Il giorno in cui venne creato il verde

di Spheres
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

 

L'aria non smetteva di essere fresca e la luce continuava ad infondere in tutti la beatitudine alla quale solo la vista d'un alba estiva poteva essere eguagliata. Il sorriso, anche quando non necessario, era impresso lungo la strada del ritorno; era una cosa che non gli procurava astio, era felice della felicità altrui e mai e poi mai avrebbe gioito di un triste segno sul volto dei suoi fratelli.

Aveva assistito alla solita udienza dove supponenza ed intelletto avevano preso il sopravvento sull'amore e su quella dolcezza che bagna le mente di chi ricerca il vero significato delle cose. Adorava perdersi nel passato, in quel tempo lontano in cui tutto era una scoperta ed ogni cosa lo incantava e lo avvolgeva come una foresta incontaminata che non aspetta che di essere disegnata sulla carta del sapere. Ma quei tempi erano ormai distanti e l'eterna essenza lo stava logorando in quella cella di sapere circoscritto che poteva solo osservare dall'alto del suo innocuo piedistallo. Gli piaceva la pace, amava la tranquillità e quei sorrisi che lo accompagnavano ogni giorno stuzzicavano solo nella superficie quei suoi piccoli cedimenti, mai intimoriti dalla posizione che ricopriva. Era conosciuto da tutti e se solo l'invidia fosse stata concepita nei loro atlanti essi l'avrebbero rivolta verso di lui, ma lì la luce era un dono e come tale non poteva essere rifiutato. Passava le sue giornate riflettendo su ciò che via via aveva imparato, cercando di mettere in discussione ogni cosa così da essere pronto nel giorno che mai giungerà a prendere il posto che mai avrebbe voluto occupare.

Il sole stava calando, ma non la sua luce e così il cielo stellato iniziò timido a colorare gli astri donando una gioia malinconica, quel sentimento di felicità piangente che aiutava gli innamorati a ritrovarsi, i poeti ad innamorarsi e lui ad isolarsi. Cori di lode angelica si alzavano accompagnando il cambio di cielo, esso pulsava ad ogni strofa come a manifestare il suo fedele amore verso il mondo, una riprova di quanto ogni singola particella fosse inondata di quell'amore che ogni cosa legava ed ogni cosa smuoveva. L'amore è energia. Era solito passare quei momenti sdraiato con lo sguardo rivolto verso l'alto, adorava quei piccoli istanti in cui l'amore si manifesta nella sua forma più eclatante mutando la percezione del mondo. Un sorriso dolce lo accompagnava nel riconoscere ogni stella del firmamento e quando ci riusciva il sorriso si tramutava in una impercettibile risata, amava ciò che gli era stato insegnato e amava ancor di più rendere orgoglioso suo Padre della conoscenza che egli giorno dopo giorno acquisiva. Stava spesso sdraiato ad osservare le cose “alte”, diceva che solo chi conosce la verità poteva permettersi di guardare dall'alto ogni cosa, con umiltà e per stadi la conoscenza va seguita come nella nascita: dapprima strisciando tra la sabbia e via via col tempo ergendosi di centimetro in centimetro per finalmente poi giungere a guardare negli occhi ogni cosa e carpire il suo punto di vista: solo guadando negli occhi una persona si può comprendere come essa comprende il mondo e con quali regole esso è interpretato. Capire il mondo. Chi poteva comprendere il mondo in tutti i suoi meravigliosi meccanismi perfetti, con quella conoscenza pura infusa di luce che ci benediceva ogni giorno e donava pace a tutti i suoi figli, chi poteva mai comprendere tutto il firmamento se non il firmamento stesso con le sue stelle. Godevano della felicità per diritto di nascita e di gioia brindavano lodando con canti ogni giorno in quel delizioso mondo perfetto che gli era stato concesso.

La ricerca della conoscenza era l'unica cosa che lo portava avanti gonfiando le vele della sua esistenza e dando un senso che andava oltre la semplice felicità: aveva trovato il suo modo di sorridere alla vita e dalla vita ricavare quegli istanti che lo guidavano verso altre mete. Ogni giorno avrebbe scoperto ed ogni giorno avrebbe sorriso di quelle scoperte, così fino alla fine del tempo. Si diresse verso casa quando ormai la notte era limpida nel cielo e le lodi del vespro non erano soltanto che un eco lontano tra le costellazioni alte del mondo conosciuto; l'indomani sarebbe dovuto andare lontano verso i confini del regno dei cieli a portare la luce anche ai figli più distanti. Amava portare gioia e conoscenza anche chi non era concesso attingerne direttamente per funzioni imposte, ognuno nel regno aveva un ruolo prestabilito che amava ed adorava svolgere con dedizione ed anche lui come tutti gli altri fratelli amava il suo.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Amava passeggiare nelle sfere più lontane poiché questo gli permetteva di sbirciare frammenti nuovi d'universo. Lì risiedevano fratelli molto diversi da lui, energie più primitive guidate da ordini che spesso non vedevano, ma non per questo meno curiosi di sapere cosa succedesse altrove e lontano dai loro occhi, conoscevano la luce in maniera più periferica e la loro unica fonte erano queste piccole e sporadiche visite. Non essendo mai stati così vicini al sapere non sapevano come questo fosse formato e ne che aspetto potesse assumere e quindi, per semplicità di apprendimento per loro era stato facile accostare a questa idea la figura del suo emissario.

Noi uomini siamo soliti chiamare l'acqua sotto diversi nomi, ognuno in base al veicolo con il quale essa ci viene donata, dimenticando come essa sia sempre lo stesso elemento e fonte di vita. Così come il ruscello asseta il pastore stanco, lui dissetava i fratelli aridi, così spogli della loro vera natura da essere relegati a compiti che nulla avevano a che vedere con la vera essenza dei loro spiriti. Passava la mattinata a parlare e a riversare in loro l'acqua di cui sentivano il bisogno, senza di essa si sarebbero prosciugati privi di ricordi verso i fratelli lontani; così invece la luce li accendeva e gli permetteva di tornare a brillare di riflesso librandoli nei cieli come farfalle nei freschi prati di maggio. Era un compito che gli donava gioia e lo faceva sentire importante, molto più di quegli eterni sermoni ai quali doveva prendere parte e che nulla lasciavano al suo animo se non una polvere di stanchezza. Quel compito invece lo riempiva d'energia donando ai suoi occhi un fuoco di luce che raramente provava durante la sua esistenza, portare quel dono non solo lo faceva sentire importante, ma lo faceva sentire felice. Felice di se stesso. Sapeva che egli non stava che sostituendosi al Padre nelle sue mansioni più dispendiose, ma non capiva il perché gli fosse stato dato un compito così bello e puro.

Tornava verso il suo cielo più leggero di quando era partito, ed i fratelli che lo incrociavano lungo il cammino erano ancora più lieti di porgergli quei sorrisi di amore, non facendosi grosse domande sul perché di quel mutamento sincero nei lineamenti del suo volto. Quando si è felici e carichi di luce viene più semplice ed istintivo guardare il mondo sotto uno sguardo diverso, è come se il mondo mutasse al mutare dei nostri sentimenti, lasciandoci vedere sfumature più in armonia con il nostro stato d'animo.

L'unico modo per capire il mondo è entrare in armonia con esso, qualsiasi sia la sua armonia. Non è possibile capire l'amore finché non lo si prova sulla propria pelle; così come tante altre facce d'un diamante il mondo va scoperto a poco a poco, un tassello alla volta, sotto luci e colori diversi. Chi può meglio capir la notte se non le stelle che la popolano?

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