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Buondì. O buonasera, a seconda di quando state leggendo :P.
Se vi state chiedendo chi siamo, vuol dire che non siete stati
abbastanza curiosi da sbirciare il nostro profilo di EFP e vi siete persi la
nostra perla di presentazione e siete brutti e cattivi xD.
Se, invece, avete letto la nostra
presentazione, forse un po’ dovreste aver capito chi siamo. Per adesso, non ve
lo riveleremo – vi sfidiamo, anzi, ad indovinare le nostre “vere” identità!
Potremmo sembrare gente con turbe mentali… Probabilmente avete
ragione, perché la metà delle cose che leggerete non avranno un filo logico ma sono
ispirate a pure fantasie. È cominciato come un giochetto stupido su una chat,
dove a giro ci mostravano immagini varie e i nostri cricetini
hanno cominciato a girare nella testa *rollrollroll*.
Fluff… zozzo… demente… zozzo… divertente… zozzo… pathos… zozz-
(abbiamo capito >_> ndRyou). Insomma, fuori di
testa, ma con classe.
Alla fine abbiamo deciso: perché
soffrire solo noi, quando possiamo rendere partecipe il mondo dei nostri
deliri?
Ecco qui una bella raccolta di flashfic, drabble e oneshot scritte a sei mani ,
anzi a coppie di mani :3.
Ogni prompt corrisponde quindi a due brani scritti da due di noi, mentre la
terza farà da presentatrice della follia in corso :D
Insomma, roba che scotta.
Dato che la sottoscritta si è
salvata, proponendo per prima, vi porterò io al primo giro ;), non prima di
annunciarvi un altro giochino per voi J.
Pensate di sapere chi siamo? Vi diamo due capitoli per scoprirlo, chi indovina
il nome di tutte e 3 si guadagna il diritto a scegliere un prompt e a farci
realizzare un brano a testa sul prompt da lui/lei scelto ! Via alle scommesse xD!
Non siamo responsabili di turbe mentali che potrebbero
sopraggiungere.
Ma ora, ciancio alle bande, vi
lasciamo alla prima delle nostre turbe *AHEM* creazioni mentali, allacciatevi
le cinture e godetevi la lettura!
Il giorno in cui Minto si presentò al Caffè con una bicicletta,
fece molto scalpore.
-Niente limousine?
- l’apostrofò Kisshu, studiando la ragazza che si chinava a mettere la catena
alla bici.
-E’ una così bella giornata, perché non approfittarne?
Ichigo si era affacciata sopra la spalla del verde –Miss
Aizawa con una bici comune! - disse con la faccia furba e sghignazzando –A
furia di stare con i popolani ti sei abbassata al nostro livello?
Sulla fronte della moretta ci fu un guizzo di
sopracciglia –Veramente- appoggiò la mano al campanello e facendolo suonare
–Questa è una bici d’epoca, Ichigo, e costa quanto le tue paghe dei
prossimi sei mesi.
Ichigo studiò la bicicletta, bianca e con il cestino sul
davanti, ora pieno della borsa della ballerina
–Non ci credo. E’
una bici vecchia.
Minto rise in modo stridulo, portando il dorso della mano
vicino alla bocca e le lanciò uno sguardo di pura commiserazione –Sei così
villana da non riconoscere una cosa di valore quando ne vedi una! Ahaha!
La rossa si scaldò, pronta a risponderle a tono, ma
Kisshu, ridendo nervosamente, trovatosi senza volerlo tra due fuochi, le
divise.
“Bene. Ride bene chi ride ultimo!” pensò furibonda
Ichigo, mentre si ritirava con la coda che le frustrava nervosamente le gambe.
Era quasi l’ora di chiusura e Kisshu si trovava nella
saletta privata, aspettando che la fidanzata finisse il proprio turno.
-Ehy, Kisshu! - Ichigo si fiondò vicino all’alieno –Ho
una cosa da proporti!
Il verde rimase in attesa e man mano che Ichigo parlava,
si apriva un sorriso divertito sul viso pallido.
-Sono sicura che piacerà! - concluse infine –Io ho adorato Ryou- fece con le guance
imporporate.
-Grazie, Ichigo!
Sì. Avrebbe sorpreso la sua colombella!
Quando Minto si apprestò a recuperare la bici, vide un
enorme mazzo di fiori bianchi sul cestello. Erano così tanti che potevano
benissimo riempire il prato dietro il caffè. Sentì il profumo dolce e sorrise
prendendone uno in mano.
Sicuramente era stato Kisshu, in uno dei suoi rari monti
di… un momento.
La mano cominciò a pruderle e istintivamente la grattò.
Sempre più forte. Un leggero formicolio. Il naso che aveva appoggiato sui
petali iniziò a prudere e il palato pizzicò fastidiosamente. Cominciò a
schioccare la lingua nel disperato tentativo di alleviare la sofferenza e gettò
via il fiore, capendo: erano gerbere e lei, alle gerbere, era allergica.
Cominciò a tossire, afferrando il bigliettino che non
aveva notato: “Per la mia colombella. Qualcuno mi ha detto che sono i tuoi
fiori preferiti.”Recitava. E tutto
fu chiaro
“Quella dannata gatta quasi morta!”
-Ichigooooo!
Tipologia: Flashfic (130 parole)
Pairing: Ryo/Ichigo
“E' la bicicletta di Ichigo, quella?”
“... può darsi.”
“E sentiamo, perché avresti appena disboscato
un fioraio?”
“Non è colpa mia, se è questo che intendi.”
“Ryo.”
“Kei.”
“Guarda che posso darti un consiglio.”
“Sì, come l'ultima volta, quando secondo te
nascondere l'anello nella torta sarebbe stata la sorpresa perfetta.”
“Non avevo previsto che Kisshu l'avrebbe
mangiata!”
“Il locale doveva essere vuoto!”
“Certo che anche tu, farle la proposta al Caffè,
ragazzo mio...”
“Alla fine ho dovuto cambiare luogo, o no?!”
“Non c'è bisogno di scaldarsi tanto, alla fine
è andata bene, è anche successo poco prima del suo compleanno e… ti sei
dimenticato il suo compleanno?”
“No!”
“Ryo!”
“Ho... confuso i giorni, d'accordo?!”
“E tu credi che mezzo negozio di fiori sia
abbastanza per rimediare?!”
“Lo sai quant'è costato?!”
“Ryo.”
“Oh, fine!”
“Oh, fine!”
---------------------------------
*rotola rotola* scusate per
queste due perle sto morendo, che bello rileggerle…!
Il primo colpo è stato lanciato, la sfida ve l'abbiamo
mandata… Ora aspettiamo solo i vostri commenti ;).
Speriamo di avervi allietate =3 noi ci
siamo divertite un sacco. Fateci sapere cosa ne pensate e magari... provate a
indovinare chi siamo! (Vi sgamano subito ndMinto.) Ztita
tu, o ti mando in un campo di gerbere!
Si accettano
anche le critiche, purché costruttive, e in quel caso sarà Kisshu a consolarci.
^w^ ("Guarda che questo non era previsto nel contratto", ndKisshu.
"Zitto, sorridi e saluta!"). A presto, grazie e buonanotte!
Buonasera,
fanciulli e fanciulle!! Qui
è Hypnotic Poison che vi parla! Scusate per il ritardo, ma noi tre
Moschettieri
ci siamo trovati un po’ troppo impegnati tra esami, matrimoni, e vita! :D
Ria: matrimonioooooo!
*sbrodola
cuori*
Danya: *raccoglie i cuori
sparsi*
Il
prompt seguente,
"Tatuaggio", è stato scelto dalla sottoscritta (con un lungo
procedimento partito da un'immagine che quella pelandrona di Ria no
voleva
ahahah) e le mie due “commari” hanno prodotto :D Mi
raccomando, ormai dovrete aver
capito i colori per sapere chi ha scritto cosa ;) A
questo proposito, fate i
complimenti ad AngeloBiondo99,
che ha indovinato correttamente a chi appartenessero le fic, e quindi
si è
meritata un prompt :) Fateci
sapere, promettiamo che
cercheremo di non farvi attendere così tanto la prossima volta! Bacioni
da tutte e tre!
PROMPT 2: TATTOO
- Un
tatuaggio? L’espressione
delle ragazze era incredula, dopo la confessione
di Ryou. -
Onii-chan ha un tatuaggio? - domandò nuovamente Purin, con gli
occhi enormi e luccicanti dalla curiosità. -Già-
confermò Ryou –Lo ha fatto ai tempi dell’Università, ma
non so cosa sia né dove sia. -Come
fai a non saperlo? - domandò Minto scettica. Il
biondo strinse le spalle –Non è che io lo abbia mai visto
nudo, eh! - fece sarcastico. Tutte
cominciarono a pensare, a buttare giù idee su cosa
potesse essere e soprattutto, dove.
Le idee erano le più assurde:
gatti, fragole, aquile, cuori, scritte matematiche, ricette per dolci… -Io
so cosa si è tatuato Keiichiro- disse d’un tratto Zakuro,
sorridendo sorniona. -E come lo sai? Bastò
lo sguardo divertito di Zakuro per farle arrossire tutte. Solo
Purin continuava a fissare la modella confusa –Cosa? Perché
lo sa?
§§§§
«
No. Assolutamente no,
scordatelo. » «
Per la verità è il mio corpo,
posso farci quello che mi pare. – puntualizzò lui – E comunque perché
no? » «
Stai scherzando?! » «
È la cosa più figa che voi
umani abbiate mai inventato! » Recriminò
teatrale. «
Non m'interessa. Non ti farai
alcun tatuaggio Kisshu, punto e basta. Altrimenti giuro che non ti
rivolgo più
parola. » Con
stizza Minto finì di
indossare gli orecchini e aprì le ante della sua cabina armadio. Kisshu
le
planò alle spalle sussurrandole dolcemente: «
Potrei tatuarmi il tuo nome.
» La mora prese la giacca
senza rispondere,
arrossendo come una ragazzina. «
Lo prendo come un forse? »
Buona sera, oh popolo di EFP.
Dopo una lunga assenza (perdonateci, è sempre difficile star dietro a mille cose!), eccoci qua… tutte per una e una per tutte!
La parolina magica questa volta è assorbente. Al contrario delle mie egregie colleghe (che hanno un limite di decenza!) la sottoscritta si è molto divertita a lanciar loro sfide deficienti e assolutamente stupide, come da manuale =D
In qualche modo l’abbiamo affrontate e abbiamo vinto! *se ne convince*
Ma tanto l’avete capito che tanto a posto non siamo =3
*scaccia Ria e Hypnotic * Ringraziamo di tutto cuore chi ha lasciato un commentino-ino-ino e per chi ci segue in silenzio.
Grazie Soul_heart, Mobo e Sonrisa_! *_*
Per quanto riguarda la nostra vincitrice… avrai le tue os presto! Aspettiamo solo il tuo Via =D
Yee
Oltre al tema hai altre richieste =D? Puoi farle, ma non ti assicuriamo che venga tutto “esattamente” come l’hai pensato! *risata malvagia*
Così la spaventi!
Bene, augurandovi ogni bene e sperando in una estate allegra e piena di mare, vi lasciamo alla lettura!
A presto!
PROMPT 3 –Assorbente.
La serata di quell'uscita di gruppo si stava rivelando estremamente piacevole, constatò Ichigo trotterellando allegramente accanto a Shirogane-kun. Non si erano ancora detti nulla di specifico, loro due, ma, appena usciti dal ristorante dove avevano passato la cena, lui si era arrischiato a prenderla per mano, e, se conosceva almeno un poco quell'algido americano, sapeva che per lui era già un gran segno.
Schiamazzi di Taruto e Purin a parte, come d'altronde tralasciando anche i ben poco ovvi sforzi di Kisshu per abbordare Minto con conseguenti tentativi di minacce velate che non riuscivano a nascondere la di lei delizia, era tutto perfetto, niente poteva andare storto.
Almeno finché Ichigo non avvertì un familiare borbottio al basso ventre.
Il suo irrigidirsi all'improvviso fu notato da Ryo, che le lanciò un'occhiata incuriosita: “Tutto bene?” le domandò, notando la sua espressione di puro panico.
Ichigo muoveva appena le labbra, come se stesse contando a bassa voce. Era troppo presto, perché, perché, perché lei era stata così stupida da non pensarci?
Be', ovvio, perché era troppo presa dall’angoscia e dall'euforia di un appuntamento con Shirogane mascherato da uscitona di gruppo, geniale e folle piano di Keiichiro.
“Ichigo?”
Ryo le scrollò il braccio, cercando di attirare la sua attenzione.
“Sì, sì, stai buono però.”
La secca risposta lo lasciò ammutolito – non era decisamente abituato a Ichigo che gli diceva di star buono. Di andare a quel paese, d'accordo. Ma di star buono?
La osservò correre rossa in volto da Purin, la più vicina a loro, e sussurrarle qualcosa all'orecchio.
La biondina scosse la testa, mortificata. “Mi dispiace, Ichigo, no.”
Ryo si accigliò nel vederla agguantare Retasu e scacciare quasi malamente Pai, ripetendo la domanda. Doveva forse preoccuparsi? Sembrava urgente!
La Mew verde, nel frattempo, era diventata color pomodoro pure lei, aveva rovistato velocemente nella borsa, ed aveva ignorato totalmente l'occhiata inquisitoria del biondo. Okay, stava davvero succedendo qualcosa.
“Ichigo,” chiamò, un po' irritato e un po' preoccupato “Cosa stai facendo?”
Lei si era praticamente infilata nella grande borsa di Retasu: “Sta' zitto.”
Lui sgranò gli occhi. What?
Tentò di afferrarla per la manica, ma lei si era spostata con un balzo e aveva già acciuffato la piccola borsa elegante di Minto, che non mancò di protestare a voce alta.
“Momomiya, insomma!”
“Emergenza, Minto-chan.”
“Togli le tue mani da popolana dalla mia-”
“Emergenza! Zakuro nee-san!” gridò la rossa, quasi in preda alle lacrime.
“Momomiya!” Ryo era più confuso che mai, perché Minto si era zittita all'improvviso? Lei?! Perché ora Ichigo stava piangendo? “Mi vuoi spiegare!”
“No,” lei scosse la testa, correndo in modo strano per raggiungere la modella, che li aveva distanziati di molto nella sua passeggiata con Kei.
“Ichigo, non capisco.”
“Non capire.”
“Ma che diavolo!”
“Oh, insomma!” la ragazza pestò il piede a terra, si bloccò di colpo, e voltandosi a fronteggiarlo con sguardo furioso gridò “Mi serve un assorbente, d'accordo!?”
Calò un silenzio di tomba. Oh, shit.
§§§§
Taruto era decisamente seccato, non capiva la presa di posizione di Purin: in fondo il suo compleanno era partito dalla mezzanotte, perché intestardirsi?
« Avrai il tuo regalo solo questa sera alla festa. »
Aveva sentenziato, con quel cipiglio superiore che teneva coi fratellini.
Ma lui non era uno dei suoi fratellini e soprattutto era molto, molto più furbo di lei.
Aveva nascosto bene il bottino, doveva ammetterlo, lo aveva cercato dappertutto senza trovarlo. Restava solo un posto, l'unico che non era riuscito a controllare perché la biondina lo teneva sempre sottocchio.
La campanella era suonata da un paio di minuti quando si introdusse nell'aula vuota; la cartella di Purin era ben messa nel suo scomparto sul fianco del banco, un giochetto da ragazzi. Prese la cartella, la mise sul banco e l'aprì, frugandoci rapidamente.
Astuccio, no. Agenda, no. Fazzoletti, no. Strano oggetto rettangolare… Bingo!
C'era una bella carta sottile e frusciante e anche una linguetta adesiva a chiuderla, pareva proprio un pacchetto regalo. Taruto lo studiò un paio di minuti, non riusciva proprio a capire cosa fosse: era rettangolare, forse più quadrato, morbido al tatto e non sembrava, a ben guardare, proprio fatto per restare chiuso.
« Che accidenti è? »
« Una cosa di cui tu non avrai mai bisogno. »
La voce rabbiosa di Purin lo fece saltare sul posto e nascondere la refurtiva dietro la schiena; si ostinò a fare il sostenuto borbottando:
« E cioè? »
« Stai scherzando? »
No, non stava scherzando. Lei lo squadrò malissimo e divenne leggermente rossa:
« Sono in quel periodo del mese. »
Taruto impiegò circa tre secondi a metabolizzare le sue parole muto come un pesce.
L'urlo immediatamente successivo, di ben trentun secondi e cinque decimi, si riuscì a sentire fino al cortile.
Ciao gentile pubblico :D!
oggi aggiornamento a sorpresa *musichetta di scena* con il capitolo speciale
della vincitrice del contest!!
(come quale contest?!? "Indovina il nome delle tre sclerotiche!")
Ci spiace, forse vi aspettavate qualche cosa
di serio!
Il premio va a
Sonrisa, che ha richiesto come prompt "Sorriso" :3 Promettiamo di esserci impegnate!
Bando agli indugi, anche perché qui la cosa è lunga dato che
abbiamo messo mano tutte e tre! Vi lasciamo alla lettura :) sempre vostre Le
Moschettiere, YATHA!
“Manami, dai, fai un sorriso alla
mamma! Uno piccolo piccolo!”
Retasu strofinò le manine fresche della sua primogenita,
comodamente spaparanzata nell’ovetto, cercando di convincerla a farle quel
regalo; ma niente, la bimba continuava a guardarla con espressione corrucciata,
decisamente simile a quella del papà.
La donna sospirò, ormai sconfitta. Manami
aveva quasi tre mesi, e non c’era verso di farla sorridere, non importava
quante volte ci avesse provato. Forse doveva arrendersi al fatto di avere una
figlia musona, che i suoi geni avessero fallito miseramente per far prevalere
solo quelli di Pai.
“Nemmeno un accenno?” ritentò, sorridendole a sua volta.
Manami
sventolò le gambine tozze, lanciandosi in un allegro gorgoglìo che però non
risultò in nessun mutamento di espressione.
“E’ tutta tua figlia!” brontolò verso il marito quando questo
comparve sulla porta con una tazza di caffè in mano.
Pai, una smorfia decisamente simile in volto, si strinse nelle
spalle. “Dalle tempo, Retasu, non è la fine del mondo.”
“Una famiglia di musoni,” ripeté sottovoce, giocherellando
ancora con le dita della bambina “Sono circondata da scontrosi.”
Udì suonare il campanello e, dopo pochi istanti, Kisshu comparve
in salotto con la solita carica di energia. “Buongiorno, cognatina! Sono venuto
a trovare la nipotina più bella del mondo! Come sta il pasticcino dello zio?”
“Kisshu!”
si levò perentoria dallo studio la voce del maggiore degli Ikisatashi.
Ma Retasu fu troppo occupata per sgridarlo nell’osservare come
la figlia si fosse sciolta nel più grande sorriso mai visto non appena Kisshu
era comparso nel suo campo visivo.
Ovviamente.
§§§§
Non che non volesse chiedere a suo padre o a sua madre… proprio non
desiderava affrontare il discorso direttamente col loro.
Tadashi, nei suoi quindici anni di vita, non aveva mai fatto molte domande
riguardanti l’altro sesso, ma vedendo le sue cugine trasformarsi in brutti
anatroccoli a ragazze belle e popolari e notare come i seni delle sue compagne
levitassero e i fianchi si addolcissero… due domande se l’era fatte.
Specie poi quando un suo compagno aveva parlato di “pomiciarsele
tutte” e altre cose che aveva preferito accantonare.
A disagio era entrato in camera del padre, intendo a lavorare nel
suo computer-sfera, e aveva dato un colpo di tosse per annunciarsi.
Pai aveva alzato lo sguardo verso di lui –Tadashi.
Dimmi.
Sotto lo sguardo scuro del padre si sentiva sempre sotto analisi,
come schermato da parte a parte. Rimase lì, imbambolato come una statua e rosso
fino alla punta dei capelli.
Sulla fronte di Pai si formò una ruga –Tutto bene?
- Pa’…- Tadashi si grattò a disagio la
nuca –Volevo chiederti… con…- prese un respiro profondo –Con le ragazze.
-Con le ragazze che?- Pai cercò di mantenere un tono di
voce neutro e pregò di non mostrarsi agitato alla fatidica domanda.
Tadashi stava per andare in
iperventilazione –Come si… fa. Ecco.
Pai smise di
ticchettare sulla sfera e lo fissò a lungo –E’ una domanda un po’ generica.
Tadashi sentì le orecchie
andare in fiamme e Pai continuò –Le femmine sono tutte… particolari, ecco.
-Tu con la mamma…-
Pai impallidì alla domanda di Tadashi -…come ti ci
sei messo insieme?
Pai aprì la bocca
per parlare ma Tadashi sembrò voler cambiare tipo di
domanda –Perché loro ecco…cambiano così tanto?
Pai sorrise un po’
intenerito dalla domanda ma non meno imbarazzato –Natura.
-Anche per la mamma
è stato così?
Pai annuì –Tutte
cambiano. Chi più chi meno, ma anche tu cambierai col tempo.
Tadashi sembrò ancora poco
soddisfatto –Senti, Pa’….
Il loro discorso fu
interrotto dalle urla di Ariel –Papaaaaaa’!- la
ragazzina entrò nella stanza, sbattendo prima contro Tadashi
poi contro un mobile. Massaggiandosi il ginocchio dolorante si avvicinò al
padre –Pa’!- gli mise sotto il naso un libro –Aiutami! Domani ho una verifica
e…
Pai alzò lo sguardo
cercando Tadashi che era sparito e sospirò: meglio
così, non era ancora pronto.
Tadashi fissò Luke divorare
un’altra fetta di torta e lo guardò con supponenza –Tuo padre ha ragione, mangi
troppe porcherie- lo rimproverò.
Luke sorrise sghembo
–Kei-chan fa roba troppo buona- disse.
Il Caffè Mew Mew era pieno come al solito e le nuove cameriere,
decisamente più scorbutiche delle vecchie, riservavano un trattamento di
riguardo verso il figlio del co-proprietario e i suoi amici, tanto che il loro
tavolino non era mai vuoto di leccornie.
-Allora, hai
domandato? - domandò Tadashi.
Luke si rabbuiò e il
suo viso divenne rosso come i capelli –No. Mia madre ha blaterato qualche cosa
e papà è stato molto tecnico…tu?
Tadashi scosse la testa
–No. Niente.
Sbuffarono.
-…potremmo chiedere
a zio Kisshu- propose dopo un po’ Tadashi.
I due si guardarono
e qualche cosa dentro di loro, probabilmente i geni dei padri, si contorsero in
un sonoro “NO!” che rimbombò nelle loro teste.
D’un tratto videro
passare accanto a loro Keiichiro, sempre sorridente e cordiale.
Si guardarono un
attimo –Potremmo…
-Sì.
Zio Keiichiro era
sempre disponibile per tutti e sorrideva sempre.
Non era un sorriso
falso o tirato, ma sempre gentile, cordiale e le loro mamme o i loro padri non
avevano da lamentarsi se passavano un po’ di tempo con lui, lamentele che
riservavano solo per la presenza di zio Kisshu.
Avevano aspettato il
momento giusto, quando il locale era vuoto e lo trovarono a farcire una torta.
-Kei-chan?- Luke
entrò in cucina, sorridendo mentre Tadashi rimase con
le mani in tasca dietro di lui e con la faccia torva.
-Ragazzi- sorrise
loro –Avete bisogno di qualche cosa?
I due si guardarono
e si sedettero su due sgabelli.
Keiichiro fissò
Luke, la copia vivente di Ryou e provò un moto di nostalgia verso il suo
figlioccio quindicenne e curioso.
-Sai, Kei-chan…-
Luke sembrò perdere baldanza e cercava il sostegno nello sguardo dell’amico,
che non trovò poiché teneva lo sguardo nascosto dietro la frangetta verde
foglia –Come funziona con le ragazze? - domandò d’un fiato, arrossendo.
Keiichiro rimase un
attimo sorpreso e mise da parte il suo lavoro.
Prese tre bicchieri
e li riempì con del succo di frutta posandoli poi davanti a loro.
Sorrise, un sorriso
sincero e non imbarazzato come quello dei loro genitori, tirato e incerto.
-Chiedete pure.
Siamo tra uomini- disse ammiccando.
Luke e Tadashi si fissarono, annuendo.
Sì, avevano fatto la
scelta giusta.
Pai intercettò Tadashi nel corridoio: aveva parlato con Retasu delle
domande del figlio e la verde gli aveva suggerito di riprovare il discorso –Tadashi- lo chiamò e il ragazzino, un biscotto in bocca e
il libro di algebra sotto il braccio si voltò a fissarlo con i grandi occhi
della madre ma con il suo color tempesta –Sì?
-Riguardo l’altro
giorno…
Tadashi scosse il capo –Ah
no, niente. Risolto- disse, tornando a camminare verso camera sua.
Pai rimase fermo nel
corridoio, la fronte corrucciata e la bocca semi aperta.
-Meglio così-
sospirò. Poi avvertì un brivido lungo la schiena –Ehy,
non è che hai parlato con zio Kisshu…!
§§§§
Non ricordava nemmeno
di averne mai fatti.
Neppure uno.
Di sicuro, non erano
quelli che venivano smerciati sulle pagine delle riviste di moda, né di fronte
agli schermi tv, o agli spettacoli teatrali.
Zakuro ogni tanto
pensava di non essere semplicemente capace di sorridere.
Aprì la porta del
locale con aria compassata, persa nella sua vaga riflessione, e scostò
all'ultimo secondo la testa prima che Purin gliela centrasse con la propria, in
un salto con avvinghio al suo braccio destro.
« Nee-chan! Nee-chan!
– rideva a tutto spiano – Vieni! »
La biondina la
trascinò di peso in cucina. Retasu, sulla soglia, attonita e divertita e le
rivolse un cenno stentato di saluto, cercando di non scoppiare a ridere.
« Dai, Minto, non è
male come primo tentativo! »
Fece Ichigo offesa
dalle infettive che la morettina continuava a lanciarle:
« Se speri che io
lasci Zakuro anche solo toccare quella cosa…! »
Si interruppero
entrambe arrossendo, colte in fallo. Zakuro osservò la scena tra lo scettico e
il sorpreso: sul tavolo della cucina svettava il – estremamente mal riuscito –
tentativo di torta su cui lei, se strizzava a sufficienza gli occhi, leggeva
Buon Compleanno Zakuro scritto con la glassa reale, sciolta per metà e per
l'altra spiaccicata dalla torta che implodeva su se stessa.
« Se mi avessi aiutata
con l'impasto invece di stare a soffocarti di the come al solito…! »
« Ma sentitela! »
Le altre ragazze
risero del loro battibecco. Zakuro non smise di guardarle, un ormai noto calore
che le si diffondeva nel petto.
« Oh, che novità. »
La voce di Ryou le
fece a stento voltare la testa.
« Allora sai anche
sorridere. »
« Era una battuta,
Shirogane? »
« Un complimento. Ti
dona, dovresti farlo più spesso. »
Gli rispose sollevando
un sopracciglio allusiva, ma lui si limitò a far spallucce e la mora si lasciò
trascinare completamente in cucina da Purin, dove Ichigo stava già riducendo la
torta a proiettili da lancio.
Buonsalve toto mundo!
E' il turno di Ria di dare il la e... Premetto, vi postiamo l'immagine per
farvi capire, ma... Giuro che non avevo intenzioni maliziose xD Non più di tanto :P (se non la vedete… https://it.pinterest.com/pin/486599934716700821/ )
Tanto anche se vi dicessimo che
non ce l'abbiamo, voi non ci credereste! ^^
NON doveva essere nulla di sconcio ma lo è diventato! Rating
arancione! Arancione!
Esagerata! *Ria la placca* cmq basta convenevoli si dia inizio alle danze!
*voce da avvertenze delle pubblicità* non rispondiamo di lesioni permanenti a
neuroni, cuscini nelle vicinanze e magliette inondate di bava
PROMPT 4: Liquerizia
Kisshu emise un cupo borbottio dal profondo della gola, simile
ad un ringhio, che fece alzare lo sguardo a Ryo, seduto accanto a lui ad un
tavolo del Caffè intento a studiare alcune carte.
“Che c'è?” domandò confuso il
biondo.
L'alieno non rispose ma
continuò a fissare un punto davanti a sé, così intensamente che Shirogane si
risolse a trovare risposta seguendo la traiettoria del suo sguardo.
Dall'altra parte della sala,
ad uno dei tavoli più grandi, sedevano le ragazze, in pausa, con Minto
appostata direttamente in fronte al suo ragazzo e che appariva ora intenta a
risistemarsi il rossetto dopo la tazza di tè pomeridiana.
“Ah, non avete ancora fatto
pace, quindi?” commentò laconico il biondo, ritornano sui suoi appunti.
Questa volta, la risposta di
Kisshu assomigliò di più ad un lamento che distrasse nuovamente l'americano.
Minto, infatti, aveva scartato un pacchetto di lunghi bastoncini di liquirizia
rossi, quelli che Kei faceva arrivare apposta dagli Stati Uniti dopo aver
scoperto quanto piacessero sia a lei che a Ryo... peccato che a Shirogane non
sarebbe mai venuto in mente di mangiarli nel modo in cui stava facendo adesso
la Mew-bird.
“Ah... ahem,”
tossicchiò, lanciando un'occhiata all'alieno accanto a sé “Kisshu?”
Ma lui, con una smorfia
rassegnata e dolorante, era troppo impegnato ad osservare il lento movimento
con cui le labbra estremamente rosse della sua ragazza si chiudevano attorno al
dolcetto, prima che ne staccasse un piccolo morso e stringesse poi la bocca in
una piccola o.
E Minto, ovviamente, a
giudicare dal sorrisetto che faticava a nascondere e dalle occhiatine divertite
che si scambiava con le sue amiche, era ben conscia dell'effetto che stava
provocando.
Ricordati di non
far arrabbiare Ichigo per un po', si disse
l'americano, Quella le impara tutte.
“Forse dovresti andarle a
chiedere scusa,” insistette con Kisshu, cercando un modo per risolvere quella
situazione che stava diventando imbarazzante anche per lui – non voleva certo
pensare ad una sua amica e a quell'imbecille patentato occupati in cose del
genere, ma perché non potevano mai risolvere i loro problemi in modo normale,
perché doveva finirci sempre lui in mezzo?
Tutto quello che Ikisatashi
fu in grado di fare, però, fu schiantare la fronte contro il tavolo e gemere
sommessamente.
§§§§
Retasu guardò con
apprensione il giovane alieno che la squadrava un po’ spazientito.
-Ti prego, scusami!
Sono pronta in un attimo!
“Un attimo” pensò Pai con ironia, mentre la verde gli sfiorava la
guancia con un veloce bacio prima di scomparire al piano di sopra a legarsi i
lunghi capelli.
-Potresti lasciarli
sciolti, una volta ogni tanto- le propose, seguendola mesto dentro la sua
stanza. Retasu gli dava le spalle, intenta a intrecciare la prima ciocca di
capelli –Sono un po’ scomodi, ma se ti fa piacere…- lasciò liberi i capelli
nuovamente e li pettinò con le dita.
-Andiamo?
Pai annuì, guardando in
fretta l’orologio: avevano appuntamento con gli altri ed erano, al solito, in
anticipo e di certo l’ultima ad arrivare sarebbe stata Ichigo.
Quando tornò a guardare
Retasu gli venne quasi un colpo: la ragazza aveva in bocca un bastoncino rosso
di liquirizia, pescato da un pacchetto sulla scrivania, che succhiava con
lentezza.
Sentendosi osservata in
modo insistente, lo guardò interrogativa il ragazzo –Che c’è? - e il bastoncino
scivolò fuori dalla bocca lentamente, lasciandole un alone rosso sul labbro
superiore.
-Emh-
tossicchiò nervoso, vergognandosi del pensiero poco pudico –Niente.
-Vuoi provare la
liquirizia? E’ buona!
Porse al ragazzo un
altro bastoncino nuovo e si rimise a mangiucchiare il proprio.
Pai afferrò
meccanicamente la caramella mentre un pensiero molesto si affacciava
prepotentemente nella mente “Da quanto non stiamo un po’ soli?”.
Probabilmente Retasu
non si rendeva conto del mix: la gonna un po’ sopra il ginocchio, i capelli
sciolti, la leggera seppur modesta scollatura, il buon profumo che emanava e
infine, la liquirizia che senza accorgersi mangiava in modo troppo lento,
troppo sensuale, troppo… troppo!
“Un maniaco! Sono un
maniaco!” si grattò la testa, cercando di scacciare il pensiero molesto.
-Retasu?
-Mh?
Ecco. Botta finale. La
ragazza si era voltata verso di lui con la bocca socchiusa, rossa e gli occhini
grandi quanto il male.
Con un grugnito
l’attirò a sé, baciandola e sentendo il sapore della caramella sulla lingua e
sospirò sulle sue labbra.
Retasu avvampò per la impeto
di Pai, così raro e non osò discostarsi, lasciandosi cullare invece dal bacio.
Se credeva che Pai
potesse allontanarsi dopo poco, si sbagliava.
Il giovane sembrava ben
intento a tenerla stretta, abbracciandola completamente e movendo passi sicuri
verso il letto della ragazza.
-Pa…Pai- annaspò, rossa
e staccandosi un attimo mentre veniva letteralmente fatta sdraiare sul suo
letto –Fa…faremo tardi- mormorò tra un bacio e l’altro.
Pai fece un grugnito di
dissenso –Siamo in anticipo- disse solo –In largo anticipo- ripeté, mentre le
mani e la bocca frenetiche baciavano e toccavano il corpo della ragazza.
Retasu chiuse gli
occhi, vinta e si abbandonò a quel raro momento di impulsività del fidanzato.
Capitolo 6 *** Special - Happy birthday, Minto-chan! ***
Buongiorno
fanciulli e fanciulle! Qui è Hypnotic Poison che vi parla
dalla gelida Philadelphia! Siamo in ritardo di due giorni – ovviamente
– ma ci
siamo riunite per celebrare il compleanno della nostra colombella
preferita :3
pereppepeeee *trombette di
compleanno*
Lo sappiamo che spariamo sempre per
lunghi periodi, però poi queste
cose importanti ce le ricordiamo :3 Noi speriamo che vi piacciano, e vi
lasciamo alla lettura :D
Ps: ricordatevi che certe cose
descritte in queste storie non si fanno, eh,
mi raccomando. Ahahah
Bacioni
a tutti!!
Special:
Happy Birthday, Minto-chan!
Il
primo compleanno della seconda genita di casa Aizawa fu un
grande evento, non certo come quello dell’erede Aizawa, Seiji Aizawa. Era
una bambina graziosa, ma non pareva brillante come il
fratello maggiore che era circondato da adulti mentre recitava a
memoria la
poesia imparata all’asilo. Eppure
la vecchia balia la teneva in braccio mentre la madre
parlava di quanto fosse stata discreta, la bambina, durante il parto,
visto la
velocità con la quale era venuta fuori. Eppure
la balia guardava quella bimba dallo sguardo intelligente
che giocherellava con un costoso sonaglio, facendolo trillare e ridendo
ogni
volta che suonava e pensò che fosse molto più brillante di Seiji, anche
se
voleva un mondo di bene a quel demonietto che ora stava diritto e si
faceva
scrutare da tante persone importanti. Minto,
invece, quando le si avvicinarono per mirare meglio il
nuovo gioiello di casa, assunse
un’aria contrita, arricciando il nasino alla francese e parve proprio
che
guardasse male gli uomini e le donne che parlavano a lei con versetti e
moine. La
bimba non li degnò di attenzione, attaccandosi invece al
kimono della balia e spingendo perché andassero via dalla calca. La
balia
sorrise e con un inchino e qualche scusa si allontanò con la bimba in
braccia. La
mise seduta su un tavolo vuoto e isolato e le disse, con voce
ferma ma dolce –Signorina Minto, è il caso vi comportiate bene. Per
questa
volta passi, ma deve dar retta ai suoi ospiti, per quanto noiosi
possano
essere. La
piccola Minto dai riccioli scuri piegò la testa di lato;
parve offesa dal tono ma poi sembrò capire e rimase buona tutta la
sera, non
sdegnando più nessuno e facendo la brava padroncina di casa. La
balia la sera la mise a letto mentre i signori Aizawa
salutavano gli ultimi ospiti. Minto sbadigliò sonoramente e portò i
pugnetti al
viso, crollando subito dopo. La balia sorrise e la coprì bene. Seiji
entrò di
soppiatto dietro di lei. -Baba-chan?-
chiamò a bassa voce la donna, che si voltò verso di
lui -Sì,
Seiji-chan? Il
bambino di quattro anni cercò di allungare il collo verso la
culla –Quando posso giocare con la nee-chan? La
balia sorrise, spingendolo gentilmente fuori dalla stanza
–Domani…. -No!
Aspetta! - il bimbo si divincolò dalla presa –Regalo! -
disse, mettendo le mani in tasca e uscendone un piccolo fiorellino
tutto
pestato, sicuramente preso dal giardino di casa. La
balia lo lasciò fare e il bambino poggiò il fiorellino dentro
la culla –‘notte, nee-chan! E buon compleanno! ** Minto
fece una giravolta, nel suo tutù tutto bianco e il
fratello batté le mani, ridendo –Sei brava, nee-chan! Lei
sorrise compiaciuta, mentre la sua aria da piccola
principessa si affinava sempre di più, nonostante avesse cinque anni. -Questa
sera alla festa ci saranno tanti bimbi! - disse lei contenta
–Verranno le mie amiche! Farò vedere il mio balletto! Nii-chan, starai
accanto
a me? Il
bimbo si incupì –Io… ho lezione fino a tardi. La
bimba strinse i pugnetti e assunse un’aria triste –Oh, va
bene. Seiji
le prese una manina paffutella –Verrò per il taglio della
torta! - le promise. La
signora Aizawa, donna altolocata, non capiva perché Minto
facesse tante storie. Era un amore di bimba, ma testarda e caparbia
–Avanti,
Minto. Soffia sulla candelina. - le disse, al limite della pazienza. Lei
incrociò le braccia al petto –No! Seiji nii-chan… La
donna si massaggiò la tempia: avrebbe avuto di che raccontare
al suo analista –Minto, Seiji… La
porta del salone si aprì di scatto e Seiji apparve sulla
soglia, cercando di darsi un contegno ma col fiato grosso. In mano
aveva un
mazzo di fiorellini bianchi. Minto
sorrise felice e soffiò sulla candelina. Seiji le porse il
mazzolino di fiori –Scusa il ritardo, Minto. Lei
prese il mazzolino e lo strinse al petto –Grazie! ** Minto
lo sentiva il baccano che stavano facendo Purin e Ichigo
da fuori il locale. Storse
il naso. “Cosa
diamine staranno facendo?”. Il
portone d’entrata si aprì e Zakuro la squadrò in silenzio
–Non puoi entrare. – le disse, imperscrutabile. -…e
perché mai? - sbottò la quattordicenne. Zakuro
alzò un sopracciglio e a Minto parve sorridere un attimo. -Zakuro-san!
Tienila fuori! - sentì bisbigliare Minto dalla
vocina acuta di Purin. -Sssssh!
O ci sentirà! - questa doveva essere Retasu. Minto
capì e le si strinse la gola. -Loro…? Zakuro
si appoggiò al portone, sorridendo apertamente, questa
volta. La
brunetta poté accedere al salone cinque minuti dopo: era
stato addobbato con palloncini bianchi e indaco e su un tavolo c’era
una torta
con sopra una ballerina di zucchero. -Ragazze!
Prima
di potersi commuovere, decise di tenere l’aria sostenuta e
fece per criticare qualcosa, come ad esempio i capellini di carta che
Ichigo
stava distribuendo, quando Purin attirò la sua attenzione. -Minto-chan!
Guarda! Il nostro regalo! Da
una porta laterale sbucò un imbarazzato Seiji, intendo a
massaggiarsi la nuca –Nee-chan…- la chiamò dolcemente. Non si vedevano
da mesi. Ichigo
ridacchiò –Lo abbiamo chiamato tantissime volte, ma alla
fine abbiamo eluso la sorveglianza e quei gorilla attorno a lui! Lui
le porse un mazzo di fiori bianchi –Posso stare solo un’ora. Lei
strinse il mazzolino un attimo, poi sorrise con le lacrime
agli occhi –Va benissimo così… ** Minto
fissò divertita Seiji che squadrava malamente Kisshu.
L’alieno le aveva portato un paio di rose e Seiji il famoso mazzo di
fiori
bianchi, regalo di ogni anno. I
fiori di entrambi le solleticarono il naso, guardandola
duramente. Quale
mazzo avrebbe preso per prima? Ridendo
ma rimanendo composta li prese entrambi e mi sistemò
nello stesso vaso –Così è più bello…- si giustificò verso i due,
palesemente
scontenti. ** -Maman? -Corinne,
tesoro… La
bimba dai codini blu e il vestitino rosa si avvicinò alla
donna. Minto
impallidì quando vide la figlia imbrattata di fango, in
mezzo al suo salotto pieno di ospiti per il suo compleanno. -Corinne,
cosa…? La
piccola, per nulla preoccupata, le porse un piatto del suo
servizio buono con sopra una palla di fango e una candelina sopra –L’ho
fatta
con papa et oncle(*)!-
disse contenta. Minto
guardò dietro la bimba, con i due uomini che ridevano ma
facevano finta di nulla. -Maman! Soffia! Ed
esprimi un desiderio! Minto
chiuse gli occhi e rise, mentre gli invitati la scrutavano
quasi tutti dubbiosi, eccezione fatta per Ichigo e le altre. -Va
bene. Desidero che tu vada con papa
e oncle a cambiarti
il vestito, prima di rovinare il tappeto! - e soffiò ridacchiando. La
bimba la guardò scioccata –Maman! Non si dice! Così
non si avvererà mai! Note (*)
il traduttore mi dice che è “zio” in francese X°D
§§§§§§§§§§§§§§§
Fin
da piccola aveva sempre saputo cosa significasse essere figlia
degli Aizawa, appartenere ad una famiglia altolocata.I vantaggi, certo, ma anche i bisbigli, le
malelingue, i commenti cattivi. Ci
aveva fatto il callo sin dal giorno in cui aveva capito di essere
in competizione con suo fratello. Perché
era lui, l'erede
degli Aizawa, non lei. Lei doveva solo essere una signorina di buona
famiglia
ed eccellere in un'attività raffinata: che fosse intelligente, che a
lei e a
Seiji non fregasse assolutamente nulla di tutto ciò, di successioni, di
ruoli e
quant'altro, non importava. Del
resto a lei non importava nulla di cosa dicessero gli altri, per
lei contava solo l'opinione che aveva di se stessa (e le sue amiche di
lei, ma
si trattava di un altro discorso). Alla
lunga però tanto parlare la infastidiva; non un fastidio di
stizza (quello era la norma), ma un fastidio maligno e avvilente che si
insinuava sottopelle come un raffreddore. Quando si parlava di danza,
poi, era
ancora peggio. La
danza era praticamente la sua vita. Impegnava ogni cellula, ogni
energia, tutta la sua volontà per eccellere e sapeva di non dover
dimostrare a
nessuno la propria abilità. Eppure, dopo una selezione importante come
quella
da cui era rientrata, le maldicenze che avevano accompagnato la sua
uscita
dagli spogliatoi le ronzavano ancora nelle orecchie. Non è per nulla
adatta al ruolo. È stato
il suo nome a farla arrivare qui. Sicuramente
qualcuno della famiglia ha
dato una spintarella. Il coreografo
non ha fatto tanti capricci
con lei come con noi, chissà come mai…! Stupidaggini.
Bugie. Invidia. Che tentava in tutti i modi di annidarsi
nel suo cervello. «
Mi serve una pausa. » Passò
velocemente in camera lanciando la borsa d'allenamento e si
nascose nella sala privata di danza; era una stanzetta che suo padre
aveva
fatto fare anni prima, con il parquet, una parete a specchio e la
sbarra,
ottima per ripassare qualche passo all'ultimo minuto. Anche se lei ora
aveva
altri progetti. Prese
l'MP3 dalla tasca della felpa, che abbandonò per terra, mise le
cuffie e selezionò l'ultimo brano in memoria. Lei
amava ballare, amava il ritmo, ogni ritmo anche se il suo amore e
il suo obbiettivo rimaneva la danza classica; la faceva stare bene, la
faceva
sentire viva, felice, in grado di abbattere le montagne.
I
never miss a beat I’m
lighting up my feet And
that’s what they don’t see I’m
dancing on my own I
make the moves as I go And
that’s what they don’t know
Iniziò
ad improvvisare un mix tra danza classica e passetti appena
accennati di qualcosa che ricordava l'hip hop al ritmo che veniva dalle
cuffie
e canticchiando pezzetti del brano ridacchiando.
But
I keep cruising Can’t
stop, won’t stop moving It’s
like I got this music In
my mind, saying it’s gonna be alright
Lei
era sempre andata avanti per la sua strada e avrebbe continuato a
farlo, sorridendo fiera di se stessa. « Cause the
players gonna play, play, play ♪ And the haters gonna
hate, hate, hate! Baby I’m just
gonna shake, shak-» «
Che hai da dimenarti tanto colombella? » Minto
non sentì la domanda né vide Kisshu fluttuarle alle spalle come
stravaccato su un divano finché non si fu girata e per lo stupore ebbe
messo un
piede in fallo, cadendo dritta con il sedere per terra. Lui rise
maligno e lei
lo guardò torva, rossa come un gambero: «
Da quanto tempo sei lì che mi spii, cretino?! » «
Guarda che ho bussato. – si giustificò – Però non mi hai sentito. » Minto
non gli credette imperversando a squadrarlo arrabbiata. Spense
l'MP3 e mise via le cuffie pensando imbarazzata a come doveva essere
risultata
scema, ad agitarsi così da sola e in silenzio con ancora addosso il
completo da
allenamento. Specie agli occhi di quel cretino fluttuante della cui
presenza
non voleva – non riusciva – a
liberarsi. «
È davvero incredibile come quando non ti arrabbi tu abbia una bella
voce. » Lei
grugnì un grazie
sforzandosi di non essere contenta per il complimento e riprendendo la
felpa. «
Non era male nemmeno quel culetto che continuavi a scuot- » La
mora si pentì amaramente di non avere nulla di più pesante della
felpa per tirargli una scudisciata.
§§§§§§§§§§§§§§§
Minto
sospirò, sistemandosi meglio il salvapunte. Non era la prima
volta che passava il compleanno lontano da casa per colpa di uno
spettacolo, ma
era decisamente la prima volta che era così abbattuta. Sapeva
che Seiji sarebbe arrivato solamente tra due giorni, per colpa
di quell’imprevisto con chissà quale azienda di chissà quale parte del
mondo, e
sarebbe stato un po’ difficile raggiungere la sorellina così su due
piedi. Le
sue amiche erano prese dall’università, giustamente, non era colpa loro
che lei
adesso non si trovasse in Giappone perché la compagnia aveva deciso di
intraprendere una tournée internazionale, non poteva certo chiedere
loro di
spostarsi sempre. Le aveva sentite su Skype molto velocemente, per
quanto
permettesse il fuso orario, e l’avevano risollevata nel ricordarle che
mancavano soltanto dieci giorni al suo ritorno a casa, e avrebbero
festeggiato
tutti insieme in quel momento. Avrebbe
almeno voluto, però, che qualcun altro utilizzasse certe sue
capacità speciali per poterla raggiungere almeno per qualche ora, ma
ovviamente
erano successi casini anche sul loro pianeta, e Pai aveva costretto i
suoi
fratelli ad un intenso “ritiro” nel laboratorio di Shirogane per
sistemare la
questione. Se
non altro, avevano avuto tutti la gentile idea di spedirle diversi
mazzi di fiori, che le avevano profumato dolcemente il camerino a lei
assegnato
per quei tre giorni, e avevano scatenato la gelosia delle sue amiche e
colleghe
– che, le avevano promesso, l’avrebbero portata fuori a cena non appena
fosse
finito anche lo spettacolo di quella sera. “Minto-chan,
tra un quarto d’ora sul palco!” Akira si sporse appena
dallo spiraglio della porta con un sorriso gentile, a cui la mora
rispose
annuendo. “D’accordo,
adesso arrivo.” Si
legò i lacci di raso con attenzione, e fece un altro respiro
profondo mentre si controllava allo specchio. Il trucco e i capelli
erano a
posto, doveva solamente cancellarsi quell’espressione triste dal viso e
tutto
sarebbe andato per il meglio. Il
cellulare le trillò in quel momento, e lei lo aprì curiosa non
appena notò che c’era anche un allegato. «Buon compleanno,
passerotto, e in bocca al lupo per lo spettacolo! Quando torni ci sarà
tutto
questo ad aspettarti! ;) » Minto
arrossì nell’aprire la fotografia, e il cellulare le scivolò di
mano dritto nel barattolo di cipria.
Buonaseeeeeeera, bella gente,
e buon inizio del weekend! Questa volta aggiorniamo in fretta perché la
sottoscritta non ha nulla da fare :3
Sìììì
HP non ha nulla da fareee! E' sono in Shiroganelandia.
Ho
mal di testa e mi affido alle fanciulle che hanno i miei obbrobricapolavori!,
io muoio nel mentre @_@
*Lancia cuoricini verso Ria*
Comunque, ovviamente, HP si riqualifica la pervertita delle tre, e vi
propone il prompt indicato dalla fotina cliccando
qua (ho combattutto vent'anni con l'HTML di Kompozer senza
riuscire a farla comparire su EFP, se qualcuno ha delle dritte sarei
molto grata!) :3
E
ovviamente Danya scrive stupidaggini xD Perché non deve darle
soddisfazioni!
Non commento perché sennò
sarebbe spoiler, ma non mi lamento comunque della tua scelta :3 Vi
lasciamo alla lettura, un bacione!!!
Upiiii
@w@ *Fa ciao ciao con la manina*
*evil
smile*
PROMPT 5: Bel
maschio che cucina senza maglietta Torso Nudo
Ospitare
i giovani alieni nelle loro dimore si dimostrò una
grande sfida, specie viste le abitudini differenti che incorrevano fra
le due
razze. Minto
era dovuta partire un paio di giorni e Kisshu, ritrovatosi
solo, si era praticamente autoinvitato a casa di Retasu, giusto per
infastidire
di fratello maggiore e i nervi della povera ragazza. Mentre
Pai era risultato un ospite tranquillo, silenzioso e
soprattutto ordinato, Kisshu era l’esatto opposto e gentilmente, più di
una
volta, Retasu aveva attinto dalla sua enorme forza interiore per non
sbatterlo
fuori di casa. Ciò
che distingueva i due fratelli non era solo l’ordine, ma
anche il modo di approcciarsi con le persone. Ad
esempio, Pai, nonostante soffrisse molto il clima terrestre,
non si era mai permesso di girare mezzo nudo per casa, cosa che a
Kisshu non
risultava difficile, invece, mandando la ragazza in iperventilazione
quando
incrociava in verde camminare a petto nudo. -Certo
che voi Giapponesi siete tremendi. Quando andate al mare
che fate? - la canzonò il verde. Le tirò la guancia con affetto e disse
–Ma
scusa, tu e quel simpaticone di Pai…? L’allusione
per nulla sottile le fece venire un colpo
–Ccccccche? Noi non… stiamo… abbiamo…nn-n-nn—n-n—n-n…! -Aaaaaaah!
- Kisshu le batté una mano sulla spalla –Scusa,
pensavo che si, insomma… va beh! Errore mio! - sorrise sghembo e
malizioso
mentre la povera ragazza sembrava sul punto di avere un collasso. Qualche mattina dopo,
accadde l’irreparabile. Retasu
era scesa in cucina di buona lena visto l’ammontare di
impegni che l’attendevano e si era bloccata sulla soglia della stanza,
arrossendo subito. Kisshu,
chissà perché, si era ritrovato in cucina a
bruciacchiare qualcosa sui fornelli. -Ehilà!
Pesciolina, ti sto facendo la colazione di
ringraziamento! - disse sorridendo sghembo. Non
notò affatto lo sguardo di Retasu e se lo fece, non gliele
importò per nulla. Kisshu
si era evidentemente fatto la doccia, visto i capelli
verdi bagnati ed appiccicati alla testa e l’asciugamano attaccato alla
vita. -K…K…Kisshu-san!
- Retasu fece qualche passo indietro. -No
aspetta! Guarda che so fare! Kisshu
si voltò verso di lei, ancora incurante della propria
nudità e fece saltare quella che doveva essere una crêpe dalla pentola.
Il movimento forse troppo brusco fece scivolare un po’ l’asciugamano ma
Kisshu
era stato abbastanza veloce da bloccare la caduta della stoffa, ma non
l’urlo
di Retasu che cacciò dalla bocca mentre si tappava gli occhi. Allarmato
dall’urlo, Pai si era precipitato di sotto, trovando
Kisshu che teneva con una mano l’asciugamano che aveva scoperto le
natiche
pallide e con l’altra la padella. Retasu
sbirciò tra le dita il nuovo arrivato, anche lui a petto
nudo e in pantaloncini mentre imprecava contro Kisshu e la sua
amoralità. Quello
fu troppo: due uomini nudi nella sua cucina! -Basta!
Io vado via!- strillò, rossa di vergogna mentre scappava
via al piano di sotto. I
due rimasero fermi nella stanza, incerti su cosa fare. Kisshu
si rimise diritto e si sistemò l’asciugamano –Frigida.
Ecco perché non ci hai concluso ancora…ahi! Pai
piantò un pugno in testa a Kisshu, ringhiandogli contro e
sparendo dalla sua vista. Il verde si portò le mani alla testa
dolorante,
dondolandosi per il dolore. “Io
volevo solo essere gentile!”
§§§
Faceva
così caldo, anche per essere Agosto, che Ichigo non si sarebbe sorpresa
di
svegliarsi senza lenzuolo addosso: era ben più strano ritrovarsi
appallottolata
nella stoffa e avvertire la sua fresca morbidezza sulla pelle nuda. Da
lì sorgeva la domanda del perché
fosse nuda. Completamente nuda. Arrossì
e si sedette prendendosi la fronte tra le mani, l'emicrania martellante
che le
trapanava le tempie era un indizio del quantitativo di cocktail
ingeriti la
sera precedente. Aveva
un ricordo confuso. Ma in fondo era così che avrebbe dovuto essere una
sera
estiva di una giovane universitaria, no? I suoi erano fuori e lei non
aveva
visto nulla di male nell'organizzare una bella festa con le amiche.
Avevano
portato da mangiare, da bere, e Keiichiro aveva pensato ad
improvvisarsi barman
oltre a portare il dessert… E Ryou. La
rossa affondò il viso nel lavandino bagnandosi con l'acqua ghiacciata. Pregò
che a Keiichiro non fosse scappata una sola parola su unacerta cosa, ma
l'outfit del biondo le lasciava intuire che il suo amico avesse
manipolato gli
eventi per presentarglielo così. E farle venire un attacco di cuore. Camicia
sportiva a maniche lunghe ripiegate sull'avambraccio, jeans scuri
attillati e
quei – maledizione! – occhi azzurri
così sexy che la sola ragione per cui non aveva fatto stupidaggini –
tipo
saltargli addosso appena attraversato l'ingresso – era la presenza
delle
ragazze tra Ryou e lei. Tornò
in camera per sistemarsi i capelli e notò la bomba inesplosa di
vestiti: i suoi
sandali preferiti con il laccetto alla caviglia, il tubino porpora che
le stava
così elegantemente e perfettamente aderente,
il completino intimo nuovo che aveva acquistato giusto un mese prima e
non
aveva mai messo, erano tutti abbandonati sulle mattonelle bianche e
rosate come
se si fosse spogliata di corsa. Indossò
canottiera e pantaloncini cercando di pensare; le venne da ridere, se
si fosse
trattato di un film romantico si sarebbe svegliata con accanto l'uomo
dei suoi
sogni. Un'immagine,
che le provocò un acceso rossore, le attraversò la mente e non potè
evitare di
ricontrollarsi attorno, ma la stanza era vuota e non c'erano vestiti
oltre ai
suoi sul pavimento. Doveva
essere stato un sogno. Un dolce, appassionato, stupidissimo sogno. «
Sono patetica. » Aprì
la porta della camera e le arrivò al naso uno stuzzicante odorino di
pancetta.
Il cuore le piombò nello stomaco con la stessa rapidità con cui scese
dalle
scale. Si
affacciò di soppiatto verso la cucina e vide le spalle toniche di Ryou,
i soli
pantaloni addosso, che canticchiando preparava ciò che, dal profumo che
le
solleticava le narici, era una classica colazione americana. La
rossa si premette la mano sul viso e l'intontimento del sonno lasciò
posto al
ricordo della sera prima. La
testa lievemente annebbiata dal Bellini, la forza di chiacchierare con
Ryou con
naturalezza; il suo profumo che si alzava dalla camicia e la inebriava
più
dell'alcool, la sua voce che forse per la bottiglia di birra che teneva
tra le
dita rideva calda e allegra al suo orecchio. Gli altri che uscivano, e
chissà
perché Ryou si offriva di aiutarla a sistemare. Le loro mani che si
sfioravano,
lei che osava lambirgli le labbra e mormorava scuse, prima che Ryou
annullasse
del tutto la distanza tra loro… Il suo respiro roco che intervallava
con il suo
nome, il suo calore, la sua bocca, le sue mani. Per
poco Ichigo non crollò sull'ultimo gradino in preda al capogiro per il
sangue
affluito alle guance. Fece più rumore di quanto immaginasse perché Ryou
si
voltò a guardarla, con quel sorriso sottile che le faceva tremare le
ginocchia: «
Allora non sei solo lenta a prepararti, hai proprio il sonno pesante. » La
sua lingua lunga non fu incisiva come al solito ma Ichigo gli rivolse
comunque
una linguaccia, nonostante il sorriso radioso che le illuminava il
volto.
Holaaaa gente! Ciao! Come richiesto dalla cara Glaucopide, ci ha chiesto un piccolo “regalo” per Halloween, dandoci la possibilità di fangirlare anche questa volta ( l’immy di rifermento era questa https://www.facebook.com/fanpage.it/photos/pcb.1151205744901098/1151205588234447/?type=3&theater ma abbiamo sfantasiato un po’ XD).
Ria non partecipa
ma per una buona ragione, ovvero è a fare la persona seria a Lucca *rotola*.
Ringraziamo tanto Endorphin_94, mobo, Fair_Ophelia per i commentini della volta precedente *_* accie cave!
Vi lasciamo alla lettura… e alla prossima ;)
Halloween costumes
Non sapeva se fosse solamente per colpa della sua parte americana, ma Halloween era sempre stata una ricorrenza presente nella sua vita. Tra le poche cose che erano riusciti a salvare dall’incendio che aveva distrutto casa sua, Keiichiro aveva scovato degli album di foto, che contenevano davvero tante immagini di un piccolo Ryo addobbato con creativi costumi anno dopo anno.
Appena nato, sua madre l’aveva vestito da ape – scelta discutibile. Poi era stato l’anno dello squalo, il cavaliere (ah, ironic), il poliziotto, lo scienziato pazzo, il cowboy, e via dicendo.
Kei aveva ritenuto giusto continuare la tradizione anche una volta arrivati in Giappone, almeno finché Ryo non era stato grande abbastanza per decidere da solo se volesse davvero travestirsi, quell’anno, o meno.
Ovviamente, una volta aggiunte le Mew Mew al loro pacchetto di conoscenze, non c’era stato più verso di evitare di festeggiare Halloween (perché con quelle cinque si doveva festeggiare sempre) in grande.
E ora, lui e una certa rossa stavano animatamente discutendo per la scelta di costumi di quell’anno.
“Avevi detto che potevamo farlo insieme!”
“Non ti sto dicendo di no, ti sto dicendo che non approvo questo!”
Ichigo appoggiò i pugni sui fianchi, gonfiando le guance: “Non puoi sempre scegliere tu. Avevamo detto principe e principessa!”
“Cosa c’è che non va con Han Solo e la principessa Leia?”
“Non è la stessa cosa!”
“It is.”
“No!” lei sbatté un piede a terra “Lui non è un principe azzurro.”
Ryo aveva la forte tentazione di replicare che lui e i titoli colorati di quella sfumatura non andavano molto d’accordo, ma si limitò a sospirare: “Esatto, è molto meno banale. E poi per te essere Ariel è semplice, io non assomiglio per niente a Eric.”
“Puoi metterti una parrucca. O tingerti.”
“Ora stai tirando la coda, ragazzina.”
“Allora travestiti da Flounder, antipatico.”
Ryo alzò gli occhi al cielo e si intimò di calmarsi, si passò una mano tra i capelli: “Scendiamo a compromessi.”
Ichigo alzò il nasino all’aria (santo cielo doveva davvero smetterla di passare tutto il tempo con Minto): “No. L’anno scorso hai scelto tu, e abbiamo fatto James Bond, ora è il mio turno.”
“Però hai voluto la festa in maschera per il tuo compleanno, e hai scelto tu i costumi.”
“… non c’entra.”
“Ah, quindi ho sofferto vestito da Peter Pan per niente?”
“Daiiii,” il suo visino tondo si accartocciò per il dispiacere “Io pensavo fosse una cosa carina.”
Eccoli. Gli occhioni da cucciolo. Quant’era scorretta.
“All right,” esalò infine “Prendi quello che vuoi.”
Ichigo si illuminò, congiungendo le mani davanti al viso: “Davvero?!”
“Yeah.”
“E non me lo rinfaccerai né ti lamenterai fino alla fine?”
“… ci provo.”
“Sìììì!”
Il bacio che gli diede fu abbastanza per farlo tacere.
Almeno per dieci minuti.
§§§
“Questa volta me lo fai fare.”
“Come sei monotono.”
“Molte persone lo troverebbero adorabile. E sono dieci anni che aspetto, non mi toglierai Han.”
“Ancora te ne lamenti?!”
“Oh yes, darling.”
Ichigo sospirò, pensando a come avrebbe potuto incastrare i suoi capelli in quegli strani chignon ai lati. Forse avrebbe potuto chiedere aiuto a Zakuro.
“Ma poi è sbagliato, non ha senso travestirlo da R2D2, dovremmo trovargli un lightsaber e così essere coerenti.”
Ryo guardò la rossa con una certa aria di soddisfazione per quella precisazione, sorridendo sotto i baffi mentre prendeva in braccio il piccolo Luke, infilato nel costumino del robot.
“Don’t worry, when he’ll be old enough.”
Ichigo alzò gli occhi al cielo ed incrociò le braccia, uscendo dalla cameretta: “Che la Forza sia con me.”
Halloween in casa Ikisatashi.
-Non stai dicendo sul serio.
Pai guardò gravemente la sua compagna addobbare la figlia come un albero di Natale per quella stupida festa dal nome impronunciabile che non era neanche giapponese, quindi del perché festeggiarla gli era avulso il motivo.
Retasu lo guardò sorridendo ma aggrottando un attimo la fronte –E perché? Adoro questa favola!
Pai volle ribattere ma si trattenne, guardando invece la piccola Ariel vestita nel vaporoso vestito color oro, identico a quello della principessa Belle.
Non poté comunque non sorridere alla vista della piccola di casa così carina e contenta. Ariel si era messa davanti allo specchio, facendo una piccola giravolta goffa nella sua andatura di bambina da sei anni e poi guardò il padre.
-Come sto? - domandò con quei grandi occhioni simili ai suoi, pavoneggiandosi nel suo vestito da Belle mentre abbracciava un pupazzo a forma di Bestia, cuciti ambedue dalla madre.
Pai si chinò alla sua altezza, aggiustandole la piccola tiara sulla testa –Benissimo. – le disse solo e Retasu gli diede un colpettino col piede, guardandolo storto. Pai ricambiò l’occhiataccia aggiunse –Più bella della principessa del cartone. – e guardò la moglie, sperando bastasse.
La piccola però rispose con un risolino imbarazzato e gli gettò le braccia al collo –Magari trovo la mia Bestia e poi diventa principe! – disse –Mamma, secondo te devo baciarlo?
Pai storse la bocca al commento ma non disse nulla, cercando invece con lo sguardo Tadashi che si aggiustava la maschera da teschio sul viso –Anche tu vai a chiedere i dolci in giro?
Tadashi annuì facendo poi le boccacce alla sorellina che scappò, strillando contenta.
Retasu scosse il capo dolcemente e mise la borsa sotto braccio –E tu?
Pai aggrottò la fronte –Devo lavorare, lo sai.
-Puoi raggiungerci poi da Ichigo. Ha preparato una festicciola per i piccoli.
Il sopportare l’amica della moglie (non sua!) per un’altra serata non gli sembrava entusiasmante, ma Ariel si attaccò alla sua gamba –E dai! Papà! Vieni pure tuuuu!
Pai le accarezzò la testa, sospirando. Ariel aveva i suoi stessi occhi, ma li usava come la madre: in modo scorretto –Va bene. Vi raggiungo quando siete lì. – si arrese.
La piccola rise contenta e trascinò Tadashi verso l’ingresso a mettersi le loro scarpe e i cappotti.
Pai vide Retasu ridere –Che cosa c’è?
-Oh niente… - gli diede un leggero bacio sulla guancia –Solo che la bella ha convertito la Bestia. – scherzò.
Pai le diede un colpetto al fianco –Spiritosa, donna.
Retasu sorrise ancora e fece per uscire ma Pai la prese per un gomito e chinò il capo ad una spanna dal suo orecchio –Magari la Bestia più tardi potrebbe avere un’udienza con la bella Superiora.
La donna arrossì un po’ alla battuta –Dipende dalle maniere. – cercò di rispondere con lo stesso tono.
-Solitamente le mie maniere ti piacciono...- soffiò all’orecchio.
-Mamma! E’ tardi! - l’urlo di Tadashi li fece tornare in riga e Retasu si affrettò ad uscire, non prima di aver lanciato uno sguardo a Pai, un po’ divertito e un po’ in imbarazzo.
Rimasto solo, Pai tirò un sospiro di sollievo. Guardò l’orologio: aveva due ore di pace prima di dover andare da Ichigo. Si diresse nella credenza di casa e bloccando un attimo la mano a mezz’aria, prese un pacchetto di caramelle.
Alla festa ci sarebbero stato Luke, Corinne, Devon, Ariel, Tadashi, Megan e il piccolo Cho e se anche questo anno si fosse presentato senza un dolcetto, questa volta il computer glielo avrebbero distrutto seriamente.
Questa festa è così noiosa, le aveva sussurrato all'orecchio, solleticandole piacevolmente il collo.
Ichigo aveva alzato le spalle; era una delle tante feste di Minto, non poteva che essere elegante e pomposa. Ma poi lui aveva insistito così tanto per andare da qualche parte, che alla fine aveva desistito.
Avevano vagato mano nella mano per i corridoi vuoti, lanciando occhiate distratte agli oggetti d'arte intorno a loro, finché una porta semi-chiusa non aveva catturato la loro attenzione.
Ryo aveva guardato dentro ed aveva sorriso, appoggiando una mano sul pesante legno per farli passare entrambi, e l'aveva trascinata lì.
Ichigo aveva osservato la maestosa biblioteca con la bocca aperta, non stupendosi che ci fosse anche quello, in casa di Minto. Ma poi lui aveva pensato bene di riavvicinare le proprie labbra al suo collo, e la sorpresa aveva lasciato posto ad altre emozioni.
Si erano intrufolati tra gli scaffali, contenti del buio spezzato solo dalla luce della luna che entrava dalle finestre, e contro il ripiano della lettera M, Ryo l'aveva sollevata da terra, scostandole il lungo vestito di seta nera, per fare posto alla sua bocca, alle sue mani, a lui.
Non era stata poi così noiosa, alla fine, quella serata.
*-*-*-*
Aveva scoperto quella piccola biblioteca un paio di mesi prima e se n'era innamorata come una ragazzina. Piccola e luminosa, aveva le pareti foderate di scaffali e libri magnificamente polverosi e saliva angusta su due piani con una bella scala; l'odore di carta e inchiostro si univa con una magica alchimia ai piccoli monitor dei computer al piano terra, ma lei preferiva di gran lunga il secondo piano: accogliente e caldo, rimaneva silenzioso grazie agli scaffali affollati e pochi salivano a leggere allo scalcinato tavolo che si trovava lassù, un luogo perfetto. Era pronta a venire accolta dal solitario silenzio ovattato del suo angolo di paradiso, ma si bloccò sugli ultimi due scalini. Quando aveva raccontato di quel posto a Pai, il ragazzo – come sempre – non si era dimostrato molto entusiasta; si trattava di un metodo d'informazione troppo obsoleto a suo dire, e non era parso toccato dall'aria d'incanto che trasudava dallo sguardo della verde.
Eppure il ragazzo assopito sulla sedia era Pai; le braccia conserte, il volto rilassato e le labbra socchiuse, il respiro regolare, pareva proprio addormentato profondamente.
Retasu si avvicinò quatta quatta. Lo studiò, sfiorandogli con estrema delicatezza la frangia che gli solleticava il naso, e avvertì il cuore dare uno strano sfarfallio.
Sentì il viso andarle in fiamme, ma non si spostò. Anzi, si accorse di essersi avvicinata un po' di più, finché non posò un rapido bacio sulla sua bocca. Retasu si allontanò lentamente trattenendo il respiro e si lasciò sfuggire un sorriso, lo stesso che basita vide riflesso sul viso di Pai mentre lui le sussurrava buongiorno.
Su
su è una mutanda, niente di pericoloso! Sono certa
che i maschietti apprezzeranno.
Esistono maschi nel
fandom? Dove? DOVE?
Peccato che ultimamente a Danya sia
partita la manfrina dell'angst -.-* la perdoniamo
solo perché se no chi ci sopporta a noi due -.-"?
^^" Bona
gente, vi lasciamo all'aggiornamento! Ringraziamo ovviamente tutti coloro che
ci seguono, chi legge e chi commenta (un bacione speciale a Fair_Ophelia e Freya
Crystal ;)) e sappiate che se non rispondiamo ai commenti è perché di
tre non ne esce una sana e con un po' di tempo ^^""... Ma vi
ringraziamo ♥ Buona lettura :*!
“Ryo, ben arrivato! Prego, accomodati!”
Shirogane sorrise quando Sakura, tutta un sorriso, gli aprì la
porta di casa quel pomeriggio di Sole.
“Vuoi qualcosa da mangiare o da bere? Ecco, caro, dammi la
giacca! Ichigo è di sopra che aspetta, non sai quanto sono contenta che tu la
possa aiutare…”
L'attenzione dell'americano si distolse un poco dal fiume di
parole della donna – tale madre, tale figlia – mentre le porgeva la
giacca di pelle ed il casco, e per l'ennesima volta si soffermò con lo sguardo
sulle foto di una ridente e tonda Ichigo da bambina.
Passavano gli anni, e la rossa continuava a chiedergli aiuto con
lo studio – e come poteva lui dir di no a quegli occhioni?
Sakura praticamente lo spinse al piano di sopra, urlando qualche
cosa alla figlia, e Ryo scosse la testa, come sempre divertito dal carattere
della donna.
“Mi raccomando, se avete bisogno di qualcosa, chiamate, Ryo non
farti scrupoli come al solito! Ah, e ovviamente rimani per cena, è sempre bello
avere compagnia giovane!”
Prima che lui potesse ribattere, Sakura aveva bussato due volte
sulla porta bianca di Ichigo, spalancandola e poi voltandosi per ridiscendere
le scale… fortunatamente, mancando la scenetta che di lì a poco si sarebbe
consumata.
Ichigo, infatti, si era gelata in mezzo alla stanza non appena
la porta si era aperta, in mano un vestitino leggero azzurro, addosso…
solamente un completino di pizzo bianco che donava parecchio al suo
corpo da universitaria.
Ryo sentì le guance andare in fiamme, insieme ad una strana
sensazione di déjà-vu. Ah, il karma!
Poi ghignò: “Però, Momomiya, ci mettiamo in ghingheri per le
ripetizioni, eh?”
La ragazza avvampò, afferrando il libro più vicino e
lanciandoglielo contro: “Brutto schifoso maniaco, voltati subito!”
“Non è stata colpa mia!”
Obbedì comunque all'ordine, profondamente soddisfatto. Sapeva
però che era meglio cavarsi quel sorrisino dal volto, perché Ichigo sapeva
ancora tirare fuori le unghie come un gatto.
“Adesso siamo pari, quindi?” le domandò, mentre la sentiva
sbuffare e borbottare rivestendosi. “Perché te lo assicuro, questo ha
compensato tutte le infinite volte che tu sei piombata in camera mia
mentre io ero in mutande.”
“Ringrazia che mio padre non sia in casa, o saresti già morto.
Entra, sciagurato.”
Si era infilata quel delizioso vestitino azzurro e lo stava
squadrando a braccia incrociate, ancora porpora in viso. “Avrei bisogno di
aiuto con un paio di documenti assegnati da un professore, sono tutti in
inglese…”
Ryo annuì, facendo un respiro profondo, prese il suo solito
posto sulla sedia accanto a quella girevole della rossa alla scrivania.
“D'accordo, fammi vedere.”
Era una brutta scelta di parole, forse, perché Ichigo arrossì di
nuovo mentre gli si sedeva più lontana del solito e gli passava i fogli quasi
con la punta delle dita.
Shirogane tentò di concentrarvici sopra, ma quel vestito le
arrivava a malapena a metà coscia, e l'immagine di lei cinque minuti prima era
come bruciata nelle sue cornee, e lei stava mordendo sovrappensiero la punta
della penna mentre guardava i fogli con quell'espressione aggrottata e le gote
rosse…
“OKAY, well, no, I can't.” Ryo si alzò in piedi, passandosi una mano tra i capelli.
“Cosa c'è?”
Ichigo non poteva essere seria con quell'espressione innocente.
“Scusa. Ahem.
È che… oh, andiamo, non puoi pensare che io riesca a concentrarmi quando
so cos'hai lì sotto!”
Ichigo incrociò le braccia al petto. “Non dovevi vederlo.”
“Potevi prepararti un po' prima, sapevi benissimo a che ora
sarei arrivato.”
“Ero in ritardo!”
“Sai che novità.”
“Shirogane, smettila di fare l'uomo e riporta il tuo sedere su
questa sedia!”
“Evitiamo di parlare del mio sedere, grazie.”
“Disse quello che non si fa scrupoli a parlare della mia
biancheria.”
“Non mi sembrava la biancheria più adatta ad un pomeriggio di
studio!”
“Ma potrò scegliere io cosa mettermi o meno?! Magari così la
smetterai anche di guardarmi solo come se fossi una bambina stupida con i
codini!”
“……cosa?”
“……cosa?”
Al piano di sotto, Sakura sospirò contenta mentre pelava le
patate, sorridendo dell'improvviso silenzio sopra la sua testa, e cominciò a
fischiettare.
§§§§§§§§§§§§§
*Note Danya: questa è una os
degenerata nel tempo.*
Gli accarezzava con frenesia il corpo marmoreo, scolpito
e delineato da anni di duro addestramento che lo avevano reso quello che era:
spietato, forte, invincibile.
Le strappò via uno degli scomodi indumenti che
utilizzavano, lasciandola solo con quella bianca lingerie che dalla sua gente
non si usava. Era sexy, erotica. Da paura.
Passò le labbra sul ventre piatto, stringendo i seni
con forza tra le mani sentendola trattenere gemiti con quella bella voce roca.
I capelli violacei sparsi sul cuscino, il volto
contratto nella smorfia dell’eccitazione, le labbra che si univano, le lingue
che si toccavano in quella loro danza frenetica.
Ogni spinta che le dava non era d’amore perché non era
quello che cercavano l’uno nelle braccia dell’altro: era pura fisicità,
passione che li divorava e che poi li lasciava come prima, forse un po’ più
vuoti, più meschini.
I versi gutturali che uscivano dalla bocca di Pai si
univano a quelli di Zakuro ad ogni spinta, ad ogni movimento e la giovane donna
sussultava al suo tocco e lui gemeva al suo.
Eppure non riusciva a guardarla in viso perché Zakuro non era Retasu. Non era la mew focena
dallo sguardo timido ma sincero, con la voce delicata e il corpo più formoso e
delicato.
Quelle labbra che baciava non erano le sue. Non
erano sue quelle mani, quel corpo.
Come sarebbe stato entrare in quel corpo? Di certo
avrebbe tremato sotto il suo tocco, sarebbe stata più timida ma sincera nel
ricambiare.
Se avesse mai ricambiato.
Con Zakuro era tutto più facile. Non c’erano
complicazioni sentimentali: amanti solo a letto.
Da quando erano tornati, Pai ci aveva provato. Aveva
provato ad essere gentile con la ex mew focena, meno astioso ma qualunque cosa
facesse, pareva infastidirla o darle dispiacere. Anche stare sotto lo stesso
tetto, molte ore del giorno… non era facile.
Retasu sembrava non volerlo neanche incrociare,
sgusciava via la mattina e tornava la sera.
Aveva provato a baciarla, in realtà, spinto da una
voglia irresistibile e istintiva, ma la verde aveva voltato la testa di lato,
rossa e contrita per poi andare via sussurrando delle scuse che Pai non aveva
neanche ascoltato.
Un rifiuto? Possibile.
Come
sarebbe stato far l’amore con Retasu?
Nel momento clou si ritrovò a pensare a lei e, ne era
sicuro, le labbra avevano formato il suo nome.
Zakuro, dal canto suo, adorava andare a letto con Pai,
ma non sentiva quel sentimento che poteva essere amore. Pura chimica. Pura
estasi. E si sentiva in colpa pensando all’amica che, lo sapeva, era attratta
dal bel alieno in modo così candido e dolce da farle stringere il cuore.
Retasu si era confrontata con loro. Aveva ammesso che
non solo fosse attratta da Pai, ma che addirittura lui aveva provato a
baciarla. Si era fatta prendere dal panico ed era sgattaiolata via e da quel
giorno, l’alieno non le rivolgeva la parola. Ichigo e le altre le avevano detto
di confrontarsi con lui, di spiegargli i suoi sentimenti. Di farsi avanti lei.
Zakuro era rimasta in silenzio, avvertendo una strana fitta al petto.
Era così… meschina?
-Zakuro-san, tu cosa… mi consigli?
Sapeva perché Pai ne era attratto: gli occhi di Retasu
erano sinceri, grandi e lei era fin troppo onesta e gentile.
Sorrise, suo malgrado e scosse leggermente il capo: -
Hanno detto tutto loro.
“Fingi! Fingi!”
Quando finirono e il corpo era soddisfatto e Pai rotolò
sul letto della mew wolf.Non ricordava bene come c’era finito, in quel
letto, ma sapeva che Zakuro era una bella donna, una focosa amante capace di
soddisfare il suo bisogno fisico e Zakuro si sentiva attratta da Pai e ogni
volta che lo incontrata di nascosto, sentiva il brivido del proibito.
Rimasero nel buio della camera a sentire i loro
respiri fondersi e riprendere il ritmo giusto.
-Dovremmo smetterla. - disse Zakuro, rompendo il
silenzio.
Non ne fu sicura, ma vide Pai annuire nel buio.
-Mi spiace. - disse l’alieno. Perché si sentiva uno
schifo, dentro. Quello che faceva non era giusto nei confronti di Retasu né
tanto meno di Zakuro. Di lui non gli importava niente, ma non …
-Non è giusto.
- disse piano.
-Lo so. Dispiace anche a me.
Rimasero ancora in silenzio, avvertendo uno strana
elettricità passare tra i loro corpi quando si sfiorarono le braccia.
-Hai provato a baciare Retasu. – non era un’accusa, il
tono era tranquillo e Pai si sorprese un po’, sentendosi come un ragazzino
colto in flagrante.
-Sì.
-Non le dirò niente, di questo.
Pai annuì e si rivestì in silenzio: - Non credo abbia
più importanza, ormai.
Zakuro si mise di lato, scrutando la grande schiena
mentre si piegava a raccogliere i pantaloni: - Credo che lascerò stare.
-Perché?
Parlare con Zakuro era abbastanza semplice perché si
assomigliavano. Erano schietti, diretti e non avevano mezze parole. Forse anche
per questo le piaceva: -Perché prima o poi me ne andrò dalla Terra.
-Ti seguirebbe.
-No, non lo farebbe. E io non rimarrei qui.
Per la prima volta, dopo settimane, Zakuro avvertì un
tono amaro nella voce di Pai: - Questa è codardia. –gli fece notare
tranquillamente.
Si voltò appena a scoccarle un’occhiata ostile: -
Chiamala come vuoi.
-Credi che sarà lei a farsi avanti, con te.
Pai aggrottò la fronte, mettendosi i copri avambracci:
-Ah sì? - rispose con tono neutro.
-Sì.
-Mi spiace per lei, allora.
Pai uscì da casa di Zakuro, camminando nella fresca
notte giapponese, lasciando la giovane donna da sola.
Qualche
settimana dopo…
Zakuro era attenta, ai dettagli. Lo era sempre stata,
anche se non poteva definirsi una impicciona.
Non le era sfuggita la faccia cupa di Retasu di quelle
settimane, né il malumore di Pai eppure…
Eppure mentre la verde si era fermata in cucina a prendere
delle ordinazioni, Pai le aveva semplicemente sfiorato la mano e le aveva…
sorriso. Incrociarono un attimo gli sguardi e lei lo distolse quasi subito.
Non era mai stato niente.
Niente.
A fine turno si tolse la cuffietta, massaggiandosi il
capo dolorante. Erano andati tutti via, ad eccezion fatta di lei che aveva
fatto le cose con molta calma.
Si stupì leggermente di vedere Pai appoggiato al muro
vicino allo spogliatoio. Si guardarono un attimo, non dicendo niente e le fece
solo un cenno del capo.
Zakuro avvertì come sempre le pelle d’oca e quella
strana carica che passava fra i due corpi.
-Va tutto bene?
Non si aspettava di certo quella domanda da Pai.
Assunse un cipiglio neutro, scostante e camminò verso l’uscita: - Bene, grazie.
Si fermò giusto un attimo, guardandolo diritto in
faccia però: - Se Retasu piangerà a causa tua, te la vedrai con me.
Lui non la prese come una battuta o uno scherzo. Annuì
semplicemente e la guardò uscire con quel passo sicuro che la distingueva e udì
i suoi passi echeggiare nel locale vuoto quando non la vide più.