A
Coffee Story
1 –
White Chocolate Mocha
Espresso with white chocolate flavored sauce and
steamed milk. Topped with sweetened whipped cream.
Darcy tiene in una mano una tazza di mocaccino e il cellulare tra la spalla e l’orecchio, la
prima volta che se la trova improvvisamente davanti. Dalla sorpresa lascia
cadere il cellulare nella tazza e il mocaccino
schizza sulla camicetta di H&M in un curioso
esempio di espressionismo astratto.
E Maria Hill spiana una 44Magnum.
“La dottoressa Jane Foster.”
Deglutendo, Darcy
biascica un “Chi la cerca?” con le ginocchia molli ed il sangue freddo svanito
chissà dove, per poi alzare gli occhi al cielo quando la donna esibisce il
distintivo: “Ancora voi? Questo è stalking!”
“La dottoressa Foster.” Insiste l’Agente
Hill.
“È in bagno.”
“Sicura?”
“Le ho appena passato la carta; dubito che
stia compiendo un crimine federale in questo momento.”
Ammiccando, l’agente Hill si decide
finalmente ad abbassare la pistola ed infilarla nella fondina della coscia
sinistra. Un macigno rotola via dalle spalle di Darcy
e le ginocchia riacquistano un vago senso di solidità. Riesce addirittura a
formulare una domanda con una voce meno tremante di prima: “Caffè?”
“No, grazie.”
Quando Jane si degna di uscire dal bagno –
“Quante volte dovrò ripetere a Thor di premere piano lo sciacquone? Darcy,
dobbiamo richiamare l’idraulico!” – la Hill mostra di nuovo il distintivo e
ordina senza troppi preamboli o spiegazioni di seguirla: “Entrambe. Per la
vostra sicurezza.” Aggiunge, piantandole addosso gli occhi azzurri. “Signorina…?”
“Darcy Lewis”
Rispose allungando la mano.
Che lei non si cura di stringere.
Per la seconda volta passa qualche mese, e
va un pochino meglio. Anche perché se fosse andata peggio l’avrebbe inondata di
caffè.
Invece Maria Hill – Neo Responsabile
comparto di Sicurezza, Logistica e Armamenti della divisione Avengers – era riuscita ad afferrare al volo il vassoio con
le quattro tazze di Starbucks e contemporaneamente
tenere aperta la porta di vetro con cui, aprendola, l’ha sorpresa.
Nessuna goccia di caffè sprecato, nessuna
camicetta di H&M macchiata, solo un’occhiata di
deciso compatimento. Maria Hill annusa il coperchio di una tazza di carta:
“Filtrato Clover? Nessuna aggiunta?”
“Nulla.”
“Ottimo.”
Le restituìisceil
vassoio trattenendo la tazza annusata.
“Hey, aspetti!
Quel caffè è di Jane! Diventa una iena se non ne ha almeno un paio mentre
lavora!” Ma lei ne ha già bevuto un lungo sorso allontanandosi per il corridoio
senza voltarsi. L’istinto di autoconservazione di Darcy
le consiglia di rinunciare a qualsiasi rappresaglia.
Ma è il terzo incontro ad essere
decisamente il migliore: quando le porte dell’ascensore si aprono
all’ottantanovesimo piano – Il primo livello dell’ala dedicata alla Ricerca e
Sviluppo – Darcy le porge la venti di Clover Brewed Coffee:
“Nessuna aggiunta.”
“Come?”
“Ho pensato di prenderlo anche per lei,
così non ruberà quello di Jane e le mie orecchie non subiranno il ronzio
continuo delle sue lamentele.”
La Hill alza un sopracciglio sorpresa e
accetta il caffè mentre Pepper esce dall’ascensore
dichiarando che quella è un’ottima idea, di cui vorrebbe usufruirne: “Ti
spiace, Darcy?”
“Si figuri.”
La quarta volta, poi, va alla grande: Hill
la sorprende direttamente dentro lo Starbucks, un Cinnamon Roll in bocca e un grande di Mocha
imbottito di cannella e cacao.
“Quella colazione te la offro io.”
Darcy bofonchia un: “Non è necessario!” a bocca
piena, seguito da un veloce sorso per aiutarsi ad inghiottire – sorso di Mocha bollente, non di certo un'idea indolore – e si sforza
di spiegare boccheggiando: “Stark ha un conto aperto
qua dentro, per questo prendo il caffè per tutti. Ogni mese la sua contabilità
paga la fattura senza neppure guardarla.”
“Oh.” La Hill ordina la sua Venti di Clover
“Offro comunque. Per il tuo disturbo quotidiano. E per i baffi di crema che ti
ritrovi.”
Presa la tazza, esce rivolgendole un mezzo
sorriso mentre lei si strofina il labbro superiore con un tovagliolo macchiato
di marmellata.
A Darcy piacciono
gli uomini. Non tutti, questo è vero, ha gusti abbastanza difficili da
soddisfare – dopotutto, il megafigo di turno se l’è
accaparrato la sua capa – e spesso si stufa in
pochissimo tempo: l’ultimo, Ian, non è durato che un
mese scarso.
È anche vero che le capita di provare
attrazione verso alcune donne - andiamo, a chi non piacciono Angelina Jolie e
Jennifer Lawrence? - ma era mai uscita con nessuna. Anche perché Angie non è più sulla piazza da tempo e Jen
è troppo impegnata ad inciampare negli strascichi di un un
qualche Dior.
Maria Hill la intriga. Le piace l’aria
seria, gli occhi azzurri glaciali, il mezzo sorriso di cortesia e la smorfia di
compatimento che le vede rivolgere a Tony Stark o a
lei quando fa qualcosa di imbarazzante o stupido in sua presenza. E le gambe
sode che spuntano dalla gonna e le spalle dritte che si intravedono negli
sbuffi della blusa.
“Posso aiutarti?” Non ha neppure alzato
gli occhi dal rapporto che stava leggendo sul tablet.
“Come, prego?”
“Mi stai fissando. Posso aiutarti?”
“Oh beh…” Darcy è tipa da arrossire facilmente, eppure sente le
guance diventare bollenti: “Io… io guardavo la
camicetta. È molto bella, le dona davvero tanto.”
“Grazie. Macy.”
“No, Darcy.”
“No, Macy. L’ho
comprata da Macy.”
“Ah.” La scomoda sensazione di essere una
pura idiota viene appena mitigata dal vedere la Hill mordicchiarsi il labbro
inferiore trattenere un sorriso, continuando a fingere concentrazione sul tablet.
Gli Avengers
erano entrati in azione – Austria o Australia, Darcy
non aveva capito bene – seguiti sul campo dalla Hill per il supporto logistico.
Quando la rivede, una settimana dopo, veste ancora la sua tuta da combattimento
scura, aperta e sfilata dalle maniche che pendono lungo i fianchi, sorseggia
una bibita in lattina appoggiata alla parete del corridoio che porta all'Avengers Lounge in una canotta
nera.
Improvvisamente anche Darcy
si ritrova ad aver sete: “Hey!”
“Hey.”
“Se l’avessi saputo, mi sarei fatta
trovare con un caffè.”
“Con solo quello?”
In che senso? Darcy non arrossisce quasi mai, ma il sorrisetto stanco della
Hill ha il potere di farla avvampare. Probabilmente si sta sbagliando, ma ha un
tono flirtante.
“Perché non ci vedo più dalla fame.”
Ah. Ok. Ecco. Seconda figura da idiota: “Un Cinnamon
Roll? Se vuoi vado a…”
“Troppo poco. Ho voglia di una bistecca.”
Finisce la bibita con un ultimo sorso e cestina la lattina: “Il tempo di fare
una doccia. Se ti va.”
Nel senso, a me? Con me? “Ti…ti aspetto, allora?”
“Se non hai consegne urgenti da fare…”
Se è tornata la Hill sono tornati anche
gli Avengers. Se sono tornati gli Avengers
è tornato anche Thor e probabilmente ha già distratto Jane da lavoro e caffeina
almeno un paio di volte. “Oh no, non oggi.”
Le Charlie’s Angels? Oddio, io le adoro!
Ho la collezione di dvd delle serie degli
anni ’70, ma amo anche il film con Drew Barrymore. Il primo, sì, il secondo non
era di certo all’altezza, sono d’accordo.
Oppure:
Ho sentito che eri la Vicedirettrice dello
S.H.I.E.L.D., eppure sei così giovane! A che età hai
intrapreso la tua carriera?
Ed invece:
“Com’era l’Austria?”
“Siamo stati in Australia.”
“Ah.” Qual è il record di figure di merda
giornaliere? Venti, venticinque? A quanto è lei?
Accoglie la cameriera come una
benedizione: “Per me una bistecca di maiale ben cotta e patatine fritte.”
“Per me una T-bones
al sangue, con contorno di verdure cotte e pomodori, grazie.”
Darcy si definisce una persona tenace e
soprattutto loquace. Anche perché i silenzi – specie con le persone di cui
desiderava ardentemente sapere vita, morte e miracoli - li trova estremamente
difficili da gestire. Pesanti.Imbarazzanti.
Non ha niente da perdere, tra l'altro,
quindi tanto vale riprovarci: “Quindi – uau –
in Australia le cose devono essere andate benone!”
“Se si esclude la trasformazione di Banner
sul Quinjet ed un paio di spacconate di Stark che potevano costarci caro, sì. Anche perché
altrimenti non sarei qui a raccontarlo.”
“Giusto. E…uhm,
era la prima volta che andavi in Australia?”
“No ci sono già stata un paio di volte.”
“Per lavoro?”
“Anche per fare snorkeling nel Queensland.”
Oh, finalmente! Un argomento di
conversazione per persone normali!
“Oh! E-”
Peccato che non sia l’argomento di
conversazione che vuole trattare lei: “Come è finita una studentessa di scienze
politiche ad essere l’assistente di un’astrofisica?”
Sentendosi presa in contropiede, Darcy non riuesce inizialmente
che ad emettere uno sbuffo noncurante: “Avevo bisogno di crediti universitari,
lei di una stagista e i posti alla Casa Bianca erano finiti” riassume
brevemente: “Tutto il resto è venuto da sé. Mi sono affezionata a Jane, anche
se spesso è insopportabile e bisogna correrle dietro come ad una treenne. Spesso mi definisco la sua babysitter, piuttosto
che la sua assistente.” Il mezzo sorriso di Maria è appena più ampio del
solito: un segnale incoraggiante. “E come ci è finita una patita di snorkeling
a coordinare un gruppo di supereroi?”
La cameriera arriva con i piatti, Maria
controlla con la punta del coltello la cottura della T-Bones
definendola perfetta - così poco cotta che Darcy è sicura che possa scappare via dal piatto – e ne
tagliò un pezzettino: “Non sono una patita di snorkeling. Lo era la mia ex.”
La. Mia. Ex.
Donna.
Le cose si fanno decisamente più
interessanti.
“Quindi-”
“Tutto il resto è venuto da sé.”
Sono ormai due ore che Darcy
si rigira nel letto senza prendere sonno. Con gli occhi aperti nel buio, lascia
che la sua mente riformuli lo stesso identico mantra che le ha fatto compagnia
nel pomeriggio.
Maria Hill ha una ex.
Maria Hill è lesbica.
A Maria Hill piacciono le ragazze.
A me piace Maria Hill.
Che poi non è neppure sicura che le
piaccia davvero.
No, palle, mi piace davvero.
Ma che non è sicura che le piaccia in quel modo.
È più curiosità, forse. La sua compostezza, l’apparente freddezza, l'alone di
affascinante e impenetrabile mistero che la circonda, il suo ex-ruolo in
un'agenzia di Intelligence, e quello attuale di coordinatrice – o baby sitter, magari – della squadra di Supereroi terrestri.
Fisicamente, è uno schianto. E quello solo un cieco potrebbe non accorgersene.
Ha una bella voce.
E…
E basta! Darcy abbandona il letto e si consegna al
corridoio.
Nella sua testina insonne si fa strada
l’idea che la possa incontrare, così per caso alle 2 e 35 di mattina, nel bel
mezzo del corridoio dei piani residenziali. Calzoncini e canotta nera per
Maria, in pigiama azzurro con la faccia di Puffetta
lei.
Le avrebbe domandato che ci faceva in giro
a quell’ora e lei avrebbe risposto in modo stupido. Poi, forse, avrebbero
chiacchierato.
E come si potrebbe iniziare una
conversazione?
Would
you light my candle?
Opzione non valida: non sono due pseudobohemiennes malate di AIDS sul finire degli anni 80 e
soprattutto lei non è Rosario Dawson.
E poi il problema non si pone: se si
incontra una persona alle 2.35 di notte ci si parla comunque, anche solo per
fare osservazione sul pigiama.
Magari poteva piacerle.
E magari si sarebbero baciate. Così magari sarebbe riuscita a dare un senso
alla matassa di pensieri assurdi che le affollavano il cranio.
Dopo due minuti a vagare senza meta
apparente formula la massima che la vita non è un film romantico. Neppure un
porno lesbo.
Parlando per ipotesi, eh, perché
pensandoci non ha mai visto un porno saffico. Magari funzionano diversamente da
quelli etero.
Decide di tornare a coricarsi.
Oh, andiamo, Darcy:
forse hai solo mangiato pesante.
E bevuto troppo caffè.
Per una vita che non assomiglia a film
romantico né un porno saffico, Darcy ne ha una che
sembra drammaticamente una pellicola demenziale di inizio millennio.
Qualcosa di meno gretto di Maial
College ma anche meno
sofisticato de Il Diavolo
veste Prada.
Un titolo azzeccato – anche se troppo
lungo per suonare orecchiabile – potrebbe essere Il Diavolo si sbatte He-Man ma non ci salta fuori con il tunnel di Einstein-Rosen.
Ma è una che si accontentava nella vita,
anche perché poteva capitare di peggio: il tempo de Il Diavolo va in Bianco mentre
Einstein –Rosen si Danno alla Macchia è un ricordo ben vivo nella sua mente.
“Darcy, hai i
risultati dell’ultimo test?”
“Dovrei?”
Anche Jane eè
abituata a rispondere senza alzare lo sguardo dal lavoro: “La stampante.”
In barba all’invito – arrivato
direttamente dalla Direzione – di utilizzare meno carta possibile per questioni
ecologiste (“Palle!” Aveva sbottato una Jane al colmo della frustrazione
davanti ad un dato incomprensibile: “Meno alberi, meno ossigeno. Meno ossigeno,
meno persone inutili!” a cui aveva ribattuto chiedendo se davvero avesse scelto l'asgardiano
giusto) la dottoressa Foster stampa tutto quello che le capitava sotto tiro,
studiandolo ed evidenziandolo in diversi colori smangiucciandosi
le unghie sino all’osso.
“Caffè?”
“Sì, Darcy.”
“Due tazze?”
“Sì, Darcy.”
“Ma sono già le quattro di pomeriggio!”
“Sì, Darcy.”
“Sei un cavallo?”
“Sì, Darcy. Co-?”
Ma Darcy si è
già volatilizzata oltre le porte scorrevoli dell’ascensore.
E si trova praticamente addosso a Maria
Hill.
“Oh! Ciao.”
“Ciao. Giornataccia?”
“Più Jane si avvicina al risultato di un
progetto e più diventa irascibile. Ed irsuta. Non credo neppure che si sia
fatta una doccia ieri.”
“Vengo da una riunione alla Lounge, Thor non mi sembrava particolarmente contrariato.”
“Valli a capire i gusti degli Asgardiani. Vuoi un caffè?”
“Oh no, grazie. Sto partendo ora.”
“Washington?” Azzarda Darcy,
ricordandosi una mezza conversazione che ha afferrato tra lei e Pepper la sera prima. Maria scuote la testa. “Australia?”
“Neppure.”
“Austria, allora? Il mondo è troppo vasto perché riesca
a beccarci a tentativi, vero?” Di nuovo il mezzo sorriso sulle labbra di Maria;
Darcy avverte una fettina – piccolina – di
soddisfazione. Guardandola varcare le porte aperte dell’ascensore si lascia
sfuggire un: “Vorrai una bistecca, al tuo ritorno?” di cui si pente
immediatamente.
Una delle mani elegantemente curate di
Maria torna indietro e blocca la fotocellula delle porte. L’espressione
perplessa segue immediata.
Cazzo. Perché non penso mai prima di
parlare?
“Era una battuta, ecco.” Darcy registra un’avaria cronica degli ingranaggi
cerebrali. Si limita ad alzare le mani in segno di resa e poi nasconderle nella
tasca del giubbotto sentendosi una goffa oca con uno stupido cappello scozzese
in testa. “Non sto elemosinando un altro appuntamento, ecco.”
Dicevamo avaria? Qui c’è proprio un danno
strutturale.
“Se quello fosse stato un appuntamento te
ne saresti accorta.” Risponde. Poi lascia che le labbra si pieghino quasi
impercettibilmente verso l'alto: “Domani sera alle sette da Keens.
Googla l'indirizzo.”
Non è una domanda è quasi un ordine
perentorio.
Darcy riesce a malapena ad aspettare la
chiusura delle porte per afflosciarsi a terra.
Ed eccomi, pronta a cimentarmi in un'altra
impresa!
No, questa sarà una long, ma di sicuro non
sarà lunga come la mia saga precedente. Al momento sono previsti tre capitoli,
ma potrebbero anche essere di più dato che Darcy e
Maria sono piuttosto propense a sfuggire al mio controllo.
Che dire?
Questa storia è dedicata ad ErZa_Chan
e a __G_J_e ai loro deliri DarcHill.Sperando che sia cosa gradita...!
Grazie, per il momento, e se avete qualcosa da chiedere, c'è sempre il mio ask.
(Per tutto il
resto c'è MasterStark non lo dico più, giuro.)
È solo una mia leggera ossessione.