I bambini ci guardano

di metaldolphin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Relax e ricordi ***
Capitolo 2: *** Andate via ***
Capitolo 3: *** La tempesta ***
Capitolo 4: *** Una camera per due ***
Capitolo 5: *** Che succede qui? ***
Capitolo 6: *** Lotta e pregiudizi ***
Capitolo 7: *** Ping pong ***
Capitolo 8: *** Strana richiesta ***
Capitolo 9: *** L'ombra nella notte ***
Capitolo 10: *** Una bella serata. ***
Capitolo 11: *** Vittoria, stupore e passione ***
Capitolo 12: *** Nostalgia, panna e domande. ***



Capitolo 1
*** Relax e ricordi ***


Nami galleggiava leggera sull’acqua, come se non ci fosse un domani, vivendo pienamente il presente, godendosi il sole e il silenzio interrotto soltanto dallo stridio dei gabbiani che volavano ad alta quota, veleggiando sulle correnti ascensionali.
Non pensava a nulla in particolare, né alla meta ancora lontana, né alle difficoltà quotidiane e nemmeno ad un passato troppo doloroso per essere dimenticato.
Non era molto distante dalla Sunny, che si muoveva piano, lambita dolcemente dalle onde svogliate. A bordo era rimasto soltanto Zoro, in piena sessione di allenamento; gli altri erano impegnati in altre attività, sparsi per l’isola tranquilla che sorgeva bassa sul mare con le sue spiagge bianche ed il suo pigro clima estivo.

Al rumore improvviso di qualcosa che cadeva in acqua con una certa violenza, la Navigatrice si allarmò e si mise in verticale per scrutare la superficie marina. L’acqua si increspava vicino alla nave grazie alle poderose bracciate di Zoro che, terminati i suoi esercizi, si era tuffato in mare per rinfrescarsi dalla calura estiva. Si era allontanato abbastanza, quando si immerse con una spinta ben coordinata del corpo muscoloso, per riemergere diversi metri più lontano, scuotendo i corti capelli per scrollare l’acqua in eccesso.
Lo vide guardarsi intorno e riprendere a nuotare in senso inverso per tornare alla nave. Se pure l’aveva vista, non ne diede segno e, senza spiegarsene il perché, la cosa le diede fastidio: erano compagni di Ciurma da anni ormai, ma quello strano tipo non mostrava mai molto interesse verso lei o gli altri.
Nami scosse il capo e tornò a galleggiare ancora un poco prima di tornare anche lei a bordo.

Quando iniziò a dirigersi verso la nave, con ritmo misurato ed elegante, si arrestò dopo pochi metri: sotto di lei la sagoma di un grosso pesce la spaventò, poi lo vide allontanarsi grazie ai potenti colpi di coda e le tornarono in mente i tritoni e le sirene che aveva incontrato in fondo al mare, nell’Isola degli Uomini-Pesce.
L’associazione di idee le portò alla mente l’intera vicenda, chissà perchè soprattutto le parole della povera regina Otoime: “i bambini ci guardano”, che ripeteva come monito a non odiare, a chiunque, reali o sudditi che fossero. Sapeva che l’esempio degli adulti formava i più piccoli e che se si cresce col cuore piegato dal rancore, solo l’odio si proverà una volta cresciuti.

Anche Nami lo sapeva bene: era cresciuta nella paura e nel timore di Arlong e dei suoi compari, ma quel sentimento era stato mitigato dall’affetto di quelli che le erano stati vicino, Genzo e Nojiko prima e della Ciurma poi. Quando il Cavaliere del Mare le aveva rivelato il passato del suo aguzzino, il quadro era stato più chiaro: anche lui era cresciuto nell’invidia e nell’odio, rifiutato dagli umani e lei aveva compreso definitivamente che violenza chiama solo violenza.

Mentre faceva quei ragionamenti aveva nuotato ed era giunta vicino allo scafo della Sunny. Si aggrappò alla scaletta ruvida fatta di spessa corda e si issò con grazia felina dall’acqua, arrampicandosi agile per giungere, pochi secondi dopo sul ponte, grondando ancora acqua salata.

Abbassò lo sguardo su Zoro, che con le mani dietro la testa a far da cuscino, se la dormiva sotto la sole; ormai era asciutto dopo la sua sortita in mare.
Lo superò, diretta verso la sdraio, senza accorgersi del rapido sguardo che le veniva lanciato da un unico occhio appena socchiuso.
Come se avesse percepito qualcosa, lei si girò a guardarlo, ma Zoro aveva già abbassato la palpebra per iniziare a russare sommessamente.
Nami si chiese come fosse stata la sua, di infanzia, in che atmosfera fosse cresciuto… era stato amato o trattato con indifferenza? O peggio?
Impossibile capirlo.
Non sembrava odiare nessuno in particolare, ma era pur sempre un pirata e non esitava a sfoderare le spade in loro difesa o per una causa che riteneva giusta. Poteva leggergli una malsana soddisfazione nello sguardo quando si batteva, ma a suo favore poteva affermare che era solito impugnare le sue lame per motivi più che validi.
Per il resto non capiva molto di lui, mentre quella strana irritazione che l’aveva presa in mare la coglieva nuovamente: era davvero una mappa difficile da leggere, Zoro, nonostante fossero molti i segni che lo ricoprivano.

Nami si abbandonò al sole, ma la sua mente, quel giorno, tendeva a virare verso un unico soggetto.
Le tornò alla mente il periodo di Thriller Bark, l’unico momento in cui aveva avuto modo di scoprire un lato di Zoro mai visto prima: questo l’aveva fatta sentire più vicina a lui come mai. Quando Sanji l’aveva trovato quasi morto, coperto del suo stesso sangue, si erano scervellati su quanto poteva essere accaduto e la cosa che l’aveva quasi fatta ammattire era stato il fatto che lui aveva abbandonato le spade lontano dal luogo dello scontro; ma a quel proposito il diretto interessato non aveva mai dato spiegazioni.
Lei sapeva bene che non era da lui affrontare Kuma a mani nude, ma non aveva mai scoperto niente sulla vicenda.
Però c’era stato quel momento, dopo averlo vegliato per tre maledetti, interminabili giorni, che Zoro le aveva mostrato il suo lato più fragile.
La notte dopo la grande festa in cui Rufy aveva chiesto a Brook di unirsi alla Ciurma, Zoro aveva riaperto finalmente gli occhi, lucidi di febbre, con lo sguardo strano e vuoto allo stesso tempo, come potrebbe essere quello di uno che è sceso all’inferno e ha lottato fino allo stremo per fuggirne. Nami ricordò come avesse cercato la sua mano, stringendola forte, quasi a farle male, nonostante la debolezza; le aveva chiesto un contatto umano, forse conforto e lei non glielo aveva negato, col cuore in gola, colmo di sollievo e paura allo stesso tempo. Paura accentuata da quello che gli aveva scorto nel profondo degli occhi trasparenti, un dolore dell’anima a fatica sopito e subito sottrattole da palpebre rese pesanti da una fatica immane.
-Acqua... - si era limitato a chiedere, disidratato dalla prepotente perdita ematica, sforzandosi di trovare energie già esaurite.

Riaprendo gli occhi alla luce del sole e del presente, lei si chiese ancora una volta il perché di quella situazione senza trovare, naturalmente, una risposta: era passato tanto tempo ormai e quell’episodio  era rimasto nel suo cuore, mentre lui, forse, nemmeno se ne ricordava, di questo ne era convinta.
Rimaneva soltanto un momento che l’aveva colpita profondamente e nulla più.

Si voltò e si sorprese, quando ne incontrò lo sguardo, per una frazione di secondo, prima che entrambi lo distogliessero, imbarazzati. La Navigatrice si sentì avvampare, mentre lui, dall’alto di una mascolina e controllata falsa indifferenza, si alzava per dileguarsi sottocoperta, senza riuscire a nascondere un leggero rossore che faceva capolino sulle guance abbronzate.

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Capitolo 2
*** Andate via ***


-No! Zoro, fermati! Sto bene, è solo una ferita di striscio, abbassa le spade… i bambini… i bambini ci guardano!- esclamò Nami , con la voce rotta dal dolore. Come quando si erano conosciuti, vedeva soltanto le ampie spalle dello Spadaccino, che si era precipitato tra lei ed i suoi aggressori quando aveva udito il suo grido.

Erano appena sbarcati sull’isola successiva a quella dove avevano passato qualche giorno di relax e da cui erano salpati otto giorni prima. Più grande e meno tranquilla del precedente, questo lembo di terra alto sul mare, dalle scogliere ripide ed imponenti, era abitato da gente dura come la roccia su cui camminava: non appena era stata additata come pirata, un gruppo di uomini avevano estratto le armi e avevano sparato. Erano riusciti a colpirla di striscio ad un braccio, facendola cadere a terra, e Zoro era piombato tra loro come un fulmine, le spade già sguainate in mano e lo sguardo di un demone furioso.
Alla supplica di Nami si guardò intorno.
Gli abitanti si erano fermati, quasi congelati a quell’apparizione improvvisa; bambini impauriti si nascondevano dietro le sagome dei genitori che facevano loro da scudo… non sembravano aggressivi, piuttosto povera gente che cercava di difendersi da una terribile minaccia.
Quel momento di stallo non durò molto: Zoro abbassò lentamente le spade, senza però metterle via, e chiese alla compagna: -Stai bene?- voltandosi a mezzo, a destra, dal lato dell’occhio sano.
-Nulla a cui Chopper non possa rimediare- si fece forza lei, alzandosi da terra.

Erano scesi insieme dalla nave, prima di tutti gli altri, perché Nami voleva iniziare al più presto i rilevamenti, data l’ampiezza dell’isola e si erano ritrovati subito in quel guaio.
La Navigatrice gli si avvicinò, stringendo il braccio che sanguinava ancora, sotto l’occhio attento della gente che si teneva a debita distanza; Zoro li osservò severo, mise una spada in bocca e rinfoderò l’altra per liberare le mani, quindi slacciò la sua bandana nera e la usò per fasciarle la ferita, poi rimise la spada in pugno.
Lei lo guardò con riconoscenza, poi si rivolse alla piazza e disse: -Siamo di passaggio, non vogliamo farvi del male… -, ma fu interrotta da una voce femminile squillante e rabbiosa: -Siete pirati, abbiamo visto la vostra nave e la vostra bandiera! Andate via, non vi vogliamo qui!

Nami alzò le mani in segno di resa: -Dateci almeno il tempo di far provviste!

Si alzò un coro di proteste e la folla iniziò timidamente ad avanzare verso di loro; lo Spadaccino portò la mano libera nuovamente alle katane, ma Nami lo fermò posandogli la mano sull’avambraccio: -Andiamo via.

Non furono seguiti: l’aura inquietante di Zoro fece sì che potessero allontanarsi rapidamente, quando gli abitanti dell’isola si accertarono che tornassero alla Sunny, dall’alto della scogliera che sovrastava la rada in cui la nave era ormeggiata.

Una volta giunti a bordo, i compagni che si stavano preparando a sbarcare a loro volta, si fecero loro inontro, meravigliati del loro rapido ritorno.
Il primo ad accorgersi della ferita di Nami fu Sanji, svolazzandole intorno: -Nami-swan! Cosa ti è successo?- le chiese per sferrare subito dopo un calcio in faccia allo Spadaccino, che non aspettandoselo si andò a schiantare sulla paratia opposta.
-Marimo di merda! Come hai osato permettere che le facessero del male?- gli urlò appresso il biondo Cuoco.
Prima che Zoro rispondesse adeguatamente, la ragazza intervenne in suo favore: -Lascia in pace Zoro, Sanji. Sono stata io ad allontanarmi imprudentemente da lui e mi ha difeso bene. Non siamo graditi sull’isola, a quanto pare.
Mentre Zoro si prendeva la sua soddisfatta rivincita su di un Cuoco basito, furono raggiunti da Robin e Franky; avevano udito soltanto l’ultima parte della frase di Nami e la mora chiese all’amica: -Perché mai?
I protagonisti scossero il capo, poi la ragazza chiese di Chopper.
-Lo trovi in Infermeria, sorella- rispose il Cyborg perplesso da quanto appreso.
Nami annuì e si diresse verso la stanza indicatole da Franky, sotto lo sguardo attento di Zoro, che accennò a seguirla, prima di venire bloccato da Rufy che gli precipitò letteralmente addosso, dopo essere stato appeso come una scimmia alle sartie da che avevano calato le ancore, impaziente di mettere piede sull’isola.
-Zoro! Cosa ci fai qui? E dov'è Nami?- chiese curioso: come al solito non aveva ascoltato nulla della conversazione avvenuta e voleva capire.
Con somma pazienza, il suo primo ufficiale riassunse l’accaduto, senza dilungarsi troppo come sua abitudine. -Non ci vogliono sulla loro isola- concluse.
-E perché?- chiese il Capitano.
L’altro si limitò ad alzare le spalle, senza averne idea.
Come se avesse realmente capito chissà cosa, Rufy annuì gravemente: -Capisco.

Sanji fu tentato di spaccarsi la testa alla parete, ma fu fermato dallo sguardo comprensivo di Robin

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Capitolo 3
*** La tempesta ***


Più tardi, riuniti al tavolo per la cena, fecero il punto della situazione.
Franky aveva perlustrato le scogliere, riportando cattive notizie: -Ci sono sentinelle bene armate su tutta al costa vicina all’unica rada di accesso e l’isola è troppo alta sul mare; le sue scogliere sono insidiose, quasi verticali. Potremmo anche accedere da altri punti con le nostre abilità ed un po’ di pazienza, ma dubito che una volta nell’entroterra avremmo vita facile, se questa gente non ci vuole.
Brook scosse il teschio, inacapace di comprendere: -Il problema è che siamo pirati…deve essere accaduto qualcosa che ha fatto temere a queste persone la nostra presenza.
Robin annuì: -Non è il primo caso in cui ci scontriamo con questa realtà.
-Quanto occorrerà al logpose per magnetizzarsi, Nami?- chiese Usopp alla Navigatrice, ma quella si limitò a scrollare le spalle.
-Non ne ho idea…figurati se ho avuto il tempo di chiedere in giro!- rispose lei, sarcastica, tenendo la mano sulle bende che le coprivano il braccio offeso.
-Non possiamo certo passare il tempo necessario alla magnetizzazione a bordo! Abbiamo necessità di rifornire la cambusa!- protestò Sanji portando due vassoi di cibo in tavola. Mentre iniziava la terza lotta quotidiana per il cibo, il Cuoco porse amorevolmente alle due donne i piatti che aveva preparato appositamente per loro, cinguettando complimenti.

Mentre Zoro sbuffava spazientito per quell’atteggiamento che detestava profondamente, Nami si accorse che lo Spadaccino quella sera sembrava particolarmente insofferente. Decise di non farci troppo caso e continuò a mangiare anche lei, malmenando di tanto in tanto il Capitano quando allungava la mano anche sul suo piatto.

La stessa sera decisero il da farsi.
Avrebbero nascosto il log pose ai piedi della scogliera, in un punto accessibile solo dal mare, per non interrompere la sua magnetizzazione, quindi si sarebbero allontanati subito dalla costa per far credere agli abitanti dell’isola di essere salpati, approfittando dell’oscurità per non far capire quale fosse la loro rotta; il mattino dopo, Sanji e Robin sarebbero tornati indietro con la Mini Merry per far provviste e scoprire i tempi necessari alla magnetizzazione. Usopp propose di usare anche lo Shark III per accompagnare Chopper sulla terraferma, dato che mancavano anche vari medicinali; naturale conseguenza fu l’accodarsi di un curioso Rufy  che smaniava per mettere piede a terra.
Gli altri quattro sarebbero rimasti sulla Sunny, dato che Brook non era molto rassicurante e Nami, Zoro e Franky erano stati visti, quindi identificabili.

Il mattino successivo, tolto ogni riferimento pirata dai mezzi di trasporto, li guardarono partire con un velo di malinconia ed un po’ di rabbia.
Il tempo, già grigio al loro arrivo, prometteva pioggia e l’isola lontana era quasi scomparsa nella foschia che appannava tutto.
Se da un lato era un’ottima copertura per la Sunny che non poteva essere avvistata, dall’altro lato aumentava il velo di pessimismo di coloro che erano rimasti a bordo.
-Ammainate le vele- ordinò Nami, rabbiosa perché avrebbe dovuto affidarsi ai rilievi altrui per disegnare la carta dell’isola.
Ad un tratto si diede una manata sulla fronte: -Chopper ha dimenticato di cambiarmi la medicazione!- esclamò sconfortata.

Scheletro e Cyborg lasciarono a Zoro il compito di sostituire il piccolo Medico di bordo: a detta loro, di ferite se ne intendeva più lui che loro due messi insieme.
Così lo Spadaccino la accompagnò in infermeria, un po’ a disagio a dire il vero.

Conoscendo le sue maniere pratiche e rudi, Nami si preparò a vedere le stelle dell’intero firmamento, quando lui si apprestò a toglierle il bendaggio.
Invece si stupì a scoprirlo delicato ed attento e le tornò in mente l’immagine della paziente cura cui sottoponeva regolarmente le sue preziose spade. Lo vide agire con la stessa espressione concentrata che aveva sul viso quando si occupava delle affilate lame cui teneva tanto e si sentì avvampare per quel contatto lieve e premuroso: si rendeva conto che quello che stava vivendo era un altro momento importante tra loro.
-Grazie…- gli mormorò e la sorprese la risposta un po’ criptica di lui: -Non devi ringraziarmi. Ricambio in parte il favore.

A cosa si riferiva?
Nami non ne era certa, ma prima che trovasse il coraggio di chiedere una spiegazione, lui aveva terminato di medicarle il braccio e si era dileguato col suo passo sicuro.
Lei rimase perplessa, seduta sul candido lettino, a guardare l’uscio aperto sul corridoio deserto e buio.

Quando tornò sul ponte di coperta pioveva già. Il mare non era troppo agitato, ma un fronte tempestoso si avvicinava rapidamente: poteva percepire la pressione atmosferica che calava rapida.
I ragazzi avevano già assicurato con robuste cime ciò che ne aveva bisogno, così si diresse in cucina a prepararsi qualcosa di caldo. Sentiva Brook suonare nella sala dell’acquario, mentre Franky doveva essere nel suo laboratorio.
Di Zoro non c’era traccia: doveva essere in palestra o a dormire da qualche parte.
Davanti alla tazza di liquido scuro, Nami rimpianse il caldo relax dell’isola precedente: sembrava che su quella nave la calma non potesse durare più di tanto.

Venne la sera e coloro che erano sbarcati non avevano fatto ritorno, sicuramente a causa della tempesta che si era rivelata più grave di quanto previsto in un primo momento. Nami si figurò le alte scogliere battute dalle onde e suppose che i compagni erano rimasti a pernottare in paese per forza di cose: con quel maltempo neanche imbarcarsi sul sottomarino sarebbe stato facile.

Improvvisamente udì un fracasso inaspettato provenire dal ponte ed anche Franky e Brook si precipitarono a vedere cosa fosse accaduto. Stringendosi nell’impermeabile, la ragazza si accorse che mancava Zoro e fu colta da un brutto presentimento. Vedendoci a malapena, con la pioggia che le sferzava il viso, notò con orrore che su una parete della palestra si apriva un grosso squarcio; un altro, di dimensioni analoghe, permetteva alla pioggia di invadere la stiva sottostante al ponte di coperta.
I tre si guardarono preoccupati: dov’era lo Spadaccino?

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Capitolo 4
*** Una camera per due ***


Lo trovarono, privo di conoscenza, già zuppo d’acqua piovana, dentro all’irregolare voragine sul ponte, bloccato da un enorme bilanciere.
Franky spostò l’attrezzo, ma erano indecisi se trasportare l’amico: se avesse avuto qualche lesione interna, avrebbero potuto aggravare le cose.
Ma non era nemmeno possibile lasciarlo lì, così decisero di provare a fargli scivolare sotto la schiena delle robuste assi per usarle a mo’ di barella, per non muoverlo troppo.
Nami dovette riconoscere la bravura di Scheletro e Cyborg: nonostante la tempesta che faceva ballare la nave, erano riusciti a concludere la difficile operazione nel migliore dei modi.
Ordinò loro di portarlo in camera sua: con l’assenza di Robin avrebbe potuto vegliarlo senza rinunciare al proprio letto.

Fu deposto sul materasso con tutte le assi: finchè non avesse ripreso conoscenza per aiutarli nella diagnosi, meno lo avrebbero mosso, meglio sarebbe stato; per lo stesso motivo, Nami preferì tagliare gli abiti che indossava per toglierli ed asciugarlo.
Sull'ampio torace, una grossa macchia violacea si stava allargando dove aveva urtato e lei sperò che non avesse un’emorragia interna e maledisse l’assenza di Chopper.

Gli mise una coperta addosso, rabbiosa.
-Accidenti, Zoro! Ci mancava anche questa!- inveì, poi udì l’avvicinarsi di passi e si ricompose.
Era Franky e portava un vassoio con una scodella fumante e del pane.
-Brook ha preparato del brodo caldo. Dove lo metto, sorella?- chiese il Cyborg che sembrava ancora più grande nello spazio limitato della camera. La ragazza sorrise, stancamente: -Puoi poggiarlo sul tavolino, grazie.
Fatto quanto richiesto, Franky non andò via. Guardando l’amico e il volto preoccupato di lei, disse: -il fratello è forte, si rimetterà presto…- in un tentativo di confortarla.
Lei annuì, poi notò che era rimasto lì, con l’aria di volerle chiedere qualcosa, esitante.
-Cos’hai?- gli chiese infine.
-Quanto durerà ancora la tempesta? Gli altri non sono ancora tornati e Robin…
La ragazza si accorse della preoccupazione nella sua voce e gli rispose con sincerità: -Almeno tutta la notte e parte di domani, forse fino a sera. Sei preoccupato, Franky?
La domanda era superflua.
-Se gli abitanti dovessero scoprire chi sono in realtà, sarebbero nei guai.- Le rispose.
Lei sorrise: - Sanno badare a se stessi, non pensarci. Buonanotte, Franky.- lo congedò e quello andò via.

Il pasto la scaldò; sedette sul letto vicino a Zoro e prese un libro per passare il tempo. Si assopì senza accorgersene, svegliandosi soltanto un paio d’ore dopo, sentendolo lamentare: lo Spadaccino stava riprendendo conoscenza.
Si chinò su di lui.
-Zoro, non agitarti- gli disse piano.
Lui aprì l’occhio, la fissò e rimase immobile.
-Cosa è successo?- chiese.
-Credo che il movimento della Sunny, accentuato dalla tempesta, abbia fatto sì che un grosso bilanciere si sganciasse dai sostegni e rotolasse via, portandoti con sé. Avete sfondato la paratia della palestra e, più in basso, il ponte su cui siete precipitati. Non ricordi nulla? Puoi muoverti? Senti dolori localizzati?

Il dolore lo sentiva, abbondante e diffuso, ma poteva muoversi. Si autodiagnosticò almeno un paio di costole rotte e la testa aveva preso una bella botta.
Sedette sul letto e guardò le assi. Nami gli spiegò il perché della loro presenza, poi le mise via e lo fece accomodare sul materasso libero.
-La tempesta ha impedito agli altri di tornare,- spiegò -puoi restare se vuoi, così non dovrai arrampicarti su quello stupido letto sospeso.
Stava seduta, mentre gli parlava e torceva tra le mani un lembo del lenzuolo, con malcelato imbarazzo.
Di fronte a lei, Zoro, senza una parola si lasciò cadere sul morbido materasso, rilassando i muscoli indolenziti. Non fu detto altro ed anche lei si sdraiò, così come era, senza nemmeno cambiarsi.
 
Quando Nami si svegliò, sembrava ancora notte fonda, invece era mattina: col cielo coperto, nel pieno della tempesta che ancora dava il meglio di sé, era impossibile notare il sorgere del sole. Guardò Zoro dormire pacificamente; si era tirato addosso una coperta ed aveva dormito tutta la notte. Si stupì ancora una volta della forza di quell’individuo: un uomo normale sarebbe morto in un incidente di quel tipo.

Con l’assenza di Sanji mancava il quotidiano movimento mattutino in cucina, così lei decise che gli altri si arrangiassero, mentre lei si preparava qualcosa in camera. Lei e Robin erano ben attrezzate a tal proposito.
Nel frattempo, Zoro sbadigliò sonoramente, si rigirò nel letto ed aprì l’occhio. Lamentò il dolore, più acuto della sera precedente, e sedette, con la coperta che lo copriva a metà. L’ematoma, esteso su schiena e petto, era impressionante: Nami fece una smorfia, immaginandosi il dolore che poteva causare un’offesa di quel tipo.
-Ho sbagliato a non bendarti strettamente ieri… adesso farà più male, temo.- disse, sinceramente dispiaciuta per la poca preparazione.
Ma lui alzò le spalle: quel che era fatto era fatto ed era inutile stare a pensare ai piccoli errori del passato, sostenne, con la sua pratica filosofia, senza prendersela.

Nami approntò due tazze, vi posizionò i filtri e versò l’acqua bollente. Nell’attesa che l’infuso fosse pronto, si recò in infermeria a prendere le bende e la pomata necessari a medicare il compagno.
Nel tragitto non incrociò nessuno ed i lampi e i tuoni della tempesta che imperversava ancora, rendevano ancora più spettrale la nave silenziosa.
Tornata in camera, poggiò gli oggetti sul tavolo, poi terminò la preparazione del tea.
Zoro si era sdraiato e la fissava. Alla sua tazza addizionò una generosa dose di rum: aveva bisogno di qualcosa forte, per affrontare la medicazione. Lui prese la tazza che gli porgeva, ringraziandola con un cenno del capo. Stava rigido a causa del dolore, ma non disse nulla.
Dopo quella rapida colazione, si apprestò a medicarlo. Cercò di farlo il più delicatamente possibile, massaggiandolo con attenzione, ma lo sentì contrarsi più volte sotto le dita attente.
Terminato con la schiena passò di fronte a lui per ripetere l’intera operazione. I bordi della lunga cicatrice erano spessi al tatto; le dava i brividi toccare quel lungo taglio ricucito due volte, rimarginato male.
-Cos’hai?- le chiese con voce profonda e lei sussultò: non si era accorta di aver rallentato i suoi movimenti, assorta in quei tetri pensieri. Alzò gli occhi ad incontrarne lo sguardo serio e scosse il capo.
Cosa avrebbe potuto dirgli? Che le dispiaceva?
Dopo tutto quel tempo? Sarebbe stata ridicola.
Riprese a svolgere la delicata operazione, per poi iniziare a bendarlo strettamente, così da limitargli i movimenti ed evitare che le costole si saldassero male.
-Alza le braccia.- disse, quindi iniziò ad avvolgere le bianche fasce su di lui.
Emise solo un paio di gemiti. Normalmente non le avrebbe permesso tutta quella perdita di tempo, ma le aveva letto la preoccupazione nello sguardo e voleva farla sentire utile… e si sorprese di se stesso.
-Adesso a quanto ammonta il mio debito?- le chiese con ironia, per interrompere quei pensieri troppo strani per uno come lui.
Lei terminò di fermargli la medicazione e Zoro dovette riconoscere (almeno a se stesso) che quella specie di armatura di stoffa che gli aveva costruito addosso dava un certo sollievo.
-Se continui ad essere così irritante, te lo faccio arrivare ad un fantastilione di Berry, il debito!- esclamò, prima di voltargli le spalle per uscire dalla camera, ma lui la fermò afferrandola per il polso. Quel contatto le diede un brivido e non si voltò a guardarlo, mentre le chiedeva: -Dove vai? È presto e con questo tempaccio è praticamente impossibile fare qualsiasi cosa… torna a letto- concluse con tono pacato.

Aveva ragione, ma Nami, sentendosi a disagio, sentiva il bisogno di stargli lontano.
Dato che Zoro non aveva lasciato la presa, decise di voltarsi, tentata di schiantargli un pugno sull’unico occhio buono che gli rimaneva, ma si trattenne dal farlo… altrimenti le sarebbe anche toccato stare appresso ad uno Spadaccino orbo.

Quando però vide che non c’era ironia nel suo viso, si arrese. Tornò sui suoi passi e sedette sul letto, rompendo così la forte presa di lui, che la seguì per sdraiarsi nuovamente sul letto della mora.

La sorprese ancora una volta, iniziando a parlarle per primo, anche perché toccò un argomento che lei pensava sopito: -Era tanto che non ti prendevi cura di me, eh? Da Thriller Bark, no?- le chiese a bassa voce.
Nami aveva creduto che lui avesse dimenticato quell’episodio, quel momento tra loro, invece stava a parlarne come se niente fosse, dopo tutto quel tempo.
-Sì. Non credevo te ne ricordassi- gli confessò.
-Perché avrei dovuto dimenticarlo?- le rispose, un po’ infastidito.
Lei si strinse nelle spalle. Aveva sempre creduto così, senza una ragione precisa.

Zoro ridacchiò. -È strano stare a parlare senza litigare, non trovi?
Rise anche lei. -È perché ancora non mi hai dato della strega, buzzurro!
-Se vuoi ti accontento subito… - le disse, ma lei rispose prontamente: -No, grazie, sto bene così- e gli lanciò addosso il cuscino.
Scostandoselo dal volto, lo Spadaccino le chiese: -Vuoi la guerra?
Nami scosse il capo, quindi si alzò per recuperare l’oggetto, che afferrò da un angolo, ma lui lo tenne saldamente dal suo lato. -Dai, lascialo, Zoro!- mugugnò infastidita.
-Me lo hai dato e me lo tengo- affermò deciso, strappandoglielo dalle mani e voltandosi dall’altro lato.

La ragazza era stupefatta: non riconosceva in quello strano individuo il burbero e serio Zoro di sempre.
Poi si arrese e rise: dopotutto conducevano una vita dura ed esprimere il proprio essere non era sempre facile… erano pochi i momenti in cui potevano dimostrare la loro giovane età, fatta anche di momenti ludici come quello che stavano vivendo e lei si sentì onorata dal fatto che lui avesse deciso di condividerlo proprio con lei.
Si lasciò cadere sul proprio letto e il cuscino le arrivò dritto in viso, seguito dalla risata di lui.
-Sei un mostro!- gli urlò, ma sorrideva mentre lo faceva, poi da un cassetto tirò fuori la sua bandana nera, pulita e stirata, la dispiegò, fece un nodo per appesantirla e gliela tirò a sua volta: -Questa è tua se non erro!

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Capitolo 5
*** Che succede qui? ***


La tempesta, come previsto da Nami, si era sedata per la sera del giorno dopo, ma arrivò la mattina successiva ed i compagni non fecero ritorno.

A colazione, il nervosismo di Franky era giunto alle stelle ed anche gli altri  erano piuttosto inquieti: era chiaro che doveva essere accaduto qualcosa e non restava altro da fare che tornare sull’isola ed accertarsene di persona, ostilità verso i pirati o meno.
Se quella gente aveva fatto del male ai loro amici, avrebbe passato dei brutti momenti.

Sotto al cielo grigio che si rispecchiava nel mare color piombo di quell’isola autunnale, la Sunny avanzò sicura a vele spiegate. Effettuarono un giro di ricognizione attorno a quelle coste aspre senza notare nulla di particolare.
In una piccola rada trovarono ormeggiati lo Shark III  e la Mini Merry, ma nessuno era a bordo. Tornarono all’insenatura di accesso all’isola, la stessa utilizzata due giorni prima, quindi misero piede sulla spiaggetta ed avanzarono con passo deciso verso l’entroterra.
Costeggiarono il paese, senza entrarvi direttamente, per valutare la situazione. Sembrava tutto piuttosto tranquillo: i cittadini stavano destandosi insieme ad un altro giorno che si prospettava faticoso e denso di impegni.
Come quando li aveva visti la prima volta, a Nami sembrarono persone normali, occupate nelle quotidiane faccende che imponeva loro la vita.

Utilizzando vicoli e strade secondarie semideserte, si addentrarono nell’abitato, fatto di case basse, non più alte di tre o quattro piani, dall’aspetto ordinario ed un po’ decadente.
La piazza principale del paese, piuttosto ampia, come la Navigatrice ben ricordava,  era arricchita di un particolate tutto nuovo: un sinistro palco metteva in bella mostra cinque pali che reggevano atrettanti cappi di corda: si era verificata o era prevista un’esecuzione pubblica e non era difficile immaginare chi ne fossero i protagonisti.
Mentre a Nami si mozzava il respiro, Zoro ringhiò tutto il suo disprezzo ed il loquace Brook ammutolì. Franky lamentò un suono semi-inarticolato che suonava simile a: -Questo non è per nulla super… - pronunciato a denti stretti.

I quattro compagni tirarono un sospiro di sollievo nel vedere una gabbia a fianco del palco, quello opposto a loro, sul livello della strada: ospitava i loro amici.
Da quel che potevano scorgere a quella distanza c’erano tutti, ma non si capiva in che condizioni.
Di certo se durante la tempesta erano stati lasciati fuori, non dovevano essere in buone condizioni e mille domande assalirono i quattro che si apprestavano a liberarli. Perché non avevano combattuto? Come avevano fatto a catturarli? Perché Rufy non usava l’haki?

Si acquattarono dietro un muro ed abbozzarono un piano per liberarli.
Si sarebbero divisi per giungere il punto prefissato da due parti opposte, così da avere una chance in più se uno dei due gruppetti fosse stato intercettato; ciò che sarebbe venuto dopo dipendeva dallo stato in cui versavano i prigionieri.
Zoro si preparò alla battaglia: legò sul capo la fida bandana che profumava ancora di bucato e sguainò le sue katane. Come al solito, pose la Wado Ichimonji tra i denti ed impugnò le altre due.
Nami, a sua volta, montò il suo bastone, e Franky e Brook fecero lo stesso con le proprie armi. Con un cenno silenzioso si separarono,  e la ragazza osservò Scheletro e Cyborg muoversi senza fare troppo rumore, dopo di che si avviarono anche lei e lo Spadaccino che la seguiva in silenzio, inquietante come tutte le volte che si preparava a combattere.

Giunti a metà strada, udirono i rumori della lotta, sottolineata dagli spari di normali fucili e delle armi tecnologiche di Franky: erano stati scoperti.
Si misero a correre, approfittando del diversivo, così da fare in fretta e correre ad aiutare gli altri. Per fortuna il Cyborg aveva molti assi nella sua manica e riusciva a tenere a bada un gran numero di amici.

Giunti alla gabbia, senza chiedere nulla ai prigionieri, Nami si affrettò ad armeggiare con la serratura: dall’alto della sua esperienza, la Gatta Ladra non ci mise molto a spalancarne la porta.
Ma l’amara verità diceva che il suo compito non era terminato: spesse manette di algamatolite erano la spiegazione del perché gli amici con i poteri dei Frutti del Diavolo non avevano avuto modo di reagire ed in più a Rufy era stato fatto indossare una specie di pesante elmo dello stesso materiale che gli consentiva a mala pena di respirare e lo privava completamente di ogni forza.
Sulle gambe di una stanca Nico Robin, era appoggiato il Cuoco, che lamentava entrambe le gambe rotte; vicino ad essi, il piccolo Chopper, anch’esso pesantemente ammanettato, faceva del suo meglio per prestargli le cure che poteva. Anche Usopp era ridotto male e tutti avevano sicuramente passato la tempesta in quel luogo, praticamente all’aperto e lamentavano un inizio di ipotermia.

La Navigatrice agì in fretta, senza fare domande, mentre Zoro si precipitava a dare aiuto a Franky e Brook: c’era bisogno dell’intervento di tutti per trasportare i compagni feriti. Con la coda dell’occhio la ragazza lo guardò sparire in un vicolo e pregò che andasse nella giusta direzione.

Mentre Robin riprendeva le forze, senza le manette, spiegò: -All’inizio non sembrava che ci avessero riconosciuto, ci trattavano come persone normali. Ma credo che in paese ci sia qualcuno che ci conosce bene: anche se abbiamo agito separatamente, alloggiando in un albergo diverso da quello di Rufy, ci siamo ritrovati tutti qui: devono averci narcotizzati. Per Sanji non ho potuto fare molto: gli hanno rotto le gambe mentre era privo di sensi e lui, con le mani legate non ha potuto aiutarmi con le manette. Quando poi è arrivata la tempesta non si sono preoccupati di darci riparo.

Libero dall’algamatolite, Rufy si stava riprendendo in fretta ed era piuttosto arrabbiato; corse verso i suoni della lotta ancora in corso, nonostante la fame lo tormentasse.
Ma qualcuno della popolazione capì che c’era la possibilità che qualcun altro potesse tentare di liberare i prigionieri ed un agguerrito gruppo di uomini si precipitò da loro, per circondarli rapidamente. Le due donne riuscirono a tenerli a bada, ma poco dopo, una forza invisibile li colpì e caddero tramortiti al suolo. Dietro lo schieramento nemico, un ansimante Rufy seguito dagli altri compagni: col suo haki li aveva atterrati in un colpo solo.

Tanta altra gente li spiava, timorosa, dagli angoli più bui e da dietro le persiane, senza osare avvicinarsi.
Nel silenzio che avvolgeva la piazza, Rufy diede un solo ordine: -Zoro, butta giù questo coso.
Rinfoderate due spade, come se non volesse sporcarne che il minimo indispensabile, impugnata soltanto la lama nera, lo Spadaccino si pose di fronte al palco e con una sola, rapida mossa, colpì l’area antistante al palco; non ebbe il tempo di metterla via, che l’intera costruzione crollò come un castello di carte colpito da un tornado.

Franky si era fatto vicino a Robin, dubbioso e serio in viso, guardandola reggere il Cuoco, che in quel momento particolare non sembrava poi così sofferente.
La voce improvvisa del grido di Rufy, lo fece sussultare, insieme agli altri: -Ehi! Chi è che comanda qui?- chiese, severo.

Da un palazzo imponente si fece avanti un uomo.
Era di mezza età e non molto alto. Aveva grosse mani ruvide e il volto da pescatore, segnato dalla salsedine e dal sole, sulla cui pelle abbronzata spiccavano due vivaci occhi azzurri di chi non si arrende alle avversità. Il timore non riusciva del tutto a soppiantare l’orgoglio derivato da una solenne dignità.
-Sono il sindaco di questa cittadina.- disse.
Stringeva tra le mani un vecchio fucile, che portava avanti a sé, quasi fosse uno scudo.

Rufy gli si piazzò davanti e con il solito, schietto modo di fare, roteò l’indice vicino ad una tempia e disse: -Ma vi ha dato di volta il cervello? Perché ci avete aggredito e trattato così? Non vi abbiamo fatto nulla!
Il suo tono era sinceramente stupito, mentre il suo interlocutore lo guardava con gli occhi sgranati.
-Ma… siete dei pirati!- protestò il Sindaco, sconvolto da quella situazione irreale: erano pirati, ma i pirati che aveva conosciuto lui non agivano a quel modo.
Era confuso. Che quello strano tipo lo stesse prendendo in giro?

Chopper intervenne: -Scusate, ma ho bisogno di portare Sanji ed Usopp alla nave… - Robin, Franky e Brook lo aiutarono a trasportarli, mentre Nami e Zoro rimasero col loro Capitano. Il cui stomaco brontolò sonoramente.
-Ho fame. Dove possiamo parlare, mangiando una bella porzione di carne?- chiese candidamente.
L’uomo che gli stava di fronte era sempre più spiazzato, mentre gli altri due pirati erano sconfortati dal solito comportamento del ragazzo. Nonostante ciò, furono guidati ad una spartana osteria, dove presero posto ad un tavolo.

Rufy perse tutto ciò che era possibile ordinare, quindi si sporse poggiando un gomito sul tavolo, verso il suo interlocutore, che ancora ostentava il fucile in mano: -Allora? Che succede qui?- domandò allegro. 

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Capitolo 6
*** Lotta e pregiudizi ***


Con la fronte imperlata di sudore, il Sindaco si voltò a guardare la folla che li osservava in silenzio, fuori dal locale, attraverso l’ampia vetrata.

A fianco di Nami, un serio Zoro lo fissava a braccia conserte e katane ben in vista.

Non avendo altra scelta, l’uomo sotto accusa deglutì per schiarire la voce e disse: -Siete pirati e non vi vogliamo sulla nostra isola... - ma fu interrotto dal curioso Rufy: -E perché mai?
Nami non resistette e gli schiantò un pugno dietro la nuca, spiaccicandogli il viso sul piatto ancora vuoto: -Rufy! Fallo parlare, per la miseria!- esclamò arrabbiata, mentre Zoro ghignava.

Il pover’uomo era sconcertato, confuso dai ruoli che sembravano mescolarsi in quella stramba ciurma di pirati. Sotto la minacciosa incitazione della Navigatrice, continuò: -Non siete i primi ad arrivare qui. E coloro che sono già passati hanno sempre portato via qualcosa di importante… fino a tre giorni fa hanno portato via le nostre amate figlie… - raccontò, con le lacrime agli occhi -Non ci resta più niente, più niente… -mormorò, scuotendo il capo.

Nami era basita, Zoro arrabbiato, mentre Rufy si ingozzava con l’enorme porzione di carne arrosto che nel frattempo gli era stata portata.
-E dhiove le hanno porstate?- biascicò masticando.
La ragazza gli tirò una guancia, allungandola di quasi un metro e lo scosse violentemente: -Se idiota o cosa? Come pensi che lo sappia?- gli urlò nell’ orecchio.
Ma il Sindaco intervenne: -Veramente lo so… dall’altra parte dell’isola hanno allestito un campo base perché sono in attesa che si magnetizzi il log-pose. Dato che occorrono sei giorni, resteranno sull’isola altri tre giorni.

Zoro era perplesso: -Come mai non sono rimasti in paese? Requisire un albergo con tutte le comodità sarebbe stata una scelta migliore…
-E dov’è la loro nave?- chiese Nami, dubbiosa.
-Hanno un grosso sottomarino nero che però ha bisogno della ciurma al completo per funzionare al meglio e, grazie alle tempeste che ci investono spesso, hanno bisogno di stare lontani dal fondale più basso per non essere danneggiati dagli scogli. Quindi c’è un solo uomo di guardia alle rapite e si è tutelato barricandosi nella vecchia fortezza, dove è impossibile tendergli un attacco vincente, data la particolare conformazione geografica. Inoltre ha mangiato un Frutto del Diavolo che lo trasforma in una specie di enorme volatile dalle piume nere, con testa umana e corpo d’ uccello.- spiegò il Sindaco.
-Per vecchia fortezza intendete i ruderi posti a sud-est?- chiese Nami, il cui occhio esperto li aveva notati al loro arrivo in quell’isola.
-Esatto. È una zona inaccessibile dal mare e troppo scoperta per tentare un assalto.
-E i suoi compari come ci arrivano?- chiese Zoro, per studiare eventuali punti deboli della strategia degli avversari.
-Spianano le armi ed attendono che sia l’uccellaccio a planare sul mare, portando con sé il maltolto…
Lo Spadaccino annuì convinto: -Non sarà difficile fermarli.

Al Sindaco cadde il fucile dalle mani.
-Davvero lo fareste? Ci aiuterete?- chiese con una nuova speranza nella voce, dimenticando di avere dei pirati dinanzi.
-Shichuro- affermò Rufy, mentre inghiottiva -Non possiamo mica lasciarli andare così! Se dovessero depredare altre isole, per noi sarebbe sempre più difficile proseguire su questa rotta… - disse, convinto.

Nami rinunciò a picchiarlo: per quanto reiterasse la cosa, il Capitano non cambiava di una virgola… anche se da parte sua era convinto che quel ragionamento non facesse una piega, la ragazza si preoccupò del fatto che non avesse accennato all’incolumità di quelle poverine.

La notizia della collaborazione con i Pirati di Cappello di Paglia si diffuse in fretta tra la popolazione, ma senza suscitare troppo rumore per non mettere sulla difensiva gli avversari.
Nonostante ciò, parte di quella gente rimaneva diffidente verso di loro, ferma su una posizione che era dura a morire.
-Sono decenni che veniamo saccheggiati- raccontò il Sindaco -Dovete sapere che fino a due decenni fa, la miniera che si trova al centro del territorio ci regalava una quantità di diamanti tale che commercianti e pirati d’ogni specie venivano attirati dalla nostra ricchezza. Da quando la produzione si è fermata, i predoni si sono dedicati ad altri obiettivi, saccheggiando ed uccidendo… quando ero soltanto un ragazzino, la mia stessa famiglia è stata sterminata per un pugno di preziosi.

Zoro guardò Nami.
Teneva gli occhi fissi nel vuoto, certamente rivivendo la simile esperienza vissuta nella propria infanzia: lei capiva bene la diffidenza di quella gente verso una categoria che aveva fatto loro del male in maniera mostruosa.
La Navigatrice ricordava come quegli amici la avessero aiutata, come se fosse successo solo pochi giorni prima, anziché anni; rivide la furiosa lotta di Rufy, sentiva il calore del suo stesso sangue, quando aveva finto di uccidere Usopp; si stupiva ancora per Zoro che si gettava in mare, ferito e strettamente legato, mettendole la vita in mano e rabbrividiva all’immagine dello Spadaccino tra le mani di Arlong, il sangue che gocciolava lungo i pantaloni e gli stivali, fino al suolo, in uno stillicidio mortale, dalla ferita appena riaperta.

Si voltò a fissarlo e vide che la guardava.
C’era comprensione in quello sguardo, anche lui aveva ricordato.
Gli regalò un sorriso tirato, ancora riconoscente per quell’aiuto lontano nel tempo, ma vicino nel cuore. In quel muto scambio, si erano detti più di quanto le parole avrebbero potuto fare.
Se lei aveva subito angherie per otto anni, in quel lembo di terra la violenza si era protratta per più tempo, facendo sì che generazioni su generazioni crescessero con il timore, e l’odio che ne derivava, nel cuore.
-… I bambini ci guardano…- mormorò, dando voce ad un pensiero che in quei giorni sentiva più suo.
-Prego?- le chiese il Sindaco, che non aveva compreso il senso di quella frase.

Inaspettatamente, fu lo Spadaccino a rispondere per lei: -Era la saggia constatazione di una brava Regina. Sosteneva che è compito degli adulti dare l’esempio ai più giovani, affinchè non crescano nel pregiudizio e nell’odio.
L’uomo lo guardò con stupore: mai si sarebbe aspettato tale constatazione da un tipo simile.
Cercò di obiettare, ma il più giovane continuò: -Certo, siete stati aggrediti più volte e si deve lottare per la propria libertà, ma conoscendo chi si ha di fronte, non a prescindere solo perché appartenente ad una categoria. Si deve lottare, ma non con un movente che porti ad odiare chiunque, al di là delle intenzioni dell’altro.

Il Sindaco sorrise.
Quel giovane dall’aspetto troppo vissuto non aveva tutti i torti e la prova ne era proprio quella strana compagnia che, nonostante fosse stata aggredita, adesso si preparava per aiutarli a riscattarli da decenni di oppressione.

Nami guardò il compagno, fiera di quanto aveva esposto: era un riassunto perfetto di ciò che lei sentiva.
Quel giorno il buzzurro era una vera e propria rivelazione!

Al primo pomeriggio, da esperta meteorologa, Nami osservò il cielo e la direzione in cui viaggiavano le nubi dello strato medio-alto e capì che il tempo avrebbe retto.
Chopper che avrebbe assistito Sanji ed Usopp a parte, gli altri avrebbero combattuto.

Giunsero al limitare del bosco prima che facesse buio.
Duecento metri scoperti da ogni tipo di vegetazione li separavano dalla vecchia fortezza in cui erano custodite le ragazze rapite, troppo per attraversarle finchè c’era luce, sotto lo sguardo attento di quell’essere che planava come un avvoltoio che perlustra la savana alla ricerca di carogne da spolpare.

La situazione chiariva perché la popolazione preferiva assalire un certo numero di pirati all’interno del paese anzichè uno solo in quel frangente… i pochi uomini che si erano uniti alla Ciurma in quell’impresa, portavano grigi mantelli per essere meno visibili dall’alto, col cappuccio alzato e lo sguardo fiero.
Nonostante le raccomandazioni ricevute, però l’imprevedibile Rufy, dopo aver sofferto immobile per un po’, decise di fare di testa sua: all’ennesimo giro dell’uccellaccio pirata, calcolata con buona approssimazione la distanza, allungò le braccia per afferrarlo, facendo saltare la copertura che prevedeva l’arrivo dell’imbrunire per attaccare con più sicurezza.

Accorgendosi dell’attacco, un poderoso battito d’ali sollevò il pirata piumato, portando con sé l’incauto Capitano.
-Rufy!- gridarono in coro i suoi compagni, non riuscendo a credere di aver assistito all’ennesimo colpo di testa di quello scriteriato, svoltosi sotto i loro occhi in pochi secondi.
-È sempre il solito!- lamentò Nami.
-Andiamo!- li incitò Zoro, dato che ormai l’attacco a sorpresa era andato a farsi benedire; l’unica cosa che restava da fare era approfittare dell’insolito diversivo per correre in aiuto delle ragazze.

Ma quando giunsero a pochi metri dalle robuste mura di pietra, una sventagliata di proiettili colpì il suolo davanti ai loro piedi. C’era qualcun altro a tenere d’occhio le rapite: cosa stava accadendo?

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Capitolo 7
*** Ping pong ***


Pirati e cittadini si sparpagliarono alla ricerca di un riparo, dietro i massi e negli avvallamenti del terreno; altri fecero dietrofront per tornare sotto la protezione degli alberi.

Dietro una roccia, Zoro e Nami si guardarono perplessi: il Sindaco aveva riferito che c'era un solo pirata di guardia… chi era stato a sparare? Si voltarono insieme a guardarlo con severità mentre si riparava dietro un tronco abbattuto, ma dalla sua espressione spaventata era chiaro che anche lui non ci aveva capito molto.

Si scossero quando Rufy e il suo avversario precipitarono dal cielo con un grande schianto al suolo. Il Capitano lo cavalcava ancora ed era riuscito ad avvolgergli più volte le braccia intorno al collo piumoso, facendogli mancare l'aria. Poco dopo, sotto di lui giaceva un uomo di piccola statura dalla lunga barba nera e pittorescamente abbigliato da stivali neri come i pantaloni e camicia bianca piena di svolazzi. Aveva perso i sensi.

Una nuova scarica di spari si scagliò contro Rufy, ma le pallottole, rimbalzandogli addosso, tornarono al mittente, conficcandosi nelle mura.
-Ehi, ma chi spara?- chiede col suo solito candore a chiunque fosse dietro le pareti di pietra.

Nonostante l’aggressore avesse ripreso a sparare, Rufy, seriamente arrabbiato, prosegui verso l'unico punto di accesso tra le vecchie pietre.
Coloro che erano rimasti alle sue spalle percepirono, pur senza danno, l’onda spietata del suo haki, scatenato contro gli ignoti aggressori che avevano continuato a sparare fino a quel momento; cessati gli spari lo raggiunsero per accertarsi con lui della situazione. Non che ci fosse molto da fare: una decina di uomini giacevano  tramortiti al suolo, mentre una trentina di ragazze e giovani donne sedevano sulla nuda terra, immobilizzate da corde e catene, con gli occhi sgranati, spaventate da quanto accaduto loro nei giorni precedenti fino a quel momento.

-Mi hai tolto tutto il divertimento- disse Zoro a Rufy, guadagnandosi un colpo di bastone in testa da Nami, mentre gli isolani correvano a liberare le poverine.

Ma un uomo era rimasto di sasso, immobile a guardare gli uomini rimasti a terra. Il Sindaco della cittadina non credeva ai suoi occhi.
Ancora con i fucili tra le mani, privi di sensi, davanti a lui erano suoi compaesani. E compaesani molto particolari, oltretutto.

Mentre Franky, Robin e gli altri li immobilizzavano prima che potessero svegliarsi, Nami si fece vicina all’uomo sconvolto: -Li conosci?- chiese, curiosa di quella reazione.
Il pover’uomo annuì, si lasciò cadere a terra e spiegò: -appartengono ad un’organizzazione speciale, istituita molti decenni fa. Sono addestrati a riconoscere i pirati: memorizzano tutti gli avvisi di taglia della Marina, per riconoscere i ricercati e darci modo di attaccarli appena messo piede sull’isola, quando non se lo aspettano ancora. È grazie al loro intervento che abbiamo riconosciuto te e lo Spadaccino, come anche la tua amica e il biondino- disse riferendosi a Robin e Sanji.
-Anche Rufy e gli altri, quindi- intervenne la mora, severa, sentendosi chiamata in causa.
-In realtà, loro ci hanno facilitato il compito: il ragazzo di gomma si è presentato come “Futuro Re dei pirati” alla trattoria dell’albergo, ordinando da mangiare…
Nami strinse il suo bastone, quasi a spezzarlo per il nervoso, mentre l’Archeologa si lasciava andare ad un pallido sorriso, scuotendo il capo.

-Siamo stati traditi dalla nostra stessa gente e uccidevamo i pirati… - mormorò sconfitto il Sindaco. Ma Zoro, più sul pratico, pose una domanda cruciale: -Ce ne sono altri in città?
L’altro annuì, preso dal timore che la situazione, alla luce di nuovi risvolti, portasse ad uno scontro tra compaesani e scattò in piedi, agitato.

Corsero verso l’abitato, inquieti per quella situazione che rischiava di degenerare in una specie di guerra civile, lasciandosi dietro solo coloro che avrebbero scortato i prigionieri e le ragazze liberate, che non erano in grado di procedere con la stessa celerità.

Le paure del Sindaco erano giustificate: una folla di gente armata attendeva appena fuori dal centro abitato, capeggiata da pochi uomini che continuavano ad aizzarli.
Puntarono il dito contro l’uomo: -Vedete? Si è alleato con i Pirati! È contro di noi! Chissà quanto guadagna vendendo le nostre figlie agli schiavisti!

Vedendosi preso di mira, il Sindaco si arrestò, ma fu sorpassato dal pugno di un irato Rufy che andò a colpire in pieno il viso dell’uomo che li accusava, lasciando entrambe le fazioni che si fronteggiavano basite.
-Ce lo dovevamo aspettare.- mormorò Robin, che ormai conosceva bene il suo Capitano.
-È lui il traditore! E possono confermarlo anche gli uomini che erano con noi!- esclamò sicuro, col cappello ben calcato sul capo, senza peli sulla lingua, come sua abitudine.
Un coro di voci si alzò nella protesta, ma coloro che avevano seguito la Ciurma si fecero avanti, difendendo la loro posizione.
-E chi ci dice che anche voi non siate d’accordo con quei farabutti?- urlò qualcuno, sollevando un forcone per aria.
Nami, coraggiosamente, si fece avanti: -Ve lo confermeranno le ragazze rapite, che saranno qui tra poco.- affermò sicura, zittendo le proteste. Poi aggiunse: -Tra voi ci sono coloro che sono addestrati a riconoscere i ricercati: è con loro che dovreste prendervela... accusavano anche coloro che erano estranei ai traffici dell’isola, facendo passare coloro che li avevano assoldati e la prova sta nel fatto che i loro colleghi tenevano prigioniere le ragazze rapite alla fortezza!

Un mormorio si levò tra la folla, mentre un gruppetto di uomini meglio armati si radunava da parte, preparandosi a combattere.
Uno di essi provò a giocare l’ultima carta, nel dissenso che cresceva: -E voi preferite credere alle parole di Nami, detta la Gatta Ladra, con tutti i Berry che ha sulla testa? E quello accanto a lei è Roronoa Zoro, detto il Demone dell’Est Blue, una Supernova con una taglia da centoventi milioni? E quel ragazzetto di gomma non è che Monkey D. Rufy, detto Cappello di Paglia, che ha sfidato il Governo Mondiale e la Marina e che vale quattrocento milioni di Berry!

Mentre la folla, stupita da dettagli che non conosceva, ammutoliva fissandoli, Zoro avanzò di un passo, poi di un altro, digrignando i denti. Quel ping pong di accuse stava mettendo in seria difficoltà la popolazione, che si stava dividendo in due fazioni, a seconda di chi aveva deciso di credere.
Un altro uomo del gruppetto continuò le sgradite presentazioni: -E quella è Nico Robin, la Bambina Demoniaca e sta vicina a Cutty Flam: insieme fanno oltre centoventi milioni… e prima che li liberassero, avevamo in gabbia anche Sanji Black Leg. Perché credete gli avessimo rotto le gambe? Li conosciamo bene, sappiamo come neutralizzarli!- l’intervento portò la maggioranza dei cittadini dalla loro parte e tutto sembrò virare verso una probabile dura lotta e i Pirati si disgustarono a quelle affermazioni fatte con tanta freddezza.

Ma alle spalle della Ciurma accusata, una voce si levò, chiara e forte.
Un giovane donna dall’aspetto scarmigliato si fece avanti: -E sono coloro che ci hanno salvato, affrontando i nostri rapitori, in combutta coi vostri compari!- esclamò con coraggio, facendo oscillare l’ago della bilancia in favore dei Pirati e dei suoi sostenitori.

Non ci fu bisogno dell’intervento della Ciurma per mettere il gruppetto fuori combattimento: le parole della ragazza furono la spinta necessaria affinchè i cittadini, esasperati, li disarmassero e catturassero in breve tempo.

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Capitolo 8
*** Strana richiesta ***


A notte fonda, un depresso Sanji costretto all’immobilità, osservava i festeggiamenti in corso.
-Certo che con quel gesso così bianco, hai ben poco di Black Leg!- lo schernì Zoro sedendosigli vicino, porgendogli un boccale di birra, mentre sorseggiava il suo.
-Non sei nemmeno degno di una risposta- disse il biondino, accettando l’offerta -Per fortuna ho le mie dee a consolarmi!- rispose, estatico, cercando Nami e Robin con lo sguardo tra la folla.

Zoro rise sguaiatamente, quindi si alzò per tornare nella confusione generale che regnava nella sala di rappresentanza cittadina, allestita per i festeggiamenti approntati quella stessa sera, lasciando il Cuoco confusamente perplesso: solitamente lo Spadaccino, a quelle affermazioni, si limitava a mugugnare…

Seduti ad uno stesso tavolo, parte della Ciurma e il Sindaco, assieme ad altri personaggi di rilievo, parlottavano seri, sui fatti appena accaduti e sui provvedimenti da prendere per l’immediato futuro. Naturalmente Rufy ingurgitava l’impossibile, confrontandosi con una miriade di portate che arrivavano in un continuo flusso dalle cucine.
-Quanto abbiamo sbagliato!- riconobbe il Primo Cittadino, ancora incredulo sulla vicenda appena vissuta.
Seduta vicino a Franky, un’indulgente Robin sorrise e rispose con tono conciliante: -Diciamo piuttosto che qui si sono fatti dei progressi, imparando a non affidarsi a pregiudizi che classificano le persone per categorie; a capire che, differentemente da quanto insegnatovi sin da piccoli, che buoni e cattivi stanno un po’ ovunque, a prescindere da dove vengano o come si definiscano. Adesso dovrete fare lo stesso con i vostri figli.
Nami e gli altri presenti annuirono; era la stessa lezione che lei aveva appreso anni prima. Il Sindaco sorrise a sua volta: -Insegneremo ai nostri bambini a guardare alle singole persone, piuttosto che ai gruppi di appartenenza...

In quel momento, Zoro giunse alle spalle della sedia su cui era Nami e lei si voltò, alzando lo sguardo in una muta richiesta.
-Puoi seguirmi?- le chiese, senza dare altre spiegazioni.
-Che cosa c’è, Zoro?- gli disse, stranita da quella richiesta. Di solito lo Spadaccino, alle feste, stava da parte, limitandosi ad osservare gli altri che si divertivano, mentre beveva come se non ci fosse un domani.
La guardò intensamente, poi le propose: -Se mi cambi la medicazione, dò un’occhiata alla tua ferita.
Distolse da lei lgli occhi e si guardò intorno; nessuno sembrava aver fatto caso a quella richiesta e tirò un sospiro di sollievo: non era proprio da lui quel genere di offerta. Senza dare a vederlo, solo Robin aveva guardato di soppiatto l’intero scambio di battute, senza commentare.

Con un sospiro, la Navigatrice si mise in piedi e lo seguì, poi si fermò, le mani sui fianchi e gli chiese: -Perché non hai chiesto a Chopper?
Lui sudò freddo, ripassando mentalmente ciò che si era ripetuto l’ultimo quarto d’ora: -Chopper… è... impegnato a seguire Usopp che, come al solito, si sta approfittando della situazione per essere riverito, facendo di tutto per apparire più grave di quel che è, nell’infermeria del medico personale del Sindaco.- dichiarò, cercando di apparire abbastanza convincente.

La scaltra ragazza storse un po’ il naso, ma non ebbe da ridire più di tanto. E dopotutto, dato che il giorno dopo avevano promesso ai cittadini di aiutarli a tendere un’imboscata ai pirati del sottomarino nero, cercare di riposare decentemente e più a lungo, non era una cattiva idea. Annuì e si incamminò al fianco di lui, per tornare alla nave.

Malignamente, Zoro si premurò di passare non troppo lontano da Sanji, con la scusa di arraffare un paio di buone bottiglie da portare alla nave. Si limitò ad osservarlo con un inquietante sorriso a piegargli le labbra, poi si voltò verso di lei, sollevò vittorioso le bottiglie ed insieme si avviarono verso la Sunny.
Osservando basito la scena, al Cuoco tornò in mente la sonora risata che Zoro gli aveva elargito e ne comprese il significato come uno schiaffo improvviso. Colto da un allarmante sospetto, cercò con gli occhi l’Archeologa.

La individuò tirando un sospiro di sollievo: tranquilla, seduta vicino al Sindaco, sorrideva osservando la performance canora di Brook che animava la festa… almeno lei gli era rimasta fedele, credette, perdendosi nei suoi occhi chiari.
Ma non passarono che pochi istanti e Franky si alzò, le si accostò sussurrandole qualcosa e offrendole l’enorme braccio. Celando un malizioso sorriso con la mano, lei accettò l’appoggio, si congedò educatamente dai presenti e seguì il Cyborg, perdendosi con lui tra la folla.
Nessuno dei due fece caso al grido di dolore che si levò sulla confusione generale, proveniente da un povero Cuoco virtualmente pugnalato al cuore.

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Capitolo 9
*** L'ombra nella notte ***


Nel silenzio che regnava fuori dal paese, Nami guardò il cielo.
Le nuvole promettevano nuovamente pioggia, nascondendo le stelle e la luna, privando la serata dell’aura romantica.
E si stupì del suo stesso pensiero: aura romantica?
Con Zoro vicino?
Era assurdo e forse era indice che aveva bevuto troppo, così si ripromise di non aggiungere altro alcool a quello già assunto quella sera.

Una volta giunti alla Sunny, lei si diresse con passo sicuro verso l’infermeria, ma lo Spadaccino esitò e Nami si voltò indietro ad incitarlo: -Zoro! Cosa aspetti? Sono stanca!
Annuendo, la seguì, con l’aria forse un po’ delusa, ma non disse nulla.

Nami fu sbrigativa: gli fece segno di accomodarsi sul lettino, scivolarsi dalle spalle lo yukata ed alzare le braccia; era nervosa e nemmeno lei capiva perché.
Lui obbedì in fretta, così iniziò a togliergli le bende, gettandole man mano nell’apposito cestino: impiastricciate come erano di pomata, andavano lavate prima di poter essere riutilizzate. Esaminando il torace ampio di lui alla luce della lampada, la ragazza notò che la situazione non era certo migliorata.
-Aspettami qui senza muoverti- gli disse un po’ più dolcemente, prima di uscire dalla stanza.
Quando tornò, poco dopo, portava un bacile d’acqua calda ed una spugna.
-Bisogna togliere i resti della pomata vecchia, prima di mettere la nuova- spiegò, mentre gli annodava in vita un ampio telo per non rischiare di bagnare anche il lettino.
La spugna fu passata delicatamente sul torso dell’uomo e Zoro la osservò mentre agiva su di lui con mano leggera guidata dallo sguardo attento. Dopo averlo asciugato, iniziò a passare l’unguento sulla pelle viola e, come la prima volta, lo sentì ritrarsi sotto le dita, per il dolore che gli causava nei punti più malmessi.
-Mi spiace- mormorò Nami, ma lui scosse il capo: -Non preoccuparti. Sei… abbastanza brava.- affermò con un sorriso a voce bassa e la vide arrossire.
Attese che lo bendasse strettamente, quindi invertirono i posti sul lettino.

Come la prima volta, Zoro fu concentrato ed attento, nel sostituirle la medicazione.
-Anche tu sei abbastanza bravo- gli disse e lui sentì nascere un sorriso spontaneo sulle labbra, fatto di sorpresa e soddisfazione insieme; non la ringraziò, ma sapevano bene entrambi che tra loro non c’era questa necessità.

Quando anche lui terminò si recarono di comune accordo sul ponte con le due bottiglie recuperate da Zoro e Nami aveva già dimenticato di essersi ripromessa di non bere più per quella sera. Mentre ne stappava una, le caddero gli occhi sulla costa vicina e le parve di scorgere due figure familiari alla luce di una lanterna.
Presa da un concreto sospetto, si lanciò sulle sartie che portavano alla palestra.
-Ma dove vai?- le chiese lo Spadaccino.
Strizzandogli l’occhio, gli disse: -Devo verificare una cosa!

la seguì con calma e, sollevando la botola di accesso alla sala familiare, la trovò che era già attaccata al cannocchiale puntato sulla piccola luce che brillava sulla costa, sovraeccitata da qualcosa di preciso.
-Nemici?- le chiese, la mano già sull’impugnatura di una spada.
-Tutt’altro!- esclamò lei, staccandosi dall’apparecchio e spingendo la testa di lui sull’oculare.
-È l’occhio sbagliato!- le urlò, posizionandovi quello sano, arrabbiato.
Ma la protesta gli morì sulle labbra, inquadrando i soggetti che la ragazza aveva puntato: vicino alla lampada, seduto sulla scogliera con le gambe penzoloni, Franky teneva sulle ginocchia un’affettuosa Robin, che lo carezzava e coccolava con più mani, grazie al suo potere.

Zoro sgranò l’occhio, per puntarlo, subito dopo su una sorridente Nami.
-Hai capito, quei due?- gli disse, mentre lui arrossiva vistosamente -Sono carini, non trovi?- gli chiese e lo Spadaccino non potè che essere d’accordo, seppur stupito: con Sanji aveva giocato, credendo soltando di mettergli una pulce nell’orecchio, invece ci era andato più vicino di quanto lui stesso avrebbe mai creduto.
Scoppiò a ridere, figurandosi la faccia del Cuoco quando lo avrebbe saputo, ma si ammutolì allo sguardo furioso di Nami.
Cadde dalle nuvole, chiedendole: -Cos’hai?
-Idiota! Cosa c’è da ridere se due persone si amano?- gli chiese, infastidita da nemmeno lei sapeva cosa.
Zoro capì di essere stato frainteso e si giustificò: -Nulla! Non ci trovo niente da ridere su quello… pensavo solo ad… altro!

Lei gli si avvicinò minacciosa e lui si fece serio.
-Allora?- lo incalzò, con la mano che prudeva per uno schiaffone già pronto a partire, ma Zoro ghignò e disse: -Pensavo alla faccia del Cuocastro, quando verrà a sapere che le sue Dee non sono più tali…

Nami era basita: aveva parlato al plurale, quindi includendo anche lei, e il ceffone suddetto si avviò verso il viso di lui. Fu intercettato al volo dai riflessi fulminei di Zoro, che ne approfittò, concludendo il movimento trascinandosela vicino.
Fissandolo negli occhi di ghiaccio con i suoi, sgranati per quell’inaspettata audacia, Nami si accorse che il cuore le batteva fin sulla gola, in modo molto più accelerato del dovuto.
Li chiuse, quando lui si abbassò ad assaggiarle le labbra che tenne serrate, ma non si ritrasse al tocco caldo di quella bocca sconosciuta, nonostante ne frequentasse il proprietario ormai da anni.
Pochi istanti dopo, quando lui fece per staccarsi con rimpianto, fu lei a cercarne e prolungarne il contatto, approfondendolo.
Solo allora  Zoro, nuovamente sicuro di sé, le liberò il polso, lasciando che gli portasse le mani a cingergli la nuca, per stringerla a sé con entrambe le braccia, un poco impacciato.
Si staccarono e rimasero a guardarsi, stupiti, ansimanti ed arrossati per l’eccitazione.
Nessuno dei due sapeva bene cosa fosse accaduto, erano però coscienti che la cosa sembrava andare bene ad entrambi, come se in qualche modo l’avessero sperato già da tempo.

Scesero dalla palestra per sedersi vicini, dove c’erano gli alberi di Nami, come a sugellare un momento importante; lei gli permise di appoggiare il capo sulle sue ginocchia e gli diede un buffetto sulla fronte.
-E adesso cos’hai?- chiese imbronciato.
-Non credere che le cose cambino tra noi, a livello finanziario... - mise in chiaro lei
Lui si strinse nelle spalle, non troppo sorpreso: -Mai pensato.- ammise.
-Bravo.- rise soddisfatta… era conferma che la conosceva anche troppo bene.
-Grazie.- le rispose, mentre giocava con una lunga ciocca dei capelli di lei che erano scivolati vicini al suo viso. Poi si sentì arrivare un pugno leggero in testa.
-Ohi! E questo che era?- si arrabbiò.
-Per aver dato scontato con Sanji che sarei stata bene con te!- gli rispose ridendo.
-Ma non ho mica sbagliato!- protestò Zoro, senza capire il contorto ragionamento della donna
-No.- ammise lei – Infatti è per la tua presunzione in merito!- chiarì con una linguaccia.
Zoro ghignò. Ne conosceva il carattere non certo docile, ma le piaceva proprio per quello.
La guidò a chinarsi su di lui e la baciò di nuovo con passione, la ciocca ramata ancora in mano, godendosi il momento.
Il domani, tutto il resto, sarebbero venuti dopo, mentre stanco si addormentava sulle cosce chiare di lei, sotto l’ombra più scura della notte, dei mandarini profumati, che li circondava quasi con protezione.
Senza rendersene conto, anche lei si assopì, sentendosi quasi a casa, al suo villaggio, con un calore nuovo nel cuore.

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Capitolo 10
*** Una bella serata. ***


Quando Franky e Robin tornarono a bordo tenendosi per mano, l’aria si era fatta più umida.
Si stupirono, guardando l’insolita coppia che dormiva stretta vicino ai mandarini, poi si guardarono e sorrisero. La donna si allontanò dal suo uomo per avvicinarsi ai due e toccò Nami sulla spalla, per destarla, affinchè rientrassero e non prendessero troppo freddo.
Nami aprì gli occhi, guardandosi attorno ancora confusa, vide Zoro che riposava sulle sue cosce ed arrossì, guardando a disagio la sua sorellona; Robin le sorrise comprensiva e mormorò: -Va bene così, era ora che anche voi lo capiste.- affermò compiaciuta.

La Navigatrice sorrise, poi guardò il cielo e disse: -Sta per piovere, dobbiamo rientrare…
L’Archeologa annuì e la precedette, seguita da Franky, avviandosi al coperto, mentre Nami si premurava di svegliare Zoro.
-Ehi, Spadaccino, sta per piovere, non vorrai mica buscarti un malanno!- lo esortò, brusca.
L’interpellato aprì l’occhio e sorrise sornione: -Potresti occuparti di me, se dovesse accadere… - affermò, ma Nami scosse il capo: -No. Ti affiderei a Chopper, ho ben altro da fare, io!- puntualizzò, spingendolo a sollevarsi con un colpetto delle ginocchia.
Zoro rise, si stiracchiò e si mise in piedi con un colpo di reni, poi le tese la mano.
Lei accettò l’aiuto e insieme si diressero sottocoperta, senza rompere il contatto.
Si separarono un po’ riluttanti, con un ultimo bacio, prima di incamminarsi sottocoperta: il giorno dopo sarebbero stati presi dai preparativi necessari alla battaglia per affrontare la Ciurma nemica e riposare era imperativo.
 
Nella sala dell’acquario, Franky e Robin ridacchiavano piano. Anche per loro era quasi giunto il momento di andare a dormire, ma indugiavano, restii a lasciarsi.
Anche l’argomento NamieZoro forniva un ottimo pretesto per soffermarsi ancora un po’: -Finalmente si sono dati una mossa, quei due!- disse l’uomo, e la sua compagna rise compiaciuta.
-Credi che litigheranno meno?- proseguì il Cyborg, speranzoso.
Robin si strinse nelle spalle: -Forse, ma non ci giurerei.-
Gli puntò l’indice all’ampio petto -Ma Zoro dovrà fare attenzione a ciò che mangia, d’ora in poi… ed anche tu.- Concluse, toccandogli il freddo naso metallico, facendogli rizzare sul capo i capelli blu.
-È vero! Non ci avevo pensato!- esclamò, figurandosi il fratello Cuoco furioso contro lui e lo Spadaccino.
L’Archeologa rise: -Lo minacceremo di scambiarci il cibo o di mangiare dallo stesso piatto, così non dovresti correre pericoli. Domani lo diremo anche a Nami e Zoro.
Franky annuì, la sua donna era davvero saggia.
La sollevò senza il minimo sforzo e la portò attraverso i corridoi con sicurezza, fino alla camera da letto, dove la depose piano sul materasso. Lei lo carezzò sulla guancia con una mano fatta spuntare appositamente, che si dissolse subito dopo in una cascata di petali profumati.
-Buona notte, Franky.
-Buona notte, Robin.
Sussurrarono, per non destare Nami che già dormiva e si lasciarono con rammarico.
Franky uscì dalla porta e la richiuse dietro di sé, poi si avviò verso la camera dei ragazzi, fischiettando piano un motivetto allegro.


Il mattino dopo, la pioggia, che era iniziata a cadere nel cuore della notte, continuava la sua danza sottile nello scarso chiarore che il sole, appena sorto, riusciva a far arrivare attraverso lo spesso manto luminoso.
Come al solito, gran parte della Ciurma era rimasta a dormire al villaggio, lì dove era crollata per il troppo mangiare e bere, così soltanto le due coppie si ritrovarono a fare colazione al grande tavolo della Sunny.
Un velo di imbarazzo aleggiava sui due più giovani, mentre Robin e Franky ostentavano più sicurezza.

Seduto a fianco di Nami, lo Spadaccino era taciturno come al solito. Lei lo guardò e si lasciò andare in un sorriso, poi gli ricordò che doveva cambiare la fasciatura, ma quello scosse il capo: -.Non ne ho più bisogno.- affermò con spavalderia.
Lei non resistette e gli rifilò il solito scappellotto dietro la nuca.
-Fila in infermeria, altrimenti appena torna Sanji… - non terminò la minacciosa frase: un allegro vociare annunciò il ritorno degli altri compagni a bordo.
Massaggiandosi la nuca, Zoro mugugnò: -Parli del diavolo…
Trasportato a dorso da un poco attento Rufy, il Cuoco esplose in una entusiasta dimostrazione di affetto per le due donne presenti: -Nami-swan! Robin, mia Dea!- dopo la notte passata a lamentare la loro assenza, rivederle incolumi aveva dissolto i suoi nefasti pensieri di vendetta, covati verso i due che le avevano portate via.
Le donne gli sorrisero forzatamente, mentre Zoro non resistiva e puntualizzava, sibillino: -Ringrazia che non me la prendo con chi è già messo male… - accennando con un cenno del mento al gesso sulle gambe del rivale.
Un campanello d’allarme suonò di nuovo nella testa di Sanji, ma una previdente Nami spinse lo Spadaccino fuori dalla porta, gridandogli: -Zoro! Fila in infermeria, non voglio ripeterlo più!- per seguirlo subito dopo.

Il Carpentiere, che aveva assistito alla scena, non disse nulla, ma appuntò mentalmente di fare due chiacchere col Cuoco al più presto. Nulla di troppo sanguinoso, comunque.

Brook, in corridoio, si vide sfilare davanti Nami e Zoro che si tenevano per mano, mentre si dirigevano in infermeria.
I due non notarono il sorriso che ostentò: un teschio ghigna sempre. Ma non se ne curò, felice per quei ragazzi e una canzone nuova nella testa, mentre raggiungeva il resto dell’allegra compagnia; certe cose aveva imparato a vederle prima degli altri, dall’alto della sua esperienza data dall’età, ed era fiero di quella capacità accentuata dalla sua spiccata sensibilità di artista.

In infermeria, data la mancanza di privacy, Zoro e Nami fecero in fretta, così uscirono sul ponte per stare un po’ insieme; erano entrambi in via di guarigione e, al riparo dalla pioggia leggera sotto gli alberelli, lei lo guardò sedersi e gli si accomodò vicino.
Sembrava pensieroso, quindi decise di chiedergli: -Sei preoccupato per più tardi?- poi gli pose una mano sulla guancia, la fece scivolare dietro l’orecchio con i pendenti e lo attirò a sé per dargli un bacio rassicurante sulla guancia opposta a quella sfegiata.
Lui ghignò e scosse il capo: -Potrei farcela anche da solo- affermò con la solita presunzione.
La Navigatrice alzò gli occhi al cielo, mai abituata alle sue affermazioni da megalomane: -Figurati…
-Come la prenderà Rufy?
Lei alzò le spalle: -Non credo ti lascerà andare solo!- lo prese in giro, ben sapendo che il compagno non si riferiva allo scontro previsto per sera.
Ma Zoro non colse l’ironia e precisò: -Mi riferivo a noi due!
Nami scoppiò a ridere e si rimise in piedi dopo avergli scoccato un bacio sulla punta del naso.
-Lo so!- gli disse, avviandosi in cucina: aveva voglia di divertirsi alle spalle del Cuoco: quella situazione così eccitante e nuova la mandava su di giri e voleva sfruttare l’occasione per ridere del povero Sanji.
Incrociò un Rufy depresso per la scarsa colazione arrangiata dagli altri e fece il suo ingresso nella sala da pranzo attigua alla cucina, dove Sanji delirava per la forzata inattività e per i disastri nel suo regno che combinavano gli altri.
Fumava una sigaretta dietro l’altra ed inveiva contro chiunque gli capitasse a tiro.

-Calmati Sanji!- gli disse, rivolgendogli un radioso sorriso.
Guardandola, lui cambiò completamente umore e le si rivolse, mellifluo: -Oh, Nami! Non ti ho più vista ieri sera! Sei tornata a bordo?- indagò, nascondendo la perplessità per averla vista allontanare con quel marimo troglodita.
-Ero stanca e volevo riposare. Inoltre Zoro si è offerto di controllarmi la ferita… - cinguettò, facendo inorridire il biondino.
-Quel bruto dalla testa di muschio! Ti ha fatto del male? Dillo al tuo Sanji, che ci penso io a triplicare… che dico? A quadruplicare il suo dolore!- esclamò vendicativo, ma lei mise le mani avanti, scuotendo il capo.
-No! Non preoccuparti… è stato così attento! Forse il termine giusto è delicato… sì non ho da lamentare nulla. Abbiamo passato una bella serata, sai?- lo informò, caricando di un tono malizioso l’ultima frase, lasciandolo senza parole e indeciso se dare o meno una valenza erotica a quell’affermazione.

La sagoma Di Zoro che si stagliò sulla porta li fece voltare e tolse al Cuoco ogni dubbio.
Era evidente che aveva udito le ultime parole di lei perché rise e si riallacciò a quella frase con inaspettata disinvoltura: -Sono d’accordo. Proprio una bella serata.- le andò vicino e le schioccò un sonoro bacio a lato della bocca, in inequivocabile atteggiamento confidenziale.
Non c’era sapore più dolce di una vittoria a lungo desiderata, sapeva bene lo Spadaccino poco abituato a perdere.
Al pietrificarsi di Sanji, Nami gli indicò la porta: -Non ci sguazzare troppo, Zoro. Vai a chiamare Chopper- gli disse tra il seccato e il divertito.

Sbuffando, quello andò a chiamare il Dottore, mentre lei sventolava un tovagliolo davanti al viso del biondino. -E basta anche tu con questa scena!- gli intimò, mentre Robin e Franky, in un angolo, se la ridevano con Brook.


http://metaldolphin.deviantart.com/art/Kiss-500628369

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Capitolo 11
*** Vittoria, stupore e passione ***


Per sera tutto era pronto: Franky acquattato sul fondale con lo Shark III in compagnia di Usopp, Nami al timone della Sunny ben nascosta dietro al promontorio, con Chopper, Brook, Sanji e Robin a bordo. Dentro alla fortezza sino all’ultimo minuto ci sarebbero stati Rufy e Zoro, pronti ad attaccare dall’alto.
Della cittadinanza avrebbero aiutato tutti coloro che se ne sentivano in grado, ed attendevano dietro le mura delle stesse rovine, invisibili dal basso.

All’imbrunire, una sagoma scura ed enorme apparve dalle profondità marine a velocità ridotta, con cautela per non danneggiarsi sul fondale basso fatto di scogli taglienti.
Emerse quasi esitando, come un cetaceo che presagisse lo spiacevole incontro in superficie con una baleniera in agguato. Era evidente che si erano accorti che il loro compare piumato fosse scomparso: il periscopio era attivo e non avvistava nulla nel cielo che si faceva più buio.

In lontananza, una saetta schiarì per un istante l’orizzonte ed illuminò un portello che si apriva sul ponte emerso, ancora lucido d’acqua, del sottomarino nemico, ma non ne uscì nessuno.

L’attesa era snervante, soprattutto per Rufy, ma prima di attaccare dovevano attendere il segnale del Cyborg che avrebbe bloccato il passaggio dietro al sottomarino rivale, sbarrandogli la fuga.
A tal proposito, un redivivo Usopp stava preparando una delle sue piante acquatiche a crescita rapida, per lanciarla contro le eliche del sistema propulsivo nemico, per paralizzarlo.
Il ribollire improvviso dell’acqua a poppa del sottomarino nero, seguito da un’esplosione di foglie filamentose che arrivarono in superficie fu il segnale per gli altri: Rufy allungò le braccia a bloccare il portello che stava per richiudersi prima della fuga e si precipitò a tirarne fuori i primi occupanti, mentre Zoro, con le sue spade, completava il lavoro del cecchino, facendo saltare del tutto le eliche  e la torretta; inoltre danneggiò lo scafo, che iniziò ad imbarcare acqua, costringendo così gli occupanti a venirne fuori precipitosamente, tra lo stridore del metallo che si contorceva, agonizzando mentre affondava come un enorme pesce ferito.

Fu Robin a recuperare lo sprovveduto Capitano, ancora impegnato nella lotta all’interno del sottomarino semiaffondato, prima che perdesse completamente le forze e fu issato sulla Sunny, manovrata con qualche difficoltà così sottocosta, ma giunta in tempo a ripescarlo.

Tutti gli occupanti dell’imbarcazione affondata furono catturati ed immobilizzati da quanti accorsi in aiuto della Ciurma di Cappello di Paglia e, nel complesso, i momenti di vera battaglia non furono poi molti. La strategia, stavolta, era stata rispettata e quindi efficace nel contrastare l’organizzazione degli schiavisti.
La custodia dei malviventi fu affidata a quella gente che per troppi anni aveva subito la loro tirannia, generazione dopo generazione.

Zoro tornò a bordo con una smorfia: ogni volta che le sue spade entravano in contatto con l’acqua salata del mare necessitavano di cure più lunghe e specifiche, per non danneggiarsi.
Riacquistò un po’ di buonumore quando vide Nami corrergli incontro sorridendo e se la strinse addosso.
-Visto?- le disse, come a cercare quel complimento che mai aveva chiesto, desideroso della sua approvazione.
Lei annuì: -Avevi ragione… avresti quasi potuto farcela anche da solo!- all’ultimo minuto gli negò la completa soddisfazione di quanto realizzato.
Lui sgranò gli occhi, quella ragazza non cambiava mai e prese ad inseguirla quando lei, vedendolo rabbuiarsi, era fuggita via ridendo.
Nel buio ormai più consistente, si inciamparono addosso tra le risa generali. Il Capitano li guardò ed esclamò ridendo: -Però! Sembra divertente essere fidanzati! Appena incontreremo di nuovo Boa Hancock mi sa che accetterò la sua proposta, mi voglio divertire anche io…

Naturalmente gli astanti, a quella candida affermazione, lasciarono scivolare al suolo la mandibola: il pensiero della Principessa delle temibili Kuja, la donna più bella del mondo, fidanzata al loro Rufy con le dita nel naso era più in là di qualsiasi fantasia.
Lo guardarono in coro rientrare verso la sua meta preferita, la cucina, come se avesse appena pronunciato un’ovvietà.
 

Data la tarda ora, i festeggiamenti furono rimandati al giorno successivo e quella sera Robin annunciò alla sua compagna di stanza che sarebbe rimasta con Franky.
Cercando di nascondere l’imbarazzo, la Navigatrice lo riferì allo Spadaccino: -Ti andrebbe… ti va di… restare con me?
-Mi prenderai di nuovo a cuscinate?- indagò lui, con il chiaro riferimento alla sera della tempesta.
Nami rise: -Credo di no.
-E dovrò dormire di nuovo sul letto di Robin?
Arrossendo, la ragazza scosse il capo e disse di nuovo: -Credo di… no.
Allora lui ghignò maliziosamente compiaciuto ed annuì.

Vi si recarono insieme, mano nella mano, consapevoli di quanto stava per accadere e per questo anche un po’ inquieti, di quel nervosismo che nasce dall’attesa per qualcosa di bello che sta per avverarsi.
Nella nave tranquilla, immersa nel sonno dovuto alla stanchezza accumulata in quei giorni intensi, lo Spadaccino chiuse dietro di loro la porta a doppia mandata: con gli strampalati compagni che si ritrovavano, poteva anche capitare qualche sgradevole imprevisto.
Nami sorrise, le guance arrossate dall’imbarazzo e dall’eccitazione, mentre guardava avvicinarsi Zoro con la sua mole imponente. Le pose la mano grande al lato del viso e la baciò piano, quasi che temesse di romperla. Allora lei gli si aggrappò allo yukata con entrambe le mani ed approfondì con passione crescente il contatto.

Non ci volle molto e gli indumenti di entrambi volarono via, uno dopo l’altro, spargendosi per la camera in maniera casuale, mentre le lampade venivano spente, risparmiando soltanto un paio di candele che attutissero il buio.
In quella penombra, si conobbero sotto un nuovo aspetto, tra le lenzuola gualcite e la pelle appena sudata da un contatto così tanto desiderato e finalmente appagato.
Si stupirono a vicenda, lei meno egoista del solito, lui ancora più attento di quando l’aveva medicata; nella passione che faceva perdere battiti, si saziarono l’uno dell’altra, facendosi travolgere infine dall’estasi e rimasero infine immobili, sfiorandosi appena, ansimanti dopo quella piacevole fatica d’amore, condividendo il lettino, addormentandosi poi stretti, pelle contro pelle, con l’unico riparo del sottile lenzuolo che li aiutava a proteggere il loro stesso tepore.

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Capitolo 12
*** Nostalgia, panna e domande. ***


Le ore passarono, le candele si consumarono e si spensero.
Nel cuore della notte, Zoro si svegliò e si scoprì a stringere Nami nel buio; si beò del suo profumo e della sua morbidezza, stupendosi ancora una volta del senso di protezione che quella ragazza gli suscitava.

Un rumore soffocato lo destò del tutto.
Rapido e deciso, scivolò fuori dal letto senza svegliare la compagna ed afferrò una delle spade che teneva sempre a portata di mano.
Con i soli boxer a coprirlo, aprì piano la porta e sbirciò nel corridoio che appariva deserto. Un bagliore, come di lampo improvviso, comparve per sparire subito dopo… se fosse amico o nemico era una cosa ancora da appurare.

Richiuse la porta della camera dietro sé e si avviò nella direzione in cui aveva percepito quel barlume durato un battito di cuore.
Decise che non avrebbe permesso a nessuno di minacciare quella notte così perfetta fino a quel momento, così entrò in cucina, dove uno scarmigliato Usopp in pigiama era illuminato dalla spettrale luce del frigorifero, del quale teneva ancora lo sportello spalancato. Quando sollevò lo sguardo dal ripiano che lo interessava ed inquadrò lo Spadaccino che era stato silenzioso come un gatto, fece un balzo indietro, urlando per lo spavento e la sorpresa.
Tenendo una mano sul cuore per ricacciarlo indietro nel petto, il povero Cecchino ansimò: -Z-Zoro! Che… che spavento! Non ti ho sentito arrivare…
L’altro abbassò la spada e lo guardò severo: -Sta’ zitto, non vorrai svegliare Nami!

-Troppo tardi…- alle spalle di Zoro, una seccata Navigatrice  fece il suo ingresso nella camera. Il compagno la squadrò e sorrise, mentre Usopp, rendendosi conto che lei indossava soltanto lo yukata dell’amico seminudo, avvampava in viso.
-Scusatemi… cercavo soltanto qualcosa da mettere sotto i denti…
Nami sollevò un sopracciglio, poi sorrise, inaspettatamente comprensiva.
Il Cecchino stava bene con i compagni, ma a differenza degli altri a volte tendeva a diventare malinconico e lei sospettava, fondatamente, che il motivo aveva un visino dolce, lunghi capelli biondi e che era purtroppo lontana, sulla sua isola natale. Attendeva il ritorno di un Cecchino che le raccontasse le storie delle avventure, stavolta vere, che aveva vissuto durante quella lunga separazione. Forse Usopp cercava di compensare quella nostalgia con il cibo, quando si faceva più acuto il dolore che portava con sé e l’incursione al frigorifero ne era prova.
-È da tanto che non scrivi a Kaya… perché non lo fai adesso?- gli suggerì e quello, colpito nel segno, alzò il capo, mostrando gli occhioni lucidi, annuì e sparì in direzione del suo laboratorio.

Zoro era sinceramente stupito: -Come l’hai capito?
Lei sorrise furbetta: -Adesso che sa di noi e di Franky e Robin, ho pensato che avrebbe rimpianto ancor più la lontananza da quella ragazza…
Lo Spadaccino annuì e le si portò vicino e la cinse col braccio: -Torniamo a letto?
Mentre lei asseriva col capo, dei passi e il vocio basso e familiare di Franky e Robin ne preannunciarono l’ingresso nell’ormai affollata cucina notturna.
Entrarono strettamente allacciati, coperti da uno striminzito telo di spugna lui e da un corto e scollato accappatoio lei. Ancora umidi, avendo occupato sino a quel momento l’ampia vasca del castello di poppa, li salutarono con disinvoltura.
Anche Robin aprì il frigorifero, recuperandone una ciotola di panna ed una bottiglia di cola, che lanciò al Cyborg. Il quale, prendendola al volo ed accennando al bianco e soffice alimento, esclamava uno dei suoi: -Supeeeer!
La donna gli fece un cenno e lui obbedì sollevandola come se fosse una sposa in abito bianco.
Mentre Zoro distoglieva lo sguardo per una coscia che veniva lasciata scoperta dal corto accappatoio, Robin spalmava una ditata di panna dietro l’orecchio del compagno, per poi leccarla via.
Franky accennò ad una poco convinta protesta: -Tesoro! I ragazzi ci guardano!
Ma l’Archeologa rise: - Magari imparano qualcosa!- strizzò l’occhio ai più giovani e diede segno al compagno di avviarsi.
Mentre sparivano dalla direzione in cui erano arrivati, Nami e Zoro si riscossero e si guardarono sconvolti. Leggendo una nuova urgenza negli occhi dell’altro, corsero, tenendosi per mano, a chiudersi nuovamente in camera… la notte era ancora lunga.
 

Erano passate un paio di settimane e la Sunny veleggiava spinta da un vento sostenuto ed allegro, fendendo sicura con la robusta prua le acque tranquille di una nuova isola già visibile all’orizzonte: entro sera sarebbero approdati.
Si erano ripresi dall’ultima avventura e Zoro stava scendendo dalla palestra, ormai riparata, al termine degli allenamenti quotidiani.
Passò vicino a Nami che prendeva il sole sulla sdraio e, afferrato il bicchiere col succo di frutta che le stava vicino sul tavolino, ne rubò un generoso sorso.
-Ehi!- protestò lei, vedendolo allontanarsi -Dove credi di andare?
-A farmi una doccia… lamenti sempre che sono sudato- ribattè lui , fermandosi a metà ponte.
-Sempresempre no- volle puntualizzare lei, raggiungendolo.
Si incamminarono insieme, dato che anche lei aveva sentito l’improvvisa necessità di un caldo getto d’acqua addosso.
Nel denso vapore che permeava il bagno, Nami insaponò l’ampia schiena di Zoro.
-Posso chiederti una cosa?
-Dimmi.- la incoraggiò.
Da che stavano insieme avevano continuato ad affrontare liberamente ogni argomento, confrontandosi anche energicamente, a volte, ma a loro stava bene così.
-Da quanto tempo mi guardavi… con altri occhi?

Fu preso alla sprovvista da quella domanda. In realtà non sapeva nemmeno lui cosa risponderle.
Nami inclinò il capo, in attesa, ma la risposta non arrivò, allora lo abbracciò da dietro e rise.
-Che timidone… non hai mai dato a vedere nulla, comunque.-  gli disse e lui ghignò.
Era stato bravo a spiarla di nascosto… almeno fino alla penultima isola, quel paradisiaco lembo di terra estivo, dove l’aveva sorpresa più volte a fissarlo ed aveva compreso di poter sperare di essere ricambiato.
-Da tanto, Nami, da tanto…- disse piano e la baciò.




Autore a piè (di pagina):
Hai visto, Zomi? ho modificato un tantino per metterci il tuo doppio senso!
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito , messo tra le ricordate (Nami33, Zomi) le seguite (AceDPortogas, allucinator, arcadialife, arcangela87, bragoten93, doragun hitomi, fanzoro, Ice Star, ItsClaire, LuxLuxis, medea78, namine92, Piper_Parker, ShinigamiGirl, shivisdivis, Vivian Gerardi, Yellow Canadair, zorina98, zorosteve) e le preferite (debby san princ, lalla_fairy_pole, Namuzza94, ShikaTema76, zoro28 ,_kiara89)! Un bacio a tutti!

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