Winter Flu

di Haruma
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***



Capitolo 1
*** One ***


Piccola premessa: Consiglio di leggere la mia precedente one-shot Nell'oscurità una luce poiché questa dovrebbe essere una specie di continuo. Non è obbligatorio farlo, infatti alla fine, non c'è nessun collegamento troppo evidente


Winter Flu
One
Tra qualche giorno, sarà definitivamente inverno. Il secondo senza Prim, il primo da quando Peeta è arrivato qui, lo stesso gelido inverno che fa restare chiuso in casa tutto il Distretto 12.
Io non faccio altro che alzarmi dal letto e stare per un tempo indeterminato a fissare il fuoco scoppiettante, accompagnata dall'immancabile tazza di tè che mi prepara Sae.
In questo ultimo periodo si è scatenata una tormenta talmente forte da ricoprire le strade di quasi un metro di neve.
Alcuni si stanno adoperando e cercano di spalarne via la maggior parte ma ogni notte ne cade una fitta quantità dal cielo.
Sembra un tappeto di velluto visto dalla finestra della mia camera. A volte, quando mi sveglio e do un'occhiata fuori, immagino di toccarla e di non sentire per niente freddo.
Sto impazzendo di nuovo. È chiaro, è un segno.
Due settimane fa, Sae e la sua nipotina sono rimaste bloccate a casa mia e ogni notte è stata durissima da superare per loro due.
Con le mie urla, svegliavo la bambina che terrorizzata scappava via e si rintanava nei posti più insoliti. Ricordo quando la nonna l'ha trovata nella cesta dei panni sporchi con Ranuncolo tra le braccia; è strano ma, vedendola raggomitolata in quel modo, sembrava tanto simile a me durante il mio soggiorno al Distretto 13.
Non ho dormito affatto. Sono rimasta per ore al centro del letto a fissare un punto imprecisato davanti ai miei occhi così da non dare problemi. 
Peeta non ha potuto raggiungermi in nessun modo, in nessun momento, però mi ha chiamata ogni notte, ogni volta che avevo un incubo, come se avesse avuto un campanello d'allarme pronto a trillare fisso nel cervello. 
Mi ha rassicurata e mi ha raccontato di qualsiasi cosa mentre mi ritrovavo seduta sulla poltrona di fronte al letto a reggere tremante la cornetta, con la testa poggiata alla cassettiera. 
Durante la prima notte in bianco, al primo riecheggiare del telefono, mi sono alzata e senza nemmeno che dicessi una parola, lui ha cominciato a parlare. 
«Katniss, sei lì?» era un po' assonnato. 
Talmente tanta era la sorpresa di sentire la sua voce che ci ho messo parecchio ad aprire bocca, «Peeta... È successo qualcosa?» 
«Ti ho sentita gridare» inevitabile non rendersi conto della preoccupazione nel suo tono. «È passata, Katniss, sta' tranquilla». 
Per un po' sono rimasta con le ginocchia strette al petto -immaginandomi le sue mani accarezzarmi i capelli- a riflettere su cose che non hanno mai attraversato l'anticamera del mio cervello ma poi mi sono ricordata di lui, che aspettava che gli dessi un minimo segno di vita. 
«Fa freddo...», questo è stato il mio unico modo di rispondere. 
Nemmeno un "perdonami. Anche Sae non mi sopporta più" o un misero "mi dispiace". Nulla. 
Ho espresso involontariamente solo come stavo e cosa mi stava accadendo. 
«Mi dispiace non poter essere lì». 
Ecco. Le scuse che non doveva darmi erano arrivate, puntuali come un orologio svizzero, «non è colpa tua... come ti sei accorto di me?» 
«Semplicemente non riuscivo a prendere sonno dopo il mio ultimo incubo ma anche se avessi dormito, mi sarei svegliato e ti avrei chiamata. È dura anche per me». Per un momento mi sono sentita sollevata. «Ti va di parlare un po'?» mi ha chiesto infine. 
E -a quella domanda- ho annuito come se fosse stato davanti a me.
Ci siamo sentiti telefonicamente per cinque notti di seguito; a volte, quando proprio non riuscivo a tenere le palpebre aperte, crollavo con la cornetta all'orecchio cullata dalla voce calma di Peeta che mi raccontava piccoli aneddoti della sua infanzia che si sforzava di ricordare o di come sarebbe riuscito ad entrare dalla finestra di Haymitch per vedere come stava, oppure cosa avrebbe preparato da mangiare la mattina seguente.
La mia teoria si è rivelata essere vera. Mi sono di nuovo così tanto abituata a sentire le sue braccia stringermi forte che il solo non dormire con lui mi distrugge piano piano, senza che me ne accorga.
In effetti è così. Non ho ancora trovato nessun appiglio alla vita che sia più forte di Peeta e delle primule -ora coperte di neve- le quali mi ricordano che mia sorella non vorrebbe che mi lasciassi andare.
Una volta liberate le piccole vie del Villaggio dei Vincitori, il ragazzo del pane è tornato a fare colazione a casa mia.
Quando sono andata ad aprirgli, l'ho osservato attentamente facendo in modo che ogni minimo dettaglio del suo viso mi si stampasse nella mente: gli occhi azzurri stanchi, i suoi capelli biondi umidi perché ricoperti da lievi fiocchi di neve, le gote e il naso rossi e le labbra -riparate dalla sciarpa- piegate in un leggero sorriso gentile... 
«Ciao» mi ha salutata cortesemente porgendomi un pacchetto. «Ho portato dei biscotti» è entrato dentro strofinando i piedi sul tappeto. 
«Dammi pure il cappotto» gli ho detto leggermente impacciata. 
Mi stavo di nuovo comportando come i primi giorni in cui è arrivato al distretto anche se, alla fine, mi è sempre riuscito difficile fare gli onori di casa. 
«Come stanno le tue ospiti?» mi ha domandato per il corridoio. 
«Stanno mangiando». 
Una volta in cucina, Sae ha alzato lo sguardo dal suo piatto incontrando il volto di Peeta. 
«Ci chiedevamo che fine avessi fatto» gli ha detto scherzosa. «Tutto bene, Mellark?» 
«Buongiorno, ho portato un po' di dolcetti». A quelle parole, gli occhi della nipotina di Sae si sono subito spostati sul sacchetto che avevo poggiato sul tavolo. «Naturalmente li ho fatti per te, ma so che sei brava e che quindi ne conserverai uno per Katniss e la nonna, vero?» ha continuato prontamente lasciando che prendesse quello che voleva. «Ci sono quelli al cioccolato e alla cannella». 
Tuttora credo che quella bambina abbia una leggera cotta nei suoi confronti. 
Ma non mi riferisco a quella sorta di comportamento sfrontato e possessivo che in genere caratterizza le ragazzine, ma a quella specie di timida ammirazione che ho visto in pochissime persone. D'altronde lui è sempre stato il tipo in grado di farsi accettare da tutti. 
Però questo tipo d'interesse è ben diverso: lo noto da come la sua piccola boccuccia si increspa in un leggero e quasi invisibile sorriso quando Peeta le dà qualche attenzione particolare o le disegna una casetta da colorare... e me ne rendo conto quando le sue guance diventano color pesca dopo aver ricevuto un complimento e abbassa la testa facendosi accarezzare piano i capelli. 
Stranamente sono felice del legame che li accomuna, non mi turba affatto. Anzi, mi dà un senso di tranquillità che credevo aver perso. 
Peeta però non vuole restare del tutto da solo con lei; ha paura che con gli episodi -ultimamente meno frequenti- le possa fare del male e infatti non l'ha mai portata a casa sua per farle vedere come prepara il pane. È sempre venuto da me.
«Allora...» ha cominciato Sae «cos'hai fatto in questi giorni?»
«Beh...» si è seduto vicino a lei «ho aiutato giusto un po' il distretto a sbarazzarsi della neve, mi sono assicurato che Haymitch non restasse a digiuno, ho fatto il pane e non ho dormito» ha messo della mollica in bocca. «Però ho avuto molto tempo per riflettere e mettere a posto le idee».
Era solo colpa mia se non aveva chiuso occhio.
«Bene...» ha inghiottito l'ultimo spicchio di arancia cominciando a spezzettare la buccia «Katniss ha sentito molto la tua mancanza» ha azzardato.
Quell'affermazione di Sae ha fatto in modo che Peeta alzasse lo sguardo dalla mia parte imbarazzandomi non poco.
«Ci siamo sentiti al telefono» ha risposto evasivo continuando a mangiare indisturbato.
Sae ha dovuto capire la tensione che si era creata perché ha subito cambiato discorso parlando di Haymitch e delle faccende che avrebbe dovuto fare a casa sua -lamentandosi del prevedibile disordine che l'avrebbe aspettata di lì a poco.
Quella stessa notte ho lasciato che Peeta dormisse con me. La fragranza di cannella e aneto ha invaso immediatamente l'intera stanza. 
«Dicembre è il mio mese preferito» mi ha confessato una volta a letto, «e amo l'inverno perché in panetteria c'era sempre un bel po' da fare con i dolci e poi sembra tutto così candido e puro». 
Non avrei mai potuto immaginare che a Peeta Mellark piacesse una stagione tanto fredda. 
Siccome è un artista, avrei scommesso che amasse i giorni caldi e colorati. 
Ho annuito piano sentendo la sua mano sciogliermi lentamente la treccia disordinata. 
«Hai sonno, Katniss?» mi ha chiesto dopo un po'. 
No. Ho scosso la testa. 
«Vuoi che me ne vada?» è una domanda che fa spesso quando ha il timore che io possa essere spaventata da lui. 
No. Ho continuato a non proferire parola esprimendomi solo con impercettibili movimenti del capo. 
«Non hai paura di me, vero?» mi ha guardata cercando di scovare una risposta da qualche parte. 
È stato in quel momento che l'ho abbracciato lentamente in modo da poter nascondere la mia testa tra la clavicola e il collo inalando il suo profumo. 
Non ho mai osato stringermi a lui in quel modo e infatti è rimasto sorpreso dal mio gesto improvviso tanto che ci ha messo qualche minuto prima di ricambiare con la stretta più forte e calda che avessi mai ricevuto. 
Mi era mancata quella sensazione di pace. 



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Ciaooo! Eccomi di nuovo qui, questa volta a postare una mini long senza pretese di tre capitoli che, per l'appunto e non so come, ho già concluso.
Bene... come nasce questa mia idea? Semplicemente sentivo il bisogno di dover spiegare un po' cosa fosse successo nel periodo di dicembre a Katniss e Peeta e siccome Suzanne - ahimé ç____ç - non accenna minimamente al Natale, non mi sono assolutamente permessa di scrivere qualcosa a proposito di questa mia amata e adorata festività.
Allooora. Ora credo di dover chiarire la presenza della mia piccola premessa.
Naturalmente, chi ha già letto le mie precedenti one-shot si sarà reso conto (o lo farà quando posterò gli ultimi due capitoli) che questa long è collegata a Nell'oscurità... una luce. che, a sua volta, è collegata a «Non voglio diventare come uno di loro» che ha un forte legame con «Credo che sia arrivato il momento di andartene da qui, Mellark» e così via...
E... vorrei farvi rendere conto che HO SCRITTO DI NUOVO IN POV KATNISS.
Ditemi che non è OOC! Ci sto prendendo gusto e sarebbe un colpo al cuore scoprire di aver fallito miseramente ç____ç
Ebbene, penso che alla fine creerò una specie di raccolta nella quale inserirò tutte queste mie storielle, anche le future (perché non ho la minima intenzione di abbandonare questo magnifico fandom) +.+
Perché, poi, proprio questo strano titolo? Sarete sorpresi nel sapere che non avevo idea di che altro mettere e che, be'... lo scoprirete solo leggendo ♥
Naturalmente se volete chiedere spiegazioni basta che me lo facciate sapere.
Mi auguro davvero tanto di ricevere delle recensioni, ne ho bisogno - come Katniss ha bisogno di essere cullata da Peeta - per comprendere se questa cosa così stramba vi piaccia o meno (ammesso che qualcuno stia leggendo, è chiaro ò.ò), voglio assolutamente sapere se ci sono errori oppure meglio chiamati orrori di ortografia e niente... la nipotina di Sae non è meravigliosa? *^* Dovevo contagiarla con il mio amore smisurato per Peeta :D (e comunque vorrei farvi notare che questa povera creaturina non c'è tra i personaggi da inserire. Fate qualcosa!
ç^ç)
Non so... me la sono immaginata in questo modo e siccome la Collins non le ha dato un nome sarò molto attenta a non citarlo minimamente perché non sono all'altezza della grande signora e.e
Okay, questo mio angolino è diventato un angolone enorme.
È arrivato il momento di salutare :)
Al prossimo capitoletto ♥
ps: non vi farò aspettare molto, giuro.

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Capitolo 2
*** Two ***


Piccola premessa: No, non credo debba spiegare qualcosa questa volta. Buon Natale (in ritardo) e buona lettura ♥


Winter Flu
Two
Non avrei mai potuto credere che Peeta amasse davvero tanto l'aria dicembrina. È quasi iperattivo, così entusiasta che si è messo in testa di preparare molte cose per questo mese e quando mi ha domandato se per caso volessi aiutarlo, sono rimasta talmente sorpresa che non ho voluto dirgli di no. È stata la prima volta dopo il depistaggio o la prima volta in tutta la mia vita che mi ha chiesto di dargli una mano in qualcosa.
È un lato positivo, no?
L'unico problema che si è posto è stato dove poter cucinare ma -dopo un lungo dialogo a cui ha partecipato uno stranamente-sobrio Haymitch, trovatosi lì per caso- abbiamo deciso che staremo a casa sua per non portare gli ingredienti da un'abitazione all'altra.
«E se avessi un episodio?» quello era l'ostacolo più grande da superare.
«Ma non farmi ridere, ragazzo!» lo ha subito ammonito Haymitch gettandosi sulla poltrona del mio salone. «Ormai dormi con lei ogni notte e siete ancora tutti interi» ha continuato con quel tono ironico che lo caratterizza sempre.
Peeta era rimasto a guardare la sua lunga cicatrice sulla mano con fare restio, «ma non sono completamente guarito e non vorrei che lei assistesse a qualche mia scenata da pazzo».
«Ma tutto quello che ti occorre lo hai a casa tua, mentre qui -a parte un misero set di pentole e stoviglie- non troveresti niente».
Non sapevo se prendere negativamente o positivamente la considerazione che Haymitch aveva fatto su quanto la mia cucina fosse poco attrezzata.
«Però, la maggior parte delle volte, non ti dispiace venire a mangiare... specialmente nelle ultime settimane...» l'ho subito punzecchiato ritenendo il suo commento per niente carino.
Dopo il nostro arrivo al distretto, non ci siamo visti quasi mai.
«Santo Cielo tu!» si è subito girato nella mia direzione. «Chissenefrega di come cucini o di quello che hai in credenza! Stavo solo dando un consiglio a quest'altro imbecille» è sbottato sprofondando ancora di più nella poltrona.
«Ubriacone idiota» ho mormorato tra me e me incrociando le braccia al petto  e poggiando la testa sul bracciolo del divano.
In quel momento, sentire Peeta trattenere le risate, è stata una sensazione davvero bella ma altrettanto fastidiosa. Mi sono subito raddrizzata.
«Non c'è nulla di tanto divertente. Stavo solo difendendo la mia proprietà» ho risposto offesa.
Proprietà... "guadagnata uccidendo delle persone" avrei potuto continuare con lo stesso tono basso ma anche i muri sanno quanto il sarcasmo non sia mai stato il mio forte e non ho azzardato.
«Va bene. Vorrà dire che staremo da me» mi ha sorriso lievemente il ragazzo del pane, interrompendo la discussione sul nascere. «Però... Haymitch... perché non vie...?»
«No» lo ha interrotto all'istante. «Ho smesso di farvi da balia -almeno credo- e sai già la motivazione per cui non verrò» lo ha guardato seriamente per un minuto buono.
«Ma se dovesse succedere... tu non esitare ad entrare e a stendermi» ha sospirato.
Cosa voleva dire? Si erano scambiati una promessa della quale io non sapevo assolutamente nulla?
Io e Peeta siamo sul suo porticato e tira un vento così freddo e forte che potrebbe congelarci le ossa e trascinarci in pochi secondi nella piazza del distretto.
È più di un anno che non metto piede in questa casa che tanto mi spaventa* e -una volta dentro- rimango sconvolta dall'assoluta somiglianza con la mia. Avevo dimenticato quanto fosse pulita e che avesse lo stesso profumo -anche se meno intenso- di Peeta. 
Ancora non so spiegarmi il perché mi incuti tanto timore nonostante non ci viva.  
Katniss, datti una calmata, continuo a ripetermi come una mantra mentre osservo con attenzione la foto poggiata sul mobiletto all'entrata. Raffigura la famiglia Mellark al completo. C'è un piccolo nontiscordardimé secco al lato. 
Rabbrividisco. 
Poso al volo il mio cappotto sull'attaccapanni e raggiungo Peeta in cucina. 
Sta giocherellando con delle arance però ha lo sguardo perso nel vuoto. 
Mi schiarisco piano la gola, «allora... in cosa posso esserti utile?» poggio le mani sullo schienale di una sedia trovandolo completamente graffiato da solchi che mi fanno pensare parecchio. 
«Oh...» ci riflette su, «che ne dici di separare i tuorli dagli albumi?» dopo nota la preoccupazione nei miei occhi. 
Cosa fa per ore quando è da solo in questa terribile casa? 
«Sì, certo» rispondo atona dirigendomi verso la credenza. 
«Katniss...» mi chiama dopo alcuni minuti sospirando, ha capito che non ho intenzione di aprire bocca. «Quelli... è quando...» cerca di spiegarmi lasciando la frase a metà. 
«Sai che non voglio che tu ti nasconda da me» dico prendendo due contenitori ampi. «Quante uova?» 
«Sette» riempie una planetaria di farina. «È quando devo avere qualcosa a cui aggrapparmi». 
Il suo comportamento non lo tollero affatto. Sento che, da un momento all'altro, potrei gridargli così tante brutte parole da non riuscire più a controllarmi. 
«Che hai promesso a Haymitch?» è questo che mi infastidisce tanto. 
«Cosa?» mi guarda sconvolto non riuscendo a capire. 
«Lo sai benissimo» sono al terzo uovo. «A quanto pare, tu e quell'ubriacone mi eclissate completamente dalle vostre discussioni!» sbotto irritata. 
«Ma non è vero!» cerca di mantenere il controllo continuando a mescolare acqua e farina. 
«Allora perché l'altro giorno ha detto che non sarebbe venuto?» il quinto uovo quasi mi scivola dalle mani. 
Dopo un po', mi rendo conto dello sguardo impensierito e cupo di Peeta e mi mordo la lingua all'istante. 
Ecco. Ora avrà un episodio e la colpa sarà solo mia. 
Sento quasi il sapore ferroso del sangue scivolarmi giù per la gola quando il ragazzo del pane inizia a parlare. 
«Semplicemente mi ha detto di non avere costantemente il terrore di fare del male a chiunque. Devo vivere per me stesso e per quelli a cui tengo di più...» settimo uovo, finito. «Ma è difficile» conclude sospirando e continuando ad aggiungere farina al composto informe. 
La sua affermazione non fa una piega. Sta dicendo la verità, gliela leggo in quelle sue iridi cristalline un po' malinconiche. 
Gli avvicino i due contenitori dandomi della grandissima stupida. 
«Mi dispiace» sussurro piano girandomi di spalle. 
Sono orribile, Peeta.
Alla quarta infornata ci fermiamo giusto qualche minuto.
Io mi siedo vicino al camino avvolgendomi con il plaid mentre lui prepara la cioccolata.
Da quando è arrivato al Distretto 12, non faccio che comportarmi malissimo e usarlo in continuazione.
Se non fosse che la notte abbia un così disperato bisogno che lui mi abbracci, magari non gli permetterei di dormire insieme a me. Ma la verità è che non capisco più quello che mi succede da tempi immemori, ormai...
Non sono mai riuscita a chiarire i miei sentimenti per Peeta Mellark, specialmente dopo il suo ritorno.
Faccio continuamente pensieri contraddittori sul ragazzo del pane... E non perché c'è ancora Gale nella mia mente  -ho smesso da parecchio di cercare un qualcosa che mi legasse a lui e che andasse oltre l'amicizia- ma perché sento quasi di non avere freni inibitori quando mi trovo con Peeta.
Mentalmente confusa. Mentalmente confusa. Sono una mentalmente confusa.
Non mi posso permettere di provare alcun tipo di sentimento che non sia il rancore e il rimorso verso me stessa, la persona che non è riuscita a proteggere nessuno, colei che ha creato tanta distruzione attorno a sé.
Qualcuno si sistema alla mia sinistra «ecco a te», Peeta mi porge una tazza di cioccolata calda nella quale galleggiano dei pezzetti di pane.
Mi sembra di perdermi insieme alle fiammelle che volteggiano nel camino.
«Ricordi quando...» inizio a parlare per poi bloccarmi subito. Sento un nodo alla gola che mi rende difficile continuare.
«Quando te l'ho preparata durante i nostri primi giochi?» posa il suo sguardo su di me. «Sì» tossisce subito dopo.
Questa mi è nuova.
«Non ti senti bene, Peeta?» gli domando sorseggiando un po' della bevanda.
«Ho giusto un po' di mal di gola, non preoccuparti».
Sembra la stessa situazione in cui ci siamo trovati un mese fa, quando mi ha baciata per la prima volta dopo tantissimo tempo; ho una strana sensazione che mi attanaglia lo stomaco.
«Il ventidue papà avrebbe compiuto gli anni» mi dice tutto d'un fiato dopo poco. «Avremmo potuto stare insieme come tutte le altre volte. Io e i miei fratelli avremmo lavorato al posto suo tutta la giornata e avremmo mangiato gli avanzi dei dolci festeggiando con lui» si perde come me ad osservare il fuoco consumare piano piano il legno. «Invece... sono morti tutti quanti nello stesso momento» mangia un pezzo di pane inzuppato di cioccolata. «E io sono vivo e da solo e pazzo» stringe forte la ceramica grigia tra le mani facendo diventare le nocche bianche.
Da solo.
Sì.  È naturale che Peeta si senta solo e lo capisco perché anche io percepisco quasi sempre il vuoto  che mi ha assalito dopo la morte di Prim.
Vorrei dire qualcosa ma quello bravo con le parole è sempre stato lui; è in circostanze come queste che mi sento assolutamente inutile.
Però, improvvisamente, mi ritrovo ad accarezzargli i capelli -nemmeno fosse il pelo morbido di Ranuncolo- e mi rendo conto che è questa la mancanza di freni inibitori; mi succede solo quando sono in sua presenza. Mi fa fare certe cose che vanno oltre il mio controllo ma in cuor mio so che è l'unico modo che ho di proteggerlo.
«Katniss» mi sussurra chiudendo gli occhi, «posso abbracciarti?» mi domanda flebilmente.
«Sì» rispondo trovandomi immediatamente tra le sue braccia calde.
Lo sento soffocare un singhiozzo e poi un altro e un altro ancora tra i miei capelli, «grazie» mormora stringendomi ancora di più così da farmi sentire il suo profumo di cannella.



*Katniss spiega esattamente perché è tanto terrorizzata dalla casa di Peeta in Nell'oscurità... una luce.

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Ciaoooo! Auguri di buon Natale! ♥
Scusatem, sono in un ritardo pazzesco.
¡Desculpe! ç_____ç
Ed eccovi il secondo capitoletto di Winter Flu. Dico capitoletto perché, come il primo, è un tantino corto e io non scrivo capitoli corti, anzi! Abbondo. Forse anche troppo. Ma non preoccupatevi! u.u Il prossimo sarà molto più lungo perché ho bisogno di chiudere questa mini long invernale e - purtroppo ;____; - non natalizia.
Credo che alla fine ci starò davvero male. Nel senso... Io AMO occuparmi di queste storielle e ogni volta che passo da "In corso" a "Completa" è un colpo al cuore. E non è come le one-shot (anche se ci sto lo stesso uno schifo) che sono autoconclusive, è molto più 'doloroso' mettere la parola fine a delle long.
Ecco, forse non starete capendo una ceppa di quello che sto scrivendo, perdonatemi di nuovo... credo che di questi miei pensieri malinconici ne sarete abbastanza sommersi la prossima volta. Aspettateli con ansia e.e
Ricordate che Katniss è ancora una mentalmente confusa e che Peeta si trova nella fase post-depistaggio e post-episodidapazzofurioso, quindi... c.c
Altra novità - se così possiamo chiamarla - è HAYMITCH. Lo adoro. Letteralmente. E mi sembrava logico inserirlo almeno in un piccolo dialogo u.u 
Ora non so che altro dire... l'ho dimenticato òwò
La scena della cioccolata calda ♥ - con i pezzetti di pane che galleggiano e che Peeta ricorda di aver messo durante i primi Hunger Games - era obbligatorio metterla.
Vedetela come una specie di routine degli Everlark.
In questo capitolo ritorna di nuovo il dibattito avuto tra Haymitch e Peeta quando il ragazzo è arrivato al Distretto 12 - giuro che ho già scritto questa one-shot e la pubblicherò non appena concluderò Winter Flu.
Altra cosa che si nota (e poi smetto di digitare) è come Peeta si stia mano mano lasciando andare. Si sta lasciando proteggere da Katniss raccontandole i suoi ricordi felici e malinconici.
Non so se ve ne siete accorte ma il tempo in Winter Flu è leggermente più indietro del nostro.
Mi spiego meglio... Peeta dice che il padre è nato il 22 dicembre e quindi si capisce - sì, si capisce - che sono tipo al 19 o 20 dicembre e che sono agli sgoccioli di un autunno alquanto gelido.
È tutto un calcolo strano e voluto dalla sottoscritta senza uno scopo ben preciso :D
Mi sto rendendo molto ridicola... ☺
Okay. È arrivato il momento di dire "Au revoir"
Spero di ricevere altri commenti (Grazie mille ♥) e di sapere cosa ne pensate.
Al prossimo e ultimo capitolo ♥
Un bacio ♥
*cuori a volontà*

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Capitolo 3
*** Three ***


Piccola premessa: Buon anno! ♥ Spero che questo lunghissimo capitolo non vi annoi.


Winter Flu
Three

23 dicembre. Stamattina siamo avvolti da un'aria fredda e -stranamente- molto tranquilla. Quando sono arrivata in cucina, ho avuto la sorpresa di trovare Haymitch seduto su una sedia a piluccare un muffin allo zafferano.
Adesso siamo tutti molto silenziosi: io passo la pancetta a Ranuncolo che si stiracchia attorno ai piedi del tavolo, l'ubriacone corregge il suo caffè con un tipo di grappa che ha preso nella mia credenza... ed è per questo che è la nipotina di Sae a farmi notare Peeta in pigiama venire verso di noi.
«Buongiorno» ci sorride debolmente facendo una piccola carezza ai capelli della bambina e posizionandosi nell'unico posto vuoto.
Eppure pensavo non scendesse a fare colazione...
«Come mai è vestito così?» mi sussurra poco dopo la piccola.
Continuo a mangiare indisturbata perché Sae, che ha ascoltato, mi precede e risponde prima di me.
«Peeta si è beccato l'influenza ed è rimasto qui ma...» lo guarda come per rimproverarlo «a quanto pare, non ne vuole sapere di stare fermo a letto».
Il ragazzo del pane si versa un po' di miele nel latte tossendo appena «scusa... ma non avevo molto sonno».
È da due giorni che Peeta non ha affatto una bella cera. Ieri sera, mentre cenavamo, mi sono accorta di come il suo corpo era percorso da continui brividi di freddo; alcune volte deglutiva a fatica e spesso era colto da incessanti colpi di tosse, era pallido e aveva le labbra screpolate e viola.
Quando si è seduto sul divano per alcuni minuti perché stanco, Sae lo ha minacciato ordinandogli di rimanere a dormire nella stanza degli ospiti mentre Haymitch se la rideva allegramente bevendo dalla sua fiaschetta argento.
«Infetta mia nipote e sei morto, fornaio!» lo ammonisce Sae puntandogli un cucchiaio contro.
«Sì...» Peeta quasi mugugna tirando la testa all'indietro intontito dai suoni intorno a lui.
Deve sentirsi davvero male...
L'osservo attentamente rendendomi conto dei suoi movimenti fiacchi e del respiro corto; beve lentamente il suo latte e cerca di mangiare un frollino non riuscendoci.
Come me, anche la bambina lo guarda leggermente preoccupata del fatto che non parli per niente. Di solito, è l'unico che cerca sempre di mantenere vive le conversazioni.
«E... panettiere» lo richiama di nuovo l'anziana. «Se ti trovo a dormire un'altra volta con anche un solo spiraglio della finestra aperto, ritieniti morto».
Ha ancora questa strana abitudine? Pensavo che con questo tempaccio...
«Stamattina presto sono entrata in quella camera e si congelava. Era così tanto rannicchiato sotto le coperte che non ho visto nemmeno una ciocca di capelli fuori dal piumone. Ho dovuto sigillare tutto» ci spiega mandando giù dell'acqua. «Cavolo... ci credo che ha un febbrone da cavallo!» esclama infine.
Do un'altra fetta di pancetta al brutto micio spelacchiato -che gira per casa- senza mai distogliere gli occhi di dosso a Peeta.
«Sembri una mummia, ragazzo» asserisce Haymitch rinvenuto dal mondo degli sbronzi.
«È uno straccio» corregge Sae indicandolo come se lo volesse incolpare di un reato gravissimo.
Come fa a non mandare al diavolo tutti e due? Io l'avrei fatto da un pezzo.
Disegna un piccolo fiorellino sul fazzoletto e lo restituisce alla bambina rivolgendole un sorriso gentile.
«Mi dispiace non aver potuto preparare il pane» ci dice improvvisamente. «Se mi lasciaste andare, magari potrei fare delle pagnotte a casa e portarle stasera».
«Tu... cosa?» sghignazza Haymitch sbilanciandosi sulla sedia. «Ma se non ti reggi nemmeno in piedi!» lancia il muffin lontano dalla sua portata.
«Ma che cavolo combini, Abernathy?!» gli sbraita Sae inorridita dal suo gesto preoccupandosi di dover pulire.
Ho i nervi a fior di pelle. Risponderò. Li farò uscire da qui dentro. Non li sopporto più.
«Che sarà mai, vecchia!» replica il mentore con un sorrisetto strafottente sul volto.
Poso gli occhi su Peeta che continua a bere dalla sua tazza e mi concentro sulla piccola che credo stia quasi per scoppiare in lacrime perché spaventata dalla situazione.
«Idiota di un uomo! Come ti permetti?» urla la donna non preoccupandosi del tono alto della sua voce avventandosi su Haymitch e dandogli uno scappellotto bello forte.
Non ne posso più.
«Fuori di qui» sibilo. La mia pazienza è al limite. «Andate via, ora!» grido non riuscendo a stare seduta.
Entrambi mi guardando con occhi increduli.
Sto sudando freddo e ho il fiato corto. «Uscite, forza!» indico il corridoio.
Ancora mi osservano come se stessi dicendo la più grande assurdità di questa terra fino a che Haymitch non si alza dal suo posto.
«Bene, dolcezza, grazie per la colazione» si congeda con un cenno, per niente turbato dall'accaduto.
È Sae quella più stizzita. Pietrificata dalla mie parole, forse.
Solo quando sente la porta di casa sbattere, si riprende e posa alcune stoviglie sul lavandino senza aprire bocca.
«Andiamo» ordina alla bambina che sta consumando un biscottino al cioccolato in santa pace.
«Posso accompagnarla» le rispondo sicura di me. «Sta mangiando» continuo glaciale.
«È mia nipote, ragazzina!» digrigna i denti sbattendo una mano sul tavolo.
Sto quasi per controbattere quando Peeta mi interrompe.
«Sae davvero... può rimanere qui così le disegno qualcosa da colorare. Non è un problema e non mi avvicinerò troppo».
Come al solito, ha sempre la parola giusta nel momento migliore, diversamente da me che rovino tutto.
Attendiamo alcuni minuti di silenzio; «d'accordo ragazzo» sbuffa infine. «Fa la brava e non rompere le scatole a quella lì» si rivolge alla bambina guardandomi male.
Non mi interessa quello che può pensare di me, ora. Sono troppo imbestialita per preoccuparmene.
La vedo girare i tacchi e lasciarci da soli.
Cado malamente sulla sedia sospirando rumorosamente.
Vorrei solo continuare ad urlare a squarciagola.
Ho pulito il soqquadro in cucina lavando i piatti e sparecchiando la tavola con tutta la tranquillità possibile. Niente grida, niente schiamazzi, niente di niente... 
Sono andata in escandescenza senza rendermene conto e ho ancora le mani che tremano per il nervosismo ma non mi pento di averli fatti uscire. 
La nipotina di Sae si è seduta sulla poltrona e ha cominciato a filare qualcosa con la lana arancione nel cestino di mia madre -ha scoperto questa passione da quando è entrata per la prima volta qui. È quasi impressionante come le sue piccole manine si muovano veloci con i ferri. Penso al fatto che -probabilmente- l'unica cosa che io potrei fare con quei cosi è infilzare gli scoiattoli e arrostirli. 
Lei crea, io uccido. 
Peeta è poco più distante sul divano che la osserva affascinato e stupito dalla sua bravura. Così piccola e talmente esperta... come Prim e la sua innata dote di curare le persone. 
È straordinario come tutte le cose belle mi ricordino la mia paperella
Metto altri tronchetti di legno a bruciare nel camino dopodiché giro per la casa stordita come Ranuncolo. In queste giornate non posso cacciare o semplicemente andare nei boschi perché c'è ghiaccio ovunque. 
«Katniss...» mi chiama Peeta destandomi dai miei pensieri. «Qualcosa non va?» mi sorride debolmente facendo segno allo spazio al suo fianco. 
«Scusa per la scenata di prima» rispondo imbarazzata sedendomi e giocherellando con un filo di cotone della mia maglia. «Non sopportavo più le loro chiacchiere fastidiose, per di più lei...» indico la bambina «stava per avere una crisi di pianto». 
«Capisco» continua a sorridermi per poi tossire più volte e attirarsi le gambe al petto. 
Vederlo così è veramente strano. Ricordo che durante i nostri primi Hunger Games, quando era malato, sono andata più volte nel panico perché non sapevo che fare per salvarlo dalla morte certa. 
«Non stai per niente bene» asserisco leggermente preoccupata. 
«Non sono del tutto in forma, ecco. E ti ringrazio per aver messo fine alle parole di quei due» ridacchia. «Ma...» cerca di continuare. Uno starnuto lo interrompe. «Maledizioneee» mugugna esasperato alzando gli occhi al soffitto. 
«Non ho intenzione di scusarmi se è quello che vuoi che faccia» dico schietta incrociando le braccia al petto. 
«Katniss...» sospira tirando su col naso. «Non penso l'abbia presa bene, almeno Sae, intendo». 
Ora no, sono troppo incavolata per fare questo passo. Non voglio il suo perdono. 
La piccola si avvicina a me e Peeta e ci mostra il suo lavoro. Ha qualche imprecisione qua e là ma si capisce chiaramente che è una specie di sciarpa per scaldare le mani. 
Lo poggia vicino al ragazzo del pane che la guarda incuriosito. L'espressione del suo viso illuminato dalla luce flebile del camino, è un qualcosa alla quale non si può dare una definizione ben precisa. 
Sta lì, con la bocca spalancata e gli occhi che luccicano felici; nel frattempo, ha cominciato  a piovere a dirotto. 
«Per me?» domanda un tantino impacciato e sbalordito dall'insolito gesto. 
Lei muove il capo su e giù e subito dopo cerca di infilargli le dita nel intreccio di lana. 
È così buffa quando scopre di aver sbagliato misura, che mi viene da sorridere. 
«Ti ringrazio dal profondo del cuore» Peeta le dà una leggera carezza sulla guancia. «Questo è il miglior regalo che potessi ricevere e tu sei una personcina meravigliosa» ora la stringe forte a sé.
Prima che il sole tramonti e prima che si scateni un altro temporale, decido di accompagnare la nipote di Sae a casa sua.
A me ha fatto una stellina minuscola con della lana rosa.
La sua dolcezza mi disarma. Io non sono gentile e buona come Peeta ma lei ha pensato comunque di farmi un regalino così come ha fatto con il ragazzo del pane.
Sono contenta che questa bambina non avrà mai la possibilità di conoscere la crudeltà di Capitol City e degli Hunger Games.
Mi stringe la mano mentre percorriamo le strade innevate del Distretto 12.
Noto le sue gote leggermente rosse e gli sbuffi di aria condensata che escono dalla sua bocca quando respira.
Devo dire qualcosa, non posso apparire sempre tanto glaciale alla gente.
«Sei stata bene?» la scorgo alzare lo sguardo un tantino sorpresa dalle mie parole.
Mi chiedo se abbia mai sentito il tono della mia voce -oltre a stamattina e alle notti in cui urlavo per gli incubi, naturalmente...
Annuisce più volte facendo attenzione a tenere le labbra ben serrate.
Come me non è una gran chiacchierona, le piace guardarsi intorno.
«Peeta ti sta simpatico, vero?» domando dandomi subito della completa idiota.
Certo che le sta simpatico, Katniss!
Fa segno di sì con la testa energicamente «ma anche tu!» cerca di giustificarsi.
Sorrido flebilmente, grata del suo commento.
«E ti è piaciuto il pranzo?» continuo. Mugugna qualcosa saltando un cumulo di neve. «Che disegno ti ha fatto Peeta?» ci sto prendendo gusto.
«Il tuo gatto» fa dondolare le nostre braccia avanti e indietro.
Quell'animale orribile... mi fa quasi ribrezzo ricordare il suo pelo color vomito e quei suoi due occhi fuori dalle orbite che mi osservano sempre come per sfidarmi.
Mi passa alla mente un episodio in cui Ranuncolo fece cadere una delle bottiglie di liquore bianco di Haymitch che quasi non lo scuoiava vivo mentre Sae strillava furibonda di cacciarlo fuori così non avrebbe distrutto qualche altra cosa.
A me, personalmente, non dava per niente fastidio quell'idea ma Peeta è stato irremovibile; lo ha appoggiato sulle sue gambe e non l'ha fatto muovere per ben tre ore.
Arriviamo dopo circa dieci minuti all'abitazione della bambina.
La saluto e lei mi abbraccia ringraziandomi della bella giornata passata.
Prim... Sembra tanto Prim quando era più piccola e assomiglia alla dolce e tenera Rue che si fidava ciecamente di me.
«Nonna Sae è stata cattiva oggi» mi sussurra ad un orecchio quando mi abbasso per accarezzarle per l'ultima volta la testolina e aggiustarle il cappello. «Scusala».
«Anche io lo sono stata» le sorriso iniziando ad incamminarmi verso il Villaggio dei Vincitori.
Torno a casa mia chiudendomi la porta alle spalle e levandomi gli stivali inzuppati d'acqua. 
Tutt'intorno, nessun rumore mi disturba e in cucina ci sono tutte le stoviglie lavate. 
Dov'è andato Peeta con questo brutto tempo? 
Mi calmo quando lo trovo disteso sul divano a sonnecchiare tranquillo con il micio che fa da sentinella ai suoi piedi. Alla fine, anche quel gattaccio si è affezionato al ragazzo del pane... 
Il suo respiro è disturbato da alcuni colpi di tosse ma non noto nulla di tanto preoccupante. 
Il fuoco del camino si è quasi spento così decido di aggiungere altra legna per alimentare le fiamme. 
Mi avvicino a Peeta e sento Ranuncolo soffiarmi contro; immediatamente gli lancio un cuscino facendolo ruzzolare a terra. 
Quanto mi diverte vederlo rialzarsi stordito. 
Continua a fare versi poco carini e quando si rende conto che non ho intenzione di allontanarmi, se ne va via imbestialito. 
Sposto alcune ciocche di capelli dagli occhi di Peeta e osservo attentamente le sue lunghe ciglia bionde per poi seguire la linea del suo profilo. 
Cosa sei tu per me? 
Mi soffermo sulle cicatrici delle sue dita trovando quella profonda che continua per... tutto il braccio sinistro? 
Sono così stanca che mi addormenterei in qualsiasi posto, anche sulla tavola se necessario. 
La scorsa notte è stata orribile. Mi sono svegliata più volte senza urlare né dimenarmi. Ho pianto tantissimo e  sono stata tentata di andare nella stanza degli ospiti dov'era Peeta. 
«Ehi...» lo sento sussurrare improvvisamente. «Hai sonno?» si solleva. 
«Un po'» mi strofino un occhio sbadigliando appena. 
«Forza, sdraiati qui» si mette in piedi lasciando il divano libero. 
«Ma... tu...» cerco di parlare. 
«Ho riposato abbastanza» mi sorride dolcemente. «Sto molto meglio» mi posa un leggero bacio sulla fronte prima di dirigersi in un'altra stanza. 
Nonostante le sue parole, scotta ancora molto. 
«Dove vai adesso?» gli domando stendendomi e afferrandogli un braccio al volo. 
«A cucinare» mi stringe la mano e l'accarezza piano con il pollice. «Non credo che dopo la  sfuriata di stamattina qualcuno si preoccupi di doverti preparare la cena» infila le pantofole e io riesco a vedere il suo piede artificiale. 
«Va bene» mormoro prima di sprofondare nel sonno.
Un rumoreggiare mi fa svegliare di soprassalto.
Incubo o realtà?
Li sento. Vengono verso di me.
Arrivano. Mi prenderanno e si vendicheranno.
I morti. Tutti quanti.
Mi butteranno viva in una fossa profonda e mi copriranno di terra, di nuovo.
Sempre più vicino distinguo dei passi irregolari e veloci e subito dopo avverto la presenza di qualcuno fermo dietro la porta della mia camera. La maniglia tremola appena.
Il panico mi assale.
Prim sei tu? Vuoi che ti faccia compagnia?
Mi alzo e resto seduta tra le coperte, immobile. Rabbrividisco.
Perché deve essere così straziante questa attesa? Fatemi fuori subito, non perdete tempo.
Stringo tra le dita un lembo di lenzuolo cercando di scorgere qualcosa nell'oscurità.
«Katniss» il ragazzo del pane fa capolino nella camera piuttosto terrorizzato accompagnato da Ranuncolo che si rannicchia su una poltrona miagolando isterico perché ha paura dei temporali.
È solo Peeta, Katniss... solamente lui. Non stai sognando.
Ha il respiro corto e poi... il buio mi circonda, non riesco a vedere nulla.
Mi avvicino all'abat-jour sul comodino tastando qualsiasi cosa e in poco meno di un secondo, quando trovo l'interruttore, la luce sfarfalla per poi illuminare fiocamente il suo viso.
Dei grossi cerchi neri gli contornano gli occhi rossi dall'insonnia.
Cos'hai?
Mi guarda sconvolto e mi  scruta per bene fino a quando non sento di nuovo la sua voce. Rauca.
«Io... Mi dispiace» sussurra poggiandosi allo stipite accanto a lui. «Pensavo che... tu non...» continua atono.
Non ha mai questo tono, nemmeno quando ha un episodio. Le sue parole sono così agitate che quasi non sembra lo stesso.
«Incubi?» chiedo senza aspettare troppo. La mia voce suona leggermente stanca.
Mai mi è capitato di vedere come Peeta reagisce ai brutti sogni.
In passato, ricordo che mi aveva detto che, di solito, se ne stava paralizzato nel suo letto e poi, quando si rendeva conto che ero viva e vegeta accanto a lui, ritornava a dormire sereno.
Annuisce piano col capo per poi deglutire a fatica. È più pallido del solito e questo mi fa pensare che la sua temperatura si sia alzata di parecchio.
Stiamo minuti buoni a fissarci senza fiatare, quasi mi perdo ad osservare il suo indice che percorre su e giù la cicatrice sul dorso della mano sinistra.
È lui il primo a rompere il ghiaccio «Katniss, scusa. Io...» si sposta dalla sua posizione. Batte i denti dal freddo «Ti... ti ho spaventata» continua ad essere scosso da brividi.
«Peeta...» sussurro, «non stai bene».
«Perdonami, ti ho svegliata per una stupidaggine» sospira affranto e barcolla per un po' cercando di uscire fuori aggrappandosi alla maniglia.
Non riesco a sopportare di vederlo in questo stato. Non può richiudersi in un'altra stanza senza che io faccia nulla. Non può nascondersi così spudoratamente da me.
«Vieni» mormoro talmente piano che quasi penso non abbia sentito ciò che ho detto.
Volta la testa. «Ho la febbre. Non vorrei che poi...» si passa una mano tra i riccioli color grano accennando un sorriso debole.
«No. Vieni» gli faccio segno di raggiungermi tra le coperte. Suona come una supplica la mia.
Resta immobile per alcuni secondi per poi avanzare di qualche passo fino a raggiungermi. Si arrampica sul letto e mi abbraccia forte, come se non mi vedesse da anni.
Come posso aver mai pensato che mi avesse lasciata sola? È sempre stato qui a proteggermi, il ragazzo del pane. Magari è molto più spezzato di prima ma anche io sono cambiata dopo la morte di Prim.
Sotto l'effetto del veleno ha cercato di uccidermi ma alla fine ha combattuto contro se stesso ed è ritornato quasi quello di un tempo e poi ha detto che... è ancora innamorato di me, no?*
Ma io...? Io non lo so. Io non posso provare questo sentimento. Io sono vuota e troppo arida... adesso.
«Ti avevo ammazzata brutalmente e quando mi sono svegliato non eri con me e poi...» lo sento farfugliare tra i miei capelli e avverto la sua stretta farsi più vigorosa.
Una lacrima sfugge al mio controllo bagnandomi il viso; l'asciugo al volo.
«Sono qui. Tranquillo» ripeto più volte cercando di calmarlo stringendolo a mia volta.
Il profumo di cannella è ancora presente sulla sua pelle.
Quanto mi piace.
Sono così contenta che si sia aperto a me, che mi abbia dato la possibilità di poter conoscere tutto il male che lo circonda.
Non so quanto tempo passa ma mi risveglio preda di un sogno orribile. 
Mi alzo dal cuscino e inizio a tremare non riuscendo a fermare i singhiozzi e il mio pianto sommesso. 
Peeta mi è accanto, si è accorto di me. 
Fuori piove a dirotto e i lampi e i tuoni si scatenano. 
«Calma, Katniss. Calma» sono tra le sue braccia mentre mi sento completamente irrigidita dal freddo. 
«Non... Primrose e...» dico tra le lacrime senza farmi capire. 
«Katniss, per favore...» mi accarezza i capelli sussurrandomi di non agitarmi tanto. «Non l'hai uccisa tu» continua. 
Alla fine succede sempre questo. Ci troviamo sempre nella stessa situazione. È lui che mi dà sicurezza mentre io... non faccio nulla per aiutarlo. 
Mi aggrappo disperatamente alle sue scapole come se fosse l'unico appiglio che ho per rimanere a galla. 
«Io... non ti aiuto mai...» dico. «Io distruggo le vite di tutti... uccido tutti...» continuo totalmente nel panico. 
Le immagini di mia sorella distesa su un pavimento di piastrelle bianche macchiate del suo sangue mi terrorizzano. L'ho ammazzata con una freccia. Gliel'ho conficcata più volte nel torace. Con estrema ferocia. Senza fermarmi. 
Avverto la fronte bollente di Peeta appoggiarsi alla mia con delicatezza. «No. Guardami» mi costringe ad aprire le palpebre che fino a poco fa tenevo ben chiuse. 
Incontro i suoi occhi cristallini carichi di stanchezza scrutarmi attentamente. 
«Era solo un bruttissimo incubo. Tu hai cercato in tutti i modi di salvare Prim» ripete fino a quando i miei muscoli non si distendono. 
Come fa a non avere un episodio? È tantissimo che non ha i suoi flashback... In quali circostanze il veleno degli aghi inseguitori comincia ad avere il controllo su di lui?
«Peet...» cerco di pronunciare il suo nome ma un nodo alla gola me lo impedisce. 
Mi abbraccia ancora. Le sue labbra mi sfiorano il collo freddo e questo mi provoca una specie di scarica elettrica che mi percorre interamente il corpo. 
Istintivamente allaccio le mie gambe alle sue. 
Di nuovo... non ho freni quando sono in compagnia del ragazzo del pane. 
Mi prende il viso tra le mani e mi osserva preoccupato. 
«Va meglio?» mi dice portandomi una ciocca corvina dietro all'orecchio. 
Annuisco impercettibilmente abbassando lo sguardo. 
Mi sento così in colpa nei suoi confronti. 
«Non ti permetto di dire queste cose, Katniss» è serio quando pronuncia queste parole. Decido di puntare i miei occhi nei suoi. «Tu mi dai sempre la forza per andare avanti. Sarei già morto da suicida se non fosse stato per te». 
Inutile. Non riesco a contrastare le sue iridi celesti. 
Comincio ad accarezzargli i capelli color grano con lentezza estrema non sapendo cosa rispondere. 
Le sue affermazioni mi spiazzano sempre. 
«Ecco... vedi?» continua. «Anche con questi piccoli gesti». 
Mi fermo istintivamente. 
«Ma... non è possibile» mormoro sul suo collo. 
«Sì, invece» sta sorridendo. 
Il fatto che -nei miei confronti- abbia costantemente questo tono gentile e pacato, non mi aiuta affatto a comprendere che posto occupi nel mio cuore. 
Cosa sei tu per me?  
Si avvicina silenziosamente. 
I nostri nasi si toccano; percepisco il suo alito caldo accarezzarmi la pelle. Dopo vari tentennamenti mi bacia piano e ogni singolo oggetto della camera comincia a ruotare velocemente. 
Il secondo bacio da quando è venuto qui al Distretto 12. E mi provoca sempre lo stesso immutato effetto che mi fa girare la testa. 
Non so che significato abbia per me che sono una mentalmente instabile. 
È giusto, Prim, sentirsi così mentre tu sei morta in quel modo tanto disumano? 
Non potrà mai provare sentimenti del genere la mia paperella... 
Peeta si allontana da me accarezzandomi appena una guancia, come se avesse paura di rompermi. «Perdonami» bisbiglia per poi giocherellare con la mia treccia disordinata. 
No. Non scusarti, Peeta. Non hai nessuna colpa. 
Scuoto il capo piano sollevando un angolo della bocca. Dovrebbe essere una specie di sorriso il mio. 
«Dormi, Katniss» mi scioglie il groviglio che mi trovo in testa come solo lui sa fare. 
È ancora tanto malato: la sua voce rauca... le sue guance bollenti e il suo inspirare ed espirare  affannoso. 
Cerca di nasconderlo ma l'ho capito da un pezzo che in realtà la sua temperatura corporea si è alzata. 
«Grazie» gli mormoro stringendomi alla sua schiena. 
Sta lì. Fermo, immobile se non fosse per alcuni brividi che lo scuotono leggermente. Per un momento lo sento anche battere i denti. 
«Buonanotte» mi dà un leggero bacio sulla tempia per poi cadere tra le braccia di Morfeo ormai esausto. 
Mi addormento cullata dal suo respiro leggermente irregolare e avvolta dal profumo che lo caratterizza.


*Peeta spiega a Katniss di averla sempre amata (era stato il veleno ancora in circolo nel suo corpo a fargli dimenticare cosa provasse per lei) in Nell'oscurità... una luce. però non può prometterle niente perché non è del tutto guarito. Ha paura di poterle fare del male.

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Ciaooo!
È finita. Finita. FINITAH!
Giuro, mi mancherà questa mini long ç^ç
Sento così tanto la sua mancanza già da adesso. È così straziante dirle addio.
Prometto che farò una raccolta... una specie di serie di one-shot o brevi long. Non abbandonerò tutto così.
Ho pianto come un'idiota scrivendo la parte dell'incubo di Peeta.
Cavolo, comprendetemi! È disperato e mi ha dato una tristezza infinita. Quasi volevo stritolarmelo per bene ç____ç (mi sento tanto ridicola a scrivere 'ste cose... sono esagerata a volte, me ne rendo conto).
E poi mi sono immedesimata tantissimo in Katniss - nemmeno avessi partecipato agli Hunger Games - quando il ragazzo del pane l'ha consolata.
Non so... è difficile descrivere ciò che sento. Una parte di me strepita e urla e un'altra si deprime in un angolino e non solo perché è arrivato il momento di cliccare su quel maledetto "Completa" ma anche perché non so assolutamente come abbiate preso questo ultimo capitolo. Ho cercato di descrivere tutto l'arco di una giornata e forse mi sono dilungata troppo.
Per favore, ditemi come lo avete trovato. OOC? Noioso? ç___ç
*attacco d'ansia improvviso*
Eppure ho pensato ad un discorso così sensato ieri! L'ho dimenticato, scusate.
Cercherò di andare in ordine...
Ecco spiegato Flu. VOLEVO con tutta me stessa metterci un Peeta malato (perché come si fa a non prendere l'influenza a furia di dormire con le finestre aperte?)/gentile♥ e una Katniss preoccupata/arrabbiata/non-tanto-glaciale/spaventata e una Sae rompiscatole e una nipotina dolce e un Haymitch menefreghista/burlone.
Mi sono divertita molto con questo capitolo, specialmente con la prima parte.
Be', il bacio...
All'inizio non volevo mettere quella parte perché mi sembrava troppo scontata. Avrei anche chiuso con l'incubo di Peeta ma poi, sì, alla fine l'ho fatto e non me ne pento affatto. Dovevo evidenziare i drammi interiori di Katniss che non riesce a conpredere cosa prova per il ragazzo del pane, quel suo stato di profonda angoscia, il suo non volere sentirsi bene perché Prim è morta e non potrà provare i suoi stessi sentimenti e dovevo evidenziare quanto Peeta tenga a lei, quanto sia impacciato e spaventato perché ha paura di poterle fare del male... Io li amo in maniera smisurata gli Everlark.
Detto questo, non so... Vi ritroverò nelle prossime storie che pubblicherò?
Mi avete così tanto incoraggiata e sono DAVVERO felice di aver conosciuto persone come voi ♥
Grazie mille per le recensioni, per i preferiti, per le ricordate e seguite e grazie anche a chi legge silenziosamente e che non vuole commentare (io sono la prima che molte volte non riesce a lasciare un misero messaggio perché va di fretta). Mi sono così tanto affezionata a questa storia quanto a voi che mi avete fatto tanti di quei complimenti - che forse nemmeno mi merito tanto perché non scrivo benissimissimo.
Non starete capendo nulla. Ho cominciato a digitare a macchinetta.
Solo GRAZIE per questa fantastica mini-avventura.
E ora concludo prima di fare qualcosa di stupido come mettermi a piangere.
Un bacio,


ps: la prossima one-shot che pubblicherò sarà «Bel gancio, ragazzo» - un dialogo tra Peeta e Haymitch.

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