Bloody Romance

di Defiance
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Homecoming ***
Capitolo 3: *** The Plan ***
Capitolo 4: *** The Gap ***
Capitolo 5: *** In The Wolf's Lair ***
Capitolo 6: *** 5. Showdown ***
Capitolo 7: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Disclaimer: i personaggi della fanfiction non mi appartengono; la storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 


Bloody
Romance






 
Prologo
 
 
 




 
Dicono che col passare del tempo tutte le ferite guariscono, ma dalla più grande delle perdite, dalla ferita più profonda segue un processo di guarigione lenta, il più difficile. Il dolore sparisce ma le cicatrici rimangono a memoria della nostra sofferenza e rendono forte chi le porta affinché non possa essere più ferito
Klaus Mikaelson
 
 
 

 
 
 
Un anno, due mesi, ventuno giorni, sedici ore, trentacinque minuti.
 
“Lo sai che morirai. Così come tu hai fatto fuori mio fratello, io ucciderò te, solo in una maniera molto, molto, molto più dolorosa”
 
Un anno, due mesi, ventuno giorni, sedici ore, trentasei minuti.
 
“Fermati! Non è uccidendolo che renderai giustizia a tuo fratello! Fidati di me, ci sono altri modi per vendicarsi. Lascia che se ne occupi lo S.H.I.E.L.D., trovandolo hai già fatto molto”
 
Un anno, due mesi, ventuno giorni, sedici ore, trentotto minuti.
 
E tutte le persone che hanno collaborato con lui? L’organizzazione per cui lavora?”
 
“Pagheranno anche loro. Pagheranno tutti. Ma se premi quel grilletto ora, in questo momento, sarai tu a rimetterci maggiormente. Il prezzo è troppo alto perché tu possa davvero considerare la sua morte una vittoria. Te ne pentiresti”
 
Un anno, due mesi, ventuno giorni, sedici ore, quarantacinque minuti.
 
“Promettilo. Prometti che pagheranno tutti”
 
“Uno ad uno. Lo giuro”
 
Un anno, due mesi, ventuno giorni, sedici ore, cinquanta minuti.
 
Il tempo trascorso da quando lui mi ha salvata da un indicibile destino che io stessa avevo tracciato per me; un percorso tortuoso e inevitabile perché quando ti è stato portato via tutto, la vendetta diventa l’unica arma in tuo possesso per trovare pace.
Ma la sete di vendetta prosciuga l’anima, la brucia e la consuma* ed è stato proprio per tutelare la mia che lui mi ha impedito di andare fino infondo.
Vi domandate se ne sarei stata capace? Certo.
Vi chiedete se mi sono pentita di non aver sparato quel colpo? Sì.
Perché con l’avanzare dell’età, ci rendiamo conto che la vendetta è ancora la più sicura forma di giustizia** e che in un mondo come il nostro, sono sempre i buoni a pagare.
Non sono più disposta a tollerarlo.
Chi sono io?
Beh, questa è una bella domanda.
Forse un giorno lo scoprirete… o forse no, ma devo comunque avvertirvi: questa non è una storia di amore o di redenzione.
Vi basti sapere che ho una pistola in mano.
Ed è carica.

 
 
*Alexandra Marina
**Ambrose Bierce









Angolo Dell'Autrice

Ciao a tutti!
So che avevo promesso una long su Steve e Nat,
ma quando mi è venuta in mente quest'idea non ho saputo trattenermi.
Un cross-over tra Revenge e Captain America... capirete nel prossimo
capitolo cosa mi ha ispirata. 
Spero tanto che questo prologo vi abbia incuriositi almeno un po', se vi va
fatemi sapere cosa ne pensate!
*Si accettano anche pomodori in faccia*
Alla prossima,
Bell.




 

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Capitolo 2
*** Homecoming ***





1
Homecoming






 
 
 
 
“Forte sarebbe colui che potesse, dopo un fatto grande, distruggere d’un colpo ogni vestigia del passato.”
Carlo Maria Franzero

 
 
 
 
 
*Sharon’s Pov*
 
L’ultima cosa che mi sarei aspettata dallo S.H.I.E.L.D., era che finisse nelle mani dell’HYDRA.
Credevo di aver trovato il mio posto, invece sono rimasta fregata, come sempre.
Lavorare per la CIA non mi era mai passato per la mente, ma quando ricevetti quell’offerta, non potetti rifiutare.
Una sorta di ancora, cos’altro avrei potuto fare?
Nick Fury era sparito, il Capitano Rogers altrettanto, non avevo altra scelta.
Per questo mi sorpresi quando il mio vecchio Capo piombò nel mio appartamento senza alcun preavviso.
“Agente Carter, è passato tanto tempo” esordì, ergendosi in tutta la sua imponenza dinnanzi a me.
“Colonnello” lo salutai con rispetto, “è successo qualcosa?”
“Vedo che il suo spirito intuitivo è ancora intatto. Si, purtroppo è accaduta una cosa alquanto spiacevole e immensamente preoccupante” confermò, accomodandosi sul divano.
“Si spieghi meglio” lo incitai, non mi era mai piaciuto aspettare.
“A quanto pare, Steve Rogers è scomparso” annunciò con tono preoccupato.
“Beh, questa non è una novità. Fino a qualche minuto fa avrei detto lo stesso di lei Fury” replicai inarcando un sopracciglio.
“Il Capitano era sulle tracce del Soldato d’Inverno, ma sono sempre stato in grado di tenerlo d’occhio. Ora, tuttavia, ciò non è più possibile e questo mi risulta alquanto strano, specie dopo gli ultimi eventi a New York. Rogers non si sarebbe tirato indietro di fronte ad una catastrofe come quella” mi fece notare, porgendomi una cartelletta che conteneva i documenti con gli ultimi spostamenti di Steve.
Avrei dannatamente voluto che la situazione non mi fosse apparsa così chiara.
“Cosa vuole che faccia?” chiesi.
“Ho ragione di credere che il Soldato d’Inverno abbia trovato una nuova occupazione e che Rogers sia nelle mani di coloro che lo hanno assoldato. Trovi l’agente Romanoff e recuperate il Capitano” ordinò, il suo solito tono autoritario.
“Avete idea di chi possa essere questa gente?” indagai ancora, temendo, tuttavia, la conferma dei miei sospetti.
“Ha mai sentito parlare di David Clarke, signorina Carter?”
Mi irrigidii immediatamente.
“Mi dica chi non ha sentito parlare di lui, Colonnello”
“Le ultime svolte nel suo caso lo hanno rivelato innocente, indicando come colpevoli Conrad e Victoria Grayson. Lo S.H.I.E.L.D. era da anni sulle tracce della mente dell’attentato al volo 197, ma il nostro agente, il signor Takeda, è stato ucciso prima di poter avere molti risvolti a riguardo. Ciò che è certo, è che i Grayson non fossero soli in tutto questo. Erano sotto la guida di un’organizzazione terroristica, nata come un parassita nella classe imprenditoriale, la chiamano Initiative. Credo che lei ne sappia più di me in merito, non è vero signorina Carter?” aggiunse lui, rivolgendomi uno sguardo di intesa.
Nick Fury sapeva.
Sapeva tutto.
“Crede che il Soldato d’Inverno abbia rapito il Capitano per conto dell’Initiative?” domandai ancora, cercando di mantenere il mio sguardo sobrio e indifferente a quella storia.
“Sì. Allora, accetterà la missione, agente? Informerò io la CIA, non avrà problemi” mi rassicurò, dirigendosi verso la porta.
“Accetto, Colonnello” asserii: a quel punto, era una questione personale.
 
“Phoenix è proprio un bel posto, non è vero agente Romanoff?”
La mia voce la fece sussultare.
Il modo in cui mi ero introdotta nel suo appartamento avrebbe fatto invidia allo stesso Fury; forse avrei dovuto bussare alla porta, anziché farmi trovare comodamente seduta sul suo divano.
“Agente Carter” mormorò lei, lo sguardo fiero e un po’ sorpreso.
“Come hai fatto a trovarmi?”
“Nick Fury” risposi, quel nome bastava a spiegare molte cose.
Natasha mi si accomodò di fronte, scrutandomi con interesse e cominciando a sfogliare la stessa cartelletta che il Colonnello aveva mostrato a me.
“Faccio le valige. Quando cominciamo?” domandò, un’espressione letale dipinta sul volto.
Immaginai dipendesse dal fatto che Steve Rogers era una delle poche persone a cui la Vedova Nera abbia mai tenuto, ed era scomparso.
“Subito” replicai, tirando fuori il cellulare dalla tasca per leggere un messaggio appena ricevuto.
‘SOS: la gallina è tornata all’ovile’
“Ma prima dobbiamo fare una sosta negli Hampton” annunciai, alzandomi dal divano e avviandomi verso l’uscita, con la russa alle mie spalle.
 
“E così, sei una di quelle persone abbastanza ricche da potersi permettere gli Hampton, eh?” sussurrò Natasha, guardandosi attorno a metà tra l’ammirata e il disgustata.
“Non siamo qui per una visita turistica nel mio passato” asserii gelida, ma ero sicura che lei avrebbe capito: non c’era persona al mondo che desiderasse più di lei potersi lasciare alle spalle il proprio passato, sapeva benissimo cosa si provava… e infatti non fece alcuna domanda a riguardo.
“Che ci facciamo qui?” chiese, alzando il passo per starmi dietro.
“Devo risolvere un problema” risposi, guidandola verso l’ascensore di quell’azienda.
Mi era così familiare e, non potevo negarlo, forse un po’ mi mancava.
“Allora, dov’è?” domandai, entrando con foga nell’ufficio, senza attendere alcun invito.
Un uomo biondo, dagli occhi azzurri e il sorriso beffardo si voltò verso di me, appoggiando i piedi sulla scrivania.
“Ciao, Amanda. È passato molto tempo. O forse dovrei ancora chiamarti Emily?”
Sentii il mio stomaco contorcersi.
“Sharon. Sono Sharon Carter, ora. Ciao, Nolan” chiarii, senza riuscire ad evitare che un sorriso mi spuntasse sul volto.
“Nolan Ross? Il genio del computer?” biascicò sorpresa Natasha, sgranando gli occhi. “Quindi questa è la Nolcorp”
“Esattamente. E tu sei, splendore?” confermò lui, avvicinandosi a noi.
“Non provarci nemmeno” lo avvertì freddamente la russa, quando comprese che stava per baciarle una mano.
“Hai trovato la tua gemella?” mi sfotté Nolan, ma non ebbi la capacità di non scoppiare a ridere.
“Lei è cento volte peggio di me, Nolan” dissi, abbracciandolo.
Mi era mancato più di quanto volessi ammettere: Nolan Ross era l’unica famiglia che mi era rimasta, l’unica persona al mondo di cui mi fidavo davvero.
“Allora, lei dov’è?” lo incalzai e lui mi indicò un punto alla mia sinistra, dove una ragazzina dai lunghi capelli neri e gli occhi grigi sedeva comodamente, osservando la scena sinceramente interessata. 
“Ciao,Sharon. È un piacere rivederti”
“Alyson?” sussurrò a quel punto Natasha, protendendosi verso la giovane.
“Vi conoscete?” chiesi, spalancando la bocca per la sorpresa.







 
Angolo Dell'Autrice
Salve a tutti!
Rieccomi qui con il primo capitolo di questa fanfiction
che non so ancora come ho fatto fatto a cominciare!
Credo abbiate capito, ormai, che cosa mi ha ispirata:
Emily Vancamp, che interpreta sia Sharon Carter
che Amanda Clarke/Emily Thorne.
Ho pensato che sarebbe stato carino fondere le due storie,
anche se è più probabile che uscirà un abominio... ma vabbè,
io ci provo sempre.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia interessando.
Lasciatemi un commento se vi va :)
Alla prossima,

Bell.

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Capitolo 3
*** The Plan ***








2

The Plan




 
 
 
“Per avere successo una rivoluzione richiede assoluta devozione per affrontare le incombenti avversità. La situazione, improvvisamente, può cambiare e ogni perdita può alimentare il desiderio di vincere ad ogni costo.”
Emily Thorne
 
 
 
*Natasha’s pov*
 
Vedere Alyson Fisher lì, era stato un colpo.
O meglio, vedere com’era diventata, era stato un colpo; sembrava una mia versione in miniatura.
Il suo sguardo era quello di una persona cui non era più rimasto nulla, l’espressione di chi non riesce a trovare pace e cerca vendetta, i segni indelebili di ciò che aveva passato.
“Natasha è stata il mio mentore. Sai, come Takeda lo è stato per te” rispose raggiungendoci lentamente.
“Perché sei tornata, Alyson? Credevo che ci avessi rinunciato” la interruppe Sharon, mentre nella mia mente cominciavo a risolvere il puzzle.
Sharon era in realtà Amanda Clarke, aveva sperimentato la vendetta in prima persona e, come me, era giunta alla conclusione che, a eccezione dei primi istanti successivi al trionfo, in realtà non portava alcuna pace con sé; aveva sicuramente cercato di farlo capire ad Alyson dopo che quest’ultima aveva completato il suo addestramento con me, visto che il loro nemico era comune e forse, inizialmente, ci era anche riuscita.
“Lo avevo fatto. Davvero, Steve mi aveva convinta. Aveva detto che avrebbero pagato tutti e, invece, lui è stato rapito dall’Initiative. Speravo che ti avrebbero affidato questa missione e, dato che Natasha è con te, ne ho avuto la conferma” spiegò Alyson, guardando gelidamente la bionda al mio fianco.
“Cosa vuoi, Aly?” domandai, anche se conoscevo già la risposta.
“Se non mi includete in questa cosa, lo farò per conto mio. Lo devo a Steve” annunciò lei, un tono così solenne che avrebbe persuaso persino Nick Fury.
“Bene. Benvenuta nel team allora” concordò Sharon; era perfettamente consapevole che respingere quell’offerta non sarebbe servito a nulla.
“Allora, Charlie’s Angels. Il lupo perde il pelo ma non il vizio… a quanto pare si ritorna ai vecchi tempi. Noi vs Initiative. Qual è il piano?” chiese Nolan, gli occhi luccicanti per l’eccitazione.
“Tu ne starai fuori, questa volta, Nolan” replicò autoritariamente la Carter.
Avevo l’impressione che presto mi sarei sentita di troppo; sicuramente stava per cominciare una di quelle intime conversazioni che non ammettevano terze persone.
“Cosa? Emily…”
Sharon” precisò lei, un’espressione irremovibile dipinta sul volto.
“Hai così tanti nomi che faccio confusione. Ti ho sempre aiutata, sono stato coinvolto fin dal primo momento, non mi sbatterai fuori adesso” insistette lui.
A quel punto allora, feci segno ad Alyson di lasciare la stanza, ma perfino dietro la porta, si potevano udire le loro urla.
“Nolan, questa volta è diverso! Non si tratta di vendicarsi dei Grayson! Stiamo parlando dell’Initiative e tu sei l’unica persona che mi è rimasta. Io non rischierò di perderti, ho messo la tua vita in pericolo troppe volte” stava urlando Sharon.
Mi chiesi se riuscisse a trattenere le lacrime come me, se fosse più spietata di quanto pensassi.
“Ho fatto una promessa a tuo padre e dopo ne ho fatta un’altra a te. Ho giurato che ti sarei rimasto sempre accanto e, che tu lo voglia o no, io manterrò quella promessa. È una mia scelta, Amanda” ribatté Ross.
Sicuramente alla fine Sharon avrebbe ceduto; neanche io sarei stata in grado di respingere Clint, se lui avesse cercato di aiutarmi.
Erano quel genere di rapporti basati su legami indissolubili e inspiegabili.
“Nolan… non è la tua guerra” proseguì imperterrita la Carter. Tuttavia la sua voce era leggermente incrinata, stava per cedere.
“Si che lo è! Quella gente ha ucciso delle persone, incastrato tuo padre e poi ha cercato di fare lo stesso con me. Hanno ucciso Padma. E quando pagheranno, voglio essere tra coloro che hanno contribuito affinché ciò accadesse” concluse Nolan.
Sharon si arrese e gli spiegò la situazione, nel frattempo, mi accinsi a parlare con Alyson.
“Quindi Steve e l’agente Carter ti hanno convinta a rinunciare alla tua vendetta”
“Ero a tanto così dal ficcargli una pallottola nel cuore, Nat” asserì, lo sguardo fisso in punto imprecisato del pavimento.
“Steve ti ha detto che c’erano altri modi, vero? È tipico di lui” sussurrai, una morsa allo stomaco che mi provocava un dolore allucinante.
“Avrei dovuto sparare” controbatté gelidamente lei, serrando i pugni. 
“No. Credevo di avertelo fatto capire. Quello è un punto di non ritorno, Alyson” tentai di farla ragionare, ma non sembrava funzionare.
“Li ucciderò tutti, Natasha. E guai al primo che cercherà di impedirmelo”
Noi distruggeremo l’Initiative, Alyson, te lo prometto. Con qualsiasi mezzo si renda necessario” le assicurò la decisa voce di Sharon, appena uscita dall’ufficio di Nolan.
“È arrivato il momento di farla finita. Venite” disse, mentre Aly ed io ci scambiavamo uno sguardo perplesso.
 
“Quindi Ross è dentro?” domandai accigliata.
“Non posso sbatterlo fuori, Nat. Ma ti assicuro che penserò io a lui, non ci sarà di intralcio in alcun modo” tentò di tranquillizzarmi lei, ma Nolan continuava a non sembrarmi affatto il tipo adatto a una missione del genere.
Aveva un corpo esile ed era decisamente troppo emotivo, mi era bastato lo sguardo che aveva rivolto a Sharon non appena l’aveva vista per capirlo.
“Nolan ha rintracciato il cellulare di Steve. L’ultima volta che lo ha usato risale a tre settimane fa, ed era a New York” spiegò la bionda, parcheggiando l’auto e dirigendosi verso la spiaggia, scusandosi per il fatto che non ci voleva accanto a sé in quel momento.
Rimasta sola con Alyson, cominciai già a percepire che qualcosa non quadrava.
“Cosa nascondi?” chiesi, trafiggendola con lo sguardo.
“Ross ed io abbiamo un piano, ma Sharon non lo accetterà mai” confessò lei, un’espressione in volto che richiedeva senza preamboli una richiesta di collaborazione o una dipartita.
“Mi stai chiedendo di tradirla? Di operare alle sue spalle?”
“È l’unica via, Natasha! Non guardarmi il quel modo!” sbottò Alyson, sbuffando irritata.
“Di cosa si tratta?” acconsentii, consapevole che per valutare quel piano, dovevo prima esserne a conoscenza e limitarne i danni.
Non avrei lasciato nulla al caso, la posta in gioco era troppo alta per commettere errori.
 
“Cosa ci fai tu qui? Credevo venisse Alyson” esordì Nolan Ross non appena mi vide comparire.
“Mi sono offerta di prendere il suo posto. Visto che stiamo decisamente boicottando Sharon, il minimo che possa fare è assicurarmi che non ti accada nulla di male” risposi indifferente, accomodandomi sulla panchina.
“Ti ha raccontato tutto?” domandò, schioccandosi le dita, forse per contrastare l’ansia.
“Sì. È una mezza follia, ma… è la via più rapida” commentai, “e io ho fatto cose più avventate e pericolose di questa”
“Bene” sussurrò lui, puntandomi una piccola pistola contro il braccio e sparando.
Avvertii un lieve dolore, seguito da un formicolio fastidioso.
“Il localizzatore è dentro. Non appena saremo nel quartier generale dell’Initiative, Alyson riceverà il segnale e saprà dove siamo” spiegò Nolan, il respiro accelerato.
Mi chiesi dove una persona non addestrata trovasse tanto coraggio; quelli come me, avevano maggiore sicurezza di sopravvivere, ma lui… lui rischiava molto.
“Vuoi davvero molto bene a Sharon, vero?” chiesi senza riuscire a trattenermi.
Amanda è tutto ciò che ho” mormorò sospirando “farei di tutto per lei”
“Già. Conosco la sensazione” ammisi, ripensando immediatamente a Clint e a Steve.
Avrei dato la mia stessa vita per loro.
“Come ci finiamo nel covo di quei bastardi?”
Alyson mi aveva spiegato tutto, eccetto questa parte del piano.
Ross sorrise malizioso, poi disse: “Tu mi sottovaluti, agente Romanoff. Daniel Grayson è il nostro passaporto. Gli ho inviato una mail, con la quale minacciavo di rivelare il suo coinvolgimento nell’attentato di tre settimane fa. Avrà sicuramente avvisato i suoi ‘colleghi’, perché ho ricevuto la visita di uno di loro proprio un’ora prima che voi arrivaste alla Nolcorp questa mattina”
“Ti hanno chiesto di portare le prove qui, vero? Furbi. Qui non passa mai un’anima. E ottenute le prove, sei certo che ci porteranno con loro, perché il tuo cervello è troppo avanzato per poterlo sprecare. Tenteranno di costringerti a collaborare con loro e ciò ti consentirà di non essere ucciso all’istante” conclusi sorridendo.
Era contorto e geniale allo stesso tempo; il tempo trascorso con Sharon doveva aver dato i suoi frutti: Nolan aveva appreso da lei l’arte della manipolazione alla perfezione.
“Ma tu? Non sei preoccupata che ti facciano fuori?” chiese dopo una breve pausa, domanda seguita da una delle mie risate più inquietanti.
“Sarebbero morti prima ancora di provarci” gli assicurai, alzandomi poi in piedi non appena un bolide nero si parcheggiò sgommando dinnanzi a noi e sei agenti ci accerchiarono.
“Che i giochi abbiano inizio” bisbigliai scambiandomi un’occhiata complice con Ross e inscenando una finta resistenza iniziale.
Non dovevano sospettare nulla.





Angolo dell'Autrice
Salve a tutti!

Ho fatto in fretta questa volta,
non avere più la scuola tra i piedi
è una gran cosa.
Inizialmente avevo scelto Kristin
Kreuk come modello per Alyson, 
però poi, guardando The Tomorrow 
People, ho scoperto Peyton List, che 
mi è sembrata più adatta... ma vabbè,
probabilmente non vi cambia nulla.
Evito di assillarvi con le mie solite
chiacchiere. Mi auguro che il
capitolo vi piaccia, fatemi sapere
cosa ne pensate se vi va, le recensioni
sono sempre gradite :)
Alla prossima,

Bell.

 

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Capitolo 4
*** The Gap ***



3
The Gap
 



 
 
 
 
“Nel corso della mia vita ho incontrato molte persone che pretendono di parlare del bene e del male. Tali termini non significano nulla. La gente fa quello che è nel proprio interesse, non curandosi di coloro a cui viene fatto del male. È il male che si prende ciò che vuole per soddisfare la sua fame, anche se questo causerà solo ulteriore sofferenza. Quello che tutti chiamano Male, io credo sia la giusta risposta ad un mondo duro e ingiusto”
Klaus Mikaelson
 
 
 
 
 
*Alyson’s pov*
 
Sapevo che avrei dovuto affrontare l’ira di Sharon, una volta scoperto il nostro piano.
Ero pronta psicologicamente, così, quando le sue urla rimbombarono per la stanza, affrontai la conversazione con il distacco e l’oggettività più assoluta.
“Perché non riesco a rintracciare Nolan? E dov’è Natasha?”
“Direi che sono in missione” confessai, sorseggiando del caffè per svegliarmi.
“Di che accidenti stai parlando? Che cazzo avete fatto?” urlò lei, sbiancando immediatamente.
“Ascolta. È tutto okay, Nolan ha pianificato tutto alla perfezione. Ha attivato un localizzatore e, non appena saranno nel covo dell’Initiative, noi andremo a salvarli prima ancora che quei bastardi possano avere dei sospetti” risposi con calma, indicandole una piantina sul monitor del computer, dove due palline rosse si muovevano rapidamente.
“Li stai usando come esche! Non ci posso credere Alyson!” ringhiò Sharon, fulminandomi con lo sguardo.
“Senti. L’ultima volta che hai fatto qualcosa, ci hai impiegato tre anni. Noi non abbiamo tutto quel tempo, questa volta” replicai sulla difensiva, provocarla sarebbe stato un errore, farla ragionare era la cosa migliore da fare.
“Iniziamo ad andare” ordinò; per poco non le usciva il fumo dalle orecchie,tant’era arrabbiata.
Eravamo appena salite a bordo dell’auto, quando il segnale si interruppe e i puntini scomparirono alla nostra vista.
“Che accidenti succede?” sbottò lei, sgranando gli occhi, il panico palpabile nella sua voce.
“Li abbiamo persi! Non so come sia possibile! Nolan era certo che…” risposi, armeggiando precipitosamente con la tastiera.
SEGNALE DISABILITATO.
“Alyson, cazzo! Se succede qualcosa a Nolan, ti giuro che..”
“Calma, Carter. Credi sul serio che Natasha ed io non avessimo ideato un piano B?” asserii, tirando fuori un coltellino dallo stivale e guardando con sfida la mia partner.
“Prega affinchè questo funzioni, Alyson Fisher o sarà meglio che tu cominci a scavarti la fossa” mi minacciò, lasciandomi prendere il comando del veicolo.
Non avrei fallito.
 
“Allora” mormorai con fare minaccioso, facendo roteare l’arma tra le mani.
“Perché non ti dimostri più intelligente di quanto sembri e collabori, Grayson?”
“Va’ all’inferno!” imprecò Daniel, scrutandomi con odio.
“Sì, beh… Sicuramente ci rivedremo lì… ma non è ancora il momento, per me. Purtroppo non posso dire lo stesso di te, a meno che tu non mi dica dove si trova il quartier generale dell’Initiative” proseguii imperterrita, mentre i respiri nervosi di Sharon riecheggiavano nell’aria.
Se ne stava lì, appoggiata con le spalle al muro, guardando l’ostaggio in cagnesco, con gli occhi socchiusi e le pupille dilatate; questo poteva significare solo una cosa: non aveva ancora finito, con lui.
Daniel Grayson continuava a stare in silenzio, espirando con forza e digrignando i denti.
“Possiamo farlo con le buone, o con le cattive” intimai, “non testare i miei limiti”
“Non ho idea di dove sia quel luogo!” sbottò, divincolandosi dalle corde e dalle catene che lo imprigionavano contro lo schienale della sedia.
“Sei il successore di tuo padre. So come funzionano queste cose, si passa il testimone. Per cui non prendermi in giro, perché la mia pazienza sta per esaurirsi”
“Te lo ripeto, non so nulla!” insistette lui, un’espressione di sfida sul volto che fece scattare qualcosa in me.
“Beh… questo è un peccato” mormorai voltandomi, simulando una dipartita, ma ritornando rapidamente sui miei passi e conficcandogli il pugnale nella gamba.
Daniel urlò, poi si morse le labbra, facendole sanguinare.
“Ma posso comunque divertirmi un po’ con te” aggiunsi, gli occhi fissi in quelli carichi di odio e sofferenza del giovane.
“Me la pagherai, puttana” asserì, provando a sputarmi in faccia.
“Oh, ora capisco perché sia stato così facile per Sharon accalappiarti anni fa… sei proprio stupido” commentai, tirandogli un violento schiaffo e infilzando nuovamente il coltello nella sua carne, questa volta mirando al braccio.
Quando le grida di dolore di Daniel Grayson rimbombarono nella stanza, Sharon mugolò.
“Se non approvi i miei metodi, quella è la porta, Carter” le dissi imperterrita: non mi sarei fermata davanti a nulla.
Tuttavia, lei non si mosse, né proferì parola; sembrava distante anni luce da lì.
“Ti farò uccidere” minacciò l’uomo, un tentativo così patetico che mi fece automaticamente scoppiare a ridere.
“Ti rendi conto che la tua vita è nelle mie mani e che non sei nella posizione di avanzare intimidazioni?” lo schernii, sorridendo malignamente e puntando l’arma verso le sue parti basse.
Alzai il coltello lentamente, poi lo riabbassai velocemente, fermandomi a circa un millimetro dal membro, proprio quando la voce di Daniel urlò: “aspetta!”
“Bingo” sussurrai vittoriosa, invitandolo a sputare il rospo.
“La Grayson Global. C’è un ascensore dietro il quadro nel vecchio ufficio di David Clarke… porta nei sotterranei, è lì quartier generale dell’Initiative” confessò, le lacrime agli occhi e il respiro accelerato.
Avrei potuto sentire il battito del suo cuore a chilometri di distanza.
“Non sapevi niente, eh? Sai, ho sempre pensato che Voulez non avesse bisogno del tuo aiuto” sussurrai lentamente, porgendo l’arma alle mie spalle, verso Sharon, offrendole l’opportunità di terminare la sua vendetta.
Ma lei si limitò a distogliere lo sguardo e a serrare la mascella.
“Peccato” commentai, voltandomi di scatto e conficcando il pugnale nel petto dell’uomo, che si accasciò in avanti.
“Era proprio necessario?” mi domandò poi, guardandomi di traverso.
Io penso che si debba uccidere il messaggero. Sai perché? Perché manda un messaggio*. E lui è stato il mezzo tramite il quale Nolan ha raggiunto l’Initiative, Sharon. Non puoi farti scrupoli quando hai a che fare con gente del genere, Aiden lo aveva capito. Forse è ora che lo faccia anche tu” risposi gelidamente, ripulendo con nonchalance il pugnale.
“Ora, se non vuoi perdere altro tempo… seguimi” aggiunsi, lasciando l’edificio senza provare il minimo rimorso.
 
“La Grayson Global è di là. O almeno, quello che ne resta dopo l’attentato che ha portato alla morte di Declan Porter” mi fece notare Sharon, indicando la direzione opposta a quella intrapresa da me.
Ripensare a Declan doveva farle male, i suoi occhi urlavano per il dolore probabilmente ancora vivo dentro di lei.
“Vuoi andare in un covo di terroristi senza armi?” sottolineai sollevando le sopracciglia e parcheggiandomi in un vicolo completamente isolato.
“Che posto è questo?” chiese, scrutando il paesaggio con aria confusa.
“Io la chiamo casa” affermai, aprendo una porta e rivelando uno stanzino colmo di pistole e altri strumenti.
“Questa roba è tua?”
“Più o meno. Sono bottini di guerra. li ho collezionati durante le mie missioni per Nick Fury” confessai, cominciando a nascondere coltelli negli stivali, rivoltelle nelle tasche interne del giubbotto di pelle e generatori di scosse in quelle dei pantaloni, un gentile regalo di Natasha per il mio ventesimo compleanno.
“Hai lavorato per Fury durante questo anno?” indagò Sharon, munendosi di armi a sua volta.
“Sì. Questo era il garage di mio padre. Prima che l’Initiative facesse saltare in aria la nostra casa e che mio fratello venisse ucciso a sangue freddo davanti ai miei occhi perché sapeva ciò che avevano costretto mio padre a fare” rivelai, un mezzo per caricarmi di odio a sufficienza, la garanzia per il mio successo.
“So quello che provi. Ma Alyson, l’omicidio…”
“No, Amanda. Ho già provato con gli altri metodi, questa volta ucciderò se sarà necessario. Non rischierò l’operazione per i tuoi precetti morali” la interruppi immediatamente, lasciando l’edificio e ritornando in macchina.
“Natasha ti ha istruita meglio di quanto Takeda abbia mai fatto con me” commentò Sharon, sedendosi al mio fianco e caricando una pistola.
“Facciamolo” acconsentì.
 

 
*Damon Salvatore






Angolo Dell'Autrice

Salve gente, eccomi di
nuovo qui!
Ho trovato per caso la foto
di Daniel pestato, ahahah che fortuna!
E dire che fino a metà prima stagione mi
stava quasi simpatico, puah! 
Spero tanto che il nuovo capitolo
vi sia piaciuto!
Se vi va, fatemelo sapere!
A presto,

Bell.

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Capitolo 5
*** In The Wolf's Lair ***


4
In the wolf’s lair




 
“Cause I don’t need this life,
I just need…
Somebody to die for”
Hurts
 



*Natasha’s pov*

Quando finalmente mi svegliai, la testa mi girava vorticosamente e la mia vista era annebbiata.
Impiegai diversi istanti per mettere a fuoco Nolan, incatenato al muro di fronte a me, sanguinante; fu in quel momento che mi resi conto di essere ferita anche io: avevo uno squarcio sull’avambraccio, proprio nel punto in cui Ross mi aveva iniettato il localizzatore.
“Buongiorno, bella addormentata” mi salutò lui, sorprendendomi con il suo tono ironico.
“Sembra che questi tizi siano più astuti di quanto mi aspettassi” commentai, provando a liberarmi le mani.
“È inutile, fidati. Siamo in trappola. Il piano è fallito” asserì, sospirando abbattuto.
“I miei piani non falliscono mai” mormorai in tono di sfida, sfilando dal giubbotto una forcina.
Nolan sorrise, lo sguardo illuminato.
“Sharon?” domandò, indicando l’oggetto che stringevo tra le labbra.
“I russi. Mi hanno addestrata loro” confessai, liberandomi le mani e, subito dopo, i piedi.
Corsi immediatamente verso di lui, poi feci altrettanto.
“Quando tutto questo sarà finito” disse “giuro che ripulirò il tuo registro”
“Puoi farlo davvero?” chiesi stupita, aiutandolo a rialzarsi.
“Tesoro, sono Nolan Ross” rispose, sorridendo con malizia.
Non potetti fare a meno di sorridere di rimando.
“Arriva qualcuno” lo avvisai, appostandomi dietro la porta e tramortendo l’agente non appena ebbe varcato la soglia.
“Prendi i suoi vestiti e il suo badge” ordinai a Ross, “raggiungi il centro di comando, disattiva tutte le misure di sicurezza e fotti i loro aggeggi. Cancella tutto. Poi va’ fuori di qui e avverti Sharon e Alyson. Io cerco Steve” 
Lui annuì, poi, poco prima di uscire, bisbigliò un flebile ‘sta’ attenta’, cosa che mi fece scuotere la testa: sì, ci avevo visto giusto; Nolan Ross non era affatto tagliato per questo genere di cose, era troppo sentimentale. 
Non ci conoscevamo nemmeno e si preoccupava per la mia vita; in quel momento invidiai Sharon come non mai.
“Nolan” lo chiamai, mettendogli con forza una pistola tra le mani, rubata sempre dall’uomo dell’Initiative.
“Se ti scoprono, spara. Non pensarci troppo.” 

Quando finalmente un’altra agente fece irruzione nella mia cella ripetei la stessa cosa che avevo fatto solo quindici minuti prima, stordendola e rubandole gli abiti, per poi incatenarla insieme al suo collega al posto mio e di Nolan.
Mi misi i suoi occhiali e nascosi la sua pistola nella giacca, poi cominciai a farmi strada per i corridoi.
“Ehi tu!” urlò una voce alle mie spalle, costringendomi a voltarmi.
Fui immediatamente riconosciuta, era uno degli uomini che mi aveva prelevata ieri notte.
“Ciao, tizio” esordii io, “addio, tizio” 
Bang. 
Il primo colpo andato, un’altra rivoltella guadagnata.
Guardai in tutte le celle di quel reparto, abbattendo diversi agenti di guardia, ma Steve non era da nessuna parte.
“Dove accidenti sei, Rogers” pensavo in continuazione, prendendo le scale per il piano superiore, dove vi erano una serie di laboratori.
“Dannazione!” mormorai, correndo verso la porta infondo all’androne.
In una frazione di secondo, avevo compreso perché volessero Steve e, soprattutto, in quale posto fosse tenuto prigioniero.
Sfondai la porta con un calcio, sparando contro gli scienziati che stavano prelevando il suo sangue e uccidendo tutti i presenti.
“Steve! Steve svegliati!” urlai, schiaffeggiandolo per farlo rinsavire.
“Nat?” mormorò con voce debole, mentre mi affrettavo a liberarlo.
“Natasha, devi eliminare i dati… stanno cercando di riprodurre il siero, è tutto in questo posto, so di cosa sono capaci, non possiamo permetterlo” mi avvertì, ma io mi limitai ad aiutarlo ad alzarsi e a porgergli un’arma e il suo scudo, custodito in un armadietto di vetro a pochi metri dalla branda.
“Ci pensa Nolan ai dati sui pc” lo informai, poi feci scoppiare un incendio nel laboratorio e cominciammo a correre lontani da quel piano, che esplose non appena raggiungemmo l’ingresso.
“Chi è Nolan?” domandò Steve, corrugando la fronte.
“Più tardi. Va’ via di qui, ora devo trovarlo” risposi, studiando una cartina appesa al muro e individuando il centro di controllo.
“Natasha, io non ti lascio” si oppose lui, come mi aspettavo.
“E io non vorrei aver rischiato la vita per niente, quindi va’ via!” ruggii con le lacrime agli occhi.
In realtà, non mi importava nulla della mia incolumità, era per la sua che temevo. E dovevo tirar fuori da quel posto anche Nolan. 
“Io resto con te, fino alla fine” insistette Steve, posando un braccio sulla mia spalla e trafiggendomi con i suoi intensi occhi azzurri.
“Bene, bene” esordì una voce alle sue spalle.
Sbiancai.
“Bucky” asserì il Capitano, avendolo immediatamente riconosciuto.
Il Soldato d’Inverno non esitò neanche un istante, prima di attaccarci con una mitragliatrice.
Ovviamente, riuscimmo a ripararci grazie allo scudo di Steve, ma ciò aveva dato a Barnes un vantaggio: si era avvicinato pericolosamente a noi e sembrava in grado di combattere contro entrambi contemporaneamente.
Steve era debole per le settimane di prigionia ed io ero provata dalla ferita all’avambraccio, ma tentai di aiutarlo il più possibile, finchè non fui scagliata contro il muro e la pistola mi scivolò dalle mani, giungendo a diversi metri di distanza da me.
Il Capitano tentava di tenere testa al suo vecchio amico, come al solito cercando di far breccia nel suo cuore, di riportargli alla mente alcuni ricordi.
“Bucky. Noi ci conosciamo accidenti! Sforzati di ricordare!” lo supplicava, sperando forse di riuscire a salvarlo… ma per me quello era solo un diversivo, mi avrebbe fornito il tempo necessario a recuperare l’arma.
Non avrei rischiato di perdere Steve, né tanto meno la vita di Nolan Ross, anche se ciò avrebbe portato ad una rottura con una delle due persone importanti nella mia vita.
Mi spostai di diversi metri, finchè non riuscii ad agguantare nuovamente l’arma, poi mi alzai in piedi. 
“Tu sei sempre e solo stato una missione” stava intimando Bucky, mentre l’altro biasciava: “e allora perché mi hai salvato l’ultima volta?”
Ero troppo concentrata sul volto livido del Capitano, dovuto alla pressione delle dita di Barnes sul suo collo, per rendermi conto del suo istante di esitazione, del suo allentare lentamente la presa.
Uno, due, tre colpi e finalmente il Soldato cadde sul pavimento, stremato.
Lo sguardo che Steve assunse in quel momento fu una delle più indicibili torture che io abbia mai subito: sembrava quasi che gli avessi strappato via una parte di sé stesso, che avessi ucciso un pezzo della sua anima… ma non avevo altra scelta.
O almeno, credevo di non averla.
Non riuscii a trattenere i miei occhi sul corpo di Rogers, che si accasciava e stringeva tra le braccia i resti del suo ex migliore amico in un silenzioso e doloroso addio. 
Incrociai lo sguardo di Steve per un attimo, il tempo necessario a mimare un sincero ‘mi dispiace’, poi una dozzina di uomini armati piombarono nella sala e si scatenò l’inferno.
Proiettili sfrecciavano per tutta la stanza e non ero più in grado di individuare il Capitano; una pallottola si conficcò dritta nella mia spalla, ma strinsi i denti e trattenni l’urlo di dolore che si mozzò sulla gola.
Mi trascinai dietro una colonna e afferrai una pistola, una mezza idea che si era fatta strada nella mia mente; la puntai verso un enorme candelabro situato proprio al centro della sala e sparai, in modo che cadesse e si infrangesse sul nemico.
Vidi molti agenti crollare al suolo, mentre altri se la diedero a gambe levate.
I miei occhi faticavano a restare aperti, probabilmente per colpa della ferita e l’ultima cosa che avvertii furono le braccia forti di Steve sollevarmi e stringermi a sé.









Angolo Dell'Autrice
Scusate.
Scusate davvero per il ritardo!
Spero tanto che il capitolo basti
a farmi perdonare... 
una recensione mi renderebbe molto
felice!

A presto,

Bell!


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Capitolo 6
*** 5. Showdown ***


5
Showdown 






“Quando si subisce un torto, la vera soddisfazione può essere trovata solo in due reazioni possibili: perdono totale o vendetta mortale. Questa non è una storia sul perdono.”
Emily Thorne



*Sharon’s pov*

Non mi ero mai sentita così arrabbiata in vita mia, né tanto meno tradita in maniera così spudorata.
Probabilmente non avrei mai perdonato Alyson e Natasha, né tanto meno Nolan, ma dovevo tirarli fuori da lì.
“Muoviamoci” dissi, raggiungendo il vecchio ufficio di mio padre e azionando l’ascensore segreto.
Era tattico, ma l’idea che, ancora una volta, si fossero presi gioco di mio padre mi dava la nausea e mi faceva incazzare come non mai.
Credevo di aver impartito loro una lezione memorabile, ma a quanto pare gente del genere non impara mai.
Avrei chiuso i conti con l’Initiative quel giorno stesso.
“Abbiamo un’ora Alyson. Solo un’ora” le ricordai, prima che le ante dell’ascensore si aprissero e una decina di agenti si scagliassero contro di noi.
Avrebbero potuto anche essere in cento, ma non gli sarebbe servito a nulla, non contro una macchina assassina come la mia partner e una vendicatrice incazzata come me.
In meno di cinque minuti, giacevano tutti sul pavimento, tramortiti o… morti.
“No, lui no!” urlai, per impedire ad Alyson di fare fuori l’ultimo di quegli uomini.
“Sei impazzita?” sbottò lei, arrestando il pugnale sulla sua gola.
“Ci serve una guida” spiegai, asciugandomi il sudore dalla fronte e intimando al tipo di condurci da Nolan.
“Sono scappati! Non ho idea di dove siano!” ripeteva lui, divincolandosi tra le braccia della ragazza, che, spazientita, si accingeva ripetutamente ad aumentare la presa sulla sua gola, ricordandogli da chi dipendesse la sua vita.
“Allora portaci al centro di comando. Se Nolan è fuggito, sarà sicuramente andato lì” ordinai, facendomi strada tra la massa di corpi ai miei piedi.

Il corridoio era troppo deserto e la via troppo sgombra per non destare i miei sospetti; mi sembrava troppo facile, a meno che tutti non fossero impegnati a fermare Natasha e Steve, se effettivamente lei era riuscita a liberarlo.
Il nostro ostaggio si arrestò dinnanzi ad un’enorme portone e passò il suo badge in modo che le ante si aprissero e rivelassero un centro di raffinata tecnologia.
Spinsi immediatamente via Alyson, non appena un proiettile sferzò l’aria e si conficcò proprio nel punto dove prima vi era la sua testa.
“Ems?” esordì una voce tremula, che riconobbi all’istante.
“Nolan?” lo chiamai, vedendo il suo volto sbucare tra i vari congegni. 
“State bene?” domandò, pigiando un ultimo pulsante su una tastiera e correndo verso di noi, mentre tutto il sistema dell’Initiative andava a rotoli davanti ai nostri occhi.
Strinsi il mio amico tra le braccia, trattenendo le lacrime, poi lo allontanai e gli mollai un pugno.
“Ahi! E questo per cos’era?” borbottò lui, corrugando la fronte e tamponandosi il naso con il palmo della mano.
“Per la tua stupidaggine!” ruggii, ma il rumore di diverse pistole che venivano caricate mi fece impietrire.
“Che nessuno si muova” intimò una fredda e calcolatrice voce, “gettate le armi” 
Lasciammo immediatamente cadere le nostre rivoltelle sul pavimento e alzammo le mani per aria, cosicché tutti gli agenti ci furono addosso.
Stavano per ammanettarci, quando feci un cenno ad Alyson e scattammo all’unisono, reagendo con pugni e calci alle pretese dei nostri nemici e tirando fuori alcune delle armi che avevamo nascosto tra i nostri abiti.
La stessa gelida voce che ci aveva minacciate qualche minuto prima, parlò ancora, costringendoci ad arrenderci.
“Un altro passo e gli sparo” 
Nolan era ancora stretto tra le sue grinfie, con una pistola puntata alla tempia.
Di certo non mi aspettavo che gli mollasse una gomitata nello stomaco e si liberasse della sua ferrea presa, dando così ad Alyson il tempo necessario per estrarre una strana arma e per scagliargliela contro.
La testa dell’agente rotolò per terra, mentre il cerchio di lame ritornava tra le mani della mia collega.
“Tu sei inquietante” commentò Nolan, la voce tremula e gli occhi sgranati.
“Non hai visto niente” rispose quasi divertita lei, finendo gli ultimi uomini dell’Initiative rimasti a tiro.
Si dice che la vendetta ti consumi... in quel momento, mi domandai se fosse questo ciò che era accaduto a lei.
“Dobbiamo uscire di qui” li avvertii, controllando l’orologio e rendendomi conto che il nostro tempo stava per scadere.
“Dobbiamo trovare Steve e Nat” precisò Alyson, pigiando un tasto sull’ascensore e imprecando sottovoce.
“Sono nella hall. Gli ho visti cinque secondi prima che fottessi il sistema” ci informò Nolan, indicandomi il pulsante che ci avrebbe condotti da loro.

Quando raggiungemmo il posto, vedemmo Steve prendere tra le braccia il corpo inerme di Natasha.
“Attenti!” ci avvertì, facendoci immediatamente voltare verso il nuovo gruppo di agenti che correva verso di noi.
“Ma quanti cazzo sono?” borbottò Nolan, ma io ero troppo occupata a scrutare lo sguardo assassino di Alyson che aveva certamente individuato i responsabili della morte della sua famiglia.
Strattonai Nolan, per allontanarlo da quello che si sarebbe certamente tramutato in un omicidio di massa.
“Steve! Io resto ad aiutare Aly, tu porta via Nolan e Nat! Uscite da quella porta e salite le scale, raggiungete il secondo piano, dovrebbe essere deserto, chiamate l’ascensore e pigiate il tasto GG, dopodiché lasciate la Grayson Global quanto più velocemente potete! La nostra auto è qui di fronte. Avete venti minuti, se entro le due non siamo fuori… andate via” urlai precipitosamente, augurandomi che il Capitano fosse abbastanza lucido da carpire tutte le mie indicazioni.
Normalmente, si sarebbe opposto a queste istruzioni, non ci avrebbe mai abbandonate sul campo di battaglia, ma la vita di Natasha era in pericolo ed io puntavo proprio su questo.
Lasciai due pistole in mano a Nolan e Steve e ritornai da Alyson che stava lottando contro una decina di uomini da sola.
“Che stavi aspettando?” ruggì lei, conficcando un pugnale nel petto di un tipo che le stava alle spalle e usandone un altro come scudo per i proiettili lanciati da due dei loro colleghi.
“Perché devi per forza combattere per uccidere?” la rimproverai, sparando contro alcuni agenti, ma solo per metterli fuori gioco.
“Perché questa è la squadra che ha eseguito l’esecuzione dei miei genitori e di mio fratello” rispose gelida, combattendo come una furia contro i suoi nemici.
I nostri nemici.
Sentii delle forti dita chiudersi attorno alla mia gola e la pistola mi scivolò dalle mani; finsi di soffocare, ma in realtà estrassi un coltellino dalla tasca del giubbotto e lo conficcai nel fianco dell’uomo, che si allontanò di scatto da me estraendo la lama dal suo corpo.
Tirai fuori l’ultima delle mie pistole e gli sparai, poi mi voltai a guardare Alyson che si trovava faccia a faccia contro il capo della squadra.
Era disarmato e aveva le mani in aria; lei era stata ferita ad una gamba, ma lo aveva in pugno.
“Ci siamo già passati, Fisher. Sappiamo entrambi che non ne sei capace” la stava provocando lui con un’inspiegabile coraggio: chiunque avesse visto lo sguardo di quella ragazza, in quel momento, sarebbe certamente morto di paura.
Guardai l’orologio: le due meno dieci.
“Alyson dobbiamo andare via da qui!” le urlai, ma non sembrava darmi alcun ascolto.
“Va’ all’inferno” replicò gelidamente lei, sparando tre proiettili che centrarono in pieno stomaco, petto e fronte di quel bastardo.
Alyson lasciò cadere l’arma sul pavimento e si voltò verso di me.
“È finita” sussurrò, un leggero sorriso sulle labbra e quell’aria incredula che avevo anche io quando Conrad e Victoria vennero arrestati sotto i miei occhi.
“Dobbiamo muoverci ora, festeggeremo dopo! Abbiamo cinque minuti contati!” la informai, tirandola per un braccio e istigandola a sbrigarsi.
A metà rampa di scale, si fermò e infilò un fazzoletto in bocca, probabilmente per soffocare il dolore alla caviglia.
“Tutto bene?” chiesi, ma lei annuì decisa e ricominciò a correre.
“Due minuti!” urlai quando Alyson si arrestò e si guardò attorno per pochi secondi.
“Che accidenti fai?” sbottai, con le lacrime agli occhi.
“Sta giù” mi avvisò, accendendo una granata e lanciandola verso il soffitto, che ci crollò addosso.
“Sei impazzita?” reagii io, afferrandola per un braccio.
“Salta, Sharon!” mi ordinò e all’istante compresi il suo piano, mentre i passi di altri agenti riecheggiavano dalle scale sotto di noi.
Mi spinsi con voga, aggrappandomi ad una trave e spingendomi in su, atterrando con una capriola alla fine del varco aperto dall’ordigno.
Protesi la mano, in modo da aiutare Alyson a raggiungermi ma qualcuno la afferrò poco prima che la tirassi fuori.
Lei mollò un violento calcio in faccia all’uomo e usò la sua faccia per darsi la spinta necessaria a saltare su.
Le presi immediatamente la mano e posai il suo braccio attorno alle mie spalle, per farle da sostegno.
“Di là!” indicai, atrraversando l’uscita della Grayson Global. 
Raggiungemmo la mia auto appena in tempo per partire e guardare l’azienda di coloro che avevano rovinato la mia vita e quella di mio padre saltare in aria, e l’Initiative assieme ad essa.
In quel momento, potevamo dire che fosse finita.

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Capitolo 7
*** Epilogo ***



6
Epilogo

“But I know, 
all I know's that the end's beginning, 
who I am from the start, 
take me home to my heart. 
Let me go and I will run”
Trading Yesterday



*Alyson’s pov*

Quando riaprii gli occhi, ero in una stanza di ospedale.
Nel letto accanto a me, Natasha giaceva tranquilla, quel volto d’angelo così in contrasto con la sua letalità. 
Mi chiesi se anche io facevo lo stesso effetto alla gente; la differenza, tra me e lei, è che io avevo pareggiato i conti, per me era finita.
Ma per la Vedova Nera la questione era più complicata: io avevo ucciso dei terroristi, lei persone innocenti. 
Mi considerai più fortunata di lei.
Sapevo, fin da quando avevo giurato di fargliela pagare, che dopo averli uccisi non avrei dormito la notte, era una questione con cui avevo già fatto i conti, ma ora sentivo di aver perso una parte di me.
Steve aveva ragione.
Steve.
C’era lui accanto al letto di Natasha.
“Ti prego, non riaddormentarti! Comincio ad annoiarmi” disse, un flebile sorriso dipinto sul volto.
Mi si avvicinò lentamente, accomodandosi su una sedia accanto alla mia brandina.
“Stai bene?” chiesi, cercando di mettermi a sedere; avevo metà gamba fasciata.
“Dovrei porti io questa domanda” asserì, sollevando un sopracciglio.
Non potei evitare di ridacchiare.
“Sono anticonvenzionale” ironizzai, tornando immediatamente seria.
“Natasha?”
“Si sveglia e si riaddormenta da ore, ma sta bene ora. Sharon è con Nolan. L’Initiative è distrutta” mi aggiornò, così permisi ai miei muscoli di rilassarsi e mi accasciai sul letto.
“E tu? Come ti senti ora che ti sei vendicata?” indagò, scrutandomi con attenzione.
Esitai per un momento, poi sospirai e confessai: “vuota. Sarai contento, avevi ragione”
“Non è una ragione che volevo avere” ribattè, scuotendo la testa.
“Non avevo scelta” insistetti decisa, forse più per convincere me stessa che il mio interlocutore.
“Almeno, ora potrai voltare pagina” cercò di vedere il lato positivo della situazione, tipico di Steve.
Ridacchiai.
“Lavoro per Fury, Rogers. Di certo non avrò vita facile”
“Puoi smettere, se vuoi” mi fece notare, sorridendo.
“Tu lo farai?” chiesi, attendendo per diversi istanti una risposta.
“Potrei” 
“Appunto” dissi, certa che quella fosse il commento più azzeccato da fare, ma mi resi immediatamente conto, dalla sua espressione che mi sbagliavo.
“Non ho detto che non lo farò” dichiarò deciso.
“Stai scherzando, Steve? La gente ha bisogno di te” controbattei io, tirandomi su.
La gamba faceva più male di quanto pensassi.
“A volte può costare troppo” ammise, rivolgendo un’occhiata fugace alla donna che riposava all’altro capo della stanza.
“Wow” sussurrai, fischiettando. 
“Ha rischiato la vita per salvarmi. Lo avete fatto tutti” proseguì lui, stropicciandosi gli occhi con le dita.
“Magari ne valeva la pena. Tutti abbiamo qualcuno per cui daremmo la nostra vita” risposi, abbozzando un mezzo sorriso.
“Io non voglio essere quel qualcuno. È un gran peso” confessò, alzandosi e ritornando accanto a Natasha, che si era finalmente risvegliata.
Seppi in quel momento che presto sarei stata di troppo, così mi girai dall’altro lato e feci finta di dormire.

*Sharon’s pov*

“Fallo un’altra volta, Nolan Ross e giuro che ti salverò e ti ucciderò con le mie stesse mani” intimai, puntandogli un dito contro.
Non appena ero arrivata a casa sua, mi ero immediatamente accasciata sul divano.
Era confortevole, sapeva dannatamente di casa.
“Perché?” domandò, sorridendo beffardo dalla poltrona di fronte a me.
“Il tuo QI non era pari a 170?” replicai, rivolgendogli una smorfia.
“Oh, Ems. Quando ammetterai che mi vuoi bene?” mi schernì lui, ridacchiando per la mia falsa espressione perplessa.
“Sharon. Mi chiamo Sharon. È così difficile ricordarlo?” sbottai sbuffando.
“Per me sarai sempre la mia Ems” insistette lui, scrollando le spalle “e comunque, stai cambiando discorso. Lo prenderò per un ‘hai ragione, Nolan. Ti voglio un bene pari a... doppio infinito’’”
Nell’udire quell’espressione, non potei fare a meno di sorridere.
“Hai davvero ragione Nolan. Sei la persona più importante della mia vita” ammisi, guardandolo negli occhi.
“E che mi dici Jack? Non hai intenzione di salutarlo, prima di ripartire?” indagò, passandomi un bicchiere di spumante, allegramente stappato per festeggiare la vittoria.
“Ad essere sincera, non so se ripartirò. In questi anni ho mentito a me stessa, costringendomi a restare lontana da questo posto, da tutto ciò che fosse collegato a mio padre o ad Amanda. Ma… ma mi è bastato rivederti per capire che sei la mia famiglia e che la mia casa è ovunque ci sia tu” confessai “quindi la risposta è no, Ross. Non ho intenzione di partire. Basta scappare dal mio passato. Amanda Clarke è pronta a tornare… e a restare”
Nolan mi si avvicinò, gli occhi lucidi, come mi aspettavo; solo lui poteva essere così sentimentale.
“Saremo l’uno per l’altro la famiglia che abbiamo sempre voluto, Amanda. Te lo prometto” mormorò, ripassando il mio tatuaggio sul polso: doppio infinito.




Angolo Dell'Autrice
Buonasera a tutti :)
Siamo finalmente giunti all'epilogo di questa breve fanfiction che
di certo non è stata una delle migliori che io abbia scritto, ma che mi serviva
in quanto costituisce una specie di prologo per la mia long sui Romanogers, che
potrei pubblicare in seguito, anche se ancora non so quando.
Ed è questo il motivo per cui manca l'epilogo dal punto di vista di Natasha.
Ci tenevo a ringrazie Ragdoll_Cat e Mumma che hanno seguito la mia storia e
mi hanno fatto sapere la loro opinione a riguardo, ma ringrazio anche coloro che
l'hanno semplicemente letta o seguita.
Spero che questo Epilogo vi sia piaciuto e di tornare presto con un'altra storia.
Nel frattempo, vi lascio il link della mia ff AU sugli Avengers, 'Play Hard', nel caso
in cui voleste passare a leggerla.

A presto,
Bell

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