si curvavano con dolcezza o con disprezzo, pronunciavano parole di salvezza o di condanna.

Yurij fissò per un istante un punto nell’oscurità, perdendosi ancora in ricordi lontani, che non raggiunsero Lucifero.
Quei pensieri non riguardavano ciò che Satana voleva sapere…
Sospirò amaramente.
“Michael…” Bisbigliò con nostalgia.
Il Diavolo non si scompose e rimase attento,in attesa.
“Lui… Lui fu l’Angelo più puro che conobbi…” Disse pacato, velando di lieve ammirazione quelle parole scelte con cura.
“Ma Raphael... Ciò che mi hai mostrato…” Tentò l’Imperatore, ma il Caduto scosse il capo, interrompendo le sue farneticazioni.
“Raphael fu il più devoto, colui che più di tutti aveva la forza per opporsi nella sua astuta diplomazia a sciocche regole, e per questo aveva tutto il mio rispetto e la mia ammirazione… Ma Michael... E' impossibile parlarti di lui senza soffrirne, senza soffrire al ricordo dell’ingenuità e della saggezza che si fondevano in una perfetta alchimia nei sui occhi… Invidiavo Michael, lo invidio tuttora…” Confessò il rosso.
Lucifero lo fissò per un istante con un'espressione indecifrabile.
Poi il volto dell’Oscuro Sovrano si addolcì e gli occhi di Yurij assunsero un’espressione di sorpresa fanciullesca...

“Non vedo motivo di negarglielo!” Rise il Guardiano, fissando avidamente il profilo del Demone, che ricambiò lo sguardo con una malizia che per un attimo fece vacillare la sfrenata sicurezza e autorità dell’Angelo.
“E’ un Demone! Per l’Amore di Nostro Signore! Non dovrebbe neanche sostare in questo luogo!” Esclamò indignato Uriel.
“Ma rilevante è il fatto che non abbia mosso alcun attacco o inganno contro di noi, al momento.” La figura femminea e delicata, ma che nascondeva la forza di un Punitore, di Samael* si levò come una nota stonata da tutti i cenni d’assenso seguiti alle parole di Uriel.
Kai, al fianco del Guardiano, sorrise soddisfatto in direzione di Samael…
Egli era uno dei più validi Soldati delle schiere governate dal Guerriero.
“Quanti problemi! Se volessi uccidere il vostro…” Poi sorrise lievemente, sbarazzino “Il nostro Angelo, non avrei indugiato nel trafiggergli il cuore con un pugnale Infernale, mentre riposava scaldato solo da un lenzuolo di seta bianca nel suo meraviglioso letto.” Disse con tranquillità “Non senza averne prima approfittato, naturalmente…” Aggiunse con un pizzico di maliziosa malvagità.
Ancora una volta lo aveva sorpreso…
Mai come in quel momento si sentiva tremendamente in bilico.
Lo aveva spiato, sicuramente, perché come poteva un Demone sorto dalle Fiamme più nere dell’Inferno conoscere le sue stanze..?
E quelle parole poi…
“Non senza averne prima approfittato, naturalmente…”
Un brivido gli risalì lungo la schiena, e lo tradusse come paura forse, o semplice eccitazione…
Eccitazione, sì, perché per la prima volta i suoi occhi vedevano il male…
Il male di un vero Dannato dal potere a lui sconosciuto, ma a cui -e in questo la sua fredda e spavalda sicurezza appariva più grandiosa che mai.-,doveva essere per forza superiore.
Paura perché, per la prima volta, temeva per ciò che gli era stato donato e temeva di perderlo e il suo attaccamento appariva talmente morboso e vanesio da essere definito sporco ed insulso…
Il contrario di ciò che realmente era.
“Molto bene, Boris Hustnezov, accetto di parlarti in privato.” Bisbigliò Yurij, fissando il Demone che gentilmente sorrideva, compiaciuto.
Il silenzio scese bruscamente e rumorosamente nella Sala a quelle parole, poi le esclamazioni di sdegno di Gabriel furono zittite da Raphael.
“Questa è la sua decisione, Signore, se per lei è quella più sensata e giusta noi non impediremo che si realizzi.” Disse il giovane dai capelli di rame, sorridendo al Guardiano.
“Grazie Raphael…” Disse gentilmente Yurij, poi con un elegante cenno della mano invitò il Dannato a seguirlo.
“Signore…” La voce di Samael si levò dalla massa di bisbigli concitati.
“Si..?” Si voltò il rosso.
“Faccia attenzione.” Disse semplicemente l’Arcangelo.
“Accompagnerò io Yurij, Samael.” La voce di Kei suonò divertita, paziente e saggia come il sorriso che gli si dipinse sulle labbra.
Il delicato giovane non poté che sorridere a sua volta…
Kei, il Suo Signore era forte, Kei il Suo  Signore avrebbe difeso il Guardiano al costo della vita…
Perché Kei e il Guardiano erano legati, nolenti o volenti…
Perché il Guardiano non poteva sopravvivere senza la protezione del Guerriero.
Perché Kei e il Guardiano erano l’Ordine e il Caos, il Giorno e la Notte…
O più semplicemente perché erano creature allo stesso modo antiche e potenti, generate dallo stesso sangue e dalla stessa materia, divise da un potere che si era rivelato loro alleato, ma soprattutto loro nemico…
Nelle loro differenze e nei loro difetti, si completavano.
E se era il sorriso ad illuminare il volto del Guardiano, allora anche il volto di Kei era incorniciato da quei rari e meravigliosi sorrisi che lo rendevano bellissimo…
“Ci si vede Pennuti!” Aveva gridato in saluto Boris, scomparendo col Guardiano ed il Guerriero.

Fine settimo capitolo.

(*):Tutti quelli segnati da asterisco sono Arcangeli,approfondirò più avanti i loro poteri,azioni,carattere e tutto il resto!

La frase ad inizio capitolo è tratta dall’Apocalisse di Giovanni!

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Capitolo 8
*** Into The Darkness ***




Iитø тђє ðαякиєรร

 “Apparve ancora un altro segno nel cielo: ed ecco un gran dragone rosso, che aveva sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi. La sua coda trascinava la terza parte delle stelle del cielo e le scagliò sulla terra...”

Lucifero sorrise lievemente e si sporse verso il giovane seduto con eleganza sul letto:
“Non credevo cedessi così semplicemente alle richieste di un Demone…” Lo provocò il Diavolo.
Yurij lo fissò un istante divertito,incrociando le braccia al petto.
“C’è per caso ambiguità nelle tue parole..?”ribatté con lo stesso tono il Caduto.
E l’elegante essere, che diede vita all’Inferno, prigione e salvezza per le anime sporche, rise…

La presenza di quel Demone lo divertiva…
Kai Hiwatari osservava con attenzione; ed una tranquillità inquietante incorniciava i lineamenti del volto duro e battagliero.
La fierezza dei suoi occhi di rubino, che si perdevano in sfumature ametista, si fondeva con una profonda saggezza, donando al Guerriero una bellezza senza tempo, che sostava a metà strada tra l’allegria e la spensieratezza dell’adolescenza degli uomini e una più profonda maturità, donata e concessa solo alle più antiche Creature Alate.
Sorrideva lievemente, camminando poco più indietro rispetto al Guardiano e al Messaggero: quest’ultimo fischiettava allegramente accanto a Yurij, guardandosi intorno e lasciando trasparire alle volte nelle espressioni del suo viso un’innocente e sporca curiosità verso le sculture, i dipinti e le strutture più meravigliose che adornavano l’Edificio.
Il corridoio si snodava in un labirinto di sconosciuti percorsi, tutti apparentemente senza una fine (O forse davvero non vi era via d’uscita da quella prigione Paradisiaca?)
Ma Yurij Ivanov sapeva dove condurre il suo particolare ospite…

“Boris fu una scossa alla monotonia di quei luoghi.” Bisbigliò il meraviglioso Caduto.
“Mi parli come se avessi odiato tutto ciò che ti ha circondato dalla tua creazione.” Osservò Lucifero.
“Il punto è che credo di non aver odiato nulla che non abbia inizialmente amato.” Ribatté atono il rosso.
“Mi viene difficile associarti all’amore,Angelo.” Lo provocò con malizia l’Imperatore.
Yurij si lasciò sfuggire una risata ricca di gusto e piacere.
“Non ho voglia di parlare tra queste quattro mura. Scendiamo in strada, Lucifero.” Fece, poi, il rosso e il Sovrano annuì.
Yurij Ivanov, vestite le sue membra di quei volgari abiti moderni (anche se non poteva di certo negare l’attrazione che provava per i pantaloni di pelle nera e per quelle maglie a rete dello stesso oscuro colore), saltò sul davanzale della grande finestra aperta: i raggi lunari splendevano sensuali.
Sorrise lievemente, lasciandosi cadere in strada aprendo le due grandi ali scheletriche, che lo aiutarono nell’elegante atterraggio sull’asfalto.
Lucifero lo osservò un istante affascinato, poi facendo roteare in un gesto quasi giocoso il suo amato bastone, raggiunse in strada il Caduto, lasciando che le sue pure ali bianche e grandissime favorissero una discesa lenta e aggraziata.

Le porte della grande sala circolare si aprirono silenziose.
Il cristallo delle pareti risplendeva puro e prezioso negli occhi dei tre esseri, i cinque seggi incisi nell’oro si ergevano magnifici nel loro insignificante lusso.
Yurij ritirò le sei splendide ali dietro la schiena, accomodandosi con un elegante gesto sul trono più luminoso e sfarzoso.
Kai rimaneva in silenzio, ritto nella sua impassibilità alle spalle del Demone…
Il rosso lanciò una rapida occhiata al Guerriero.
Lasciare intrecciare i loro occhi anche se solo per un istante era essenziale per loro.
Un solo sguardo, un solo gesto…
Comprendevano ed ignoravano i movimenti attuati dall’uno o dall’altro, e se Kai alle volte si ritrovava a disprezzare il Guardiano, non poteva non cedere a quelle occhiate scambiate nel corso dei giorni: sarebbero stati capaci di vivere solo di quel nutrimento che erano le loro iridi.
“Cosa ti ha portato qui?” Chiese a quel punto l’Angelo, accavallando le lunghe gambe ed inclinandosi di lato.
Poggiò il gomito su un bracciolo del seggio, portando una mano sotto al mento e fissando avido e innocente il Demone.
Boris non rispose subito alla domanda postagli, piuttosto preferì concentrarsi silenzioso sui tre specchi che si snodavano alle spalle del Guardiano.
Che meravigliosa luce, bruciava nell’inferno dei suoi occhi di smeraldo..!
Il Demone dedicò una rapida occhiata alla sua insana immagine nello specchio che si affacciava sull’oscuro impero di Lucifero, per poi concentrarsi sull’incantevole figura del Guardiano, dalla cui espressione traspariva una certa nota di confusione mista ad irritazione per l’essere stato bellamente ignorato.
Perversi e sensuali gli occhi del Dannato si accendevano di una muta e maliziosa domanda…
Poteva quella carne, o forse più semplicemente quel puro spirito, essere violato?
Cos’erano gli Angeli?
Un agglomerato di materia solida, o un soffio di vento candido?

Camminavano l’uno di fianco all’altro nella notte ancora lunga e priva di stelle, Lucifero cingeva con un braccio le spalle del Caduto e nell’altra mano il bastone accompagnava i suoi passi.
La strada  da loro percorsa terminava innanzi ad una chiesa rimasta aperta per la veglia al Santo Protettore del paese che si festeggiava in quei giorni: entrambe le creature alzarono gli occhi sulla struttura.

Yurij, fermo nella sua compostezza, attendeva…
Studiava il volto del Messaggero, aspettava la sua risposta e non avrebbe nuovamente pronunciato la sua richiesta: mai si sarebbe ripetuto, superbo nella sua posizione elevata ed altissima.
Ed erano solo questi i sentimenti sporchi che quegli occhi glaciali rivelavano? Poteva una tale Creatura Divina concedersi il lusso di uno dei sette peccati capitali?

‘”Ho visto cadere il Diavolo, durante la mia salita…”
”Non puoi aver ammirato la caduta della Stella del Mattino; sei troppo giovane e troppo arrogante e… Vanesio.”
”Mi sottovaluti…”
”Lo spero, o saresti una delusione, Angelo mio.”’

Un solo incantevole sorriso incorniciò il volto del Guardiano, concesso a chi osava tenergli testa.
“Non è educato tenermi all’oscuro di discorsi che potrei facilmente cogliere,sapete..?” La voce di Kai risuonò divertita e beffarda, condita da un punta di deliziosa gelosia.
E a quel suono Yurij parve destarsi…
“Hai maledettamente ragione” Bisbigliò,ed entrambi gli esseri presenti in quella sala la presero come la risposta ad una provocazione che diversa nelle sue argomentazioni entrambi avevano pronunciato.
Fu a quel punto che il Dannato prese parola.
La sua voce calda e suadente risuonò come il sibilo di un serpente che sollecita con col suono del suo delicato verso al peccato.
“All’Inferno si bisbiglia di profezie moleste e immorali, Angelo…” Comunicò con un sorriso.
“Profezie..?” Ripeté il rosso e parve irrigidirsi, perdendo per un attimo la sua compostezza.
“Lilith pronuncia parole riguardo ad un’alleanza tra Inferno e Paradiso.” Rispose, godendo di ogni singola parola pronunciata.

“Può il Diavolo varcare la soglia della casa di Dio?” Chiese improvvisamente il rosso, voltandosi a fissare Lucifero.
Quest’ultimo sorrise.
“Che stupide le superstizioni degli uomini…” Bisbigliò e Yurij non capì il significato di quelle parole.
Rimase in silenzio, attendendo una spiegazione.
“Gli umani credono nella possessione e nell’esorcismo, quando invece molte, quasi tutte le volte, ciò che anima i forsennati è solo pazzia. I Demoni e i Diavoli non hanno bisogno di possedere corpi per il piacere della carne o per lanciare messaggi della loro presenza al mondo: il loro corpo è fatto di carne, poiché lo spirito puro ed intoccabile si è tramutato in materia violabile e sporca... Sai a cosa mi riferisco, naturalmente…” Si interruppe e gli occhi cobalto si velarono di malvagia ironia.
Yurij distolse un istante lo sguardo dalle iridi di Satana, mordendosi un labbro.
“Un Demonio può prendere possessione di un corpo per il semplice divertimento, un Demonio può voler solo prendersi il gioco del parroco, fingendo terrore e paura innanzi ai simboli sacri, che in nessuno modo ci distruggono o allontanano. Continuiamo a vivere in questo stato poiché è stato il volere di Nostro Signore, la Sua Punizione: noi possiamo decidere di vivere in un involucro di carne -gli umani.- che può divenire spirito insano e viscido, ben diverso dalla nostra forma attuale -forma che amiamo e che non avremmo il coraggio di tramutare in un immondo essere.- nel caso in cui fosse strettamente necessario, ovvio… Solo i Diavoli di quarto ordine si lasciano impressionare da idiozie come l'acqua santa. Ecco il perché della loro debolezza.” Concluse con un sorriso, voltando con un tenero gesto il mento del Caduto per poter guardare il suo volto.
Yurij di conseguenza chinò il capo in un cenno di assenso.
“Allora nulla mi impedisce di varcare quelle porte…” Annunciò poco dopo, per poi risalire con calma le scale della chiesa ed entrare seguito da Lucifero, che sorrideva giulivo ed estremamente divertito.

Si sollevò da dove sedeva con uno scatto.
“Stupidaggini, non c’è nulla di vero nelle parole pronunciate dall’Imperatrice.” Tagliò corto il rosso.
Kai si allarmò: con quell’atteggiamento iroso nessuno avrebbe creduto a ciò che diceva.
“Se un’alleanza è possibile, perché non attuarla?!” Si ribellò il Demone.
“Un’ alleanza romperebbe l’equilibrio prestabilito…” Ribatté con freddezza l’Angelo.
“C’è un Equilibrio in tutto questo?” Fece divertito Boris.
“Un equilibrio esiste in tutte le cose.” Intervenne fermamente Kei, poggiando una mano sulla spalla del Guardiano in quel momento alterato.
“Il Caos è più soddisfacente dell’Equilibrio.” Iniziò il Dannato avvicinandosi al rosso.
“Cosa custodisci, Angelo?” Continuò, poi, carezzando una guancia all’interpellato.
Freddo.
Eppure si aspettava che in quelle dita che sfioravano la sua pelle vi fosse racchiuso il fuoco dell’Inferno.
Yurij scoppiò in una fragorosa risata alle parole del Demone.
“Non sono segreti che meritano di essere svelati ad un semplice Messaggero Infernale…” Fece spavaldo il rosso.
Il Demone ritirò la mano, stringendola in pugno come a voler colpire il Guardiano, che con una luce di ingannevole sfida negli occhi lo invitava a farlo.
Sarebbe stata una mossa azzardata,troppo,e non doveva.
Lasciò ricadere il braccio lungo un fianco, arrendevole.
“Hai condannato il Paradiso.” Sibilò malvagio.
“Ho salvato l’Inferno!” Fece con allegra e ironica semplicità Yurij.
“Non sai cosa sia l’Inferno, e potrei mostrartelo in qualsiasi momento…” Disse allora il Demone con un leggero movimento per poter afferrare la mano del Guardiano.
Yurij fissò smarrito e confuso quel gesto.
Vacillava e desiderava sfiorare quella proposta tesa davanti ai suoi occhi.
“Basta così.” Kai si frappose fra i due, fissando incattivito Boris.
“Sei stato ascoltato come desideravi e la tua proposta non è stata accolta, puoi tornare da dove sei venuto.” Continuò, lanciando uno sguardo al rosso.
Hustnezov sorrise.
“Ti attenderò alle porte dell’Inferno,Angelo mio…” Fece il Demone inchinandosi al giovane.
E prima che Kai, furioso per quelle parole, potesse abbattere le sue due lame sul corpo di quell’Essere, egli scomparve dissolvendosi ed una risata divertita di scherno risuonò attraverso le pareti di cristallo della sala.

La chiesa era colma di fedeli in preghiera.
Potevano udire i loro desideri. le loro speranze rivolte al Signore e le suppliche bisbigliate.
Lanciarono una rapida occhiata priva di interesse all’ambiente che li circondava ed in silenzio Lucifero si diresse ad una delle ultime panche per sedersi, mentre Yurij, lanciandogli un diabolico e perverso sguardo, si avviò ad un confessionale.
La Stella del Mattino sorrise, compiaciuto e deliziato.
Il Caduto raggiunse la sua meta e con un movimento aggraziato si inginocchiò innanzi la grata che lo separava da colui che avrebbe espiato le sue colpe.
Rise tra sé:
“In nomine patris, et filii, et spiritus sancti.*” Bisbigliò, facendo il segno della croce.
Dall’altra parte del confessionale il prete si mosse in ascolto.
“Perdonatemi padre, perché ho peccato…” Aggiunse in un soffio il rosso.
Lucifero poco lontano socchiuse gli occhi: i sensi erano pronti a cogliere quella sceneggiata.
“Figliolo, qualsiasi peccato tu abbia commesso può essere rimesso, se sei pentito dell’azione…” Disse con tranquillità il padre.
“Ma se il peccato è commesso a fin di bene e non se ne è pentiti, si può essere perdonati?” Chiese Yurij, ma non vi era sarcasmo nella sua voce, solo cupa serietà.
“Tutto ciò che a fin di bene non può essere considerato un peccato…” Ragionò il frate e si ritrovò a provare interesse verso quel giovane e le parole da lui pronunciate.
“Io ho peccato per ciò che ritenevo giusto…E adesso cammino di fianco al Diavolo. Lei può perdonare chi accompagna i passi di Satana o chi, per una sola notte nell’eternità concessagli, ha condiviso qualcosa di più che un semplice colloquio?” Rincarò la dose il Caduto.
C’era una sfumatura di ira crescente nella voce di Yurij e Lucifero la colse con estrema chiarezza, ma non ne era rammaricato, piuttosto ciò che inizialmente lo deliziava in quel momento non poteva non soddisfarlo.

Meraviglioso Angelo trasformato in abominio, il piacere che donavi all’Oscuro Signore con quelle parole e con quel tono era ben più grande di quello che gli avevi donato col tuo spirito tramutatosi in carne…

“Se il Diavolo ti tormenta, è a Dio che devi chiedere aiuto,ragazzo…” Bisbigliò il religioso.
“E se io fossi il Diavolo e stanotte volessi condurla all’Inferno?” Ribatté ancora Yurij.
“Non anticiperesti in questo modo le tue intenzioni, Angelo Perduto.” Rispose con calma, e il Caduto dall’altra parte della grata, scorse un lieve e dolce sorriso dipinto sulle vecchie labbra del frate.
“Adesso và, io ti perdono…” continuò l’uomo.
Yurij rimase un istante intontito a quelle parole e da quella situazione.
Lucifero definiva gli uomini stupidi e lui stesso li aveva trovati immondi.
Poteva, quindi, quell’umano, quell’uomo di chiesa, essere un’eccezione..?
Si sollevò lentamente, ripetendo ancora il segno della croce ed in silenzio si diresse al fianco di Lucifero.

Lilith sedeva sul suo trono, pacatamente.
Boris ritto di fianco a lei la osservava.
“Qualcosa la tormenta, mia Regina?” Chiese in un sussurro.
“Perché un Arcangelo cammina all’Inferno di fianco ad un Re del nostro impero dannato?”  Soffiò la donna.
“E’ una situazione alquanto sospetta.” Concesse il Demone.
“Inganna i tuoi alleati, per poter ingannare ancor meglio il tuo nemico…” Citò Lilith.
“Una moneta non possiede sempre due differenti facciate.” Intervenne Boris.
La Sposa del Diavolo rise di gusto.
Dio,quanto aveva ragione…

Osservava dall’alto di una di quelle moderne e volgari strutture il mondo degli uomini.
Grattacielo,li chiamavano…
Ma non sfioravano minimamente il regno Divino: quella era una delle tante azioni a dimostrare la stoltezza degli uomini.
“L’inferno è  la mia casa: questo è ciò che scelgo, questo è il Regno in cui decido di divenire Sovrano…”
E prese il volo…

Un’oscurità incomprensibile per quel luogo sempre così luminoso lo circondava.
Aveva le gote rigate dal sangue…
Dal sangue che si era raggrumato, rinsecchendosi.
Dal sangue che continuava a scorrere.
Mosse una mano verso destra a tentoni ed un bruciore intenso lo colse di sorpresa, facendolo gemere.
Sfiorò qualcosa dalla forma sferica e dalla consistenza molle e appiccicosa.
“Signore, stia calmo…” Una dolce voce gli parlò all’orecchio, come per rassicurarlo.
Sorrise lievemente, sollevato…
Finalmente la luce avrebbe visto la luce.
Lasciò scivolare via il bulbo oculare che stava stringendo tra le mani.

Fine ottavo capitolo.

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Capitolo 9
*** I Plough My Way ***



I pℓøuﻮђ mγ ฬαγ
“Satana  uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra... Per radunarle alla battaglia.”

“Sei soddisfatto delle risposte ricevute?”
La voce suadente del Diavolo lo riscosse dai suoi pensieri.
Soddisfatto
Mai lo era stato, in fondo.
Alzò lo sguardo verso l’altare: il crocifisso morente ricambiava il suo sguardo pietoso.

‘Perdonali Padre Mio,perché non sanno ciò che fanno!’

“Tu c’eri, non è vero?” Chiese d’improvviso il rosso, indicando con un cenno del capo la croce.
“Può darsi di sì e può darsi di no…Tu cosa credi?” Bisbigliò Lucifero.
“Non credo in nulla, ma solo in ciò che ho vissuto…” Rispose acido Yurij.
“Tu non eri presente?” Domandò a sua volta Satana.
“Furono gli Angeli di quarto ordine ad alleviare le sofferenze del Cristo, i Superiori non mettono piede sulla Terra; rischiano di venire contaminati…” Disse con un mezzo sorriso il Caduto.

Gli Angeli sono quelle creature per cui si prega di avere una visione…
Gli Angeli sono un desiderio che realizzatosi lascia l’amaro.
Il popolo alato che solca i cieli…
La razza che vive all’ombra dell’uomo.

I fedeli, come un sol uomo, si alzarono in piedi all’entrata del parroco; la messa per il Santo iniziava.
“Vuoi trattenerti ancora?” Chiese dolcemente Lucifero.
Il rosso scosse il capo.
“L’incenso mi dà la nausea…” Fece arricciando il naso, alzandosi.
Con un cenno divertito del capo Lucifero si alzò con lui, concedendogli per primo di passare oltre.
Un sorriso amabile delineava le labbra del Diavolo.

Cosa incontri  ai confini del Paradiso?
Cosa scorgi nella gola più nera, sporca e fetida dell’Inferno?


Dio..?

Yurij sospirò pazientemente, riavviandosi una ciocca di capelli ramati dietro un orecchio.
Kei lo fissava accigliato ed infastidito.
“Tu!” Fece puntandogli contro una lama.
“Hai dimenticato di dirmi qualcosa, per caso?” Aggiunse beffardo.
Il Guardiano incrociò le braccia al petto, per nulla intimorito da quella minaccia.
“Cosa te lo fa pensare?” Chiese con un sorriso.
“Il tuo modo di agire.” Spiegò con noncurante freddezza il Guerriero.
“Non posso dirti nulla.” Bisbigliò gravemente Yurij.
“Spero solo che tu sappia ciò che fai.” Si augurò Kei.
Il Guerriero a quel punto fece roteare in alto l’arma: quest’ultima ricadde sulla sua mano, che stringeva la parte piana della lama con la punta nella sua direzione, mentre l’elsa veniva offerta al Guardiano.
“Esprimerti a parole è troppo difficile?” Chiese Yurij, non capendo quel gesto.
“E’ da tanto tempo che non combattiamo… Io e Te.” Bisbigliò il moro.
E a quel punto l’Angelo sorrise, impugnando la lama.
“Si… Andiamo?” Chiese.
Kei annuì, stringendo la l’arma gemella di quella che aveva posto al Guardiano.

La fredda aria notturna trafisse nuovamente i polmoni dei due Esseri.
“Cosa nascondevi a Kei?” Chiese Lucifero con calma, il bastone continuava ad accompagnare i suoi passi.
“La verità sulla profezia.” Rispose indifferente il Caduto.
Il Diavolo si fermò un istante a studiare il suo interlocutore, insicuro se quest’ultimo lo stesse prendendo in giro o meno.
“Custodivo segreti che neanche ad un Superiore come Kei ne era dovuta la conoscenza.” Spiegò con un lieve sorriso Yurij.
“E cos’hai pensato quando Boris ha accennato alle parole di Lilith?” Chiese con educata curiosità Lucifero.
“Che ciò che avevo precedentemente visto aveva la possibilità effettiva di compiersi…” Disse in un triste sussurro il Dannato.

Quando un Angelo guarda su tre mondi è raro che non rimanga abbagliato da almeno uno di essi…
Ed è così meschino come questi ultimi siano una disgrazia verso Chi li veglia…

“E sei stato punito per averlo impedito?” Continuò divertito Lucifero.
“Sono stato punito per averlo rimandato.” Lo corresse beffardo Yurij.

Le ali dei due angeli si muovevano delicate, mentre il fruscio del vento le scuoteva amorevolmente nei suoi turbini…
Ricaddero con dolcezza sul suolo di un Confine invisibile all’occhio dell’uomo, una striscia di terra neutrale tra Inferno e Paradiso.
Il Purgatorio non aveva mai avuto grande importanza per Angeli e Diavoli.
Questi non si erano mai preoccupati di quelle povere anime sempre in pena alla ricerca di una salvezza, o più semplicemente di una condanna.
Contava solo il male assoluto…
E il male che indossava una maschera di inestinguibile santità.
I due compagni si posizionarono l’uno di fronte all’altro.
Yurij divaricò di poco le gambe (il piede destro posizionato dinnanzi il suo corpo.), piegandole leggermente.
Le fibre muscolari vibrarono, inturgidendosi.
Fece roteare la lama prendendo la posizione di guardia.
Kei dal canto suo se ne stava ritto e sicuro, l’arma stretta in una mano.
Sorrise  astuto allo scatto del compagno verso di lui; evitò l’offensiva diretta alla spalla spostandosi di lato, mentre ciò che ricadeva al suolo di quel colpo fallito erano solo poche ciocche di capelli argentei.
“Yurij… Quelli erano i miei  capelli, te ne rendi conto, vero?” Fece a quel punto il ragazzo, mentre il rosso divertito raccoglieva le ciocche, sventolandole davanti al Guerriero.
“Hai detto bene: erano.” Disse.  “Prendimi sul serio Kei, io non voglio giocare.” Aggiunse, poi,puntando la lama all’altezza del collo del compagno.
E a quel punto il Guerriero sorrise…

Il mondo degli umani era anche divertente, in tutti i sensi…
Non solo perché era meravigliosamente soddisfacente tormentare quelle povere e fragili anime, le quali a poco a poco perdevano sempre più fede verso lo spirituale amando e violando la carne e il concreto, ma anche per le varie attrazioni che essi concedevano al pubblico.
Locali come bar, pub, night club…
La scelta era ampia e piuttosto imbarazzante.
I due si diressero in silenzio verso uno di quegli affollati bar, in cui si incontravano uomini di qualsiasi specie…

Quando la nostalgia coglie anche gli Angeli non è forse quello il momento dell’Apocalisse?
Lascia che sia solo il tuo cuore a versare lacrime…

Le lame si incontravano in una danza di sibilanti suoni e scintillii minacciosi.
Vi fu uno scontro, seguito dalla vicinanza di due volti che si scrutano attraverso l’incrocio fatale delle lame.
Sfuggiva qualche sorriso e delle gocce di sudore  scivolavano lungo una gota tatuata o inumidivano splendide onde ramate…
Il respiro era affannoso e la concentrazione altissima.
Il Guerriero spalancò le grandi ali di fuoco, alzandosi in volo.
Uno scatto che Yurij non aveva calcolato e adesso si ritrovava bloccato al terreno roccioso.
Fece una flessione sulle sottili ma forti braccia.
I tendini risultarono infiammati e doloranti, i muscoli tesi…
Eppure era riuscito a rinchiudere in una forbice le caviglie di Kei, che aveva appena poggiato i piedi al suolo.
Il Guerriero rovinò a terra con un gemito, mentre il compagno, posizionatosi in verticale e roteando per qualche istante su sé stesso come a voler ritrovare un equilibrio, si rimise in piedi dopo una flessione delle gambe.
Kei sorrise divertito, mentre si rialzava per fronteggiare nuovamente il Guardiano.
“Sai ancora come muoverti, la pigrizia non ha atrofizzato i tuoi muscoli.” Lo prese in giro, beffardo.
“Non sono pigro: semplicemente preferisco agire con lentezza e quando mi fa più comodo.” Ribatté quasi indispettito il rosso.
Kei scoppiò a ridere, mentre con uno slancio deciso si spingeva nuovamente contro Yurij.
Un colpo venne bloccato prontamente, un altro evitato d’un soffio ,una ferita superficiale , invece, si apriva d’improvviso su di un fianco scoperto…
Il Guerriero rimase profondamente soddisfatto dalla furia che il rosso dimostrò dopo quell’affronto.
Un balzo deciso e  caddero entrambi a terra, l’arma del moro scivolò poco lontana dal corpo del proprietario.
Ivanov era sul corpo di Kei e gli puntava la lama alla gola con sicurezza e alterigia.
“Ho vinto…” Bisbigliò cattivo a pochi centimetri dal volto del compagno.
La punta dell’arma premeva sul collo di quest’ultimo ed una goccia di sangue scivolò al suolo.
“Sei davvero uno stupido, Yurij.” Rispose a sua volta Kei.
Con un colpo di reni riuscì a confondere e a distrarre per un attimo il compagno e la situazione si capovolse.
Kei, che in quegli ultimi momenti di lotta aveva recuperato la sua lama e fatto apparire un pugnale dorato, puntava entrambe le armi alla giugulare del rosso.
Yurij lo fissava ad occhi spalancati…
Com’erano meravigliose quelle iridi riprese in quell’istante…
Confusione, paura, umiliazione, orgoglio, rabbia, innocenza, curiosità, incomprensione…
Così tanti sentimenti vi si leggevano che per un solo secondo Kei rimase interdetto: non credeva che un Essere Supremo potesse provare così tante sensazioni nell’arco di un attimo.
Poi l’espressione del Guardiano si rilassò in un sorriso, cancellando ogni dubbio dal cuore dal cuore del Guerriero…
“Hai vinto tu.” Si corresse con rassegnazione.
“Lo so.” Annuì Kei, posando le labbra sulla fronte umida e sporca di terriccio del compagno.
Si rialzò poco dopo quel gesto, porgendo la mano all’Angelo: Yurij accettò quell’aiuto, sollevandosi piano.
“Conviene tornare, il Consiglio sarà furioso del fatto che siamo… Praticamente fuggiti senza avvertire che il tuo incontro privato si era concluso.” Rise Kei.
“Oh si… Dannazione, non voglio sorbirmi Uriel con le sue proteste..!” Si lamentò il Guardiano.
Una risata cristallina e serena esplose dalle labbra di Kei, mentre prendeva il volo seguito dal compagno, altrettanto divertito.

Nasce un nuovo rogo all’Inferno: il  male ha il calore confortante del fuoco…

Il basso chiacchiericcio colmava la calda atmosfera del luogo.
Nei tavoli in ombra si scorgevano appena le figure in pesanti soprabiti scuri incorniciate dal fumo di sigarette e sigari.
Lucifero si accomodò con un sorriso al bancone.
Yurij rimase sulla soglia, guardandosi intorno: una smorfia di disgusto gli deformava il volto.
“Io non siederò al fianco della feccia.” Disse sibilando.
“Noi siamo la feccia.” Rispose tranquillo il Diavolo.
“La feccia divina, le feci dell’Altissimo, il Disonore del Paradiso, la Vergogna dei nostri fratelli pennuti… Siamo tante cose, Yurij.” Aggiunse, poi, brindando alla sua salute con l’alcolico appena servitogli ed il solito sorriso suadente ad incurvargli le labbra.
Il rosso lo fissò quasi scandalizzato…
Dio,che bastardo.
“Leggi nelle menti di questi uomini, Lucifero. Ciò che alcuni di essi hanno fatto non ti provoca un senso di ripudio verso questa razza?” Chiese, accomodandosi al fianco di Satana, rifiutando stizzito l’offerta di quest’ultimo che gli porgeva il bicchiere.
“Ah Yurij! Tu mi sottovaluti… Mi presento in tali vesti e inganno chi si para sul mio cammino, ma sono pur sempre il Diavolo.” Bisbigliò l’Imperatore.
“Con questo cosa intendi?” Chiese il rosso, guardandolo negli occhi.
“Che sono io a manovrare le loro esistenze.”  Si sporse verso il Caduto.
“Capisci? Dio è troppo preso dai suoi prediletti e dai suoi Santini per badare a queste anime nere.” Soffiò all’orecchio del Dannato con voce roca e divertita.

Gli uomini somigliano agli Angeli…
Si narra che la razza alata non sia dotata degli stessi sentimenti degli umani e che anzi non ne possiedano a sufficienza.
Copie malriuscite dell’essere umano, dicono in tanti.
Copie che nella misericordiosa pena dell’Altissimo hanno trovato posto tra le braccia del Signore.

Sono solo idiozie: gli Angeli non sono uomini, non sono santi.
Sono creature che nella misericordia da loro posseduta si innalzano al fianco del Nostro Dio spalancando quelle magnifiche Ali piumate.
Questo era un tempo.

Dove sono gli Angeli, adesso?

Entrarono silenziosi nel Palazzo, guardandosi intorno circospetti, poi si scambiarono un sorriso colpevole…
Uriel li attendeva sulla soglia, lo sguardo contratto in un espressione severa.
“Signori, come giustificate il vostro comportamento?” Fece il biondo per poi fissare Yurij.
“Ma non capisce quanto ci ha fatti preoccupare? Non possiede un briciolo di buon senso?” Sbottò cattivo.
 “Oh avanti Uriel…” Rise il Guardiano, entrando a testa alta nell’edificio.
“Sareste stati così felici se quel Demone mi avesse condotto all’Inferno. Non fingere con me.” Disse.
“Il consiglio la attende, vogliono sapere cosa quel Messaggero Infernale volesse.” Sviò il discorso l’Arcangelo.
“Questo, amico mio, è un argomento che non è dovuto conoscere né a te né all’intero Consiglio.” Bisbigliò Yurij.
“Ma…!?” Tentò di protestare Uriel, ma l’Angelo lo interruppe.
“La mia parola non si discute, intesi?” Fece freddamente il rosso, fulminando il sottoposto.
“Si, signore.” Concesse a denti stretti, tremando iroso,l ’altro.
Soddisfatto Yurij si ritirò nelle sue stanze, seguito da Kei, che gli lanciava occhiate di puro divertimento…

Il Guerriero e il Guardiano in quei giorni furono costretti a partecipare ad ogni assemblea del Consiglio…
‘Un modo per farsi perdonare’
Così aveva giustificato quella decisione Kei, ribattendo alle capricciose proteste di Yurij.
E in quel momento il Guardiano sedeva nel suo seggio riccamente decorato al centro delle tribune: teneva il volto poggiato su una mano e lottava (invano, oltretutto.) per reprimere il sonno e gli sbadigli, ignorando le occhiatacce di Gabriel e Uriel.
Sospirò stancamente,lanciando poi uno sguardo supplicante a Kei, che divertito scosse il capo in senso di diniego.
Rassegnato, portò nuovamente quella che poteva definirsi l’attenzione alle parole di un Arcangelo che delirava (a parer di Yurij.) lamentandosi del fatto che ad alcuni suoi compagni di rango erano state affidate molte più legioni che a lui.
Stava per rispondergli che, francamente, dell’inferiorità numerica del suo esercito non gli importava minimamente, quando una figura sulla soglia delle grandi porte ad arco attirò l’attenzione di tutti…
Un angelo, o almeno ciò che un tempo aveva avuto quelle sembianze, si trascinava al centro della sala.
Un foro sulla schiena era la muta testimonianza che gli era stata strappata un’ ala, l’altra penzolava orribilmente, poiché lo scheletro pareva essere stato estratto quasi del tutto.
La tunica bianca era lacerata, il volto livido e ferito.
Aveva le cosce macchiate di sangue, il quale scorreva lungo tutta la lunghezza delle due belle e toniche gambe dell’angelo.
Stava per accasciarsi al suolo quando Yurij, allarmato (l’ala non del tutto estratta si sarebbe potuta rompere dolorosamente, causando altre inutili sofferenze a quel povero essere.), spiccò il volo, atterrando al suo fianco e afferrandolo prima che potesse cadere a suolo.
“Cos’è accaduto?!?” Chiese shockato, mentre Kei lo raggiungeva.
Gli altri Arcangeli ascoltavano in silenzio.
Le piume insanguinate cadevano sul pavimento immacolato e l’angelo sorrise lievemente con amarezza, avvertendo il suo piumaggio scivolare via.
“Signore… Non so quale proposta lei… Abbia rifiutato… Se lo ha fatto io… Sono convinto sia stato per un buon motivo.  Ma l’ In-inferno non lo accetta… D-dichiara… Guerra.” Bisbigliò, mentre il petto era infranto da pesanti e dolorosi respiri.
“Raphael!” Esclamò a quel punto il Guardiano, e l’interpellato si avvicinò.
“So cosa volete chiedermi signore, ma non posso farlo, non posso curarlo.” Disse l’Arcangelo, chinando il volto impotente.
“E’ stato macchiato, non vi è più purezza nel suo spirito.” Aggiunse, fissando il rosso che era scandalizzato a quella parole.
Yurij, allora, portò lo sguardo cristallino, che assunse una sfumatura di triste misericordia, al volto dell’angelo che moriva tra le sue braccia.
Sospirò, poi, quando lo spirito che era divenuto carne violata e pronta per il macello prese fuoco…
“Samael, Uriel, Gabriel, Raphael, Anael*, Sachiel* radunate le vostre legioni immediatamente!”esclamò allora Kei, furioso, voltandosi autoritario verso gli interpellati, che annuirono decisi.
“E tu.” Aggiunse poi rivolto a Yurij, che si sollevava lentamente.
“Resti qui.” Concluse, allontanandosi coi suoi maggiori sottoposti.

I Diavoli ballano sui corpi dei nemici tranciati…
Gli Angeli pregano altezzosi per le loro vittime.

L’inferno non era quella gola nera che aveva sempre immaginato…
Michael sorrideva lievemente sotto i tocchi di Belial, che gli carezzava con dolcezza i lisci capelli ramati.
“Signore, scusi  il disturbo…” La figura di Boris fece il suo ingresso.
Belial lo fissò accigliato.
“Cosa succede Boris?” Chiese infastidito.
“Una visita per lei.” Rispose con un lieve inchino il Demone, facendo cenno di avanzare.
Dall’oscurità apparve un’altra figura alata.

Fine nono capitolo.

 

Ad inizio capitolo c’è la solita roba dell’Apocalisse, mentre i nomi con asterisco sono quelli di altri Arcangeli, quelli più importanti XD…
Ve li introdurrò prossimamente!

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Capitolo 10
*** I'm striking out for Paradise ***



I'm striking out for paradise
 
“Poi vidi un altro angelo che volando in mezzo al cielo recava un vangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni nazione, razza, lingua e popolo. Egli gridava a gran voce: ‘Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l'ora del suo giudizio. Adorate colui che ha fatto il cielo e la terra, il mare e le sorgenti delle acque.’ ”


‘Signore?’
‘Si?’
‘Gli angeli piangono?’
‘No, gli angeli non piangono… I Demoni, che non dovrebbero, lo fanno spesso.’

Lucifero studiava ciò che lo circondava minuziosamente.
Le labbra dell’Imperatore erano curvate in quello che poteva definirsi un sorriso di profonda soddisfazione.
“Yurij, non capisci? Gli uomini sono solo Angeli difettosi (bada bene, difettosi, non superbi.), la cui vita
dovrebbe essere votata alla ricerca di quel difetto, di quel malfunzionamento che una volta trovato verrà riparato al cospetto della Gloria Celeste. Ma gli uomini hanno ormai dimenticato la loro discendenza divina e la ricerca non è più nelle loro priorità: sanno che esistono per ritrovare qualcosa, il problema è che non ricordano più cosa sia e quale sia il suo peso e la sua importanza. Esseri inutili, insomma, senza uno scopo. La creatura più futile che il Signore si sia mai dato la pena di creare.” Dichiarò in un silenzioso sussurro.
“Gli uomini riconoscono il male, quando lo vedono. Sanno combatterlo.” Ribatté il rosso.
“Come gli angeli.” Aggiunse dopo una breve pausa.
“Ma non riconoscono il bene.” Iniziò il Diavolo. “Perché non esiste…” Concluse a un soffio dalle labbra di Yurij.

Le porte erano state completamente sigillate.
La figura dalle sei ali ringhiò rabbiosa.
“DANNAZIONE!” Sbraitò, lanciando con violenza contro le grandi porte un pugnale.
Tirò un lungo sospiro, per cercare di calmarsi, lasciandosi cadere sul grande letto pesantemente.
La bianca e lucida seta delle coperte scivolava sotto i tocchi del Guardino, che stringeva con forza e frustrazione il prezioso tessuto.
Kei…
Kei che gli imponeva di starsene con le mani in mano.
Kei che teneva per sé tutto il divertimento.
Kei che, semplicemente, voleva proteggerlo.
Sorrise ed un luccichio di divertita e infantile malvagità investì i suoi occhi, mentre sotto la forza del duro colpo subito le porte tremavano, scardinandosi.

Uriel si ripulì dal sangue che scorreva lungo il suo sottile mento.
Era caduto a quattro a zampe al suolo ed uno squarcio si apriva sulla schiena dell’Eletto tra le due ali ,che nel loro candore risplendevano argentee, macchiate di orribili boccioli rossi.
Si lasciò sfuggire un grido di disperato dolore, quando il Demone suo avversario, atterrando con velocità dall’alto, lo appiattì al suolo, premendo con forza contro la ferita pulsante.
Sentì le braccia schiacciarsi e rompersi sotto quella pressione, avvertì le ginocchia frantumarsi.
Percepì quasi con chiarezza il sangue dirigersi alla sua cavità orale e premere, per uscirne nella cascata vermiglia che dopo qualche istante era sgorgata copiosa dalle labbra livide dell’angelo.
Il Dannato si chinò sul corpo tremante di Uriel e, sorridendo, ne afferrò le ali.
“N-no…” Rantolò con rabbia il biondo, dimenandosi.
Uno strattone.
Un grido.
E mani artigliate strinsero le sue piume delicate, ma quel gesto fu seguito da uno sguardo deluso, poiché il Demone non era riuscito a strappare l’orgoglio all’avversario.
“Riproviamo…”  Fu il roco bisbiglio in risposta a quel fallimento.
Il volto dell’angelo era premuto contro il terreno roccioso e sopravveniva la stanchezza.
Emise un gemito, mentre una presa stritolava una delle sue due ali.
Il Dannato rimase assolutamente deliziato dal  meraviglioso sentore delle ossa che si frantumarono.
Uriel non versò neanche una lacrima, pur di non porgere soddisfazione alcuna.
“Luce di Dio*…” Soffiò al suo orecchio l’avversario, e queste parole furono seguite da un ennesimo strattone.
L’attaccatura delle ali si inumidiva di sangue, il quale aveva cominciato la sua corsa lungo tutta la linea della schiena.
“NON TOCCARLO!” Fu quell’ordine, poco dopo ,a raggiungere il suo udito.
La presa venne allentata, e la sua vista offuscata fu raggiunta dall’immagine di un capo mozzato.
“Ra… Raphael?” Chiamò insicuro.
L’interpellato voltò il compagno delicatamente.
Per Uriel fu come se in quel momento qualcuno avesse alzato il volume.
Negli attimi precedenti tutti i suoni, tutte le immagini erano scomparse, e vi erano stati solo gli odori e i sapori del sangue, del terriccio e quello salato del sudore e il dolore crescente.
Vedeva  di sfuggita i movimenti aggraziati di Samael, che con fredda spietatezza lasciava dietro la sua avanzata file di cadaveri, mentre in alto Kei lottava contro quel tale Belial.
Il resto era solo la confusione della lotta.

Era da tempo che Raphael non scendeva nel mondo degli umani.
I suoi occhi studiarono le strade buie e acciottolate.
Due giovani si scambiavano tenere effusioni abbracciati su di una panchina.
Sorrise intenerito, mentre il ragazzo, ridendo, iniziava a solleticare il ventre della giovane sua compagna.
Ricordava che nelle ore trascorse con Yurij era stato spesse volte rapito dai comportamenti degli umani: li osservava dallo specchio che guardava sul loro mondo, affezionandosi a quelle creature…
Allora era molto giovane e inesperto, ma il Guardiano, notando quel suo interessamento, diede vita all’ordine degli Angeli Custodi, nominandolo a Capo di essi.
‘Almeno avrò un aiuto nel custodire la Terra e gli umani.’
Era stata la risposta di Yurij all’espressione stravolta e sorpresa di Raphael, che anche permanendo in Paradiso, a causa dei suoi altri impegni di Eletto, aveva l’opportunità di guidare, governare ed adempire a quel gradito compito.
Sospirò, riportando l’attenzione a ciò che lo circondava.
Il Guardiano era ancora lontano.

“Cosa ci fai tu qui, Michael!?”
“…”
“Guardami, per favore.”

Sollevò il bel volto, rimanendo in silenzio.
“Il Paradiso non può sostenere ciò che sta accadendo; e il tradimento non è una scelta salutare.”
“E’ una
mia decisione.”
“Davvero?”
“Si.”

Il suo tono di voce pronunciò quell’affermazione con sicurezza.
Ma l’espressione tradiva le vere intenzioni…
“Perdonami, Cassiel. Perdonami se ti ho deluso.”

Regnava il silenzio ed era quasi fastidioso…
La tunica immacolata gli ricadeva poco sopra le ginocchia, le gambe lunghe ed affusolate si muovevano agili e sicure.
La veste era fermata in vita da una spessa cintura d’oro e quest’ultima si allungava delicata verso il ventre del Guardiano, disegnando un elegante triangolo decorato da tanti, preziosi ghirigori.
Su di un lato pendeva il fodero nero di una spada, dall’altro quello di un pugnale; uno stesso era stato infilato nei legacci dei sandali che indossava.
Sorrise compiaciuto.
Forse sarebbe stato davvero tutto così semplice, forse nessuno era stato incaricato di sorvegliarlo…
Svoltò con cautela l’angolo di un corridoio, poi, constatando la desolazione dello spazio, avanzò tranquillo.
“Signore, dove crede si andare?” Una voce delicata raggiunse il suo udito.
Si irrigidì, voltandosi lentamente.
Dannato Kei…
“Michael..!”lo salutò con un sorriso tirato.
L’interpellato sorrise divertito.
Gli occhi castani parvero illuminarsi per un attimo, riacquistando subito dopo la loro tranquilla consistenza.
Incorniciati da una cascata di capelli mori, parevano trapassare da parte a parte il Guardiano.
“Non mi ha risposto,Signore.” Continuò.
“Io… Voglio raggiungere gli eserciti.” Soffiò allora in risposta, chinando lo sguardo.

“Michael era rimasto a Palazzo?” Intervenne d’improvviso Lucifero.
Yurij fissò un punto indefinito davanti a sé e sospirando rispose:
“Michael è il protettore della luce… Certamente avrebbe preferito il campo di battaglia: non si direbbe, ma è un gran combattente… Però il ruolo affidatogli in segreto da Kei era troppo importante.” Bisbigliò con un risolino.
“Quello di evitare la tua fuga?” Chiese ancora, divertito, l’Imperatore.
“Esatto.”  Rispose con un sorriso il Caduto, fissando Lucifero.

Michael sospirò.
“So che è preparato alla battaglia, il tintinnio delle sue armi era udibile ed eloquente.” Cominciò.
Yurij sollevò il viso, fissando il volto di Michael.

Udibile…
Eppure sapeva di non aver provocato il minimo fruscio.
“Non dovrei disubbidire al Signor Kei, ma… Credo la lascerò andare, per quanto sarà dura accettarlo, convincerò il Guerriero del fatto che ha eluso la mia infallibile sorveglianza.” Concluse affabile, posando una mano sulla spalla del Guardiano.
Il rosso si lasciò sfuggire una lieve risata.
“Grazie infinite, Michael.” Disse.
“Si figuri e vada… O potrei ripensarci.” Aggiunse.
Con un cenno del capo Yurij prese a correre verso la sua meta.

“Samael! Prendi con te dei soldati e corri in aiuto dell’ala destra!” Gridò a pieni polmoni Kei, libero per un attimo dal combattimento con Belial.
Samael, rivolto lo sguardo al suo signore ed annuendo deciso, recise il torace dell’ avversario per volare via.
Scelse trecentotrentatre dei suoi angeli schierati e con un cenno della mano li invitò a seguirlo…
Presero il volo.
Gli occhi rossi e scrutatori dell’Arcangelo studiavano con interesse ciò che accadeva sotto il volo suo e dei suoi.
“Attenti ad un possibile attacco!” Li avvisò autoritario e il suo sguardo fu catturato della crescente difficoltà che i soldati di Gabriel avevano nel contrastare gli avversari.
Atterrò con delicatezza di fianco al compagno, che con furia abbatteva i nemici; i suoi angeli lo seguirono, attaccando con immediatezza.
“E adesso costringiamoli alla ritirata!” Sorrise Samael.

Fu un attimo…
La lama era scivolata via, cadendo al suolo tra le orde di combattenti.
Belial lo studiò con un’espressione di ipocrita pietà.
“Che peccato...” Bisbigliò, roteando la sciabola nera che stringeva nella mano sinistra.
Kei ringhiò.
Oh,era in guai seri…
Il suo corpo sfinito e ferito supplicava per una tregua,il suo animo in fiamme ed ardente bramava la battaglia ancora e ancora.
Il Demonio suo nemico con uno scatto che non riuscì ad intravedere gli si lanciò contro: già sentiva l’odore del sangue, già intravedeva la scia di carminio scivolare lungo il suo braccio destro…
Ed il sangue infatti cadde, fondendosi a quello versato dai combattenti in terra.
“Oh Kei, una volta che sarai morto tu quando credi impiegheremo ad eliminare l’Angelo?” Sibilò Belial, portandosi alle spalle dell’avversario, lasciando scivolare la lama della sciabola sulla gola del Guerriero.
“Mi ritengo offeso!”
Un’esclamazione divertita arrivò d’improvviso così come un colpo.
Belial fu scaraventato lontano, cadendo al suolo.
“Non credere sia tanto semplice sconfiggermi…” Aggiunse Yurij, arrivato appena, ghignando ed affiancandosi al Guerriero che lo fissava scandalizzato.
Il rosso rivolse lo sguardo alla terra dove Belial era finito lungo disteso…
Le ali argentee erano spalancate sotto il corpo del Demonio e le iridi verdi celate.
Kei portò gli occhi alla figura del Guardiano, poi seguì la traiettoria del suo sguardo e li fissò sull’inerme nemico, ed infine li condusse ad osservare, nuovamente, il compagno.
“….”
“..?”
Ci fu un attimo di silenzio in cui l’espressione dapprima confusa e perplessa e poi furiosa del Guerriero incontrò quella interrogativa del Guardiano.
Infine un’esclamazione.
“Che cosa ci fai qui!?”
“Bhé ecco, vedi…” Tentò di spiegare il rosso.
“Hai eluso la sorveglianza di Michael?!” Lo aggredì immediatamente Kei.
“Ascolta…” Riprovò ancora, sospirando ,l’Angelo.
“No, impossibile! Sei troppo stupido per poterlo ingannare…” Aggiunse subito dopo il Guerriero, pensoso.
Yurij si bloccò, fissandolo incredulo.
“Come?!” Chiese stizzito ed offeso.
“Lascia perdere.” Tagliò corto Kei. “Non dovresti essere qui! Ti avevo espressamente ordinato di startene buono al tuo posto!” Riprese il Guerriero,severo.
Così presi dal loro litigio, non si accorsero che Belial, ripresosi, aveva inviato contro di loro dei suoi sottoposti.
“Se non fossi arrivato ti avrebbe ucciso!” Ribatté con espressione quasi ferita  il Guardiano.
“Era tutto sotto controllo!”rispose a tono Kei, estraendo dal fodero nero attaccato alla vita del rosso il pugnale del compagno e recidendo al di sopra della spalla di quest’ultimo il capo di un Demone che, dietro Yurij, era pronto a colpirlo.
“Si, certo… Soprattutto mentre ti passava la sciabola sulla gola!” Fece arrabbiandosi il rosso, colpendo al volto con un pugno, una volta che Kei si fu spostato di lato, il nemico che lo minacciava.
“Se anche mi avesse ucciso, non sarebbe cambiato nulla! La guerra sarebbe continuata e avremmo vinto!” Disse convinto il Guerriero, sgozzando un demone lanciatosi contro di loro.
Yurij a quelle parole bloccò un attacco, rischiando anche di venire ferito dal suo avversario, che fu prontamente fermato da Kei.
“Rimani concentrato!” Lo rimproverò a quel punto il tatuato, mentre Belial, furioso, ordinava la ritirata immediata da tutti i fronti.
“Se ti avesse ucciso Kei, sarebbero cambiate tante cose.” Soffiò a quel punto il rosso, osservando dall’alto gli ultimi fuochi di battaglia spegnersi e gli angeli rallegrarsi.
“Solo a livello gerarchico, amico.” Sospirò il Guerriero, col tono paziente di chi discute con un bambino molto ottuso.
“Non mi riferivo a quello.” Fece aspro l’angelo dalle sei ali.
Kei non ebbe, però, più modo di rispondere: Raphael, reggendo Uriel, li aveva raggiunti in volo con un sorriso; Samael e Gabriel, poco dopo, si unirono a loro soddisfatti e sporchi di terriccio; Anael e Sachiel,r idendo come due giovani spensierati, li affiancarono in volo.
“Signore ci ha raggiunto anche lei!” Fece allegro Sachiel, alla presenza di Yurij.
“Si, ritenevo la mia presenza indispensabile.” Rispose gentilmente l’Angelo.
Kei scosse il capo, poi disse:
“Ci attaccheranno nuovamente e sicuramente… E’ solo una battaglia che abbiamo vinto.”
“Che ottimismo, Signore!” Fece con una punta di sarcasmo Samael.
“Realismo.” Lo corresse atono e serio Kei.
“E adesso conviene tornare all’accampamento, curarci e riposarci.” Aggiunse infine.
I sei arcangeli accolsero entusiasti quella decisione, comunicandola dall’alto con un volo ai loro sottoposti, altrettanto felici.
Povere creature, non si accorsero del Male che sorgeva della viscere dalla terra…

Aveva freddo, ma questo non gli impediva di assumere quel suo portamento fiero.
Il calore del suo fuoco si estingueva, ma sarebbe stato nutrito sempre.
Le gote erano ancora segnate dal sangue raggrumato ed ormai aveva buchi neri al posto degli occhi.
“La sua punizione è quasi giunta al termine, resista signore…”

Lilith assaporò le labbra del demone suo amante.
Gli sfiorò i capelli platinati, per poi stringersi a lui.
“Boris, non potremo mai reggere l’ennesima battaglia.” Bisbigliò tremante e dai suoi occhi di smeraldo scese una lacrima.
“L’Inferno e il Paradiso scompariranno insieme.” Pronunciò ancora.
Il demone sospirò, sollevando il volto della sua Regina.
“Non pianga certezze future, non se il presente ci concede più di una possibilità.” Disse allora Boris.
E Lilith lo strinse ancora.

Fine decimo capitolo.

(*)Luce di Dio: Uriel,U-Ra-El,nell'antica lingua egizia la U sta per spazio e Ra per Sole ed El per Dio,ovvero Spazio-Sole-Dio e quindi “Luce di Dio”

 

 

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Capitolo 11
*** To be the One I am ***



To be the one I am

Vidi una porta aperta nel cielo,e la prima voce,che mi aveva già parlato come uno squillo di tromba, mi disse: “Sali quassù e ti mostrerò le cose che devono avvenire in seguito.”

Gli Angeli non si sono mai aggrappati a nulla, lo Spirito Santo che li anima li rende autosufficienti…
Altro punto che li distingue dagli umani.
Gli uomini si aggrappano alla fede nel Signore solo e soprattutto nei momenti peggiori..!
E gli angeli, questo, non lo accettano, non lo trovano giusto.
Quando essi tradiscono il Signore non concede loro il perdono…
E allora perché, Padre mio, sempre e comunque lo porgi all’infame razza degli umani, esseri incestuosi e fratricidi?

“Conosci il mito di Narciso, Yurij?” Il rosso portò sorpreso lo sguardo sull’Imperatore, che in silenzio guardava dritto davanti a sé.
“Sì, Narciso era un bel giovane che tutti i giorni andava a contemplare la propria bellezza in un lago. Morì annegato, scivolando nello specchio d’acqua dove si rifletteva…” Rispose confuso.
“Di lui è rimasta memoria…”
“Sì, un fiore che ha preso il suo nome.”Acconsentì il Caduto, ancora più interdetto.
“In tutte le epoche e in tutti i luoghi il Signore si è sempre mostrato infinitamente generoso con chi non lo meritava.” Sospirò con un mezzo sorriso malizioso Lucifero.
“Non ti capisco.”
“Narciso è l’esempio più eclatante dell’egoismo dell’uomo, della punizione e infine della misericordia e del perdono. Tutti avranno memoria di lui, rimirando il fiore che porta il suo nome, tutti piangeranno per il suo crudele destino… Ma nessuno affermerà mai che il suo fato fosse meritato: da colpevole il nostro giovane diviene eroe e vittima di una tragica vicenda, avanzando sempre più l’ipotesi che l’uomo non è carnefice del bene, ma vittima del male che deriva dai troppi doni sperperati a favore dell’umanità da parte di Nostro Signore… E gli angeli sono infelici di ciò: in quest’era nessuno serba memoria della loro bellezza e della loro bontà, nessuno piange più la loro morte incontrata contro il Demonio nemico dell’uomo, perché la loro esistenza è meno concreta rispetto alla tragica morte di un giovane meraviglioso. E lo stesso Signore cura più gli inutili affanni della vita dell’uomo, che lo spirito ormai inquieto dei suoi Eletti.” Spiegò paziente il Diavolo.
Il Caduto allora si sollevò irato.
“Non fare l’offeso, Angelo Mio… L’invidia è la bestia che divora e brucia l’anima ed è ghiotta di angeli di Puro Spirito.” Riprese con cattiva noncuranza Satana.
“Che gli angeli combattano e si ribellino a tutto ciò, allora!”
“La penso esattamente alla tua stessa maniera… Ma essi sono vigliacchi, e la viltà è una malattia incurabile.” Prese una pausa, poicontinuò:
“Siamo così simili, Yurij… Io e Te.”concluse, sollevandosi e avviandosi all’uscita.
E gli occhi che ardevano,
ghiacciati, fulminarono con disperata cattiveria l’immacolata figura che li superava…

Raphael ripuliva dal sangue raggrumato la schiena di Uriel che , sfinito, era caduto preda di un sonno senza sogni.
Tutt’intorno all’attaccatura delle ali si era formata una crosta, laddove queste erano state tirate con forza e la pelle lacerata.
La lunga ferita, curata, si stava cicatrizzando…
Raphael, grazie a si suoi poteri curativi aveva provveduto immediatamente ad utilizzarli per soccorrere il compagno.
Sospirò, spostando una ciocca dorata dal viso dormiente del ferito…

Anael sbadigliò annoiato, lanciando uno sguardo disinteressato alle varie tende montate come precario e momentaneo accampamento.
Come si usa dire, avevano vinto una battaglia… Ma non la guerra.
Le sue legioni avevano perso pochi fanti, fortunatamente, ma il costo di prigionieri, più che di vite, era stato alto.
Rabbrividì impercettibilmente…
Meglio la morte alla prigionia infernale, indubbiamente.
Voltò un istante il viso, incrociando il suo sguardo con quello di Sachiel, che da lontano gli fece un cenno di saluto.
L’arcangelo in questione camminava al fianco di Gabriel: i due bisbigliavano tra di loro, parlando in modo concitato.
Anael sospettava l’argomento della discussione…
Gli sfuggì un risolino divertito e, scuotendo il capo, portò lo sguardo in alto, socchiudendo gli occhi e sospirando.

Fissava con rimprovero il compagno e questi, umiliato ed arrabbiato, si mordeva il labbro inferiore frustrato.
“Mi hai disobbedito.” Fece duramente il Guerriero.
“Lo so.” Rispose in un sussurro il rosso.
“Sai anche che quando sono io ad impartirti un ordine tu devi rispettarlo,vero?” Aggiunse allo stesso modo il tatuato.
“…” Non rispose, stringendo i pugni tremante di rabbia.
“Parla, Yurij!” Gli impose il compagno.
“Si.” Sibilò a fatica.
“Spero, inoltre, che tu ricorda il perché…” Disse ancora Kei, avvicinando il proprio volto a quello dell’Angelo.
Il Guardiano ricambiò lo sguardo e le iridi cristalline tremarono, frantumandosi.
“Si.” Rispose, chinando gli occhi.

“Perché?” Chiese sorpreso Lucifero, fissando con interesse il rosso.
Sul volto del Caduto si disegnò un sorriso amaro, che scivolò via poco dopo, senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio.
“La mia autorità era, logicamente, indiscussa… E naturalmente doveva pur esistere un essere in grado, anche se non del tutto, di frenarla: Kei, appunto. I suoi ordini, se impartiti per salvaguardarmi o comunque per evitarmi di compiere sciocchezze che mettessero in pericolo la mia incolumità, non potevo né metterli in discussione né negarvi l’obbedienza. Una delle tante regole che permetteva il mantenimento dell’ ‘Equilibrio’. Limitava la mia libertà
“Una meravigliosa gabbia dorata…”
Commentò affascinato l’Imperatore.

“Si, alle volte confesso che… Ho profondamente odiato Kei per questo potere che gravava, appunto, sulle mie azioni.” Concluse in soffio il Caduto.

“Devi tornare indietro.” Disse funereo il Guerriero.
“Stai scherzando?!” Fece il rosso, infervorato ,fissando con astio il compagno.
“No Yurij, questi sono stupidi rischi che non puoi permetterti di correre.” Continuò imperterrito Kei.
“Voglio farmi valere e dimostrare che io ci sono, che lotto con voi!” Ribatté l’Angelo, supplicante.
“Tutto quello che devi dimostrare, Yurij, è solo abilità diplomatica: tu non sei fatto per combattere, tu non puoi combattere.” Prese una pausa, lanciando uno sguardo disinteressato al Guardiano, che lo fissava incredulo.
“In questo campo sei inutile e la tua inutilità è pari solo alla tua capacità di farti odiare e disprezzare da soldati validi come Uriel o Gabriel che, a differenza tua, sanno ciò che fanno, ne sono consapevoli e soprattutto… Misurano le componenti delle loro azioni.” Concluse fermamente.
L’Angelo lo osservava scandalizzato, avrebbe tanto voluto ribattere…
Ma le parole erano nate e morte, incastrate nelle sua gola.
Fissava il compagno, ma in realtà era come se non vi fosse nessuno davanti i suoi occhi.
Inutile…
Cos’era quell’improvviso gelo...?
Lo attanagliava, lo soffocava e lo uccideva.
Lentamente, dolorosamente le sue membra tremarono.
A capo chino, superò Kei e scostando la tenda con placida furia, ignorando il richiamo del compagno, si ritrovò all’esterno dell’accampamento.
Si portò una mano al volto.
Umido
Umido di insulse… Come si chiamavano? Ah si,lacrime.
Era la prima volta che ne versava e bruciavano il suo volto.
Spalancò le sei meravigliose ali, prendendo il volo.

Samael si avvicinò con calma al Guerriero.
“Signor Kei non crede di… Aver esagerato?” Azzardò, fissando il Superiore negli occhi.
L’interpellato sospirò, un sorriso tirato disegnò le sue labbra.
“Affermare la verità non è esagerazione, mio caro Samael.” Fece sicuro Kei.
“Sbatterla con freddezza e disinteresse in faccia ad un compagno è irrispettoso e cattivo. Io credo ferisca più della spada, lei non crede?” Ribatté pacato, senza malizia e con una punta di ingenuità,quasi.
“Può darsi…” Bisbigliò l’altro.
Intriso nella convinzione che nulla potesse scalfire i sentimenti impenetrabili degli angeli, il Guerriero non si rese conto del male inflitto, anzi, credeva di avere agito nel giusto…

“Cassiel?”
L’interpellato si voltò con aria di sufficienza verso la figura che lo aveva richiamato.
“Noto con piacere che l’Inferno è stato caritatevole nei tuoi confronti…” Un ghigno che voleva apparire come un sorriso di circostanza disegnò quelle labbra.
“Il Paradiso non sarà altrettanto buono con te, temo.” Rispose tranquillo.
“Come puoi dirlo?” Chiese con una punta divertita nella voce, scostandosi dagli occhi una ciocca d’ebano.
“Tu cosa credi faccia Michael qui?” Chiese, dunque, retorico Cassiel, prima di cominciare a percorrere nuovamente il buio corridoio…
Sorrise aspramente, il povero Condannato, mostrando al suo interlocutore la schiena livida e solcata da due profonde, nere e sporche ferite sulle scapole.

Pronunciato il suo tradimento, Lucifero cadde…
Il meraviglioso Serafino aveva dimostrato ciò che era, scoprendo il suo volto e le sue intenzioni.
Il timore e la paura della rivolta costrinse il Signore alla risoluzione più drammatica…
Esilio per quel meraviglioso essere…
E come pianse il Suo cuore quando la sua splendida Creatura bruciò di rimpianto, sofferenza ed amore, ancora e nonostante tutto…

Sospirò pesantemente, leccando con la punta della lingua il sangue che scorreva copioso dalle sue labbra.
Per un attimo meditò su quell’acre sapore.
Metallico.
Che ti disgusta, ma che la curiosità ti costringe ad assaporare ancora.
Sollevò il volto, l’improvvisa percezione del calore sulla pelle gli fece capire che erano ormai fuori dai sotterranei.
“Samael spero tu non voglia commettere qualche sciocchezza…” Soffiò a fatica.
L’Arcangelo non rispose.

Allontanatosi dall’accampamento sedeva su un’alta roccia, tremante, le ginocchia raccolte al petto.
Teneva il volto, arrossato dalla poche lacrime, nascosto tra le ginocchia e le sei ali avvolgevano la sua sottile figura, riscaldandolo e cullandolo.
“Le parole, così infide, così crudelmente fredde, acide e veritiere. Non trovi?” Una  voce calda parlò alle sue spalle.
Sobbalzò, voltandosi di scatto.
Lo fronteggiava un giovane meraviglioso: aveva la carnagione chiara, due  occhi di un intenso e brillante blu cobalto ed i capelli neri,lisci e lunghi erano sciolti nella debole brezza alzatasi…
Vestiva di bianco ed aveva appena ritirato dietro la schiene un paio di grandi ali candide fornite di morbide e lucenti piume.
Si poggiava con grazia ad un bastone da passeggio nero, arricchito di intarsi d’oro bianco.
“Lu… Lucifero..?” Balbettò insicuro.
Come poteva un tale splendore essere il Re dell’Inferno?
S’aspettava un essere abbruttito dall’oscurità e dalle fiamme…
L’interpellato avanzò con grazia a piedi nudi, chinandosi di fianco l’Angelo, ed avvicinando le labbra all’orecchio di quest’ultimo:
“Mais oui, mon amour… C’est moi*.” Soffiò, ghigando.
Tornò, poi , a fissare nuovamente gli occhi smarriti, sorpresi ed impauriti del Guardiano, carezzandogli con la punta delle dita una guancia ancora intrisa di gocce salate.
Poi, si sollevò subito dopo con un sorriso.
“Vieni con me…” Bisbigliò impercettibilmente, tenendo la mano tesa per accogliere il gradito Ospite.

L’invito del Diavolo arde e confonde, istiga e uccide…
Le candide ali bagnate del sangue dei peccatori sono la più seducente delle tentazioni.
Signore e Padrone,il banchetto è pronto.

Fine undicesimo capitolo.

(*)Il pezzo ad inizio capitolo è tratto dall’Apocalisse..
La frase in francese pronunciata da Lu significa: “Ma si amore mio,sono io”.

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Capitolo 12
*** We're going down to the Devil ***



Non credo ci sia niente da dire...
Riprendo a pubblicare, ma non credo lo farò con regolarità ^^.
Prima di passare al capitolo, che mi auguro leggerete e commenterete, volevo dire un paio di cose: questa fan-fic mi ha consumato, ed è stata solo la mia dannata ostinazione a spingermi al continuarla.
Ormai ho intrapreso una vera e propria guerra con questo sputo della natura, che mi auguro di riuscire a vincere.
Al momento il bilancio è di un pareggio: mi ha sconfitto quando l’ho interrotta ed io l’ho abbattuta riprendendo la pubblicazione U_U...
Ma le guerre sono lunghe e sanguinose, e credo che ben presto da una guerra lampo, passeremo ad una guerra di trincea.... Si prospettano tempi duri.
Mi sono fatta non poche seghe mentali su questo capitolo: erano estremamente insicura se pubblicarlo o meno; ma alla fine la mia testardaggine ha avuto la meglio.
Mi auguro mi lascerete un commento,o almeno una testimonianza del vostro passaggio.
Vi lascio al capitolo.

We’re going down to the Devil

“Poi la morte e il soggiorno dei morti furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda, cioè lo stagno di fuoco.
E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco.”


“Mio Signore, perché?”
“…”
“Mi risponda Mio Signore, Mio Amato, La prego!”
Sfregiato, ferito, torturato…
“Brucia nelle fiamme della tua vanagloria.”
“NO! La supplico!”
Il grido che squarciò l’aria fu soffocato: soffocato ed annegato dal fuoco che avvolse la figura dell’esile Serafino.
“Ti ho amato, Lucifero…”
“Signore…”
L’ultimo singulto, poi la perdizione.

Il Messaggero infernale sostava di fianco il trono della sua Regina.
Ascoltava basito le parole di quell’Essere giunto dal Paradiso e stringeva spasmodicamente i pugni, indignato da quelle parole.
“Lucifero non riuscirà a sostenere ciò che vi attende, è troppo impegnato a gironzolare intorno al Suo Caduto Prediletto: ne è testimone la sua assenza in questo momento.” Prese una pausa, poi continuò: “Mia Regina, consentimi di affiancare il tuo potere in queste buie ore che annegano l’Inferno tuo Regno.” Soffiò ed un sorriso dipinse il pallido volto.
“Stai vaneggiando.” Cassiel si pronunciò alle sue spalle.
“Lucifero ha generato lo stagno di fuoco, che è chiamato Inferno e Perdizione. Il tuo potere e la tua vita non bastano per alimentarlo.” Continuò con calma, lo scheletro annerito di due ali recise apparve sulla schiena del Dannato, mentre quest’ultimo, attraversando il colonnato, si poneva in ginocchio innanzi alla Regina.
“Non posso che trovarmi d’accordo con Cassiel.” La voce deliziata di Belial risuonò nella sala e il Sovrano si materializzò, apparendo ghignante dal marmoreo pavimento.
“Per quanto io disprezzi i metodi con cui Nostro Signore Lucifero amministra l’Impero, certamente mi ritroverei assai mortificato nel vedere uno come te Imperatore dell’Inferno.” Spiegò, lasciando passare una mano tra i ricciuti filamenti castani che erano i suoi capelli.
“Inoltre…” E solo quel punto chi aveva aspirato al governo dell’Impero si voltò, realmente interessato.
“L’unico minimamente in grado di sostituire Lucifero e i suoi poteri sarebbe il Mio Signore Belial, il quale cadde subito dopo la Stella del Mattino. Tra i Sovrani Infernali credo sia il più potente.” Le labbra di Michael pronunciarono quelle parole con serafica tranquillità.
Oh, ma il cospiratore aveva avvertito chiaramente una nota di disprezzo vibrare dalle corde vocali dell’Arcangelo.
Belial fece un cenno col capo, lusingato dalle parole del suo protetto.
Stava per pronunciarsi, quando Boris intervenne:
“Attenti a ciò che dite, potreste non rendere felice chi è al di sopra di voi.” Sibilò stizzito.
Lilith, sospirando stancamente, a quel punto si sollevò:
“Le vostre parole sono senza ombra di dubbio interessanti.” Gli occhi smeraldini della Regina scrutarono i presenti, poi sorrise.
“Ma Lucifero, signori miei, è il Diavolo.” Concluse, per poi invitare Boris a seguirla con un cenno.

Quando cupe lacrime si infransero sul nero terreno, consumato dalle fiamme prodotte dal meraviglioso corpo del Serafino, spaccarono la terra ormai friabile…
E dopo un gemito,anche il rifiuto terrestre.

“Uriel, credi che la decisione di Gabriel sia stata giusta?” Gli occhi azzurri di Sachiel si posarono sul bel volto dell’Arcangelo interpellato, che sospirando metteva da parte la pergamena che, fino a quel momento, avevo finto di star studiando.
“Non lo so.” La risposta fu netta e sincera.
“Per quanto ultimamente io non abbia sopportato la condotta del Guerriero, ammetto che la richiesta di Gabriel mi sia sembrata estremamente esagerata.”  Fissò i suoi occhi verdi nello sguardo cristallino del compagno.
“Raphael è partito.” Continuò ancora Sachiel.
“Ovvio; immagino creda che solo il Caduto possa aiutarci.” Fece scettico, arricciando il naso.
L’angelo si lasciò sfuggire un risolino divertito a quell’espressione.
“Dovresti avere più fiducia nelle decisioni dei tuoi simili.” Aggiunse,poi.
“Ho avuto fiducia in Michael, e di lui non vi è più traccia.” Sibilò duramente il biondo.
“Ho avuto fiducia in Samael, ha liberato il Guerriero. Ho sempre riposto un briciolo di fiducia nelle scarse capacità di Yurij e tempo fa mi deluse. La fiducia è per i deboli e per chi non crede nelle proprie capacità: aver fiducia equivale all’ essere dipendenti di altre creature, io non voglio esserlo.” Continuò con serietà.
“Hai dato fiducia a Gabriel…” Osservò acutamente e con noncuranza Sachiel.
“Il mio ennesimo sbaglio e la mia ennesima dimostrazione di debolezza.” Ammise gravemente allontanandosi.
L’Arcangelo lo fissò desolato.
“Uriel, lo sai che non resta più molto tempo…” Attirò ancora l’attenzione del compagno.
“Non mi importa.”

“Samael…”
Un grato bisbiglio nacque da labbra stanche e spaccate.
“Non si sforzi signore.” Avvertì  il tocco di un panno bagnato sulle guance tatuate.
L’odore del sangue si ripresentò più  prepotentemente alla sue narici, mentre sentiva la linfa vitale raggrumata resa nuovamente liquida dall’acqua e scivolare via.
“Raphael è sulla Terra, dovremo cercarlo lì signor Kei: solo lui ha la facoltà di aiutarla.”
“Perché Raphael è sulla Terra?”
Chiese sinceramente incuriosito il Guerriero.
“Cerca l’Angelo Decaduto Yurij Ivanov, Signore.” Rispose con un sospiro.

“Signore…”
Penosa Creatura, il Signore non aveva orecchie in quegli antri tenebrosi.
“Padre...”
Le bellissime labbra scottate accennavano con immane fatica e lacerante dolore i minimi movimenti di quelle strazianti parole.
Aveva amato troppo e troppo a lungo, desiderando quindi eguagliare.
Il suo dolore, il suo sbaglio, la sua Condanna.

“Lucifero?” Yurij attirò la sua attenzione quasi apprensivo.
L’Imperatore si voltò a fissarlo, gli occhi blu velati di un’antica e inquietante ombra oscura.
Per un istante il Caduto si ritrasse, spaventato.
Il gelo avvertito in quell’attimo lo scosse profondamente: nell’infinità oltremare delle iridi del Demonio scorse un’insanabile follia e una cupa rabbia  albergarvi.
“Perdona la mia distrazione,Yurij.”  Il sorriso che poi dipinse il volto di Lucifero lo tranquillizzò così rapidamente che, in seguito, si diede dello stupido: era caduto così facilmente nell’inganno, per gli umani mortale, delle labbra dell’Imperatore…

Avendo lottato per il Paradiso, per vegliare e continuare ad esistere come sovrano in quello, creava l’Inferno.

“Vieni con me…” Bisbigliò impercettibilmente Lucifero, la mano tesa per accogliere il gradito Ospite.
Gli occhi azzurri del Guardiano si posarono ancora lucidi ed indagatori su quella ghiotta proposta.
La lieve brezza alzatasi cancellò le lacrime che corrodevano la delicata porcellana del viso del rosso, lasciandole morire nell’aria.
“Cosa mi prometti?” Chiese cautamente in un soffio.
Oh, voleva solo divertirsi…
“Cosa desideri?” Ribatté l’Oscuro Signore,s tando al gioco dell’Angelo.
“Itsuwari, Osore, Kyoshoku, Urei*”  Si espresse tranquillo, con un pizzico di deliziata e divertita malizia.
Elencando qualcosa di ben più pericoloso che semplici e peccaminosi desideri con quelle parole…
“Puoi procurarmi questo?” Aggiunse subito dopo, fissando intensamente il Diavolo.
Un leggera risata esplose dalla labbra dell’interpellato.
“Tutto ciò che vuoLe.” Concesse infine con un elegante inchino.
 Il Guardiano spalancò, allora, le sei grandi ali, sollevandosi dal terreno roccioso.
Prendimi.” Lo stuzzicò a quel punto, volando velocemente in direzione ovest.
Accettando molto  volentieri l’invito, Lucifero liberò le sue candide ali.
Si inumidì le labbra con la lingua e decollò con uno scatto, per inseguire la sua gustosa preda.

Si rincorrevano follemente ad una velocità impressionante tra scatti mortali e movimenti aggraziati….
Disegnavano coreografie di rara bellezza nei Cieli, salendo di quota per sfiorare le nuvole e poi cadere giù, col solo e semplice gusto di sentire l’aria gelida sferzare sui loro volti, inumidire gli occhi e rendere secche le labbra e ricercando, inoltre, il piacere che quell’eccitante gioco dava loro.
Avrebbero potuto paragonarlo all’estasi sessuale…
Se solo Yurij avesse saputo cosa fosse, al tempo.
I cambi di direzione improvvisi e pericolosi erano accompagnati dalle risate di giubilio dei due contendenti.
In fondo erano solo bambini molto immaturi: ciò che volevano era il malsano risultato di quel buffo e malvagio rincorrersi.
Risultato che giunse ben presto con quel malizioso finale: Lucifero, riuscendo a prevedere l’ennesimo scatto del Guardiano, lo aveva raggiunto e afferrato per i fianchi; lo stringeva nei suoi artigli, ove ogni via di fuga era negata.
“Preso.” L’Imperatore bisbigliò quella parola con sarcastica sensualità.
Giocava col suo ghiotto bottino e con nobile crudeltà ne tesseva una gloriosa fine.
Il Guardiano tentò di divincolarsi da quella ferrea presa, ma la sua antica forza era così giovane rispetto all’eterna dannazione di Lucifero.
E ciò che esisteva di più Sacrosanto ed Inviolabile fu trascinato nelle fauci dell’Inferno.

“Anael!” Il Guerriero col volto contorto dalla preoccupazione e dalla rabbia si rivolse con grande ansia all’Arcangelo, che con autorità impartiva ordini e dava maggiori istruzioni ai suoi sottoposti.
“Cosa succede,Signore?” Chiese, sorpreso dall’atteggiamento di Kei.
“Raduna parte delle tue schiere, dobbiamo trovare Yurij!” Ordinò.
“Cosa?” Chiese ancora, disorientato.
“E’ fuggito! Quello stupido è fuggito!” Gridò infine, furioso, sollevandosi con forza e violenza dal suolo e prendendo nuovamente il volo.

Se era stato lui a gridare non  poté mai dirlo.
Ciò che il Guardiano in quel momento avvertì chiaramente fu solo la confusione di fiamme infernali e di folli sofferenze.
L’odore dello zolfo trafisse le sue narici, stordendolo ed annebbiando i suoi sensi.
Trapassato il suo olfatto, quel disgustoso e nauseabondo odore parve prendere possesso persino del senso del gusto e, posatosi sulle sue papille gustative, fu un sapore metallico e rugginoso a raggiungerlo, dandogli un sentore di debolezza e mancamento.
Svenne.
Lucifero lo teneva a sé, reggendolo e tenendogli una mano aperta al centro della schiena, tra le scapole.
Le ali afflosciate sfioravano il terreno Infernale, il capo era ricaduto debolmente su di un lato, i capelli ricciuti gli sfioravano una guancia, carezzandogli le labbra, mentre i meravigliosi occhi di zaffiro erano celati.
Un rivolo di sangue gli scorreva lungo mento, deturpando la diafana pelle di quel macabro petalo rosso.
Fu allora che (come se il ritorno dell’Imperatore alla sua Dimora con un gradito ospite venisse già atteso da qualche minuto, ed Egli fosse giunto in ritardo.) un Demone apparve ai piedi di Lucifero, in ginocchio.
“Il signorino è svenuto, Boris… Mi spiace.” Disse in tono mellifluo e divertito il Diavolo, anticipando una qualsiasi altra richiesta del nuovo venuto.
“Oh, è davvero un peccato.” Si limitò a commentare il Dannato, avvicinandosi al rosso e scostandogli dal viso i capelli.
“Portalo giù, legalo e aspetta che si svegli…” Continuò in un soffio l’Imperatore, porgendo, quasi come fosse una bambola di pezza, il bel Guardiano al sottoposto.
Con un cenno di assenso del capo ed un ultimo inchino Boris si dileguò, stringendo tra le braccia il povero Angelo…

La carne bruciata aveva un odore dolciastro.
Di quelli che ti si attaccano addosso e credi di continuare a sentire nonostante non ve ne sia più traccia nell’aria.
Un dolore lontano lo avvertì che le sue braccia erano state bloccate in una posizione alquanto scomoda ad una nera parete d’onice.
Spostò il capo da un lato all’altro, tentando di sgranchire i muscoli intorpiditi, tesi e doloranti del collo.
Calmò, poi, quel movimento: la nausea lo aveva colto.
Si lasciò sfuggire un lamento; e dalla bocca  (già riempitasi di quel sapore metallico che sfumava nell’agrodolce.) aveva lasciato scorrere via lentamente del sangue, schiudendo le labbra.
Tirò un lungo respiro affaticato, disgustandosi ancor più per il fetore indicibile presente in quel posto.
Avvertiva il sentore del marcio unito a qualcosa di più amaro ed aspro.
Si rese conto che non vi era calore.
E stava gelando…
Aprì con lentezza le palpebre stanche, ridando vita alle iridi cristalline.

Osservando silenziosa la sala, posò lo sguardo sui cinque troni, ove su quattro di ognuno di quelli un’unica ala d’alabastro sorgeva, infrangendo il cristallo.

Sussurravano, gli antri oscuri della fredda terra.
Occhi si posavano sulla fragile e nuda creatura raggomitolata in una grotta oscura.
Le iridi di cobalto si levarono stanche ed umide, studiando ciò che le circondava da dietro una cascata di scuri filamenti.
“Padre…”
Il gemito di una creatura che muore…
Per permettere la nascita di un nuovo essere, ben diverso da ciò che fu.

Fine dodicesimo capitolo.

Grazie a:
-Keila91
-Sybelle
-Padme
-Dreven
-Eagle Fire
-Ben
-Redeagle
-Valery
-DarkHiwatari
-Ele Ivanov/C18_The_Best
-Bladegirl
-Nika
-MeMs
-Nissa e il micio
-Yui00

E’ mostruosamente breve e disgustosamente orribile,ma vabbhé ^^.
Ormai si è capito che non riesco a fare di meglio...
Noticine ^^:
Il pezzo ad inizio capitolo è tratto dalla solita Apocalisse.
Itsuwari,Osore,Kyoshoku,Urei è un verso della sigla di chiusura di Death Note “Alumina” e vuol dire: ‘Bugie,Paura,Vanagloria,Dolore’ mi piaceva come suonava nel contesto ^^…
Bhé che altro dire?
Sono tornata ^^...
E vi ringrazio dal più profondo del cuore per il sostegno dimostratomi.
L’ho apprezzato tantissimo,e non poso fare altro che continuare ad adorarvi .
Spero di sentirvi presto x3!E ricordatevi di lasciarmi un commento!
Iria.

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Capitolo 13
*** Itsuwari (Lies, Bugie) ***



I т ร υ ฬ α я เ ~Ł เ є ร †ß υ ﻮ เ є

Rivelazione di Gesù Cristo,che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve, e che egli ha fatto conoscere mandando il suo angelo al suo servo Giovanni.
Egli ha attestato come parola di Dio e testimonianza di Gesù Cristo tutto ciò che ha visto.
Beato chi legge e beati quelli che ascoltano le parole di questa profezia e fanno tesoro delle cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino!

Rigenerato dalle fiamme,Lucifero, Sua Maestà Infernale, Signore ed Imperatore dello Stagno Infuocato, generato dalla sua insana passione, si rialzò.
Era nudo, nudo e rivestito solo della sua vergogna, così come Adamo ed Eva lo furono a loro tempo…

Raphael sedeva non visto, in ascolto.
Gli Angeli sanno ascoltare.
Ma ancor meglio, riescono a comprendere.
Se i deliri di quel pover uomo fossero fondati su parole ed argomenti profondamente conosciuti e studiati, questo non seppe mai dirlo; ma indubbiamente rimase affascinato dai gorgheggi biascicati e isterici di quell’ubriaco.
“Disobbedienza!” Esclamò con fare teatrale.
“Arroganza, stupidità, ignoranza!” Articolò quegli aggettivi con le giuste pause, saggiandone il significato con gusto, ad imitazione di un bravo oratore.
“Ci siamo rivestiti di questo, dopo che il Signore Iddio ci spogliò del Sapere Immortale a cui avevamo avuto accesso! Sciocchi furono gli ingenui Adamo ed Eva a saggiare il frutto dell’Albero della Conoscenza! Subdolo fu il Serpente! Ciò che Nostro Signore ci aveva nascosto era solo il Male aldilà dei Confini del Giardino dell’Eden! E peccando, peccando ci siamo ritrovati intrisi di vergogna nella nostra nudità esistenziale: umiliati, siamo in cerca di un Perdono…Che non avremo, con l’Inferno che domina la nostra bella Terra.”
L’Arcangelo sorrise.
Sospirando, socchiuse gli occhi nocciola ambrati nella loro luminosità,poi si sollevò con un movimento fluido, elegante e bellissimo.
Giunse davanti la panchina dove quell’uomo, inibito dall’alcool, era sdraiato.
Prese a fissarlo, studiandolo in religioso silenzio.
Il volto era coperto da un berretto lacero di lavorazione scarsa ed economica, rattoppato in più punti, di un rosso sporco e unto.
Macchie di sudiciume tempestavano gli indumenti dell’uomo strappati o sdruciti in alcuni punti.
Con la punta delle dita, senza quasi sfiorarle, Raphael tracciò il disegno delle palpebre chiuse dell’umano…
E quando l’ubriaco, sentendosi osservare, aprì assonnato e pigro un occhio di un azzurro così splendente da brillare vivacemente nella poca luce del posto, sembrò stesse per pronunciare qualcosa di estremamente strabiliante… O estremamente stupido, per descrivere il giovane che aveva davanti.
Una bellezza che non poteva appartenere a quel dannato mondo.
In tutta risposta Raphael sorrise, zittendo immediatamente l’uomo, ponendogli un dito sulle labbra carnose, rosse, screpolate e spaccate dal freddo e che, nonostante tutto, l’Arcangelo definì splendide.
“Shh… Sogna il Paradiso, continua a maledire l’Inferno, amico mio. La tua ricompensa di luce sarà ben più ghiotta di quanto tu, adesso, creda.”

Belial era immerso nella vasca da bagno marmorea delle sue stanze.
Osservava con noncuranza la densa schiuma che andava diradandosi, leccandosi le labbra, sfiorandole appena con la lingua e chiudeva gli occhi, lasciandosi sopraffare dal profumo d’arancia dell’aroma che stava utilizzando.
Lucifero, a suo dire, perdeva solo tempo prezioso.
E non ne avevano più molto a disposizione.
L’Imperatore sarebbe andato su tutte le furie se fosse venuto a conoscenza delle intenzioni del Traditore del Paradiso.
Ma Lilith, dolce, malefica Lilith, non ne avrebbe fatto parola.
E lui ne era intenzionato ancor meno.
Non che non volesse mettere in guardia il suo sire, questo mai, l’amava troppo; semplicemente voleva attendere e godere di quell’attesa, per poi pranzare ghiottamente coi frutti che ne sarebbero conseguiti.
Ridacchiò lievemente, lasciandosi sprofondare ancora un po’ nell’acqua calda.
Gli occhi verdi brillavano perversi.
Oh, sarebbe stato sublime.

“Amami”
“Ti amo”
“Odiami.”
“Non posso.”
“Perché?”
“Oh mio Lucifero, sarebbe troppo facile… Non credi?”

“Yurij…Ti senti bene?”
La voce di Lucifero risuonò aggraziata e velata da una -quasi inesistente.-, punta di preoccupazione.
Il Dannato aveva serrato gli occhi cristallini, ma un lieve gemito era nato dalle sue labbra schiuse, prima ancora che avesse avuto la possibilità di tentare di reprimerlo.
“No, d-devo… Sedermi.” Soffiò, lanciando uno sguardo intorno a sé, studiando il parco buio.
Con un movimento aggraziato pochi secondi dopo riapparve seduto su di una fredda panchina non molto distante.
Nel silenzio della notte lo stesso Lucifero si affiancò al rosso.
“Sembri stravolto… Cosa succede?” Gli bisbigliò suadente ad un orecchio.
“Non capiresti…” Rispose a stento l’Angelo.
“Parlamene.” Insisté il Diavolo.
“Non comprenderesti. Non prima che abbia finito.” Ribatté ancora, a denti stretti, il Caduto.
In silenzio, l’Imperatore osservò il profilo del compagno.
I capelli rossi ricadevano davanti il volto imperlato di sudore freddo del giovane, il respiro andava regolarizzandosi, nonostante la fatica che ogni minima boccata d’aria gli costava.
Pareva soffocare, e l’aria quasi sfuggiva al suo ricercarla: una morsa si era stretta intorno al collo perlaceo della Dannata Creatura, provocandogli dei lievi (e subito repressi.) attacchi di tosse.
Oh, che meraviglioso spettacolo.
“Ti stai divertendo?” Gli chiese ironico Yurij, con la voce tremante.
Lucifero si limitò a ghignare, poi disse:
“Dipende da ciò che intendi per divertimento, Angelo mio. Il Diavolo non si limita a trastullarsi degli insulsi peccati degli uomini: io ho bisogno di attrattive maggiori e di migliori orizzonti su cui posare il mio sguardo.” Prese una pausa, fissando con soddisfazione il compagno.
“E credimi, di orizzonti così superbi non ne ho visti mai…” Concluse con una nota di sfrenato divertimento a tingere la sua calda voce.
Il Caduto si limitò a sorridere, sollevando, poi, il volto al cielo nero trapuntato di rarissime e opache stelle.
“Avrei bisogno di redimermi…” Bisbigliò (e il velato sorriso non abbandonò la sua bocca di rosa.), studiando il suono e l’effetto di quelle parole.
Una risata alta e cristallina esplose d’improvviso dalle labbra del Diavolo, causata da quell’assurda ed insensata frase.
“Allora prega, Angelo. Finché vivrai, prega…” Lo prese in giro con malvagio sarcasmo.
“Mentirei a me stesso, peccando ancora. E’ così dannatamente semplice e piacevole fallare.” Ridacchiò con fare innocente, voltandosi a fissare intensamente gli occhi cobalto del suo interlocutore.
“Oh Lucifero, sarebbe a dir poco riprovevole e blasfemo,non trovi?” Chiese accorato, allacciando le braccia intorno al collo del Diavolo.
“Sono un bugiardo della peggior specie, non posso pregare e mentire ,mentire e ancor mentire. E se il mio desiderio di redenzione fosse solo l’ennesima menzogna? Desideravo bugie, Lucifero,ricordi? Fu la mia prima richiesta e divenne ben presto il primo elemento della condanna che sconterò in eterno…”  Bisbigliò quelle parole a pochi centimetri dalle labbra dell’Imperatore.
“Di bugie, imbrogli, inganni…Ne hai tesi ovunque.” Osservò Lucifero, prendendo tra due dita il mento del Caduto.
“Non sono malvagio…” Sussurrò Yurij in risposta, quasi giustificandosi.
Chinò lo sguardo, con fare mortificato.
“No, non lo sei.” Acconsentì silenziosamente l’Imperatore.
Le quattro cicatrici sulla nivea schiena di Yurij s’aprirono, versando così il sangue sporco e mefitico del Dannato.

Il Lago di sangue dal quale sorgesti, bevendo e gustando il dolce nettare vitale delle tue vittime, purificò ciò che di malvagio attraversò i tuoi pensieri…
Oh Angelo Nero, i brandelli della tua anima vibrarono, ricercandosi febbrilmente.
Le delicate piume delle tue deboli ali si posarono al suolo con disarmante dolcezza…
Possibile che qualcosa di talmente bello,puro e casto ti appartenesse?
E fu solo una macchia di sangue e deturpare quella candida meraviglia….

Il rado respiro gli trafiggeva i polmoni, rendendo ogni esalazione una lenta ed aspra tortura.
Alzando con lentezza gli occhi, reprimendo i continui conati, osservò ciò che era visibile nella sua prospettiva: un’alta stanza rettangolare dalla semplice ed elegante parvenza.
Le nere arcate d’onice, di cui aveva una completa visione, si slanciavano verso l’alto curvandosi su stesse, assumendo le sembianze di una galleria.
Dai colonnati portanti delle arcate serpeggiavano decori e rilievi che, intrecciandosi in raffinati ghirigori, viaggiavano verso il centro del soffitto della sala, trasformandosi in fantasie floreali là dove pendeva un antico, pesante e spento lampadario.
E solo allora comprese in quale maniera le sue braccia erano state dolorosamente bloccate al nero muro!
Crocefisso.
Aveva i palmi inchiodati contro la parete di fondo della sala, ed in un minimo movimento la carne s'era lacerata dolorosamente.
Gridò.
Lo fece con quanto più fiato avesse in gola, mentre le ferite pulsavano e il sangue cedeva alla forza di gravità.
Tremori violenti lo scossero e i nervi delle braccia tese al limite implorarono pietà.
E poi le gambe…
Se non erano rotte, sicuramente aveva entrambe le caviglie slogate: la pressione di quell’unico chiodo che bloccava i suoi piedi alla parete le aveva piegate in maniera innaturale.
Era spaventato, Yurij; e persino le sue ali erano state rilegate in strisce di cuoio che ne stritolavano l’ossatura.
Con un gemito tentò di liberare queste ultime dalla salda presa a cui erano state sottoposte (con scarsi risultati.), ottenendo unicamente una lancinante fitta di dolore che, per un eterno secondo ,gli oscurò la vista, causandogli la nausea.
Sospirò disperato, inarcandosi ed agitandosi…
Le ferite avevano la meglio sul suo fisico debilitato.
E allora gridava, imprecava e offendeva.
Ma quando il suo sguardo, in uno spasmo di debolezza, si soffermò in basso, Yurij si immobilizzò, impietrito …

Raphael, alle grida di Kei, si sollevò di scatto e, abbandonando il capezzale di Uriel, si diresse con immediatezza all’esterno della tenda.
“Ma cosa succede?” Chiese serio, cercando con lo sguardo il Guerriero, che furibondo aveva preso il volo.
“Il signor Yurij è scomparso. O, per dirla come il signor Kei, è scappato...” Rispose Sachiel, con una punta di acidità nella voce cristallina.
L’Arcangelo si limitò a fissare il compagno, per poi chinarsi al suolo a raccogliere una piuma rossa schizzata d’oro.
Ritrasse subito dopo con un gemito la mano: una piaga si era formata sul suo palmo.
L’essere che del Paradiso custodiva l’Ordine scatenò le fiamme dell’Inferno.

Yurij...
Se gli fosse accaduto qualcosa...
Non ne conosceva le conseguenze, ma sapeva, avvertiva che sarebbero state...
...
Apocalittiche

Non aveva mai visto tanto sangue e ne rimase sconcertato, intimorito.
Se le protuberanze che a stento distingueva sul pavimento fossero stati corpi, non seppe dirlo con certezza, in quell’ istante però riuscì a distinguere giustamente l’odore che gli perforava le narici: odore di morte, di decomposizione reso (in modo così nauseante.) agrodolce dalle fiamme che bruciavano e divoravano le carni di creature che sperava, si augurava, fossero morte.

E’ penoso tutto questo, Angelo Mio...
Sono creature rivoltanti,non trovi?
E indovina... Indovina a chi di diritto appartiene l’oneroso compito di riportarle a me!
Sono l’Incubo che raggela le tue notti e riscalda i tuoi respiri: Misero Angelo, la tua Pura Gloria e il Massimo Grado della tua Divina Discendenza non mi spaventano, a suo tempo io ero stato posto ben più in alto di te ed erano le Sue braccia che mi cingevano e le Sue parole che mi guidavano.
Iddio che adesso osservi piangente anche la rovina di questo tuo amato figlio, dì che m’ami, fallo e ribadiscilo finché non sarò sazio del suono della tua voce e di queste parole!
Maledico ciò che di Puro sto per Macchiare.
Oh! E’ il Seme del male che cresce inesorabile...
E la mietitura è prossima.

Deglutì avvertendo quei sussurri che, come mille voci sibilline, gli solleticavano suadentemente l’udito.
La disperazione lo avvolse in sporchi tentacoli.
Le lacrime, silenziose e vane, solcarono il suo volto e l’usura che provava alle mani e ai piedi sembrò sparire.
Socchiuse gli occhi e, chinando il capo, altro sangue gli rigò i lati del mento.
Padre, non abbandonarmi.
“Oh, povero Angelo…” Si riscosse violentemente a quella voce.
Aveva note maliziose, che stupravano la sua dignità.
Nelle fiamme nere che si diradavano intravide gli occhi smeraldini d’un volto conosciuto…
Era Boris.
Il demone lievitava: non possedeva ali e le piante dei suoi piedi gocciolavano sangue.
Con infido garbo, il Messaggero prese il mento dell’Angelo tra due dita, affondandovi le unghie nere.
“Sei tutto sporco di sangue…” Soffiò critico, a pochi centimetri dalla bocca del rosso. “Permettimi di ripulire questo visino.” Aggiunse, poi, in un ghigno, passando il pollice sulle labbra del Guardiano e raccogliendovi la linfa.
La leccò via, stringendo ulteriormente il volto sottile del Custode.
Non… Toccarmi…” Ordinò con immensa fatica Yurij.
Parlò a stento: aveva la bocca impastata dal sangue che vomitò subito dopo, ma nonostante ciò la sua espressione non celava il disgusto che quel contatto gli causava.
“Non sei nelle condizioni di dare ordini, Angelo mio, no, no…”  Lo rimproverò Boris, sollevandogli in tutta risposta il viso.
“Devi sapere, piccolo pennuto, che qui poco importa della tua Discendenza Divina. Sei solo un uccellino spaurito caduto dal nido: i Diavoli non aspettano altro che divorarti e macchiare il candore della tua anima…” Continuò crudele.
Yurij, dal canto suo, faticava sempre più per restare cosciente: gemendo, rovesciava gli occhi verso l’interno della cavità oculare, nel vano tentativo di mantenersi sveglio.
“Mmh… Il viaggio forzato nei bassi fondi deve aver sconvolto il tuo organismo.” Osservò con fare esperto il Demone, schiaffeggiando il Guardiano, evitando che svenisse.
Rabbia.
Così tanta rabbia lo prese…
Come osava?

Nel tentare di reagire a quell’affronto, il Guardiano si slanciò verso il Dannato per mordergli il naso…
Azzardo che gli costò un ennesimo sfregio sui palmi e un grido straziante di dolore.
“Uh, passionale..!” Commentò il Dannato, accompagnando l’affermazione con una risata sguaiata.
Oh, era a un passo dal sollevare quell’inutile tunichetta che copriva il corpo dell’indebolito Custode, quando…
“Boris, smettila di prenderti gioco del nostro ospite!” Velato, il dolce rimprovero si alzò dallo scempio di sangue che era il pavimento.
Avanzava con movenze lente ed aggraziate, Lucifero: pareva quasi non toccare la superficie sanguigna ove era.
I piedi nudi del Diavolo erano macchiati appena dalla porpora sottostante e, nell’avvicinarsi, l’Imperatore scacciava via con un colpo annoiato del bastone le mani viscide  che cercavano di afferrargli le caviglie.
C’era così tanta disperazione nell’agire di quelle povere anime! Il Guardiano la percepiva come se fosse la sua.
Inerme e con la vista offuscata dal sangue ammirava la composta passeggiata di Lucifero.
“Sire…” Lo salutò il Demone, inchinandosi alla presenza del Sovrano, mugugnando appena infastidito dall’interruzione.
L’aria parve inchinarsi al procedere dell’antagonista del Signore.
Quale aura avvolgeva l’ammaliante Serafino!
Era una lanterna nell’oscurità latente della grande sala…
Eppure, l’oscurità stessa pareva nascere dal suo spirito.
Magnifiche, spalancò due ali candide raggiungendo il suo caro prigioniero.
“Boris, sei stato davvero cordiale ad aver intrattenuto il nostro Angelo… Ma ora ti prego di andare: abbiamo molto di cui discutere.” Disse Lucifero, affabile.
Il Dannato si morse la lingua…
Come desiderava rimanere per qualche altro minuto!
Il tempo di poter concedere a Yurij un degno benvenuto… Ma non poteva non ubbidire ad un ordine diretto dell’Imperatore.
Con un inchino scomparve tra le fiamme, non prima di aver rivolto un eloquente sguardo al Guardiano.
Yurij rabbrividì: viscidi, quegli occhi erano scivolati lungo tutto il suo profilo.

“Mi auguro che l’accoglienza sia stata di tuo gradimento.” Fece pacato il Diavolo, lisciandosi le pieghe dell’abito.
Non giunse risposta.
“Oh,sei un tipo difficile da accontentare, a quanto vedo!” Esclamò Lucifero, portando il bastone al volto di Yurij.
Le labbra dell’Angelo bisbigliavano silenziose preghiere.
Serrò gli occhi, immaginando che non fosse in presenza di Lucifero… Oh,quasi rimpiangeva la compagnia di quel Demone volgare!
Tentacoli viscidi succhiavano il sangue dalle ferite sui suoi piedi e risalivano lungo le belle gambe…
Ma preferiva fingere di non avvertire nulla.
“Meraviglioso…” Constatò Lucifero, dopo aver studiato più attentamente il viso del Guardiano.
La calma del suo atteggiamento stonava con la tempesta furiosa che si era scatenata nel blu di quegli occhi; la rabbia antica e spaventosa lottava contro la decenza dei movimenti controllati del Diavolo.

“Squallido, squallido Serafino…
Quanta rabbia!
Quanta corruzione!
Quanto odio!
…Mi ami ancora, Lucifero?”

L’Imperatore con lentezza lacerò la veste del Guardiano, lasciandone penzolare alcuni brandelli che ne ricoprirono a stento le membra.
Se ne avesse avuto la forza ed il coraggio, Yurij sarebbe fuggito a quell’umiliazione, anche al costo di strapparsi le ali e lasciare resti di carne inchiodati alla parete.
Ma era un vigliacco, l’Angelo.
“Il Signore ha fatto un ottimo lavoro su di te, non c’è che dire…”
L’asprezza tingeva orribilmente le parole di Lucifero, il quale impassibile affondò nel costato di Yurij la punta del suo bastone.
Il Guardiano non gridò.
Era come se la sua voce fosse stata soffocata da quel dolore che gli dilaniava il ventre.
Sentiva quell’arma abilmente mascherata penetrare e ancor penetrare tra i muscoli, lottando contro l’ostacolo rappresentato dalle sue costole.

“Divorerà le tue carni, marcirà il tuo organismo e sarai solo la dimora di sudici scarafaggi!”

“Buona anche la resistenza. Indubbiamente, sei il suo esperimento più riuscito.” Sentenziò infine con gusto, sfilando l’arma dal torace dell’Angelo, che si ritrovò a versare ancor sangue.
“Ma abbandonando i convenevoli, c’è un motivo per cui questa sala è stata scelta come tuo momentaneo alloggio!” Continuò, affiancandosi a Yurij e accomodandosi al suo fianco.
Accavallò le gambe, puntando il bastone macchiato di sangue verso il macabro lago sottostante.
Tra gli schizzi rossi un essere dalle sembianze antropomorfe si fermò a mezz’aria, lievitando.
La carne cadaverica e marcia dell’essere era ricoperta di pustole e pieghe ed il grido senza voce dell’anima fu quanto di più angosciante il cuore di Yurij avesse mai udito…
La disperazione si fondeva con la rabbia… E l’odio brutale divorava affamato quanto restava dell’umanità dell’effimero dannato.
Gli occhi cavi trasmettevano una tale pena, la quale era, poi, soprafatta dal disgusto verso quell’anima.
“Cosa pensi che siano?” Chiese allora, accattivante, Lucifero.
Yurij scosse piano il capo, in segno di ignoranza, il ché divertì particolarmente il Diavolo: il caro Guardiano stava risparmiando le energie per sopravvivere.
“Oh tranquillo, non affannarti nel rispondere. E’ ovvio che tu non conosca la loro origine.” Fece con un sospiro, portandosi una mano alla tempie.
“Queste, tesoro mio, sono anime dannate prelevate da quei cari esserini che sono…” E qui prese una pausa teatrale. “Gli Angeli Caduti.” Intonò, assaporando il suono delle parole.
Gli Angeli Caduti?
L’espressione di Yurij devastata dal sangue risultò quasi comica agli occhi del Diavolo.
“Devi sapere, carissimo che… Alcuni dei Condannati non accettano la loro condizione e, anziché godere dei piaceri riservati ai Principi dell’Inferno, scendono in terra alla ricerca…” Ma prima che potesse terminare la frase, scoppiò in una fragorosa risata. “Oh, ti prego di perdonarmi, ma è assolutamente spassoso.” Si scusò Lucifero, asciugandosi una nera lacrima di divertimento. Poi si schiarì la voce. “Dicevo, i miei Angeli Caduti scendono in terra ricercando una redenzione.” Riprese in un bisbiglio teatrale, e un con movimento del bastone fece rivoltare a testa in giù l’anima prelevata dal sangue.
“Questi… Esseri schifosi non sono altro che le vittime della loro caccia sfrenata: I Caduti sono all’estenuante ricerca dei peccatori e ne ammazzano il più alto numero possibile per depurare la razza prescelta dal Signore! Questi poveri sciagurati giungono morti tra le braccia dell’Inferno e la loro essenza viene condotta qui, ove è nutrita dal sangue degli Angeli Crocifissi. “ Concluse con delicatezza.
L’espressione terrorizzata ed atterrita di Yurij a quell’ultima affermazione fu un qualcosa che il Diavolo definì estremamente erotico.
“Inoltre, se l’Angelo sanguina in tutta la sua purezza, ancor meglio per questi teneri pargoli!” Sadico, conscio di aver scosso abbastanza il Guardiano, Lucifero lasciò ricadere la povera e silenziosa anima ululante nella sua incubatrice di sangue.
“Ovviamente, ritengo che la fatica cui si sottopongono i miei amati figli sia del tutto vana ed inutile… Ma io sono un Padre ben più comprensivo di Nostro Signore, non so se mi spiego.” Sospirò ancora, scuotendo la testa con fare sconsolato.
“E tu, Yurij, che ne pensi?”

“Che ne pensi,Lucifero? Che ne pensi degli uomini?”

Orribile.
Inumano.
Sadico.

“Non me ne importa un accidenti del tuo orribile regno e delle sue disgustose usanze!” Gridò Yurij frustrato, inarcandosi, per poi piegarsi umilmente alla sofferenza che quel movimento gli aveva causato.
Le lacrime scorrevano copiose sul suo viso, lavandolo via dal sangue; gli occhi spalancati erano specchi ormai vuoti e profondi.
“Come siamo irascibili!” Commentò stizzito il Diavolo, lievitando attorno all’Angelo. “Piuttosto…” Riprese, poi, una volta che ebbe fronteggiando il Guardiano.
“Che ne diresti di parlarmi delle tue, di usanze?”  Chiese con un sorriso cortese.
La violenta scarica di divertimento che attraversò le iridi di Yurij inquietò per un misero attimo Lucifero.
Era quello, quindi, l’obbiettivo di Sua Maestà?
Sciocco essere viziato!

“Ahah… Io custodisco il Paradiso, cullo tra le mie braccia la Terra, sfioro con lo sguardo l’Inferno. Non faccio altro e, comunque sia, a te non è dato di sapere niente di più.” Bisbigliò lentamente, con superiorità, Yurij, misurando la fatica.
Era una piccola vittoria…
Ma il Diavolo non apprezzò quell’atteggiamento.
“BUGIE!”
Il suo ruggito risuonò negli antri più remoti dell’Inferno e la Terra si spalancò alla furia dell’Imperatore.
Calò la maschera sul suo aspetto magnifico…
E fu solo il mostro che era divenuto a risplendere nei suoi antichi occhi.

“Signor Kei…” Era teso, Sachiel.
Tremante, si avvicinò a Kei, il quale solo da poco aveva riacquistato una relativa calma.
“Cosa succede?”Erano sangue colato, gli occhi del Guerriero.
“Si è aperta una falda del terreno… Un grido spaventoso ha scosso l’atmosfera.” Deglutì, terrorizzato, l’Arcangelo.
Kei chiuse gli occhi.
“Lucifero è furioso.” Pronunciò.
Nel ridare vita al suo sguardo, fu l’oscurità ad avvolgere Sachiel.

“Padre, cenerò con la carne e lo spirito più puri che mi hai offerto…”

Fine tredicesimo capitolo.
Volevo,innanzitutto,mettere in chiaro che le citazioni dell’Apocalisse di ogni capitolo non sono in ordine come sul testo. Bensì io mi sono rotta la schiena sullo scritto per ricercare lo spezzone adatto ad ogni capitolo ^^.
Questo… “Capitolo” è stato fatto molto alla cazzo di cane (perdonate il termine).
Il motivo?
Molto semplice: ‘sta roba l’avevo scritta da circa quattro mesi,e avevo anticipato altri due capitoli…
Ma visto che il PC mi si è ammutinato contro,morendo,nella formattazione non si è potuto salvare niente.
Perso tutto,ho dovuto riscrive…
Bhé,siamo all’Inferno,ormai,e da questo capitolo iniziano le torture ^^.
Mi dispiace non aver descritto la crocifissione,ma ho preferito apparire meno blasfema di quanto mi dimostrerò nei capitoli a seguire.
Senza contare che nella versione originale Yurij era incatenato…Ma visto che mi è stata data la possibilità di riscrivere,ne ho approfittato,rendendo tutto molto,molto più soft di quanto avrei voluto.
Lucifero mi è piaciuto particolarmente…Bhé,lui ha un ruolo particolare nella fic.
E come avete letto,ecco spiegato ciò che Yurij faceva nel primo capitolo ^^!
Inoltre,vorrei farvi notare che questo capitolo si intitola Itsuwari,Bugie.
Ricordate?
Nel capitolo scorso,Lucifero aveva chiesto a Yurij cosa desiderasse e,intelligentemente aggiungerei =.=’,il nostro Custode ha risposto ‘Itsuwari,Osore,Kyoshoku,Urei’ (Bugie,Paura,Vanagloria,Dolore).
Da questo capitolo in poi,per altri tre quindi,sarà presente ognuna di questa ‘richieste’,a partire dal titolo ^.^!
Dobbiamo accontentare il caro Yurij,eh ^^!
Visto che il tempo è denaro,purtroppo non me ne resta più tanto <___<’.
Quindi sono costretta a salutarvi ad uno ad uno e alla prossima,ve lo giuro,risponderò alle recensioni,ad ogni richiesta,ad ogni quesito U_U’’’.
Un grazie,quindi, per il sostegno continuo a:
-Redeagle86
-Ele Ivanov
-Kurenai88
-DarkHiwatari
-Dreven
(Nel capitolo cinque, Innocent,se leggi attentamente c’è la risposta alla tua domanda x3!E comunque,se non si capisce,basterà attendere il prossimo capitolo ^.-!).
-Padme
-Ben
-Sybelle

E a tutti coloro che l’hanno inserita nei Preferiti o nei Seguiti ^^!
Un bacio,alla prossima (che si spera arrivi presto =_=’)

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Capitolo 14
*** Osore (Fear, Paura) ***



 Ø ร ø я є  ~Ғ є α я  †P α υ я α

«Chiunque adora la bestia e la sua statua e ne riceve il marchio sulla fronte o sulla mano, berrà il vino dell'ira di Dio che è versato puro nella coppa della sua ira e sarà torturato con fuoco e zolfo al cospetto degli angeli santi e dell'Agnello. Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome»

Aleggiava un dolce profumo tra i corridoi della reggia; Michael aveva imparato a riconoscerne le sfumature, apprendendo, in seguito, la disgustosa origine dell’ingannevole fragranza.
Con quella permanenza all’Inferno l’Arcangelo aveva imparato come ogni forma di vita possedesse una maschera…
Fosse la maschera stessa meravigliosa o oltremodo nauseante… Ed i travestimenti dell’Impero erano spaventosi.
Rallentò il passo e si guardò attorno; il gelo lo circondava, danzando con gli affascinanti aromi nel quale era immerso.
Cadde in ginocchio e su di lui si addensarono il freddo ed i profumi: spaventoso come il male riuscisse a cogliere la paura e la fragilità.
L’anima di Michael si era incrinata: morsa dai dubbi selvaggi che l’avevano colta tempo addietro veniva lambita dal veleno.
L’Angelo si portò una mano alle labbra, dalle quali scaturì un singhiozzo e sigillò gli occhi: non poteva permettere che le sue lacrime nutrissero gli odori di quel corridoio.

Le onde si infrangevano sull’alta e frastagliata scogliera; all’orizzonte il sole calava, tingendo di sfumature arancioni le onde spumose.
L’oceano spalancava i suoi flutti ed accoglieva la stella morente nei neri abissi.
Un ragazzo, dall’aria stanca e le palpebre pesanti, sedeva sul bordo della roccia, osservando con rammarico la scena.
Raccolse dietro un orecchio una ciocca dei lunghi capelli castani mossi dalla lieve brezza, mentre distrattamente torturava un foro nei jeans chiarissimi che indossava.
Poteva sembrare un giovane turista che si godeva il calore degli ultimi istanti di luce, lì a torso nudo e la carnagione lievemente ed amabilmente dorata.
Rivolse uno sguardo al cielo, mordendosi con forza le labbra; erano severi, i suoi occhi spruzzati d’oro, velati dall’amarezza e turbati dalla delusione.
“Già qui, Michael?” Flebile, il bisbiglio si levò alla sue spalle, anche se l’Angelo lo avvertì con  estrema chiarezza.
Sussultò appena, poi prese a respirare profondamente.
“Buonasera Lucifero.” Lo salutò voltandosi, ostentando una calma ed una sicurezza che i battiti del suo cuore gli negavano.
Era davvero bello, il Serafino Caduto…
Cupi i suoi occhi d’indaco, immacolati i suoi abiti, lucenti i suoi capelli d’ebano, l’Imperatore rappresentava un quadro molto realistico della perfezione divina e del semplice fascino del male.
“Non mi aspettavo di trovarti, avevo deciso di anticiparmi per poter godere del paesaggio, ma mi hai preceduto: è uno spettacolo così incantevole!Non trovi?” Commentò, allora, accorato, ammirando il volo dei gabbiani.
Socchiuse gli occhi e si lasciò sopraffare dall’odore di salsedine; poteva cogliere ogni battito d’ali degli uccelli lontani e percepire le sfumature della forza del mare che carezzava e, più volte, schiaffeggiava la roccia antica della scogliera.
Che peccato rendersi conto che tutto questo si sgretolerà…” Continuò malinconico, scuotendo la testa.
Ma c’era un velo di meschino divertimento nella sua voce… Divertimento che si trasformò in candida sorpresa, quando intravide una fiaccola accendersi nel cielo rosato.
“Guarda, Michael!La Stella del Vespero…” Ammirò con voce vellutata.
“Sei… Sei tu?”
“La mia ombra… Cala la sera, Stella del Vespero; sorge il giorno… Stella del Mattino.” Pronunciò.
“Due entità opposte unite dallo stesso destino, due volti, due sorrisi che non si incontreranno mai. Scissi crudelmente e dolorosamente.” Bisbigliò con voce roca, rivolgendo un malinconico sorriso all’Eletto, il quale ammirava la stella…

Stella del Mattino!
Spalanca le porte al giorno che verrà!
Stella del Vespero!
Illumina la notte che ti divorerà!

“Ebbene.” Riprese Lucifero dopo una breve pausa.
“Sono felice che tu abbia accettato (finalmente,aggiungerei!) la mia convocazione, ma vorrei fare in fretta… Sai, non mi va di lasciare Lilith e Boris soli troppo a lungo.” Dichiarò con una risata cristallina.
“Io...” Iniziò l’Angelo, poi portò rapido lo sguardo al cielo, come per assicurarsi che nessuno lo ascoltasse.  “Io ho…bisogno di risposte.” Pronunciò infine, con un ché di autoritario che non sfuggì all’udito dell’Imperatore.
“Risposte? Che genere di risposte?” Chiese cortese il Diavolo.
“Sulla natura degli esseri umani e sul volto della natura stessa… “ Poiché l’Imperatore restò in silenzio, continuò, prendendolo come un invito ad andare avanti.
“Gli uomini nascono fondamentalmente buoni e Il male si impossessa di loro in seguito ad una maledizione, ad una possessione o..”  Cercò di incalzare la domanda, ma venne bruscamente interrotto.
“Basta così.” Ordinò con durezza Lucifero, capendo.
Michael si zittì di colpo, trattenendo il fiato indispettito.
“L’uomo è una bestia, un errore ed un maleficio! La stessa natura cela due volti, l’uno dei quali mostruoso. A cosa vorresti arrivare? Cos’è che veramente tormenta la tua ragione e fa vacillare il tuo spirito? Il Signore deve forse prepararsi a lasciar scivolare via l’ennesimo dei suoi Eletti?” Chiese con una sfumatura feroce nel tono, sviando chiaramente il discorso.
“No. Io  amo il Padre Mio.” Affermò con calma piatta l’Arcangelo. “Ma c’è qualcosa… Qualcosa che non comprendo e che mi sfugge di ciò che fu; però questo non significa che non abbia piena fiducia nel Signore.” Disse con sicurezza mirabile.
Lucifero trattenne a stento una risata…
Strinse con forza il suo bastone da passeggio, come a volervi imprimere parte di una frustrazione appena sorta, e che desiderava cancellare per sempre.
“La Fiducia non può ripagare la delusione, l’asprezza ed il dubbio, Michael. Riponi la tua fede in una Verità di cui non sei pienamente convinto. E’ la sua verità … “ Sembrò che quelle parole gli costassero uno sforzo immane; c’era l’affanno nel respiro dell’Imperatore.
“Ma non è tutta la realtà .” Concluse,in un sospiro.
“Allora in cosa dovrei credere? Nelle carezzevoli menzogne che mi bisbigli in sogno?”  Lo aggredì l’Arcangelo, infervorandosi.
Oh ,ricordava bene i sussurri suadenti di Lucifero al suo orecchio e gli inviti meschini…
“Tu sei una dolcissima preda, ben più succosa di Gabriel e poi… Il male esiste per questo,no? E L’inferno è stato creato per suscitare un certo desiderio e la più antica tentazione. Sarò ben lieto di accoglierti alla mia reggia quando giungerà il momento in cui ti renderai conto che, sì, stai vacillando.” Disse noncurante Lucifero, mettendo chiaramente fine al discorso e a quello stesso breve incontro.
Non poteva trattenersi oltre…
Indietreggiò sorridendo e, sfiorando con la punta delle dita guantate il bordo del cilindro bianco che portava al capo, scomparve in una cascata di candide piume.
“Arrivederci, Michael.”
L’Arcangelo rimase lì, impietrito e confuso…
Tremava, ma non per il freddo che era calato: fu la rabbia a scuotere le sue membra ed un ruggito possente a lacerare l’aria e a ferirgli i polmoni.
Si sollevò in volo e, raggiungendo l’etere in preda ad una disperazione che mai l’aveva lambito, la piuma immacolata che perse andò a posarsi sulla scogliera.
Quella stessa si infranse, inabissandosi nelle acque ormai blu.

Re Belial, il quale aveva avvertito fiochi lamenti levarsi poco fuori la sua porta, si affacciò sul corridoio.
Una tunica rosso sangue avvolgeva il corpo del sovrano come acqua, descrivendone i bei lineamenti fanciulleschi e morbidamente mascolini.
Fu sorpreso nel vedere Michael piegato e preda di un dolore lontano, così simile all’inquietudine che Belial stesso aveva provato a suo tempo.
Gli si avvicinò con una certa cautela, che tanto donava alla sua magnifica regalità.
Fu al suono di quei passi che l’Arcangelo si riscosse dai suoi pensieri.
Si rimise in piedi, provando a fingere che nulla fosse accaduto.
“Michael… C’è qualcosa che non va?” Chiese allora, mostrando una certa delicatezza, Belial, il quale gli posò un braccio intorno alle spalle.
“N-no, signore.”  Balbettò l’Eletto, desiderano solo di fuggire a quella morsa.
“Io direi di si,invece.” Ribatté con furbizia l’altro.
“Vieni con me, devi darti una rinfrescata e poi mi racconterai cos’è che ti turba.” Continuò, poi, con fare paterno.
Docile, Michael lo assecondò.
Mai, mai rifiutare i dolci inviti dei dannati!

Probabilmente, se Raphel non avesse assecondato il richiamo del suo istinto di Guaritore, Kei e Samael non lo avrebbero trovato tanto in fretta.
La notte bruciava.
Il Guerriero sentiva la carne morta ed avvizzita delle sue orbite cicatrizzarsi.
Non sanguinava più, ma la scia umida del sangue rappreso non sarebbe stata cancellata facilmente; era testimonianza di una sporca colpa.
Decollò con uno slanciò impaziente, innalzandosi fin sulle nuvole; solo un frammento d’universo si intravedeva da quel mondo.
Brillava, la sua luce ancestrale.
Sospeso nella meditazione, abbagliava e scacciava gli uomini curiosi che osavano sollevarsi dai letti per ammirare quello strano spettacolo pirotecnico.
Samael osservava col fiato sospeso quel rilascio d’energie, era uno sforzo che lui, povero Arcangelo, non sarebbe mai riuscito a sopportare.
Che meraviglia e quanto calore si espanse in quella piccola zona sottoposta al potere di Kei! E quale grido d’aiuto lacerante e doloroso, giunse alle orecchie di Raphael!

Accoccolatosi sulla spalla di Lucifero, Yurij sospirò stancamente, il sangue aveva macchiato gli abiti immacolati del Diavolo, ma questi non sembrava darvi peso.
“Gli uomini sono tutti bastardi…” Disse d’improvviso il Caduto, con un debole sorriso.
“Prego?”
Una curiosità divertita prese possesso degli occhi blu dell’Imperatore, a quella strana affermazione.
Come poteva essere altrimenti?
Schietta ed improvvisa, la confessione di Yurij avrebbe lasciato perplesso chiunque e, lo stesso Sovrano, non poteva di certo dire d’avere compreso.
 “Sono figli di Dio, o figli del maschio che ha ingravidato la donna che li ha dati alla luce? Tu lo sai? Lo sai, Lu?” Precisò accattivante, inumidendosi le labbra secche con la lingua.
“… Ammetto di ignorare la risposta a questo particolare quesito.” Rispose gentilmente Lucifero.
Yurij, allora, gli lanciò un’occhiata in tralice…
“Oh, sarà l’ennesima risposta che ti darò.” Disse dolcemente. “Alla fine…”  Aggiunse con una carezza. “Se ne avrò voglia.” Concluse sulle labbra ghignati di Lucifero.

Aveva spesse volte cercato di immaginare l’Inferno e vederlo aldilà del vago scorcio sul quale posava gli occhi,ma mai… Mai avrebbe creduto che quel mondo dannato potesse avere le sembianze di un vero e proprio Impero medioevale.
Regni, Principati, Ducati, Contee e Marche formavano i vari ranghi della sua complessa struttura.
No, non vi erano punizioni per similitudine o contrasto come Dante le aveva descritte, ma la vita stessa, in quei luoghi, era tortura.
L’atmosfera consumava l’organismo… E marce, le carni bruciavano tra le fiamme, rigenerandosi in un eterno dolore.
Le grida strazianti dei dannati riempivano l’atmosfera, smuovendo la polvere della terra come solo il vento poteva, cantando del dolore e della perdizione in ogni più misero antro del vasto Impero.
Nel suo principato, il grande signore, sua altezza il Principe Belzebù, combatteva la noia dei secoli tormentando i suoi sudditi.
Orribili e sporchi, gli insetti che nascevano dalle sue fauci spaventose devastavano saltuariamente i domini del crudele sovrano per ritornare, una volta che anche quello strazio era divenuto troppo noioso, là dove erano stati generati.
Devastate e grondanti di sangue erano, invece, le contrade di Arioch, signore della guerra, vendicatore senza scrupoli e insaziabile guerrafondaio.
Ovunque nei luoghi a lui sottoposti le ribellioni dilagavano, represse nel sangue e nella violenza.
Le sue risate soddisfatte scuotevano il cielo tremante, eternamente illuminato dal sole rosso della disgrazia.
Schiene spezzate e carni tranciate disseminavano i sentieri del ducato di Vapula, maestro delle arti, signore di ogni mestiere e disciplina: tortura e non morte, spettava a chi della fatica non faceva la sua ragione di vita.
Re Belial, invece, giovane e perverso spirito assaporava alla sua corte le carni e i genitali dei giovinetti e delle fanciulle più affascinanti.
Demone deviato, che del sesso e dell’amore aveva scoperto il lato più idilliaco e piacevole.
E che importava se i suoi sudditi fossero ormai deformi e istupiditi dagli incesti?
A lui e a lui soltanto era riservata la fresca carne delle vittime lussuriose crollate tra le sue braccia.
Il sangue di un essere vergine era ben più saporito di quanto i suoi simili avessero mai potuto credere…
E Belial sapeva che, sporcandolo di peccato, lo invecchiava come un vino.
Nelle pene e nel dolore ognuna di quelle terre (e tante altre affiancate ad esse.) animavano l’Inferno…
Regno immerso, anticamente, nel puro e ghiacciato silenzio dell’esilio.

La reggia scrutava dalla sua maestosa altezza i domini di Sua Maestà Infernale, Signore di Luce e Ogni Conoscenza, Lucifero.
Luogo sorprendente ed ammirevole per la sua costruzione, ospitava l’Imperatore ed i suoi amati sottoposti durante le sfrenate e continue feste cui nobili si dedicavano, lasciando alla disgrazia delle proprie maledizioni i loro sudditi.
Tremava, l’Angelo rinchiuso nella gabbia posta nell’immerso parco della dimora di Lucifero.
Riverso al suolo lungo le sbarre, un collare lo teneva legato ad una croce posta come palo al centro della stravagante prigione.
La sporcizia e la polvere si insinuava negli squarci che devastavano i suoi arti ed il suo corpo.
Le ferite pulsavano, comunicando ai nervi stanchi dolori ormai lontani, i quali cullavano il Guardiano in una sinistra sonnolenza.
Il sangue scivolava lento, posandosi su quegli strati rappresi che avvolgevano la pelle diafana di Yurij.
Gli occhi del misero prigioniero erano posati sulle piume velate di brina ricadute sul pavimento scuro della gabbia.
Piume macchiate di sangue…
Oh, l’ avvertiva chiaramente: il suo paio di ali centrale era stato scorticato quasi fino all’osso…
I brandelli di carne che vi pendevano pesavano come macigni e le altre quattro ali inchiodate alle sbarre nutrivano lo scempio carminio di quell’immacolata beltà.
Lucifugo Rofocal presidiava la sua prigionia.
Primo Ministro Infernale, sotto il suo potere stavano le ricchezze dell’Imperatore Lucifero.
Lucifugo aveva l’aspetto di un piacente signorotto di mezz’età: i capelli ricciuti brizzolati incorniciavano due neri calamai d’inchiostro, i lineamenti duri e virili venivano carezzati dalle punte d’una barba incolta.
Composto e tranquillo, il Ministro non aveva l’aria d’esser un feroce diavolo, più che altro al suo essere si affiancava un certo calore che donava tranquillità e benessere.
Il peggiore degli inganni.
Sarebbe bastato osservare con un pizzico d’attenzione in più il mare oscuro di quelle iridi, per individuare la scintilla di follia che neanche lo stesso Lucifero sapeva mascherare così magistralmente…
Ma con quale forza poteva Yurij, in quegli attimi, dedicare attenzione a particolari così futili?
“Signor… Signor Ministro?” Il suo sussurro si sollevò con fatica dal suolo, per raggiungere l’udito del nobile.
Lucifugo si voltò lentamente a guardare quella bambola di pezza riversa nel sangue; le ali agganciate alle inferriate erano tese dallo sforzo innaturale cui quella posizione le sottometteva.
“Cosa ti serve,Guardiano?”
L’atteggiamento del demone poteva essere interpretato come irrispettoso nei confronti d’una tale autorità Celeste… Ma cosa avrebbero dovuto temere i Diavoli dal Cielo?
E alla fine, quale dignità restava al Guardiano? Era lì, in trappola come una meravigliosa farfalla nella tela del ragno che, rassegnata, non dimenava più le sue variopinte ali.
“Dell’acqua… Vorrei dell’acqua, la prego.” Inspirò a fatica.
No, non sentiva neanche più il peso opprimente dell’umiliazione.
Il ministro sollevò un sopracciglio, indeciso se considerare o meno quelle parole come una presa in giro.
Infine, notando che effettivamente il tesoro fosse alquanto debilitato, convenne che sì, Yurij aveva bisogno di dissetarsi.
Si avvicinò lentamente alla gabbia, entrandovi con passi misurati e sicuri, spolverando le maniche della casacca scura che indossava, per appostarsi, poi, in ginocchio di fianco al Guardiano.
“Cosa ti fa credere, Angelo, che ci sia l’acqua all’Inferno?” Chiese, accarezzandogli i capelli.
“Cosa ti fa pensare che non sia stata contaminata dalle emanazioni maligne di questo luogo nefasto?” Continuò con più ardore, afferrandogli il capo incrostato dal sangue.
Yurij non rispose.
Voleva solo dell’acqua,dopotutto…
Come quella nella quale si bagnava con Kei.
Fresca e limpida, vi si specchiavano,giocandovi con la spensieratezza che solo i bambini potevano avere…

Oh, ma le sue riflessioni scomparvero presto, sotto il dolore che la stretta del Ministro sulle sue ali gli causò.
Forse gridò, forse non aveva più voce e il suo grido fu solo immaginario…
Seppe solo che per un istante fu cieco.
Con gentilezza il demone lo sollevò dal suo giaciglio di sporcizia e lo sistemò affinché assumesse una posizione da seduto.
Fortunatamente, Yurij non vide il volto di Lucifugo in quegli attimi… O sarebbe morto di paura.
La pazzia, si sa, trasforma completamente gli stessi lineamenti di un viso, stirandoli in ghigni e in smorfie mostruose, simili a maschere allegoriche, e ciò rende la follia una mutazione naturale.
Ebbene, questa trasformazione non prese possesso del profilo del demone… Bensì unicamente dei suoi occhi.
Le iridi, illuminate da una luce spettrale, rilucevano di una rossa fiamma di sadismo, la quale le faceva vive come due corpi distinti e separati, affamati di dignità ed orgoglio.
Nella pazzia di tutti i diavoli la serenità scemava in una rapida scintilla di rabbia… Ma in quanti di essi la follia rappresentava un morbo di lucidità spaventoso?
Il Ministro Rofocal ne era l’unico, degno e mostruoso rappresentante.
Il demone teneva trattenuto verso di sé per i capelli il docile Guardiano… Il sangue soffocava copioso la bella pelle bianca con la sua consistenza vischiosa.
“Oh Custode, unica fonte di nutrimento è il calice del tuo sangue. Bevanda molto più pura e dissetante rispetto alle avvelenate paludi infernali.” Bisbigliò infine con dolcezza il Ministro.
Tra i suoi neri artigli aveva fatto apparire un calice di cristallo, e per Yurij fu facile intendere a cosa servisse.
Il bordo liscio e freddo percorreva il suo corpo sporco, raccogliendo dalle ferite il sangue, il sudore e la sporcizia che lo insudiciavano… E Yurij non oppose resistenza neanche quando il bicchiere gli fu accostato alle labbra.
Anzi, disperato e in preda al tormento più grande, si allungò famelico verso quella nauseante offerta.
Rumorosamente succhiava il nettare purpureo e salato e disgustoso il sangue bruciava nel suo esofago, soddisfacendo il tormento della sete che lo lambiva nei suoi stretti legami.
Soffocava ed arrancava, e solo il sangue lo stava salvando dal lugubre sussurro della morte.
Ancora…” Annaspò sul bicchiere lucido quando fu solo macchiato di rosso.
La sete cresceva in quell’illusione di vana soddisfazione; e difatti allungò la lingua per ripulire il cristallo dai rimasugli carmini.
Lucifugo, generoso Lucifugo, allora rise, attirando a sé il Guardiano.
“Come desideri.” Bisbigliò, girando il viso dell’Angelo verso il suo.
Poteva vederli, quegli occhi cristallini appena schiusi implorare la salvezza.
E nel riempire nuovamente il calice col sangue di Yurij, si chinò egli stesso sulle labbra del Custode, nutrendole ancora del nettare vitale, dal quale anche lui traeva piacere succhiandolo e leccandolo via dal corpo e dalla bocca del Guardiano.
Quale fusione e quale composizione amorosa!
Era una lotta appassionata, combattuta per l’ultima goccia, per l’ultima macchia di sangue…
Quasi violento fu il desiderio del Guardiano di nutrirsi e dissetarsi, e si lasciò mordere le labbra e a sua volta morse quelle del suo aguzzino, che ansimante ed oltremodo eccitato non poteva non intravedere un ché di erotico in quella vicinanza assai pericolosa.
Ma sfumò presto la loro ambigua lotta…
Una voce beffarda sorse dal lato opposto a quello ove si mordevano come bestie.
“Ministro Rofocal..!”
Un’ultima nera fiamma si dissolse, lasciando alla figura di Boris d’avanzare all’interno della gabbia.
Si inginocchiò innanzi il nobile, cha ancora stringeva a sé il Guardiano semicosciente.
“Cosa ci fai tu qui?” Chiese di rimando Lucifugo, leccando una guancia ancora sporca del Guardiano.
Stringeva così prepotentemente le unghie sulla sua carne da farlo sanguinare.
“Sua Maestà mi ha chiesto di pregarla di tornare al suo consueto compito. Qui me ne occuperò io.” Disse con umiltà il Demone,sorridendo gentile.
“Ma cosa significa..? Nessuno è migliore di me!” Si oppose il nobile, abbandonando al suolo Yurij.
“Proprio per questo Sua Maestà la rivuole al suo mestiere. Non esiste tesoro più grande dei possedimenti del nostro sire. Il Guardiano è adesso affidato a me.” Ripeté Boris,con più decisione ,con quel ché di minaccioso che lo aveva reso il temibile demonietto che era.
Nonostante appartenesse ad un rango piuttosto basso aveva guadagnato il rispetto e il timore dovuti ad un nobile.
Lucifugo sembrò riprendere il controllo delle sue azioni a quelle parole, e la pazzia tornò a sopirsi nella profondità dei suoi occhi: disubbidire a Lucifero significava morire.
Seppur seccato, con la classe tipica degli gentlemen s’allontanò dal Guardiano, rinchiudendosi il cancello della gabbia alle spalle, non prima d’essersi leccato un’ultima volta le labbra e riaver gustato il sapore di quel sangue ancor dolce.
E poi scomparve, avvolto dalle piume grigiastre delle sue ali.
Boris, dal canto suo, si avvicinò alla croce al centro della gabbia dov’era legata la lunga catena che imprigionava Yurij, il quale sollevò stanco lo sguardo dal pasto che ancora consumava: s’era ridotto a raschiare il sangue dal pavimento.
Il Messaggero sorrise, avvolgendo attorno al pugno quel vincolo metallico.
“Anche così sei meraviglioso…” Commentò, slegando la catena ed avvicinandosi all’Angelo, che era arretrato in preda a violenti tremori verso le sbarre.
Non avvicinarti, ti prego…
“Nonostante siano devastate… Le tue ali sono comunque bellissime.” Continuò deliziato Boris,ignorando quella preghiera ed avvolgendo ulteriormente attorno al collo di Yurij la catena.
“Sai, io non ne ho mai avute… Non sono un Angelo Caduto, un reietto, un esiliato del Paradiso, no… Non ho mai potuto godere di quella Luce. Sono nato dalle fiamme e le fiamme m’hanno cresciuto e guidato. Ma le ho sempre desiderate…” Disse in tono voglioso, accarezzando con la punte delle dita i tessuti piumati tremanti.
No, ti prego… Qualsiasi cosa, ma non questo.”
Sì, stava piangendo.
“Sai, credo sia giunto il momento di tarpare questa meraviglia!” Esclamò infine, allegramente, Boris.
Aiutato dalla catena avvolta per due volte attorno al collo del Guardiano, lo attirò a sé in un violento strattone.
L’urlo disperato che seguì risuonò in eterno all’Inferno.

Oh grida…
Grida, amore mio…
E lascia che il tuo grido sazi il mio udito affamato del tuo dolore!

“Signor Kei, è qui!” La bella voce di Anael si alzò da un’altura poco distante da dove erano.
Il Guerriero, facendo cenno ai suoi di seguirlo, volò rapido laddove gli era stato indicato… E la vide, la falda profonda e lo squarcio orribile su quella striscia di terra.
Silenzioso (sì, il suo sguardo grondava ancora rabbia purpurea.), si chinò sulla spaccatura, sfiorandone il bordo incandescente.
Poco dopo ritrasse la mano con un gesto secco: il calore non lo feriva.
“In nomine patris, et filii, et spiritus sancti. Amen.” Pronunciò in un sussurro di fredda devozione, poi si voltò a guardare il manipolo dei soldati scelti per quel rischioso passo.
“Si va all’Inferno, soldati miei…” Disse semplicemente, lasciandosi cadere all’indietro a braccia spalancate.
E fu subito circondato dalle calde tenebre infernali.
I suoi devoti sottoposti lo seguirono.

L’Inferno vi ingoierà, e morirete ancor prima di posare i piedi sul suo consunto terreno!

“Forse… Forse fu proprio per quello che mi faceste, che non riuscii a preservare il mio paio d’ali centrale.” Confessò tristemente Yurij, riparandosi dal freddo del vento improvviso allacciandosi al braccio di Lucifero.
“Oh avanti! Ne avevi altre quattro!”  Lo prese in giro l’Imperatore, ben lieto di riscaldare il bel Caduto.
“Oh si,si certo… Ma non mi appartenevano.” Rivelò,con un aspro sorriso.
E l’animo e gli occhi stessi del Diavolo si incrinarono.

Padrone e Servo Tuo,spogliami dalla purezza e riempimi di peccato.
E che le mie ali di cartapesta possano volare come nei sogni che mi hanno agitato nei secoli della Condanna.

Fine quattordicesimo capitolo.
Allora,allora…
In questo capitolo c’è una nota di shonen-ai un po’ marcata lo ammetto… E nel prossimo aumenterà appena, appena x3.
Oh bhé, più o meno.
Inoltre spiegherò qualcosa di importante circa la sessualità degli angeli x3.
Cioè,non metterò per iscritto l’intero concetto,ma spero verrà inteso,o comunque lo citerò nel mio discorsetto a fine capitolo x3.
E qui abbiamo avuto Lucifugo x3!
Lucifugo che per il momento ci lascia,ma che tornerà molto,molto presto…
Per la gioia (???) di Yurij XD.
Spero…
Mi piace come signorotto, diciamo che io immagino Don Rodrigo (Si,proprio il Don de ‘I Promessi Sposi’), così come ho descritto Lucifugo XD. Mie seghe mentali,nulla di preoccupante ^w^.
E cosa avrà voluto dire il nostro Guardiano riferito alle ali con quel “Non mi appartenevano?”
Le aveva noleggiate °^°?XD
Inoltre ho abbozzato una struttura dell’Inferno un po’ personalizzata: non riesco a vederlo come un imbuto,mi spiace. Per me è davvero un impero medioevale.
Poi spero di poter approfondire meglio la Corte  infernale.
Avevo qualche idea,ma al momento non saprei ancora se metterle giù o meno °^°.
Abbiamo avuto Osore,paura, in questo capitolo.
C’è la paura di Michael nei confronti di Belial ad aprire il capitolo,c’è Lucifugo a completarlo e Boris a terminarlo.
E nel prossimo il nostro Boris si divertirà un bel po’ con Yurij!Credo verrà parecchio lungo °w°’’’.
Bhé, è tutto per il momento…
Ci si becca in un’altra vita!

X Dark Hiwatari: Bhé, questo nuovo capitolo è arrivato in tempi più o meno umanamente comprensibili… Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^w^. Un bacio!

X Padme86: Salve ^O^! Okay, non vedevi l’ora di leggere il nuovo capitolo… Ma credo proprio che questo capitolo in questione non è stato particolarmente stimolante X°. Spero comunque che, in un modo o nell’altro, ti sia piaciuto U.U’’’.

X Aphrodite: Hi x3. In questo capitolo ho abbozzato un po’ la struttura del mio Inferno u.u’’. Ebbene, visto che il capitolo mi è venuto più lungo del previsto, dovrai aspettare ‘Urei’ per avere conferme sul tuo ragionamento riguardante Kei. Bhé, spero che questo capitolo non ti sia sembrato una pena assoluta °-°’. Alla prossima!

X Sybelle: Bah… Perché ti rispondo..? U.U . Vabbhé, il tuo papiro ha (più o meno)  perdonato la lunga attesa. Le tue riflessioni mi hanno davvero compiaciuta, nonostante alla fine dei conti il capitolo sia stato solo l’ennesima toppa di un vestito scadente. Bhé, spero che anche questo capitolo sia stato di tuo gradimento. Alla prossima, amor mio x3 .

Un grazie anche a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e le seguite ^^! Aspetto sempre anche un vostro parere.

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Capitolo 15
*** Kyoshoku (Vainglory, Vanagloria) ***



K ץ ø s ђ ø k υ  ~ V α ι и g ℓ ø я ץ  † V α и α g ℓ ø я ι α

 «Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente. Oh, fossi tu pur freddo o fervente!
Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente io ti vomiterò dalla mia bocca.
Tu dici: "Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!" Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo.
Perciò io ti consiglio di comperare da me dell'oro purificato dal fuoco, per arricchirti; e delle vesti bianche per vestirti e perché non appaia la vergogna della tua nudità; e del collirio per ungerti gli occhi e vedere. Tutti quelli che amo, io li riprendo e li correggo; sii dunque zelante e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me. Chi vince lo farò sedere presso di me sul mio trono, come anch'io ho vinto e mi sono seduto con il Padre mio sul suo trono.
Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese».

Accomodatosi su di un divano foderato di velluto rosso, Belial osservava in silenzio il profilo di Michael muoversi al di là di una tenda opaca.
Sospirò sconsolato e portando un pollice alle labbra, mordendone l’unghia, spostò pigramente lo sguardo sulla coppia di gemelli mortali sdraiata sul suo letto.
Erano belli, dalle labbra ancora rosse e gonfie di peccato: caduti nella rete di Belial, loro cupido, si erano ritrovati all’Inferno a fare l’amore, intrecciati in famelici baci e coinvolti in erotiche danze.
E il Re li aveva osservati, amandoli a sua volta.
“Ribelle e Disobbediente!”
Serrò gli occhi, riassaporando sulle sue labbra, per un istante, il seme del maschio e la pelle dei seni della ragazza…
Dio, s’era stato un banchetto delizioso! E l’aveva colmato nel sangue imputridito dall’incesto… Il suo preferito.
Giacevano morti e nudi, quindi, i due teneri fratelli, persi in eterno nel loro peccato…
“Ribelle e Disobbediente!”
Tremò.
Ed un antico bisbiglio rievocò peccati mai perdonati; Michael scomparve dalla visuale dei suoi occhi resi vacui dal ricordo.
Oh, la sua… La sua non era mai stata oscenità! No, no!
Dio s’era sbagliato.
Aveva sempre ricercato solo l’amore, glie ne era stato donato tanto, e troppo in fretta gli era stato crudelmente strappato…
Era divenuto la sua malattia, la sua ossessione!

In eterno, legato ai piaceri dell’amor carnale.

Lingue di fuoco dalla consistenza simile a fumo palpabile lo avvolgevano delicatamente… Oh, così dolci  erano quelle carezze che cullavano con amore il giovane Angelo!
La sua pelle vibrava al soffio silenzioso di quel lento calore immortale: come un respiro lo sfiorava ovunque, come una voce bisbigliava al suo orecchio parole rassicuranti.
Era un Angelo molto bello, Belial.
Certo, non eguagliava il compianto Lucifero, ma… I suoi occhi, le sue labbra ed il suo volto sembravano essere stati appena modellati dagli artigiani più esperti.
Docile, si beava della Luce che illuminava e riscaldava il suo corpo, godendo appieno della benevolenza che lenta scorreva su di lui e in lui,
“Quanto ti amo, Belial.”
Non c’erano labbra ad articolare il suono, ma proprio le fiamme sembravano emettere dolci note vocali.
… Ed allora lo spirito di Belial si tramutava in carne e, assumendo le sembianze di un maschio umano, su  quella stessa carne si posavano le attenzioni di chi l’ebbe generato.
All’organismo appena plasmatosi venivano riservate delicatezza e cure che ne bruciavano i sensi, inibendoli, gemiti nascevano timidi ed impercettibili da quelle labbra disegnate e gli splendenti occhi verdi s’appannavano di un piacere estatico.

Angelo, Angelo mio… E’ vana la condanna del tuo nome: amami come io ti amo, dunque.”

Quella dolce nenia era seguita da un improvviso dolore che costringeva Belial a gridare e a gridare, fino a mutare quel straziante lamento in affaticati sospiri di eccitazione: solo allora la natura delle grida cambiava ancora, colmandosi di piacere.
Un calore, quindi, lo investiva dall’interno, la soddisfazione scuoteva le sue membra e con lentezza il suo corpo riacquistava sembianze angeliche.
Con un ultimo, dolce gesto d’amore, lo stesso Yahweh  ritornava ad essere il fuoco eterno che si sarebbe mostrato a Mosè.

A quel tempo gli uomini erano semplici e l’evoluzione del mondo procedeva lentamente; così agli angeli ne veniva affidato lo sviluppo, affinché guidassero i figli di Dio sul giusto sentiero.
Giovane ed inesperto com’era,  tanti angeli (tra i quali un certo Astaroth) si ritrovarono a titubare sulla decisione di affidare o meno una parte del regno del Signore a Belial.
Penava il suo animo vivace a causa di questa cupa indecisione! Egli si riteneva maturo, pronto e soprattutto degno a tale responsabilità! Lampeggiavano furiosi  e frustrati i suoi occhi, e solo i rimproveri silenziosi dell’Entità da lui amata ne calmavano le saette peccaminose.
Piangendo mortificato, i bracieri del Signore lo cullavano in quell’estatica consolazione nella quale adorava naufragare.
Infine, dopo qualche tempo, si giunse ad un compromesso: al dolce angelo sarebbero state date in custodia due città che allora nascevano su quel che sarebbe stato, poi, il Mar Morto; Sodoma e Gomorra.

“Non deludermi, figlio mio: nelle tue mani è stato deposto un grande splendore… O un’orribile rovina.”
”Non Le potrei mai arrecare dispiacere, Mio Signore.”

E così Belial vegliò sulla sorte di quegli umani.
Li studiava curioso, osservandone i comportamenti, le abitudini… E si ritrovava imbarazzato quando scorgeva gli uomini amare le proprie donne.
Ma non capiva…
Lui avvertiva anche il profondo affetto che gli stessi uomini provavano verso altri uomini… Ma allora perché non ne davano una dimostrazione?
Belial non avrebbe mai creduto di cadere in errore, mostrando ai propri protetti quella forma d’amore che l’aveva legato alla sua Luce…
Non sapeva, povero ingenuo, che era un segreto egoisticamente celato dal Suo Signore,essendo l’unico modo che Egli aveva per amare angeli come Belial.
Qualcosa di cui gli uomini non si sarebbero mai dovuti appropriare, poiché non comprendendone la purezza, ne avrebbero fatto uso ed abuso in Terra, giungendo allo scempio.
E difatti fu ciò che accadde.

“Ribelle e disobbediente.”

La furia Divina non aveva avuto tempo d’abbattersi sul corpo del povero Belial; a Sodoma viveva un discendente d’Abramo che andava salvato: Lot.
Tre angeli s’erano, quindi, arrischiati a presentarsi alla casa dell’uomo per avvertirlo del pericolo che correva a restare in quello squallido bordello a cielo aperto.
Poveri angeli…
Giunti lì per la salvezza di un misero uomo, rischiarono la condanna ed il dolore dell’eterna umiliazione.
Nella notte, infatti, gli uomini della città si affollarono intorno alla casa di Lot, dicendo:
“Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!”(*)
E allora non vi fu più neanche il tempo d’un battito di ciglia.
Fuoco, fiamme e  zolfo.
Non più una traccia dei due corrotti semi del male!
Anche se l’impronta della loro corruzione sarebbe sopravissuta nei secoli…

“RIBELLE!”
“Mi perdoni…”
“DISOBBEDIENTE!”
“La prego…”
“Brucia nella tua corruzione!Nella tua blasfemia!Nella tua sacrilega oscenità!”
“Per favore…”
“E che la violenza di ciò che hai generato ti trascini all’Inferno ad affiancare Lucifero il Superbo!”
“Era amore! Amavano! Così come Lei mi ha amato!”
“No, non è stato così… Dov’era l’amore in quella massa informe di corpi nudi?”
“La supplico…”
“M’ hai deluso e m’hai ferito. Io ti amo Belial, ma sei condannato.”

Impalato.
Ali sigillate.
Sangue
.
Cosa ricordava della caduta?
Solo il fuoco puro del suo spirito imbrattato di peccato che, scivolando via da quel corpo, si spegneva dopo averlo avvolto in spire dolorose.

Michael apparve tremante dai tendaggi, stringendosi in una tunica indaco.
Sollevò lo sguardo sul suo protettore, e rimase davvero perplesso da ciò che vide: il Re nascondeva il volto tra le belle mani affusolate, con un ché di penosamente disperato.
“Signor Belial?” Lo chiamò, con fare sinceramente preoccupato.
Il Diavolo non piange.
Belial era un demone nobile, non poteva più permetterselo.
Ma lo desiderava.
Però…
A cosa serviva versare lacrime cupe e vuote, destinate a dissolversi ancora prima di infrangersi?
Non fu l’ingenuità a condannarti, Belial: semplicemente, fu la follia scaturita dalla tua ossessione per l’amore.

La figura di Raphael apparve inizialmente sbiadita, poi finalmente il suo corpo prese forma e consistenza… E solo allora Samael s’accorse che l’Arcangelo non era solo.
Seduto al suolo, teneva poggiata sulle gambe una giovane donna dalle labbra rosse e i capelli corvini; l’accarezzava amorevolmente, perso nella sua giovane bellezza, così come solo un amante avrebbe potuto.
Osservandola più attentamente, il giovane Arcangelo che accompagnava il Guerriero notò dei fori sulle braccia fragili della giovane.
“Cosa… Cosa sono?” Domandò ingenuamente, e il suo volto si dipinse di terrore, quando notò un grumoso liquido nero fuoriuscire dalla cute della ragazza, renderla nera e posarsi sugli abiti umani di Raphael.
Era un’eroinomane.” Disse semplicemente l’altro, dando per scontato che Samael ne conoscesse il significato.
“Che vuol dire?” Si ritrovò a chiedere, allora, ancora più perplesso.
La ragazza sembrava morta tra le braccia del Guaritore, ma Samael avvertiva il soffio vitale scorrere incessante nei suoi vasi sanguigni.
“L’eroina è una droga, Samael. E come ogni droga lacera corpo, mente e spirito, avvelenandoli. Gli uomini non hanno più bisogno di temere le piaghe del Signore, se le creano di propria mano.”  Intervenne Kei, lievitando a braccia incrociate a pochi centimetri dal suolo, le ali grandi e bellissime spalancate; il volto privo d’occhi fieramente sollevato.
“Esattamente.” Commentò Raphael con un sorriso, senza levare lo sguardo sul Guerriero.
Si chinò sulla ragazza, baciandone le labbra appena tiepide ed assaporandone la morbidezza con la dolcezza di chi già l’ha provata e teme di perderne l’essenza.
“Buonanotte, bocciolo di rosa.”  Bisbigliò infine, ad un soffio da quella bocca che lentamente andava dissolvendosi, seguita dal corpo.
L’aveva restituita ai genitori finalmente pura.
Qualche attimo dopo il Guaritore sollevò lo sguardo per affrontare il Guerriero che l’aveva richiamato ed il suo accompagnatore.
Ma troncò sul nascere le difese innalzate a giustificare la propria situazione, quando vide il volto di Kei.

Potevano ritenersi fortunati: lui ed i suoi sottoposti s’erano ritrovati ad atterrare in un regno molto vicino alla meta che si erano predisposti.
Oh si, la reggia di sua Maestà Lucifero si trovava proprio alle spalle del colle rosso e sabbioso del conte Astaroth.
S’era ridotto a quello il dominio del Signor Conte: la sete di potere e vendetta aveva consumato l’atmosfera alla pari di un acido.
Cosa restava, dunque?
Solo il trono in marmo sul punto più alto del colle ove egli sedeva immobile, cullato dalle carezze della sua consorte Astarte.
Sul suo viso era adagiata una maschera bianca spaventosa ed inespressiva, dai lineamenti incredibilmente realistici.
Pareva essere stata fatta apposta per il volto del suo indossatore: incise e bene intarsiate erano le labbra carnose, alti e pronunciati apparivano gli zigomi, non v’erano fessure per le narici o per gli occhi, e ciò rendeva quel quadro stranamente macabro.
Astarte, seduta anch’ella sul suo trono, da brava moglie lo accudiva, bisbigliandogli parole all’orecchio, sfiorando quella maschera e sorridendo.

“Non c’è più sangue, non c’è più vita, mio amato.
Tranquillo, tranquillo…
Non agitare il tuo debole cuore!Non affaticare il tuo corpo martoriato!
Sono solo insetti; li schiacceremo assieme, moriranno e i loro resti nutriranno il nostro terreno: le anime che periscono all’Inferno, all’Inferno resteranno.”

Spaventoso, quel sussurro trasportato dal vento si tramutò in un impetuoso ammonimento rivolto a Kei ed ai suoi angeli.
“Avanziamo.”
Ribatté il Guerriero senza esitazioni.

Annegare.
Sarebbe stato semplice farlo nel proprio sangue.
Le piume delle sue ali galleggiavano sul grumoso strato rosso nel quale era immenso e la brina che le ricopriva si scioglieva, fondendo la propria purezza all’arido suolo infernale.
Inizialmente non riuscì a capire se stesse tenendo gli occhi chiusi o aperti.
C’era buio, di questo era convinto.
La pressione sulla sua schiena aumentava e la carne quasi non ricopriva più le ossa delle due ali centrali.
Immobile.
Nudo.

Quell’ultimo straccio insanguinato che l’aveva ricoperto era scivolato via… E in quello stato onirico di doloroso dormiveglia provò vergogna.
Boris era su di lui.
Lo dominava.
“Angeli cadono dal cielo! Raccoglili, feriscili e dona loro la dannazione, mio Lucifero.”
Cantava flebilmente, il Demone e la sua voce non aveva il suono soave dei cori degli angeli…
Sepolcrale e rude, irritava il suo udito, accompagnando con carezze e parole oscene il suo bisbiglio, senza  staccare gli occhi dal suo lavoro.
Il sarto dell’Inferno.        
Quel soprannome non era stato dato a caso, al carissimo Boris: il nostro Messaggero era molto, molto abile con ago e filo.
Quali meravigliose composizioni di stracci umani, aveva creato! E quanti di questi esseri deturpati camminavano all’Inferno!
Nei suoi stessi abiti da maggiordomo scorrevano fibre tessili umane… Fossero state queste ricavate da apparati venosi o strati sottili di cute.
E anche allora stava filando quella che avrebbe definito la sua tela più grandiosa!
Fil di ferro penetrava la schiena del Guardiano.
Lentamente l’ago affondava nella carne, scivolando con macabra naturalezza sotto la pelle diafana; gli ultimi brandelli carnosi lasciati apposta attaccati alle ali servivano semplicemente per facilitarne la cucitura alla schiena!
“Ti prego, basta…”
Sapeva che sarebbe morto presto.
I suoi occhi erano aperti, ma non distingueva più la luce: troppo sangue li annebbiava.
Piangeva.
In silenzio, non visto, certo…
Ma piangeva.
Il vuoto accorreva: un freddo diverso da quello corporale… E questo lo spaventava, intrappolandolo in crudeli reti che, stringendolo, lo tagliavano a pezzi.
Le quattro ali semplicemente spezzate erano state impalate al terreno… Oh, nulla di cui preoccuparsi: erano recuperabili, potevano guarire! Era questa la sua disperata ed agonizzante speranza! Ma la tortura che strappava le sue carni, quelle ferite… Oh, Dio! Sarebbero state permanenti, poiché inflitte dall’impura abilità demoniaca d’un essere infernale.
La sua schiena era uno scempio di carne maciullata e sangue.
La pelle quasi non respirava sotto la strato carminio secco che continuava ad essere alimentato dagli squarci ed, invitante, il suo odore aveva risvegliato la fame e la voglia che Boris aveva di quelle carni, divenute banchetto perfetto per i Demoni.
Debolmente, tentò privo di speranze di liberare le mani dalle catene roventi che lo legavano ad un paletto al centro della gabbia…
Quel Diavolo s’era mosso su di lui, iniziando a sfiorargli la schiena in massaggi che non avevano nulla di benefico.
Avvertì chiaramente la bocca di Boris posarsi sulla sua pelle e la lingua lambire le estremità di uno squarcio sulla schiena, prima di scivolare, con intrepida malizia, lungo la sua spina dorsale, mordendo, succhiando e ripulendo via il liquido ematico.
Giunto agli occhi di Venere, i due sensuali solchi che caratterizzavano il fondo schiena del Guardiano, Boris giocò col fil di ferro già cucito tra le sue carni, allentandone la morsa.
“Perché non mi uccidi..?”
La grazia della morte.
Ecco cosa significava…
Eccitato dai delicati gemiti, che al suo udito assunsero le sfumature più erotiche, concentrato su ciò che era il sapore di quel pregiato sangue Angelico, il Messaggero afferrò le natiche di Yurij, stringendole indecentemente.
“Verifichiamo… Verifichiamo quale sesso ha deciso di donarti il Tuo Signore.”
“Ti prego… No…”

S’alzò il vento, turbinando e sollevando, nella sua violenza, la polvere rossa che ricopriva la landa desolata.
S’alzò Astaroth, imponente angelo nero mascherato.
S’alzò Kei, imperiosa Creatura, scoprendosi all’infernale Conte.
Sorrise Astarte, dannata e crudele vampira.
E rigidamente, come se il suo corpo demoniaco non fosse stato fatto di carne e sangue, Astaroth puntò un dito contro il Guerriero.
Le labbra perlacee della maschera s’aprirono.
“Tu, Angelo ridicolo, osi attraversare il dominio mio?”
Un suono sepolcrale, rimasto celato per millenni, investì la schiera degli angeli.
“Quella… Quella non è una maschera…” Balbettò stentatamente, Anael.
Così rimase l’oscuro signore, cinto in vita dalle amorevoli e fragili braccia della sua contessa.

“INGIUSTIZIA!”
Scalpitava, l’angelo dai lunghissimi capelli rossi: il suo sguardo ardente inceneriva le catene che osavano sfiorare le sue carni per intrappolarlo.
“Ho concesso a Belial l’arbitrio su Sodoma e Gomorra solo dopo una decisione unanime! Non sono l’unico responsabile.”
Oh, che essere ingenuo! Indebolito per l’inutile lotta e per le ferite che s’erano aperte sulle sue carni, si lasciò sopraffare; gemette e non oppose più resistenza: sarebbe stato ancora più dannoso.
“Non possiamo condannare l’intero Consiglio… E tu ne eri il rappresentate.” Funeree e subdolamente veritiere, giunsero le parole dell’angelo dai capelli d’ebano che l’osservava dall’alto.
“Ma… Gabriel…” Fu troppo fioca la sua protesta, per essere udita.
“Questo è il volere del Signore.”
Astaroth chinò il capo, digrignando i denti in preda alla frustrazione per quell’ultima affermazione.
Dalla caduta di Lucifero, il Cielo Supremo era divenuto follia pura.
Ed erano state appena generate due nuove creature, definite coloro che avrebbero portato l’equilibrio in quel momento di puro caos.
“Ho ancora diritto affinché la mia ultima parola, nello scegliere un successore, venga rispettata.” Disse allora, con la consapevolezza della sconfitta.
Gabriel s’accigliò a quella pretesa, ma non poté protestare, d’altronde Astaroth aveva dannatamente ragione.
“ E sia.” Concesse con grande fatica.
Il volto del condannato, allora, s’addolcì nel ricercare gli occhi fermi e feriti  del suo prediletto: sorrise, conscio del fatto che quella sarebbe stata l’ultima espressione che si sarebbe disegnata sulle sue labbra.
“Uriel.”

Bruciando, non gridò.
Vide il suo corpo mutare e separarsi in due entità ben distinte… Oh, sì; si scisse, plasmando involontariamente un nuovo organismo con l’energia spirituale che stava liberando.
E non poté non innamorarsi all’istante della nascitura creatura la quale, dormiente, precipitava con lui.
L’avvicinò e, avvolgendola nella furia della Caduta, si strinse a lei.
Ricercava l’affetto nel fuoco freddo che tingeva  il suo corpo di caratteri maschili… E fu proprio allora che, preda del dolore e di ultime lacrime, si fece una promessa: mai più, mai più avrebbe usato il potere delle sue dannose parole.
Sarebbe spettato tutto a quella dea dai capelli di sangue.
Astarte.”
E s’aprì l’Inferno.

La terra si sgretolava sotto i loro piedi.
Gli angeli aprivano le ali, certo, ma la corrosione consumava tutto.
E s’era sviluppata alle parole dell’immobile conte.
“Astaroth non deve più paralare!”
Il grido di Kei s’era levato assieme al doloroso coro dei suoi soldati, i quali, improvvisamente, s’erano ritrovati le carni arrossate…
“Le sue parole ed i suoi lamenti hanno distrutto la contea.”
Cominciarono a sanguinare…
Appena la corrosione era penetrata più in profondità, il sangue aveva iniziato a macchiare i volti, i corpi e gli abiti dei poveri esserini alati.
Privi di forza e, soprattutto, di coraggio, in tanti s’accasciarono al suolo friabile… Altri, invece, rimasero sospesi a mezz’aria.
E Kei?
Oh, il Guerriero volava veloce in direzione dell’altura ove Astaroth era fermo.
L’energia spirituale innalzata a protezione del volto a stento poteva combattere il potere del conte, ma almeno i suoi occhi erano al sicuro…
La cute implodeva.
Ogni lembo di pelle straziata gridava pietà.
Si consumava.
Alla lama sguainata, che appesantiva il suo povero braccio supplicante, era stato applicato lo stesso trattamento d’energia trasferito sul volto.
Le sue carni bruciavano.
Gli strati di cute più superficiali scivolavano via come sporco, rendendolo vulnerabile; ma Astaroth era vicino: poteva specchiarsi nell’opacità del volto vitreo che aveva innanzi.
Oh, quell’immobilità gli faceva pena… Ed Astarte s’aggrappava a quella triste statua con una tale gelosia, che quasi gli si stringeva il cuore.
Il sangue scorreva.
Nel puntare la lama contro il volto cereo del Conte, evitò di lasciar cadere lo sguardo sulle proprie braccia: sapeva che ormai poteva distingue fin troppo chiaramente l’apparato sottocutaneo.
Gli tremava il respiro.
Ed Astarte piangeva, soffocando le lacrime tra i lunghi capelli dell’amato.
“Sei coraggioso, Guerriero.” Bisbigliò la donna tra i singhiozzi, confondendo le gocce purpuree tra le crini.
“Ed il mio fragile signore è soddisfatto.”
“L’Ingiustizia condannò l’anima che possedevo, così come la mia sentenza aveva proclamato la fine di due città. Parole pericolose, quelle da me pronunciate…
Sono Astaroth, Conte Infernale, pronto a consumarti col veleno delle mie spine.
Astarte, la rosa mia bella, la mia Vampira, generata dalle mie membra,m’affianca.
Curami, dolce bambina, l’immobilità della condanna mi corrode dall’interno.
E tu, Angelo sbruffone, fuggi pure via… Prima che del mio pensiero muti la natura.”

“Dov’è il mio corpo..?”
Yurij era rivestito di sangue.
“Dov’è il mio corpo..?”
Si tastò l’addome, i fianchi, il petto… Il respiro mozzato lo soffocava.
Portandosi le mani davanti gli occhi, notò che le ferite al centro dei palmi sembravano guarite.
Spaventato, si toccò nuovamente i pettorali, come a voler acquisire una piena consapevolezza del proprio corpo, ma sbiancò, sentendo la consistenza di due lisci e sodi seni riempirgli le mani.
D’istinto, si portò una mano al basso ventre, sfiorando con la punta delle dita i radi e ricciuti peli pubici appena apparsi.
Le labbra del nuovo organo formatosi vibrarono dolorosamente, preda degli spasmi.
Non udì il suo grido di terrore e dolore.
Non aveva emesso suono.
E questo, probabilmente, lo spaventò ancor più dell’avvertire il proprio torace tornare piatto.
La sofferenza prese a dilaniarlo alla base del bacino
C’era freddo, nella grande stanza indefinita .
Era coperto di sangue.
Non c’erano più ali.
Non c’erano più ferite.
Ed era bagnato.

Il suolo della gabbia appariva ruvido.
Strusciava avanti e indietro con un lato del volto su di questo, succube del ritmo violento al quale accondiscendeva, immobile.
Veniva ferito da quel continuo sfregare, che graffiava la bella pelle bianca della sua guancia destra.
“Dov’è il mio corpo..?”
Soffrivano le sue ali.
Esplodeva ovunque il dolore delle ferite.
Il sospiro estasiato dell’aguzzino che stringeva le sue cosce, affondandovi gli artigli, penetrava  crudelmente l’udito dell’Angelo, riducendo in brandelli l’ultimo straccio di dignità del Guardiano.
“Dov’è… Il mio… Corpo..?”
Fredde mani, d’improvviso, si strinsero attorno alle sue vincolate, sfiorandone delicatamente gli squarci.
Fu più profondo il colpo.... Oh si, quel demone violento aveva tutta l’intenzione di spaccarlo!
Aprii stentatamente gli occhi, ed il sangue si riversò d’un colpo dalle sue labbra, assieme alla saliva e alla bile che aveva fino ad allora trattenuto.
“C-Cassiel..?”
Pronunciò tra gli ansiti, riconoscendo, attraverso le lacrime ed il sangue, il volto di quell’Arcangelo morto macchiato tra le sue braccia.
“Stia tranquillo, Signore… Finirà presto.” Disse, allora, l’umile dannato, pieno di compassione.
Accarezzava dolcemente le mani del Guardiano, tenendo basso lo sguardo sulle ferite del prigioniero: non aveva il coraggio d’alzare lo sguardo su Boris.
E, tanto meno, avrebbe potuto fermarlo.
Osservandolo, Yurij non poté non sorridere felicemente disperato, nonostante quello fosse il momento meno opportuno.
“Grazie.”
Rotto da un gemito e scosso dai tremori, s’alzò, inaspettato, quel flebile sussurro.
“Scorre in me con ferocia, frantumando ciò che resta delle mie membra.
Mi umilia, leccando via il sangue sporco di sesso che m’ha costretto a versare.
Ed io gemo e grido e non posso fare niente altro.
Ebbene, mio Dannato, continua… Continua pure.”

Fine quindicesimo capitolo.

*Riprende a respirare*
Ehm…
Yurij: è.é
Ehm…
Yurij: è_é
Lo confesso sono colpevole ç_ç!
Me l’ero detto, ridetto e stradetto, ma
Ma dopo aver perso questo schifo di capitolo per ben tre volte anche i miei saldi nervi saltano ed ho dovuto sfogare in qualche modo ç_ç!
Ho combinato un casino!

Bhé, ma tornando seri u.ù…
Yurij: … -.-
Come già anticipato, ho trattato un po’ del sesso degli angeli.
In questa storia sono, sì, esseri asessuati, ma che assumono fattezze maschili o femminili durante un atto d’amore puro (Belial e Dio), o un atto sessuale squallido (Yurij e Boris).
Boris, nascendo come demone, ha un sesso definito: è un maschio.
Gli angeli, durante la caduta, assumono la loro forma sporca (Astaroth e Lucifero, per esempio, sono maschi, ma Astaroth a sua volta ha generato Astarte, che è una donna), pur essendo immacolati.
Una volta marchiati da un Demone gli angeli non possono  restare in Paradiso, ecco perché Cassiel è caduto.
Ecco perché Yurij cadrà –con l’aggravante di un altro motivo-.
Inoltre la situazione per il nostro caro Guardiano a livello sessuale sarà particolare
Ed i motivi vi saranno chiari col procedere della storia ^^!

Grazie infinitamente a:
-Drev.
-Syb.
-Pad.
-Darky
E a tutti coloro che hanno aggiunto questa storia tra i preferiti e le seguite!
Ci sentiamo al prossimo capitolo, mi auguro lascerete un commento =).

Il Pezzo ad inizio cap è tratto dall’Apocalisse.
(*)Un pezzo della Bibbia O.ò...

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Capitolo 16
*** Urei (Pain, Dolore) ***



U я є ι   ~ P α ι и   † D øø я є

 «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra».

Lilith si spazzolava i capelli con serafica calma, incantandosi innanzi al suo stesso riflesso.
Fremevano gli occhi verdi della Regina, compiacendosi per la meravigliosa immagine di cui potevano godere.
Non che Sua Maestà fosse una creatura vanesia o piena di sé, ma Boris era a conoscenza della consapevolezza che la donna aveva riguardo le sue grazie… E d’altronde come poteva essere negata una tale evidenza?
Sospirò, fermo lì dov’era nell’ombra, intimorito dal pensiero di poter offuscare con le sue goffe membra l’armonia di quella creatura.
Vieni avanti Boris, non ti divoro… Non te.” Ironizzò Lilith, spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e posando la spazzola sul ripiano della toilette.
Il demone si fece avanti con lentezza, constatando che i suoi logori abiti da maggiordomo ridicolizzassero ulteriormente la sua presenza al fianco di quell’angelo.
La donna gli sorrise attraverso l’immagine nello specchio.
Sai Boris, riflettevo…” Cominciò, lisciandosi le pieghe della veste azzurrognola che le fasciava il corpo.
Riguardo cosa, mia Signora?” Domandò con delicatezza l’altro, lo sguardo disperso lungo tutto quel profilo seducente.
E’ vicino il tempo delle scelte:  posso avvertire nell’aria l’attimo della svolta! Eppure, mio caro, finora non ci siamo mai realmente curati della personalità contro la quale sarà destinata questa vergognosa alleanza. Lilith si espresse con un pizzico d’ironia, continuando a lanciare sguardi ammaliati al suo riflesso.
Boris assunse un’espressione sconcertata ed i suoi occhi per un istante smisero di colmarsi d’ammirazione e desiderio, mostrandosi interessati e in allerta.
“Gabriel cammina tra noi agognando al potere, Michael sembra che giaccia con Belial… Tu che ne pensi?”

Uriel non aveva mai particolarmente amato la luce di quei luoghi.
Anche quando era stato un misero novizio, nella sua rigida sensibilità, tale dimostrazione di purezza lo aveva spesso reso perplesso.
Lo stesso Astaroth, suo antico maestro, aveva condiviso quel sentimento assai fondato.
Infatti, tante volte le parole dell’ormai dannato Conte gli tornavano alle labbra, risuonando come una filastrocca stonata ed insistente.

“Solo quando la luce è più spessa delle tenebre, bisogna covare dubbi sulla reale entità delle cose.”
Rise di cuore, socchiudendo gli occhi verdi e stanchi.
Non riposava da diverso tempo…
Non che ne sentisse l’incessante bisogno, però sul suo fisico quella continua veglia aveva avuto effetti devastanti.
Aveva perso Gabriel.
Aveva perso Michael.
Aveva perso Raphael.
Aveva perso Samael.
Anael si era allontanato.
Sachiel lo fissava deluso.

Cassiel non esisteva più da millenni, ormai…
Che ne era stato dei sette Arcangeli portanti?
Ignorando l’emanazione d’energia spirituale della sala dei troni, la quale diveniva ogni giorno sempre più insopportabilmente potente, si diresse in quello che tutti gli angeli chiamavano “L’Androne dei Bisbigli.”
Uriel credeva che tale nome fosse dovuto alla particolare struttura ad archi della sala ampia: difatti, appena adombrata, questa si slanciava in arcate continue e consecutive verso l’alto, creando un perfetto equilibrio in grado di facilitare la trasmissione del suono.
Lamenti, pianti, preghiere e forse risposte sembravano ripetersi all’infinito in quel luogo.
Si sentiva piuttosto stupido, lui, rappresentante del Consiglio e massima autorità (dopo il Guerriero) a credere alla presenza di Dio in quel luogo.

Lui c’era da qualche parte…
E questo gli era stato insegnato con passione ed accuratezza.
Ma da troppo tempo non sussurrava personalmente parole di conforto agli Angeli.
Già, era divenuta concezione quasi comune tra gli spiriti minori del completo abbandono del Signore.
Uriel, però, sapeva bene (o almeno, così gli era stato detto) che l’assenza del Signore fosse dovuta unicamente alla sofferenza che ogni giorno lo feriva e lacerava.
Provenisse quest’ultima dalla Terra, dall’Inferno o dal Paradiso stesso.
In un moto di confusa disperazione, l’angelo s’inginocchiò sfinito ed abbattuto al duro suolo, grattando con le unghie il pavimento fino a spezzarle, fino a farle sanguinare.

“Mio Signore…Se davvero esiste una traccia di Lei in questo luogo, mi liberi! E’ un peso troppo grande, lo reggo da troppo tempo, l’ho ricevuto troppo presto… Basta.Singhiozzò in preda ai tremori delle lacrime.
E continuò a piangere lì, tra le braccia sottili di Anael il quale, avendolo raggiunto in silenzio, inginocchiato alle sue spalle lo cullava dolcemente.

Yurij non avrebbe mai creduto di cadere, un giorno, in una dimensione onirica.
Difatti, il sogno non è prerogativa degli angeli, poiché è la sola fuga concessa agli umani dai loro legami terreni; e fu proprio questo ad intimorire il Guardiano.
Avanzava insicuro lungo uno stretto corridoio di pietra bianca , volgendo lo sguardo tutt’intorno: non riusciva a capire se quel luogo fosse freddo o fosse caldo; era nudo certo, ma la sua pelle né si rizzava, né sudava.
Il cammino si fece ad un certo punto più ripido e l’angelo, scivolando sul suolo divenuto bagnato, sollevò lo sguardo su di un liscio specchio d’acqua.
Scorreva in senso verticale, senza incrinare la limpida superficie.
Yurij, ancora disteso, si alzò con fatica: la prima cosa che lo impressionò, specchiandosi distrattamente nell’acqua, fu notare il suo volto annerito dalla terra e dalla polvere; sbuffò, allungando le mani verso quella fonte per ripulirsi.
Ma si allontanò di scatto, rabbrividendo per l’intenso e, soprattutto, inaspettato gelo… Ed allora osservò il proprio corpo in tutta la sua interezza.
Rimase stranito da ciò che vide: qualcosa di alieno ed estraneo si era formato tra le sue gambe, laddove poco prima era stato liscio e informe.
Pendeva orribilmente, inorridendolo.
Quell’organo gli trasmetteva un tale senso di incompletezza e disagio che quasi lo nauseava!
Si sfiorò, poi, quelle macchie di carne più  rosee apparse sul suo petto e nel toccarle serrò gli occhi, schiudendo le labbra.
Un fastidioso piacere l’aveva scosso ed autonome le sue mani, rapite in quell’attimo di subdola inibizione, catturarono il neonato membro accaldato, per poi spostarsi a palpare le sue natiche già umide.
In lui qualcosa annegava, bagnandogli le gambe e macchiando il suolo bianco del corridoio in pietra.
Tremando e gemendo, cadde in ginocchio con un tonfo sordo, lamentandosi piano per il calore tra le sue cosce…
E, sicuramente, sarebbe rimasto piegato su stesso a contorcersi nell’impossibilità di soddisfare quel desiderio ancora a lungo, se una risata non l’avesse distratto.
Sollevò lo sguardo umido, guardando nello specchio d’acqua.

Ancora sanguinavano, quando Kei ed il suo manipolo di angeli atterrarono innanzi l’entrata della dimora di Sua Maestà Illuminata, Lucifero.
“Non ci sono guardie?” Chiese in un bisbiglio speranzoso Sachiel, lanciando uno sguardo alla reggia oltre la spalla di Gabriel.
“Non credo ce ne sia bisogno.” Rispose atono quello, impietrito.
Infatti, contorcendosi in una smorfia di dolore o derisone (questo dubbio li tormentò sempre) il grande portone bianco scomparve placidamente, offrendo loro l’entrata libera all’androne in marmo della Dimora.
“E’ un invito piuttosto esplicito…” Commentò Samael, rabbrividendo.
Il Guerriero non mosse un solo muscolo; fermo a gambe divaricate, i sandali immersi nel terriccio secco, fissava con una serenità quasi stonata quella buia tana.
Si voltò con lentezza verso i suoi sottoposti e parlò:
“Dovremo dividerci.” Cominciò con tranquillità.  “In gruppi da dieci ognuno di noi si dirigerà in direzioni opposte: io con il mio seguito andrò a nord, Gabriel verso ovest, Sachiel ad est, Anael ad ovest e Samael a sud.” Elencò con praticità, giocherellando con le lame gemelle ed ostentando una noncuranza quasi artificiale.
“E’ così necessario separarci?” Domandò allora Anael, perplesso.
“Se vogliamo avanzare più velocemente, direi di sì.” Sussurrò Kei; si aspettava una domanda del genere, posta non a torto.
“Ognuna di queste direzioni porta ai giardini, certo, ma dobbiamo cercare di arrivarvi tutti. Avanzare come un unico gruppo risulterebbe faticoso e svantaggioso di fronte a ciò che ci troveremo  di fronte.”
“E’ solo una Reggia vuota..!No? Bisognerà semplicemente evitare Lucifero.” Sbuffò con leggerezza Gabriel, portandosi in spalla la sua spada.
“Affatto.” Bisbigliò Kei.

Il buio androne risuonò di risate, prima di illuminarsi.
La sala era un meraviglioso arcobaleno di colori e per un attimo gli angeli restarono sorpresi, persi nell’ammirare quell’elegante ed inaspettato particolare.
Il viola delle pareti si illuminava di oro in un gioco di luci ed ombre, dove l’oscurità assumeva i toni del rosso più acceso.
Il verde sorgeva d’improvviso, brillando come un lampo lungo tutto il perimetro dei muri, per andare a spegnersi in quel rosa che, caloroso, esplodeva in mille scintille dallo spettro tendente ad un più cupo bordeaux.
Infine l’azzurro, ultimo lento barlume, si rifletteva placidamente in ogni angolo della sala.

“E’ bellissimo.” Pensò amaramente il Guerriero, specchiandosi nei raggi cremisi del luogo. “L’Inferno sa come accogliere i propri nobili.” Si disse ancora, cinicamente divertito.
“E’ spaventoso.” Deglutì d’improvviso Samael al suo fianco e, subito, gli occhi di Kei si puntarono sulla figura del giovane eletto: il Guerriero si era sorpreso a quel commento, così dissimile dalle sue mute riflessioni.
Osservò lo sguardo del giovane angelo, quasi in lacrime, spostarsi angoscioso da una parete all’altra.
“Vorrei essere cieco solo per non dover subire quest’infima tortura. E’ un inganno pauroso, e ne siamo attratti come falene. L’oscurità dell’oblio è più dolce e piacevole, se confrontata a quest’esplosione di colori ingannatori.” Fece agitato quello, contraendo il volto in una smorfia di dolore.
E Kei sospirò, posandogli una mano sulla spalla.
“Sono le sette depravazioni umane, Samael: Superbia, Avaritia, Luxuria, Invidia, Gula, Ira et Accidia. Sono state generate da Lucifero con la sua caduta, e con Lucifero stesso abitano questi luoghi. Guardatevi le spalle, ora che ci allontaneremo gli uni dagli altri… Sono creature capricciose… Ma potremmo essere fortunati e non incontrarne alcuna… Preghiamo che sia così.” Spiegò con un sorriso, poi strinse le sue lame. “Vi aspetto tutti fuori, signori.” Dichiarò infine, invitando il proprio gruppo a seguirlo.
C’era spavalderia in quei modi di fare e sicurezza nella luce di quegli occhi rossi come i riflessi appena ammirati, ma doveva ammetterlo, Kei, che non era più così sicuro di sopravvivere.
Sette essenze s’erano scisse dal corpo di Lucifero, incarnando ciò che erano state le turpi azioni del Serafino.

Sette Satana, figure diverse e personificazioni distinte del medesimo Essere: essi accerchiavano certamente Lucifero, ma osavano prendersi un’indipendenza impensabile per gli altri nobili.
Anche se gli ordini di Sua Maestà fossero stati, paradossalmente, di risparmiarli, i Satana non avrebbero affatto esitato a cancellare le tracce della loro esistenza.
Il respiro del Guerriero era profondo e sereno, ed avrebbe potuto ingannare chiunque, poiché rappresentava in maniera eccellente un adagio inesistente…
Ma i palmi delle mani erano gelati, le gambe tremavano impercettibilmente e gli occhi, fuggiaschi, saettavano in ogni angolo del corridoio che si tingeva di rosso.

“Ira al suo servizio, messere Kei.”
Ed era proprio ciò che il Guerriero temeva avvenisse.
L’ombra cupamente scarlatta, che tingeva le pareti inseguendo i loro passi, altro non era che la materializzazione della Depravazione alla quale più desiderava sfuggire.
Si fermò di colpo, bloccando con un gesto della mano anche l’avanzare dei suoi.
Qualcuno alle sue spalle si lamentò, altri chiesero spiegazioni, ma Kei non li udiva: splendido, il rosso del sangue sembrava essere in grado di illuminare la sala nella quale, inavvertitamente, s’erano ritrovati.
Il liquido purpureo si diradava dai loro fianchi e, sfiorandoli, scorreva lungo il pavimento lucido fondendosi al centro di esso; lì vi si intrecciava e mischiava, esplodendo in ipnotiche e macabre coreografie, fino a quando lentamente e con serafica serenità, i primi abbozzi di una forma dalle sembianze umane presero vita dal groviglio carminio innanzi a loro.
Kei sentiva di essere solo.
Ovattato sorgeva qualche grido, di sfuggita scorgeva candide piume cadere imputridite dal sangue.

“Ira è qui solo per lei,, messere Kei.”
C’era un sorriso a mezz’aria, ed era spaventoso.

Una donna dai lunghissimi capelli rossi, gli occhi di un brillante azzurro ed i seni prosperosi lo fissava sorridendo dall’altra parte.
Fino a dove un minuto prima c’era la sua immagine di uomo nudo e debole, adesso si rifletteva quella di una bella  creatura maliziosa ed intrigante.
“Chi sei..?” Domandò con la spontaneità dei bambini, sollevandosi con una certa fatica dal suolo.
Avvertiva il proprio corpo pesante e goffo, come se non gli appartenesse.
“Potrei essere te.” Rispose quella, avvicinandosi a fronteggiarlo dall’altra parte.
Una sua mano si poggiò alla superficie d’acqua, quasi invitando Yurij a fare lo stesso.
Il Guardiano si disse che era davvero bella.
Le labbra sembravano disegnate, tanto delicata era la maniera in cui si delineavano ed i capelli, mossi ed arruffati, le coprivano le belle forme femminili con ché di vagamente pudico.
Le gambe lunghe, dalle caviglie sottili e delicate, si slanciavano in una linea armoniosa verso cosce agili dalla muscolatura soda, al centro delle quali l’organo femminile, coperto da radi peli pubici, donava un’ovvia identità a quel bell’essere.
Neanche Lilith, si disse l’Angelo, poteva aspirare a tanta perfezione.
“Me?” Bisbigliò, poggiando con timore la mano sulla superficie acquosa laddove era quella della donna.
Con piacere, notò che non avvertiva il gelo dell’acqua, bensì unicamente il calore del palmo di lei.
“Questo è uno specchio… E cosa fanno gli specchi?” Domandò retorica, avvicinando anche il volto allo strato d’acqua.
Come attratto da quei gesti e da quel modo di fare, il Guardiano si avvicinò al viso della giovane riflessa, in maniera impulsiva e senza alcun timore.
Restò zitto, tanto sarebbe stata ovvia la risposta, e si ritrovò anche ad essere irritato da quel modo di fare così simile al suo.
La ragazza rise ancora, con lo stesso dolce suono di qualche attimo prima.
“Sei molto bello Yurij ed anche io ti piaccio…” Affermò con estrema convinzione.
I suoi occhi brillarono, illuminandosi quasi gioiosamente a quella constatazione fatta proprio da lei: sembrò quasi che aspettasse di pronunciare solo quelle parole!
“Resteresti con me?” Disse, allora, timorosamente.
L’angelo osservò quelle labbra muoversi al suono della richiesta fatta: erano rimaste schiuse per tutta la frase, solo i denti e la lingua avevano giocato nella pronuncia delle parole, poi quei petali s’erano sigillati d’improvviso e poi, ancora, subito si erano socchiusi e così fermati, supplichevoli.
“Io… Io non posso.” Deglutì quello, indietreggiando con un accenno poco convinto.
Per un istante la lucidità l’aveva colto e, ammonitrice, gli aveva bisbigliato all’orecchio che quello non era luogo per lui, che la sua coscienza non sarebbe dovuta sfuggire alla realtà e che da qualche parte, oltre le pareti di roccia di quel sogno ingannatore, il suo corpo marciva in preda alla corruzione.
“Ti prego, non lasciarmi qui da sola… Fanno male, tanto male.”
Yurij avrebbe voluto chiederle cosa la facesse soffrire e perché, soprattutto, una creatura come quella dovesse sentire –ingiustamente a suo dire- dolore.
Poi le vide di sfuggita e quasi per puro caso: appena illividite sottili cicatrici le solcavano i polsi.
Sussultando, levò la mano dalla superficie d’acqua e si rese conto che non ne avvertiva il gelo solo perché il sangue raggrumato sui palmi della ragazza lo riscaldava… Senza contare le gocce della stessa linfa rossa che scorrevano alle spalle di lei.
Quelle ferite così familiari  su tali estranee membra lo spaventarono e, contemporaneamente, gli trasmisero una profonda pena.
Ben presto, però, constatò che quella stessa pena fosse unicamente autocommiserazione ed allora si odiò profondamente.
Il suo corpo sano e virile rifletteva l’immagine sfregiata e leggiadra di una donna abusata come angelo dalle ali tranciate.
Si chiese cosa dovesse scegliere, si interrogò silenziosamente su quella stramba questione.
La ragione, la voglia di lottare e di scacciare il seme del Messaggero dal proprio corpo si scontrava col desiderio di stringere quel bel riflesso e baciarlo a lungo, sino a quando il sonno non fosse calato su quelle palpebre.
Sarebbe stato bello fuggire, quasi desiderava inspirare nuovamente la soffocante aria infernale, piuttosto che l’umidità di quella nivea caverna!
Ma così come agognava a reali respiri, non metteva in dubbio che l’illusione di poter assaporare il profumo della fanciulla fosse invitante…
Una forma molto perversa di Narcisismo che egli stesso, in cuor suo, non provava vergogna nel definirlo tale.
Infine, sembrò trovare un compromesso: allungò una mano alla figura dall’altra parte dello specchio, attraversandone le acque cristalline.
L’altra, silenziosa, sorrise ancora: un accenno di insana vittoria ne illuminò per un istante gli occhi azzurri, ma Yurij non lo notò, concentrato com’era a lottare contro l’istinto che gli gridava e lo supplicava di fuggire.
La ragazza fece un passo e poi due nello strato di sangue rappresosi ai suoi piedi, stringendo la mano che il Guardiano gli offriva.

“Saremo una sola cosa, tesoro…”

Raphael ben conosceva le punizioni inflitte a coloro che osavano sfidare il Consiglio.
Nonostante il Guerriero fosse un’autorità indiscussa, il potere era concentrato, d’altra parte, nelle mani di quei tali Angeli che vantano cariche dall’importante spessore.

Siano cavati gli occhi a chi ha contemplato il peccato.Citò divertito il Guerriero, intuendo dal silenzio calato che Raphael fosse rimasto piacevolmente sorpreso innanzi al truculento spettacolo del suo viso.
“P-Perché?” Chiese in un soffio l’arcangelo, sollevandosi.
Non era mai stato bravo con le parole, lui.
Il suo compito, limitato a dolci gesti, lo aveva rilegato in un mondo di amori ed affetti silenziosi, che lo nutrivano di volta in volta attraverso sguardi e sorrisi.
Raphael aveva visto ogni tipo di male e ne conosceva le conseguenze, atroci o meno che fossero: la sua vita di Guaritore e di Guida degli Angeli Custodi era stata arricchita, d’altra parte, proprio da queste esperienze.
Aveva asciugato tante lacrime e baciato un’infinità di ferite aperte, ma ancora non comprendeva perché gli esseri viventi, terresti o ultraterreni, sentissero il bisogno di farsi del male.
In tutti quegli anni -millenni indefinibili- aveva, quindi, messo a punto una stramba teoria, secondo la quale nelle diverse creature vi fosse insito un perverso spirito di sopravvivenza che prevalesse sulle coscienze, spingendo all’azione del male fisico.
Questo comportamento, per la sua mente estremamente razionale, rappresentava qualcosa di davvero bestiale.

“Il governo del Cielo sta assumendo tanto le sembianze di una dittatura. Sai, le parole ed il significato di esse pesano tanto, e pagarne le conseguenze per la loro semplice esposizione pare una risoluzione assai adeguata. Mi sono pronunciato in favore di Yurij, il mio antico Compagno; l’ho dichiarato innocente ed ho condannato, invece, il giudizio a cui fu sottoposto. Uriel già mi aveva additato come traditore, Gabriel, cercandomi, mi aveva semplicemente invitato innanzi al Consiglio.” Era stato un bisbiglio frenetico, quello di Kei.
Raphael avrebbe potuto paragonarlo ai deliri dei folli, da com’era stato impastato di rabbia e furore.

Siano cavati gli occhi a chi ha contemplato il peccato.Ripeté ancora una volta il Guerriero.
“Ha un ché di estremamente poetico, non trovi?” Aggiunse con un sorriso sornione.
Samael aveva tenuto lo sguardo basso per tutta la durata del discorso: era vergognoso ammetterlo, ma l’espressione che quel volto assumeva pur senza alcuno sguardo lo inquietava e spaventava profondamente.
Lo faceva sentire piccolo, sciocco e miserabile, poiché tale forza veniva sprigionata anche senza il potere che gli occhi, in una qualsiasi creatura, vantavano.
Infatti, per fare un esempio, lui stesso era in grado di imporre la propria autorità solamente attraverso gli sguardi e Kei spesse volte lo aveva rimproverato per la sua incapacità nei gesti e nelle parole: il Guerriero era, infatti, la dimostrazione che l’influenza ed il magnetismo d’un capo non si fondasse solo ed unicamente sulla violenza dell’agire.
Raphael avanzò verso il guerriero, allungando le mani verso quel volto sporco di terra e sangue.

“Il Male è in Cielo, in Terra e sotto la Terra. In Paradiso il potere di ciò che è stato sigillato freme impaziente d’esplodere: se deve’esservi un’Alleanza, che  sia così! Sono disposto a danzare col Diavolo e a morire, purché sia restituita dignità a ciò che fu puro. Cerchiamo Yurij, cerchiamo l’Illuminato Lucifero! E che le schiere Infernali diventino nostre legioni!” Dichiarò infine, prendendo tra le mani quelle di Raphael.
Samael, rabbrividendo a quelle penetranti, seppur basse, parole sollevò il capo, constatando quanto l’alba fosse così spaventosamente vicina.

“Stella del Mattino…” Deglutì, rimirando l’istantaneo e morente splendore del primo lume che calava all’orizzonte.
Allora il Guaritore, dai palmi caldi e ricchi di quell’aura curativa che stava ricostituendo le fibre cellulari degli occhi di Kei, serrò le palpebre.

“Si, signore.”

Anael era uno degli angeli più belli.
Aveva i capelli molto più lunghi rispetto ad altri suoi simili che, lisci e dalle sfumature cenere, gli ricadevano elegantemente ai lati del volto ed erano motivo della sua –segreta.- vanità.
Nella luce di quegli occhi castani -tante volte distratti o persi in contemplazioni lontane.- si riflettevano serietà ed un’infinita spensieratezza, che non poteva non risultare buffa in confronto all’aria apparentemente solenne dell’angelo.
Se Anael fosse stato un demone o un essere umano, sicuramente avrebbe assunto forme femminili.
Il suo aspetto dolce, infatti, dava proprio questa parvenza, così come le curve morbide dei suoi fianchi sui quali si posavano le linee degli abiti.
Uriel, ad esempio, aveva già un aspetto più rigido ed affilato, che lasciava intravedere una certa mascolinità nei tratti somatici.
Ma queste sottili e particolari caratteristiche avevano ben poca importanza tra gli Eletti, asessuati com’erano.
Tremava Uriel, e lo faceva tra le sue braccia.
Provava un’estrema vergogna per quell’umiliazione che si stava infliggendo con la stessa violenza dei brividi che lo scuotevano…
Fiero, burbero e scontroso, solo quando era in solitudine e disarmato s’abbandonava alle preoccupazioni, ai tormenti ed ai ricordi che scioglievano la debole ed infima barriera da cui era avvolto…
E, in quel mentre, lo stesso calore di Anael aveva avuto proprio quell’identico effetto causato dai suoi ritiri di silenziosa riflessione.

“Mi hanno ingannato…” Bisbigliò con un filo di voce appena udibile.
L’altro angelo non commentò, aumentando semplicemente la stretta attorno le membra del compagno.

“Uriel, ti prego, calmati.” Tentò quello, ma l’altro lo allontanò con forza e furia, fissandolo ardendo.
Troppe volte aveva represso il suo istinto di forte guerriero: legato all’essenza che alimentava l’elemento della Terra, si era sempre mostrato coerente, costante e cauto nelle sue scelte.
Eppure, la Terra stessa all’interno della sua dura barriera possedeva un cuore di fuoco pronto ad esplodere..!
Dunque, questa caratteristica della sua personalità dalle sfumature bipolari era sempre stata sedata dallo stesso angelo, che privilegiava la riflessione all’agire sconsiderato.
Oh, ma in quel momento si sentiva accaldato, rovente e preda di una crescente pressione paragonabile unicamente a quella dei vulcani.

“Non posso calmarmi, non posso! E’ marcio questo luogo, sono marce queste mura, sono marci i nostri animi. Noi abbiamo covato in seno una serpe ben peggiore del crudele Diavolo… Hai visto la sala dei troni? Hai visto le ali? E dove sono i nostri compagni?All’Inferno tra le braccia di Signor Lucifero, disgustoso essere dalla bava sanguinante e dalle lacrime dolci! La maggior parte dei nostri Angeli ignorano ciò che sta avvenendo… E con chi credi che si alleerebbero, allo scoppiare delle forze? A questo punto mi basta morire, o meglio ancora udire la voce penetrante e pericolosa del mio Conte Astaroth..!” Avrebbe aggiunto altro veleno alle sue parole, se Anael non lo avesse schiaffeggiato con violenza.
“Sei uno stupido ed un egoista. Noi sei l’unico ad essere stato abbandonato sia da Dio che dal Diavolo. A condannarti è stata la maniera in cui ti sei lasciato influenzare dalla presenza di Gabriel, e tu ben sapevi, stupido –e te lo ripeterò all’infinito, dannazione!- che il suo temperamento era peccaminoso e roso dall’Invidia nei tuoi confronti!”
A quelle parole veritiere, Uriel chinò lo sguardo come ad aver ritrovato la propria compostezza ed il suo fare pacato…
Si toccò la guancia in fiamme, ripetendo a sé stesso quanta ragione contenesse il discorso di Anael…
Eppure, aveva sempre e solo desiderato un compagno fidato a cui fare riferimento.

“Tu! Qual è il tuo nome?”
“Inganno, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
La giusta battaglia, la sottomissione e la volontà di Dio, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”

“Tu! Qual è il tuo nome?”
“Guerra, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
Violenza, stupri e sangue, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”

“Tu! Qual è il tuo nome?”
“Carestia, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Fame, disperazione e follia, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”


“Tu! Qual è il tuo nome?”
“Morte, mio Signore.”
“Cosa porti con te?”
“Cadaveri, vermi e putrefazione, mio Signore.”
“Io ti dono la vita.”
“Grazie, Portatore di Luce.”

Fine sedicesimo capitolo.
ewe.
Riuscirò mai a concludere questa storia?
E’ una domanda che in molti si pongono e che si pongono da tempo immemorabile.
In questo capitolo avrei dovuto liberare Yurij, ma… Sarebbe venuto decisamente troppo lungo, la storia è già pesante di per sé, dunque ho concluso prima… Molto prima.
E mi sono incasinata anche con i Peccati Capitali, visto che loro sarebbero dovuti comparire più avanti…
Ma meglio delineare la cerchia di Lucifero caro adesso, no?
Allora, la donna che Yurij vede riflessa nell’acqua è la sua stessa immagine, ovviamente! Nel prossimo capitolo acquisterà una forma demoniaca particolare… Che credo in molti abbiano intuito XD!
Kei si è rotto le scatole (come me.) e prenderà in mano la situazione u.ù!
In questo capitolo ho lasciato un po’ in intimità Yurij e Lucifero (eh, bhé, poveri cari!), ma torneranno nel prossimo u.ù!
La storia ormai è delineata e credo parecchie cose si siano capite, da questo momento in poi tocca solo far venire tutti i nodi al pettine.
Spero che questo capitolo possa esservi piaciuto e mi auguro lascerete un commento X3!
Baci, grazie a tutti.

Iria.

X Ben: Boris prende parte attivamente alla rovina del nostro caro Yu. Eh, era anche giusto, povero il nostro Bob u_ù! Mi fa piacere che il passato di Belial sia stato di tuo gradimento: ci ho lavorato parecchio ed ho ponderato a lungo circa il modo per disegnarlo nella maniera meno blasfema possibile XD. Astaroth tornerà presto, accompagnato dalla sua bella Astarte e da qualche altro gradito demone! Nel frattempo, spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacio X3!

X Dark:  Sì, capisco che potreste rimanere confusi in alcuni momenti, ma pazienta per qualche altro capitolo (due al massimo.) e vedrai che tutto sarà chiaro X3. Ti ringrazio per il commento, spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto ^ò^! Un bacio X3.

X Drev: Seh, genio un tubo XD.
Comunque sia, era necessaria trascrivere la storia di Belial, in modo tale da dare un ruolo attivo ad il personaggio –indovina un po’ chi è?- che muove tutto e che si rivelerà alla fine.
Mi fa piacere che sia stata chiara per quanto riguarda il sesso degli angeli. Biblicamente queste figure sono asessuate, ma, purtroppo, per dare un senso alla mia storia avevo bisogno di inventarmi qualcosa di solido sul quale creare solide base. Credo di esserci riuscita abbastanza bene. Alla fine mi contento di come sono riuscita a trasmettere l’idea.
Yurij non si è scoperto donna solo per quell’istante.
E, certamente, dopo questo capitolo avrai intuito qualcosa.
Spiegazioni riguardo il suo sesso nel prossimo capitolo, al massimo tra due.
Bon, mi auguro che anche questo capitolo possa esserti piaciuto X3. Un bacio X3.

X Syb: Oh, i tuoi commenti lampo sono quasi più soddisfacenti dei papiri u.ù
Dunque, credo che, obbiettivamente, dare del “magnifico” allo scorso capitolo sia “esagerato”, ma comunque lo apprezzo tantissimo e ti ringrazio per la lusinga.
Spero che anche questo capitolo possa dimostrarsi all’altezza X3.  Un bacio X3.

X Pad: Mi fa piacere che il capitolo ti sia piaciuto. In generale, è stato complicato strutturarlo, però che alla fine tu sia riuscito a capirlo e a comprendere alcune cose mi ha fatto piacere X3. Belial, sì, ha una storia particolare alle spalle, ma già da angelo il suo nome ne aveva decretato la “condanna”.
Astaroth ricomparirà presto al fianco di Lucifero, e di altri suoi sottoposti: siamo quasi arrivati alla risoluzione di tutti i problemi e alla nascita di altri ben più gravi.
Per quanto riguarda Yurij donna… Credimi se ti dico che non è ancora finta X°D.
Bhé, mi auguro che questo capitolo possa esserti piaciuto come il precedente, un bacio X3!

EDIT: A causa di un mio errore di memoria avevo invertito di un posto la sequenza dell'apparizione delle quattro Figure citate alla fine del capitolo, che ora ho aggiustato! Ringrazio Ben per avermi fatto notare l'errore ^w^! Il Falso Profeta non è stato citato per una mia scelta "strategica" a livello di trama ^ò^! Un bacio a voi tutti!
Iria.

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Capitolo 17
*** Rising ***



Rising

 «Degno è l'Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l'onore, la gloria e la lode».
E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all'Agnello, siano la lode, l'onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli».

La notte stava morendo, arrendendosi alle prime ferite che lame di luce infliggevano al manto indaco ancora trapuntato di rade stelle.
Qualche temerario uccellino già provava a canticchiare, zittendosi, poi, al duro silenzio restituitogli dal crepuscolo che precedeva l’alba.
Le ultime gocce della fresca atmosfera della notte solleticavano ancora piacevolmente i nasi di Yurij e Lucifero.
L’Angelo Caduto si era completamento abbandonato sulla grigia panchina: aveva spiegato faticosamente le ali scheletriche, ricadute sull’asfalto polveroso e –come se fosse stata la monotonia di un’azione ripetutasi nell’eternità- prese a contarne i rivoli di sangue che scivolavano con un tenero suono al suolo.

“Tremila…” Esalò in un gemito, sotto il muto sorriso di Lucifero.
“Manca ancora molto? Sai, ho il timore che tu possa morire prima di rivelarmi ciò che mi interessa.” Lo prese in giro l’Imperatore, posandogli una mano su una guancia.
Immobili, gli occhi del Diavolo lo fissavano senza alcuna espressione: splendevano marmorei nella cupa luce, riflettendo il lontano calore delle stelle.
Sua Altezza non aveva più alcun interesse fisico o carnale sulle membra disgraziate del Decaduto.
Sì, proprio così; rispondendo a quelli che erano i canoni dei più stereotipati clichè, l’Illuminato era una creatura estremamente capricciosa e voluttuosa.
Si era stancato da secoli di Yurij, dannazione..!
Ma era stata più una sete di cupa conoscenza che l’aveva spinto a cercare il fuggiasco in quell’ultimo e disperatissimo periodo.

“Via quegli artigli, caro Lucifero! Non sono un misero animaletto da divorare; e poi sai che la tua forma demoniaca mi disgusta!” Aveva esclamato il Dannato, schiaffeggiando la mano del suo, ipoteticamente parlando –ah!- Signore.
“Hai artigli neri, lunghi e sporchi! Definirli anti-estetici e poco igienici sarebbe come sminuirne l’orrore..!”
Ad un qualsiasi altro essere sovrannaturale, potesse appartenere quest’ultimo anche ad un alto rango, un simile affronto sarebbe costato la testa… E non solo.
“Pelle sudicia, zampe caprine, capo deformato da due simpatici corni, piume oscure dalla consistenza simile a cuoio ed occhi neri e vuoti. Disgustoso, davvero disgustoso.” Bisbigliò allora l’antico Guardiano, afferrando subito la mano di Lucifero e stringendola tra le sue, carezzandola dolcemente.
Era grande quel palmo, morbido, caldo ed aveva un ché di rassicurante nel suo apparire così divinamente caritatevole.

“Gli esseri umani sono creature davvero stupide, ma possiedono una fantasia grottesca e spaventosa ed è incredibile come abbiano indovinato l’ombra di Sua Maestà.” Continuò, stringendo con più fermezza la mano del Diavolo.
Pulsava di vita e nessuno l’avrebbe mai considerata come una terribile arma di disgrazie.
Sembrava l’arto di un giovane gentile, volenteroso e pronto ad aprirsi verso il prossimo, ammansendolo o allietandolo col calore di quella dolce stretta.
Yurij considerò quanto Lucifero fosse un abile ingannatore…
Lui non riusciva a muoversi facilmente tra gli umani: per quanto a lungo li avesse silenziosamente osservati non era mai stato in grado di mimetizzarsi del tutto con quelle creature.
Magari a causa di una parola di troppo o di una completa assenza di dialogo, diveniva ovvia la sua mostruosa identità; ed allora mandava in rovina le anime Condannate, senza sondarne le sfumature o ricercarne una luce offuscata.
Cosa poteva importargli, d’altra parte?
Non era più il Custode, ancor meno un Angelo ed il destino che accoglieva le anime da lui collezionate non era poi così tremendo: d’altronde non vi era nulla di doloroso nel rigenerarsi in bagni di sangue angelico.
Orribile era il loro aspetto e, forse, straziante la fame che li divorava…
Ma il tormento di quei mostri era limitato unicamente all’attendere nell’eternità le vie Crucis di innocenti Eletti che, saziandoli col loro sangue di angeli crocefissi, li avrebbero destinati ad una completa rinascita in forma d’anime infernali.
Altri sudditi per Lucifero, altri sudditi per la sua nobile e crudele corte!
Morte e sciagura, infine, si sarebbero abbattute sulla povera Creatura Alata caduta imprudentemente tra gli artigli crudeli dell’Inferno.
Oh, Yurij era la prova vivente di tale infame fato e, guarda caso, tutto era iniziato proprio a causa di quelle splendide ed ingannevoli mani…

La sua rovina, la sua condanna.
Dunque il Guardiano, da viscido Caduto che s’era costretto persino all’esilio dall’Inferno stesso per la propria eterna indecisione e ricerca di perdono –che in verità poco pesava su quella volubile anima-, aveva considerato d’essere divenuto –o forse lo era sempre stato- una Creatura estremamente inadattabile.
Lucifero si inginocchiò al tenero gesto del Dannato ed invertì quella carezza, prendendo lui fra le proprie mani quelle affusolate e delicate di Yurij che poco prima lo stringevano e, d’improvviso, esse gli parvero simili a sottile cristallo.
Fragili e belle, cercavano in una lotta non pronunciata di vincere la presa salda dell’Imperatore, impaurite com’erano da quel calore che già le aveva divorate.
Ma Sua Maestà le trattenne a sé, baciandole e poi portandole sul proprio petto all’altezza del cuore.
“Non avere paura…”
Ovviamente, nessun battito cardiaco scosse il petto di Lucifero e nessun calore vibrò al di sotto di quel tocco forzato.

“Non ne ho infatti... In realtà, credo sia l’istinto di sopravivenza a giocarmi brutti scherzi.” Rise il giovane, abbandonandosi alle attenzioni del Diavolo.
L’Imperatore ghignò, artigliandogli le mani.

“Sono vicini.” Continuò Satana, intrecciando le dita con quelle di Yurij in un gesto di preghiera.
Lentamente, le labbra di Lucifero si curvarono in un insano sorriso, che ne trasfigurò i lineamenti del volto.
L’ombra  umana del Demonio, la quale si allungava innanzi alla luce nascente, scomparve, deformandosi mostruosamente nell’arco di un misero attimo: durante quel lampo in cui il riflesso fu fuori dal controllo dell’Oscuro Signore, mutarono anche i virili lineamenti di Sua Altezza.

“Lo sento.” Fremette Yurij.
Le carni del suo compagno si fecero ruvide e quasi pensò che l’orrore di quella cute potesse tagliare e sfigurare persino la parvenza della sua morbida pelle.
Il primo e freddo raggio solare sfiorò appena il volto di Lucifero.

“Sarai il loro strumento?”
La bocca del Sovrano era sempre stata bella e, nonostante Yurij alla pura luce del giorno ne intravedesse i trucchi e gli inganni, considerò che quei mortiferi canini –i quali esaltavano la dentatura improvvisamente irregolare e bestiale di Lucifero- potessero essere definiti estremamente sensuali.

“Fui oggetto nelle mani di Dio, lo sono stato tra le tue fauci… Perché non dovrei concedermi anche ai miei antichi compagni?”
Yurij aveva imparato ad adorare le illusioni; lo facevano sentire al sicuro e protetto: infatti, se ben salde, anche venendo scalfite dalla più pungente verità, restavano lì ferme ed immutabili come degni scudi protettori di animi fragili o ottusi.
Lui, Yurij, non era né fragile né ottuso –così si definiva, almeno-, ma proprio la sua stessa vita s’era trasmutata in illusione… Dunque perché  interrompere tale flusso di false pulsazioni?
Quindi, quando il bel Lucifero tornò ad essere il meraviglioso Serafino splendente, si preoccupò ben poco del suo bacio dall’antico sapore di morte –cupo riflesso di una cruda verità.
Neanche all’Inferno aveva mai assaggiato quell’aroma prelibato: le labbra e la lingua del Diavolo, infatti, gli erano sempre parse fresche e gradevoli…
Eppure apprezzò intensamente il sudicio atto che avvelenò la sua bocca.
Sorrise tra l’umida saliva che ancora univa le loro labbra, catturandone agilmente i filamenti con la lingua.

“Il Cielo sta implodendo…”
“Il peso dei peccati del Paradiso grava sulle membra degli uomini.”

Mai nella sua vita aveva considerato di poter temere il buio… o meglio, di poter temere l’oscurità illuminata dal sangue.
Il sorriso apparso a mezz’aria s’era diradato lentamente, dente aguzzo dopo dente aguzzo, ricadendo al suolo in una pioggia di sudici canini che, appena si immersero nel sangue spumoso e pregno di piume insudiciate, divennero polvere.

Kei tremò.
I suoi muscoli si contrassero, la pelle si drizzò, le pupille si dilatarono.
Il Guerriero poteva avvertire ogni singolo spasmo del proprio cuore che, contraendosi, quasi lo feriva!
Lo si poteva definire come uno dei paradossi più improbabili; eppure la vita, pur di non spegnersi in un battito d’ali, pareva disposta ad imporsi sofferenza e punizione.
E Kei non era mai stato un individuo particolarmente masochista.
Anzi, spesso e volentieri tendeva a ferire con quanta più potenza gli fosse concessa, solo per poter risollevare quello spirito imperfetto che il Signore tanto meschinamente gli aveva influsso.

Oh, questo era uno dei segreti più neri del Guerriero!

“Giovane angelo, a te la forza, le legioni, la rigenerazione allo sfiorare il sangue!”
“È crudele, Signore.”
“A te l’Ira Divina e la rivendicazione, a te la saggezza e l’ebbrezza della battaglia!”
“È crudele, Signore.”
“Ricevi la corona della Guerra e stringerai sempre la verga della giustizia; dunque, per espiare le tue colpe e le tue empietà non avrai alcun bisogno di preghiere bisbigliate.”

“È crudele, Signore.”

Temeva profondamente l’essenza di Mastro Ira.
Oh, non era per una questione di inferiorità nel combattimento o di ferocia nell’umiliare l’avversario… Era, piuttosto, proprio la loro grande somiglianza in tali nefandezze  a spaventarlo.
Ira rappresentava uno scarto, il traboccante marciume dell’universo; ed allora come poteva Kei sovrapporre tanto facilmente la propria anima a quella sudicia del Satana?
Impronta di furia e frustrazione, il Guerriero era stato partorito dal bisogno di rivalsa e di equilibrio dell’Eterno Padre; e, d’altra parte, Ira non era forse nato dallo scindersi e del fondersi delle personalità più violente e furiose di un Lucifero giustiziato e disperato?
La fiamma della loro esistenza veniva alimentata da simili origini, e nulla più di quell’opprimente particolare gravava sulla coscienza –se così poteva considerarsi l’alternarsi di un unico dubbio per volta- di Kei.

Perché proprio lui, essere divino ed incorruttibile, avrebbe dovuto condividere lo spirito e la nascita del Satana più putrido dei sette?
“Non può odiare se stesso… è uno dei peccati peggiori, o sbaglio?”
Al suo orecchio, una voce di donna, mutando gradualmente nel tono basso d’un maschio maturo, bisbigliò suadente con un ché di serpentino.
Kei strinse le due lame tra le mani, ed il sangue si riversò tra informi fauci spalancate ai suoi piedi.
“Nel sangue è nascosta l’essenza dell’anima. Nel sangue che bolle si insinua il mio spirito.”
Il respiro del Guerriero si fece più fievole d’una brezza estiva, riducendosi ad uno fischio udibile appena.
Le emozioni provate nell’arco della sua intera vita potevano essere contate sulla punta delle dita, e tra quelle fino ad allora non aveva mai realmente preso il proprio e doveroso posto la paura.
No, non la stupida, semplice e tanto banale sensazione di vuoto che gelava il petto e mozzava il fiato… Ma quella che si insinuava nelle viscere come un veleno, quella che portava alla nausea e ad avvertire il sapore del sangue nella gola ormai secca.
Due occhi come pece presero forma a pochi centimetri da quelli di Kei, e così un viso che si definì lentamente.

“Messere Kei, non scapperà!”
L’alito caldo del Satana gli carezzò la pelle fredda, sporca e ferita.
Le labbra carnose e nere articolarono ogni singola sillaba con lentezza, muovendosi ritmicamente nel buio.
Nel riflesso di quello sguardo opaco, Kei vide se stesso coperto di sangue  in preda all’euforia della morte , all’estasi del combattimento, all’ebbrezza della guerra.
Le sue ali di fuoco rilucevano nel cielo solforoso dell’Inferno, splendendo come una stella pochi attimi prima della morte.
Il petto era bruciante di gioia.
La voce risultava roca a causa delle sguaiate risate.
Le sue braccia e le sue gambe erano brandelli di carne inutili, e non importava che  il Guerriero fosse ormai mutilato.
L’eccitazione pervadeva la sua anima, la furia scalciava nel suo ventre.

La violenza partorita ripagava tutte le ferite.
Demone del Paradiso
, si ergeva sui Diavoli.
E nel volto contratto dalla funesta gioia, l’ombra del Peccato Furioso riluceva sbieca.
“Lei crede, Mastro Ira, di potermi impedire l’avanzata.” Iniziò l’Eletto, sorridendo ironico.
Avvertì le membra del Satana che, sciogliendosi e ricadendo simili a pioggia al suolo, scivolarono via come acqua paludosa.
“Ma i suoi infami artigli non riusciranno nemmeno a sfiorarmi il cuore.” Pronunciò infine, fieramente.
Si voltò, e lanciò la sua lama a trafiggere la densa e sanguigna oscurità che era Ira, ed Ira stessa nutriva.

“Saremo una sola cosa, tesoro…”
Il sangue gli rombava nelle orecchie: impetuoso come una tempesta, lo rendeva sordo alle suppliche del suo io cosciente.

Ah, il signor Yurij era sempre stato un dannato testardo, poiché aveva bisogno di andare a sbattere contro un pericolo almeno per tre volte, prima che potesse considerare valido e sensato l’ammonimento che gli era stato eventualmente –e sicuramente- fatto in precedenza.
La bella giovane aveva stretto la mano che l’Angelo le porgeva, mentre l’altro braccio l’aveva allungato per abbracciare docilmente l’Eletto e sentire il calore della sua salata pelle  maschile avvolgerla tutta…
Sadico mostro, sollevò lo sguardo per potersi specchiare negli occhi azzurri e smarriti dell’altro.
“Ti faccio paura?”
Yurij avvertì quel bisbiglio solleticargli l’udito, mentre ancora stringeva il fragile corpo della ragazza a sé.
Lo specchio d’acqua alla sue spalle si era dissipato non appena l’ultimo purpureo capello della donna era scivolato via ad intrecciarsi sulle sue braccia, cedendo posto ad una semplice parete di pietra bianca.
Il Guardiano non rispose.
La gola gli si era seccata e la lingua gli pareva quasi incollata al palato.
I suoi occhi, come preda d’un delirio sconosciuto, fuggirono l’intensità di quelli dell’altra, sollevandosi verso il cielo; e solo allora notò che non vi fossero soffitti rocciosi a proteggerli dallo sguardo Celeste.

Ma cosa importava?
Il respiro della creatura che si stringeva contro il suo torace forte  rincuorava lo scuotersi violento dell’anima dell’Eletto.
E  nel frattempo il Paradiso sarebbe potuto anche crollare e l’Inferno sprofondare in se stesso..!
Lui era lì, al sicuro.
La sua unica preoccupazione era baciare con quanta più grazia e delicatezza possibile la sua bella compagna.
Il suo solo affanno era accarezzare ed esplorare placidamente la cute morbida ed appena palpabile di quella stramba ninfa.
E poi morderla.
E poi divorarla.

E, ancora, divenire nutrimento e carne succosa.

“Sei sempre stato disgustoso e ripugnante: sin dal tuo primo respiro, hai iniziato a smembrare la tua stessa essenza.”
“Allora perché mi ha messo al mondo? Perché mi ha permesso di vivere?”

“Continua a maciullare le tue carni, continua a tranciare il tuo spirito. Non sei abbastanza amato per poter avere l’ardire di parlarmi.”

“Basta soffrire.” Il sangue zampillò dalla bocca della giovane sul suo collo ridotto ad una poltiglia di carne informe.
Era strano come tutto, improvvisamente, si fosse allontanato da loro, lasciandoli galleggiare nell’oscurità.
Come disgustato a quella scena, il luogo del loro incontro si era accartocciato su se stesso, vorticando lontano dall’amplesso sanguinante dei due Esseri.
In tutta risposta, Yurij sorrise, affondando i denti in uno dei seni della ragazza, succhiando forte il liquido ematico che si riversò dalle ferite aperte.
Lei gemette e si strinse con più forza al corpo fremente del Guardiano, come a volersi imprimere sulle ormai corrotte membra…
E fu proprio allora che il cuore dell’Angelo batté due volte, poi una, ed infine si fermò, gonfio di furore.

“Ora brucia.”
Una strana disperazione prese possesso della psiche di Yurij, consumandone l’equilibrio già precario…
Buio.
Luce.
Un ghigno.
Poi, ancora, l’oscurità.

Quando aprì gli occhi, tutto era stranamente immobile.
L’atmosfera tempestosa dell’Inferno s’era placata e, dilatando le narici, era stato in grado di distinguerne ogni singolo profumo.
Le sue mani erano ancora stranamente intrecciate con quelle di Cassiel, ma se fino a qualche attimo prima erano state le dita di Yurij a tremare furiosamente dalla disperazione, ora erano le membra dell’altro Angelo decaduto a contorcersi dal terrore; il Guardiano, quindi, le strinse energicamente e Cassiel gemette, preda del dolore.
Boris, invece, era ancora sul corpo immobile dell’Eletto quando, spostando i lunghi capelli rossi dal viso della sua vittima, bisbigliò:
“Ehi, Angelo mio, ti sei risvegliato..?”
Giunse solo un grido in risposta che, spaventoso, dai profondi ed oscuri toni baritonali diveniva più acuto d’uno stridio.

Gli artigli di Ira scavavano nella sua pelle, perforandogli l’anima.
Kei era solo; arrancava su di un terreno gelato pregno di sangue e disseminato di cadaveri, ma neanche un lampo di disperazione o terrore illuminava i suoi occhi.
Egli rideva, ben consapevole che la pioggia avrebbe ripulito quel macello; che le viscere ancora calde dei suoi compagni lo avrebbero riscaldato…
“Oh, Mastro Ira! È tutto inutile…” Biascicò con una punta d’euforia nella voce stanca.
Poggiò il volto al suolo e, continuando a sorridere, si considerò ben disposto anche a nutrirsi dei morti; senza che neanche una scintilla di rabbia e frustrazione s’accendesse nel profondo del suo cuore.

Il Peccato aveva ben compreso quanto sarebbe stato infruttuoso sfidare l’Angelo a singolar tenzone, in quanto la suprema abilità di entrambi si traduceva nel semplice ed eccitante corpo a corpo.
Dunque, perché non ferire il Guerriero laddove avrebbe avuto meno possibilità di difendersi?
I demoni sapevano che agli Angeli nati dopo la caduta di Sua Maestà non era stato fatto dono di una forte psiche.
Essi, infatti, possedevano solo una misera porzione di coscienza che si traduceva nell’amore di Dio e che solo in Dio erano le loro scelte, le loro azioni e loro parole.

Però, certamente, non avevano previsto che persino l’Onnisciente sarebbe potuto cadere nell’errore di produrre due fantocci difettosi
“Perché non riesco a penetrare abbastanza a fondo nei suoi pensieri?”
Ira e Kei, in quel momento, sedevano l’uno di fronte all’altro, separati da una tavola riccamente imbandita.
Probabilmente, ad un primo sguardo, le pietanze fumanti offerte ai due commensali sarebbero potute sembrare gustose leccornie.

Eppure…
L’Angelo rimase in silenzio, squadrando con intensità prima l’aspetto sudicio del Satana e poi i vassoi d’argento distribuiti sul tavolo.
In ognuno di essi scorgeva le membra dei sottoposti che aveva condotto alla morte; i dispersi nella contea di Astaroth ormai un tutt’uno con l’Inferno e le ignare vittime di Ira.
Sospirò, avvertendo l’oscurità farsi più intensa, comprendendo come ormai la poca pazienza del suo avversario fosse giunta al limite…
“Perché non è in grado di giocare con le mie emozioni. Sappia che io non sono uno spiritello da quattro soldi!”
Kei dunque, pronunciate quelle parole si sollevò e, scagliandosi sul Satana, avvicinò il proprio volto a quello deformato dell’altro, sorridendo.
“Mia è la Gloria del Cielo! Il sangue versato in battaglia non mi divora per i rimorsi, ma rigenera la mia essenza nella giustizia! Ergo, le sue illusioni sono del tutto inutili!”
Il silenzio calò per un attimo fra i due.

Si potevano udire i loro respiri ironicamente sincronizzati, come se fossero appartenuti ad un’unica e grottesca entità.
“OOooh, impressionante!”
Nonostante s’avvertisse fin troppo chiaramente il suo fastidio, Ira ruppe la calma, ridacchiando senza scomporsi.
“A quanto sembra, mio adorato Messere Kei, lei è molto più disgustoso di quanto credessi… Impedirle l’avanzata verso Lucifero sarebbe come negarmi lo spettacolo di una battaglia..!”
La voce del Satana si fece come quella di una bambina vivace, e sembrò quasi che fossero due piccole manine ad afferrare il volto del Guerriero e tanti piccoli denti a mordergli a sangue le labbra.
L’Angelo a quel gesto si allontanò di scatto con il cuore in gola e con la mente annebbiata da qualcosa di molto simile allo spavento.
Si sfiorò la bocca inumidita dal sangue e per un istante s’agitò in lui il desiderio di sopprimere con quanta più violenza possibile la vita di quel viscido essere che ancora tratteneva, che ancora si prendeva gioco di lui.

Eppure, qualcosa sedò la furia che era montata nel suo animo; una piccola scintilla di luminoso buon senso che gli sussurrò di non lasciarsi intrappolare dalla sottile rete di inganni e tranelli del Peccato…
“La aspetterò, Messere. Un giorno anche lei verrà rilegato in questa reggia disgustosa.”
Gli occhi neri di quello che Kei riconobbe essere un uomo brillarono, risucchiando l’oscurità che fino a quel momento li aveva avvolti in una totalità così spessa da togliere il respiro.
Solo allora il Guerriero, immerso nuovamente nella luce, si guardò frenetico tutt’attorno, osservando sparire il sorriso della Depravazione.
E così come quell’immagine si dissipava, in lui s’acquietava il tormento, poiché anche la verità della sua natura era tornata a riposo e per un po’ avrebbe persino potuto continuare a preoccuparsi vanamente della salvezza altrui, piuttosto che della propria sporca anima…

Quando il Custode acquietò il suo grido, Boris fu davvero scosso da ciò che vide: si separò tremando da quell’essere, lasciando che si sollevasse.
Per un attimo, il Messaggero ritornò ad essere quel demonietto appena nato, privo d’esperienza ed in balia degli spiriti maligni superiori, che era stato agli inizi della sua mera esistenza.
Comprese che era accaduto qualcosa di molto più spaventoso di quanto avesse previsto…
Credeva, povero ingenuo, che seviziando un Angelo d’alto rango sarebbe potuto arrivare ad ottenere persino un sottoposto..!
D’altra parte, non era affare comune per un demone come lui avere tra le mani un’anima simile a quella che era stata dell’Eletto.
Ma come poteva realizzarsi un simile desiderio, quando la propria vittima s’era rivelata essere un vero e proprio mostro?
Cosa fosse, inizialmente né Boris né Cassiel lo compresero.
Ma inquietava e scuoteva i loro cuori turbati, rendendoli vulnerabili.
La mano dell’angelo decaduto era ancora stretta in quella di Yurij che, nera e sporca, aveva ora lunghe dita simili ad affilati artigli.
Il suo corpo sembrava non avere acquisito alcuna precisa traccia dell’identità sessuale che avrebbe dovuto macchiare un Eletto condannato.
Coperto da un unico e sottile straccio sudicio, un liscio pettorale d’uomo forte era affiancato da un seno invece scoperto e prosperoso; e questa visione lasciò intendere che anche i genitali, nascosti proprio da quell’unico brandello di tunica, presentassero la stessa dualità.
I fianchi sottili conferivano eleganza al suo profilo, mentre le braccia forti imprimevano una certa dignità di portamento al suo sostare lì, immobile e guardingo.
“Ti ringrazio.” Soffiò quella nuova Creatura, rivolgendosi con dolcezza a Cassiel; e la sua voce parve simile ad una melodia dove cori di voci maschili si fondono armoniosamente ai virtuosismi dei toni femminili.
Quindi, piano, quasi attento a non spaventarlo, gli accarezzò una guancia con delicatezza, ricambiando lo sguardo confuso ed inquieto del dannato con un sorriso….
Poi, lentamente, si voltò verso Boris.
Allora, inclinò il viso su di un lato e, mutando i lineamenti della sua espressione in un ghigno talmente largo da deformargli l’elegante linea delle labbra, gli puntò un dito contro.

“Ti ammazzo.”

 “Peccaminoso e puro. Quale destino migliore per colui che regge l’artefatto del Diavolo?”

 
Nella grande sala dei troni i tre specchi che in un’epoca antica avevano donato al Guardiano la possibilità di osservare silenziosamente la Terra, l’Inferno ed il Paradiso s’erano incrinati, divenendo completamente neri.
Una fanciulla sedeva sul seggio più imponente, carezzando con la punta delle dita un libro poggiatole in grembo.
Per lungo tempo restò ferma, rimirando come ogni singola ala nata da quattro dei cinque troni ne avesse sgretolato le superfici preziose.

“Questo non dovrebbe essere il mio posto.”
Sui suoi piedi nudi scivolarono alcuni frammenti del cristallo dei nobili sedili che la circondavano.
Fremette, mordendosi le labbra con la furia di chi aveva subito un’ingiusta punizione.

“Lucifero… Giuro che sarò presto tua.”

“Sono il Caos Primordiale, colui che dalla sovrabbondanza del suo esistere e definirsi  ha dato vita all’universo.”
“Sono l’Ordine delle cose, colui che ha trapuntato il cielo di stelle, che ha  eretto il Paradiso e concesso all’uomo la Conoscenza.”

*Fine capitolo diciassette*
Sono terribile, me ne rendo conto.
Beh, mi scuso profondamente per i miei continui ritardi e spero che chi sia ancora in ascolto sia almeno un po’ contento di questo ritorno.
Abbiamo visto Lucifero e Yuyu, abbiam visto Kei ed Ira, abbiam visto Yuyu nelle sue sembianze demoniache ed infine un nuovo personaggio...
Per non parlarvi del super spoiler che vi ho fatto alla fine del capitolo e_e.
Ma sì, sono stata fin troppo buona u_ù.
Bhé, sono iniziate le vacanze, quindi spero di poter sfornare un altro aggiornamento a breve, ma non assicuro nulla!

IMPORTANTE: volevo dire che ho modificato la parte finale dello scorso capitolo, eliminando “Pestilenza” ed introducendo “Inganno”.
Diciamo che sono stata confusa da un paio di cose, compresa anche la fretta della partenza l’estate scorsa quando ho aggiornato, e che ho risolto in ritardo solo riprendendo qualche giorno fa la storia!
Infatti non mi trovavo più coi miei schemi ò_ò’’.
Ma la colpa, ovviamente, è solo mia e di non aver riportato bene nero su bianco le mie intenzioni e non di chi, giustamente, mi aveva fatto notare delle imprecisioni tremende u_ù’’.
I Cavalieri dell’Apocalisse sono quattro; il primo avanza su un cavallo bianco: rappresenta il falso Cristo.
Il secondo, sul cavallo rosso, la Guerra.
Il terzo, sul cavallo nero, la Carestia.
L’ultimo, sul cavallo verde, la Morte –compresa di pestilenza!
Eh, bhé, credo sia tutto e_e.
So che potrebbe ancora confondervi la cosa, ma se continuerete a seguirmi giuro che vi porterò chiarezza e_e!
Un bacio, ed un grazie dicuore a tutti coloro che leggeranno e soprattutto che recensiranno ^^!

 

 

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