Winter Flu di Haruma (/viewuser.php?uid=100451)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** One ***
Capitolo 2: *** Two ***
Capitolo 3: *** Three ***
Capitolo 1 *** One ***
Piccola premessa: Consiglio di leggere la mia precedente one-shot Nell'oscurità una luce poiché questa dovrebbe essere una specie di continuo. Non è obbligatorio farlo, infatti alla fine, non c'è nessun collegamento troppo evidente
Winter Flu
One
Tra qualche
giorno, sarà definitivamente inverno. Il secondo senza Prim,
il primo da quando Peeta è arrivato qui, lo stesso gelido
inverno che fa restare chiuso in casa tutto il Distretto 12.
Io non faccio altro
che alzarmi dal letto e stare per un tempo indeterminato a fissare il
fuoco scoppiettante, accompagnata dall'immancabile tazza di
tè che mi prepara Sae.
In questo ultimo
periodo si è scatenata una tormenta talmente forte da
ricoprire le strade di quasi un metro di neve.
Alcuni si stanno
adoperando e cercano di spalarne via la maggior parte ma ogni notte ne
cade una fitta quantità dal cielo.
Sembra un tappeto di
velluto visto dalla finestra della mia camera. A volte, quando mi
sveglio e do un'occhiata fuori, immagino di toccarla e di non sentire
per niente freddo.
Sto impazzendo di nuovo.
È chiaro, è un segno.
Due settimane fa, Sae
e la sua nipotina sono rimaste bloccate a casa mia e ogni notte
è stata durissima da superare per loro due.
Con
le mie urla, svegliavo la bambina che terrorizzata scappava via e si
rintanava nei posti più insoliti. Ricordo quando la nonna
l'ha trovata nella cesta dei panni sporchi con Ranuncolo tra le
braccia; è strano ma, vedendola raggomitolata in quel modo,
sembrava tanto simile a me durante il mio soggiorno al Distretto 13.
- Non
ho dormito affatto. Sono rimasta per ore al centro del letto a fissare
un punto imprecisato davanti ai miei occhi così da non dare
problemi.
- Peeta
non ha potuto raggiungermi in nessun modo, in nessun momento,
però mi ha chiamata ogni notte, ogni volta che avevo un
incubo, come se avesse avuto un campanello d'allarme pronto a
trillare fisso nel cervello.
- Mi
ha rassicurata e mi ha raccontato di qualsiasi cosa mentre mi ritrovavo
seduta sulla poltrona di fronte al letto a reggere tremante la
cornetta, con la testa poggiata alla cassettiera.
- Durante
la prima notte in bianco, al primo riecheggiare del telefono, mi sono
alzata e senza nemmeno che dicessi una parola, lui ha cominciato a
parlare.
- «Katniss,
sei lì?» era un po' assonnato.
- Talmente
tanta era la sorpresa di sentire la sua voce che ci ho messo parecchio
ad aprire bocca, «Peeta... È successo
qualcosa?»
- «Ti
ho sentita gridare» inevitabile non rendersi conto della
preoccupazione nel suo tono. «È passata, Katniss,
sta' tranquilla».
- Per
un po' sono rimasta con le ginocchia strette al petto -immaginandomi le
sue mani accarezzarmi i capelli- a riflettere su cose che non hanno mai
attraversato l'anticamera del mio cervello ma poi mi sono ricordata di
lui, che aspettava che gli dessi un minimo segno di vita.
- «Fa
freddo...», questo è stato il mio unico modo di
rispondere.
- Nemmeno
un "perdonami. Anche Sae non mi sopporta più" o un misero
"mi dispiace". Nulla.
- Ho
espresso involontariamente solo come stavo e cosa mi stava
accadendo.
- «Mi dispiace non
poter essere lì».
- Ecco.
Le scuse che non doveva
darmi erano arrivate, puntuali come un orologio svizzero,
«non è colpa tua... come ti sei accorto di
me?»
- «Semplicemente
non riuscivo a prendere sonno dopo il mio ultimo incubo ma anche se
avessi dormito, mi sarei svegliato e ti avrei chiamata. È
dura anche per me». Per un momento mi sono sentita sollevata.
«Ti va di parlare un po'?» mi ha chiesto
infine.
- E
-a quella domanda- ho annuito come se fosse stato davanti a me.
Ci siamo
sentiti telefonicamente per cinque notti di seguito; a volte, quando
proprio non riuscivo a tenere le palpebre aperte, crollavo con la
cornetta all'orecchio cullata dalla voce calma di Peeta che mi
raccontava piccoli aneddoti della sua infanzia che si sforzava di
ricordare o di come sarebbe riuscito ad entrare dalla finestra di
Haymitch per vedere come stava, oppure cosa avrebbe preparato da
mangiare la mattina seguente.
La mia teoria si
è rivelata essere vera. Mi sono di nuovo così
tanto abituata a sentire le sue braccia stringermi forte che il solo
non dormire con lui mi distrugge piano piano, senza che me ne accorga.
In effetti
è così. Non ho ancora trovato nessun appiglio
alla vita che sia più forte di Peeta e delle primule -ora
coperte di neve- le quali mi ricordano che mia sorella non vorrebbe che
mi lasciassi andare.
- Una
volta liberate le piccole vie del Villaggio dei Vincitori, il ragazzo
del pane è tornato a fare colazione a casa mia.
- Quando
sono andata ad aprirgli, l'ho osservato attentamente facendo in modo
che ogni minimo dettaglio del suo viso mi si stampasse nella mente: gli
occhi azzurri stanchi, i suoi capelli biondi umidi perché
ricoperti da lievi fiocchi di neve, le gote e il naso rossi e le labbra
-riparate dalla sciarpa- piegate in un leggero sorriso
gentile...
- «Ciao»
mi ha salutata cortesemente porgendomi un pacchetto. «Ho
portato dei biscotti» è entrato dentro strofinando
i piedi sul tappeto.
- «Dammi
pure il cappotto» gli ho detto leggermente
impacciata.
- Mi
stavo di nuovo comportando come i primi giorni in cui è
arrivato al distretto anche se, alla fine, mi è sempre
riuscito difficile fare gli onori di casa.
- «Come
stanno le tue ospiti?» mi ha domandato per il
corridoio.
- «Stanno
mangiando».
- Una
volta in cucina, Sae ha alzato lo sguardo dal suo piatto incontrando il
volto di Peeta.
- «Ci
chiedevamo che fine avessi fatto» gli ha detto scherzosa.
«Tutto bene, Mellark?»
- «Buongiorno,
ho portato un po' di dolcetti». A quelle parole, gli occhi
della nipotina di Sae si sono subito spostati sul sacchetto che avevo
poggiato sul tavolo. «Naturalmente li ho fatti per te, ma so
che sei brava e che quindi ne conserverai uno per Katniss e la nonna,
vero?» ha continuato prontamente lasciando che prendesse
quello che voleva. «Ci sono quelli al cioccolato e alla
cannella».
- Tuttora
credo che quella bambina abbia una leggera cotta nei suoi
confronti.
- Ma
non mi riferisco a quella sorta di comportamento sfrontato e possessivo
che in genere caratterizza le ragazzine, ma a quella specie di timida
ammirazione che ho visto in pochissime persone. D'altronde lui
è sempre stato il tipo in grado di farsi accettare da
tutti.
- Però
questo tipo d'interesse è ben diverso: lo noto da come la
sua piccola boccuccia si increspa in un leggero e quasi invisibile
sorriso quando Peeta le dà qualche attenzione particolare o
le disegna una casetta da colorare... e me ne rendo conto quando le sue
guance diventano color pesca dopo aver ricevuto un complimento e
abbassa la testa facendosi accarezzare piano i capelli.
- Stranamente
sono felice del legame che li accomuna, non mi turba affatto. Anzi, mi
dà un senso di tranquillità che credevo aver
perso.
- Peeta
però non vuole restare del tutto da solo con lei; ha paura
che con gli episodi -ultimamente meno frequenti- le possa fare del male
e infatti non l'ha mai portata a casa sua per farle vedere come prepara
il pane. È sempre venuto da me.
«Allora...»
ha cominciato Sae «cos'hai fatto in questi giorni?»
«Beh...»
si è seduto vicino a lei «ho aiutato giusto un po'
il distretto a sbarazzarsi della neve, mi sono assicurato che Haymitch
non restasse a digiuno, ho fatto il pane e non ho dormito» ha
messo della mollica in bocca. «Però ho avuto molto
tempo per riflettere e mettere a posto le idee».
Era solo colpa mia se
non aveva chiuso occhio.
«Bene...»
ha inghiottito l'ultimo spicchio di arancia cominciando a spezzettare
la buccia «Katniss ha sentito molto la tua
mancanza» ha azzardato.
Quell'affermazione di
Sae ha fatto in modo che Peeta alzasse lo sguardo dalla mia parte
imbarazzandomi non poco.
«Ci siamo
sentiti al telefono» ha risposto evasivo continuando a
mangiare indisturbato.
Sae ha dovuto capire
la tensione che si era creata perché ha subito cambiato
discorso parlando di Haymitch e delle faccende che avrebbe dovuto fare
a casa sua -lamentandosi del prevedibile disordine che l'avrebbe
aspettata di lì a poco.
- Quella
stessa notte ho lasciato che Peeta dormisse con me. La fragranza di
cannella e aneto ha invaso immediatamente l'intera stanza.
- «Dicembre
è il mio mese preferito» mi ha confessato una
volta a letto, «e amo l'inverno perché in
panetteria c'era sempre un bel po' da fare con i dolci e poi sembra
tutto così candido e puro».
- Non
avrei mai potuto immaginare che a Peeta Mellark piacesse una stagione
tanto fredda.
- Siccome
è un artista, avrei scommesso che amasse i giorni caldi e
colorati.
- Ho
annuito piano sentendo la sua mano sciogliermi lentamente la treccia
disordinata.
- «Hai
sonno, Katniss?» mi ha chiesto dopo un po'.
- No. Ho scosso la
testa.
- «Vuoi
che me ne vada?» è una domanda che fa spesso
quando ha il timore che io possa essere spaventata da lui.
- No. Ho continuato a
non proferire parola esprimendomi solo con impercettibili movimenti del
capo.
- «Non
hai paura di me, vero?» mi ha guardata cercando di scovare
una risposta da qualche parte.
- È
stato in quel momento che l'ho abbracciato lentamente in modo da poter
nascondere la mia testa tra la clavicola e il collo inalando il suo
profumo.
- Non
ho mai osato stringermi a lui in quel modo e infatti è
rimasto sorpreso dal mio gesto improvviso tanto che ci ha messo qualche
minuto prima di ricambiare con la stretta più forte e calda
che avessi mai ricevuto.
- Mi
era mancata quella sensazione di pace.
---------------
Ciaooo! Eccomi di nuovo qui, questa volta a postare una
mini long senza pretese di tre capitoli che, per l'appunto e non so
come, ho già
concluso.
Bene... come nasce questa mia idea? Semplicemente sentivo il bisogno di
dover spiegare un po' cosa fosse successo nel periodo di dicembre a
Katniss e Peeta e siccome Suzanne - ahimé
ç____ç - non accenna minimamente al Natale, non mi
sono assolutamente permessa di scrivere qualcosa a proposito di questa
mia amata e adorata festività.
Allooora. Ora credo di dover chiarire la presenza della mia piccola premessa.
Naturalmente, chi ha già letto le mie precedenti one-shot si
sarà reso conto (o lo farà quando
posterò gli ultimi due capitoli) che questa long
è collegata a Nell'oscurità...
una luce. che, a sua volta, è collegata a «Non voglio diventare
come uno di loro» che ha un forte legame con «Credo che sia
arrivato il momento di andartene da qui, Mellark»
e così via...
E... vorrei farvi rendere conto che HO SCRITTO DI NUOVO IN POV KATNISS.
Ditemi che non è OOC! Ci sto prendendo gusto e sarebbe un
colpo al cuore scoprire di aver fallito miseramente
ç____ç
Ebbene, penso che alla fine creerò una specie di
raccolta nella quale inserirò tutte queste mie storielle,
anche le future (perché non ho la minima intenzione di
abbandonare questo magnifico fandom) +.+
Perché, poi, proprio questo strano titolo? Sarete sorpresi nel sapere che non
avevo idea di che altro mettere e che, be'... lo scoprirete solo
leggendo ♥
Naturalmente se volete chiedere spiegazioni basta che me lo facciate
sapere.
Mi auguro davvero tanto
di ricevere delle recensioni, ne ho bisogno - come Katniss ha bisogno di
essere cullata da Peeta - per comprendere se questa cosa
così stramba vi piaccia o meno (ammesso che qualcuno stia
leggendo, è chiaro ò.ò), voglio
assolutamente sapere se ci sono errori oppure meglio chiamati orrori di
ortografia e niente... la nipotina di Sae non è
meravigliosa? *^* Dovevo contagiarla con il mio amore smisurato per
Peeta :D (e comunque vorrei farvi notare che questa povera
creaturina non c'è tra i personaggi
da inserire. Fate qualcosa! ç^ç)
Non so... me la sono immaginata in questo modo e siccome la Collins non
le ha dato un nome sarò molto attenta a non citarlo
minimamente perché non sono all'altezza della grande signora
e.e
Okay, questo mio angolino è diventato un angolone enorme.
È arrivato il momento di salutare :)
Al prossimo capitoletto ♥
ps: non vi farò aspettare molto, giuro.
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Capitolo 2 *** Two ***
Piccola premessa: No, non credo debba spiegare qualcosa questa volta. Buon Natale (in ritardo) e buona lettura ♥
Two
Non avrei mai potuto credere che Peeta amasse davvero tanto
l'aria dicembrina. È quasi iperattivo, così
entusiasta che si è messo in testa di preparare molte cose
per questo mese e quando mi ha domandato se per caso volessi aiutarlo,
sono rimasta talmente sorpresa che non ho voluto dirgli di no.
È stata la prima volta dopo il depistaggio o la prima volta
in tutta la mia vita che mi ha chiesto di dargli una mano in qualcosa.
È un lato positivo, no?
L'unico problema che si è posto è stato dove
poter cucinare ma -dopo un lungo dialogo a cui ha partecipato uno
stranamente-sobrio
Haymitch, trovatosi lì per
caso- abbiamo deciso che staremo a casa sua per non
portare gli ingredienti da un'abitazione all'altra.
«E se avessi un episodio?» quello era l'ostacolo
più grande da superare.
«Ma non farmi ridere, ragazzo!» lo ha subito
ammonito Haymitch gettandosi sulla poltrona del mio salone.
«Ormai dormi con lei ogni notte e siete ancora tutti
interi» ha continuato con quel tono ironico che lo
caratterizza sempre.
Peeta era rimasto a guardare la sua lunga cicatrice sulla mano con fare
restio, «ma non sono completamente guarito e non vorrei che
lei assistesse a qualche mia scenata da pazzo».
«Ma tutto quello che ti occorre lo hai a casa tua, mentre qui
-a parte un misero set di pentole e stoviglie- non troveresti
niente».
Non sapevo se prendere negativamente o positivamente la considerazione
che Haymitch aveva fatto su quanto la mia cucina fosse poco attrezzata.
«Però, la maggior parte delle volte, non ti
dispiace venire a mangiare... specialmente nelle ultime
settimane...» l'ho subito punzecchiato ritenendo il suo
commento per niente carino.
Dopo il nostro arrivo al distretto, non ci siamo visti quasi mai.
«Santo Cielo tu!» si è subito girato
nella mia direzione. «Chissenefrega
di come cucini o di quello che hai in credenza! Stavo solo dando un
consiglio a quest'altro imbecille» è sbottato
sprofondando ancora di più nella poltrona.
«Ubriacone
idiota» ho mormorato tra me e me incrociando le
braccia al petto e poggiando la testa sul bracciolo del
divano.
In quel momento, sentire Peeta trattenere le risate, è stata
una sensazione davvero bella ma altrettanto fastidiosa. Mi sono subito
raddrizzata.
«Non c'è nulla di tanto divertente. Stavo solo
difendendo la mia proprietà» ho risposto offesa.
Proprietà...
"guadagnata uccidendo delle persone" avrei potuto continuare con lo
stesso tono basso ma anche i muri sanno quanto il sarcasmo non sia mai
stato il mio forte e non ho azzardato.
«Va bene. Vorrà dire che staremo da me»
mi ha sorriso lievemente il ragazzo del pane, interrompendo la
discussione sul nascere. «Però... Haymitch...
perché non vie...?»
«No» lo ha interrotto all'istante. «Ho
smesso di farvi da balia -almeno credo- e sai già la
motivazione per cui non verrò» lo ha guardato
seriamente per un minuto buono.
«Ma se dovesse succedere... tu non esitare ad entrare e a
stendermi» ha sospirato.
Cosa voleva dire? Si erano scambiati una promessa della quale io non
sapevo assolutamente nulla?
- Io e Peeta siamo sul suo porticato e tira un
vento così freddo e forte che potrebbe congelarci le ossa e
trascinarci in pochi secondi nella piazza del distretto.
- È più di un anno che non
metto piede in questa casa che tanto mi spaventa* e -una volta dentro-
rimango sconvolta dall'assoluta somiglianza con la mia. Avevo
dimenticato quanto fosse pulita e che avesse lo stesso profumo -anche
se meno intenso- di Peeta.
- Ancora non so spiegarmi il perché mi
incuti tanto timore nonostante non ci viva.
- Katniss,
datti una calmata, continuo a ripetermi come una mantra
mentre osservo con attenzione la foto poggiata sul mobiletto
all'entrata. Raffigura la famiglia Mellark al completo. C'è
un piccolo nontiscordardimé secco al lato.
- Rabbrividisco.
- Poso al volo il mio cappotto sull'attaccapanni e
raggiungo Peeta in cucina.
- Sta giocherellando con delle arance
però ha lo sguardo perso nel vuoto.
- Mi schiarisco piano la gola,
«allora... in cosa posso esserti utile?» poggio le
mani sullo schienale di una sedia trovandolo completamente graffiato da
solchi che mi fanno pensare parecchio.
- «Oh...» ci riflette su,
«che ne dici di separare i tuorli dagli albumi?»
dopo nota la preoccupazione nei miei occhi.
- Cosa fa per ore quando è da solo in
questa terribile casa?
- «Sì, certo»
rispondo atona dirigendomi verso la credenza.
- «Katniss...» mi chiama dopo
alcuni minuti sospirando, ha capito che non ho intenzione di aprire
bocca. «Quelli... è quando...» cerca di
spiegarmi lasciando la frase a metà.
- «Sai che non voglio che tu ti nasconda
da me» dico prendendo due contenitori ampi. «Quante
uova?»
- «Sette» riempie una
planetaria di farina. «È quando devo avere
qualcosa a cui aggrapparmi».
- Il suo comportamento non lo tollero affatto.
Sento che, da un momento all'altro, potrei gridargli così
tante brutte parole da non riuscire più a
controllarmi.
- «Che hai promesso a
Haymitch?» è questo
che mi infastidisce tanto.
- «Cosa?» mi guarda sconvolto
non riuscendo a capire.
- «Lo sai benissimo» sono al
terzo uovo. «A quanto pare, tu e quell'ubriacone mi eclissate
completamente dalle vostre discussioni!» sbotto
irritata.
- «Ma non è vero!»
cerca di mantenere il controllo continuando a mescolare acqua e
farina.
- «Allora perché l'altro
giorno ha detto che non sarebbe venuto?» il quinto uovo quasi
mi scivola dalle mani.
- Dopo un po', mi rendo conto dello sguardo
impensierito e cupo di Peeta e mi mordo la lingua all'istante.
- Ecco. Ora avrà un episodio e la colpa
sarà solo mia.
- Sento quasi il sapore ferroso del sangue
scivolarmi giù per la gola quando il ragazzo del pane inizia
a parlare.
- «Semplicemente mi ha detto di non
avere costantemente il terrore di fare del male a chiunque. Devo vivere
per me stesso e per quelli a cui tengo di più...» settimo uovo, finito.
«Ma è difficile» conclude sospirando e
continuando ad aggiungere farina al composto informe.
- La sua affermazione non fa una piega. Sta
dicendo la verità, gliela leggo in quelle sue iridi
cristalline un po' malinconiche.
- Gli avvicino i due contenitori dandomi della
grandissima stupida.
- «Mi dispiace» sussurro piano
girandomi di spalle.
- Sono
orribile, Peeta.
Alla quarta infornata ci fermiamo giusto qualche minuto.
Io mi siedo vicino al camino avvolgendomi con il plaid mentre lui
prepara la cioccolata.
Da quando è arrivato al Distretto 12, non faccio che
comportarmi malissimo e usarlo in continuazione.
Se non fosse che la notte abbia un così disperato bisogno
che lui mi abbracci, magari non gli permetterei di dormire insieme a
me. Ma la verità è che non capisco più
quello che mi succede da tempi immemori, ormai...
Non sono mai riuscita a chiarire i miei sentimenti per Peeta Mellark,
specialmente dopo il suo ritorno.
Faccio continuamente pensieri contraddittori sul ragazzo del pane... E
non perché c'è ancora Gale nella mia
mente -ho smesso da parecchio di cercare un qualcosa che mi
legasse a lui e che andasse oltre l'amicizia- ma perché
sento quasi di non avere freni inibitori quando mi trovo con Peeta.
Mentalmente confusa.
Mentalmente confusa. Sono una mentalmente confusa.
Non mi posso permettere di provare alcun tipo di sentimento che non sia
il rancore e il rimorso verso me stessa, la persona che non
è riuscita a proteggere nessuno, colei che ha creato tanta
distruzione attorno a sé.
Qualcuno si sistema alla mia sinistra «ecco a te»,
Peeta mi porge una tazza di cioccolata calda nella quale galleggiano
dei pezzetti di pane.
Mi sembra di perdermi insieme alle fiammelle che volteggiano nel
camino.
«Ricordi quando...» inizio a parlare per poi
bloccarmi subito. Sento un nodo alla gola che mi rende difficile
continuare.
«Quando te l'ho preparata durante i nostri primi
giochi?» posa il suo sguardo su di me.
«Sì» tossisce subito dopo.
Questa mi è nuova.
«Non ti senti bene, Peeta?» gli domando
sorseggiando un po' della bevanda.
«Ho giusto un po' di mal di gola, non
preoccuparti».
Sembra la stessa situazione in cui ci siamo trovati un mese fa, quando
mi ha baciata per la prima volta dopo tantissimo tempo; ho una strana
sensazione che mi attanaglia lo stomaco.
«Il ventidue papà avrebbe compiuto gli
anni» mi dice tutto d'un fiato dopo poco. «Avremmo
potuto stare insieme come tutte le altre volte. Io e i miei fratelli
avremmo lavorato al posto suo tutta la giornata e avremmo mangiato gli
avanzi dei dolci festeggiando con lui» si perde come me ad
osservare il fuoco consumare piano piano il legno. «Invece...
sono morti tutti quanti nello stesso momento» mangia un pezzo
di pane inzuppato di cioccolata. «E io sono vivo e da solo e
pazzo» stringe forte la ceramica grigia tra le mani facendo
diventare le nocche bianche.
Da solo.
Sì. È naturale che Peeta si senta solo
e lo capisco perché anche io percepisco quasi sempre il
vuoto che mi ha assalito dopo la morte di Prim.
Vorrei dire qualcosa ma quello bravo con le parole è sempre
stato lui; è in circostanze come queste che mi sento
assolutamente inutile.
Però, improvvisamente, mi ritrovo ad accarezzargli i capelli
-nemmeno fosse il pelo morbido di Ranuncolo- e mi rendo conto che
è questa la mancanza di freni inibitori; mi succede solo
quando sono in sua presenza. Mi fa fare certe cose che vanno oltre il
mio controllo ma in cuor mio so che è l'unico modo che ho di
proteggerlo.
«Katniss» mi sussurra chiudendo gli occhi,
«posso abbracciarti?» mi domanda flebilmente.
«Sì» rispondo trovandomi immediatamente
tra le sue braccia calde.
Lo sento soffocare un singhiozzo e poi un altro e un altro ancora tra i
miei capelli, «grazie» mormora stringendomi ancora
di più così da farmi sentire il suo profumo di
cannella.
*Katniss spiega esattamente perché è tanto
terrorizzata dalla casa di Peeta in Nell'oscurità... una
luce.
---------------
Ciaoooo! Auguri di buon Natale! ♥
Scusatem, sono in un ritardo pazzesco. ¡Desculpe!
ç_____ç
Ed eccovi il secondo capitoletto di Winter Flu. Dico
capitoletto perché, come il primo, è un tantino
corto e io non scrivo capitoli corti, anzi! Abbondo. Forse anche
troppo. Ma non preoccupatevi! u.u Il prossimo sarà molto
più lungo perché ho bisogno di chiudere questa
mini long invernale e - purtroppo ;____; - non natalizia.
Credo che alla fine ci starò davvero male. Nel senso... Io
AMO occuparmi di queste storielle e ogni volta che passo da "In corso"
a "Completa" è un colpo al cuore. E non è come le
one-shot (anche se ci sto lo stesso uno schifo) che sono
autoconclusive, è molto più 'doloroso' mettere la
parola fine a delle long.
Ecco, forse non starete capendo una ceppa di quello che sto
scrivendo, perdonatemi di nuovo... credo che di questi miei pensieri
malinconici ne sarete abbastanza
sommersi la prossima volta. Aspettateli con ansia e.e
Ricordate che Katniss è ancora una mentalmente confusa e che
Peeta si trova nella fase post-depistaggio e
post-episodidapazzofurioso, quindi... c.c
Altra novità - se così possiamo chiamarla -
è HAYMITCH. Lo adoro. Letteralmente. E mi sembrava logico inserirlo almeno in un piccolo dialogo
u.u
Ora non so che altro dire... l'ho dimenticato
òwò
La scena della cioccolata calda ♥ - con i pezzetti di pane che
galleggiano e che Peeta ricorda di aver messo durante i primi Hunger
Games - era obbligatorio metterla.
Vedetela come una specie di routine degli Everlark.
In questo capitolo ritorna di nuovo il dibattito avuto tra Haymitch e
Peeta quando il ragazzo è arrivato al Distretto 12 - giuro
che ho già scritto questa one-shot e la
pubblicherò non appena concluderò Winter Flu.
Altra cosa che si nota (e poi smetto di digitare) è come
Peeta si stia mano mano lasciando andare. Si sta lasciando proteggere
da Katniss raccontandole i suoi ricordi felici e malinconici.
Non so se ve ne siete accorte ma il tempo in Winter Flu è
leggermente più indietro del nostro.
Mi spiego meglio... Peeta dice che il padre è nato il 22
dicembre e quindi si capisce
- sì, si capisce - che sono tipo al 19 o 20 dicembre e che sono agli sgoccioli di un
autunno alquanto gelido.
È tutto un calcolo strano e voluto dalla sottoscritta senza
uno scopo ben preciso :D
Mi sto rendendo molto ridicola... ☺
Okay. È arrivato il momento di dire "Au revoir"
Spero di ricevere altri commenti (Grazie mille ♥) e di
sapere cosa ne pensate.
Al prossimo e ultimo capitolo ♥
Un bacio ♥
*cuori a volontà*
|
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Capitolo 3 *** Three ***
Piccola premessa: Buon anno! ♥ Spero che questo lunghissimo capitolo non vi annoi.
Three
23 dicembre.
Stamattina siamo avvolti da un'aria fredda e -stranamente- molto
tranquilla. Quando sono arrivata in cucina, ho avuto la sorpresa di
trovare Haymitch seduto su una sedia a piluccare un muffin allo
zafferano.
Adesso
siamo tutti molto silenziosi: io passo la pancetta a Ranuncolo che si
stiracchia attorno ai piedi del tavolo, l'ubriacone corregge il suo
caffè con un tipo di grappa che ha preso nella mia
credenza... ed è per
questo che è la nipotina di Sae a farmi notare Peeta in
pigiama venire
verso di noi.
«Buongiorno»
ci sorride debolmente facendo una piccola carezza ai capelli della
bambina e posizionandosi nell'unico posto vuoto.
Eppure
pensavo non scendesse a fare colazione...
«Come
mai è vestito così?» mi sussurra poco
dopo la piccola.
Continuo a
mangiare indisturbata perché Sae, che ha ascoltato, mi
precede e risponde prima di me.
«Peeta
si è beccato l'influenza ed è rimasto qui
ma...» lo guarda come per
rimproverarlo «a quanto pare, non ne vuole sapere di stare
fermo a
letto».
Il ragazzo
del pane si versa un po' di miele nel latte tossendo appena
«scusa... ma non avevo molto sonno».
È
da due giorni che Peeta non ha affatto una bella cera. Ieri sera,
mentre cenavamo, mi sono accorta di come il suo corpo era percorso da
continui brividi di freddo; alcune volte deglutiva a fatica e spesso
era colto da incessanti colpi di tosse, era pallido e aveva le labbra
screpolate e viola.
Quando
si è seduto sul divano per alcuni minuti perché
stanco, Sae lo ha
minacciato ordinandogli di rimanere a dormire nella stanza degli ospiti
mentre Haymitch se la rideva allegramente bevendo dalla sua fiaschetta
argento.
«Infetta
mia nipote e sei morto, fornaio!» lo ammonisce Sae
puntandogli un cucchiaio contro.
«Sì...»
Peeta quasi mugugna tirando la testa all'indietro intontito dai suoni
intorno a lui.
Deve
sentirsi davvero male...
L'osservo
attentamente rendendomi conto dei suoi movimenti fiacchi e del respiro
corto; beve lentamente il suo latte e cerca di mangiare un frollino non
riuscendoci.
Come
me, anche la bambina lo guarda leggermente preoccupata del fatto che
non parli per niente. Di solito, è l'unico che cerca sempre
di
mantenere vive le conversazioni.
«E...
panettiere» lo richiama di nuovo l'anziana. «Se ti
trovo a dormire
un'altra volta con anche un solo spiraglio della finestra aperto,
ritieniti morto».
Ha ancora
questa strana abitudine? Pensavo che con questo tempaccio...
«Stamattina
presto sono entrata in quella camera e si congelava. Era
così tanto
rannicchiato sotto le coperte che non ho visto nemmeno una ciocca di
capelli fuori dal piumone. Ho dovuto sigillare tutto» ci
spiega
mandando giù dell'acqua. «Cavolo... ci credo che
ha un febbrone da
cavallo!» esclama infine.
Do
un'altra fetta di pancetta al brutto micio spelacchiato -che gira per
casa- senza mai distogliere gli occhi di dosso a Peeta.
«Sembri
una mummia, ragazzo» asserisce Haymitch rinvenuto dal mondo
degli sbronzi.
«È uno
straccio» corregge Sae indicandolo come se lo volesse
incolpare di un reato gravissimo.
Come fa a
non mandare al diavolo tutti e due? Io l'avrei fatto da un pezzo.
Disegna un
piccolo fiorellino sul fazzoletto e lo restituisce alla bambina
rivolgendole un sorriso gentile.
«Mi
dispiace non aver potuto preparare il pane» ci dice
improvvisamente.
«Se mi lasciaste andare, magari potrei fare delle pagnotte a
casa e
portarle stasera».
«Tu...
cosa?» sghignazza Haymitch sbilanciandosi sulla sedia.
«Ma se non ti
reggi nemmeno in piedi!» lancia il muffin lontano dalla sua
portata.
«Ma
che cavolo combini, Abernathy?!» gli sbraita Sae inorridita
dal suo gesto preoccupandosi di dover pulire.
Ho i nervi
a fior di pelle. Risponderò. Li farò uscire da
qui dentro. Non li sopporto più.
«Che
sarà mai, vecchia!» replica il mentore con un
sorrisetto strafottente sul volto.
Poso
gli occhi su Peeta che continua a bere dalla sua tazza e mi concentro
sulla piccola che credo stia quasi per scoppiare in lacrime
perché
spaventata dalla situazione.
«Idiota
di un uomo! Come ti permetti?» urla la donna non
preoccupandosi del
tono alto della sua voce avventandosi su Haymitch e dandogli uno
scappellotto bello forte.
Non ne posso più.
«Fuori
di qui» sibilo. La mia pazienza è al limite.
«Andate via, ora!» grido non riuscendo a stare
seduta.
Entrambi mi
guardando con occhi increduli.
Sto sudando
freddo e ho il fiato corto. «Uscite, forza!» indico
il corridoio.
Ancora
mi osservano come se stessi dicendo la più grande
assurdità di questa
terra fino a che Haymitch non si alza dal suo posto.
«Bene,
dolcezza, grazie per la colazione» si congeda con un cenno,
per niente turbato dall'accaduto.
È
Sae quella più stizzita. Pietrificata dalla mie parole, forse.
Solo quando
sente la porta di casa sbattere, si riprende e posa alcune stoviglie
sul lavandino senza aprire bocca.
«Andiamo»
ordina alla bambina che sta consumando un biscottino al cioccolato in
santa pace.
«Posso
accompagnarla» le rispondo sicura di me. «Sta
mangiando» continuo glaciale.
«È
mia nipote, ragazzina!» digrigna i denti sbattendo una mano
sul tavolo.
Sto quasi
per controbattere quando Peeta mi interrompe.
«Sae
davvero... può rimanere qui così le disegno
qualcosa da colorare. Non è un problema e non mi
avvicinerò troppo».
Come al
solito, ha sempre la parola giusta nel momento migliore, diversamente
da me che rovino tutto.
Attendiamo
alcuni minuti di silenzio; «d'accordo ragazzo»
sbuffa infine. «Fa la brava e non rompere le scatole a quella lì»
si rivolge alla bambina guardandomi male.
Non mi
interessa quello che può pensare di me, ora. Sono troppo
imbestialita per preoccuparmene.
La vedo
girare i tacchi e lasciarci da soli.
Cado
malamente sulla sedia sospirando rumorosamente.
Vorrei solo
continuare ad urlare a squarciagola.
- Ho
pulito il soqquadro in cucina lavando i piatti e sparecchiando la
tavola con tutta la tranquillità possibile. Niente grida,
niente
schiamazzi, niente di niente...
- Sono
andata in escandescenza senza rendermene conto e ho ancora le mani che
tremano per il nervosismo ma non mi pento di averli fatti
uscire.
- La
nipotina di Sae si è seduta sulla poltrona e ha cominciato a
filare
qualcosa con la lana arancione nel cestino di mia madre -ha scoperto
questa passione da quando è entrata per la prima volta qui.
È quasi
impressionante come le sue piccole manine si muovano veloci con i
ferri. Penso al fatto che -probabilmente- l'unica cosa che io potrei
fare con quei cosi è infilzare gli scoiattoli e
arrostirli.
- Lei
crea, io uccido.
- Peeta
è poco più distante sul divano che la osserva
affascinato e stupito
dalla sua bravura. Così piccola e talmente esperta... come
Prim e la
sua innata dote di curare le persone.
- È
straordinario come tutte le cose belle mi ricordino la mia paperella.
- Metto
altri tronchetti di legno a bruciare nel camino dopodiché
giro per la
casa stordita come Ranuncolo. In queste giornate non posso cacciare o
semplicemente andare nei boschi perché c'è
ghiaccio ovunque.
- «Katniss...»
mi chiama Peeta destandomi dai miei pensieri. «Qualcosa non
va?» mi
sorride debolmente facendo segno allo spazio al suo fianco.
- «Scusa
per la scenata di prima» rispondo imbarazzata sedendomi e
giocherellando con un filo di cotone della mia maglia. «Non
sopportavo
più le loro chiacchiere fastidiose, per di più
lei...» indico la
bambina «stava per avere una crisi di
pianto».
- «Capisco»
continua a sorridermi per poi tossire più volte e attirarsi
le gambe al petto.
- Vederlo
così è veramente strano. Ricordo che durante i
nostri primi Hunger
Games, quando era malato, sono andata più volte nel panico
perché non
sapevo che fare per salvarlo dalla morte certa.
- «Non
stai per niente bene» asserisco leggermente
preoccupata.
- «Non
sono del tutto in forma, ecco. E ti ringrazio per aver messo fine alle
parole di quei due» ridacchia. «Ma...»
cerca di continuare. Uno
starnuto lo interrompe. «Maledizioneee» mugugna
esasperato alzando gli
occhi al soffitto.
- «Non
ho intenzione di scusarmi se è quello che vuoi che
faccia» dico schietta incrociando le braccia al
petto.
- «Katniss...»
sospira tirando su col naso. «Non penso l'abbia presa bene,
almeno Sae, intendo».
- Ora
no, sono troppo incavolata per fare questo passo. Non
voglio il suo perdono.
- La
piccola si avvicina a me e Peeta e ci mostra il suo lavoro. Ha qualche
imprecisione qua e là ma si capisce chiaramente che
è una specie di
sciarpa per scaldare le mani.
- Lo
poggia vicino al ragazzo del pane che la guarda incuriosito.
L'espressione del suo viso illuminato dalla luce flebile del camino,
è
un qualcosa alla quale non si può dare una definizione ben
precisa.
- Sta
lì, con la bocca spalancata e gli occhi che luccicano
felici; nel frattempo, ha cominciato a piovere a
dirotto.
- «Per
me?» domanda un tantino impacciato e sbalordito dall'insolito
gesto.
- Lei
muove il capo su e giù e subito dopo cerca di infilargli le
dita nel intreccio di lana.
- È
così buffa quando scopre di aver sbagliato misura, che mi
viene da sorridere.
- «Ti
ringrazio dal profondo del cuore» Peeta le dà una
leggera carezza sulla
guancia. «Questo è il miglior regalo che potessi
ricevere e tu sei una
personcina meravigliosa» ora la stringe forte a
sé.
Prima che il sole tramonti e
prima che si scateni un altro temporale, decido di accompagnare la
nipote di Sae a casa sua.
A me ha
fatto una stellina minuscola con della lana rosa.
La
sua dolcezza mi disarma. Io non sono gentile e buona come Peeta ma lei
ha pensato comunque di farmi un regalino così come ha fatto
con il
ragazzo del pane.
Sono
contenta che questa bambina non avrà mai la
possibilità di conoscere la crudeltà di Capitol
City e degli Hunger Games.
Mi stringe
la mano mentre percorriamo le strade innevate del Distretto 12.
Noto le sue
gote leggermente rosse e gli sbuffi di aria condensata che escono dalla
sua bocca quando respira.
Devo dire
qualcosa, non posso apparire sempre tanto glaciale alla gente.
«Sei
stata bene?» la scorgo alzare lo sguardo un tantino sorpresa
dalle mie parole.
Mi
chiedo se abbia mai sentito il tono della mia voce -oltre a stamattina
e alle notti in cui urlavo per gli incubi, naturalmente...
Annuisce
più volte facendo attenzione a tenere le labbra ben serrate.
Come me non
è una gran chiacchierona, le piace guardarsi intorno.
«Peeta
ti sta simpatico, vero?» domando dandomi subito della
completa idiota.
Certo che le sta simpatico,
Katniss!
Fa segno di
sì con la testa energicamente «ma anche
tu!» cerca di giustificarsi.
Sorrido
flebilmente, grata del suo commento.
«E
ti è piaciuto il pranzo?» continuo. Mugugna
qualcosa saltando un cumulo
di neve. «Che disegno ti ha fatto Peeta?» ci sto
prendendo gusto.
«Il
tuo gatto» fa dondolare le nostre braccia avanti e indietro.
Quell'animale orribile...
mi fa quasi ribrezzo ricordare il suo pelo color vomito e quei suoi due
occhi fuori dalle orbite che mi osservano sempre come per sfidarmi.
Mi
passa alla mente un episodio in cui Ranuncolo fece cadere una delle
bottiglie di liquore bianco di Haymitch che quasi non lo scuoiava vivo
mentre Sae strillava furibonda di cacciarlo fuori così non
avrebbe
distrutto qualche altra cosa.
A
me, personalmente, non dava per niente fastidio quell'idea ma Peeta
è
stato irremovibile; lo ha appoggiato sulle sue gambe e non l'ha fatto
muovere per ben tre ore.
Arriviamo
dopo circa dieci minuti all'abitazione della bambina.
La saluto e
lei mi abbraccia ringraziandomi della bella giornata passata.
Prim... Sembra
tanto Prim quando era più piccola e assomiglia alla dolce e
tenera Rue che si fidava ciecamente di me.
«Nonna
Sae è stata cattiva oggi» mi sussurra ad un
orecchio quando mi abbasso
per accarezzarle per l'ultima volta la testolina e aggiustarle il
cappello. «Scusala».
«Anche
io lo sono stata» le sorriso iniziando ad incamminarmi verso
il Villaggio dei Vincitori.
- Torno
a casa mia chiudendomi la porta alle spalle e levandomi gli stivali
inzuppati d'acqua.
- Tutt'intorno,
nessun rumore mi disturba e in cucina ci sono tutte le stoviglie
lavate.
- Dov'è andato Peeta
con questo brutto tempo?
- Mi
calmo quando lo trovo disteso sul divano a sonnecchiare tranquillo con
il micio che fa da sentinella ai suoi piedi. Alla fine, anche quel
gattaccio si è affezionato al ragazzo del pane...
- Il
suo respiro è disturbato da alcuni colpi di tosse ma non
noto nulla di tanto preoccupante.
- Il
fuoco del camino si è quasi spento così decido di
aggiungere altra legna per alimentare le fiamme.
- Mi
avvicino a Peeta e sento Ranuncolo soffiarmi contro; immediatamente gli
lancio un cuscino facendolo ruzzolare a terra.
- Quanto
mi diverte vederlo rialzarsi stordito.
- Continua
a fare versi poco carini e quando si rende conto che non ho intenzione
di allontanarmi, se ne va via imbestialito.
- Sposto
alcune ciocche di capelli dagli occhi di Peeta e osservo attentamente
le sue lunghe ciglia bionde per poi seguire la linea del suo
profilo.
- Cosa sei tu per me?
- Mi
soffermo sulle cicatrici delle sue dita trovando quella profonda che
continua per... tutto il braccio sinistro?
- Sono
così stanca che mi addormenterei in qualsiasi posto, anche
sulla tavola se necessario.
- La
scorsa notte è stata orribile. Mi sono svegliata
più volte senza urlare
né dimenarmi. Ho pianto tantissimo e sono stata
tentata di andare
nella stanza degli ospiti dov'era Peeta.
- «Ehi...»
lo sento sussurrare improvvisamente. «Hai sonno?»
si solleva.
- «Un
po'» mi strofino un occhio sbadigliando appena.
- «Forza,
sdraiati qui» si mette in piedi lasciando il divano
libero.
- «Ma...
tu...» cerco di parlare.
- «Ho
riposato abbastanza» mi sorride dolcemente. «Sto
molto meglio» mi posa
un leggero bacio sulla fronte prima di dirigersi in un'altra
stanza.
- Nonostante
le sue parole, scotta ancora molto.
- «Dove
vai adesso?» gli domando stendendomi e afferrandogli un
braccio al volo.
- «A
cucinare» mi stringe la mano e l'accarezza piano con il
pollice. «Non
credo che dopo la sfuriata di stamattina qualcuno si
preoccupi di
doverti preparare la cena» infila le pantofole e io riesco a
vedere il
suo piede artificiale.
- «Va
bene» mormoro prima di sprofondare nel sonno.
Un rumoreggiare mi fa
svegliare di soprassalto.
Incubo o realtà?
Li sento.
Vengono verso di me.
Arrivano.
Mi prenderanno e si vendicheranno.
I morti. Tutti
quanti.
Mi
butteranno viva in una fossa profonda e mi copriranno di terra, di nuovo.
Sempre
più vicino distinguo dei passi irregolari e veloci e subito
dopo
avverto la presenza di qualcuno fermo dietro la porta della mia camera.
La maniglia tremola appena.
Il panico
mi assale.
Prim sei tu? Vuoi che ti faccia
compagnia?
Mi alzo e
resto seduta tra le coperte, immobile. Rabbrividisco.
Perché
deve essere così straziante questa attesa? Fatemi fuori
subito, non perdete tempo.
Stringo tra
le dita un lembo di lenzuolo cercando di scorgere qualcosa
nell'oscurità.
«Katniss»
il ragazzo del pane fa capolino nella camera piuttosto terrorizzato
accompagnato da Ranuncolo che si rannicchia su una poltrona miagolando
isterico perché ha paura dei temporali.
È solo Peeta,
Katniss... solamente lui. Non stai sognando.
Ha il
respiro corto e poi... il buio mi circonda, non riesco a vedere nulla.
Mi
avvicino all'abat-jour sul comodino tastando qualsiasi cosa e in poco
meno di un secondo, quando trovo l'interruttore, la luce sfarfalla per
poi illuminare fiocamente il suo viso.
Dei grossi
cerchi neri gli contornano gli occhi rossi dall'insonnia.
Cos'hai?
Mi guarda
sconvolto e mi scruta per bene fino a quando non sento di
nuovo la sua voce. Rauca.
«Io...
Mi dispiace» sussurra poggiandosi allo stipite accanto a lui.
«Pensavo che... tu non...» continua atono.
Non ha mai
questo tono, nemmeno quando ha un episodio. Le sue parole sono
così agitate che quasi non sembra lo stesso.
«Incubi?»
chiedo senza aspettare troppo. La mia voce suona leggermente stanca.
Mai mi
è capitato di vedere come Peeta reagisce ai brutti sogni.
In
passato, ricordo che mi aveva detto che, di solito, se ne stava
paralizzato nel suo letto e poi, quando si rendeva conto che ero viva e
vegeta accanto a lui, ritornava a dormire sereno.
Annuisce
piano col capo per poi deglutire a fatica. È più
pallido del solito e
questo mi fa pensare che la sua temperatura si sia alzata di parecchio.
Stiamo
minuti buoni a fissarci senza fiatare, quasi mi perdo ad osservare il
suo indice che percorre su e giù la cicatrice sul dorso
della mano
sinistra.
È
lui il primo a rompere il ghiaccio «Katniss, scusa.
Io...» si sposta
dalla sua posizione. Batte i denti dal freddo «Ti... ti ho
spaventata»
continua ad essere scosso da brividi.
«Peeta...»
sussurro, «non stai bene».
«Perdonami,
ti ho svegliata per una stupidaggine» sospira affranto e
barcolla per
un po' cercando di uscire fuori aggrappandosi alla maniglia.
Non
riesco a sopportare di vederlo in questo stato. Non può
richiudersi in
un'altra stanza senza che io faccia nulla. Non può
nascondersi così
spudoratamente da me.
«Vieni»
mormoro talmente piano che quasi penso non abbia sentito ciò
che ho detto.
Volta
la testa. «Ho la febbre. Non vorrei che poi...» si
passa una mano tra i
riccioli color grano accennando un sorriso debole.
«No.
Vieni» gli faccio segno di raggiungermi tra le coperte. Suona
come una supplica la mia.
Resta
immobile per alcuni secondi per poi avanzare di qualche passo fino a
raggiungermi. Si arrampica sul letto e mi abbraccia forte, come se non
mi vedesse da anni.
Come
posso aver mai pensato che mi avesse lasciata sola? È sempre
stato qui
a proteggermi, il ragazzo del pane. Magari è molto
più spezzato di
prima ma anche io sono cambiata dopo la morte di Prim.
Sotto
l'effetto del veleno ha cercato di uccidermi ma alla fine ha combattuto
contro se stesso ed è ritornato quasi quello di un
tempo e poi ha detto che... è ancora innamorato di me, no?*
Ma io...?
Io non lo so. Io non posso provare questo sentimento. Io sono vuota e
troppo arida... adesso.
«Ti
avevo ammazzata brutalmente e quando mi sono svegliato non eri con me e
poi...» lo sento farfugliare tra i miei capelli e avverto la
sua
stretta farsi più vigorosa.
Una lacrima
sfugge al mio controllo bagnandomi il viso; l'asciugo al volo.
«Sono
qui. Tranquillo» ripeto più volte cercando di
calmarlo stringendolo a mia volta.
Il profumo
di cannella è ancora presente sulla sua pelle.
Quanto mi piace.
Sono
così contenta che si sia aperto a me, che mi abbia dato la
possibilità di poter conoscere tutto il male che lo
circonda.
- Non
so quanto tempo passa ma mi risveglio preda di un sogno orribile.
- Mi
alzo dal cuscino e inizio a tremare non riuscendo a fermare i
singhiozzi e il mio pianto sommesso.
- Peeta
mi è accanto, si è accorto di me.
- Fuori
piove a dirotto e i lampi e i tuoni si scatenano.
- «Calma,
Katniss. Calma» sono tra le sue braccia mentre mi sento
completamente irrigidita dal freddo.
- «Non...
Primrose e...» dico tra le lacrime senza farmi
capire.
- «Katniss,
per favore...» mi accarezza i capelli sussurrandomi di non
agitarmi tanto. «Non l'hai uccisa tu»
continua.
- Alla
fine succede sempre questo. Ci troviamo sempre nella stessa
situazione. È lui che mi dà sicurezza mentre
io... non faccio nulla per aiutarlo.
- Mi
aggrappo disperatamente alle sue scapole come se fosse l'unico appiglio
che ho per rimanere a galla.
- «Io...
non ti aiuto mai...» dico. «Io distruggo le vite di
tutti... uccido tutti...» continuo totalmente nel
panico.
- Le
immagini di mia sorella distesa su un pavimento di piastrelle bianche
macchiate del suo sangue mi terrorizzano. L'ho ammazzata con una
freccia. Gliel'ho conficcata più volte nel torace. Con
estrema ferocia.
Senza fermarmi.
- Avverto
la fronte bollente di Peeta appoggiarsi alla mia con delicatezza.
«No.
Guardami» mi costringe ad aprire le palpebre che fino a poco
fa tenevo
ben chiuse.
- Incontro
i suoi occhi cristallini carichi di stanchezza scrutarmi
attentamente.
- «Era
solo un bruttissimo incubo. Tu hai cercato in tutti i modi di salvare
Prim» ripete fino a quando i miei muscoli non si
distendono.
- Come
fa a non avere un episodio? È tantissimo che non ha i suoi
flashback...
In quali circostanze il veleno degli aghi inseguitori comincia ad avere
il controllo su di lui?
- «Peet...»
cerco di pronunciare il suo nome ma un nodo alla gola me lo
impedisce.
- Mi
abbraccia ancora. Le sue labbra mi sfiorano il collo freddo e questo mi
provoca una specie di scarica elettrica che mi percorre interamente il
corpo.
- Istintivamente
allaccio le mie gambe alle sue.
- Di nuovo... non ho
freni quando sono in compagnia del ragazzo del pane.
- Mi
prende il viso tra le mani e mi osserva preoccupato.
- «Va
meglio?» mi dice portandomi una ciocca corvina dietro
all'orecchio.
- Annuisco
impercettibilmente abbassando lo sguardo.
- Mi
sento così in colpa nei suoi confronti.
- «Non
ti permetto di dire queste cose, Katniss» è serio
quando pronuncia
queste parole. Decido di puntare i miei occhi nei suoi. «Tu
mi dai
sempre la forza per andare avanti. Sarei già morto da
suicida se non
fosse stato per te».
- Inutile.
Non riesco a contrastare le sue iridi celesti.
- Comincio
ad accarezzargli i capelli color grano con lentezza estrema non sapendo
cosa rispondere.
- Le
sue affermazioni mi spiazzano sempre.
- «Ecco...
vedi?» continua. «Anche con questi piccoli
gesti».
- Mi
fermo istintivamente.
- «Ma...
non è possibile» mormoro sul suo collo.
- «Sì,
invece» sta sorridendo.
- Il
fatto che -nei miei confronti- abbia costantemente questo tono gentile
e pacato, non mi aiuta affatto a comprendere che posto occupi nel mio
cuore.
- Cosa sei tu per me?
- Si
avvicina silenziosamente.
- I
nostri nasi si toccano; percepisco il suo alito caldo accarezzarmi la
pelle. Dopo vari tentennamenti mi bacia piano e ogni singolo oggetto
della camera comincia a ruotare velocemente.
- Il
secondo bacio da quando è venuto qui al Distretto 12. E mi
provoca
sempre lo stesso immutato effetto che mi fa girare la testa.
- Non
so che significato abbia per me che sono una mentalmente
instabile.
- È giusto, Prim,
sentirsi così mentre tu sei morta in quel modo tanto
disumano?
- Non
potrà mai provare sentimenti del genere la mia
paperella...
- Peeta
si allontana da me accarezzandomi appena una guancia, come se avesse
paura di rompermi. «Perdonami» bisbiglia per poi
giocherellare con la
mia treccia disordinata.
- No. Non scusarti, Peeta. Non hai
nessuna colpa.
- Scuoto
il capo piano sollevando un angolo della bocca. Dovrebbe essere una
specie di sorriso il mio.
- «Dormi,
Katniss» mi scioglie il groviglio che mi trovo in testa come
solo lui sa fare.
- È
ancora tanto malato: la sua voce rauca... le sue guance bollenti e il
suo inspirare ed espirare affannoso.
- Cerca
di nasconderlo ma l'ho capito da un pezzo che in realtà la
sua temperatura corporea si è alzata.
- «Grazie»
gli mormoro stringendomi alla sua schiena.
- Sta
lì. Fermo, immobile se non fosse per alcuni brividi che lo
scuotono
leggermente. Per un momento lo sento anche battere i denti.
- «Buonanotte»
mi dà un leggero bacio sulla tempia per poi cadere tra le
braccia di Morfeo ormai esausto.
- Mi
addormento cullata dal suo respiro leggermente irregolare e avvolta dal
profumo che lo caratterizza.
*Peeta
spiega a Katniss di averla sempre amata (era stato il veleno ancora in
circolo nel suo corpo a fargli dimenticare cosa provasse per lei)
in Nell'oscurità...
una luce. però non può prometterle
niente perché non è del tutto guarito. Ha paura
di poterle fare del male.
---------------
Ciaooo!
È
finita. Finita. FINITAH!
Giuro,
mi mancherà questa mini long ç^ç
Sento
così tanto la sua mancanza già da adesso.
È così straziante dirle addio.
Prometto
che farò una raccolta... una specie di serie di one-shot o
brevi long. Non abbandonerò tutto così.
Ho
pianto come un'idiota scrivendo la parte dell'incubo di Peeta.
Cavolo,
comprendetemi! È disperato e mi ha dato una tristezza
infinita. Quasi
volevo stritolarmelo per bene ç____ç (mi sento
tanto ridicola a
scrivere 'ste cose... sono esagerata a volte, me ne rendo conto).
E
poi mi sono immedesimata tantissimo in Katniss - nemmeno avessi
partecipato agli Hunger Games - quando il ragazzo del pane l'ha
consolata.
Non
so... è difficile descrivere ciò che sento. Una
parte di me strepita e
urla e un'altra si deprime in un angolino e non solo perché
è arrivato
il momento di cliccare su quel maledetto "Completa" ma anche
perché non
so assolutamente come abbiate preso questo ultimo capitolo. Ho
cercato di descrivere tutto l'arco di una giornata e forse mi sono
dilungata troppo.
Per
favore, ditemi come lo avete trovato. OOC? Noioso?
ç___ç
*attacco
d'ansia improvviso*
Eppure
ho pensato ad un discorso così sensato ieri! L'ho
dimenticato, scusate.
Cercherò
di andare in ordine...
Ecco
spiegato Flu.
VOLEVO con tutta me stessa metterci un Peeta malato (perché come si fa a non prendere l'influenza a furia di dormire con le finestre aperte?)/gentile♥
e una
Katniss preoccupata/arrabbiata/non-tanto-glaciale/spaventata e una Sae
rompiscatole e una nipotina dolce e un Haymitch menefreghista/burlone.
Mi
sono divertita molto con questo capitolo, specialmente con la prima
parte.
Be', il bacio...
All'inizio non volevo mettere quella parte perché mi
sembrava troppo
scontata. Avrei anche chiuso con l'incubo di Peeta ma poi, sì, alla
fine l'ho fatto e non me ne pento affatto. Dovevo evidenziare i drammi
interiori di Katniss che non riesce a conpredere cosa prova per il
ragazzo del pane, quel suo stato di profonda angoscia, il suo non
volere sentirsi bene perché Prim è morta e non
potrà provare i suoi
stessi sentimenti e dovevo evidenziare quanto Peeta tenga a lei, quanto
sia impacciato e spaventato perché ha paura di poterle fare del male...
Io li amo in
maniera smisurata gli Everlark.
Detto
questo, non so... Vi ritroverò nelle prossime storie che
pubblicherò?
Mi
avete così tanto incoraggiata e sono DAVVERO felice di
aver conosciuto persone come voi ♥
Grazie
mille per le recensioni, per i preferiti, per le ricordate e seguite e
grazie anche a chi legge silenziosamente e che non vuole commentare (io
sono la prima che molte volte non riesce a lasciare un misero messaggio
perché va di fretta). Mi sono così tanto
affezionata a questa storia
quanto a voi che mi avete fatto tanti di quei complimenti - che forse
nemmeno mi merito tanto perché non scrivo benissimissimo.
Non
starete capendo nulla. Ho cominciato a digitare a macchinetta.
Solo GRAZIE per
questa fantastica mini-avventura.
E
ora concludo prima di
fare qualcosa di stupido come mettermi a piangere.
Un
bacio,
♥
ps:
la prossima one-shot che pubblicherò sarà «Bel gancio,
ragazzo» - un dialogo tra Peeta e
Haymitch.
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