Monster di Acquamarine_ (/viewuser.php?uid=153191)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Human ***
Capitolo 2: *** Murderer ***
Capitolo 3: *** Protector ***
Capitolo 4: *** Sacrifice ***
Capitolo 5: *** Fear ***
Capitolo 6: *** Saver ***
Capitolo 7: *** Monster ***
Capitolo 1 *** Human ***
Titolo:
Monster
Fandom:
The 100
Avvertimento:
Spoiler (seguo la programmazione americana)
Rating:
Giallo
Personaggi:
Lincoln, Finn, Bellamy, Marcus Kane, Charlotte, Dante Wallace, Murphy
Trama:
[Spoilers seconda stagione] Assassini. Mostri. Pericolosi. Si
definiscono in tal modo i personaggi trattati in questa analisi delle
loro psicologie, delle loro azioni e reazioni. Siamo i peggiori e
più
crudeli giudici di noi stessi: applichiamo a noi stessi una razione
di biasimo che non applichiamo agli altri.
Dalla
prima one shot: “Sono
molte cose –
un assassino, un mostro, un pericolo –, ma non sono umano.
Non
più.”
Monster
«Abbiamo
tutti un mostro dentro di noi, Clarke, e siamo responsabili di quello
che fa quando lo lasciamo uscire.»
#1.
Lincoln
[2x06]
«And
if I seem dangerous,
Would
you be scared?»
Sento
il dolore, acuto, insopportabile, come una lama affilata che mi
trapassa la testa, lacerandomi il cervello. Lo sento insinuarsi
lentamente nei miei più reconditi pensieri e
contemporaneamente nel
fondo delle mie viscere. Un calore parte dallo stomaco su, fino alla
gola. No, non un calore: un fuoco. Ardo, brucio e assieme a me sento
bruciare gli ultimi residui della mia umanità. Vedo il
sangue
scorrere dentro e fuori di me e coprirmi gli occhi, riempirmi la
bocca. D'un tratto, il silenzio.
Non
c'è più nulla attorno a me, sono solo, sospeso
nel nulla.
Sono?
Non sento nulla, non sento più il mio corpo, né
l'aria circostante,
né il lettino su cui ero legato; riesco a sentire solo il
filo
indistinto dei miei pensieri che mi scivola lentamente delle dita.
Quando
mi risveglio, è ormai troppo tardi. È sempre
troppo tardi.
Il sangue mi scorre tra le dita, tra i denti, è sui miei
vestiti,
incrostato sulla mia pelle. Lo sento dentro, nella
mia pelle,
il loro sangue. Vomito, vomito cercando di mandar fuori le loro
carni, le loro ossa; vomito cercando di strappare quel sangue dalle
mie viscere, dove non deve essere; vomito cercando di espellere
l'anima, ma non sono più sicuro di averne una. Sono
cosciente. Ma
sono? Sono un involucro incapace di reagire, un
corpo morto
che continua a muoversi, uno stupido burattino che combatte contro se
stesso. Urlo, sperando che qualcuno possa sentirmi. Vomito, per
eliminare da me ogni traccia di questo orrore. Piango,
perché non
posso morire.
Ma
la mia bocca non urla, il mio stomaco non si contrae, i miei occhi
non lacrimano.
Sono?
Sì, sono. Un mostro. Un pericolo. Sono.
Tutto
ciò che ero, non lo sono più. Dopo quello che ho
fatto – che mi
hanno spinto a fare – non posso
più esserlo. L'umanità si
è sbriciolata in me, ad ogni iniezione, ad ogni assassinio,
ad ogni
macabro pasto. Sono molte cose – un assassino, un mostro, un
pericolo –, ma non sono umano. Non più.
Piombo
nella realtà con una brutalità che non si era mai
presentata prima.
Sono in piedi, nel buio, ma vedo una luce in lontananza. Se avessi
possibilità di manovrare i miei movimenti controllerei.
Poi,
all'improvviso, la sento. E quella voce, per me, è come un
colpo
allo stomaco. Quanto ho aspettato per rivederla, quanto mi sono
aggrappato al ricordo di lei quando ancora ero io?
Vorrei
slanciarmi verso di lei, andarle incontro, abbracciarla, portarla
via. Poi, ricordo. Poi, l'orrore.
Mi
rendo conto del sangue che mi macchia i vestiti e il volto, sento
ancora chiaramente il sapore di carne umana sulla lingua. Vorrei
fuggire, urlarle di andare via, di lasciarmi perdere, di lasciarmi
morire. Ma il mio corpo ha deciso diversamente. Si muove verso di
lei. Sono un assassino, un mostro, un pericolo. Quando mi
vedrà sarà
spaventata? Realizzo: mi ha già visto, o non avrebbe mai
chiamato il
mio nome. Cerco di opporre ogni resistenza possibile, combatto contro
il mio stesso corpo. Non posso, non devo e non voglio avvicinarmi ad
Octavia. Non posso. Vorrei urlare, strapparmi il cuore dal petto e
mettere fine a quest'orrenda esistenza. Mi concentro, come non ho mai
fatto con nulla in vita mia, cercando di farmi spazio nel mio stesso
corpo, di riappropriarmi dell'unica cosa che non dovresti mai
preoccuparti di poter perdere. Quasi ci riesco, per un attimo risento
la gamba sinistra, ma è un guizzo, un momento che passa
veloce
com'era arrivato.
"Mi
dispiace" sussurra, e all'improvviso sento un dolore atroce.
Corrente elettrica in tutto il corpo. Non posso muoverlo, gestirlo,
ma posso sentire dolore. Paradossale.
Crollo
al pavimento. Poi, il buio.
Angolo Autrice:
Questo fandom mi ha
letteralmente conquistata e nei documenti ho cominciato a scrivere
tantissime fic a riguardo che spero di poter pubblicare presto :) Ieri
ho finalmente terminato questa raccolta, che avevo cominciato dopo la
visione della 2x06 e che è ispirata alla canzone Monster
degli Imagine Dragons (per ascoltarla cliccate qui). La frase di Lincoln nella
2x09 riportata sotto al titolo della raccolta in realtà l'ho
sentita dopo averla cominciata, però mi sembra calzare
proprio a pennello, quindi mi piaceva l'idea di metterla come apertura.
Questa prima shot si ambienta nella 2x06 (quando ci si riferisce ad un
episodio in particolare lo riporterò tra parentesi
all'inizio, come in questo caso), ovvero quando Lincoln è
trasformato in un Mietitore. Ho cercato di dare una mia
interpretazione: ci sono alcuni momenti di lucidità in cui
lui si accorge di ciò che succede, ma non può
fare nulla per fermarsi. Il suo corpo e il suo cervello vanno contro il
suo stesso volere. C'è sempre Lincoln da qualche parte,
anche dietro il Mostro, ma non è abbastanza forte per
riprendere il controllo di se stesso.
Un'ultima nota: la raccolta conta quattro one-shot e tre flashfic. Il
prossimo personaggio sarà Finn e aggiornerò ogni
sabato :) Baci, spero che questa prima one-shot vi sia piaciuta!
A presto!
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Capitolo 2 *** Murderer ***
#2. Finn
[2x06]
«A
monster, a monster,
I'm
turning to a monster»
Continuo
a fissare la luce traballante del bunker, piegando un po' la testa e
sospiro. Non riesco a sentire nulla, nessuna emozione, nessun
pensiero. Assolutamente nulla. Mi sento svuotato di tutto
ciò che
ero, rimpiazzato da qualcuno che non conosco, qualcuno che non sono
io, che non risponde ai miei impulsi, che non mi parla. Percepisco
l'orrore di quelle azioni, il disprezzo per averle compiute, la paura
per ciò che rappresentano. Ma non sono io, non posso essere
io ad
aver impugnato un fucile, non posso essere stato io a far saltare il
cervello a un uomo disarmato, a sparare su un villaggio di vecchi e
bambini. Non è possibile, non è vero.
Ricordo
la furia di quei momenti, che mi ribolliva nel sangue assieme ai
globuli rossi; ricordo l'odio, il disprezzo, il terrore puro di
averla persa per sempre, la disperazione di non poterla vedere e di
non poterle dare giustizia. Ricordo il buio che è sceso
sulla mia
mente, la facilità con cui il mio braccio scattava ancor
prima che
potessi pensare di farlo. Ricordo il vuoto nel mio sguardo.
Non
sentivo nulla, più nulla, solo il senso del dovere, il
bisogno.
Avrei fatto qualsiasi cosa per lei, qualsiasi cosa per ritrovarla.
Avrei
fatto qualsiasi cosa per ritrovarla, ma il mio fare qualsiasi cosa me
l'ha portata via per sempre. Lo leggo nei suoi occhi, non disgustati:
spaventati.
"Non
so più chi tu sia".
Ma
io so: ho fatto ciò che andava fatto. Era l'unica cosa da
fare.
No,
non era l'unica cosa da fare. L'orrore di ciò che ho fatto
mi piomba
addosso tutto d'un tratto, e il vuoto che sentivo dentro di me si
riempie di disprezzo e autocommiserazione con una violenza tale che
temo di poter esplodere in mille pezzi proprio qui, davanti a lei. Mi
manca il respiro. Soffoco dentro me stesso. Vorrei urlare, ma non
riesco ad articolare parola. Crollo a terra, le gambe improvvisamente
molli. Un tremito mi scuote, attraversando tutto il mio corpo. Posso
biasimarla? Non so più chi io sia, come potrebbe lei
riconoscermi?
Non mi perdono, perché dovrebbe farlo lei? Chi sono, cosa
sono?
Lo
sento dentro di me: quel liquido nero che esplode e corrode ogni
cosa, che mi riempie le viscere e si impossessa di me. Lo
sento in ogni fibra, in ogni cellula, in ogni vena.
"Neanch'io”.
Ma
io lo so. Un assassino, un mostro,
un pericolo.
Angolo Autrice:
Secondo capitolo, secondo
personaggio. Diciamo che non tutti amano Finn (io ho avuto un rapporto
un po' altalenante con lui, inizialmente non mi dispiaceva, poi
semplicemente mi era indifferente, ma non credo di averlo mai odiato) e
che molti lo accusano, come credo tutti sappiamo, di essere un
mostro/un incoerente/un falso e quant'altro. Con questa Flashfic io non
voglio né accusarlo né giustificarlo, ma
semplicemente indagare sulla sua interiorità;
perché, checché se ne dica, è un
personaggio comunque molto umano, che ha compiuto l'errore
più grande della sua vita e che, per questo, si odia. La
scena finale qui descritta (e ripresa dall'episodio 2x06) ne
è la prova. Ho voluto immaginare un iniziale momento di
negazione, un secondo in cui si accorge di ciò che ha fatto
ma cerca di trovare una giustificazione e, alla fine, il momento in cui
realizza che ciò che ha fatto non era inevitabile e si odia
per tutto. Spero vi sia piaciuta! Ho una sola nota da fare: tutte le
scene sono riprese dall'episodio, ad eccezione quella iniziale in cui
fissa la luce ecc., l'ho immaginata inserita nell'intervallo di tempo
da quando arrivano al bunker a quando viene mostrato l'imbarazzo fra
lui e Clarke. La prossima flashfic sarà su Bellamy :) A
sabato prossimo, baci, e godetevi le calze e i dolci ♥
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Capitolo 3 *** Protector ***
#3.
Bellamy
[1x08]
"My
mother, if she knew what I've done, who I am. She raised me to be
better. To be good. And all I do is hurt people. I'm a monster."
Bellamy Blake (The
100 – 1x08)
C'è
stato un momento in cui mi sono accorto che la mia vita non aveva
alcun senso, che ero nient'altro che un uccello con le ali spezzate
in caduta libera, ed è stato quando ho capito di non sapere
più chi
fossi. Avevo perso la mia identità, i miei valori; mi ero
ritrovato
catapultato in un corpo che sembrava il mio, con un'anima che certo
non mi apparteneva. Ero prigioniero delle circostanze, eppure una
martellante voce nella mia testa mi ripeteva che tutto ciò
che era
andato storto dipendeva da me. C'è sempre una via d'uscita,
c'è
sempre un'alternativa: se c'è una strada sbagliata, ci deve
sempre
essere un'alternativa giusta. La vita non è fatta di bianco
o di
nero, mi diceva.
L'essere
costretto a fare qualcosa, non rende meno gravoso il peso della
responsabilità: se questo qualcosa è sbagliato,
continua ad
esserlo, che sia giustificato o meno. La vita non è semplice
come si
spera, non lo è mai.
Se
fai qualcosa di sbagliato, che sia giustificato o meno, sei
irrimediabilmente un peccatore. Se continui a farlo sei un pericolo.
Se diventa la tua prassi, sei un mostro.
Io
ero andato contro tutto ciò che mi era stato insegnato per
salvare
quell'unica cosa che mi faceva sentire in qualche modo vivo: mia
sorella. L'amore per lei era la parte migliore di me, quell'unica
nota armoniosa in una cacofonia di dolore. Lei era stata il mio
segreto e, in un qualche modo, il fatto che nessuno sapesse di lei
l'aveva protetta dall'essere contaminata dallo sporco del mondo. Lei
era pura, come nessun'altro sulla Terra poteva sperare di essere: era
pronta a difendere le proprie idee, era coraggiosa ed equilibrata,
incline ad amare e vedere il buono in chiunque, e questo proprio
perché non era venuta a contatto con nessun essere umano a
parte me
e mia madre. Aveva vissuto nella bolla di sapone che le avevamo
costruito attorno, protetta nella sua campana di vetro come la rosa
del Piccolo Principe. E poi, d'un tratto, quella bolla era scoppiata,
scagliandola in un mondo per il quale non era pronta, lasciata da
sola ad affrontare orrori che non avrebbe mai potuto immaginare. In
che mondo io sarei potuto restarne fuori? In che mondo avrei potuto
lasciarla sola con se stessa? Avevo sentito la rabbia e la follia
scoppiarmi dentro, assieme a quel senso di protezione che le dovevo
anche solo per essere venuta al mondo. Lei era una cosa pura, la mia
cosa pura, l'unica cosa bella della mia vita. Come avrei potuto non
agire?
Tutto
ciò che era venuto dopo era stato per spirito di
sopravvivenza.
Uccidere non era mai stato nei miei piani. Ogni essere umano sa di
non poter privare nessun altro della vita; c'è chi fa finta
che non
sia così, ma nessuno si prende una vita senza pagare caro il
prezzo.
Uccidere non è semplice come si pensa. Uccidere non
è solo premere
un grilletto e restare a guardare; vuol dire mutilare se
stessi, recidere un pezzo di anima che non tornerà mai
più
indietro. Ogni uomo o donna a cui togli la vita ti strappa via un
pezzo della tua umanità e ti porti appresso i suoi occhi,
incisi
nella carne, fino alla fine dei tuoi giorni. Di notte, quando il
resto del mondo dorme, i tuoi occhi restano sbarrati, fissi nel
vuoto, mentre le orecchie ti fischiano per quegli insistenti
sussurri, che si insinuano nelle tue orecchie e penetrano nelle
profondità del tuo cervello. Le senti vibrare, quelle voci,
come i
puntuali rintocchi di un orologio, come il battito del tuo cuore. E
assieme al sangue e alle lancette che si spostano, senti fluire
nelle tue vene l'acido della malvagità, del peccato, del
rimorso. La
sicurezza di aver agito per una buona causa non può
purificarti né
rincuorarti. La morte ti scarnifica, piano piano, fa invecchiare la
tua anima di colpo, ti riempie le vene e le vie respiratorie di
sofferenza e dolore, ti incide nella carne e nelle ossa quelle parole
che ti martellano nella testa. Assassino. Mostro.
Pericolo.
Non
provavo alcuna soddisfazione del vedere la luce spegnersi nei loro
occhi, la vita fuggire col loro ultimo respiro. Non era ciò
che
volevo, ma era ciò che continuavo a fare, una volta dopo
l'altra.
C'è sempre un'alternativa. Allora perché non
riuscivo a vederla?
Perché tutto ciò che potevo fare era infierire
sul poco di umanità
che mi restava per poi crogiolarmi nell'autocommiserazione? Se ero
davvero un mostro, perché tutto mi provocava una tale
sofferenza? Se
non lo ero, perché non cercavo un'altra soluzione?
Se
nessuno poteva salvarmi, neanch'io, aveva senso cercare di
sopravvivere?
Se
non sapevo più chi ero, se avevo perso me stesso, allora ero
ancora
vivo? Ero ancora qualcuno?
Tutto
ciò che sapevo me lo dicevano quelle voci, litanie lontane e
leggere, martellanti e confuse. Tutto ciò che sapevo era che
ero un
assassino – che fossi giustificato o meno
–, un pericolo –
per me stesso o per gli altri? –, un
mostro – ma lo ero
irrimediabilmente?
Angolo Autrice:
Eccoci, con questo
terzo capitolo e uno dei personaggi che mi piacciono maggiormente.
Bellamy all'inizio non mi faceva impazzire, ma quando ha dimostrato
un'umanità e una debolezza maggiori rispetto a quelle che
sembrava avere all'inizio ho irrimediabilmente cambiato idea su di lui.
È un personaggio complesso e dalle molte sfaccettature, io
ho cercato di indagare sul suo lato debole e "colpevole", sperando di
aver fatto un buon lavoro. Il tratto che maggiormente lo
contraddistingue è sicuramente l'amore per Ottavia, e non
potevo evitare di nominarlo. Un'unica nota da fare: so che
probabilmente Bellamy non avrebbe modo di conoscere il Piccolo
Principe, ma mi piaceva l'idea che certe storie restano con
l'umanità sempre, anche dopo cent'anni di vita nello spazio,
anche dopo disastri ed esodi vari. Ci sentiamo presto, con il prossimo
capitolo su Marcus Kane. Baci!
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Capitolo 4 *** Sacrifice ***
#4. Marcus Kane [1x13]
«This
burden came to me,
And it's made it's home inside»
Ho
un peso che grava sul mio cuore, che colpisce ritmicamente il mio
stomaco e riempie i miei polmoni. È il peso di
trecentoventinove
anime innocenti, trecentoventinove vittime impresse a fuoco nel mio
cervello, trecentoventinove amici uccisi da me.
Ogni loro
respiro mancato me ne dona uno, ma ogni respiro da me compiuto non ha
più la dolce consistenza di una volta: percepisco l'amaro
sapore del
rimorso, il gelo dei sensi di colpa. Quando me ne sto nella mia casa,
disteso e al buio, cercando di conciliare quel sonno non intenzionato
a raggiungermi, mi sembra di sentire l'eco di un sussurro:
Mostro.
Avere
il potere non è facile come molti credono. Avere il potere
vuol dire
fare scelte che vanno contro i tuoi principi, i tuoi desideri e le
tue concezioni; vuol dire rinunciare a quello che sei e diventare
ciò
che gli altri hanno bisogno che tu sia. E, a volte, la gente ha
bisogno che tu diventi un mostro, un assassino. E tu,
irrimediabilmente, lo diventi.
Ma
niente viene per niente. Nessuna azione è priva di reazione.
E tu
sai che prima o poi dovrai pagare, in un modo o nell'altro. Sai che
qualcuno passerà a riscuotere. E nel silenzio della tua
stanza,
ascoltando l'eco delle tue stesse accuse, aspetti.
E
all'improvviso capisci: sacrificio. Il sacrificio
è l'unica
strada, l'unica soluzione, l'unico conio che possa ripagare, in
parte, ciò che hai fatto. Non puoi riportare in vita coloro
che hai
ucciso, è troppo tardi ormai; ma puoi salvare delle vite,
puoi
salvare coloro che restano. Una vita per migliaia di vite.
Non
è un prezzo poi troppo alto.
Senza
nemmeno rendermene conto ero scattato in piedi. La sua mano a
trattenere la mia mi aveva inchiodato per un secondo al pavimento: mi
ero voltato senza dire una parola, per rivedere quegli occhi che
sembravano tremare. Negli occhi di Abigail Griffin avevo sempre
visto, nei miei confronti, disprezzo. La nostra era una sorta di
educata ostilità, quella particolare relazione che ai
ragazzi è
pressapoco sconosciuta – chiusi come sono nel loro mondo di
sincerità e drammi – ed è, invece,
assai familiare agli adulti:
se odi qualcuno, non glielo dici apertamente. Ne sono tutti
consapevoli, la tensione è percepibile, ma nessuno lo dice
mai
davvero ad alta voce. Si impara a convivere anche con coloro che non
si sopporta, si impara a fare buon viso a cattivo gioco. È
l'arte
dell'essere adulto. A suo modo, è l'arte del mentire, del
fingere,
del rinunciare a se stessi. È per questo che gli adulti
dicono
sempre ai ragazzi di vivere con felicità l'età
che stanno vivendo:
l'unico vincolo dei ragazzi sono i loro genitori. Il vincolo dei
genitori sono la società, il mondo lavorativo, la famiglia,
essi
stessi.
In
quel momento, però, negli occhi di Abby non c'era disprezzo.
Piuttosto, paura. Ero probabilmente l'unica persona, o quasi, che
aveva avuto con lei una sorta di rapporto – per quanto
conflittuale
– ad essere ancora accanto a lei.
Gli
altri erano lontani, dispersi, o morti. Ero tutto
ciò che la
teneva collegata alla sua vecchia vita.
Ho
sempre sentito nei suoi confronti qualcosa di diverso dal disprezzo:
la divergenza delle nostre idee non mi ha mai portato ad odiarla,
come era successo invece a lei. Mi aveva, se devo essere sincero,
sempre incuriosito. È una donna rara, Abby, forte e
meravigliosa
come poche cose nella vita: travolge tutti coloro che incontra e li
stupisce. Lascia sempre qualcosa di sé, che sia bene o male.
Il più
delle volte è bene.
Per
la prima volta da tempo, guardando quegli occhi scuri, mi sentivo
quasi bene. Quasi di nuovo umano. Per la prima volta, non mi sentivo
un completo mostro.
Ma
in fondo al cuore sapevo di esserlo, quindi mi voltai, lasciando
andare quella mano e lei. Nel momento in cui la mia mano
tornò
libera, mi sembrò che il gelo scendesse. Ma sapevo che
quello era il
mio dovere, e portare a termine il mio dovere era ciò che
avevo
sempre fatto e continuato a fare, sempre.
Forse
ero un assassino, un mostro, ma ciò non voleva dire che non
potessi
essere anche utile, anche un salvatore. Non significava che non
potessi fare, per una volta nella vita, qualcosa di buono.
Angolo
Autrice:
Mi
scuso immensamente per il ritardo ma sabato non ci sono stata e
domenica ho studiato tutto il giorno perché avevo un compito
e due interrogazioni ç-ç Marcus
è un personaggio che inizialmente detestavo, ma poi ho
totalmente cambiato prospettiva ed è, ora, uno dei miei
preferiti (un po' come è successo con Bellamy ahah). Lo
shippo immensamente con Abby e ho voluto lanciare un piccolo spunto
riguardo a questo, però chiaramente è ad
interpretazione libera perché non volevo focalizzare
l'attenzione sul pairing ma sul senso di colpa che lui prova. Questa
one-shot è leggermente meno oscura delle precedenti
perché c'è una parvenza di redenzione; ho
volutamente omesso il resto dell'episodio perché non volevo
riassumere la puntata ma ciò che lui prova. La scena
iniziale non compare nel telefilm ma mi sembrava giusto inserirla :3
Baci, alla prossima settimana (Sperando di non ritardare più
ahhaha)
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Capitolo 5 *** Fear ***
#5. Charlotte [1x03-04]
«I'm
taking a stand to escape what's inside me.
»
Il
mostro prima era nei miei sogni, nella mia testa, ora è
davanti a
me. Devo uccidere i miei demoni, è così che mi
hanno detto, se
voglio tornare ad essere felice. Gli incubi vanno via se impari ad
ucciderli, se li affronti, se gli fai capire che sei più
forte, che
a comandare sei tu. Non lascerò il mostro vincere un'altra
volta,
non lo lascerò prendersi la poca sicurezza che mi resta.
Sono stanca
di urlare, sono stanca di svegliarmi nel cuore della notte. Il mostro
è qui, fermo, seduto a due passi e mi squadra con quegli
occhi scuri, quelle due pozze di buio senza fine. E,
un attimo dopo, il mostro non c'è più,
è sparito. Riverso davanti
a me, nel suo stesso sangue.
Il
mostro ora è morto, i demoni dovranno andare via dalla mia
testa. Il
mostro non c'è più, ho vinto io.
Il
mostro prima era nei miei sogni, nella mia testa. Ora è
dentro di
me. Ora il mostro sono io. Lo sento. Non urlo nel sonno, non ho
più
gli incubi. Sono io il mio stesso incubo. La morte mi ha liberato da
un mostro. Ora che il mostro sono io, morire servirà a
qualcosa?
Tutto l'odio dentro di me, tutto questo disprezzo attorno a me. Sono
stanca di
scappare. Sono stanca di affrontarmi. Combattere contro se stessi
è come sentire delle mani invisibili che ti soffocano nel
sonno: senti il respiro che ti viene meno, così come le
forze, mentre quelle mani insistono sulla tua pelle debole e ti
lasciano profondi solchi violacei. Combattere contro se stessi
è come morire ogni giorno, come sentire centinaia di
coltelli che ti trapassano il ventre. Vorresti vomitare tutto
ciò che in te è malvagio, vorresti strappartelo
dalla carne e dall'anima, e nell'incapacità affoghi,
consapevole di non poterlo fare. Lo sento, il male, radicato dentro di
me, lo sento combattere con l'ultimo briciolo di bontà che
mi
rimane. Sento che diventa forte, sempre più forte, mentre io
mi
affievolisco, mentre di me resta solo una manciata di polvere e un
cuore spezzato.
È
in me, in ogni parte di me, e si diffonde attorno a me e li contamina
tutti, nell'odio, nella disperazione, nelle accuse che si lanciano a
vicenda. Nelle accuse che, poi, mi lanciano. Il pensiero di morire
è
davvero così atroce? Posso davvero oppormi alla morte, se so
che è
l'unico modo per liberarmi, per liberarli? L'unico modo per uccidere
il mostro è morire. Morirò.
Volare
mi fa sentire come se stessi nascendo di nuovo, ma so di non essere
ancora morta. So che il mostro dentro di me sta ruggendo. È
furioso,
arrabbiato per ciò che sto facendo, ma non potevo lasciarlo
urlare
nella mia testa, non potevo lasciarlo controllare le mie mani. Ora
volo e mi sento bene, così bene, così viva. Si
sono sentiti così
anche mamma e papà, a volare nello spazio? So che alla fine
di
questo burrone li vedrò, so che saranno lì ad
accogliermi adesso
che il mostro non è più in me, adesso che non
sono più un mostro.
Il tempo si dilata e si restringe di colpo, per l'ultima volta.
Esplodo. Vedo finalmente la luce.
Niente
più incubi, niente più paura, niente
più mostri.
Solo
la bellezza della luce. Solo mamma e papà.
Angolo
Autrice:
Buon giorno a tutti! Sono ancora in ritardo perché ieri
è stato il compleanno di mia madre e non sono stata
granché al pc :) Questo capitolo non mi soddisfa molto,
principalmente perché Charlotte è un personaggio
un po' ambiguo. È spaventata ed è giovane,
inesperta, senza più una guida, addolorata... un mix
mortale. Un essere umano non può reggere tutte queste cose
insieme, è una cosa malsana. Credo che il suo dolore e la
sua paura, impossessandosi di lei, l'abbiano fatta impazzire. Quella
che abbiamo conosciuto è solamente l'ombra di Charlotte, non
altro. Ho cercato, in minima parte, di indagare sulle sue sensazioni
dopo la morte di Wells, perché è lì
che comincia ad autocommiserarsi e spero di essere riuscita, almeno un
po', nell'intento, anche se il capitolo, come ho detto, non mi soddisfa
granché. Il prossimo sarà su Dante Wallace :) A
presto!
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Capitolo 6 *** Saver ***
#6.Dante
Wallace
«Can
I clear my conscience (...)?
»
Usarli
è sempre stata la strada più semplice, la strada
che più
facilmente ti avrebbe portato a ciò che desideravi. Sono
passati
così tanti anni da quel giorno, il giorno più
luminoso della tua
vita, un giorno così lontano eppure così
dannatamente vivo nella
tua memoria, vivo nei tuoi quadri e nelle tue mani che sembrano
realizzarli da sole, senza che tu debba più guidarle. Il
profumo.
Cosa daresti per poter risentire quel profumo, meraviglioso e puro?
Il profumo dell'aria vera, aria pulita, l'aria fatta per essere
compatibile con i tuoi polmoni e non più suo inutile
surrogato.
L'aria fatta di centinaia di fragranze, quell'esplosione di profumi e
colori. Faresti di tutto, qualsiasi cosa per risentirlo, qualsiasi
cosa per riempirti di nuovo gli occhi e l'anima di quel verde, per
rivedere i fiori e gli alberi, il cielo azzurro, le pietre e le
nuvole. Avere una meraviglia così vicina e non poterne
godere: c'è
qualcosa di più crudele?
Il
loro sangue può aiutarvi, perché loro sono stati
beneficiati. A
loro è stato concesso di godere appieno delle bellezze della
Terra.
A loro è stato permesso camminare sui prati e riempirsi i
polmoni di
quella purissima aria. Se la natura lo ha concesso a loro, la scienza
lo concederà a voi. Sai che vi spetta, vi spetta di diritto.
Quei
barbari vi servono e devono tornarvi utili in qualche modo. Il sangue
che gli scorre nelle vene potrebbe essere l'unica strada che vi
porterà alla libertà.
Guardi
l'orripilante spettacolo di centinaia di corpi appesi a testa in
giù.
Bestie da macello destinate ad essere prosciugate sin nelle
più
piccole fibre e poi gettate vie quando non serviranno più.
Sono
animali e come tali li trattate: della vostra civiltà non
posseggono
nulla. È ingiusto che sia stato concesso loro ciò
che a voi è
vietato, se voi avete gli strumenti per trarne beneficio mentre loro
non immaginano nemmeno la loro fortuna. Ma è davvero
così? È
davvero questo il punto? Il prezzo da pagare per accedere al mondo
è
quello di migliaia di vite umane, per quanto barbare
e
inferiori? La violenza genera altra violenza. Il
sangue
richiede altro sangue.
Tutto
ciò che state facendo, lo sai, tornerà indietro.
Il male non resta
impunito, neanche se è per il bene superiore, nemmeno se
è per il
vantaggio comune. Sei un salvatore, donerai alla tua gente la
possibilità di una nuova vita sulla vostra Terra –
a cui siete
stati strappati senza apparente ragione –, sarai colui che
passerà
alla storia come il primo uomo della montagna a rimettere piede sulla
Terra? Darai alla tua gente ciò che desidera maggiormente?
Sarai un
eroe, uno scienziato, il miglior presidente che il Mount Weather
abbia mai avuto?
Sarai
tutte queste cose, ma sai che resterai sempre un assassino, un
mostro, un pericolo. Il sangue che ti scorrerà dentro ti
corroderà
le vene, il cuore nel petto ti scoppierà, patirai le pene
dell'Inferno, perché dell'Inferno ti sei servito per
raggiungere i
tuoi scopi. Le loro urla, le loro preghiere, non saranno state vane.
Torneranno ogni giorno e ogni notte a forarti i timpani. I graffi
lasciati sulle pareti delle loro prigioni si paleseranno sulle tue
carni, senza che tu possa fare nulla per prevenirle.
Sarai
dannato, come dannati sono stati coloro che hai usato,
perché sei un
assassino, un mostro, un pericolo.
Angolo
Autrice:
Salve! Stavolta sono in orario
ahahah Questo capitolo è uscito un po' di getto,
è un po' meno ad effetto rispetto agli altri, credo, ma
sentivo di doverlo scrivere. Dante ha dimostrato una grande
umanità quando si opposto all'uso dei 47 per scopi
scientifici, è stato un bel gesto, certo. Ma se si compara a
ciò che è stato fatto ai Grounders, che abbia un
fine "giusto" o "umano" o quel che volete, resta incoerente. Usare i
terrestri in quel modo barbaro, come bestie da macello, è
quanto di più disumano ci possa essere e io credo che lui ne
sia ben consapevole. Ha dimostrato di poter essere umano, ma come nel
capitolo dedicato a Marcus talvolta, per il bene comune, si fanno
scelte sbagliate, che non sono per questo giustificabili, certo. Spero
che vi sia piaciuto nonostante tutto, purtroppo il prossimo capitolo
sarà l'ultimo (ed è uno di quelli che mi
è piaciuto di più scrivere, paradossalmente) e
verterà su Murphy. Baci :)
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Capitolo 7 *** Monster ***
#7. Murphy
Si
dice che quando qualcosa ti viene ripetuto per così tanto
tempo,
prima o poi cominci a crederci. Diventa parte di ciò che
sei, la tua
verità. Diventa tutto ciò che sai di te stesso.
Quando
passi la vita a sentirti dire che sei un mostro, che tutto il male
del mondo dipende da te, che ogni cosa che va per il verso sbagliato
è colpa tua, cos'altro puoi fare se non pensare che sia
l'unica e
sola realtà dei fatti? Nella vita reale non esistono
supereroi, non
esistono superpoteri, non esistono salvatori che curano i mali
dell'anima. Se sei cattivo, non puoi redimerti. Se sei marcio dentro
non puoi aggiustare i tuoi pezzi rotti.
Potrai
provare quanto vuoi a fingere di essere buono, di essere cambiato, di
voler fare, per una volta, la cosa giusta: una volta che il Marchio
di Caino è impresso sulla tua fronte, continuerai ad essere
un
mostro, un pericolo. Lo sarai sempre, anche quando qualcosa dentro di
te cambierà, anche quando ti accorgerai che forse una
minima,
infinitesimale possibilità per te c'è, che non
sei perduto, che la
tua anima non è totalmente contaminata, che forse, forse,
non sei un
mostro, ma solo un ragazzo che ha fatto le scelte sbagliate.
La
sofferenza fortifica, a quanto dicono. E dopo che hai sofferto, il
dolore si radica dentro di te, come un parassita che divora tutto
ciò
che sei. È per questo che ti cambia, profondamente. Dopo
aver
sofferto, puoi scegliere di migliorare o di continuare ad essere un
mostro.
Ma
quando è il mondo a decidere per te, sostenendo che non vali
abbastanza da avere una seconda possibilità, che il marchio
è
troppo profondo e troppo profondamente radicato nell'immaginario
comune, quando ti urla che sei un mostro, un pericolo, un traditore,
cosa puoi fare? Quando resti in vita nonostante tutti ti vogliano
morto, quando ti vergogni di ogni respiro che sfugge dalle tue
labbra, quando tutti i tuoi tentativi sono vanificati, ritenuti
inutili e finti, cosa ti rimane? Solamente quell'unica, profonda
certezza, che non sei mai riuscito a sradicare dalle
profondità del
tuo essere: sei un mostro, un pericolo,
un traditore.
E lo sarai sempre, il marchio sarà per sempre inciso su di
te, sulla tua anima, e corromperà tutto ciò che
di buono rimane.
Perché questa
è la tua natura. Questo è ciò che sei.
Se loro dicono così, è ciò che sei.
Angolo
Autrice:
Ed eccoci giunti alla fine di questo percorso. Scrivere questa raccolta
mi è piaciuto veramente moltissimo, era da tanto che non
scrivevo e mi ha fatto veramente piacere. Quest'ultimo capitolo
è più breve dei precedenti e sinceramente
rileggendolo non mi soddisfa appieno. Murphy è un
personaggio molto complesso e mi piacerebbe scrivere, in un prossimo
futuro, ancora su di lui. Sta dimostrando di non essere il mostro che
tutti credevano all'inizio: ha sbagliato, certo, e anche tanto, ma
forse meriterebbe una seconda possibilità. Volevo
ringraziare tutti coloro che hanno seguito questa storia e in
particolare Fannie Fiffi
ed Elodie90
che l'hanno recensita e Lyra
Dauntless che l'ha inserita fra le seguite. Grazie a
tutti, spero che questa raccolta vi sia piaciuta almeno un po'... spero
in una prossima volta! Baci ♥
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