Phoenix Tears, or Hermione Granger and the DH di grangerous (/viewuser.php?uid=428108)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Felix Felicis ***
Capitolo 2: *** Charming Memories ***
Capitolo 3: *** Home, Sweet Home ***
Capitolo 4: *** Disobeying Orders ***
Capitolo 5: *** Acting Alone ***
Capitolo 6: *** Pursued ***
Capitolo 7: *** The Headmaster of Hogwarts ***
Capitolo 8: *** The Muggleborn Register Commission ***
Capitolo 9: *** The Idiot Boy ***
Capitolo 10: *** In the Bleak Midwinter ***
Capitolo 11: *** Special Delivery ***
Capitolo 12: *** Logical Solutions ***
Capitolo 13: *** Distance and Magnitude ***
Capitolo 14: *** Restoring Order ***
Capitolo 15: *** Passing Information ***
Capitolo 16: *** Malfoy Manor ***
Capitolo 17: *** Hide Tide ***
Capitolo 18: *** Heist ***
Capitolo 19: *** Dumbledore's Army ***
Capitolo 20: *** The Chamber of Secrets ***
Capitolo 21: *** Flight ***
Capitolo 22: *** Hermione's Task ***
Capitolo 23: *** Phoenix Song ***
Capitolo 24: *** Scoop ***
Capitolo 25: *** The Daily Prophet ***
Capitolo 1 *** Felix Felicis ***
2x01
NdT: rieccoci con la seconda
parte. Ricordo, a chi è capitato qui per la prima volta, che questo
è il seguito di Phoenix Song, or Hermione Granger and the HBP. Trovate il testo originale della nuova storia qui.
Benvenuti ai nuovi lettori e
bentornati ai vecchi :). Non ringrazierò mai abbastanza grangerous, per avermi permesso di tradurre questa meravigliosa storia, e non so se
troverò nuovi modi per ringraziare silviabella per la beta (o per metterla in imbarazzo ;)). Buona lettura!
Anne London
Capitolo 1
Felix Felicis
Severus Snape fissò la
piccola fiala che gli aveva messo in mano. Riconobbe il contenuto
immediatamente. “Felix Felicis?” chiese. “Dove l'hai presa?”
“È di Harry,” replicò
Hermione Granger. “È una lunga storia. Ce la siamo divisi stasera.
”
Ne rimaneva soltanto una
scarsa sorsata. “Questa è la tua parte,” disse, colpito da
un'improvvisa certezza. Spinse indietro la fiala, ma lei si allontanò
da lui, scuotendo la testa e mettendo le mani dietro la schiena in
segno di rifiuto.
“No,” mentì lei, quindi
aggiunse con onestà: “Ne ha bisogno più di me, signore.”
Severus non aveva bisogno di
usare la Legilimanzia per leggere la sincerità dietro al gesto della
Granger. La sua lealtà sfavillava. Guardò la piccola fiala nelle
sue mani. Il cuore gli doleva. Felix Felicis, fortuna liquida. Non
c'era un modo più chiaro per mostrarle la
decisione che aveva
preso, doveva fare in fretta: i Mangiamorte avevano fatto breccia fra
le difese di Hogwarts, doveva trovare Dumbledore ed ucciderlo prima
che lo facesse qualcun altro e Luna Lovegood era lontana solo pochi
metri, separata da Severus e dalla Granger dalla porta del suo
ufficio. Non era questo il momento per fissare una studentessa e
pensare di baciarla.
O lo era? Con solo una
piccolissima fitta di senso di colpa, Severus tolse il tappo alla
bottiglietta nella sua mano e spinse indietro la testa, rovesciando
il contenuto nella sua bocca.
La risposta della Granger fu
immediata. Gli sorrise con piacere: le sue labbra si aprirono
leggermente mentre il sorriso si diffondeva sul viso. Severus colpì
immediatamente. Spostando la bottiglietta vuota nella mano che teneva
la bacchetta, liberò la mano sinistra e annullò la distanza che li
separava. Prese con fermezza il suo mento. La punta delle dita
scavarono nella soffice carne della guancia, forzandola ad aprire la
mandibola. Mentre si avvicinava ancora e abbassava la testa, il suo
profumo lo investì. La Felix Felicis formicolava contro la sua
lingua. Il suo calore si diffuse all'esterno – giù per la gola e
su verso le cavità nasali – anche se aveva fatto molta attenzione
a non berla. Schiacciò la sua bocca contro quella di lei e non
appena riuscì a inserire il suo labbro inferiore in mezzo a quelle
di lei, aprì la bocca, trasferendo il contenuto liquido da una
persona all'altra. Lei lottò leggermente: le sue mani afferrarono
senza effetto le dita di lui e la lingua spinse contro la sua in un
futile tentativo di spingere la Felix Felicis indietro nella sua
bocca.
Gli occhi di Severus erano
chiusi e stretti, la sua concentrazione limitata al punto del
contatto fisico. Le labbra della Granger erano esageratamente
soffici. Pochi secondi dopo, lei fu costretta ad ingoiare e la sua
lotta finì. Severus non trovò nessuna giustificazione per
prolungare il suo comportamento, ma si tirò indietro riluttante,
prolungando fino all'ultimo secondo il contatto fra le loro labbra.
I suoi occhi si aprirono di
scatto quasi immediatamente e fissò il viso di fronte a sé: le
ciglia arricciate, la curva delle labbra, il soffice incavo tra il
naso e la bocca. La sua mano sinistra scivolò dal suo mento,
scorrendo lungo il bordo della mandibola e lungo la gola per fermarsi
con la punta delle dita nell'incavo alla base del collo. Riusciva a
sentire il battito irregolare del suo cuore e il saliscendi del suo
respiro. Voleva baciarla ancora.
“Hermione!” La Lovegood
infranse il momento, il
panico evidente nel tono della voce. “Vieni, presto!”
L'interruzione riportò
Severus immediatamente in sé. Si allontanò dalla giovane donna di
fronte e le rivolse un'ultima occhiata prima di voltarsi sui tacchi e
correre.
Corse incolume in mezzo al
caos dei piani superiori, incerto se fosse per gli effetti residui
della Felix Felicis, che aveva assorbito attraverso le membrane della
bocca, la pulsione del Voto Infrangibile che prendeva il sopravvento
o mera coincidenza. Il corridoio che conduceva su alla Torre di
Astronomia scintillò distintamente e Severus riconobbe la barriera
che avrebbe ammesso solo coloro al servizio del Signore Oscuro.
Oltrepassando un irriconoscibile corpo caduto, corse su per le scale.
Severus aprì la porta in cima
con il tipo di colpo che normalmente riservava per la classe di
Pozioni. Mentre entrava, una folata di aria gelida spostò indietro i
capelli dal suo viso e increspò i vestiti delle persone che
componevano l'improbabile scena bloccata di fronte a sé: Dumbledore
appoggiato contro la ringhiera, tremendamente pallido e che si
reggeva a malapena in piedi. Due manici di scopa giacevano
abbandonati dietro i suoi piedi: la bacchetta non si vedeva da
nessuna parte. È così disposto a morire da non preoccuparsi
nemmeno di estrarre la sua bacchetta? Draco
era pallido come il preside e la mano che
stringeva la bacchetta
tremava in modo allarmante. Anche Yaxley e i Carrow avevano le loro
bacchette sguainate; Greyback era stato scagliato da un lato. Il
Marchio Nero era sospeso sulla scena e lanciava un'infausta luce
verde sui partecipanti.
“Abbiamo un problema,
Snape.” Era stato Amicus Carrow a parlare. Severus sentì le
sue parole come se provenissero da una grande distanza. “Il
ragazzo non sembra in grado-”
“Severus...” La
voce di Albus era a malapena un sussurro, ma catturò l'attenzione di
tutti.
Severus andò avanti a lui,
spingendo rudemente Draco lontano da una parte, con gli occhi fissi
su Albus. Il sollievo sul viso di Albus gli fece contorcere il petto
in modo spiacevole.
“Severus... per
favore...”
L'odio che Severus sentiva
sembrava iniziare a diffondersi nel profondo nel suo corpo, avanzava
impetuoso su per il petto e la gola come nausea, stringendogli i
muscoli della mandibola e delle braccia. Si deve arrivare a
questo. Dumbledore sembrava
vecchio. Sembrava debole. Si
teneva in piedi in modo
precario, come se un'altra folata di vento potesse farlo cadere dalla
torre, come se le ginocchia potessero cedere e mandarlo disteso ai
piedi del nemico. Come si permette? Questo
era l'uomo a cui Severus aveva dato la sua fiducia per salvarlo e
proteggerlo, l'uomo che aveva pensato potesse salvare il mondo magico
dal cancro maligno dell'insaziabile desiderio di potere del Signore
Oscuro. Ed eccolo lì, sul punto di morire. Come si
permette di apparire così vulnerabile? Come si permette di pregarmi?
Severus sollevò la bacchetta e
la puntò in modo infallibile sul viso impossibilmente caro di fronte
a sé. Albus – che tu sia maledetto!
- sorrise.
“Avada Kedavra!”
Urlò Severus. La sua voce gli
sembrò
estranea: la luce verde dalla sua bacchetta si mosse lentamente come
un tentacolo. La
guardò distendersi
attraverso
la distanza tra loro prima di – troppo velocemente – colpire con
un tonfo il petto di Dumbledore. Pensò di sentire il vecchio
sospirare delicatamente per l'impatto della maledizione. Privo del
brillante luccichio che lo caratterizzava in vita, il corpo spezzato
di Albus fu sollevato dalla forza della Maledizione che Uccide.
Rimase sospeso
nell'aria per un secondo infinito, poi cadde fuori dalla vista.
Severus girò sui tacchi. “Fuori
di qui, presto,”
ordinò, afferrando il colletto di Draco e spingendo il ragazzo
davanti a sé verso la scalinata.
*
Severus si Smaterializzò non
appena arrivato ai cancelli di Hogwarts. Solo pochi secondi dopo,
apparve sul pavimento piastrellato di bianco e nero nel Foyer di
Materializzazione a Malfoy Manor. Draco stazionava di fianco alla
porta, in attesa del suo arrivo. Il ragazzo, sempre pallido, aveva
una
sfumatura
verdognola.
Con un enorme sforzo, Severus
allontanò dalla mente il suo ultimo alterco con Potter: aveva
bisogno di mantenere il controllo. Con la mano sinistra si tastò la
scapola destra. L'ippogrifo gli aveva lasciato un largo taglio: stava
scorrendo del sangue, ma non abbastanza da dover prestare attenzione
immediata.
“Non dobbiamo far aspettare
il Signore Oscuro, Draco,” scattò, ancora una volta afferrando il
ragazzo per la collottola e spingendolo davanti a sé. La breve
camminata verso il salotto fu fin troppo veloce.
“Signore,” annaspò Draco,
incerto prima di entrare.
“Tieni la bocca chiusa,”
ringhiò di rimando.
Severus aprì la porta del
salotto e spinse Draco dentro. Molti mobili erano stati spostati
contro i muri della stanza, fatta eccezione per la poltrona alata su
cui sedeva il Signore Oscuro. I Mangiamorte erano in piedi in un
circolo sciolto, con la loro attenzione focalizzata sui nuovi
arrivati. Il senso di attesa era palpabile. Severus camminò verso
Voldemort, mettendo un ginocchio a terra e tirando Draco con lui,
finché la testa del ragazzo non fu premuta contro il pavimento.
“Mio Signore,” disse
Severus, chinando la testa.
“Ah, Severus. La notizia
della tua impresa ti precede. Credo che tu abbia qualcosa
d'importante da raccontare.”
“Sì, mio Signore.”
“Avvicinati, Severus.”
Severus lasciò Draco dov'era
e strisciò in ginocchio verso il Signore Oscuro.
“Allora?”
“Sono felice d'informarti
della morte di Albus Dumbledore.” Severus non riuscì a
trattenersi, ma si sentì impressionato dal tono colloquiale della
sua stessa voce. In qualche modo, era sempre più facile fronteggiare
il Signore Oscuro di quanto anticipato. Alzò la testa verso i tratti
distorti da serpente del quasi uomo che incombeva su di lui.
Voldemort sorrise. “Questa è
infatti una buona notizia, mia spia. Devi sentirti rincuorato.”
Severus abbassò la testa con
deferenza verso il padrone, ma il Signore Oscuro si sporse in avanti
e gli sollevò il mento con due dita pallide.
“Dimmi, Severus,” sibilò.
“È vero che il vecchio ti ha implorato di avere pietà?”
“Sì, mio Signore.”
“E dimmi, Severus,” gli
occhi di Voldemort lampeggiarono di rosso, “come ti ha fatto
sentire?”
Fu quasi troppo facile
ghignare verso il viso disumanizzato che incombeva sopra di lui e
dire la verità: “Sembrava un momento appropriato per dimostrare la
mia lealtà, mio Signore.”
Severus spinse avanti il
ricordo di ciò che era successo in cima alla Torre di Astronomia,
sapendo che il Signore Oscuro voleva vederlo lui stesso. In pochi
secondi, sentì Voldemort farsi largo dentro a spallate. Il Signore
Oscuro era così intento nella sua visione che dimenticò di causare
quel tipo di sofferenza mentale che era tipico delle incursioni
dentro la mente di Severus. L'assenza di dolore dell'esperienza lo
lasciò stranamente spiazzato.
“Alzati, Severus!”
Voldemort afferrò la toga di Severus da davanti e i due si alzarono
insieme. Voldemort fece girare Severus per guardare i Mangiamorte
assemblati con una mano fredda appoggiata sulla spalla – per
fortuna non quella maltrattata dall'ippogrifo. “Questa sera hai
dimostrato di essere il mio seguace più leale! Sarai ricompensato!”
Severus non disse niente,
lasciando che il suo sguardo scorresse lungo i visi dei Mangiamorte
disposti in circolo intorno a lui. Nessuno sembrava lieto dalla
dichiarazione del Signore Oscuro, anche se solo Bellatrix lo guardò
con puro e genuino odio.
“Mentre il giovane signor
Malfoy, tuttavia,” iniziò Voldemort, volgendo la sua attenzione
verso la figura che rimaneva prostrata nel mezzo del pavimento, “sarà
punito.”
“NO!” La parola scappò a
Narcissa come un singhiozzo spezzato e si lanciò in avanti, coprendo
il corpo del figlio con il proprio. “Per favore!” Implorò. “Per
favore!”
“Levati di mezzo!” Urlò
Voldemort. Con un bang il corpo di Narcissa venne scagliato indietro
contro il muro. Continuò a singhiozzare, anche se il Signore Oscuro
la ignorò, sollevando la sua bacchetta, puntandola su Draco.
Severus parlò prima che
colpisse.
“Mio Signore,” disse con
tono deferente. Solo perché era Severus, e solo perché Severus
aveva appena ucciso Dumbledore, il Signore Oscuro esitò. Senza
abbassare la bacchetta si voltò verso Severus. Severus alzò le
spalle, come per puntualizzare un impedimento da nulla. “Ho
promesso di proteggere il ragazzo,” disse quasi con tono di scusa.
“Il Voto Infrangibile?”
Severus piegò la testa in
segno d'intesa.
L'attenzione di Voldemort
scattò brevemente dal ragazzo tremante ai suoi piedi verso gli
altri, lungo la stanza, verso Bellatrix.
“Bellatrix,” cantilenò
con una cadenza minacciosa nella voce. “Mi viene da pensare al
perché non lo hai puntualizzato tu stessa. Sicuramente vorrai
proteggere il tuo prezioso nipote? E sicuramente non vorrai che a
Severus venga fatto del male?”
“Mio Signore!” Bellatrix
cadde sulle ginocchia. “Non ci ho pensato!”
“Rimuovi il Voto
Infrangibile!”
Bellatrix si affannò ad
estrarre la bacchetta. “Cissy!” sibilò, guardando verso la
sorella che cercò di barcollare sui suoi piedi, spingendosi lontano
dal muro contro cui era caduta e muovendosi attraverso la stanza
verso Severus. Il bellissimo viso di Narcissa era striato dalla
lacrime mentre afferrava la mano di Severus come se fosse un'ancora
di salvezza.
“Severus...” lo implorò.
“Ti prego...”
Nessuno ha la dignità di
non supplicare? Severus la
fissò, senza battere ciglio, col viso impassibile. Bellatrix prese
la sua bacchetta
per puntarla
sopra alle loro mani congiunte.
“Come
vostro Suggello,
voglio ricordarvi i termini del Voto Infrangibile.” Con le parole
di Bellatrix, le luminose linee magiche del Voto brillarono alla
vista. Severus notò che Draco aveva alzato la testa. L'attenzione
del ragazzo era fissa sull'evidenza della promessa che Severus aveva
fatto per proteggerlo. Sembrava terrorizzato.
Narcissa fece un sospiro
tremolante. “Io, Narcissa, dichiaro che sei sollevato dai termini
del tuo voto. Non hai più bisogno di controllare, proteggere o
assistere mio figlio, Draco.” – un singhiozzo interruppe le
parole formali della dissoluzione e per un momento sembrò come se
potesse essere completamente dominata dalla lacrime – “per te che
hai abilmente e adeguatamente servito come desideravo.”
Mentre parlava, il legame si
ruppe e si dissolse, lasciando soltanto l'ombra della sua
luminescenza a sbiadire lentamente nella retina delle persone
presenti. Quando l'ultimo barlume della pulsione magica sparì,
Narcissa si ripiegò su sé stessa, nascondendo il viso contro il
tappeto. Severus si alzò in piedi e si allontanò: Voldemort rise
con un suono secco e acuto.
“Ora, Draco,” esclamò
Voldemort con evidente piacere, “inizierà la tua punizione.”
“No.” Ancora una volta fu
Severus ad interrompere e, malgrado il tono di voce fosse debole, il
suo contributo fu così inaspettato da scioccare persino Narcissa che
tacque. Gli altri Mangiamorte rimasero cautamente pietrificati,
ovviamente preoccupati che Severus stesse per far scattare la rabbia
che avrebbe visto il Signore Oscuro punire chiunque presente. Severus
camminò al centro del circolo. Si abbassò e chiuse una mano sulla
toga di Draco, sollevando il ragazzo dalla collottola mentre rimaneva
in una posizione inginocchiata, con la testa sospesa sul fianco di
Severus. “Ti do la mia parola, mio Signore,” disse Severus dando
a Draco un leggero scossone e guardando senza paura nelle strette
pupille sul pallido viso di Voldemort. “Ci sono alcuni qui che
dovrebbero ben imparare che mantengo la mia parola, a prescindere
dalla presenza di un Voto Infrangibile.”
Voldemort lo guardò
valutandolo per un lungo momento, prima che le sue labbra si
contorcessero in un sottile sorriso, completamente senza
divertimento. “Vuoi proteggere il ragazzo, ancora?” Chiese
genuinamente curioso.
Severus annuì. “Può
essermi utile. I suoi voti in pozioni sono adeguati, o lo erano,
quando ero il suo professore. Ci sono dei compiti che può portare a
termine.” Severus aspettò, non lasciando registrare nessun segno
della sua tensione sul viso o nell'atteggiamento del corpo.
Finalmente, Voldemort parlò.
“Molto bene, Severus,” disse, piegando le dita altezzosamente
verso il corpo floscio di Draco. “Il ragazzo è tuo, fanne ciò che
vuoi.”
Severus s'inchinò
profondamente. “Il mio Signore è generoso.” Diede a Draco un
altro leggero scossone. “Di' grazie, Draco,” disse in modo
strascicato, suonando a tutti come un padre indulgente con un figlio
negligente.
Draco alzò la testa verso
Severus, poi velocemente verso il Signore Oscuro, prima di abbassare
la testa ancora una volta: il viso era cinereo. “Grazie, mio
Signore,” riuscì a dire.
Voldemort rise allo scambio.
“Che adorabile animaletto, Severus,” disse in modo colloquiale.
“Fammi sapere quando la novità si esaurisce – non è mai troppo
tardi per darlo da mangiare a Nagini.”
L'istinto perfezionato dagli
anni di lavoro con sostanze volatili lo avvisò giusto in tempo e
Severus allontanò il corpo di Draco. Il ragazzo svuotò il suo
stomaco sul lussuoso tappeto del salotto dei suoi genitori.
“Evanesco,” ringhiò
velocemente Severus, rimuovendo l'offensiva sostanza. Si voltò in
segno di scusa verso il Signore Oscuro, “Mio Signore–”
Voldemort lo interruppe con un
gesto della mano. “Portalo via, Severus. Tu ed io parleremo
presto.”
“Molto bene, mio Signore,
grazie.” Severus s'inchinò ancora una volta prima di tirare Draco
abbastanza rudemente in piedi e spostandolo velocemente verso il
Foyer di Apparizione. Non aveva alcun desiderio di rimanere ed essere
ringraziato ad nauseam da Narcissa Malfoy.
*
Severus si Materializzò
direttamente nel soggiorno di Spinner's End con il collo di Draco
stretto in una mano. All'arrivo spinse il ragazzo gentilmente, ma
fermamente, verso la poltrona più vicina e richiamò del Whisky
Incendiario con due bicchieri dalla credenza. Ne versò un generoso
bicchierino ad entrambi.
“Bevi questo,” disse
inutilmente premendo il bicchiere di alcol nella mano del ragazzo.
Draco bevve immediatamente,
col bicchiere che sbatteva contro i denti e il corpo che tremava.
Severus bevve la sua parte con facilità, apprezzando l'intenso
bruciore mentre scendeva per la gola e il confortante calore che si
formò nel suo stomaco. Facendo sparire la bottiglia sulla mensola
del camino s'inginocchiò per aprire le ante di finto mogano
dell'armadietto sotto al vecchio televisore.
Cercando all'interno, tirò fuori un unguento e diversi pezzi di
garza. Mentre sbottonava la giacca, il gilè e la camicia, si girò.
In pochissimo tempo aveva tirato fuori il braccio destro fuori dai
vestiti e guardava sopra la spalla per esaminare la ferita. La
maggior parte era fuori dalla sua linea visiva.
“Draco,” ordinò. Il
ragazzo alzò il viso dalle sue mani e guardò verso di lui, restando
sorpreso per la vista. “Vieni qui,” disse Severus bruscamente,
porgendogli i quadrati di garza e l'unguento. “Pulisci la ferita
con un Tergeo e passacelo sopra,” lo istruì.
Draco brancolò in cerca della
bacchetta e si mise in ginocchio dietro il padrone di casa. Prima di
voltarsi Severus vide il suo viso colpito.
“Non mi ero accorto che
fossi ferito.” Draco sembrava genuinamente turbato dalla scoperta.
“Tergeo”. Lasciò la bacchetta sul tavolo da caffè e
afferrò l'unguento. Inizialmente esitante iniziò a spargerlo sui
bordi irregolari del lungo taglio. Fece un profondo respiro. “Mi
hai salvato la vita.”
“Sì.” Un leggero sospiro
sibilò attraverso i denti mentre Draco premeva in un'area
particolarmente dolorosa. “Ho cercato di salvarti la vita per tutto
l'anno.”
“Io pensavo,” –Severus
poté sentire il tremito della mano di Draco intensificarsi–
“Pensavo volessi approfittarti del mio fallimento. Zia Bella
pensava addirittura che potessi tradirmi con Dumbledore.”
Severus digrignò i denti alla
menzione di Bellatrix, ma fu abbastanza scaltro da riconoscere le
implicazioni positive nel tentativo di onestà di Draco. “È tempo
che impari a pensare per te stesso Draco. Tradirti con Dumbledore
avrebbe salvato la tua vita molto più facilmente e, dalla tua
prospettiva, in modo molto più piacevole di com'è stato questa
sera. Albus Dumbledore, a differenza del Signore Oscuro, era un fermo
sostenitore del potere del perdono. Delle scuse contrite sarebbero
state sufficienti per guadagnarti la sua protezione. Avrebbe messo te
e tua madre molto lontano dalla portata del Signore Oscuro e dai suoi
gesti punitivi.” Severus era di fronte al televisore e riuscì a
vedere l'espressione di Draco riflessa nel vetro scuro dello schermo.
Il ragazzo si era paralizzato mentre parlava.
“Ha detto così,” sussurrò
Draco, “in cima alla torre prima che gli altri arrivassero.”
“È un peccato che tu non
abbia accettato l'offerta,” replicò Severus con un tono di voce
completamente incurante, girandosi per guardare oltre la spalla e ciò
che poteva vedere della ferita sulla scapola. “Ora che ho ucciso il
preside, con Potter come testimone, non vedo come l'Ordine della
Fenice possa accoglierci entrambi a braccia aperte–”
“Potter come testimone? Ma–”
Severus si voltò per guardare
Draco direttamente in faccia. “C'erano due manici di scopa in cima
alla torre. A meno che uno non fosse tuo, dobbiamo assumere che
Potter fosse presente, nascosto sotto al Mantello dell'Invisibilità.”
Severus alzò un sopracciglio derisorio. “Presumibilmente è anche
al corrente della tua conversazione con Dumbledore a proposito del
tuo perdono. Sembra che la tua migliore scommessa sia di salvare in
qualche modo la sua vita nell'imminente conflitto. Se giochi bene le
tue carte potresti ancora riuscire a cambiare fazione e vivere per
raccontare la storia.”
La bocca di Draco si aprì per
la sorpresa, con la garza dimenticata in mano. “Da che parte stai
tu, comunque?” Balbettò.
“Povero me,” sogghignò
Severus, voltandosi per cercare nell'armadietto sotto al televisore
ancora una volta, “che stupido sono stato a credere che le mie
azioni di stasera avessero risposto alla domanda una volta per
tutte.” Avendo trovato una scatola di cerotti a farfalla, Severus
si girò e aprì il contenuto sul tavolino da caffè. “Non stiamo
parlando di me, Draco, stiamo parlando di te.” Guardò direttamente
il ragazzo che stava tremando ancora una volta. “Non sei un
assassino, Draco, e non hai il favore del Signore Oscuro. Per
guadagnartelo dovresti diventare un omicida – o peggio. Persino se
lui, o la prova cui ti sottoporrà, non ti ucciderà direttamente, il
processo distruggerà una parte di te che ti rende ciò che sei. E
per quanto irritante, ingrato e ossessionato da te stesso su sia
stato per gran parte della tua vita, i tuoi genitori sembrano molto
affezionati a te.” Severus alzò le spalle. “Chissà perché?”
Chiese sarcastico.
Draco era bianco come un
lenzuolo e sembrava incapace di processare l'informazione che Severus
aveva appena articolato. “Che cosa stai dicendo?” Chiese con voce
spezzata.
Severus alzò la testa dai
cerotti a farfalla che stava contando sul tavolino e mettendoli nel
palmo aperto della sua mano sinistra. “Non sono sicuro di poterla
mettere in modo più chiaro senza ricorrere ad un linguaggio crudo o
parole di una sillaba. Cosa non capisci esattamente? Il Signore
Oscuro non è un tipo indulgente. Hai fatto una cazzata. La tua vita
sarà miserabile nel prossimo futuro. La tua miglior speranza è che
Potter vinca e che tu gli salvi la vita durante il processo. Sono
stato abbastanza chiaro?”
“Sì, signore,” disse
Draco meccanicamente, con l'abitudine ingranata nei suoi sei anni ad
Hogwarts che si faceva avanti quando il potere delle parole lo aveva
diversamente abbandonato.
“Bene,” disse Severus,
prendendo la mano di Draco e appoggiandovi i cerotti a farfalla. “Usa
questi per chiudere la ferita sulla schiena.” Mentre Draco fissava
le strisce bianche adesive con un'espressione completamente vuota,
Severus spiegò ancora. “Devi togliere la striscia, la parte
esposta è appiccicosa. Usali per avvicinare i bordi del taglio. È
primo soccorso Babbano: francamente non mi fido dei tuoi incantesimi
nello stato in cui sei.”
Arrivò la comprensione e
Severus ruotò per dare a Draco libero accesso alla sua spalla. Il
ragazzo fece un paio di tentativi per imparare a togliere la strisce
dalla plastica, ma presto il taglio fu cautamente premuto insieme al
suo posto.
“Signore?” Si avventurò a
chiedere quando aveva quasi finito.
Severus guardò verso il
televisore, ma la testa di Draco era abbassata, intento nel suo
lavoro, e il riflesso mostrava solo un accenno di capelli biondi,
stranamente distorti dalla curva sul bordo dello schermo.
“Sì?”
“Perché ha ucciso
Dumbledore?”
“Perché, Draco,” replicò,
all'improvviso sopraffatto dalla spossatezza, “il mio padrone mi ha
chiesto di farlo: ho avuto l'impressione che il Signore Oscuro fosse
soddisfatto.”
*
*
*
|
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Capitolo 2 *** Charming Memories ***
2x02
NdT: la scorsa
settimana ho dimenticato di dirvi che, come Phoenix Song, aggiornerò
la storia ogni venerdì...tranne il prossimo. La vita reale in questi
giorni incalza e, per evitare di fare le cose di corsa a discapito
della traduzione, preferisco andare con un po' più di calma (ed
evitare a silviabella le corse dell'ultimo minuto, penso che anche
lei apprezzerà :))
Anne London
Capitolo 2
Charming
Memories
Hermione sentì il
campanello suonare puntuale alle 11, ma non riuscì a battere in
tempo la madre nell'aprire la porta. Scivolando nel corridoio con le
calze, udì per caso lo
scambio.
“Buongior –
tu!”
“Mamma! No!”
Urlò Hermione quando la madre sbatté la porta in faccia al suo
inaspettato visitatore. Non era un inizio felice per ciò che si era
appena rivelata essere una conversazione difficile. La settimana che
Hermione aveva passato a casa era stata piacevole, anche se
melanconica. Nessuno aveva direttamente menzionato la morte di
Dumbledore – i suoi genitori erano stati comprensivi senza chiedere
che lei ne parlasse, e visto che aveva mandato loro un gufo dove
diceva loro tutto quello di cui si sentiva a proprio agio a parlare
prima di lasciare Hogwarts, non aveva molto altro da dire. Il tempo
era passato troppo velocemente, tuttavia, e ogni momento era stato
segnato dall'agrodolce piacevole qualità in compagnia dei suoi
genitori e la paura per il loro futuro.
Sua madre stava
urlando. “Terry! Dobbiamo–”
“Mamma!”
Interruppe Hermione. “Non è come sembra! Dobbiamo parlare a te e a
papà. Lasciami aprire la porta.” Tentò di girare intorno alla
madre e mettere una mano sulla maniglia, ma la donna aveva la schiena
contro la porta e le braccia allargate in un drammatico gesto di
protezione.
“Hermione! È un
assassino! Se apri la porta ci ucciderà tutti!”
Hermione si portò
entrambe la mani nei capelli per la frustrazione. Ogni secondo che
lui passava esposto sulla soglia era pericoloso. “Non essere
ridicola! È un mago straordinariamente potente. Potrebbe far saltare
la porta senza pensarci. Lascialo entrare così possiamo parlare.”
“Cosa sta
succedendo?” Chiese suo padre, Terry, apparendo nella porta del
soggiorno.
“È Snape!”
Esclamò sua madre, vicina all'isteria.
“Ascolta,”
disse Hermione, lottando per rimanere composta ed estraendo la
bacchetta. “Sto per lasciarlo entrare, dobbiamo parlare con voi.
Non è come sembra.”
“Metti via
quella cosa, signorina!” Urlò Terry nel momento esatto in cui sua
madre urlava, “Come osi puntare quella cosa contro di me?”
“Mamma,”
replicò lei, “allontanati dalla porta. Non appena saremo tutti
seduti in soggiorno a discutere le cose con calma con una tazza di
tè, allora metterò via la bacchetta. Ora spostati.”
Fissando Hermione
come se non la riconoscesse, sua madre l'assecondò, con una mano
premuta contro il cuore e la bocca aperta per lo shock. Hermione aprì
subito la porta.
“Buongiorno,
professore,” disse nel modo più educato che riuscì con il petto
pesante per lo sforzo emozionale degli ultimi minuti. “Per favore
entri e si accomodi.”
“Devi
controllare che sia veramente io e non un imitatore con la
Polisucco,” disse lui con tono strascicato e con un sopracciglio
alzato.
Il professor
Severus Snape era vestito come un Babbano: jeans neri, una maglietta
grigio chiaro e una malconcia giacca di pelle nera che sembrava quasi
vecchia quanto lui. Un sopracciglio di Hermione si alzò mentre lo
guardava. Stava bene. “Allora,” pensò per un breve secondo,
“come l'ho chiamata nell'Infermeria quando deliravo?”
“Fenice,”
replicò con un leggero ghigno, facendo un passo avanti per entrare
in casa.
“Aspetti, non
intende fare una domanda anche a me?”
Lui sollevò un
sopracciglio. “Da ciò che ho sentito prima di aprire la porta,
Granger, puoi essere solo tu.”
Hermione arrossì
e fece un passo indietro per lasciarlo entrare. I suoi genitori
rimanevano in piedi cautamente alcuni metri lontani dalla porta, le
braccia di suo padre avvolte in modo protettivo intorno alle spalle
della madre. Nel momento in cui la porta si chiuse dietro Snape, lui
sollevò la bacchetta verso il suo vestiario e lo Trasfigurò nella
abituale foggia. Hermione sentì un'immediata fitta di
disapprovazione e una ventata di sollievo – la situazione era già
abbastanza tesa senza avere Snape vestito come una vecchia rock star.
“Professor
Snape,” disse lei, “mi piacerebbe presentarle i miei genitori:
Dottoressa Susan Granger e Dottor Terry Granger, sono entrambi
dentisti. Mamma, Papà, questo è il professor Snape.” Lei si voltò
verso il professore in segno di scusa. “È saltato fuori che
prendono La Gazzetta del Profeta, ma solo di sabato.”
Dopo quella mattina aveva pensato che fosse la sua lettera la sola
fonte delle recenti notizie sul mondo magico. Fu solo quando era
tranquillamente scesa per la colazione che aveva scoperto – troppo
tardi per avvertire il professore – che i suoi genitori sapevano
qualcosa delle sue azioni e delle accuse contro di lui. Sollevò una
mano in direzione del soggiorno. “Sediamoci e prendiamo del tè.”
La situazione nel
soggiorno era incredibilmente imbarazzante. I Granger sedettero sul
divano, lasciando le due poltrone ad Hermione e Snape.
“Faccio del tè,”
si offrì Hermione, spostandosi verso la cucina.
Sua madre si alzò
subito, l'orrore all'idea di rimanere nel soggiorno con solo suo
marito e il sanguinario professore chiaramente visibile. “No,”
scattò. “Faccio io. Tu rimani qui e vedi di metter quella tua
bacchetta sul tavolo dove possiamo vederla tutti.”
Hermione si
sedette con un tonfo, leggermente nauseata dalla pronta diffidenza
dei suoi genitori e strofinò nervosamente i palmi sulle cosce. Pose
attentamente la sua bacchetta sul tavolino da caffè, facendo una
lieve smorfia mentre la metteva giù. Anche se poteva afferrarla con
facilità se ne avesse avuto bisogno, senza si sentiva scoperta. Gli
occhi di Terry Granger oscillarono dalla bacchetta di Hermione al
viso del loro visitatore e di nuovo verso la sottile striscia di
legno di vite. Hermione si morse il labbro inferiore e si arrischiò
a dare un'occhiata a Snape. Era seduto con le gambe incrociate e le
punte delle dita premute insieme. I suoi capelli pendevano sul viso e
sembrava molto più rilassato di quanto dovrebbe esserlo un uomo
ricercato. Senza spostare lo sguardo dal viso di Terry, Snape prese
la sua bacchetta e, con infinita lentezza, l'appoggiò sul tavolo da
caffè non lontana da quella di Hermione.
“Mamma?”
Chiamò Hermione all'improvviso, balzando di nuovo in piedi e andando
verso la porta della cucina. “Puoi passarmi il telefono?”
Lanciandole uno sguardo irritato la madre lo fece, prendendo il
cordless dal sostegno sul banco. Hermione si voltò verso suo padre.
“Papà? Puoi darmi il tuo cellulare?” Lui lo fece con maggior
grazia di quanto mostrato dalla madre ed Hermione allineò entrambi i
telefoni sul tavolo da caffè di fianco alle bacchette. La faceva
sentire più sicura.
Sembrò ci volesse
una vita per far bollire l'acqua e sua madre riapparisse con il
vassoio da tè.
“Come lo prende
il suo tè, signore?” Chiese Hermione, mortificata dal
comportamento della madre: le sue braccia e gambe erano incrociate e
stava lanciando sguardi furiosi a Snape.
“Nero, niente
zucchero.”
La mano di
Hermione tremò leggermente e la tazza sbatacchiò contro il piattino
mentre la passava verso di lui. Quando la prese, i loro occhi
s'incontrarono ed Hermione lasciò andare un breve sospiro
rassicurante.
“Sputa il rospo
allora,” ringhiò la madre. “Perché è qui?” Stava ancora
fissando Snape, ma la domanda era rivolta a sua figlia.
“È qui perché
gliel'ho chiesto io. Perché siete in pericolo.”
“Siamo in
pericolo perché lui è qui, Hermione, non il contrario.”
Hermione soffocò
un sospiro di frustrazione. Sua madre era testarda tanto quanto lei
e, nelle rare occasioni in cui litigavano, Hermione tendeva ad
affidarsi al padre per spianare le cose. Una veloce occhiata verso di
lui, e la rassicurante mano dietro alla schiena della madre, furono
abbastanza indicativi del fatto
che questa volta erano uniti contro di lei. Hermione cercò
nella tasca posteriore dei jeans e tirò fuori un mucchio spesso di
pergamena. Aprendola lo stese contro la coscia. “Vi ricordate
quando vi ho spiegato l'Aritmanzia?” Chiese lei, puntando verso un
tono meno polemico possibile.
Sua madre non
rispose, le lanciò soltanto uno sguardo sprezzante prima di
riportare il suo sguardo di disapprovazione verso il viso di Snape.
Terry, d'altro canto, annuì incerto.
“È un misto di
probabilità avanzate, studi attuariali, matrici multi-dimensionali e
calcoli derivati magici. Sostanzialmente possono essere usati per
predire il futuro,” spiegò Hermione. “Lo so che sapete che sono
coinvolta nella guerra contro Lord Volde...” s'interruppe, sapendo
che a Snape non piaceva che lei usasse il suo nome. “Comunque, ho
fatto alcuni calcoli che riguardano la vostra sicurezza durante il
prossimo anno. Se rimanete qui, quasi sicuramente diventerete un
bersaglio. A causa mia.” Un'ondata di senso di colpa l'assalì.
“Sono terribilmente dispiaciuta,” aggiunse.
“Stai dicendo
che le nostre vite sono in pericolo?” Chiese Terry.
“È esattamente
quello che sta dicendo,” confermò Snape, entrando nella
conversazione per la prima volta. La sua voce era così profonda che
mandò dei piccoli brividi lungo la spina dorsale di Hermione.
“Le nostre vite
sono state in pericolo dal momento in cui lui è apparso sulla
nostra soglia!” Scattò Susan.
“No, mamma! Il
pericolo non ha niente a che fare col professor Snape!” Hermione si
sporse in avanti e spinse il foglio di calcoli più in avanti verso i
genitori. “Date solo un'occhiata alle predizioni.”
Terry lo prese e
diede un'occhiata lungo la colonna dei numeri. Le sopracciglia si
alzarono. “Ecco qui tesoro,” disse una volta trovata la fine
della pagina, offrendo il foglio a sua moglie.
“Leggilo per
me,” replicò lei bruscamente, in apparenza convinta che Snape
potesse essere controllato dalla sola forza del suo sguardo.
Terry si schiarì
la gola, lanciando ad Hermione una lunga occhiata prima d'iniziare:
“Possibilità di morte sotto queste circostanze 98.9%, lo stesso se
mandati da Viktor Krum in Bulgaria, 76%.”
“Viktor sta per
provvedere ad un rifugio per streghe e maghi Nati Babbani,”
interruppe Hermione. “Scusa, vai avanti,” aggiunse.
“Idem ovunque in
Europa,” continuò suo padre, “84.3%...” La lista andò avanti.
Dopo un minuto,
Susan interruppe l'elenco di Terry. “Per l'amor di Dio, non ci sono
delle opzioni che mettano le nostre possibilità di morte al di sotto
del 50%?”
“Solo una,”
replicò Terry mentre Hermione si mordeva il labbro inferiore, “Il
suddetto con la modifica dei ricordi e trasferimento in Australia,
1.4%.”
“1.4? Fammelo
vedere!” Susan finalmente allontanò la sua attenzione da Snape e
afferrò il foglio di pergamena che suo marito reggeva, controllando
la lista con la fronte aggrottata.
“È per questo
che il professor Snape è qui,” commentò nervosamente Hermione,
“per aiutarci a modificare i vostri ricordi. Non sono abbastanza
esperta per farlo da sola.”
“Come possiamo
perfino sapere se questi calcoli sono accurati?” Chiese acidamente
Susan. “Potrebbero essere completamente inventati.”
Snape parlò per
la seconda volta da quando si era seduto. “Posso assicurarle,
signora, che non avrei corso il rischio di venire qui se non fossi
stato certo che quei calcoli fossero accurati.”
“Tu sei un
criminale,” esclamò Susan, facendo cadere la pergamena sul suo
grembo e fissando Snape ancora una volta. “Perché la tua opinione
dovrebbe contare affatto?”
“A questo punto,
lui è un sospettato della morte di Dumbledore, niente di più!”
Saltò fuori Hermione. Aveva appena omesso un'enorme bugia, anche se
quello che aveva detto era tecnicamente vero. Hermione non rischiò
un'occhiata verso Snape, fissando invece i suoi genitori e cercando
di farsi credere da loro.
“Cosa speravi di
ottenere esattamente oggi?” Intervenne Terry con voce gentile,
ponendo la domanda a sua figlia.
Le sue parole
lasciarono Hermione leggermente sollevata. “In sostanza,” iniziò,
prendendo un profondo respiro, “sarebbe come un programma di
protezione testimoni, voi potreste entrambi avere nuove identità e
nuove vite. L'unica differenza sarebbe che invece di far finta di
avere nuove identità, noi – cioè, il professor Snape ed io –
creeremo le nuove identità per voi dentro la vostra testa. In questo
modo non sarete in grado di rivelare per sbaglio la verità. Una
volta che la guerra sarà finita verrò a prendervi.”
“Tu vuoi che
lasci entrare lui dentro la mia testa?” Chiese Susan, solo
col tono di un decibel o due più basso di un urlo. Terry le mise una
mano sulla coscia in modo rassicurante.
“Mamma, mi fido
di lui. La Gazzetta del Profeta è una fonte per nulla
affidabile: vorrei che vi fidaste del mio giudizio.” Hermione fece
un sospiro tremolante e lanciò un'occhiata depressa verso il
professor Snape. Era preoccupata che si fosse offeso per ciò che
avrebbe detto dopo. “Inoltre,” continuò implacabile, dispiegando
il secondo foglio di pergamena che teneva e porgendolo lungo il
tavolino da caffè verso i suoi genitori, “ho fatto dei calcoli per
ogni eventualità. In realtà non fa una grossa differenza.”
Suo padre prese la
carta ed entrambi, lui e Susan, diedero un'occhiata.
“Stai
suggerendo,” chiese lui, “che persino se il professor Snape qui
stesse lavorando per l'altra parte, modificherebbe i nostri ricordi
in maniera accurata?”
Hermione portò il
suo sguardo ancora una volta verso il suo professore, sussultando
nell'attesa della sua reazione alle parole di suo padre. Con sua
sorpresa lui la stava guardando curiosamente e le fece un breve cenno
di approvazione vagamente percettibile mentre incontrava il suo
sguardo. Rassicurata, riportò l'attenzione verso i genitori.
“Sì,” replicò
lei. “Il professor Snape lavora come spia che fa il doppio gioco da
tanto tempo. Le proiezioni Aritmantiche suggeriscono che o è dalla
nostra parte, e lo è sempre stato, o che vorrebbe mantenere una tale
facciata con me il più a lungo possibile.”Alzò le spalle. “Visto
che lo farebbe salvandovi la vita senza contraddire direttamente un
ordine di Vol – dell'altra parte, avrebbe completamente senso
farlo.”
Terry sembrava
pensoso alle sue parole, Susan sembrava solo angosciata. “Ed
esattamente, cosa farai tu mentre la guerra è in corso,
signorina?” Chiese con voce dura e accusatoria.
Hermione aveva
temuto questa domanda. Non riusciva a pensare a nessun modo per
rispondere che non suonasse melodrammatico. “Combatterò.”
“Sei una
bambina!”
“Mamma, ho
diciassette anni. Nel mondo magico questo fa di me un'adulta. Persino
nel mondo Babbano si può entrare nell'esercito a sedici anni.”
Susan Granger era
senza parole per la frustrazione. Si portò le mani fra le ciocche di
capelli, un gesto che Hermione riconobbe come uno da lei ereditato.
“Mamma, ”
provò ancora Hermione. “Questa è una guerra magica. Contro
il potere che hanno queste persone, tu – e papà – siete
indifesi.” La voce le si spezzò e le lacrime contro cui stava
lottando per l'intera conversazione traboccarono traditrici lungo le
guance. “Se la nostra posizione fosse invertita, e potreste
salvarmi la vita mandandomi via, cosa fareste?”
Fu come se il
regresso di Hermione alle lacrime cancellasse la rabbia dal viso
della madre. Susan lasciò cadere le spalle e riportò i suoi occhi
verso il foglio di pergamena che teneva in grembo.
“E se tu fossi
uccisa, Hermione? Allora cosa succederà?” Chiese Susan con una
vocina intensamente infelice.
Hermione deglutì
e nuove lacrime scorsero sul viso. Le asciugò in modo grossolano con
la base del palmo della mano. “Almeno non lo sapreste,” sussurrò.
Susan emise un
suono soffocato. “Negheresti ad una madre la possibilità di
piangere il proprio figlio?” Chiese col viso girato e una mano che
gesticolava inconsapevolmente.
Hermione non
sapeva cosa dire. “Io–” S'interruppe prima di continuare. “Lo
farei piuttosto che piangerti sapendo che avrei potuto salvarti
eppure non ho fatto niente.”
“Granger.”
All'intervento di Snape tutti e tre gli altri occupanti della stanza
si voltarono verso di lui: stava guardando Hermione. “Deve essere
una loro scelta.”
“Ma–”
“Granger,” la
avvertì – e qualcosa nel tono della voce attirò la sua immediata
attenzione – “ci sono alcune persone in questa guerra che non
credono che i Babbani meritino di avere autonomia nelle loro stesse
vite.”
Hermione arrossì.
“Non è quello che intendo,” protestò lei, con il senso di colpa
che si congelava sullo stomaco. Entrambi i suoi genitori stavano
osservando lo scambio con interesse, le lacrime sul viso della madre
momentaneamente dimenticate.
“Nell'intento
forse no, ma le conseguenze potrebbero essere le stesse.” Lui
sostenne il suo sguardo finché lei non abbassò gli occhi. “Vieni,”
le spiegò alzandosi in piedi con un movimento fluido. “Dovremo dar
loro un po' di tempo da soli per pensarci. Dottori Granger, se volete
scusarci.”
Hermione lo seguì
in corridoio con un ultimo riluttante sguardo verso i genitori. Suo
padre aveva attirato sua madre vicina ed ora lei stava piangendo su
una sua spalla. Solo una volta che Hermione ebbe chiuso la porta
dietro di sé pensò a tirar fuori un fazzoletto dalla tasca e
asciugare le sue stesse lacrime. Snape, che si stava appoggiando
contro il muro con le braccia incrociate, diede al fazzoletto uno
sguardo divertito.
“È mio?”
“Mi ha detto che
potevo tenerlo,” replicò Hermione un po' sulla difensiva. Colse
l'opportunità per soffiarsi il naso, indovinando che lui sarebbe
stato poco incline a chiederlo indietro se era sporco.
Snape si limitò
ad alzare gli occhi al cielo.
Per diversi minuti
rimasero in piedi senza parlare. Il silenzio era imbarazzante. Senza
averne l'intenzione, lo sguardo di Hermione vagò sulle labbra di
Snape. Non riuscì a non pensare al loro ultimo incontro e di
riflesso rafforzò le sue difese Occlumantiche. Sapeva che non era un
bacio vero: lui aveva colto l'opportunità per costringerla a
prendere la Felix Felicis e nient'altro. Ma le era sembrato comunque
un bacio. Voleva fosse stato un bacio vero.
Si sentiva
mortificata al pensiero dello scherno che il professor Snape le
avrebbe rivolto se avesse saputo che pensava una cosa simile: se
avesse capito l'estensione della cotta l'avrebbe considerata una
stupida. Si sforzò di guardare altrove, cercando intorno qualcosa
d'innocuo eppure d'interessante da dire.
Voleva chiedere
come si sentiva dopo gli eventi nella Torre di Astronomia. Voleva
chiedergli cos'era successo una volta tornato da Lord Voldemort.
Voleva persino chiedere se Draco stava bene. Ma non lo fece.
C'era un altro
argomento, uno che voleva disperatamente affrontare, ma il momento
non sembrava quello giusto. Allo stesso tempo era preoccupata che
potesse essere la sua ultima possibilità di parlargli da solo.
Infilò il fazzoletto nella tasca, lasciando lì la mano e
armeggiando con il contenuto, girando un piccolo pezzo di metallo
ripetutamente tra le dita. Proprio nel momento in cui era pronta
psicologicamente a parlare, la porta del soggiorno si aprì.
“Hermione,”
disse Terry, “tua madre vorrebbe parlarti.”
“Grazie papà,”
mormorò, lanciando un'occhiata al viso imperturbabile di Snape
mentre si voltava per entrare nella stanza, lasciando i due uomini
nel corridoio. Sua madre sembrava molto più calma. Non c'erano più
lacrime e gli occhi erano solo leggermente rossi. Aveva i calcoli
aperti di fronte a sé sul tavolino da caffè. Hermione esitò per un
momento e quindi si sedette di fianco a Susan sul divano. Si morsicò
nervosamente il labbro inferiore.
“Hai fatto i
calcoli dannatamente bene,” osservò Susan guardando la pergamena
davanti a sé e non la figlia.
Hermione fece una
smorfia, anche se sua madre non la stava guardando per notarlo.
“Questa
battaglia che credi di dover combattere,” iniziò sua madre,
“quanto ha a che fare con Harry Potter come Prescelto?”
Hermione esalò un
involontario respiro e lo lasciò sibilare tra i denti. I suoi
genitori dovevano aver letto Il Sabato della Gazzetta del Profeta
molto più a lungo di quanto avesse immaginato. Come spiegarlo
senza mentire o venir meno alla promessa di segretezza?
“Dumbledore una
volta ha detto che, che Harry sia o meno il Prescelto, non è
veramente importante. Ciò che è importante è che Voldemort e
alcuni membri dell'opinione pubblica pensino che lo sia. Harry non ha
davvero molta scelta: Voldemort gli darà la caccia se cercherà di
nascondersi, deve combattere a qualunque costo. È meglio essere
pronti il più possibile.”
“Non credo che
qualunque cosa possa dire ti convincerà che non hai bisogno di
essere lì per lui, vero?” Per la prima volta da quando Hermione
era tornata nella stanza, Susan la stava guardando direttamente ed
Hermione sentì il debole tentativo di umorismo alla domanda e colse
la leggerla curva che sollevò un lato della bocca di sua madre.
“No.” Hermione
fece a sua madre un sorriso tremolante, con le lacrime che
pizzicavano ancora una volta dietro agli occhi. “Harry è il mio
migliore amico. Ha bisogno di me. Inoltre, non è solo questo. Ciò
che il professor Snape ha detto è vero: la linea ideologica di
questa battaglia si estende ad una questione di sangue – sangue
magico. Io sono una Nata Babbana o, come direbbe un Purosangue, una
Sanguesporco. Nel mondo che desiderano non dovrei esistere. Devo
resistergli anche per il mio bene.”
“E che cosa
farai se tuo padre ed io decideremo di rimanere?”
Il sangue si
ritirò dal viso di Hermione. “Il professor Snape ha ragione,”
sussurrò, “deve essere una vostra scelta.”
“Ma tu
suggeriresti diversamente?”
Hermione cercò
nel viso di sua madre un qualunque segno su dove si stava spingendo
la conversazione. “Sì,” replicò.
“Ho un'altra
domanda per quel tuo professore, sarà meglio che li chiami dentro.”
Hermione andò
velocemente verso la porta e la aprì. Suo padre e Snape stavano
parlando intenti a bassa voce e s'interruppero nel momento in cui la
porta si aprì. Hermione desiderò sapere di che cosa stavano
parlando, ma le loro facce non svelavano niente. Tenne la porta
aperta per loro senza dire niente mentre loro rientravano: suo padre
e Snape si sedettero nelle poltrone, come se Hermione e sua madre
avessero reclamato il divano. Era una sistemazione migliore, meno
conflittuale.
“Professor
Snape,” chiese Susan con un piacevole tono non aggressivo, “negli
ultimi anni ho sentito un bel po' da Hermione sulla sua propensione a
proteggere gli studenti.” Hermione arrossì leggermente e rubò
un'occhiata verso Snape con la coda dell'occhio. La sua testa era
inclinata di lato abbastanza perché le ali scure dei capelli
nascondessero gli occhi. “Posso supporre che un tale comportamento
continuerà?”
“Al meglio delle
mie capacità,” replicò Snape. Da parte di un uomo da poco poteva
sembrare evasivo, anche se Hermione sapeva quanto fossero
onnicomprensive le sue abilità.
“E,” continuò
Susan, “se Hermione dovesse morire, verrà a cercarci, ristabilirà
la nostra memoria e ce lo dirà?”
“Nella remota
possibilità che io sopravviva e vostra figlia no, verrò e vi farò
sapere non appena sarà sicuro farlo.”
Hermione si sentì
inspiegabilmente sollevata che i suoi genitori non fossero dei tipi
da chiedere un Voto Infrangibile, perché era certa che Snape avrebbe
accettato. L'uomo mostrava un desiderio compulsivo di prendersi
responsabilità per missioni impossibili e l'ultima cosa di cui aveva
bisogno adesso era un altro obbligo magico vincolante.
“Va bene
allora,” disse Susan dopo un lungo scambio con suo padre,
“modifichi la nostra memoria. È meglio che lo faccia
immediatamente perché non credo di poter sopportare qualche
ritardo.”
Snape sollevò la
testa con sorpresa, voltandosi per guardare Hermione. Si sentì
scioccata proprio come lo sembrava lui.
“Sei sicura,
mamma?” Chiese.
“Fatelo e basta
e siate veloci,” era una risposta leggermente irritata.
Snape sollevò la
mano destra, stringendo e aprendo il pugno per richiamare
silenziosamente la bacchetta dal tavolino da caffè sul suo palmo. Si
alzò agevolmente.
“Dottoressa
Granger,” affermò, “sua figlia ed io stiamo per entrare nella
sua mente usando la Legilimanzia. Sto per nascondere i suoi ricordi
di Hermione e lei sta per inventare una storia falsa sui mancanti
elementi della sua vita. I due verranno intrecciati insieme e
attivati da una frase.” Spostò il suo sguardo verso Hermione e
pose anche a lei il seguente commento. “Immagino che 'Sono la
figlia che avete sempre voluto' possa essere adeguato. Dopodiché vi
faremo dormire. Quando vi sveglierete al mattino vostra figlia sarà
andata via. Lei e il dottor Granger crederete di essere altre
persone–”
“Wendell e
Monica Wilkins,” completò Hermione.
“Stai
scherzando?” Intervenne Terry con uno sguardo disgustato.
“Un nome
particolare renderà più semplice ritrovarvi,” rispose fermamente
Hermione, con il mento inclinato in un'angolazione che non tollerava
discussioni.
“Se posso
continuare,” disse Snape lentamente, sollevando un sopracciglio
verso Hermione che, obbediente, fece silenzio. “Per l'intero
processo serviranno quarantacinque minuti. Devo chiedervi di non
essere interrotti durante quel periodo.”
Entrambi i dottori
Granger annuirono molto determinati.
“Mamma,” si
avventurò Hermione imbarazzata mentre si alzava in piedi dietro al
professor Snape e prendeva la sua bacchetta, “ti voglio davvero
bene.”
Susan Granger si
sporse in avanti e prese il viso di Hermione a coppa con una mano.
“Lo so tesoro,” replicò lei, “ti voglio bene anch'io.”
“Va bene,”
affermò Hermione, strofinandosi la mano sinistra nervosamente sui
jeans. “Sono pronta.” Guardò Snape.
“Si rilassi sul
divano, dottoressa Granger,” le indicò lui con gli occhi fissi sul
viso di Susan. Senza voltarsi verso Hermione, sollevò la mano
sinistra con il palmo sollevato rivolto verso l'alto e lei la coprì
con la sua, le dita che si intrecciavano fermamente nella sua mano.
Entrambi tesero in avanti le loro bacchette, estendendo le braccia e
ponendo la punta sulla tempia di Susan. La donna sembrava
terrorizzata, ma determinata: la relazione famigliare con sua figlia
era sembrata raramente più evidente.
Hermione fece un
profondo respiro. “Legilimens,” mormorò, sentendo Snape
fare lo stesso.
Dentro la testa di
sua madre, Hermione poteva sentire sé stessa e Snape in piedi di
fronte alla sua linea visiva, nel cambio dislocato di prospettiva;
riusciva anche a sentire Snape di fianco e dentro la mente della
madre. La doppia consapevolezza era sconcertante. Controllati,
Granger, sentì dire a Snape nel suo caratteristico tono. Sapeva
che aveva parlato a voce alta, ma la sua intrusione risuonò dentro
di lei come se fosse stato un pensiero suo. La prospettiva si alterò
e le immagini della settimana prima iniziarono a tremolare di fronte
a sé: Snape stava riunendo i ricordi di sua madre su di lei,
iniziando con i più recenti. Afferrando il ricordo del soggiorno,
Hermione iniziò a tessere una ragnatela per contenerli. Monica
Wilkins, pensò, legando un pensiero ad un altro, era
felicemente sposata – anche se aveva sempre desiderato un figlio.
Lei e suo marito erano dentisti e lavoravano insieme nel loro studio.
Avevano guadagnato abbastanza soldi per ritirarsi presto e decidere
di trasferirsi da qualche parte in un posto più caldo...
*
*
*
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Disincanto294:
Stiamo cercando di mantenere lo stesso linguaggio dell'originale,
cercando di non distanziarci dall'atmosfera generale che caratterizza
la storia. Sono contenta che, malgrado tu lo abbia letto in inglese,
sia tornata a leggerlo in italiano :).
Titinina: Una
neofita di HP! Benvenuta nel fandom e in questa storia in
particolare. L'intento di grangerous è quello di cercare di coprire
i buchi di trama della storia (con un what if, ovviamente) e posso
assicurarti che l'evolversi del racconto risponderà in maniera
idonea anche a diverse domande, che ci siamo posti leggendo i
romanzi, di cui non abbiamo avuto risposta.
|
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Capitolo 3 *** Home, Sweet Home ***
2x03
NdT: dopo questa breve
pausa di una settimana, dove sono riuscita a rimpossessarmi della mia
vita, si torna col punto di vista di Snape. Come sempre un mega
grazie a silviabella per la beta.
Anne London
Capitolo 3
Home,
Sweet Home
Quando
ebbero finito di modificare la memoria di entrambi, Susan e Terry
Granger, erano le tre passate del pomeriggio. Severus si sentiva
messo a dura prova dalla sua stessa magia e poteva dire, dalle ombre
scure sotto i suoi occhi, che anche Hermione Granger era esausta.
Seguendo le indicazioni della Granger, Severus fece levitare i corpi
addormentati dei suoi genitori e li trasportò di sopra nella loro
stanza. Granger rimase indietro, seduta china sul divano, con la
fronte appoggiata sui palmi e i gomiti a sostenersi sulle ginocchia.
Per
cambiare i vestiti dei Granger nei loro pigiami, presi da sotto i
cuscini, ci vollero solo pochi secondi, con l'aiuto del relativo
incantesimo. Severus rimboccò le coperte sopra di loro con la
bacchetta e si diresse al piano di sotto. Trovò la Granger in cucina
che stava frugando in frigorifero.
“Fame?”
Chiese lei stancamente, tirando fuori una ciotola in plastica per
insalate di un orribile color blu, piena di penne al ragù avanzate.
Severus grugnì il suo assenso e Granger fece due porzioni di pasta,
scaldandoli con un incantesimo non verbale. Versò due bicchieri
d'acqua da una caraffa con filtro e fece levitare il tutto verso il
tavolo della cucina. Mangiarono in silenzio. “Caffè?” Chiese una
volta finito di mangiare.
“Nero, niente
zucchero.”
La Granger si alzò
in piedi, dandosi da fare con la teiera elettrica e una pressa
francese Bodum*. Si aggirò intorno finché la teiera non bollì e si
spense, poi riempì la caffettiera e la portò in tavola. Sembrava
livida.
“I Serpeverde mi
criticavano sempre per le mie scelte eticamente sbagliate,” affermò
improvvisamente.
Il passaggio dal
mondano al personale colse Severus alla sprovvista. Alzò un
sopracciglio in modo interrogativo. L'aveva criticata diverse volte,
certamente, ma aveva detto “Serpeverde” al plurale.
“Anche Jocelyn
mi ha fatto notare i miei errori.” Hermione abbassò il pistone
della pressa.
“I Grifondoro
spesso si lasciano trascinare dall'arroganza,” replicò Severus,
mantenendo la voce più neutra possibile.
“Vero.” Mentre
la Granger versava il caffè il suo labbro inferiore tremava.
Non voleva proprio
farla piangere.
“Granger,”
disse all'improvviso, cercando nella tasca della sua toga. “Ho
qualcosa per te.” Tirò fuori una piccola fiala, riempita con un
liquido di un violento colore verde, con il tappo sigillato di
ceralacca. La pose sul tavolo di fianco alle tazze da caffè.
Gli occhi della
Granger si allargarono per la sorpresa. Prese la bottiglietta e la
voltò curiosamente in mano, tenendola in alto verso la luce per
valutare il colore e la consistenza. “Che cos'è?”
“L'antidoto per
il veleno di Nagini.”
“Dove l'ha
trovato?” Sembrava stupita.
“L'ho distillato
io, Granger. Ho qualche piccola abilità con le pozioni.” Lei lo
guardò in modo così assente che lui dovette cedere e provvedere ad
una spiegazione più esplicita. “Quando Arthur è stato morso, un
anno e mezzo fa, ho cercato di procurarmi un po' di veleno e, alla
fine, formulare un antidoto. Da allora l'animaletto domestico del
Signore Oscuro è diventato una specie di rischio del mestiere, una
quotidiana minaccia per la mia salute. L'ho distillata regolarmente e
me la sono somministrata ogni giorno. Non posso dartene abbastanza
per mantenere te e Potter immuni per un anno, infatti posso darvi
solo questa dose di riserva. Date le circostanze attuali non è
chiaro quando avrò l'opportunità di farne dell'altro. Una volta
che la bottiglia sarà aperta l'antidoto si degraderà molto in
fretta: avrete solo un'ora per usarlo. Può essere applicato
localmente o ingerito. Se tutto va bene, ne avrete bisogno una volta
sola.”
“Grazie,”
sussurrò lei, con l'accenno di lacrime evaporato. “In realtà ho
anch'io qualcosa per lei.” Si appoggiò alla sedia, torcendo i
fianchi leggermente per raggiungere la tasca dei jeans senza alzarsi.
Tirò fuori un bottone piatto e glielo porse tenendolo sul palmo.
Severus lo
riconobbe subito, ma non poté dar mostra di sapere cos'era senza
rivelare che l'aveva spiata nella sua conversazione privata con Krum.
Saggiamente la fissò senza dire niente.
“È una
Passaporta che si attiva con la voce,” spiegò Granger. “Per
impostarla deve metterla in bocca e dire una frase che non possa dire
per sbaglio.”
“Ne hai bisogno
molto più di me,” riuscì a dire Severus con la lingua pesante in
bocca.
La bocca della
Granger si contorse amaramente. “La Passaporta è programmata per
riportarla a casa. Da oggi non ne ho una. E visto che il motivo per
cui stiamo mandando via i miei genitori è la possibilità che i
Mangiamorte possano venire qui, improvvisamente tornare non sembra
un'idea ragionevole.” Rigirò diverse volte la Passaporta tra le
dita. “Lei, invece, potrebbe trovarsi in una situazione difficile
ed aver bisogno di scappare.” Lo guardò, senza nessun bisogno di
elencare le possibilità: il Signore Oscuro poteva scoprire il suo
tradimento o persino stancarsi di lui; o l'Ordine poteva trovarlo.
“Funziona persino attraverso le barriere anti-Materializzazione,”
aggiunse, “o se perde la bacchetta.”
Gli stava offrendo
una via di fuga.
Lentamente, con
aria incredula, Severus si sporse in avanti e prese la Passaporta in
mano. Era calda per essere stata nella tasca. “Come devo
impostarla?” Chiese, anche se sapeva già la risposta.
“La metta in
bocca con l'occhiello tra i molari e la parte piatta contro l'interno
della guancia. Uhm,” esitò, “posso lavarla prima, se vuole.”
Severus ignorò
l'offerta tardiva di pulirla e la infilò in bocca. Cercò, e fallì,
di non pensare al fatto che l'aveva messa nella sua bocca e poi nella
tasca.
“Ora dica la
frase di attivazione,” gl'indicò, con gli occhi castani fissi
risolutamente in quelli di lui.
Severus respirò
dal naso. Per un momento considerò di usare il verso di una poesia,
ma la parte ragionevole del suo cervello decise di no. In
un'emergenza avrebbe avuto bisogno di qualcosa di veloce, eppure
doveva essere una parola che non poteva usare per sbaglio. Decise per
una in italiano.
“Fenice,”
disse chiaramente. Poi tolse la Passaporta dalla bocca con pollice e
indice. Era bagnata di saliva e si sentiva leggermente stupido.
“Fenice?”
Chiese Granger.
“Sì,” rispose
lui, prendendo il fazzoletto e fastidiosamente asciugando il piatto
disco d'argento. Evitò il suo sguardo.
Prendendo la
bacchetta, Granger si procurò ago e filo e si mosse intorno al
tavolo davanti a lui. Appoggiò la bacchetta e prese la Passaporta
dalle sue mani. Lui si sentì enormemente sollevato per averla
asciugata. “Rimanga fermo,” disse lei mentre staccava il primo
bottone in alto della sua giacca e infilava un paio di dita dentro il
suo colletto.
Lui si bloccò.
“Cosa stai facendo?” Sibilò. La voce era bassa, ma la furia era
palpabile.
“Cucio la
Passaporta così che rimanga in contatto con la sua pelle.” La
Granger aveva temporaneamente fissato l'ago tra le labbra e parlò
con un lato della bocca. “Non so quante giacche lei abbia, ma le
suggerisco di indossare sempre questa e fare uso frequente di
incantesimi di pulizia. Altrimenti la Passaporta sarà
inutilizzabile.”
Lui sentì il
leggero freddo del metallo della Passaporta contro la gola mentre lei
la sistemava al suo posto.
“Non si muova,”
l'avvertì mentre rimuoveva l'ago dalla bocca e iniziava a cucire il
tessuto della sua giacca. Riusciva a vedere l'ago con la visione
periferica alla fine di ogni punto mentre tendeva il filo. Poteva
sentire tutte e quattro le dita della mano contro il collo mentre
teneva il bottone al suo posto. Avvertiva il respiro di lei leggero
contro la sua guancia, mentre lei si sporgeva in avanti, intenta nel
suo lavoro: una delle ciocche gli sfiorava il viso.
Qualcosa si
risvegliò, in modo quasi doloroso, nel suo petto. Pensò che sarebbe
svanito una volta che la Granger si fosse spostata dalle immediate
vicinanze, ma non accadde. Rimase per il resto del pomeriggio, mentre
la guardava ordinare gli averi accumulati nella vita dei suoi
genitori, facendo le loro valige per il viaggio in Australia e
nascondendo tutti i segni della sua stessa presenza nel corso degli
ultimi diciotto anni. Rimase mentre vagava per le corsie del piccolo
supermercato a due isolati dalla casa, in cerca di qualcosa da
cucinare per la cena. Semmai peggiorò mentre guardava con la fronte
aggrottata la pentola fumante di zuppa di pesce, con semi di
finocchio e farina di nocciole, e realizzò che stava cercando
d'impressionare Granger con la sua cucina.
Granger, come
risultò poi, fu molto impressionata. Sospirò con ammirazione mentre
ripuliva il resto della sua seconda porzione con un pezzo di pane,
“Era assolutamente delizioso.”
Severus cambiò
argomento. “Cosa rimane da fare?”
“Non molto. Solo
il cibo in cucina, penso.”
Era tardi. Avevano
iniziato a mangiare alle undici, ma se la Granger aveva davvero solo
la cucina da fare, c'era abbastanza tempo. I dottori Granger si
sarebbero svegliati alle cinque e partiti per l'aeroporto subito
dopo. I loro passaporti, magicamente modificati per mostrare le loro
nuove identità e due biglietti internazionali, erano pronti sul
bordo del bancone. La Granger aveva svuotato il suo conto d'infanzia
e speso molti dei suoi soldi per il volo. Incontrando il suo sguardo
lungo il tavolo, Severus incoraggiò la sua compagna a tornare al
compito con un singolo sopracciglio sollevato.
“Va bene,”
disse sbuffando, poggiando le mani sulla superficie del tavolo da
pranzo e sollevandosi in piedi.
Severus aveva
lasciato alla Granger la privacy per cercare fra gli effetti dei suoi
genitori, ma non sentiva la stessa riluttanza nei riguardi dei
contenuti delle mensole della cucina – dopotutto vi aveva cercato
dentro già durante il processo di preparazione della cena. Con le
energie di entrambi focalizzate sul progetto ci volle ben poco lavoro
per separare il deperibile dal cibo che poteva rimanere come
provvista.
“Porterò questi
con me alla Tana,” osservò la Granger mentre sistemava il primo di
diversi sacchetti di carta pieni di cibo in una piccola borsa con le
perline. “Molly non dirà di no a del cibo extra.” Diede
un'ultima occhiata alla stanza e gli occhi le si posarono
momentaneamente sui passaporti e biglietti. “Penso che abbiamo
finito.”
“Bene,”
replicò Severus, piegando il polso per confrontare l'ora nel suo
orologio con quello della cucina. “C'è abbastanza tempo perché tu
possa dormire qualche ora prima di andare.”
Granger inspirò
profondamente. “Non credo che ci riuscirò. Ora che ho svuotato la
mia stanza...” S'interruppe.
“Dormi sul
divano allora,” rispose lui, allontanandosi dal suo viso desolato e
dirigendosi su per i pochi gradini che separavano la cucina
dall'ingresso.
Pochi secondi dopo
la Granger lo seguì. Appoggiando la sua borsa di perline sul
tavolino da caffè, con un tonfo sproporzionatamente forte, si
sedette sul bordo di una poltrona. “Cosa farà lei?” Chiese.
Severus tirò
fuori l'ultima copia di Ars Alchemica dall'interno di una
tasca mentre incrociava le sue lunghe gambe su una delle poltrone.
“Intendevo leggerti una favola” disse in modo strascicato.
Il suo sarcasmo
strappò una riluttante risatina alla sua compagna e, come se il
breve scoppio di risate l'avesse fatta decidere, finalmente si voltò
e si sdraiò sul divano, con un cuscino sotto la testa. Le luci
principali erano spente, lasciando solo la lampada da lettura di
fianco alla poltrona dove sedeva Severus. Riusciva a sentire che
guardava verso di lui e si sforzò di tenere gli occhi sulla pagina
come se stesse leggendo, anche se non recepiva niente.
“Vorrei che lo
facesse,” disse lei all'improvviso, interrompendo l'imbarazzante
silenzio.
“Vorresti che
facessi cosa, Granger?” Replicò irritato, girando una pagina.
La sua risposta fu
appena più forte di un sussurro: “Leggermi una favola della
buonanotte.”
Ci vollero diversi
secondi prima che Severus potesse respirare, ma quando lo fece il
fiato uscì come un lungo sospiro. Volgendo gli occhi al cielo tornò
indietro di diverse pagine per trovare l'inizio dell'articolo. Alzò
la testa e colse brevemente il suo sguardo, prima di riportare
risoluto gli occhi sulle parole davanti a sé. Fece un profondo
respiro.
“Teoria della
Ricezione: le Pozioni e la Magia del Recipiente,” iniziò lui, “di
Tamberlina Tatters. Vecchie superstizioni, miti e aneddoti
riferiscono frequenti episodi di immunità involontaria alle pozioni
applicate con intenti malevoli, eppure, fuori dal reame della
finzione e delle favole, il fenomeno è difficile da tracciare con
accuratezza. Dove il fenomeno esiste potrebbe, per definizione,
resistere alla ripetibilità necessaria per l'applicazione del metodo
scientifico. Come si può costruire una categoria controllata contro
le pozioni applicate in modo malevolo? Come fa una persona a
categorizzare un 'intento malevolo'? Come, in effetti, si può
ritenere che un soggetto agisca 'involontariamente'...”
In pochi minuti la
Granger fu subito addormentata. Una volta che Severus fu sicuro che
lei non si sarebbe svegliata chiuse la rivista, con un dito infilato
tra le pagine per tenere il segno. Lasciò che i suoi occhi
rimanessero sulla figura addormentata della Granger, notando il
leggero movimento del suo respiro, la fievole sfumatura delle sue
ciocche nella luce bassa, l'angolo di un piede mentre penzolava dal
divano: non avrebbe perso un momento della sua nottata a leggere.
Alle cinque meno
un quarto la svegliò. Si mosse lentamente, confusa dal sonno, ma
raccolse le scarpe e la sua borsa di perline senza agitarsi
inutilmente. Infilandosi le scarpe lo seguì alla porta d'ingresso.
Più silenziosamente possibile, Severus e la Granger scivolarono
fuori. Attraversando la strada camminarono verso la fine
dell'isolato, dove si bloccarono ad una conveniente fermata
dell'autobus. Da lì potevano vedere la casa senza sollevare
sospetti.
In
pochi momenti le luci si accesero. Conoscendo l'impostazione della
casa, Severus poté immaginare i Dottori
Granger – o più accuratamente ora, Wendell e Monica Wilkins –
completare
le loro abluzioni mattutine, facendo colazione, stringendo
saldamente in mano i biglietti insieme alle borse.
L'attenzione della Granger si fissò sulle
finestre, mentre,
con
le braccia incrociate fermamente intorno al petto, un
lieve tremore la scuoteva
nell'aria fredda del primo
mattino.
Sapeva che probabilmente stava immaginando lo stesso scenario. Quasi
troppo in fretta un taxi si fermò davanti alla casa, suonando il
clacson una volta per annunciare il suo arrivo.
La porta
d'ingresso fu spalancata e una luce dorata inondò gli scalini
dell'ingresso. Wendell, una volta Terry, portò giù le borse lungo
la breve rampa di scale e dentro il cofano del taxi in attesa.
Monica, una volta Susan, chiuse la porta a chiave. Poteva sentire le
loro risate, eccitati mentre salivano in macchina. Quando il taxi
passò di fianco al posto dove stavano lui e la Granger, colse un
lampo di due visi sorridenti.
Granger sembrava
triste. “Bene,” disse con voce piatta, “è fatta. Andiamo.”
“Aspetta,”
disse improvvisamente, con le lunghe dita che si chiudevano intorno
all'avambraccio per tenerla indietro. Lei alzò gli occhi per
fissarlo, con le pupille enormi nella poca luce del primo mattino.
Era così vicina che la sua attenzione fu attirata dal modo in cui il
ciuffo delle sopracciglia s'inarcava sopra le palpebre.
“Come ultima
vera risorsa,” disse lui, “puoi trovare la mia casa a Spinner's
End. Modificherò le barriere così che tu possa Materializzarti
direttamente dentro, ma fa attenzione: alcuni Mangiamorte sono
visitatori frequenti. Non sarebbe opportuno arrivare lì, a meno che
tu non abbia davvero altre opzioni. Sono stato chiaro?”
Granger annuì.
“Gr-grazie signore,” balbettò. Sembrava sinceramente presa in
contropiede.
“Bene.”
Severus fece un gesto verso la casa dei genitori con il mento.
“Seguimi allora.”
Senza parlare,
camminarono di nuovo indietro per la strada, fermandosi solo per
lasciare che la Granger imbucasse una lettera per sua cugina, poi li
condusse per la porta d'ingresso. Salirono le scale verso la camera
da letto padronale ed entrarono. La Granger toccò la mensola del
camino con la bacchetta, facendo apparire una ciotola Disillusa di
Metropolvere.
Lei si voltò e
allora guardò verso di lui, con entrambe le mani che tenevano
strette la borsa di perline, tanto forte da avere le nocche bianche.
“Grazie, professore, per tutto,” disse imbarazzata. Brevemente si
morse il labbro inferiore prima di porgere una mano in avanti. “Buona
fortuna,” aggiunse.
Severus le prese
la mano. “Anche a te,” replicò e stupidamente immaginò di
premere la sua bocca contro la soffice mano stretta fra le sue:
immaginò di baciarla sulle labbra. Improvvisamente la lasciò
andare. “Sbrigati,” le ordinò, facendo un gesto col capo verso
il camino con un gesto inequivocabile di congedo.
Granger annuì,
con le labbra strette in una linea sottile. Assomigliava proprio a
sua madre prima che le modificassero la memoria: preoccupata, eppure
determinata. Si voltò e afferrò una manciata di polvere, mentre
Severus accendeva il fuoco.
“Arrivederci,”
disse lei nel momento prima di buttare la polvere, poi “La Tana!”
Entrò dentro e
sparì. Severus rifiutò di lasciarsi andare a pensare se l'avrebbe
vista di nuovo. Invece si tenne occupato smantellando la connessione
con la Metropolvere. Quindi si Smaterializzò.
Il
lieve pop di
Severus, che
riappariva
nel suo soggiorno a Spinner's End, svegliò
Draco di colpo. Il ragazzo era completamente vestito e le luci erano
tutte accese: si
era
chiaramente addormentato ad un certo punto della
notte.
“Calmati,
Draco,”
disse
in modo strascicato Severus, mentre il ragazzo assonnato cercava la
sua bacchetta e sbatteva gli occhi di fronte alla forte luce, nel
tentativo di vedere chi era appena arrivato.
“Severus,”
sospirò
di sollievo, affondando indietro nella poltrona e massaggiandosi il
retro del collo con una mano. “Ero preoccupato per te.”
Severus ghignò in
segno di risposta, ma gli occhi di Draco erano di nuovo chiusi e
sicuramente non lo aveva notato. Forse c'è ancora speranza per il
ragazzo, pensò Severus.
“C'è una
lettera per te,” aggiunse improvvisamente Draco, sedendosi dritto e
aprendo gli occhi. “Da mia madre.”
Stava puntando
verso il tavolino da caffè e Severus attirò senza fretta il rotolo
di pergamena che giaceva dove il ragazzo aveva indicato. Ruppe il
sigillo di ceralacca, impresso con il blasone dei Malfoy, e controllò
la missiva. Da quando aveva salvato la vita di Draco la settimana
prima aveva ricevuto delle lettere simili tutti i giorni. Narcissa si
sforzava di dimostrare la continuamente la portata della sua
gratitudine. Questa volta era stata abbastanza premurosa da includere
l'informazione che l'incontro era fissato per le tre del pomeriggio.
Uomo avvisato è
mezzo salvato, pensò. Gli dava
a disposizione tutta la mattinata per recuperare il sonno.
L'attento sguardo
di attesa sul viso di Draco gli fece controllare il messaggio
un'altra volta. Sicuramente avrà avuto anche lui una lettera? Non
starà aspettando delle informazioni da
questa... Alla seconda lettura la sua mente stanca
colse i sottili riferimenti nella prosa di Narcissa: lo ringraziava
per il suo continuo supporto per l'intera famiglia. Senza
dubbio, allora, l'evasione da Azkaban era fissata per quel
pomeriggio. Visto che il fallimento di Draco non aveva fatto nulla
per accattivarsi le simpatie del Signore Oscuro, Lucius sarebbe
sicuramente diventato il nuovo capro espiatorio con cui sfogarsi.
Severus trattenne l'impulso di sospirare. Avrebbe mangiato qualcosa e
sarebbe andato a dormire.
Severus
si concentrò sul rumore prodotto dai tacchi degli stivali contro il
pavimento di pietra (che, in un certo melanconico modo, gli ricordava
Hogwarts) e sulle sue difese Occlumantiche: il numero di Dissennatori
che volava intorno all'edificio era opprimente e non poteva evocare
il suo Patronus nella presente compagnia. Una delle poche guardie
umane si mosse freneticamente vicino a lui con una lista
scarabocchiata di Mangiamorte che presto sarebbero stati liberati –
non che la guardia sapesse davvero che stavano per essere liberati.
Stava lavorando con l'impressione che Severus li avrebbe scortati al
Ministero per andare di fronte al Wizengamot. Idiota, rifletté
Severus pigramente, come se un solo ufficiale potesse
scortare undici prigionieri.
“Eccoci
qui, signore,” ansimò la guardia, dando un'occhiata alla lista.
“Qui c'è il prossimo: Stanley Shunpike.**”
“Stanley
Shunpike non è un Mangiamorte,” replicò sprezzante.
“Beh, non lo
pensavo neanch'io. Piangeva chiamando la mamma quando lo hanno
portato dentro. Ma è nella lista. Tutti i Mangiamorte, ha detto. Non
può scegliere.”
Severus fece una
pausa per un lungo secondo, considerando le opzioni. “Va bene.”
La guardia aprì
la porta con una chiave dal pesante anello appeso alla vita. Una
volta che la porta fu aperta, due Dissennatori volarono dentro e
spinsero il detenuto fuori in corridoio per raggiungere il gruppo di
prigionieri, che stavano pazientemente dietro Severus.
“Prossimo?”
Chiese Severus irritabile una volta che Shunpike raggiunse la
posizione.
“Lucius Malfoy,”
fu la replica. “Porta successiva.”
“Andrò dentro
questa volta,” rispose Severus, sorprendendo persino sé stesso con
la proposta.
La guarda sembrava
scettica, ma si limitò ad alzare le spalle. “È lei il capo,”
commentò mentre apriva la porta.
Automaticamente
Severus lanciò un Muffliato mentre entrava nella stanza. Non voleva
che né la guardia né gli altri Mangiamorte sentissero la loro
conversazione. Lucius era curvato contro il muro e quasi
irriconoscibile. I suoi capelli erano così sporchi e arruffati che
il colore naturale era indistinguibile: la tunica della prigione così
informe che la sua distinta figura slanciata era nascosta alla vista.
Mentre Severus si avvicinava, il prigioniero alzò lo sguardo.
“Severus,”
disse Lucius, con una sbiadita approssimazione del suo solito tono
disinvolto. “Che bello da parte tua passare di nuovo da queste
parti."
“Di nuovo?”
Chiese Severus con i lati della bocca che si contraevano. Così
Lucius ha avuto allucinazioni della mia presenza?
“Ci stai davvero
prendendo l'abitudine a passare di qui. Mi dispiace non poterti
offrire qualcosa da bere stavolta: dovresti davvero venire di
martedì.”
Severus sentì una
fitta di pietà per il suo amico di lunga data. “Sono venuto per
portarti a casa, Lucius.”
“È quello che
dici sempre,” Lucius si tirò indietro i capelli arruffati dal viso
in una parodia del suo tipico gesto. “Spero che tu sia venuto da
solo stavolta. Davvero, non apprezzo la presenza di Potter.”
“Potter? Cosa
diamine stava facendo qui?”
“Non chiederlo a
me, Severus, eri tu quello che lo portava qui.” Lucius sembrava
seccato. “E poi hai avuto l'ardire di dirmi che ci hai traditi per
l'Ordine.”
Severus rise
all'affermazione, con l'eco del suono che risuonava incongruo contro
i muri di pietra. “Per favore, Lucius. Sono un Serpeverde. Se
avessi voluto tradirti non te lo avrei detto. Sicuramente riconosci
che è una tua immaginazione?”
“Posso solo
sperarlo.”
Severus gli porse
una mano. “Vieni, Lucius,” lo esortò, “andiamo.”
Lucius colpì la
mano protesa di Severus come se potesse passargli attraverso. Quando,
invece, si unirono con uno schiocco reagì a scoppio ritardato,
fissando Severus con degli occhi innaturalmente grandi.
“Vieni,” disse
di nuovo Severus, “ho promesso a Narcissa che saresti stato a casa
per il tè.”
“Sei–”
Lucius s'interruppe. Provò ancora. “Sei reale.”
“Come sempre.”
Con un tentativo
Lucius si sporse in avanti e afferrò la mano di Severus. Rimase
leggermente sbalordito quando Severus tirò in piedi la sua forma
emaciata. Esitò sulla porta, girandosi a metà verso l'altro in
piedi di fianco a lui.
“Spero tu abbia
programmato una doccia prima del tè: non ho nessuna intenzione
d'intrattenere Narcissa in questo stato.”
Severus sollevò
un sopracciglio. “Dovrai iniziare
con l'incontrare il Signore Oscuro, ma secondo la mia opinione sarà
felice come la persona di fianco a te, se ti darai un ripulita: sei
ben lontano dall'essere profumato, amico mio.”
Lucius si mise un
po' più dritto prima di muoversi di nuovo in avanti ed uscire nel
corridoio.
*
*
*
* Serve per fare il caffè americano
** Stan Picchetto
--------------------------------------------
Disincanto294:
caspita, non pensavo che potessimo creare ansia con l'aggiornamento
di una storia! Speriamo di poter andare più spedite e non dover fare
più pause. Per il finale, ovviamente, non dico nulla ;-)
Aniron: Benvenuta
anche nel seguito! In realtà, andando avanti, non è poi così un
lavoraccio, sto scoprendo cose dell'inglese che non conoscevo e per
fortuna ho un ottimo aiuto. :-)
Titinina: Io sono
una grande fan di Jocelyn. E' proprio un bel personaggio e ha
un'evoluzione molto logica, con l'andare avanti nella storia. E' una
vera serpeverde, senza le caratteristiche della Mary Sue (noto
problema con i nuovi personaggi). Presto sentiremo parlare di lei :))
|
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Capitolo 4 *** Disobeying Orders ***
2x04
NdT:
si torna, al freddo e al gelo, con un nuovo capitolo. Suonino le
campane a festa per silviabella che, malgrado sia sommersa di cose da
fare, immancabilmente beta in modo eccelso il capitolo. ^_^
Anne
London
Capitolo
4
Disobeying
Orders
Anche
se non erano ancora le sei quando Hermione saltò fuori dalla
Metropolvere nella cucina della Tana, Molly Weasley era già in
piedi, occupata a preparare la colazione. Il fruscio della
Metropolvere che si attivava l'aveva allertata del suo imminente
arrivo ed Hermione si trovò a fissare la punta della bacchetta di
Molly. Per essere una strega di mezz'età, i cui fianchi larghi
testimoniavano i sette figli che aveva partorito, assunse e mantenne
la posizione di duello con un'accuratezza e velocità terrificante.
“Hermione!”
Esclamò Molly. “Non ti aspettavo così presto.” Sorridendo
distrattamente rimise la bacchetta nella tasca del grembiule.
“Mi dispiace,”
replicò Hermione, con il cuore che martellava per il confronto
inaspettato. “Non volevo che qualcuno si alzasse solo per me.”
Molly si era
voltata di nuovo verso il bancone, dove fece sì che diversi coltelli
iniziassero ad affettare un'alta pila di funghi. “Tè?” Chiese
sollecita.
“Sì, grazie.”
Molly puntò la
bacchetta verso il bollitore, che iniziò a fremere subito, per
sporgersi autonomamente in avanti per versare l'acqua nella teiera.
La cucina di Molly sembrava
riprodurre un'elaborata coreografia, con ingredienti e utensili che
volavano nell'aria, mentre lei sistemava piatti e pentole
senza sforzo nella loro posizione, con impeccabile precisione.
“Oh,” esclamò
Hermione, ricordandosi delle scatole nella borsa. “Le ho portato
questi.”
Molly non batté
ciglio alla vista delle larghe scatole che emergevano dalla piccola
borsa di Hermione, ma fu sorpresa quando guardò all'interno.
“Cos'è questo?
Devi aver portato mezza cucina dei tuoi genitori.”
“Ehm... sì. È
esattamente quello che ho fatto.” Cogliendo lo sguardo sul viso di
Molly, Hermione fece un profondo respiro e le diede una spiegazione
quasi completa. “Si sono trasferiti in Australia. Ero preoccupata
che potessero diventare un bersaglio.”
“Oh, Hermione,”
sospirò Molly. Inaspettatamente la donna strinse Hermione in un
forte abbraccio, con una mano che si muoveva in piccoli cerchi sulla
schiena.
Dopo un secondo di
sorpresa ed esitazione, Hermione ricambiò l'abbraccio. Si sentiva
improvvisamente sopraffatta dagli eventi della serata. Premuta contro
il petto di Molly, le lacrime, che non si era accorta fossero così
vicine alla superficie, scesero sul suo viso; il respiro divenne un
forte singhiozzo soffocato.
“Su, su,”
cantilenò Molly.
A differenza di
Harry, Hermione si ritrovava a ricevere la materna preoccupazione di
Molly in modo meno frequente, ma questa volta non se ne lamentò. Ci
vollero diversi minuti per sfogarsi del tutto. Dopo si ritrovò
seduta al tavolo con una tazza di tè in una mano e un biscotto
nell'altra. La sua offerta di aiuto per preparare la colazione venne
declinata con un cenno perciò si sedette a bere il suo tè con
apprezzamento. Sperava solo che, nel momento in cui gli altri si
fossero presentati per la colazione, i segni del pianto si sarebbero
ulteriormente attenuati, in modo che nessuno potesse notarli.
*
Più tardi quel
giorno, quando Hermione spiegò a Ron il pericolo che la loro
partenza con Harry avrebbe portato alla sua famiglia, lui capì al
volo.
“Hai ragione,
'Mione. Nel momento in cui non ci presenteremo a King's Cross
sapranno che noi tre siamo insieme da qualche parte.”
“Credo
che i miei genitori saranno al sicuro in Australia, ma non possiamo
esattamente costringere la tua famiglia a fuggire. Primo, sono troppi
e inoltre hanno del lavoro da fare, incluso quello per l'Ordine.”
Erano nella stanza
di Ron, essendo sgattaiolati via dagli altri per poter parlare in
privato. Hermione aveva lanciato diversi incantesimi di Silenzio e
messo un Incantesimo Imperturbabile sulla porta, come precauzione in
più: amava l'intera famiglia Weasley, ma vivere nella casa in cui le
Orecchie Oblunghe erano state inventate aveva i suoi svantaggi.
“Forse possono
far finta che io sia malato o qualcosa del genere?” Suggerì Ron
dalla sua posizione, stravaccato sul letto con la testa che
ciondolava fuori dal bordo del materasso.
“Il Ministero è
costretto a verificare una scusa simile.” Hermione stava
districando dei vestiti dall'armadio di Ron e li piegava per metterli
via nella borsa di perline. Sembrava
che lui avesse mescolato il contenuto dell'armadio con un grosso
bastone.
“Non se dovessi
avere qualcosa di veramente contagioso.”
“Così
contagioso che il Ministero non rischierebbe di mandare qualcuno per
controllare, ma non così pericoloso da dover essere mandato al San
Mungo?” Hermione sembrava scettica.
“Mmm. Credo tu
abbia ragione.” Ron rimase silenzioso per un momento. “Ci sono!”
Esclamò, rotolando sulla pancia e puntando un dito verso di lei
euforico. “Dobbiamo trovare qualcuno che faccia finta di essere me
usando la Polisucco! In questo modo non sapranno mai che me ne sono
andato!”
Hermione alzò gli
occhi al cielo. “E chi lo farà?”
“Fred o George
potrebbero, diamine, possono fare a turno. Immagino che prenderebbero
come un enorme scherzo il tornare ad Hogwarts travestiti da qualcun
altro.”
“Ron, Fred e
George hanno un'attività da portare avanti, non ce li vedo a voler
passare il loro tempo ad Hogwarts ed andare di nuovo a lezione.
Sarebbe un lavoro a tempo pieno: dovrebbero dormire lì, fare i
compiti–”
“Naa, non se
fanno finta di essere me, non devono fare i compiti. Se facessero
finta di essere te, allora, sarebbe tutta un'altra storia!”
Hermione lanciò
un paio di calzini arrotolati verso la faccia di Ron, ma lui li
afferrò con facilità e li rilanciò indietro.
“Inoltre,”
aggiunse, “questo tipo di piano richiederebbe litri di Polisucco.”
“Mad-Eye aveva
una fiaschetta.”
“Perfetto, Ron,”
replicò Hermione, con voce carica di sarcasmo. “Perché non rubi
la Polisucco a Mad-Eye e, una volta fatto, non vai avanti con il
piano, eh?”
“Vigilanza
costante!” Urlò Ron, ridendo all'idea. “Va bene, allora niente
Polisucco.” Si ributtò di nuovo nel letto, lasciando un braccio
oltre il bordo. “Comunque la mamma ha un libro di malattie
magiche,” commentò, tornando al suo precedente suggerimento.
“Dovremmo controllare e vedere se troviamo qualcosa che posso
fingere di avere.”
*
Ron sgraffignò La
Guida del Guaritore dalla mensola del secondo pianerottolo ed
Hermione la controllò quella notte, dopo essere andata a letto.
Ginny guardò il titolo con aria molto dubbiosa mentre andava in
bagno.
“Ti sei beccata
qualcosa, Hermione?” Chiese. Il tono di voce indicava che
chiaramente non lo pensava.
Hermione
alzò subito la testa, con uno sguardo serio sul viso, ed incontrò
quello della più giovane amica. Da quando Harry l'aveva lasciata in
un gesto di nobiltà e dedizione alla causa, le cose tra Hermione e
Ginny erano diventate un po' tese. Non poterle raccontare l'intera
storia non aiutava. Per un lungo momento, Hermione esitò per trovare
la cosa migliore da dire.
“Questi
incantesimi di guarigione di base sono così utili. Mi chiedo, perché
non ce li insegnano a scuola? Ci sono così tante cose che i bambini
cresciuti nel mondo magico danno per scontato...”
Ginny interruppe
il suo blaterare appoggiandosi al letto e girando il libro per vedere
cosa stesse leggendo Hermione esattamente.
“Spruzzolosi?”
Chiese Ginny con voce falsamente dolce. “Non credevo che esistesse
una cura per la Spuzzolosi.”
Hermione deglutì
con difficoltà. “Beh, esatto! È proprio questo. Non avevo mai
sentito parlare della Spruzzolosi prima di aprire questo libro.”
“Va tutto bene,
Hermione,” sospirò Ginny, tornando verso il suo letto e spostando
le coperte. “Non sei costretta a dirmelo,” aggiunse con amarezza.
“So che Harry ha un piano, e so che qualunque sia e dovunque lo
porti ci sarai anche tu.” Ginny si arrampicò sul letto e tirò su
le coperte. Rimase stesa sulla schiena, fissando il soffitto, con le
braccia incrociate sul petto.
Hermione lasciò
che il libro le cadesse dalle dita, dove rimase aperto sul piumone.
Dopo un secondo di esitazione spostò le coperte e scese dal letto.
Andando verso quello di Ginny si sedette sul bordo. Le sue stesse
braccia erano incrociate e fissò Ginny per un lungo momento.
“Ginevra
Weasley,” iniziò finalmente, “se sei gelosa della mia amicizia
con Harry sarà bene che lo sputi fuori.”
Ginny sbuffò
irritata e si girò verso il muro.
“Lo sei, non è
vero?” Insistette Hermione. Ginny non disse ancora nulla. “Ginny,”
provò di nuovo, questa volta cercando di chiamare a raccolta un tono
meno accusatorio. “Harry ama te. È mio amico, ma ama te.
Harry è come... un fratello per me. Lo giuro. Non ho mai pensato a
lui in un modo diverso. Se pensi che stia progettando di, non so...
rubartelo allora hai preso un grosso abbaglio.”
Quasi con
riluttanza, Ginny girò gli occhi per guardare Hermione, anche se il
viso era ancora voltato verso il muro. “Non penso che tu stia
cercando di rubarmelo!” Sospirò esasperata. “So che non ti piace
in quel senso. È perfettamente ovvio ed è stato così da sempre.”
Lei fece una pausa, quindi continuò, “Ma sono gelosa, mi sento
tagliata fuori. Per tutta la vita mi è stato detto che sono troppo
giovane, sono solo una ragazza, che devo comportarmi bene... e ora
c'è una guerra in corso e sono sempre troppo giovane, troppo
ragazza. Non è giusto!”
“Spostati,” le
disse Hermione all'improvviso. Ginny si contorse obbediente ed
Hermione s'infilò sotto le coperte con lei. “Hai ragione,” disse
una volta che lei e Ginny furono l'una di fronte all'altra, con le
teste appoggiate allo stesso cuscino. “Ogni singolo altro membro
della tua famiglia è nell'Ordine, ufficialmente o no, eppure si
aspettano che tu lasci la stanza ogni volta che c'è una discussione
importante.”
“Ron è sempre
stato dietro ad Harry, anche quando era più giovane di quanto non lo
sia io adesso! E nessuno gli dice che dovrebbe smetterla di giocare
all'adulto!”
“È come la
questione del volare, ancora una volta,” sottolineò Hermione. I
fratelli di Ginny non l'avevano lasciata giocare a Quidditch
quand'era più giovane – perché era una ragazza. Aveva dovuto
imparare da sola, volando quando nessuno era in casa.
“Già, beh.
Pensa quanto sarei stata più brava a Quidditch se mi avessero
lasciata giocare!”
“Non è quello
il mio punto, Ginny.” Hermione pungolò la spalla di Ginny con un
dito. “Sei una giocatrice eccellente ed uno dei migliori membri
della squadra, malgrado non ti abbiano aiutata. Ti dimostrerai
necessaria anche tu in questa guerra, vedrai.”
Ginny fece una
smorfia. “Vorrei poterti credere. Mamma probabilmente mi chiuderà
in camera quando ci sarà la battaglia finale.”
“Se ci sarà una
battaglia... chi lo sa come finirà? Inoltre, senza Dumbledore, non
sono convinta che Hogwarts sarà ancora sicura. Dovrai fare
attenzione a te e agli altri Grifondoro.”
“Voi sul serio
non ci sarete, non è vero?”
“No.” Hermione
si morse il labbro. “Sai che non posso dirti cosa faremo.”
“Sì, lo so.”
“Ginny,” disse
Hermione, volendo superare in fretta il momento imbarazzante e
prolungare la fragile tregua che avevano appena negoziato. “Sei
l'unica amica ragazza che ho. Perderti perché sei gelosa della mia
amicizia con Harry sarebbe come non parlarti più perché sono gelosa
che tu conosci Ron da più tempo di me.”
Ginny storse il
naso, poi fece una risatina. “Non ti sei persa molto,” scherzò
lei. “Persino quando aveva undici anni, Ron era già un idiota e
prima era anche peggio.”
Rimasero distese
tranquillamente in silenzio per un momento. “Harry ti ha lasciata
tanto per la sua sicurezza quanto per la tua,” disse Hermione
all'improvviso.
“Cretino,”
replicò Ginny, senza troppo calore.
“Seriamente, è
lui quello che non regge lo stress di avere qualcun altro a morire
con lui: averti lasciato non significa averti reso meno un
bersaglio.”
“È felice di
portarsi dietro Ron!” Esclamò Ginny, con tono di voce di nuovo
ferito.
“Giiin-nyyy,”
gemette Hermione, allungando ogni sillaba. “È bloccato con noi.
Non vuoi davvero che Harry ti metta nella stessa categoria in cui
raggruppa Ron e me! Vuoi che pensi a te in maniera diversa; vuoi
essere in una categoria speciale da sola!”
“Non se
significa mettermi in un angolo!” Rispose a tono Ginny, ma Hermione
capì dall'intonazione che Ginny sostanzialmente era d'accordo con
quello che aveva detto.
“Ascolta,”
promise Hermione, “se dovesse anche solo guardare ad un'altra
ragazza quando saremo via, gli lancerò contro dei canarini.”
“Affare fatto,”
replicò prontamente Ginny.
“Io e te siamo a
posto?”
“Sì, Hermione.
Amici come prima.
Hermione
sorrise di sollievo e Ginny le sorrise a sua volta. Vivere
alla Tana sarebbe stato piuttosto problematico se lei e Ginny non
fossero riuscite a sistemare le cose. Dopo alcuni minuti di
conversazione più spicciola, Hermione tornò al suo letto. La
Guida del Guaritore era in cima alle coperte, aperta
sull'introduzione alla Spruzzolosi. Facendo apparire un segnalibro,
Hermione lo mise nella pagina e pose il volume sul comodino. La
Spruzzolosi era una chiara possibilità.
*
“Urgh,”
disse Ron. “Questa dev'essere la malattia più disgustosa di
sempre! Non solo ci sono orribili pustole rosse e viola ovunque sul
corpo, ma, ascolta – hai letto questo? 'I funghi iniziano a
crescere nel canale auricolare, diffondendosi nelle cavità sinusali
e da lì verso la gola, il naso e, in diversi casi, persino nei
condotti lacrimali.'”
“Sì,
Ron, ho letto.” Hermione alzò gli occhi al cielo e appoggiò la
testa indietro contro il materasso del letto di Ron. Ancora una volta
erano sgattaiolati nella sua stanza per discutere il problema di come
nascondere la partenza di Ron. Hermione era seduta sul pavimento con
la schiena contro il letto, Ron era seduto sul letto stesso.
“Accidenti,
l'hai vista questa foto?”
“Onestamente,
Ron, sì! Credi che abbia semplicemente aperto a caso la pagina prima
di passarti il libro e chiederti la tua opinione?”
“Bene, ti ho già
dato la mia opinione: questa dev'essere la peggior malattia mai
esistita!”
“Grazie Ron.
Molto bene. Devo dare per certo che ciò che intendi dalla tua
affermazione è il tuo accordo che possa passare come una scusa
plausibile.”
“Beh... non ho
mai usato le parole 'passare' e 'plausibile', ma, a parte ciò, il
concetto era quello.”
Hermione sospirò
esasperata e lasciò cadere di nuovo la testa in avanti. Aveva mal di
testa e il demone aveva scelto quel giorno per un particolare
spettacolo di battitura di tubature. In più, Ron la stava facendo
diventare matta.
“Hey, 'Mione,
non arrabbiarti.” Ron rotolò sullo stomaco e si precipitò sul
bordo del letto, posando una mano sulla sua spalla. “Ho smesso di
fissare la foto e ora hai la mia piena attenzione.”
“Quello che ho,
Ronald Weasley, è un'accecante mal di testa. Persino se pensiamo
alla Spruzzolosi non siamo vicini ad un piano. Il Ministero deve per
forza mandare qualcuno per verificare una verità così improbabile
e, a meno che non pensiamo ad una soluzione, stiamo solo ritardando
il pericolo per la tua famiglia – oh.” Hermione s'interruppe
quando le forti mani da portiere da Quidditch di Ron iniziarono a
massaggiarle le spalle, i pollici che frizionavano il soffice tessuto
ad entrambi i lati della spina dorsale. “Non fermarti.” Lo
incoraggiò.
Ron rise al suo
improvviso cambio d'atteggiamento. Trascinando i piedi fuori dal
letto, pose una gamba su entrambi i lati della schiena e iniziò ad
applicarsi al massaggio. “Troveremo i dettagli, Hermione, lo
facciamo sempre,” disse incoraggiante. “Troverai qualcosa, sai
che lo farai.”
Le sue parole
erano calmanti quanto il massaggio e dieci minuti dopo Hermione era
di un umore migliore.
“Ok,” disse
lei, “troviamo delle possibilità.”
“Polisucco,”
replicò Ron prontamente, spostando la sua attenzione verso il collo,
premendo decisamente la pelle dietro alle orecchie.
“Non va
abbastanza bene. Persino se ci fosse abbastanza preavviso per
l'arrivo dal Ministero, e qualcuno fosse qui per prenderla, si
potrebbero convincere che sei tu, ma non apparirebbe con la
Spruzzolosi.”
“Scommetto che
Fred e George potrebbero creare una Caramella Spruzzolosi che possa
ricreare i sintomi...” rimarcò Ron pensoso.
“Hai ragione!”
Hermione sentì una momentanea ondata di entusiasmo, ma svanì quasi
immediatamente. “C'è voluta una vita per perfezionare le altre,
però, e non abbiamo così tanto tempo.” Entrambi rimasero in
silenzio per qualche minuto. Ron continuava a massaggiare scendendo
dal collo di Hermione, verso le spalle e iniziò a strofinare le
braccia. “Forse possiamo trasfigurare qualcosa per farlo
assomigliare a te,” suggerì Hermione alla fine. “Non si
muoverebbe, ovviamente, ma non devono avvicinarsi troppo per notarlo.
Non vorranno entrare nel raggio d'azione.”
“Scommetto che
controlleranno se è vivo, però. Ci sono un sacco d'incantesimi che
possono verificarlo senza che chi lo usa debba entrare nella stanza.”
Ron aveva ragione. “Forse se trasfiguriamo qualcosa di vivente,”
aggiunse, “come uno dei polli di papà.”
“Un pollo?”
Hermione iniziò a ridere. “Non essere ridicolo, Ron. T'immagini il
casino che farebbe? Non puoi esattamente spiegare ad un pollo cosa
vuoi che faccia per dei mesi senza fine.”
“Giusta
osservazione,” puntualizzò Ron, ridendo anche lui. “Probabilmente
non riuscirebbe neanche a capire come mangiare con la bocca e le
mani.”
Mentre entrambi
ridevano, le sue mani si spostarono gentilmente lungo le spalle,
fermandosi contro il collo. Sentiva la punta delle dita premere
leggermente contro la clavicola e il respiro le si fermò in gola.
Tutto ad un tratto l'atmosfera della stanza cambiò. Il pollice
destro della mano di Ron accarezzò la base del collo di lei con
piccoli circoli. Hermione lasciò andare il fiato con un leggero
sospiro e si rilassò contro l'interno delle gambe di Ron.
Pochi secondi
dopo, tuttavia, si sedette di colpo dritta quando dalla soffitta
provenne un forte schianto che interruppe il momento. Hermione
trattenne uno sbuffo esasperato.
“Non sta mai
buono quel demone?” Chiese con l'irritazione che colorava la voce.
“Naa,” sospirò
Ron, facendo cadere la mani delle spalle, riconoscendo il fatto che
il momento era sparito. “Ascolta solo papà. Lui crede che voglia
solo attenzione o qualcosa...” S'interruppe nello stesso momento in
cui Hermione si girava di colpo per fissarlo con uno sguardo fermo
sul viso.
“Non ho mai
visto un demone,” disse piano. “Quanto è grande il vostro?”
“Più o meno
della taglia giusta,” replicò Ron con un bagliore calcolatore
negli occhi. “Puzza terribilmente, comunque.”
“È perfetto. La
Spruzzolosi puzza.”
“Dobbiamo dirlo
a Papà, ma quello sarebbe successo presto o tardi.”
“Potresti non
riavere più indietro la tua stanza,” l'avvertì Hermione.
Ron alzò le
spalle. “Chi lo sa quando torneremo. Inoltre, posso sempre
spostarmi nella stanza di Fred e George.”
Hermione si morse
il labbro inferiore. “La trasfigurazione non farà del male al
demone,” valutò lei, “ma è meglio se controllo in
Trasfigurazione Avanzata...” Proprio in quel momento Ron
sbiancò. “Cosa c'è?” Chiese lei, un po' preoccupata.
Ron ricadde
indietro sul letto con un gemito. “Mamma andrà su tutte le furie!”
*
Ron colse
l'occasione d'informare i suoi genitori a cena quella stessa sera.
Tonks, Fred e George avevano raggiunto gli abitanti della casa per il
pasto della sera e la stanza sembrava più affollata del solito, come
conseguenza degli scoppi di risa che i tre invitati strappavano ai
commensali.”.
“Ehi!” Esclamò
Fred ad un certo punto, tirando via un piatto da portata lontano da
Ron. “Se questo qui mangia ancora non entrerà più nei nostri
vecchi vestiti di scuola!”
“Il che mi
ricorda,” commentò Molly, “dove sono i vostri vecchi vestiti
scolastici? Li stavo cercando apposta perché Ron ne avrà bisogno.”
Hermione trovò il
piede di Ron e lo premette fermamente. Ron colse il suggerimento e
appoggiò il coltello sul tavolo con risolutezza.
“In realtà,
mamma,” disse, “non sarà necessario. Non tornerò ad Hogwarts
per il prossimo anno.”
“Non essere
ridicolo, Ron,” replicò Molly con noncuranza, “è l'anno dei
tuoi MAGO. Ovvio che tornerai ad Hogwarts.”
“Sono serio,
mamma,” disse Ron col tono che corrispondeva all'affermazione.
“Arthur!”
Molly si appellò all'altra autorità. “Di' qualcosa!”
Arthur si schiarì
la gola: gli altri occupanti della stanza guardavano la scena
avidamente. “Ron,” rispose Arthur obbediente, “quale ragione
puoi mai avere per non finire i tuoi studi?”
Ron lanciò
un'occhiata apprensiva verso Hermione, che annuì incoraggiante. Si
morse la lingua: meglio se lo diceva lui.
“Beh,” disse
lui con un po' di riluttanza, “Harry ha un compito da portare a
termine e io ed Hermione lo aiuteremo.”
Hermione ed io,
pensò automaticamente lei, ma non disse nulla.
“Assolutamente
no!” Esclamò Molly. “Tutti e tre tornerete ad Hogwarts dov'è
sicuro e non voglio sentire un'altra parola!”
“Perché?”
Protestò Ron con un po' del tono petulante da bambino che si faceva
sentire nella voce. “Fred e George hanno lasciato la scuola senza i
loro MAGO!”
“Ehi!” Fred e
George parlarono in coro.
“Tienici fuori!”
“Avevamo un
piano industriale–”
“E l'economia–”
“E il posto–”
“E
l'inventario–”
“E una base di
clientela coscienziosa–”
“Prima di
lasciare la scuola!”
“Non ero felice
che Fred e George lasciassero la scuola, ma non potevo–” iniziò
Molly.
“Non potevi
cosa?” L'interruppe Ron. “Non potervi fermarli? Beh, sono
maggiorenne, mamma, e non puoi fermare neanche me. Andrò con Harry
ed è definitivo.” Incrociò le braccia, ma in qualche modo riuscì
a portare a termine il discorso, sembrando determinato piuttosto che
imbronciato.
Hermione si era
aspettata un'esplosione da Molly, ma la donna appariva
sorprendentemente sgonfiata dalla piega che la conversazione aveva
preso. Inaspettatamente, fu Tonks che venne in difesa di Molly.
“Hai pensato a
cosa la tua sparizione potrà significare per la tua famiglia?”
Chiese, arricciando il naso con disapprovazione. Non per la prima
volta, Hermione si chiese come fosse Tonks da Auror, anche se questa
volta lo fece con maggior rispetto che le occasioni precedenti.
“Certo che lo
abbiamo fatto.” Ron sospirò e sciolse le braccia. “Hermione ed
io abbiamo lavorato ad un piano, ma abbiamo bisogno di aiuto.”
Non ci mise molto
ad elaborare i dettagli. Mentre lo faceva, Hermione colse lo sguardo
di Ginny lungo il tavolo. Ginny sollevò un sopracciglio, ma per
fortuna non sembrava arrabbiata
man mano che la ricerca sulla Spruzzolosi diventava chiara.
“Possiamo
aiutare a trasfigurare il demone,” si offrì Fred per la sorpresa
di Hermione.
“Sì, abbiamo un
certo dono nel farlo,” aggiunse George.
Era indicativo di
quanto fosse grande l'angoscia
di Molly il fatto che neanche pensò a dove e come i gemelli
potessero essere diventati esperti in trasfigurazione di
demoni.
*
Hermione stava
facendo stretching ai polpacci nella veranda posteriore dopo una
intensiva e veloce corsa di circa cinque chilometri quando Molly aprì
la porta.
“Hermione,”
disse, tenendo viso e voce neutri, “Penso sia meglio se vieni
dentro.”
Hermione si mise
dritta, sollevando la coda sopra al collo sudato con una mano. Non
erano ancora le sette del mattino e non pensava che qualcuno
l'avrebbe cercata. Una leggera increspatura fra le sopracciglia
tradiva la sua preoccupazione, mentre correva a passo leggero su per
le scale ed entrava in casa.
La cucina era
inaspettatamente affollata: la professoressa McGonagall, Mad-Eye
Moody, Kingsley e Arthur erano tutti seduti al tavolo con i visi
scuri. Molly rimase alla porta, tenendola aperta con una mano.
“Signorina
Granger,” sottolineò la professoressa McGonagall educatamente, ma
senza entusiasmo, “vorremmo parlarti in soggiorno, se non ti
dispiace.” Mentre parlava tutti e quattro i membri dell'Ordine che
erano seduti si alzarono in piedi. Si voltarono e iniziarono a
passare nel corridoio, la gamba di legno di Mad-Eye che faceva dei
suoni sinistri sul pavimento.
Hermione si
sentiva terribilmente consapevole di quanto corti fossero i
pantaloncini da corsa e del sottile strato di sudore che ricopriva la
sua pelle. Lanciò un'occhiata a Molly – che non si era mossa –
con la coda dell'occhio. Le labbra della donna erano strette
fermamente con disapprovazione. Hermione si domandò vagamente se
criticasse lei o l'incontro che stava per avere luogo. Ricomponiti,
Granger, si rimproverò. Facendo un profondo respiro si affidò
in fretta al più efficiente fra gli esercizi calmanti che Snape le
aveva insegnato e prese la bacchetta dalla cintura dove di solito la
poneva quando correva. Per cancellare il sudore dalla pelle e
trasfigurare i vestiti da corsa in qualcosa di più consono ci
vollero pochi secondi. Poi si affrettò dietro agli altri dentro al
soggiorno.
La McGonagall,
Kingsley ed Arthur sedevano sul divano, mostrando diversi gradi di
comodità. Mad-Eye era in piedi su un lato, con le braccia incrociate
ed entrambi gli occhi fissi su di lei. Di fronte al divano c'era un
sedia dall'aspetto poco invitante, così fuori luogo con il resto
dell'arredamento degli Weasley che doveva essere stata creata.
Hermione avrebbe scommesso dei soldi che la McGonagall ne fosse la
responsabile.
“Siedi,”
ordinò la professoressa con espressione diretta, puntando verso la
sedia in questione.
Sentendosi grata
per aver avuto la prontezza di spirito di trasfigurare i suoi
vestiti, Hermione obbedì.
“Cos'è questa
storia di Potter, te e Weasley che lasciate la scuola?” Abbaiò nel
momento in cui lei fu seduta.
“È la verità,”
replicò Hermione nel modo più calmo possibile. “Il professor
Dumbledore ha lasciato ad Harry una missione e Ron ed io lo
aiuteremo.”
“Signorina
Granger,” intervenne la McGonagall, “sono sicura che sei
abbastanza intelligente da capire che dalla morte del professor
Dumbledore” –uno spasmo di dolore ed emozioni soppresse venne
registrato in tutte e quattro le facce di fronte ad Hermione– “i
piani sono cambiati. Non è possibile per noi lasciare che il signor
Potter s'imbarchi in un comportamento così stupido senza l'aiuto
dell'intero Ordine.”
Hermione fece un
profondo respiro. “I vostri piani possono essere cambiati,”
iniziò, cercando di rivolgersi a tutti e quattro i suoi
interlocutori e non solo alla professoressa McGonagall, “ma quelli
di Harry no. E neppure i miei.”
Kingsley fu il
successivo ad entrare nella conversazione. “Hermione,” si
arrischiò nella sua voce profonda e rimbombante, “so che tu sola,
fra i tuoi amici, hai fatto un giuramento di lealtà all'ordine.”
Hermione annuì il
suo assenso. Ho capito Dumbledore correttamente? Pensò.
Questo poteva essere il momento della verità.
“Dalla morte di
Dumbledore,” continuò lui e questa volta tutti e quattro
riuscirono a mantenere i loro visi impassibili, “noi quattro
abbiamo preso la leadership dell'Ordine. È in questo ruolo che ci
siamo incontrati questa mattina ed è come tuoi superiori che
dobbiamo chiederti le intenzioni di Harry. Dobbiamo inoltre
assicurarci la tua promessa di aiutarci a convincerlo a tornare ad
Hogwarts, dove sarà al sicuro.”
“Temo di non
potervi aiutare,” replicò Hermione. Mentre parlava controllò le
sensazioni del suo corpo: si sentiva veramente nervosa, ma non
avvertiva nessun indizio della costrizione magica legata al
giuramento di lealtà. Sentiva con improvvisa certezza di aver capito
la precisa scelta di parole di Dumbledore.
“Signorina
Granger!” Annaspò la McGonagall. “Questo è un ordine diretto!”
“Il
giuramento fatto al professor Dumbledore era abbastanza specifico,”
disse Hermione in tono di scusa. Le parole erano così fresche nella
mente che poteva citarle direttamente: “'Io,
Hermione Jane Granger, prometto la mia lealtà all'Ordine della
Fenice, sotto la guida di Albus Percival Wulfric Brian Dumbledore.'
Inoltre,” elaborò, “il compito che Dumbledore mi ha dato è di
proteggere Harry ed aiutarlo con la sua missione.”
In altre
circostanze, lo sguardo di sorpresa sul viso della McGonagall sarebbe
stato comico. Arthur, che non aveva ancora detto nulla, aveva la
fronte leggermente aggrottata. Mentre Mad-Eye sembrava furioso,
Kingsley stava sorridendo – anche se l'espressione era fugace e la
cambiò con uno sguardo di leggero divertimento.
“Bene,” disse
strascicato Kingsley, “è così allora.” Si sporse in avanti
sulla sedia, come se stesse per alzarsi.
“Non lo è per
niente!” Protestò la McGonagall.
“Andiamo,
Minerva,” replicò Kingsley, rilassandosi indietro sul divano e
voltandosi verso la McGonagall, “malgrado abbia rifiutato la nostra
richiesta, la ragazza non ha mostrato i sintomi dell'aver spezzato il
suo giuramento. Possiamo solo dire che ha detto la verità.”
“Ma noi abbiamo
a cuore l'interesse di Potter!”
“Davvero?”
Chiese Hermione, con la voce che venne fuori un po' più dura di
quanto intendesse. “Li amministratori della scuola hanno già
deciso chi sarà il nuovo preside?” Il silenzio che accolse la
domanda fu la conferma che non l'avevano ancora fatto. “Non appena
il Ministero cadrà,” continuò, “Hogwarts potrebbe diventare il
posto più pericoloso per Harry in cui stare.”
Mad-Eye fece
diversi e rumorosi passi avanti, abbassandosi verso di lei, con
l'occhio magico che vorticava follemente. “E come sai che il
Ministero sta per cadere, ragazza?” Chiese aggressivo.
“Lascia perdere,
Alastor,” intervenne Kingsley mellifluo, “chiunque con un po' di
cervello sa che il Ministero non durerà ancora a lungo. Ed Hermione
ha molto più che una giusta parte di cervello.”
Hermione colse
l'occhiata di Kingsley e, con sua sorpresa, le fece l'occhiolino.
Mad-eye, in contrasto, strinse il suo occhio vero dubbiosamente,
sembrando ben lontano dall'essere convinto, anche se si raddrizzò
per allontanarsi.
“Credo,”
continuò Kingsley, “che dovremmo fare i nostri saluti e lasciare
Hermione ad una doccia e alla colazione in pace.” Si alzò e fece
ad Hermione un mezzo inchino. “Grazie per il tuo tempo, signorina
Granger,” disse formalmente.
Hermione si alzò
a sua volta e restituì l'inchino. “Prego, Kingsley, mi dispiace di
non poter essere stata di maggior aiuto.”
Le labbra della
McGonagall si strinsero per l'irritazione e Mad-Eye non sembrava
affatto ammorbidito, ma, per insistenza di Kingsley, decisero di
andare via, mettendosi in fila per la Metropolvere in cucina.
Una volta che se
ne furono andati, Arthur si alzò in piedi e camminò verso Hermione.
Dopo una breve occhiata alla porta, per assicurarsi che fossero soli,
si chinò verso di lei, prendendola per l'avambraccio. “Vi aiuterò
con il demone,” le sussurrò in un orecchio. Dopo un'altra occhiata
alla porta, aggiunse come corollario: “Solo non dirlo a Molly.”
*
*
*
---------------------------------------
Titinina: Per
quanto riguarda Jocelyn stai allerta nei prossimi capitoli ;). Io ho
scoperto questa coppia pochi anni fa, prima cercavo Snape con nuovi
personaggi, che immancabilmente finivano per essere delle Mary Sue
nella maggior parte dei casi. Una mia amica mi ha lanciato l'idea, e
mi ha linkato una delle migliori fanfiction mai scritte. Mi sono resa
conto che la coppia è perfetta!
Disincanto294:
Grazie per essere tornata, malgrado tu l'avessi già letto in inglese
:)). L'antidoto beh, è una di quelle cose che avrei molto apprezzato
anche nei romanzi originali: a nessuno viene in mente di cercare un
antidoto al veleno di un serpentone così pericoloso, che tra l'altro
ha già ferito quasi mortalmente Arthur Weasley??? -.-
|
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Capitolo 5 *** Acting Alone ***
Capitolo 5
NdT:
Siamo già al quinto! I miei ringraziamenti a silviabella che mi ha
aiutato come sempre per la beta, ma il grazie si centuplica per
questo capitolo, particolarmente complesso. Non ringrazierò mai
abbastanza grangerous per avermi fatto tradurre le sue storie,
rileggendole in questo modo mi fa apprezzare alcuni passaggi che in
inglese mi erano sembrati meno particolari.
Come
sempre, i dialoghi sottolineati sono presi direttamente dai romanzi
originali.
Anne
London
Capitolo
5
Acting Alone
“Severusss,
che bello vederti.”
Severus poteva
dire, da come Voldemort pronunciava il suo nome allungando le
sibilanti e dal giornale spiegazzato nella sua mano, che il Signore
Oscuro era ben lontano dall'essere felice. Inclinò la testa in segno
di rispetto. “Saluti, mio Signore,” disse.
Voldemort
fece un gesto con la copia maltrattata della Gazzetta
del Profeta. “Uno
dei tuoi inestimabili colleghi ha pensato
bene di abbassare i già deplorevoli standard del giornalismo
magico.”
Miei colleghi?
L'uso del pronome possessivo non
prometteva bene. Severus sollevò educatamente
un sopracciglio. “Mi par di capire che ti riferisci alla Barbona
Burbage, mio Signore.”
Un
lungo, significativo silenzio accolse la sua blanda arguzia.
Finalmente il Signore Oscuro buttò
indietro la testa e rise.
Snape:1, Serpente: 0,
notò irriverente Severus.
“Burbage
garbage,” fece eco Voldemort divertito. “Sapevo di poter contare
su di te, caro Severus, per riportare le cose nella giusta
prospettiva.”
Severus s'inchinò.
“Siediti,”
ordinò Voldemort, facendo apparire una sedia e posizionandola
proprio alla sua sinistra. Alla destra del Signore Oscuro giaceva
Nagini, arrotolata in grosse spire. Severus sedette.
“Questo è un
abominio,” iniziò Voldemort, facendo ancora una volta un gesto
verso il giornale, “m'incoraggia solo ad andare avanti con il mio
piano di eliminare ogni insegnante Nato Babbano da Hogwarts.”
“Charity Burbage
è un'idiota,” rispose Severus. “La sua visione dei Babbani è
entusiastica quanto inaccurata, così come quella sostenuta da Arthur
Weasley.”
“Dovremo
occuparci di lei,” dichiarò Voldemort, “come anche di Septima
Vector.” Fece una pausa, con un lungo dito che tamburellava sul
labbro in meditazione. “Una alla volta, direi,” concluse, “così
che Nagini possa godersele completamente.” Voldemort si sporse in
avanti con un piede e accarezzò gentilmente il corpo del serpente.
“Tu, Severus, prenderai il posto di preside – così recentemente
lasciato vuoto dal nostro defunto, compianto amico.”
Severus sentiva la
compiaciuta felicità e l'implicito elogio che scaturivano dalle
parole di Voldemort. Occluse ogni idea incriminante a proposito di
Dumbledore, riempiendo di
pensieri i libri della
biblioteca immaginaria
di Hogwarts nel suo
cervello. Si concentrò sulla soddisfazione per aver giocato
il suo ruolo in modo ammirabile: soddisfazione era ciò che Voldemort
avrebbe sentito delle sue emozioni.
“Per il posto di
Babbanologia,” continuò Voldemort, “credo che Alecto possa
essere un'apprezzabile candidata, e lascerebbe Amycus ad insegnare
Arti Oscure.”
Il terrore scorse
lungo la schiena di Severus come una piuma. I Carrow erano stupidi e
brutali, come era loro congenito. Mentre per la posizione di
Babbanologia non avrebbe sempre saputo cosa dire, Severus aveva avuto
qualche speranza per quella di Arti Oscure. “Amycus?” chiese,
attento a mantenere la voce più neutrale possibile.
“Disapprovi,
Severus?” Rispose Voldemort.
Severus alzò le
spalle. “Il suo metodo manca di acume,” replicò. “Avevo
pensato magari, Lucius?” Amycus Carrow non era un insegnante. Le
sue capacità erano esaltate dai particolari effetti della Cruciatus:
niente di più complicato di così. Lucius, almeno, sarebbe stato più
interessato ad insegnare agli studenti, piuttosto che torturarli, e
il suo talento per le Arti Oscure era formidabile.
“No.”
Il
diniego fu espresso con una nota di finalità. “Non voglio Lucius
libero di placare
le paure del suo figlio buono a nulla. Preferisco tenerlo qui sotto
il mio controllo.”
'Qui'
era Malfoy Manor, dove il Signore Oscuro continuava a risiedere. Se
inizialmente Voldemort aveva manipolato Draco per punire Lucius per i
suoi errori all'Ufficio Misteri, le
parti
erano ora invertite:
Lucius – rilasciato recentemente da Azkaban – era stato punito
per l'inadeguatezza di Draco di portare a termine il suo compito. Ad
aggiungere insulto ad ingiuria, Voldemort aveva esteso
le barriere anti-Materializzazione oltre il perimetro della
proprietà. Affermando che era troppo sospetto per Lucius mostrare il
suo viso immediatamente fuori dai cancelli di famiglia paterni,
Voldemort lo teneva al sicuro nascosto dentro le mura del maniero:
Lucius era effettivamente agli arresti domiciliari.
Lucius stava
subendo la degradazione dalla posizione di favorito che una volta
aveva cercato di mantenere ad ogni costo. Severus aveva persino osato
sperare che, una volta liberato dalla venefica e soffocante
condizione della continua presenza di Voldemort, il senso di auto
preservazione ben sviluppato di Lucius potesse manifestarsi. Il
suggerimento dello scambio di parti che Severus aveva piantato nella
mente di Draco aveva dato i suoi frutti nelle azioni di Lucius.
Di fronte al
brusco rifiuto del Signore Oscuro, Severus aveva lasciato appassire
quella speranza senza ulteriori proteste. “Molto bene, mio
Signore,” commento obbediente. Una volta, anni addietro, Lucius
aveva agito per salvare Severus da una vita in prigione. Data
l'opportunità, Severus avrebbe restituito il favore – non,
tuttavia, al costo di perdere la guerra.
*
Severus si
concentrò così intensamente sulla sua destinazione che il rumore
della Materializzazione fu leggero – non più rumoroso del crack di
un piccolo rametto. Subito si Disilluse e fece un brusco passo di
lato. Rimase immobile, con i sensi allerta. Nulla si muoveva.
Nessuno, sembrava, aveva notato il suo arrivo. Inconsciamente i suoi
occhi si allontanarono verso il posto da cui, in altre circostanze,
un gatto grigio soriano avrebbe osservato la sua apparizione. Quella
sera il posto era vuoto.
Aggiungendo un
incantesimo di Silenzio agli stivali, Severus si diresse verso i
cancelli. Un successore al posto di Dumbledore doveva ancora essere
nominato. Se tutto andava bene, significava che nessuno era stato in
grado di cambiare le barriere del castello. Ovviamente, Hogwarts era
l'ultimo posto in cui ci si aspettava di vedere Severus Snape,
sospetto omicida, e questo sicuramente avrebbe giocato a suo favore.
Ai cancelli i suoi sospetti si rivelarono giusti: il lucchetto si
aprì al tocco della mano contro il freddo metallo.
Severus lasciò
andare un sospiro di sollievo. Scivolò all'interno del terreno,
tenendo i cancelli aperti il meno possibile, e con attenzione li
richiuse dietro di sé. Una volta dentro si bloccò di nuovo,
verificando che la sua presenza fosse rimasta nascosta.
Era strano
intrufolarsi dentro Hogwarts – il posto dove aveva vissuto per così
larga parte della sua vita – ma anche un sollievo. Come la visita
alla casa dei genitori della Granger, le sue azioni erano una
consolazione: fare fisicamente qualcosa per indebolire il Signore
Oscuro rendeva le lunghe ore in compagnia dei Mangiamorte più facili
da sopportare.
Severus si mosse
sul terreno silenziosamente. Costeggiò il campo da Quidditch,
scegliendo deliberatamente una strada diversa da quella che faceva di
solito. Non aveva intenzione di entrare nel castello dalle sue stanze
e puntò, invece, completamente verso l'ala opposta, dove passò per
un'entrata di servizio raramente utilizzata. Anche lì le barriere lo
lasciarono passare senza problemi. Una volta dentro raddoppiò la
Disillusione e l'incantesimo di Silenzio – essere beccato nei
corridoi era molto in basso nella sua lista di priorità.
Miracolosamente
arrivò ai gargoyle fuori dall'ufficio del preside senza incontrare
nessuno. Anche se erano le vacanze estive e tarda notte, aveva
immaginato d'incontrare almeno uno dei fantasmi del castello, se non
la stessa Minerva che si aggirava furtivamente. Con un'ultima
occhiata in entrambe le direzioni, per essere sicuro che la via fosse
libera, pose le labbra vicino all'orecchio del gargoyle.
“Piperille,”
sussurrò. Il gargoyle si spostò di lato accondiscendente e Severus
salì sulla scala mobile, lasciandosi portare alla porta
dell'ufficio. Ascoltò alla porta per pochi secondi prima di aprirla,
poi entrò velocemente.
Al suo arrivo le
torce si accesero immediatamente. La stanza, notò con sollievo, era
vuota. Aveva l'aspetto di sempre, con due eccezioni: Fawkes era
assente e un nuovo ritratto era appeso sopra la scrivania. Armandosi
di coraggio, Severus fece cadere l'incantesimo di Disillusione.
L'occupante del
ritratto si alzò in piedi, sporgendosi in avanti con le mani premute
contro il piano del quadro. “Severus,” disse. “Sono felice di
vederti.”
“Albus,”
replicò Severus, inclinando la testa garbatamente. Si voltò di
colpo e si diresse verso la credenza dov'era conservato normalmente
il Pensatoio. Tirò fuori un enorme tomo dalla mensola bassa e,
tenendola attentamente con entrambe le mani, lo portò alla scrivania
del preside.
“Severus,”
disse di nuovo il ritratto di Albus, parlando da dietro rispetto a
dov'era ora Severus. “Sta andando tutto secondo i piani?”
Severus fece una
pausa nell'atto di aprire il vecchio libro. L'intero gruppo di
precedenti presidi lo fissava dall'alto con interesse, aspettando
avidamente una risposta. Raddrizzò la schiena, ma non si voltò.
“Sono vivo per combattere un nuovo giorno, Albus. Tu, d'altro
canto, non lo sei. Questo, almeno, è chiaro?”
“E il ragazzo
Malfoy?”
“Draco,”
replicò Severus, ponendo enfasi sul nome proprio, “sta bene.”
“Ben fatto,
Severus.” Il calore nel tono di Dumbledore fece poco per placare il
suo interlocutore. “Sapevo di poter contare su di te.”
Se lo sapevi,
avrebbe voluto chiedere, perché
mi hai pregato? Severus aveva
promesso di fare l'inimmaginabile. Aveva dato la sua parola solo per
scoprire, alla fine, che Albus non era del tutto convinto che sarebbe
andato fino in fondo. Voleva arrabbiarsi. Voleva urlare la verità
emotiva del tradimento con tutta la sua voce. Ma non lo fece. Questo
non è Albus, ricordò a sé
stesso. É a malapena un suo eco, catturato in un sottile
strato di vernice magica. Come
al solito,
Severus nascose le sue emozioni e cambiò
argomento.
“Albus,”
commentò, “c'è un favore che puoi farmi.” Finalmente si voltò
per guardare completamente il ritratto, notando l'espressione
disponibile nel viso famigliare del quadro. “Avverti Charity e
Septima: le loro vite sono in grande pericolo.”
“Quindi,”
replicò il simulacro di Albus, “Voldemort pianifica di rimpiazzare
solo gli insegnanti Nati Babbani?”
Severus annuì in
segno di conferma.
“Chi li
sostituirà?”
“Alecto Carrow
insegnerà Babbanologia,” la bocca di Severus si contorse
amaramente, “che diventerà obbligatoria e verrà insegnata in
accordo con il nuovo testo approvato. Il Signore Oscuro non vede
nessun bisogno d'insegnare Aritmanzia sotto il nuovo ordine.”
Il preside sembrò
pensieroso. “Diventerai preside?” Chiese.
“Sembra
possibile.”
“E Difesa Contro
le Arti Oscure?”
Severus esitò,
solo per un secondo: “Amycus.”
“Entrambi i
Carrow?” Il biasimo nel tono di Dumbledore era inequivocabile.
Gli occhi di
Severus si chiusero per un secondo. Poi girò la schiena verso il
quadro e riportò la sua attenzione al libro sulla scrivania.
“Sentiti libero si mandare qualcun altro a negoziare, se trovi i
miei tentativi inadeguati,” commentò. Non ho intenzione di
litigare con il suo ritratto, disse severamente a sé stesso.
Aprendo la
copertina rigida del registro degli studenti, Severus andò avanti e
indietro verso la sezione centrale, finché non trovò i registri
degli studenti che avrebbero dovuto iniziare il settimo anno. L'anno
di Granger, disse una piccola voce che schiacciò immediatamente.
I maghi e le streghe adulti della Gran Bretagna avrebbero dovuto
cavarsela da soli, ma Severus intendeva assicurarsi che i bambini e i
giovani adulti non qualificati di Hogwarts fossero allontanati dal
pericolo.
Spostando la sedia
del preside, Severus si sedette e pescò diversi pezzi di pergamena,
una penna e una bottiglietta d'inchiostro dalla tasca. Un semplice
incantesimo avrebbe copiato i nomi rilevanti e gli indirizzi in pochi
secondi; tuttavia, Severus era un uomo ricercato e anche troppo
attento a lasciare la sua firma magica su niente che dovesse rimanere
nelle mura del castello. A differenza delle guardie della prigione di
Azkaban, le pietre di Hogwarts erano immuni persino al più potente
Incantesimo Confundus.
Con attenzione e
metodo, Severus iniziò a copiare la lista a mano, trascrivendo i
nomi e l'indirizzo di tutti gli studenti Nati Babbani. I mezzosangue,
così aveva compreso, sarebbero stati al sicuro. Il processo non
prese troppo tempo visto che c'erano solo una mezza dozzina di
studenti Nati Babbani in ogni anno. Quando arrivò a Jocelyn Smith
esitò. Dopo un momento di considerazione, scrisse il suo nome in un
foglio separato. Era il penultimo del suo anno e Severus copiò
l'ultimo nella lista originale. Completò il processo dei i Nati
Babbani con quelli in arrivo del primo.
“Studenti Nati
Babbani,” scrisse in alto, “divisi dal più vecchio al più
giovane. Sarebbe meglio se lavorassi per ordine inverso.”
Arrotolando la pergamena la sigillò con la ceralacca che giaceva
pronta sulla scrivania di Dumbledore. “Torvik Murk,” scrisse
all'esterno, “Bulgaria.” Mise il pezzo di pergamena su cui aveva
scritto il nome e indirizzo di Jocelyn dentro una tasca interna.
Alzandosi in
piedi, Severus chiuse il pesante registro e lo portò nella credenza.
Prendendo la pergamena, sigillata e indirizzata, si voltò per
andarsene. Dedicò al ritratto di Albus una breve smorfia che, ad un
osservatore attento, poteva sembrare un saluto.
“Aspetta,
Severus,” lo interruppe il quadro.
Severus si voltò
con uno sguardo educatamente interrogativo sul viso.
“C'è
un'ulteriore missione che ho bisogno tu compia: devi
dire a Voldemort la data esatta della partenza di Harry dalla casa
dei suoi zii,” spiegò Dumbledore. “Non farlo solleverebbe
dei sospetti quando Voldemort ti crede così bene informato.
Tuttavia, dovresti impiantare l'idea dell'esca:
quello assicurerebbe la salvezza di Harry. Prova con
Mundungus Fletcher.” Severus doveva essere sembrato molto poco
impressionato perché il ritratto continuò con aria di rimprovero.
“E Severus, se dovessi essere costretto a prendere parte alla
caccia, cerca di fare la tua parte in modo
convincente... Conto su di te per rimanere nelle grazie di Lord
Voldemort il più a lungo possibile, o Hogwarts sarà lasciata alla
mercè dei Carrow.”
Severus sentì
un'ondata d'irritazione scorrere dentro di lui quando capì che non
era stato lasciato un piano chiaro per far partire Potter dai
Dursley. Con l'arrivo del diciassettesimo compleanno di Potter, il
posto diventava più pericoloso e più una trappola mortale ogni
minuto che passava. Non litigherò con un ritratto, ripeté a
sé stesso. Sembrava – a discapito di Potter – che Dumbledore
avesse ottenuto meno da Severus di quanto Severus aveva anticipato.
“Molto bene,”
replicò, “C'è qualcos'altro?”
“No.”
Severus si voltò
ancora per andarsene. Questa volta riuscì ad arrivare alla porta
prima che Albus parlasse.
“Buona fortuna,
Severus.”
Severus non si
sforzò di replicare. Si Disilluse, Silenziò gli stivali e avanzò
lentamente verso la guferia. Una volta che la sua lista fu in volo
verso Viktor Krum e la Bulgaria, si sentì un po' più calmo. Aveva
fatto del suo meglio.
Attraversò il
castello deserto e il terreno dirigendosi verso il punto di
Materializzazione. Mundungus era un uomo difficile da trovare, ma
Severus era una spia di talento: lo avrebbe scovato e c'erano pochi
dubbi a riguardo.
*
Severus scelse la
mattina presto come il momento migliore per trovare la famiglia Smith
a casa. Diversi giorni erano passati da quando aveva copiato
l'indirizzo di Jocelyn e spedito il resto a Krum: abbastanza tempo
per Severus per trovare Mundungus e Confonderlo, abbastanza perché
Charity Burbage fosse scovata e uccisa – malgrado il suo
avvertimento a Dumbledore che non + aver fatto niente a riguardo –
e abbastanza per informare Voldemort esattamente quando l'Ordine
pianificava di liberare Potter.
Il piano di
Dumbledore sembrava ridicolo e Severus non era proprio sicuro del
perché avesse continuato a seguire gli ordini malamente concepiti
datigli da un ritratto. Quindi, ci sarebbero stati diversi identici
Potter con la Polisucco, ma era comunque un rischio terribile. Con un
intera orda di Mangiamorte di guardia, c'era una possibilità molto
reale che Potter potesse venire ucciso – per non parlare anche di
qualunque altro membro dell'Ordine che poteva morire.
Come piano
rivaleggiava con alcuni altri suggeriti da Dumbledore per completa
idiozia, non ultimo la ridicola insistenza del vecchio che fosse
Severus a informare Potter del suo cruciale bisogno di morire.
Severus doveva agire quando Voldemort avrebbe messo Nagini sotto
protezione magica – assumendo di vivere così a lungo e che
Voldemort lo facesse in modo che si potesse notare ad occhio nudo.
Quindi doveva trovare Potter – malgrado fosse tagliato fuori
dall'Ordine e non avesse alcun modo per poter parlare con qualcuno di
loro. E infine doveva convincere in qualche modo Potter
a sacrificare la sua vita – dando per scontato che Potter potesse
credergli, che non lo prendesse come un inganno del Signore Oscuro
per assicurarsi la vittoria, e che Potter non lo uccidesse a vista.
Nel complesso, un piano particolarmente idiota: la situazione lo
lasciava con una sensazione di nauseante disperazione.
La realizzazione
che entrambi i suoi capi erano pazzi rendeva comunque facile per
Severus l'agire indipendentemente quando ne aveva la possibilità. Da
qui, la sua presenza in vestiti babbani, in un tetro sobborgo
dell'est di Londra in un martedì mattina presto. Per l'ultima volta
controllò l'indirizzo nel foglio fra le mani.
Il palazzo era
visibilmente in rovina, così tanto che i jeans logori di Severus e
la giacca di pelle sembravano perfettamente intonati all'ambiente, e
aveva dovuto fare dodici piani di scale a piedi perché l'ascensore
non funzionava. Appartamento 1215. Era arrivato. Severus
sollevò il pugno e bussò bruscamente alla porta.
Le mura erano così
sottili che poteva chiaramente sentire la conversazione che i suoi
colpi avevano fatto iniziare.
“Chi diavolo è?”
Urlò una voce di uomo.
“Jocelyn!”
Urlò una donna. “Vai a vedere alla porta.”
Severus sentì il
cuore alleggerirsi quando udì che era a casa, anche se ebbe un
tracollo nell'istante in cui vide il suo viso. La porta si aprì
sferragliando, per quanto la catena lo permetteva, e un sottile
frammento del viso e del corpo di Jocelyn apparvero nell'apertura.
Aveva dimenticato quanto abbandonata e infelice fosse apparsa la
prima volta quando era arrivata ad Hogwarts: il suo aspetto era
tornato indietro all'improvviso.
Sembrava
sbalordita di vederlo e i suoi occhi si allargarono per la sorpresa.
Per un lungo momento nessuno dei due parlò.
“Jocelyn!”
Urlò la stessa donna di prima. “Chi è?”
“Jocelyn,” si
avventurò Severus il più gentilmente possibile, “posso entrare?”
Jocelyn deglutì
pesantemente e chiuse la porta. Gli occhi di Severus si chiusero per
tornare spalancati quando sentì il suono della catena grattare nel
suo alloggiamento. Pochi secondi dopo Jocelyn aprì la porta e si
spostò per farlo entrare.
“Grazie.”
Jocelyn non disse
niente. Sbatté la porta e la chiuse a chiave, poi mise la catena.
Con un cenno della testa fece un gesto verso lo stretto corridoio da
cui venivano le voci e presumibilmente la cucina. Severus alzò una
mano perché andasse avanti, poi la seguì lungo il corridoio.
Jocelyn era vestita con un pigiama che era almeno di una taglia più
piccolo, le gambe e i polsi uscivano in modo strano dai pantaloni e
dalle maniche. Era scalza. La tenuta la faceva apparire più piccola
dei suoi dodici anni.
Questa casa,
pensò Severus amaramente, non
è posto per un bambino.
“Jocelyn? Chi
era?” Severus riconobbe la donna come la madre di Jocelyn dalle sue
numerose incursioni nei ricordi della ragazzina.
“Signora
Smith,” disse
in modo mellifluo,
porgendo la mano per farsela stringere, “sono il professor Snape:
insegno alla scuola di Jocelyn.”
La mano rimase tra
loro, completamente ignorata. Gli occhi della signora Smith erano
spalancati e urlò dietro di sé senza allontanare gli occhi dal suo
viso. “Jake! Vieni qui! Ora!”
“Che cazzo c'è?”
Mormorò una voce maschile dalla stanza vicina. Il commento fu
seguito dal rumore di qualcuno che scendeva dal letto e indossava dei
vestiti.
“Cos'hai fatto?”
Sibilò la madre di Jocelyn alla ragazza. Jocelyn sussultò
leggermente, ma non disse nulla.
La differenza tra
la casa di Jocelyn e quella della Granger era desolante.
Jake apparve nella
porta, allacciando la cintura e sistemando i jeans mentre arrivava.
Severus giudicò che non poteva essere più vecchio di 25 anni, la
madre forse aveva qualche anno di più. La camicia di Jake rimase
aperta, rivelando un petto leggermente muscoloso e un tatuaggio
abbastanza decente di una motocicletta: sembrava uno che aveva
passato molto del suo tempo libero ad allenarsi in palestra. “Chi
cazzo sei tu?” Chiese aggressivo, puntando il mento verso Snape.
“Professor
Severus Snape, sono un insegnante della scuola di Jocelyn.”
“Non è più la
sua scuola, proprio no. Scusa per averti disturbato. Meglio che vai.”
La madre di
Jocelyn stava annuendo alle parole di Jake. Severus si voltò verso
Jocelyn. Sembrava cupa, con gli occhi fissi sullo spazio vuoto tra i
tre adulti.
“Jocelyn,”
chiese Severus, sollevato quando lei guardò verso di lui, “qual è
la tua opinione sulla faccenda?”
Jake interruppe
prima che lei potesse rispondere. “C'entra niente lei con sta cosa.
Dove va a scuola lo decide sua mamma.” Attraversò la stanza verso
la ragazzina. Jocelyn rimase ferma, ma ancora una volta sussultò.
“Temo che ti
sbagli a riguardo,” replicò Severus. “La decisione è di Jocelyn
quanto di chiunque altro.”
“Il piccolo
mostro,” sibilò Jake, l'attenzione focalizzata sulla ragazzina,
“chiuderà quella cazzo di bocca se dirà cosa va bene per lei.”
Sollevò la mano sinistra, pronto a schiaffeggiarla.
“Non lo farei,
se fossi in te,” puntualizzò Severus. Persino qualcuno che non lo
aveva mai incontrato prima avrebbe riconosciuto il tono mortale nella
voce.
“O cosa?”
ghignò Jake. “Mi fermi tu?”
Severus si mosse
prima che la mano di Jake si scontrasse con Jocelyn. Prima che
l'arrogante giovane delinquente potesse capire cosa stava succedendo,
il suo corpo venne sbattuto contro il muro. La mano sinistra di
Severus si scontrò contro la sua gola. Severus era almeno quindici
centimetri più alto e stava usando la sua altezza per incombere
minacciosamente. Aveva preso la bacchetta e premeva la punta contro
l'interno del polso di Jake, trascinandolo sul muro finché Jake
rimase fermo con un braccio allargato all'altezza della spalla.
Malgrado si dimenasse, Severus lo aveva bloccato contro il muro. Era
bloccato dov'era, incapace di spostarsi.
La madre di
Jocelyn stava urlando, ma Severus la Silenziò con un movimento della
bacchetta.
Muovendosi con
gran precisione, Severus puntò la bacchetta contro l'interno del
braccio di Jake, tagliando la camicia dal polso fino all'interno del
gomito. Il tessuto si spalancò, esponendo la pelle pallida
dell'avambraccio. Premendo la bacchetta contro la pelle esposta
Severus aggrottò la fronte. Dalla punta della bacchetta uscirono dei
filamenti d'inchiostro, che si torcevano e scrivevano uno sopra
l'altro mentre formavano un elaborato tatuaggio con una scrittura
raffinata, completo di riccioli decorativi. “Picchio i bambini,”
diceva.
Severus fece un
passo indietro, con la testa piegata su un lato per apprezzare meglio
il suo lavoro, lasciando Jake attaccato al muro.
“Un anno e un
giorno,” commentò con tono di conversazione, spezzando
l'innaturale silenzio che il suo incantesimo aveva ottenuto. “Questo
è quanto durerà il tatuaggio. A meno che ovviamente,” aggiunse,
“tu non lo faccia di nuovo. In quel caso rimarrà per tutta la
vita.”
Le labbra di Jake
erano tirate tanto da mostrare i denti, in un esagerato ostentazione
di terrore. Gli occhi scattavano avanti e indietro, da Severus al suo
braccio.
Severus riportò
la sua attenzione alla madre di Jocelyn che indietreggiò.
“Per la sua
sicurezza,” la informò, “Jocelyn deve lasciare questa casa. Non
potrà tornare per il prossimo anno o più. Ho il suo permesso?”
Sollevò la bacchetta per rilasciarla dell'incantesimo che l'aveva
resa muta, anche se mantenne quello che teneva buono Jake.
“Finalmente,”
urlò.
Severus digrignò
i denti. “Non meriti una figlia come Jocelyn,” replicò.
“Hai ragione,
signore,” rispose la madre. “Vorrei non fosse mai nata.”
Severus stesso
sentì le parole come un colpo fisico: poteva solo immaginare quanto
terribili fossero per Jocelyn. Si voltò verso di lei. “Jocelyn,”
chiese, con la voce che ribolliva e che a malapena conteneva l'ira,
“sto per portarti via. Ti dispiacerebbe molto se non vedessi più
questa donna?”
Jocelyn era
pallida, persino per una con la sua carnagione, con gli occhi azzurri
enormi sul viso. Lentamente guardò da sua madre a Severus, poi di
nuovo indietro.
“Non le farò
del male,” sussurrò Severus. “Andremo solo via.”
Risolutamente
Jocelyn annuì il suo permesso.
Severus registrò
un rabbioso lampo di trionfo nel petto. “'Jocelyn Claire Smith non
è mia figlia',” recitò per la madre. “Forza, ripeti,”
l'incalzò, tenendo la bacchetta verso di lei, puntandola come una
daga.
Esitante, ma con
aria di sfida, lei gli fece eco: “Jocelyn Claire Smith non è mia
figlia.”
“Lei ha
figli, professor Snape?” Le
parole del dr. Terry Granger nel corridoio riecheggiarono nella sua
mente.
“Dillo di
nuovo,” le disse, ringhiando verso la madre di Jocelyn.
“Jocelyn Claire
Smith non è mia figlia.” C'era una dura sfumatura di rabbia nella
sua voce.
“È
incredibile... impossibile da descrivere. Quando tieni stretto
qualcosa di così prezioso, così fragile, e affronti questa
responsabilità...”
“Ancora una
volta.”
La terza volta lo
disse di fretta, il nervosismo evidente, “Jocelyn Claire Smith non
è mia figlia!”
La bacchetta si
accese di una luce rosso sangue che proiettò ombre da far
accapponare la pelle per pochi secondi, poi la luce iniziò a
svanire.
La signora Smith –
non più la madre di Jocelyn – annaspò, “Co-cos'è successo?”
“Jocelyn Claire
Smith,” Severus sogghignò, irritato oltre misura dalla sua
stupidità, “non è tua figlia.”
“E capisci
che farai qualunque cosa, qualunque cosa per tenerli al sicuro.”
Si girò lontano
da lei, verso Jocelyn, ignorando Jake che rimaneva magicamente
incollato al muro. Si abbassò, così che il suo viso fosse allo
stesso livello del suo. “Prendi la tua bacchetta e qualunque altra
cosa vuoi portare con te. Poi andremo via.” Lei non si mosse. Le
lacrime fecero capolino nei suoi occhi. “Jocelyn?” Chiese,
sporgendosi in avanti e prendendola per il braccio.
La bocca fece una
smorfia e, invece di rispondere, cercò nella tasca e tirò fuori i
pezzi della sua bacchetta. Era spezzata in due. Severus deglutì, il
pomo d'Adamo che faceva dolorosamente su e giù. “Chi ti ha fatto
questo?” Sussurrò. Le labbra di lei si assottigliarono mentre
guardava verso Jake. “C'è qualcos'altro che vuoi portare con te?”
Lei scosse la testa. “Libri? Vestiti?”
“Spariti.”
Erano le prime parole che pronunciava da quando era arrivato e lo
colpirono sul vivo.
“Andiamocene di
qui,” replicò, tendendole le braccia. Jocelyn fece un passo verso
di lui e gli avvolse le braccia intorno al collo. Quando la sollevò
mentre si alzava in piedi, lei avvolse le gambe strette contro la
vita. Severus diede un'ultima occhiata ai due adulti che si stavano
lasciando dietro. Il nuovo tatuaggio di Jake sembrava proprio fatto
bene da lontano. Sollevando la bacchetta impostò l'incantesimo che
teneva il giovane uomo bloccato al muro in modo che terminasse dieci
minuti dopo che se ne fossero andati. Quindi, senza un'altra parola,
si Smaterializzò portando via Jocelyn.
*
Pochi secondi
dopo, riapparvero in una strada deserta della Londra Babbana, non
lontano dal Paiolo Magico. Severus posò Jocelyn a terra gentilmente.
“Rimani ferma,”
le disse, puntando la bacchetta su di lei e trasfigurando il pigiama
troppo piccolo in un più confortevole vestito. Quindi si dedicò ai
suoi stessi vestiti, trasfigurando il completo Babbano nei suo
tradizionale nero. Mentre lo faceva, la sua mente correva. Non si era
aspettato che a Jocelyn potesse servire una nuova bacchetta e,
nell'attuale situazione, questa si rivelava una difficoltà molto
grossa: con Ollivander chiuso nei sotterranei di Malfoy Manor, e
Severus un criminale ricercato, non poteva semplicemente andare a
Diagon Alley e comprarne una nuova. Jocelyn aveva anche bisogno di
vestiti perché quelli trasfigurati andavano bene solo per emergenza.
Dato ciò, riusciva a vedere una sola soluzione.
“Siediti,” le
ordinò all'improvviso, prendendola per le spalle e facendola
arretrare di diversi passi, finché non la fece sedere in una cassa
di legno da frutta. Una volta seduta si accovacciò davanti a lei.
“Stiamo per visitare Diagon Alley,” la informò, “ma è
imperativo che nessuno mi riconosca. Sono stato chiaro?”
Lei rispose con
una domanda delle sue: “È vero che ha ucciso Dumbledore?”
Severus esitò.
“Sì.” Jocelyn lo fissò senza sbattere le palpebre. “Ricorda
questo,” le ordinò, con voce dura, ma tranquilla. “Una volta
fatto giuramento di fedeltà a qualcuno, Jocelyn, perdi il controllo
di alcuni elementi della tua vita.”
Non era sicuro di
quale risposta stesse aspettando, ma sicuramente non che lei si
sporgesse in avanti e prendesse saldamente uno dei suoi tanti
bottoni.
“Va bene,”
replicò calma. “Grazie per essere stato onesto. Se nessuno deve
riconoscerla a Diagon Alley, come devo chiamarla?”
“Se e quando mi
rivelerò a qualcuno, chiamami professor Snape. Di fronte agli
estranei, tuttavia,” disse Severus, la sua stessa voce che sembrava
grave alle sue stesse orecchie, “chiamami papà. Sono stato
chiaro?”
Jocelyn sorrise,
sembrando adesso la vecchia se stessa più di quanto mai lo era
sembrata da quando aveva aperto la porta. “Perfettamente, papà,”
affermò.
Severus dimostrò
la contentezza con un sopracciglio alzato.
“E capisci
che farai qualunque cosa, qualunque cosa per tenerli al sicuro...”
“Mi servono un
po' dei tuoi capelli,” la informò, allungando una mano. Obbediente
lei staccò una delle sue ciocche biondo pallido e la pose nel suo
palmo. Cercando in una tasca interna, Severus tirò fuori una fiala
di Plurisucco e fece cadere i suoi capelli dentro. Frizzò per un
secondo, cambiando diversi colori prima di fermarsi su un chiaro
azzurro cielo.
Severus ne ingoiò
metà. Il processo era simile alla Polisucco, ma piuttosto che
operare un cambiamento fisico che lo lasciava uguale a Jocelyn, la
Plurisucco cambiava i connotati in un'approssimazione dei suoi senza
cambiarne sesso, altezza o struttura base fisica. Come risultato
appariva come se fosse suo padre – con capelli biondi, occhi
azzurri e un naso molto, molto più piccolo.
Si alzò in piedi
e allungò la mano. “Andiamo, piccola.” Con un sorriso lei
obbedì.
Al Paiolo le
ordinò una colazione decente e la tormentò finché non spazzolò
anche l'ultimo boccone. Da Madama Malkin, le comprò diversi tipi di
vestiti e insisté perché prendesse anche un'intera provvista di
biancheria. Jocelyn si atteggiò a piccola-figlia-di-papà in ogni
posto e nessuno sano di mente avrebbe sospettato che fosse Severus
Snape nel ruolo dell'indulgente padre.
Finalmente, preso
un altro sorso fortificante di Plurisucco, Severus decise che era
arrivato il momento di entrare di nascosto dentro al Ministero.
Passarono dall'ingresso dei visitatori e Severus, Confuse
furtivamente la guardia che aspettava di controllare le loro
bacchette: fu quasi troppo facile. Severus conosceva la strada
abbastanza bene e gli ci vollero pochi minuti per trovare l'ufficio
di Runcorn. La fortuna continuò a essere dalla loro perché Runcorn
non era impegnato.
“Posso
aiutarla?” Chiese irritabile, guardando lo sconosciuto visitatore
biondo.
“Albert,”
rispose Severus in modo mellifluo, chiudendo la porta e lanciando un
Muffliato per precauzione. Una volta entrati, lasciò la mano di
Jocelyn e sollevò la manica per rivelare il Marchio Nero. “Malgrado
il mio aspetto sono Severus Snape.”
“Severus!”
L'uomo bardato replicò immediatamente, con il tono più accogliente
possibile. “Chi è la tua giovane amica?”
“Lei è Jocelyn
Smith: le serve una bacchetta.”
Le sopracciglia di
Runcorn si unirono. “Jocelyn Smith?” Chiese, sembrando dubbioso.
“Non è per caso...” Runcorn spostò il peso da un piede
all'altro. “È solo che, ehm, conosco gli Smith e non ricordo di
aver mai incontrato... Ho delle istruzioni molto severe per chi deve
aver accesso alla riserva di Ollivander.” Severus ricopriva una
posizione così prestigiosa nella cerchia di Voldemort che Runcorn
era riluttante a contraddirlo, eppure l'uomo era abbastanza
intelligente da pensare di avere il diritto di prendere un po'
d'iniziativa, piuttosto che seguire ordini alla cieca. Avrebbe dovuto
cambiare atteggiamento se sperava di prendere il Marchio Nero.
Severus abbassò
una mano e sollevò una ciocca dei capelli biondo pallido di Jocelyn,
facendoli passare sulle dita e voltandoli verso la luce. “È un
colore tanto distintivo,” meditò. “Lo vedi raramente questa
sfumatura di biondo, vero Albert?”
Runcorn si gelò,
le rotelle delle sue facoltà mentali che chiaramente funzionavano
appena.
Severus si spinse
un po' più in là. “Eppure, mi sembra di ricordare... sì, ho
visto questo particolare colore abbastanza di recente.” Andiamo
Albert, pensò urgentemente in silenzio. La reputazione piuttosto
immeritata di Lucius come donnaiolo era così ben pubblicizzata che i
suggerimenti che Severus stava avanzando non richiedevano un miracolo
di logica deduttiva.
Finalmente ci
arrivò. “Come se la cava Lucius in questo periodo?” Chiese
Runcorn mellifluo.
Severus sorrise.
“Dedica le sue energie all'intrattenimento del nostro Signore,”
replicò.
“Cosa facciamo
per la bacchetta, allora?” Chiese Runcorn, rivolgendosi a Jocelyn
in un imbarazzante tono da zio.
Il sorriso di
Severus si allargò.
*
Riuscirono ad
uscire dal Ministero solo una mezzora più tardi, con un'ottima
bacchetta. Severus aveva pensato di mandare Jocelyn in Bulgaria alla
prima occasione, ma il successo della sua messinscena con Runcorn gli
aveva dato un'idea migliore. Se Severus avesse giocato bene le sue
carte, avrebbe potuto tenere Jocelyn al sicuro sotto gli occhi del
Signore Oscuro. E Draco era la prima persona con cui aveva bisogno di
parlare. Prendendo Jocelyn fermamente per mano Materializzò entrambi
a Spinner's End.
*
*
*
-----------------------------------------------
Disincanto294: quando
non crollo cerco di pubblicare alla mezzanotte: sono impegnata
spesso la mattina presto e non sempre mi è possibile farlo prima di
uscire. Ti ringrazio ancora per essere tornata a rileggere in
italiano; se noti qualcosa che ti è sembrato diverso nella lettura
inglese fammi sapere (così come chiunque altro stesse provando le
due letture), così da correggere eventuali errori. Grazie ancora ^_^
Titinina:
Sei fortunata, se sei ancora sveglia lo leggi subito. Anche a me
è piaciuto come Hermione ha tenuto testa all'Ordine (e sono
contenta non l'abbia fatto in calzoncini ;)). E sì, ora Ron ed
Hermione passeranno più tempo insieme... La pianto qua
sennò spoilero troppo ;-P
Anne
|
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Capitolo 6 *** Pursued ***
2x06
NdT:
scusate il ritardo, ma siamo state battute dalla vita reale... Un
grazie gigante a silviabella che, malgrado le mille cose da fare, ha
betato il capitolo in modo eccellente :).
Anne
London
Capitolo
6
Pursued
Hermione
non riusciva a capire perché l'Ordine avesse rimandato Harry dai
Dursley. Considerando le poche settimane di protezione che aveva
guadagnato
dall'espediente,
il rischio
che
correvano nel
farlo uscire era enorme.
Non che lei avesse sollevato la questione durante l'incontro – Mad
Eye era ancora furioso per
la
sua palese
disobbedienza. L'occhio
magico la seguiva ogni volta che era in casa, lanciandole occhiate e
vorticando
verso di lei ad ogni opportunità possibile. Di conseguenza, Hermione
teneva la testa bassa e la bocca chiusa
Quindi
eccola lì, in piedi nella cucina dei Dursley, con
il corpo di Harry. Era strano essere un ragazzo. Quando si era
spogliata per indossare qualcosa di una taglia più adatta, si era
spontaneamente trovata a mettere un braccio sul petto,
imbarazzata, dove avrebbe dovuto essere il seno, anche se
Harry-che-in-realtà-era-Fleur
non aveva avuto lo stesso istinto. Probabilmente
non si è mai sentita imbarazzata per il suo aspetto in tutta la
vita, pensò
Hermione un po' amaramente.
Gli
Harry-che-in-realtà-erano-i-gemelli stavano facendo i buffoni ed
Hermione si trovò a pensare. Cercò d'ignorare il senso di malessere
causato dal nervosismo: sapere di essere un'esca era snervante. Le
faceva pensare a come si sentisse Harry ad esserlo tutti i giorni.
Spese anche un momento per domandarsi in quale casa di Hogwarts fosse
stato Mundungus. Certamente non stava mostrando la tradizionale dose
di coraggio Grifondoro.
Finalmente fu ora
di andare ed Hermione fu sollevata di essere associata a Kingsley.
Lui aveva continuato a trattarla con calore e rispetto, persino dopo
il fiasco dell'incontro con i capi dell'Ordine.
“Davanti o
dietro?” Le chiese mentre gentilmente metteva le mani sul corpo del
Thestral. Sarebbe stata bene una volta in sella, ma visto che ancora
non vedeva l'animale magico, aveva bisogno di un po' d'assistenza per
le effettive procedure di salita.
“Come preferisci
tu,” rispose.
Kingsley considerò
la domanda per qualche momento. “Davanti,” decise, sollevandola
facilmente – malgrado il peso extra del corpo di Harry – e la
depose sulla schiena del Thestral. Sentiva le giunture delle ali
contro le gambe. “Dopotutto,” aggiunse lui, “se venissimo
attaccati sarai più sicura così.” Kingsley saltò sopra subito
dopo di lei. Il petto e le cosce erano premute contro la sua schiena
e le braccia la circondavano, afferrando una manciata di niente che
immaginò essere le briglie del Thestral. “Che rimanga tra noi,
signorina Granger,” le sussurrò in un orecchio, “non ho nessuna
obiezione ad abbracciare un po' di Harry Potter.”
Il profondo
borbottio baritonale del suo sussurro e la risatina che ne seguì
mandò un formicolio lungo il collo di Hermione e direttamente al suo
inguine. La strana sensazione di palle (che non si era resa conto di
avere) si strinsero per l'eccitazione e la fece gemere e, mentre si
lanciarono nell'aria con un balzo di energia, stava ridendo. Chiuse
gli occhi contro il freddo colpo d'aria della sera, stranamente
disorientata dalla mancanza dei maledetti ciuffi che in normali
circostanze si sarebbero sollevati e rigonfiati con un tale vento.
Pochi momenti
dopo, tuttavia, i suoi capelli e l'inclinazione sessuale di Kingsley
erano l'ultima cosa che aveva in mente. Le sette strane coppie del
gruppo di fuga di Harry erano volate dritte in un cerchio di
Mangiamorte, che non persero tempo a sfruttare il vantaggio della
sorpresa. Le traiettorie dei loro incantesimi di attacco accesero la
serata di vivide luci verdi: da terra sarebbero sembrati dei fuochi
d'artificio.
“Per il culo
rotto di Ganimede,” imprecò Kingsley a bassa voce, anche se
distintamente, nel suo orecchio mentre voltava il Thestral verso lo
spazio tra i due vicini Mangiamorte. Quindi urlò, più forte che
poté, “Tieniti forte, Harry!”
Uomo
intelligente, notò Hermione
attraverso lo shock. Sarebbe stata un'esca
molto poco utile se quelli a portata d'orecchio avessero saputo chi
realmente fosse. Nell'improvvisa confusione era difficile capire cosa
stava succedendo: era tutto un scoppio
d'incantesimi, il cui suono
le riecheggiava nelle orecchie.
Qualcuno era caduto dalla scopa, anche se Hermione
non riusciva a capire chi fosse, neanche se era qualcuno dell'Ordine
oppure un Mangiamorte. Sapeva che lei o lui era morto. La prova si
materializzò improvvisamente tra le sue gambe,
con il Thestral su cui stava viaggiando che
prima vibrò
e poi comparve
– orribile,
senza alcun dubbio – in piena vista.
La vista delle
briglie di peli scuri del Thestral intrecciate tra le dita di
Kingsley riportò l'attuale situazione immediatamente a fuoco. Lui
aveva tramortito il Mangiamorte più vicino e fatto saltare un altro
di lato, per uscire dal circolo
e passare in
uno spazio più libero.
Entrambi Kinglsey
ed Hermione erano destrorsi e la loro mano sinistra era saldamente
attaccata tra i peli
alla base del collo del Thestral. Hermione avvolse il braccio
sinistro stretto intorno al
collo dell'animale
e piegò
il corpo contro di esso, rivolgendo
la propria spalla
sinistra al
nemico. Lanciò l'incantesimo di protezione più forte di cui
era capace e fu gratificata nel vedere diversi incantesimi rimbalzare
contro i loro inseguitori.
Quattro
Mangiamorte si erano staccati dal gruppo per inseguirli. Anche se il
Thestral aveva impostato un passo estenuante, Kingsley cercava di
schivare e svicolare nel tentativo di evitare di essere colpito.
“Ben fatto,
Her-arry,” urlò, controllandosi prima di tradirsi. “Io mantengo
la barriera e guido, tu cerca di resistere.”
Hermione era
troppo brillante per urlare gli incantesimi e dare agli avversari il
vantaggio di sapere cos'erano, ma era ancora preoccupata che uno
degli inseguitori potesse essere Snape sotto copertura. Non avrebbe
dovuto importare, visto che i bersagli in movimento si dimostravano
difficili da colpire dalla sella di un imprevedibile zigzagante
cavallo volante, ma Hermione si limitò a incantesimi non verbali per
disarmare. Stordire qualcuno a quell'altezza avrebbe significato
morte certa.
“Kingsley!”
Urlò lei all'improvviso, con l'ansia che faceva incrinare la voce di
Harry come non aveva fatto per anni. “È Voldemort!”
Sapeva di non
poterlo uccidere, ma, in qualche modo, la logica di questa premessa
fallì nel bloccare l'istintiva reazione del suo corpo alla sua
vicinanza, ed Hermione lanciò l'incantesimo più sgradevole ed
oscuro che conosceva. Sectumsempra, pensò malvagiamente con
la bacchetta puntata direttamente verso Voldemort. In modo
terrificante, lui rise – un orribile, acuto suono che non aveva
nessuna relazione con l'umorismo – e allontanò la maledizione con
un gesto quasi noncurante.
Harry aveva
descritto ad Hermione le fattezze da serpente del viso di Voldemort,
ma la sua descrizione aveva fallito nel catturare la totale inumanità
della faccia bianca dai lineamenti distorti. Crede che io
sia Harry, pensò Hermione, il panico che diventava pesante nello
stomaco. Era facile per Mad Eye rassicurarli che gli “Harry”
sarebbero stati in minor pericolo rispetto ai protettori – per la
semplice ragione che Voldemort voleva uccidere Harry lui stesso –
perché ora era lei a sembrare Harry e a guardare Voldemort.
Kingsley scelse
quel momento per gettare il Thestral in un tuffo.
“Tieniti
stretta,” urlò attraverso il violento colpo d'aria. Le parole
erano a malapena udibili.
Voldemort li seguì
da vicino, il corpo che attraversava l'aria senza l'aiuto di alcun
supporto, tenendo senza sforzo il passo rapidissimo del Thestral,
mentre velocemente si lasciavano indietro i Mangiamorte sulle scope.
Hermione lanciò delle maledizioni verso di lui più veloce che poté,
una dopo l'altra, ma Voldemort continuò a stare al loro fianco.
Rideva mentre volava, chiaramente convinto di aver messo Harry in un
angolo. Poi, improvvisamente com'era apparso, si voltò e sparì.
“È sparito,”
urlò Hermione a Kingsley, nel panico per l'inaspettata sparizione di
Voldemort quasi quanto lo era stata per il suo arrivo. Kingsley
rallentò il passo, facendo trottare il Thestral in un veloce
circolo, in modo da controllare i dintorni con attenzione. Voldemort
non si vedeva da nessuna parte. Il momento di esitazione, tuttavia,
aveva permesso ai Mangiamorte che li inseguivano di arrivare a
distanza d'incantesimo, ed Hermione lanciò un altro incantesimo di
barriera.
Con voce chiara,
il più vicino Mangiamorte urlò Avada Kedavra. Fortunatamente mancò
il bersaglio, perché Hermione era certa che la barriera fosse
insufficiente per contrastare una Senza Perdono. Le provò che con
certezza non c'era Snape sotto quel particolare cappuccio, tuttavia,
e prese la mira con attenzione. Esultò quando il suo Schiantesimo
colpì il bersaglio e rimase inorridita quando il corpo cadde verso
il terreno molto in basso, con la scopa ancora stretta tra le cosce.
Ho appena
ucciso qualcuno.
Un secondo
Mangiamorte si lanciò per seguire il corpo in caduta.
O forse no.
Il suo corpo
continuò a respirare, a sbattere le palpebre e a lanciare
maledizioni, anche se la sua mente sembrava fissa sul Mangiamorte che
avrebbe potuto morire anche se probabilmente era stato salvato, che
lei aveva Schiantato.
Ma hai cercato
di uccidere qualcuno, anche se è sopravvissuto.
Prese la mira
verso uno dei due rimanenti Mangiamorte, ma il suo incantesimo mancò
il bersaglio.
“Manca poco,”
urlò Kinglsey poco prima che il rumore degli incantesimi della
caccia svanisse improvvisamente.
I Mangiamorte non
era più visibili e, in meno di un minuto, il Thestral planò di
colpo, arrivando ad atterrare gentilmente in un piccolo spiazzo di
prato. Luci calde si riversavano sul giardino, mettendo in risalto un
letto di rose. Kingsley scese subito e sollevò Hermione dal Thestral
per metterla a terra. Le ginocchia tremarono sotto il suo peso.
“Tutto bene?”
Chiese lui, con una mano sulle spalle mentre le faceva voltare il
viso verso la casa per guardarla più da vicino grazie alla luce
forte che usciva dai grandi vetri delle finestre della cucina.
Hermione si ritrasse e prontamente rigettò ciò che rimaneva della
deliziosa cucina di Molly in un'aiuola adiacente. Kingsley le diede
qualche pacca premurosa sulla schiena. “Vieni dentro,” disse, “
preparo una tazza di tè.”
Hermione si voltò
sui tacchi e si passò il dorso della mano sulla bocca. Fece sparire
la piccola pozza di vomito e pulì la bocca con un Aguamenti. Dopo
altri trenta secondi, o giù di lì, passati a ricomporsi, e cercando
disperatamente di riporre le sue preoccupazioni al sicuro nella sua
mente, Hermione si alzò e seguì Kingsley su per il pendio del
giardino posteriore e dentro casa.
La cucina era
inaspettatamente moderna: le superfici erano tutte di acciaio senza
macchie, con grandi finestre che corrispondevano malamente
all'esperienza che aveva Hermione del mondo magico.
“Benvenuta nella
mia casa, Hermione,” le disse Kingsley. “Beh,” si corresse,
“casa mia e di mia sorella, anche se abita negli Stati Uniti.
Siediti.”
Indicò un lungo
tavolo di legno chiaro, che non sarebbe sembrato fuori luogo sulle
pagine patinate di un giornale di design. Hermione diede per assodato
che il cappotto color ruggine appoggiato come un centrotavola sul
piano del tavolo, altrimenti vuoto, fosse la Passaporta che li
avrebbe riportati alla Tana. Sedette, sorpresa dalla notizia che
Kingsley avesse una sorella e ancora traumatizzata dall'esperienza
della battaglia.
“Abbiamo
quindici minuti,” disse Kingsley mentre prendeva due tazze dalla
credenza sotto il piano di lavoro.
Quindici minuti
non sembravano sufficienti per preparare e bere un tè, ma Hermione
non aveva considerato che Kingsley poteva far apparire l'acqua,
bollirla istantaneamente, usare una bustina e applicare un
incantesimo di raffreddamento così che la bevanda fosse
immediatamente bevibile.
“Bustine di tè?”
Chiese lei, momentaneamente distratta. Non pensava di aver mai visto
un mago usare una bustina prima.
“Scusa,”
Kingsley fece una smorfia. “Ho preso l'abitudine a Downing Street.
Non che il Primo Ministro abbia mai usato bustine ovviamente, ma
diverse persone dello staff lo fanno. Bevi,” aggiunse, spingendo
una tazza nelle sue mani.
Con le mani di
Harry, Hermione bevve una sorsata di tè. “Kingsley,” chiese,
“perché lui è improvvisamente sparito?” Non aveva bisogno di
specificare chi fosse “lui.”
Kingsley si
sedette di fronte a lei, con la Passaporta tra loro. Sembrava
arcigno. “Non lo so. È possibile che abbia capito che non eri
Harry? Anche se non ho idea di come avrebbe fatto.” Fece una pausa
e, come niente, la sua espressione divenne feroce. “Qualcuno ci ha
traditi.”
“Pensi che gli
altri stiano bene?”
“Lo sapremo
presto,” fu la tetra risposta.
Entrambi
guardarono la Passaporta di fronte a loro. Per un momento, Hermione
pensò di stare per svenire, mentre la luminosa, chiara cucina di
Kinglsey si annebbiava orrendamente. Poi capì che la Polisucco stava
svanendo. Si tolse gli occhiali di Harry e la stanza tornò a fuoco.
Passò una mano tra le lunghe ciocche dei capelli, rassicurata.
“Ho provato ad
uccidere qualcuno,” disse con la sua voce, che sembrava strana dopo
aver parlato come Harry.
La feroce piega
nel cipiglio di Kingsley sparì. “Stavano cercando di ucciderti,
Hermione. Non hai fatto niente di sbagliato. In effetti, ti sei
comportata eccezionalmente bene sotto pressione.”
“Eppure...”
"Ci sei
riuscita?” La interruppe Kingsley.
“Ho Schiantato
qualcuno che poi è caduto, ma qualcun altro è andato a prenderlo.”
“Peccato,”
rispose Kingsley con un'alzata di spalle. “Incantesimo di
Levitazione, di Chiamata e Protezione... ci sono un sacco di modi per
salvare qualcuno in quella situazione. Dobbiamo presumere che tu non
abbia avuto successo. Ne ho sicuramente Schiantato uno non appena
entrati nel circolo. Spero sia morto: l'unico Mangiamorte buono è un
Mangiamorte morto.”
Hermione fissò il
suo tè. “Non sapevo potesse volare,” disse all'improvviso. “Non
sapevo fosse possibile.”
“Neanch'io,”
replicò Kingsley. Guardò il suo orologio e prosciugò la sua tazza.
“Ascolta, Hermione,” iniziò, “so che Harry ha un qualche
compito da portare a termine, con l'aiuto tuo e di Ron. Non sono
infastidito dal fatto che debba essere tenuto segreto – anche a me.
Fa capire esattamente quanto sia importante che Voldemort non sappia
cosa state per fare e, adesso che sappiamo che c'è un traditore tra
le nostre fila, la segretezza è più importante che mai. Voglio che
tu sappia che farò il possibile per tenere l'attenzione di
Tu-Sai-Chi focalizzata altrove. Ma se ci fosse niente che possa
servirvi – qualunque cosa che io o l'Ordine possiamo fare –
voglio che ci contattiate immediatamente. Solo perché quello che
dovete fare è segreto, non significa che siete da soli. Capisci?”
Hermione annuì
senza interrompere il contatto visivo. Trovava le parole di Kingsley
rassicuranti, così come lui intendeva che fossero.
“Tutto quello
che ti serve è mandare un Patronus: lancia l'incantesimo, tieni la
bacchetta sulla gola e detta il messaggio. Ora, finisci il tè
velocemente e afferra la Passaporta. Vediamo se riusciamo a capire
cosa per Merlino è andato storto.”
*
Snape aveva
tagliato via l'orecchio di George. Snape aveva tagliato via
l'orecchio di George. Snape aveva tagliato via l'orecchio di
George. Hermione non riusciva a smettere di pensarci e la faceva star
male. Moody era morto, ma quel pensiero la lasciava vuota e spenta.
Senza un corpo, non riusciva a non sperare che potesse entrare con
passo pesante dalla porta in un altro momento: non sembrava proprio
reale. Ma l'orecchio di George – e l'orribile, visibile evidenza
della sua assenza – la colpì terribilmente.
Non importa quante
volte aveva voltato la parte fredda del cuscino contro il viso e
risolutamente chiuso gli occhi, il sonno rimaneva elusivo. Che
stava pensando? Per quanto elevata fosse la stima di Hermione per
il talento di Snape, neanche lei poteva immaginarlo capace di
controllare un Sectumsempra su una scopa in movimento: era arrivato
così vicino ad uccidere George.
Non
sorprendentemente, George stesso aveva preso la sua ferita senza
grossi problemi. Anche se la ferita si era dimostrata resistente a
tutti i tentativi di trasfigurarla in un orecchio di riserva, Fred e
George avevano sperimentato una serie di incantesimi. Di conseguenza,
uno o entrambi potevano essere visti frequentemente ostentare diverse
orecchie umanoidi o animali. Gli Weasley avevano, tutti quanti,
trovato la cosa divertente: Hermione si sentiva solo male.
Per la maggior
parte, stava sfogando la sua irritazione su Ron ed Harry. Non che
non lo meritino, pensò offesa. Il miglior suggerimento di Ron
era stato, riguardo la ricerca degli Horcrux che andava profilandosi,
di rubare ciò che rimaneva della Polisucco di Mad-Eye, lasciando a
lei i dettagli. Come si scoprì, Mad-Eye era rimasto con così poca
pozione che Hermione aveva dovuto rifornire la riserva con la sua per
assicurarsi che Harry potesse trasformarsi per il matrimonio, ma alla
fine aveva un alibi per mostrare quella che aveva già.
Hermione era anche
stupita che Ron ed Harry si fossero bevuti la la bugia sui libri
degli Horcrux. Lasciando da parte il fatto che il tono di voce di
entrambi era salito in modo drammatico quando aveva propinato la
spiegazione completamente inventata su come li aveva ottenuti, la
bugia in sé era tra le peggiori a cui avesse mai pensato. Primo,
Accio semplicemente non funzionava così e, se i ragazzi si fossero
sforzati di prestare attenzione durante le parti più teoriche delle
lezioni di Flitwick, lo avrebbero notato subito. In più, non erano
esattamente “libri sugli Horcrux,” ma semplici libri che li
nominavano. Ma eccoli qui, Harry e Ron non hanno battuto ciglio.
Pensare ai libri
degli Horcrux l'aveva riportata direttamente a riflettere su Snape.
Si voltò, allontanandolo dalla mente ancora una volta.
Nella tenue luce
della camera da letto della Tana, i suoi occhi trovarono la forma
addormentata di Ginny. La ragazza stava cercando di non prendersela
con Hermione per essere stata lasciata
indietro, anche se Ron era stato meno fortunato. Specialmente dopo
che entrato durante
il bacio di compleanno di
lei per Harry.
Quel
bacio.
Erano sembrati
così... passionali. Hermione si era sentita in colpa quando Ron li
aveva interrotti, ma anche gelosa. E stranamente, il ricordo del
bacio tra Ginny ed Harry le riportò alla mente lei e Snape.
Basta.
Hermione decise che il sonno era una causa persa e si sedette,
appoggiando il cuscino contro la testata del letto. Silenziosamente,
fece apparire uno schermo
per proteggere Ginny dalla luce e, per ulteriore sicurezza, lanciò
un incantesimo di Silenzio. Hermione prese la borsa di perline da
sotto al cuscino – in quei giorni non era mai troppo lontana – ed
estrasse
le sue note di Aritmanzia. Con il lavoro in più che Molly aveva
chiesto loro in coincidenza
con il matrimonio del giorno
successivo, aveva poco tempo
da dedicare ai calcoli: tutte buone ragioni in più per sfruttare
le notti insonni.
Quarantacinque
minuti dopo, Hermione si arrese anche alle equazioni. Non importava
quanto controllasse i numeri, non riusciva ad immaginare Godric's
Hollow come niente se non un totale disastro, anche se i numeri
mostravano Snape impegnato per l'Ordine, il che, pure, contava
qualcosa. Con un pesante sospiro, spinse via i calcoli riponendoli
nella borsa di perline e tirò fuori al loro posto I Racconti di
Beadle il Bardo. Forse, se avesse letto “Babbitty Rabbitty e il
Cerchio Ghignante” con attenzione, avrebbe scoperto il messaggio
segreto di Dumbledore.
*
Solo i rigidi
tentativi di bloccare tutti i pettegolezzi di Molly e Fleur sul
matrimonio avevano lasciato Hermione nell'ignoranza sull'arrivo di
Viktor e vederlo fu una piacevole sorpresa. Il bagliore di gelosia di
Ron fu altrettanto piacevole – anche se forse non era ammirevole il
pensarlo – ed era divertente vedere Ron improvvisamente pronto a
ballare invece che stare sul bordo della pista da ballo con il muso
come aveva fatto ad ogni ballo di Hogwarts a cui avevano partecipato.
Hermione era
rientrata in casa solo per pochi minuti per usare il bagno quando
Viktor riuscì a trovarla da sola. Le concesse un debole sorriso.
“Ho fisto che il
tuo amico Ronald è finalmente riuscito a notare cos'è proprio sotto
al suo naso,” scherzò, sporgendosi in avanti per sussurrarle
all'orecchio.
“Sei
dispiaciuto?” Chiese, arrossendo.
“Ero speranzoso,
offiamente, ma sono felice per te.” Con galanteria le prese la mano
e le posò un leggero bacio all'interno del polso. Mandò un brivido
lungo la schiena. “Sarei stato un cattifo amico se mi fossi
risentito della tua felicità. Dopo tutto, non sono stato...”
“Fedele?” Lo
prese in giro quando lui s'interruppe. “Spero proprio di no!”
“Fai,” le
disse, facendo un gesto indulgente verso la pista da ballo. “Sarà
meglio che tu balli di più con lui. Se fuoi che lo faccia ingelosire
dopo, fammi sapere.” Viktor puntualizzò la sua offerta con
un'alzata di spalle noncurante.
Hermione sorrise,
rassicurata che la sua amicizia con Viktor andasse ancora bene come
sempre. Afferrò la sua mano e la voltò, facendo il suo stesso gesto
e premendo le labbra contro la soffice pelle del polso. “Grazie,
non esiterò a chiedere se ci sarà bisogno.”
Esaurite le
cordialità, voleva chiedergli del suo lavoro per l'Ordine. “Ehi,”
aggiunse “a proposito del Ministero–”
Viktor la fece
tacere con un dito.
“Scusate? È
questa la fila per il bagno?”
“Ah, no,”
rispose, arrossendo leggermente mentre si voltava verso il nuovo
arrivo. “Ho appena finito, vada pure.”
Un'imponente donna
tarchiata, con un seno abbastanza largo da bilanciare tre piatti da
portata, si strizzò tra Hermione e Viktor e si diresse verso il
bagno più vicino.
Oops, rifletté.
C'è mancato poco.
“Dopo,” mosse
le labbra Krum, senza parlare, dandole una gentile spinta nella
direzione della scale. Con un sorriso triste, lei andò avanti.
Non molto dopo,
passò vicino a Viktor che conversava con Arthur Weasley. Viktor
stava esponendo le differenze culturali tra il suo paese e la Gran
Bretagna.
“...sì, in
particolare sono impressionato dal mix di culture che afete qui,”
sentì lei. “Ci sono tanti infitati Nati Babbani, no?”
Mentre si
allontanava, Arthur – cortesemente – iniziò ad indicarli.
Hermione riuscì a
strappare diversi altri balli a Ron prima che il suo stesso
entusiasmo svanisse. Mentre ballava osservava Krum parlare con un
numero diverso di persone; spesso scambiava biglietti da visita.
Interagì con tutte le persone presenti nella stanza con facilità ad
eccezione, cioè quando andò a parlare con il signor Lovegood. Non
poteva incolpare Viktor, davvero. L'uomo era persino più esasperante
di quanto potesse esserlo sua figlia.
Mandando il suo
accompagnatore dalla testa rossa in cerca di qualcosa da bere,
afferrò l'opportunità di sprofondare in una sedia di fianco ad
Harry, facendo scivolar via una delle scarpe a tacco alto e toccando
con attenzione una vescica che iniziava a formarsi.
“Non posso più
ballare,” gemette. “Ron è andato a cercare della Burrobirra. È
un po' strano, ho appena visto Viktor allontanarsi infuriato dal
padre di Luna, sembrava che stessero discutendo–” Hermione
s'interruppe quando notò lo strano sguardo sul viso di Harry.
“Harry,” chiese preoccupata, “stai bene?”
Qualunque risposta
lui volesse dare fu interrotta da una familiare striscia di luce
argentata. Hermione rimase senza fiato quando riconobbe la lince
argentea del Patronus di Kingsley e afferrò di riflesso la borsa di
perline. Spinse il piede dolorante nella scarpa: non potevano essere
altro che brutte notizie.
Quando quello aprì
la bocca e parlò con la voce sicura e profonda di Kingsley, le sue
paure furono confermate: “Il Ministero è caduto.
Scrimgeour è morto. Stanno arrivando.”
Entrambi Harry ed
Hermione avevano le bacchette pronte prima che il Patronus avesse
finito di parlare, ed Hermione si guardò intorno in cerca di Ron.
Lei ed Harry si allontanarono dal tavolo, verso il bar dove le
bevande erano state poste. Afferrò il vestito di Harry, ma il
movimento della folla le fece perdere la presa in pochi secondi.
“Ron!”
Urlò disperata. “Ron, dove sei?”
Delle figure
mascherate e incappucciare apparirono intorno a lei – almeno
vuol dire che non ci sono barriere anti-Materializzazione, pensò
razionalmente – mentre le sue urla diventavano più frenetiche.
Quando la mano di
Harry l'afferrò, singhiozzò di sollievo. Poco dopo, Ron si fece
largo a spallate tra due invitati nel panico e le afferrò l'altro
braccio. Hermione intrecciò le dita intorno al più vicino lembo di
vestito di Ron e sentì la borsa di perline rassicurante contro il
polso. Strinse la presa su entrambi i suoi ragazzi e vorticarono nel
nulla. Si Materializzò nel primo posto che le venne in mente:
Tottenahm Court Road.
*
Meno di venti
minuti dopo, tuttavia, furono scoperti un'altra volta.
“Petrificus
Totalus!” Urlò Hermione,
mentre l'esplosione del tavolo in cui si era nascosta le dava una
chiara visuale sul
rimanente Mangiamorte. Cadde con un nauseante, ma rassicurante,
tonfo, con la faccia nel bel
mezzo della battaglia.
Il silenzio
successivo era pesante di pericolo. Come diavolo ci hanno trovato?
Hermione era più spaventata dall'improvvisa apparizione dei
Mangiamorte nella Londra Babbana di quanto non lo era stata al loro
arrivo in massa al matrimonio. Come diavolo ci hanno trovato?
Strisciò fuori
dal bancone della colazione distrutto, il vestito elegante e
civettuolo da festa rovinato. Le mani tremavano così violentemente
che al suo primo tentativo di liberare Ron dalle corde gli fece un
taglio nella gamba per sbaglio. Come diavolo ci hanno trovato?
La sua mente era un disco rotto e solo Ron che si interrogava
sulla necessità di uccidere i loro assalitori la riportò alla
conversazione.
“Dobbiamo
solo cancellare loro la memoria,” rispose Harry, con gran
sollievo di Hermione. “È meglio così, li allontanerà dalla
pista. Se li uccidiamo sarà ovvio che siamo stati qui.”
“Sei tu il
capo,” disse Ron con tono arguto, l'abbassamento delle spalle e
il suo improvviso tono più allegro segnalavano che era sollevato
quanto Hermione. “Ma non ho mai usato un incantesimo di
Memoria.”
“Neanch'io,”
disse Hermione, “ma conosco la teoria.” Comprese di aver
fatto una cazzata nel momento in cui le parole lasciarono la sua
bocca. Harry sembrava non essersene accorto, ma Ron la stava
osservando con uno strano sguardo indagatore.
Mentre Harry si
voltava verso la finestra, le dita di Ron si chiusero intorno al suo
braccio. “Chi ha Obliviato i tuoi genitori allora?” Sibilò.
Hermione sollevò
gli occhi al cielo in modo aggressivo. “Onestamente, Ron,” sibilò
anche lei. “Non li ho Obliviati, ho modificato i loro ricordi.”
Tirò via il braccio dalla sua stretta e riportò lo sguardo verso il
Mangiamorte stravaccato ai suoi piedi. Era Dolohov e, in modo
convulsivo, Hermione si grattò la cicatrice. Fortunatamente, Ron
sembrava convinto dalla sua spiegazione e si era spostato. Facendo un
profondo respiro, Hermione sollevò le sue barriere Occlumantiche e
creò un'oasi interna di calma. Non sarebbe durata a lungo, ma era
sufficiente per usare il nuovo incantesimo senza intoppi. “Oblivion,”
esclamò con voce chiara, muovendo la bacchetta con tecnica
perfetta.
A giudicare
dall'improvviso sguardo stupefatto e sognante sul viso di Dolohov,
l'incantesimo aveva funzionato.
“Grande!”
Harry le diede un colpetto sulla schiena con approvazione. “Occupati
anche dell'altro e della cameriera mentre io e Ron diamo una
ripulita.”
“Ripulita?”
Chiese Ron, guardandosi intorno in modo assente. “Perché?”
Hermione portò
gli occhi al cielo per davvero questa volta e lasciò i ragazzi al
loro lavoro, attraversando il caffè buio verso la panca dove giaceva
il corpo di Thorfinn Rowle. Con la magia a loro disposizione occorse
poco tempo ai ragazzi per rimettere in ordine e lo stesso ad Hermione
per Obliviare i ricordi di Rowle e della cameriera, ma Hermione si
sentiva senza fiato dalla paura per tutto il tempo. Se i due
Mangiamorte li avevano trovati così in fretta, allora dov'erano gli
altri? Cosa avrebbe loro impedito di comparire da un momento
all'altro? Hermione si sentiva come una farfalla, fissata ad una
lastra per campioni, orribilmente esposta.
Harry e Ron si
sentivano chiaramente in allerta. L'ansia di decidere dove andare e
la considerazione su cosa aveva portato i Mangiamorte a loro così in
fretta. Avevano iniziato a litigare quando Harry riuscì a
interrompere il discorso.
“Grimmauld
Place,” disse fermamente, sollevando il mento spavaldo verso
gli sguardi scioccati di Hermione e Ron.
Hermione si
riprese per prima. “Non essere sciocco, Harry, Snape può
entrare!” Snape aveva tagliato via l'orecchio di George.
Doveva considerare più attentamente la possibilità che potesse
essere un traditore. No. Sì. No. Hermione era combattuta.
Istintivamente era convinta che Snape fosse dalla loro parte.
Aritmeticamente era altrettanto convinta, eppure aveva tagliato via
l'orecchio di George. Andare a Grimmauld Place sembrava stupido
all'estremo. Se mi sono sbagliata su Snape... il pensiero era
troppo orribile per finirlo. Forse gli importa meno ferire
qualcuno piuttosto che mantenere la sua copertura. Dopotutto, è
riuscito ad uccidere Dumbledore. Anche quel pensiero la lasciò
nauseata.
“Il padre di
Ron ha detto che hanno messo delle maledizioni contro
di lui – e persino se non avessero funzionato, allora? Lo giuro,
niente mi piacerebbe di più che incontrare Snape!”
Harry sembrava feroce.
“Ma–”
“Hermione,
quale altro posto c'è?” Interruppe Harry. “È
l'opportunità migliore che abbiamo. Snape è un solo
Mangiamorte. Se avessi ancora la Traccia, avremmo un'intera folla su
di noi ovunque andiamo.”
C'erano un milione
di obiezioni che le venivano in mente, ma Hermione se le rimangiò.
Per essere completamente onesta, non c'era niente che volesse di più
che incontrare Snape stesso: aveva un sacco di cui rispondere.
Malgrado il suo ultimo comportamento, non poteva fare a meno di
pensare che avesse una spiegazione – le sarebbe solo piaciuto
sapere qual'era.
*
*
*
---------------------------------------------
xX__Eli_Sev__Xx:
Grazie! Sì, Jocelyn non ha avuto affatto una vita facile e chissà
come andrà adesso con lo stratagemma di Snape ;)
Disincanto294:
Spero di non averti fatto passare la giornata ad aggiornare la
pagina, ieri... Quanto a regalo di Natale posso solo dire che potrei
provarci, ma non assicuro e prometto niente, forse la cosa è un po'
complessa :)
Titinina:
Da quello che avevi scritto su Jocelyn sapevo che avresti apprezzato
questo capitolo L'idea di Snape è affettivamente buona, può tenere
Jocelyn vicina senza che si ritrovi in pericolo per colpa della sua
origine... Sarà interessante vedere come va, intanto il tuo lucido
commento rende appieno anche il mio pensiero (io avrei avuto
difficoltà a spiegarlo così bene...)
|
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Capitolo 7 *** The Headmaster of Hogwarts ***
2x07
NdT: di nuovo in ritardo, scusate. Settimana prossima non solo non ci
sarà il capitolo doppio, ma saltiamo proprio: i capitoli sono
molto lunghi e particolarmente complicati, senza contare che non
riusciamo a trovare il tempo per mantenere le scadenze. Intanto vi
auguriamo Buone Feste, ci si rilegge per capodanno :).
Anne London
Capitolo
7
The
Headmaster of Hogwarts
Quando il suo
incantesimo intenzionalmente lanciato per non colpire il bersaglio
aveva tagliato la carne amica, scioccò tanto Severus che perse di
altitudine. Pochi secondi dopo, riuscì a riportare la sua scopa di
nuovo in alto, tentando disperatamente di tenere il passo con Lupin e
deviando con scaltrezza diverse brutte maledizioni che minacciavano
di far cadere i due membri dell'Ordine dalle loro scope. Il sangue
era ovunque: copriva il viso del finto Potter.
Dando per
scontato che fosse un'esca.
Severus era
disperatamente, vigliaccamente preoccupato di aver colpito Hermione.
Era terrorizzato che fosse morta.
Nel momento in
cui Lupin e il suo sconosciuto compagno attraversarono il confine e
sparirono dietro alle barriere protettive elastiche e multiple,
Severus voltò la scopa verso il terreno e scappò, indifferente alla
probabile reazione di Voldemort. Conosceva solo un posto in cui i
Mangiamorte non potevano seguirlo e i membri dell'Ordine
difficilmente si sarebbero presentati: Grimmauld Place e, non appena
i suoi piedi toccarono terra, si Materializzò con destinazione
Londra.
La familiare
piazza sembrava minacciosa alla poca luce dei lampioni stradali.
Sebbene il suo comportamento finora fosse qualificabile come incauto
sotto ogni aspetto, Severus si fidava del suo istinto di auto
preservazione, mentre premeva la schiena contro un albero disadorno e
controllava la zona per ogni segno di movimento. Non vide nessuno.
Severus colse l'opportunità d'indulgere in diversi respiri profondi,
sforzandosi di allontanare la nausea che minacciava di sopraffarlo.
Fa' che
Granger stia bene, pensò,
tenendo gli occhi chiusi per un istante. Fa' che non fosse
lei.
Guardandosi
intorno ancora una volta, Severus si diresse verso le scale del
numero dodici e toccò la porta con una bacchetta. Sentì lo
scricchiolio metallico come un ticchettio di tanti lucchetti che si
aprivano e una catena che si ritirava, mentre la porta di apriva.
Entrò subito dentro, tirandosi la porta dietro di sé e fermandosi
per un momento nell'ingresso. Nella luce delle tremolanti lampade a
gas di casa dei Black, tutto sembrava come era sempre stato. La fila
di teste decapitate degli elfi domestici era piena di ragnatele come
sempre; la gamba del troll-portaombrelli stava da una parte,
ospitando un ombrello che ricordava molto nel gusto uno degli
accessori di Dumbledore.
“Homenum
revelio,” mormorò.
Niente. Incoraggiato,
fece un passo avanti.
"Severus
Snape?"
Severus
riconobbe l'odio nella voce di Mad-Eye e per un secondo quasi
credette che l'uomo pieno di cicatrici fosse davvero lì, prima che
la maledizione passasse attraverso di lui come una brezza fredda e la
lingua gli si arrotolasse nella bocca. Una maledizione Incolla
Lingua. La sensazione era spiacevole, ma anche una che
aveva sopportato in precedenza: ci sarebbero volute ventiquattr'ore
prima che potesse parlare di nuovo e, se non si sbagliava, la sua
abilità di rivelare il luogo in cui si trovava Grimmauld Place
sarebbe stata compromessa per sempre. Nel complesso la cosa poteva
andare a suo favore.
Fece un altro
passo avanti. Quando il piede toccò il pavimento, una pozzanghera
indistinta alla fine del corridoio volò verso di lui, ricomponendosi
in una figura grigia e magra. Un orribile eco di Albus Dumbledore
volò verso di lui, con la bacchetta puntata minacciosamente in
avanti. Anche se Severus non poteva parlare, sferzò la bacchetta
contro l'essere. La sua magia era irregolare, eppure efficace, e lo
spettro esplose in un milione di frammenti che gradualmente caddero
verso il pavimento. Severus deglutì pesantemente e si sforzò di
andare avanti ed esaminare ciò che rimaneva dell'incantesimo,
toccandolo con la sua bacchetta. Idioti. Chiunque avesse posto
la maledizione aveva richiamato non solo la figura di Dumbledore, ma
anche il suo desiderio di vendetta. Avessero usato chiunque altro
come modello non sarebbe sopravvissuto così facilmente.
Raddrizzandosi,
diede un feroce calcio al porta-ombrello a forma di gamba di troll.
Il colpo svegliò la Signora Black che iniziò ad urlare – finché
non colse lo sguardo di Severus, al che tirò le tende chiuse e
rimase fortunatamente silenziosa. Severus andò su per le scale ed
entrò nel salotto. Sembrava che l'Ordine se ne fosse andato in
fretta: molto del contenuto della casa era rimasto uguale. Trovò
subito una bottiglia di Whisky Incendiario e bevve alcune generose
sorsate direttamente dalla bottiglia. Quasi tossì quando gli arrivò
in gola, ma velocemente riuscì a capire come inghiottire con il
moncone raggrinzito che era la sua lingua. Decise di portarsi dietro
la bottiglia.
Fa che
Granger stia bene. Il terrore
nauseante che lo
aveva spinto alla fuga
continuava a non dargli
tregua. Per un momento fu
tentato di scagliare la bottiglia di Whisky contro il muro, ma il
forte desiderio di oblio che prometteva lo trattenne. Invece, spazzò
via una fila di soprammobili
polverosi dalla mensola del
camino: fecero un rumore
soddisfacente mentre si rompevano contro il focolare.
Severus prese un altro sorso di alcol bruciante, mentre si lanciava
fuori dalla porta. Poteva cercare nell'intera
casa: i ricordi avrebbero spiegato a
sufficienza come
aveva impiegato il suo tempo
a Voldemort e l'energia
agitata
che lo consumava
avrebbe potuto
alleviare
la sua coscienza sporca e stancare
i nervi.
Fa che
Granger stia bene, recitò il
suo cuore ancora una volta. Severus fece del suo meglio per
allontanare il pensiero, ma sembrava essersi
ancorato
al suo battito cardiaco, riecheggiando
nel suo
corpo, malgrado i tentativi contrari.
Diversi piani
più su, con una scia di distruzione lasciata dietro di sè, Severus
entrò nella stanza che ricordava essere della Granger e della
ragazza Weasley. I letti erano in ordine, i pochi effetti personali
erano ancora allineati perfettamente sulle mensole.
Il movimento
delle foto magiche colse la sua attenzione e afferrò una cornice.
Potter, Weasley e Granger erano in piedi su una riva del lago di
Hogwarts, con le braccia intrecciate l'uno intorno all'altro in
un'eccessiva ed imbarazzante intimità tipica da fotografia,
sorridendo ad intermittenza e salutando verso la macchina
fotografica.
Concentrandosi
intensamente, bilanciò la bottiglia di whisky sulla mensola del
camino. Era alquanto ubriaco e aveva bisogno di concentrarsi, ma non
così ubriaco da rischiare di cadere per terra. Ci vollero alcuni
minuti per districare la foto dalla cornice. Con la lingua arrotolata
nella bocca persino la sua magia non verbale era meno controllata di
quanto gli piacesse e non voleva danneggiare l'oggetto della sua
attenzione. Una volta che la foto fu fuori al sicuro, diede a Potter
un colpetto maligno con il dito indice, facendo arrabbiare il ragazzo
che alzò il pugno. Severus lo ignorò, concentrandosi sulla Granger,
e si buttò sul letto più vicino.
Fa che
Granger stia bene. Con gli occhi
della mente la vide con il viso sfregiato,
il sangue che le colava sul collo. Fa che Granger stia
bene. Vide il suo corpo morto
sdraiato
nel soggiorno degli
Weasley. La vide da adulta, molti anni in avanti, voltarsi verso di
lui. Il lato della testa era orrendamente sfigurato
e lo sguardo che gli lanciò era pieno di rancore. Fa che
Granger stia bene.
Il Potter
fotografico e il suo compare avevano notato l'attenzione che Severus
stava prestando alla Granger e avevano allungato un braccio
protettivo intorno a lei, lanciando occhiatacce al loro professore di
Pozioni, per quello che valeva. Scacciando una lacrima non richiesta,
Severus lanciò loro un'occhiataccia, dando a Potter un altro colpo
per sicurezza. Vedendo l'immagine abbassarsi fuori tiro e lanciarsi
di nuovo verso la Granger, Severus fu colpito da un'idea. Mise la
fotografia in equilibrio su una gamba e usò otto delle sue dita per
spostare Potter e Weasley da una parte, lasciando Granger dall'altro.
La sua controparte quindicenne lo guardò con un po' d'apprensione,
il mento alzato in un gesto dolorosamente famigliare. Poi, mantenendo
Potter e Weasley di lato con il bordo della mano sinistra, strappò
la foto con attenzione al centro e fece cadere l'altra metà con i
ragazzi per terra. Passò leggermente un dito sui capelli crespi
della Granger. Con esitazione, la ragazza nella foto gli sorrise: il
suo cuore si strinse dolorosamente. Ti prego, ti prego, ti prego,
fa che Granger stia bene.
Severus avrebbe
portato la foto con sé. Guardò la stanza con una nuova intenzione.
Doveva coprire le sue tracce. Doveva frugare l'intera casa. Non
doveva esserci ragione per nessuno di sospettare che avesse trovato
qualcosa d'importante in quella stanza. Mettendo teneramente la
fotografia in una tasca interna per tenerla al sicuro, tirò via le
coperte e le lenzuola dai due letti. Buttò il contenuto delle
mensole sul pavimento. Per sicurezza, raccolse alcuni dei testi
abbandonati – di Ginevra Weasley, notò: Granger probabilmente
teneva i suoi a portata di mano – e li scosse violentemente. Quindi
raccolse la sua bottiglia di whisky e continuò di sotto.
Nel momento in
cui raggiunse il piano terra, il Marchio Nero faceva male. Non il
dolore agonizzante degli anni passati, ma quel dolore sordo che
comunicava il desiderio di Voldemort di vederlo quando gli era più
opportuno, quindi indicava che Severus aveva mantenuto la sua
posizione tra i favoriti. Non c'era motivo di andare prima di aver
riacquistato la capacità di parola, quindi Severus lo ignorò,
bevendo altro Whisky Incendiario nel tentativo di annebbiare i sensi
ancora di più.
La stanza di
Regulus riportò alla mente un esercito di svenevoli ricordi: era un
così dolce ragazzo di buon cuore, con un comportamento molto
migliore del problematico fratello. Il disinvolto bell'aspetto
ereditato dalla famiglia Black, e l'atteggiamento sottomesso,
l'avevano reso uno stabile favorito del Signore Oscuro che, nella sua
precedente incarnazione, molto più avvenente e umanoide, si era
completamente immerso in Regulus – amo, lenza e piombo. Come
Severus aveva compreso, Regulus si era suicidato per l'angosciante
consapevolezza che essere un Mangiamorte era molto più che retorica
Purosangue e selvaggi, sadomasochistici incontri sessuali.
In verità,
questo giro non era successo niente del genere. Severus era
immensamente sollevato che la deriva sessuale di Voldemort fosse
morta con la sua originale forma umana.
A questo punto,
Severus era inequivocabilmente ubriaco. L'impudente bravata da
Grifondoro nella stanza di Sirius risvegliò una riserva
profondamente sopita di risentimento adolescenziale e si buttò sul
contenuto con selvaggio abbandono. Solo lo shock nel riconoscere la
scrittura di Lily placò la rabbia. Cadendo in ginocchio, Severus
prese la pagina della lettera e la foto che l'accompagnava con dita
tremanti. La lettera era indirizzata a Black e Severus la lesse
dall'inizio alla fine, anche se le parole in sé significavano quasi
niente per lui. Persino dopo così tanti anni, i caratteri familiari
della sua scrittura riportarono indietro la colpa e il dolore della
loro relazione spezzata con un'intensità quasi spaventosa.
L'ha scritta
dalla casa sicura, pensò
Severus, solo pochi mesi prima di morire. Le
lacrime scesero lungo il viso, colando fino alla fine del suo lungo
naso. Avrei voluto riuscire a salvarti, Lily, si
rammaricò
mentre tornava alla foto. Passò un dito fra i capelli di lei come
aveva fatto con la foto della Granger. Ti prego, ti prego,
ti prego, fa che Granger stia bene. Durante
la prima guerra era come se avesse ucciso la donna che amava: in
questa, probabilmente, aveva commesso l'atto di
persona.
Che modo di
tradire la fiducia dei suoi genitori.
Severus lanciò
la prima pagina della lettera sul pavimento. Non aveva alcun
desiderio di tenere i commenti sulle precoci abilità di Potter su
una scopa e non poteva sopportare di rileggere i commenti su
Wormtail, sapendo che il verme l'aveva tradita, ma la firma di Lily e
le sue amorevoli parole di saluto erano un'altra storia: quelle le
avrebbe tenute. Tagliando la foto in due fece cadere il piccolo Harry
sul pavimento. Poi mise Lily e la seconda pagina della lettera di
fianco a quella della Granger. Fa che Granger stia bene. Fa
che stia bene e questa volta – lo giuro – farò in modo
che sopravviva alla guerra.
Fosse
l'ultima cosa che faccio.
Severus si
sfregò gli occhi con la manica e si guardò intorno. La stanza era
un disastro. Prese la bottiglia di Whisky mezza vuota e, con
esitazione, si alzò in piedi. Muovendosi con la cautela di un
ubriaco, si spostò di sotto verso il soggiorno, dove si buttò su un
divano per dormire. Prima che i suoi occhi si chiudessero, tirò
fuori le due mezze fotografie dalla tasca per esaminarle, poi le
ripose al sicuro. Cadde addormentato con una mano premuta sul cuore,
la tasca e il suo contenuto stretta tra il palmo e il petto.
*
Dal momento in
cui Severus riacquistò l'uso della lingua, il peggio della sua
sbornia era passato, anche se tutto il braccio faceva male per il
dolore del Marchio Nero e si sentiva ancora un coglione. Storcendo
la bocca si nascose tra la rada vegetazione della piazza di Grimmauld
Place e premette la bacchetta sul tatuaggio pulsante. Si
Smaterializzò, non sorpreso di trovarsi fuori dai cancelli di Malfoy
Manor.
Mentre camminava
si trovò davanti Lucius. I suoi occhi sporgevano in modo prominente,
il bianco in mostra più del solito, e catturò l'attenzione di
Severus.
“Severus,”
esclamò Lucius. Il suo nome uscì in fretta, come se Lucius avesse
trattenuto il respiro.
“Lucius,”
replicò.
Lucius si
avvicinò afferrando Severus per un braccio. La pressione della mano
amplificò il dolore e Severus si ritrasse. Lucius sembrò non
notarlo e si avvicinò ancora.
“Ha rotto la
mia bacchetta,” sussurrò con urgenza.
Severus si
bloccò, il dolore momentaneamente dimenticato per la sorpresa. “Chi?
Il Signore Oscuro?”
“No. Potter.”
“Come?”
Severus era genuinamente scioccato.
“Lui... io...
davvero, non lo so.” Lucius fece una pausa, lo strazio era
evidente. “Il Signore Oscuro non è contento.”
Severus respirò
forte dal naso, le narici allargate. “Olivander?”
“Vivrà, ma
solo per un pelo.” Lucius fissò oltre la spalla di Severus per un
lungo secondo prima di continuare. “Il Signore Oscuro lo ha fatto
fare a Draco.”
Severus tirò
fuori un piccolo rotolo da una della tasche interne del vestito ed
estrasse diverse fiale di medicinali. Il movimento risvegliò il
dolore al braccio e chiuse gli occhi per un istante. Lanciò le fiale
contro il petto di Lucius. “Pozioni di guarigione,” spiegò.
“Essere senza bacchetta ti è di incontestabile incentivo a
mantenere Olivander in vita.”
Lucius afferrò
il dono offertogli come un uomo sul punto di affogare afferra un
salvagente. Annuì vigorosamente.
“Dobbiamo
anche parlare con Runcorn – è possibile che sia in grado di darti
un rimpiazzo.” Severus batté sulle spalle di Lucius in modo
rassicurante. “I Serpeverde si aiutano fra loro,” commentò. “Una
volta che sarà ripresa la scuola, Draco sarà ad una certa
distanza.”
Lucius annuì
ancora e Severus si voltò per andare avanti.
“Grazie,”
urlò tardivamente Lucius.
Severus gli fece
un segno con la mano. Con così pochi amici, rifletté mentre
si avvicinava al maniero, proteggere quelli che ho è diventata
una priorità.
Quando Severus
entrò nel salotto dove sedeva il Signore Oscuro, il dolore al
braccio finalmente si sopì. Fu con un sospiro di sollievo che mise
un ginocchio a terra in segno di saluto.
“Severusss!”
Esclamò Voldemort. “Dove sei stato?”
“Dopo che il
clone di Potter che stavo inseguendo ha superato le barriere di
sicurezza della casa sicura, mio Signore, sono andato immediatamente
al quartier generale dell'Ordine con la speranza di trovare qualcuno,
o qualche informazione su dove fosse diretto l'irritante ragazzo.”
Severus guardò Voldemort negli occhi, sottolineando attentamente la
verità del suo racconto. “Sfortunatamente, il palazzo era stato
maledetto e sono stato colpito da una maledizione Incolla Lingua.”
Severus puntualizzò la sua storia con un'eloquente alzata di spalle.
“Ho usato il tempo altrimenti inutile per setacciare il posto con
attenzione, anche se non ho trovato niente d'interessante per la
causa.”
Voldemort
sembrava placato. “Siediti Severus,” ordinò, indicando verso una
sedia adiacente. “Ti sei comportato bene. Anche se adesso, persino
se dovessimo uccidere il Custode Segreto, non sarai in grado di
rivelarci il posto.” Fece una pausa. “Non ha importanza. È un
peccato che non fosse Dumbledore il Custode Segreto,” rispose
Severus con tono neutro, “sarei stato in grado di dirti la località
nel momento in cui l'ho ucciso.”
“Lo so, lo
so,” sospirò Voldemort. “Sono molto soddisfatto di te, Severus,”
aggiunse con un tono di voce diverso. “Solo tu sei riuscito a
ferire uno dei finti Potter. Nessuno dei miei inutili Mangiamorte è
stato abbastanza capace da rischiare l'impresa.”
Questa era cosa
nuova per Severus e si concesse di sembrare sorpreso, sollevando un
sopracciglio. “Sicuramente tu, mio Signore...?” Lasciò la
domanda in sospeso.
“Oh, sì. Ho
ucciso Moody, e Rabastan e Bellatrix si sono goduti i suoi resti. Ma
gli altri sono scappati – Potter incluso.”
Mad-Eye,
morto. Ti prego, ti prego, ti prego, fa che Granger stia bene.
E se non lo era,
sarebbe stata tutta colpa sua.
“Lucius
continua ad irritarmi,” continuò Voldemort, sporgendosi in avanti
e sollevando un coperchio d'argento decorato da un tavolino vicino
mentre parlava. Sul sottostante vassoio c'era disteso un coniglio
bianco, decisamente morto, anche se ancora intatto. Sollevò
l'animale morto e lo posò sul grembo. “Bellatrix mi ha detto che
ha adottato una bastarda Sanguesporco.”
Dal corridoio si
sentì il suono strisciante di Nagini che si avvicinava. Il suo lungo
corpo ondeggiò lungo lo stretto passaggio della porta semiaperta e
si avvicinò alla sedia di Voldemort come un cane impaziente.
“È vero: ho
redatto le carte io stesso.” Severus cercò di non fare smorfie,
mentre Voldemort spezzava in due il corpo del coniglio a mani nude.
Il sangue schizzò sul grembo del Signore Oscuro e sul pavimento. La
lingua biforcuta di Nagini guizzò fuori e leccò il liquido rosso.
“Avrebbe dovuto essere il primo ad ucciderla se si fosse rivelata
una Babbana. Ma sembra che il codice d'onore dei Malfoy includa
legittimare il reclamo della famiglia se l'alternativa è di mandarla
ad Azkaban.”
Voldemort
sollevò un pezzetto sanguinante di carne, facendo dei versi al suo
animale domestico mentre lei spalancava la bocca, quasi
orizzontalmente infatti, in attesa che l'offerta fosse abbassato
nella sua cavità in attesa.
“La bambina è
intelligente, una Mezzosangue, una Serpeverde.” Severus non voleva
tentare ulteriormente la sua fortuna.
“Mmm.”
Voldemort mugugnò la sua comprensione alle parole di Severus mentre
dava da mangiare la seconda metà del coniglio a Nagini e accarezzava
la pelle schiacciata con meno scaglie sotto al mento. “Credi che
sia veramente sua?”
“I suoi
capelli sono di una caratteristica sfumatura di biondo, mio Signore.”
Voldemort
sorrise, una sgradevole smorfia che sollevò le labbra sui denti. La
stanza puzzava dell'odore leggermente fetido del coniglio mutilato.
“Credi che lui tenga a lei, Severus?” Sibilò.
Severus alzò le
spalle. “Non credo l'abbia mai incontrata.”
“Mmm.”
Voldemort sembrava deluso.
“Ad essere
onesto, mio Signore, credo che la continua presenza della mezzosangue
nella sua vita sarà una punizione sufficiente. Ammettere la sua
predilezione per le donne Babbane a Bellatrix e Narcissa non
dev'essere stato piacevole. E in questo modo la ragazza completerà
la sua educazione.”
“Vero.”
Nagini, la sua
forma cilindrica distorta dai due larghi bozzi del coniglio che aveva
consumato, strisciò sul grembo di Voldemort, attorcigliandosi in uno
stretto nodo. Il Signore Oscuro accarezzò la testa con affetto.
“Ancora una
volta il tuo suggerimento è stato valido, Severus. Sarà molto più
utile per me quando sarà adulta.”
Severus arricciò
le labbra e cercò di rilassarsi contro la sedia. Lui si sforzò di
non pensare a Draco e Jocelyn che, ancora una volta, stavano passando
la giornata a Spinner's end. Cercò di non pensare alla Granger e
alla ferita aperta che probabilmente, ora, stava prosciugando la sua
vita.
*
La prima volta
in cui Severus entrò nell'ufficio del preside come il preside
designato, i quadri applaudirono. Lui si paralizzò per la sorpresa.
L'iniziale paura di un attacco svanì velocemente e fu sostituita da
una forte preoccupazione di essere preso in giro. Albus Dumbledore
era in piedi, sorridendo con orgoglio: Phineas Nigellus Black stava
praticamente facendo le capriole di gioia e diversi altri urlavano,
“Serpeverde!” sopra al rumore.
“Basta,”
disse Severus, sollevando una mano. I ritratti fecero silenzio di
colpo. “Grazie,” aggiunse educatamente, una leggera incertezza
che tradiva le parole. Di colpo camminò verso la scrivania, sostando
in piedi dietro di essa e passando una mano sul tampone di carta
assorbente.
“Sono molto
fiero di te, Severus,” disse Albus piano da dietro di lui. “Hai
giocato la tua parte in modo ammirevole.”
Per un lungo
momento Severus non disse nulla. Poi sollevò la testa. “Phineas,”
disse, di nuovo con la voce in rigido controllo, “c'è qualcosa che
puoi fare per me.”
Phineas si
sporse in avanti sul bordo della sedia, il suo entusiasmo palpabile.
“Qualunque cosa!” Esclamò.
“Voglio che tu
tenga d'occhio Grimmauld Place. Fammi sapere se qualcuno si fa vedere
lì e cosa vuole.”
“I mocciosi
sono lì proprio adesso,” replicò Phineas. “Facendo rumore e
lamentandosi del caos che ti sei lasciato dietro.”
Alle sue parole
Severus afferrò la superficie della scrivania, le nocche
bianchissime. “Devo quindi presumere che hai visto la signorina
Granger? E Potter e Weasley?”
“È così.”
Phineas confermò, stringendo le labbra come se la presenza del trio
nella sua casa di famiglia lo addolorasse.
“Che aspetto
hanno?” Chiese Severus con urgenza. “Le loro facce? Le teste?”
Phineas
lo guardò sospettosamente,
le sopracciglia sollevate per la sorpresa. “Non sembravano
pettinati
meglio
delle precedenti occasioni,” replicò. “Dove vuoi arrivare,
Severus?”
“Era George,”
s'inserì gentilmente Dumbledore. Severus si voltò verso di lui. “Ha
perso un orecchio, ma per il resto sta bene.”
La spalla di
Severus si curvò in avanti con sollievo e portò una mano rudemente
sul viso. “È stato un incidente,” offrì debolmente. Sta
bene. Il sollievo che lo assalì minacciò di sopraffarlo e la
sua gola si stinse di lacrime non versate.
“Ti sei
comportato bene, Severus,” replicò Dumbledore. “Hai mantenuto la
copertura.”
Ci volle un
momento per riprendersi, ma alla fine si raddrizzò ancora una volta,
il viso impassibile. Si voltò di nuovo verso Phineas. “Tieni sotto
attento controllo la signorina Granger, Phineas,” gli disse.
“Qualunque cosa tu possa raccogliere potrebbe rivelarsi
d'importanza vitale.”
Phineas fu
felice di ottemperare.
“E per il
resto di voi,” continuò Severus, “Ho bisogno che comunichiate
con gli altri ritratti del castello per mio conto. É imperativo che
io sappia il più possibile sui movimenti dei Carrow e di ogni
studente che possa mettersi in pericolo. Allo stesso tempo, i
ritratti non devono sapere del mio interesse – ci sono troppi di
loro di cui non possiamo fidarci per tenere le mie intenzioni
segrete.”
*
Dentro di sé,
Severus temeva la prima riunione con i professori. Finora era
riuscito ad evitare tutti i suoi precedenti colleghi, ma, con la
scuola che iniziava il giorno dopo, la cosa non era più un'opzione.
Severus spalancò
la porta della sala professori con un soddisfacente tonfo. I Carrow
sedevano su un lato, isolati dagli altri, ma i suoi occhi furono
inevitabilmente attirati da Minerva. Si alzò in tutta la sua
altezza, con le braccia incrociate sul petto. Il suo viso bruciava di
rabbia e le labbra erano ridotte ad una sottile linea per la
disapprovazione. Era magnifica. Hooch era in piedi proprio di fianco
a lei e, come Minerva, teneva le braccia incrociate. Poppy era seduta
non lontano: il suo viso era lugubre.
Severus si era
aspettato che la vista dei suoi amici avrebbe fatto male come una
ferita. Era vero. Non si era aspettato di sentirsi contento del loro
disprezzo. In una stanza di facce cupe, dove il linguaggio del corpo
urlava una strana deferenza e paura, la rabbia di Minerva brillava
come un faro. Poteva farlo: discutere con Minerva era uno dei suoi
passatempi preferiti e, con le loro spietate interazioni come punto
focale, poteva mantenere il resto dello staff distratto.
“Minerva,”
disse in modo strascicato, “che piacere vederti.”
Minerva aggrottò
la fronte. “Sarebbe mio piacere vederti ad Azkaban, Snape,”
replicò.
“Eppure sembra
così improbabile: che delusione!” Snape sorrise. Il suo sguardo si
spostò lungo la stanza, notando quanto pochi dei suoi colleghi
incrociassero il suo sguardo. “Vedo che hai colto l'opportunità di
diventare amica dei nuovi membri del nostro staff: Alecto e Amicus
Carrow insegneranno Babbanologia e Difesa Contro le Arti Oscure.”
I Carrow
salutarono allegri ed Amicus ridacchiò.
“Non credo
molto nelle tue scelte dello staff, Snape,” esclamò Minerva.
“Visti i loro voti a scuola, credo che i Carrow siano
sotto-qualificati.”
“Ehi! Sta'
zitta!” Ringhiò Amycus, alzandosi dalla sedia.
Severus fece
segno ad Amycus di stare fermo con una mano tranquillamente
sollevata. “Ma come, Minerva,” punzecchiò, “non è da te
essere schizzinosa sul gruppo insegnanti – dopotutto,” fece una
pausa per creare effetto, “un Mangiamorte ha insegnato qui negli
ultimi sedici anni.”
Hooch afferrò
il braccio di Minerva in segno di avvertimento, anche se l'insegnante
di volo sembrava controllarsi a malapena lei stessa. Severus sorrise
e si voltò, dando inizio all'incontro con gli insegnanti con
entusiasmo. Aveva poca voglia di allungare le procedure e cercò di
fare un sommario dei cambiamenti dei testi scolastici più in fretta
di quanto Dumbledore avesse mai fatto. Mentre si avvicinava alla
fine, onorò il pubblico di un sorriso cattivo. “Se avete qualunque
preoccupazione o domanda, non dovrete esitare a venire a parlarne con
me. Mi troverete nell'ufficio del preside: la mia porta è sempre
aperta.”
Sapeva che una
tale oltraggiosa dichiarazione avrebbe tirato fuori qualche commento
a Minerva e non fu deluso.
“Che idiozia,”
grugnì.
“Chiedo
scusa?” Chiese, un modello di civiltà.
“L'ufficio non
si è aperto per la Umbridge, Snape, e non si aprirà per te.”
Minerva aveva uno sguardo vendicativo.
“Ti piacerebbe
provare questa possibilità?” Chiese, facendo un gesto verso la
porta della sala insegnanti con tutto il braccio.
“Assolutamente!”
Replicò, gli occhi che dardeggiavano.
Snape fece un
inchino di scherno mentre lei lo oltrepassava dirigendosi verso la
porta. Hooch e Poppy andarono con lei e, dopo essersi scambiati
diversi sguardi incerti, anche il resto degli insegnanti li seguì.
Severus attraversò la porta e camminò di fianco rispetto a tutti.
Flitwick gli lanciò uno sguardo apprensivo da sopra la spalla, le
gambe corte che si affrettavano a mantenersi avanti.
Il gruppo si
fermò stranamente nel corridoio davanti al gargoyle del preside.
Molti degli insegnanti assemblati cercarono di stare alla larga da
Severus e dai Carrow, eppure allo stesso tempo tentando di dare
l'impressione che non stessero cercando di farlo. Minerva stava
dritta di fianco alla statua, con le braccia incrociate, con Hooch e
Poppy che le stavano di fianco come delle guardie del corpo.
Severus venne
avanti. “Fai largo al legittimo preside di Hogwarts,” disse al
gargoyle, che si fece da parte, obbediente. Si voltò e sollevò un
sopracciglio verso Minerva che, per la prima volta, sembrò vinta.
Andiamo, Minerva, si disse con urgenza silenziosamente,
combatti. Severus si grattò il mento, fissandola con scherno.
“Dovrei mettere una nuova password,” disse pensoso a voce alta,
“qualcosa di facile... così che tutti possano ricordarla. Forse...
ah, sì: Dumbledore.”
Minerva sembrava
essere stata fisicamente schiaffeggiata. Sentì Alecto e Amycus
ridere quasi istericamente.
“Stronzo,”
mormorò Hooch, dondolando leggermente sui talloni.
Severus vide
cosa stava arrivando con sufficiente anticipo per piegare leggermente
la testa, così che il pugno di Hooch si schiantasse contro la
guancia e il lato dell'orbita dell'occhio, piuttosto che sul naso.
“No!” Urlò
Poppy, lanciandosi in avanti e gettando le braccia intorno ad Hooch,
afferrando la schiena stretta, lontano da Snape.
Severus aveva
tirato fuori la bacchetta in un istante, ma la puntò ai Carrow, e
non ad Hooch. “Mettetela via,” sibilò loro. Riluttanti, misero
via le bacchette, anche se entrambi aggrottarono a fronte. “Posso
combattere le mie battaglie,” li ammonì. Entrambi si voltarono
verso Hooch. Aveva ancora il pugno sollevato, ma non si stava più
divincolando da Poppy e le nocche con cui lo aveva colpito erano
rosse e gonfie. Minerva le teneva una mano su una spalla, come pronta
a trattenerla. Tutte e tre le donne erano arrossate e spossate, con
il respiro leggermente faticoso.
Severus si toccò
gentilmente la guancia con le dita della mano sinistra. L'occhio era
già gonfio e ridotto ad una fessura, ma era abbastanza sicuro che
niente fosse rotto. Lasciò scorrere lo sguardo sul corpo della
Hooch, dalla testa ai piedi. “Ho colpito un uomo, una volta,”
rimarcò.
Poppy trasalì,
Minerva rimase senza fiato ed Hooch rimase impassibile. Severus era
abbastanza sicuro che tutti i presenti sapessero dell'avvenimento a
cui si riferiva. Poppy, ovviamente, aveva testimoniato al suo
processo per omicidio colposo. Poppy ed Hooch si scambiarono
un'occhiata senza parlare. Alla fine Hooch si arrese all'altra donna,
abbassando leggermente la testa e rilassando il pugno. Poppy, di
conseguenza, lasciò andare la sua amata e rimise a posto la
bacchetta.
“Severus,”
disse lei, con la bocca leggermente distorta mentre il nome passava
sulle labbra, “lascia che te lo curi.”
Severus ghignò
verso di lei, “Non ho bisogno de tuo aiuto, Poppy.”
La madama
s'irrigidì. “Va bene,” replicò e si voltò verso Hooch,
muovendo la bacchetta verso le nocche malconce dell'altra donna.
Hooch tirò via
la mano. “No, grazie Poppy,” disse, con gli occhi su Severus.
“Preferisco tenermi il ricordo di questo momento piuttosto
soddisfacente.”
“Ma pensa,”
disse strascicato, “che ammirevole sentimento Babbano.”
Hooch lo guardò
freddamente. “Sono Babbana quanto lo sei tu, Snape.”
Snape si limitò
a sorridere, cosa che sembrò innervosire gli altri membri del corpo
insegnanti in modo persino più soddisfacente di quanto avesse fatto
il commento sarcastico. “Non vedo l'ora di avere la vostra
compagnia a cena,” commentò con la sua migliore imitazione delle
buone maniere dei Malfoy. “Non dimenticate, la mia porta è sempre
aperta.”
Con questo si
voltò e se ne andò via. Come Hooch, scelse di non curare le sue
ferite, anche se fece apparire una borsa del ghiaccio una volta che
fu sparito fuori dalla vista sulla scala. Durante le successive
settimane, i lividi ebbero l'utile effetto di distrarre e mettere a
disagio gli altri membri del corpo insegnanti, così come gli
studenti, e il dolore fu un inaspettato balsamo per la sua colpevole,
colpevole coscienza.
*
“Severus!”
Urlò Phineas con eccitazione mentre saltava dentro il ritratto di
Hogwarts.
Severus sollevò
lo sguardo da una pila di carte e sbirciò Phineas attraverso la
fessura gonfia del suo occhio nero.
“La ragazza ha
messo il mio ritratto nella sua borsa!”
Un'ondata di
trionfo gli attraversò il corpo e Severus si appoggiò contro lo
schienale sedia per un momento e fissò il soffitto. Gran bel
lavoro, Granger.
“Eccellente,
Phineas,” replicò. “Continua con l'ottimo lavoro. Potrebbe
cercare di mandare un messaggio: se sì, fa' in modo di essere nei
dintorni per riceverlo.”
“Severus?”
Chiese Dumbledore in tono significativo, il luccichio negli occhi
completamente assente. “Cosa sa esattamente la signorina Granger su
di te?”
Severus sospirò.
Aveva evitato la domanda. “Sa solo quello che è riuscita a
scoprire da sola.”
“Glielo hai
detto,” affermò piattamente Dumbledore. “Pensavo fossimo
d'accordo che non avresti dovuto.”
Severus si girò
sulla sedia e fissò il suo irritante capo. “Non le ho detto niente
del genere: quello che sa lo ha capito da sola. La signorina Granger
è ben lontana dall'essere stupida.”
“Che cosa le
hai detto allora?” Insistette Dumbledore. “Devi averle detto
qualcosa.”
Severus
lasciò andare un lungo sospiro dal naso. “Le ho detto,” ammise
finalmente, “come distruggere gli Horcrux.” Guardò Dumbledore
con aria
di sfida.
Il vecchio era scioccato e ammutolito
dalla risposta e, con una smorfia caustica,
Severus si voltò per
terminare di compilare le scartoffie del nuovo anno accademico.
*
*
*
------------------------------------------
Disincanto294: Oddio, spero tu non abbia passato la mattinata ad aggiornare ;).
xX__Eli_Sev__Xx: Non
preoccuparti della brevità, come vedi questa volta rispondo
telegraficamente...così pubblico prima il capitolo :)
|
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Capitolo 8 *** The Muggleborn Register Commission ***
2x08
NdT:
Sì, non avete le allucinazioni, sto davvero aggiornando con un nuovo
capitolo. Colpa mia, ho sottovalutato il mio tempo a disposizione (e
l'influenza). Oggi più che mai dovete ringraziare silviabella, non
avete idea degli orrori che traduco quando ho la febbre ù_ù
Anne
London
Capitolo
8
The
Muggleborn Register Commission
Quella
sera, Hermione andò a letto più tardi rispetto ai ragazzi, anche se
erano rimasti tutti in piedi per sistemare il piano per la mattina
seguente. Una volta che Harry e Ron furono crollati, tirò fuori i
calcoli Aritmantici per lavorarci. Le probabilità di successo su ciò
che i tre stavano per fare al Ministero erano sorprendentemente buone
ed Hermione decise di dedicarsi alla serie di equazioni che
riguardavano Godric's Hollow. Le probabilità lì, tuttavia,
rimanevano basse come sempre.
Gli
ulteriori
venti minuti passati con la fronte aggrottata sulla distribuzione
della curva di conoscenza
la
lasciarono
persino
più frustrata. Non importava
quanto
riesaminasse i
numeri,
i calcoli gli dicevano che Harry doveva capire da solo la soluzione
ai vari enigmi
e
problemi che li attendevano in futuro. Hermione si trovò incapace di
sopprimere un'ondata di gelosia. Era il suo
compito
risolvere problemi. Era il compito di Harry buttarsi in mezzo al
pericolo senza un piano solido, ed era il compito di Ron seguirlo e
assicurarsi una via di fuga – la Camera dei Segreti era l'esempio
perfetto. Hermione lasciò andare un pesante sospiro di fastidio.
Apparentemente, ora, Harry era sia l'eroe che il cervello: lei doveva
limitarsi a tenerlo in vita.
Cercando
senza successo di non prenderla sul personale, Hermione spinse le
equazioni Aritmantiche dentro alla borsa di perline. Prima di
chiuderla tirò fuori la mezza foto di Harry e Ron che aveva trovato
nella sua stanza. Non per la prima volta si chiese dove fosse l'altra
metà: era tagliata così perfettamente nel mezzo. La più logica
possibilità vorticava
dentro
di lei. Voleva così tanto che fosse vero che si astenne
dal
dirlo a voce alta, incapace di sopportare la delusione se avesse
provato in seguito di essersi sbagliata. Aveva cercato a lungo e con
impegno l'altro pezzo, ma neppure un Accio
puntato
verso
i sacchi di
spazzatura
che
lei e Kreacher avevano ammassato durante la ripulitura
aveva
funzionato. Non
essere un'idiota, Granger, si
rimproverò, buttando la fotografia spezzata nella borsa. Non
c'è nessuna ragione perché Snape possa volere una tua fotografia.
Nel
mese che era passato da quando erano scappati dai Mangiamorte al
matrimonio di Bill e Fleur, l'opinione di Hermione sul suo
imbronciato, permaloso, brillante, eppure inscrutabile ex professore
era passata dal dubbio alla fiducia e viceversa così tante volte da
non volerlo sapere. Eppure, alla fine, la costante presenza di
Mangiamorte nella piazza al di fuori di Grimmauld Place, e la loro
evidente incapacità di vedere il palazzo o entrarci, aveva
consolidato i suoi pensieri: doveva credere in lui. Inoltre, non
importava quante ragioni logiche potesse elencare contro di lui, nel
profondo sapeva che quel vortice di dubbi e paure era indicativo
della situazione in cui lei e i ragazzi si trovavano, e non di quella
di lui, non realmente. Così, aveva dubitato di lui: e quindi?
Credeva in lui più che in Minerva McGonagall o Kingsley Shacklebolt.
Se Snape le avesse detto di saltare, lei lo avrebbe fatto subito e
senza fare domande dopo. In quel momento dubitava di tutti, persino
di sé stessa. E lo avrebbe fatto finché Voldemort non fosse morto e
tutto fosse tornato alla normalità.
Dio,
cos'avrebbe dato per essere preoccupata per i M.A.G.O. in quel
momento, piuttosto che per il folle piano di penetrare nel Ministero
della Magia per rubare un Horcrux da un funzionario pericoloso e
molto in alto nella gerarchia!
Stava
per chiudere la borsa di perline quando lo scintillio di un movimento
in profondità catturò la sua attenzione. Hermione si paralizzò,
con le orecchie in allerta per ogni suono prodotto dai ragazzi nella
vecchia casa. Agendo per un impulso che trovò impossibile da/in
forza di un impulso a cui trovò impossibile resistere, lanciò un
incantesimo di silenzio sulla stanza e sigillò magicamente la porta.
Quindi tirò fuori il ritratto di Phineas dalla borsa e lo pose sulla
sedia di fianco a lei.
“Phineas?”
Chiamò piano. “Phineas Nigellus? É lì?”
“Ma
guarda, se non è proprio la signorina Granger in persona,” replicò
derisorio, scivolando dentro alla cornice e appoggiandosi con
disinvoltura contro il bordo. “Un certo numero di persone ti sta
cercando, lo sai?” Gli occhi guizzarono per la stanza, notando i
dettagli di dove si trovavano. “Dov'è il signor Potter?”
“Non
è qui,” rispose fermamente Hermione. “Ci sono solo io.”
“Tutta
sola?” la canzonò.
“Sì,”
rispose causticamente, incrociando le braccia.
“Molto
bene, allora, ho un messaggio per te.”
“Dal
professor Snape?” Hermione si sentì senza fiato.
“Dal
preside Snape,” puntualizzò con tono di rimprovero Phineas.
Hermione fece un gesto verso di lui per affrettarsi e lui lanciò
un'occhiata. “State molto attenti a non pronunciare il nome del
Signore Oscuro.”
Hermione
guardò il ritratto con perplessità per un momento. “Cosa?”
Chiese. “Ma perché Dumbedore diceva sempre–”
“Perché,
perché, perché?” Fece eco Phineas, interrompendola con un tono
oltraggiato. “Il problema con voi adolescenti è che non avete
nessun rispetto. Ti è stata data un'informazione importante. Usala.
Non hai bisogno di sapere perché!”
Hermione
si trattenne dal replicare a tono.
“Hai
un messaggio per il preside Snape?” Chiese Phineas.
“Io–”
Hermione s'interruppe mentre pensava a tutte le cose che voleva dire
a Snape e quindi s'immaginò mentre le trasmetteva attraverso
l'irritabile e burbero ritratto di Phineas Nigellus Black. “No,”
replicò alla fine, “niente.”
“Bene,”
scattò Phineas e andò via dalla cornice, lasciandosi indietro
niente se non uno sfondo nudo e confuso.
Hermione
si sentì tristemente priva di qualcosa e sedette fissando il vuoto
quadrato di tela per diversi minuti, prima di riporlo nella borsa e
cancellare l'incantesimo che aveva messo. Infilò un polso in uno dei
manici della borsa di perline e si diresse di sopra nella stanza che
una volta aveva condiviso con Ginny e che adesso divideva con Ron.
Harry,
dal canto suo, aveva deciso di dormire nella vecchia camera da letto
di Sirius. Sin da quando aveva scoperto che continuava a condividere
dello spazio mentale con Voldemort, Harry era stato permaloso e un
po' distaccato, anche se irremovibile. Hermione trovò la decisione
di dormire da solo difficile da capire. La scricchiolante,
inquietante vecchia casa le dava sui nervi.
Alla
fine, dopo diverse ore passate a tergiversare, e
una imbarazzante prima notte, Hermione e Ron si erano
sistemati nei due letti singoli di quella che era stata la stanza
delle ragazze, trovando che il conforto della compagnia superava di
gran lunga l'imbarazzo di perdere la loro privacy. Di conseguenza,
dopo essersi lavata i denti e aver fissato il soffitto per un certo
periodo pensando a Snape, fu con il lieve russare di Ron che Hermione
finalmente si addormentò. Alla fine il proposito di entrare al
Ministero si allontanò dalla sua mente.
*
I
calcoli di Hermione non si erano sbagliati e lei, Ron ed Harry erano
passati attraverso le varie difese del Ministero della Magia senza
grandi incidenti. Uscirne vivi, tuttavia, iniziava a sembrare un po'
più difficile. Hermione non aveva previsto che Ron – completamente
travestito da Reg Cattermole – sarebbe stato forzato a riparare
degli incantesimi meteorologici rotti, e meno ancora a difendere la
vita di una donna innocente in un processo. Così, quando le porte
dell'ascensore si aprirono al primo livello, Hermione era ancora
concentrata su Ron e le sue difficoltà, un piano sotto. La vista
della Umbridge la colse completamente di sorpresa.
“Ah,
Mafalda!”
Esclamò la Umbridge nel suo caratteristico tono da ragazzina. “Ti
ha chiamata Travers, vero?”
Realizzando
in ritardo che era effettivamente lei Mafalda Hopkirk, Hermione
riuscì ad articolare una risposta. “S-Sì.” Annuì per
sicurezza.
“Bene,
andrai benissimo.”
La Umbridge si voltò e parlò con l'uomo dietro di lei. Hermione lo
riconobbe da La
Gazzetta del Profeta come
Pius Thicknesse, il nuovo Ministro della Magia. “Il
problema è risolto, Ministro, se possiamo usare Mafalda come
cancelliera possiamo iniziare subito. Dieci persone oggi,”
dichiarò, assumendo un'espressione moraleggiante, “e
una è la moglie di un dipendente del Ministero! Suvvia... persino
qui, nel cuore del Ministero!”
Hermione
stava ora andando nel panico non solo per Ron, che era bloccato a
fare il lavoro di Reg Cattermole (senza dubbio molto male), e per la
moglie di Reg ancora senza nome che stava per essere portata davanti
alla Commissione, ma anche per la possibilità di essere catturata
dalla stessa Umbridge e dalla ora possibile prospettiva che potesse
essere separata da Harry. Allo stesso tempo, si chiese se ci fossero
davvero così pochi Nati Babbani da poter essere così insolito che
un dipendente del Ministero ne avesse sposata una e sperò che Harry
si rendesse conto dell'opportunità di cercare nell'ufficio della
Umbridge senza ostacoli. Guardò verso la Umbridge, due maghi
sconosciuti entrarono nell'ascensore e colse lo sguardo di Harry.
Cercò di comunicargli tutto quello che stava pensando, ma fu
abbastanza certa che Harry ignorasse completamente i fini dettagli
del processo dei suoi pensieri.
“Andiamo
direttamente di sotto, Mafalda,”
aggiunse la Umbridge, attirando l'attenzione di Hermione lontano da
Harry. “Troverai
tutto quello di cui hai bisogno in aula.”
La Umbridge lanciò ad Harry uno strano sguardo. “Buona
giornata, Albert,”
sorrise in modo affettato, “non
sei arrivato?”
“Sì,
certo,”
rispose Harry con i toni bassi di Runcorn.
Mentre
lui usciva dall'ascensore, le griglie dorate della porta si
richiusero dietro di lui. Hermione colse un'ultima occhiata sul suo
viso, spento per lo shock, mentre veniva meno alla vista.
Hermione
non era stata nelle profondità del Ministero sin dalla notte in cui
era stata tesa l'imboscata al DA nella Sala delle Profezie. Mentre
usciva dall'ascensore al livello più basso, quella notte tornò alla
sua mente in un lampo.
I
maghi che erano scesi in basso con la Umbridge ed Hermione entrarono
dritti per la porta nera e sinistra nel corridoio dell'Ufficio
Misteri. Fortunatamente, la Umbridge girò a sinistra, piuttosto che
a destra, prendendo la rampa di scale per un ulteriore livello
inferiore. Il sollievo che Hermione sentì per aver lasciato
l'orribile scenario al piano precedente svanì in fretta. Più in
basso scendeva la scala, più cresceva la sua disperazione e
angoscia.
Solo
quando la Umbridge urlò, “Expecto patronum!” Hermione
capì che c'erano dei Dissennatori nel corridoio sottostante.
L'aspetto innaturale del senso di orrore di Hermione svanì
immediatamente, anche se ciò che vide fu abbastanza disturbante di
per sé. La sala era affollata dalle forme minacciose dei
Dissennatori incappucciati. Gli sfortunati Nati Babbani chiamati a
fronteggiare l'interrogatorio della Umbridge erano raggruppati in una
sorta di recinto, e sedevano rannicchiati su una panca di legno
dall'aspetto scomodo. La disperazione era palpabile. La Umbridge si
stava facendo strada lungo la folla ed Hermione fece attenzione a
stare vicina all'orrida donna così da non perdere i benefici del suo
Patronus.
Non
voglio davvero sapere cosa rende la Umbridge abbastanza felice da
lanciare un Patronus,
pensò Hermione, fissando il soffice
gatto
d'argento mentre camminava con disinvoltura
lungo
il corridoio affollato. Camminava con piccoli passi, il posteriore
che
si muoveva nello stesso modo in cui si muoveva la Umbridge.
Condividevano anche la stessa espressione schiacciata
e
compiaciuta. Vorrei
vedere Crookshanks*
mentre ti affronta, pensò
Hermione selvaggiamente. Mentre il Patronus superava i Nati Babbani
prigionieri, questi sollevarono le facce, voltandosi con gli occhi
verso di lui come i girasoli seguono il sole.
Hermione
vibrava di una
fredda rabbia furiosa. Sentire della Commissione per il Censimento
dei Nati Babbani da Lupin e leggerlo ne La Gazzetta del
Profeta era stato
sconvolgente, ma lo immaginava anche
distante. Vederlo in azione, tuttavia, la riempì di una rabbia come
nient'altro precedentemente sperimentato. Questi erano maghi e
streghe come lei, e le loro bacchette erano state confiscate.
Rischiavano un periodo ad
Azkaban, o peggio, a causa delle loro
origini. Era razzismo. Era genocidio.
Harry
deve vincere, pensò con
rinnovata convinzione. Solo allora questa farsa di
governo avrebbe avuto fine. Harry deve vincere. E una volta
fatto, farò in modo che la Umbridge paghi e che qualcosa del genere
non succeda mai più. Hermione
ricordò la lista pubblicata di coloro che non si erano presentati
per l'interrogatorio – il suo nome era apparso, così come quello
della professoressa Vector e degli altri compagni di classe Nati
Babbani. Dovunque fossero, li sperava al sicuro. Il sollievo che
fossero riusciti ad andarsene da questo particolare incubo era così
forte da essere palpabile.
“Andiamo,
Mafalda,” trillò la Umbridge, interrompendo interrompendo le sue
fantasticherie per indicarle una porta aperta.
Hermione
entrò nella stanza. Era chiaramente un'aula di tribunale, anche se
il soffitto era sproporzionatamente alto, e lo spazio sembrava
stranamente tronco. C'erano lunghe panche lungo un lato, arredato con
diverse sedie e sollevate su un'imponente piattaforma. La sedia
all'estrema destra del banco era occupata da un uomo alto dai capelli
neri.
“Dolores,
cara,” disse in modo strascicato, con uno spiacevole sorriso
sinistro.
Mangiamorte,
notò Hermione, reprimendo un
brivido. Riconobbe una fotografia del giornale.
“Guarda
guarda, signor Yaxley, è un piacere lavorare con lei, come sempre!”
Sorrise affettata la Umbridge, puntualizzando il suo saluto con una
risatina acuta. Fece un gesto verso la sedia all'estrema sinistra.
“Mafalda, i documenti sono laggiù: hai qualche minuto per
organizzarti prima d'iniziare.”
Hermione
si affrettò verso la panca. Passando, superò una sedia singola,
isolata dal centro della stanza. I braccioli erano legati con pesanti
catene che si contorcevano quasi con desiderio verso di lei.
Dopo
che la Umbridge ed Hermione furono entrate, due Dissennatori erano
scivolati nell'aula e volavano in alto per fare da sentinelle
nell'angolo più lontano della stanza. La Umbridge aveva messo il
Patronus a controllare i bordi della piattaforma, così che Hermione
non potesse sentirli, anche se le davano ancora disagio.
Hermione
salutò educatamente Yaxley, che sapeva essere a capo dell'Ufficio
Applicazione della Legge sulla Magia, poi sfogliò velocemente i
documenti di cui doveva occuparsi. C'erano un certo numero di nomi
elencati, in ordine alfabetico. Molti contenevano questionari,
insieme a certificati di nascita, risultati ad Hogwarts, certificati
di matrimonio, attestati di famiglia e altri documenti personali.
Scoprì anche dei fasci di moduli che erano chiaramente lì per
registrare i processi della Commissione. C'era inchiostro, ma non
penne, ed Hermione immediatamente ne fece apparire una. Cercò di
sistemare la sua area di lavoro così che la Umbridge non avesse una
chiara visione delle note che avrebbe preso – la Polisucco non
aveva effetto sulla scrittura ed era imperativo che la Umbridge non
notasse qualcosa d'insolito. Dopotutto, aveva corretto i compiti di
Hermione per un intero anno accademico.
Una
volta che iniziarono, il processo fu orribile come Hermione aveva
immaginato. Il procedimento era di parte in modo quasi ridicolo ed
Hermione fu costretta a nascondere le sue emozioni sotto le sue
barriere Occlumantiche in modo da poter funzionare con facilità.
Ogni volta che la Umbridge ridacchiava o screditava qualcuno o
mentiva oltraggiosamente sulla trasmissione del potenziale magico,
Hermione giurava una vendetta silenziosa. Cercò di memorizzare ogni
dettaglio con feroce intensità. Un giorno, giurò, sarai
seduta su quella sedia, Umbridge, stretta dalle catene, ed
elencherò la lista dei tuoi crimini. Devi solo aspettare. A ogni
richiesta della Umbridge rispondeva con prontezza ed esteriormente
sorrideva graziosamente come Mafalda Hopkirk.
Hermione
era così concentrata sui suoi sogni di vendetta che l'arrivo di
Harry la sorprese. Nell'orrore dei processi del Comitato, la ricerca
del ciondolo le era passata di mente. Merda, pensò mentre
controllava l'orologio e calcolava il tempo che avevano trascorso
trasformati. Avevano meno di venticinque minuti prima che la
Polisucco svanisse.
Come
se la presenza invisibile di Harry avesse indotto il ciondolo
all'aperto, esso oscillò avanti e indietro quando la Umbridge si
sporse per gongolare verso Mary Cattermole. Bingo, pensò
Hermione irriverente. “Che – quello è carino, Dolores,”
le disse, indicando il ciondolo.
“Cosa?”
disse la Umbridge, scocciata per essere stata distratta dalla
contemplazione della strega in lacrime davanti a sé. “Oh,
sì,”
continuò con un tono più amichevole mentre si rendeva conto
dell'oggetto dell'interesse di Hermione, “un
vecchio cimelio di famiglia. La S
sta
per Selwyn...”
Hermione
non ascoltò il resto della bugia, l'attenzione catturata da un
tremolante movimento mentre vedeva la bacchetta di Harry con la coda
dell'occhio. Cosa sta–
La
risposta, anche se non riuscì a placare la sua ansia, arrivò quando
Harry gridò “Stupeficium!” e un lampo di luce rossa colpì la
Umbridge alla spalla; Hermione udì con soddisfazione lo scricchiolio
della testa della Umbridge contro la balaustra della piattaforma, ma
la sua attenzione era rivolta a Yaxley. L'uomo, usando la mole del
corpo della Umbridge come scudo, tirò fuori la sua bacchetta, anche
se Harry lo abbatté prima che lei avesse bisogno di usarla.
“Harry!”
Esclamò, esasperata e sollevata allo stesso tempo. Lasciò che la
sua risposta le scivolasse addosso mentre controllava che la Umbridge
e Yaxley fossero completamente fuori dal gioco. Fu quando si voltò
che si accorse dei Dissennatori. “Harry!”
Urlò. “La
signora Cattermole!”
Hermione
tirò fuori la sua bacchetta, ma non riuscì a riportare alla mente
un pensiero felice. “Expecto Patronum!” urlò senza
successo. Non accadde nulla. Hermione cercò di raccogliere la
sensazione delle risate con Harry e Ron, ma la vista dei Dissennatori
che incombevano sulla signora Cattermole, con una mano squamosa che
le tirava indietro la testa, uccise ogni spiraglio di gioia.
Quando
il cervo di Harry la superò, Hermione singhiozzò quasi di sollievo.
Un reale piacere le accese il viso.
“Prendi
l'Horcrux,”
le disse Harry mentre tirava fuori il suo mantello e correva verso la
signora Cattermole.
Hermione
si sporse in avanti tra il colletto e il collo della Umbridge,
facendo una smorfia mentre toccava l'orrida pelle gonfia della donna.
Trovò la fibbia e le ci volle poco ad aprirla, ma dovette far
levitare il corpo della Umbridge per tirar fuori lo stesso ciondolo
da sotto. Pesante e a forma d'uovo penzolò nella sua mano, mentre lo
guardava con la fronte aggrottata.
“Hermione?”
Chiamo Harry. “Come
faccio a far sparire queste catene?”
“Aspetta,
sto cercando di fare qualcosa qui–”
“Hermione,
siamo circondati da Dissennatori!”
Harry sembrava un po' agitato.
“Lo
so, Harry,”
rispose distrattamente, “ma
se si sveglia e non trova il ciondolo – devo duplicarlo –
Geminio!
Ecco...
dovrebbe ingannarla...”
Hermione sistemò bene il falso ciondolo nel collo della Umbridge e
fece cadere il corpo della donna sulla scrivania senza riguardo per
la sua comodità. Sistemò l'Horcrux nella tasca del vestito,
chiudendola con un incantesimo per sicurezza. Harry stava tirando
manualmente le catene che imprigionavano la signora Cattermole alla
sedia. “Fammi
vedere,”
disse Hermione, spostando le mani di lui, “Relascio!”
Disse e fu felice quando le catene si spostarono.
La
signora Cattermole sembrava giustamente terrorizzata. Harry-Runcorn
stava cercando di calmarla.
“Come
facciamo a uscire da qui con tutti quei Dissennatori alla porta?”
Chiese Hermione. La loro quantità la stava facendo diventare
nervosa.
“Con
i Patronus,”
rispose Harry, come se la risposta fosse evidente. Facile
da dire per lui.
“Quanti
riusciamo a gestirne: fai il tuo Hermione.”
Hermione
strinse i denti con determinazione. “Expec–Expecto
patronum! ” Come prima, non successe nulla.
“È
l'unico incantesimo con cui ha difficoltà,”
puntualizzò Harry alla signora Cattermole, il divertimento che
tinteggiava la sua voce innaturalmente profonda. “Una
sfortuna, davvero... Forza, Hermione...”
Non
è l'unico incantesimo, pensò
Hermione tristemente, scossa dalla sua stessa inadeguatezza. Ho
dei problemi con le barriere e Difesa in generale. Il
pensiero delle barriere la
fece
pensare a Snape e alla sua figura rilassata nella Stanza delle
Necessità: il petto coperto da una maglietta, le braccia incrociate.
Sentì la soddisfazione nella sua voce mentre elencava le differenze
fra incantesimi e barriere.
“Expecto
patronum!”
Urlò di nuovo con maggior certezza. Questa volta la lontra argentata
saltò fuori dalla bacchetta e nuotò nella stanza, dove ruzzolò
intorno alle gambe del cervo di Harry.
Risoluta,
Hermione seguì Harry e la signora Cattermole fuori nel corridoio.
Alla vista dei due Patronus, i Nati Babbani accusati e le loro
famiglie ondeggiarono in avanti, istintivamente spingendosi verso la
pozzanghera argentata di buoni sentimenti e lontano dai Dissennatori.
Questi si ritrassero, sparendo nei meandri più oscuri dei corridoi.
Mentre
Harry stava facendo un discorso, Hermione si occupò di esortare in
avanti gli individui esitanti. “Una volta usciti, scappate.
Lasciate il paese. Contattate Torvik Murk tramite gufo, vi aiuterà.”
Ripeté le istruzioni orecchio dopo orecchio sperando che
ascoltassero e obbedissero. Quando l'ascensore si aprì con un rumore
metallico e spinse fuori Ron-Reg il suo cuore fece un balzo. Forse
possiamo farcela. Guardò il suo orologio: dieci minuti.
“Harry,”
disse Ron con urgenza, “sanno
che ci sono intrusi al Ministero, qualcosa a che fare con un buco
nella porta dell'ufficio della Umbridge, credo che abbiamo cinque
minuti se quel–”
La
speranza nel cuore di Hermione sparì all'istante, insieme al suo
Patronus. “Harry, se restiamo intrappolati qui–”
“Non
lo saremo, se ci muoviamo in fretta,”
replicò Harry. “Chi
ha la bacchetta?”
Chiese, indirizzando la domanda al gruppo terrorizzato intorno a
loro.
Non
più di metà, notò Hermione.
“Ok,”
continuò lui con tono profondo e di comando con il suo aspetto dato
dalla Polisucco, “tutti
quelli che non hanno la bacchetta hanno bisogno di rimanere vicini a
qualcuno che ce l'ha. Dobbiamo essere veloci prima che ci blocchino.
Andiamo.”
Hermione
si accalcò nell'ascensore con Ron – che aveva fatto apparire il
suo Patronus dalla forma di un Jack Russell – e almeno metà della
folla di fuggitivi. Harry, con il suo cervo, ne prese un altro.
Nell'Atrio, una volta arrivati, c'era il caos. Gli ufficiali del
Ministero si affrettavano a sigillare i camini e lo spazio si stava
riempiendo del traffico che altrimenti sarebbe defluito attraverso di
essi.
Harry,
fu immediatamente chiaro, stava impersonando qualcuno d'importante e,
oltretutto, lo aveva capito lui stesso.
Aveva iniziato ad atteggiarsi e a fare lo spaccone, distraendo
notevolmente gli ufficiali quando in diversi avevano interrotto i
loro esagitati tentativi di chiudere le connessioni, ingaggiandolo in
una conversazione.
“Andiamo!”
Incoraggiò Hermione,
voltandosi verso i Nati Babbani in panico e le loro famiglie. Li
spinse verso il più vicino caminetto e iniziò a farceli passare
attraverso il più in fretta possibile. “Ricordate, Torvik Murk,
lasciate il paese,” lo ripeté ancora e ancora.
“Mary!”
“Merda,”
imprecò Ron, facendo voltare Hermione di colpo. Il vero Reg
Cattermole stava correndo verso di loro, gettando sua moglie in una
visibile confusione. Avrebbero potuto comunque riuscire ad andarsene
indenni, se Yaxley non fosse saltato fuori dall'ascensore in quel
momento.
“Sigillare
le uscite! SIGILLATELE!”
Urlò.
La
confusione nell'Atrio raggiunse il punto di puro pandemonio. Harry
diede un pugno all'ufficiale del Ministero stempiato con cui stava
discutendo, urlando frasi contraddittorie a voce alta. Ron afferrò
la signora Cattermole e la spinse nel più vicino caminetto.
Guardandosi intorno, Hermione vide che tutti i Nati Babbani erano
scomparsi – sperava verso la salvezza.
“Mia
moglie!”
Urlò il vero Reg nel panico. “Chi
era quello con mia moglie? Cosa sta succedendo?”
Un
ufficiale del Ministero più sveglio degli altri cercò di afferrare
Hermione, ma lei lo schiantò e si contorse tra due curiosi per
raggiungere il fianco di Harry.
“Andiamo!”
Urlò Harry mentre le afferrava la mano. I due saltarono del camino e
si lanciarono verso l'alto. Hermione sentì una maledizione
schiantarsi contro la mensola del camino mentre vorticavano.
Pochi
secondi dopo uscirono fuori dalla tazza del bagno pubblico che
serviva da portale per il Ministero. Harry aprì con violenza la
porta del cubicolo. Ron-Reg stava cercando di districarsi
dall'ansiosa presa della signora Cattermole, che era ancora convinta
che Ron fosse suo marito.
“Accio
Ron!”
Urlò Hermione. L'incantesimo strappò Ron dalla presa della signora
Cattermole ed Harry lo afferrò non appena arrivò abbastanza vicino,
afferrando la mano di Hermione allo stesso tempo. Hermione sentì un
suono dietro di sé e si contorse per vedere Yaxley alle spalle
uscire dal bagno dietro di loro.
“ANDIAMO!”
Urlò Harry e scomparvero nel nulla.
Hermione
scomparve con lui, ma non sentì nessun sollievo. Al momento della
partenza, una mano sgradita si strinse sulla sua spalla: Yaxley stava
viaggiando con loro. Hermione sentiva la pressione delle dita sulla
spalla persino mentre la pressione dell'Apparizione la comprimeva su
tutti i lati. Era forte ed Hermione dovette contorcersi per tenere
saldamente la mano di Harry. Non voleva sapere cosa sarebbe successo
se Yaxley fosse riuscito a tirarla via e facendole perdere la presa
di Harry da qualche parte negli interstizi magici dell'Apparizione.
Nel
momento in cui i suoi piedi toccarono la scalinata del numero 12 di
Grimmauld Place, Hermione colpì Yaxley con un Controincantesimo
per il Malocchio. Il sollievo sulla sua spalla fu immediato.
“Tenetevi forte!” Urlò, anche se non era sicura che qualcuno dei
suoi amici potesse sentirla. Doveva fidarsi che Harry avesse una
presa forte su Ron e scomparve ancora una volta, questa volta
dirigendosi verso il primo posto che le venne in mente.
*
Hermione
era sdraiata sulla branda, fissando le assi di legno sopra di lei,
sommersa da altissime ondate di auto-recriminazione. Inutile.
Brutta. Stupida. Una lacrima calda fece capolino nel bordo
dell'occhio e restò lì per diversi secondi prima di scorrere e
tracciare il suo passaggio verso l'orecchio.
Non
importa a nessuno del tuo compleanno.
Arrabbiata,
Hermione si strofinò grossolanamente la faccia bagnata con il palmo
della mano.
All'improvviso
movimento, l'Horcrux, che era sopra al suo pigiama, scivolò dal
petto e rimase nell'incavo del collo, il metallo pesante, freddo e
umido contro la pelle. Disgustata, Hermione lo tirò di colpo lontano
dal suo corpo, torcendo il ciondolo di lato così che giacesse sul
cuscino di fianco alla testa. Per Merlino, Granger, imprecò a
sé stessa, non riesci a star ferma?
Dando
un'occhiata all'orologio, calcolò il tempo che mancava per passare
l'Horcrux: un'ora e quarantasette minuti. Hermione sospirò.
Cos'è
peggio? Pensò, indossarlo
io stessa o cercare di sopportare Ron quando lo indossa lui? Ron
più Horcrux era una combinazione veramente pessima. Hermione cercò
d'immaginare un'equazione integrata di terzo grado, dove la derivata
della curva avrebbe rappresentato il cambiamento del suo
comportamento, e l'integrale definito la varietà di effetti sugli
altri. In quel caso, teorizzò,
devo lavorare la giusta integrazione numenale e potrei
farlo tornare normale... Oh, stai zitta Granger. Nemmeno io sopporto
di sentirti.
Voltando
gli occhi di traverso riportò l'attenzione sull'Horcrux. Lo odiava.
C'era qualcosa d'inquietante in esso, qualcosa di maligno. Con
un'occhiata veloce verso l'entrata della tenda, dove Harry sedeva,
non visto mentre faceva la guardia, Hermione allentò la catena
intorno al collo. Il sollievo fu immediato. Non riusciva a capire
perché Harry insistesse di dover indossare quella cosa . Chi si
crede di essere? Frodo Baggins? Con un senso di colpa arrotolò
la catena intorno a un dito. Ecco. Era praticamente lo stesso che
indossarlo...no?
Hermione
riusciva a sentire l'insidiosa, pulsante presenza dell'Horcrux mentre
giaceva di fianco a lei, ma riusciva a pensare più chiaramente.
Dobbiamo distruggerlo. Avevano passato giornate intere a
discutere su come trovare gli altri Horcrux – senza fortuna – ma
molto meno tempo a capire come distruggerli una volta che li avessero
trovati. É come se il ciondolo non ci facesse pensare a quello
molto a lungo: siamo troppo distratti.
Come
a conferma del suo pensiero, il suo cervello deviò ancora una volta:
Ron certamente non sembra pensare ad altro che al cibo. Lo giuro,
la prossima volta che scappo, mi porterò dietro un ragazzo
che sappia cucinare... Il ricordo della zuppa di pesce di Snape
le tornò in bocca e ingoiò istintivamente. No! Hermione
avvolse il ricordo e lo ripose via forzatamente. Non avrebbe
pensato a Snape mentre indossava l'Horcrux, neanche quando era solo
avvolto intorno a un dito. Si sentiva sicura che l'Horcrux la stesse
spiando. Il suo peso era un'insopportabile tristezza per il suo
cervello. La faceva sentire come puro male.
Gradualmente,
infine, gli interminabili minuti del suo cambio di ciondolo si
esaurirono. Precisamente dodici ore dopo averlo indossato, Hermione
scosse Ron per svegliarlo e gli lasciò l'Horcrux sul palmo.
“Cos-?”
Chiese con occhi appannati, strofinandosi gli occhi con l'altra mano.
Strizzò gli occhi verso di lei nella fioca luce che penetrava
attraverso le mura di tessuto della tenda. “Dove stai andando?”
“A
cercare legna per il fuoco,” rispose, voltandosi.
“Con
i vestiti da corsa?”
Hermione
lo ignorò.
“Torno
in meno di un'ora,” informò Harry mentre lo superava, seduto
davanti all'entrata.
“Okay.”
Hermione
si sentiva goffa all'inizio della corsa – una scoordinata massa di
braccia e gambe e polmoni e capelli – ma dopo venti minuti trovò
il ritmo. Il fiato divenne più uniforme e il corpo sembrò
distendersi, ogni giuntura che si scioglieva e il passo che si
allungava. Mentre il suo corpo si rilassava l'ansia evaporava. Per la
prima volta da quando aveva rubato l'Horcrux si sentiva contenta.
Attenta
alle lezioni che aveva imparato con Snape, liberò i ricordi che
aveva messo via. Lasciarli nascosti per periodi troppo lunghi dentro
la sua testa poteva provocare danni permanenti e lì fuori, lontano
dall'Horcrux, non aveva bisogno di nascondere il ricordo di Snape. La
distanza aveva mitigato la disperata e illogica preoccupazione che il
ciondolo stesse spiando i suoi pensieri, che di poter
inavvertitamente tradire Snape con quell'orrida ennesima parte
dell'orribile anima di Voldemort.
Devo
trovare il tempo di correre tutti i giorni, decise.
E devo trovare un metodo più efficiente per proteggermi
dall'Horcrux.
Hermione
corse quasi per tutto il percorso indietro verso la tenda, fermandosi
in una radura e raccogliendo della legna prima del ritorno. La corsa
l'aveva aiutata a prendere alcune decisioni. Primo, doveva mantenere
le barriere Occlumantiche attive ogni volta in cui si trovava vicina
all'Horcrux. A differenza di Snape, non aveva a che fare con lo
stesso Voldemort e non aveva bisogno di ingannarlo facendogli credere
di non poter Occludere. Non c'era ragione di usare forme più subdole
di Occlumanzia quando delle difese più dirette potevano funzionare.
Secondo,
doveva fare molta attenzione all'usare il nome del Signore Oscuro.
Malgrado il suggerimento che aveva ricevuto dal ritratto di Phineas,
Hermione era arrivata molto vicina ad usare il suo
nome diverse volte. Molte volte si era bloccata a metà parola, ma in
una occasione era stata solo l'improvvisa paranoia di Ron a prevenire
la sua scivolata. Vorrei che Phineas mi avesse detto perché,
pensò, con le sopracciglia increspate. Sarebbe più facile da
ricordare.
Terzo,
doveva cercare di essere più gentile con Harry e Ron. Se lei stava
trovando dura la storia dell'Horcrux, sicuramente per loro era lo
stesso. E la cosa più importante di tutte per loro era rimanere
uniti. Harry aveva bisogno di entrambi, altrimenti non osava pensare
alle probabilità Aritmantiche di successo.
Hermione
ripensò a dove sapeva essere la tenda, mentre con una mano guidava
il fascio di ramoscelli che stava facendo levitare all'altezza della
vita. Anche se la tenda stessa era nascosta dietro alla barriere,
Hermione aveva scoperto che se si sforzava e tendeva la sua
consapevolezza verso le barriere magiche, poteva sentire le stesse
barriere abbastanza facilmente. Aveva iniziato a distinguere fra
quelle che aveva lanciato lei stessa e quelle fatte da Harry.
Concentrandosi si spinse in avanti, mettendosi in comunicazione con
la sua mente e andando a tentoni con la mano della bacchetta. Ecco.
La forza delle sue barriere vibrò leggermente sotto il suo
palmo: la sua energia protettiva la confortò e rassicurò.
Sorridendo
tra sé fece un passo avanti. Ron sedeva dov'era Harry prima della
sua partenza, con le ginocchia sollevate contro il petto e un
cipiglio scuro sul viso. Il bagliore della catena del ciondolo era
visibile intorno al collo.
“Buongiorno,
Ron.”
“Lo
è?”
Hermione
resistette all'impulso di voltare gli occhi al cielo. “Sto per
preparare del tè, ne vuoi una tazza?”
“Credo
di sì.”
Ci
fu una pausa quando Hermione appoggiò la legna e fece apparire un
fuoco azzurro per accenderla. Rimase sorpresa quando Ron interruppe
il silenzio.
“Pensavo
avesse più di un piano. Cosa diavolo stiamo facendo qui fuori?”
Hermione
si bloccò. “Dov'è adesso?” Chiese.
“Dorme.”
Ron sollevò una mano in modo sprezzante in direzione della tenda.
“Anch'io
pensavo avesse più di un piano,” disse lei. Il suo tono era
conciliatore, ma credeva sinceramente in quello che diceva. “Pensavo
che Dumbledore gli avesse dato molto di più per andare avanti, ma
anche così sarei venuta lo stesso. Dobbiamo aiutarlo: ha bisogno di
noi.”
“Ha
bisogno di un bel ceffone sull'orecchio,” mormorò Ron.
Si
preannunciava un'altra difficile giornata.
*
*
*
-------------------------------------
*Grattastinchi
Disincanto294:
la scena con la McGonagall è tra le mie preferite dell'intera storia
:)
Izzy:
ti ringrazio. Per quanto riguarda Severus, il dover apparire un
traditore, fa parte del gioco, ma in certi punti è veramente una
carogna ;)
Titinina:
magari può essere che non ti sei accorta del fatto che sono due
settimane che non aggiorno...ehm... Per quanto riguarda Lily direi
meno male, le storie dove lui si strugge fino all'ultimo le trovo
sempre un po' forzate...
|
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Capitolo 9 *** The Idiot Boy ***
2x09
NdT:
come sempre, i miei ringraziamenti a silviabella per la beta :))
Capitolo
9
The Idiot Boy
“L'idiota
si è Spaccato,”
puntualizzò
casualmente Phineas, dopo essere
tornato camminando
nella sua cornice e aver
controllato
che il preside fosse l'unica persona presente.
“Quale?”
Chiese
Severus assente, non alzando la testa dalle carte che stava
esaminando.
“Quello
idiota, non quello insolente,”
rispose
Phineas.
“E
la ragazza?”
Se
non altro, Severus sembrava annoiato, come se non gli importasse
nulla
“Stressata,
piena di sensi di colpa,” Phineas alzò le spalle. “Hanno
lasciato Grimmauld Place perché Yaxley li ha in qualche modo
sorpresi, si è aggrappato a lei mentre si Smaterializzava ed è
entrato dentro ai confini del Fidelius.”
Severus alzò la
testa di scatto. “Credo che tu debba iniziare dal principio,
Phineas. Dov'erano per trovarsi così vicino a Yaxley?”
“Non posso
davvero dirlo con certezza... Ho solo sentito questo perché Potter
ha lasciato la borsa aperta tra che richiamava il Dittamo – per la
ferita di Weasley – e cercava la tenda. Ha accennato qualcosa a
proposito dell'“Ufficio della Umbridge”, da cui posso solo
desumere che siano andati al Ministero.”
Per i sette
livelli dell'Inferno, che cosa stavano facendo al Ministero? Severus
fece
un lungo respiro dal naso. “Dove sono adesso?” Chiese.
“Non ne ho
idea,” rispose Phineas, puntualizzando la sua risposta con un'altra
alzata di spalle.
“Allora è
meglio che tu torni nella borsa e ti apposti finché non lo scopri.”
Severus sollevò un sopracciglio autoritario e lanciò
un'occhiataccia a Phineas finché, con un sospiro rassegnato, l'altro
unico preside Serpeverde di Hogwarts girò sui tacchi e sparì alla
vista.
*
Severus era nella
sala comune di Serpeverde quando registrò che degli intrusi erano
entrati nel suo ufficio. Facendo vagare lo sguardo per la stanza
mentre la lasciava, notò che Draco e la nuova “sorellastra”
appena riconosciuta erano seduti vicino al camino: si sbrigò per la
sua strada.
Narcissa era stata
più che disposta a ripagare il debito che aveva con Severus –
persino se le richiedeva di riconoscere come sua una bambina che era
il frutto dei lombi di Lucius tanto quanto lo erano i gemelli Weasley
Lei, in cambio, aveva convinto Lucius.
Bacchetta in mano,
e i sensi che formicolavano di dati magici dalle barriere del suo
ufficio, Severus corse attraverso il castello più in fretta che
poté. Incontrò i potenziali ladri sulla scala mobile e li disarmò
facilmente.
“NO!” Urlò
Longbottom. Anche senza bacchetta, si lanciò selvaggiamente verso
Severus con nientemeno che la spada di Grifondoro.
Con un ringhio
Severus puntò ancora una volta la bacchetta verso l'irritante
ragazzo, spingendolo indietro contro il muro. La spada scivolò dalla
presa di Longbottom e, per la forza dell'impatto, rimbalzò giù per
diversi gradini fino a cadere ai piedi di Severus. Saltando
facilmente su un lato per assicurarsi che la lama evitasse le dita
dei piedi, Severus fece apparire delle spesse corde per legare i tre
oppositori minorenni. Per sicurezza li imbavagliò. L'intera lotta
finì così in fretta che la Lovegood e la ragazza Weasley, che erano
entrambe più in alto nelle scale dietro Longbottom, si erano appena
mosse.
Severus era
arrabbiato con questi particolari studenti da così tanto tempo che
dovette fare diversi respiri per spingere le idee inutilmente
aggressive di punizione nei meandri più nascosti della sua mente.
“Signorina
Lovegood, signorina Weasley, signor Longbottom,” riuscì a dire
alla fine, con la voce che grondava il suo solito sarcasmo. “Che
cosa prevedibile che voi tre possiate fare pasticci con un semplice
furto.” Rivolse loro un ghigno, poi indicò il suo ufficio con
cenno della testa. “Andiamo?” Chiese.
Dal momento che le
tre canaglie non potevano né parlare né muoversi, era una domanda
futile e Severus ignorò le furiose smorfie mentre faceva levitare i
loro corpi dentro allo studio, con la spada di Grifondoro tenuta con
noncuranza nella mano sinistra.
Tenne i suoi
prigionieri sospesi nell'aria davanti alla scrivania, mentre girava
per controllare il caos che avevano combinato nel mobile di vetro.
Con un sospiro e un gesto della bacchetta riparò il danno,
posizionando la spada all'interno, rafforzando l'inutilità del gesto
del trio. Fatto questo, camminò indietro verso la sua sedia dove si
sedette comodo, appoggiando i gomiti sui braccioli e intrecciando le
mani. Guardò gli studenti legati di fronte a sé con un'espressione
deliberatamente pensosa. Vide i loro occhi guizzare da lui al
ritratto di Dumbledore.
Dannata
testardaggine Grifondoro.
Severus non aveva
intenzione di darli in mano ai Carrow, ma visto che questo loro non
potevano – e non dovevano – saperlo, si prese un maligno piacere
nel prolungare il loro ovvio malessere mentre meditava sul loro
futuro. Quando finalmente parlò sembrarono quasi sollevati.
“Posso solo
presumere che la Cruciatus a cui siete stati tutti soggetti stia
iniziando a mostrare effetti duraturi,” ghignò. “Avrei pensato
che tu in particolare, Longbottom, che hai così poche riserve
d'intelligenza già in partenza, cercassi di avere cura e conservare
quel poco che ti rimane.” A queste parole Longbottom si contorse
convulsamente contro le corde: Severus lo guardò con un leggero
ghigno. Quanto ci metterà il
conglioncello ad afferrare il pericolo reale che
accompagna i suoi atti eroici?
“E per te,
Lovegood,” continuò, portando la sua attenzione verso la
successiva vittima, “devo avvertirti di riconsiderare le compagnie
che frequenti. Avrei sperato qualcosa in più da un Corvonero e
faresti meglio a passare il messaggio anche a tuo padre. Se non
impara a controllarsi potrebbero esserci conseguenze per entrambi.”
Severus aveva poche speranze che qualcuno di loro potesse ascoltare i
suoi avvertimenti, ma era dannato a provarci, come Sisifo, che
spingeva all'infinito il suo macigno su per la collina. Onorò la
terza colpevole con un sorriso particolarmente cattivo.
“Povero me,
signorina Weasley, stai ancora cercando di espiare le tue azioni del
primo anno? Il proprio passato può essere un tale doloroso peso.
Avrei pensato, tuttavia, che ti saresti comportata con maggior
riguardo per i sentimenti della tua famiglia: sembrano così turbati
di poter perdere alcuni dei propri figli, pensa quanto triste
potrebbe essere per loro perdere la loro unica figlia.”
“Visto che
punizioni interminabili e dolore fisico non sembrano servire da
deterrente, devo pensare a qualcosa di più creativo... la Foresta
Proibita, ad esempio?” Doveva essere, ovviamente, una punizione che
i Carrow avrebbero approvato. Si strofinò il mento pensoso, come se
stesse ponderando le possibilità. Poi, con un languido gesto della
bacchetta, rimosse le corde e le lasciò cadere sul pavimento, a
breve distanza. Gli studenti incespicarono atterrando, ma nessuno di
loro cadde. “Per adesso,” ringhiò, “fuori!”
E fuori andarono,
troppo presi alla sprovvista dalla loro improvvisa libertà per
protestare. Una volta andati via, Severus appoggiò la testa sulla
scrivania. Era così stanco.
“Non rimarrà
segreto, Severus,” puntualizzò Dumbledore. “I ragazzi
parleranno. Devi nascondere la spada prima che Voldemort decida di
riporla al sicuro da qualche altra parte.” Severus non si mosse, né
rispose. “Se farai un incantesimo come si deve, un semplice Geminio
dovrebbe bastare, associato ad una Incantesimo-non-guardarmi dovrebbe
ingannare tutti, tranne gli occhi più esperti. Puoi nascondere
l'originale nella cavità segreta dietro al mio ritratto.”
La cavità
segreta dietro al ritratto? Severus
sollevò la testa alla fine. Cos'altro stai nascondendo,
Albus? Pensò. Tuttavia,
obbediente come sempre verso
il suo padrone, fece com'era stato invitato a fare.
*
Severus
decise di riportare il
tentato
furto della spada lui stesso, piuttosto che Voldemort lo scoprisse da
qualcun altro.
“Ti
sei comportato bene con me, Severuss.”
Voldemort
aveva
lo sguardo fisso e distante,
gli occhi rossi velati sovrappensiero, una mano che pigramente
accarezzava
il retro della testa di Nagini. “Se Hogwarts non è più un posto
sicuro per la spada, dovrò metterla alla Gringott. Devo informare
Bellatrix in tarda serata.” Sorrise quindi a Severus, stirando la
pelle dura della sua faccia in modo osceno sulle guance e cambiò
argomento. “Sembri stanco, Severus.”
“Io...
Lo sono, mio Signore.”
“La Commissione
per il Censimento dei Nati Babbani sta andando molto bene, Severus,
malgrado il leggero contrattempo all'inizio di settembre.”
L'apparente
conclusione illogica colse Severus alla sprovvista.
“Infatti, mio
Signore. Sono contento di sentirlo.”
“Un gran numero
di Sanguesporco sono stati trovati e mandati ad Azkaban.” Voldemort
fece una pausa. “Voglio ricompensarti, Severuss,” spiegò,
sporgendosi in avanti verso la mano per coprire quella di Severus,
che giaceva sul bracciolo della sedia. “Una volta desideravi una
Sanguesporco, pensavo che forse potrebbe piacertene una adesso.”
Severus si sentì
nauseato. “È stato molto tempo fa, mio Signore! Ero giovane. Ci
sono state altre donne da allora, donne più pure... più
meritevoli...” S'interruppe, ingoiando pesantemente, incerto se le
barriere Occlumantiche erano fossero abbastanza forti da nascondere
la sua reazione agli occhi ridotti a fessure del Signore Oscuro.
Il Signore Oscuro
fece un leggero mormorio. “Stavo pensando ai Mezzosangue, Severus.
Dopotutto, tu ed io abbiamo molto in comune – tanto per dirne una,
abbiamo ucciso entrambi nostro padre.”
Severus non era
sicuro del perché Voldemort avesse in effetti cambiato discorso:
aveva i sensi all'erta.
“Così tanti
servitori Purosangue mi hanno deluso, Severus. Ma non tu.”
“Mio Signore, tu
mi ono–” Severus s'interruppe immediatamente alla vista della
mano alzata di Voldemort.
“Sembra logico
reclutare più Mezzosangue.”
Voldemort fece una
pausa, le lunga dita che strofinavano leggermente il retro della mano
di Severus Il silenzio si protrasse così a lungo che Severus decise
di parlare: era pronto a menzionare che anche Dumbledore era stato un
Mezzosangue, quando il Signore Oscuro parlò di nuovo.
“Così, te lo
chiedo ancora: sei sicuro, Severus? Non c'è nessuna – nessuna
Sanguesporco – che desideri?” Voldemort sembrava deluso, come se
il rifiuto di Severus gli avesse negato una speciale delizia.
Oddio, cosa
sono diventato?
Facendosi largo
tra il disgusto, una tremenda, potente idea s'insinuò tra i pensieri
di Severus. Potrei osare? Lasciò che un po' del suo
nervosismo si mostrasse sul suo viso. “Beh,” iniziò, poi
s'interruppe.
“Sì?” Il
Signore Oscuro sembrava ansioso, impaziente in modo terrificante. Il
peso della mano premeva quella di Severus.
“C'è una... ma
non oserei presumere...”
“Vai avanti,
Severus!”
Severus si bagnò
le labbra prima di parlare. “Hermione Granger.”
“La Sanguesporco
di Potter?” Voldemort sembrava sia senza parole che deliziato. “La
desideri?”
Severus alzò le
spalle e, involontariamente, si colorò un poco. “La ragazza è
molto intelligente,” rispose sulla difensiva. “Potrebbe essermi
molto utile dentro e fuori la camera da letto.”
“Grandioso!”
Ansimò Voldemort, tirando indietro la testa e ridendo con un piacere
leggermente folle. “Ancora una volta pianifichi di essere un mezzo
per ricompensarmi!”
Schiarendosi la
gola imbarazzato, Severus spinse via la forte nausea. “C'è ancora
un'altra cosa, mio Signore,” si avventurò. Severus si ritrovò
sotto l'attenzione dell'intenso sguardo di Voldemort. “Non sono il
tipo d'uomo che accetta volentieri gli avanzi degli altri. Vorrei che
mi fosse recapitata... illesa.”
Voldemort annuì
in segno di consenso. “Una richiesta ragionevole, Severus. Vedrò
che sia fatto.”
Severus sorrise e
ringraziò Voldemort cortesemente: non diede nessuna indicazione di
quanto desolato si sentisse.
*
Phineas
scivolò dentro al suo ritratto. “Grazie,
Merlino!”
Urlò.
“Posso vedere di nuovo!”
Severus
alzò la testa dall'infinita pila di carte amministrative. Nel
tentativo di tenere gli studenti fuori dalle grinfie
dei Carrow, aveva re-instaurato i decreti educativi della Umbridge.
Gli altri insegnanti, tuttavia, avevano colto l'occasione dei
cambiamenti di linea educativa per fargli perdere tempo. Riferivano
ogni singola decisione che riuscivano a riesumare dalle loro attività
quotidiane perché
fosse
approvata dal preside prima di metterla
in atto.
“Quella
miserabile ragazza mi ha bendato! A me!... Ma, ma non è questo che
dovevo dire, Severus: l'idiota se n'è andato!”
“Lui. cosa?”
Severus era onestamente sorpreso. Shock, rabbia e disperazione
scorsero attraverso di lui in rapida successione. “Perché? Hanno
bisogno di lui.”
“Hanno
litigato.” Phineas alzò le spalle. “Adolescenti.”
Albus sospirò.
“Temevo che potesse accadere,” sottolineò, scuotendo la testa
gentilmente.
Severus gli lanciò
un'occhiata irritata. “Inizia dal principio, Phineas,” scattò.
Si era alzato in piedi, le carte messe da parte, e stava passeggiando
avanti e indietro.
“Beh,” Phineas
fece un profondo respiro, “è stata la Sanguesporco che–”
“Non usare
quella parola!” Ringhiò Severus, ruotando sui tacchi e incombendo
minacciosamente sulla cornice in cui era appeso Phineas.
Lui sembrò preso
alla sprovvista. “Va bene, non c'è bisogno di essere così
scortese... la ragazza allora...” Il ritratto increspò la fronte
distrattamente per un momento, poi ritrovò il filo del discorso. “É
stata la ragazza a chiamarmi, abbastanza sgarbatamente infatti, e ha
avuto la temerarietà di bendarmi.”
Severus strinse i
denti per la frustrazione e riprese a camminare. Arriva al punto,
Phineas! Voleva urlare.
“Ma mi sembra
che ci fossero tutti e tre. In qualche modo hanno saputo del piccolo
incidente disciplinare a proposito della spada di Grifondoro:
sembravano preoccupati per i loro amichetti.”
“Hanno litigato
per questo?”
“In un certo
senso. Prima hanno posto diverse domande esplicite sulla spada–”
Dumbledore
interruppe, “Hanno scoperto perché ne avevano bisogno?”
“Ci sto
arrivando, ma prima qualcuno (presumo la ragazza, sembra fare la
maggior parte del lavoro) mi ha lanciato indietro nella borsa –
abbastanza sommariamente, aggiungerei–”
A questo punto a
Severus non importava nulla, neanche se la Granger avesse affettato
la tela di Phineas in piccole striscioline con un coltello da
trancio: voleva solo che il ritratto andasse avanti con la storia.
“–e poi ha
messo via la borsa! Se fosse stata più attenta, invece, la
fibbia non sarebbe rimasta slacciata e non avrei sentito niente di
più.”
“Per il figlio
Tassorosso illegittimo di Salazar! Arriva al punto, Phineas!”
Esplose Severus, spinto oltre il limite di sopportazione.
“Va bene, va
bene!” Phineas incrociò le braccia offeso, ma fece come era stato
invitato a fare. “Potter e la ragazza erano eccitati nello scoprire
che la spada poteva distruggere gli Horcrux, ma Weasley era
preoccupato per sua sorella e, per qualche ragione,” Phineas
sembrava momentaneamente confuso, “gli altri membri della sua
famiglia. Il risultato è che se n'è andato via infuriato. Ha
chiesto alla ragazza di andare con lui, ma lei ha rifiutato.”
“Lei... Dov'è
andato?”
“Non ne ho
idea.”
Severus sbatté le
palpebre in direzione del ritratto diverse volte, finché l'ondata di
furia sopraffece i suoi sensi con vuota incredulità. “Il ragazzo è
completamente stupido? Ci sono Ghermidori ovunque! Se lo
portano dal Signore Oscuro, o se persino lo rispediscono qui, le
conseguenze sarebbero enormi!” Si voltò di nuovo sui tacchi,
attraversando la stanza in una direzione, solo per girarsi
velocemente davanti al muro, con la toga che si gonfiava
sensibilmente, e di nuovo indietro: ripeté il disegno ancora una
volta. Per diversi minuti nessuno disse nulla. “Senza la Granger a
tenerlo al sicuro, sarà catturato a giorni. Potrebbe anche essere
già stato catturato.” Interruppe il suo andirivieni davanti alla
finestra, fissando attraverso il suo stesso riflesso nell'oscurità.
Quindi tornò rivolse lo sguardo di nuovo alla stanza infiammato da
un improvviso scopo. “Devo trovare prima lui.”
Come poteva farlo
era ancora problematico. Diversi ritratti nella stanza iniziarono a
borbottare, proponendo suggerimenti su come rintracciare il ragazzo.
Tuttavia, quasi
immediatamente Dumbledore si schiarì la gola e la stanza divenne
silenziosa. “Se il signor Weasley possiede ancora un Deluminatore,
trovarlo non sarà un problema.”
Lentamente Severus
sollevò la testa e indirizzò lo sguardo per incontrare quello di
Dumbledore. Il ritratto ebbe la grazia di apparire a disagio. “Stai
dicendo, Albus, che tu avevi il modo di rintracciarli per tutto
questo tempo e ti sei deciso a dirmelo solo ora?”
“Non era ancora
il momento giusto.”
La rabbia aumentò
improvvisamente d'intensità nel corpo di Severus e, contro il suo
volere, la voce crebbe marcatamente di volume e il tono divenne più
acuto. “Avremmo potuto dar loro la spada tempo fa!” Urlò.
“Finché non si
fossero resi conto di cosa farne, non c'era motivo di dargliela,”
replicò Albus in modo ragionevole.
Severus allargò
le braccia per la frustrazione. “Bene, ora lo sanno, ed è troppo
tardi! Weasley ha abbandonato i suoi amici, lasciandoci incapaci di
rintracciarli! Non solo si è messo in pericolo, ma ha privato Potter
del mezzo che gli serve per completare il suo compito. Se tu, Albus,
ti fossi degnato di condividere prima l'informazione, non saremmo in
questa situazione!”
“Basta, Severus!
Avevo le mie ragioni.” Il ritratto poteva gestire solo una piccola
parte della giusta rabbia di cui l'uomo era capace, anche se rimaneva
impressionato. “Vuoi trovare il signor Weasley o no?”
Severus prese
diversi respiri tremolanti, stringendo e aprendo i pugni. Non per la
prima volta, ricordò a sé stesso che litigare con un ritratto era
indegno di lui. “Molto bene,” affermò alla fine.
Albus sorrise.
“Per nostra fortuna, ho avuto l'accortezza di dipingere il gemello
del Deluminatore nel mio ritratto.” Mentre parlava, il dipinto
cercò nella tasca della veste e tirò fuori un piccolo cilindro
d'argento della grandezza di un accendino. I suoi occhi scintillarono
felici. “Tutto quello che devi fare, Severus, è fornire la magia.”
Tenendo il Deluminatore nella mano sinistra, Dumbledore premette il
palmo della mano destra contro il piano del ritratto, appiattendola
contro la superficie come se ci fosse un vetro. “Prendi la
bacchetta e metti l'altra mano sulla mia,” istruì.
Severus fece come
gli era stato detto senza commentare, premendo la mano sinistra
contro la tela del ritratto di Dumbledore ed estendendo la bacchetta
con l'altra mano.
“Ora, pensa
intensamente a Ronald Weasley... sei pronto?
Quando Severus
annuì, Albus fece scattare il Deluminatore che teneva nel ritratto.
Severus sentì la sorgente di energia magica scorrere dalla
bacchetta, attraverso il punto di contatto con la tela e dentro al
dipinto. Tutte le luci nella stanza – le candele del candeliere e
le torce sui muri – volarono dai loro alloggiamenti e si
condensarono in una pulsante palla bluastra di luce che volteggiava
vicino alla punta della bacchetta di Severus. Nei colori era simile
ad una Passaporta attivata e lanciava una serie di inquietanti ombre,
donando un improvviso sollievo alle linee stanche del viso di
Severus.
Severus riportò
lo sguardo verso Albus, che annuì incoraggiante. Lentamente, quasi
con apprensione, spostò la mano sinistra dalla tela e si allungò
verso la luce. Si era aspettato di essere trasportato via, ma invece
la stessa luce sembrò filtrare tra le sue dita. La sentì scorrere
su per il braccio e sistemarsi da qualche parte nel petto, lasciando
la stanza quasi al buio, con le finestre che facevano entrare un
pezzetto di leggera luce grigia. Con la luce della stanza piantata
nel petto, Severus sapeva cosa fare. In qualche modo sapeva di
potersi Materializzare dov'era Weasley – in maniera non dissimile
da come poteva Materializzarsi dov'era Voldemort quando il Marchio
nero veniva attivato, anche se la sensazione di quella consapevolezza
era diversa. La luce del Deluminatore era leggera – sia luminosa
che senza peso. Il Marchio Nero faceva male: era pesante di dolore.
“Lumos,”
sussurrò, e un nuovo bagliore
si sprigionò dalla punta della bacchetta. Severus iniziò ad
aggirare la scrivania dirigendosi
verso la porta.
“Ricorda,
Severus,” disse Albus in tono d'avvertimento, “non deve vederti o
sapere che lo hai aiutato! È imperativo che Harry non capisca da che
parte stai.”
“Non temere,”
rispose Severus. “M'inventerò qualcosa.”
Severus si mosse
velocemente e sicuro attraverso i corridoi di Hogwarts, arrivando al
punto di Materializzazione in pochi momenti. Una volta là prese
pochi secondi per ricomporsi, poi si Materializzò con precisione,
attento a fare meno rumore possibile.
Apparve in una
foresta da qualche parte. La luce di un vicino fuoco da campo
evidenziava alberi e cespuglicon un tremolante bagliore dorato.
Severus si Disilluse immediatamente, non per la prima volta
desiderando che fosse possibile Materializzarsi con
quell'incantesimo, poi si diresse verso il fuoco.
La sua
preoccupazione, sembrava, era ben fondata: Weasley era incappato
dritto nelle mani di una banda di Ghermidori. Cinque dei teppisti
erano visibili intorno al fuoco. Nessun prigioniero era in vista,
anche se avrebbero potuto, ragionò Severus, essere nascosti altrove.
Weasley, da parte sua, era stato disarmato e un uomo massiccio lo
teneva con entrambe le braccia. Due di loro sembravano aver avuto un
alterco.
“Dimmi di nuovo
chi dici di essere?” Chiese uno degli altri. Severus notò che
aveva due bacchette – probabilmente una era di Weasley.
“Stan Shunpike,”
replicò Weasley belligerante. “Posso sembrarti giovane, ma sono
fuori da scuola da diversi anni.”
Severus alzò gli
occhi al cielo e girò intorno a diversi altri alberi per prendere
meglio la mira verso l'uomo che stava parlando.
“Oh, sì? È che
i tuoi capelli rossi sono molto distintivi...” S'interruppe quando
l'Incantesimo di Confusione di Severus lo colpì alla spalla. L'uomo
scosse la testa un po' frastornato, come se stesse cercando di
togliere l'acqua dai capelli. “Shunpike, dici?
Dev'esserci qualcosa di vero.”
Severus Confuse
anche l'uomo che teneva il braccio di Weasley, poi fece levitare un
piccolo ciottolo e lo lanciò ad uno dei due Ghermidori dall'altra
parte del campo.
“Ohi!” Esclamò
l'uomo colpito, voltandosi e colpendo sul braccio il suo compagno.
“Per cos'era quello?” I due si ritrovarono presto a lottare sul
pavimento e i cinque uomini corsero verso di loro preoccupati. I due
Ghermidori Confusi aggrottarono la fronte disorientati e si voltarono
brevemente verso il caos.
In quel momento,
Weasley colse la sua occasione. Diede una gomitata nello stomaco al
suo carceriere e liberò le braccia. Afferrando la bacchetta
dell'uomo, si voltò verso quello con cui aveva parlato, anche se era
al momento troppo fuori di testa per lottare.
“Expelliarmus!”
Urlò Weasley, puntando la
bacchetta rubata verso la
mano che teneva la sua preziosa striscia di legno e peli di unicorno.
Quella, servizievole,
volò nell'aria e lui l'afferrò con
cura. Senza esitazione, Weasley si Smaterializzò.
Severus lasciò
andare un silenzioso sospiro di sollievo prima di Schiantare
prontamente i cinque Ghermidori: dopodiché ci volle molto poco per
Obliviarli. Severus controllò velocemente che i Ghermidori non
avessero altri prigionieri da liberare poi, anche lui, sparì
nell'oscurità della Smaterializzazione.
*
“Veloce,
Phineas,”
chiamò
mentre entrava nell'ufficio. “Controlla se l'idiota è tornato.”
Ci vollero diversi
minuti per Phineas, ma la risposta che riportò era negativa.
“Va
bene,”
rispose
Severus
cupamente, muovendosi verso il ritratto di Dumbledore
e premendo la
mano
contro la tela, “di nuovo, Albus.”
Ancora una volta,
la luce blu del Deluminatore lo portò in una foresta, anche se
questa volta l'unica luce era il sottile fascio del Lumos di Weasley.
Anche senza la conferma visiva della posizione di Weasley, Severus
avrebbe saputo precisamente dove trovare il ragazzo, visto che
mormorava una costante sequela di volgarità. Severus si Disilluse e
applicò con attenzione un Incantesimo di Silenzio agli stivali.
Anche con queste precauzioni avrebbe dovuto fare attenzione al
fruscio delle foglie e agli scricchiolii dei rametti che lo avrebbero
potuto far scoprire.
Weasley si stava
spostando lungo la sponda del fiume con qualche difficoltà. Dopo
averlo seguito per almeno mezzora, Severus si rese conto che il
ragazzo doveva essersi ferito una mano: la stava tenendo stretta
contro il petto. Severus non poteva esserne sicuro nella fioca luce,
ma sembrava che Weasley l'avesse avvolta in un fazzoletto.
Presto iniziò a
piovere. Grosse, pesanti gocce resero il terreno scivoloso e
pericoloso. Severus non si azzardò a rischiare un incantesimo di
scudo e fu presto bagnato fradicio. I capelli rimasero piatti e
bagnati intorno al viso. Eppure, malgrado il fastidio, era grato al
tempo. La luce argentata dello scudo di Weasley lo rendeva facile da
seguire e il rumore della pioggia picchiettava contro le foglie,
producendo un tonfo sulla superficie del fiume coprendo alla
perfezione il rumore dello stesso passaggio di Severus attraverso il
sottobosco.
La grigia,
miserabile alba piovosa era arrivata e passata, anche se il sole fece
poco per penetrare la pesante coperta di nuvole, prima che Weasley
raggiungesse la sua destinazione. Fu chiaro ad entrambi che la
Granger e Potter erano già partiti. L'area di terreno calpestato
indicava esattamente dov'era stata la tenda, anche se l'acqua che si
sollevava dal fiume avrebbe presto cancellato i segni del campo.
Di fronte
all'evidente mancanza della tenda, l'incantesimo di scudo di Weasley
s'infiacchì e lui cadde sulle ginocchia nel fango. Il ragazzo
sembrava genuinamente sconvolto, anche se Severus, che si era fermato
sotto i rami di un vicino albero per osservarlo, non riusciva a
provare molta simpatia. Dopo diversi minuti con la testa abbassata,
le spalle scosse da pesanti singhiozzi, Weasley si alzò in piedi. Si
passò il dorso della mano grossolanamente sul viso e spinse i
capelli bagnati indietro sulla fronte. Poi si Smaterializzò.
Questo, pensò
Severus irritato, non è il modo più efficiente di
rintracciare i movimenti di qualcuno. Con
un sospiro si Materializzò ad Hogwarts ancora una volta e ripeté la
procedura – facendo una
pausa il tempo necessario giusto
per asciugare i vestiti con un veloce Incantesimo di Riscaldamento
Quando apparve
dopo la terza Materializzazione condotta dal Deluminatore, ebbe un
momento di panico. Severus era apparso in cima ad una scogliera
colpita dal vento in piena luce del giorno: il terreno aperto
significava che il suo arrivo poteva essere stato notato da chiunque.
Si Disilluse immediatamente e si abbassò. Quindi attese, sollevando
la testa per guardarsi intorno, con il cuore che batteva quasi
dolorosamente. Con suo iniziale stupore non vide nessuno e nessun
luogo in cui Weasley poteva essersi nascosto. Ci vollero diversi
minuti perché si rendesse conto di cos'era accaduto: l'Incanto
Fidelius.
Severus fece
apparire una pergamena, poi si alzò su un ginocchio, posizionando il
foglio per terra. Prendendo una manciata di terra, la dispose con
attenzione sulla pergamena con linee sottili. Posizionando la
bacchetta in un angolo compì una complicata variante
dell'incantesimo Guidami che fece vibrare la carta. I grani di terra
tremarono e si mossero sulla superficie, assemblandosi in una serie
di numeri, specificando la longitudine e latitudine dell'attuale
posizione. Poi, richiamò una penna e copiò le coordinate. Con
quest'informazione si Smaterializzò verso Hogwarts.
Pochi minuti dopo
esser tornato nel suo ufficio, Severus aveva controllato le
coordinate in un atlante malconcio che era una volta appartenuto ad
Albus: Villa Conchiglia, proprio fuori Tinworth, attualmente la casa
di William e Fleur Weasley.
*
*
*
---------------------------------------------
crissy: Grazie per
essere tornata e anche per il suggerimento della dimensione del
carattere, con le impostazioni che ho io non me n'ero accorta :). In
effetti ci sono molte frasi difficili da rendere in italiano, ma per
fortuna silviabella riprende le mie frasi assurde e le ribalta con un
senso ;))
boddina: Grazie
anche a te per essere tornata :). La caratterizzazione dei personaggi
e la mancanza di forzature sono proprio alcuni dei motivi che mi
hanno spinto a tradurla. In italiano ho avuto difficoltà a trovare
delle storie così, ma mi rendo conto che a volte, leggere in
inglese, rende comunque difficile apprezzare appieno la storia in sé.
Titinina: Sì, ora
si passa a un bel po' di campeggio, con qualcosina interessante in
più ;). Per quanto riguarda Hermione e Snape...non aggiungo niente,
ma credo ti piacerà :))
|
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Capitolo 10 *** In the Bleak Midwinter ***
2x10
NdT:
per una volta che stavo per pubblicare stamattina, non sono riuscita
a entrare nel sito... ma essendo sempre venerdì posso dirmi puntuale
;). Vi ricordo che le parti sottolineate sono prese dall'originale. Un evviva in coro a silviabella per la beta :)
Anne
London
10.
In the Bleak
Midwinter
L'Occlumanzia di
Hermione applicata all'Horcrux risultò inutile contro la nera
depressione che la avvolse una volta che Ron se ne fu andato. Ad
Hogwarts – che adesso sentiva così distante da sembrare più una
vita passata che la sua storia vissuta – Hermione si sarebbe
immersa nella seduttiva logica e nel sottile piacere dei calcoli
Aritmantici per rallegrarsi. Con Ron lontano, comunque, il risultato
della matrice che la Vector aveva iniziato era così poco promettente
che il mero pensiero dell'Aritmanzia faceva stare Hermione peggio del
solito. Si sforzò di controllare i calcoli una volta al giorno,
sperando che qualcosa del mondo esterno avrebbe avuto abbastanza
effetto sui risultati da mostrarle come andare avanti: il resto del
tempo cercava un'altra distrazione.
Aveva iniziato a
leggere Le fiabe di Beda il Bardo in modo
ossessivo. Aveva passato le storie al setaccio, cercando attentamente
la traduzione di ogni runa nel suo libro di testo – anche quelle
che conosceva bene – sperando di scoprire qualche significato
segreto nascosto, ma ogni suo sforzo era risultato vano.
I tentativi di
Hermione ed Harry di scoprire i movimenti della spada di Grifondoro
erano stati allo stesso modo inutili. L'iniziale ondata di
eccitazione – accesa dalla scoperta che la spada era rimasta
intrisa del veleno del Basilisco e quindi poteva distruggere gli
Horcrux – non era durata una sera. Infatti, un paio di volte
Hermione si era chiesta se la piuttosto improvvisa partenza di Ron
fosse stata messa in scena dallo stesso Horcrux. Aveva spesso
sospettato che potesse essere responsabile del problema che avevano
nel distruggerlo e Ron stava indossando l'Horcrux quando avevano
finalmente trovato una risposta. Se n'era quasi andato via con
l'Horcrux addosso e forse quello era stato l'obiettivo dell'orribile
ciondolo.
Eppure, a parte i
motivi per cui se n'era andato, lo aveva fatto. E il fatto era che la
sua assenza rendeva tutto brutto, peggiore.
Mentre ogni
interminabile giorno passava, i pensieri di Hermione su Albus
Dumbledore diventavano sensibilmente più amari. Come si era permesso
di lasciarli con così poche informazioni su cui lavorare? Non era
come se non sapesse che la sua morte si stava avvicinando. Avrebbe
potuto dirglielo, per esempio, cosa fare con la loro ricerca,
piuttosto che credere nel fatto che avrebbero scoperto le cose da
soli.
Aveva sempre avuto
questa propensione a lasciar loro suggerimenti e indizi – Hermione
non riusciva a non pensare all'incidente con la Giratempo al loro
terzo anno. Dumbledore si era limitato a suggerire che, con
abbastanza tempo, due vite innocenti avrebbero potuto essere salvate
quella notte. In quel momento si era sentita elettrizzata dalla sua
abilità di comprendere quello che intendeva; a posteriori, avrebbe
voluto che la sua versione più giovane gli avesse detto di essere
più specifico in futuro.
Hermione sviluppò
l'abitudine di tirar fuori il ritratto di Phineas fuori dalla borsa a
intervalli regolari e di metterlo su una delle sedie da pranzo. Era
quasi come avere una persona in più in giro, anche se quello che
voleva (più di quanto le piacesse ammettere) era vedere Snape.
Cosa che in sé
era straordinariamente improbabile – se l'avesse visto avrebbe
senza dubbio significato che era stata catturata dai Mangiamorte –
ma parlare con Phineas era quasi una sostituzione tollerabile. Era
felice di parlare a lungo delle attività di Snape – fin quando
Harry poteva tenere a freno la lingua e non dire niente di offensivo
– e sapere che era ancora vivo, che né gli Auror né i Mangiamorte
lo avevano preso in ostaggio, era l'unico spiraglio di speranza
nell'esistenza piuttosto miserabile di Hermione.
Mentre Phineas
parlava delle attività di Snape in termini radiosi, enfatizzando la
sua stessa delizia che un altro Serpeverde avesse ottenuto l'ambita
posizione di preside, aveva anche riportato sottili riferimenti
riguardanti le difficoltà e lo stress che il suo lavoro comportava.
Per un verso, una parte della mente di Hermione era entusiasta al
sapere che gli studenti resistevano al regime dei Mangiamorte, ma era
ugualmente preoccupata che i suoi amici potesse mettersi in pericolo
e inquieta per le conseguenze che le loro azioni potevano comportare
su Snape e sul suo doppio ruolo.
La mattina in cui
le probabilità Aritmantiche che succedesse qualcosa diventarono così
basse, che andare a Godric's Hollow sembrava un'opzione sicura, era
la stessa in cui lei trovò finalmente qualcosa di notevole nel libro
di Beda il Bardo.
“Harry,”
chiese, un leggero sprazzo di eccitazione che le arricciava lo
stomaco e rendeva il fiato corto, “puoi aiutarmi con una cosa?”
Voltò la sua copia de Le fiabe di Beda il
Bardo e la spinse verso di lui. “Guarda questo simbolo,”
indicò, puntando un piccolo triangolo, sovrascritto in un cerchio e
tagliato a metà da una linea verticale.
“Non
ho mai fatto Antiche Rune, Hermione,”
protestò,
ma obbediente guardò dove puntava il dito.
“Questo
lo so,”
–
Seriamente,
crede che lo abbia dimenticato? –
“ma
non è una runa e non è neppure nel libro di testo. Per tutto il
tempo ho pensato che fosse il disegno di un occhio, ma non credo che
lo sia! Guarda, è stato fatto con l'inchiostro, qualcuno lo ha
disegnato, non è veramente parte del libro. Pensaci,
lo hai mai visto prima?”
Harry si avvicinò,
la fronte aggrottata in modo quasi comico, come se si stesse
concentrando sullo strano simbolo. “No... No, aspetta un
attimo.” L'entusiasmo si formò nella gola di Hermione e si
dimenticò di respirare. “Non è lo stesso simbolo che il padre
di Luna portava al collo?”
Hermione lasciò
andare il respiro tutto ad un tratto e sorrise per la prima volta in
una settimana. “Beh, è quello che pensavo anch'io!”
Esclamò.
“Allora è il
marchio di Grindelwald.”
“Cosa?”
Persino dopo che
Harry ebbe elaborato i dettagli della storia che Krum gli aveva detto
al matrimonio – a proposito di Grindelwald che aveva inciso il
marchio nelle mura di Durmstrang e degli altri studenti che lo
copiavano in una contorta forma di emulazione – Hermione trovò
difficile credere che il marchio di uno dei peggiori Maghi Oscuri del
ventesimo secolo avesse passato la censura del Ministero senza essere
notato. I doni che Dumbledore aveva lasciato erano stati controllati
ripetutamente prima che Scrimgeour li desse loro con riluttanza.
“Hermione?”
Chiese Harry, interrompendo i suoi pensieri.
“Mmm?”
“Stavo
pensando. Io – voglio andare a Godric's Hollow.”
Hermione alzò gli
occhi dallo strano simbolo e lanciò ad Harry un'espressione nervosa,
ma determinata.
“Sì,”
replicò. “Sì, ci stavo pensando anch'io. Penso davvero che
dovremmo andarci.”
*
Harry
sarebbe voluto andare di corsa a Godric's Hollow il giorno
successivo, ma Hermione non era preparata per contenere un tale
comportamento azzardato.
Godric's Hollow era pericoloso – era molto
evidente da quello
che
era una volta il suo finto
progetto
di Aritmanzia. Onestamente, se non avesse trovato presto qualche
altra
informazione
su cosa stava succedendo nel mondo, tutti i suoi calcoli sarebbero
presto diventati inutili.
Hermione
aveva insistito perché facessero pratica di Materializzazione
e Smaterializzazione sotto il mantello dell'invisibilità
e perché ottenessero dei capelli da un paio di sconosciuti, per
prendere anche la Polisucco. Harry la
credeva
paranoica. Era andato
avanti con i suoi elaborati preparativi solo per prenderla
in giro:
era
così desideroso
di
visitare la sua casa di famiglia che avrebbe acconsentito a tingersi
i capelli o pitturarsi le unghie per mantenere Hermione disposta a
seguire il piano. Eppure, se il doloroso stupore ispirato dalla vista
della casa semi distrutta dei Potter divenne ansia, l'ingenuità
delle attente precauzioni di Hermione divenne
presto evidente.
La donna anziana sapeva esattamente chi fossero, Hermione ne era
sicura. Non avrebbe dovuto essere in grado di vederli affatto, ma li
stava fissando direttamente.
Istintivamente,
Hermione si mosse vicina ad Harry – la casa danneggiata, il
cancello e la placca murale con una corona di fiori e scritte di
cordoglio, momentaneamente dimenticata. La donna era sottile, piegata
su sé stessa e raggrinzita dall'età: i suoi movimenti erano goffi e
strani. Le ci vollero due tentativi per liberare una mano dalle
pieghe del cappotto per far loro cenno di avvicinarsi.
“Come fa a
saperlo?” Sussurrò Hermione, ma Harry si limitò s scuotere la
testa.
La donna si mosse
di nuovo.
“Sei
Bathida?” Chiese Harry all'improvviso, la voce che risuonava
nel silenzio attutito dalla neve nella periferia della città.
La donna vecchia e
sottile all'improvviso annuì a scatti e fece un cenno verso di loro,
ancora una volta. Hermione sentì il panico, ma allo sguardo
apprensivo di Harry lei annuì minuziosamente. Era andati lì per
incontrare Bathilda ed eccola lì. Non sarebbe servito scappare
adesso.
Nel momento in cui
lei ed Harry si furono avvicinati, Bathilda si voltò e barcollò
lungo il percorso da cui erano venuti. Hermione e Harry la seguirono,
scivolando con attenzione sul ghiaccio compatto. Anche se la donna
anziana sembrava instabile sui suoi piedi, si muoveva
straordinariamente veloce.
Harry ed Hermione
avevano passato così tanto tempo in fuga che camminare per la
cittadina di Godric's Hollow liberi dal Mantello dell'Invisibilità
era sembrato incauto. Hermione si era preparata a vedersi piombare
addosso i Mangiamorte ad ogni momento, come se la loro presenza fosse
un segnale lampeggiante. La sensazione era svanita in qualche modo
nel cimitero protetto dietro alla chiesa. Illogicamente, la forte
luce colorata che si riversava sul cimitero imbiancato dalle finestre
di vetro sporche della chiesa, e il suono dei parrocchiani che
cantavano canzoni di Natale, dava alla scena serenità e sicurezza.
Le avevano ricordato il coro in cui cantava quando era bambina e i
Natali con i suoi genitori nella chiesa locale.
In contrasto a
come si sentiva adesso, tuttavia, Hermione avvertiva il precedente
timore come una sussurrata premonizione: era terrorizzata. Come fa
questa donna a vederci? Come fa a sapere chi siamo?
La strana donna
anziana li condusse attraverso il cancello di una delle case vicine e
su per il sentiero del giardino. Questi era trascurato, messo male
quasi quanto la casa che era stata una volta la casa di Harry, e la
costruzione aveva un disperato bisogno di riparazione. Hermione
arricciò il naso per l'aria fetida quando lei e Harry entrarono nel
corridoio camminando quatti quatti dietro Bathilda. Forse era la
vecchia donna che puzzava, oltre alla casa?
Una volta dentro,
Harry tolse il Mantello e colse l'opportunità di fissare in viso la
vecchia. Hermione diede un'occhiata in giro per la stanza. Tutte le
superfici orizzontali a disposizione, incluso il pavimento, erano
coperte da uno spesso strato di polvere. Non sembrava che Bathilda
uscisse molto e il loro arrivo sollevò nuvole di sporco.
“Bathilda?”
Chiese di nuovo Harry, e la voce poco famigliare nella sua forma data
dalla Polisucco aggiunse stranezza alla situazione.
La donna anziana
annuì soltanto in risposta, poi si voltò. Mentre si dirigeva verso
quello che era presumibilmente il soggiorno, diede una spallata ad
Hermione per allontanarla. Hermione sobbalzò indietro al tocco:
c'era qualcosa di stranamente attaccaticcio e leggermente repellente
nel corpo della vecchia donna. Solo l'odore fece rivoltare lo stomaco
di Hermione.
“Harry,”
sussurrò quando Bathila sparì oltre la porta. “Non sono sicura
di questa cosa.”
“Guarda com'è
piccola,” protestò sottovoce*. “Dovremmo
riuscire a sopraffarla se fosse necessario.” Vide che Hermione
era ancora apprensiva. “Ascolta, avrei dovuto dirtelo, sapevo
che non era proprio a posto. Muriel la chiamava 'fuori di
testa'”
Un calorifero
sibilò improvvisamente nella stanza adiacente e il suono inaspettato
fece sobbalzare Hermione. Istintivamente afferrò il braccio di
Harry.
“Va tutto
bene,” disse, togliendo gentilmente le dita dal braccio e
dirigendosi nella stanza dietro Bathilda.
La donna anziana
era impegnata ad accendere le candele. Piccoli monconi erano in
bilico in ogni sorta di posti precari, assicurati da pozze di cera in
cima ad un cassettone e piattini rotti. Era fortunata a non essersi
bruciata tempo prima. Hermione si strofinò la parte alta del braccio
nel tentativo d'interrompere un brivido che non era completamente
dato dal freddo.
Questa donna
avrebbe dovuto essere messa in una casa di cura tempo fa,
pensò con un improvviso senso di pietà. Sapeva che le case di cura
potevano essere dei posti senz'anima, ma Bathilda chiaramente aveva
bisogno di aiuto. Non se la
cavava bene.
“Lasci
fare a me,” disse Harry, attraversando la stanza dov'era
Bathilda e prendendo i fiammiferi.
Hermione accese il
fuoco nella grata. Il posto era così sporco che, prima che potesse
farlo, dovette togliere una gran quantità di cenere, usando un
incantesimo di pulizia nel camino per sicurezza.
“Signora –
signorina – Bagshot?” Chiese Harry all'improvviso. La sua
voce era leggermente scossa ed Hermione si voltò di colpo per vedere
cosa l'aveva colpito così tanto. “Chi è questo?”
La fiamma azzurra
di Hermione accese il legno asciutto che aveva fatto apparire e una
luce dorata si diffuse per la stanza quando Harry lo chiese di nuovo.
“Signorina
Bagshot? Chi è questa persona?”
Stava tenendo una
fotografia incorniciata e la vecchia donna strabuzzò gli occhi verso
di essa cortesemente, ma non disse nulla.
“Sa chi è
questo?” Chiese Harry, pronunciando ogni parola chiaramente e
distintamente. “Quest'uomo? Lo conosce? Come si chiama?”
Bathilda non rispondeva. “Chi è quest'uomo?” Ripeté
Harry con evidente frustrazione.
“Harry, cosa
stai facendo?” Hermione si sporse in avanti per toccargli il
braccio con esitazione.
“Questa foto,
Hermione, è quella del ladro che ha derubato
Gregorovitch!” Si voltò di scatto di nuovo verso Bathilda,
fissandola in viso e invitandola a rispondere, “Per favore!”
La pregò. “Chi è?”
Il suo continuo
silenzio era inquietante. Perché non parla? C'è qualcosa che non
va in lei? “Perché ci ha chiesto di venire con lei signora
– signorina – Bagshot?” Chiese Hermione nervosamente. “C'è
qualcosa che vuole dirci?”
La vecchia signora
ignorò completamente Hermione. Guardava fissa il viso di Harry, la
testa piegata con una strana angolazione per compensare la postura
curva. Guardandolo intensamente, fece un cenno con la testa verso la
porta.
“Vuole che ce
ne andiamo?” Chiese Harry sorpreso. Hermione era presa alla
sprovvista allo stesso modo. Erano appena arrivati. “Oh,
giusto...” La comprensione si accese in Harry mentre Bathilda
faceva un altro segno con la testa, questa volta puntando al suo
petto, poi a sé stessa, quindi al soffitto. “Hermione,”
disse Harry, “credo che voglia che vada con lei di sopra.”
“Va bene,
andiamo.” Hermione voleva vagare per la casa quanto pugnalarsi
con una zanna di Basilisco, ma erano andati lì con uno scopo.
Avevano bisogno di trovare la spada di Grifondoro.
Anche Bathilda,
comunque, non aveva nessun desiderio di avere la compagnia di
Hermione. Scosse la testa in modo quasi violento e indicò invece
Harry, poi sé stessa. Non indicò Hermione.
“Vuole che
vada solo io con lei, da solo,” puntualizzò Harry senza
necessità.
“Perché?”
L'ansia martellava dentro Hermione. Non voleva assolutamente essere
separata da Harry.
“Forse
Dumbledore le ha detto di dare la spada a me e solo a me?”
Harry sembrava così speranzoso.
“Credi
davvero che sappia chi sei?” Tutta questa faccenda potrebbe
essere una falsa pista. Questa donna è chiaramente
fuori di testa: per quale ragione dovremmo fidarci di lei?
“Sì,” rispose
Harry, dando un'occhiata al viso di Bathilda. “Credo lo sappia.”
Contro ogni buon
senso, Hermione acconsentì. “Bene, d'accordo allora, ma fai in
fretta Harry.”
Harry le lanciò
un veloce sorriso prima di voltarsi verso Bathilda. “Mi faccia
strada,” disse Harry con galanteria e fece un gesto verso la
porta. La vecchia donna si mosse immediatamente, con Harry subito
dietro: Hermione fu lasciata da sola.
Istintivamente, le
braccia si chiusero contro la parte superiore del corpo mentre
guardava intorno alla stanza umida e fetida. Harry aveva trovato –
e rubato, notò – la fotografia del ladro di bacchette: era
più che probabile che qualcun altro avesse risolto il mistero.
Nella testa di
Hermione, la libreria si presentava come il posto più probabile in
cui cercare – ed inoltre, anche se Bathilda Bagshot aveva
probabilmente passato il suo periodo migliore, era stata una volta
una formidabile storica. Potevano anche esserci dei libri che
potevano aiutarli nella ricerca degli Horcrux, che forse elencavano
qualche oggetto ricollegabile ai fondatori di Hogwarts.
“Lumos,”
mormorò mentre attraversava la stanza, puntando la bacchetta per
illuminare la cavità oscurata della libreria. Le candele sfrigolanti
offrivano molto poca assistenza.
Molti dei libri
erano coperti da uno strato di polvere così spesso da impedire ad
Hermione di capirne il titolo. Ci fu un'eccezione che colpì la sua
attenzione: La vita e le bugie di Albus Dumbledore di Rita
Skeeter. Il libro era stato buttando malamente nella libreria e
giaceva in cima a diversi altri titoli. Quando lo prese per esaminare
la copertina, Hermione notò che la copia era nuova di stampa, la
rilegatura rigida. Probabilmente non era mai stato aperto.
Una singola nota
su carta era scivolata dall'interno della copertina ed Hermione
riconobbe le famigliari curve e il colore acido della scrittura di
Rita.
Cara Batty,
lesse, Grazie per
l'aiuto. Qui c'è una copia del libro, spero ti piaccia. Mi hai detto
tutto, anche se non lo ricordi. Rita.
Per trenta
infiniti secondi, Hermione fissò la fotografia di Dumbledore che
adornava la copertina. L'immagine si abbassò gli occhiali con una
mano e la guardò curiosamente da sopra le lenti. Sapeva – dal
momento in cui la mano si era chiusa attorno al libro – cosa
avrebbe fatto, ma le ci vollero diversi secondi per attenuare il
senso di colpa del rubare qualcosa ad una vecchia signora che
soffriva di demenza.
Non che sia in
grado di leggerlo, ragionò tra
sé e sé. Inoltre questo libro potrebbe essere proprio ciò
di cui io e Harry abbiamo bisogno! Forse contiene un indizio
essenziale sulla personalità di Dumbledore che può aiutarci a
risolvere il mistero! La parola
“Bugie,” isolata dal resto del titolo del libro, sembrava
lampeggiare davanti ai suoi occhi. Improvvisamente sentì l'eco di
Snape e Jocelyn che la richiamavano alle sue scelte morali. Sii
onesta, Granger, si fece
la predica, vuoi
leggere il libro perché sei arrabbiata con Dumbledore, niente di
più, niente di meno. Riconoscere
la verità aiutava. Non significa che non sto per
prenderlo, ma almeno posso ammettere perché. Dando
un'occhiata alle sue spalle per controllare che né Harry né
Bathilda fossero riapparsi, Hermione afferrò la sua borsa di perline
dall'interno del cappotto e fece scivolare dentro il libro di Rita.
Fu
solo quando rimise a posto la borsa al sicuro nella tasca che sentì
uno schianto
dal piano di sopra.
“Harry?”
Urlò, già in movimento verso il corridoio mentre la domanda usciva
dalle sue labbra. Girò intorno al tavolo da caffè e si spinse verso
la porta d'ingresso. Si lanciò su per le scale.
A metà dello
stretto pianerottolo vide il loro aggressore. Un serpente enorme –
Nagini! Realizzò – era pronto a colpire, il corpo possente
che torreggiava su di lei in una manifestazione oscena di potenza, e
orribili zanne, luccicarono nella luce della sua bacchetta. L'istinto
la fece muovere, aiutato da ore passate a esercitarsi con Severus
Snape, e lei lanciò una maledizione esplosiva mentre si spostava di
lato, il corpo che si piegava automaticamente per attutire la caduta,
le ginocchia piegate mentre rotolava per ritrovare equilibrio.
Mentre atterrava
colpì il comò con la gamba, ma ignorò il dolore. La sua
maledizione, sfortunatamente, mancò il serpente, colpendo la
finestra e inondandola di schegge di vetri rotti. Diverse la
colpirono al braccio facendola urlare di dolore.
Il serpente non
era pronto per la veloce reazione di Hermione e le zanne di Nagini
erano affondate nel telaio della porta vicino a dove Hermione si
trovava prima. Con un terribile sibilo, Nagini si liberò. Mentre
ruotava per trovare Hermione, la coda sferzò indietro e colpì la
gamba già dolorante di Hermione.
Hermione cadde
all'indietro, colpendo una sedia esile, che si ruppe per il suo peso.
Il serpente strisciò all'indietro, incombendo sempre sopra di lei.
Liberando il braccio con la bacchetta lanciò uno Schiantesimo
direttamente contro la testa del serpente. Con un grosso colpo e un
lampo di luce rossa, il serpente fu lanciato indietro nella stanza.
Hermione fece un respiro ansimante e si alzò in piedi. Non aveva
sentito alcun rumore da parte di Harry, ma si rifiutava di
considerare la possibilità che potesse essere troppo tardi. Con suo
estremo sollievo, lui urlò proprio in quel momento.
“Sta
arrivando! Hermione, lui sta arrivando!” Dal
panico nella voce di Harry era evidente chi fosse quel “lui”:
Voldemort.
Anche se Hermione
era riuscita a colpire il serpente, era ben lontano dall'essere
Schiantato. Mentre l'animale faceva un tonfo nel pavimento, sibilò
pazzamente. Harry si buttò di traverso al letto, afferrando Hermione
di peso e portandola indietro con lui. Lei urlò quando un pezzo di
scheggia di sedia le si conficcò nel fianco. Anche se l'uomo di
mezz'età in cui Harry si era trasformato era sicuramente più debole
dello stesso Harry, riuscì a sollevare la sottile figura che
Hermione aveva scelto e si lanciò verso la finestra. Il serpente
s'impennò di nuovo, balzando verso di loro.
“Confringo!”
Urlò Hermione. Lanciare maledizioni mentre si era fisicamente
trascinati attraverso un materasso a molle dal proprio migliore
amico era un'impresa difficile e l'incantesimo andò a vuoto,
rimbalzando selvaggiamente per la stanza.
Harry saltò dal
letto verso la toeletta e si lanciò verso la finestra. Hermione urlò
quando un pezzo di vetro le tagliò il tallone. Le dita si chiusero
contro la spalla di Harry mentre cadevano, le esercitazioni pratiche
per cui Snape aveva insistito la ripagarono di nuovo: distraendosi
dal suo stesso dolore, Hermione fece sparire entrambi nel nulla.
Colpirono il
terreno in modo terribile, atterrando in un pendio pieno di neve.
Hermione ci mise alcuni secondi per capire che non era più lei ad
urlare: era Harry. Si districò dalle sue braccia – cosa non facile
visto che lui si contorceva al suolo – e si spinse sulle ginocchia.
La prima cosa che vide fu la bacchetta rotta di Harry, stretta fra le
sue mani: la seconda cosa furono i profondi segni del morso del
serpente sul suo avambraccio. La paura le attanagliò il cuore.
Per diversi
secondi Hermione rimase lì inginocchiata, bloccata per lo shock. Non
riusciva a decidere cosa dovesse fare per prima cosa.
Le barriere,
realizzò
all'improvviso. Non potevano permettersi che Voldemort o i suoi
Mangiamorte li trovassero ora. Si alzò in piedi, vacillando
per il
dolore alle gambe, e lanciò un incantesimo di protezione per tenere
il luogo nascosto. Per il processo ci volle meno di un minuto e, allo
stesso tempo, riuscì a tirar fuori la borsa di perline con l'altra
mano.
“Accio
antidoto!” Urlò, con una mano inserita nell'apertura della
borsa. Niente era mai sembrato più bello della piccola fiala sottile
di pozione verde. Con mani tremanti Hermione ruppe il sigillo di
ceralacca e stappò la bottiglia. Applicato localmente o ingerito,
ricordò.
Harry stava ancora
urlando, quindi era da escludere l'applicazione orale. Facendo una
smorfia per doverlo fare, Hermione lo Silenziò: l'improvvisa quiete
fu un balsamo per le sue orecchie. Immobilizzandolo con un
incantesimo, versò metà della dose che aveva in ognuno dei due
buchi nel suo braccio. L'antidoto venne assorbito così in fretta
che, quando sbatté le palpebre, pensava di averlo immaginato
scomparire.
Fatto questo,
Hermione lasciò andare un lungo sospiro. Richiamò e preparò la
tenda e fece levitare il corpo di Harry, muovendolo all'interno e
facendolo giacere su una della brande più in basso. Mise la sua
bacchetta rotta sul pavimento di fianco al letto. Poi trattò il
punto in cui era stato morso dal serpente con del Dittamo, pensando
che Snape le avrebbe detto se avesse interagito male con l'antidoto.
Quando ebbe finito, la Polisucco era svanita e i dolorosi, famigliari
contorni del viso di Harry apparvero, tirati e contratti dal dolore.
Una volta che fu
certa di aver sistemato abbastanza cuscini per ammortizzare la sua
testa contro i solidi interni della tenda e della testiera del letto,
Hermione rimosse l'Incantesimo di Immobilità. Una volta libero,
Harry riprese ad agitarsi di nuovo, con le mani che artigliavano il
collo e il viso contorto dalle sue nuove urla silenziose.
L'Horcrux.
Accesa da un nuovo panico, Hermione strappò i vestiti di Harry,
aprendoli per rivelare il ciondolo, che pulsava orrendamente contro
il petto. Dopo pochi secondi in cui cercò di afferrare l'Horcrux,
Hermione immobilizzò di nuovo Harry. La catena si sollevò
abbastanza facilmente, ma, con un nuovo senso d'orrore, si rese conto
che lo stesso ciondolo era fuso con la pelle. Togliendo la catena
dalla sua testa, Hermione tirò. Non si staccava.
Cosa faccio?
Cosa faccio? L'Horcrux stava
ovviamente ferendo Harry e, per di più, l'idea che fosse attaccato a
lui – unito
a lui – faceva impazzire Hermione. Devo toglierlo.
Chiudendo gli
occhi, premette entrambi i palmi contro la pelle calda del petto di
Harry. Torna in te, Granger, s'istruì, sforzandosi di fare
diversi respiri profondi. Sono calma, si disse. Quando aprì
gli occhi, le mani smisero di tremare ed Hermione utilizzò un
complicato Diffindo, tagliando la parte superficiale della pelle di
Harry. Quando l'Horcrux finalmente si sollevò nelle sue mani, il
sollievo l'assalì. Buttò l'Horcrux dentro alla borsa di perline.
Fintanto che poteva andare, nessuno l'avrebbe indossato di nuovo.
Applicò
dell'altro Dittamo alla ferita che aveva procurato. Quasi certamente
Harry avrebbe portato la cicatrice per il resto della sua vita –
anche se, si confortò cupamente, almeno avrà una vita.
Prima di rimuovere
l'incantesimo di Silenzio e quello di Immobilità per la seconda
volta, Hermione controllò il resto del corpo di Harry. Aveva diversi
lividi e un paio di piccoli tagli causati dal vetro. I tagli erano
abbastanza facili da curare e ai lividi serviva tempo. Solo allora
rimosse gli incantesimi, trattenendo il respiro, sperando che Harry
sarebbe stato calmo e tranquillo.
Senza l'Horcrux
non si stava più contorcendo allo stesso modo, ma era ben lontano
dal risposare. Il suo corpo si scuoteva nervosamente e la fronte era
febbricitante. Mentre lo guardava, lui borbottava in modo
incomprensibile e torceva la testa contro il cuscino. Gli occhi erano
serrati.
Hermione non era
sicura di cosa fare: non sapeva come aiutarlo. Mentre affondava sui
talloni, la disperazione le riempì gli occhi di lacrime, mentre gli
acciacchi e i dolori del suo stesso corpo reclamavano attenzione.
Tenendo la maggior parte della concentrazione su Harry, catalogò le
sue ferite: c'erano una serie di tagli da vetro – la peggiore era
lo squarcio nella gamba – una gamba graffiata, un fianco tagliato e
una serie sparsa di tagli e lividi.
L'attenta
applicazione del Dittamo sistemò molti dei suoi problemi e,
ironicamente, usò un incantesimo appreso dall'intima lettura della
copia di Molly de La Guida del Guaritore per curare la sua
gamba. Ben ti sta, Ginny Weasley, commentò, ma il suo
tentativo fu così sgonfio che desiderò che non le fosse importato.
Persino dopo che
Hermione ebbe curato le sue stesse ferite, Harry era ancora delirante
e febbricitante. Hermione prese una ciotola poco profonda dalla borsa
e la riempì con l'acqua. Facendo apparire un telo di flanella iniziò
a tamponargli il viso.
“Andiamo Harry,”
mormorò mentre lavorava. “Aprì gli occhi, parlami.”
Gli stava lavando
il braccio destro quando le dita di lui si strinsero contro le sue e
le afferrarono gentilmente una mano. Gli occhi di lei scattarono
verso il suo viso, felice di vederlo ricambiare l'occhiata.
“Harry!”
Esclamò.
“Hermione,”
replicò stupito. Si guardò intorno e la confusione si diffuse in
una piega tra gli occhi. “Dove siamo?” Chiese.
Il sollievo sparì
in fretta com'era apparso. “Siamo,” s'interruppe e dovette
deglutire prima di poter continuare. “Siamo nella tenda, Harry. Sei
stato attaccato dal serpente di Tu-Sai-Chi.”
“Ah,” Harry
annuì con accortezza. “Ha senso.” La fronte si distese.
Involontariamente
la più pressante fra le domande di Hermione fece capolino dalle sue
labbra. “Come faceva a sapere che eravamo lì, Harry?” Chiese,
non aspettandosi una risposta coerente.
Harry guardo il
suo viso implorante con un'espressione comprensiva. “Lui e il
serpente,” disse piano, toccandosi la fronte con la mano libera,
“possono parlare tra loro con la mente.”
“Possono?”
Chiese Hermione, sedendosi dritta per le sorpresa. “Beh, questo
prova che il serpente è–” S'interruppe, inorridita. Senza parole
guardò Harry mentre gli occhi gli si rivoltavano indietro nella
testa, lasciandolo di nuovo incosciente. Questo prova che il
serpente è un Horcrux, stava per dire, ma la logica conclusione
a questa premessa l'aveva afferrata allo stomaco come ghiaccio e le
aveva bloccato le parole in bocca.
L'unica altra
cosa viva che può parlare con Voldemort con la mente... è Harry.
Il resto di quella
lunga, orribile veglia, Hermione la passò seduta di fianco al suo
miglio amico ammalato. Gli teneva la mano quando urlava, gli bagnava
la fronte febbricitante, gli teneva il corpo fermo quando si dimenava
e rischiava di ferirsi. Ogni tanto, lei piangeva. Per tutto il tempo,
Hermione rimase fissa sulla sua scoperta, rivoltandola ancora e
ancora nella mente. Voleva dubitare della sua intuizione, ma la
logica le diceva che aveva ragione: dava troppo senso alle cose che
erano sempre apparse strane.
Doveva solo
lavorare ad un modo per risolvere la cosa – un modo per tenere
Harry vivo... senza dare a Voldemort un'altra via per scappare alla
morte.
*
*
*
* In italiano nel
testo
----------------------------------------
Fink: Bene, quindi
non ti sei accorta che ho saltato un paio di settimane ^_^'. Grazie
dei complimenti!
Disincanto294:
Hermione via gufo mi ha provocato quest'immagine tipo
cicogna+bebè...ok, ci vorrà un po' per togliermela dalla testa...
;)
Titinina: con me
sfondi una porta aperta. Come penso di aver scritto in passato, per
me Dumbledore è un po' come Voldemort: muove le pedine come vuole e
non importa chi ci rimane secco è_é
|
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Capitolo 11 *** Special Delivery ***
2x11
NdT:
penso che questa volta, più di tutti, dobbiate ringraziare
silviabella della beta, stavate per leggere degli orrori da urlo di
Munch... Vi ricordo che le parti sottolineate sono prese dal romanzo
originale.
Anne
London
Capitolo 11
Special
Delivery
“Basta,
Alecto,”
ringhiò
Severus, forzando verso l'alto la bacchetta dell'insegnante di
Babbanologia con
un languido gesto della sua. “Evidentemente il più profondo
desiderio del ragazzo è seguire le orme dei suoi poco
famosi
genitori: devi punirlo in modo più sottile
per negargli l'opportunità.”
Da
dove giaceva, steso al suolo, Neville Longbottom lanciò a Severus
Snape uno sguardo di puro
odio.
“Cosa?”
Urlò
Alecto. “Non punirlo affatto?”
“Ti suggerisco
di dargli delle frasi da scrivere,” replicò secco Severus. “È
difficile sentirsi un eroe scrivendo frasi.”
“Non c'è
abbastanza divertimento per me, però,” brontolò scontrosa Alecto.
“Neppure per lui
– credo che sia proprio questo il punto.” Severus puntualizzò la
frase con un sopracciglio sollevato. Passando oltre il corpo ancora
prono di Longbottom si allontanò. “È meglio se lo mandi in
Infermeria, prima,” disse da sopra la spalla. “Altrimenti lascerà
delle macchie di sangue sulle pagine.”
Severus stava
contando le ore che mancavano prima l'Hogwarts Express partisse per
Natale e diede un'occhiata all'orologio: diciotto ore, quarantatré
minuti e quindici secondi. Non sarebbe arrivato mai troppo in fretta.
*
In modo abbastanza
prevedibile, il Signore Oscuro lo chiamò la sera in cui gli studenti
partirono. E per quanto Severus avesse avuto poche speranze in un
incontro gioioso e festoso, la riunione si dimostrò peggio di quanto
anticipato.
Per iniziare,
Lucius si lanciò verso di lui pochi minuti dopo essere entrato nel
maniero.
“Voglio
parlarti, Severus,” gli disse da un'entrata nell'ombra, facendo un
cenno dispotico.
“Lucius,”
rispose Severus, spingendosi verso quello che si dimostrò essere uno
stretto passaggio.
Lucius chiuse
fermamente la porta dietro di sé, chiudendo fuori ogni fonte di
luce. Nell'oscurità rimase molto vicino a Severus e si sporse in
avanti per afferrargli stretto il braccio.
Severus sospirò
dal naso e tirò fuori la bacchetta. “Lumos,” disse piano.
Nella poca luce
del fascio della bacchetta, i capelli biondo platino di Lucius
brillarono in modo lugubre e il suo cipiglio lanciò linee scure sul
viso.
“Come facevi a
sapere che era mia?”
Jocelyn. Lo
stomaco di Severus si contrasse. “Non lo è,” rispose in modo
secco.
“Per il nome di
Salazar, cos'hai in mente Severus?”
“I Serpeverde,”
rispose Severus senza apparente consequenzialità, “si danno una
mano tra loro.”
“Questa non è
proprio una spiegazione.”
“L'anno scorso
una strega bionda, Nata Babbana, è stata smistata a Serpeverde.
Prima che la legge sui Nati Babbani avesse effetto, ho deciso che
aveva bisogno di una nuova identità. Aveva inoltre bisogno di una
bacchetta e dovevo convincere Runcorn.” Severus alzò le spalle.
“Quindi gli hai
detto che era una mia bastarda.”
“Lucius, ho
semplicemente fatto un commento sul colore dei suoi capelli.”
“Mi somiglia.”
Era un'affermazione, non una domanda. Severus capì che Lucius aveva
incontrato per la prima volta Jocelyn quel pomeriggio alla discesa
dall'Hogwarts Express.
“È bionda,
Lucius, niente di più.”
“Potrebbe essere
mia.” Lucius sembrava stranamente belligerante. “Che aspetto ha
sua madre?” Chiese con urgenza. “Hai incontrato il presunto
padre? Sono serio, Severus, potrebbe essere mia.”
La gola di Severus
era arida. Cos'aveva fatto? Avrebbe dovuto mandarla via con Krum e
gli altri Nati Babbani. Si era comportato da idiota.
“Voglio fare un
test di paternità,” insisté Lucius.
“Se lo fai,”
rispose Severus, “il risultato sarà automaticamente mandato al
Ministero. Se non è tua...” Lasciò che la frase rimanesse a metà.
Non è tua! Non
poteva essere la figlia di Lucius: non sarebbe stato giusto.
“Dopo allora,”
rispose Lucius dopo un lungo momento, concedendo che avrebbe
aspettato.
Draco sarebbe
stato così viziato se non fosse stato figlio unico? Si
chiese Severus. Controvoglia
annuì il suo assenso al suggerimento di Lucius. Dopo cosa,
poi? È questa la domanda.
“Mi prenderò
cura di lei, Severus,” promise Lucius, ma le sue parole non diedero
nessun conforto a Severus.
“Dov'è adesso?”
“Nella stanza
dei bambini, con diversi elfi domestici. Non volevo che attirasse
l'attenzione del Signore Oscuro.”
“Molto bene.”
Dopo diversi
secondi di attento scrutinio da parte di Lucius, a Severus fu
permesso di uscire. Se ne andò con una sensazione inaspettata di
disperazione: malgrado le sue intenzioni, sentiva di aver tradito
Jocelyn.
Quando entrò nel
salotto dove il Signore Oscuro attendeva, la figura legata di Luna
Lovegood lo colpì come uno schiaffo improvviso. Con un leggero
ghigno, sollevò la toga con aria infastidita e superò la ragazza
stesa in terra, camminando direttamente verso Voldemort e
inginocchiandosi su una gamba sola.
“Buonasera, mio
Signore,” disse, ignorando non solo la Lovegood, ma anche la
manciata di Mangiamorte in attesa.
“Ah, Severus,
mio caro ragazzo. Che piacere vederti... Non ho bisogno di
presentarti la nostra ospite, ovviamente. Bellatrix stava cercando di
decidere quale pezzo della povera ragazza mandare come monito per
Lovegood senior.”
Bellatrix
ridacchiò malvagiamente. “E una decisione così piacevole! Forse
un dito?”
Severus portò gli
occhi al cielo mentre si alzava in piedi e si ergeva in tutta la sua
statura. “Non sei mai stata brava con i sotterfugi, Bella. Una
ciocca di capelli sarebbe molto più d'effetto.”
“Sei debole,
Snape,” ghignò Bellatrix, punzecchiandolo malignamente con la
bacchetta per puntualizzare la sua frase. Scintille verdi volarono
dalla punta, mancando Snape di pochi millimetri.
Severus sollevò
un sopracciglio con disprezzo. “Se mantieni l'illusione che possa
riavere la ragazza illesa, sarà molto più disposto a compiacere
alle nostre richieste con buona grazia. Spingendolo al punto da farlo
temere che sia già morta rischi un oltraggioso rifiuto
all'obbedienza.”
Voldemort rise di
fronte allo spasmo d'ira che marcò il viso un tempo bello di
Bellatrix. “Sseverusss è un Ssserpeverde consssumato,” sibilò.
“Sssaranno i capelli.”
“Per favore, mio
Signore,” sottolineò Severus, fingendo un leggero disgusto e
sollevando una mano nella vaga direzione della Corvonero legata,
“Vedo già abbastanza piccole canaglie durante il periodo
scolastico... Avrei sperato di esserne risparmiato questa sera.”
Voldemort rise una
seconda volta. “Draco!” Ordinò. “Mettila con l'altro. Questa
sera,” continuò, volgendosi alla folla riunita, “abbiamo molto
da festeggiare: il nuovo anno si avvicina e quest'anno, questo anno,
la vittoria sarà mia!”
*
“Preside!”
Urlò
Phineas, scattando dentro al suo quadro. “Si
sono accampati
nella Foresta di Dean! La Sanguesporco–”
“Non
usare quella parola!”
Ringhiò
Severus, interrompendo Phineas anche se si era alzato dalla sedia in
risposta all'informazione che il ritratto aveva riferito.
“–la
ragazza Granger, allora, ha menzionato il posto mentre apriva la
borsa e l'ho sentita!”
Bel lavoro
Granger.
“Bene. Molto
bene!” Esclamò Dumbledore eccitato. Anche lui si era alzato
dalla sedia. “Ora, Severus, la spada! Non dimenticare che
deve essere presa in una condizione di necessità e valore – e non
deve sapere che sei stato tu a dargliela! Se Voldemort dovesse
leggere la mente di Harry e vedere che lo stai aiutando–”
“Lo so,”
rispose Severus in modo irritabile, facendo tacere Dumbledore
afferrando la cornice del suo ritratto e aprendola. Da una cavità
interna interna tirò fuori la spada di Grifondoro e la sollevò con
la mano. Rimise a posto il ritratto di Dumbledore con un udibile
click.
“E Severus,
fa' attenzione,” –Dumbledore continuò a elencare a Severus
le istruzioni mentre raccoglieva la sua scopa e attraversava la
stanza verso la porta – “potrebbero non essere felici
di vederti dopo l'incidente con George Weasley–”
“Non
preoccuparti, Dumbledore,” rispose dalla soglia. “Ho un
piano...”
Uno che non
comporta il farmi vedere da Potter,
aggiunse in modo irritabile mentre correva giù per le scale.
*
La Foresta di Dean
copriva circa 110 chilometri quadrati di terreni demaniali nella
parte ovest del Gloucestershire, una circostanza che rendeva
piuttosto difficile imbattersi in una tenda piccola, nascosta
magicamente. Fortunatamente per lui, Severus aveva, in effetti, un
piano – anche se non importa quanto esattamente Dumbledore avrebbe
immaginato il modo in cui avrebbe trovato i fuggitivi, la cosa
sarebbe rimasto un mistero.
Scopa e spada in
mano, Severus si Materializzò più vicino possibile al centro della
foresta. Arrivò, si Disilluse, lanciò un veloce Hominum Revelio per
assicurarsi di essere da solo, poi mise immediatamente in azione la
scopa, spazzando un piccolo spiazzo dalla neve. Con un incantesimo di
scavo controllato, raschiò un po' di terra dal terreno ghiacciato.
Fatto ciò,
Severus fece grande attenzione a estrarre due pezzi di carta dalla
tasca interna: una fotografia, tagliata nettamente su un lato, e una
piccola nota scritta a mano su un pezzo di pergamena. Severus mise la
fotografia di Hermione Granger e la nota – il suo nome scritto di
suo pugno – sul pavimento, ognuna su ogni lato della piccola pila
di terra. Avesse avuto anche un po' dei suoi capelli o un po' di
saliva, Severus avrebbe potuto trovarla ovunque. Con solo due dei tre
ingredienti necessari, l'incantesimo sarebbe stato molto meno
efficace, ma sperava fosse forte abbastanza perché potesse adattarsi
ai limiti geografici dell'intera foresta.
Severus si sporse
verso lo strano assembramento di cose e lasciò cadere un po' di
saliva dalla bocca sulla pila di terra, mischiandole insieme in una
pasta densa con la punta della bacchetta . Dopo tutto l'aveva baciata
– una volta – e poteva essere abbastanza per attivare la magia in
suo favore. Una volta che il fango creato fu omogeneo, lo usò per
tracciare le rune di protezione sul terreno sopra la foto e la runa
della domanda sopra la nota. Nel mezzo scrisse la runa per la
risposta.
“Ostendo mihi
via,” declamò. Sentì la bacchetta tirare quasi
immediatamente. Riprese la fotografia e la lettera e le rimise a
posto dentro al mantello. Facendo apparire una spessa cintura di
pelle, la allacciò e infilò la spada in mezzo, con la parte
superiore a croce a supportarne il peso. Poi salì sulla scopa.
L'aria della notte
era frizzante e chiara e, sopra le cime degli alberi, le stelle
brillavano luminose. Severus lasciò che la bacchetta lo guidasse,
tenendola premuta piatta contro il manico della scopa, così che la
parte che tirava fosse puntata verso la Granger e lo attirasse nella
giusta direzione.
Quell'anno, le sue
opportunità di volare erano state poche e con lunghi intervalli nel
mezzo, e Severus si godette l'aria pulita che gli riempì i polmoni,
le folate di vento tra i capelli, la gioiosa giustezza dell'agire
contro Voldemort.
Dopo circa venti
minuti la velocità diminuì leggermente, prima che la scopa si
fermasse in uno stretto anello sopra ad una piccola radura. Guardando
in basso Severus non vide segni della tenda, ma c'era solo da
aspettarselo. Tirando fuori la bacchetta dal manico della scopa si
voltò, atterrando ad una distanza di circa 400 metri, dove i rumori
non voluti del suo arrivo sarebbero passati inosservati.
La presenza della
Granger continuava ad essere registrata dal compulsivo tirare della
punta della bacchetta e Severus lasciò che quella guidasse i suoi
passi, tornando indietro verso la piccola radura. Con i sensi alla
massima allerta, Severus sentì le barriere prima di attivarle.
Delicatamente, il più delicatamente possibile, appoggiò una mano
contro la barriera magica difensiva. Il famigliare sfrigolio della
magia della Granger lo avvolse: si sentì come un tossico di fronte
alla prima dose della droga a lungo negata.
Solo con un grande
sforzo riuscì a costringere le palpebre a rimanere aperte e
allontanare la sua mano. Non essere sciocco Snivellus, si
rimbrottò. Voltando risolutamente la schiena, Snape si mise al
lavoro cercando un posto dove nascondere la spada.
A poca distanza
dalla tenda trovò il luogo perfetto: uno stagno profondo, coperto da
un sottile strato di ghiaccio, e diversi punti da cui poter tenere
d'occhio lo svolgersi degli eventi senza essere visto. Ci volle
veramente poco tempo per buttare la scopa dietro ad un albero,
rompere la superficie di ghiaccio dello stagno con la spada di
Grifondoro e lasciare che la pesante spada scivolasse sotto al
ghiaccio. Fece un incantesimo allo stagno per respingere ogni
tentativo di recuperare la spada con la magia e rimosse ogni traccia
d'impronte. Prendendo posizione dietro ad un albero lanciò il
Patronus.
La cerva argentata
schizzò dalla bacchetta con uno svolazzo. Si voltò verso di lui per
guardarlo da sopra le spalle, sbattendo gli occhioni. Poi sparì,
balzando attraverso gli alberi. Severus chiuse gli occhi e appoggiò
la fronte contro l'albero più vicino. Il bagliore argentato del suo
Patronus rimase nella retina. Ti prego, incitò l'universo, fa
che sia Granger a ricevere il messaggio.
Ci vollero dieci
minuti prima che il bagliore argentato del ritorno della cerva fosse
visibile tra gli alberi e, a quel punto, Severus era teso di
aspettativa. I delicati movimenti della cerva divennero più vicini e
chiari, ma la luminescenza delle sue forme bloccava ancora la figura
che la seguiva. Solo quando raggiunse lo stagno e fece dietrofront,
Severus riuscì a intravedere il viso pallido di Potter e il disastro
dei suoi capelli arruffati.
La
delusione aveva il sapore di fango, che
gli
riempì la bocca di un sapore amaro,
e il suo luccicante,
speranzoso Patronus tremolò
e sparì.
“Lumos!”
Urlò Potter all'improvviso, con evidente paura nella voce.
Severus si tenne
il commento caustico che era nato spontaneo nelle labbra. Avrebbe
fatto meglio a Disilludersi silenziosamente, piuttosto che annunciare
la sua posizione a chiunque stesse guardando. Imparerà mai il
ragazzo?
Potter alzò la
bacchetta, guardandosi intorno nervosamente. Quando notò la spada,
brillante alla luce della bacchetta,
fece uno scatto
e si volse per guardare meglio. Diede
un'occhiata alla spada, poi cadde sulle ginocchia di fianco
allo stagno. Per un lungo momento rimase sospeso lì, apparentemente
paralizzato, prima di dirigere la luce della bacchetta verso il
perimetro degli alberi. Severus socchiuse gli occhi di fronte alla
luce, indifferente alla possibilità che Potter potesse vederlo
attraverso il suo incantesimo di Disillusione.
“Accio
spada!” Mormorò Potter. Quando
non ebbe fortuna con l'incantesimo di Appello, si spinse in piedi e
iniziò a camminare intorno al lago.
Per quanto
tempo? Pensò Severus,
permettendosi il lusso di portare gli occhi al cielo. Un rumore
dietro di lui catturò la sua attenzione e girò improvvisamente il
collo. Dopo la luce brillante della bacchetta di Potter, l'oscurità
era impenetrabile. Severus chiuse gli occhi e si sforzò di contare
fino a quindici, aprendoli solo una volta che le pupille si furono
adattate.
C'era qualcun altro che vagava per la foresta e l'improvviso panico
gli
afferrò lo
stomaco come una mano ghiacciata. Granger?
Severus tornò a
guardare Potter che si era spogliato, fino a rimanere in mutande e
stava tremando indeciso sul bordo dello stagno. Slip –
chi l'avrebbe detto? Notò Severus, sorridendo automaticamente.
Facendosi visibilmente forza, il ragazzo saltò.
“NO! Aspetta!”
L'urlo – una
voce maschile – arrivò da quindici metri e la bacchetta di Severus
fu puntata verso la fonte in pochi secondi. Non sarebbe stato
responsabile della morte di Potter a questo stato avanzato dei
giochi.
Lo shock
dell'acqua fredda sembrò aver deviato l'attenzione di Potter. Per
diversi secondi la sua testa fu visibile sopra l'acqua, cercando
disperatamente di respirare. Qualcosa alla sua destra stava muovendo
gli arbusti o qualcuno si stava muovendo lì vicino: Potter non lo
notò. Invece tuffò la testa sott'acqua.
Pochi secondi
dopo, Ronald Weasley apparve, facendosi strada a spallate attraverso
una macchia particolarmente densa di sottobosco, con qualche
difficoltà. “Non saltare nello stagno, idiota!” Continuò,
chiaramente inconsapevole del fatto che Harry non era in condizione
di sentirlo. “Avresti potuto spezzarti la schiena!”
Severus poté solo
presumere che la misteriosa funzione secondaria del Deluminatore
aveva portato l'idiota lì in un'occasione così opportuna.
Weasley corse
verso la radura mentre parlava. “Harry?” Si stava sporgendo nello
stagno. “Harry?” Chiese con più urgenza. “Cosa diavolo stai
facendo?” Nel momento in cui aveva posto l'ultima domanda aveva
appoggiato lo zaino da montagna. “Sei un completo idiota!”
Dichiarò forte mentre si metteva sulle ginocchia e si toglieva una
scarpa. La seconda scarpa fece la stessa fine. Rannicchiandosi sul
bordo dello stagno e ponendo il peso su un braccio, Ronald Weasley si
calò nell'acqua.
Di malavoglia,
Severus considerò la possibilità che Ronald Weasley non fosse così
stupido come aveva sempre pensato.
Per dieci secondi
la radura fu silenziosa in modo lugubre.
Con un enorme
splash e il respiro affannoso, Weasley tornò alla superficie dello
stagno. Grugnendo e sputacchiando, sollevò Potter oltre il bordo.
Prendendo un altro respiro, Weasley sparì di nuovo. La seconda volta
fu più breve e in pochi secondi stava lanciando la spada di
Grifondoro sulla riva, sollevandosi subito dopo. Ancora sulle
ginocchia scosse la spalla di Potter. Il
ragazzo-che-è-sopravvissuto-una-volta sembrava stesse soffocando.
“Forza, amico,”
Weasley lo spronò attraverso i denti che battevano. Afferrando la
spada sollevò la lama in modo strano, segando qualunque cosa fosse
che Potter era riuscito ad attorcigliarsi intorno al collo.
Severus trattenne
il respiro.
“Grazie, cazzo!”
imprecò Weasley, quando la spada fece il suo lavoro. Spingendosi in
piedi, Weasley si mise gli scarponi, tossendo e saltellando nel
tentativo di scaldarsi. Diversi pezzi di catena e un ciondolo
pendevano da una mano, la spada che dondolava nell'altra.
Non ha mai
sentito parla di Incantesimi di Riscaldamento? Pensò
Severus, ignorando con attenzione il suo sollievo, mentre Potter
vomitava nella neve.
Notando che Potter
aveva completamente ripreso i sensi, Weasley conficcò con cattiveria
la punta della spada su un
offensivo pezzo di
neve.
“Ma – sei –
pazzo?” Chiese in modo aggressivo.
Tempo di fare
la mia mossa, decise Severus.
Potter era vivo, aveva la spada, e Weasley era tornato. Il terribile
duo ci avrebbe probabilmente messo parecchio
sia per
superare lo shock della loro riunione, sia
nella ricerca del loro
misterioso benefattore, ma era comunque necessario che Severus si
muovesse subito. Inoltre con quei due impegnati
a render conto l'uno all'altro di quel che avevano fatto.
Mentre Severus montava sulla
scopa e si spingeva verso l'alto, una folle idea germogliò in lui.
Contro ogni logica, contro i suoi migliori propositi, volò indietro
verso la tenda. Librandosi in alto oltre gli alberi calcolò che
doveva avere almeno dieci minuti di vantaggio sui due ragazzi.
Trovò la radura
con facilità. Sollevando il manico della scopa atterrò agevolmente
in uno spiazzo di terra e si diresse verso il bordo delle barriere,
vicino a una radice d'albero, attento a non lasciare impronte. Poi si
appoggiò contro le barriere, lasciando che la loro forza ronzasse
contro la pelle
Non si può
insegnare ad una persona per sei anni, incluso un anno di intense
lezioni private, senza conoscere la sua firma magica intimamente.
Percepiva il percorso attraverso i diversi livelli di protezione che
aveva usato: nessuna avrebbe bloccato un amico e, in modo aggiuntivo,
avevano nascosto la tenda alla vista. Muovendosi con attenzione
afferrò le barriere e le attraversò.
Una lunga falcata
fu abbastanza per muoversi dalla radice su cui era rimasto in bilico
verso un mucchio di terra calpestata vicino la porta. Non c'era
bisogno di nascondere le impronte qui. Alla porta della tenda,
Severus Snape esitò: stava per fare qualcosa di veramente stupido e
veramente egoista. Se Potter fosse tornato indietro e l'avesse colto
sul fatto... Mettendo da parte il sussurro della sua coscienza –
che assomigliava sospettosamente alla voce di Albus Dumbledore –
Severus abbassò la testa ed entrò nella tenda.
“Granger?”
Disse piano. Non ci fu risposta.
Severus lanciò
una cauta occhiata dietro le spalle nella direzione da cui era
venuto. Ancora nessun segno di Potter o Weasley. Gettando le cautele
al vento, scivolò all'interno.
L'interno della
tenda era deliziosamente caldo e illuminato da una piccola ciotola
con dentro una fiamma azzurra. Severus scorse la Granger quasi
immediatamente – profondamente addormentata in un letto a castello
contro il muro più lontano – e arrivò vicino a lei senza fare un
suono. Facendo levitare la scopa in aria si acquattò vicino al
letto, abbassando il viso al suo livello.
Hermione Granger
continuò a dormire. I capelli erano sciolti, a coprire il cuscino in
un caos di riccioli. Le labbra erano leggermente aperte e c'erano
ombre scure sotto agli occhi, visibili persino nel sonno. Severus
allargò le narici, inspirando l'inebriante profumo della sua forma
addormentata.
Sembrava così
fragile che all'improvviso sembrò disperatamente importante non
svegliarla. Severus non voleva vedere la sua pacifica espressione
sostituita dallo spavento. Sporgendosi in avanti – con grande
attenzione – passò leggermente le dita di una mano lungo i suoi
capelli.
Lei non si mosse.
Incoraggiato,
Severus spinse le dita in mezzo alla soffice massa di riccioli,
avvolgendone uno intorno a un dito, assaporandone la soffice
elasticità e la scivolosa scorrevolezza – così diversa dalla
sensazione delle sue stesse ciocche.
I suoi capelli.
L'idea gli strinse
la gola. Poteva osare? Sì. Muovendosi ora più in fretta, ma
sempre attento a non svegliarla, districò un ricciolo dalla nuvola
della massa, scegliendone uno dal centro, dove non avrebbe notato la
perdita. Con un incantesimo non verbale lo tagliò di netto e rimise
la ciocca improvvisamente più corta in mezzo alle altre. Oscillò
indietro sui talloni.
Devo andare.
Era ancora piegato lì, incapace
di andarsene. Severus,
si avvertì. Riluttante, si alzò. La mano si chiuse intorno al
manico della scopa, il
ricciolo della Granger cullato contro il petto con l'altra mano.
Subito, Severus, subito!
Se ne andò.
Una volta fuori
dalla tenda si lanciò nel cielo, attento a mettere abbastanza
distanza tra sé e i tre Grifondoro, così che il suono della
Smaterializzazione fosse udito solo dalle creature selvagge della
Foresta di Dean.
*
*
*
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Capitolo 12 *** Logical Solutions ***
2x12
NdT: Come sempre, dei gigaringraziamenti a silviabella per la beta :)
Anne London
12.
Logical
Solutions
“Hermione?”
Per
un lungo momento considerò di ignorarlo, ma dopo diversi secondi
passati con lo sguardo corrucciato su La
Vita e le Bugie di Albus Dumbledore,
Hermione mise la punta di un dito nella pagina per tenere il segno e
alzò la testa. Anche se gli occhi misero a fuoco il viso
lentigginoso di lui,
stava pensando ad altro.
Come ha potuto
avvicinarsi così tanto senza preoccuparsi di parlare con me?
“Sì, Ron?”
Chiese con tono esasperato, fissandolo in modo enfatico e sollevando
entrambe le sopracciglia. Sapeva che non stava proprio giocando
correttamente, non era veramente arrabbiata con il suo amico dalla
testa rossa, ma non era facile perdonarlo.
“Ehm, tazza di
tè?”
Hermione sbatté
le palpebre. La parte imbronciata, quella più grande, voleva dire no
per principio – ma allora non avrebbe avuto il tè. Più a lungo
fissava Ron, più lui sembrava nervoso.
“Va bene,”
cedette alla fine, volgendo gli occhi al cielo per il sollievo che si
diffuse sul viso di Ron, e ritornò immediatamente al suo libro. Rita
Skeeter era una vacca totale, non c'era dubbio in proposito, ma il
libro era affascinante. Persino sapendo che almeno metà delle
osservazioni che Rita aveva strappato erano evidentemente false,
tutto quello che aveva scritto aveva una tale forza distruttiva che
Hermione non poteva fare a meno di essere impressionata.
Prendiamo la
sessualità di Dumbledore, ad esempio. Se Hermione ci avesse pensato
(non che lo avesse fatto), le sarebbe apparso ovvio che l'uomo era
gay. Rita, tuttavia, era molto lontana dal centrare il punto se
pensava seriamente che ci fosse stato qualcosa di deplorevole nella
relazione fra Dumbledore e Harry. L'idea stessa faceva ridere.
Eppure, sperava che Harry non leggesse quel capitolo – soprattutto
visto che Hermione lo aveva rassicurato per mesi che il maledetto
vecchio gli voleva bene. Harry non avrebbe afferrato le sensazionali
menzogne nella prosa di Rita, e neanche l'amore sottinteso che
l'avrebbe aiutato a elaborare l'informazione contenuta all'interno.
Poi c'era un
capitolo su Snape: Hermione sospirò al pensiero. In quel momento,
Ron tornò con la tazza di tè. La posizionò sul tavolo vicino al
suo gomito e provò a sorridere.
“Tutto bene,
Hermione?” Chiese.
Hermione gli
lanciò un'occhiata.
Sapeva come
trovarci per tutto questo tempo?
Inaspettatamente
chiuse il libro con un colpo, buttandolo sul tavolo con leggermente
troppa forza. Il suo tè oscillò pericolosamente vicino al bordo
della tazza.
“Tu,” ordinò,
puntando imperiosamente il dito contro Ron, “siediti.”
Lui si sedette
immediatamente, con le ginocchia piegate e il corpo collassato contro
una sedia per la forza del suo comando, come un cane obbediente. La
somiglianza fu enfatizzata quando adeguò l'espressione del suo viso
all'azione, fissandola con gli occhi spalancati e uno sguardo da
cucciolo speranzoso-ma-ansioso.
“Sei stato una
fonte di notizie nella tua conversazione con Harry,” commentò lei
un po' petulante. “Ho alcune domande da porti.”
“Ok,” rispose
Ron con l'apprensione che vinceva sulla speranza.
“Puoi iniziare
con la Commissione per il Censimento dei Nati Babbani: è ancora
attiva? Quante persone sono state mandate ad Azkaban? Cos'è successo
a quelli che li hanno aiutati a scappare?”
Ron si schiarì la
gola e si passò nervosamente una mano tra i capelli. “La
Commissione è ancora attiva,” iniziò. Nel suo desiderio di
compiacere, la voce assunse il tono cantilenante che aveva sviluppato
per i suoi esami di G.U.F.O.: Hermione dovette sopprimere un sorriso.
“La Umbridge ne è ancora a capo, anche se non ci sono più così
tanti processi. Molti dei Nati Babbani di cui l'Ordine era a
conoscenza sono spariti. Nessuno sa veramente dove siano – Bill
pensa che neanche i Mangiamorte lo sappiano.”
“Quindi non sono
ad Azkaban?” Hermione prese un lungo sorso di tè, il calore che la
aiutava a combattere i brividi che il pensiero di Azkaban provocava.
“Beh...
all'inizio l'Ordine pensava che lo fossero, ma papà è riuscito a
dare un'occhiata ad alcuni registri. Non sembra stiano tenendo
abbastanza prigionieri per spiegare la loro sparizione.”
“Come sanno che
non sono morti?” Perché Voldemort tiene dei Sanguesporco vivi
poi? Perché non risparmiarsi il disturbo di radunarli e sfamarli?
“Certo, è
sempre una possibilità.” Ron sembrava preoccupato, ma non così
tanto quanto l'argomento in questione meritasse. “Ma, a meno che
non abbiano trovato un modo per circonvenire il Registro Ufficiale
delle Nascite, Morte e Matrimoni, non è molto probabile.”
Hermione era
sicura che Ron stesse ripetendo delle conversazioni udite dal
fratello più vecchio. Quando mai Ron aveva usato la parola
“circonvenire”?
“Bill dice che
gli ufficiali corrotti del Ministero e i Mangiamorte stanno sempre
cercando di avere, dalla Gringott, il permesso di aprire le camere
dei Nati Babbani incarcerati e quelli in lista come sospettati o
scomparsi – i goblin rifiutano sempre, ovviamente, sono rimasti
neutrali.”
“Come la
Svizzera,” commentò Hermione aggiungendo, “non importa,” di
fronte allo sguardo di vuota confusione sul viso di Ron. Lei fece
vorticare quello che restava del suo tè prima di piegare indietro la
testa e ingoiarlo.
“Comunque,”
continuò Ron, “da quello che Bill è riuscito a capire, la seconda
lista è più lunga della prima. In più, il Ministero ha smesso di
pubblicare la lista dei Nati Babbani sospettati che dovevano essere
interrogati tempo fa. Papà crede che stia diventando lunga in modo
imbarazzante. La lista esiste ancora, ovviamente, è solo che non
viene più pubblicata ne La Gazzetta del Profeta.”
“Bill non sa
dove siano spariti?” Chiese Hermione pensando a Viktor. Doveva
proprio essere così paranoico, Dumbledore? La mano
destra non sa cosa stia facendo la sinistra?
Ron fece una
smorfia e scosse la testa. “Potrebbe saltar fuori che sono ad
Azkaban, dopotutto, o tenuti in prigione da qualche altra parte.”
“Quindi nessuno
nell'Ordine sta aiutando i Nati Babbani a scappare?” In un certo
senso, la deliberata disinvoltura con cui Hermione aveva posto la
domanda, la faceva sembrare ancora più offensiva.
“Lo stava
facendo Kingsley!” Rispose Ron, un po' indignato. “Li faceva
scappare attraverso l'ufficio del Primo Ministro, nella società
Babbana. Ma, come ho detto prima, è stato catturato attraverso il
Tabù molto presto: è in fuga proprio come noi.”
“Mmm.”
Hermione incrociò le braccia. “E quelli che abbiamo aiutato noi a
scappare?”
“Da quello che
sa Bill, sembra che la maggior parte se ne sia andata.” Ron fece
una pausa imbarazzata. “Non è rimasto molto colpito dal fatto che
siamo stati al Ministero, comunque.”
Hermione strinse
le labbra e non diede una risposta immediata. A posteriori, pensava
fosse stata un'idea davvero stupida. Se avessero osato fidarsi di
Arthur Weasley sarebbe stato in grado di scoprire – se non
recuperare – il medaglione in maniera molto più sicura di quanto
non avessero fatto loro. C'erano elementi piuttosto pericolosi
sull'insistenza di Dumbledore di fare la cosa da soli. Cosa
diavolo stava pensando? Si domandò per l'ennesima volta. Cos'è
che si suppone che noi capiamo?
Il pensiero di
Dumbledore le fece voltare inevitabilmente lo sguardo verso il libro
di Rita e allungò una mano per tirarlo verso di sé. “Andrò a
leggere a letto,” annunciò, non parlando proprio con Ron, ma
piuttosto in generale. Le spalle di lui si abbassarono leggermente
nella consapevolezza che la conversazione era finita.
“Ok. Io andrò a
lavare queste.” Ron afferrò le tazze vuote e si diresse verso la
cucina.
Una volta
sistematasi a letto, Hermione fissò le pagine di La Vita e le
Bugie di Albus Dumbledore senza vederle davvero. Porre domande
sugli eventi al di fuori delle sottili mura della loro tenda le aveva
riportato alla mente pensieri sull'unica persona che stava cercando
d'ignorare: Snape.
Come ha potuto
essere così vicino a me e non venire a parlarmi?
Calde lacrime
fecero capolino nei suoi occhi. Datti una regolata Granger, si
rimproverò senza successo. Cosa ti aspettavi che facesse? Che
si fermasse per una tazza di tè? Ti svegliasse e ti
baciasse con la bocca piena di Felix
Felicis? Hermione si vergognava di quanto fossero egoisti i suoi
sentimenti. Mettendosi sul fianco, con la schiena verso la stanza e
il libro di Rita appoggiato di fronte alla sua faccia, Hermione
lasciò che diverse lacrime di autocommiserazione cadessero sul
cuscino.
Voleva parlare con
lui più di quanto avesse pensato fosse possibile.
E l'altra notte
era così vicino. Il disappunto
e la solitudine avevano un sapore acido in gola e si morse il labbro
per trattenere un singhiozzo. Una litania di domande senza risposta
le pesava
nella testa: Cos'avrebbe fatto Snape se avessi visto io il
Patronus e l'avessi seguito, al posto di Harry? Quanto tempo è
rimasto a guardare, poi? Giorni o ore?
Forse mi ha
visto durante la serata e mi ha evitata deliberatamente.
Hermione si sforzò
di mantenere basso il rumore del suo pianto. Ron era tornato nella
stanza e, dopo diversi secondi in cui era rimasto a giocherellare
con lo zaino, si era sistemato sulla porta della tenda – abbastanza
vicino, così da poter parlare con Harry, che aveva il turno di
guardia. Ron stava tamburellando su una radio di legno senza fili del
mondo magico e mormorava tra sé mentre muoveva la scala parlante*:
la radio emetteva sprazzi occasionali di musica intervallata da un
confuso rumore bianco. La sua gentilezza penitente continuava,
tuttavia, e aveva messo il volume al minimo.
Snape è una
spia, Hermione
ricordò a sé stessa, arrabbiata. Era qui per una ragione,
non per una visita di cortesia. Mettendo
la mano sotto al cuscino trovò
il fazzoletto che le aveva
dato e si soffiò il naso con ferocia. Forza, Granger.
Usando un angolo pulito si asciugò gli occhi.
La Vita e le
Bugie era scivolato vicino a
lei, ad un certo punto durante il pianto, e Hermione lo
afferrò con nuova determinazione. Esatto, Granger,
si disse fermamente, stai per leggere un capitolo intero
senza pensare a Snape. Aprì il
libro e saltellò indietro di diverse pagine, cercando il
punto in cui si era fermata.
Quando la
riproduzione a colori della principale fonte di Rita catturò i suoi
occhi, si fermò. Hermione passò pensosamente un dito sulla foto di
una lettera di Dumbledore. Era strano immaginare il solenne mago che
aveva incontrato la prima volta, e il manipolatore che aveva imparato
a conoscere, come un ragazzo della sua età. Strano pensare a lui
innamorato di un giovane uomo che sarebbe diventato un mostro. Era
bizzarro vedere la sua non caratteristica opinione sui Babbani
spiegata in uno scritto presentato faziosamente come suo – anche se
i riccioli delle lettere erano in qualche modo più morbide di quelle
che avrebbe usato un centinaio d'anni dopo. Fermò un dito sulla
firma, indugiando sulle distinte linee del suo nome: così simile
alla firma da adulto, eppure non proprio identica.
Sarà
l'angolazione? Pensò,
inclinando leggermente il libro. Il riconoscimento la colpì come
l'assenza
di ossigeno. Tremando, disperatamente, si sforzò di respirare. Di
nuovo? Il cuore di Hermione
iniziò a battere in fretta per l'eccitamento intellettuale. Lo
strano simbolo sarà qualche altra cosa che Grindelwald ha copiato da
Dumbledore? Aspetta, Granger.
La sua mente stava
correndo veloce come il suo cuore: doveva pensarci con chiarezza.
Facendo apparire un pezzo di pergamena e una matita, Hermione fece
una lista dei posti in cui era apparso il simbolo, cercando di farlo
in ordine cronologico.
La tomba di
Ignotus Peverell.
Il muro di
Durmstrang (fatto da Grindelwald? O, almeno, Viktor lo crede)
La
lettera/firma di Dumbledore
Il libro di
Beda il Bardo (? potrebbe essere stato scritto in ogni momento)
Il ciondolo di
Xenophilius Lovegood
Dopo un momento di
contemplazione, Hermione usò la punta della bacchetta per sollevare
la voce numero quattro dalla pagina, reinserendola tra le voci uno e
due. Un piccolo colpo secco del polso fece muovere la punta della
bacchetta e rinumerò la lista. Dopotutto, razionalizzò, il
libro è vecchio ed era in possesso di Dumbledore. Potrebbe
averlo imparato dal libro... il che vuol dire che Grindelwald ci è
arrivato separatamente. Aggrottò la fronte pensierosa. Significa
che il simbolo ha qualcosa a che fare con “La Storia
dei tre fratelli”? Potrebbe fornire, ragionò, esprimendo una
speranza crescente, una risposta alla domanda su come distruggere
l'Horcrux senza distruggere Harry?
Hermione riusciva
a pensare ad una sola soluzione. Prendendo La Vita e le Bugie,
scese dal letto e si diresse verso i ragazzi.
Ron si bloccò
immediatamente, la bacchetta stesa verso la radio. “Se ti da
fastidio la spengo!” Esclamò nervosamente.
Hermione lo
ignorò. “Dobbiamo parlare,” disse fermamente,
rivolgendosi ad Harry che era ancora seduto all'entrata della tenda.
“Cosa?”
Chiese, con gli occhi sospettosamente fissi sul libro tra le sue
mani.
“Voglio
andare a trovare Xenophilius Lovegood,” rispose.
*
Hermione
si diede una vigorosa scrollata
mentale. Era così arrabbiata per i commenti di
Xenophilius sulla sua intelligenza limitata da non riuscire a pensare
nel modo giusto: l'infernale sferragliare della macchina tipografica
non aiutava. Come si permetteva quel pazzo di chiamare lei
limitata?
Era lui quello con del Materiale Commerciale di
Classe
B appeso al muro! Era lui quello che si dava della arie con una
camicia da notte sudicia e parlava di Gorgosprizzi!
Lovegood senior si
era seduto calmo e stava raccontando loro una stupida storia, una che
considerava le favole come verità, mischiandole con un guazzabuglio
di fatti storici riciclati. I Doni della Morte, ma per piacere!
Senza
la sua logica
e “limitata” intelligenza,
Harry non sarebbe mai andato oltre il muro di fuoco di Snape al primo
anno; non avrebbe catturato Quirrell** e Voldemort sarebbe tornato al
potere anni prima. Erano stati la logica e l'utilizzo della Giratempo
– permessa solo grazie alla sua “limitata” intelligenza – che
aveva salvato la vita di Sirius; logica e fredda, pura, abilità
Aritmantica aveva riconosciuto il pericolo nel piano di Dumbledore
l'anno prima con Snape e salvato il possibile futuro del mondo
magico; era stata la sua logica e AFFATTO LIMITATA intelligenza che
aveva tenuto Harry vivo fino a quel momento!
Eppure eccola lì,
in piedi nello studio di Xenophilius, la gola amara per il sapore del
suo orribile infuso di Radigorda, discutendo sottovoce con
Harry e Ron quale dei tre Doni valeva la pena avere. Qual'era il
punto? Non esistevano nemmeno!
Come poteva essere
stata così stupida da pensare che lo strambo padre di Lunatica Luna
avrebbe potuto rispondere al suo dilemma sugli Horcrux?
Dando un'occhiata
alle proprie spalle, vide Harry sparire su per le scale al piano di
sopra. “Harry,” esclamò, “cosa stai facendo? Non
credo dovresti guardare in giro quando lui non c'è!”
Harry, comunque,
la ignorò. Rabbrividendo leggermente, Hermione si strinse le braccia
intorno al corpo, grattando distrattamente la cicatrice con una mano.
Il corno di Erumpent le faceva accapponare la pelle. In modo
premuroso, Ron le accarezzò la schiena in mezzo alle spalle. Era
confortante, una reminiscenza del rapporto facile che avevano avuto
prima che l'Horcrux avvelenasse le loro interazioni: Hermione sospirò
piano.
Harry tornò giù
solo pochi secondi prima che Xenophilius risalisse dalla cucina al
piano di sotto, con diverse tazze in bilico su di un vassoio.
Un'occhiata al viso di Harry fu sufficiente per far capire ad
Hermione che c'era qualcosa che non andava.
“Cosa c'è
che non va?”
“Signor
Lovegood, dov'è Luna?” Chiese Harry, ignorandola. Hermione si
girò, gli occhi che si stringevano mentre notava l'espressione di
panico sul viso di Xenophilius.
“Ve – ve
l'ho già detto. È giù al Ponte Basso a pescare Plimpi.”
“Allora
perché ha preparato il vassoio solo per quattro?”
Vagamente
Hermione pensò a quanti telefilm polizieschi Harry fosse riuscito a
guardare mentre era dai Dursley: il suo accurato stile di
interrogatorio
le ricordava Metropolitan Police***
–
e sembrò funzionare altrettanto
efficacemente.
“Credo che
Luna non sia qui da settimane,” continuò Harry. “I
vestiti sono spariti, il letto è intatto. Dov'è? E perché continua
a guardare fuori dalla finestra?”
Hermione tirò
fuori la bacchetta in pochi secondi e fu contenta di notare che i
ragazzi fecero altrettanto. È una trappola: non possiamo fidarci
di nessuno – neppure quelli che proclamano a voce alta il loro
supporto. Tenendo la bacchetta puntata sul loro ospite, Hermione
diede un'occhiata fuori dalla finestra: la sua linea visiva,
tuttavia, fu interrotta dalla macchina tipografica. Come se avesse
notato la sua attenzione, la macchina si agitò visibilmente e rimase
silenziosa con un ultimo botto. Diversi numeri della rivista caddero
oltre il bordo della telo che li copriva. Cosa, pensò con
un'ansia improvvisa, sperava di nascondere, Xenophilius? Hermione
si piegò e raccolse la copia più vicina: stampata sulla faccia
famigliare del suo migliore amico c'era la scritta “Indesiderabile
Numero Uno.”
“Harry,”
disse, la sua voce che riecheggiava nel silenzio mentre sollevava la
copia verso di lui, “guarda qui.”
Harry si mosse
immediatamente e diede un'occhiata al giornale, sul viso una smorfia
amara. “Il Cavillo ha cambiato linea
editoriale, allora?” Chiese in modo retorico. “È questo
che stava facendo quando è andato in giardino, signor Lovegood? Ha
spedito un gufo al Ministero?”
“Hanno preso
la mia Luna, per colpa di quello che ho scritto.” Sussurrò
Xenophilius, con il viso contorto da linee di una disperazione così
personale che Hermione avrebbe voluto voltarsi. “Hanno preso la
mia Luna e non so dove sia o cosa le hanno fatto. Ma potrebbero
restituirmela se io – se io–”
“Consegnasse
Harry?” Concluse lei.
“Non se ne
parla,” rispose Ron. “Si tolga di mezzo, noi
ce ne andiamo.”
Spinse di lato Hermione e si fermò minacciosamente davanti a
Xenophilius.
“Saranno qui
a momenti,” rispose l'uomo, allargando le braccia ossute per
bloccare il passaggio. “Devo salvare Luna. Non posso perdere
Luna. Non dovete andarvene.”
“Non ci
costringa a farle del male,” lo avvisò Harry. “Si tolga
di mezzo, signor Lovegood.”
Hermione si voltò
per guardare fuori. Quello che vide riempì il suo corpo di
adrenalina: due figure su delle scope passarono davanti alla
finestra. “HARRY!” Urlò.
Automaticamente,
Harry e Ron si voltarono verso di lei e Xenophilius colse la sua
occasione. Il tentativo tardivo di Hermione di usare un incantesimo
scudo deragliò quando il corpo di Harry finì addosso a lei,
spingendola per terra: lo Schiantesimo di Xenophilius finì
direttamente nel punto in cui c'era prima Ron e colpì il corno di
Erumpent appeso al muro.
La stanza esplose:
rumori, polvere, detriti e corpi vennero scagliati verso l'esterno.
Hermione urlò mentre il suo corpo si piegava indietro e di traverso,
scivolava per la lunghezza del pavimento e colpiva la curvatura del
muro. La testa pulsava. Sopra al suo urlo sentì Ron gridare: Harry,
cosa che la spaventò a morte, non fece alcun suono.
Muovendosi con
attenzione, Hermione si spinse in piedi. Polvere bianca le copriva
tutto il corpo: mani, vestiti, capelli. Ok, sembra che funzioni
tutto. Con suo completo e totale sollievo, la bacchetta era
intatta.
Passando oltre
diversi pezzi rotti della macchina tipografica, Hermione vide che la
scala che portava alla cucina era completamente coperta di detriti –
e lì, contorcendosi fuori da sotto un cumulo di Cavillo
distrutti, c'era Harry.
Forse
riusciremo anche ad andarcene,
pensò, con la speranza che rifioriva vedendolo.
E con questo, la
benedetta lucidità logica tornò. Hermione si guardò intorno,
catalogando rapidamente la loro situazione. Quando incontrò lo
sguardo di Harry, gli fece cenno di rimanere zitto. Anche Ron doveva
averla vista, perché smise di mormorare imprecazioni al mobilio che
teneva il suo corpo prono sul pavimento, e si bloccò.
Di sotto, la porta
fu spalancata violentemente.
“Non ti avevo
detto che non c'era bisogno di correre, Travers?” Brontolò una
voce sconosciuta. “Non ti avevo detto che questo
svitato farneticava come al solito?”
I colpi e le urla
che seguirono indicavano che i due Mangiamorte non erano affatto
gentili con il loro ospite. Quando i lamenti di dolore di Xenophilius
arrivarono su per le scale, Hermione strisciò verso Ron. Stava
pensando in fretta. Non possiamo andarcene ancora: dobbiamo sapere
esattamente cosa Xenophilius dirà loro. Dando per scontato che i
Mangiamorte non gli crederanno, possiamo aspettare finché non se ne
saranno andati, sopraffare Xenophilius e Obliviarlo, poi andar via.
Nella peggiore delle ipotesi, dovremo Obliviare tutti e tre.
Hermione aveva
percorso metà dello spazio che la separava da Ron quando la
situazione peggiorò: mentre il Mangiamorte che lei aveva
classificato come quello stupido aveva l'equivoca impressione che
Xenophilius li avesse adescati a casa sua nel tentativo di ucciderli,
l'altro – quello calmo – aveva usato un Hominum Revelio. Diavolo,
imprecò silenziosamente. Rimase immobile, con un piede in equilibrio
a mezz'aria.
La sensazione era
particolare, come se una sottile striscia di luce fredda le avesse
scannerizzato il corpo.
“C'è davvero
qualcuno lassù, Selwin,” notò l'altro Mangiamorte, con
una nuova eccitazione che increspava la sua voce calma.
“È Potter,
ve lo dico io, è Potter!” Pianse Xenophilius. “Vi
prego...” li implorò,
“vi prego... ridatemi Luna, lasciatemi solo riavere
Luna...”
Troppo pigro – e
non completamente convinto che non facesse parte di un agguato – il
Mangiamorte mise Xenophilius a dare una pulita alla scala. Hermione
usò i singhiozzi di panico e i rumori delle sue fatiche per coprire
i propri movimenti, mentre si arrampicava velocemente sul pietrisco
verso Ron. Dopo un Incantesimo di Levitazione non verbale le sue
gambe furono libere.
“Andiamo,”
disse Harry con urgenza, tirando Ron in piedi, “dobbiamo uscire
di qui.”
Hermione stava
cercando dentro alla borsa di perline e sospirò di sollievo quando
tirò fuori il mantello dell'Invisibilità di Harry. “Va bene.”
Diede un'occhiata al di sopra delle spalle in cime alle scale. Il
resto della macchina tipografica era in bilico sulla soglia. Mentre
osservava iniziò a dondolare: Xenophilius era quasi entrato.
“Ti fidi di
me, Harry?” Chiese con urgenza. I suoi occhi erano spalancati e
tondi, enfatizzati dalla polvere bianca appoggiata sopra alle ciglia
e lungo le guance.
Lui annuì,
sporgendosi in avanti per prendere il Mantello. Hermione, tuttavia,
non lo mollò.
“Ok, allora.”
La mente di Hermione stava ancora correndo. “Dammi il Mantello
dell'Invisibilità,” lo istruì, tirandolo gentilmente dalla
sua presa. “Ron, mettitelo.”
“Io? Ma
Harry–”
“Ti prego,
Ron!” Hermione fu tentata di puntualizzare il rimprovero
con un'oscenità poco da lei, ma se la tenne e sollevò invece un
sopracciglio. Maledizione, funziona per Snape. “Harry,
tieniti stretto alla mia mano, Ron, afferra la mia spalla.”
Obbedienti i due
ragazzi fecero come gli fu detto. Harry sollevò la mano sinistra,
chiaramente – e assennatamente – non disposto ad afferrare nulla
con la destra, se non la bacchetta presa in prestito e, dopo averci
pensato un secondo, Hermione gli offrì il gomito. Lui l'afferrò
fermamente. Riusciva a sentire entrambe le mani di Ron, nascosto
sotto al Mantello, chiuse intorno al braccio sinistro.
“Tenetevi
forte,” mormorò, concentrata sullo spiraglio in cima alle
scale. La macchina tipografica stava tremando violentemente.
“Tenetevi forte... ci siamo quasi...”
Harry le lanciò
uno sguardo preoccupato, ma scosse la testa con attenzione, le
palpebre che non sbattevano nemmeno. Ecco!
Il momento in cui
Xenophilius apparve, Hermione urlò, “Oblivion!”
L'incantesimo lo colpì dritto in faccia: non ebbe nessuna
possibilità. Senza esitazione, Hermione puntò la bacchetta al piano
di sotto. “Deprimo!” Urlò.
Sfortunatamente,
il buco che aprì nel pavimento mancò entrambi i Mangiamorte, ma le
offrì la memorabile lieve visione – anche se fugace – delle loro
facce stupefatte mentre lei, Ron e Harry cadevano come massi.
Prima di
Smaterializzare i suoi amici in salvo, un ignobile pensiero le
attraversò la mente: Un calmo ragionamento ti ha appena salvato
la vita, Xenophilius: non dimenticarlo.
*
Più
tardi, quella notte, Hermione sedeva fuori e fissava le tenebre
mentre all'interno ribolliva di rabbia. Dopo una serie completamente
inaspettata di eventi, era ora ben disposta nei confronti di Ron (i
suoi ripetuti commenti riguardo al suo genio e intelligenza dopo
essere scappati dai Lovegood avevano
solo aiutato a cementare la loro riconciliazione)
e
furiosa con Harry.
Harry.
Harry le stava
dando la pelle d'oca. Ogni volta che parlava di risvegliare i morti
una strana luce disturbante accendeva i suoi occhi.
Se i Doni
esistessero Dumbledore glielo avrebbe detto, vero?
Le cose erano così
complicate che Hermione stava impazzendo per
trovare una soluzione. La
storia era vera? Ad un certo punto Harry aveva distorto i fatti in un
modo tale che aveva quasi dubitato della propria sanità mentale –
ma poi lui aveva deciso che la cosiddetta Pietra della Resurrezione
fosse nascosta nel Boccino.
Balle. Solo
perchè il Boccino è piccolo all'esterno non significa che sia
piccolo anche all'interno.
Poteva esserci qualunque cosa dentro.
Sicuramente
Dumbledore poteva usare un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile bene
quanto lei. Il pensiero da solo era confortante.
Ci deve essere
una ragione se Dumbledore non ha detto a Harry dei Doni... era
preoccupato che ne venisse distratto? Preoccupato che potesse
abbandonare la ricerca degli Horcrux?
Hermione masticava
senza pietà il labbro inferiore.
Allora perché
mi ha dato il libro? Voleva che trovassimo il simbolo?
La risposta che le
venne in mente era ovvia:
Ti ha dato il
libro precisamente perché sapessimo che non era nient'altro che una
favola! Dumbledore sapeva – proprio come sapeva che Ron se ne
sarebbe andato – che Harry avrebbe trovato i Doni seducenti. Ha
fatto in modo che sapessi la verità per essere sicuro che lo tenessi
concentrato sugli Horcrux. Dopotutto, è questo il mio lavoro:
mantenere Harry vivo!
Il
conforto di quella scoperta durò poco, tuttavia, perché il pensiero
di mantenere Harry vivo riportò la sua attenzione verso l'altro
problema, in apparenza insormontabile: come distruggere l'Horcrux
dentro Harry senza ucciderlo nel processo. Dai termini del compito
che aveva accettato da Dumbledore, Hermione sapeva che sarebbe stato
il suo dovere
– suo e suo soltanto.
*
*
*
* Era una componente delle radio d'epoca
**
Raptor
***
in
originale è The Bill, una serie inglese poliziesca di 26 stagioni,
dall'84 al 2010.
-------------------------------------------
Titinina:
E' stata la mia stessa reazione quando ho letto il capitolo: salto
nella sedia, disappunto perché non abbiamo visto la reazione di
lei
e poi non vedevo l'ora di vedere cosa sarebbe successo in un incontro
vero. La questione Jocelyn, ah... Avrei qualcosa da dire in proposito,
ma sarebbe spoiler -__-'. Mi pronuncerò più avanti :-))
|
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Capitolo 13 *** Distance and Magnitude ***
2x13
NdT:
Siamo di già circa a metà storia! Evviva silviabella per la beta :)
Anne
London
13.
Distance and
Magnitude
Il giorno dopo che
Severus ebbe portato la spada al trio, e due giorni dopo Natale, fu
convocato da Voldemort.
“Tu solo,
Severus, fra tutti i miei Mangiamorte, devi ancora deludermi...”
Voldemort s'interruppe, mentre con una mano accarezzava Nagini in
mezzo agli occhi. Il serpente sibilò gentilmente e appoggiò la
testa nel suo palmo.
“Tu mi onori,
mio Signore.”
Varianti di questa
conversazione erano diventate abituali.
Per diversi
minuti, nessuno dei due uomini parlò. Facendo girare il gambo del
bicchiere in modo assente con una mano, Severus fissò il fuoco e
assaporò uno dei vini più raffinati di Lucius. La pazienza,
ricordò a sé stesso, è una virtù.
“Il maestro di
Pozioni da cui hai studiato in Germania, Severus, dov'è adesso?”
“Theophrastus
Zelenogorski?” Chiese Severus, sorpreso: la domanda era
inaspettata. “Si è ritirato tempo fa. So che è tornato nella
natia Bulgaria. Non ho sue notizie da anni.”
“Ma potresti
trovarlo?”
“Ho il suo
indirizzo da qualche parte,” Severus osservò il Signore Oscuro con
curiosità. Dove vuole arrivare? Pensò.
Voldemort sospirò.
“C'è qualcosa che voglio tu faccia, Severus: va' in Bulgaria e
trova l'anziano maestro di Pozioni.” Pescando dalla tasca, il
Signore Oscuro tirò fuori un frammento di fotografia e la passò a
Severus. “Ho bisogno di sapere chi è questo. Zelenogorski è
abbastanza vecchio e con le giuste conoscenze da poterlo sapere.
Soprattutto, Severus, dovrai essere discreto.”
Severus esaminò
il giovane sorridente ritratto nella foto. Era in piedi sotto il
sole, con i capelli biondi che scendevano oltre le spalle, le mani
sui fianchi. Con un colpo della bacchetta, Severus duplicò
l'immagine, passando l'originale a Voldemort e mettendo la copia al
sicuro nei vestiti.
“Molto bene, mio
Signore,” concesse, finendo il vino e alzandosi in piedi. Fece a
Voldemort un piccolo inchino. “Partirò questa sera.”
“Eccellente.”
Voldemort sollevò una mano languida in segno di congedo. “Crea una
Passaporta. Dirò a Runcorn di soprassedere all'infrazione per lo
scopo: visto che la Bulgaria è notoriamente rilassata non dovresti
avere problemi all'arrivo.”
Severus s'inchinò
ancora, girando sui tacchi e dirigendosi alla porta.
*
Zelenogorski
viveva in una cittadina, sulle montagne di Rila, vicino all'infausto
posto chiamato Ledeno Ezero o “Lago Ghiacciato”. Severus indossò
i suoi vestiti più caldi e un pesante mantello da viaggio per
prepararsi al tempo. Dopo aver controllato le coordinate
dell'indirizzo di Zelenogorski nel vecchio atlante di Dumbledore, la
Passaporta fu abbastanza semplice da preparare.
Il ritratto del
preside, da parte sua, era stato stranamente zitto sull'argomento del
nuovo incarico assegnato a Severus. Lui lo prese come una
benedizione.
“Fa'
attenzione,” puntualizzò Dumbledore alla fine, mentre Severus
finiva di chiudere l'ultimo bottone e afferrava saldamente il
tagliacarte, che avrebbe trasformato in una Passaporta.
“Come sempre,
Albus,” rispose Severus e premette la punta della bacchetta sulla
striscia d'avorio nell'altra mano. “Portus.”
Con un lampo di
luce blu, una brusca sensazione di essere tirato dall'ombelico e un
un movimento improvviso spiacevolmente prolungato, Severus fu
trasportato dal calore del suo ufficio nel bel mezzo di una bufera.
Un vento pungente gli frustava il viso con la neve e si sforzò per
mantenersi in piedi. Quando pensò di avere trovato la casa, Severus
poté fare molto poco. Certamente, non c'era alcun accogliente fascio
di luce, nessuna finestra illuminata, nessuna promessa di un fuoco
vivace.
Facendo forza in
avanti contro gli elementi, Severus capì che era presente un
edificio solo quando la sua mole bloccò il vento e lui vi si
appoggiò, improvvisamente libero di muoversi con meno difficoltà.
“Lumos,”
mormorò, illuminando una cortina
di fiocchi di neve. Dietro di lui, la neve era spinta quasi
orizzontalmente dalla forza del vento; di fronte, si ammucchiava
dolcemente in un cortile protetto. La casa, appena visibile malgrado
la sua vicinanza, era chiaramente abbandonata. La finestra più
vicina era chiusa con delle assi e i grossi mucchi di neve
testimoniavano che nessuno era stato lì di recente. Severus inspirò
irritato e lasciò fuoriuscire
il
respiro dai
denti serrati.
Voltandosi
lentamente, controllò la sua limitata linea visiva attraverso gli
occhi socchiusi. Da ciò che aveva visto nella mappa, il villaggio
non era molto lontano. Con quel tempo, tuttavia, un chilometro o poco
più a piedi sarebbe stata la sua morte. Controllando la sua
posizione rispetto a com'era sistemata la casa, si mise in cerca
dalla strada e fu sollevato in modo esagerato quando la trovò solo
pochi minuti dopo.
Ad un certo punto
di quella giornata, la strada era stata spazzata e su entrambi lati
c'erano cumuli di neve alti quasi quanto lo stesso Severus. I cumuli
provvedevano ad una certa protezione dal vento e la neve sulla stessa
carreggiata era alta solo un paio di centimetri. Rassicurato, Severus
s'incamminò verso la città.
Venti minuti – e
innumerevoli Incantesimi di Riscaldamento – dopo, le luci apparvero
attraverso la neve. Severus non sapeva leggere il bulgaro, ma persino
lui riuscì a decifrare la cigolante insegna vecchio stile della
taverna e riconoscerla – con gioia – per quello che era.
“Nox,”
sussurrò, mettendo la bacchetta dentro la manica e fuori dalla
vista. Aprendo la pesante porta, entrò in una piccola anticamera
dove sbatté via la neve dagli stivali e tolse il grosso dalle
spalle. Solo allora aprì la porta interna ed entrò nel benedetto,
graditissimo calore del pub ben illuminato.
Il barista lo
accolse con qualcosa di completamente incomprensibile.
“Entschuldigung
bitte?” rispose Severus.
“Ho detto che è
una bella serata per una passeggiata,” rispose il barista laconico,
questa volta in tedesco.
A Severus scappò
un forte grugnito di risate. “Ben detto,” rispose, strizzando
leggermente gli occhi mentre si abituavano alla forte luce e si
muoveva verso il bar.
La taverna era
quasi vuota: due uomini anziani sedevano nell'angolo più lontano,
giocando a domino su un tavolo di legno consumato, e una donna dai
capelli neri sedeva al bar con le spalle verso la porta. Il barista
era l'unico altro occupante e, mentre Severus si avvicinava, prese un
bicchierino da sotto al bancone.
“Questo la
scalderà,” informò Severus, riempiendo il bicchiere con un
liquido cristallino e spingendolo verso di lui.
Riconoscente,
chiuse le dita intorno al bicchiere. Per abitudine, Severus soffiò
leggermente sulla superficie del liquido, controllando se c'erano
tracce di veleno con un incantesimo non verbale, poi lo mandò giù.
L'alcol bruciò lungo il percorso verso lo stomaco come una boccata
di acciaio fuso; pochi secondi dopo il calore si sprigionò nel suo
ventre e dilagò, come un formicolante fuoco scoppiettante, fino alla
punta delle sue estremità. Le dita dei piedi si arricciarono con
apprezzamento.
“Un altro?”
Chiese il barista con la bottiglia tesa verso di lui.
“Ja!” Rispose
Severus, annuendo vigorosamente.
Il barista sembrò
perplesso per un momento, poi scoppiò a ridere mentre gli riempiva
il bicchiere. Sollevando un dito, ammonì Severus gentilmente. “Sei
in Bulgaria adesso: annuisci per dire 'no', scuoti la testa per dire
'sì'. Capito?”
Essendo uno che
imparava in fretta come sempre, Severus scosse la testa.
“Molto bene.”
Il secondo
bicchierino andò giù bene come il primo.
“Ora,”
aggiunse il barista, “devi farmi la tua domanda. Nessuno arriva a
Ledeno ezero a dicembre senza una buona ragione.”
“Sto cercando un
mio vecchio amico,” rispose Severus, “Theophrastus Zelenogorski.
Ho una richiesta urgente per una ricerca che penso possa essere in
grado di risolvere.”
“Aye,” sospirò
il barista, scuotendo la testa. “Il vecchio è morto due anni fa.
Temo tu sia arrivato troppo tardi.”
Con la coda
dell'occhio, Severus colse un accenno di movimento mentre la donna
dai capelli neri in fondo al bancone si girava verso di lui. Si volse
verso di lei automaticamente, mentre lei iniziava a parlare.
“Meglio tardi
che mai, Severus,” sottolineò in inglese. La sua voce accentata
marcava il suo nome in un modo fin troppo riconoscibile.
La sua bacchetta
fu fuori prima che lei avesse finito di parlare, tenuta sotto al
bancone e nascosta dal suo corpo così che solo lei potesse vederla.
Incredulo, i suoi occhi riconobbero il viso famigliare. Come sempre,
stava sorridendo. “Vector,” disse, pronunciando il suo nome non
proprio come un saluto.
“Qui sono
conosciuta come Ana,” rispose. “Ana Sedenova.”
“Vecchi amici?”
Chiese il barista, parlando sempre in tedesco.
Septima Vector,
una volta Anastasia, ora Ana, si voltò e parlò in bulgaro. Sempre
sorridendo si rivolse di nuovo a Severus. “Prendi un bicchiere di
vino.”
É una
trappola? Cosa sta facendo qui? Severus
aveva infilato la mano sinistra nella tasca e la chiuse stretta
intorno alla Passaporta. Poteva attivarla ed essere fuori di lì in
un secondo.
“Metti via la
bacchetta,” gli disse Ana. “È sinonimo di brutte maniere
agitarla in un pub.”
Il barista si era
allontanato per tornare con un bicchiere pulito e una bottiglia di
vino. Versò a Severus una generosa quantità e rabboccò il
bicchiere di Ana. Severus non si mosse.
“So cos'hai
fatto,” mormorò Ana, “e so perché lo hai fatto.”
Severus deglutì.
La gola era stranamente asciutta. “Di cosa stai parlando?” Riuscì
a dire con voce appena più forte di un sussurro.
Spiegando il suo
tovagliolo, Ana lo distese sul bancone. Stringendo due dita, le
premette sul tessuto morbido della carta e poi le aprì
completamente. Lo spazio che aveva segnato si aprì come una
finestra, rivelando i fili mutevoli della matrice grafica. Toccando e
pungolando con l'indice, la ingrandì e cambiò la prospettiva finché
solo due linee rimasero visibili: una nera e una dello stesso rosso
del vino che riempiva il suo bicchiere. Partendo dalla cornice in
opposte direzioni, le due linee s'incrociavano e intrecciavano nel
centro, prima di ruotare nella direzione da cui arrivavano.
“La matrice non
mente mai,” replicò lei, spingendo il tovagliolo lungo il bancone
così che lui potesse vedere l'immagine più chiaramente. “Ti stavo
aspettando da un po'.”
Per un lungo
momento, Severus non disse nulla, con gli occhi fissi
sull'inaspettato diagramma. Poi, impercettibilmente, le spalle si
rilassarono. Prendendo posto nello sgabello di fianco ad Ana si
sedette, infilando la bacchetta al suo posto nella manica, ma tenendo
il braccio appoggiato così che la punta fosse indirizzata dov'era
seduta lei. Se fosse stato necessario, l'avrebbe avuta a disposizione
in un batter d'occhio.
“Che cosa vuoi?”
Chiese.
“Parlare.”
Vector – Ana – sorrise. “Ti confesso, con un certo imbarazzo,
che Hermione Granger è diversi passi avanti a me. Sono riuscita a
capire cos'è successo solo dopo gli eventi. A quel punto, quindi, ho
fatto due più due... e, come potrai immaginare, una così semplice
operazione aritmetica non pone problemi ad una matematica come me.”
Severus inclinò
la testa con un gesto di riconoscimento che non rivelava nulla e
prese un sorso del suo vino. Era aspro, ma manteneva un certo fascino
rustico – ben lontano dalla dolce bevanda che aveva degustato con
Voldemort in precedenza quella sera.
“Cosa stai
facendo qui?” Chiese poi. Tra tutti i tuguri del
mondo... pensò sarcasticamente.
“Oh, sono venuta
qui con Viktor. Una volta che i bambini hanno iniziato ad arrivare en
masse, abbiamo pensato che le montagne fossero più sicure della
periferia di Sofia.”
Krum.
“Allora” – il battito del suo
cuore accelerò – “gli
studenti sono con te?”
“Sì, infatti.
Trentotto di loro, insieme ad un bel po' di maghi adulti Nati
Babbani. Abbiamo così tanti bambini qui che è diventato facile
iniziare la scuola. In questo modo rimangono occupati. Di maggior
importanza adesso, tuttavia,” continuò Ana, “è la matrice. Ho
calcolato quello che ho potuto sulle/con le informazioni che avevo,
speravo che fossi in grado di aiutarmi a correggere alcune
omissioni.”
Fornire
informazioni? Severus fece
girare il liquido del suo bicchiere e guardò le increspature
muoversi sulla superficie. Un piccolo
senso di esultanza si distese
nello stomaco. Per mesi era rimasto isolato, con solo il ritratto
leggermente pazzo del suo ex preside come compagnia. Aveva litigato
con Minerva, sorriso di scherno agli studenti e rischiato la vita
lasciando cadere piccoli
indizi di pericolo che tutti
ignoravano. Aveva passato ore a conversare con dei Mangiamorte che
detestava.
Era stato costretto a vedere i suoi amici e colleghi torturati e
uccisi davanti ai suoi occhi. Ora, per la prima volta dalla morte di
Dumbledore, aveva di fronte qualcuno che era interessato a conoscere
le informazioni che aveva raccolto in modo così terribile e
doloroso. Non c'era niente che gli piacesse di più che passare a
qualcuno quello che sapeva.
“Credo di poter
sopravvivere all'interrogatorio,” ghignò, “ma ho bisogno di un
altro bicchiere di vino.”
Ana, per la
sorpresa di nessuno, sorrise.
Gli ci volle
un'ora e mezza per rispondere a tutte le domande a cui lei riuscì a
pensare. Raccontò tutto quello che sapeva sui Mangiamorte e sui loro
spostamenti, i piani di Voldemort, la situazione al Ministero, le
circostanze a Hogwarts, i reclusi ad Azkaban, i movimenti dei membri
dell'Ordine sopravvissuti, la Commissione per il Censimento dei Nati
Babbani e la più ampia scena politica britannica. Le passò
addirittura i dettagli che aveva congetturato sul compito di Harry
Potter e i suoi attuali movimenti: Ana sapeva molto di più su alcune
cose di quanto Severus avesse immaginato.
“Se dovesse
rivelarsi necessario,” chiese lei quando la conversazione si
avviava verso la fine, “potresti contattare Hermione?”
La presenza dei
capelli di Hermione, imbottigliati al sicuro dentro ai suoi vestiti,
pesavano sulla coscienza di Severus mentre considerava la domanda. Il
ritratto di Phineas e il Deluminatore di Dumbledore gli vennero come
aiuto mentale. Annuì.
“Bene. L'hai
vista recentemente,” affermò Ana. “Come ti è sembrata?”
“Se... sembrava
stesse bene.” Severus fece momentaneamente una pausa, poi aggiunse.
“Dormiva, comunque, quindi non posso parlare per il suo stato
mentale.”
“Oh,” Ana alzò
la testa dalle sue note – un misto indecifrabile di lettere greche,
frammenti Aritmantici, numeri arabi e abbreviazioni. “È un
peccato. Immagino le sarebbe piaciuto parlare con te. In ogni caso,
grazie. Sei stato di grande aiuto.”
“Forse puoi
rispondere ad una domanda per me,” rispose Severus seguendo un
improvviso impulso e tirando fuori la foto incorniciata di Voldemort
dai vestiti. “Sai chi è questo?”
Ana prese la
cornice dalle mani, inclinandola verso di lei per vedere la foto più
chiaramente. Le sue sopracciglia scattarono verso l'alto. “Presumo
che la storia contemporanea non sia il tuo forte,” commentò.
Severus aggrottò
la fronte.
“Davvero,
Severus,” continuò Ana, scuotendo la testa con una finta
disperazione, “è Gellert Grindelwald.”
Grindelwald
– Albus – la Bacchetta di Sambuco. Le
sinapsi di Severus lavorarono
in fretta e con un sobbalzo
realizzò l'importanza della foto per
le
sue aspettative di vita. Se
il Signore Oscuro scopre che Dumbledore è finito per avere la
bacchetta, la mia vita potrebbe essere perduta. Malgrado
diversi bicchieri di vino, e due bicchierini
di liquore bruciante, riuscì a mantenere un'espressione educatamente
interessata.
“Davvero?”
Disse in modo secco. “Grazie.” Rimise la fotografia nella tasca e
si alzò per andarsene.
“Seriamente,
Severus,” disse Ana, facendo un gesto verso il taccuino, “grazie
per tutto questo. Potrebbe rivelarsi inestimabile. Se dovesse venirti
qualcos'altro in mente non esitare a scrivermi. Ana Sedenova – non
dimenticarlo.”
“Ho dei soldi,”
osservò, ignorando i suoi ringraziamenti e prendendo dalla tasca
degli Eurogaleoni.
“Lascia stare,
ho ordinato io e ho più che abbastanza Leva. Prenditi cura di te,
Severus: quest'anno orribile non è ancora finito.”
Incontrando il suo
sguardo, Severus lo resse per un lungo momento. “Prenditi cura
degli studenti,” rispose alla fine.
Ana sorrise.
Severus si avvolse
il mantello da viaggio intorno alle spalle e si diresse verso la
fredda notte della montagna. La neve aveva smesso di cadere, ma il
vento era sempre forte e Severus rabbrividì nei pochi secondi che
gli ci vollero per tirare fuori
la bacchetta e la Passaporta. Sbirciando
attraverso la finestra diede un'ultima occhiata all'interno,
dove Ana stava ridendo mentre pagava il barista, quindi
premette la bacchetta sull'avorio liscio del suo tagliacarte.
“Portus,”
mormorò, e con un violento colpo
nel centro del suo torso,
fu trascinato via.
*
Il Signore Oscuro
prese la notizia della morte di Zelenogorski con inaspettata
tranquillità: la buona posizione di Severus era ancora in piedi.
Come prova di ciò, avrebbe passato la maggior parte dell'ultima
settimana di vacanze osservando i festeggiamenti a Malfoy Manor.
Anche se trovò un maligno conforto nel fatto che Travers e Selwyn
fossero puniti per la loro incapacità di catturare Potter,
l'esperienza generale fu terribile.
Lucius era
imbronciato, Draco intimidito, Bellatrix maniacale come sempre,
Jocelyn, notò con dolore, era ancora la silenziosa e obbediente
bambina con occhi attenti che era stata nell'estate con la sua ex
madre. L'amichevole, insolente ragazza che aveva conosciuto l'anno
prima era stata sostituita dal questo nuovo modello di comportamento
Serpeverde. E visto che le sue vacanze a Malfoy Manor erano state
strutturate per colpire l'attenzione di Voldemort il meno possibile,
si era anche guadagnata una completa e tipica educazione
dell'infanzia purosangue: confinata nella stanza dei bambini e
accudita dagli elfi domestici.
Una volta, quando
Severus non c'era, il Signore Oscuro aveva chiesto d'incontrare la
nuova Malfoy. Secondo quello che Severus aveva sentito da Draco,
l'incontro era stato tranquillo: Jocelyn aveva tenuto gli occhi bassi
e la mente chiusa, aveva risposto educatamente alle domande di
Voldemort e lo stesso Signore Oscuro aveva mostrato l'ombra del
fascino che aveva avuto nella precedente incarnazione. Eppure a
Severus, l'idea stessa, faceva venire la pelle d'oca: voleva Jocelyn
al sicuro, lontana dal maniero e di nuovo ad Hogwarts.
Severus non
riusciva a sentirsi propriamente felice che il periodo scolastico
riprendesse, che i Carrow tornassero ad Hogwarts con un rinnovato
senso e scopo, con uno zelo completo verso le punizioni degli
studenti recalcitranti. Come se non fosse abbastanza brutto, Rita
Skeeter gli aveva spedito un inatteso regalo di Natale che consisteva
in una copia di La Vita e le Bugie di Albus Dumbledore,
firmata con un messaggio personale.
Caro Snapino,
aveva scritto nel risvolto con un aggressivo
inchiostro verde, penso che apprezzerai particolarmente il
capitolo diciotto!
Aveva sfogliato il
libro velocemente, in cerca del capitolo diciotto, con la pancia e i
denti serrati dalla furia e paura. Ecco: “Politica o Pedagogia? Il
Caso di Severus Snape.”
Ovviamente,
iniziava il capitolo, la propensione di Dumbledore verso
giovani uomini nei guai non s'interrompe con Grindelwald...
Aveva raccolto i
dettagli del suo omicidio preterintenzionale, ovviamente, e ogni
sordido dettaglio della sua giovinezza era a disposizione come un
pubblico dato di fatto: gli abusi di suo padre, la depressione di sua
madre, il proprio comportamento da ubriaco e il colpo che aveva
accidentalmente abbreviato la vita di suo padre. Il processo,
implicava, era manipolato, con l'innocenza di Severus in dubbio e il
suo perdono acquistato solo attraverso l'influenza di Dumbledore.
Aveva enfatizzato il rifiuto di Slughorn a parlare in sua difesa,
fatto la lista di ogni pettegolezzo sui suoi svaghi con le Arti
Oscure e ogni connessione con i membri della cerchia di Voldemort.
L'insieme era carico dell'implicazione che Severus avesse passato
buona parte della sua vita in ginocchio con la bocca intorno al pene
di Dumbledore.
Severus stava
tremando quando raggiunse la fine del capitolo. Buttando rudemente il
libro sul pavimento prese la bacchetta per distruggerlo. Solo allora
notò le foto. Due facce giovani e fresche lo fissavano da dove il
libro rimaneva aperto sul pavimento: Albus Dumbledore e Gellert
Grindelwald.
Il Signore
Oscuro lo avrà visto? Pensò, bloccato in posizione di duello,
con la bacchetta puntata al libro. No, ovviamente no. Il
Signore Oscuro era impegnato nell'est europeo, in cerca di risposte,
quando la verità poteva essere trovata vicino a casa.
Severus si abbassò
e prese il libro, passando una mano in modo riflessivo lungo la
rilegatura danneggiata. Non poteva distruggere ogni copia del libro
di Rita, il che voleva dire che presto o tardi il Signore Oscuro
avrebbe incrociato l'immagine. Meglio che la scoperta arrivasse dallo
stesso Severus. La cosa in sé poteva essere abbastanza per
assicurare la sua sopravvivenza.
“Tutto bene,
Severus?” Chiese il ritratto di Dumbledore, svegliato dal suo
sonnellino dalla violenza delle azioni di Severus.
Severus lo ignorò.
Per quanto posso tirarla per le lunghe?
“Severus?”
La preoccupazione
nella voce di Albus attirò Severus dalle sue elucubrazioni e alzò
la testa. “Niente d'importante, Albus. Stavo solo esprimendo il mio
apprezzamento per il nuovo libro di Rita.” Alzò la copertina così
che Albus potesse leggere.
La faccia del
ritratto cadde. “Ah.” L'uomo anziano esitò. “Che cosa dice?”
Chiese cercando, e fallendo, di avere un tono noncurante.
“Beh, Albus,”
rispose Severus, puntando ad ottenere una deliberata scortesia, “se
sei interessato posso sempre leggertelo.”
E, cosa abbastanza
divertente, lo fece. Il libro era lungo più di novecento pagine e
l'impresa gli occupò buona parte del periodo scolastico. L'ora circa
che trascorreva leggendo a Dumbledore, presto divenne il momento più
rilassante della giornata. Visto che la maggior parte del tempo era
passata a frenarsi per mantenere il controllo sui Carrow – che si
erano nominati responsabili per le punizioni di tutti gli studenti –
la “miglior” parte della giornata era puramente relativa.
Con sua sorpresa,
l'esperienza condivisa con il libro di Rita, lo portò a diverse
conversazioni rivelatrici. Dumbledore non negò nulla, contraddicendo
solo le conclusioni di Rita e non i fatti su cui si basava. Alla fine
del “L'Infanzia di Dumbledore”, Severus sentì di conoscere il
suo stravagante vecchio mentore molto meglio di quanto avesse fatto
prima. Avevano condiviso discussioni a proposito dell'attrazione del
potere, parlato degli errori di Dumbledore (chi lo sapeva che ne
avesse mai fatto uno!) e si erano sentiti legati dopo una discussione
sul blocco di Ariana.
“Allora è per
questo che ti sei comportato in modo così strano quando hai sentito
di Jocelyn?”
Albus abbassò la
testa per confermare.
“Ad essere
onesto,” rispose Severus, visto che i due uomini erano molto più
onesti l'uno verso l'altro di quanto non lo fossero stati durante la
vita di Albus, “pensavo che stessi mostrando segnali di senilità–”
Albus gli rivolse
un sorriso obliquo. “Chi può biasimarti?” Chiese. “Non c'erano
altre spiegazioni ovvie.”
A sé stesso,
Severus ammise che le chiacchierate con Dumbledore si erano rivelate
più preziose del sapere della sua morte imminente: fu solo a quel
punto che dovette smettere di rimandare e informare Voldemort
sull'identità del ladro sorridente. L'unico lato positivo,
sull'orribile nuvola nera, era la certezza che Voldemort avrebbe
considerato Severus come la vera minaccia. Finché Severus avesse
tenuto la bocca e la mente chiuse, il Signore Oscuro non avrebbe mai
sospettato Draco e quindi, anche nella morte, Severus poteva
mantenere la promessa fatta ad Albus e Narcissa.
*
*
*
------------------------------------------------
xX__Eli_Sev__Xx:
La questione della ciocca è molto romantica...ma se ci pensi
potrebbe avere dei risvolti che romantici non sono. Mi fermo qua che
sennò spoilero ;)
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Capitolo 14 *** Restoring Order ***
2x14
NdT:
un evviva a silviabella per la beta :)
14.
Restoring Order
Hermione era
turbata dal fatto che nessuno tranne lei, Snape e la Vector sembrasse
sapere del coinvolgimento di Viktor Krum nella lotta contro
Voldemort. Nel grande schema delle cose, era una delle faccende meno
importanti, eppure, mentre gennaio si avviava alla conclusione e lei,
Ron e Harry non erano vicini a nessuno dei loro
obbiettivi, la cosa le pesava sulla coscienza.
La
sua più grande preoccupazione era comunque Harry: il
Ragazzo-che-è-sopravvissuto faceva poco se non essere depresso e
avere negli occhi uno sguardo distante, ma fanatico, mentre si
soffermava sui Doni della Morte;
effettivamente, aveva mollato la ricerca degli Horcrux. Il nuovo
Harry era vagamente disturbante e Hermione non riusciva a non
pensare: quanto il suo interesse per
i Doni era alimentato
dalla sua personalità e quanto era guidato da quel poco di
lui che era una parte di Voldemort? Il suo Harry non era il tipo da
ignorare il consiglio di Dumbledore.
Ron, d'altro
canto, era un campione. Senza un pezzo di Signore Oscuro intorno al
collo, Ronald Weasley era un uomo nuovo. E va bene così,
riconobbe Hermione, visto che non ha né
la famigliarità di Harry con l'anima di Voldemort, né la mia
capacità con l'Occlumazia a proteggerlo.
Fin dal suo
ritorno, Ron era stato risolutamente allegro, impegnato a lavorare
instancabilmente su una lista di insediamenti di maghi in tutto il
paese e visitandone uno ogni volta. Non avevano avuto fortuna e
segretamente Hermione ammetteva che non era possibile averne. Se la
grotta e il lago erano un precedente significativo, Voldemort aveva
nascosto bene gli Horcrux – tre adolescenti non si sarebbero
semplicemente imbattuti in essi. Non stavano per trovare la coppa
d'oro di Tosca Tassorosso da qualche parte montata su un piedistallo,
non importava quanto lo volessero.
Un'ulteriore
preoccupazione era lo stato dei suoi calcoli Aritmantici. Hermione
era stata tagliata fuori dal mondo al di fuori della tenda per così
lungo tempo che molte equazioni si rifiutavano di risolversi: le
mancavano così tante informazioni necessarie che le possibili
predizioni da poter calcolare erano tanto vaghe da essere quasi
inutili. Senza di loro si sentiva persa. Voleva disperatamente poter
visitare l'ufficio della Vector, bere da una tazzina il suo caffè
greco amaro e pianificare i passi necessari in questa interminabile
guerra.
Pensare alla
Vector, ovviamente, le fece pensare
di nuovo a Viktor, il
che la riportava al
fatto che nessuno nell'Ordine sembrava sapere cosa facevano gli
altri. Hermione non era convinta che fosse la soluzione migliore.
Ancora una volta, rimuginò sulla poca manciata di
informazioni che Ron aveva portato indietro con sé.
Kingsley – con
le sue bustine da tè, il suo lavoro a Downing Street e la sua super
brillante cucina moderna – stava aiutando i Nati Babbani. Era anche
il più comprensivo a proposito della posizione di Hermione. Da
quello che diceva Ron, comunque, era in fuga... qualunque cosa
significasse. Poteva azzardarsi a contattarlo? Era una questione che
ponderò a lungo e intensamente. Dando per scontato che lui, come
loro, fosse continuamente in movimento, non poteva mandare un gufo. E
persino se avesse avuto il materiale necessario per un Incantesimo di
Tracciamento, non avrebbe funzionato particolarmente bene – avrebbe
dato alle sue azioni una pericolosa prevedibilità e probabilmente
condotto altri su Kingsley, insieme a lei. Un Patronus, invece, era
una distinta possibilità.
Un Patronus non
poteva essere né ingannato, né imitato – in più lui le aveva
detto di mandargliene uno se avesse avuto bisogno di aiuto. Doveva
solo trovare un modo per farlo senza che Harry o Ron notassero
cos'aveva in mente: Harry, nel suo attuale stato depressivo, avrebbe
condonato meno del solito un contatto con altri membri dell'Ordine.
“Vado a fare una
corsa,” annunciò all'intera tenda una mattina piovosa, durante gli
ultimi giorni di gennaio.
“Meglio tu che
io,” rispose Ron, sembrando dubbioso sulla sua sanità mentale.
“C'è un tempo abbastanza orribile là fuori.”
Hermione chiuse la
zip della giacca con un colpo secco e non rispose. Aggrottando
leggermente la fronte tra sé, uscì fuori.
Il tempo era, in
effetti, orribile: una pioggerellina persistente aveva reso scivolosi
i campi intorno alla loro attuale collocazione, ed Hermione prese una
strada lungo il recinto più vicino, verso una strada di ghiaia mal
tenuta. Corse abbastanza a lungo, così che fosse difficile per i
ragazzi rintracciarla, poi scelse un punto nella siepe
particolarmente cespuglioso per il piccolo riparo che offriva.
Aveva tenuto la
bacchetta fuori mentre correva e, una volta fermatasi, la mise in
uso: lanciò tutte le barriere protettive che aveva imparato da
Snape. Con un altro movimento della bacchetta deviò la pioggia
ancora di più e asciugò i vestiti da corsa come misura ulteriore.
Va bene
Granger. Falla finita. Brandendo
la bacchetta, esclamò a gran voce, “Expecto patronum!”
Un sottile filo di
fumo incorporeo uscì dalla bacchetta e sparì. Hermione si morse il
labbro inferiore per la frustrazione. Perché mi è così
difficile? Si domandò. Pensa a qualcosa di felice. Stringendo
gli occhi per la concentrazione, cercò un ricordo felice.
Non le venne
immediatamente in mente nulla ed Hermione iniziò a sentirsi un po'
disperata. Sentì la voce di Harry risuonarle nella testa, “È
l'unico incantesimo con cui abbia mai avuto problemi... Un vero
peccato, direi...” L'auto compatimento rischiò di
sopraffarla.
Ma aspetta! Ci sono
riuscita allora, ci sono riuscita al Ministero anche con l'Horcrux in
tasca! A che cosa diavolo
avevo pensato? La
risposta arrivò all'improvviso: Snape. Aveva pensato a Snape.
D'accordo
allora.
Turbata perché
non aveva parlato con lei, Hermione aveva evitato ogni pensiero
riguardante il suo sarcastico mentore. Ora, invece, aggrottando la
fronte per la sua stessa stupidità, pensò a lui nel modo più
concentrato che poté. Pensò alle lezioni nel suo ufficio e quelle
nella Stanza delle Necessità. Pensò ai momenti in cui le aveva
insegnato a usare le barriere, al suo aiuto nel modificare i ricordi
dei genitori, alle scuse che le aveva rivolto dopo il loro orribile
litigio. Pensò al bacio con la Felix Felicis.
Non tutti erano
esattamente pensieri felici. Ma erano... forti. Concentrandosi su di
loro, si sentì forte e fiera, protetta e potente. Si adagiò sulla
sensazione.
“Expecto
patronum!” Urlò e l'enorme forza argentata scaturì dalla sua
bacchetta. Socchiudendo gli occhi per la luminosità, le sembrò
all'inizio come se la lontra argentata fosse stata sostituita da un
animale più grosso. Quando gli occhi si adattarono, invece, capì
che era solo più grande e più luminosa di quanto non lo fosse mai
stata prima. Si sporse per toccarla e quella rotolò nell'aria,
mostrando la sua lunga pancia pelosa.
Mentre accarezzava
il Patronus le scappò un inaspettato gorgoglio di risate.
“Puoi portare un
messaggio?” Chiese.
La lontra si
rimise dritta e girò intorno a
lei con una lenta capriola. La guardò attentamente.
“Ho bisogno che
trovi Kingsley Shacklebolt e gli consegni il seguente messaggio: Sono
Hermione Granger. Stiamo bene tutti e tre. Ho un'informazione che
penso possa servirti. Se conosci un modo migliore per comunicare, o
un posto sicuro in cui incontrarci, fammelo sapere. Per favore,
rispondi nella mezzora che segue, altrimenti aspetta un altro
messaggio.”
Il Patronus sembrò
capire che aveva finito. Dopo un ultimo salto, ed essersi avvolto
intorno alle sue gambe, sparì alla vista. Hermione fece apparire una
sedia e si mise ad aspettare.
Non fu lasciata ad
attendere a lungo. Meno di quindici minuti dopo una striscia argentea
volò dalle nuvole grigie del cielo di gennaio del Devonshire,
diventando la lince di Kingsley.
Le parlò con il
caratteristico tono di lui, “Il quartier generale dell'Ordine
della Fenice si trova al numero 12 di Grimmauld Place.”
Hermione fu
colpita e aprì la bocca per protestare, ma il Patronus non aveva
finito.
“Prima che tu
vada nel panico, Hermione, lascia che ti rassicuri sul
fatto che abbiamo messo un nuovo Incanto Fidelio sulla palazzina e io
ne sono il Custode Segreto. La casa è più al sicuro che mai. Vieni
quando vuoi – anche se devo avvisarti di Materializzarti sulla
porta posteriore perché i Mangiamorte stanno spesso a controllare la
piazza.” Quando ebbe finito di parlare, la lince sparì.
Per diversi
secondi, Hermione rimase immobile, con la bocca ancora aperta dal suo
impulso d'interrompere.
Il Patronus era
vero, di questo era certa. Il che significava, senza dubbio alcuno,
che Kingsley aveva ricevuto il messaggio e aveva risposto lui stesso.
Così, davvero, restava una solo domanda: si fidava abbastanza da
andare a visitare di nuovo Grimmauld Place?
Si fidava? Sì.
Accesa dalla certezza lanciò un secondo Patronus: questa volta fu
più facile. “Di' a Kingsley che verrò domani o il giorno dopo,
verso quest'ora.”
La lontra fece un
saltello brillante e sparì lontano. Solo leggermente in ansia,
Hermione rimosse le barriere e corse indietro verso la tenda sotto la
pioggia.
*
La mattina
successiva, Hermione andò di nuovo a “correre”. Questa volta
fece attenzione a mettere più distanza tra sé e la tenda, prima di
fermarsi. Voleva essere assolutamente sicura che né Ron né Harry
potessero sentire il suono eloquente della Smaterializzazione. Dopo
una breve pausa per riprendere fiato, Hermione sparì nel nulla,
Materializzandosi davanti alla porta posteriore del numero dodici di
Grimmauld Place.
Il tetro cortile
sembrava lo stesso di sempre e la porta si aprì – come al solito –
al tocco della bacchetta. Facendosi forza, la spalancò ed entrò
nella cucina. Non aveva escluso la possibilità che potesse essere
una trappola.
Kingsley era lì,
insieme ad una mezza dozzina di altre persone che non riusciva a
riconoscere. Erano seduti al tavolo da cucina e un ragazzo stava
lavando i piatti nel lavandino, con entrambe le braccia immerse fino
ai gomiti nella schiuma. Al suo arrivo alzarono tutti la testa.
“Hermione!”
Esclamò Kingsley con un reale calore, alzandosi in piedi.
Hermione aveva la
bacchetta puntata contro di lui, tuttavia, e fallì nel rispondere
gentilmente.
“Nessuno si
muova!” Comandò. “Svelto, Kingsley, quale battuta hai fatto
prima che cavalcassimo insieme il Thestral?”
Per un momento la
fronte di Kingsley si aggrottò per la concentrazione, poi
gli angoli
degli occhi s'incresparono e sorrise. “Se ricordo
correttamente,” disse con voce strascicata, “ho fatto un commento
su quanto apprezzassi il tuo fisico piuttosto mascolino.”
Hermione si
rilassò leggermente, ma non abbassò la bacchetta. “Lancia un
Patronus,” comandò.
Kingsley
ottemperò, mandando la sua aggraziata lince in giro per la stanza.
“Come membro dell'Ordine, Hermione” commentò sarcasticamente,
“elogio la tua minuziosità. Come tuo amico, invece, credo sia il
momento che tu mi abbracci.”
Stese le braccia
in avanti e, con un piccolo sorriso al suo imperturbabile buon umore,
Hermione attraversò la stanza gettandosi dentro il suo abbraccio.
Un leggero
mormorio di chiacchiericcio e risate si sollevò mentre quelli
intorno a loro si rilassavano e iniziavano a parlare.
“Tutto bene?”
Chiese lui piano, stringendola forte contro la sua figura corpulenta.
“Io – sì. Va
tutto bene.” Hermione lasciò andare un enorme sospiro.
“Anno duro?”
“Già, puoi
dirlo forte.” Lei rise e si tirò indietro, passandosi la mano
libera fra i capelli.
“Va bene,
gente,” indicò Kingsley, facendo un gesto verso gli altri
occupanti della stanza e poi verso la porta, “cambiate aria:
Hermione e io abbiamo solo poco tempo.”
Le tre donne e i
due uomini uscirono obbedienti. Diversi lanciarono occhiate curiose a
Hermione e il ragazzo del lavandino insistette per stringerle la mano
in un'entusiasta, e molto bagnata, stretta.
“Signorina
Granger,” disse entusiasta, “sono molto, molto fiero di fare la
tua conoscenza!”
“Tazza di tè?”
Chiese Kingsley una volta che i due furono rimasti finalmente soli.
“Ne faccio una teiera.”
“Grazie,”
Hermione si sedette al tavolo e diede un'occhiata in giro. A parte
l'inaspettata compagnia, la stanza era cambiata poco da quando
l'aveva vista l'ultima volta, c'era ancora persino la pila di
giornali sparsi alla fine del tavolo. Mentre lei e i ragazzi avevano
usato lo spazio per tenere gli appunti sul Ministero, ora invece
c'era ammassata una varietà di documenti.
“Chi erano
quelle persone?” Chiese lei curiosamente, mentre Kingsley tirava
fuori delle tazze dalla credenza della cucina.
“Nati Babbani,
prevalentemente. Da quando abbiamo rioccupato Grimmauld Place, e
fatto nuovamente l'Incanto Fidelio, abbiamo ripreso a usarlo come
quartier generale.”
“Cos'è successo
alla casa?” Chiese lei. “Ce
ne siamo andati perché Yaxley è riuscito ad avere un passaggio
attraverso gli incantesimi protettivi afferrandomi il braccio mentre
mi Smaterializzavo.”
Kingsley
ridacchiò. “Sfortunatamente per lui,” rispose,
aggiungendo le foglie di tè nella teiera calda, “Yaxley è
arrivato direttamente dentro prima che potesse portare i suoi amici.
Kreacher ha capito abbastanza in fretta che non era arrivato come
ospite di 'Padron Harry'. Gli elfi domestici hanno un certo potere
quando c'è da difendere le loro case: Kreacher lo ha Obliviato ed
espulso dall'edificio.”
Se solo lo
avessimo saputo! Per un desolato momento, Hermione
si permise di indugiare
sulla mancata
opportunità di rimanere in una casa e mangiare del cibo vero.
“Dov'è Kreacher adesso?” Chiese.
“È a Hogwarts.
Viene più o meno a distanza di un paio di giorni, pulisce il posto,
fa qualche torta di melassa. Sarà dispiaciuto di averti mancato:
chiede sempre se ci sono notizie del Padrone e dei suoi piccoli
amici.” Kingsley riempì la teiera con l'acqua bollente e la fece
levitare sul tavolo, insieme ad un paio di tazze. “Il Primo
Ministro ha in mente di far saltare in aria Voldemort. Cosa ne
pensi?”
Hermione fissò
Kingsley per diversi secondi con la bocca aperta. “Lui cosa?”
Kingsley si passò
una mano sulla testa pelata e fece una smorfia. “Mi par di capire
che non lo vedi come un buon suggerimento, allora?”
“N – no! Ovvio
che no.” Molto più calma aggiunse. “Se provate ad ucciderlo
adesso non morirebbe, nel vero senso della cosa. Sarebbe come
l'ultima volta e alla fine tornerebbe. Dobbiamo essere certi che
quando lo uccideremo, sarà per davvero.”
“Mi hai
convinto, Hermione, e farò in modo di convincere anche il Primo
Ministro.” Kingsley sollevò una mano. “So che qualunque cosa tu
e Harry stiate facendo, è per essere sicuri che Voldemort muoia
davvero. E puoi essere certa che non ti chiederò ulteriori dettagli.
Fammi solo sapere come posso aiutare.”
“In realtà sono
venuta per darti qualche informazione,” rispose Hermione. “Viktor
Krum sta lavorando per l'Ordine.”
“Lui – cosa?”
Era chiaramente una novità per Kingsley.
“Ho organizzato
la cosa l'anno scorso, dietro istruzioni di Dumbledore.” Hermione
non pensò che inserire Snape nella storia potesse rivelarsi
produttivo. “Il piano era di contrabbandare i Nati Babbani fuori
dal paese usando delle Passaporte attivabili tramite voce. Non ho
contatti con lui da quando Harry, Ron e io siamo in fuga, ma dalla
breve conversazione che ho avuto con Viktor al matrimonio di Bill e
Fleur, so che il piano era in atto già da allora.”
“Hermione!
Queste sono notizie eccellenti... ci sono state così tante
sparizioni inspiegabili. Se anche una minima parte di loro risulta
essere con Krum, allora dobbiamo esserne grati! Come posso–”
Hermione anticipò
la domanda. “Manda solo un gufo a Torvik Murk, Bulgaria,” gli
disse. Facendo apparire un pezzo di pergamena scrisse il nome. Come
un ripensamento, scrisse una nota per Viktor:
Caro Viktor,
puoi fidarti di Kinglsey Shacklebolt – lavora per l'Ordine. Baci,
Hermione.
Il compito
successivo di Hermione fu quello di tirar fuori più informazioni
possibile da Kingsley prima di tornare dai ragazzi. In questo modo
poteva aggiornare i calcoli Aritmantici e forse cavar fuori cosa fare
dopo. Prese un profondo respiro, poi fece una pausa, incerta da dove
iniziare.
“Ehm, Kingsley?”
“Sì?”
“Cos'è tutto
questo?” Fece un gesto verso la pila di appunti e documenti sparsi
alla fine del tavolo.
Kingsley fece una
smorfia. “Senza offesa, Hermione, ma come non farò domande sui
dettagli di cosa tu, Ron ed Harry state facendo, credo sia bene che
tu non sappia cosa noi stiamo facendo.”
Hermione trattenne
i lamenti e le proteste che le saltarono alle labbra. Con il cuore
che batteva e la mente che ronzava, si attaccò al sollievo
dell'unica soluzione a cui riuscì a pensare che non comportava di
discutere con Kingsley.
“Bene,”
rispose, guardandolo intensamente, “ma c'è qualcos'altro: a un
certo punto la professoressa Vector stava pianificando di scappare in
Europa con l'aiuto di Viktor. Non so quanto tu sappia in proposito,
ma era solita lavorare per Dumbledore come Aritmante dell'Ordine. Se
puoi entrare in contatto con lei e convincerla ad aiutare ancora una
volta, potrebbe fare la differenza.”
Kingsley annuì
vigorosamente. Era acceso d'eccitazione per l'informazione ricevuta e
tamburellò le dita contro il piano del tavolo. “Pensavamo fosse
stata uccisa. Ti fidi di lei, vero?”
“Assolutamente,”
rispose Hermione. “Se puoi trovarla, dille tutto. Più dettagli ha,
più accurati saranno i suoi calcoli.” Hermione sperava solo
che funzionasse e quindi di
riuscire a capire come
contattare la Vector più avanti e aggiornare la matrice.
Finì il resto del
tè e si alzò in piedi. “Dovrei andare prima che i ragazzi si
preoccupino. Non dire a nessuno che mi hai visto.”
Kingsley giurò
che le sue labbra erano sigillate e lei fece la sua promessa di
contattarlo se avesse avuto bisogno di qualcos'altro.
Sfortunatamente, le cose di cui ho bisogno, pensò in modo
afflitto, sono fuori dal controllo di chiunque. Eppure, mentre
Hermione si preparava a Materializzarsi verso i ragazzi, si sentì
più positiva di quanto non lo fosse stata in tanto tempo.
*
Mentre
febbraio passava e le giornate sfumavano verso marzo, la situazione
di Hermione rimaneva invariata: Harry continuava ad essere
ossessionato dai Doni e lei e Ron continuavano a cercare gli Horcrux
in ogni angolo più improbabile. In diverse occasioni, Hermione fu
tentata di far di nuovo visita a Kingsley, ma il pensiero che potesse
succedere qualcosa a Harry, mentre non c'era per poterlo salvare, la
teneva vicina a casa. Prendersi del tempo per andare a correre era
abbastanza difficile con le parole di Dumbledore che le
riecheggiavano nel cervello: “... la
tua missione è di mantenere Harry vivo.”
Con
marzo quasi finito, il loro itinerario deliberatamente imprevedibile
consentì al trio delle occasionali giornate di bel tempo.
Approfittando di alcune ore di pallido sole, Hermione si concesse il
lusso di correre per quasi un'ora. Descrivendo un lungo cerchio
intorno alla tenda corse tenendo i ragazzi a distanza di orecchio.
Mentre correva, sognava ad occhi aperti l'opportunità di correre
senza preoccuparsi, percorrere una linea dritta da qualche parte
senza pensare a Mangiamorte, o Voldemort, o di come distruggere un
Horcrux senza uccidere il suo portatore umano. Come sempre, la corsa
l'aiutò a schiarirsi le idee mentre sfiancava il suo corpo: a
rasserenarsi
mentre si stancava.
Quando tornò alla
tenda trovò Ron seduto al tavolo da solo.
“Dov'è Harry?”
Chiese automaticamente.
“Fuori per una
passeggiata.”
“Sta bene?”
L'ansia si risvegliò immediatamente.
“Sì, è solo di
malumore. È uscito solo dieci minuti fa: non andrà lontano.”
“Va bene.”
Hermione affondò nella sedia opposta a Ron. Sembrava abbastanza di
malumore anche lui. “Stai bene?” Chiese.
“Sì. Stavo solo
pensando.” Ron diede un colpetto a una scheggia sul bordo del
tavolo e aggrottò la fronte.
“Credo bene che
sembri così messo male: devi iniziare piano e aumentare man mano che
vai avanti.”
“Ah, ah.” Non
era veramente divertente, ma Ron le fece un sorriso con riluttanza
“Stavo pensando a chiunque ci abbia lasciato la spada.”
Questo era uno
degli argomenti preferiti di Ron. “Seriamente, Ron, non puoi ancora
pensare che sia stato Hagrid! Te l'ho detto l'ultima volta che
persino se avesse avuto sotto mano una vera bacchetta, e conoscesse
abbastanza magia da lanciare l'incantesimo, non riesco ad immaginare
il suo Patronus come qualcosa con così pochi denti!”
“Va bene, va
bene. Quindi non Hagrid. Hai mai pensato...” S'interruppe e fece
una smorfia prima di continuare. “Questo sembrerà veramente
stupido.”
“Più stupido di
Hagrid?” Chiese Hermione in modo impertinente, ma malgrado il suo
tono era interessata. Ron aveva considerato quasi ogni possibilità,
eccetto la verità: lei aveva giocato il ruolo di quella che spara
sui suoi suggerimenti con disdegno.
“Beh... forse.”
Ron fece un profondo respiro. “Non prenderla nel modo sbagliato, ma
c'è qualcuno che avrebbe avuto accesso alla spada, qualcuno che
poteva sicuramente lanciare un Patronus, qualcuno che non abbiamo
realmente considerato.”
“Chi?”
Hermione era mortalmente seria adesso. Si rese conto di aver
afferrato i bordi del tavolo. “Ron, chi?”
“Snape!”
Esclamò alla fine, tirando indietro le mani mentre lo diceva, così
da distanziarsi dall'idea in sé. “Voglio dire, è un coglione, lo
è sempre stato, ma ha mandato Ginny in punizione con Hagrid! Doveva
saperlo che non sarebbe stata granché come punizione e poteva
spedirla ad Azkaban come hanno fatto con Luna. In più, è come se
non avesse neanche mai detto a Tu-Sai-Chi del quartier generale!”
Ron guardò
Hermione con aspettativa. Alla sua dichiarazione, il sollievo che
l'aveva attraversata era una forza così palpabile e potente che si
sentì debole per l'adrenalina. Aprì la bocca per parlare, ma non ne
uscì nulla.
Le spalle di Ron
caddero. “Te l'ho detto che era stupido. Dimentica quello che ho
detto.”
“No! Voglio
dire, sono d'accordo. Ho ragionato su Snape per tanto tempo.”
Il viso di Ron
s'illuminò ed Hermione sentì un improvviso calore accendersi nel
petto. Se il tavolo non li avesse separati, lo avrebbe abbracciato.
Invece si sporse e gli afferrò la mano. “Le cose non tornerebbero
altrimenti,” commentò.
“Già.” Ron
annuì, sembrando pensieroso e afferrando stretta la mano di lei. “E
a proposito di Dumbledore allora? Harry...” S'interruppe ancora una
volta.
“Sai, Ron,”
rispose Hermione. “Non dubito di quello che Harry ha visto in cima
alle Torre di Astronomia, ma non riesco a togliermi l'idea che
Dumbledore non sembrasse proprio al meglio negli ultimi mesi di vita.
Non sono sicura che conosciamo l'intera storia.”
Gli occhi di Ron
si allargarono. “Ma... vorrebbe dire... pensi che l'abbiano
pianificato?”
“Io...”
Hermione all'improvviso andò nel panico, temendo di essersi spinta
troppo in là. “Non lo so. Non so cosa pensare. Credo solo che non
conosciamo l'intera storia.” Ron annuì mentre parlava. “Non
dirlo a Harry!” Aggiunse con urgenza.
“Nah, non riesco
a vedermelo prenderla bene.
Hermione si
rilassò e sorrise al suo amico. Gentilmente tirò fuori la mano
dalla sua stretta. “Andrò a farmi una doccia,” affermò,
passandosi una mano dietro al collo e tirando via i capelli da dove
si erano appiccicati per il sudore.
“Era ora.”
“Ah, ah.”
Erano passate due
settimane da quando Ron era finalmente riuscito a trovare Radio
Potter.
*
*
*
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severus89: Ti
ringrazio a nome dell'autrice e benvenuta :))
|
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Capitolo 15 *** Passing Information ***
2x15
NdT:
Ringrazio come sempre silviabella per la beta...e grangerous per
questo meraviglioso capitolo, uno tra i miei preferiti :))
Anne
London
15.
Passing
Information
Severus
si stava dirigendo verso la Guferia, con una lettera cifrata ricca
d'informazioni per Anastasia Vector-in-realtà-Sedenova, protetta e
messa al sicuro in una delle sue tante tasche interne. Aveva
organizzato la passeggiata nei corridoi durante l'intervallo tra le
lezioni, cosa che gli dava l'opportunità di dare un'occhiata agli
studenti affidatigli, mentre allontanava i sospetti sulla sua
attività.
In
confronto agli anni precedenti, i corridoi erano silenziosi.
L'esclusione degli studenti Nati Babbani aveva tagliato le iscrizioni
di quasi un quinto e il piccolo numero di ex studenti che prima si
preparava da casa aveva fatto
poco per aumentarne il numero. Ancora più acuto era il
sentimento generale: i bambini non si divertivano più. Gli studenti
si spostavano di classe in classe in gruppi stretti. I prefetti
controllavano gruppi di studenti più piccoli, proteggendoli da un
punto all'altro. Tutti tenevano d'occhio i Carrow o altri pericoli:
mentre Severus passava, abbassavano la testa, non volendo incontrare
il suo sguardo.
C'erano,
ovviamente delle eccezioni – bulli di tutte e quattro le case
avevano ora una nuova spavalderia nella loro camminata, sotto la
tutela delle attente istruzioni dei Carrow. La maggior parte di loro,
cosa deludente, erano i nuovi prepotenti saltati fuori tra i suoi
Serpeverde, anche se lì, almeno, avevano delle scuse: studenti che
venivano evitati ed erano stati presi in giro per anni, avevano
trovato ora un nuovo senso d'autorità. Severus si era rifiutato di
rassegnare la sua posizione di Capo Casa, ma non aveva avuto
l'opportunità di passare abbastanza tempo dietro ai suoi Serpeverde
come avrebbe preferito. Il suo rifiuto aveva, comunque, prevenuto che
uno dei Carrow prendesse il suo posto. In ogni caso, davano agli
studenti con le cravatte verdi dei privilegi automatici e gonfiavano
i voti. Proprio il giorno prima, la cosa aveva fatto lamentare
Minerva a gran voce.
Girando
l'angolo del corridoio del terzo piano, con il suo solito mantello
che si gonfiava, Severus arrivò a scontrarsi per un pelo con Tracey
Davis. Lei si fermò, sorpresa, e si tirò indietro.
“Buon
pomeriggio, Preside,” disse educatamente, abbassando la testa con
deferenza.
“Signorina
Davis,” rispose, con la lettera per la Vector improvvisamente
pesante nella tasca, mentre notava la paura che traspariva dal corpo
della Davis. Il sentimento era così forte che poteva leggere le sue
emozioni persino senza contatto visivo. “Dev'essere strano per te,”
aggiunse all'improvviso, “fare i M.A.G.O. senza Aritmanzia.”
Visto
che l'Aritmanzia era stata proibita – come ogni studente del
settimo anno di Serpeverde sapeva – dal Signore Oscuro, era
un'affermazione pesante e Severus poteva sentirla nel panico e in
cerca della cosa giusta da dire. Con sua sorpresa, lei optò per un
insolito seppure intelligente approccio diretto e, in linea con la
caratteristica abitudine Serpeverde, puntò alla verità.
“Spero
non si sia offeso, signore,” balbettò, “per il mio tentativo di
togliere la maledizione, l'anno scorso. Avevo in mente solo i suoi
interessi.”
“Lo
so, questo,” rispose Severus. È stata preoccupata per tutto
questo tempo che potessi rivelare la sua indifferenza alla causa del
Signore Oscuro? Quanto si sbaglia. “I Serpeverde si aiutano tra
loro.”
Lei
si rilassò leggermente alle famigliari parole e si azzardò perfino,
per un secondo, a sollevare gli occhi per guardarlo in faccia. Fu
abbastanza perché Severus notasse il graffio sulla guancia e allungò
una mano per sollevarle di nuovo il viso.
“Cos'è
successo?” Chiese con una voce che non tollerava disobbedienza.
“Sono”
–deglutì– “Sono caduta.”
“Qualcuno
ti ha fatto cadere,” corresse. La sua rabbia, che si risvegliava
continuamente in quei giorni, iniziò a ribollire.
Solo
il Dumbledore's Army avrebbe fatto cadere in trappola una Serpeverde
del settimo anno. Nessun dubbio sul fatto che gli arroganti cretini
avevano aspettato di sorprendere qualcuno da solo e, nel processo,
avevano teso un'imboscata alla giovane donna che era ora in piedi
davanti a lui. La sua riluttanza a denunciarli persino adesso era la
prova di cui aveva bisogno per essere certo che le sue simpatie
andavano ai ribelli, e non ai Mangiamorte. Ancora una volta i
Grifondoro erano troppo accecati dai pregiudizi fra Case per
riconoscere i loro potenziali alleati.
“Va'
in Infermeria,” le ordinò: la Davis sembrò sollevata dalla
sospensione di ulteriori domande e si affrettò a fare come gli era
stato ordinato.
Una
volta che la Davis fu sparita dietro l'angolo, Severus fece apparire
un pezzo di pergamena e, toccandolo con la punta della bacchetta, lo
trasfigurò nell'orario di lezione di Neville Longbottom.
Trasfigurazione, notò con irritazione, la lettera
momentaneamente dimenticata.
La
lezione era in corso, nel momento in cui attraversò il castello per
apparire alla porta di Minerva. La aprì con un colpo.
Il
rumore e il suo arrivo inaspettato catturarono l'attenzione di tutti
i presenti.
“Severus
Snape!” Esclamò Minerva. “Cosa significa tutto questo?”
“Longbottom,”
ringhiò, ignorandola, “due parole nel corridoio, adesso!”
“Assolutamente
no!” Urlò Minerva oltraggiata, con le mani sui fianchi.
“Risiediti, Neville. Questa è la mia classe, Snape, e i miei
studenti hanno del lavoro da fare. Puoi parlare con il signor
Longbottom nei tuoi orari.”
“Temo,
Minerva,” sogghignò Severus, “che persino qui la mia autorità
prevalga sulla tua.” Tirando fuori la bacchetta, sollevò
Longbottom dalla sedia e lo spinse fuori dalla stanza. Si girò sui
tacchi, lasciando che la toga svolazzasse dietro di lui e se ne andò,
lasciando Minerva a farfugliare dietro di lui.
Longbottom
era stato spinto contro la finestra all'estremità del corridoio
dalla forza della Fattura a Propulsione
di Severus. Colse l'opportunità di sovrastarlo.
“Signor
Longbottom,” iniziò, ma non andò avanti, essendo interrotto dalla
riapparizione di Minerva.
“Preside
Snape,” sibilò con giusta rabbia. “Non permetto che gli studenti
siano minacciati durante le mie lezioni!”
“Professoressa
McGonagall,” rispose, mettendo nel nome più veleno possibile. “Ti
suggerisco di controllare gli studenti che ti rimangono: non credo tu
voglia venir meno ai tuoi doveri. Longbottom,” continuò,
girandosi, “nel mio ufficio, adesso!”
Una
volta là, mise Longbottom a scrivere frasi – con una penna
oltremodo ordinaria: “I miei puerili tentativi di fare l'eroe non
fanno altro che mettere in pericolo i miei amici e i miei compagni.”
Sfortunatamente,
a giudicare dai precedenti,
sembrava difficile che l'idiota arrivasse a comprendere il punto,
persino con una tattica così spudoratamente esplicita.
*
Dopo
aver consegnato in sicurezza la spada di Grifondoro a Harry Potter,
Severus sapeva che la distruzione degli Horcrux di Voldemort doveva
essere – finalmente – in corso. Di conseguenza, Severus aveva
iniziato a pensare a come portare a termine l'onerosa operazione del
convincere Harry a dar via la sua vita.
Se
avesse avuto occasione di confrontarsi direttamente con il ragazzo,
immaginava che la faccenda si sarebbe rivelata molto semplice: era
sempre stato facile trascinarlo in una discussione e alcuni
rimproveri ben scelti potevano fare al caso suo.
E
se invece non ne avesse avuto l'opportunità? Trovare il ragazzo al
momento giusto sarebbe stato abbastanza difficile – anche se non
impossibile ora che si era assicurato un campione dei capelli della
Granger – ma trasmettere uno specifico e complicato messaggio
sarebbe stato comunque difficoltoso.
In
una tale situazione, decise, Granger doveva essere la chiave. Lei, lo
sapeva, si sarebbe fidata di lui. Gli avrebbe creduto. Il trucco
sarebbe stato portare prove abbastanza convincenti così che Harry,
di rimando, le avrebbe creduto – e
avrebbe creduto anche che lei non fosse stata ingannata.
Un
Patronus era una distinta possibilità. Poteva dettare il messaggio e
mandarlo da lei. Il suo Patronus poteva trovare Potter in ogni
momento e, visto che la strana, eterea creatura non poteva mentire,
il figlio arrogante ed esasperante di Lily non avrebbe avuto ragione
per dubitare di lui. In più, la cerva aveva realmente dimostrato la
sua valenza nel recapitare la spada.
Eppure,
l'unica volta in cui Severus ne aveva parlato con Dumbledore, il
ritratto era stato insistente in modo irritante sul fatto che lo
facesse di persona, proibendo l'idea del Patronus.
Perché?
Pensò
Severus. Ha
erroneamente immaginato che Potter ed io potremmo riconciliarci? Che
conoscere il suo incombente e necessario sacrificio potrebbe aiutarlo
a vedere attraverso i miei inganni? Grugnì
al pensiero. Col cavolo che è possibile.
Ovviamente,
poteva sempre lanciare un Patronus con Potter presente. Questo
avrebbe potuto catturare a sufficienza la sua attenzione, così che
il ragazzo potesse ascoltarlo – anche se fare così sarebbe
richiesto altrettanto tempo che un confronto e in quel caso avrebbe
fatto meglio ad affidarsi a perfide derisioni. Era più probabile che
Potter avrebbe creduto alle sue parole, se non avesse dovuto
completamente riassestare l'impressione che aveva di Severus Snape,
cattivo Mangiamorte.
Legilimanzia,
decise Severus alla fine. Se non avesse avuto l'opportunità di
provocare Potter con lo spettro del suo inevitabile futuro, e
l'orribile destino a cui il persistere della sua sopravvivenza poteva
consegnare il mondo, avrebbe potuto scambiare i ricordi e le
informazioni pertinenti con la Granger. Se avesse
preparato i ricordi in precedenza, consegnarli sarebbe stato un
lavoro di pochi secondi e contatto visivo; nel peggiore delle ipotesi
poteva
semplicemente riversarli fuori.
Senza problemi, Severus poteva contare sulla Granger perché
abbassasse le difese a richiesta o radunasse le stringhe di ricordi;
poteva anche esser sicuro che lei avrebbe saputo cosa fare con
l'informazione una volta avuta. Rimaneva sempre la domanda, tuttavia,
su quanti dettagli di antefatto avrebbe avuto bisogno per convincere
Potter.
Con
questo in mente, Severus passò diverse lunghe sessioni curvo sul
Pensatoio di Albus, costruendo un racconto molto editato dei ricordi
che avrebbero, per sua opinione, convinto meglio Potter. Fece anche
particolare attenzione che nessun dettaglio dei suoi sentimenti
più-che-professionali per la Granger fossero evidenti. Chi poteva
prevedere quanto disgusto poteva causarle l'idea? Chi poteva
garantire che non sarebbe stato abbastanza per fargli trascurare la
parte vitale dell'informazione? Inoltre era meglio, alla fine, se
pensava a lui come a un nobile innamorato o un amico attento –
molto meglio del vecchio raccapricciante.
*
Una
sera, quando mancavano solo poche settimane alle vacanze di Pasqua,
Severus sedeva nel suo ufficio e conversava con Dumbledore. Aveva la
sua copia del libro di Rita, ma giaceva aperta sul grembo, senza
essere toccata.
“Non
hanno idea dei rischi che stanno correndo!” Esclamò. Severus si
controllò dall'urgenza di alzarsi di nuovo e camminare lungo la
stanza, ma Dumbledore gli aveva appena detto di sedersi.
“Sanno
cosa stanno facendo, Severus: hanno tutto il diritto di partecipare,”
rispose Dumbledore calmo.
Severus
ringhiò per la frustrazione e lanciò La Vita e le Bugie di Albus
Dumbledore sulla scrivania con un violento colpo. Dumbledore fece
una smorfia. “Il diritto?” Chiese. “Sono bambini! E pensano che
se si chiamano 'esercito' e agiscono come gang di canaglie del ghetto
possano vincere una guerra contro il più pericoloso mago oscuro del
secolo! L'intera situazione è ridicola in modo evidente.”
“Calmati
Severus. Hai solo bisogno di usare la situazione a tuo vantaggio.”
“Calmarmi?”
Farfugliò.
“Andiamo,
devi ammettere che il Dumbledore's Army è un'utile distrazione. Ogni
volta che richiamano l'attenzione dei Carrow sulle loro azioni, altri
studenti camminano più sicuri.”
“Sciocchezze,
Albus! La tua logica è pretestuosa. Ti comporti come se i Carrow
avessero una controllata quota
di aggressività da distribuire ogni giorno. In realtà,
quegli idioti di studenti incitano la loro collera fino a livelli mai
immaginati!”
“Rimango
dell'idea che tu sia esagerando, Severus!” Dumbledore fece una
pausa e si portò due dita alla radice del naso. “Stai facendo un
lavoro eccellente, lo sai. Dovresti essere fiero di te.”
“Chiedo
scusa? Tu non hai visto in che stato era Micheal Corner dopo che i
Carrow avevano finito con lui! Lo hanno picchiato! Lo hanno reso
incosciente e sbattuto il suo corpo ripetutamente contro le pietre
del corridoio! Quando l'ho portato in Infermeria pensavo che Poppy
stesse per farmi a pezzetti e lasciare che venissi dilaniato dalle
bestie selvagge della Foresta–”
Severus
s'interruppe all'improvviso. Grazie al suo collegamento con le
barriere, sentì qualcuno passare oltre il gargoyle e salire le scale
mobili del suo ufficio. Muovendosi in fretta, nascose la copia del
libro di Rita nella mensola superiore della sua scrivania e tirò a
sé la pila più vicina di carte amministrative. Nel momento in cui
risuonarono i colpi alla porta, aveva una piuma in mano e un ghigno
plastificato sul viso.
“Avanti,”
disse.
“Buonasera,”
commentò Hooch mentre apriva la porta. Chiudendola dietro di sé si
diresse verso la sedia dalla parte opposta della scrivania. Lì si
sedette comoda, allacciando le dita sullo stomaco e appoggiando i
piedi sulla scrivania.
La
totale famigliarità del suo atteggiamento attraversò Severus come
un coltello caldo nella carne. Chiaramente, il
piacere della novità di picchiarlo e ignorarlo era svanito:
ora aveva deciso di sbattergli in faccia il ricordo della loro
precedente amicizia.
“Tira
giù i tuoi piedi sporchi dalla mia scrivania,” ringhiò con le
labbra arricciate sui denti gialli, con una rabbia appena
controllata.
“Mio
Dio, Snape, per qualcuno la cui porta dovrebbe essere sempre aperta
stai facendo ben poca cosa per accogliere il tuo unico ospite.” Non
aveva spostato i piedi.
Severus
sbatté la piuma abbastanza malamente nel suo supporto del calamaio
d'acciaio e incrociò le braccia. “Che cosa vuoi, Hooch?” Chiese.
“Fa' in fretta e vattene.”
“Mi
sembra,” rispose in tono colloquiale, “che tu spenda un'enorme
quantità di energie nel proteggere le persone. ”
Ci
volle tutto l'addestramento di Severus per tenere il viso
impassibile. Lo stomaco sembrava diventato di ghiaccio. Dopo un lungo
momento riuscì a rispondere. “Non
sai di cosa stai parlando.”
Hooch
sollevò le sopracciglia – non aveva mai imparato l'arte di
sollevarne solo uno. “Come giocatrice di Quidditch,” continuò
imperturbabile, “impari a guardare oltre le superficiali
distrazioni nel comportamento dei tuoi avversari e ti concentri sui
loro movimenti. Impari a pensare in modo tattico, oppure perdi. ”
“Quanta
saggezza!” Esclamò Severus sarcastico, portando gli occhi al
cielo. “Sono convinto ci siano studenti che penderebbero dalle tue
labbra per ogni parola: non credi sia meglio andare a cercarli
piuttosto che farmi perdere tempo?” Aveva un disperato bisogno di
bere. In effetti, voleva disperatamente condividere un bicchiere con
Hooch. Si maledì per una tale debolezza.
“Sei
un astuto e sporco bastardo, Severus Snape, e lo sei sempre stato.
Volevo solo farti sapere che io, per quanto mi riguarda, ho prestato
attenzione.” Lui fece per parlare, ma lei sollevò una mano per
fermarlo e si morse la lingua. “Non so cos'è successo nella torre
quella notte, ma so che Albus stava morendo.”
Da
quel momento Severus non sarebbe riuscito a parlare, neanche se
l'avesse voluto.
“Oh,
poteva essere in grado d'ingannare me, e persino Minerva, ma Poppy è
troppo qualificata per la posizione che mantiene qui! Lo sai bene
quanto me che l'unica ragione per cui rimane è il costante afflusso
di ragazzi che in qualche modo compensa al fatto di aver mai avuto
figli suoi, e la promessa fatta ad Albus tanto tempo fa, che sarebbe
rimasta finché Tu-Sai-Chi sarebbe sparito per sempre. Fatto il
punto, Poppy sapeva che non aveva più di poche settimane prima di
essere inabile in modo permanente.”
“In
sostanza,” continuò lei, “riesco a vedere tre possibilità. Sono
completamente in torto e tu sei un Mangiamorte fino in fondo. Fosse
questo il caso, t'immagino abbastanza sveglio da mandarmi via senza
punizione, facendo tua la consapevolezza che potrei rivelarmi ben
disposta verso di te più avanti, nel caso ne avessi bisogno. O, al
contrario, tu e Albus avete messo in piedi l'intero piano tra voi.
Conoscendovi come un tempo, la possibilità non è completamente
oltraggiosa.”
Severus
si sforzò di accentuare un po' di più il ghigno, ma non disse
niente. Hooch, notò, non aveva lanciato neanche un'occhiata al
ritratto di Albus: gli occhi erano fissi sul suo viso.
“In
questa situazione, immagino possa significare qualcosa sapere che un
tale gesto non è completamente incompreso. La terza, e devo
ammettere, la possibilità più probabile, è che Severus Snape, da
Serpeverde consumato, stia solo cercando di salvarsi la pelle.”
Finalmente s'interruppe.
“Nessuna
analisi tagliente per questo scenario, allora?” Severus fu
sollevato che la voce sembrasse sarcastica come sempre.
“Oh,”
sbuffò Hooch, sollevando una mano per enfatizzare la sua mancanza di
preoccupazione, “immaginavo mi avresti incoraggiata nella mia
convinzione, così che possa tornare utile sul lungo periodo.”
“Hooch,
l'unico incoraggiamento di cui hai bisogno è di lasciare gli
allucinogeni su cui stai chiaramente indulgendo e prendere invece una
Pozione Aguzzaingegno.
Non m'interessa metterti in guardia sul fatto che ogni tentativo di
convincere la mia legione di ammiratori, che c'è un cuore d'oro
nascosto dietro l'aspetto da pipistrello, ti farebbe confinare nel
reparto Janus Thickey prima le parole possano lasciare la tua bocca!”
“Non
preoccuparti, Snape, il tuo segreto è al sicuro con me.” Hooch si
toccò il petto sopra al cuore. “Non ne ho parlato neanche con
Poppy.”
“La
cosa è abbastanza evidente!” Rispose Severus. “Avessi provato ti
avrebbe immediatamente curato per
i segnali di pazzia ed evidenziato le voragini della tua
argomentazione!”
Hooch
sorrise alla sua veemenza. Tolse le gambe dalla scrivania e si sporse
in avanti, una mano sul ginocchio. Con l'altra mimò il gesto di
chiudere la bocca con una zip e buttare la chiave dietro alle spalle.
“Come ho detto, Severus, il tuo segreto è al sicuro con me. Volevo
solo fartelo sapere.” Con questo si alzò in piedi. “Ci si vede,
preside,” disse al di sopra delle spalle mentre usciva. Chiuse la
porta con un gesto plateale e sparì.
Da
dietro la schiena, Severus sentì Albus schiarirsi la gola. Severus
sollevò una mano.
“Non
una parola!” Ordinò. Richiamando a sé il Whisky Incendiario si
alzò in piedi e si diresse verso la porta opposta a quella presa da
Hooch, entrando nelle stanze private del preside. Era profondamente
scosso dall'incontro e non poteva sopportare di ascoltare gli
inevitabili stimoli di Albus a essere più cauto in futuro – quelli
avrebbero dovuto aspettare un altro giorno.
*
Mentre
il trimestre si apprestava a finire, Severus prese una decisione. Gli
studenti non avevano quasi neanche finito di andare a prendere
l'Hogwarts Express che premette il dito sul Marchio nero, convocando
il Signore Oscuro al suo
fianco.
Prendendo
tempo, s'incamminò fuori dall'ufficio, fuori dalla scuola e lungo il
terreno. Lì Amycus Carrow lo incontrò.
“Allora,
l'hai trovato?” ansimò, senza fiato per aver corso.
“No,”
rispose Severus senza fermarsi. Amycus rimase diversi passi indietro.
“Sei
pazzo? Se non hai Potter ti ucciderà!”
“Allora
consiglio a te di mantenere la distanza.”
Amycus
lo prese in parola, correndo a cercare sua sorella. Nessun dubbio che
avrebbero passato ore a speculare sulla sanità mentale di Severus e
le sue possibilità di sopravvivenza.
Al
punto di Materializzazione, Severus si sedette ad aspettare su un
tronco caduto: ci volle un po' prima che Voldemort arrivasse a
Hogwarts da dove si trovava, lontano nell'est europeo. Quando il
Signore Oscuro si materializzò davanti a lui, Severus si alzò e si
riabbassò su un ginocchio, chinando la testa.
“Severus!”
Esclamò Voldemort in modo impaziente. “Lo hai trovato!”
“No,
mio Signore.” Severus rimase in posizione ossequiosa.
Ci
fu una breve pausa, prima che Voldemort parlasse di nuovo. “Allora
cosa significa questa tua chiamata, Severus?” Chiese, con voce
minacciosamente neutrale.
“Ho
trovato questo,” rispose, tirando fuori la copia di La Vita e le
Opere da una tasca interna della toga. Tenne la faccia abbassata,
così che Voldemort potesse leggere il titolo.
“Sono
deluso da te, Severusss,” sibilò Voldemort, gli occhi rossi che
brillavano di rabbia. Estrasse la sua bacchetta, frustando l'aria
mentre lo faceva, e tagliando del fogliame vicino a dove Severus era
in ginocchio.
In
modo calmo, Severus aprì il libro sulla foto di Grindelwald e
Dumbledore e lo offrì di nuovo a Voldemort. Abbassò gli occhi. Il
silenzio era assordante. Solo dopo un lungo momento Severus si
azzardò ad alzare la testa.
Voldemort
era rimasto bloccato dall'immagine inaspettata. La mano che teneva a
mezz'aria tremava visibilmente.
“Mio
Signore?” Chiese Severus in modo sollecito.
Voldemort
incontrò il suo sguardo per un breve secondo, riabbassandolo
immediatamente verso il libro. Quasi esitante, lo afferrò dalla
presa di Severus. “Gellert Grindelwald,” sussurrò.
“Temo,”
commentò Severus in tono di scuse, “di aver avuto il libro
sottomano per un po' di tempo. All'inizio non avevo intenzione di
leggerlo; ho iniziato a farlo solo nella speranza d'irritare il
ritratto di Dumbledore.” La verità può essere uno strumento
utile.
“Hai
fatto bene, Severus!” Esclamò Voldemort. Un eccitamento febbrile
prese il posto dello shock iniziale. “Ancora una volta ti sei
dimostrato il mio servo più leale. Dovresti essere ricompensato!”
“Non
sono in cerca di una ricompensa, ma della tua approvazione, mio
Signore.”
“La
conoscenza, Severus,” rispose Voldemort in modo inaspettato.
Severus lo guardò, trasalendo, per trovare il Signore Oscuro che lo
fissava con uno strano sorriso che stirava le guance piatte della sua
faccia serpentina. “Non potresti volere una ricompensa fisica, ma
hai sempre voluto la conoscenza.”
“Mio
Signore,” balbettò Severus, “mi conosci troppo bene.”
“Hai
mai desiderato di volare, Severus? Non con una scopa, ma solo tu
contro gli elementi? Vieni, te lo insegnerò!”
Voldemort
sollevò imperiosamente una mano e, reprimendo ogni manifestazione
fisica del suo disgusto, Severus l'afferrò. Mano nella mano con il
Signore Oscuro, si alzò in piedi. Con una forte, strana risata,
Voldemort si sollevò verso il cielo, tirando Severus con sé.
Severus si sentì senza peso, galleggiando stranamente, eppure
sapendo che se l'altro mago avesse voluto lasciarlo andare, sarebbe
caduto subito.
“La
frase è Magister
aerum,”
commentò Voldemort, portando entrambi ancora più in alto, “ma non
funziona se dici solo le parole. Devi crederci. Devi dominare
l'elemento: solo così potrai volare.”
Voldemort
li stava portando sempre più su e Hogwarts presto rimase molto in
basso, un castello giocattolo inserito in un tappeto di foresta.
Erano più in alto di quanto ogni ragionevole mago avrebbe portato
una scopa e stava diventando difficile respirare per Severus.
“Se
dovessi lasciar andare la tua mano adesso, cadresti verso la morte,”
sottolineò Voldemort, il suo sorriso che si allargava a un livello
molto più grottesco. “A meno che, ovviamente, tu non riesca a
padroneggiare l'incantesimo prima di toccare terra.”
O
potrei Smaterializzarmi. Quel
pensiero fu abbastanza da reprimere il peggio del panico di Severus,
che riuscì a incontrare lo sguardo del Signore Oscuro e rispondere
al suo sorriso da pazzo con un sorrisetto. E poi, subito dopo, quando
Voldemort lasciò la sua mano, Severus non ne fu sorpreso.
Iniziò
subito a cadere. Precipitando con le braccia aperte nel cielo, il
vento nella sua traiettoria sottostante frustava i capelli e la toga,
spingendoli indietro e avanti nel suo percorso. Era terrificante, ma
anche esilarante. Mentre il terreno, molto in basso, scorreva verso
di lui con una violenta e feroce velocità, la mancanza di oggetti
nelle sue immediate vicinanze gli diede una strana sensazione di
stasi, come se fosse appeso senza muoversi, schiaffeggiato da un
vento terribile.
Magister
aerum,
pensò tra sé. Non sentì nulla. Concentrati,
Severus. Prendendo contatto con
il
suo io interiore e il suo corpo sentì la forza del vento contro il
viso. Lo sentì tirare e spingere i suoi vestiti. Sentì la pressione
dell'aria contro il suo corpo. Magister aerum,
pensò di nuovo e questa volta vibrò dalla
consapevolezza dell'elemento intorno a lui. Aprendo la bocca respirò
l'ossigeno nei polmoni, anche se era pesante e difficile da fare.
Magister aerum! Urlò
silenziosamente, e sapeva che poteva volare. Mettendosi dritto, la
caduta libera divenne un volo e si librò in un arco, esultando per
l'incredibile sensazione del suo corpo che si muoveva nell'aria.
Sopra
di lui spiò Voldemort, mentre piombava verso di lui. Il Signore
Oscuro rise deliziato. Come allodole, come draghi, i due volarono a
doppia elica a grandi altezze, con i corpi che si curvavano l'un
l'altro nel cielo.
“Sapevo
che potevi farlo, Severus!” Urlò Voldemort.
Severus
si fece nota mentale di distillare dell'altro antidoto.
A
volte essere nelle grazie del Signore Oscuro è terrificante quanto
avere la sua disapprovazione.
*
*
*
----------------------------------------
flopi:
Ti ringrazio per i complimenti alla traduzione :). Per quanto
riguarda la storia, ci sono molte cose che avrei voluto leggere
nell'originale (e vedendo recenti affermazioni sarebbe stato proprio
bello se JKR avesse avuto il coraggio di non far finire insieme
Hermione e Ron...), soprattutto il retroscena di Snape e la
resistenza a Hogwarts: che spreco non averlo inserito nel settimo, al
posto di tutto quell'inutile campeggio...
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Capitolo 16 *** Malfoy Manor ***
2x16
NdT:
mi è parso di capire che alcune di voi aspettavano Malfoy Manor :).
Un grazie, come sempre, a silviabella per la beta. Vi ricordo che i
dialoghi sottolineati sono presi dall'originale.
Anne
London
Capitolo
16
Malfoy Manor
“Bello,
eh?”
Chiese Ron mentre Potterwatch
si
avviava alla conclusione.
Sentire le voci di
così tanti amici aveva riempito Hermione di gioia.
“Geniale,”
rispose
Harry.
“Sono così
coraggiosi,” esclamò Hermione felice. “Se li
trovassero...”
“Beh,
continuano a spostarsi, no? Come noi.” Ron sembrava
assurdamente contento. Sentire il fratello, in particolare, doveva
aver significato molto.
“Ma avete
sentito cos'ha detto Fred? È all'estero!” La luce fanatica
tornò negli occhi di Harry e il cuore di Hermione ebbe un sussulto.
Né lei né Ron avevano bisogno di chiedere di chi stesse parlando.
“Sta ancora cercando la bacchetta, lo sapevo!”
“Harry–”
“Andiamo,
Hermione, perché non vuoi ammetterlo? Vol–”
“HARRY, NO!”
Urlò sopra di lui, cercando d'interromperlo senza successo.
“–demort
sta cercando la Bacchetta di Sambuco!”
Nel momento in cui
Harry disse il nome del Signore Oscuro un forte boato arrivò
dall'esterno della tenda: le barriere erano state abbattute.
“Il suo nome
è Tabù!” Urlò Ron, con forte rimprovero nella voce. “Te
l'avevo detto, Harry, te l'avevo detto, non possiamo più
pronunciarlo... dobbiamo imporre di nuovo la protezione... presto...
è così che trovano...”
Hermione si era
alzata in piedi, bacchetta alla mano, ma mentre lo Spioscopio
iniziava a girare e fischiare, e le luci colorate iniziavano a
oscillare nella stanza, lei si bloccò e Ron si zittì
improvvisamente. I loro occhi s'incontrarono e i due si scambiarono
uno sguardo di panico. Tirando fuori il Deluminatore dalla tasca Ron
lo fece scattare, facendo piombare la tenda nell'oscurità.
“Venite fuori
con le mani in alto!” Urlò una stridula voce maschile
dall'esterno. “Sappiamo che siete lì dentro!Avete sei bacchette
puntate addosso e non ci importa chi colpiamo!”
Con un solo
secondo per pensare, Hermione puntò la bacchetta verso Harry e gli
lanciò un Incantesimo Pungente direttamente in faccia. Lui strillò
per il dolore e lei si morse in
colpa il labbro inferiore. Ti prego, fa che sia abbastanza!
Implorò lei, continuando a sperare di poter uscire dalla loro
attuale situazione, parlando o combattendo.
*
Per un lungo
momento – persino mentre la sua pelle si accapponava al tocco delle
dita sporche di Fenrir e le lunghe unghie gialle, persino mentre la
sua mente pensava a orribili immagini dei suoi denti appuntiti contro
di lei – Hermione si azzardò a sperare che lei, Ron e Harry
potessero fuggire via. L'Incantesimo Pungente era stato, in effetti,
sufficiente per nascondere Harry e, se i Ghermidori non l'avessero
riconosciuto, se la sarebbero cavata bene.
Ma nel momento in
cui si Materializzarono dall'altra parte del paese, e mentre veniva
portata di peso su per il sentiero del giardino di Malfoy Manor,
qualunque speranza nutrita fino a quel momento evaporò. Dopo
l'oscurità della tenuta, la luce dell'interno fu abbagliante. Per i
primi metri, Hermione non riuscì a distinguere niente se non il
forte bianco e nero del pavimento a scacchiera del corridoio
d'ingresso. Persino dopo che raggiunsero il salotto lei continuò a
strizzare gli occhi, combattendo sia il bagliore del fuoco nel vasto
camino che lo scintillio dell'enorme lampadario.
Da quello che
riusciva a vedere, la stanza era orrendamente vistosa, con uno spesso
tappeto felpato e le pareti color melanzana. Il fuoco bruciava in un
camino elaborato, affiancato da due splendide ninfe di marmo, una per
lato del caminetto, entrambe legate mani e piedi da serpenti
striscianti, e si contorcevano come se sentissero dolore.
I Ghermidori
spinsero i prigionieri al centro della stanza preoccupandosi poco
della loro comodità; solo le corde strette che la tenevano legata ai
suoi amici impedirono a Hermione di cadere sulle ginocchia.
“Cosa
succede?” Chiese Lucius Malfoy con tutto l'oltraggio di un
gentiluomo il cui inizio di serata era stato appena disturbato da una
banda di sudici contadini. L'espressione sul suo viso faceva il paio
con il tono di voce.
“Dicono di
aver preso Potter,” rispose Narcissa con tono sprezzante.
“Draco, vieni qui.”
Draco arrivò,
anche se la sua riluttanza a farlo era evidente dalla postura delle
spalle e dall'espressione inquieta sul viso. Per un breve secondo
incontrò lo sguardo di Hermione, ma gli occhi scattarono
immediatamente di lato.
Con uno strattone,
Greyback tirò il gruppo di prigionieri verso la parte più
illuminata della stanza, direttamente sotto al lampadario. Hermione
non riuscì più a vedere Draco e suo padre, ma mentre Draco si
avvicinava tornò di nuovo in vista.
“Allora,
Draco?” Chiese Lucius con urgenza. “È lui? È Harry
Potter?”
Curiosamente,
Draco era anche poco propenso a guardare direttamente Harry, e il suo
sguardo sembrava fisso verso un punto circa quindici centimetri a
sinistra rispetto a dove avrebbe dovuto guardare.
“Non... non
sono sicuro,” disse titubante.
A questo punto,
Hermione desiderava che Draco la guardasse negli occhi. Harry in
effetti aveva uno strano aspetto. L'incantesimo Pungente aveva
gonfiato i suoi connotati in una parodia quasi irriconoscibile del
suo viso e i capelli erano più lunghi di prima. Eppure non c'era
nessun modo perché Draco non riuscisse a riconoscere lui, Ron o
Hermione – in particolare non tutti e tre insieme quando gli ultimi
due non avevano nessun incantesimo per mascherare i loro visi. Che
cosa starà tramando?
Anche senza
l'aiuto di Draco, Lucius si stava convincendo in fretta
dell'esattezza dell'identificazione. Non ci volle molto prima che
Greyback e Malfoy senior rivolgessero la loro attenzione su di lei.
“E la
Sanguesporco, allora?” Chiese Greyback ringhiando l'insulto
dalle profondità della sua gola.
Hermione
rabbrividì mentre il licantropo faceva girare il gruppo di
prigionieri sull'asse. Si trovò forzata nella zona luminosa, con lo
sguardo su entrambi i nemici che la controllavano in viso.
“Aspetta,”
esclamò Narcissa, sollevando una mano con un gesto teatrale di
sorpresa. “Sì – sì, era da Madam Malkin con Potter! Ho visto
la sua fotografia nel Profeta! Guarda, Draco,
non è la Granger, quella?”
Durante il
microsecondo in cui Draco obbediva a sua madre e girava lo sguardo
verso Hermione, la sua espressione era angosciata. “Io...
forse... sì.” Ogni parola della sua affermazione poco convinta
suonava più incerta della precedente.
“Ma allora,”
urlò Lucius, la voce che si sollevava per l'eccitazione, “questo
è il ragazzo Weasley! Sono loro, gli amici di Potter – Draco,
guardalo, non è il figlio di Arthur Weasley, come si chiama–?”
“Sì,”
rispose Draco evasivo, girandosi e facendo qualche passo in direzione
del camino, “potrebbe essere.”
La speranza si
accese nel cuore di Hermione. Draco era sicuramente infelice di
consegnarli. E nella sua attuale situazione era pronta ad afferrare
la presa. Quando la porta a sinistra si aprì, tuttavia, il piccolo
bocciolo di speranza si appassì all'istante.
Bellatrix
Lestrange, pazza omicida, era in piedi nel corridoio: la sua bellezza
devastata colpì Hermione con un bolide nello stomaco.
“Che cosa
c'è? Cos'è successo, Cissy?” Marciando verso i prigionieri li
guardò con disprezzo. Quando arrivò davanti a Hermione, invece, si
fermò con la fronte aggrottata dalla sorpresa. “Ma questa,”
commentò con crescente piacere, “è la ragazza Sanguesporco... la
Granger?”
Sulle labbra di
Bellatrix, l'uso del solo patronimico di Hermione era un insulto, ma
riportò alla mente diversi vividi ricordi di Snape: Snape che la
chiamava “Granger”, Snape che scherzava nell'Infermeria sulla
cattiveria di Bellatrix. Portarono con sé un filo di speranza e un
lampo di ansia. Automaticamente, Hermione chiuse con forza le
barriere Occlumantiche. In qualche modo, per qualche ragione, si
ricordò che Bellatrix aveva una certa abilità con la Legilimanzia.
Come? La risposta arrivò in fretta: Harry aveva origliato
Draco e Snape che ne discutevano. Alla festa di Natale di
Slughorn, notò Hermione stupidamente. Maledizione,
concentrati, Granger! Si rimbrottò subito, costringendosi a
rivolgere di nuovo la sua attenzione alla baruffa che era scoppiata
tra Lucius e Bellatrix, entrambi con l'intenzione di chiamare il
Signore Oscuro loro stessi.
“Dovrei
chiamarlo io, Bella!” Stava urlando
Lucius.
Hermione riportò
di nuovo l'attenzione verso Draco, ora vicino al fuoco, che osservava
nervosamente il trambusto. Ancora una volta, cercò d'invitarlo a
incontrare il suo sguardo. Andiamo, Draco. Se l'aveva vista
fissarlo, l'aveva ignorata con successo.
Bellatrix aveva
raggiunto dei picchi di voce striduli, come la sensazione di unghie
su una lavagna. “...cosa me ne faccio dell'oro? Io cerco solo
l'onore della sua... della...”
S'interruppe così
all'improvviso che sembrò essere stata colpita da un Incantesimo di
Silenzio. Hermione voltò di scatto la testa di lato, per vedere
cos'era successo. Lo sguardo da maniaca di Bellatrix era fisso su un
punto dov'erano in piedi i Ghermidori. Con Lucius in posa nel
chiamare Lord Voldemort – la manica sollevata e lo scioccante
contrasto tra il Marchio Nero e la sua pelle candida, visibile da
tutta la stanza – Bellatrix fece un respiro tremante e iniziò a
urlare ancora una volta.
“FERMO!”
Urlò. “Non toccarlo, moriremmo se il Signore Oscuro arrivasse
ora!”
Il suo urlo era
così feroce che Lucius si fermò per la sorpresa. Bellatrix marciò
verso lo sfortunato ragazzo che aveva attirato la sua attenzione.
Stava tenendo in mano, notò Hermione con crescente comprensione, la
spada.
“Che cos'è
questa?” Chiese minacciosamente Bellatrix, enfatizzando ogni
parola.
Il Ghermidore non
era abbastanza sveglio da obbedire in fretta, e subito tutti i
Ghermidori, eccetto Greyback, furono resi incoscienti da Bellatrix e
portati fuori da Draco Malfoy. Bellatrix aveva la spada, insieme alla
bacchetta di Greyback, e stava mormorando tra sé e sé mentre
rivoltava l'arma di Grifondoro tra le mani. “Se è veramente
Potter, non deve essere ferito.”
Hermione cercò di
afferrare la mano di Harry e stringerla in modo confortante. Era
legata così stretta a Ron, Harry e Dean, tuttavia, che poteva essere
la mano di chiunque.
“Il Signore
Oscuro desidera provvedere a Potter di persona...” Continuò
Bellatrix. “Ma se scopre... devo... devo sapere...”
Che cosa deve
sapere? Cosa non deve scoprire? Hermione
cercò di analizzare le parole della donna pazza, ma non aveva
abbastanza informazioni per dare
ad esse un senso. Fece
vagare lo sguardo su ciò che riusciva a scorgere della
stanza: nessun altro sembrava sapere di cosa stesse parlando
Bellatrix.
“I
prigionieri devono essere portati nelle celle,” ordinò
improvvisamente Bellatrix, “mentre decido cosa fare!”
“Questa è
casa mia, Bella,” ritorse Lucius, “non dai ordini nella
mia–”
“Fallo!”
Urlò lei, interrompendo suo cognato. “Non hai idea del
pericolo in cui ci troviamo!” Era così vicina al limite
che delle scintille partirono dalla bacchetta, segnando il tappeto in
modo abbastanza sgradevole. Lucius rimase a fissare la bruciatura,
inorridito.
Fu Narcissa che
finalmente interruppe lo stallo. “Porta questi prigionieri nelle
celle, Greyback,” comandò con la sua voce esile e fredda.
“Aspetta!”
Aggiunse Bellatrix. “Tutti eccetto... eccetto la Sanguesporco.”
Un'ondata di
nausea travolse Hermione.
“No!”
Urlò Ron. “Potete avere me, prendete me!”
Hermione si stava
ansiosamente agitando per afferrare la sua mano, ma non ci riuscì.
Le si strinse il cuore di fronte alla sua disponibilità a prendere
il suo posto, ma era meglio che fosse lei. Almeno poteva usare
l'Occlumanzia. Bellatrix colse l'opportunità di schiaffeggiare Ron
sul viso – marcando i lividi che i Ghermidori gli avevano fatto
prima.
“Se muore
durante l'interrogatorio, sarai il prossimo,” promise
malignamente. “I traditori di sangue vengono subito dopo i
Sanguesporco, per quanto mi riguarda.”
Hermione non
riuscì a sentire il resto di ciò che Bellatrix stava dicendo: le
parole “muore durante l'interrogatorio” riecheggiavano
terribilmente nella sua testa. Non poté fare a meno di notare,
tuttavia, quando Bellatrix tirò fuori un delicato stiletto d'argento
da sotto ai vestiti. Quanto sarebbe strano se mi uccidesse con un
oggetto così ben fatto. Hermione capì che stava
soffrendo lo shock. Devi riprendere il controllo,
Granger, si rimproverò. Mentre Bellatrix tagliava le corde che
la tenevano legata agli altri prigionieri, Hermione rafforzò le sue
barriere Occlumantiche.
Greyback costrinse
gli altri prigionieri a uscire dalla stanza e Bellatrix afferrò con
violenza i cappelli di Hermione e la strattonò, portandola
direttamente sotto al lampadario. Il panico assalì Hermione, anche
se fece del suo meglio per incanalare l'energia verso le barriere.
Draco, notò improvvisamente, aveva preso suo padre per un braccio e
gli stava sussurrando qualcosa all'orecchio con urgenza.
Un'espressione di leggera preoccupazione oscillò sul viso di Lucius,
ma solo per un momento. Tirò via il braccio e si girò lontano dal
figlio. Hermione non sapeva se sentirsi meglio o peggio per il
coinvolgimento di Draco – meglio perché qualcuno nella stanza
sembrava essere dalla sua parte, o peggio perché se Draco era
preoccupato gli eventi promettevano di essere piuttosto terribili.
Hermione sentiva
Ron urlare il suo nome ancora e ancora; mentre spariva lungo il
corridoio il volume diminuì, anche se il tormento di lui cresceva.
“Il tuo
fidanzato sembra un po' angosciato,” cantilenò Bellatrix in un
orecchio di Hermione, strofinando la lama piatta dello stiletto lungo
la sua guancia. “E ha ragione. Di sicuro, una volta che avrò
finito con te, non vorrà scoparti mai più.”
Hermione non
riuscì a reprimere un brivido mentre la lama fredda del coltello di
Bellatrix veniva premuta contro la sua guancia.
“Sto per farti
una domanda, piccola Sanguesporco: ti suggerisco di rispondere
onestamente. Dove avete preso questa spada?”
Hermione deglutì
e si tenne forte, anche se non riusciva a controllare il tremore
della voce. “La-l'abbiamo trovata,” balbettò.
“Risposta
sbagliata!” Ringhiò Bellatrix. Diede un leggero colpetto al lobo
di Hermione con lo stiletto mentre si tirava indietro, solo per
puntarle addosso, invece, la bacchetta. “Questo, piccola
Sanguesporco, è quello che si prova per la mia disapprovazione:
Crucio!”
Anche se Bellatrix
sussurrò appena la parola, il fuoco che divampò nelle terminazioni
nervose di Hermione minacciò si spezzarla. Mai prima aveva sentito
un tale dolore e le sue barriere Occlumantiche, che aveva tenuto
pronte in attesa dell'attacco, non fecero niente per alleviare il
tormento: il suo corpo andava a fuoco.
Solo una volta che
il dolore cessò Hermione si rese conto che stava urlando. La gola
era arida e le membra tremavano. Andiamo, Granger, alzati!
S'incoraggiò, spingendosi contro il pavimento e riuscendo a
mettersi sulle ginocchia. Bellatrix non l'avrebbe spezzata.
“Zia Bella!”
Esclamò Draco, che si era avvicinato. Hermione dovette trattenere
l'urgenza isterica di ridacchiare quando notò il tono famigliare nel
lamento di Malfoy. “Se questa è quella Granger, allora Snape–”
“Si fotta
Snape,” rispose Bellatrix, silenziandolo con un braccio teso. Non
si preoccupò di voltarsi verso di lui. “Se sei schizzinoso, guarda
da un'altra parte.”
Il riferimento a
Snape fece battere il cuore di Hermione. Schiacciò brutalmente tutte
le sue reazioni.
Anche se le sue
barriere Occlumantiche erano rimaste in piedi, seppellì ogni
riferimento a Snape che le tornò alla mente nei libri della
biblioteca del suo cervello. Non c'era assolutamente modo che potesse
tradire Snape con quella pazza: nessun indizio delle sue attività di
spionaggio sarebbe arrivato a Bellatrix da lei, neppure alcun segno
della sua disperata necessità di vederlo.
Dopo aver respinto
Draco, Bellatrix abbassò la testa vicino a quella di Hermione. “Te
lo chiederò di nuovo!” Urlò e l'improvviso alto volume e
furia spaventarono la sua vittima. “Dove avete preso la spada?
Dove?”
“L'abbiamo
trovata–” ansimò Hermione. Bellatrix la stava guardando
direttamente negli occhi ed Hermione era acutamente consapevole della
crescente pressione Legilimantica contro le sue barriere. “L'abbiamo
trovata – PER FAVORE! BASTA!”
“Crucio!”
Urlò Bellatrix arrabbiata e, per i successivi due minuti, Hermione
non conobbe altro che dolore indescrivibile.
Mentre il dolore
si attenuava, e l'ambiente circostante tornava a fuoco, Hermione
sentì una piccola, fiera, vampata di trionfo. Bellatrix doveva
ancora irrompere attraverso le sue difese e l'irritazione della pazza
iniziava a essere evidente.
“Stai
mentendo, lurida Sanguesporco, lo so!” Urlò. Hermione sapeva
che Bellatrix non poteva esserne sicura che stesse mentendo, ma la
stessa presenza delle sue barriere Occlumantiche era abbastanza per
farle sorgere dubbi sulle sue parole. “Siete stati dentro la mia
camera blindata alla Gringott! Dimmi la verità, dimmi la
verità!”
“È la verità,”
mentì Hermione con un piacere quasi selvaggio per la sua abilità
nel farlo. Prima di soccombere di nuovo al dolore che si andava
sviluppando nel suo sistema nervoso, cercò invano di associare il
tono squillante e lo strano fraseggio declamatorio delle parole
finali di Bellatrix. Per qualche strana ragione le ricordava Harry.
Questa volta ci
volle più tempo per tornare pienamente cosciente. Il dolore, se
possibile, era peggiore e non ce la faceva a rialzarsi da terra. Il
meglio che poteva fare era strofinarsi in modo inefficace la sottile
linea di saliva che le pendeva dalla bocca. Sia lei che Bellatrix
erano consapevoli che le barriere Occlumantiche di Hermione erano
troppo forti per essere spezzate facilmente, anche se a quel punto
Hermione aveva iniziato a preoccuparsi di quanto potesse sopportare
il suo corpo. Risolutamente allontanò il pensiero dei genitori di
Neville: sarebbe morta piuttosto che rimanere col cervello
danneggiato. Stai calma, Granger. Tenendo gli occhi ben chiusi
per un momento indagò a fondo. Aveva delle risorse che Bellatrix non
poteva toccare.
Quando finalmente
riuscì a riaprire gli occhi, Hermione si bloccò per lo shock. In
piedi sulla soglia – vestita solo con una lunga camicia da notte
bianca, ricamata a nido d'ape e decorata con dei livelli
d'increspatura – c'era Jocelyn Smith. La bocca era aperta per la
sorpresa e una mano era ferma davanti alla faccia, sospesa nel gesto
di sfregarsi gli occhi annebbiati. Nel lungo secondo in cui i loro
sguardi s'incontrarono Hermione comprese che Jocelyn era sconvolta.
Sapeva che Jocelyn stava per urlare il suo nome e correre verso di
lei, ma Draco si mosse prima.
Con due falcate
arrivò alla porta. Coprendo la bocca di Jocelyn con una mano,
allontanò la ragazza. Anche se si dimenava, lui l'allontanò dalla
stanza, resistendo al suo agitarsi di membra e riuscendo nel
tentativo di allontanare le sue gambe da sotto alle proprie.
Intanto la forza
d'animo di Hermione stava spingendo Bellatrix ancora più
nell'incoerenza e, nella sua furia, sembrava inconsapevole della
breve apparizione della seconda strega Nata Babbana.
“Cos'altro
avete preso?” Sbraitò. “Cos'altro avete? Dimmi la verità
o giuro che t'infilzo con questo pugnale!”
Come a enfatizzare
la cosa, si chinò e spinse la punta dello stiletto contro lo sterno
di Hermione. Per fortuna incappò nel ferretto del reggiseno, invece
di tagliare la pelle già sfregiata del petto.
“Sto dicendo la
verità,” Hermione insistette, guardando direttamente in viso
Bellatrix e schiarendosi con forza la mente.
“Non sta
funzionando, Bella!” Esclamò Draco, tornando nella stanza – da
solo.
Hermione osservò
il ringhio sul viso di Bellatrix intensificarsi malignamente. Si girò
sul posto e guardò Lucius Malfoy.
“Quanto devi
essere deluso da Draco,” ghignò. “Tiene più agli interessi del
suo professore di quanto non tenga alla sua famiglia.”
“Draco sa da che
parte stare!” Ritorse Lucius velocemente, anche se una punta
d'incertezza rendeva esitanti le sue parole.
“Severus mi ha
salvato la vita!” Rispose Draco sulla difensiva. “L'onore della
famiglia richiede che io rispetti–”
Fu interrotto da
un incantesimo di silenzio lanciato da sua zia.
“Una volta
consegnato Potter,” affermò Bellatrix, “la posizione di Snape
non significherà nulla.” Sollevò di nuovo la bacchetta verso
Draco e il ragazzo trasalì.
“Essere un
Mangiamorte non sembra calzarti bene, Malfoy,” pensò Hermione.
Solo quando tutti
gli occupanti della stanza spostarono lo sguardo verso di lei
Hermione realizzò di aver parlato ad alta voce. Merda.
Stava perdendo il controllo. Stai calma, Granger! Con un
incredibile sforzo, rafforzò le sue difese ancora una volta. Non
poteva non notare che l'implicazione del suo errore era evidente
anche a Bellatrix, perché la pazza puntò la bacchetta ancora una
volta direttamente verso di lei.
“Cos'altro
avete preso?” strillò. “Cos'altro? RISPONDIMI! CRUCIO!”
Il dolore fu così
terribile che, quando finalmente cessò, Hermione si trovò a
singhiozzare per il sollievo. Attraverso le lacrime pensò di poter
sentire Ron che continuava a urlare il suo nome.
E dove, pensò,
dove diavolo è Jocelyn e cosa ci fa qui?
“Come siete
entrati nella mia camera blindata?” Ringhiò Bellatrix,
prendendo i capelli di Hermione con un pugno e girandole il collo
maldestramente così che, ancora un volta, Hermione potesse fissare
le pupille folli della sua tormentatrice. “Quel sudicio folletto
in cantina vi ha aiutato?”
“Lo abbiamo
incontrato solo stasera!” Annaspò Hermione, cercando di
lasciare che la sincerità di quella particolare affermazione
trasparisse, senza effettivamente abbassasse le sue difese mentali.
“Non siamo mai stati dentro alla camera...non è la vera spada!
È una copia, solo una copia!”
“Una copia?”
Bellatrix lasciò andare la testa di Hermione che batté
dolorosamente al suolo. “Oh, che bella scusa!”
“Ma che
possiamo verificare subito!” Interruppe Lucius. “Draco,
porta qua il goblin, ci dirà lui se la spada è vera
oppure no!”
La sottile
speranza di Hermione che Bellatrix potesse lasciarla in pace mentre
Draco andava a prendere Griphook si rivelò infondata. Quasi
svogliatamente, l'orribile donna la Cruciò ripetutamente, senza
darle quasi il tempo di recuperare il senso di calma tra gli
strazianti intervalli di dolore. Nel profondo, Hermione iniziò a
domandarsi quanto le ci sarebbe voluto per morire.
“Che
cos'era?” Hermione non aveva sentito nulla, ma Lucius sembrava
genuinamente preoccupato. “Lo hai sentito? Cos'era quel rumore
dalla cantina? Draco – no, chiama Wormtail! Fallo andare a
controllare!”
Draco era appena
tornato dai sotterranei, semi trascinando il goblin dietro di sé.
Mentre Wormtail si precipitava, Bellatrix sollevò la bacchetta
ancora una volta. Hermione avrebbe baciato gli stivali di Lucius
Malfoy quando afferrò la sua mano per bloccarla.
“Aspetta una
momento,” ordinò, “Voglio ascoltare.”
Nessuno nella
stanza parlò, per diversi benedetti minuti privi di dolore. Hermione
usò il tempo per fare un inventario dei dolori fisici. Ho già
dei danni al cervello? Si domandò. Come potrei saperlo?
Ci furono diversi
colpi attutiti dal piano di sotto, rispetto a dov'era sdraiata. Fa'
che Harry e Ron stiano bene, pregò Hermione, preoccupata dai
rumori.
“Cosa c'è,
Wormtail?” Urlò Lucius immediatamente.
“Niente!
Tutto bene!” Arrivò come risposta.
Le spalle di
Lucius si abbassarono visibilmente per il sollievo; Bellatrix fece
una smorfia e tirò via la mano dalla presa di Lucius. In modo
vendicativo, Cruciò Hermione non appena la mano fu libera.
Questa volta,
Hermione quasi non riuscì a tornare cosciente. Per lunghi momenti,
combatté contro le tenebre che minacciavano di sommergerla. Le
palpebre sembravano impossibilmente pesanti. Vagamente, Hermione
diventò consapevole che Bellatrix aveva iniziato a interrogare
Griphook. La stanza intorno a lei stava andando fuori fuoco e sentiva
uno strano rumore rombante nelle orecchie.
“Allora?”
Chiese Bellatrix. “È la vera spada?”
Hermione fece del
suo meglio per concentrarsi sul goblin, sperando che confermasse la
sua storia. Stava voltando la spada tra le mani, esaminando l'elsa
con attenzione.
“No,”
rispose Griphook alla fine. “È un falso.”
Il sollievo
travolse Hermione, gli occhi le si rivoltarono all'indietro. Si
sforzò di combattere la sensazione. Devi stare sveglia. Devi
aprire gli occhi. Nel momento in cui riuscì a mettere a fuoco la
scena che si svolgeva sopra al suo corpo sdraiato, anche Griphook era
stato gettato al suolo. Bellatrix lanciò gridolini felici mentre
chiamava il suo padrone.
Uno stivale di
cuoio appuntito colpì costole doloranti di Hermione, mentre
Bellatrix onorava la sua malconcia vittima con un ultimo compiaciuto
saluto: “E credo che possiamo sbarazzarci della Sanguesporco.
Greyback, prendila se la vuoi.”
L'orrore le
attanagliò le viscere. Hermione voleva urlare, strillare, colpire,
raggomitolarsi – ma il suo corpo maltrattato era incapace di
qualunque cosa, oltre alla nausea che la travolse. Stranamente,
comunque, il suono del suo urlo silenzioso risuonò nella stanza.
Solo in ritardo Hermione si rese contro che proveniva da Ron.
“NOOOOOOOOOOOO!”
Mentre Ron si
precipitava nella stanza, con la bacchetta in pugno e urlando di
rabbia, accaddero diverse cose. Gli incantesimi volarono in tutte le
direzioni: uno disarmò Bellatrix, uno schiantò Luna, un altro fece
cadere Greyback, mandandolo a terra. L'ultimo pensiero che Hermione
ebbe, prima di perdere conoscenza, fu lo stupore che Draco avesse
potuto mancare Harry con così tanto margine, al punto che il suo
Incantesimo d'Inciampo aveva colpito il licantropo per sbaglio.
*
*
*
---------------------------------------
xX__Eli_Sev__Xx:
Io
adoro Hooch in questa storia :). Capisco la voglia di dare una
sbirciatina, grazie comunque per tornare da queste parti ^__^
biancalupin:
Quando ho letto questo capitolo ho pensato che, in effetti, non ci
voleva poi tanto a capire che Snape era dalla parte dei buoni.
Nell'originale non ho creduto neanche per un istante che non fosse
stato Dumbledore a organizzare tutto... Grazie ^__^
severus89:
ti ringrazio da parte di entrambe :) Chissà cosa farà Minerva
quando scoprirà la verità...
Titinina:
stai parlando ad un'altra serpeverde nell'animo (riconosciuta pure da
pottermore ;)). Anch'io sono d'accordo su Neville: per quanto crei
dei problemi a Severus, lui comunque è praticamente a capo della
resistenza, che per fortuna c'è!
|
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Capitolo 17 *** Hide Tide ***
2x17
NdT:
come sempre, un milione di grazie a silviabella per la beta :)
Capitolo
17
High Tide
Severus fu
svegliato nel bel mezzo della notte dal Marchio Nero che bruciava –
non il doloroso, selvaggio segnale di un'immediata convocazione, ma
lo strano dolore di un altro Mangiamorte che comunicava con il
Signore Oscuro. Il panico che ne seguì lo rese quasi incapace di
muoversi.
Severus si vestì
in fretta. La sua uscita, tramite l'ufficio del preside, scatenò una
sequenza di domande dai ritratti presenti.
“Severus?”
“Cos'è
successo?”
“Dove stai
andando?”
“Sembra che
qualcuno abbia catturato Potter,” rispose dalla porta, poi corse
con facilità lungo i corridoi vuoti, diretto all'esterno. Era così
di fretta che se ne andò prima che il gufo dei Malfoy arrivasse
portando un messaggio personale e urgente.
Senza sapere
esattamente chi avesse attivato il marchio, si Materializzò a Malfoy
Manor. C'erano buone possibilità che lì qualcuno sapesse cosa stava
succedendo.
Una sottile figura
vestita di bianco gli si lanciò contro a metà del sentiero del
giardino e lui sollevò la bacchetta, solo per realizzare che era
premuta contro la gola di Jocelyn.
“Sei arrivato!”
Singhiozzò con evidente sollievo. “Hanno preso Hermione e zia
Bellatrix–”
Severus non
aspettò di sentire altro. La sollevò di peso e volò nell'aria,
coprendo il terreno che li separava dalla porta principale nel minor
tempo possibile.
“Dove?” Chiese
mentre toccavano terra.
“Salotto!”
Rispose lei, senza fiato e con gli occhi sbarrati.
“Va' di sopra e
vestiti il più in fretta possibile; aspettami sulle scale.”
Jocelyn annuì
obbediente e corse subito via, i piedi scalzi che facevano capolino
da sotto la vestaglia che
svolazzava dietro di lei. La scena che si ritrovò davanti era caos
puro: Lucius, Bellatrix e Fenrir urlavano l'uno contro l'altro in
mezzo a schegge di vetri rotti. Il lampadario aveva rovinato
l'arredamento: Granger non si vedeva da nessuna parte.
“Tu!” Urlò
Bellatrix all'apparizione di Snape. “Questa è colpa tua!”
“Chiedo scusa?”
Disse Severus strascicato, sollevando un sopracciglio derisorio.
Tenne a freno la rabbia sotto una fredda barriera di autocontrollo.
“Hai mandato
Dobby! So che lavora a Hogwarts!” Degli sputi volarono dalla bocca
di Bellatrix.
Dobby?
“Basta, Bella!”
Narcissa si diresse verso l'isterica sorella.
“Lasciami
andare! Ancora una volta Snape si manifesta al momento più
opportuno: ancora una volta Potter è scappato!”
“Sono venuto
perché tu hai chiamato,” sogghignò Severus, stendendo leggermente
il braccio per evidenziare le parole. “Posso assicurarti che la
preoccupazione per la salvezza di Potter è ben lontana dai miei
pensieri.”
“Ho detto
basta!” Narcissa parlò aspramente. “Il Signore Oscuro arriverà
a momenti! Abbiamo bisogno di calmarci.”
Con un'occhiata
vendicativa e un po' impaurita verso Severus, Bellatrix si voltò
verso Lucius, lasciando a Draco l'opportunità di spingere il suo
Capo Casa da parte.
Era un sollievo
sentire che tutti e tre i membri del trio erano riusciti a scappare,
e quando Lucius scoprì che erano in qualche modo riusciti a portare
con loro Ollivander e la Lovegood, lasciando Wormtail morto sulle
scale del sotterraneo, Severus provò l'inattesa e improvvisa urgenza
di esultare. Fece poco, tuttavia, per alleviare la furia che sentiva
verso gli altri eventi della serata.
Bellatrix.
Fenrir.
Severus voleva
ucciderla. Voleva strappare le membra del licantropo pezzo per pezzo.
Dietro alle sue
barriere Occlumantiche giurò di portare vendetta in ogni modo
possibile. Bellatrix avrebbe rimpianto le sue azioni e lasciarla allo
scontento del Signore Oscuro era il primo ragionevole passo. Il suo
arrivo, atteso con terrore, non giunse mai abbastanza in fretta.
Senza alcuna sorpresa, Voldemort era furibondo per essere stato
chiamato senza ragione e Severus si sforzò di far sì che il suo
arrivo tardivo venisse notato – contestando
la gestione della situazione da parte di Bellatrix senza esitare
“Ancora una
volta la famiglia Black mi ha deluso!” Esclamò Voldemort, gli
occhi che brillavano di un terrificante rosso per la rabbia. “La
tua presenza qui, Severus, non serve più. Torna a Hogwarts, verrò a
trovarti quando avrò finito.”
Severus s'inchinò
deferente. “Porterò i ragazzi con me,” commentò. “Seguimi,
Draco.”
Era una mossa
audace, ma riuscì. Con un'angosciata occhiata verso i suoi genitori,
il ragazzo obbedì, seguendo Severus da vicino. Lucius li chiamò
entrambi disperatamente mentre se ne andavano, ma Severus non sentì
nessuna pietà per l'amico. Per quanto la cosa lo preoccupasse, se
Lucius era preparato a ignorare il dichiarato desiderio di Severus
nei confronti della Granger, si meritava qualunque punizione il
Signore Oscuro potesse dispensare.
Jocelyn, come da
istruzioni, stava aspettando nella scalinata di marmo dell'ingresso e
Severus Materializzò sia lei che Draco a Hogwarts. Li spinse verso i
sotterranei nell'istante in cui arrivarono a scuola. Jocelyn teneva
la testa china e si muoveva obbediente. Il ragazzo, invece, esitava.
“Mi hai
salvato... di nuovo.”
Severus ghignò.
“Sì. Confesso che sta diventando un po' noioso. Cerca di prenderti
cura di te stesso in futuro.”
“Non... non li
ucciderà, vero?”
“È
improbabile.” Aggiunse più gentilmente: “Vai a letto, Draco. Il
Signore Oscuro sta arrivando e non voglio vederti fino alla cena di
domani.”
“Sì, signore.
Grazie, signore.”
Jocelyn gli lanciò
una lunga occhiata, seguita da un rigido segno di assenso, poi tirò
Draco dietro di sé verso i sotterranei. Severus si diresse verso
l'ufficio più in fretta possibile. Lì trovò il gufo dei Malfoy e,
troppo tardi per qualunque utilità, lesse la breve lettera.
Venga
dai Malfoy immediatamente, Jocelyn, Malfoy-Smith.
Le lettere
apertamente infantili della sua scrittura lo colpirono al cuore e,
una volta rimandato indietro il gufo, iniziò a camminare
nell'ufficio con il piccolo pezzo di pergamena stretto tra le dita.
Mandò Phineas da un suo ritratto all'altro; a ogni riapparizione, a
Severus scattava il cuore in gola nella speranza di avere notizie, ma
non c'era ancora niente. In riposta alle tante domande di Dumbledore,
Severus rispose solo che Potter era scappato. Non riusciva a
esprimere nient'altro.
La sua mente
rilanciava, immagine dopo immagine, Bellatrix che torturava una
continua sequenza di vittime, con il viso della Granger sovrapposto a
quello del ricordo. Bellatrix tendeva ad essere brutalmente creativa:
provava un'indecente, sadica gioia nell'infliggere dolore. Snape
immaginò uno dei suoi coltelli attraversare la soffice carne,
marchiandola con indelebili, dolorose rune. Vide le mani di Bellatrix
strappare i vestiti ed esporre parti private per una pubblica
umiliazione. Pensò, troppo vividamente, ai denti gialli di Fenrir e
immaginò il respiro fetido del licantropo contro il collo della
Granger, prima di mordere la pelle e i muscoli e i tendini,
contaminando il suo sangue per sempre.
Neppure
la sicura conoscenza che Voldemort stesse punendo i responsabili fu
abbastanza per bloccare la marea di immagini orribili. Lo sapeva. Lo
aveva visto prima: non c'era una via possibile per negare quanto
orribile, quanto dannosa, quanto degradante doveva essere
stata l'esperienza.
Severus si sentì
male.
Voleva solo
tenerla al sicuro: ma ancora una volta aveva fallito.
Era quasi l'alba
quando il Marchio Nero bruciò ancora.
*
Severus non era un
idiota. Da quando aveva detto – pochi giorni prima – a Voldemort
di Grindelwald, sapeva che era solo questione di tempo prima che il
Signore Oscuro comparisse per reclamare la bacchetta di Dumbledore.
Sperava solo di sopravvivere all'incontro.
Avvalendosi di una
torcia dal muro vicino alla porta del castello, Severus camminò
verso il cancello e lasciò entrare Voldemort. Tornando su, lungo il
terreno e oltre il lago, camminarono insieme. Quando Voldemort lo
congedò, Severus tenne il suo
sollievo sotto silenzio. Inchinandosi profondamente, voltò la
schiena alla terrificante parodia di uomo che Voldemort era
diventato e se ne andò.
La novità di non
essere ancora morto sostenne Severus durante le diverse ore in
compagnia del Signore Oscuro. Dopo aver profanato la tomba di
Dumbledore, Voldemort si unì a Severus nell'ufficio del preside e
sfoggiò la sua nuova bacchetta davanti al ritratto del vecchio. In
altre circostanze, Severus avrebbe trovato un certo macabro umorismo
di fronte alla strana farsa che lui e il ritratto erano costretti a
recitare, ma con ogni pensiero dietro alle barriere Occlumantiche
focalizzato sulla Granger e il suo attuale, sconosciuto, stato di
salute, non vedeva l'ora di scoprire qualcosa e si preoccupò per
tutto il tempo.
Per quello che ne
sapeva, lei stava sanguinando a morte mentre il sole sorgeva, con i
due idioti a pasticciare con gli incantesimi di guarigione sul suo
corpo disperatamente ferito – mentre lui beveva Whisky Incendiario
con il Signore Oscuro.
In seguito non
riuscì a capire come aveva fatto ad andare avanti senza rimettere
quello che restava della sua cena.
*
Nello stesso
momento in cui il Signore Oscuro si Smaterializzò, Severus girò sui
tacchi e corse. Fece uno scatto lungo il percorso verso il castello,
sotto alla luce del sole del mattino presto, con la toga che si
gonfiava dietro di sé. Si precipitò davanti alla scala e rimbalzò
sugli avampiedi impaziente, mentre aspettava che il gargoyle
all'ingresso del suo ufficio si spostasse. Fece le scale mobili due
alla volta. Spalancò la porta con il suo solito botto e attraversò
di corsa la stanza. Girando l'ultimo angolo della scrivania scivolò,
fermandosi di fronte al ritratto di Dumbledore, la mano sinistra
premuta contro la tela.
“Ora, Albus,”
ordinò, il respiro affannoso per lo sforzo della folle corsa. “Usa
il Deluminatore.”
“Ehm, Severus,”
rispose Dumbledore senza muoversi per assecondarlo, “non credo
proprio che sia una buona idea.”
“Dico davvero,
Albus! Fallo ora!” Rintracciare Hermione avrebbe richiesto ore. Il
Deluminatore sarebbe stato molto, molto più veloce.
Dumbledore si tirò
indietro leggermente, le sopracciglia unite con una dubbiosa
espressione sul viso. “Davvero, Severus! É vitale che non ti
vedano o sappiano che stai agendo per conto mio! Nel tuo attuale
stato potrebbe essere disastroso!”
Severus afferrò
la cornice del quadro di Dumbledore con l'altra mano e la scosse per
la frustrazione. Ruggì di rabbia.
“Non ti
servirebbe a molto neanche se usasse il Deluminatore,” interruppe
Phineas in modo mellifluo. Severus rivolse immediatamente
l'attenzione verso di lui. “Sono andati a Shell Cottage e, come
sai, è sotto l'Incanto Fidelio.”
“Come lo sai?”
Chiese Severus, attraversando la stanza verso la cornice di Phineas.
“Cos'hai sentito?”
Phineas alzò le
spalle. “L'ho saputo dalla ragazza.”
“Come sta?”
C'era un pericoloso tono di disperazione nella voce di Severus.
“Mi sembra stia
bene,” rispose Phineas affatto preoccupato. “Sembra sia andata
fuori per una passeggiata lungo la spiaggia.”
“Quando?”
Teneva stretta la cornice di Phineas e stava stringendo entrambi i
bordi saldamente.
“Oh, circa dieci
minuti fa–”
Senza aspettare
ulteriori informazioni, Severus si mise a correre. Sentì Dumbledore
urlare qualcosa dietro di lui, ma non gli diede importanza. Quando
raggiunse la scala principale, Severus saltò la balaustra,
elevandosi in aria e verso il pavimento. Atterrò solo per aprire la
porta principale, poi spiccò il volo un'altra volta.
Nel punto di
Materializzazione sparì nel nulla, solo per riapparire sulla
spiaggia sotto Shell Cottage. La casa in sé era nascosta alla vista
dalle alte scogliere. Severus
si Disilluse. Troppo teso per sedersi, troppo accorto per camminare –
e forse rischiando di rivelarsi dai conseguenti sbuffi di
sabbia – rimase in piedi paralizzato, gli occhi che scattavano da
un lato all'altro della spiaggia deserta.
Ci vollero dei
lunghi dieci minuti perché la Granger girasse l'angolo. Era
fortunatamente da sola e fortunatamente si reggeva in piedi sulle sue
stesse gambe. Fece svanire l'incantesimo che lo teneva nascosto,
mentre aspettava che la Granger lo notasse. Le viscere si contorsero
con un nuovo tipo di ansia.
Lei alzò la testa
e lo vide in pochi secondi: quando i loro sguardi s'incontrarono, lei
si Smaterializzò.
L'improvviso
rumore della sua Smaterializzazione colpì Severus come uno schiaffo
e gli occhi si chiusero di colpo. Che cosa ti aspettavi? Si
rimproverò Severus. È appena stata torturata dai Mangiamorte.
Perché dovrebbe voler parlare con te? La bacchetta contro la sua
gola forzò la sua attenzione sul presente facendogli spalancare gli
occhi.
Hermione Granger
era in piedi di fronte a lui, la bacchetta puntata e un'espressione
seria sul viso. La ragazza entusiasta e ingenua, che gli aveva
volentieri aperto la porta il giugno precedente, era sparita: al suo
posto c'era una solida e sottile guerriera, tutta riflessi e spigoli.
Era ancora da sola.
“Granger,” si
arrischiò, facendo attenzione che le braccia fossero immobili al suo
fianco.
“Snape,”
rispose lei. “Mi dia una buona ragione per credere che sia quello
che sembra.”
Severus deglutì,
facendo scontrare il pomo d'Adamo scomodamente contro la punta della
bacchetta. “Nell'Infermeria mi hai chiamato fenice.”
“Non è
abbastanza: è quello che ho chiesto l'ultima volta.”
Dopo un momento
per pensarci rispose, “Fammi una domanda allora.”
Granger non esitò.
“Dove si trova il quartier generale dell'Ordine della Fenice?”
Era una domanda
intelligente: nessun dubbio allora che lei fosse chi sembrava
essere.
“Il quartier
generale dell'Ordine della Fenice,” iniziò, arrivando fino a “si
trova,” prima che la Maledizione Incollalingua di Mad-Eye si
attivasse e farfugliasse fino a interrompersi, momentaneamente
strozzato e incapace di continuare.
Nel momento in cui
aveva recuperato il controllo della bocca e del respiro, Granger
aveva rinfoderato la sua bacchetta – no, non la sua bacchetta:
quella di Bellatrix. La realizzazione fece rabbrividire Severus,
anche se fortunatamente la reazione fu nascosta dai movimenti
piuttosto violenti generati dalla Maledizione Incollalingua.
“Cosa vuole,
Snape?” Chiese con le braccia incrociate.
Da qualche parte
negli ultimi mesi aveva perso l'onorifico “professore”. Severus
scoprì che non gl'importava affatto.
Per diversi
secondi cercò le parole giuste.
Avevo
bisogno di vederti.
Volevo
essere sicuro che stessi bene.
Io...
io... io...
Quanto era
ridicolo essere bloccato nella prima persona singolare quando era di
lei che era preoccupato.
“Sei stata
torturata da Bellatrix,” disse alla fine.
Granger alzò le
spalle, con un'espressione dura sul viso. “Quindi?” Chiese.
“E da Fenrir
Greyback?”
“Mi ha
minacciato,” rispose
sprezzante. “Mi ha toccato la guancia, niente di più.”
“Bellatrix,”
disse lui ancora, la punta della lingua che scattò fuori per
inumidire le labbra, “ti ha tagliata? Ti ha...?” S'interruppe,
troppo preso dalla risposta per dar voce alla domanda.
Granger
tirò il girocollo della giacca per mostrare una sottile cicatrice
rossa, appena guarita. “Mi ha tagliata qui, mi ha graffiato
l'orecchio, per il resto Cruciatus.”
Il sollievo
ammorbidì subito ogni muscolo del suo corpo e le spalle si
abbassarono percettibilmente. Inaspettatamente, il palpabile
alleviamento della sua ansia stimolò la rabbia della Granger.
“Pensa che con
questo vada tutto bene?” Chiese indignata. Fece un passo verso di
lui e gli diede una brusca spinta.
Severus fece un
passo indietro per la sorpresa.
“Pensa che non
senta la mano di Greyback sulla guancia ogni volta che chiudo gli
occhi e cerco di dormire?” Lo spinse ancora, facendo un passo
avanti per diminuire la distanza fra loro ancora una volta. “Che
non immagini quei denti giallastri affondare nella mia pelle? Non
senta il suo alito fetido? Non immagini come sarebbe l'essere
violentata? O fatta a pezzi?” Ad ogni domanda lo spingeva e, alla
fine, lui inciampò, cadendo all'indietro sulla sabbia.
Lei lo seguì,
colpendolo con i pugni contro il petto: le sue domande divennero
sempre meno coerenti.
“Non veda
l'orribile faccia di Bellatrix dietro le palpebre?” Riuscì a dire,
ansimando. “Non mi chieda–”
Severus fu in
grado di afferrarle una mano, immobilizzandola contro di lui dove,
con suo sgomento, scoppiò a piangere, il viso nascosto tra i
vestiti.
Automaticamente,
il braccio libero si chiuse intorno a lei. Liberando l'altro, riuscì
a fare leva su di sé, così che la Granger gli sedesse sul grembo,
piuttosto che rimanere rannicchiata sopra di lui. Una volta che
furono in equilibrio, avvolse attorno a lei anche il secondo braccio.
Lei pianse finché
le lacrime non passarono attraverso i diversi strati di lana, per
raggiungere il suo petto e la tenne stretta senza lamentarsi. Con una
mano affondata tra i capelli, e l'altra avvolta intorno alle sue
spalle, respirò il suo odore e, in silenzio, la desiderò sana e
felice. La gola gli fece male per il senso di colpa.
Dopo quindici
minuti buoni, Granger tirò su
col naso in modo marcato, le spalle che non tremavano più per i
singhiozzi. Le gambe di Severus erano leggermente intorpidite
dal suo peso, ma non voleva farla alzare – non prima che avesse
detto quello che intendeva dire. Una volta che l'incontrollabile
sfogo di lacrime fu terminato, ci fu un improvviso imbarazzo nella
loro posizione e Severus fu colpito da un nuovo panico.
“Ti devo delle
scuse, Granger.” Aveva la gola chiusa per i lunghi minuti di muta
disperazione, ma era in qualche modo facile confessare con la testa
di lei sepolta nel petto e i suoi grandi occhi, troppo famigliari,
nascosti; mentre si stringeva contro di lei, sopraffatto dalla sua
vicinanza e aggrappandosi a lei come a un dono prezioso, fu facile
tenersi saldo alla speranza che potesse perdonarlo ancora una volta.
Dalla posa ancora
innaturale delle spalle di lei, sapeva che stava ascoltando, anche se
non aveva risposto né alzato la testa. Immaginò che i suoi
occhi fossero serrati; poteva sentirela tensione dei suoi pugni
chiusi, avvolti nelle pieghe della toga.
Si schiarì la
gola, fissando la superficie ondulata del mare, e andò avanti.
“Diversi Mangiamorte si sono approfittati delle donne imprigionate
sotto il regime della legislazione anti-Nati-Babbani.”
Granger non si
mosse, eppure sembrò a Severus
che si fosse tirata indietro: la sua risposta quasi impercettibile
fece contorcere il dolore che aveva nel petto, rendendolo più
solido.
“Il Signore
Oscuro voleva... voleva ricompensarmi: mi ha offerto una
'Sanguesporco' propria mia. Ho rifiutato.”
Uno dei pugni
della Granger si rilassò e appoggiò un palmo fermamente contro il
suo petto. Lui lo prese come un segno di sollievo e il suo cuore si
afflisse per quello che stava per arrivare.
“Gli ho detto–”
Severus deglutì con difficoltà e, quando riuscì a continuare, la
sua voce venne fuori come un sussurro. “Gli ho detto che desideravo
te.”
Granger trasalì.
Tutto il corpo si contorse verso l'interno, le mani, che erano prima
distese, si chiusero a pugno e il viso si nascose ancora di più
nello sterno di lui. Severus avvertì l'involontario spasmo del suo
corpo, fisicamente e psichicamente. Si sentì oltremodo sollevato di
non dover assistere alla repulsione che sicuramente le contraeva il
viso, come appariva così chiaramente dagli gli altri muscoli.
“Se chiunque
altro a parte Bellatrix ti avesse catturata,” continuò lui,
determinato a finire il sordido racconto, “sarebbe stato abbastanza
per garantire la tua sopravvivenza... Bellatrix, tuttavia, ha poco
desiderio di fare qualcosa di buono per me. Temo che tu abbia
sofferto l'impatto di una punizione che era contemporaneamente intesa
per me.”
Granger si mosse,
spingendosi leggermente indietro con le mani, anche se con attenzione
cercò di non incontrare il suo sguardo.
“È stata una
cosa molto nobile da parte sua, Snape. Grazie.” La voce era resa
profonda dalle recenti lacrime. “Davvero, è stata una fortuna che
abbia scelto me da interrogare. Ha usato la Legilimanzia nel
tentativo di scoprire dove avevamo preso la spada e, se avesse preso
uno dei ragazzi, avrebbero opposto poca resistenza a quel tipo
d'interrogatorio. Avrebbero potuto o tradirla inavvertitamente.”
Severus non riuscì
a districare la mente
dall'implicazione delle sue parole: ancora una volta voleva vedere il
suo lato migliore.
Senza effetto, lei
passò una mano lungo l'area bagnata e spiegazzata che aveva lasciato
sui vestiti di lui. “Mi dispiace di aver sfogato la rabbia,”
aggiunse, prima che lui potesse riuscire a formulare una risposta al
suo primo commento, “ e le mie – mie paure su di lei. Non lo farò
più.”
Cercò di alzarsi,
goffamente. Severus le porse una mano e lui si alzò in piedi. Mentre
il sangue scorreva senza impedimenti verso le gambe, queste gli
bruciarono come aghi e spilli. Si sentiva svuotato. Non riusciva a
trovare le parole per dirle quanto le sue lacrime e la sua rabbia
avevano significato per lui.
“Hai bisogno di
un fazzoletto?” Chiese rigidamente.
“No, ehm, ne ho
uno dei suoi da qualche parte.” Dopo essere andata a tentoni per un
secondo, tirò fuori il suo fazzoletto da una tasca e si soffiò
meticolosamente il naso. Guardandosi intorno, imbarazzata, si sedette
con una certa attenzione su una delle grandi rocce allineate alla
base della scogliera.
Dopo un momento di
esitazione Severus si sedette anche lui su una pietra di poco al di
sopra. Poteva sentire il vento contro la zona umida lasciata dalle
lacrime di lei, ma decise di non asciugarle. Le sue emozioni erano in
un tale subbuglio che si sentiva frastornato. Avrebbe dovuto
lasciarla tornare al cottage al sicuro, invece afferrò avidamente la
possibilità di qualche secondo in più in sua compagnia.
Granger stava
piegando il fazzoletto – il suo – in un goffo tentativo di tenere
la parte inzuppata all'interno. Aveva il viso rosso e gonfio, ma, ora
che gli era visibile, Severus non riusciva a smettere di guardarla:
inclinò la testa di lato e la osservò attraverso i capelli.
“La prego, mi
dica che la presenza di Jocelyn a Malfoy Manor non ha niente a che
fare con il suo essere la... Sanguesporco di qualcuno,” chiese alla
fine, fissando l'orizzonte.
“No!” Severus
vide le spalle della Granger rilassarsi leggermente di fronte alla
sua esplosiva negazione. “Al contrario, ho detto a tutti che era
una bastarda di Malfoy e mi hanno creduto – al punto che sono stato
in grado di cambiare il suo status di sangue. Al momento sembrava un
buon modo per tenerla al sicuro, nascondendola in piena vista nel
grembo di una famiglia Mangiamorte...”
Severus prese un
profondo respiro.
“Ma mi
sbagliavo,” aggiunse con una nuova certezza. “È fin troppo...
dannoso per lei avere intorno quel tipo di comportamento. Più tardi
scriverò alla Vector e mi farò mandare una Passaporta. Avrei dovuto
mandare Jocelyn da Krum dal primo momento.”
“È in contatto
con la Vector?” C'era una certa urgenza nella domanda della Granger
e Severus sentì un'inconfondibile gelosia di fronte all'interesse
che Granger mostrava verso l'altra professoressa.
“Sì. È in
Bulgaria con Krum.”
“Sta ancora
lavorando alla matrice?”
“Sì, certo.”
“Come posso
averne una copia?” La Granger si stava sporgendo ora verso di lui
e, capendo cosa aveva acceso il suo interesse, sentì il cuore più
leggero.
“In realtà,”
disse lui, “sono abbastanza sicuro che intenda darti le
informazioni quando riterrà che ne avrai bisogno.” Il ricordo
delle sue domande su come contattare la Granger erano fresche nella
sua mente.
“Ah,” rispose
lei, appoggiandosi di nuovo all'indietro e passandosi in modo assente
un'unghia contro al cucitura esterna dei jeans. La sua domanda
successiva fu completamente inaspettata. “Riesce a Occludere
durante la Cruciatus?”
“No,” rispose
lui. “Anche se puoi usare l'Occlumanzia per nascondere pensieri che
altrimenti potrebbero essere rivelati.”
La Granger annuì.
“È esattamente quello che ho fatto.”
Severus riusciva a
capire che c'erano altre domande in ballo e aspettò pazientemente.
“Quanto ci vuole
prima prima che i danni... diventino permanenti?”
“Le tue barriere
sono cadute?” Chiese in risposta. La Granger scosse la testa.
“Allora va tutto bene. Le barriere sono la prima linea di difesa.”
Granger lasciò
andare un lungo sospiro e Severus sapeva che l'aveva appena sollevata
da una terribile ansia. Qualcosa dentro di lui si contorse
dolorosamente.
“Granger,”
disse con urgenza. “È cruciale che non usi l'Occlumanzia per
nascondere gli eventi di ieri sera.”
Lei girò la testa
per guardarlo direttamente.
“Affrontare il
ricordo potrebbe essere doloroso, ma se lo nascondi rischi che
diventi permanente e potenzialmente pericoloso per un blocco. Anche
se dovessi fare dei sogni, non cercare di bloccarli: usa la Pozione
Sonno Senza-Sogni se devi – anche se mai per più di una volta alla
settimana.”
Sapeva che lei
aveva letto il Cvetkovich, ma sotto la pressione di eventi traumatici
persino il teorizzatore più informato poteva agire d'impulso.
“Lo so,” disse
lei alla fine, voltando lo sguardo per fissare l'oceano. Ci fu un
lungo silenzio, interrotto solo dal continuo sciabordio delle onde,
dal leggero gorgoglio che facevano mentre si ritiravano dai ciottoli
e dalla sabbia sulla battigia.
Severus tirò
fuori la bacchetta. “Fammi fare un controllo,” disse. Venne fuori
a metà tra un ordine e una richiesta.
“Ne ha fatto uno
Fleur–” Di fronte al suo sopracciglio sollevato, il fantasma di
un sorriso fece capolino agli angoli della bocca di lei. “Vada
avanti, allora, sono sicura che pensa di poter fare un lavoro
migliore.”
Severus agitò la
bacchetta su di lei, controllando le risultanti linee e colori che
ebbero origine brillando, con occhio esperto.
“Cosa diavolo ti
è successo alla schiena?” La
domanda gli scappò all'improvviso, ma Granger sembrò impassibile di
fronte al tono selvaggio della voce.
“Oh,
Dobby ha fatto cadere il lampadario sopra di me. Ero
incosciente al momento, quindi non me ne sono neanche accorta. Fleur
ha rimosso tutti i vetri e trattato le ferite con il dittamo.”
Severus si limitò
a grugnire. Era ovvio dalla lettura dell'incantesimo che stava
dicendo la verità, ma fece poco per calmare il suo umore agitato.
Rinfoderando la bacchetta rovistò in una tasca interna, estraendo
diverse fiale di pozioni. “Ecco,” disse con poca grazia,
passandole alla Granger.
Lei le prese e
diede un'occhiata alle etichette. C'erano un paio di bottigliette di
Pozione Sonno Senza-Sogni– “Questa è la forma concentrata,”
l'avvertì – una pozione di guarigione generica e un antidoto per i
veleni di un verde molto forte. Gli occhi le si spalancarono quando
riconobbe l'ultima.
“Grazie,”
mormorò. “Allora lo sapeva?”
Lui annuì,
guardandola mentre riponeva con attenzione i contenitori di vetro
nella tasca della giacca. La domanda successiva fu inaspettata.
“È mai stato,”
esitò momentaneamente, lo sguardo appena voltato lontano da lui e
perso nell'orizzonte, “è mai stato sotto la Cruciatus?”
“Sì.” Gli
occhi di lei scattarono verso di lui per un solo secondo, poi
tornarono verso la vista. “Molte volte,” continuò. “A volte
persino per mano della stessa Bellatrix.”
“È per questo
che ha imparato l'Occlumanzia?”La sua voce aveva una strana
intonazione, come se volesse fingere disinvoltura, eppure ogni
domanda saltava fuori dalla sua bocca come se non potesse
trattenerla.
Era facile
rispondere a domande così personali mentre lei non lo guardava
direttamente. Era così sottile, si rese conto all'improvviso, e
anche se il viso era gonfio per la prolungata sessione di pianto, le
linee affilate del viso le rendevano gli occhi troppo grandi rispetto
alle ossa delle guance.
“No. Mia madre
mi ha insegnato l'Occlumanzia prima d'incontrare Bellatrix.”
Stirando le lunghe gambe, mise in bilico il tacco di uno stivale
sulla punta dell'altro: la sua circolazione era tornata normale. “Mio
padre non era un uomo gentile.”
Granger inalò
bruscamente. “Mi spiace,” rispose imbarazzata.
“Non essere
ridicola,” scattò. Lei gli rivolse il fantasma di un pallido
sorriso.
“Dovrei tornare
indietro prima che qualcuno venga a cercarmi,” disse lei.
Severus si alzò
subito in piedi. La Granger si alzò più lentamente.
“Probabilmente
staremo allo Shell Cottage per qualche settimana,” commentò lei,
lo sguardo fisso verso l'orizzonte. Quando Severus non rispose, lei
continuò. “Una volta che mi sarò sentita meglio, può darsi che
venga a correre qui nella spiaggia la mattina presto.”
Severus aprì la
bocca, ma non ne uscì alcun suono.
“Diciamo, sei e
mezza. Non credo domani o il giorno dopo, ma poi credo di poter
provare a correre tutti i giorni.”
“Nella tua
situazione non ti consiglio di correre da sola,” rispose alla fine.
Granger si girò
verso di lui. Le braccia erano incrociate ben strette sopra al petto
e una ciocca di capelli ricci volò sul suo viso. “Grazie,” –
fece una pausa prima di aggiungere impulsivamente, – “grazie
Snape, per tutto.”
“Muoviti,”
rispose bruscamente, facendo un gesto con la testa verso la scogliera
e Shell Cottage. Con un altro fugace, pallido sorriso, se ne
andò. Severus la guardò camminare lungo la stretta scala sulla
scogliera con uno spiacevole senso di oppressione nel petto. Non si
meritava un così facile perdono.
Avrebbe dovuto
impegnarsi di più per meritarlo davvero.
*
*
*
---------------------------------------------------
xX__Eli_Sev__Xx:
Leggerla dal punto di vista di Hermione è tutta un'altra cosa, qui è
descritta veramente in modo molto credibile.
Severus89:
Per il cosa succederà quando lo rivedrà penso sarai stata contenta
di leggere questo capitolo 17 ;).
Titinina
:
Sto rivedendo anch'io i film il sabato (per fortuna che è possibile
mettere l'audio in inglese!) e sabato ho avuto un po' la stessa
reazione. Il modo in cui tutto s'incastra bene con il libro è forse
una delle cose migliori, davvero, soprattutto quando le migliora! :)
|
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Capitolo 18 *** Heist ***
2x18
NdT: Inizio a ringraziarvi da qui per i gentili
commenti che lasciate e vorrei anche dire un grazie a tutti quei
lettori silenziosi che sono veramente tanti! Penso che grangerous sia
contenta di come va la storia da queste parti :) E, ovviamente, un
milione di grazie a silviabella per le correzioni ^___^
Capitolo18
Heist
Hermione si
costrinse a non guardare indietro finché non ebbe raggiunto la cima
della scala. A quel punto era esausta e senza fiato e le rocce, su
cui lei e Snape di erano seduti, erano per fortuna nascoste alla
vista dalla cima della scogliera. Non aveva voluto girarsi e scoprire
che lui era già andato via, non dopo che era stato così comprensivo
su tutto quanto.
Gl'importa,
disse tra sé. Gl'importa
abbastanza da scoprire dove sono da Phineas e venire a controllare.
Tornando
furtivamente indietro verso Shell Cottage, la fortuna di Hermione si
esaurì e incrociò Fleur in cucina. La donna francese rimase
sgomenta nello scoprire che Hermione non era a letto come supposto.
Riversò su Hermione una maccheronica sequela di rimproveri mentre la
mandava su per le scale, nella stanza che divideva con Luna. L'altra
ragazza era profondamente addormentata: i capelli pallidi, sparsi sul
cuscino, erano l'unica parte visibile di lei.
Fleur la
sorvegliò, le braccia sui fianchi, finché Hermione non si fu
cambiata e fu entrata sotto le coperte. Quindi lasciò la stanza,
mormorando ancora in modo seccato. Hermione la sentì bloccare la
porta per assicurarsi che questa volta rimanesse in camera.
Mentre i passi di
Fleur si allontanavano, Hermione mise il cuscino in posizione
verticale contro la testata e rotolò sul fianco, il viso premuto
contro le lenzuola. Afferrando le coperte su entrambi i lati, le
avvolse strettamente contro di sé e le sistemò sotto al mento. Se
strizzava gli occhi chiusi, riusciva a immaginare che la pressione
contro le spalle fosse il confortante calore delle braccia di lui, le
lenzuola la sua veste.
Gl'importa.
A differenza delle
orribili ore che aveva passato prima nel letto, cercando
disperatamente di dormire e assediata da visioni di Malfoy Manor, ora
si sentiva al sicuro. Stanca, esausta, ma al sicuro.
Mentre si lasciava
andare al sonno, la sua infida mente la riportò al momento a cui
stava deliberatamente cercando di non pensare: “Gli ho detto...
gli ho detto che desideravo te.” Mentre la voce di lui le
sussurrava nell'orecchio della mente il suo ricordo, il desiderio la
fece tremare.
Se solo fosse
vero.
Caso mai, Hermione
aveva immaginato che passare del tempo separati avrebbe alleviato la
cotta per il professor Snape, ma gli eventi del mattino dimostravano
diversamente. Doveva averlo notato anche lui – la sua reazione alla
confessione era stata tutto fuorché sottile e, prima di quello, gli
si era praticamente lanciata addosso ed era scoppiata a piangere. Per
forza che si era sentito imbarazzato per ciò che aveva detto a
Voldemort.
Non era una
stupida, comunque. Sapeva che lui avrebbe detto qualunque cosa per
proteggere uno degli studenti sotto la propria protezione. Non
significava che la desiderava veramente.
Gl'importa,
tuttavia, abbastanza da preoccuparsi per me.
E sul serio,
quello era molto di più di quanto avesse sperato. Doveva solo
funzionare. Non voleva metterlo in imbarazzo rendendo la sua cotta
più evidente di quanto non lo fosse già. Dopo tutto quello che
aveva fatto per lei, l'ultima cosa che si meritava era una stupida
scolaretta che non vedeva la differenza tra le cose che doveva dire
come spia e i suoi veri sentimenti. Si fidava di lei, gli importava
di lei e Hermione Granger non avrebbe tradito la sua fiducia per
nulla al mondo.
*
I giorni
successivi a Shell Cottage furono una trattativa senza fine tra Fleur
e Harry. La prima voleva trattarli come bambini e avvolgerli
nell'ovatta, mentre l'altro aveva raggiunto una sorta di rivelazione
durante l'esperienza traumatica di Malfoy Manor e sembrava esser
maturato drammaticamente durante la notte. Lasciò che Fleur gli
tagliasse i capelli e, il ritorno al suo solito stile, servì solo a
enfatizzare le differenze sul suo viso: sembrava più vecchio. La
privazione di cibo degli ultimi sei mesi aveva scavato le sue guance,
ma c'era anche qualcosa di più. Qualcosa nel mento e la calma,
rispettosa espressione con la quale ascoltava le lamentele di Fleur,
cedendo solo sui punti rispetto ai quali aveva chiaramente deciso di
assentire dal principio.
Hermione era
impressionata e stressata dalle informazioni che Harry aveva dedotto
sui Doni della Morte e sul caveau bancario di Bellatrix. La matrice
Aritmantica, così sembrava, aveva ragione: Harry doveva trovare le
informazioni da solo. Il che significava, ovviamente, che era sempre
suo compito mantenerlo in vita – non che fosse possibile per lei
dimenticarlo.
Se Harry sembrava
diverso, così lo era anche Ron. Il ragazzo non riusciva a
distogliere lo sguardo da Hermione. Ogni volta che lei si avvicinava
abbastanza, le braccia di lui le scivolavano intorno e la trattava
come se fosse fragile. Hermione trovava la cosa alternativamente
rassicurante e frustrante.
“Quando ti
stavano torturando,” si avventurò a dire la prima volta che si
trovarono da soli, con un'espressione angosciata sul viso, “non
riuscivo a sopportarlo. Avrei fatto qualunque cosa per tirarti
fuori.”
Trattenendo un
meschino desiderio di sbottare e dirgli che non aveva sofferto niente
in confronto a lei, Hermione cercò di pensare a come si sarebbe
sentita se la situazione fosse stata invertita. Cercò d'immaginare
di ascoltare il suono di Ron che veniva torturato e si ricordò il
suo urlo quando era corso nel salotto dei Malfoy – aveva pensato
che l'urlo fosse il proprio. Dev'essere stato orribile,
suppose e attirò la testa di lui in avanti sul grembo,
accarezzandolo con circoli rassicuranti sulla schiena mentre lui
piangeva.
“Andrà tutto
bene, Ron, lo prometto,” sussurrò.
Il ricordo della
tortura tornò alla mente con dei flash e, con il consiglio di Snape
che le riecheggiava nelle orecchie, Hermione fece attenzione a non
Occluderlo. Invece, si concentrò sul fatto che non aveva rivelato
niente e si confortò con la consapevolezza che a Snape era importato
abbastanza da andare a cercarla. Era ancora molto dura, ma la stava
superando.
Luna, al
contrario, sembrava completamente imperturbata dai diversi mesi
passati nel sotterraneo.
“Oh, non è
stato così brutto,” rispose quando Hermione la sollecitò
sull'argomento, mentre si preparavano per andare a letto. “È per
Draco che veramente mi dispiace.”
La cosa peggiore
fra tutte, dal punto di vista di Hermione, era la perdita della
bacchetta. Non solo la bacchetta di Bellatrix era meno reattiva nelle
sue mani, la sentiva malvagia. Ogni volta che la usava, immaginava
l'orribile donna da qualche parte, con la bacchetta di Hermione tra
le mani, mentre la usava per fare cose terribili.
*
Il luogo in cui si
trovava la bacchetta attualmente fu la prima cosa che chiese a Snape,
al loro incontro successivo. Non si sentiva ancora abbastanza bene
per correre, così fecero una passeggiata di prima mattina lungo la
spiaggia. Lui rimase Disilluso per quasi tutto il tempo, ma lei
riusciva a stabilire approssimativamente dove si trovava dal suono
della voce.
“Probabilmente
ce l'ha Bellatrix. Se è stata lei a torturarti, è possibile che sia
riuscita a costringerla a una forma di sottomissione. Vuoi che cerchi
di riprendertela?”
“No,” rispose
velocemente, col viso contorto dal disgusto. Non solo era una
bacchetta “costretta alla sottomissione” da Bellatrix, una che
Hermione considerava persa oltre il punto di non ritorno, ma ogni
tentativo di riprenderla avrebbero messo Snape e la sua copertura tra
i Mangiamorte in gran pericolo.
Hermione trovò la
compagnia di Snape incredibilmente confortante, anche se non poteva
vederlo. Sebbene in pratica lui riuscì a incontrarla solo un paio di
volte, e anche se il disappunto di lei nei giorni in cui non si
presentava era tremendo, continuò a camminare alla stessa ora,
apprezzando molto il sapere che lui avrebbe potuto essere lì.
Una mattina tornò
al cottage per trovare Ron in piedi inaspettatamente presto. Era
seduto al tavolo della cucina in pigiama, i capelli sconvolti dal
sonno, con la scacchiera preparata di fronte a lui. Quando lei entrò,
afferrò improvvisamente uno dei pezzi.
“Oh, ciao,
Hermione,” disse quando capì che era lei. In modo impacciato,
rimise il pezzo degli scacchi al suo posto.
Hermione lo guardò
curiosamente. Era un cavaliere nero, ma per qualche ragione Ron aveva
messo un triangolo di carta attorcigliato sulla testa: sembrava
stesse indossando un baldanzoso berretto.
“Ron, cosa stai
facendo?”
“Non riuscivo a
dormire,” rispose lui, facendo una smorfia e dando un colpetto al
cavaliere col cappello con la punta di un dito. Il cavallo nero
s'impennò e il piccolo cavaliere scosse la lancia verso Ron. Lui
alzò la testa e incontrò lo sguardo di lei. “Stavo pensando a un
po' di cose.”
“A cosa serve il
cappello?” Chiese lei. La curiosità stava avendo la meglio su di
lei, così scivolò nella sedia opposta a lui.
“Hai mai
pensato,” chiese di contro lui, “come sarebbe giocare a scacchi
se uno dei giocatori controllasse uno dei pezzi dell'altra squadra,
senza che l'altro giocatore lo sappia?”
La comprensione
arrivò: il cavaliere col cappello bianco era Snape. Un forte affetto
per Ron le crebbe improvvisamente nel petto.
“Cambia l'intero
gioco,” disse Ron, rispondendo alla sua stessa domanda. Diede al
cavaliere un altro colpetto sconsolato.
“Sei il
migliore, Ron,” disse Hermione. Si alzò dal tavolo e si diresse
verso la doccia. Mentre passava dietro alla sua sedia si sporse e gli
diede un veloce abbraccio, premendo un bacio sulla guancia. Quando
raggiunse la soglia, diede un'occhiata indietro per vederlo muovere
il cavaliere dal cappello bianco lungo la scacchiera, con uno stupido
sorriso affettuoso stampato sul viso.
*
Ci volle un mese
intero prima che il trio, con l'aiuto di Griphook*, si ritenesse
pronto a entrare alla Gringott. Malgrado le settimane di
preparazione, e le ore passate chiusi con il goblin in una stanza in
penombra ad affinare la strategia, tutto l'avvenimento fu una totale
buffonata dall'inizio alla fine.
Prima
s'imbatterono in un Mangiamorte (Travers), poi i goblin sapevano
(come Hermione aveva previsto) che la bacchetta di Bellatrix era
stata rubata, e Harry aveva usato le Maledizioni senza Perdono su due
persone diverse (non solo Travers, ma anche il cassiere, Bogrod). Una
volta dentro al tunnel, la Cascata del Ladro era caduta su loro
quattro, cancellando il travestimento con la Polisucco di Hermione e
la trasfigurazione piuttosto ingegnosa che aveva fatto su Ron, e poi
lei, Ron e Harry furono gravemente bruciati dall'oro nel caveau di
Bellatrix. Al culmine di ciò che si era dimostrato un piano mal
congegnato, Griphook se l'era svignata con la spada, lasciando il
trio in balia degli altri goblin, e i tre amici erano riusciti a
scappare solo facendosi dare un passaggio da un drago sconvolto dal
dolore e mezzo cieco – distruggendo gran parte della banca nel
processo.
Hermione sapeva
che avrebbe dovuto sentirsi più arrabbiata per la situazione, ma
mentre prendevano il volo, in senso letterale e figurato, e l'aria
fredda soffiava contro la sua pelle bruciata, sentì solo, con un
sollievo quasi incapacitante, che erano riusciti – contro tutte le
previsioni – a sopravvivere. Mentre il drago percorreva goffamente
il suo percorso nel cielo, Hermione afferrò le spine dure della
schiena e singhiozzò. Dopo qualche momento, sentì Ron muoversi
vicino a lei. Le avvolse intorno entrambe le braccia, afferrando un
nodo della pelle del drago con una mano e tirando lei contro il petto
con l'altra. Stava urlando imprecazioni a casaccio con voce piuttosto
alta, ma la sua presenza era profondamente rassicurante.
Hermione mosse con
esitazione una delle mani, intrecciando le dita in quelle di lui,
senza mollare la sua presa mortale sul drago. La manica del vestito
di lui, come la sua, era strappata e riusciva a vedere i brillanti
segni rossi di bruciature sul suo braccio. Lui premette un bacio
sulla testa di lei.
“Cazzo!” Urlò
nel vento. “Aspetta solo che Fred e George lo sappiano!”
Il commento generò
un gorgoglio di risate nelle labbra di Hermione – una
singhiozzante, balbettante, breve risata, ma il pianto iniziò ad
attenuarsi.
“Secondo te
cosa sta cercando?” Chiese Ron dopo un po', urlando nel vento.
“Non ne ho
idea,” gridò Harry in risposta.
Hermione si guardò
intorno nervosamente. Non vedeva segni d'inseguimento. Nel momento in
cui li avrebbe visti, decise, avrebbe afferrato la spalla di Harry e
Smaterializzato tutti e tre. Per adesso, anche se il drago era
terrificante, c'era qualcosa di stranamente calmo nel loro volo.
Sembrava che fossero intoccabili, protetti dall'enorme corpo del loro
ospite potenzialmente mortale.
Le sue grandi ali sbattevano,
il corpo fluttuava
e Harry, Ron e Hermione veleggiavano
nell'aria, oscillando gentilmente avanti e indietro in una maniera
stranamente calmante.
Diverse ore dopo,
ancora in volo, Hermione si svegliò di colpo al suono della voce di
Ron. Le bruciature le facevano un male terribile e continuava a
sentirsi emozionalmente esausta per aver impersonato Bellatrix
Lestrange.
“È la mia
immaginazione,” urlò Ron, “o stiamo perdendo quota?”
Rimproverandosi
silenziosamente per aver lasciato che la sua attenzione vagasse,
Hermione lanciò un'occhiata in giro. Ron aveva ragione, il terreno
era significativamente più vicino e, persino mentre guardava, il
drago abbassò la punta dell'ala, girando in circolo intorno alla
brillante superficie del lago di montagna. Mentre il drago
s'inclinava, Hermione afferrò convulsamente le spine del dorso.
Aveva la schiena indolenzita e le mani le facevano male. Non riusciva
a credere di essere riuscita a dormire in quella posizione.
“Io dico di
saltare quando è abbastanza basso!” Suggerì Harry, urlando
oltre la spalla agli altri. “Dritti verso l'acqua, prima che si
accorga che siamo qui!”
“Dì solo
quando, amico!” Rispose Ron. Aveva ancora un braccio intorno a
Hermione e le diede una stretta rassicurante.
Hermione concordò
con molto meno entusiasmo, anche se era più che felice di lasciarsi
indietro il drago. Afferrando il manico della bacchetta di Bellatrix
lanciò un incantesimo Acqua-Resistente sulla borsa di perline: sul
serio, odiava quella bacchetta.
“ORA!”
Urlò Harry mentre si lanciava di lato.
Hermione trattene
il respiro. Sentì Ron far leva sulla gamba destra e lo osservò
mentre si lasciava andare. Si sentì troppo debole per sollevare la
gamba, quindi si lasciò andare di lato. Mentre spostava il peso,
scivolò e iniziò a cadere: l'acqua ruotò verso l'alto in direzione
della faccia con terrificante velocità. Istintivamente Hermione
spinse le braccia in avanti e si tuffò sotto la superficie.
L'acqua era fredda
in modo scioccante e l'aria abbandonò i polmoni con un doloroso
colpo. Ma era anche beatamente lenitiva contro la pelle bruciata.
Hermione si lanciò velocemente verso la superficie, attenta a non
toccare il fondo. Torcendosi nell'acqua verde, cercò di distinguere
nella confusione dov'erano caduti Harry e Ron, ma i capelli
galleggiavano davanti alla faccia in un groviglio di ricci. Iniziò a
menare colpi con le braccia per risalire in superficie.
Quando uscì
all'aria, annaspò per respirare. Le costole erano ancora limitate
dal freddo improvviso e ansimò per far entrare l'ossigeno nel corpo
che così disperatamente lo necessitava. Harry e Ron non erano molto
lontani e sentì il drago continuare a volare, ignaro della loro
partenza.
I tre amici
nuotarono verso la costa più lontani dal drago. Conservando la poca
forza che aveva Hermione nuotò a rana, anche se sfortunatamente il
lago non era particolarmente profondo e, dopo un po', le canne e il
fango divennero così fitti, e l'acqua così bassa, che Hermione fu
costretta a farsi strada a piedi.
“Andiamo,” la
incoraggiò gentilmente Ron, afferrandola per le ascelle. Un po'
spingendola e un po' trascinandola, le fece fare gli ultimi metri
verso il terreno asciutto.
Con un singhiozzo
di sollievo, Hermione collassò al suolo. Strinse gli occhi chiusi
nel futile tentativo di trattenere il fastidio delle lacrime.
“Andiamo,”
ripeté Ron. “Dov'è la borsa di perline?”
Hermione riuscì a
dare un colpetto alla tasca giusta e Ron la districò dai suoi
vestiti.
“Accio
dittamo,” mormorò con la bacchetta infilata nell'apertura. “Ci
siamo.
Dopo qualche
secondo Hermione sobbalzò e spalancò gli occhi. Ron era in
ginocchio sopra di lei, tamponando con il dittamo le bruciature più
marcate, con uno sguardo preoccupato sul viso.
“Tutto bene,
Hermione?” Chiese.
“Sì.” Uno
sguardo genuinamente felice incurvò il suo viso e si sporse in
avanti per afferrargli una mano. Tirandola verso di sé gli diede un
bacio gentile sulle nocche. Lui arrossì – in modo adorabile.
“Lascia fare a me,” disse lei, prendendo il panno dalle sue mani.
“Tu bada alle tue.”
La preoccupazione
di Ron instillò in Hermione una nuova energia. Nel momento in cui
Harry finì di sistemare le barriere, lei era pronta a mettere il
dittamo nelle mani di lui. Rovistò dentro alla borsa di perline, in
cerca della bottiglia di succo di zucca che aveva preso a Shell
Cottage e di vestiti puliti e asciutti.
Mentre il dittamo
faceva il suo dovere, la pelle prudeva e pizzicava. Riusciva a vedere
letteralmente il nuovo strato di pelle crescere sopra alle
bruciature.
“Beh, il
lato positivo è che abbiamo l'Horcrux,” disse
Ron, “Quello negativo–”
“–niente
spada,” finì Harry, facendo una smorfia mentre trattava una
bruciatura particolarmente brutta sul ginocchio.
“Niente
spada,” fece eco Ron. “Quel piccolo rognoso
doppiogiochista...”
Hermione gli diede
un colpo sulle spalle e lui s'interruppe con un sorriso imbarazzato.
Visto che il suo piano e quello di Harry era di fare il doppio gioco
con Griphook, non era un argomento molto valido.
Harry districò la
coppa dorata dai vestiti bagnati e la mise sull'erba. Sembrava così
innocente. Mentre il ciondolo aveva una certa bellezza macabra –
non diversamente da certi cimeli di famiglia indossati dalle ragazze
Serpeverde allo Yule ball** – la coppa sembrava innocua, quasi
carina. Come se potesse essere data a un bambino piccolo per berci
dentro.
“Almeno non
dobbiamo indossarla stavolta,” notò Ron, “sarebbe un po'
strano averla appesa al collo.”
Hermione voltò
gli occhi al cielo e osservò il lago. Il drago era accovacciato
nella riva più lontana, bevendo quantità in apparenza infinite
d'acqua attraverso le labbra socchiuse. Hermione si chiese quando lui
o lei aveva avuto l'ultima opportunità di fare il pieno bevendo.
“Cosa pensate
gli succederà?” Chiese all'improvviso. “Starà bene?”
Ron sorrise e si
girò verso di lei. “Sembri Hagrid,” scherzò. “È un
drago, Hermione, può badare a sé stesso. È di noi
che dobbiamo preoccuparci.”
“Cosa vuoi
dire?” Chiese lei indignata.
“Beh,”
–sembrava il suo vecchio sé stesso: scherzoso, felice– “Non
so come spiegartelo, ma credo che possano aver
notato che abbiamo fatto irruzione alla Gringott.”
Le risate
scaturirono da qualche parte nel profondo di Hermione. Anche Harry
stava ridendo, così come Ron. Lo sguardo negli occhi dei ragazzi era
in sé così comico che la risata di Hermione divenne più forte.
Rise finché lo stomaco non le fece male e le lacrime scendevano sul
viso. Ron era diventato così rosso per il ridere da farla ridere
ancora di più.
“Che cosa
facciamo allora?” Riuscì alla fine a dire lei, asciugandosi le
lacrime con il dorso delle dita. “Lui lo sa, non è vero?
Tu-Sai-Chi scoprirà che siamo in cerca degli Horcrux!”
“Forse
avranno troppa paura di dirglielo?” Suggerì Ron. “Forse
faranno finta–”
Il drammatico
grido di Harry interruppe Ron. Era collassato all'indietro,
afferrandosi la cicatrice. Ron e Hermione si alzarono in piedi.
“Harry? Amico?”
Ron era in ginocchio di fianco a lui, afferrando il davanti dei
vestiti.
“È la
cicatrice!” Esclamò Hermione. Ron afferrò i polsi di Harry ed
Hermione pose una mano sulla sua fronte, solo per tirarla via di
colpo. La cicatrice di Harry palpitava in modo orribile. Pulsava con
un'energia nauseante che le ricordava il ciondolo. È la
cicatrice. La cicatrice è l'Horcrux, – non Harry. Era una
distinzione minore, ma riempì Hermione della speranza che potesse
essere in grado di fare qualcosa. Cosa sarebbe successo se l'avesse
tagliata via? O se avesse cercato di aprirla? Poteva separare la
cicatrice dalla testa di Harry?
“Harry? Harry?
Hermione! Fa' qualcosa!”
Le parole
insistenti di Ron riportarono Hermione nel presente con un tonfo e
scoprì che stava fissando il vuoto con aria assente.
“Ecco,” ordinò
lei, sporgendosi in avanti e afferrando i vestiti bagnati che Harry
aveva messo da parte. Li asciugò con un incantesimo non verbale e li
mise sotto la sua testa. “Dobbiamo aspettare finché non passa.
L'unica cosa che possiamo fare è far sì che non si faccia male nel
frattempo.”
Ron ed Hermione si
appoggiarono indietro sui talloni e, fortunatamente, non dovettero
aspettare a lungo. Il corpo di Harry tornò immobile dopo pochi
minuti e, solo poco dopo, spalancò gli occhi. Sembrava ansioso. Lo
sguardo passò da Ron a Hermione e viceversa, poi si alzò in
posizione seduta e si passò bruscamente una mano in viso.
“Lo sa,”
disse, fissando la coppa e nessuno dei suoi amici. “Lo sa e sta
per controllare dove sono gli altri e,” aggiunse, spingendosi
in piedi con un improvvisa luce, piuttosto selvaggia, negli occhi,
“l'ultimo è a Hogwarts. Lo sapevo. Lo sapevo.”
“Cosa?”
Esclamò Ron, sempre in ginocchio e fissandolo, strizzando gli occhi
per il tramonto.
“Ma cos'hai
visto?” Chiese Hermione. “Come lo sai?”
“L'ho visto
scoprire della coppa,” rispose Harry, fissando l'acqua. “Ero
– ero nella sua testa, è – è veramente arrabbiato, e anche
spaventato, non riesce a capire come possiamo saperlo, e ora sta per
controllare che gli altri siano in salvo, per primo l'anello. Pensa
che quello a Hogwarts sia più al sicuro perché lì c'è Snape,
perché è troppo difficile non essere catturati se andiamo lì,
credo che controllerà quello per l'ultimo, ma potrebbe essere lì
entro poche ore–”
Mentre Harry
parlava, Ron si era alzato in piedi. “Hai visto dov'è a
Hogwarts?” Chiese.
“No, era
concentrato nell'avvertire Snape, non ha pensato a dov'era
esattamente–”
Harry aveva tirato
fuori il Mantello dell'Invisibilità dalla borsa di perline e Ron si
era chinato per agguantare l'Horcrux. Le cose si stavano muovendo
troppo in fretta e Hermione si sentì sopraffatta. Non potevano
affrontare Voldemort finché Hermione non riusciva a scoprire come
separare Harry dall'Horcrux.
“Un momento,
un momento!” Urlò Hermione. “Non possiamo
semplicemente andare, non abbiamo un piano,
abbiamo bisogno di–”
“Dobbiamo
muoverci,” rispose Harry. Proprio come lo era
stato con Fleur, aveva parlato in modo calmo, ma con un tono che non
ammetteva discussioni. “Riuscite a immaginare cosa farà una
volta scoperto che l'anello e il ciondolo sono spariti? E se sposta
l'Horcrux da Hogwarts, se decide che non è abbastanza al sicuro?”
“Ma come
faremo a entrare?”
“Andremo a
Hogsmeade,” decise Harry, “e cercheremo di inventarci
qualcosa una volta che vedremo che protezioni ci sono intorno alla
scuola. Vieni sotto al Mantello, Hermione, voglio che restiamo
uniti questa volta.”
“Ma non ci
stiamo–”
Harry parlò sopra
alle sue proteste. “Sarà buio, nessuno noterà i nostri piedi.”
Hermione aveva una
brutta sensazione sull'andare di corsa a Hogwarts. Una sensazione di
disperata urgenza le afferrò il petto. È troppo presto, non ho
ancora risolto il problema! Harry e Ron si erano già avvolti il
mantello intorno alle spalle e Harry mise un braccio imperioso
intorno a lei. Per un lungo secondo i tre rimasero in piedi senza
muoversi; solo il suono del drago che si alzava in volo ancora una
volta interruppe la loro scena congelata.
Hermione si volse
verso il loro improbabile salvatore e lo guardò mentre la sua enorme
sagoma volava verso di loro, macchiando il cielo che diventava sempre
più scuro, e poi sparendo all'orizzonte. Lei non aveva davvero molta
scelta, si rese conto: era una decisione che doveva prendere Harry.
Con cuore pesante
fece un passo avanti e sentì i ragazzi afferrarle le braccia. Harry
strinse il Mantello per bene intorno a lei e, muovendosi insieme,
sparirono nel nulla.
*
*
*
* Unci Unci
** E' il Ballo del
Ceppo. Scusate, ma è una di quelle traduzioni che mi fa storcere di
molto il naso...
-------------------------------------------------
boddina: grazie
ancora a te per essere tornata a leggerlo in italiano ^_^
flopi: per quanto
riguarda Silente mi trovi d'accordo, penso di aver ampiamente
sparlato del 'caro' preside ;))
severus89:
grangerous ci cuoce a fuoco lento e, ti dirò, è una delle cose che
mi è piaciuta molto del suo modo di scrivere.
silviabella: è
esattamente così: Hermione e Snape sono troppo IC per cedere così
di colpo a una situazione che non è nelle loro personalità (e
soprattutto, diciamocelo, non è proprio il momento...). Draco e
Jocelyn sono un po' sacrificati nell'economia della storia, ma
torneranno presto :))
Titinina: hai
colto una delle cose difficili della traduzione: grangerous è sempre
molto specifica nel descrivere qualunque gesto, qualunque
espressione, in un modo che praticamente rende visiva la
scena...anche con nomi del corpo umano che ci fanno fare un sacco di
ricerche per capire come rendere in italiano :-)
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Capitolo 19 *** Dumbledore's Army ***
2x19
NdT:
cercherò di non blaterare, limitandomi a ringraziare silviabella per
la beta. Poi buttatevi sul capitolo che è decisamente ricco :))
Anne
London
Capitolo
19
Dumbledore's
Army
Severus riuscì a
uscire di soppiatto, per camminare sulla spiaggia con la Granger,
solo due volte, ma entrambi gl'incontri sembrarono carichi
d'intensità emozionale. Per ragioni di sicurezza si era Disilluso
eppure, per essere completamente onesto, la cosa non gli era
importata: era stato in grado di osservarla senza doversi preoccupare
che la stesse fissando.
“È stato
difficile,” disse lei durante la sua seconda visita, “sapere di
essere inerme, di non poter fare nulla. Bellatrix aveva tutto il
potere–”
“Sciocchezze,”
disse bruscamente, interrompendola. Lei si voltò verso la voce, ma
gli occhi guardarono attraverso il punto in cui lui si trovava.
“Avevi le informazioni che voleva, perciò il potere era in mano
tua.”
“Ma non ho
potuto fare nulla!” Insisté lei.
“Stai veramente
insinuando che non avevi scelta?” Severus pose la domanda con il
suo tono scettico da insegnante, quello che faceva dubitare degli
ingredienti che stavano per aggiungere al calderone anche gli
studenti più sicuri di sé, e li spingeva a controllare di nuovo le
istruzioni.
“Cos'altro sta
suggerendo che avrei potuto fare?” La Granger sembrava arrabbiata e
un po' come se stesse per piangere. Non stava più cercando di
guardarlo, ma si era fermata a fissare la leggera luce verde-oro del
sole che gradualmente si alzava all'orizzonte. Le braccia erano
incrociate e aveva un'espressione aggressiva.
“Non sto
suggerendo nulla,” rispose Severus. “Ma avresti potuto crollare.
Avresti potuto tradire i tuoi amici e ideali soltanto per far cessare
il dolore. Avresti potuto rivelare ogni segreto che ti è stato
rivelato. Ma non lo hai fatto. Hai scelto di non farlo. Invece hai
sopportato.” S'interruppe, consapevole di aver alzato la voce con
l'ultima frase..
Dopo un lungo
momento, Granger lasciò andare il sospiro che stava trattenendo.
“Credo che abbia ragione,” concesse, prima di girare sui tacchi e
riprendere a camminare. Scelse la direzione così a caso che quasi si
scontrò con lui.
Quella stessa
mattina, durante colazione, gli eventi a Hogwarts andarono
completamente fuori controllo.
*
Seduto sullo
scranno riccamente e ridicolmente ornato che una volta era stato di
Dumbledore, Severus prese un sorso del suo primo espresso della
giornata. Mentre deglutiva, lasciò che le palpebre si chiudessero
per un breve secondo, deliziandosi della sottile sensazione del suo
cervello che si rilassava, delle sinapsi essenziali che si
connettevano. Avrebbe persino sospirato.
L'arrivo della
posta, pochi momenti dopo, riportò la sua attenzione verso la scena
intorno a lui: Severus non poteva permettersi d'indugiare in qualcosa
che non fosse il livello di vigilanza che Mad-Eye amava. Il cielo,
come riflesso nel soffitto incantato, era disseminato di soffici
nuvole bianche e il sole della mattina entrava nella stanza in fiotti
di pulviscolo dorato, che illuminavano alcuni studenti e ne
lasciavano in ombra altri. Mentre i gufi della posta volavano in
circolo, si libravano dentro e fuori i fasci di luce, e i colori
delle loro piume risplendevano in modo più luminoso e scuro di
conseguenza.
Quando Severus
notò la caratteristica sagoma del gufo reale di Lucius volare verso
di lui, strinse gli occhi. L'uccello atterrò sul tavolo degli
insegnanti, piegando elegantemente le larghe ali per evitare la
caraffa di latte, e porse la zampa. Offrendo al gufo un pezzo di
bacon dalla punta della forchetta, Severus distese il rotolo che gli
porgeva. I Carrow, notò, stavano avidamente controllando ogni sua
mossa.
Severus aspettò
finché il gufo non volò verso il tavolo di Serpeverde – dove
poteva contare su Draco per essere riempito di delizie – prima che
srotolasse la sua lettera. Ne approfittò per passare lo sguardo
sulla stanza. C'erano meno studenti di quanti ce ne fossero in un
anno normale e i tavoli delle case si erano rimpiccioliti di
conseguenza: gli studenti erano così raggruppati nello spazio
direttamente sotto agli occhi dei docenti.
Trovò l'oggetto
della sua attenzione senza difficoltà: anche Longbottom aveva una
lettera. Mentre gli occhi del ragazzo si abbassavano per leggere,
Severus diede un'occhiata alla propria missiva.
Severus,
La vecchia
signora si è rivelata essere un osso duro per Dawlish: lo ha reso
completamente inabile e abbiamo dovuto portarlo al San Mungo. Lei è
sparita. Fai quello che vuoi con il ragazzo.
Lucius
Tenendo la testa
abbassata, con i capelli che cadevano in avanti a coprire gli occhi,
Severus osservò Longbottom. Mentre lo guardava, il ragazzo strinse i
pugni convulsamente, accartocciando la sua lettera. Gli occhi di
Longbottom vagarono sul Tavolo degli Insegnanti e, per un secondo, i
loro sguardi s'incontrarono. Severus colse un lampo di ansia e fiero,
forte orgoglio, prima che Longbottom si alzasse in piedi. Dando un
colpetto sulle spalle al suo compagno più vicino, Longbottom salutò
con apparenza gioviale, girò sui tacchi e camminò in direzione
della porta della Sala Grande. Solo Severus riusciva a cogliere la
tensione nelle spalle del ragazzo?
“Severus?”
Alecto aveva notato la partenza piuttosto improvvisa di Longbottom
dal tavolo della colazione ed era ansiosa di sapere il contenuto
della lettera di Severus.
Con un gesto della
mano, Severus mandò la pergamena in volo sul tavolo verso la Carrow,
che ora sedeva nel posto che era legittimamente di Hagrid. Amicus
afferrò la lettera al volo e i due fratelli abbassarono
immediatamente la testa su di essa. Severus sedeva mezzo voltato,
così che un occhio osservava il lento progresso noncurante di
Longbottom verso la porta, mentre l'altro era fisso sui Carrow.
“Fermatelo!”
Urlò Alecto all'improvviso, lanciandosi in piedi e puntando un
ingiallito dito accusatorio verso la schiena di Longbottom.
Amycus tirò fuori
la bacchetta, Longbottom si mise a correre e Severus si lanciò in
azione. Sollevandosi con i braccioli della sedia mise i piedi sulla
seduta e, da lì, salì sul tavolo. Fece un passo e saltò, superando
il tavolo, e la piattaforma sopraelevata sui cui poggiava, per
atterrare sul pavimento. Le vesti erano ancora mezze gonfie quando si
mise a correre, sfrecciando nello spazio tra i tavoli di Corvonero e
Tassorosso.
La scorciatoia lo
aveva portato avanti ai Carrow, ma non erano molto lontani. Poteva
sentirli affannarsi a scendere per la scala adiacente al tavolo dei
Serpeverde, urlando agli studenti di aiutarli mentre passavano.
Longbottom era
solo a pochi metri dalla porta. Si muoveva in fretta, ma Severus
stava guadagnando terreno. Se solo lo avesse preso per primo, lo
avrebbe portato nel suo ufficio: avrebbe potuto in qualche modo
salvare la situazione.
Mentre alcuni dei
Serpeverde si alzavano per aiutare i Carrow, Severus vide anche altri
studenti mettersi in piedi – per la maggior parte Grifondoro, ma
anche Corvonero e Tassorosso. Dumbledore's Army. La stanza era
un putiferio. Minerva stava urlando e Severus si rese conto di essere
a pochi secondi dalla guerriglia aperta e dal completo disastro.
Mentre Longbottom spariva attraverso la porta, Severus abbandonò il
piano A.
Si fermò,
girandosi allo stesso tempo, e spalancò entrambe le braccia, con la
bacchetta stretta in una mano e la veste che si allargava
teatralmente dietro di lui.
“Silenzio!”
Comandò. Gli occupanti della Sala Grande si paralizzarono.
“Ma, Severus!”
Obbiettò Amycus, ritrovando per primo la voce.
Severus fece un
cenno ai due Mangiamorte di avvicinarsi con un gesto della testa.
“Sicuramente due maghi pienamente qualificati possono occuparsi di
un mago minorenne senza assistenza, vero? ” Commentò beffardamente
sottovoce.
“Ma sta
scappando!” Si lagnò Alecto.
Severus la guardò
dall'alto in basso senza parlare, finché lei non strisciò i piedi
imbarazzata.
“Allora sarà
meglio che iniziate, non credi?” Disse alle fine. Con
un'esclamazione di sorpresa – da parte di Alecto – e irritazione
da quella di Amycus, si voltarono e corsero dietro Longbottom.
Severus poteva solo sperare che il ragazzo avesse abbastanza
vantaggio.
“Rimettetevi
seduti!” Tuonò, riportando l'attenzione sugli altri studenti.
Quelli che erano in piedi si sedettero di colpo, altri tornarono di
soppiatto ai loro posti, muovendosi più delicatamente possibile per
non attirare l'attenzione.
“Signore?”
Chiese una voce tranquilla dietro al suo gomito. Severus si girò per
scoprire che Draco Malfoy era in piedi di fianco a lui. “Posso
andare a dare una mano, se vuole.”
Severus fissò con
apprensione il ragazzo di fronte a sé. Poi, quasi in modo
impercettibile, scosse la testa. “Vai a sederti,” ordinò. Con un
mezzo inchino formale, che ricordò a Severus Lucius, Draco fece come
gli era stato detto.
“Finite la
colazione!” Abbaiò alla stanza. Molti studenti obbedirono
meccanicamente, mettendo ubbidienti del cibo in bocca, masticando e
ingoiando. Non una sola persona parlò. Severus pattugliò in lungo e
in largo le quattro mura, con le braccia incrociate e un magistrale
cipiglio piantato sul viso.
Neanche
Longbottom può essere così stupido da essere catturato dai Carrow,
vero?
Nella successiva
svolta, controllò la fila dei docenti seduti al tavolo dei
professori. Hooch – sia dannata – incontrò il suo
sguardo e gli fece l'occhiolino. Le sue proclamazioni d'interesse per
la sua causa avevano dato a Severus poco conforto. A prescindere
dalla predica infinita che aveva scatenato in Dumbledore, che era
preoccupato che Severus fosse stato poco attento, Severus trovava
difficile mantenere la farsa di Mangiamorte intorno a lei. Aveva
paura che Hooch potesse dirlo a Minerva o Poppy, ed era preoccupato
che anche altre persone potessero iniziare a vedere dietro la sua
maschera.
Severus sentì i
Carrow litigare prima che fossero visibili.
“In classe!
ORA!” Ordinò e fu immediatamente premiato da uno spostarsi
indietro di sedie e il famigliare rumore di una stanza piena di
studenti congedati. Girando sui tacchi, Severus uscì nel corridoio
d'ingresso, dove prese Alecto e Amycus per la collottola e li spinse
su verso il suo ufficio.
Loro si
lamentarono per tutto il tempo, ma li ignorò, lasciandoli con poche
cerimonie di fronte alla scrivania. Severus si sedette. “Quindi?
Cos'è successo?” Chiese.
“È scappato,”
rispose Amycus con aria imbronciata.
“È andato nella
stanza-che-va-e-viene,” aggiunse Alecto. “Non siamo riusciti a
seguirlo.”
Severus fece un
profondo respiro e lo lasciò uscire lentamente. Grazie tante,
Signor Longbottom.
“Bene, allora,”
rispose. “È solo una questione di tempo. Non può rimanere per
sempre lì dentro e alla fine avrà bisogno di mangiare. Andrò
adesso e piazzerò delle barriere per farci sapere se esce. Voi due,
invece, avete delle lezione da tenere. Non penso vogliate arrivare in
ritardo.”
Questo lavoro,
rifletté quando i Carrow se ne
furono andati,
diventa più difficile ogni giorno che passa.
Subito dopo pranzo
arrivò un secondo gufo – questa volta dalla Bulgaria e portava
solo un bottone d'argento con un pezzo di pergamena che diceva
“Ledeno ezero.”
*
Il rintanarsi di
Longbottom segnò l'inizio di una nuova, e particolarmente
pericolosa, fase delle tattiche di guerriglia del Dumbledore's Army.
Segnava anche, con sorpresa, un nuovo capitolo della relazione tra
Severus e Draco. Il ragazzo tornò la sera stessa, bussando alla
porta di Severus subito dopo la fine della cena. Quando entrò
sembrava ansioso.
“Draco, cosa
posso fare per te?”
“Io, ehm,” –
gli occhi di Draco scattarono verso il ritratto di Dumbledore, che
faceva finta di dormire, e di nuovo verso Severus –“vorrei
parlare con lei.”
“Vieni,”
rispose Severus, alzandosi in piedi e aprendo la porta delle sue
stanze private. Fece cenno a Draco di entrare. Dopo un momento di
esitazione richiamò una bottiglia di Whisky Incendiario e se la
portò dietro.
Le stanze private
del preside erano in cima a una stretta scalinata. Un soggiorno –
per fortuna privo di ritratti – occupava lo spazio direttamente
sopra l'ufficio; una camera da letto e un bagno erano poste al piano
di sopra.
“Siediti Draco,”
ordinò Severus, facendo un cenno verso la poltrona più vicina con
un cenno della testa. Versò a entrambi una generosa dose di liquore
ambrato e fumoso, e si sedette sulla poltrona opposta. Aspettò che
Draco parlasse.
“Severus,
signore,” Draco s'interruppe un po' imbarazzato.
Il contrastante
appellativo era stranamente affettuoso, ma Severus non disse nulla,
limitandosi a sollevare un sopracciglio e sorseggiare il suo drink.
“Signore,”
iniziò Draco ancora una volta, “non so cosa fare.”
“Se vuoi il mio
aiuto, Draco, dovrai essere più specifico.”
Draco fece alcuni
respiri profondi. “Continuo a pensare a quello che mi ha detto la
sera che... la sera che eravamo nel suo soggiorno e le stavo curando
la schiena.” Si passò una mano tra la frangia floscia e color
biondo chiaro.
“Ah, sì.”
L'ansia del ragazzo era dolorosamente evidente. “Ho promesso di
prendermi cura di te, Draco, e dicevo sul serio.”
“Le credo,”
rispose velocemente. “Davvero. Onestamente, non riesco a capire
cosa pensa di tutto il resto, ma credo che abbia a cuore il mio
bene.”
“I Serpeverde si
guardano le spalle a vicenda.”
Le famigliari
parole funzionarono nel modo atteso e un po' della tensione sembrò
scivolare via dalle spalle di Draco. Prese un altro sorso di whisky.
“Certamente a nessun altro sembra importare qualcosa di loro,”
rispose.
Severus fece una
smorfia. Draco aveva fatto centro. Aveva articolato adeguatamente la
ragione principale del perché così tanti Serpeverde avevano scelto
la parte sbagliata della battaglia ideologica – questo e la pura
retorica sui purosangue, ovviamente; ma nel profondo, per Voldemort,
l'idea della supremazia dei purosangue non era niente più che un
grido di guerra e una giustificazione per il parricidio.
Draco fece un
sospiro tremolante. “Essere un Mangiamorte non fa per me,” disse
di colpo. “Lo ha detto lei e... e lo ha detto la Granger. Non
voglio uccidere le persone,” il labbro inferiore di Draco tremò.
“Non voglio vedere persone che vengono uccise e non voglio vedere
che viene fatto loro del male.” Fece ruotare il Whisky Incendiario
nel bicchiere e mandò giù un altro sorso. “A volte,” confessò
senza guardare Severus, “quando ero a casa durante le vacanze, sono
stato mandato nelle celle per Cruciare i prigionieri io stesso. Solo
che non riuscivo a farlo. Ho fatto... Luna... l'ho fatta urlare, ma
non le ho davvero fatto del male. È orribile sapere cosa puoi fare a
qualcuno, quanto male puoi far loro quando non possono reagire.”
Draco si era
sporto in avanti, con gli avambracci appoggiati sulle cosce, e la
testa tenuta bassa così che il viso rimaneva nascosto. Severus era
abbastanza certo che il ragazzo stesse piangendo. Parlare, tuttavia,
sembrava aiutarlo e Severus lo lasciò continuare senza interrompere.
“Quando hanno
catturato Potter e la Granger e Weasley, però, è stata la cosa
peggiore. Ci ho provato!” Draco s'interruppe per passarsi una mano
in viso. “Ho provato a convincere mio padre che non erano loro e ho
provato a farli smettere di torturare la Granger – gli ho detto che
a lei non avrebbe fatto piacere.” Ora stava apertamente piangendo:
gli tremavano spalle e le parole diventarono meno tangibili. “Ho
solo... non potevo... e poi Jocelyn... ero così preoccupato!”
Facendo un profondo e tremante sospiro sembrò riprendere il
controllo di sé in qualche modo. “Cosa dovrei fare?” Chiese.
“Primo,”
puntualizzò Severus seccamente, “dovresti asciugare le lacrime e
calmarti.” Passò a Draco un fazzoletto e diede al ragazzo un po'
di tempo per ricomporsi.
“Ti rendi conto,
vero, che se la tua lealtà cambia, il resto della tua famiglia ne
soffrirà?” Chiese Severus, con voce deliberatamente neutrale.
Draco sussultò e
fissò Severus con gli occhi grigi spalancati. “Io–” Iniziò,
ma Severus lo interruppe con una mano alzata.
“È possibile
che riesca a portar via Jocelyn.” Molto più che possibile, a
essere onesto, visto che la Passaporta che Vector gli aveva mandato
giaceva ancora inutilizzata nella sua tasca. Draco non aveva bisogno
di saperlo, comunque: era una situazione che richiedeva di essere
maneggiata con cura. “Finché le lezioni saranno in corso è
improbabile che il Signore Oscuro noti la sua sparizione. Tu, invece,
sei marchiato. I tuoi genitori verrebbero puniti.” Severus catalogò
la risposta di Draco attraverso gli occhi leggermente socchiusi.
“Salvi Jocelyn,”
rispose in fretta il giovane. “Per favore.”
“Dipenderà in
gran parte da te,” rispose Severus. “Dovrai scrivere a casa e far
finta che lei sia ancora a scuola.”
Draco annuì,
determinato. “Farò qualunque cosa mi dirà, signore.”
“Bevi il tuo
whisky,” rispose Severus.
Obbediente, il
ragazzo bevve: il bicchiere sbatté leggermente contro i denti.
“Draco,” disse
Severus, piegandosi leggermente in avanti sulla sedia e guardando
l'erede di Malfoy direttamente in viso. “Farò il possibile per
proteggerti e farò il possibile per proteggere Jocelyn. Come farei
per qualunque altro studente.”
Draco annuì di
nuovo. “È quello che ha sempre fatto, non è vero signore? Tutti
quei discorsi ai Serpeverde sul prendere la decisione giusta per noi
e non seguire ciecamente gli altri.”
Fu il turno di
Severus di annuire. Sollevato dal fatto che Draco avesse letto tra le
righe della conversazione, Severus sentì l'onere di una pesante
sconfitta sullo stomaco. Quanti degli studenti Serpeverde avevano
imparato la lezione che stava cercando d'insegnar loro? Quanto
sarebbe stato recepito di più se avesse avuto un approccio diverso?
“Farò quello
che posso per dare una mano,” promise Draco. Sembrava più calmo.
“Grazie.”
Severus annuì
ancora. Si alzò e accompagnò Draco giù per le scale e fuori
dall'ufficio, fino alla scala mobile.
“Buonanotte,
signore,” disse Draco, mentre la scala si metteva in movimento.
“Grazie.”
“Buonanotte,
Draco,” Severus chiuse la porta e aspettò, senza voltarsi,
l'interrogatorio che sapeva essere imminente.
“Severus?”
Chiese Albus, proprio in quel momento.
Severus si voltò
verso il ritratto e considerò la cosa per un lungo momento con le
labbra contratte. “Ho promesso di proteggere Draco,” sottolineò
un po' belligerante. “Il ragazzo rimpiange molto la decisione di
essersi unito ai Mangiamorte. Se non dovessi uscire vivo da questo
caos, Albus, ti affido la responsabilità di salvarlo.”
Con queste parole,
Severus attraversò la stanza verso la scala per il piano superiore.
Si versò un altro bicchiere.
*
La mattina
successiva Severus prese Jocelyn da parte dopo colazione per
parlarle. Aprendo la porta più vicina, la invitò in una classe
chiusa e abbandonata, mettendo delle protezioni e un incantesimo di
Silenzio alla porta dietro di loro. Gli ci vollero alcuni minuti per
spiegarle l'utilizzo di una Passaporta, l'esistenza della scuola in
Bulgaria e cosa doveva aspettarsi dalla Vector e da Krum.
Severus la fece
sedere in uno dei banchi mentre parlava e, una volta che ebbe finito,
lei fissò la Passaporta tra le sue mani per un lungo momento, con un
espressione nervosa.
“Non l'ho detto
a Draco,” disse alla fine, lanciandogli un'occhiata triste.
“Che cosa non
hai detto a Draco?” Gli chiese subito con voce neutra, ma con tutti
i sensi all'erta.
“Voleva sapere
da che parte penso che lei stia, ma non gliel'ho detto!” Una
lacrima scappò da un occhio e scivolò lungo la guancia, lasciando
una scia lucida dietro di sé. “Per favore, non mi mandi via!”
Sporgendosi in
avanti, Severus le prese il mento e la guardò direttamente negli
occhi.
“Lei ha
figli, professor Snape?”
“E da che parte
pensi che stia, signorina?” Chiese con un tono freddo e imperioso.
Jocelyn respirò
sussultando; il labbro inferiore le tremava. “Credo che stia dalla
parte che protegge le persone,” si avventurò. “Non da quella che
fa loro del male.”
“Jocelyn,”
disse con insistenza, “ti sto mandando in Bulgaria per la tua
sicurezza. Avrei dovuto farlo tempo fa.”
“Ma quando la
rivedrò di nuovo?”
“Presto,”
mentì. Le cose erano
così incerte a Hogwarts in quei giorni che non dubitava di poter
fallire a un certo punto. Sia Minerva che Amycus Carrow erano a un
pelo dall'ucciderlo per la frustrazione e il Signore Oscuro
era, come sempre, un pericoloso principale.
“Una volta che
sarà finita, verrà a prendermi?” Jocelyn lo fissava con gli
stessi occhi spalancati e con lo stesso sguardo pieno di fiducia, e
totalmente irrefutabile, che la Granger aveva perfezionato. Severus
si trovò ad annuire il suo assenso. “Allora va bene,” disse
Jocelyn fermamente mentre stringeva la mano intorno al sottile disco
di metallo argentato. “Saluti Draco per me.” Quando lui annuì,
lei strinse leggermente le labbra. “Attivi la Passaporta,” gli
disse.
Severus le lasciò
andare il mento e si raddrizzò. “Ledeno ezero,” disse.
Strizzando gli
occhi per la forte luce blu, vide Jocelyn sparire nel nulla.
*
Poco dopo il
tramonto del primo di maggio, Severus sedeva ancora una volta nella
Sala Grande, osservando gli studenti che entravano per il pasto
serale. Il numero era calato ancora di più ora che la maggior parte
del Dumbledore's Army viveva nella Stanza delle Necessità e, non per
la prima volta, Severus si chiese che cosa stessero mangiando i
poveri mocciosi. Amycus Carrow – inaspettatamente – aveva avuto
la perspicacia di proibire agli elfi di Hogwarts di approvvigionare i
delinquenti con il cibo.
In quella
particolare sera gli studenti erano più inquieti del solito. Voci
selvagge erano volate per tutto il giorno, suggerendo che Potter
aveva fatto irruzione alla Gringott e che era scappato su un drago.
Severus sospirò. La storia era offensivamente abbastanza Grifondoro
per essere vera.
Alecto, che sembrava
pensare di essere capace di reprimere i pettegolezzi da sola, si era
messa e perlustrare il salone da pranzo e
controllava perfino
i corridoi. Il silenzio la
seguiva lungo
il suo percorso: al suo
avvicinarsi gli studenti diventavano silenziosi e, mentre andava
via con
la sua andatura da
papera, i sussurri si scatenavano ancora una volta.
Gli ultimi
studenti si stavano recando al loro posto e tra di essi c'era anche,
Severus notò con sorpresa, Terry Boot. Il ragazzo era sparito
diversi giorni prima, perciò aveva presumibilmente dimostrato la sua
lealtà al gruppo di vigilantes messo insieme alla buona da
Longbottom. Quella sera si era dato una ripulita e si stava dirigendo
verso il tavolo di Corvonero come se non avesse un solo pensiero al
mondo.
Una veloce
occhiata verso Alecto fu abbastanza per essere certo che lei non
aveva ancora notato l'intruso, un'altra occhiata lungo il tavolo gli
disse un storia leggermente diversa. Minerva aveva gettato la
bacchetta sul tavolo, ma chiaramente la stringeva in mano, e gli
occhi scattavano da Alecto a Boot.
Potrei usare
Minerva a mio vantaggio? Si
chiese.
Boot scivolò
nella sua sedia al tavolo di Corvonero e tirò a sé un vassoio di
cibo. La sua apparizione aveva scatenato un mormorio di trepidazione
nel corpo studentesco. Persino al tavolo dei Serpeverde il senso di
attesa era palpabile. Quando Pansy Parkinson diede una gomitata a
Gregory Goyle, Severus non riuscì a trattenere una smorfia. Assaporò
in bocca il gusto metallico della delusione. I suoi Serpeverde
stavano per tradirlo ancora una volta.
Goyle si tese
attraverso la stanza verso Boot. Pochi secondi dopo stava guardando
verso Alecto.
“Ehi,
professoressa Carrow!” La chiamò.
Boot si rese conto
che il gioco era iniziato immediatamente e, mentre Alecto si girava
verso il tavolo dei Serpeverde, si alzò in piedi e si arrampicò
sulla sedia.
“POTTER HA FATTO
IRRUZIONE ALLA GRINGOTT ED È SCAPPATO IN SELLA A UN DRAGO!” Rombò.
Esplose il
pandemonio. L'incantesimo scudo di Minerva bloccò la maledizione
crudele che Alecto aveva lanciato contro Boot, ma un Incantesimo
Tagliuzzante partito da Amycus mancò completamente il bersaglio e
colpì Mandy Brocklehurst che iniziò a piangere miserevolmente.
“Basta!” Urlò
Severus alla folla. Per sicurezza, spazzò via l'incantesimo scudo di
Minerva e immobilizzò Boot: questo avrebbe impedito ai Carrow un
attacco prolungato. “Signorina Li,” ordinò, “porta la
signorina Brocklehurst in Infermeria immediatamente.” Non ebbe
bisogno di voltarsi per sentire Poppy alzarsi dal tavolo dietro di
lui e uscire di corsa dalla porta riservata agli insegnanti. “In
futuro,” continuò, rivolgendosi all'intera sala, “non ci sarà
magia non autorizzata durante l'ora dei pasti – e questo vale per
tutti i membri della comunità di Hogwarts. Sono stato chiaro?”
Mentre parlava,
Alecto si era avvicinata alla figura immobile di Terry Boot.
“Perfettamente
Severus,” ringhiò, sollevando un calice largo dal tavolo e
soppesandolo in una mano. “Nessuna magia non autorizzata!” Gridò
mentre faceva oscillare il calice, spargendo succo di zucca con
schizzi arancioni. Quando si abbatté contro la guancia di Boot fece
un rumore orribile e il ragazzo si rovesciò al suolo. Nel suo stato
magicamente costretto, il ragazzo era incapace di difendersi.
“No!” Urlò
Minerva.
Mentre Severus
praticamente si lanciava verso il trambusto, notò con sollievo che
Hooch aveva trattenuto Minerva. Sperava, per il suo stesso bene, che
tenesse d'occhio anche Filius.
Alecto aveva
piegato il braccio all'indietro per colpire il povero ragazzo ancora
una volta, ma Severus colpì il calice con una Maledizione Flagrante
e lei lo lasciò andare con un urlo di dolore, afferrandosi la mano
ferita. Una volta che fu abbastanza vicino, Severus l'afferrò per la
veste e l'attirò verso di sé. Abbassando la testa le mormorò in un
orecchio.
“Non voglio
vederti mai più usare punizioni Babbane. Sono stato chiaro?”
Alecto annuì e la
spinse via. Con la bacchetta fece levitare Boot di nuovo in piedi.
“Severus.” Era
Amycus ad aver parlato. Il Carrow maschio lo aveva seguito giù dal
tavolo dei docenti. “Dobbiamo punire il ragazzo in qualche modo.”
“Non lo farai
nella Sala Grande,” rispose seccamente.
“Va bene, lo
porterò nel nostro ufficio.”
“No,” rispose
Severus, dandosi un'occhiata intorno. “Non possiamo permetterci la
tua assenza – chi manterrà il controllo qui?” Persino Amycus non
era abbastanza stupido da perdersi il sarcasmo di quell'affermazione.
“Lo manderò nel mio ufficio con uno studente e sistemerò io
stesso le cose con lui dopo cena. Puoi renderti utile e curare la
mano di Alecto.”
Dando un'occhiata
al tavolo degli studenti Serpeverde, l'occhio di Severus cadde prima
su Draco. Il ragazzo annuì prontamente, segnalando la sua
disponibilità, ma Severus scosse la testa leggermente e si girò gli
studenti seduti di fianco a lui. Senza dubbio c'erano diversi membri
del cosiddetto Dumbledore's Army che stazionavano fuori, pronti a
liberare il loro commilitone. Draco non meritava questo, ma Gregory
Goyle sì.
“Signor Goyle,
signor Crabbe, portate il signor Boot nel mio ufficio. Poi tornate
qui.” I due buffoni si alzarono pesantemente in piedi. Con una mano
su ogni bicipite di Boot, lo sollevarono facilmente e lo portarono
via.
“Mangiate la
vostra cena,” ringhiò Severus agli studenti che lo fissavano
mentre tornava indietro al tavolo degli insegnanti. Salendo le scale
di fianco al tavolo dei Serpeverde, passò oltre diversi suoi
colleghi insegnanti sulla via per la ridicola sedia di Dumbledore.
Filius, notò cupamente, aveva il tovagliolo stretto nei pugni e
stava mormorando acute imprecazioni sottovoce.
Era ora che
mostrassi della preoccupazione per i tuoi studenti, pensò
Severus piuttosto amaramente mentre si risedeva. “Buon appetito,”
disse
all'intero
tavolo, infondendo nella frase il maggior sarcasmo possibile.
Sistemando
il suo stesso tovagliolo
in grembo, Severus iniziò a mangiare.
Meno di quindici
minuti dopo, un inaspettato fastidio al Marchio nero lo informò che
il Signore Oscuro era profondamente turbato. Chiaramente, anche
Amycus, Alecto e Draco lo avevano notato perché i Carrow si stavano
agitando sulle sedie e Draco sedeva fermo in modo innaturale. I suoi
occhi cercarono Severus. Lui sbatté le palpebre e guardò da
un'altra parte, concentrandosi sul suo pasto.
Una parte della
mente di Severus esaminava i possibili scenari che causavano
l'attuale dispiacere del Signore Oscuro: Voldemort non aveva
richiamato i suoi servi da Hogwarts, tuttavia, il che significava che
potevano avere la fortuna di evitare le ripercussioni più immediate.
L'altra parte rimuginava su Draco.
La cena era quasi
terminata, e un certo numero di studenti aveva già lasciato la Sala
Grande, quando un singolo gufo reale volò attraverso l'apertura
della posta, sorvolando la sala per tutta la sua lunghezza. Mentre
planava sul tavolo dei docenti, catturò l'attenzione di molti dei
presenti e un gran numero di occhi silenziosi l'osservarono atterrare
nello spazio vuoto di fronte al piatto di Severus. Staccando un acino
d'uva da un grappolo che stava consumando, Severus lo offrì al gufo
dei Malfoy e srotolò velocemente la sua lettera. Con il rotolo in
una mano si alzò, lanciando un'occhiata a Draco. Nel tempo di un
batter di ciglia, Severus mostrò una chiara immagine mentale del suo
ufficio, poi si voltò è uscì attraverso la porta degli insegnanti.
I Carrow lo seguirono immediatamente.
“Severus?” Lo
chiamò Alecto dall'anticamera piena di ritratti, mentre Severus
spariva attraverso la porta.
Lui si girò verso
di lei prima di rispondere. “Nel mio ufficio, Alecto, e non prima.”
Ci vollero solo
pochi minuti per raggiungere l'ufficio del preside –
prevedibilmente libero da qualunque traccia di Terry Boot – con
Draco non lontano dietro di loro. Severus fece apparire una sedia per
il ragazzo, con visibile fastidio di Amycus. Alecto si era seduta in
quella che normalmente si trovava di fronte alla scrivania, lasciando
il fratello in piedi. Ringhiando irritato, Amycus fece apparire da
solo qualcosa su cui sedersi – un blocco deforme che solo un'anima
generosa poteva definire “mobile”. Severus ghignò.
“Facciamola
finita, Severus, apri la lettera,” disse Alecto.
Severus sospirò e
fece come lei aveva chiesto. Ancora una volta, la lettera era da
parte di Lucius.
Caro Severus,
Potter ha fatto
irruzione alla Gringott e rubato qualcosa di una certa importanza dal
caveau di famiglia dei Lestrange. Il nostro Signore ha ragione di
credere che Potter possa arrivare a Hogwarts a breve: in particolare,
potrebbe cercare di entrare nella sala comune di Corvonero. Il nostro
Signore ha molta fiducia nella tua abilità di catturare il ragazzo,
dovesse presentarsi l'occasione. Per favore, fa' sapere
immediatamente al Signore Oscuro se dovesse essere così. Il nostro
Signore in persona arriverà a Hogwarts più tardi in serata e non
vede l'ora di godere del piacere della tua compagnia.
Ti prego di
porgere i miei saluti e quelli di sua madre a nostro figlio, Draco e
a mia figlia Jocelyn.
Sinceramente
tuo,
Lucius
Sollievo e
tensione lottarono per prevalere sul viso di Draco. L'ultima frase
metteva in chiaro che né Lucius né Narcissa erano stati feriti
irreparabilmente dal dispiacere del Signore Oscuro, ma il contenuto
del messaggio era ben lontano dall'essere rassicurante.
“Molto bene,”
disse Severus. “Alecto e Amycus, lascio nelle vostre capaci mani la
supervisione della sala comune di Corvonero. Draco, torna a
Serpeverde". Ti suggerisco di dare un'occhiata lungo la via al
signor Goyle e al signor Crabbe. Tutti voi, fate attenzione a
qualunque cosa insolita e tenetemi informato.”
“Ma cosa farai
tu?” Chiese Amycus.
Severus sollevò
un sopracciglio. “Ho intenzione di rivolgere la mia attenzione alle
barriere nella speranza di catturare quel dannato Potter nell'istante
in cui mette piede nel territorio di Hogwarts.”
“Oh, giusto.”
Severus si alzò e
aprì la porta per sollecitare l'uscita dei visitatori dal suo
ufficio. Una volta andati via, la richiuse.
“Fa' attenzione,
Severus,” sottolineò inutilmente il ritratto di Albus. “Stai
camminando su un terreno pericoloso.”
*
*
*
-----------------------------------------
Severus89: Un po'
Hermione la capisco, anch'io non penserei mai che lui abbia detto
quelle cose perché le crede davvero, ma sotto sotto ci spererei :).
Grazie mille per i complimenti ^___^
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Capitolo 20 *** The Chamber of Secrets ***
2x20
NdT:
questa è una di quelle volte in cui, se non ci fosse stata
silviabella, probabilmente avreste letto un capitolo con delle robe
che non avevano niente a che vedere l'una con l'altra... Ringraziamo
silviabella!!!
Vi
ricordo inoltre che i dialoghi sottolineati sono presi
dall'originale.
Anne
London
Capitolo
20
The Chamber of
Secrets
Non
fu fino
a quando il trio si trovò
al sicuro al piano superiore
della Testa di Porco, ed Hermione ebbe mangiato il doppio di quello
che faceva
normalmente in una sola volta, che iniziò a sentirsi meglio. Così
è stato Aberforth a mandare Dobby? Il fratello di Dumbledore ci
stava tenendo d'occhio! Con
l'aiuto del pane, del formaggio e dell'idromele che aveva consumato,
il cervello di Hermione era tornato in azione.
“Posso
usare il bagno?”
Chiese
al loro ospite. Aberforth si limitò a grugnire e fece un gesto col
pollice alle sue spalle. Il bagno era sudicio, ma a Hermione non
importò, facendo quello che doveva velocemente, sistemando quello
che era visibile delle sue vesti e quello che era un nido di capelli
nel piccolo specchio sopra al lavandino. Lontano
dallo sguardo dei ragazzi, prese la borsa di perline dalla tasca e
lanciò un Incantesimo di Silenzio alla porta.
Se c'era una
qualunque possibilità che Harry affrontasse Voldemort nelle
successive ventiquattr'ore, c'erano un paio di cose che poteva fare.
Ci volle molto
poco a Hermione per trovare il ritratto di Phineas, dopodiché lo
mise in bilico sul coperchio del gabinetto.
“Phineas?” Lo
chiamò, infondendo nella voce più cortesia possibile.
Lui saltò alla
vista, come se fosse in attesa. “Nessuna benda?” Esclamò subito,
guardando avidamente lo spazio angusto. “Dove siamo? COME TI
PERMETTI di mettere il mio ritratto in questa lurida latrina! Cosa–”
“Phineas!” Lo
interruppe lei. “È importante! Ho bisogno che porti un messaggio.”
“Fa' attenzione,
ragazza,” le ringhiò contro, incrociando le braccia sul petto e
issandosi in piedi in tutta la sua altezza, “i Black non 'portano
messaggi'! Potrei farmi convincere a consegnare i tuoi saluti, ma
dovrai essere molto più educata di quanto credo tu possa essere
capace!”
Hermione soppresse
una smorfia. “Per favore, signore,” si avventurò dolcemente a
denti stretti. “È terribilmente importante.”
Phineas la guardò
per diversi secondi con le labbra strette. “Molto bene, lo prenderò
in considerazione.”
Hermione trattenne
un brusco sospiro e si sforzò di sorridergli. “Grazie,”
articolò. “Per favore, dica a Snape–”
“PRESIDE SNAPE!”
“Scusi! Preside
Snape!” Si rimproverò per lo scivolone. Non era proprio
possibile spiegare a Phineas che il suo errore era indicativo di
quanto fosse cresciuto il suo rispetto nei confronti dell'uomo, così
andò avanti. “Per favore, dica al preside Snape di fare
attenzione agli intrusi.”
“Tutto qua?”
Phineas sembrava veramente poco impressionato dal contenuto del suo
messaggio.
“Sì.”
Hermione si sentiva abbastanza sicura che Snape avrebbe
compreso.“Oh,” aggiunse, “e gli dica di tenere a portata di
mano dell'antidoto contro i veleni.”
“Beh,”
sogghignò, “se capita di vederlo passare per l'ufficio cercherò
di ricordarmelo.”
Con questo se ne
andò con aria tranquilla fuori dalla cornice. Hermione si prese la
sua vendetta in modo molto infantile: facendo una smorfia e tirando
fuori la lingua. Poi spinse il ritratto incorniciato di nuovo dentro
la borsa.
“Accio
Antidoto,” mormorò, afferrando la bottiglietta di liquido
verde e sistemando la manica in modo che cadesse sopra la mano e
coprisse cosa stava stringendo. Anche se una piccola parte di lei era
preoccupata di sprecarla inutilmente, Hermione si consolò con la
possibilità di avene dell'altra da Snape.
Fu con una nuova
sicurezza che Hermione rimosse l'Incantesimo di Silenzio, tirò lo
sciacquone, si lavò il viso e tornò indietro nell'altra stanza.
“Tè?” Chiese
in modo innocente, trafficando con le tazze nella credenza. Tutti,
incluso Harry, accettarono una tazza ed Hermione riuscì a dosare un
po' di antidoto a Harry senza che lo notasse. Si sentì fremere di
trionfo quando lui lo bevve tutto.
Quando le tazze
vuote tintinnarono nei loro piattini, Aberforth iniziò a parlare di
come far allontanare il trio da Hogsmeade e farlo tornare a
nascondersi. Diversamente da molte persone, quest'uomo sembrava
indifferente alla nuova serietà di Harry. E, diversamente da molte
persone, i suoi argomenti sembravano funzionare. Aveva messo Harry
profondamente a disagio e il suo giudizio sull'indole del fratello
Albus, pensò Hermione, era allo stesso tempo affascinante e
allarmante.
“Conoscevo
mio fratello, Potter,” concluse Aberforth, fissando l'unico
ornamento della stanza – un ritratto con una ragazza dall'aspetto
mite e malinconico. “Ha imparato la segretezza fin da quando
sedeva in braccio a nostra madre. Segreti e bugie, ecco come siamo
cresciuti, e Albus... aveva un talento naturale.”
“Signor
Dumbledore?” Si arrischiò Hermione, la curiosità che aveva la
meglio su di lei. “Quella è sua sorella? Ariana?”
La storia che la
sua domanda innescò aveva un triste e orribile senso. Sembrava più
credibile delle ipotesi che Rita Skeeter aveva rattoppato insieme e
lasciò Hermione con le lacrime che scendevano sulle guance. Ariana
era Bloccata – proprio come lo era stata Jocelyn.
“Mi... mi spiace
tanto,” sussurrò Hermione. Non riusciva a non pensare a come
avrebbe potuto essere la
vita di Ariana Dumbledore se avesse avuto a disposizione le tecniche
di Snape un centinaio d'anni prima, o come avrebbe potuto essere
l'aspetto di Ariana – una donna adulta, forse una strega con il
tipo di potere che aveva avuto il fratello. Espresse una silenziosa
preghiera di ringraziamento per il fatto che a Jocelyn fosse stato
risparmiato l'orribile destino della sorella di Aberforth.
La discussione tra
Harry e Aberforth proseguì con un botta e risposta
finché finalmente – e inaspettatamente, da punto di vista
di Hermione – l'uomo più anziano capitolò all'improvviso. Con un
grugnito infastidito alzò lo sguardo verso il volto vacuo e
sorridente di Ariana Dumbledore.
“Sai cosa
fare,” affermò col tono di uno che vuole lavarsi le mani da
ogni responsabilità.
*
Vedere Neville fu
uno shock. Da quel poco che aveva sentito da Snape, Hermione sapeva
che le cose a Hogwarts erano problematiche, ma la vista delle ferite
di Neville le fece comprendere la questione a livello fisico.
Dopo essere stati
in fuga per così tanto tempo, l'amichevole coda di studenti che
riempì la Stanza delle Necessità fu completamente travolgente.
L'intera cosa fu piuttosto confusa. Hermione non riusciva a credere
che così tanti studenti si fossero nascosti; sembrava impossibile
che il “gruppo di studenti” creato da Harry dietro suo
incitamento non più di due anni prima si fosse evoluto in questo.
Dando un'occhiata in giro per la stanza, notò con una fitta di
rimorso che non c'erano simboli Serpeverde. Cosa direbbe Jocelyn?
Pensò.
Una volta che
Harry e Luna furono spariti verso la Sala comune di Corvonero, non ci
fu altro che caos. Sempre più persone iniziarono ad apparire dal
buco del ritratto e molte di esse sommersero Hermione e Ron di
domande.
A Hermione faceva
male la testa. Tutto ciò che voleva era un momento di pace per
cercare di capire cosa fare dopo. Stava seriamente considerando la
possibilità di andare di nascosto in biblioteca quando Ron la tirò
da parte.
“Tutto bene,
Hermione?” Chiese.
Lei fece una
smorfia. “È solo che trovare l'Horcrux non sarà di grande aiuto,
a meno che non lo distruggiamo,” mormorò, girandosi verso di lui
così che nessun altro potesse sentire per caso la loro
conversazione.
“Dobbiamo solo
prendere dell'altro veleno di basilisco, allora,” rispose lui
calmo.
“Oh, certo
Ronald,” rispose in modo piuttosto irritato. “Ma a meno che tu
non creda che Neville possa chiedere alla Stanza delle Necessità–”
Lui la prese per
un braccio e la scosse, interrompendola. “No, Hermione, dobbiamo
solo andare a prenderne dell'altro,” rispose Ron, sollevando le
sopracciglia con aria di attesa.
“La Camera?”
Chiese incredula. “Ma–”
“Ma cosa? Harry
ha ucciso il Basilisco, dovrebbe essere sicura.”
“Ti ricordi come
entrare?”
“Credo di sì.
Andiamo! Ci serve una scopa, poi dobbiamo arrivare al bagno...”
Dopo essersi
consultati a bassa voce con Neville sgattaiolarono del corridoio,
lasciandosi il sempre più chiassoso Dumbledore's Army alle spalle.
Non potevano beneficiare del Mantello di Harry o della Mappa, ma
Hermione eseguì due Incantesimi di Disillusione davvero notevole e
quelli da soli alzarono le possibilità di un occultamento di
successo. La Stanza delle Necessita fu anche tanto gentile da farli
uscire al terzo piano – rimaneva solo una scalinata e un breve
corridoio per arrivare al bagno di Myrtle. Hermione fu quasi delusa
di non aver incontrato Snape sulla via.
“È da questa
parte,” mormorò Ron quando entrarono nella stanza, strattonando
Hermione verso un lavandino in fondo al bagno. Per non perdersi
mentre erano Disillusi, si tenevano per mano: fu piuttosto piacevole.
“Chi c'è?”
Era la voce di Myrtle, penetrante e accusatoria.
Hermione si
bloccò.
“Ho da fare qui
stasera, Myrtle,” intonò inaspettatamente Ron, in una passabile
imitazione del Barone Sanguinario.
Con uno stridio
terrorizzato, Myrtle si tuffò dentro la sua tazza e sparì con un
gorgoglio.
“Grande Ron!”
Sussurrò Hermione, strizzandogli la mano. Non poteva vedere il viso
di Ron, ma avrebbe giurato che era arrossito.
La tirò di nuovo
per la mano. “È proprio qui, vedi?”
Dato che Hermione
non poteva vedere quale punto lui stesse indicando, sospirò e
annullò riluttante l'incantesimo. Una volta che Ron divenne
visibile, vide che aveva la punta di un dito premuto contro un
piccolo serpente, intagliato su uno dei rubinetti di rame.
“Tutto quello
che dobbiamo fare,” continuò, “è dirgli 'apriti' in
Serpentese.”
Le speranze di
Hermione colarono a picco, ma trattenne ogni biasimo che le salì
alle labbra. Ron aveva uno sguardo immobile e determinato.
“Spksssssmsk,”
sputacchiò all'improvviso.
“Ron?”
“Lasciami
provare, Hermione,” rispose senza guardarla. “Ho sentito Harry
farlo un paio di volte ormai, e scommetto di potercela fare.”
Provò una seconda
volta senza riuscirci. Al terzo tentativo, Hermione trattenne il
respiro. La terza è la volta buona, pensò tra sé. Ron fallì
ancora una volta. Non fu fino alla quinta volta, e a quel punto
Hermione si era completamente arresa, che il rubinetto s'illuminò di
bianco e iniziò a girare.
Hermione afferrò
il braccio di Ron. Il lavandino stesso iniziò a muoversi e scivolò
indietro nel muro e fuori vista, lasciando solo un enorme buco e il
luccicante ingresso di una larga tubatura.
“Sì!” Esclamò
Ron, buttando i pugni in aria in segno di trionfo.
Semmai, Hermione
strinse ancora di più il suo braccio. A essere completamente onesti,
l'idea di entrare in quel tunnel la terrorizzava: il suo ultimo
incontro col Basilisco le aveva rubato un mese di vita. Quello in sé
non era un grosso problema, ma non aveva dimenticato
il momento quando aveva spiato la creatura nello specchietto compatto
di Penelope Clearwater. Deglutì pesantemente.
“Vado prima io –
è un lungo tunnel scorrevole. Si appiana verso la fine, quindi non
devi preoccuparti dell'arrivo. Va bene?”
Hermione si sforzò
di mostrare un sorriso di incoraggiamento e gli fece cenno di andare
avanti. Ron abbassò le gambe nel buco e, dopo aver sollevato per un
attimo il pollice, si lasciò andare e sparì dalla vista. Hermione
contò fino a dieci. Poi contò fino a dieci di nuovo. Grifondoro?
Significa niente per te? Si sgridò. Con un sospiro teatrale salì
all'imboccatura del tunnel e si lasciò andare.
La discesa fu
lunga e viscida. Dopo un po', Hermione si limitò a chiudere gli
occhi e a stringere forte la bacchetta di Bellatrix: non c'era molto
altro che potesse fare. Alla fine, come Ron aveva promesso, il tunnel
si appianò e la velocità diminuì drasticamente, prima di fermarsi
sbandando. Aprì gli occhi per trovare Ron chino su di lei, con la
bacchetta accesa e la mano tesa per aiutarla ad alzarsi.
Si rese conto che
erano in un largo tunnel di pietra che doveva essere collocato molto
più in basso delle parti normalmente abitabili della scuola.
“Da questa
parte,” indicò Ron, appoggiando un braccio intorno alle sue spalle
e dandole una stretta. “Se mi ricordo bene, la roccia che ha fatto
cadere Lockhart non è così lontana. Dovremo tornare indietro dalla
stessa strada: lascerò qui la scopa.”
Hermione si tenne
vicina dietro di lui, i passi che che scricchiolavano lungo ciò che
rimaneva degli scarti di un certo numero di piccoli animali. Alla
roccia crollata si fermarono.
“Accidenti,”
commentò Ron. “È difficile credere che fossimo piccoli abbastanza
da passare attraverso questo!”
A Hermione
occorsero comunque solo pochi secondi per allargare il piccolo buco e
non ci volle molto prima che Ron riuscisse ad attraversarlo.
“Oh, già,"
la chiamò dall'altra parte. “Avevo dimenticato che c'era una muta
di pelle qui. Non è un vero serpente, non ti spaventare!”
Rincuorata dalla
sua preoccupazione, Hermione lo seguì. Strisciarono oltre le
orribili larghe spire di pelle abbandonata e proseguirono nel
corridoio. Ci volle un po', ma alla fine si fermarono di nuovo.
Questa volta il problema era un enorme solido muro, decorato con due
serpenti intagliati. I loro occhi erano gemme che brillavano
sinistramente nella fioca luce delle loro bacchette.
“E ora?”
Chiese Hermione.
“Non so, lo
stesso di prima, non credi?”
Hermione annuì e
Ron ripeté la sua sputacchiante trafila di prima. Questa volta
azzeccò la giusta serie di suoni la seconda volta e il muro si
spalancò. Le due metà della grande porta scivolarono nel muro.
La stanza
all'interno era enorme, stretta e debolmente illuminata da una fonte
sconosciuta. Era fiancheggiata da colonne e decorata con un numero
eccessivo di serpenti. Anche se in fondo era molto in ombra, c'era
sicuramente qualcosa ammassato sul pavimento.
“È quello?”
Chiese a Ron, con la voce che riecheggiava in modo strano nello
spazio cavernoso.
“Credo,”
rispose. “Non ero qui durante questa parte, ma credo sia quello.”
Mentre si
avvicinavano, l'ansia di Hermione crebbe. Piccoli roditori scapparono
mentre si avvicinavano: i loro squittii e il grattare dei loro
artigli sul pavimento di pietra la innervosivano. La carcassa, videro
alla fine, era stata mangiata. Non rimaneva altro che la pelle e le
ossa. Le sue dimensioni erano scioccanti: Hermione non riusciva a
immaginare di combattere davvero contro il mostro – tanto meno non
riusciva a pensare che l'avesse fatto Harry alla tenera età di
dodici anni. Non per la prima volta, si chiese a che gioco stesse
giocando Dumbledore. Preparava Harry, fu la pronta risposta.
Che, in sé, la faceva rabbrividire più di quanto avessero fatto i
ratti.
Davanti alla testa
della bestia, Ron ed Hermione si fermarono. Molte delle zanne erano
ancora attaccate alla bocca scheletrica del serpente, anche se una –
probabilmente quella con cui Harry aveva pugnalato il diario – era
buttata da una parte. Giaceva in una pozza di sangue secco. Hermione
scavò nel cervello per ricordare se poteva essere di Harry o di
qualcun altro.
“Quante ce ne
servono?” Chiese, fissando la mandibola del basilisco. Sarebbe
potuta stare tranquillamente in piedi dentro allo spazio che
occupava.
Quella cosa mi
ha quasi uccisa.
“Tutte quelle
che riusciamo a portare, suppongo.” Ron sembrava così certo che lo
guardò per una spiegazione. Lui alzò le spalle. “Non sappiamo che
cosa stiamo cercando e non sappiamo quanta gente starà a guardare.
Più possibilità abbiamo di distruggerlo e meglio sarà.”
“Giusto.”
Hermione annuì. Controllati, Granger. Si diede una scrollata
mentale. “Allontanati,” ordinò. Lanciando un Incantesimo di
Difesa sulla superficie di ogni zanna, separò una dozzina degli
enormi denti sporchi e gialli dalla mandibola in cui erano inseriti,
ammortizzando ognuno di essi così che cadessero gentilmente sul
pavimento e non rimbalzassero in giro. “Andiamo,” concluse,
facendosi avanti e raccogliendo le zanne più vicine a lei.
“Aspetta,”
disse Ron. “Dov'è la coppa?”
“È nella borsa
di... Vuoi distruggerla ora?”
“Non c'è
momento migliore di adesso. E penso dovresti farlo tu.”
“Io?”
“Già. Harry e
io ne abbiamo distrutto entrambi uno. Credo sia il tuo turno.”
Era completamente
serio, realizzò Hermione. Lei sarebbe piuttosto andata via il prima
possibile, ma concordava sul fatto che non ci fosse motivo di
rimandare. Qualunque cosa potesse avere effetti negativi sul potere
di Voldemort, valeva la pena farla subito.
“Va bene,”
acconsentì, aprendo di scatto la borsa e cercando all'interno per
tirar fuori la coppa. Le ci vollero alcuni momenti per afferrare il
manico: la coppa sembrava muoversi rapidamente nelle fessure tra le
sue altre cose, nel tentativo di stare fuori portata. Quando la mano
finalmente si chiuse intorno al freddo metallo, lo sentì
appiccicaticcio contro la pelle. Riusciva a sentire l'Horcrux
all'interno pulsare come una brutta ferita.
“Dammela qui,”
le disse Ron. Prese la coppa e la posizionò sottosopra al centro di
una lastra di pietra. “Pugnalala e basta. Ignora qualunque cosa
dica e colpiscila.”
Hermione
s'inginocchiò di fronte alla coppa e rimosse l'Incantesimo di Difesa
dalla zanna che teneva in mano. Con esitazione la sollevò sopra la
testa. All'apice dell'oscillazione notò un liquido scuro fuoriuscire
da sotto la coppa. Si bloccò, gli occhi fissi sulla macchia
dilagante. La coppa era vuota, vero?
Hermione osservò
con orrore mentre il liquido viscoso si staccava dal pavimento e
iniziava a vorticare verso l'alto. Un paio di occhi rossi comparvero
in mezzo alla conseguente nuvola scura.
“Credi di
poterli salvare, non è vero?”
La voce sibilò da
sotto alla coppa: gorgogliava fuori insieme allo spesso liquido
sciropposo. È sangue? Hermione deglutì e, senza neanche
pensarci, strisciò indietro.
“Tutto quello
che vuoi fare,” continuò la voce, “è mantenere i ragazzi vivi.
Eppure lo sai, vero, che li ucciderò?”
La nebbia scura
iniziò a vorticare e trasformarsi in una figura riconoscibile. Una
strana parodia di Ronald Weasley stava a mezz'aria davanti a lei,
anche se il mento era a malapena rappresentato e il labbro inferiore
tremava con un'espressione di paura che Hermione non aveva mai visto
nel vero Ron.
“Hermione!”
Chiamò il finto Ron. Anche se non sembrava più giovane di
diciassette anni, parlava con la voce che Ron aveva da ragazzino.
“Sta per uccidermi ed è tutta colpa tua!”
Il respiro di
Hermione era strozzato e poteva sentire le lacrime minacciare di
sopraffarla. Nel profondo, sapeva che era un inganno dell'Horcrux.
Cercò di sollevare la zanna del Basilisco per pugnalarlo e fermarlo,
ma le mani erano sudate e le scivolò dalla presa.
La figura stava
mutando. I colori stavano cambiando ed Hermione riconobbe gli occhi
verdi e gli occhiali storti di Harry. Come con Ron, questo Harry
sembrava debole.
“Hermione,”
sussurrò, colpito dal terrore. “Ha ucciso i miei genitori. Ha
ucciso Cedric. Ora sta venendo a uccidere anche me!”
Le scappò un
singhiozzo. Sapeva che non era reale, ma le faceva comunque male nel
profondo. Un secondo dopo, anche l'immagine di Harry iniziò a
cambiare. I capelli iniziarono a crescere e il naso ad allungarsi.
Vero panico crebbe nel petto di Hermione. Non poteva, non doveva
lasciare che Ron vedesse.
“No!” Urlò.
Con tutta la forza che riuscì a raccogliere, scagliò la zanna
contro l'Horcrux che urlò. Prima che l'apparizione di Snape fosse
completamente riconoscibile, si frammentò, disperdendosi in sbuffi
di nebbia leggera che andava svanendo. Dove la zanna aveva colpito la
coppa c'era solo un buco fumante.
Ron avrà
capito? Pensò nel
panico. Avrà
riconosciuto chi era?
Mentre il suono
dell'urlo dell'Horcrux spariva, Hermione notò che le lacrime
scorrevano senza che lei se ne fosse accorta. Ron era in ginocchio
dietro di lei e le sue braccia forti la cullavano. Il suo corpo era
caldo.
“Ce l'hai fatta,
'Mione,” mormorò con tono confortante. “Va tutto bene.”
Hermione si girò
e affondò il viso nel petto di lui. Con una mano Ron le massaggiò
la zona tra le scapole.
“Sente le tue
paure,” disse lui, con il mento appoggiato sopra la testa, “ma
non ti conosce veramente.”
Hermione trovò le
sue parole incredibilmente confortanti. Spingendosi indietro lo
guardò e lo onorò di un sorriso lacrimoso.
“Grazie, Ron,”
disse.
“Di niente,”
rispose, mentre le asciugava una lacrima dalla guancia con con il
polpastrello del pollice. “Andiamo, prendiamo il resto di queste
zanne e cerchiamo Harry.”
“Buona idea.
Probabilmente si starà chiedendo dove siamo.” Hermione si spinse
in piedi e raccolse diversi denti lunghi e gialli.
“Forse ha già
trovato l'altro Horcrux!” Puntualizzò Ron speranzoso.
Mentre Hermione
dava un'ultima occhiata alla minacciosa mole dello scheletro del
basilisco, e raggruppava ciò che rimaneva dell'Horcrux, una gioia
piuttosto violenta le scaturì nel petto. Forse sarebbero usciti vivi
da quel caos.
*
L'entusiasmo era
come una massa dura, quasi dolorosa, dietro alle costole di Hermione
mentre volavano su, fuori dalla Camera dei Segreti. Hermione aveva
fatto apparire una rete, con cui avevano legato le zanne nella parte
inferiore del manico della scopa: lei stava dietro, con le braccia
avvolte strettamente intorno alla parte superiore del corpo di Ron.
Ron, si rese conto
con grande orgoglio, era stato magnifico: l'idea era brillante e lui
stesso era riuscito a gestire la situazione con competenza e
generosità. Fece un profondo respiro con la faccia premuta tra le
spalle di lui. Forse, ripeté a sé stessa,
Harry ha già trovato l'altro Horcrux!
Mentre schizzavano
fuori dal bagno di Myrtle e tagliavano per i corridoi marchiati dai
segni della battaglia – finestre rotte, un'armatura crollata
perforata da alcune daghe, un gruppo di vecchi studenti e un membro
dell'ordine che si precipitava con un'espressione tetra e spaventata
– il sentimento nel suo petto crebbe. Si sentiva esplodere.
Trovarono
velocemente Harry e le sue notizie erano buone: sapeva dov'era
l'Horcrux e sapeva dove trovarlo. Dalla descrizione, Hermione
realizzò di averlo visto anche lei: quando si era intrufolata nella
Stanza delle Necessità per tirar fuori il libro di pozioni di
livello M.A.G.O. di Snape, aveva visto la tiara rotta, vecchia e
dall'aspetto malconcio.
Erano così vicini
al loro obiettivo che Hermione sentiva quella consapevolezza
ribollirle nelle sue vene. Lo sentì espandersi verso le estremità;
pensò che l'orgoglio per entrambi i ragazzi avrebbe potuto
schizzarle fuori dalla punta delle dita.
Quando Ron
espresse il desiderio di avvisare gli elfi domestici, si lanciò su
di lui, facendo cadere la bracciata di zanne di Basilisco per
stritolarlo in un forte abbraccio. Prima che anche solo potesse
pensare cosa stava succedendo, lo stava baciando e lui, con sorpresa,
la stava baciando a sua volta. Anche il suo carico di zanne e il
manico di scopa ruzzolarono ignorati al suolo e le sue braccia si
avvolsero intorno a lei, sollevandola da terra.
Il suo bacio fu
caldo e gentile. Era felice e disperato. Hermione sapeva – come
anche Ron – che uno di loro due o entrambi potevano morire: avevano
passato il peggiore anno delle loro vite e non era ancora finita. Il
bacio era una promessa e il bacio era un balsamo per il terrore che
contaminava il suo senso di determinazione. Il tempo di agire era
adesso e non si sarebbe guardata alle spalle.
Lo amava,
ovviamente. Lo aveva sempre saputo, più o meno. Proprio come amava
Harry, anche non lo avrebbe mai baciato, non così. E quando si
staccarono, sapeva esattamente cosa significava: la amava ed era lì
con lei. Entrambi erano impegnati nell'impresa che li attendeva.
Entrambi avrebbero seguito Harry: entrambi avrebbero aiutato a
distruggere Voldemort, non importava quello che sarebbe costato.
*
Una volta dentro
alla Stanza delle Necessità il trio si separò. Anche se sia Harry
che Hermione erano già stati lì prima, la torreggiante navata di
rifiuti era disorientante.
Come ha potuto
Voldemort pensare seriamente che nessun altro sarebbe potuto entrare?
Pensò Hermione. C'è
fin troppa roba qui dentro perché sia possibile.
Hermione era
convinta che Harry avesse preso una svolta sbagliata non lontano
dall'ingresso. Decise di tornare indietro e ripercorrere i suoi
passi.
“Guidami,”
sussurrò alla bacchetta, controllando due volte dov'era il nord
e poi tornando indietro da dov'era arrivata. Non ci volle molto per
raggiungere punto in cui pensava avessero sbagliato e fu lì che
sentirono delle voci.
“Harry?”
Sentì Ron chiamare. “Stai parlando con qualcuno?”
Comunque, non
erano Ron e Harry. Hermione udì le voci lanciare delle maledizioni,
e Harry chiamò Ron con insistenza. Un'enorme pila di cianfrusaglie
traballò pericolosamente, sbattendo contro una catasta e facendo
crollare una grossa quantità di oggetti sul pavimento. Le scappò un
grido strangolato di panico ed Hermione iniziò a correre nella
direzione del trambusto. Mentre correva, il litigio continuava, e
identificò Vincent Crabbe e Draco Malfoy. Presumibilmente Gregory
Goyle non era molto lontano.
“Crucio!”
Urlò Crabbe con cattiveria lì vicino.
Hermione si fermò
a una biforcazione, insicura su dove andare. Le faceva male il petto
per lo sforzo di scattare attraverso gli stretti passaggi nel
labirinto di oggetti abbandonati.
“FERMO!”
L'altra voce era
con certezza quella di Malfoy e arrivava sicuramente dalla
biforcazione a sinistra. Hermione corse in avanti ancora una volta.
Cosa diavolo
hai in mente, Malfoy? Dal suono,
stava ancora cercando di proteggere il trio, ma allora perché si era
portato i suoi tirapiedi
dietro?
“Il Signore
Oscuro lo vuole vivo–”
“Quindi? Non
lo sto uccidendo, no? Ma se potessi lo farei, il Signore Oscuro lo
vuole morto comunque, dov'è la diff–?”
Hermione girò
l'ultimo angolo e lanciò uno Schiantesimo non verbale a Crabbe: lo
mancò solo perché Malfoy lo tirò via dalla traiettoria.
“È la
Sanguesporco!” Ringhiò Crabbe, con rabbia e sorpresa che gli
contorsero il viso in un orribile ghigno. “Avada Kedavra!”
Brividi di paura
la attraversarono da capo a piedi mentre si spostava di lato. Il
lampo verde della maledizione impattò contro un cavallo a dondolo di
legno sbiadito, decapitando la povera creatura. Hermione sentì Harry
urlare e lo scoppio di altre diverse maledizioni.
“Non
ucciderlo!” Urlò Malfoy. “NON UCCIDERLO!”
Hermione strisciò
sotto a un tavolo traballante, riemergendo nella stessa navata di
Harry. Entrambi Crabbe e Goyle avevano le bacchette puntate contro il
Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, anche se sembrava che le urla di Malfoy
avessero fatto guadagnare ad Harry qualche secondo di esitazione.
Harry disarmò Goyle mentre Hermione lanciava uno Schiantesimo a
Crabbe. Ron riapparve da dietro l'angolo lontano e lanciò un
Petrificus Totalus a Malfoy. Sia Hermione che Ron mancarono il
bersaglio.
Crabbe si voltò
verso Ron e lanciò un'altra maledizione che uccide. Hermione vide
rosso. Si spinse dal pavimento in una corsa accovacciata e si lanciò
in avanti. Mentre correva, Schiantò Goyle che era senza bacchetta e
saltellava su e giù sul posto nel futile tentativo di riprendere la
sua arma. Hermione ignorò Malfoy, intenta a neutralizzare Crabbe
prima che prendesse ancora la mira contro uno dei suoi amici.
“È qui da
qualche parte!” Urlò Harry mentre scattava verso l'angolo dove
Ron e Crabbe erano stati visti l'ultima volta “Controlla, mentre
vado ad aiutare R–”
All'angolo,
Hermione si trovò di fronte a una visione terrificante. Crabbe
sembrava un maniaco e rideva orribilmente, mentre faceva apparire una
fiamma su una pila di appunti scolastici buttati. Le fiamme si
sollevarono immediatamente, lasciando il profilo di Crabbe a
stagliarsi contro la loro luce – un'ombra scura con un braccio
sollevato.
“HARRY!”
Urlò lei.
“Idiota!” Urlò
Ron che era in qualche modo riuscito – per fortuna – a finire
nella parte più vicina a lei rispetto alle fiamme.
Il fuoco si stava
espandendo velocemente ed Hermione riusciva a sentire il muro di
calore che emetteva. Hermione puntò la bacchetta contro le fiamme e
le colpì con diversi incantesimi per umidificare e produrre acqua.
Non funzionava nulla.
Ron e Crabbe
stavano correndo lungo il corridoio verso di lei, lontano dalle
fiamme. Crabbe stava ancora ridendo, ma Ron sembrava terrorizzato. La
afferrò per l'avambraccio mentre passava, tirandola indietro con
lui.
“Ti piace il
caldo, feccia?” Urlò Crabbe.
Le fiamme erano
innaturali – impossibilmente calde e orribilmente veloci. Formavano
una figura animalesca e sembravano muoversi con un'intelligenza da
creatura, puntando infallibilmente verso il caldo corpo umano di
Hermione, i suoi amici e i loro compagni di classe Serpeverde.
“CORRI!”
Urlò Ron.
Crabbe era già
sparito svoltando intorno a una testata di letto capovolta e Malfoy
afferrò il corpo schiantato di Goyle da sotto le braccia, correndo
sgraziato verso Crabbe a una velocità notevole. Ron, con la mano
stretta intorno al braccio di Hermione, la tirò di fianco a Harry.
Le fiamme stavano
ancora guadagnando terreno.
“Che cosa
possiamo fare?” Urlò Hermione disperata. “Cosa possiamo
fare?”
“Ecco!” Urlò
Harry, afferrando due scope dall'aria scomoda e datata. Ne lanciò
una a Ron, che la afferrò con abilità.
Ron mise la gamba
sul manico in pochi secondi ed Hermione si mise dietro di lui. Per la
seconda volta in quella giornata premette la faccia tra le scapole di
lui, eppure questa volta sentiva più panico che esultanza. Ron partì
e si levò in volo verso gli alti archi e verso il soffitto. Il
calore lì non era meno intenso e il fumo rendeva difficile respirare
“Dei, Hermione,”
annaspò Ron, con la voce tesa per la disperazione. “Non riesco a
vedere la porta.”
“Guidami!”
Sussurrò Hermione con urgenza. La bacchetta girò nella mano,
puntando attraverso il fumo uniforme verso nord. “La porta
dev'essere alla nostra sinistra!” Esclamò.
Senza fare
domande, Ron seguì le sue istruzioni.
“Harry,”
Urlò. “Andiamo via, andiamo via!”
Ma qualcuno, in
fondo nel fuoco, stava urlando. Un sottile suono orribile che fece
sollevare i peli dietro al collo di Hermione. Harry si era già
girato, puntando verso il suono.
“È–troppo–pericoloso–!”
Annaspò Ron, tossendo per il fumo, eppure, malgrado le sue parole,
non era meno Grifondoro del suo amico e aveva già girato la scopa
per andargli dietro.
Seguirono il suono
delle urla, immergendosi dietro Harry nel fumo spesso. Le fiamme
scattanti e crepitanti producevano un calore intollerabile.
Malfoy aveva in
qualche modo trascinato il corpo di Goyle in cima a una montagna di
mobili rotti, ma le fiamme ne stavano già ghermendo i lati. Il fumo
si gonfiò intorno a lui ed Hermione lo vide alzare una mano verso
Harry in un gesto di supplica.
“SE MUORIAMO
PER COLPA LORO, TI UCCIDERÒ HARRY!” Urlò Ron, mentre Harry
riusciva a far salire Malfoy dietro di sé sulla scopa.
“Io guido, tu
afferra Goyle,” ordinò Hermione. Non c'era modo che riuscisse a
gestire il peso morto del ragazzo. Ron afferrò i vestiti di Goyle e
lo sollevò sul manico della scopa, mentre un enorme Basilisco di
fiamme balzava verso di loro, la mandibola spalancata e zanne mortali
accentuate dalle fiamme arancioni. La scopa s'inclinò per il peso
aggiuntivo, ma Hermione, che aveva afferrato il manico davanti alle
cosce di Ron si tirò indietro con forza e lontano dalle fiamme. La
bacchetta stava ancora dando strattoni nella direzione del nord ed
Hermione fece girare tutti per trovarsi di fronte a dove si trovava
la porta.
Buon Dio, fa
che la porta sia aperta.
Hermione volò più
veloce di quanto non avesse mai fatto prima, il terrore del fuoco e
il fumo nero soffocante superavano la sua paura delle altezze. Dopo
diversi infiniti secondi, con il rumore del fuoco che premeva da
tutte le parti, Hermione vide una zona rettangolare nel fumo grigio.
“Eccola!” Urlò
Ron.
Si abbassarono,
puntando verso la porta, e improvvisamente la attraversarono.
Finirono contro il muro dall'altra parte del corridoio e caddero con
poca grazia sul pavimento. Hermione atterrò su Goyle – cosa non
piacevole per lui, ma che la salvò dalla maggior parte dei lividi.
L'ossigeno inondò i suoi polmoni come una droga.
Poco dopo, Harry e
Malfoy uscirono a razzo in salvo e la porta sparì all'improvviso.
“C-Crabbe,”
annaspò Malfoy, con una certa angoscia, gli occhi che frugavano il
muro vuoto dove una volta c'era stata la porta, come se potesse
riapparire. “C-Crabbe...”
“È morto,”
rispose Ron, con voce rigida e roca. Poi ci fu silenzio.
*
*
*
-------------------------------------
severus89:
Minerva, per quanto come personaggio non mi dispiaccia, è veramente
cieca: neanche i decenni a lavorare per Dumbledore le hanno fatto
venire in mente la possibilità che fosse stato tutto organizzato e
non si accorge nemmeno di come Snape tenti di proteggere in tutti i
modi gli studenti -__-'
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Capitolo 21 *** Flight ***
2x21
NdT:
siamo quasi alla fine... Ringrazio silviabella per aver reso il testo
leggibile ^__^.
Vi
ricordo che i dialoghi sottolineati sono presi dal romanzo originale.
Anne London
Capitolo
21
Flight
Severus non si era
preoccupato di spiegare ai suoi Mangiamorte che non c'era quasi
nessuna speranza che Harry Potter potesse essere registrato dalla
barriere del castello. Potter sarebbe apparso alla scuola come una
presenza benigna: le sue motivazioni si allineavano precisamente con
la concezione di Hogwarts di Bene Superiore. Dumbledore si era
trovato nella stessa situazione quando Sirius Black aveva cercato di
irrompere, diversi anni prima.
Così, dopo averli
mandati per la loro strada, iniziò a pattugliare i corridoi, i sensi
in estrema allerta, mentre si
lambiccava il cervello sui diversi possibili modi in cui
Potter poteva essere scoperto nel tentativo di entrare.
Potter,
ragionò, ha rubato qualcosa d'importante. Qualcosa per cui
vale la pena d'irrompere alla Gringott per ottenerla.
Vista la grandezza del rischio, c'era solo una reale possibilità: un
Horcrux.
Severus uscì
dalla porta principale della scuola e strizzò gli occhi verso
l'oscurità in cui era immerso il Platano Picchiatore. Potter
saprà quale tunnel è effettivamente bloccato? O passerà da lì lo
stesso? Lui aveva certamente usato quel tunnel qualche volta in
passato. Giusto per stare sul sicuro, Severus decise di smantellare
le maledizioni che bloccavano l'entrata. Attraversò intenzionalmente
il terreno verso il vecchio albero.
Ipotizzando che
Potter riesca a distruggere l'Horcrux della Gringott – e la rabbia
del Signore Oscuro indica che c'è riuscito – allora la sua
anticipata presenza a Hogwarts suggerisce che un ulteriore Horcrux si
trova a scuola.
No, realizzò
improvvisamente Severus, la forza del lampo di logica che lo portava
a fermarsi improvvisamente. Il Signore Oscuro lo aspetta
qui, il che significa che l'Horcrux è qui, non significa
necessariamente che Potter sa dove può essere trovato.
Dopo un secondo
d'indecisione, Severus scattò in avanti verso il Platano
Picchiatore. Dal momento che aveva piazzato le barriere-trappola lui
stesso, gli ci vollero solo un paio di minuti d'intensivo lavoro per
ripulire il passaggio. Poi si girò e si librò nell'aria. Volò
verso le Grandi Porte, gioendo della velocità che riuscì a toccare
e della sensazione di volare senza una scopa.
Una volta dentro,
tornò nel suo ufficio.
“Phineas!”
Chiamò, mentre saltava gli ultimi gradini della scala mobile e
spalancava la porta.
“Non c'è
bisogno di urlare, Severus, sono proprio qui.”
“Ho bisogno che
porti un messaggio,” continuò Severus, ignorando la beffarda
risposta del ritratto.
“Buffo, è
quello che ha detto lei,” rispose Phineas, guardandosi le unghie
con la fronte aggrottata. Con una smorfia di disgusto, tirò fuori
una limetta per le unghie e iniziò a sagomare quelle della mano
sinistra.
“Cosa? Che
cos'ha detto?”
“Ha detto,” –
Phineas fece una pausa e alzò gli occhi al cielo, poi continuò il
suo racconto nel falsetto cantilenante della sua mediocre imitazione
– “Per favore, dica al preside Snape di fare attenzione
agli intrusi.”
Intrusi. Quindi
dopotutto lo sanno. Stanno arrivando.
“Oh,” aggiunse
Phineas, “e vuole che tu abbia dell'antidoto a portata di mano”
Quello non era un
problema. In quei giorni Severus Snape aveva sempre dell'antidoto
a portata di mano.
“Phineas,”
disse alla fine, “è importante. Ho bisogno che torni nell'altro
ritratto. Se riesci a parlarle di nuovo, fa' in modo di dirle che il
passaggio attraverso la Stamberga Strillante è libero. E dille che a
meno che non conosca un posto migliore, la sala comune di Corvonero è
un buon posto per iniziare a cercare.”
Phineas sospirò
in tono teatrale. “È un messaggio ridicolo, lo sai?”
“Phineas, fallo
e basta. Adesso.”
Con un altro
sospiro, se ne andò. Severus fece un profondo respiro. Ignorando le
domande che fuoriuscivano da almeno un dozzina di ritratti diversi –
Albus incluso – salì la scalinata verso le sue stanze private. Da
una piccola credenza di fianco al divano prese una manciata di
pozioni. Suddividendole rapidamente, nascose nelle tasche interne
della sua veste alcune fiale di antidoto, una di Pozione
Rimpolpasangue e, dopo un momento di esitazione, una Soluzione
Corroborante. Non guastava mai essere pronti.
La cosa successiva
che aveva bisogno di fare era allontanare i Carrow dalla sala comune
di Corvonero. Tornò sui suoi passi, attraverso l'ufficio – non
prestando attenzione ai vari ritratti che chiedevano a gran voce la
sua attenzione – e fuori nei corridoi di Hogwarts.
*
Quando Severus
sentì il Marchio Nero attivarsi, accelerò il passo. Era ancora
diversi piani lontano dalla torre di Corvonero quando individuò
Minerva McGonagall camminare impettita verso di lui, con espressione
fiera. Istintivamente si fermò di lato, nell'ombra di una porta.
Quando passò notò qualcos'altro: vedeva una donna (arrabbiata), ma
sentiva tre paia di passi.
Potter, capì.
Sotto al suo lenzuolo.
Non riuscì a
controllare lo spiacevole balzo del suo cuore quando si rese conto
che Granger poteva essere il terzo membro del gruppo. Di nascosto
iniziò a seguirli, tuffandosi da un nascondiglio all'altro. In pochi
minuti venne notato.
“Chi c'è?”
Chiese Minerva cautamente. La bacchetta era sollevata in posizione di
duello.
“Sono io,”
rispose, uscendo da dietro a un'armatura. Tenne la sua stessa
bacchetta pronta. Minerva si bloccò. Severus esaminò con lo sguardo
l'aria intorno a lei, in cerca di qualche traccia di movimento,
qualche indicazione della posizione di Potter. Visto che Minerva non
faceva e non diceva niente, le rivolse una domanda. “Dove sono i
Carrow?”
“Ovunque tu
gli abbia detto di andare, immagino, Severus,” rispose Minerva.
Sputò il nome come se fosse veleno.
“Avevo avuto
l'impressione che Alecto avesse preso un intruso,” continuò,
con gli occhi ancora in cerca di qualunque segno di Potter.
“Davvero?”
Sogghignò Minerva. “E cosa ti ha dato questa impressione?”
Involontariamente,
Severus strinse la mano sinistra e il suo braccio si contrasse
leggermente. Il ghigno di Minerva s'intensificò in risposta.
“Oh, ma
naturalmente,” esclamò. “Voi Mangiamorte avete i vostri
modi privati per comunicare, l'avevo dimenticato.”
I giorni in cui
Minerva l'aveva rassicurato che, nel suo caso, il titolo non si
applicava più, erano passati da tempo. Severus spinse il dolore
dello scherno in profondità in uno dei libri della biblioteca del
suo cervello. Fece un passo verso di lei.
“Non sapevo
che stanotte fosse il tuo turno di sorvegliare i corridoi, Minerva.”
“Hai qualche
obiezione?”
“Mi
chiedevo... cosa ti ha portata fuori dal letto a quest'ora tarda?”
Stavano
conversando per domande. Era irritante.
“Pensavo di aver
sentito confusione,” rispose Minerva, interrompendo alla fine lo
stallo.
“Davvero?”
Rispose. “Ma sembra tutto così calmo.” Avvicinandosi
ancora una volta, Severus si arrese al tentativo di trovare Potter
con la vista e decise di provare altri modi. Guardando direttamente
negli occhi di Minerva fece pressione contro le sue difese. “Hai
visto Harry Potter, Minerva?” Chiese. Minerva non era
un'Occlumante, ma l'assoluta forza e rigidità della sua personalità
le davano qualche difesa. “Perché se sì,”
continuò, “devo insistere–”
Severus
s'interruppe quando lei lo attaccò, richiamando un Incantesimo di
Scudo giusto in tempo per proteggersi. La forza di questo sbilanciò
Minerva, ma la strega si riprese velocemente e fece volare via dal
supporto nel muro la torcia più vicina. Le fiamme si allungarono e
arricciarono come una gigantesca corda, inanellandosi in un lazo che
cercò di stringerlo.
Le poche mosse
successive si svolsero con la precisione di un libro di testo:
Severus trasformò il fuoco in un serpente, che Minerva mutò in
vapore e rimandò verso di lui in una nuvola di pugnali. Piuttosto
che rigirarli di nuovo contro di lei, Potter e gli sconosciuti
compagni, Severus fece levitare l'armatura mettendola sulla
traiettoria delle armi. Sprofondarono dentro al metallo con un acuto
rumore squillante.
“Minerva!”
Urlò inaspettatamente Filius da lontano. Severus alzò lo sguardo
per vedere il piccolo professore d'Incantesimi correre verso di lui,
con Pomona e Horace che seguivano a ruota.
È
il momento del Piano B, decise.
“No!” Urlò
Filius mentre correva. “Non ucciderai più nessuno a Hogwarts!”
Buffo
la vista di Minerva in difficoltà l'abbia spinto all'azione mentre
la situazione dei suoi studenti non l'ha fatto, notò
amaramente Severus mentre si sforzava di liberarsi dalla presa
dell'armatura. Filius l'aveva colpita con un qualche incantesimo che
faceva in modo di tenerlo fermo. Un Malocchio Repellente
servì allo scopo e spedì la sferragliante struttura metallica lungo
il corridoio nella direzione del suo assalitore.
Severus Snape si
voltò e si mise a correre, le vesti nere che si gonfiavano dietro di
lui. Girò di scatto per
entrare nella classe più vicina e corse verso la finestra. Con la
bacchetta fece esplodere il vetro nel telaio e, senza
rallentare il passo, si lanciò nell'apertura.
L'aria lo accolse
come un soffice cuscino e strinse gli occhi contro il vento e si
librò in volo. Da lontano sentì Minerva urlargli contro.
“Codardo!”
Urlò. “CODARDO!”
I Grifondoro
dicono sempre così quando sono quattro contro uno,
si rassicurò. Non fu di grande aiuto.
*
Per
caso, il volo portò
Severus verso la Foresta Proibita, e lui continuò in quella
direzione per ridurre
al minimo
il tempo, prima di toccare il perimetro delle barriere di
anti-Materializzazione. Visto che era ancora il preside di Hogwarts,
era in
grado
di modificare le barriere perché
lo lasciassero
passare senza dover
rallentare.
Una
volta oltre il confine, iniziò a cercare un posto dove atterrare.
Strane forme si muovevano nella foresta. Erano così grosse che
Severus ci mise un po' per capire cosa stava vedendo. Solo quando
capì che stava osservando dei giganti comprese quanto fossero vicini
alla fine: Voldemort si stava preparando alla battaglia. Quella era
guerra.
Sfrecciando sopra
all'adunata di mostri, Severus trovò presto il posto in cui si
trovavano i Mangiamorte e iniziò a scendere di quota. Lo stesso
Voldemort, venne a sapere, era appena arrivato. In più, aveva
portato con sé il serpente – che era avvolto in una luminosa e
cangiante barriera, protetto dalle minacce esterne dalla
straordinaria magia del Signore Oscuro.
“Se
arriva un tempo”
– le parole di Dumbledore gli riecheggiarono nella mente – “in
cui Lord Voldemort smette di mandare il serpente in avanti per suo
ordine, ma lo tiene al sicuro indietro e sotto la sua protezione
magica, allora credo sia il momento di dirlo ad Harry.”
Con le barriere
Occlumantiche fermamente al loro posto, Severus fece rapporto al
Signore Oscuro, passando l'informazione che Potter era arrivato e che
i professori della scuola si stavano preparando alla battaglia. Il
Signore Oscuro non sembrò turbato dal fatto che la notizia del suo
arrivo lo avesse preceduto.
“Ti voglio
vicino, Severus,” sottolineò concludendo. “Non allontanarti
troppo.”
*
Aspettare nelle
retrovie mentre il Signore Oscuro mandava Mangiamorte e mostri ad
attaccare i suoi studenti e i suoi amici era quasi al limite di
quello che Severus riusciva a sopportare. Camminò avanti e indietro
sui confini della Foresta Proibita, iniziando un irrisolvibile
litigio con sé stesso.
Ripetutamente,
Severus aveva promesso ad Albus che avrebbe mantenuto la sua
copertura – non importava quello che sarebbe costato. Eppure aveva
anche promesso d'informare Potter dell'orribile lascito che portava
nel suo corpo.
Per la prima volta
dopo tanto tempo, Severus non sapeva cosa fare.
Valeva la pena
buttar via la sua posizione di leccapiedi favorito di Voldemort? O
sarebbe riuscito in qualche modo a trovare Potter, dargli la notizia,
comunque continuando a fare il doppio gioco?
Non che potesse
proteggere ancora gli studenti, eppure, intanto che Voldemort si
nascondeva nella foresta, il bisogno d'informare Potter era
pressante, ma non ancora urgente. Forse aveva ancora tempo. Finché
rimaneva al fianco di Voldemort, poteva intervenire nell'inevitabile
resa dei conti del Signore Oscuro con il ragazzo. Poteva rivelare
l'informazione cruciale di fronte a diversi testimoni – nessuno
sarebbe stato in grado di dubitare della validità della sua
affermazione. Lo stesso Voldemort lo avrebbe considerato un trionfo.
Severus poteva mantenere entrambe le promesse in un colpo solo.
Eppure, il rumore
della battaglia lontana forniva un orribile immagine
all'immaginazione iperattiva di Severus. E se Potter fosse stato
ucciso accidentalmente da qualcun altro? Severus raggiunse la fine
della sua traiettoria verso est, girò sui tacchi e tornò indietro.
Fu lì che Lucius
lo trovò.
Gli ultimi anni
non erano stati gentili con Lucius Malfoy e l'ultima settimana era
stata la peggiore tra tutte. Il suo viso era segnato e tirato dalla
preoccupazione e i lividi, che evidenziavano il più recente attacco
di scontento del Signore Oscuro, erano chiaramente visibili.
“Severus!” Lo
chiamò, mentre si fermava sotto a un albero.
“Lucius,”
rispose bruscamente Severus.
“Il nostro
Signore richiede la tua presenza. Lo troverai nella Stamberga
Strillante.”
“Va bene.” Per
un momento nessuno dei due uomini parlò. Entrambi erano fermi in
piedi, fissando il castello lontano, che divampava con un costante
luccichio di vari incantesimi multicolori.
“Non – non hai
visto Draco, vero?”
“Questa sera
presto, quando ho ricevuto la tua lettera, era vivo e stava bene. Ma
non so niente di più.”
“E Jocelyn?”
“Jocelyn è al
sicuro.” Severus parlò con convinzione.
“Come puoi
esserne così certo?”
Severus si voltò
verso l'uomo stanco che una volta era stato un amico così stretto.
“Perché l'ho mandata via: ho usato una Passaporta per trasportarla
in un posto sicuro.”
Lucius lasciò
andare un brusco respiro. “Grazie, Severus. Sei sempre stato buono
con la mia famiglia.”
Severus lanciò
un'ultima occhiata alla scuola. “Dovrei andare,” rispose. Posò
una mano sulla spalla di Lucius, in un gesto che era inteso sia come
saluto, sia come consolazione. Poi si allontanò attraverso gli
alberi.
*
Severus odiava la
Stamberga Strillante. L'esterno fatiscente era deprimente, ma
l'interno brutalmente danneggiato era una testimonianza inevitabile
dell'orrore a cui il suo più giovane se stesso era scampato per
poco. Perfino dopo tutti quegli anni, Severus immaginava che le
proprie narici sensibili potessero cogliere il marchio stomachevole
di cane selvatico.
Stando in piedi
davanti a Voldemort, strinse la veste intorno al corpo, riluttante a
sporcarla con la polvere e i detriti di quel particolare posto. Fece
del suo meglio per convincere il Signore Oscuro a lasciarlo andare.
“...mio
Signore,” lo implorò, “le loro resistenze si stanno
sgretolando–”
“–e lo
stanno facendo senza il tuo aiuto. Per quanto tu sia un mago capace,
Severus, non credo tu possa fare la differenza adesso. Ci siamo
quasi... quasi.”
“Lasciami
trovare il ragazzo. Lascia che ti porti Potter. Posso trovarlo, mio
Signore. Ti prego.”
Snape si trovò a
camminare di nuovo, come aveva fatto all'esterno, il movimento
ripetitivo era l'unica liberazione che poteva permettersi nell'ansia
tremenda che sentiva.
“Ho un
problema, Severus,” commentò Voldemort in tono colloquiale.
Aveva la sua bacchetta – no, quella di Dumbledore – in mano e
stava passando la punta contro la curva della guancia serpentina,
come sovrappensiero.
“Mio
Signore?”
“Perché non
funziona non me, Severus?”
Il cuore di
Severus stava battendo forte nel petto. Sicuramente no! Non ora
che la fine è così vicina! Non intende uccidermi
adesso – non prima che io riesca a passare l'informazione a Potter!
“Mio – mio
Signore?” Riuscì a dire, tenendo il viso impassibile e la voce
piatta e neutrale. “Non capisco. Hai – hai compiuto della
magia straordinaria con quella bacchetta.”
“No.”
Voldemort lo contraddisse direttamente. “Ho compiuto la mia
solita magia. Sono io straordinario, ma questa
bacchetta... no. Non ha rivelato le meraviglie che aveva promesso.”
Il Signore Oscuro si grattò il mento, tenendo la bacchetta in una
mano per contemplarla da lontano. “Non sento nessuna differenza
tra questa bacchetta,” continuò,
“e quella che ho preso da Ollivander tanti anni fa.
Nessuna differenza.”
Severus deglutì,
pesantemente. Non c'era niente che poteva dire. Si è accorto? Si
chiese. Mi ha chiamato per uccidermi o per chiedere il mio
consiglio? L'istinto gli diceva che la prima ipotesi fosse la più
probabile. Almeno significava che Draco era al sicuro.
“Ho
riflettuto a lungo e a fondo, Severus... Sai perché ti ho tenuto
lontano dalla battaglia?”
Sì.
Severus fissò
Nagini. Il suo corpo avvolto a spirale su sé stesso mentre si
dimenava nella sua bolla incantata. “Se arriva un
tempo...”
“No, mio
Signore,” rispose alla fine. Obbediente al suo padrone fino
alla morte, provò di nuovo. “Ma ti prego di farmi tornare.
Lasciami trovare Potter.”
“Sembri
Lucius,” scattò Voldemort sprezzante. “Nessuno di voi
capisce Potter come me. Non ha bisogno di essere trovato. Potter
verrà da me. Conosco le sue debolezze, sai, il suo grande difetto.
Non sopporterà di vedere gli altri morire intorno a
lui, sapere che è per causa sua. Vorrà porvi fine a
ogni costo. Verrà.”
“Ma mio
Signore,” protestò Severus, “potrebbe essere ucciso
accidentalmente da altri che non sia tu–”
“Le mie
istruzioni ai miei Mangiamorte sono state perfettamente chiare.
Catturare Potter. Uccidere i suoi amici – più sono, meglio è –
ma non lui.” Voldemort s'interruppe per un momento. La sua
noncuranza per le vite di onesti cittadini lo congelò fino alle
ossa. “Ma è di te che voglio parlare, Severus, non Harry
Potter. Mi sei stato molto prezioso. Molto prezioso.”
Le parole
riempirono di terrore il cuore di Severus e, ancora una volta, sentì
le parole di Dumbledore: “...in cui Lord Voldemort smette di
mandare il serpente in avanscoperta per
suo ordine...”
“Il mio
Signore sa che desidero solo servirlo,” farfugliò. “Ma –
lasciami trovare il ragazzo, mio Signore. Lascia che lo porti da te,
so di poter–”
“Ti ho detto
di no!” Ringhiò Voldemort, girandosi. “La mia
preoccupazione al momento, Severus, è cosa accadrà quando
finalmente incontrerò il ragazzo!”
“Mio Signore,
sicuramente non può esserci nessun dubbio –?”
“– ma un
dubbio c'è, Severus. C'è.”
Che cosa
ridicola. Per la prima e unica volta questa sera gli ho detto la
piena e completa verità. E rifiuta di credermi, pensando che
reagisca per servilismo. Quella
consapevolezza lasciò Severus con la lingua legata. Come
imbellettare la verità in modo convincente e simile alle sue solite
menzogne?
Voldemort fece
roteare la sottile lunghezza della Bacchetta di Sambuco tra le dita
scheletriche.
“Perché
entrambe le bacchette che ho usato hanno fallito quando le ho puntate
su Harry Potter?” Chiese.
“Non – non
sono in grado di rispondere a questo, mio Signore.”
Severus si sentì sopraffatto dalla disperazione.
“Non sei in
grado?” Ci fu una lunga e piena pausa. “La mia bacchetta
di tasso fa tutto quello che le chiedo, Severus, eccetto uccidere
Harry Potter. Ho fallito due volte. Ollivander mi ha parlato sotto
tortura dei nuclei gemelli, mi ha detto di prendere un'altra
bacchetta. Così ho fatto, ma la bacchetta di Lucius si è sgretolata
dopo l'incontro con quella di Potter.”
Severus aveva gli
occhi fissi sul Serpente rotolante e serpeggiante.
“...ma lo
tiene al sicuro indietro e sotto la sua protezione magica...”
“Non – non
so spiegarlo mio Signore.” Il sapore del fallimento aveva un
sapore pesante sulla lingua di Severus.
“Ho cercato
una terza bacchetta, Severus. La Bacchetta di Sambuco, la Bacchetta
del Destino, la Stecca della Morte. L'ho presa dal suo precedente
padrone. L'ho presa dalla tomba di Albus Dumbledore.”
“...allora
credo sia il momento di dirlo ad Harry.”
“Mio
Signore–” Severus girò gli occhi con fare implorante sul
viso del Signore Oscuro. Cercò di lasciare che la sua fede nel fatto
che Voldemort avrebbe e sarebbe in effetti, riuscito a
uccidere il ragazzo, brillasse nei suoi occhi. “–lasciami
andare dal ragazzo–”
“Per tutta
questa lunga notte,” continuò Voldemort, ignaro dell'angoscia
di Severus, “vicino ormai alla vittoria, sono stato qui a
riflettere, riflettere perché la Bacchetta di Sambuco rifiuta di
essere ciò che dovrebbe, di comportarsi come la leggenda dice che
dovrebbe fare nelle mani del suo legittimo proprietario... e penso di
avere la risposta.”
Così vicino,
eppure ho fallito.
“Forse tu lo
sai già? Sei un uomo intelligente, dopotutto, Severus. Sei stato un
buono e fedele servitore e mi dispiace di ciò che deve accadere.”
Il serpente,
per favore. Per favore, se deve succedere, fa' che sia il serpente.
Severus immaginò l'antidoto
scivolare nel suo flusso sanguigno.
“Mio
Signore–” balbettò, maledicendo il tremore nella sua voce.
Forse il ritratto
di Albus potrà portare il messaggio a Potter? Ma saprà che c'è
bisogno di farlo? Può Albus spingersi a cambiare tattica e lasciare
che diventi lui il portatore di cattive notizie?
“La Bacchetta
di Sambuco non può servirmi in modo adeguato, Severus, perché non
sono il suo legittimo proprietario. La Bacchetta di Sambuco
appartiene al mago che ha ucciso il suo precedente proprietario. Tu
hai ucciso Albus Dumbledore. Finché vivi, Severus, la Bacchetta di
Sambuco non potrà essere veramente mia.”
“Mio
Signore!” Automaticamente Severus sollevò la bacchetta.
“Non può
essere diversamente,” rispose Voldemort con una fitta di
dispiacere nella voce. “Devo essere il padrone della bacchetta,
Severus. Se domino la bacchetta, allora finalmente
dominerò Potter.”
Mentre il Signore
Oscuro fendeva l'aria con la sua bacchetta, puro terrore attanagliò
Severus. La sua stessa bacchetta si alzò ancora di più, in un
radicato movimento di autodifesa, anche se, quando la bolla di Nagini
iniziò a muoversi verso di lui, le parole del suo Incantesimo di
Difesa gli morirono sulle labbra.
Una gioia
esultante gli esplose nel petto, così forte che non riuscì a
mantenere il sollievo lontano dal suo viso. Ha scelto il serpente!
La sua gioia ebbe
vita breve, tuttavia, perché il serpente attaccò, affondando nella
carne del suo collo e riempiendo il suo corpo di violento dolore. Gli
occhi di Severus si girarono all'indietro nella testa e sentì la sua
stessa voce urlare da lontano. Neppure la Cruciatus lo aveva fatto
sentire così.
Il dolore partì
dalla gola e giù fino all'addome. Si diffuse nelle vene e gli bruciò
la vista. Come una foschia rossa, spinse fino ai confini della sua
coscienza. Senza esserne consapevole, Severus era caduto sul
pavimento. Le mani strette senza successo contro il proprio collo,
cercando di bloccare il sangue prezioso che stava fuoriuscendo in
quantità terrificante. Il suo calore, mentre filtrava attraverso le
dita, rese molto reale la possibilità di morire.
Controllati,
Severus.
Severus sentì le
vibrazioni della partenza di Voldemort più chiaramente di quanto
avesse sentito il suono delle scarpe del Signore Oscuro contro le
assi del pavimento.
Fu a quel punto
che lo sentì. Nel punto in cui si teneva stretta la gola, il freddo
metallo della Passaporta della Granger era fissata strettamente
contro il suo collo.
Concentrati.
Severus era solo.
Tutto quello che doveva fare era pronunciare la parola giusta e
sarebbe stato trasportato subito in salvo. A Spinner's End aveva
scorte di medicine più che sufficienti per curare le sue ferite. Se
lo avesse fatto abbastanza in fretta sarebbe stato in grado di
tornare e avvertire Potter in tempo. Il destino della società magica
dipendeva da quello.
Severus si sforzò
di fare diversi respiri per calmarsi. Il dolore gli offuscava la
vista, minacciando di sopraffarlo. Si concentrò sul soffitto.
Tutto a un tratto,
Harry Potter apparve di fronte a lui: Severus si chiese se stesse
diventando matto.
“Harry!” Sentì
la voce della Granger, insistente e irritata. Si rese conto che gli
era stato offerto un miracolo.
Severus sapeva
cosa doveva fare. Cercando nel profondo dentro di sé la forza per
mantenere il controllo, afferrò il davanti dei vestiti di Potter.
Cercò di parlare, ma riuscì solo a produrre un basso rumore
gorgogliante. Il suono lo spaventò.
Concentrandosi
profondamente, Severus scavò e trovò il gruppo di ricordi che aveva
preparato per la Granger e li fece stillare dalle tempie. Un piccolo
senso di orgoglio si dimenò nella pancia quando capì di poter
controllare senza bacchetta magia di quella portata, malgrado la
perdita di sangue e la straordinaria battaglia tra il veleno e
l'antidoto che infuriava nel suo corpo.
“Prendi...”
annaspò. “Prendi...”
Granger era lì –
ovviamente – procurando una boccetta e assicurandosi che Potter
raccogliesse fino all'ultimo filamento di ricordo.
Severus si rese
conto che il non essere in grado di controllare la propria voce
rendeva palese l'imperfezione del suo piano: se avesse aspettato fino
a che il trio se ne fosse andato, non sarebbe stato in grado di
attivare la Passaporta. Non era capace di curare il buco nel proprio
collo.
Alla fine riuscì
a passare il messaggio. Avrebbe mantenuto la promessa fatta ad Albus,
la promessa fatta a Lily.
“Guar...da...mi...”
ansimò.
Potter –
accidenti al ragazzo – sembrò pensare che Severus stesse
parlando a lui e abbassò la testa su Severus, fissandolo negli occhi
e bloccando la visione di Severus sul resto della stanza.
Severus lasciò
andare la maglietta di Potter e la mano colpì pesantemente il
pavimento. Per un secondo, sentì delle mani calde e famigliari su di
lui e qualcuno – Granger – avvolgere le dita di lui
intorno alla sottile impugnatura di legno della sua bacchetta.
Forza Granger,
guardami, è importante.
Mentre Potter –
finalmente – si spostava indietro abbastanza, il viso di
Granger apparve nella linea visiva di Severus. Aveva un aspetto
terribile: bruciata, sporca, stanca e preoccupata. Severus non aveva
mai visto niente di più bello. L'ansia aveva reso più marcate le
linee che si allungavano dal suo naso, oltre i bordi della bocca e
lungo il mento.
Con gli occhi che
affondavano in quelli di lei, spinse in avanti un frammento di
ricordo. Era uno di quelli che condividevano: l'ufficio del preside
comparve alla vista, con Dumbledore sistemato dietro alla scrivania e
Severus e la Granger seduti dal lato dei visitatori. “La tua
missione,” diceva il suo ricordo dell'uomo più anziano, “è
mantenere Harry vivo.”
Granger sbatté
gli occhi e fece una smorfia mentre interrompeva il ricordo. Sapeva
che lei aveva capito: sarebbe andata avanti senza di lui. Il suo viso
era paralizzato in un'espressione amara, la bocca piegata per il
disappunto. Si spinse sui talloni, pronta ad alzarsi, ma si bloccò
quando la voce acuta e chiara di Voldemort risuonò nella stanza
devastata.
Severus la osservò
mentre si guardava intorno in fretta, poi all'improvviso si stava
chinando nuovamente su di lui, spingendo dentro alla sua mente. Lui
la lasciò entrare senza ripensamenti, anche se non aveva idea di che
cosa stesse cercando. Si mosse in fretta, rovistando nei suoi ricordi
più recenti. Colse dei brevi flash della propria conversazione con
Voldemort, della lunga agonia dell'attesa e del volo dalla scuola.
Granger si fermò al ricordo della sua conversazione con Phineas. Lo
vide ricevere il messaggio e passare uno dei suoi, lo vide correre su
per le scale nella sua stanza e prendere diverse bottigliette di
pozioni e metterle nella stanca interna. Quindi si ritrasse.
L'avvenimento
aveva occupato solo pochi secondi e Voldemort stava ancora parlando.
Granger lo ignorò.
Guidata dai
ricordi di Severus, passò una mano lungo il petto di lui e dentro le
tasche interne. Infallibile, tirò fuori tre bottiglie di liquido:
una di un forte colore verde, una rosso scuro e l'altra di un viola
intenso.
Muovendosi con la
precisione che ricordava nella classe di Pozioni, Granger tolse il
tappo alla prima bottiglietta e la tenne contro le sue labbra. Passò
una mano sotto il collo e gli inclinò la testa così che potesse
bere senza strozzarsi.
Severus la vide
dare un'occhiata ai ragazzi, ma erano ancora in piedi e fissavano
l'esterno verso la fonte della voce di Voldemort, e non badavano agli
attenti movimenti della Granger. In meno di trenta secondi gli aveva
somministrato un'altra dose di antidoto, una di Pozione
Rimpolpasangue e una necessaria Pozione Corroborante. Con la punta
del pollice raccolse una goccia di liquido sfuggito dai bordi della
bocca e la spinse tra le sue labbra. Gli occhi di lei incontrarono i
suoi in una domanda silenziosa e lui annuì impercettibilmente.
Severus sentì la
Pozione Corroborante fare effetto e stringere i bordi della ferita
sul suo collo. Se solo fosse riuscito a evitare che tutto il sangue
del suo corpo pompasse fuori lungo il pavimento della stamberga prima
di arrivare a Spinner's end, sarebbe stato molto meglio. Gli occhi
della Granger erano stretti mentre lo fissava: sapeva che aveva
notato il cambiamento di colore che le pozioni avevano attivato.
“Non
ascoltarlo!”
La voce di Weasley
s'inserì e la Granger si sollevò e si allontanò senza girarsi
indietro.
“Andrà tutto
bene,” aggiunse la Granger con urgenza. “Torniamo –
torniamo al castello: se è andato nella foresta abbiamo bisogno di
pensare a un piano.”
Si girò allora
verso Severus e gli rivolse un sguardo eloquente. Lui quasi rise: si
sentiva frastornato dal sollievo. Hermione Granger avrebbe mantenuto
Potter vivo, ma questo non significava che aveva finito con Severus
Snape.
Granger si sbrigò
verso l'ingresso del tunnel e fece un gesto ai i suoi amici per far
sì che la seguissero rapidamente. In pochi secondi, Severus fu
lasciato solo.
Severus fece un
profondo e tremolante respiro. Una parola, era tutto quello di cui
aveva bisogno. Attingendo alle risorse della Pozione Corroborante, si
bagnò le labbra con la punta della lingua.
“Fenice,*”
stridette.
Severus Snape vide
la brillante luce blu e sentì
il freddo disco di metallo, viscido per il sangue, tirare
la pelle dov'era premuto contro il collo. Con uno strattone, fu
trasportato di peso via dalla Stamberga Strillante e sparì nel
nulla. Atterrò, con un tonfo, sul divano del soggiorno di Spinner's
End.
*
*
*
*In italiano nel
testo.
-------------------------------------------
severus89: Questo
capitolo ha risposto alla tua prima domanda, mentre per la
seconda...ehm... diciamo che grangerous in fondo sta usando
l'originale come base :)
Mitsuki91: Conosco
bene le cose scritte sul cellulare che si perdono nell'etere, le mie
email penso finiscano a Hogwarts U_U'. Anch'io alla prima lettura ho
interpretato il bacio in quel senso...non dirò se è
l'interpretazione giusta ;). Grazie per i complimenti!
two_writrers_one_heart:
Anche qui, questo capitolo risponde alla tua prima domanda. Alla
seconda, come con severus89, temo di non poterti rispondere causa
spoiler :). Grazie anche a te per i complimenti ^__^
|
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Capitolo 22 *** Hermione's Task ***
2x22
NdT:
scusate, pensavo di riuscire proprio a terminare per la settimana
scorsa, ma non c'è stato verso... Sempre lode a silviabella per la
beta di questo capitolo lunghiiiiisssssimo.
Anne
London
Capitolo
22
Hermione's Task
Mentre Hermione
risaliva il tunnel la sua mente correva. Gli eventi delle ultime ore
si accavallavano tra i ricordi in un ordine confuso e affatto logico:
Snape – sdraiato in una pozza del suo sangue, la morte di Fred la
morte di Crabbe, la Camera dei Segreti, il bacio tra lei e Ron,
l'Ardemonio, Fenrir Greyback che attaccava Lavender, Draco Malfoy, il
caos e i rumori della battaglia.
Ci serve un
piano.
In qualche modo
doveva trovare ordine nella situazione: doveva capire cosa fare dopo.
Il serpente, la
cicatrice di Harry.
Avevano ancora due
Horcrux da distruggere e, ancora una volta, i mezzi per farlo erano
limitati – : le zanne di Basilisco che aveva preso erano andate
distrutte nella Stanza delle Necessità, insieme a qualunque altra
cosa.
L'aria fresca
dell'esterno di Hogwarts arrivò come un sollievo ed Hermione si
fermò per fare dei respiri profondi. La breve pausa la fece poi
correre dietro ai ragazzi mentre si affrettavano verso i gradini di
pietra dell'entrata principale. Tutto era silenzioso in modo sinistro
e il cielo era nero come la pece. Non si vedeva neppure il brillare
di una stella. Nel sottile fascio di luce scaturito dalla loro
bacchette Hermione vide che l'erba morbida dei terreni di Hogwarts
era strappata e danneggiata. C'erano ammassi disseminati tutt'attorno
– e con un sobbalzo d'orrore si rese conto che alcuni di essi erano
corpi.
Le Grandi Porte si
spalancarono ruotando sui cardini e lei, Ron e Harry si affrettarono
su per le scale di pietra che davano sull'ingresso. I loro passi
scricchiolarono sopra le gemme cadute delle clessidre distrutte,
sulla polvere, sui mattoni e altri detriti. Non c'era nessuno in
vista.
“Dove sono
tutti?” Sussurrò.
Ron le prese la
mano e la strinse in modo rassicurante. Quindi la condusse verso la
Sala Grande: si fermarono all'ingresso.
I tavoli erano
spariti e la stanza era piena di gente. Quelli che potevano stare in
piedi erano riuniti in piccoli gruppi, le braccia gettate gli uni
intorno agli altri, traendo conforto dalla vicinanza fisica di altre
persone. Una lunga fila di corpi erano distesi al centro della stanza
e, all'altro lato, nella piattaforma dove c'era normalmente il tavolo
dei docenti, Madam Pomfrey stava curando quelli disperatamente
feriti.
Senza pensare,
senza sapere cos'altro fare, Hermione s'incamminò verso la famiglia
Weasley. Le sue braccia si mossero intorno a Ginny, attirando la
ragazza contro il petto. Oltre le spalle di lei, Hermione fissò il
corpo steso e senza vita di Fred, con le lacrime che scendevano lungo
la faccia.
In una silenziosa
e orribile coreografia si mosse da un membro della famiglia
all'altro, abbracciando tutti a turno.
“Grazie,
Hermione,” sussurrò Percy. I suoi occhiali erano spinti sulla
testa e aveva gli occhi rossi per il pianto.
Hermione si sforzò
di guardare gli altri morti: Lupin e Tonks. Pensò che il cuore le
sarebbe scoppiato. Mentre camminava lungo la linea dei corpi
riconobbe molti tra loro come amici, altri come studenti. Altri, si
rese conto osservando chi era inginocchiato accanto a loro o li
piangeva, erano familiari e pensò, improvvisamente, ai suoi genitori
– mandati al sicuro quasi malgrado loro stessi. Non tutti avevano
avuto quel lusso.
Alla fine della
fila alzò lo sguardo e incontrò un viso inaspettatamente
famigliare. Tracey Davis era seduta contro la piattaforma degli
insegnanti, soffrendo visibilmente. Le labbra erano strette e aveva
del sudore sul labbro superiore. Teneva le mani premute contro
l'addome e c'era del sangue – molto sangue – che le filtrava
dalle dita.
“Davis –
Tracey!” Esclamò cadendo sulle ginocchia di fianco alla ragazza.
“Cosa c'è?”
“Maledizione
Tagliente,” grugnì Tracey in risposta. Chiaramente non aveva molte
energie per parlare.
Ancor prima che le
parole avessero lasciato la bocca di Tracey, Hermione stava cercando
a tentoni nella borsa di perline.
“Accio
Dittamo!” Urlò disperata, respirando per il sollievo quando la
bottiglietta volò nel palmo teso. Non ce n'era molto, ma Hermione
versò quello che rimaneva nella ferita di Tracey.
L'altra ragazza
ansimò mentre la sua carne sussultava e iniziava a ricongiungersi.
Un minuto dopo, si passò una mano incerta sulla cicatrice, nel punto
in cui la pelle era stata aperta fino a così poco tempo prima.
Tracey deglutì e alzò lo sguardo verso Hermione con una strana
espressione sul viso.
“Grazie,”
disse alla fine. Hermione non aveva mai sentito prima Tracey sembrare
così sincera.
Hermione fece un
gesto con la mano sollevata. “Probabilmente sarà meglio se ti fai
vedere lo stesso da Madam Pomfrey: io non sono una Medimaga.”
Hermione si guardò intorno. “Dove sono gli altri Serpeverde?”
Chiese.
Il viso di Tracey
s'indurì.
“La McGonagall
li ha mandati via,” rispose. Il vecchio tono antagonista era
tornato nella sua voce.
La bocca di
Hermione si spalancò per la sorpresa. “Perché accidenti l'ha
fatto?” Chiese con sguardo assente.
“Secondo te
perché?” Rispose Tracey. “Perché i Serpeverde sono traditori.”
“Ma–”
balbettò Hermione, “ma – Snape – oh...” S'interruppe.
Nessuno sapeva, ovviamente. Solo perché lei e Ron lo avevano capito
non significava che tutti lo avessero fatto. “Come mai sei qui,
allora?” Chiese dopo un momento.
“La Vector mi ha
tirata fuori dalla coda di studenti che andavano via e mi ha detto di
fare quello che volevo, non quello che altri pensavano dovessi fare,”
rispose Tracey con un'alzata di spalle.
“La Vector?”
Hermione si sedette dritta e si guardò intorno ancora una volta.
“È qui da
qualche parte,” rispose Tracey, facendo un cenno con la testa verso
il muro adiacente.
“Andiamo,
allora,” disse Hermione con una nuova determinazione. Tese la mano
verso Tracey. “Se ti aiuto pensi di poter camminare?”
Tracey fissò la
mano di Hermione con un'espressione confusa. “Sei una strana
Grifondoro, lo sai?” Chiese.
Hermione si limitò
a volgere gli occhi al cielo e si rifiutò di abbassare la mano. Dopo
un secondo, Tracey l'afferrò.
Hermione aiutò
l'altra ragazza a mettersi in piedi e le fece mettere un braccio
sulle proprie spalle. Con uno intorno alla vita di Tracey si mossero
pesantemente verso l'altro lato della stanza. Lì trovarono non solo
la professoressa Vector, ma anche Viktor, Jocelyn, Dennis Creevey e
un'inaspettata quantità di altri studenti Nati-Babbani.
I saluti e gli
abbracci occuparono diversi minuti. Viktor strinse forte Hermione con
un braccio e le premette un bacio sull'attaccatura dei capelli.
“Ma,” chiese
Hermione alla Vector non appena ne ebbe la possibilità, “come
diamine siete arrivati qui?”
“Oh, Viktor ci
ha fatto usare una Passaporta – ha un certo talento, sai.”
“E lei sapeva di
dover venire perché lo ha visto nei calcoli?”
“Non
esattamente. Sapevo che lo scontro era imminente, ma è stato il
contatto tramite i galeoni di Colin e Dennis che ci ha avvertiti
esattamente su quando arrivare.” Vector si guardò improvvisamente
in giro, in cerca di qualcosa. “Dov'è Harry?” Chiese
inaspettatamente.
“È...” Anche
Hermione si guardò intorno, un improvviso panico che rimbombava
nelle vene. “Era qui solo un minuto fa.” Disperatamente Hermione
cercò di ricordare se aveva visto Harry da quando erano arrivati
nella Sala Grande.
“Hermione!”
Era strano sentire il rimprovero nella voce normalmente rilassata
della Vector. “È il tuo compito mantenerlo in vita!”
“Lo so!”
Esclamò Hermione, stressata e improvvisamente frustrata. Afferrò un
lembo della veste della Vector, sopraffatta dall'intera situazione.
“Lo so questo! Solo che non so come fare!”
La Vector si
guardò in giro, poi tirò da parte Hermione un paio di passi lontano
dalla folla di studenti che parlavano, e usò un Incantesimo di
Silenzio. Tirò fuori un rotolo di pergamena dalla veste e, con un
colpetto del polso, lo fece srotolare. La pergamena era così lunga
che toccò il pavimento. Era così lunga che sarebbe rotolata per
tutto il pavimento se la Vector non l'avesse bloccata con un piede.
La superficie era coperta di calcoli Aritmantici e la professoressa
la stava scorrendo in fretta, cercando una particolare sezione.
“Qui,” disse
all'improvviso, spingendo la pergamena verso Hermione e indicando una
formula specifica. “In sostanza, il tuo compito non è cambiato:
devi continuare a mantenere Harry vivo.”
“Sì,” rispose
Hermione, scansionando la formula, sperando di poter trovare
una risposta. Non sembrava aver decodificato
niente oltre a quello che già sapeva. “Ma,” – il
momento della segretezza era passato, decise. Hermione aveva bisogno
d'aiuto e la Vector poteva essere l'unica persona che poteva dirle
cosa fare – “ma, lui è un Horcrux. Non so come distruggere
l'Horcrux senza uccidere Harry nel processo.”
“Oh,” sospirò
la Vector con sollievo. Sorrise nel suo modo famigliare. “Non è
necessario che tu distrugga l'Horcrux, Hermione, quella parte la farà
Tom Riddle. Devi solo mantenere Harry in vita.”
Hermione fissò la
Vector con la bocca aperta. Solo mantenerlo in vita... La
mente stava pulsando per le nuove possibilità.
“Gli ho dato
dell'antidoto!” Esclamò. “Basterà?”
“Forse,”
rispose la Vector ansiosamente, cercando di nuovo nella pergamena
un'altra sezione di calcoli. Facendo apparire una piuma, mise la
pergamena in bilico sul nulla e iniziò a scrivere aggiunte ad alcune
equazioni. “Se Riddle decide di usare il serpente potrebbe andare
bene. È molto probabile, tuttavia, che userà l'Avada Kedavra.”
“Ma,” balbettò
Hermione di nuovo disperata, “allora cosa posso fare io?”
“Non
preoccuparti della sua anima,” rispose la Vector fiduciosamente,
“preoccupati solo del suo corpo.”
“Ma comunque–”
“Ascolta
Hermione: sei una Nata Babbana, questo concetto dovrebbe esserti
famigliare. Mantenere un corpo vivo dopo la morte è una semplice
questione di tecniche di rianimazione. Normalmente, certo, senza
un'anima un corpo vivo è inutile, ma questo caso non è ordinario.
Tutto quello che devi fare è applicare la Respirazione Artificiale e
l'Incantesimo Comprimi-Petto finché la sua anima non torna. È più
facile con due persone, ti suggerisco di portare con te Ronald
Weasley. Avrai comunque bisogno di lui per trovare Harry.”
Hermione fissò la
Vector. La sua mente ronzava per processare la nuova informazione.
“Non possiamo
semplicemente chinarci sul corpo di Harry e rianimarlo nel bel mezzo
di una battaglia o di un gruppo di Mangiamorte! Ci bloccherebbero in
pochi secondi.”
“Puoi pensarla
così, ma i miei calcoli suggeriscono che, purché tu usi un
Incantesimo di Disillusione e, te ne vada immediatamente una volta
certo che Harry è tornato cosciente, le tue probabilità di successo
sono notevolmente alte. Dovete andarvene subito dopo – quella parte
è cruciale.”
Hermione fece
diversi respiri profondi. Guardandosi intorno vide Ron ancora in
piedi vicino al corpo del fratello. C'erano anche Molly e Arthur, ma
gli altri erano andati da un'altra parte. Analizzò il piano un'altra
volta.
“Okay,” disse
alla fine. “Mi insegni gli incantesimi.”
*
Ron diede
un'occhiata all'espressione di Hermione e si alzò senza parlare. La
seguì fuori nell'ingresso. Lei spiegò la situazione più
concisamente che poté e si assicurò che lui riuscisse a fare
l'incantesimo.
Il movimento della
bacchetta era un semplice colpetto e Ron mormorò, “Batti,
batti, batti*” per qualche tempo.
“Nonverbale
sarebbe meglio, ovviamente, ma fai in modo di essere il più
silenzioso possibile. Questo è il caso in cui non vogliamo essere
scoperti.”
Ron annuì,
comprensivo. “E una volta fatto questo dobbiamo semplicemente
lasciarlo?” Chiarì dubbioso.
“Sì, Ron.
Quella parte è cruciale.” Hermione sentì le parole della Vector
farle da eco alle sue: Mi prometti che te ne andrai al momento
opportuno?”
“Ti fidi di
questi calcoli?”
“Completamente.”
Ron sospirò, poi
raddrizzò le spalle. “Okay, lo prometto.” Era pallido, ma
determinato. “Sei pronta, allora?” Chiese.
Hermione annuì.
“Hai con te il Deluminatore?”
Ron lo tirò fuori
dalla tasca dei jeans. “Pensa intensamente a Harry,” disse, poi
premette il pulsante. La luce delle torce vicine volò verso di loro,
facendo piombare la stanza nel buio e si sollevò davanti a loro
brillando di un forte blu innaturale.
Hermione diede
un'occhiata al viso di Ron.
“Tocchiamola
insieme,” decise. “Al tre: uno, due, tre!”
Hermione e Ron
toccarono nello stesso istante il brillante globo di luce blu. Sembrò
filtrare nelle loro dita e Hermione sentì il suo calore scorrere
fino al cuore. Rimase dentro di lei, come se fosse sospeso dentro il
petto.
Nel buio
dell'ingresso che precedeva l'alba, si avvicinò a Ron e gli avvolse
strettamente le braccia intorno alla vita.
“Sei pronto?”
Chiese.
“Hermione!”
C'era della sorpresa e un certo rimprovero nella voce di Ron, e lei
lo guardò in viso. “Non puoi Materializzarti nel territorio di
Hogwarts! Dovresti saperlo!”
Le scappò un
gorgoglio si risate di fronte alla sua espressione indignata.
“Ron,” rispose
fermamente. “Le barriere sono abbassate – se non lo fossero
state, i Mangiamorte non sarebbero riusciti a entrare.”
“Oh,” disse
lui impacciato. “Beh, allora andiamo?”
Hermione strinse
la presa e quindi sparì nel nulla della Materializzazione,
confidando che la calda bolla blu dentro al petto la portasse da
Harry.
*
Riapparirono da
qualche parte nel mezzo della foresta, nascosti al sicuro dietro a un
albero. Hermione non perse tempo e usò un potente Incantesimo di
Disillusione su entrambi, poi andò a tentoni in cerca della mano di
Ron e gli diede una stretta.
“Harry
Potter.”
Voldemort parlò
piano, ma la sua sottile voce acuta venne trasportata dall'aria
tranquilla della notte. Non poteva essere troppo lontano. Hermione
sbirciò da dietro il tronco dell'albero e sentì Ron fare
altrettanto.
Vide una larga
radura, piena di silenziosi e attenti Mangiamorte e illuminata da un
fuoco tremolante. Voldemort e Harry si fissavano l'un l'altro dai due
lati opposti. Harry stesso si trovava solo a pochi metri rispetto a
dov'erano lei e Ron.
C'era anche
Nagini, luccicante e strisciante dietro le sbarre brillanti della
gabbia magica. Hermione vide anche le enormi forme dei giganti sul
bordo del circolo di luce.
“Il Ragazzo
Che È sopravvissuto.”
Mentre Voldemort
parlava ancora, Hermione sentì la stretta di Ron sulla sua mano
intensificarsi convulsamente. Era difficile vedere Harry, in piedi da
solo in mezzo si suoi nemici, e non poter andare ad aiutarlo. Strinse
la mano di rimando.
Harry non si era
mosso, persino quando Voldemort aveva alzato la bacchetta. Voleva
urlargli di proteggersi, ma si morse la lingua. Sentì il sapore
metallico del suo stesso sangue.
“Avada
Kedavra!” Urlò Voldemort e, con un'accecante luce verde,
il suo caro, caro amico Harry si accasciò al suolo.
Le gambe stesse di
Hermione vacillarono, e sarebbe caduta se Ron non l'avesse afferrata.
Qualcuno – non lei – urlò.
“Forza,
Hermione, adesso,” le sussurrò nell'orecchio. “Puoi farcela.”
Facendo un respiro
profondo, Hermione annuì prima di rendersi conto che Ron non poteva
in realtà vederla. “Andiamo!” mormorò in riposta. Tirando la
mano di Ron portò entrambi più vicini – così vicini da riuscire
a vedere il viso di Harry steso a terra. Aveva gli occhiali rotti.
Calmati,
Granger.
Puntando la
bacchetta direttamente sulla bocca di Harry, Hermione lanciò
l'incantesimo. Soffio della vita!* Pensò, roteando la
bacchetta in modo complicato.
Di fianco a lei,
sentì Ron mormorare piano: “Batti! Batti! Batti!”
In modo quasi
impercettibile, il petto di Harry si stava muovendo. Stava
funzionando! Soffio della vita! Pensò. Pausa. Soffio della
vita!
I Mangiamorte, si
rese conto all'improvviso, erano chini sul corpo di Voldemort, che
sembrava essere collassato. Urla di panico e frammenti di litigi
volarono nella radura verso di loro. Bellatrix stava urlando a tutti
di stare indietro e, quando qualcuno di loro si spostò, Hermione
vide di sfuggita la figura sdraiata di Voldemort. Con sua completa
sorpresa, Bellatrix era china sul viso di Voldemort, eseguendo la
rianimazione manuale bocca a bocca. Dal suono che si sentiva, qualcun
altro stava usando lo stesso incantesimo Batti che Ron stava
mormorando sottovoce.
Hermione fu
tentata di correre lì, momentaneamente distratta dal suo compito, e
colpirli tutti prima che potessero salvare il Signore Oscuro. E
lasciare Harry? Ricordò aspramente a se stessa, raddoppiando la
sua attenzione sull'incantesimo di respirazione. Soffio della
vita! Soffio della vita!
Un'ultima occhiata
al gruppo dall'altro lato della radura e lo sguardo le cadde sui
Malfoy. Erano in piedi leggermente lontani dal trambusto, i visi
girati verso Harry e i due invisibili amici con un sguardo neutro e
senza espressione su entrambi i visi. Lucius era in piedi dietro sua
moglie, entrambe le mani sui bicipiti, come se la tenesse sotto
controllo, eppure il corpo di lei era immobile quanto quello di lui.
I loro visi pietrificati diedero i brividi a Hermione e, mentre
riportava gli occhi su Harry, notando il modo in cui la sua guancia
era schiacciata sul terreno della foresta, concentrandosi sui piccoli
movimenti dell'erba vicino alla sua bocca.
Dopo un'eternità,
il viso di Harry si contrasse. Il movimento era impercettibile, ma
c'era. Anche Ron lo aveva visto e si strinsero le mani l'un l'altro.
Si bloccarono. Anche se avevano interrotto l'incantesimo, il
minuscolo alzarsi e abbassarsi, difficile da vedere, del petto di
Harry continuava.
Funziona.
“Mio
Signore... mio Signore...”
La voce
cantilenante di Bellatrix riuscì a superare lo stupore di Hermione,
facendola trasalire. Hermione si rese conto che avrebbe potuto
marciare fin laggiù e ucciderla ora. Ne sarebbe valsa la pena.
Fu Ron a
bloccarla. Inesorabilmente, la stava tirando di nuovo dietro
l'albero. Si dimenò per un momento, ma lo lasciò vincere.
“Mio
Signore...”
“Basta così.”
La stridente, ruvida voce di Voldemort riportò Hermione in sé. Lei
e Ron dovevano andarsene. Lui la stava ancora strattonando per un
braccio e lei lo seguì ancora più indietro nei cespugli.
“Dobbiamo
allontanarci ancora di più prima di Materializzarci,” le sussurrò
all'orecchio.
Si erano spostati
di un centinaio di metri quando un rauco grido di esultanza
celebrativa si levò dalla foresta dietro di loro.
“Ora,” disse
Hermione e strinse la presa su Ron ancora una volta, poi sparirono
del nulla.
*
Tornarono
nell'ingresso buio del castello, scossi, ma salvi.
“Non
posso credere che lo abbiamo lasciato lì,” sussurrò Ron.
“Abbiamo
dovuto,” rispose fermamente Hermione. “Seguire i calcoli della
Vector è l'unica speranza che abbiamo.”
Ron ristabilì la
luce dell'ingresso nei portalampada del muro e andarono a cercare gli
altri. Hermione sembrava non riuscire a fermare il tremito delle sue
mani, non importava quanto si stringesse a Ron.
I momenti
successivi passarono in
una nebbia confusa.
Hermione era alternativamente colpita dalla convinzione di
aver fatto la cosa sbagliata, che Harry era veramente morto, ed
eccitata dalla certezza che avessero ingannato Voldemort, che a
momenti Harry sarebbe scattato in piedi e avrebbe ucciso la
bestia cattiva in un batter d'occhio.
Quando Hagrid
apparve portando il corpo di Harry, Hermione urlò insieme agli
altri. Non riusciva a guardarlo e non chiamarlo. Non riusciva a
gestire di vederlo apparentemente morto e continuare a sperare che
fosse ancora vivo.
Poi, nel giro di
un momento, Voldemort diede fuoco a Neville, un'orda di maghi,
streghe e centauri accorse in aiuto per la battaglia, Grawp
sopraggiunse e si lanciò in difesa di Hagrid, e Harry, quando
Hermione si girò per controllare il suo corpo, era sparito.
Con un grido
selvaggio sulle labbra, Hermione si buttò nella mischia. Vide
Neville togliersi il cappello bruciato dalla testa ed estrarre la
famigliare forma della spada di Grifondoro. Lo vide lanciarsi verso
il collo di Nagini e una gioia violenta le scosse tutte le membra.
Serpente:
andato! Cicatrice: andata!
Voldemort era di
nuovo mortale e quella consapevolezza era come Whisky Incendiario che
pompava nelle vene di Hermione, era come la Felix Felicis che cantava
nel suo corpo. Hermione puntò la bacchetta che aveva ereditato da
Bellatrix verso il Mangiamorte più vicino.
“Expelliarmus!”
Urlò, afferrando la nuova
bacchetta in aria mentre volava verso di lei. Infilò la bacchetta di
Bellatrix nella tasca. Con la
nuova arma – una che era in
grado di padroneggiare facilmente – Hermione lanciò Schiantesimi a
tutti i nemici che riusciva a raggiungere. Voleva farsi
strada nella battaglia
fino a raggiungere Voldemort.
Voleva ucciderlo lei stessa.
I giganti,
tuttavia, spingevano il combattimento nella direzione opposta.
Thestral e ippogrifi volavano sopra le loro teste, puntando e
artigliando i loro occhi. Eppure, mentre le mostruose bestie
spingevano in avanti, i giganti spingevano la folla indietro.
Trascinata dalla pressione dei corpi, Hermione si ritrovò dentro
Hogwarts, di nuovo nella Sala Grande.
Hermione vide
Kreacher trafiggere un Mangiamorte con un lungo coltello ricurvo.
Vide Charlie Weasley saltare sopra un gargoyle caduto per squarciare
la faccia di Fenrir Greyback con una maledizione ben piazzata.
“Questo è per
Bill, animale!” Lo sentì urlare.
Vide Hooch sulla
sua scopa, con la mazza da battitore, piombare su un Mangiamorte
mascherato e colpirlo come un giocatore di polo che si abbassa dal
cavallo. Ron e Neville urlavano mentre correvano ad aiutare Charlie,
Neville che brandiva al spada di Grifondoro. Hermione vide Tracey
Davis, fianco a fianco con Justin Finch-Fletchley, abbattere Alecto
Carrow.
Nella Sala Grande
Hermione vide Poppy Pomfrey sollevare i corpi allineati al centro
della stanza e spostarli sulla piattaforma degli insegnanti al
sicuro. Vide Luna Lovegood duellare con un Mangiamorte mascherato e
lo schiantò da dietro.
“Grazie,
Hermione,” disse Luna in tono calmo. “Fai attenzione anche tu.”
Luna lanciò una
maledizione oltre le spalle di Hermione e lei si voltò per vedere il
pericolo. Si trovò faccia a faccia con Bellatrix.
“Oooh, piccola
Sanguesporco!” Cantilenò la malvagia donna. “Che bello trovarti
qui. Ora posso ucciderti con la tua stessa bacchetta!”
Hermione lanciò
uno Schiantesimo non verbale, ma Bellatrix si limitò a ridere
istericamente e lo deviò senza problemi. Al fianco di Hermione,
anche Luna stava sparando maledizioni, ma le due insieme non erano un
problema per la folle seguace del Signore Oscuro. Non importa quanto
velocemente attaccassero, lei bloccava tutto e aveva anche il tempo
di rispondere. Hermione dovette spostarsi di lato per evitare un
Avada Kedavra.
Nella sua visione
periferica, Hermione vide Ginny farsi strada a spallate fuori dalla
folla.
“Ti copro le
spalle!” Urlò Ginny mentre si univa alla mischia.
Hermione si
sentiva fredda e dura mentre combatteva contro Bellatrix, ma per
quanto cercasse non riusciva a trovare una via attraverso le difese
dell'orribile donna. Un'altra maledizione che uccide mancò Ginny per
un pelo.
“NON MIA
FIGLIA, CAGNA!”
Bellatrix si voltò
per vedere il nuovo assalitore, ridendo entusiasticamente alla vista
di Molly Weasley che correva verso di lei. Molly si tolse il mantello
mentre correva, gettandolo con poche cerimonie verso Hermione.
Istintivamente lei lo afferrò prima che toccasse il pavimento.
“TOGLIETEVI
DI MEZZO!” Urlò Molly con l'autorità di chi viene sempre
obbedita.
Hermione si spostò
indietro di diversi passi e afferrò il braccio di Ginny. La ragazza
stava ansimando per lo sforzo e fissava la madre con stupore. Molly,
dal canto suo, combatteva come una furia. Gli incantesimi volavano
così fittamente e velocemente tra le due donne che l'aria crepitava
e il pavimento brillava. Dall'altro lato della stanza, Voldemort era
bloccato in un duello a tre – con la professoressa McGonagall, il
professor Slughorn e Kingsley Shacklebolt.
“Non ho mai
visto mia madre così!” Sussurrò Ginny.
Diversi altri
membri del DA si spingevano in avanti, pronti ad aiutare, ma Molly
faceva loro cenno di allontanarsi senza abbassare la guardia.
“No!”
urlò. “State indietro. State indietro. Lei
è mia!”
“Cosa
succederà ai tuoi figli quando ti avrò uccisa?” Urlò
Bellatrix in modo crudele, praticamente danzando mentre saltava e si
spostava per evitare la pioggia di maledizioni che Molly le stava
lanciando. “Quando mammina se ne andrà proprio come Freddy?”
Hermione strinse
la presa sul braccio di Ginny.
“Non–toccherai–mai–più–i–nostri–figli!”
Urlò Molly e, mentre Bellatrix tirava indietro la testa per ridere
in riposta, Molly aggiunse, “Avada Kedavra!”
Il lampo di luce
verde passò oltre le difese di Bellatrix e la colpì direttamente
nel petto. Rimase immobile e poi si accasciò. Quando la folla emise
grida di felicità, Hermione si voltò. Solo allora si rese conto di
quante persone erano stipate nella stanza.
Voldemort,
pensò, e si lanciò in avanti, pronta a finire la creatura ora
mortale, ma mentre lo faceva lui urlò.
La rabbia per la morte di Bellatrix esplose fuori da
lui come forza pura ed Hermione, come tutti nella stanza, fu spinta
contro il muro. McGonagall, Kingsley e Slughorn, che erano al momento
i più vicini a lui, furono scagliati
all'indietro, braccia e gambe aperte per
la forza della rabbia del
Signore Oscuro. Molly Weasley finì a terra in ginocchio.
Gli occhi rossi di
Voldemort brillarono per la furia e si lanciò nel punto in cui Molly
cercava, barcollando, di rialzarsi in piedi.
“Protego!”
La voce era quella
di Harry e, mentre il suo Incantesimo Scudo si sviluppava al centro
della stanza, proteggendo Molly da Voldemort, si tolse il Mantello
dell'Invisibilità e si voltò per affrontare il nemico.
“SI!” Urlò
Hermione. Spostò gli occhi dalla forma dritta e fiera di Harry
abbastanza per trovare Ron nella folla. Lui incontrò il suo sguardo
con un sorriso e alzò un pugno in segno di trionfo. Hermione stava
sorridendo così tanto che pensò il suo viso potesse spaccarsi in
due.
“Non voglio
che qualcun altro cerchi di aiutarmi,” ordinò Harry. La sua
voce sembrava più profonda e molto più sicura di quanto Hermione
avesse mai sentito. “Deve essere così. Devo essere io.”
“Potter non
intende questo,” ghignò Voldemort in risposta, anche se la sua
voce mancava della sicurezza del suo giovane avversario. “Non è
così che funziona, vero? Chi userai come scudo oggi, Potter?”
“Nessuno,”
rispose freddamente Harry. “Non ci sono più Horcrux. Siamo solo
io e te. Nessuno dei due può vivere se l'altro
sopravvive e uno di noi sta per andarsene per sempre...”
“Uno di noi?”
Esclamò Voldemort. “Credi che sarai tu, vero, il ragazzo che è
sopravvissuto per sbaglio e solo perché Dumbledore stava muovendo i
fili?”
Sta dando fuori
di testa, pensò Hermione,
osservando i due con attenzione mentre camminavano in circolo. Cosa
sta aspettando Harry?
Harry continuò a
deridere Voldemort, sostenendo di avere armi e conoscenze che l'uomo
serpente non aveva.
“Tu
credi di conoscere la magia più di me?” Urlò Voldemort. “Di
me, di Lord Voldemort, che ha compiuto magie che
neanche Dumbledore stesso hai mai sognato di fare?”
“Oh, lo ha
sognato,” rispose Harry, “ma lui ne sapeva più
di te, sapeva abbastanza per non fare quello che hai fatto tu.”
“Vuoi dire
che era un debole!” Fu la stridula risposta.
“Troppo debole per osare, troppo debole per prendere quello che
poteva essere suo, quello che sarà mio!”
“No, era più
intelligente di te: un mago migliore e un uomo migliore.”
“Io ho
causato la morte di Albus Dumbledore!” Urlò Voldemort, con gli
sputi che volavano dalle sue labbra.
“Pensavi di
averlo fatto, ma ti sbagliavi.”
Hermione sentì la
folla intorno col fiato mozzo per la sorpresa. I ricordi, pensò
con improvvisa certezza. Si morse le labbra. Di' a tutti la
verità, Harry, desiderò Hermione. Di' loro la verità
adesso, mentre tutti prestano attenzione.
“Dumbledore
è morto!” Urlò Voldemort. “Il suo corpo sta marcendo
nella tomba di marmo nei terreni di questo castello,
l'ho visto Potter, e non tornerà!”
Harry scosse la
testa leggermente e sorrise. “Sì,” disse e la sua voce
era addolorata, “Dumbledore è morto, ma non lo hai fatto
uccidere tu. Ha scelto la sua maniera di morire, l'ha
scelta mesi prima che morisse, ha pianificato tutto con l'uomo che
credevi il tuo servitore.”
“Che sogno
infantile!” Le parole di Voldemort erano sprezzanti, ma il tono
era esitante.
“Severus
Snape non era tuo,” disse Harry ed Hermione esultò.
Qualcuno dietro di
lei barcollò e afferrò la sua spalla per bilanciarsi. Hermione
guardò indietro verso il viso sbalordito della professoressa
McGonagall.
“Per Merlino,
Severus!” Sussurrò la donna.
La bocca di
Hermione si aprì per la sorpresa, ma si voltò di nuovo verso Harry
e Voldemort.
“Snape era di
Dumbledore, di Dumbledore dal momento in cui hai iniziato a dare la
caccia a mia madre. E non te ne sei mai accorto perché c'è una cosa
che non puoi capire. Non hai mai visto Snape lanciare un Patronus,
vero Riddle?”
Il cuore di
Hermione batteva in modo poco piacevole. Cosa c'entrava il Patronus
di Snape con tutto questo?
“Il Patronus
di Snape era una cerva,” continuò Harry, “come quello
di mia madre perché l'ha amata per quasi tutta la sua vita, da
quando erano bambini. Avresti dovuto capirlo, ti aveva
chiesto di risparmiarle la vita, vero?”
Voldemort
sogghignò. “La desiderava, questo è tutto, ma quando lei morì,
lui convenne che c'erano altre donne, e di un
sangue più puro, più degne di lui–”
Qualcuno che aveva
appena baciato il suo migliore amico non aveva il diritto di sentirsi
così colpita com'era Hermione dallo scoprire che il suo insegnante
una volta aveva amata la madre dell'altro suo migliore amico. Eppure
Hermione sentiva la verità nelle parole di Harry scivolare
nel petto
e verso il cuore.
Controllati,
Granger.
Solo quando si
accorse che Harry stava urlando verso Voldemort, riuscì a riportare
la sua attenzione alla scena davanti a lei.
“Non stai
ascoltando?” Urlò. “Snape non ha mai sconfitto
Dumbledore! La morte di Dumbledore era pianificata tra
loro! Dumbledore intendeva morire imbattuto, l'ultimo vero padrone
della bacchetta! Se tutto fosse andato come pianificato,
il potere della bacchetta sarebbe morto con lui, perché non gli
sarebbe mai stata vinta!”
Harry non stava
raccontando i fatti in modo lineare, ma non era esattamente il
momento di correggerlo.
“Ma allora,
Potter,” rispose Voldemort, il viso contorto dalla
soddisfazione, “è come se Dumbledore mi avesse dato la
bacchetta! L'ho rubata dalla tomba del suo ultimo padrone! L'ho tolta
contro il volere del suo ultimo padrone! Il potere è mio!”
“Ancora non
ci arrivi, vero Riddle? Possedere la bacchetta non è abbastanza!
Tenerla, usarla, non la rende realmente tua. Non hai prestato ascolto
a Ollivander? La bacchetta sceglie il mago... La
Bacchetta di Sambuco ha riconosciuto un nuovo padrone prima della
morte di Dumbledore, qualcuno che non ha neanche posato un dito su di
essa. Il nuovo padrone ha tolto la bacchetta a Dumbledore contro il
suo volere, senza neanche capire cos'avesse fatto, o che la bacchetta
più pericolosa del mondo gli avesse dato la sua lealtà...”
Hermione capì
dove voleva arrivare Harry e si elettrizzò per la genialità della
sua logica, la sua inspiegabile tristezza momentaneamente
dimenticata.
“Il vero
padrone della Bacchetta di Sambuco,” esclamò a voce alta, “era
Draco Malfoy.”
Per un lungo
momento, Voldemort non disse niente, il viso come una maschera neutra
per lo shock.
“Ma cosa
importa?” Sussurrò alla fine. “Anche se hai ragione,
Potter, non fa nessuna differenza tra me e te. Non hai più la
bacchetta con la piuma di fenice: combattiamo solo con il talento...
e dopo che ti avrò ucciso, posso occuparmi di Draco Malfoy...”
“Ma arrivi
troppo tardi,” rispose Harry, sollevando un angolo della bocca.
“Hai perso la tua occasione. Sono arrivato prima io. Ho
sconfitto Draco settimane fa. Gli ho preso la bacchetta.” Harry
fece un gesto con il polso per indicare che la bacchetta di
biancospino che teneva era quella a qui si riferiva. “Quindi
tutto torna, non è vero?” Sussurrò. “La bacchetta che hai in
mano lo sa che il suo ultimo padrone è stato disarmato? Perché se
lo sa... sono io il vero padrone della Bacchetta di Sambuco.”
Ogni persona nella
stanza trattenne il fiato, ogni atomo sembrava essere sospeso di
fronte all'ultima proclamazione di Harry. Mentre il silenzio si
tendeva al massimo fra i due nemici, il sole si alzò all'orizzonte e
il soffitto incantato riflesse un improvviso bagliore di luce.
In quel preciso
momento, Voldemort urlò, “Avada Kedavra!” e Harry
urlò il suo costantemente preferito, “Expelliarmus!”
Gli incantesimi si
scontrarono a mezz'aria con un assordante rumore e un'esplosione di
fiamme dorate. La bacchetta di Voldemort volò in aria, vorticando
come un boomerang verso Harry, che l'afferrò con le mani infallibili
di un Cercatore nato. Nello stesso momento, il corpo di Voldemort si
raggrinzì su sé stesso e cadde all'indietro.
Per un altro
secondo, l'intera stanza rimase immobile in quello stesso momento di
suspense, poi tutti urlarono di gioia. Hermione si lanciò in
avanti, le gambe che spingevano e le braccia che pompavano. Percorse
la poca distanza tra lei e Harry, nello stesso momento di Ron, e i
tre furono improvvisamente avviluppati così stretti l'uno intorno
all'altro da non riuscire a dire quale guancia stesse baciando, a
quale spalla stesse dando delle pacche, su quale braccio stesse
versando le lacrime. Tutto quello che sapeva era l'incoerente
sentimento di gioia e felicità mentre urlava la vittoria di Harry
verso il brillante soffitto della Sala Grande.
*
Quasi un'ora dopo,
Hermione era in piedi con Ron nell'ufficio del preside e guardava
Harry riparare la sua bacchetta e spiegare il suo piano per i Doni
della Morte. Aveva iniziato ad avere fretta di andare da Snape, ma
sapeva che in qualche modo era importante non andarsene prima che
tutto fosse sistemato e Harry fosse andato a letto.
“Sei sicuro?”
Chiese Ron. Chiaramente non riusciva ad accettare l'idea di
abbandonare la Bacchetta di Sambuco.
“Credo che
Harry abbia ragione,” rispose tranquillamente. Dumbledore le
sorrise.
“La bacchetta
dà più problemi di quanto ne valga la pena,”
sospirò Harry. “Ho avuto abbastanza problemi da bastare
per una vita intera.”
Ron rise e diede
una pacca all'avambraccio di Harry. “Entro un mese sarai annoiato,”
scherzò. “Segnati queste parole.”
Harry fece una
smorfia, ma improvvisamente fu di nuovo serio mentre osservava il
Pensatoio sulla scrivania. Ron notò la direzione del suo sguardo.
“Cosa dovremmo
farne, Harry?” Chiese.
“Veramente
vorrei che voi due li vedeste. Eravate lì per tutto quanto, è
giusto che voi capiate le ragioni che c'erano dietro.”
Ron sembrava
imbarazzato dal suggerimento proprio come si sentiva Hermione.
“Non credo che
Snape vorrebbe–” iniziò.
“Senti,”
interruppe Ron, “non è che abbiamo bisogno di essere convinti.
Abbiamo capito una vita fa che l'unto coglione era dalla nostra
parte.”
Hermione colpì
Ron sull'avambraccio per la sua rozzezza, ma Harry spalancò la bocca
per la sorpresa.
“Voi – cosa?
Perché non me l'avete detto?”
“Oh, sì,
certo,” rispose Ron. “Sarebbe andata proprio bene. Sei sempre
stato un così grande fan del suo lavoro.”
“Il punto è,”
disse Hermione, interrompendo la discussione, “Non credo ci sia
bisogno di vedere i suoi ricordi.”
Harry sembrava
sconsolato.
“Io, d'altro
canto,” sottolineò il ritratto di Dumbledore, “sono d'accordo
con Harry. Credo sia una buona idea per entrambi sapere da dove
deriva la conoscenza di Harry. Sul lungo periodo, potrebbe rivelarsi
straordinariamente utile.”
Persino nella sua
forma dipinta era difficile disobbedire a Dumbledore e in breve
Hermione si ritrovò piegata sullo strano recipiente e sul suo
scintillante contenuto. Toccò la superficie del liquido con la punta
del naso si sporse in avanti, per cadde dentro ai ricordi di Snape.
Veder sbocciare
l'amore di Snape per Lily Evans fu molto più doloroso che sentirne
parlare, eppure, quando Dumbledore costrinse Snape a promettere di
mandare Harry a morire, Hermione inglobò ogni altra emozione in una
bruciante palla di rabbia impetuosa. Allontanò il tentativo di Ron
di confortarla con un abbraccio ed era ancora furiosa quando riemerse
nello studio.
Hermione si voltò
immediatamente e fissò il ritratto.
“Bastardo,”
esclamò.
Ron e Harry la
fissarono entrambi scioccati per l'inconsueta imprecazione.
“Hermione? Stai
bene?”
Hermione era già
alla porta quando si girò per guardare Ron.
“Tieni d'occhio
Harry,” gli disse. Lui annuì obbediente. “E anche tua madre.”
Hermione corse giù
per la scala e fuori nel corridoio, saltando diversi pezzi di
muratura rotta e altri ostacoli. Era già fuori dalla porta e correva
all'esterno, quando si ricordò che le barriere
Anti-Materializzazione erano sempre abbassate. A quel punto era quasi
al confine della scuola e la corsa le aveva fatto bene.
Al punto di
Materializzazione fece diversi respiri profondi per controllarsi.
Fissò le parole “Spinner's End” con attenzione nella mente e si
Smaterializzò.
*
Hermione emerse
dalla presa strizzante della Materializzazione in un soggiorno
sudicio, coperto di libri. Una sottile luce grigia entrava da una
finestra così sporca che molta dell'illuminazione della stanza
arrivava da una lampadina appesa al soffitto. Stesa sul divano c'era
la figura allampanata di quello che una volta era il suo professore
di Pozioni. Numerose fiale di pozioni medicinali erano posate sul
tavolino da caffè vicino alla testa: alcune erano piene, altre
vuote. Non si era mosso al suo arrivo.
“Snape?”
Chiamò. La sua voce suonava stranamente nella stanza tranquilla.
Lui non si mosse.
Hermione si
avvicinò. Mentre notava il sangue sui vestiti, e sparso ovunque sul
divano, il suo cuore batté dolorosamente e lo stomaco le divenne di
ghiaccio.
“Snape!” Ora
stava urlando il suo nome e si era chinata su di lui, affondando i
pugni sul davanti della veste. C'era sangue dappertutto e le sue mani
si macchiarono con uno strato sottile di orribile rosso. “Snape!
Non morire! Non puoi! Non adesso! Non adesso!”
*
*
*
---------------------------------
severus89:
Infatti, è bellissimo come prende l'originale e lo adegua a questa
storia, soprattutto coprendo tutti quei buchi di trama che a me
avevano fatto storcere parecchio il naso...
two_writers_one_heart:
ahahah, hai fatto bene :-D. Io non sarei in grado di aspettare la
traduzione, sapendo che c'è una storia per intero praticamente
conclusa. Ti ringrazio per essere tornata anche per la traduzione ;)
Titinina: guarda,
io ho iniziato a dare Snape definitivamente per spacciato al quinto
libro e col sesto ho avuto la conferma che sarebbe finita male.
Tenere aperta la traduzione dei dialoghi originale in italiano mi ha
un po' intristita...
flopi: sì, stiamo
per concludere...ma è una trilogia, quindi, se avrai pazienza, ci
sarà ancora parecchio da leggere ^___^
|
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Capitolo 23 *** Phoenix Song ***
2x23
NdT:
mi sa che ho già accennato al fatto che la vita vera ogni tanto si
mette di traverso. Scusate per aver ritardato proprio su un
cliffangher. Tanti saltelli felici per silviabella.
Anne
London
Capitolo
23
Phoenix Song
“Snape!
Non morire! Non puoi! Non adesso! Non adesso!”
Debolmente le
parole penetrarono attraverso lo spesso banco di nebbia che offuscava
il cervello di Severus. Granger, pensò. Sentì le mani di lei
sul petto e lottò per aprire gli occhi e guardarla. Voleva vederla.
Una volta
lasciatosi alle spalle l'oblio in cui era sprofondato, il dolore
tornò.
“Granger,”
gemette, strizzando gli occhi mentre lei mentre si inginocchiava di
fianco a lui. Lo strano suono raschiante della sua voce lo aiutò a
ritornare cosciente. “Stai parlando a vanvera.”
“O mio dio,”
ansimò. “Non avrei–pensavo–”
“Pozione...
Rimpolpasangue.”
Lei si bloccò per
un secondo, poi si voltò verso il tavolo e cercò a tastoni in mezzo
alle bottigliette.
“Quante ne ha
già prese? No, non risponda!”
Granger tornò
subito verso di lui con una fiala aperta in mano. Teneva il labbro
inferiore stretto tra i denti mentre appoggiava la fiala sulla sua
bocca, inclinandola con attenzione. Con difficoltà, Severus riuscì
a deglutire.
Sentì il
supplemento di sangue extra che si diffondeva nel suo sistema
sanguigno e, dall'improvviso sbarrarsi degli occhi di Granger, seppe
che la quantità di sangue che scorreva dalla ferita aperta nel collo
era aumentata drasticamente. Gli occhi di lei scattarono verso quelli
di lui.
“E adesso?”
Chiese con urgenza.
“Ho bisogno...
che tu... guarisca... la ferita.” Parlare era difficile.
“Ma perché,
l'antidoto non–” s'interruppe all'improvviso, stringendo le
labbra e chiudendo gli occhi. “Mi dispiace,” continuò, aprendoli
di nuovo. Brillavano di lacrime. “Mi dica solo cosa fare, lascerò
le domande a dopo.”
“Canzone...
della... fenice...”
Granger sbiancò.
Il colorito improvvisamente pallido della pelle mise in evidenza le
macchie fuligginose e i segni di bruciatura sul suo viso sporco.
“Ma non ho mai–”
“Posso...
mostrartelo.”
Lei annuì: sul
suo viso tirato gli occhi sembravano enormi.
“Il trucco...”
Severus s'interruppe e cercò di deglutire. Un'enorme lacrima
sembrava sul punto di traboccare dall'orlo delle ciglia della
Granger, ma lei sbatté gli occhi per allontanarla.
“Sì?”
Sussurrò,impaziente di sapere di più.
“...Soluzione...”
Prima che Severus
riuscisse a finire l'istruzione, Granger aveva una bottiglietta di
Soluzione Corroborante spinta contro la bocca. Lui la buttò giù.
“Antidoto?”
Chiese.
Lui scosse
prontamente la testa. Diede alla Soluzione Corroborante alcuni
istanti per agire, poi provò di nuovo.
“Il trucco è
che devi volerlo davvero.” La sua voce era ruvida e rauca, ma la
Soluzione Corroborante gli diede la forza di parlare attraverso
l'agonia che devastava il suo corpo. “Devi far vibrare la carne con
il tuo canto, entrare in sintonia con essa e sentire il suo dolore.
Anche se il corpo è stato lacerato violentemente in due, devi
credere nella sua totalità più che nella sua divisione.”
Granger sembrava
terrorizzata, ma annuì obbediente.
“Potrebbe non
funzionare,” l'avvertì gentilmente.
“Ma mi lascerà
provare?”
Severus non
l'aveva mai sentita così sconfortata. Annuì.
“Hai una
bacchetta?” Chiese.
“Ne ho tre, ma
non mi fido di nessuna.” Granger cercò nella tasca e tirò fuori
una manciata di bacchette. “Ho quella di Bellatrix, la mia – che
non funziona più come prima ora che l'ho riavuta – e quella di un
Mangiamorte sconosciuto.”
Il dolore stava
pulsando nuovamente contro la difesa piuttosto temporanea della
pozione.
“Usa la mia,”
riuscì a dire Severus, facendo un leggero gesto con la mano della
bacchetta così che Granger capisse che era nascosta nella manica.
Con gli occhi
sbarrati la tirò fuori. La sua lunghezza sembrava goffamente
sproporzionata rispetto al suo corpo.
“Guardami,” la
istruì. Mentre Hermione Granger lo fissava negli occhi, lui richiamò
alla mente il ricordo di quando l'aveva curata dalla ferita infertale
da Dolohov. Si concentrò sui dettagli dei movimenti della bacchetta
e sugli strani balzi della spigolosa melodia. Sentì Granger
canticchiare a bocca chiusa.
“Quando sei
pronta,” disse attraverso i denti digrignati. Il dolore stava
ancora una volta raggiungendo picchi insopportabili.
Delicatamente, con
esitazione, Granger iniziò a cantare. All'inizio la sua voce era
troppo debole per essere d'effetto, ma alla seconda ripetizione
divenne più sicura. Prese un profondo respiro e cantò più forte.
Severus sentì il proprio corpo tremare. Al giro successivo, lei ci
riuscì e, soprattutto, se ne rese conto. Lui sentì la sua sicurezza
crescere e Severus sentì la musica rispondere a lei.
La sua voce si
librò, avviluppandolo, confortandolo. Il cuore di lui sembrò
gonfiarsi e il dolore nel suo corpo fu allontanato, lasciando
nient'altro che un sottile filo dorato di rammarico: il suo attuale
stato di piacere era soltanto temporaneo. Severus sentì la musica,
non solo nella sua carne, che vibrava in perfetta assonanza con la
canzone di Hermione, ma anche nelle ossa, che si fondevano verso il
suono come cera soffice.
La gola, si
accorse all'improvviso mentre fissava Granger negli occhi, si stava
realmente fondendo. La pelle si muoveva, i tendini s'intrecciavano
insieme e cantavano con la gioia della loro interezza, con il suo
corpo risuonava di delizia.
Con la lama
affilata di un doloroso auto-disprezzo, Severus rifletté che i suoi
desideri erano così sintonizzati con quella particolare donna che
non c'era da sorprendersi se il corpo si muoveva al suo comando.
Senza dubbio, lei avrebbe potuto comandare al suo collo di unirsi o
di guarire con la sola forza della sua determinata volontà.
Si sentì sospeso
nel tempo – strappato dal suo ambiente, eppure cercava di afferrare
il momento presente che scivolava inesorabilmente via. Quando Granger
smise infine di cantare, lui sentì la mancanza come un dolore.
Gradualmente la
stanza intorno agli occhi di lei tornò a fuoco, ma lui continuò a
fissarla.
“Ha funzionato?”
Granger parlò con un sussurro.
Il dolore, si rese
conto all'improvviso, era sparito, anche se il suo corpo si sentiva
debole ed esausto. Lentamente, quasi con apprensione, lui alzò una
mano incerta verso la gola. La pelle sotto le dita era liscia e
compatta. Spinse contro di essa con forza, facendo pressione.
Sembrava pelle: flessibile, calda e reale sotto il suo attacco. La
sentiva completamente normale.
“Ha...”
Severus fece una pausa, schiarendosi la gola. “Ha funzionato,”
disse finalmente. Anche la sua voce era tornata normale.
A quelle parole,
il labbro inferiore di Granger tremò. La lacrima che prima aveva
minacciato di traboccare, ruppe gli argini e corse lungo la faccia,
tracciando una scia tra lo sporco e la polvere.
“Cos'è questa?”
Chiese gentilmente lui, sporgendosi con la mano più vicina e
rimuovendo la striscia umida con il polpastrello del pollice.
“Lacrima di fenice?”
Con un singhiozzo,
Granger nascose la testa sul fianco di lui e pianse sul tessuto
pesantemente macchiato della sua veste. Severus si concesse di far
scorrere una mano attraverso i riccioli sulla sua testa e la
massaggiò gentilmente dietro le orecchie.
Lui fece quasi una
battuta di fronte all'evidente felicità per il suo ritorno dalle
porte della morte, ma se la rimangiò al pensiero di quello che
doveva aver passato nelle ultime ore. Aspettò finché le lacrime si
attenuarono, prima di azzardarsi a parlare.
“Mi dispiace,”
disse alla fine. “Mi dispiace per Potter.”
La testa di
Granger scattò su. Il viso era un disastro di lacrime e sporco: era
striato del sangue di lui.
“Non è morto,”
disse fermamente.
Le sopracciglia di
Severus si avvicinarono di scatto per la confusione. “Ma è–”
“–un Horcrux,
lo so. O almeno, era un Horcrux.” Granger
fece un profondo respiro e continuò. “Dumbledore le ha mentito,”
spiegò. “Per questo ha chiuso gli occhi.”
Severus ci mise un
momento per mettere insieme le implicazioni della sua affermazione.
“Quindi hai
visto i ricordi?” Significava che sapeva di Lily. Sentì il suo
cuore contorcersi al pensiero.
“Non volevo,”
rispose in fretta, evidentemente preoccupata per la sua reazione.
“Dumbledore e Harry hanno insistito.”
“Li ho messi
insieme con te in mente,” rispose. “Non ho mai avuto molte
aspettative che Potter potesse credermi, ma pensavo che tu avresti
potuto.”
Granger sbatté
gli occhi per un momento. Per un secondo pensò che potesse mettersi
a piangere di nuovo.
“Quindi,”
disse immediatamente, “Dumbledore mi ha mentito. Hai ragione: ha
chiuso gli occhi. Ero troppo sconvolto al momento per accorgermene.
Potter pensava di dover morire, ma non l'ha fatto?”
“Voldemort
doveva ucciderlo, ma poi Ron e io abbiamo tenuto in vita il suo corpo
usando la Respirazione Artificiale e l'Incantesimo Comprimi-Petto.
Harry stesso ha fatto qualcosa alla sua anima – sostiene di essere
andato alla stazione di King's Cross e di aver parlato con
Dumbledore.” Granger arricciò il naso: chiaramente era una
spiegazione fin troppo eccentrica per i suoi gusti. “Comunque, è
sopravvissuto all'esperienza.”
“Quindi Potter
ha ucciso Voldemort.”
“Sì – dopo
aver fatto finta per un po' di essere morto ed esser saltato fuori
dal nulla da sotto al Mantello dell'Invisibilità.”
“Sembra
uno spasso,” sottolineò Severus asciutto.
Granger inspirò
in un modo che era un mezzo rantolo e un mezzo grugnito di risata.
“In realtà lo è stato. Non indovinerà mai quale incantesimo ha
usato Harry,” lo sfidò.
Severus sollevò
un sopracciglio. “La Maledizione Espelli Visceri?”
“No!”
Il modo in cui il
suo inaspettato sorriso tirava contro il viso gonfio di lacrime
spezzava il cuore.
“Un Incantesimo
d'Inciampo?”
“No!”
“Mi arrendo.”
“Provi a
indovinare di nuovo.”
“Mmm,” Severus
si passò un dito lungo il labbro inferiore. “Avada Kedavra?”
“No! E–e–ex–”
Granger stava stava soffocando per le risate leggermente isteriche e
non riusciva a pronunciare la parola, ma Severus conosceva Potter
abbastanza bene per estrapolare la risposta dalle prime lettere.
“Expelliarmus?”
Chiese, onestamente incredulo. Granger riuscì solo ad annuire. Si
teneva i fianchi mentre un tipo completamente diverso di lacrima le
scendeva lungo il viso.
“Per gli dei.”
Severus scosse la testa, fissando un punto in lontananza.
Quindi, Potter
non è morto. Era un po' strano
scoprire quanto si sentisse sollevato al pensiero.
La risata della
Granger s'interruppe all'improvviso com'era iniziata.
“Molte persone
sono morte,” disse, in tono colpevole.
Sembrava
inorridita da sé stessa per aver riso in una tale circostanza:
Severus sentì una fitta di rimorso. I morti potrebbero invidiare
la tua risata? Pensò. Sentì le parole sulla punta della lingua,
ma non riuscì a spingersi a pronunciarle. Suonavano trite e stupide.
“Chi?” Chiese
invece.
“Fred. Tonks.
Remus.”
Ce n'erano anche
altri: la lista era più lunga di quanto fosse tollerabile. Brave
persone erano morte. Persone ordinarie, innocenti, eppure lui –
Severus Tobias Snape – aveva imbrogliato la morte.
Severus si sentì
colpevole e disperato e spaventato e riconoscente. Ed era successo
perché Granger lo aveva salvato due volte. Prima con la Passaporta,
che gli aveva dato accesso alle medicine che avevano prolungato la
sua agonia; poi perché era andata a cercarlo e aveva cantato per
rimetterlo insieme.
Il silenzio che
seguì l'elenco dei nomi era pesante.
“Dopo una tale
litania credo che ci sia bisogno di un brindisi.”
Granger sembrò
sollevata dal suggerimento. Severus prese la sua bacchetta e sentì
il formicolio della magia scorrere attraverso di lui. Richiamò a sé
la bottiglia di Whisky Incendiario dalla mensola del camino e fece
apparire due bicchieri puliti. Versò a entrambi un dito scarso del
fumoso liquido ambrato e pose la bottiglia sul pavimento.
“A quelli che
hanno sacrificato le loro vite per eliminare il male dal mondo,”
dichiarò, sollevando il bicchiere.
“E che chi
rimane non dimentichi mai quant'è costata la vittoria,” aggiunse
Granger.
Entrambi bevvero.
“Snape?”
Chiese lei dopo un momento, passando un dito lungo la cucitura del
divano. Era ancora inginocchiata lì, il whisky appoggiato contro il
viso e un gomito vicino al fianco di lui. “Perché l'antidoto non
ha funzionato?”
“Non essere
stupida,” rispose sprezzante. “Certo che ha funzionato.
Altrimenti sarei morto.”
“Allora perché,”
insistette, “la ferita non è guarita?”
“L'antidoto non
guarisce la ferita, neutralizza solo il veleno.”
“Sì, ma –”
Granger s'interruppe per sbadigliare – un enorme aspirazione d'aria
che mostrò le tonsille e il retro dei denti.
“Tu,” la
informò, cogliendo prontamente l'opportunità, visto che la
conversazione lo aveva messo distintamente a disagio, “hai bisogno
di dormire.”
“Sono
d'accordo,” rispose, fissandosi le mani impregnate di sangue.
“Anche se prima è meglio che mi dia una ripulita.
Cercando in una
tasca interna tirò fuori la malconcia borsa di perline rosa chiaro.
Ciò che rimaneva di un'intricata guarnizione di perline pendeva da
un lato. Aprendola, Granger inserì il braccio fino alla spalla,
districando una bacinella rigida e un paio di salviette.
“Posso?”
Chiese con la mano sopra alla bacchetta di lui.
Confuso, Severus
annuì, poi osservò mentre Granger riempiva la bacinella facendo
apparire dell'acqua calda saponosa e iniziava a lavarsi faccia e
mani.
“Credo sia
meglio che usi la doccia,” sottolineò seccamente. “Ne ho una di
sopra.”
“Alla fine sì,”
rispose. “Ora sono così sudicia che sporcherei l'intera casa solo
spostandomi per raggiungere la doccia.”
Granger fece
apparire un paio di morbidi asciugamani azzurro chiaro e iniziò
meticolosamente ad asciugarsi mani e faccia.
“Bene,” disse
lei, riportando l'attenzione su di lui. “Temo che quella veste ne
abbia avuto abbastanza.”
Severus fu
costretto ad annuire.
“Se volessi
essere così gentile da restituirmi la bacchetta, richiamerei
qualcosa di pulito da mettere.”
Docilmente,
Granger la restituì. Severus era totalmente e completamente esausto
e ancora coperto di copiose quantità di sangue secco, ma malgrado
tutto si sentiva bene. Era tentato di alzarsi, ma nel momento in cui
provò, Granger lo respinse indietro.
“Non ci pensi
nemmeno,” lo avvertì. “Potrebbe anche sentirsi guarito, ma il
suo corpo ha bisogno di un po' di tempo per abituarsi all'idea.”
Sapeva che aveva
ragione. Anche il minimo sforzo di pensare ad alzarsi gli aveva fatto
tremare le gambe. Non si sentiva di ammetterlo, tuttavia, così la
ignorò, estendendo la bacchetta e Richiamando un nuovo cambio di
vestiti – esattamente uguali a quelli che indossava sempre.
Atterrarono, perfettamente piegati, sul bordo del tavolino da caffè.
Quando guardò
nuovamente Granger, lei era in piedi. Aveva le braccia incrociate sul
petto e il colore della sua faccia si era leggermente intensificato.
“Cosa c'è?”
Chiese sospettoso.
“Io, ehm, dovrei
toglierle il sangue dal collo e dalle spalle,” rispose, fissando
intensamente un punto a una decina di centimetri dal suo viso.
“Cos'è Granger?
Giustizia divina?”
“Non so di cosa
stia parlando.”
“Quando ho
cantato per rimetterti insieme, hai dovuto toglierti i vestiti. Ora
che hai cantato tu per rimettere insieme me vuoi equilibrare del
tutto il piano di gioco?”
Granger grugnì.
“Se si fosse tolto i vestiti prima che il serpente la mordesse, non
avrebbe avuto un intero completo totalmente distrutto.”
Il bordo della
bocca di Severus si contrasse, ma riuscì a coprirlo con un ghigno.
Con un gesto della bacchetta e un incantesimo mormorato, mandò la
parte superiore dei vestiti – veste, giacca, gilè e camicia – a
contorcersi sbottonandosi da sotto al suo corpo, volando per la
stanza e piegandosi con cura sul pavimento.
“Non buttarli
via,” l'avvertì, “ci sono alcune cose che mi servono nelle
tasche.” Per coprire l'imbarazzo cambiò completamente discorso.
“Per favore, dimmi che qualcuno ha ucciso il serpente,” commentò.
Ogni sua terminazione nervosa era in attesa. Si chiese se lei si
fosse accorta che il Marchio Nero era sparito.
“Certamente,”
rispose con sfacciataggine. “Qualcuno ha ucciso il serpente.”
“Potter?”
Chiese, insistendo sulla distrazione mentre Granger gli passava una
salvietta calda e bagnata su una spalla e lungo il petto.
“Peggio.” Lei
passò una mano sui capelli per spostarli e poter strofinare un lato
del collo. “Neville.”
Gli occhi di
Severus erano serrati e cercò di concentrarsi sul ricordo di Neville
Longbottom. Non aiutava. Ogni fibra del suo corpo traditore si
tendeva verso il tocco di lei. Figuriamoci se Granger non aveva letto
abbastanza di medicina magica da sapere che non si doveva usare
Gratta e Netta o Tergeo sulla pelle appena guarita. Non poteva
lasciarlo a dopo?
“Snape?” Il
tono scherzoso era sparito dalla voce di Granger. Sembrava
completamente seria.
“Che c'è
adesso?” Non osava aprire gli occhi.
Sentì la sua mano
nuda scorrere sul collo. Rabbrividì.
“Credo debba
vedere questo,” rispose.
Solo quando tolse
la mano aprì gli occhi. La spalla era bagnata e un rivolo solitario
colava sul petto e sul divano. Vide Granger prendere la bacchetta di
Bellatrix, fare una smorfia e poi far apparire uno specchietto. Lo
tenne verso di lui.
Severus prese lo
specchio e lo inclinò. Intravide un lampo del petto pallido, della
spalla – ora prevalentemente pulita dal sangue che la copriva, e
quindi il collo. Lo fissò e, dopo un minuto, sollevò l'altra mano
per lasciare che la punta delle dita scorressero sulla pelle appena
guarita.
C'era una
cicatrice, ma bisognava guardare attentamente per trovarla: sottile
come il bordo di un foglio di carta, la minuscola linea tracciava due
segni a tre punte. Anche i polpastrelli riuscivano a sentirli a
malapena.
“Snape?”
Granger indugiava ansiosamente.
Lentamente,
Severus spostò gli occhi dalla vista nello specchio verso di lei.
Che cosa vuole? Si chiese. Sicuramente riesce a vedere il
suo lavoro chiaramente quanto me!
Il risultato
visibile del suo tentativo completamente riuscito di cantare per il
suo corpo lo lasciò scosso. È lei o sono io? Si chiese. Il
livello di completezza era testimonianza della sua abilità magica o
era l'innegabile risposta fisica che la sola presenza di lei
richiamava nel suo corpo? Aveva aiutato l'aver usato la sua
bacchetta? Aveva influito il fatto che lui aveva usato in precedenza
la stessa tecnica su di lei?
Così tante
domande e nessun metodo scientifico per catalogare le possibili
risposte.
“Va tutto bene?”
“Tutto è come
dovrebbe essere.”
Lei lasciò andare
un sospiro di sollievo e sorrise con esitazione.
“Bene, finirò
qui allora,” disse rapidamente.
Granger fece del
suo meglio per fare in fretta e pulire il resto del suo corpo. Per
Severus ci volle fin troppo e non abbastanza. Sedeva con i denti
digrignati e le mani serrate. A un certo punto, lei gli aveva passato
una mano tra i capelli, schioccando la lingua con aria di rimprovero:
del sangue secco incollava insieme le sottili ciocche in un intrico
raggrumato. Con il cuore in gola, Severus aveva pensato che Granger
glieli avrebbe lavati – che le sue dita sottili gli avrebbero
massaggiato la il cuoio capelluto. Quando pronunciò l'incantesimo
per pulirli, l'ondata di sollievo mescolata a delusione lo lasciò
leggermente nauseato.
Quando ebbe
finito, era pulito e asciutto, sul divano era stato usato il Gratta e
Netta, e lui era vestito con i suoi soliti vestiti. Granger stava
rimettendo a posto le cose, dividendo le bottigliette vuote da quelle
piene e sistemandole in file ordinate sul tavolino da caffè.
“Cos'è questo?”
Chiese all'improvviso, tenendo sollevata una bottiglietta con del
denso liquido nero e inclinandola verso la luce.
“Fa'
attenzione,” l'avvertì, porgendo il palmo. Granger gliela passò
subito. La bottiglietta era fredda al tocco e sembrava pulsare
leggermente nella mano. Non riuscì a trattenere la leggera smorfia
di disgusto che gli contorse la bocca. “L'ultima volta che il
Signore Oscuro è caduto,” spiegò, “il Marchio Nero è sbiadito,
ma non è sparito del tutto. Questa volta è diverso. Ho sentito un
forte dolore e, quando ho sollevato la manica, il liquido stava
ribollendo fuori dal mio braccio. Bruciava come acido. Sono riuscito
a stillarlo in una delle bottigliette vuote che avevo a portata di
mano, ma, alla fine, credo sia meglio distruggerlo.”
“Ho visto che il
Marchio Nero è sparito,” affermò lei.
Lui annuì, senza
guardarla. “Si può ancora vedere dov'era.” Impulsivamente
sollevò la manica della veste, sbottonando il polsino della giaccia
e della camicia, e sollevandole entrambe. Fissò la pelle chiara
dell'interno del braccio. Dove c'era stato il Marchio Nero, la pelle
era leggermente diversa. Non era propriamente il colore, ma più la
consistenza della stessa pelle che era cambiata. Se inclinava il
braccio verso la luce, riusciva a vederlo.
“È così che ha
capito che avevamo vinto?”
Severus annuì.
Guardò verso Granger, dov'era appoggiata al tavolino da caffè. I
suoi sforzi per pulirsi il viso enfatizzavano solo i cerchi neri
sotto agli occhi. I capelli erano un folto caos, ingarbugliati e
annodati dietro alla testa: erano ancora luridi come i vestiti.
“Basta,” disse
lui all'improvviso. “Hai bisogno di lavarti e di dormire. Va' di
sopra. Ci sono solo tre stanze: un bagno e due camere da letto. Ti
suggerisco di dormire nella stanza più grande, dove dormo io di
solito. L'altra stanza ha ospitato un genere diverso di persone, più
recentemente Wormtail e Draco. Vai!”
Puntando la
bacchetta verso la libreria che nascondeva la scala, diede un
colpetto al dorso del Principe di Machiavelli e la fece
spalancare.
Obbediente, lei
raccolse la borsa e una delle tante bacchette e sparì su per le
scale. Severus si trovò ad ascoltare i suoi movimenti, mappando la
sua posizione dai famigliari cigolii e lamenti della vecchia casa.
Cercò, e fallì, di non immaginarla nuda nella doccia: si chiese
come avrebbe fatto ad addormentarsi pensandola nel suo letto.
Non dovette
preoccuparsi su quel fronte. Venti minuti dopo, Granger era di
ritorno nel soggiorno. Era vestita con un pigiama a strisce e una
vestaglia di spugna decisamente poco sexy. I capelli – puliti e
asciutti – erano intrecciati con cura dietro la schiena e teneva un
paio di cuscini e la trapunta del suo letto ammucchiati di fronte a
sé.
“Snape?”
Chiese con esitazione, fermandosi subito all'interno della soglia.
“Granger?”
Rispose stancamente.
Contraendo le
labbra, Granger camminò verso la poltrona e buttò la pila di
biancheria da letto. Districando un cuscino usò il Gemino sulla
coperta e ne porse una a lui.
“Si sollevi,”
ordinò e gli sistemò il cuscino sotto alla testa. Poi spiegò la
coperta sopra di lui.
“Cosa stai
facendo, Granger?” Chiese con aria di rimprovero.
“Se, ehm, se va
bene anche a lei, pensavo di dormire qui... è che non dormo da sola
dalle ultime notti a casa dei miei genitori un anno fa e non credo
che stanotte sia il momento migliore per provarci. Trasfigurerò la
poltrona – prometto di non disturbarla.”
“Fa' come fossi
a casa tua.” Lo pensava sul serio, ma pronunciò le parole con il
suo solito sarcasmo.
Granger sembrava
inspiegabilmente sollevata. Di colpo, si sedette vicino al bordo del
tavolino da caffè.
“Inoltre,”
iniziò nervosamente, “voglio mostrarle questo.”
Con dita che
andavano a tentoni, sbottonò la maglietta del pigiama e spinse il
colletto di lato e in basso per rivelare la spalla.
“Guardi,”
disse senza necessità, perché Severus non avrebbe potuto guardare
altrove neanche se ci avesse provato.
La cicatrice che
gli aveva procurato era ancora visibile – ma a malapena. Piuttosto
che la spessa linea filamentosa rosso scuro che aveva avuto
all'inizio, o persino la sbiadita cicatrice grumosa che aveva visto
alla festa di Slughorn, non rimaneva altro che una sottile linea
argentata. Mentre guardava lei ci passò sopra le dita come stupita.
“Non era così
prima,” aggiunse.
La mente di Snape
vorticò. Non aveva mai visto niente del genere. Lo aveva fatto lei?
Lo aveva fatto lui, in qualche modo? Non lo sapeva.
“Beh,” riuscì
a dire alla fine, “è un miglioramento rispetto all'originale.”
“Non m'importava
prima,” commentò Granger, piegando il collo per guardare in basso
verso la spalla.
“Va' a dormire,”
disse lui.
Con suo estremo
sollievo, lei fece come le era stato detto, riabbottonandosi la
maglietta e allontanandosi da lui verso la poltrona. La trasfigurò
in una sedia a sdraio, spegnendo la luce in alto e mettendosi comoda.
Sdraiato lì, a
fissarla, nella tenue luce che passava dalle finestre sudicie, a
Severus ci volle diverso tempo per seguirla nel sonno.
*
*
*
--------------------------------------------
xX__Eli_Sev__Xx:
Ahah, hai visto però, si riprende subito dalla svista. Devo dire che
è complicato rendere queste cose in italiano...
two_writers_one_heart:
DH significa Deathly Hallow, ovvero Doni della Morte. Ti ringrazio, a
me cascano sempre le braccia quando leggo qualcosa che mi piace e che
poi viene abbandonato di botto. :-/
Chiaraaa: Ma sai
che io ho fatto lo stesso errore? Ne avevo parecchie sul kindle e
avevo confuso l'intro di una fanfiction che non m'ispirava con
questa. Quando alla fine mi sono accorta e ho iniziato a leggere mi
sono mangiata le mani per non averla iniziata prima! Concordo con le
osservazioni sul lavoro di grangerous :)
severus89: Sì,
anche secondo me nel film si perde qualcosa, per quanto molte cose
siano rese bene. A me è mancata molto l'esultanza finale dopo aver
sconfitto Voldemort: reagiscono tutti come se avessero appena finito
di uccidere un ragnetto in casa...
Rem_Lupin: Devo
dire che qui il merito della storia è tutto di grangerous, io mi
limito ad adattare in italiano :-D. Spero che questo capitolo ti
abbia tolto i dubbi ;)
Titinina: Penso di
averlo già scritto prima (pure troppo, mi sa ;)), ma il fatto che
Dumbledore sia messo sotto la stessa luce con cui lo immaginavo io è
stato appagante. Le storie dove il preside viene mostrato solo come
il vecchietto a cui luccicano gli occhi e fa cose strambe mi lasciano
perplessa...
flopi: Confermo la
terza parte, dove grangerous finalmente va a ruota libera, senza
dover star dietro agli eventi di un romanzo.
|
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Capitolo 24 *** Scoop ***
2x24
NdT:
siamo quasi agli sgoccioli! Come sempre, grazie a
silviabella per la beta :)
Anne
London
Capitolo
24
Scoop
Erano le nove o le
dieci del mattino quando Hermione si era addormentata. Quando si
svegliò, alcune ore dopo, si sentì al sicuro e più riposata di
quanto si fosse sentita per tanto tempo. Persino prima di aprire gli
occhi, ricordò gli eventi della notte precedente e quelli del primo
mattino, e si svegliò con un senso molto chiaro di ciò che sarebbe
accaduto dopo.
La prima missione
riguardava il cibo. Seguendo le istruzioni di Snape, trovò una
pagnotta nel portapane di coccio tenuta sotto un Incantesimo di
Stasi. Tostata e spalmata di Marmite* era perfettamente commestibile.
Snape era ancora
troppo debole ed esausto per muoversi. Gli chiese a che livello fosse
il dolore, ma ricevette solo risposte vaghe o sgarbate per la sua
preoccupazione. Non era troppo preoccupata: far vedere Snape da un
guaritore più qualificato era al terzo o quarto posto nella lista di
cose importanti della giornata.
Dopo aver
mangiato, essersi cambiata e lavata i denti, aver trasfigurato
nuovamente la sedia a sdraio in una sedia normale ed essersi
preoccupata inutilmente per Snape, erano quasi le cinque del
pomeriggio. Hermione era pronta per affrontare la seconda missione –
e per compierla aveva bisogno dell'aiuto di Harry e Ron.
Hogwarts sembrava
il posto più logico per trovarli ed Hermione si Materializzò
direttamente lì dal soggiorno di Spinner's End. Passare dall'entrata
principale nella tarda luce del pomeriggio le diede abbastanza tempo
per vedere la piena entità dei danni arrecati alla scuola. Dal muro
mancavano grossi pezzi di pietra lavorata e tutte le finestre
visibili erano frantumate. Il terreno era segnato da profondi solchi
e segni di bruciature e diversi alberi erano stati strappati dal
terreno direttamente dalle radici.
Le Grandi Porte
oscillavano ancora sui cardini, proprio come durante la notte, ma
Hermione era sollevata nel vedere che era stato messo un po'
d'impegno per pulire l'ingresso: qualcuno aveva spostato i rottami su
un lato e, anche se non era molto, il gesto rallegrò immensamente
Hermione.
Sentì dei rumori
provenire dalla Sala Grande e sbirciò oltre la porta. La stanza era
piena di gente che mangiava: sembrava che molti dei partecipanti alla
battaglia fossero rimasti. Come nella prima mattinata, la gente era
sparsa a caso per tutti e quattro i tavoli, piuttosto che rispettare
la divisione fra case; persino i professori, notò contenta, erano
seduti ai tavoli degli studenti.
Controllando le
file non vide segni di Harry o Ron. Quasi per caso incontrò lo
sguardo di Neville, che si alzò con un sorriso per avvicinarsi e
salutarla. Camminava con una sicurezza che non aveva mai notato in
lui e il suo sorriso quando la vide era ampio e semplice.
“Ehi, Hermione!”
Disse, avvolgendola in un abbraccio.
“Ehi, Neville.
Hai visto Harry e Ron, per caso?”
“Per quanto ne
so, passano il tempo nella sala comune. Credo abbiamo bisogno di un
po' di spazio.”
“Grazie,
Neville.”
“Ci si vede in
giro, Hermione,” rispose, salutandola con la mano e un altro
sorriso.
Ci volle un po'
prima che Hermione riuscisse a farsi strada verso la torre di
Grifondoro. A volte doveva scavalcare cumuli di pietra rotta o
armature cadute. Una volta dovette tornare indietro e scegliere
completamente una nuova strada perché il corridoio era totalmente
crollato.
Molti ritratti
erano danneggiati e vide i loro occupanti accalcarsi inseme dentro
alle cornici meno danneggiate. La Signora Grassa invece era al suo
solito posto, accompagnata, come spesso lo era stata prima, dalla sua
amica Violet.
“Uhm,” disse
Hermione, “In realtà non sono sicura di quale sia la password...”
“Non importa,
tesoro,” disse la Signora Grassa in modo molto più amichevole di
quanto lo fosse stata in passato. “Sarebbe una cosa molto triste se
rifiutassi di far entrare un eroe di guerra, non è vero?”
Hermione arrossì,
ma si arrampicò all'interno senza lamentarsi. Con suo sollievo, la
sala comune era più o meno come sempre e lì, nell'angolo più
lontano, c'erano Ron e Harry. Erano seduti nelle loro poltrone
preferite, sporti in avanti su un tavolino basso su cui erano sparsi
i resti di una colazione all'inglese completa e sembrava stessero
discutendo di qualcosa: Ron stava agitando una saliera con enfasi.
Entrambi i ragazzi
si girarono al suo arrivo ed Hermione si sentì improvvisamente
imbarazzata. Ron si aspettava di essere salutato con un bacio? Si
sentì scomodamente in colpa per i pensieri che aveva avuto su Snape
nelle poche ore da quando aveva visto Ron l'ultima volta. Non
significa niente, si rassicurò. È innamorato della mamma di
Harry e così sarà sempre. Gli ho solo salvato la vita.
“Ehi, 'Mione,”
osservò Ron un po' assente, “stavo proprio spiegando qualcosa
d'importante a Harry, qui.”
Harry, per la
sorpresa di Hermione, si alzò mentre lei si avvicinava e l'attirò
in un forte abbraccio.
“Ehi,” disse
lei, contenta per il suo gesto, “stai bene?” Gli batté una mano
sulla schiena.
“Sì, sono solo
contento di vederti. Ron mi ha detto cos'avete fatto quando ero...
ehm, morto.”
“Già, beh, non
morire di nuovo davanti a noi, okay? Una volta è stato abbastanza.”
Sporgendosi in avanti, Hermione gli arruffò i capelli e gli sorrise.
“Prendi una
sedia,” le disse Ron. “Riprendo da capo.”
Hermione avvicinò
una terza sedia e si rese conto che Ron stava usando la saliera per
aiutarsi nella spiegazione. Sperò di non dover ascoltare i dettagli
di una complicata manovra di Quidditch.
“Quindi,”
disse Ron, tenendo sollevata la saliera, “questo è Dumbledore e
questa,” indicò uno stuzzicadenti che aveva infilato in uno dei
buchi in cima, “è la Bacchetta di Sambuco.”
Ron ripulì uno
spazio al centro del tavolo e appoggiò “Dumbledore”. Hermione si
sedette un po' più dritta con interesse risvegliato in modo genuino.
“Quindi,
Dumbledore è il padrone della bacchetta più potente, che risulta
essere uno dei Doni della morte. Il secondo dei tre Doni è inoltre
documentato: un incredibile Mantello dell'Invisibilità!” Ron prese
un tovagliolo e lo lasciò cadere di peso vicino alla saliera in
rappresentazione di Albus Dumbledore. “Allora, un giorno
Dumbledore, sai, ha voglia di passeggiare” – per il divertimento
di Hermione Ron prese la saliera e imitò una camminata lungo il
tavolo fin sopra alla scodella dello zucchero – “e trova proprio
la Pietra della Resurrezione.”
Ron prese un
cubetto di zucchero e lo mise di fianco alla saliera-Dumbledore al
centro del tavolo.
“Per la prima
volta a memoria d'uomo, qualcuno sa dove si trovano tutti e tre i
Doni! Tuttavia, stupidamente Dumbledore indossa l'anello – senza
sapere che era stato maledetto da Lord Voldymold.”
Ron afferrò la
pepiera e l'aggiunse alla scena.
“Ma non è
morto, perché Snape gli ha salvato la vita,” interruppe Harry.
“Giusto!”
Confermò Ron. “E fortunatamente, anche, perché se Dumbledore
fosse morto a quel punto, la maestria della bacchetta sarebbe passata
a Sua Signoria Pepiera, molto prima che Dumbledore potesse avere la
possibilità di passarti qualunque informazione su come sconfiggere
il bastardo. Stai seguendo?”
Ron lanciò
un'occhiata a Harry che stava guardando il procedimento intensamente.
Harry annuì.
“Bene.
Dumbledore è un uomo intelligente, comunque, ed è arrivato a un
piano astuto. Ciò che davvero vuole fare è passare la bacchetta al
nostro giovane eroe–”
Harry fece un
suono strangolato, ma Ron lo placò con un'occhiata. Capendo che la
mano di Ron stava sorvolando il tavolo indeciso mentre cercava di
scegliere uno strumento per rappresentare Harry, Hermione afferrò la
sua forchetta. Voltandola la toccò con la bacchetta rubata al
Mangiamorte, riproducendo una piccola saetta e, in più, torcendo i
rebbi insieme in una rappresentazione piuttosto accurata dei
capelli in disordine di Harry.
“Grande,
Hermione!” Ron le sorrise ed Hermione non poté fare a meno di
arrossire un po' per il piacere. “Allora, così Harry qui ha già
uno dei Doni della Morte” –Ron bilanciò la forchetta-Harry
Potter in cima alla pila di tovaglioli– “ma Dumbledore voleva che
li avesse tutti e tre. In questo modo, quando fosse andato contro
l'oscuro e terribile signore per l'ultima volta, Harry sarebbe stato
il padrone della morte. Il fatto è che Harry doveva morire
temporaneamente nel processo, quindi essere il padrone della morte
diventava una cosa utile.”
Harry cercò
d'interrompere, ma Ron lo bloccò.
“Sta zitto
amico, non ho ancora finito. Fatto il punto, Dumbledore non poteva
contare sul fatto che Harry lo uccidesse – il che sarebbe stato il
modo più veloce per prevenire allo stesso tempo che la proprietà
della bacchetta passasse a Lord V ed essere sicuri che Harry fosse
invece il padrone.”
“Certo, è pieno
di Mangiamorte che sarebbero felici di uccidere Dumbledore, ma questo
significa dare la bacchetta più pericolosa del mondo in mano al lato
sbagliato della guerra. Ciò di cui ha veramente bisogno è di
qualcuno leale a Dumbledore, ma che non necessariamente lo sembri:
qualcuno che Harry odia.”
Infallibilmente,
Ron afferrò dal tavolo l'affilato coltello da carne e lo tenne
sollevato.
“Severus Snape,”
annunciò. “Dumbledore fa promettere a Snape di ucciderlo prima che
lo faccia la maledizione. Snape fa quello che gli si chiede.”
Quasi
allegramente, Ron piombò con il coltello e fece finta di pugnalare
la saliera. Quindi rovesciò la saliera su di un lato, tirò fuori lo
stuzzicadenti e lo lasciò insieme al coltello su tavolo, fianco a
fianco.
“Ma–”
protestò Harry.
“Lo so amico,
non è andata così, ma non sto parlando di quello che è successo,
sto parlando del piano di Dumbledore.”
“Stai dicendo
che quando Snape ha ucciso Dumbledore, mi ha salvato la vita, ho
capito.” Harry sembrava stanco.
“Non ho ancora
finito. Non avere fretta.” Ron tenne sollevato il palmo della mano
in modo supplichevole ed Harry si calmò con riluttanza. “Va bene,
quindi metà del problema è a posto, ma Dumbledore voleva anche
essere sicuro che Harry avesse tutti e tre i Doni. L'anello è
facile: lo lascia nel testamento, accuratamente nascosto dentro al
boccino.”
Ron fece scivolare
la Pietra della Resurrezione-cubetto di zucchero dal posto di fianco
a “Dumbledore” per metterlo di fianco a “Harry Potter”. Il
vero Harry Potter, notò Hermione, aveva afferrato il bordo del
tavolo così forte che gli erano sbiancate le nocche. Lei si
meravigliò della genialità di Ron. In qualche modo, riducendo la
discussione a un livello di uomini alle prese con la regola del
fuorigioco, stava rendendo qualcosa di molto complicato molto chiaro.
“Ma,” Ron
continuò, “Dumbledore deve ancora fare in modo che Harry e Snape
s'incontrino esattamente al momento giusto, quindi, prima di morire,
fa sì che Snape prometta qualcos'altro: fa promettere a Snape che
quando il serpente sarà protetto dovrà andare a cercare Harry.”
“Pensaci,
Harry,” aggiunse Hermione, entrando di colpo nella conversazione.
“Non ha senso l'aver lasciato a Snape quel compito – Dumbledore
avrebbe potuto chiedere a chiunque di darti l'informazione. Me, o
Ron, o la McGonagall.”
“Già,”
confermò Ron. “Chiunque in grado di vederti più facilmente e con
meno pericoli di essere ucciso sarebbe stato più al sicuro e una
scelta più logica.”
Harry portò lo
sguardo da un amico all'altro con uno sguardo inorridito e
apprensivo.
“Dumbledore ha
dovuto persino mentire a Snape a proposito di quello che ti è
accaduto,” disse Hermione nel modo più gentile che poté. “È
per questo che aveva la mano sugli occhi nel ricordo: perché Snape è
un Legilimante di talento. Se fosse stato in contato visivo con
Dumbledore al momento avrebbe capito che Dumbledore non stava dicendo
la verità.”
“Già, se il
piano di Dumbledore avesse funzionato, Snape sarebbe venuto a
cercarti e tu... beh, tu probabilmente lo avresti ucciso, o qualcosa
del genere.”
Ron mise il dito
sullo stuzzicadenti e lo spinse sulla superficie del tavolo per
metterlo di fianco a Harry Potter-forchetta.
“Harry Potter,
padrone dei Doni della Morte, è il padrone della morte. Persino con
la pepiera qui, alias lui, l'anima di Harry è a posto e il pezzo di
Voldy che si sta portando dietro invece muore. Harry batte Voldy –
che non ha più nessun Horcrux.”
Ron fece di nuovo
una pausa, afferrò Voldemort-pepiera e mise anche lui sdraiato sul
fianco.
“Game over,”
pronunciò.
Harry era
terribilmente pallido. In modo convulso spinse la sedia leggermente
indietro dal tavolo e appoggiò la testa alle nocche delle mani, che
ancora afferravano il bordo del tavolo. Senza sollevare la testa fece
diversi respiri profondi.
“E – e l'avrei
anche fatto,” sussurrò. “Volevo davvero uccidere Snape.” Harry
sembrava assolutamente sconvolto.
“Ma non l'hai
fatto, amico. Non è andata in quel modo.”
“Dumbledore era
molto bravo a convincere la gente a fare cose che altrimenti non
avrebbero fatto,” rispose Hermione in modo confortante. Si sporse
in avanti e appoggiò una mano tra le scapole di Harry. Stavano
tremando e si rese conto che stava piangendo.
“Ma è comunque
morto!” Esplose Harry. “È morto e non abbiamo fatto niente per
impedirlo!”
Ron tossì ed
Hermione alzò lo sguardo verso di lui per scoprire che la stava
guardando, un po' scettico e un po' curioso.
“Hermione?”
Chiese apertamente. “Hai niente da aggiungere?”
Hermione fece un
profondo respiro.
“Harry, Ron,”
iniziò. “Severus Snape è ancora vivo.”
Harry scattò
immediatamente dritto. C'erano delle lacrime che striavano il suo
viso ed era così pallido che la cicatrice spiccava, anche se non
aveva più il colore rosso vivo dell'Horcrux di una volta.
“Co–cosa?
Dov'è? Devo vederlo!”
“Ti porterò da
lui – ma prima, c'è qualcos'altro che dobbiamo fare.”
Entrambi i ragazzi
la stavano guardando, Ron con attento interesse ed Harry con
disperata urgenza.
“Alla fine
dell'ultima guerra, Dumbledore è riuscito a far sì che Snape non
venisse condannato come Mangiamorte. Questa volta dobbiamo essere
noi. Prima qualcuno – e credo che tu sia la scelta migliore, Harry
– deve andare a parlare con Kingsley. Non conosco quali accuse ci
fossero contro Snape prima che i Mangiamorte prendessero il
Ministero, ma devi fare in modo che le facciano cadere tutte e che
nessuna venga sollevata di nuovo. Devi anche far sì che non venga
perseguito per nessuna delle cose che è stato costretto a fare per
mantenere la copertura durante la guerra fino al ritorno di
Tu-Sai-Chi.”
Harry stava
annuendo mentre lei parlava, con uno sguardo fisso e quasi selvaggio.
“Dovresti
probabilmente prendere i ricordi di Snape e mostrarli a Kingsley –
quello confermerebbe che era dalla parte giusta.”
“Già, non le
mostrerei a nessun altro, ma,” aggiunse Ron, “non riesco a
immaginarmi Snape particolarmente colpito.” Ron puntualizzò
l'avvertimento infilzando una fetta di bacon e mordendola.
“Vero.” Harry
annuì ancora una volta.
“C'è anche
un'altra cosa,” aggiunse Hermione. “Tu, Harry, hai fatto un
importante passo avanti annunciando la lealtà di Snape a Dumbledore
di fronte a tutte quelle persone ieri sera, ma dobbiamo fare in modo
che nessuno la faccia passare come una storia inventata per
punzecchiare Tu-Sai-Chi. Dobbiamo essere certi che sia la nostra
versione della storia che tutti sappiano, la nostra versione
quella di cui si parlerà a colazione.”
“Il piano di
Dumbledore è andato così,” continuò, “perché tutti erano
pronti a credere il peggio di Snape. C'era un sacco di gente che
pensava che Snape stesse lavorando su entrambi i fronti per tutto il
tempo e adesso crederà che sia riuscito in qualche modo riuscito a
ingannarti per salvarsi la pelle.”
“Ma cosa–?”
“–Rita
Skeeter.”
“Precisamente.”
Il viso di Harry
si schiarì. “Giusto! Tu, Hermione, puoi farle scrivere quello che
vuoi!”
“Posso, certo,
ma se ne risentirebbe. Credo sarebbe un lavoro migliore se le
offrissimo qualcosa per il disturbo: suggerisco di offrirle la nostra
storia in cambio di quella su Snape.”
“Il bastone e la
carota,” concordò Ron tra un boccone di bacon e l'altro.
“Le offro
un'esclusiva della mia storia a condizione che scriva anche quella di
Snape?
“Precisamente. È
una situazione vantaggiosa per lei, davvero. Possiamo insistere che
avranno una vendita uguale del Profeta e che controlleremo
entrambe le storie prima che vengano stampate. Credo anche che più
persone portiamo pubblicamente in difesa di Snape, meglio sarà.
Possiamo procurarle una lista di persone che sarebbero disponibili a
farsi intervistare: noi tre, ovviamente, la professoressa McGonagall,
la professoressa Vector, Madama Pomfrey e la Hooch, magari?”
“Il ritratto di
Dumbledore.”
“Anche quello di
Phineas.”
“Viktor, Jocelyn
Smith–”
“Chi?”
“Mmm...? Oh,
Jocelyn è una studentessa di Serpeverde, una Nata Babbana. Era al
primo anno l'anno scorso. Va bene. Inizierò a fare la lista ora e,
se trovate altre persone da aggiungere, fatemelo sapere. Una volta
che la verità inizierà a uscire, la gente inizierà a vedere le
cose che ha fatto in una luce diversa e sarà propensa a parlare in
suo favore.”
“Già, come
Ginny, Luna e Neville e la loro punizione con Hagrid.”
Hermione aveva
fatto apparire un pezzo di carta e stava scrivendo furiosamente.
“Poi c'è la
questione di Draco Malfoy,” disse Harry.
Hermione alzò la
testa. Il colore era tornato sul viso di lui e sembrava stare molto
meglio.
“Credi parlerà
di Snape per il Profeta?” Chiese Hermione.
“Probabile, sì.
Ma non è quello che intendo. Voglio dire, è anche lui un
Mangiamorte, ma ha cercato di salvarci la vita.”
“Due volte,”
confermò Hermione. “Mi chiedevo se te ne fossi accorto.”
“Cosa?” Chiese
Ron. “Quando?”
“Prima al
Maniero e poi nella Stanza delle Necessità.”
“Stai
scherzando? Ci ha quasi fatti uccidere!”
“Non
esattamente,” rispose Harry. “Crabbe e Goyle stavano cercando di
ucciderci, ma Draco era diverso. Stava cercando di fermarli.”
“Non ha fatto un
gran lavoro,” rispose Ron disgustato.
“No, eppure sua
madre ha mentito a Vol...” – nessuno era veramente sicuro se il
tabù fosse stato ancora tolto ed Harry ingoiò maldestramente
l'ultima parte della parola – “in mia difesa. Non avremmo vinto
altrimenti.” Harry sembrava determinato. “Parlerò con Kingsley
anche a proposito dei Malfoy.”
Ron stava ancora
facendo delle facce poco convinte all'idea di Draco come alleato, ma
mentre Hermione guardava dall'uno all'altro si sentiva
straordinariamente fiera dei suoi due migliori amici.
“Va bene,”
disse in modo spiccio. “Harry, credo tu debba andare a trovare
Kingsley subito. Il nuovo Ministero sarà probabilmente incline a
fare tutto quello che chiederai adesso: sarà meglio che ne tragga il
meglio. Ron, credo tu debba andare a passare la serata con la tua
famiglia. Anche se mi chiedevo se potevi trovare Rita lungo la strada
e concordare un momento per incontrarla insieme domani.”
“Consideralo
fatto.”
“Ron–” disse
lei, sporgendosi per prendergli la mano. “Mi dispiace così tanto
per Fred.”
Lui annuì e le
strinse la mano rassicurante. Le lacrime minacciarono pericolosamente
di tornare negli occhi di lei.
“Va bene,”
disse lei, cambiando argomento, “troviamoci di nuovo qui domani
mattina – diciamo alle nove?”
“Le nove vanno
bene.”
Con un'ultima
occhiata alla scena con le posate di Ron, Hermione seguì i ragazzi
oltre il buco del ritratto e saltò giù. Poi si diressero in
direzioni separate.
*
Quando Hermione
entrò nell'Infermeria fu sorpresa di trovarci Luna.
“Tutto bene?”
Chiese preoccupata.
“Oh, sì, sto
bene,” rispose Luna. “Sto solo aiutando dove posso. Se stai
cercando Madama Pomfrey è nel suo ufficio.”
“Grazie, Luna.”
Hermione toccò leggermente il braccio dell'altra ragazza mentre
passava. Luna era vestita con lo stesso vestito giallo brillante che
aveva indossato al matrimonio di Bill e Fleur, con abbinato un fiore
dietro l'orecchio. Mentre Hermione s'incamminava, Luna iniziò a
mormorare sottovoce e riprese a impilare bende pulite.
La porta
dell'ufficio di Madama Pomfrey era leggermente accostata, ma Hermione
bussò ugualmente prima di entrare.
“Avanti!” Fu
la risposta.
Hermione entrò e
trovò non solo Madama Pomfrey, ma anche la Hooch. La Pomfrey sedeva
dietro alla scrivania, la testa appoggiata contro le mani; la Hooch
passeggiava su e giù, anche se si bloccò per un secondo alla vista
di Hermione.
“Dove diavolo
è?” Ringhiò la Hooch inaspettatamente, attraversando la stanza e
afferrando Hermione per le spalle.
Hermione tirò
fuori la bacchetta e la puntò alla gola della Hooch, senza neanche
pensarci.
“Mi lasci
andare,” ordinò.
La Hooch ignorò
sia le istruzioni che l'arma puntata contro il collo. Invece diede a
Hermione un lieve scossone.
“Dov'è il corpo
di Snape?” Chiese.
“Oh.” La
tensione defluì da Hermione e mise via la bacchetta. “Mi lasci
andare e glielo dirò,” disse.
Riluttante, la
Hooch fece un passo indietro. Incrociò le braccia sul petto.
“Signorina
Granger?” Chiese gentilmente Madama Pomfrey. “Sai dove possiamo
trovare il corpo di Severus?”
Hermione chiuse la
porta e lanciò un Incantesimo di Silenzio per sicurezza.
“Sì,” rispose
alla fine. “Sono infatti venuta per portarvi lì.”
“Andiamo
allora,” disse la Hooch immediatamente. La Pomfrey si stava già
alzando in piedi.
“Ma prima di
farlo, devo essere sicura delle vostre intenzioni. So che siete state
sue amiche una volta, ma l'ultimo anno è stato difficile per tutti.”
“Siamo andati
alla Stamberga, signorina,” ringhiò la Hooch. “E il suo corpo
era sparito. C'era sangue ovunque. Severus Snape è un dannato eroe e
il suo corpo merita il rispetto che le persone gli hanno negato in
vita.”
“Madama
Pomfrey?” Chiese Hermione, portando l'attenzione sull'altra donna.
“Desidero solo
il meglio per Severus – in qualunque posto sia finita l'anima del
pover'uomo.”
“Molto bene,
allora,” rispose Hermione fermamente. “Madama Pomfrey, dovrebbe
portare alcune provviste di medicinali.”
Entrambe le teste
delle donne scattarono verso Hermione per la sorpresa.
“É vivo,”
sussurrò la Hooch, speranza e stupore che lottavano per avere la
supremazia sul suo viso.
“Lo spero,”
rispose Hermione. “Almeno, lo era un'ora fa circa.”
Armate di quella
consapevolezza, le due donne si preparano incredibilmente in fretta e
seguirono Hermione fuori attraverso la scuola e il terreno, verso il
punto di Materializzazione senza ulteriori domande.
Tenendo un ferma
stretta sull'avambraccio di entrambe le donne, Hermione sparì nel
nulla con i due passeggeri.
*
Come prima,
Hermione si Materializzò nel soggiorno a Spinner's End. Se Snape era
sorpreso per l'improvvisa apparizione delle tre donne non diede
nessuna indicazione del fatto.
“Severus!”
Esclamò la Pomfrey con palpabile sollievo.
Con un elaborato
sospiro, Snape pose il giornale che stava leggendo sul tavolino da
caffè.
“Avrei dovuto
saperlo che la pace e la calma erano troppo belle per durare,”
commentò.
“Ascolta,
bastardo,” rispose a tono la Hooch, “la prossima volta che fingi
la tua morte, non aspettarti che venga a cercare il tuo corpo!”
“Non ho 'finto
la mia morte' – come l'hai poco elegantemente posta – ho
semplicemente rimosso il mio corpo ferito da una situazione
pericolosa per riprendermi.”
“Oh, tacete ora,
voi due,” ordinò la Pomfrey mentre appoggiava una mano sulla
fronte di Snape. Aveva già la bacchetta in mano e stava usando delle
complicate letture diagnostiche.
La Hooch incrociò
le braccia e rivolse l'attenzione alle bottiglie di pozioni sistemate
sul tavolo.
“Quante di
queste Pozioni Rimpolpasangue hai preso? Cosa diavolo è successo,
Severus?”
“Il serpente mi
ha morso,” rispose Snape con voce piatta e regolare.
“Dove?” Chiese
la Pomfrey, aggrottando la fronte davanti alla brillante esibizione
di luce dell'incantesimo che aveva usato lungo il suo corpo.
Senza parlare,
Snape voltò la testa e indicò la pelle esposta del collo. Hermione
camminava ansiosamente con il labbro inferiore stretto tra i denti.
La Pomfrey puntò
la bacchetta direttamente al collo di Snape e, da quello che Hermione
riuscì a capire, ripeté la stessa serie d'incantesimi – diverse
volte. Il silenzio si protrasse mentre la Hooch e Hermione
aspettavano che l'altra maga chiarisse la situazione.
“Spiega,
Severus,” disse finalmente la Pomfrey, sembrando confusa, “la
diagnostica dice che sei completamente guarito.”
Hermione lasciò
andare il respiro che non si era resa conto di trattenere. Una calda
ondata di soddisfazione e sollievo si diffuse dalla testa alla punta
dei piedi.
“La signorina
Granger mi ha curato,” rispose Severus con lo stesso tono neutrale,
gli occhi fissi direttamente davanti a lui. “Ha cantato per unire
insieme la carne.” Sospirò. “Sarà meglio che controlli anche la
sua cicatrice.”
L'attenzione della
Pomfrey scattò verso Hermione.
“Vieni qui,
signorina,” ordinò, brandendo la bacchetta.
Hermione si
avvicinò e osservò, con interesse, la Pomfrey che faceva apparire
la stessa serie di luci vibranti per tutta la lunghezza del suo
corpo.
“Mmm, dov'è la
cicatrice?”
Quando Hermione
indicò il petto, la Pomfrey fece apparire un paravento e lo mise tra
loro e gli altri due occupanti.
“Togli la
maglietta,” ordinò.
Hermione si
spogliò e rimase in reggiseno e jeans e guardò il viso della
Pomfrey mentre esaminava la cicatrice. Dall'altro lato dello schermo,
sentiva brandelli di mormorii mentre Snape e la Hooch conversavano.
“Questa è la
stessa cicatrice che Severus ha rimesso insieme cantando
nell'Infermeria due anni fa? Chiese la Pomfrey.”
Hermione annuì.
“E immagino che
abbia iniziato ad apparire così solo dopo aver restituito il favore
cantando alla ferita di Severus?”
Hermione annuì di
nuovo. “Non so se fa la differenza,” offrì, “ma ho usato la
stessa bacchetta di Snape per fare l'incantesimo. Forse ha avuto più
effetto perché era abituata al suo corpo?”
“Mmm, forse.
Rivestiti.”
Hermione si vestì
in fretta prima che la Pomfrey facesse sparire lo schermo.
La Hooch, vide,
era seduta in una delle poltrone e aveva i piedi sul tavolino da
caffè.
“Siedi,” disse
la Pomfrey, spingendo gentilmente Hermione verso l'altra poltrona. La
capoinfermiera fece apparire uno sgabello per sé e si sedette vicino
alla testa di Snape. Tutto la guardavano in attesa. “La magia
compassionevole,” iniziò, “che include il cantare è difficile e
imprevedibile. Poche persone sono capaci di empatizzare in modo
abbastanza affidabile con altri da poter dare per certi i risultati
di una tale magia.”
“Potrebbe essere
che la signorina Granger qui sia una di quelle persone. Più
probabile, la circostanza altamente improbabile di sapere come si
sentiva Severus nel cantare per richiudere la sua ferita ha reso più
semplice per la signorina Granger cantare per lui. Nessun dubbio che
la bacchetta abbia aiutato e, quasi certamente, la situazione molto
stressante della battaglia ha avuto peso. Stavate lavorando entrambi
per lo stesso fine, dopotutto, e quello ha probabilmente aiutato a
mettervi in sintonia.
“Il risultato,
comunque, è eccezionale. Infatti,” fece una pausa per un momento
con uno strano sguardo confuso, “non ho mai visto niente del
genere.”
*
Quando Hermione
incontrò Harry e Ron la mattina successiva, Harry esplodeva di
notizie.
“Indovina?”
Esclamò. “Fawkes è tornata! Non appena ho iniziato a spiegare le
cose a Kingsley c'è stato un forte scoppio e Fawkes è apparsa dal
nulla. Ha fatto cadere un rotolo di pergamena e una piuma sulla
scrivania di Kingsley ed è subito sparita!”
“Accidenti!
Dumbledore!”
“Esattamente.
Dumbledore ha scritto una lettera prima di morire – spiega tutto
della promessa di Snape di ucciderlo.”
“Quindi immagino
che Kingsley ti creda, allora?”
“Assolutamente.
Giura che sotto nessuna circostanza lascerà che Snape venga
condannato per qualcosa.”
“Eccellente!”
Hermione gli sorrise.
“In più,
indovina? Ha offerto a tutti e tre un lavoro come Auror! A partire da
subito! Non dobbiamo neanche finire i M.A.G.O. o simili!”
“Sul serio? Ma
questo è più che fantastico!” Esclamò Ron. “Niente più
scuola! E saremmo insieme–”
“Parla per te,
Ron,” interruppe Hermione. “Primo, io non ho intenzione di
diventare un Auror e, secondo, credo sarebbe stupido – per tutti e
tre – non finire i M.A.G.O.”
“Ma Hermione,”
insisté Harry, “c'è un campo intensivo di due mesi durante
l'estate. Quando l'avremo finito saremo allo stesso livello dei
novizi – M.A.G.O. o non M.A.G.O. E non è che il nostro ultimo anno
non conti qualcosa!”
Hermione sollevò
le sopracciglia e strinse le labbra in disapprovazione.
“La decisione è
tua, Harry, ma ricorda che è la stessa organizzazione che non ha
fatto niente per fermare la Commissione per il Censimento dei Nati
Babbani: abbiamo avuto un'esperienza di prima mano su quanto possa
essere mutevole il Ministero. Vuoi davvero accettare un'offerta di
lavoro ricevuta solo perché sei Harry Potter? Avrai sempre delle
persone che si risentiranno della tua fama insinuando che hai avuto
il lavoro come favore. ”
“Ehi! Non è
giusto! Non ho chiesto io di essere famoso!”
“Lo so! Ma se
accetti un lavoro per cui non sei qualificato, non rendi molto chiaro
quel punto agli altri, vero?”
Harry aveva l'aria
di essere appena stato schiaffeggiato.
“Ron?” Chiese
lui all'improvviso, chiamando una terza opinione. “Che cosa ne
pensi?”
Ron si passò una
mano tra i capelli, gli occhi che scattavano da un amico all'altro.
“Io, ehm, credo
che entrambi abbiate centrato il punto. Sono per entrare negli Auror,
e sono per accettare il lavoro offerto. Ma... forse dovremmo pensarci
per qualche giorno prima di accettare qualunque cosa. Non dobbiamo
decidere ora, giusto?”
“Giusto,”
disse Harry lentamente. Sembrava turbato.
“Bene,” scattò
Hermione.
“Ascoltate.”
Ron si sporse e pose una mano sulle spalle di entrambi. “Qualunque
cosa succeda, noi tre dobbiamo rimanere uniti. La cosa importante è
che siamo ancora qui, non cosa faremo dopo.”
Non c'era bisogno
che menzionasse effettivamente la morte di Fred: il fatto aleggiava
pesantemente tra loro.
“Una delle cose
più stupide che abbia mai fatto,” aggiunse, “è stata di andare
via da quella tenda. Ho lasciato che le mie stupide insicurezze
avessero la meglio sulla nostra amicizia. E ritengo che nessuno di
noi dovrebbe fare di nuovo lo stesso errore.”
Ron era riuscito a
far sentire Hermione disperatamente vergognosa del suo comportamento.
Guardò Harry e vide che aveva un'espressione
imbarazzata che sicuramente s'intonava a come si sentiva lei.
“Andiamo,
allora,” incoraggiò Ron, “facciamo questo imbarazzante abbraccio
a tre e andiamo ai Tre Manici di Scopa, pronti a mostrare un fronte
unito alla giornalista più cattiva del mondo.”
Hermione rise e
lasciò che Ron spingesse in avanti lei e Harry. Passò un braccio
intorno alla vita di ogni ragazzo e li strinse.
“Voglio solo ciò
che è meglio per voi,” sussurrò.
Harry e Ron si
limitarono ad abbracciarla più forte in risposta.
“Cosa pensi che
dovremmo dire a Rita?” Chiese Harry, prima di staccarsi.
“La verità,”
rispose Ron.
“Lo credo
anch'io,” aggiunse Hermione.
“Già,”
sospirò Harry. Hermione sentì la testa di lui annuire di fianco
alla sua. “Credo che ne abbiamo avuto abbastanza di 'segreti e
bugie' per il resto delle nostre vite.”
*
*
*
* Crema spalmabile
a base di lievito che viene mangiata in nord Europa a colazione.
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severus89: Ehm,
chi sono Skye e Coulson?
Disincanto294: E'
il capitolo dei 'finalmente'. Niente più padroni, niente più
costrizioni, niente più “E' probabile che morirò.”
xX_Eli_Sev_Xx: Sì,
anche Hermione può finalmente rilassarsi ^__^
two_writers_one_heart:
Più che altro, i complimenti vanno assolutamente a grangerous! Io mi
limito a rendere in italiano quello che lei ha scritto e silviabella
fa un lavorone sugli strafalcioni (non lo dico per attirare più
complimenti su di me, sia chiaro, riportò il merito dove dovrebbe
stare ;))
Titinina: Mi
ricordavo che anche tu era del club “strozziamolo con la barba”
XD. Grazie per gli urletti :-P
Anne
|
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Capitolo 25 *** The Daily Prophet ***
2x25
NdT:
Ultimo capitolo!! Io e silviabella siamo molto felici di essere
arrivate alla fine della seconda parte. Ancora una volta ringrazio
grangerous per avermi dato il permesso di tradurre la sua trilogia :)
Anne
London
Capitolo
25
The Daily
Prophet
Severus era ben
consapevole che Poppy e Granger stavano collaborando a qualche
elaborato piano per tenerlo bloccato in casa per il prossimo futuro.
Eppure, visto che non aveva nessun desiderio effettivo di lasciare la
casa, non si preoccupò di protestare. Anche se non l'avrebbe mai
ammesso, passare del tempo con la Granger e i propri amici era
l'unica cosa che voleva fare.
Sembrava avessero
tenuto la sua sopravvivenza sotto silenzio – o almeno il posto in
cui si trovava, visto che non c'erano state visite da parte di Rita
Skeeter, nessuna folla di genitori in cerca di vendetta che lanciava
mattoni contro le finestre, nessun Auror a trascinarlo ad Azkaban.
Colse la Granger a
piangere solo una volta, quando pensava che lui stesse dormendo.
Aveva aperto gli occhi per vederla seduta lì, china su La
Gazzetta del Profeta, con le lacrime che le colavano sul viso.
Non erano i violenti singhiozzi della mattina dopo la battaglia, ma
lacrime gentili che cadevano incontrollate e volontarie: aveva il
giornale aperto sulla lista dei morti.
Severus si era
sentito imbarazzato a guardarla e aveva abbassato subito le palpebre,
osservandola attraverso uno spiraglio più stretto possibile e sotto
alla copertura dei capelli. Voleva confortarla, ma non riusciva a
pensare a nulla se non alle frasi più sdolcinate. Invece tenne la
bocca chiusa.
Per il resto del
tempo, la Granger passava da un esausto e triste silenzio a un
provvisorio e troppo allegro ottimismo, contrassegnato da un'attività
frenetica – fare liste, mettere in ordine, preparare complicati
piani per il futuro. A lui piaceva di più quando gli diceva ciò che
aveva in mente – un'occorrenza piuttosto rara –, quando dormiva e
la testa cadeva contro il
fianco della sua vecchia poltrona malconcia, il libro o gli
appunti dimenticati sul grembo. In quelle circostanze riusciva a
osservarla senza interruzioni, facendo scorte di ricordi della sua
vicinanza per il momento – che sarebbe giunto fin troppo presto –
in cui lei avrebbe smesso di accudirlo per tornare alla sua vita.
In altri momenti
portava un regolare flusso di visitatori in casa, scelti attentamente
tra quelle poche persone che effettivamente gli piacevano e
magistralmente distribuiti per sfiancarlo, tenerlo occupato in una
conversazione, lasciarlo riposare e altrimenti dissuaderlo dal
lasciare il divano. Poppy e la Granger erano frequenti bambinaie e
alla Hooch sembrava fosse stato assegnato il compito di badare a lui
ogni qualvolta qualcun altro fosse impegnato.
Il secondo giorno,
la Granger arrivò con Jocelyn. La ragazzina aveva il braccio
fasciato, ma per il resto sembrava stare bene. Era cresciuta di
diversi centimetri nell'ultimo anno, notò all'improvviso, e qualcuno
aveva provveduto a darle dei vestiti Babbani.
“Professor
Snape!” Esclamò vedendolo, con evidente felicità.
“Cos'è successo
al tuo braccio?” Chiese in risposta.
“Oh, una
maledizione vagante durante la battaglia. Madama Pomfrey dice che
sarà a posto in pochi giorni.” Parlò con tono irriverente, ma in
un modo che evidenziava un certo nervosismo: sembrava in tutto e per
tutto la tredicenne che era.
Le sopracciglia
scattarono insieme per la sorpresa e la realizzazione del pericolo a
cui era stata esposta lo inondò di una tardiva ansia.
“Per favore,
spiegami cosa pensavi di fare partecipando a una battaglia, signorina
Malfoy. Avevo l'impressione di averti mandata in Bulgaria!”
“Non mi chiami
così!”
“Legalmente è
il tuo nome,” Draco, Lucius e Narcissa, aveva sentito dalla
Granger, erano agli arresti domiciliari. Si chiese come stesse
influendo su di loro l'associazione con Jocelyn e come essa stesse
colpendo lei. Non per la prima volta si pentì di aver creato quel
legame.
“Non per molto,”
rispose Jocelyn in modo ribelle, incrociando le braccia. “La
professoressa McGonagall dice che un semplice test di paternità sarà
sufficiente per annullare le loro rivendicazioni su di me. Dice che
lei potrà preparare la pozione non appena starà meglio.”
“E lo farò.”
Severus ricordò la promessa fatta a Lucius sulla stessa questione.
Non c'è modo che possano essere imparentati, si rassicurò.
Aveva inventato la storia lui stesso: i sospetti di Lucius che la
storia potesse essere vera non erano altro che il frutto del
desiderio di Malfoy di avere altri figli. “Ma stai evitando di
rispondere alla domanda sulla battaglia.”
Jocelyn sbuffò
prima di rispondere. “Beh,” iniziò, sembrando un po' sulla
difensiva, “quando abbiamo avuto il messaggio dal Dumbledore's Army
che la battaglia stava per cominciare, tutti quelli che volevano
partecipare sono tornati. Non credo che qualcuno sia rimasto
indietro, in realtà.”
“Siedi!”
Ordinò Severus, indicando uno sgabello di fianco al divano. “Sarà
meglio che inizi dal principio.” La sua furia verso la Vector e
Krum (e anche marginalmente verso Lucius) stava montando in maniera
costante, ma fece del suo meglio per mantenerla sotto controllo –
non desiderava sfogare la sua rabbia su Jocelyn.
Jocelyn sedette
obbediente. La Granger si allontanò in cucina, senza dubbio per
preparare qualcosa per pranzo, ma lasciò la porta accostata,
chiaramente per ascoltare l'intera conversazione.
“Beh, come dice
lei, la Passaporta mi ha portata a Ledeno ezero e i professori Krum e
Sedenova sono stati molto gentili.”
Professor Krum?
“Anche se sono
stata lì solo per l'ultimo mese, sono andata a scuola con altri
studenti. Il professor Krum insegnava Trasfigurazione, Difesa Contro
le Arti Oscure e Incantesimi, la professoressa Sedenova insegnava
Aritmanzia, Astronomia e Storia della Magia. Abbiamo anche imparato
delle pozioni da un ragazzo chiamato signor Zelenogorski. Non era
abbastanza vecchio per essere un insegnante, ma era davvero bravo in
pozioni. A quanto pare ha imparato dal suo bisnonno.”
“Mmm.” Severus
sapeva precisamente chi doveva essere il bisnonno del ragazzo. “Non
mi hai ancora spiegato della battaglia.”
Jocelyn lo guardò
con un'espressione molto seria.
“Eravamo tutti
Sanguesporco, professore. Noi siamo dovuti scappare; molti
degli altri hanno lasciato le loro famiglie indietro. Significa che
tutti abbiamo preso le lezioni di Difesa molto seriamente. Spesso ci
esercitavamo due volte al giorno e quando è arrivato il momento
abbiamo voluto partecipare tutti.”
Quindi la
Vector e Krum hanno addestrato un esercito di Nati Babbani.
“Hai la minima
idea del pericolo a cui vi siete esposti?”
“Certo che lo
sapevamo!” Ripose. “Alcuni di noi sono morti. Ma la professoressa
Sedenova diceva che come perseguitati avevamo il diritto di
combattere se lo volevamo. Non eravamo solo studenti, sa: c'erano
anche genitori e altri rifugiati.”
Severus intendeva
avere una discussione seria con Sedenova-Vector la prossima volta che
l'avesse vista.
“Quindi credi di
essere capace di combattere dopo un mese di allenamento?”
“Veramente,
professore,” rispose con un sorriso luminoso, “Draco mi ha
allenata per la battaglia quasi dall'inizio dell'anno.”
Severus sbatté le
palpebre. Avrebbe avuto una discussione anche con Draco.
*
Dopo che Jocelyn
se ne fu andata rimasero solo lui e la Granger. Sapeva che quello era
il momento che lei e Poppy avevano segnato come “tranquillo
riposo”, perché lei si adagiò in una poltrona e si nascose dietro
a un libro. Anche se cercava di mantenere l'attenzione sul giornale,
si trovò a posizionarlo in modo da poter tenere un occhio su di lei
allo stesso tempo. Non riuscì a fare a meno di notare che continuava
a controllare l'ora sul suo orologio. Stava pianificando di
svignarsela?
“Cosa c'è
Granger?” Disse dopo più o meno quindici minuti. “Ti prego,
dimmi che non stai organizzando una festa a sorpresa.”
“No!” Rispose,
con i bordi della bocca che si contraevano verso l'alto all'idea. “Io
certamente no. Ma ho un appuntamento alle diciassette e non voglio
arrivare in ritardo.”
Severus aggrottò
le sopracciglia per coprire la fitta di dispiacere per il fatto che
andasse via così presto.
Così, alle
diciassette in punto, lei sparì per tornare solo pochi secondi dopo
con un altro visitatore. Anche questo era qualcuno che voleva
disperatamente vedere, ma era anche nervoso. Severus si trovò a
deglutire pesantemente, nell'inutile tentativo di bagnarsi la gola.
Il suo ospite lo
fissò, con una mano tenuta sul petto e un'espressione piuttosto
angosciata.
“Severus,”
ansimò alla fine.
“Minerva,”
rispose rigido. “Mi perdonerai, spero, se non mi alzo a salutarti.
Mi trovo piuttosto indisposto. ”
“Severus,”
disse di nuovo lei. Muovendosi a scatti si avvicinò a lui e cadde
sulle ginocchia di fianco al divano. Gli prese una mano tra le sue e
se la portò al petto. “Mi dispiace,” sussurrò. Una lacrima
solitaria cadde da un occhio. “Mio povero, povero ragazzo, mi
dispiace. Sono stata... orribile. Davvero orribile.”
“Non
dispiacerti.” Severus sentì le lacrime pizzicare anche dietro ai
suoi occhi. “Onestamente, il tuo comportamento mi ha aiutato.
Dopotutto, Minerva, discutere con te è uno dei veri piaceri della
mia vita.”
Minerva alzò la
testa per guardarlo, con gli occhi pieni di lacrime, e ansimò. Il
suono era così vicino a un piccolo miagolio che lui sbatté gli
occhi per la sorpresa. Proprio in quel momento lei si trasformò,
balzando con agilità sul divano in forma felina. Miagolò di nuovo –
con più effetto questa volta – e iniziò a impastare lo stomaco di
lui.
“Dannata gatta,”
affermò Severus burberamente. Con una mano allungò una mano e la
passò sulla schiena di lei. Infallibilmente le sue lunghe dita
trovarono quel particolare punto dietro all'orecchio che a lei
piaceva tanto. In poco tempo gli si era raggomitolata in grembo,
facendo le fusa.
Solo allora
Severus si ricordò che la Granger era presente.
“Non fate caso a
me,” disse lei imbarazzata quando lui la guardò. “Andrò a fare
del tè.”
*
Diverse ore dopo,
Poppy e la Hooch tornarono portando un cestino di cibo, per gentile
concessione degli elfi di Hogwarts. Tutti loro – Severus, Poppy, la
Hooch, Minerva e la Granger – sedettero in soggiorno e mangiarono
a sazietà. Nel profondo del petto Severus sentiva una piccola gioia.
Circondato dai suoi migliori amici e la Granger, e ancora vivo mentre
Voldemort era morto: non riusciva ancora a comprendere la sua
fortuna.
“Ora, Severus,”
disse Minerva con un'infausta voce efficiente, dopo aver finalmente
appoggiato il piatto sul pavimento e tamponato la bocca con il suo
tovagliolo. “Spero non mi troverai presuntuosa, ma sarebbe molto
molto utile per me sapere se intendi tornare il prossimo anno come
preside.”
Severus quasi si
strozzò con la torta di melassa. Si sforzò d'ingoiare e fare un
respiro profondo prima di risponderle.
“Piuttosto mi
faccio mordere dal velenoso animale domestico di un pazzo megalomane
e aspetto la morte nel rifugio abbandonato di un licantropo canaglia,
disse freddamente.
“Mmm,”rispose
Minerva. “Quello è già successo una volta e mi sembri star bene:
era un sì o un no?”
“Quello,
Minerva, era un fragoroso no. Se c'è qualche possibilità che possa
ancora reclamare la posizione, lascia che sia chiaro: mi dimetto.”
“Molto bene,
Severus. Mi dispiace dover accettare le tue dimissioni. Ti sei
comportato bene di fronte a delle circostanze difficili e se avrai
bisogno di referenze ti prego di non esitare a chiedere. Spero,
tuttavia, di poter avere la meglio e farti tornare a insegnare a
Hogwarts. Ho bisogno sia di un professore di Pozioni che di Difesa
contro le Arti Oscure. Ti considero estremamente qualificato per
entrambe le posizioni e sono contenta di poterti lasciare la scelta.”
Il viso neutro di
Severus non diede nessuna indicazione del subbuglio che si era
scatenato interiormente. Insegnare? A Hogwarts? Dal momento in
cui aveva promesso di uccidere Albus non si era azzardato a
considerare la possibilità che la sua vita potesse tornare un giorno
a una così piena normalità.
Ma era esattamente
questa la questione: il pensiero di Albus era come una secchiata
d'acqua gelida su una fiamma che bruciava di speranza.
“Non essere
ridicola, Minerva. Anche ipotizzando che il mio ruolo nella guerra
diventi di pubblico dominio, nessun genitore con la testa a posto
manderebbe volentieri il proprio figlio a studiare nel posto in cui
c'è l'uomo che ha ucciso Albus Dumbledore!”
“Sei tu a essere
ridicolo, Severus,” rispose a tono la Hooch. “Ho procurato danni
al cervello a un mago colpendolo con un bolide nel campionato del
1973. Non hanno avuto problemi a lasciarmi insegnare il Quidditch ai
loro figli!”
Minerva placò la
risposta sulle labbra di Severus con un solo palmo sollevato.
“Basta,” disse
inflessibile. “La scelta dei docenti è responsabilità della o del
preside del momento e ti ho offerto il posto. Per favore, fammi
sapere entro una settimana quale delle due posizioni vorresti
assumere: avrò bisogno di più tempo possibile per coprire l'altro
posto.” Sospirò pesantemente. “In particolare dal momento che
devo trovare anche un nuovo professore di Trasfigurazione e qualcuno
che insegni Babbanologia.”
Con un movimento
della bacchetta, Minerva mandò i piatti e i bicchieri sporchi
all'interno del cesto da picnic con cui erano arrivati.
“In realtà,
Severus,” aggiunse come colpita da un'idea improvvisa, “una
possibilità che potresti considerare è quella d'insegnare alle
classi più avanzate entrambe le materie: potremmo trovare qualcuno
più giovane e con meno esperienza per insegnare ai primi anni.”
“Assolutamente
no!” Esclamò Severus al solo pensiero. “Per i profani i primi
anni di Pozioni potranno sembrare noiosi e ripetitivi, ma le
possibilità di errore sono infinite! È particolarmente importante
che ai bambini venga insegnato il metodo corretto fin dal principio!”
Minerva gli
sorrise compiaciuta, come un gatto a cui è stata data della panna.
“Molto bene,
Severus,” notò astutamente, “ti considero per Pozioni, allora?”
“Non ho ancora
accettato nulla!”
“No, caro, no,”
concordò, sempre sorridendo.
Lui la guardò
accigliato. Voleva insegnare. Voleva tornare a Hogwarts. Voleva
camminare per i corridoi senza pensare a dove fossero i Carrow e cosa
stessero facendo. Voleva stare di fronte a un classe piena di
calderoni e fermarsi dietro agli studenti che stavano per fare
qualche danno e spaventarli. Voleva proteggere la Casa di Serpeverde
senza dover fingere lealtà verso un pazzo che teneva in ostaggio le
menti e i giochi di potere dei genitori degli studenti. Hogwarts era
la sua casa e voleva tornarci.
Ma non osava
credere che potesse essere veramente possibile.
“Dovrai comunque
tornare almeno una volta, credo,” commentò calma Poppy. Quando lui
la guardò, lei si spiegò meglio. “I Mangiamorte hanno distrutto
gli Incantesimi dei Fondatori e dobbiamo rinnovarli.”
“Non pensavo
potessero essere rinnovati,” osservò la Granger con gli occhi
spalancati all'idea di quella possibilità.
“Beh, non è una
cosa semplice, Hermione,” rispose Minerva. “Abbiamo bisogno di
quattro potenti maghi o streghe, uno per ogni casa, e se i quattro
non sono legati da una solida amicizia le barriere non terranno.”
Severus osservò
la Granger guardare da Minerva a lui. Riusciva letteralmente a vedere
il suo cervello mettere insieme i pezzi. Lei si voltò verso la
Hooch.
“Tassorosso,”
confermò la donna.
“Corvonero?”
Chiese la Granger, voltandosi verso Poppy.
Poppy annuì.
Severus cercò di
non soffermarcisi, ma le parole “solida amicizia” sembravano
essersi bloccate in una ripetizione infinita nel suo cervello.
*
La Granger sparì
per un non meglio specificato incontro subito dopo cena, anche se le
altre rimasero a giocare a poker per diverse ore. Perciò, quando la
Granger ricomparve, gioiosa e di prima mattina il giorno dopo,
Severus non era del tutto preparato.
“Snape! Si
svegli, è importante!”
Severus strizzò
gli occhi contro la luce del mattino che lei aveva appena fatto
entrare.
“A meno che tu
non stia portando un doppio espresso,” grugnì, “non voglio
parlare con te.”
“Fortunatamente
per lei l'ho portato.”
Lui si sedette un
po' più dritto e prese con entusiasmo la bevanda offerta.
“Mi hai portato
l'espresso in una tazza di carta?”
“A caval donato
non si guarda in bocca, Snape. Le ho anche portato il giornale.”
Glielo porse con
un'eccitazione talmente mal nascosta che Severus sentì un brivido di
panico nel profondo delle viscere. Con crescente trepidazione bevve
l'espresso – aveva la strana sensazione di averne bisogno. Facendo
sparire la tazza, prese il giornale e lo aprì.
ESCLUSIVA!
Urlava il titolo, SEVERUS SNAPE: SPIA
Con un carattere
leggermente più piccolo, la riga sotto diceva:
“L'UOMO DI
DUMBLEDORE”
Poi, con un
carattere ancora più piccolo:
Reportage di
Rita sulla vera storia di Severus Snape, p. 3.
La strada verso
la vittoria di Harry Potter, di Rita Skeeter, p. 5.
Severus si sentiva
stordito. Solo dopo un lungo momento osò alzare gli occhi verso il
viso della Granger, in attesa.
“Sei tu la
responsabile di questo?” Chiese. Lei sorrise in risposta.
“Assolutamente
no,” mentì. “Poi magari suggerirà che una volta ho tenuto
prigioniera Rita Skeeter per mesi per liberarla solo alla condizione
che scriva delle storie secondo le mie istruzioni.”
Severus era sicuro
di essersi perso la chiave di quella particolare battuta.
“Infatti,”
rispose.
“Senta, tornerò
entro poche ore, con degli ospiti. Fino ad allora, si goda il
giornale!”
Con un ultimo
sorriso, lei sparì. Severus fissò di nuovo il giornale tra le mani,
sopraffatto. Hermione Granger – perennemente sopra la media –
aveva appena fatto il suo massimo per ristabilire la sua reputazione:
non aveva quasi la forza di leggere.
L'articolo di Rita
conteneva le stesse assolute sciocchezze che scriveva di solito,
anche se i fatti nudi e crudi erano giusti. Molto del materiale era
quello che aveva messo insieme per il suo libro, anche se la sua
infanzia era rappresentata sì come terribile e sfortunata, ma lo
faceva apparire come se lui fosse la vittima in difficoltà, non il
delinquente in divenire. Fece una smorfia quando lesse la melensa
descrizione del suo duraturo e immortale amore per Lily Potter, nata
Evans. Aveva ampiamente esagerato nella sezione in cui parlava del
suo coraggio nel “rendersi conto degli errori sul suo cammino,”
blaterato sul suo “pentimento” e messo troppa enfasi sul pericolo
giornaliero della sua posizione di spia. Aveva l'impulso di attaccare
l'articolo con una penna rossa
anche se, a essere onesto, avrebbe dovuto segnare solo le iperboli.
Era
l'intervista che in realtà lo scombussolò.
In qualche modo Rita – o più precisamente, concluse, la
Granger – aveva messo insieme una straordinaria lista di membri
dell'Ordine, studenti e altri professori per parlare di lui. C'era
persino una lettera dallo stesso Dumbledore consegnata – così
affermavano – da Fawkes dopo la caduta di Voldemort.
Potter –
Harry-dannato-Potter – lo aveva chiamato “l'uomo più coraggioso
che abbia mai conosciuto”. Kingsley si “rifiutava di confermare”
eppure “insinuava pesantemente” il conferimento di un Ordine di
Merlino, Prima Classe. E la Granger, era citata per aver detto, “Non
importa quanto la scelta potesse essere difficile: Severus Snape ha
sempre fatto la cosa giusta.”
Severus lesse le
interviste diverse volte. Sentiva il sangue nelle vene pompare di
energia emozionale: mai prima si era sentito così a suo agio. Non
poteva fare a meno di pensare ai genitori in tutta la Gran Bretagna
magica che facevano colazione seduti a tavola, ai pendolari per
strada verso il Ministero, ai suoi colleghi a Hogwarts – tutti che
leggevano di Severus Snape, eroe.
Realizzò di poter
insegnare a Hogwarts. Infatti, con lo straordinario racconto pubblico
degli eventi, poteva finalmente essere libero dai sospetti e
dall'ostilità che avevano caratterizzato ogni momento della sua
vita. Le possibilità erano quasi terrificanti.
Con questo stato
d'animo stranamente ottimista, girò pagina, curioso di leggere la
versione “ufficiale” di Potter del suo anno in fuga. Se Rita non
avesse iniziato con una descrizione per filo e per segno della resa
dei conti con Lord Voldemort, il buon umore di Severus sarebbe durato
un po' più a lungo. Così ogni speranza si dissolse rapidamente e al
punto dell'Expelliarmus di Potter, ora leggendario, la rabbia di
Severus aveva raggiunto livelli altissimi.
E non si era
calmato affatto quando Hermione Granger si Materializzò nel
soggiorno, tenendo per una mano Ronald Weasley e per l'altra Harry
Potter.
“Sei un completo
e assoluto idiota,” ringhiò a Potter, gesticolando verso La
Gazzetta del Profeta, enfatizzando la sua invettiva, e facendo
ruotare le gambe giù dal divano così che potesse sporgersi in
avanti.
“Oops,” disse
Weasley. “Ve l'avevo detto che non gli sarebbe piaciuto.”
Il viso della
Granger si raggelò.
“Avete la minima
idea di quello che avete fatto?” Chiese, parlando ancora
direttamente verso Potter.
“L'ho – l'ho
fatto per lei,” rispose Potter sulla difensiva. “Hermione ha
detto che dovevamo essere sicuri che –”
“Non sto
parlando dell'articolo su di me, testa di legno, sto parlando di
questo!”
Girando il
giornale, Severus puntò direttamente all'oltraggioso paragrafo.
Granger fece un passo avanti e prese il giornale dalle sue mani. I
due ragazzi si sporsero sopra alla sua spalla, con la confusione
stampata in faccia. Tutti e tre sembravano ansiosi.
“Suppongo creda
che l'Expelliarmus sia un segno di debolezza–”
“Harry James
Potter,” sbraitò Severus, “sei sempre stato lento di
comprendonio, ma questa ostentazione di lampante stupidità fa
impallidire ogni precedente tentativo.” Spingendosi sul divano,
Severus si alzò in piedi per la prima volta dopo diversi giorni.
Oscillò leggermente, ma si sentì bene a stare in piedi. Era
meraviglioso incombere sugli altri.
“Mi stai davvero
dicendo che non hai idea di cosa c'è di sbagliato in questa scena?”
Insistette, avvicinandosi al ragazzo. Gli occhiali di Potter, notò
con irritazione, erano sbilenchi.
“Ehm, no,”
rispose Potter, tentando di mostrare sicurezza.
Granger stava
leggendo e rileggendo il paragrafo, chiaramente
cercando in maniera disperata di risolvere il rompicapo che aveva
posto.
“Quale
imbecille,” chiese, pronto a segnare il punto, “dichiara di
essere padrone di una bacchetta invincibile davanti a una folla in
una stanza gremita?”
Potter sbiancò e
spalancò gli occhi per lo shock.
“Quale idiota,”
urlò Severus, chinandosi sul viso di Potter con enfasi, “fa sapere
che un semplice incantesimo di disarmo è sufficiente per
padroneggiare la suddetta bacchetta?”
Granger e Weasley
si erano posizionati di fianco a Potter come guardie del corpo,
ognuno con una mano sul suo bicipite. Il panico era evidente sui loro
giovani visi.
“Quale completo
e totale stupido pubblica la storia in un giornale nazionale e va a
dire questo – E CITO!! – 'La bacchetta è stata riposta
nuovamente al suo posto per il giusto riposo?'”
“Oh, merda,”
sussurrò Harry: la sua espressione di comprensione era
indistinguibile da quella di terrore.
“Capisci, vero,
che chiunque voglia diventare il nuovo Signore Oscuro nel mondo verrà
a bussare alla tua porta? Che ogni più piccolo malvivente tenterà
un'imboscata? Che la tomba di Dumbledore sarà il bersaglio delle
menti criminali più pericolose del mondo magico?”
Severus fece una
pausa per respirare e fare un passo indietro.
“La tua vita
potrebbe rivelarsi breve,
Potter,” lo schernì, “ma alla fine non sarà noiosa.”
“S–signore?”
Balbettò Potter. “Cosa dovrei fare?”
La domanda
inaspettata fece sgonfiare Severus. Si sentì inaspettatamente
esausto e si voltò di nuovo indietro verso il divano, senza il suo
solito scatto e rigonfiamento della veste. Facendo attenzione a non
collassare completamente, sprofondò nei cuscini.
“Sedete,”
ordinò alla fine.
Potter appariva
paralizzato dallo shock, ma la Granger lo spinse indietro nella
poltrona. Weasley e la Granger si strinsero l'uno all'altro. La vista
dei tre strizzati l'uno contro l'altro diede un ultimo colpetto alle
fiamme morenti della rabbia di Severus.
“La prima cosa
da fare,” disse, riflettendo su quanto fosse strano avere Potter
che per una volta lo ascoltava, “è recuperare la bacchetta e
riporla al sicuro da qualche parte. Dobbiamo anche studiare un piano
per tenerti in salvo, Potter. Potrebbe servire l'aiuto degli Auror:
dovrai ricostituire l'Ordine della Fenice.”
Mentre Severus
finiva di parlare, ci fu un sonoro boato. L'istinto affinato dagli
anni della guerra fece sì che tutti e quattro avessero subito le
bacchette pronte. Con un battito di ciglia, si trovarono a puntare la
bacchetta verso Fawkes che attraversò con calma la stanza.
La scena era
surreale: l'enorme uccello rosso e oro sembrava completamente fuori
luogo nel soggiorno tappezzato di libri di Spinner's End. Brillava
così intensamente che Severus dovette strizzare gli occhi.
Albus! Pensò
automaticamente, per poi maledirsi per la sua debolezza.
L'enorme apertura
alare di Fawkes era scomoda nella piccola stanza e la fenice sbandò
leggermente mentre scendeva in picchiata sul grembo di Severus. Alla
fine del volo fece cadere qualcosa, poi si agitò avanti e indietro
per atterrare su un'antenna scadente sopra al vecchio televisore. Lì,
Fawkes si mise comoda, chiocciando due volte e mettendosi al lavoro
per strigliarsi le piume del petto.
Dove diavolo
sarà stata? Si chiese Severus.
Solo allora
abbassò la testa sulla sottile striscia di legno che Fawkes aveva
fatto cadere sul suo grembo: l'uccello gli aveva consegnato la
Bacchetta di Sambuco.
*
*
*
-------------------------------------------
Vi lascio con una
piccola nota. Dai prossimi venerdì pubblicheremo la traduzione della
terza parte, “Phoenix Fire, or Hermione Granger and the Elder
Wand”. Per impegni vari non posso garantirsi la cadenza
settimanale, fermo restando che comunque la giornata rimane quella
del venerdì. Posso anche garantirvi che non lascerò la traduzione a
metà, nel caso vedeste passare un po' troppo tempo tra un capitolo e
l'altro.
severus89: La
parte dove Ron spiega ha fatto molto ridere anche me :-D. Agent of
shield mi manca ancora da vedere...
two_writers_one_heart:
se può consolarti anch'io ho scoperto delle cose traducendo che in
effetti non avevo compreso bene alla prima lettura...Fa tutto un
altro effetto leggerlo così, capitolo per capitolo e soffermandosi
su ogni parola.
xX__Eli_Sev__Xx:
siamo sempre sul 'no spoiler', quindi mi limito a ringraziarti per i
complimenti ;-D.
flopi: Ron è uno
dei tanti motivi per cui amo questa storia. Non mi piace quando viene
descritto come un cretino che fa da spalla inutile e si lamenta
soltanto. Qui ha un cervello e lo usa, senza diventare per forza di
cose super-intelligente (tant'è che in effetti qualcosa è sfuggita
pure a lui...)
Anne
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