Our strange, impossible, beautiful love

di SanjitaSwan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nel posto sbagliato al momento sbagliato ***
Capitolo 2: *** Il mattino ha l'oro in bocca... o no? ***
Capitolo 3: *** Guarda un po' chi si rivede... ***
Capitolo 4: *** Sei un tipo strano, lo sai? ***
Capitolo 5: *** Tra birre e frasi di troppo ***
Capitolo 6: *** Una terribile mattinata ***
Capitolo 7: *** Pranzo a casa di Usopp ***
Capitolo 8: *** Non tutti i mali vengono per nuocere ***



Capitolo 1
*** Nel posto sbagliato al momento sbagliato ***


Nami ricontrollò l’orologio per la ventesima volta nel giro di cinque minuti, sbuffando sonoramente. Possibile tutte le volte la stessa storia? Picchiò spazientita la porta del bagno, dal quale il rumore dell’acqua della doccia non sembrava volersi fermare.
“Sanji, insomma, ti vuoi sbrigare sì o no? Non ho intenzione di arrivare in ritardo per colpa tua anche stavolta!”. Una voce bagnata le rispose, da dietro la porta: “Arrivo subito!”.
“Muoviti!” ripeté lei allontanandosi. Tutte le volte che dovevano uscire andava sempre a finire così; Sanji si piantava in bagno per delle ore col risultato che arrivavano sempre in ritardo.
‘Mannaggia a lui!” pensò seccata buttandosi sul divano e guardando nuovamente l’orologio.
Sanji uscì finalmente dalla doccia e si legò un asciugamano intorno alla vita, sbuffando. La sua voglia di andare a quella maledetta festa di Nico Robin, la migliore amica di Nami, era pari a meno di zero. Sapeva come sarebbe andata la serata: locale, musica assordante, caos allucinante, cibo, alcolici (ai quali Nami non gli avrebbe mai permesso di avvicinarsi) e le solite persone che a malapena conosceva di vista.
Da quando cinque anni prima era arrivato da Parigi per lavoro, aveva legato davvero con pochissime persone, giusto con i ragazzi dell’università che frequentavano quel bar squallido dove lavorava. Per il resto frequentava solo gli amici di Nami, che erano in linea di massima le uniche persone che conosceva. Più o meno. E a pensarci bene era tutta gente noiosa, perfettina, di cui non si riusciva mai a parlare di niente, e che ti guardavano dall’alto in basso di continuo. E il fatto che alla festa ci fossero solo persone di quel genere gli faceva venire ancor meno voglia di andarci.
Ma d’altro canto l’aveva promesso a Nami, e sapeva bene che si sarebbe arrabbiata se alla fine non avesse mantenuto la promessa. E decisamente non aveva voglia di litigare. Tanto Nami non gli avrebbe comunque dato retta. Quando voleva una cosa era quella, e conoscendola sarebbe stata capace persino di trascinarselo dietro anche se gli fosse venuto un fulminante attacco di diarrea all’ultimo minuto. Meglio dunque lasciar perdere e sperare che la serata finisse il prima possibile.
Si asciugò e si vestì alla svelta, prima che Nami venisse a sfondare la porta e lo portasse via così com’era.
“Finalmente!” sbottò Nami alzando le braccia quando lo vide uscire dal bagno. Poi gli sventolò l’orologio a due centimetri dal naso gridando: “Ma cosa stavi combinando là dentro? Ti rendi conto di che ore sono?! È tardissimo! Muoviti, sali in macchina e andiamo!”.
Sanji provò a spiegare, ma Nami non volle sentir ragioni, e dopo un minuto erano già per strada.
Per tutto il tragitto tra la casa di Sanji e il locale non si parlarono, se non, da parte di Sanji, per qualche domanda ogni tanto per alleggerire la tensione, alle quali Nami rispondeva scocciata con degli sbuffi o dei monosillabi. Accidenti, la serata partiva proprio alla grande! Per un motivo o per l’altro si sentiva sempre in colpa quando faceva arrabbiare Nami. Fu quasi in sollievo per Sanji arrivare al parcheggio, quel silenzio non lo sopportava più. Prima di entrare, Nami gli rivolse la parola solo per dirgli, con tono minaccioso: “Ti ricordo che dopo devi guidare, guai a te se ti avvicini agli alcolici. Chiaro?”. Sanji annuì. Quella frase gliel’aveva gia ripetuta tante di quelle volte che ormai annuire era diventato un gesto automatico.
Appena entrarono, come al solito, Nami e Nico Robin si salutarono come se non si vedessero da vent’anni, senza risparmiarsi nulla. Dopo aver salutato Sanji con i soliti due baci sulle guance, Nico Robin sorrise e disse: “Finalmente siete arrivati, volevo presentarvi una persona!”. Mentre Nami cercava di spiegare le motivazioni del loro ritardo, scaricando la colpa di tutto sul povero Sanji, che non poté far altro che annuire e scusarsi, si avvicinò a loro un ragazzo grosso come un armadio dai capelli blu che baciò Nico Robin.
“Sanji, Nami, questo è il mio ragazzo, Franky. Stiamo insieme da una settimana”. Franky tese una mano verso i due: “Sono felice di conoscervi!”. Nami afferrò la mano e, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, presentò sia lei che Sanji, che non ebbe nemmeno il tempo di salutare.
Nico Robin proseguì: “Ora che siamo tutti fidanzati, qualche volta si potrebbe fare una bella uscita a quattro”. “Ooooh, che bella idea!” strillò Nami stringendo la vita di Sanji e sorridendo soddisfatta. Poi, rivolta al ragazzo, senza perdere il sorriso, disse: “Ok, io vado a divertirmi un po’, ci ritroviamo fuori a mezzanotte. Ah, e ricordati quello che ti ho detto”.
Sanji si sforzò di sorridere, e disse a denti stretti: “Certo, vai pure. A dopo”. Nami lo baciò e si allontanò con Nico Robin e Franky, chiacchierando animatamente. Sanji rimase solo.
Annoiato, si lasciò cadere su un divano, di fianco a una coppia di giovani semiubriachi che sembravano avere le lingue incollate con l’attack. A Sanji venne da pensare che lui e Nami, in quasi due anni che stavano insieme, non si erano mai messi a limonarsi come ossessi sul divano di un locale. Nami era sempre impegnata a ballare, bere, chiacchierare con le amiche e divertirsi. E lui rimaneva sempre solo. Poteva sempre andare di nascosto a fumare una sigaretta. Già, ma quella sera Nami non gli aveva nemmeno lasciato il tempo di prenderle. In più quei due idioti brilli di fianco a lui cominciavano davvero a dargli sui nervi, così si alzò e si mise a cercare Nami tra la folla. Eccola lì, che ballava scatenata con un cocktail in mano di fianco a Nico Robin, appiccicata a Franky.
Insomma, tutti sembravano divertirsi tranne lui. Finalmente trovò un divanetto libero e ci si fiondò sopra, senza mai togliere gli occhi da Nami.
Improvvisamente uno strattone al braccio lo costrinse a voltarsi. Confuso e sorpreso, Sanji si girò e si ritrovò davanti uno strano tipo con un’inguardabile chioma di capelli verdi, vestito come se non avesse mai visto uno specchio in vita sua e l’espressione a dir poco incazzata. Nella mano destra aveva una birra, e a giudicare dalla faccia e dall’odore di alcool che aveva addosso non ci voleva molto a capire che era ubriaco fradicio.
“Ehi tu!” ringhiò tirandogli una spinta. “Sloggia dal mio posto!”.
 

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Capitolo 2
*** Il mattino ha l'oro in bocca... o no? ***


Sanji guardò con le sopracciglia aggrottate quello strano tipo per qualche secondo.
“Ehi! Che, non ci senti? Ti ho detto che te ne devi andare!” ripeté il tipo verde alzando la voce e dandogli una spinta. Sanji rispose, calmissimo: “Non mi risulta che ci sia scritto il tuo nome, quindi non rompere!”.
“Ti ho detto di levarti dalle palle!” gridò l’altro con la faccia rossa per la rabbia a un centimetro da quella di Sanji.
Il biondo lo guardò con aria di sfida, rispondendogli: “Senti, amico, non so chi tu sia né cosa voglia da me, ma se hai qualche problema risolvitelo da solo e fatti una vita. Ah, e già che ci sei cambia parrucchiere. Adesso vai fuori dalle palle, per favore”.
La mano del verde afferrò il colletto della camicia di Sanji e lo sollevò di peso a qualche centimetro da terra.
“Sentimi bene, con me non si scherza! Se non te ne vai immediatamente qui si mette molto male!”. Intorno a loro si era già formato un capannello di gente, e qualcuno aveva già cominciato a gridare “Rissa! Rissa!”.
Sanji rimase immobile guardandolo negli occhi per un po’. Poi, con la coda dell’occhio, vide di fianco a lui un tavolino con sopra appoggiato un bicchiere mezzo pieno. Con un gesto fulmineo lo afferrò e ne rovesciò il contenuto in faccia al verde, che preso alla sprovvista, mollò la presa, mentre gli spettatori ululavano.
Dopo qualche secondo di smarrimento, il verde si asciugò il viso con una manica e tornò a guardare Sanji con lo stesso sguardo di un toro imbizzarrito.
“Ora ti sistemo io, bastardo!”. Detto questo gli tirò una potente spinta che fece finire Sanji su un tavolo lì vicino, rovesciando tutto ciò che c’era sopra. Poi quell’altro, sempre più incazzato, cercò di tirargli un pugno, senza smettere un secondo di insultarlo. Sanji, però, riuscì a schivare il colpo e gli assestò un forte calcio nello stinco sinistro, che lo fece cadere a terra dolorante.
Gli ci volle un po’ per riprendersi, complice tutto l’alcol che aveva in corpo, poi si rialzò a fatica e tornò a guardarlo negli occhi ansimando e sbuffando. Ora era davvero arrabbiato! Sollevò il braccio destro per tirargli un altro micidiale pugno, urlando inferocito. Ma in quel momento un ragazzo coi capelli neri lo afferrò da dietro, bloccandolo. “Zoro smettila! Calmati adesso!” disse un altro ragazzo, simile al soccorritore ma più alto.
“Lasciatemi, idioti! Voglio farlo a pezzi!” gridò Zoro cercando di liberarsi dalla stretta. Sanji guardò prima lui e poi gli altri due, poi ridacchiò: “Ehi, amico! Dov’è finita tutta la tua micidiale forza? Sei proprio patetico, lasciatelo dire…”.
In quel momento un potente schiaffò lo colpì sulla guancia destra, mentre una voce femminile urlava il suo nome. Sanji si girò a guardare chi fosse, e si ritrovò davanti Nami, rossa in faccia e con le mani che tremavano.
“Si può sapere cosa accidenti stai combinando? Ti lascio un attimo e ti metti a fare a botte?”
“È stato lui! Mi ha provocato!” cercò subito di spiegare Sanji, massaggiandosi la guancia colpita con una mano e indicando Zoro con l’altra, che intanto continuava a urlare e dimenarsi, mentre veniva portato via dai due.
“Me ne frego di chi sia stato a cominciare! Possibile che non posso stare tranquilla un secondo che ne combini una delle tue? Avanti, muovi il culo e vai a prendere la macchina, ce ne andiamo!”.
Sanji obbedì, facendosi strada tra la folla a testa bassa, mentre tutti lo guardavano e commentavano sottovoce.
Un silenzio tombale li accompagnò per tutto il viaggio di ritorno. Sanji non aveva il coraggio di parlare, sicuramente Nami lo avrebbe gonfiato di sberle (e una sola bastava e avanzava). Bastava guardare la sua espressione! Cavolo, la serata si era messa proprio male!
Arrivati davanti a casa di Nami, Sanji cercò di rompere il ghiaccio con un timido “Siamo arrivati”. Si aspettò un’altra sberla sulla guancia, invece gli arrivò una risposta calma e pacata.
“Sì. Grazie mille. Buonanotte, a domani”. Sanji tirò un sospiro di sollievo. Poi, vedendo che si era calmata, la afferrò per una mano e le disse, con un sorrisetto maniaco: “Sicura che non vuoi restare ancora un po’?”
“Ho detto BUONANOTTE!” ribatté lei scocciata scendendo e sbattendo la portiera.
 
***
 
Filtrati attraverso le tapparelle abbassate, i raggi del sole già alto colpirono il viso di Zoro, svegliandolo. Con uno sbadiglio si girò a controllare l’orologio. Le 10,27. Sicuramente Ace e Rufy, i suoi due coinquilini, erano già usciti.
Si tirò su a fatica, realizzando di avere un mal di testa tremendo. Poi si alzò, aprì la finestra e si avviò barcollando come uno zombie verso il bagno.
Si guardò allo specchio: aveva davvero un aspetto terribile! Aveva addosso solo una canotta e un paio di boxer, i capelli verdi tutti arruffati e la bocca impastata. Inoltre aveva lo stomaco completamente in subbuglio. D’altronde aveva passato la notte in bianco, tra il letto e il bagno, e gran parte l’aveva passata con la faccia nel cesso. Il tutto ovviamente era dovuto alla sbronza della sera prima.
Beh, non era certo una novità. Lo sapevano bene Rufy e Ace, che dopo averlo fermato durante la rissa l’avevano riportato a casa a piedi, dal momento che la macchina era in riparazione.
Zoro si tolse boxer e canotta e si mise sotto la doccia. Di quello che era successo la sera prima si ricordava solo una cosa: quel bastardo biondo col quale aveva litigato.
‘Giuro che se lo ribecco lo ammazzo’ pensò buttando la testa all’indietro sotto il getto d’acqua calda. ‘Chissà perché la sua faccia mi è rimasta in mente!’.
Uscì e si rivestì mettendosi le prime cose che gli capitarono in mano, raccattandole dal pavimento rigurgitante di vestiti smessi, lattine di birra vuote, riviste di moto e auto sportive e quant’altro.
Aprì il frigorifero sperando di trovarci qualcosa di soddisfacente, ma lo trovò vuoto. Lo richiuse, imprecando e maledicendo i suoi amici ingordi. Si vedeva proprio che erano fratelli, tutte le volte finivano tutto e gli toccava mangiare qualcosa al volo fuori. Sempre la solita storia.
Vabbè, pazienza, avrebbe comprato qualcosa al discount sotto casa.
‘Intanto pensiamo a risolvere il problema della colazione’ pensò prendendo portafogli e cellulare e uscendo di casa.
 
 
C’era parecchio lavoro quella mattina nel bar dove lavorava Sanji. Da che era arrivato non aveva smesso un secondo di muoversi, e come se non bastasse Zef, il proprietario del bar, aveva la luna più storta del solito, e continuava a rompere. Sanji sospirò, davanti all’ennesimo rimprovero.
Quanto odiava quel vecchiaccio! Ogni scusa era buona per lamentarsi e prendersela con lui. Però era anche vero che era stato l’unico a offrirgli il posto di lavoro, quindi gli conveniva rigare dritto e non farlo arrabbiare più di tanto, anche se la voglia di mandarlo a quel paese cresceva ogni giorno di più.
Però Sanji continuava a pensare a quell’imbecille ubriaco dai capelli improponibili che l’aveva aggredito alla festa.
‘Che coglione’ pensò sistemando i piatti puliti sul ripiano. ‘Ma chi si credeva di essere? Mah, certo che in giro c’è proprio gente strana!’.
“Allora moccioso, ti sbrighi con quei piatti?” ringhiò Zef apparendo improvvisamente dietro di lui. ‘Al bancone si sta formando una coda infinita! Si può sapere dove sei con la testa stamattina? Sveglia! Dammi qua, se aspetto te faccio in tempo a morire qui! Non perdere altro tempo e vai a servire i clienti!’.
Sanji borbottò qualcosa tra i denti e si allontanò verso il bancone. Accidenti, quanta gente che c’era! Meglio smettere di pensare all’idiota verde e rimboccarsi le maniche.
Riuscì in qualche modo a servire tutti il più rapidamente possibile, muovendosi come una trottola qua e là per tutto il bancone.
Tutto sommato se la stava cavando piuttosto bene, e a parte i rimproveri del vecchiaccio non era affatto una brutta giornata, anzi! Nami alla fine l’aveva perdonato per la storia della rissa, e avevano in programma di passare il pomeriggio insieme.
Sì, ok, accompagnarla a fare shopping non lo faceva esattamente saltare dalla gioia, ma meglio di niente, no?
La coda stava sparendo, mancavano solo gli ultimi clienti. Aveva appena finito di servire una ragazza bionda molto carina e gentile, che non aveva smesso un secondo di sorridergli. Con un sorriso sognante, Sanji le porse il resto dicendo: “Grazie mille, spero di rivederla presto. Il prossimo!”.
La ragazza se ne andò, e Sanji… si ritrovò faccia a faccia con Zoro!!!!
 

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Capitolo 3
*** Guarda un po' chi si rivede... ***


Entrambi rimasero per qualche secondo imbambolati fissandosi a vicenda con un’espressione incredula.
‘N-non è possibile!’ pensò Sanji quando ritrovò lucidità. ‘È proprio lui!’.
Guardò il verde dall’alto in basso, osservando ogni minuscolo dettaglio: l’improponibile chioma verde, la faccia da pesce lesso, i muscoli scolpiti e abbronzati in risalto sotto la maglietta aderente. Bisognava riconoscere, però, che sul fisico non c’era proprio niente da ridire, anzi!
‘AAAAH, ma a che cazzo penso!’. Il biondo si riscosse, e, cercando di riacquistare il sorriso di poco prima, fingendo di non averlo mai visto in vita sua, disse a denti stretti: “In cosa posso servirla?”.
Zoro, che per tutto quel tempo era rimasto immobile a fissarlo con la bocca spalancata, si riscosse anche lui e, rispose, stando al gioco del biondo: “Un caffè nero bollente, per favore!”.
Senza mai staccargli gli occhi di dosso, Sanji si mosse rapidamente tra il bancone e la macchinetta del caffè, per poi tornare dal verde (senza mai perdere il sorriso) e schiaffargli la tazzina davanti al naso.
“Ecco qua!”
Zoro, che continuava ad assecondare Sanji guardandolo negli occhi, fece per portare la tazzina alle labbra, poi si fermò. E con un gesto quasi impercettibile rovesciò il caffè sulla camicia bianca di Sanji, ustionandolo.
“Ora siamo pari!” sogghignò Zoro sorridendo beffardo.
Sanji cercò, anche se con un enorme sforzo, di resistere alla tentazione di prenderlo per quei ridicoli capelli e strapparglieli tutti. Non voleva far scoppiare una rissa proprio lì! Già Zef era incavolato di suo, figuriamoci questa! Sicuramente l’avrebbe licenziato, e viste le circostanze non era proprio il caso. D’altro canto, però, non poteva mica fargliela passare liscia in quella maniera! Quindi tornò a guardarlo negli occhi sorridendo.
“Non l’ho forse servita a dovere?” chiese in tono di sfida.
Zoro, che non si aspettava una reazione del genere, smise di sorridere, e sentì un forte senso rabbia crescere dentro di lui. Come si permetteva di trattarlo così? Sbatté violentemente una mano sul bancone e gli ringhiò contro: “Ma mi prendi per il culo?”.
Sanji continuò a sorridere soddisfatto. Era proprio la reazione che si aspettava! Nel rispondergli assunse un tono serio: “Assolutamente no”.
“Mi pare di averti già detto che non ti conviene scherzare con me, damerino da quattro soldi!” continuò Zoro avvicinandosi con fare minaccioso.
Sanji decise di abbandonare la tecnica del ‘fai finta di niente’, cominciava a perdere la pazienza anche lui, e che cavolo. Inoltre, dietro il verde, si era anche formata una fila chilometrica e decisamente spazientita.
“A me invece pare di averti già detto che se hai qualche problema esistenziale te lo risolvi da solo. Io sto lavorando, e non ho né fiato né tempo da sprecare con te. Quindi vattene, grazie”.
Il viso di Zoro divenne completamente rossa nel giro di pochi millisecondi.
“Ah si, eh? Ora te lo procuro io un bel problema!”
Sanji non fece in tempo a ribattere che si ritrovò per terra con un pugnò stampato sulla faccia. Sentì alcune persone che urlavano, altre che scappavano e altre ancora che cercavano inutilmente di bloccare Zoro.
Il biondo si rialzò, afferrò il bordo della maglia del verde e sibilò: “Senti, ciccio, è meglio che te ne vai ora, prima che mi arrabbi sul serio”.
“Ah sì? Se no che mi fai?” lo sfidò Zoro afferrandolo anche lui per il colletto della camicia.
Senza troppe cerimonie, Sanji lo sbatté con violenza contro il bancone, suscitando ancora più terrore tra la folla, che abbandonò alla svelta il locale.
Zoro si sollevò, sentendo qualcosa di caldo e appiccicoso colargli dal naso. Sangue. Si ripulì strofinandosi furiosamente con una manica e tornò a concentrarsi sull’avversario. Ma prima che uno dei due potesse anche solo battere ciglio, un urlo proveniente da dietro il bancone li costrinse a fermarsi.
“CHE COSA DIAVOLO STA SUCCEDENDO QUI?!”
Era Zef, furioso, che, accortosi del trambusto, era accorso per controllare cosa accidenti stesse combinando quel moccioso. E ovviamente non ci mise molto a capire.
Sanji guardò prima lui, poi Zoro e infine di nuovo verso il suo capo, cercando disperatamente di spiegare: “Posso assicurare che io non c’entro a niente, è stato lui a…”
“SILENZIO! Pulisci tutto, e poi vieni subito nel mio ufficio! Sei in un mare di guai, ragazzo!”
Sanji non poté far altro che rassegnarsi e rispondere con un flebile “Sissignore”, mentre Zoro, con uno sguardo che avrebbe messo paura a chiunque, indietreggiò verso la porta. Sanji si voltò e lo guardò con tutto l’odio di cui era capace finché non fu fuori dal suo campo visivo. Tirò un calcio al bancone, imprecando sonoramente. Altro che bella giornata, poteva benissimo dirsi la peggiore della sua vita!
 
‘Brutto pezzo di merda’ pensò Zoro mentre si tamponava con un fazzoletto il naso sanguinante. ‘Nessuno può permettersi di prendermi in giro!’. In quel momento il suo telefonino squillò. Lo tirò fuori e guardò il display. Franky! Cazzo, tra tutti quei casini aveva completamente perso la nozione del tempo, e ora era in ritardo clamoroso! Lasciò perdere per un attimo il suo naso e premette il tasto di risposta.
“Franky! Scusa, ho avuto un contrattempo e non ho più guardato l’ora. Dammi cinque minuti e sono da te!”.
Dall’altro capo della cornetta, Franky, che in quel momento si trovava nella sua rimessa, rise e disse: “Non preoccuparti, fratello, ti do la giornata libera! Ti chiamavo perché ho sentito Nico Robin poco fa, e volevo chiederti una cosa…”
“Dimmi tutto!” rispose Zoro tirando un sospiro di sollievo. Franky era proprio un amico! L’aveva preso a lavorare con lui nella sua rimessa, e si sentiva in dovere di ricambiare in qualche modo.
“Ok, non ti preoccupare, dopo passo da te e ti faccio sapere” disse quando Franky finì di parlare.
“Perfetto! A dopo, allora!” lo salutò Franky prima di riattaccare.
Zoro ficcò il telefono in tasca e tornò a asciugarsi il naso e a mandare a quel biondino mille accidenti, accorgendosi improvvisamente di non sapere neanche il suo nome.
 
***
 
Sanji diede un tiro alla sigaretta e si guardò intorno un paio di volte, nella speranza di vedere finalmente Nami arrivare. Erano dieci minuti che era seduto ad aspettarla, sicuramente era rimasta bloccata nel traffico o aveva perso tempo in bagno a truccarsi.
Si mise di nuovo la testa tra le mani, sconsolato. Alla fine Zef non l’aveva licenziato, anche se ci era andato davvero molto vicino, ma in compenso gli aveva urlato nelle orecchie per venti minuti buoni le solite lagne che ormai si sorbiva quotidianamente. Tutto per colpa di quello stronzo con la testa verde!
‘Ah, ma se lo ribecco me la paga molto cara!’ pensò furiosamente Sanji tirando un’altra boccata.vPoi vide arrivare Nami in lontananza, buttò via la sigaretta e si alzò.
“Ciauuuu!” fu il caloroso saluto di Nami, che gli saltò al collo come se la sera prima non fosse successo niente. Era di buon umore, meglio tenersela buona!
“Allora, come è andata oggi?” chiese la rossa mentre entravano nel centro commerciale.
“Mmh, bene. Il solito” rispose Sanji, pensando che farsi quasi licenziare non è esattamente quel che si dice andare bene.
“Ehi, non dirmi bugie! Conosco quell’espressione! Zef continua a rovinarti l’esistenza, giusto?” disse Nami tirandogli una gomitata. Sanji sospirò annuendo. Per un attimo aveva temuto che sapesse della rissa!
“Sì, però ora non mi va di parlarne, ok?” rispose Sanji.
Nami lo scrutò attentamente, poi indicò la sua guancia destra, violacea dopo il pugno tiratogli da Zoro: “Cos’è quello?”
Sanji si toccò, cercando freneticamente una scusa.
“Ehm… è… una botta che ho preso un paio di giorni fa… senti, piuttosto, cos’è che devi comprare?” azzardò cercando di sviare il discorso.
A Nami si illuminarono improvvisamente gli occhi, iniziando a elencare tutte le cose che voleva comprare e facendo impallidire il povero ragazzo. Fantastico, ora era bloccato lì per tutto il pomeriggio a guardare Nami svolazzare da un negozio all’altro provandosi montagne di vestiti e scarpe, chiedendogli costantemente se le stesse bene o no, per poi lamentarsi che non c’era nulla che facesse per lei. Sospirò rassegnato, seguendo la ragazza nel primo negozio sulla lista da lei dettata.
“Ah, Sanji, indovina! Prima ho sentito Nico Robin!”
“Ah sì? E che ti ha detto?” fece Sanji, ancora assorto nei suoi pensieri.
“Stasera usciamo tutti e quattro!” cinguettò lei felice come una pasqua.
“Tutti e quattro?”
“Sì! Io, te, lei e Franky! Dai, ne abbiamo parlato ieri sera, non ti ricordi?”
“Ah, sì, sì…” disse Sanji, per nulla entusiasmato dalla cosa. Non bastava la rissa e lo shopping, no, ora lo aspettava anche una bella, noiosissima serata con quei due, quando l’unica cosa che voleva era andare a casa, fare un bagno caldo, mangiare un boccone e andare a dormire!
“Oh, e ha anche detto che ci sono degli amici di Franky! Tre fratelli, da quanto ho capito… o forse erano due più un altro… boh! Contento?”
“Per la verità sono un po’ stanco, stasera avrei preferito starmene un po’ tranquillo a casa…” cercò di dire Sanji, subito frenato dall’entusiasmo di Nami.
“Daiii, che ci divertiamo! Poi, se vuoi, dopo possiamo passare da casa mia e stiamo un po’ insieme! Ti va?”.
Sanji la guardò. Non riusciva proprio a dirle di no. E comunque, anche se gliel’avesse detto, cos’avrebbe cambiato?
“Va bene…”. Nami lo baciò, tutta soddisfatta di aver ottenuto quello che voleva. Come sempre, del resto!
 
 
 
 
 
CIAOOOOOOOOOOOO!!!!
Dopo ben tre settimane d’assenza sono tornataaaaa (e chissenefrega!!! *piange*)
Scusate se ho aggiornato tardi, ma ho avuto un sacco di impegni e non mi veniva l’ispirazione (ci ho messo cinque ore per scrivere questo capitolo!)
Comunque spero che i miei sforzi siano stati ripagati e sia venuto fuori qualcosa di leggibile!!!
Spero che recensiate e che non siate troppo crudeli :’)
Baci!!! SS

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Capitolo 4
*** Sei un tipo strano, lo sai? ***


Così quella sera il poveretto si ritrovò seduta stante in macchina con Nami di fianco che non la finiva un secondo di parlare. Sanji, dal canto suo, si limitava ad annuire e ad emettere degli ‘mmh’ ogni tanto.
Erano tornati dal centro commerciale solo un’ora prima, dopo che, come previsto dal ragazzo, Nami si era provata di tutto, optando infine per un vestito arancione e dei sandali abbinati. Che poi, secondo il modesto parere di Sanji, non le stava nemmeno bene, la faceva sembrare un grosso tubo arancione con le infradito. Non glielo disse, ovviamente.
Finalmente arrivarono a destinazione, un piccolo locale di periferia.
Sanji parcheggiò l’auto e scese, ansioso che quella noiosissima serata si concludesse il prima possibile.
Vide Nico Robin arrivare, salutare Nami come se fosse appena tornata dalla guerra, e riempirla di complimenti sul tubo arancione.
Sanji stava cercando di capire se fossero complimenti veri o ipocriti, quando Franky, in bermuda e camicia hawaiiana, fece il suo ingresso, baciando Nico Robin.
“I ragazzi sono nel parcheggio, ora arrivano” fu la prima frase della serata, dando al biondo una stretta di mano frantuma ossa.
“Ah, ottimo! Intanto andiamo a sederci” rispose Nami, sorridendo. Sanji seguì i tre a ruota, rimuginando ancora una volta sul suo desiderio di starsene a casa davanti alla tv.
Sfogliò distrattamente il menù, in cerca di qualche stuzzichino da mettere sotto i denti.
‘Appena posso mi invento una scusa ed esco a fumare una sigaretta’ pensò chiudendo insoddisfatto il menù.
“Eccoci qua!”
Improvvisamente una voce proveniente da dietro di lui lo fece sobbalzare.
Si girò, realizzando che la voce apparteneva ad un ragazzo moro con la faccia simpatica e piena di lentiggini. Dietro di lui un altro ragazzino, più giovane, molto somigliante all’altro, ma con l’espressione più tenera e ingenua.
Sanji aggrottò le sopracciglia. Quel ragazzino aveva un viso familiare, l’aveva già visto da qualche parte. Stava pensando in che occasione quando in quel momento, dietro di lui, apparve la terza presenza.
Non era possibile!!!!
‘L’idiota coi capelli verdi!’ fu tutto quello che riuscì a pensare in quel breve attimo di lucidità.
Zoro svettava in piedi davanti a lui, sfoggiando la sua orribile pettinatura color muschio. Anche lui si accorse di Sanji, e gli cadde la mascella dalla sorpresa.
‘Il coglione perfettino con cui ho fatto a botte! Ancora lui!’
“Ah, bene!” disse Franky alzandosi e iniziando a fare le presentazioni. “Questi due sono Rufy e Ace, lui è Zoro, il mio amico che lavora in officina con me”.
Zoro! Si chiamava Zoro!
‘Idiota di nome e di fatto!’ gli venne da pensare mentre stringeva le mani ai due fratelli. Quando arrivò il turno del verde, i due non si guardarono nemmeno in faccia e, seppur con rancore, si strinsero la mano.
“Piacere, Sanji” borbottò il biondo.
‘Ah, finalmente so come ti chiami, dannato damerino da quattro soldi’ fu il pensiero di Zoro.
Poi notò che gli altri due si erano già accomodati a fare libera conversazione, e l’unico posto libero rimasto era proprio quello di fianco a quello stronzo. Mannaggia…
Entrambi si sedettero, sprofondando in un silenzio tombale. Sanji lo guardò di sottecchi.
La prima cosa che attirava l’attenzione era senz’altro la chioma verde, ma più di ogni altra cosa lo colpì il suo fisico super palestrato da mozzare il fiato. Cazzo, c’era da dire che, capelli a parte, era veramente un gran bel ragazzo. Peccato per il carattere.
Guardandolo meglio sembrava anche lui incredibilmente annoiato e fremente dalla voglia di andarsene. Girò lo sguardo, cercando di pensare ad altro.
Fu il turno di Zoro di osservare tutti i dettagli di Sanji; i capelli biondi perfetti, i vestiti tutti bene in ordine, l’accenno di barba sulla punta del mento, quell’orribile sopracciglio spiraliforme… ma anche lui aveva notato il suo fisico perfetto, muscoloso ma non troppo, dalla pelle candida e morbida. Non male, non male davvero. Peccato che era un coglione.
Sanji decise che era il momento buono. Si alzò e annunciò alla tavolata: “Scusate, vado un secondo in bagno, torno subito”.
Si allontanò verso l’uscita, dopo essersi assicurato che Nami non stesse guardando. Macché. Era troppo impegnata a conversare, sembrava quasi non essersi accorta che se n’era andato.
Meglio così.
Uscì, tirò fuori una sigaretta dal pacchetto che teneva in tasca, la accese e tirò una boccata.
Ora sì che si sentiva rilassato. Il fumo riusciva sempre a calmarlo nei momenti di tensione.
Guardò davanti a sé, dando altri due tiri. Su un muretto adiacente alla strada c’erano seduti quattro ragazzi, che ridevano e si passavano una bottiglietta di birra.
Gli sembrava così bello avere accanto un amico con cui divertirsi.
Sospirò, mandando fuori la boccata di fumo appena tirata. Chissà se lo avrebbe mai trovato, lui, un amico che riuscisse a capire quanto si sentisse frustrato e infelice, e che gli tirasse su il morale.
“Mi dispiace per oggi”
Una voce profonda lo fece quasi bruciare con la sigaretta che teneva stretta tra le dita.
Si voltò di scatto, e vide Zoro, che lo guardava con una strana espressione.
Sbuffò, dando un altro tiro.
“Allora, che cazzo vuoi?”
“Ti ho detto che mi dispiace per stamattina, al bar. Non era mia intenzione farti perdere il posto”
“Non mi hai fatto perdere nessun posto, imbecille. Ora lasciami stare e torna dentro” rispose secco Sanji.
Zoro pensò di rispondergli male, ma non gli andava di far partire una nuova rissa. Si limitò a far uscire dalla bocca un semplice “Ah”.
Sanji lo guardò. Forse non era così ottuso e insensibile come pensava. Cercò quindi di metterci una pezza sopra.
“Comunque stai tranquillo, tanto non ci tengo a lavorare in quel posto. Lo faccio solo per i soldi, e perché è l’unico lavoro che sono riuscito a trovare”.
Zoro lo ascoltò in silenzio. Non sapeva che altro dirgli. Decise così di sviare l’argomento.
“Tu non eri andato al cesso?”
Sanji parve riscuotersi. Si era dimenticato della bugia che aveva raccontato!
“Ti capisco, anche per me lì dentro era una noia mortale” continuò Zoro.
Sanji non sapeva cosa pensare. Ma che stava dicendo? Fino a cinque minuti prima lo odiava a morte e ora se ne usciva così?
“Beh… sì, è… è così anche per me” fu tutto quello che riuscì a dire, spegnendo con un piede la sigaretta, ormai ridotta a un misero mozzicone.
“Tranquillo, non dirò nulla alla tua ragazza” proseguì il verde mettendogli una mano sulla spalla.
Il povero Sanji ormai non ci stava capendo più nulla. Certo che quello era l’individuo più strano che avesse mai conosciuto.
“G-grazie”.
Seguirono alcuni momenti di imbarazzato silenzio, che vennero rotti da Zoro.
“Domani che ne dici se andiamo a berci qualcosa io e te? Per farmi perdonare…”.
Il biondo lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. Ora lo stava anche invitando a uscire? Ma che diavolo…
“Beh… d’accordo” rispose alla fine.
“Ok. Allora troviamoci qui davanti alle nove. Ora rientriamo, prima che vengano a cercarci”
“O-ok”.
Quando ritornarono al tavolo, gli altri già se ne stavano andando.
“Allora, ma dov’eri finito?” chiese Nami apparendo improvvisamente davanti a Sanji. “Ti sei sentito male?”.
Sanji, nella confusione, riuscì comunque a ricordarsi della sua scusa, e rispose: “Ehm… no, sto bene… ci ho solo messo un po’”.
Nami decise che era abbastanza.
Dopo aver pagato salutò tutti a baci e abbracci e si trascinò via Sanji, che fece in tempo solo a rivolgere un ultimo sguardo a Zoro.
Ma sì. Avrebbero bevuto una birra con calma e se ne sarebbero andati. D’altronde, che sarebbe mai successo?
 
 
 
 
 
Lo so, lo so, un ritardo di quattro mesi è inaccettabile!!!
Chiedo umilmente scusa, ma ho avuto moltissimi impegni con la scuola, e sono riuscita ad aggiornare solo oggi.
Allora, tornando a noi, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e di non ricevere troppi pomodori.
Ne approfitto per ringraziare quelli che hanno recensito e seguono la storia, in particolare la mitica AleRedZoro (ti prego non svenire quando leggerai il tuo nome).
Ciauuu e alla prossima!!! J SS

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Capitolo 5
*** Tra birre e frasi di troppo ***


Sanji tirò un’altra boccata alla sigaretta con aria scocciata.
Lo sapeva che non doveva fidarsi di quell’individuo! Era ormai un quarto d’ora buono che lo aspettava davanti al locale della sera prima, per giunta sotto la pioggia, ma questo non si era fatto ancora vedere.
Quella serata in compagnia di Zoro lo aveva quasi salvato, in quanto Nami era uscita di nuovo con Robin e Franky (gli aveva detto che quella sera aveva qualche lineetta di febbre, e quindi non poteva uscire. Stranamente, Nami non aveva insistito più di tanto e lo aveva lasciato fare). Ma che cazzo, dove accidenti si era cacciato quello scemo verde?
La sigaretta finì, e venne rabbiosamente spappolata dal piede di chi pochi secondi prima la stava fumando. Ora basta. Stava per andarsene quando improvvisamente vide una macchia verde avanzare sotto la pioggia.
“Alla buon’ora!” disse Sanji guardandolo seccato. “Si può sapere dove sei stato? È quasi mezz’ora che aspetto!”
“Ho avuto un contrattempo” fu la secca risposta di Zoro, che nemmeno lo guardò in faccia.
Sanji lo guardò passare davanti a lui. Aveva una gran voglia di riempirlo di schiaffi, non si degnava nemmeno di parlargli guardandolo in faccia.
“Allora? Entri o hai intenzione di rimanere lì tutta sera?”. Il verde si voltò finalmente a guardarlo. La faccia da idiota non l’aveva persa.
“Arrivo” rispose Sanji raggiungendolo ed entrando con lui all’interno del locale, strapieno.
Non era rimasto nessun posto a sedere, quindi si sedettero davanti al bancone, dietro il quale un ragazzo moro e riccio con un lungo naso, appena vide Zoro, si illuminò.
“Ma guarda chi si rivede… Zoro, dov’eri finito? Non ti si vedeva più in giro” lo salutò allegramente venendo verso di loro.
“Ciao Usopp” disse Zoro stringendogli energicamente la mano. “Ho avuto da fare”
“Ah, capisco” rispose Usopp, sorridendo tutto contento.
Poi si voltò verso Sanji, che nel frattempo non era rimasto lì seduto a guardarli parlare con l’aria annoiata.
“Lui è un amico tuo?” chiese a Zoro indicando il biondo.
“No, è un amico di Franky. Io stavo per farci a botte” rispose Zoro con aria di sufficienza, mentre Sanji si presentava.
“Aah, sempre il solito Zoro. Non cambi mai, eh?”
Il ragazzo dal naso lungo sorrise simpaticamente, mentre Zoro ordinò due birre chiare.
“Ma… io veramente non sono abituato a bere…” provò a dire Sanji, quando si trovò davanti il boccale pieno.
“Lo so…” rispose Zoro bevendo metà del suo. “Lo immaginavo”
Sanji lo guardò strano, prendendo un piccolo sorso della sua birra.
“Come mai?”
“Perché mi è bastato vederti ieri sera per capire che non bevi. E poi la tua ragazza ti tiene stretto al guinzaglio”
Sanji aggrottò le sopracciglia, guardandolo con uno sguardo quasi infastidito.
“Non è vero. Perché dici questo?”
“Mah. È un’impressione. Dopo aver visto come te ne sei andato con la coda tra le gambe mentre ci stavamo azzuffando in discoteca, e da come ieri sera ti annoiavi…”
“Lei non mi tiene a nessun guinzaglio, ok? È fatta a modo suo” disse Sanji buttando giù ancora un po’ di birra. L’aveva bevuta pochissime altre volte, ma quella gli piaceva.
“Come vuoi” disse Zoro sbattendo il boccale vuoto sul bancone e chiedendone un’altra ad Usopp.
“Un’altra?” chiese Sanji guardando la sua, che era più o meno a metà boccale. “Ma sicuro che poi non stai male?”
“Zoro è un bevitore nato” spiegò Usopp a Sanji. “Una volta, a una festa, ne ha bevute otto, senza mai fermarsi”
“Wow” disse Sanji, bevendo ancora. “E poi non è stato male?”
“No, figurati. Si è fatto bellamente dodici ore di sonno e il giorno dopo era in perfetta forma”
“Caspita… eppure quando ci siamo incontrati mi sembrava ubriaco perso”
Il verde lo fulminò con lo sguardo, sbattendo il secondo boccale sul bancone.
“Beh, con le birre non gli succede niente, e nemmeno con i superalcolici, se non esagera. Se esagera, allora, forse, perde il controllo. E poi è una specie di consolazione l’alcol per lui, dal giorno dell’incidente…”
“Stai zitto, Usopp, e dammene un'altra” abbaiò Zoro all’amico, che obbedì all’istante.
A quanto pare non aveva voglia di farlo arrabbiare.
‘E non lo biasimo’ venne da pensare a Sanji, finendo il suo boccale.
“Ne vuoi un’altra anche tu?” chiese Usopp.
“No, non ti preoccupare, sono a posto. Era proprio buona” rispose il ragazzo.
Zoro continuò imperterrito a bere, sembrava un po’ turbato. E Sanji se n’era accorto.
“Stai bene?” chiese guardandolo.
“Benissimo”
Per la terza volta Zoro sbatté il boccale sul bancone, a due centimetri dal lungo naso di Usopp, stavolta, però, più forte. A quanto pare c’era qualcosa che lo aveva alterato.
Magari aveva davvero bevuto un po’ troppo, e la storia di Usopp era tutta una palla.
Oppure c’era qualcos’altro?
Gli venne in mente che aveva zittito Usopp per aver fatto riferimento a un incidente, poteva essere quello.
“Un’altra?” chiese il moretto riccio, irrigidendosi e pulendo il bancone.
Zoro non rispose. Mise delle banconote sul bancone, guardò Sanji dicendo “Andiamo” e sparì, senza proferir parola.
Sanji si voltò a salutare Usopp, prima di allontanarsi.
Non sembrava scosso dal comportamento di Zoro. Sembrava che conoscesse bene quella scena, e l’avesse già vissuta parecchie volte.
Gli era simpatico, quel ragazzo.
“Tornerò presto” disse pagando la sua birra.
“Ci conto!” disse Usopp sorridendo. “Buona serata!”
 
“Perché ci hai messo tanto?” ringhiò Zoro quando anche Sanji fu uscito.
“Ho salutato Usopp. Non sei stato molto carino ad andartene via così. Si può sapere che ti ha preso?”
“Fatti i cazzi tuoi, non ho nulla!” rispose Zoro, alzando la voce, tanto da far trasalire Sanji.
Il biondo era quasi sicuro che sarebbe partita un’altra rissa, infatti Zoro si stava pericolosamente avvicinando a lui. E lui era spalle al muro.
Ma, a dispetto delle sue aspettative, il verde si appoggiò al muro con una mano e abbassò la testa, barcollando un po’.
“Ehi! Che ti succede, ti senti male?” chiese Sanji allarmato.
Zoro non rispose, si raddrizzò goffamente e disse, a bassa voce: “No… sto bene”
Sanji si accorse solo allora di quanta poca distanza ci fosse tra loro.
Poteva sentire il fiato alcolico del verde, decisamente troppo vicino a lui.
Zoro si avvicinò ancora di più, socchiudendo leggermente gli occhi, come se volesse baciarlo.
Invece gli disse solo: “Sono stato bene stasera”
Sanji non sapeva più come reagire. Prima sembrava che volesse picchiarlo, poi che stesse male, poi che volesse baciarlo e ora se ne usciva con quella frase.
Poi, lentamente, Zoro si staccò dal muro.
Il respiro di Sanji, che si era bloccato per qualche secondo, tornò a farsi regolare.
“Buonanotte” fu tutto quello che riuscì a rispondere, prima di riuscire ad andarsene e scappare in macchina, lanciando un ultimo sguardo al verde.
Ora ne era sicuro, era stata la birra.
 
Per tutto il percorso, e anche quando arrivò a casa, non fece altro che pensare a quei secondi, agli occhi neri e profondi di Zoro nei suoi, al suo fiato alcolico, a quei sei millimetri che separavano le sue labbra da quelle del verde.
Era seduto sul bordo del suo letto, indossando solo la maglietta che usava come pigiama e un paio di boxer, ed era con la testa fra le mani, senza smettere di pensare.
Non riusciva a scacciare quel ragazzo dai suoi pensieri.
Guardò la sveglia sul comodino. Erano solo le dieci e ventisette.
Non voleva saperne di andare a letto, non aveva neanche un po’ di sonno.
Decise di metter su un film d’azione, anche per distrarsi un po’.
Si era appena messo sul divano quando il campanello suonò.
Oddio, e ora chi era?
Gli venne da pensare (e forse anche da sperare) che fosse Zoro, ma quando andò ad aprire si ritrovò davanti Nami, che iniziò subito a tempestarlo di domande, senza mai lasciarlo rispondere.
“Ciao. Allora, come stai? Stai meglio?”
Poi lo annusò con aria sospettosa.
“Ma… sai di alcol!”
Sanji cercò in fretta una scusa da raccontare, ma non ne trovò. Quindi decise di negare.
“Sarà la tua immaginazione”.
La cosa, fortunatamente funzionò.
“Mmh, può essere. Sono stata con Robin e Franky in un bar, potrebbe essere per quello. Poi sono andata via, volevo sapere come stavi”
“Oh… meglio, ho preso qualche medicina e la febbre se ne è andata” rispose Sanji, facendola entrare in salotto. “Stavo guardando un film. Vuoi accomodarti?”
“Va bene” rispose Nami, appropriandosi del divano ancora prima di rispondere. Poi iniziò a raccontare i dettagli della serata, anche se Sanji, ovviamente, non la stava ascoltando, assorto com’era nei suoi pensieri sulla serata appena passata.
Gli vennero improvvisamente in mente le parole di Zoro riguardo Nami.
“La tua ragazza ti tiene stretto al guinzaglio”
Il biondo rifletté sulla frase per qualche istante. E se fosse vero, che lui dipendesse da Nami? Naaah, non era possibile. Eppure, però…
“Sanji, ma mi stai ascoltando?” chiese Nami a un certo punto, riportando Sanji nel mondo reale.
“Sì, ti ascolto. È che… ho un leggero mal di testa”
“Ah. Allora spegni la tv, così almeno non ti passa. E comunque, se vuoi…” e qui aprì un bottone della sua camicetta. “possiamo occupare un po’ di tempo libero”
Sanji la guardò.
In qualsiasi altro momento, in una qualsiasi altra serata (e probabilmente anche con qualsiasi altra ragazza) avrebbe detto di sì senza pensarci. Ma le parole di Zoro gli rimbombavano in testa.
“La tua ragazza ti tiene stretto al guinzaglio. La tua ragazza ti tiene al guinzaglio. LA TUA RAGAZZA TI TIENE AL GUINZAGLIO”
“Ok” disse alla fine, sentendosi un verme.
Forse Zoro aveva ragione. E probabilmente anche senza il forse.
‘Sono un vero codardo’ pensò, prima che Nami si appropriasse di lui.

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Capitolo 6
*** Una terribile mattinata ***


Il mattino, quando Sanji aprì gli occhi, si ritrovò Nami di fianco, con indosso tutti i vestiti.
La sera prima, infatti, dopo una certa ora le era venuto sonno e non aveva voglia di tornare a casa, così aveva passato la notte lì.
Il biondo si sedette sul letto sbadigliando.
Il primo pensiero che lo colpì fu Zoro, la serata passata nel pub e quei pochi secondi di smarrimento che avevano passato con le labbra di uno a un centimetro da quelle dell’altro.
Infine guardò Nami di fianco a lui, e gli vennero ancora in mente le parole del verde.
“La tua ragazza ti tiene stretto al guinzaglio”
Rimase a rifletterci per qualche attimo, poi decise di lasciar perdere e guardò l’orologio.
Le 9.05.
“OH MERDA!” esclamò ad alta voce balzando in piedi e correndo in bagno.
Non aveva suonato la sveglia, e ora era in ritardo clamoroso.
Fantastico, ora ci mancava anche la ramanzina di Zef!!! Il miglior modo per iniziare la giornata, decisamente!
Riuscì, stupendosi lui stesso della sua velocità, a farsi la doccia in due minuti e quindici secondi, asciugarsi in ventiquattro secondi e vestirsi in tre minuti e sette secondi, mentre si lavava i denti.
Afferrò chiavi, portafoglio e cellulare, uscì di casa che stava ancora allacciandosi le scarpe, e saltò in macchina… che però non partiva.
Imprecando più volte, Sanji cercò disperatamente di mettere in moto più volte, ma niente.
Poi si accorse che, assorto nei suoi pensieri su Zoro, la sera prima si era dimenticato di spegnere i fanali, e ora la batteria era a terra.
“Vaffanculo!”
Scese dalla macchina sbattendo la portiera e corse alla fermata dell’autobus, riuscendo a prenderlo al volo prima che le portiere si chiudessero.
Arrivò al bar di Zef alle 9.45, dove il suo capo lo stava aspettando sulla porta con le braccia conserte e l’aria davvero, davvero arrabbiata.
“Ma mi spieghi dove diavolo sei stato?! Ti rendi conto di che ore sono?!”
“Lo so, mi dispiace, non è stata colpa mia… adesso mi metto subito a lavorare…”
“No, non disturbarti. Sei licenziato!” sentenziò Zef, guardandolo con disprezzo.
Sanji sbiancò, e rimase lì immobile a fissarlo con gli occhi spalancati.
Oh no.
Non poteva perdere il lavoro, non per uno stupido ritardo. Non ne aveva mai fatti in vita sua, non era giusto!
“Ehi, non ci senti per caso? Ho detto di alzare i tacchi e andartene, moccioso” ribatté Zef, alzando la voce.
Il biondo gli lanciò lo sguardo più sprezzante che gli riusciva, e proferì sottovoce le seguenti parole:
“Io… non sono un moccioso, vecchio bastardo”
Zef diventò rosso, e iniziò a tremare. Sembrava che dovesse esplodere da un momento all’altro.
“Prova a ripetere, se ne hai il coraggio…”
“Se lo faccia ripetere da tutti i suoi dipendenti” disse Sanji girandosi e andandosene, lasciandosi alle spalle uno Zef furibondo.
Si avviò a passi spediti e furenti lontano da quel maledetto vecchio, da quel maledetto bar, così, senza una meta.
Giunse così in un vialetto dove non passava nessuno, dove trovò una panchina e ci si sedette, mettedosi la testa tra le mani.
E adesso?
Cosa avrebbe fatto? L’unico lavoro che era riuscito a trovare dopo tanti mesi di fatica l’aveva appena perso. Non sapeva come fare, e come se non bastasse l’affitto dell’appartamento stava per scadere. Grandioso.
E Nami? Come l’avrebbe presa? Sicuramente gli avrebbe fatto una testa cubica, se non peggio. Magari l’avrebbe addirittura lasciato.
Tutto per colpa di uno stupidissimo ritardo.
Tirò un calcio a un sasso innocente davanti a lui, mandando tutto a quel paese.
“Che stai facendo qui?”
Una voce di fianco a lui gli fece alzare lo sguardo, e per poco non gli prese un infarto.
Era Zoro!
Ne era certo, stava iniziando a perseguitarlo, quel dannato!
“Lasciami in pace” rispose Sanji, tornando a fissare l’asfalto sottostante.
“Non me lo dire… hai perso il lavoro” disse Zoro, con tono calmo e pacato.
Sanji aggrottò le sopracciglia. Ma cos’era, un sensitivo? O l’aveva spiato per tutto il tempo?
Non gli volle dare la soddisfazione di essersi stupito, così gli rispose semplicemente, senza guardarlo in faccia: “Proprio così”
Senza che il biondo dicesse nulla, Zoro sedette accanto a lui.
“Mi dispiace”
Sanji sbuffò. Quel tipo era sempre più strano, non riusciva mai a capire cosa gli passasse per la testa.
Un attimo era gentile, l’attimo dopo incazzato nero, quello dopo ancora sembrava che volesse riempirti di botte.
Sollevò la testa e iniziò a giocherellare con una ciocca bionda.
“Tranquillo. Tanto non ci tenevo a lavorare in quel postaccio. Finalmente oggi ho mandato a quel paese il mio capo dopo quattro anni che desideravo farlo”.
Dicendo ciò gli sfuggì un mezzo sorriso, ripensando alla faccia rossa di Zef. Si era proprio tolto un grosso peso!
“Capisco…” fu il commento di Zoro. “E ora che hai intenzione di fare?”
“Mah… questo non lo so. Dovrò cercarmi un nuovo lavoro, sperando che mi prendano. Il vero problema sarà…”
“…Dirlo alla tua padrona”
Zoro concluse la frase per lui.
Sanji si girò verso di lui. Ancora con quel discorso?
“Ma che dici! Siamo fidanzati da due anni, è sempre stata così con tutti, lasciala perdere…”
“Due anni che la sopporti. Al posto tuo io l’avrei già mandata a fare in culo da parecchio tempo, sai?”
Sanji lo guardò con la bocca aperta. Ma che stronzate andava dicendo? Perché era così convinto che Nami lo teneva sotto ispezione?
“Tu non la conosci” fu quello che riuscì a dire.
“Sarà… ma quella ragazza non mi piace. Detto spassionatamente, faresti meglio a lasciarla”
“Ma smettila! Io non la voglio lasciare. E comunque, anche se volessi, non potrei. Non saprei da che parte cominciare, che cosa dirle…”
“Se vuoi te li do io un paio di buoni motivi che potresti darle”
Sanji decise di lasciar perdere. Non ne voleva più parlare. Già che doveva dirle che aveva perso il lavoro sarebbe anche stato più che sufficiente.
“Tu sei fidanzato?” chiese, per cambiare argomento.
A questa domanda, Zoro si irrigidì, come la sera prima quando Usopp aveva toccato l’argomento ‘incidente’, che non aveva ancora capito cosa fosse successo, poi, sinceramente.
Sanji capì al volo di aver toccato un argomento sbagliato. Evidentemente era appena stato lasciato, magari dopo una storia importante. Meglio non infierire. Non voleva scatenare una nuova rissa, conveneva tenerselo buono.
“No” rispose Zoro, col tono di uno che vuole chiudere la discussione.
Sanji ammutolì, tornando a guardare la strada davanti a lui.
Dopo qualche secondo di imbarazzato silenzio, Zoro chiese:
“Andiamo a pranzare, che ne dici?”
“Ma… sono appena le dieci e un quarto…” disse Sanji guardando l’orologio. “E poi tu non lavori?”
“Oggi è la mia giornata libera” rispose Zoro. “E comunque, non avevo certo intenzione di pranzare adesso”
“Ah… quindi… è da considerarsi una specie di invito?” azzardò Sanji.
“Mmh, chiamalo come vuoi. Se vuoi venire, troviamoci qui tra due ore. Usopp cucina i migliori ramen della città”
Sanji aspettò un paio di secondi a rispondere.
Ma sì, era stata una dura mattinata, un pranzo era quello che ci voleva. Era felice di rivedere Usopp, e, che fosse quello un invito o meno, ci sarebbe andato volentieri.
“Va bene. Ci vediamo dopo, allora”

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Capitolo 7
*** Pranzo a casa di Usopp ***


“Sanji, ma dov’eri? È tutta mattina che ti cerco e non mi rispondi! È successo qualcosa?”
La voce di Nami gridava dall’altra parte del telefonino di Sanji, seduto sull’autobus diretto al luogo d’incontro con Zoro.
“No, Nami, non è successo niente” rispose Sanji, pensando ‘ho solo perso il lavoro, che vuoi che sia!’.
“Mmh. Come è andata al lavoro? Zef ha rotto ancora?”
“Guarda, penso che d’ora in avanti non dovremo più preoccuparci di lui” fu quello che riuscì a dire Sanji, pensando per un attimo di dire la verità, e accantonando l’idea subito dopo, ovviamente.
“Aaah, bene! Vuol dire che ti ha finalmente notato”
“Sicuramente non mi dimenticherà facilmente” rispose Sanji, ripensando alla faccia di Zef. Gli venne da sorridere, ripensando alla sua liberazione di quel vecchiaccio.
“Hai visto! Finalmente ha capito che sei il migliore! Stai facendo carriera!” continuò Nami, con gli occhi che le si illuminavano. “Ora magari ti darà un aumento e la promozione! Così potremo finalmente dare una svolta alla nostra vita!”
“Eh, questo lo vedremo” Sanji si sentiva sempre più frustrato a sentire le parole di Nami. Era già tanto se non lo sbattevano fuori casa, stavolta.
Mentre Nami continuava il suo repertorio di sogni già sicura che Sanji avrebbe preso l’aumento e la promozione, Sanji scese dall’autobus, mentre una lacrima gli scendeva giù dalla guancia. Aveva fatto male a mentire, ora da quella situazione non ne usciva più.
“Io comunque ora devo uscire con Robin. Ci sentiamo più tardi, ok? Ciao!” lo salutò Nami, tutta soddisfatta, lasciando a Sanji giusto il tempo di dire “Ciao Nami”.
Sanji guardò il telefono muto, mentre un’altra lacrima gli rotolava giù.
“Sono un idiota” si disse sedendosi sulla stessa panchina dove si era seduto con Zoro nella mattinata.
“Lo so che lo sei”
Di nuovo, Zoro spuntò fuori dal nulla, facendo trasalire Sanji, che si affrettò ad asciugarsi la terza lacrima e si alzò in piedi.
“So già che è successo. Hai detto alla tua padroncina del tuo licenziamento, vero?” chiese Zoro, sicuro della risposta positiva.
“No. Ho fatto una stronzata” spiegò il biondo con la coda tra le gambe. “Le ho raccontato una balla e ora è convinta che mi daranno una promozione”
“Mmmh… hai paura di lei, quindi” concluse Zoro,
“Ma che dici!” esclamò Sanji cercando di trovare un punto a suo favore anche se, odiava ammetterlo, non riusciva proprio.
“Se così non fosse le avresti semplicemente raccontato la verità, pur sapendo quale sarebbe stata la sua reazione. Nella vita di coppia la fiducia è alla base di tutto”
“Lo so. Hai ragione tu. Ma ormai la frittata è fatta”
Zoro stava per contraddirlo, ma capiva che non aveva tanta voglia di affrontare l’argomento.
“Va bene. Dai, muoviti, ci stanno aspettando” concluse il verde, dirigendosi verso sinistra.
Sanji lo seguì, e insieme, senza parlare, imboccarono una via interna, che sbucava in un’altra strada.
“Non ci sono mai stato qui” disse il biondo, guardando le case intorno senza orientarsi.
“Non c’è motivo di venirci. Ecco, siamo arrivati a casa di Usopp” rispose l’altro fermandosi davanti a un’abitazione di mattonelle a due piani e suonando il campanello.
Il primo a presentarsi alla porta fu il naso di Usopp, seguito dal suo simpatico sorriso.
“Eccovi qui! Venite, accomodatevi!” li accolse il ricciolino facendoli entrare.
“Permesso” disse Sanji entrando timidamente e osservando l’ambiente a lui circostante.
All’interno c’era un buonissimo profumo di carne soffritta e di verdure, e la casa in sé era piccola, ma accogliente, arredata in modo semplice.
“Venite, venite! Rufy e Ace sono già a tavola!” disse Usopp, accompagnandoli in sala da pranzo, dove Sanji riconobbe i due ragazzi mori conosciuti due sere prima.
“Ciao ragazzi!!!” fu il caloroso saluto del più giovane dei due, quello con la faccia più tenera e ingenua. “Fortuna che siete arrivati, stiamo morendo di fame!”
“Tu hai sempre fame, Rufy” gli disse Zoro, sedendosi accanto a lui.
“Ciao a tutti” disse Sanji, prendendo posto tra Zoro e il ragazzo con le lentiggini, che lo salutò amichevolmente.
“Tu e Zoro siete amici?” chiese Rufy a un certo punto, con un sorrisone a sessantaquattro denti.
“Ehm… ci siamo visti solo due volte” rispose Sanji.
Effettivamente non riusciva a capire chi fosse per lui Zoro.
Non sapeva se definirlo un conoscente, uno con cui si vedeva, un ragazzo incontrato per caso, un idiota con i capelli verdi, una persona strana. Sicuramente non un amico del cuore.
“E a cosa dobbiamo la tua presenza, Sanji?” chiese Ace, il ragazzo lentigginoso.
“Oggi ha perso il lavoro, pensavo che magari un po’ di compagnia non gli avrebbe fatto male” rispose Zoro anticipando il biondo, che annuì sorridendo di circostanza.
“Oh, mi dispiace” commentò Usopp, arrivando improvvisamente con una pentola fumante dalla cucina, dove era scomparso.
“UOOOH!!!! Si mangia!!!” strillò Rufy con l’acquolina in bocca e gli occhi a stelline. “Pancia mia fatti capanna!”
“Mmmmh, che profumino!” commentò Ace tirando su le posate.
“Ce n’è per tutti ragazzi, state calmi” sorrise Usopp appoggiando la pentola piena di ramen alle verdure.
“Hanno un bellissimo aspetto!” commentò Sanji osservandoli compiaciuto.
“Grazie, amico. Ora mangiamo!” disse Usopp riempiendo i piatti sotto le urla di gioia di Rufy.
 
“Aaaaah! Che mangiata, ragazzi!” commentò Rufy dopo aver finito l’ennesimo piatto.
“E tu perché mangi più di noi?” chiese Zoro scocciato, indicando la pila di piatti sporchi lasciati da Rufy.
Sanji sorrise, bevendo un sorso del sakè gentilmente offerto da Usopp. Dopo i ramen, Usopp aveva preparato dell’ottimo riso con pollo e curry e una torta alle fragole, il tutto spazzolato via in fretta (soprattutto da Ace e Rufy, che mangiavano come se non vedessero cibo da anni).
Per la prima volta si sentiva a suo agio all’interno di un gruppo. I ragazzi erano simpatici, chiacchieravano e mangiavano ed erano troppo buffi e simpatici.
Zoro non aveva parlato molto durante il pranzo. Aveva fatto fuori tre quarti del sakè di Usopp, mandandoli giù come se fosse acqua, come aveva fatto la sera prima con la birra.
E soprattutto, per quell’ora e mezza che aveva passato in compagnia non aveva mai pensato a Nami e alle sue disgrazie.
Insomma, era stato proprio un bel pranzetto.
“Ragazzi, non mettetevi a litigare” disse Usopp, mentre sparecchiava, vedendo Rufy e Zoro sulla buona strada per iniziare un litigio.
“Vuoi che ti aiuto?” chiese Sanji rivolto al ricciolino, alzandosi in piedi.
“No, non ti preoccupare, faccio tutto io!” fu la risposta di Usopp, mentre portava la pila di piatti di Rufy in cucina.
“Ehi!!! Non ho finito! Quello lo stavo leccando!” si lamentò il moretto, sotto lo sguardo divertito del fratello.
“Stai zitto, che hai mangiato più di tutti noi messi insieme!” lo rimbeccò nuovamente il verde, buttando giù un altro bicchiere di sakè.
“Beh, potremmo dire lo stesso di te con il sakè. Te lo sei preso tutto tu” sorrise Ace indicando il bicchiere.
Zoro non rispose, finì di trangugiare il contenuto del bicchiere e si alzò dal tavolo.
“Ehi, Zoro, dove vai?” chiese Rufy, guardandolo coi suoi occhi enormi.
“Devo andare. Ho promesso a Franky di aiutarlo con una riparazione nel pomeriggio”
A Sanji tornò in mente che quella mattina, Zoro gli aveva detto di aver la giornata libera, e ci tenne a ricordarglielo.
“Infatti non devo lavorare, devo solo dargli una mano. Tu ci capisci qualcosa di motori?”
“Beh, no… non molto a dir la verità…” rispose Sanji, facendo un cenno vago con la mano.
“Mmh… pazienza, puoi sempre farmi da assistente. Vieni con me, dai”
“Eh… uh… ok…” rispose Sanji alzandosi dal tavolo.
“Usopp! Io e Sanji andiamo, io ho da fare!” urlò Zoro, facendo uscire Usopp dalla cucina.
“Ah, ok. Mi ha fatto piacere avervi a pranzo!” li salutò Usopp stringendo calorosamente la mano di Sanji.
“Anche a me. Mi sono proprio divertito” sorrise il biondo, ricambiando la stretta. “Ciao ragazzi! Grazie della compagnia!”
“Ciaooooo!” esclamò Rufy sorridendo e agitando la mano.
“Ci si vede presto” Ace si limitò a sorridere e a stringere la mano di Sanji, che, dopo aver salutato tutti, seguì Zoro fuori da casa di Usopp.
Chissà che aveva in mente ora, quel pazzo.
Però doveva ammetterlo, gli aveva decisamente tirato su il morale dopo la mattina che aveva avuto.

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Capitolo 8
*** Non tutti i mali vengono per nuocere ***


La strada tra casa di Usopp e a rimessa di Franky non era molta, ma Zoro non aveva voglia di camminare.
Così, in men che non si dica, i due si ritrovarono seduti sotto la pensilina della fermata dell’autobus, senza rivolgersi la parola.
C’era un po’ di imbarazzo, nessuno dei due sapeva bene cosa dire all’altro, e poi le uniche persone presenti oltre ai due erano due fidanzati che, da quando erano arrivati, non avevano fatto altro che esplorarsi le cavità orali con la lingua a vicenda.
Il verde li guardò, sbuffando rumorosamente. Lo infastidivano le coppiette sdolcinate che davano libero spettacolo in pubblico. Inoltre la presenza di Sanji lo rendeva nervoso, per qualche inspiegabile motivo.
Anche Sanji stava fissando la coppia, ma quello che aveva in mente era ben altro.
Nami.
Finché era stato a casa di Usopp, con persone simpatiche e amichevoli, aveva dimenticato tutti i suoi problemi.
Ma ora erano tornati impetuosi a prendere possesso della sua mente, e per tutto il tragitto fino alla fermata non aveva fatto altro che meditare su possibili scuse da poter dare alla ragazza per giustificare il licenziamento. Ma purtroppo nulla sembrava essere efficace.
Ora la voglia di andare ad aiutare Zoro gli era completamente passata.
“A cosa stai pensando?” chiese improvvisamente Zoro, facendo prendere a Sanji un mezzo infarto.
“Eh? Uh… a nulla, non ti preoccupare… senti, ti dispiace se fumo?” rispose Sanji, per sviare l’argomento.
“No, ma sta arrivando l’autobus” rispose il verde, indicando con la testa il mezzo giallo che stava arrestandosi davanti alla fermata.
La coppietta di fianco smise per un attimo di limonare, e si apprestò a salire sull’autobus, per poi ricominciare il lavoro lasciato a metà dopo aver trovato posto a sedere.
Sanji e Zoro si sedettero in fondo all’autobus, dietro due vecchiette con la borsa della spesa che chiacchieravano animatamente e un uomo in giacca e cravatta con la ventiquattrore.
“Appena scendiamo però fumo una sigaretta, ne ho bisogno…” riprese Sanji, mostrando il pacchetto di sigarette in tasca.
Il verde annuì, per poi ricominciare a parlare dopo pochi secondi.
“Non ti fa bene… ne fumerai almeno due pacchetti al giorno!”
“Beh, nemmeno ingozzarsi di alcol fa bene…” ribatté Sanji, sapendo che Zoro aveva ragione.
“Da quant’è che fumi?” riprese Zoro, ignorando l’osservazione del ragazzo.
Il biondo fece un cenno vago con la mano.
“Mah… più o meno da quattro anni… ho iniziato e non ho più smesso… mi rilassa. Tu invece?”
“Io non fumo”
“Intendevo da quanto bevi cosi tanto…”
Non ci fu risposta.
Sanji decise di non proseguire oltre su quell’argomento
“Ok… senti, ma che dobbiamo fare? Cioè, io non sono preparato sui motori… non è che potresti spiegarmi?”
“Non dovremo fare niente. Devo solo ritirare la mia macchina”
Sanji lo guardò leggermente perplesso. Sinceramente quella storia gli puzzava un po’, e non si sentiva molto tranquillo. Il campanello d’allarme aveva già iniziato a suonare.
“Oh… e perché hai detto che ti serviva aiuto?”
“Lo scoprirai dopo. Scendi, siamo arrivati”
I due si alzarono insieme alla stessa coppia alla fermata con loro, scesero e si ritrovarono in una lunga strada trafficata e piena di casermoni squallidi e edifici semifatiscenti.
Sanji non era tranquillo. Non conosceva quel quartiere, e non aveva l’aria molto rassicurante.
Iniziava a rimpiangere di aver accettato di venire via con Zoro. Beh, ma del resto che ne sapeva lui che le sue intenzioni non erano quelle che pensava?
Era indeciso se proseguire o tornare indietro quando Zoro si fermò.
“Eccoci, siamo arrivati”
Il biondo alzò lo sguardo, e vide davanti a lui un vecchio garage pieno di graffiti e circondato da un piccolo cortiletto rigurgitante di macchine semidistrutte.
L’impressione era tutt’altro che buona, e il pensiero di tornare indietro si faceva più forte.
“Lavori qui?” fu tutto quello che riuscì a dire.
“Sì. Dai, entra” rispose l’altro dirigendosi verso l’entrata.
Il biondo aspettò qualche istante prima di seguirlo. Non sapeva dov’era, non sapeva perché era lì e non sapeva cosa avesse in mente ora quell’idiota. Qualsiasi persona sana di mente sarebbe fuggita senza aspettare ulterior tempo.
Eppure qualcosa gli diceva di entrare e, in un certo senso, di fidarsi di Zoro. E poi, anche volendo, non sapeva dove fosse, quindi dove sarebbe andato?
All’interno della rimessa c’era una grande confusione. Lo spazio era molto piccolo, c’era spazio a sufficienza per due macchine, le pareti erano piene di scaffali con contenitori e strumenti da meccanico, e il pavimento era completamente sporco di benzina e olio per motori, dal quale si poteva dedurre l’odore forte di petrolio.
“Franky! Sono qui… e ho portato Sanji!”
“Fratello! Eccoti qui, finalmente… ti aspettavo!”
Il ragazzo dalla chioma cerulea venne incontro ai due sbucando da sotto una delle due macchine con le mani completamente nere e una maglietta sporca di olio.
“Non toccarmi con quelle mani, ok?” disse Zoro quando l’amico gli fu vicino.
“Tranquillo fratello. Prego, accomodatevi. Scusate il disordine ma ho avuto un bel daffare stamattina. Ti ho risparmiato una giornata super pesante!”
Sanji sorrise, salutando Franky e cercando il posto meno sporco per sedersi, mentre Zoro si era già accomodato su un piccolo tavolino con una cassetta degli attrezzi e alcuni giornali.
“Allora… adesso mi dici perché mi hai portato qui, Zoro?” chiese Sanji, intimorito dalla possente mole di Franky, spaventosamente vicino a lui.
“Glielo dici tu o glielo dico io, Franky?” chiese il verde all’amico, spostando lo sguardo verso di lui.
Franky si pulì le mani in uno straccio già di per sé lurido, fece l’occhiolino a Zoro e si rivolse verso Sanji, che iniziava seriamente a prendere in considerazione l’idea di chiamare qualcuno.
“Allora, amico… ho saputo che hai perso il lavoro, giusto?”
Il biondo impallidì.
E se fosse stata Nico Robin a dirglielo? Poteva averlo scoperto per caso e averglielo detto.
Se era così allora anche Nami doveva saperlo per forza!
“Oh, tranquillo fratello, non era per farmi gli affari tuoi, è stato Zoro a darmi la notizia”
“Oh… capisco. No, non preoccuparti…”
Sanji non sapeva se sentirsi sollevato per il fatto che Nami non sapesse nulla o infuriato perché Zoro non aveva tenuto la bocca chiusa. Come cazzo si permetteva quello stronzo di spettegolare sugli affari suoi?!
“Me l’ha detto perché abbiamo un giro di conoscenze vicino a dove abita Zoro, e vorrei farti una piccola proposta…”
“D’accordo… ma… di che si tratta?” chiese Sanji, un po’ preoccupato. Dal tono di voce e dalle parole che aveva usato poteva benissimo trattarsi di proposte tutt’altro che legali.
“Sai, c’è una ragazza, non molto distante da qui, che ha appena messo su un negozietto di pasticceria, e ha bisogno di un po’ di manodopera. La mia ragazza mi ha detto che tu sei molto bravo nel campo culinario, e così… mi sono preso il permesso di fissarti un colloquio con lei domani mattina. Sempre che tu sia d’accordo…”
“Che ne dici?” concluse Zoro sogghignando.
Sanji prese qualche secondo di tempo per masticare bene le parole di Franky, incredulo.
Franky gli stava praticamente offrendo un il lavoro che aveva sempre sognato su un piatto d’argento!
Era un’occasione più unica che rara!
Senza aspettare altro tempo, sorrise e esclamò: “Oh… certo che sì! Non so come ringraziarti, Franky, sei stato fantastico…”
“Ma figurati, fratello, l’ho fatto per amicizia! E poi Zoro mi ha praticamente costretto ad aiutarti… avevo intenzione di farti venire qui, ma non sapevo se fossi capace con i motori… bene, sono super contento che l’idea ti garbi… questo è il suo numero!” disse Franky sorridendo e porgendogli un post-it con scritto un numero e il nome ‘Jessica’.
Sanji prese il numero e sorrise, felice come una pasqua.
“Grazie mille, Franky. Sono in debito con te!” esclamò prima di prendersi una tremenda pacca frantuma costole da parte del celeste.
“A me non ringrazi?” si intromise Zoro, con una punta di fastidio nella voce.
“Giusto. Grazie mille, Zoro… mi hai tirato fuori da una terribile situazione!”
“Lo so… dai, adesso andiamo. Franky, la mia macchina?”
“Oh giusto, mi ero quasi dimenticato! Eccola qui, è come nuova!” rispose il ragazzo dai capelli azzurri lanciandogli un mazzo di chiavi e mostrandogli una vecchia macchina color piombo pronta per finire in discarica.
Sanji osservò ogni dettaglio del veicolo, pensando che avrebbe fatto prima a comprarsene una nuova.
“Oh, ti muovi? Voglio tornare a casa” lo incitò il verde, distraendolo dai suoi pensieri e facendolo salire in macchina, dopo aver salutato Franky.
“Sì, eccomi… grazie ancora Franky! Sei un amico…”
“Di nulla, fratello… fammi sapere! E noi ci vediamo domani, amico…” concluse Franky rivolgendosi verso Zoro, prima che questi partisse.
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Ehilà!!!!
Scusate se ho aggiornato così tardi ma ho avuto il blocco dello scrittore, e la maturità non mi fa più respirare.
Oggi ho trovato un buco e sono andata un po’ avanti, ma sono molto stanca e quindi il capitolo non è venuto come volevo.
Scusate se ogni tanto troverete eventuali errori o se sono stata ripetitiva con le parole…
Ok, spero che comunque vi sia piaciuto, vi prometto il prossimo capitolo il prima possibile… vi anticipo subito che nel prossimo capitolo inizierà a scattare qualcosa tra i nostri due amici.
Restate sintonizzati su RadioSanjita e non ve ne pentirete *lo so che è pessima, ma sono distrutta e il cervello non ragiona più*
Un bacio a tutti!!!!!!
SS

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