Crownless

di _Dynamis_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - La profezia della Regina Bianca in una notte senza stelle ***
Capitolo 2: *** Sangue al tramonto e ombre nella pioggia ***



Capitolo 1
*** Prologo - La profezia della Regina Bianca in una notte senza stelle ***


 • Crownless •




 
Non so esattamente dove mi trovo.
Ho continuato a vagare nel mare di nebbia dentro di me per molto tempo.
O, almeno, credo sia passato molto tempo, ma non ne sono sicuro: non percepisco nessun segnale dall'esterno. Niente può entrare nel castello di vetro in cui si è rinchiusa la mia coscienza, ma sento che una porta è stata aperta: qualcosa sta arrivando. E, forse, è questo stesso qualcosa a spingermi a spolverare ricordi accatastati in un angolo della mia mente, chiusi dentro una scatola con un doppio lucchetto perché troppo pericolosi.
Ma va bene così, a quanto pare non è più tempo di tacere.
E' arrivato il momento di narrare la storia così per com'è davvero.
E' arrivato il momento di svelare su cosa si basa realmente il sistema governativo di questa città. E' arrivato il momento di parlarvi dei fantasmi che si aggirano silenziosi nei vicoli di periferia, delle ombre nascoste dietro gli angoli delle strade:
i Crownless.


Nessuna delle sfortunate persone coinvolte in questa vicenda sa esattamente quando tutto questo ebbe inizio, tanto meno io. Forse l'unica a saperlo sul serio è scomparsa, avvolta in un mantello di mistero sotto cui ha nascosto anche la verità. Quindi, potrete capire benissimo se vi dico che posso raccontarvi con sicurezza, senza cadere preda di dubbi o inganni, solo l'inizio della fine.
I fatti si sono susseguiti in una caotica corsa verso il traguardo. Ma non ci sono stati vincitori, solo sopravvissuti. Succede questo a voler far nascere un fiore dal sangue, a sfidare il tempo per salvare qualcosa di insalvabile: tutto si dissolve, restano solo le consapevolezze a schiacciarti con il loro peso.
Ricordo la tipica quiete prima della tempesta, l'aria immobile nonostante soffiasse il vento, il consueto svolgimento della vita nella città, con le serrande dei negozi tirate su sempre alla stessa ora ed il solito via vai di persone troppo indaffarate per accorgersi della sfera di menzogne dentro cui erano rinchiuse. E, mentre tutti continuavano ad occuparsi delle loro importanti faccende, legati a terra da catene fatte d'ignoranza e indifferenza, i bassifondi si agitavano, scalpitando e strepitando come un neonato. Eppure, la loro era un'agitazione “invisibile”: solo un osservatore attento, infatti, avrebbe potuto notare le piccole fiammelle appena nate ma destinate a diventare presto un incendio.
Ma, procediamo con ordine, la storia è lunga e ci sono tante cose da dire.





 
PROLOGO
 
-La profezia della Regina Bianca in una notte senza stelle-




Twilight Town, 3.00 di notte


Linee curve e rette riempivano la pagina bianca, creando figure dalle forme confuse, decifrabili solo dall'occhio esperto di chi aveva dato loro vita. I colori erano macchie che spezzavano il candore della carta, catturando lo sguardo e la mente, ipnotici come il pendolo di un incantatore.
Una ragazza se ne stava seduta composta al grande tavolo rettangolare, immersa nel silenzio che ormai riempiva i corridoi di quella villa da anni. Non erano rare le volte in cui capitava di veder Naminè completamente assorta nel suo mondo di tempere e fogli, e quando questo accadeva, era perché aveva avuto una delle sue visioni.
Già, lei era una persona strana, riusciva a vedere cose, fatti avvenuti nel passato o che sarebbe successi in futuro. E, una volta visti, li riportava fedelmente sul suo album da disegno, arrivando a consumare la mina della matita anche in pochi minuti tanta era la foga di sbrigarsi a completare, con la costante paura di tralasciare o dimenticare qualcosa di importante.
In quell'occasione però, quando le immagini del futuro avevano invaso la sua mente, strappandola dalla stanza immacolata -in cui spesso si rifugiava intere ore- per portarla in una realtà del tutto estranea, non aveva colto a pieno il significato di quei frammenti. Era raro che accadesse, certi momenti la lasciavano sempre piuttosto scombussolata, con la sgradevole sensazione di aver appena assistito a qualcosa di estremamente importante e di non esser riuscita a capirlo in tempo. Per questo, una volta portato a termine il suo operato, tradusse con estrema attenzione le figure stilizzate in parole, nel tentativo di capire qualcosa in più:

 
Quando il sangue scorrerà sotto i troni,
quando la Corona sarà macchiata dal tradimento,
l'Impero crollerà sotto i colpi della spada
e le anime peccatrici saranno sottoposte al giudizio della bilancia*.
Né l'amore né l'onore,
né il coraggio né il saggio:
nulla resisterà.
Se non un fiore sbocciato nel deserto.




Rilesse più e più volte quelle righe, ma la risposta che cercava non le arrivò mai in modo chiaro. Fece mille supposizioni, ricontrollò se per caso avesse sbagliato qualcosa nel disegno o nella traduzione: niente.
Alla fine, le palpebre le si chiusero da sole per la stanchezza -era molto tardi, del resto- e cadde in uno stato di dolce dormiveglia.




Traverse Town, 3.30 di notte


Roxas non riusciva a dormire. Pensieri pesanti, domande insolite ed una strana inquietudine gli impedivano di perdersi completamente nel regno di Morfeo. Possibile che un semplice sogno -qualcosa di così irrazionale- potesse suscitare in lui simili sensazioni? No, non era stato solo quello, lo sapeva … C'era qualcosa nell'aria, un profumo nuovo che sapeva di cambiamento. Anche la luna, con la sua eterea bellezza, incastonata nel nero vestito della notte, sembrava circondata da un'aura di mistero.
“Sto diventando paranoico” pensò, mentre si alzava a sedere tra le coperte, trovando un po' di sollievo nel tocco leggero della brezza estiva sul suo viso. Un momento … Quando aveva aperto la finestra? Con i battiti cardiaci improvvisamente accelerati, si ritrovò a scrutare nella penombra della stanza con ansia crescente, immaginandosi nel frattempo gli scenari peggiori. Poi, quando si girò alla sua destra e vide la figura familiare e rassicurante di suo fratello illuminata dai raggi lunari, si ricordò che era stato proprio quest'ultimo a spalancarla prima di addormentarsi e tutta la tensione si sciolse come neve al sole. “Devo decisamente darmi una calmata” si rimproverò, non riuscendo a trattenere una risatina nervosa. Tanto, il gemello aveva un sonno così pesante da non svegliarsi nemmeno con le bombe.
<< Rox? >>
Come non detto.
<< Che c'è? >>
<< Come mai non dormi? >>
<< Potrei farti la stessa domanda. >>
Silenzio.
<< Non ci riesco. >>
<< Neanche io. >>
Vide Ventus alzarsi dal letto e dirigersi verso la finestra, con i capelli sparati da tutte le parti. Assomigliavano quasi a quelli di Sora, in quel modo.
<< C'è qualcosa che non va >> disse, rivolgendo lo sguardo al cielo nero di quella notte, dove non brillava nemmeno una stella.
Roxas non poté far altro che essere d'accordo.




Ma quella, non fu una nottata agitata solo per i due giovani Sullivan. Dall'altra parte di Traverse Town, in una zona in cui solo i dannati e i disperati stanziavano, due ragazzi, diversi quanto lo possono essere il ghiaccio e il fuoco eppure così legati, se ne stavano sopra il tetto di uno di quei tanti palazzi rovinati dal tempo, a guardare estendersi sotto i loro piedi quella città falsa, marcia fino all'osso ma rivestita d'oro a tal punto da riuscire a luccicare comunque agli occhi del mondo.
<< Odio i giri di ricognizione, non succede mai niente di interessante >> borbottò Demyx, portandosi la lattina di Duff Beer alle labbra e bevendone un sorso. << Ci sono sempre i soliti idioti che se le danno o quelli come Xaldin e Xigbard che sono troppo ubriachi anche solo per pisciare dritto. >>
<< Se ti sentissero ti gonfierebbero, lo sai vero? >> rispose l'altro, abbozzando un sorriso e accendendosi una sigaretta.
<< Non starai fumando un po' troppo? Sarà la milionesima oggi. >>
<< Ti preoccupi per me, mammina? >>
<< Ti piacerebbe. >>
Si guardarono in cagnesco per un attimo, poi scoppiarono in una fragorosa risata che fu però interrotta dallo squillo acuto di un cellulare. Axel lo tirò fuori dalla tasca, rispondendo senza neanche controllare chi stesse chiamando.
<< Pronto? >>
<< C'è stato un problema nel Distretto Tre, andate subito >> ordinò la voce dall'altra parte, non perdendosi in inutili giri di parole o saluti superflui.
<< Ciao anche a te, Saix. >>
Uno sbuffo. << Bravo, mi hai riconosciuto: hai vinto un calcio in culo. >>
<< Non avrei potuto chiedere di meglio >> rispose sarcasticamente. << Comunque, ho capito: ci dirigiamo subito lì, principessa >> scherzò il rosso, riattaccando subito dopo senza dare all'altro il tempo di replicare alcunché.
<< Era faccia da X ? >> Demyx impresse tutta l'ironia di cui era capace mentre pronunciava quel soprannome, oltretutto partorito dalla sua stessa mente malefica in uno dei tanti momenti di noia.
Axel si limitò ad annuire. << Andiamo >> .


Fortunatamente, la zona indicatagli da Saix non era troppo distante da quella in cui si trovavano, dunque impiegarono meno di mezz'ora in moto per arrivare. La loro destinazione era un posto sul confine tra il Terzo Distretto ed il Quarto**, più precisamente un vicoletto sporco che puzzava di cane bagnato. Il cadavere di un uomo sulla quarantina era riverso in un angolo nascosto nell'ombra. Demyx gli si avvicinò lentamente, mettendosi un fazzoletto davanti al naso e alla bocca nel tentativo di non sentire quella fragranza deliziosa, poi lo girò sulla schiena per guardarlo in faccia.
<< Diamine, è davvero uno dei nostri >> constatò a mezza bocca Axel, mentre una serie di colorite quanto fantasiose imprecazioni affollavano la sua mente. << Chiamo Vexen, così se ne occupa lui >> aggiunse, scrivendo velocemente un messaggio sulla tastiera del suo smartphone.
<< L'hanno ucciso, Ax >> mormorò il biondo, continuando a tenere gli occhi puntati sull'uomo. << Ha l'osso del collo spezzato. Siamo fortunati: potrebbe avere addosso le impronte digitali dell'assassino. >>
<< Probabile, ma non così sicuro >> borbottò in risposta l'amico, dopodiché, non facendocela più a sopportare quel puzzo nauseabondo, si avviò verso l'uscita del vicolo.
<< Se ci fosse Marluxia ora, penso darebbe di matto per questo spettacolo >> scherzò Demyx, che nel frattempo l' aveva raggiunto. Un ghigno divertito si dipinse sul volto di Axel.


Rimasero ad aspettare l'arrivo del Freddo Accademico -questo era il suo nome in codice- per quasi un'ora, poi, finalmente, videro la sua figura allampanata avanzare nella loro direzione con passo deciso, ma talmente silenzioso da essere inquietante.
<< Allora, cosa abbiamo qui? >> La sua voce era gracchiante e gelida come il marmo. Risuonava fastidiosa in una maniera quasi insopportabile alle orecchie degli altri due. << Pagliaccio, hai intenzione di darmi qualche spiegazione? Non ho mica tutta la vita io, sai? >>
Non lo sopportava, Axel davvero non riusciva a farselo andare a genio. Quindi, per evitare di sorbirsi altre noiose lamentele, fece un riassunto estremamente breve dei fatti, rispondendo a monosillabi alla valanga di domande che gli venne riversata addosso.
<< Penso sia il caso di andare: siamo di pattuglia >> si intromise Demyx ad un certo punto, stufo anche lui di tutte quelle chiacchiere. Non capiva perché Vexen stesse chiedendo a loro cose che avrebbe scoperto comunque in seguito, analizzando il cadavere. Cos'è, si divertiva a fargli perdere tempo?
Una volta ottenuta la grazia da quel vecchiaccio di potersene andare, si incamminarono in silenzio uno accanto all'altro verso il parcheggio in cui avevano lasciato la moto. All'improvviso, però, un rumore impercettibile di passi giunse alle orecchie del rosso, che si voltò allarmato. Scrutò la strada alle sue spalle per qualche secondo, ma non vedendo altro se non le tenebre interrotte qua e là dalla fioca luce dei lampioni, si convinse di essersi immaginato tutto e riprese a muoversi.
Intanto, una figura correva nel buio dalla parte opposta, scappando veloce come il vento verso una salvezza illusoria.


Traverse Town, Primo Distretto


Sigaretta in bocca. Il fumo che saliva lentamente ed inondava tutta la stanza, coprendo l'essenza di rose tanto amata da suo zio. No, in realtà l'odore preferito di suo zio era un altro: quello del potere, dei soldi, del sangue.
Si alzò lentamente dalla poltrona in pelle nera su cui si era lasciato cadere, stanco, appena entrato.
Coprì con due falcate la distanza tra lui e la grande scrivania rettangolare, su cui facevano bella mostra un computer di ultimo modello e dei documenti ordinatamente impilati. Dietro di essa sedeva voltato di spalle un uomo, i cui lineamenti erano impossibili da riconoscere con chiarezza a causa della penombra - i fiochi raggi lunari erano l'unica fonte di luce. Sarebbero durati poco anche quelli, comunque, presto i nuvoloni che già oscuravano le stelle avrebbero coperto anche la luna, ed in quella stanza sarebbero calate le tenebre.
Tossicchiò un paio di volte, nel tentativo di attirare l'attenzione dell'altro e sapere, finalmente, qual'era il motivo di quella convocazione.
<< Xemnas. >>
L'uomo continuò a stare girato verso la grande vetrata che occupava tutta una parete, da cui si poteva ammirare il Primo Distretto pieno di luci e rumori, di macchine lussuose nelle strade e uomini d'affari nei locali a godersi i piaceri della loro ricca e sfrenata vita. << Ti ho fatto venire per sapere come vanno gli affari. >>
“ Un classico” pensò il ragazzo, sapendo bene che suo zio iniziava sempre così i loro colloqui, per poi arrivare al nocciolo della questione.
<< Come sempre. I furti alle Destiny Island, a Twilight Town e qui sono riusciti perfettamente, e a breve manderemo Axel a risolvere quella questione in sospeso con … >>
<< Magnifico >> lo interruppe l'altro. << Riguardo Eraquus ed il suo branco di impiccioni, invece? >>
Ah, ecco dove voleva arrivare. << Per adesso la situazione è tranquilla, come al solito >> si prese una pausa e tirò una bocca di fumo. << Non hanno nessuna prova concreta, le nostre spie in commissariato sono sempre molto accurate .>>
L'uomo si girò a guardarlo -gli occhi piccoli e cattivi non gli si staccarono un attimo di dosso- e si alzò. << Mansex >> esordì, una nota terribilmente sbagliata nella voce. << A me non interessa che non ci siano prove concrete, io voglio che non ci siano affatto prove, sono stato chiaro? >>
Non urlò, non lo faceva mai, ma Xemnas avrebbe preferito mille volte una sfuriata al posto di quel tono inespressivo, così immobile, come se fosse l'ordine di una divinità superiore. Pericoloso, non c'era altra parola per descriverlo.
Nonostante tutto, mantenne un certo contegno, la testa alta e la schiena ben ritta.
<< E' impossibile non lasciar nulla in giro con tutto quello che facciamo, dovremmo essere dei fantasmi. >>
<< Voi siete fantasmi. Siete ombre, non esistete. Quante volte devo ripetertelo? >> Ci fu una breve pausa. << Adesso vai, e non deludermi. >>
<< Agli ordini, Master >> disse, avviandosi verso la porta.
<< Ah, un'ultima cosa. >> La voce di suo zio lo bloccò un attimo prima che mettesse piede fuori dall'ufficio. << Abbiamo un nuovo cliente, vuole mettersi in affari con noi e paga bene. Gli ho promesso una certa quantità di acidi e stupefacenti: vedi di portarmeli entro due giorni. >>
<< Per curiosità, come si chiama questo nuovo socio? >>
L'uomo gli voltò un'altra volta le spalle. La luce argentea della Luna era sparita, ora solo le nuvole grigie governavano il cielo. L'antico orologio a muro segnava le tre e mezza di notte. Presto l'alba avrebbe rischiarato la città, risvegliando le anime addormentate e segnando l'inizio di un nuovo giorno. Ma, per il momento, lì c'era solo buio.
<< Terra >> proferì suo zio, dopo quelle che gli parvero ore. << Terra. >>
Uscì richiudendosi la porta alle spalle.






























Spiegazioni:



* la spada e la bilancia simboleggiano la giustizia.


** il Distretto Quattro compare in Dream Drop Distance.






Angolo della cioccolata (?)


Salve a tutti!
Per cominciare, direi di presentarmi. Sono un'autrice sadica, a cui piace sottoporre i personaggi delle sue storie a qualsiasi tortura. Tenetelo presente se continuerete a seguire questa fic!
Per rassicurarvi, però, vi dico anche che so controllare i miei perfidi istinti, quindi potete stare tranquilli -almeno per ora.
Bene, passando a cose più importanti...
Come avrete capito, questo è il prologo. Sono solo cinque misere pagine, ma non mi sono mai piaciuti troppo quei prologhi lunghi come i rotoloni Regina (poi c'è sempre l'eccezione alla regola, ma questi sono dettagli).
Dunque, adesso vi sembrerà tutto molto strano e confuso, ma non preoccupatevi che non ci capirete una mazza fino alla fine! andando avanti darò ovviamente le dovute spiegazioni.
I primi capitoli della storia serviranno principalmente per introdurre i vari personaggi e altre cosucce. So che la parte introduttiva potrebbe essere un po' noiosa per alcuni di voi, ma cercherò di renderla il più movimentata possibile!
In ogni capitolo, come in questo, ci saranno dei pezzi scritti in corsivo, prima del titolo o delle note finali, che introdurranno/commenteranno gli avvenimenti scritti. Saranno in prima persona, perché ... Lo scoprirete leggendo! Mica posso dirvi tutto, miei cari ù.ù .
Spero che il prologo sia stato di vostro gradimento, lasciate un commentino ;) .
A presto,
Dynamis.

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Capitolo 2
*** Sangue al tramonto e ombre nella pioggia ***


crownless


Crownless

 


Capitolo primo            

- Sangue al tramonto e ombre nella pioggia -         

 

 

Più o meno cinquant'anni fa, la Regione fu teatro di un evento che avrebbe segnato per sempre la sua storia: i sovrani reggenti morirono in un tragico incidente e, nonostante i tentativi del Consiglio di preservarla, la monarchia, infine, cadde.

Coloro che fino a quel momento erano stati tenuti sotto controllo dall'autorità regia iniziarono a contendersi il potere: una profonda crisi dilagò, portando ovunque povertà e morte. Dopo pochi mesi, però, un gruppo di giovani rivoluzionari riuscì a prevalere, mettendo fine ai disordini sociali che si erano creati e ristabilendo un'apparente pace. Venne instaurato un governo oligarchico, ma ancora oggi resta un mistero come abbiano fatto di preciso queste persone ad assumere il controllo: molta gente, di cui poi non si seppe più nulla, sparì, molte azioni vennero cancellate.

La crisi che c'era prima fu resa solamente invisibile, nascosta sotto luccicanti promesse e ammalianti parole. Alcune zone della Regione restano attualmente divorate dalla miseria, la criminalità dilaga indisturbata, arrivando anche in posti in cui non dovrebbe arrivare. In particolare, nell'ultimo decennio, un gruppo di criminali si è imposto sugli altri. Alcuni sostengono siano solo una leggenda metropolitana, nessuno ne conosce l'identità o la posizione. Sono  anime corrotte che vagano silenziose in un mondo ancor più corrotto di loro, eppure non c’è bambino che non ne conosca il nome: Crownless.

 

Twilight Town

 

Il sole stava calando - come può qualcosa che muore avere una bellezza tanto profonda?

La luce rossastra abbracciava ogni cosa, i colori che in quel momento dipingevano il cielo variavano dal rosso intenso al rosato, creando un'armonica cacofonia di tonalità. Nessuna definizione sul dizionario avrebbe mai potuto definire le forti sensazioni che scuotevano l'anima in certi attimi, nessuna spiegazione scientifica avrebbe mai potuto spiegare l'emozione che commuoveva il cuore quando gli occhi venivano riempiti dalla luce che calava oltre l'orizzonte, nessuna legge avrebbe mai potuto stabilire quando o con quanta intensità un tramonto ti avrebbe colpito con la sua suggestione.
Quando era più giovane, Axel andava a guardare il crepuscolo quasi ogni giorno: era il suo momento. Un momento in cui spariva il caos della città – quella città che non lo comprendeva, quella città così distante –, un momento in cui si immergeva nella sua interiorità, nei suoi luccicanti sogni, nelle sue grandiose idee riguardo al futuro – non avrebbe permesso al suo nome di finire nel baratro della dimenticanza. E mentre contemplava il calare del sole, si riprometteva ogni volta che avrebbe trovato le risposte a tutte le domande irrisolte che teneva prigioniere in un angolino della sua mente.
A distanza di anni, però, una delle poche cose che era riuscito a scoprire era stata la vera ragione per cui il cielo diventava rosso al tramonto: non c’entrava assolutamente nulla con la storia che quello era il colore che arrivava più lontano di tutti. Scontrarsi con la realtà dello scellerato mondo in cui era nato gli aveva fatto aprire gli occhi su una verità meno accademica ma molto più amara: il sangue che bagnava quelle terre era talmente tanto da arrivare a macchiare anche il candore delle nuvole.
“Questo è già l’Inferno” pensò, distogliendo lo sguardo dal cielo e tornando a concentrarsi sul biglietto stropicciato che stringeva tra le dita. Lesse il nome scrittovi sopra con una calligrafia dai tratti spigolosi, per poi controllare la via riportata sul cartello: si trovava nel posto giusto . Appallottolò il foglietto di carta e lo buttò a terra, imboccando un viale spazioso e alberato.
“Una vera rottura.” Si guardò intorno mentre procedeva con passo sicura verso la sua meta: le villette a schiera tutte uguali, gli alberi perfettamente potati. Era così incredibilmente noioso. 
La sua “passeggiata di piacere” – così l’aveva definita Saix -  terminò davanti ad un cancelletto in ferro battuto dietro cui si ergeva una villetta di due piani, bianca, con un verde giardino all'inglese e una breve stradina di ciottoli che portava fino alla porta d’ingresso.
Scavalcare la recinsione non fu un grosso problema, ne aveva affrontate di peggiori, l’intoppo arrivò quando, dopo la terza volta che suonava il campanello, nessuno gli rispose. Era certo ci fosse qualcuno in casa, altrimenti Xemnas non lo avrebbe mai mandato lì a quell'ora, ma non capiva il motivo per cui non gli aprissero. Che sapessero del suo arrivo? No, impossibile, i loro movimenti erano praticamente imprevedibili, senza contare il fatto che quel particolare incarico era stato deciso solo poche ore prima. Decise di attendere qualche altro secondo prima di passare alle maniere forti, mentre l’irritazione cresceva ogni attimo di più: aveva rinunciato a schiacciare il suo riposino pomeridiano per andare lì, e non accettava di tornare indietro a mani vuote.
Proprio mentre stava per tirare fuori l’attrezzatura necessaria a scassinare la serratura, la porta si aprì, rivelando un uomo basso e tarchiato. E così, era quello il suo obbiettivo? Gli venne quasi da ridere: avrebbe potuto stenderlo con un dito. Senza troppe cerimonie lo spostò con una spallata ed entrò, ritrovandosi in un grande salone in stile vittoriano, arredato con pezzi d’antiquariato dall'aria costosa. Fece un leggero fischio d’approvazione davanti a tutto quel lusso, facendo un rapido calcolo di quanto avrebbe potuto guadagnare vendendo solo un quarto degli oggetti lì presenti. Non ascoltò minimamente nessuna delle gracchianti proteste che il padrone di casa gli stava rivolgendo: un sottofondo davvero sgradevole mentre fantasticava su possibili soldi da intascare. Tirò fuori la pistola dai jeans logori e, come per magia, le labbra dell’uomo si sigillarono - dovette trattenersi dall'increspare le labbra in un sorriso soddisfatto.
<< Xemnas mi ha mandato a ricordarle che lei ci deve ancora molto, onorevole Smith. >>
Ogni volta era uguale a quella precedente: gente che si metteva in debito con Xemnas, faceva storie infinite per ripagarlo e toccava a lui, alla fine, andare a sistemare le cose.
<< Una settimana, datemi solo una settimana … >> balbettò l’uomo, asciugandosi il sudore sulla fronte con un fazzoletto ricamato. Axel sospirò, chiedendosi perché individui già carichi di denaro stringessero accordi oltremodo assurdi con Mansex per ottenere ancora di più:  lui non si sarebbe messo in affari con il Superiore nemmeno se fosse stato l’unico sulla faccia della Terra a poterlo aiutare.
<< Avanti, dimmi dov'è la cassaforte >> ordinò con tono annoiato, mettendo in canna il primo colpo. Il padrone di casa dovette capire che la sua pellaccia molliccia e pelosa era davvero in pericolo, poiché si affrettò ad attraversare il salone per raggiungere un’imitazione  - anche abbastanza scadente - della Notte Stellata di Van Gogh. Tolse il quadro dal muro con mani tremanti, rivelando un quadratino grigio metallizzato incastratovi dentro. Sempre sentendo la minacciosa presenza della pistola puntata alle spalle, digitò il codice – dovette farlo due volte prima di indovinarlo, troppo preso dall'agitazione per riuscire a digitare un paio di tasti senza sbagliare. Nella stanza risuonò il soave “clic” della cassaforte che si apriva.
L’uomo si girò a guardarlo, un’espressione quasi sollevata nei piccoli occhi neri.
<< Ecco, qui ci sono tutti i  … >>
E Axel sparò.
Il suono del colpo si propagò nel salone, riempendogli le orecchie e la testa, trasformandosi in un urlo assordante: “assassino, assassino!”. Un pezzo della sua anima si spezzava insieme alla vita di chi aveva ricevuto la pallottola, mentre il sapore amaro  dell’omicidio gli rovinava la bocca. Sostituirsi alla Nera Signora era il suo lavoro e la sua condanna: era costretto a farlo fino a quando non si sarebbe infranto anche lui come uno specchio caduto in terra.

 

Traverse Town

 

La porta venne chiusa con forza, lasciando fuori la confusione che regnava quel giorno nella stazione di polizia. Nella piccola stanza calò un silenzio carico di domande e labili speranze.
Yen Sid si appoggiò alla scrivania traballante situata al centro, schiarendosi la voce e continuando a toccarsi la barba incolta: un gesto abitudinario che lo aiutava a pensare meglio. Eraqus Lee restò fermo a qualche passo di distanza, in attesa di ricevere il permesso di accomodarsi su una delle sedie nere presenti nell'ufficio. Accanto a lui, Cloud Strife se ne stava appoggiato al muro con le braccia incrociate al petto: sapevano tutti che sarebbe rimasto lì per l’intera durata del colloquio.
<< Abbiamo delle novità, anche se non sono quelle che ci aspettavamo… >> esordì il più anziano tra loro. << I nostri soggetti sono riapparsi dopo settimane di inattività, ma hanno colpito zone completamente diverse dalle solite.  >> Si avvicinò a una mappa piena di pallini di differenti colori: quelli rossi rappresentavano le rapine già avvenute, quelli verdi i punti in cui erano stati trovati dei collegamenti con esse e quelli gialli segnavano le aree a rischio. Yen Sid picchiettò il dito su un punto in particolare, dove un bel segno rosso circondava il nome di una località.
<< Radiant Garden? Leon e i suoi non avevano aumentato la vigilanza? >> chiese il biondo, osservando i luoghi segnati con sguardo criptico.
<< Sì, ma temevo non sarebbe bastato: abbiamo a che fare con un gruppo di professionisti, non con dei ragazzini alle prime armi. Sono organizzati ed estremamente bravi a non lasciare nessuna traccia. >>
<< Tranne quel simbolo* >> intervenne Eraqus, indicando con un cenno del capo uno dei fogli attaccati al lato della mappa. Era uno schizzo di una specie di cuore incompleto e capovolto, simile quasi ad una chitarra dalla forma bizzarra. << Questo emblema compare in ogni città colpita: è la loro firma. >>
<< O un modo per segnare il territorio. In natura gli animali marcano determinate zone per indicare che gli appartengono, così facendo tengono lontani visitatori indesiderati o possibili rivali >> ragionò Cloud. << Comunque, perché sono riapparsi proprio adesso? >>
<< Ne sappiamo troppo poco, ancora. Le loro azioni sembrano del tutto scollegate, non c’è niente che possa farci intuire quale sia il loro vero scopo. Quest’improvviso periodo di inattività potrebbe significare che si stanno riorganizzando, o che ci sono stati degli imprevisti che li hanno costretti ad abbandonare temporaneamente i loro piani. >>
<< E i nostri informatori cosa dicono? >> s’informò Eraqus., lisciandosi il pizzetto con due dita.
<< Grazie a loro abbiamo ottenuto un elenco di nomi che sono in qualche modo legati a questa banda >> rispose  Yen Sid, poi si rivolse al ragazzo appoggiato al muro. << Strife, voglio che tu scopra di più sul tipo di legame che lega le persone di questa lista e l’Organizzazione. >>  Il biondo annuì, poi uscì dalla stanza senza aspettare di essere congedato. Il più anziano, a quel punto, si rivolse al compagno rimasto. << Lee, tu continua con il progetto X. >> Eraqus annuì e si alzò, salutando l’altro con un rispettoso gesto del capo.
Quando fu sul punto di aprire la porta, la voce di Yen Sid lo bloccò per un’ultima volta. << Non c’è bisogno che ti dica di prestare attenzione, vero? >>
<< Stai tranquillo, so bene il rischio che corriamo. Ma sono anni che diamo loro la caccia, questa missione ci serve: non possiamo continuare ad aggrapparci a notizie superficiali.  >>.
Una volta rimasto solo, Yen Sid tirò fuori dalla giacca scura un contenitore bianco di piccole dimensioni. Lo scosse un po’ fino a quando due capsule azzurre non atterrarono sul palmo aperto della mano. Le mise in bocca con un rapido gesto, contraendo il viso in un’espressione disgustata quando le ingoiò: erano insopportabilmente amare, proprio come la situazione ingarbugliata in cui si trovavano. C’era qualcosa che non gli quadrava, e la sensazione di stare per scoprire un’informazione molto importante senza però riuscire mai a raggiungerla davvero non lo aiutava di certo a placare le sue angosce: ogni volta che credeva di averla afferrata, questa gli sfuggiva dalle mani come un pugno di sabbia tra le dita. E doveva ricominciare da capo. 
Era sempre la stessa, ridicola storia che si ripeteva da dieci anni.

 

 

La biblioteca dell’Università era visitata da molti studenti ogni giorno. I grandi tavoli venivano sommersi da libri, matite, quaderni e computer, c’erano file di teste chinate a studiare, dita che digitavano freneticamente su vecchie tastiere, evidenziatori consumati troppo presto, mani che sfogliavano, labbra che sussurravano. Il tutto, ovviamente, accadeva sotto lo sguardo vigile della bibliotecaria: la signora Taylor, infatti, era nota per essere una fedele guardiana del Silenzio. Lanciava sguardi agghiaccianti da sopra le spesse lenti dei suoi occhiali ed aveva l’innata capacità di scovare chiunque non rispettasse le regole del suo sacro tempio. Spuntava all'improvviso davanti ai malcapitati, colpendoli con il letale ventaglio che si portava sempre dietro – più per usarlo come arma che per rinfrescarsi.
L’unica fila che sfuggiva un minimo al suo ferreo controllo era quella vicino alle finestre: situata infondo a tutto, dietro a decine e decine di alti scaffali, era il posto perfetto per dire o fare cose che non dovevano arrivare ad occhi e orecchie indiscreti. Soprattutto, però, era anche l’unico punto abbastanza isolato in cui la voce squillante di Sora non attirava l’ira della vecchia custode, rischiando ogni volta di farli sbattere fuori a calci nel sedere.
<< … E quindi mi sono addormentato, ma non è stata colpa mia, davvero! >> Sora si agitò ancor di più, gesticolando animatamente mentre spiegava la sua disavventura avvenuta durante la lezione di quella mattina. Roxas si chiese, per la milionesima volta, come potesse un essere umano fare così tanto casino restando seduto su una sedia malandata.
<< E di chi è stata, del professore troppo noioso ? >> domandò con un pizzico di sarcasmo Ventus, distogliendo l’attenzione dal libro che stava leggendo: un tomo di circa cinquecento pagine sulla storia della psicologia dagli albori fino ai tempi odierni.
Roxas smise di ascoltare il loro battibecco, tornando a concentrarsi sul cielo plumbeo di quel Lunedì. Secondo le accuratissime previsioni meteo ci sarebbe dovuto essere un tempo magnifico, con tanto di sole splendente e uccellini cinguettanti, ma le uniche cose che vedeva lui, invece, erano delle nubi minacciose e un acquazzone in arrivo. Gli scappò quasi da ridere quando si rese conto che quella situazione era un po’ la metafora della sua vita: “Andrà tutto a meraviglia, vedrai” gli ripetevano. E poi la vita – l’ironica, sadica vita -  decideva di alzarsi una mattina e mandare tutto a puttane. Che fosse il Karma, il Destino o semplice sfortuna, a Roxas non importava minimamente: incolpava tutto e tutti. Ma, soprattutto, incolpava se stesso per quella dannata irrequietezza che gli agitava l’anima, portandolo a cercare di più, a volere di più, anche quando conduceva una serena e pacifica esistenza. Si sarebbe potuto accontentare delle giornate spensierate passate in compagnia delle persone a cui teneva, si sarebbe potuto far bastare la sua tranquilla routine come facevano gli altri: ma a quel punto la propria, irrefrenabile voglia di sapere – sapere perché si sentiva come se gli mancasse qualcosa, sapere perché le ombre nella sua testa non lo lasciavano mai – avrebbe finito per soffocarlo. Si affannava alla costante ricerca di qualcosa – della verità, forse - , e nel mentre non si accorgeva nemmeno di calpestare i sentimenti altrui.
<< Terra chiama Roxas, ci sei? >> Una mano comparve nel suo campo visivo. Si voltò, ritrovandosi Sora a pochi centimetri dal volto. Si era allungato sul tavolo per avvicinarglisi, con le ginocchia sulla sedia e il busto spalmato sulla superficie legnosa. Gli mise un palmo aperto sulla faccia, nel tentativo di spingerlo via.
<< Ritornati a sedere in modo umano, scemo >> lo rimproverò, anche se le labbra accennarono un sorriso: quel benedetto ragazzo non cambiava mai – il suo luminoso modo d’essere era una delle poche certezze che aveva visto resistere ai colpi del tempo.
<< Ci stavamo accordando per fare una maratona di Lord of the Rings questo Venerdì. Va bene? >> si intromise suo fratello.

Ah, già.
Si era del tutto dimenticato il loro abitudinario incontro nel fine settimana. Infatti, ogni Venerdì pomeriggio erano soliti riunirsi per fare cose totalmente da nerd: maratone di film, giochi di ruolo, partite infinite alla play station.
Quel loro particolare rito aveva avuto inizio in una giornata di Dicembre in cui il freddo non invogliava per niente a uscire e la prospettiva di restare chiusi in casa non era tra le più entusiasmanti. Dopo interminabili minuti passati ad escogitare un modo per salvare la serata, Ventus – il suo geniale fratellino - aveva avuto l’illuminazione divina che avrebbe cambiato per sempre le loro vite – va bene, adesso stava esagerando, però era stata davvero una grande idea. La cosa era iniziata solo come un “vediamoci un film in streaming per far passare il tempo”, trasformandosi progressivamente nel “Grande Momento”: da un film erano passati a intere saghe, dalle saghe erano andati a finire ai giochi di ruolo, poi ai videogiochi e infine a qualsiasi altra cosa andasse loro di fare – una volta Sora aveva proposto di inscenare una battaglia tra jedi e sith**: se ne erano date di santa ragione!
 Annuì. << Facciamo a casa tua, Sora? >>
<< Sì, non ci sono problemi. >>
Roxas lanciò un’ultima, veloce occhiata fuori dalla finestra: le prime gocce di pioggia erano iniziate a cadere, disegnando linee sottili sul vetro.
Nel cortile già si stava iniziando a creare un certo fermento, tra persone che si alzavano incamminandosi velocemente verso aree più riparate e altre che alzavano le mani al cielo, nel tentativo di capire se si trattasse solo di una pioggerella passeggera e innocua o di un nubifragio da cui scappare il prima possibile.
Si concentrò, immaginandosi le cortecce degli alberi inscurirsi per l’acqua, il terreno che pian piano si ammorbidiva fino a diventare fango – l’odioso fango che sporcava le scarpe nuove e ti faceva fare degli scivoloni assurdi se non stavi abbastanza attento. Gli parve di sentire il suono scrosciante del temporale, il rumore degli ombrelli che si aprivano, il tintinnio delle gocce nelle pozzanghere. Un nome gli balenò in mente come un fulmine a ciel sereno:

Petricore.

Era quella la parola con cui si definiva il tipico odore di quando piove: un aroma pungente e umido, che sa di terra e di pomeriggi passati con il naso affondato nei libri.
La pioggia era una benedizione. Lavava l’aria da tutte le impurità di quel mondo rarefatto, cancellava i segni dei grandi conflitti interiori e alleviava anime silenziosamente sofferenti, bagnava il volto per pulirlo dalle maschere sotto cui era stato sepolto e trascinava via qualsiasi umore macchiasse il cuore.
Non lasciava altro che cemento bagnato e grigie atmosfere.

A Roxas era sempre piaciuta la pioggia.

 

 

[3051 parole]

 

 

Spiegazioni:

     1.  Il simbolo a cui si riferisce Eraqus è il quello usato dall'Organizzazione XIII.

2.       Jedi (utilizzano la Forza per il bene) e Sith (appartengono al Lato Oscuro ) sono due “razze” – passatemi il termine - dell’universo di Star Wars.

 

 

Salve a tutti!

Come prima cosa, penso sia quantomeno doveroso da parte mia chiedervi umilmente perdono per il mio… Ehm… “Piccolo” ritardo nel pubblicare. Mi scuso davvero con tutto il cuore, ma ho avuto una serie di problemi e questo è il risultato. Comunque, d’ora in poi sarò molto più regolare!
Bene, una volta chiarito questo direi di passare al capitolo.
Sono comparsi i primi personaggi – ma non sono ancora finiti, tranquilli muhahaha – ed alcuni meccanismi della storia si sono iniziati a delineare – fidatevi, niente è lasciato al caso.
Abbiamo i misteriosi e  potenti Crownless, la polizia che indaga su di loro e che progetta piani pericolosi per cercare di dare una svolta al caso, la cotica interiorità di Roxas. Ma, soprattutto, e badate bene a non dimenticarvi certi pezzi, si inizia a conoscere qualcosa sul passato della Regione, il quale giocherà un ruolo fondamentale nel corso degli eventi!
Chi sono davvero i Crownless? In cosa consiste il progetto X di cui parlavano Eraqus e Yen Sid?
Io già lo so, se volete scoprirlo anche voi, continuate a leggere!
Inoltre, mi farebbe davvero piacere sentire le vostre opinioni. Sapere se c’è qualcosa che non vi è piaciuto, conoscere la vostra impressione generale fino ad ora, i vostri dubbi: tutto, insomma!

Vi aspetto al prossimo capitolo,

Dynamis.

Ps: mi scuso per eventuali errori, se ne trovate alcuni segnalatemeli e provvederò subito a correggerli ;) .  

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