A
Coffee Story
3 – Hazelnut
Macchiato
Freshly
steamed milk with vanilla syrup, marked with espresso and finished with
hazelnut drizzle.
L'orologio dello Starkphone
segna le 23 e 15.
Lo stesso Starkphone che ha
mandato circa una ventina di messaggi e ha tentato un paio di telefonate senza
ricevere risposta alcuna.
Forse è stata assillante.
Un tantino.
Per questo si trova sull'ascensore. Per raggiungere
l'appartamento di Maria e chiederle scusa per l'insistenza, e dirle che sa
perfettamente che ha di meglio da fare che approfondire un interesse
verso una civile ventiquattrenne portacaffè, e c'è
crisi in giro e mondo pullula di terroristi armati sino ai denti – New York ne
ha avuto l'ennesima dimostrazione giusto quindici giorni prima – e che i
Vendicatori sono in missione dalle parti Agrabah
e non si stanno divertendo.
E scusa, scusa, scusa, ma quella mattina davanti al
caffè mi hai un pochino illusa con il tovagliolo sulle labbra a togliermi la
schiuma del Frappuccino.
I pannelli dell'ascensore si aprono. Darcy percorre il corridoio in punta di piedi.
Si ferma davanti alla porta di Maria.
Alza il pugno per bussare.
Poi sospira e si allontanò in tutta fretta.
Oh ANDIAMO! È solo per chiederle scusa! Per farle
capire che non sei un'idiota patentata con un microcefalo da liceale ormonalmente instabile.
Non che generalmente riuscisse a fare figure migliori,
ma tanto vale provare, no?
Figura di merda più, figura di merda meno. Almeno così
posso metterci una pietra sopra.
Ritorna verso la porta.
Un bel respiro e...
Toc Toc!
Nessuna risposta.
Toc Toc TOC!
Un secondo in attesa. Due, tre.
Ultimo tentativo: se non risponde ora, vado via – con
la coda tra le gambe – e non mi farò più vedere né sentire da lei per nessun
motivo.
Giuro.
Toc Toc TOC!
D'accordo, dai, un'ultima volta:
TOC TOC TOC!!!
“Provi anche con il campanello o tenti direttamente lo
sfondamento?” Darcy sobbalza talmente forte da andare
a sbattere contro la porta. Quando riusca a
riprendere l'equilibrio e a voltarsi, Maria la sta fissando con un sacchetto di
un fastfood in mano e una bibita
nell'altra.
“Oh. Uh! Pensavo... pensavo di trovarti in casa, ecco.
Invece – uh! Spuntino di mezzanotte, a quanto vedo!”
“Questo è pranzo, cena, e spuntino insieme.”
“Deve essere bello tosto.”
“Tre cheeseburgers, due
patatine, e un sundae che se continuiamo a staracene
qui si scioglierà completamente. Immagino tu sia qui per entrare, perciò...”
L'appartamento di Maria Hill è un loft soppalcato
dagli arredamenti curati. Niente di lussuoso - d'altro canto Maria è l'unico
membro dello Staff a non risiedere nella Stark Tower – ma neppure qualcosa da quattro soldi.
“Uau.” Riesce solo a
commentare Darcy, mentre lei appoggia il sacchetto
sul ripiano dell'angolo cottura e si sfila le decolleté nere con una smorfia di
sollievo; la giacca grigio scuro finisce invece sul divano. “Arredamento
minimal. Molto sofisticato. Suppongo che anche quello di Thor fosse così, prima
che lui e Jane lo incasinassero. Thor ha sbriciolato un paio di ripiani
appoggiandoci su il Mjolnir e Jane... beh, lei è puff!”
“Abiti con loro?”
“Oh no, per carità! Pepper è
stata così carina da darmi una delle camere degli ospiti è... è su un altro
piano. Da quelle parti ci sono solo i vips.
A proposito, non ho mai capito come mai non abiti nella Stark
Tower. Con tutte quelle comodità... e quella sala
cinema...”
“Oh! Non ci ho ancora messo piede.” Maria lava le mani
sotto l'acqua corrente del lavello, prima di rimboccarsi le maniche e dedicarsi
ad un Cheesburgers. “Com'è?”
“Il paradiso. Non esiste una serie o un film che non
sia in memoria: Doctor Who,
Buffy, Firefly... ieri sera
mi sono guardata Sucker
Punch per la prima volta su uno schermo enoooorme e
non sul mio laptop. Immagino che tu non abbia idea di cosa stia parlando,
giusto?” Lei scuote semplicemente la testa ed inghiotte il suo boccone con un
sorso di bibita. “E neppure interesse a scoprirlo.”
“Né il tempo. Avanti, accomodati. Vuoi da bere?” Si
alza e apre il portellone del frigorifero: “Ho una soda e del latte. Oppure del
whisky.”
“Soda, latte e whisky. Servire agitato, non
shakerato.”
La testa riemerge dal frigo: “Bond, giusto?” Un
sorriso. Darcy lo condivide con una punta di
sollievo.
“Latte, grazie. Sono qui per chiederti scusa. Per
oggi.”
Maria ritorna al ripiano con un bicchiere di latte
appoggiato su un piattino e riprende posto sullo sgabello di fronte: “Per aver
cercato di sfondarmi la porta o per la valanga di messaggi e telefonate?”
“Erano solo due!”
“Ho dovuto spegnere.”
“Bastava mi dicessi 'Sono impegnata' e avrei smesso!”
“Saresti potuta arrivarci da sola, no?” Il primo cheesburger è andato: Maria accartoccia la carta
dell'involucro e la lanciò nel cestino dell'immondizia con un canestro
perfetto.
“Giocavi a basket?”
“Al liceo, squadra femminile. Ma non cambiare
discorso! Darcy:” Maria si pulisce le mani nel
tovagliolo e prende un altro sorso dalla cannuccia: “Io non sono semplicemente
una persona 'molto impegnata' nel lavoro, capisci? Nel mio lavoro ho la
responsabilità logistica di vite umane.”
“Consideri Tony Stark un
essere umano? Non credo gradirebbe.”
“Darcy, Darcy
per favore, sii seria.”
“Lo sono! Capisco perfettamente tutto quello
che mi stai dicendo ed è per questo che ero venuta qui stasera io... io mi sono
lasciata prendere la mano e – posso rubarti qualche patatina, grazie – e volevo
chiederti scusa. Ho sbagliato e forse mi sono un po'... un po' illusa, ecco.
“È colpa mia, lo so, io non avrei dovuto-”
“Ma l'hai fatto. È perché volevi uscire con me, giusto?”
“Darcy, io-”
“Perché in questi giorni in cui non ci siamo né viste
né sentite mi è anche passata per la testa l'ipotesi che tu abbia tentato un approccio
con me perché avevi semplicemente voglia di uscire con qualcuno, ed io ero lì e
quindi-”
“No, non è-”
“... o peggio ancora, che tu mi abbia notata solo per
le mie enormi tette, e questo mi darebbe fastidio, perché è un fardello che mi
porto dietro da che avevo undici anni e speravo che fosse solo una questione
maschile-”
“No, non ti ho chiesto di uscire per le tue enormi
tette. Non solo per quelle, almeno.” Maria era a metà del secondo Cheesburger.
“Ma davvero mangi sempre tutta quella roba e
resti... così?”
“Faccio due ore di palestra ogni mattina, ed in genere
anche due alla sera, salvo periodi come questo. Ed in genere non mangio così.
Ascoltami: Sei una ragazza davvero molto carina e molto estroversa, di
sicuro non farai fatica a trovare altre ragazze. Mi è piaciuto molto il nostro 'non
appuntamento', mi sono piaciuti i – quanti erano? - cinque minuti del nostro
appuntamento e mi è piaciuto anche il nostro caffè post apocalittico. Sei
molto simpatica – un po' logorroica a volte – ma comunque trovo piacevole la
tua compagnia.”
“Accidenti, questi complimenti tutti insieme? Non
vorrai mica farmi montare la testa” borbotta ironica rubando un altro paio di
patatine per sfregio.
“Quello che voglio dire, Darcy,
è che tu non hai bisogno di una persona come me. Non possiamo
essere compatibili. È normale, sei una
civile.”
“Civile, nella tua scala di insulti, deve
essere sullo stesso livello di Sangue Sporco per un Serpeverde.”
“Cosa? Non importa: non è un insulto, è solo un
dato di fatto. Io non posso darti quello che cerchi, perciò è abbastanza
inutile che io continui ad illuderti.”
Ormai Darcy pesca dalla
confezione di patatine senza ritegno: “Parlami della tua ex. La snorkelista.”
“Co-come? E' illogico che
parli della mia ex con te.”
“E perché no? Regole civili impongono di non
parlare delle proprie ex durante un appuntamento. Ma questo non lo è,
altrimenti me ne sarei accorta.”
Touché!
Abbandonando l'ultimo boccone di cheeseburger e
ripulendosi le mani su un tovagliolo, Maria prova a tergiversare con un lungo
sorso di bibita.
“Era anche lei un'agente?”
Annuisce: “Di un livello molto alto, con tanti anni di
servizio e di esperienza. Era una responsabile tattico-logistica dello S.H.I.E.L.D., aveva in mano le più importanti missioni
dell'agenzia. Fury diceva: Non cade foglia che la Hand non voglia” Maria guarda un punto indistinto del
ripiano, sposta le briciole con la punta delle dita.
“Le relazioni tra colleghi sono sempre state
sconsigliate dal protocollo del personale, perciò noi... mantenevamo un certo
riserbo.”
“Agenti segreti, relazioni segrete. Lesbionage!”
Inaspettatamente, Maria scoppia in una breve risata:
“Sì, sì, direi che è la definizione esatta. Victoria era una donna molto bella.
Elegante, di polso. Ed era anche una troia arrivista che non si faceva scrupoli
a piantarti il bastone tra le ruote in tutti i modi, quando vedeva che ti
prendevi un po' troppo spazio.”
“Oh! Immagino che non sia finita benissimo tra voi
due.”
“Poteva finire peggio: avevamo entrambe il porto
d'armi.”
“Ed ora che lo S.H.I.E.L.D.
non c'è più, lei da che parte sta?”
“Nonostante fosse una stronza con i tutti i crismi
lei... beh, è stata con lo S.H.I.E.L.D. sino
all'ultimo. È morta durante il trasporto di un prigioniero, l'Agente che era
con lei era un infiltrato dell'Hydra, le ha sparato
in testa, a distanza ravvicinata. Non le ha lasciato raggio d'azione, nessuno
scampo.”
“Oh. Mi... mi dispiace.”
Maria scuote le spalle e recupera l'ultimo boccone del
cheeseburger: “Tra di noi era finita da tempo. E nell'implosione dello S.H.I.E.L.D. ho perso persone a cui ero più vicina. Vedi,
quando vivi per così tanto tempo in bilico tra la vita e la morte, entrambe
arrivano ad assomigliarsi, ad un certo punto. Nella vita entrano ed escono
migliaia di persone per i più svariati motivi. C'è chi poi semplicemente esce e
va per la sua strada, ed altri che smettono di camminare. “
“È un po' cinico.”
“Vedi, per questo dico che tu non puoi comprendere.
Victoria era molto diversa da te.”
Darcy
riesce a trovare lo spunto per sorridere: “Con quello che hai appena detto di
lei, lo prendo per un complimento.”
Anche Maria sorride prima indicarle che aveva i baffi
da latte: “Il tuo è proprio un vizio, eh” Tampona il suo labbro superiore con
il tovagliolo di carta.
E poi sostituisce il tovagliolo con la sua bocca.
“Non avevi detto che non mi avresti più illusa?” Ha il
viso di Maria ad un palmo dal suo, si riflette nei suoi occhi di ghiaccio, e
sfiora le labbra ancora umide dal bacio.
“Sì, l'ho detto. Eri solo... sporca lì.”
“Lo sono ancora?”
“No.”
“Guardaci bene.”
“Forse appena appena...”
Scende dallo sgabello e si avvicina ulteriormente. Darcy non si rende nemmeno conto di trattenere il respiro,
mentre lei le scosta una ciocca di capelli dal viso. Poi il suo fiato torna a
solleticarle la guancia e le labbra a premere sulle sue.
Improvvisamente Darcy viene
sferzata dalla sensazione che tutto quello sia irreale. Che stia accadendo
tutto nella sua testa. O che, peggio ancora, che Maria le potesse dire che si
tratta di un'incomprensione.
O di uno scherzo crudele.
D'istinto Darcy le cinge la
vita e la strinse a sé, quasi sicura che l'avrebbe sentita divincolarsi e
allontanarsi. Invece Maria approfondisce il bacio e ricambia l'abbraccio.
Quando si stacca per guardarla negli occhi Darcy ha la certezza che non sia un sogno.
È tutto vero.
Non è uno scherzo.
È tutto vero.
La bacia di nuovo, e poi di nuovo ancora, e poi spera
che sia lei a fare la mossa successiva, perché non ne ha la più pallida idea di
come continuare.
Dovrei lasciarmi dominare dall'istinto. Oddio, e se
sbaglio qualcosa?
E se sembro troppo frettolosa, o troppo riottosa?
Maria sembra leggerle nel pensiero, perché sposta le
proprie labbra sul suo collo e risale con una mano la curva del ginocchio,
sulla stoffa ruvida dei jeans che ad un tratto a Darcy
sembrano insopportabilmente stretti. Ne imita il gesto sulla schiena, sorride
contro le sue labbra quanto le pare di averla sentita rabbrividire.
Maria si scioglie dall'abbraccio solo per prenderla
per mano ed abbozzare un paio di passi indietro,in direzione delle scale, senza
staccare gli occhi dai suoi.
E non sono solo i jeans ad essere stretti. Anche la
maglietta di Darcy sembra troppo piccola per
contenere i battiti impazziti del suo cuore.
Si lascia guidare, esitante quando Maria interrompe il
contatto visivo per imboccare le scale e più sicura quando le rivolge di nuovo
gli occhi azzurri, sino alla sua stanza da letto sul soppalco.
Oh divinità generica, metti da parte la tua insulsa
omofobia e lasciami godere questo momento.
Guai a TE se spedisci un qualche rompicoglioni ad
interromperci.
La maglietta di Darcy
scivola via dalle spalle, i bottoni della camicetta di Maria scivolano tra le
asole con giusto un po' più di difficoltà. Sotto agli abiti severi Maria
nasconde una pelle bellissima, straordinariamente liscia e caldissima e un
semplice reggiseno nero e spartano che le cinge un seno piccolo e sodo. Darcy si lascia cadere sul bordo del letto, Maria che si
inginocchia tra le sue gambe e le esplora di nuovo il collo con la lingua
riempiendola di brividi.
Darcy
ha solo voglia di sentirla ancora di più stretta a sé, di avere le mani ovunque
sul suo corpo e di esplorare a sua volta il suo.
“Sei meravigliosa” bisbiglia Maria sganciandole il reggiseno e
sfilandoglielo dalle braccia: si gode la vista con un sorrisetto soddisfatto.
“Ancora più di quanto immaginassi.”
“Anche tu.” Quando le dita della ragazza raggiungono e
superano l'orlo dei jeans, Darcy si sente
improvvisamente in dovere di ammettere la sua inesperienza. Non ha neppure
bisogno di parlare davvero, incrocia semplicemente il suo intenso sguardo
azzurro e lei capisce al volo:
“Sono la tua prima ragazza?”
“Beh, sì, mi posso definire lesbicamente
vergine. È così evidente?"
Piega la testa di lato con aria divertita e un'alzata
di spalle: “Nah, è solo intuito femminile." La
bacia nuovamente e poi aggiunge in un sussurro: "E' quello che piace a te,
ma fatto da me. Ma se non vuoi..."
"Stai scherzando?" Le getta le braccia al
collo, sorprendendola con lo slancio: Maria si sbilancia e cade all'indietro
sul tappeto, trascinandosela addosso: "Ho l'aria di una che non ti
vuole?"
"A-affatto. E farei
volentieri la prima mossa, se non fossi bloccata a terra dalle tue tette."
Oh cielo. Una battuta.
Una battuta sexy.
"Sono la mia arma segreta. Letali, uhn?"
Maria riesce a rotolare di lato e finisce sopra:
"Tesoro, ci vinceresti una guerra, con queste." Poi le aggiusta gli
occhiali sul naso con un leggero tocco dell'indice. "Guai se te li
togli" L'ammonisce con un sorrisetto: "Li adoro."
"Allora me li incollo addosso, giuro."
Nell'unica, fastidiosissima fessura tra le tende
tirate si insinua insistente lo spicchio di sole che ferisce le palpebre di Darcy.
Inutile voltarsi, ormai Morfeo le ha dato un calcio in
culo e nella semiincoscienza si trova a percepire
l'assenza dall'altro lato del letto.
Allunga una mano per essere sicura: Nessuno, a parte
un lenzuolo tiepido e decisamente spiegazzato.
Apre appena le palpebre, cerca di mettere a fuoco lo
sguardo: C'è ancora la forma di una testa sul cuscino e anche un orecchino. C'è
anche il suo profumo.
Nient'altro.
Darcy
si alza, trova a tentoni il filo delle tende e geme quando tirandole viene
inondata dalla luce del giorno. Si lascia ricadere all'indietro sul letto
stropicciandosi gli occhi continuando a fingere di piagnucolare.
Nessuna risposta.
"E' molto indelicato da parte del padrone di casa
ignorare le lamentele dell'ospite!" Si lamenta ad alta voce.
Le risponde il silenzio.
Nel groviglio di lenzuola e coperte recupera le sue
mutandine e si infila una maglietta di Maria che trova ordinatamente piegata
sul cassettone: praticamente deve srotolarsela addosso, le arriva a malapena
sotto il seno.
Lo svantaggio di avere una ragazza magra: niente
scambio di vestiti.
Inforca gli occhiali e si sistema i capelli davanti
allo specchio, pettinandoseli con le dita. Sorride: nonostante la notte
pressoché insonne non ha un filo di occhiaie.
Si trova diversa dalla sera prima: più bella e
sensuale, dalla pelle più luminosa e dalle labbra più rosse e carnose - forse
per questo che Maria le ha apprezzate così tanto?
Posso
chiamarlo Hill –Effect. Andrebbe inserito come
oggetto di studio dal più blasonato team di neuroscienziati.
Ma poi basta che si aliti nella coppa della mano per
ritrovare un minimo di disgusto verso sé stessa. Provvede a scivolare nel bagno
e ad impossessarsi del colluttorio per un gargarismo veloce.
Ok, sensualità recuperata in corner.
"Buongiorno!"
L'odore del caffè è nell'aria, ma c'è solo quello al
piano di sotto
"Maria?"
E un post it sul frigo:
"Ti ho lasciato in caldo il caffé
e un paio di toast nel tostapane. Ci sentiamo, M."
Tutto qui?
Darcy
rilegge.
"Ti ho lasciato in caldo il caffé
e un paio di toast nel tostapane. Ti chiamo io, M."
Neppure un 'Buongiorno', o un commento - una
battuta, un'annotazione, una precisazione, una valutazione qualsiasi cosa
dannazione! - sulla sera precedente.
Nessuna dolcezza, nessuna interazione.
Anche il 'Ti Chiamo io' suona come un: 'Non
infastidirmi ulteriormente'.
O era stato un incontro davvero penoso, o Darcy ha a che fare con una vera stronza.
Facendo una breve considerazione delle ore trascorse, Darcy propende per la seconda.
Tu non sai di cosa sono capace IO, cocca.
Appallottola il post it e lo
abbandona segnatamente sul ripiano lucido della cucina. Poi agguanta una fetta
di toast e la addenta senza curarsi di evitare di sbriciolare sul pavimento.
E sul tavolino.
E sul tappeto del salotto.
E sul mobile TV.
Così come non si preoccupa di pulire le gocce di succo
di frutta che le scivolano lungo il mento e poi per terra mentre beve
direttamente dal brick trovato nel frigo. O di non
toccare il frigo in inox lucidissimo con le mani impiastricciate dal succo.
E sai il caffè dove puoi infilartelo?
Davanti allo specchio del bagno, quello che prima la
rifletteva così bella e sensuale, si lascia prendere un po' dallo sconforto.
Eccoti qui, sedotta e abbandonata. Guarda il lato
positivo, almeno non rischi di essere addirittura incinta.
Si sciacqua la faccia dandosi della stupida come
mantra.
Vorrebbe usare il suo spazzolino per lavarsi i denti,
o per grattarsi qualche altra parte come sfregio, ma pensa che non può cadere
così in basso quindi lo utilizza semplicemente per pettinarsi le sopracciglia e
poi lo rimette a posto.
Apre un cassetto per cercare un deodorante e si trova
davanti ad una collezione di costosi cosmetici raggruppati in comparti di
plexiglass con un ordine pressoché maniacale: un comparto più grande per fondotinta
di Guerlein, Dior, Armani. Un cassettino per tre tipi
diversi di mascara di Sant- Laurent,
altro dove erano impilati ombretti neutri Chanel ed un altro per ombretti
colorati MAC. I primer erano in fila in un angolo,
per ordine di grandezza della confezione e i pennelli arrotolati in una busta
di raso nera.
Darcy
si spiaccica in faccia un paio di fondotinta e qualche altro cosmetico senza
farci troppo caso.
Nel cassetto successivo la collezione di smalti è
ordinata per gradazione di colore.
Ok, qui siamo ben oltre al limite della patologia.
In segno di sfregio, scambia il posto di tre smalti.
Il buongiorno di Jane è un laconico: "Arriva pure
quando vuoi" a cui Darcy ribatte con un acido
"Certo" che la spiazza, per poi rifilarle in mano il caffè senza
darsi la pena di apparire un filo più conciliante.
Dal canto suo, Jane annusa appena la tazza e poi lo
riappoggia sul tavolo con una smorfia infastidita.
"Che c'è? E' il solito!"
"Niente, non mi va ora."
"A te va sempre il caffè a quest'ora. Sono venuta
apposta, oggi. Bevilo o lo prendo io."
"Accidenti, come siamo acidi!" brontola
Jane. "Posso ricordarti che sei venuta al lavoro perché pagata?"
"E posso aggiungere un 'non di certo per
merito tuo'?"
Jane sgrana gli occhi, la bocca aperta in una O di
indignazione e sorpresa. Fa per ribattere, ma Eric che entra nella stanza la
distrae dal suo proposito: "Jane, lo bevi quel caffé?"
"No, non lo bevo, è un problema?"
"Eric, non far caso a Jane, oggi è una
iena."
"Ma senti chi parla!"
"Darò problemi con il Vicodin?
Mah, proviamo!"
Il suo cellulare inizia a suonare l'Harlem Shake e il
nome di Maria e la sua foto - un'immagine rubata dal riflesso di un vetro,
null'altro è riuscita a prenderle - compaiono sullo schermo dello StarkPhone verso mezzogiorno.
Pigiando più forte sulla tastiera del computer, Darcy si sforza di ignorarlo.
Morirò piuttosto che darle la soddisfazione di
risponderle subito.
Jane le lancia un'occhiata spazientita, Selvig non sembra accorgersi di nulla.
L'Harlem Shake continua a suonare.
Sono una donna, ho classe da vendere, e so farmi
desiderare.
"Darcy, potresti
rispondere?"
"No."
"Zittire il cellulare?"
Alza gli occhi al cielo sospirando un d'accordo
esasperato: quando prende il cellulare in mano sfiora involontariamente l'icona
verde della risposta: "Oh merda!"
Interrompere la conversazione sarebbe decisamente infantile.
Meglio prendere un bel respiro ed affrontare la situazione.
Affrontare glacialmente la situazione.
Fuori da orecchie indiscrete, magari.
"Hey, buongiorno!"
"Oh, sì, buongiorno. Si dice anche a mezzogiorno?
O forse quando non ci si è visti alla mattina e..."
Dall'altro capo del telefono la sente sospirare: "Sarebbe
un problema?"
"Oh sì, direi proprio di sì!" Darcy era sbalordita: "Mi sono risvegliata in casa di
qualcun'altro, da sola, liquidata da uno stupido post it!"
"Hai presente Albuquerque? In questo momento mi
trovo a seicento miglia da lì. E non definisco meglio la mia posizione per
questioni di riservatezza professionale."
"...beh, ecco...io... potevi almeno svegliarmi!"
"Ci ho provato! Mi hai risposto grugnendo."
"Io non... io non grugnisco. Sono le adenoidi, di
notte mi si gonfiano! E il post-it? 'Prendi il caffè, mangia quello, ti
chiamo non rompere!' Neppure Jane prova a comandarmi così!"
"Beh, ti ho solo detto che c'era il caffè pronto,
non c'era bisogno di aggiungere molto altro... forse che c'era del succo
d'arancia in frigo..."
"Lascia stare, l'ho trovato da sola."
"Per il resto beh..." Maria
abbassa la voce di un tono, in un modo che a Darcy fa
alzare la pelle d'oca: "Mi pareva di essere stata esplicita, ieri
notte."
Non poteva dire il contrario: "Beh, in effetti
sì."
"E non avevo bisogno di una qualche conferma:
anche tu sei stata molto esplicita."
Darcy
improvvisamente ha caldo: "Avrei voglia di essere esplicita molto
spesso."
La sente ridacchiare. Oh, cielo, sta flirtando con la
superdonna - che magari è infilata in una di quelle tutine aderenti e ha un
fucile in mano e la faccia sporca da post- scazzottata - che sino a pochi
giorni prima le sembrava impossibile da raggiungere, se non per
consegnarle un caffè.
"Anche adesso?"
"Soprattutto adesso."
Sente in sottofondo qualcuno chiamarla. Lei risponde
affermativamente e poi la saluta: "Adesso devo andare, mi
dispiace."
"Quando torni?"
"Uhm. Non posso prometterti nulla. Tu però tieni
addosso gli occhiali, non si sa mai."
Jane ha decisamente qualcosa che non va.
Altrimenti non l'avrebbe fatta sgobbare come una matta
sino all'una di notte. E non sarebbe andata a chiamarla direttamente nella sua
stanza - "Da quando in qua ignori i
miei messaggi?" - per chiederle un dato che Darcy
non sapeva neppure da che parte estrapolarlo. La liquida con un invito a
dormirci su: "Prendi esempio da me: vai a dormire."
"Ma io non-"
"... non soffrirai di solitudine, giuro."
Dieci minuti dopo il campanello suona di nuovo. Si
vede costretta ad indossare di nuovo gli occhiali, ad abbandonare il suo letto
caldo e morbido e tornare alla porta in calzettoni e pigiama dei puffi:
"Vuoi che dia un paio di dritte a Thor su come-"
Sulla soglia della porta, in tuta aperta sulla canotta
nera, ci sono Maria ed il sorrisetto della sera precedente: "Hai tenuto
addosso gli occhiali; molto bene..."
E con calma, aggiorno anche questa.
Nel caso qualcuno possa interessare ancora - o possa e
voglia dare a questa FF una seconda possibilità.
A tal pro, ho modificato anche i due capitoli
precedenti: rileggendoli, trovavo l'utilizzo del passato veramente macchinoso e
lento, poco adatto allo stile di Darcy.
Insomma, spero di essere migliorata, ecco.
Come sempre, consigli e critiche costruttive sono
sempre accette e incoraggiate.
Alla prossima,
se vorrete,
EC