Mi sembra di volare...

di Ops25
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Quando la vedo ***
Capitolo 2: *** Due Cappuccini E Due Cornetti ***
Capitolo 3: *** Non fa niente... ***
Capitolo 4: *** Manca solo il coraggio ***
Capitolo 5: *** Domande... ***



Capitolo 1
*** Quando la vedo ***


Lui.... Vederla ogni giorno lì dietro la cattedra giorno dopo giorno, sempre con questi vestiti che le definiscono le meravigliose curve, vederla con quegli occhiali rossi che mettono in risalto i suoi occhi marroni, la sua voce che ad ogni minima lettera mi fa venire i brividi. È così perfetta. Eppure non posso dimostrarle il mio amore. Sono lì sempre affianco a lei e fingo che sia una coincidenza ma sono consapevole che non averla vicino mi fa star male. Quando vedo che parla con un nostro collega mi verrebbe da andare lì e dirgli che lei è la mia donna ma non posso. Ho provato in tutti i modi ad attirare la sua attenzione su di me: ho parlato con altre donne in sua presenza, ho parlato di lei con altri colleghi, ho persino provato a dirle tutto ma poi sono davanti a lei e mi ritrovo a dirle solo cose di poca importanza. Ma ieri durante la ricreazione mi affaccio e la trovo lì con il telefono nella mano sinistra e nella destra la forchetta i cui denti non affondavano più in nulla, si gira verso di me e mi sorride come fa sempre, mi invita ad appropinquarmi e cosí faccio. Inizia a parlare ma resto ipnotizzato dalle sue labbra e dal loro movimento non riuscendo così a concentrarmi sul suo discorso. D'un tratto mi accorgo che la sua bocca non si muove più alzo lo sguardo e mi rendo conto che lei è in attesa di una risposta; non so cosa dire, non avendo fatto attenzione all'argomento cerco di prendere tempo farfugliando qualcosa di insensato indeciso se chiederle di ripetere, rischiando una figuraccia, o buttarmi su una frase qualsiasi, rischiando ugualmente una figuraccia. Opto per la prima. Mi guarda e sorridendo ripete; "Ti andrebbe di accompagnare questa classe ad una mostra? Così io porto l'altra classe.." "Si certo!". L'appuntamento con i ragazzi è alle 10.30; potrei passare da lei prima e inventare qualche scusa per stare un po' da soli senza i diciassettenni oppure andare direttamente dagli alunni. Dovrò pensarci continuo a ripetermi, ma l'unico pensieroè lei.
Persino i ragazzi hanno capito che da parte mia c'è qualcosa ma nego tutte le volte eppure loro continuano, forse sono poco convincente. La campanella delle 3 suona così mi dirigo in sala professori e proprio sull'uscio mi scontro con lei. "Oddio scusa pensavo ad altro" le dico paonazzo,"Tranquillo, anche io ero sovrappensiero" "Davvero?" "Si...". "Stavo pensando... Ti andrebbe di fare colazione insieme prima di andare alla mostra?" non ci posso credere l'ho detto! Le parole mi sono uscite dalla bocca senza averci pensato. Mi scuso subito e le dico che non ho contato fino a 10 prima di dirlo ad alto volume ma non mi fa finire la frase che mi dice "Si perché no?! Fammi sapere a che ora ci vediamo e dove" "E se ti venissi a prendere io?" cavolo di nuovo non ho contato "Allora fammi sapere verso che ora arrivi così non ho ti faccio aspettare sotto al portone!"
Wow non ci posso credere, sono riuscito a dirle qualcosa di intelligente! Ora è meglio che vado a casa. Arrivo sotto al portone ancora incredulo, lo apro ed entro in questo grande atrio gelido mi dirigo verso sinistra, chiamo l'ascensore e aspetto il suo arrivo, nel frattempo ripercorro il nostro dialogo non costituito, per la prima volta, da monosillabi. Finalmente l'ascensore si ferma al piano terra, spingo le due porte verso l'interno e salgo fino al 3° piano, apro la porta e accendo subito l'abat jour sulla destra. Poso la ventiquattro ore vicino all'ingresso, mi sfilo le scarpe e mi stendo sul divano. Mi addormento dopo pochi minuti.

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Capitolo 2
*** Due Cappuccini E Due Cornetti ***


Lei... Eravamo rimasti che sarebbe passato a prendermi verso le 9. La notte la passai quasi totalmente in bianco pensando a questa colazione, sembra strano a dirlo, ma non vedevo l’ora che arrivasse quel momento. Parliamo chiaro lui non è proprio Argentero o Bova ma per me è bellissimo così com’è e poi mi fa ridere come nessuno ha mai fatto. Comunque… Alle 7 già sono sotto la doccia, il tempo di vestirmi, truccarmi e sistemarmi i capelli si erano fatte le 8.58 ma nel momento in cui mi avviavo verso la scarpiera suonò il citofono così corsi a rispondere ed eccolo. “Ei, ti aspetto qui sotto!” “Arrivo!”. Le gambe mi tremavano come se dentro di me ci fosse un terremoto, mi diressi nuovamente verso la scarpiera e presi le Cinti color perla, afferrai la borsa appoggiata sopra il letto anch’essa perla, le chiavi dal piattino sul mobiletto, aprii la porta e la chiusi alle mie spalle. Chiamai l’ascensore che arrivò dopo pochi secondi e il nostro momento si avvicinava sempre di più; arrivata al piano terra scesi dall’ascensore, scesi i due scalini che mi dividevano da lui. Aprii il portone ed eccolo lì. Jeans, camicia bianca e Adidas nere. “Che bella che sei” mi disse appena mi vide, “Grazie” risposi abbassando il viso, “Andiamo?” “ Si certo” “Dove vuoi andare?” mi chiese porgendomi il casco, “Non saprei… Decidi tu!” “Okay”. Salimmo sul suo motorino e ci dirigemmo verso il bar della zona famoso per i cornetti; mi avvinghiai a lui perché il mio appoggio sulle pedanine non era molto stabile. Arrivammo davanti all’entrata e il mio primo pensiero fu ‘Ma quanto costerà un posto del genere?!’ “Siediti” mi propose indicandomi un tavolino che non era ne’ vicino al passaggio ma nemmeno molto appartato, posai la borsa su una delle tre sedie e su quella affianca mi sedetti lentamente mentre lo cercavo con lo sguardo, poco dopo lo vidi arrivare con un vassoio in mano che portava due cappuccini e due cornetti. “Wow grazie” “Solo per te, se vuoi altro basta chiedere!” “Nono è perfetto così” a questa risposta mi sorrise e con uno sguardo in cui esprimeva la sua felicità, non potei fare altro che ricambiare entrambi con la stessa intensità. Ero felice e per la prima volta ne ero consapevole fino alla fine. “Allora … come hai dormito stanotte?” ma che domanda è? Perché non mi chiede come sto? O cosa penso di lui? “Ho dormito tranquillamente, tu?” “Come sempre …” la nostra colazione prosegue in silenzio nell’imbarazzo assoluto guardandoci ogni tanto e sorridendoci. Lui rientra nel locale uscendone poco dopo con il portafogli in mano e cercandomi tra i passanti, alzo la mano per farmi vedere dirigendomi verso di lui facendo lo slalom tra la gente. Siamo a pochi centimetri l’uno dall’altro. Sentivo il suo respiro il suo viso, mi posa una mano a metà schiena dicendomi “Andiamo, si sta facendo tardi …” delusa ci incamminiamo verso il motorino, ci allacciamo il casco e salimmo. Mise in moto e poco dopo eravamo sulla via principale che ci portava verso il Nord della città. Mi ha portato a casa così che avessi potuto prendere il mio motorino e andare separati. Arrivati sotto al palazzo spegne il motorino e mi fa scendere, nel momento in cui feci un passo verso il portone mi afferra per un polso facendomi voltare sussurrandomi “Sono stato molto bene, grazie” “Si anche io …” ritorno sui miei passi, infilo la chiave nella serratura e lo apro. Arrivo fino al 3° piano, prendo le chiavi, rinfresco il trucco e mi do una sistemata ai capelli. Riscendo e trovo lui al lato del motociclo che mi aspettava. “Non dovevi aspettarmi” “Mi ha fatto piacere!” mi dice sempre con il suo bel sorriso, ci prepariamo e saliamo nello stesso momento sui nostri scooter; facciamo tutta la strada insieme e arrivati a destinazione parcheggiamo i nostri mezzi vicini, come se fossero inseparabili. Alcuni ragazzi erano già lì ma la maggior parte arrivò dopo; arrivati tutti ci incaminammo verso l’ingresso, pagato e tutto potemmo entrare in questa grande sala piena di opere. Ci sparpagliammo ma io e lui rimanemmo sempre vicini commentando qualche quadro ma a volte stando in silenzio e ascoltando solo i nostri respiri. Uscimmo da lì verso l’una. Era ora di pranzo. E ora che si fa?

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Capitolo 3
*** Non fa niente... ***


Lui... Usciti da lì avevo paura di chiedere se voleva andare a pranzo in un locale qui vicino così salutammo i ragazzi e ci avviammo verso i motorini, arrivati lì prendemmo i nostri caschi e per paura di salutarci mi uscì spontaneo la frase “Ti va di pranzare insieme?” “E’ un appuntamento?” “Se vuoi lo è!” “Ok andiamo” salimmo entrambi sul mio mezzo lasciando il suo parcheggiato. Al primo semaforo rosso mi girai verso di lei chiedendole cosa preferisse e lei gentilmente mi rispose che era uguale così feci mente locale e svoltai a destra, dopo qualche minuto arrivammo davanti ad una trattoria. Entrammo e uno dei camerieri ci chiese quanti eravamo ma nel momento in cui aprii bocca per rispondere apparve da dietro l’arco un volto familiare. “Non c’è bisogno che mi dici quanti siete, il tavolo per te è sempre pronto!” “Grazie, sei una grande amica” accomodati a tavola vidi il suo volto sospetto. “Che c’è?” “Chi era? Già sapevi che avrei accettato?” “Ehi calmati, lei una delle mie amiche d’infanzia, ci conosciamo da sempre abitavamo nello stesso palazzo; e no, non sapevo che tu saresti venuta a pranzo con me, non pensavo nemmeno di chiedertelo!” oddio ma che ho detto? E ora? “E lei?” “E lei cosa?” “Lei! Che rapporti avete? Lei è ancora presente?” “Lei è un’amica e non puo’ essere altro … Soprattutto in questo periodo” “Perché soprattutto in questo momento?” “Cosa sono tutte queste domande?” “Sono solo curiosa!” “Io ti ho detto qualcosa di me, ora dimmi qualcosa di te!” “Non c’è molto da sapere …” “Come sei misteriosa!” il nostro pranzo prosegue meglio della colazione riusciamo a parlare del più e del meno, di quello che ci piace, dei nostri interessi. E’ bellissima sempre di più, più la vedo più mi piace; quando non sto vicino a lei mi manca una parte e ne sono consapevole. Dopo il primo, il dolce e l’amaro vado a pagare ma arrivato alla cassa la mia amica a bassa voce mi dice “E’ molto carina, non fartela scappare!” “Grazie e cercherò di non farla fuggire” pago e torno al tavolo dove lei si stava rivestendo. Usciamo dal locale salutando la ragazza e avendo lo sguardo della mia accompagnatrice fisso su di me. Saliamo in sella e torniamo al punto di partenza per ritirare il motorino, lei sale sul suo e io la aspetto al suo fianco. L’accompagno per tutto il tragitto e arrivati a destinazione aspetto che lei entri nel palazzo. Appena chiude il portone dietro di sé rimetto in moto e parto una nuova destinazione: casa. Dopo questa lunga ma bellissima giornata, mi stendo sul divano ripercorrendo ogni nostro momento insieme: colazione, i nostri ”viaggi” in motorino, il pranzo e il percorso nel museo. Si erano fatte ormai le 19 era ora di pensare alla cena ma lo stomaco mi si era chiuso così optai per un film e poi nanna. Per tutta la durata del film immaginai io e lei al posto dei due attori americani, immaginai la nostra storia che sarebbe stata molto più semplice rispetto a questa difficile e complessa realtà, immaginai anche il secondo film ma arrivati ai titoli di coda tornai a questo soggiorno vuoto e buio, alla stanza illuminata solo dalla TV ancora accesa, mi resi conto che lei non era qui con me. Andai a letto con tutta la voglia di sognarla e continuare quel film bellissimo. Il mattino dopo mi svegliai sperando di vederla in quell’edificio pieno di ragazzi e colleghi pronti a “spiarci”, ma il giudizio degli altri non importava, la cosa più importante era lei. Dopo essermi infilato nel traffico alle 7.30 del mattino con tutti i lavoratori e famiglie che portavano a scuola i loro figli arrivo al mio posto di lavoro con leggero anticipo e la prima persona che vedo è proprio lei... Oggi indossa un fantastico vestito nero che arriva fino alle ginocchia, scarpe rosso fuoco come la sua borsa e un giacchetto nero che le circonda esattamente in vita. Scende dal motorino come fa ogni mattina e si incammina verso l'ingresso, gli sguardi si incrociano "Buongiorno" ma nessuna risposta... Non mi avrà sentito mi ripeto, in fondo tutte le voci dei ragazzi che parlano fanno molto baccano. Entro nell'edificio poco dopo di lei, entrambi ci dirigiamo in sala professori incontrandovi nuovamente ma non esce nemmeno un fiato né dalla sua bocca né dalla mia. La campanella suona e ognuno va per la sua strada. I giorni passano e ogni giorno diventa sempre piú silenzioso. I ragazzi pensavano che avessimo litigato e iniziavo a pensarlo anche io pur sapendo di non esser mai stati una coppia. Ma un bel giorno mi sveglio con il coraggio nelle vene, voglio capire cosa è successo così aspetto il suono della campanella avvisandoci l'inizio della ricreazione, io avevo avuto un'ora di buco e lei aveva appena terminato la sua lezione. Scende le scale ed entra in sala professori.Siamo soli. Con le porte chiuse e nessuno che ci guarda. Mi avvicino. "Mi spieghi cosa sta succedendo? Ti ho fatto qualcosa?" "No, o almeno non che io sappia. Mi hai fatto qualcosa?" mi chiede dandomi le spalle, "No assolutamente no." "E allora?" "Allora? Da quando abbiamo pranzato insieme non mi parli più, non mi guardi più, non..." "Non?" "Niente, non fa niente"

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Capitolo 4
*** Manca solo il coraggio ***


Lei... Svegliarsi ogni mattina, fare le vicende prima di andare a scuola, salutare il cane, prendere di fretta il motorino e partire. Mi fermo in un bar poco lontano dal posto di lavoro, ordino un caffè macchiato e mi guardo attorno. Lo vedo lì seduto ad un tavolino con un cappuccio in una mano mentre con l'altra gira la pagina del giornale. È assorto nei suoi pensieri. Il ragazzo dietro al bancone mi richiama all'attenzione dicendomi che il caffè era pronto così lo ringrazio. Prendo la tazzina in mano e mi appropinquo al tavolo. A metà strada mi blocco, non riesco più ad andare avanti è come se i miei piedi fossero incollati al pavimento. Ancora non mi ha vista. Mi volto e torno velocemente al bancone, bevo il mio caffè ed esco senza voltarmi. 'Cosa mi ha preso? Perché non sono andata da lui? Cosa mi è passato per la testa?' devo andare avanti. Arrivo scuola e come tutte le mattine appena arrivo tutti i ragazzi mi salutano. Apro la porta d'ingresso dirigendomi verso la sala professori. "Buongiorno" mi dice da dietro la mia più cara amica nonchè collega, continua dicendomi "Tutto okay?" "Si certo, tu? Famiglia?" "Benissimo... Ei ti va i venire a prendere un aperitivo oggi pomeriggio?" "Non saprei..." "Dai su, accetto come risposta No solo se hai un appuntamento con qualcuno!" "Non ho appuntamenti!!" "E allora ci vediamo al bar di sempre alle 19" "Va bene...". Finita la conversazione prendo i registri dall'armadietto. La campanella d'entrata è suonata, aspetto 10 minuti nella speranza di vederlo entrate tra i ragazzi ma niente così esco dalla sala e iniziò a salire le scale per dirigermi alla classe della prima ora. Ad ogni scalino i miei pensieri si alternano tra lui nella veste di insegnante, a lui come amico, come collega ma arrivata all'ultimo piano non faccio altro che fantasticare su di noi, a casa con il cane sdraiato accanto a noi e fuori il sole che sorge tra le parole di un'intera notte. Arrivata avanti alla classe tornai alla realtà. Lui non era con me, non stava con me e mi aspettavano 5 ore di lezione. Ad ogni ora scendo giù per vedere quando arriva usando stupide scuse ma niente. Arrivano le 15 e tutti i ragazzi escono, lo cerco ovunque ma nessuna traccia proprio nel momento in cui le speranze erano arrivate fin sotto le scarpe lo vedo andare a passo svelto verso il motorino. Il mio cuore batte fortissimo, la voglia di saltargli addosso è tanta ma non mi muovo nemmeno di un millimetro. Lo guardo andare via. Immobile, non riesco a muovere nessun muscolo. Meglio tornare a casa. Ormai si erano fatte le 17.30. Una doccia al volo, pantaloni bianchi con una maglietta nera abbinate delle décolleté nere. Alle 18.48 ero fuori casa. Ero in ritardo. Come sempre. Sono al bar alle 19.13; "Finalmente! Sono 13 minuti di ritardo ma mi hai sorpreso ti aspettavo alle 19.30!" "Che bella amica..." "Lo sai che scherzo". Siamo amiche da 7 anni, ci siamo conosciute a lavoro, siamo andate subito d'accordo. Parliamo di tutto, spettegoliamo spesso e ci lamentiamo e sparliamo di colleghi antipatici ma di lui non sa niente. Vorrei sfogarmi con lei ma sono indecisa. Il nostro aperitivo diventa cena come al solito. Ci salutiamo poco prima delle 23, riprendo il motorino e torno a casa ma nemmeno il tempo di aprire la porta e sento un vuoto incolmabile. Più penso a lui più mi sento vuota. Sono stanca ma finalmente sono a casa. Chiamo a me il mio adorato quadrupede e insieme ci mettiamo sul divano, accendo la TV e guardiamo insieme "Mamma Mia". Adoro questo film. Mi addormento con il muso dell'unico essere che non mi ha mai deluso appoggiato sulle mie cosce. È meglio che vada a letto pensai, così spensi il televisore e mi alzai in compagnia e andammo in stanza insieme. La notte non fu così tranquilla come speravo, cercai di riaddormentarmi più di una volta ma fu inutile. Tornai in soggiorno a guardare di nuovo la TV. "Bip Bip". Sono le 4 del mattino chi può mandarmi un messaggio a quest'ora?

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Capitolo 5
*** Domande... ***


Lui.... Si erano fatte le 4.10 e più il tempo passava più i miei battiti acceleravano, tenevo il cellulare nella mano tremante controllando ogni secondo se tra l'agitazione la notifica fosse arrivata. Quando oramai le speranze erano crollate sento il telefono, era la sua risposta "Scendo". Cinque lettere e arrivò il panico, la paura ma anche la felicità e la voglia di passare più tempo possibile con lei. Quando sentii lo scricchiolio del portone entrai in quella fase in cui potrebbe cadere un grattacielo a pochi isolati e tu non ti accorgeresti di nulla. Scese in tuta e delle semplici scarpe da tennis. Capelli sempre in ordine, trucco perfetto e profumava di sapone al cioccolato. "E tu che ci fai qui?" "Ti devo parlare" "Alle 4.15 del mattino?" "È urgente" "Passeggiamo o vuoi rimanere qui sotto al palazzo?" "No andiamo..." iniziamo a incamminarci. Dovevo dirle qualcosa e così iniziai... "Ti ho svegliata?" "No, ero sul divano con il cane. Ma era questa la cosa urgente?" "No. Hai ragione. Quello che ti volevo dire è... Ti andrebbe di venire alla festa della scuola?" "E non me lo potevi chiedere lunedì a scuola?" "Si potevo, ma lo volevo fare prima io delle tue amiche" "Si, comunque vengo. Tutto qui? Questa era la cosa urgente?" 'Diglielo, parlale e butta fuori tutto' "Si, tutto qui!" ci fermiamo davanti al palazzo, ci guardiamo imbarazzati come in attesa di un miracolo. "Devo andare. Ci vediamo lunedì." "A lunedì" le risposi deluso ma era colpa mia se non avevo concluso niente nemmeno questa volta. Apre il portone ed entra. Per 48 ore non l'avrei vista e dentro di me non c'era altro che delusione, senso di vuoto, attesa e la consapevolezza di essere un codardo. Chiamo il mio migliore amico nonché collega e gli chiedo di vederci appena possibile e lui mi risponde che se volevo anche subito sapendo però che la chiacchierata sarebbe stata con un addormentato. Gli dico che ci saremmo visti l'indomani per un pranzo. Si erano le 5 ormai così optai per una camminata in spiaggia. Arrivato sul lungomare parcheggiati al primo posto lungo la strada e iniziai a sentire le emozioni senza opprimerle. Mi sentivo libero, tranquillo, senza pensieri con il vento tra i capelli e la sabbia nelle scarpe, mi sfilai il giacchetto e lo stesi sulla sabbia umida mi ci appoggiati approfittando del calore che emanava il sole e l'arietta che rinfrescava ogni tanto. Mi passò davanti una coppia di ragazzi e il primo pensiero non fu lei ma quello che le ho detto. Mi addormentai con i raggi del sole che riscaldavano quel 27 ottobre. Mi sveglia con il pianto di un bimbo seduto pochi metri più in là. Accesi il telefono, spento appena arrivato in spiaggia, e mi accorsi che c'erano 4 chiamate perse. 2 di mia sorella, una di mia madre e una del mio migliore amico. Richiamati subito mia madre che mi rispose preoccupata "Finalmente mi chiami! Io e tua sorella pensavamo che ti dovessimo venire a cercare negli ospedali. Ma che fine hai fatto? Non spegni mai il telefono" "Ciao mamma anche a me fa piacere sentirti" "Falla finita e Rispondimi" "Volevo solo qualche oretta tranquilla, tutto qui. Ora scusa ma devo andare ti richiamo stasera" "Ciao". Chiamai il mio amico chiedendogli il motivo della chiamata e lui mi rispose che voleva solo sapere dove ci vedevamo, gli diedi le indicazioni per arrivarci e l'ora. Si era fatto mezzogiorno. Tornai al veicolo e mi diressi verso il luogo dell'appuntamento. Arrivò prima lui. Entrammoe ci sedemmo subito. "Allora di cosa mi devi parlare di così urgente?" "Non riesco a esprimere i miei sentimenti. Stanotte sono andato da lei, le intenzioni c'erano ma arrivato al momento perfetto le ho chiesto se veniva alla festa di Halloween" "Stai scherzando? Sei un cojone" "Si lo so" "E ora?" "E ora non so che fare. Quando la vedo il respiro si interrompe, i suoi occhi, le sue labbra, il suo viso... I suoi capelli, il suo corpo... La sua eleganza, la sua dolcezza..." "Ma tu sei andato! Non ci stai più con la testa" "Che devo fare?" "Non saprei" "Io mi sono..." "Non ti azzardare a dirlo in mia presenza" "Facciamo così... Abbiamo ancora 3 giorni per pensare a cosa fare, ma alla festa tu dovrai fare qualcosa..." ------------------------------------------------------------------------------ E' da quasi un anno che non scrivo e ultimamente sto "litigando" e questa storia. Ho ancora un capitolo già scritto ma non so se poi continuerò... Grazie a chi ha letto fino allo scorso capitolo. -A.

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