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Autore: metaldolphin    22/11/2014    3 recensioni
Oggi più che mai certe riflessioni coinvolgono un po' tutti, frasi sentite si incollano perfettamente alla realtà anche se provengono dalla fantasia. I nostri beniamini ne saranno testimoni, ancora una volta, in una nuova avventura che li vedrà scontrarsi contro pregiudizi duri a morire.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Franky/Nico Robin, Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nami galleggiava leggera sull’acqua, come se non ci fosse un domani, vivendo pienamente il presente, godendosi il sole e il silenzio interrotto soltanto dallo stridio dei gabbiani che volavano ad alta quota, veleggiando sulle correnti ascensionali.
Non pensava a nulla in particolare, né alla meta ancora lontana, né alle difficoltà quotidiane e nemmeno ad un passato troppo doloroso per essere dimenticato.
Non era molto distante dalla Sunny, che si muoveva piano, lambita dolcemente dalle onde svogliate. A bordo era rimasto soltanto Zoro, in piena sessione di allenamento; gli altri erano impegnati in altre attività, sparsi per l’isola tranquilla che sorgeva bassa sul mare con le sue spiagge bianche ed il suo pigro clima estivo.

Al rumore improvviso di qualcosa che cadeva in acqua con una certa violenza, la Navigatrice si allarmò e si mise in verticale per scrutare la superficie marina. L’acqua si increspava vicino alla nave grazie alle poderose bracciate di Zoro che, terminati i suoi esercizi, si era tuffato in mare per rinfrescarsi dalla calura estiva. Si era allontanato abbastanza, quando si immerse con una spinta ben coordinata del corpo muscoloso, per riemergere diversi metri più lontano, scuotendo i corti capelli per scrollare l’acqua in eccesso.
Lo vide guardarsi intorno e riprendere a nuotare in senso inverso per tornare alla nave. Se pure l’aveva vista, non ne diede segno e, senza spiegarsene il perché, la cosa le diede fastidio: erano compagni di Ciurma da anni ormai, ma quello strano tipo non mostrava mai molto interesse verso lei o gli altri.
Nami scosse il capo e tornò a galleggiare ancora un poco prima di tornare anche lei a bordo.

Quando iniziò a dirigersi verso la nave, con ritmo misurato ed elegante, si arrestò dopo pochi metri: sotto di lei la sagoma di un grosso pesce la spaventò, poi lo vide allontanarsi grazie ai potenti colpi di coda e le tornarono in mente i tritoni e le sirene che aveva incontrato in fondo al mare, nell’Isola degli Uomini-Pesce.
L’associazione di idee le portò alla mente l’intera vicenda, chissà perchè soprattutto le parole della povera regina Otoime: “i bambini ci guardano”, che ripeteva come monito a non odiare, a chiunque, reali o sudditi che fossero. Sapeva che l’esempio degli adulti formava i più piccoli e che se si cresce col cuore piegato dal rancore, solo l’odio si proverà una volta cresciuti.

Anche Nami lo sapeva bene: era cresciuta nella paura e nel timore di Arlong e dei suoi compari, ma quel sentimento era stato mitigato dall’affetto di quelli che le erano stati vicino, Genzo e Nojiko prima e della Ciurma poi. Quando il Cavaliere del Mare le aveva rivelato il passato del suo aguzzino, il quadro era stato più chiaro: anche lui era cresciuto nell’invidia e nell’odio, rifiutato dagli umani e lei aveva compreso definitivamente che violenza chiama solo violenza.

Mentre faceva quei ragionamenti aveva nuotato ed era giunta vicino allo scafo della Sunny. Si aggrappò alla scaletta ruvida fatta di spessa corda e si issò con grazia felina dall’acqua, arrampicandosi agile per giungere, pochi secondi dopo sul ponte, grondando ancora acqua salata.

Abbassò lo sguardo su Zoro, che con le mani dietro la testa a far da cuscino, se la dormiva sotto la sole; ormai era asciutto dopo la sua sortita in mare.
Lo superò, diretta verso la sdraio, senza accorgersi del rapido sguardo che le veniva lanciato da un unico occhio appena socchiuso.
Come se avesse percepito qualcosa, lei si girò a guardarlo, ma Zoro aveva già abbassato la palpebra per iniziare a russare sommessamente.
Nami si chiese come fosse stata la sua, di infanzia, in che atmosfera fosse cresciuto… era stato amato o trattato con indifferenza? O peggio?
Impossibile capirlo.
Non sembrava odiare nessuno in particolare, ma era pur sempre un pirata e non esitava a sfoderare le spade in loro difesa o per una causa che riteneva giusta. Poteva leggergli una malsana soddisfazione nello sguardo quando si batteva, ma a suo favore poteva affermare che era solito impugnare le sue lame per motivi più che validi.
Per il resto non capiva molto di lui, mentre quella strana irritazione che l’aveva presa in mare la coglieva nuovamente: era davvero una mappa difficile da leggere, Zoro, nonostante fossero molti i segni che lo ricoprivano.

Nami si abbandonò al sole, ma la sua mente, quel giorno, tendeva a virare verso un unico soggetto.
Le tornò alla mente il periodo di Thriller Bark, l’unico momento in cui aveva avuto modo di scoprire un lato di Zoro mai visto prima: questo l’aveva fatta sentire più vicina a lui come mai. Quando Sanji l’aveva trovato quasi morto, coperto del suo stesso sangue, si erano scervellati su quanto poteva essere accaduto e la cosa che l’aveva quasi fatta ammattire era stato il fatto che lui aveva abbandonato le spade lontano dal luogo dello scontro; ma a quel proposito il diretto interessato non aveva mai dato spiegazioni.
Lei sapeva bene che non era da lui affrontare Kuma a mani nude, ma non aveva mai scoperto niente sulla vicenda.
Però c’era stato quel momento, dopo averlo vegliato per tre maledetti, interminabili giorni, che Zoro le aveva mostrato il suo lato più fragile.
La notte dopo la grande festa in cui Rufy aveva chiesto a Brook di unirsi alla Ciurma, Zoro aveva riaperto finalmente gli occhi, lucidi di febbre, con lo sguardo strano e vuoto allo stesso tempo, come potrebbe essere quello di uno che è sceso all’inferno e ha lottato fino allo stremo per fuggirne. Nami ricordò come avesse cercato la sua mano, stringendola forte, quasi a farle male, nonostante la debolezza; le aveva chiesto un contatto umano, forse conforto e lei non glielo aveva negato, col cuore in gola, colmo di sollievo e paura allo stesso tempo. Paura accentuata da quello che gli aveva scorto nel profondo degli occhi trasparenti, un dolore dell’anima a fatica sopito e subito sottrattole da palpebre rese pesanti da una fatica immane.
-Acqua... - si era limitato a chiedere, disidratato dalla prepotente perdita ematica, sforzandosi di trovare energie già esaurite.

Riaprendo gli occhi alla luce del sole e del presente, lei si chiese ancora una volta il perché di quella situazione senza trovare, naturalmente, una risposta: era passato tanto tempo ormai e quell’episodio  era rimasto nel suo cuore, mentre lui, forse, nemmeno se ne ricordava, di questo ne era convinta.
Rimaneva soltanto un momento che l’aveva colpita profondamente e nulla più.

Si voltò e si sorprese, quando ne incontrò lo sguardo, per una frazione di secondo, prima che entrambi lo distogliessero, imbarazzati. La Navigatrice si sentì avvampare, mentre lui, dall’alto di una mascolina e controllata falsa indifferenza, si alzava per dileguarsi sottocoperta, senza riuscire a nascondere un leggero rossore che faceva capolino sulle guance abbronzate.
   
 
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