All the same mistakes

di orphan_account
(/viewuser.php?uid=165283)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Why me? ***
Capitolo 2: *** Dreaming never hurt anyone ***
Capitolo 3: *** Two goddamn weeks ***
Capitolo 4: *** My tears run down like razor blades (part 1) ***
Capitolo 5: *** My tears run down like razor blades (part 2) ***
Capitolo 6: *** Thoughtless ***
Capitolo 7: *** I knew it... ***
Capitolo 8: *** Cross my heart and hope to die ***
Capitolo 9: *** Dirty little freak ***
Capitolo 10: *** We live to die another day ***
Capitolo 11: *** Remember to live ***
Capitolo 12: *** Of primroses, blood and kisses ***
Capitolo 13: *** Dare the truth to reveal itself (part one) ***
Capitolo 14: *** Dare the truth to reveal itself (part two) ***
Capitolo 15: *** Inside Out ***
Capitolo 16: *** The 3 Golden Rules ***
Capitolo 17: *** Desperate Measures ***
Capitolo 18: *** Six degrees of separation ***
Capitolo 19: *** Interlude II: Wishful Thinking ***
Capitolo 20: *** Release your inhibitions ***
Capitolo 21: *** Baby Names ***



Capitolo 1
*** Why me? ***


9 settembre

La sveglia suonò precisamente alle sette, come tutte le mattine. Mi alzai dal calore accogliente per trascinarmi sotto una doccia bollente. L'acqua calda mi rilassò un pochino i nervi, e servì anche a svegliarmi completamente per il primo giorno di scuola.

Oggi iniziava il nuovo anno scolastico, il mio terzo anno di liceo.

Allungai un braccio per avvolgermi un morbido asciugamano attorno al corpo.

Un altro anno nel mio inferno personale. Avete presente quello che dicono, che le scuole non sono veramente come in Glee? Che le cheerleader non vanno sul serio in giro con le loro tutine microscopiche? Che i membri della squadra di football non fanno sempre i bulletti?

Benvenuti alla Felicity High School...

Qui troverete una replica esatta di Glee, dove le cheerleader sono tutte bionde e oche. Dove il capitano della squadra di football, Mark, sta con la capitana delle cheerleader, Stacy. Dove il bullismo è una pratica giornaliera che perfino i professori accettano. Dove se non sei popolare rischi veramente di ricevere una granita in faccia.

Afferrai con più forza del dovuto la prima spazzola che mi capitò a tiro e cominciai a pettinare quel nido che avevo al posto dei capelli.

La mia prima settimana di liceo l'avevo subito capito di non essere portata per quei giochetti di potere che tanto definivano la gerarchia scolastica. Anche perché mi ero appena trasferita con tutta la famiglia dall'Irlanda e non conoscevo nessuno. Entro la fine del primo mese ero stata relegata nella categoria dei secchioni, il che significava solo molte rogne. Perfino i gay avevano meno problemi di noi, anche se parecchi lividi in più. E poi, i gay facevano squadra, io invece no, ero completamente sola. Ma proprio solo, nel senso che non avevo nemmeno la famosa migliora amica, quella che nei libri segue sempre la protagonista dappertutto.

Metà del corpo studenti mi affibbiava il suo carico di compiti, che dovevo svolgere in aggiunta al mio. Ero presa in giro molto pesantemente, la gente mi lanciava addirittura le cose addosso durante le lezioni.

I membri della squadra di football avevano anche cominciato ad alzare le mani l'anno scorso. Potevo solo sperare che non continuassero anche quest'anno.

La spazzola ora scorreva senza inceppi nei miei capelli.

Mi infilai i vestiti migliori che avessi, il che consisteva in un paio di jeans, una maglietta nera a maniche lunghe e una felpa bianca. Meno davo nell'occhio, meglio era per la mia autostima bistrattata.

Lanciai un'occhiata distratta all'orologio sulla parete di camera mia. 7:30, avevo ancora tempo per fare colazione, anche se forse, con tutta la paura che avevo, mangiare non era un'ottima idea.

Raccolsi lo zaino da terra e osservai un'ultima volta la stanza, per controllare di non aver dimenticato niente.
Il mio sguardo si posò sull'oggetto scintillante seminascosto sotto il cuscino del mio letto. Il rasoio.

Ero combattuta. La parte sana si me mi stava urlando di buttarlo nella spazzatura e di ringraziare Dio di non essere arrivata al punto di non ritorno.

L'altra parte, quella che dominava, mi diceva che quell'oggetto era la mia unica fuga dal mondo, l'unica cosa che mi aiutasse a non fare quello a cui stavo pensando ad un po' di tempo. Il suicidio.

Un paradosso. Avete presente quel racconto di Pirandello, dove il tizio si sposa per non doversi sposare? Ecco, la stessa cosa.

Io mi tagliavo per non suicidarmi.

Avevo cominciato in prima liceo, dopo che erano iniziati gli insulti.

E ora era il mio unico sfogo per tutte quelle ingiustizie che dovevo subire tutti i giorni. L'unica persona che lo sapeva era la mia professoressa di educazione fisica, che si era insospettita perché non indossavo mai la maglietta a maniche corte fornita dalla scuola per gli allenamenti e aveva cominciato ad investigare.
Alla fine infilai il rasoio in cartella, insieme ad una scorta di bende.

Scesi le scale che dividevano la mia camera da letto dalla cucina e dal salotto.
“Mamma, io vado.” urlai mentre aprivo la porta e afferravo le chiavi di casa. Mia madre non sapeva niente su quello che dovevo sopportare tutti i giorni.

Ciao cara, divertiti!” sentii la risposta di mia madre, attutita dalla distanza.

Certo, divertirmi... Come no.

Fedele al clima londinese, fuori stava per piovere, grossi nuvoloni scuri riempivano il cielo. Camminai a testa bassa verso la fermata dell'autobus. Anche se sapevo che solo noi reietti dovevamo prendere il pullman perché non avevamo una macchina bellissima e costosissima, non potevo fare a meno di essere spaventata dei primi contatti con i miei compagni di classe.

Anche voi sareste spaventate, se foste magroline e graciline come me! Vabbé, non è che io sia proprio indifesa, ma se una ha un passato molto recente di anoressia ed è alta un metro e sessanta scarsi, non è che sia proprio il massimo contro i bulli.

Sentii il rumore dell'autobus avvicinarsi e fermarsi con uno stridio. Salii e mi sedetti nel primo posto libero che trovai.

Se poi, come me, una ha i capelli di un colore indefinito, simile all'arancione, che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di pel di carota e gli occhi di un verdognolo nauseabondo, avete capito perché ero così presa di mira.

Inoltre era dal primo anno che prendevo una schiera inarrestabile di A+, che prometteva la borsa di studio a Oxford che tanto agognavo.

Era la sesta volta che guardavo fuori dal finestrino nell'arco di un minuti, i miei nervi erano sul punto di cedere.

Solo un'altra fermata e poi ero arrivata. Il mio stomaco era un nodo unico, avevo voglia di scappare lontano da là e non tornare mai più.

Eccomi. Era arrivata l'ora di stringere i denti e sorridere, fare finta che fosse tutto a posto.

Il primo passo sulla proprietà scolastica mi provocò un'impellente voglia di vomitare.

Rumore, ragazzini che correvano a destra e a manca, i teppisti che stavano già rompendo la finestra dell'aula di biologia gente che si fumava l'ultima sigaretta prima della campana e-No! Tieni lo sguardo per terra, maledizione! Mi rimproverai, per evitare che qualche cheerleader cominciasse a rompere le scatole alla sottoscritta.

Era tutto come me lo ricordavo: la scalinata in pietra, il portone con vetri di plastica trasparente, il pavimento di linoleum con gli armadietti a destra e la segreteria a sinistra.

Mi avvicinai alla segretaria con i capelli scuri.

Buongiorno.” le dissi nel tono più cordiale che riuscii a racimolare da tutti i miei due anni di pratica e la vidi sorridere in cambio, “Vorrei il mio orario scolastico.”

Ma certo. Come ti chiami?” chiese.

Nessuno si ricordava mai il mio nome, io servivo solo per fare i compiti per gli altri, no? Se non ci fossi stata io avrebbero dovuto bocciare metà degli alunni, tale era il livello di analfabetismo in quella scuola.

Taylor Austen.”

Lei frugò in una pila di fogli: “Ecco a te.” disse gentilmente porgendomi un foglietto con l'orario e le chiavi di un armadietto.

Mormorai un ringraziamento e andai alla ricerca dell'armadietto 409.

Per mia fortuna era lontano dalla combriccola dei ragazzi popolari, nascosto in un angolino.

Diedi un'occhiata veloce al mio orario. Prima ora, scrittura creativa. Ottimo, quella era la mia lezione preferita in assoluto, un modo alternativo al rasoio per sfuggire dalla realtà.

Seconda ora, matematica. Non avevo problemi nemmeno in quella, quindi a meno che non mi fosse capitata in banco una delle oche giulive sarei stata a posto.

E poi c'era ginnastica. Quella era diventata una lezione che da una parte mi piaceva e dall'altra no dopo che la prof aveva scoperto che mi tagliavo. Mi aveva esentato da tutte le lezioni con la scusa che mi sarei fatta male per colpa dell'anoressia da cui ero appena guarita, o qualcosa del genere, non so, non mi ricordo benissimo. In pratica passavo tutte le mie lezioni a parlare con professoressa, e la cosa non mi dispiaceva affatto.

Infilai velocemente l'orario nell'armadietto al suono della prima campana e mi ritrovai ad arrancare verso l'aula di scrittura. Mi sedetti in prima fila, non come se ne avessi scelta, visto che i secchioni come me non potevano sedersi dietro, per nessuna ragione. Una delle famose leggi non scritte della Felicity High School.

Lentamente la classe si cominciò a riempire, ma io non guardai mai verso la porta per paura.

La seconda campana, l'ultima, suonò poco dopo che la classe si fu finalmente riempita. Entrò anche il professore, sbattendosi rumorosamente la porta dietro le spalle e degnandoci di una mezza occhiata prima di sospirare e fare l'appello. E, come al solito, ero la prima del registro.

Austen.” disse nella sua voce arrochita dal tempo e dal fumo delle sue sigarette preferite.

Alzai la mano, “Presente.”

Si sollevò un brusio e sentii qualche insulto e qualche pel di carota sussurrati tra gli studenti dietro di me.
Cominciarono già a pizzicarmi gli occhi da quanto stavo cercando di trattenere le lacrime.

Il professore, non accortosi di nulla, continuò l'appello fino alla W di White. Si stava per alzare in piedi per cominciare la lezione, quando tre colpi veloci risuonarono alla porta.

Il prof sollevò un sopracciglio, sembrava sorpreso dall'interruzione, mentre io mi affrettai ad abbassare lo sguardo sul foglio davanti a me.

Avanti.” disse, “Ah, certo. Mi ero dimenticato di voi due.” aggiunse quando la porta si aprì per lasciar intravedere i due sconosciuti. Ma tenni lo sguardo appiccicato sul banco.

Sentii lo scalpitio di piedi e subito dopo numerose risatine femminili riempire l'aula. E chi erano questi, Brad Pitt e Orlando Bloom?

Il professore disse qualcos'altro che non riuscii a sentire.

Mi chiamo Zayn Malik” disse una voce un pochino roca, ma non in modo fastidioso, anzi! Le risatine chiocce continuarono ad echeggiare tra le quattro mura.

E io sono Niall Horan” disse una seconda voce, più limpida della precedente. Stavolta furono dei versetti dolci a riempire la stanza, quel genere che avevo sentito solo quando uno guardava un cucciolo di cane particolarmente dolce.

Morivo dalla voglia di sapere che facce avessero i nuovi arrivati per ricevere quel genere di attenzioni, ma sapevo che se avessi alzato lo sguardo le cheerleader mi avrebbero incenerito.

Signor Horan, lei si può sedere vicino al signor Foster.” Altro scalpitio di passi. Il ragazzo mi passò di fianco per andarsi a sedere dietro di me, ma l'unica cosa che vidi fu uno sprazzo di blu, probabilmente il colore della sua maglietta.

Il professore continuò con aria pensierosa: “Non voglio problemi da lei signor Malik, quindi la metterò in prima fila, di fianco alla signorina Austen.”

Raggelai. Il tempo sembrò cristallizzarsi mentre cercavo di recepire tutte le informazioni in una volta sola. Era una pazzia! I due ragazzi nuovi di fianco e dietro di me? Oh maledizione! Anche se non era certo colpa mia, le cheerleader mi avrebbero ammazzato. E i ragazzi nuovi erano probabilmente le nuove star del football, avrebbero cominciato a tartassarmi e a minacciarmi. Ma chi me l'aveva fatto fare di tornare a scuola? Ora ero stretta tra l'incudine e il martello.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Ta-da! Vi piace? Questo è stato il frutto della mia lezione di Greco, visto che la mia voglia di ascoltare la prof era pari a zero. Comunque, so che chi ha letto la mia altra storia si aspettava il decimo capitolo di Forever young ma avevo già questa pronta e non sapevo cosa farmene. Ancora non so che diavolo succederà in questa FanFiction, solo la trama a grandi linee, quindi non so, ditemi voi se vale la pena di continuare questa schifezzuola.

Quindi una piccola-iccola recensioncina mi piacerebbe vederla, ditemi anche chi dei cinque preferireste “vedere di più” in questa FF, perché ho anche il prossimo già pronto, e nel prossimo ci sono tutti tranne uno... Povero uno :( mi farò perdonare caro!

Ok, lasciate perdere il mio momento di sclero completo.

Spero che vi sia piaciuta :D

Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Dreaming never hurt anyone ***


09 settembre 9:50

La campana che segnalava la fine della seconda ora mi colse alla sprovvista, pugnalandomi alle spalle e avvertendomi che l'ora che più temevo, educazione fisica, era arrivata in tutta la sua inesorabile maestosità. Però, ero proprio tragica oggi.

Raccolsi tutti i miei libri di matematica lentamente, Tutto sommato le prime due ore erano andate bene: ero in banco da sola per matematica, mentre io e tizio Malik non ci eravamo parlato per niente, io non avevo neanche il coraggio di guardarlo, quindi non sapevo nemmeno che faccia avesse.

Sapevo solo che aveva delle mani stupende, e dal loro colore ne avevo dedotto che non fosse completamente inglese, a riprova del suo nome molto... particolare.

Ero rimasta l'ultima nell'aula di matematica e fui costretta ad uscire dall'aula per tuffarmi nella folla di studenti che intasavano i corridoi.

Ehi, attenta!” una voce femminile infastidita precedette uno spintone che mi mandò a sbattere contro un altro studente, il quale mi lanciò uno sguardo omicida.

Lo sapevo che non poteva continuare ad andare tutto bene.

Alla fine riuscii a liberarmi dalla folla per uscire all'aria aperta e al silenzio. L'aria fresca mi svegliò e mi ridonò un poco di pace mentale, mandata a farsi friggere dopo lo spintone ricevuto.

Tirai un calcio ad uno sventurato sassolino che si trovava vicino al mio piede.

Quando ci arrivai proprio di fronte, aprii di malavoglia la porta della palestra e trascinai i piedi verso la prof, che stava parlando al semicerchio di diciassettenni radunati intorno a lei. Erano già tutti cambiati. I ragazzi avevano una maglietta grigia e dei pantaloncini larghi neri. Le ragazze un tuta un po' più attillata, ma non scandalosa. Ma quanto diavolo di tempo avevo sprecato fuori nel parcheggio?

Appena entrai nel loro raggio visivo abbassai la testa, accontentandomi di fissare i loro piedi. Era già tanto che non avessi nessuna cheerleader o nessuno delle squadra di football e basket in classe con me durante le prime due ore. Per mia fortuna scrittura creativa e matematica erano off limits per l'intelligenza limitata delle star.

Ma ginnastica era proprio quel genere di corso dove ci sarebbero stati tutti.

Mi fermai di fianco alla prof, che smise di parlare quando mi vide.

La guardai in quegli occhi stupendamente azzurri che si ritrovava: “Mi scuso per il ritardo, professoressa Redbird.”

Lei mi lanciò una breve occhiata interrogativa prima di sorridere calorosamente: “Taylor!” mi mise una mano sulla spalla, “Non è grave, ma non farlo più.”

Osservai i suoi occhi fissare i miei avambracci, quasi stesse cercando di farmi una radiografia.

Allora, voi ragazzi formate due squadre e andate fuori al campetto di calcio,” disse con un tono più autoritario, “le ragazze... prendete un pallone e andate a giocare a pallavolo fuori. I ragazzi nuovi vengano qua che gli devo parlare e pure tu, Taylor.”

C'erano dei ragazzi nuovi anche qua? Ma cos'era quest'anno?

Guardai di nuovo la prof. E io c'entravo perché...?

Quasi a rispondere alla mia domanda inespressa, lei si guardò velocemente intorno prima di scoccarmi un'occhiata triste: “Come va con...” lasciò la frase in sospeso, ma io sapevo cosa intendesse.

Non andava bene, chiaramente, e io non ero assolutamente capace di mentire, la verità mi si leggeva negli occhi. Stava ancora aspettando una risposta, e doveva essere la verità: “Non ho fatto colazione e ieri mi sono quasi uccisa. Ho le braccia a pezzi.” la informai, concisa, con una smorfia. Non aveva alcun senso prolungare le mie sofferenze.

Non sapevo come, ma improvvisamente mi ritrovai stretta nell'abbraccio soffocante della professoressa. Dopo un attimo di smarrimento mi abbandonai all'abbraccio, caricandola di tutti i miei quaranta chili di peso.
“Oh cara, mi dispiace tanto.” disse, la sua voce distorta perché aveva appoggiato le sue labbra sulla mia fronte.

Sentii le voci di alcuni ragazzi avvicinarsi e mi staccai velocemente da lei.

Non li guardare in faccia, mi ripetei all'infinito, una cantilena che andava avanti eternamente.

Non avevo nessuna intenzione di essere spedita all'ospedale il primo giorno di scuola.

Eccovi. Alla buon'ora.” disse la prof in tono seccato, “Taylor, loro sono Malik, Styles, Payne e Horan. Ragazzi, lei è Austen.”

Due di quei nomi me li ricordavo da quella mattina, ma gli altri due erano davvero sconosciuti. No, mai sentiti in vita mia.

Senza alzare la testa annuii un pochino. Non potevo risultare sgarbata, avrebbe portato solo a lividi più grandi se li avessi ignorati.

Sentii due voci, probabilmente Styles e Payne, visto che non le riconoscevo, salutarmi, mentre gli altri due, avendo già capito che non ero così loquace, non si sprecarono.

Niall, non si saluta più?” chiese la prof, con un tono molto più materno di quanto mi sarei aspettata.

Ciao.” disse allora, anche se lo sentivo dal suo tono che era imbarazzato. Feci un altro cenno con la testa.

Austen, non ti farebbe male guardarli in faccia.” mi sussurrò minacciosa all'orecchio la professoressa.

L'angolo della mia bocca si sollevò senza il mio consenso.

Mi avvicinai al suo di orecchio: “Io credo di sì invece, le cheerleader mi distruggerebbero se solo mi vedessero guardarli.”

Sicura? Se solo avessi vent'anni di meno ci andrei io, dietro ad un paio di loro. Guarda che fisico che ha Payne, e la faccia di Malik. Non sai cosa ti stai perdendo.” il suo tono sognante e allo stesso tempo malizioso mi fece ridacchiare di gusto.

Passo, grazie.”

Lei si rialzò e scrollò le spalle prima di parlare ad alta voce: “Meglio così, ce n'è di più per me.”

Io l'adoravo la Redbird.

Stavo dicendo,” il suo timbro tornò a quello che si addiceva al suo ruolo di insegnante, “loro quattro sono nuovi qui, ti dispiacerebbe fargli fare un giro per la scuola? Tanti tu non ti alleni, no?” Le lanciai un'occhiata omicida, ma non potei che accettare la proposta della prof.

Va bene” dissi nel tono più tranquillo che riuscii a mettere insieme. Mi girai e cominciai a camminare fuori dalla palestra, seguita a ruota dai quattro ragazzi. O almeno, speravo mi stessero seguendo perché io di certo non gli sarei corsa dietro se si fossero persi.

Ah, e Niall,” mi fermai per permettere al ragazzo di sentire cosa doveva dire la professoressa, “falle mangiare qualcosa, mi raccomando.” disse con una risata.

Non potei fare a meno di sussultare e socchiudere gli occhi verso la traditrice.

Niall si schiarì la voce, confuso: “Uhm, va bene, zia.”

Zia? Zia?? Niall Horan era il nipote di Hannah Redbird?
Mi era appena caduto il mondo addosso. Scossi la testa tra me e me. Non ero certo quel genere di ragazza che appena scopre una novità qualunque, anche la più insignificante. Affari loro se erano imparentati.

Alzai leggermente la testa per vedere dove stavo andando. Uscii nel parcheggio pieno di Porsche e BMW per poi rientrare nel corridoio dell'edificio principale.

Cominciai a nominare le porte e le aule con voce spaventata ma allo stesso tempo atona: “La segreteria, gli armadietti, il bagno dei maschi, l'aula di arte...” non stavano ascoltando, questo era chiaro e limpido dai rumori che sentivo dietro di me.

E improvvisamente una mano forte si posò sulla mia spalla, immobilizzandomi all'istante.

Strizzai automaticamente gli occhi e mi irrigidii, ferma dove mi trovavo.

Oh Madonna, Cristo santo. Ti scongiuro, fa' che non mi picchino. Prometto che andrò in chiesa più spesso, mi confesserò, mi farò suora, ma fa' che non mi picchino.

Ehi, senti.” indubbiamente la voce di Malik, “Per scrittura creativa-” alzai una mano per fermarlo, prima che potessi rendermi conto che l'avrebbe fatto arrabbiare.

Continuai a fissare il pavimento mentre gli rispondevo, la mia voce piena di amarezza, “Ho capito. Li vuoi domani o va bene anche mercoledì?”

Lo sapevo che sarebbe successo, ma perché allora faceva ancora così tanto dannatissimo male? Non era una novità che gli studenti mi ordinassero di fare i loro compiti, potevo solo essere contenta che fosse stato così gentile da chiedermelo, no? Eppure era doloroso sentirselo domandare anche dal ragazzo nuovo, che tra l'altro non sapevo ancora che faccia avesse.

La pressione sulla spalla diminuì. Ecco, ora tirava indietro la mano per tirarmi una sberla o un pugno. No, no, no, non il primo giorno, non di già!

Che cosa hai detto?” lo sapevo, l'avevo fatto arrabbiare col mio tono insolente. Però non sembrava irritato. Più... confuso, ecco.

Scusa, ehm, non volevo dire, ecco-io.” cominciai a balbettare, tanto ero spaventata.

Ma Malik rise, una risata profonda. Ma che faccia doveva avere quello per avere una risata così bella, così sexy? Arrossii violentemente al pensiero. Dio, sembravo proprio un'adolescente con gli ormoni in subbuglio. Non solo lo sembravo, io lo ero!

Però Zayn, hai già fatto colpo.” disse un'altra voce.

Senza pensarci, alzai la testa di scatto all'insinuazione poco gradita.

Ci mancava solo che andassero in giro a dire che mi piaceva il ragazzo nuovo e la mia umiliazione sarebbe stata completa.

Io non-oh!” rimasi senza parole. In quel momento l'unica parola rimasta nel mio vasto vocabolario era 'wow'.

Avete presente l'espressione avere un sorriso che va da un orecchio all'altro?

Non avevo mai pensato che fosse veramente possibile farlo davvero. E invece il ragazzo davanti a me lo stava facendo sul serio. Aveva una massa di capelli ricci che sembravano così morbidi che volevo affondarci le mani dentro per vedere se erano davvero così morbidi come sembravano.

E, accipicchia, era un gran bel pezzo di ragazzo.

E tu chi sei?” le parole mi uscirono di bocca, così, senza che ci avessi pensato.

Il suo sorriso si ingrandì ancora di più: “Io sono Harry Styles, baby.” disse facendomi un occhiolino. Dire che quella frase mi prese in contropiede sarebbe minimizzare la situazione.

Feci un piccolo passo all'indietro, solo per sfiorare un altro corpo, indubbiamente maschile.

I miei occhi mi incontrarono con quelli del secondo stupendo ragazzo.

Oh” fu l'unico suono che uscì dalla mia bocca.

Pelle scura, capelli scuri. Occhi scuri che mi stavano ipnotizzando per la loro intensità. Quello era di sicuro il mio perfetto compagno di banco, Zayn Malik. Se Harry era un gran bel pezzo di ragazzo, Zayn era di certo una versione modernizzata di Adone.

Non sarei più riuscita a distogliere lo sguardo da lui se in quel momento la voce di Horan non avesse interrotto.

Ehi, Harry, ho pres-” si bloccò a metà parola, guardandomi.

Oh” stavolta lo pronunciammo all'unisono. Aveva gli stessi bellissimi ed angelici occhi azzurri che aveva anche sua zia. E, assieme ai capelli biondi, gli donavano un'aura di serenità e dolcezza che non potevo non notare.

E dietro di lui veniva un altro ragazzo. Questo era tanto bello quanto gli altri tre, magari con un corpo più atletico, per quanto potevo vedere attraverso la maglietta che lo abbracciava un tutti i punti giusti.

E quello, per deduzione, era tizio Payne, no?

Avevo voglia di pronunciare un altro 'oh', ma mi trattenni. Sicuramente avevano già cominciato a pensare che erano ritardata così com'era, non c'era bisogno di aggiungere altri punti a favore della loro tesi.

Payne, giusto?” dissi invece, cercando di apparire cordiale.

Lui annuì: “Liam.”

Liam... un bel nome, secondo me.

Ma tanto stavo dormendo, quindi che problema c'era? Eh, beh, per forza stavo dormendo, non era possibile che tutto questo stesse succedendo sul serio, che ci fossero veramente i quattro ragazzi più belli che avessi mai visto e che non stessero cercando di farmi piangere.

E se stavo dormendo, allora...

 

*ANGOLO AUTRICE*

E poi, boh, questa specie di schifezzuola aliena è piaciuta... Quiiindi, a grande richiesta, metto il continuo :) L'ho fatto super lungo, solo per voi XD

Ringrazio tutte le ragazze che hanno recensito, mi avete resa veramente felice!

E anche tutte quello che l'hanno messa tra le ricordate o le seguite :)

Volevo ringraziare in particolare Firelight_, per quella recensione che mi ha spezzato il cuore.

Tra l'altro, la mia amica sopraccitata scrive DIVINAMENTE, se non avete ancora letto la sua FanFiction,

è questa qua: You're my kryptonite.

Se leggerete farete un favore a lei, a me e soprattutto a voi stesse :)

Diciamo che continuo a 3 / 4 recensioni. Non sono tante, no? Tre piccole-iccole recensioncine! (?)

E ditemi se siete proNiall, proLouis, proZayn insomma, pro-chiunque!!

Baci baci :)

Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Two goddamn weeks ***


9 settembre 10:20

Non capisco.” dissi ad alta voce, ma parlando più a me stessa che ai quattro ragazzi intorno a me.

Ormai non sarei più riuscita a distogliere lo sguardo dai quattro nemmeno se tutta la squadra di basket mi avesse minacciata.

Cosa non capisci?” chiese Niall con la fronte aggrottata.

Aprii la bocca per rispondergli. Ma la richiusi senza aver emesso nemmeno un suono. Cosa avrei potuto dirgli? Non capisco come mai non state cercando di ridicolizzarmi davanti a tutta la scuola? Certo, bella impressione che avrei fatto. Non capisco perché mi state trattando così gentilmente? Sicuro, se volevo fare la figura della pazza era perfetto.
Mi inventai facilmente una bugia, avevo pratica in queste cose. Anche voi sareste brave a mentire se doveste inventarvi tutte le volte una scusa diversa per non dover togliere il maglione quando in casa ci sono venticinque gradi. O peggio ancora, dare una spiegazione plausibile per i lividi sulla faccia.

Perché Niall ha preso tutta quella roba da mangiare.” dissi velocemente, avendo adocchiato la pila di dolci che stava reggendo il biondo.

Guardai di nascosto le loro espressioni, per controllare che ci avessero creduto.

Tre di loro erano completamente tranquilli, non avevano nemmeno un dubbio. Il quarto invece aveva socchiuso gli occhi, uno sguardo diffidente che mi fece tremare all'interno della mia felpa tre volte più grande di me. Ma perché Zayn non se l'era bevuta?

Un dubbio che non avrei mai risolto, visto che Harry si era avvicinato a me, quasi saltellando.

Mi spostai di qualche centimetro quando avvicinò la sua faccia alla mia, pericolosamente vicino. Ma cosa stava facendo quel ragazzo?

No, non ero stupida, e non avevo due anni. Ero al corrente del fatto che due persone si potessero baciare, o che esistesse il sesso. Solo che non era una cosa che avessi mai provato, era una cosa che apparteneva alla letteratura e al cinema, di conseguenza era inconcepibile che venisse così vicino a me se non per farmi del male.

Quindi ero un po' in imbarazzo dalla situazione, tanto che tornai a guardare per terra e mi scansai.

Harry sembrò rimanerci male, ma si riprese subito e, avvolgendo un braccio attorno alle mie spalle, cominciò a trascinarmi fuori, per farmi sedere sulla scalinata di pietra di fronte all'ingresso.

Senza volerlo, cominciai a sentirmi vagamente male. Quelle scale erano uno dei miei incubi più grandi, dove ero stata picchiata per la prima volta, dove mi avevano insultata, dove mi avevano spintonato giù così tante volte che avevo perso il conto, oramai.

E il fatto che ora fossi seduta lì, con Mr Sorriso 2012, non prometteva affatto bene.

Malik si sedette proprio di fianco a me, così vicino che riuscivo a sentire il suo corpo emanare calore sul mio fianco sinistro, il che mi preoccupò ancora di più, per qualche strana ragione.

Gli altri due si sedettero sul gradino sottostante, con Liam che guardava verso il parcheggio con aria distratta. Se era un sogno, allora tanto valeva che io me lo godessi, no?

Niall mi sorrise e allungò una mano. Mi stava porgendo una barretta di quello che sembrava cioccolato, che non mangiavo da più di un anno oramai. Per quanto ci stessi provando, non riuscii a trattenere la smorfia di disgusto.

Il solo vedere quel cibo troppo dolce mi faceva venire voglia di non mangiare più niente per il resto della mia vita.

Fui investita dalla forza degli occhi da cucciolo di Niall: “Per favore, fallo per me. Altrimenti mia zia mi uccide.” disse in tono lamentoso, supplicandomi.

E poi mettere su un po' di peso non ti farebbe male.” aggiunse Harry tirandomi una gomitata che sicuramente intendeva come giocosa, ma che mi fece non poco male.

Afferrai la barretta e la scartai lentamente, attenta a perdere tempo.

Mi arrivò una zaffata di odore di cioccolato. Il mio stomaco si accartocciò su se stesso.

Dai, su. Non morirai mica per del cioccolato.” disse Zayn, sbuffando.

Gli lanciai un'occhiata sfuggevole. Il tono seccato era già più normale di tutto quello che mi era successo fino ad ora. Soppesai la barretta nella mia mano prima di morderla.

Un piccola morso che fece comunque tirare un sospiro di sollievo a Niall. Quel ragazzo era così tenero che avevo voglia di abbracciarlo e stringerlo forte forte. Arrossii di nuovo quando quel pensiero assurdo mi attraversò la mente. Ma cosa andavo pensando oggi?

Magari era solo la paura dell'ambiente scolastico che mi stava giocando brutti scherzi, o forse ero ancora rintronata per tutto il sangue che avevo perso il giorno prima. C'era sempre la possibilità che fossero gli ormoni, ma per qualche ragione non mi sembrava un'ipotesi plausibile.

Ritornando alla realtà, mi accorsi che avevo mangiato quasi tutta la barretta. Era una sensazione ambivalente... Da un lato ero disgustata e avevo voglia di rigettare tutto, ma dall'altro euforica, essere riuscita a finirla era una piccola conquista per me.

A rompere l'incantevole silenzio che si era creato nella mia mente mentre Harry faceva una battuta e Niall rideva bastò il suono della campanella. Saltai in aria come una molla. Se chiunque mi avesse visto in loro compagnia sarei stata morta, e avrebbe rovinato anche la loro di reputazione, che per adesso era indiscussa per il loro bell'aspetto. Dovevo assolutamente andarmene prima che gli altri alunno cominciassero ad uscire.

Completamente dimenticandomi delle buone maniere mi allontanai correndo verso l'aula di Biologia, senza salutare i ragazzi che erano stati così gentili con me.

E senza accorgermi di aver dimenticato un oggetto compromettente di fianco a dove sedeva Liam, un oggetto che era scivolato dalla cerniera aperta dello zaino.

 

9 settembre 13:50

Aprii la porta di casa, sbattendola rumorosamente dietro di me. Subito sentii la maschera che mi ero messa per andare a scuola scivolare via dal mio volto, lasciandomi più tranquilla e rilassata. Rialzai la testa e mi stiracchiai la schiena, che di era irrigidita in modo parecchio fastidioso a furia di stare china tutto il tempo.

La casa era vuota. Dopo anni di solitudine ci avevo fatto l'abitudine. Entrambi i miei genitori erano avvocati, di una certa notorietà tra l'altro. Di conseguenza tornavano a casa sempre molto tardi, e spesso mi lasciavano in casa da sola quando dovevano andare a congressi o cose simili.

Salii le scale per appoggiare pesantemente la cartella sul letto e lasciarmi scivolare su una sedia.

Per fortuna non avevo compiti da fare, non credevo che con tutto lo stress accumulato oggi ci sarei riuscita.

Beh, certo, avevo compiti di scrittura creativa, ma visto che andavano per giovedì non me ne preoccupavo. Non ancora almeno. E non avevo dato a nessuno la possibilità di raggiungermi per darmi i suoi compiti, visto che mi ero dileguata appena era suonata l'ultima campana.

Non avevo nessuna intenzione di mangiare, dopo lo spuntino di metà mattina ero ancora piena.

Mi guardai intorno, già annoiata, per poi decidere che non c'era niente da fare e che sarei scesa in sala a guardare un po' di televisione.

E chiaramente, con tutta la mia fortuna, non trovavo quello stramaledettissimo telecomando.

Lo cercai dappertutto, arrivando fino al punto di guardare sotto il divano per trovarlo. Ma niente, non saltava fuori.

Poi mi ricordai che mia madre aveva la strana abitudine di metterlo sul tavolo della cucina. Strascicai i piedi fino alla cucina e guardai sul tavolo.
Difatti era proprio lì. E di fianco c'era un foglietto stropicciato.
Avvicinandomi per prendere il telecomando lessi il bigliettino. Imprecai sottovoce guardando la scrittura conosciuta. Era da parte di mia madre, che mi voleva avvertire che sia lei che mio padre sarebbero stati via due settimane a New York e dove si scusava per non avermi avvertito prima, perché era stata una cosa improvvisa.

Ma non fu tanto questa la cosa che catturò la mia attenzione, quanto la seconda parte della nota:

 

allora abbiamo deciso di chiamare la professoressa Redbird per chiederle se potevi stare a casa sua mentre noi non ci siamo. E indovina un po'? Ha detto di sì! Ti aspetta stasera intorno alle sette, così potete anche cenare insieme. Pensa che bello, ci sono anche suo nipote e dei suoi amici, scommetto che vi divertirete un mondo. Ti ho comprato dei vestiti nuovi, porta quelli come cambio per queste due settimane, altrimenti non ti basteranno mai i vestiti. Sono nell'ultimo cassetto a destra. Divertitevi mentre non ci siamo, tesoro, ma non fate troppa confusione.

Ti vogliamo tanto bene.

Mamma e papà

 

Finito di leggere mi uscì un piccolo gemito dalla bocca. Ma in che genere di guai mi aveva cacciato mia madre? Perché dovete sapere che, oltre ad essere la mia prof di educazione fisica, Hannah Redbird era anche la mia vicina di casa e amica di vecchia data di mio padre.

Ma non avevo mai pensato che mi sarebbe successo di dover andare a casa sua per più di due o tre ore, altro che due settimane. Poi finalmente capii la parte più preoccupante del bigliettino: non ci saremmo state solo noi due, ma anche Niall, suo nipote, e gli altri tre ragazzi...

Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata e mi tremavano le mani. Oggi con loro era andata meglio persino dei miei sogni più sfrenati, ma erano ancora nuovi e non conoscevano nessuno, quindi come facevo a sapere che domani non avrebbero fatto conoscenza dei giocatori di basket e deciso che io non potevo fare altro che l'appendiabiti?

Crollai sulla sedia più vicina, mettendomi la testa tra le mani e gemendo di nuovo.

Poi guardai l'orologio.

Erano le due e venti. Tutto sommato avevo ancora tempo, ma considerando che dovevo fare le valigie e tutto, in realtà ci stavo a pelo.

Persi un quarto d'ora solo per trovare la valigia, che era stata posizionata strategicamente sotto il letto dei miei, proprio dove non sarei mai andata a cercare.

Poi andai a guardare nell'ultimo cassetto a destra per trovare i vestiti nuovi da mettere in valigia.

Tutto sommato mia madre, che ormai aveva capito cosa indossavo, aveva scelto delle felpe carine, anche se c'era una maglietta a maniche corte di troppo. Senza curarmi più di tanto dei vestiti, li infilai tutti nella valigia insieme ad altri vestiti più vecchi. Giusto perché avevo voglia di strafare e anche dello spazio in più, misi anche i trucchi, che mettevo solo nelle occasioni speciali in famiglia, e riservai anche uno spaziettino per il rasoio, una scorta di garze che avevo preso dalla cassetta di primo soccorso e una confezione di disinfettante. Speravo comunque di non doverli mai usare, ma sapevo che ormai era una causa persa.

Erano solo le cinque e mezza, quindi decisi di cominciare subito a fare i compiti di letteratura.

Tirai fuori il foglio e lessi la traccia. Era semplice, dovevamo solo scrivere una parola, un sentimento, un qualcosa con un certo significato per noi. Sarebbe stata scelta la parola migliore e poi il professore ci avrebbe divisi in gruppi. Ogni gruppo avrebbe dovuto sviluppare un testo narrativo basato sulla tematica scelta. Insomma, quel genere di compito che era un po' il modo perfetto per cominciare male l'anno.

Non sapevo cosa scrivere, la penna era appoggiata al foglio, ma immobile, incerta su cosa scrivere.

Amore? No, troppo scontato.

Amicizia? Anch'esso troppo scontato, sarebbe stato tutto su o questo o l'amore.

Noia? Certo, era originale, ma come diavolo si faceva a sviluppare un testo sulla noia?

Rabbia? Dolore? Tristezza? Fede? Gioia?

Ero indecisa, troppo indecisa.

Chiusi gli occhi e mi lasciai immaginare uno scenario qualunque. Affiorarono pezzi di scene, parole smozzicate, facce confuse e polverose. Una lacrima mi solcò il viso lentamente, scomparendo poi per terra.

Fantasmi del passato e del presente, confusione, tanto dolore e davvero tanto sangue, sangue dappertutto.

Ma bastava un sorriso e tutti credevano che stessi bene, che il sangue fosse solo salsa di pomodoro, che tutto passava, era solo una fase. Finzione, ecco cos'era.

Finzione...

Ecco, avevo trovato la risposta al compito.
Io avrei proposto la finzione.

Scrissi la mia parola lentamente sul foglio, con qualche inutile svolazzo. Ero soddisfatta della mia scelta, parecchio soddisfatta.

Guardai di nuovo l'orologio. Erano già le sei e un quarto. Sussultai e procedetti a preparare tutti i quaderni di cui avrei avuto bisogno.

Presi tutti le mie cose e chiusi la porta a chiave mentre uscivo. Cominciai a camminare verso la casa alla mia sinistra. Ero davanti alla porta di casa Redbird, ma non riuscivo a decidermi a suonare il campanello.

Ero spaventata e preoccupata, ma anche curiosa di vedere come sarebbe andata a finire, se in farsa o in tragedia.

Conoscendomi, di sicuro sarebbe stata una tragedia, ma non riuscivo ad abbandonare quel piccolo spiraglio di speranza che saremmo riusciti a diventare amici, e poi magari uno di loro si sarebbe innamorato di me, ci saremmo sposati, avremmo avuto tanto bambini e-sì, Taylor, e gli asini volano...

Arrossii di nuovo quando mi accorsi delle mie fantasie sfrenate che avrei dovuto limitare per evitarmi ogni delusione. E invece non riuscivo a smettere. Allungai una mano verso il portone, bussando delicatamente contro il legno scuro. Tanto in quella casa c'era un tale eco che anche le avessi sfiorato la porta si sarebbe sentito.

Per un attimo, però, temetti che non ci fosse nessuno in casa, visto il silenzio di tomba che seguì il mio bussare.

Arrivo!” una voce maschile molto affannata urlò da dietro la porta, mentre sentivo il tintinnio delle chiavi. Stava avendo dei problemi a far entrare la chiave nella toppa, ma dopo qualche tentativo riuscì ad aprire.

Sbucò la testa di un ragazzo sorridente che non avevo mai visto prima.

La mia mente fece dietrofront alla sua vista. Non era nessuno dei ragazzi che avevo visto questa mattina, a meno che la mia memoria mi stesse giocando qualche brutto scherzo.

E tu chi sei?” chiese il ragazzo, guardando prima me e poi la mia valigia.

Te lo spiego dopo, Lou, ora falla entrare.” urlò la voce di Hannah dalla cucina, “Tesoro, porta le valigie nella stanza degli ospiti.”

Il ragazzo aprì la porta per farmi entrare, sorridendomi gaiamente e afferrando senza esitazione lo zaino che avevo sulle spalle.

Conoscevo questa casa meglio della mia, quindi sapevo bene dove stavo andando, anche meglio di questo tipo, che arrancava dietro di me con evidente esitazione. Aprii la porta della camera degli ospiti, ordinata e perfetta come al solito. Appoggiai la valigia ai piedi del letto, e anche il mio zaino venne appoggiato lì di fianco. Mi guardai attorno, incerta su dove andare ora, e quando finalmente decisi di andare a salutare Hannah, il ragazzo parlò.

Io sono Louis Tomlinson.” disse, allungando una mano.

La afferrai con esitazione, la mia presa più flebile di quando avrei voluto: “Taylor Austen.” dissi, guardando con attenzione una macchia sul pavimento di parquet.

Louis! Chi era alla po-” la testa di Liam sbucò dalla porta socchiusa della stanza.

I suoi occhi si fissarono su di me, confusi per un secondo, prima di sorridere calorosamente: “Oh, Taylor. Ciao.” disse, e aveva già aperto la bocca per aggiungere qualcosa quando la voce di Hannah lo fermò.

Ragazzi, è pronto!” urlò dalla cucina.

Seguii Louis verso la sala da pranzo, che Hannah aveva apparecchiato in modo più cerimonioso del solito.

Noi tre eravamo i primi ad arrivare, quindi mi risparmiai delle occhiate curiose.

Hannah uscì dalla cucina impeccabile come sempre, non una piega sui vestiti nonostante avesse cucinato.

Taylor!” squittì come un'adolescente vedendomi, “È bello vederti fuori da scuola, cara. Per non dire che essere circondata da cinque ragazzi è parecchio estenuante.”

Sorrisi, abbracciandola e ricevendo un sonoro bacio sulla guancia, “Già, immagino. Mi dispiace essere piombata così all'improvviso, se l'avessi saputo prima...” feci una smorfia poco signorile.

Lei mi scompigliò i capelli: “Tu non disturbi mai, Taylor, ricordatelo sempre.” mi disse con un sorriso.

Io ho fame, zia!” si intromise Niall, che era appena entrato nella stanza, seguito a ruota da Harry e Zayn, che mi stavano fissando come se fossi un fenomeno da baraccone.

Hannah mise un braccio attorno alle mie spalle e mi mise a sedere proprio di fianco a lei, mentre alla mia destra si sedeva Zayn.
Guardai la tavola, che era stata riempita da ogni genere di cibo, conosciuto e non.

Mi girai per sussurrare nell'orecchio di Hannah: “Ma quanto diavolo hai cucinato?”

Lei ridacchiò: “Non ti preoccupare, mangeranno quasi tutto loro cinque, ma stai pur certa che in queste due settimane non ti farò saltare nemmeno un pasto.”

L'odore del cibo era da un lato nauseante, ma dall'altro veramente buono.

Non ce l'avrei mai fatta a fare tre pasti al giorno, quando a casa mia di solito cenavo e basta.

Ma avrei potuto provarci, al massimo avrei detto a Hannah che non riuscivo. I ragazzi cominciarono a parlare di qualunque cosa fosse Call of Duty, mentre io e Hannah eravamo in relativo silenzio.

In un momento di silenzio comune, Liam alzò lo sguardo verso di me: “A proposito Taylor, stamattina ti è scivolato dallo zaino il quaderno di arte.” mi informò.
Ma non era possibile, mi ricordavo perfettamente di averlo messo in cartella poco tempo prima, per non dire che non avevo lezione di arte il lunedì.

L'unico altro quaderno che possedevo con dentro dei disegni era-no, non era possibile. Se Liam aveva veramente visto il mio album di schizzi allora...

Dentro il mio album di schizzi c'erano tutte i disegni che facevo quando ero depressa, e decisamente conteneva troppo di me perché chiunque potesse vederlo. Ad esempio l'immagine di una ragazza mentre si taglia, un'altra in un angolo scuro mentre piange, un ragazzo che guarda fuori dalla finestra, insomma questo genere di immagini.

Ehi, tutto bene?” la voce di Zayn mi sembrava lontana chilometri. Annuii lentamente, riportando la mia attenzione alla realtà.

Sì, tutto bene.”
Sarebbero state due settimane molto lunghe, me lo sentivo.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Saaalve ragazze :) Boh, non ho niente da dire su questo capitolo, quindi sarò breve:
Non mi piace il capitolo, non succede niente D:
Ringrazio tutte quelle che hanno recensito, perché per me 10 recensioni per due miserrimi capitoli è TANTISSIMO!!! Vi adoro :D
È super lungo, per farmi perdonare dell'attesa!

Basta, non ho altro da dire... Recensite, magari? Mi fa sempre piacere sentire i vostri pareri, specialmente nuove lettrici :)

Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** My tears run down like razor blades (part 1) ***


N.d.A. LEGGETE PERCHÈ NON LO SCRIVERÒ PIÙ!! Allora, in questo capitolo e nel prossimo (che sarà solo la seconda parte di questo) descrivo ampiamente e nel dettaglio atti di bullismo, autolesionismo e pensieri suicidi. Vi prego, vi scongiuro, se la cosa vi da fastidio non continuate... O almeno, in questa prima parte ci sono solo pensieri suicidi, ma vi posso assicurare che il prossimo sarà più forte...

Questo è il primo e ultimo avvertimento...

 

9 settembre 21:09

Stavo per scoppiare, me lo sentivo. Non sarei mai riuscita a mangiare la coppetta di macedonia che Hannah mi aveva messo davanti. Mentre guardavo i cinque ragazzi che si abbuffavano prestarmi pochissima attenzione, giocavo tranquillamente con un chicco d'uva, facendo finta di mangiare.

Hannah.” sussurrai.

Lei si girò verso di me: “Che c'è?”

Non ce la faccio più. Posso andare?” la supplicai.

Lei mi lanciò un'occhiata comprensiva: “Vai pure, io mi fido di te.”

Sapevo perfettamente che con quella frase voleva che non andassi in bagno a vomitare tutto quello che avevo mangiato. Ma il gonfiore nel mio stomaco e la sensazione di essere grassa mi impedivano di prometterglielo con assoluta sicurezza.

Mi alzai silenziosamente dal tavolo, ma il movimento improvviso fece comunque girare le teste dei ragazzi.

Vai?” mi chiese uno dei cinque, ma non prestai attenzione a chi fosse, annuii soltanto.

Allora vengo con te, così ti ridò il quaderno.” stavolta le sue parole mi fecero prestare più attenzione.

Seguii Liam, perché di Liam si trattava, lungo il corridoio, fino a che non si fermò davanti ad una porta chiusa.

Vieni dentro.” mi disse con un sorriso aprendo la porta e facendosi di lato.

Feci un timido passo nella stanza in penombra.

Liam accese la luce, facendomi vedere la stanza più disordinata che avessi mai visto.

Vestiti sparsi dappertutto e carte e penne sparse su tutto il pavimento.

I miei occhi si ingrandirono alla vista di tutto quel disordine.

Liam doveva aver visto la mia espressione, perché ridacchiò: “E tu non hai visto la camera di Harry e Louis.” disse mentre girava attorno ad una maglietta per aprire un cassetto di fianco ad uno dei tre letti disfatti.

Si rialzò tenendo in mano un quaderno che mi era più che conosciuto.

I miei occhi si fissarono sull'oggetto che teneva in mano, senza più riuscire a scollarsi, neanche quando ricominciò a parlarmi.

Allora, come mai sei qua?” mi chiese gentilmente.

Mi morsicai forte un labbro per accertarmi di non star sognando. Un ragazzo carino come lui non poteva avermi fatto una domanda del genere. Era semplicemente surreale e assurdo che fosse interessato a me.

Sbattei due volte le palpebre nella sua direzione, inclinando la testa di lato. Come se guardarlo con la testa inclinata avrebbe cambiato qualcosa, no?

Alla fine decisi che rispondere non avrebbe fatto del male: “I miei sono via e non volevano lasciarmi a casa da sola.”

Lui corrugò le sopracciglia: “Pensavo avessi la mia età.”

Infatti.” ora la conversazione mi stava confondendo.

Scusa se sembra che mi sto impicciando, ma... perché non puoi stare a casa da sola se hai diciassette anni?”

La mia bocca si dischiuse. La domanda effettivamente era più che legittima, ma era una di quelle cose di cui non parlavo volentieri. Come potevo spiegare ad un totale estraneo che ero anoressica? E che i miei non mi volevano da sola per paura che non mangiassi più niente?

Ma non sapevo come fare per sviare la domanda. Proprio non sapevo cosa fare.

Lui mi guardava, incuriosito dal mio silenzio: “Se non me lo vuoi dire non fa niente.” disse tranquillamente.

Mi limitai ad annuire e ad allungare un braccio per riprendere il mio quaderno.

L'album di schizzi scivolò di nuovo al sicuro tra le mie braccia. Tirai mentalmente un sospiro di sollievo.

Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, mi schiarii la voce: “Ehm, allora io vado.”

Ciao, ci vediamo domani mattina.” mi disse, mentre già mi allontanavo lungo il corridoio.

Aprii la porta della mia camera immacolata ed accesi la luce.

La stanza era grande, più di camera mia, ma in pratica c'era solo l'arredamento base.

Un grosso letto matrimoniale proprio al centro, contro il muro, una scrivania con due sedie, un grosso armadio di fronte al letto e una porta-finestra con un balcone.

Mi avvicinai alla finestra, la mano che poggiava sulla maniglia fredda.

Mi chiesi cosa era passato per la testa di Hannah quando mi aveva affibbiato la stanza con il balcone.

Avrei potuto comodamente buttarmi giù alla minima pressione, ma tutto sommato non mi sarei fatta niente, perché il suolo era a meno di un metro dal balcone.

Aprii la finestra e camminai fuori, respirando l'aria fresca. Non faceva tanto freddo per essere a settembre...

Appoggiai le mani sulla ringhiera che mi arrivava poco sotto il petto.

Il sole se ne era già andato, lasciando solo quello stupendo blu intenso e le nuvole in cielo.

Era davvero presto per dormire, ma visto che ero stanca sarei andata a letto. Magari avrei disegnato qualcosa prima.

Mi sedetti sul bordo del letto, sfogliando leggermente tutti i disegni che avevo fatto.

Tutti erano con toni cupi, colori bui e tematiche forti.

Il mio cuore si appesantiva un po' di più ogni volta che ne rimiravo anche uno solo, il mio fiato si bloccava in gola e le lacrime minacciavano di scendere. Guardarli, ma anche disegnarli, era solo l'ennesima forma di autolesionismo. Solo che questo era più mentale che fisico.

Arrivai all'ultimo che avevo fatto, il giorno prima. Era davvero bello, dovevo ammetterlo.

Forse uno dei migliori che avessi mai fatto. Ma c'era troppo di me in quel disegno. Un po' come il ritratto che fa Basil di Dorian Gray.

Lasciai che le mie dita scivolassero lungo le figura che era raggomitolata sul terreno, con una pozza di sangue cremisi attorno ai polsi, che erano posizionati davanti a lei. Erano squarciati, lasciando intravedere tutti i muscoli sottostanti. I capelli bianchi della ragazza, per simboleggiare la purezza, erano sparsi intorno alla sua testa e in alcuni punti si erano macchiati di sangue. Le guance erano visibilmente graffiate, e le poche goccioline di sangue che uscivano dai graffi si mischiavano alle lacrime che scendevano copiose.

Sentivo un peso sul petto che mi impediva di respirare a dovere, e lo stomaco si contorceva per la tensione.

Probabilmente in quel momento avrei preso il rasoio e mi sarei tagliata parecchio a fondo, se non mi fossi accorta degli ultimi due ritocchi che avevo aggiunto al disegno per renderlo completo.

Gli occhi della ragazza erano dolcemente chiusi e la bocca tirata verso l'alto. Era un piccolo sorriso che trasmetteva pace, ma anche rassegnazione. Era il mio modo per dire al resto del mondo che oramai ci ero abituata, e che il dolore che provavo nel tagliarmi era piacevole, quasi un calmante.

Mi uscì un suono strangolato dalla gola. Mi alzai di scatto, facendo cadere l'album per terra.

Mi avvicinai di nuovo alla finestra, spalancandola e uscendo al cospetto del cielo sempre più scuro, quasi cobalto, ora.

Strinsi la ringhiera forte, fino a che le mie nocche non diventarono bianche. Mi sporsi ancora un po' di più, ma non stavo cercando il suicidio.

Tanto, anche se fosse stato, a chi sarebbe importato? Tutti mi odiavano. Ero brutta, e grassa. Un fallimento completo per tutti. Ero disgustosa. E a nessuno sembrava importare che stessi male.

Il mio stomaco era praticamente piegato contro la ringhiera, la mia faccia incorniciata dai capelli arancioni che guardava giù verso il terreno duro.

Anche se fossi morta, nessuno avrebbe sentito la mia mancanza.

No, Taylor, non puoi pensare così... Pensa a mamma e papà, loro ti vogliono bene! E anche Hannah.

Ecco, non potevo farlo, fosse solo stato per loro.

Taylor, ho d-cosa diavolo stai facendo, Taylor?” la voce aspra di Hannah mi arrivò improvvisamente alle orecchie, senza che avessi sentito la porta aprirsi. Mi girai di scatto, con il cuore che batteva a mille.

I suoi occhi azzurri erano spaventatissimi, giusto per smentire il suo tono. E dietro di lei vedevo un'ombra che nella penombra non riuscivo a distinguere.

Poi il suo volto si sporse in avanti, facendomi intravedere la pelle ambrata di Zayn.

Il cuore ricominciò a battere fortissimo, mentre la mia schiena era appoggiata alla ringhiera.

Il mio sguardo saettava da uno all'altra.

No-io... Non-Niente!” riuscii ad emettere, anche se la risposta non parve convincere nessuno.

Hannah fece un timido passo avanti, ma il mio sguardo fu attratto da Zayn.

Gli occhi impenetrabili del ragazzo fissavano un punto non lontano dal mio letto. Riconobbi il punto dove avevo fatto cadere l'album di schizzi. Il mio cuore perse un altro battito.

Lo guardai attentamente, incapace di muovere un solo passo. La sua mano ebbe un guizzo veloce in avanti, come se stesse cercando di afferrare qualcosa. Per un istante nei suoi occhi scuri balenò un sentimento indescrivibile, ma non ne ero certa perché scomparve un istante dopo. I suoi occhi tornarono ad essere l'impenetrabile ossidiana che erano di solito.

Mi sentii strattonare il braccio in avanti, spingendomi di nuovo dentro alla stanza e nell'abbraccio della mia professoressa.

Dio, Taylor, mi hai spaventato a morte.” mormorò.

La guardai negli occhi: “Sul serio, non stavo facendo niente.”

Lei spostò un mio ciuffo da davanti agli occhi: “Ti credo... Ma ora vai a dormire, per favore.”

Annuii, con un'improvviso senso di stanchezza, mentre lei usciva.

Zayn però si soffermò a guardarmi un istante, facendomi venire la pelle d'oca e i brividi lungo la schiena.

Domani mattina vieni in macchina con noi a scuola.” disse, un'imposizione brusca. La sua voce scorreva limpida, come un ruscello. Ma era pur sempre brusco, quasi seccato quando parlava.

Era di nuovo immobilizzata sul posto. Non volevo, non potevo, presentarmi a scuola con loro, sia per il mio bene che per quello loro. Ma non potevo rifiutarmi di obbedire ad un ordine diretto.

Così decisi semplicemente di stare ferma fino a quando non sospirò, girandosi per uscire.

Stava chiudendo la porta alle sue spalle. Si bloccò per un secondo, guardandomi attraverso lo spiraglio che era rimasto aperto.

Ah, e buona notte, Taylor.” disse, con la voce melliflua più rilassata e dolce. Sembrava quasi.. affezionato.

Ma non era era possibile, ero solo io che mi immaginavo delle cose impossibili.

Mi ripresi dal mio sbigottimento: “Buona notte... Zayn.”

Ma ormai era uscito, quindi era come se stessi parlando con il muro.

Completamente dimenticando l'album, mi preparai per andare a dormire.

Stavo per chiudere gli occhi, quando mi accorsi che il mio quadernetto era ancora per terra.

Mi allungai per raccoglierlo, ricordandomi che Zayn aveva visto una delle mia immagini.

La mia mano tramante lo raccolse, guardando velocemente quello che aveva visto Zayn.

Il cuore mi si ghiacciò all'improvviso. Ecco, lo sapevo io, che con la mia sfortuna secolare avrebbe visto proprio quella, la ragazza dai capelli bianchi.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Ho aggiornato!!! Siiiii :D Va bene, ora basta. Non so se avete notato, ma oggi scrivo in viola... Qualcuno sa il perché?? No, eh? Perché oggi è la giornata nazionale di sensibilizzazione per l'epilessia.

Strano ma vero, anche se è corto questo capitolo mi piace sufficientemente, il che significa che con ogni probabilità sarà una schifezza... Comuqnue anche se potrebbe sembrare noioso ad alcuni, vi posso assicurare che questo e il prossimo sono molto importanti, perché vado più a fondo nel descrivere le emozioni di Taylor e comincerò ad approfondire i legami con i cinque ragazzi. Allora? Vi piace? Noioso? Deprimente?

Lo scorso capitolo ha ricevuto ben 9, e dico 9, recensioni, e la cosa mi ha decisamente reso felicissima :3

Vi ricordo che più recensioni ricevo, più mi spronate a scrivere velocemente :) E, se recensirete, ditemi anche che coppia vorreste vedere! Consigli, critiche, offese, complimenti... qualunque cosa :D

Disclaimer:

Il titolo del capitolo è preso dalla canzone 'It's not over', di Secondhand Serenade.

Il riferimento a Basil e Dorian Gray, per chi non l'avesse letto, è preso dal libro 'Il Ritratto di Dorian Gray', di Oscar Wilde.

Basta, vi ho annoiate abbastanza!

Ele

P.S. Tutto quello che scrivo è per esperienza diretta o per esperienze di persone che conosco. Ricordatevi sempre che non siete sole, tagliarsi non è la soluzione ai nostri problemi, come nemmeno il suicidio (da che pulpito la predica -.-).

Se vi sentite sole, o se volete parlare, mandatemi pure un messaggio, senza problemi :) io cercherò sempre di rispondervi e aiutare. Non siamo sole!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** My tears run down like razor blades (part 2) ***


 

N.d.A. Vi ricordate l'avvertimento che c'era nel capitolo precedente? Ecco, non fatemelo ripetere :)

Ah, all'inizio non era programmato, ma nella prima parte ci sono anche accenni di anoressia...

 

10 settembre 7:00

I hurt myself today, to see if I still feel, I focus on the pain, the only thing that's real. The needle tears a hole, the old familiar sting. Try to kill it all away, but I remember everything.

 

Spensi la sveglia, ma fu più per un riflesso che altro. Di certo non ero ancora completamente presente nel mondo dei vivi.

Mi alzai di malavoglia, ricordandomi che non ero a casa mia.

Erano le sette, come tutti gli altri giorni. Se avessi preso l'autobus sarei dovuta uscire per le 7:40.

Ma se fossi andata con Zayn, come mi aveva imposto la sera prima, avrei avuto più tempo. L'idea di andare in macchina era allettante, dovevo ammetterlo, ma assolutamente improponibile.

C'era da dire che non era come se Zayn me lo avesse proprio chiesto, non potevo di certo andare da lui e dirgli di no.

Insomma, erano già passati cinque minuti e io ero ancora seduta nel letto, aspettando che l'ispirazione scendesse dal cielo.

Decisi che avrei cominciato a vestirmi prima di fare una scelta. Frugando tra la pila di vestiti, non trovavo niente da mettermi. O almeno, di cose ne avevo in abbondanza, solo niente che riflettesse il mio umore.

Ci stava del grigio, per oggi. Grigio perché non era né bianco né nero, come la mia vita. Grigio per lo strato di tristezza che mi avvolgeva. Grigio per i miei sentimenti contrastanti; da un lato la voglia di lasciar andare tutto, ma dall'altro la speranza che un giorno tutto questo sarebbe finito.

Ecco, avevo trovato una felpa grigia.

Raccolsi tutti i miei vestiti e mi chiusi a chiave in bagno.

Mi preparai velocemente, sprecando più tempo per pettinare quella massa disordinata di capelli color carota che mi ritrovavo.

E, ovviamente, niente trucco. L'assenza di trucco era la sola cosa che mi permetteva di scivolare fuori dai radar delle altre ragazze. Se mi fossi vestita meglio, o truccata, l'avrebbero presa come una sfida, un tentativo da parte mia di essere più di quello che non ero. E per me era già troppo da sopportare così...

Come il giorno precedente, mi ritrovai a soppesare il rasoio in mano, con un dibattito interno se portarlo o meno a scuola. E, come ieri, lo infilai in cartella, sospirando perché non ero abbastanza forte da resistere alla tentazione.

Uscii silenziosamente dalla camera, attenta a non svegliare chiunque stesse ancora dormendo.

Dalla cucina veniva un odore confortante, caldo e avvolgente. Mi infilai dentro per vedere chi stesse cucinando. Il volto sorridente di Hannah mi sorrise, mentre disintegrava le uova nella padella che aveva in mano.

Taylor! Perché così presto stamattina?” mi chiese, senza perdere nemmeno un po' della sua allegria.

Le spiegai il mio dilemma sulla proposta di Zayn, che lei parve comprendere appieno.

Non so, Taylor, io personalmente andrei con Zayn, ma conoscendoti... Dai, facciamo così: lo dico io a Zayn.”

Tirai un sospiro di sollievo, almeno non avrei dovuto affrontarlo direttamente, anche se il problema si sarebbe posto lo stesso, visto che era il mio compagno di banco per la prima ora.

Comunque, mangi?” mi chiese, tornando a rivolgersi alla padella.

Il profumo che avvolgeva la stanza era davvero buono, mi tentava. Che male avrebbe mai potuto fare, un po' di cibo?

Tu sei già grassa, non hai bisogno di quel cibo.

Quel pensiero fulminante che mi attraversò fu abbastanza per autoconvincermi di pesare troppo, di non aver bisogno di mettere su altro peso.

Non credo che a quest'ora riuscirei a mangiare, ma prendo qualcosa a scuola.” dissi, con il tono più spensierato che mi riuscì.

Ecco, lo dicevo io che ieri doveva essere un sogno.
Oggi invece era tutto più normale, più routine.

Tutte le bugie stile 'mangio quando arrivo' e i 'non mi sento bene' per saltare pasti. Le scuse come 'ho freddo, credo di avere la febbre' per non togliersi mai la felpa.

Era ovvio che non avrei fatto colazione a scuola, era scontato, eppure ci cascavano ancora tutti...

Conoscevo tutte le parole giuste per convincerli. Poi c'erano quei giorni in cui qualcuno diceva come stavo bene, e allora per qualche istante mi sentivo normale, a mio agio con me stessa. Ma poi tornava tutto come prima.

Va bene, allora. Divertiti, ci vediamo più tardi.”

Uscii dalla casa, sospirando mentre alzavo lo sguardo al cielo. Era plumbeo, si poteva sentire nell'aria che si avvicinava la pioggia. L'aeroacrofobia [N.d.A. paura dei luoghi aperti e alti] era annichilente sotto quel cielo.

L'autobus arrivò in perfetto orario, come al solito, pronto per portarmi all'inferno.

Nei sedili dietro di me sentivo dei ragazzi dalla mia scuola ridere e scherzare tra di loro a voce alta. Ad un certo punto, quando eravamo quasi arrivati a scuola, sentii qualcosa colpirmi sul lato della testa e poi rotolare per terra. Guardai l'oggetto con timore prima di accorgermi che era solo un foglio di carta appallottolata.

Un misero foglio di carta capace di distruggere tutta la mia gioia in un colpo solo.

Ehi, guardate un po' chi c'è: pel di carota!” una voce alta e rumorosa dietro di me.

Non piangere, non dargli soddisfazioni. Mi ripetevo, cercando di scacciare le lacrime traditrici.

Ma era difficile. Non ero mai stata una ragazza troppo emotiva, ma una volta arrivata al liceo avevo imparato cosa significasse veramente essere presa di mira. Vorrei vedere che reazione avreste voi, se vi dicessero certe cose sgradevoli nonostante non abbiate mai visto in vita vostra il bulletto.

Era un'esperienza umiliante e degradante, essere paragonati ad un animale dello zoo da punzecchiare fino a che non si sveglia.

E poi sapere che non c'era soluzione, che ero completamente sola, senza avere una 'migliore amica' o 'l'anima gemella'. La pressione dello studio, lo stress e la paura.

Ignorai la provocazione, a cui tutti avevano riso spudoratamente.

Ma, come per un riflesso incondizionato, la mia reazione fu di tirarmi ancora più giù le maniche della felpa, come per coprire tutte le memorie che avevano lasciato le cicatrici.

Tutti i giorni la stessa cosa, dal primo anno: la mia lotta giornaliera, il dolore, poi il rinunciare e subire in silenzio, e la preghiera di riuscire a nascondermi da tutti. Continuavo a pregare, anche se Dio non aveva mai ascoltato le mie parole.

Scesi dall'autobus in silenzio, sommersa da troppe cose.

Cose che sarebbero sparite se solo mi fossi decisa a far finire tutto questo. Mi avvicinai al portone della scuola e poi all'armadietto, prendendo i libri di cui avevo bisogno e mettendoli in cartella, lasciando giù tutti gli altri.

Suonò la prima campana.

Mi avviai con passo strascicato verso la prima ora, temendo la reazione di Zayn.

Per sbaglio, ma forse fu anche una coincidenza fortunata, alzai la testa per guardarmi intorno.

I corridoi erano semi deserti, perché erano quasi tutti già in classe, tranne ovviamente i 'popolari', che puntavano tutto sulla borsa di studio sportiva, decisamente non accademica.

Vidi il capitano e quarterback della squadra e due suoi compagni venire verso di me, minacciosi.

Mi immobilizzai. La ragione per venire verso di me era una sola, e non era certamente per far finta di essere amici.

Per una volta lo spirito di sopravvivenza prevalse sulla paura. Corsi via, sotto i loro sguardi, per rifugiarmi nei bagni delle ragazze.

Mi appoggiai ad uno dei lavandini, cercando di recuperare fiato. Il bagno era deserto, non un'anima tranne me.

Potevo solo sperare che qualche santo mi assistesse nella mia fuga.

Sentii la porta del bagno aprirsi e mi girai di scatto. Il cuore mi batteva all'impazzata, senza trovare un ritmo stabile.

Eccoti qua.” ghignò la voce di Mark, il quarterback. I miei occhi saettarono da una parte all'altra, cercando futilmente una via di fuga.
Stavano giocando con me come fa il gatto con il topo.

Si avvicinò a me lentamente, mentre le mie gambe non rispondevano ai comandi che gli stava inviando il mio cervello.

Mi afferrò il polso di scatto, torturando i tagli che avevo proprio in quel punto. Fu una cosa decisamente casuale, ma il dolore alleviò la mia paura fino a che non riuscii a gestirla meglio.

Dove pensavi di scappare?” mi chiese un altro dei tre scimmioni.

Non gli risposi, ancora persa nel piacevole formicolio e bruciore dei tagli freschi.

Mark mi sbatté contro il muro sporco del bagno, mandando scariche di dolore lungo la schiena.

Oh no, così non andavamo per niente bene. Un conto era l'autolesionismo, o il dolore accidentale nei momenti di stress, ma questo tipo di dolore era un altro.

Non potevo controllarlo, l'ineluttabile dolore che sapevo stava per arrivare. E l'intero punto dell'autolesionismo era il controllo.

Mark avvicinò la sua faccia alla mia, così vicino che riuscivo a sentire il suo respiro sul mio volto.

Dove dannatissimamente eri quando avevo bisogno di te?” mi urlò contro, facendomi chiudere gli occhi e pigolare, spaventata.

Non sapevo cosa rispondergli, non sapevo cosa fare.

Allora?” mi incitò, terrorizzandomi ulteriormente. Mi sbatté piano la testa contro il muro, cercando di ottenere un responso più che di farmi del male.

Non avendo una risposta da me, se non qualche singhiozzo sconnesso, caricò il braccio all'indietro.

Chiusi gli occhi, preparandomi al colpo.

Sentii il suo pugno chiuso connettersi al mio stomaco. Volevo urlare, ma quel pugno mi aveva appena sottratto tutta l'ossigeno di cui avevo bisogno.

Aveva lasciato la presa su di me, quindi scivolai lungo il muro, fino a pestare il sedere contro il pavimento.

Tossii, ringraziando che non uscisse sangue dopo il colpo. Vidi un oggetto avvicinarsi a me, e subito dopo il dolore lancinante che mi colpì alla sprovvista sulla tibia mi fece urlare.

Avendomi tirato un calcio sulla gamba, istintivamente rotolai in posizione fetale, avvolgendo le braccia attorno alle ginocchia e singhiozzando per il dolore pulsante che mi attraversava.

B-b-basta, vi prego...” mormorai tra le lacrime.

Nessuno prestò ascolto alle mie suppliche, ma forse non le avevano nemmeno sentite.

Un secondo calcio sul fianco mi fece inarcare la schiena, l'istinto che cercava di sfuggire al dolore.

Arrenditi, Taylor, non puoi fare niente.

La voce nella mia testa aveva ragione, come sempre d'altra parte. Io mi meritavo il dolore fisico, il digiuno, le persecuzioni. Era tutto perché io era grassa, brutta, uno spreco che andava ucciso. Loro avevano ragione a farmi soffrire. Un giorno avrei finalmente capito che loro lo facevano solo per il mio bene.

Non cercai di evitare il terzo calcio, diretto ancora allo stomaco. Il dolore non era diminuito, ma quella nuova consapevolezza me lo faceva apprezzare in una maniera differente. Assorbivo il dolore e lo facevo diventare parte di me, sapendo che quella era la mia giusta punizione. Dovevo soffrire.

Persi il conto di quanti colpi ricevetti dopo il sesto.

La mia coscienza faceva avanti e indietro tra i due mondi. Il primo faceva male, pieno di luci rosse intermittenti che esplodevano davanti al mio campo visivo e risate crudeli in sottofondo.

Il secondo, invece, era nero, completamente nero. Era come cadere in un buco e non fermarsi più. Ma non sentivo il dolore, le risate, non provavo niente.

Ad un certo punto il dolore cominciò a scemare, fino a che fu solo un sordo pulsare che mi attraversava sotto forma di brividi continui.

Riacquistai lentamente il respiro, aspettando di essere abbastanza forte da rialzarmi dalla posizione raggomitolata. Tossii di nuovo, ancora una volta senza sangue. Ma non provavo il fastidioso raschiare in gola che seguiva il pianto. Non sentivo nemmeno il freddo del pavimento contro la pelle, scoperta dove si era arricciata la felpa.

Non riuscivo a respirare per bene, il panico me lo impediva. Non provavo, ero completamente insensibile.

Ero vuota, completamente. E la cosa mi spaventava a morte. Senza emozioni io non potevo vivere, ero come una conchiglia vuota.

E per provare a me stessa che ero ancora in grado di provare delle emozioni, avevo una sola soluzione.

Strisciai verso la mia cartella, frugando alla ricerca del mio fidato rasoio.

La lama luccicava sotto le luci al neon del bagno. Mi rialzai le maniche della felpa grigia, cercando un punto privo di tagli, freschi o in via di guarigione. Trovai un buco tra due cicatrici rosa.

Appoggiai la lama fresca sulla pelle, premendola in profondità. Il sangue scuro cominciò a uscire, ma io non ero soddisfatta. Aspettai qualche istante che il dolore si facesse sentire.

Ci fu il formicolio. Il bruciore, sembrava quasi di avere le braccia in fiamme, un dolce tormento.

Premetti la lametta su un altro punto pulito del mio braccio, facendo uscire altro sangue cremisi.

Era un'immagine turpe.

Alzai le braccia insanguinate al cielo, offrendole a Dio: “Signore, perché a me? Io ti rispetto, ti amo, ti sono devota. E tu mi ricompensi con tutto questo? Perché?”

Non avere paura, Lui ti sente.

No, nessuno mi ascoltava, nessuno riusciva ad andare oltre le apparenze. Non sarebbe andato tutto bene.

Niente si sarebbe sistemato. Sarebbe stato più semplice finirla qua, ammettere che mi stavano spingendo oltre il bordo.

No, il suicidio non è una soluzione. Mai...

Scacciando dalla testa i pensieri impuri, mi fasciai le braccia con le bende e risistemai la felpa al suo posto.

Le fiamme che divoravano le mie braccia mi impedivano di pensare coerentemente.
Avevo sonno, tanto sonno. Di certo potevo permettermi di dormire cinque minuti, no?

Mi girava la testa. I miei occhi stavano lottando per restare aperti.

C'era tanto dolore intorno a me, troppo; mi ronzava attorno come uno sciame di api, punzecchiandomi alla minima pressione.

Dormi...

Sì, dovevo dormire.

Con un piccolo sorriso, chiusi definitivamente gli occhi.

E nel profondo speravo che non avrei mai dovuto riaprirli.

 

 

*ANGOLO AUTRICE*

Se qualcuno è riuscito ad arrivare alla fine di questo capitolo, mi congratulo!

Non so, magari ditemelo voi cosa ne pensate, visto che io sono di parte :)

E lo so che questo è parecchio riflessivo, ma nel prossimo...

Anticipo che ci saranno in particolare Niall e Liam, ma anche Zayn (perché è il più amato XD) farà la sua parte!

E... boh, ringrazio tutti quelli che hanno recensito, messo la storia sta le preferite, seguite e ricordate :D mi fate davvero felice!

Vi avverto che non so quando riuscirò ad aggiornare questa... Nei prossimi giorni aggiorno Forever Young, ma poi iniziano le vacanze di Pasqua e mia sorella si approprierà del computer a tempo pieno...

Sob sob :'(

Ele

P.S. La canzone è 'Hurt', dei Nine Inch Nails :)

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Thoughtless ***


10 settembre 17:27

Bisbigli attraversavano la stanza, facendomi innervosire. Io stavo cercando di dormire!

Rotolai sull'altro lato, cercando di ignorare le voci.

Una vampata di dolore mi attraversò il fianco. Gemetti, portandomi una mano sul punto dolorante. Era una sensazione strana, ma allo stesso tempo anche familiare. Ah, certo, ero appena stata picchiata, quei dolori che mi attraversavano erano sicuramente i lividi dei calci.

Le voci si zittirono improvvisamente. Spostai il peso per non fare pressione sulla parte lesionata, sentendo sotto di me un materasso soffice. Un letto, forse? Ma io come c'ero arrivata nel letto?

A rigor di logica, sotto di me ci sarebbe dovuto essere il pavimento sporco del bagno della scuola.

Aprii lentamente le palpebre, pronta a richiuderle se ci fosse stata troppa luce. Non ce ne fu bisogno, la stanza era in penombra. E c'era qualcosa di strano, non ero certa di trovarmi proprio in camera mia.

Sbattei le palpebre, cercando di fare uno scan virtuale del mio corpo per controllare di non avere ossa rotte.

Dopo qualche momento di silenzio, finalmente capii cosa c'era che non andava: le mura della stanza non erano color malva, come me le ricordavo, ma di un altro colore, che in quella luce sembrava grigiastro.

Ne conseguiva che io non ero nella camera degli ospiti di Hannah.

Mi misi seduta nel letto, cercando di capire esattamente dov'ero. E di chi erano le voci che avevo sentito.

Trovai subito due ombre sedute nel letto sulla mia destra, e ci impiegai pochi istanti ad identificarle come Niall e Liam.

Liam e Niall. Ieri ero stata nella loro camera, e avevo visto tre letti.

E tu non hai visto la camera di Harry e Louis.”

Aveva detto così, Liam, ieri.

Se nella sua stanza c'erano tre letti, e nell'altra dormivano Harry e Louis, era chiaro come il sole che il terzo occupante della stanza era... Zayn.

Mi giri a guardare l'altro letto, quella alla mia sinistra. Ed eccolo lì, disteso tranquillamente sul suo letto, come se i problemi del mondo non fossero affare suo.

Una mano mi tocco piano la spalla, facendomi trasalire e girarmi di scatto.

Niall tirò via la mano, alzandola per farmi vedere che non mi voleva fare del male: “Scusa, non ti volevo spaventare.” disse sussurrando.

Mi hai solo preso alla sprovvista.” mormorai, tenendo la testa bassa.

Lui annuì: “Come ti senti?”

Lo guardai, spaesata. Era ancora troppo strano venire trattata con così tanta gentilezza.

Io-bene, grazie. Che ore sono?” chiesi, accorgendomi del buio fuori dalla finestra.

Le cinque e mezza, ti abbiamo portata in camera nostra.” disse Liam. Andò ad accendere la luce, venendosi a sedere anche lui ai piedi del letto.

Avevo davvero dormito così tanto? Non solo ero stata picchiata, ma avevo anche saltato il secondo giorno di scuola! Incredibile... che ottimo modo per cominciare l'anno.

Alzando un braccio per spostare un ciuffo di capelli, notai che non ero vestita come quella mattina. Qualcuno mi aveva messo addosso una maglietta azzurra a maniche corte, un maglioncino nero e dei jeans scuri. Con quella strana rivelazione, mi accorsi anche che le bende sulle mie braccia erano fresche, probabilmente cambiate da poco.

Il mio cuore cominciò a battere più velocemente per la paura. Nessuno doveva scoprire che mi tagliavo, men che meno questi ragazzi. Sarebbero stati disgustati, avrebbero cominciato anche loro a prendermi in giro. Non sarei riuscita a sopportare che qualcuno lo sapesse.

Cercai di parlare, ma la mia gola era improvvisamente secca.

Deglutii, cercando di fare la domanda più importante: “Chi mi ha cambiata?” chiesi in un sussurro.

Mia zia, ha detto che dei ragazzi non potevano vederti in intimo, e in effetti non ha tutti i torti.” disse con un sorriso sghembo Niall.

Il mio cuore si sbloccò, più leggero. Emisi un sospiro di sollievo impercettibile.
O almeno, credevo fosse impercettibile. In realtà Zayn si mise seduto in un solo movimento, facendomi perdere dieci anni di vita.

Si avvicinò con passo felpato a noi tre, sotto lo sguardo ammonitore di Liam.

Si fermò a pochi centimetri dalla mia faccia, osservando attentamente i miei occhi: “Ti ricordi cos'è successo?” mi chiese, con quel suo tono brusco e menefreghista che mi faceva venire i brividi.

Mi allontanai dalla sua faccia e annuii piano, cercando di non farmi venire ancora più mal di testa di quanto non ne avessi già.

I suoi occhi non mi riflettevano niente dei suoi pensieri, erano chiari e limpidi, ma l'unica cosa che riuscivo a vedere era una barriera. Era come se avesse eretto un muro per tenere gli altri fuori.

E cos'è successo?” mi domandò di nuovo, il suo tono sempre tagliente come un coltello.

I miei occhi si riempirono involontariamente di lacrime mentre ripensavo all'accaduto.

Sentendo una morsa di dolore attanagliarmi lo stomaco, mi piegai in due tenendo stretta la mia pancia. Due lacrime andarono a bagnare le coperte intorno a me.

Soffocai un singhiozzo, ma non riuscii a fermare il tremore delle spalle.

S-stai piangendo?” mi chiese il moro, per la prima volta sconvolto, perdendo quel tono così arrogante.

Dalla sua voce sembrava che il mio responso l'avesse colto di sorpresa, quasi confuso.

Scossi la testa flebilmente mentre altre due lacrime mi solcavano il volto pallido.

Per favore, Zayn, esci.” mormorò Liam dolcemente.

Non sentii la risposta mormorata del ragazzo, ma la porta si chiuse con un sordo clack.

Un altro singhiozzo mi scosse, facendomi raggomitolare in posizione fetale.

Sentii un tocco gentile sui capelli, una carezza calma che cercava di tranquillizzarmi.

Al terzo tremito, mi ritrovai circondata da un paio di braccia. Un corpo caldo premeva contro il mio.

Alzai la testa, colta alla sprovvista dal gesto gentile. Quanto tempo era che un coetaneo non mi abbracciava? Tre anni? Forse di più. Il contatto era strano, ma piacevole. Una mano sfregò la mia schiena, conciliante.

I capelli del ragazzo, che ancora non ero riuscita a capire se fosse Liam o Niall, mi pizzicavano il collo.

Per un istante, mi strinse forte contro di lui: “Non piangere.” La voce, con quel suo accento così strano, apparteneva indubbiamente a Niall.

Le mie braccia erano ancora ferme lungo i miei fianchi, indecise se abbracciarlo a mia volta oppure no.

Decisi che per ora potevo anche evitare di farlo, non potevo sapere cosa sarebbe successo nei giorni successivi. Poco dopo, lui si districò da me, fissando i suoi occhi azzurri nei miei.

Non riuscii a reggere quello sguardo così sincero. I suoi occhi mi stavano mostrando tutta la sua anima, o così sembrava: potevo vedere le sue emozioni fuoriuscire dal suo volto.

Fissai volutamente un punto qualunque del letto. Un respiro profondo e scacciai le lacrime dalla mia faccia, una procedura che, se non avessi avuto così tanta pratica, mi sarebbe risultata impossibile.

Come ti senti?” mi chiese di nuovo Liam, avvicinandosi abbastanza da farmi vedere la sua faccia preoccupata.

Bene.” dissi flebilmente, non convincendo nessuno della risposta.

Liam scosse la testa: “Taylor, mi dispiace, so che sto mettendo il dito nella piaga, ma siamo stati noi due a trovarti nel bagno, stamattina.”

Trasalii. Non dissi niente, restai solo ferma a guardarli. Nella mia testa vagava una sola domanda: avevano visto i tagli?

Nella vita di un'autolesionista, tutto si distingue in un 'prima' e un 'dopo'.

Il 'prima' era quando ancora non ti tagliavi, quando la tua maggiore preoccupazione era quella di aver preso un'insufficienza nel compito di matematica. Il 'dopo', invece, è completamente incentrato sui tagli. La mattina ti alzi, e sono due le cose che ti passano per al testa. Gli altri si insospettiranno delle maniche lunghe? Mi taglierò oggi? Qualche giorno fa avevo ritrovato un vecchio biglietto di buon compleanno. Del mio sesto compleanno. E mi ero ritrovata a pensare a quanto fosse bella la vita a quei tempi. Quando tutto si riduceva al giusto e allo sbagliato, senza tutte le sfumature di grigio; giorni in cui mi sentivo ancora viva, quando non vedevo l'ora di uscire all'aria aperta*. Ero così innocente a quei tempi...

E ora che il momento di confrontarmi con le mie paure era arrivato, mi accorgevo che non ero pronta a dichiararmi.

Il mio cuore stava battendo a mille e stavo sudando freddo. Loro non dovevano sapere. Loro non potevano sapere che mi tagliavo.

Avendo capito che non sapevo come rispondere, Liam riprese a parlare, passandosi una mano tra i capelli: “Senti, noi sappiamo bene cosa stai passando.”

Loro che?! No, io non ci credevo. Quei due non potevano parlare sul serio.

Non si poteva avere idea di cosa si provasse a tagliarsi, a meno che non si sperimentasse sulla propria pelle. Per un'ovvia ragione, e cioè che la vita di quei cinque mi sembrava perfetta, dubitavo che loro due si fossero mai tagliati. O bruciati. O procurati lividi volontari. Insomma, generalizziamo: ero quasi certa che né Liam né Niall avessero mai commesso atti che potessero rientrare nella categoria dell'autolesionismo.

Li fissai con tutto il mio stupore.

La mia faccia doveva essere davvero buffa, perché anche se il momento non era dei più opportuni, Niall scoppiò a ridere.

Liam mi sorrise tristemente: “Davvero, Taylor. Eravamo anche noi vittime dei bulli.”

Senza pensare alle ripercussioni del mio gesto, ma semplicemente seguendo il mio istinto, mi misi una mano sul cuore, tirando un sospiro di sollievo: “State parlando di quello? Grazie al cielo.”

Dio, mi era quasi venuto un infarto. Il piccolo dettaglio del bullismo mi era completamente sfuggito di mente.

Niall mi guardò, stupitissimo: “Perché, c'è altro?”

Mi immobilizzai, maledicendo la mia bocca: “No, niente. E cos'altro dovrebbe esserci? La mia vita va bene, anzi, splendidamente, voglio dire...” mi morsi il labbro per non dire altro, visto che stavo già straparlando.

Liam mi lanciò un'occhiata in tralice: “Comunque, anche noi ci siamo passati, quindi ti possiamo aiutare.”

Annuii, anche se non ero proprio convinta. Diciamocelo, quei due erano una specie di modelli, e stavano pure cercando di convincermi di essere stati maltrattati. E magari io ci dovevo anche credere, no?

Ormai non sapevo più cosa stavo facendo, ero così rintronata che non avevo più controllo sulla mia bocca: “È per questo che siete venuti a stare da Hannah?” chiesi, e dalle loro reazioni capii subito di aver fatto una domanda inopportuna.

Liam passò una mano tra i capelli, come colto di sorpresa, mentre gli occhi di Niall si scurirono, fino a sembrare che avesse una nube nera nei suoi occhi.

Ora mi avrebbero picchiato. Ma perché non imparavo a tenere la bocca chiusa?

Abbassai la testa umilmente, strizzando gli occhi in previsione di un colpo che non arrivò. Confusa, mi raddrizzai per guardarli negli occhi. Giusto in tempo per vedere Liam lanciare un'occhiata a Niall che sembrava dire 'te l'avevo detto'.

Non avere paura a parlare, non ti facciamo niente.” disse Liam con un sorriso tra il comprensivo e il gentile.

Lentamente, annuii.

Lo sguardo di Niall si illuminò mentre muovevo la testa affermativamente: “Ottimo! Prima regola per sfuggire ai bulli: devi sempre andare in giro con almeno uno di noi cinque.”

Lo guardai: “Cosa, scusa?”

Andare sempre in giro con loro? No, sarebbe stato un suicidio!

Niall mi guardò attentamente: “Beh, certo, così siamo sicuri che non ti succeda niente.” disse, come se fosse stata una cosa più che ovvia.

M-ma gli altri tre ragazzi non lo sanno, vero?” già era tanto che loro due lo sapessero, ma addirittura cinque persone era troppo.

Niall scosse la testa: “Non capirebbero.”

Certo, se anche il loro amico diceva una cosa del genere, erano davvero messi male.

Liam si affrettò a correggere il biondo: “Solo perché non l'hanno mai provato personalmente.”

E dovevo ammettere, aveva ragione. Tutti potevano capire cosa provava una persona vittima di bullismo, ma solo fino ad un certo punto. Solo se l'avevi provato sulla tua stessa pelle potevi comprendere ogni sfaccettatura del problema.

Sospirai, ponendo una domanda che avrei preferito evitarmi il più a lungo possibile: “E Zayn?” sussurrai.

Liam fece una piccola smorfia: “Non sappiamo bene cosa abbia intuito Zayn, ma conoscendolo credo che abbia capito anche più di noi due.”

Lo fissai con una faccia a dir poco interrogatoria: “In... che senso?” chiesi, cauta. Forse non volevo nemmeno sapere la risposta.

Niall scosse la testa, sbadigliando: “Ieri sera quando è entrato in camera era davvero incavolato, e quando gli abbiamo chiesto il problema, lui ha risposto che eri tu. Ma poi non ha voluto dirci altro. E poi ti guarda in modo strano.”

Ripensai alla sera prima, e un brivido mi attraversò la schiena. Ci stava, anche io avrei guardato male Zayn se lo avessi trovato sull'orlo del suicidio.

Liam continuò il discorso che aveva cominciato Niall: “Regola numero due: avvertici sempre se succede qualcosa.”

Avendo perso un po' delle mie inibizioni durante il discorso, alzai un sopracciglio: “Oh, volentieri. Ma qua si pone un problema molto urgente: io come faccio a contattarvi?”

Usando il cellulare?” disse Liam, il suo tono incerto trasformando l'affermazione in una domanda.

Niall saltò su dal letto come un molla, tirandosi una manata in fronte: “Non ha i nostri numeri!”

Ecco, proprio quello che intendevo dire.

Dov'è il tuo cellulare, Taylor?” mi chiese Liam mentre tirava fuori il suo dalla tasca dei pantaloni.

Corrugai la fronte, cercando di fare mente locale: “Nel mio zaino, credo.”

Liam si alzò anche lui dal letto, muovendosi verso la mia cartella.

C'era qualcosa che mi stava dicendo di fermarlo, ma non mi ricordavo cosa ci fosse che non doveva vedere.

Feci scorrere nella mia testa tutte le cose che volevo tenere nascoste.
Alla numero sette ci arrivai: la lametta.

Liam era già piegato per aprire la cerniera: “Fermo!” quasi urlai.
Lui si bloccò a mezz'aria, girandosi a guardarmi. Io gli feci semplicemente cenno di portare la cartella a me.

Aprii velocemente la cerniera del mio zaino, tirando fuori il cellulare ma facendo attenzione a non far intravedere il rasoio.

Appoggiai la cartella ai piedi del letto, mentre i due ragazzi tornavano a sedersi di fianco a me.

Ci scambiammo i rispettivi numeri, e Niall mi obbligò a giurare che in caso di bisogno l'avrei chiamato.

La voce femminile, sbucata dalla porta, di Hannah interruppe il nostro discorso: “Taylor, ti sei svegliata!”

venne al mio fianco, portando una mano sulla mia fronte.

La allontanai dolcemente: “Hannah, tranquilla. Sto bene.” quante cavolo di volte lo avevo ripetuto negli ultimi due giorni? Sospirai sottovoce, sbattendo lentamente i miei occhi, che ormai si erano appesantiti.

Hannah scosse la testa, come sovrappensiero.
E poi si riprese dal sul torpore, scuotendo la testa: “È pronto. Taylor, te la senti di venire giù?”

Guardandomi le mani, le risposi: “Non credo che riuscirei a mangiare.”

Lei sospirò: “Ne sei proprio sicura?” annuii, “Va bene allora. Ma non ti muovere da quel letto, resti lì stanotte. Zayn lo facciamo dormire in camera tua.”

Non risposi, accontentandomi semplicemente di distendermi nel letto, raggomitolata. Mi tirai le coperte fino al naso.

La porta si chiuse, lasciandomi immersa nel silenzio. Chiusi gli occhi, mentre il calore mi avvolgeva.

Stavo per addormentarmi, quando sentii la porta riaprirsi, e intravidi le testa bionda di Niall: “Taylor?”

Sì, Niall?” chiesi.

Lui entrò nella stanza, avvicinandosi a me. Mi abbracciò per la seconda volta. Per un attimo rimasi interdetta, completamente confusa. Poi, lentamente, ricambiai l'abbraccio, sentendo il calore del suo corpo.

Ti voglio bene.” disse, scoccandomi un sonoro bacio sulla guancia.

Senza un'altra parola uscì dalla stanza, lasciandomi distesa sul letto, con una mano portata sul punto che aveva baciato.

 

*ANGOLO AUTRICE*

No, non sono ancora morta, per vostra sfortuna XD Mi dispiace davvero tanto per averci messo così tanto ad aggiornare, ho avuto una brutta settimana. Comunque, nel capitolo in pratica non succede assolutamente niente, ma vi posso assicurare che dopo il prossimo capitolo mi ucciderete...

Vi ringrazio tanto per le 11 recensioni, mi avete resa così felice :) Mi lasciate un commentino su questo?

Il titolo è preso dall'omonima canzone dei KoRn, che mi hanno dato l'ispirazione per scrivere questo e il prossimo capitolo.

Anticipazioni: ehm, che dire, se in questo si vedono solo Niall e Liam, nel prossimo saranno gli altri tre a spuntare, con una leggera prevalenza di Louis (sì, proprio lui o.o)

Ok, la smetto qua.

Ele

P.s. *la parte in corsivo è un riferimento non proprio implicito alla canzone Adam's Song, del Blink-182.

P.p.s Sapete che non lo faccio spesso, quindi vuol dire che se le faccio pubblicità merita. Andate a leggere le FF di emme653, sono davvero belle.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** I knew it... ***


Ricordate: se mi uccidete, non saprete mai come andrà a finire XD E ho anche dovuto togliere la parte di Louis, viene già troppo lungo così... Comunque nel prossimo aspettatevi Louis.

Buona lettura :)

 

11 settembre 7:11

Afferrai il pasticcino che stava svolacchiando in mezzo alla stanza con le mura azzurre. Le sue ali lucenti brillavano tutte le volte che la luce del sole che entrava dalla finestra le colpiva.

Era davvero un pasticcino invitante: morbido, con uno strato di glassa rosa sopra e piccole scaglie di zucchero colorato in cima.

Ne staccai un piccolo pezzo e me lo infilai in bocca. Dovevo dirlo, era il dolce più buono che avessi mai assaggiato in tutta la mia vita; ogni ingrediente si sentiva perfettamente, ma allo stesso tempo nessuno aveva una prevalenza sugli altri.

Sorrisi mentre masticavo. Dietro di me spuntò magicamente una sedia, su cui mi lasciai cadere pesantemente.

Continuai a mangiare il mio pasticcino in santa pace. L'avevo mangiato per metà, quando all'improvviso scomparve dalle mie mani. Mi alzai in piedi di scatto, cercando il mio dolcetto. Ma la stanza azzurra era completamente vuota, tranne che per me e la sedia.

E poi, qualcosa di morbido e tiepido mi toccò la fronte. Aprii lentamente gli occhi, che sembravano chiusi ermeticamente.

Taylor.” sussurrò piano una voce maschile.

Dov'è il mio pasticcino?” mormorai, confusa.

Eh? Ma cosa dici?” chiese di nuovo la voce, divertita.

Diventai più rossa di un pomodoro quando mi accorsi di aver fatto la figura della scema. Strizzai gli occhi, cercando di capire chi fosse la persona davanti a me, ma la mia mente annebbiata dai pasticcini non me lo permise.

Comunque, avevo capito che la stanza con il dolce volante era solo frutto della mia immaginazione.

Che c'è?” chiesi con la voce ancora impastata dal sonno.

Sono le sette e un quarto.”

Era già così tardi?! Mi alzai di scatto dal letto, traballando quando mi accorsi di essermi alzata troppo in fretta.

Dopo essermi ripresa, attraversai la stanza e uscii nel corridoio senza salutare il ragazzo. Ma dovevo andarmi a vestire, e visto che avevo tutto nell'altra camera...

Era tutto silenzioso, anche se riuscivo a sentire delle voci ovattate dalla stanza dove credevo ci fossero Harry e Louis.

Mi fermai davanti alla camera degli ospiti, tentennando davanti alla soglia.

Dovevo entrare direttamente, per non svegliare Zayn in caso stesse dormendo; o bussare, per essere certa che non si stesse vestendo o qualcosa del genere?

Alzai una mano per bussare. Solo per riabbassarla subito dopo. Scossi la testa, esasperata con me stessa.

Ero così indecisa che sfioravo il ridicolo.

Prima che potessi perdere l'impeto di coraggio, bussai con fare flebile alla porta.

Se era sveglio mi avrebbe sentito, ma se stava dormendo avevo fatto poco rumore apposta per non svegliarlo.

Sentivo un po' di nausea nella bocca dello stomaco. Zayn si sarebbe arrabbiato tanto se lo avessi svegliato, già che non gli stavo tanto simpatica così com'era.

Avanti.” sentii la sua voce dire da dentro la stanza.

Mentre allungavo la mano per abbassare la maniglia, riuscivo a sentire il battito erratico del mio cuore.

Ero vagamente infastidita. Con me stessa, perché ero così tremendamente timida che avevo paura perfino di entrare in camera mia, se era presente chiunque altro. E con lui, perché mi trattava così freddamente, come se fossi uno straccio. Senza alcun motivo, tra l'altro.

Aprii la porta ed entrai. Il respiro mi si bloccò in gola ed emisi un verso strozzato di cui fortunatamente lui non si accorse.

Ma che persona fuori di testa farebbe entrare qualcun altro in camera mentre si sta vestendo?

Era, per mancanza di un termine meno grezzo per dirlo, mezzo nudo. Nel senso che aveva addosso solo un paio di jeans, senza niente sopra. Per lo meno mi stava dando di schiena.

Arrossi per la seconda volta da quando ero sveglia quando si girò verso di me, mettendo in bella mostra tutti i suoi muscoli.

Io, in una stanza con un ragazzo a petto nudo. E che ragazzo!

S-scusa, esco s-subito.” balbettai, imbarazzata dalla situazione, girandomi per uscire dalla camera.

No no, stai pure.” disse tranquillamente, scoccandomi un sorriso rilassato.
E tutta questo buon umore? Perché non mi aveva parlato con quella sua voce arrogante?

Con un gesto fluido ed elegante, si infilò una maglietta bianca. Tra l'altro, il bianco gli donava tantissimo, metteva in risalto la sua carnagione scura.

Il mio volto si fece ancora più rosso quando mi accorsi che stavo facendo altri pensieri assurdi.

A dopo.” ecco, ora era di nuovo brusco. Così, gli erano partiti i cinque minuti per caso? Era peggio di mia madre con la sindrome premestruale.

Era quasi sulla soglia, quando mi decisi a fare una domanda che mi ronzava in testa da quando la avevo incontrato: “Posso farti una domanda?” chiesi, pentendomene subito dopo. Ero ancora troppo rintronata per pensare lucidamente alle mie parole.

Lui si girò a guardarmi, con un piccolo sorriso che presi come incoraggiante.

Sei bipolare?” non stavo cercando di prenderlo per i fondelli, la mia era una preoccupazione seria.

I suoi occhi si scurirono ancora una volta: “No.” sibilò, facendo una smorfia disgustata nella mia direzione.
Uscì sbattendo la porta alle sue spalle. Ecco, perfetto, avevo combinato l'ennesimo casino. Afferrai dei vestiti. Neri per oggi, vista come era cominciata bene la giornata. Mi chiusi a chiave in bagno e mi preparai il più in fretta possibile.

Guardai il mio riflesso allo specchio e mi punzecchiai una guancia. Avevo cominciato a mettere su peso, stavo diventando una balena. Mi facevo schifo solo a guardarmi.

Uscii dalla stanza, mettendo in cartella, che qualcuno aveva pensato bene di portare in camera mia, tutti i libri che mi servivano.

In cucina c'era un odore che, se possibile, era anche migliore del giorno precedente. Scossi la testa.

Signore, se mi stai ascoltando, fa' che io non abbia più fame.

Mi sedetti su una delle sedie, guardando divertita Niall che si stava mangiando metà della riserva di merendine di sua zia. Liam invece si stava comportando più educatamente, bevendo un bicchiere di spremuta di arancia.

E c'era anche Harry, con cui avevo scambiato appena una o due battute da quando lo conoscevo. Si girò verso di me per lanciarmi un sorriso raggiante che ricambiai timidamente.

Intravidi Hannah che veniva verso di me, la sua faccia atteggiata in un cipiglio preoccupato.

Mi preparai ad ascoltare la sua predica. Non che fossi così ingrata da non essere riconoscente per tutto quello che aveva fatto per me, semplicemente era difficile per me accettare che altri sapessero il mio piccolo segreto, e di certo non ero comoda a parlarne.

E invece, contrariamente a tutte le mie aspettative, mi mise davanti al naso un piatto pieno di ogni tipo di cibo.

Storsi il naso, cercando di allontanare l'odore. Lei mi tirò uno scappellotto leggero dietro alla testa.

Harry, voglio che finisca almeno metà piatto, mi raccomando.” disse.

Alzai gli occhi al cielo. Non avevo davvero voglia di ingerire calorie, men che meno avere qualcuno che mi guardava mentre mangiavo.

Harry si grattò una guancia: “Uhm, ok. Ma perché?”

Il mio cuore ebbe l'ennesimo scatto di ansia a quelle parole. Ripetei mentalmente, e senza pensarci, quello che ormai era diventato il mio unico pensiero: nessuno deve sapere.

Lanciai un'occhiata disperata a Hannah, pregandole di inventarsi qualcosa per coprirmi.

Perché non ha mangiato per tutto ieri.” disse con tono rilassato, riuscendo perfino a sorridere a Harry, che sembrò tranquillizzato.

Hannah tornò in cucina e Harry si avvicinò a me, prendendo una fetta di pane imburrato e porgendomela.

Feci una smorfia al cibo, e Harry ridacchiò: “Eddai, solo questa. Poi il resto lo diamo a Niall.”

Sospirai, allungando una mano verso il pane. Ma Harry non ne voleva sapere di mollare la presa.

Aggrottai la fronte: “Ma come faccio a mangiare se non me lo dai?”

Lui mi scoccò un altro sorriso abbagliante, sbattendo le lunghe ciglia che contornavano quegli occhi verde smeraldo: “Posso fare l'aeroplanino?”

Niall si soffocò con il cibo da quanto stava ridendo, e Liam fu costretto a tossire quando il succo gli andò di traverso dallo stupore.

Io mi limitai a fissarlo. Lui fissava me, ed io fissavo lui, senza che nessuno dicesse una parola.

Alla fine mi decisi a rompere il silenzio: “È uno scherzo?” no, perché se così era, di certo non mi stavo divertendo.

Lui fece una faccia fintamente offesa: “No! Perché dovrei scherzare?”

Mi schiarii la voce, a disagio: “Beh, perché non ho due anni, prima di tutto, E anche tu sei un po' grandicello per queste cose.”

Lui mi fece gli occhi da cucciolo: “Per favore!”

Io lo guardai ancora, per poi girarmi verso gli altri due ragazzi: “Io-non...” come facevo a dirgli di no?

Mi aveva perfino chiesto per favore! Non avrei dovuto continuare a tirare la corda, mi sarei semplicemente dovuta accontentare.

Va bene.” sussurrai, sentendomi sconfitta ancora una volta. Ma mi sentii risollevata dalla faccia assurdamente felice di Harry, che sembrava gli avessero appena detto che aveva vinto alla lotteria.

Però, come mi accorsi subito dopo, la cosa era comunque imbarazzante.

Harry si avvicinò a me, aprendo la bocca come se dovesse mangiare lui. Morsicai un pezzetto minuscolo di pane, masticandolo lentamente.

La faccia di Harry era soddisfatta, ma sembrava che stesse pensando a qualcosa di molto importante.

Improvvisamente, i suoi occhi si illuminarono, e fu come se avessi visto la lampadina accendersi sopra la sua testa.

Ero preoccupata, sinceramente, non sapevo quanto altro avrei potuto sopportare.

Ti prego, ti scongiuro, poi non ti chiedo più niente, ti siedi in braccio a me?” scatenò tutta la forza distruttrice dei suoi occhi contro di me. Ma l'effetto fu rovinato da Niall che rideva fino alle lacrime dall'altro lato del tavolo.

Io non credo che-” Harry mi tappò la bocca e mi sollevò di peso. Istintivamente mi irrigidii nelle sue mani, temendo il peggio.

Ma Harry si accontentò di appoggiarmi sulle sue gambe e abbracciarmi da dietro.

Mi sentivo le guance in fiamme, e non ero comoda in quella posizione. Per niente.

Harry mi avvicinò ancora il pane alle labbra, e fui costretta a darci un altro morso. Una volta mandato giù il boccone, sospirai. Stavo per chiedergli di farmi scendere, quando Louis fece irruzione nella cucina, con addosso un paio di pantaloni della tuta e una maglietta di Superman.

Haaaaarry! Zayn non esce dal bagno, fai qual...cosa” la sua voce acuta si spense di intensità quando vide me e Harry.

No, mi ero sbagliata, ora avevo le guance in fiamme.

Oh, non volevo disturbare.” disse, la sua voce passando subito al malizioso. Sbarrai gli occhi. Ma che idee si erano fatti questi cinque su di me? Se qualcuno mi avesse giudicata attraverso le descrizioni di loro cinque, ne sarebbe venuto fuori che ero una specie di escort complessata con le guance perennemente rosse.

Mi stavo dibattendo nelle braccia di Harry, che però non accennava a lasciarmi andare.

E, giusto per completare la combriccola, Zayn scelse proprio quel momento per scendere in cucina, con la sua cresta alta un metro e mezzo e i suoi vestiti da figlio di papà. Lanciò un'occhiata di disgusto nella mia direzione. Dio, ma gli facevo così schifo?

No, ma era solo una mia impressione, o Zayn riusciva veramente a tirare fuori il peggio di me? Sembravo veramente un'altra persona. A dire il vero, oggi ero molto diversa dal solito. Più... sicura di me?

Sì, ma io tutta questa confidenza attorno a loro da dove l'avevo presa?

Ecco, aggiungete facilmente illusa alla lista delle mie qualità principali. Quando sarei arrivata a scuola, la caduta in terra sarebbe stata solo più dolorosa. Stupida, Taylor, stupida...

 

11 settembre 7:59

Non avevo aperto bocca se non per rispondere alle loro domande dirette. Per tutto il viaggio in macchina, con Louis alla guida, ero stata muta come un pesce. Ero tornata ad essere la vecchia e spaventata Taylor.

Perché? Era più facile così.

Louis fece la centesima frenata brusca, parcheggiando nel parcheggio della scuola.

Mentre Liam scivolava fuori dalla macchina, e teneva la portiera aperta per farmi uscire, sentivo le farfalle nello stomaco. E non in senso positivo. Non ero innamorata, dopo la prima volta mi ero ripromessa di non fare più quell'errore, ma ero spaventata. Non volevo essere picchiata, umiliata, degradata o insultata da nessuno oggi. Ma venire a scuola in macchina con loro cinque era come chiedere di essere uccisi.

E infatti, la capitana delle cheerleader, Stacy, mi stava trucidando con lo sguardo mentre era attaccata alla bocca di Mark come una sanguisuga. La vista di Mark mi provocò un brivido lungo la schiena.

Era forse l'ultima persona che volevo vedere dopo quello che era successo ieri. O meglio, era l'ultima persona che volevo vedere in generale.

Liam mi appoggiò una mano attorno ai fianchi: “Vedi, tutto a posto.”

Scossi silenziosamente la testa: “Cheerleader a ore tre.” dissi melodrammaticamente.

Lui girò la testa a destra per vedere cosa intendevo: “In effetti... Non ti preoccupare, ci siamo qui io e Niall.” disse con un sorriso triste.
“Cos'hai?” chiesi, confusa riguardo al perché sembrasse così intristito.

Lui scosse la testa: “Niente di che, solo che mi ricorda molto quello che dovevo passare io nella mia vecchia scuola.”

Mi morsi il labbro. Potevo capirlo, e potevo capire anche come mai fosse così pronto ad aiutarmi, anche io avrei fatto lo stesso al suo posto.

Allora, cos'hai alla prima ora?” mi chiese, cercando di scacciare la malinconia.

Alzai gli occhi al cielo, ricordandomi che avrei dovuto passare la prima ora di fianco a Zayn: “Scrittura creativa.” mormorai.

Allora ti da fastidio se ti accompagna Zayn?” mi chiese. Dio, ma quant'era premuroso? Nessuno si era mai spinto così oltre per farmi sentire a mio agio.

Esitai nella mia risposta: “Se lui ci sta... Se no posso anche andare da sola, sai?”

Lui scosse di nuovo la testa, girandosi per scambiare due parole con il suo amico, che sembrava alquanto annoiato. Louis, Niall e Harry nel frattempo si erano dileguati. E la prima campana stava per suonare.

Non potevo fare tardi anche oggi, altrimenti il professore mi avrebbe uccisa.

Una mano fredda si appoggiò su una delle mie spalle, spaventandomi a morte. Mi girai, solo per vedere il ghigno soddisfatto di Zayn. E Liam che era sparito dalla vista. Impallidii al pensiero di dover fare anche quel piccolo pezzo di strada con lui.

Un giorno di questi mi sarebbe partito qualche commento sconveniente, e a quel punto si sarebbe arrabbiato sul serio. Guardai attentamente il suo braccio destro, vedendo i suoi muscoli ben sviluppati. Un pugno da lui, e altro che infermeria, sarei finita dritta all'ospedale.

Senza darmi il tempo di pensare ad altre cose turpi che avrebbero rovinato ulteriormente il mio umore pessimo, cominciai a camminare verso il portone della scuola, sentendo Zayn che camminava silenziosamente di fianco a me.

Tutto sommato non fu poi così male, d'altra parte Zayn non parlava. L'unico momento spiacevole fu quando dovemmo passare di fianco a Mark e Stacy. Ma con Zayn al mio fianco nessuno dei due osò alzare un dito.

La campana suonò proprio nell'attimo che entravamo nell'aula. Sentii i familiari insulti sussurrati rivolti verso la sottoscritta. E le risate crudeli.

Ma che diavolo mi era saltato per la testa quando avevo pensato che magari Liam e Niall avrebbero potuto aiutare con questa storia? Non c'era verso di farli smettere.

Appoggiai con cautela i libri sul banco, sedendomi sul bordo della sedia. Di fianco a me, riuscivo a sentire Zayn che si sedeva di fianco a me, ma lo ignorai. E feci anche finta di non aver visto il sorriso radioso di Niall.

Aprii un libro a casaccio, facendo finta di essere occupata a fare altro, mentre in realtà tutti i miei sensi erano tesi nello sforzo di ignorare le voci che mi stavano dicendo che ero brutta e inutile.

La porta sbatté rumorosamente quando il professore entrò, facendo scattare la mia testa all'insù.

Ragazzi, mi raccomando, ricordatevi i compiti di domani, non voglio vedere nessuno senza. Ora, oggi parliamo della suspense. La suspense è un termine usato molto spesso quando si tratta di narrativa, in particolare in generi come il thriller...” la voce del professore continuò la sua lezione.

Ma per una volta io, Taylor Austen, non stavo ascoltando.

 

11 settembre 13:30

La giornata era passata lentissimamente, sembrava che le lancette dell'orologio si fossero bloccate.

Ma finalmente anche la sesta e ultima ora era finita, e sarei potuta tornare a casa di Hannah, e chiudermi a chiave in camera. E trovare il modo di sfogare tutta le frustrazione che avevo accumulato in quella giornata.

Era stata un giornata davvero strana. Mi sentivo in qualche modo... normale, ecco. Avevo passato metà dalle mie lezioni ad ascoltare le lezioni, mentre l'altra metà l'avevo spesa a fantasticare.

Ed era un avvenimento più unico che raro trovarmi distratta in classe. Rimisi in cartella tutti i miei libri e mi incamminai fuori, nei corridoi affollati. All'inizio nessuno si accorse di me, e mi sembrava di star sognando.

Ma poi una delle cheerleader, di cui non mi ricordavo nemmeno il nome, mi spintonò, facendomi fare due passi all'indietro. Si avvicinò minacciosamente alla mia faccia, facendomi abbassare lo sguardo verso i miei piedi.

Con un finto sorriso smielato, mi gettò addosso due pezzi di carta: “Tema di quattro facciate sulla Prima Guerra Mondiale. E lo voglio per dopodomani.” si girò sul tacchi per andarsene, ma si rigirò verso di me, “Ah, un'ultima cosa: voglio prendere come minimo una B.”

La guardai allontanarsi e perdersi in mezzo alla folla di studenti.

Strizzai gli occhi, facendo sparire due lacrimoni che minacciavano di uscire. Perché me la prendevo così tanto? Oramai avrei dovuto essere abituata a quel genere di trattamento. E invece no, faceva sempre più male, volta dopo volta. Feci due profondi respiri, cercando di restare calma.

E ci ero anche quasi riuscita, quando qualcuno mi strattonò il polso bruscamente, trascinandomi lontano dal punto in cui mi ero fermata. I miei occhi si spalancarono.

Il mio sguardo confuso si concentro sul ragazzo che mi stava facendo camminare dietro a lui.

Non riuscivo a vederlo in faccia, ma anche da dietro non avrei mai potuto confonderlo con nessuno. I capelli neri accuratamente spettinati, le spalle larghe e i muscoli prominenti. Mark.

Il fiato mi si bloccò in gola dalla paura. Cosa voleva ancora da me, non ne aveva avuto abbastanza dopo ieri?

Ma non avevo il coraggio di chiedergli niente, mi avrebbe uccisa.

Mi lasciai trasportare in direzione contraria rispetto al resto degli studenti. Stavamo andando verso l'ala destra dell'edificio, che non era più usata da anni. Non capivo cosa stesse cercando di fare, visto che non c'era niente da quella parte.

Il polso che stava strattonando cominciava a farmi parecchio male, ma niente di nuovo.
Quello che invece era molto nuovo era l'assembramento di adolescenti che c'era dove Mark mi stava portando.

Ragazzi riuniti in un semicerchio attorno a qualcosa che da quella distanza non riuscivo a riconoscere.

Mark cominciò a ridacchiare selvaggiamente, facendo rispuntare il terrore dentro di me.

Se Mark mi cercava, non poteva essere niente di buono, ma se mi cercava per portarmi da altri, allora ero davvero nei guai.

Ormai eravamo a soli pochi passi da loro, ed avevo capito cos'era che stava tanto interessando i ragazzi.

O meglio, chi era. Gary Jackson, un ragazzo dichiaratamente gay del secondo anno. Era uno dei ragazzi più dolci e sensibili dell'intero pianeta, era chiaro anche se ci avevo parlato solo una o due volte. Era disteso per terra, con il labbro spaccato e diversi lividi in faccia. Non osavo immaginare come fosse ridotto il resto del corpo.

Ma la cosa che mi spaventava di più era che ero certa che ora lo avrebbero lasciato andare, e solo per cominciare a picchiare me.

Cercare di divincolarsi dalla presa di Mark sarebbe stato assolutamente inutile, forse anche dannoso, quindi continuai a camminare nonostante il mio istinto mi stesse dicendo di scappare a gambe levate.

Mark si fermò davanti a tutti gli altri, che si girarono verso di noi. Guardando per terra, vidi gli occhi chiari di Gary alzarsi verso di me e incupirsi.

Ora ve la prendete anche con le ragazze? Vergognatevi, animali.” sputò fuori Gary.

Uno dei ragazzi gli tirò un calcio, facendolo gemere per il dolore: “Sta' zitto, frocio.”

Gli occhi di Gary si riaprirono, seppur con difficoltà: “Muori, codardo.”

Lo sguardo dell'altro scintillò di rabbia: “Come mi hai chiamato? Ripetilo se ne hai il coraggio.”

Ma vaffanc-” non riuscì a finire la parola perché fu costretto a mordersi il labbro per non urlare quando il ragazzo si abbassò per torcergli il polso.

Ti piacerebbe, eh?” rispose il bullo con un ghigno.
Avevo tanta paura. Stavo tremando come una foglia. Non sapevo come avrebbe risposto Gary, o come avrebbero reagito loro, ma più si arrabbiavano e più avrei dovuto sopportare io dopo.

E Gary fece proprio quello che non doveva fare: gli rispose a tono.

Ti stai offrendo, per caso?” disse con un sorriso sarcastico. Mi irrigidii, e con me anche tutti gli altri, anche se per motivi diversi.

La mascella del ragazzo si contrasse, e gli cominciò a girare il polso, fino a quando Gary non cominciò a urlare dal dolore.

La preoccupazione montò in me fino a quando non gli urlai di smetterla, gli occhi chiusi.

Mark sogghignò: “Oh, bene. Facciamola finita allora.” con un altro strattone mi portò al centro del cerchio.

Ero in piedi di fianco a Gary, che a fatica si era messo a sedere contro il muro. Tutto intorno a me vedevo le facce di ogni persona che mi aveva colpita e umiliata negli ultimi due anni.

Strizzai di nuovo gli occhi: se volevano colpirmi io non volevo vedere.

Mark fece un'altra risata arrochita, che mi fece pigolare dalla paura: “Oh, no. Apri gli occhi.”

Lottando contro il mio cervello, alzai le palpebre. E quello che mi ritrovai davanti mi fece fare un automatico passo all'indietro, mandandomi a sbattere dolorosamente contro il muro.

Ora che li avevo aperti non sarei mai riuscita a chiuderli. Ecco che quello che avevo predetto per due giorni continui si stava avverando. Quello che non avevo detto, però, era che la cerimonia per entrare a far parte dei 'popolari' era essenzialmente quella di dare un pugno ad uno degli altri ragazzi che non erano altrettanto 'popolari'. E in quel caso il punching ball sarei stata io.

Harry, Louis e Zayn mi stavano guardando. Forse alcuni di voi ricorderanno tutte le mie paranoie sul non affezionarmi troppo a loro perché poi avrebbero cominciato anche loro ad insultarmi. Ecco, il momento era arrivato.

Gary, con uno scatto, mi afferrò dolcemente la mano: “Invece che prendervela con lei, usate me.”

Stavolta risero tutti. Uno dei giocatori di basket gli rispose: “Ma se non riesci nemmeno a reggerti in piedi.”

Gary digrignò i denti e cercò di sollevarsi, ma io lo fermai, sussurrando in modo che solo lui mi sentisse: “Gary, stai fermo, ti hanno già fatto abbastanza male così. Sono solo tre pugni, posso sopportarlo.”

La sua faccia diventò una di sconfitta quando capì che stavo dicendo la verità. Mi lasciò andare la mano, abbandonandosi contro il muro.

Io mi rialzai, guardando in faccia i tre ragazzi di fronte a me. Quel mio gesto era un chiaro invito a darsi una mossa. La cosa più brutta del sapere che stavo per ricevere un pugno non era il dolore in sé, ma il sentire la tensione che si andava accumulando, logorando i nervi.

Harry e Louis si scambiarono un'occhiata quasi spaventata.

Pensavo fossimo d'accordo, Mark.” accusò Zayn, usando quel tono così sottilmente tagliente che mi faceva rabbrividire.

Mark ricambiò la sguardo con tutto il menefreghismo che aveva: “Datevi una mossa e facciamola finita.”

Io non picchio le donne.” rispose.

Strinsi i pugni, intervenendo nella conversazione. Non me ne fregava niente di risultare sgarbata o di farli arrabbiare.

In quel momento l'unica cosa che mi importava era far finire tutto questo: “Malik, una volta tanto ascolta Mark!” urlai, esasperata.

I suoi occhi impenetrabili si girarono verso di me, facendomi intravedere un guizzo di confusione.

Strinsi i muscoli della pancia, aspettando il colpo: “Non ho mica tutto il giorno.”

Vedendolo avanzare di un passo, chiusi gli occhi: “Dai, su, facciamola finita.” sussurrai per non farmi sentire da nessuno.

Il colpo mi fece piegare in due, gemendo per il dolore. Non era il colpo più forte che avessi mai ricevuto, anzi, in una scala da uno a dieci era un quattro, ma accentuai l'effetto teatrale così Mark e i suoi compari sarebbero stati convinti.

Mi rialzai, aprendo gli occhi: “Styles, tocca a te.” mormorai, guardando in quegli occhi smeraldo così spaventati. Gli feci un sorriso debole: “Dai, datti una mossa:”

Il pugno di Harry fu anche meno forte di quello di Zayn, ma nemmeno a farlo apposta finì nello stesso esatto punto, incrementando il dolore. Questa volta finii veramente per essere senza fiato per il dolore.

Tomlinson.” dissi solamente. Ma gli occhi chiari del ragazzo erano limpidi, riuscivo a leggerci dentro che non voleva farlo.

Mi passai una mano tra i capelli: “Non ti deve piacere, Louis.”

Lui aprì la bocca, ma lo interruppi: “Dannazione, fallo e basta!”

Aspettai qualche secondo, ma alla fine anche il colpo di Louis arrivò al mio stomaco. Era davvero un colpo deboluccio, ma mi piegai lo stesso, gemendo di nuovo.

Mi lasciai cadere di fianco a Gary, soffocando le lacrime di dolore e umiliazione.

Andiamo fuori, dai ragazzi.” disse Mark arrogantemente. Sentii lo scalpitio di passi allontanarsi nel corridoio, e le loro voci rumorose che ridevano.

Una lacrima silenziosa scivolò lungo la mia guancia.

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te... E perché non è anche con me, il Signore? Cos'ho fatto di male per meritarmi questo?

Né io né Gary parlammo, non ce n'era bisogno. E nessuno dei due ne aveva voglia dopo quello che era successo.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Ciaaaao :)
13 recensioni in tre giorni... io vi amo... Per questo ho deciso di postare subito il settimo capitolo.

Ok, però non mi uccidete dopo questo capitolo, prometto che si faranno perdonare tutti e tre! Spero di non aver annoiato nessuno, visto che il capitolo è mooolto lungo, per i miei standard.

Stavo pensando, e se il prossimo lo dedicassi anche a fare un altro POV? Non so, se l'idea vi piace lo faccio con il POV di Louis. O di Zayn. O di chi preferite. Però ditemelo se vi piace come idea. E anche di chi lo vorreste.

Cosa ve ne sembra dei personaggi? Ho anche introdotto molte cose importanti qui, per chi le avesse notate, come il riferimento al fatto che Taylor si è già innamorata una volta. E per chi se lo stesse chiedendo, nemmeno il sogno iniziale è messo lì a casaccio, anche lui ha il suo significato.

Mi lasciate un commentino? Sapete che li amo.

Ele :)

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Cross my heart and hope to die ***


N.d.A. Potrebbe essere un po' forte per alcuni.

Buona lettura :)

 

11 settembre 2:00

Distesa per terra, mi lasciai andare ad un singhiozzo liberatorio. Una prima lacrima scese lungo la mia guancia. E dopo la prima, ne cominciarono a scendere giù altre. Stavo piangendo a dirotto, stringendomi lo stomaco con le braccia.

Gary, di fianco a me, mi mise un braccio attorno alle spalle.

Ma il gesto, che era inteso come confortante, mi fece solo piangere più rumorosamente. Praticamente ero nel bel mezzo di una crisi isterica. Mi misi le mani tra i capelli, tirandoli forte.
Dovevo trovare una valvola di sfogo, altrimenti sarei esplosa con tutta la pressione. E tagliarmi non era la soluzione in quel caso, visto che farlo due volte in due giorni era davvero pericoloso, avrei rischiato di sentirmi male.

Shh, non piangere. È tutto finito, tranquilla.” mormorava Gary, ma riuscivo a vedere qualche lacrima scivolare anche lungo il suo di viso.

Stasera sarei tornata a casa, a casa mia però. Non potevo restare da Hannah, con quei tre vicino. Avrei preso le mie cose e sarei tornata senza dire niente a nessuno. E forse, se ne avevo il coraggio, sarei finalmente riuscita a prendere una corda e legarla alle travi dei soffitto. Mi sarei impiccata. Game Over, diceva il mio cervello. Avevo perso, la mia vita non valeva tutto quello che avevo passato.

No, dovevo darmi una dannatissima calmata. Non sarebbe servito assolutamente a niente piangere, men che meno ora.

Invece avrei fatto meglio a preoccuparmi per il ragazzo di fianco a me, che era messo molto peggio di me.

Come va il polso?” chiesi, girandomi a guardare Gary.

Lui fece una piccola smorfia di dolore: “Non credo sia rotto, ma fa un male cane.”

Posso?” puntai il suo polso con lo sguardo. Il suo sguardo mi faceva pensare che non si fidava delle mie intenzioni, anche se l'unica cosa che volevo fare era assicurarmi che fosse realmente a posto.

Ormai avevo pratica in queste cose, lui invece, essendo più piccolo di me, aveva un anno in meno di esperienza in queste cose. Se solo avesse saputo tutte le volte che avevo dovuto curare e nascondere i tagli, le bruciature, i lividi e le slogature che mi facevano...

Ma sapevo anche che il contatto fisico dopo essere stati picchiati era molto fastidioso, si aveva sempre l'impressione che l'altro volesse farti del male. Quindi aspettai pazientemente che fosse lui a fare la prima mossa.

E alla fine lui allungò la mano, seppur diffidente.

La presi timidamente: “Dimmi quando fa male.” dissi piano.

Piegai piano il polso in avanti. Quando arrivai più o meno a trenta gradi lo sentii fare un piccolo gemito, così mi fermai immediatamente, ripetendo il procedimento all'indietro.

Una volta finito, gli lasciai andare il braccio, che Gary appoggiò titubante sul pavimento di fianco a lui.

Allora?” mi domandò, aspettando un verdetto.
Scossi la testa, asciugando le ultime lacrime salate dalla faccia: “Non si è rotto, ma dovrai tenerlo fermo e bendato per un po'.”

E il tuo stomaco come sta?” mi chiese.

La domanda mi rese improvvisamente più cosciente del bruciore della mia pancia. Toccai piano l'area, sussultando al dolore. Lasciai che la mia testa colpisse il muro dietro di noi, cercando in qualche modo il sollievo.

Non risposi alla sua domanda, non ne avevo la forza necessaria. Nel silenzio che ci circondava, sentimmo chiaramente il rimbombo di passi nel corridoio. Il mio cuore si bloccò per mezzo secondo, prima di riprendere a battere al triplo della velocità solita.

Le lezioni erano già finite, tutti gli studenti se ne erano tornati a casa. E i professori non venivano mai in questa zona della scuola, semplicemente non ce n'era bisogno.

Avendo eliminato queste due opzioni, non avevo idea a chi appartenessero i passi. Gary sibilò, accrescendo il mio nervosismo già presente.

Mi appallottolai su me stessa, nascondendo la testa tra le ginocchia. I passi si fermarono, facendomi rabbrividire. Possibile che fosse di nuovo Mark, non ancora soddisfatto del numero di colpi che ci avevano dato? Impossibile, era fuori con i suoi cavolo di amici.

Qualche parte sana di me si stava domandando chi era che ci disturbava mentre eravamo impegnati a leccarci le ferite vicendevolmente. Metaforicamente parlando, ovviamente.

Ma la parte più prominente era concentrata su come fare a sfuggirgli, chiunque fosse.

Gary fece un verso disgustato: “Cosa vuoi ancora?” ancora? Ancora?! No, non altri colpi, per favore!

Ok, lo ammettevo, mi stavano rompendo. Ancora pochi giorni di questa tortura e mi sarei spezzata in due.

Magari mi sarei soffocata, o forse sarebbe andata bene anche un'overdose. O magari avrei fatto come quei due ragazzi, Eric Harris e Dylan Klebold. Avevano fatto una sparatoria nella loro scuola, la Columbine High School. Erano morti tredici ragazzi, perlopiù quelli che erano soliti prenderli in giro. E poi si erano suicidati.

Avrei ucciso Mark e Stacy e tutti gli altri bulli. Sarebbe stato come ripulire la scuola di tutti quelli che non meritavano di vivere.

Ma che stavo dicendo? Oh Signore, perdonami! La vita è sacra, non dovevo nemmeno pensare a certe cose!

Io...” una voce maschile. Ci misi appena un secondo a riconoscerla.

E quando capii a chi apparteneva, il bruciore dei lividi sullo stomaco si intensificò, quasi a burlarsi di me, prendermi in giro. I miei occhi si riempirono di nuovo di lacrime.

E Gary se ne accorse: “Sparisci. Guarda cosa le stai facendo!”

Sentii, senza vederlo, il ragazzo che si inginocchiava davanti a me: “Tay...” sussurrò, con la voce che traspariva pentimento da ogni angolazione.

E forse avrebbe anche potuto convincermi a calmarmi, a tornare a casa di Hannah, se solo in quel momento non avesse commesso un errore madornale.

Mi appoggiò una mano sulla spalla. Il tocco mi fece scartare di lato, allontanando con una spinta il ragazzo con gli occhi chiari. Non mi doveva toccare, non potevo permetterlo. Io ero sporca, piena di germi. Non doveva toccarmi, non potevo permetterlo.

Non mi toccare.” strillai, la mia voce troppo acuta e il fiato pesante per lo spavento.

Il punto dove mi aveva appena sfiorata ora stava bruciando, sembrava che stesse andando a fuoco.
Avevo l'impressione che chiunque mi stesse guardando da là sopra si divertisse a farmi capitare ogni sfortuna possibile ed immaginabile.

Altrimenti perché c'era lui davanti a me? E perché mi stava guardando con quegli occhioni feriti e colpevoli? Quello sguardo che mi stava trapassando da parte a parte, facendomi venire voglia di buttargli le braccia al collo e perdonarlo all'istante per quello che aveva fatto.

Oh Louis, i tuoi occhi avrebbero spezzato la mia volontà.

In un secondo di smarrimento, non riuscii a mantenere le barriere attorno al mio cervello. Riprovai ancora la sensazione di essere colpita da quelli che fino a pochi minuti prima avrei detto essere... beh, non miei amici, ma per lo meno conoscenti.

Le stesse mani che stamattina mi avevano abbracciata, poco prima mi avevano colpita. Gli stessi occhi che stamattina mi avevano disprezzato, poi erano stati quelli che avevano dimostrato meno pentimento nel picchiarmi. La stessa bocca che stamattina mi aveva sorriso, adesso mi stava uccidendo con la sua piega all'ingiù.

E piangevo. Dio, ero una creatura miserabile, non sapevo fare altro che piangere.

Lui allungò di nuovo una mano verso di me. Mi allontanai, strisciando lungo il pavimento. Fermai l'ennesimo singhiozzo mettendomi una mano davanti alla bocca.

Gary, sia benedetto, praticamente gli saltò addosso, fermando il suo braccio. E facendo una smorfia di dolore al movimento brusco che gli procurò un dolore che non potevo nemmeno cominciare ad immaginare.

Louis si girò a fissarlo, con gli occhi confusi: “Senti, posso parlare in pace con la mia amica?”

Noi non eravamo amici, non lo eravamo prima e di certo non lo saremmo stati ora. Non dopo quello che lui e i suoi amici avevano fatto.

Vedendo che Gary non accennava a lasciarlo andare, anche se lo sforzo che stava compiendo era davvero notevole, continuò a parlare: “Mi dispiace, Taylor.”

Ci vidi rosso dalla rabbia. Dopo due anni di torture, ci mancava solo che i bulli si mettessero a chiedere scusa!

Ah, ti dispiace, eh? Ma per che cosa ti dispiace? Tu non hai idea di quello che mi state facendo passare. Tu non hai mai dovuto affrontare il dolore che sto affrontando io adesso! Mi avete reso la vita peggio di quanto non fosse già.” stavo urlando mentre singhiozzavo. Cosa avevo fatto di male per meritarmi tutto quel dolore?

Forse vedendomi così distrutta, Gary si staccò completamente da Louis per avvicinarsi molto lentamente a me, con le braccia sollevate in aria.
“Taylor, ascoltami, non ti voglio fare del male.” disse molto lentamente, cercando di non spaventarmi.

Un piccolo passo alla volta, si avvicinò a me, prima di prendermi le mani. A quel gesto, che in qualche modo mi sembrava minaccioso, come se volesse tenermi ferma, tentai in tutti i modi di liberarmi dalla sua presa leggera. Ma vedendo che le mie mani riuscivano a scivolare via senza problemi dalle sue, riuscii a rilassarmi un po'.

Mi guardò fisso negli occhi, ed io non potei che guardare il suo labbro spaccato e lo zigomo bluastro, solo per sentirmi ancora più in colpa di quanto non fossi già.

Io stavo facendo una scenata per tre miseri pugni, mentre Gary era messo così male che mi chiedevo come riuscisse a reggersi in piedi.

Lo guardai, con il labbro inferiore che mi tremava leggermente. Avevo visto il mio riflesso nei suoi occhi. Avevo tutti gli occhi rossi e gonfi, i capelli scompigliati ed ero pallida come un lenzuolo.

Gary sapeva bene cosa fare in questi casi, si vedeva da come si stava comportando. Al contrario di Louis, sapeva che quando si era nel mezzo di una crisi di nervi, doveva comportarsi con parlare, facendo attenzione a non fare movimenti bruschi. Gary sapeva che il contatto fisico andava stabilito, sì, ma in quantità minime.

Cominciando a mormorare parole confortanti, riuscii a calmarmi fino ad un livello gestibile.

Con un sorriso debole, lo abbracciai forte, la mia testa all'altezza del suo petto.” Dapprima, lui si irrigidì, ma poi capì che anche io non volevo fargli del male, e quindi ritornò il mio abbraccio con trasporto.

Un ultimo singhiozzo mi scosse, svuotandomi completamente. Ero completamente vuota, priva di ogni emozione negativa.

Taylor, sei tranquilla ora?” mi chiese gentilmente Gary.

Era strano pensare come nelle situazioni di bisogno, noi vittime riuscissimo sempre a fare squadra, anche se io e Gary non ci eravamo mai parlati se non quando venivamo presi di mira assieme.

Sì” sussurrai, con la mia voce che si rifiutava di collaborare con me.

Cogliendomi di sorpresa, mi posò un bacio sulla fronte: “Hai voglia di parlare con Louis?”

Io scossi la testa veementemente, ma sbagliai a guardare Louis negli occhi. Aveva lo sguardo distrutto, e gli occhi lucidi.

Taylor, lo sai che non volevo farlo.” io scossi la testa di nuovo, più per scacciare i dubbi che per negare la sua affermazione.

Ma lui pensò che non gli credessi: “Tay, no, non farmi questo. Tu-tu lo sai, che io non volevo. Taylor, ti g-giuro su Dio che se tu non mi avessi detto di farlo, non avrei mai osato.” Louis stese una mano in un mezzo tentativo di convincermi a prenderla.

Aveva ragione lui. Avevo visto perfettamente il rifiuto nei suoi occhi, se io non gli avessi detto di darsi una mossa non l'avrebbe mai fatto. Ma né io né lui ci aspettavamo che io avrei preso veramente la sua mano.

E invece fu proprio quello che feci: presi lentamente la sua mano, e con tutta la calma del mondo, Louis mi trascinò verso di lui.

Con il respiro leggermente nervoso, mi lasciai trasportare verso di lui.

Mi fermai a una decina di centimetri da lui. Presi il mio tempo per osservarlo.

Non me n'ero accorta prima, ma era... bello. Una bellezza diversa di quella degli altri quattro. Il suo viso aveva i lineamenti più definiti, e uno sguardo più acuto rispetto ai suoi amici.

Mi riscossi dalla mia momentanea apatia, per vedere che anche Louis mi stava fissando, con quegli occhi così sinceri. I suoi occhi facevano paura da quanto riflettessero le sue emozioni.

Vieni a casa?” mi domandò, facendomi capire implicitamente che voleva essere lui ad accompagnarmi.

Scoccai una breve occhiata a Gary, che era stato in silenzio durante il nostro breve esame fisico.

E senza sapere come, mi ritrovai a scuotere la testa: “Devo accompagnare Gary a casa, non ce la farà mai da solo. E deve anche passare in farmacia a prendere delle bende.”

La sua faccia si illuminò: “Vi accompagno io, tanto sono in macchina.”

Mi girai a guardare Gary, cercando di capire se era d'accordo o meno. Personalmente, io avrei colto al volo qualsiasi opportunità per scappare lontano da lui e non tornare. Non volevo passare del tempo con lui, non volevo respirare la sua stessa aria. Sapevo però che Gary non era in condizioni di gironzolare per la città come se nulla fosse. Valutai con calma tutti i pro e i contro.

I pro erano che Gary sarebbe arrivato a casa ancora vivo, io non avrei avuto l'opportunità di essere un pericolo per me stessa e Louis avrebbe potuto dimostrarmi se era veramente pentito.

I contro erano che non sapevo cosa volesse fare Louis, magari era stato incaricato da Mark di portarci di nuovo da lui per un secondo giro. E che non avrei avuto l'opportunità di sfogarmi nell'unico modo che conoscevo.

La faccia di Gary si era sollevata nel sentire le parole di Louis, quindi purtroppo avremmo dovuto accettare la proposta. A nostro rischio e pericolo.

Lo prendo per un sì.” mormorò lui con un piccolo sorriso vittorioso.

Senza chiedere niente a nessuno, prese l'iniziativa di andare da Gary, per aiutarlo.

Pensavo che lo avrebbe aiutato a camminare, o qualcosa lungo quelle linee, e invece lo prese proprio in braccio, sollevandolo dal terreno.

Lo vidi diventare rosso, e dimenarsi nelle sue braccia: “No, cosa fai? Mettimi giù!” balbettò Gary, mordendosi il labbro.

Louis ridacchiò: “Non penso proprio.”

Gary diventò ancora più rosso a quelle parole. Louis cominciò a camminare verso i portoni della scuola, con me subito dietro.

Lo sai che sono gay, vero?” chiese, guardando per terra.

Louis non fece una piega a quella affermazione: “Sì, l'avevo capito.”

E non ti da fastidio?”

A quelle parole, Louis si fermò di botto, guardando il ragazzo tra le sue braccia: “Capisco che dopo oggi possiate esservi fatti una brutta impressione di me, ma io non sono come Mark, o come diavolo di chiama.”

Stai dicendo che non pensi che io sia un mostro perché mi piacciono i ragazzi?” la faccia di Gary mostrava tutta la sua incredulità.

Louis scosse la testa: “Puoi amare chi ti pare. Solo perché chi ti piace ha i capelli più corti e il petto piatto non vuol dire che tu debba essere preso in giro.”

Gary fece un sorriso debole, ma si aggrappò a Louis più saldamente e smise di divincolarsi.

Anch'io sorrisi dal mio angolino. Nello stesso momento attraversammo le porte, uscendo all'aria aperta.
Le nuvole si erano un po' dileguate, lasciando intravedere uno spiraglio di luce. Louis aprì le portiere della sua BMW, posizionando Gary nei sedili posteriori e aprendomi la portiera per farmi sedere davanti.

Sbatté delicatamente tutte le porte, per entrare a sua volta in macchina e mettere in moto.

Dove vi porto?” domandò mentre ingranava la retro.

Una farmacia qualsiasi andrà bene.” mormorai. Ero maledettamente stanca, non ce la facevo più.

Persi la cognizione del tempo, e fui riportata alla realtà dal motore della macchina che si spegneva davanti all'insegna verde della farmacia.

Torno subito.” dissi, uscendo con calma dalla macchina, senza aspettare la loro risposta. Mi sentivo una specie di automa. Non pensavo a niente, agivo e basta. La mia mente era andata in stand-by.

Dentro ero una delle pochissime clienti, regnava un silenzio confortevole. Afferrai, come ormai era di routine, le bende e del disinfettante. Mi fermai davanti alla sezione riservata ai sonniferi e ai medicinali contro l'insonnia.
Erano chiusi dietro ad una teca di plastica. Appoggiai la mano contro la barriera, disperata di averli.

Ma ero sicura che fossero dietro prescrizione medica. Anche se spesso i farmacisti se ne fregavano, e li davano lo stesso anche senza ricetta.

Mi avvicinai alla cassa, porgendo all'uomo quello che dovevo comprare: “Mi scusi, potrei avere anche una confezione di sonniferi?” tentai, anche se non credevo sarei stata abbastanza fortunata da riuscire nel mio tentativo.

L'uomo mi allungò una confezione da sotto il bancone, senza degnarmi di uno sguardo: “A lei. Sono diciassette sterline.” disse, infilando il tutto dentro un sacchettino di plastica.

Incredula, allungai velocemente il braccio per dargli i soldi. Ero sconvolta. Per la prima volta da due anni avevo in mano un metodo ottimale per farla finita con tutto. Sarei morta. Mi sarei suicidata.

La parola riecheggiò nel mio cervello. Quante volte, durante le lezioni di scienze sociali, avevamo parlato delle motivazioni che spingevano i suicidi.

Molti ragazzi avevano espresso l'opinione che chi si suicidava era egoista. Perché non pensava alle ripercussioni che il suo gesto aveva sulle persone che lo circondavano. Ma nessuno si era soffermato a riflettere sul perché il suicida faceva quello che faceva. Non era proprio una scelta che spuntava all'improvviso, bisognava davvero essere tirati fino all'inverosimile, arrivati al punto di rottura. Per poi decidere che non ne valeva più la pena.

Mi ricordai improvvisamente dei due ragazzi che mi aspettavano, e con un sussulto corsi fuori.

Entrai nella macchina, cercando di non sembrare colpevole.

Modellai la mia faccia in un sorriso tirato.

Louis smise di parlare con Gary quando entrai. Sembrava che avessero trovato qualcosa in comune, dallo sguardo molto più allegro e rilassato di Gary. O forse Louis era solo un ottimo intrattenitore.

Preso tutto?” mi domandò allegramente. Annuii.

Andiamo, allora!” esclamò, ripartendo.

Ogni tanto lo sentivo chiedere indicazioni a Gary, ma per il resto l'unico rumore che riempiva lo spazio tra di noi era la musica trasmessa sulla radio.

La macchina si fermò davanti ad una casa di modeste dimensioni, né troppo grande né troppo piccola.

Senza dire una parola, allungai i medicinali a Gary, nascondendo velocemente le pillole nella tasca dello zaino, che avevo messo davanti a me.

Il ragazzo aprì la portiera, abbozzando un sorriso spento: “Ci si vede, allora. Ah... e grazie Louis.”

Quest'ultimo fece un grosso sorriso radioso: “Non c'è di che.”

lo guardai zoppicare verso la porta di casa e aprire la porta. Una bambina bionda gli si buttò addosso. Doveva essere sua sorella, vista la somiglianza tra i due.

Vidi il visino tondo della bimba diventare preoccupato quando guardò suo fratello. Sentii un peso sul cuore.

Fortunatamente Louis scelse proprio quel momento per far ripartire la macchina sulle strade semi affollate del primo pomeriggio.

Ero in profondo imbarazzo, non sapevo cosa dire o come comportarmi in sua presenza, specie dopo quello che era successo.

Come stai?” domandò, il suo tono più sommesso.

Per l'ennesima volta quel giorno, sentii gli occhi pizzicare per le lacrime: “Bene.”

Louis sbatté le ciglia: “Niente di rotto?”

Contro la mia volontà, feci una piccola risata malinconica: “Non mi avete fatto così tanto male.”

Per fortuna! Comunque, te l'ho già detto che amo i tuoi capelli?” disse, cambiando completamente il tema.

Oh...io, grazie?” mormorai, presa alla sprovvista. I miei capelli erano orridi.

Sì, sono del colore delle carote.” disse, come se fosse stata una cosa straordinaria.

Mi grattai una guancia: “Appunto! Sono bruttissimi.”

Louis fece un verso sconvolto: “Ma io amo le carote. E i tuoi capelli sono del colore delle carote. Quindi ne possiamo dedurre che io amo i tuoi capelli.”

Oh, beh, mi sembra logico.” ridacchiai, confusa dal suo strano modo di pensare.
Una memoria mi invase il cervello: la pelle color caffellatte di Zayn che si appoggiava al mio stomaco, il suo pugno che si connetteva alla mia pancia, facendomi piegare in due per la fitta di dolore.

Mi appoggiai una mano allo stomaco, rabbrividendo. Improvvisamente non avevo più voglia di ridere.

Portami a casa.” ordinai sussurrando, tremando per il ricordo fresco.

Louis mormorò qualcosa che non sentii. Ma che suonava stranamente come una scusa.

Schiacciò l'acceleratore, facendo andare la macchina più velocemente.

In pochi minuti arrivammo a casa di Hannah, passando per casa mia nel tragitto.

Scesi in fretta dalla macchina, lasciando Louis là. Entrai in casa di soppiatto, cercando di evitare tutti per andare in camera.

Chiusi la porta a chiave, sussultando quando capii di essere finalmente sola.

Entrai con timore nel bagno, avendo paura di guardare il mio riflesso. Facevo davvero molta paura, andava ammesso. Alzai la felpa per esaminare anche i lividi. Per poco non scoppiai a piangere quando vidi i segni, in alcuni punti blu, o rossi o in altri neri, mentre attorno ai bordi aveva preso una tinta giallastra.

Alcuni erano risalenti a ieri, altri a oggi, ma erano pur sempre lividi. Feci un respiro profondo per calmarmi, poi due.

Dovevo trovare qualcosa con cui distrarmi, assolutamente.

Mi sistemai per il cambiare la fasciatura agli avambracci, notando come i tagli di ieri erano diventati leggermente arrossati attorno ai bordi. Li disinfettai delicatamente, per poi avvolgere una benda pulita attorno.

Mi lasciai scivolare lungo il muro del bagno. Ora che ero sola sembrava che tutto fosse peggio di prima.

Non c'era niente che potessi fare per poter cambiare la realtà: non era cambiato niente dall'anno scorso.

Non avevo ancora amici, e nemmeno persone che mi potessero capire.

I miei difetti erano sempre lì, non sarebbero spariti a meno che non ci avessi pensato io.

Mi inginocchiai davanti al gabinetto. E senza darmi il tempo di pensare alel ripercussioni del mio gesto, mio ficcai due dita in gola, attivando il riflesso faringeo.

Il mio stomaco si contrasse, facendomi vomitare della bile verdastra. Boccheggiando tra un conato e l'altro, non potei che sentirmi felice per aver fatto qualcosa di utile per perdere peso.

Non dovevo mangiare così tanto.

Il mio stomaco si acquietò. Mi rialzai, barcollando. Mi lavai velocemente i denti per togliere l'acido, e mi sciacquai la faccia con il getto freddo.

Taylor, mi fai entrare?” domandò una voce dall'altra parte della porta.

Il mio stomaco si annodò, spaventandomi a morte: “N-no, i-io non t-ti voglio par-parlare.” balbettai.

Per favore!” domandò di nuovo la voce di Harry.

Senza prestargli attenzione, andai a prendere le pillole dallo zaino.

Le tirai fuori dalla confezione, contandole una alla volta. Otto pillole sarebbero bastate? No, forse era meglio fare nove.

Riempii un bicchiere d'acqua e le mandai giù tutte.

Scribacchiai un vi amo per i miei genitori su un foglietto e mi infilai sotto le coperte.

I sonniferi ebbero un effetto immediato. I miei occhi si appesantirono, e ancora una volta scivolai nel sonno.

L'ultima cosa che vidi furono le immagini in successione di quei cinque ragazzi.

 

Ciao

20 aprile 1999, Eric Harris e Dylan Klebold sparano a scuola, uccidendo 13 persone e ferendone molte altre. Sono passati 13 anni e 3 giorni...

Questo capitolo è una cacchetta, ma non ho altro da darvi D:

Spero non vi abbia deluso troppo...

Ok, oggi voglio ringraziare di cuore TUTTE quelle stupende recensioni che mi hanno fatto piangere, ma a cui non ho ancora risposto... Ma lo farò... Si spera.

E in particolare 4 ragazze, che sono la mia ispirazione giornaliera:

Pettyfer, perché scrive benissimo e perché è una persona bellissima che io ammiro tanto :)

Extraordinharry, perché riesce a farmi ridere fino alle lacrime anche quando mi sento depressa.

Firelight_, perché mi capisce più di chiunque altro.

electric diorama, perché è l'unica persona al mondo capace di farmi apprezzare le scene di sesso...

Grazie di cuore, ragazze!

Mi lasci un commentino?

Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Dirty little freak ***


Ci sono persone che ci amano,
ma che semplicemente non sanno come dimostrarlo.
Rudyard Kipling

POV Gary

11 settembre 2:28
Scesi di fretta dalla macchina di Louis: “Ci si vede, allora. Ah... e grazie Louis.” aggiunsi, cercando di mantenere un minimo di educazione.

Non c'è di che.” il mio cuore saltellò allegramente nel mio petto quando vidi il suo sorriso smagliante.
Se fossi stato a guardarlo ancora un po' sarei finito per saltargli addosso. Ma sapevo che dopo mi avrebbe disprezzato, non avrebbe più avuto tutta quella elasticità mentale.
Era troppo bello, troppo atletico, troppo interessante per essere gay. No, semplicemente lui
non era gay.
A lui piacevano i meloni, non le banane.
Una sferzata di aria gelida mi riportò sul pianeta terra, rendendomi cosciente dei pensieri stupidi che stavo facendo. Se adesso mi mettevo a paragonare le tette ai meloni ero davvero messo
male.
Senza darmi la possibilità di imbarazzarmi oltre, mi girai e zoppicai verso la porta in legno di casa mia.
Ad ogni passo il sistema nervoso mi mandava fitte atroci di dolore al cervello. Il polso era completamente inerte al mio fianco, e il labbro mi pulsava tutte le volte che lo muovevo.
Alzai piano il braccio per aprire la porta, lasciandomi scappare un piccolo gemito quando mi sentii tirare tutti i muscoli delle spalle.
Mi sentivo come se mi avesse tirato sotto un tram, mi faceva male tutto.
Spalancai l'ingresso: “Sono a casa.” avvertii, allargando per sbaglio il taglio sul labbro e facendo scivolare una gocciolina di sangue lungo il mento.
Come tutti i giorni, la mia sorellina mi corse incontro, abbracciandomi le ginocchia con le sue piccole manine da bimba di sei anni.
Ma la sua faccia felice si trasformò velocemente in una preoccupata mentre mi guardava bene: “Fratellone, perché hai le macchie blu addosso?” mi domandò, punzecchiando un livido con la
fronte corrugata.
Mantenni con difficoltà un'espressione neutrale e la lasciai fare, nonostante volessi spingere via la mano che mi stava procurando tutta quella sofferenza.

Stiamo facendo una recita a scuola, è solo trucco.” dissi con il mio migliore sorriso, “Ora però andiamo dentro a salutare Mia.”
Entrai in casa, appoggiando lo zaino di fianco all'ingresso. Mi buttai sul divano, stravolto.
Mia sorella cominciò a ballarmi intorno, facendomi sorridere: “Oggi a scuola abbiamo fatto un disegno. Io ho disegnato te, fratellone.” corse verso la cucina e tornò con un foglio in mano.
Me lo porse. Era il tipico disegno da prima elementare: faccia a forma di uovo, i capelli che sparavano dappertutto e un sorriso che praticamente usciva dalla faccia.

Ma è bellissimo, Sophia!” dissi, scompigliandole i capelli biondo sabbia così simili ai miei, “E cos'altro avete fatto?” domandai, guardando negli occhi grigi che erano uguali a quelli di Mia, che
avevano entrambi presi da papà.

Abbiamo fatto le collane di pasta.” urlò eccitata con una risatina macabra.
“Perché ridi?” chiesi, tra il contento che mia sorella fosse felice e l'inquietato per la risatina malvagia.

Sharon si è soffocata con un fusillo.” annunciò contenta. Sospirai, sapendo bene quanto potessero essere crudeli e insensibili i bimbi di quell'età.
Sophia, sai che non c'è niente da ridere.” la sgridai, ma senza riuscire ad imporre la giusta severità al mio tono. Semplicemente le volevo troppo bene anche solo per sgridarla.

Sentii i passi di Mia scendere le scale. Mia era più grande di me di due anni e faceva l'ultimo anno di liceo, ma in un'altra scuola. Fino all'anno scorso veniva a scuola con me, ma poi una
scuola privata le aveva offerto una borsa di studio per l'ultimo anno di liceo e il college, ed era stata un'occasione imperdibile.
Perché se non fosse stato per la borsa di studio, non sarebbe mai riuscita ad andare al college. I soldi cominciavano a scarseggiare, da quando papà era morto tre anni fa per un incidente
stradale; mamma tornava a casa tardissimo solo per fare in modo di riuscire a pagare tutte le bollette.
Mi girai verso le scale e le sorrisi, mormorando un saluto.
I suoi occhi nocciola si allargarono, e si portò una mano alla bocca: “Porca putta-” si morse la lingua, ricordandosi di parlare in modo adeguato davanti a Sophia.

Sophia, perché non vai a vedere la tele?” disse gentilmente Mia, ma i suoi occhi erano ancora spaventati.
Lei corse via, lasciandoci soli.
Mia si avvicinò a guardarmi bene: “Vieni, andiamo a rimetterti in sesto.” disse con un sorriso mezzo sentito.
Mi alzai dal divano, afferrando le garze e il disinfettante che Taylor mi aveva comprato.
Seguii Mia in bagno, e chiusi a chiave la porta. Feci attenzione a non guardarmi allo specchio, non sarei riuscito a sopportare la vista del mio viso martoriato.
Mia sorella mi fece sedere, e mi sfilò dalle mani il disinfettante.
Con molta delicatezza, mi tamponò il labbro spaccato con un batuffolo di cotone imbevuto: “Togliti la maglietta.” ordinò, in un tono che non ammetteva repliche. Feci una smorfia, ma, facendo
attenzione a non farmi dell'altro male, gettai la maglietta di lato.
Mia sussultò: “Io li ammazzo.” la sua voce suonava morta, inespressiva. Ci eravamo già passati, dovevo solo cercare di convincerla che fossi a posto.

Mia, rilassati, sembra peggio di quello che è.”
Ti sei visto, Gary? Questa volta sei davvero messo male.” mi mormorò, con quella voce affranta che mi faceva venir voglia di piangere.

Sospirai: “Beh, rimane il fatto che non li puoi uccidere.”
Mia cominciò a passare del disinfettante su tutti i tagli, anche i più piccoli, con precisione millimetrica: “Cos'altro posso fare, allora?”
Io ridacchiai, afferrando al volo l'opportunità: “Una pizza non sarebbe male.”
Li restò spiazzata per un secondo, poi prese a sorridere: “E pizza sia.”
Dopo che mi ebbe anche fasciato il polso, fece una domanda a bruciapelo, che non mi aspettavo: “Chi ti ha comprato queste cose?”Senza motivo, le mie guance diventarono vagamente rosse: “Taylor.”
Mia sollevò un sopracciglio: “Ma tu non eri dell'altra sponda?” l'insinuazione sulla mia sessualità mi fece diventare simile ad un peperone.

Lo sono! Taylor è solo una compagna di scuola.” mi difesi.
La conosco?” chiese, facendo mente locale su tutti i suoi vecchi compagni.

Persi qualche secondo a cercare di ricordarmi come facesse di cognome, per poi fare la migliore descrizione oggettiva di cui fossi capace: “Taylor Austen. È magrissima, con un visino davvero
carino, gli occhi verdi ed è molto timida.”
Gli occhi di mia sorella si illuminarono: “Oh, lei! Sì, mi ricordo di Taylor. Ringraziala da parte mia, domani.”
Mia stava per uscire dal bagno per andare a controllare Sophia, quando riuscii a prendere abbastanza coraggio per dirle una cosa che mi stava asfissiando da quando ero uscito dalla
macchina.

Mia, e se ti dicessi che mi sono preso una cotta per un ragazzo?” la mia voce uscì più flebile di quanto avrei voluto.
Oddio! Davvero? Ma è stupendo! Voglio sapere chi è, come l'hai conosciuto, dove abita e il suo numero di targa.” disse, sovreccitata, facendo una specie di balletto in mezzo al bagno.
Ehm...” dissi, deglutendo rumorosamente.

Mia sorella ridacchiò: “Sei così carino quando sei imbarazzato.” mi nascosi la faccia con le maniche della felpa che mi ero rimesso addosso, cercando di nascondere le mie guance rosse.
Si, vabbé, ora vai da Sophia, però.” mormorai, cercando di distogliere l'attenzione da me.
Mia sbuffò, ma cominciò ad uscire con un grosso sorriso dipinto sulle labbra. Si fermò sulla soglia della porta, guardandomi per l'ultima volta: “Almeno mi dici come si chiama?” mi supplicò.
La mia mente evocò di nuovo l'immagine del suo sorriso spensierato.

Louis. Si chiama Louis.” mormorai, acutamente consapevole del tono sognante che aveva assunto la mia voce.

POV Harry

11 settembre 2:18
Mi sentivo uno schifo. Ero una persona miserabile. Davvero, non sapevo cosa stessi pensando quando le avevo tirato quel pugno. Taylor, quella ragazza così timida e dolce. E io le avevo fatto del male. Porca miseria.

Io non ce la faccio, Zayn.” dissi, esasperato, mentre continuavo a fare avanti e indietro per la mia stanza, scoccando ogni tanto uno sguardo nervoso al ragazzo seduto comodamente sul mio
letto.

Lui sospirò, lanciandomi un'occhiataccia: “È la decima volta che me lo dici, l'ho capito che ti senti in colpa.”
Tirai un calcio al letto, facendomi un male cane all'alluce: “Perché, tu no? Come fai a stare così tranquillo?” sbottai, perdendo quel minimo di compostezza che mi era rimasta.

Harry, devi stare tranquillo. È inutile disperarsi ora, il danno è già stato fatto.” disse. Ad una persona qualsiasi, Zayn sembrava menefreghista ed insensibile, ma io riuscivo a leggere tra le righe.
E in quel momento i suoi occhi mi stavano dicendo chiaramente che anche lui non sapeva più dove andare a sbattere la testa con questa storia.
Guarda che lo so che ti senti in colpa pure tu.” mormorai, con un mezzo sorriso.
Zayn si girò a guardarmi con uno scintillio di divertimento nascosto nel profondo dei suoi occhi: “E cosa intendi fare a proposito?” domandò ironicamente con il suo sorrisetto arrogante.
Mi avvicinai al suo volto, fissando i miei occhi verdi nei suoi marroni: “Farci perdonare.”
Lui sollevò un sopracciglio e sbuffò: “Harry, ti rendo conto del fatto che non ci riuscirai mai, vero? Hai tradito la sua fiducia, le hai fatto del male sia fisicamente che mentalmente. Anche se fosse la ragazza più comprensiva del mondo non ci perdonerebbe. Nemmeno se le costruissimo una statua.”
Mi lasciai cadere accanto a lui: “Dio, il tuo ottimismo è davvero sconvolgente.”
Lui rise, quella risata che aveva fatto impazzire più di una ragazza: “Già, quasi quanto la tua speranza.”
Gli feci una linguaccia, storcendo il naso. Però aveva ragione. Zayn non aveva mai parlato molto, e dopo l'incidente che ci aveva portati tutti e cinque a casa di Hannah era diventato anche più silenzioso. Ma quando parlava si poteva essere certi che ogni sua parola era pensata.

Almeno ci possiamo provare?” lo supplicai con una faccia che avrebbe potuto far concorrenza con quella del gatto con gli stivali nel cartone di Shrek.
Lui sospirò di nuovo, alzandosi e stiracchiando la schiena: “Va bene, come vuoi tu.”
Battei le mani, entusiasta, mentre facevo un piccolo scatto verso la porta. Che per poco non mi arrivò in faccia quando si aprì con uno scatto.
Con un mezzo urletto feci un balzo all'indietro, evitando così che la porta mi arrivasse dritta in faccia.
Entrò Louis, con l'espressione più sconvolta che gli avessi mai visto addosso in tutti gli anni che ci conoscevamo.

Lou... Tutto a posto?” chiese Zayn con una punta di apprensione nel tono e gli occhi preoccupati.
Lui si guardò attorno, confuso: “Cosa? Oh, sì, sto bene. Ho accompagnato Taylor a casa.”
Mi morsi l'interno della guancia: “Come sta?”

È... Non lo so. Si è chiusa in camera sua.” mormorò Louis, gli occhi lucidi e la voce bassa.
Mi sentivo come se fossi appena stato sotterrato da una valanga di sensi di colpa. Mi morsi l'interno della guancia per non mettermi a chiedere perdono in mezzo alla stanza.
Noi stavamo andando a scusarci.” disse Zayn.
Va bene” mormorò, prendendo una maglietta pulita dall'armadio.
Si fermò un secondo a guardarci: “A proposito, Liam e Niall?”

Non sanno niente, sono usciti a fare la spesa assieme a Hannah.” dissi, sentendomi ancora più infimo per quel comportamento. Mi facevo schifo per quello che le avevo fatto.

Louis annuii distrattamente, andando verso il bagno: “Allora andate. Fate piano però, non so come la prenderà. Era abbastanza spaventata quando le ho parlato.”
Mi impressi nella mente il suo consiglio, uscendo dalla stanza con Zayn: “Dici che ci perdonerà?” domandai, disperato di avere il supporto morale di cui avevo bisogno.
Zayn scosse la testa: “Se io fossi Taylor non lo farei, ma lei è strana come ragazza. Per quel poco che la conosco direi che avrà troppa paura delle conseguenze per contraddirci.”

Che conseguenze?” domandai, sbigottito dalle sue conclusioni.
Lui guardò il cielo: “Appunto stupido. Quello che intendevo dire era che lei è convinta che se ci nega quello che vogliamo, noi le faremo del male.” mi specificò.
Io non avrei fatto del male a nessuno! Ero un pacifista, io. Beh, più o meno. Ma non avrei comunque picchiato una ragazza se non mi perdonava per un
mio errore!
Perché pensa una cosa del genere?” non sapevo più se era Zayn quello strano o Taylor.
Zayn fece spallucce: “E cosa ne so io? Magari mi sbaglio anche, ma è stata quella la mia impressione.”
Gli lanciai un'occhiata stranita, fermandomi lentamente di fronte alla porta della camera degli ospiti.
Era strano pensare che l'unica cosa che mi separava dalla persona a cui avessi fatto più male in tutta la mia vita erano quei miseri due centimetri di legno.
Bussai velocemente due volte, ma forse troppo piano perché lei sentisse. Si aprii il rubinetto, e sentii lo scroscio d'acqua.

Taylor, mi fai entrare?” la supplicai, appoggiando un pugno contro la porta. Zayn, di fianco a me, restava in silenzio, l'unico rumore che proveniva da lui erano i silenziosi respiri.
N-no, i-io non t-ti voglio par-parlare.” balbettò con la sua voce delicata apparentemente spaventata. Insieme al pungente rimorso, provai anche la percezione che quello che avesse detto Zayn
prima fosse vero.

Ma non era possibile essere così spaventati da altri ragazzi, non aveva ragione di esserlo.
Per favore!” provai di nuovo.
Quando non arrivò risposta persi speranza: “Non mi perdonerà mai.” sussurrai, battendo delicatamente la testa contro la porta.
Dai, Harry. Non è mica un dramma, la conosci solo da due giorni!” tentò Zayn, cercando inutilmente di consolarmi.
E con questo? È una ragazza dolcissima, e io le ho fatto del male. Per non parlare del fatto che dovrà vivere con noi per le prossime due settimane! Cosa diremo ad Hannah quando si
accorgerà che Taylor ci sta evitando? E a Liam? Vogliamo parlare di Niall, che già la adora?” urlai, dando un pugno al muro.

Zayn mi prese per le spalle: “Ehi, ehi, tranquillo. Ora risolviamo tutto.” disse, inginocchiandosi davanti alla serratura della porta.
Zayn...? Cosa stai facendo?” domandai, sempre più confuso. Mi stava scoppiando la testa.
Zayn fece una risata breve: “Non hai mai scassinato una serratura?”
Solo il lucchetto del diario segreto di mia sorella.” ammisi, ricordandomi di quell'episodio di tanti anni fa. Gemma aveva sclerato quando lo aveva scoperto. E io mi ero beccato due settimane
di reclusione in casa per punizione.

Tirò una forcina fuori dalla tasca dei pantaloni, cominciando ad armeggiare con la serratura.Giri con una forcina in tasca? È una cosa così... così
gay da fare.” constatai, altamente divertito dalla cosa.
Zayn sorrise: “In queste circostanze torna utile, però.” e dovetti ammettere che aveva ragione ancora una volta. Dopo qualche momento di silenzio tra noi due, la porta si aprì con un
clack
sommesso.
Il moro si rialzò, “Ecco fatto, ora ti puoi andare a scusare.”
Aprii cautamente la porta, entrando con passo felpato nella stanza silenziosa e assolutamente ordinatissima. In pochi istanti notai il piccolo rigonfiamento nel letto. Mi avvicinai, guardando il
viso pacifico di Taylor.
I suoi capelli le incorniciavano il viso a forma di cuore, e la sua bocca era leggermente dischiusa. Riuscivo a malapena a sentire i suoi lenti respiri. Sembrava una specie di angelo caduto in
terra mentre dormiva, non si nascondeva il viso con i capelli e sembrava felice.
Certo, non era di una bellezza sconvolgente, aveva parecchie pecche. Era decisamente troppo magra, quasi scheletrica, si vestiva con quelle pile di felpe grandissime che la facevano sembrare ancora più piccola ed era fin troppo timida. Ma sembrava un angelo lo stesso. E io avevo picchiato un angelo. Il mio stomaco si attorcigliò su se stesso.
La voce di Zayn interruppe l'incantesimo: “Harry, chiama subito un'ambulanza.”
Mi girai di scatto a guardarlo, spaventato. Non erano tanto le parole, anche se quelle giocarono il loro ruolo, ma il suo tono molto allarmato. Era una delle poche volte che Zayn perdeva così tanto il controllo sulle sue emozioni, facendole trasparire al mondo esterno.
Era di schiena, stava guardando qualcosa nelle sue mani.

Ti senti male?” domandai velocemente, tirando fuori il cellulare dalla tasca e premendo in successione i tasti 9-1-1.
Io sto bene, è Taylor!” disse preoccupato. Stavo per schiacciare il verde, ma le sue parole mi fermarono.
Zayn... Taylor sta solo dormendo.” gli dissi, cercando di capire da dove venisse tutta quell'ansia.

Si girò verso di me, con gli occhi scuri privi di barriere, facendo trasparire tutta la sua paura: “Non sta dormendo, ha preso dei sonniferi! Chiama questa maledetta ambulanza e digli che Taylor
ha tentato il suicidio.” mi disse, lanciandomi una confezione di pastiglie quasi vuota.
I miei battiti cardiaci accelerarono mentre chiamavo il pronto soccorso.
“Vado a chiamare gli altri, tu stai qui con lei.” mi disse, uscendo dalla stanza senza aspettare una risposta.
Mi portai il cellulare all'orecchio, imprecando ogni volta che squillava senza che rispondesse nessuno.
Al quarto squillo mi rispose una voce femminile molto annoiata: “Buongiorno. Qual'è la sua emergenza?”

Una mia amica ha fatto un'overdose di sonniferi.” dissi velocemente, con la voce che tremava.
Indirizzo?” domandò, la voce immediatamente più attenta. Le dettai velocemente l'indirizzo di casa, sempre più spaventato.
Mando subito un'ambulanza. Se la sente di rispondere ad alcune domande?”
Sì, certo.” dissi. Avrei fatto qualunque cosa per aiutare Taylor in questo momento.
Quante pillole ha ingoiato?” mi chinai e contai in fretta i cerchietti vuoti. Il cuore mi cominciò a battere come se volesse uscire dalla gabbia toracica mentre le contavo tutte.
Nove.” dissi, mentre una sola lacrima mi solcava il viso. Avevo paura. Avevo una dannatissima paura che Taylor morisse.
Sa se ha assunto anche sostanza alcoliche o stupefacenti?”
No, io-io non lo so.” dissi, sedendomi per terra.

La signora dall'altra parte tossì: “Grazie per la collaborazione, l'ambulanza sta arrivando, dovrebbero volerci solo altri due minuti. Vuole che rimanga in linea con lei mentre aspetta l'arrivo
dell'ambulanza?”

Non ce n'è bisogno, grazie.” sussurrai, tremando come una foglia. Misi giù la cornetta, passandomi una mano tra i capelli.
La porta della stanza si aprì di nuovo, facendomi guardare in alto. Louis entrò nella stanza, accucciandosi di fianco a me. Era pallido come un cadavere, eppure cercava ancora di aiutare me.
Ehi, Harold. Come ti senti?” mi domandò con voce arrochita.
Lo ignorai completamente, aggrappandomi alla sua maglietta come se fosse la mia ultima ancora di salvezza: “Secondo te morirà?” domandai, la mia voce inudibile.
Anche lui ignorò la mia domanda per farne un'altra: “Harry... Tu credi nei miracoli?”
Ci pensai su un attimo: “Sì, perché?”
“Allora Taylor starà bene.” mi tranquillizzò, passandomi una mano sulla schiena e aiutandomi a rialzarmi.

Andiamo ad aspettare l'ambulanza in salotto.” mormorai, guardando la faccia per una volta seria del mio migliore amico.
L'unica cosa che mi passava per mente era: come aveva potuto? Non ne aveva ragione, con una chiacchierata avremmo potuto risolvere tutti questi problemi. Per l'amor di Dio, aveva provato a
suicidarsi, non era proprio una sciocchezza. Non poteva morire, non così. Non prima che avessi avuto l'opportunità di farmi perdonare.
 

POV Liam

11 settembre 2:40
Quando mi suonò il cellulare eravamo nel reparto verdura. Lo tirai fuori dalla tasca, guardando il nome di Zayn lampeggiare sullo schermo. Niall si girò a guardarmi, silenziosamente domandando chi stesse chiamando, mentre Hannah andava avanti a comprare quello che doveva.
Gli feci segno di aspettare, mentre sentivo il cellulare vibrarmi in mano.
Lo guardai per un secondo, esitando prima di tirare su la cornetta: “Ciao Zayn, che succede?” andai dritto al punto, sapendo che Zayn mi stava chiamando ci doveva per forza essere un'emergenza.
Di solito Zayn preferiva parlare faccia a faccia che con questi 'aggeggi elettronici', come li chiamava lui.

Liam, tornate subito a casa.” disse, la sua voce più brusca del solito e il tono spaventato a malapena trattenuto.
Prestai più attenzione alle sue parole. Non avevo idea di cosa stesse succedendo, ma dal suo tono potevo aspettarmi di tutto. Era forse la seconda volta che lo vedevo perdere completamente le barriere che si era eretto intorno, la prima essendo il piccolo incidente che aveva causato la nostra fuga per venire da Hannah.

Ma qualunque fosse il problema ora, non credevo sarebbe stato possibile superare quello che era successo l'altra volta con Niall.
Cosa succede?” domandai di nuovo, attento a captare qualunque segnale mi stesse inviando. Afferrai Niall per la manica della felpa e cominciai a trascinarlo fuori dal supermercato, completamente dimenticandomi di avvertire Hannah.
Niall cominciò a chiedere informazioni, liberandosi dalla mia stretta per camminare meglio. Ma io lo zittii, cercando di sentire le parole di Zayn, che aveva appena cominciato a parlare.
C'è stata un'emergenza, stiamo andando all'ospedale. Datevi una mossa.”
Emergenza, ospedale... Per poco non andai a sbattere contro un pedone mentre mi mettevo a correre verso il primo taxi che vedevo.
Niall cominciò a corrermi dietro, urlando: “Liam! Liam, dove vai?”

Vieni con me, dobbiamo correre all'ospedale.” gli risposi, fermando un taxi vuoto e dicendo al tassista dove andare. Niall chiuse la portiera dietro di sé, sbuffando, e la macchina ripartì, infilandosi nel traffico fortunatamente scarso del primo pomeriggio.
Tornai a prestare attenzione a Zayn: “Arriviamo, ora mi dici cos'è successo?” domandai di nuovo, spazientito.
Pensai alla faccia sorridente di Harry. Che fosse successo qualcosa al nostro caro Hazza? Mi si strinse il cuore, non avrei potuto sopportarlo.
O magari era Louis. All'immagine di Lou su una barella per poco non scoppiai a piangere.

Taylor.” disse la voce leggermente metallizzata dall'altra parte del telefono. Per un secondo non capii di cosa stesse parlando, e poi, quando finalmente ci arrivai, aprii leggermente la bocca per lo stupore.
Mille scenari mi stavano scorrendo per la testa. Taylor picchiata dai bulli. Un incidente stradale. Un semplice infarto. Forse era solo scivolata e si era rotta il braccio, ma Zayn non si sarebbe
scaldato così tanto in quel caso. O forse sì, si comportava in modo strano attorno alla ragazza.
Niall, di fianco a me, aveva allungato l'orecchio verso la cornetta, origliando la conversazione. Anche lui pareva sconvolto, gli occhi azzurri confusi e persi.

Ha tentato di suicidarsi.” ci informò, la sua voce morta ed inespressiva.
Le sue parole mi riecheggiarono in testa, rimbombando. Misi giù la chiamata, troppo sconvolto per dire altro.
No, niente. E cos'altro dovrebbe esserci? La mia vita va bene, anzi, splendidamente, voglio dire...
Le sue parole di ieri sera mi ritornarono in mente. Era ovvio a prima vista che la sua vita aveva più di una pecca, ma non pensavo sarebbe mai arrivata a questo punto.
Era presa di mira a scuola, e quello potevo capirlo, anche se non era motivo sufficiente per suicidarsi.
E, anche se non sapevo se gli altri quattro ci erano arrivati, io avevo fatto due più due, arrivando alla conclusione che era anoressica. Insomma, se si guardava attentamente era chiaro come il
sole.
Era praticamente una scheletro ambulante, e non mangiava mai.
Lanciai un'occhiata a Niall, che mi stava guardando con i suoi due occhioni azzurri spalancati e colmi di lacrime.
Ma cosa stava pensando? Come poteva anche soltanto ventilare l'ipotesi di togliersi la vita?
Battei un pugno contro il sedile del taxi: “Niall, secondo te qualcuno ha pensato di avvertire i suoi genitori?” domandai. Sarebbero dovute essere le prime persone ad essere chiamate in questi casi, non noi, che potevamo considerarci a malapena suoi amici.
Il taxi frenò dolcemente proprio di fronte all'entrata di emergenza nell'ospedale. Buttai una manciata di banconote al tassista, non curandomi di contarle. Uscii di corsa dalla macchina, seguito a ruota da Niall.
Cominciai a correre verso la segreteria, fermandomi di scatto davanti all'uomo che c'era dietro il bancone.

Buongiorno, come posso aiutarla?”
In che camera è Taylor Austen?” domandai, con la voce che tremava leggermente.

Non poteva morire, non poteva.
Mi dispiace, ma non è possibile vederla.” disse l'uomo, abbassando la voce. Persi un paio di battiti cardiaci alle sue parole.
In che senso?” chiese Niall, praticamente in lacrime. Non poteva essere morta. Doveva vivere. Non riuscivo a pensare ad altro, era l'unica cosa su cui riuscivo a concentrarmi.
È in terapia intensiva, non può ancora vedere nessuno. Ma ci sono altri tre ragazzi di là, che hanno accompagnato qua la signorina Austen, stanno aspettando in corridoio.”
G-grazie.” mormorai, andando a cercare gli altri tre.

Alla fine li trovammo in uno di quei tristissimi corridoi sterilizzati che puzzavano di morte. Harry era seduto con la testa tra le mani, ed era più scosso di quanto lo avessi mai visto. Louis, seduto
di fianco a lui, stava cercando di tirarlo su di morale con alcune delle sue battute, ma senza risultati.
E Zayn stava facendo avanti e indietro lungo il corridoio, incapace di stare fermo. Appena ci avvicinammo abbastanza, Zayn si fermò, girandosi a guardarci per poi ricominciare subito a camminare.

Come sta?” chiese Niall mordendosi il labbro.
Harry alzò la testa, facendomi sussultare alla vista dei suoi occhi arrossati: “E chi lo sa!” sussurrò, accucciandosi contro il petto di Louis.
Avete avvertito i suoi genitori?” domandai, andandomi a sedere di fianco a Louis.
Zayn si fermò di botto e si girò a guardarmi, inarcando un sopracciglio: “Dovevamo?”
Mi state dicendo che i genitori di Taylor non sanno che loro figlia sta morendo?” domandai, incredulo.
Esatto.” disse Zayn, ricominciando a passeggiare avanti e indietro per il corridoio.

In quel preciso momento, una delle porte chiuse si aprì, e un'infermiera stanca uscì dalla camera, guardandoci: “Siete qua per la signorina Austen, ragazzi?”
Noi annuimmo, cercando un qualsiasi segno sulla sua faccia che ci dicesse come stava.
La donna sospirò: “Ho delle buone e delle cattive notizie, purtroppo.”
Mi si gelò il sangue nelle vene. Non poteva essere morta. Non poteva morire.
Taylor... Porca miseria... Ma cosa l'aveva spinta a cercare di suicidarsi?

Ciao ciao ciao :D
Io vi amo tutte, una ad una. 31 recensioni.
Trentuno!! Per non parlare di tutte e 61 le ragazze (ed eventuali ragazzi .-.) che l'hanno messa tra le preferite e le 93 che l'hanno messa tra le seguite. Sono commossa :')
Ok, vi dico che ero un po' bloccata, proprio non sapevo come scrivere il capitolo... E poi è successo che ieri sera mi è venuta la balzana idea di rivedermi la prima stagione di
Skins. E, rivedendo Cassie, è uscito questo coso, che è pure inutile. Cassie è una ragazza d'oro. Qualcuno ha idea di cosa io stia dicendo? No, eh? Va bene, allora, vado avanti.
Per ovvi motivi, il POV di Taylor non c'è, e quindi ho messo Gary, Harry e un piccolo pezzo di Liam. E quello che mi convince poco è proprio il POV di Harry. Spero che vi sia piaciuto, per lo meno...
Non so quando aggiornerò, purtroppo, visto che sto passando un brutto periodo tra scuola, stress e piccoli problemini di cuore che non si risolveranno manco a pagarli...
Prima di smetterla, farò una cosa molto deprimente. Ho cominciato, da grande scema, a scrivere una nuova FF, tutto il contrario di questa. Se a qualcuno interessa, è qui:
Laugh with the sinners and cry with the saints Mi farebbe molto piacere sentire cosa ne pensate! ;)
Much love,
Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** We live to die another day ***


N.d.A. Vi rubo solo un secondo per avvertirvi che il capitolo è abbastanza noioso, spero che non vi addormenterete tutte prima della fine ._.

Comunque, buona lettura, ci risentiamo at the end :)

 

POV Taylor

 

11 settembre 3:00

C'era qualcosa di tremendamente sbagliato nel mio risveglio. Non sapevo con esattezza cos'era che mi stava rendendo così inquieta, ma rimaneva comunque il fatto che avevo la netta sensazione che sarebbe stato meglio continuare a dormire. Cercai di chiudere di nuovo gli occhi, finché non mi accorsi che facevo bene a sentirmi strana, perché non c'era niente che sembrava essere al posto giusto.

Il letto sotto di me era troppo duro, le coperte non avevano l'odore del detersivo di mia madre, ma piuttosto un pungente odore sterile. Cercai di muovere un braccio verso la fronte, con l'intenzione di rimuovere un ciuffo di capelli che era ricaduto davanti al mio occhio, rendendomi praticamente cieca, ma il movimento si bloccò subito, frenato da una serie di tubi e tubicini che erano infilati nel mio braccio.

Cercai di fermare l'impellente voglia di vomitare sul nascere quando vidi quegli agli che bucavano la mia pelle e attraversavano la carne. Tutto questo non poteva essere vero. Ma il mio cervello si rifiutava di collaborare con me, l'unica cosa che mi ricordavo era una massa grigia, come fumo tra i miei ricordi che annebbiava tutto.

Mi girai a guardare meglio la stanza. Quattro mura e un soffitto. Fino a lì tutto normale. Una piccola finestra, da cui però filtrava pochissima luce perché le veneziane erano abbassate. E poi una massa di ombre indistinte, che non riuscivo a capire a cosa appartenessero.

Ma, se dovevo seguire le teoria che si era appena formata nel mio cervello, avrei detto che erano equipaggiamenti medici. Era tutto troppo pulito e silenzioso perché non fossimo in un ospedale.

Anche se, a dirla tutta, non avevo ancora capito esattamente cosa ci facessi qua dentro, visto che mi sentivo bene. Sì, più o meno, in effetti avevo uno strano prurito allo stomaco, ma niente di ingestibile.

Lo sconforto si fece strada in me, e mi mossi a disagio sul lettino stretto. Come mai non stava venendo nessuno a controllarmi, perché la stanza era vuota eccetto per me?

Rilassati, va tutto bene.” dissi a voce alta, cercando di convincermi che fosse tutto nella norma. Cercai di controllare i miei respiri, cercando di non mandarmi in iperventilazione da sola.

Duecentosettantadue respiri dopo, quando praticamente ero così confusa e spaventata che non capivo più niente, sentii la porta aprirsi. Mi girai di scatto verso l'entrata, ma la porta era sempre chiusa, non si era mossa di un millimetro. Per un secondo pensai di essermelo immaginato, ma i battiti del mio cuore sembravano essere impazziti. Magari mi avevano messo in un ospedale psichiatrico, perché sentivo delle cose. Insomma, questa ne sarebbe stata un po' la prova, no? Avevo sentito la porta aprirsi ma non era vero. Questo poteva significare che ero pazza? Il mio respiro accelerò assieme al mio cuore.

Una mano si appoggiò sulla mia spalla. Il mio urlò risultò più forte e decisamente più acuto di quanto avrei desiderato. La mano si tirò velocemente indietro, e la mia testa si girò per vedere una minuta donna, chiaramente presa in contropiede dal mio urlo di paura.

Aprii la bocca per scusarmi, ma l'unica cosa che uscì dalla mia voce fu un corto gracchiare. Spalancai gli occhi quando il suono si ripeté ai miei tentativi di parlare. Ogni volta che ci provavo sentivo la strana sensazione che mi avessero conficcato delle schegge di vetro in gola. Era completamente secca, e avevo l'impressione che la voce fosse andata a farsi benedire. Mi portai una mano alla gola. Non mi piaceva quella sensazione, mi faceva sentire vulnerabile, anche più del solito.

La faccia della donna si calmò, e mi si avvicinò di nuovo: “No, non così tesoro: non sforzare la voce. Tieni bevi questo.” disse con dolcezza, porgendomi una tazza tiepida.

Ancora nell'ombra, non riuscii ad identificare la sostanza. Ne bevvi un piccolissimo sorso, pronta a sputarlo se avesse avuto un cattivo sapore. Ma alla fine capii che non era altro che tè con molto miele, con un particolare retrogusto amarognolo. Il liquido caldo mi scivolò dentro, bagnando le pareti della mia gola e scaldandomi lo stomaco. Entrambi sembravano più che felici di ricevere da bere, e del calore.

Stavolta, quando cercai di parlare, la mia voce uscì più forte, ma ancora raschiante: “Dove sono?” domandai, ancora intenta a guardarmi attorno e capire per quale ragione mi avessero ricoverata.

La mano della donna, intenta a rimboccare un lembo di coperta, si fermò: “Nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale.” disse lei lentamente, cercando qualcosa sul mio volto.

Per un momento rimasi spaesata, ma poi le sue parole mi arrivarono finalmente al cervello. Terapia intensiva.

E cosa ci faccio qua?” chiesi ancora, la mia voce un sussurro rotto.

La donna mi mise una mano sulla fronte, cercando un qualche segno che avessi la febbre: “Non ti ricordi cos'è successo?” mi domandò, la sua voce tra il perplessa e il preoccupata.

Accese una piccola lampada sul comodino di fianco al letto. La luce improvvisa mi fece lacrimare gli occhi , così li chiusi di scatto, tornando al buio.

Molto lentamente li riaprii, guardando meglio la donna. Era sulla cinquantina, con radi capelli grigi tra la vaporosa massa bruna. Ma la cosa che più mi colpì furono le occhiaie. Erano così marcate che avrei potuto pensare che fossero state dipinte sul suo viso. Le davano un'espressione stanca e assente.

Ricordandomi improvvisamente della domanda che aveva posto, scossi la testa. Il movimento mi procurò una fitta di dolore alla testa.

La donna, ora più di fretta, cominciò a controllare vari macchinari, che facevano strani suoni acuti che mi penetrarono fastidiosamente nel cervello. Dopo qualche minuto di interminabile silenzio si staccò, tornando da me: “Non ti preoccupare se non ti ricordi, è colpa della morfina.”

Mi avevano dato della morfina? E allora ci credevo che non sentivo niente, mi avevano drogata!

Un guizzo di rabbia mi attraversò, ma fu solo una questione di un istante prima che scomparisse tra la confusione.

Sto così male da essere sotto antidolorifici?” chiesi di nuovo, sempre più spaesata dalla situazione strana in cui mi trovavo. Non sapevo cosa mi fosse successo, e se cercavo di ricordarmi alcunché del passato recente vedevo solo la fitta nebbia grigia che offuscava tutto. Per quanto ne sapevo magari stavo anche morendo. Morendo... Perché avevo l'impressione che dovessi davvero morire?

La donna mi fece un sorriso tirato: “Non era proprio obbligatorio, ma abbiamo preferito per buona misura. Sai, abbiamo dovuto farti una lavanda gastrica e i dottori hanno anche dati un'occhiata a... alle tue braccia.” finì debolmente la frase, guardando da un'altra parte.

Le sue parole mi diedero una botta di adrenalina. Il mio cuore prese a battere più forte, e le mie mani tremavano per la tensione.

Una lavanda gastrica?” il mio sussurro uscì come un rantolo spezzato.

Sì, significa che ti abbiamo dovuto svuotare lo stomaco.” spiegò l'infermiera, forse credendo che la mia domanda fosse una richiesta di altre informazioni. Che non era, visto che sapevo già cosa significava. Ma non aveva il minimo senso logico. Perché mi stava succedendo tutto questo? Perché?

La donna sospirò di nuovo, passandosi una mano lungo la fronte: “Bene, ora che le tue condizioni si sono stabilizzate ti spostiamo nel reparto tredici.”
E, senza aspettare una mia risposta, cominciò a sganciare i freni del letto su cui ero distesa. Trascinò il letto, assieme ad una flebo e una serie di macchinari a me sconosciuti, fino all'altro lato della stanza. Mi trascinò attraverso una piccola porticina che non avevo notato in precedenza. Ecco da dove era entrata...

Lo sguardo mi si posò inavvertitamente sulla serie di tubicini attaccati all'incavo del mio gomito, che riuscivo a vedere distintamente attraverso il buio. No, un momento. Il mio gomito? Persi un paio di battiti cardiaci quando mi accorsi che i miei avambracci erano scoperti, lasciando le cicatrici e i tagli freschi in chiara mostra. Non avevo più addosso la mia felpa, mettendo in mostra la maglietta a maniche corte che portavo sotto.

Guardai meglio, notando che quelli più recenti erano stati disinfettati e i più profondi anche cuciti assieme.

Sapevo che ormai era inutile cercare di nasconderle, visto che le aveva già viste, ma infilai comunque le braccia sotto la leggera coperta, tirando un sospiro di sollievo mentale quando passarono senza che nessuno dei tubicini si spostasse. Mi sentivo più a mio agio così, anche se non era come se la mia situazione fosse molto allegra in quel momento.

Cosa c'è nel reparto tredici?” domandai, ricordandomi della sua frase precedente. Non ero davvero sicura di volere una risposta, però.

È il reparto psichiatrico.” disse, scoccandomi una frecciatina che era impossibile da mancare, “A proposito di questo, ti hanno fissato un appuntamento con uno psicologo domani mattina, e possibilmente qualche sessione di terapia di gruppo quando uscirai.”

All'improvviso mi sentivo un nodo in gola. Non volevo un strizzacervelli, era davvero l'ultima cosa che desideravo in quel momento.

Il silenzio tra di noi si prolungò, mentre lei mi scarrozzava velocemente attraverso un corridoio silenzioso. Sbattei le palpebre un paio di volte, infastidita da tutto quel bianco accecante. Era odioso il bianco. Così sterile, freddo e calcolatore. Il colore della morte. Chiusi gli occhi, cullata dallo sferragliare delle ruote che scivolavano quasi senza alcun rumore lungo il pavimento di linoleum dell'ospedale, trascinata dalla dolce ninna nanna del rumore ritmico e ripetitivo. Tutto intorno a me era nero, anche se c'era qualche vampata di bianco di tanto in tanto. Il nero era caldo e avvolgente, come un abbraccio di un amico a lungo perso. Stavo per scivolare in quel tanto agognato sonno, l'unica cosa che riusciva a portarmi via da tutta la confusione e questo strano senso di stordimento. Le ruote si fermarono di colpo, e sentii il tlock dei freni che scattavano.

Lentamente, con tutta la dovuta cautela, aprii gli occhi e mi guardai attorno. Le mura erano intonacate di un azzurro molto leggero, quasi etereo. C'era un televisore attaccato in cima al soffitto e un armadio con i bordi smussati in un angolo lontano della stanza. Ma, a parte per quei due oggetti, la stanza era completamente vuota, c'eravamo solo io e il letto. E la luce veniva tutta da un paio di luci al neon, l'unica finestrella nella stanza era un piccolo sportellino, troppo in alto perché lo potessi raggiungere e troppo piccolo per fare abbastanza luce.

Un sospiro alla mia sinistra mi fece girare la testa: “Ci sono dei ragazzi che aspettano fuori, li faccio entrare?” domandò, la sua voce sempre affaticata.

Sentivo gli ingranaggi nel mio cervello fare uno sforzo enorme, cercando di mettere a fuoco dei volti che vedevo vagamente nella mia memoria. Ma erano solo silhouette in mezzo alla nebbia persistente.

Che fossero amici? No, ero quasi certa di non averne, ma in effetti quella parola aveva scatenato una vaga sensazione di stordimento alla periferia del mio cervello.

Chi sono?” mi morsi la lingua quando la domanda mi sfuggì di bocca.

La donna mi guardò, dovendosi girare dalla posizione in cui si era messa, cioè pronta ad andare verso la porta.

Schioccò la lingua, facendo il primo sorriso che le avessi visto fare: “Sono tre ragazzi molto carini, si chiamano, mi sembra, Styles, Tomlinson e Malik. Ma non ne sono sicura.” disse, aggrottando le sopracciglia per la concentrazione.

Quell'ultimo nome mi fece scattare un campanello d'allarme in testa. I miei ricordi cominciarono a farsi gradualmente più limpidi, come il cielo dopo la pioggia.

Occhi scuri, in cui si poteva cadere e perdersi. Occhi cinici, profondi e duri, occhi che la guardavano. Occhi bellissimi, incantanti, misteriosi e... attraenti, in una certa misura.

Una sensazione di dolore improvviso allo stomaco, un bruciore quasi secco, i muscoli tesi fino allo sfinimento, l'umiliazione, l'orgoglio calpestato.

Un sorriso sarcastico, degli occhi azzurri come il cielo pieni di rimorso, un paio di gemiti sommessi, il sapore salato delle lacrime, una scatola di bende, un piccolo oggetto rotondo delle dimensioni di una monetina, la sensazione delle coperte soffici che avvolgevano il mio corpo, il buio dietro le palpebre chiuse.

Tanti piccoli e brevissimi flash della mia vita, come istantanee della sua prima settimana di scuola. Ma quegli occhi scuri si fecero prepotentemente strada davanti alla mia vista, obliterando tutto il resto.

Sentivo una stretta al cuore, un dolore quasi intollerabile, al pensiero di Zayn Malik.

La stanza era improvvisamente molto più fredda.

E qualche meccanismo mi scattò nella testa. Perché non ero morta? Io mi ero suicidata, allora perché ero qua? Dov'era il Paradiso? O forse era meglio dire l'Inferno, nel mio caso. Perché il suicidio era un peccato mortale, no? Magari questo era davvero l'Inferno, e Lucifero mi stava torturando con i suoi astuti giochetti, facendo leva sui sensi di colpa e... I miei genitori. Come avevo potuto dimenticarmi di loro? Oddio, cosa avevo fatto, ora i miei erano senza la loro unica figlia, perché io mi ero tolta la vita. Mi immaginai il volto di mio nonno, sconvolto per il dolore. Come avrebbe fatto il suo cuore debole a reggere la perdita?

E Hannah? La persona che ci teneva più a me in tutto l'universo. Come si sarebbe sentita lei, sapendo che avevo gettato la spugna, che mi ero arresa?

Io ero morta.

Ma nonostante tutti quei sensi di colpa, perché sì, di sensi di colpa ne avevo fin troppi, non c'era nemmeno una traccia di rimorso nel mio corpo. Non rimpiangevo la mia scelta.

In fondo, non avevo deciso io di nascere, e di certo nessuno aveva chiesto il mio permesso. Quindi perché avrei dovuto trascorrere tutti gli anni della mia vita sulla Terra, quando avevo la possibilità di andarmene quando volevo?

Era una cosa strana, in fondo. Io avevo passato tre anni della mia vita a ripetermi che avrei potuto farla finita quando volevo, e quel pensiero mi aveva tenuto in vita, mi aveva fatta continuare ad andare avanti nonostante fossero tutti contro di me. E poi erano arrivati loro. E avevano sconvolto tutto quello in cui credevo in soli due giorni.

Liam e Niall erano stati uno scoglio quando sembrava che la corrente mi avrebbe trascinata via.

Louis mi aveva mostrato come anche le azioni peggiori potessero essere perdonate. Aveva fatto più di chiunque altro prima per riabilitarsi ai miei occhi. E per me già il fatto che ci avesse provato significava il mondo per me.

Harry mi aveva rallegrato con i suoi giochetti da bambino e quella felicità intaccabile. O quasi, comunque.

E proprio nel momento in cui era arrivato uno spiraglio di luce, era anche arrivato il colpo mortale, sferrato dalle persone che speravo mi avrebbero aiutata a rialzarmi.

Ironico, davvero. Una luce puntata contro i miei occhi mi fece sobbalzare, socchiudendo gli occhi contro il raggio luminoso e facendo una piccola smorfia per essere stata portata via dalle mie fantasie. Ma anche questo rientrava nei piani di Lucifero. Lucifero... Era un nome più bello di Satana. Più aggraziato. E decisamente più adatto ad un angelo, anche se malvagio.

Tutto a posto.” dissi con quella voce ancora simile ad un sussurro, prima che la donna potesse chiedermi se stavo bene.

Allora, li posso far entrare?” domandò l'infermiera, questa volta leggermente spazientita.

La mia mente era spezzata un due direzioni, ma dovevo fare velocemente una scelta. Non avevo tutto il giorno, e mi stavo già approfittando della gentilezza di quella donna.
La mia voce uscì stremata, come un limone che era stato spremuto di tutto il succo: “Tutti tranne Malik e Styles possono entrare.”

Se era stata presa alla sprovvista dalla mia richiesta, non lo mostrò. Aprii di nuovo la bocca, pronta a fare delle richieste di cui ero sicura che mi sarei pentita. All'ultimo momento la richiusi, arrossendo sotto il sorriso comprensivo dell'infermiera.

Tesoro, io sono qua per te. Dimmi pure tutto quello che vuoi.”

Annuii debolmente, rispondendo al suo sorriso con uno mio: “Posso avere qualcosa con cui fasciarmi le braccia?”

Se dovevo incontrare i ragazzi era meglio essere pronte a tutto.

 

POV Liam

 

11 settembre 3:10

Mi sentivo come una corda di violino, tesa fino a che non si stava per spezzare in due. Delle cattive notizie. Non sapevo se potevo reggerle. Mentalmente ringraziai chiunque ci fosse lassù che Niall si fosse assentato, andato a fare Dio solo sa cosa. Non me ne ero nemmeno accorto, all'inizio, poi, quando mi ero girato per vedere come stavano reagendo tutti gli altri, non avevo più visto Niall. Probabilmente era andato a mangiare, anche se non sapevo come avrebbe fatto a tenere giù il cibo. Io non ce l'avrei mai fatta, tanto avevo lo stomaco in subbuglio.

In quel momento pendevo dalle labbra di quella donna taciturna, anche se lei era ostinatamente in silenzio.

La signorina Austen non è in pericolo di vita, e le sue condizioni sono stabili.” tutta la tensione che si era accumulata negli ultimi minuti sparì improvvisamente. Sul mio volto si dipinse un sorriso sollevato.

Stava bene, non era morta, e nemmeno sarebbe morta sotto i nostri occhi. O perlomeno, non sotto i miei, di occhi. Non avrei permesso che ci provasse di nuovo, con o senza l'aiuto degli altri quattro. Ero abbastanza certo che Niall sarebbe stato d'accordo con me, visto che in fondo ci era successa una cosa simile, anche se non proprio tremenda come questa.

Taylor vivrà.

Era un pensiero assurdo, effimero come le ali di una farfalla. Avevo paura che da un momento all'altro non ci sarebbe stata più. Non sapevo come avrei fatto senza quella specie di piccolo uccellino. Sì, Taylor era come un uccellino: piccola, fragile e indifesa, ma un giorno avrebbe aperto le ali e sarebbe volata lontano, felice e senza preoccupazioni.

Ma...?” la voce urgentemente spaventata di Zayn mi fece tornare con i piedi per terra, ricordandomi che per quanto la notizia potesse essere bella, dovevamo sentire ancora le brutte notizie.

Ma cosa poteva esserci di sbagliato in lei, visto che era viva?

La donna sospirò di nuovo, un suono tremulo e stanco: “Ma è abbastanza confusa al momento, la dose di morfina che le abbiamo somministrato ha avuto un effetto più forte del previsto. E il suo livello di concentrazione è ai minimi termini, temo. Ci vorrà qualche giorno prima che lo shock si dissolva completamente, se mai lo farà. Poi, vediamo, le abbiamo dovuto mettere in tutto undici punti.” la mia schiena si irrigidì compulsivamente. C'era qualcosa che non mi tornava in quell'ultima parte del discorso. Perché dei punti? Strano, ero sotto l'impressione che non si fosse fatta male sbattendo da nessuna parte.

E apparentemente anche Zayn, che oggi sembrava stranamente sull'attenti, aveva avuto il mio stesso momento di confusione: “Mi scusi, ma dov'è che si è tagliata?” domandò con quella sua malcelata punta d'ironia. Sempre uguale il nostro Zayn, non sarebbe mai cambiato.

La donna aprì la bocca per rispondere, ma sembrò rimangiarsi le parole all'ultimo momento: “Mi dispiace, ma queste sono informazioni riservate tra il paziente e i dottori. Se la paziente non ha rilasciato l'informazione volontariamente, noi non siamo autorizzati a farlo.”

Inghiottii le mie ultime preoccupazioni: “C'è altro?” chiesi, sperando che la lista di problemi fosse finita. Anche se il fatto che Taylor fosse viva superava qualsiasi risvolto negativo della faccenda.

Sì, un'ultima cosa: la paziente ho posto un veto sulle visite. Ha chiaramente specificato che non sono ammesse visite da parte di un certo signor Styles, e un certo signor Malik.” disse con voce atona, soffocando chiaramente uno sbadiglio.

Per un millisecondo mi domandai da quanto tempo doveva essere sveglia quell'infermiera per essere così stanca. E poi le sue parole si fecero larga nel mio cervello. Erano quasi irreali. Sembrava una cosa abbastanza stupida da chiedere, da parte di Taylor. Perché non avrebbero dovuto entrare?

La richiesta non aveva davvero il minimo senso logico, a meno che non mi fossi perso qualcosa di molto grosso, mi dissi, ma i miei pensieri furono deviati dalla voce accusatrice di Hazza.

Com'è che tu puoi entrare?” sibilò, puntando un dito contro Louis. Non avevo mai visto Harry così arrabbiato, tranne forse in un paio di occasioni, ma certamente mai contro il suo migliore amico.

Louis sollevò le mani in segno di resa, confuso quanto me dall'improvviso scatto di Harry.

Beh, io mi sono scusato.” disse debolmente, ma sembrava decisamente insicuro.

Mi avvicinai alle spalle di Harry, tenendolo fermo per le spalle prima che commettesse qualche imprudenza.

Hazza era davvero avventato, ma era una delle ragioni per cui lui e Louis erano migliori amici.

Tentò di divincolarsi dalla mia presa, ma lo tenni stretto, pregando perché riuscissi a capirci qualcosa di quello che stava succedendo. E Zayn non era di nessun aiuto, stava lì fermo a guardare il vuoto con occhi vacui. Ecco che tutta la responsabilità ricadeva di nuovo su di me. Sospirai, chiedendomi per l'ennesima volta cosa sarebbe successo all'amicizia di quei quattro se non ci fossi stato io a riattaccare insieme i pezzi tutte le volte che andavano a sbattere contro qualche ostacolo. Ogni tanto era quasi divertente assistere ai loro giocosi litigi su chi dovesse andare per primo in bagno o su chi si fosse mangiato tutta la nutella. Ecco, questa non era una di quelle volte.

Perché ti sei scusato, Louis?” domandai, cercando di mantenere un tono pacato e responsabile.

Louis puntò i suoi occhi azzurri contro di me, improvvisamente molto spaventato. Poi scambiò un'occhiata con Harry, che sembrava aver momentaneamente dimenticato la discussione.

N-niente, è stato solo... solo...” Harry sembrava davvero a corto di parole.

Se stessi avendo questa discussione con Niall, avrei detto che i suoi balbettii erano dovuti a qualche problema con le ragazze. Se fosse stato Louis avrei detto che aveva combinato l'ennesimo casino.

Zayn non lo contavo nemmeno, perché se lui era a corto di parole allora eravamo tutti e cinque in guai seri.

Ma con Harry... Beh, Harry era non solo spudorato fino al limite massimo, ma anche fiero di raccontare dei casini che combinava. Ed era anche bravo a mentire, a meno che non si trattasse di una cosa molto grossa.

Quindi l'unica possibilità che mi veniva in mente era che avesse fatto qualcosa di molto, molto brutto. Qualcosa che avevo la netta sensazione di non voler sapere.

Cos'è successo?” la mia voce uscì più tagliente del previsto, ma solo perché ero preoccupato per Taylor. Conoscevo fin troppo bene Harry e Zayn, e sapevo che quando volevano potevano essere fin troppo zelanti, nel caso di Harry, o aggressivi, nel caso di Zayn. Quanto a Louis... beh, non sapevo che ruolo avesse giocato in tutta questa faccenda, ma sembrava che si fosse scusato. E tanto mi bastava.

Li guardai tutti e tre, cercando una risposta che dai loro volti non traspariva. Alzai gli occhi al cielo, cercando di contenere tutta la mia esasperazione. Ma sembrava una battaglia persa ormai.

Senti, Liam, perché non ne parliamo dopo? Insomma, suppongo che tu e Louis vogliate andare a trovarla. E anche Niall, appena scopriamo che fine ha fatto.” cercò di convincermi Zayn, infondendo una sicurezza che non aveva nella sua voce.

E, non sapevo proprio come, io mi ero lasciato convincere.

Qualche minuto dopo stavo camminando fianco a fianco con Lou, senza che nessuno dei due avesse abbastanza coraggio per cercare di smorzare la tensione con inutile chiacchiericcio. Niall era ancora per disperso, mi stavo davvero domandando dove si fosse nascosto; Zayn lo stava cercando, affiancato da un Harry molto abbattuto.

I nostri passi rimbombavano nei corridoi vuoti, c'era solo qualche raro paziente con quelle orrende vestaglie bianche. Mi metteva la pelle d'oca stare lì, era a dir poco inquietante.

Appena individuai la camera che ci aveva indicato l'infermiera, mi ci fermai davanti, bussando piano.

Aspettai qualche istante di sentire la sua voce, disperato per un qualsiasi segno che mi dicesse che c'era ancora, che non se ne era andata. Ma non la sentii, e improvvisamente ebbi una bruttissima sensazione.
Avevo paura, una paura stupida e irrazionale, che quando avrei aperto la porta Taylor non ci sarebbe stata. Ma lei non stava morendo, era questo l'importante, no?

Facendomi forza, abbassai la maniglia e aprii la porta, facendo entrare prima Louis.

Taylor era distesa su un piccolo letto d'ospedale, e sembrava ancora più fragile di prima. Aveva gli occhi chiusi, magari cercando di fermare le lacrime che le scorrevano silenziosamente lungo la faccia. Mi si strinse il cuore a vederla così. Era troppo per me, per oggi avevo superato la mia dose di pacatezza.

Mi appoggiai contro il muro, cercando di fare dei respiri tranquilli. Ma niente, i miei occhi si erano riempiti di lacrime e non avevano nessuna intenzione di andarsene. Tutto questo era a dir poco assurdo. Non avevo ragione per piangere, per non dire che sarebbe stato decisamente imbarazzante farlo davanti a Louis.

Mi girai verso di lui, che si era avvicinato a Taylor. Anche lui stava per perdere il controllo sui suoi sentimenti.

Taylor...” sussurrò Louis, e gli occhi di Taylor scattarono verso di lui.

Sussultando, lei si asciugò velocemente le lacrime, guardandoci. Erano occhi spenti, senza espressione. E la cosa più spaventosa che avessi visto quel giorno.

Perché in quel momento avevo capito una cosa che mi ero rifiutato di vedere prima: Taylor voleva morire. Non era stato un errore, un gesto sconsiderato fatto perché era triste o arrabbiata. Probabilmente ci pensava da tempo, e oggi era successo qualcosa che aveva fatto traboccare il vaso.

Avevo un'improvvisa voglia di prendere a pugni Harry e Zayn, e dire che di solito quello pacifista ero io.

La conversazione tra noi tre si era interrotta subito, dopo i convenevoli del caso. Era una situazione imbarazzante, ma nessuno di noi sapeva come spezzare il ghiaccio.

Anche se dubitavo che ci fosse un qualche copione da seguire in quei casi.

Alle fine, quando il silenzio si fu protratto per qualche minuto, mi decisi ad aprire la bocca, pensando a qualcosa da dire.

Però, prima che potessi dire nulla, la porta si aprì silenziosamente, mostrando la faccia di Niall e i suoi capelli davvero molto arruffati.

Posso entrare?” domandò gentilmente a Taylor, una cosa che io e Lou non ci eravamo presi il disturbo di fare.

Niall... vieni pure.” disse, la sua voce sempre più debole.

Il biondo fece un sorriso tremolante, e potevo vedere lo sforzo che stava facendo per non scoppiare a piangere. Tra di noi, Niall era sempre stato il più sensibile, e non potevo nemmeno immaginare come si stesse sentendo in questo momento.

Fece un timido passo avanti, reggendo un oggetto bianco nelle mani. Inarcai un sopracciglio, cercando di identificare l'oggetto.

Senza incontrare i nostri sguardi, andò direttamente verso di lei, che lo guardava con un velo di confusione chiaro nei suoi occhi. Niall le si inginocchiò affianco, allungando il coso bianco verso di lei con un sorriso impacciato. Ora che era nella luce, riuscii a capire cos'era: un orsetto di peluche bianco.

Mi si scaldò il cuore al pensiero di avere un amico così altruista. E dolce, e sensibile, e tenero. Certo, non erano certo gli aggettivi che gli avrei affibbiato io, ma le ragazze sembravano pensarla così.

La reazione di Taylor fu quella che meno mi aspettavo. Distolse lo sguardo dal peluche che le veniva offerto, e fissò Niall con uno sguardo carico di sorpresa, Davvero non capivo cosa ci fosse di così strano nel ricevere un regalo.

P-per me?” domandò, aggrottando delicatamente le sopracciglia.

Niall annuì, appoggiando l'orsetto sul suo cuscino senza una parola. E così, senza bisogno di nessun'altra spinta, si ritrovarono abbracciati l'un all'altra.

Mi ritrovai a sorridere a quella scena. Io e Louis ci scambiammo uno sguardo carico d'intesa, uscendo entrambi dalla stanza.

Richiusi la porta non appena fummo usciti tutte e due, scoppiando in una risata sollevata.

Sai, ce li vedo bene insieme.” mi disse Louis con un sorriso ebete.

Sì, anche io. Non mi meraviglierei affatto se Niall mi dicesse che gli piace Taylor.”

 

Rieccoci alla fine di un altro capitolo, e complimenti a chiunque sia riuscito a leggere fino a qua XD

Personalmente ho odiato scrivere questo capitolo, per ragioni che non mi sono ben note... Uhm...

Comunque, forse sarebbe opportuno scusarmi per il ritardo improponibile, ma, essendo che sto passando un periodo a dir poco infernale, il mio tempo per scrivere è andato gentilmente a farsi friggere. Diciamocelo, questo capitolo non ha il minimo senso logico, è quasi illeggibile. Non ho nemmeno avuto il coraggio di rileggerlo, quindi dovrete perdonarmi anche tutti gli errori che ci sono.

POI, oggi non ho davvero il tempo di rispondere alle recensioni (altra cosa di cui di dispiaccio di cuore) e spero di poterlo fare al più presto. Ma sappiate che le ho apprezzate tutte tantissimo, siete stupende :)

Bene, ora potete lanciarmi addosso tutti i pomodori che volete.

Ele 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Remember to live ***


N.d.A. Stavolta ho fatto presto! Niente, volevo solo raccomandarmi di prestare attenzione alla data e al POV. Se tutto va secondo i miei piani, questo sarà il penultimo capitolo con un POV diverso da quello di Taylor (e, se vi interessa, anche Gary). Quindi vi auguro una buona lettura :)

 

POV Taylor

 

12 settembre 10:30

Mi sbattei la porta dello studio dello psicologo alle spalle, stringendo Niall al petto con forza e cercando di trattenere un singhiozzo. Avevo appena finito la mia prima e, speravo, ultima seduta con lo psicologo, e non era stato per niente divertente.

La prima cosa che mi aveva chiesto quando ero entrata era stata: cosa ti turba? Ecco, il problema era che non c'era niente che mi turbava. Non nel senso stretto del termine, comunque.

Avendo visto che la sua domanda mi aveva mandato in confusione, mi aveva cominciato a fare delle domande piuttosto personali. Alla fine aveva scavato così a fondo nella mia vita di liceale che avevo avuto l'impressione che ne sapesse più lui di me. In effetti, aveva rivangato memorie che avevo sperato restassero sepolte per sempre. E riviverle era stato un tale shock che ero scoppiata in una poco signorile scenata isterica. Ma date le circostanze poteva anche essere giustificata. E ora ero fuori dal suo studio accompagnata dal tipico senso di abbandono che lasciavano le crisi. Era esattamente come tagliarsi, nel senso che tutte e due mi lasciavano vuota e pronta a ricominciare, ma le crisi isteriche lasciavano un sottile strato di tristezza di sottofondo. E un profondo senso di stordimento e un mal di testa impressionante.

Mi incamminai lungo il corridoio sterile, accarezzando dolcemente il pelo candido di Niall. Non il vero Niall, ovviamente, perché lui era a scuola in quel momento. E perché dubitavo che avesse il pelo, ma avevo chiamato così l'orsacchiotto che mi aveva regalato. Poteva sembrare una cosa infantile, stupida quasi, ma non solo l'avevo chiamato con il suo nome, me lo portavo dietro ovunque. Non potevo parlare a nessuno di certe cose che mi succedevano, e anche a diciassette anni un peluche era il mio nuovo migliore amico. Ero a dir poco patetica. Se Mark mi avesse vista ora, sarei stata torturata per il resto dell'eternità.

Lanciai un'occhiata distratta ai ritratti appesi sulle mura, ancora più deprimenti delle pareti bianche. Paesaggi al tramonto e disegni infantili di animali, probabilmente fati da qualche bimbo dell'ospedale. Lo psicologo mi aveva istruito di andare a sedermi nella sala d'attesa mentre lui parlava con Hannah, che era corsa all'ospedale in seguito ad una chiamata fatta a Liam, dopo essersi accorta che lui e Niall erano spariti. Mi misi seduta su una di quelle sedie metalliche ed esaminai gli altri pazienti. C'era un ragazzino di forse dodici anni che continuava a spegnere e riaccendere un accendino in modo ossessivo; la madre cercava di toglierglielo di mano, ma sembrava avere troppa paura di scottarsi per avvicinarsi abbastanza. Una signora anziana che canticchiava sottovoce una nenia ripetitiva che metteva la pelle d'oca. Un uomo immobile con lo sguardo fisso nel vuoto e una donna che invece non riusciva a stare ferma.

Fu forse in quel momento che tutta la mia attuale situazione mi penetrò nel cervello, imprimendosi indelebilmente. Avevo appena passato una notte nel reparto psichiatrico di un ospedale. E questo perché avevo tentato di suicidarmi. Se avessi potuto tornare indietro... No, avrei rifatto esattamente la stessa cosa.

E in vista di questa illuminazione, forse il mio posto era davvero lì, assieme ai matti.

Scossi la testa per far sparire i pensieri. Io non ero pazza, l'aveva anche detto quello psicologo, ero solo molto sotto stress, e la mia decisione non era stata frutto di una scelta cosciente. Sì, questa era la prova che quelle sedute non servivano assolutamente a niente. Aveva capito l'esatto opposto di quello che avevo avuto intenzione di fare. Il solo pensiero di dover tornare a scuola, affrontare ancora tutti gli insulti... No, non ce l'avrei mai fatta.

Eppure dovevo, e in un certo senso stare qua con le mani in mano, attendendo un verdetto che avrebbe potuto condizionare la mia intera esistenza, stava solo peggiorando la mia situazione. Avevo letto molti libri, e sapevo quali fossero gli effetti collaterali degli antidepressivi e medicinali vari. E forse sarebbe stato anche un bene, ma non ne ero certa. La tensione dentro il mio corpo andava crescendo, ma nemmeno vicina all'intensità di alcuni momenti. Mi sentivo come se mi avessero limato via la capacità di provare emozioni. Morta, ecco come mi sentivo. E mi sembrava anche sensato che dopo aver tentato di ammazzarmi mi sarei sentita morta, solo che di norma i morti non parlavano, e non andavano in giro per il mondo dei vivi. A meno che questo non fosse tutto uno stupido sogno da cui non riuscivo ad uscire.

Mi conficcai le unghie nella mano, e il solito dolore si fece sentire. Quindi non stavo nemmeno dormendo.

Pazienza, avevo tempo per organizzare un altro metodo per morire, e magari che fosse anche quello buono.

Mi accorsi in quel momento che il mio piede stava picchiando con impazienza sul pavimento, e che il ritornello della vecchietta era finalmente finito. Aspettai in silenzio per qualche minuto, cercando di soffocare l'ansia che stava divampando come un piccolo incendio nel mio cuore. E poi, nel momento in cui avrei giurato che l'incendio mi avesse uccisa, vidi la lunga coda bionda di Hannah. E bastò quello, vedere una persona amica in tutta quella massa di gente. L'effetto fu quello di una provvidenziale pioggia a bagnare tutto, spegnendo il fuoco. L'espressione di Hannah era corrucciata, le labbra premute in una linea di disappunto. Di fianco a lei camminava lo psicologo, tenendo in mano delle cartelle bianche che avevano un aspetto formale.

Si fermarono entrambi davanti a me, guardandomi con la stessa espressione guardinga, come se si aspettassero di vedermi aggredirli da un momento all'altro. O forse credevano che sarei scoppiata in lacrime. In ogni caso, non sarebbe successo. Guardai gli occhi azzurrini della mia prof, aspettando che dicesse qualcosa, ma fu lo psicologo a parlare per primo.

Signorina Austen, non credo che lei stai così male da essere tenuta sotto stretta osservazione. Assieme alla signora Redbird mi siamo messi d'accordo sul fatto che la sua situazione sia abbastanza stabile da poter essere dimessa. Però ritengo anche che sarà necessario farla seguire da un suo coetaneo, credo che una persona della sua età potrà capirla meglio.” lo guardai senza tradire niente dal mio volto, o almeno speravo che dalla mia espressione non trasparisse niente. Perché dentro di me ero molto preoccupata dal reale significato delle sue parole.

Pensavo che forse passare più tempo con mio nipote e i suoi amici ti farebbe bene.” mormorò la voce cristallina di Hannah, priva di inflessioni.

Sentii la mia mascella serrarsi e i miei pugni chiudersi, il tutto senza il mio permesso: “Accetto volentieri questa clausola, se mi permetterà di essere dimessa. A patto che l'unico a seguirmi sia Niall. Non voglio nessun altro attorno, non Louis, Liam, Harry e specialmente non Zayn. Ma Niall va bene.” feci attenzione a non guardare Hannah mentre parlavo, sicura di non poter reggere il suo sguardo sorpreso.

Dieci minuti e parecchie firme dopo, finalmente stavo uscendo da quel posto, fuori alla luce del sole.

Le porte automatiche si aprirono con uno scatto, e rimasi abbagliata. Letteralmente, non ci vedevo più.

La luce del sole era sempre stata così forte? E il suono degli uccelli che canticchiavano?

Tutto attorno a me, dalle ambulanze parcheggiate in fretta ai pazienti che camminavano lentamente lungo il porticato, i colori sembravano essersi accentuati, mostrando sfumature e profondità che non avevo mai notato prima. Ero molto più consapevole dell'aria che mi volteggiava attorno, e del ronzio sommesso delle api che volavano. Se non fossi stata un'autolesionista, forse ci avrei impiegato molto di più a capire quello che stava succedendo, se mai l'avessi capito, ma nelle mie condizioni era ovvio tanto quanto lo era mangiare per le persone normali. Era la sensazione di essere vive. Succedeva tutte le volte che mi tagliavo, e questo non era altro che la stessa sensazione moltiplicata per dieci. Era la consapevolezza di essere viva, di vedere il mondo attivo attorno a me. Era difficile da spiegare a parole, il perché succedesse. Forse ero io che ero pazza, ma tutte le volte che vedevo il sangue scorrere fuori da me, tornavo in vita. Improvvisamente ero più cosciente di quello che mi circondava, perché la reazione naturale del mio corpo era quella di avere la sensazione di poter perdere tutto. E quindi mi trovavo circondata da colori un po' più luminosi, da suoni un po' più forti.

Ma questo... Non avrei mai creduto possibile arrivare ad un tale livello. Era come se per tutta la vita avessi avuto dei tappi nelle orecchie, che mi fossero stati tolti. Era come mettere un paio di occhiali ad un miope per la prima volta. Era la stessa sensazione che si provava dopo essere scampati ad una situazione in cui la propria vita era in pericolo. Come se il mondo stesse mandando un avvertimento: questa vita è bella, godila finché puoi.

E mi faceva paura. Io volevo essere felice, lo volevo davvero, ma per ora non riuscivo a liberarmi del dolore. E in un certo senso ero anche spaventata, perché se mi fossi lasciata andare, e non ci fosse stato nessuno a prendermi tutte le volte che avrei incontrato un ostacolo... Non c'era motivo per rischiare.

 

POV Zayn

 

13 settembre 5:45 (mattino)

Ero stufo di stare disteso a guardare il soffitto. Me ne fregavo altamente del fatto che fosse praticamente notte fonda, o che sarebbe stato parecchio scortese girare come un ladro in mezzo alla casa della zia di Niall. Non ce la facevo più a stare confinato in quella camera, sveglio come non mai nonostante l'orario.

Dovevo ammettere anche a me stesso che era strano che mi fossi alzato così presto, ma non era stata una scelta programmata. Mi misi a sedere, lasciando scivolare le mie gambe nude fuori dalle coperte. I miei piedi toccarono il parquet silenziosamente, evitando di inciampare in mezzo alla massa di vestiti sparpagliati per terra solo grazie allo spiraglio di luce che passava attraverso le veneziane chiuse male.

Mi stiracchiai come un gatto, sentendo i muscoli flettersi sotto il mio comando. Un gesto che ogni ragazza avrebbe pagato per vedere. Non era vanità, da parte mia, solo un dato di fatto. Non me ne compiacevo, perché non era come se avessi fatto qualcosa per ottenere il corpo che mi ritrovavo. Certo, a parte per le ore di palestra, ma non contavano. Era come tenere ben oliata una macchina, ed era in quei momenti che sentivo il piacere di vedere come tutto funzionasse a dovere, come un'unica entità.

Mi abbassai per prendere un paio di pantaloni della tuta dal pavimento, pensando che se dovevo proprio comportarmi da pessimo ospite, potevo perlomeno coprirmi un po'.

Mi infilai i pantaloni, ma non ritenni necessario coprirmi anche sopra. Tanto Hannah aveva già visto un ragazzo a petto nudo prima d'oggi, non si sarebbe scandalizzata. E non dovevo nemmeno preoccuparmi per la piccola Taylor, da quando era stata dimessa ieri mattina non era ancora uscita dalla sua camera, e l'unica persona che poteva entrare in camera sua era Niall. Sentii la mia mascella contrarsi in uno spasimo involontario, e i miei occhi si indurirono. Non dovevo pensare a Taylor.

Mi guardai attorno, ascoltando i respiri pesanti di Liam e il lieve russare di Niall. Mi spuntò un abbozzo di un sorriso quando pensai al biondo. Cercando di non svegliarlo, mi avvicinai al mio letto, aprendo il cassetto. All'interno trovai il pacchetto con il fiocco dorato, che riluceva debolmente per la poca luce. Richiusi il cassetto e appoggiai il regalo incartato proprio sopra il comodino di fianco al suo letto, dove l'avrebbe visto sicuramente. Guardai le lunghe ciglia del mio amico formare delle piccole mezzelune sul suo viso, pensando a quanto era stato difficile pensare ad un regalo decente da fargli. Non era stato per niente facile, con Niall non si sapeva mai cosa fare per andare sul sicuro. Alla fine mi ero deciso, ignorando bellamente i preziosi consigli di Liam, su un libro che mi aveva colpito come perfetto per Niall.

Dovetti reprimere una risata quando mi immaginai la faccia che avrebbe fatto quando l'avrebbe aperto, quella sera alla festa.

Eravamo stati io e Harry ad organizzarla, e ci era costato un occhio della testa pagare per tutto. Ma il risultato era parecchio interessante. Le esatte parole di Harry erano state: questo sarà il più bel party della storia di Londra.

A patto che a Niall piacesse. Non avevo dubbi sul fatto che Louis l'avrebbe amata, così come tutti i ragazzi della Felicity High School. Ma non potevo dire lo stesso di Liam e Niall. Con loro due anche le feste organizzate con le migliori intenzioni potevano diventare un vero fallimento. Il fatto era che nessuno dei due era un vero e proprio festaiolo, e non riuscivo proprio a capirli. Alla fine, Louis aveva proposto di non dirglielo, di farlo all'ultimo minuto in modo che non potessero sottrarsi.

Aprii la porta della nostra camera: “Buon diciassettesimo compleanno, Niall.” sussurrai, chiudendomi la porta alle spalle. Camminai senza meta per la casa di Hannah, con in mente altro.

Mi riscossi quando mi accorsi che i miei piedi mi avevano portato verso la cucina, e che le piastrelle fredde mi stavano congelando i piedi. Non accesi la luce, tanto la stanza era abbastanza illuminata con le prime luci dell'alba. Mi presi un bicchiere e ci versai dentro della spremuta. Avevo bisogno di bere qualcosa, per far passare quella maledetta sensazione di avere la gola in fiamme. Ne inghiottii un sorso, sentendo il liquido freddo bagnarmi le pareti della gola e scorrere giù.

Finii la bevanda in pochi secondi, girandomi per uscire dalla cucina. E fu in quel momento che mi accorsi della porta aperta. Per un secondo fui confuso, pensando che i ladri avessero scassinato la serratura, ma mi sembrava tutto al suo posto. E allora mi chiesi se per caso non ci fosse qualcuno fuori. Mi avvicinai, spalancando l'entrata e facendo un passo esitante fuori. La prima cosa che mi colpì fu il freddo. Avevo un freddo assurdo, fuori a petto nudo a quell'ora del mattino. E poi la sensazione di umido ai piedi, che si bagnarono immediatamente a contatto con il leggero strato di rugiada che ricopriva l'erba del prato di Hannah.

Stavo per tornare dentro, quando in accorsi di una piccola figura poco più avanti.

La riconobbi subito, l'unica ragazza di mia conoscenza con quel colore di capelli, che ogni ragazza avrebbe dovuto volere, a parere mio. Non sapevo bene di colore fossero, ma ero certo che fossero stupendi.

Senza più curarmi del freddo, mi avvicinai a lei. Stava piegata su se stessa, tenendo in mano qualcosa che non riuscivo a vedere. Si era messa una coperta blu attorno alle spalle, e i suoi capelli aerano spettinati dal vento.

Riuscii a vedere le sue spalle irrigidirsi quando sentì i miei passi fruscianti, ma continuò a guardare verso la strada deserta.

Mi fermai subito dietro di lei, incerto se andarmene o restare. Era la prima volta da quando era successo che avevo un'opportunità di parlarle. Io, al contrario di Harry, avevo capito subito che non aveva senso cercare di farsi perdonare, quando Taylor si rifiutava perfino di guardarci in faccia. Ma era giusto così. Eravamo stati degli stupidi, cercavamo solo di farci accettare. L'unica cosa che volevo era che non si ripetesse quello che era già successo, che Niall e Liam potessero finire il liceo in santa pace. Ma avevo solo complicato le cose, con tutti.

Liam stava cominciando a diventare più insistente. All'inizio non aveva fatto domande, troppo preso dalla felicità di vedere Taylor ancora viva, ma ora pretendeva di sapere cosa fosse successo con noi tre.

Sapeva che eravamo in qualche modo coinvolti nella sua decisione, quella di togliersi la vita, ma non aveva ancora capito come. E quando l'avrebbe saputo...

E nel frattempo io ero ancora ferma dietro di lei, con la pelle d'oca e i capezzoli irrigiditi per il freddo. Alla fine, con un sospiro impercettibile, mi lasciai scivolare di fianco a lei.

Taylor... non alzò il viso verso di me, e finalmente riuscii a vedere cosa stava facendo. Reggeva in mano una rosa gialla, lo stelo chiuso con forza tra la sua mano. Ma la rosa aveva perso la metà dei suoi petali.

I suoi occhi erano vacui, come ormai era normale. Era da quando Hannah l'aveva riportata a casa dall'ospedale che era in quella specie di stato catatonico, rifiutandosi di mangiare o muoversi. Solo Niall riusciva a smuoverla un poco.

Sinceramente, non pensavo che il mio autocontrollo avrebbe retto ancora per molto. C'erano già parecchie crepe. Mi sentivo in colpa per quello che le avevo fatto, così in colpa che mi sarei inginocchiato e le avrei baciato i piedi, se fosse servito a qualcosa. In un certo senso era come se l'avessi uccisa con le mie stesse mani. Ma c'era anche qualcos'altro, una vocina che mi diceva di lasciarmi andare a quello che stavo provando. Solo che io non sapevo esattamente i miei sentimenti per quella ragazza. Però sapevo che da qualche parte c'era anche la voglia impellente di baciarla.

Il perché non lo conoscevo ancora, ma mi era convinto che fosse solo per farle vedere che c'erano un sacco di cose belle nella vita. Davvero tante. Ma baciarla sarebbe stato un grossissimo errore.

Cosa ti fa credere che per lei sarebbe piacevole essere baciata da te? Sussurrò una vocina maliziosa nel mio cervello. Nonostante fossero state fastidiose (o forse proprio per questo motivo), avevano colpito il bersaglio.

Lei mi odiava, non mi voleva vicino. Ed era un'emozione strana, alla quale non mi ero ancora abituato. Non ero mai stato rifiutato da una ragazza, e non avevo nessuna intenzione di cominciare adesso. Ma questa era la prima volta che ferivo una ragazza. Non mentalmente, quello succedeva tutte le volte perché non riuscivo ad avere un rapporto stabile, ma fisicamente. Non avevo mai colpito una ragazza prima d'ora, e non avrei mai nemmeno pensato che mi potesse capitare di farlo.

Tutti quei pensieri mi stavano confondendo, e io detestavo essere confuso. Forse se avessi detto qualcosa sarei riuscito a distrarmi.

Aprii la bocca per scusarmi, per pronunciare finalmente il discorso che aveva perfezionato Harry per farci perdonare. Ma le parole si rifiutavano di venire, l'unica cosa che mi veniva in mente era un patetico 'come ti senti' che avrebbe mandato a monte tutte le mie possibilità.

Feci un profondo respiro per riordinare i miei pensieri, fissandola. Lei, ancora ignorando la mia presenza, staccò un altro petalo alla rosa. Il mio sguardo era basito mentre lei lasciava andare il petalo, che volteggiò via, trainato dal vento. Guardai il delicato punto giallo sparire dalla mia visuale, perdendosi lungo la strada cementata.

La sua presa divenne ancora più serrata. Un piccolo rivolo di sangue le scivolò lungo il polso, e venne assorbito dalla felpa bianca che portava sotto la coperta. Sussultai, guardando quella piccola riga scarlatta.

Senza pensare a quello che stavo facendo allungai una mano per toglierle il fiore di mano.

Lei si stava pungendo con le spine, era un pensiero che mi risultava stranamente fastidioso. Taylor era una ragazza stupenda, eppure si comportava in modo strano. Sapevo che anche Liam se ne era accorto, perché anche se non ne avevamo mai parlato esplicitamente, avevo notato alcuno sguardi che le lanciava. Era troppo magra, ma davvero troppo. Così tanto che avevo anche avanzato la possibilità che fosse anoressica. E anche che potesse avere qualche piccolo problema di timidezza. Ma piccolo, eh!

Eppure non ne avevo mai parlato con lei. In effetti, avevamo parlato giusto un paio di volte. Perché parlare con lei era come camminare su un sentiero minato. Non capivo mai quando, ma prima o poi avrebbe detto qualche frase, o i suoi occhi si sarebbero illuminati di tristezza: e io sarei scoppiato. Non riuscivo a controllare le mie emozioni quando ero intorno a lei, e la cosa mi scombussolava al punto che avevo cercato di rendermi il più antipatico possibile, solo per tenerla lontana. E non capivo cos'era che la rendeva così diversa da tutte le altre, forse l'aura di purezza che sembrava irradiare da tutti i suoi pori, o quel suo modo così fastidioso di abbassare lo sguardo quando le parlavo, togliendomi l'unico scorcio della sua anima.

Quando la mia mano toccò la sua, così fredda, lei si scansò velocemente di lato, allontanandosi da me.

Io provai un moto di delusione. Avevo davvero sperato che mi accogliesse come un amico, come faceva con Niall? Illuso...

Continuò a staccare petali, ignorandomi di nuovo. Non provai più ad avvicinarmi, sapevo che non voleva e non potevo costringerla a fare niente contro la sua volontà.

Quando l'ultimo petalo scivolò fuori dalla sua presa, fu lei a parlarmi per prima, buttando lontano lo stelo del fiore: “Hai freddo?” chiese, la sua voce bassa e venata da striature di un'inconsolabile tristezza.

Sto bene.” dissi, anche se in realtà stavo diventando un ghiacciolo.

Per la prima volta da giorno in cui le avevo fatto del male, i suoi occhi si alzarono per incontrare i miei.

Da così vicino i suoi occhi non erano marroni, come avevo pensato inizialmente, ma di un verde scuro frammentato da striature dorate. E traboccavano di un dolore e una angoscia infiniti.

Volevo abbracciarla, far sparire tutte quelle emozioni negative. Ma non potevo, ed era forse quella la cosa più difficile da gestire.

Si sfilò la coperta dalle spalle e me la porse, sotto il mio sguardo allibito. La presi in mano, sentendo il cotone avvolgere il mio petto e scaldarmi immediatamente. Aveva il suo profumo, un odore indescrivibile che non avevo mai sentito prima. E dire che io avevo anche una certa esperienza di profumi femminili, se si considerava il numero di ragazze che mi ero portato a letto.

Taylor era unica. Aveva appena capovolto tutto quello in cui credevo. Io ero sicuro che di solito succedesse il contrario, che dovesse essere il ragazzo ad offrire la propria giacca alla ragazza, o almeno, nei film succedeva così. Certo, c'era anche da prendere in considerazione il fatto che ero mezzo nudo, e quindi non aveva una giacca da offrire.

Perché stavi facendo... quella cosa coi petali?” le chiesi, costringendo la mia voce ad un sussurro dolce per non spaventarla. Anche se non avevo avuto l'effetto sperato, dal modo in cui lei sobbalzò con aria colpevole.

Lei aspettò qualche secondo prima di rispondermi, e quando lo fece la sua voce era vagamente acida: “Perché ti interessa?”

Mi costrinsi a sopprimere l'ondata di frustrazione, mantenendo il mio volto una maschera di impassibilità.

Non importa, allora.” dissi, cercando di non far trapelare il mio fastidio.

Cosa ci fai qua, Zayn?” mi domandò, guardando il cielo.

I miei occhi si assottigliarono, e prima che potessi fermare la mia lingua, il danno era già stato fatto: “Perché ti interessa?” scimmiottai.

I suoi occhi si riempirono velocemente di lacrime, mentre io mi sentivo male.

Già, perché mai.” mormorò, credendo che non la potessi sentire. La mia bocca si piegò in una smorfia di disprezzo. Non per lei, ma per me. Non riuscivo a capire come potessi essere così insensibile. Per l'amor del cielo, aveva provato a suicidarsi e io qua che la prendevo in giro.

Ho visto la porta aperta.” dissi, chiudendo gli occhi per non vedere le sue lacrime.

Zayn?” il mio nome diventava dieci volte più bello pronunciato da lei.

Sì?”

Posso farti una domanda personale?” il suo tono era cauto, come se avesse paura di far scattare qualcosa.

E per qualche strana ragione avevo l'impressione che Taylor avesse paura di me. E dopo quello che avevo fatto, anche io ne avevo.

Spara.” la esortai. Ero contento che mi stesse parlando, era già più di quanto avrei mai potuto sperare. Più di quanto era riuscito a fare Harry, con tutti i mazzi di rose davanti alla porta di camera sua, le poesie e i cioccolatini.

Mi odi?” domandò, con la voce che si incrinò leggermente verso la fine.

Quella era una cosa che non mi sarei mai aspettato, e mi fece girare a guardarla, senza più avere tutte le mie emozioni sotto controllo. Sul suo viso c'era una traccia di preoccupazione seria, la quale fu a dir poco sconcertante. Volevo prenderla, tenerla stretta a me, prometterle che sarebbe andato tutto bene. E invece l'unica cosa che riuscii a fare fu scuotere la testa.

E tu mi odi?” attesi con impazienza che mi rispondesse, ma lei rimase in ostinato silenzio.

Un silenzio che aveva l'amaro retrogusto di un silenzioso sì. Il mio cuore ebbe un tuffo, mentre mi scivolava addosso un'ondata di nausea. Cercai di mantenere un'espressione impassibile, ma si stava rivelando sempre più difficile. Specie in quel silenzio assordante.

Oddio, mi odi davvero.” mormorai, disgustato per quello che ero riuscito a farle.

Lei allungò una mano verso di me, ma io mi scansai, proprio come aveva fatto lei prima. Non lo feci per ripicca, semplicemente non avevo il coraggio di farmi toccare da Taylor, la dolce e innocente Taylor.

Lei cercò di incontrare il mio sguardo, ma in realtà non ci riuscì, perché tenni i miei accuratamente fissi sugli steli d'erba sotto di noi.

Guardami, ti prego.” la sua richiesta mi fece immediatamente girare, anche se di malavoglia.

I suoi occhi scintillarono di sincerità quando parlò: “Io non potrei mai odiarti, Zayn.”

Davvero?” il mio stomaco si snodò dalla posizione annodata che aveva formato.

Non mi rispose, ma fece una di quelle sue domande a trabocchetto: “Com'è l'amore?” mi chiese con un soffio.

La guardai per lunghi istanti: “Non lo so.” dissi in tutta sincerità. Ero stato con una miriade di ragazze, ma non ne avevo mai amata nessuna. E, anche se non sapevo dove voleva andare a parare con questa domanda, avrei fatto di tutto pur di farla continuare a parlare.

Come si fa a capire se si è innamorati?” e fu con quelle parole che capii che il discorso non era messo lì a caso. L'ipotesi più probabile era che si fosse presa una cotta per Niall. E per qualche strana ragione il pensiero mi dava altamente fastidio. Il pensiero del mio Niall che baciava la mia Taylor... Mi faceva scattare una sferzata di gelida rabbia. Che proprio non riuscivo a spiegarmi. Certo, ogni tanto potevo diventare aggressivo, se mi minacciavano una persona cara, ma non c'era nulla di pericoloso in quell'immagine.

Beh, quando ami una persona vuoi passarci assieme tutto il tuo tempo, e ti senti geloso se parla con altre persone. Questa persona ti sembra perfetta in ogni cosa, e... non so, la consideri solo ed esclusivamente di tua proprietà.” e per qualche ragione, alla fine stavo pensando proprio a Taylor. Probabilmente perché aveva questa capacità di stregare e catturare l'attenzione. Anche Harry la vedeva come me, quindi potevo dire con certezza di non essere io quello strano.

Il suo viso era perplesso: “Secondo me non è così. Quando ami una persona ti dimentichi completamente di te stesso per quella persona. Tu non conti più niente, è solo la felicità dell'altra persona che diventa importante. Saresti pronto a morire per lei. E se la felicità dell'altra persona significa che se ne deve andare, allora la lascerai andare con un sorriso ed un augurio.” alla fine la sua voce si fece ovattata.

Eravamo completamente diversi. Se io ero il nero, lei era il bianco. Così altruista, nessuno poteva anche lontanamente raggiungere quel livello di purezza. Il mio cuore sprofondò di nuovo, dando inizio ad un disperato giro sulle montagne russe per il mio stomaco.

Perché me lo stai dicendo?” era la prima volta che mi offriva di sua spontanea volontà un parere.

Per la prima volta dall'inizio della conversazione, lei mi rivolse un sorriso molto dolce: “Non avete lasciato che me ne andassi. È stata una decisione molto egoistica da parte vostra.” mi disse con un candore stupefacente.

Perché hai tentato il suicidio, Taylor?”

Ecco, l'avevo chiesto. In fondo, tutta questa conversazione era stata solo una fase preliminare prima della fatidica domanda. La sentii trattenere il respiro, per poi espirare con tranquillità.

Zayn, tu li hai mai visti i colori?” solo da quella domanda, avrei dovuto cominciare a dubitare della sua sanità mentale, e invece in quel momento mi sembrò una domanda più che legittima. Da parte sua comunque.

Certo, tutti i giorni.” ed ero anche abbastanza frustrato che fosse riuscita a deviare la mia domanda così, cambiando completamente tema.

Lei si distese lungo l'erba, facendomi segno di fare lo stesso. Eravamo lì, fermi a guardare il cielo.

Guarda attentamente. Ora dimmi, Zayn, secondo te com'è il cielo oggi?” il suo tono era mortalmente serio, e fu l'unica cosa che mi fermò dall'alzarmi e andarmene con una risata di scherno. Anche se ero molto tentato di farlo lo stesso, al diavolo il rispetto.

Beh, è azzurro, con delle nuvole. E il sole sta sorgendo proprio in questo momento, quindi c'è anche un po' di rosa.” quella risposta, per qualche motivo, mi fece sentire stupido, e incredibilmente cieco.

Vuoi sapere come lo vedo io? Il cielo sopra di noi è di un azzurro scuro, ma vivace, quasi come il mare di posti come i Caraibi. E là, dove sta spuntando il sole, attraverso quella schiera di case e alberi, diventa anche simile al magenta, come... come, non so come, ma è bellissimo. E proprio dove sta sorgendo il sole, in tutto lo spazio attorno, diventa arancione, un arancione molto forte. Tra il magenta e il blu c'è uno spazio più chiaro, simile ad un bianco lattiginoso tinto leggermente di azzurro. Ed è stupendo, perché dove è blu le nuvole sono più chiare, mentre dove c'è il rosa le nuvole sono come un viola scuro.” si fermò per prendere un respiro, e io rimasi incantato. Io non sarei mai stato capace di fare una descrizione del genere, ma in effetti era tutto lì. Solo che io non lo vedevo.

E a quel punto la domanda di Taylor diventava sensata.

Zayn, tu li hai mai visti i colori?

No, io non li avevo mai visti i colori. Ero stato cieco per diciassette anni della mia vita.

Cercai di nascondere il mio imbarazzo: “Ma cosa c'entra tutto questo con il suicidio?”

Gli occhi di Taylor mi guardarono da cima a fondo, cercando qualcosa sul mio viso. Dopo qualche istante, la sua espressione entusiasta si smorzò, soppiantata da una piega all'ingiù della bocca.

Niall avrebbe capito.” disse in un sussurro, la sua voce quasi seccata.

Mi rialzai dalla posizione distesa e assottigliai gli occhi verso di lei. Non sapevo esattamente cosa intendesse dire con quella frase, ma non mi era piaciuta. Per niente. Anzi, in questo momento ero così arrabbiato che volevo tornare nella camera che dividevo con Liam e Niall e spaccare qualcosa in testa al biondino.

E a quel punto sentii un filo spezzarsi dentro di me, una voce che mi urlava basta.

Alzandomi, lasciai cadere la coperta azzurra. Quella superficie rettangolare coprì la mia visuale di Taylor per qualche istante prima di volteggiare a terra.

Eccolo ancora, sulla faccia di Taylor sempre quel sottile strato di autocommiserazione che avevo notato in numerose occasioni.

E mi dava un tremendo fastidio, la stessa sensazione di avere un prurito e non potersi grattare. Volevo solo spianare la ruga tra le sue sopracciglia, piegare gli angoli della sua bocca verso l'insù. Ma la cosa che più mi faceva innervosire era la luce morta che brillava debolmente nei suoi occhi, forse perché non potevo fare nulla per quella.

Volevo solo... Bah, non lo sapevo cosa volevo, era tutto troppo confuso. Probabilmente perché così presto al mattino il mio cervello non aveva ancora collegato.

I soffi incessanti del vento erano l'unica cosa che mi permetteva di restare sveglio. E poi mi ricordai della mia rabbia, che si era persa mentre osservavo il visino pallido di Taylor. Sì, io ero arrabbiato con lei e con Niall.

Non mi ricordavo il perché, ora che ci pensavo bene, ma se mi ero arrabbiato un motivo c'era di sicuro.

Mi misi addosso la mia migliore espressione feroce, ma doveva essere abbastanza scadente a guardare l'espressione sognante di lei.

Già, peccato che non sono Niall.” dissi improvvisamente, girandomi per tornare dentro casa. L'aria dentro era molto più calda e permise ai miei muscoli di rilassarsi un po'. Ma non fece niente per sciogliere lo strato di ghiaccio che si era avvolto attorno al mio cuore. Ma d'altronde, nulla ci riusciva più. Una delusione dopo l'altra, avevo finalmente capito che l'unico modo per non soffrire era creare quella specie di barriera impenetrabile che nessuno riusciva a superare. E oggi Taylor era riuscita ad aggiungere l'ennesimo strato, rendendo la mia fortezza ancora più invalicabile.
Doveva ancora nascere la ragazza capace di far breccia nel mio cuore. Perché di certo, per quante speranze avesse nutrito Liam, nonostante tutte le battutine di Louis sul fatto che quando ero attorno a lei mi afflosciavo, Taylor era solo l'ennesima ragazza. Come un giocattolo nuovo per un bambino. I primi giorni non avrebbe fatto altro che giocarci, dimenticando tutto il resto, e poi, come sempre, si sarebbe stufato e avrebbe abbandonato il giocattolo per dedicarsi ad un altro. Oppure ci avrebbe giocato fino a che non si fosse rotto.

Ecco, con Taylor e tutto il genere femminile era così, andavano bene per qualche giorno, ma alla lunga diventavano noiose.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Guardate che brava che sono, ho aggiornato prestissimo (sì, per i miei standard ._.). Non potevo non aggiornare dopo aver visto tutte quelle stupende, fantastiche, bellissime recensioni per lo scorso capitolo.

Vi dirò una cosa sconvolgente: il capitolo mi piace. Il che probabilmente significa che voi lo avrete odiato o vi sarete annoiate a morte, ma a me è piaciuto scriverlo. Avvenimento più unico che raro...

E ho messo il POV di Zayn. Spero di non avervi delusa con i suoi pensieri, premettendo che ho fatto una fatica assurda a scrivere la sua parte (e infatti, vista dal punto di vista di Zayn, Taylor sembra fuori di testa) e non sono sicura di come sia venuta. Insomma, a tratti mi sembra incoerente.

Da adesso vorrei tenere i capitoli più incentrati su Taylor e, se a qualcuno interessa, anche Gary. Ma sarà comunque Taylor per la maggior parte del tempo.

Detto questo, mi lasciate una recensione? Mi basta anche solo una frase, ma dimostratemi che sto scrivendo per qualcuno :) Anche perché, ormai lo sapete, le vostre recensioni mi spronano a scrivere!

Vorrei fare pubblicità a delle storie stupende (so già che me ne dimenticherò qualcuna), che consiglio vivamente a chiunque, sono davvero molto belle:

Turn

You're fucking perfect to me.

My best friend's brother

You're my kryptonite.

Ele ^_^

P.S. Non vorrei sembrare ingrata o che altro, ma ci terrei davvero tanto a precisare che accetto ogni genere di commenti, anche critiche (anzi, ben vengano!), però c'è un limite a tutto! C'è una RAGIONE se questa storia è angst, e mi sembra anche di avervi avvertito quando c'erano i capitoli più forti, quindi, se il genere non vi piace, non c'è alcun bisogno di insultarmi, basta che andate a leggervi una storia diversa. Ok? Grazie :)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Of primroses, blood and kisses ***


N.d.A. Siete avvertite: c'è qualche contenuto forte. Se vi danno fastidio l'autolesionismo, il bullismo e simili

siete pregate di cambiare storia. E ancora una volta, è assurdamente lungo, prometto che i prossimi cercherò di accorciarli... Detto questo, vi auguro una buona lettura, spero sarà di vostro gradimento :)

 

It tears me up,

I try to hold on but it hurts too much,

I try to forgive but it's not enough,

to make it all okay.

[Broken Strings-James Morrison]

Parte I

 

13 settembre 7:00

Guardai il mazzo di primule appoggiato sul mio cuscino, e non riuscii a non sciogliermi. Mi avvicinai a passi instabili, sfiorando i petali dei fiori violetti. Questa volta Harry ci aveva proprio azzeccato.

Ieri pomeriggio avevo trovato una dalia bianca davanti alla porta, e l'avevo fatta a pezzi, tanti piccoli pezzettini. Si vedeva proprio che Harry non ci capiva niente di fiori, o non me ne avrebbe dato uno che aveva la freddezza come significato principale. Ma le primule erano perfette, oltre ad essere i miei fiori preferiti. Riempii un bicchiere di plastica con l'acqua del lavandino, appoggiandoci dentro gli steli.

Non sapevo come mai Harry stesse insistendo tanto, ma dovevo ammettere che ogni tanto, come oggi, le sue idee erano davvero dolci. E mi facevano pensare che forse ci teneva davvero a me. Altrimenti avrebbe fatto come Zayn, mi avrebbe ignorata totalmente. Nonostante questo, ogni tanto mi chiedevo se non era Zayn quello che ci teneva di più a me. Aveva capito che non volevo la loro compagnia, e non cercava di impormela, come facevano Liam e Louis. E non cercava di farsi perdonare con fiori o cioccolatini come Harry.

Certo, poi succedeva come oggi, che Zayn si era arrabbiato senza motivo e se ne era andato, facendomi ripensare a tutto quello che mi ero immaginata.

Il mio sguardo cadde sull'orario segnato dal cellulare, accorgendomi con un po' di malessere che era già ora di prepararmi per andare a scuola. E non ero pronta a rivedere le loro facce, a sentire le loro voci. Non ero nemmeno presentabile, in quelle condizioni. Due giorni di insonnia mi avevano portato ad avere occhiaie più marcate che mai, ed ero pallida come un lenzuolo. Anche meglio, come un cadavere.

Per qualche minuto fui presa dallo sconforto, proprio perché mi ero ricordata del mio imminente ritorno a scuola. Sapevo che avrei dovuto consegnare i compiti a parecchia gente, e che non lo avevo fatto perché ero stata 'impossibilitata'. E che quindi oggi molti ragazzi avrebbero cercato di ammazzarmi. Tanto, visto che oggi era venerdì, avrei avuto il fine settimana per recuperare le forze per poi ricominciare tutto daccapo. L'avrebbero vista come un'opportunità per potersi sfogare completamente. E avrebbe fatto male, lo sapevo. Avrei voluto morire, avrei pianto, mi sarei disperata. Ma non potevo ricadere nell'errore che avevo appena compiuto. Se volevo riprovare a suicidarmi avrei prima dovuto pensare ad un metodo che avesse il cento per cento di possibilità di andare a buon fine. Nel frattempo avrei dovuto trovare un altro metodo per mantenere i miei livelli di depressione a dei livelli accettabili. In quel momento presi la mia decisione.

Chiusa nel silenzio della mia camera e alla luce del sole appena sorto, passai lo sguardo su tutti gli oggetti taglienti della stanza. Ora più che mai, avevo bisogno di scaricare quelle emozioni negative che mi turbinavano attorno dopo la mia conversazione con Zayn e i pensieri di Mark. Non sapevo bene perché, ma quell'incontro con Zayn mi aveva scosso più di quanto mi ero aspettata. E il ragazzo che mi aspettava a scuola mi avrebbe reso la vita un inferno, lo sapevo ed ero pronta ad affrontarlo.

Comunque, non stavo avendo molta fortuna nella mia ricerca, dato che Hannah si era premurata di rastrellare la stanza per buttare qualsiasi oggetto potesse essere visto anche solo vagamente come pericoloso. Ora il mio rasoio e il taglierino che tenevo per le situazioni di emergenza riposavano in una discarica molto lontano da qua. E aveva anche fatto smussare tutti gli spigoli nella stanza. Nemmeno fossi una malata di mente.

Ma andava detto che non era un problema grave, oggi dopo la scuola sarei semplicemente andata ad un supermercato e avrei fatto scorta di rasoi. Si sarebbe risolto tutto.

Dal lato positivo c'era anche che si era dimenticata di togliere le forbici dal mio astuccio, quindi avevo comunque il necessario per tagliarmi subito. Il mio sguardo si posò sulle forbici nere. Erano appuntite quanto bastava per darmi ciò che cercavo.

Arrotolai le maniche lunghe della felpa che mi ero messa per uscire fuori, scoprendo le fasciature che mi coprivano tutto l'avambraccio. Le avevo cambiate da poco, e quelle su cui avevano messo i punti si stava cicatrizzando per bene, anche se non potevo dire lo stesso per le altre.

Mi srotolai anche le fasce, appoggiandole sulle lenzuola, lasciando le cicatrici e i tagli in piena vista di chiunque fosse entrato in quel momento.

Aprii le forbici e le sollevai verso la luce, guardandole risplendere sotto il sole. Esercitavano un fascino e un'attrattiva che non riuscivo a capire. Ci sfregai contro il pollice, sentendo la pelle spaccarsi sotto la lama, la prima gocciolina di sangue si mise a scorrere lungo la forbice. Sotto la luce il sangue diventava più chiaro, un rosso semitrasparente che non somigliava per niente al solito cremisi.

Lentamente appoggiai la lama orizzontalmente lungo la pelle sopra le vene azzurrine che mi percorrevano i polsi. Mi faceva una strana impressione vedere la punta della forbice contro il polso, quando di solito non scendevo mai così giù, accontentandomi di fermarmi poco prima. Anche perché, avevo capito velocemente che era complicato tagliarsi in quel punto a causa dei tendini. Poi, colta da un dubbio vitale, ruotai la punta di novanta gradi, in modo che la lama mi tagliasse tutto l'avambraccio in verticale.

Era una regola basilare di tutti gli autolesionisti: tagliare in orizzontale per andare all'ospedale, in verticale per finire direttamente in una camera mortuaria.

Come metodo poteva funzionare, ma non era una certezza. Proprio perché non ero certa di riuscire a morire per dissanguamento, rigirai la lama nella posizione originale, rabbrividendo per il freddo.

Con cautela feci scorrere il bordo tagliente lungo il polso. Non era un taglio profondo, ma abbastanza da far uscire qualche goccia di sangue. Tutta la mia attenzione ora era concentrata sul bruciore della linea rossastra, da cui spuntava il sangue coagulato in piccole sfere su tutta la lunghezza del taglio.

Spostai le forbici all'altra mano, facendomi un taglio uguale anche dall'altra parte, anche se meno profondo, perché, non essendo mancina, la mia presa era meno stabile da quella parte.

Chiusi gli occhi, emettendo un breve sospiro di sollievo. Il bruciore non mi permetteva di concentrarmi su altro. Riuscivo quasi a vedere tutte le emozioni uscire fuori dai tagli, sotto forma di una spirale di fumo bianco. Ma mi ero aspettata troppo da quei due miseri taglietti. Il sollievo durò solo per due minuti scarsi prima di trasformarsi in un prurito fastidioso ma inutile al mio scopo.

Stavolta impugnai le forbici con più decisione, puntandole poco sotto all'incavo del gomito. Ecco, quello era un punto già più familiare, e uno di quelli che preferivo, perché avevo molto spazio di manovra. La lama mi perforò la pelle, tagliando la carne morbida e indifesa. L'area attorno al taglio diventò totalmente bianca per una frazione di secondo prima che il sangue fuoriuscisse e macchiasse le coperte di lino bianche.

La vampata di dolore fu più intensa, e durò anche molto di più dei piccoli tagli di prima. Un dolore che mi inflissi altre tre volte prima di ritenermi soddisfatta. Se tutto fosse andato secondo i miei piani, il dolore si sarebbe protratto fino al suono della prima campana, intorpidendo i miei sensi. E poi sarebbe diminuito al punto di permettermi di seguire le lezioni.

Ma mi sentivo ancora incompleta, come se mancasse qualche pezzo al puzzle che componeva il mio animo.

E mentre riapplicavo le bende e la felpa capii qual'era il problema principale.

Una fastidiosa sensazione di gonfiore allo stomaco e in gola, come se ci fosse qualcosa di troppo. Una sensazione che ormai avevo imparato a riconoscere.

Un respiro profondo e mi avviai verso il bagno. Mi fermai di fronte allo specchio, sollevando la felpa e mettendomi di profilo. Mi passai una mano sullo stomaco, toccando la pelle calda con le punta congelate delle dita. Cercai di tirare in dentro la pancia, ma ottenni ben poco. Non riuscivo a capire come mai dovevano capitare tutte a me. Non era giusto che tutte le altre ragazze potessero avere corpi così stupendi e io mi dovessi accontentare di quel corpo informe e grasso. Non era giusto, io volevo solo essere magra, piacere alla gente.

La parte irrazionale del mio cervello mi stava dicendo che forse se fossi stata più magra sarei piaciuta di più a Mark. Forse anche a Zayn, che per qualche strana ragione mi aveva presa in antipatia.

Mi inginocchiai davanti al gabinetto, osservando la superficie bianca. Aprii la bocca e spinsi due dita fino in fondo. Ebbi due conati a vuoto, che mi lasciarono ansimante con una mano appoggiata per terra e l'altra contro il gabinetto. Un terzo conato infruttuoso mi fece ripetere l'operazione. Ma anche questa volta non riuscii a liberarmi di niente. Perché il mio stomaco era vuoto, mi resi conto con un lampo di ispirazione, non mangiavo nulla da ieri a pranzo, e anche lì l'avevo fatto solo perché Hannah mi aveva obbligata.

Ricacciando indietro le lacrime, ci provai ancora. E questa volta il conato mi fece rigettare una sostanza giallastra, probabilmente la mia stessa bile. E adesso che avevo cominciato non riuscivo più a smettere. Stavo avendo difficoltà a respirare, ma se mi aiutava a perdere peso potevo anche sopportare di soffocarmi.

Gradualmente il mio vomito si trasformò da giallo a rossastro. Rosso sangue con delle macchie rosate. Un rosso che mi ricordò del bruciore alle braccia.

Quando finii, rimasi piegata in due ad ansimare, passandomi una mano sulla fronte per togliere il sudore. Continui brividi mi attraversavano, portando con sé la stanchezza e il freddo.

Ma ora ero pronta per andare a scuola. Libera da ogni emozione negativa e leggera come una farfalla, anche se Mark mi avesse ridotta ad un ammasso di carne macellata potevo star certa che non avrei cercato ancora di suicidarmi. Misi una quantità abbondante di dentifricio sullo spazzolino e me lo passai con forza sul denti, cercando di togliere il sapore amaro della bile e quello rugginoso del sangue.

Guardandomi nello specchio, notai che i miei capelli stavano sparando dappertutto, e cercai di renderli più presentabili pettinandomi con le dita. Ma sembravo comunque appena uscita da un manicomio.

Mi girai e uscii dalla mia camera prendendo lo zaino, cercando di resistere alla tentazione di girarmi e tornare dentro. In camera ero al sicuro, perché tutto era sotto il mio controllo, ma già in corridoio non avevo tutto alla mia portata, e questo mi faceva sentire fin troppo vulnerabile.

Ma mi feci forza, concentrandomi sul bruciore delle braccia e della gola piuttosto che sui miei passi.

Poco più in là una porta si aprì, facendomi sussultare. Gli occhi curiosi di Louis si concentrarono su di me, e dopo qualche momento di confusione gli angoli della sua bocca si piegarono verso l'alto.

Ciao Tay. Vieni a scuola con noi?” mi domandò con dolcezza, avvicinandosi di pochi passi. Lo guardai come avrei potuto guardare un pazzo armato di pistola.

Annuii con lo sguardo assottigliato, facendo dei piccoli passi all'indietro per allontanarmi da lui.

I suoi occhi scintillarono di triste comprensione quando se ne accorse: “Tranquilla, me ne vado.” mormorò, abbassando lo sguardo. Il mio stomaco fece una giravolta quando capii che gli stavo facendo del male.

E non volevo. Mi ero detta che si era fatto perdonare, ma poi non avevo fatto altro che trattarlo come Harry. E non era giusto nei suoi confronti.

Ma le parole facevano fatica ad uscire: “No-non... io, credo... resta pure.” sospirai per la frustrazione.

Lui alzò lo sguardo verso di me così velocemente che quasi non me ne accorsi: “Sicura?” pressò, come se stesse cercando di farmi cambiare idea.

Feci un piccolissimo sorriso: “Sicura.”

Louis si illuminò di gioia, e mi prese per mano, trascinandomi in cucina. La sua mano era liscia e tiepida, e trasmetteva un senso di sicurezza che era difficile da ignorare.

Quel contatto era strano, e ancora più strano era il fatto che sembrava venirgli naturale come respirare. Per me era un concetto quasi impensabile.

Allora, cosa mi racconti?” mi chiese. I suoi occhi sembravano scintillare più del solito oggi.

Scrollai le spalle, spostando un ciuffo ribelle di capelli color carota da davanti alla faccia, sforzandomi di acquisire un tono di voce allegro: “Beh, sei tu che sei stato fuori negli ultimi giorni. Come va la scuola?”

Bene, direi. L'unica materia in cui sto avendo dei problemi è arte. Non avrei mai detto che disegnare dei frutti morti fosse così complicato.” ammise, grattandosi il mento con la mano libera.

Cercai di mandare giù una risata, ma la sua espressione, un incrocio tra lo scandalizzato e il perplesso, mi costrinse a ridere.

Posso aiutarti io se vuoi, in arte me la cavo abbastanza bene.” proposi, aspettando timidamente una sua risposta. Lui fece una faccia decisamente sollevata, e decisi di prenderlo come un sì.

Forse in risposta al suono della mia voce, dalla cucina sbucò il volto stanco di Hannah.

Sapevo che lei aveva preso il mio tentato suicidio come un fallimento personale, e l'aveva distrutta. Mi sentivo tremendamente in colpa per questo, e vederla in quello stato non faceva che acuire il mio dolore.

Ma ora c'era un sorriso sul suo volto, seppur tirato. Ci fece segno di avvicinarci e scomparve di nuovo dentro, probabilmente impegnata cucinare qualcosa, dall'odore che impregnava l'aria.

Entrammo in cucina per trovare Hannah intenta a friggere delle uova in una padella. Louis tirò indietro una sedia e mi fece un piccolo inchino, facendo segno di sedermi. Anche questa volta non riuscii a reprimere un piccolo sorriso: Louis faceva una strana impressione quando si inchinava.

Mi sedetti proprio sul bordo della sedia, come se da un momento all'altro dovessi saltare su e correre via.
Lui si sedette alla mia sinistra, addentando subito un pezzo di pane caldo. Io guardai giù, verso la tovaglia, e cominciai a tracciare dei piccoli cerchi con la punta del dito, cercando di distrarmi dalla voglia di prendere il pane e addentarlo, sentire il suo sapore in bocca. Dovevo distrarmi da quei pensieri negativi, non potevo buttare al vento tutti gli sforzi che avevo fatto per perdere qualche grammo.

Dove sono tutti gli altri?” domandai alla stanza, cosciente di quanto la mia voce suonasse tirata.

Louis smise per un secondo di mangiare: “Harry dovrebbe svegliarsi tra poco, Liam dorme e non riesco a svegliarlo nemmeno con le cannonate, Zayn non è in camera sua e sembra sparito dalla faccia della terra e Niall è in bagno.” disse, contandoli sulle dita con una smorfia di concentrazione.

A proposito di Niall,” cominciò Hannah, girandosi per mettere nel piatto di Louis un uovo, “gli potresti dire che ha chiamato Maura?”

Certo! Non ce la fanno a venire?” chiese lui, cominciando a divorare l'uovo. Hannah si girò verso di me, lanciandomi un'occhiata di rimprovero prima di versare ben due uova nel mio piatto.

Dice che gli dispiace, ma non hanno trovato un volo.” rispose, andando a friggere qualcos'altro.

Chi è Maura?” domandai sbattendo le palpebre, sentendo che mi ero persa qualcosa per strada.

Louis deglutì: “La mamma di Niall.” disse prima di rituffarsi nel cibo. Non riuscii a fermare una piccola smorfia di disgusto quando una zaffata di aroma mi penetrò nel naso. Abbassai lo sguardo sul cibo. Avevo l'impressione che la mia bocca fosse inondata di bile. Il dolore, sia delle braccia che della gola, che prima riusciva a liberarmi, ora mi schiacciava. Non potevo mangiare quella roba, semplicemente non potevo.

Dovevano venire per il compleanno di Niall.” aggiunse Hannah con un sospiro, “Suppongo che ci dovremo arrangiare. Peccato, Niall ci teneva tanto.”

Le sue parole mi distrassero dal cibo, che ancora non avevo toccato: “Oggi è il compleanno di Niall?”

Louis annuì. Riflettei su quel piccolo pezzo di informazione. Mi chiesi perché Niall non me lo avesse detto, ma non trovai una risposta soddisfacente.

Louis, che aveva finalmente finito di mangiare, si girò a guardarmi completamente, dedicandomi tutte le sue attenzioni: “Non mangi?” la sua voce era perplessa, come se non capisse la ragione. Giustamente, come avrebbe potuto capirmi?

No, non ho fame.” il mio stomaco ebbe una stretta, dire quelle parole davanti a Hannah era una sentenza di morte, e io lo sapevo.

Infatti lei si girò, con gli occhi che mandavano scintille: “Taylor, ci siamo già messe d'accordo. Tu mangi, io non dico niente ai tuoi di questa storia.” la sua voce era così fredda che tra poco avrei visto dei fiocchi di neve uscire dalla sua bocca. Potevo capire che era solo preoccupata per me, ma questo non mi impedì di sentirmi invasa da un'ondata di rabbia sorda. Era davvero tanto tempo che non mi sentivo così arrabbiata. Per una cavolata, per di più. Ma non riuscii a trattenerla, provavo l'assurda sensazione di dover essere minacciata dalle sue parole, come un animale braccato.

Mi alzai di scatto, facendo rovesciare la sedia all'indietro. Hannah mi guardò con esitazione, come se non si fosse aspettata quello scatto da me. Louis ci stava fissando entrambe con la bocca leggermente aperta, ignaro del vero punto della nostra conversazione.

Respirai profondamente dal naso, cercando di controllare i tremiti che mi attraversavano il corpo: “Io me ne vado.” dissi attraverso i denti chiusi.

Presi la mia cartella e mi incamminai verso la porta, sbattendo la porta dopo la mia uscita. Da fuori sentii un trambusto sulle scale, unito ad un paio di grida. Non me ne preoccupai,continuando a camminare verso la fermata dell'autobus.

Tutto il mio corpo era attraversato da una scarica di adrenalina che mi impediva di restare ferma. Avevo perso il controllo. Una delle primissime volte che mi arrabbiavo così tanto. Era una sensazione molto particolare, che mi faceva sentire stranamente potente. Ma anche colpevole, non avevo alcun diritto di fare una cosa del genere a Hannah, che era una delle persone che mi volesse davvero bene.

Appena si fermò davanti a me entrai e appoggiai la fronte su un palo freddo, cercando di recuperare una parvenza di normalità. Era presto, quindi non c'era ancora nessuno degli alunni della scuola, ma riuscivo già a sentire la pressione che mi sotterrava e mi faceva sentire come se non sarei mai riuscita a fare un respiro abbastanza profondo.

Si fermi! No, aspetti, la prego.” una voce stava urlando, affannata. L'autobus si fermò bruscamente, e alcuni dei passeggeri mormorarono imprecazioni. Salì sull'autobus, i capelli spettinati e il fiato spezzato dalla corsa. Non mi girai nemmeno a guardarlo, avevo già riconosciuto la sua voce. Non mi interessava sapere cosa volesse da me, volevo solo andare a scuola e dimenticarmi la scenata di prima.

L'autobus ripartì, e io chiusi gli occhi. Sentii la sua presenza in un punto poco lontano dietro di me.

Stammi lontano.” mormorai, cercando di non attrarre l'attenzione di tutti. La mia rabbia era tornata a livelli gestibili, ma era sempre più scoppiettante del solito.

Taylor, per favore. Dammi solo un minuto, fammi spiegare. Poi ti lascerò in pace, se è questo che vuoi.” mi supplicò. Lo fissai con la coda dell'occhio, cercando di capire dalla sua espressione se fosse sincero o meno.

Gli feci un piccolo cenno con la testa per incoraggiarlo ad andare avanti.

Ok. Allora, vedi, io non volevo farlo. Non volevo davvero.” mi disse velocemente, come se sputando fuori quelle parole tutte in una volta avrebbe fatto meno male.

Però l'hai fatto.” gli risposi, la mia voce di nuovo il tipico sussurro spaventato. Non potevo reagire in altri modi, tutte le volte che pensavo a lui e a quel pomeriggio.

Lui annuì con le guance rosse, per qualche emozione che non riuscii a distinguere: “Sì, l'ho fatto. Mi è venuto in mente il motivo per cui siamo dovuti venire qua, lasciando le nostre famiglie e i nostri amici. E ho pensato che non avrei potuto permettere che succedesse di nuovo. E... e... ho sbagliato, Tay.”

Le sue parole riuscirono a sciogliere qualche parte assopita di me, lasciando un pungente senso di amarezza: “Harry?” la mia voce tremò leggermente nel pronunciare quel nome.

Lui avvicinò il suo viso al mio e mi fece un breve sorriso luminoso: “Sì, principessa?”

Il mio cuore perse un battito quando mi chiamò così, deragliando il mio treno pensieri prima che mi potessi riprendere dalla momentanea confusione: “Eh? Ah sì. Ma perché siete venuti qui? Voglio dire, non sei il primo che fa riferimento a questa storia, ma nessuno mi ha ancora spiegato niente.”

Lo osservai attentamente. I suoi occhi furono attraversati da un lampo di dolore profondo così veloce che non ero sicura di averlo visto per davvero. Le sue spalle si irrigidirono come se lo avessi accoltellato di sorpresa, quando meno se lo aspettava. La sua bocca si trasformò in una linea piatta, stava premendo assieme le labbra con una tale forza che erano diventate bianche.

Te lo spiegherò un'altra volta.” riuscì a dire, la sua voce roca.

Lo guardai in silenzio per qualche istante ancora, il suo turbamento limpido in ogni mossa e parola.

Mi sentii vagamente in colpa per quello che avevo detto, vista la sua reazione, quindi cercai di deviare il discorso: “Grazie per le primule, erano davvero belle.”

Il suo sguardo diceva che aveva capito perfettamente il mio tentativo, ma resse il gioco: “Prego, sono felice che ti siano piaciute.” mi rivolse un sorriso, debole a confronto di prima. Ma potevo capirlo bene, sapevo quanto potessero essere pesanti alcune memorie, come potessero lasciare segni indelebili.

Sembrava così indifeso, così piccolo in quella situazione, mi faceva venire voglia di abbracciarlo e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene. Il che era una cosa assolutamente insensata, per non dire ridicola; quello era il loro compito, non il mio.

Mi concentrai sul leggero bruciore alle braccia per distrarmi dai miei pensieri frammentati: “Sai cosa simboleggiano?”

Lui annuì con una punta di fierezza: “Quando ho visto la fine che hai fatto fare alla mia povera dalia, ho capito che avevo fatto qualcosa di sbagliato. Quindi mi sono documentato e ti ho regalato la speranza.”

Rimasi interdetta per un secondo, meravigliata da quanto potessero suonare poetiche quelle ultime cinque parole: “È un bel modo per metterla giù.” rimuginai, guardando fuori dalla finestra per essere certa di scendere alla fermata giusta.

Harry sbuffò, spostando un riccio da davanti alla faccia: “Ci ho pensato su tutta la sera.”

Gli angoli della mia bocca si sollevarono, pensando alla scena.

Hanno funzionato?” continuò lui, la sua faccia speranzosa che seguiva ogni mio movimento.

L'autobus frenò di nuovo, e gli afferrai il polso velocemente per scendere, visto che lui non si sarebbe nemmeno accorto che eravamo arrivati. Lo lasciai andare non appena fui certa che non avrebbe rischiato di perdersi, non che toccarlo fosse piacevole per me, mi faceva venire in mente ricordi spiacevoli.

Cosa stavi dicendo?” chiesi io quando il silenzio tra di noi cominciò a diventare imbarazzante, camminando in direzione dell'edificio grigio.

Mi hai perdonato?” domandò, fermandosi per guardarmi negli occhi. Sentivo il suo bisogno pressante, e la mia crescente tensione. Ero confusa, spezzata in due da quello che provavo.

Da un lato c'era la voglia irrefrenabile di saltargli al collo e dirgli che non importava. Sapevo quanto fosse importante l'apparenza, quanto fosse prioritario essere in cima alla piramide sociale se non si voleva passare il liceo a guardarsi dietro le spalle. Io mi ero semplicemente trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Dall'altro, però, rimaneva il fatto che non potevo guardarlo nei suoi stupendi occhi color smeraldo senza che affiorassero nella mia mente tutti i ricordi che stavo cercando di sopprimere.

Lo guardai con un pizzico di tristezza quando inspirò, un suono spezzato e stranamente simile ad un gemito.

Taylor, ti prego. Mi sta uccidendo, non ce la faccio a sopportare i sensi di colpa. Ti prego.” mi bloccò il braccio con la mano, e corte pulsazioni di dolore si mischiarono ad una leggera scarica di elettricità che si diramò dal punto in cui mi stava toccando verso la spalla.

Senza volerlo, sussultai, e riflesso nei suoi occhi riuscivo a vedere i miei, spalancati e indubbiamente terrorizzati, mentre aspettavo col fiato sospeso di sapere cosa avrebbe fatto ora.

Nessuno di noi due si mosse, aspettando una reazione dall'altro. Alla fine la luce che si era accesa nei suoi occhi si spense lentamente, diminuendo fino a scintillare con poca convinzione.

Non mi perdonerai mai, vero? Z-” la sua voce venne meno e dovette schiarirsi la gola prima di continuare, “Zayn mi aveva avvertito, e io non gli ho creduto.”

Non riuscii più a reggere la forza del suo sguardo e fui costretta ad abbassarlo, guardando i sassolini e la ghiaia che inondavano il parcheggio. La mia gola si era ristretta a metà della sua dimensione, e sentivo un groppo di colpevolezza che mi diceva che stavo sbagliando tutto.

Harry, insieme agli altri quattro ragazzi, mi avevano rivoluzionato l'esistenza. Non sapevo ancora se in meglio o in peggio, ma qualcosa era cambiato. Loro mi parlavano. Mi aiutavano e mi sostenevano; o almeno, Niall, Liam e in una certa parte anche Louis. Con loro riuscivo a sentirmi più o meno umana, e non uno scarto.

E ora Harry voleva entrare a far parte dei miei 'amici', per così dire. E chi ero io per rifiutare?

Ero così indecisa che pensavo che mi si sarebbe spezzata la testa in due. La presa di Harry si allentò, e con la cosa dell'occhio vidi le sue spalle incurvarsi in avanti, come se le avesse improvvisamente caricate con un fardello troppo pesante per lui.

Ho capito. Ci vediamo in giro, Taylor.” mi rivolse un sorriso debole, girandosi per andarsene con passo strascicato verso il portone della scuola.

Ad ogni passo che faceva, sentivo il mio cuore sprofondare sempre più giù, e le lacrime che minacciavano di scendere. Digrignai i denti per trattenerle e darmi una specie di contegno.

Feci un paio di passi nella sua direzione, e vidi la sua schiena raddrizzarsi mentre si girava verso di me con la stessa espressione abbattuta che avrebbe avuto se fosse morto qualcuno.

Harry, aspetta.” la mia voce non era più che un sussurro, che non avrebbe mai potuto sentire da quella distanza. Ma lui si fermò completamente, e una scintilla di speranza illuminò di nuovo i suoi tratti gentili.

Chiusi la distanza che c'era tra di noi e aprii la bocca per parlare. Le parole si rifiutavano di venire, e la richiusi. Feci un profondo respiro, cercando di controllare la marea di pensieri che volavano attorno a me, pungendomi come se fossero api. No, non era corretto. La api potevano pungere una sola volta prima di morire, e qua gli stessi pensieri continuavano ad infilzarmi con i loro pungiglioni più e più volte. Allora erano vespe? Non me ne intendevo così tanto di quegli insetti, quindi non sapevo darmi una risposta.

Taylor?” mi scosse una mano davanti alla faccia, riportandomi sulla terra.

Sì, scusa. È che... Non so come dirtelo. Io, insomma-” mi interruppi di scatto quando mi accorsi che stavo balbettando ed ero rossa dalla testa ai piedi dall'imbarazzo.

Lui ridacchiò, e non potei che ammirare le due fossette che si formavano quando sorrideva: “Vai tranquilla, manca ancora un po' di tempo alla campana.”

Contai fino al tre nella mia testa, cercando di preparare un discorso coerente: “Vedi, Harry, non è come se io non voglia perdonarti, ma...” le parole si prosciugarono come una pozzanghera durante una siccità, e cominciai a camminare verso la scuola, cercando di contenere la frustrazione. Camminare mi avrebbe sicuramente aiutata a sciogliere un minimo di tensione.

Sentii Harry che camminava dietro di me, ma non mi voltai a guardarlo.

Spesso mi chiedono perché sono sempre così isolata dal resto del mondo. La mia risposta è sempre la stessa: perché mi piace la solitudine. Ma la sai una cosa? Se incontri un ragazzo solitario, non importa quello che ti dice, non è perché gli piace la solitudine. È perché ha già provato a mescolarsi con il resto del mondo e la gente continua a deluderlo.” la mia voce era roca dall'emozione, mi ero aperta più di quanto avrei potuto ritenere possibile fino a settimana scorsa. Forse questo discorso non avrebbe avuto il minimo senso per lui, abituato a vedersi servito il mondo su un piatto d'argento. Forse tutto quello che dicevo non aveva alcun senso, se non per me. Forse... Inutile discutere su cosa sarebbe potuto accadere.

Non avevo intenzione di girarmi a guardarlo nemmeno quando avrebbe risposto, ma il suo tono melanconico mi costrinse a farlo, incerta da dove derivasse quella corrente di dolore che riuscivo a percepire chiaramente.

Sai, Liam mi ha detto una cosa molto simile, qualche giorno dopo che l'ho conosciuto.” Harry aveva la faccia di un cucciolo smarrito, e non riuscii a frenare l'impulso di prendere la sua mano, per fargli sentire il mio appoggio.

E tu cosa gli hai risposto?” domandai, anche se non ero certa di volere una risposta. Il silenzio interminabile tra noi due si protrasse fino a che Harry non fece l'ombra di un sorriso, guardando verso il cielo, con il sole che rendeva i suoi occhi più simili ad un verde acqua molto annacquato.

Che a volte devi mettere alla prova le persone, deluderle almeno una volta, per sapere quali sono quelle che ti rimangono accanto lo stesso, quelle per cui vale la pena combattere.”

Metabolizzai le sue parole con calma mentre aprivo il portone della scuola ed entravamo nel corridoio, fresco per l'aria condizionata e semivuoto.

Non era proprio quello che intendevo dire, ma apprezzo la perla di saggezza.” dissi lentamente, attenta a misurare le mie parole.

Harry sbatté le palpebre nella mia direzione, con quelle ciglia lunghissime che sembravano uno spreco su un ragazzo, prima di scoppiare a ridere: “È la stessa cosa che mi ha detto lui.”

 

Seems I crossed the line again,

for being nothing more than who I am.

So break my bones and throw your stones

we all know that life ain't fair.

[Bully-Shinedown]

Parte II

 

13 settembre 12:38

Due minuti al pranzo. Due minuti e sarei dovuta scappare come un coniglio inseguito dalla volpe. Due minuti e poi sarebbe stata aperta la caccia a Taylor. Ma perché proprio oggi? Perché non di lunedì, quando non dovevamo pranzare a scuola?

Forse mi sarei nascosta in bagno, ma avevo già constatato come Mark non si faceva scrupoli ad entrare nel bagno delle donne. Se fossi restata nell'aula mi avrebbe stanata subito, e avrebbe potuto farmi quello che voleva perché non ci sarebbe stato nessuno a fermarlo.

La mia unica possibilità era rintanarsi in mensa e sperare che non avrebbe fatto niente davanti al resto del corpo studentesco. Se fossi riuscita ad arrivare fino a là prima che mi prendesse, ovviamente.

Chiusi gli occhi e cercai di controllare la nausea che mi stava attanagliando lo stomaco, senza alcun successo.

Signorina Austen, si sente bene?” la voce del professore di storia si intrufolò nella mia coscienza, interrompendo a metà il suo discorso sui beni di prima necessità in Russia negli anni della rivoluzione.

La classe diventò all'improvviso silenziosa, magari nella speranza che mi sfuggisse qualcosa di bocca sulla mia assenza. Oggi tutti i professori mi avevano riempito di attenzioni, chiedendomi se dovevo andare in infermeria ogni volta che mi lasciavo sfuggire anche solo un sospiro. Questo aveva attirato la curiosità di tutti gli studenti, che, non abituati a vedermi al centro dell'attenzione, avevano subito pensato che dietro la mia breve vacanza ci fosse stato qualcosa di grosso.

E avevano ragione, anche se non glielo avrei mai detto: “Tutto a posto, prof.” risposi con il mio migliore sorriso. Aveva ancora un'espressione incerta, ma decise di lasciar correre e congedare la classe.

Bene ragazzi. Per dopodomani mi dovete fare un tema sulla rivoluzione bolscevica, almeno due facciate.” disse burbero, aggiungendo poi un'altra frase che fece ripartire i bisbigli dei miei compagni, “Austen, se non te la senti prenditi pure tutto il tempo che ti serve.”

Annuii, raccogliendo le mie cose e seguendo l'afflusso di ragazzi nel corridoio, tutti intenti ad arrivare fino alla mensa. Mi guardai attorno, cercando di evitare Mark e la sua bella combriccola di cheerleader e atleti.

Ero quasi cerca che non mi avrebbero vista in mezzo a tutta questa gente. Ma mi strinsi comunque contro gli armadietti e cercai di sparire, di essere capace di confondermi con lo sfondo come un camaleonte.

I lucchetti sbattevano dolorosamente contro la mia spalla, ma mi rifiutai di fermarmi, certa che se non avessi continuato ad andare avanti mi avrebbero trovata, e a quel punto l'unica cosa che avrebbe potuto salvarmi sarebbe stata un miracolo.

Attraversai il corridoio principale e riuscii a sgattaiolare fino alla mensa. Mi guardai attorno, cercando un tavolo vuoto. E lo trovai nell'angolo più lontano e più buio. Sarei potuta rimanere da sola, e con un pizzico di fortuna sarei riuscita a rimanere intera per un altro giorno.

Il tavolo era uno di quelli grandi, da otto persone, ma stranamente vuoto. Nessuno voleva stare confinato in un

angolo, lontano da tutti gli altri, se non noi poveri secchioni. Mi sedetti sulla sedia da cui riuscivo a controllare l'ingresso della mensa, in modo da non essere sorpresa da nessuno.

Tirai fuori il libro di scienze e cominciai a ripassare la struttura dei cromosomi. Tanto non avevo intenzione di pranzare, ed era meglio che stare lì a girarmi i pollici, aspettando che arrivasse il colpo di grazia.

Ero quasi riuscita a memorizzarlo con tutto il macello degli altri studenti, quando qualcun altro si sedette accanto a me. La sedia stridette contro il linoleum, e sentii uno sbuffo. Mi immobilizzai all'istante.

Alzai lo sguardo solo abbastanza per vedere chi fosse, tutti i muscoli tesi e pronti a scattare. Ma si rilassarono all'istante quando vidi il volto leggermente stanco ma sorridente di Gary.

Ciao Gary.” mormorai, chiudendo il libro e inarcando un sopracciglio nella sua direzione. Questa era una situazione dannatamente strana. Nessuno si era mai seduto con me a pranzo, da quando ero in questa scuola. E ora Gary era seduto proprio di fronte a me. Non potei fare a meno di domandarmi se non ci fosse qualcosa sotto. Magari aveva bisogno di un favore, o di un aiuto in qualche materia.

Ciao Taylor.” disse con un sorriso, ma riuscivo a vedere quanto gli costasse, acciaccato com'era ancora adesso, “Mia sorella ti ringrazia per le garze.”

Mi sentii toccata da quel piccolo gesto, 'grazie' non era una cosa che mi dicevano spesso. Feci un sorriso spontaneo, che mi veniva dritto dal cuore.

Gary si avvicinò a me da attraverso il tavolo: “Girano delle voci strane su di te oggi.” mi informò, e riuscivo a percepire la sua curiosità. Il sorriso sparì dalle mie labbra.

Era tutto il giorno che sentivo i bisbigli smettere non appena mi avvicinavo, e stavo morendo dalla voglia di sapere cosa stessero dicendo su di me, solo che non avevo potuto chiedere prima.

Dicono che hai fatto sesso con Mark, che sei rimasta incinta e che hai dovuto abortire.” mi informò, la sua voce che propendeva verso il divertito, ma sotto c'era una nota di incredulità.

Le parole non avevano senso, messe tutte insieme in una frase. E soprattutto riferite a me.

Quello era un colpo basso, non era giusto. Sentivo tutti i muscoli rigidi e i denti che mi facevano male per l'intensità con cui li stavo premendo assieme.

A parte per il fatto che preferirei morire piuttosto che farlo con Mark, non posso rimanere incinta.” ammisi, abbassando la testa per guardare il motivo geometrico del tavolo.

Gary sussultò, allungando una mano verso di me, solo per farla ricadere sul tavolo un secondo dopo: “Mi dispiace tanto, non sapevo...” la sua frase rimase inconclusa.

Non ti preoccupare, è solo perché sono sottopeso.”

Già, sei decisamente sottopeso. A proposito di questo, perché non mangi qualcosa?” aprii la bocca per rispondere che non avevo fame, quando mi colpii che non era stato Gary a parlare.

Alzai la testa così velocemente che mi girò leggermente la testa.

Davanti a me c'era Louis, che aveva parlato, e dietro di lui Niall e Liam.

La prima cosa che mi venne in mente fu che non potevo dire di non avere fame, quando lo avevo già detto a colazione, se non volevo che Louis cominciasse a sospettare qualcosa.

Poi che Gary si era decisamente preso una cotta per Lou. Lo stava fissando con gli occhi sognanti e la bocca leggermente dischiusa. Mi scappò un sorriso nel vederlo in quello stato, che sparì subito quando mi resi conto che si era preso una cotta per la persona sbagliata, dato che Louis non era gay.

Ehi, Tay! Tutto a posto?” mi domandò Niall, venendo a sedersi di fianco a me e lasciando un bacio sulla mia guancia. Come ogni volta che lo faceva, arrossii automaticamente, una cosa che era oggetto di mille scherzi e frecciatine da parte sua.

Liam si venne a sedere sull'altro lato e mi strinse delicatamente una mano, facendo un sorriso confortevole.

Piacere, Gary.” disse lui, tendendo la mano verso Liam.

Fecero le loro presentazioni e Louis si stava per sedere di fianco a Gary (che a sua volta era diventato anche più rosso di me) quando mi accorsi che non poteva. Non poteva.

Louis, non puoi sederti con noi.” gracchiai, e tutti gli sguardi si concentrarono su di me, facendomi arrossire ancora di più. Mi concentrai sui suoi occhi azzurri, adesso feriti.

Perché?” mi domandò, ed era così addolorato che per poco non mi si spezzò il cuore. Niall mi guardo con altrettanta confusione, mentre io pregavo Gary con gli occhi. Gary lo sapeva, era lì quand'era successo, doveva spiegargli come mai non potesse sedersi con noi, dato che io non ne avrei avuto il coraggio.

Ma il ragazzo era completamente perso nella contemplazione di Louis, che gli dava le spalle, lasciando ben poco all'immaginazione con quei suoi pantaloni rossi che lo fasciavano stretto. E immaginavo che sforzi stesse facendo Gary per frenare le sue fantasie. O almeno, speravo ci stesse provando.

Louis, devi andare a sederti insieme a Harry e Zayn, al tavolo di Mark.” pregai che capisse, che non facesse trasparire nulla di quello che era successo quel pomeriggio a Liam e Niall.

Ma lui corrucciò le sopracciglia e si impuntò: “No, Taylor. Io non sono come Mark e la sua compagnia di bellocci, pensavo che fosse chiaro.”

Liam assottigliò gli occhi, probabilmente cercando di fare due più due, mentre Niall mi guardava con curiosità, nemmeno fossi stata una specie in via d'estinzione. Tremai sulla sedia, cercando un modo per convincerlo: “Lou, so che non vuoi, ma devi, o ti renderanno la vita un inferno.”

Come la tua?” mi rispose con sfida. Accidenti a lui, era anche più bravo in questa sfida di botta e risposta che non con le sue battutine assurde.

Inspirai con il naso, pronta a dire le parole che mi avrebbero rovinato la vita: “Louis, non vorrai dirmi che mi hai tirato un pugno per niente, spero.” la frase uscì meno convinta del previsto, ed ebbe anche l'effetto opposto a quello che mi ero aspettata.

Liam scatto in piedi come una molla, afferrando Louis per il colletto: “Cos'hai fatto?” i suoi occhi mandavano scintille, ed era più arrabbiato di quanto non lo avessi mai visto.
“No, Liam, fermo!” cercai di fermarlo, ma lui non si smosse di un centimetro, fissando Louis con sguardo animalesco. Louis era terrorizzato, ma cercava di calmarlo con frasi fatte come 'non è come sembra' e 'lasciami spiegare'.

Niall aveva la bocca aperta dallo stupore, e i suoi occhi continuavano a passare da me a lui senza fermarsi.

Cedendo all'ennesima preghiera di Louis, Liam ringhiò: “Bene, perfetto. Ora noi andiamo fuori, e tu mi spieghi tutto quello che è successo tra voi tre e Taylor.” lo strattonò verso l'uscita, sotto il silenzio attonito di tutta la mensa, che aveva seguito gli ultimi scambi di battute.

C-che cosa è appena successo?” domandò Niall, scuotendo la testa come se non credesse ai suoi occhi.

Io ero ancora più incredula di lui, e Gary ancora perso nelle sue fantasie e non sembrava essersi accorto di quello che era appena successo.

E Mark scelse proprio quel dannato momento per entrare nella mensa con a seguito la sua schiera di cagnolini scodinzolanti, la sua ragazza, Zayn e un Harry molto spaventato.

Si diressero verso il tavolo centrale, che in realtà erano tre tavoli uniti assieme per fare spazio a tutti. Quello era il loro tavolo, da dove monitoravano tutti gli altri studenti. Per uscire e per entrare bisognava passare per forza davanti a loro.

Li guardai sedersi con un senso di ansia crescente. Mi sentivo dentro che sarebbe successo qualcosa, e che non mi sarebbe piaciuto. Continuai a fissarli anche quando, dopo qualche minuto, tutto era tornato più o meno nella normalità, e gli altri studenti avevano ricominciato a chiacchierare tra di loro.

Niall cominciò a diventare impaziente quando Liam non tornò subito. E spaventato per Louis.

Io e lui mettemmo in piedi quella che si poteva chiamare una conversazione. Traballante e incerta, ma pur sempre una conversazione.

Gradualmente, il rumore nella stanza diminuì, e ci misi qualche istante più del normale a capirne la ragione: Mark e compagnia si erano alzati, e stavano venendo verso di noi.

Fermai un primo singhiozzo di isterismo, ma non riuscii a controllare il mio fiato. Piccoli respiri soffocati che si facevano strada dalla mia bocca come se avessero vita propria. Le mie mani tremavano, sempre più forte man mano che il ghigno crudele di Mark si avvicinava a me.

Niall, vedendo il mio nervosismo, mi strinse forte una mano, passando il suo pollice lungo il dorso della mia mano con piccoli movimenti circolari.

Mark si fermò proprio davanti a me, e la sua smorfia, che spacciava per un sorriso, si allargò. In quel momento, mentre lo guardavo in faccia, fissando i suoi stupendi occhi verdi che sembravano le foglie nel sottobosco, capii finalmente quanto era stato facile prendersi una cotta per lui. Era davvero bello, non il tipico quarterback biondi con gli occhi azzurri. I suoi capelli corvini facevano risaltare ancora di più la lucentezza dei suoi occhi, e facevano un figurone con la sua pelle leggermente abbronzata.

Ma in quel momento, la mia vecchia cotta per Mark non era quello che più mi preoccupava, quanto il sorriso contorto che non prometteva nulla di buono.

Il mio cuore stava battendo così forte che probabilmente anche Harry, che era dietro a Mark, riusciva a sentirlo.

Sai cosa dicono in giro?” mormorò Mark, la sua voce così dolce che faceva più paura del solito.

Riuscii solo ad annuire, perché la mia gola era completamente bloccata.

Lui aggirò il tavolo per avvicinarsi di più a me, e fui costretta a lasciare la mano di Niall per indietreggiare.

Dopo appena qualche passo sbattei con le spalle contro il muro, e Mark si avvicinò fino a che non fu così vicino che riuscivo a sentire il suo fiato.

E cosa ne pensi?” mi domandò ancora, appoggiando un dito sul mio collo molto delicatamente.

Emisi un suono strozzato quando cercai di parlare, e anche quando riuscii a formulare una frase era soffocata e tremolante: “S-s-sono sol-solo v-voci.”

Solo voci, eh? Lo so che sono solo voci, non verrei così vicino a te nemmeno se fossi morto. Ma dove sei stata in questi giorni allora?” la presa sul mio collo divenne più serrata quando non risposi immediatamente, e cercai di indietreggiare ancora prima di ricordarmi che non potevo. Mi ritrovai a boccheggiare quando le dita strinsero il mio collo ancora un po', togliendomi il respiro e impedendomi di respirare. Non avrei mai pensato che avrebbe osato tanto in una mensa piena di adolescenti, in quel momento tutti radunati attorno al mio tavolo.

Sentii la voce di Niall adirata parlare con Harry, o forse era Zayn: “Mi prendi in giro? Devi fermarlo, altrimenti chissà cosa le farà!”

Le dita si staccarono dal mio collo all'improvviso, e scivolai a terra per l'improvvisa mancanza di appigli che mi tenessero su. Mi rialzai in qualche secondo, tremando all'idea che se fossi rimasta a terra avrebbero potuto farmi molto più male. Un calcio poteva rompermi un paio di costole, un pugno solo lasciarmi un livido.

Mark stava guardando Niall con sorpresa: “Zayn, conosci il biondo?”

Zayn annuì, un cenno breve e impenetrabile, ma c'era qualcosa nel suo sguardo che non faceva parte della sua solita maschera di indifferenza, anche se non riuscivo a capire cosa fosse.

Biondo, questa qua è la tua ragazza?” domandò, puntandomi con un cenno della testa.

Mi immobilizzai, temendo la sua risposta. Non sapevo qual'era la risposta giusta, in questo caso. Non sapevo come avrebbe reagito. Il mio sguardo passava da Mark a Niall a Zayn, per poi ricominciare da capo.

Niall si umettò le labbra: “Perché ti interessa?”

Beh, io non tocco le ragazze dei miei amici.” Mark mi posò una mano sulla spalla per poi stringere forte, facendomi gemere nonostante stessi provando a trattenermi.

Niall non rispose, e io non cercai di convincerlo a dire di sì. Non eravamo fidanzati, e non c'era motivo per cui lui dovesse fingere per me. Mark sogghignò e riportò le sue attenzioni su di me. Strizzai gli occhi per non vedere quello che mio stava per fare. L'inconfondibile voce di Harry sussurrò qualcosa, ma riuscii a capire cosa stesse dicendo e a chi. Inutile dirlo, avevo paura. Ma stavolta c'era anche la paura del vedere tutti gli studenti della scuola accalcati dietro di noi, senza che nessuno facesse niente per fermarlo.

Mark caricò un pugno, puntando al mio stomaco indifeso, ma prima che potesse colpirmi, una voce lo fermò.

È la mia ragazza.” disse Niall, la sua voce indecisa e frustrata. La mia bocca si aprì leggermente, ma quando cercai di incontrare il suo sguardo mi accorsi che lo stava tenendo ben puntato sul pavimento.

Baciatevi.” per poco non mi strozzai con l'aria.

Cosa?” sia io che Niall dicemmo nello stesso istante. Ci scambiammo un'occhiata, ma sembrava che anche lui fosse attanagliato dai dubbi che mi stavano mangiando viva. Mark ripeté l'ordine, cercando di tenere il compiacimento fuori senza riuscirci.

Se non lo fate non vi crederà nessuno. E se non è vero, allora io posso tornare a divertirmi.” questa era quella che si poteva definire una minaccia ben poco velata. Guardai Niall, cercando di trattenermi dallo scoppiare in lacrime per la centesima volta. Ci guardammo per un lunghissimo momento, che sembrava non dover mai finire. Vidi i suoi occhi indurirsi e si avvicinò anche lui a me.

Il mio cuore perse due o tre battiti quando capii cosa aveva intenzione di fare. Avvicinò le sue labbra alle mie, fermandosi un secondo prima. E poi mi lasciò un bacio a stampo, staccandosi subito da me.

Avevo poca esperienza in questo genere di cose, ma ero sempre stata dell'impressione che i baci fossero qualcosa di speciale. Questo invece era stato come un normale bacio, come baciargli la guancia. E non riuscivo a capire se il problema era che quello non era stato un bacio vero e proprio, o che non mi piaceva Niall. Probabilmente entrambe. Mi girai a guardare Mark, chiedendomi cosa avrebbe fatto ora.

Mark rise, quella risata roca che due anni fa mi faceva impazzire tutte le volte che la sentivo: “Bravi, ora datevi un bacio vero.”

Sentii le lacrime tornare a farsi largo nei miei occhi, ma ero rassegnata, e dalla sua espressione sapevo che anche Niall lo era. Fece un respiro profondo e mi mise un braccio attorno alla vita, avvicinandomi a lui.

Trattenni il fiato, domandandomi cosa avrebbe fatto, e mi costrinsi ad espirare, in modo da avere abbastanza ossigeno al cervello.

Le sue labbra si avvicinarono di nuovo: “Mi dispiace, Taylor.” sussurrò, un sospiro così debole che per poco non me lo persi. Cercai di sorridergli, fargli capire che andava tutto bene, che tra questo e l'alternativa, avrei scelto il bacio.

Le sue labbra soffici premettero contro le mie, lasciandomi senza fiato per un secondo. Chiusi gli occhi, cercando di sgrovigliare la massa di emozioni così forti che per un momento temetti che mi sarei spezzata a metà per la loro intensità.

Sentivo tutto il corpo formicolare, in preda a scariche di elettricità così forti che avrebbero potuto illuminare una città intera. E se pensavo che non sarebbe mai potuto diventare meglio di così, mi sbagliavo di grosso. Le sue braccia mi strinsero più forte, e appena boccheggiai per la sorpresa, Niall ne approfittò per approfondire ancora di più il bacio. La mia temperatura corporea si alzò di scatto di cento gradi, e le punte dei piedi si arricciarono per il piacere. La mia reazione spontanea fu quella di allacciare le mie braccia attorno al suo collo, alzandomi in punta di piedi per raggiungerlo meglio. Mi dimenticai totalmente di Mark e degli orrori che avevo passato negli ultimi giorni, la mia mente piatta e in preda al piacere che Niall mi stava dando

Dietro i miei occhi chiusi vedevo delle macchie rosse, e mi chiesi brevemente se non fossero quelli i fuochi di artificio in sui si parlava nei libri. Volevo che questo momento non finisse più.

Sentii un tonfo e un'imprecazione, e questo mi fece saltare indietro, staccandomi da Niall. Le mie labbra erano fredde senza quel contatto, e mi sentivo come se mi avessero staccato un pezzettino di anima.

Guardai verso la fonte del rumore. Louis era disteso a terra, e ci guardava con un sorriso luminoso mentre si massaggiava il mento. I miei occhi di spalancarono quando mi accorsi della macchia blu scura che si stava andando a formare sotto il suo occhio e del suo labbro spaccato. Liam era sopra di lui, un braccio leggermente teso in avanti e un'espressione di più totale sconcerto. Lo vidi stringere gli occhi e riaprirli di nuovo, sbattendo le palpebre e scuotendo la testa.

Il mio sguardo vagò sulle altre facce, quelle (come Gary) atteggiate in espressioni dolci e tenere, quello sconvolti, Harry che stava fissando Zayn quasi con commiserazione, e Zayn stesso, la cui espressione era ridiventata piatta e inespressiva come una pietra.

Mi girai verso Mark, e lui annuì con gli occhi assottigliati: “Per questa volta passi. Sei salva, Austen.”

Il peso che mi aveva attanagliato lo stomaco si sciolse, e lo guardai mentre si allontanava, seguito dal suono della campanella che indicava la ripresa delle lezioni.

Sospirai,e radunai tutto il mio coraggio per rigirarmi verso i sei ragazzi (si era fermato anche Gary), che mi stavano fissando con espressioni varie.

Wow... Se quello non era un bacio...” il sorriso di Louis era il più contagioso, e sembrava stesse per esplodere dalla felicita, anche se la ragione mi sfuggiva.

Harry sussultò quando osservò bene il suo migliore amico: “Cosa diavolo ti è successo alla faccia?”

Liam si riprese dal suo stupore: “Louis mi ha raccontato quello che è successo.” la sua voce era ancora fredda mentre guardava Zayn e Harry, e riuscivo a vedere la sua disapprovazione proiettata come un'aura intorno al suo corpo.

Poi i suoi occhi si sciolsero, tornando ad essere di quel marrone cioccolato che mi ricordava la sicurezza. Venne verso di me e mi abbracciò, circondandomi con le sue lunghe braccia e il suo calore: “Mi dispiace, Taylor, non succederà più.”

Sorrisi. Se Liam diceva che non si sarebbe ripetuto, allora sarei potuta stare tranquilla.

Niall si avvicinò, appoggiandomi una mano sulla spalla. “Taylor, io-” lo interruppi subito.

Non c'è bisogno di scusarsi, Niall. Anzi, dovrei essere io a ringraziarti.”

Lui scosse la testa, i suoi occhi luminosi: “Volevo dire un'altra cosa. Hanno organizzato una festa per il mio compleanno questa sera. Ti va di venire? Ah, e Gary, sei invitato anche te ovviamente.”

Tutto il mio mondo sembrò frenare per poi arrivare ad uno stop. Non ero stata invitata ad una festa dal pigiama party in seconda media di una mia compagna. E poi riflettei su cosa avrebbe comportato andare a quella festa. Avrei dovuto mettere un vestito, e se avessi messo un vestito sarebbe stato con ogni probabilità senza maniche. E io non potevo andare in giro con le braccia scoperte, perché altrimenti si sarebbero viste le bende e avrebbero fatto delle domande. O in alternativa, se mi fossi tolta le fasce, si sarebbero visti tutti i tagli, i punti, le cicatrici.

Non potevo andare a quella festa. Aprii la bocca per rifiutare l'invito, quando una domanda mi bloccò le parole sul nascere.

Ci verresti con me?”

Guardai il ragazzo con gli occhi grandi come piattini da tè, e intorno a me sentivo l'incredulità di tutti gli altri.

Lui che chiedeva a me una cosa del genere. Lui? Stava cercando di prendermi in giro, ovviamente.

Zayn ridacchiò, a disagio in quella situazione e alzò le mani in segno di resa: “Beh, tocca a me farmi perdonare, no?”

 

*ANGOLO AUTRICE*

Io vi amo. Vi amo tutte, dalla prima all'ultima. 35 recensioni. 35, no ma ne vogliamo parlare?? Oddio, siete stupende, non ci potevo credere quando l'ho visto :')
Care lettrici, questo è in assoluto il capitolo più lungo che io abbia mai scritto: 11 pagine Word XD
E visto che secondo me vi siete rotte le scatole di leggere così tanto, prometto che i prossimi li dimezzo tutti, ma non ho avuto cuore di tagliare anche questo. E quindi è venuto fuori così.
Poi poi poi, ah sì, avrete notato che l'ho diviso in due parti. Nel caso ve lo stesse chiedendo, no, non c'è un motivo per cui l'ho fatto. E li ho fatto baciare!! Avete visto che brava che sono? :D Già, peccato che non era la coppia che speravate. Ma, a parte per questo insignificante dettaglio, mi devo scusare per quella pessima descrizione del bacio. È una schifezza immane, ma non avevo nessuna esperienza reale con cui confrontarmi e quindi ho lavorato di fantasia.
Attenzione, avvertimento importante: il ventiquattro parto per New York e sto via tre settimane con la scuola. Dubito che riuscirò ad aggiornare mentre sono via, quindi cercherò di farlo prima di partire. Ma non contateci troppo. E questo significa anche che non avrò il tempo né di recensire le vostre storie né di rispondere ai messaggi, ma non è perché io non voglia farlo, credetemi, anzi!
Bene, vi lascio con questo capitolo, non è che se per caso avete due minuti che vi avanzano mi lascereste una recensione, anche piccolina?
Bene, la taglio corta perché vi ho annoiate abbastanza,
Ele :)

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Dare the truth to reveal itself (part one) ***


POV Liam:

13 settembre 12:50

Louis, non vorrai dirmi che mi hai tirato un pugno per niente, spero.”

Le parole di Taylor ci misero meno di un secondo a registrarsi nel mio cervello, facendomi provare una specie di rabbia omicida che non voleva mettersi calma. Ecco cos'era successo quando Taylor aveva cercato di suicidarsi. Immagini di ricordi recenti scattavano velocemente attraverso la mia mente, lasciandomi scosso e turbato. Era ancora troppo presto per rivivere quelle memorie.

Cos'hai fatto?” scattai in piedi e lo afferrai bruscamente per il colletto, scuotendolo leggermente per nascondere il tremore delle mie mani. Sentii le parole di Taylor registrarsi nella periferia del cervello, parole che mi dicevano di fermarmi, ma in quel momento non ero più io, non rispondevo delle mie azioni.

Per non dire che le parole di Louis mi stavano facendo arrabbiare ancora di più: “Bene, perfetto. Ora noi andiamo fuori, e tu mi spieghi tutto quello che è successo tra voi tre e Taylor.” ringhiai brutalmente sotto lo sguardo spaventato ed esterrefatto di Lou, cedendo alla sua ennesima richiesta di dargli la possibilità di spiegare. Lo trascinai fuori dalla mensa e attraverso i corridoi deserti, uscendo fuori nel campo di calcio che sapevo essere vuoto a quest'ora. Lo lasciai andare di colpo e lui cadde nell'erba, rotolando un paio di volte prima di fermarsi e rialzarsi in piedi.

Capisco che tu possa essere arrabbiato, Liam, ma non-” Scoppiai a ridere violentemente, senza riuscire a trattenermi.

Arrabbiato? Tu pensi che io sia arrabbiato? No, Louis, io voglio ucciderti di botte.” mi avvicinai di un passo, e lui arretrò di due, alzando le mani in segno di resa.

Ehi, ehi, calma.” disse lui, ora leggermente irritato, se la luce infastidita nei suoi occhi diceva qualcosa.

Alzai un sopracciglio in una tacita richiesta di spiegazioni: “Pensavo che tu, fra tutte le persone del mondo, potresti capire perché la cosa mi urta così tanto.”

L'abbiamo fatto proprio per voi!” urlò, la sua voce piena di esasperazione, “L'abbiamo fatto così tu e Niall sareste stati al sicuro, maledizione. Pensi che mi sia piaciuto tirare un pugno ad una ragazza? A Taylor? È questo quello che pensi di me?” si avvicinò a me, fino a che non fu a poche decine di centimetri da me.

La sua sfilza di accuse mi portò a riflettere su quello che stavo facendo. No, non avrei mai pensato che Lou sarebbe stato capace di prendere a pugni una ragazza. Ma l'aveva fatto. Per me. Quello cambiava le cose, o perlomeno, era un'attenuante al suo gesto sconsiderato.

Ma perché Taylor?” domandai, la mia voce più ragionevole, più nel mio solito tono pacato e responsabile.

Lui sbuffò, lanciandomi un'occhiataccia: “Non è mica stata una mia scelta.”

Digrignai i denti, cercando di contenermi dal saltargli addosso, ma le sue parole successive mi fermarono del tutto.

E poi, ti faccio notare che te la stai prendendo con la persona sbagliata. Io mi sono fatto perdonare.”

Hai ragione, ma non credere che solo per questo ti lascerò andare via intero.”

Lui sospirò, avvicinandosi fino a quando era abbastanza vicino che se avessi allungato la mano lo avrei potuto toccare: “Questo lo so, e so anche si meritarmelo. Dai vai, non ho tutto il giorno.” le sue ultime parole suonarono stranamente ironiche, e sorrise ad un suo scherzo privato, di cui io non sapevo niente.

Mi concentrai più sulle immagini che mi stavano ancora passando a tutta velocità nel cervello che sul fatto che stavo per picchiare uno dei miei migliori amici. Cercai di convincermi che stavo facendo la cosa giusta, per me e per Taylor, ma quel senso di colpevolezza non mi abbandonò finché non mi fermai dopo solo un colpo.

Lui mi guardò facendo una smorfia di dolore e incitandomi a finire in fretta, ma non ebbi il coraggio di toccarlo ancora.

Andiamo, Lou.” dissi, passandomi una mano sulla fronte e tornando dentro.

 

POV Taylor:

13 settembre 13:10

Zayn mi aveva chiesto di andare alla festa con lui. Questo era un sogno, solo uno stupido scherzo della mia immaginazione, che ormai era stata completamente invasa dagli ormoni e quindi non era più affidabile.

Sbattei le palpebre, guardandolo. La delicata arcata delle sopracciglia, occhi neri in cui potevi perderti e due labbra che chiunque avrebbe pagato anche solo per poter toccare. Solo per vedere se erano davvero così morbide come sembravano.

Le sbattei di nuovo, scuotendo la testa per snebbiarla. Dei jeans larghi, troppo larghi forse, e la sagoma di un pacchetto di sigarette nella tasca anteriore. Una maglietta bianca con lo scollo a V che gli stava da dio. Il cappello grigio in testa nonostante fossimo in un edificio scolastico e non ce ne fosse alcun bisogno.

Scusa, potresti ripetere?” domandai con la voce gracchiante, sembrando abbastanza ritardata.

Riuscivo a vedere gli angoli della sua bocca curvarsi lentamente verso l'alto per poi tornare subito in giù, come se stesse cercando di combattere un sorriso. Non che io l'avessi mai visto sorridere davvero, non era una cosa che faceva normalmente quando era con me, anche se stavo cominciando a domandarmi se lo avesse mai fatto.

Chissà se quando sorrideva i suoi occhi cominciavano a brillare, come con Niall. O forse gli sarebbero spuntate due fossette uguali a quelle di Harry. Magari semplicemente il suo viso si sarebbe contorto in una maschera di angelica gioia, la stessa che spuntava sul viso di Gary.

Ma non l'avrei visto sorridere, non oggi né mai, quindi non vedevo perché farsi tutti questi problemi.

Mi riscossi dai miei pensieri, e tutti mi stavano guardando attentamente: “Scusate, mi sono incantata.” mormorai, dispiaciuta e imbarazzata allo stesso tempo.

Ho detto, verresti alla festa di Niall con me?” ripeté per la terza volta. Immaginavo che si fosse scocciato di dire sempre le stesse cose, ma il suo tono restava dolce e domandante.

Strano, di solito non era così gentile con me. D'altra parte, se pensava che essere gentili ora lo avrebbe fatto eliminare dalla mia personale lista nera, si sbagliava di grosso.

Mi girai a fissare anche tutti gli altri. Louis aveva ancora addosso quel sorriso inquietante da quanto era largo, e Harry mi fissava come se una mia parola avrebbe potuto cambiargli la vita. Lo sguardo che mi restituì Liam era l'unico ancora indeciso, sembrava dirmi 'la scelta è tua, ma fai attenzione'.

Sospirai rumorosamente, e tutti si misero sull'attenti, aspettando che parlassi. Mi mettevano l'ansia addosso, ma dovevo dire qualcosa, schiacciare quei piccoli germogli di sentimenti che provavo verso quei ragazzi.

Non posso.” dissi a voce alta, rifiutandomi di pensare a cosa avrebbero potuto portare le mie parole.

Mi fidavo quanto bastava per sapere che non mi avrebbero fatto del male. O meglio, mi fidavo della parola di Liam, e tanto bastava.

La faccia di Zayn ebbe un guizzo, e la sua espressione di imbarazzo si mutò nella familiare maschera di inespressività che conoscevo tanto bene. Mi domandai se lo facesse spesso, rintanarsi in se stesso dopo che qualcuno non faceva quello che voleva lui.

Annuì, la sua bocca l'unica traccia di delusione nel suo viso: “Capisco.”

No, non capiva, non poteva nemmeno lontanamente immaginare il perché del mio rifiuto, ma non lasciai vedere quanto quella semplice parola era riuscita a sconvolgermi inizialmente, per un secondo il mio cuore si era fermato al pensiero che sapesse che mi tagliavo.

Non doveva scoprirlo nessuno, avrei fatto di tutto per di proteggere il mio piccolo segreto.

Andiamo in classe?” mi domandò Louis, prendendomi a braccetto e incamminandosi verso l'aula di arte, in cui avevamo entrambi lezione. Stava facendo dei versi strani, delle specie di sibili ariosi.

Cosa stai facendo?” domandai, più divertita che incuriosita.

Louis corrugò la fronte: “Non si capisce? Sto cercando di fischiettare.”

Lo guardai con esitazione, incerta se stesse dicendo sul serio oppure se fosse una presa in giro. Ma non riuscii a trovare una risposta. Mi limitai a scuotere la testa, sbalordita dal livello di stupidità che riuscivano a raggiungere ogni tanto i ragazzi.

Bussai alla porta dell'aula, entrando subito dopo il permesso del prof.

Lui si girò a guardarci mentre tutti interrompevano il loro lavoro per cominciare a bisbigliare tra di loro su quello che era successo in mensa: “Austen, è tutto a posto?”

Ecco, avrei dovuto immaginare che avrebbe reagito così, come tutti gli altri professori di questa maledetta scuola: “Sì, prof, va tutto bene.” ripetei per la milionesima volta. Sembrava che dopo aver ripetuto una bugia più e più volte, fosse sempre più facile suonare convincenti.

E lei Tomlinson? Chi le ha spaccato il labbro?” domandò, inarcando un sopracciglio mentre i pochi che non avevano ancora notato Louis lo fissavano attentamente, notando com'era conciato male anche lui.

Lui fece un sorriso rilassato, perfettamente a suo agio: “Niente di che, solo una scazzottata tra amici.”

Il prof alzò un sopracciglio, i suoi occhi che fluttuavano dal labbro all'occhio nero. Fece un corto verso di incredulità: “Mi domando che genere di amico possa farle un occhio nero.”

Gli occhi azzurri di Louis guizzarono verso di me prima di tornare a posarsi su quelli marroni del professore, che aveva un'espressione gradevolmente inquisitoria.

Un amico molto arrabbiato.” il tono di voce era cupo, più di quanto mi sarei aspettata da Louis, sempre così solare. Ma d'altra parte, c'era da dire che Liam gli aveva spaccato il labbro, e non era una bella esperienza, in particolare quando era un tuo amico a dartele.

Il professore ci guardò con uno sguardo livellato, girandosi verso di me e poi lui in successione, indeciso su dove guardare: “Per l'amor del cielo, Tomlinson, vada in infermeria e si faccia dare del ghiaccio per quel labbro.”

Lui annuì e mi strinse la mano delicatamente prima di uscire dalla stanza. Ora ero sola, completamente sola.

Rimasi ferma davanti alla porta, ondeggiando lievemente per la stanchezza e il leggero mal di gola.

Venga, Austen.”

Mi avvicinai alla cattedra, notando che aveva in mano il mio dipinto, quello della Notte Stellata: “Ho dato un'occhiata alla sua riproduzione del quadro di Van Gogh. Davvero bello, l'unico consiglio che posso darle è di calcare di più con il bianco.” disse, puntando alla spirale che occupava un bel tratto di disegno.

Lo preso e mi andai a sedere al mio banco, quello rigorosamente in prima fila.

Allineai tutti i pastelli a olio davanti a me, guardando tutte le intensità, scegliendo il più bel bianco che avevo.

Non panna, non bianco sporco, bianco. Candido, come il colore lattiginoso di un televisore, come le nuvole soffici come batuffoli di cotone. Come la neve che scendeva dal cielo d'inverno.

Lo appoggiai al cartoncino telato, perdendomi tra le spirali di Van Gogh e quelle dei miei pensieri, fondendosi e mescolandosi. Fino a che anche i miei pensieri non diventarono altro che un turbinare confuso di emozioni e sensazioni senza senso.

Louis non tornò in classe, e non c'era nemmeno Harry nell'ora di geografia, che tecnicamente avremmo dovuto fare assieme. Quando arrivai all'uscita, persi qualche minuto a cercare la macchina di Louis, ma non la vidi da nessuna parte. Sembrava che fossero spariti tutti. Nemmeno Mark si fece vedere, per mia grande sorpresa e piacere.

 

13 settembre 17:36

La piccola pallina da tennis colpì il muro con un tonfo sordo e mi ritornò in mano. La lanciai di nuovo contro la parete color malva, aspettando che mi ricadesse nella mano aperta. Ma Niall la afferrò a mezz'aria, sorridendomi prima di distendersi di nuovo di fianco a me sul letto.

Eravamo chiusi in camera mia, solo noi due, a parlare. Niall mi aveva detto che almeno un paio degli altri ragazzi pensavano che stessimo insieme, ma avevamo deciso che, fin tanto che noi sapevamo di non esserlo, non c'era ragione di rovinargli i sogni ad occhi aperti.

Allungò una mano e la intrecciò con la mia, cogliendo di sorpresa con quel gesto spontaneo.

Sentivo la pelle formicolare piacevolmente dove mi stava toccando, una specie ripetizione meno intensa del bacio di quel pomeriggio.

Sentivo la sua presenza confortante di fianco a me, e i suoi respiri regolari che mi aiutavano a calmarmi.

Niall?”

Uhm?”

Hai mai pensato al suicidio?” domandai. Glielo avevo chiesto per pura curiosità, anche se non credevo che lui, la dolcezza fatta persona, avrebbe mai pensato a certe cose. Dal silenzio che seguì, non pensavo che mi avrebbe mai risposto. Avevo paura di averlo offeso, magari si era arrabbiato perché era una domanda troppo personale. Aspettai qualche altro secondo, e lui sospirò.

Tante volte.” ammise, girandosi a guardarmi, come per vedere la mia reazione. Tenni la faccia accuratamente bianca mentre processavo quell'informazione. Niall che pensava al suicidio? Faceva una strana impressione pensare al biondino che si tagliava, o che cercava di impiccarsi, puntarsi una pistola alla tempia e premere il grilletto. Lasciarsi andare.

Perché?” domandai ancora, fissando quegli occhi del colore del cielo limpido rattristarsi e la sua bocca farmi un sorriso triste. Ero quasi certa che la risposta sarebbe stata la stessa che mi aveva dato anche Harry questa mattina: per quello che era successo dove vivevano prima.

E infatti, la risposta fu quella che mi aspettavo: “Per quello che è successo prima che venissimo qua.”

Aspettai che parlasse, che almeno lui mi dicesse qualcosa di suo spontanea volontà.

La sua mano si sfilò dalla mia e si spostò i capelli dalla faccia: “Suppongo che tu voglia sapere cos'è successo?”

Annuii lentamente, osservando la sua reazione nervosa e le dita che ora avevano preso a muoversi freneticamente contro il colletto della sua maglietta, cercando di allargarlo.

Fino all'anno scorso eravamo tutti e cinque a Edimburgo, in una piccola scuola pubblica. Loro avevano fatto amicizia da un pezzo, mentre io li conoscevo solo dalla prima superiore, quando mi sono trasferito lì con la famiglia dall'Irlanda. Comunque, andavamo tutti molto d'accordo. Io e Liam, però, non eravamo proprio il massimo della popolarità, al contrario degli altri tre. C'erano dei ragazzi, come qua c'è Mark, che ci insultavano, ci chiamano checche, ogni tanto ci spintonavano contro gli armadietti o giù per le scale. Loro cercavano di aiutarci, ma appena si giravano quelli riprendevano. La sera dell'ultimo giorno di scuola abbiamo deciso di uscire e andare in discoteca, sai, per festeggiare. Liam non può bere, perché ha un rene solo, e io non vado pazzo per l'alcool. Ma Harry era ubriaco fradicio l'ultima volta che l'ho visto. All'inizio ci stavamo anche divertendo, io stavo ballando con una ragazza mora e Liam con una rossa\, ma ad un certo punto ci siamo trovati da soli. Zayn era andato fuori a fumare e Harry e Louis erano spariti chissà dove. Dentro c'era una confusione tremenda, e con tutti quei corpi non si riusciva nemmeno a respirare, quindi ho proposto a Liam di uscire a prendere una boccata d'aria.” Niall si interruppe, gli occhi persi in un ricordo solo suo.

Per qualche ragione, non avevo un buon presentimento sulla fine della sua storia. Mi chiesi se volessi veramente sapere questo gran segreto che sembravano custodire così gelosamente. Non ebbi l'occasione di pensarci su, perché in quel momento Niall ricominciò a parlare, la voce un silenzioso bisbiglio.

Siamo usciti, e non ci siamo accorti in tempo che c'era un gruppetto di ragazzi della scuola. Erano sei o sette, forse di più, non ho avuto il tempo per contarli. A dire il vero, non ci hanno dato il tempo nemmeno di dire una preghiera, prima di saltarci addosso come lupi affamati. All'inizio erano le solite cose, qualche insulto, degli spintoni. Ero sicuro che si sarebbero stancati presto di noi. E invece sono andati avanti, gli insulti più pesanti e gli spintoni che si trasformano in calci e pugni. Poi non ricordo più niente, credo di essere svenuto nel frattempo, e lo stesso per Liam. Zayn qualche giorno dopo mi ha detto che erano ancora lì quando lui e Louis sono usciti con Harry sottobraccio, troppo ubriaco per reggersi in piedi da solo. A quanto pare si sono dileguati appena li hanno visti. Louis ha chiamato un'ambulanza e siamo finiti all'ospedale, messi uno peggio dell'altro.

Ci hanno ricoverato d'urgenza. Io avevo tutto il lato sinistro ridotto male: tre fratture scomposte alla gamba e il gomito rotto. Liam era messo anche peggio di me: una costola incrinata, una fratturata, che per fortuna non aveva toccano nessun organo, e la mandibola rotta un due punti. Per non parlare del lividi e tagli dappertutto.” la sua voce aveva assunto un tono più cupo ora, e le sue parole mi avevano fatto venire la pelle d'oca dappertutto. Non riuscivo ad immaginarmi la scena, o forse era più corretto dire che mi rifiutavo di farlo.

Ma, che lo volessi o meno, vedevo immagini simili impresse contro le retine dei miei occhi. Solo che c'ero io per terra, sanguinante e a pezzi. Mark non si era mai spinto così oltre, ma prima di oggi non avrei nemmeno detto che sarebbe stato capace di cercare di strozzarmi davanti a tutta la scuola.

Volevo dirgli di smetterla di parlare, di stare zitto e farmi cancellare tutti quegli orrori. Ma lui continuò imperterrito a raccontare di quella sera, come se si fosse dimenticato della mia presenza e stesse parlando solo per sé, facendo riaffiorare quei ricordi.

Ci hanno dovuto fare un'operazione, a tutti e due. Hanno chiamato i nostri genitori, che sono arrivati in ospedale disperati, non sapendo che fine avessimo fatto. Ma nessuno di noi due era nelle condizioni di parlare con qualcuno, anche perché eravamo così pieni di morfina che ci siamo svegliati solo il mattino dopo, ma sono cose che ci hanno raccontato Louis e Zayn. Harry no, perché era così ubriaco che l'hanno dovuto riaccompagnare a casa a smaltire la sbronza. E credimi, Harry è stato malissimo per quello, si è sentito estremamente in colpa e non ne parla mai. Comunque, Zayn e Lou sono stati in ospedale tutta la notte, troppo preoccupati per dormire. Per farla corta, ci abbiamo messo quasi due mesi per riprenderci, e loro tre venivano tutti i giorni a trovarci in ospedale, da cui non eravamo ancora stati dimessi, perdendo le loro giornate estive.

Due settimane prima che ci dimettessero, più o meno a metà luglio, mia madre mi ha informato che io sarei venuto da mia zia Hannah, perché mia madre non poteva tollerare che io vivessi in queste condizioni, e la madre di Liam ha sentito la conversazione e ha chiesto che anche Liam venisse. Quando l'abbiamo detto agli altri tre non potevano crederci, ma poi a Harry è venuta la bella idea di aggregarsi, in modo da non essere separati. Prima di tutto ho chiamato mia zia, per chiederle se c'era posto per altre tre persone, e lei mi ha detto di sì. Poi loro hanno comprati i biglietti e hanno informato le famiglie. Certo, ci hanno messo un po' a convincerle, perché la madre di Louis era assolutamente contraria, ma alla fine sia Harry che Louis hanno avuto il permesso di partire. Invece i genitori di Zayn si sono rifiutati categoricamente, ma alla fine non è servito a nulla, perché il giorno della partenza ce lo siamo ritrovati davanti appena entrati nell'aeroporto, tranquillamente seduto ad un bar con le sue valigie. Ai nostri genitori ha detto di essere riuscito a convincere i suoi, ma la verità è che è scappato di casa dopo una litigata. E un'ora e mezza dopo eravamo arrivati qua.” fece un profondo respiro, rotolando su un fianco per guardarmi negli occhi.

Mi girai anch'io verso di lui, evitando di mostrare la compassione che stavo provando in quel momento.

Sapevo che, oltre a non servigli a niente, lo avrebbe solo infastidito. Mi ricordavo quando era morto mio nonno l'anno prima, tutte le occhiate che mi lanciavano, compassionevoli e piene di pietà, sembravano dire mi dispiace, ma meglio a te che a me.

Invece gli sorrisi. Era un sorriso tirato e falso, ma pur sempre un sorriso: “Ora si capiscono tante cose.”

Ho pensato che non avrei potuto permettere che succedesse di nuovo. Aveva detto Harry stamattina, e se prima non l'avevo capito, ora era chiaro.

In quel momento lo perdonai. Completamente e totalmente, lasciai il mio piccolo broncio e la paura e accettai Harry e Louis. Ora che sapevo cosa avevano dovuto passare non potevo dirgli niente. Io avrei fatto la stessa cosa per una persona cara.

Vieni alla mia festa?” mi chiese Niall, e il cambio improvviso di tema, unito alla sua espressione supplice, rese ancora più difficile dovergli dire di no.

Io-io, non ho un vestito.” mi inventai al momento, anche se non era proprio vero. Qualche volta mi era capitato di comprare dei vestiti per fare un piacere a mia madre, ma non li avevo mai messi. E, dall'espressione di incredulità sul suo volto, la mia bugia doveva essere abbastanza ovvia.

No, non è vero, ma non posso venire.” Le labbra di Niall si abbassarono verso il basso.

Un secondo dopo, non sapevo come, mi ritrovai Niall sopra, appoggiato sui gomiti per non pesarmi addosso.

Sorrise: “Non ti lascio andare finché non accetti.” proclamò.

Fui costretta a sorridere per la serietà del suo tono, ma le mie guance si tinsero di un rosso profondo quando mi accorsi del corpo di Niall che aderiva al mio, scaldandomi.

Davvero, non posso.” ripetei, cercando di convincerlo dell'impossibilità della cosa.

Gli occhi di Niall scintillarono di malizia e si scostò leggermente da me, lasciandomi libera. Per un secondo credetti che si fosse arreso, ma appena le sue dita mi cominciarono a fare il solletico ai fianchi, fui costretta a ricredermi. Cominciai a divincolarmi, cercando di sfuggire al solletico mentre ridevo istericamente.

F-f-fermati, Niall.” cercai di dire attraverso i respiri veloci.

Allora, vieni alla mia festa?” mi domandò di nuovo ridacchiando malevolmente.

Scossi la testa, senza riuscire a trovare il fiato per parlare e quasi scivolando giù dal letto. Mi aggrappai a Niall, che fermò il suo solletico par abbracciarmi, stringendomi a sé.

Dai, fallo per me.” mi supplicò di nuovo nell'orecchio, e vedendo che non rispondevo aggiunse, “Zayn ci è rimasto male. Almeno fallo per lui.”

Sospirai ancora, e stavo per rifiutare l'invito un'altra volta, quando la porta si aprì di scatto, spaventandomi a morte e impedendomi di allontanarmi da Niall prima che qualcuno pensasse male.

È pront- oh, scusate, non volevo interrompere.” disse la voce di Zayn e i suoi occhi neri incrociarono i miei per , e la porta si richiuse subito dopo le sue parole astiose.

Dai, andiamo a mangiare.” dissi per distrarlo dai suoi tentativi di convincermi.

Un quarto d'ora dopo eravamo tutti a tavola, e Hannah stava dicendo a Louis che avrebbe dovuto fare più attenzione a dove andava, perché in qualche modo era riuscita a convincerla di essere andato a sbattere contro un palo. Guardai il piatto di riso che mi trovavo davanti, mescolandolo ogni tanto per dare l'impressione di star mangiando, cosa che assolutamente non stavo facendo.

Ah, e zia? Stasera Taylor viene con Zayn alla mia festa.” disse tranquillamente Niall, facendomi alzare la testa di scatto, impallidendo. Lanciai un'occhiata fugace a Zayn, che a sua volta mi stava fissando con un sopracciglio inarcato.

Io non ho detto che venivo.” sussurrai mentre tutti si giravano a guardarmi con stupore.

Hannah per poco non lasciò cadere la forchetta dallo stupore: “Ma lei non può venire.” disse, tappandosi subito dopo la bocca e spalancando gli occhi.

Liam, che oggi sembrava più perspicace del solito, aggrottò le sopracciglia: “Perché è così certo che non possa venire? Insomma, non credo che venire ad una festa la ucciderà.”

La scarica di adrenalina mi fece ragionare più in fretta, cercando una scusa plausibile tra le montagne di scuse che avevo accumulato negli ultimi anni. Guardai Hannah alla ricerca di aiuto, ma lei era persa tanto quanto me questa volta. Non sapevo dire, non sapevo cosa dire ma dovevo dire qualcosa per forza.

Per via dell'incidente.” blaterai, pentendomene subito dopo. Ora avrei dovuto creare l'ennesimo castello di carte con le mie bugie, sperando che non crollasse tutto.

Tutti alla tavola si zittirono, e io arrossi sotto i loro sguardi curiosi. Gli occhi di Hannah sembravano dire: in che diavolo di casino ti stai cacciando? Non lo sapevo nemmeno io.

Incidente?” chiese cauto Liam, e ora non c'era più il sospetto che gli stessi mentendo nella sua voce.
Annuii, inventandomi la scena più realistica che mi venne in mente: “Sì, qualche anno fa ho fatto un'incidente d'auto con i miei e i vetri si sono rotti e delle schegge del finestrino mi hanno sfregiato gli avambracci e quindi ora li tengo sempre coperti con delle garze.”

Il silenzio si fece più pesante, ma perlomeno sembravano convinti dalla mia immensa bugia.

Ma cosa c'entra questo col venire alla festa?” domandò un Harry molto perplesso mentre si infilava un broccolo in bocca.

Per mio grande sollievo fu Hannah a rispondere, che aveva capito a che gioco stessi giocando e sembrava disposta ad aiutarmi: “Alle feste si va con i vestiti, e la maggior parte dei vestiti non ha le maniche. E Taylor non ha detto a nessuno dell'incidente, e non vuole che si facciano domande sulle bende.”

Il sorriso di Louis si ingrandì, per mio grande orrore. Ormai avevo capito che quando Lou sorrideva così, non poteva essere nulla di buono.

E tu non rispondere. Ci saremo noi lì con te, quindi non ti devi preoccupare di nulla. Anche perché, non vorrai lasciare Zayn senza un'accompagnatrice, no? Tu pensa solo a vestirti e truccarti, partiamo alle nove da qua.” disse con una nota di finalità nella sua voce, felice della sua decisione.

Beh, Taylor, magari ti farà bene uscire qualche volta.” aggiunse Hannah con quel tono materno.

Mi girai verso di lei con uno sguardo di paura: “Ma tu da che parte stai?” le domandai, e non stavo nemmeno completamente scherzando. Lei si limitò a sorridere mentre beveva.

Com'è che nessuno ha chiesto il mio, di parere?” domandò Zayn, puntando la forchetta contro Louis, che a sua volta piegò le labbra verso l'alto in una specie di mezzo sorriso.

Perché sappiamo che sei così innamorato perso che non rifiuterai mai un'occasione per stare insieme a Taylor.” disse Harry, intromettendosi nella loro conversazione e facendomi sputacchiare l'acqua che stavo bevendo con le sue parole.

Zayn Malik non era innamorato di me, era una delle cose più stupide che avessi mai sentito, e io ne avevo sentite tante. Non solo dubitavo di stare simpatica a Zayn, ma ero perfino dubbiosa che Zayn potesse prendersi una cotta per qualcuna, figurarsi amare. E a quanto pareva, anche lui stava avendo le mie stesse perplessità.

Strano, io ero certo che Taylor stesse con Niall.” mormorò, la sua voce vellutata sarcastica e tagliente.

Niall e io ci scambiammo uno sguardo esasperato, e Niall non si risparmiò un piccolo sorriso.

Guarda che non stiamo insieme, puoi prendertela su vuoi.” disse Niall, rivolgendogli un sorriso luminoso.

Quelle parole, anche se erano chiaramente intese come scherzose, mi fecero immobilizzare: “Io non sono un oggetto, e di certo nessuno mi può avere.”

Taylor...” cominciò Liam, allungando una mano verso di me anche se non poteva toccarmi per quanto si fosse allungato. Lo guardai con una fiamma di ribellione. Una volta tanto stavo facendo sentire la mia voce, ma non era di certo il momento giusto.

Lo sai che stava scherzando, vero?”

Sospirai, portandomi una mano alla tempia e premendo, cercando di far sparire il mal di testa lancinante.

Appena tutti finirono di mangiare, mi avviai verso la camera, ma la voce soffice e morbida di Zayn mi fermò: “Taylor?”

Sì, Zayn?” domandai, tirandomi mentalmente un colpo in testa per il leggero tremolio della mia voce.

Ti ricordi quando ti sei finalmente degnata di guardarci in faccia per la prima volta?” la sua voce era sempre più vicina a me, ma mi rifiutai di girarmi a fissarlo, sicura che se l'avessi fatto non sarei riuscita a trattenermi dal fare un'emerita figuraccia. Proprio come quella di quel giorno, quando avevo fatto davvero la figura della scema davanti a loro. Annuii per fargli segno che avevo capito.

Ti ricordi quando Niall ti ha chiesto cosa non capissi?” la sua voce mi suonò nell'orecchio, un sussurro roco che mi stava facendo tremare per paura di non sapere dove volesse andare a parare con queste domande.

Annuii di nuovo, pregando che non si accorgesse dei brividi che mi avevano appena attraversato.

Lo sentii spostare i miei capelli dietro le spalle, e la sua mano mi scivolò lungo il braccio: “Non ti ho creduto allora, e non ti credo adesso. Fai schifo a mentire, Austen.”

 

*ANGOLO AUTRICE*
Non vi aspettavate di vedermi, eh? Sorpresa!
Mia sorella,
Lady Memories, mi ha consigliato di scrivere un mini-chappy (?) e quindi eccomi qui. È discretamente corto (certo, per i miei standard) ed è anche discretamente inutile, ma non importa, perché mi sono stranamente divertita a scriverlo. Oggi ho tante cose da dire, la prima essendo: AVETE VISTO IL BANNER?? In questo momento vorrei poter andare a casa di Pettyfer e riempirla di baci, ma visto che non posso mi limito a farlo virtualmente. Grazie mille, è stupendo e io ti amo :') anche se non ho ancora recensito i tuoi capitoli... ma lo farò prima o poi.
Poi: non ho davvero il tempo materiale per rispondere alle recensioni, e mi dispiace TANTISSIMO D: Sono un'ingrata, lo so, ma mia madre mi sta torturando perché mi prepari la roba per NY e non ho il tempo per fare niente. Mi dispiace tantissimo ma le ho lette tutte le 38 (tra l'altro, siete le lettrici migliori del mondo, siete fantastiche, grazie di cuore!) e siete state tutte così cariiiiine.
Ecco, alcune di voi mi hanno chiesto un'immagine di Taylor e Gary. Per Gary non ci sono stati problemi, perché il suo personaggio è nato proprio da un'immagine trovata per caso su google, ma Taylor è stata complicata, perché me la sono completamente inventata. Ma ho trovato una foto che più o meno rispecchia quello che pensavo (immaginatevela con i capelli più lunghi però). Quindi, in modo da non dare troppo fastidio a quelle che invece non vogliono sapere come me li sono immaginati e preferiscono tenersi i loro personaggi, non metto direttamente le immagini ma i link:
Gary:
http://s13.postimage.org/wglfsfbqv/blue_eyes.jpg
Taylor:
http://s10.postimage.org/yie8twu0p/TAYLOR.jpg
Ora, tornando al capitolo, dopo tredici capitoli si è finalmente scoperto perché si sono trasferiti tutti in massa a casa di Hannah, e nel prossimo toccherà a Taylor rivelare qualcosa su di sé (se volete uno sneak peak, basta pensare alla presentazione). Poi, stavo pensando di alzare il rating ad arancione, perché secondo me c'è davvero troppo violenza (più che altro molto descritta) o perlomeno mettere un avvertimento nella presentazione. Voi cosa ne pensate? Mi raccomando, ditemelo se il capitolo fa schifo, o se avete delle critiche costruttive, perché ci tengo ad avere un vostro parere :)
Ok, ho detto abbastanza per oggi. Ci rivediamo tra 3 settimane!
Ele

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Dare the truth to reveal itself (part two) ***


A Beginning, per avermi fatto capire cose di me
stessa che non avrei mai capito senza il suo aiuto.
Grazie di cuore...

POV Taylor:

I don't know the first time I felt unbeautiful,
The day I chose not to eat.
What I do know is how I changed my life forever,
I know I should know better.

[Courage-Superchick]

13 settembre 19:45

Ma ti è dato di volta il cervello?” domandai, guardando a bocca spalancata il vestito che Hannah reggeva con espressione soddisfatta. Aveva voluto fare un salto a casa mia per trovare un vestito 'decente', come lo aveva definito lei. Ed era tornata con uno decisamente troppo corto, di cui non sapevo nemmeno l'esistenza. Era così corto, in effetti, che mi domandai se per caso non fosse più opportuno chiamarlo maglietta.

Guardai il vestito nero con aria scettica, cercando di ricordare in quale occasione avessi comprato quell'abito. Non me lo ricordavo. Anche perché, dovevo davvero essere fuori di testa per aver scelto proprio un abito così.

Scossi la testa, supplicando Hannah con gli occhi, ma l'espressione di lei sembrava irremovibile.

Non ci provare nemmeno, Taylor.” disse con voce ferma, spingendomi in mano il vestito e guidandomi verso il bagno fino a chiudermi la porta sulle spalle e lasciandomi sola con il mio riflesso allo specchio.

Mi fermai a toccare il tessuto morbido e liscio, cercando di ingoiare il nodo di paura che si era formato alla base del mio stomaco. Socchiusi gli occhi e mi costrinsi a respirare dal naso con un minimo di compostezza.

Con molta lentezza, misurando ogni gesto per non farmi assalire dal panico, mi sfilai le scarpe, e poi i jeans.

Rimasi in intimo, cercando futilmente di fermare i miei occhi dallo scorrere verso la bilancia, abbandonata di un angolo ma sempre al centro dei miei pensieri.

Da un lato, volevo pesarmi, vedere se ero riuscita a dimagrire, a perdere tutto quel peso che tanto agognavo. Dall'altro però, la consapevolezza che se l'avessi fatto non sarei più riuscita a controllarmi; avrei voluto perdere peso nonostante sapessi perfettamente che non avrebbe fatto bene alla mia sapute già precaria.

Deglutii rumorosamente, allungando un passo tremante in direzione della bilancia per poi fermarmi. Non lo volevo davvero fare. Ma di certo non ci sarebbe stato alcun problema, no? Era solo un'innocente numero, non poteva farmi tutto l'effetto che dicevo che mi avrebbe fatto.

Ordinai al mio cervello di non impressionarsi troppo e feci altri due passi in direzione della liscia superficie di metallo. Solo un numero, non c'era niente dietro. Volevo solo sapere quanto pesavo, nulla di più.

Appoggiai un piede sopra, seguito subito dall'altro. Fissai il muro bianco, trattenendo l'impulso di guardare mentre ancora stava calcolando il mio peso, visto che avevo già sperimentato le ondate di panico che seguivano gli spostamenti dei numerini elettronici. Le ondate di sollievo quando puntavano verso numeri più bassi, sconforto quando si rialzavano.

Quindi tenni lo sguardo puntato sulla inoffensiva parete intonacata, la cui freddezza non poteva certo essere paragonata a quella della bilancia, finché non fui assolutamente certa che avesse calcolato il mio peso.

E poi abbassai lo sguardo. La prima cosa che vidi fu il nove, e fui immediatamente colpita dal terrore. Non potevo aver preso otto chili in così poco tempo, era inconcepibile. Sentii il cuore martellarmi in petto freneticamente. E poi mi accorsi che prima del nove non c'era un quattro, ma un tre. Trentanove. Trentanove. Non quarantanove. Le mie ossa sembravano essersi trasformate in gelatina per la felicità. Ero scesa al di sotto dei quaranta. Non ancora abbastanza per essere in peso forma, ma era già un progresso essere nei trenta.
Appoggiai la testa contro il muro, accorgendomi di star tremando leggermente per l'emozione, e sorrisi contro il muro, concedendomi una risata felice, di vittoria. Pesavo trentanove chili.

Mi girai di nuovo verso il vestito, che ora sembrava in qualche modo più carino. Lo indossai velocemente, sentendo il tessuto liscio e vellutato sfregare contro la mia pelle nuda.

Da qualche parte nei meandri della mia mente trovai il coraggio di guardarmi allo specchio. Era aderente e corto, anche di più di quanto mi ero immaginata, ma tutto sommato non mi stava malissimo. Anzi, faceva un buon lavoro nel valorizzare le poche curve che avevo e a snellire tutto quello che non mi piaceva nel mio fisico, come gambe, pancia e braccia. La mia attenzione ricadde sulle bende, inevitabilmente.

Stavano cominciando a diventare vecchie, avrei dovuto cambiarle se non volevo che si infettassero i tagli.

Con tutta la calma del mondo srotolai le fasce e guardai i tagli freschi, sfiorandoli appena con le punta delle dita. Strano come riuscissero ancora a provocarmi quel senso di vergogna dopo ogni taglio. Quando il senso di sollievo svaniva, era la vergogna a prendere il suo posto.

Allontanai quelle riflessioni per concentrarmi sulle garze che stavo arrotolando attorno alle braccia. Sarei dovuta uscire subito, se non volevo che Hannah cominciasse a fare domande su quanto ci avessi messo per mettermi quel vestito addosso.

Aprii la porta, cercando di tirare in dentro la pancia perché non si vedesse troppo. Hannah, che stava guardando fuori dalla finestra con aria assorta, si girò a guardarmi con fremente eccitazione. Mi guardò a lungo, esaminando ogni centimetro del mio corpo prima di sorridere e battere le mani con felicità, cercando di trattenere quella sua gioia quasi infantile.

Sei stupenda, cara.” mi disse, e nella sua voce riuscivo solo a sentire sincerità, “Ora però ti devo truccare.”

Tossicchiai, in imbarazzo: “Senti, non esageriamo. Ho detto di sì alla festa e al vestito, ma non mi sembra il caso di-” mi bloccai in mezzo alla frase alla vista della sua faccia abbattuta.

Taylor, sai che il mio sogno era quello di avere una figlia. Non ce l'ho, e quindi ti ho presa come sostituta. Non puoi non permettermi di truccarti, mi spezzi il cuore così.” Aprii la bocca per ribattere, ma non trovai le parole, e quindi la richiusi con un broncio e la certezza che anche questa volta Hannah l'avrebbe avuta vinta.

 

13 settembre 21:00

Avevo sentito la porta chiudersi pochi minuti prima, e, dal silenzio che era seguito, ero certa che i ragazzi fossero usciti. Certo, sentivo ancora delle voce mormorate, parole da una conversazione banale, provenienti dalla cucina. Ma sicuramente erano Hannah e Zayn che stavano aspettando me. Mi guardai allo specchio un'ultima volta, arricciando le labbra quando quella sconosciuta riflessa mi restituì lo sguardo terrorizzato. Hannah aveva fatto un mezzo miracolo. In qualche modo era riuscita a farmi sembrare quasi normale senza imbrattarmi la faccia di schifezze. Ero tentata di morsicarmi il labbro, solo per controllare la tensione che andava riempendomi, ma non volevo rovinare il lavoro della prof.

Uscii dalla mia camera e attraversai il corridoio in silenzio, i miei passi già troppo rumorosi per i tacci, fortunatamente non troppo alti, in cui Hannah mi aveva costretta.

Il mio stomaco cadeva un po' più in basso ad ogni passo che facevo, ogni passo che mi portava più vicino a Zayn. La mia mente evocò un ricordo limpido nella mia memoria: Zayn davanti a me, e di fianco a lui Mark.

Repressi a forza un tremito e mi costrinsi a non vacillare, dirigendomi verso la porta della cucina, da cui riuscivo a sentire perfettamente la voce di Zayn.

Mi fermai all'ingresso, appoggiandomi sullo stipite della porta e cercando di mantenere un'espressione bianca mentre gli occhi scuri di Zayn mi esaminavano con curiosità. Fissai invece Hannah, il cui sorriso cercava di infondermi tranquillità.

Vogliamo andare?” domandò con tono neutro, alzandosi dalla sedia. Non sapevo se essere felice che non avesse commentato o prenderla come un'offesa. Zayn non mi dedicò nemmeno più un'occhiata mentre usciva dalla cucina e si dirigeva verso la porta. Stavo per corrergli dietro quando la voce bassa di Hannah mi bloccò. Mi girai a guardarla, e la sua espressione era contorta in una smorfia di indecisione: “Taylor, stasera esco e sto via fino a tardi. Se succede qualcosa, qualsiasi cosa, anche la più piccola, voglio che tu torni a casa. Questi sono i soldi per il taxi se fossero tutti troppo ubriachi per guidare, e le chiavi di casa.” allungò il mazzo di chiavi e qualche biglietto da venti. Li fissai per qualche istante prima di annuire sommessamente e mettere tutto nella pochette.

Taylor?” la voce di Zayn dall'ingresso mi fece sussultare, e mi girai per corrergli dietro.

Tenni lo sguardo attentamente rivolto verso i miei piedi, mentre i respiri leggeri di Zayn, di fianco a me, davano il ritmo ai miei, più affannati. Riuscivo quasi a sentire i suoi occhi radiografarmi da cima a piedi, e mi sentii quasi in imbarazzo per come ero mezza nuda. Le bende sulle braccia risaltavano per il loro candore rispetto al vestito nero. Zayn mi aprii la portiera del passeggero, e mi ritrovai ad alzare lo sguardo per la sorpresa. Non era un gesto in stile Zayn, tenere la portiera aperta per me. Gli occhi di Zayn erano puntati lontano, verso la strada illuminata qua e là da qualche lampione. Ingoiai il nodo che mi si era formato in gola ed entrai nella macchina. La portiera si richiuse dietro di me con uno scatto. Guardai i sedili rilegati in pelle e la fisionomia affusolata della macchina, domandandomi cosa se ne facesse Zayn di una macchina così costosa se poi veniva a scuola con la macchina vecchia cent'anni di Louis.

Zayn entrò sinuosamente nel sedile e chiuse la portiera, i suoi gesti che mi ricordavano quelli di una pantera, oggi più che mai. Il rombo del motore che prendeva vita mi fece perdere un anno di vita, tanto ero stata impegnata a fissare lui. La macchina si mise in moto, scivolando silenziosa come l'olio lungo le strade.

Avanti, spara.” disse Zayn a voce alta, facendomi corrugare la sopracciglia.

Scusa?”

Lui sorrise: “Ti si legge negli occhi che stai morendo dalla voglia di farmi una domanda.”

Balbettai qualcosa che somigliava vagamente ad un diniego prima di rispondergli, imbarazzata che trovasse così facile capire i miei stati d'animo: “Come mai vieni a scuola con Lou se hai la tua macchina.”

Lui annuì, quasi come se fosse una domanda legittima e ovvia: “Mi costa un patrimonio in benzina, fa fuori un pieno in pochissimo tempo.” Rimasi zitta, senza sapere bene cosa rispondergli.

Dopo cinque minuti di silenzio imbarazzante, durato cinque minuti di troppo, Zayn sospirò: “Sei bellissima:” disse con un sorriso, e i suoi occhi incontrarono i miei per un istante prima di tornare sulla strada vuota.

Sentii il calore farsi strada sulle mie guance e sapevo di essere diventata rossa come poche volte prima, non essendo abituata ai complimenti: “Grazie.”

Non sapevo se era stato sincero oppure lo aveva detto perché obbligato dalle norme di buona educazione, ma di certo propendevo verso quest'ultima. Il silenzio ricominciò, anche più stremato di prima, dando tutto un nuovo significato al 'poter tagliare la tensione con un coltello'.

Senti, possiamo parlare?” mormorò dopo qualche tempo, quando ormai mi ero rassegnata a passare un'ora, perché Hannah mi aveva detto che non era proprio vicinissimo, in un silenzio imbarazzato. Mi girai a guardarlo con sorpresa, notando la sua presa sul volante, così forte da fargli diventare le nocche bianche, e la postura rigida.

Sicuro.” risposi, cercando di rendere la mia voce tremolante più tranquilla. In realtà ero terrorizzata, e non sapevo cosa avrebbe fatto. Eravamo in una macchina da soli e lui non mi era sembrato un tipo molto stabile.

Ho sbagliato, e mi dispiace tantissimo. Non sono bravo come Lou a scusarmi, e nemmeno ho la perseveranza di Harry, ma sto davvero cercando il modo di farmi perdonare.” la sua voce si spense di botto, e lui dimenticò per un secondo la guida per fissarmi negli occhi. La sua espressione era seria, e per una volta non c'era il sottile strato di sarcasmo che sembrava accompagnarlo ovunque.

E non sono nemmeno bravo con le parole, come si è capito.” finì, ritornando a guidare.

Tentennai un attimo, insicura se dirgli quello che pensavo davvero di tutta quella situazione oppure stare zitta e lasciare che lui si sentisse ancora in colpa per un po'. Alla fine sospirai piano e cercai le parole giuste.

Ascolta Zayn, adesso tenere un broncio per quello che avete fatto è finito in fondo alla mia lista delle priorità. Ho cose più importanti a cui pensare, come il dover mantenere la farsa che io e Niall stiamo insieme davanti a Mark e tenermi il più possibile lontano da lui. L'unica cosa che voglio in questo momento è finire il liceo in santa pace e andarmene a Cambridge appena posso.” mi meravigliai per il mio tono fermo e non vacillante, sicuro come non lo era mai stato prima.

Zayn picchiettò un dito sul volante, attirando di nuovo la mia attenzione: “Ma vedi, io non voglio semplicemente che il mio sbaglio sia dimenticato, deve anche essere perdonato.”

Niall mi ha raccontato la vostra storia.” dissi soltanto, la mia voce bassa e triste. Sussultai quando la macchina frenò bruscamente, senza fermarsi del tutto, davanti ad un semaforo rosso che Zayn non aveva visto, troppo impegnato a seguire la conversazione.

L'ha fatto davvero?” domandò con sorpresa, come se non fosse un fatto normale, “Strano, di solito non trova mai le parole per raccontarla lui stesso, e tocca a noi farlo.”

In ogni caso, capisco perché l'abbiate fatto, anche io avrei fatto lo stesso.” dissi, cercando di riconciliare le due parti in me che stavano combattendo. Una che voleva semplicemente dimenticare tutto questo e andare avanti con la mia misera vita, e l'altra che mi impediva di vederlo esattamente come lo vedevo prima.

Taylor, forse non si nota, ma io ci sto davvero male per questa storia.” dalla sua voce tirata per i capelli, sapevo che doveva essergli costato tantissimo pronunciare quelle parole. Aveva dovuto ingoiare il suo orgoglio smisurato e sperare di non venir soffocato.

Appoggiai la fronte sul finestrino freddo, chiudendo gli occhi: “Ed è per questo che ti ho perdonato.” dissi a voce bassa. Dal posto del guidatore non arrivò risposta, e mi chiesi se per caso non avesse sentito, dato che avevo parlato a voce bassa. Stavo per ripetermi, quando lui mormorò qualcosa così ingarbugliato che non capii.

Grazie, Taylor.” sospirò, e sorrise.

Era un sorriso senza malizia, sincero e felice. Mi ero chiesta spesso che effetto avesse un sorriso sul viso di Zayn, e ora avevo la risposta. I suoi occhi presero a luccicare, e i suoi denti bianchi illuminarono il suo viso come quello di un bambino il giorno di Natale. La sua espressione minacciosa era stata completamente sotterrata dallo spettacolo di lui che sorrideva. Senza alcuna ragione, il suo sorriso mi fece fare qualche capriola allo stomaco, e non riuscii a fare a meno di restituire quel sorriso.

Quando le sue labbra tornarono verso il basso, lasciando al suo posto un'espressione di contentezza quasi languida, io ero ancora piacevolmente confusa. Sembrava quasi un'altra persona quando sorrideva.

Decisi di non dire altro per non imbarazzarmi oltre, come avevo già fatto con la mia espressione ebete.

Il resto del viaggio fu speso in silenzio, ma era un silenzio molto meno teso.

 

POV Gary:

Now they're going to bed,
And my stomach is sick,
And it's all in my head,
But she's touching his chest.
Now, he takes off her dress,
Now, letting me go,
I just can't look its killing me.

[Mr. Brightside-The Killers]

 

13 settembre 22:15

Le luci erano abbaglianti, e il rumore pure. Sprazzi di colore illuminavano la pista da ballo, ora azzurra e ora rosa, per poi diventare improvvisamente verde. Le luci bianche frammentavano le immagini di corpi che ballavano, mandandomi in tilt la vista. Ad ogni angolo, specialmente attorno al bancone, c'erano ragazzi, la maggior parte minorenni, che bevevano drink chiaramente alcolici, senza che i due baristi facessero una piega. Era evidente che gli organizzatori della festa avevano pagato una bella somma per permettere che bevessimo. Mi guardai attorno, cercando una faccia amica tra i corpi sudaticci che inondavano la sala. Le ragazze si strusciavano sui ragazzi, e i ragazzi cercavano di farle ubriacare per portarsele a letto. La cosa che più mi disgustava era che questa era gente con cui andavo a scuola tutti i giorni, ragazze che mi stavano anche simpatiche ora erano troppo impegnate a succhiare la faccia a qualche giocatore di football per accorgersi della gente che stava intorno.

Riconobbi alcune delle facce, perlopiù cheerleader e gente che aveva già in tasca un borsa di studio per lo sport. Ma dietro alla massa di gente che si muoveva a tempo con la musica, o più spesso non, già troppo ubriachi per capirci qualcosa, vidi qualche ragazzo che conoscevo. Erano tre o quattro ragazzi, tutti con un drink in mano, e che osservavano la pista, alcuni con malcelato disgusto e altri con noncuranza, come se fossero abituati a quel genere di spettacolo. Ed erano tutti irrimediabilmente gay. Gente come me, che con questa festa non aveva nulla da spartire.

Sgusciai tra la folla, chiedendo scusa tutte le volte che calpestavo il piede di qualcuno o rovesciavo un drink. A metà strada sentii che l'aria semplicemente non c'era, e cercai di spostarmi sui lati, dove c'era meno gente che ballava. Lì l'aria era decisamente più respirabile. Mi asciugai le goccioline di sudore che mi imperlavano le fronte, cercando di capire come diavolo facessero a ballare col caldo che faceva e cercando di localizzare i miei amici. Ma la mia attenzione venne trattenuta da una figura che vagava tra le persone, fermandosi a parlare qua e là. Aveva una fisionomia familiare, i capelli scompigliati e il sorriso sempre pronto. Si liberò da una conversazione e lo vidi puntare nella mia direzione, ma le luci mi impedivano di capire esattamente chi fosse, poteva benissimo essere un amico, ma più probabilmente era un tipo come Mark, che non aspettava altro che arrivassi io per cominciare a divertirsi sul serio.

Le luci abbaglianti gli illuminarono il viso per un millesimo di istante, ma fu abbastanza per riconoscerlo. Le mie guance si tinsero di un rosso profondo, mentre spostavo lo sguardo per non doverlo guardare mentre si avvicinava.

Lui alzò un braccio nella mia direzione, salutandomi mentre si avvicinava con un bicchiere mezzo pieno in mano, dal colore indefinito. Fui costretto a rispondere al saluto, e il suo sorriso si allargò.

Mi si affiancò, e il mio cuore cominciò a battere un po' più forte mentre le sue labbra si avvicinavano al mio orecchio, sfiorandolo, solleticandomi con il suo respiro fresco. Cercai inutilmente di contenere il brivido che mi attraversò appena la sua voce si fece sentire, così vicina a me eppure mai abbastanza.

Ehi Gary, come va?” il mio cuore partì a mille e le mie braccia, che riposavano ai miei fianchi, inutilizzate, volevano ardentemente avvilupparsi a Louis e non lasciarlo andare mai più. Ma, per ovvie ragione, non potevo farlo, e il fatto mi stava uccidendo con una lentezza esasperante.

Bene, tu?” le mie labbra erano così vicine al suo orecchio che l'impulso di mordergli il lobo, solo per vedere se era veramente morbido come sembrava, era quasi irresistibile. Lui annuì, sorridendo per mostrare la sfilza di denti perfetti e luminosi.

Ce l'hai un passaggio a casa?” mi domandò subito dopo, urlando nel mio orecchio per sovrastare il rumore assordante della musica, i suoi occhi azzurri grandi e innocenti. Ripensai al viaggio in taxi che mi ero fatto all'andata, e nonostante fossi imbarazzato ad ammetterlo, non sapevo se avevo abbastanza soldi per pagare un taxi fino a casa mia. Scossi la testa, cercando di evitare il suo sguardo.

Ho un posto in più in macchina, ti riaccompagniamo noi.” disse, arruffandomi i capelli e facendomi perdere qualche battito. Poi guardai il bicchiere che aveva in mano, e, preso da un impeto di sospetto, lo presi e lo annusai. L'odore dell'alcool era fortissimo, e gli chiesi cosa diavolo fosse quella roba.

Cuba.” mi urlò nell'orecchio, sorridendomi con intesa.

Sbattei le palpebre due volte, e la mia voce uscì stridula troppo stridula: “Cuba Libre?”

Lui annuì ancora e si riprese il bicchiere, le sue labbra si avvolsero attorno alla cannuccia, e cominciò a succhiare, facendomi quasi svenire.

Cercai di concentrarmi non sul movimento delle sue labbra ma sul fatto che se avesse bevuto ancora un po' non sarebbe stato nelle condizioni per guidare.

Non puoi guidare mezzo ubriaco.” lo informai, cercando di trattenermi dal saltargli al collo.

Lui rise e buttò la testa all'indietro, lasciandomi vedere il collo candido e il pomo d'Adamo che faceva su e giù. Con un braccio mi cinse la vita, avvicinando ancora di più il mio orecchio alla sua bocca. Dove mi stava tenendo mi sentivo andare a fuoco, con i muscoli tesi per la sua vicinanza.

Cominciavo già a sentire una certa attività al piano di sotto, per mio grande imbarazzo.

Lo so, per questo guida Liam.” mi disse, lasciando il mio fianco libero, anche se per quanto mi riguardava sarebbe potuto restare in quella posizione per sempre.

Vado a ballare, vieni?” mi chiese poi, il suo tono amichevole leggermente roco. Per quanto avrei voluto, sapevo che qual genere di vicinanza mi avrebbe fatto impazzire dopo qualche istante. Scossi la testa perché la mia gola si era fatta secca, e le parole sembravano non voler uscire. Lui scrollò le spalle e dopo avermi salutato tornò a ballare. Presto la sua figura scomparve tra quelle di tutti gli altri corpi, e mi girai per andare a trovare i miei amici, che con ogni probabilità erano ancora allo stesso posto di prima.

E infatti eccoli lì, appoggiati contro un muro, quasi con paura. Questo non era il nostro genere di divertimento, e di certo non con queste persone. Erano in quattro, tre che conoscevo abbastanza bene ed un perfetto sconosciuto. Ero quasi arrivato quando si accorsero di me, sorridendo calorosamente. La musica lì scemava un poco, abbastanza da consentirci di non dover urlare tutto il tempo.

Ciao.” dissi, guardando il ragazzo che non conoscevo. Era alto e molto magro, con tre buchi alle orecchie e un aspetto poco raccomandabile. Ero certo che non venisse alla nostra scuola, o me ne sarei certo ricordato. Non aveva quel genere di viso che si dimentica in fretta.

Lui mi esaminò da testa a piedi, soffermandosi con mio grande imbarazzo sul rigonfiamento all'altezza del cavallo dei pantaloni per poi sorridere, divertito.

È etero, vero?” domandò, rendendo impossibile sbagliarmi sulla tematica per lo sguardo che continuava a fissare il mio accenno di erezione. Il mio viso si fece più rosso di una barbabietola, ma feci finta di non averlo sentito.

Mi chiamo Gary.” dissi, allungando una mano verso di lui. Lui la guardò per qualche secondo prima di rispondere alla stretta di mano, umettandosi le labbra e facendomi spuntare la pelle d'oca. Quel tipo mi inquietava, e non poco.

Ross.” disse, guardandomi con curiosità. Lasciai andare la sua mano non appena fui certo che non sarei sembrato maleducato.

Allora, Ross, non vieni a scuola alla Felicity, vero? Non ti ho mai visto in giro.” chiesi, cercando di apparire cordiale mentre l'unica cosa che volevo fare era scappare a gambe levate.

Lui tornò a fissare coi i penetranti occhi scuri la gente in pista: “A dire il vero sì, mi sono trasferito ieri dal Montana.”

Wow, dev'essere stato traumatico passare dagli Stati Uniti alla squallida Londra.” riflettei mentre mi immaginavo quel ragazzo cercare di fare amicizia alla Felicity.

Lui scrollò le spalle: “Nemmeno troppo, almeno qua fa più caldo.”

Rimasi abbastanza sbalordito dalla sua osservazione. Avevo sempre pensato che Londra avesse il clima più squallido del mondo, tranne per i Poli e l'Alaska. Ma in effetti avrei dovuto aggiungere il Montana alla lista.

Comunque, non so se ti hanno avvertito, ma se vuoi restare vivo non ti conviene restare con noi.” dissi con voce annoiata, ancora una volta seccato dal fatto che per il resto della scuola fossimo delle specie di mostri.

Lui rise, spostando una ciocca di capelli biondo platino dal viso: “L'avevo capito da solo che eravate gay, per questo mi sono associato.”

Sei gay?” chiesi, quasi scioccato. Se c'era una persona che non avrei mai detto fosse omosessuale, era questo Ross, anzi, dall'aspetto si sarebbe detto l'esatto contrario. Ma d'altronde, c'erano un sacco di persone nella nostra scuola che avevo idea fossero gay repressi, come molto probabilmente Mark, quindi la cosa non avrebbe dovuto rendermi tanto incredulo.

Sai cosa? Dovremmo far finta di metterci assieme, così potrai fare ingelosire il tuo principe azzurro.” sbattei gli occhi un paio di volte, all'inizio confuso dal cambio di tema e poi dalla proposta.

Ti ringrazio, ma no.” dissi velocemente, per mascherare il mio imbarazzo.

Lui sorrise, un sorriso pieno di ironia: “Sei sicuro?” chiese, puntando un dito verso la pista da ballo.

C'era una coppia vicina a noi, e la ragazza, una tipa formosa con dei capelli ondulati, si stava strusciando contro di lui in maniera volgare. Socchiusi gli occhi per cercare di vedere il volto del ragazzo, già preso da un senso di orrore crescente. E infatti eccolo lì, il mio Louis. La ragazza si avvicinò a lui, e dopo qualche istante, in cui volevo ardentemente chiudere gli occhi ma non potevo perché erano incollati alle loro figure, le loro labbra si incontrarono in un bacio umidiccio e scoordinato, il tipico bacio da discoteca. Era ovvio che entrambi erano ubriachi fradici, ma questo non diminuì la mia voglia di vomitare tutto il mio stomaco. Era rivoltante, vedere quella vipera mora appiccicata al mio Louis come un rampicante, e lui che la palpava.

Sentii le unghie farsi strada nella carne del miei palmi, e la mia testa nuotava come se fossi stato io quello ubriaco. La mia vista andava e veniva, a tempo con le maree che mi inondavano periodicamente gli occhi.

Ma il peggio doveva ancora venire, perché in quel momento Louis cercò di tirarle giù il vestito, così, davanti a tutti, e lei gli prese la mano dopo un risolino e lo trascinò su per le scale, verso una stanza vuota. La porta si chiuse, e, anche se io non lo sentii, ero certo che avessero chiuso a chiave.

La mia immaginazione fece il resto. Sentendomi stordito, anche se una parte di me era tranquilla, perché in fondo l'avevo sempre saputo, mi avvicinai al bancone, ordinando un drink. La metà dei nomi non mi era familiare, quindi fu facile semplicemente sceglierne uno. Venne fuori che non era proprio quello con il più alto tasso alcolico, e nemmeno forte come il drink di Louis, ma abbastanza per rendermi meno cosciente di quello che stavo facendo, abbattendo qualche barriera inibitoria. Rimasi seduto ad uno degli sgabelli per un po' di tempo, rigirandomi il bicchiere tra le mani.

Sentivo il cuore martellarmi come un martello e la gola stretta nella morsa delle lacrime che stavo cercando di trattenere. Non stavo prestando particolare attenzione a ciò che succedeva attorno a me, e per questa ragione la mano che si posò sulla mia schiena mi fece fare un salto di parecchi centimetri.

Tutto a posto?” domandò una voce femminile, e una ragazza si sedette sulla sgabello di fianco al mio, ordinando una Coca. La cascata di capelli, il cui colore non era proprio riconoscibile a causa delle luci, le ricadeva con delle onde davanti al viso, impedendomi di riconoscerla.
Scossi la testa: “Probabilmente in questo momento il ragazzo che mi piace si sta dando da fare con una moretta.”

Il braccio della ragazza si bloccò nell'atto di prendere il bicchiere, e si girò verso di me con il dispiacere scritto a chiare lettere sul viso: “Mi dispiace tanto, Gary. Se vuoi parlare io ci sono.” mi disse, e ora che la vedevo in faccia, riuscivo a vedere i lineamenti di Taylor, il viso coronato da qualche ombra di trucco che le faceva risaltare gli occhioni verdi e gli zigomi. Le sue parole aiutarono senza sprofondare nel ridicolo. Nessun ti meriti di meglio, e nemmeno è ubriaco, non sa cosa sta facendo. In effetti ero certo che fosse perfettamente cosciente di quello che stava facendo, e come si diceva, in vino veritas.

Sai, se non fossi interessato ai maschi tu saresti il mio tipo.” dissi, cercando di distrarla dai miei drammi.

Lei si allungò verso di me e mi abbracciò. Per un secondo rimasi paralizzato, ma poi riuscii a restituirle l'abbraccio. Le sue costole premevano contro il mio petto, e fui davvero convinto di stare abbracciando uno scheletro finché non si staccò da me. Le sue ossa erano anche dolorosamente aguzze, come piccoli coltelli affilati, e mi meravigliai del fatto che non fossero ancora così appuntite da rompere l'epidermide.

Le lanciai un'occhiata in tralice, esaminando come il vestito nero le fasciasse il corpo, e come le ossa le spuntassero appuntite da spalle e gomiti, come le garze bianche risaltassero sui suoi avambracci, gli stecchini che le facevano da gambe, così stretti che sembrava quasi si sarebbero spezzati al minimo movimento.

Non aveva un filo di grasso in tutto il corpo. Aggrottai le sopracciglia e la afferrai per un polso, sentendo la superficie ruvida delle garze attorno alla pelle.

La trascinai attraverso la pista da ballo fino ad arrivare ad una saletta privata, benedettamente vuota, che consisteva in un paio di divanetti e un tavolino di vetro. E poco più in là c'erano i bagni, che nessuno stava usando. La misi a sedere sul divano viola, guardandola male. Mi chiesi come avevo fatto a non accorgermene prima, non era come se potesse nascondere quanto fosse magra. Eppure, nonostante andassimo a scuola assieme da due anni, non me ne ero mai accorto. A mia discolpa potevo solo dire che non era come se fossimo stati amici del cuore prima, anzi, dovevo ammettere che i miei intenti egoistici di avvicinarmi di più a Louis avevano contribuito notevolmente alla mia decisione di sedermi a pranzo con lei a scuola. Mi sentivo tremendamente in colpa, e il nodo che avevo già in fondo allo stomaco si fece anche più pesante, come se i miei organi stessero organizzando una rivolta contro di me. Usare Taylor per avvicinarmi a Louis mi rendeva una così cattiva persona? In fondo, io le ero attaccato da un sottile filo di amicizia, ma i miei intenti erano tutt'altri.

La sua espressione era terrorizzata, e i suoi occhi scattavano da una parte all'altra, come quelli di un animale accerchiato dai cacciatori. Le dita affondavano nell'imbottitura del divano e i denti mordicchiavano il labbro inferiore così forte che aveva cominciato a sanguinare leggermente.

Taylor, quand'è stata l'ultima volta che ti sei pesata?” le domandai, cercando di tenere le accuse fuori dalla mia voce e di sembrare dolce. Non aveva bisogno di essere accusata, aveva bisogno di aiuto.

Lei sembrò sgonfiarsi come un palloncino, e per un istante mi domandai il perché di quella reazione.

Ma poi il suo viso si illuminò, come se le avessero appena dato una buona notizia: “Prima della festa.” sorrideva con gioia, e sembrava star reprimendo la voglia di mettersi a ridere, o ballare, o cantare, o dimostrare la sua felicità in qualche altro modo.

Davvero non riuscivo a capire: “E quanto segna la bilancia?” sinceramente ero un po' spaventato. Non ero certo di volere davvero sapere la risposta alla mia domanda. Ma di una cosa ero sicuro: se Taylor non avesse messo su peso, e alla svelta, anche, ci sarebbe morta addosso. Mi chiesi perché i suoi amici, Louis, Niall e gli altri, non avessero fatto qualcosa. Possibile che non se ne fossero accorti? E i suoi genitori? Sarebbe dovuta andare da un medico, prima o poi, e sicuramente lui si sarebbe accorto di quanto fosse magra. Non potevo di certo essere la prima persona ad essersene accorta.

Oh Gary! Sono così felice.” disse lei, ridendo senza alcun motivo a me noto.

Non hai risposto alla mia domanda, Taylor.” le feci notare, e le parole raschiarono la mia gola nell'uscire.

Trentanove.” lei si sporse verso di me, che ero seduto di fronte a lei, sul divanetto rosso, “Sono sotto i quaranta, Gary! Sai cosa significa?”

Il mio cuore sembrava essersi fermato nel petto per quella povera ragazza. I miei occhi tradivano tutto il mio orrore, ma lei non sembrava essersene accorta: “Sì, che stai per morire.” sussurrai, cercando di non farmi sentire da lei.

Ma il suo sguardo si eclissò subito dopo le mie parole: “Non puoi capire, Gary. Tu sei già magro di tuo, ma io...”

Scattai in piedi, non riuscendo a trattenermi dal gridare, isterico: “Ma sei fuori di testa? Tu non sei grassa, semmai tutto il contrario. Sei troppo magra, Tay, così magra che tra poco morirai.”

Le mie mani stavano tremando dalla voglia che avevo di mettere un po' di sale in zucca a Taylor. Lei mi guardava a bocca aperta, cercando di mascherare la sua sorpresa.

Tirai un calcio alla gamba del divano, sbuffando prima di sedermi di nuovo: “Per favore, cerca di capirmi: ti si contano le costole, tutte le tue ossa spuntano in modo innaturale, probabilmente riuscirei a toccarmi le dita se ti prendessi gli avambracci. Dimmi, che taglia porti? Te lo dico io, tre o quattro taglie sotto la media. Se tu sei grassa, Tay, Louis è una dannata balena!” feci un respiro profondo, cercando di controllare i tremori che si erano sparsi a tutta la lunghezza delle braccia.

Lei mi fissava, paralizzata, mentre io la guardavo da capo a piedi. Senza considerare l'eccessiva magrezza, sembrava essere incolume. A parte per...

Sentii la realizzazione che l'anoressia non era che il suo problema meno rilevante. Il mio cuore cadeva sempre più giù con ogni nuovo pezzo che aggiungevo al puzzle.

Aspetta un secondo...” sentivo che peggio di così non sarebbe mai potuta andare, la serata. Fissai le fasciature con malcelato sospetto. Nella mia mente tutta una serie di immagini mi tornarono in mente: Taylor che andava in giro con le maniche lunghe perfino a maggio, Taylor che si tirava i capelli mentre piangeva, Taylor che lasciava che la sua testa picchiasse contro il muro dietro di noi, Taylor che quando era tornata dalla farmacia aveva fatto scivolare una piccola scatolina bianca nello zaino e che poi era sparita per due giorni, Taylor che aveva gli avambracci fasciati con una precisione tale da dover essere per forza frutto di molta pratica.

Boccheggiai mentre lei mi fissava, sembrando sempre più in preda al panico. Tutto combaciava con quello che sapevo delle persone che si facevano del male da sole. Taylor, quella ragazza piccola come un passero e altrettanto fragile, un genio a scuola e presa di mira dai bulli anche più di me, non solo era anoressica, ma era anche un'autolesionista. Il peso di quella scoperta mi gravava addosso come un macigno. Sentii il mio cuore prendere il volo, e la mia bocca era aperta, fermo mentre la fissavo, sconvolto da quella rivelazione.

Lei allungò una mano verso di me, ma io mi alzai in piedi di scatto, troppo confuso per continuare a comportarmi da persona civile.

Resta qui, io-io vado a prender una cosa e torno subito.” mormorai, senza lasciare il tempo ad una Taylor molto preoccupata di ribattere.

Corsi nella pista da ballo, rimanendo accecato dalle luci e assordato dai rumori troppo forti. Dovevo trovare gli amici di Taylor, loro avrebbero saputo cosa fare. I miei occhi saettavano da una parte all'altra. Stavo cercando i ricci di Harry, sicuramente i più visibili, ma non stavo avendo molta fortuna.

Mi feci spazio a gomitate nel vivo della festa, dove i corpi erano così appiccicati assieme che sembravano uniti dalla colla. In mezzo ad una massa di gente vidi la sua capigliatura, e mi avvicinai a lui finché non mi accorsi cui un po' di disgusto che stava ballando con due ragazze, e non sembrava intenzionato a lasciarle andare.

Lo picchiettai su una spalla, evitando per un soffio che una bionda fin troppo ubriaca mi cadesse addosso. Ma lui non mi degnò di uno sguardo, troppo impegnato a ballare con la ragazza, che sicuramente non poteva avere più di sedici anni.

Allora gli afferrai il polso che stava andando a toccare nei luoghi privati della ragazza davanti a lui, esasperato da quello spettacolo quasi pornografico.

Lui si girò verso di me, rosso in viso e con i ricci sparpagliati come un piccolo sole attorno alla testa.

Aggrottò le sopracciglia e cercò di divincolarsi dalla mia presa, ma non lo lasciai andare. Sotto le sue proteste, rese quasi mute dalla musica, lo trascinai lontano dalla pista da ballo, esasperato dal suo comportamento immaturo. La folla non smise di ballare per un solo secondo, inghiottendo le due ragazze nel cuore della festa mentre noi ci allontanavamo.

Ehi, io stavo ballando!” mi disse con un broncio che in qualsiasi altra situazione sarebbe stato dannatamente sexy, ma non ora.

Ti devo solo chiedere una cosa.” mi passai la lingua sulle labbra, cercando il modo migliore per formulare la domanda senza sembrare ritardato e lasciando intatto il poco orgoglio di Taylor, “Senti, Taylor vi ha detto perché ha gli avambracci fasciati?”

A quella domanda lui sembrò irrigidirsi, e fu lui a condurmi ancora più lontano dal chiasso, passandosi una mano sulla fronte sudata: “Dice di aver avuto un incidente qualche anno fa, e di essersi scheggiata le braccia con i vetri rotti. Perché ti interessa?”

Soffocai un risolino isterico, fuori luogo in questo momento. Avevo capito perfettamente a che gioco stesse giocando Taylor, ammucchiando scuse su scuse finché diventava tutto simile ad un gigantesco scherzo implausibile. Lo sapevo perché anche io ci stavo passando, bastava pensare alla mia ultima trovata per nascondere i lividi. Ancora mi stavo domandando come avesse fatto Sophia a cascare nella mia scusa della recita scolastica. Per fortuna quel giorno mia madre aveva dovuto lavorare fino a tardi, e quindi non aveva visto le macchie sul mio viso. Anche perché dubitavo che anche le quantità esagerate di fondotinta che mi ero spalmato in faccia potessero coprire completamente i segni, e lei di certo non sarebbe cascata nella scusa del trucco, specialmente dopo aver visto che non si poteva lavare via. Ma questo, questa scusa stupida, era quasi un insulto al buon nome dei bugiardi.

No, ma dimmi, e tu ci hai pure creduto?” non poteva essere davvero così ignaro come sembrava.

Le sue pupille si dilatarono fino a coprire il colore dell'iride: “Lo sapevo che c'era qualcosa sotto. Ma ancora non capisco perché inventarsi una scusa del genere se-” interruppi le sue parole agitate, che uscivano da lui come un fiume in piena.

Finirai la tua teoria un'altra volta, dobbiamo trovare gli altri. Io comincio a cercare Niall e Zayn, tu trova Liam e Louis. A proposito, Louis è in una delle stanza al piano di sopra e dubito vorrà essere disturbato, tiralo fuori a calci se devi, ma fallo.”

Lui mi guardò come se avessi perso il cervello, e quindi fui costretto a specificare: “Si tratta di Taylor. Quando li hai trovati il ritrovo è qua. Ora vai.” lo spintonai in direzione delle scale, ma sapevo che l'avrebbe fatto anche più in fretta di me. Quando avevo nominato Taylor, il suo sguardo si era acceso di limpida determinazione.

Cercai di pensare dove potesse essere Niall, e la risposta venne automatica: al buffet. Superai quasi di corsa le coppie che ballavano e mi avvicinai al lungo tavolo, attorno a cui erano riunite le persone che non avevano voglia di ballare. Cercai la chioma bionda del ragazzo, trovandola poco dopo che gesticolava animatamente con altri due ragazzi. Mi avvicinai a lui e gli picchiettai le spalle. Lui si girò con un sorriso gioviale, ma non appena vide la mia espressione allarmata, fu chiaro a tutti che c'era qualcosa che non andava.

Cosa succede?” domandò Niall, avvicinandosi a me e venendomi dietro senza protestare quando fu chiaro che avrei risposto alle sue domande in seguito Anche perché ero troppo scosso per mettermi a spiegare la situazione con calma e raziocinio. Lo portai al punto di incontro, dove c'era già un Liam molto allarmato, che si girò a guardarci non appena ci avvicinammo abbastanza.

Harry ha detto che si tratta di Taylor, cosa sta succedendo?” il tono di Liam era pacato, ma sotto la superficie tranquilla si riuscivano a percepire correnti di agitazione.

Taylor? Cosa c'entra Taylor?” domandò Niall, i suoi occhi immediatamente più grandi e attenti.

Mi limitai a scuotere la testa: “Ve lo spiegherà lei, ora devo andare a trovare Zayn, voi non vi muovete.”

Non lo troverai.” disse una voce fin troppo conosciuta alle mie spalle. Mi girai lentamente, guardando i capelli scarmigliati di Louis e la maglietta infilata al contrario. I suoi occhi erano leggermente persi e aveva bisogno del braccio di Harry attorno alla vita per tenersi in piedi, ma la sua voce sembrava lucida. Il mio cuore ebbe un tuffo, e in un ultimo gesto disperato distolsi l'attenzione da quegli occhioni azzurri Subito dietro di lui c'era Harry, che aggiunse che se non era Zayn a farsi avanti allora potevo anche dire addio alle mie possibilità di trovarlo.

Bloccai un'imprecazione sulla punta della lingua, e cercai di controllarmi: “Bene, allora voi andate avanti mentre io lo cerco. Dovete andare nella sala vicino ai bagni, quella sulla mia sinistra. Ci dovrebbe essere Taylor. Per prima cosa, chiedetele quanto pesa, e poi cosa c'è veramente sotto le bende.” il mio tono cupo dovette convincerli, perché nonostante la confusione di Louis, l'espressione agghiacciata di Liam e quella quasi consapevole di Niall, nessuno disse niente. Harry annuì, mormorando qualcosa con gli occhi per terra.

La mia intenzione era stata quella di dir loro tutto schiettamente, tutte le verità che sembravano non aver capito da soli, ma alla fine mi era mancato il coraggio per farlo. Quella non era un mio segreto, e quindi non dovevo essere io a dirglielo. Questa era la battaglia di Taylor, e avrebbe dovuto combatterla da sola.

 

POV Taylor:

This one came from looking,
This one opened twice,
These two seem as smooth as silk, flush against my eyes.
This one needed stitches and
This one came from rings.
This one isn't even there, but I feel it more because you don't care.

[Made of Scars-Stone Sour]

 

13 settembre 23:02

Il battito del mio cuore mi rimbombava malamente nelle orecchie, affogando la musica e riempendomi di ansia crescente. Ormai era inutile negarlo, avevo paura. No, ero terrorizzata, paralizzata dal pensiero che Gary avesse capito tutto. Sapevo che stava andando a chiamare i ragazzi, era ovvio come il fatto che il sole sorgeva ad est. Sapevo che gli avrebbe spifferato anche il più insignificante dei dettagli sul mio conto. Sapevo che sarebbero venuti a cercarmi per chiedermi spiegazioni. Ma nonostante avessi capito tutte queste cose, non riuscivo a trovare la forza materiale per alzarmi ed allontanarmi da quel posto il prima possibile. Le mie gambe non obbedivano più ai comandi del cervello, che stava urlando loro di scappare. Non potevo fare altro che restare inchiodata al mio posto ed aspettare la fine del mondo come lo conoscevo.

Sentivo il fiato uscire sotto forma di piccoli respiri da cagnolino e rientrare, quando rientrava, a fatica. Guardai per un momento le mie mani, notando come fossero scosse da tremori che non riuscivo a fermare. Con ogni probabilità avevo già l'adrenalina in circolo, l'unica cosa che mi avrebbe permesso di superare la serata.

Sentii l'impulso di chiamare i miei genitori, di sentire la voce allegra di mia madre che mi domandava come stesse andando la scuola e se mi ero fatta qualche nuovo 'amichetto', come li chiamava lei, e quella più pacata di mio padre che mi parlava dei suoi ultimi clienti. E avevo paura, tanta paura che non riuscivo a contenere, e sembrava che il mio cuore stesse cercando di aprire in due la mia gabbia toracica dal male che mi stava facendo. Ebbi un lieve giramento di testa, dovuto al poco ossigeno che stavo mandando al cervello. Cercai di fare respiri più regolari, profondi ma non troppo.

Le fasce sulle braccia sembravano appariscenti ora, come lampeggianti segnali al neon. Non potei fare a meno di ripensare alle parole dure di Gary. Aveva esagerato. Non ero in punto di morte, anzi, avevo ancora fin troppo grasso da smaltire. Aveva detto quelle cose solo per farmi un piacere, farmi sentire apprezzata una volta tanto, ma non dovevo riporci troppa fiducia.

La domanda che mi venne spontanea fu chiedermi cosa avrebbero fatto ora Niall e Liam, i miei due piccoli soli in miniatura che illuminavano le mie giornate. Sicuramente non avrebbero più voluto vedermi, tanto meno parlarmi. E Harry dopo tutti i fiori che mi aveva mandato avrebbe capito quanto era stato stupido a sprecarli su di me. E Louis avrebbe pensato al mostro che ero, e Zayn... beh, probabilmente Zayn avrebbe riso pensando a quanto ero patetica. Sentii una fitta di dolore alla testa, come se mi avessero trapassato da parte a parte le tempie.

L'attesa mi stava uccidendo. Magari mi ero sbagliata, e tutto questo era solo uno scherzo della mia mente. Gary ed io avevamo parlato, certo, ma non aveva capito che mi tagliavo, solo la parte dell'anoressia. O magari aveva capito, ma non stava andando a dirglielo. Sì, la verità era che, troppo schifato per starmi vicino, era semplicemente scappato a gambe levate.

Sentii une serie di passi avvicinarsi a me e capii che quello che stavo cercando di negare con tutte le mie forze era vero: Gary era tornato con i rinforzi. Mi misi la testa tra le mani, sentendomi svenire per quanto sembrava irrealistica la visione di loro che sapevano.

Mi rifiutai di alzare lo sguardo anche quando i passi si fermarono e sentii qualcuno sprofondare di fianco a me sul divano. Aspettai che si mettessero ad insultarmi, a gridare, a dimostrare la loro ripugnanza per me.

E invece stavano in silenzio a fissarmi. Una mano leggera come una farfalla si posò sulla mia spalla, e i miei muscoli si tesero inverosimilmente per la paura.

Ehi Taylor, cosa sta succedendo?” bisbigliò Niall, e la sua presenza confortevole, unita allo shock dovuto alle sue parole, mi portò ad alzare la testa per fissarlo con sgomento.

Ti giuro che posso spiegare.” le parole uscirono dalla mia bocca senza permesso, tese per lo stress emotivo.

Lui ritrasse la mano, guardandomi con cautela, nemmeno fossi stata un animale pericoloso.

Finalmente! Stavo cominciando ad essere davvero confuso. Allora, come mai questa riunione?” disse Louis, ridacchiando e appoggiando la testa contro il petto di Harry da davanti a me. Notai che né Gary né Zayn erano presenti in sala, ma in quel momento avevo ben altro di cui preoccuparmi che due assenti.

Gary non vi ha detto niente?” il mio cuore batté anche più forte per l'emozione, incredula di essere salva ancora per qualche minuto.

Liam, vicino a Harry, scosse la testa: “Però ci ha dato degli interessanti spunti per un conversazione.” dal tono serio capii che anche lui doveva aver intuito qualcosa. Abbassai la testa e cercai di fermare il calore che si andava espandendo lungo guance e collo, tingendomi la pelle di un rossore che mi mise anche più a disagio.

Taylor, per favore, possiamo parlare?” mi chiese Liam, e non mi sfuggì il fatto che si era portano una mano alla tempia, quasi avesse mal di testa.

Annuii, ormai certa del fatto che non avrei potuto evitare che lo scoprissero. Feci una breve preghiera alla Madonna, chiedendole di fare in modo che non fossero così disgustati dai miei comportamenti da andarsene senza una parola. Non avrei retto anche quel colpo.

Harry si schiarì la voce: “Non credo che ci sia un modo carino per chiedertelo, quindi sarò diretto: esattamente, quanto pesi?”

Smise per un secondo di passare la mano tra i capelli di Louis per fissarmi con quei suoi inquietanti occhi verdi, la sua bocca atteggiata in una smorfia di preoccupazione. Li guardai tutti e quattro, uno a uno. Dopo averlo detto a Gary, non ero più certa che fosse una cosa del tutto positiva.

Esitai forse un momento di troppo prima di rispondere: “Quarantacinque chili.” era stata una cifra messa lì a casaccio, e speravo che quei sei miseri chili non mi facessero scoprire.

Liam inarcò un sopracciglio mentre mi guardava, e fui costretta a distogliere lo sguardo: “Perché ora non ci dici la verità, invece?”

Le mie corde vocali smisero si collaborare in quel momento, e ci misi quattro tentativi a far uscire il numero, e anche in quel caso venne fuori un sussurro che nessuno, tranne forse Niall, sentì.

Ci fu una pausa perplessa, in cui mi costrinsi ad alzare lo sguardo verso l'espressione sbalordita di Niall.

Impallidii, pregandolo con gli occhi perché non mi abbandonasse, non lui, e specialmente non ora.

Ma sei impazzita?” mi domandò soltanto, la sua voce così calma che temetti fosse sotto shock.

Harry si dimenò dal suo posto, impaziente di saziare la sua curiosità. Niall lo guardò per un brevissimo istante prima di sospirare e guardarmi, con il dolore negli occhi.

Trentanove chili, trentanove dannati chili.” ringhiò, seguito da un silenzio che sembrò protrarsi in eterno, un silenzio attonito e sconcertato.

E poi Louis alzò la testa, e qualcosa, o forse tutto, nella sua espressione, diceva a chiare lettere che aveva bevuto, e non poco: “Io ho una domanda: com'è che non sei ancora morta?”

Louis!” lo ammonì Liam, e contemporaneamente Harry gli rifilò uno scappellotto che lo fece mugugnare di dolore. Io mi limitai a stare in silenzio mentre le sue parole si facevano strada nel mio corpo, e ogni cellula stremata le assimilava, e mi urlava di mangiare, di mettere una qualunque cosa nello stomaco e di tenercela lì.

Io invece ho un'altra domanda da farti. Perché lo fai?” aggiunse Liam, forse vedendo il mio sconforto.

Scossi la testa. Come potevo cercare di spiegargli cosa significava vivere tutti i giorni la mia vita? O forse stavo ingigantendo la mia situazione, e chiunque altro si sarebbe comportato in maniera molto più normale.

Forse sono mentalmente squilibrata.” ipotizzai con sarcasmo, fissando gli occhioni da cucciolo di Liam, che in questo momento sembrava stessero macinando l'informazione.

Ma Harry sbuffò: “Tu non sei più pazza di me, e ti assicuro che io non sono fuori di testa proprio per niente.”

La presenza silenziosa di Niall, che sembrava troppo scioccato per parlare, mi stava regalando sicurezza, più di quanta non ne avessi mai avuta. Trucidai Harry con lo sguardo per il solo fato di aver smantellato la mia teoria. Certo, avrei potuto spiegare, ma avrebbero capito?

Decisi che in ogni caso dirglielo era la cosa migliore da fare in questo caso. Se non avessero capito, mi avrebbero provato che appartenevano al gruppo di Mark, e non a noi poveri disgraziati.

Ma se fossero riusciti a capire voleva dire che sarebbero riuscita ad avvolgere la mente attorno all'idea che quello che facevo al mio corpo era del tutto legittimo.

Sai cosa significa vivere ogni singolo giorno dovendosi continuamente guardare alle spalle, Harry?” chiesi al riccio, la mia voce sommessa. Lui si morse il labbro inferiore e scosse la testa, i ricci che si muovevano assieme a lui, e balzavano da una parte all'altra della sua testa.

Mi umettai le labbra e cominciai il mio discorso, e per quanto stessi provando ad essere forte, gli occhi mi si inondarono lo stesso di lacrime inespresse, sempre pronte a scatenare una fontana d'acqua dai miei occhi: “Tutti i giorni sono tempestata dagli insulti. Gente che mi dice di uccidermi, gente che mi dice che sono brutta, grassa, inutile, uno scherzo della natura. Gente che mi ride dietro quando passo nei corridoi a testa bassa. Mi lanciano addosso le gomme, le matite, i fogli accartocciati. E dopo un po', si comincia a crederci, si pensa che se quello che dicono non fosse vero, non avrebbero ragione di dirlo. Quindi si cerca di migliorarsi, di essere più magri, belli, carismatici, interessanti. Ma loro vanno avanti, e si continua a far morire il proprio corpo di fame, vestirsi con l'ultima moda del momento e tagliarsi i capelli come i compagni.

E va avanti all'infinito, non finisce mai.” respirai profondamente, e nonostante io stessi già piangendo per tutti i ricordi evocati, e tremando per la paura che si sarebbero comportati in modo ottuso come Mark, mi sentivo come se mi avessero tolto un peso di dosso, e il mio cuore era un pochino più leggero di prima.

Harry mi guardò con pietà, e Lou, che probabilmente non aveva capito metà del discorso, aveva lo stesso sguardo compassionevole del suo amico.

Incapace di reggere il confronto con i loro occhi, che stavano dicendo tutto quello che la bocca non diceva, guardai Liam. Sentii il sangue sparire dal mio volto quando vidi il disgusto che gli marcava tutte le linee del volto. Mi odiava, pensava che io non fossi degna delle sue attenzioni ora che sapeva esattamente quanto fossi patetica. Mai, nemmeno per un secondo, mi balenò in mente l'idea che quel disgusto poteva non essere diretto a me, ma a tutti gli altri.

Non riuscii a fermare un singhiozzo di pianto, e prima che potessi fare altro mi ritrovai circondata dall'abbraccio sicuro di Niall, la mia testa accoccolata contro il suo petto. Potevo sentire il suo cuore battere velocemente sotto i vestiti.

Tranquilla Tay, sistemiamo tutto.” cercò di rassicurarmi, i suoi occhi azzurri che sembravano aver preso fuoco per l'intensità con cui mi stavano fissando. Ignorai l'ovvio fatto che non avrebbero potuto fare nulla per aiutarmi, e mi concentrai sul tono comprensivo delle sue parole e il calore confortevole che emanava.

Io non capisco una cosa: ma perché li ascolti? Perché non fai finta di niente?” chiese Harry, e dalla tinta vagamente rosata delle guance capii che aveva paura di aver fatto una domanda indiscreta.

Immagina se Niall non avesse mai fatto amicizia con voi quattro. Quanto pensi che avrebbe resistito da solo prima di impazzire?” avevo solo fatto una supposizione a caso, non sapevo come avesse vissuto prima di venire qui, ma avrei potuto scommettere che anche lui viveva in condizioni simili.

Lo sentii trasalire, e anche gli altri avevo una smorfia di dolore mal represso sul volto.

Allora?” lo incitai quando nessuno fiatò.

Harry abbassò lo sguardo prima di parlare: “Poco, molto poco.”

Chiusi gli occhi e cercai di arrestare le lente lacrime che scivolavano lungo le guance. Sapevo che per oggi avevo detto la mia buona quantità di segreti. Eppure era solo la punta dell'iceberg, dovevo ancora ammettere la parte più dolorosa, che io mi tagliavo. Ma non avevo il coraggio di farlo, il panico che mi aveva chiuso la gola nella sua morsa era la riprova di quanto avessi avuto il terrore che questo momento arrivasse.

Quindi sei anoressica. I tuoi lo sanno?” chiese Harry, e vidi che sforzo stava facendo per usare un po' di tatto. Di certo non doveva venire naturale con lui, abituato a dire tutto quello che pensava.

Riflettei sulla domanda per qualche secondo, cercando di spiegargli come stavano le cose: “I miei non sono quasi mai a casa, quindi non sanno di questa mia ultima ricaduta, ma sanno che sono sottopeso.”

Il silenzio si allungò, e seppi automaticamente che non avevano altre domande su questo fronte.

Posso andarmene ora?” domandai piano, ma la risposta la sapevo già, non avevo bisogno di chiedere.

Liam si sporse verso di me: “Gary ci ha fatto notare un'altra cosa. Quella spiegazione che ci hai dato per le fasciature è, diciamocela, abbastanza implausibile.” Sentii freddo. Una paura glaciale mi bloccò ogni ragionamento logico che avrei potuto fare.

Sono affari miei.” dissi bruscamente, liberandomi dalla stretta di Niall.

Harry scosse la testa con determinazione: “No, Tay, l'hai fatto diventare un problema anche nostro quando hai cercato di ucciderti. Credo che anche prima che ce lo dicesse Gary avessimo tutti il sospetto che ci stessi nascondendo qualcosa, ma ancora non abbiamo capito cosa.”

Parla per te, io ho una buona idea di cosa sia, anche se spero di non aver ragione.” disse Liam, fissando le bende come se sperasse di farci un buco attraverso. I miei muscoli erano rigidi per il panico.

Niall mi girò la testa per guardarmi in faccia, e tra gli spicchi dei diversi azzurri nei suoi occhi riuscivo a vedere un sospetto che ormai era germogliato da tempo.

Dimmi che non è quello che penso.” disse con voce tremolante, ma quando aprii la bocca per rispondergli mi accorsi che non stava parlando con me, ma con Liam.

Quest'ultimo rispose con un sospiro quasi impercettibile: “É esattamente quello che pensi.”

Lou si inserì nella conversazione con un dubbio vitale: “Uhm, ragazzi? Ma che cos'è che pensiamo?”

Ma nessuno gli rispose, perché Niall si era tornato a rivolgere a me, Liam stava seguendo la conversazione e Harry non aveva ancora capito del tutto.

Ti prego, Taylor, dimmi che non è serio.” mi implorò Niall, e la sua mano si aggrappò alla mia con un disperazione tale che mi si spezzò il cuore in due. Scossi la testa, resa muta dal terrore che si stava facendo strada nelle mie vene assieme all'adrenalina. Non volevo rispondere, non potevo rispondere.

Taylor, dimmi che stiamo facendo un buco nell'acqua se pensiamo che tu tagli.” continuò, e la sua voce si spezzò in almeno tre punti diversi.

Harry imprecò sottovoce: “Ti tagli?” dal tono di triste consapevolezza capii che aveva avuto quel sospetto sotterrato, ma che non aveva voluto fare delle assurde presunzioni.

In quel momento avrei dovuto usare tutti i miei anni di recitazione per uscirne. Avrei potuto sbattere le palpebre un paio di volte con la bocca socchiusa, e poi sarei dovuta scoppiare a ridere come se la sola idea fosse ridicola. E invece agii d'impulso, consolidando tutto quello che avevano già capito da soli.

Ero a pezzi, fisicamente e mentalmente.

Stavo cercando disperatamente di dire quello che pensavo, ma la mia gola era chiusa e non riuscivo a respirare dal dolore: "A-Avete la minima idea di quello che ho dovuto sopportare? Di quello che ancora sopporto, tutti i giorni?"
Li guardai con sfida. Due di loro era chiaramente confusi, come se non avessero la minima idea di cosa stessi parlando. Liam e Niall, invece, abbassarono lo sguardo.
In quella situazione, erano loro due gli anelli deboli, quelli che dovevo colpire. Se avessi avuto un minimo di cervello avrei negato tutto, ma invece continuai ad accusarli, e nei loro occhi vidi che sapevano, e che quella verità non gli piaceva per niente. Guardai l'orrore che si faceva strada nel marrone cioccolato degli occhi di Liam. Sapevo esattamente dove colpirlo, come metterlo in imbarazzo o spaventarlo.

Negalo, Liam. Prova a dirmi che tu non hai mai cercato di far andare via il dolore con una lametta.” sibilai, i miei occhi socchiusi e la voce resa anche più insidiosa dal panico. Se dovevo proprio colare a picco, li avrei trascinati con me. Liam non rispose, e Harry lo guardò con paura.

Liam? Liam, dille qualcosa, dille che tu non hai mai-” la sua frase fu interrotta da Liam che sospirava.

Non posso, Harry. Sarebbe una bugia.” la sua voce sembrava vecchia, stremata dalla fatica.

Il silenzio si fece assordante mentre tutti fissavano il loro amico. Io continuai il mio contrattacco.

E te, Niall? Puoi per caso dire di non aver mai seriamente pensato al suicidio? Ammetti di essere stato tentato, tutte le volte che vedevi una pistola, di spararti un colpo alla tempia e farla finita. Di impiccarti quando vedevi una corda, fare un'overdose di medicinali. Smentisci le mie parole.” la mia voce diventò dolce alla fine, mentre Niall mi guardava con sofferenza. Gli sguardi di Lou e Harry passarono da Liam a Niall.

Non è la stessa cosa.” disse alla fine Liam, “Non è affatto la stessa cosa.”

Inarcai un sopracciglio: “Oh, davvero? E dov'è la differenza?”

Un conto è provare a tagliarsi per vedere cosa si prova, un altro tagliarsi continuamente le vene. E tra il pensare al suicidio e commetterlo c'è di mezzo un abisso.” disse Harry, ma sembrava non essere convinto delle sue stesse parole.

Io storsi il naso al suo modo di spiegare quello che facevo: “Gli autolesionisti non si tagliano le vene. Se fosse così moriremmo tutti. Si taglia la pelle, e poi la carne. Si cerca di fare uscire sangue e creare un dolore temporaneo. Certo, ogni tanto si potrebbe colpire una piccola vena e farla scoppiare, ma non ci si taglia le vene.”

Louis rise: “Mi sembri molto ben informata.” mi fece notare senza malizia.

Senti, Taylor, facci vedere quanto è grave la situazione, così dobbiamo sapere se portarti all'ospedale e chiamare i tuoi.” aggiunse Harry, cercando di spezzare la tensione nella stanza ma riuscendo solo ad aumentarla. Lo fissai con l'orrore dipinto sul viso. Era già tanto che loro quattro e Gary lo sapessero, ma i miei erano fuori discorso. Scattai in piedi, correndo verso il bagno per nascondermi. Volevo scappare, allontanarmi il più possibile da loro, prendere il primo aereo e partire per l'Australia.

Mi infilai nel bagno delle ragazze e cercai inutilmente di stabilizzare i miei respiri erratici. Appoggiai la schiena contro il muro freddo e chiusi gli occhi.

Ma ovviamente avrei dovuto sapere che mi sarebbero venuti dietro. Erano solo Liam e Niall, fortunatamente, ma ero lo stesso spaventata.

Niall si fermò a qualche passo da me e alzò le braccia in segno di resa: “Taylor, vogliamo solo parlare.”

Scossi la testa, muta, mentre i miei occhi saettavano dall'uno all'altro.

Liam fece un passo avanti, molto lentamente in modo da non spaventarmi, e cominciò ad alzare la manica sinistra della camicia. Lo guardai, trasfigurata, mentre scopriva una lunga cicatrice biancastra poco prima del gomito. Mi ritrovai costretta ad inghiottire, mentre sia io che Niall guardavamo la linea dritta.

Me la sono fatta il primo anno di superiori, attorno a dicembre. Quel giorno mi avevano spintonato contro gli armadietti e avevano stracciato tutti i miei compiti. Quando sono tornato a casa da scuola ero così depresso che ho pensato che forse avrebbe fatto sparire i pensieri. Ma la sai una cosa? L'unica cosa che ha fatto è stata intensificare il dolore. Non solo i miei pensieri mi stavano torturando, ma mi bruciava anche il braccio. Ho capito che era inutile, e da allora non l'ho più fatto.” quando finì mi fissò negli occhi per un secondo e poi rimise la manica a posto.
"Per favore, Taylor! Lasciati aiutare." Liam mi stava supplicando, ma la mia mente era bianca per la scena che mi aveva fatto immaginare. I suoi occhi non riuscivano a scollarsi dalle mie braccia. Niall era così disperato che per poco non si metteva a piangere. Dieci minuti dopo questo teatrino mi abbandonai alle lacrime, lasciandomi scivolare lungo il muro del bagno.
Basta, ora basta. Questo era troppo perfino per me, se volevano così tanto sapere avrebbero saputo, e la diavolo le conseguenze. Al diavolo tutto quello che pensavano di me, tanto il danno era già stato fatto.
Srotolai le bende bianche e voltai le braccia verso di loro.

Esaminai anch'io i tagli con i bordi irregolari e le aggressive linee rosa delle cicatrici. Non osai alzare lo sguardo verso di loro, ero troppo imbarazzata. Sentii Niall chiamare il causa il buon Dio, e Liam sussultò.
E proprio in quel preciso istante, la porta si aprì, e Zayn entrò nella stanza. No, lui no. Lui non doveva vedere i tagli, non potevo permetterlo.

Guardò con espressione corrucciata Liam e Niall: “Si può sapere perché mi avete messo alle calcagna il ragazzino?” poi si accorse che ero nella stanza.
I suoi occhi saettarono verso le mie braccia scoperte, e la sua espressione cambiò di colpo. Nel bagno scese il gelo. Io mi affrettai a nascondere gli avambracci dietro le gambe, ma Zayn continuava a fissarmi. Il suo sguardo era imperturbabile, quella solita maschera di freddezza a cui ero abituata. Ma era paralizzato, come d'altronde lo ero io. Alla fine riuscii a smuoversi, e, sempre senza lasciare il mio sguardo, catturato dal suo e incapace di liberarsi da solo.

Si avvicinò a me con passo svelto, accucciandosi sulle punte dei piedi di fronte a me. Guardai la serietà di quel viso, e mi ritrovai ad essere presa da un violento attacco di panico, cercai di allontanarmi, di nascondere le mie braccia da lui, di ordinagli di andarsene, di fare qualsiasi cosa, ma non riuscivo.

Senza risparmiarmi un'occhiata piena di furore, afferrò rudemente il mio polso e cercò di farmi voltare la braccia, ma io mi stavo rifiutando di collaborare. Alla fine riuscì a portare le braccia verso di sé con uno strattone violento che mi fece pigolare.

Lui esaminò le cicatrici lentamente, facendomi agonizzare per la sua espressione quasi di profonda avversione, di livore. Alla fine mi lasciò andare e, senza guardarmi, uscì dal bagno, sbattendo la porta così forte che mi fece sobbalzare. Le lacrime nei miei occhi traboccarono, e sentii qualcosa in me morire, appassire. Con le mani che tremavano e le lacrime che scendevano copiose, mi rimisi male le fasce e corsi fuori dal bagno senza guardare i due ragazzi. Volevo andarmene.

Attraversai sempre di corsa la saletta, e Harry mi urlò di fermarmi. Fu l'ultima cosa che sentii prima di uscire nel freddo serale di Londra e, camminando lungo il marciapiede sporco, trovare un taxi libero.

Diedi l'indirizzo della casa di Hannah e il tassista partì senza una parola, senza chiedere cosa ci facesse una ragazza piangente in mezzo alle strade di Londra. Il silenzio mi avvolgeva come una bolla, e, anche se non aiutava a dimenticare l'espressione che aveva avuto Zayn nel vedere i tagli.

Mi girava la testa per tutto quello che era successo quella sera. Il viaggio di ritorno sembrò incredibilmente più veloce rispetto all'andata.

Pagai il tassista con i soldi che mi aveva lasciato Hannah, e aprii velocemente la porta di casa, appoggiando poi le chiavi sul tavolo della cucina. Sempre in mezzo alle lacrime, con i gesti di un'automa, andai in camera mia e mi tolsi i tacchi, camminando a piedi nudi sul parquet. Mi srotolai di nuovo le bende, che avevo rimesso così male che si erano attorcigliate tutte attorno al braccio. La casa silenziosa e vuota era una benedizione, avrei potuto fare quello che volevo, ma in effetti tutto quello che volevo era farmi una doccia calda e cercare di dimenticare tutta quella serata.

Ancora vestita e truccata, aprii l'acqua bollente e mi sedetti sul fondo della doccia, lasciando che l'acqua bollente mi bruciasse la pelle. Solo allora mi concessi il lusso di scoppiare a piangere, senza trattenere i singhiozzi. Piansi così tanto che avevo la sensazione che la piccola pozza d'acqua che si era raccolta attorno a me non fosse altro che un laghetto di lacrime. Il vestito, bagnato, aderiva fastidiosamente al mio corpo e i capelli gocciolavano e ricadevano a ciocche attorno la mio viso.

L'unica cosa a cui riuscivo a pensare era l'espressione di Zayn quando era entrato nel bagno.

Forse per lo scrosciare dell'acqua, o forse per i miei singhiozzi, non sentii la porta che si apriva, e vidi la figura che incombeva su di me solo quando fu troppo tardi. Chiusi gli occhi mentre la persona scostava la tendina della doccia e sospirava. Non volevo vedere, non volevo sapere. Ma ovviamente avevo capito, l'odore invadente del fumo aveva svelato la sua identità.

Il getto d'acqua era più caldo che mai, e sembrava gettare vapore da tutte le parti. La persona mi sollevò da terra, facendomi stare in piedi con la schiena poggiata contro le piastrelle.

L'acqua continuava a scorrere, un po' addosso a me ma la maggior parte al mio compagno. Nessuno di noi due si mosse, e alla fine trovai il coraggio di aprire gli occhi.

Appena lo feci, mi ritrovai a fissare le due iridi scure di Zayn, e il fiato mi si impigliò in gola. Lo guardai attentamente, notando come la sua mascella fosse contratta e la maglietta bianca che aveva addosso fosse stata completamente bagnata, svelando il suo fisico scolpito anche più che se fosse stato a torso nudo.

Le mie lacrime sembrarono prosciugarsi, e i singhiozzi si placarono subito.

Volevo dirgli di allontanarsi da me, sia perché avevo paura, sia perché lo disgustavo, ma la mia gola era roca per il pianto e sembrava non voler emettere altri suoni per stasera. E lui continuava a fissarmi con il suo sguardo freddo fatto di barriere che non potevo superare.

Ci guardammo a lungo, fino a che l'acqua non cominciò a diventare fredda attorno a noi.

A quel punto, senza alcuna provocazione, Zayn tirò un pugno alla piastrella di fianco alla mia testa, e il suo sguardo brillò di qualche emozione che non riuscii a decifrare. Io rimasi immobile, per paura che se mi fossi mossa, sarei stata il suo prossimo bersaglio.

Non lo fare mai più.” sibilò, avvicinandosi al mio viso ad ogni parola. Il mio cuore salì in gola, e le lacrime fecero di nuovo capolino nei miei occhi. Zayn le vide, perché perse per un secondo la sua facciata di distacco e i suoi occhi si illuminarono di sorpresa. Avvicinò una mano alla mia guancia, spazzando via una lacrima che era riuscita a scappare da un angolo del mio occhio.

Io non-senti... io-” aprì la bocca un paio di volte, ma non uscì niente, “Non piangere.” mormorò alla fine.

Quella richiesta mi fece quasi scoppiare a ridere: “Perché non dovrei?” gli domandai, non credendo che avrebbe veramente risposto. Anche perché la richiesta non era dettata da qualche specifica ragione.

So che hai pensato che io ti odiassi, o che ti pensassi ridicola per come gestisci il dolore. Ma ero solo preoccupato.” aveva chiuso gli occhi dicendo quelle parole, e io, meravigliata, quasi non ero riuscita a fermarmi dal portare la mano alle sue labbra e toccarle. Erano magnetiche, anche più del solito ora che erano bagnate dall'acqua della doccia. Ma riuscii a bloccarmi appena in tempo, inacidita da quella bugia grossa come una casa.

Preoccupato? Tu? E perché avresti dovuto esserlo? Io non significo nulla per te.” dissi con rabbia, guardando come le sue lunghe ciglia risaltassero nell'acqua e riflettendo su quanto ero stupida per la mia incapacità di frenare la mia voglia di toccarlo. Quei maledetti ormoni mi avrebbero fatto impazzire.

A quell'affermazione, i suoi occhi lampeggiarono di gelida rabbia. Prima che avessi il tempo di dire altro, le sue labbra piombarono sulle mie. E mi baciò.

Tutto il mio mondo si fermò e riprese a girare non più attorno a me, ma attorno a Zayn.

Le sue labbra erano aggressive, ma questo non toglieva nulla alla loro morbidezza. Avevano la consistenza della seta, e morbide anche più di quanto avrei potuto immaginare. Il suo braccio si intrufolò attorno alla mia vita, portandomi più vicina a lui e sotto il getto dell'acqua ghiacciata. Sentivo con estrema chiarezza i nostri corpi separati solo da due strati di vestiario bagnato. Dietro i miei occhi chiusi vedevo Zayn, e nient'altro che lui. Sulle mie labbra c'era il suo sapore. Il suo odore mi riempiva le narici e mi stordiva, così come le scariche elettriche che i miei nervi sovreccitati provocavano, e che come epicentro avevano la schiena all'altezza dell'osso sacro, dove il braccio di Zayn mi teneva stretta. Non sentivo più il rumore dell'acqua che colpiva le piastrelle, le mie orecchie erano piene di sue parole, della sua voce che mi cullava.

Le labbra di Zayn diminuirono il ritmo, diventando più gentile e dolce.

Mi sentivo la testa leggera come una farfalla, e il mio cuore stava scoppiando. I miei occhi erano di nuovo umidi, ma per la felicità questa volta.

L'acqua fredda mi arrivò alla testa, facendomi riprendere i sensi. Perché ci stavamo baciando? In quale strano mondo parallelo io e un ragazzo come Zayn Malik ci baciavamo?

Rimasi paralizzata, incapace di fare qualunque cosa, con le braccia, che prima avevo allacciato al suo collo, abbandonate lungo i fianchi. Le mie labbra non rispondevano ai comandi e, per quanto stessi cercando di farle fermare, continuavano a muoversi in sincronia con le sue e gli consentirono l'accesso quando cercò di approfondire il bacio.

Con un ultimo sforzo di volontà lo allontanai da me e respirai una boccata d'aria. Notai che anche lui stava respirando pesantemente, e che suoi occhi brillavano come due perle d'ossidiana.

Quando il mio fiato si fu stabilizzato, presi l'iniziativa e spensi l'acqua nella doccia, tremando per il freddo che solo ora sentivo. Zayn mi guardò come se si stesse aspettando che dicessi qualcosa qualcosa, o più probabilmente che mi gettassi sulle sue labbra, come d'altronde ero molto tentata di fare.

Ma mi contenni, cercando di recuperare un minimo di dignità: “Questi ultimi dieci minuti” dissi, “non sono mai successi.” la mia voce però era ancora sognante, invece che ferma, come la avrei voluta.

Probabilmente fu per questa ragione che pensò bene di ribattere.

Ma il bacio-” gli misi una mano sulla bocca, meravigliandomi della mia stessa audacia.

Simulai un'espressione di confusione: “Quale bacio?” e tolsi la mano subito dopo, perché sentire la morbida consistenza delle sue labbra socchiuse contro il palmo della mano era una sensazione troppo bella per essere salutare.

Lui aggrottò le sopracciglia: “Taylor, non scherzare.”

Fuori.” il mio tono era frigido, e lui sembrò capire che non ero dell'umore giusto per mettermi a discutere con lui. Si girò e, scuotendo la testa, si diresse verso la porta, girandosi a guardarmi un'ultima volta prima di richiudersi la porta alle spalle. Quando sentii che anche la porta principale della camera era stata chiusa, mi permisi di appoggiarmi alla parete della doccia, portandomi una mano alle labbra e sbattendo le palpebre.

Ormoni o no, quel bacio era stato strano.

 

*ANGOLO AUTRICE*

Ebbene sì, sono ufficialmente tornata! Mi scuso per il ritardo, non posso nemmeno cominciare a dirvi che inferno sono state le mie vacanza fino a ieri... E un grazie enorme a tutte le ragazze che continuano a seguire la mia FF nonostante i ritardi e i capitoli schifosi. Spero di non aver fatto addormentare nessuno, perché è fin troppo lungo, e dire che ho anche dovuto tagliare il secondo POV di Gary. Quando ho cominciato a scriverlo mi sono detta: ma sì, cosa vuoi che sia, cinque o sei pagine e il capitolo è finito. Ecco, ne sono venute fuori quindici ._. Però mi sono divertita a scriverlo, e non credo che sia venuto troppo male. Tranne, ovviamente, quel maledetto bacio. Il bacio che aspettavate tutti da tredici capitoli è finalmente arrivato!! Ma visto che io sono un completo disastro a descrivere scene di quel genere, è venuto una colossale schifezza.
Forse alcun di voi avranno notato la dedica. Sapete che io non dedico quasi mai i capitoli, ma questa volta ho dovuto. La sua FF, Non spegni il Sole se gli spari addosso. , è la cosa più stupenda ed emozionante che io abbia mai letto su questo fandom. Forse nell'intero sito. Se non l'avete già fatto vi consiglio di leggerla. Io personalmente sono rimasta senza parole davanti a quel capolavoro.
Detto questo, vi chiederei molto, molto gentilmente se per favore mi potreste lasciare anche una minuscola recensione. Perché a dirla tutta, questo capitolo è uscito di getto (quando è nata la FF me l'ero immaginata molto diversa la scena) e ho bisogno di un parere. Specialmente se mi potere dare qualche consiglio su come migliorare le scene dei baci, perché come avete notato è così catastroficamente brutto che uccide il capitolo.
Ecco, mi sono dilungata troppo. Un bacione,
Ele :)
P.S. Ho fatto un calcolo, siamo a poco più di un terzo dalla fine, più l'epilogo.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Inside Out ***



POV Gary:

14 settembre 04:20
Mi rigirai nel letto, sentendo le coperte attorcigliate attorno alle mie gambe come viticci. Per quanto ci provassi, non ero ancora riuscito a chiudere occhio. La stanza era buia, ma in un angolo lampeggiava la luce rossa del televisore e i numeri digitali della sveglia sul comodino di fianco al letto.
La finestra era rimasta aperta, e cominciava a fare abbastanza freddo, ma non riuscivo a trovare la forza per alzarmi e chiuderla. Sapevo che nel momento stesso che mi fossi alzato avrei perso anche l'ultimo appiglio che avevo al mondo dei sogni. Mi rotolai ancora sul materasso, fissando il soffitto.
Serrai le palpebre, cercando in qualche modo di mettere la parola fine su quella nottata infernale.

Zayn uscì dal bagno sbattendosi la porta alle spalle e bestemmiando peggio di uno scaricatore di porto. Io stavo aspettando fuori, sentendomi in qualche modo di troppo in quella situazione. Per un secondo sembrò voler tornare di là insieme a Harry e Louis, ma poi si accorse che ero lì. Il suo sguardo infuocato si concentrò sul mio volto, e si avvicinò a me.

Una folata di vento più violenta delle altre fece riaffiorare la mia coscienza, e in quel momento non potei che benedire le forze della natura, dato che la mia voglia di rivivere la serata era pari a quella di sognare il funerale di mio padre. Non osavo allungare una mano per sistemare le coperte ingarbugliate, nonostante stessero diventando sempre più fastidiose. Mi sentivo stanco morto, ma a quanto pareva nemmeno la pura esaustione era in grado di farmi addormentare. Sospirai pesantemente, sentendo un fitta di dolore all'altezza dei polmoni. Pian piano il mio cervello sembrò spegnersi, cedendo alla pressione di sbadigli e palpebre pesanti.

Il moro mi sbatte contro il muro, e io cercai di farmi piccolo per la paura. Non mi ero aspettato una reazione del genere da parte sua. Sembrava che una nuvola nera si fosse posata sopra la sua testa, inasprendo il suo umore. Lui avvicinò il suo volto al mio, e fui circondato dall'odore di sigarette.
Tu lo sapevi. In tutto questo tempo, tu lo sapevi e non hai detto niente.” ringhiò Zayn, sembrando sempre più arrabbiato minuto dopo minuto. Se non avessi detto qualcosa in quel preciso momento, mi avrebbe ucciso, o forse anche peggio. Non lo avevo mai visto perdere il controllo così, nei giorni in cui lo conoscevo.
Non l'avevo mai vista senza maniche, non avevo idea di cosa stesse nascondendo.” mormorai, la mia voce soffocata dal braccio di Zayn, che mi premeva debolmente contro la gola. In quel momento Taylor uscì correndo dalla porta, dirigendosi verso Harry senza notarci.

Fui svegliato dalle goccioline di sudore che mi stavano scivolando dall'attaccatura dei capelli verso le tempie. Il movimento lasciava una sensazione di prurito fastidiosa, che era riuscita a riportarmi indietro dai ricordi fin troppo vividi. Mi passai una mano sulla fronte, allontanando i capelli madidi dalla faccia. Com'era possibile che all'improvviso avessi così caldo, se un momento prima stavo gelando?
Cercai di allontanare quei dubbi che sapevo non avrebbero mai trovato risposta. I miei occhi si chiusero di nuovo automaticamente, cadendo di nuovo nella trappola della notte.

Sentii la voce di Harry urlare qualcosa, e poi il riccio corse verso di noi. Zayn mollò la presa su di me, guardando il suo amico. Riuscivo quasi ad odorare la paura che stava invadendo il corridoio.
Zayn, devi andarle dietro.” disse con voce spenta, fremendo sul posto.
Lui lo fissò con i suoi occhi freddi: “E perché dovrei?” riuscivo a sentire il mio volto trasfigurarsi al pensiero che fosse davvero così insensibile come dava a vedere. Nessuno sano di mente poteva reagire così dopo aver avuto la notizia che un'amica si taglia. Forse non aveva tutte le rotelle al posto giusto.
Harry digrignò i denti: “Dacci un taglio, siamo tutti stufi marci di vederti mentire a te stesso.”
I suoi occhi si ingrandirono per la sorpresa. Senza un'altra parola corse dietro a Taylor.

Un'ora dopo Liam mi riaccompagnò a casa in una macchina piena di ragazzi silenziosi, ancora sotto effetto delle notizie ricevute. Io stesso stavo facendo fatica a crederci, non era un'informazione facile da metabolizzare. L'unico che non era tetro era Louis, che stava canticchiando sotto voce qualche canzoncina di Natale, anche se eravamo ancora a settembre. Ma in quel momento nemmeno i suoi magnetici occhi azzurri riuscivano a risollevarmi il morale. Quando la macchina si fermò silenziosamente davanti a casa mia, in cui tutti stavano già dormendo, scesi senza una parola, troppo scosso anche solo per ringraziarli perbene.

Aspetta!” urlò la voce di Louis, uscita da chissà dove, e stranamente lucida. Mi voltai e davanti a me c'era Louis, bellissimo e sorridente. Rimasi a fissarlo per qualche istante, perso nel leggero bagliore che emanava la sua pelle e dai suoi occhi. Le tonalità di azzurro sembravano ruotare e mischiarsi tra di loro.
Si avvicinò a me e allungò una mano. Io la prese, titubante. Ero convinto che in qualche modo questo fosse tutto uno scherzo e che da un momento all'altro Mark sarebbe uscito da un cespuglio e mi avrebbe aggredito. E improvvisamente sentii le labbra di Louis premere sulle mie. Fu un momento soltanto, e poi lui sparì dal mio campo visivo. Il suo corpo si confuse con l'oscurità e i suoi occhi diventarono altre due stelle in cielo sotto il mio sguardo. Ma il calore delle sue labbra, e l'elettricità che era saltata da lui a me, rimasero nell'aria notturna ancora a lungo.

Una mano fresca di posò sulla mia spalla, scuotendomi fino a che i miei occhi si aprirono involontariamente. Davanti a me c'era il volto sorridente di Mia, che, vestita di tutto punto, mi stava sistemando le coperte meglio attorno alle gambe. Come per un riflesso, mi voltai verso la finestra, notando che era chiusa.
C’era qualcosa che non mi quadrava, una vocina che mi diceva che la cosa era strana. E poi mi ricordai le folate fredde di vento che avevano colorato la mia nottata.
Mia, l'hai chiusa tu la finestra?” domandai, schiarendomi la gola quando mi accorsi del raschio che mi sentivo dentro. Lei mi gettò un'occhiata confusa, scuotendo la testa.
Era chiusa quando sono entrata. Perché?” fu il mio turno di scuotere la testa, senza sapere cosa risponderle.
Poi mi ricordai qualcos’altro, un impulso irresistibile di toccarmi la bocca. C’era quell’ultimo ricordo, o forse era solo un sogno molto reale.
Mi portai una mano alle labbra. Erano secche, e indubbiamente fredde. Sentii una fitta di disappunto. Avevo davvero sperato che quello che avevo sognato fosse successo davvero? Eppure il confine tra realtà e fantasia si stava confondendo sempre di più, ed elementi dell'una sanguinavano nell'altra, confondendomi le idee.
Allora forse mi ero anche sognato tutta la faccenda di Taylor. Ma poi mi ricordai delle prove inequivocabili che avevo, e che non mi ero sognato anche lei in giro a maniche lunghe durante le giornate di giugno.
Mia mi stava ancora guardando con divertimento: “Dio, fratellino, non so cosa tu abbia bevuto, ma dev'essere stato forte per ridurti in questo stato. Vuoi che prenda qualche pastiglia per il mal di testa?”
In quel momento mi accorsi che, pur avendo bevuto la mia parte di alcolici la sera prima, non avevo dolori.
No, grazie. Che ore sono?” domandai, guardando l'orologio accanto a me e rispondendomi da solo.
Mamma ha fatto i pancake. Scendi?” mi domandò dopo qualche istante, in cui lei si limitò a guardarmi mentre controllavo di essere ancora tutto intero.
Allontanai i pensieri su Louis e Taylor e annuii, certo che se avessi messo in moto il cervello con un po' di cibo tutto si sarebbe schiarito, e la mia mente sarebbe riuscita a catalogare meglio ciò che era vero e ciò che era solo un parto della fantasia.
Inutile dire che non successe.

POV Taylor:

14 settembre 09:27
Ero sveglia da meno di un quarto d’ora, e avevo già commesso tre enormi errori, l’uno più grande dell’altro, facendomi pensare che quella giornata era condannata ad essere un totale disastro. Eppure, quando quella mattina mi ero svegliata, tutto propendeva verso il meglio.
L’autunno incombente aveva lasciato di nuovo il posto all’estate, e il sole splendeva in una maniera anomala sulla città, illuminandola come si vedeva raramente in quelle giornate di settembre. Dallo spiraglio sotto la porta veniva l’aroma del caffè e riuscivo a sentire il canto degli uccellini appollaiati sugli alberi. Era sabato, il che significava niente scuola. Insomma, sembrava il risveglio perfetto.
Poi però dovevo essere stata così stanca da non concentrarmi su nulla di quello che mi aspettava una volta uscita dal silenzio confortevole della mia camera.
Prima di tutto, non avevo riflettuto su cosa dire o fare una volta che mi fossi presentata in cucina, sotto gli sguardi accusatori dei ragazzi. Già quello sarebbe dovuto bastarmi a farmi morire di imbarazzo. Come ci si doveva comportare con le persone che hanno appena scoperto che ti tagli? Non avevo davvero scusanti per non averci pensato. Ma questa era solo una delle tante distrazioni di quel giorno, la prima e la meno importante di tutte.
In secondo luogo, non avevo fatto i conti con Zayn. Avevo relegato i ricordi della sera prima e del bacio in un angolo della mente, dando due mandate alla porta e gettando la chiave. Se dovevo essere sincera, la sensazione delle sue labbra sulle mie era stata così stupenda da farmi venir voglia di baciarlo di nuovo il prima possibile. E altrettanto sinceramente, quello che avevo provato mi spaventava. Non sapevo come far fronte alla cascata di emozioni che comportava lo stare vicino a lui, e quindi avevo cercato di allontanarlo, perché finché non avessi capito esattamente cosa mi aspettavo da lui era meglio non fare mosse false.
Ma non avevo pensato al fatto che forse Zayn non l’avrebbe presa troppo bene.
Il terzo, più grande errore di tutti, era stato uscire in maniche corte.
Tanto, mi ero detta, hanno visto tutto quello che c’era da vedere. Mai sbaglio più grosso nella mia vita.
Sta di fatto che quando entrai in cucina, con addosso una maglietta a strisce bianche e verdi (perché qualcuno una volta aveva detto che le strisce ingrassavano), la tensione nella stanza salì alle stelle.
Tutti tranne Louis e Zayn mi stavano fissando, con espressioni che variavano dalla rabbia all’incredulità. Hannah, che stava fischiettando una melodia basilare davanti ai fornelli, non sembrava essersi accorta di nulla. Louis aveva gli occhi cisposi, e sorseggiava un caffè probabilmente molto forte con aria rintontita. Non alzò gli occhi per vedere da dove venisse l’improvviso cambiamento di umore, ma forse aveva così tanto mal di testa da non essersene nemmeno accorto.
Zayn invece non stava guardando nella mia direzione di proposito. I suoi occhi gelidi sembravano voler incenerire il bicchiere di succo che gli stava davanti, stritolato in una presa che gli stava facendo venire le nocche bianche. La sua mascella era contratta, e vedevo gli spasimi dei muscoli sotto la pelle di tanto in tanto. Gli altri tre continuarono a fissarmi finché Louis non alzò lo sguardo, che diventò confuso non appena mi vide ferma davanti all’ingresso. Ci mise qualche istante a capire cosa non gli tornasse della visuale, anche se non capii se era stata la maglietta a maniche corte a metterlo sull’attenti o i tagli.
Louis scattò in piedi, rovesciando per sbaglio la tazza bianca che aveva di fronte e macchiandosi tutti i pantaloni di caffè mentre mi fissava le braccia. Mi costrinsi a deglutire il nodo di sconforto che si era bloccato in gola e abbassai lo sguardo per terra. Mi ero completamente dimenticata che con ogni probabilità Lou non si ricordava nulla della sera prima, men che meno la grande rivelazione.
La tazza, che nel frattempo aveva cominciato a rotolare verso il bordo del tavolo, cadde per terra, frantumandosi in mille pezzi sotto i miei occhi, con un rumore assordante che fece girare Hannah.
Aveva una spatola in mano, e riuscii a vedere le sue sopracciglia aggrottate mentre si girava, non avendo ancora capito cosa avesse provocato il trambusto: “Si può sapere cosa sta succedendo?”
Il suo sguardo cadde sulla tazza e le chiazze di caffè sul pavimento, e stava già per chiedere spiegazioni quando mi vide. Mi squadrò da capo a piedi, balbettando qualche suono incoerente.
Vergine Maria, perché diavolo... E quella maglietta da dove spunta fuori?” i suoi occhi erano così spalancati che riuscivo a vedere il bianco tutt’attorno. Alzai le braccia in segno di resa, ma il gesto sembrò farla concentrare di più sui tagli.
Cristo, Taylor, pensavo avessi smesso! E dove sono le bende?” il suo tono era isterico, anche che non riuscivo a capire perché fosse così agitata. Scossi la testa, lasciandomi cadere su una sedia vuota, l’unica a dire il vero. Di fianco a Zayn, che girò la testa dall’altra parte quando mi sedetti di fianco a lui.
Cercai di spiegarle la situazione in termini sintetici, sentendo la faccia prendere fuoco per lo sconforto: “Hanno capito tutto, quindi siccome fa caldo e sono in una casa piena di persone che sanno quello che faccio, non c’è bisogno di vestirsi pesantemente.”
Hannah lasciò cadere la spatola nella padella e si appoggiò alla lavastoviglie: “Stavi per farmi venire infarto. Se hai intenzione di fare una cosa del genere un’altra volta, dammi un po’ di preavviso, per l’amor del cielo.”
Poi si fermò un secondo e mi fissò con aria incuriosita: “Cosa intendi dire con ‘hanno capito tutto’?”
Che hanno capito, sanno che mi taglio, che sono a conoscenza del fatto che sono sottopeso, che-” Hannah mi interruppe con un gesto della mano.
E va bene, ho capito.” si girò a fissare i ragazzi ad uno ad uno, improvvisamente feroce, “Spero per voi che non l’abbiate stressata troppo, altrimenti mi rispedisco a casa a calci.”
Sono stati gentilissimi.” borbottai, omettendo di dire che non gli avevo precisamente lasciato il tempo di digerire l’informazione. Ero scappata da miei problemi ancora una volta. Stavo diventando piuttosto brava a farlo. Calò il silenzio, perché era chiaro che nessuno sapeva cosa dire.
Alla fine Louis mormorò qualcosa sull’andare a cambiarsi, mentre Liam aiutava Hannah a ripulire il pavimento dai cocci. Niall era andato ai fornelli per evitare che le uova cominciassero a bruciare, e questo lasciava me, Harry e Zayn seduti a tavola, evidentemente a disagio.
Guardai le venature scure del tavolo di legno finché Harry non mi richiamò alla sua attenzione. Alzai il viso verso di lui, notando lo sconforto sul suo volto. Sembrava essere invecchiato di cinque anni durante la notte, perfino i suoi capelli parevano essersi sgonfiati. Sentii una fitta al cuore al pensiero che ero stata io a ridurlo così. Ma sicuramente mi stavo sbagliando, e c'era qualcos’altro che lo turbava.
Ti tirai uno schiaffo mentale. Chi volevo prendere in giro? Era ovvio che era tutta colpa mia.
Harry spinse il suo piatto verso di me, che non aveva nemmeno toccato. Guardai il piatto, e sentii il mio stomaco brontolare piano all’odore pungente del cibo.
Mangia qualcosa.” mi supplicò, fissandomi con gli occhi smeraldo colmi di infelicità. Il mio sguardo slittò da lui al piatto, e mi ritrovai a fissare il cibo con desiderio. C’era un vocina dentro di me che mi stava pregando di mangiare il cibo che mi aveva offerto, fosse solo per fargli un piacere. Ma dall’altra parte una voce molto più forte mi diceva che se avessi mangiato quel cibo me ne sarei pentita in seguito, quando sulla bilancia avrei visto di nuovo un quaranta. Chiusi gli occhi e cercai inutilmente di trattenere una smorfia.
Scossi la testa e cominciai ad alzarmi dalla sedia, con l’intenzione di richiudermi in camera e fare qualcosa che mi avrebbe distratto. Ma una mano premette con forza, spingendomi di nuovo sulla sedia.
Non ti alzerai da questa sedia finché non avrai finito tutto quello che c’è nel piatto.” ingiunse la voce inespressiva di Zayn.
Mi girai verso di lui, una scintilla di irritazione che si accendeva nella mia mente: “Sei diventato mio padre per caso?” cercai di rendere la mia voce ferma e fredda come la sua, riuscendoci solo in parte.
Il mio quarto errore fu guardarlo negli occhi mentre lo dicevo.
Nel profondo dei suoi occhi riuscivo a leggere tutte le sue emozioni che si mescolavano, si fondevano per poi ridividersi e riversarsi contro di me come un fiume in piena.
Se lo fossi non ti permetterei di certo di farti del male.” mi rispose, e vidi gli sforzi che stava facendo per mantenere un tono di voce piatto.
Fermai una risposta velenosa e mi girai verso Harry, sospirando: “Va bene.”
Cosa?” mi domandò lui, confuso dalle mie parole. Ero certa che entrambi si erano aspettati una resistenza maggiore. Annuii, cercando di convincermi psicologicamente per quello che stavo per fare.
Ok, mangerò.” dissi, avvicinando il piatto a me e prendendo in mano la forchetta e inalando profondamente mentre mi mettevo in bocca il primo boccone. I sapori invasero la mia bocca, esplodendo come fuochi d’artificio sulle papille gustative. Dovetti sforzarmi per mandarlo giù, ma alla fine ci riuscii, incoraggiata dalla silenziosa presenza di Zayn di fianco a me.
Harry sbatté le palpebre più e più volte mentre mangiavo la più abbondante colazione che avessi mai fatto da due anni a questa parte. Quando arrivai all’ultimo boccone, sentivo i contenuti del mio stomaco cercare di tornare su, ma li costrinsi a stare dov’erano e chiusi gli occhi mentre respiravo.
Quando li riaprii, li feci scorrere da Harry a Zayn, notando che anche Liam e Niall mi stavano guardando con un’espressione che non riuscii a definire, qualcosa a metà tra affezione e fierezza.
Hannah guardò da me al piatto, e poi di nuovo me: “Non so cosa voi due abbiate fatto per convincerla, ma vedete di farlo più spesso.” disse alla fine, soppesando Zayn sotto i suoi calcolatori occhi azzurri.
Stavolta mi alzai con decisione dal tavolo: “Con permesso, vorrei andarmene ora.” mormorai acida, mentre tutti prendevano nota del mio umore pessimo.
Attraversai il corridoio e mi richiusi in camera mia, respingendo con decisione il fuggevole desiderio di rimettere tutto il cibo che avevo appena ingerito. Invece mi infilai un leggero cardigan bianco, circondandomi del leggero tocco del cotone contro i tagli, e feci una cosa che non facevo da quando avevo conosciuto i ragazzi. Mi sedetti alla piccola scrivania e, tirando fuori il mio quadernetto, cominciai a disegnare.
Se in un primo momento ero stata titubante, non sapendo esattamente cosa disegnare, il secondo che la matita poggiò sul foglio la mia mente cominciò ad elaborare un disegno.
Lavorai senza staccare mai gli occhi dal lavoro che stava prendendo vita davanti a me. Ogni tratto era studiato per adattarsi a quelli circostanti, giocando con le ombre sul volto del ragazzo.
Quando alla fine allontanai il disegno di me, socchiudendo gli occhi e piegando la testa di lato per osservarlo meglio, mi ritenni soddisfatta dal mio lavoro. C’era qualcosa che non era preciso nello sguardo, ma per il resto sembrava abbastanza reale. così somigliante che mi venne un groppo alla gola mentre guardavo la mia rappresentazione cartacea di Zayn.
Alla fine riuscii a capire cosa non mi tornava: aveva un’espressione troppo vulnerabile, e Zayn era tutto tranne che vulnerabile. Ma d'altra parte, cosa cambiava? Non era come se lui l'avrebbe mai visto. Non sapevo nemmeno il motivo per cui avevo disegnato lui e non, ad esempio, Niall.
Stavo provando l'impulso di accartocciare il disegno, ma cercai di trattenermi. Se l'avessi rovinato me ne sarei pentita in seguito. Tamburellai le dita contro il legno della scrivania, prendendo poi un altro foglio e cominciando a disegnare anche gli altri quattro ragazzi.
Non mi distrassi nemmeno un istante, dimenticandomi i miei problemi mentre cercavo il metodo migliore per disegnare i ricci di Harry e il sorriso di Lou.
Mi ritrovai con i loro ritratti sparpagliati sulla scrivania, con attorno almeno sei diverse matite. Li riordinai, e dopo un secondo di esitazione feci scivolare il ritratto di Zayn davanti agli altri.
Zayn era... Zayn. Era freddo e distante. La maggior parte delle volte le sue reazioni erano imprevedibili, e il suo volto sempre privo della benché minima espressività. Zayn era complicato da decifrare.
Quello che però mi stupiva, era il fatto che io volessi capire cosa si celava dietro a quella maschera che indossava come uno scudo invisibile. Volevo farlo aprire a me, e non riuscivo a capacitarmi del fatto che fossi così interessata a lui. Lui mi odiava, avrei dovuto disprezzarlo anch'io, e nessuno si sarebbe fatto male. Invece così... Certo, dovevo tenere in considerazione che non doveva odiarmi così tanto per avermi baciata ieri sera. Ma meno che non si fosse trattato di sensi di colpa. Sì, probabilmente era andata così. Si era sentito in colpa per non averlo capito prima, e aveva cercato di farsi perdonare in una sua strana concezione del perdono. Era inutile che mi scaldassi tanto per una stupidata.
Ma ero comunque a disagio. Quel bacio mi era piaciuto fin troppo.
Ed ero frustrata perché non riuscivo davvero a capire. Se dovevo essere completamente sincera con me stessa, avrei davvero voluto che significasse qualcosa di più.
Per un momento, mi persi nelle mie fantasie, in un mondo in cui avrei potuto dire a testa alta che Zayn era il ragazzo. Un mondo in cui lui mi avrebbe sorriso senza cattiveria o freddezza. Dove il privilegio di baciare Zayn era mio.
Mi riscossi dalla mia immaginazione, corrugando le sopracciglia con costernazione. Ora stavo davvero superando i limiti. Un conto era provare qualche sentimento in più del normale per un bacio, un altro cominciare a pensare a Zayn in quel modo.
Presi in mano il ritratto del pakistano, con l'intenzione di stracciarlo in mille pezzettini, ma in quel momento sentii qualcuno bussare energeticamente alla porta. Lasciai andare il foglio con una smorfia contrariata, e quello scivolò lungo la scrivania fermandosi proprio sul bordo e rimanendo in bilico per un lungo istante prima di cadere per terra.
Mi alzai di scatto per togliere gli occhi dal disegno di Zayn, e andai ad aprire.
Sì?” domandai, decisamente irritata, aprendo la porta solo quanto bastava per permettermi di vedere chi era. Solo per ritrovarmi davanti Harry, con le mani nelle tasche dei jeans e un sorriso imbarazzato. Aprii di più la porta e gli feci cenno di entrare.
Lui fece un paio di passi esitanti dentro la camera, e i suoi occhi caddero quasi subito sul ritratto abbandonato per terra. Alzò lo sguardo verso di me e fece un sorrisetto ironico, alzando un sopracciglio per domandare spiegazioni.
Scossi la testa, non riuscendo a trattenere un sorriso imbarazzato mentre scrollavo le spalle: “Ne ho fatto uno di tutti.”
I suoi occhi si illuminarono: “Posso vedere il mio?” chiese con interesse, avvicinandosi a quello di Zayn ed esaminandolo mentre lo sollevava da terra. Tirai fuori il suo ritratto dal quadernetto, porgendoglielo.
Lui lo fissò con aria attenta, inclinandolo di lato e mordendosi delicatamente il labbro inferiore mentre borbottava qualcosa di indefinito.
Poi lo abbassò e mi guardò negli occhi, annuendo: “Mi piace, posso tenerlo?”
Perché dovresti volere una copia quando sei l'originale?” domandai, confusa dalla sua richiesta. Non riuscivo davvero a capire cosa ci volesse fare, oltre ad appenderlo in camera.
Lui scoppiò a ridere: “Prendilo come un complimento al tuo talento.” mi disse con un occhiolino, sparendo dalla camera in un battito di ciglia e riapparendo nemmeno due minuti dopo, questa volta senza il mio ritratto sotto braccio. Lo guardai con divertimento, scuotendo la testa. Se avessi davvero voluto, avrei potuto farne un altro da tenere per me.
Allora, sei venuto qua per qualche ragione concreta o solo per rubare il mio ritratto?” gli domandai dopo una breve pausa di silenzio.
Lui spostò il peso da un piede all'altro, all'improvviso imbarazzato: “Ti va di uscire con me?” mi chiese tutto d'un fiato. Lo guardai senza respirare. Cosa diavolo avesse voluto dire con quella domanda lo sapeva solo lui, e non credevo di avere abbastanza coraggio da chiedere precisazioni.
Continuai a fissarlo fino a quando non cominciò ad arrossire sotto il mio sguardo: “Non mi guardare così, non ti ho mica chiesto di sposarmi!”
Non è che ci sia molta differenza.” borbottai, forse anche più imbarazzata di lui.
Lui fece un paio di passi verso di me: “Senti, Taylor, so che ti starai chiedendo se stamattina ho dimenticando il cervello sul comodino, e la risposta è no, so quello che sto dicendo.”
Tutto questo stava diventando abbastanza ridicolo. Prima dover far finta di stare con Niall per non finire in terapia intensiva all'ospedale, poi il bacio con Zayn, e ora questo. Mi chiesi che cosa fosse successo ai ragazzi in quella casa negli ultimi giorni; sembravo attrarli come il miele attrae le api. E per me, abituata ad essere invisibile, lo shock stava diventando quasi troppo.
Forse tu sai dove vuoi andare a parare con quella domanda, ma io sono confusa: da dove diamine ti è uscita?” gli domandai schiettamente, dando voce alle mie perplessità.
Sarò sincero, tu non mi piaci. Senza offesa ovviamente, sei una ragazza stupenda, ma non sei esattamente il mio tipo.” disse con un sorriso di scuse, passandosi nervosamente una mano tra i ricci.
Soppressi un verso irritato, sentendo le mie mani fremere per la voglia di colpire qualcosa. O meglio, qualcuno. Io non ero una persona violenta, ma Harry stava davvero mettendo alla prova la mia pazienza.
Harry? Sai che quello che stai dicendo non ha il minimo senso logico, vero?”
So che può sembrare strano, ma ne ha.”
Affondai la testa tra le mani per un momento, facendo respiri profondi: “Lasciami capire: io non ti piaccio, però vuoi uscire con me.” Lui annuì, sembrando sempre più serio ogni momento che passava.
Io invece scossi la testa: “Senti, vai a farti una dormita. Domani mattina, quando sei sobrio, ne riparliamo. Va bene?”
Harry però si lasciò scappare un gemito di impazienza: “Sono già sobrio, Tay. Ora, se mi lasci spiegare capisci quello che intendo dire.” Mi sedetti sul letto, facendogli cenno di cominciare a parlare, e di farlo prima di essere sbattuto fuori. Lui si schiarì la gola, cominciando con tono melodrammatico a raccontare.
Come ti sarai sicuramente accorta, Zayn è cotto di te.” Mi sfuggì un suono strangolato, e i miei occhi si ingrandirono.
Harry si immobilizzò: “Cosa?” domandò nervosamente, mentre io lo fissavo con la bocca aperta.
Ripeti.” gli ingiunsi, alzandomi in piedi e cominciando a camminare avanti e indietro per la camera. Di sicuro avevo capito male, non era possibile che io, Taylor Austen, gli piacessi.
Lui sbuffò, alzando gli occhi al cielo: “Hai capito perfettamente: Non dirmi che non te ne sei accorta?”
Scherzi? Mi tratta come se fossi una mosca fastidiosa.” obbiettai, dando voce ai miei dubbi.
Lui annuì: “Hai ragione, ma tu non conosci Zayn. Più si sente attratto da una ragazza meno la tratta bene. Io l'ho conosciuto alle elementari, e ci ho messo due anni anche solo a farlo smettere di guardarmi con diffidenza.”
Corrugai le sopracciglia: “Allontana le persone a cui vuole bene? Perché?”
Lui mi prese per mano, trascinandomi di nuovo assieme a lui sul letto: “Ha paura, suppongo. Non ha mai avuto tanta fortuna con le relazioni, tutte le ragazze stabili che ha avuto sono finite in tragedia. Una l'ha usato per far ingelosire il suo ex, un'altra solo per il sesso, e così via. Non ce ne è stata una con cui si è lasciato in buoni rapporti.”
Annuii, ma non riuscivo comunque a mettere assieme tutti i pezzi; “E dove rientra il tuo appuntamento con me in questa storia?”
Lui si lasciò sfuggire una risata poco allegra: “Dopo l'incidente di Niall e Liam abbiamo capito che l'unico modo per fare in modo che superi le sue paure è togliergli la persona dei suoi desideri.”
Stai dicendo che vuoi farlo ingelosire?” domandai, e finalmente compresi il suo piano.
Esattamente!” mi rivolse un grande sorriso, mettendo in mostra la sue adorabili fossette.
L'idea mi suscitava emozioni contrastanti. Da un lato, ero elettrizzata dal fatto che piacessi ad un ragazzo attraente come Zayn, che poteva avere qualunque ragazza desiderasse. Ma dall'altro sapevo che genere di ragazzo era. Non sarei riuscita a tenere in piedi una relazione con lui, non con i suoi scatti di umore e gli strani comportamenti. E poi, mi chiesi mentalmente, nessuno aveva pensato alla possibilità molto concreta che a me non piacesse Zayn?
A dire il vero, fu quell'ultimo pensiero a far scattare la mia ira: “Si da il caso che a me non piaccia.”
Lui mi guardo, e la sua espressione era scettica: “Forse ancora non sai di esserlo, ma credimi, abbiamo tutti visto come vi guardate.”
E di grazia, come ci guardiamo?”
Lui sorrise tristemente, i suoi occhi persi nel vuoto: “Come se non poteste vivere senza starvi vicini.”
Mi alzai in piedi: “Tu sei pazzo, siete tutti pazzi.” dissi, allontanandomi piano da lui, con passi misurati.
Lui scrollò le spalle: “È possibile. Ma tu devi farlo, se non per te, almeno fallo per Zayn. Ci tiene davvero tanto a te.”
Tanto quanto?” domandai, socchiudendo gli occhi e guardando la sua espressione diventare più sobria.
Si distese sul mio letto, i suoi capelli sparsi attorno alle coperte: “Più di quanto abbia mai visto. Non gli fa bene tenersi i suoi sentimenti dentro, ma se non gli diamo una piccola spinta non ti confesserà mai quello che pensa.”
Harry? Io non voglio che mi faccia del male.” avevo chiuso gli occhi mentre glielo confessavo, incapace di sostenere il suo sguardo smeraldo, e la mia voce tremava leggermente, colpita dalle emozioni.
Non ti toccherebbe nemmeno con un dito.” disse con dolcezza lui, alzandosi per venirmi ad abbracciare. Mi aggrappai disperatamente a lui, trattenendo un singhiozzo.
Non intendo quel genere di male.” sussurrai contro il suo collo.
Lui si allontanò per guardarmi in faccia, cercando qualcosa nella mia espressione: “Se succede tu vieni da me che lo raddrizzo.” gli sorrisi debolmente, apprezzando immensamente l'uso del se e non del quando.
Allora, esci con me?” mi domandò di nuovo dopo qualche istante.
Prima dimmi una cosa. Come mai hanno scelto te?” chiesi. Se, come credevo, avevano fatto questa scelta tutti e quattro assieme, sarebbe stato più ovvio scegliere Niall, con cui avevo il rapporto più stretto.
Gli angoli delle sue labbra si curvarono verso l'alto: “Zayn farebbe di tutto per far felice Niall, anche a sue spese, e avrebbe trattenuto la gelosia. Ti giuro, a volte quei due sono così affiatati che mi fanno quasi paura. Liam è interessato ad un'altra, e Zayn lo sa, quindi non ci cascherebbe nemmeno per un momento. Louis ha messo gli occhi su un'altra persona e, anche se lo sappiamo solo io e lui, non ha voluto per paura che la persona si facesse qualche strana idea. E quindi rimanevo solo io.” disse, spalancando le braccia con una mezza risata.
Chiusi gli occhi per un breve istante. Non era come se avessi molte possibilità, anzi, non ne avevo proprio. Sospirai per la centesima volta, riflettendo sul fatto che quando Zayn avrebbe scoperto l'inganno sarebbero stati guai per tutti: “Gli do una settimana di tempo. Se in sette giorni non riesce a confessarsi la chiudiamo qua.”
Harry sembrò sul punto di ribattere, ma poi annuì: “Perfetto, andiamo a dirlo ai ragazzi.” il suo tono era studiatamente allegro, come se gli avessero appena detto che Natale sarebbe arrivato prima quest'anno.
Intrecciò le sue dita con le mie, premendo il suo palmo contro il mio. Pensavo che non avrei provato niente, proprio come tutte le volte che toccavo Niall o Liam. Ma la sua mano era fresca e morbida, e sentii una scarica di elettricità passare tra di noi a tradimento.
Quando mi fui ripresa dal contatto, con Harry che mi trascinava in cucina, dove sembravano tutti spendere la maggior parte del loro tempo, riflettei che sarebbe stato proprio da me innamorarmi di Harry mentre cercava di far ingelosire Zayn.
Il nostro ingresso in cucina fu a dir poco spettacolare. Harry stava sfoggiando un sorriso a trentadue denti, mentre io cercavo di emulare la sua baldanzosa felicità. I ragazzi, seduti al tavolo a giocare a carte mentre Hannah sorseggiava una tazza fumante di tè, ammutolirono quando si accorsero delle nostre mani unite.
Ma ovviamente solo la sorpresa di Hannah e Zayn non era finta.
Hannah? Per te va bene se domani porto Taylor fuori a pranzo?” domandò Harry con il suo tono più convincente, mentre ci sedevamo vicino a Liam. Io tenni lo sguardo sulle, evitando accuratamente di girarmi verso Zayn. Ero certa che se avessi incontrato il suo sguardo avrebbe letto le nostre intenzioni nel verde muschio dei miei occhi. Dovetti ricordarmi che stavo facendo tutto quel teatrino non per me, ma per lui. Quando mi avrebbe dichiarato i suoi sentimenti gli avrei detto che non era il mio tipo o qualche scusa del genere. Non ero obbligata a professargli amore eterno. Ma ancora una volta quegli stupidi sogni ad occhi aperti mi distrassero, facendomi pensare ad un futuro tra me e Zayn.
Hannah sorrise: “Per me va benissimo. Cos'è, una specie di appuntamento?” chiese con il sorriso nella voce. Sentii le mie guance prendere fuoco, e Harry rise.
Sì, una specie.” rispose Harry, riprendendo la mia mano intrecciandole sopra il tavolo, in modo che Zayn vedesse chiaramente. Senza riuscire a controllarmi, mi girai a guardare Zayn.
Come al solito, il suo volto stupendo era freddo e impenetrabile, protetto dalle sue barriere invisibili. L'unico segno di tensione che traspariva dalla sua postura era la mano stretta in un pugno. Deglutii a fatica, sentendomi magneticamente attratta dai suoi occhi scuri ma sapendo che se non avessi distolto subito lo sguardo sarei crollata.
A salvarmi fu il cellulare, che cominciò a vibrarmi in tasca. Corrugai le sopracciglia, compilando una lista, molto breve tra l'altro, delle persone che avrebbero avuto bisogno di chiamarmi di sabato mattina.
Sfilai il telefono di tasca sotto gli sguardi di tutti.
Pronto?” domandai, essendomi dimenticata di controllare il numero. Anche se c'era da dire che erano poche le persone che avevano il mio numero, e ancora meno quelle che mi chiamavano.
Ciao tesoro. Come stai?” la voce era indubbiamente quella di mio padre, ma era molto più stanca di quanto l'avessi mai sentita prima. Immediatamente mi feci più cauta, percependo la tensione dall'altro capo del telefono. Chiusi gli occhi per cercare di fermare un primo momento di panico. Ero certa che si sarebbe trattato solo di qualche innocuo prolungamento del loro viaggio di lavoro.
Bene. Come sta andando lì?” domandai, cercando di mantenere la voce tranquilla. Non pensavo che sarei mai arrivata a dirlo, ma mi mancavano. Non erano mai a casa, e quando c'erano erano sempre occupati in questioni legali e cose simili. Io ero praticamente cresciuta da sola.
Dall'altra parte lo sentii sospirare: “Ecco, ti volevo parlare proprio di questo.”
Lo precedetti, sforzandomi di non piangere al pensiero di non vederli ancora per un bel po': “Dovete fermarvi più a lungo? Non ti preoccupare, sono sicura che me la caverò.”
Sentii lo sguardo di Hannah trapassarmi con intensità, e incontrai gli occhi sorridenti di Niall.
Taylor, torno domani sera.” disse con voce stentorea, e riuscii a sentire che c'era qualcosa che non tornava.
Sentii il mio cuore perdere un battito per poi ripartire al doppio della velocità: “Torni? E... e la mamma?”
Cominciai a temere il peggio. Poteva essere successa qualunque cosa, e nessuno me lo avrebbe detto.
Senti, Taylor, lei si ferma ancora per un po', solo per qualche giorno però. Ne parliamo quando torno a casa, ti va?” la sua voce si fece dolce, e sentii che si stava sforzando per non piangere, o forse mettersi ad urlare.
Sentii il mio tono salire di almeno due ottave, e aumentare di intensità: “Papà, non ho più cinque anni, voglio sapere cosa sta succedendo.” gli ingiunsi, alzandomi dalla sedia e cominciando a camminare avanti e indietro per la cucina come un animale in gabbia. Harry cercò di fermarmi, ma scrollai la sua mano dalla mia spalla. Riuscivo a sentire i buchi che stavano scavando i loro sguardi curiosi nella mia schiena.
Per favore, Taylor.” mi pregò mio padre, e quella voce stanca mi fece solo venir voglia di urlare.
Di sicuro non poteva essere successo nulla: “La mamma sta bene?” domandai.
Tua madre sta più che bene.” ribatté acido mio padre. Mi fermai sui miei passi, guardando il telefono con confusione, come se quell'apparecchio potesse darmi le risposte che cercavo.
Poi lo sentii mormorare qualcosa sottovoce e riprese a parlare: “Siediti per un secondo, tesoro, dobbiamo parlare.”
Mi sedetti sul bordo della sedia come un robot, senza essere veramente al corrente delle mie azioni, aggrappandomi al telefono come se fosse stato un salvagente e io stessi affogando.
Alzai lo sguardo per un istante, e notai che gli occhi penetranti di Zayn erano fissi su di me, senza un'espressione particolare in volto.
Papà?” il mio tono era intriso di panico che non voleva saperne di lasciarmi libera. Il mio cuore batteva così velocemente che non lo sentivo più.
Taylor, amore, io e la mamma abbiamo avuto dei diverbi negli ultimi giorni.” gli feci un verso per indicargli di continuare, anche se avevo una brutta sensazione di quello che stava per arrivare.
Vedi, tua madre è incinta.” sentii il mio morale risollevarsi e volare alle stelle. Mamma non stava morendo, non aveva una malattia terminale ed era incinta. Avrei avuto un fratellino o una sorellina!
Mi ritrovai a sorridere: “Ma è stupendo! Sapete già se è maschio o femmina?” domandai, deliziata dalla notizia. Mi girai verso Harry, sorridendo il primo sorriso sentito da giorni, settimane anche.
Sarei stata una sorella maggiore modello. Lo avrei portato al parco, e gli avrei cambiato i pannolini, lo avrei fatto giocare e gli avrei cantato una ninna nanna finché non si fosse addormentato.
Ascoltami, Tay, stiamo per divorziare.” Per poco il cellulare non mi cadde di mano per lo shock. Prima mi diceva che mamma aspettava un bambino e poi che divorziavano?
Sentii un viscido presentimento su dove voleva andare a parare tutto il suo discorso, ma cercai di ignorare la mia voce interiore e inghiottii un groppo alla gola: “Ma... E io bambino?”
Non è mio.” il telefono questa volta cadde sul pavimento, interrompendo la conversazione quando si aprì e la batteria cadde poco lontano dall'involucro di plastica..
Mi sentivo come se mi avessero buttato addosso dell'acqua gelata. Non riuscivo a fare un respiro abbastanza profondo, e mi sentivo girare la testa. Afferrai la tovaglia con entrambe le mani, sentendo la stoffa piegarsi sotto il mio tocco. Harry cercò di tranquillizzarmi, cercando di capire come mai avessi cambiato espressione così velocemente e il perché del mio panico.
Taylor, è tutto a posto?” domandò lentamente Hannah, fermandosi nell'atto di portarsi la tazza alle labbra. Scossi la testa, muta, mentre sentivo i miei occhi cominciare a pizzicare per le lacrime che le invadevano. “Vado a fare le valigie.” sussurrai, alzandomi dal tavolo e barcollando verso la mia camera.
Mi dovetti appoggiare al muro a più riprese per non cadere per terra. Quando alla fine riuscii ad entrare in camera mia, accecata dal dolore pulsante e dalle lacrime, l'unica cosa a cui pensavo era il mio rasoio.

BABY YOU LIGHT UP MY WORLD LIKE NOBODY ELSE, THE WAY THAT YOU FLIP YOUR HAIR GETS ME OVERWHELMED. BUT WHEN YOU SMILE AT THE GROUND IT AIN'T HARD TO TELL, YOU DON'T KNOW, OH OH,YOU DON'T KNOW YOU'RE BEAUTIFUL.
Ma buon pomeriggio lettrici care! Ahahahaha oddio, scusate, non ce la faccio oggi, sono preda di un attacco di euforia xD Scommetto che riconoscerete la canzone qua sopra. Ebbene, sappiate che è una delle mie canzoni preferite (assieme ad una trentina d'altre...) per questa settimana. E ora vi starate chiedendo: 'che diamine si è fumata questa? Non aveva mica detto di odiarli, i One Direction?' Ahahahaha li odio ancora!! Ma la amo, è una canzone stupenda, meravigliosa :D Ovviamente il motivo è che non è cantata dai One Direction. Ok, cerchiamo di essere seri nel resto dell'angolo autrice. Allora, il capitolo è una schifezza immane (non per nulla è stato scritto durante un periodo in cui sono decisamente al settimo cielo) e so che appena mi calmerò un attimo mi pentirò amaramente di averlo pubblicato, ma in questo momento è l'ultima delle mie preoccupazioni. In realtà dovevo aggiornare ieri, ma poi mi sono persa in una maratona di Punk Goes Pop e mi sono uccisa dal ridere ascoltando WMYB e You Belong with me (NON quella di Taylor Swift). No, davvero, sono magnifiche, me ne sono letteralmente innamorata. Andate su youtube e scrivete Punk Goes Pop what makes you beautiful e Punk goes pop you belong with me. Hanno trasformato le due schifezze immani che erano (senza offesa, ma le originali fanno davvero pietà #il modo perfetto di farsi linciare da fangirl impazzite...) in capolavori. In effetti, forse è meglio che non le ascoltiate... Penso che potreste avere un mini attacco di cuore.
Ma, tornando al capitolo e tralasciando la musica, l'unica cosa da dire è che fa veramente schifo, e che probabilmente scapperete urlando dopo metà. Anche perché, non ho idea di che cosa ho scritto. Davvero, non so che cosa sia quello che scritto, di certo non un capitolo della mia ff xD O almeno, non della ff che avevo in mente. Probabilmente con questo ho sconvolto le mie stime, credo che non siamo ancora a 2/3 di storia dopo questa sensazionale cacca (ma ormai vi state abituando ai miei capitoli caccosi...)
Poi sono felicissima per aver ricevuto la mia prima recensione neutra, e mi sento come una vera scrittrice ora! La mia logica contorta dice che non si può essere bravi se a tutti piace...
Tra-la-la-la, me ne vado ora :)
Eleonora :)
P.S. 359 recensioni. 359. Ne vogliamo parlare?? Siete magnifiche! Dite che ce la facciamo ad arrivare a 400? ;) No, con questo capitolo decisamente no. 
P.P.S. Lo so, lo so, sono pessima, ma proprio non ce la faccio a rispondere alle recensioni oggi (già che ho aggiornato mentre dovevo fare i compiti di latino...), entro domani rispondo a tutte, non vi preoccupate.

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** The 3 Golden Rules ***





Penso che ormai non ci sia più bisogno di ripeterlo, ma lo dico ancora per sicurezza: il capitolo tratta di autolesionismo. In dettaglio. Se il tema vi disgusta vi consiglio di cambiare fanfiction. Se invece il vedere e parlare di tagli rischia di farvi commettere a vostra volta gesti di autolesionismo, per favore non leggete. A tutti gli altri, buona lettura!

 

Wrists are for bracelets, not for cutting.
[Kellin Quinn]

 

14 settembre 9:43

I miei genitori si erano conosciuti alle superiori, lei la ragazza studiosa, quella con i voti buoni e un cervello, lui invece era nella squadra di nuoto, con la sua banda di amici con cui usciva i pomeriggi invece che studiare. Lei aveva sempre avuto una cotta per lui, e quando mio padre l'aveva vista passare la prima volta per i corridoi era rimasto fulminato. Come ogni storia d'amore al liceo, avevano avuto i loro alti e bassi, ma erano riusciti ad arrivare al diploma senza mollarsi, nonostante la loro relazione fosse presa in giro da tutti gli amici di mio padre e considerata uno scherzo di cattivo gusto da una buona metà del corpo studentesco. Gente del calibro di mio padre non avrebbe dovuto mischiarsi agli studenti ritenuti inferiori.

Per qualche ragione si erano sposati poco dopo la fine del liceo. Avevo visto le foto, mi avevano raccontato la storia un milione di volte. Erano felici assieme, perché non sposarsi?

E poi, appena tre anni dopo, quando ancora entrambi si stavano laureando in legge, mia madre era rimasta incinta, costringendola ad interrompere gli studi per un anno mentre si prendeva cura di me. Ma era riuscita sia a gestire una figlia sia a fare dei corsi online, laureandosi appena due anni dopo mio padre.

L'ultima volta che li avevo visti assieme, prima di partire per questo assurdo congresso a New York, ricordavo perfettamente l'espressione di assoluta adorazione sul volto di mio padre mentre guardava la mamma. Dopo più di vent'anni non aveva ancora perso quella fiamma dei primi tempi.

E ora questo.

Mi lasciai sfuggire l'ennesimo singhiozzo, un suono strozzato che venne soffocato dalla mano che mi ero premuta contro la bocca per non mettermi ad urlare.

Tutto questo era ridicolo. Uno scherzo di pessimo gusto. Non poteva essere vero, mi rifiutavo di crederlo.

Il mio ginocchio andò a sbattere contro lo spigolo del letto, che non avevo notato a causa delle lacrime che mi riempivano gli occhi. Una fitta di dolore mi risalì la gamba, distraendomi per qualche prezioso secondo dai pensieri. Strinsi forte gli occhi, eliminando le ultime lacrime, in modo da riuscire a trovare un qualunque oggetto appuntito e guadagnare almeno qualche minuto di silenzio mentale.

Se solo quella serie di immagini avesse smesso di sfilarmi davanti agli occhi come una processione funebre, allora avrei potuto provare a concentrarmi. E invece riuscivo solamente a pensare al sorriso che mi aveva fatto mia madre quel primo giorno di scuola, l'ultima volta che l'avevo vista. E quando da bambina mi portava al parco e mi faceva dondolare sull'altalena. Se ora avessi potuto tornare indietro, avrei ritirato tutti quei versi disgustati che facevo ogni volta che i miei si baciavano davanti a me.

Sentivo dei suoni fastidiosi, che stentavo a riconoscere come miei, scivolarmi fuori dalla bocca, mentre aprivo i cassetti a caso, cercando qualcosa, qualunque cosa, potesse anche solo minimamente tagliare.

Trovai un taglierino nascosto in un angolo dell'ultimo cassetto, e, anche se di norma avrei evitato, lo presi in mano, accorgendomi del tremolio della mia mano.

Se c'era una cosa che non mi piaceva proprio dei taglierini era il fatto che era tremendamente difficile controllare la profondità del taglio. Bastava premere un po' più forte, o un po' più veloce, e spuntava fuori una piccola pozza di sangue che ci metteva secoli a smettere di sanguinare. Ma in quel momento era l'ultima delle mie preoccupazioni.

Guardai la lama per un secondo, sentendo l'impulso di tagliarmi fino a ridurre le mie braccia ad una matassa di righe rosse e zone arrossate. Ed era esattamente quello che avevo intenzione di fare.

Lasciai che il bordo affilato del taglierino mi accarezzasse il braccio per un secondo, poi premetti forte e lo trascinai contro la pelle pallida, sentendola opporre una debole resistenza prima di rompersi e spaccarsi sotto la pressione che stavo esercitando. La pelle si aprì, lasciando la carne sotto, un dolore dolce, veloce. Guardai le goccioline formarsi lungo il bordo pulito del taglio, rovinando il mio lavoro perfetto.

L'immagine di mia madre che sorrideva si andò a mescolare assieme a milioni di altri ricordi di vita quotidiana, mentre la mia mente veniva invasa dalla vista di quella riga rossa.

Lasciai che il metallo della lama baciasse più e più volte la mia pelle.

Mi accorsi a livello cosciente di aver smesso di piangere, anche se ogni tanto un singhiozzo mi scuoteva le spalle. Ero troppo concentrata sul tocco della lama fredda sulla mia pelle.

Sentii delle voci dibattere con toni pesanti dietro alla mia porta chiusa, ma al momento non me ne preoccupai. I tagli bruciavano, portandosi via i pensieri maligni. E anche se era una pallida imitazione della serenità che ero riuscita a raggiungere prima di quella sconvolgente notizia, era già qualcosa.

Nonostante fossi girata dalla parte opposta, il rumore della porta che si apriva e la voce preoccupata di Liam che mi chiamava mi distrassero. Mi sentii il cuore in gola, palpitante contro le mie corde vocali per la sorpresa di essere scoperta a tagliarmi. Per me, ma potevo supporre per qualsiasi altro autolesionista, i tagli erano una delle cose più private. Non ne parlavo, non li facevo vedere, non mi tagliavo in presenza di altre persone. Specie quell'ultimo punto. Sentii la mia presa sul taglierino allentarsi, facendolo cadere per terra con un leggero rumore metallico, e cercai di tirarmi frettolosamente giù la manica della felpa. Solo per accorgermi che non c'erano maniche da abbassare. Un nodo di panico di attanagliò lo stomaco, arrivando al suo apice quando Liam si fermò davanti a me con le sopracciglia aggrottate.

Le mie guance presero fuoco mentre osservavo i suoi occhi scendere dal mio volto rigato di lacrime e distogliere l'attenzione da me quando arrivò al sangue fresco sulle mie braccia, cinque segni paralleli sul mio braccio destro.

Deglutii, cercando di respirare regolarmente mentre le labbra di Liam si univano in una rigida linea di disapprovazione e si chinava per raccogliere il taglierino, rigirandoselo in mano un paio di volte. Se in quel momento avesse cominciato ad urlarmi contro, o sgridarmi, avrei definitamente perso la ragione. E a quel punto sarebbe potuto succedere di tutto.

Per mia grande sorpresa, Liam si allontanò da me senza una parola e, dirigendosi verso il bagno, mi lasciò ferma a guardare la sua figura riemergere pochi istanti dopo con in mano una confezione quasi vuota di disinfettante e un paio di batuffoli di cotone. Lo guardai con esitazione, i muscoli tesi e pronti ad allontanarmi da lui, ma Liam si sedette semplicemente di fianco a me, sospirando leggermente con gli occhi chiusi. Senza dire una parola rovesciò un po' del liquido trasparente sul cotone, e, molto delicatamente, passò il batuffolo lungo i miei tagli. Mi lasciai sfuggire un debole sibilo quando cominciò a fare effetto, bruciando più di qualunque taglio auto inflitto.

Liam si fermò immediatamente, fermando le sue cure e mordendosi il labbro: “Ti ho fatto male?”

Scossi la testa, ancora troppo scossa per formulare una frase di senso compiuto. Liam mi lanciò un'occhiata che esprimeva tutto il suo dubbio, ma riprese a tamponarmi i tagli, sospirando di tanto in tanto.

Due batuffoli insanguinati dopo, le mie braccia erano disinfettate a dovere, e Liam mi fissava con sguardo imperscrutabile, facendomi sentire ancora più in imbarazzo di quanto non lo fossi già.

Posso raccontarti una storia?” mi chiese inaspettatamente.

Sbattei le palpebre un paio di volte, sorpresa dalla richiesta: “Sì, certo.” mormorai infine, inorridendo al suono roco che emetteva la mia voce. Ancora più stranamente, Liam mi prese una mano tra le sue, tenendola stretta e fissandomi con i suoi seri occhi color cioccolato.

Quando andavo in seconda elementare una mia compagna di classe era venuta a scuola tutti i giorni per una settimana con gli stessi vestiti, e senza pranzo. Sai, la nostra era una di quelle scuole dove dovevamo portare il nostro pranzo da casa. E io, avendo sette anni, non avevo idea di cosa stesse succedendo a casa sua. La prendevo in giro, perché tutti in classe mia le ridevano dietro, tranne qualche anima gentile che le dava un po' del suo pranzo, e non volevo sentirmi escluso. In qualche modo mia madre è venuta a saperlo, e ha dato fuori di matto. Quando si è calmata, capendo che io davvero non avevo idea di quello che stesse succedendo, mi ha spiegato che sua madre era morta in un incidente stradale. Ha detto che non sarei mai stato capace di capire cosa stava passando la mia compagna finché non fosse successo lo stesso a me. E un quel momento mi sono sentito uno schifo, pensando a cosa avrei fatto io se fosse morta mia madre.”

Liam si fermò per un secondo, gli occhi persi nel suo vecchio ricordo: “Ecco, te l'ho raccontato per dirti che ti capisco. L'ho provato a fare anch'io, e, se prima ero pieno di stereotipi, mi sono accorto che stavo sbagliando tutto. È una sensazione magnifica, liberarsi dei propri problemi in quel modo, ma non risolve niente. Non sto cercando di farti una predica, so che non serve. Quindi se hai bisogno di parlare io sono qui.” terminò con un piccolo sorriso triste, scivolando un braccio dietro la mia schiena in un breve abbraccio. I miei occhi si inumidirono ancora una volta, commossa da tanta gentilezza. Nessuno era mai stato così gentile con me prima che arrivassero loro cinque, stravolgendo il mio piccolo mondo.

Ma non ero pronta a parlare di questa nuova tragedia, essendo che ancora dovevo capire tutto ciò che implicava. E dovevo anche preparare le mie valigie, perché mio padre sarebbe arrivato quella sera, che io lo volessi o meno.

Grazie Liam.” risposi con un sussurro, sull'orlo delle lacrime. Lui si alzò, correttamente interpretando le mie parole come un congedo, e mi sorrise di nuovo. Ma, quando pensava che non lo stessi guardando, lo vidi lanciare un'occhiata preoccupata alle mie braccia, scuotendo poi la testa, come sovrappensiero.

Non fu prima di un quarto d'ora, mentre avevo quasi finito di impacchettare la mia poca roba, che mi accorsi che quando era uscito Liam si era portato via anche il mio taglierino.


1.   Get over your own insecurities about worrying if they’ll hate you for asking.
2. Never ask them to never self-harm again.
3. Tell them that you’re there for them, no matter what. And that you'll never judge. And you'll always listen. And you'll just be there. And sometimes you never have to say a word at all. Sometimes they don’t want you to say anything.

14 settembre 15:25

Ti va di andare a fare un giro?” domandò Harry, appoggiato contro lo stipite della porta di camera mia, mentre cercavo inutilmente di concentrarmi sul compito di matematica che dovevo consegnare lunedì. Alzai la testa, girandomi a guardarlo. Era già da qualche minuto che era fermo all'ingresso della camera, ma non aveva ancora parlato fino a quel momento. Osservandolo attentamente riuscivo a vedere segni evidenti del suo sconforto, o forse era solo confusione. In ogni caso, il suo volto era pallido, e non aveva il suo solito buon umore. Non che potessi biasimarlo. Pranzo era stato un momento particolarmente imbarazzante, tra una tensione e l'altra. Zayn non aveva nemmeno risposto alle domande dirette, limitandosi a scoccarmi qualche occhiata furente di tanto in tanto, che cercavo inutilmente di ignorare. Louis non si era ancora ripreso dalla sera prima, e non era stato di molto aiuto nei tentativi di Niall e Hannah di cominciare una conversazione civile.

Tamburellai la penna contro la scrivania, inclinando la testa di lato: “In che senso?” domandai, cercando di capire cosa intendesse con quella richiesta.

Lui scrollò le spalle: “Niente. Mi chiedevo solo se ti andava di parlare, fuori possibilmente.” Certo. Voleva parlare. E potevo solo supporre quale fosse il tema principale, non mi piaceva dove aveva intenzione di andare.

Anche perché, sarebbe soltanto giusto che io, il tuo ragazzo, cercassi di consolarti, no?” aggiunse con voce già più simile alla sua, vedendomi incerta. Il pensiero di far arrabbiare Zayn anche di più mi fece scappare un sorriso. Con la chiamata di mio padre mi ero completamente dimenticata di quel piccolo dettaglio del mio finto fidanzamento con lui.

Sospirai, chiudendo il libro di matematica; Harry non avrebbe demorso questa volta.

Mi alzai, spostando un ciuffo dei miei orrendi capelli arancioni dal volto e raggiungendo Harry, che mi prese per mano. Per fortuna mi ero ricordata di non mettere via anche il cardigan, che invece mi ero infilata, coprendo i tagli. Quella di uscire a maniche corte era stata davvero una pessima idea, e non avevo nessuna intenzione di ripetere l'errore.

Dove andiamo?” chiesi, alzando la testa per poterlo guardare negli occhi.

Non so, al parco magari?” propose, avevo l'aria di non averci nemmeno pensato. Annuii. Il parco andava bene. Qualunque posto andava bene, per mettersi finalmente alle spalle quella conversazione.

Trovammo Niall disteso sul divano assieme a Louis, mangiando patatine e guardando un talk-show che aveva l'aria di essere parecchio noioso.

Ragazzi, noi usciamo. Lo dite voi a Hannah?” urlò Harry, cercando di sovrastare la voce della televisione e farsi sentire dalla porta d'ingresso. Louis rispose con un verso, dicendo di non disturbarlo mentre guardava il suo programma preferito.
Harry rise, scuotendo la testa e mormorando commenti poco signorili sul suo migliore amico.

L'aria fuori era più fredda del previsto, con un vento freddo che penetrava dentro i vestiti e faceva rabbrividire. Ma il sole scaldava, ed era comunque un lieto cambiamento dalle giornate tipicamente piovigginose dell'autunno londinese. Istintivamente mi strinsi più vicina a Harry, la fonte di calore più accessibile, che a sua volta mi lasciò la mano per infilarmi un braccio attorno alla vita.

Mi ritrovai a chiedermi come avessimo fatto, in meno di una settimana, a diventare così intimi. Immaginavo che un tentato suicidio fosse abbastanza per avvicinare alla mia vita cinque perfetti sconosciuti.

Harry sembrava non sapere dove stesse andando, e dovetti ricordarmi che si erano trasferiti da poco, e probabilmente non avevano ancora avuto tempo di memorizzare il tragitto da casa loro al parco.

Arrivammo in fondo alla strada, e mi fermai un secondo, riflettendo. Se avessimo girato a sinistra saremmo arrivati al parco più grande, quello solitamente pieno di gente. A destra c e n'era invece uno ormai in disuso, soppiantato dall'altro più fornito. Espirai lentamente, guidando Harry verso destra.

La strada di periferia aveva poco traffico, ma ogni tanto qualche auto sfrecciava davanti a noi, accompagnata da una folata di vento. Dopo appena un paio di isolati cominciai ad intravedere la sagoma verde scura degli alberi, e il vecchio cancello arrugginito.

Come avevo previsto, eravamo gli unici due in tutto il parchetto, ora seduti sulle altalene, dondolando impercettibilmente avanti e indietro. Ci fu un battito di silenzio prima che Harry sospirasse, distruggendo un momento in cui ero perfettamente a mio agio con me stessa e la natura che mi circondava.

Ok, non so veramente da dove cominciare.” mormorò alla fine, grattandosi la nuca con un'espressione di vago imbarazzo.

Quello potevo capirlo, nessuno si sarebbe sentito comodo a parlare di certe cose: “Harry, so che non è facile, ma ti posso assicurare che qualunque cosa mi dirai, io non mi offenderò.”

Lui annuii, fissandomi con i suoi occhi verdi: “Promettimi che non lo farai più.” domandò, una preghiera nei suoi occhi. Erano così sinceramente preoccupati che volevo abbassare lo sguardo, ma ero come incantata.

Ci proverò.” dissi, obbligando il mio corpo a sciogliere la tensione tra le spalle.

Avrei tentato davvero, mi sarei sentita tremendamente in colpa a non mantenere una promessa fatta mentre mi guardava con quell'espressione, ma se dovevo essere realista, le probabilità che riuscissi a mantenerla erano magre, più vicine a zero che altro.”

Oggi... mi sono informato. Su quello che fai.” continuò lentamente, soppesando ogni parola, “Ci sono dei modi per smettere, sai? Ad esempio, c'è questo sito che dice che strizzare un cubetto di ghiaccio funziona, o fare delle righe sui polsi con una penna rossa.”

Scossi la testa: “Non è la stessa cosa. Quello non fa male. Io... mi devo distrarre dai pensieri.”

É per questo che lo fai? Per distrazione?” il suo tono si alzò di un'ottava per l'indignazione.

Ancora una volta, non ero riuscita ad esprimere ciò che volevo realmente dire: “No, non hai capito. Io intendevo che a volte ho così tanti pensieri negativi che mi frullano per la testa, così tante emozioni represse, che devo farle uscire in qualche modo.”

A queste parole, Harry si fermò a riflettere per un secondo: “E non puoi parlarne con qualcuno?”

Con chi?” domandai, sbattendo le palpebre e inarcando le sopracciglia per la sorpresa.

I tuoi amici, ovviamente...”

Quali amici?” chiesi con il più totale sconcerto. In quale circostanza sarebbe potuta venirgli quella bislacca idea?

Harry mi fissò come se fossi impazzita del tutto: “Gary?” ipotizzò poi, grattandosi il mento.

Gary è simpatico, ma siede con me a tavola solo perché c'è Louis.” dissi con un sorriso amaro.

Già, me ne sono accorto. È così palese che credo che l'unico a non averlo ancora capito sia proprio Louis.”

Stetti in silenzio, incerta su come rispondere.

Ma comunque, quello che volevo dire è che puoi contare su di me.” disse alla fine.

Esitai per un secondo, cercando di avvolgere la mia testa attorno al concetto che in poco più di dodici ore la mia vita fosse cambiata così drasticamente. Loro sapevano che mi tagliavo. Eppure non mi avevano giudicata, anzi, erano stati molto più supportivi del previsto.

Liam, ha detto la stessa identica cosa stamattina.” mormorai, rendendomi conto troppo tardi di averlo detto a voce alta.

Sì, beh, magari non capisco i tuoi motivi bene come lui, hai ragione. Però, sai, a volte un abbraccio fa miracoli.” sorrise, allargando le braccia.

E in quel momento, seppi con assoluta certezza che si sarebbe sistemato tutto. Il sole splendeva alto nel cielo, gli uccelli cantavano le loro canzoni dagli alberi e il vento soffiava. Liam e Harry erano dalla mia parte. Anche Niall e Louis, probabilmente. Zayn era un caso a parte, ma nemmeno i suoi strani comportamenti sarebbero riusciti ad intaccare il mio improvviso sollevamento di spiriti.
Domani sarebbe stata la stessa cosa. Magari avrebbe piovuto, o non ci sarebbe stato vento, ma Harry mi sarebbe stato vicino. Se avessi avuto bisogno di rassicurazioni, Niall ci sarebbe stato.

E un giorno, prima o poi, tutto avrebbe avuto un senso.

 

Oggi è il primo ottobre.
E questa è l'unica ragione per cui sto aggiornando. Per voi.
Perché c'è speranza, anche se non si vede. Basta crederci....
Ancora una volta, ho ritardato tremendamente. E non c'è una ragione, tranne (forse) il fatto che sono decisamente depressa e non trovavo la forza necessaria ad accendere un computer e mettermi a scrivere. E si nota, dato che sono ricaduta nei temi cupi che rendono la lettura davvero pesante. Ed è corto. Irrilevante alla trama. Inutile. Corto l'ho già detto?

Sto considerando l'ipotesi di interrompere la storia. Voglio dire, ma chi sto cercando di prendere in giro? Sto provando a capire per quale ragione sto qua a sprecare il mio tempo scrivendo storie strappalacrime. E anche il vostro, di tempo, tutti voi lettori che esprimete il vostro entusiasmo (e non) sulla storia. Mi dite che diamine vi fa venir voglia di leggere capitolo dopo capitolo? Perché di fatto, è una storia penosa.
Aggiungo solo una cosa prima di sparire per chissà quanto tempo ancora: riguardo allo scorso capitolo, mi voglio scusare per il modo poco diplomatico con cui ho gestito il mio spazio autrice, posso solo dire che non ero mentalmente stabile al momento, non mi sarei mai permessa altrimenti.
Bene, vi saluto,
Eleonora
#keepfighting

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Desperate Measures ***


POV Taylor:

15 settembre 8:30
Zayn era di fianco a me. Riuscivo a sentirlo con tutti i miei sensi, tesi per la sua vicinanza. Vedevo la sua mano muoversi con grazia sul foglio ai bordi della mia visione, impedendomi di concentrarmi sulla verifica.
Fui distratta dal rispondere alla seconda domanda, che chiedeva di scrivere le definizioni di sette tecniche narrative a nostra scelta, a causa dell'odore di tabacco proveniente da Zayn. Era un odore prepotente, che mi entrava nelle narici e domandava la mia più totale attenzione.
Era il suo profumo, che, seppur in quantità variabili, si portava dietro sempre, rendendolo unico. Persi altri preziosi minuti per cercare di convincermi che non valeva la pena consegnare in bianco per restare ad ascoltare i suoi respiri profondi e regolari, a cui io di conseguenza mi stavo adattando.
Zayn sospirò, appoggiando la penna sul banco di legno. Tutti i miei muscoli tremavano per la voglia di allungare un braccio e coprire la poca distanza che ci separava. Chiusi gli occhi, respirando profondamente in un tentativo di recuperare un minimo di sanità mentale, ma questo mio sforzo fu vanificato da un'altra folata di fumo proveniente da lui.
Il mio mondo ruotava attorno a lui. Zayn si stava impossessando dei miei sensi e della mia mente. Zayn era dappertutto e da nessuna parte allo stesso tempo. Vederlo a meri centimetri da me senza poter dire o fare nulla era sempre un'esperienza agrodolce, una tortura. Ma era una delle torture più dolci a cui fossi mai stata sottoposta.
Ero come un aeroplanino di carta, e Zayn era il vento. Ero nelle sue mani, poteva fare di me quello che voleva con il minimo cambiamento di direzione. Aveva nelle sue mani il potere di salvarmi, oppure di lasciarmi vagare nella direzione sbagliata fino a che non fossi andata a sbattere contro un ostacolo.
Quel ragazzo era riuscito nel difficile compito di scombussolarmi gli ormoni.
Fu un quel momento che ammisi a me stessa quello che perfino il mio subconscio aveva già capito: mi ero presa una cotta per Zayn.
Doveva essere stata la conversazione con Harry del pomeriggio a sbloccare qualsiasi barriera ci fosse in me che mi impediva di pensare a lui in quella maniera, o forse era stata una reazione a catena dovuta alla festa di Niall. Ma qualunque fosse la ragione, e per quanto quel ragazzo mi affascinasse, non avevo intenzione di
agire sui miei sentimenti.
A che scopo attraversare l'ennesima delusione, guardarlo con devozione per essere ricambiata dal dolore, sia fisico che mentale? Appena avessi visto Harry gli avrei chiesto di finirla con questa pagliacciata del finto fidanzamento. Mi domandai brevemente come avessi fatto ad accettare una stupidaggine simile quando me l'avevano proposta. Oh, quei cinque ragazzi mi avrebbero fatto perdere tutto il mio buon senso un giorno di questi.
Quando Zayn riprese in mano la penna, tamburellandola contro il banco mentre leggeva con le sopracciglia aggrottate e si mordeva il labbro inferiore, io feci lo stesso.
Buttai giù un paio di frasi smozzicate alla terza domanda, per la prima volta certa che avrei fallito una verifica. Questo avrebbe sicuramente influenzato negativamente i miei voti perfetti, ma al momento era la minore delle mie preoccupazioni.
In effetti con tutto quello che stavo passando mi meravigliavo di non aver fatto un maggior uso del rasoio. Mi sarei aspettata di dover far ricorso al mio fidato amico quando mio padre fosse finalmente tornato a casa la sera precedente, ma ero riuscita a controllarmi, anche solo per onorare la promessa che avevo fatto ad Harry.
Non era stato poi così traumatico, ora che riuscivo a pensarci con mente lucida. Papà si era comportato come al solito, le uniche differenze sostanziali erano le occhiaie violacee sotto gli occhi e i vestiti non curati come al suo solito. Ci eravamo salutati e poi, come succedeva ogni volta, lui si era rintanato nel suo ufficio con una pila di carte da riempire e pochissimo tempo per farlo. E io ero rimasta ancora una volta sola.
Il mio treno di pensieri si spezzò mentre mordicchiavo il tappino della penna e mi concentravo sulla quarta domanda, di cui ricordavo poco o nulla. Aveva qualcosa a che fare con la catarsi, di quello ne ero sicura, ma il termine preciso non ne voleva sapere di venirmi in mente. In quell'istante fui grata di avere davanti a me l'orologio che ticchettava, sempre più vicino al suono della campanella, perché sapere di avere una scadenza che mi stava con il fiato sul collo mi impediva di torturarmi con questi pensieri assurdi su Zayn e cosa sarebbe o non sarebbe potuto capitare.

Insomma, era
Zayn. Che cosa mi sarei mai potuta aspettare da un ragazzo con la naturale inclinazione ad odiarmi con ogni gesto e parola?

15 settembre 12:44
Non avevo mai visto la mensa tanto gremita di persone. Sembrava che durante il fine settimana gli studenti si fossero moltiplicati, dato il chiasso che regnava sovrano e il fatto che non c'era più un tavolo libero attorno al mio.
Erano cinque minuti che non staccavo lo sguardo dal vassoio di cibo che Niall mi aveva spinto sotto il naso, incitandomi a mangiare. Il ferro freddo della forchetta sembrava non volersi scaldare nemmeno a contatto con la mia pelle, lasciandosi dietro una scia di brividi freddi che mi attraversavano la schiena. Non mi sentivo a mio agio con Zayn che, tanto per cambiare, mi stava fulminando con gli occhi a vedere la mia reticenza nel voler mandare giù del cibo, e un braccio di Harry stretto attorno alla mia vita con un finto fare protettivo. Non mi piaceva, mi faceva sentire ancora più debole e indifesa di quanto non lo fossi realmente. Liam e Louis stavano cercando di cominciare una conversazione leggera, tentando di distrarre Zayn dal suo obiettivo di incenerirmi. Sentendomi vagamente nauseata, spostai lo sguardo dal sorriso gentile di Harry alla nuova faccia presente al nostro tavolo. Era un ragazzo tremendamente alto e magro, con i capelli di un biondo chiaro, e stava confabulando animatamente con Gary a voce molto bassa.
Mi accorsi dell'improvviso sbiancamento in volto di quest'ultimo quando Ross, mi sembrava che si chiamasse così, cominciò ad elencare un qualche cosa sulle punta delle dita, sogghignando in modo pericoloso.
Ma prima che potessi aprire la bocca e chiedere spiegazioni, la presa di Harry attorno al mio fianco si strinse, portandomi praticamente sulle sue gambe. Sorpresa, alzai lo sguardo verso di lui, che mi ammiccò furtivamente prima di appoggiare la testa sull'incavo del mio collo e parlare a voce abbastanza alta da attirare l'attenzione di tutti: “Come è andata stamattina, principessa?”
Per un terribile secondo pensai che sarei scoppiata a ridere davanti all'espressione esterrefatta di Gary, ma quando intercettai lo sguardo trasudante omicidio che Zayn stava rivolgendo a Harry tornai ad essere seria. Con le guance in fiamme, fissando un punto distante della sala per non morire di imbarazzo, borbottai una risposta sconclusionata e ben poco sensata.
Ancora guardando lontano da Zayn, non mi accorsi della forchetta che Harry mi stava praticamente agitando sotto al naso fino a quando non mi ebbe quasi accecata. Con un sussulto, guardai la foglia di lattuga che Harry stava cercando di spingermi in bocca con disgusto, abbassandogli il braccio.
Liam schioccò la lingua contro al palato, guardandomi con un misto di disappunto e comprensione: “Taylor, sai che devi mangiare, vero?”
Sospirai, lasciando scivolare lontano da Harry e sulla mia sedia: “Sì, lo so. Questo non significa che debba piacermi, però.”
Il solo pensiero di mandare giù del cibo, sentirlo raschiarmi in gola mentre scendeva e lasciare nel mio stomaco quella sensazione di completezza che solo il cibo sapeva dare, mi faceva venire l'impulso di vomitare, rivoltare il mio stomaco come un calzino.
Sentendomi a disagio con gli sguardi puntanti tutti su di me, mandai giù una forchettata di pasta dal mio piatto. Le occhiate penetranti si attutirono un poco, lasciandomi libera di tirare un sospiro di sollievo. Sussultai quando la gamba di Harry si intrecciò alla mia sotto al tavolo, facendomi diventare ancora più rossa in viso quando Liam ridacchiò al mio piccolo sobbalzo.
Quel momento fu uno dei molti di più totale sconcerto per come la mia vita si era ribaltata completamente nel giro di pochi giorni. Dal passare le mie giornate sempre sola, tra scuola e compiti, ad una tavola piena di persone che, pur essendo a conoscenza delle mie pecche, mi accettavano completamente. Sempre non considerando Zayn, ma lui poteva essere considerato l'eccezione che confermava la regola. Certo, se avessi tenuto conto delle rivelazioni che mi aveva fatto Harry
sul suo conto, o peggio ancora, se avessi ripensato a cosa era successo tra noi due la sera della festa, avrei potuto ricredermi, ma mi costrinsi a spingere quei pensieri in fondo al mio cervello e mi concentrai sul difficile compito di finire il pranzo.
Quando finalmente mancavano cinque minuti al suono della campanella, ed io ero riuscita ad ingoiare quanto più cibo possibile (anche se non era stato abbastanza, dalle espressioni di Niall e Liam), mi diressi assieme a Louis verso l'aula di arte.
Con un sospiro spento, camminando a passo svelto di fianco al moro, mi domandai, non per la prima volta, quanto tempo sarebbe durata questa strana e incerta amicizia.

15 settembre 15:50
Allibita, strappai la penna dalla mano di Niall, prima che potesse andare avanti in quella che si prospettava essere la quinta equazione sbagliata di fila. Era incredibile come quel ragazzo non avesse nemmeno la minima idea delle regole basilari della matematica, non avevo mai incontrato nessuno meno portato di lui, tranne forse Louis, che era in condizioni ancora più disastrate di lui.

No, Niall. Ci sono le parentesi, prima devi eseguire il calcolo dentro, e poi moltiplichi.” gli feci notare, circolettando con una matita il calcolo sbagliato. Mi girai verso Louis, osservando da dietro le sue spalle i numeri minuti scritti con inchiostro blu sul foglio.
La mia lingua schioccò contro il palato prima che riuscissi a trattenermi: “Louis, le divisioni hanno la precedenza sulle addizioni.”
Lou alzò gli occhi verso di me, sorpreso: “Dici davvero?”
Mi trattenni dal ridergli in faccia, pensando che non sarebbe stato molto gentile da parte mia, specie perché ero stata io ad offrirmi di aiutarli. Scesi dalla sedia in cucina per prendere un bicchiere d'acqua, domandandomi quando mi fosse successo di trovarmi più a mio agio a casa di Hannah che a casa mia. Forse per il fatto che qua non ero mai rimasta da sola, mentre a casa mia era una solitudine eterna. Le mie giornate erano divise tra l'inferno che passavo a scuola e la mia camera, un luogo così triste e desolato che sembrava essere sospeso nel tempo.
Intravidi Liam in salotto, disteso a testa in giù sul divano e intento a leggere un libro dalla copertina consunta. Sorrisi alla vista delle sue sopracciglia corrugate, la bocca che si muoveva piano per articolare suoni silenziosi.
Dalle camere chiuse sentivo qualcuno canticchiare un motivetto allegro, e, nonostante fuori uno strato di nuvole che impediva al sole di illuminare la terra, l'aria era meno pesante, o perlomeno non prometteva più pioggia. Era come una specie di sogno, una tregua dal dolore così inaspettata che non avrei nemmeno osato immaginare.
Per la prima volta da anni mi sentivo come se avessi davvero trovato il mio posto nel mondo, un luogo sicuro con persone che sapevo non mi avrebbero fatto volontariamente del male. E poi, stavano riuscendo a distrarmi da quello che mi aspettava una volta che fossi tornata a casa. Non ero ancora pronta ad accettare l'apparente tradimento di mia madre, o il fatto che i miei genitori stessero per divorziare dopo tutti quegli anni felicemente sposati.

Ehi, Taylor, vieni a vedere, penso che questa mi sia venuta!” esclamò Niall allegramente, distraendomi dal mio treno di pensieri.
Mi avvicinai a lui, abbassandomi un poco per leggere l'equazione, ridacchiando e scompigliandogli i capelli con fare affettuoso quando risultò che era davvero corretta.
Non sapevo esattamente quanto tempo avessi passato cercando di inculcargli in testa almeno le basi della matematica, ma quando Zayn fece il suo ingresso in cucina la luce fuori dalla finestra era già sparita.
Il suo sguardo incontrò il mio a metà strada. Contemporaneamente, sembrò che il freddo nei suoi occhi ghiacciasse tutto quello che ci stava attorno, e che il magma in essi arrivasse fin dentro alla mia anima, bruciando tutto al suo passaggio e lasciandomi agonizzante per il dolore puro che mi travolgeva quando mi guardava con quell'espressione. Ripetute fitte all'altezza del petto mi torturavano, facendomi domandare se per caso non fossi sul punto di avere un infarto.
Poi però, forse intuendo il mio disagio, spostò il suo sguardo sul tavolo, con gli angoli delle labbra tirati verso il basso.
Mi sentii di troppo. Era probabilmente quella la ragione per cui Zayn mi odiava, mi ero intromessa nella loro amicizia secolare, allontanando da lui i suoi amici di sempre. Avrei potuto giurare che Niall avesse speso più tempo con me che con lui nell'ultima settimana.
Mi alzai di scatto, afferrando la mia cartella e attirando tutti gli sguardi su di me: “Io devo andare.” mormorai, fissando il pavimento.

Sicura? A mia zia non darebbe fastidio apparecchiare un posto in più a tavola.”offrì Niall con un sorriso timido. Liam, ancora in salotto a leggere il suo libro, urlò che avrebbe fatto piacere a tutti se mi fossi fermata anche a cena.
A tutti tranne Zayn
, sussurrò una vocetta maligna nella mia mente, spingendomi a rifiutare l'invito. “Allora ci vediamo domani?” domandò Harry, cingendomi la vita e avvicinandomi a sé.
Sapendo quali erano le loro aspettative su di me, annuii con vigore, alzandomi in punta di piedi e facendo sfiorare le nostre labbra.
Mi ero aspettata di non sentire assolutamente nulla, siccome nei confronti di Harry non provavo altro che un sincero moto di amicizia, e per questo le sensazioni che mi pervasero al tocco furono le più sconvolgenti.
Una scarica di elettricità mi pervase il corpo, sconcertandomi piacevolmente. Le mie labbra sembravano sfrigolare al contatto morbido e caldo.
Le mie guance si tinsero di rosso mentre guardavo istintivamente il pavimento lucido e mi allontanavo il più velocemente possibile.
Non osai guardarmi indietro per paura di vedere la reazione di Zayn.


POV Gary:

15 settembre 16:00
Gli occhioni grigi di mia sorella Sophia osservarono attentamente Ross da capo a piedi, fin troppo vigili e attenti per i suoi sei anni di età.
Sophia spostò lo sguardo su di me, chiudendo gli occhi per qualche secondo prima di riaprirli: “Chi è lui?” domandò a voce troppo alta, indicando con una manina il ragazzo biondo, che di fronte a quella bambina perse completamente la sua facciata da duro e sorrise per la prima volta da quando lo avevo conosciuto.
Le scompigliai giocosamente i capelli: “Non si indicano mai le persone, non è una cosa molto educata.” le ricordai, abbassandole il braccio fino a che non era di nuovo steso lungo un fianco.
Lei spinse fuori il labbro inferiore: “Ma io voglio sapere chi è!”
Ai bordi della mia visuale vidi Ross ridere dolcemente e fin troppo piano prima di accucciarsi sul talloni per essere alla sua altezza e sporgere una mano verso Sophia: “Io sono Ross, un amico di tuo fratello. E tu chi sei?”
Come avrebbe potuto immaginare chiunque conoscesse anche solo poco mia sorella, lei ignorò la mano protesa, preferendo gettarsi direttamente tra le braccia di Ross per stringerlo forte e cinguettare il suo nome. Ross scoppiò in una risata più rumorosa, restituendo l'abbraccio e alzando lo sguardo verso di me. I suoi occhi scuri sembravano brillare, e, per qualche assurda ragione su cui non volevo nemmeno soffermarmi a riflettere, l'azione mi fece esplodere una miriade di farfalle nello stomaco, che ora si agitavano disperatamente.
Mi costrinsi a deglutire e distogliere l'attenzione dal biondo, spalancando la porta di casa e precedendoli in casa.

Mia, sono a casa.” urlai, sentendola affaccendarsi in cucina. Lasciai cadere lo zaino sul divano, facendo segno a Ross di fare lo stesso.
La testa di Mia sbucò dalla porta, il suo sorriso tingendosi di malizia quando si accorse di Ross. Mi ricordai improvvisamente della ragione per cui non avevo più portato amici a casa dalla prima media. Mia aveva la tendenza a interrogare minuziosamente ogni persona che conoscevo, cercando di farsi un giudizio più
accurato.
Dirigendosi verso Ross, Mia lo scrutò non del tutto convinta. Con tutta probabilità i piercing le dovevano aver fatto una brutta prima impressione. Ross rispose allo sguardo pungente con una facciata calma che gli invidiavo, essendo a conoscenza della mia inabilità a non arrossire quando mia sorella mi guardava con quell'espressione.

Mia, lui è Ross, un mio amico.” stressai l'ultima parola, gesticolando e temendo che mia sorella si facesse un'idea sbagliata sulla natura della nostra relazione. Per mia fortuna le avevo parlato di Louis, e quindi Mia fu più pronta ad accettare la nostra presunta amicizia di quanto mi sarei potuto aspettare altrimenti.
È un piacere, Ross. Volete qualcosa da mangiare? Ho appena finito di cucinare dei muffin, se siete interessati.”
Mi girai a guardare il biondo, invitandolo a seguirmi in cucina con uno sguardo allegro.
Sophia era già seduta al tavolo in maniera scomposta, mordicchiando un muffin mentre disegnava su un foglio, il viso così vicino che praticamente il suo naso toccava il foglio.
Le scompigliai i capelli dorati prima di sedermi di fronte a Ross, allungando una mano per afferrare il muffin più vicino a me, ancora caldo.
Ross copiò le mia azioni, mentre Mia si sedeva a capotavola, una tazza di caffè nero bollente, come sempre senza zucchero, stretta in mano.

Ross è appena arrivato alla Felicity.” dissi, blaterando la prima cosa che mi attraversò il cervello per iniziare una conversazione, captando l'aria di diffidenza che Mia stava emanando.
Davvero? Dove andavi prima?” domandò mia sorella con un sorriso educato.
Ross inclinò la testa, lasciandosi sfuggire una smorfia divertita che mi fece realizzare che aveva capito perfettamente a che gioco stava giocando Mia: “Mi sono appena trasferito dal Montana, in effetti.”
Come ti stai trovando qua a Londra?”
Il biondo scrollò le spalle, addentando il muffin: “Tutto sommato bene. Da quel che sono riuscito a vedere, qua sono tutti più tolleranti che a casa mia.” i suoi occhi neri si spostarono su di me per un istante prima di tornare a posarsi su quelli grigi di Mia.
Un sorriso appena percettibile piegò le labbra di mia sorella, solo per essere nascosto dalla tazza che si era posata sulla sua bocca. L'odore penetrante del caffè mi entrò nelle narici, facendomi rabbrividire. Dopo tutti questi anni non ero ancora riuscito a capire come facesse Mia a farsi piacere quella bevanda disgustosamente amara.

Cosa mi dici dei tuoi genitori, si trovano bene?” domandò Mia quando il silenzio si allungò più di quanto risultasse comodo.
Ross esitò: “I miei viaggiano molto, non li vedo da un paio di settimane.”
Mi sentii riempire di compassione al pensiero di rimanere da solo senza la mia famiglia per così tanto tempo, solo per poi ricordarmi che era la stessa cosa che sopportava Taylor da anni e, in una certa misura, anche Louis ora. Sembrava che non riuscissi a trovarmi un amico che non avesse delle cicatrici, sia esterne che
interne.
Senza accorgermi di quello che stavo facendo, mi ritrovai in piedi, una mano stretta attorno al polso di Ross. Il biondo alzò un sopracciglio come per domandarmi cosa stessi pensando di fare, e Mia si schiarì la voce con fare minaccioso.
Quando il mio cervello si mise al passo con le mie azioni, i miei istinti mi avevano già portato a mollare la presa e arrossire bruscamente mentre distoglievo lo sguardo.

Penso che faremmo meglio ad andare in camera mia, abbiamo molto da fare.” mormorai nervosamente, fissando Sophia mentre dava un morso al suo muffin e si sporcava metà faccia di cioccolato.
Sentii una bolla di isteria salirmi in gola e rischiare di fuoriuscire. Non riuscivo a capire per quale ragione stessi reagendo in modo così esagerato a tutto quello riguardava Ross.
Per fortuna lui si alzò con un sorriso sfacciato rivolto a Mia prima che potessi fare qualcosa di cui mi sarei sicuramente pentito in seguito: “Hai ragione, abbiamo molto da organizzare, e poco tempo per farlo.”

POV Taylor:

15 settembre 17:15
Appena misi piede in casa diventò ovvio che c'era qualcosa che non andava.
Non era come se tornassi a casa tutti i giorni per sentire urla e piatti che si spaccavano a terra con una fragore assordante.
Non era come se fossi abituata a ritrovarmi davanti agli occhi l'immagine di mio padre, immobile e con un muscoli tesi, fermo in mezzo ad un mare di frammenti di ceramica e vetro.
Non era come se avessi visto molte volte in vita mia mia madre così isterica, il volto arrossato pieno di lacrime e un piatto integro stretto in una presa tremolante mentre strillava e inveiva contro il mondo intero.
Il buon umore che i miei amici erano riusciti ad infondermi nel pomeriggio svanì senza una traccia quando capii perché mia madre avesse avuto la faccia tosta di presentarsi qua, pur sapendo che non era di certo benvenuta.
“Non ti permetterò di portare via anche mia figlia.” ringhiò mia madre, ma non mi sfuggì la mano libera stretta in fare protettivo attorno al suo stomaco. Mi sentii male per l'intensità della pugnalata di rabbia e tradimento che mi colpì quando lo notai.
Il solo pensiero di mia madre che andava a letto con un uomo che non era mio padre mi fece venir voglia di vomitare lì sul pavimento d'ingresso di casa mia. E il fatto che fosse anche rimasta incinta era ancora più drammatico, un'evoluzione del nostro rapporto su cui non volevo nemmeno soffermarmi a riflettere.
Per un momento mi immaginai come sarebbe stato vivere con il mio fratellastro. Di certo non sarei mai riuscito a guardarlo negli occhi sapendo che era stato il motivo per cui i miei genitori stavano divorziando. Forse, se solo mia madre non stesse aspettando un bambino, mio padre non sarebbe mai nemmeno venuto a sapere della sua infedeltà.
E forse, solo forse, avrei preferito vivere con entrambi i miei genitori senza sapere cosa aveva fatto mia madre che questo scempio.

Non ci pensare nemmeno, Tay non vorrà nemmeno vederti, figuriamoci andare a vivere assieme a te.” sbottò mio padre, linee dure attorno agli occhi.
Nonostante mi sentissi sul punto di scoppiare in lacrime, sia arrabbiata che triste riguardo a questa scenata, non potei fare a meno che assentire mentalmente con lui. Non c'era la minima possibilità che accettassi di finire sotto custodia di mia madre, non dopo quello che aveva fatto.
É mia figlia, non puoi impedirmi di vederla!”
Non sarò io a farlo, sarà lei a non volerti nemmeno guardare in faccia, vedrai.”
Si vede che non conosci la mia Taylor.”

L'ultima cosa che vidi prima di ritirarmi nella mia camera senza farmi notare fu il viso di mio padre adombrarsi, e le sue parole mormorate: “Se tu quella che non la conosce.”
Camera mia era silenziosa, ma nemmeno la spessa porta chiusa poté impedire ai suoni sempre più intensi che provenivano dalla cucina di filtrare dagli spiragli e penetrarmi dentro.
Mi lasciai cadere sul letto perfettamente rifatto, nascondendo un paio di lacrime traditrici nel cuscino. Solo quando i miei singhiozzi scemarono a sussulti asciutti mi permisi il lusso di sollevare lo sguardo verso la mia camera.
E, forse per uno scherzo del destino, mi ritrovai a fissare l'orsetto bianco che mi aveva regalato Niall in ospedale, che ora giaceva abbandonato sulla scrivania. A passi instabili mi avvicinai al peluche, prendendolo delicatamente in mano.
I suoi lucidi occhioni neri non mi aiutarono però a rilassarmi, perché riportarono ancora una volta il mio binario di pensieri su Zayn e i suoi occhi.

POV Gary:

15 settembre 17:38
Mi costrinsi a restare impassibile alle parole di Ross, ma resistetti solo per pochi secondi prima di scoppiare a ridere in maniera isterica.
Ross cercò di fulminarmi con uno sguardo, e avrebbe funzionato indubbiamente bene se solo non fosse stato per il sorriso divertito che lo illuminava: “Io ero serio.”
E lo era, eccome se lo era.
“Aspetta, quindi stai cercando di dirmi che domani dovrei tendergli un agguato e baciarlo a sorpresa? Perdonami, ma non mi sembra un piano molto geniale.”
Lui però annuì: “É un adolescente, Gary, non può trattenere gli ormoni.”

E questo cosa centra?” domandai, sbattendo lentamente le palpebre, del tutto confuso.
Che non importa se sei maschio o femmina, il suo primo impulso sarà quello di rispondere al bacio.” disteso di fianco a me sul mio letto, i suoi capelli lunghi formavano un ventaglio attorno alla sua testa.
Quindi a seconda di quanto ci mette a respingermi dovrei capire se gli piaccio o meno?” mi umettai le labbra secche.

Gli occhi di Ross scattarono verso la mia bocca, seguendo il percorso della mia lingua e fermandosi a fissare le mie labbra per qualche secondo di troppo per potermi mettere a mio agio: “Esatto.”
Mi schiarii la gola, riuscendo a malapena a trattenere un sospiro di sollievo quando la sua attenzione si spostò da me. Per quanto mi facesse sentire meno infimo sapere che Ross era attratto in una qualche misura da me, l'attenzione del ragazzo era imbarazzante.
Ross non era esattamente un tipo normale, si portava dietro un'aura di pericolosità a cui io di certo non ero immune e avrei mentito se avessi detto che non mi faceva anche un po' di paura.

Quando dovrei metterlo in pratica?”
Ross scrollò le spalle: “Appena di senti sicuro suppongo. Ma ti dirò, io sono ancora convinto che la soluzione migliore sarebbe cercare di farlo ingelosire mettendoti con me.” il suo ghigno ferale mi fece rizzare i capelli dietro alla nuca, ma cercai di mascherare la mia reazione.
Non era una buona idea far fiutare le proprie paure al predatore.

*ANGOLO AUTRICE*
Sono viva! Questa volta non mi scuserò per il ritardo ancora più sostanziale del solito, mi sento del tutto giustificata. Ho avuto delle... complicazioni. C'è qualcuno lassù che mi odia, e ha deciso che non mi bastavano i problemi che già avevo, quindi ora mi ritrovo un cuore malfunzionante. Ho passato gli ultimi mesi tra scuola e ospedali di mezza Italia, cercando di capire perché io soffra di tachicardia. Inutile dire che non hanno ancora trovato il motivo.

Comunque, vi volevo ringraziare di cuore. Grazie mille a chi segue questa storia sin dal primo capitolo, a chi l'ha appena scoperta, a chi l'ha messa tra le seguite e le preferite, a chi ha addirittura messo me tra gli autori preferiti, a chi recensisce ad ogni capitolo, a chi legge solamente, a chi ha pensato di chiedere di mettere la storia tra le scelte (mi avete fatta piangere, e non scherzo). Volevo ringraziare specialmente
TheOnlyWay e HitTheLights, che ho scoperto solo da poco seguire questa storia, e che stimo tantissimo come autrici.
Ne approfitto per suggerirvi un paio di storie che mi hanno colpito:

If we could only have this life for one more day, If we could only turn back time...

vesper's goodbye.

Vi saluto, augurandovi buone vacanze nel caso non riuscissi ad aggiornare prima di Natale :)
Ele
P.S. Per il motivo sopraccitato, non ho avuto il tempo materiale di rispondere ai messaggi privati/rispondere alle recensioni/recensire le vostre storie. Non vi sto snobbando, giuro, cercherò di ritagliarmi un angolino di tempo per farlo.
P.P.S. Vi ricordo che se volete che io passi a leggere le vostre ff (e mi farebbe piacere, considerando che sto cercando altre ff da leggere), sarebbe meglio chiedermelo in una recensione.

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Six degrees of separation ***


 

 


First, you think the worst is a broken heart,
what's gonna kill you is the second part.
And the third, is when your world splits down the middle,
and fourth, you're gonna think that you fixed yourself.
Fifth, you see them out with someone else,
and the sixth, is when you admit,
that you may have fucked up a little.
[Six degrees of separation-The Script]

POV Taylor:

16 settembre 9:25
Mi piaceva la matematica. I numeri erano rigidi, rientravano tutti in schemi ben precisi. Era sempre una soddisfazione quando si comportavano come dovevano e i calcoli me ne evidenziavano di nuovi, più complessi di quelli iniziali eppure così simili.
Ero a metà della risoluzione di un'equazione di secondo grado particolarmente complessa quando la lucina rossa sull'interfono in un angolo della stanza cominciò a lampeggiare, indicando che era acceso per una comunicazione da parte della presidenza.
Sapendo che non era probabile che riguardasse me, infatti non avevo mai fatto nulla che implicasse farmi sbattere in presidenza, non alzai nemmeno la testa e mi concentrai sul quaderno di fronte a me, mentre negli altri banchi i miei compagni sonnolenti si risvegliavano dal torpore in cui erano piombati e parlottavano interessati tra loro. Non mi potevo permettere di tenere una condotta meno che esemplare se non volevo rovinare la mia media scolastica.
Oxford accettava solo studenti con voti più che perfetti, e già rischiavo di essere esclusa per colpa di quella verifica di scrittura creativa in cui avevo fatto veramente pietà.
La voce della preside attraverso l'interfono suonava insolitamente allegra: “Attenzione prego, la signorina Austen Taylor è pregata di recarsi immediatamente in presidenza.”
Le parole mi entrarono da un orecchio e uscirono dall'altro, senza che le recepissi minimamente in un primo momento. Poi però, a metà del passaggio che stavo facendo, le parole della preside si registrarono nel mio cervello e alzai la testa di scatto.
Quasi tutti i miei compagni mi stavano guardando, chi con disgusto e chi con curiosità. C'era gente che sembrava così sorpresa di vedermi in questa classe, in questa
scuola
, che sarei stata più visibile se non ci fossi proprio stata in primo luogo.
Con gli occhi sgranati mi girai verso il professore che, con uno sbuffo annoiato, probabilmente a causa dell'interruzione della sua lezione, mi fece cenno di andare. Sentendo un leggero rossore farsi strada sulle mie guance per l'attenzione inusuale che stavo ricevendo, raccolsi le mie cose il più velocemente possibile e sgusciai fuori dall'aula.
I miei passi contro il linoleum risuonavano sinistramente nel corridoio vuoto, come un presagio di quello che mi aspettava una volta fossi giunta in presidenza. Mi sentivo come disorientata da tutte le pieghe che stava prendendo la mia vita nelle ultime settimane, dopo anni e anni di routine.
Esitai brevemente nell'anticamera dell'ufficio della preside, domandandomi se avrei dovuto bussare o meno. La mia mano stretta a pugno rimase sospesa in aria a pochi centimetri dal legno spesso mentre in me si svolgeva una guerra anche per una cosa futile come questa.
Alla fine presi coraggio e, trattenendo il fiato, bussai.

Avanti.” venne la voce della preside, e mi rilassai di qualche frazione per aver fatto la scelta giusta. Entrai con la cautela dovuta nell'affrontare quella nuova situazione.
L'ufficio della preside era caldo, con un lungo tavolo di mogano che pareva uscito da altri tempi e i quadri alle pareti che ritraevano sempre gli stessi due bambini, con molta probabilità i suoi figli. Sul lato opposto del tavolo sedeva la preside, una donna piuttosto frigida con cui fortunatamente non avevo avuto molte opportunità di conversare.
Ma la figura che più attirò la mia attenzione fu l'uomo di fianco a lei. Indossava un tailleur grigio e aveva appoggiata ai suoi piedi una valigetta che mi fece spuntare in mente l'immagine di mio padre. Anche lui si portava sempre dietro una valigetta simile, lavoro diceva.

Ah, Taylor, ti aspettavamo. Vieni, siediti qua.” disse la preside, puntando con un dito la sedia di fronte all'uomo.
Questo si schiarì professionalmente la voce dopo qualche secondo di teso silenzio: “Signorina Austen, è un piacere conoscerla. Mi chiamo Richard Martin, lavoro per l'università di Cambridge.”
Dentro di me si susseguirono una miriade di emozioni contrastanti. Non riuscivo a capire cosa ci facessi io qua, e cosa volesse Cambridge da me. Non volevo stringere la mano protesa verso di me, mi sembrava un gesto troppo personale, intimo, per due sconosciuti. Allo stesso tempo c'era però anche una parte di me, abbastanza piccola da reprimere senza alcuno sforzo apparente, che stava fremendo dalla voglia di scoprire di cosa si trattasse. E una parte ancora più minuscola si stava insuperbendo per il fatto che su tutto il corpo studentesco avesse scelto proprio
me con cui parlare.
Seguendo un impulso folle la mia mano strinse la sua in una presa che non tradiva quanto confusa mi sentissi dentro.
Al suo fianco la preside allungò una cartella bianca verso di me, un'aura sempre più soddisfatta attorno a lei: “Ecco, signor Martin, queste sono le sue pagelle negli scorsi due anni.”
La mano che fino a poco prima era stata stretta attorno alla mia si impossessò dei documenti, sfogliandoli con una rapida occhiata.
Un sorriso gli illuminò la faccia: “Sa signorina Austen, lei fa alzare sensibilmente la media scolastica nazionale.”
Le mie guance presero fuoco a quel compimento: “La ringrazio.” mormorai alla fine, sapendo che qualunque altra risposta mi avrebbe fatta sembrare vanitosa. Cielo, già sembravo fin troppo vanitosa così.
Lui agitò una mano: “Mi dica, cosa le piacerebbe fare dopo il liceo?”
A quella domanda esitai, colta da un dubbio: avrei dovuto mentire, oppure dire la verità e rischiare che quest'uomo se la prendesse perché avevo preferito l'antica rivale Oxford a Cambridge?
Il momento di indecisione dovette essere ben chiaro sul mio volto, perché l'uomo fece un altro sorriso conciliante: “Non esiti a dire ciò che pensa.”
Mi fissai le mani, osservando il lieve tremolio che le scuoteva con un'aria di distaccata tranquillità: “Stavo cercando di ottenere una borsa di studio per Oxford.” ammisi, non osando guardarlo negli occhi.
Lui fece una smorfia e poi sospirò: “Capisco. Posso chiedere il perché?”
Scrollai le spalle, ignorando la preside che, da dietro all'uomo, mi stava uccidendo con uno sguardo: “Hanno il migliore corso di legge.”
L'uomo, Martin, scosse la testa: “Comunque sia, l'università di Cambridge sarebbe onorata di averla tra i suoi studenti, e le possiamo assicurare che la nostra facoltà di legge non è niente male.” mi allungò una busta sigillata con il mio nome scritto sopra e lo stemma della scuola, “Questa è una borsa di studio per tutti gli anni di università che copre spese per i libri, vitto e alloggio nel campus, sfruttabile a partire da settembre dell'anno prossimo.”
Il lontananza, attutita dalla porta chiusa, sentii la campana che indicava la fine della seconda ora suonare.

Mi mancano ancora due anni di superiori.” gli feci notare, non riuscendo a trattenermi dal prendere in mano la busta e toccarla come se potesse scomparire da un momento all'altro. Mi sentivo tremendamente calma, più calma di quanto non mi fossi mai trovata prima d'ora in una situazione di questo frangente, ma era come se da un momento all'altro avrei fatto un passo troppo grande e sarei caduta giù dal burrone immaginario che delimitava il confine della mia sanità mentale.
Ah, vede, ne abbiamo parlato con la sua preside, e siamo tutti d'accordo nel dire che la riteniamo pronta a diplomarsi quest'anno.”
C-come?” domandai, balbettando pateticamente.
Resistetti a malapena all'impulso di pizzicarmi un braccio per controllare di non star sognando. Era tutto troppo strano per essere vero.
Quel maledetto sorrisino indulgente tornò a fare capolino sul viso dell'uomo: “Suvvia, non sembri così sconvolta. Ha due mesi per decidere, aspettiamo una risposta.”
Questa volta accettai la mano protesa senza remore, a malapena accorgendomi del congedo che stavo offrendo ad entrambi gli adulti.
Il tragitto dalla presidenza all'aula di fisica non fu altro che una macchia indistinta attorno a me, mentre stringevo al petto la busta che mi aveva appena cambiato la vita. Accantonai per un secondo l'idea di andare ad Oxford, concentrandomi solo sul quella nuova proposta.
Mi immaginai di andarmene alla fine di quest'anno scolastico, scappando dal divorzio del miei genitori, da Mark e Stacy, da tutte quegli orrendi ricordi di abusi e dolore. Avrei ricominciato da capo, e dovevo solo aspettare dieci corti mesi invece che due anni. Lasciai che il pensiero mi sostenesse, donandomi speranza.
Sarebbe stato così semplice prendere le mie cose e sparire per sempre dalle vite di tutti coloro che mi conoscevano.
Avrei potuto
dimenticare. E quel semplice fatto fu abbastanza da farmi prendere la decisione al momento, sapendo che non me ne sarei pentita: sarei andata a Cambridge a settembre.

POV Zayn:

16 settembre 12:40
Ero stanco, una stanchezza che mi fiaccava nel profondo e indeboliva le ossa. Una parte poteva essere dovuta a questa prigione che si ostinavano a chiamare scuola, ma la maggiore era tutta causa, e me ne rendevo perfettamente conto, di Taylor.
Dovunque andassi, qualunque cosa facessi, a qualsiasi cosa pensassi, la ragazza era sempre in cima alla mia mente, la sua immagine pronta ad assalirmi nei momenti meno opportuni. Avrei potuto passare ore a fantasticare sull'espressione che le si dipingeva sul viso quando sorrideva, il modo in cui i suoi occhi si illuminavano come due smeraldi al sole e la sua testa si piegava impercettibilmente di lato. A volte il suo corpo diventava vitreo, perso in mondi conosciuti solamente a lei, e in quelle occasioni serviva tutto il mio autocontrollo per non saltarle addosso. Mi passai una mano sulla faccia, facendo del mio meglio per ignorare Harry e Louis che stavano battibeccando amichevolmente pochi passi dietro di me, freschi dall'ora di chimica come io non sarei mai riuscito ad essere. Ringraziai il cielo che almeno per una misera mezz'ora sarei stato libero dalle lezioni.
“Ehi, Zayn!” la voce di Niall arrivò da un punto imprecisato alla mia sinistra. Mi girai in automatico a guardarlo, sentendo la familiare ondata di calore all'altezza del petto nel vedere la figura del mio migliore amico.
Niall si fece spazio tra i gruppetti di ragazzi, fermandosi a chiedere scusa quando andava a sbattere contro qualcuno e salutando le sue conoscenze. Scossi la testa con un sorriso indulgente, fin troppo abituato a vedere quanto potesse essere gentile anche dopo tutto quello che aveva passato.
“Come sono andate le lezioni?” domandò quando si fu portato a passo con me.
Scrollai le spalle: “Noiose. Tu?”
Mi rivolse uno di quei suoi sorrisi raggianti che avrebbero potuto sciogliere anche le pietre: “Niente di speciale. Hai sentito l'annuncio nella seconda ora?”
Il mio umore peggiorò di colpo pensando a Taylor ed il fatto che non si era presentata ad educazione fisica. Ero stato in ansia per lei tutta la mattinata. L'unico momento in cui l'avevo vista, passando per il corridoio al cambio dell'ora, non mi aveva nemmeno notato. Un sorriso smagliante minacciava di prendere il controllo del suo intero volto e le illuminava il viso come una brillante aura dorata. Non l'avevo mai vista così felice prima d'ora.
“Sì. L'hai vista, a proposito?” domandai, sentendo un improvviso bisogno di nicotina.
Niall scosse la testa e cominciò a rispondere, ma la mia attenzione fu deviata da una testa conosciuta. Aguzzai la vista, cercando di non perderla in mezzo alla folla di persone. Taylor stava parlando con due ragazze e gesticolando animatamente. Una delle due ragazze, che non avevo mai visto prima, rispose qualcosa che da quella distanza non sentii.
Cominciai a camminare verso di loro, dimentico di Niall di fianco a me e della gente che stavo spingendo nel tentativo di arrivare da lei.
La risata cristallina di Taylor mi colpì all'improvviso, facendomi fermare di botto. Mi frugai nella memoria, cercando di ricordarmi se avessi mai sentito Taylor ridere. La risposta tornò negativa, e per quanto mi sconvolse sapere di non averla mai sentita ridere nella settimana che la conoscevo, non potei frenarmi dal pensare che suonava completamente sbagliata. Troppo allegra e spensierata per appartenere alla stessa ragazza che avevo in mente.
Troppo acuta, troppo cristallina. Era come se appartenesse ad una persona diversa.
I miei occhi si ridussero a fessure mentre osservavo meglio la ragazza che avevo scambiato per Taylor, notando come i suoi capelli fossero più chiari e lunghi e il corpo più formoso. Tuttavia non riuscii a frenarmi dall'andare comunque a presentarmi.
I miei piedi mi portarono di fianco al trio, che smise di ridacchiare non appena mi vide di fianco a loro: “Ehilà.” dissi con un sorrisino compiaciuto, accorgendomi del modo in cui gli occhi della ragazza, che ora che riuscito a vederla in faccia aveva gli occhi marroni, ma che per il resto avrebbe potuto benissimo essere la gemella di Taylor, si spalancarono con malcelata ammirazione.
“Ciao.” rispose una delle altre due, quella bionda, “Io sono Jenny, e loro sono Clare e Sarah.”
Sarah, si chiamava Sarah.
“Io sono Zayn.” risposi, rivolgendo il mio miglior sorriso in direzione di Sarah, che arrossì istantaneamente.
La bionda (aveva detto di chiamarsi Jenny?) balbettò qualche parola in preda all'imbarazzo prima di riuscire a pronunciare una frase di senso compiuto: “Ehm, allora noi ti aspettiamo in mensa, Sarah, c-ci vediamo dopo.” e trascinò via l'altra con sé, in direzione opposta alla mensa scolastica.
"Quindi,” mi rivolsi direttamente alla ragazza, appoggiandomi contro gli armadietti, “ti va di venire a pranzo con noi?” le domandai.
Avrei potuto usare la distrazione da Taylor, e se non guardavo troppo da vicino avrei anche potuto scambiarla per la ragazza a cui ero caduto ai piedi come un ragazzetto alle prime armi. E forse, se Taylor ci avesse visti assieme, si sarebbe ingelosita.
Ero praticamente arrivato al punto che avrei colto al balzo qualunque occasione per risentire le mie labbra sulle sue. Venerdì, dopo la festa di Niall, era stato un momento di assoluta perfezione. Taylor era stata timida, esitante nel rispondere, ma restava che quel bacio era stato fantastico, il migliore a cui fossi mai stato reso partecipe.
Lei si morse il labbro, come se stesse dibattendo internamente su qualcosa, e i miei occhi vennero magneticamente attratti dai denti che stavano infierendo sulla sua bocca: “Immagino di sì.” rispose alla fine, scrollando e spalle e offrendomi un sorriso imbarazzato.

16 settembre 12:46
Sarah era seduta di fianco a me, più vicina di quanto avrebbe fatto una normale amica, e parlava solo quando le si rivolgeva direttamente la parola, esattamente come Taylor. Ma, al contrario della sua sosia, Sarah mangiava.
Con ogni probabilità il suo silenzio era dovuto al fatto di trovarsi circondata da estranei che sembravano averla presa in antipatia.
Dal capo opposto del tavolo Liam continuava a fissarmi come se avessi appena ucciso un cucciolo di cane, o qualcosa di altrettanto orrendo, mentre Louis faceva trapelare un disgusto tale che sembrava quasi nauseato, e i volti degli altri non erano che variazioni su quei due temi.
Sinceramente ne ero stupito, ma nel profondo c'era una sorta di rassegnazione, come se il mio animo fosse abituato alle continue reiezioni. Non riuscivo davvero a capire cosa avessero tutti contro Sarah. Niall mi stava guardando con una sorta di triste comprensione, attentamente scrutando la ragazza al mio fianco e rivolgendomi un sorriso amaro mentre scuoteva la testa.
Abituato com'ero alla confusione che solitamente regnava quando c'erano sia Harry che Louis presenti, il silenzio assordante che c'era ora era asfissiante, come una bolla a prova di suono che ci teneva separati dal resto della mensa.
E per rendere il tutto ancora peggiore, Taylor non si era ancora fatta vedere. L'agitazione mi stava corrodendo dentro, mi divorava lentamente. Stare lontano dalla ragazza con gli occhi più belli che avessi mai visto era una prova erculea.
“Se tra cinque minuti non si è ancora presentata la vado a cercare.” borbotto Gary a voce alta, tracciando figure inesistenti sul tavolo.
Ross annuì, facendo scorrere una mano sulla sua spalla in un gesto quasi possessivo che fece arrossire Gary, nonostante non si mosse per spostarla: “Vengo con te. Comunque,” guardò verso Sarah, rivolgendo alla ragazza al mio fianco un sorriso quasi sadico, “hai un volto familiare.”
Sarah lo guardò con circospezione, chiaramente intimidita dal suo aspetto, che, anche se non lo avrei mai ammesso, spaventava un po' anche me: “Magari ci siamo incrociati nei corridoi?” propose alla fine, scrollando senza molta forza le spalle.
Il cipiglio di Liam divenne più marcato: “No, ha ragione Ross. Non vi sembra incredibilmente simile a Taylor?” scambiò uno sguardo complice con Ross ed entrambi si lasciarono scappare un sorrisetto.
Questo mi innervosì tantissimo: “Dateci un taglio ragazzi, non è divertente.” sputai tra denti stretti. Era chiaro che stavano cercando di sabotare i miei tentativi di togliermi dalla testa Taylor.
Harry si intromise nel discorso, allungando il collo verso di lei: “Non ti scaldare, Zayn, hanno ragione. Se non fosse per gli occhi sarebbero identiche.”
Le rivolse uno dei suoi sorrisi smaglianti, ma il sentimento non raggiunse i suoi occhi, pieni di gelida rabbia e determinazione.
Sarah corrugò le sopracciglia: “Chi è Taylor?”
Aprii la bocca per dirle che non era nessuno di importante, ma prima che potessi proferir parola, Taylor fece il suo ingresso nella mensa.
La bolla attorno al mio tavolo sparì, lasciandomi improvvisamente assordato quando tutti i rumori nella mensa raggiunsero i miei timpani in una volta sola.
Qualcuno si zittì quando entrò, puntando con curiosità alla busta che stringeva al petto come un salvagente e l'espressione distaccata nei suoi occhi, ma la maggior parte dei ragazzi la ignorò come se fosse invisibile.
E lei, per una volta, non li considerò minimamente, il sorriso smagliante che avevo visto anche prima sempre presente e gli occhi illuminati di felicità. Il mio stomaco si strinse e fece qualche capriola mentre cercavo disperatamente di controllare il mio impulso di prenderla tra le braccia e non lasciarla più andare. Non potei però evitare il sorriso dolce che mi sfiorò nel vederla così contenta. Si sedette tra Niall e Harry, prendendo la mano a quest'ultimo e strizzandola.
Harry le sorrise e le lasciò un bacio sulla fronte come se fosse la cosa più naturale del mondo. Bastò quello a farmi distogliere bruscamente lo sguardo da Taylor e sentirmi bruciare dentro di gelosia. Per un momento odiai con tutto me stesso Harry. Lui, che avrebbe dovuto stare dalla mia parte e che ero sicuro avesse capito alla perfezione che Taylor era tutto il mio mondo, aveva invece acciuffato l'unica ragazza che avessi mai seriamente voluto.
Poi però considerai il fatto che era comprensibile che non fossi l'unico a volerla per sé. Taylor era speciale, unica, chi non avrebbe voluto l'opportunità di stare con lei?
Lo sguardo di Taylor rimase perso nel vuoto per altri istanti, ma poi scosse la testa e sbatté le palpebre: “Non indovinerete mai cos'è successo!”
Si girò a guardare Niall, che si lasciò andare ad una risata: “Cos'è successo?”
Il volto di Taylor, se possibile, sembrò illuminarsi ancora di più di gioia mentre allungava la busta che si era tenuta stretta al petto fino a quel momento. Niall la prese con titubanza, e a mio malgrado mi ritrovai intento a cercare di bloccare il mio corpo dal gravitare verso quella lettera che sembrava averla reso tanto contenta.
L'irlandese estrasse la lettera e gli diede una rapida lettura. Osservai i suoi occhi spalancarsi leggermente e la sua espressione mostrare vera meraviglia: “Tay, ma è magnifico! Sono contentissimo per te.”
Il mio migliore amico soffocò la ragazza in un abbraccio, e lei lo restituì con la stessa foga. Quando una frazione di secondo dopo scoppiò in una risata cristallina, il mio mondo si fermò.
La risata di Taylor era, senza dubbio, il suono più bello che avessi mai avuto la fortuna di ascoltare. Altro che Sarah, ma chi volevo prendere in giro? Taylor era diventata tutta la mia vita e niente e nessuno avrebbe mai potuto cambiarlo. Dovevo solo convincerla che eravamo fatto per stare assieme.

POV Taylor:

16 settembre 12:47
Niall era caldo e solido attorno a me, un'ancora che mi teneva con i piedi per terra, che faceva crescere ancora di più la bolla di euforia che mi riempiva dentro.
Allora, si può sapere cosa dice questa maledetta lettera?” la voce brusca e fredda Zayn mi riportò al mondo attuale, allontanando i sogni dal fronte della mia mente.
Mi districai dalle braccia di Niall, che stava sfoggiando un sorriso anche più smagliante del mio, e rivolsi a Zayn un'occhiata discreta.
Louis strappò la lettera di mano a Niall e si schiarì la gola: “Gentile signorina Austen, siamo lieti di informarla che è stata scelta per una borsa di studio quadriennale all'Università di Cambridge.”
Sul tavolo calò un silenzio di tomba mentre identici sorrisi estasiati illuminavano i visi dei miei amici.
Mio Dio, Tay, ma è stupendo!” squittì Gary, saltellando sul posto.
Lanciai un'altra occhiata fugace a Zayn, sperando che non si accorgesse di quante volte mi girassi a guardarlo come un cagnolino in cerca di affetto, solo per rimanere stupita davanti alla luce di dolce felicità che passava attraverso quegli occhi normalmente così inespressivi. Eppure, appena si accorse che lo stavo fissando, il suo sguardo passò da cioccolato liquido ad ossidiana.
Accanto a lui una ragazza mi sorrise timidamente. Per un secondo pensai di star impazzendo, perché quella di fronte a me sembrava la mia copia esatta, ma poi la guardai negli occhi e tutta la somiglianza svanì. Gli occhi erano completamente diversi, così come il colore dei capelli era più tendente al biondo che al color carota. La forma del suo viso era diversa dalla mia, la sua pelle di qualche tono più scura. Ed era molto più magra di me, non c'era di cui discuterne.
Non mi volli fermare a riflettere su cosa significasse per me che quella ragazza stesse così vicina a Zayn, o il nodo che si era formato alla base del mio stomaco ed aveva troncato la mia contentezza, ma le rivolsi un sorriso altrettanto timido di rimando.
Lei allungò una mano attraverso il tavolo e nel secondo che seguì cadde un pesante senso di attesa. Era come se tutti attorno a me si aspettassero di vedermi scappare in lacrime, o rifiutarmi di stringerle la mano, addirittura fare una scenata.
Certo, dovetti ricacciare la gelosia che stava infuriando dentro di me in un angolo del mio cuore e sforzarmi per tenere il sorriso appiccicato sul mio volto, ma ci riuscii. Se Zayn era contento con lei, allora lo sarei stata anch'io. Anche se desideravo esserci io al suo posto, la mia felicità non era una priorità. Zayn veniva
prima di tutto.
Taylor.” mi presentai, unendo le nostre mani per un breve momento.
Io sono Sarah.”

Quando ritirai il braccio sul volto di Harry era evidente un lieve disappunto e Zayn, per quanto riuscissi a decifrare, era segnato da un profondo amareggiamento. Come se avesse voluto una reazione diversa da quella che aveva ottenuto da me.
Sarah tossì nervosamente quando il silenzio si protrasse: “Allora, Taylor, complimenti per la borsa di studio. Scusa se te lo chiedo, ma per caso conosci Mark?”
Quel nome mi fece irrigidire automaticamente contro lo schienale scomodo della sedia: “Non intimamente.”
Lei corrugò le sopracciglia: “Strano, parlava molto di te quando stavamo assieme. Non diceva cose molto carine, ma tu mi sembri a posto.”
Un profondo senso di panico si fece strada dentro di me, un dolore presente da tempi immemori che si attivava tutte le volte che veniva pronunciato del nome del mio torturatore personale.

Mark si avvicinava a me con un ghigno sadico, le mani strette a pugno lungo ai suoi fianchi, una nera promessa di ciò che sarebbe successo di lì a poco. I suoi occhi brillavano come diamanti verdi smeraldo. Ed erano stupendi.

Il dolore sordo dei pugni impallidiva di fronte a quello più acuto e atroce dei calci diretti ai miei organi. Puntava ad uccidermi questa volta.

La lametta brillava sinistramente sotto i neon, bagnandosi delle goccioline di sangue che ammassava lungo la superficie dei tagli. Passai il pollice lungo le vecchie cicatrici mentre il fuoco dei tagli si portava via il dolore emotivo.

Il sangue aveva un distinto odore metallico che non sopportavo, una consistenza nauseante. Però era vero. Vivo. Mi dava l'opportunità di riempire il vuoto che creava un nido nel mio animo dopo il passaggio di Mark.

China davanti al gabinetto, chiusi gli occhi. Un conato di vomito si fece sentire, rivoltando il mio stomaco dall'interno. Il fiato mi si incagliò, bloccato a causa del cibo e la bile che stavo rigettando e mi sporcava le dita di saliva e vomito.

Mi alzai di scatto dalla sedia, facendola stridere contro il linoleum: “Devo andare.” mormorai, tenendo gli occhi bassi.
“Ho detto qualcosa di male?” domandò piano Sarah a Zayn, e riuscivo quasi ad immaginarsela mentre si mordeva il labbro inferiore, come me quando ero nervosa. O forse no, d'altronde non eravamo la stessa persona.
Le mie gambe mi portarono in automatico verso l'esterno, alla ricerca di aria fresca. Il morso del gelo proveniente dal cielo grigio bruciava contro le lacrime che avevano cominciato a scorrere in un momento imprecisato del tragitto e la pietra degli scalini su cui mi ero seduta irradiava freddo. Avevo voglia di prendere quella maledetta ragazza per il collo e farla sparire dalla mia esistenza altrettanto velocemente di come era entrata.
Era chiedere tanto una sola giornata di pace, di felicità? Chiaramente c'era qualcuno lassù che mi odiava, perché non era possibile che perfino una giornata speciale come questa fosse stata rovinata da una ragazzetta odiosa.
Sbattei assieme i denti, pulendo bruscamente le scie bagnate sul mio viso con un pugno chiuso. Desideravo non essere così debole, così fragile. Volevo essere spensierata come Harry e Louis, posata come Liam e positiva come Niall. Volevo essere una persona che non fossi io, Taylor Austen. “Ehi, Taylor.” Liam si sedette di fianco a me, appoggiandomi un braccio conciliante attorno alla vita in un gesto puramente fraterno, “Come ti senti?”
Scrollai le spalle, non riuscendo però a resistere alla tentazione di appoggiarmi contro di lui: “Penseresti male di me se ti dicessi che sono tremendamente invidiosa?”
Liam sospirò: “Certo che no. Penso che Zayn stesse proprio puntando a quello.”
“Come fai a saperlo?” domandai, e per quanto avessi cercato di frenarmi un lieve bagliore di speranza di accese nel mio cuore. Forse non era ancora troppo tardi per noi due.
“Conosco Zayn. É l'unico modo che conosce per capire se sei interessata a lui, non ha visto come Sarah fosse praticamente identica a te? Stava cercando qualcuno di somigliante perché pensa di non poterti avere.” i suoi occhi guardavano lontano, in direzione della strada deserta al di fuori del cancello della scuola, e la sua voce era ricoperta di un velo di tristezza.
Mi fissai i piedi: “Dici che sto sbagliando tutto? Cosa dovrei fare?”
“Secondo me dovresti parlarci, chiarire questa situazione con lui.” Liam cercò le mie dita, intrecciandole alle sue sovrappensiero.
Il calore era confortante, ma non faceva altro che ricordarmi che avrei preferito ci fosse qualcun altro a tenermi la mano mentre soffrivo: “Non penso di essere pronta ad una relazione a tutti gli effetti, però. Zayn è un po' troppo per me.”
“Perché non cominciate da amici? Usciamo tutti assieme e così avete l'opportunità di conoscervi meglio.”
“Non so... È così freddo con me, mi mette in soggezione se devo essere sincera.”
Liam rise dolcemente: “Ha solo paura di avvicinarsi troppo in caso tu sparisca dalla sua vita. Appena capirà che non gli volterai le spalle diventerà il ragazzo più dolce del mondo, vedrai.”
“Tu pensi?” la mia voce suonava così stanca, abbattuta da troppe calamità.
“No, ne sono sicuro.”
E anche quando arrivò la fine del pranzo non ci muovemmo dalla nostra posizione, mani unite e la mia testa sulla sua spalla. Pensai a quello che mi aspettava in futuro: un fratellastro e un divorzio, ma anche Cambridge. E Zayn. Con un po' di fortuna anche Zayn.


Faccio schifo.
Lo so, tiratemi pure addosso i pomodori, le sedie, anche una spranga di ferro se volete, me lo merito. Non so con che coraggio ritorno con un tale scempio, ma ormai è fatta. Non che il capitolo non mi piaccia, mi fa proprio ribrezzo. Quindi scusatemi, sono già proiettata verso i prossimi due capitoli. Il prossimo sarà interamente scritto dal punto di vista di Gary, e anche se ho già un'idea ben precisa di cosa succederà, mi piacerebbe sapere se siete più per la Gary/Louis o per la Gary/Ross.
Poi, ho un'altra domanda per voi, ed è molto importante che mi rispondiate: Taylor e Zayn devono avere il loro finale felice oppure no? Mi deprime pensare che tra poco sarà finita, mi mancano solo tra i sei e i nove capitoli. Comunque, ho ricevuto una valanga di recensioni per lo scorso capitolo e vi volevo ringraziare di cuore, non avete idea di cosa significhi per ricevere il vostro continuo sostegno :') Mi avete perfino fatta entrare tra le storie più popolari! Giuro, siete fantastiche, le migliori lettrici del mondo.
Un bacio,
Ele
P.S. Ho bisogno di una beta, possibilmente una delle mie lettrici affezionate, che riesca a controllare punteggiatura ed errori di distrazione. Qualcuno si sente all'altezza?
P.P.S. Ultima cosa e poi me ne vado. ho fatto leggere a mia sorella un'altra fanfiction che sto scrivendo, e lei dice che è sbbastanza bella da essere pubblicata. Le credo, perché di solito mi inslulta sembre e dice che non le piacciono, ma non sono ancora sicura se ne valga la pena di cambiare i nomi e provare a mandarla ad un editore in futuro. Quindi vi chiedo: c'è qualcuno che ha voglia di leggere il primo capitolo e dirmi se ci devo provare o meno?

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Interlude II: Wishful Thinking ***



 

N.d.A. Il capitolo non è ancora betato. Quando sarà stato corretto questo messaggio sparirà.

 

Please don't go away,
you're making a mistake,
you and I were meant to be.
You opened up my eyes
and made me realize,
now it's changing everything.
[Don't go away-Buckcherry]

 

POV Taylor:

17 settembre 2:20 (mattino)
Non riuscivo a dormire. Tutte le volte che chiudevo gli occhi, c'era come una forza invisibile ai confini della mia coscienza che mi spronava ad alzarmi da quel letto, a riprendere controllo della mia vita una volta per tutte.
E la ragione non era altro che quella maledetta busta bianca con lo stemma di Cambridge ordinatamente disegnato in cima. Erano passati ben due giorni da quando l'avevo ricevuta, e da allora, dopo essere scesa da quel picco di soddisfazione su cui mi era arrampicata, avevo pensato profondamente a quale fosse la strada giusta da prendere.
Da un lato c'era tutto quello che avevo sempre sognato, il college, la possibilità di ricominciare la mia vita tutta da capo, non dover subire le ripercussioni del tradimento di mia madre e magari anche qualche amico. Dio, volevo andarmene da qua prima che i miei venissero a scoprire esattamente cos'era successo durante la loro assenza, anche se speravo ardentemente che quel momento non arrivasse mai.
Ma dall'altro accettare la borsa di studio significava scappare da tutti i miei problemi, significava che le mie paure non erano scomparse, ma solo messe da parte per poi essere dissotterrate più in avanti. E ciò che più contava era che partire significava abbandonare gli amici che mi ero fatta, un dettaglio che non potevo permettermi di trascurare nelle attuali circostanze.
Se non fosse stato per Zayn e Harry, sarei riuscita a togliermi la vita, ma per quello ancora non sapevo se ringraziarli o dannarli ai dolori più tremendi.
Per di più, non avevo ancora informato mio padre del nuovo sviluppo, non solo perché ne avevo paura, ma anche perché non lo avevo visto negli ultimi giorni se non per pochi istanti, in quei pochi momenti che metteva la testa fuori dal suo studio.
Sospirai, girandomi nel letto per guardare fuori dalla finestra.
Dopo qualche minuto di inutili contorsioni sul materasso, decisi che per quella sera non c'era nulla da fare, non sarei riuscita ad addormentarmi con la marea di pensieri e dubbi che mi affollavano la testa. Stava diventando quasi un'abitudine, quella di non riuscire a prendere sonno.
Scivolai giù dal letto, rabbrividendo quando i miei piedi toccarono le piastrelle gelide del pavimento. Mi avvicinai alla finestra, appoggiando le mani sul vetro per dare sollievo alle mie mani sudaticce.
E poi il mio cuore fece un balzo, perdendo un paio di battiti. Perché là, fuori dalla casa di Hannah, sotto il portico illuminato, stava distesa una figura, da cui saliva una scia sottile di fumo.
Non riuscii nemmeno a domandarmi esattamente cosa stessi facendo, o perché ci fosse Zayn fuori di casa, disteso nell'erba umida, prima che il mio corpo di muovesse automaticamente verso l'armadio per estrarre una felpa pesante e subito dopo scendere le scale con passi felpati, attenta a non far cigolare le scale.
Non avevo idea di cosa stessi cercando di fare, ma il mio istinto mi stava urlando di andare giù da lui, di seguirlo e domandargli per quale ragione fosse lì, se anche lui non riusciva a dormire.
Presi con molta lentezza, attenta a non farle tintinnare tra di loro, le chiavi dal mobiletto di fianco alla porta, uscendo di casa senza pensarci due volte.
Per quanto potesse essere tardi, quella in cui abitavo era una zona residenziale di un certo livello, e a quanto ne sapevo non era mai successo nulla tale da farmi temere di uscire di notte.
Specie non se dovevo semplicemente scavalcare il misero muretto tra casa mia e quella di Hannah, messo lì più per delimitare le due proprietà che per impedire lo sconfinamento.
Mi cacciai immediatamente le mani in tasca contro il freddo gelido delle notti autunnali di Londra, sentendo la pelle d'oca farsi strada su tutto il mio corpo quando una folata particolarmente aggressiva di vento mi accarezzò il viso.
Prima che mi rendessi conto di ciò che mi stava attorno, ero già entrata nel cono di luce proveniente dal lampioncino attaccato a muro di casa Redbird.
Tentennai per un istante, all'improvviso non più sicura di quello che stavo facendo, solo per poi corrugare le sopracciglia alle mie insicurezze e camminare fino a Zayn prima che perdessi coraggio. “Zayn.”
Per nulla turbato dall'improvviso rumore della mia voce nella notte silenziosa, il ragazzo si girò verso di me, tenendo però gli occhi chiusi, il viso adornato da un lievissimo sorriso: “Taylor.”
Si tolse la sigaretta dalla bocca, espirando un'ultima volta prima di gettare il mozzicone a terra, dove si spense lentamente, senza più nulla da bruciare.
Esitai con incertezza, non sapendo come continuare la conversazione, ma poi Zayn si sfilò la giacca in un unico gesto fluido e la stese sul prato.

Vieni, siediti qua con me.”
Mi distesi di fianco a lui, assorbendo il calore che sembrava continuamente emanare dal suo corpo: “Nemmeno tu riesci a dormire?”
Zayn corrugò le sopracciglia, tenendo lo sguardo fisso sulle stelle in cielo, quelle poche visibili dietro la cortina di nuvole all'orizzonte: “No. Stavo pensando.”
Annuii: “Anche io.”
Il silenzio regnò sovrano per quella che mi sembrò un'eternità, prima che Zayn distogliesse gli occhi dalla luna e si girasse a fissarmi negli occhi, incantandomi con i due pozzi profondi che erano le sue iridi.

Ho riflettuto molto su quello che mi hai detto l'ultima volta, sai? Avevi ragione, avevi proprio ragione.” la sua voce era venata da un sottofondo di rimpianto del tutto non giustificato, mentre io cercavo di fare mente locale su quale momento si stesse riferendo, “Mi dispiace per come mi sono comportato l'altro ieri a pranzo, non è stato giusto nei tuoi confronti.”
Io scrollai le spalle, soffocando le immagini di Sarah e Zayn che avevo tentato di obliterare dalla mia memoria, e mormorai: “Sei libero di frequentare chi vuoi, non sarò certo io a fermarti.”
Zayn fece una smorfia: “Facciamo così, Taylor. Io ti faccio una domanda, a cui devi rispondere senza mentire, e in cambio io ti rivelerò qualcosa di uguale importanza su di me.”

Mi sembra a malapena uno scambio equo, ma starò al gioco.”
Tornai a guardare le stelle, proprio nel momento in cui una nuvola copriva lo spicchio di luna ancora visibile: “Ma se non voglio rispondere non lo farò.”
Il mio compagno fece un cenno d'assenso con il capo, l'ombra di un sorriso impressa ancora sul suo volto: “Molto bene. Ti piace davvero Harry?”
Una fitta di emozione indecifrabile mi attorcigliò lo stomaco, ma risposi onestamente, nonostante le guance mi bruciassero per l'imbarazzo di dovermi dichiarare: “No, in realtà mi ha proposto di fingere una relazione per farti ingelosire. Ha funzionato?”
Zayn scoppiò in una risata simile ad un latrato, con un retrogusto di amarezza ben percepibile: “Direi di sì. Adesso tocca a me: anche Sarah è stata una messa in scena per farti ingelosire.”
Il groppo in gola che si formava tutte le volte che sentivo il nome di quell'odiosissima ragazza scomparve senza una traccia, lasciandosi però dietro una scia di preoccupazione: “Lei lo sa? Non mi piace il pensiero che tu stia giocando con i suoi sentimenti in questo modo, non è corretto.”
Improvvisamente Zayn allungò una mano verso il mio volto, facendomi trattenere il fiato, solo per espirare un respiro tremulo quando spostò una ciocca da davanti la mia faccia, tenendo le dita sulla mia guancia più a lungo del necessario.

Ho chiarito con lei subito dopo che te ne sei andata, e non ci crederai se ti dico che mi ha detto lo stesso identico avvertimento. E questo mi porta alla prossima domanda: io ti piaccio anche solo un pochino?”
Il mio cuore perse un battito, per poi ripartire a velocità triplicata, con un nodo di sconforto che mi annodava la gola in modo fastidioso. Ondate di calore mi avevano invaso il viso, costringendomi a girare la testa per non far notare il rossore che sicuramente era presente.
Taylor?” domandò Zayn con una punta di insicurezza nella voce quando gli fu chiaro che non avevo nessuna intenzione di rispondergli.
Un respiro spezzato, un rantolo.
Dannazione, Taylor, respira.
Chiusi gli occhi ed inspirai una lunga boccata d'aria fredda fino a che i miei polmoni non cominciarono a protestare la loro pienezza.
Dovevo rispondergli? O avrei fatto meglio a stare zitta? E se mi fossi confessata, cosa sarebbe successo? Non pensavo che sarei riuscita a sopportarlo se fosse finita con Zayn che mi rideva dietro, o mi prendeva in giro per la mia chiara debolezza nei suoi confronti.

Se ti può far sentire meglio, sappi che tu mi piaci, tanto.” disse alla fine Zayn, dopo qualche minuto di silenzio opprimente.”
Il mio cuore si alleggerì improvvisamente e mi voltai di nuovo a guardarlo negli occhi, il cuore in gola che stava battendo così velocemente da essere ad un passo da prendere il volo.
Come-come hai detto?”
Zayn mi rivolse un sorriso dolcissimo, con le labbra appena increspate verso l'alto e gli occhi resi liquidi da un'emozione che non riuscii ad identificare: “Mi piaci Taylor e so che anche tu provi lo stesso per me. Se sei d'accordo, mi farebbe piacere portare la nostra amicizia al prossimo livello.”
La mia mente, che era esplosa in un macello caotico nel momento in cui aveva ammesso che gli piacevo, era ormai inondata ad pensieri completamente irrilevanti. Ma una cosa era certa: quello era il momento più bello della mia intera esistenza.
“Io-io...”
Zayn mi zittì appoggiandomi un dito sulla bocca, che si dischiuse leggermente in risposta alla lieve pressione: “Con calma. Respira, rilassati, prenditi un momento per pensarci bene.”
Annuii debolmente, seguendo le sue istruzioni.
Dopo qualche momento riaprii la bocca, raccogliendo tutto il mio coraggio: “Zayn... Hai ragione, mi piaci molto anche tu. Ma... Ecco, non penso di essere pronta per una relazione.”
Mi feci piccola, un tentativo ingranato da anni di violenza di sottrarmi ai colpi che stavano per abbattersi su di me.
Ma l'unica risposta di Zayn fu un sospiro impietosito: “Cosa ti hanno fatto, Taylor? Non ho intenzione di alzare un dito su di te, né ora né mai.”
A quelle parole il mio timore svanì, e mi ritrovai a fissarlo con meraviglia: “Davvero?”
Al che, Zayn fece un solenne cenno d'assenso: “Non ti preoccupare, in un certo senso me l'aspettavo. Con tutto quello che hai passato nelle ultime due
settimane...”
Mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo, seguito a ruota da un sorriso decisamente non caratteristico : “E ora?”
Zayn scollò le spalle, rivolgendo un sorrisetto ironico alla luna, appena riaffiorata da uno stormo di nuvole scure: “Nulla. Tutto continuerà esattamente come
prima.”

Ma non è più come prima, non capisci?” mormorai, corrugando le sopracciglia.
Come poteva pensare di comportarsi come se non fosse successo nulla? Non pensavo che avrei potuto farcela.
No, hai ragione. Ma vedrai, tutto si aggiusterà se gli diamo un po' di tempo, compreso il nostro interesse reciproco. Scommetto che in un paio di settimane sapremo esattamente cosa fare.”
Ci pensai su un secondo prima di rispondere, lasciandomi sfuggire un sospiro: “Forse. O forse no.”
Mi misi a sedere, passando una mano tra i capelli e sbadigliando: “Farei meglio ad andare a letto.”
Zayn annuì, alzandosi a sua volta: “Già, anche io. Senti, che ne dici se uno di questi giorni usciamo assieme, a fare un giro o qualcosa? Ora che ci penso, nessuno ci ha ancora fatto vedere la città.”
Esitai, titubante se l'impeto entusiasta che mi aveva riempita a quelle parole fosse normale o meno: “Solo noi due?”

Possono venire anche gli altri, se ti va.” rispose in tono diplomatico.
Mi illuminai notevolmente al pensiero: “Mi farebbe molto piacere.”
Oggi è mercoledì, che ne dici di venerdì pomeriggio?”
Annuii, gli occhi splendenti di felicità: “Va benissimo. Io vado, allora.”
Gli occhi di Zayn, che erano stati chiusi e in guardia tutta la sera, improvvisamente furono invasi da una moltitudine di emozioni diverse, tra cui un velo di tristezza inconfutabile: “Aspetta, Tay.”
Inclinai la testa di lato, una domanda pronta sulla labbra, ma lui mi batté.

Ti ricordi quando mi hai chiesto cosa fosse l'amore per me?”
Per un secondo il mio sguardo fu confuso, ma poi mi ricordai della conversazione avuta quella mattina fuori da casa di Hannah, poco dopo essere stata dimessa dall'ospedale: “Sì.”
Ci ho pensato molto, in questi giorni, su quello che hai detto. E penso che tu abbia ragione.”
Mi irrigidii leggermente, cercando di capire le implicazioni di quello che aveva detto: “Cosa intendi dire?”
Zayn sospirò, chiudendo gli occhi con una smorfia quasi di dolore dipinta in volto: “Mi sono accorto che la mia definizione di amore, beh, non era altro che possessività. E per quanto vale, sappi che ho capito che la tua visione è quella dell'amore vero. Se è quello di cui hai bisogno, ti lascerò andare senza pensarci due volte.”
Il groppo tornò vendicativo, attanagliandomi la gola mentre la mia vista veniva offuscata da un sottile strato di lacrime: “D-dici sul serio?”
Zayn mi guardò dritto in faccia, sorridendo con gli occhi: “Più serio di quando io non sia mai stato, Taylor.”
L'impeto irresistibile di abbracciarlo mi colpì all'improvviso, e prima che me ne accorgessi ero già tra le sue braccia, stretta contro il suo petto e la testa proprio sopra il suo cuore. Zayn non esitò neppure un millisecondo prima di ricambiare l'abbraccio, appoggiando il mento sopra la mia testa e mormorando dolci rassicurazioni prive di alcun significato concreto.

Grazie mille, Zayn, non hai idea di cosa significhi per me.” sussurrai, cullata dai suoi battiti lenti e cadenzati.
Lui strinse le braccia con più forza attorno al mio corpo, e poi disse, a voce così bassa che feci fatica a sentirlo: “Ma se me lo permetterai, ho tutte le intenzioni di scoprirlo.”
Gli stetti vicina per qualche minuto, contenta nella vicinanza, prima di sgrovigliarmi da Zayn: “Devo davvero andare.”
Lui annuì con un sospirò profondo: “Un'ultima cosa e poi ti lascio andare.”
Cercai di allontanarmi ancora un po', in modo da poterlo vedere bene in faccia mentre mi parlava, ma mentre ci provavo lui strinse la presa, impedendomelo.

Zayn, cosa-”
La mia domanda fu interrotta quando Zayn coprì le mie labbra con le sue, soffocando le mie parole. Una scossa elettrica mi attraversò il corpo al contatto, scivolando nelle mie vene e infiammandomi il corpo. I miei respiri cominciarono ad inciampare gli uni sugli altri mentre Zayn si premeva più fermamente contro di me, plasmando le nostre labbra assieme.
Le mie palpebre si abbassarono di loro spontanea volontà, e la perdita della vista mi portò a concentrarmi sui sensi rimanenti. I battiti erratici del mio cuore, i suoi, altrettanto veloci, i suoni degli insetti notturni, il fruscio delle foglie che si accarezzavano tra di loro grazie al vento.
L'odore della notte fredda, il profumo di tabacco, vaniglia e sapone proveniente da Zayn, il fumo che aveva saturato l'aria attorno a noi.
La sensazione travolgente del suo braccio attorno al mio fianco, mentre l'altra mano trovava la mia e intrecciava le nostre dita assieme, per mia delizia, i suoi respiri che mi sfioravano la pelle, le pressione di labbra morbide sulle mie, leggermente screpolate, il dolce bruciore dei miei polmoni privi d'ossigeno.
Sussultai in sorpresa quando la punta della sua lingua fece capolino, scivolando lungo il mio labbro inferiore e lasciando una scia formicolante al suo passaggio, solo per poi corrucciare la fronte quando si staccò completamente da me, respirando forte.
C'era un luccichio nascosto di brama nei suoi occhi, e la sua bocca sembrava leggermente più gonfia di prima sotto la luce del lampioncino: “Buonanotte Taylor.”

 

POV Niall:
 

17 settembre 2:41
Che dici, Liam? La chiamo?” domandai, guardando con indecisione il cellulare stretto tra le mie mani come un'ancora di salvezza.
Liam, disteso sul suo letto, contento nel fissare il soffitto bianco della stanza, illuminata dal bagliore soffuso delle bajour appoggiate sui comodini tra i letti, si girò verso di me per lanciarmi un sorriso dolce: “Penso che tu non abbia nulla da perdere.”
Sospirai, passandomi una mani contro la fronte sudata: “Non è un po' troppo presto? Magari sta ancora dormendo.”
Lui agitò una mano per aria, soffocando uno sbadiglio assonnato, mentre io combattevo contro le palpebre che avevano deciso di chiudersi da sole: “Non è poi
così presto in America. Avanti, chiamala così possiamo andare tutti a dormire. Ti ricordo che abbiamo scuola.”
Esitai ancora un istante, soppesando nervosamente il telefono, prima di farmi coraggio e digitare il numero di mia madre. Me lo portai all'orecchio, picchiettando il piede a terra mentre aspettavo che rispondesse.

Pronto?”
Mi raddrizzai, lanciando un'occhiata eccitata a Liam, che per tutta risposta alzò gli occhi al cielo con un sorriso: “Ciao mamma.”
Niall! Come stai, amore? Io e tuo padre stavamo cominciando a pensare che ti fossi dimenticato di noi.”
Tutto bene. Scusa se non ho chiamato prima, ma sono stato parecchio occupato, sai, la scuola e tutto.” le risposi, non riuscendo a nascondere dei pensieri colpevoli per quella piccola bugia bianca. In verità con tutto quello che era successo a Taylor la scuola era stata l'ultimo dei miei pensieri, tanto che i miei voti
avevano cominciato a scivolare sotto la soglia della sufficienza.

Ah, come sta andando? Vi siete ambientati, vero? Ci sono stati problemi?” domandò, cercando di sembrare leggera, ma io riuscii perfettamente a sentire la corrente di preoccupazione nei suoi pensieri.
Una fitta di malinconia mi colpì, mentre mi ritrovavo a pensare a mia madre. Avrei ammesso senza problemi che mi mancava molto la sua presenza, le sue inutili preoccupazioni: “Nessun problema, mamma. Sono tutti molto disponibili qua.”

Mia madre non disse nulla per un secondo, prima di domandare con voce gentile: “Niall, tesoro, è successo qualcosa? Sai che puoi dirmi tutto, vero?”
Trattenni il respiro, dibattendo con me stesso se dirglielo o meno. Liam mi fece un cenno d'assenso, spronandomi a farle la domanda su cui avevo pensato così a lungo.

Senti, mamma, cosa faresti tu se avessi incontrato una persona anoressica? Nel senso, c'è qualcosa, qualsiasi cosa, che posso fare per aiutarla?” il silenzio attonito dall'altra parte della linea mi fece mordere il labbro inferiore fino a farlo sanguinare.
É una domanda complicata... Beh, stalle vicina, fai da supporto morale, ne avrà bisogno. Non metterle troppa pressione, vedrai che se le dai un po' di spazio si sentirà più tranquilla. E falle mangiare piccoli pasti ogni due o tre ore.”
Veramente? Grazie mamma, sei stata molto utile.”
Figurati Niall. Ma quando vengo a trovarvi a Natale voglio sapere perché ti serve saperlo.”

Feci un sorrisetto, ridacchiando alla prevedibilità di mia madre: “Non mi aspettavo nulla di meno.”
Dopo che ci fummo scambiati i saluti e che io ripetei la conversazione a Liam, mi ritrovai disteso nel letto, le braccia piegate dietro la testa e le sopracciglia inarcate in maniera contemplativa.

Sai, Liam, stavo pensando...”
Liam rise sbuffando: “Ha fatto male?”
Lo guardai contrariato, non riuscendo a capire se stesse ridendo di me: “Non fare lo scemo. Mi hai fatto perdere il filo del discorso.” mi lamentai.

Stavi pensando.” mi ricordò Liam.
Ah, sì, stavo pensando che se Taylor deciderà di andarsene bisognerà farle un regalo. Pensi che sarebbe interessata ad un coniglietto?”

Liam sbatté le palpebre un paio di volte, apparentemente confuso: “Penso che faresti meglio ad andare a letto, è chiaro che non stai dormendo abbastanza.”
Sbuffai, facendogli la linguaccia: “Sei solo invidioso perché ci ho pensato prima io.”

Come no, Niall.” ribatté, allungando una mano per spegnere la bajour, facendo piombare la stanza nell'oscurità più totale.
Per qualche minuto l'unico suono fu quello delle coperte che strusciavano contro Liam mentre si girava nel letto, e poi lo sentii chiedere: “Ehi, dove pensi che sia
Zayn?”

Fuori, penso. Sai che gli piace stare un po' da solo la sera, per riflettere.”
Spero che stia bene, lo vedo abbastanza giù negli ultimi giorni. Buona notte, Niall.” disse Liam, come al solito più preoccupato per gli altri che per se stesso.

Sorrisi, un gesto che passò inosservato nel buio: “Rilassati Liam, quando lui e Taylor si metteranno assieme tornerà come prima. Sogni d'oro, Liam.”


 

ANGOLO AUTRICE:
Ciao :)
Volevo per prima cosa scusarmi per la lunga, lunghissima attesa. Davvero, scusatemi molto, ho passato un periodo bruttissimo e tra una cosa e l'altra ho perso contatto con questa storia e con la scrittura in generale. Ed è anche a causa di questo periodaccio che questo non è il tanto atteso capitolo di Gary. Il problema è stato che il capitolo di Gary è – per i miei standard – relativamente allegro, e non ero dell'umore giusto per scrivere dal suo punto di vista. Ma spero che apprezzerete comunque, e sappiate che il capitolo 20 sarà quello di Gary, e che arriverà molto più in fretta per scusarmi di questo ritardo assurdo.
Poi, GRAZIE. GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! Ho ricevuto 140 recensioni all'ultimo capitolo e non ho parole per descrivere quanto io sia euforica al pensiero di così tante persone che seguono All the same mistakes. Siete fantastiche :') Cercherò di rispondere a tutti, ma temo che ci metterò un po' xD
Volevo tuttavia farvi notare un'altra cosa. Sempre nell'ultimo capitolo, ho ricevuto ben 5 critiche. Un paio di queste sollevavano la questione degli aggiornamenti. Allora, volevo farvi sapere che sono molto aperta alle critiche, ben vengano, ma che mi critichiate solo perché aggiorno ad intervalli irregolari, allora non mi sta bene. Primo, perché mi demoralizza, e secondo perché mi fa perdere la voglia di scrivere. Quindi se volete criticare, fatelo sulla storia.
Altre invece mi hanno fatto venire un dubbio: sono troppo prolissa? Perché davvero, se sto diventando noiosa, se la trama vi sembra troppo lenta o se i personaggi vi sembrano un po' troppo drammatici, DITEMELO. Non voglio annoiarvi...
Mi scuso per la lunghezza di questo angolo autrice,
eledifra ^^

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Release your inhibitions ***








 

POV Gary:

17 settembre 16:35
Non mi ricordavo il momento esatto in cui aveva cominciato ad insinuarsi il dubbio nella mia mente. Forse alle medie, forse anche prima. Mi sembrava di non riuscire nemmeno a richiamare a mente la mia vita prima della grande rivelazione. C'erano giorni in cui mi sentivo come se fossi stato omosessuale per tutta la mia corta esistenza, come se tutti i giorni mi fossi svegliato con il solo ed unico scopo di andare a scuola e farmi pestare da i ragazzi più grossi di me. C'erano mattine in cui il solo pensiero di quella tortura mi faceva venir voglia di tornare sotto l'abbraccio caloroso ed invitante del piumone, che mi teneva stretto e al sicuro come una madre, o un amante.
Alcuni giorni facevo davvero così, preferendo una nota sul registro per un'assenza non giustificata ai lividi, mentre altre volte mi facevo forza e, guardando il mio riflesso acciaccato e maculato riflesso nello specchio, mi dirigevo verso la scuola a testa alta, immaginando folli scenari in un futuro impossibile mentre mi colpivano a sangue, solo per distrarmi.
Ma quella mattina mi ero svegliato con la triste insensibilità di chi sa di avere le ore contate.
Era finalmente giunto il giorno in cui mi ero prefissato di farla finita con tutte le scuse, tirare fuori tutto il mio poco coraggio, ed ammettere a Louis che mi ero preso una cotta per lui.
Era passata già più di una settimana da quando Ross aveva ideato quello che ora mi sembrava uno stupidissimo piano, e ogni giorno, da una dannata settimana, non trovavo mai la forza di farlo davvero, rimandavo sempre al giorno dopo. Ma con ogni nottata che passavo a pensarci su, sembrava diventare sempre più impossibile mettere in atto quell'assurdità.
Quel giorno il mio stomaco stava piroettando furiosamente nel mio stomaco, in preda a spasmi improvvisi e debilitanti che mi colpivano ogni qual volta il mio treno di pensieri si ritrovava a riguardare Louis. Il che era abbastanza spesso.
Per non parlare di quando lo vedevo di persona, e il mio stomaco si restringeva al punto che mi sentivo come se mi stessero pugnalando alla pancia, come tante farfalle dalle ali affilate come rasoi. L'ansia era arrivata a livelli così cosmici che mi sentivo la testa leggera come mai prima, incapace di pensare e comprendere. Quell'agitazione nervosa doveva essere chiaramente dipinta sul mio viso perché, non appena mi lasciai cadere al tavolo dove erano già seduti tutti meno Zayn e Taylor, Ross mi lanciò uno sguardo preoccupato, gli occhi scuri, quasi neri nella pessima illuminazione dei neon, che seguivano ogni mia mossa.
“Non hai fame?” domandò poi, appoggiandomi una mano sulla spalla, che però scrollai subito di dosso, quasi infastidito dal contatto. Le sue labbra si serrarono dolorosamente strette, ma non disse nulla.
“No grazie, non mi sento troppo bene.” risposi, cercando di sorridere, ma fallendo miseramente. Avevo la brutta impressione che qualunque genere di ingestione di cibo sarebbe finita con una visita al gabinetto.
Non riuscii a fare a meno di notare che, mentre per tutta la durata del pranzo Ross si era girato periodicamente a guardarmi, Louis non aveva più incontrato il mio sguardo dopo l'iniziale saluto.
E nonostante ci fosse una fitta di dolore all'altezza del mio petto, che diventava sempre più forte con ogni momento che Louis non incontrava il mio sguardo, per un attimo non riuscii a fare a meno di pensare che non faceva poi così male.
Quando lo fermai, poco prima della penultima ora, chiedendogli se potevamo incontrarci nel parcheggio dopo la fine della scuola, lui si limitò ad annuire con un largo sorriso, mandandomi completamente in tilt il cervello.
Avrebbe dovuto essere proibito essere così belli, così dannatamente eterei come Louis.
L'ultima campana del giorno suonò fin troppo presto, portando con sé l'ennesima fitta di terrore cieco al mio stomaco vuoto.
Raccolsi i miei libri con lentezza, trascinando i piedi mentre mi dirigevo fuori dalla classe e in mezzo al corridoio affollato. Avrei dovuto fare più attenzione forse, a chi mi stava attorno, ma era come se avessi cancellato tutto ciò che mi stava attorno nella mia paura.
Fu per questo che il braccio che mi tirò bruscamente di lato venne come un'inaspettata e totalmente non richiesta sorpresa, facendomi sfuggire una specie di acuto guaito.
La stretta ferrea non si allentò minimamente, serrandosi anzi più fortemente attorno al mio braccio e trascinandomi verso un bagno vicino, nel mentre sbattendo il mio fianco contro lo stipite della porta. Nessuno nel fiume di gente che si stava dirigendo fuori dalla scuola si accorse di me, o forse non se ne preoccupò, nemmeno quando la botta mi fece gemere raucamente per la fiammata di dolore improvviso che divampò lungo il mio fianco.
Un paio di ragazzi vicini girarono la testa al suono, ma non appena videro che ero solo io tornarono a chiacchierare tra di loro, ridendo come se non avessero visto nulla.
La mano che mi aveva tirato prima strinse ancora più forte rispetto a prima, ed ero sicuro che avrebbe lasciato un brutto livido, uno di quelli che non sparivano per settimane.
Un altro strattone mi fece ruzzolare all'interno del bagno, scivolando sul pavimento sporco di carta e urina. Da quella posizione sottomessa riuscivo a vedere perfettamente i due ragazzi, membri della squadra di nuoto se la memoria non mi ingannava, e i loro ghigni soddisfatti.
Nonostante il mio cervello si stesse ribellando molto vocalmente al pensiero di un altro pestaggio quando ancora i lividi del precedente mi marcavano ancora il corpo, nascosti sotto un ricco strato di fondotinta, c'era un piccolo angolino della mia mente che stava facendo i salti di gioia all'interruzione.
Per tutta la giornata non avevo fatto altro che disperarmi, aggrapparmi a qualsiasi scusa possibile per non andare all'incontro con Louis. La verità era che il panico e la paura di venire respinto mi avevano asfissiato nella loro stretta, impedendomi di sciogliere i miei muscoli tesi dalla tensione anche solo per un istante. Mi sembrava quasi impossibile anche solo respirare tanta era la pressione che mi sentivo addosso.
Ed era proprio per questa ragione, anche se il pavimento mi stava sporcando i vestiti e riuscivo quasi a sentire il dolore fantasma dei colpi di Mark che si imprimeva sul mio corpo, che quella tappa inaspettata era quasi gradita. Se fossi stato fortunato avrebbero impiegato abbastanza tempo da fare in modo che Louis se ne andasse, stanco di aspettarmi.
Ma questo genere di speculazioni erano inutili quando c'erano due scimmioni pronti a pestarmi fino allo svenimento. O finché non si fossero stancati, qualunque cosa venisse prima.
Quando uno dei due tirò indietro la gamba, preparandosi a colpirmi, mi tirai indietro con una spinta delle braccia, evitando per un soffio il calcio diretto al mio addome. Non che sarebbe servito a qualcosa, se non a farli arrabbiare di più.
Dopo aver giocato al gatto e al topo con me per qualche minuto i due nuotatori si stufarono di giocare con il loro cibo. Uno mi afferrò da dietro, piegandomi le braccia in una posizione particolarmente dolorosa, mentre l'altro mi colpiva lo stomaco ormai scoperto. Il dolore era assurdamente intenso contro i tessuti morbidi della mia pancia. Era come se le sue scarpe da ginnastica mi stessero lacerando la pelle, gli organi, l'orgoglio, lasciandomi incapace di fare più che gorgogliare con ogni calcio, il fiato rubato dalle fitte di pura agonia che si irradiavano dal punto di contatto verso l'esterno.
Il dolore mi accecava, mi assordava, mi impediva di pensare o di urlare, di sentire i colpi sul mio corpo al di sopra del rumore del mio cuore che batteva impazzito contro la sua gabbia in un folle tentativo di liberarsi. Il mio mondo si restrinse al sangue che scorreva nelle mie vene e ai sussulti di dolore ogniqualvolta un calcio andava a segno.
Riuscii a riprendere il respiro solo quando i due fecero cambio, sempre sghignazzando tra di loro. Alle mie orecchie il mio respiro spezzato, somigliante ad un rantolo moribondo, era più rumoroso delle grasse risate dei due, più forte degli schiamazzi dei ragazzi che attraversavano il corridoio verso l'uscita, ignari o indifferenti alla mia sofferenza. Le mie braccia furono spinte di nuovo all'indietro, in quella scomoda posizione, facendomi emettere un gemito di dolore e poi mordermi il labbro per evitare di lasciarmene sfuggire un secondo.
I calci ripresero a cadere su di me come gocce di pioggia acida, sempre più dolorose della precedente, tanto che c'erano momenti in cui volevo solo urlare, dimenarmi, appallottolarmi in posizione fetale e far finire il tormento. Ma le mie braccia erano bloccate, le mie gambe si stavano atrofizzando con il peso di un piede sopra e la mia mente stava impazzendo, rifiutandosi di pensare scappando in una dimensione dove nulla poteva farmi del male.
E poi finì. Così, senza un attimo di preavviso, senza alcuna indicazione. Un momento mi stavano pestando e quello dopo erano usciti dal bagno, lasciandomi sul pavimento a recuperare il fiato. Quando, dopo un lentissimo quarto d'ora, il dolore era diventato così presente e abitudinario da sentirmi insensibile, mi rialzai a fatica, staccando un pezzo di carta igienica appiccicosa che si era attaccato ai miei jeans. Con un sospiro che mi fece bruciare lo stomaco raccattai lo zaino dall'angolo in cui era finita, schioccando la lingua contro il palato in agitazione quando notai la macchia di bagnato sul fondo. Con un po' di fortuna era solo acqua, ma l'odore acre lasciava poco spazio per la speranza. Non trovai nemmeno il coraggio di guardarmi allo specchio, troppo spaventato di cosa avrei visto se avessi sollevato leggermente la maglietta stropicciata e sporca.
Spalancai la porta del bagno, affrettandomi verso l'uscita per non avere altri brutti incontri, non volendo altro che tornare a casa, accucciarmi sotto le coperte e piangere. Ma non appena uscii dal portone, scendendo le scale a due a due, intravidi una familiare testa mora vicino alla fermata dell'autobus. Mi bloccai di scatto, osservando con crescente orrore mentre Louis si girava nella mia direzione, non lasciandomi il tempo di spostarmi.
I suoi occhi si illuminarono allegramente quando mi vide, la bocca tirata in un sorriso spensierato e una mano alzata in saluto.
Per un lungo istante rimasi incantato, bloccato in un istante che avrei voluto durasse per sempre, preso dall'osservazione della bellezza di Louis. Poi il passaggio di una macchina dietro di lui ruppe l'incanto. Con un altro sospiro pesante, e conseguente fitta di dolore, mi feci strada verso di lui, stirando le labbra in una specie di sorriso tremolante.
“Gary.” mi salutò, allungando un braccio per darmi una pacca sulla spalla.
In quel singolo secondo cristallino soffocai sotto una montagna di emozioni contrastanti, da una parte la paura folle che mi faceva sudare le mani tremanti e battere il cuore, dall'altra la vivida sensazione di coraggio dovuta all'adrenalina.
Prima che quel breve impeto di coraggio potesse sparire nel nulla feci un respiro profondo, mi alzai in punta di piedi e lo baciai. Le sue labbra erano asciutte e fresche contro le mie, che al contrario erano bollenti e morsicate a sangue dalla tensione, ma troppo immobili. Mi premetti con più forza contro di lui, disperato per un qualsiasi segno che stesse per ricambiare il bacio. Passarono due secondi, o forse due ore, era difficile dirlo, senza che mi muovesse di un millimetro. E poi, quando ormai gli occhi mi pizzicavano per le lacrime e mi ero rassegnato ad essere brutalmente respinto, cominciò a muovere piano le sue labbra contro le mie. C'era un fuocherello caldo nel mio basso ventre, che mi accarezzava dentro con le sue lingue di fuoco, espandendo il delizioso calore; le nostre labbra si stavano malleando assieme, creando un ritmo lento e dolce, incredibilmente innocente. E fantastico, era decisamente fantastico.
Mi sarebbe piaciuto durasse in eterno, ma dopo troppo poco tempo Louis mi appoggiò le mani sulle spalle, spingendomi delicatamente all'indietro e allontanando i nostri volti. Per qualche tempo tutto quello che riuscimmo a fare fu guardarci negli occhi senza espressione. Poi Louis si passò la lingua sulle labbra, quasi invisibilmente arrossate, attirando in modo inevitabile la mia attenzione.
“Gary?” domandò alla fine, lasciando cadere le sue braccia lungo i fianchi, espressione ancora illeggibile.
Mi tirai ancora più indietro, socchiudendo gli occhi mentre aspettavo un colpo che non arrivava. Saltai in aria con un sussulto quando Louis mi appoggiò una mano sul braccio, arrossendo di botto quando la sua espressione si addolcì.
“Gary?” chiese ancora, il tono di voce comprensivo e pacato.
Aprii cautamente gli occhi, solo per incontrare il suo lieve sorriso e i suoi pacifici occhi azzurri.
“Avanti Gary, ti riaccompagno a casa. Possiamo parlarne in macchina.” disse quando fu chiaro che non avrei detto niente, guidandomi attraverso le poche macchine rimaste nel parcheggio verso la sua ammaccata macchina, aprendomi la portiera e spingendomi verso il sedile del passeggero.
Anche se avessi avuto qualche remora a restare in macchina con lui, chiuso in quello spazio minuscolo assieme a lui, la lieve pressione delle sue mani sulle mie scapole mi fece barcollare all'interno della macchina, ancora rintontito dal sapore di Louis sulle mie labbra. Qualche istante più tardi scivolò con grazia melliflua di fianco a me, rivolgendomi una altro sorriso tranquillo prima di mettere in moto e uscire dal parcheggio della scuola.
Per qualche minuto regnò un silenzio di tomba, facendomi dimenare silenziosamente nel sedile, giocherellando con le mie dita per il timore e l'imbarazzo.
“Allora,” disse alla fine Louis, schiarendosi la gola, “come mai hai deciso di...”
Le mie guance si infiammarono quando Louis lasciò la frase in sospeso, alzando una mano dal cambio per agitarla nello spazio vuoto tra di noi, cercando di far capire quello che intendeva a gesti. L'umiliazione mi lasciò incapace di parlare, ma Louis non parve offeso dalla mancanza di una risposta, perché qualche secondo dopo riprese a parlare, questa volta più velocemente, come se volesse farla finita il più in fretta possibile.
“Non che sia un problema! Non voglio che tu pensi che io sia arrabbiato o schifato, anzi, sono onorato di piacerti. Mi piacerebbe solo sapere come mai hai deciso di farti avanti proprio ora.”
Scrollai le spalle, ricacciando indietro un'altra ondata di imbarazzo prima di rispondere anche se non riuscii ad impedirmi di arrossire nuovamente: “Mi piaci, Louis. Volevo sapere se magari c'era una possibilità che il mio sentimento potesse essere ricambiato.”
La sua testa si girò violentemente verso di me, la bocca leggermente dischiusa, e in quel momento non avrei voluto nulla di più che chiudere lo spazio tra noi due e baciarlo ancora. Al pensiero i muscoli del mio stomaco si contrassero, portando però un'ondata di dolore alla mia pancia che mi fece impallidire. La macchina sbandò di lato, e Louis fu costretto a riportare lo sguardo sulla strada per non farci schiantare.
Quando parlò di nuovo la sua voce era più dolce: “Gary...” fece un respiro che non prometteva nulla di buono per me, e le sue dita strinsero così forte il volante che le sue nocche diventarono bianche.
Chiusi gli occhi, pronto per essere respinto.
“Io- io non so davvero cosa dire.” ammise, la su voce ricca di così tante emozioni diverse che non riuscii nemmeno a cominciare a sbrogliare.
Annuii, facendomi forza: “Non ti preoccupare, capisco perfettamente.”
Gli lanciai un'occhiata veloce, giusto in tempo per vederlo mordersi il labbro: “É solo che... Non so, non sono mai stato con un maschio prima d'ora, non saprei proprio cosa fare.”
Non era un rifiuto secco, cosa per cui mi sentii tremendamente sollevato.
Il fiato mi si incagliò in gola per un secondo: “Cosa ne dici di provare? Non chiedo tanto, un solo appuntamento, e poi vedi tu se ti va di continuare.”
Una delle sue mani passò dal volante al sul mento, grattandoselo lentamente con un cipiglio confuso: “Io non sono gay, Gary. Non lo sono mai stato e mai lo sarò. Non ho nulla contro chi lo è, sia chiaro, ma non è una cosa che fa per me.”
Mi lasciai cadere contro il sedile, sentendo i muscoli che si rifiutavano di restare tesi, che si afflosciavano come se fossi senza ossa. Il mio stomaco aveva ripreso a bruciare come se fosse in fiamme, non piacevolmente come prima, ma più come se si fosse scatenato un inferno infuocato dentro di me. Il mio cuore si stava agitando come un topolino in gabbia, stringendosi dolorosamente nel mio petto.
Tutti i sogni ad occhi aperti che avevo fatto, che vedevano me e Louis in diversi contesti (più di una volta erano camere da letto), uno più follemente impossibile dell'altro, si spezzarono in un solo istante. Dovetti guardare fuori dal finestrino per non fargli notare come mi si erano riempiti gli occhi di lacrime, pronte a cadere con la minima pressione. Il nodo che si era formato nella mia gola era così ingombrante che mi limitai ad annuire, troppo spaesato ed abbattuto per ribattere.
Louis non disse nulla, appoggiandomi una mano sulla spalla in un gesto di conforto, rilasciando ondate di imbarazzo e tensione dalla postura del suo corpo.
Guidò per un po' in silenzio, attraversando con la sua guida incosciente tutto il quartiere di medio-alto reddito e poi nel mio, decisamente più povero.
Louis si schiarì nuovamente la gola, non guardandomi negli occhi, ma con le guance tinte di un rosa acceso: “Senti, io- io posso provare, se vuoi.” si girò verso di me mentre fermava la macchina davanti al mio vialetto. La mia testa si girò così velocemente che mi scrocchiò il collo, incredulità dipinta chiaramente sul mio volto, dalla bocca semiaperta alle sopracciglia così inarcate che quasi raggiungevano l'attacco dei capelli.
“Cosa?” domandai, sicuro di non aver capito bene.
Louis sbruffò leggermente mentre spegneva il motore, alzando gli occhi al cielo per un breve istante: “Hai capito bene. Insomma, quanto diverso può essere dal portar fuori una ragazza?”
Il mio stupore quasi si triplicò, e non potei fare altro che sbattere le palpebre.
Louis sorrise leggermente, piegando la testa di lato: “Cosa ne dici di andare al cinema settimana prossima? Dovrebbe uscire un film che volevo davvero andare a vedere.”
Il groppo nella mia gola sembra essere cresciuto ancora di più, il mio cervello spento in vista di quella che doveva essere la risposta più inaspettata di sempre. Nonostante avessi trovato il coraggio di dichiararmi non avrei mai pensato davvero che avrebbe risposto di sì, sotto tutti gli strati di dolce illusione di cui mi ero circondato.
Poi mi accorsi che Louis stava ancora aspettando una mia risposta e mi affrettai ad annuire, prima che cambiasse idea, rispondendo che, sì, certo, mi sarebbe piaciuto andare al cinema con lui.
“Perfetto, allora domani fammi sapere che giorni hai liberi e ci mettiamo d'accordo. Ora faresti meglio ad andare, sono sicuro che ti stanno aspettando.”
“Hai ragione. Grazie per il passaggio e... anche per tutto il resto.” risposi, sentendomi tremendamente impacciato a confronto con lui.
Scivolai fuori dalla macchina e mi diressi verso la porta di casa, morendo dalla voglia di girarmi un'ultima volta per ammirare Louis, ma avendo troppa paura di sembrare appiccicoso.
“Ah, Gary.” mi richiamò lui, la testa che sporgeva dal finestrino, un'espressione seria sul volto.
Mi girai verso di lui, grato per quella possibilità di non dover interrompere la mia contemplazione della sua perfezione.
“Non ti prometto nulla, sappilo.”
Ci guardammo negli occhi per un lungo istante, e mi sembrò quasi che tra di noi passasse una comunicazione silenziosa. Apparentemente Louis non fu soddisfatto da quello che trovò nel mio volto, perché mi fece cenno di avvicinarmi.
“Sai, quando ero piccolo mia madre mi diceva sempre che solo perché non vedevo una cosa non significava che non ci fosse. Pensa alle giornate di pioggia, quando il cielo è una nuvola unica. Credi che in quei giorni non sorga il sole?”
“Cosa stai cercando di dire?” domandai, perplesso.
Louis scrollò le spalle, rivolgendomi un sorriso stretto e vagamente preoccupato: “Penso che se tu stia cercando qualcuno che ci tenga a te dovresti guardare più vicino a te.”
Poi tirò la testa di nuovo dentro la macchina e, stiracchiando pigramente gli angoli delle labbra in un sorriso felino, alzò una mano in saluto prima di sfrecciare lungo la strada e girare l'angolo, sparendo dalla mia visuale.
Rimasi fermo in mezzo al vialetto di casa, con lo stomaco che pulsava ad intervalli regolari, perso a guardare una strada vuota e cercare di dare un senso alle sue ultime parole.

 

Angolo dell'autrice:
Ok. Ok. Ho finito il capitolo 20. Consideratelo un regalo di Natale in ritardo.
Innanzitutto vorrei scusarmi con tutte voi lettrici che avete aspettato così pazientemente (e non xD) per questo capitolo. Le ragioni sono svariate, ma principalmente cercare di gestire la scuola, i compiti e il lavoro (sì, il lavoro) ha succhiato via tutto il mio tempo. Poi ci si sono messi i parenti, gli amici e alla fine non sono mai riuscita ad aggiornare. Ma comunque la prossima volta che ci impiego così tanto siete invitate a mandarmi un messaggio per dirmi di darmi una mossa.
Poi mi voglio scusare per la cortezza di questo capitolo, che, pur non essendo uno dei più brutti, non è nemmeno uno dei più brillanti. Penso di averlo riscritto almeno sei volte prima di essere contenta xD
Terzo, oggi è il mio compleanno quindi vi chiedo di essere misericordiose con me e di non riempirmi di insulti per il ritardo. Non vi chiederò di recensire, perché dopo questo immenso ritardo non me lo merito.
Quarto, QUESTA STORIA NON VERRÀ MAI ABBANDONATA. Se persistete nel mandarmi messaggi/recensioni con il solo scopo di insultarmi per i ritardi negli aggiornamenti, procederò ad ignorarvi.
Quinto, cercherò di rispondere a tutte, ma potrebbe volerci del tempo. Grazie mille a tutti quelli che hanno recensito lo scorso capitolo, siete in tantissime e mi rendete l'autrice più felice del mondo.
Grazie infinite a tutti,
Ele
P.S. Il capitolo non è ancora stato betato, perché non volevo farvi aspettare ancora di più. Quando lo avrà riletto la mia beta questo messaggio sparirà.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Baby Names ***



Judge, I'm so broken hearted
my parents have parted,
and gone are the dreams I once had.
To me there's no other can be like my mother,
but I still want to be with my dad.
[Dear Judge – Ernest Tubb]

 

POV Taylor:

30 settembre, 15:00
Se fosse stato possibile consumare un oggetto con lo sguardo, ormai la lettera di Cambridge sarebbe stata logora. Così com'era, però, la busta era leggermente spiegazzata per il troppo maneggiare, ma tutto sommato ancora candida. La lettera riposava innocentemente sul tavolo della cucina, oppressa dallo sguardo penetrante di papà, i nostri due respiri l'unico rumore nella stanza.
Mi ero finalmente decisa a comunicare la mia decisione di andare all'università l'autunno seguente a mio padre, e lo avevo bloccato mentre faceva una delle sue rare capatine fuori dal suo studio per dirgli che gli dovevo dare una notizia molto importante. Mio padre non aveva reagito nel modo in cui mi sarei aspettata, perché non aveva ancora allungato una mano verso la busta, limitandosi a guardarla da lontano.
Un mio piede rimbalzava senza un ritmo preciso contro il pavimento, lo stomaco in subbuglio per la tensione. Cosa avrei fatto se mio padre mi avesse proibito di andare? In fondo, ero ancora minorenne, e lo sarei stata per altri otto mesi, e di conseguenza mio padre avrebbe dovuto firmare tutti i documenti per mandarmi a Cambridge. Se non lo avesse fatto, avrei potuto dire addio a tutti i miei piani.
“Cosa c'è in quella lettera, Taylor?” domandò dopo parecchi minuti di teso silenzio, sfregandosi stancamente gli occhi con una mano.
Con una fitta al cuore, mi accorsi di quanto sembrasse stanco. Aveva pesanti borse sotto gli occhi, e occhiaie molto più profonde di quanto non mi ricordassi. Era chiaro che il tradimento di mia madre lo aveva colpito profondamente.
“É una borsa di studio per Cambridge, tutto incluso. Parto a settembre dell'anno prossimo.” dissi, abbassando lo sguardo verso lo stemma rosso con i quattro leoni sulla busta. Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi mentre gli davo quella notizia.
Lo sentii trattenere il respiro per qualche attimo, prima di espirare lentamente fuori in un lungo sospiro. Deglutii a fatica mentre aspettavo una sua risposta, il cuore che mi palpitava nel petto e la bocca secca per la tensione. Poi allungò la mano verso la busta e la aprì, il suono della carta eccessivamente forte nel silenzio. Abbassando ulteriormente lo sguardo verso le mie mani, intrecciate tra di loro e incastrate tra le cosce per impedire loro di tamburellare sul tavolo, sentii solo i respiri profondi e regolari di mio padre mentre leggeva. Solo quando tirò un altro respiro, appoggiando giù il foglio, osai drizzare le spalle e alzare lo sguardo verso di lui.
“Allora?” domandai, facendo una mezza smorfia quando la mia voce si ruppe a metà parola.
Mio padre restò immobile per un lungo istante prima di alzarsi dalla sedia e venire verso di me. Si accucciò di fronte a me, guardandomi negli occhi a lungo prima di protendersi avanti per stringermi in un abbraccio.
“Sono fiero di te. Non hai idea di quanto mi renda felice, Taylor.” mormorò raucamente, un tremolio evidente nella voce che mi fece salire le lacrime agli occhi. Ricambiai con esitazione l'abbraccio, appoggiando il mento sulla sua spalla e stringendolo a me, inalando il suo odore di dopobarba e tabacco che mi faceva tornare bambina. Era passato tantissimo tempo dall'ultima volta che avevo abbracciato il mio papà.
Quando ci separammo, il sorriso entusiasta di mio padre scemò lentamente, soppiantato da un'espressione di rassegnazione: “Sei sicura di voler andare, tesoro?”
Esitai prima di rispondere, sapendo bene che la risposta era definitamente sì, ma domandandomi se quella era la risposta che mio padre si voleva sentir dire: “Credo di sì.”
“Pensaci bene. Significherebbe metterti alla pari con tutto il materiale dell'ultimo anno. É una bella responsabilità. E poi, non vuoi incontrare il tuo fratellino o sorellina? Tua madre non sarà molto contenta se parti subito dopo la nascita del bambino.” chiese, un'espressione addolorata e patita sul volto che rendeva chiaro cosa ne pensasse sul tema.
Brancolai per qualche istante, alla ricerca di una maniera delicata di esprimere quello che stavo pensando.
“Non voglio conoscerlo.” risposi seccamente, non avendo trovato un modo politicamente corretto per spiegarmi.
Gli occhi di mio padre si sgranarono, e non era difficile leggere la sorpresa al loro interno: “Taylor, la separazione tra di noi non è dovuta al bambino, lo sai vero? Anche se la mamma non fosse rimasta incinta, il nostro matrimonio sarebbe finito comunque.”
Strinsi i denti, spostando lo sguardo dietro alle spalle di mio padre, verso il muro: “Non è vero.”
Mio padre allungò una mano verso di me, accarezzandomi la guancia: “Tesoro, so che è difficile da accettare, ma questo non cambia niente. Sia io che tua madre ti amiamo esattamente come prima, e un nuovo bambino non diminuirà l'affetto della mamma verso di te.”
Razionalmente, sapevo bene che era la verità, ma in quel momento usare la ragione era al di fuori della mia portata: “Non sarà più la stessa cosa. E poi, non voglio andare a vivere con la mamma, voglio stare qui con te.”
Con la coda dell'occhio vidi mio padre deglutire, mentre chiudeva gli occhi per un attimo, prima di dire, con tono forzatamente pacato: “Hai diciassette anni, Taylor. Credo che tu sia abbastanza grande per decidere con chi vivere, e qualunque giudice prenderà in considerazione le tue preferenze.”
“Come fai ad esserne certo?” domandai, “Sai meglio di me che la maggior parte delle volte la custodia va alla madre.”
“Andrà tutto bene. Ora sembra la fine del mondo, ma poi ti ci abituerai e non sarà così terribile, vedrai.” rispose con tono consolatorio, appoggiando le labbra sulla mia fronte, “E anche se dovessero dare la custodia a tua madre, a settembre parti, no?”
“Non posso vivere con la mamma, papà, non posso.” gridai, sempre più agitata con ogni minuto che passava, “Non ce la faccio!”
“Ehi, ehi. Tranquilla, respira. Piano, una preoccupazione alla volta.” cercò di calmarmi, accarezzandomi lentamente la schiena e mormorando parole senza senso, ma confortanti.
Mi morsi il labbro inferiore finché il sapore di metallo arrugginito del sangue non mi esplose in bocca. Il sapore improvviso mi distrasse dall'isteria che stava montando dentro di me a velocità sempre più elevata, e il declino nella tensione che mi stava attraversando il corpo portò le mie spalle ad ingobbirsi, come a proteggermi dall'esterno.
“Scusa.” mormorai, sentendo le mie guance arrossirsi per il mio momento di debolezza.
Mio padre mi sorrise tristemente: “Non chiedermi mai scusa per una cosa del genere, Taylor. É mio compito accertarmi che tu sia felice.”
Il groppo che avevo in gola si ingigantì ulteriormente, come se avessi ingoiato qualcosa di troppo grosso: “Ti voglio bene, papà.” mormorai con lo sguardo rivolto a terra.
“Anche io, Taylor, anche io.” rispose lui, stringendomi in un abbraccio, “Ora, cosa ne dici di andare a trovare la mamma per darle la bella notizia?”
“Devo proprio?” chiesi, facendo una smorfia.
Mio padre mi lanciò un'occhiata di rimprovero: “É pur sempre tua madre, ha diritto di saperlo.”
Trattenendo un sospiro indolente, mi alzai dalla sedia: “E va bene, togliamoci anche questo peso di dosso.”

30 settembre, 16:25
“Taylor! Che bella sorpresa, amore.” esclamò mia madre dopo che bussai alla porta del piccolo appartamento che aveva affittato in periferia. Era più radiosa di quanto non mi ricordassi di averla mai vista, con una mano appoggiata sullo stomaco, già visibilmente rigonfio, e un luccichio di vita negli occhi.
“Ciao mamma. Come stai?” domandai dopo un istante, un sorriso tirato e palesemente finto sul volto.
“Oh, benissimo cara, entra dentro.” disse, muovendosi di lato per farmi entrare e chiudendo la porta alle mie spalle, “Vieni, vieni. È un po' piccolo, ma dovremmo starci in tre, anche se forse saremo un po' stretti.”
Alzai un sopracciglio per la sorpresa: “Tre?”
Mia madre mi guardò, come sorpresa: “Certo. Non appena io e tuo padre finiremo di firmare i documenti per la separazione verrai qui da me. So che sarà difficile per te, dover cambiare casa e scuola così all'improvviso, ma non ti preoccupare, potrai andare a trovare papà quando vorrai, non ci vuole molto con i mezzi da qua. E sono sicura che ti farai un sacco di amici a scuola.”
La fissai, non credendo alle mie orecchie: “Non ho intenzione di trasferirmi qua, mamma. Sto bene dove sono.”
Lei mi sorrise, anche se era chiaro che non era esattamente contenta della mia affermazione: “Ne riparliamo un'altra volta, va bene?”
“D'accordo.” sospirai, sapendo quanto fosse inutile discutere con mia madre.
Ci guardammo con impacciato silenzio per qualche secondo, non sapendo che cosa dirci, finché mia madre non mi rivolse un secondo sorriso, questa volta più sincero.
“Vieni a sederti amore. ” disse, sospingendomi verso il tavolino pericolosamente traballante in un angolo della sala, “Stai mangiando? Mi sembri dimagrita. Aspettami qui un attimo, vado a prepararti uno spuntino.”
Mi irrigidii al pensiero del cibo, sentendo il mio stomaco accartocciarsi su se stesso, ma non dissi nulla. Mia madre sparì in quella che doveva essere la cucina, e io ne approfittai per guardarmi attorno, perché, se il giudice avesse deciso di assegnare la custodia a mia madre, avrei dovuto vivere in questo appartamento.
Il posto era pulito e ospitale, nonostante fosse davvero piccolo, ma allo stesso tempo era di un accogliente freddo, sterile. Era chiaro che si era appena trasferita dalla completa assenza di foto od oggetti personali, come in una camera di un albergo.
Mia madre tornò nella sala e appoggiò un vassoio sopra il tavolo, distraendomi dalla mia osservazione.
“Tieni, mangia qualcosa. Magari riusciremo anche a mettere un po' di carne su quelle ossicina che ti ritrovi.” cinguettò con un occhiolino, allungandomi un piatto pieno di piccoli tramezzini.
L'odore disgustosamente buono del cibo fece fare una capriola al mio stomaco, e allontanai istintivamente il piatto prima di potermi controllare, “Grazie, mamma, ma ho fatto uno spuntino poco tempo fa, e non ho proprio fame.” risposi, non stupendomi per la facilità con cui la bugia mi uscì spontanea.
Lei mi guardò scetticamente, lanciandomi un'occhiata intensa, “Taylor, me ne accorgo quando la mia bambina non sta mangiando.”
Internamente sbuffai con disprezzo all'affermazione completamente inaccurata, ma mi costrinsi ad assumere un'espressione esternamente oltraggiata: “Mamma! Sto mangiando, non è colpa mia se ho un metabolismo molto veloce.”
Mia madre sospirò con stanchezza e rimise il piatto sul vassoio: “D'accordo allora, almeno bevi qualcosa, allora.”
Le sorrisi e mi versai un bicchiere d'acqua per farla contenta. Mandai giù un paio di sorsi, ma l'acqua era così fredda che mi faceva male ai denti, e la sua discesa nel mio stomaco era come una scia di ghiaccio.
“Sai, sono arrivati i risultati dell'amniocentesi proprio ieri.” esclamò inaspettatamente, portando entrambe le mani alla pancia e sorridendo con uno scintillio negli occhio che non avevo mai visto di persona. Dentro di me qualcosa si ribellò, soffocandomi in una morsa inesorabile. Avevo già visto un'espressione simile, ma solo nelle vecchie foto di mamma e papà, conservate in vecchi scatoloni sul fondo del garage. Quando ero più piccola mi capitava spesso di intrufolarmi lì dentro per sfogliare le pagine degli album con meraviglia e stupore.
Avevo sempre sognato di trovare qualcuno che mi facesse sentire felice come lo sembrava la mamma in quegli scatti, anche se una volta che avevo iniziato le medie avevo scartato quel desiderio, relegandolo nel cassetto dei sogni impossibili.
Finsi un sorriso mentre stringevo con forza il bicchiere tra le mie mani, che si bagnarono a causa della condensa: “E cosa dice?” domandai, cercando di essere il più educata possibile e di non mostrare la mia animosità.
In realtà tutto quello che volevo era trovare il bagno in quel minuscolo appartamento e vomitarci l'anima dentro. Sentivo la tensione salirmi dentro con un ritmo lento ma inesorabile. Il panico si stava facendo strada nella mia gola, scavandosi una via d'uscita dal mio corpo.
“Oh, è un maschietto! Non sei felice?”
Trattenni a fatina un'espressione disgustata e allo stesso tempo le lacrime, non riuscendo a decidere come sentirmi.
Non rendendosi conto del mio conflitto interiore, mamma riprese a parlare: “Oh, ma in fondo me lo sentivo. Mia nonna lo diceva sempre, sai? Se non hai nausee mattutine, sarà maschio.”
“Sono contenta per te.” gracchiai dopo che mi ripresi dal torpore che mi aveva colpita.
Mia madre si illuminò: “Lo so, non è meraviglioso? Io e Nicholas ne abbiamo parlato, e vorremmo che fossi tu a scegliere il suo nome.”
“Nicholas?” ripetei a pappagallo, sempre più frastornata dal continuo flusso di informazioni.
Mia madre perse improvvisamente il sorriso, assumendo un'espressione più chiusa: “É il padre del bambino. L'ho chiamato il mese scorso per dargli la notizia.”
La guardai dritta negli occhi. Improvvisamente, nella mia mente si venne a formare una scena che mi fece venire la pelle d'oca. Mi immaginavo da un lato me e mio padre, soli, e dall'altro una nuova famiglia, che non comprendeva me. Il solo pensiero che quell'essere che stava crescendo dentro mia madre avrebbe avuto una famiglia unita, mentre io sarei rimasta con le rovine fatiscenti di quella che era in origine una famiglia, mi faceva salire dentro una rabbia omicida che non avevo mai sentito in vita mia. Non avrei permetto che un nuovo bambino mi sostituisse negli occhi di mamma, o che avesse quello che io non potevo avere. Non avrei condiviso mia madre.
“Abbiamo deciso di provare a stare assieme per il bambino, capisci? Ma solo dopo la sua nascita.” si affrettò a concludere poi, lanciandomi un'occhiata che mi implorava di essere comprensiva.
E non avresti potuto stare assieme a papà per me?
Abbassai lo sguardo, conficcando le unghie nelle cosce per cercare di impedire alle lacrime di scendere, ma non ci riuscii.
Mia madre si alzò dalla sedia per venirmi vicino, soffocandomi in un abbraccio: “Oh, Taylor. Non c'è bisogno di sentirsi arrabbiata. Vedrai, Nicholas è una gran brava persona, e non vuole sostituirsi a tuo padre.”
Chiusi gli occhi, respirando profondamente e cercando di pensare ad altro per non esplodere. Dopo qualche minuto di silenzio mia madre mi accarezzò i capelli e si staccò goffamente da me, impacciata dal pancione.
“Allora, cosa ne dici di scegliere quel nome?” disse alla fine, incrociando le mani sul tavolo, “Pensavamo a qualcosa di classico, ma che possa essere abbreviato in un nome più da ragazzo. Mi piacerebbe molto il nome Anthony, per poi chiamarlo Tony. Cosa te ne pare?”
Nella mia mente continuavo ad immaginare mio padre che diventava sempre più trascurato con gli anni, mentre il mio fratellastro cresceva sano e felice con genitori che lo amavano. E io nel mezzo, combattuta tra l'amore per mamma e papà e l'invidia nei confronti di chi aveva distrutto la mia famiglia.
I miei pensieri si spostarono verso l'unica altra persona che mi faceva sentire così impotente e piena di odio. E improvvisamente sapevo come avrebbe dovuto chiamarsi il mio fratellastro.
“Mark. Dovreste chiamarlo Mark.”
Mia madre mi guardò perplessa: “Mark? Non mi sembra molto classico come nome.”
Scrollai le spalle: “Marcus allora, Mark può essere il suo diminutivo.”
“Marcus? Mi piace, ha un bel suono.” disse lei, pensierosa, “Hai ragione, è un bellissimo nome, ha anche un suono molto solenne. Perché l'hai scelto?”
Chiusi gli occhi, riuscendo a vedere l'immagine del mio tormentatore perfettamente dipinta sotto le mie palpebre. Le due persone che più di tutte le altre avevano rovinato la mia vita, mi sembrava appropriato che condividessero lo stesso nome.
“Mi ricorda di un'altra persona importante che si chiama così.” sospirai alla fine, mentre portavo il bicchiere d'acqua alle labbra per distrarmi.
“Davvero? Chi è? Un fidanzatino di cui non mi hai mai parlato?” esclamò, alzando un sopracciglio per lo stupore.
Il solo pensiero che Mark potesse essere il mio ragazzo mi fece scoppiare a ridere: “Oh no mamma, è solo un mio compagno di classe.”
“Farò finta di crederci questa volta. A proposito, come sta andando a scuola, tesoro?” domandò dopo aver allungato una mano verso uno dei tramezzini che giacevano intoccati nel bel mezzo del tavolo.
Cercai di sorriderle, ma i muscoli del mio volto sembravano essere diventati di pietra: “Tutto bene.”
Esitai per un lungo istante prima di continuare: “Cambridge mi ha offerto una borsa di studio tutto incluso. Parto a settembre.”
Gli occhi di mia madre si spalancarono, e si portò una mano alla guancia: “Ma Taylor, non puoi partire! Sei troppo piccola per andare al college. E poi, tuo fratello sarà appena nato.”
Qualsiasi rimasuglio di attaccamento fosse rimasto per lei dopo il suo tradimento si spense definitivamente, come un carbone ardente in una tinozza d'acqua. Come se il feto che stava crescendo dentro di lei potesse dettare quello che facevo.
“Fratellastro.” precisai freddamente, stringendo le mani tra di loro, “Non voglio averci nulla a che fare.”
Mia madre corrugò le sopracciglia, espressione a metà tra il confuso e il disapprovante.
Per qualche istante regnò il silenzio tra noi, poi lei inspirò pesantemente e disse: “Amore, so che tutto questo è difficile per te, ma devi capire che non puoi riversare il tuo dolore su tuo fratello. Non è certo colpa sua.”
Sentii gli occhi riempirmisi di lacrime, e abbassai lo sguardo per non farlo notare. Mi rendevo perfettamente conto che, razionalmente, non era corretto far confluire la mia amarezza verso un esserino che non aveva alcuna colpa. Ma nessuno avrebbe mai potuto dire che le emozioni erano razionali. Non c'era alcuna ragione per l'invidia profonda, la mordente amarezza, l'odio che ribolliva lentamente, senza mai esplodere, ma pronto a riversarsi all'esterno alla prima scintilla. Era tutta colpa di quella minuscola vita umana, di quell'insignificante ammasso di cellule umane che si stava formando all'interno di mia madre, se i miei si erano separati. E, anche se poteva sembrare infantile e illogico, già lo detestavo per questo.
“Non ho nessun desiderio di conoscerlo.” risposi infine, ma voce impastata e secca, “Non è mio fratello e non permetterò che la sua presenza mi impedisca di andare al college.”
Mi alzai di scatto, sentendomi come se non potessi tollerare un altro momento in sua presenza.
Mamma si alzò con me, un braccio disteso in maniera conciliante: “Taylor, non c'è bisogno di essere invidiosa. So che ti senti tradita, e che magari adesso non vorresti avere nulla a che fare con lui, ma rimarrai sempre mia figlia, e questo non cambierà mai.” disse dolcemente, avvicinandosi con le braccia distese, come se volesse abbracciarmi.
Mi ritrassi da lei, sempre più schiva. Mia madre lasciò cadere le braccia dopo qualche istante, la sua espressione delusa e abbattuta. Ma nemmeno lo sguardo implorante che mi rivolse riuscì a sciogliere il pezzo di ghiaccio che era diventato il mio cuore.
“Quello non è mio fratello. Avresti dovuto abortire quando l'hai scoperto, così tutto questo non sarebbe successo!” urlai, non riuscendo più a contenere le lacrime, che si riversarono come un fiume in piena, accecando i miei occhi come la rabbia mi stava accecando la ragione.
“Taylor!” esclamò mia madre con tono scandalizzato e fortemente stupefatto, come se fosse sorpresa di sentirmi dire cattiverie di quel genere. Sinceramente anche io ero stupita di me stessa, perché parole così velenose non erano nel mio stile, ma non me ne pentivo minimamente.
Vedendo che non reagivo, la postura di mia madre diventò più dura, e disse a denti stretti: “Ho fatto un errore, e non ho paura di ammetterlo, ma non ti permetterò di parlarmi così. Chiedi scusa oppure esci di casa immediatamente.”
Soffocai un singhiozzo di rabbia mentre le mie lacrime scendevano sempre più velocemente: “Ti odio.” mormorai, lanciando un'ultima occhiata carica di disprezzo al rigonfiamento sul suo stomaco prima di girarmi sui tacchi e dirigermi verso l'uscita, sbattendomi forte la porta alle spalle.
Con mani tremanti pescai il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans, scorrendo velocemente nella rubrica fino al arrivare al numero di mio padre. Mi portai il cellulare all'orecchio mentre squillava, cercando di asciugare il meglio possibile le lacrime con la manica della felpa. I miei respiri erano pesanti e irregolari, perché il mio naso era tappato dal muco che stava colando giù e non riuscivo a trovare una pausa nei singhiozzi che mi scuotevano per mandare giù una boccata d'aria alla bocca.
“Taylor?” rispose mio padre nel telefono.
“Papà? Vieni a prendermi per favore.” mandai, stringendo con forza la ringhiera delle scale. Mi sentivo la testa leggera e avevo paura che, se non mi fossi aggrappata sarei caduta per terra.
“Tesoro, stai piangendo? É successo qualcosa?” chiese, improvvisamente molto preoccupato.
La sua domanda mi fece ingoiare un profondo rantolo spezzato di aria nei polmoni: “Vieni a prendermi, papà.” ripetei, supplicante.
“Sono lì tra venti minuti.” rispose brevemente prima di mettere giù.
“Grazie.” sussurrai al telefono, stringendo sempre più forte la ringhiera quando vidi le scale muoversi sotto i miei occhi.
Il tempo sembrò fermarsi mentre cercavo di scendere le scale, e quando arrivai in fondo e uscii dal portone principale c'era già la macchina di mio padre di fronte all'edificio, motore acceso e pronto a ripartire. Barcollai verso di lui, riuscendo dopo parecchi tentativi ad aprire la portiera della macchina, e mi lasciai cadere sul sedile del passeggero, sempre incapace di bloccare i singhiozzi.
“Taylor?” domandò la voce estremamente preoccupata di mio padre, “Ti senti bene? Devo chiamare un'ambulanza?”
Scossi veementemente la testa: “Zayn, voglio Zayn.”
“Chi?” domandò mio padre con un cipiglio confuso e allarmato.
Realizzai qualche istante troppo tardi che mio padre non aveva mai incontrato Zayn: “Portami a casa di Hannah, per favore.”
“Hannah Redbird?” chiese, ma aveva già fatto ripartire la macchina in direzione di casa nostra anche prima del mio cenno di assenso.
Per tutti i venti minuti abbondanti del tragitto mio padre non riuscì a cavare un'altra parola sensata dalla mia bocca, e i miei singhiozzi non si acquietarono mai. Quando la macchina giunse ad un brusco stop di fronte alle siepi curate di casa Redbird, non lo salutai nemmeno prima di fiondarmi fuori e suonare istericamente al campanello.
La porta si aprì un istante dopo, e senza preoccuparmi di chi fosse, mi gettai nelle loro braccia. Non appena al mio naso tappato giunse l'odore di nicotina mi accasciai nell'abbraccio che mi aveva stretto. E finalmente il mio pianto cominciò a rallentare e ripresi a respirare.

 

Angolo dell'Autrice:

Come al solito mi scuso per il ritardo nell'aggiornare, anche se ormai direi che potete considerare sei mesi come tempo di aggiornamento standard... Detto questo, sappiate che non so davvero QUANDO aggiornerò la prossima volta, perché per le prossime due settimane lavoro dalle 8 alle 5 e so già che tornerò a casa troppo stanca per scrivere. Poi andrò per tre settimane in California e non so se avrò tempo di scrivere. Se ne riparlerà a metà luglio, temo :(
Poi, importantissimo: le parole di Taylor non riflettono il mio pensiero e mi scuso se hanno offeso qualcuno. Tutta la conversazione sull'aborto non mira ad essere propaganda pro-scelta o pro-vita di alcun tipo.
In ultimo, vorrei chiedere a qualcuno di voi che abbia fratellastri (e che ne abbia voglia) di raccontarmi come avete vissuto la loro nascita. Quella della famiglia allargata è una tematica che mi interessa molto, e di cui non ho trovato molto su internet.
Vi ringrazio infinitamente per le recensioni, siete incredibilmente fantastiche :) Vi rendete conto che questa storia ha superato le MILLE recensioni?
Siete meravigliosi e vi adoro tutti!
Ele

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=982789