Destiny : The Beginning

di Lullaby 99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro col Destino ***
Capitolo 2: *** Dal dolore nasce il coraggio ***
Capitolo 3: *** Incidenti di percorso ***
Capitolo 4: *** Me contro Te ***
Capitolo 5: *** Guai e ancora guai ***
Capitolo 6: *** Cause Pain Is Better Then Emptiness ***
Capitolo 7: *** Soltanto Un Sorriso ***
Capitolo 8: *** Proposta ***
Capitolo 9: *** Gelosia ***



Capitolo 1
*** Incontro col Destino ***




Una volta intrecciato il filo
 rosso del destino non puo` piu` essere sciolto





InuYasha

Capitolo : 1




 
Era un fiume di passione,
dove si sono incontrati due cuori ...
intrecciando le loro vite,
legando i loro respiri ... 
era un fiume di illusione,
dove si sono spezzati due cuori ...
prendendo strade diverse, 
sciogliendo ogni ricordo ...
ma l'amore in fondo è l'amore,
trova sempre la sua strada, 
questa non è una conseguenza ...
è destino ... 











Tokyo 14/10/2013



Prigione Centrale.



Un' auto bianca avanzò verso l' ingresso e ne uscì una donna intorno ai 27 anni, alta e magra. 
Era bella, zaffiri come occhi e capelli neri che le arrivavano fino al petto, un filo di matita sugli occhi e un leggero rossetto color pesca.
Portava sulla spalla destra un leggero e morbido scialle grigio chiaro, le scarpe erano color della luna con un piccolo tacco.
Pantaloni stretti di un grigio chiarisshimo e una maglietta a maniche lunghe bianca. Avanzò a passo svelto verso la lunga 
scalinata che portava all' ingresso principale.
-Guardi signora, sta sprecando il mio tempo quanto il suo- sbuffò l'ispettore di polizia.
-Quel ragazzo è in carcere da due anni e chiunque le puo`confermare che non ha mai proferito parola da allora, sembra addirittura che lui sia molto felice qui,
 non ha mai litigato con nessuno, non ci sono lamentele a suo riguardo e sembra che lui non voglia essere rilasciato-
-La libertà è il diritto di nascita di ogni persona- rispose lei con calma assoluta.
-Ed è mio dovere assicurarmi che ogni persona riesca ad ottenere questo diritto, lei faccia il suo dovere e a me lasci fare il mio-
I' ispettore la guardò seccato per la sua testardaggine. Era proprio una donna decisa e forte.
-Ha già visitato questa prigione 16 volte per fare il suo dovere e ogni volta lui si è rifiutato di parlarle-
 La donna lo fulminò con lo sguardo, ma l'uomo non si fece intimorire e continuò il suo discorso.
-Sa benissimo che non le proferirà parola nemmeno questa volta, lui non vuole affatto che qualcuno affronti il suo caso-
Solo in quel momento la donna si degnò di girarsi verso di lui. Lo sguardo deciso a combattere fino alla fine.
-Lo so- rispose con infinita calma. L'ispettore la guardò perplesso.
-Nonostante ciò, io voglio malgrado tutto incontrare il prigioniero n° 1519, perchè io affronterò di sicuro questo caso- affermò decisa.
-Devo dire che voi due per testardaggine siete uguali, non ho mai visto nessuno così testardo come voi due- La donna gli sorrise.
-Lo prendero`come un complimento- disse portandosi una ciocca dietro l'orecchio.
-Comunque, andiamo- disse infine l'ispettore. La donna lo seguì. Attraversarono lunghi corridoi ma finalmente arrivarono alle prigioni.
Non appena misero piede dentro una dolce musica li avvolse. Una musica che esprimeva amore e dolore allo stesso tempo e ti 
arrivava dritta al cuore. La donna si incantò e i suoi piedi incominciarono ad andare avanti da soli verso la fonte di quella meravigliosa melodia.
Il suo prigioniero, il prigioniero n° 1519 stava suonando con la sua armonica quella bellissima musica. La donna continuò a fissarlo per un tempo
indeterminato che però a lei parve infinito. Era talmente avvolta dalla magia di quella musica che non riusciva a fare praticamente niente.
A rompere l'incantesimo fu una guardia che le aprì la cella e subito la musica cessò. La donna un po' scocciata entrò. La porta si richiuse alle sue spalle.
-Io ora ho fatto il mio dovere, adesso lei faccia il suo- la sentenziò l'ispettore.Lei annuì.
La cella era abbastanza buia, solo qualche raggio riusciva a penetrare dalle sbarre della piccola finestra posta in cima alla parete.
Il prigioniero era seduto sulla panca di cemento al centro della cella dandole le spalle. Sapeva già che era lei.
Indossava una divisa bianca con striscie nere e un grosso scialle sulle spalle.Era cambiato da quando lo aveva visto la prima volta.
I capelli erano più lunghi e una leggera barba gli circondava il viso.
-Va beh, iniziamo per lo meno con le presentazioni- disse lei cercando di attacare il discorso.
-Il mio nome è Kanade Hoshiwaru, e tu? Come ti chiami?- chiese lei speranzosa. Nessuna risposta. Lei fece una piccola smorfia seccata.
-Vuoi che anch' io, come tutti gli altri del resto, ti chiami 1519?- ancora nessuna risposta. 
-Un importante uomo d'affari, un grande e nobile uomo d'affari ... come ha fatto ha diventare solo un numero in una prigione?- niente.
-Io sono venuta qui perchè ho sentito dire che la tua storia d'amore è pazzesca, fantastica, proprio come la musica che stavi suonando prima-
Niente. Nessuna reazione. Possibile che dovesse tornare a mani vuote anche questa volta?
-Io sono Kanade Hoshiwaru, un'avvocato che ha combattuto migliaia di casi, ma questo è diverso da tutti-
Fece un lungo sospiro. Inutile.
-Tutti si chiedono perchè questo prigioniero non parla con nessuno nè ascolta qualcuno, ma la gente vuole comunque sapere la sua storia
 e il mistero che cela ... io voglio svelare questo segreto a tutto il mondo, ma questo sarà possibile solo se io affronterò il caso e lo vincerò...-
Ancora niente.
-Su avanti, sono sicura che il tuo nome non può essere tanto brutto che tutti ti chiamino 1519 ...- fece un lungo respiro
-Vero ... Inuyasha No Taisho?-



Il prigioniero alzò impercettibilmente il viso e sciolse finalmente le sue due iridi ambrate, vuote.
Un flebile sorriso inarcava il suo sorriso, ma non era un sorriso felice, anzi, sembrava che in sè racchiudesse tutto il dolore del mondo.
Quel nome ... si era sentito male nel sentirlo dopo tutto questo tempo, migliaia di ricordi iniziarono ad appanarli la mente. Oramai lui non era 
più Inuyasha No Taisho, oramai non era più nessuno ...
Quasi sorpreso dal fatto che lei avesse scoperto il suo "nome" girò lentamente il capo, come se pesasse tonnellate, verso di lei.
Lei deglutì, quasi scioccata. Beh, almeno si era degnato di guardarla in faccia per una volta! Forse ... forse questa era la volta buona. Lo vide 
alzarsi dalla sua fredda panchina e dirigersi verso una caraffa piena d'acqua, la quale versò in un bicchiere consumato dal tempo. Dopo di chè si 
diresse verso di lei. La donna aveva il cuore che batteva a mille per l'emozione. Finalmente avrebbe portato a termine quel tanto particolare caso, sempre
che lui glielo avesse permesso. Nel suo sguardo, anzi in ogni suo singolo fratto di viso, non vedeva altro che rassegnazione a una vita troppo crudele. 
Che cosa mai sarà successo di così terribile nella sua vita?
Lui le porse il bicchiere pieno d'acqua che accettò di buon grado.
-E' già venuta qui ben 16 volte e ogni volta l'ho rifiutata, questa è la diciasettesima volta ...- la donna sbattè più volte le palpebre. Il bicchierino quasi non le scivolò
dalle mani. Lui, il prigioniero n°1519, aveva parlato! Sì ne era sicura! Non era un sogno ... finalmente c'era riuscita, dopo tutti gli sforzi compiuti, ce l'aveva fatta!
Sì quello era sicuramente un evento da registrare sul calendario.
-Chissà quanti altri avvocati sono venuti e andati via a mani vuote ...- proseguì lui. Lei abbassò lo sguardo fiera di essere stata lei la prima che fosse riuscita a far
uscire un suono dalla sua bocca.
-Però io non voglio nemmeno che qualcuno affronti il mio caso, figuriamoci vincere o perdere- concluse lui girandosi verso il lato opposto. 
Lei lo guardò delusa dal suo rassegnamento. Perchè non voleva lottare per la propria libertà? Se almeno le dicesse qualcosa forse lei l'avrebbe potuto salvare. 
Infatti, ci avrebbe provato fino alla fine, fino a che non ci sarebbe riuscita.
-Come hai detto tu, ben 16 volte ho cercato di far crollare questo muro che ti circonda, e ora che finalmente vedo qualche speranza, non mollerò- detto ciò si voltò 
per andarsene, ma qualcosa le cadde dalla borsa senza che lei se ne fosse accorta. Qualcun' altro però lo raccolse e lo lesse velocemente.
-Il suo invito, l'ha lasciato qui- i passi della donna si fermarono di botto e si rigirò verso di lui.
-E che cosa t'importa? Tanto tu non vuoi nemmeno parlarmi, cosa t'interessa della mia vita allora?- chiese lei seccata. Un sorrisino apparì sul viso del ragazzo.
-Come non t' importa minimante di ciò che ti dico ... ma per me questo caso è molto importante e lo vincerò con tutte le mie forze, fosse l'ultima cosa che faccio!
 Infatti ho deciso che non mi sposerò fino a che non lo avrò vinto!- ora era veramente arrabbiata. Il sorriso di Inuyasha si ingrandì ulteriormente.
Era così  buffa quella donna. Dopo di chè gli si avvicino e gli strappò l'invito dalle mani indignata. Lo scrutò per diversi secondi con uno sguardo di fuoco.Anche 
lui non era da meno, infatti continuava a sostenerlo. La donna quando finalmente distolse lo sguardo e fece per andarsene, una melodia rieccheggiò nuovamente per
i fitti corridoi della prigione. La stessa di prima, quella che l'aveva rapita in un mondo parallelo senza via d'uscita. Si girò lentamente verso di lui con lo sguardo
pieno di stupore. Una leggera brezza, ora, entrava dalle fessure della finestrina a sbarre e le soffiava sul candido viso e le faceva svolazzare qualche ciocca castana.
Pensava, come una persone possa essere così "particolare", che non lascia trapelare alcuna emozione dal suo sguardo, che sembrava fuggire dal mondo intero,
ma soprattutto si domandava come sarà mai stata l'esistenza di un uomo simile. Riscossa un attimo dai suoi pensieri, prese dalla borsa un piccolo registratore e lo accese. Ora avrebbe inciso ogni singolo suono che fosse uscito dalle sue labbra, non poteva, dopo gli sforzi compiuti, farsi abbattere così.
La musica cessò e lo vide stringere i pugni, come se parlare gli fosse diventato pesante. Come biasimarlo, in fondo, stava per riverarle il più grande segreto della sua vita,
che per tutto questo tempo aveva celato nel profondo del proprio cuore. Ora era arrivato il momento della verità e lei l'avrebbe rinfacciata al mondo intero.
-Questa è una storia di due anni e mezzo fa, quando sono tornato nella mia terra d'origine dopo aver lavorato all'estero con mio padre, dove avevo vissuto la mia triste 
 infanzia, Osaka, la stessa città che mi ha creato un dolore così grande, che fino ad oggi non sono mai riuscito ad esprimere...ed è la stessa città, dove due anni
 e mezzo fa, ho trovato l'amore...- si fermò e prese un lungo respiro. Intanto Kanade si sedette accanto a lui, già presa da quella storia.
-Il suo mondo era completamente diverso dal mio ...-
-Il suo mondo? Vuoi dire che ora ... lei non è più tra noi?- chiese lei titubante sperando vivamente il contrario.
-No, lei è qui, più vicino di quanto pensa, ma purtroppo il suo mondo non comprende il mio oramai- e ancora un triste sorriso apparve sul suo viso.
-Lei ... lei sa che tu sei qui?- chiese curiosa.
-Cosa importa?- rispose lui sempre col suo sorrisetto malinconico.
-Vuol dire che ora è sposata con qualcun' altro?- chiese lei sorpresa.
-No- fu la secca risposta di n°1529.
-Ma allora se è viva, non è sposata allora perchè non è qui insieme a te?- domandò sempre più confusa. Inuyasha si girò verso di lei. 
-Vuole sapere l'ultima pagina della mia storia oppure tutto?- chiese lui con un sorrisino divertito.
-Secondo te cosa dovrei fare?- chiese lei rigirando la frittata. Lui fece una risatina sommessa. Lei lo guardò stupita. Non lo aveva mai visto così, così ... scherzoso.
-Lei vuole vivere un'intera vita in un istante- disse lui divertito. 
-N-non volevo dire questo- balbettò lei arrossendo un po' per la propria sbadataggine.
-Ma io ho vissuto la mia intera esistenza in un istante- Kanade lo fissò senza capire il significato di quelle ambigue parole.
-Com'è possibile?- chiese infine.
-A volte un momento particolare della tua vita, ti lascia un impatto profondo nell'anima, che non svanisce nemmeno dopo la morte- ora lei era ancora più confusa.
-Questo accadde nella vita di un ragazzo solitario, già, io ero un lupo solitario ma libero, ero felice, almeno credevo ... come potevo immaginare che le mie successive notti
 le avrei passate in bianco, e che la ragione sarebbe stata una ragazza, quella ragazza, della quale sto per raccontarti la storia-
-Ma io pensavo questa fosse la tua storia ...- disse perplessa.
-La sua storia e legata alla mia dal destino- tornò a fissare i fiochi raggi che attraversavano la cella.
-Io ero il suo amore, e lei la storia di questo amore, e ora, ascolti bene, che sto per svelarle il più grande segreto della mia vita- Kanade si mise sull'attento. Da quanto aveva aspettato quel momento, da quando? Ora avrebbe scoperto tutto, tutto.
-Questa storia inizia con il suo più grande sogno ... dalla sua fantasia ... dalla sua passione ...-






 

Se solo le cose fossero andate diversamente, 
se solo non avessero commesso quello sbaglio cosi`grande, 
forse non avrebbero mai dovuto soffrire cosi`tanto,
forse le loro strade non si sarebbero divise cosi`brutalmente...








Osaka, 12/01/2010



Casa Higurashi



Una esile creatura stava rannicchiata sul bordo del proprio letto. La stanza era abbastanza grande e molto luminosa. Il letto era spazioso e ricoperto di un lenzuolo
candido come la neve, scompigliato dal continuo agitarsi della ragazza.Vicino ai suoi cuscini imbottiti giacevano due peluche morbidi come la crema. 
Accanto c'era un mobiletto in legno non molto pregiato, su cui giacevano una lampada da tavolo rustica e un blocco note color blu notte. Le opache tende color avorio, impedivano ai raggi di oltrepassarne la fitta retina e i tulipani posti sul piccolo davanzale si inalzavano verso il soffitto in cerca di luce e calore. La stanza era costellata di fotografie che ritraevano delle figure sorridenti e serene sulle pareti dipinte di un fioco verde alternate ad assi di legno. 
Un sorriso incurvava le soffici labbra della ragazza. I capelli corvini erano sparsi su tutto il cuscino e le palpebre non accennavano a diminuire la presa. Continuava ad
agitarsi da un lato all'altro del letto. Ma non stava facendo un incubo, anzi, stava facendo un bellissimo sogno. Sentiva degli applausi in lontanza, grida e fischi. 
Questi elementi si sovrapponevano fino a formare ciò che tanto desiderava, ciò che ha sempre voluto, il suo sogno era... 


DRIN! DRIN! DRIN! DRIN! DRIN!


Ma purtroppo la vita a volte è crudele (e anche l'autrice XD) ... infatti proprio in quel momento trillò quella maledettissima sveglia di cui ne aveva abbastanza fino alla punta dei capelli. Avvicinò a tamponi il braccio a quella dannatissima scatolina assordante, tastando tutta la superfice del mobiletto e , quando la raggiunse, la buttò con forza in uno dei vasi pieni d'acqua, facendola tacere una volta per tutte. Dopo di che si stiracchiò e sbattè più volte gli occhi nel tentativo di tenerli aperti. Quandò finalmente li aprì,
rivelò due pozze d'argento, che brillavano come diamanti. La frangetta laterale le offuscava leggermente la vista, in quanto tutta scompigliata. I lunghi fili di seta corvini,le arrivavano fino a metà schiena scalati e le ricadevano delicati sul pigiama color della luna. Aveva 19 anni. Era magra ma con le forme al posto giusto ed anche piuttosto alta. La carnagione era chiara, mentre sulle guance si tingeva di un rosa pallido. 
Finalemente si alzò dalla sua topaia, che una volta era il suo "letto". Spostò le tende e chiuse gli occhi iniziando a respirare l'aria di quella fresca giornata. Nonostante
fosse una giornata di gennaio, era piuttosto calda.
I raggi dorati del sole le illuminavano il viso e le regalavano tepore a ogni tocco simile ad una carezza. Fece delle giravolte su se stessa e si sedette sul bordo del letto, 
con gli ancora persi nel mondo dei sogni. Attirò a se un cuscino e lo strinse forte al petto, ma poco dopo lo gettò via e corse di fronte al proprio specchio con bordature ramate. In quel momento si sentiva come una bambina piccola piccola.
Si guardò per qualche secondo e poi si sbattè una mano in fronte.
-Ah, Kagome, Kagome ...- disse scuotendo la testa.
-Ancora quel sogno eh?- si sedette sullo sgabello e prese una spazzola iniziandola a passare tra le lievi ciocche corvine e intanto continuava a parlare con la propria 
sagoma, che sembrava intrappolata interno allo specchio, in un universo parallelo.
-In ogni momento della giornata, non fai altro che sognare ogni volta la stessa cosa- disse sospirando.
-Ma che ci posso fare? E' più forte di me! E poi ... oggi e un giorno speciale, il più speciale della mia vita, uno, perchè è il compleanno di mamma, due perchè oggi...-
non riuscì a finire la frase che qualcuno le mise le mani sugli occhi.
-Chi è?- chiese la vocina.
-Mia nonna!- rispose Kagome con tono tra il seccato e il dolce.
-Oh! Su dai smettila!- disse la figura posizionandosi di fronte a lei. Era una ragazza intoro ai 23 anni. Aveva lunghi capelli castani raccolti in una coda da cavallo e due bellissimi ametisti capaci di riscaldare come occhi. Era magra quanto Kagome, ma poco più alta.
-Eh dai Sango! Non prendertela come al solito!- disse lei in tono divertito.
-Sì e ... che cosa?! Io non me la prendo mai!!! Hai capito?!- disse irritata. 
-Anzi sai quali sono le previsioni di oggi sorellina?- chiese malignamente.
-Se se come no .. no quali?- chiese guardandola perplessa.
-Salve, signore e signori, la notizia del momento è che se la signorina Kagome Higurashi continuerà a parlare con il suo riflesso, perderà il suo treno!- disse con fare da telegiornalista.
-Nah, sorellona, la "signorina" Higurashi, andrà proprio in quel treno ...- si alzò dallo sgabello e la afferrò per le spalle.
-Lo stesso che mi porterà ai miei sogni, tra migliaia di persone, una Kagome Higurashi sorellona, e il mio desiderio che si avvera, così potrò rendere fiero il     papà,t'immagini?!- disse tutta eccitata scrollandola leggermente.
-Solo questo?- domandò una figura uscendo dalle spalle di Sango. Era una ragazza leggermente minuta e poco formosa intorno ai 17 anni. La pelle era leggermente abbronzata e gli
occhi erano due smeraldi luminosi e rigorosi. I capelli color rosso fuoco erano legati in due graziose codine da dei nastrini verdi.
-Oh, Ayame ti prego non ricominciare!- dissero in coro le altre due. L'altra fece una smorfia e incurante continuò il proprio discorso.
-Sai sorellona, hai un sogno proprio umile ... i miei sì che sono sogni! Le 3 M! 
 1-Money (soldi)
 2-Mercedes
 3-Man, RICH Man (uomo ricco)...- disse già pregustando il sapore di migliaia di yen. Sango e Kagome scossero la testa.
-Sei senza speranza ...- annunciò Sango.
-Perchè dovrebbe essere qualcun' altro ad esaudire i nostri sogni?- disse una vocina alle spalle di Ayame. Una ragazza di 15 anni minuta e poco sviluppata, nonostante ciò
aveva un sorriso che sapeva riscaldarti dentro e fuori. Gli occhi erano di un bellissimo topazio imperiale caldi come la superficie del sole. Le guancette imporporate 
di un tenue rosa e i capelli corvini e lisci raccolti in un ciuffo laterale.
-Se vuoi colorare la tela della tua vita, fallo con le tue mani- disse con aria saggia. Kagome diede una leggera pacca ad Ayame.
-Ascolta Rin che ti fa bene, cara la mia sorellina- sussurrò. Ayame fece una smorfietta finta infastidita.
-E colorala in tal modo, da lasciare il mondo intero a bocca aperta, e che in ogni angolo del mondo, ci sia il nome solo di una pittrice, Rin Higurashi!- concluse il poema
con occhi luccicanti. Sango si diede una pacca sulla fronte scuotendo la testa, mentre Ayame lanciò un'occhiata a Kagome come per dire "dicevi sorellona?" la quale rispose con un sorrisetto nervoso.
-E io ... io non posso nemmeno sognare ...- concluse Sango con un velo di tristezza negl' occhi. Notando il suo cambiamento d'umore, le 3 ragazze corsero ad abbracciarla.
-Ma i sogni non sono quelli che fai di notte, sorellona, ma sono quelli che non ti fanno dormire!- dissero in coro. Lei sorrise confortata.
-Sì sì, va bene, ma ti ricordo che devi prendere un certo "treno"...- disse Sango riaprendo il discorso. Subito Kagome si staccò e si mise una mano nei capelli tutta 
preoccupata.
-Oh no! Sono in ritardo! Manca solo un'ora e mezza alla partenza del treno e devo ancora scegliere il vestito e prepararmi!- disse in preda al panico più totale.
-Non preoccuparti, ti aiutamo noi!- dissero le altre abbracciandola.


Dopo una quindicina buona di minuti persi a scegliere cosa indossare, finalmente erano pronte.
Sango teneva i capelli legati nella solita coda di cavallo. Indossava una maglietta viola, che s'intonava perfettamente con i suoi profondi occhi, scollata a "V" e un paio 
di jeans neri con sfumature bianche sulle cosce. Indossava inoltre anche una giacchetta in pelle nera a maniche lunghe e un paio di stivali sempre neri a punta con un leggero tacco e infine un foulard color lilla le fasciava il collo.
Ayame teneva invece i capelli sciolti, che le ricadevano sulla schiena. Indossava anche lei una maglietta scollata a "V" ma di un verde primaverile e una gonna in jeans 
bianca che le copriva 3/4 di coscia e sotto dei leggins del medesimo colore. Ai piedi portava due graziose ballerine color rosso fuoco, intonate ai suoi bei capelli e per
ultima una giacca in pelliccia che le arrivava fino a metà vita.
E infine Kagome indossava un vestitino color pesca scuro trattenuto da due sottili bretelline e appena sotto il seno vi era una fascia in raso nero. Le arrivava fino a metà 
coscia e sotto le ultime semplice bordature del vestito, indossava dei leggins aderenti neri e ai piedi un paio di sandali neri. Per finire un foulard sempre color pece 
in modo da, in caso di freddo, potersi coprire un po', mentre i capelli erano lasciati liberi sulle spalle.
-Bene, siamo pronte! Ora possiamo andare- disse eccitata la rossa.
-D'accordo, Kagome sei sicura di aver preso tutto?- chiese la mora.
-Certamente, ma prima dobbiamo passare a salutare il papà- le altre due annuirono.
-Uffa! Ma perchè Rin non può venire con voi?- chiese la più piccola mettendo il broncio. Kagome le si avvicinò e l'abbracciò iniziando a carezzarle i capelli.
-Ascolta sorellina, se noi tutte ce ne andremo, chi starà con papà? Lo sai che è cagionevole, non possiamo lasciarlo solo, e poi ti avviseremo di tutto quello 
che succederà. D'accordo?- chiese dolcemente guardandola negli occhi. L'altra annuì. Kagome sciolse l'abbraccio e le tre fecero per andarsene quando la voce di Rin
le fermò.
-Aspetta sorellona!- le interessate si voltarono e la guardarono perplesse. Rin sforgiò un dolcissimo sorriso a 32 denti e alzò entrambi i pollici.
-Ti auguro tutta la fortuna del mondo!- disse. Kagome, quasi commossa, le diede un bacio sulla guancia e dopo di chè si dileguò insieme alle altre.
-Vi voglio bene- sussurrò infine tra sè e sè.







Il signor Higurashi era un uomo alto e magro, capelli castano-ramati, schiaritisi con l'avanzare dell'età, e due topazi imperiale come occhi ed era il preside di una delle accademie di musica più importanti del  Giappone. Malgrado ciò, il Signor Higurashi, era un uomo che seguiva fondamentali e regole morali precise, per questo non ha mai accettato le numerose offerte di prestigio che gli erano state imposte e perciò non è riuscito ad essere un uomo fondamentalmente ricco. A lui però non importava, perchè il suo tesoro più grande erano le 4 meravigliose creature che sua moglie gli ha lasciato prima di morire.
-Signor Higurashi, lei sa benissimo che la Sen Goku Art Accademy è una delle scuole più importanti della regione, ma tutti sanno che avete mancanza di fondi-
-Che cosa intende dire?- chiese l'uomo freddandolo con sguardo.
-Chissà quante piccole stelle ha generato questa scuola, ma non ha mai preso donazioni, perchè è contro i suoi principi morali, a causa dei quali la scuola sta subendo    grossi danni economici- proseguì l'uomo baffuto. Higurashi incrocio le mani sotto il mento, appoggiandocelo sopra.
-Mi dica Signor Fujiikama, che cosa vuole dunque?-
-Oh, andiamo, lei è una persona intelligente. Si ricorda che l'anno scorso lei aveva rifiutato l'ammissione di mio figlio a quest'accademia?Ebbene  sono qui per questo.
 Anche lei ha figli Sig. Higurashi, lei  tenga felici i suoi i figli e io i miei- concluse mettendo una valigietta nera sulla scrivania.     L'aprì, rivelando un sacco di quattrini, ma 
l'espressione di Higurashi non mutò. Era serio, molto serio.
-Lei pensa veramente che io venderei la mia onestà, per qualche mucchietto di Yen? Lasci che glielo dica Fujiikama, lei è un uomo spregevole- l'uomo in questione 
arricciò il naso irritato.
-Se ne pentirà, se ne pentirà moltissimo, pensa di allevare i propri figli raccontando queste storie da strapazzo?!-
-Senta Fujiikama, lei vuole salvare suo figlio dall'impegnarsi, perciò mi dispiace ma non accetto- l'uomo si alzò indignato e fece per andarsene ma ancora una volta 
la voce fredda del Preside lo fermò.
-Un'ultima cosa Fujiikama, non importa se non ho potuto dare una vita di lusso ai miei bambini, ma almeno li ho educati al meglio, loro sanno che i talenti delle persone
 non si possono comprare, ma che se hai talento, i soldi arrivano comunque- disse quasi divertito. L'uomo incalzò il passo e sparì tra i corridoi della scuola. 
Poco dopo però entrò un altro uomo sulla cinquantina e un po' cicciottello.
-Buongiorno Signor Higurashi- disse accomodandosi sulla sedia.
-Salve signor Kashima, che onore averla qua. Qualcosa non va?- chiese strindendogli la mano.
-A dire il vero sono venuto a informarla di un'ottima notizia. Sa la piccola festa che stasera si terrà qui a scuola? Ebbene io e i miei collaboratori abbiamo deciso di 
 attendere una piccola premiazione, alla quale lei riceverà un titolo e la promozione- concluse tutto contento.
-Rispetto la vostra scelta ma io sono già il preside di questa scuola, cos'altro mi serve ancora?- 
-Un'accademia che abbia un preside come lei, che in 30 anni di duro lavoro, non ha mai chiesto una singola ferie e nemmeno chiesto l'aumento dello stipendio, credo
 che sia anche dovere della scuola, premiarla- Higurashi a quelle parole sorrise, fiero del proprio lavoro.
-Congratulazioni Signor Higurashi, oggia è la sua giornata-
-La ringrazio- e dopo aver stretto nuovamente la mano se ne andò. Subito dopo però delle faccine sorridenti entrarono nell'ufficio.
-E così ha ottenuto la promozione eh, signor Preside?- chiese Kagome al settimo cielo.
-E così avete origliato eh? Brutte pesti!- disse in tono scherzoso. Le ragazze corsero ad abbracciarlo.
-Congratulazioni signor Preside- dissero in coro.
-Vi ringrazio, ma solo perchè sono il preside di questa scuola, non vuol dire che anche le mie figlie mi debbano chiamare così- disse tra l'infastidito e il divertito.
Ora sembrava un'altra persona rispetto a prima.
-D'accordo Preside ... volevo dire ... papà- balbettò Kagome.
-Com'è fortunata questa giornata, il compleanno di mamma, la promozione di papà e infine il sogno di Kagome- disse Ayame.
-Ma papà, se noi andiamo con Kagome, con chi andrai alla cerimonia?- chiese Sango.
-Che domande, ci andrò insieme a Rin- concluse lui.
-Ok, allora noi andiamo fuori e cerchiamo un taxi, tu sbrigati a venire Kagome, ciao papà- disse Sango, dopo di che entrambe le sorelle diedero un bacio sulla guancia 
al padre e uscirono. L'uomo intanto tirò fuori una lettera e la porse a Kagome.
-Non dirmi che questa è...- l'uomo annuì. Kagome fissò l'oggetto che aveva tra le mani e gli occhi le si inumidirono e d'istinto abbracciò il padre, nascondendo il viso 
nel suo petto.
-Vorrei tanto ... vorrei tanto che la mamma fosse qui con noi papà- disse in un sussurro. Il padre le asciugò una lacrima che era scesa furtiva.
-Tua madre mi aveva detto di dartela quando sarebbe arrivato il momento, questa l'ha scritta solo per te- disse in tono dolce.
-Grazie- sussurrò.
-Ma ora sbrigati o farai tardi!- 
-E' vero! Ciao papà ti voglio bene- disse dandoli un bacio sulla guancia. Anche quuesta volta fece per andarsene, ma la voce del padre la bloccò.
L'uomo sorrise e alzò i pollici.
-Buona fortuna tesoro- Kagome sorrise.
-Grazie, ne avrò bisogno!- e sparì anche lei.







Kagome era seduta su una panchina alla Stazione ferroviaria di Osaka. In mano aveva quella tanto argua lettera di cui tante volte si era immaginata il contenuto.
Sango e Ayame erano già che aspettavano a bordo del treno, mentre lei voleva prima leggere la lettera.


"Mia piccola Kagome,
 questa è la mia prima e ultima lettera per te. So che andando avanti con quensta mia malattia, non sarò in grado di vederti crescere, il tuo futuro,
 perchè ancora prima di questo io non ci sarò più. Ma non preoccuparti, io sarò sempre nei vostri cuori...
 Nella vita di ognuno di noi, arriva un momento particolare che ce la cambia radicalmente. Non so quando quel  momento arriverà per te, ma so di certo che il regalo
 più grande che una madre possa fare alla propria figlia è la sua esperienza, che oggi voglio darti.
 Prima di tutto, non rovinare mai la vita di qualcun'altro per vivere la tua ...
 Secondo, ricorda che dopo ogni giornata di sole c'è ombra, se verrà un brutto periodo nella tua vita, anche quello se ne andrà, non perdere mai la speranza, perche` 
 prima o poi il sole risorge sempre ...
 E ultima ma non meno importante, desidero che ogni tuo desiderio si avveri, ma che sogno sarebbe, se non condiviso con qualcuno?
 Desidero che qualcuno arrivi nella tua vita, qualcuno di speciale, e che la renda  più bella dei sogni ...
 E ricorda sempre, se mai ti sembrase che la vita ti stia sfuggendo di mano ... "



Sentì un fischio in lontanza.
Un fischio ... perchè le faceva venire i brividi quel suono?
Un'altro.
Ancora uno.
Delle voci, voci famigliari.
Cosa stava succedendo.
Un orribile presentimento le balenò nella mente.
Alzò gli occhi leggermente lucidi dalla lettera e quel che vide non le piaque affatto. Il treno stava partendo e le sue sorelle sbracciavano nel tentativo di attirare la sua attenzione.Come per istinto, nel panico più totale, finì di leggere la frase che avveva lasciato incompleta.


"E ricorda sempre, se mai ti sembrasse che la vita ti stia sfuggendo di mano, allora corri, corri bambina mia ..."


Corri, corri, corri. Queste parole le rimbombavano nella mente e di scatto si alzò e rimise velocemente a posto la lettera.
Iniziò a correre. Non vedeva altra soluzione. Iniziò a correre. Non sapeva che altro fare.
Era nel panico più totale. Il cuore le batteva all'impazzata, quasi volesse esplodere e stava sudando freddo.
Che fosse quella la fine dei suoi sogni? Delle sue speranze? Non poteva crederci ... era troppo presto per mollare ... non aveva nemmeno intrapreso la sua carriera!
Come poteva immaginare che tutto si sarebbe frantumato in quel modo? Perchè? Che cosa aveva fatto di male?






"Una bambina piangeva in mezzo al prato e aveva le goti tutte arrossate.
 -Cosa c'è piccola mia? Perchè stai piangendo?- chiese sua madre con un tono dolce.
 -Quei bambini mi hanno pleso in gilo, hanno detto che ton tono abbatanta folte- la donna l'abbracciò e iniziò ad accarezzarle i capelli.
 -Ma non devi piangere, tesoro. Devi affrontarli, devi dimostrare loro che tu sei la migliore e che tu non ti arrendi mai- la bambina alzò gli occhi pieni di stupore, ma 
 subito riscoppiò a piangere.
 -Non è velo! Io ton sono così colaggiosa pultroppo- la donna sorrise.
 -Ti fidi di me?- chiese amorevolmente. La piccola annuì.
 -Allora vai e dimostra quanto vali!- disse sempre con un confortante sorriso.
 -Tu credi che ce la falò?-
 -Certamente piccola mia-
 -Mamma, tu mi vuoi bene?- chiese arrossendo un po'.
 -Ma certo tesoro che domande fai- disse scompigliandole i capelli.
 -Quanto?-
 -Tu per me sei più importante della mia stessa vita, tu sei la mia stella nel buio, tu sei ...- una lacrima le scivolò lenta giù dalla guancia.
 -No mammina, non piangele, adesso vado e faccio vedele a quei sbluffoni!- la donna sorrise e le diede un bacio sulla fronte.
 -Ricorda, non perdere il coraggio e non arrenderti mai- la bambina felice saltellò via.
 Esattamente 1 anno dopo sua madre morì. Solo ora la bambina capiva il motivo di quella lacrima."


"-Aspetta sorellona!- le interessate si voltarono e la guardarono perplesse. Rin sforgiò un dolcissimo sorriso a 32 denti e alzò entrambi i pollici.
 -Ti auguro tutta la fortuna del mondo!- disse. Kagome, quasi commossa, le diede un bacio sulla guancia "


"L'uomo sorrise e alzò i pollici.
 -Buona fortuna tesoro- Kagome sorrise.
 -Grazie, ne avrò bisogno!- "






No, non poteva arrendersi. Doveva lottare per lei, per le sue sorelle, per suo padre ma sopratutto per la sua dolce mamma. Costi quel che costi, lei sarebbe salita in quel treno!





Ero seduto nella mia cabina, in treno. Che cavolo! Io non lo voglio fare quel maledetto concorso! Tanto nessuna sa cantare, sono tutte delle galline spennacchiate che 
non fanno altro che strillare, altro che cantare! Non sono altro che delle racchie che si credono modelle e l'unica cosa buona che sanno fare è flirtare con in ragazzi,
abbindolarli, prendere i loro soldi e buttarli via come carta igenica. Bleah!
Vengo riscosso dai miei pensieri quando vedo due ragazze, una rossa e una mora, a dir poco preoccupate dirigersi verso una delle vie d'uscita del treno, anzi, di questo vecchio catorcio! Seguo con lo sguardo i loro movimenti e mi porgo leggermente dal finestrino guardando verso la direzione in cui si erano dirette.
Sgrano leggermente gli occhi e corrugo le soppracciglia. Vedo una folle, una malata di cervello, che corre come una forsennata nel tentativo di salire a bordo.
Che gente! Imparare ad arrivare puntuali no eh? Aaaah! Odio i ritardatari!!! Mi risiedo incurante della situazione. Mi alzo.





Ora stavo correndo con un braccio teso in avanti nel tentativo di aggrapparmi a qualcosa, ma era inutile. No! No! No! Ti prego mamma, aiutami tu!
Io non voglio rinunciare al mio sogno. Questa per me è un'oppurtunità più unica che rara. Non voglio! Vi prego, qualcuno mi aiuti!
Insomma! Un sacco di gente dovrebbe avermi visto eppure non si è degnata di aiutarmi. Sango e Ayame sono ancora troppo lontantane, non ce la farò mai 
a raggiungerle in tempo! Ti prego, mamma!


" ...sono sicura che ci sarà sempre qualcuno ..."


Come per magia, sembrò che qualcuno avesse ascoltato la sua preghiera, e un barlume di speranza si accese nei suoi occhi.


" ...ci sarà sempre qualcuno pronto a tenderti una mano ... "


Vide una mano allungarsi verso di lei. Come se fosse in una favola, il tempo le sembrò fermarsi. Il vento soffiare più lentamente, i suoni dissolversi piano piano.
E il cuore che riprendeva a battere normalmente. Sperava solo che non si tratasse di un miraggio. Anche i piedi oramai le facevano male. Non sarebbe riuscita a corerre 
a lungo.


" ... qualcuno per aiutarti, per sorreggerti ..."


Senza pensare due volte afferrò la mano dello sconosciuto, affidandosi ciecamente ad esso. Strinse più che poteva, quasi avesse paura di perderlo.


" ... e che ti porterà alla tua destinazione, alla tua vita ..."


Lui la tirò verso di sè, la fece salire dentro e la spinse contro il muro perchè non cadesse. Appena in tempo.


" ...verso il tuo destino ..."


Erano al buio e non riuscivano a distinguersi i visi, e prima era successo tutto in fretta che non avevano avuto il tempo di soffermarsi a guardarsi.
Il respiro di lei era affanato, le guance arrossate mentre le gocce di sudore scivolavano lente lungo le tempie ...
lui apparentemente calmo, ma dal suo respiro si poteva intuire un percentuale minima di agitazione.
Erano ancora lì. Mano nella mano. Diamanti in Quarzi citrini. Intenti a fissarsi. A perdersi l'uno nell'altro. A fondersi. 


" ... con amore, mamma."










* Angolo Autrice *

Hello People! ^^
E cosi`, come promesso, ho ri-pubblicato la storia! Come avrete notato ho cambiato leggermente il titolo, ma scoprirete piu` avanti il perche` :D
E poi, da una parte e`stato un bene avere l'opportunita` di postarla nuovamente, cosi` potro`modificare quelle piccole incertezze che avevo prima ^_^
Allora, bando alle ciance, e` strano a dirsi ma ... come vi e`sembrato il capitolo? XD No, perche`alcuno l'hanno gia`letto, quindi mi fa uno strano effetto chiederlo, ma lo chiedo a coloro che magari lo leggeranno la prima volta ^^
Scusate se non mi soffermo ma sono di fretta.
Vi aspetto numerosi come prima! ;) 
alla proxxima

Baci, Lullaby 99 ^^

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Capitolo 2
*** Dal dolore nasce il coraggio ***




Una volta intrecciato il filo
rosso del destino non puo`piu`essere sciolto ...


 


InuYasha

Capitolo : 2








Lui la tirò verso di sè, la fece salire dentro e la spinse contro il muro perchè non cadesse. Appena in tempo. Il treno entrò in galleria
Erano al buio e non riuscivano a distinguersi i visi, e prima era successo tutto in fretta che non avevano avuto il tempo di soffermarsi a guardarsi.
Il respiro di lei era affanato, le guance arrossate mentre le gocce di sudore scivolavano lente lungo le tempie ...
lui apparentemente calmo, ma dal suo respiro si poteva intuire un percentuale minima di agitazione.
Erano ancora lì. Mano nella mano. Diamanti in Quarzi citrini. Intenti a fissarsi. A perdersi l'uno nell'altro. A fondersi. 
A rompere quel momento magico fu la voce gelida e assordante del ragazzo.
-Ma sei matta?! Dico! Avevi Intenzione di morire per caso?!-
La ragazza boccheggiò scuotendo leggermente la testa senza distogliere lo sguardo.
-E perchè stavi correndo in questo modo? Stavi facendo a gara col treno per caso?!- ironizzò lui.
-Io ... io stavo ... cercavo di salire a bordo ... - disse la ragazza ansimando ancora.
-G-grazie per l'aiuto- gli disse accennando un sorriso, che lui ovviamente non vide  nel buio. Il treno inizio ad uscire dalla galleria.
Solo in quel momento si accorsero che si tenevano ancora le mani. Lei arrossì e lui fece una smorfia mollandogliela bruscamente.Si girò e sparì 
tra i lungi corridoi del treno. Lei rimase lì dove lui l'aveva lasciata, appoggiata pesantemente al muro. Cavoli che corsa! Ma ora era lì. Sul treno.
Grazie a quel ragazzo misterioso che non era nemmeno riuscita a vedere in faccia. Doveva ringraziarlo per l'immenso aiuto che le aveva dato. 
Non che non l'avesse fatto ma ... si guardò la punta dei piedi. Ma sì! Perchè no?
Prese la sua stessa direzione. Per fortuna lo vide entrare in una cabina. Sì non c'erano dubbi, aveva lo stesso smoking di prima. Almeno non avrebbe
dovuto cercarlo da cabina a cabina. Quando arrivò davanti alla porta, stava per bussare ma notò che la porta era lasciata leggermente aperta. Sbirciò.
L'unica cosa che vide fu un ragazzo girato di spalle con lo smoking nero e i capelli lunghi color della luna, un colore veramente insolito. 
Stava scrivendo incessantemente sul suo portatile.
Sì era lui per forza. Ne era sicura. Provava una strana sensazione, la stessa di prima, sapete come succede nei film che lei avverte la presenza del suo
lui, ma non era in quel senso ... era solo sensazione normale che le confermava che era lui. Chissà se lui l'aveva vista oppure ...
La porta venne chiusa di scatto e Kagome sbiancò.
Si girò. Un uomo magro e minuto vestito da cameriere. Kagome deglutì spaventata.
-Mi scusi, questa è la cabina del Signorino Inuyasha No Taisho, io sono il suo segretario. La prego di andare via da qui. Il Signorino preferisce restare da solo e lei non 
dovrebbe entrare qui, è privato- le disse con un tono tra il dolce e seccato. Kagome annui rossa in viso e se ne andò a passo svelto.
Mamma mia che figura! Possibile che capitassero tutte a lei? Sospirò rumorosamente e si diresse alla ricerca delle sue sorelle.
Non ci mise molto a trovarle. Le vide correrle incontro sollevate e l'abbracciarono.
-Oh Kagome! Per fortuna stai bene! Stavamo per tirare la catena!- Le disse Ayame ansimando.
-Ma poi abbiamo visto che qualcuno ha tirato dentro te- le sussurò Sango. Kagome arrossì leggermente e le superò.
-Ahahah! Non preoccupatevi sto bene e adesso andiamo a sederci ai nostri posti- le altre due alzarono un sopracciglio e la seguirono.
-Sai sorellona che c'è anche una troup televisiva insieme a noi che riprenderà tutto il viaggio!- disse la rossa emozionata. Kagome annuì sedendosi.
Appoggiò un gomito sul bordo del finestrino e sopra di esso ci appoggiò il mento, guardando fuori con aria assente.




-Buongiorno signore e signori- un ragazzo alto e fisico slanciato. Moro con due topazi imperiali per occhi. Sorriso mozza fiato.
-Oggi siamo su un treno che percorrerà la stessa corsia di sempre ma oggi qui con noi abbiamo delle bellissime e talentuose ragazze!- 
disse facendo un sorriso a 32 denti, seguito dal cameraman.
-E qui il vostro presentatore preferito, Hojo Miyamura!- si sentirono dei gridolini da parte di alcune ragazze.
-E con queste bellissime ragazze stanno viaggiando i loro bellissimi sogni! Su chiediamo loro perchè vogliono partecipare a questo concorso! Seguitemi!-
Detto questo entrò nella cabina successiva, dove guarda caso c'erano Kagome e le sue sorelle.
-Salve ragazze! Su chiediamo a loro- e si avvicinò ad una ragazza con dei bellissimi capelli biondi raccolti in una treccia laterale e due splendidi zaffiri come occhi.
-Salve, il mio nome è Lidya e sono qui perchè voglio diventare famosa e voglio conoscere gli attori di Hollywood!- disse tutta eccitata mentre le altre ragazze fischiavano.
Poi si avvicinò ad una ragazza coi capelli corvini a caschetto e due ametisti mozza fiato.
-Ciao a tutti! Mi chiamo Kuriya. Beh, io sono qui perchè voglio diventare famosa, una superstar! E poi a Hollywood c'è mancanza di cantanti belle, e io ho questa qualità!- disse mentre le ragazze intorno a lei fischiavano ancora.
-Fantastico! Una vuole incontrare personaggi famosi, una vuole diventarlo. Ma mi sembra che abbiano confuso questa gara di canto con un concorso di bellezza!-
disse accennando un sorriso beffardo, ma venne subito fulminato dalle due ragazze di prima.
-Quanto puo guadagnare un cantante?- disse ad un tratto Ayame attirando l'attenzione di tutti su di sè.
-Se io mai diventassi una cantante, lo diventerei per sposarmi con il proprietario di quella compagnia musicale, dopo il matrimonio alcuni soffrono disagi
 e altri si ostentano le loro richezze.Io sceglierei la seconda categoria.- disse con un sorriso malizioso. Sango e Kagome scossero la testa. Caso disperato!
-Mi scusi?- disse all'improvviso Hojo sedendosi sulle proprie ginocchia di fronte a Kagome. Quest'ultima colta di sorpresa non seppe che dire e andò in panico.
-Come ti chiami?- Kagome era nel pallone ma fece un lungo respiro e sfoggiò uno dei sui bellissimi sorrisi.
-K-Kagome, Kagome Higurashi- Hojo le sorrise e lei si sentì confortata.
-Oh, ma che bel nome! E voi come vi chiamate?- disse rivolto a Sango e Ayame.
-Loro sono le mie sorelle! Non partecipano anche loro- si sbrigò a dire Kagome. Sango fece un sospiro di sollievo e Ayame una smorfia. Le aveva levato l'oppurtunità
di finire in televisione, e chissà, magari qualche ricco imprenditore avrebbe subito il suo fascino!
-Oh, vedo!- poi si rigirò verso la ragazza corvina.
-E lei perchè è venuta qui? Perchè vuole vincere?- stava per rispondere ma la rossa si intromise.
-Adesso ... se è una concorso di canto, la risposta sarà nella canzone, no?- disse facendo l'occhiolino a Kagome.
-Hai ragione! Hai assolutamente ragione! Su Kagome, canta per noi- la incitò Hojo.
Kagome guardò Sango che annuì. Cantare? Cantare. Il canto era la sua passione, la sua vita, il suo sogno. Sì era questo il suo sogno. Diventare una cantante 
famosa e così anche suo padre avrebbe potuto dire a testa alta che era la sua figliola, visto che dirigeva una scuola di musica. Quando cantava si sentiva 
libera, libera dalla vita comune e trafficante di sempre. Si creava un mondo tutto suo intorno a lei. Lei e le dolci note che uscivano dalla sua bocca si fondevano
l'una con l'altra, dando origine ad una melodia perfetta. Perfetta? No, sentiva sempre che mancava qualcosa nella sua voce, forse esperienza della vita, perchè 
il canto esprimeva lo stato d'animo del cantante. Forse le mancava quel dolore, quell'amore che probabilmente andando avanti avrebbe scoperto.
Ma adesso doveva cantare. Cantare per suo padre, le sue sorelle, per il suo futuro ma sopratutto cantare per lei.



Mmmmmh 
La la laaa



Tutte le ragazze si radunarono intorno a loro.


Vorrei tenerti vicino a me 
Vorrei che tu sia mio per sempre ...
Il mio cuore sta impazzendo
c'è un profumo nell'aria
Sto diventando pazza di te
Nonostante chiuda gli occhi 
riesco a vedere tutto
a vedere te ...
Non riesco ad esprimere
quanto io ti amo 
quanto ti amo
Non riesco ad esprimere
quanto ti amo
ti amooo ...




Riaprì gli occhi. Silenzio. Forse non era piaciuta?
Applausi. Tantissimi applausi e fischi. Davvero era piaciuta ... così tanto?
Sorrise. Era felice. Una speranza in più.
-Complimenti Kagome, sei stata bravissima! Mi raccomando canta così anche allora, buona fortuna- disse Hojo uscendo. 
A lei brillarono gli occhi. Una possibilità in più.
Abbracciò Sango e Ayame con gli occhi lucidi per la felicità. Loro le sorrisero.



Stavo scrivendo tranquillamente al mio portatile quando ad un tratto sento una voce in lontananza. Era così particolare, diversa dallle solite voci. 
Mi alzo per andare a vedere.
Io ero uno dei giudici del concorso, se fossi riuscito a trovare la fonte di quella melodia, forse ... era proprio la voce che mi serviva.
La sento. Si sta avvicinando. Arrivo dinanzi una cabina dove trovo solo delle oche che starnazzo come al loro solito. Ah! Quanto le odio!
Vedo solo una ragazza con dei lunghi capelli neri girata di spalle circondata da un gruppo di ragazze. Non so perchè, ma mi era così famigliare.
Vedo delle ragazze girarsi non appena ha finito di cantare.
-Wow! Avete sentito che brava?- domandò una.
-Già, credo proprio che ... - non finì il discorso che mi vide dinanzi a se. Una di loro mi indicò.Che irritanti che sono!
-I-Inuyasha No Taisho?!- chiese incredula. Feci una smorfia e me ne andai. Non le sopporto quando fanno così! Anzi non le sopporto MAI!
Che stupido che sono stato, meglio che me ne stavo nella mia cabina dannazione!




[Cabina B-12]

-Sorellona, vedrai, vincerai tu di sicuro! Hai visto? Inuyasha No Taisho è venuto qui in persona per ascoltare la tua canzone!- disse Ayame eccitata.
Kagome non rispose. Guardava fuori dal finestrino, persa chi sa dove, assente. Fece un lungo sospiro.
-Che c'è Kagome?- chiese preoccupata Sango. La ragazza in questione si distolse dai suoi pensieri, ma continuando a guardare fuori con 
sguardo ancora più assente. 
-Non lo so Sango, non lo so davvero. Chissà perchè mi sembra che il ritmo di questa canzone era incompleto, mancava qualcosa ...-
Le ragazze la guardaro perplesse.
-Chissà quando la mia voce rifletterà i miei veri sentimenti, portando nella mia voce dolore e amore, così che le parole vengano fuori da sole-
-Ma Kagome, dovresti essere felice, hai cantato benissimo!- 
-Lo so Sango, ma adesso basta godiamoci il viaggio!- in risposta ricevette due enormi sorrisi.




[Osaka, casa Higurashi]

-Papà! Forza che siamo in ritardo!Dobbiamo uscire adesso!- urlò Rin dal fondo delle scale a pian terreno.
-Oh sì, arrivo arrivo!- disse l'uomo scendendo le scale.
-Wow, papino ma come siamo vestiti bene oggi!-
-Oh in effetti è da un po' che non indossavo questo bello smoking- disse appena giunse di fronte a Rin. Stava per rispondere quando suonò il campanello.
Andò ad aprire. Appena vide chi aveva davanti abbassò lo sguardo e fece una smorfia. Suo fratello Riyko insieme a sua moglie Jennifer.
Era alto e slanciato, moro e quei topazi imperiali che tanto lei odiava perchè identici ai suoi. Accanto una donna nè troppo alta nè troppo bassa.
I capelli castani raccolti lateralmente su una spalla e due grossi rubini come occhi, tanto belli quanto malvagi, come lei dopottutto.
-Desiderate?- chiese con tono seccato. Tra loro e la sua famiglia non correva certo buon sangue, nonostante fossero fratelli.
-L'affitto di questo mese- disse porgendole un mucchietto di soldi. Il nonno, che non si era nemmeno girato verso di loro, rispose secco.
-Rin, dì a loro che noi prendiamo l'affitto solo il primo del mese, non quando fa comodo a loro-
La donna lo fulminò e fece una smorfia disgustata.
-Andiamo via da qui!- disse a Riyko.
Sparirono dalla vista. Rin vide il padre mettersi le scarpe e uscire passandole accanto freddo.
-Andiamo- le disse semplicemente con tono gelido. Rin si limitò ad annuire e lo seguì.
Lo guardò. Sapeva quanto lo facesse soffrire rivedere il proprio figlio traditore ogni mese. Non ne parlava mai con nessuno e se per sbaglio 
una di loro diceva il suo nome veniva subito messa a tacere da una sgridata. Ma nonostante ciò lei era convinta che infondo lui gli volesse ancora bene.
Lei forse avrebbe potuto anche non odiarlo,  ma vedere come quel essere facesse soffrire suoil suo adorato papà, lo odiava sempre più per questo. 
Intanto il l'uomo, accortosi del silenzio della ragazza, le passò un braccio intorno alle spalle.
Lei lo guardò stupita. Lui le sorrise.
-Su forza andiamo, prima facciamo, prima torniamo!- le disse. La ragazza rispose al sorriso e annuì.




[Cabina B-12]

Sango aveva un braccio apoggiato al bordo del finestrino, mentre l'altro le ricadeva pesantemente su una coscia. La nuca appoggiata allo schienale e il
viso leggermente inclinato. Ayame aveva la testa appoggiata su una spalla di Sango, un braccio sul bracciale del suo sedile e l'altro lasciato ricadere 
su un fianco. Kagome le guardò. Dormivano beatamente, proprio come due bambine. Sorrise.
Sentì la gola secca e decise di bere un po' d'acqua dalla sua borraccia. Sfortunatamante era vuota. Fece una smorfia. Possibile che fosse così sfortunata?
Tutta colpa di Ayame che si era scolata mezza borraccia da sola! Si guardò intorno. Erano ferme ad una stazione. Forse poteva scendere per
prendere un po' d'acqua. Però il treno ... 
-Fai presto! il treno si ferma qui solo per 10 minuti- disse una ragazza a quella seduta al suo fianco la quale annui e uscì.
Beh se si fermava dieci minuti, sarebbe potuta scendere. Tanto mancavano ancora 5 minuti perchè ripartisse, nel frattempo avrebbe riempito la bottiglia.
Ma sì! Uscì e si guardò intorno. Vide un rubinetto con acqua potabile e vi si diresse. 
Finito di riempire, si diresse verso il treno, ma dei forti colpi di tosse la fermarono. Sì guardò intorno. Tutto tranquillo. Scrollo le spalle e tornò a dirigersi verso
il treno. Ancora dei colpi di tosse, ancora più forti di prima. Si girò di scatto e vide una donna seduta malamente su una panchina coperta in un grosso scialle. 
Tossiva incessantemente. Appena la vide si diresse verso di lei. Le poggiò una mano sulla schiena e si sedette accanto a lei.
-Signora?! Signora che cosa ha?!- chiese preoccupata.
-Bambina mia ... coff! coff! ... è un attacco ... coff! coff! ... di asma ... - disse a fatica.
-Lei ... lei venga con me, la porto in ospedale!- disse alzandosi si fronte a lei. La donna scosse la testa. Un fischio in lontanaza. Un fischio dannatamente
famigliare che fece sbiancare Kagome. Si girò. Il treno stava per partire dannazione! Di nuovo!
-Vai ... Vai! Coff! Coff! Perderai il tuo treno!- le disse la donna preoccupata. Il treno iniziava a muoversi lentamente. Se avesse seguito il consiglio della donna,
avrebbe ancora potuto raggiungerlo, però ... come poteva lasciarla in quello stato? Cercava di ricacciare le lacrime nel vedere il treno muoversi sempre più 
velocemente. Cosa fare? Seguire il suo sogno o salvare la vita di quella donna? Passò più volte lo sguardo dalla donna che tossiva sempre più forte e il
treno che accelerava sempre più. Il treno o la donna, la donna o il treno?
Dentro di sè sentiva l'angoscia più totale. Non capiva che fare. Si sarebbe potuta permettere di perdere il treno ancora una volta? 
Ad un tratto notò un foglio ripiegato uscire leggermente dalla sua borsa a tracolla.
Ma certo, la lettera della mamma! In quel momento si illuminò. Niente più dubbi.




" ... non rovinare mai la vita di qualcun'altro per vivere la tua ... "



-No! Io non la lascerò in queste condizioni! Venga con me!-
-N-no cara tu vai!- Kagome guardò ancora una volta il treno con le lacrime che minacciavano di uscire, ma le ricacciò con tutta se stessa.
-Non importa, non posso lasciarla in queste condizioni ... venga con me, la porto in ospedale-
-No tu, tu vai-
-Non lascerò in queste condizioni! Venga- la donna rassegnata si alzò e la seguì.




[Autostrada]

Una ragazza dai capelli corvini si guardava disperatamente intorno, sperando di trovare un passaggio. Non le era bastata la corsa alla stazione, 
ora dove farlo anche per strada. Aveva aiutato quella donna e ne era felice, ma adesso cosa ne sarebbe stato di lei? Aveva paura, tanta paura.
Per sua fortuna vide arrivare un taxi che si fermò. Gli diede l'indirizzo e sfrecciò verso la sua destinazione, sperando con tutto il cuore di 
riuscire ad arrivare in tempo. Il respiro era affannato e il cuore batteva a mille. Fortunatamente vide il treno poco più avanti, visto che faceva la sua
stessa corsia. Ma sapeva comunque che non sarebbe arrivata lì prima di lui.
Scese velocemente dal taxi e si diresse verso l'ingresso. Decine e decine di ragazze erano sparse intorno a lei. Si guardò l'orologio al polso.
Era un po' in ritardo, ma forse ce la poteva ancora fare. Poco più in avanti vide le due sorelle correrle incontro abbracciandola. 
-Kagome!- dissero in coro.
-Ma si puo sapere dove eri finita? Ci hai fatto preoccupare tantissimo!-
-Si scusate lo so, ma adesso non ho tempo per spiegarvi! Tra poco toccherà a me e devo sbrigarmi!-
-Ok sorellona, ma adesso sbrigati a riempire questo modulo!- le disse Ayame tutta preoccupata e corsero verso l'ingresso.




[Sala provini]

Hojo uscì dalla stanza.
-Chiama il prossimo concorrente, il numero 8- disse rivolgendosi ad un ragazzo dello stuff.
-Numero 8? Numero 8, Kagome Higurashi?- disse nel proprio microfono ma non ricevette risposta.
-Higurashi?- niente. Hojo si grattò la nuca e iniziò a guardarsi intorno.
-Senti, tu! Vai a cercare la concorrente numero 8, Kagome Higurashi!- disse ad una guardia, la quale partì spedita a compiere il compito.




[Fuori]

Kagome, accompagnata dalle sorelle, arrivò all'ingresso dell'edificio principale. Stava per entrare ma una guardi la fermò.
-Mi dispiace signorina ma non può entrare-
-Perfavore, mi lasci andare, la prego!- chiese la ragazza con il cuore pronto a scoppiarle in gola.
-Le ho detto che non può entrare adesso- insistette l'uomo con voce fredda, intimandole di andarsene.
-Ma sta per arrivare il mio numero! Sono già in ritardo!- disse facedogli vedere il modulo che aveva in mano.
-La prego la lasci andare!- chiese Ayame.
-Per piacere!- intimò Sango.
-Smettetela! Vi ho detto di no!- continuò impassibile l'uomo. Kagome si morse un labbro, rischiando una crisi nervosa. Prima il treno, poi la signora e 
ora ci si mette anche sta guardia da due soldi?! Aaaah! Non ce la faceva più! 
-Mamma mia!-
Non appena pronunciò quelle parole, il wacky-tocky della guardia squillò.
-Sì ... come dice? ... va bene ...- concluse con una smorfia seccata.
-Potete andare- disse infine fulminando Kagome.
-La RINGRAZIO!- urlò Kagome, calcando bene l'ultima parola.
Stava per entrare ma sentì un tocco sulla spalla.
-Buona fortuna Kagome!- dissero le atre due in coro. Quest'ultima sorrise e sparì.




[Sala Provini]

-L'avete trovata?- domandò Hojo.
-No, purtroppo la concorrente non si trova all'interno dell'edificio- lo informò accuratamente la guardia.
-Va bene, puoi andare- l'uomo in questione fece un leggero inchino e tornò alla postazione precedente. 
Il ragazzo aspettò ancora qualche secondo. L'aveva sentita cantare e poteva dire che aveva una voce a dir poco meravigliosa.
Sarebbe stato un vero peccato rinunciare ad un talento simile. Non capiva solo dove fosse finita. Eppura era nel treno insieme a tutti gli altri, ma ora 
era come volatilizzata. Sospirò rumorosamente.
"Mi dispiace Kagome" disse tra sè e sè. Andò vicino alla tabella dei candidati e a malincuore cancellò la riga "N° 8 : Kagome Higurashi".
Proprio in quel momento arrivò di corsa una ragazza dai lunghi capelli corvini. La vide fermarsi un attimo per riprendere il controllo del respiro e dopo di che
avvicinarsi al bancone dei canditati.
-Mi scusi- disse richiamando l'attenzione del ragazzo seduto al tavolo e facendogli vedere il proprio modulo.
-N° 8, Kagome Higurashi...- disse ancora affannata.
-Kagome!- disse una voce alle sue spalle. La ragazza dagl'occhi di diamanti, si girò di scatto.
-Dove eri finita? Sei estremamente in ritardo!- disse Hojo in tono di rimprovero.
-L-lo so! Ma il fatto è che per s-strada una signora si era sentita male e allora ho dovuto portarla in ospedale e ho ... perso il treno ...- spiegò
affievolendo il tono alle ultime parole.
-Il mio numero?- chiese Kagome speranzosa, ma la cera di Hojo la metteva di pessimo umore e le dava un pessimo presentimento.
-Sono mortificato Kagome, ma il tuo numero è già passato- disse lui indicandole la tabella dei candidati. Kagome girò a fatica il viso verso di essa
deglutendo. Ciò che vide fu una grossa croce nella propria casella. Subito si voltò dalla parte opposta e di riflesso cadde pesantemente sulla sedia più vicina.
Non riusciva a guardarla. no ce la faceva proprio.
-Kagome stai bene?- chiese il ragazzo preoccupato. L'altra annuì appena. Alzò lo sguardo implorante, anche se a Hojo sembrò vuoto e privo di sentimenti se 
non chè dolore e delusione.
-A-adesso io cosa ... p-posso andare ora?- chiese quasi pregandolo.
-Mi dispiace, non puoi andare, ora ... tu ... aspetta qui, io parlerò coi giudici dopo che le altre concorrenti avranno finito, e chiederò loro. Se sarai fortunata, 
 accetteranno- disse mettendole una mano sulla spalla e entrò nella stanza delle audizione. Purtroppo Kagome non si sentì per niente confortata, anzi, 
ogni sigola parola di Hojo le era come una spina al petto. Ora le sue speranze stavano svanendo definitivamente. Aveva voglia di piangere. 
Un amaro sorriso le incurvò leggermente le labbra. A quanto pare, sembrava che tutti i Kami si fossero riuniti per impedirle di partecipare al concorso. Aveva rischiato di perdere il treno, ma qualcuno l'aveva salvata, ha preferito salvare la vita ad una sconosciuta invece che seguire il proprio sogno e poi se solo quella maledetta guardia non l'avesse fermata, sarebbe arrivata prima che la cancellassero dalla lista! Alzò gli occhi al soffitto. Questo non dovrebbe valere qualcosa? Insomma, ha rinunciato alla propria vita, pur di salvare quella di qualcun' altro! Ma non provava rancore verso la donna, anzì ne era felice. Se sua 
madre o suo padre fossero stati lì, sarebbero stati fieri per il suo grande gesto di altruismo. Si spostò sulla sedia vicino al davanzale dove giacevano 
dei tulipani gialli come il miele. Le ricordavano tanto quelli che aveva a casa, ma il vento che soffiava a Okayama, aveva un profumo diverso che a Osaka.
Qui era meno fresca. Lo poteva percepire dai lievi tocchi che il vento le lasciava sulle guancie. 
A distoglierla dai suoi pensieri fu la voce gracchiante di una ragazza che usciva dall'aula audizioni. Sembrava indignata.
-Che villano sto Taisho!- e se ne andò a passo svelto. Poco dopo uscì un'altra ragazza, anche questa molto turbata.
-Questo Taisho non capisce una mazza di canto! Insomma, come fa a non piacergli nessuna voce?!- sparì anche lei. Un'altra ragazza usci poco tempo dopo.
-Sto Taisho è pazzo per caso?! Sapete cosa mi ha chiesto? Cantavi o piangevi? Stupido!- e facendo una smorfia se ne andò.
Il cuore di Kagome batteva come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. A quanto pare questo famoso Taisho non era una persona molto socielvole e che difficilmente si accontentava. Si sentiva un nodo in gola e le lacrime minacciavano di uscire ma si morse il labbro nel tentativo di respingerle.


Dopo due ore buone passate ad aspettare, finalmente Hojo uscì. Oramai Kagome era rimasta sola, nel corridoio non c'era più nessuno.
Appena lo vide gli piombò addosso tempestandolo di domande.
-Signor Hojo!-
-Ciao Kagome, non c'è bisogno che mi chiami signore-
-D'accordo ...Hojo. Tutti i concorrenti se ne sono andati oramai ... ora lei parlerà con i giudici?- chiese speranzosa.
-Lo so. Stavo andando giusto da loro. Sii paziente ok?- disse in modo dolce e mettendo una mano sulla testa di Kagome, che colta di sorpresa, arrossì leggermente.
-Ok- rispose. Lui fece per andarsene ma la voce di lei lo bloccò.
-Ah! Hojo?- l'interessato si voltò. Kagome fece un dolce sorriso.
-La ringrazio, la ringrazio di cuore!- Hojo le sorrise e facendo un cenno con la mano sparì.




[Fuori]

Un ragazzo intorno ai 21 anni uscì in modo altezzoso dal portone, dirigendosi verso la propria Porsche decapottabile nera.
Indossava uno smoking nero e sotto una camicia color violaceo. I capelli lunghi e argentati si contrapponevano alle due iridi dorate, che parevano Quarzi citrini.
Indossò degli occhiali da sole neri come la pece e con la chiave d'acciaio aprì lo sportello, ma proprio in quel momento vide arrivare Hojo di corsa.
-Signor Taisho! Aspetti per favore!- il ragazzo in questione richiuse lo sportello e si girò verso di lui.
-Mi perdoni, ma una ragazza è arrivata alle audizioni in ritardo...- l'altro a quelle parole alzò gli occhiali sulla testa. Ritardo eh? Se c'era una cosa che detestava, 
a parte tutto il genere femminile, erano i ritardatari, maschi o femmine che siano!
-Gli altri giudici hanno già accetato la mia proposta, se lei è daccordo, questa ragazza potrà realizzare il suo sogno, mi creda, ha una voce favolosa- disse porgendogli
il modulo di Kagome, ma il ragazzo lo fulminò.
-Se ha una voce così "favolosa", come dici tu, allora dovrebbe anche avere la predispozizione del tempo- l'altro cercò di ribattere ma lui lo precedette.
-Lo sai che sto partecipando a questo concorso, solo perchè alla mia compagnia musicale trovare nuovi talenti per l'azienda...- proseguì lui freddo come il ghiaccio, 
incurante delle conseguenze delle sue azioni.
-E non perchè la gente mi faccia perdere tempo, soprattutto quella gente che non ha il valore del proprio tempo- Hojo cercò di rimediare.
-Signor Taisho, lei sta fraintendendo la situazione- lui lo guardò seccato, come per dire "Tu osi dare ordini a me? Sparisci e non farmi perdere altro tempo!". 
-Il punto è che questa ragazza ha aiutato un'anziana signora, per questo ha fatto tardi nell'arrivare, voglio dire, ha salvato una vita- lui scoppiò in una risata contenuta.
-Bene, buon per lei se ha salvato una vita- e subito il suo tono beffardo divenne serio.
-Ma ti ricordo Myamura, noi cerchiammo cantanti, non assistenti sociali- Hojo cercò di ribattere ma lui non glielo permise.
-E inoltre, le ragazze sono esperte nello strovare scuse- detto questo fece qualcosa che non avrebbe dovuto fare, qualcosa che avrebbe distrutto i sogni di 
Kagome. Sotto gli occhi estrefatti di Hojo, un pezzo alla volta, strappò il modulo senza nemmeno degnarlo e sul viso aveva una smorfia soddisfatta.
Pezzo dopo pezzo, lacerava quella che sarebbe stata l'opportunità di Kagome. Uno alla volta, i frammenti cadevano ai loro piedi, e all'ultimo lo stracciò.
Aprì lo sportello della Porsche e senza degnare di uno sguardo il povero Hojo, vi entrò dentro, pestando i resti di carta. Dopo un assordante rombo  di motore e dopo 
aver alzato un grosso polverone, l'autò si dileguò e sparì, diventando un punto lontano all'orizzonte.


Hojo fissava i resti di quello che una volta erano le speranze di un piccola creatura. E ora? Come avrebbe fatto a dirglielo?
La risposta non tardò ad arrivare. Infatti, non appena si girò verso l'ingresso, vide Kagome appoggiata una delle colonne che soreggevano la veranda.
In viso aveva un'espressione a dir poco distrutta. Come biasimarla, dopo la giornataccia che si è ritrovata ...
"Oh Kagome, mi dispiace tanto per te..."
Si avvicinò a lei cautamente. Vide che tremava leggermente, ovviamente non per il freddo, ma forse faticava a tenersi in piedi. Le mise una mano sulla spalla, senza
però incrociare il suo i diamanti di lei. Si sentiva in colpa di non essere riuscito nell'intento.
Lei non lo vide nemmeno, continuava a guardare dritto dinanzi a se, nel vuoto.
-Mi dispiace Kagome, spero che la prossima volta tu sia più fortunata- dopo di chè si congedò, incapace di dire altro, lasciando una Kagome lacerata dentro.
 


" -Mi porterà ai miei sogni, tra migliaia di persone, una Kagome Higurashi sorellona, e il mio desiderio che si avvera. 
   La gente che mi applaude, che desidera che io canti, che grida il mio nome e io lì sul palco, la stella della serata e il desiderio di vincere nel cuore, e dopo di chè
   io canterò la mia canzone preferita e vincerò! Farò fiero mio padre di aver vinto, solo questo, questo è il mio piccolo grande sogno!- disse tutta eccitata."




Chiuse gli occhi e purtroppo non riuscì più a trattenere quelle lacrime che fin dal mattino avevano minacciato di uscire. Come poteva una persona essere così insensibile?
Piangeva, ma il dolore era immenso, e il sogno ... infranto.








Poco dopo vide le sorelle correrle incontro, ma più si avvicinavano, più rallentavano il passo e il loro viso prendeva forme preoccupate.
Quando le furono accanto, Sango le asciugò le lacrime e l'abbracciò. La ragazza si sfogò, cercando di reprimere quella sensazione di vuoto, ma invano.
Intanto Ayame le accarezzava la nuca dolce e comprensiva. Kagome si tirò su e represse tutte le lacrime. 
-Sapete una cosa?- chiese con un filo di voce sforzandosi di sorridere.
-N-non importa se non potrò più diventare una cantante, io non mi pento di q-quello che è successo oggi ...anzi v-vi dirò, ne sono felice ...- disse, ma gli occhi le 
erano tornati lucidi, nonostante ciò continuava a sorridere. Sango e Ayame continuavano ad ascoltare le sue parole preoccupate.
-Ho tenuto a mente ciò che mi ha insegnato la mamma e sono sicura che lei è fiera di me ma s-soprattutto sono riuscita a lasciare un mio buon ricordo nell'animo di 
 quella persona ... allora ditemi, che importa se il mio sogno non si è realizzato?- le gocce d'acqua però ricominciarono a scorrere lungo le goti, ma il sorriso non scomparve.
Le sorelle capirono quanto in quel momento dovesse soffrire per dire cose del genere e l'abbracciarono per confortarla. Rimasero immobili così per chissà quanto 
tempo e quando si staccarono il mal umore non era passato ma almeno ora Kagome sorrideva davvero.
-Su, torniamo a casa- disse Sango.




"-E' da qui che tutto ebbe inizio, quella storia che nessuno ha mai nè visto nè sentito ... quella storia che mi ha cambiato la vita, quella storia che è la storia del mio 
  amore, della mia Kagome ...-"




[Stazione di Okayama]

L'atmosfera non era certo una delle migliori. L'aria era tesa e l'ansia aveva il soprevvento sui loro animi. Ma la parte più terribile doveva ancora venire.
Come fare a raccontare al loro caro papà e alla dolce Rin la verità? Beh, avrebbero avuto due ore buone di viaggio per pensarci.
Salirono a bordo del treno che aveva per destinazione Osaka e questa volta si assicurarono che nessuna rimanesse "fuori". L'ultima cosa che Kagome in quel
momento avrebbe voluto era dover fare ancora  una corsa per salire a bordo. Mentre attraversavano le cabine nel tentativo di trovare dei posti liberi, qualcuno 
urtò per sbaglio Kagome e le cadde addosso del caffè.
-Scusa- disse la ragazza prima di dileguarsi. 
"E cosa me ne faccio ora delle tue scuse?" pensò la ragazza irritata. Quella era senz'ombra di dubbio una delle giornate più sfortunate della sua vita.
Cercò di sbiadire la macchia passandoci delle passate svelte di mano, ma quella non accennava a sparire.
-Non fa niente Kagome, adesso ti cambi, dai vieni- le disse dolcemente Sango mettendole una mano sulla spalla e incitandola a sedersi. Lei annuì e la seguì.
Il viaggio procedette tranquillo senza altre disgrazie, la tensione però non era sparita. 
-E adesso ? Come lo diciamo a papà?- chiese Ayame rompendo il silenzio.
-Non glielo diremo- disse Kagome abbassando lo sguardo e prima ancora che le altre potessero chiedere spiegazioni, si alzò e prese la direzione del bagno.
Sango incontrò gli smeraldi confusi della rossa. Che cosa voleva dire?




[Casa Higurashi]

Arrivaro a casa verso le 7 di sera. Era buio e la luna quella notte risplendeva in tutto il suo bagliore. Una leggera nebbia offuscava il vialetto dal cancello fino all'ingresso
della casa. Le fronde si  muovevano incessantemente spinte dal vento gelido di quella serata. Che strano, eppure al mattino c'era un bel sole...
Ora Kagome indossava dei semplici jeans e un dolce vita bianco.
Le tre giovani proseguivano a passo lento verso l'ingresso, quasi non volessero mai arrivarvi, anzi, sembrava volessero scappare via.
Suonarono il campanello, e per loro grande sfortuna, fu proprio il padre ad aprire facendole scattare come molle.
-Eccovi finalmente! Su ditemi presto cosa è successo!- chiese lui leggermente eccitato e con un sorrisone stampato sul viso. Kagome fece un sorriso forzato e 
strinse le mani in pugni lungo i fianchi, però sentì il tocco della mano di Sango sulla propria. La guardò, come per ricevere un consenso e appena lo vide abbracciò il padre
nascondendo il viso nel suo petto in modo che lui non potesse vedere le sue espressioni.
-Papà, tu cosa credi?- chiese Ayame con il sorriso più finto del mondo.
-M-mi hanno ... hanno scelto- disse Kagome con un filo di voce, stringendo gli occhi. Era la prima volta che mentiva a suo padre, ma non aveva il coraggio di dirgli la 
verità.
-Sì! Lo sapevo che la mia figliola avrebbe vinto!- disse staccandola da se per guardarla in viso.
-E papà, come è andata la cerimonia di promozione?- chiese Sango cercando di cambiare discorso.
-Oh, benissimo, guardate, ho perfino comprato una torta per festeggiare tutti insieme- disse indicando una torta alla panna sul tavolo, dove accanto c'era seduta una 
piccola Rin che apparecchiava.
-Ciao sorellona!- disse correndole incontro abbracciandola.
-Ciao Rin- disse appena. Detto questo si accomodarono intorno al tavolo.
-Sapete, oggi abbiamo ben 3 cose da festeggiare, il compleanno di vostra madre, la mia promozione e la selezione di Kagome- disse felice, felice il padre. Le ragazze
si sentivan in colpa. Come potevano dargli quella falsa felicità?
-Senti papà, dicci come è stata la cerimonia- disse Ayame cercando di cambiare bottone.
-No! Prima ditemi come è andata la selezione- disse il padre, quasi volesse sorvolare l'altro argomento.
-Non papà prima tu!- cercò di dire Kagome.
-Non importa chi parlerà per primo- disse una voce acida alle loro spalle. Jennifer e Riyko. Ah! Ci mancavano solo loro! La loro presenza fece drizzare tutti quanti in piedi,
 e si potevano vedere le saette che fuoriuscivano dalle loro iridi, facendo finalmente scomparire quei falsi sorrisi.
-Vero Kagome? Sei stata scelta vero?- chiese la vocina tagliente di Jennifer avvicinandosi a loro. La ragazza in questione degluti pesantemente in quanto la gola iniziava
ad essere secca.
-Va beh, se non vuoi rispondere, cercheremo conferma guardando la televisione- disse malvagia e detto ciò accese la TV. Kagome e le sorelle erano immobili.
Non aveva più senso continuare quella farsa. Tanto, prima o poi, l'avrebbero scoperto comunque. Sango e lei si lanciarono un'occhiata preoccupata.
Il padre, diversamente dagli altri, aveva un sorriso fiducioso stampato in faccia. Kagome vide un presentatore, Hojo.
-E' arrivato il momento di annunciare i tre selezionati della zona sud. Allora, la prima vincitrice è il n° 34 ...- disse mostrando una ragazza dai lunghi capelli castani che 
esultava emozionata.
-La seconda finalista è il n° 27 ... congratulazioni!- disse indicandola.
-E per ultima, la nostra terza selezionata è ...-
Kagome chiuse gli occhi che le erano tornati lucidi e si morse un labbro. Ora tutti avrebbero scoperto la verità.
-N°12! ... Complimenti!- una ragazza bionda si presentò sullo schermo. Il sorriso del padre si spense e le guardò perplesso.
Jennifer spense il telivisore e si rivolse a Kagome.
-Allora Kagome? Quella ragazza non sembravi di certo tu...- disse facendo un sorrisino compiaciuto. La ragazza ricacciò le lacrime e fece un luuuungo respiro.
-N-no, non sono io, p-purtroppo io non ... non sono stata selezionata...- le altre due sorelle abbassarono lo sguardo dispiaciute e Rin boccheggiava.
-Ma cosa importa? Tanto potrò parteciparci un'altra volta ... quel che più conta ...- disse girandosi in direzione del padre.
-E' che il mio papà oggi sia stato premiato per la sua bravura, per il suo duro lavoro ... è quella la mia più grande felicità ... per questo non volevo 
 rattristarlo dicendogli la verità ...- ma l'uomo fece una strana smorfia della quale Kagome non riuscì ad intuire il significato.
-Digli anche tu la verità adesso papà!- disse Riyko sprezzante. Le tre ragazze lo guardarono senza capire, mentre Rin abbassò lo sguardo.
-Comunque non è colpa sua, ma del suo modo di pensare! Sapete, non ha ricevuto nessuna promozione!- Kagome passò più volte lo sguardo 
tra il padre e il presunto "fratello". No, non poteva essere vero, non anche con lui!
-l'hanno "onorevolmente" dimesso dall'accademia con un semplice scialle sulle spalle! Anche questa volta non è riuscito ad ottenenere nessuna promozione!
 L'hanno buttato fuori facendolo diventare semplicemente un membro del Consiglio scolastico! E' come avere e non avere il lavoro allo stesso tempo!
 Sì riceverà ancora i soliti 40,000 Yen!(*) al mese, ma a che servono?- chiese quasi urlando.
Kagome, Sango e Ayame lo guardavano esterefatte il loro papà.
"Perchè?" si chiese Kagome. Allora anche lui aveva mentito, come loro. Vide il padre allontanarsi e mettersi in piedi davanti alla finestra, ma Riyko non tardò nel
raggiungerlo. 
-Gli hanno in pratica dato un boccone amaro rivestito di zucchero! Adesso non sei più il Preside, anzi non puoi nemmeno insegnare! Dovrai solo andare lì 2-3 volte
 all'anno per tenere un discorso!- ora stava urlando. Il padre non ribatteva anzi evitava il loro sguardo.
-Tutti sanno che è uno degli uomini più rispettati e importanti di Osaka, ma lui cosa ha fatto? Non ha mai cercato di approffittarne beneficiando se stesso e i suoi figli!-
Finalmente l'uomo si girò in direzione del figlio.
-Non c'è alcun bisogno che tu interferisca negli affari personali della famiglia, tu sei un ospite che ci paga l'affitto ... perciò tieni le tue parole e i tuo passi
 fuori da qui- disse fulminandolo.
-Non dimenticarti che anch'io sono tuo figlio e che tu mi consideri o no, io ti considero ancora mio padre ... sì, è un altro discorso il fatto che visto che tu non
 accettavi mai le donazioni, io non sono mai riuscito ad ottenere la borsa di studio di Londra, altrimenti oggi, sarei stato all'estero a lavorare come i miei amici!    Dimentichiamoci il lavoro, io vivo adirittura come ospite nella mia stessa casa e sono costretto a sentire continuamente lamentele da mia moglie! SOLO PER COLPA
TUA!- concuse furioso. Proprio in quel momento arrivò il postino.
-Signor Higurashi? C'è una lettera per lei- l'uomo si avviò a riceverla, firmò , l'aprì e la lesse un attimo, rimanendo sconcertato dal suo contenuto.
-Cosa c'è? Ti stanno per caso buttando adirittura fuori da Osaka?- chiese il ragazzo beffardo alle spalle del padre.
-Adesso basta!- urlò Ayame al limite dell'esasperazione avvicinandosi al fratello.
-Smettila di rivolgerti in questo modo a papà!- disse ppuntandogli un dito contro.
-Noi non nutriamo nessun rancore verso nostro padre, lui ci ha educati, ci ha insegnato a cavarcela da sole in questo mondo ostile! Nonostante nostra madre
 sia venuta mancare molto tempo fa, lui non ci ha mai fatto mancare niente!- 
-Hai visto? Nemmeno le tue "sorelline" oramai ti portano rispetto! Andiamocene!- lo intimò Jennifer.
-Non è come pensi tu, Ayame ha ragione, non puoi parlare in questo modo a papà- intervenne Kagome, ma loro non ascoltarono e uscirono, ma all'ingresso la voce dell'uomo li fermò.
-Vuoi sapere cosa ho guadagnato in tutti questi anni?- chiese raggiungendo le figlie e passando un braccio sulle spalle a Kagome e Ayame. Anche le altre due si avvicinarono.
-Questo è il mio guadagno!- disse alludendo alle figlie.
-Il coraggio di Kagome, la pazienza di Sango, la fiducia di Ayame e il sentimento di Rin, sono questi i miei guadagni, loro possono sopportare qualsiasi tortura,
 ma non l'umiliazione del loro papà- le ragazze gli sorrisero mentre gli altri due "ospiti" fecero una smorfia e fecero per dileguarsi, ma ancora una volta la voce dell'uomo
li fermò, il quale si avvicinò al figlio.
-Volevi sapere cosa c'è in questa lettera vero?- chiese mostrandogliela
-Ebbene, c'è un invito dal Signor Inu No Taisho alla loro villa qui ad Osaka- gli altri due lo guardarono esterefatti ma fecero una smorfia e sparirono.
Il padre allargò le braccia e le figlie corsero ad abbracciarlo. Erano quelli i tesori più grandi, non il denaro. Era quella la loro piccola grande famiglia.




Kagome stava scrutando il paesaggio fuori dalla finestra della sua camera. Un manto bianco alto una cinquantina di centimetri, copriva il giardino. La neve scendeva 
silenziosamente fino a sciogliersi al tocco col suolo. Per aria, mentre cadeva, sembravano ballerini che volteggiavano tra di loro, in una danza segreta agli esseri umani. Il vento soffiava abbastanza forte, scompigliandole i capelli e i fogli della rivista che giaceva sulla scrivania. Sango, Ayame e Rin stavano già dormendo beatamente, ma lei non ci riusciva e poi doveva fare ancora una cosa. Una folata fredda d'aria la costrinse a stringersi tra le braccia.
"Con ogni male, succede sempre del bene, non importa se papà non ha ottenuto la promozione, il Signor Taisho, uno dei più grandi uomi d'affari, l'ha personalmente
 invitato nella propria villa, tenendo conto delle sue capacità e dei suoi principi ..."
pensò Kagome, cercando più che altro di convincersi.
"Con me però ... non è successo niente di positivo oggi ..." riflettè rattristandosi.
"Però la mamma dice che un sogno non avrebbe senso se non condiviso con qualcuno ... io non capisco ... chi condividerà il mio sogno?" 
Proprio in quel momento un soffio di vento fece svoltare rumorosamente le pagine della rivista, finendo su quella dove si parlava della famiglia Taisho.
Kagome, attirata dal rumore, andò a chiuderlo, ma non notò una piccola firma sulla pagina lucida. In un angolino c'era la firma stampata "Inuyasha No Taisho",
quasi fosse la risposta alla sua domanda. Controllò l'ora, le 23:30. Mancava mezz'ora a mezzanotte, aveva ancora tempo. Si mise un grosso scialle sulle spalle e i si
preparò per uscire.
-Sorellona dove vai?- chiese la voce di Rin alle sue spalle.
-Lo sai, oggi è il compleanno di mamma e io ogni anno vado lì, 'notte!- e uscì dalla stanza. Rin si sdraiò nuovamente.
-Lo so, non c'è bisogno che tu me lo dica, da quando la mamma ci ha lasciato, ogni anno al suo compleanno vai al laghetto dietro casa, a chiederle un desiderio ... oggi sono successe così tante cose, eppure non te ne sei dimenticata ...- non riuscì a proseguire perchè Morfeo la colse nuovamente tra le sue braccia.





Era arrivata sulla sponda  di un laghetto. Gli alberi erano coperti di quella coltre densa e candida e anche l'erba era completamente nascosta, solo qualche pagliuzza verde
qua e là. Al centro c'era un ponticello in legno, leggermente ricurvo il quale, a causa della neva era diventato scivoloso, costringendo Kagome ad agrapparsi allo stipite, altrimenti si sarebbe dovuta subire una bella doccia gelida.

 


(Il posto e`questo, ma immaginatevelo a notte fonda e ricoperto di neve! ^_^ Nd me)




Kagome aveva una moneta d'argento in mano che continuava a rigirare tra le dita. Scrutava il cielo offuscato dalla nebbia, come in cerca di qualcuno.
-Mamma ...?- chiese appena in un sussurrò.
-Questo è lo stesso posto di cui mi parlavi sempre da piccola, lo stesso posto dove tanti anni fa il giorno del tuo compleanno avevi espresso un desiderio ... - 
Lasciò uscire una piccola nuvola di aria gelata dalle labbra.
-Avevi desirato di ottenere quello di cui avevi più bisogno, ma che non ti rendevi conto, e poco tempo dopo si era avverato ... infatti hai incontrato papà ...- la sua espressione mutò.
-Mamma, ogni anno vengo qui a chiederti qualcosa perciò ti domando perfavore, regalami ciò che io più necessito, ciò di cui più ho bisogno ...- 
diede un lieve bacio alla moneta e chiuse gli occhi pronta a lanciarla tra le acque buie del lago.
-Tu se mia madre, solo tu sai ciò che davvero mi serve ...- detto questo lanciò la moneta, ma questa non cadde in acqua, anzi, rotolò giu dal ponte,
finendo nella radura accanto. Kagome di corsa la seguì, stando attenta a non scivolare. La trovò sopra una coltre spessa di ghiaccio. 
Fece per andarsene, ma una dolce melodia giunse alle sue orecchie. Le era molto famigliare, dove l'aveva già sentita ... ?
-Ma questa è ... questa è la canzone che ho cantato sta mattina in treno ...- senza nemmeno accorgersene i suoi passi iniziarono a prendere propria iniziativa.
I passi erano i suoi, ma la via di qualcun'altro. Non sapeva il perchè, ma quella musica l'attirava come una calamita. La neve non cessava, anzi era aumentata.
Il gelo di poco prima stava scomparendo lasciando spazio ad unn nuovo ed estraneo tepore. Forse quella musica aveva un pizzico di favola. 
L'atmosfera era magica. I fiocchi scendevano silenziosamente sotto lo splendere della Luna e quella dolce melodia si stava diffondendo intorno a lei.
Giunse in un'altra piccola radura, costellata di alberi e di una fioca nebbia. Intravide una piccola stradina a circa una trentina di metri e si accorse che si era allontanata parecchio. Scrutò lo spazio che aveva dinanzi a sè, avanzado di qualche passo. Scorse il contorno sfumato di una sagoma nera. I battiti del cuore di Kagome accelerarono
di colpo, ma i passi non si fermarono, anzi aumentarono. Iniziò a intravedere dei confini ben delineati.
Con una spalla appogiata al tronco di un albero qualcuno le dava le spalle. Vide una lunga chioma argentata che risplendeva ancora di più sotto i raggi della luna e il
delicato muoversi di un' armonica. Si trovavano a pochi metri di distanza, solo la neve era tra loro. Kagome fissava assorta la schiena dello sconosciuto.
Chiuse gli occhi, quasi per assaporare il momento. La melodia continuava a librarsi in aria riempendo il  cuore di Kagome di un sentimento nuovo, strano.
A rompere l'incantesimo fu il violento sgommare di un'auto sulla strada. Entrambi si voltarono nello stesso istante verso di essa e il misterioso sconosciuto scorse
un cucciolo di cane ferito. Subito vi si diresse, senza accorgersi della presenza di Kagome. Lo vide inginocchiarsi e prenderlo teneramente tra le braccia, dopo di chè 
lui si strappò la stoffa della sciarpa dividendola in due, della quale con un lembo fasciò la zampa del piccolo, l'altra la lasciò incurante per terra che però volò fino ai piedi di Kagome a causa della forte brezza. Quest'ultima la raccolse e vi notò ricamata una "T."  Senza nemmero capire il perchè la strinse tra le mani. Quando alzò lo sguardo però, il misterioso ragazzo non c'era più. Lo cercò con lo sguardo delusa, ma invano. Un dolce sorriso però tinse le sue labbra e decise di tornare al laghetto.
Durante il piccolo "tragitto" aveva gli occhi persi nell'immaginarsi chi mai fosse quel misterioso sconosciuto ...
Si rimise di nuovo sul ponticello e puntò di nuovo lo sguardo verso l'alto.
-Ho capito mamma ... cosa vuoi dirmi ... per tutto questo tempo ho solo desiderato per me, però oggi, vorrei chiedere per qualcun'altro ... per coloro che vivono, non solo
 per se stessi, ma anche per gli altri ... - chiuse nuovamente gli occhi.
-Oggi questa tua moneta, mi ha portato da una persona nella musica della quale c'è la passione del suo cuore ... in un mondo dove le persone non aiutano altre persone,  lui ha aiutato un piccolo animale indifeso ... oggi non voglio nulla per me ... quella persona, chiunque sia, da ovunque sia venuta, dalle la cosa di cui ha più bisogno, della quale però non si rende conto ...- diede un secondo bacio alla moneta e questa volta si assicurò che fosse caduta in acqua e decise di tornare a casa.




[Poco più in là ...]

Inuyasha porse il cucciolo al suo autista.
-Portalo dal veterinario, subito- disse in tono autorevole. L'autista lo guardo perplesso.
-Ma mio signore, è solo una piccola ferita ... che bisogno c'è di portarlo dal veterinario? Perchè non gli diamo un po' di medina e un sorso di vino ...? C'è la sua madre a
prendersi cura di lui- chiese in tono supplichevole per non essere cacciato via a calci. Invece non successe.
-Tzk, madre?- chise quasi sprezzante all'uomo, il quale deglutì.
-Niente può salvarlo se non una medicina, se lo lasciamo qui ad aspettare che arrivi "lei" morirà qui ...se sua madre fosse veramente preoccupata, ora sarebbe qui,
 non a gironzolare tra i boschi ...portalo dal veterinario ... - disse accarezzando la nuca alla piccola creatura e sparendo tra i fitti alberi.




[Casa Higurashi]

Era mattino e il sole splendeva alto nel cielo. Kagome e suo padre stavano uscendo per avviarsi a villa Taisho.
Dinanzi a loro però, da un taxi, scese una signora un po' grassoccia e paffuta intorno ai cinquant'anni, nonostante ciò portava occhiali da sole, anelli, smalto, bracciali e un rossetto rosso sulle labbra. Aveva capelli grigio-neri e occhi sue zaffiri molto chiari come occhi.
-Quant'è il conto?- chiese all'autista.
-5000 Yen (30 euro circa)- la donna lo fulminò.
-Cosa?! Senti tu non osare ingannarmi! So che mi stai truffando! Dalla stazione a qui ci vogliono solo 3000 Yen (20 euro circa)! Pensi che io sia una stupida senza 
 cervello?! Tieni! Ti dò solo 3000 Yen io e non pensare di ingannarmi eh?!!! Se vuoi prendi altrimenti vattene dannato!- concluse furiosa, andò però a sbattere contro 
Kagome.
-Ciao zia! Come stai?- chiese  lei euforica.
Shizuka Higurashi, la sorella di loro padre. Una donna orgogliosa e testarda e forse l'unica che riusciva a tener testa al sig. Higurashi.
-Ciao un corno! Quell'autista mi voleva truffare non hai visto?-
-Sì sì abbiamo visto ma ora va dentro che le ragazze ti aspettano!- cercò di deviare l'uomo.
-Oh! Certo certo! Ero proprio venuta ad incontrare Ayame! Trasforma tutte le notizi e che ho da darvi in notizie del momento!- detto questo si dileguò. 
I due tirarono un sospiro e s'incamminarono.




[Villa No Taisho]

Una marea di gente, di telegiornalisti, paparazzi e piccole celebrità circondavano i cancelli di Villa Taisho.

-Signore e Signori, la notizia del momento! Il più grandi uomini d'affari del Giappone, Inu No Taisho e Mikado Kazana, si sono appena trasferiti qui ad Osaka da New York!
 Molti anni fa loro vivevano proprio qui, ma dopo aver conquistato fama a Tokyo, Londra e Los Angeles, e oggi tornando qua, hanno acquistato la più importante scuola di 
 musica del Giappone! Oggi alla Villa Taisho si terrà una "piccola" festa per inaugurare il loro ritorno e per i loro soci d'affarie delegati stranieri-
urlava a squarciagola it
telegiornalista.

Kagome e suo padre cercavano di intrufolarsi nella folla per raggiungere il cancello, e per loro grande fortuna ci riuscirono.
-Mi scusi- chiese il sig.Higurashi ad una guardia, la quale si avvicinò a loro.
-Ecco noi dovremmo incontrare il Signor Taisho- cercò di dire Kagome.
-Avete l'invito?- 
-Beh, no ... però abbiamo questa!- disse il padre mostrando la lettera. Lui la guardò velocemente.
-Aspetti un attimo- dopo di che si rivolse ad un'altra guardia.
-Il suo nome?- chiese la guardia al telefeno.
-Signor Higurashi-
-Sì Signor Higurashi ... d'accordo ... falli entrare!- rispose la guardia e li fecero accomodare su una panchina, in attesa dell'arrivo dei Signori della Villa.
Proprio in quel momento un rombo di motori distolse l'attenzione di tutti. Tre grosse auto di lusso nere si avvicinavano all'ingresso a tutta velocita. Tutte le guardie si 
gettarono al cancello per aprire. Le tre auto si fermarono in fila all'ingresso della Villa (non intendo il cancello, ma proprio l'ingresso della Villa! Nd. io).
-Che uomo ricco che è, sarà una persona fantastica e avrà molto rispetto- disse il signor Higurashi a sua figlia.
Dalla prima auto uscì un uomo alto e muscoloso, fasciato in uno smoking bianco. Aveva lunghi capelli argentei raccolti in un' alta coda di cavallo e due bellissimi 
quarzi citrini come occhi, coperti da dei grossi occhiali da sole. Aveva un'aria altezzosa, quasi da incutere timore.

-Il Signor No Taisho è giunto alla festa signore e signori, meglio conosciuto per il suo stile, il quale ha costruito con le proprie forze l'impero Taisho-

L'uomo sparì all' interno dell' immensa casa e poco dopo di presentò sul piccolo terrazzo al primo piano.

-Un' intervista prego!- urlavano i giornalisti.

-Stasera stasera, parleremo stasera- detto questo si congedò.
Dall'auto seguente uscì un uomo coi capelli castani e due gemme Acquamarine. Era alto e poco meno possente del signor Taisho. Indossava uno smoking color pece
e un paio di occhiali color marrone chiaro. Questo aveva un'aria leggermente più goffa, ma si sa che a volte l'apparenza inganna. 

-E questo è il Signor Mikado Kazana, il miglior amico del Signor Taisho e anche compagno d'affari, se Inu No Taisho è la mente di questo business, lui è il cervello finanziario di questo impero- 

Strinse la mano a Taisho e gli diede un abbraccio amichevole.

-Ogni loro festa è imcompleta senza la moglie del Sig. Kazana, la Signora Yukiko Kazana-

Dalla terza auto uscì una donna alta e magra con carnagione chiara. I capelli castani erano raccolti in un elaborato chignon e gli occhi color rubino erano affilati e le 
davano un'aria regale. Indossava un lungo abito verde scuro, semplice ma le stava divinamente.
In mano aveva un piccolo chihuahua bianco ma il musino color marroncino chiaro.

-E questo è il suo vero amore, il suo bambino più piccolo, il suo cagnolino Hitachi!-




[Alla Festa]

-Signor Taisho, perchè ha scelto di venire proprio qui ad Osaka?- chiese un uomo d'affari.
-Perchè qui c'è una scuola come la Sen Goku Art Accademy, fino ad oggi abbiamo generato solo stelle ineguagliabili, perciò abbiamo pensato, perchè non comprare
 la fonte di queste stelle?- rispose lui deciso, sorseggiando un po' del suo vino.
-Se la musica è il cuore di questo Paese, allora la Sen Goku Art Accademy è il battito di questo cuore e adesso , quel battito è nelle nostre mani!- disse sringendo le 
mani in pugno e Kazana lo strinse nel proprio.
-Allora buona fortuna, signori- disse qualcuno degl' ospiti.
-Brindisi!- dissero alzando i bicchieri di vino verso l'alto.




[All' ingresso della Villa]

E' da cinque ore che aspettiamo, ho molta sete tesoro- disse il padre.
In effetti farli aspettare su una panchina sotto il sole cocente, non era il massimo.
-Vado a chiedere dell'acqua papà- disse Kagome alzandosi. 
-Hey! Non hai ancora dato il latte al cane della signora Kazana?- chiese un servo ad uno accovacciato dinanzi alla cuccia del cane.
-Vai a prenderlo presto! E porta anche quelle mandorle arrivate da Tokyo- l'altro si congedò. Kagome guardò suo padre il quale fece un sorriso amaro.
Avevano più cura di un cane che di loro, due persone vive e vegete?
-Arrivo subito papà- disse dirigendosi verso l'ingresso. Quando vi arrivò, si fermò un attimo deglutendo. Era una villa enorme, possente, che la faceva sentire piccola piccola.
Si sentiva così fuori posto ...
-Mi scusi, potri avere dell'acqua per favore?- chiese ad un servo che passava da lì, ma lui non la degnò nemmeno.
-Che cosa stai facendo? Quello è il gatto del signorino Kazana! Devi dargli l'acqua minerale o si ammalerà se beve quest'acqua qui!- disse ad un altro.
Ancora una volta gli animali avevano precedenza sulle persone. Finalmente l'uomo si dengò della presenza della ragazza e la congedò con un semplice "Gliela mando".




[Alla Festa]

-Tesoro, dove sono i bambini? Non li ho visti da nessuna parte- chiese il Signor Kazana a sua moglie.
-Miroku è andato ad incontrare un suo vecchio professore, mi aveva detto il suo nome, ma non me lo ricordo- disse scrollando le spalle.
-Ed Inuyasha?- chiese Taisho appena arrivato.
-Che strano, qui c'è in corso una festa, e lui sarà rifugiato lassù nella sua stanza, al massimo sul terrazzo- disse scuotendo la testa.




[Fuori]

Kagome scese di corsa le scale e si avviò verso la panchina dove aveva lasciato suo padre, ma qualcosa le abbagliò gli occhi, costringendola a coprirseli con una mano.
L'unica cosa che vide fu una sagoma in cima alla villa che aveva, forse un orologio, al polso qualcosa che rifletteva la luce del sole. Sembrava non essersi accorto di lei
e continuava nel suo da farsi, costringendo Kagome a sbattere più volte le palpebre.




"-In quel momento non sapevo che sotto quel sole cocente c'era la mia ombra, no sapevo che lei non avrebbe cambiato solo la mia natura, ma anche il mio destino ...-"





*40,000 Yen sono circa 254 euro.

















* Angolino Autrice *

Hello People! ^^

How do you do? :D Ok, lasciando perdere l'inglese .... come ve la passate?
Io benissimo, ho solo un tema d'italiano per domani -.- pero`tutto sommato benissimo xD
Allora allora allora, 
Cosa vi pare del capitolo? Spero sia piaciuto a tutti come quello scorso, e a proposito,
ringrazio tutti coloro che hanno recensito/letto lo scorso capitolo *^*
E ovviamente coloro che hanno messo la storia tra le preferite/seguite/ricordate *-*
Vi adorooo!!! *^*
Questa volta la storia ha fatto ancora piu`scalpore della volta scorsa xD
Grazieeee!!! ^_^
Nel prossimo capitolo, se non erro, ci sara` l'incontro tra Kagome e InuYasha e tante altre cose che alcuni conoscono e altri no :D
Ci vediamo prestissimo 

alla proxxima

Baci, Lullaby 99 ^^



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Capitolo 3
*** Incidenti di percorso ***


 
Una volta intrecciato il filo rosso del destino non puo`piu`essere sciolto ...




 
InuYasha

Capitolo : 3




 
Incidenti di percorso






Kazana stava accompagnando fuori all'uscita uno dei suoi soci d'affari.
-E' stato un piacere averla qui signor Hoshibuku- disse stringendogli la mano.
-Il piacere è tutto nostro signor Kazana- detto questo l'uomo si congedò sgommando via nell'auto.
Stava per andarsene ma vide due figure sedute su una panchina in legno.
-Senti tu!- disse ad un servo che passava da lì.
-Chi è questa gente?- chiese con una  punta di fastidio.
-Il Signor Higurashi e sua figlia, mio signore sono qui da 8 ore in attesa di incontrare lei e il signor Taisho- disse umilmente l'uomo.
-Quale Higurashi?- chiese lui sospettoso.
-Il preside della Sen Goku Art Accademy che avete acquistato, signore- disse rispettoso.
-Ok, ok ... così è lui il famoso Higurashi- mormorò mentre un ghigno compiaciuto gli inarcava il viso.
-Senti, mandali dentro- disse prima di avviarsi nuovamente alla festa. Il servo si avviò nella sua umile impresa.
 



[Alla festa]

Kagome e suo padre entrarono in quella che sarebbe dovuta essere la "festa" dei Signori della Villa. Era imponente per quanto semplice.
Fontane, dalle quali Kagome giurò di aver visto traboccare vino, tende da giardino lussuose, decorazioni floreali e un enorme tappeto rosso.
Cercarono con gli occhi i due proprietari, ma con insuccesso. La folla era talmente tanta da non riuscire a distinguere un uomo dall'altro.
Kazana raggiunse Inu senza distogliere un secondo gli occhi dai due nuovi arrivati.
-Inu, posso parlarti un attimo ... in privato- disse esplicitando al terzo incomodo di congedarsi.
-Cosa c'è?- chiese minimamente preoccupato.
-Vedi quell'uomo laggiù?- disse Kazana indicando Higurashi da lontano. Taisho annuì.
-Chi è?- chiese aggrottando la fronte.
-Quello è il signor Higurashi, l'ex-preside della Sen Goku Art Accademy- Inu quasi non si strozzò il vino appena sorseggiato. Mikado si mise una mano nella tasca dei
pantaloni mentre con l'altra prese un calice di vino.
-E' una delle personalità più rispettate di Osaka- lo informò sorseggiando il vino rosso.
-Lo avevamo invitato per fargli un'offerta, sai, quest'uomo può esserci molto utile- disse indicandolo leggermente. Inu fece un'espressione indecifrabile e senza dire una
parola fece un passo in avanti appoggiando il gomito ad una statuetta di bronzo.
-Quanto utile?- chiese senza voltarsi.
-Non è conosciuto solo qui caro Taisho, ma anche in città come Tokyo, Fukuoka e Nagano-
Taisho alzò un sopracciglio leggermente sorpreso.
-Se vogliamo espandere i nostri domini ad Osaka, dobbiamo riuscire a mantenere felice quest’uomo- disse Kazana scrollando le spalle.
-Oramai la scuola è  in nostro possesso, però per farla funzionare al meglio, avremo bisogno di lui … perché non gli parli … eh Inu?- lo incitò l’amico.
-Volentieri …- disse Inu con un ghigno soddisfatto sul volto.
 



[Altrove]

Inuyasha digitò velocemente un numero sul suo cellulare.
-Hey Miroku!- disse lui con tono amichevole (cosa che vi sembrerà strana xD Nd. Io)
-Ciao bellimbusto!- rispose quello dall’altra parte del cavo.
-Dove sei?-
-Io? Beh, stavo andando a casa del Signor Higurashi, per incontrarlo- disse pulendosi il viso con uno straccio.
-Miroku, la festa è iniziata da un bel po’, lo sai-
-Sì, però voglio andare ad incontrare questo mio vecchio professore, dato che siamo ad Osaka,è stato lui ad    insegnarmi tutto quello che so adesso sulla musica- rispose con fare seccente.
-D’accordo, però cerca di fare in tempo per la festa di sta sera-
-Ok capo- disse lui facendo una risatina sommessa.
-Però cosa faccio ora? La mia auto si è guastata e devo incontrare il professore a tutti i costi!- disse lamentandosi. Inuyasha si insospettì e con un sorrisino sornione chiese
-Sei sicuro di non star andando ad incontrare una ragazza, visto la tua insistenza e impazienza … - disse.
-Ma cosa ti salta in mente?!- chiese quello tutto rosso per la rabbia e imbarazzo.
-Beh, comunque mi sa che dovrò andare a piedi-
-Ma non è lontano?-
-Nah, saranno dieci minuti appena-
-Se lo dici tu-
Continuarono a parlare per diverso tempo fino a che dieci minuti esatti dopo Inuyasha chiese
-Dovresti essere arrivato Miroku-
-E tu come lo sai?- chiese perplesso e sorpreso.
-Sveglia Miroku! Sono passati dieci minuti!- disse l’altro leggermente irritato.
-Ah! TU e la tua mania del tempo! Comunque sono arrivato- e con sua grande fortuna trovò il cancello aperto ed entrò. Si guardò intorno ma non vide nessuno. Di certo l’avrebbero scambiato per un ladro così!
Arrivò davanti ad un’enorme finestra a tutto piano e sbirciò per riuscire a capire se c’era qualcuno.
D’un tratto vide una strana macchia azzurra passare velocemente davanti a lui. Curioso si avvicinò alla finestra.
Vide una bellissima ragazza, anzi, una dea scesa dal cielo. La pelle candida brillava sotto i fiochi raggi del sole e i capelli castani erano sciolti lungo la schiena. Le due iridi ametista, le più belle che avesse visto, erano così profonde e misteriose. Era indaffarata ad asciugarsi il viso.
Era incantato da quella visione che non riusciva a muoversi.
-E’ … è bellissima …- disse quasi sbavando.
-Chi? Quel tuo Higurashi?- chiese Inuyasha senza capire, ma Miroku inconsciamente riattaccò.
Si fiondò al campanello e suonò.
“Per fortuna Ayame e Rin hanno mandato l’idraulico a casa” pensò la ragazza.
Miroku pensò che fosse fortunato visto che ad aprire fu proprio la splendida creatura.
La giovane si ritrovò un ragazzo alto e muscoloso leggermente abbronzato.  Capelli color castano scuro erano legati in un codino basso dietro la nuca e gli occhi erano due immensi zaffiri che parevano oceani insormontabili.
Lui intanto rimase incantato da tanta bellezza. Di nuovo.
Le gocce d’acqua che le imperlavano il viso la rendevano ancora più sublime di quanto non lo fosse già, lasciando il nostro povero amico muto come un pesce lesso.
-E’ arrivato finalmente. La stavo aspettando- disse la ragazza pulendosi le mani con lo straccio che aveva tra le soffici mani. Quella fu la prima volta che Miroku udì la sua voce soave.
-Lei sapeva che sarei venuto qui?- chiese sorpreso e rincitrullito del tutto.
-Che domande, certo! Le avevo fatto mandare un messaggio!- lo informò lei.
-Un messaggio?- fece eco ormai incapace di pensare.
-Uff! Lasciamo stare! Venga con me- disse incitandolo a seguirla.
-Dove?- chiese lui finalmente riscosso un po’ dal suo stato di trance.
-In camera mia- rispose lei con assoluta calma.
-In camera tua … aspetta un attimo! Perché in camera TUA?!- chiese urlando spaventato. Chissà quali pensieri si era fatto.
-Perché tutta la roba è lì- rispose lei perplessa dal suo comportamento.
-Quale roba?!- chiese ancora più spaventato.
-Uff! Ma quanto parla?! Per favore si sbrighi!- disse lei perdendo un po’ la pazienza.
Si avviarono verso la stanza e lei gli porse una grossa valigetta in ferro. Miroku la prese senza capire.
-Ecco i suoi attrezzi da idraulico, venga e sistemi il rubinetto- disse uscendo.
Lui deglutì. Idraulico?!
“Oh no! Mi ha scambiato per un … un … un idraulico!” pensò disperato.
“Beh, non è così male … potrò stare ancora un po’ qui” si disse con un sorrisino.
“Però … come si fa a sistemare un rubinetto?!” si chiese nel panico. Lui che era cresciuto nel lusso, non poteva di certo saperlo! Nonostante ciò decise di seguirla.
Arrivò davanti ad un lavabo che traboccava.
“Forza Miroku … ce la puoi fare!” si incitò da solo.
Provò a smuovere il rubinetto, tanto per provare, questo però si tolse del tutto, facendo schizzare l’acqua da tutte le parti. Si bagnò tutto e anche la ragazza era completamente fradicia. Per lo spruzzo si era allontanata di qualche passo, ma inutilmente. Miroku la fissava imbambolato, incurante dell’acqua che fuoriusciva alle sue spalle. Ora era stupenda, con quelle ciocche bagnate sul volto e la pelle liscia e candida ricoperta di quella fluida rugiada. Lei notando che il ragazzo non si muoveva si avvicino al rubinetto mettendo una mano su di esso per fermare gli spruzzi e gli sventolò una mano davanti al viso.
Lui sobbalzò.
-M-mi s-scusi- balbettò.
-Non fa niente, però pensa a sistemarlo ora- disse lei indicando il lavabo.
-C-certo- disse e dopo circa dieci minuti riuscì a trovare un rimedio provvisorio. Aveva legato due tre stracci intorno al rubinetto in modo che almeno l’acqua non traboccasse.
-Bene, è fissato temporaneamente, guardi- disse soddisfatto del proprio lavoro. La giovane però non ci fece caso. Infatti la casa era praticamente allagata! E in più lei era bagnata fino alla punta dei capelli. E anche lui.
La ragazza cercò di avanzare ma il piede le scivolò sulla superficie bagnata sott’acqua e, per non cadere, aveva cercato di aggrapparsi a Miroku ma questo, colto di sprovvista, era scivolato a sua volta.
Erano immobili sul pavimento. Lei sotto lui sopra. Bagnati.
I loro occhi erano incatenati. Gli oceani profondi di lui, in infinite gemme viola di lei. Zaffiri in Ametisti. Ametisti in Zaffiri. Per Miroku era come volare, anzi, sarebbe meglio dire nuotare, visto che c’erano una decina di centimetri buoni d’acqua . Era imbambolato a fissarla, come un ebete. Lei d’altro canto era leggermente arrossita e lo fissava con uno sguardo indecifrabile. Imbarazzato? Furioso? Sorpreso? Scandalizzato? Boh …
-M-mi scusi- sussurrò appena lei.
-No, mi scusi lei- disse lui finalmente riscosso e sedendosi accanto a lei e grattandosi la nuca.
Si rialzarono e lei lo ringraziò del suo “aiuto” e lo accompagnò alla porta. Lui non smetteva di fissarla un solo istante. I suoi movimenti erano delicati e raffinati e lei era a dir poco aggraziata.
Gli aprì la porta e non capì il motivo del suo sorriso stampato in faccia e lui la salutò con la mano incapace di parlare. Quando lui fu uscito lei scrollò le spalle e tirò un lungo sospiro. Quel ragazzo la metteva a disagio. Si guardò i piedi. Acqua, troppa acqua. Ora avrebbe dovuto LEI pulire tutto. Accidenti a quel cetriolo!
 



[Alla festa]

Taisho raggiunse il signor Higurashi e sua figlia.
-Signor Preside?- chiese all’uomo che si girò di scatto verso di lui. Inu incrociò le mani con fare teatrale.
-Mi perdoni per averla fatta aspettare … sono Inu No Taisho, piacere- disse porgendogli la mano che poco venne accettata da un Higurashi che lo squadrava.
-Da quanto tempo è qui?- chiese con fare innocente.
-Da otto ore signor Taisho, da otto ore- disse il signor Higurashi stizzito e lo vide scuotere la testa in segno di resa.
-Le avevo fatta chiamare ma probabilmente era … occupato- lo informò.
-Mi dispiace tanto signor Higurashi, credo sia stata colpa del io segretario, non mi hanno informato di nulla- si schernì quello.
-Comunque … ho sentito parlare molto di lei- disse cambiando discorso.
-Beh, preside, noi non siamo gente che non ha rispetto del tempo di persone altrui, infatti per questa sera abbiamo organizzato una grande festa per celebrare il nostro ritorno in bellezza- disse con aria altezzosa.
-E avevo sentito che lei è un ottimo a cantare, e in effetti, per sta sera ci servirebbero dei cantanti, visto che ci sarà un piccolo concertino verso mezzanotte, e allora ho pensato se lei fosse disposto a cantare per me- disse facendo un ghigno, che per fortuna Higurashi non notò.
-E non si preoccupi dei soldi, avrà il salario di due anni solo per questa sera!- disse gesticolando con le mani.
-Ma sì, non solo questa, ma tutte le nostre feste seguenti e per favore, non mi ringrazi- disse facendo un sorriso indecifrabile.
-Beh, visto che siete già qui, enjoy the party- disse voltandosi e incamminandosi.
Kagome guardava preoccupata suo padre. Lui odiava queste cose come cantare i pubblico e rinunciare ai suoi principi. Infatti non si era sbagliata.
-Mi scusi signor Taisho?- richiamò l’uomo, che ormai era a qualche metro da lui e che si girò verso di lui perplesso. Gli ospiti si spostarono da lì, creando una specie di varco tra il Signor Taisho e il Signor Higurashi.
L’ex-preside si avvicinò ad Inu. Avevano tutti gli occhi puntati addosso.
-Mi perdoni ma … non posso cantare alla sua festa-
Un “oh!” di sorpresa si levò tra il pubblico e Inu alzò le sopracciglia sorpreso e irritato. Mikado sbattè più volte le palpebre mentre Yukiko sussurrò “oh! Interessate …”
-Hai sentito? Ha rifiutato un’offerta del Signor Taisho!- disse qualcuno tra la folla.
-Nella mia vita Signor Taisho, ho guadagnato ben poche cose, ma a me quelle bastano e avanzano, come l’amore delle persone a cui tengo e tra cui anche la musica, un dono di Dio, che non posso vendere- disse calmo ma deciso. Mikado dietro temeva la reazione di Inu.
-Non ho problemi nel cantare davanti ad un pubblico, ma gente che apprezza la mia musica dopo essersi scolata tre bottiglie di birra … questo non posso accettarlo, mi dispiace, non posso venderle la mia musica-
Disse cercando di sembrare il più rispettoso possibile.
-Quando avevo visto questa lettera, credevo che lei apprezzasse la mia arte, a lei è un mercante che voleva venderla- Taisho ridusse gli occhi in due fessure.
-Mi perdoni, non era mia intenzione offenderla, ma non potrò cantare alla sua festa, arrivederci- e si dileguò insieme alla figlia.
Taisho rimase lì spiazzato. Mai in vita sua, qualcuno gli aveva detto i no. Nervoso si bevve un sorso dal calice che teneva in mano. Inoltre lo aveva anche umiliato a casa sua, davanti ai suoi ospiti. Sentì però una mano sulla spalla. Mikado.
-Hai visto che con che coraggio?-  gli domando quello.
-Non è coraggio Mikado, è dignità- disse sena distogliere lo sguardo dal punto in cui erano spariti quei due.
-E la dignità è una cosa pericolosa amico- disse guardandolo negli occhi.
-Non penserai che lo lascerò andare così- ora Mikado riconosceva il vero Inu.
-In questo mondo ho paura solo di due tipi di persone, quelle che hanno troppa paura e quelli che non ne hanno affatto, lui è il secondo tipo- disse socchiudendo gli occhi.
-A lui non interessano i soldi, e per questo ci potrebbe essere pericoloso, in amicizia o no-
-Penso tu abbia ragione Inu-
-Però sai mi piace … si mi piace quest’uomo (non pensate male!! xD Nd. Io)-
-Anche nel suo no c’era come dire … rispetto … e tu sai che io … adoro le sfide- disse ghignando.
 



[Casa Higurashi]

Qui intanto Ayame aveva avuto un litigio col padre per non aver accettato la proposta del Signor Taisho.
Lei ci teneva ad andare a quella festa, a ora non potrà pùi, o almeno credeva …
 
Kagome e Sango erano alla finestra della loro camera. Fuori era buio e la leggera nebbia non era ancora sparita. Il vento soffiava forte e le ciocche al contatto volavano. Erano abbracciate nei loro scialli e Sango fissava curiosa Kagome.
-Kagome, vi hanno fatto aspettare per otto ore sotto il sole cocente … la gente è proprio crudele-
-Ma esistono anche persone buone sorellona- disse prontamente cogliendola di sorpresa.
-Anche oggi l’amore comanda il mondo, Sango, ad esempio la mamma ha incontrato papà e tutta la sua vita è cambiata all’improvviso e lei ha lasciato il suo mondo per entrare nel suo- disse con un sorriso.
-Oggi la mamma non c’è più ma lui vede la sua essenza in noi Sango … questo si chiama amore, vero amore-
Concluse fissando il cielo oscuro. La sua mente, involontariamente, ricorse alla notte precedente, quando aveva incontrato quel ragazzo misterioso, e che non riesce a togliersi dalla testa.
-Sai sorellona, ieri ho incontrato una persona della quale però sono riuscita a vedere il volto purtroppo, ma la sua gentilezza mi ha colpito a tal punto, che non ho desiderato per e, ma per  lui- detto questo tirò fuori il lembo di sciarpa che aveva trovato e lo strinse al petto. Aveva un odore così buono e intenso …
Sango la osservava sorridedo.
-Questa è sua … si dice che nel profumo di una persona, si nasconda il vero io, che lo rifletta, e credo che la prossima volta che lo rivedrò … lo riconoscerò grazie all’essenza di questa sciarpa- dissenosservando quellaT. ricamata d’oro.
 



[Villa No Taisho]

-Ah, Inuayasha, credo di essermi innamorato amico!- disse Miroku sognante e mettendosi una mano sul cuore.
-Tsk! L’amore non esiste Miroku, sono stupidaggini vendute per strada in libri da due soldi- disse sbuffando.
-Come può una persona incontrarne un’altra e pensare che starà con lei e che l’amerà per sempre?!- gli domandò fissando l’intenso cielo notturno, costellato di qualche stella solitaria.
-Ti giuro Inuyasha … appena l’ho vista il mio cuore ha iniziato a battere senza limiti e poi questa brezza…-
-L’aria serve per respirare Miroku, e il cuore per sopravvivere, non per … amare- lo interrompè continuando a dargli le spalle.
 

-Non riesco ad immaginare quanto sarà grande il cuore di questa persona, sorellona, se salvato un cucciolo come quello … se in una persona c’è tanto amore per un animale, non oso immaginare l’immensità del suo amore quando si innamorerà di una ragazza … -
 

-Io non credo che due persone che si incontrano sono destinate a stare insieme, Miroku, non c’è nessuna conessione-
 

-C’è Sango c’è! Ognuno ha la sua anima gemella ancora prima di nascere, spetta solo a noi trovarla … e se due persone sono destinate, si incontreranno di sicuro-
 

-Te lo ripeto Miroku, non esiste!- concluse osservando lo spicchio di luna fuori dalla finestra.
 

-Ne sono sicura Sango, esiste!- concluse perdendosi nello spicchio argentato della luna.
 

Osservavano lo stesso cielo, la stessa luna.
Erano così vicini eppure così lontani. Si cercavano, ma non si trovavano … era forse destino?
 
Adesso ditemi … due persone con idee così “simili” … potrebbero mai innamorarsi?



 
*****





Un auto sfrecciava a tutta velocità per le curve delle stradine di Osaka. Si trovavano in un zona un po’ esterna della città. Dall’interno si potevano udire grida di gioia di alcuni ragazzi e la musica era lasciata a tutto volume, incuranti che a qualcuno potesse dare fastidio e come se non bastasse avevano ciascuno una lattina di birra in mano. Qualcuno ne gettò una vuota fuori dal finestrino e battè il cinque al compagno. La strada era leggermente annebbiata ed era abbastanza buio. Al volante vi era un ragazzo intorno ai 22 anni alto e muscoloso. Teneva i lunghi corvini in un’alta coda e aveva due gemme color del cielo. L’ultima cosa che stava facendo, era proprio quella di guardare la strada. Ad un tratto però urtò qualcosa e quando si accorse che era andato addosso ad una persona,fece stridere le ruote sull’asfalto facendo fare una mezza curva all’auto. Il silenzio era piombato all’interno della vettura e la paura iniziava ad affliggere i loro piccoli cuori. Koga, il ragazzo al volante, si precipitò all’esterno avvicinandosi al corpo inerme steso a terra. Vi tracciò i bordi con gli occhi per vedere se c’era del sangue, ma non vide molto lì al buio. Avvicinandosi si accorse che era una ragazza. Il cuore perse alcuni battiti per riprendere a martellare come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all’altro. Aveva un immenso nodo alla gola, che era diventata secca come il deserto di Atacama. Mise titubante una mano sulla spalla della giovine e con una lentezza infinita la girò verso di sé. Deglutì pesantemente. Il viso era coperto da ciocche di capelli scomposte, impedendogli di scorgere il suo volto. Le spostò delicatamente uno ad uno i ciuffi color rosso fuoco, lasciando splendere sotto la luna la sua pelle abbronzata. La squadrò un po’ fino ad incontrare i suoi occhi color smeraldo e ….
Aspetta!
Occhi?!
Ma allora si era svegliata dannazione!




[Villa No Taisho]

Inuayasha era salito al piano superiore alla ricerca di suo padre che infatti trovò sul terrazzo a guardare chissà quali stelle.
-Papà?- lo richiamò attirando la sua attenzione e raggiungendolo.
-La festa è iniziata giù nell’atrio, cosa fai ancora qui?- chiese guardandolo negli occhi. Lui in risposta fece un sorriso amaro.
-Mi sono tornati in mente i vecchi giorni-
-Il passato è trascorso, la gente ha dimenticato le cose vecchie- disse seguendo lo sguardo del padre, arrivando a fissare una stella più luminosa delle altre.
-Mi ricordo padre, quando eri andato via da qui 15 anni fa, avevi solo 20,000 Yen (127 euro circa) in tasca- ricordò perdendosi tra il cielo notturno, mentre i ricordi iniziarono ad affiorare.
-E  il peso dell’umiliazione sulle spalle- l’uomo abbassò lo sguardo sospirando per poi ritrovare due iridi confortanti identiche alle sue. Inuyasha si girò sostenendosi alla ringhiera ornata di fiori bianchi appoggiandovi ci il palmo della mano sinistra mentre coll’altro reggeva il proprio calice di vino bianco.
-Ma oggi sei tornato con orgoglio, sei un miliardario e oggi hai coraggio, onore, rispetto e soldi- detto questo poggiò la mano sulla sua spalla come per incoraggiarlo.
-Nessuno ti giudicherà, nessuno ti umilierà, perciò rilassati and “enjoy the party”- disse sorridendo per avergli rubato la frase. L’uomo fece una risata sommessa girandosi verso il figlio.
-Sai una cosa?- chiese il padre.
-Il mio vero patrimonio e la mia forza, sei tu Inuyasha- disse sorridendogli dolcemente venendo ricambiato.
-Sono così fiero di te, figlio mio- concluse abbracciandolo affettuosamente.
-So let’s go and enjoy the party- gli disse quando si furono staccati facendolo ridere un po’.
Quando scesero avevano tutti gli occhi puntati addosso. Emanavano una certa aura molto potente, che avrebbe fatto intimorire chiunque. L’uomo col suo smoking nero come la pece, faceva risaltare ancora di più i suoi lunghi capelli argentati, mentre scendeva col figlio che faceva da colore complementare indossando uno smoking bianco e un foulard color crema al collo. Erano perfetti insieme, soprattutto perché i Quarzi citrini e la cascata argentea sulle spalle del padre, erano identici a quelli del figlio.                                     Ma in fondo era ovvio che loro fossero assoluta perfezione, loro erano I No Taisho, i migliori in tutto e per tutto.


*****


Koga saliva velocemente la scalinata dell’ingresso della Villa. Ignorò tutti i riflettori che aveva addosso e si diresse all’interno.
-Siamo una grande famiglia, you know? A big family- disse fiera Yukiko.
-Se è veramente come dice lei Signora Kazana, allora perché non siete pari anche nel business? Perché Taisho ha il 60% mentre voi solo il 40%?- chiese la donna sicura di aver fatto centro. Infatti Yukiko fece una smorfia irritata.
-Oh! E’ arrivato Koga! Scusatemi- disse congedandosi e raggiungendo il figlio. (ok ok ok … neanche io ci vedo molto bene Koga come fratello di Miroku … però sono costretta e scoprirete poi perché Nd io)
-Tesoro, che fine avevi fatto? La festa è iniziata da un pezzo!- disse con tono di rimprovero sistemandosi i capelli con la mano. 
-Mamma ti devo parlare! Ho fatto un incidente!- le confessò mezzo sudato.
-COSA?!- chiese la donna attirando l’attenzione su di se. Fece una risatina nervosa e portò strattonando il figlio al piano superiore, in modo da chiarire la questione senza intoppi.
-Chi è la vittima?- chiese appoggiandoli una mano sulla spalla.
-U-una ragazza- disse mordendosi il labbro inferiore.
-Non è molto ferita e per sicurezza le ho dato anche dei soldi … cosa succederà se lo va a dire alla polizia?!- chiese al limite dell’esasperazione.
-Oh Koga! Sei qui da appena un giorno e già hai fatto un incidente?- disse la madre tra il preoccupato e esasperato.
-Comunque … dov’è la ragazza?-
-E’ qui alla festa …-



"La prese per la vita e la appoggiò al baule della macchina, seduta sull’asfalto. I suoi amici erano usciti e anche loro si mordevano le unghie preoccupati per la loro sorte. 
La ragazza in tanto si massaggiava le tempie. Aveva  una ferita sulla fronte che sanguinava, ma nulla di veramente grave. Koga la teneva con un braccio sulla spalla appoggiato sulle proprie ginocchia davanti a lei. 
-Auch!-
-Senti … n-non volevo …-
-Non puoi guidare decentemente?!- chiese la rossa adirata.
-E’solo una piccola ferita e casa mia è qui vicino, saranno 15 minuti da qui, così ti dai una sistemata …- cercò di dire il ragazzo teso come una corda di violino.
-Una sistemata un corno! Io ti denuncio!- gli urlò in faccia.
-Non fare la bambina! Non c’è bisogno di farne un dilemma! Io sono della famiglia Kazana e …- si fermò notando gli occhi di lei che brillavano di stupore.
-Così potrai anche goderti la festa- concluse sicuro che avrebbe accettato le sue condizioni."





-Cosa ci fa lei qui?!- chiese Yukiko ormai al limite.
-Ecco, a dire il vero …-
-Sì sì va bene … ci penso io- disse ormai per concludere quel discorso prima che il cervello facesse le valigie per i Caraibi.
-Per ora assicurati solo che non lo scopra nessuno ok?-




[Poco distante]
 
L’auto finì in quella radura dopo aver seguito il percorso indicato da Heiji, il loro vicino.
Si era presentato a casa Higurashi con una faccia sconvolta e le aveva informate di aver visto che Ayame era rimasta vittima di un incidente, che ha annotato il numero della macchina e che li aveva visti prendere una piccola scorciatoia attraverso il bosco.
Dire che Kagome e Sango erano preoccupate, era ben poco.
-E’ qui che finisce la stradina, davanti a questa Villa- annuncia Heiji.
-Ma questa è Villa No Taisho! Io e papà eravamo venuti qui stamattina!- urlò Kagome sporgendosi un po’ dal finestrino. La Villa era magnificamente decorata  con luci e lanterne facendola imporre ancora di più. 
-Ma qui è in corso una festa e non conosciamo nessuno- li informò Sango.
-Non importa, andiamo dentro a cercare Ayame lo stesso- le altre due annuirono e scesero  dall’auto.
Arrivati all’ingresso cercarono la rossa con lo sguardo ma invano. Un’auto alle loro spalle suonò il clacson e i cancelli vennero aperti e loro ne approfittarono per sgattaiolare all’interno. Per loro sfortuna però una guardia li fermò.
-Avete l’invito?-
-Beh … ecco noi … no non ce l’abbiamo- cercò di dire Heiji.
-Senza invito non potete entrare, vi prego di uscire!- disse incitandoli con il braccio ad andarsene.
-Ma noi …- 
-Sta arrivando l’auto dell’amica della Signora Kazana, vai ad aprire!- disse una voce al walky talky della guardia la quale si precipitò all’ingresso. I ragazzi si diedero uno sguardo d’intesa ed entrarono di corsa nella Villa. Dall’interno era anche molto più sfarzosa. Fiori bianchi e gialli, rose addobbavano ringhiere,stipiti e vasi pregiati. Le luci producevano dei strani effetti circolari sul pavimento candido.
Si sentivano come inghiottiti da quella ricchezza. Si divisero nel tentativo di trovarla più rapidamente.
Sango stava perlustrando il primo piano. Il suo sguardo cadde però su una figura già nota.
-Che cosa ci fa qui l’idraulico?!- si chiese confusa appena dopo aver visto il ragazzo parlare tranquillamente con dei ricconi di prima classe.


*****


-Devo ammetterlo, hai portato queste aziende a nuove altezze Inuyasha- disse un ragazzo all’albino. Si trovavano all’ultimo piano. Erano praticamente in un gazebo più grande della norma in cui decine di invitati parlavano tranquillamente. 
-Certo, perché tengo le persone all’interno dei loro limiti, so come trattare le persone- concluse freddo come al suo solito.
Intanto Kagome era salita all’ultimo piano e girovagava alla ricerca di sua sorella. D’un tratto però urtò qualcuno , il quale si girò e la squadrò da capo ai piedi. In effetti tutti gli invitati erano vestiti con abiti sfarzosi, era ovvio ch lei sembrasse una poveraccia a confronto. Dopo qualche secondo buono quello se ne andò.
-Ho sentito che hai buttato fuori quattro impiegati dalla tua azienda, è vero?- chiese qualcuno alle spalle di Kagome.
-Esatto. Non c’è posto per le persone malate nel mio ufficio, le ho mandate all’ospedale, dove dovrebbero essere- rispose un’altra voce dietro di lei. (Quindi avete capito che dietro a Kagome c’è Inuyasha che è girato dalla sua parte opposta, quindi si danno le spalle a vicenda! ^^ Nd io)
-Persone che non sono fedeli al loro lavoro, non sono fedeli a nessuno-
-Amico, tu non credi proprio a nessuno eh?- chiese la voce di prima.
-A nessuno, tranne che a mio padre, nessuno, nemmeno a me stesso- concluse.
“Che razza di persone ci sono a al mondo?!” si chiese Kagome dopo aver ascoltato involontariamente le loro chiacchierate. Vide per terra un foulard color crema e lo raccolse.
-Mi scusi?- disse fermando un cameriere.
-Questa … è sua forse- disse indicando la sagoma alle proprie spalle. L’uomo la prese e andò dal ragazzo.
-Buttala- disse freddo al servo. Girò il viso verso la ragazza, continuando a darle le spalle.
-Non prendo le cose cadute per terra- disse acido apposta per farle sentire quelle parole.
“In due giorni, ho incontrato due persone, di una non sono riuscita a vedere il viso, dell’altra non voglio nemmeno scorgerlo! Uno ha strappato incurante la sua sciarpa per salvare un piccolo cucciolo, e l’altro ha detto di buttarla via solo perché è caduta sul pavimento? Come ha buttato fuori quelle 4 persone che magari erano malate! Come sono diverse le persone, alcune che portano luce nell’oscurità e altre che riescono a  portare il buio anche nella luce”  si disse Kagome.
Si girò per continuare la sua ricerca, ma una folata i vento la costrinse a girarsi verso la schiena del ragazzo, sfregandola leggermente. Lo sentì irrigidirsi. Incurante gli passò di lato continuando a dargli le spalle, ma nel mentre una seconda folata le fece spostare una numerosa ciocca di capelli all’indietro, che finirono, indovinate un po’, sul viso del ragazzo alle sue spalle. Quest’ultimo si mise una mano davanti agli occhi irritato e quando li riaprì la ragazza era già a qualche passo da lui. I suoi capelli profumavano di vaniglia, come quelli di sua madre, chissà perché? 


-Disgustoso- sbuffò.
-Queste femmine non sanno nemmeno tenere a bada i propri capelli?!- chiese irritato.
-Mi scusi signorino,  mi ha chiamato?- chiese un cameriere appena giunto.
-Sì- detto questo tirò fuori degli assegni dalla giacca dello smoking.
-Dalli a quelli che sono malati-
-Tutti questi soldi?! Non potranno ripagarteli neanche se lavoreranno per te per vent’anni!- gli disse l’amico.
-In un mondo dove anche le madri ti abbandonano, gli impiegati non lo fanno mai, queste persone hanno dato 14 anni alla nostra azienda- poi si rivolse al servo.
-Dì ai dottori che sono impiegati  della nostra azienda e che devono ricevere un trattamento identico al nostro, capito? E digli anche che quando saranno guariti, potranno tornare a lavorare come sempre- il cameriere annuì e si congedò.
-Scusate ragazzi ma ora devo andare ad una riunione importante- disse congedandosi.


*****

 
Ayame si trovava in una stanza che le era stato detto fosse della figlia dei signori Kazana.
Era immensa, fantastica, tanto che i suoi occhi brillavano di stupore. Dall'arredo fino alle piccole disposizioni degli oggetti, tutto posto in modo impeccabile. Dalle strutture si poteva chiaramente capire che era la stanza di un'appassionata di moda. Si avvicinò ai suoi vestiti in tessuto pregiato. 
-Wow! Vestiti del genere li ho visti solo alla televisione!- detto questo ne prese uno a scelta. C'erano abiti da sera, da jogging, da casa, per le uscite con amici, per le feste, ma soprattutto tantissimi abiti firmati.
Ne scelse uno color smeraldo fino alle ginocchia sostenuto da due bretelline che si chiudevano dietro il collo in un elaborato fiocco. Una cintura in raso di un verde più scuro le fasciava la vita e per finire una bordatura del medesimo colore all'estremità inferiore dell'abito. Non era proprio il suo genere, ma andava matta per il verde smeraldo.
Si pettinò velocemente i capelli e si spruzzò un po' di profumo. Si guardò allo specchio. Non era niente male davvero! 
Si sedette sul bordo del letto sospirando. Era venuta alla festa di nascosto, senza dire niente a nessuno e se l'avessero scoperta, sarebbe stata in guai seri.
Sfiorò con le punte delle dita il cerotto sulla tempia. Aggiungiamoci poi l'incidente! Anche se non si era fatta tanto male l'avrebbero sgridata fino allo sfinimento.
Non si sarebbe mai trovata in quella situazione se suo padre si fosse deciso ad accettare la richiesta del Signor Taisho! Per questo è dovuta venire di nascosto!
Sospirò nuovamente. 
"Basta ora! Adesso mi devo godere la festa!" disse cercando di autoconvincersi. Uscì dalla stanza quasi a malavoglia.


*****

 
-Sango!- la richiamò Kagome raggiungendola.
-L'hai trovata?- l'altra scosse la testa preoccupata.
-O mio dio!- mormorò Sango scioccata. Kagome seguì il suo sguardo e sgranò gli occhi.
Il Signor Higurashi era nell'atrio accompagnato da un ispettore di polizia e altri agenti minori.
-Oh no! C-cosa facciamo adesso?!- chiese la minore nel panico.
Sango cercò con lo sguardo Rin nella folla e la raggiunse.
-Rin!- disse guardandola in modo un po' severo.
-Scusami sorellona! Io ho cercato di fare il modo che papà non scoprisse niente ma lui ...- disse quasi in lacrime ricordando la rabbia dell'uomo.
-Non fa niente piccola, calmati- disse mettendole una mano sulla spalla.
Il padre intanto raggiunse il centro dell'atrio accompagnato dall'ispettore, dopo aver fatto una chiaccherata sull'accaduto con Heiji.
-Signor Kazana, lui è il signor Higurashi- disse attirando l'attenzione generale della festa. Mikado li fissava con un sopracciglio alzato nel tentativo di capire cosa fosse successo.
-Ci è stato riferito che un membro della sua famiglia ha investito la figlia del Signor Higurashi- 
-Mi sa che si sta sbagliando ispettore, tutti i membri della nostra famiglia sono a questa festa- disse facendo spallucce.
-Mi perdoni, ma è la verità- aggiunse Higurashi.
-E lei è sparita di casa da allora- disse guardandolo freddo.
-E la prova è che il nostro vicino Heiji ha visto tutto con i suoi occhi, raccontaglielo tu- concluse incitandolo a parlare.
-Ecco io stavo tornando dal lavoro e ho visto che la figlia del Signor Higurashi ha avuto un incidente. Ho anche annotato il numero della macchina e poi saprei riconoscere il viso della persona al volante!- confermò Heiji titubante.
-Se solo riuscissi a vedere nuovamente il suo viso, potrei ricono...- non finì la frase che incontrò due gemme celesti.
-E' lui! E' lui ne sono sicuro!- urlò indicandolo. Tutta l'attenzione dei presenti finì sul curioso individuo.
-K-Koga?!- mormorò Mikado. Il ragazzo intanto avanzò a passo lento e sguardo basso fino a raggiungere il padre e gli rivolse un'occhiata supplichevole.
-Dov'è mia figlia?- chiese brusco Higurashi. Non ricevendo risposta si avvicinò ulteriormente a lui.
-Dimmi dov'è mia figlia!- urlò quando gli fu davanti. Koga continuava a sudare e guardare il pavimento.
-Mi scusi signor Higurashi- disse una voce tagliente spuntando accanto al ragazzo. Era la signora Yukiko.
-Lei sta insinuando che mio figlio avrebbe provocato l'incidente a sua figlia?- chiese con astio la donna.
-E per questo lei ha portato qui la polizia, giusto? Se è la verità, allora cosa ci fa lei a questa festa?- domandò con aria di sfida.
Il signor Higurashi la guradò senza capire, mentre le tre ragazze si morsero il labbro inferiore.
-Mia figlia? In questa festa?- disse lui ironico.
-Sì, sua figlia, in questa festa- detto questo si girò e come di riflesso uno ad uno i presenti si girarono verso lo stesso punto, aprendo un varco alla fine del quale c'era una ragazza dagli occhi color smeraldo che fissava il pavimento con gli occhi lucidi.
-A-Ayame?- chiese il signor Higurashi con un filo di voce.
-Vieni- disse incitandola la donna.
-Se fosse veramente infortunata allora sarebbe in una stazione di polizia o in un ospedale, ma di certo non qui- disse rigirandosi verso il signor Higurashi e fissandolo con tono dii sfida nuovamente. Ayame si leccò le labbra secce e iniziò a giocherellare con le dita nervosamente senza distogliere lo sguardo dal suolo.
-Guardi, è solo un piccolissimo taglio, e lei si è portato la polizia dietro- disse Yukiko sistemandosi i capelli.
-Se mio figlio l'avesse voluto, avrebbe benissimo potuto lasciare sua figlia in mezzo alla strada, ma non l'ha fatto, l'ha portata a casa, l'ha curata e lei invece ha chiamato la polizia?- l'uomo abbassò lo sguardo insieme alle tre figlie per l'umiliazione. Loro di certo non potevano sapere come stava Ayame e il padre era un uomo impulsivo.
-Potrei sapere dove sono i tuoi vestiti?- chiese la donna in modo più dolce possibile, anche se stava ribollendo dentro per il fatto che una nullità come lei avesse osato indossare un abito di SUA figlia!
-Ecco ... io ... i miei v-vestiti si erano strappati p-perciò ...- cercò di dire Ayame nel panico totale.
-Per questo hai preso i vestiti di mia figlia, giusto? Sai almeno il suo prezzo? Sai quanto è costoso e pregiato?- chiese fredda facendo sobbalzare la rossa.
In quel momento il Signor Taisho raggiunse gli invitati,che fino a quel momento aveva ascoltato da lontano in silenzio, salutando rispettosamente il signor Higurashi.
-Sei stato tu a provocare l'incidente?- chiese autoritario al ragazzo, che non rispose.
-Si o no?- questa volta fu Koga a sobbalzare. Yukiko lo guardava torva.
-S-sì- rispose con un filo di voce. 
-Sei stato tu quindi ... è ferita, si è rovinata i vestiti e lei? A lei interessa il vestito?- in risposta ricevette una fulminata da parte della donna. Taisho deglutì impercettitbilmente. 
-Beh, zio (ok ok lo chiamano zio solo per dire ma non sono in alcun modo imparentati loro ^_^ Nd io), non è stata colpa mia- cercò di giustificarsi il ragazzo.
-Ma l'auto era tua no? Poteva avere conseguenze ben più serie!- chiese l'uomo in risposta.
-Guardala, è lì in silenzio, ti ha perdonato ma quello che ha fatto suo padre è giustissimo- detto questo si girò verso il signor Higurashi.
-Chiedigli scusa- ordinò autoritario al ragazzo.
-Le c-chiedo scusa- mormorò senza aver mai distolto lo sguardo dal terreno. I signor Higurashi senza neanche degnarlo si voltò e se ne andò seguito dalle tre ragazze e da un'Ayame che avrebbe voluto sprofondare.
-Senta signor Kazana, lei è un grand uomo, per questo non arresterò suo figlio adesso, ma entro 24 ore  dovrò farlo perciò sarebbe meglio se nel frattempo trovasse un accordo con il signor Higurashi- informò l'ispettore prima di dileguarsi a sua volta.
-So enjoy the party people!- disse Taisho cercando di distogliere l'attenzione.




[A festa finita ...]

-Ma come ha potuto dire cose del genere a mio figlio?- chiese Yukiko irritata.
-Hai sgridato mio figlio e hai difeso quel vecchiaccio!- gridò Mikado nervoso.
-Non preoccupatevi, non succederà niente a Koga, lo salverò io- li rassicurò guardando attraverso il calice di vino.
-Ma chi salverà Higurashi dalla mia trappola?- gnignò e scoppiò in una risata malefica. Mikado e Yukiko si guardarono. Si fecero spallucce.




[Casa Higurashi]

La tensione era alta e nessuno aveva proferito parola. Le quattro ragazze erano ritte in piedi come soldatini in fila.
-Tutto il rispetto che ho accumulato in questi hanni, lo hai spazzato via per uno stupido capriccio- disse freddo il signor Higurashi ad Ayame penetrandola con lo sguardo.
La rossa fece un passo avanti deglutendo.
-Ma cosa ho fatto di così sbagliato papà? Sono solo andata ad una festa!- disse alzando un po' la voce mentre la gola iniziava a seccarsi.
-E poi ... c'erano anche Riyko e Jennifer alla festa!- il padre la fulminò. Ma Ayame cercò di farsi coraggio e proseguì.
-Non posso neanche avere un po' di libertà nella mia vita?- chiese quasi in lacrime. Kagome, Sango e Rin erano mute dietro di lei e guardavano il pavimento in vena di sconforto.
-La tua vita?- chiese ironico.
-I genitori passano tutta la loro vita a crescere i figli e quando loro crescono diventa la "loro" vita- disse ancor più ironico di prima, ma in tutta quella faccenda di divertente non c'era proprio niente. Ayame lo raggiunse.
-Non intendo dire questo papà, io ho solo atteso una festa non ho di certo dimenticato ciò che tu mi hai insegnato!- disse ormai al limite.
-E allora cos'era più importante per te, andare a quella festa o rispettare la mia scelta?- Ayame non sapeva più cosa rispondere.
-Senti Ayame- disse addolcendo appena il tono di voce.
-Noi siamo di un ceto sociale medio-basso, c'è una differenza abissale tra il loro stile di vita e il nostro e le uniche ricchezze che ho sono il rispetto e l'onore guadagnato in tutti questi anni- fece una luuunga pausa, tanto che Ayame credette di svenire per la tensione.
-Cosa feremmo se dovessi perdere anche quelli?- chiese in un filo di voce. Se ne andò ma Ayame lo seguì richiamandolo continuamente ma senza successo fino a che il padre non le sbattè la porta della camera in faccia. Scoppiò in lacrime.
-Perdonami papà- sussurrò tra se e se. Poi sentì qualcosa di caldo alla guancia. Era Sango che l'abbracciava e Kagome e Rin le accarezzavano i capelli nel tentativo di confortarla.
-Non ti preoccupare, si risolverà tutto- le disse Sango.




[Casa Higurashi]

Erano le 11 del mattino e nevicava nuovamente come il giorno precedente. Le ragazze erano indaffarate in faccende varie, tranne Ayame che aveva il morale a terra nonostante le sorelle l'avessero consolato per mezza nottata. Poi qualcuno suonò al campanello e ad aprire fu Kagome. si presentò un ragazzo di media statura ma magro. Aveva capelli castani e pagliuzze color cenere. Peccato solo che non avessero la più pallida idea di chi fosse.
-Mi chiamo Sayo e sono il figlio dell'autista del signor Taisho- disse inchinandosi in segno di rispetto. Le ragazze lo guardarono senza capire.
-Sono venuto qui per chiedervi per favore di ritirare il caso che avete impostoo al figlio del signor Kazana- lo sguarso di Kagome si indurì. Li credevano talmente inutili da non presentarsi nemmeno di persona?!
-Non cio penso nemmeno!- disse incrociando le braccia al petto.
-Madam, le persone contro cui vi siete messi, sono persone a comando di un potere immenso, infatti hanno provato che non era il figlio del Signor Kazana ad aver provocato l'incidente ma mio padre- le ragazze lo guardarono sconcertate.
-Perciò adesso è mio padre ad essere ditro le sbarre al posto di Koga Kazana- concluse con sguardo implorante.
-Che cosa?- urlarono in coro Kagome e Ayame.
-Sì, madam, solo voi poteto liberarlo per favore perchè mio padre si è preso la responsabilità del crimine ... noi non ... noi non possiamo competere con il signor Inuyasha!-
-Inu ... Yasha?- chise Kagome stupita.
-InuYasha No Taisho madam, il figlio del Signor Inu No Taisho- Kagome ebbe un lampo di sorpresa e rabbia al tempo stesso. Se non ricordava male, quello del concorso si chiamava proprio InuYasha No Taisho, quello che le aveva strappato il modulo di iscrizione senza degnarlo di uno sguardo.
-D'accordo, ci penso io- detto questo si dileguò insieme ad Ayame alla centrale di polizia.




[Centrale di Polizia]

La centrale era piuttosto grande con un campanile poco distante da lì.
-Ispettore, sono Kagome Higurashi- disse mettendosi in piedi di fronte alla scrivania dell'uomo insieme ad Ayame.
-Vorrei ritirare le accuse contro il figlio del Signor Kazana perchè voi avete arrestato il padre di un innocente al posto del vero colpevole e io non posso permetterlo- disse guardando di sfuggita Sayo.
-Non si preoccupi, l'ho già rilasciato- Kagome si sentì sollevata e sorrise a Sayo che contraccambio felice.
-Perchè ormai il caso è capovolto- i volti dei ragazzi si fecero nuovamente seri.
-Ora è sua sorella Ayame Higurashi ad essere accusata di furto- le due ragazze sgranarono gli occhi incredule.
-E' stata accusata di aver rubato un abito da 26,000 Yen (circa 160 euro)- la corvina fisso negli occhi la rossa con lo stesso sguardo preoccupato che le rivolse lei.
-E' una bugia sorellona! Io non ho rubato niente! Te lo giuro sorellona io non sono una ladra!- disse gridando in preda al panico, anche se sapeva di non aver fatto niente.
-Mia sorella non potrebbe mai fare una cosa del genere! Non è quel tipo di persona! Infatti i suoi vestiti si erano rovinati per questo ha preso in prestito un abito! 
 Non posso credere che lei creda a queste assurdità e accusi una povera bambina di aver rubato!- gridò a sua volta Kagome infuriata più che mai.
-Mi dispice Higurashi, ma ormai il caso è aperto e dovrò investigare per forza- rispose lui tranquillo.
-Chi?! Chi è stato a fare quest'accusa?! Gli parlerò io!- disse sbattendo le mani sul tavolo.
-InuYasha No Taisho, è appena uscito, forse fa in tempo a raggiungerlo qui fuori- 
Kagome sentì la rabbia salire e strinse i pugni. Ancora quell'individuo. Possibile che una persona che manco conosce riesca ad influenzare a tal punto la sua vita? 
Ma ora basta! Aveva già fatto fin troppi casini questo "InuYasha"! Ora gliene avrebbe dette quattro!





Si precipitò come una furia fuori dalla centrale scendendo velocemente i gradini dell'ingresso. Si guardò l'orologio, senza neanche sapere il perchè. 
Le 11:58
Scrutò il paesaggio alla ricerca del ragazzo. La neve continuava a cadere ricoprendo sempre più la città. Vide un ragazzo girato di spalle con una lunga chioma argentea in piedi vicino alla propria Porsche nera. Si trovava sotto un grosso albero secolare e da quel che sapeva si chiamava Goshinboku. Si diresse a piccoli passi verso di lui. Più si avvicinava, più focalizzava. Notò che i capelli argentei ereano ricoperti da fiocchi di neve sparsi un po' ovunque. Indossava uno smoking grigio. Teneva una mano in tasca e l'altra era alzata verso l'orecchio sinistro. Probabilmente stava parlando al cellulare.
Ormai era a una decina di passi da lui. Non appena entrò sotto le prime fronde dell'albero, alzò lo sguardo verso i rami sovrastanti. Era così immenso, così speciale.
Fiochi raggi di luce entravano qua e là dalla chioma fino a terra.

(Allora immaginatevi che sotto il Goshinboku, giustamente, c'è ombra, ma ci sono alcuni punti in cui entrano raggi di luce dall'alto, spero abbiate capito! e scusate per avervi rovinato l'atmosfera xD Nd io)

A distogliermi dai miei banali pensieri è la voce del ragazzo.
-Yes, InuYasha speaking- che voce profonda e intensa che aveva. Comunque se non sbaglio ha detto "InuYasha speaking" e vuol dire che "è InuYasha che parla", ma perchè in inglese? Mah, che domande stupide che mi faccio! Però se parlasse solo inglese io che farei? In fondo ha vissuto a New York! Insomma me la cavo in inglese però non so che figura farei!
-Don't worry, I will call you later- se non sbaglio ha detto "non preoccuparti, ti richiamerò più tardi".
Finalmente lo vedo attacare il cellulare e togliersi gli occhiali da sole con eleganza. A cosa gli servano con questo tempo, poi lo sa solo lui!
Ah già, dimenticavo che lui è un riccone!
Non persi l'occasione e mi avvicinai a lui.


*****
 

Quando ieri sera sono tornato a casa, Koga mi ha riferito che quel ... com'è che si chiamava? 
Ah sì, Higurashi è venuto a casa nostra e ha umiliato mio padre insieme a sua figlia!
E questo affronto non glielo posso perdonare per nulla al mondo!
Mio padre per me è la persona più importante che ci sia, lo amo più della mia stessa vita e perciò quegl'insulsi non la passeranno liscia.
Ah no che non la passeranno liscia! Li farò soffrire le pene dell'inferno!
Infatti il mattino seguente mi sono subito provvisto di come incastrarli, accusando loro figlia di aver rubato a casa nostra, cosa per altro probabile in realtà.
Così imparano a stare al loro posto! Ormai possono venire anche ad inginocchiarsi davanti a me ma non potranno più uscire dalla mia ragnatela.
Appena uscito dalla centrale mi dirigo verso la mia Porsche nera, ma il mio I-Phone all'ultima moda decide di squillare.
-Pronto?- chiedo annoiato. 
-Hello? Excuse me, may I speak to Inuyasha No Taisho please? 
 (Pronto? Mi scusi, potrei parlare con InuYasha No Taisho per piacere?)- mi stupisco di sentire quella voce dall'altra parte del mondo. 
-Yes, InuYasha speaking- rispondo alzando un sopracciglio. Se mi ha chiamato vuol dire per forza che avrà qualcosa di "grandioso" da dirmi.
-Hi InuYasha! I'm so happy to listen your voice once again! 
 (Ciao InuYasha! Sono così felice di sentire di nuovo la tua voce!)- mi risponde facendomi fare una smorfia.
-Yah, me too 
 (Sì anch'io)- rispondo ironico. In quel momento avevo altro a cui pensare io!
-By the way, I called you because I wanted to inform you that I'll be there in few days! Aren't you happy? 
 (Comunque, ti ho chiamato perchè volevo informarti che tra qualche giorni sarò lì! Non sei felice?)- sgrano impercettibilmente gli occhi.
-Yah, you can't image "how much" I'm happy, but why did you call me?
 (Sì, non puoi immaginare "quanto" sia felice, ma perchè hai chiamtoo proprio me?)-
-Well, it's a surprise so please don't tell about this call to anyone, ok? Can I trust?
 (Beh, è una sorpresa perciò non dire a nessuno di questa chiamata ok? Posso fidarmi?- mi chiede con una voce dalla quale capisco che se fosse qui mi avrebbe ricattato a pugni, non che abbia paura eh! Dico davvero!
-Ok, don't worry, I will call you later-
-Ok thank you very much, take care and see you soon!- dice riattaccando. Finalmente interrompo la chiamata e rimetto via il cellulare. 
Mi tolgo gli occhiali da sole neri elegantemente. Sono pronto a salire in macchina quando ...


*****

 
-Mi scusi?- chiedo avvicinandomi a lui cercando di metterli una mano sulla spalla.
Nella fretta di raggiungerlo però non mi ero accorta della neve che si era ghiacciata all'ombra dell'albero e così scivolai rischiando di caderlgli addosso come una bambina.
Prima di perdere l'equilibrio lo vidi volltarsi appena ma chiusi gli occhi con forza per paura di cadere. Attendevo con "ansia" di toccare il ghiaccio siderale sotto il sedere
ma non avertivo nulla. Altro che ghiaccio siderale, mi sentivo nelle coperte di casa mia! Ma come era popssibile? Io ero caduta e poi ...
Aprì lentamente gli occhi, una lentezza che mi sembrò infinita. Mi aspettavo di tutto ma non quello che vidi.
Due pozze d'ambra che mi fissavano con sguardo indecifrabile. Un brivido mi percorse.


*****
 

-Mi scusi?- disse una voce femminile alle mie spalle. Mi girò appena ma la vedo "precipitare" mentre tiene gli occhi chiusi.
Stupida!
La afferrò prima che vada a schiantarsi al suolo. La vedo cambiare lentamente espressione.
Evidemente si aspettava di sfracellarsi a terra. Poi inizià a schiudere gli occhi.
Due pozze d'argento mi fissavano con  sguardo indecifrabile. Deglutì impercettibilmente.


 

*****



Sentivo un suono assordante ma in lontananza.
Ormai ero troppo impegnata ad osservare quei magnifici Quarzi citrini profondi che ritrovavo davanti. Magnifici?! Ma che cavolo dici Kagome?!

Solo ora riuscivo a capire in che situazione mi trovavo.
Mi teneva per la vita con il braccio sinistro, compatta al suo corpo, in posizione pendente.
La sua mano destra invece mi teneva possesiva la spalla sinistra.

Mi resi conto inoltre che inconsciamente mi stavo tenendo al suo foulard.
Realizzai allora che glielo avevo sciolto dal collo nel tentativo di agrapparmi a qualcosa e ora fluttuava tra la poca distanza tra lui e me.
Io intanto tenevo le mani strette in due pugni al suo petto e in quello destro avevo un lembo del suo foulard.

Sarei potuta muovermi, alzarmi e urlare ma per qualche oscuro motivo i suoi occhi mi avevano letteralmente ipnotizzato.
Mi sentivo ormai in un labirinto senza via d'uscita. Ma perchè? Cosa c'è in quegl'occhi che mi imprigionano a tal modo?
La neve cadeva, lenta ed inesorabile, facendo da complice alla strana atmosfera creatasi.
Il tempo sembrava essersi fermato, nonostante i rintocchi continui del campanile siano la prova concreta del fatto che il tempo scorre, scorre e non fa eccezioni per nessuno. Mi sentivo in una bolla da cui non riuscivo ad uscire.
Noto quasi con piacere che lui non è minimamente intenzionato a distogliere lo sguardo dal mio. Forse aspetta che sia io a farlo,
ma non ci riesco! Oh Kami! Aiutatemi a risvegliarmi da questo maleficio! Ma sembra che abbia ottenuto il risultato opposto.
Infatti una sua ciocca di capelli argentei mi ricade sulla guancia, soffice come la panna.
I miei pugni d'istinto si sciolgono contro il suo petto.





Ah! Questo assordante suono! Se questa qui non fosse inciampata come una bambina me lo sarei risparmiato!

Vedo che continua a fissarmi come un'ebete. Evidentemente avrà subito il mio fascino irresistibile ma non per questo la tratterò diversamente da altre.
In fondo, è solo una femmina.
Mi rendo conto solo allora della nostra equivocabile posizione. Vorrei scansarmi ma il suo corpo è così caldo da emanare tepore anche con lo sguardo.

Mi sta tirando un po' troppo il foulard. Manco mi conosce e già ha progettato di strozzarmi!
Eppure il suo viso è così innocente, come quello di una bambina piccola e ... ma che cavolo dici InuYasha?!
La cosa strana di tutta quella faccenda era che lei non accennava nè a muoversi, nè a distogliere lo sguardo dal mio.
Quelle iride argentate, mi fissano, anzi mi stanno scrutando l'anima. Eppure non capisco perchè non riesco a decifrarlo.
Non riesco a capire cosa prova e cosa le frulla per la testa in quel momento! Perche?

Quella chioma corvina che faceva da contrasto alla mia e ai fiocchi di neve che erano sparsi su di essa, quelle iridi così particolari, quelle guancie appena appena imporporate, che solo ad un occhio attento potevano non sfuggire, le sue labbra leggermente dischiuse e il suo caldo respiro mischiato al gelo della giornata che mi soffiavano sulle labbra mi provocabano una sensazione indescrivibile.
Vorrei staccarmi ma più ci provo, più mi perdo.
A rendere le cose complicate, i miei capelli le cadono sul viso. forse dovuto al fatto che eravano in quella posizione ormai da troppo tempo.
Sento le sue mani dischiudersi contro il mio petto e finalmente riesco a respirare visto che mi ha mollato il foulard.
Però non capisco ... cosa diavolo sto facendo?!


Erano ancora lì. Corpo contro corpo. Pensiero nel pensiero. Diamanti in Quarzi citrini. Intenti a fissarsi. A perdersi l'uno nell'altro. A fondersi. 




Poi l'improvviso entrambi si riscossero da quello strano maleficio, che pero` non era stato soltanto un intrico di sguardi,
ma aveva legato per sembre le loro vite appese sul filo del destino.
Lui con un botto la mollò, forse un po' bruscamente, rimettendola però in piedi e le girò le spalle, intento a risistemarsi il foulard.
-Signor Taisho?- chiese Kagome dietro un po' titubante. Non ricevette risposta.
-Signor Taisho, le accuse che ha imposto contro mia sorella sono false!- lui però sembrò non farci caso e iniziò a dirigersi verso lo sportello dalla Porsche, ma nuovamente la voce di Kagome lo bloccò, questa volta era più autoritaria.
-Non può andarsene così facilmente signor Taisho! Lei ha rovinato la reputazione di mio padre! Ci ha messo anni nel costruirla e lei l'ha frantumsts in un secondo!- 
gridò da dietro di lui tra un misto di rabbia e tristezza. Lui ghignò. Ora sapeva chi aveva di fronte. Una Higurashi a quanto pare. Fece un altro passo verso lo sportello aprendolo leggermente ma Kagome gli si parò davanti richiudendolo di botto. Il suo viso innocente e innofensivo di poco prima si accigliò.
-Rispondi InuYasha No Taisho!- gli urlò. Lui ghignò nuovamente.
-Sì, hai ragione, ho fatto una falsa accusa- disse come se fosse la cosa più normale del mondo, ma nella sua voce si poteva intuire un tono di sfida.
-Perchè lo volevo- Kagome sgranò gli occhi. Che risposta era "Perchè lo volevo"?!?! Lui andava in giro ad incolpare la gente di crimini che non ha comesso?!
-E' mio volere far aspettare quella ragazza e tutta la sua famiglia qui in centrale e buttare lei dietro le sbarre- Kagome strinse i pugni lungo i fianchi senza distogliere lo sguardo dal suo. Pensare che lei voleva risolvere tutto con le buone. Che persona spregevole che si è ritrovata invece! La rabbia, che per poco era svanita, ricominciò ad assalirla.
-E quello stolto di tuo padre ...-

SCHIAFF!


To Be Continued ... :D












- Angolo Autrice -


Hola` Gente! ~

Come ve la passate? Io stupendamente *^* Ho preso 10 nella verifica di grammatica e 8 in quella di antologia *^*! 
La giornata non poteva andare meglio !!! *-*
Ok, lasciando perdere le mie glorie scolastiche ... xD
Cosa ve ne pare del capitolino? Anche se tanto piccolo poi non e`! xD 
E cosi` il famigerato incontro e` avvenuto, e molto prima rispetto alla versione originale ^_^
In questo capitolo avvengono ben 3 incontri, tra Koga e Ayame, Sango e Miroku e InuYasha e Kagome ... ^^
E visti i modi strambi e piuttsoto burrascosi in cui si sono incontrate tutte le coppie, "Incidenti di percorso" era l'idea migliore xD
Informo che il prossimo sara` l'ultimo capitolo "vecchio", poi la storia riparte da dove era stata interrotta ^^
Ripeto nuovamente, visto che le mie riproduzionioni sonore fanno letteralmente schifo ... xD che quello alla fine era un poderoso schiaffo! XD
Colgo l'occasione per ringraziare le splendide persone che mi hanno lasciato le loro meravigliose recensioni! *^*
Grazieee!!! <3
Anche ovviamente i lettori "fantasma" <3
Grazie a tutti!!! ^^

alla proxxima

Baci, Lullaby 99 ^^


 

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Capitolo 4
*** Me contro Te ***




Una volta intrecciato il filo rosso del destino non puo`piu`essere sciolto ...




InuYasha

Capitolo : 2

 








SCHIAFF!

Un sonoro rumore si era disperso intorno a loro.
Unico testimone di quell'accaduto erano le guardie appostate all'ingresso secondario della centrale, che guardavano la scena senza fiatare, cercando di farsi gli affari loro ma un po' difficilmente.
InuYasha non si era ancora mosso.
Se ne stava lì, con la testa girata da un lato leggermente abbassata. Gli occhi erano coperti dalla frangetta mentre altre ciocche argentee gli coprivano il viso.
Kagome non era da meno. Non accennava a muoversi da quel luogo. Aspettava con ansia una sua reazione, che tardava ad arrivare più del dovuto.
Vide poi la sua mano alzarsi tremante, forse per la rabbia, verso la propria guancia. Alzò lo sguardo furente dinanzi a se per poi volgerlo verso di lei, che non mutò espressione. Si toccò la gote leggermente arrossata per "l'impatto" violento della "delicata" mano della corvina, per poi allontanare la mano e guardarsi il palmo della facendo una smorfia di rabbia.
La strinse poi in un pugno per poi abbassarla lentamente.
-E questa era la mia risposta- disse Kagome guardandolo dritto negli occhi come per sfidarlo. Scorse un lampo di rabbia passarvi.
-E' mio volere farti vedere il tuo posto- scorse un secondo lampo passare tra le iridi ambrate.





[Tokyo, presente]

InuYasha si portò una mano sulla guancia con un sorriso amaro sulle labbra.
-Vuoi dire che la prima volta che l'hai incontrata, lei ti ha schiaffeggiato?- chiese da dietro Kanade che non capiva se ridere o piangere. Come situazione era buffa, ma non era neanche il tipico incontro "speciale" che ci si aspetta!
-Allora anch'io ho pensato la stessa cosa, ma mi sbagliavo- la donna aggrottò le sopracciglia nel tentativo di capirci qualcosa. Ah quel ragazzo! Diceva sempre frasi così enigmatiche!
-Infatti, quella fu la prima volta che lei mi toccò- Kanade strabuzzò gli occhi. Certo che questa Kagome deve avergli proprio cambiato i connotati del cervello! C'è una differenza abissale tra la reazione dell'InuYasha di allora e quello di oggi.
-Non sapevo che la persona che incontrai quel giorno, sarebbe diventata più importante di me stesso, che mi sarebbe
 diventata così cara- strinse con la mano una delle sbarre mentre un sorriso iniziava ad inarcargli il volto. Il ricordo di quel giorno era vivido in lui come se fosse appena successo. Ripensava a come lei fosse "accidentalmente" caduta tra le sue braccia e i loro occhi fossero rimasti fissi per quel poco tempo che sembrò infinito. Capì che nonostante il tempo passato, nonostante fossero due anni che non la vedeva, non la sentiva ... fosse ancora follemente innamorato di lei, proprio come lo era allora. Perchè Kagome Higurashi ormai era parte della sua vita, era parte di lui. 
Kanade alle sue spalle sorrise.




[Ritorno al passato]

-Chi ti credi di essere?! Solo perchè sei ricco sfondato non vuol dire che puoi trattare le persone come ti pare e piace!- urlò Kagome in preda alla collera più nera.
-Prima hai accusato il padre di quell'innocente per salvare la tua famiglia e ora vuoi rovinare la reputazione di mia sorella!-
disse puntandogli un dito contro.
-Perchè stai facendo tutto que ...-
-Shhhh!- non riuscì a finire la frase che si ritrovo il suo dito a due millimetri dalle labbra. Kagome sbattè un po' le palpebre colta di sprovvista ma almeno ora non parlava più.
-Potrei prenderti a sberle in rimando!- disse furioso penetrandola con lo sguardo.
-Che rispetto ti rimarebbe?- chiese in tono di ricatto. Intanto Kagome continuava a guardarlo torva.
-Se volessi potrei spaccarti la faccia- disse alzando un pugno minnaccioso. Kagome sgrano leggermente gli occhi passando lo sguardo dal suo pugno al suo viso.
"Non oserà davvero?" si chiese preoccupata.
-Ma non voglio sporcarmi le mani toccandoti- concluse stringendosi il polso con l'altra mano facendo scrocchiare le dita a due centimetri dal viso di lei.
-Ti rovinerò! Te e la tua famiglia!- Kagome tornò a fissarlo questa volta più tesa.
-Mi hai schiaffeggiato qui giusto? Davanti a questa centrale di polizia? Va bene! Adesso vedrai marcire la tua famiglia qui   dentro!- prese un respiro e tornò alla posizione composta di prima. Assottigliò lo sguardo.
-Non dimenticherò mai questo giorno e non lo lascerò scordare neanche a te ... mai!-

(Eh già, peccato che queste parole andando avanti avranno un altro significato! xD Infatti non ve lo farò dimenticare 
 per nulla al mondo piccioncini miei perchè è il vostro primo incontro! ^^ Nd. Io)


Detto questo fece l'ennesima smorfia della giornata e entrò nell'auto.
Un rombo si alzò tra la neve per poi partire alla velocità della luce facendo finire della neve sporca su Kagome.
-Grazie!- urlò Kagome ironica.
-Sorellona!- gridò qualcuno. Era Ayame insieme a Heiji. Si diresse da loro nel mentre cercava di pulirsi.
-Sorellona ...-
-Dobbiamo arrestarla signorina Ayame- disse l'ispettore avvicinandosi a loro, spuntato da chissà dove.
-N-non ... non potete arrestarla! Proverò che è innocente!- gridò Kagome prendendola possessiva per un braccio.
-Mi dispiace, ma nel frattempo dobbiamo per forza-
-Lo giuro! Non ho rubato niente! Per favore lasciatemi andare!- disse la rossa stingendo il braccio della sorella a sua volta.
Ma nessuno sembrò ascoltarla e delle guardie iniziarono a cercare di prenderla.
-Lasciatela!- gridò una voce possente e rassicurante alle loro spalle. Tutti si girarono di scatto.
-Signor Taisho lei qui?- chiese l'ispettore all'uomo che si avvicinò.
-Ecco voglio ritirare le accuse, questa ragazza è innocente, lasciatela- disse mettendosi le mani nelle tasche.
-Ma ... suo figlio ...-
-Non si preoccupi, parlerò io con lui- 
Si avvicinò a Kagome e Ayame.
-Chiedo scusa da parte di InuYasha- disse rivolgendosi soprattutto alla corvina.
-No, mi perdoni lei, ero fuori di me ... non avrei dovuto alzare le mani su di lui- disse lei abbassando lo sguardo. L'uomo fece una smorfia irritata per rimediare subito con un finto sorriso.
-Andiamo ispettore, completiamo le formalità- disse infine avviandosi insieme all'ispettore all'interno della centrale.
Ayame e Kagome si guardarono e si abbracciarono felici.





Camminavano sul ponticello di legno mentre si dirigevano verso casa.
(Quello dove Kagome aveva espresso il desiderio nel cap. 5 Nd io)
Ayame guardava in basso e non faceva altro che sospirare, Kagome la teneva per mano guardando dritto davanti a se.
-Auch!- gridò all'improvviso la rossa.
-Cosa c'è?- chiese la corvina preoccupata.
-Mi sono slogata una caviglia!- disse lamentandosi. Kagome si portò un suo braccio intorno al collo.
-Vieni, sediamoci lì- disse indicando una panchina poco distante.
Arrivarono zoppicando alla panchina e Kagome fece sedere la piccola sulla panchina.
-Dai, fammi vedere il tuo piede- disse iniziando a massagiarglielo.
-Va bene adesso?-
-No che non va bene! Io so benissimo che non faccio altro che commettere errori!- disse con le lacrime agli occhi. La corvina le si sedette accanto.
-No Ayame, tutto quello che è successo oggi, non era copa tua- poi il suo tono mutò.
-Ma era colpa di quell'InuYasha No Taisho! E' solo un bambino viziato!- disse stringendo i pugni.
-Vedrai! Anche lui troverà una persona che gli darà una lezione! Ha fatto piangere noi? Vedra, qualcuno farà piangere lui un   giorno!- (chissà chi ... xD Nd io) fece un lungo respiro per calmarsi.
-Su, torniamo a casa-




[Casa Higurashi]

Un altro giorno era trascorso e Kagome si preparava ad uscire.
-Kagome ma dove vai di prima mattina?- chiese Sango alle sue spalle.
-Beh, ecco Sango ... io sto andando a dare un'intervista per lavoro-
-Cosa?! Ma Kagome non ce nè bisogno!-
-Sì invece! Papà ormai ha perso il lavoro e i soldi che guadagna dalla pensione sono pochi perciò devo trovare un lavoro!E poi, ieri sera papà si era sentito male ...-
-Hai ragione, ma in ogni caso sono io quella che deve andarci!- disse guardandola comprensiva.
-Ti avevo detto che non ne riparleremo! Ci sono io, non devi preoccuparti- disse sorridendole. Sango le mise una mano sulla guancia.
-E va bene, vacci tu, ma sbrigati o farai tardi!- la corvina annuì e si precipitò.





Sango stava facendo pulizie come al suo solito quando il campanello suonò.
-Lei? Ma che ci fa lei qui?- chiese sorpresa quando vide chi aveva di fronte.
-Beh, sa la volta scorsa non sono riuscito a finire il lavoro iniziato- disse Miroku grattandosi la testa e questa volta aveva una valigetta da idraulico
già a portata di mano. (E dove l'hai presa? Se non sbaglio tu vivi nel lusso! o.O Nd io/Tzk! Affari miei! Nd Miroku/Oooook! O.O Nd io)
-Mi dispiace, ma temo non l'abbiano informata che avevamo fatto riparare il lavabo la sera stessa- disse lei facendo spalluce, ma Miroku sembrò non farci caso.
-Sono sicuro che l'avete fatto sistemare da uno qualunque, che sarà poco esperto!- (sì perchè tu invece? xD Nd io) disse lui sporgendosi dalla porta scrutando la casa.
-Hey! Ma cosa fa? Aspetti un'attimo!- gridò quando lo vide addentrarsi verso la cucina. Sospirò pensando che fosse inutile tentare di fermarlo ormai. Beh, tanto meglio, così avrebbe dato un'occhiatina al lavandino in modo che non scoppi di nuovo. Lo raggiunse vedendolo indaffarato a tirare fuori una chiave inglese dalla valigetta in metallo. Stava per arrivarvi ma lo squillo del telefono la distorse.
-Sì Kagome? Non ti hanno preso? Non fa niente ... torna a casa- sospirò riattaccando.
Il nostro "esperto" idraulico intanto aveva approffittato della disattenzione della ragazza e ora con un sorriso furbo si era messo all'opera.
Aveva tolto la maniglia destra del rubinetto svitandola energicamente e dopo di chè ci aveva battuto con forza la grossa chiave inglese. Aspettò qualche secondo e l'acqua iniziò a traboccare in spruzzi d'acqua. Sorrise compiaciuto.
-Ecco, che le avevo detto?- disse voltandosi verso di e indicando con la mano l'acqua che fuoriusciva. La ragazza lo raggiunse e lo guardò quasi incredula.
-Ma come è possibile, così all'improvviso ...- si chiese grattandosi con un dito la tempia destra.
-Non si preoccupi, ci penso io a sistemarlo- disse battendo fiero una mano sul torace. Lei annuì appena e si diresse da qualche parte alle sue spalle, da dove era venuta.
Miroku risistemò in un batter d'occhio tutto come lo aveva smontato, assicurandosi questa volta di non allagare nuovamente la casa. Poi si girò verso di lei sorridendo, sorriso che si spense non appena la vide intenta a fissare un foglio di giornale ripiegato preoccupata. Stava segnando con una biro qualcosa su di esso. La raggiunse e diede un'occhiata furtiva al pezzo di giornale.
-Qualche problema?- chiese ansioso. 
-No è solo che papà ...- si fermò all'istante guardandolo negl'occhi.
"Ma che cavolo! Non lo conosco nemmeno perchè dovrei dirglielo?"
-No niente di importante- concluse lasciando il giornale sul tavolo della cucina e andando probabilmente a controllare il lavabo. Miroku non si fece perdere l'occasione e prese tra le mani quello che la ragazza aveva lasciato.
-Oh!- disse quandò notò quello che vi era scritto. Sango si girò verso di lui curiosa.
-Se sta cercando un lavoro, allora un posto ci sarebbe- disse voltandosi a sua volta. Gli occhi di lei si illuminarono.
-E lei come lo sa?- chiese quasi scettica. Lui si grattò la testa nervoso.
-Sa com'è, sono un idraulico e a volte mi capita di sistemare lavandini eccetera nelle grandi compagnie...- disse distogliendo lo sguardo.
-Ci sarebbe un boss che ha bisogno di un associato, ecco questa è la carta di quella compagnia- le mostrò una piccola carta bianca, simile a quella di un codice fiscale.
-Li informerò io e li dica che vi manda Miroku- disse sorridendole, lei ricambiò.
-La ringrazio tantissimo signor Miroku- rispose lei felice.
-Chiamami Miroku- mormorò lui prendendosi la valigietta.
-D'accordo Signor ... volevo dire ... Miroku- rispose arrossendo appena. Lui sorrise ancora.





[Compagnia Musicale Taisho/Kazana]

Miroku si diregeva a passo svelto verso l'entrara al settimo piano dell'enorme edificio. Purtroppo aveva dovuto mandare la ragazza per un colloquio al settimo piano, invece che al sesto, dove lavorava lui, perchè lì non c'era più posto per altri impiegati nonostante ciò tutti gli impiegati lo salutavano rispettosamente al suo passaggio. Era però felice perchè avrebbe comunque potuto con la scusa del lavoro vederla ogni giorno, e questo lo rendeva immensamente allegro.
Finalmente arrivò al bancone dove il segretario del capo del settimo piano annotava tranquillamente sul suo pc qualcosa di incomprensibile agli occhi di Miroku.
-Scusa, Kentashi?- disse facendolo drizzare in piedi. 
-Sì Signor Kazana- rispose quello come se stesse parlando con il generale di un'accampamento militare.
-Volevo dirti che oggi verrà qualcuno per lavoro qui e perciò prima che scopra di chi è il settimo e ultimo piano dell'azienda, mandala nella mia cabina ok?- chiese appoggiandosi al bancone con i gomiti.
L'uomo annuì un po' incerto. Miroku si girò dall'altra parte.
"Se ti avessi detto la verità, non saresti venuta, così ti ho mentito, così la scoprirai da sola"




[Casa Higurashi]

-Senti Kagome, tu sei più qualificata di me per questo lavoro- disse Sango mettedole una mano sulla spalla. La corvina muoveva le mani nervosamente indecisa sul da farsi. 
Leggeva continuamente le lettere incise sul piccolo foglietto che aveva in mano.
"In fondo è una compagnia musicale e proprio per questo sarebbe perfetta per me" riflettè mettendo l'indice e il pollice sotto il mento.
-Io non credo che ci sarebbe d'aiuto sprecare un'opportunità come questa e poi ci servono i soldi necessari per papà- concluse la mora abbassando lo sguardo.
-Lo so- mormorò Kagome  a bassa voce.
-Infatti, allora vai e dì che ti manda Miroku, l'idraulico, d'accordo?- disse sorridendole. L'altra annuì poco convinta.




[Compagnia musicale Taisho/Kazana]

L'albino si dirigeva a passo svelto verso la propria cabina con fare nervoso. Aveva la mano sinistra in tasca mentre con l'altra digitava qualcosa sul suo cellulare seccato.
Ogni singolo individuo nell'ufficio balzava come una molla non appena vi passava davanti.
-Buongiorno Signor Taisho- dicevano inchinandosi, anche se più che per rispetto, pareva lo facessero per paura.
-Buongiorno- rispondeva con tono secco ed annoiato. Arrivo finalmente al bancone del suo segretario.
-Ti avevo detto di darmi i file- disse con tono autoritario, facendo impallidire Kentashi.
-Ecco ... a dire il vero il signor Miroku mi aveva detto ...- 
-50 persone stanno aspettando per un colloquio di lavoro, dammi i file, subito!- pronunciò picchiettando le dita sulla supericie di vetro del bancone.




Kagome era arrivata alla cosidetta compagnia musicale raccomandatale da Sango. Dire che era nervosa era ben poco, soprattutto perchè non era abituata a tutto quello sfarzo che vi era in giro.
E poi all'ultimo piano doveva essere il posto di lavoro libero? Fare tutti i giorni sali e scendi non era il massimo. Certo c'erano gli ascensori però era comunque una gran seccatura. Mettiamoci poi il fatto che non sapeva nemmeno con chi avrebbe avuto a che fare. Non aveva la più pallida idea di che tipo sarebbe stato il suo capo, nel caso avesse ottenuto un lavoro. Ma poi da quando Sango si fidava degli idraulici a tal punto da mandare la sua "povera piccola e indifesa" sorellina minore a lavorare in un posto del genere? 
Arrivò finalmente al settimo ed ultimo piano dell'azienda. Entrò dal portone principale in vetro spingendolo leggermente. Non fece nemmeno due passi che qualcuno alle sue spalle baffonchiò qualcosa.
-Una ragazza nell'ufficio?!- chiese una voce maschile che sembrava essere sorpresissima per una cosa che a lei tanto strana non sembrava. Sospirò e cercò di non farci caso stringendo la presa sul proprio fascicolo nero.
-Una ragazza al settimo piano? Il piano del capo?- disse un'altra voce mentre passava nel corridoio che portava all'atrio. Questa volta Kagome si girò fulminandoli. Loro deglutirono e fecerono un sorriso vuoto, vuoto come le loro teste bacate. Che cavolo c'era di strano se una ragazza di tutto rispetto decideva di lavorare? Oh andiamo! Non siamo più nell'epoca Sengoku!
Nonostante ciò sentiva tutti gli occhi puntati addosso, perciò si strinse nelle spalle. Si sedette su una delle panche nell'atrio cercando di distogliere l'attenzione da quell'opprimente sensaione. Li squadrò uno ad uno e ogni volto loro si voltavano dall'altra parte con fare innocente. Ma chi li capisce è bravo!
Aspetta un momento!
Perchè al settimo piano ci sono SOLO uomini?! 
Non c'era neanche l'ombra di un'essere vivente di sesso femminile!
Che fosse dovuto in qualche modo allo strano comportamento degl'impiegati?




-Hai il lavoro Akito- concluse InuYasha porgendogli il suo fascicolo in cui c'era per filo e per segno il suo rendimento lavorativo.
-Dopotutto, tuo padre ha fatto molto per il mio e anche la tua scheda di lavoro precedente è molto buona- riprese iniziando a scrivere sul portatile.
-Il colloquio era solo una formalità- concluse. Akito si alzò e gli porse la mano. InuYasha si porse in avanti per ricmbiare. In effeti se ne era totalmente dimenticato, forse perchè non lo riteneva indispensabile.
-Grazie Signor Taisho- disse infine il ragazzo prima di uscire. Schiacciò il pulsante del citofono.
<< Il prossimo >> 
Dopo un paio di minuti qualcuno aprì la porta. InuYasha non ci fece caso, era troppo indaffarato a scrivere sul suo pc.
-Posso entrare?- disse una voce femminile all'uscio della porta facendo sobbalzare l'albino. Una femmina nel suo ufficio?!
Alzò lo sguardo verso la fonte del fastidioso suono. Sgranò gli occhi quandò realizzò chi aveva di fronte.
"Questa ... questa ragazzina è giunta anche fino a qua a rompermi le scatole?" si chiese furioso. La vedeva lì con un sorrisino snervante sul volto. A quanto pare il suo viso era coperto in parte dal portatile per questo non aveva ancora iniziato a starnazzare. Abbassò lentamente lo schermo mentre sul suo volto si tingeva una smorfia di disappunto.
Quando fu del tutto abbassato lei sembrò finalmente decifrare l'identità dell'individuo che aveva dinanzi a se, infatti impallidì.
"Questo brutto ... cafone ... cosa ci fa lui qui? Non posso neanche avere un lavoro in santa pace senza che ci sia lui a rompere le uova nel paniere?"
Perchè proprio ora che sembrava aver trovato un lavoro decente doveva essere proprio LUI il capo dell'azienda in cui avrebbe lavorato? Avrebbe preferito marcire per strada piuttosto che lavorare con un uomo simile! Riprese la sua postazione rigida e indifferente. Lui però non sembrò pensarla allo stesso modo. Si alzò e si parò di fronte a lei scrutandola truce.
-Tu? Cosa ci fai tu qui?- chiese già al limite di una crisi di nervi.
-Ovvio, sono venuta per un colloquio di lavoro no?- rispose lei senza badare più di tanto alla sua insopportabile presenza.
-Sei forse impazzita? Chi è l'imbecille che ti ha fatto entrare?- riprese lui afferrandola per un avambraccio on forza. Lei si scostò guardandolo truce.
-Mi lasci andare! Non può trattarmi come le pare e piace! E poi cerchi di non prendersi troppa confidenza con me!- disse lei facendo un passo indietro.
-Comunque mi manda Miroku!- disse calmandosi un po'.
-Che?! Sei completamente fusa per caso?! Chi è che ti manderebbe?!- chiese iniziando a perdere sul serio la pazienza.
-Mi manda Miroku! E' sordo per caso?!- rispose lei alzando la voce.
-Tu come fai a conoscerlo?- chiese con aria sospettosa e furiosa al tempo stesso. Kagome roteò gli occhi al cielo.
-Era venuto, una volta, a sistemare il lavandino di casa mia ... se è un idraulico è ovvio che ...-
-Idraulico?! Miroku un idraulico?!- gridò lui sbigottito.
-Ma chi ti credi di essere ragazzina?! Lui è il boss qui!- disse fulminandola ottenendo un "che?" di stupore da parte sua.
-E ora fuori di qui!- urlò prendendola nuovamente per un braccio intimandole di andarsene. Anche questa volta lei si scostò parando una mano davanti a se.
-E non si azzardi a toccarmi!- urlò a sua volta lei.
-Vattene!- gridò lui indicando la porta.
-La smetta di urlare accidenti!-





-E' venuta?- chiese ansioso Miroku a Kentashi che scosse la testa.
-Mi dispiace ma non è venuta nessuna ragazza di nome Sango- il ragazzo sospirò tristemente.
-Perchè non è ancora arrivata?- si chiese. Poi vide una ragazza scendere furiosa gli scalini che portavano alla cabina di InuYasha. Poco dopo uscì l'albino sbattendo la porta facendo sussultare i presenti e iniziando a scendere a sua volta. 
"Ma quella, se non sbaglio, dovrebbe essere la sorella di Sango!"
Raggiunse velocemente InuYasha fermandolo.
-Cosa è successo?- chiese temendo la risposta.
-Quella ... ragazzina ... mi stava chiedendo lavoro!- disse ringhiando come un cane. A Miroku scese una gocciolona sulla testa.
-E poi ti chiamava idraulico! Ma chi si crede di essere?!- concluse prima di sparire dalla sua vista nuovamente. Il moro si grattò la nuca.
"Oh cavolo! Credo che Sango abbia mandato lei al posto suo!"






Kagome camminava a sguardo basso ma furioso verso l'uscita di quel maledetto posto. Non sarebbe riuscita a restare un secondo in più lì dentro!
Assorta nei suoi pensieri andò a sbattere contro qualcuno e il fascicolo le cadde di mano. Si abbassò per raccoglierlo ma qualcun'altro la precedette.
-Signor Taisho?- mormorò sorpresa nel vedere l'uomo davanti a sè. Lui iniziò a sfogliare il documento che aveva in mano, facendo delle strane espressioni ad ogni riga che leggeva.
-Hai uno sfondo economico eh?- disse continuando a leggere. Dietro all'uomo spuntò un altro individuo ben conosciuto dalla corvina. Lo fulminò e lo ignorò bellamente.
-Ho sentito dire che hai anche una bella voce- continuò lui.
-E allora?- chiese la voce di suo figlio alle sue spalle. Girò appena il volto verso di lui continuando a dargli le spalle. Il figlio lo raggiunse .
-Noi non possiamo darle questo lavoro!- disse senza distogliere lo sguardo da lei che distorse il naso infastidita.
-Hai ragione, le sue capacità sono tali che non possiamo darle questo lavoro- mugugnò l'uomo mettendo un dito sotto i mento.
-Ok hai il lavoro, associata di InuYasha No Taisho- concluse l'uomo chiudendo il fascicolo e consegnandolo alla legittima proprietaria.
InuYasha lo guardava sbigottito.
"Perchè papà?" si chiese sentendosi tradito per la seconda volta.
Già. Per la seconda volta. Anche il giorno prima suo padre aveva agito alle sue spalle per liberare quella Ayame dalle sue grinfie. 
Kagome guardò con la coda dell'occhio InuYasha per poi volgere il suo sguardo alle spalle dell'uomo dove scorse l'idraulico che sorrideva.
-Ma papà conosci le mie regole ... io non lavoro con le ragazze!- cercò di protestare l'albino.
Inu guardò per un attimo Kagome.
-Scusaci un secondo- detto questo trascinò il figlio lontano qualche passo da lei.
-Senti InuYasha, o infrangi la regola di non farmi domande oppure questa- disse lui guardandolo negli occhi. Lo vide fare un smorfia di disappunto e volgere lo sguardo sulla ragazza.
-Feh, lavorerò con una ragazza ...- poi tornò a fissare il padre.
-E non ti farò domande- concluse prima di andarsene in silenzio.
-Ma ascolti anche la mia risposta Signor Taisho- disse Kagome attirando la sua attenzione.
-Io non voglio questo lavoro- detto ciò si voltò e fece per andarsene.
-Perche? Cosa c'è?- chiese l'uomo alle sue spalle con tono beffardo raggiungendola.
-Non vuoi lavorare con mio figlio?- domandò. Lei si voltò verso di lui.
-No- rispose secca. Lui sembrò riflettere su qualcosa.
-Bene allora io avrei un altro modo per risolvere la questione- disse sorpassandola e farmandosi alle sue spalle.
-Facciamo così, diamo il lavoro a tuo padre, sono sicuro che non ci sarebbe insegnante più bravo di lui in una scuola, ma managgia, è malato poverino, e in queste condizioni sarebbe veramente 
 inutile- disse scuotendo la testa. A Kagome parve che le parole dell'uomo avessero un non so che di ripicca.
-Ovvio che se la figlia rifiuta di lavorare, sarà il padre a doverlo fare, perchè la paura di lei è più grande della sua malattia, perchè si chiede chissà cosa succederà tutti giorni in ufficio quando dovrà
 affrontare un capo che la odia, ma la decisione dipende dal fatto che cosa è più importante per te, l'amore di tuo padre o l'odio di mio figlio?- continuò incrociando le braccia al petto.
-Senti, scappare è facile, ma affrontare le difficoltà difficile ... ora spetta a te decidere- detto fatto s'incamminò verso l'uscita.
Kagome rifletteva sulle parole dell'uomo. Aveva dannatamente ragione accidenti! Lei non poteva mettere a repentaglio la vita di suo padre per colpa di uno stupido capriccio. Ora contava la sua salute, non la persona con cui aveva a che fare. Certo sarebbe stato difficile vederlo tutti i giorni e affrontarlo come se niente fosse, però non poteva certo rovinare quell'opportunità a causa di quell'individuo, che secondo i suoi gusti aveva già combinato abbastanza guai! Ora spettava solo a lei decidere, anche se la scelta era ovvia.
-Signor Taisho?- lo richiamò prima che uscisse. Lui sorrise furbo e poi si voltò verso di lei.
-Ho deciso ... ho deciso che lavorerò con suo figlio- dichiarò abbassando lo sguardo.
-Sapevo che eri una ragazza intelligente e che avresti fatto la scelta giusta e non dimenticarti di informare il tuo capo- disse lui prima sparire dalla sua vista.
Già, il suo CAPO.




Entrò nella stanza a malavoglia. In quel momento avrebbe voluto essere ovunque tranne che lì. Prese un lungo sospiro e dipinse sulle labbra uno dei sorrisi più finti che conosceva.
Ed eccolo lì. Seduto sulla "seggiolina" che le dava le spalle.
-Da domani verrò a lavoro come sua associata ... capo ...- disse lei marcando l'ultima parola riluttante.
-Tzk, perchè te l'ha dato mio padre- rispose lui con tono altrettanto macabro. Kagome scosse la testa esasperata.
-Gli ho detto che non ti avrei cacciata ma non gli ho detto che ti costringerò a lascarlo da sola- disse iniziando a picchiettare le dita nervosamente sulla scrivania.
-Perciò sta attenta- disse roteando la sedia verso di lei.
-Ogni giorno dovrai lottare una nuova battaglia per rimanere qui dentro- riprese con fare annoiato. Kagome sorrise. Un sorriso finto ovviamente.
-La vita è una battaglia in se Signor Taisho, e io lotterò fino alla fine, suo padre a ragione, è facile scappare ma difficile affrontare e io non sono una che scappa- 
-E non sei neanche il tipo da restare qui!- disse roteando velocemente la sedia e sbattendo le mani sul tavolo alzandosi. La corvina fermò con una mano la sedia che aveva preso a girare come pazza.
-Perchè sei orgogliosa e inoltre una femmina-
-Perchè sono orgogliosa e inoltre una femmina, proprio per questo riuscirò a dimostrarle quanto ci resto io qui- continuò lei fiera.
-Quella che lei crede la mia debolezza Signor Taisho, è la mia più grande forza- concluse vittoriosa. Lui si girò di scatto fissandola con un certo furore.
Ancora una volta si erano ritrovati a confrontarsi. Ancora una volta quelle iridi di colori così strani si fissavano, si scrutavano.
Lei con quel suo sorrisino furbo e schietto lo fissava in tono di sfida mentre lui aveva sul volto una smorfia spazientita.
Lui, certo che l'avrebbe fatta crollare.
Lei, certa che non si sarebbe arresa.
Iniziava così una nuova vita per entrambi. Non sapevano che il destino li aveva legati ormai giò da molto tempo.
Ritrovarsi a lavorare con lui, ritrovarsi a lavorare con lei,
non era una conseguenza ... era destino.








[Giorno 1]

Era una giornata movimentata ad Osaka. Ogni persona andava per la sua strada a compiere chissà quale compito.
Una leggera nebbiolina aleggiava nell'aria mattutina tra le alte torri della città, rendendo i raggi del sole fiochi e freddi.
Kagome era giunta dinanzi al cancello principale dell'azienda. Aveva un umore nero. Avrebbe voluto tornare a casa con qualsiasi scusa.
Avrebbe potuto inventarsi di essere finita in coma dopo un incidente truamatico oppure dire che era finita "accidentalmente" in stato handicap e ora non poteva più muoversi.
"Ah! Basta fare la melodrammatica Kagome! Ricorda, lo fai per papà!"
Una guardia le aprì gentilmente il portone più piccolo, quello per gl'impiegati.
-Chi vuole incontrare signorina?- chiese l'uomo sospettoso. Kagome strinse i pugni. 
"Accidenti a voi dannate guardie! E' già la terza volta che mi fermate ad un portone!"
-Ecco oggi sarebbe il mio primo giorno di lavoro nell'azienda- disse facendo un sorriso finto.
-La mia lettera di assunzione, Kagome Higurashi- porse all'uomo una busta bianca che lui lesse velocemente.
Un assordante suono di clacson provenì al di fuori del cancello e Kagome finì spintonata dalle guardie in un angolino dell'entrata.
"Che modi!"
Un'auto nera si diresse all'interno non appena il portone più grande fu aperto. Si fermò a qualche metro più in avanti dalla corvina.
Il ragazzo al volante si accorse della sua presena attraverso lo specchietto dell'autovettura e sbuffò annoiato.
Ovviamente ad uscire fu InuYasha. Kagome sbuffò irritata a sua volta.
"Il buon giorno si vede dal mattino!" si disse con fare ironico.
Lui se ne andò senza neanche degnarla e sparì all'interno dell'edificio. Poco dopo un ragazzo entrò dal cancello dal quale poco prima era entrata la ragazza. Era alto poco più di 
Kagome, capelli bianchastri, con striscie nere e occhi di un topazio imperiale.
-Lei sarebbe?- chiese la guardia al nuovo arrivato.
-Akito- rispose semplicemente il ragazzo. L'uomo lo fece entare con un semplice "prego". Kagome strabuzzò gli occhi.
A lei le avevano fatto una specie di interrogatorio mentre lui lo fanno entrare con un misero "Akito"?! Questo era un affronto nei suoi confronti!
"Quello spilungone poteva almeno degnarsi di informare anche della mia presenza le guardie no?!" sbuffò in se. Vide poi con grande sorpresa il ragazzo dirigersi da lei.
-Mi perdoni, cosa ci fa una ragazza così bella sotto il sole di prima mattina?- chiese con un tono in cui Kagome non scorse alcuna malizia.
-Lei entri pure, la signorina non è nel registro- la precedette una delle guardie mentre consultava appunto il registro. Alla ragazza pulsò una vena sulla fronte. In quel momento 
squillò il telefono che l'uomo teneva sul bancone.
-Si? D'accordo- disse riattaccando.
-Può entrare- concluse. Kagome alzò gli occhi al cielo. Tutto questo per cosa poi?
-Probabilmente ci sarà stata un po' di confusione visto che siamo nuovi- la riprese il ragazzo moro. Kagome annuì e fece per entrare ma nuovamente la guardia la fermò.
-Scusi signorina ma dobbiamo controllarle la borsa-
-Perche?- chiese lei guardadolo scettica.
-E' per stretto ordine del Signor InuYasha che è obbligatorio controllarle la borsa ad ogni sua entrata ed uscita dall'edificio affinchè lei non possa   portare fuori qualsiasi oggetto 
dell'ufficio- la ragazza abbassò lo sguardo tra l'infuriato e l'umiliato.
Che è? Ora la ritenevano una ladra?! Nonostante ciò eseguì l'ordine impartito dal suo "capo".
 
[...]
-Ho detto che non ti avrei cacciata ma non ho detto che non ti avrei costretto a lasciarlo da sola-"
[..]
 
"Maledetto!" pensò.
 
 


Kagome ed Akito entrarono nella cabina del loro nuovo boss.
Lui sembrò accorgersi della loro presenza attraverso il riflesso nella finestra dalla quale scrutava il paesaggio. Si girò verso di loro avvicinandosi.
-Due nuovi impiegati, entrambi iniziate oggi, entrambi avete la stessa postazione lavorativa ma i doveri da compiere, diversi- disse rivolgendosi soprattutto a Kagome. Loro 
annuirono.
-Allora forza, non c'è tempo per poltrire- li informò andando a sedersi sulla sua "seggiolina" come la chiamava ormai la ragazza.
Quest'ultima aprì la borsa e ne estrasse qualcosa.
-Questi Signor Taisho sono i soldi di quell'abito sul quale lei aveva accusato mia sorella di furto- disse sbrigativa mettendoli sul tavolo davanti a lui.
L'albino passò lo sguardo dai soldi a Kagome, da Kagome ad Akito.
-Scusatemi, io vado a lavorare- disse prima di uscire dalla tensione creatasi nella stanza.
-Sono 22,000 Yen (circa 140 euro) con tanto di interessi- disse distogliendo lo sguardo dall'uomo.
-E ora se permette andrei pure io- concluse girandosi verso il lato opposto pronta per andarsene.
-Ferma lì Signorina Higurashi- la richiamò la voce del ragazzo, che si alzò e le si posizionò accanto.
-In quest'azienda le donne lavorano solo al piano terra e al quarto, infatti al settimo piano sei l'unica ragazza presente, sarai la prima che lavorerà  con un capo che non cade nelle 
finte storielle delle donne- appoggiò entrambe le mani sulla sedia che aveva di fronte.
-Perciò Signorina so tutto io- disse mettendolo le mani in tasca e avvicinando pericolosamente il viso al suo. Lei deglutì impercettibilmente.
-Benvenuta all'inferno- concluse in un ghigno tornando alla postazione di prima.
-Sei una donna no? Altro che un mese, non riuscirai a sopravvivere un giorno qui dentro, lo prometto- mugugnò guardandola in tono di sfida.
Kagome sorrise furbamente, senza dare troppo peso alle parole dell'uomo.
-Sono una donna no? Altro che un mese, capirà in un giorno quanto sopravvivo, ha detto che non ci sono altre ragazze oltre a me al settimo piano  giusto? Mi creda, non ce ne 
sarà nemmeno bisogno, io da sola basto e avanzo, lo prometto- concluse conscia di averlo colto di sorpresa.
Lui la fissò con astio e lei continuò incurante a sorridergli.
"Quanto vorre toglierle quel sorriso ebete dalla faccia!"
"Quanto vorrei dargli un altro schiaffo!"
La corvina uscì dalla stanza continuando a mantenere il suo sorrisino.
InuYasha si girò verso la direzione dove poco prima la ragazza era sparita.
Come osava lei, una banale impiegata, tenergli testa in quel modo?
"Ridi, ridi finchè sei in tempo!"
 



Kagome aspettava da ben 10 minuti che il suo nuovo capo si accorgesse della sua presenza all'interno della stanza.
"Maledetto! Mi chiama e poi mi liquida con un misero 'non vedi che sono occupato?'" sbuffò tra se e se. Odiava quel posto, si sentiva soffocare all'interno di quelle quattro mura.
-Il tuo primo compito di oggi, tornatene da dove sei venuta- disse lui degnagola finalmente.
-Scusi?- chiese lei sgranando gli occhi.
-Hai sentito bene, vedi la porta, quell'apertura che ci permette di entrare ed uscire da una stanza all'altra?- chiese ironico. Lei assottigliò lo sguardo.
-Vai fuori, al corridoio vicino al'ingresso stanno pitturando i muri, tanto per assicurarti che il colore sia perfettamente come lo voglio io- sbuffò infine porgendole una scheda dove 
erano i indicate le varie tonalità dei colori.
-Turchese 70%, cobalto 20%, blu intenso 10%- concluse tornando alla sua postazione.
"Se non altro ha scelto dei colori decenti!"
Poco importava, in quel momento non poteva far altro che ubbidire a quei stupidi ordini. Sbuffandò uscì dalla stanza.



Arrivata al corridoio indicatole trovò due imbianchini già intenti a svolgere il loro lavoro.
Uno dipingeva la parete a destra l'altro la sinistra, entrambi su una alta scala che sorreggevano una trave in legno su cui erano poggiati dei secchi di vernice ed acqua.
Kagome si avvicinò e cercò di guardare la scheda datagli da InuYasha.
-Cosa sta facendo? Per favore si sposti- le disse uno dei due con poco garbo. In effetti era quasi sotto la trave ma per fare il suo lavoro, doveva stare lì, non poteva mica guardarli 
da lontano! Comunque si spostò un po' più a sinistra in modo da stare lontana almeno da quello. 
-Cosa sta facendo? Signorina le consiglio di spostarsi altrimenti ...- gridò l'altro.
-Altrimenti cosa eh?! Senta, non sono dell'umore perciò per favore la pregherei di concentrarsi sul suo lavoro perchè io DEVO stare qui a supervisionare!- disse quasi gridando.
L'uomo si strinse nelle spalle e tornò al lavoro. Qualcosa però cadde addosso a Kagome che sobbalzò. Era qualche goccia di vernice.
-Gliel'avevo detto signorina di spostarsi- lei incurante continuò il suo da farsi. Purtroppo qualcuno, visto il poco spazio tra le due scale, la urtò e finì contro una di esse facedole 
barcollare. Stava per aprir bocca quando il secchio d'acqua fredda le cadde addosso in un tonfo, bagnandola dal capo ai piedi. Boccheggiò per qualche secondo portandosi una 
mano tra i capelli sul punto di scoppiare.
-Sapevo che sarebbe andata a finire così- ghignò una voce alle sue spalle che sarebbe stata l'ultima che avrebbe voluto sentire in quel momento. Si girò di scatto e vide InuYasha 
accompagnato da Akito e altri tre impiegati che ancora non conosceva. 
-Abbiamo una riunione del consiglio, sìì lì- disse sbrigativo voltandole le spalle.
-Ma ... in queste condizioni non ... lasci almeno che mi cambi!- cercò di dire.
-Non abbiamo tempo Higurashi, sìì lì ... ora!- sbuffò per l'ennesima volta prima di sparire all'interno dei fitti corridoi dell'ufficio. Kagome era rimasta di sasso. Battè furiosa un piede a 
terra.
"Calma Kagome, devi stare calma"
 


Erano nella sala riunioni ma Kagome non era per niente interessata al colloquio, anzi, era occupata a tremare seduta al suo posto. Certo, girare fradici di acqua fredda a gennaio 
non era il massimo! 
Si strinse nelle braccia ma i brividi continuavano a scuoterla.
InuYasha la osservò per un istante e poi ghignò.
"Oh povera piccola ... hai freddo eh? Aspetta e vedrai!"
Con disinvoltura iniziò a snodarsi un po' la cravatta sospirando.
-Non pensate anche voi che faccia un caldo terribile qui dentro?- chiese fissando furbamente Kagome. Dal canto suo la ragazza cercava di scrutarlo per capire cosa diavolo stava 
archittettando.
-Ma Signor Taisho, siamo a gennaio- rispose uno degli uomini seduti al suo fianco.
-E' proprio in inverno il vero divertimento del ... condizionatore- disse marcando attentamente l'ultima parole. La corvina a quelle parole strabuzzò gli occhi guardandolo con un 
briciolo di preghiera.
"Ma allora lo fa apposta! E poi doveva essere proprio accanto a me sto maleddetto marchingegno?! Maledetta sfiga!"
Lo vide sorriderle e accendere come se niente fosse il condizionatore, lo mise al massimo.
Kagome deglutì chiudendo gli occhi stringendosi ancora di più tra le braccia ma inutilmente. Le tremavano le labbra.
"Ecco cosa succede a mettersi contro di me!" si  complimentò mentalmente varie volte per l'astuzia.
La scrutò una seconda volta e la vide tremare come una foglia.
Eppure in quel momento ... sembrava proprio ... una piccola bambina indifesa ...
"Col Cavolo!" disse infine scuotendo la testa.
 


Kagome ringraziò tutti i Kami che conosceva quando fu finalmente fuori da quella maledetta stanza.
"Prima l'acqua gelata e poi anche il condizionatore! E' insopportabile quello spilungone!"
Si diresse a passo svelto verso il bagno e vi si fiondò dentro quando lo trovò. 
Prese in fretta e furia l'asciugamano immacolato e iniziò a tamponarsi il viso. Quando finalmente lo tolse dire che era scioccata era eufeimismo. Attraverso il gigantesco specchio 
vide una decina di uomini intenti a fare i loro "bisognini" (avete presenti quelli doce si sta in piedi? ecco quelli ... e non lasciano certo tanta privacy xD)
e la fissavano increduli anche loro. Si girò di scatto verso di loro e l'asciugamano le cadde dalle mani. Sbattè più volte le palpebre boccheggiando. Solo allora si rese conto di ciò che 
stava facendo e arrossì girandosi dall'altra parte coprendosi il volto con le mani imbarazzata. Anche gli uomini riscossi un attimo si affrettarono a richiudersi le cerniere ed uscire 
furtivi dal bagno. 
Solo dopo svariati minuti Kagome si fece forza e sbirciò tra le dita e fece un sospiro di sollievo quando vide la stanza vuota. Appoggiò una mano sul bordo del lavandino e l'altra la 
portò tra i capelli. Guardò tristemente il suo riflesso nello specchio e si scoprì purtroppo una lacrima rigarle il volto.
"Che vergogna! Come ho potuto dimenticare che qui lavorano solo uomini e non .. donne!"
Non piangeva per la tristezza ma per la frustrazione. Quell'essere era spregievole ai suoi occhi.
Ma se pensava che si sarebbe arresa a quelle condizioni si sbagliava di grosso!
Prese nuovamente l'asciugamano e cercò di asciugare quel che poteva.
Lentamente poi sgranò gli occhi.
"Oh mio dio! Non può essere!"
Rimise velocemente l'asciugamano al suo posto e uscì dal bagno in cerca della sua meta.
Quella che in quel momento stava sentendo era certamente ...
 


 
"-Tu se mia madre, solo tu sai ciò che davvero mi serve ...- detto questo lanciò la moneta, ma questa non cadde in acqua, anzi, rotolò giu dal ponte,
finendo nella radura accanto. Kagome di corsa la seguì, stando attenta a non scivolare. La trovò sopra una coltre spessa di ghiaccio. 
Fece per andarsene, ma una dolce melodia giunse alle sue orecchie. Le era molto famigliare, dove l'aveva già sentita ... ?
-Ma questa è ... questa è la canzone che ho cantato sta mattina in treno ...- senza nemmeno accorgersene i suoi passi iniziarono a prendere propria iniziativa.
Il gelo di poco prima stava scomparendo lasciando spazio ad unn nuovo ed estraneo tepore. Forse quella musica aveva un pizzico di favola. 
L'atmosfera era magica. I fiocchi scendevano silenziosamente sotto lo splendere della Luna e quella dolce melodia si stava diffondendo intorno a lei.
Giunse in un'altra piccola radura, costellata di alberi e di una fioca nebbia. Intravide una piccola stradina a circa una trentina di metri e si accorse che si era allontanata parecchio. 
Scrutò lo spazio che aveva dinanzi a sè, avanzado di qualche passo. Scorse il contorno sfumato di una sagoma nera. I battiti del cuore di Kagome accelerarono
di colpo, ma i passi non si fermarono, anzi aumentarono. Iniziò a intravedere dei confini ben delineati.
Con una spalla appogiata al tronco di un albero qualcuno le dava le spalle. Vide una lunga chioma argentata che risplendeva ancora di più sotto i raggi della luna e il
delicato muoversi di un' armonica."

 

 

Qualcuno stava fischiando intorno a lei quella dolce melodia. Cercò con il solo sostegno delle orecchie di orientarsi.
Arrivò ad un corridoio dove si sorprese di trovare Akito in compagnia di InuYasha. Quest'ultimo firmò qualcosa su un file e lo consegnò al ragazzo.
-Grazie Signor Taisho- disse in tono rispettoso. L'altro annuì e si dileguò. Akito prese a fischiettare qualcosa, ma non era la melodia di prima.
"Che sia Akito colui che ho sentito quella notte al laghetto?" si domandò rimanendo ferma con una nota di stupore sul viso.
Il ragazzo si girò verso di lei e smise di fischiare.
-Hey, Kagome ... ciao- disse sorridendole. Lei non ci fece caso e avanzò verso di lui.
-Eri  ... eri tu che stavi fischiando prima?- chiese speranzosa. Lui la guardò perplesso.
-Sì perchè?- rispose lui alludendo a qualche secondo prima, ma questo non era ciò che credeva Kagome.
-Akito? Sbrigati a portare quei file! Ci servono alla prossima riunione!- lo richiamò qualcuno, un impiegato.
-Ah? Certo arrivo subito- disse alzando una mano facendogli cenno di proseguire.
-Scusa Kagome, ne riparliamo dopo adesso devo proprio scappare! E un'altra cosa, i dispiace per quello che è successo oggi-
-Ma ...- cercò di dire lei ma lo vide che era già sparito. 
"Che cosa dovrei pensare adesso? Era veramente Akito? Non so perchè ma non ne sono tanto sicura ... comunque adesso questa guerra non finirà così, gli farò vedere cosa 
significa mettersi contro una donna!"
-Prima però devo finire di asciugarmi!- in effetti era ancora fradicia e tremolante. Si diresse nuovamente in bagno, questa volta a quello vicino alla cabina di InuYasha per evitare 
altri imprevisti, ma mentre passava qualcosa attirò la sua attenzione.
InuYasha era all'interno della sua cabina, lo vedeva attraverso una delle vetrate poste sul muro destro della stanza. 
Beveva un caffè in piedi mentre con l'altra mano reggeva il telefono, al quale parlava, ma lei ovviamente non riusciva a sentirlo.
Per un momento solo pensò che se non fosse stato così maledettamente scorbutico, arrogante, viiato, prepotente, insopportabile,
capriccioso, testardo, vendicativo e chi più ne ha ne metta, sarebbe potuta andare d'accordo con lui, in fondo era anche un bel ragazzo, anzi ora che lo guardava attentamente per 
la prima volta, era molto ma molto bello ...
"Sveglia Kagome! Ma cosa vai a pensare?!" si disse distogliendo lo sguardo.
"Comunque devo trovare un modo per intrufolarmi, se gli chiederò il permesso per il bagno femminile non me lo darà di sicuro ...
 devo trovare un modo dove io riesca nel mio intento e a lui non sembri che lo faccio apposta"
Si diresse verso la porta del bagno e mise una mano sulla maniglia, ma, come previsto, arrivò InuYasha che la fermò.
-Ferma lì!- disse richiamandola irritato. Lei si girò con ill faccino più innocente mai visto e lo guardò senza capire.
-Dove pensi di andare?- si avvicinò fino a che non si ritrovò a meno di due passi da lei, constringendola ad appiattirsi alla porta.
-Devo andarci io- disse freddo e autoritario.
-Beh, vengo anch'io!- disse lei senza meditare sulle parole, infatti lui fece una faccia leggermente scandalizzata. Arrossì come un pomodoro maturo quando capì cosa aveva 
appena detto.
-V-volevo dire ... che anch'io devo andarci adesso ... d-da sola- cercò d rimediare la gaffe commessa. Lui si schiarì la gola e procedette.
-Non sai che è il bagno degli uomini?- chiese lui tornando al tono seccato di prima.
-Ma al suo piano c'è solo un bagno che è questo- disse lei indicandolo con gli occhi.
-Sì, e devo andarci io, adesso! E tu non potrai mai usarlo hai capito?- chiese guardandola truce. Lei fece una faccia da finta tonta apposta per non fargli capire che lo stava 
prendendo in giro.
-E allora dove devo andare Signor Taisho? Dov'è il bagno femminile?- chiese speranzosa.
-Dovrei far costruire un bagno per te che per altro hai iniziato il lavoro oggi?- chiese lui alzando un sopracciglio. Beh, in effetti ...
-No e non puoi usare questo bagno- disse facendo una smorfia. Kagome sbattè le palpebre come amò di cerbiatta.
-Allora posso usare il bagno al primo piano quello per le donne?-
-Signorina Higurashi, mi sembra di capire che non ha letto attentamente il suo contratto di lavoro che dice chiaramente che un dipendente non può usurfruire di strutture di altri 
piani, in quanto ognuno ha i suoi e nessuno infrange le regole- questa volta Kagome iniziò a perdere le staffe.
-Benissimo, allora dovrò andare in questo- disse indicandolo e fece per aprirlo.
-Ferma!- gridò nuovamente. 
-Per il tempo che tuìi fermerai qui, potrai usare in via del tutto eccezionale, il bagno al primo piano- disse lui voltandosi di lato ferito nell'orgoglio.
-Ma non aveva detto che le regole non possono essere infrante o cambiate?- chiese lei facendo una faccia innocente mentre sul suo volto iniziava a formarsi un sorriso di vittoria.
-Esatto, nessuno può infrangere o cambiare le regole ... eccetto il capo- disse fissandola. Kagome iniziò a recitare teatralmente.
-Oh, signor Taisho ... grazie e sono felice che sia LEI il capo, e che soprattutto abbia deciso di cambiare le sue regole per me- disse mettendosi una mano sul petto mentre 
sorrideva vittoriosa. Lui la guardò con indifferenza anche se in fondo in fondo, sentiva l'odore di bruciato.
"Ah-ah-ah! Fregato!" si disse facendogli una linguaccia mentalmente.
"Non so perchè ma ho la sensazione di essere stato appena preso in giro" boffonchiò tra se e se.
 
 


Kagome era seduta alla mensa comune del settimo piano insieme ad Akito.
"Devo trovare un modo per capire se era lui il ragazzo dell'altro giorno!" si disse fissandolo attentamente.
-So a cosa stai pensando- la sorprese lui. Le guancie le si tinsero di un lieve rosa.
-So che è strano essere l'unica ragazza su questo piano, ed è assfissiante avere tutti gli sguardi addosso, perciò guarda me 
 almeno così la tua mente srà occupata- disse addentando un pezzo di brioche. Kagome quasi non cascò dalla sedia. Si era immaginata cosa ed era uscito cosa. Però sorrise alla 
premura del ragazzo. Era incredibile come riuscisse a dire quelle cose senza lasciar trapelare nemmeno un briciolo di malizia.
Decise di tirare fuori il suo pranzo. Era composto da semplice ramen. Stava per addentare il primo boccone quando venne interrotta.
-Signorina Higurashi, mi scusi, c'è una chiamata per lei- disse uno dei cuochi della mensa. Lei annuì e si alzò, dirigendosi verso il telefono.
-Sì?- chiese senza badare troppo alla persona che potrebbe esserci dall'altra parte, mettendosi comoda su una sedia al bancone del bar. Dovette però rizzare in piedi quando capì 
di chi si trattava.
-Signor Taisho?- chiese increudula. 
-Pensi di tornare a lavoro o startene in panciolle tutto il giorno?- chiese lui retoricamente.
-Ma c'è la pausa pranzo!-
-E'finita-
-No! E' appena iniziata da dieci minuti!-
-Mi dispiace ma per te dura solo dieci minuti e ora fila a lavorare! Ti voglio qui entro cinque minuti!-
-Ma ... pronto? Pronto?!- sbattè il telefono sul bancone mentre un nervo le pulsava sulla fronte. Si diresse come un soldato meccanicamente verso il suo tavolo e prese la sua roba 
sotto lo sguardo interrogativo di Akito.
-Scusami ma devo tornare a lavoro- e senza dare altre spiegazioni si dileguò.
"Calma Kagome, calmati, stai tranquilla .... stai tranquilla ..."
 
 


-So che non sta bene a diversi giorni signor Inoue, perchè non si prende un lungo riposo?- chiese InuYasha al'uomo inn questione.
-Potrò tornare a lavorare regolarmente quando sarà completamente ristabilito- lo vide mettersi una mano sulla fronte disperato. Lui sorrise.
-Non si preoccupi, l'azienda le pagherà tutti i soldi necessari ai suoi figli mentre lei sarà assente- l'uomo si alzò guardandolo grato.
-Non so davvero come ringraziarla-
-Non ce n'è bisogno- disse alzandosi a sua volta.
-Posso chiederle una cosa?- lui annuì un po' incerto.
-Signor Taisho, lei è una persona nobile e gentile d'animo, allora perchè appare così duro e distaccato? Non vuole far vedere il suo lato buono al mondo?- chiese timoroso l'uomo 
che era anche un po' anziano. InuYasha lo guardò per vari secondi riflettendo sulla domanda. A dispetto di quel che l'uomo aveva pensato lui sorrise.
-Signor Shita- disse in modo confidenziale.
-Io non ho bisogno di mostrare niente a nessuno, non mi interessa cosa pensa di me la gente-
-La gente spende la vita per dimostrare agli altri la loro benevolezza affinchè gli altri parlino e pensino bene di loro, perchè se qualcuno viene giudicato in malomodo, spende il suo 
tempo nel dimostrare agli altri che lui non è cattivo ... io non ho niente da provare o giustificare, io faccio solo quello che mi piace- concluse fissando un punto indefinito nella 
stanza.
-Signor Inoue, lei ha speso sedici anni nella nostra azienda, per questo noi le riforniremo i soldi necessari alla sua famiglia, affinchè lei si senta sempre parte di essa- l'uomo glii 
sorrise.
 


In quel momento Kagome aprì appena la porta ma si fermò ad origliare per la sua incontenibile curiosità.
-Signor Taisho, so che purtroppo con la mia malattia dovrò assentarmi parecchio dal lavoro, finirò questo mese, ma dal prossimo non potrò più venire- la voce sembrava quella di 
un uomo adulto
-No, smetterà da domani stesso, i suoi pagamenti e precedenti schede di lavoro verranno del tutto esentati- questa era sicuramente la voce dello spilungone.
Quella conversazione era facilmente equivocabile, infatti la ragazza pensò che l'uomo fosse stato inesorbilmente cacciato solo per il fatto i essere malato.
L'uomo le passò accanto uscendo, senza però accorgersi della sua presenza e in volto aveva un'espressione triste.
"Ma che razza di persona è?! Ha per caso una pietra al posto del cuore?!"
Entrò nella stanza e lui fece un sorriso sghembo nel vederla.
 


-Dettato- disse autoritario lui dopo aver pensato per vari minuti a un lavoro per lei. Kagome era sedura su una delle sedie appoggiate alla scrivania del suo capo che invece era 
appoggiato, quasi seduto, sulla scrivania accanto a lei con le caviglie accavallate e le braccia incrociate.
-Signor Taisho, non conosco la stenografia(*) ...- disse lei.
-Lo so, prendi quel blocco note e inizia a scrivere, forza- lei a malavoglia eseguì l'ordine.
-Questo è per informarvi che ...- inizi lui a dettare in modo svelto ma accurato.
Mentre parlava camminava avanti e indietro per la stanza. Kagome non riusciva iù a stargli dietro talmente parlava veloce. Ad un certo punto punto si fermò, forse a metà.
-Cordiali saluti, InuYasha No Taisho- concluse finalmente dopo una decina di minuti.
-Voglio la prova finale in quindici minuti chiaro?-
-Sissignore- disse lei sorridendo fiera.
-Suo ogni singola parola, virgola e punto sono in mio completo possesso- mormorò guardandolo furba. Lui la guardò sospettoso, perchè aveva dettato veloce apposta.
Prese il blocco note e la guardò interrogativo.
-E' incompleto- lei sorrise e posò la penna. La vide prendere in mano il suo cellulare che fino ad allora era rimasto appoggiato sul tavolo davanti a lei.
Lo accese e partì una registrazione.
"Questo è per informarvi che ... [...] ... Cordiali saluti, InuYasha No Taisho"
Lui sgranò leggermente gli occhi irritato.
-Ricceverà tra quindici minuti la sua prova finale- disse alzandosi e guardandolo in tono di sfida.
"Bingo! Ora siamo pari mio carissimo!"
"Stupida mocciosa!"












[Giorno 2]

Per l'ennesima volta si stava domandando da dove potesse nascere tanta bellezza, ed essere soprattutto racchiusa in una persona.
Per l'ennesima volta si stava dirigendo a casa Higurashi, sotto veste d'idraulico. Certo, non piaceva nemmeno a lui dover mentirle in quel modo spudorato, ma in fondo era l'unica scusa per vederla di frequente. Si presentava sempre alla stessa ora, quando sapeva per certo che a casa non c'era nessuno oltre a lei.
Sarebbe stato terribile se qualcuno l'avesse riconosciuto e lei fosse venuta a conoscenza del suo segreto in quel modo ridicolo. Come minimo l'avrebbe odiato ancora prima di conoscerlo. Comunque era strano, qualsiasi altra ragazza avrebbe fatto la fila, conscia di ritrovarsi in casa uno dei ragazzi più ricchi non solo della sua città, ma anche del Giappone!
Non lei però. Lei era diversa, oltre a essere terribilmente bella, a lei non interessavano i pettegolezzi, visto che non conosceva lui che era alla bocca di mezzo stato.
Però quel giorno era deciso, deciso a rivelarle la verità, prima di peggiorare ulteriormente le cose.
Suonò ancora una volta il campanello e, come di consueto, venne ad aprire Sango.
-Oh, salve- lo accolse facendolo entrare. Oramai erano cinque giorni di fila che lui si presentava a casa per sistemare per un motivo o l'altro il rubinetto perennemente intasato della cucina, cosa 
che la ragazza si domandava come fosse possibile.
-Prego, guardi pure- disse alludendo al lavabo.
-Lo sto già facendo- rispose lui con quasi la bava che colava alla bocca, ma cercando comunque di darsi un contegno.
-Come?- chiese lei senza capire esplicitamente le parole del ragazzo.
-Sto già guardando, molto attentamente- mentre mentalmente se la mangiava con gl'occhi.
-Intendevo il rubinetto ...- lo riprese lei incrociando le braccia al petto, anche se vi scorse un briciolo di imbarazzo.
-Ah? Sì certo, vado- concluse finalmente tornato in sè. Arrivato davanti al lavabo, approffittò della momentanea assenza della ragazza. Appoggiò le mani sul bordo e prese un respiro profondo.
"Forza Miroku, vai e dille la verità!" facile a dirsi. L'ansia lo stava rodendo, a tal punto che sentiva lo stomaco contorcersi per lo sforzo di rimanere lucido e di non fare altre cavolate.
Incrociò le dita mentalmente prima di iniziare il suo solito finto-lavoro. Avrebbe aspettato almeno che fosse arrivata lei, altrimenti andando da lei personalmente non avrebbe fatto
altro che peggiorare la situazione già abbastanza ambigua in cui si era cacciato.



Sango come al suo solito era intenta a fare le pulizie in giro per la casa, in questo caso nel salotto, mentre il resto della famiglia era fuori per svariati motivi.
Kagome era al lavoro, e da quel che aveva capito, era infernale. Ayame e Rin erano nelle rispettive scuole, dopo tutto erano ancora studenti avendo 18 e 16 anni.
Papà invece era uscito per una delle sue solite visite mediche accompagnato da zia Shizuka.
Spostò la letterà di assunzione della corvina dal tavolo al cassetto, lasciata lì a marcire dalla sera precedente con un sonoro 
"Non me ne frega un cavolo se quel stupido pezzo di carta, datomi da quello stupido capo, in quel stupido ufficio ammuffisce!"
Scosse la testa lievemente pensando che quasi quasi, era un bene che non avesse accettato il lavoro. Kagome era decisamente più forte e combattiva di lei in certe occasioni.
"Hey, ma questo è l'opuscolo dell'agenzia dove lavora Kagome" pensò prendendo tra le mani un libretto grosso sì e no quanto un terzo di pollice. 
Aprì la prima pagina e vi trovò l'immagine di un uomo alto, magro e muscoloso, che teneva i lunghi capelli argentati in un alta coda e due occhi color ambra. Accanto vi era un intera pagina di 
particolari sulla sua vita, soprattutto lavorativa, e qualche dettaglio sulla sua vita privata.
Sotto una scritta appariva limpida come il cielo
"Inu No Taisho"
Voltò la pagina per ritrovarsi la foto di due ragazzi. Il primo alto e slanciato, in perfetta forma fisica, lunghi capelli argento e occhi ambrati. Potè scommettere anche senza leggere l'articolo
che si trattava sicuramente del figlio del Signor Taisho, non che capo di Kagome, vista l'incredibile somiglianza fisica. I suoi dubbi vennero ovviamente chiariti quando, come previsto lesse il nome del ragazzo. Certo che Kagome in fondo in fondo, si trovava proprio in compagnia bella, nonostante lo definisse scorbutico e insopportabile. Sorrise a quel pensiero, che non era certo da lei.
Il secondo ragazzo era anche esso alto e slanciato, anche lui piuttosto muscoloso. Aveva due bei zaffiri oltremare e dei capelli castani legati in un codino basso.
Realizzò solo allora che in realtà, altri non era che l'idraulico che veniva gionaliero a casa sua. Spalancò gli occhi, guardò solo un attimo verso la direzione del ragazzo che era ancora intento a sistemare il suo rubinetto. Fissò nuovamente la foto stampata sull'opuscolo e ormai era inconfondibile che fosse lui. Per aver maggior sicurezza di non aver commesso una gaffe madossale, lesse il contenuto della pagina, che sventolava chiaro come il sole.
 < Miroku Kazana, figlio del businessman Mikado Kazana e la madre Yukiko Kazana, capo e direttore di una delle numerose aziende multimediali T&K ...> (T&K per Taisho&Kazana Nd me)
richiuse il libro con un tonfo incapace di leggere altro. Provava sgomento nell'essersi fatta ingannare in quel modo da un estraneo per lo più.
Ma che motivo aveva poi per prendersi  gioco di lei a quel modo? 



Si diresse a passo svelto verso di lui, nascondendo il giornalino dietro la schiena.
-E così saresti un idraulico, vero?- chiese con una freddezza tale che non credeva possedere. Lo vide sbiancare di colpo e deglutire mentre incassava l'amaro colpo.
-Beh ...- cercò di iniziare lui, già preoccupato per quell'insolita ed improvvisa domanda soprattutto perchè posta con tanta indiffidenza.
-E allora chi è costui?- chiese mostrandogli la pagina appena letta dove la sua foto spiccava insieme a quella dell'amico. Potè chiaramente scorgere la rabbia pura scorgere in quei bellissimi ametisti 
che aveva creduto ingenui ed inoffensivi.
-Io volevo dirglielo però ...- ancora una volta venne precedetto dalla voce carica della giovane, chiaro segno che era incavolata nera.
-Non voglio sapere niente! Non osare a proferire altra parola da quelle labbra!- gridò puntandogli un dito contro, nel momento in cui lui scorse un barlume di delusione nei suoi occhi. Ecco cosa aveva fatto, l'aveva ingannata.
-Senta, lei sta fraintendendo- disse lui finalmente in grado di formulare una frase di senso compiuto.
-Forse sei tu che stai fraintendendo me- disse abbandonando ormai tutte le formalità dei giorni precedenti. 
-Perchè l'hai fatto?- chiese con voce strozzata. Si sentiva delusa ed ammareggiata, ma soprattutto arrabiata, più con se stessa per essersi lasciata avvinghiare così da uno sconosciuto che molto
probabilmente agiva sotto secondi fini.
-Lascia almeno che ti spieghi! Io stavo per dirti ...- cercò per l'ennesima inutilmente di giustificarsi, visto che ormai la frittata era fatta.
-Basta! Non voglio sentire più niente!- disse lei voltandosi e dirigendosi verso l'uscita. Lui la seguì mentre cercava continuamente di trovare una spiegazione plausibile per le sue azioni.
-Senti, tu devi ascoltarmi, io non ...- successe tutto troppo in fretta perchè se ne rendesse conto. Con uno scatto improvviso si era girata e gli aveva mollato un ceffone in pieno viso, e solo il  
nostro povero malcapitato sa che ceffone!
Aveva una mano d'acciaio accidenti!
-Per voi ricchi sfacciati tutte queste cose sono solo dei futili giochi ma mi dispiace, non per me!- gridò con gli occhi appena appena lucidi. Miroku aprì la bocca per ribattere ma lei nuovamente lo precedette.
-Vattene! Fuori!-
-Ma ...-
-Ho detto fuori!- gridò con una forza inaudita. Con la faccia da cane bastonato, non potè far altro che ubbidire al suo ordine e si diresse all'esterno, mentre lei gli sbatteva la porta in faccia.
Dopo essersi assicurata di averla chiusa per bene, vi si appoggiò mentre si sentiva scombussolata. Si erano presi gioco di lei in un modo così meschino! Avrebbe voluto spaccargli la faccia!




Intanto Miroku non appena fu fuori dal cancello si girò verso la casa da cui era stato letteralmento buttato fuori a suon di pedate.
Stranamente sorrise.
-Non ho mai incontrato una ragazza che fosse allo stesso tempo bella e dignitosa- disse mettendosi una mano sul cuore.  
-E' una combinazione micidiale- sospirò ridendo piano. Poi il suo viso assunse un'aria seria.
-Le proverò il mio amore, a qualunque costo- disse portandosi una mano alla guancia.







Kagome sbadigliò lievemente approffittando della disattenzione del suo capo, che le stava momentaneamente dando le spalle. Non aveva chiuso occhio la sera precedente, e tutto per colpa di quel
carciofo di capo che si ritrovava! Non aveva fatto altro che pensare a come liberarsi al più presto dalle sue torture.
-Perchè cavolo Miroku non risponde al cellulare?- si domandò quello dopo aver provato per l'ennesima volta a chiamarlo. In quel momento la porta si aprì attirando l'attenzione dei due presenti
nella stanza. Entrambi lo riconobberro all'istante. Era Miroku con una faccia da ebete,mentre sorrideva come un ebete, e si teneva una mano sulla guancia come un ebete.
-Ah, Miroku, eccoti finalmente- iniziò InuYasha non appena lo vide. 
-Volevo parlarti di quella scuola multimediale a Tokyo- incalzò avvicinandosi a lui. Kagome si sentì un poco fuori posto, tra quei due "grandi amiconi". Soprattutto perchè non aveva confidenza nè col primo, perchè non lo conosceva di persona, e nè col secondo, beh, qui si potrebbe fare un elenco lungo, ma proprio lungo per i svariati motivi.
-Non sapevo che essere schiaffeggiato da una ragazza fosse la cosa più bella del mondo- rispose il moro attirando lo sconcerto generale.
InuYasha alzò un sopracciglio.
-Una ragazza ti ha mai schiaffeggiato?- chiese poi sorpassandolo e andando a sedersi sulle poltrone accantonate nell'ufficio. Kagome deglutì amaro.
InuYasha si schiarì la gola quasi irritato. Raggiunse l'amico che sembrava messo peggio di un drogato.
-Che cosa stai blaterando?- chiese lui al ragazzo che gli sorrise sornione.
-So tutto, amico- disse con una naturalezza incredibile, facendo però sbiancare i due presenti. Lui perchè se questa cosa si fosse risaputa in giro, ne sarebbe valsa la sua reputazione,
lei perchè era sicura che il suo "gentile" capo l'avrebbe torturata fino allo sfinimento se la cosa si fosse saputa. L'albino volse un furtivo sguardo scandalizzato alla ragazza, al quale lei rispose 
abbassandolo sui fogli, fingendo di lavorare. Miroku intanto si era alzato ed era andato a sedersi sulla seggiolina di InuYasha, che in un lampo lo raggiunse.
-Chi te l'ha detto?- chiese con un filo di voce.
-Non c'è da dire niente ormai, so cosa si prova quando lo si riceve- disse alludendo allo schiaffo ricevuto poco prima. InuYasha avvicinò ulteriormente il viso a quelo dell'amico.
-Cosa?- sibilò.
-Uno schiaffo!- rispose lui allargando il sorriso e alzandosi.
-Quando una bella fanciulla ti schiaffeggia ...- fece una pausa mettendosi una mano sul cuore. Kagome a quelle parole sorrise segretamente per l'indiretto complimento.
-Ti senti come per dirle di dartene un altro ...- continuò lui teatralmente, spostandosi nuovamente per la stanza. InuYasha storse il naso fissando Kagome, che spense il sorriso e si voltò di spalle
ricominciando di nuovo.
-Un altro?! Come osa quella ...?! Non potrò mai dimenticare che LEI mi ha schiaffeggiato!- borbottò piano. Ok, ora ne era sicuro, il suo amico stava delirando di brutto.
Ancora una volta lo seguì.
-Non è fantastico? Essere preso a sberle intendo!- continuò l'altro. InuYasha lo fisso stralunato. Ora avrebbe dovuto chiamare il manicomio!
-Provalo una volta, avrai voglia di prenderle continuamente- disse Miroku mettendogli una mano sulla spalla. La cosa incredibile poi era il fatto che per tutto il tempo non aveva accennato a togliersi la mano dalla guancia!
-Ok, Miroku, lascia perdere questo argomento e torna al lavoro!- cercò di liquidarlo con una scusa.
-Ma non posso concentrarmi sul lavoro! Sai, quando una ragazza ti schiaffeggia, stai certo che non lo dimenticherai per il resto della tua vita- contiuò lui incurante.
"Ok, credo che stia esagerando con la parola "schiaffo", "schiaffeggiare"!" si disse l'albino.
Kagome dal canto suo si tratteneva per non scoppiare a ridergli in faccia.
-E sai perchè? Perchè quando ti schiaffeggià, ti frantuma l'ego! Ti rende debole- continuò ancora. A ogni parola l'orgoglio di InuYasha veniva trafitto.
A quel punto Kagome non riuscì più a trattenere una risatina sommessa.
-Higurashi?- gridò l'albino facendola voltare di scatto. Anche Miroku sembrò accorgersi solo allora della sua presenza. Resosi conto finalmente di aver la mano posata sulla guancia, la tolse con uno scatto.
"Oh, ma lei è la sorella di Sango, mi ero dimenticato che lavora qui!" si disse poi sorridendole imbarazzato.
-Le audizioni di canto che sono venute da tutto il mondo, controllale e portami la migliore!- le ordinò perentotorio InuYasha, sperando di cacciarla dalla stanza. Lei annuì piano e volse un'ultima 
volta lo sguardo a Miroku, che si grattò il collo sorridendo imbarazzato e lei si trattenne a fatica per  non scoppiare a ridere.
-Sbrigati!- la richiamò il capo vista la sua improvvisa disattenzione. Annuì una seconda volta, uscendo furtiva dalla stanza e richiudendosi la porta alle spalle per poi scoppiare finalmente in una fragorosa risata lontano dalla cabina.


Non appena la vide uscire InuYasha prese per un braccio Miroku guardandolo in cagnesco.
-Una ragazza ti ha dato una sberla e tu ...- cercò di riprenderlo ma lui scosse la testa alzando una mano in segno di resa.
-Non so nemmeno se mi ha schiaffeggiato o toccato per la prima volta ...- disse buttandosi pesantemente sul divano. InuYasha, fedele nemico dell'amore, soprattutto quello verso una donna, non
capiva se prenderlo a pugni o rilasciarlo in un'istituto per malati di mente. Gli si sedette di fronte ed optò per una terza soluzione, spiegargli con calma.
-Quella ti ha schiaffeggiato e tu dici che ti ha ... toccato?!- chiese cercando di capirci qualcosa in quell'insolita conversazione. L'amico sorrise e gli posò una mano sulla spalla.
-InuYasha, amico mio, verrà sicuramente un giorno in cui ripeterai queste parole- 




"Kagome strinse i pugni lungo i fianchi senza distogliere lo sguardo dal suo. Pensare che lei voleva risolvere tutto con le buone. Che persona spregevole che si è ritrovata invece! La rabbia, che per poco era svanita, ricominciò ad assalirla.
-E quello stolto di tuo padre ...-

SCHIAFF!

 Un sonoro rumore si era disperso intorno a loro."




In quel momento InuYasha sentì di nuovo la forza di quello schiaffo, quasi ne avesse ricevuto un altro. 
Che cosa aveva provato lui in quel momento? Solo rabbia e frustrazione! Non era possibile ciò che diceva Miroku!
-Allora, mio caro, saprai di essere innamorato- concluse il moro riportandolo indietro con la mente. Stranamente non ribattè alle sue parole, anzi, calò un silenzio profondo.
Impossibile, l'amore era l'ultima cosa che avrebbe dato nella sua vita!
Miroku finalmente si alzò e uscì dalla stanza, lasciando InuYasha interdetto. Si girò con la sedia scorrevole verso il punto in cui era sparito il ragazzo.
-E' impazzito, non c'è altra spiegazione- si disse sbuffando.
-Nessuna persona sana di mente direbbe mai una cosa del genere!- o almeno credeva.
-Non arriverà mai quel giorno in cui qualcuno mi schiaffeggierà e io dirò che mi ha ... toccato!- si alzò dalla sua postazione andando a sedersi alla scrivania come al solito.
-Questa è la debolezza di una persona debole, non di InuYasha No Taisho- concluse appoggiando le mani sotto il mento.




[Presente]

-Ma perchè odiavi così tanto le donne poi?- gli chiese Kanade che ormai faticava a trattenere tutta la sua curiosità. Lui non rispose subito, anzi si sedette.
-Anche lei avrebbe voluto farmi questa domanda, ma non l'ha mai fatta- disse alludendo a Kagome. Il suo viso assunse un'espressione triste.
-Era una domanda a cui non volevo rispondere- iniziò sospirando.
-Era accaduto qualcosa nella mia infanzia, cosa che non potrò mai dimenticare. Ero molto giovane quando venni tradito in quel modo assurdo- non seppe perchè ma nella sua voce c'era una vena di ironia.
-Quell'inganno mi insegnò una lezione, mai fidarsi di nessuno, e per colpa di quella donna iniziai ad odiare tutto il genere femminile- concluse evitando accuratamente lo sguardo di Kanade mentre parlava. Lei si avvicinò, ormai sempre più in ansia di proseguire col suo racconto.
-E quando quell'odio si è trasformato in amore? Quando lo schiaffo di Kagome, si è trasformato in una sensazione di tocco?- chiese un poco titubante.
-C'è voluto molto tempo, prima che riuscissi a  comprendere come veramente stavano le cose, lei mi fatto capire che in questo mondo c'era qualcuno che poteva sfidarmi- sussurò alzandosi
e andando a posizionarsi davanti alle sbarre.
-E siete diventati amici?- chiese raggiungendolo.
-Non so, per ora le posso solo dire che questo era solo l'inizio, l'inizio del nostro odio reciproco-



[Passato]

Kagome sbadigliò ancora. Non ce la faceva più a sostenere i ritmi del suo capo. Come se non bastasse quel presuntuoso l'aveva praticamente costretta a fare il lavoro supplementare di sera!
Doveva ora lavorare fino alle otto invece che fino alle sei come previsto dal contratto. Beh, in fondo, se l'era cercata.
Era stata colpa sua infondo se venendo a lavoro insieme ad Akito sulla sua moto, aveva insistito per guidarla lei visto che sapeva abbastanza come andarci grazie ad un'amica,
si era distratta a pensare allo scorbutico e per sbaglio aveva graffiato l'auto nuova di InuYasha, regalatagli da suo padre. E lui ovviamente non poteva chiuderci un occhio,
l'aveva costretta a rimborsarlo e, visto che la sua paga era troppo poca, costringendola anche a fare il lavoro supplementare!
Ora doveva anche cercare cinque dannati volumi su "Legge & Finanza"! E come di solito, la sfiga era la sua padrona, visto che la libreria era tutta in disordine, avrebbe dovuto cercarli scaffale per scaffale! Ed eccola lì, a disfare la libreria dell'ufficio. Era in piedi su una grossa scala d'acciaio e stava rovistando le mensole più in alto.
-Uffa! Ho trovato tre volumi, dov'è andato a finire il quarto?- sbuffò passando le mani tra i libri. Finalmente lo vide e quasi lo abbracciò per la felicità. Prese un lungo sospiro di sollievo.
Iniziò a scendere gli scalini, ma arrivata al terzultimo, la scala barcollò. Cercò di aggrapparsi a qualcosa ma ovviamente la scala era troppo pesante per lei. Si stava lentamente inclinando verso l'indietro e d'istinto chiuse gli occhi con forza. Sentì però un passo sveltò e la scala sobbalzare mentre veniva bruscamente riportata in posizione verticale. Aprì gli occhi e tutto si sarebbe aspettata di trovare ma non due pozze dorate che sembravano volerla penetrare con lo sguardo. Era stato lui quindi a sorreggere la scala. Restarono a fissarsi per svariati secondi, quasi volessero scrutarsi a vicenda. L'incantesimo si spezzò quando lui assunse uno sguardo duro fissando la mano di lei, che lo seguì col proprio. Aveva inconsciamente stretto all'inverosimile la mano di lui stretta a sua volta in un pugno intorno alla scala. Subito la ritirò.
-Dove sono i miei libri?- chiese lui freddamente slacciandosi un bottone dello smocking. 
-Ne ho trovati quattro, me ne manca solo uno- disse indicandolglieli.
-Svelta, c'è un sacco di lavoro- concluse lui con la solita aria e uscendo. Lei sbuffò e tornò al suo lavoro. Ancora la scala barcollò e anche quesa volta venne fermata.
-Attenta Kagome!-
-Oh, sei tu Akito!- disse scendendo da quell'affare.
-Grazie- disse infine raccogliendo i libri e sorridendogli.
-Di niente. Scusa ma devo scappare, devo far firmare dei file importanti dal signor Taisho- disse lui dileguandosi. Kagome fece per salire sulla scala ma poi si ritrasse.
-Forse è meglio che anch'io gli consegni questi per il momento-



-Questi file sono pronti, mi serve soltanto la sua firma- gli disse Akito porgendoglieli. Lui annuì e li prese.
In quel momento entrò Kagome in assoluto silenzio, tanto che i due non si accorsero della sua presenza. Poggiò i libri sul tavolo e fece per uscire quando un'inaspettata domanda di Akito attirò
la sua attenzione.
-Cosa ha fatto alla mano Signor Taisho?- chiese indicandola. Kagome si girò per vedere a cosa si riferisse. In effetti InuYasha aveva una lunga ferita sul dorso della mano, che comprendeva le due nocche esterne. Lei sbuffò mentalmente.
"Sono sicura che racconterà una storia finta sul suo coraggio, gli uomini e le loro fandonie, chissà perchè dà molta soddisfazione ai loro io!"
Riportò la sua attenzione sui libri, sistemandoli sugli appositi scaffali, ma nuovamente la risposta di InuYasha la lasciàò a dir poco sorpresa.
-A causa di uno scarafaggio- disse lui con naturalezza, lasciando basiti i presenti.
-Uno scarafaggio?- chiese accigliato Akito.
-A dire il vero, sono allergico purtroppo, mi ero spostato ma ho sbattuto la mano sul bordo di una lampada-concluse lui firmandolgli i file. Kagome uscì in silenzio come era venuta dalla stanza per poi ridere sommessamente.
"Oh, per fortuna anche lui è allergico a qualcosa, pensavo che tutti fossero allergici a lui!"




Adesso Kagome era in caffetteria. Erano le cinque, perciò c'era una piccola pausa.
Era in piedi avanti alla macchinetta in attesa del suo cappuccino. Il luogo era deserto, non c'era praticamente nessuno ancora.
-Se non ricordo male, Akito mi aveva detto che sarebbe venuto, preparo una tazza anche per lui- si disse prendendone un'altra. La macchina iniziò a riempirla, inebriando la stanza
col suo profumo. Kagome sentì dei passi e una porta aprirsi e chiudersi. 
-Dev'essere Akito- prese la tazza e la  mise sul tavolino accanto a lei in attesa dell'arrivo del ragazzo. Poi però la luce venne a mancare per qualche secondo riaccendendosi quasi subito.
Kagome scatto come una molla sull'attenti deglutendo e strabuzzando gli occhi per vedere meglio. Alzò un attimo il volto verso le luci sul soffitto e tirò un sospiro di sollievo quando vide che 
non erano saltate o robe simili. Purtroppo, anche quel giorno, la sfortuna era sua nemica e una secondo black out la fece sussultare nuovamente.
"Tutto a posto" si disse stringendo i pugni. Certo, la caffetteria era deserta, la luce era completamente andata e non accennava a tornare, 
tutto a posto ...  se solo non avesse avuto una paura terribile del buio!
Vide, per sua immensa gioia, una sagoma vicino a lei e di scatto la abbracciò, rifugiandosi tra le sue accoglienti braccia.
-Grazie al cielo sei arrivato Akito! Io ... io ho paura del buio!- sussurò quasi tremando e stringendo nei pugni i lembi della sua giacca.
Venne però, con sua grande sorpresa, spintonata via di qualche passo. Peggio fu quando invece che il viso di Akito si ritrovò quello di InuYasha. Era buio sì, ma almeno qualche lineamento
s'intravedeva e quello, era senza dubbio lui. Kagome si morse la lingua subito pentita.
-Mi s-scusi Signor Taisho io ... non volevo- si giustificò raggomitolandosi tra le sue stesse braccia.
-Ma dico sul serio ... io ho ... ho davvero paura del buio- continuò con voce tremante e spezzata guardandosi intorno come i bambini piccoli quando gli racconti che c'è un mostro nell'armadio.
-E' una fobia- concluse lei sstringendo gli occhi per non guardare quell'oscurità, anche se il risultato non fu dei migliori, visto che anche chiudendoli vedeva solo nero.
Li riaprì di scatto quando si sentì tirare per un avambraccio e finire con il viso contro il petto di InuYasha. Un suo braccio le circondava la schiena, mentre l'altro era indaffarato a rovistare qualcosa.
Estrasse dalla tasca un accendino e lo accese, tenedolo a meno di tre centimetri dei loro visi.
Solo in quel momento si rese conto che InuYasha ... la stava abbracciando ...
Quella era la prima volta che un ragazzo l'abbracciava. Inconsciamente si ritrovò ad arrossire leggermente. Alzò il viso verso di lui.
Grave errore.
Deglutì pesantemente quano si ritrovò il suo viso a meno di due centimetri di distanza. Sentiva il cuore iniziare a galoppare nel petto. 
Quella era anche la prima volta che aveva un contatto così ravvicinato con un ragazzo.
I suoi occhi risultavano così caldi e comprensivi illuminati dalla piccola fiamma, non come al solito, freddi e inviolabili.
Poteva perfino sentire il suo respiro addosso, caldo respiro.
-Sai cosa vuol dire fobia?- chiese lui d'un tratto riassumendo il suo solito ghigno da sbruffone.
"Ti pareva ..." si disse la corvina.
-Paura della mente- si rispose lui da solo rilasciando leggermente la sua presa.
-Ti sto dando la possibilità di uscirne-
-Che ... cosa vuole dire?- chiese lei ancora un poco tremante.
-Affronta la tua paura. Lavora in questo buio. Trova quel quinto volume del mio libro- poi con uno scatto la lasciò bruscamente, facendola nuovamente finire a qualche passo da lui e spense l'accendino. Si voltò ma la voce di Kagome lo fermò.
-No! Perfavore ... dico sul serio io ho , ho paura del buio!- disse riabbracciandosi da sola, mentre sentiva un improvviso freddo avvolgerla.
-Il libro, trovalo- conluse lui dileguandosi e fregandosene altamente dei richiami i Kagome.





-Oh Kami, oh Kami, oh Kami, oh Kami, oh Kami, oh Kami, oh Kami- questo era quello che si ripeteva insistemente Kagome da almeno venti minuti.
Girava, 
nel buio, 
scaffale per scaffale, 
nel buio, 
con un fiammifero acceso , 
nel buio, 
mentre nell'altro teneva la scaoletta coi fiammiferi, 
nel buio ...
ho già detto nel buio vero?
Cercava di concentrarsi sui libri ma la paura era molto più grande. E anche i fiammiferi presto l'avrebbero abbandonata, visto che duravano sì e no un minuto a testa.
Infatti, l'ennesimo cadde a terra, facendo sbuffare la ragazza.
-D-devo trovare quel maledetto libro al più presto! Ci fosse almeno una candela!- si disse ancora tremando. Accese un altro fiammifero e si diresse nella corsia seguente.
Arrivata alla fine anche di quella dopo un'altra lunga serie di "oh Kami" quasi non urlò per la gioia. Una candela, una bellissima candela in cera bianca, lunga e robusta, appoggiata su uno dei tavolini della reception, che era andata probabilmente chissà dove.
Corse verso di essa, dimenticandosi per un attimo la sua paura e la accese in fretta e furia. Sospirò sollevata quando finalmente vide brillare su di essa una bella fiamma arancione.
Ora vedeva di certo molto meglio rispetto a prima. Si diresse nuovamente verso lo scaffale di libri e si abbassò all'ultima mensola.
Libri di economia, libri di matematica avanzata, libri seri, troppo seri, libri su fisica, libri su astronomia, libri su Legge e finanza, libri su scienza, libri su ...
Alt!
Torniamo indietro.
Libri su Legge & Finanza volume 5!
L'aveva trovato! Non poteva ancora crederci! Per l'eccessiva gioia lo baciò sulla copertina.
Si alzò e o strinse forte al petto, quasi avesse paura che scappasse.
-Ah! Ora vado da quel dannato e glielo sbatto in faccia il libro!- si disse fiera e furiosa allo stesso tempo. Fece per voltare l'angolo dello scaffale verso destra ma purtroppo sbatte il ginocchio sullo spigolo e finì a terra e nel mentre aveva trascinato con se anche una pila di libri che caddero al suo fianco, sparsi malamente per il pavimento. Si appoggiò alla mensola con i libri prendendo il ginocchio con entrambe le mani e imprecando mentalmente lo spigolo.
-Auch! Che male!- disse stringendo gli occhi.




InuYasha passava di lì quando all'improvviso sentì un enorme tonfo dall'interno e subito vi entrò.
-Sei ancora qui?- chiese non ricevendo risposta. Avanzò di qualche corsia di scaffali finchè la vide.
Era seduta al bordo opposto dello scaffale con un ginocchio alzato trattenuto con entrambe le mani e il viso abbassato.
-Oh, e così ti stai riposando eh?- chiese irritato. Avanzò fino ad essere a meno di due metri da lei ma i suoi piedi sbatterono in qualcosa.
-Che accidenti ..? Cosa hai fatto alla mia libreria?!- chiese ancor più nervoso scorgendo i libri sparsi a terra.
-Alzati!- le ordinò imperterrito e furioso. Lei scosse lievemente il capo, cosa che lo mandò ancora più in collera.
-Ho detto alzati!-
-Non ... posso, mi sono fatta male al ginocchio - sussurrò lei con un filo di voce. 
Lui roteò gli occhi al cielo.
-Ah, donne!- sbuffò lui prima di avvicinarsi a lei inginocchiandosi incerto di fronte a lei. Lei alzò lo sguardo sorpreso verso di lui.
Si rese solo allora conto che lei stava piangendo silenziosamente. Subito la sua rabbia iniziò a venir meno.
-Fammi vedere- disse addolcendo appena appena la sua voce. Fece per toccare la sua gamba ma lei gli parò una mano davanti.
-Non mi tocchi per favore!- disse lei scuotendo la testa. Lui sbuffò.
-Senti, ho studiato medicina per un anno al college, so quel che faccio- cercò di rassicurarla lui, ma invano.
-Che cosa sta facendo dannazione?!- gridò lei quando lo vide di nuovo avvicinarsi.
-Sei ferita, ti sto controllando, o almeno, ci sto provando!- urlò a sua volta lui.
-Ma...- disse lei cercando per la terza volta di fermarlo.
-Ma cosa?- chiese lui iniziando a spazientirsi.
-Ma ... non si azzardi a toccarmi punto e basta!- alzò la voce nuovamente e questa volta lui si ritrasse definitivamente alzandosi.
-Perfetto! Stattene lì a piangere nel tuo dolore!- gridò prima di voltarsi. Non fece nemmeno due passi che Kagome lo fermò.
-Però ... mi fa veramente male- sussurrò appena. Lo sentì sospirare seccato e voltarsi nuovamente verso di lui. Ancora una volta s'inginocchiò davanti a lei. Kagome
tolse lentamente le mani con un po' di diffidenza e lui colse l'occasione per mettervi le sue.
Con lentezza iniziò a tastare la superficie dal suo ginocchio fino alla caviglia. Era un massaggio lento e regolare, che era soprattutto rilassante. Lui aveva gli occhi fissi nel
suo intento, attento e accurato, lei invece si sentiva terribilmente a disagio da quel troppo ravvicinato contatto per i suoi gusti, soprattutto col suo capo.
-Non hai nulla di rotto- la informò distoglienda per un attimo dal suo imbarazzo. Annuì appena.
-Radrizza la gamba- le disse poi in un tono che sembrava essere poco meno un ordine. Non si tratta così un paziente!
-Non posso mi fa male!- gli ricordò sbraitandogli incontro. Lo vide alzare gli occhi al cielo esasperato e in riflesso lei gonfiò le guance come una bambina indispettita stringendo
i pugni sul pavimento. Lui tornò sul suo lavoro ricominciando la sua piccola tortura, salendo e scendendo sulla sua gamba. Poi lo sentì fermarsi con una mano intorno alla caviglia e l'altra 
avvolgerla sotto il ginocchio. Non capì cosa volesse fare perciò si porse in avanti ma lui premette con forza facendole chiudere gli occhi per il dolore.
Approffittò della sua disattenzione e con un gesto secco le radrizzò la gamba.
-Aaauch!- gridò Kagome stringendo all'invero simile gli occhi e stringendo le proprie mani sulle sue spalle per trattenersi. Il netto dolore di poco prima stava lentamente sparendo.
Li riaprì lentamente mentre sentiva il respiro affannato per la paura che poco prima l'aveva avvolta. Incontrò ancora gli occhi, i magnifici occhi di InuYasha che la fissavano
curiosi. Arrossì ancora di un rosa appena accennato quando si accorse della forzata vicinanza tra di loro e per la seconda volta in un giorno poteva sentire il respiro di del ragazzo su di se
Fu lei la prima a distogliere lo sguardo per scrutare la sua gamba muovendola leggermente.
-Signor Taisho ... il mio ginocchio ... è a posto ...- gli rivelò sorridendo compiaciuta.
-Quando una cosa incute dolore o paura, bisogna spaventarla o farle male a tal punto che il dolore e la paura vadano via da soli- le disse lui in un sussurro per poi
volgere il suo sguardo sulle sue mani.
-E sarebbe un bene che anche le tue mani vadano via da sole!- disse assottigliando gli occhi. Kagome subito le ritirò impacciatamente.
-Oh, mi scusi- mormorò appena. Lo vide alzarsi e risistemarsi la giacca.
-Che perdita di tempo!- sbuffò poi lui porgendole una mano per rialzarsi. La ragazza fece per aggrapparsi ad essa ma lui la ritirò.
-Beh, direi che stai bene adesso, perciò alzati da sola!- boffonchiò prima di voltarsi dall'altra parte. Kagome non potè far altrò che imprecargli mentalmente ritirando la mano.
L'albino fece per andarsene ma prima che fu arrivato alla fine della corsia urlò un secco "Prego" prima di voltare l'angolo.
-Ah? Ehm, scusi cioè volevo dire grazie signor Taisho!- urlò lei in modo che lui possa sentirlo. 
Ormai era arrivato alla porta ma quando alzò lo sguardo si ritrasse deglutendo.



Kagome si alzò lentamente tastando la validità della sua gamba quando sentì un'imprecazione da parte di InuYasha.
-Dannato scarafaggio! Sei arrivato anche qui eh?!- disse con un filo di voce ringhiando basso.
Si avvicinò curiosa e non riuscì a trattenere un sorriso divertito nel vederlo in quello stato per un banale scarafaggio.
Le venne in mente il discorso tra lui e Akito e tutto le fu chiarissimo.


"-Cosa ha fatto alla mano Signor Taisho?-
 -A causa di uno scarafaggio- 
-Uno scarafaggio?- 
-A dire il vero, sono allergico purtroppo, mi ero spostato ma ho sbattuto la mano sul bordo di una lampada-"



"Maledetto coso viscido e rugoso! Ma perchè ce l'hai con me?! Tornatene nella tua tana insieme ai tuoi amici e lasciami in pace!!"
InuYasha si guardava intorno disperato fino a che non vide Kagome avvicinarsi alla porta zoppicando leggermente con un sorrisino sul viso.
"No questo no! E' un affronto! Ingiusto! Impossibile! Adesso mi riderà in faccia a vita!! Ma io ti faccio fuori dannato ...!" fece per attaccare l'insetto ma 
subito si ritrasse di nuovo deglutendo.
"Accidenti a te blattodea!"
Era inutile, per quanto si sforzasse non riusciva a fare nulla contro quel insettaccio!
"Qualcuno chiami una guardia forestale! Uno zoo!"
Kagome era ormai vicina allo scarafaggio. Con naturalezza lo prese per le antenne avvicinandolo al viso di InuYasha sorridendo divertita che si ritrasse di nuovo deglutendo.
-N-non ho paura! Sono a-allergico!- gridò lui appiattendosi contro uno degli scaffali.
-Quando una cosa incute dolore o paura, bisogna spaventarla o farle male a tal punto che il dolore e la paura vadano via da soli- lo riprese lei allargando il sorriso prendendosi una piccola ripicca.
Fece un altro passo verso di lui che si spostò di lato pur di evitarla. Lei scosse la testa e buttò lo scarafaggio all'interno del cestino. Lo sentì schiarirsi la gola mentre era leggermente arrossito.
-Grazie mille Signor Taisho, adesso la miagamba e perfettamente a posto e anche lo scarafaggio se ne andato- disse lei rivolgendogli un sorriso sincero, in cui però si vedeva che lo stava prendendo in giro. Lui non disse niente anzì si voltò furioso per uscire.
-A, prego- disse lei. Non rispose e se ne andò in tempo record. Kagome osservò la porta per vari secondi per poi scoppiare in una fragorosa risata.



-Accidenti! L'avevo appena trovato! Solo i Kami sanno dove sia sparito!- imprecò Kagome rovistando tra i libri sul pavimento.
Aveva setacciato mezza corsia ma del suo libro neanche l'ombra, quella candela poi non era molto utile. Uno ad uno li alzava e leggeva il titolo invano.
-Eccolo!- gridò quando lo trovò finalmente. Quando lo alzò però qualcosa scivolò dalla copertina. Kagome lo raccolse e si stupì di trovare una foto.
Ritraeva tre figure sorridenti in un parco mentre passeggiavano mano nella mano. La prima la riconobbe all'istante, era il padre di InuYasha, perciò dedusse che il bambino
al centro fosse proprio lui, visto che aveva i suoi stessi lineamenti. La terza era una donna dai lunghi capelli color ebano di cui il viso era graffiato via.
-Hai trovato il mio libro?- chiese una voce autoritaria alle ue spalle facendola rabbrividire. Era ovviamente InuYasha. 
-Sì Signor Taisho!- lei si alzò e si avvicinò a lui con in mano il libro e la fotografia stessa. Gli consegnò il suo tanto agoniato quinto volume.
-Questo nella foto è lei vero? E' così carino! Però mi sembra che qualcuno abbia graffiato il viso di sua madre credo- chiese sorridendo mostranogliela. 
Lui la prese bruscamente e la osservo per un lungo istante per poi guardarla furioso.
-Ma chi ti credi di essere?!- urlò lui spaventandola a morte che sgranò gli occhi. Lui iniziò ad avanzare verso di lei che ad ogni suo passo si ritraeva come un riflesso.
-Ti ho solo parlato per neanche due minuti e credi di prenderti tanta confidenza con me?!- Kagome scosse appena la testa boccheggiando.
-Chi sei?! Chi sei tu per farmi domande sulla mia vita privata?!- la ragazza aveva gli occhi lucidi e impaurita inietreggiava. Pensava di aver visto tutta la sua rabbia ma si era sbagliata. Non 
l'aveva mai visto così furioso.
-Perchè te ne freghi tu eh?!- Kagome teneva lo sguardo basso pronta a scoppiare a piangere da un momento all'altro. Non capiva il motivo della sua improvvisa agressione nei suoi confronti.
-Chi è nella foto?! Cosa è successo alla sua faccia?! Io ti ho mai fatto domande sulla tua vita?! Te le ho mai fatte?!- 
Kagome scosse per l'ennesima volta la testa ma sussultò quando si ritrovò con la schiena al muro incapace di scappare dalla sua furia. Lui avvicinò il suo viso a quello di lei, che girò
di lato stringendo gli occhi.
-E ricorda che noi due non lavoriamo insieme! Tu lavori per me! Non hai alcun diritto di farmi domande del genere- continuò imperterrito come un vulcano in erruzzione.
-E ....-
-Mi scusi Signor Taisho- sussurò lei con voce spezzata mentre una lacrima le rigava il volto.
-Non succederà più- concluse scoppiando a piangere silenziosamente. Lui fece una smorfia irritata e si dileguò in fretta e furia dalla stanza sbattendo la porta.

InuYasha arrivò nella sua cabina a dir poco furioso. Sbattè un pugno sulla propria scrivania mentre i ricordi che pensava aver sotterrato da anni di sofferene iniziavano a tornare a galla.



"-Figliolo cosa vuol dire IT?- chiese la donna sorridendo indicandogli l'incisione sull'albero.
-InuYasha No Tashio mammina!- sorrise a sua volta abbracciandola.


-Mio figlio crescerà e diventerà un grande musicista- disse sorridendo la donna dai lunghi capelli coloR ebano e occhi del medesimo colore.
-No! diventerà un uomo d'affari!- replicò un uomo con dei lunghi capelli argentati raccolti in una coda di cavallo.
-Sì invece!- rispose la donna incrociando le braccia al petto.
-No! Un musicistta è uno in un migliaio, mio figlio sarà uno in un milione!- disse a sua volta lui incrociando le braccia a sua volta.


-Forza InuYasha, vieni dalla mamma!- lo richiamò vedendolo intento ad arrampicarsi su un albero.
-Non farlo correre così, si farà male!- le disse l'uomo al suo fianco.
-E' cadendo che si impara a vivere caro, ad sffrontare le difficoltà- gli rispose lei guardandolo negli occhi.
-Attento!- gridò l'uomo prendendo al volo il bambino che era inciampato.
-Ti sei fatto male?- chiese preoccupato.
-No- rispose lui sorridendo.
-Perchè non l'hai lasciato cadere insomma?- chiese la donna.
-Non permetterò mai che mio figlio cada, mai!-


-InuYasha? Su dimmi, se dovessi scegliere chi sceglieresti? La mamma o il papà?- gli chiese la donna.
Erano posizionati in un triangolo ognuno era un vertice.
InuYasha prese a correre verso il padre che felice allargò le braccia ma proprio allora deviò la sua traiettoria finendo tra le braccia della donna.
L'uomo alzò gli occhi al cielo sorridendo esasperato."





Stracciò la fotografia e la buttò via, lontano da lui e dalla sua mente, lontano dal suo cuore.




To Be Continued ... ^^







- Angolo Autrice -

Buonasera Ladies and Gentleman ^^
Come passate la giornata tra - dolcetto o scherzetto? - 
Finalmente ho trovato un po`di tempo dalla scuola - ora che tanto ci sono tre giorni di nullafacienza XD - e sono corsa a pubblicare questo - giga - capitolo XD
Come vedete - il risultato di unire ben tre capitoli diversi - e`stato trovarsi un mega capitolo incentrato su InuYasha e Kagome ^_^
Ancora un po' di pazienza, ancora un poco, il prossimo chappy e`nuovo di zecca - sono a meta`stesura - quindi ancora qualche giorno solo *^* Poi, dopo essermi 
finalmente essermi messa in pari con Destiny, il prossimo capitolo sara`sicuramente - per chi segue - di Endless, da troppo tempo lasciata in un angolino XD
Scusate eventuali errori, ma non ho avuto tempo di rilleggere - provvedero`nei seguenti giorni - ^_^
E ora, un ringraziamento a tutti coloro che mi seguono *^* Grazieeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!! *-*
Pensandoci bene, ma proprio bene, un piccolo spoiler sul prossimo capitolo ve lo posso anche dare ....
- Oltre ai soliti pasticci tra InuYasha e Kagome, il compleanno si Inu- chan, forse, chissa` che non scopriamo il passato di InuYasha, chissa` - XD
Basta, ho detto gia`troppo del solito XD 
Quindi vi auguro un
 Buon Halloween! :3






alla proxxima

Baci, Lullaby 99 ^^




























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Capitolo 5
*** Guai e ancora guai ***


Una volta intrecciato il filo rosso del destino non puo`piu`essere sciolto ...





InuYasha

Capitolo : 2






" << InuYasha? >> 
Quella voce ... no! Non poteva essere lei! Cosa diavolo voleva adesso dalla mia vita?
 << InuYasha! >>
Ancora quella voce ... quel timbro, l' avrei riconosciuto ovunque nonostante fossero passati cosi`tanti anni dall' ultima volta che l' avevo sentito.
Perche`? Perche` dopo essere sparita, ora che  pensavo di averla sigillata nei meandri piu` profondi della mia anima e speravo di aver buttato via la chiave che potesse
aprire quel lucchetto, perche`proprio ora quei strani e tristi ricordi si facevano prepotentemente strada tra la mia mente.
<< InuYasha ... >>
Basta! Non voglio! Non voglio ricordare! Non voglio soffrire di nuovo! Vattene ... io non ti voglio!
<< Oh, InuYasha, piccolino mio ... >>
No! Tu non ... non sei mia madre! Non sei nessuno per me e mai potrai avere un posto nella mia vita ... MAI! 
Sentivo che l'equilibrio che ero riuscito a creare in tutti questi anni, si stava lentamente ed inesorabilmente sgretolando tra le mie mani, come sabbia al vento.
Tutta colpa di quell' insulsa ragazzina! Che bisogno aveva lei di curiosare tra le mie cose? Mi sento da schifo grazie a lei! 
Incredibile come una semplice fotografia sia bastata per farmi cadere nuovamente in questa depressione, facendo riaffiorare il tasto piu` dolente e doloroso della mia esistenza.
Lei ... mia madre ... 
No! Lei non e` nessuno per me! Non lo e` ormai da molti anni! Non so nemmeno se e` viva o ... morta...
<< Perdonami InuYasha, mi dispiace, mi dispiace davvero tanto ... >> 
Nella frazione di un secondo rividi quel volto che lo guardava supplichevole mentre mi tradiva con tutta l' anima.
<< Mi dispiace ... >>
No aspetta!"




Mi svegliai di sopprassalto.
La mia stanza era ancora in un profondo buio , a causa delle spesse tende color avorio che decoravano la mia enorme stanza, nonostontante cio`riuscivo a distinguere palesemente
le coperte aggrovigliate intorno alle mie gambe mentre il lenzuolo sotto di me era completamente scompigliato e i cuscini erano sparsi un po` su tutta la sua superficie.
Probabilmente mi ero agitato parecchio nel sonno. Sentivo il respiro leggermente ansante mentre alcune gocce di sudore scivolavano lente lungo le mie tempie. 
Ero completamente sudato accidenti!
Tutti postumi di un sonno andato a male. Senza pensarci due volte presi in mano la bottiglietta d' acqua poggiata sul comodino e mandai giu` tutto il suo contenuto in una volta sola. Dovetti asciugarmi qualche rivolo scivolato via dal mento, anche se ormai si potevano intravedere alcune macchioline di quella sostanza trasparente sulla mia maglietta.
Dannazione!
Che diavolo mi stava succedendo? Io non ero mai stato cosi` ... cosi` debole contro la mia stessa volonta`! 
Perche` non riesco ad impedire ai miei incubi di farmi del male, perche` non riesco ad impedire a lei di farmi ancora del male malgrado non faccia piu` parte della mia vita?
Mi portai una mano tra i capelli mentre con una mano stringevo il lenzuolo nel pugno della mia mano.
No.
Io non le avrei permesso di rovinarmi, di distruggermi, non un' altra volta! Soprattutto ora che lei non e` piu` parte della mia vita, non avrebbe nemmeno senso.
Voglio solo dimenticare. Dimenticarla.

Venni riscosso dal cigolare lento e fastidioso della porta e fece ingresso nella stanza mio padre, l' unica persona su cui io possa affidarmi ciecamente.
Lo vidi sorridermi compiaciuto per poi sedersi delicato alla mia destra.
<< Buongiorno, figliolo. >> mi disse mettendomi una mano sulla spalla. Presi un respiro quasi impercettibile, sperando con tutto me stesso  che non si accorgesse del mio stato poco presentabile. Non sarei riuscito a rispondere alle sue domande, non sarei riuscito a parlare di lei, non con lui almeno.
<< Buongiorno. >> risposi assumendo il mio solito carattere freddo e distaccato pur di non lasciare trapelare l' ansia che mi avvolgeva.
<< Dormito male? >> chiese all' improvviso fissando lo stato pietoso del mio letto. Cercai di non pensare al fatto che negl' ultimi giorni strani incubi su di lei mi svegliavano a notte
fonda e che probabilmente anche nei giorni successivi si sarebbe verificato. Ma non ne avrei parlato a nessuno, tanto meno a lui, non di lei.
<< Un po', niente di grave. >> cercai di sorvolare l' argomento il piu` possibile. Non ero ne`dell' umore ne`della voglia di pensarci. A quanto pare per una volta le mie preghiere
furono ascoltate, infatti fu lui a cambiare discorso.
<< Allora, giovanotto, lo sai che giorno e`oggi? >> mi chiese retoricamente. Gia`, oggi era il giorno.
<< Uhm ... >> risposi semplicemente appoggiandomi completamente allo schienale del letto.
<< Buon Compleanno, InuYasha. >> mi disse sorridendomi e cercando forse di cogliere le mie emozioni attraverso una semplice occhiata.
<< Grazie. >> risposi prima di sprofondare in un baratro di ricordi. Il mio compleanno. Un giorno da me riutenuto da sempre inutile. Quel giorno che per molti puo` essere speciale, un motivo di festa e gioia, per me e`sempre stato un giorno come tutti gli altri. Non cambiava niente nella mia solita routine giornaliera, anzi diventava ancor piu` insostenibile e seccante del solito perche` tutte le attenzioni, a partire da mio padre fino ad arrivare a quell' idiota di Miroku, o altri, era concentrata su di me. E io odio essere al centro dell' attenzione. Anche se visto il mio status sociale, era un po` difficile che questo non accadesse. Pero`, pur sapendo del mio totale disinteresse sull' argomento, vedere
tutti quei sorrisi e visi felici a causa mia, in qualche modo, non mi faceva piu`sentire tanto solo. 
<<  Ti ricordi di questo? >> disse mio padre destandomi dai miei pensieri e mostrandomi un album con la copertina nera mentre una scritta dorata lampeggiava dominante su di essa.

" I compleanni di InuYasha "

<< Come potrei dimenticarmene. >> risposi accarezzandone la superficie color onice. Negl' occhi di entambi passo` un lampo di malinconia.
Quel libricino nato quasi per scherzo, era troppo impregnato di lei, eccessivamente. Apri`la prima pagina ed era perfettamente come l' anno scorso e quello precedente ancora e 
ancora.

" Oggi il nostro piccolo Inu-chan compie un anno. Ti vogliamo bene. Mamma e Papa`. "

Accanto vi erano le impronti di un colore giallastro di tre mani, due grandi e una piccina piccina. Era ormai diventata un' usanza quella. Ad ogni mio compleanno stampavamo le nostre impronti su quel libricino, e potevo io stesso notare come la mia mano era diventata sempre piu`grande e possente rispetto a quella della mia infanzia.
Inu-chan.
Avevo sempre detestato quel nomignolo, ma loro mi dicevano che mi conferiva piu`un' aria da "tenero". 
E poi nella firma c'era scritto "Mamma e Papa`". Mi veniva voglia di strapparlo, di eliminare quella parola dalla pagina ma sapevo che non l' avrei mai fatto.
Girai le pagine, fino ad arrivare a quella dei miei dieci anni. Ora le impronte erano solo due. Le sue non c'erano piu`, e non vi erano nemmeno nelle pagine successive.
Pervaso da un istinto di rabbia richiusi il libro.
<< A quanto pare, saremo solo in due anche quest' anno. >> disse mio padre guardando tristemente l'album tra le mie mani.
<< Lei ci ha lasciati tanto tempo fa papa`. >> dissi stringendolo tra le dita. Senti`poi il suo tocco sulla mia spalla.
<< Nonostante tutto, anche quest' anno conserveremo questa tua tradizione no? >> disse con un sorriso confortante.
<< No papa`. Ormai sono grande. Non ha piu`senso. >> risposi freddamente guardandolo negli occhi. Assunse un' espressione delusa, troppo. Accidenti a me!
<< Certo, capisco. Ormai sei grande e non hai piu`bisogno di fare queste sciocchezze da bambini no? >> disse per poi alzarsi continuando a sorridermi.
Oh papa` ... forse tu soffri la sua mancanza ancor piu` di me ...
<< Aspetta. >> lo afferrai per un polso prima che s' allontanasse. Accennai ad un sorriso tanto per fargli capire le mie intenzioni.

Poco dopo ci ritrovammo con le mani imbrattate di tempera gialla mentre lasciavamo, come due bambini che si sporcano a vicenda il grembiulino, le nostre impronte sul libro,
come ogni anno. Soltanto due mani. 
Lo vidi trafficare nella tasca della sua giacca per tirarne fuori un mazzo di chiavi. 
<< Tieni. Le chiavi della nostra vecchia casa InuYasha. Sono il tuo regalo di compleanno. >> disse porgendomele. Le afferai quasi tremante.
Quelle ... erano le chiavi che avrebbero aperto per sempre il mio sigillo. Le chiavi della casa in cui ho vissuto la mia infanzia, con lui e con lei.





*****





<< No, no zia. E' un ragazzo strano. Io non lo capisco affatto. >> disse Kagome al telefono mentre si dirigeva all'interno dell'edificio.
I rapporti tra i due, invece che migliorare, stavano piombando nelle tenebre. Stava parlando con sua zia, una seconda mamma per lei, che a quanto pare era molto
interessata sul suo capo.
<< Non capisco come comportarmi ormai. Ogni volta che cerco di fare qualcosa di buono finisce sempre nel peggiore dei modi! >> continuo`ricordando tutta la serie 
di spiacevoli eventi che avevano caretterizzato le sue ultime giornate.
<< Di una cosa pero`sono sicura : lui e` pieno di rabbia e rancore, forse verso qualcuno. >> ipotizzo`ricordando anche la sua reazione del giorno prima.
<< Kagome! >> la richiamo`una voce poco nota nel corridoio, ormai che era quasi arrivata alla cabina di InuYasha.
<< Kaori? >> si chiese sorpresa mentre salutava velocemente sua zia. Kaori era una ragazza alta piu`o meno quanto lei, magra e con una pelle oggettivamente chiara.
I capelli erano di un intenso color pece, solitamente raccolti in un' alta coda, e gli occhi erano due bellisimi ametisti. Le ricordava vagamente Sango.
Era una delle tante ragazze che lavoravano a pian terreno, decisamente lontano dal suo che era il settimo e l'ultimo, incontrata quasi per caso il giorno prima quando aveva
terminato il suo lavoro supplementare, quando la vide in piedi vicino a un palo in condizioni stravolte.



"Kagome, imprecando come al solito, stava uscendo, finalmente, dall' ufficio per dirigersi a casa dopo un' estenuante giornata di lavoro.
Fuori dal portone pero`la sua attenzione venne attirata da una ragazza dai lunghi capelli corvini appoggiata ad un palo tremante. Essendo sin da piccola una persona 
dal cuore nobile e generoso, eccessivamente, le si avvicino`.
<< Scusa? >> le chiese attirando la sua attenzione.
<< Va tutto bene? >> domando` nuovamente squadrandola, ma delinenado il proprio viso con un sorriso confortante.
<< S-si` ... insomma, non proprio. >> rispose la ragazza con voce flebile. Kagome la guardo`con aria interrogativa.
<< Se non sono indiscreta, posso sapere cosa non va? >> chiese premurosa ma legeremente timorosa. Infondo non la conosceva nemmeno.
<< Beh, io non so se e`il caso. >> rispose lei titubante. Infondo aveva ragione. Non si conoscevano e lei le era andata incontro violando la sua privacy.
<< Tranquilla, non sei obbligata a dirmelo, comunque piacere di conoscerti, io sono Kagome e lavoro qui, al settimo piano precisamente. >> disse sorridendole e indicando il grande edificio alle sue spalle.
La ragazza accenno`ad un sorriso un po`titubante.
<< Mi chiamo Kaori e anch'io lavoro li` ma al piano terra. >> le disse. La vide sospirare.
<< Senti, Kagome, so che forse saro` un po`sgarbata, ma non e`che potresti darmi un passaggio? >> chiese speranzosa. Kagome sospiro` a sua volta.
<< Magari avessi io qualcuno che mi accompagni a casa. Mi dispiace ma io devo aspettare l' autobus o al massimo prendero`un taxi, ma nel frattempo dovro`
aspettare qui al freddo delle sere di gennaio. >> conluse melodrammaticamente roteando gli occhi al cielo scocciata.
<< Ah, va bene, grazie comunque. >> rispose Kaori. 
<< Il fatto e` che mio padre e` in ospedale, per malattia, e io devo assolutamente raggiungerlo prima che finisca il tempo delle visite, ma a piedi non arriverei in tempo, quindi mi tocca aspettare il pulmino, anche se non sono sicura che arrivera`in tempo. >> disse poi affranta.
<< Mi dispiace. >> le disse la corvina sinceramente in pena per lei.
<< Oh, no, non devi. >> le rispose sorridendo. Anche Kagome sorrise. Forse ora non sarebbe piu`stata tanto sola in quell'ufficio.
In quel momento sentirono dei passi alle loro spalle. Entambe fissarono con la coda dell'occhio la figura dietro di loro.
InuYasha ...
<< Buona sera, Signor Taisho. >> disse educatamente Kaori, ben conscia di quanto fosse importante l'autorita`del giovane. Kagome invece non disse niente.
Era ancora furiosa per come era stata trattata in libreria. L'albino non fece caso ne`all'una ne` all' altra. Anche lui era piuttosto turbato.
Videro poi una grossa auto lussuosa fermarsi esattamente dinanzi a loro. Ovviamente era l'autista di InuYasha che era giunto sul luogo.
Kaori s'avvicino`al ragazzo e s'inchino`in segno di rispetto.
<< Signor Taisho, so che non dovrei chiederglielo, ma potrebbe per cortesia concedermi un passaggio fino all'ospedale? La prego, non rifiuti, e` una cosa importante, si tratta di mio padre. >> disse flebilemente. Kagome sbuffo`. Figuriamoci se "lui" avrebbe dato una passaggio ad una persona che ne necessitava.
<< Hai qualcosa da dirmi Higurashi? >> disse lui torvo facendola sobbalzare. Nego` leggermente con la testa.
<< Se ci tieni, ma non farci l'abitudine Hoshina. >> disse poi rivolgendosi a Kaori in modo freddo. Infondo, per lui suo padre era la persona piu` importante della sua vita,
quindi perche`togliere questo privilegio a qualcun' altro? (quindi avrete capito che quando si tratta di madri, diventa peggio dell'InuYasha indemoniato xD Mentre 
quando si tratta di padri, diventa leggermente piu' "umano" caratterialmente XD Nd. me )
Kagome ne rimase particolarmente sorpresa. Non s' aspettava un simile gesto nobile da parte sua.
<< L0 faccio per l'umanita' Higurashi, non farti strane idee, non per questo saro`piu`"gentile" nei tuoi confronti. >> di giustifico`vedendo l'espressione di lei.
Kagome alzo`un sopracciglio. E questa da dove spuntava fuori? Umanita`?
<< Sai pensavo fossi piu`sveglia Higurashi, infatti, sei abbastanza stupida. >> continuo`poi.
Kagome strinse i pugni mentre un nervo pulsava sulla sua fronte. E questo che centrava? 
<< Kagome, tu in che direzione dovresti andare? >> intervenne Kaori cercando di sciogliere la tensione.
<< Eh? Ah, beh, credo la stessa che predi tu, solo forse un pochino piu`avanti. >> le rispose.
<< Allora, Signor Taisho, se non le e`un disturbo, potrebbe dare un passaggio anche a lei? A quest' ora dubito trovera` un pulmino, ovviamente col suo consenso. >>
Kagome la guardo`sorpresa, non solo per l'innaspettata offerta, ma anche dal suo modo di parlare. Gli si rivolgeva in un modo talmente rispettoso, che InuYasha non le negava niente. In questo caso, o era lei che gli stava particolarmente antipatica, o semplicemente stava il fatto che lei un tono cosi`, con lui, non l'aveva mai usato, anzi.
<< Fate come volete, basta che non mi facciate perdere altro tempo. >> concluse lui come al solito sedendosi al sedile anteriore dell'auto, cedendo il posto alle due ragazze.
<< Kaori, io non credo che sia il caso di ...>>
<< Non temere, non succedera`niente. >> le disse, intuendo che tra loro due non correva certo buon sangue.
<< Tu sei stata cosi`gentile con me a preoccuparti, lascia che ricambi il favore. >> le disse trascinandola dentro contro voglia.
Il viaggio procedette lentamente e silenzioso, interminabile per Kagome. L'aria era piu`tesa di una corda di violino, soprattutto tra lei e il suo capo. 
Kaori invece ora sembrava particolarmente rilassata. Ne fu felice.
<< La ringrazio, dovrei scendere qui. >> disse poi ad un tratto Kaori.
<< Anch' io! >> intervenne Kagome lanciando un' occhiata supplichevole all' altra, gia`pronta a ribattere. Non ce la faceva piu`a respirare li' dentro, figuriamoci poi rimanere sola con lui!
Scesero in silenzio e ovviamente InuYasha non si degno`nemmeno di salutare.
<< Kagome ma perche`sei scesa qui? >> chiese poi Kaori dando voce ai suoi pensieri.
<< Lasciamo stare. >> disse lei sospirando. 
<< Comunque non riesco a credere che abbia ceduto cosi`facilmente.>> disse poi Kaori fissando l'auto sparire all'orizzonte.
<< Non riesco nemmeno a credere che sia lo stesso Mr "odio le donne con tutto me stesso". >> disse poi. Ormai la fama di InuYasha per questo fatto era risaputa.
<< Gia`, ne sono sorpresa anch'io. Non pensavo ci avrebbe dato una mano. >> mormoro`a sua volta  Kagome con gli occhi pieni di stupore.
Ma quante faccie aveva quel ragazzo? Quante ne avesse, era fuori dalla sua portata ... era un vero e proprio enigma!
<< E`un po`scorbutico, certo, ma non e`un cattivo ragazzo. >> disse poi Kaori. 
<< Si`, si` , non e`nemmeno cosi`una brava persona. >> le risposa ammicata Kagome. Kaori rise piano.
<< D' accordo, d' accordo, ci vediamo Kagome, io ora devo andare. >> le disse prima di sparire dietro l' angolo sorridendole.
<< E grazie per la compagnia. >> urlo`svoltando."




<< Ciao Kagome, che bello rivederti. >> le disse raggiante come al solito.
<< Ciao anche a te, Kaori. >> rispose sorridendo. Non poteva comunque negare che era particolarmente, e piacevolmente, sorpresa di ritrovarla li`.
<< Posso sapere cosa ci fai qui? Non sapevo che si potesse passare da un piano all'altro. >> disse Kagome ricordando il suo primo giorno di lavoro, anche se sarebbe stato meglio rimuovere quel ricordo dalla sua mente visto che non era stato proprio il massimo, in cui lei non aveva avuto il permesso di recarsi al pian terreno per andare semplicemente in 
bagno a detta di InuYasha.
<< Beh, in realta`non si potrebbe, a meno che non si tratti di qualcosa che abbia a che fare col lavoro. >> disse l'altra pensierosa.
<< Comunque, Kagome, ho bisogna di un tuo favore. >> le chiese dandole in mano un grosso mazzo di fiori bianchi. Kagome li guardo`senza capire.
<< Potresti consegnare questi fiori al Signor Taisho? Intendo, per ringraziarlo della sua gentilezza. >> mormoro`Kaori mettendo le mani sui fianchi.
<< E poi oggi e` anche il suo compleanno, quindi si potrebbe considerare come un regalo. >> continuo`incrociando le braccia al petto.
Kagome rimasi sconcertata per qualche secondo. Il compleanno di InuYasha? Questa si che era una sorpresa!
Chissa`, forse quel giorno sarebbe stato piu` di buon umore e forse non l'avrebbe trattata come al suo solito. Ah, magari potesse avere anche lei un giorno tranquillo!
<< E quindi stavo cercando proprio te perche`lo sai che io non posso andare al settimo piano, invece tu si. >> le disse poi.
<< Ma come posso io .... >> cerco`di dire Kagome ma la ragazza corse via come un razzo.
<< Ci vediamo e grazie! >> urlo`da lontano. Bhe, ormai tanto valeva darglieli quei benedetti fiori.




Arrivo` alla sua cabina e busso`cautamente.
Doveva ammettere che si sentiva leggermente agitata, soprattutto perche`conoscendolo, non poteva prevedere che reazione avrebbe avuto nei suoi confronti e, sinceramente,
avrebbe voluto evitare. Entro`dopo aver ricevuto un brusco permesso. Bene, di male in peggio.
Si guardo`intorno, quasi a scovare un modo per svignarsela, inutilmente. Prese infine - rassegnata - un lungo respiro e si diresse a passo spedito verso di lui.
Poggio`i fiori sulla scrivania, beccandosi un'occhiataccia silenziosa - ma che esprimeva piu` di mille parole - tra il seccato, interrogativo e il dubbio.
<< Che significa? >> chiese brutalmente come al solito. Kagome lascio`cadere le mani lungo i fianchi - stringendoli in due pugni - cercando di contenersi ed evitare un possibile futuro litigio.
<< Sono per lei, Signor Taisho. Per il suo compleanno intendo. >> cerco`di dire, visto che le mancava un bel pezzo di frase, ma come al solito venne interrotta. Quel giorno
sembrava ancor piu`irrascibile del solito. 
<< E allora? >> domando`lui storcendo il naso e alzandosi dalla sua postazione. Kagome apri`la bocca per rispondere, ma la richiuse subito dopo constatando che il ragazzo aveva
gia`iniziato - come suo solito - a sbraitarle contro.
<< Di solito, ai compleanni e`lecito regalarsi dei boquet. >> disse con sarcasmo la corvina, beccandosi un' altra orripilante occhiataccia. Lo vide alzarsi dalla sua postazione.
<< E allora? Il mio compleanno ha fatto qualche particolare cambiamento sulla tua vita? >> chiese nuovamente lui assottigliando lo sguardo.
Kagome alzo`gli occhi al cielo mentalmente. Si limito`a scuotere leggermente la testa.
<< No, come sei nata tu, sono nato anch' io. >> la riprese lui stringendo i pugni sulla scrivania.
<< Tu vivi la tua vita e io la mia. >> continuo` imperterrito fissandola - anzi - trapassandola con lo sguardo.
<< E vieni qui per lavorare, non per festeggiare il mio compleanno. >> concluse la sua ramanzina con aria saccente. Nella mente di Kagome - apparentemente calma -
s' affolavano migliaia di pensieri. A quanto pare - a dispetto di quello che aveva sperato - InuYasha e la parola Compleanno non andavano affatto in sintonia.
<< E se anche facessi una festa, non inviterei certamente persone del tuo calibro. >> disse lui facendo crollare la maschera di tranquillita`della ragazza.
<< Se una persona ha problemi coi fiori, allora il problema non e` nei fiori, ma nella persona stessa. >> disse lei trucidandolo. 
<< Mia zia dice sempre che se c' e` qualcosa che ci da`fastidio, che ci preoccupa o che semplicemente ci manda in sobbuglio, basta gettarla fuori dalla nostra vita e ricominciare
dal punto esatto in cui ci eravamo fermati, forse le cose andranno diversamente. >> continuo`in un misto di rabbia e risentimento verso il ragazzo.
<< E comunque, questi fiori sono da parte di Kaori, non mia, per ringraziarla del passaggio e per augurarle un buon compleanno. >> disse profondamente irritata.
Ogni volta che andava a fare qualcosa di buono, finiva sempre in mezzo lei, senza motivo poi!
<< Se vuole tenerli, li tenga, se vuole buttarli, faccia pure. >> concluse. Dal giorno precedente - dopo quello strano litigio in libreria - i rapporti erano freddi tra loro.
Un muro di ghiaccio si era eretto tra di loro, e forse solo un raggio abbagliante avrebbe potuto scioglierlo, sciogliendo il cuore della ragazza stessa, ma era piuttosto improbabile.
<< E ora se permette, tornerei al lavoro. >> disse prima di uscire da quell' opprimente stanza, lasciando appena appena basito l'albino, che si sedette pesantemente sulla sedia
con una smorfia irritata sul viso. Era da quando si era svegliato, da quando aveva fatto quel sogno che si sentiva terribilmente strano, talmente disorientato, e non era certo da lui.
Ora piu` che mai, visto che suo padre - stranamente - gli aveva regalato le chiavi della sua vecchia casa.
Gia`, le chiavi ...
Il suo sguardo si poggio` nuovamente su quell' oggetti luccicanti poggiati sulla scrivania. Ne ripasso`il contorno con la punta delle dita, sfiorandole, quasi avesse paura che si rompessero. Cosa poteva fare? 
Aveva addosso una tentazione pazzesca di andare li`, dove aveva trascorso la sua infanzia, ma allo stesso tempo sentiva qualcosa all' altezza del petto dolerli.
Aveva forse paura?
Impossibile ... o forse ...
La sua mente continuava a dirgli di non pensarci, di dimenticarsi, ma il suo cuore - organo muscolare, ahime`, involontario, che mai aveva considerato - martellava furioso,
procurandogli un' ansia lacerante. Come si sentiva? In sobbuglio ...



" << Mia zia dice sempre che se c' e` qualcosa che ci da`fastidio, che ci preoccupa o che semplicemente ci manda in sobbuglio, basta gettarla fuori dalla nostra vita e  ricominciare dal punto esatto in cui ci eravamo fermati, forse le cose andranno diversamente. >>




In fondo, le parole di quella femmina, non erano insensate. Ma l' unico modo per gettare quell' ansia fuori dalla sua vita era togliersi quello sfizio una volta per tutte, andando
purtroppo, ad aprire i meandri del suo passato.
Prospettiva non proprio allettante.




. . . . . 


Dopo circa un' ora tutto il personale era riunito nella cabina di InuYasha,
una sotto specie di riunione possiamo dire, ad affrontare uno dei tanti progetti per l' azienda. L' albino aveva appena finito di leggere quelli che sarebbero dovuti essere gli appunti e i temi da trattare nella riunione che tra poco si sarebbe svolta. Li poggio`sul tavolo.
<< Akito, tu sarai a capo della presentazione, illustrerai le nostre idee all' altra agenzia. >> disse ricevendo in risposta un cenno col capo.
<< Tutto chiaro? >> chiese poi rivolto agl' altri che diedero un responso positivo. Kagome aveva un' espressione indispettita sul volto e continuava a giocherellare nervosamente
con le dita. Il lavoro l' aveva fatto lei, e lui - ovviamente - non le aveva nemmeno dato una parte nella riunione! Avrebbe cosi` tanto voluto parteciparvi ed esporre le proprie idee. Lo sguardo di InuYasha cadde - nuovamente - sul mazzo di chiavi dinanzi a lui. Lo prese e si alzo`.
<< Ci vediamo piu`tardi. >> disse prima di dirigersi verso la porta. Ormai aveva gia`informato della sua momentanea assenza dall' ufficio, lasciando l' azienda nelle mani dei suoi impiegati. Akito volse lo sguardo verso una Kagome parecchio risentita che fissava il pavimento con aria triste.
<< Signor Taisho? >> lo richiamo`il ragazzo, attirando anche l' attenzione di lei.
<< Posso farmi aiutare da Kagome nella realizzazione del progetto? >> chiese speranzoso, mentre negl' occhi di lei si accendeva un barlume di brillantini.
InuYasha si fermo`schioccando la lingua con fare nervoso. Volse il suo sguardo verso il boquet di prima, che era rimasto malamente poggiato su un mobiletto.
Si volto`verso Kagome che ancora gli dava le spalle. Si mise le mani in tasca per poi guardare Akito con una strana espressione dipinta sul viso.
<< Certamente, quando i clienti arriveranno, la signorina Kagome gl' accogliera`con tanto di fiori. >> disse con un mezzo ghigno`stampato sul volto. La ragazza presa in considerazione si giro`verso di lui con un' espressione sconcertata, se non offesa.
<< Dovresti riuscire ad eseguire almeno questo compito cosi`elementare, no? >> la beffeggio`poi voltandole le spalle. Kagome abbasso` lo sguardo mordendosi il labbro inferiore.
Se non fosse riuscita a trattenersi, sarebbero stati guai seri.
<< Un' altra cosa. Tutto il lavoro deve essere finito prima del mio ritorno, chiaro? >> invoco`, ricevendo l' ennesimo responso positivo. Poi - finalmente - usci`dalla stanza.
Kagome strinse i pugni e - a sguardo basso ma furente - si diresse all' esterno a sua volta.
<< Oh no! >> si lamento`qualcuno attirando l' attenzione di Akito.
<< La torta! Ce ne siamo completamente dimenticati! >> grido` un altro impiegato prendendo tra le mani un paccheto, contenente probabilmente il dolce appena nominato.
<< Non preoccupatevi. Lasciamola sul tavolo, quando tornera`il Signor Taisho la vedra`. >> suggeri` a quel punto Akito. Gli altri eseguirono per poi uscire silenziosamente dalla stanza.



InuYasha stava scendendo la rampa di scale che portava al piano di sotto quando incrocio`un impiegato che parlava urgentemente al telefono.
<< Buongiorno Signor Taisho. >> disse quello con sveltezza staccando per qualche secondo l' apparecchio dal suo orecchio, per poi proseguire la sua chiamata, sorpassandolo.
<< Il mio cellulare. >> constato`tastandosi la tasca dei pantaloni vuota. Probabilmente l' aveva dimenticato su in cabina.
Giro` i tacchi, iniziando a salire nuovamente le scale.


Kagome girava per i corridoi con i mano ben tre file che riguardavano la riunione che si sarebbe tenuta pressapoco.
<< Questo file ... ? >> si chiese sfogliando uno di essi con un punto interrogativo.
<< Oh no! Dovevo darlo al Signor Taisho! >> si disse richiudendolo. Ricordandosi pero` che il ragazzo ormai era uscito decise di recarsi nella sua cabina e poggiarlo in silenzio sulla scrivania, senza lasciare tracce dell' errore commesso.



InuYasha mise il suo telefono accuratamente in tasca, constatando di non aver dimenticato nient' altro. La sua attemzione venne pero` catturata da uno stano cofanetto poggiato sul tavolino accando ai divanetti. Aggrottando le sopracciglia vi si diresse e lo apri` velocemente. Rimase sconcertato nel vedere una torta al cioccolato - che odiava - con una 
scritta in panna che diceva - Auguri Sig. InuYasha -
Stinse i pugni storcendo il viso in una smorfia irritata. Il suo pensiero ricadde nuovamente sulla ragazza dai lunghi capelli corvini, inducendolo a crederla il soggetto di quell' azione.
<< Quella ragazza ... non imparera` mai! >> 





Kagome entro` nella cabina con i file in braccio, ma si sorprese di trovare InuYasha alla scrivania.
Non era uscito?!
Stava picchiettando nervosamente le dita sul ripiano di vetro, in modo quasi angosciante, mentre le sue labbra erano incurvate in una smorfia spazientita.
<< Oh, vieni, vieni. >> la incito`in modo quasi ironico. Kagome degluti` impercettibilmente. Che aveva fatto stavolta???
<< Hai qualche altra sorpresa da farmi? >> le domando`, beccandosi un punto interrogativo fa parte della ragazza. Lo vide alzarsi - bruttissimo segno - e dirigersi verso di lei
con aria furente. Quel giorno lo vedeva piu`nervoso e agitato del solito, piu` irascibile. 
<< Mi sembrava di averti detto che non festeggio in alcun modo il mio compleanno, no? >> disse retoricamente trucidandola con lo sguardo. Kagome annui`lievemente.
<< I bambini festeggiano i loro compleanni, il natale e la pasqua! >> continuo`imperterrito. Sul viso di Kagome iniziarono a formarsi tanti piccoli punti interrogativi.
La sua espressione s' acciglio`in qualcosa di ambiguo, di confuso.
<< Non io! Cosa credi?! Che debba stare qui tutto il giorno a gioire?! >> chiese. A Kagome scese un gocciolone mentalmente.
Possibile che quell' uomo avesse problemi con tutto e con tutti?!  La fotografia, gli scarafaggi, le donne, i ritardatari, e ora perfino con le festivita`?
Oh,  spiriti eccelsi!
<< No! Io ho molte altre cose da fare! >> insistette. Kagome farfugliava frasi disconnesse a bassa voce del tipo " Ma che cosa ...?" o "Non ci capisco niente! "
Il problema era infatti che - pur ascoltando la conversazione di InuYasha - non riusciva a capire cosa centrasse lei con tutto quello! Ok, aveva capito che non gli piacevano le festivita`, che non aveva tempo, che aveva altro da fare, ecc ... glielo stava ripetendo dal mattino, come una cantilena! Ma ... perche` a lei???
<< Sei stata tu vero? Se stata tu a portare quella maledetta torta?! >> urlo` infine chiarendo i suoi dubbi. Kagome segui`con gl' occhi la direzione che indicava il braccio di InuYasha e vide una torta al cioccolato posta su un tavolino.
In men che non si dica, le fu tutto chiaro. Possibile che qualunque cosa succedesse in quel dannato ufficio, la colpa cadesse sempre su di lei?
<< Aspetti un attimo. >> disse finalmente tendendo una mano in avanti, per bloccare una possibile avanzata delle sue accuse.
<< Come ha potuto anche solo pensare che sia stata io a portare quella ... cosa, nel suo ufficio?! >> domando` in preda all' ira, mentre tutta la calma tentata dal mattino, stava esplodendo insieme alla sua sopportazione.
<< Anche stamattina, quando le ho partato il boquet di Kaori, ha pensato la stessa cosa! Ma perche` si fa i filmini da solo?! Perche` per una volta, per almeno una volta, non 
prova a chiedere agl' altri?! >> grido` a sua volta, rendendosi conto che forse stava esagerando con le parole, ma in quel momento era troppo furiosa.
<< E poi, lascia che le dica una cosa, io il boquet e la torta al mio capo, le porterei anche ... se avessi un buon rapporto con lui! >> disse poi dando voce ai suoi pensieri.
<< E una relazione cosi` formale e distaccata come la nostra, i compleanni non vanno celebrati, e no, quella torta non ' ho messa io e non ho la minima idea di chi sia stato! >> urlo` furiosa.
<< E io ero venuta solo a darle questi file, perche si`, anch' io ho molte altre cose da fare piuttosto che festeggiare il suo compleanno! >> disse prima di sbattere con forza il file nero sulla sua scrivania e uscire furtiva dalla cabina, con un buco nero che le faceva da aura.
InuYasha rimasto - inizialmente - basito dall' intraprendenza della giovani, senti` la rabbia tornarlo ad assalire.
Si diresse verso la torta poggiata ancora bellamente sul tavolo e la prese tra le mani. La fisso`con astio - quasi volesse imprimere il proprio odio in essa, avvelenandola -
per poi storcere il viso in una smorfia irritata. Di mise in posizione, come i battitori di baseball, pronto a lanciare la sua pallina.
3 ....
2 ....
1 ....
Lancio`quella massa scura verso la porta con tutta la rabbia che aveva in corpo, ma, qualcosa, non ando` come previsto.
Infatti - mentre la torta era ancora in volo - apparve sulla soglia Kagome con passo svelto, che non riusci` ad evitare il dolce,  che fini` malamente spiaccicato sul suo volto.
La vide boccheggiare, mentre la sua faccia era interamente coperta da quella sostanza appiccicosa, troppo appiccicosa. Qualche macchia sfortunanta ando` a sporcare anche la sua camicia bianca, facendovi da contrasto.
Dal canto suo, InuYasha era rimasto immobile, con gl' occhi leggermente spalancati, mentre deglutiva impercettibilmente, maledicendosi da solo.
Forse, questa volta, l' aveva combinata grossa. Impacciato e un po` intimorito dalla reazione che la ragazza avrebbe potuto avere, s' avvicino` a passo lento, non prima di aver preso con se` un pacchetto di fazzoletti poggiati sul tavolo. 
Quando le fu di fronte, Kagome lo lincio` con lo sguardo. Se era possibile commettere omicidi con esso, penso` che sarebbe  morto gia` da molto tempo.
Gli strappo` letteralmente i fazzoletti di mano, iniziando a tirarli fuori qualche paio alla volta, strofinandoseli sul viso nel tentativo di mandare via il cioccolato dal viso.
<< Io, ecco ... la stavo buttando nel cestino. >> si giustifico` lui, un po` confuso e forse - nelle anticamere del suo cervello - sentendosi leggermente in colpa.
La vide puntargli un dito contro, con il pugno stretto intorno a una manciata di pezzi di carta.
<< Attento a cio` che dice! >> lo fulmino` lei. InuYasha la fisso interrogativo. Cosa aveva fatto questa volta?
<< La mia faccia, non e` un cestino! >> grido` poi, chiarendo i suoi dubbi.
" Stupida! " si ritrovo` a pensare l' albino. Non intendeva certo quello!
<< Se vuoi, se vuoi puoi usare il bagno e tutto il materiale disbonibile ... asciugamano, sapone, creme ... >> cerco` di dire, negando le stesse parole che qualche giorno prima le aveva detto, ovvero " Non userai mai il bagno! ". Si senti` colpito nell' orgoglio.
<< No grazie! >> scandi` lei, in preda all' ira piu` nera. E pensare che - se non fosse stata furente - avrebbe riso nel vederlo cosi`impacciato e stordito. E poi quella situazione le sembrava talmente ridicola che sarebbe bastato un semplice " Scusami, non volevo " da parte sua. Ovvimante un sogno destinato a rimanere tale.
<< Non mi piace usare le cose degl' altri. >> aggiunse prima di sbattere tra le sue mani i fazzoletti restanti e uscire furiosa, battendo i piedi. 
InuYasha quasi sospirato sollevato. Fisso' poi cio` che la corvina le aveva riposto tra le mani. Fazzoletti zozzi di cioccolato. Li lascio` cadere a terra facendo un passo indietro.
Forse, questa volta, aveva sbagliato, ma appena un pochino- ino - ino.
" Mah, che vuoi che sia! " si autoconvinse alla fine, forse per levarsi di dosso quei piccoli sensi di colpa.
Ma poi, tutta la sua inutile preoccupazione svani`. Le chiavi!






Era arrivato ad una vecchia villa, malandata col tempo, ma ancora saldamente in piedi.
Le pareti grigiastre erano rovinate e scheggiate, cosi` come tutte le erbacce cresciute intorno ad esse. La villa era circondata da una fitta boscaglia, cresciuta da sola nel tempo.
Sembrava un luogo quasi disperso.
InuYasha si ritrovava davanti al portone, al grosso portone.
Ne accarezzo` la superficie con la punta delle dita, indeciso sul da farsi. Non poteva negarlo. Aveva paura. Paura di rinfacciare il passato, paura di se stesso.
Poggio` una mano sulla maniglia, schiacciandola leggermente, quando senti` un tocco sulla spalla. Si giro` di scatto sorpreso.
E poi vide tutto il suo passato venirgli violentemente sbattuto in faccia. Come una doccia gelida, come un fulmine a ciel sereno.







To Be Continued ... :)














- Angolino Ritardataria -

Haloa people! (?) ^^
Ormai e` inutile dire che come al solito sono in ritardo, ma queste ultime settimane sono state strazianti, verifiche su verifiche T.T
Eppure eccomi qua! *^* Con un nuovo capitolo, e questa volta e` veramente nuovo XD Come avrete notato e` un po`corto rispetto a quelli che scrivo 
di solito, ma altrimenti diventava troppo lungo. ^_^
Allora, chi pensate sia arrivato alla fine? Sono aperte le scommesse XD
Inanzitutto, devo rispondere a una questione non importante, importantissima! XD
Nello scorso capitolo, e non solo, qualcuno mi aveva posto una domanda, anzi due.
La storia sara` lunga?
Si basera` solo sul flashback, sul racconto di un InuYasha in prigione?! 
Pensavo fossero le curiosita` un po' di tutti, quindi ho preferito rispondere a tutti.
1 ) La storia sara`lunga, si`, troppo forse XD Non so nemmeno io quanto, ma tanto ^_^ Forse dovro` dividerla in due parti, o forse no ^_^
Dipendera` tutto quanto da come si svolgera`^_^ E dopo questa, vedendo quanto sia difficile mandare avanti una storia troppo lunga, non ne scrivero` piu`XD
2) Allora, la parte essenziale, il << nocciolo >> della storia e`basata sui ricordi, sul passato, di come due destini si siano  incontrati e forse intersecati a tal punto da distruggersi a 'vicenda, perche`il risultato lo vedete anche voi ( InuYasha in prigione, Kagome non si sa che fine abbia fatto .. )  un gioco, uno scherzo del destino che sio diverte a modellare le loro vite a suo piacimento, mettendoli continuamente sotto prova, ponendoli di fronte continui bivii. Voi fate finta che io abbai iniziato a scrivere da dove Kagome sale sul treno grazie all' aiuto di InuYasha. Cosi` sara`piu` semplice ^_^ Ma poi, ci sara` una storia, come dire oltre il flashback, ma sara`corta, no sara` una specie di sequel.
In poche parole, la storia si basa sul racconto! ^_^ Quindi, ne avremo per le lunghe, se non lunghissime XD
Spero che abbaite capito, non sono brava a spiegare XD
E poi, ho tanti malefici piani da attuare .. muhahahaha * risata malefica* XDDD Ripeto : Il virus Yasha 26 della sadicita` (?) mi sta dando al cervello XD
Vi aspetto numerosi, e spero che il capitolo sia di vostro gradimento ^_^ Pardon, eventuali errori XD
Il prossimo capitolo si chiamera` - forse - Le prime lacrime di InuYasha ... lascio a voi l' immaginazione ^_^

alla proxxima

Baci, Lullaby 99 ^^

P.S.
Ma quante belle recensioni mi lasciate *Q* Vi adorooooooo!!!! Grazie!!! <3

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Capitolo 6
*** Cause Pain Is Better Then Emptiness ***





Una volta intrecciato il filo rosso del destino non puo`piu`essere sciolto ...



InuYasha

Capitolo : 6



 
Cause
Pain
Is
Better
Then
Emptiness



 

Si schiaccio`ulteriormente contro la grande superficie del portone olivastro alle sue spalle, quasi volesse poter sparirvi dentro.
Dannazione! Ma perche` aveva deciso di venire in quel luogo? Avrebbe fatto meglio a seguire la sua mente - come aveva sempre fatto - invece che dare retta alle parole di quella ragazzina. Sentiva un grosso nodo alla gola bruciargli impedendogli di proferire alcun suono. Sbatte`piu`volte le palpebre nel vano tentativo di rendere quella amara verita`in un indesiderato sogno - anzi incubo. Ma niente. Era ancora li`.
Lui non era pronto; non era pronto per affrontare - cosi`- il suo passato, senza essere nemmeno pronto fisicamente, men che meno psicologicamente.
Avrebbe voluto parlare - gridare - ma la voce sembrava essergli morta in gola. Anzi, aveva una brutta sensazione, come se dentro di lui stesse prosciugando; da notare infatti il sudore che colava lungo le sue tempie. 
Possibile che - a lui - un semplice contatto ravvicinato, facesse quell' effetto?
Lui che nemmeno nei momenti piu`pressanti e tragici perdeva la sua solita compostezza che lo caratterizzava. O forse - semplicemente - a fargli quello strano ed indesiderato effetto era la persona dinanzi a lui. Una donna. Quella donna. Peccato solo che quella non fosse una donna qualsiasi. La donna che gli stava davanti, era colei che lui odiava, colei che l'aveva portato ad essere quello che lui in quel frangente era, ma che non voleva essere.
Quella, era sua madre.
Semplicemente madre; una madre che - a sua detta - non era degna di portare tale suffisso. Lei l' aveva abbandonato, lei l' aveva tradito, e sempre lei l' aveva cambiato. Non poteva - non voleva - perdonarle quell' affronto, non doveva.
Contemplo`il suo volto cosi` famigliare, cosi`famigliarmente odiato. Gli stessi occhi color caffe`limpidi e tranquilli, gli stessi capelli color ebano, lunghi e fluenti sparsi sulla schiena; il medesimo viso dolce e gentile, che molte volte - soprattutto negli ultimi giorni - aveva sognato e immaginato. Non era cambiata, affatto. Per questo si domandava: anche interiormente era sempre la stessa? La stessa persona che gli aveva voltato le spalle anni ormai sono?
Non poteva dirlo, e - francamente - non voleva saperlo. L'unica cosa che voleva fare era scappare. Lui, InuYasha, voleva solo fuggire, fuggire lontano in un punto di non ritorno.
Vide i suoi occhi brillare, scossi da un insolito tremolio; gli occhi socchiudersi dolcemente e le labbra accennare ad un sorriso tanto agoniato.
Quando InuYasha vide la sua mano avanzare pericolosamente verso il suo viso, si scanso di lato velocemente.
Non voleva essere toccato, non da lei. Adesso era libero, dietro di se` non aveva alcun portone che gli bloccasse una via d' uscita, ma - ora che ce l' aveva - era immobile; i suoi piedi erano ancorati al suolo, contro la sua volonta`. 
Il suo viso pero`, era troppo, troppo pieno di ricordi mai dimenticati. Gli sembrava che il mondo circostante avesse incominciato a girare 
vorticosamente intorno a loro e tutte le forme e figure oltre il contorno di quella dinanzi a lui iniziassero a sbiadire.
La vide ritirare la mano accennando ad un sorriso amareggiato. Amareggiato? Dopo tutto quello che aveva fatto, l' ultima cosa che poteva permettersi era quella di fare la parte della vittima.
- InuYasha. - disse lei con una voce talmente sottile e un tono maledettamente dolce. Quanto? Da quanto non sentiva la sua voce? 
Ormai, se l' era quasi dimenticato quel suono cosi`soave e melodioso. La voce di sua madre. Eppure - se lo ricordava - sua madre adorava cantare. Non ne perdeva mai l'occasione. E ricordava anche come lei e suo padre litigassero su quali orme avrebbe seguito lui, cantante come la madre o un uomo d'affari come il padre? Peccato solo che, a quel tempo, suo padre fosse un uomo qualunque. Un uomo nemmeno molto agiato che aspirava alla ricchezza, al potere. Eppure, lui lo conosceva. Suo padre, non era un tiranno, men che meno un uomo spietato e crudere che fosse comandato solo dall' avarizia; cosi`era solo come appariva.
- Alla fine tuo padre ha vinto. Ed e`riuscito a farti diventare come lui. - proferi`mentre il suo sguardo diventava malinconico. Cosa intendeva? 
Cosa significavano quelle parole? Vittoria? Avrebbe solo voluto ricordarsi meglio alcuni frangenti del passato, per quanto dolorosi potessero essere stati. Troppe volte, avrebbe fatto meglio ad ascoltare i contorti discorsi dei propri genitori, invece che rifugiarsi nel gioco con mente spensierata. Ma - infondo - era solo un bambino. E come tutti i bambini la sua priorita` era quella di divertirsi, ma anche di rendersi fiero agli occhi dei propri genitori. Si`, pensandoci, si ricordava ancore troppe cose legate al suo passato. E non andava bene. 
Lui voleva - doveva - cancellare ogni ben che minima informazione riguardante quei tempi lontani. Non voleva ricordare, mai. Il bambino felice e spensierato - ormai - era solo un' ombra di quello che era lui in quel momento.
Una persona completamente diversa. Incapace di capire e farsi capire dalle persone. Una persona con un sigillo, non solo sul cuore, ma anche sulla propria anima; e mai, avrebbe ceduto a qualcuno la chiave per aprirlo. Mai. 
Alzo`lo sguardo verso di lui avanzando di un passo; di riflesso, lui si ritrasse ulteriormente. Non voleva. Forse stava solo scappando. Ma non voleva.
- Come stai, InuYasha? E`da cosi`tanti anni che non ti vedo. - continuo`. Senti`chiaramente il suo sguardo percorrergli il corpo. Sembrava stesse studiando la sua figura con attenzione, quasi volesse imprimerla nella sua mente. Da dove usciva tutta quell' apprensione per lui? Le sue parole, gli apparivano talmente false e prive di sentimento. Si`, solo cosi`.
- Gli stessi occhi, gli stessi capelli, gli stessi lineamenti; la stessa arroganza e la stessa passione. - annuncio`dopo un' attenta analisi. Si riferiva forse a suo padre?
Il ragazzo strinse i pugni lungo i fianchi. Non gli piaceva ... non gli piaceva niente di quella maledetta situazione! Cosa sperava di ottenere facendo quei discorsi? Cos' era quello che leggeva nei suoi occhi? Era forse, nostalgia? 
- Eppure, qualcosa in comune con tua madre ce l'hai: la mia stessa cupezza, la mia tristezza, la mia delusione, la mia rabbia. I miei sentimenti. - disse chiudendo gli occhi mentre si scontrava col suo animo, per non buttargli le braccia al collo e piangere tutte quelle lacrime da tanto trattenute. Ma non poteva farlo. Farlo avrebbe conseguito ad un' ulteriore umiliazione; perche`InuYasha, non la comprendeva, non poteva nemmeno. Eppure tento`. Avanzo` di un altro passo verso di lui protendendo un braccio verso di esso.
Non chiedeva molto, voleva solo sentire ancora una volta, anche l'ultima, il calore della pelle del suo bambino. Solo questo.
- Inu-chan ...
- No! - fu all' udire di quel nome, proferito dalle sue labbra, che il suo animo sembro`riprendersi. Tutta la paura, la depressione, l'angoscia, lasciavano spazio a una nuova orribile sensazione: rabbia. La rabbia, la delusione e il tormento si stavano mescolando prepotentemente dentro di lui, ma quella che prevalse fu indubbiamente la rabbia.
Tutti i ricordi dolorosi e orribili provocati da quella donna e dalle sue sconsiderate azioni lo trafissero come mille pugnali. Ricordava quell' opprimente desiderio di fare tutto a pezzi, di vendetta avrebbe detto. Non poteva scordare la delusione provata ogni qualvolta vedeva ogni bambino sorridere felice al viso di sua madre, parlare e scherzare con lei; allora lui se ne stava in disparte a fissarli in silenzio, domandandosi anche se fosse stata colpa sua se lei l'avesse abbandonato, se avesse davvero sbagliato qualcosa lui; come poteva altrimenti, un madre lasciare il proprio bambino senza fare una piega, senza versare nemmeno una lacrima? 
Ricordava come se ne stava giornate intere chiuso al buio della propria stanza, guardando oltre l'orizzonte, in una flebile attesa cheda un momento all' altro sua madre comparisse, comparisse e non se ne andasse mai piu`. Ma non c'era mai nessuno. Mai.
Oppure quando piangeva - perche`si`, anche lui, purtroppo, possedeva un cuore che poteva soffrire - sentendosi terribilmente solo; sentiva la mancanza del sorriso di sua madre, sentiva mancanza di lei. 
Ma poi, tutto quel dolore e quelle ferite sanguinanti - un giorno - si traformarono in disprezzo, odio e tanta, tantissima rabbia. Ecco cosa aveva fatto per non soffrire, l'aveva odiata. Ma non era solo una maschera quel sentimento, no affatto, lui la detestava davvero, con tutto il suo cuore. Non poteva perdonarla per avergli rovinato non solo l'infanzia, ma anche per averlo reso quello che era in quel momento. Una persona d'acciaio, all' apparenza insensibile e spietata. Eppure - a volte - non riusciva a reprimere quel lato buono che era rimasto accantonato in un angolo del suo corpo, e quando questo lato emergeva, si sentiva arrabbiato con se stesso. Si sentiva fragile e debole, perche`questo significava che non era riuscito ad essere abbastanza forte, perche` infondo - il suo cuore - si scioglieva anch esso - raramente - ma accadeva. E questo significava anche che qualcun altro, un giorno avrebbe potuto ferirlo e quella volta, non era piu` sicuro che sarebbe riuscito a rialzarsi. Per questo, a volte, si sentiva cosi` solo. E tutto per colpa di quella donna.  
Esplose. Tutte quelle parole non dette, tutte le notti passate a pensare ai suoi dubbi. Se pensava davvero che l' avrebbe perdonata, si sbagliava di grosso.
- Smettila di chiamarmi cosi`! Solo mio padre potrebbe! Tu non sei nessuno! - detto questo strinse maggiormente i pugni fino a far sbiancare le nocche. Le lancio`un' occhiata piena di disprezzo mentre il suo viso assumeva una smorfia nervosa e irritata. Non riusci` nemmeno ad aprir bocca che vide la sua lunga chioma argentata sferzare in aria mentre lui si voltava.
E se ne andava. Vedeva la sagoma della sua schiena allontanarsi sempre di piu`. Sempre di piu`.
Protese una mano verso di lui, quasi volesse riuscire ad afferrarlo.
- No, ti prego aspetta! InuYasha! Non andartene! - grido`al vento, mentre la figura del suo adorato bambino era completamente sparita dalla sua visuale. Ritrasse la mano lentamente, guardansosi il palmo della mano. Non c' era niente. Nessuno. Cosa poteva aspettarsi? 
Cadde in ginocchio esausta. Quella conversazione era stata mille volte peggio di come se l'era mai immaginata. Lui la odiava. Per lui non era nessuno. Questo. Si era ripromessa di non piangere, eppure quelle strane gocce trasparenti che stavano bagnando il suo palmo, erano proprio lacrime. Lacrime di dolore e frustrazione. Non era stata capace di far nulla. Ne`allora, ne`adesso. Era sempre stata inutile. Loro non avevano mai avuto bisogno della sua presenza. Mai. Lo immaginava. Eppure, quella verita`vista cosi`da vicino, faceva cosi`male. Ma cosi`male.
- Non andartene, ti prego. - sussurro`mentre scoppiava in un pianto disperato.









- Adesso, la signorina Kagome Higurashi, vi fornira`maggiori dettagli sulla presentazione. - annuncio` Akito alla compagnia ospite. In quella riunione, se fossero riusciti nel loro intento. avrebbero firmato un importante contratto per la loro azienda multimediale. E, come previsto, 
Kagome aveva preso le redini del gioco. Era brava, cordiale e un' ottima illustratrice. Lei parlava, mentre l' altra compagnia prendeva decisioni a riguardo. Quando ebbe finito, il gestore ospite s' alzo`porgendo una mano d'approvazione alla ragazza, che la strinse volentieri.
Si sentiva cosi`fiera di stessa in quel momento. Quella era la prima volta che aveva concluso un affare, lei da sola. Con le proprie idee e forze. Per un contratto cosi`importante soprattutto. Ma, si disse, che tutto quello era stato possibile grazie alla mancata presenza dello scorbutico, altrimenti, col cavolo che l' avrebbe lasciata parlare al suo posto.
- Ottimo lavoro, signorina. Stia certa dell' affare. - disse l'uomo. 
- Deve procurarsi la firma su questi documenti da parte del Signor Taisho, entro oggi. Domani abbiamo il volo e dobbiamo partire. - 
Kagome annui`entusiasta. Era fiera, fiera di se stessa. Almeno qualcosa di buono, in quell' azienda, era successo anche a lei. Ora rimaneva solo la firma dello spilungone ed era fatta. Almeno per una volta, avrebbe potuto perfino lodarla. Ma , ovviamente, ne dubitava parecchio.


Kagome aspetto`. Aspetto` secondi, minnuti e ore, nel vano tentatativo che da un momento all' altro il ragazzo varcasse la soglia della sua cabina. Insomma!
Per una volta che non vedeva l' ora di incontrarlo, lui sembrava essersi dissolto nel nulla. Passeggiava ansiosa lungo tutta l' area della stanza. Non riusciva a stare ferma. Non ce la faceva. Era trepidante di vedere la sua firma su quei documenti. Ma ormai, dall' ufficio, se ne erano andati tutti, se non qualche segretario e le guardie di sicurezza.A proposito di quest' ultime, aveva scoperto di avere un rapporto apatico con le guardie. Ovunque andasse, le sbarravano sempre la strada. Era successo al concorso, a Villa Taisho e proprio all' ingresso dell' ufficio. 
Stanca di aspettare e crogiolarsi nei suoi ambigui pensieri, decise di contattare in qualche modo l' albino. Afferro`la cornetta del telefono decisa a digitare il suo numero. 
- Ma, non posso chiamarlo sul cellulare ... si arrabbiera`. - si disse facendo una smorfia di disappunto. L' unica cosa che voleva era quella di sorbirsi un' altra sfuriata.
- Pero` ... e` importante. Devo assolutamente far firmare quel contratto. - appurato cio`compose il numero ed aspetto di sentire la voce arrogante del ragazzo dall' altro capo.
Non rispose. Non rispose nessuno.
Riprovo`ancor piu`speranzosa.
Niente. Sembrava che il signor Taisho si fosse volatilizzato nel nulla. Sparito.
- Uffa! Eppure aveva detto che sarebbe tornato presto. - si disse scondolata riattaccando. Cosa poteva fare ora? Quel contratto era troppo importante, non solo per l' azienda, ma anche per lei. Non voleva, non poteva, lasciarselo sfuggire cosi`.
Non avendo molto altro da fare, se nonche`aspettare, ripenso`agli ultimi avvenimenti che le avevano scombussolato la vita in pochi istanti.
Prima di allora essa trascorreva su un unico sentiero, con meta il proprio sogno. Su un filo dove non si poteva altro che andare avanti, perche`non ci sono altre vie da percorrere. Ma poi, sul proprio filo, aveva trovato un nodo.
InuYasha.
Non l'aveva  ancora nemmeno incontrato quando, proprio lui, aveva inziato a cambiare incurante i tasselli di quel mosaico che era la sua esistenza. Come quella volta, si`quella volta, quando lui l'aveva rifiutata al concorso senza nemmeno sentire la sua voce, senza nemmeno guardarla in viso.
Era distrutta, certo, dopo tutte le speranze nutrite negli ultimi mesi, erano state spazzate via come sabbia al vento. Eppure, non aveva mai covato rancore per quel fatto, mai. Era convinta che, infondo, anche se non aveva guadagnato nulla in cambio, ne era valsa la pena, perche`aveva avuto l'opportunita'di porgere una mano a quell' anziana signora. Pensandoci, qualcosa indietro l' aveva ricevuto. Si`, aveva ricevuto la benedizione di quella donna. Prima o poi, sarebbe pur tornata utile, no? 
Venne riscossa dal vibrare del proprio cellulare: un messaggio da parte di Sango. 
Beh, in effetti era piuttosto tardi e lei non si era nemmeno degnata di 
avvertire. Rispose alla sorella, rassicurandola.
- Beh, a questo punto, saro`pure avventata, ma penso che non mi resti altro da fare che andare a Villa Taisho . - si disse sospirando contrariata.
- A quest' ora, dove altro potrebbe essere? - 







- Signore? - un ronzìo fastidioso gli rimbombò nella testa, che sembrava pronta ad esplodere.
- Ehi? Signore? - mugugnò irritato aggrottando le sopracciglia come un bambino a cui è stato sottratto il proprio sonno. Controvoglia riaprì impercettibilmente gli occhi appannati. Le palpebre li si chiudevano da sole talmente faticava a tenerle aperte. Con immane sforzo si alzò dalla propria posizione scomoda: era accasciato sul bancone del bar di uno dei tanti pub. Evitò di mettersi in piedi, in quanto non era affatto sicuro che sarebbe riuscito a reggersi. Si portò entrambe le mani sulle tempie, massaggiandosele con cura. La testa doleva terribilmente, ma non avrebbe saputo dire se era per tutta la quantità di alcolici che aveva ingurgitato o per via del troppo pensare. Pensare a lei. 
- Signore, il locale è chiuso. La preghiamo di uscire. - ripetè nuovamente il cameriere facendo un lieve inchino. In risposta ricevette un assenso sommesso e si congedò. Tastò la superficie legnosa del bancone in cerca del proprio telefono, ben sicuro di averlo abbandonato lì da qualche parte. Infatti la sua mano ando`ad incontrare qualcosa di solido. Lo mise in tasca .
Un po' barcollante, s'alzo`e si diresse verso l'uscita, senza mai togliersi una mano dalla tempia. 
Incredibile che, dopo tutti quei bicchieri, avesse in se`ancora un briciolo di lucidita`.
Ora, sperava solo di riuscire a tornare a casa, tutto intero. Si era rifugiato nell'alcol, dopo la tremenda mattinatata, almeno a livello 
psicologico, che si era ritrovato. Voleva essere forte, eppure aveva necessita`di scappare e nascondersi. 
Debole.
Ecco come si sentiva. E non lo accettava. Non accettava una sconfitta del genere, soprattutto perche`la sua sconfitta sarebbe stata la vittoria di quella donna. Ammettere di non essere in grado di andare avanti? Mai.
Soprattutto quando, per lui, non era affatto vero. 







Kagome faceva ticchettare alternativamente l'indice e il medio sul sedile posteriore del taxi. A quell' ora, ovviamente, non aveva trovato altro mezzo. Una mano sorreggeva il mento, mentre lo sguardo era perso fuori. Era agitata, lo ammetteva. Era insicura, perche`non era affatto convinta di voler andare a Villa Taisho, anzi, era sicura del contario. Ma, infondo, cosa sarebbe successo? Una sgridata? Due?
Beh, oramai ci era abituata; non faceva molta differenza. Fu in quel momento che, il suo sguardo argentato, scorse qualcosa nel buio oltre il finestrino.
- Si fermi! - disse al conducente, che con una brusca frenata, arresto`il veicolo. Pago`velocemente il conto, anche se avrebbe giurato che quell' uomo le avesse preso qualche soldo di troppo, e si volto`nuovamente verso la fonte dei suoi pensieri. Quello che vedeva, non era forse il suo capo? Quale colpo di fortuna!
Lo raggiunse con passo svelto, piazzandosi al suo fianco con sguardo perplesso.
- Cosa ... cosa sta facendo? - chiese vedendolo intento ad inserire le chiavi nella serratura dello sportello della propria auto, ma mancando continuamente il bersaglio. Lui si giro`, trapassandola col suo sguardo annebbiato e confuso. Certo, trovarlo li`, all ' una di notte, davanti a un pub, non era l'ideale.
Studio`la sua figura muscolosa arrossendo lievemente. La camicia nera era sbottonata all' estremita` superiore e lasciava intravedere chiaramente i muscoloi scolpiti del ragazzo, le maniche arrotolate fino ai gomiti e infine i capelli arruffati introno al viso, ma comunque dannatamente belli.
" Cosa diavolo sto pensando?! " si chiese allibita.
- Tu ... sei arrivata anche qui? - chiese lui con voce palesemente seccata. Avvicino`il proprio viso a quello della ragazza che degluti`impercettibilmente.
- Chi ti credi di essere per farmi una domanda del genere? - disse con voce impastata. Dal suo alito Kagome capi` chiaramente che era ubriaco marcio. Infatti era strano vedere InuYasha, sempre composto e rigido, molliccio e traballante come una gelatina. Lo vide indietreggiare, fino a posizionarsi di lato al cofano.
- Sto andando a casa dannazione! - grido`portandosi una mano nei capelli, visto che sentiva la testa scoppiare. Senti`il buio davanti agl' occhi per diversi secondi, tanto da barcollare e cadere sul cofano, ma ben piantando i gomiti su di esso. In un attimo Kagome lo raggiunse afferrandolo per le spalle.
- Signor Taisho! - grido` seriamente preoccupata per le sue condizioni. Lui la scanso`, rimettendendosi in piedi come niente fosse.
- Sto bene. - annuncio`con una nota d'orgoglio nella voce. 
" Non cambiera`mai! " si ritrovo`a pensare Kagome sospirando e sorpassando volutamente il fatto che lui l' avesse spintonata malamente. Strinse i pugni lungo i fianchi, cercando di andare dritta al sodo.
- Mi serve la sua firma su dei documenti molto importanti, Signor Taisho. - disse cercando di sembrare impassibile. Lo senti` sbuffare sonoramente. In quel momento l' avrebbe definito un bambino capriccioso e viziato, vedendo la sua espressione imbronciata.
- La gente ha paura di me! Con uno schiocco delle dita posso cambiare la vita di decine di persone! - grido` girandosi nuovamente verso di lei afferrandola per le spalle. A Kagome scese un gocciolone sulla testa. Sicuramente l' alcool gli stava dando al cervello, ecco perche`blaterava cose senza senso.
- Si, ma chi cambiera` la sua vita? - sussuro`Kagome guardando un punto imprecisato.
- Hai detto qualcosa? - grido` lui autoritario.
- E se l'hai fatto, come hai osato? - urlo`nuovamente allontanandosi da lei. Kagome scosse la testa esasperata. Tra poco il suo auto controllo sarebbe crollato, ne era certa ...
- E comunque ... chissa`cosa divolo ci fai tu qui ... -
- Sto provando pieta`per le sue condizioni, francamente. - disse lei fissandolo con uno sguardo enigmatico mentre lo afferrava, vedendolo trabballante.
- E lasciami! -
- Se la lascio cadra`di nuovo! -
- Non ero caduto! Avevo solo ... perso l' equilibrio ...- disse lui distogliendo lo sguardo dal suo. Kagome roteo` gli occhi al cielo.
- Penso .. di non stare molto bene ... - disse lui poi, assumendo un' espressione imbronciata.
- E quando mai sta bene ... ha sempre la temperatura al massimo ... - boffoncchio`lei piano, ricordando tutti i loro litigi.
- Cos hai detto?! - grido`lui fulminandola.
- Che ... ehm ... penso che oggi dovro` accompagnarla a casa io. - disse accennando a una risatina nervosa.
Lo aiuto`ad accomodarsi sul sedile anteriore dell' autovettura per poi alzare lo sguardo verso il cielo notturno ma nuvoloso.
- Oh, Kami! Proteggeteci! - disse sperando realmente in una benedizione.
- Se ... se dovessi causare qualche graffio alla sua auto, non mi faccia fare altro lavoro supplementare, per favore. - gli chiese con tono supplichevole prima di mettere in moto il veicolo. Accese il motore dell'autovettura, stringendo con forza il volante. 
"Ce la posso fare" si disse con malcelato terrore. Insomma, l'ultima volta che, e probabilmente anche la prima, aveva guidato un'auto, era stato appena un anno fa, ma allora, la stazza della macchina era piu` piccola, le stradine non erano curve e ripide come quelle di Osaka, ma soprattutto, la persona accanto a lei non era InuYasha No Taisho. Prese un ulteriore lungo respiro, sperando di riuscire a arrivare a casa viva e vegeta. Appena il mezzo parti`, emise il classico rombo, facendo scaturire una piccola dose di denso fumo grigiastro. Cercando di ricordarsi al meglio la strada che l'avrebbe condotta a destinazione, svolto`a destra in una delle stradine principali. Era molto simile a una di quelle strade che portavano fuori citta`, non molto larga e costellata di alberi lungo i bordi.
All'interno dell'auto regnava il silenzio piu`assoluto, interrotto solo dall'infastidito mugugnare del ragazzo. Sembrava essere caduto in uno stato di dormiveglia: dormiva, ma ad ogni minima scossa - causata dalla strada un po' rovinata - sussultava borbottando.
Evidentemente, avendo la testa pesante, quelle che a lei risultavano insignificanti alti e bassi sull'asfalto, per lui erano peggio delle montagne russe. In effetti - ora che ci pensava - era curiosa di sapere per quale motivo - uno come lui - si fosse ridotto in quello stato pietoso. Eppure, l'aveva sempre visto rigido e composto, duro e severo, ecco perche`non riusciva ad immaginare un plausibile movente per quell'azione tanto sconsiderata.
- Fermati! - disse lui all'improvviso facendola sussultare.
- C-come scusi? - chiese non essendo sicura di aver sentito bene.
- Ti ho detto di fermarti! - ripete`nuovamente prendendosi la testa tra le mani. Non ce la faceva piu`a sopportare quell'andazzo. Kagome, un po' incerta e diffidente, accosto`la vettura sul cipiglio della strada.
- Beh? Posso sapere che le e`preso? - domando`guardandolo di sbieco.
- La testa ... mi sta scoppiando ... - disse rsepirando profondamente piu`volte. Si sentiva la testa talmente piena e pesante che non era sicuro che sarebbe riuscito a reggere per molto. Ma - per quanto lo avesse rinnegato - sapeva che se sentiva talmente tanto dolore, non era solo per l'alcol -  che sicuramente gli era andato alla testa -  che si sentiva cosi`spaesato; era la sua mente che era troppo piena di pensieri. Un aggroviglio di emozioni e di sentimenti che lottavano vorticosamente per prevalere l'uno sull' altro. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, qualsiasi, pur di liberarsi di quell' opprimente sensazione.


"Mia zia dice sempre che se c' e` qualcosa che ci da`fastidio, che ci preoccupa o che semplicemente ci manda in sobbuglio, basta gettarla fuori dalla nostra vita e ricominciare dal punto esatto in cui ci eravamo fermati, forse le cose andranno diversamente." 


Chiunque fosse quella donna - anche se gli sembrava incredibile che una donna di tale saggezza fosse imparentata con quella ragazzina - al momento l'avrebbe premiata.
Si`, avrebbe dovuto fare cosi`. Liberarsene. Come? Sfogandosi. Anche se l' unica persona accanto a lui era quella Higurashi? Anche se l'unica persona a lui era quella Higurashi. Ma non era una pazzia confidarsi con un' estranea? Proprio lui poi? Sara`anche stata una follia, ma non aveva tempo per pensare - anche perche`facendolo la testa doleva ancora di piu` - ai rimorsi e ai rimpianti ci avrebbe pensato poi. Oltretutto, aveva perso il lume della ragione e la cognizione del tempo.
Riflettere era inutile; serviva solo a sentirsi ancor peggio. Fu cosi`che - per la prima volta - decise di liberarsi di quell' orribile supplizio.
- Ha fatto male, sai? - disse attirando la completa attenzione di Kagome su di se`. Lo guardo`perplessa; 
" Vi prego, non ditemi che l' alcol gli ha dato alla testa. " prego`silenziosamente, vedendolo assumere un' espressione infantile ed imbronciata.
- Dopo averla vista, ha fatto male, sai? - continuo`. La ragazza aggrotto`le sopracciglia. Stava forse farneticando?
Non seppe spiegarsi il perche`, ma quella conversazione sollecito`il suo lato da "ficcanaso", o come la chiamava lui.
- Di chi sta parlando? - chiese ingenuamente. Voleva sapere, scoprire. Proprio come una falena e`attirata dalle luci dei lampioni.
- Di lei, no? - rispose lui come se fosse la cosa piu`banale del mondo, un ovvieta`. Kagome si giro`leggermente verso di lui, per scorgerlo meglio in volto. 
" Bella risposta, genio. " si disse inclinando la testa da un lato. Adesso, le possibilita`erano due: o lei era talmente stupida da non cogliere il 
significato di quelle frasi sconnesse, o InuYasha stava iniziando a dare libero sfogo ai postumi della sua insolita serata.
- Ha detto le stesse parole, le medesime che disse allora. - dichiaro`l'albino stringendo i pugni in una morsa di rabbia. Vide i suoi lineamente mutare di qualche grado e diventare piu`duri e tirati. Si stava forse arrabbiando?
Eppure, almeno quella volta, non le risultava di essere stata inappropriata.
- Quali parole? Che cosa diavolo sta dicendo? - chiese ancora piu`confusa. Non capiva. Si sforzava, ma non riusciva davvero.
- Non sapevo ... non sapevo che fosse cosi`. - continuo`lui fissando un punto imprecisato dinanzi a se`. Sentiva il suo corpo svuotarsi dentro. Si sentiva talmente apatico. Anzi, stava diventando ridicolo ai propri occhi; eppure le parole sembravano uscire dalle sue labbra come un fiume in piena. In quel momento, con suo grande rammarico, non aveva pieno controllo ne`sulla propria mente, ne`sul proprio corpo. 
- Mia madre. - disse quelle due parole in un sussurro appena accennato, ma che non sfuggirono alle orecchie della corvina.
Sgrano`gli occhi. Sua madre? Proprio lui, che qualche giorno prima l' aveva ripresa cosi`duramente per il semplice fatto di avergli fatto qualche comunissima domanda su sua madre, le raccontava cosi`apertamente di lei? 
Poi pero`il suo sguardo costellato di diamanti si sposto`su quello ambrato del ragazzo. La sorpresa iniziale si trasmuto`in un' espressione di stupore e al contempo di tristezza. 
Perche`InuYasha aveva quello sguardo cosi`malinconico e vuoto? 
Perche` quegli occhi, che sembravano essere venuti al mondo solo per incenerirla sul posto ogni volta che si posavano sulla sua figura, in quel momento le sembravano cosi`fragili?
Un velato dolore sopito dal tempo, misto a rabbia, rancore e tantissima confusione. Questo era quello che vi scorgeva. E non seppe spiegarsi nemmeno quello: perche`vederli le creava una fitta allo stomaco? Preferiva mille volte il suo volto arrabiato e furente, meschino e vittorioso, a quello cosi`vuoto e inespressivo che si ritrovava davanti.
Quello non era InuYasha; o, perlomeno, non era l' InuYasha che lei aveva imparato a conoscere in quei pochi giorni. 
- M-madre? - la voce le usci`tremolante ed incerta, nonostante si fosse sforzata di renderla naturale ed inespressiva.
- Si`, una madre unica nel suo genere. - sembro`che quelle parole le avesse sputate, tanto sembrava il ribrezzo contenuto in esse.
- Che mi ha amato, per abbandonarmi. - 




Prese entrambe le sue mani, piccole e ancora un po' paffute, nelle proprie, lasciandovi un dolce bacio. Il suo sguardo sembrava riverso un altro mondo, tanto era duro e impassibile. 
- Oggi e`arrivato il giorno. - proferi`afferrandolo per le spalle delicatamente ed abbassandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. 
Il bambino inclino`la testa di lato, sbattendo piu`volte i grandi occhi ambrati, perplesso.
- Quale giorno? - chiese ingenuamente alla donna.
- Quello che temevo. Avrei tanto desiderato che ... non dovesse mai arrivare. - sussurro`socchiudendo gli occhi in una smorfia di dolore. Il ragazzino, all' incirca sui dieci anni, la fisso`senza capire. Cosa intendeva? Non riusciva a comprendere. Eppure il suo viso s'acciglio` in un'espressione vagamente preoccupata. 
- Io ... -
- Izayoi! - la donna non riusci`a completare la frase, sentendosi chaiamata in causa da una voce che conosceva fin troppo bene. Una voce possente e carica di ira, con una malcelata vena di delusione e tristezza. Sulla soglia della porta del piccolo salotto comparve la figura di un uomo con gli occhi pieni di interrogativi e tanta, tantissima rabbia.
- Cosa significa tutto questo, Izayoi? - domando`posizionandosi dinanzi alla figura della donna, che intanto si era alzata spostando leggermente di lato il proprio bambino. 
- Mi stai abbandonando? - chiese nuovamente l'uomo cercando di ottenere una plausibile ragione per la sua decisione. Izayoi, dal canto suo, sposto`lo sguardo`di lato, decisa ad evitare quello dorato di quello che un tempo aveva considerato suo marito.
- Nessuno ci abbandona; e`il tempo che ci scivola tra le mani, lasciandoci in balia della solitudine. - disse in tutta risposta prendendo tra le mani quella che era la sua borsa, mentre le altre eventuali valigie erano state portate fuori in precedenza. Non che avesse poi molto da portar via con se`.
- Se te ne vai, cosa ne sara`di me ed InuYasha? - insistette l'uomo afferrandola per le spalle nel vano tentativo di incrociare i suoi occhi. 
- Perche`te ne stai andando? - 
- Sai benissimo il motivo. - rispose lei regalandogli un' occhiata piena di rabbia e delusione e scansando le sue mani, liberandosi dalla presa.
- Siediti e parliamone! Troveremo una soluzione, dannazione! - ringhio`con una nota di disperazione nella voce.
- Non c'e`piu`nulla da discutere adesso. - disse lei, pronta ad incamminarsi verso l'uscita, indurendo lo sguardo vitreo.
- E`tempo che io vada. - annuncio`voltandosi ma venendo prontamente fermata per un braccio.
- Non ho mai visto una donna che abbandona il proprio marito nel momento del bisogno! - le disse con una lampante accusa nei suoi confronti.
- Se ho lasciato qualcosa, avvertimi. Mandero`qualcuno a recuperarlo. - disse lei ignorandolo palesemente, cosa che fece irritare ancora di piu`la figura alle sue spalle.
- Ti stai preoccupando di qualche inutile scartoffia, senza pensare a tuo figlio? - grido`posizionandosi nuovamente davanti a lei con gli occhi furenti. Il bambino intanto seguiva la scena con occhi persi. Cosa stava accandendo? Perche`tutti stavano urlando? Perche`sua madre sembrava volersene andare? 
Passava ad intermittenza lo sguardo dall' uno all'altro, mentre una strana paura si prendeva possesso del suo corpo. Qualunque persona si sentirebbe male emotivamente vedendo le persone care litigare tra di loro. E lui era solo un bambino. Avrebbe voluto gridare loro di smetterla, di fare pace come faceva lui coi bambini della sua eta`dopo un litigio, ma nessun suono usci`dalla sua bocca.
- Come pensi che riuscira`nostro figlio a vivere senza di te? - 
- I soldi per il biglietto del treno ... li ho lasciati sul tavolo. - rispose non curandosi minimamente delle parole dell' uomo. Lo vide digrignare i denti in una morsa irosa.
- Al diavolo il denaro! Ti sto chiedendo come credi che vivra`nostro figlio senza di te, maledizione! - grido`talmente forte da far sussultare InuYasha, che fece un passo indietro terrorizzato.
Vide l'espressione di lei, fino ad allora rimastra impassibile, cedere per una frazione di secondo, mentre gli occhi vennero scossi da un' impercettibile tremore.
- Io ... non sono riuscita a vivere al tuo fianco. - disse guardandolo, finalmente, negli occhi. Sembrava che con ultimo sguardo volesse trasmettergli piu`di mille parole. La vide poggiare una mano sulla spalla di InuYasha, portandolo al suo fianco.
- Ma lui sopravvivera`. - mormoro`voltandosi verso il bambino, e prendendo il suo piccolo viso tra le proprie mani. Gli concesse un  sorriso, lasciandogli una lesta carezza sulla guancia.
- Sto andando via, figliolo.- 
InuYasha sgrano`gli occhi, realizzando definitivamente la cruda realta`mentre il suo volto si mascherava di angoscia.
Cosa aveva detto?
La madre si volto`incamminandosi verso la porta, intenta a non tornare mai piu`. Il bambino, che fino ad allora non si era piu`mosso, reagi`, invocando il nome della madre tentando di raggiungerala, ma venne prontamente fermato dalla presa ferrea del padre, che scosse la testa rassegnato.
Cerco`di divincolarsi mentre copiose lacrime iniziarono ad uscire dalle pozze dorate.
- Mamma! - grido`al vuoto davanti a se`.





- Non si volto`nemmeno una volta. -
Nell' auto era sceso un silezio surreale. Kagome aveva ascoltato tutta la vicenda col cuore in gola. Il suo viso era dipinto da un' espressione di pieta`, avrebbe definito. Una lacrima ribelle le solco`la guancia, sfuggendo al suo controllo ed offuscandole leggermente la vista. 
Ora capiva.
Comprendeva molte cose. Molti lati del carattere di quel burbero del suo capo. 
Si senti`anche un po' in colpa di non essere riuscita a comprendere prima che InuYasha celasse dentro di se`qualcosa di oscuro e ornato di malinconia. Nei suoi gesti, nei suoi sguardi, aveva visto solo lo strato superficiale, quello freddo e tagliente, senza riuscire nemmeno lontanamente a scorgere un' altro lato che il ragazzo, in tutti quei giorni aveva ben nascosto dietro alla sua dura corazza.
Infondo, InuYasha non era un persona cosi`cattiva. Sapeva essere tremendo certo, e lei ne era la prova vivente, ma non lo faceva per dispetto, almeno la meta`delle volte. Quell' atteggiamento cosi`distaccato alla fine non era dovuto ad una morbosa antipatia nei suoi confronti , ma era la conseguenza di eventi ben piu`precedenti.
Ora, lei aveva scoperto un minimo frangente del passato dell' albino; chissa`quanti altri segreti celava InuYasha dentro di se`.
Avrebbe dovuto dire qualcosa, commentare le parole del ragazzo, ma non riusci`a proferire nulla. Non sapeva davvero cosa dire.
- La odio. - disse InuYasha digrignando i denti, mentre la sua espressione era di puro furore. Avrebbe volentieri spaccato qualcosa, o meglio, qualcuno. Le ferite, che credeva sopite dal tempo, pulsavano dentro di lui, come di vita propria, logorandolo e bruciandolo internamente. Aveva sperato fino all' ultimo che i ricordi si fossero cancellati, eliminati completamente, ma , ovviamente, era impossibile. Il passato non puo`scomparire, purtroppo. Lo avrebbe perseguitato fino alla morte.
Bella prospettiva, davvero.
Nonostante si sentisse cosi`vulnerabile, essendosi lasciato andare in tal modo dinanzi ad una perfetta sconosciuta ed aver riaperto una delle tante cicatrici che segnavano la sua anima tormentata, non verso` nemmeno una goccia. Non avrebbe sprecato le proprie lacrime per quella donna, soprattutto perche`non se le meritava nemmeno. Non l'avrebbe mai data 
vinta a lei. Mai.
- Per colpa di quella donna ... ho iniziato a dubitare di chiunque appartenesse al genere femminile, arrivando ad odiarlo (*) - sussurro`appena, prima di chiudere, finalmente, gli occhi inclinando la testa di lato e schiudendo i pugni. Si sentiva terribilmente stanco. L' unica cosa che voleva fare in quel momento era dormire. E magari, perche`no,svegliarsi il piu`tarsi possibile.
Kagome lo vide rilassarsi lungo il sedile. Si asciugo`la guancia col dorso della mano. Protese una mano verso di lui, nel tentativo di accarezzargli la nuca, ma giungendo vicino ad essa, la ritiro`, portandola al petto deglutento. E adesso?
Non avendo molte alternative, rimise in marcia il veicolo, dirigendosi verso Villa No Taisho. Questa volta, il silenzio era quasi insopportabile.
Grazie ad un maggiordomo, Kagome riusci`a portare il ragazzo alla sua stanza, sorreggendolo con un braccio intorno alla spalla, mentre lui camminava pian piano. Ormai sembrava completamente assorto nel sonno. Infondo se lo meritava, un po' di riposo.
Lo adagio`il piu`delicatamente possibile sul grande letto, coprendolo col piumino poggiato ai piedi di esso. Lo senti`mugugnare, infastidito.
" Possibile che abbia sempre da lamentarsi? " si disse sconsolata. 
abbracciandosi da sola. Si guardo`un attimo intorno. Quella stanza, quella casa, era cosi`grande. Chissa`se InuYasha si sentiva da solo in un posto tanto immenso. Indugio`un attimo sulla soglia della porta, lanciando un' ultima furtiva occhiata al ragazzo addormentato. Accenno`ad un mezzo sorriso prima di derigersi fuori, anche se era l' una passata.



Questa scena pero`non sfuggi`ad un paio di occhi color cremisi, che studiavano la snella figura della ragazza mentre spariva oltre la porta d' 
ingresso.
- Cosa diavolo ci faceva una ragazza nella stanza di InuYasha, all' una e mezza di notte? - si chiese Yukiko, aggrottando le sopracciglia con fare 
sconcertato.











- Angolo della Ritardatariasenzasperanze - 

(*) Su questo punto ci tengo a specificare una cosa: l' odio smisurato che InuYasha prova verso il genere femminile, e`dovuto si`, alla madre, ma diciamo che , qualcuno, ha pensato bene di alimentare il suo rancore portandolo alla sua attuale situazione.

Non avete istinti omicidi contro di me, vero??
Non mi fareste mai del male, no?? O:)
Ok, come al solito, sono imperdonabile T.T Oltre al fatto che gennaio is a very bad month, viste le imminenti pagelle di febbraio che ti riempiono di verifiche, il mio ritardo ( si`, anche questa volta ho una scusa T.T anche se poi beh, e`la verita u.u ) e`dovuto un po' alla mancanza di tempo, un po' al mio "blocco" su alcuni punti del capitolo ... T.T Oddio, e` stato per me un' impresa giungere fino a qui.
E sapete la parte bella?
Non sono affatto soddisfatta del risultato .. >.< Ci fosse una, e dico una, scena che mi piaccia come e`venuta fuori T.T
Ma beh, piu`di cosi`non sono riuscita a fare T.T Chiedo venia T.T
Scusatemi eventuali errori - orrori semmai - ortografici, ma non ho avuto il tempo di rileggere ...
Bene, sono curiosa di sapere che ne pensate ^^ Ovviamente, se qualcosa non vi piace, ditemelo!
Ringrazio chi ha avuto la pazienza di aspettare i miei spropositati ritardi.
Scusate ancora T.T
Alla prossima,
Lullaby 99 ^^

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Capitolo 7
*** Soltanto Un Sorriso ***


    Una volta intrecciato il filo rosso del destino, non può più essere sciolto


InuYasha 
Capitolo : 7

 


Soltanto Un Sorriso
 

 

Buio.
Oscurità.
Le spesse tende color avorio gli davano questa mezza sensazione. La luce non riusciva a filtrare, rimanendo intrappolata tra la loro invisibile retina, immergendo la stanza in una nuvola scura, rischiarata solamente da qualche fioco raggio sfuggito. Sbatté le palpebre terribilmente pesanti, nel tentativo di mettere a fuoco la distorta visuale che riusciva a scorgere. 

«Maledizione.» imprecò senza conoscerne realmente il motivo. Quando ebbe aperto del tutto gli occhi, si girò, rivolgendo il proprio ventre verso l’immacolato soffitto, e non schiacciato nel materasso del letto com’era fino a pochi attimi prima. Mugugnò infastidito, storcendo il naso con una nota di disappunto. Si sentiva uno straccio, uno di quelli che è stato strizzato affinché non possedesse più nemmeno una goccia di vitalità. Beh, non che fosse un tipo molto loquace, ma se non altro non era uno spaventapasseri solitamente.
Si portò distrattamente un braccio all’altezza degli occhi ambrati, mentre la mano sinistra venne appoggiata sullo stomaco. 
Cosa era successo?
Perché si ritrovava così disorientato?
Si ricordava benissimo che era andato alla loro vecchia casa, abbandonata ormai, e lì aveva visto lei. Proprio lei. 
Un’improvvisa fitta alla testa gli fece stringere i denti in un moto di stizza. 
E poi?
Cos’era accaduto dopo?
Era andato in uno di quei schifosissimi pub, con chissà quale idea folle per la testa, ubriacandosi come uno scemo.
D’accordo. Fin qui c’era.
Spostò lo sguardo sull’orologio posto sulla parete, socchiudendo gli occhi, lottando contro il buio e facendosi alleati i ribelli raggi che erano riusciti a penetrare.
Le undici e mezza.
«Che rottura.» protestò accennando ad un broncio infantile. Se non altro, era il capo e un ritardo del genere poteva benissimo aggirarlo con una banale scusa, senza grossi problemi. Anche se non pensò che ce ne sarebbe stato bisogno, visto che quasi sicuramente suo padre aveva già avvertito al posto suo.
Una seccatura in meno.
Si concentrò nuovamente sulla serata appena trascorsa, nel tentativo di far tornare a galla determinanti eventi.
Fu in quel momento che, come un fulmine a ciel sereno, per la sua mente vagò l’immagine di Kagome Higurashi.
Si alzò di scatto, puntando di occhi sgranati al vuoto dinanzi a sé. 
Non poteva aver fatto davvero una cosa del genere, non poteva!
«Dannazione!» gridò infuriato più che altro con sé stesso. 


Andò in bagno e si guardò il viso. Sì, era proprio ridotto male. Aprì il getto gelido dell’acqua, schizzandosela in volto. Era sveglio. Fece una veloce doccia calda, vestendosi come al solito.
Quell’ Higurashi.
Se solo avesse osato aprir bocca a riguardo, o semplicemtente guardarlo col sentimento della pietà dipinto negl’occhi, l’avrebbe cacciata senza troppe cerimonie. Tutto poteva tastare ma non quell’argomento. Però, ripensandoci, non poteva licenziarla, dato che aveva promesso a suo padre che non l’avrebbe fatto.
“Tsk.” riuscì solo a pensare, stizzito.
Uscì, finalmente, dalla stanza buia, non prima però di averla rischiarata. Fece per scendere la scalinata che portava al piano inferiore, ma venne fermato da una voce.
«Buongiorno, InuYasha.» lo salutò felicemente, sorridendogli, suo padre.
«Mh? ’Giorno.» rispose arrestandosi e guardandolo negli occhi.
«Non sei andato a lavoro, oggi?» chiese il ragazzo, con una nota di curiosità nella voce.
«Oh, tranquillo; sono solo tornato per un imprevisto, ma nulla di grave, tra poco ritorno in ufficio.» lo informò pacato.
«Bene. Se non ti dispiace, io vado.» disse frettoloso e ansioso di raggiungere quel dannato ufficio, per tener d’occhio quella ragazzina ficcanaso. Possibile che arrivasse ovunque?
«Adesso mio figlio inizia a nascondermi le cose?» lo richiamò prima ancora che facesse un passo. 
InuYasha s’irrigidì, stringendo la ringhiera che accompagnava i gradini nella loro discesa. 
«Yukiko mi ha detto di aver visto una ragazza uscire dalla tua stanza, ieri sera.» 
Il ragazzo, essendogli girato di spalle, dalla voce non decifrò se lo aveva detto con malizia o qualche altra malsana idea.
«Benissimo, figliolo. Ne sono contento; era ora che pensassi anche a qualcos’altro oltre il lavoro.» ammiccò dandogli una leggera pacca sulla schiena.
«Spero sia una cosa seria, InuYasha.» continuò a parlare, mentre ad ogni parola il ragazzo stringeva i pugni fino a sbiancare le nocche. 
Doveva dirglielo. A lui, doveva dirlo.
«L’ho vista.» disse con voce lapidaria e tendente sul macabro mentre gli occhi scomparivano sotto la spessa frangetta argentea dei capelli.
«Certo, immagino, ma quando hai intenzione di farla conoscere a questo buon, vecchio padre?» disse in tono quasi divertito.
«No, non hai capito. Papà, ho visto lei.» rispose marcando accuratamente l’ultima parola.
«Lei, chi?» domandò l’uomo sempre più confuso. InuYasha fece per parlare, ma nessun suono venne proferito dalle sue labbra. Senza aggiungere altro iniziò a scendere le scale, quasi fosse in fuga. Di nuovo in fuga.
Dal canto suo, il padre, aggrottò le sopracciglia, senza comprendere.
Lei.
Lei chi?
Lei. Una donna.
Sgranò gli occhi, mentre un oscuro dubbio lo accolse.
«InuYasha?» lo richiamò quando era agli ultimi gradini. Si fermò, stringendo nuovamente la ringhiera di legno.
«Lei, chi?» chiese ancora, in cerca di una conferma. Lo vide esitare, senza rispondere. I Quarzi Citrini di InuYasha tremarono, mentre si muovevano frenetici per trovare la forza di dirgli la verità.
«Stai parlando, di tua madre, vero?» chiese. Il prolungato silenzio che seguì la sua domanda, fu la risposta inconfutabile. Scosse la testa rassegnato, anche se i suoi occhi erano mossi da una nuova, mai provata, scintilla. 
Izayoi, era tornata.
«Perchè è tornata? Cosa vuole?» domandò stringendo i pugni a sua volta. 
Sembravano il riflesso l'uno dell'altro. InuYasha teneva le mani strette in due pugni, mentre lo sguardo era puntato sul pavimento, in fondo alla lunga scalinata, nella medesima posa era in piedi il padre, in cima alle scale.
«Io non lo so.» rispose. 
«E' meglio che adesso vada.» concluse sparendo dalla visuale dell'uomo, che rimase interdetto dalla notizia appena appresa.


Dietro l'angolo, ascoltava in silenzio Yukiko, la moglie del Signor Kazana. 
Gli occhi cremisi si mossero in una danza agitata. Quante cose strane stavano accadendo in così poco tempo, e tutte di seguito per lo più.
«E così, Izayoi No Taisho, si è rifatta viva.» commentò incrociando le braccia al petto. Quella donna, chissà se era cambiata. L'aveva ben conosciuta, e poteva certo dire che fosse una donna che sapeva il fatto suo. Ma, per qualche strano motivo, non le era mai andata completamente a genio.
«Ma per cosa sarà tornata? Per rientrare nel mondo del marito, o per conquistare l'amore del figlio?»


 



Seduto in auto, l'albino digitò velocemente il numero della ragazzina ficcanaso. Quella serpe. Era il suo giorno libero, ma doveva assolutamente mettere in chiaro un paio di cosette nei suoi confronti.
«Pronto?» rispose la voce frizzante di Kagome, che pareva insolitamente allegra.
«Vieni in ufficio, adesso.» disse semplicemente, riattaccando frettoloso.
«Ma...» non riuscì a concludere la frase, dato che la chiamata era ormai conclusa. Un' innocua vena pulsò prepotente sulla sua tempia, quasi volesse esplodere. Sospirò, rassegnata. Tanto, contestare i suoi ordini, non aveva senso.
«E adesso? Dovevo accompagnare papà all'ospedale per le visite di controllo.» si disse sconsolata. In quel momento comparve Sango, traboccante di vesti appena lavate, alle sue spalle, che le sorrise confortante.
«Vai pure, Kagome. Ci penserò io.» la intimò, potendo ben immaginare che si trattasse di lavoro. 
«Sei sicura? Se non hai altri programmi, mi faresti davvero un favore.» supplicò Kagome, afferrando metà del bucato, ed incamminandosi verso il giardino. Col bel sole che picchiava, i vestiti si sarebbero asciugati in un batter d'occhio.
«Sciocchina, vai pure senza preoccuparti.» rispose Sango strappandole di mano le vesti lavate, scuotendo la testa rassegnata. Possibile che quella ragazza volesse sempre farsi in quattro? 
«Grazie mille.» disse dandole un lieve bacio sulla guancia, salutandola.


 



«Il signor Taisho non è venuto al lavoro oggi. In ufficio si respira tutta un'altra atmosfera.» fu il commento che sentì non appena mise piede al settimopiano, ritrovandosi dinanzi alla spropositata bocca che aveva osato proferirlo. 
Li congelò sul posto, sorpassandoli.
«B-buongiorno, Signor Taisho.» balbettarono i due abbassando lo sguardo. 
InuYasha storse la bocca in una smorfia, superandoli definitivamente. Li sentì ridacchiare, ma non vi diede molto peso.
Arrivato nell' altrio, due impiegati si alzarono dalle loro postazioni, salutandolo. Giunto al primo gradino della scala che portava al suo ufficio, Kentashi, il segratario, gli rivolse la parola.
«Buongiorno, Signore.» disse. L'albino fece un accenno col capo. Fece per salire quando sentì un' altra risatina sommessa alla sua sinistra, proveniente, per la precisione, dai due impiegati in piedi davanti alla reception di 
Kentashi.Alzò un sopracciglio, guardandoli di traverso. Fissò poi anche i due che aveva 
salutato prima, che ridacchiavano sotto i baffi anch'essi. Volse lo sguardo verso le scale, decidendo di ignorarli. Mentre saliva, però, altri tre impiegati lo salutarono, superandolo. Quando furono alle sue spalle sentì chiaramente il commento sarcastico di uno di loro:
«Il capo è in ritardo oggi.» disse il primo.
«Sì, lo sai che ieri sera lui ...» il secondo non concluse la frase, perchè il suo sguardo intercettò quello furente del suo capo. Abbassarono entrambi lo sguardo e sgaiattolarono via in fretta.
Cosa diavolo stava succedendo?
Ieri sera, aveva detto? 
“Kagome!” gridò quel nome nella propria mente, sentendo gli occhi bruciare. 
Se quella femmina c'entrava qualcosa, l'avrebbe fatta a pezzi con le sue stesse mani. Anzi, cos’altro aveva fatto lui, l’altra sera? 
Allora, che avesse detto davvero qualcosa a riguardo? Che davvero, fosse diventato un argomento di dominio pubblico? 
“Dannazione.” lanciò l’ennesima imprecazione, richiudendosi nella propria cabina, attendendo l’arrivo della corvina. 



Kagome bussò lievemente alla porta, prima di udire un secco “avanti” ed entrare. 
Lo vide in piedi accanto alla scrivania, a braccia conserte, mentre il suo viso era contratto in una maschera di disappunto e agitazione. Batteva ritmicamente un piede a terra, scandendo il tempo. La ragazza non vi diede peso e dopo un breve saluto, appoggiò i file sulla superficie trasparente del suo banco di lavoro.
InuYasha sbatté violentemente una mano sulle scartoffie appena appoggiate, facendo sussultare Kagome. 
«Certo che non impari mai tu, eh?» disse in quello che avrebbe definito un ringhio feroce.
«Cosa...cosa ho fatto adesso?» chiese Kagome interdetta. Era normale? 
«Non ci arrivi da sola?» sibilò avanzando di un passo, mentre, di riflesso, la ragazza indietreggiava.
«Ehm, no.» rispose. Forse avrebbe fatto meglio a tacere. Quella situazione le ricordò la sfuriata in libreria; anche quella volta InuYasha era arrabbiato marcio, mentre avanzava minaccioso verso di lei, che indietreggiava impaurita.
Questa volta però, avendo imparato a conoscerlo almeno un po’, non aveva poi tanto terrore, bensì tanta perplessità.
«Ma dico, quante volte ti ho detto di non impicciarti in cose che non ti riguardano?» protestò accorciando sempre di più le distanze tra la schiena di Kagome e la parete immacolata del muro. 
La afferrò rudemente per il braccio sinistro con la propria mano destra, sbattendola violentemente al muro, strappandole un gemito di dolore.
«Se imparassi a stare ferma.» si giustificò lui, senza togliere il tono infuriato. Non aveva intenzione di seguirla per tutta la stanza mentre indietreggiava.
«C-cosa sta facendo?» protestò Kagome, ritrovandosi il suo viso a talmente pochi centimetri, che si costrinse a girarlo di lato, chiudendo con forza gli occhi per il dolore.
«Mi lasci, mi sta facendo male!» gridò cercando di stfuggire alla sua ferrea a presa.
«Semmai, tu cosa stai facendo?» urlò a sua volta l’albino freddandola. Kagome si dimenava nel tentativo di smorzare la sua presa, anche se il ragazzo non si muoveva nemmeno di un millimetro.
«Sono diventato il pettegolezzo del momento! Hai frantumato la mia reputazione davanti a tutti!»
«Non è vero! Io non ho fatto nulla del genere!» cercò di giustificarsi Kagome, mentre i suoi occhi si facevano battaglieri.
«Hai messo al corrente tutti quanti dello stato pietoso in cui riversavo ieri! Ho perso il controllo soltanto per un attimo, un attimo maledizione, e ti ho confessato tutta la mi vita!» gridò con occhi accusatori. 
«Non dica assurdità!» disse riuscendo finalmente a liberarsi dalla sua mano e scivolando via da quella prigione tra lui e il muro. Fece poco più di due passi che InuYasha l’afferrò, di nuovo, per il braccio sinistro e schiacciandola, di nuovo, contro la parete e rubandole, di nuovo, un grido sommesso. Si dimenò ancora, cercando di strappare via quella possente mano, inutilmente.
«Mi sono mostrato debole e tu ne hai subito tratto vantaggio! Ma stai pur certa che non ti lascerò abusare ancora delle mie debolezze!» gridò più brusco che mai.
«Io non ho fatto niente, dannazione!» urlò mentre un’invisibile lacrima le rigò la guancia.
«Allora sapresti spiegarmi perché stanno tutti ridendo alle mie spalle? » gridò a sua volta.
In quel momento bussarono alla porta, e, finalmente, InuYasha fu costretto a mollare la presa, lasciandola bruscamente, tanto che Kagome dovette fare qualche passo prima di fermarsi. 
«Avanti.» sibilò il ragazzo, mentre la giovane si affiancava alla scrivania e si asciugava la lacrima sfuggita. 
Alla porta comparve l’intero staff, con a capo un radioso Akito.
«Buongiorno, Signor Taisho.» proferì allegro.
«Cosa succede?» chiese il ragazzo, non ben comprendendo il motivo per cui fossero tutti nel suo ufficio. 
«Ma come, Kagome non gliel’ha detto?»
«Detto, cosa?» domandò sempre più confuso. Odiava non sapere le cose. Il suo sguardo si posò sulla ragazza, in attesa di una risposta.
«A dire il vero, ero venuta per questo motivo; poi però ho pensato che avremmo dovuto dirglielo tutt’insieme.» rispose con un filo di voce, sforzandosi di accennare ad un sorriso. Akito si voltò nuovamente verso il suo capo.
«Signor Taisho, abbiamo finanziato il contratto: agl’investitori ospiti, la presentazione su sfondo sentimentale di Kagome, è piaciuta davvero molto.» lo informò mostrando un sorriso a trentadue denti. Nuovamente, l’albino fissò la ragazza in questione, mentre i suoi occhi si riempivano di sincera fierezza nei suoi confronti. 
Davvero, aveva fatto tutto da sola?
«Avevano anche richiesto la sua firma ieri stesso, e Kagome ha provato a contattarla, anzi, è venuta perfino ad incontrarla, anche se senza successo. Non sa con quanta difficoltà è riuscita a convincerli di aspettare un altro giorno, aumentando il tempo di alloggio in città.» continuò.
InuYasha fissava la corvina davvero stupito. I suoi occhi non avevano abbandonato la sua figura nemmeno per un istante. La vedeva, mentre teneva lo sguardo basso, rivolto al suolo, mentre sembrava sul procinto di piangere. Avrebbe anche giurato che fosse scossa da impercettibili scosse.
«Signor Taisho, la sua firma per favore.» disse il ragazzo porgendogli i file. Le espressioni di tutti gli impiegati erano dipinte di allegria, per il successo di un progetto di tali dimensioni, mentre quella di Kagome era mascherata da un flebile, forzato sorriso. 
Gli altri si posizionarono al fianco di InuYasha, mentre parlottavano e gioivano tra loro, lasciando davanti alla visuale di quest’ultimo, solo la ragazza. Gli rivolse un ultimo sguardo, triste e insicuro, prima di dargli le spalle. 
Il ragazzo si abbassò, per quel che bastava, sulla scrivania, per lasciare quella maledetta firma, causa di mille sventure. La sua mano però non si mosse. Fissava la schiena della giovane, con un nuovo, mai provato, sentimento negli occhi.
Colpevolezza.
Ecco cos’era quella sensazione che provava all’altezza del petto. Ed era terribilmente fastidiosa.
La vide poggiare una mano sul braccio che era stato vittima delle sue ire, prima di uscire, silenziosa, dalla stanza, senza essersi mai scrollata di dosso il suo sguardo colpevole. Nemmeno per un secondo.


 



Sango tentennava sul da farsi, torturandosi le mani.
Aprì l’anta dell’armadio in ebano frugando tra i vari cassetti.
Ne estrasse un piccolo cofanetto in velluto rosso e una carta di credito.
«Kagome riceverà lo stipendio soltanto a fine mese, non ho molta scelta.» sussurrò prendendo la borsa ed uscendo.
Il signor Higurashi era cagionevole di salute, e un controllo era necessario per sincerarsi le sue condizioni. L’ora prefissata era per il pomeriggio, così la mora era decisa ad utilizzare le poche ore prima per racimolare una somma abbastanza consistente di soldi per eventuali bisogni



Miroku camminava lento e con la testa persa tra le nuvole. 
Era deciso, finalmente, a farsi perdonare per l’affronto compiuto.
In mano stringeva un pacco, che avrebbe donato alla ragazza, in pegno di scusa.
All'improvviso scorse una macchia rosata passargli davanti, attirando la sua attenzione. Fu per pochi secondi, ma vide un'alta coda color nocciola oscillare ai passi della figura mentre si lo superava.
«Benissimo, adesso inizio anche ad immaginarmela ovunque.» si disse sconsolato, scuotendo la testa. Quando però rivolse nuovamente lo sguardo verso la strada, notò con stupore che la snella figura era ancora davanti ai suoi occhi.
«Sogno o son desto?» si chiese stupito. Fermò un passante, indicandogli la sagoma della giovane che scorgeva, chiedendogli se anche lui riuscisse a vederla. Il signore aggrottò le sopracciglia, assumendo una strana espressione.
«Sei impazzito, ragazzo? Ti sembrano domande da fare?» chiese interdetto.
«Perfetto.» esordì Miroku, contento di non essere ancora da ricoverare in manicomio, mentre l'uomo se ne andò borbottando. 
La raggiunge a passi lenti, vedendola mettersi in fila davanti davanti alla cabina del prelievo automatico del denaro in contanti, o per meglio dire, davanti alla cabina di un bancomat. Chissà cosa ci faceva lì.
Posò una mano sulla sua spalla, deglutendo. Si ricordava ancora molto bene lo schiaffo ricevuto quella volta. Temeva quasi che sarebbe stata capace di ammazzarlo sedutastante. 
La vide voltarsi, sgranare gli ametisti che si trovava come occhi, per poi voltare il volto dall'altro lato, in un moto di stizza, ignorandolo.
«Sango?» la richiamò, senza ricevere risposta.
«Sango, per favore, ascoltami.» la supplicò.
«Non voglio sentire niente!» gridò forse un po' troppo forte, dato che attirò l'attenzione delle altre persone messe in fila. 
“Okay, se le parlo davanti a tutta questa gente, s'irriterà ancora di più. Meglio aspettare.” si disse ressegnato.


 



«Kentashi, manda la Signorina Higurashi nel mio ufficio, subito.» proferì InuYasha riattaccando con fare nervoso la cornetta del telefono.
L’aveva evitato per tutta la mattinata, senza nemmeno rivolgergli una parola, dileguandosi con una smorfia malinconica ogniqualvolta si ritrovassero entrambi nell’arco di un paio di metri. 
“E come biasimarla.” pensò stancamente, appoggiando la guancia sulla mano sinistra per sorreggersi, mentre l’altra picchiettava furiosamente sulla superficie liscia della scrivania.
Aveva evitato di assegnarle qualsiasi tipo di compito, lasciandole fare il suo lavoro in un’esistenza indipendente. 
Era il minimo che poteva fare.
Eppure, non riusciva a capacitarsi della situazione. 
Come faceva lui, InuYasha No Taisho, a sentirsi in colpa?
“Non mi sento in colpa, penso solo che le cose sarebbero potute andare diversamente.” si ripeteva. Non era abituato a quel vortice di emozioni che lo stavano risucchiando, e non riusciva di conseguenza ad accettarle. 
Per un attimo pensò proprio di essere un grande idiota. Che senso aveva paragonarsi ad InuYasha No Taisho in continuazione, e non pensare semplicemente di essere un comune essere umano che poteva provare sentimenti?
“Ma che cavolo! Deve essere l’effetto della sbornia di ieri sera.” continuò imperterrito nella sua auto-convinzione.
Forse era orgoglio, forse qualcos’altro, ma non riusciva proprio a comportarsi diversamente. Era fatto così, non poteva cambiare. E non avrebbe avuto senso cambiare. Non dopo tutti gli sforzi fatti per diventare quello che era. Anche se, negli ultimi tempi, iniziava ad avere strani complessi esistenziali, chiedendosi se avesse davvero preso le decisioni giuste.
“Sei felice?” fece eco una vocina innocua nella sua mente, insidiandosi con prepotenza.
Era felice? Certo, certo che lo era ... o almeno credeva di esserlo, dato che non sapeva dare forma e figura a quel sentimento. 
Per distarsi da quei pensieri che, francamente, gli stavano iniziando a dar seriamente fastidio, tentò di formulare una qualsiasi frase da dire al suo arrivo. Cosa avrebbe mai potuto dirle?
«Higurashi, dimentichiamoci quello che è successo.» provò. 
"Certo, dimentichiamoci l'accaduto e brindiamo come due vecchi amici; proprio una bella trovata." si disse.
«Kagome, io volevo ... io volevo ... no, no ... così non va affatto bene ...»
In quel momento qualcuno bussò alla porta, distogliendolo in tempo dalle sue discussioni interiori, prima che trovasse un vacillamento lungo il suo cammino. 
«Avanti.» rispose distrattamente al cenno. 
Entrò Kagome, in un tacito silenzio, rimanendo a molti centimetri di distanza dalla sua postazione. 
Fredda e distaccata.
Perfetto.” si disse l’albino roteando il occhi al cielo, mentre accennava ad una smorfia stanca.
E adesso?
Come doveva comportarsi?
Cosa doveva dire?
“Ma tu guarda dove sono andato a finire.” borbottò tra sé e sé. Si alzò tossicchiando, quasi a volersi schiarire la gola, o semplicemente, per invogliare le parole ad uscire. 
Kagome teneva le sopracciglia appena corruciate e sul suo viso si poteva scorgere una pallida espressione di disappunto, anche se cercava di non darlo a vedere. 
"Beh, se non altro, non assomiglia ad una iena come al solito." si disse, cercando vagamente di consolarsi. 
«Kagome ... è stato un malinteso.» disse in un modo leggermente impacciato, nonostante cercasse di mantenere la sua solita compostezza. 
"Non potevi dire frase migliore, InuYasha." si rimproverò mentalmente.
«Pensavo che avessi detto a tutti dell'accaduto della sera precedente... mi fissavano tutti in modo strano. So di non essermi comportato bene ... perciò io ... io volevo ...» tentennò messo in seria difficoltà. Accidenti! Ma perchè era così dannatamente difficile? Non ci voleva molto infondo, no?
Kagome cambiò espressione per una frazione di secondo, mentre sul suo volto traspariva una nota tra il divertito e il curioso,per poi tornare come prima.
«Stai facendo un ottimo lavoro, quindi ho pensato che fosse il caso di premiarti .. sì.» 
«Cosa desideri?» domandò ancora con la voce traballante. Ce la poteva fare, suvvia. 
I suoi buoni propositi crollarono quando non sentì alcun suono provenire dalle sue spalle. Non era portato per certi gesti di "gentilezza", per questo era facilmente irritabile in certe situazioni. E lui che si stava pure sforzando di rimediare! Come faceva a risistemare le faccende se quella non collaborava?
Si voltò di scatto, intento a dire qualcosa, però la sua rabbia scemò nuovamente, lasciando nuovamente spazio a quell'odiosa colpevolezza, quando la vide con lo sguardo basso e ferito, mentre teneva ancora il braccio con l'altra mano.
I suoi occhi si mossero frenetici, nel tentativo di trovare, o almeno abbozzare un discorso.
Fece un paio di passi, posizionandosi al suo fianco, dandole leggermente le spalle.
«Senti, Kagome ... io so di aver sbagliato e per questo io ... io volevo ...» balbettò in seria difficoltà.
Il viso della ragazza perse quell’espressione contrariata, mentre accennava ad una leggermente incuriosita.
«Beh, sì ... volevo dire che,» tentò nuovamente grattandosi una guancia mentre tentava di trovare le parole adatte.
Le labbra della corvina assunsero in definitiva un sorriso terribilmente strafottente. Vederlo in una simile situazione le provocava un’immensa soddisfazione. 
La sua rabbia nei suoi confronti scemò, quando si accorse che InuYasha sembrava veramente pentito, per una volta, e stava perfino tentando di chiederle scusa. 
L’albino fece qualche passo nervoso, posizionandosi nuovamente di fronte a lei, che appena se ne accorse, mutò nuovamente il viso in una maschera affranta.
«Lasci perdere, Signor Taisho. Non riuscirà a chiedere scusa. Va bene così.» disse lei togliendolo da quella brutta faccenda, accennando ad un sorriso malinconico. 
“Potrei fare l’attrice.” si disse compiaciuta.
«Ecco! Proprio quello!» esordì il ragazzo posizionando entrambe le mani sulle sue spalle, senza però stringere in alcun modo.
Kagome rimase un attimo disorientata da quel gesto, sbattendo le palpebre confusa.
Appena resosi conto, InuYasha le tolse di scatto, quasi si fosse bruciato. 
Tossì leggermente, assumendo una certa compostezza.
«Intendo, stavo cercando di fare proprio quello che hai appena detto.» disse voltando la testa di lato, mentre arricciava il naso quasi imbarazzato, avrebbe detto
Kagome lo guardò.
Sorrise astutamente.
«Perché? Cosa ho appena detto?» chiese inclinando la testa di lato, fissandolo con uno sguardo ingenuo.
«L’ultima frase che hai appena detto!» le ricordò lui, quasi terrorizzato all’idea di doverla magari ripetere.
«Ho detto: va bene così.» fece lei, mettendo un dito sotto il mento con fare pensieroso, nonostante sapesse benissimo a cosa si riferisse.
«No, no. Prima di quello!» disse InuYasha sull’orlo di una crisi di nervi. 
«Lasci perdere, Signor Taisho.» ricordò nuovamente, sbattendo ancora le palpebre con una vena innocente.
«Ah, accidenti, no! In mezzo a queste due frasi, cos’hai appena detto?» 
Kagome abbassò lo sguardo fissandosi la punta dei piedi, che all’improvviso erano diventati più interessanti del suo capo.
Era così difficile chiederle un misero scusa?
A quanto pare sì.
«Lasci perdere, Signor Taisho. Non riuscirà a chiedermi scusa. Va bene così.» ripeté, con un tono, questa volta, leggermente dispiaciuto. Sospirò, voltandosi per uscire, ma dopo qualche passo si fermò.
«Una persona che non è in grado di dare un buongiorno col sorriso, non è capace di scusarsi.» disse incorciando le braccia al petto. Questa volta poteva dirgli tutto quello che pensava, dato che sicuramente InuYasha non era nella posizione di peggiorare la  situazione.
«Cosa ... cos'hai detto?» chiese interdetto l'albino, assumendo un' aria contrariata. 
«Che non sa sorridere.» rispose piccata, nonostante si stesse divertendo un mondo. Dirgli le cose in faccia, anzi sbattergliele letteralmente, era una soddisfazione immaginabile.
«Non è come sembra. Posso benissimo farlo.» rispose, allentandosi un bottone della giacca, dato che stava iniziando improvvissamente a fare molto caldo a suo avviso. 
«Oh, allora avanti: sorrida.» lo incitò con tono di sfida. InuYasha aprì la bocca per dire qualcosa, ma non disse niente, richiudendola scocciato.
«Prima ha detto che vuole premiarmi. Io non voglio nulla: voglio soltanto un suo sorriso.» sussurrò socchiudendo gli occhi velati di desiderio.
Il ragazzo rimase interdetto. Per la prima volta non seppe che ribattere. 
Voleva davvero così poco?
Non riuscì a trattenere la propria sorpresa, mentre la linea stretta e serrata delle sue labbra si schiudeva leggermente e gli occhi ambrati erano interrogatori e confusi.
«Un ... mio sorriso ...?» chiese quasi basito fissando la sua figura divenuta all'improvviso raggiante.
Kagome non rispose. Si limitò a voltarsi verso di lui e stirò le labbra in un risolio compiaciuto, ma sincero. Che scaturiva dal profondo, dal cuore.
Detto ciò, uscì dalla cabina, con il viso radioso, mentre si lasciava alle spalle uno sguardo veramente incredulo.


 



Sango entrò nella stretta cabina del bancomat, seguita a ruota da un tentennante Miroku.
Si sfregò indeciso le mani, incapace di formulare una frase di senso compiuto.
“E se ... e se mi pesta a sangue?” si chiese rabbrividendo sul posto.
«Sango, devi lasciare che mi spieghi, per favore. Quel giorno io non ero venuto con l’intenzione di rimorchiarti o prenderti in giro, ma ero venuto per incontrare il mio Maestro, però poi non é andata come previsto e mi sono imbattuto in te che hai finito per scambiarmi per un idraulico.» farfugliò in gran fretta, sentendosi improvvisamente nervoso. 
“Voglio morire.” si disse con vena melodrammatica, mentre alzava gli occhi al soffitto, in cerca forse di qualche aiuto.
Sango non l’ascoltava nemmeno, intenta a trafficare con l’aggeggio infernale davanti ai suoi occhi, nel tentativo di estrarre i propri soldi ed andarsene.
«Io volevo dirtelo, volevo confessarti che non sono un idraulico, ma ...» venne messo a tacere dall’occhiata di fuoco che gli riservò la ragazza, mentre 
tornava nuovamente a volgere la propria attenzione su quell’arnese.
«Mi sta facendo impazzire, basta. Tornerò più tardi.» farfugliò tra sè e sè, anche se non si riferiva soltanto al bancomat, ma anche al giovane alle sue spalle, che la stava facendo andare fuori di testa. 
«Ma, Sango ...» tentò Miroku, cercando di fermarla. Lei, ovviamente, non l’ascoltò, dirigendosi verso l’uscita di quella cabina, diventata all’improvviso terribilmente piccola per lei. Era giunta davanti alla porta 
scorrevole da cui avevano fatto il loro ingresso, pronta ad uscire, ma in quel momento si fece d’un tratto buio, mentre l’uscio, rigorosamente funzionante ad 
elettricità, si bloccò, senza mai aprirsi. 
«Ma che diavolo ...?» imprecò la mora, sbattendo leggermente una mano sulla superficie trasparente dell’entrata.
«Un blackout accidenti ... ma proprio adesso?» si chiese sconsolata e al contempo terrorizzata dall’idea di essere bloccata in quel posto da sola, con 
lui.
E adesso come se ne sarebbe liberata? 


 



Kagome era in pausa. L’orologio segnava le sei passate, ed essendo ancora a gennaio, fuori faceva già buio.
«Giuro, dovevi vedere la sua faccia, zia.» disse trattenendo a stento una risata divertita mentre ricordava le buffe espressioni del suo capo.
«Sì, dico davvero: gli ho detto che non sa sorridere.» proseguì sistemando meglio il cellulare al suo orecchio, compiacendosi da sola.
«Ma te lo immagini? Non avrà nemmeno mai parlato decentemente con una donna, e 
oggi proprio una di loro gli ha sbattutto addosso questa verità. È una gran soddisfazione per il nostro genere discriminato da quello scorbutico.» 
continuò, sentendosi all’improvviso una bambina piccola, in preda all’euforia.
«Sono sicura che in questo momento starà facendo pratica: non è proprio il tipo di persona che accetta le sconfitte. Ma sono sicura, non ne sarà in grado, zia.» disse lasciandosi questa volta trasportare da una risata cristallina.


InuYasha stirò le labbra in quello  che sarebbe dovuta essere una mal riuscita riproduzione di una smorfia. Piuttosto i suoi lineamenti assomigliavano a quelli di un cinghiale.
Si ritenne quasi fortunato di avere un bagno tutto per sé e uno specchio su cui riflettersi mentre tentava di fare quello che gli era stato chiesto. 
Non osava nemmeno lontanamente immaginare cosa sarebbe accaduto se qualcuno l’avesse visto. 
Afferrò entrambi gli angolo della bocca, tirandoli verso l’alto, ma il risultato fu peggio del precedente.
Serrò la mascella, stizzito.
Possibile che fare un semplice e banale gesto come quello gli costasse tanta fatica?

“Queste cose vanno fatte col cuore.”

Quella frase gli rimbombò nella mente, irritandolo ancora di più.
“Che sciocchezza.” si disse, stringendo i pugni intorno al bordo del lavandino in marmo bianco. 
Sorrisi, gesti d’affetto ... ipocrisie.
Stupidaggini, scemenze ... ipocrisie.
Perché? Perché sentiva il bisogno di farsi perdonare, di farsi riscattare? Perché si sentiva così colpevole? 
Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.
Un sorriso.
Cosa ne ricavava da un sorriso, lei?
Cosa voleva davvero?
Si portò stancamente una mano a coprirsi la metà destra del viso, in una morsa stretta. 
“Se sono davvero gesti così banali, così inutili ...” 
Socchiuse gli occhi, esponendoli nuovamente alla luce del neon giallastro della stanza, macchiati di un tormentato terrore.
“Allora perché io non riesco a compierli?” fu la domanda senza risposta che si pose. 
“Cosa sono io?” si chiese fissando il proprio riflesso nello specchio. Cos’era lui? 
Era vuoto come la sua immagine riflessa nello specchio, intrappolato in una corazza invisibile. 
Privo di emozioni.
Nulla.
Scosse energicamente la testa, dandosi dello stupido.
“Sto impazzendo.” si disse, prima di riprendere la propria lenta e noiosa pratica, ancor più di malumore di prima.


 



Miroku quasi gioì. 
Non poteva più andarsene, quindi adesso avrebbe avuto la sua occasione per parlare.
«Maledetta porta.» borbottò nuovamente Sango, in preda ad una crisi di nervi. Come poteva accaderle una cosa del genere? Come?
«Vedrai che presto la apriranno.» cercò di rassicurarla il moro, con un sorriso forzato.
«Più che la porta, sei tu il problema.» disse lei a bassa voce, non abbastanza forse dato che Miroku accennò ad una smorfia di disappunto.
«Senti, Sango ...»
«No. Non voglio nessuno spiegazione, grazie.» lo fulminò lei, gelandolo sul posto. Lo vide deglutire, quasi timoroso.
«Per favore.» disse deciso, riuscendo forse a zittirla, dato che non controbattè. Prese un lungo respiro, in cerca delle parole adatte.
«Per tutto quello che è successo, nonostante si sia trattato di un malinteso, io ti chiede scusa. Però c'è un'altra cosa, per me molto importante che io vorrei dirti: Sango, io ... dalla prima volta che ti ho visto ho provato ... accidenti non so nemmeno io cosa ho provato ... mi sono dimenticato di me stesso e del mondo intero ... tu mi hai scambiato per un idraulico, e in effetti io lo sono ... no aspetta, che sto dicendo ... oh dio, io non sono un idraulico e mai lo sono stato, beh, comunque, in poche parole, quello che volevo dirti è che penso ... anzi no, ne sono sicuro ... voglio dire che ... insomma ... che misonoinnamoratodite.» balbettò quel discorso in modo confusionario, ma le ultime parole le disse quasi sperando che lei non le sentisse. Purtroppo per lui, le sentì, oh se le sentì.
Infatti, Sango si voltò come un fulmine verso di lui, puntando il suo sguardo freddo e distaccato, e avrebbe giurato, ferito, nel suo dispiaciuto e intimorito. 
"Ripensandoci, non è il massimo stare chiusi qua dentro." si disse Miroku, in un moto di depressione per quello che, lo aveva ormai intuito, lo aspettava.
«Come ... come osi?! Non mi conosci nemmeno santo cielo, e affermi una cosa del genere? Penso che tu ti sia fatto un' idea sbagliata sul mio conto, io non sono come le altre ragazze, non commettere mai lo sbaglio di paragonarmi a loro, non sono così disperata da accettare una dichiarazione da uno sconosciuto! Smettila di prenderti gioco di me!» urlò con tutte le sue forze stringendo i pugni lungo i fianchi, mentre i suoi occhi ametisti erano scossi da un impercettibile tremore.
«Perchè pensi che voglia solo divertirmi con te?» chiese con un filo di voce lui, internamente rimasto ferito dalle sue parole, anche se il suo viso non tradiva alcuna emozione.
«Oh, andiamo, non sono così stupida, anche io conosco un po' il mondo! Tu sei soltanto uno di quei ragazzi frivoli, a cui piace usare le ragazze come passatempo, che non è fatto per una relazione seria, per cui non contanto i sentimenti, ma siete mossi da un viscido desiderio carnale! Pensi che non lo sappia che razza di persone, tu e tuo fratello, siate? Sei piuttosto conosciuto per tua sfortuna, e so qual'è il tuo stile di vita, Miroku Kazana!» sbraitò riversando su di lui tutto il suo odio per quella massa di gente.
Miroku rimase colpito. No, lui non era così. Almeno, non lo era più oramai. Da quando aveva l'aveva conosciuta, era stata solo lei ad occupare la sua mente e i suoi pensieri, riempendo le sue giornate con il suo ipnotico sguardo violaceo.
«Ammetto che fino a poco tempo fa, ero quel tipo di ragazzo; ma, Sango, devi credermi, io ... da quando ti ho visto, ti ho parlato, io ... tu sei la prima ragazza per cui io provo qualcosa di così intenso, che non mi lascia più dormire sogni tranquilli.» confessò, trapassandola col suo sguardo scuro e sicuro. Fu lei a distoglierlo. Sembrava turbata, quasi spaventata avrebbe detto. Ma di cosa? Era forse terrorizzata da lui?
«Sango, sei una ragazza speciale, e non lo dico tanto per compiacerti. Sei una ragazza forte all'esterno, ma fragile all'interno, l'ho capito.» disse facendola sussultare, scattando sulla difensiva.
«Non so di cosa tu stia parlando.» sibilò voltando la testa di lato, mentre si stringeva tra le proprie braccia.
«Basta guardarti negli occhi con attenzione, Sango: tu soffri. Non so perchè, non conosco il tuo passato, non conosco il tuo presente, ma posso scorgerlo nel tuo sguardo: è sempre così malinconico, dalla prima volta che l'ho incrociato, anche se a prima vista sembra allegro e pieno di vita, però se vi si sofferma a studiarlo, ci si accorge che è solo apparenza.» dichiarò, lasciandola basita. 
«Smettila di dire assurdità. Tu non mi conosci, smettila di fare queste sciocche insinuazioni.» lo attaccò nuovamente lei, dandogli le spalle.
"Stai scappando, ti stai tirando indietro." constatò ormai convinto della sua teoria.  
Calò un silenzio surreale, che non venne spezzato. 
Sango era stretta nel proprio abbraccio, scossa da impercettibili brividi. Gli occhi erano puntati sul pavimento, diventato all'improvviso interessante.
Chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. 
Per sua fortuna, in quel momento, un uomo s'affaccio alla vetrata dell'ingresso, bussando lievemente. 
Subito, quasi avesse trovato l'aria necessaria per respirare, si diresse versa quella sagoma, come se fosse il suo salvagente per riafforare da quell' oceano scuro e denso.
L'uomo fece un cenno di assenso, digitando un numero sul tastierino del proprio telefono. 
Si lasciò andare in un sospiro sollevato, mentre Miroku osservava ogni suo movimento.
«Tra pochi istanti ritorneremo alle nostre rispettive vite.» sussurrò debolmente lui, accennando ad una nota malinconica. Sango era agitata, lo sapeva bene anche lui. Aveva toccato un argomento che probabilmente non avrebbe dovuto tastare. Era rigida e tesa, mentre le sue unghie sembravano quasi voler graffiare il vetro gelido con cui venivano a contatto.
«Io non so quando e come ho iniziato a provare questi strani sentimenti nei tuoi confronti, so solo che oggi, per la prima volta, vorrei non dover più tornare alla mia vita.» proferì fissando i contorni della sua schiena immobile. Si appoggiò al muro, incrociando le braccia al petto.
"Soprattuto ora che so cosa ne pensi tu della mia vita." avrebbe voluto aggiungere, ma si trattenne. 
«Perchè non è lì che voglio andare: è da un'altra parte, è nella tua vita, che vorrei poter entrare, ma so fin troppo bene che tu non provi nient'altro che ribrezzo nei miei confronti; forse non è scritto nel mio destino averti, ma non gliene faccio una colpa, va bene così. Anche se non posso passare la mia vita con te, questi pochi attimi che abbiamo speso insieme, mi bastano, sono sufficienti.» disse con una voce che smosse qualcosa all’interno di Sango. 
“Tu non capisci ... tu non sai.” si disse mentalmente lei, mordendosi l’interno della guancia. Avrebbe almeno voluto dargli una spiegazione al suo rifiuto, ma non poteva. Voleva solo allontanarsi da quel posto. Scappare.
«Perché sono sicuro che non li dimenticherò questi momenti, come nemmeno tu ne sarai in grado.» affermò sicuro. Ne era certo, qualcosa in quella conversazione l’aveva colpita. Non l’avrebbe scordata facilmente.
«L’amore mi ha cambiato un po’, ma sono sicuro che questa storia ha lasciato impresso qualcosa anche nel tuo cuore, anche se non è amore.» concluse, tacendo non appena la porta scattò, aprendosi. Annaspò mentre il gelido vento le accarezzò le guance tiepide. 
Uscì, allontanandosi di qualche stentato passo prima di arrestarsi per ringraziare coloro che avevano provveduto a far funzionare la porta. Miroku era ancora lì, a fissarla con la coda dell’occhio, serio. 
Sango corse via, senza voltarsi dalla sua parte, sparendo dalla sua visuale. 
Sorrise dolcemente.
L’aveva guardato.
Prima di scomparire, l’aveva guardato di sfuggita con la punta dell’iride. 
Ne era sicuro. 


 



«Mi ha chiamato, Signor Taisho?» domandò Kagome entrando cautamente nella cabina di InuYasha.
Lo vide scattare come una molla, quasi fosse un gatto che rizzava il pelo.
«Ehm ... esatto.» balbettò nervoso per la seconda volta in quella giornata. La ragazza gli si posizionò di fronte, mentre era seduto sulla poltroncina in pelle di fronte a lei e nel contempo sfogliava un file.
Tossicchiò, alzandosi a malavoglia, fino a raggiungerla.
Kagome lo guardava curiosa ed incerta, non ben sapendo cosa fare.
«Beh, ecco ... tu oggi mi hai chiesto quella cosa.» iniziò il discorso traballante il ragazzo in preda ad una crisi isterica.
I diamanti di lei si accesero di una scintilla divertita non appena colsero il fine di quel discorso.
“Oddio, vuole farlo davvero.” si disse mentre il suo viso assumeva nuovamente quell’aria ingenua e innocente di poco prima.
«E io volevo, sì, dartela ...» farfugliò ansioso di nascondersi da qualche parte.
«Io ... non capisco. Si spieghi meglio per piacere.» disse sbattendo le palpebre con quell’apparente aria confusa.
Oh, invece aveva capito benissimo. 
«Ecco, ti avevo detto che ti avrei premiato ... e tu mi hai chiesto quella cosa ...» tentò di dire leggermente disorientato. 
«Oh, quindi adesso lei sta per sorridere?» chiese divertita la corvina, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre sul suo volto si stampava un sorrisino innocuo, ma che InuYasha avrebbe definito un po’ inquietante.
«Esatto.» rispose portandosi un dito a grattarsi la tempia, per dissimulare quel maledetto prurito che provava in ogni angolo del suo corpo.
Tossicchiò nuovamente, allacciandosi i bottoni della giacca del completo scuro. Un nervo pulsava dolorosamente sulla sua fronte, pronto a scoppiare da un momento all'altro.
Quello era troppo imbarazzante. Si sentiva oltraggiato.
«Scusami un attimo.» sussurrò prima di voltarsi e sorseggiare un bicchiere d'acqua, anche se non seppe se dovuto al fatto che la gola avesse iniziato a bruciare all'improvviso o semplicemente fosse una congettura per ammazzare il tempo. 
Kagome colse subito l'occasione, appena le diede le spalle, per scoppiare in una risata, anche se non emise alcun verso, mettendosi una mano davanti alla bocca, ma continuando lo stesso a ridere silenziosamente. Ovviamente, la sua espressione tornò più seria di quella di un iceberg non appena lui si girò nuovamente, deglutendo.
"Sì, mi candiderò come futura stella del cinema." si ripeteva continuamente, con una vena palesemente ironica.
La sua attenzione venne completamente catturata dalle labbra di InuYasha, che si erano ormai messe all'opera, anche se dovette ammettere con scarsi, e previsti, risultati. 
Certo, sorrideva, ma non era un vero sorriso. 
Gli angoli della bocca erano tirati forzatamente verso l'alto, mentre mostrava i suoi denti bianchissimi, e intanto quella piccola ed innocua vena continuava a pulsare sulla sua tempia.
Kagome non ce la fece più, e contemplando per qualche secondo la sua buffa espressione, scoppiò a ridergli in faccia, nonostante cercasse di trattenersi il più possibile, attutendo il suo scoppio d'ilarità con ancora una mano a coprire parte della parte inferiore del viso. 
Vide InuYasha mutare quell'espressione ridicola in una a metà tra l'imbarazzata e l'indignata. 
"Brutta strega ... io ... ti faccio del male." si disse guardandola con un istinto omicida negli occhi. Kagome, tossicchiando, riuscì a tornare "seria", o almeno ci provò, visto che il suo volto era ancora dipinto di un sorriso di scherno.
«Mi scusi ... ehm ... è stato davvero onorevole da parte sua tentare.» cercò di abbozzare un discorso, senza perdere quel tono di presa in giro.
«Ma fare pratica, non le servirà a niente: queste cose vengono da sole, vengono dal cuore; ma se non se ne possiede uno, queste cose non affiorano alle labbra.» disse battendo leggermente un dito al centro del petto del ragazzo, che l'ascoltò in silenzio, segretamente colpito.
La sua risata cristallina risuonò ancora per qualche istante nel silenzio della stanza, prima che si voltasse per uscire. Arrivata alla porta, però, si fermò con la maniglia ancora mezza inclinata.
Voltò il viso verso il ragazzo, che ancora non si era mosso, non riuscendo a reprime un risolino, eppure questa volta non vi era alcuna cattiveria, era solo una risata pura e sincera, che veniva dal cuore, dall'anima.
InuYasha si risedette sul divanetto, con molte strambe ed ambigue idee per la testa.

"Voglio soltanto un suo sorriso."

Qualcosa che scaturiva dal cuore. Un sentimento che bisognava provare in ogni viscera del proprio corpo, bisognava sentirlo bruciare sotto la propria pelle, e lasciarlo affiorare sulle labbra.

"Queste cose vengono da sole, vengono dal cuore"

Il suo sguardo corrucciato si fece via via sempre più rilassato e sereno, mentre il viso si stendeva in un'espressione neutra, e non più contrariata.

"Voltò il viso verso il ragazzo, che ancora non si era mosso, non riuscendo a reprime un risolino, eppure questa volta non vi era alcuna cattiveria, era solo una risata pura e sincera, che veniva dal cuore, dall'anima."

E senza nemmeno accorgersene, le sue labbra erano distese in uno splendido sorriso.


 




♦ Angolo Autrice ♦

Salve ^^
Come ve la passate? XD

Allora, ormai non mi scuso nemmeno più per il ritardo ç.ç tanto è inutile ç.ç visto che per un motivo o l'altro, faccio tardi sempre ç.ç 
Spero che il capitolo non sia orripilante :P Non sono molto convinta del contenuto, come non sono convinta di mille cose ultimamente :P (Pardon, ho le crisi da "scrittore" XD)
Come potete vedere, le cose stanno iniziando a cambiare, e mi riferisco soprattutto al rapporto tra InuYasha e Kagome, che fino ad ora non aveva avuto grandi risvolti :P Beh, non che qui siamo piombati chissà dove, ma è pur sempre un passo avanti XD 
E se vi siete mai chieste (O chiesti XD) se l'azione si svolgerà mai altrove, oltre a questo noiosissimo ufficio, allora la risposta è: sì, ma dovete portare pazienza XD Per ora, continuerà a svilupparsi lì, ma poi ci concentreremo sempre meno sulle giornate lavorative, per poi uscirne completamente :)
Bene, se siete arrivati fin qui senza vomitare, allora siete delle persone grandiose XD
No, scherzi a parte, un GRAZIE immenso a tutti coloro che leggono, recensiscono e che aggiungono la storia tra le preferite/seguite/ricordate :) 


GRAZIE DI CUORE <3

Alla prossima,
Baci enormi <3 <3 <3 

Lullaby 99 ^^




 

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Capitolo 8
*** Proposta ***


Proposta

InuYasha
Capitolo: 8
 
Miroku sbuffò.
La sua vita era diventata talmente scombinata in così poco tempo che nemmeno riusciva a capacitarsene completamente. Non che avesse chissà che problemi esistenziali, sia chiaro, ma la sua esistenza da ‘spirito libero’ era stata drasticamente mutata in quella da ‘anima tormentata’. 
L’ingresso di Sango nella sua quotidianità era stato destabilizzante ma allo stesso tempo immensamente piacevole.
Era strano, molto strano.
Non era possibile che, dopo una semplice occhiata, lui avesse perso la testa per una perfetta sconosciuta. Eppure, era quel che era successo. 
L’aveva vista, e sì, c’era rimasto letteralmente secco.
Che dire, amore a prima vista? Pff, si sentiva come un adolescente alle prese con la sua prima cotta. E scoprì che era terribilmente meraviglioso.
Era bella, tremendamente affascinante ai suoi occhi. In aspetto, per quanto gli costasse ammetterlo, non aveva molto di più di tante altre ragazze che vi erano in giro. Era bella, ma nella norma. Ma ogni volta che la sua snella e slanciata figura si delineava dinanzi al suo sguardo oltremare, automaticamente, senza una spiegazione precisa e razionale, diventava la donna più incantevole di tutto il mondo intero. Se poi, accanto a ciò, si affiancava il suo carattere e i suoi modi di fare, subiva un’altra trasformazione: diventava una donna perfetta
Era diversa, molto differente da chiunque avesse mai incontrato.
Poi, il fatto che lei lo odiasse, era meglio lasciarlo in secondo piano, per non alimentare ulteriori depressioni.
Sembrava quasi sciocco, impossibile, che lui, già, proprio lui, si fosse innamorato - sempre se di amore si trattava, anche se ne era pressoché sicurissimo - così rapidamente della mora.
Dei suoi occhi violacei e penetranti, dello sguardo protervo che gli rivolgeva, ma che sotto malcelava un animo pacato e rilassato.
Era così pura e sincera, quasi da essere disarmante.
Eppure, osservandola con maggiore attenzione, era impossibile non notare quella nube oscura che la rendeva talvolta cupa e turbolenta al tempo stesso.
Il problema era un altro. Lei era convinta che fosse solo un ragazzo viziato e libertino — cosa fino ad un certo punto anche vera, fino ad un certo punto, eh — e perciò si rifiutava di aver anche solo un misero colloquio con lui. 
Che male c’era poi a fare l’idraulico improvvisato, non lo avrebbe mai capito.
E fu allora che, tornato a casa dopo la deludente conversazione avvenuta con la ragazza che ultimamente affollava i suoi pensieri, incontrò Koga, e proprio quello che all'apparenza pareva l’inutile e svogliato fratello, gli tornò più utile di quanto avrebbe mai immaginato. 
Certo, il fatto che, per arrivare all'illuminazione attuale, aveva dovuto sorbirsi i suoi scleri esistenziali, era cosa di ormai poco conto.
Si sarebbe appurato di non chiedergli mai consigli. 
In ogni caso, torniamo a noi. Dopo che il fratello gli aveva melodrammaticamente illustrato la sua ‘complessa e serissima’ condizione sentimentale, ovvero dopo avergli detto che aveva appena mollato la sua ragazza perché pretendeva una relazione seria, una piccola e luminosa lampadina si era accesa nella sua mente.
Una relazione seria.
Questo? Ma certo!
Sango non si sarebbe mai abbassata ad accettare la sua avance ma soprattuto di concedergli di provare a uscire con lui. 
Inoltre, non sembrava affatto propensa a lasciarsi incantare da romanticismo e robe simili.
Sì, doveva per forza avere qualche problema interiore, ne  era sempre più convinto ormai.
In ogni caso, quel che in poche parole stava frullando nella sua piccola ma astuta mente, era con ogni probabilità una delle mosse più azzardate e spericolate della sua inesperta vita. E medesime erano le possibilità che il suo simpatico tentativo di conquistare la ragazza degenerasse e affondasse in qualche angolo sconosciuto di un qualche oceano altrettanto anonimo. 
“Ma perché mai ho deciso di tornare in Giappone?” si chiese leggermente sconsolato.
Eppure, un piccolo, vano, anche se magari inutile tentativo, poteva farlo, così, se non altro, non avrebbe avuto più rimpianti. 
Andava bene anche una negazione, pur di non sentirsi dire costantemente da una qualche fastidiosa vocina nella sua mente, che poteva deliberatamente definire coscienza, che non aveva cercato di conquistarla fino all’ultimo. 
Fu con tutti questi pesanti e contorti pensieri che Miroku bussò alla stanza dei propri genitori. 
«Avanti.» borbottò una voce piuttosto seccata, che per un attimo fece balenare per la mente del moro l’idea di fare dietrofront. 
“Sii uomo!” si disse, inspirando come poche volte aveva fatto.
La porta s’aprì con un leggero cigolio sinistro, che lo fece sussultare. Le possibilità erano due, si disse: o la casa era arrugginita a tal punto che i cardini stavano iniziando a cedere miseramente — anche se aveva molti dubbi su questa teoria —, o lui era talmente agitato da sentir e veder tutto sotto i riflettori di un film horror. 
“E che vuoi che sia!” cercò di farsi forza. Ebbene sì, per quanto gli costasse ammetterlo, era leggermente terrorizzato dalla loro reazione, soprattutto di quella della sua ‘docile’ madre. Non che non lo fosse, almeno da come si era sempre comportata coi suoi figli, ma quando voleva sapeva incutere una certa agitazione.
Trovò la stanza avvolta in un surreale silenzio, quasi fosse ricoperta da uno stato di immobilità, tanta da bloccare anche l’aria che avrebbe dovuto circolare tra quelle quattro mura. Le tende erano semichiuse, diffondendo così una leggera luce calda ma intensa, di un arancio-giallo particolarmente brillante ma sfumato. Ai suoi piedi troneggiava un enorme tappeto color porpora — un colore che era gratificante per gli occhi altrettanto cremisi della madre — non troppo aggressivo. Sulla parete destra, la sua destra, spiccava un ampio quanto invitante letto a baldacchino, intonato perfettamente col resto dei colori che irradiavano la stanza. Le sottili tende del letto erano di un tenue color crema, i cuscini — gli infiniti cuscini — erano della medesima tonalità, mentre il lenzuolo sfoggiava lo stesso rosso carminio.
Lo affiancavano due comodini d’ebano, stesso materiale di cui era fatto lo schienale del letto.  Sul muro parallelo a lui invece vi erano ben altre cose. All’estremo destro, poco più in là dal letto per precisione, era posto un mobile pressoché basso con incorporato un grande specchio ovale bordato di un legno pregiato e sempre scuro. Yukiko era lì, che gli volgeva le spalle leggermente ricurve, intenta a passarsi instancabile il pettine tra le ciocche leggermente ricce e castane mentre ammirava la propria figura snella e slanciata nel riflesso. Gli scoccò un’occhiata, sorridendogli appena, in cenno di saluto, al quale ricambiò debolmente. Al centro di quella medesima parete, vi era un camino piuttosto antiquato, sul quale spiccava un quadro che raffigurava chissà quali figure astratte. Al centro della stanza invece, vi erano due poltroncine in pelle, di un pallido color crema — sempre abbinate col resto dell’arredamento —, disposte intorno ad un basso tavolino in legno scurissimo. E lì era seduto Mikado, senza dare le spalle alla moglie. Era concentratissimo in una partita a scacchi solitaria, tanto che probabilmente non si era accorto nemmeno della sua presenza. Gli occhi acquamarina si muovevano frenetici e pensosi lungo la superficie della scacchiera, mentre ogni tanto si batteva un dito sul mento, forse nel tentativo di farsi venire qualche colpo di genio e procedere col gioco. 
Infine, sulla parete sinistra, vi era un enorme armadio a sei ante, sempre di quel benedettissimo ebano scurissimo. Inoltre vi erano tanti quadri, di svariato genere, appesi lungo i muri. Una stanza oggettivamente abbastanza semplice, ma che trepidava di eleganza e classe da ogni più piccolo poro.
Inutile dire che, ovviamente, era tutto stato personalmente scelto dalla madre, in ogni più irrilevante e minuzioso dettaglio, dall’insolito color porpora fino ai mobili d’ebano. 
«Oh, figliolo, vieni entra, che ci fai lì impalato alla porta?» lo invitò Mikado, improvvisamente accortosi della presenza di qualcuno di troppo in quella stanza. 
«Ehm, certo.» bofonchiò il ragazzo, sentendosi sempre più nervoso. 
«Ecco, in realtà, dovrei parlarvi di una cosa molto importante, ad entrambi.» calcò accuratamente l'ultima parola, in modo che anche la donna, ancora intenta a pettinarsi, si avvicinasse a loro.
Infatti sembrò cogliere il messaggio e, con uno sbuffo che aveva ben poco di elegante, si alzò, per poi andare ad accomodarsi accanto al marito, sull'altra poltroncina disponibile. 
Mikado, però, non aveva smesso di dedicarsi alla sua partita, convinto forse di poter assolvere entrambe le cose contemporaneamente. Yukiko gli riservò un’occhiataccia contrariata, chiedendosi perché anche lui non fosse costretto ad interrompere la sua importantissima attività.
Miroku si limitò ad alzare gli occhi al cielo, per poi cominciare con una voce lievemente impacciata.
«Ehm ... come dire, volevo parlarvi di questa cosa ... molto importante, sì ... e volevo ... ehm, sì insom-»
«Pochi giri di parole, Miroku.» lo interruppe la madre, assottigliando le iridi cremisi, cercando comunque di non essere troppo fredda. 
«Eh? C-certo.» rispose risoluto, respirando a fondo. Riaprì gli occhi colmi di determinazione e convinzione. 
«E'chemisonoinnamoratodiunaragazzaevolevochiederviilpermessodichiederelasuamano!» le parole rotolarono sulla punta della sua lingua talmente velocemente che nemmeno lui stesso fu certo di quel che aveva detto. Si passò una mano tra i capelli, accennando ad una risatina nervosa di fronte al sopracciglio alzato di Yukiko e alla faccia perplessa di Mikado. 
«Stavo dicendo, mi sono innamorato di una ragazza e volevo avere il vostro consenso per chiederle la mano.» disse, infine, con risolutezza, scandendo bene parola per parola.
L'uomo si bloccò con la pedina a mezz'aria, mentre Yukiko rimase piacevolmente sorpresa.
Quante volte ne aveva fatto parola con quello scansafatiche del proprio marito, senza mai ricevere un cenno d'interessamento tra l'altro, affinché iniziassero a pensare seriamente al matrimonio di loro figlio? 
Adesso era lui che, su un piatto d'argento, le offriva quella possibilità, e non riuscì a trattenere l'euforia. 
«Ma è una notizia fantastica! Perché non ce l'hai mai menzionato prima? Dimmi, chi è la ragazza? La conosciamo?» chiese a raffica, accompagnando le parole gesticolando con le mani.
«Sono sicuro che non farete caso alla classe sociale, vero?» chiese accennando ad un sorrisino nervoso, trovando all’improvviso davvero molto interessante un angolino del soffitto.
«Chi è la ragazza, ho detto.» ripeté con più veemenza Yukiko, ma la sua voce uscì più simile ad un sibilo. Anche Mikado sembrò farsi un po’ più attento, o almeno, fu quello che dedusse Miroku quando l’uomo alzò un sopracciglio — senza mai distogliere lo sguardo dalla scacchiera — evidentemente perplesso.
«Ehm...la figlia del Signor Higurashi...S-Sango...» balbettò infine.
«Come scusa?» il dubbio avvelenato della donna lo raggiunse subito dopo.
«Hai sentito benissimo, mamma.» la rimbeccò, roteando gli occhi al cielo.
«Hai la minima idea di quel che stai dicendo? Che effetto avrà ciò sul tuo futuro? Come ne risentirà la nostra reput-»
«Ma è fantastico!» intervenne precipitoso Mikado, statosene in disparte pensieroso fino ad allora.
Yukiko lo fissò, sbigottita, rifilandogli un occhiataccia intrisa di saette.
«Ti è dato di volta il cervello?!» replicò, astiosa.
«Miroku, che splendida notizia! E’ ragazza di buona famiglia, parleremo col Signor Higurashi; ritieni questo matrimonio compiuto.» asserì, ambiguo.
Il ragazzo rimase di stucco, non aspettandosi di certo che fosse così semplice, mentre la moglie quasi scandalizzata. 
Ÿ͘Non tardò nemmeno a riprendersi, però, per paura che cambiassero idea. 
«Grazie, grazie mille!» esordì euforico, abbracciandoli entrambi. 
Fatto ciò, si alzò, con un sorriso a trentadue denti stampato in volto, e si diresse fino alla porta canticchiando un’allegra melodia, uscendo.
Nella stanza cadde un surreale silenzio, gelido e spaventoso per Mikado, nervoso e colmo di stizza per Yukiko. 
«Allora?!» sbottò, infine.
«Cosa?» chiese lui serafico, cosa che fece irritare ancor di più lei.
«Si può sapere, che diavolo stai facendo?!»


 
*
«Torno subito.» dichiarò Miroku scendendo dall'auto, rivolgendosi al proprio autista.
Purtroppo per lui, il fatto che fosse al settimo cielo, non implicava anche che non andasse più in ufficio. 
“Che seccatura.” pensò, sconsolato. Stava morendo di sete, nel vero senso della parola. Era dalla sera precedente che non aveva toccato cibo, troppo impegnato ad elaborare strane teorie, così concentrato che nemmeno la fame e la sete avevano avuto più importanza. 
«Una bottiglia d’acqua perfavore.» disse, raggiungendo la piccola bancarella, sperando seriamente di non star rischiando di ammalarsi. Non era abituato a bere acqua di strada, ma lo aveva fatto un paio di volte. Non era ancora uno snob montato come il suo migliore amico.
«Grazie.» prese la bottiglietta e si voltò pronto ad andarsene.
Non l'avesse mai fatto!
Si ritrovò, sconcertato, ma anche interiormente piacevolmente sorpreso, Sango e suo padre, nonché suo maestro un tempo, a pochi passi da lui.
Si voltò di scatto verso il lato, dando loro le spalle, comprendosi parte del viso con una mano, in parte per non farsi riconoscere, in parte sconsolato.
«Ma non è possibile, se Sango mi vede adesso, penserà che la sto pedinando, e l’unica cosa di cui necessito ora è avere ulteriori complicazioni.» borbottò a bassa voce, prendendo a fare qualche passo incerto.
«Signorino Miroku, ma dove sta andando?!» gridò l’autista sporgendosi dal finestrino, perplesso.
Il moro l’avrebbe impiccato.
«Maledetto, perché gridi ... razza di idiota, così mi noterà di sicuro.» 
Eppure non successe nulla, nessun urlo, nessun richiamo. 
Sospirò sollevato. Decise di andarsene, convinto che ormai i due se ne erano già andati, così si voltò, pronto per tornare indietro, ma ancora una volta rimase gelato. 
Davanti a lui, in tutta a loro maestosità, vi erano padre e figlia, che subito lo videro. 
Neanche bisogno di dirlo, Sango gli scoccò un’occhiata di fuoco, presumibilmente incenerendolo, storcendo le labbra in una smorfia contrariata. 
«Tu sei...Miroku, Miroku Kazana?» chiese l’uomo, fissandolo interessato. Il ragazzo in questione fu costretto ad avvicinarsi, in quanto gli sembrava ben poco carino parlare a distanza.
«Sì, sono io.» confermò, scompigliandosi la nuca, accennando ad una risatina nervosa. 
Vide l’uomo sorridere famelico, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
«Sango, lui è Miroku; devi sapere che è stato un mio studente all’accademia quando era più giovane.» esordì, palesemente felice di aver rivisto quel ragazzino impulsivo e particolarmente birichino al tempo.
La ragazza si limitò ad un sorriso di circostanza, mentre Miroku si sentiva insolitamente a disagio, contraccambiando con un cenno del volto.
«Mi è capitato spesso di leggere su di te sui giornali, sono davvero contento che tu abbia guadagnato tanta fama.» proseguì. Miroku si sentì per un attimo riempire di orgoglio, per essere così lodato dal proprio maestro - e quello che nelle sue più splendide fantasie sarebbe diventato anche suo futuro suocero.
«La ringrazio.» disse sincero, grattandosi una tempia con l’indice un po’ imbarazzato.
«Sei tornato ad Osaka da così tanti giorni, e non sei passato nemmeno una volta a salutarmi, disgraziato che sei.» disse ridacchiando, con finta accusa.
Non seppe però che Miroku sussultò.
«Ehm, ecco in realtà ero venuto, ma lei non era in casa...» automaticamente il suo sguardo si posò su Sango, che in cambio voltò la testa di lato, sfuggente. 
«Signor Higurashi!» lo richiamò un uomo da lontano, facendogli un cenno con la mano.
«Scusatemi un attimo ragazzi.» disse prima di congedarsi e stringere la mano al signore a loro sconosciuto. 
Rimasti soli, Miroku deglutì. 
Sarebbe morto, ne era sicuro. 
«Non...non ti stavo seguendo, davvero.» si giustificò lui, senza reale motivo, sentendosi in dovere di farlo.
«Non mi sembra di averti chiesto qualcosa.» lo freddò lei, sorpassandolo di gran fretta.
«Ehi, no aspetta...!» cercò invano di fermarla, ma senza troppi risultati.
Eppure non ne rimase però affatto deluso, anzi; in un modo o nell’altro, continuava a incontrarla, e la cosa gli piaceva da impazzire.

*
InuYasha sbatté le palpebre, visibilmente disorientato e frastornato. 
«Ma che cosa...?» si ritrovò a domandarsi, perplesso. Si alzò con uno scatto piuttosto agitato, tirandosi leggermente il colletto della camicia, divenuto all'improvviso troppo pressante e soffocante. Si diresse a passi lesti verso la propria scrivania,  lasciandosi letteralmente cadere sulla sedia in pelle, e, sorpreso di ritrovarla così fredda, arricciò debolmente il naso, in un'azione involontaria, accompagnato da uno sbuffo non molto elegante.  Si guardò un attimo intorno, con fare frenetico e nervoso, per poi poggiare il gomito destro sul bordo del tavolo e la guancia sulla mano. L'altra invece era immancabilmente occupata a riempire la stanza - che in quel momento gli risultava sinistramente troppo silenziosa - con un incessante ticchettio, anche se era il primo che lo trovava irritante quel veloce susseguirsi di piccoli rumori brevi, secchi ed insistenti.  Non seppe spiegarsi il reale motivo, ma gli sembrò di avere un'espressione imbronciata ed infantile stampata in viso, ma stranamente,  non trovò la cosa particolarmente fastidiosa.
Effettivamente, c'era qualcosa che non andava. 
In quel momento, il suo cuore, che aveva da poco scoperto di possedere, batteva furioso come un mare in tempesta.  Si sentiva così stordito, così confuso, eppure, gli era impossibile rinnegare quel strana sensazione di tepore all'altezza del petto, come se qualcuno, dopo anni ed anni di supplizio, gli avesse estratto un spina particolarmente dolorosa dal corpo. 
Leggero.
Si sentiva sereno, come poche volte era stato - ammesso che ce ne fossero -, e rilassato. 
Eppure il suo sguardò si offuscò, mentre si fissava nel vuoto. Guardava, ma non vedeva. Per un attimo quell'unico sentimento che era appena nato in lui, vacillò, bruciandolo da dentro, come una fiamma avvelenata che danzava sin dalle viscere del suo corpo.
Si sentiva così strano, così perso. Sentiva tutto il suo corpo echeggiare come impazzito, mosso da una nuova, mai provata, scintilla di vita.
Abbassò lo sguardo, disorientato e quasi, avrebbe potuto dire, terrorizzato da quelle sensazioni così diverse, così nuove.  Eppure, per la prima volta, non sentiva il bisogno di trovare un perchè, una motivazione ai cambiamenti che lentamente stavano trasformando e sgretolando un guscio durato quindici anni. 
Si sentiva, finalmente, libero.
Rinato. 
Si guardò i palmi delle mani, forse per controllare se fosse ancora lui, o qualcosa stesse cambiando.
Una parte di lui, quella taciturna, sofferente e indifferente, era come se si fosse spezzata da suo vero io, andando per qualche attimo a nascondersi nei meandri più profondi della suo corpo, lontano dai suoi pensieri. Non sapeva di preciso cosa gli avesse fatto quell’effetto - o forse, non voleva saperlo -, ma un punto era certo: era stato merito - o colpa, s’intende - di quella ragazzina, Kagome - anche se forse, non era così “ragazzina” quanto credeva -; voleva essere furioso, arrabbiato e frustrato, ma qualcosa lo bloccava. 
Era l’immagine pressante di lei.
Ed era un affronto per il suo ego.
Continuava, con quella serafica risatina cristallina, ad occupare la sua mente, mentre la sua figura si mostrava davanti ai suoi occhi.  Per la prima volta fece caso ad un particolare a cui non aveva mai dato peso: quella ragazza era furba, intelligente, ribelle e con un caratteraccio invidiabile - anche se non credette di doverlo invidiare a qualcuno, lui - sì, ma aveva anche un lato gentile, ingenuo e ... affascinante? Eppure, era qualcosa di ignoto, perchè non gli ispirava alcuna malizia la sua persona. Piuttosto, avrebbe potuto definirla ... no, effettivamente non vi era un aggettivo che riuscisse a descriverla, o almeno, non nella sua testa, dato che Kagome gli risultava una figura parecchio offuscata, nonostante la conoscesse ormai da un buon numero di giorni.  

“Ehi, aspetta un attimo.” fu il primo fermo pensiero.  
“Che cosa diavolo sto facendo?!” il secondo fu alquanto disgustato e terrorizzato dalle sue stesse riflessioni.
Aveva ipotizzato che stare ad eccessivo contatto con quella psicopatica lo avrebbe portato all’esasperazione, ma non immaginava ci fossero effetti collaterali, tra cui il delirio. 
«Tzé.» fu il magro commento che riuscì ad elaborare, sentendosi improvvisamente a disagio.  Se prima non aveva dato peso all'insolito broncio che gli delineava il volto, adesso lo infastidì oltremodo. Infatti, si riscosse subito, portando entrambe le mani ad intrecciarsi sotto il mento, il quale vi si appoggiò fermamente sopra, ed assumendo una postura più eretta, scoccando uno sguardo piuttosto seccato a nessuno in particolare.  Alla fine, si era lasciato abbindolare.  Era finito per fare ciò che voleva lei, ed era un serio affronto per lui.  Storse le labbra in una smorfia, parecchio infantile, e socchiuse gli occhi.  

Indispettito.  
Ecco come si sentiva.  
Ebbene, aveva vinto una battaglia, ma non la guerra. 
Il cammino verso il trionfo era ancora lungo, o almeno sperava. 

*
«Oh.» l’espressione sorpresa del Signor Higurashi non sfuggì a nessuno dei presenti. 
Effettivamente, nessuno si aspettava di ritrovarsi davanti il Signor No Taisho, il Signor e la Signora Kazana, quando avevano suonato al campanello. 
Li fece entrare ed accomodare in salotto, sul divano più ampio, mentre lui si sedette di fronte a loro. Shizuka, la sorella, si posizionò accanto a lui; Sango ed Ayame, invece, rimasero in piedi dietro di loro. 
«Ragazze, perchè non portate  qualcosa ai nostri ospiti?» disse rivolto alle due figlie, che annuirono.
«No, stia tranquillo, non ce ne è bisogno; siamo leggermente di fretta.» le fermò il Signor Taisho, riservando loro un sorriso di circostanza, talmente ben mascherato da celarne la freddezza.
«Non era neccessario che vi disturbaste così, se volevate parlarmi di qualcosa, sarei venuto io personalmente.» esordì l’uomo, stendendo le labbra ormai un po’ screpolate dal tempo in un flebile sorriso di ricambio.
«Oh, no; veramente volevamo discutere con lei di un argomento che non ha niente a che vedere col lavoro.» proferì mellifluo, appoggiando una mano al bracciolo che aveva a sua disposizione. Mikado, seduto al suo fianco, lanciò un’occhiata a Yukiko, seduta “leggermente” distaccata da lui, con il gomito sul poggia braccio destro e il mento poggiato con fare altezzoso sopra il pugno chiuso, mentre l’altra mano era posata sull’unico ginocchio disponibile, date le gambe accavallate. 
Ribolliva.
Gli occhi scarlatti non facevano altro che scoccare occhiatacce velenose e mortali, mentre si muovevano frenetici come un’anima in pena. 
Era furiosa. 
Tre giorni prima, dopo la discussione con Miroku e l’inaspettata e decisamente poco gradita approvazione di Mikado, lo aveva trascinato da Inu, convinta che, almeno lui, avrebbe fatto ragionare quel povero stolto di suo marito; e invece, lui aveva acconsentito più che rallegrato, come se non aspettasse altro da tempi immemori. Le avevano detto, loro, che era solo una questione di tempo, che era necessario, di vitale importanza, perché era l’unico modo concreto per avvicinarsi oltremodo al Signor Higurashi ed ottenere quella benedetta firma da parte sua. Già, così sarebbero diventati possessori della SenGoku Art Accademy, la scuola multimediale - ovvero il campo in cui esercitavano le loro Aziende “T&K” - più influente del Giappone. Bell’idea, davvero, peccato che lei non fosse affatto favorevole. Insomma, era di suo figlio che si stava parlando, una cosa del genere non era ammissibile! 
Non avrebbe mai permesso che una ragazza così in basso nella scala sociale - almeno dal suo punto di vista - e che non era minimamente paragonabile ai loro standard, sposasse suo figlio. E quei due, non avevano nemmeno ritenuto opportuno chiederle un parere a riguardo! 
«Tesoro, sorridi.» disse a denti stretti Mikado, mentre continuava a sorridere  a sua volta verso coloro che aveva davanti. Inutile dire che si guadagnò l’ennesima occhiata di fuoco della giornata. 
Il Signor Higurashi sbatté le palpebre, visibilmente sorpreso. 
«Abbiamo pensato che fosse il caso di conoscere anche il resto della sua famiglia, non crede? Siamo partiti col piede sbagliato, Signor Higurashi, quindi pensavo fosse il caso di rimediare.» 
Di certo, i rapporti tra le due famiglie non erano iniziati nel migliore dei modi, ma tutto sommato andavano d’accordo, adesso. Dopotutto, erano proprio loro che avevano dato la possibilità a Kagome di lavorare nella loro azienda. Eppure, le poche volte che avevano avuto l’occasione di incontrarsi, era stato a puro scopo lavorativo; forse fu per questo che il Signor Higurashi rimase perplesso a quell’inattesa visita di cortesia.
«Mi dica, l’ascolto.» lo incitò, dunque, probabilmente impaziente, malgrado cercasse di ostentare una certa calma.
L’uomo piegò debolmente le labbra, lusinghiero. 
«So che potrebbe sembrare avventato, ma vede, è una questione molto importante.» prese parola Mikado, sentendosi, comunque, il dovere di parlare. Dopotutto, era pur sempre lui il padre, e la cosa lo rese vagamento orgoglioso.
«Ecco, sono qui per chiederle la mano di sua figlia per Miroku.» concluse infine, sentendosi molto più leggero. 
«Sango.» si affrettò ad aggiungere, poi, il Signor Taisho, vedendo la perplessità, mischia a un velo di stupore, sul volto dell’uomo.
Le reazioni furono varie.
Il Signor Higurashi sbatté le palpebre numerose volte, probabilmente colto di sorpresa dinanzi a quella richiesta senza preavvisi;
Shizuka, accanto a lui, superato lo stupore iniziale, spostò lo sguardo sulla ragazza in questione;
Sango era rimasta immobile, con gli occhi sgranati, mentre boccheggiava, più per mancanza d’aria che di parole.
Una proposta di matrimonio ... a lei?
«Io ... scusatemi ...» e senza aggiungere altro se ne andò, quasi fuggendo, e sentirono i suoi passi finché non udirono lo sbattere, anche se debole, di una porta. 
Ayame e Rin si lanciarono un’occhiata preoccupata, intente a seguire la ragazza, ma vennero fermate da Shizuka che scosse la testa rassegnata, intimando di lasciar perdere.
Anche gli altri tre si scambiarono uno sguardo perplesso e confuso, pieno di interrogativi.
L’uomo sembrò riprendersi, perciò prese la parola, abbozzando un sorriso.
«E’ che ... è stata una notizia così improvvisa che non ce l’aspettavamo.» disse, accennando ad una debole risata.
Il trio non riuscì a comprendere se stesse cercando in qualche modo di mascherare la reazione della figlia o stesse davvero dicendo la verità.
«Oh, la capisco, nemmeno noi potevamo crederci quando Miroku ce ne ha parlato, ma dopotutto, la sua scelta è anche la nostra.» cercò di rassicurarlo Mikado, stendendo le labbra amichevolmente.
«Io ... non so cosa dire ... dovrei prima parlarne con lei.» 
«Ma certamente, non si preoccupi, si prenda pure tutto il tempo di cui ha bisogno.» gli disse nuovamente il moro.
«Sarà meglio andare adesso.» lo interruppe l’albino, alzandosi in piedi e stringendo la mano al Signor Higurashi, che ricambiò cordiale.



«Perchè quella ragazza è scappata?» chiese tagliente Yukiko, arricciando il naso, una volta che furono giunti in macchina.
«Non saprei, forse era semplicemente imbarazzata.» rispose Mikado con un vago cenno.
«E il resto della famiglia? Vuoi forse dirmi che anche loro erano imbarazzati?» disse, roteando gli occhi al cielo, stizzita dalla sua noncuranza.
«Forse erano a disagio dato che hanno ricevuto una proposta da una famiglia ricca come la nostra, allora.»
«No, Mikado ... la faccenda non mi torna. Ho il forte presentimento che cistiano nascondendo qualcosa, e ho tutta l’intenzione di scoprire di che si 
tratta.» concluse, assottigliando le iridi cremisi.
Il marito sbuffò, lanciando un’occhiata ad Inu che a sua volta sorrise serafico in sua direzione.

 

*
Sango era rannicchiata in un angolo del suo letto.
Il suo corpo era scosso dai singhiozzi, mentre la vista era appannata dalle lacrime che non volevano saperne di fermarsi.
Fu in questo stato che il Signor Higurashi la trovò quando entrò nella sua stanza.
Il suo sguardo si velò per un attimo di tristezza incontrando il suo 
smarrito ed arrossato.
Con lentezza si sedette al suo fianco, sospirando, passandole un braccio intorno alle spalle e lei si lasciò andare contro il suo petto, stringendolo.
«Come ... come possono fare una cosa del genere? Non possono farmi una proposta di matrimonio, non a me.» riuscì a dire, in un mormorio appena accennato ma che l’uomo sentì benissimo.
«Probabilmente perchè non conosco la tua storia, figliola.» rispose lui, rassegnato.
«E allora raccontagliela!» disse a voce forse un po’ troppo altra, staccandosi dal suo torace e puntando il proprio sguardo in quello del padre.
«Diglielo che in realtà non sono tua figlia! Diglielo che sono soltanto la misera vedova di tuo figlio che tu hai scelto di considerare come figlia!» gridò, comprendosi il volto con entrambe le mani. 
Il padre, o forse sarebbe meglio dire il suocero, la lasciò sfogare, senza interromperla. Le posò una mano sulla testa, cercando di tranquillizzarla.
Ad un certo punto, lei, alzò il viso e si asciugò le lacrime col dorso delle mani, forse con fin troppa forza, dato che lasciò un segno rosato. 
«Non accetterò mai quella proposta.» disse poi, con fermezza.
«Piuttosto che sposare Miroku, preferisco rimanere la vedova di tuo figlio.» concluse, alzandosi e uscendo dalla stanza.
L’uomo chiuse gli occhi, sospirando.
Aveva davvero sperato che, dopo tutto quel tempo, almeno qualcosa per lei fosse cambiato, ma a quanto pareva era ancora troppo legata al passato per pensare al presente o al futuro.

 

*
 
Quando Miroku giunse nell’ufficio di InuYasha, dire che rimase scioccato era dir poco.
Il suo amico, proprio quell’InuYasha, stava forse stirando la bocca, le labbra e mostrando eventualmente i suoi denti in quello che si potrebbe comunemente definire ... un sorriso?
Lui?
Sul suo volto si stampò un’espressione ebete e diverita allo stesso tempo, mentre tirava fuori dalla tasca il telefono in silenzio.
InuYasha, che non si era minimamente accorto della sua presenza, dal canto suo era intento ad osservare qualcosa di non definito sul muro - forse l’intonaco? - in quello che si potrebbe vagamente dire spenzieratezza.
Venne bruscamente riscosso da un flash che catturò la sua attenzione, facendogli assumere un’espressione infastidita.
«Tu? Che ci fai qui? E poi, si può sapere perchè mi hai appena scattato una fotografia?!» sbraitò nella sua solita cordialità.
Gli occhi del ragazzo brillarono, furbeschi.
«Oh, caro.» disse mellifluo, facendo alzare un sopracciglio all'altro, che lo guardò malissimo.
«Non fare quella faccia, chissà quando avrò di nuovo l’occasione di rivedere un panorama del genere!» ridacchiò, sedendosi di fronte a lui, dall’altra parte della scrivania.
«Panorama? Quale panorama?» chiese InuYasha, perplesso e stizzito.
Miroku gli mostrò trionfante l’immagine che aveva appena scattato, senza perdere quel cipiglio divertito. 
Il ragazzo l’osservò, strappandogliela praticamente dalle mani.
Alzò nuovamente un sopracciglio, non seppe dire se inorridito o imbestialito, per poi sbattere le palpebre forse scioccato, o forse confuso. 
Accidenti, quel ragazzo era difficile da decifrare anche per lui che era il suo migliore amico.
Purtroppo per l’albino, però, fu sicurissimo di ciò che vide alla fine.
InuYasha No Taisho era arrossito.
Impensabile.
Ovviamente, nemmeno bisogno di dirlo, si era voltato di lato, borbottando qualcosa di incomprensibile mentre sbatteva leggermente una mano sulla supeficie opaca della scrivania, lanciando chissà quali imprecazioni. Forse a lui, o forse no.
Il ragazzo in questione, intanto, stava andando in escandescenze.
Come era possibile? Come era possibile?!
Come diavolo aveva potuto farlo un’altra volta?
E perchè poi? Lui stava lavorando, che motivo c’era di mettersi a sorridere in un momento simile?
La cosa più tragica forse, poi, era che non se ne era nemmeno reso conto.
E ovviamente, di chi era la colpa?
Di quella maledetta ragazzina!
Se solo l'avesse riavuta tra le mani ...
«Ehm ... InuYasha?»
La voce di Miroku lo strappò all’improvviso dal limbo di corruzione in cui stava sprofondando, e si ritrovò a fissarlo perplesso.
«Tutto bene? Ti stavi comportando in modo assai ambiguo.» gli disse, guardandolo stranito.
«Certo.» biascicò, tossicchiando, sotto lo sguardo compiaciuto del moro. Lo fissò per qualche secondo, per poi scoppiare ancora in una risatina di scherno.
«Incredibile ... vorrei proprio sapere chi è che è stato di capace di compiere un tale miracolo, anzi, bisognerebbe dare un premio al soggetto!» 
Senza nemmeno accorgersene, il suo pensiero scivolò a Kagome ...
Alt!
Da quand’è che aveva iniziato a chiamarla per nome?
E, sopratutto, perchè diavolo stava di nuovo pensando a lei?
“No, aspetta ... ho detto di nuovo?”
«Comunque, che sei venuto a fare?» chiese poi, cercando di sviare il discorso.
«Oh, già!» si illuminò, nuovamente.
«Ti ricordi di quella ragazza di cui ti ho parlato un po’ di tempo fa?» domandò, quasi emozionato. 
InuYasha annuì vago, cercando di riassemblare le sue parole con fatti realmente accaduti.
«Oggi i miei genitori sono andati a farle la proposta di cui ti avevo accennato, e spero davvero che la risposta sia affermativa ... in ogni caso, mi 
avevi chiesto chi era no? Ebbene, è figlia del Signor Higurashi, ma sì, hai presente la ragazza che lavora nel tuo ufficio, Kagom-»
«Kagome?!» lo interruppè con una voce che gli uscì più stridula di quanto avrebbe voluto.
«Sì sì, lei! E’ sua sor...» questa volta, invece, venne fermato dallo squillo del suo cellulare, che prese a suonare insistente.
«Scusami, devo andare, parliamo dopo.» disse infine, alzandosi e salutandolo con una mano mentre rispondeva alla chiamata.
Non sapeva che in realtà, aveva lasciato in quella stanza un’ InuYasha più scosso di quanto avrebbe dovuto.
Aggrottò le sopracciglia, alzandosi in piedi adesso seriamente irritato, senza nemmeno saperne il motivo. 
Aveva forse detto Kagome?
“E questa ...”
Il suo viso assunse un cipiglio sorpreso ma furioso.
“...da dove salta fuori?







 

Angolo Autrice
Ehm ... ehilà! :D
Se vi stavate domandando se fossi morta, la risposta è: purtroppo per voi, no xD
e se vi state invece chiedendo se sono scomparsa per tutto questo tempo per ricomparire con ... questo ... ebbene, esattamente u.u
Adesso cercherò seriamente di aggiornare con coerenza, di scrivere contro la mia ispirazione, se necessario e.e
Scusatemi davvero tantissimo per l'attesa >.<
Spero ci sia ancora qualcuno disposto a reggermi xD 
Beh, non ho molto da dire, quindi alla prossima :)

Lullaby 99 









 

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Capitolo 9
*** Gelosia ***


Gelosia

InuYasha
Capitolo: 9


 
 

La porta si aprì lentamente, con un cigolio sinistro.
Sango la richiuse alle sue spalle, poggiandosi ad essa pesantemente. 
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva messo piede in quel luogo?
Accese la luce, avvicinandosi al centro della stanza.
Ormai, odorava di chiuso. Non c’era più il fresco profumo di allora. Eppure si ricordava ogni particolare di quella camera, nonostante il tempo trascorso.
Vi regnava un leggero disordine, come c’era d’aspettarsi da lui.
Il letto era sfatto, i cuscini sparsi su di esso. La scrivania, accanto alla finestra chiusa, era piena di oggetti vari, posati un po’ alla rinfusa. Penne, matite, fogli, libri.
Ogni cosa in quella piccola, quanto graziosa, stanza era impregnata dell’odore e dei ricordi di Sota.
Si erano conosciuti quattro anni prima, in un giorno anonimo di un tempo altrettanto anonimo, lei frequentava il liceo e lavorava in un locale molto carino e ben frequentato ogni pomeriggio, per guadagnarsi i soldi necessari per vivere.
Era orfana, senza genitori, ma aveva un fratellino, che ora era all’estero per gli studi, Kohaku.
Fu così che, un giorno, Sota si presentò nel bar in cui lavorava, divenendo un cliente abituale e perfino suo amico. 
E si erano innamorati, come succedeva a tanti ragazzi della loro età.
Si erano sposati presto, fin troppo forse, un anno e mezzo prima, poco dopo che lei aveva concluso gli studi. Era solo grazie a lui se era riuscita a mandare Kohaku a studiare lontano dal Giappone. Da sola non avrebbe mai avuto i soldi necessari per farlo, per questo gli era infinitamente grata.
Ma Sota aveva un sogno, lo sapeva, ed era quello di fare il pilota.
Dopo sei mesi dal loro matrimonio, fu costretto a partire, e non tornò più. Si ricordava vagamente il telegiornale che parlava di un aereo precipitato, le lacrime di Kagome, Ayame e Rin, la disperazione che l’avveva avvolta, la solitudine, il vuoto.
Annaspò, portandosi una mano sulla fronte, riscoprendola sudata. Ora ricordava perchè non entrava più lì dentro.
Fece scivolare il palmo lungo il viso, fino a raggiungere il collo, deglutendo. Aveva la gola secca e amarognola.
Scosse la testa violentemente, cercando di non dar troppo peso alla moltitudine di pensieri che le vorticavano in testa, per poi riaprire la porta e uscire, quasi correndo.


 
*
Kagome era in viaggio verso casa.
Il tassista guidava con una lentezza quasi maniacale da farla innervosire, ma le aveva lasciato molto tempo per riflettere su svariati argomenti.
Uno di questi, immancabilmente, era InuYasha No Taisho.
Aveva pensato a lungo, su di lui, sul suo comportamento, sui suoi modi di fare, eppure non riusciva a venirne a capo.
Era un soggetto assai complesso.
Però, in qualche modo, sapeva che il loro rapporto burrascoso stava pian piano mutando in qualcosa di più calmo e tranquillo.
Chissà, magari un giorno sarebbe potuto perfino sfociare in qualche cosa di piacevole.
“Pff, ne dubito fortemente.” si rispose, scuotendo la testa.
Purtroppo, non riusciva a smettere di ricordare le parole che aveva pronunciato la sera precedente, in quel suo attimo di debolezza, o come lo aveva definito.
“Non sapevo ... non sapevo che fosse così”
“Mia madre”
“Che mi ha amato, per abbandonarmi”
“Non si voltò nemmeno una volta”

“La odio
Per la prima volta aveva scorso dolore nei suoi occhi, sempre così freddi, pieni di orgoglio, accecati dal furore.
Forse ora era in grado di comprendere almeno in parte il motivo del suo comportamento, dopotutto, era stato abbandonato dalla madre ad un età così giovane.
Aveva nascosto tutto il suo dolore in un angolo del suo cuore.
Subiva ogni cosa, inflessibile, senza mai lasciarsi scalfire,
ripagando la vita con la stessa crudeltà che questa aveva esercitato su di lui.
In fondo, non era così cattivo.
No?
In quel momento venne distratta dallo squillo del cellulare.
«Pronto?» rispose controllando l’ora sull’orologio, cercando di capire se aveva fatto troppo tardi.
«Sì Rin, sono a casa tra cinque minuti, tranquilla.» 
Il tono che aveva usato sua sorella non le era piaciuto per niente.
Doveva sbrigarsi, indubbiamente.

*
 
Varcò la soglia del portone d’ingresso, rallentando i propri passi non appena vide la tensione che aleggiava nella casa, in quel momento rischiarata solo da una debole lampada.
Distinse suo padre, in piedi accanto ad un pilastro in mezzo al salotto, con le braccia incrociate al petto ed un’espressione palesemente infastidita sul volto;
qualche metro più in là vi era invece Sango, che dava le spalle all’uomo mentre si teneva un braccio all’altezza del gomito con fare inquieto;
in mezzo a loro vi erano due preoccupate Ayame e Rin che fissavano sconsolate il pavimento.
Fece qualche passo incerto verso di loro, con l’intento di capire cosa stava accadendo, ma la sua attenzione venne catturata da un particolare a cui non aveva badato prima.
La porta della camera di Sota era lasciata semiaperta, quando veniva sempre lasciata chiusa a chiave.
Decisamente, qualcosa non andava.
«E’ così tardi, eppure nessuno ha ancora cenato.» constatò a voce alta, fissando la tavola apparecchiata dove evidentemente nessuno aveva toccato cibo.
«Kagome, dì al papà di mangiare qualcosa.» le disse Sango, senza voltarsi.
«Puoi dirle che non ho fame.» rispose l’uomo, con voce secca.
«Digli che non deve scaricare la propria rabbia sul cibo.»
«E tu dille che non ho intenzione di starla a sentire finchè lei non ascolterà me.»
Kagome passò lo sguardo preoccupato tra entrambi, non capendo.
«Perchè mi stai dicendo questo? Sono forse un peso per te?» gli chiese Sango, voltandosi finalemente verso la schiena del padre, stringendo entrambe le mani in pugni stretti.
«Cosa? Cosa hai detto?» il padre si girò a sua volta, rivolgendole quelle parole di accusa con una malcelata ira negli occhi.
«Ti rendi conto di quel che stai dicendo?» 
«Ho solo detto la verità.» ribattè, distogliendo lo sguardo da quello infiammato dell'altro.
«Lascia che ti avverta: non osare mai più dire una cosa del genere.» disse, puntandole un dito contro e assottigliando gli occhi. 
La ragazza poggiò una mano sul muro accanto a lei, voltandosi leggermente di lato.
«E che cosa dovrei fare? Io ... non posso accettare.» sussurrò, in quella che sembrava una supplica.
Fu allora che il Signor Higurashi si decise finalmente ad avvicinarsi a lei.
«Hai sempre avuto me, tua zia, le tue sorelle accanto a te e non hai bisogno di nient’altro, mi hai detto.» cominciò, questa volta il tono dolce e remissivo. Dopotutto, lui non era mai stato il tipo da urlare contro le sue stesse figlie se non strettamente necessario.
«Ma per quanto tempo?» 
Kagome raggiunse le altre due ragazze, ponendo loro una tacita domanda con gli occhi, alla quale loro non poterono rispondere.
«Adesso io sono qui, vivo, ma cosa farai dopo di me? Anche queste tue sorelle, un giorno, si sposeranno e lasceranno questa casa. Chi è che sarà al tuo fianco, allora? Nessuno, perchè rimarresti completamente da sola.» nelle sue parole non c’era cattiveria, non vi era intento di ferire, eppure gli occhi di Sango divennero lucidi. Lui le mise una mano sulla spalla, girandola lentamente verso di sè, per poterla guardare in volto.
«I ricordi sono molto dolorosi quando si rimane da soli ... e io ne so qualcosa.»
“Mamma...” riuscì solo a pensare Kagome, ricordando tristemente il giorno del suo funerale. 
Dopotutto, lui era colui che probabilmente aveva sofferto più di tutti per la sua perdita.
«Vorrei solo che, ora che hai la possibilità di ridare una svolta alla tua vita, non la sprecassi in questo modo, ma ovviamente ... sei libera di fare la tua scelta.» concluse sospirando pesantemente e lasciando la presa sulle sue spalle, per poi andarsene.
Sango rimase lì, immobile.
Che cosa doveva fare?
Come doveva comportarsi?

*
 
Quando il sole si levò su Casa Higurashi, la famiglia era ormai già sveglia: c’era chi doveva andare a lavoro, chi doveva recarsi a scuola, e chi doveva preparare la colazione per tutti.
Peccato che, quando Sango la servì, nè Ayame nè Rin sembravano aver intenzione di toccar cibo.
«Ehi, perchè nessuna di voi due sta mangiando?» chiese, versando del succo in un bicchiere.
«Finché non cerchi di prendere almeno una volta in considerazione le parole di papà, non abbiamo la benché minima intenzione di farlo.» le rispose la rossa, sbuffando.
«Ragazze, per favore ..» cercò di persuaderle dai loro intenti, invano.
«Ehi.» la richiamò Kagome, presentandosi alle sue spalle, con un dolce sorriso.
«Hai tutta la vita davanti, se il destino ti sta dando un’altra possibilita di viverla, peraltro con una persona che sembra amarti davvero, cosa c’è di male nel fare almeno un tentativo?» disse, mettendole una mano sulla spalla.
Sango si morse il labbro inferiore, sentendosi in trappola.
Loro non la stavano obbligando a niente, lo sapeva bene, volevano semplicemente che ci riflettesse un po’ prima di rinnegare quella luce che desiderava illuminare prepotentemente la sua vita, eppure quella situazione le pareva opprimente.
Lei non voleva accettare, per svariati motivi che la mettevano a disagio.
O forse, semplicemente, non si sentiva pronta per compiere un gesto così avventato.
«Hmm, ci penserò.» mugugnò infine, sospirando.
Le ragazze sorissero estasiate e Kagome l’abbracciò di scatto, ridendo sollevata. 
«Però adesso mangiate!» disse, riutilizzando per un attimo il suo solito tono autoritario. 
«Così ti vogliamo!» rise la corvina, sedendosi a tavola.

*
 
Quando la casa rimase vuota, Sango si concesse un momento di riposo. Nemmeno suo padre era a casa, dato che era andato a fare la sua solita passeggiata mattutina.
Si sedetta sulla poltrona, in un vano tentativo di sprofondarci dentro, forse per non uscirne mai più. 
Che gran confusione.
Aveva assicurato alle sue sorelle che ci avrebbe riflettuto, certo, ma era più facile a dirsi che a farsi. 
Era stata colta del tutto impreparata da quella proposta.
Non credeva che  qualcuno le avrebbe mai chiesto la mano, e nè lei aveva mai pensato di rifarsi una vita. Lei era la vedova di Sota, la nuora del Signor Higurashi, apparteneva a quella famiglia e a quella casa. Come potevano adesso, di punto in bianco, chiederle di prendere una decisione? 
Se poi, il ragazzo in questione era Miroku, non sapeva proprio che pensare.
Lui era ... pazzo.
Non riusciva a definire in altro modo uno che si era innamorato di una come lei, senza che gli avesse rivolto nemmeno una parola decente negli ultimi tempi, peraltro. 
Eppure, nonostante non volesse ammetterlo, in un certo senso, il fatto che lui si fosse spinto a tanto, le aveva fatto piacere, perchè significava che non si stava semplicemente prendendo gioco di lei.
Forse ... avevano ragione loro, forse doveva concedergli una possibilità, forse, non era così male come temeva, forse ...
Ma ... Sota ... lui ... lei lo amava ancora, nonostante tutto. 
Come poteva lontanamente pensare ad un ipotetico futuro accanto ad un altro uomo, quando colui che amava non era più accanto a lei? Come poteva Miroku prendere il posto di Sota nella sua vita? Come poteva lei permettergli di prendere il posto di Sota nella sua vita? 
La risposta fu semplice e secca.
No, non ci sarebbe mai riuscita.
Era immersa in questi pensieri quando lo squillare impazzito del telefono la destò.
«Pronto?»
«Pronto? Sono il Dottor Matsumoto, volevo dirvi che sono arrivati i risultati degli esami del Signor Higurashi, lei è la figlia?» rispose una voce gracchiante, dall’altro lato della cornetta.
«Sì, mi dica, che succede?» chiese, improvvisamente tesa e preoccupata.
«Se per lei non è un problema vorrei che si recasse in clinica il più presto possibile.» 
«Certo, arrivo subito.» chiuse la conversazione, non senza una certa ansia a schiacciarle il petto.

*
InuYasha emise un ringhio basso e irritato.
Se c’era un momento in cui  decapitare amorevolmente qualcuno, per lui, indubbiamente, sarebbe stato quello.
«Miroku,» brontolò, digrignando i denti esasperato «non hai nient’altro di meglio da fare?» gli scoccò una delle sue peggiori occhiatacce, continuando a battere le dita sulla tastiera del computer, producendo dei suoni secchi, brevi e consecutivi.
«Effettivamente, no» rispose l’altro, pensieroso, mentre si massaggiava il mento.
Era sdraiato placcidamente sul letto dell’amico e continuava a muoversi disfando le lenzuola.
InuYasha si trattenne dal prenderlo a schiaffi. 
Perchè provava tutta questa rabbia nei suoi confronti, poi?
«Oh, quanto è bella...» esordì nuovamente il ragazzo moro, trasognante.
Ecco, perchè.
Chiuse lo schermo con un colpo secco, alzando gli occhi al cielo.
«Ma perchè sei sempre così nervoso, eh?» chiese Miroku, grattandosi un orecchio con noncuranza.
«Non sarà che ti sei innamorato vero?» aggiunse, assottigliando lo sguardo per assumere un’espressione vagamente maliziosa.
L’altro chiuse gli occhi, contando fino a dieci e prendendo un profondo respiro. 
«Che cosa diavolo centra?» sibilò.
«Ultimamente ti comporti in modo strano» rispose «cioè, più stranamente del solito, per intenderci.» ridacchiò poi.
Gli arrivò l’ennesima occhiata di fuoco della giornata.
Quel giorno si sentiva particolarmente irritato da lui, senza un reale motivo. O meglio, senza un reale motivo logico.
Precisamente da quando gli aveva detto chi era la sua presunta futura sposa, o almeno, da chi lui aveva dedotto fosse.
«Chissà se arriverà una fanciulla anche nella tua vita, prima o poi, sarei proprio curioso di vedere chi potrebbe essere.»
«Certo.»
«Oh sì, tu non puoi nemmeno immaginare cosa si prova ad essere innamorati,» riprese, con fare saccente «donare interamente il tuo cuore a qualcuno e riuscire a percepire tutta la tua esistenza in pochi attimi, pochissimi istanti.»
InuYasha lo guardò con la coda dell'occhio.
Che discorsi ... insensati.
Le persone di Osaka erano indubbiamente pazze, e a quanto pare pure il suo amico lo era diventato da quando ci aveva messo piede.
«Tsk.»

*

Sango uscì da quell’edificio così opprimente con un braccio steso lungo il fianco e la mano ad avvolgere un paio di fogli di carta graffettati. 
Sentiva il gelido venticello invernale corroderle le guance, facendole arrossare, e gli occhi pizzicare.
Quando volse lo sguardo alla sua destra, però, vide suo padre camminare nella sua direzione.
«Quindi ... te l’hanno detto.» constatò, accennando ad un sorriso mesto.
«Ma non c’è bisogno che tu ti preoccupi.» tentò di rassicurarla, mettendole una mano sulla spalla. Sango la spostò, fissandolo furiosa.
«Certo, perchè mai dovrei? Dopotutto non sono davvero tua figlia, giusto? Quindi non ho alcun diritto di preoccuparmi della tua salute, immagino.» rispose, tagliente, pentendosene quasi immediatamente.
Come poteva pretendere che facesse finta di nulla dopo quello che aveva appena scoperto?
Lei, dannazione, si era sentita morire, lì dentro.
«Scusami.» sussurrò l’uomo, stringendosi maggiormente nella giacca che indossava. La ragazza sbuffò, incapace di rimanere arrabiata.
«Sposerò Miroku.» dichiarò, decisa, stringendo la presa intorno a quei fogli, mentre il padre la fissava allibito. 
«Ad una condizione.» puntò lo sguardo ametista in quello castano, irremovibile e battagliero.
«Accetterò di sposarlo se e solo se tu mi permetterai di usufruire dei soldi che Sota mi ha lasciato per il trattamento a cui dovrai sottoporti e sarò io stessa a costringerti.» concluse.
Il Signor Higurashi la guardò un attimo, interdetto, per poi scoppiare in una leggera risata.
«Va bene.» acconsentì in seguito, passando un braccio intorno alle spalle della ragazza, che sorrise appena, anche se l’angoscia che provava in petto non sparì del tutto.

*
 
L’uomo non perse tempo e, già il giorno seguente, si recò a Villa No Taisho.
«Siamo lieti di vederla, Signor Higurashi.» disse Mikado, seduto accanto al Signor Taisho, dopo che l’ex-preside si fu accomodato di fronte a loro, mentre un cameriere serviva dei leggeri aperitivi sul piccolo tavolino tra le due poltrone.
«Ci dica, qual buon vento la porta?» incalzò Inu, accavallando le gambe, mentre appoggiava la mandibola sulle nocche della mano.
«Ecco, sono venuto a parlarvi in merito alla proposta che avete avanzato l’altro giorno a mia figlia.» rispose, leggermente a disagio. Quell’ambiente non faceva decisamente per lui, troppo sfarzoso.
«Oh, e cos’ha deciso?» chiese Mikado, scambiando una fugace occhiata complice con l’uomo al suo fianco.
«Vogliamo accettare.» annunciò.
«Ma è splendido!» commentò il moro, compiaciuto.
«Però ... a dire il vero, trattandosi di matrimonio, vorrei mettervi al corrente di alcune informazioni riguardanti Sango.»
Dopo uno sguardo perplesso, Inu annuì, facendogli cenno di proseguire.
«In realtà, Sango non è mia figlia.»
I due rimasero destabilizzati, non aspettandosi una rivelazione simile, ma non apriron bocca per far domande.
«E’ mia nuora, era sposata con mio figlio Sota, morto un anno fa in un incidente aereo, e se voi e Miroku siete ancora disposti a chiedere la sua mano dopo questa scoperta, ve ne sarei grato.» concluse, non sapendo bene come avrebbero reagito.
Il primo a riprendersi fu indubbiamente Mikado, che prese subito la parola.
«Stia tranquillo, credo che non avrà obbiezioni, anche perchè al giorno d’oggi non si fa più molto caso a certe cose, non penso ci siano problemi per noi.» rassicurò, sorridendo serafico.
«Vi ringrazio infinitamente.» rispose, alzandosi «le chiedo solo di dirlo a Miroku il prima possibile, per favore.» 
«Oh, ma certamente.» ribattè Inu, alzandosi a sua volta e porgendogli la mano prima che si congedasse.
Il moro fece altrettanto.
Quando lo ebbero salutato, rimasti soli, l’albino ghignò appena.
«Non sarà difficile rompere il matrimonio ora che la soluzione ci è stata servita su un piatto d’argento.»
«E Miroku verrà a scoprirlo solo quando lo riterremo opportuno, no?» aggiunse Mikado, incrociando le braccia al petto, soddisfatto.

*
«Ehi!»
Kagome si stava dirigendo verso la sua postazione di lavoro dopo aver preso una tazza di caffè fumante alla caffetteria, quando venne richiamata da una voce squillante alle sue spalle che la costrinse a voltarsi.
Si vide arrivare incontro un ragazzo alto, dal fisico allenato, occhi oltremare e capelli mori raccolti in un piccolo codino sotto la nuca.
«Tu sei Kagome, vero? La sorella di Sango?» le chise, aprendosi in un sorriso impacciato.
«Ehm, sì.» rispose, annuendo appena.
«Io sono Miroku, i miei genitori erano venuti a casa vostra per la proposta di matrimonio.»
«Oh.» si illuminò, studiando curiosa la sua figura, mentre ricambiava il suo sorriso, raggiante.
«Posso rubarti due minuti, se non ti dispiace?» chiese, speranzoso.

Intanto InuYasha si trovava dal lato opposto dell’atrio, e arricciò il naso, vagamente irritato, osservando la scena.
Da quando Miroku conosceva Kagome?
Da quando Kagome conosceva Miroku?
Da quando lui si faceva certe domande idiote?
«Signor Taisho, mi servirebbe la sua firma su questi documenti.» vide un impiegato avvicinarsi a lui, porgendogli un file dalla copertina nera e una penna stilografica.
Li prese in mano, lasciando una firma veloce sulla prima pagina, per poi voltare a quella successiva.
«Vorrei sapere tutto sulla mia futura sposa.» sentì provenire dalla voce decisamente squillante di Miroku, che lo costrinse a voltare nuovamente lo sguardo sulle loro figure.
Vide Kagome sorridergli ridacchiare, mentre annuiva entusiasta.
«Certamente, ti dirò tutto quello che vuoi.»
Poi sentì solo l’oggetto che aveva in mano perdere consistenza, seguito da un tonfo sordo.
Il ragazzo davanti a lui lo guardò, incerto, per poi premurarsi di raccogliere il file e consegnarglielo nuovamente.
InuYasha storse la bocca, infastidito, cercando di non farsi distrarre ulteriolmente.
«D’accordo, quindi all’una in punto in biblioteca?»
«Per me va bene, a quell’ora sono in pausa.»
Tracciò la firma con foga, quasi a voler strappare il foglio.
«Signor Taisho, ha firmato sulla brochure...» gli fece presente l’individuo, con voce traballante.
«E allora a cosa diavolo la mettete a fare?» sbottò scrivendo velocemente e sbattendo i documenti nelle mani dell’impiegato con poca grazia, per poi dirigersi nella sua cabina a passi grandi e pesanti.

*

«Mi ha chiamata?» fece la voce curiosa di Kagome, non appena mise piede all’interno dell’ufficio.
InuYasha era seduto sulla sedia in pelle e le dava le spalle. 
«Higurashi.» richiamò la sua attenzione, incrociando entrambe le mani sul ventre.
«Sì?»
«Qualche problema?»
«Ehm ... no, Signor Taisho.» rispose, perplessa.
«Bene.» sentenziò lui, alzandosi di colpo, afferrando un blocchetto e una biro qualsiasi. 
«Dettato.» disse semplicemente, con tono imperioso.
Kagome annuì, tendendo le mani in avanti per afferrare i due oggetti, ma InuYasha la anticipò, lasciandola interdetta.
«Lo scriverò io.» dichiarò, senza ammettere repliche.
La corvina alzò un sopracciglio, scettica.
Perché diamine l’aveva fatta chiamare allora?
«Oh, ehm, e io cosa dovrei fare allora?» domandò, guardandosi intorno.
«Lo scoprirai presto.» fu la risposta evasiva che ricevette, prima che si dilettasse ad aprire il blocchetto e battere la punta della penna sul foglio, quasi stesse cercando ispirazione.
Scarabocchiò una casetta più stilizzata di quella che potrebbe fare un bambino dell’asilo, per poi strappare il foglio, accartocciarlo e buttarlo per terra, a qualche metro di distanza.
«Higurashi, non mi piace avere sporco nel mio ufficio.» 
Kagome lo guardò, enormemente piccata, per poi aprire la bocca per ribattere, ma la richiuse subito dopo, intuendo la poca utilità di quel gesto.
«Certo.» bofonchiò, prima di avanzare ed abbassarsi a raccogliere la pallina di carta stracciata e gettarla nel cestino posto accanto alla scrivania.
InuYasha continuò a scrivere, o meglio, a fingere di scrivere, per un quarto d’ora, sprecando fogli su fogli, buttandoli tutti sul pavimento, intimando alla ragazza di raccoglierli.
Quando si sedette nuovamente al suo posto, Kagome si posizionò accanto a lui, tenendosi un fianco con la mano.
“Ma che problemi ha?” si chiese, esasperata, mentre sbuffava appena.
«Higurashi.» il richiamo arrivo fulmineo, ovviamente «io ho fatto il lavoro e tu sei stanca?» chiese retorico, non prestandole molta attenzione.
«Ah, ehm, no.» biascicò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Ormai non si arrabbiava neanche più di tanto, essendosi abituata ai suoi sbalzi d’umore.
Più o meno.
InuYasha controllò l’ora.
Le 12:45.
Quindici minuti.
«Puoi andare.» annunciò con un gesto svogliato della mano.
Kagome fece appena un cenno in risposta, per poi dirigersi verso la porta.
«Comunque, dove stai andando?» la fermò, con tono vagamente disinvolto.
«In caffetteria.»
«Già che ci sei, portami un caffè.» liquidò, senza degnarla.
«Certo.» sospirò Kagome, chiudendosi la porta alle spalle, sbuffando.


«Il suo caffè, Signor Taisho.» 
La ragazza appoggiò la tazza fumante sulla scrivania del suo capo, per poi controllare velocemente l’orologio da polso che indossava.
Le 12:54.
Se voleva incontrare Miroku, doveva sbrigarsi, accidenti.
Quel gesto non sfuggì al ragazzo che, scoccando un’occhiata scettica al liquido scuro davanti a lui, grugnì.
«Non mi piace il caffè con la schiuma.» dichiarò, con sufficienza.
«Ma io credevo ch-»
«Dovresti almeno sapere quali sono le esigenze del tuo datore di lavoro, non pensi, Higurashi?» le fece presente, allentandosi un bottone con fare annoiato, nonostante il rimprovero nella sua voce.
Eppure a Kagome parve infastidito.
«Ho capito.» borbottò a denti stretti, riprendendo in mano la tazza e alzando gli occhi al cielo nella speranza di un aiuto divino.
Come avrebbe fatto a sopportarlo ancora?
«Kagome?» 
La ragazza si fermò, interdetta. Poche erano le volte in cui la chiamava col suo nome. Con quella nota piena di ansia poi, non lo aveva mai pronunciato.
«Torna presto.» sentì dire dal ragazzo, mentre ostentava indifferenza.
Alzò un sopracciglio, non ben sapendo come interpretare quelle parole.
Ammonimento?
Minaccia?
Preoccupazione? Per cosa?
Non si soffermò oltre, scrollando le spalle con fare disinteressato.


Tornò dopo nemmeno cinque minuti, cercando di fare il più in fretta possibile e non perchè glielo avesse raccomandato InuYasha, ma perchè l’ora fissata per l’appuntamento con Miroku era già scoccata e lei non era ancora riuscita a liberarsi di quell’essere asfissiante.
Poggiò nuovamente la tazza sul banco, aspettando con impazienza che l’energumeno chiudesse la chiamata in cui era occupato.
Iniziò a battere un dito sopra la superficie liscia della scrivania, con fare annoiato, mentre lanciava l’ennesima occhiata all’orologio.
Era in ritardo, accidenti a lui.
La sua attenzione venne attirata da un Miroku che sbracciava a qualche passo dalla porta, gesticolando, in maniera piuttosto buffa, per ricordarle il loro colloquio.
«Qualcosa non va?»
La voce di InuYasha la fece rizzare.
«Ehm, no, tutto a posto.»
«Sembri impaziente.»
«Sono le 13:05.»
«E allora?»
«Niente.» 
Per sua immensa fortuna, in quel momento il suo futuro cognato decise di marciare all'interno della cabina, sotto lo sguardo di fuoco di InuYasha.
«Amico!» lo salutò, agitando una mano in un modo che trovò assolutamente snervante.
«Puoi mandare Kagome con me? Dovremmo bere un caffè insieme.» chiese con tono disinvolto, e la ragazza lo invidiò. Magari avesse potuto anche lei avere un rapporto meno stressante col suo capo.
InuYasha si allacciò il bottone allentato poco prima, borbottando qualcosa che non riuscì a raggiungere le orecchie dei due di fronte a lui.
«C’è qualche problema se viene con me?»
«Sì.» ribattè, pentendosene subito dopo. Miroku lo guardò stranito, alzando un sopracciglio.
«Voglio dire,» si schiarì la gola «c’è un sacco di lavoro da portare a termine.» 
«Ma è ora di pranzo ... la lascerai almeno mangiare?»
«Certo, ma questo file deve essere completato il prima possibile.»
«Se hai qualche problema se la porto via, dimmelo no?» ripetè il moro, impaziente.
«Tsk, che problema dovrei avere?» sbottò InuYasha, irritato.
«E allora perchè sembri così dispiaciuto?» ammiccò Miroku, incrociando le braccia al petto.
Il ragazzo non seppe se fosse più fastidioso il tartassante interrogatorio dell’amico  - ex amico? -, oppure il fatto che quella ragazzina stava assistendo a tutta la scena.
«Ma cosa vai a blaterale?!»
Kagome ghignò appena. Non accadeva spesso di vederlo in difficoltà. Oh, il futuro marito di Sango le gustava assai.
«Sei strano oggi.» concluse brillantemente, inclinando la testa da un lato, perplesso.
«Senti, andate e lasciami in pace.» sbuffò infine, facendo una smorfia.
«Ma torna subito dopo la pausa.» ordinò, ma Kagome non vi diede peso, annuendo allegra, per poi seguire un Miroku che le sorrise complice.
Oh sì, le sarebbe piaciuto un sacco.

*

«Ecco a te.» disse il ragazzo, poggiando due tazze di caffè sul grande tavolo in legno, uno dei tanti di quella caffetteria, di cui Kagome conservava ancora il simpatico ricordo durante il blackout. 
«Grazie.» rispose, sorridendo e bevendo un sorso della sostanza scura e amarognola.
«Allora,» incalzò Miroku, già incapace di trattenersi oltre «dimmi tutto ciò che è possibile su Sango, cosa le piace, cosa non le piace, il suo colore preferito, gusti culinari, beh, insomma, tutto quello che sai.» concluse con un ampio sorriso.
La corvina ridacchiò notando come gli occhi del moro si illuminassero ogni volta che parlava di lei.
«Stai tranquillo, avrai tutto il tempo per chiederlo alla diretta interessata.» rise, portandosi nuovamente la tazza alla bocca.
«Oh, allora, c’è qualcosa che non so?»
Kagome si bloccò, esitando sulla risposta.
«Beh, se anche ci fosse, e cambiasse qualcosa, allora certe relazioni non durano molto; l’importante è la fiducia e il rispetto reciproco. Se ci sarà qualcosa del genere, allora spetta a Sango scegliere di renderti partecipe a questo lato della sua vita, non credi?» chiese, sorridendo.
«No, non fraintedermi, non mi farei certo influenzare da certe cose.» la rassicurò, scuotendo la testa. Kagome annuì, soddisfatta.
«Posso dirti una cosa?» riprese poi, di nuovo gli occhi che brillavano elettrizzati che fecero, ancora una volta, intenerire la corvina.
«Di schiaffi in vita mia ne ho ricevuti molti - sai, sono sempre stato un po’ birbante sin da piccolo -, da mia mamma, da mio papà, e perchè no, anche da qualche presunta fidanzatina ai tempi delle elementari, ma quello di Sango indubbiamente è stato il migliore! Cavoli se colpisce forte, però.» ridacchiò massaggiandosi la guancia, sotto lo sguardo divertito di Kagome. Era sempre più convinta che quel ragazzo avrebbe trattato sua sorella coi guanti, e l’avrebbe resa felice, questa volta per davvero.
«Tu hai mai dato uno schiaffo a qualcuno?» la canzonò poi, con un sorrisino sghembo dipinto in viso.
Lei sbattè le palpebre, colta di sprovvista.
Oh, certo che lo aveva fatto.
E se lo ricordava molto, molto bene.
Si coprì la bocca con una mano, cercando di non scoppiare a ridere fragorosamente in un luogo come quello.
«In effetti, una volta ...» si bloccò di colpo, mentre deglutiva e il divertimento era svanito.
«Signor Taisho!» gridò a bassa voce, cercando di non farsi sentire dal diretto interessato, non appena lo vide varcare la soglia della caffetteria.
Perchè la perseguitava ovunque, insomma?
Miroku voltò il capo verso le sue spalle, notando anch’esso la presenza del ragazzo.
«Accidenti, per un attimo ho pensato che avessi dato uno schiaffo a lui!» rise, passandosi una mano tra i capelli sbarazzini.
La ragazza accennò ad una risatina nervosa.
«Ehi, InuYasha!» lo richiamò in seguito, agitando un braccio «come mai sei qui?»
L’albino deglutì, preso in contropiede.
«Nel mio ufficio non c’era connessione, perciò ho pensato che potrei lavorare qui.» rispose, agitando più volte il portatile davanti agli occhi oltremare dell’amico, come per giustificare le sue parole.
«Oh, allora vieni, siediti con noi, no?» propose, battendo debolmente la mano sulla superficie del tavolo.
«N-No, state pure comodi, ho un sacco di lavoro da fare.» disse, prima di schiarirsi la gola e superare la loro postazione, sedendosi ad un banco poco distante che gli permetteva di vederli entrambi. 
Alzò lo schermo del computer, lasciando che i suoi occhi vagassero liberamente oltre il bordo, mentre storceva la bocca in una morsa infastidita.
Continuavano a parlare, quei due.
Continuavano a sorridersi, quei due.
Continuavano a ridere, quei due.
Sembrava che si stessero divertendo un mondo, quei due.
Si abbassò, accasciandosi letteralmente su un lato del portatile, sviando lo sguardo.
Arricciò il naso, nuovamente seccato.
“Che diamine mi sta succedendo? Perchè mi sento così ... irritato?”
Eppure credette che quello fosse l’ultimo dei suoi pensieri.
Stava facendo un sacco di cose assurde, quel giorno, a dire il vero.
Cosa diavolo credeva di fare presentandosi in caffetteria così su due piedi senza motivo?
Sbuffò, indispettito per non avere il controllo della situazione.
Era sempre stato una persona fredda e razionale, allora cos’era quel lato impulsivo e istintivo che ultimamente agiva prima che lui potesse prenderne atto?
Rialzò distrattamente lo sguardo verso il tavolo a cui erano seduti i due, ma fu costretto a tirarsi su di scatto quando non li vide.
Si guardò intorno, finchè non si ritrovò l’enorme faccia sorridente di Miroku a pochi centimetri, il che lo fece sobbalzare e indietreggiare repentinamente sulla sedia, trattenendo a stento un grido di terrore.
Un grido di terrore?
Lui?
«Che cosa stai facendo?» scandì bene, alzando un sopracciglio scettico. Dietro di lui Kagome che lo fissava curiosa.
Si girò velocemente verso il computer, iniziando a battere i tasti della tastiera senza prestare particolare attenzione.
«Niente, lavoro.» rispose, scrollando le spalle.
«Col computer spento...?» ironizzò Miroku, guardandolo sempre più stranito.
InuYasha si morse l’interno della guancia, rinnegando a stento l’istinto omicida che gli stava salendo dalle viscere nei confronti del suo sicuramente ex amico, chiudendo con un tonfo sordo la schermata.
«Deve essere finita la batteria.» biascicò, alzandosi e prendendo sotto braccio l’infernale aggeggio.
«Higurashi, è ora di tornare a lavoro.» disse, secco, prima di voltarsi e uscire a grandi passi dalla biblioteca.
Kagome e Miroku si guardarono, interdetti, per poi ridacchiare.
Nessuno dei due poteva negare che InuYasha era un ragazzo assai ambiguo.
«E’ stato un piacere parlare con te, ma adesso devo andare.» salutò lei, sorridendogli. 
Il moro ricambiò, agitando una mano quando la vide allontanarsi.

*

«Davvero?»
Mikado sospirò, passandosi stancamente una mano sugli occhi, dopo aver sentito il figlio porgergli quella domanda per la quinta volta.
«Sì, Miroku, davvero.»
Il volto del ragazzo s‘illuminò, mentre batteva il cinque a Inu, che sorrideva divertito vedendo il suo entusiasmo.
Sango aveva accettato.
Lui stava per sposarsi.
Con Sango.
Stava per sposarsi con Sango.
Con Sango.
Con Sango!
Probabilmente non poteva nemmeno descrivere la felicità che provava, tanto aveva aspettato per quel momento.
«InuYasha!» ululò, non appena scorse l’albino varcare la soglia del portone di Villa No Taisho, stritolandolo in un abbraccio soffocante, al qualche l’altro si ribellò, spintonandolo via con poca grazia, per poi sistemarsi la giacca sbuffando.
«Che cosa vuoi?» chiese, brusco, per poi fare un cenno agli altri due presenti nel salone.
«Sto per sposarmi! Lei ha accettato!» dichiarò euforico, scuotendolo malamente avanti e indietro.
Oh, e lui che aveva pensato che quella giornata non sarebbe potuta essere più storta.
Povero piccolo ingenuo, InuYasha.









 
Angolo Autrice:

Gioite, gioite!
Finalmente questi due capitoli che, per un motivo non ben specificato e definito, odio sono passati!
E l'ispirazione verrà da sè :D Anche perchè qualcuno mi minaccerebbe affinchè non me la faccia venire a forza, ma sorvoliamo u.u"
Allora, innanzitutto, Kohaku.
Sì, lo so, vi chiederete cosa diamine centri, ma più avanti vedrò di approfondire la sua ... ehm .. esistenza? Sì, ecco xD
Ovviamente, se non è mai stato menzionato prima era soprattutto perchè non ho avuto occasione di dedicare spazio a Sango per miei errori di calcoli ^^"
Poi, oh, beh, io l'ho sempre fatto presente che il signor HIgurashi era cagionevole di salute, quindi che potreste mai volere da me, no? U.U"
Inu e Mikado invece sono simpatici come sempre :3
E InuYasha, quel babbeo, non so voi, ma io mi sono divertita molto a scrivere su di lui xD
Devo dire che no, non mi sento soddisfatta di come è uscito il capitolo, ben lontano dai miei piani iniziali, ma pazienza, o la va o la spacca xD
Grazie a chi ha letto, a chi a inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate e a chi, magari, vorrà lasciarmi una recensione e a chi lo ha fatto fino ad adesso <3
Se c'è qualcosa di poco chiaro fatemelo pure notare ^^"
Alla prossima :)

Lullaby 





































 

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