La guerra della purezza - Divergenti prequel

di lexus988
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I capitolo - Dove sono? ***
Capitolo 2: *** II capitolo ***
Capitolo 3: *** III Capitolo ***



Capitolo 1
*** I capitolo - Dove sono? ***


Il mio nome è Tomas Prior. Sono un semplice operaio, anzi lo ero, prima che il dipartimento mi chiamasse e mi spedisse nella sede del governo per "l'addestramento". Non so per cosa o per quando stiano preparando militarmente tutte queste persone. Sono in un campo militare, poco fuori Dallas, o almeno così ci è stato detto. Ci hanno bendato per l'intero tragitto per motivi di " sicurezza nazionale". Non mi fido più di nessuno ormai. Non da quando mia sorella e mia madre sono state prese dal dipartimento di genetica per fare dei "test" e non hanno fatto più ritorno. Non so cosa le sia successo, ma il dipartimento mi ha assicurato che stanno entrambe bene e che presto me le rifaranno vedere, ma solo dopo che io avrò compiuto un compito per loro. Ancora non so di cosa si tratti.

Sono le sette in punto, e come ogni mattina il sergente Smith entra nella camerata per dare il programma del giorno.

"Attenti! Programma giornaliero: esercitazione di tiro, percorso a ostacoli ed infine strategie di guerra." la sua voce è fredda e distaccata, a tal punto da farmi venire i brividi ad ogni sua parola. È il classico sergente, alto, muscoloso, capelli rasati. Incute molta sicurezza ai suoi compagni, ma altrettanto timore agli avversari.

"Signorsí signore!" il grido si alza uniforme da tutti e 25 le reclute. Smith ci rivolge un saluto militare e poi esce dalla camerata.

"Ragazzi, secondo voi per cosa ci stanno preparando? Cioè non è da tutti i giorni ricevere un addestramento militare del genere..." dice George dal letto in fondo alla stanza.

"Hai ragione, sicuramente hanno in mente qualcosa di grosso, forse una..." Tom è indeciso se pronunciare o no quella parola che sa tanto di distruzione e di tragedia imminente.

"Guerra!" dico con la voce spezzata, non è solo il mio parere, ma è quello che pensiamo tutti dentro questa stanza.

"Si Tomas. Penso che tu abbia ragione. Ma contro chi? Siamo in pace ormai da tantissimi anni con tutte le nazioni del mondo. Abbiamo di tutto, non dobbiamo più invadere l'Iran o l'Iraq per il petrolio, Italia e Germania hanno pagato il loro debito e abbiamo un governo stabile. Per quale motivo dovrebbero scatenare una guerra ora? Sarebbe da incoscienti" George è sempre sdraiato sopra l'ultimo letto.

"Le guerre sono tutte da incoscienti, George. Non c'è motivo di uccidere propri simili, persone come me e te, per denaro o per ingordigia. È una pazzia che non si dovrebbe mai compiere, anche nelle condizioni più estreme."

Cala il silenzio in stanza. Nessuno di noi è un soldato. Siamo operai, fornai, minatori. Tutti i lavori più umili del mondo in un solo campo militare. Perché noi? Non siamo ne particolarmente intelligenti, ne sinceri con gli altri...non eccelliamo in niente di particolare. Siamo nella media, e pare che al dipartimento i "nella media" piacciano molto.

*                    *                    *                    *

Aspetto che tutti siano pronti per andare all'esercitazione. Quando siamo tutti pronti, usciamo insieme e ci diregiamo verso il campo di tiro. Ogni giorno che passiamo dentro questo posto mi rendo conto delle bugie che mi raccontano ogni giorno. Non siamo poco fuori Dallas, sulla strada c'è una sottile patina di neve, cosa impossibile in Texas. Forse molti dei miei compagni non si erano mai allontanati da Chicago, ma io venendo da una famiglia originaria del Wisconsin conosco bene come è fatto il west. Lunghe distese senza l'ombra di un fiume o di una pianta che non sia cactus, montagne rocciose scavate da anni e anni di erosione. I grandi canion, il caldo arido e le scarse piogge. Questo è il west, non quello in qui ci troviamo. Perché mentirci anche sulla posizione? Io ho una mia idea ma non ho intenzione di esporla, anche perché probabilmente se ho ragione mi potrebbe costare caro. Non siamo in America, non possiamo stare li per un semplice motivo, perché la guerra è in America. E partirà dall'interno.

Poco prima di essere prelevato da Chicago, mi sono accorto di cose strane, molto strane.

Ero nel vicolo vicino casa mia, quando all'improvviso due guardie in borghese hanno iniziato a picchiare un ragazzo della mia età, sui 18 anni. Ricordo nitidamente le parole che gli rivolgevano in tono scontroso e derisorio. "Presto sarete sterminati, è stato un errore del dipartimento e noi dovremo risolverlo." I funerali del ragazzo si tennero il giorno dopo e la causa ufficiosa della sua morte fu "overdose di farmaci".

Non so a cosa alludessero quei due " uomini" se così si possono chiamare, ma sono sicuro che le loro parole sono anche quelle che volteggiano nella mente contorta dei nostri superiori.

Tra un pensiero e l'altro abbiamo percorso il tragitto dalla camerata al campo di tiro e siamo davanti al cancello. Facciamo un veloce check-up per vedere se ci siamo tutti e una volta confermato, varchiamo l'entrata. Appena dentro oltre al sergente Smith, ad accoglierci ci sono anche il tenente Johnes e il sottotenente Wu.

"Oggi vi eserciterete su dei bersagli in movimento" dice Wu "entrate" la porta si spalanca e entrano 25 persone con delle catene ai piedi e alle mani.

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Capitolo 2
*** II capitolo ***


Cala il silenzio in palestra tutto d'un tratto. Chi sono loro? Da dove vengono? E sopratutto perché sono qui? No. Mi rifiuto di pensare che veramente delle persone, persone come noi, siano usate come bersaglio in un esercitazione. No, non è possibile.

"È uno scherzo?" domando irritato "Perché se così fosse, è uno scherzo di pessimo gusto!"

"Soldato Prior, è pregato di stare in silenzio fino a quando non sarà richiesto il suo intervento." la voce di Wu, è tranquilla e pacata, ma ha un non so che di imperativa. Non si addice alla persona, il sottotenente è alto e magro. Ha la carnagione olivastra e gli occhi hanno un taglio orientale, di sicuro ha origini cinesi. Quasi mi dimentico che sta parlando con me.

"Signorsí sottotenente, è solo che.." mi blocca bruscamente.

"Non vogliamo avere pareri dai soldati. Devono svolgere solo e unicamente gli ordini, e l'ordine di oggi è sparare a questi criminali."

Avevo ragione. La crudeltà e la brutalità di queste persone non ha limiti, li vogliono usare come bersagli. La cosa che mi turba ulteriormente è il modo con cui ha marcato la parola criminali. Con un timbro amaro. So che anche Wu è sconcertato ma deve sottostare agli ordini provenienti dall'alto. Io so che non sono criminali, e questo lo sa anche lui. Lo capisco dalla voce spezzata che ha assunto durante la conversazione, troppo spezzata, a tal punto da far intervenire il sergente Smith.

"Prior torna al tuo posto e attendi ordini." a lui non posso oppormi.

Appena siamo tutti in riga il tenente Johnes ci spiega brevemente e freddamente il tutto.

"Dovrete sparare a questi criminali con un fucile d'assalto, ogni persona colpita varrà un punto tranne i colpi alla testa che daranno un bonus di un punto extra tutto chiaro?" È brutale, io non posso e non voglio farlo. Va contro tutti i miei principi ed è una cosa stupida e insensata. Ma devo farlo. Devo perché se voglio vedere di nuovo la mia famiglia devo ubbidire e subire i loro ordini come un cane. Ma io non sono un cane. Non prenderò parte a questa carneficina. Ci forniscono di un fucile a testa con dentro un caricatore pieno. So far inceppare un arma senza problemi, ma darei troppo nell'occhio. Penso che la cosa migliore da fare sia rimanere fermo immobile con il fucile a mezz'aria in segno di protesta. È un segnale forte, un segnale di ribellione nei confronti delle autorità maggiori. Sono pronto a farlo? Sono pronto ad affrontarne le conseguenze? Non avrò mai la risposta se prima non ci provo.

"Caricare, puntare," alzo il fucile in aria come da programma e mi limito a stampare un bel sorriso sulla mia faccia. "Sparare!"

Rimango fermo a sentire il suono delle pallottole che sfrecciano verso le povere persone che adesso stanno tutte correndo in preda al panico.

"Cosa fai Prior? Spara!" il sergente sembra infuriato, ma io mi limito a voltarmi e a sorridergli in faccia in segno di menefreghismo.

"Prior è l'ultimo avvertimento, spara o ne subirai le conseguenze." urla a crepapelle ormai.

"Mi sono sempre piaciute le sfide sergente!" urlo di rimando.

"Ah veramente? Allora vieni fuori con me. Adesso."

Gli spari cessano e i miei compagni si voltano verso di me, nessuno ha il coraggio di muovere un dito. Non sono codardi, sono solamente intimoriti dalle ritorsioni che le loro gesta potrebbero avere. Le punizioni qui al campo non sono mai molto severe quindi penso proprio di poter affrontare quello che verrà con tranquillità. Mi sbaglio di grosso. Smith mi porta in un campo sul retro della palestra. È vuota, non ci sono attrezzi per le torture o cose simili, c'è solo un conteiner isolato.

"Vediamo se sei poi così tanto coraggioso come sembri." mi tira un calcio sul retro del ginocchio e mi fa crollare a terra. Mi preme la faccia contro la terra. Non è solo terriccio, ma è terra mista a erba secca mista a nevischio. Solamente l'odore mi da il voltastomaco. Non faccio neanche in tempo a dimenarmi che già Smith mi ha inserito una siringa nel collo. Spinge lo stantuffo e nelle vene non sento più sangue, ma una sortanza più simile a cemento che rischia di rapprendersi ogni secondo che passa in circolo. Mi rialza e mi trascina verso il conteiner.

"Lasciami stare! Cosa mi hai dato? Droga? Morirò? Punizione esemplare a dire il vero." non sento più le gambe.

"È un prodotto del dipartimento, lo chiamano siero. Sei uno dei primi a testarlo. Dovresti esserne fiero Prior!"

Mi spinge dentro il conteiner buio e freddo e da fuori urla "Non avere paura della paura, è una cosa sciocca non trovi?" quelle sono le ultime parole che riesco a percepire.

Poi buio totale.

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Capitolo 3
*** III Capitolo ***


Finalmente riesco ad aprire gli occhi. Non sono dentro un conteiner, sono in una casa, la mia casa. Sono seduto sul divano di pelle chiara di fronte al televisore, come sono arrivato qui? Sento delle voci dal piano superiore. Sono loro. Salgo in tutta fretta le scale a chiocciola e mi catapulto nella camera matrimoniale di mia madre. Si sono loro, sono le loro voci. Apro la porta e le vedo. Mia madre Janet e mia sorella Katia sono sedute sul letto, proprio di fronte a me. Non mi trattengo e le corro in contro. Sono a una manciata di metri da loro quando qualcosa mi blocca. Non è un qualcosa ma un qualcuno, vestito di nero e con il viso completamente oscurato da un cappuccio. Non mi riesco a divincolare. A ogni mia mossa la sua presa si stringe sempre di più. All'improvviso da dietro mia madre appare un uomo, identico a colui che mi sta tenendo, con una pistola in mano.
"No, non lo fare, spara a me piuttosto." la mia voce è spezzata e implora l'uomo mascherato.
Lui non risponde e spara. Prima a Janet e poi a Katia. Mi sento crollare. Me le hanno portate via.
In un battito di ciglia non sono più nella mia vecchia casa, bensì in un campo di grano. Cosa ci faccio qui? Sto cominciando a impazzire? È effetto di quel veleno che mi hanno inniettato? Non so più niente.
In mezzo al campo c'è un uomo inginocchiato ed è lì che le mie gambe mi portano di corsa. Appena sono a pochi passi da lui mi accorgo di avere un arma puntata dietro la testa.
"Spara a quello sconosciuto oppure io sparerò a te. La decisione mi sembra facile." la sua voce non è umana, è artificiale e meccanica. Mi si materializza una pistola nella mano destra.
-non posso sparare ad una persona che neanche conosco- dico tra me e me, -non merita una fine così atroce, nessuno la merita.
Questa cosa non è reale. Non può esserlo. Ho capito, è un sogno o una cosa del genere. I sogni li decido io, come il mio destino d'altronde. Il caricatore del mio aggressore è vuoto, è vuoto, deve essere vuoto. Mi giro di scatto verso di lui e gli punto la pistola alla tempia destra. Lui non si smuove di un centimetro e preme il grilletto della pistola che adesso poggia sulla mia fronte. Chiudo gli occhi. Niente. Lo guardo, sorrido e gli pianto una pallottola in testa.
Crolla esanime a terra.
A quel punto la porta del conteiner si spalanca e io ritorno al mondo a cui appartengo. Smith mi osserva a lungo prima di tirarmi su e di darmi una pacca sulla spalla. Perché sembra che ho guadagnato il suo rispetto? Cosa ho fatto di tanto eclatante? Mi sono solo svegliato da una sorta di sogno.
"Ottimo Prior. Lo farò presente ai superiori. Ti ricaveranno sicuramente uno spazio tra le cariche più alte e vantaggiose." sembra contento.
"Cosa ho fatto di speciale sergente?" devo sembrare ancora molto sotto shock dal finto omicidio della mia famiglia quindi si limita a dire: "Vieni nel mio ufficio alle due in punto. Ti spuegherò tutto a tempo debito." vorrei dire la mia, ma lui continua imperterrito.
"Congratulazioni comunque, penso proprio che il tuo addestramento sia finito oggi, ammesso che il tenente sia d'accordo!" mi da una pacca e se ne va.
"Ora di pranzo!" la voce elettronica che esce dagli altoparlanti mi coglie di sprovvista. Sono stato tutto il tempo a pensare a quello che avevo passato, alle parole che mi aveva detto Smith. Sarò promosso? E cosa vuol dire questo? Vorrà dire che avrò più ordini ovvio. Non so se sia un bene o un male, ma è una cosa che devo accettare. Mi avvio verso la mensa in solitaria questa volta e quando ormai sono a metà strada sento avvicinarsi di corsa George.
"Ei amico, cosa diamine è successo?"
"Non lo so George. Penso di essere stato promosso..."
"Ah, congratulazioni. Hai finito il tuo addestramento immagino allora." è dispiaciuto, lo vedo nei suoi occhi.
"Si, penso proprio di si. Sono sicuro che presto anche te verrai promosso! Sei molto più coraggioso di me e hai una mira discreta!" dico scherzosamente.
"Discreta? Ho una mira IMPECCABILE." lui mi sorride e io faccio cadere la conversazione.
Arriviamo in mensa. Mangio in fretta e in furia perchè so che ho un appuntamento al quale non posso ritardare. La minestra è fredda e il pane è duro ma neanche ne tengo conto. Mangio solo perché è essenziale che io lo faccia non per piacere. Mi alzo dal tavolo e mi dirigo verso l'ufficio di Smith.
Alle due in punto sono davanti alla sua porta. La apro e entro. Seduto dietro la scrivania non c'è Smith, bensì il tenente Jhones.
"Siediti Prior. Abbiamo molte cose di cui parlare."

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