How to get away with murder

di Nene_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Darius e Cassiopea Black ***
Capitolo 2: *** Cecilia Alya Weiss in Evans ***
Capitolo 3: *** Aaron Morgan ***
Capitolo 4: *** Candice Sutherland ***
Capitolo 5: *** Alexis Elizabeth Buldstrode ***
Capitolo 6: *** Selene Black - Disgusto (prima parte) ***
Capitolo 7: *** Selene Black - Sfide (seconda parte) ***



Capitolo 1
*** Darius e Cassiopea Black ***


1
Ed eccoci con la prima delle OS. 
Buona lettura ;)



- Darius e Cassiopea Black - 


Cassy_e_Darius



15 luglio 2007, San Mungo


"Scusi signore, ma questo reparto dell'ospedale è riservato."

Alphard, sentendo quelle parole ma soprattutto vedendo chi le aveva pronunciate, ossia un uomo parecchio grosso che brandiva una bacchetta, si bloccò immediatamente.
"Ehm... cercavo la stanza dove è ricoverata Cassiopea Black." Disse alla fine, titubante.

Aveva saputo che la ragazza aveva partorito, ma non aveva idea di cosa ciò avrebbe potuto significare, per lui.

Sarebbe dovuto andare a trovarla?


"In tal caso è invitato a girare alla larga." Replicò l'uomo, invitandolo con un gesto della mano ad andarsene.
"Ma veramente io..." Provò ad insistere il ragazzo, prima che una voce interrompesse entrambi.
"Alphard?"

Da un corridoio laterale, era appena comparso Nihal.

"Cosa ci fai qui?" Domandò sorpreso l'uomo, avanzando verso di lui.
"Ho letto sul giornale che Cassiopea ha partorito e..."
"I giornalisti non riescono proprio a stare buoni neanche una mezza giornata." Replicò Nihal scuotendo la testa esasperato. "Vieni con me dai."

Poco dopo, Alphard si ritrovò in una stanza parecchio affollata, piena di persone che non conosceva.
E in reazione al suo sentirsi completamente fuori posto, il ragazzo fece un passo indietro, cercando di appiattirsi contro il muro, nella vana speranza di confondersi con la parete.

Senza successo ovviamente.

"Alphard?" Domandò Cassiopea incerta, dopo averlo osservato per qualche secondo confusa, attirando così gli sguardi di tutti i presenti nella stanza su di lui.

"Oh porco Salazar!" Esclamò Elizabeth sbarrando gli occhi dopo essersi girata e averlo visto.
"Oh porca Morgana! Cassy... sei sicura che dando quel nome al bambino tu non abbia attirato qui anche il fantasma di tuo nonno? No, perchè non è giusto! Io invecchio e lui ritorna indietro ventenne! Non è valido!

Ridacchiando appena per la reazione dei suoi prozii - in modo particolare per quella di Altair, che vedendo Alphard avevano notato la sua strabiliante somiglianza con Antares da giovane - Cassiopea si grattò la testa, leggermente in imbarazzo. "In effetti, mi sono scordata di dirvelo con tutto il trambusto che c'è stato... zii, lui è..." Dopo aver sospirato e aspettato per qualche secondo, la Corvonero decise di pronunciare quelle fatidiche parole "Lui è Alphard Carter: mio fratello."


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20 luglio 2007, Villa Abbott - Black


"Darius, ti avevamo già detto che non importava! Perchè hai voluto farlo comunque?" Domandò Altair, dopo aver gettato una breve occhiata al documento che il russo gli aveva appena portato.
"Perchè è giusto così." Rispose il ragazzo scrollando le spalle "Non mi serviva il tuo cognome per avere una eredità, quindi è giusto che io abbia firmato i fogli per la rinuncia al vostro patrimonio."
"E Cassy ha firmato a sua volta per rinunciare alla parte che le spetterebbe come nostra figlioccia..." Commentò l'uomo roteando gli occhi "Di questo passo diventerete dei poveri squattrinati."
"Con il patrimonio che mia moglie ha ereditato da Antares, il suo stipendio e il mio ne dubito." Fu la replica divertita di Darius.
"Almeno il regalo di Natale e del compleanno possiamo farvelo, oppure a me e Lizzie servirà un permesso speciale da parte di Kingsley anche per quello?" Domandò a quel punto l'ex Auror ironicamente "Incredibile! Sette anni fa avevamo la fila dei giovani che volevano partecipare ad una gara e adesso non si fanno pagare neanche un panino!" Borbottò a mezza voce ironico.
"Beh, se proprio insisti... tra circa un mese c'è il compleanno di Cassiopea." Gli ricordò a quel punto Darius.
"Se volete organizzare qualcosa voi, per me non c'è problema... ti chiedo solo un favore: fa in modo che non sia un'altra festa!"


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maggio 2008, Villa Black


"Mamma! Mamma! Mamma! Avanti Ares, è facile! Prova a dire mamma! Mam-ma!" Continuava a ripetere Cassiopea, formulando il sostantivo più e più volte, nella speranza che il suo secondogenito lo pronunciasse a sua volta.

Speranza vana.

Antares continuava a guardarla con i suoi occhioni grigi sgranati e a muovere le labbra, senza però far uscire dalla bocca il minimo suono.

"Ancora niente, mamma?" Domandò a quel punto Lyra, sporgendosi dal tavolo per scrutare attentamente il fratellino, che le rivolse in risposta un sorriso allegro.
"Purtroppo no, tesoro."
Sospirò la donna, allontanandosi temporaneamente dal seggiolone per dare un bacio sulla nuca alla figlia "Ma succederà prima o poi."
"Ma anche io ci ho messo così tanto per chiamarti mamma?" Chiese la bambina occhieggiando verso Antares, che nel frattempo si era sfilato il ciuccio dalla bocca per iniziare a mordicchiarne il manico.
"No, tu mi hai chiamato così la prima volta che avevi appena 8 mesi." Fu la risposta orgogliosa di Cassiopea. "Sei stata davvero bravissima!"
"E perchè lui non fa uguale?" Domandò curiosa Lyra.
"Perchè ognuno ha i suoi tempi." Fu la risposta della madre, che si preparò mentalmente a tutti i 'perchè' della figlia che sarebbero arrivati di lì a breve.
"Perchè?"

Infatti.

"Perchè ogni bambino è diverso dall'altro tesoro."
"Sì ma perchè?"
"Ti sembra che tu e tuo cugino Perseus siate uguali? Eppure avete la stessa età!"
"Sì ma lui è un maschio!" Protestò a quel punto Lyra.
"Anche Antares." Le fece notare sua madre.
"Quindi i maschi ci mettono di più?"
"Qualcosa del genere." Rispose sua madre, cercando di soffocare una risata.
"E perchè?"

Roteando gli occhi, Cassiopea si apprestò a rispondere a quell'ennesima domanda, ma venne interrotta dallo sguardo della figlia, che si era illuminato di colpo guardando qualcosa alle sue spalle e che l'aveva convinta a scendere dalla sedia per precipitarsi nel corridoio.
"Papà!"

Sorridendo a sua volta, la donna si alzò per raggiungere il marito, che si stava dirigendo verso la cucina con la primogenita in braccio.
Ma venne fermata da una voce maschile.

"Pa-pà!"

Incredula, si voltò verso suo figlio, che dopo aver pronunciato la sua prima parola di senso compiuto era scoppiato a ridere.
Poi lo fulminò con un'occhiataccia.
"Figlio ingrato! La prossima volta che vuoi essere allattato chiedi al tuo papà anzichè a me! Poi vediamo chi sarà dei due a ridere."

Per tutta risposta, Antares continuò a ridacchiare.


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 settembre 2011, San Mungo



"Mamma dove siamo?"

"Mamma perchè corri?"

"Mamma dove ci stai portando?"
"Mamma non riesco a starti dietro! Puoi rallentare per favore?"

Erano infinite le domande che i suoi figli le stavano rivolgendo in quel momento, ma Cassiopea le sentiva a malapena.
Continuava semplicemente a correre per i corridoi dell'ospedale, trascinandoseli praticamente dietro di peso entrambi, attaccati rispettivamente uno alla mano destra e l'altro alla sinistra, mentre si sentiva il cuore in gola per la paura.

"Darius... Darius Black... dov'è ricoverato?" Domandò alla prima infermiera che le capitò a tiro, lasciando temporaneamente la mano a Lyra per afferrare la donna al volo.
"Mi dispiace signora, queste informazioni possiamo fornirle solo ai pare..."
"E SECONDO LEI CHIEDO NOTIZIE DI GENTE A CASO? MI DICA SUBITO DOV'E' MIO MARITO!"
"Terzo piano, stanza 411." Pigolò immediatamente la donna con un filo di voce, alquanto spaventata, indicandole con l'indice la direzione giusta da prendere.

Senza neanche perdere tempo a ringraziare, Cassiopea riacciuffò Lyra - che aveva assistito allo scambio di battute con gli occhi sgranati - e poi ricominciò la sua marcia.

Pochi minuti dopo, la donna aveva quasi raggiunto la porta prevista, quando una voce maschile a lei ben nota la fece bloccare.
"Cassy!"

Riconoscendo nel suo interlocutore Aaron Morgan, la Black si girò su se stessa, lasciando finalmente la mano ad entrambi i figli.
"Aaron... dimmi solo che è vivo." Lo pregò.
"Quando siamo arrivati qui non sembrava essere messo così male, ma non mi hanno voluto dire niente perchè non sono un parente." La informò lui.

"Lei è la signora Black?" Domandò poco dopo una guaritrice, comparsa da un corridoio laterale.
"Sì, sono io." Confermò Cassiopea scattando in piedi immediatamente, mentre le mani le tremavano per la paura e per l'ansia.
"Suo marito è arrivato qui con due costole rotte e una incrinata e sia il braccio che la gamba sinistra completamente fuori uso. Le costole gliele abbiamo sistemate subito, per la gamba e il braccio ci metteremo un po' di più." Le spiegò la donna "Ma in generale è cosciente e sta bene." La informò, rivolgendole un sorriso incoraggiante. "Tra due minuti lo porteranno in stanza e a quel punto potrà vederlo."
"Grazie a Merlino!"


Cinque minuti dopo, Darius stava accarezzando la testa della moglie - che era scoppiata a piangere non appena l'aveva visto, ancorandosi con le braccia al suo collo - con il braccio sano.
"Sto bene Cassy, tranquilla." Continuava a ripeterle, in un vano tentativo di calmarla. "Qualche settimana di pausa e sarò come nuovo. Adesso mi hai anche visto con i tuoi occhi, no? Sto bene."
"E sarà anche meglio che tu stia bene!" Protestò lei in tono isterico "Perchè se provi a lasciarmi da sola con tre figli da gestire, altro che Mangiamorte! Giuro che la faccio io la strage!"

Per qualche secondo il silenzio calò nella stanza, mentre Darius continuava ad accarezzare meccanicamente i capelli della moglie.

Poi la consapevolezza di ciò che Cassiopea aveva effettivamente appena detto lo investì come un treno.

"Mi hanno dato troppo anestetico per caso? Perchè ho appena sentito il numero 'tre'." Commentò sbarrando gli occhi.
"Non ti azzardare a dare la colpa all'anestetico e assumiti le tue responsabilità, uomo! Hai sentito benissimo: sono incinta."


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     Lyra_Black_11 Lyra Meissa Black, 10 anni Antares_Altair_Black Antares Altair Black, 6 anni

Asterion_Black Asterion Elnath Black, 10 mesi



febbraio 2013, Villa Black


"Beato te che dormi." Sussurrò Cassiopea in direzione di Asterion, che si era appena addormentato come un sasso tra le sue braccia subito dopo essere stato allattato. "Io non ci riesco."

Aveva già iniziato a svezzarlo, tuttavia, in alcune occasioni, continuava a nutrirlo lei.
Come in quella sera, dove averlo tra le braccia serviva probabilmente più a lei che a lui: Darius, come già successo tante altre volte, era stato assegnato al turno notturno. E lei proprio non ci riusciva, a dormire tranquilla.
Già non ci riusciva prima, figurarsi in quel momento, dopo neanche due anni passati dall'incidente.
E se poi ci si metteva anche il temporale...

"Mamma? Tutto bene?" Domandò una voce delicata, facendole così alzare lo sguardo in direzione della porta, dove la ragazzina - avvolta in una camicia da notte - la guardava stropicciandosi gli occhi.
"Lyra, non dovresti essere a letto?" Fu la replica di Cassiopea.
"Avevo sete, così mi sono alzata per prendere un bicchiere d'acqua e ho visto la luce accesa." Rispose sua figlia.
"E sei sicura di essere passata di qua solo per puro caso?" Domandò la donna, rivolgendole un'occhiata scettica.
"Volevo darti la buonanotte."
"Sì, certo e io mi chiamo Bianca Giovanna." Replicò sua madre "Dai, vieni qui." Concluse battendo la mano sul materasso, nel posto vuoto accanto a lei.
"Guarda che non ero venuta qui per questo!" Protestò debolmente sua figlia. Anche se non perse tempo ad attraversare la camera da letto dei genitori e a rintanarsi nelle coperte al fianco della madre, appena un tuono più forte ruppe il silenzio della stanza.
"Ti da fastidio se lascio la luce dell'abat-jour accesa, tesoro?"
"No, fai pure mamma. Tanto lo so che lo fai per papà."


Lyra stava quasi per addormentarsi, coccolata dalle carezze della madre, quando un'altra voce la strappò dal suo viaggio verso il mondo onirico.
"Mamma? Lyra non è nel suo letto!"
"Lo so Ares. Infatti è qui con me." Rispose Cassiopea, indicando al suo secondogenito la figlia, che continuò a tenere gli occhi chiusi. "Vuoi venire anche tu?"
A differenza della sorella, Antares neanche finse di protestare. In tre secondi raggiunse il letto, andando ad accoccolarsi di fianco a sua madre, dalla parte opposta rispetto a Lyra.


E fu così che li trovò Darius, quando rincasò verso le quattro del mattino.
I suoi tre figli che dormivano della grossa - nella posizione che Cassiopea definiva scherzosamente "l'ammucchiata" - e la moglie, ancora con l'abat-jour accesa, intenta a leggere un libro.

Intenta ad aspettarlo
.
 
"Scusi lei, stavo cercando il mio posto nel letto... ma credo di aver sbagliato direzione." Commentò scherzosamente, avvicinandosi alla moglie con passo felpato.
"Non dirlo a me..." Replicò lei "Fino a qualche anno fa avevo a disposizione un letto enorme e completamente vuoto, invece adesso devo stare attenta a calci e gomitate... Comunque sono sicura che se ci stringiamo un po' ci stiamo tutti." Concluse mettendosi su un fianco, permettendo così al marito di sdraiarsi accanto a lei, anche se in uno spazio decisamente ridotto.
"Però non ci torneresti mai vero?" Domandò Darius, dopo che Cassiopea gli si era accoccolata tra le braccia.
"Dove?"
"In quel letto grande e vuoto."
"Assolutamente no."


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Elettra_Black Electra Black, 10 anni Perseus_Black_11 Perseus Black, 12 anni, Grifondoro
(figli di Nihal e Gillian Black)


1 settembre 2015, King's Cross, Binario 9 e 3/4


"Mamma perchè non posso andare anch'io con Perseus e Lyra?" Domandò Antares per l'ennesima volta, attaccandosi alla gamba di Cassiopea e iniziando a tirarle la tunica.
"Perchè non hai ancora l'età giusta." Ripetè la donna roteando gli occhi.
"Sì infatti mamma, perchè?" Gli dette man forte Electra, facendo la stessa cosa con Gillian.
"Per lo stesso identico motivo." Rispose lei sbuffando.
"Ma io sono più grande di Ares!" Protestò la bambina.
"Sì, ma non lo sei ancora abbastanza." Provò a chiudere la questione Gillian. 
"E tra quanto lo sarò?" Domandò invece Electra.
"
Stringi i denti, che ti manca soltanto un anno." Si affrettò a rispondere Nihal, chinandosi per prenderla in braccio.
"Allora anche io l'anno prossimo?" Domandò a quel punto Antares, che non si era perso neanche un secondo di quella conversazione.
"No, tu tra tre." Intervenne Darius, capendo con un'occhiata che un'altra domanda sulla questione 'treno per Hogwarts' sarebbe stata fatale per la moglie.
"Ma sono troppi! Perchè Electra l'anno prossimo e io invece tra così tanto?" Protestò il bambino, mentre Cassiopea, ignorandolo completamente, si chinava per abbracciare la figlia più grande.
"Perchè sei nato dopo." Fu la risposta del padre.
"E perchè?" Domandò a quel punto Antares, mentre sia Cassiopea che Darius alzavano gli occhi al cielo.

"Non mi saluti Ares?" Domandò Lyra, avanzando verso il fratello con le braccia spalancate per abbracciarlo, mentre Perseus, dietro di loro, stava facendo la stessa cosa con Electra.
"No!" Rispose lui arrabbiato, incrociando le braccia al petto con aria sostenuta.
"E perchè?"
"Perchè tu parti e io no! Non è giusto!" Protestò Antares mettendo su il broncio.
"Credimi Ares... se potessi manderei te ad Hogwarts e terrei Lyra a casa." Fu il commento ironico di sua madre "Almeno avrei nove mesi di pace."
"Allora facciamo cambio?" Domandò speranzoso il bambino, girandosi verso di lei.
"Ho detto che lo farei volentieri, non che posso davvero farlo." Rispose Cassiopea. "Avanti, abbraccia tua sorella! Approfittane adesso, fin che puoi!"
"Ares..." Lo richiamò Lyra "Sei proprio sicuro di voler andare ad Hogwarts al mio posto?" Domandò a quel punto, colpita da un'idea improvvisa.
"Certo!" Rispose subito il bambino, sicuro di sè.
"Ma lo sai che Hogwarts è un posto per i ragazzini grandi vero?" Continuò sua sorella, mentre i suoi genitori e i suoi zii - e anche Electra - iniziarono a seguire la conversazione, sempre più interessati.
"Ma io sono grande!" Fu la replica scontata.
"Davvero? Perchè in tal caso dobbiamo avvisare Babbo Natale di non portarti più i regali." Lo informò lei "Lui, ai grandi, non li porta."

Davanti a quella scioccante rivelazione, Antares spalancò la bocca sconvolto, incapace di formulare una protesta coerente, mentre gli adulti ridevano in silenzio, cercando di non farsi notare, e Lyra strizzava l'occhio in direzione dei genitori.

"Bella trovata. E' proprio tua figlia." Sussurrò Darius all'orecchio della moglie "Devo solo capire come mai è finita in Tassorosso."
"Perchè, zia Lizzie e Cecilia ti sembrano per caso delle sprovvedute?"

"Mamma, papà, potete fare in modo che Hogwarts non mi spedisca mai la lettera?"


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Vacanze di Pasqua 2018, Villa Black


"Fate entrambi un passo indietro, giro e... casquè!" Spiegò Nihal, controllando man mano che il figlio e la nipote eseguissero le sue istruzioni "Lyra stai morbida!" Le suggerì "Ti devi fidare del tuo cavaliere! E tu, Perseus, mantieni la presa salda!" Si raccomandò.

"Perchè stanno facendo delle prove di ballo?" Domandò Darius, giunto in quel momento nel salone - privato temporaneamente di tutto il mobilio tranne il divano - accomodandosi accanto alla moglie.
"Il 2 maggio ad Hogwarts si terrà il Ballo della Memoria, per il ventennale della Battaglia della Seconda Guerra Magica." Lo informò Cassiopea, staccando lo sguardo da figlia e nipote che continuavano ad esercitarsi "Così Nihal si è offerto di ripassare con loro un po' di passi."
"Perchè non mi hai detto niente?" Domandò a quel punto lui, inarcando leggermente un sopracciglio.
"Perchè ultimamente fai sempre i turni di notte e io lavoro di giorno: in pratica quando tu vai a dormire, io mi alzo... non mi sembrava il caso di svegliarti per parlarti di un ballo." Rispose lei, con tono vagamente inacidito.

Sospirando, l'uomo le pose un braccio sulle spalle, attirandola al suo petto. "Lo sai anche tu che, se da un lato c'è il Ballo della Memoria, dall'altro ci sono dei mitomani in giro che ricordano Voldemort a loro modo. Stiamo impazzendo in questo periodo al Dipartimento."
"E io sto impazzendo a casa ad aspettarti con il cuore in gola... e non c'è neanche più Antares a tenermi impegnata tutto il giorno." Replicò Cassy accoccolandosi su di lui "Quindi ogni tanto ricorda ad Aaron che hai una moglie e tre figli."


Proprio in quel momento, quasi come se avesse sentito che stavano parlando di lui, Antares fece il suo ingresso nella 'sala da ballo' insieme ad Asterion. Ma al contrario del fratellino di 6 anni, che si mise immediatamente a saltellare allegramente sentendo la musica, il Serpeverde guardò la sorella e il cugino con gli occhi sgranati.
"Ma che cavolo...?" Domandò al nulla, prima di intercettare con lo sguardo i genitori, decidendo di dirigersi immediatamente verso di loro. "Cosa stanno facendo?" Domandò sconvolto, quasi come se li avesse appena beccati a fare chissà che cosa.
"Si muovono a tempo di musica su dei passi prestabiliti: è ovvio che si stanno preparando per andare a cercare i funghi in montagna." Fu la risposta ironica di Cassiopea.
"Ho capito che stanno ballando." Commentò suo figlio sbuffando "Mi chiedo soltanto perchè lo stiano facendo anche Perseus e lo zio Nihal!"
"Guarda che tanto, dopo, tocca a te ed Electra." Lo informò la madre "Sarei venuta a chiamarti tra dieci minuti."
"Io non ballo!" Si oppose però immediatamente Antares "E' una cosa da donne!"

Sentendo la risposta del figlio, Darius iniziò a spronfondare nel divano, mentre sua moglie si staccava di scatto dal suo petto.

"Ah, davvero?" Domandò infatti interessata "E chi l'avrebbe stabilito, sentiamo?"
"Non lo so, ma è così." Rispose il ragazzino facendo spallucce.
"E c'è qualcos'altro che dovrebbero fare soltanto le donne, sempre secondo la tua modesta opinione?" Gli chiese Cassiopea, con una vaga nota di avvertimento nella voce, mentre Darius, alle sue spalle, cercava di fare segno al figlio di tacere. "Fermo tu!" Lo bloccò però la moglie "I suggerimenti non sono validi."

"Cucinare?" Replicò Antares, non riuscendo ancora a nasare il pericolo.

Addio figlio mio! E' stato bello farti da padre per 11 anni. Pensò Darius, aspettando da un momento all'altro l'esplosione della moglie.

"Molto bene." Replicò invece Cassiopea, apparentemente tranquilla, appellando un giornale e mettendosi a leggerlo. "In tal caso non ti dispiacerà se la torta di compleanno quest'anno te la faccio io, anzichè tuo zio Nihal."
Davanti a quella prospettiva - era noto che sua madre non sapesse preparare neanche un the - Antares impallidì di botto. "Hai detto che devo fare coppia con Electra giusto? Vado a cercarla subito! Per il 2 maggio devo mettermi anche lo smoking e la cravatta come papà?"


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Lyra_Black Lyra Meissa Black, 18 anni, ex Tassorosso


agosto 2021, Villa Black


"Tesoro tutto bene?" Domandò Cassiopea, vedendo sua figlia seduta da sola in un angolo del cortile sospirare all'aria con aria malinconica.
"Sì certo." Replicò lei appoggiandole la testa sulla spalla, non appena questa le si sedette accanto.
"E allora perchè te ne stai qui, in un angolo e da sola, quando l'unica cosa che dovresti fare è goderti l'estate?" Domandò la donna, cingendole le spalle con il braccio "Hai appena terminato i MAGO e festeggiato i 18 anni! Sei preoccupata per qualche risultato? Oppure hai litigato con Max?" Domandò riferendosi a Maximillian Nott, con il quale sua figlia si frequentava ormai da due anni. 
"Ci siamo lasciati." La informò Lyra "O meglio, io ho lasciato lui."
"Come mai?" Domandò Cassy, cercando di mantenere un tono di voce neutrale, come ogni volta in cui i figli le parlavano di eventuali fidanzati.
"Perchè credo che ormai stia più con me per ciò che rappresento - una Black purosangue e tutto il resto - che non per ciò che davvero sono. Insomma, mi sembra che ormai, per la nostra relazione, siano più contenti i suoi genitori di lui!" Fu la risposta della figlia "E poi anche perchè... mi piace un altro..." L'ultima parte la disse in un sussurro, prima di arrossire violentemente e abbassare lo sguardo.

"E questo altro non ricambia?" Domandò Cassiopea dopo un po', capendo che sua figlia non avrebbe aggiunto niente di più.
"Io... forse... cioè... non lo so..." Rispose Lyra sempre più a disagio, diventando di un'interessante sfumatura cremisi. "Il fatto è che... anche se ricambiasse... non si farebbe mai comunque avanti... perchè lui è più..."

La ragazza aggiunse borbottando qualcos'altro, ma lo fece talmente piano che neanche la donna, nonostante si trovasse a solo pochi centimetri di distanza, riuscì a capirci qualcosa.

"Lyra, respira." La rassicurò sua madre "Se non me lo vuoi dire non è un problema, ognuno ha i suoi
segreti e i suoi tempi."
"Ma io voglio dirtelo!" Replicò la ragazza.
"Allora tiro ad indovinare?" Propose Cassiopea. "Ok..." Aggiunse dopo aver visto sua figlia annuire "Data la tua reazione, direi che non è nè purosangue nè ricco di famiglia come siamo noi. E anche che probabilmente è qualcuno che conosco... non è che per caso ti piace Diego?"

Non servì la sfumatura violacea che raggiunse il volto della figlia, per capire di averci azzeccato.
Le bastò il fracasso alle sue spalle di pezzi di legno caduti a terra, segno che il citato ragazzo aveva appena ascoltato tutto: Diego, nonostante studiasse ormai da due anni come spezzaincantesimi, quando tornava a casa dava sempre una mano a sua madre, soprattutto con i lavori  domestici più pesanti, che la donna non aveva mai voluto abbandonare.

"Oh cazzo!" Esclamò Lyra voltandosi di scatto.
"Hai davvero lasciato Maximillian Nott?"

"Beh, direi che è il caso che parliate un po' da soli. Io vado a leggermi un libro." Commentò Cassiopea
prima di dileguarsi.

Naturalmente, non aveva bisogno di specificare che aveva già intuito tutto da due mesi - ovvero da quando Diego era tornato dall'Accademia  Turca per la pausa estiva e Lyra da Hogwarts - e che aveva solo aspettato l'occasione giusta per far sfogare la figlia.
Che il figlio di Catalina morisse dietro alla sua da anni poi, non era di certo un segreto, visto che l'aveva capito anche Darius.
E infine, a dirla tutta, a lei Maximillian Nott non era mai piaciuto più di tanto, anche se aveva sempre taciuto per amore della figlia.

Lei la sua parte l'aveva fatta.
Da quel momento in poi toccava a loro.



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Vacanze di Natale (fine dicembre 2021), Villa Black


"Dimmi che non ho visto quello che ho appena visto." Esordì Darius entrando in camera da letto e trovando la porta della cabina armadio della moglie spalancata.
"Ok: non hai visto quello che hai appena visto." Obbedì Cassiopea, lanciando fuori dall'armadio una maglia.
"Cassy... sono serio!" Protestò l'uomo.
"Ti lamenti sempre che faccio quello che mi pare e che non ti ascolto mai... e una volta che lo faccio non va bene lo stesso?" Domandò sua moglie ironica.
"Cassy!" Protestò di nuovo lui.
"Ok, ok." Rispose a quel punto lei, sbucando dall'armadio con una pila di vestiti in mano "Cos'hai visto?"
"Lyra e Diego... erano sotto al vischio... e si stavano baciando!" Esclamò Darius, ancora sconvolto.
"Penso sia normale visto che si frequentano da fine estate." Lo informò la donna, continuando a trafficare con gli abiti "Non ci credo! Ecco dov'era finita questa maglia! L'avevo persa di vista 5 anni fa!"
"CHE COSA?" Strabuzzò gli occhi l'Auror.
"Sì, è sconvolgente: 5 anni sono davvero tanti! Ha ragione Cecilia che ha ribattezzato il mio armadio 'buco nero'."
"Non stavo parlando della tua maglia!" Protestò suo marito "Stavo parlando di nostra figlia! In che senso si frequentano da fine estate? Diego è tornato in Turchia a settembre!"
"Si sono dichiarati ad agosto e hanno iniziato a frequentarsi, ma visto che lui doveva ripartire e lei iniziava il tirocinio si sono scambiati per lo più delle lettere." Lo informò la moglie, mentre piazzava davanti a lei due vestiti a mezz'aria con un colpo di bacchetta "Quindi il primo appuntamento ufficiale ce l'hanno stasera. Tu quale preferisci tra questi due?"

"Vestiti che usciamo." Le ordinò a quel punto Darius, ignorando completamente la sua domanda.
"Come scusa?" Domandò la bruna, inarcando un sopracciglio.
"Mi pare ovvio che se hanno un appuntamento li dobbiamo seguire!"
"Oh per l'amor di Morgana! Non seguirò mia figlia al suo primo appuntamento solo per farti stare più tranquillo!" Si oppose Cassiopea, fulminandolo con un'occhiataccia. "Ha diciott'anni ed è perfettamente in grado di gestirsi da sola! E poi Diego lo conosciamo benissimo!"
"Per seguire Maximillian Nott non hai fatto tutte queste storie!" Le ricordò l'Auror.
"Perchè non mi piaceva e perchè Lyra era ancora minorenne." Ribattè la Corvonero, sparendo nuovamente dentro alla cabina armadio "Diego l'abbiamo cresciuto praticamente noi, insieme a Cata... e tu e Nihal siete state le sue figure paterne di riferimento. Non ho il minimo dubbio su di lui."
"Beh, io sì!"
"Allora fattelo passare!"
"Ti devo ricordare cosa abbiamo fatto noi, alla loro età?"
"Fidati! Me lo ricordo benissimo!" Fu la replica divertita "Ok, mi hai convinto." Si arrese a quel punto Cassiopea. "Andiamo allora, prima che si allontanino troppo." Affermò uscendo nuovamente dall'armadio.
E rendendosi così nuovamente visibile al marito.

Che si ritrovò a deglutire a vuoto un paio di volte.

"E tu vorresti uscire vestita in quel modo?" Domandò Darius con un filo di voce, facendo scorrere lo sguardo sul corpo della moglie su e giù diverse volte.
"Perchè, c'è qualcosa che non va?" Chiese Cassiopea con tono innocente.
Per qualche secondo, l'uomo restò immobile, in preda ad una profonda lotta con se stesso. Poi, dopo aver esclamato un "Maledizione a Grindelwald!" si fiondò sulle labbra della moglie.

"Magari li inseguiamo più tardi, eh?"



Con un orecchio premuto sulla porta e la mano sulla bocca per non ridere, Lyra si staccò dalla porta chiusa della camera da letto appena in tempo.
Poi, con tutta calma, scese le scale e raggiunse Diego in salotto.
"Eccomi!"
"L'hai poi trovato il cellulare?" Domandò il ragazzo innocentemente.
"Sì, certo, possiamo andare." Rispose lei annuendo felice, prendendolo a braccetto e preparandosi per la smaterializzazione.



"Mamma, ma secondo te papà potrebbe accettare la mia storia con Diego?"
"E' tuo padre Lyra... è chiaro che non accetterebbe neanche una tua relazione con Perseus: sarai sempre la sua piccola principessa."
"E io come faccio? Diego mi ha chiesto di uscire stasera! Già sto impazzendo per i vestiti, ma se si mette in mezzo anche papà non riuscirò più ad andare!"
"Tranquilla tesoro, ci penso io. Intanto perchè non provi questo?"


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Vacanze di Pasqua (marzo 2022), Villa Black


"Antares Altair Black non ci pensare neanche!"
"Ma mamma!"
"Assolutamente NO!"
"Ma tutti i miei amici..."
"Se tutti i tuoi amici si buttano nel pozzo lo fai anche tu?"
"Perchè ogni volta devi sempre uscirtene con questa frase?"
"Io dico le frasi che mi pare! Penso di essermene arrogata il diritto, dopo 40 anni di vita! Sei tu che non puoi fare quello che vuoi, visto che vivi ancora sotto questo tetto!"


Sospirando rassegnata, Lyra si accomodò sul divano, appoggiando la testa sulla spalla del padre, che aveva pensato bene di rifugiarsi in salotto ormai parecchi minuti prima.

E nonostante tutto le urla si sentivano anche da lì.

Dopo cinque minuti, furono raggiunti anche da Asterion.
"Perchè la mamma e Ares stanno litigando, questa volta?" Domandò il ragazzino, guardando curioso verso il padre e la sorella, che sfoggiavano entrambi un'espressione rassegnata.
"Perchè hanno lo stesso identico carattere." Rispose Darius roteando gli occhi "Quindi credo che continueranno a litigare a vita. Ma questo non significa che non si vogliano bene." Lo rassicurò.
"E se io dovessi chiedere una cosa alla mamma?" Chiese lui.
"Fai prima a chiedere a me." Gli suggerì suo padre "Perchè credo che andranno avanti per le lunghe di là. E io che volevo passare un tranquillo weekend pasquale in famiglia." Borbottò a mezza voce.
"Michael e Kevin mi hanno invitato
a casa loro venerdì pomeriggio... tu o la mamma riuscite a portarmi?" Domandò a quel punto Asterion speranzoso.


"Come ho già detto, non se ne parla neanche!"
"Ho 15 anni, cosa vuoi fare per impedirmelo? Rinchiudermi in camera?"
"Sai che non sarebbe una cattiva idea? E comunque ne hai ancora 14!"
"Solo per pochi mesi... e sarebbe sequestro di persona!"
"L'unica cosa che hanno sequestrato qui è la tua capacità di ragionare! E poi... prova a trovarlo, un Auror disposto ad arrestarmi!" Lo sfidò Cassiopea, prima di tirare indietro una sedia per sedersi. "Adesso basta Ares, se dico di no è no. E poi... mi stai facendo venire il mal di testa!"
"Cos'è, la tua nuova tecnica per avere sempre ragione in una discussione?" La prese in giro il figlio, prima di notare il colorito pallido sul volto della donna. "No, aspetta... stai male veramente? Mamma?" Domandò avvicinandosi a lei "Mamma!" Strillò preoccupato, vedendola accasciarsi sul tavolo. "PAPA'!"






Quando Cassiopea riprese i sensi, si ritrovò sdraiata su una barella al San Mungo, con una guaritrice al suo fianco intenta a controllare i suoi parametri vitali.
"Cassy! Ti sei svegliata finalmente!" La salutò allegramente Julia.
"Mi ha investito un treno?" Domandò la purosangue, portandosi una mano alla testa, che le pulsava terribilmente.
"Direi di no." Replicò la medimaga "Ma da quel che ho capito stavi avendo una discussione parecchio accesa con Antares. Era un fascio di nervi quando ti hanno portato qui. E non smetteva di darsi la colpa, poverino!"
"Non farti ingannare dai suoi occhioni grigi: è
così che mette tutti nel sacco." Le consigliò Cassiopea sorridendo "Allora... che cos'ho? Devo preoccuparmi? Perchè per quanto questa discussione sia amabile, ci stai girando un po' troppo intorno per i miei gusti." Affermò facendo perno sulle braccia per alzarsi, prima di essere investita da un altro capogiro, che la costrinse a risdraiarsi. "La mia testa!"
"Tranquilla, non è niente di grave." La rassicurò Victoria "Anzi, direi che, date le tue condizioni, capogiri e simili siano più che naturali. A quando risale il tuo ultimo ciclo?"
"Oh Merlino! Non mi dire che sto entrando in menopausa!" Esclamò a quel punto Cassiopea, orripilata alla sola idea.
"Ehm... no, Cassy. Direi proprio di no. L'esatto contrario, in effetti."


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Antares_Black Antares Altair Black, 17 anni, Serpeverde

Asterion_Elnath_Black Asterion Elnath Black, 12 anni, Corvonero

 
Stella_Elizabeth_Black Stella Elizabeth Black, 2 anni  


1 settembre 2024, King's Cross


"Prometti di fare il bravo quest'anno Ares?" Domandò Cassiopea, stritolando suo figlio in un abbraccio. "Almeno per l'anno dei MAGO puoi farmi stare tranquilla per favore?"
"Tranquilla mamma, bado io a lui!" Provò a rassicurarla Asterion.

"Ruffiano!"

"Il fatto che il fratello minore dica queste cose al posto del maggiore già di per sè lascia spazio a molti dubbi." Borbottò Darius perplesso.

"Ares!" Lo richiamò sua madre. "Allora, me lo prometti?"
"Dipende che cosa intendi con il 'farti stare tranquilla' mamma." Replicò Antares, sfoggiando un sorrisino sfrontato.
"Ad esempio non dover ricevere una lettera dalla Preside perchè, non si sa bene come, sei riuscito ad introdurti nel dormitorio femminile delle Grifondoro!" Rispose sua madre roteando gli occhi. "Mi chiedo ancora come tu abbia fatto a superare le scale."
"Per quello avrei dovuto ricevere una menzione d'onore, non cinquanta punti in meno e una punizione." Commentò il ragazzo. "Dovresti essere orgogliosa del fatto che ho ereditato il tuo cervello!"

"Chi è il ruffiano adesso?" Borbottò Asterion, lanciando un'occhiataccia al fratello.

"Cervello che se tu applicassi di più nello studio e meno in queste cose sarebbe molto meglio utilizzato!" Replicò Cassiopea roteando gli occhi. "Dovresti dare il buon esempio a tua sorella!"
"Ma se Lyra è più grande di me!" Protestò Antares, fingendo di non capire.
"Non sto parlando di Lyra, ma di Stella... non fare il finto tonto!"
"A proposito di Stella... dov'è finita quella frugolotta?" Domandò a quel punto il Serpeverde. "Lyra, non l'avevi in braccio tu?"
"No, è voluta scendere due secondi fa perchè voleva andare in braccio a papà!" Replicò lei, facendo così girare tutti verso Darius, che però aveva le braccia completamente vuote.
"Oh Merlino! E tu l'hai lasciata andare senza controllarla? Lyra, mi meraviglio di te!" La riprese immediatamente Cassiopea, con una chiara nota di panico nella voce.
"L'ho messa giù e mi avete chiamato! Mi sono distratta solo per 3 secondi!" Replicò la ragazza, iniziando a guardarsi febbrilmente intorno. "Dove può essere andata una bambina di due anni in così poco tempo? STELLA!"
"Con dei bambini piccoli anche 3 secondi possono essere fatali!"

"Credo di averla trovata." Li informò Darius dopo pochi minuti di panico, indicando alla famiglia un punto con l'indice.

Stella, non si sapeva bene come, era finita dentro al treno e li stava salutando allegramente da un finestrino abbassato, tenuta fortunatamente in braccio da Aleena Travers, l'attuale fidanzata di Antares.
"Signori Black? Stava vagando per il corridoio!" Li informò intimidita, con un filo di voce. "Ho pensato che fosse il caso di prenderla prima che si cacciasse nei guai."
"E' già nei guai! Ma hai fatto benissimo cara, grazie! Arrivo subito a riprenderla!" Rispose Darius, affrettandosi a raggiungerla.

"Oh per i quattro fondatori! Stella Elizabeth Black, si può sapere come ci sei finita su quel treno?"

"Patto mamma! Patto acch'io pe Oggats!"

"Merlino, aiutami tu! Di questo passo non arriverò viva ai 50 anni!"
"Io invece temo che ci seppellirai tutti mamma."


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Stella parte per Hogwarts e io parto per Amsterdam!
Alla prossima!

Domanda: volete conoscere la storia completa di Selene Black?

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Capitolo 2
*** Cecilia Alya Weiss in Evans ***


2
Eeee... sono tornata!
Buona lettura ;)



- Cecilia Alya Weiss in Evans -


Cecilia_Weiss Cecilia Alya Weiss in Evans 



"Antares non abbiamo bisogno di controllarlo no? Tanto lo sappiamo che ha avuto sei figlie: Hydra, Berenike, Pixis, Cara, Libra e Selene. E tra di noi ci conosciamo tutti." 
"A meno che Selene non ci abbia riservato delle sorprese in questi anni..." Commentò Miranda pensierosa.
"Beh... in ogni caso non tocca a noi scoprirlo." Replicò Cecilia

(da "Un erede per i Black", cap. 10 - "Di notti insonni e dubbi inespressi")



15 luglio 2007, San Mungo


"Alphard?"

Alla domanda posta con tono stupito da Cassy, Cecilia si voltò verso il fondo della stanza - come tutti i presenti - vedendo così un ragazzo molto giovane - probabilmente di neanche 20 anni - cercare in tutti i modi di appiattirsi contro la parete.

E se in un primo momento le venne da ridacchiare davanti alla reazione dei suoi prozii, dall'altra il sorriso le morì sulle labbra non appena sentì la giustificazione di Cassiopea: "In effetti mi sono scordata di dirvelo con tutto il trambusto che c'è stato... zii, lui è... Lui è Alphard Carter: mio fratello."


Quindi davvero Selene aveva disseminato altri eredi in giro!


Quella conversazione affrontata davanti all'albero geanologico dei Black con Miranda, circa sette anni prima, non le era mai sembrata così attuale.

Visto che la situazione sembrava letteralmente bloccata a metà, la tassorosso decise di essere lei a fare qualcosa.
"Ciao Alphard." Disse facendo un passo verso di lui e porgendogli la mano con un sorriso cordiale. "Io sono Cecilia... a quanto pare tua cugina."



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9 settembre 2007, Villa Black


Dopo essersi riuscita a smaterializzare nel giardino della Villa di sua cugina, Cecilia tirò un sospiro di sollievo: era da quando era uscita di casa quella mattina che i paparazzi non le lasciavano tregua.
Esaurito l'entusiasmo della nascita dell'ultimogenito di Darius e Cassy, Antares, i fotografi e giornalisti avevano trovato un nuovo modo di passare il tempo: tormentare lei.

E a nulla erano valsi i suoi tentativi di allontanarli dalla abitazione che condivideva con Aster facendosi scudo con gli ippogrifi arrivati direttamente dall'allevamento di suo padre: secondo la loro perversa mentalità infatti, se lei si nascondeva allora significava che aveva qualcosa da nascondere.

E pensare che tutto si era scatenato per un semplice malinteso: un paparazzo l'aveva fotografata mentre girava per strada, catturando il momento in cui il vento si era infilato sotto alla sua maglietta, gonfiandola. E così la sua lunga permanenza a Londra in luglio, per la stampa, aveva assunto tutto un altro significato.

Da lì la notizia che finalmente anche lei - dopo Miranda, Gillian e Cassiopea - fosse finalmente in stato di gravidanza avanzato si era sparsa a macchia d'olio.

Peccato che il suo ventre, al contrario, continuasse ad essere più piatto di una tavola da surf.

E se da un lato aveva ormai fatto pace con se stessa sulla questione figli, dall'altra vedersi sbattere una bugia come quella in prima pagina da settimane non era esattamente un toccosana, per la sua salute mentale.
Era per quello che si stava dirigendo da Cassiopea: sapeva che la cugina aveva un modo tutto suo per risolvere determinate questioni.

E poi... beh, poteva sempre approfittare della situazione per spupazzarsi Antares.





"Vedi Sil... il fatto è che posso anche risolverti la questione in cinque minuti, se è questo ciò che davvero desideri." La informò Cassiopea pochi minuti dopo, una volta che l'ebbe accolta in casa con il bambino in braccio. "Ma se mi ascolti per un attimo, ti informo di una situazione nella quale sono rimasta ingarbugliata... e che potrebbe essere utile anche a te."





"Livia Rowle in Carrow." Le confermò Gillian chiudendo la porta, lasciandosi così quello spettacolo pietoso alle spalle. "Ce l'ha portata Aaron: si è smaterializzata nel suo ufficio e poi ha perso i sensi. Non sappiamo neanche come abbia fatto, sinceramente, ad arrivare fin lì, visto come era ridotta. Le abbiamo fornito tutte le cure possibili e fisicamente, ormai, sta bene. Ma le manca la volontà di tornare a vivere."
"E' stato... suo marito?" Domandò Cecilia.
"Sì."

(da "Un omicidio per i Black" - cap. Speciale)




"Oh no." Farfugliò Cecilia, dopo aver riconosciuto la porta davanti alla quale l'aveva portata Cassiopea "No, mi rifiuto di entrare lì dentro! Ma come... come fai a portare avanti la tua associazione senza scoppiare a piangere ogni giorno Cassy?"
"Lo faccio proprio per evitare che altre piangano Sil... per favore, guarda dentro alla stanza." Fu la risposta.
"Ma perchè? Sono tornata con Aster come volevate voi!" Protestò lei, cercando di prendere tempo.
"Tesoro... se davvero tu non fossi voluta tornare con Aster sarei stata la prima a fare in modo che ciò non accadesse." La prese in giro sua cugina "Guarda dentro per favore."

E fu così che Cecilia si decise ad allungare il collo verso l'interno della stanza.
Livia Rowle era ancora lì, sdraiata sul letto nella medesima posizione nella quale l'aveva vista l'ultima volta.
Attaccata ad una macchina per poter vivere.
Visibilmente incinta.

"E' al settimo mese: il parto è previsto per novembre. Ma lei, dal punto di vista celebrale, è stata dichiarata morta." La informò Cassiopea "L'unica ragione per cui la stiamo tenendo artificialmente in vita è per far nascere... la bambina."
"Bambina?" Fu solo in grado di ripetere Cecilia, con un nodo alla gola.

"Bambina" Confermò la Black annuendo "Livia Rowle è arrivata da noi incinta, ma non sopravvivrà al parto... io vorrei che foste voi a crescere la bambina che nascerà." Continuò la Black "Tu ed Aster."
"Ma..." Provò a protestare la rossa.
"Sil... era da mesi che mi tormentavo per cercare di capire come muovermi in questa situazione." Replicò Cassy, alzando una mano per zittire le sue proteste. "Che cosa dovrei fare secondo te? Farla nascere e darla allo stesso uomo che ha massacrato di botte la madre fino ad ucciderla - uomo che, tra l'altro, si è già risposato e che sta rifacendo tutto anche con la nuova moglie? Metterla in un orfanotrofio o in una casa famiglia - siamo maghi, come gliela spieghiamo la prima magia involontaria? Tenerla qui, in questa struttura, per un po' e vedere cosa succede? Non credi anche tu che la soluzione più logica sia darla ad una famiglia che sappia donarle tutto l'amore che merita?"


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Aster_Evans Aster Sirius Evans    Alya_Livia_Evans Alya Livia Evans, 1 anno


Natale 2008, Villa Evans



Sentendo la porta d'ingresso aprirsi e riconoscendo il passo, Cecilia si voltò immediatamente verso la figlia, che le rivolse un sorriso allegro prima di appoggiare rumorosamente a terra un giocattolo e gridare "Mamma! ... Papà!"

Evidentemente aveva riconosciuto il rumore dei passi anche lei.

Infatti non riuscì a finire di dirlo che Aster comparve nella stanza, indirizzando un sorriso a quelle che definiva ormai da un anno 'le sue donne'. "Visto Sil? Te l'avevo detto che sarei tornato molto prima dell'ora di pranzo." Disse alla moglie, dandole un leggero bacio sulla tempia. "Adesso abbiamo tutto il tempo per prepararci e andare dai tuoi per il pranzo."
"Mi devo preoccupare?" Domandò lei, inarcando leggermente un sopracciglio. "Uscire proprio la mattina di Natale... non è che hai l'amante?" Scherzò, anche se solo fino ad un certo punto.
"Sì certo, così mi becco subito due bastonate in testa." Rispose lui rotenando gli occhi "No Sil, sono uscito per un altro motivo... e se vai in cortile lo capirai subito." Concluse indirizzandole un occhiolino.

Ovviamente non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni per far precipitare la donna fuori: dopo essersi assicurata che Alya non la seguisse, Cecilia uscì immediatamente di casa, mentre Aster - dopo aver preso la bambina in braccio - osservava divertito la scena dalla finestra.
"Non prendere esempio da tua madre Alya... è talmente pazza da essersi dimenticata la giacca e la sciarpa... Sil torna indietro subito! Che razza di esempio stai dando a nostra figlia? Come prendere la broncopolmonite in cinque minuti?"


Una volta fuori nel cortile, rabbrividendo per il freddo e sfregandosi le mani sulle braccia, Cecilia ci mise un po' a capire in che cosa consistesse la "sopresa" del marito.
Ma quando lo capì cacciò un vero e proprio urlo di gioia: davanti a lei, con il pelo bianco talmente candido da confondersi con la neve, si trovava un cucciolo di pastore maremmano.

"Oh per Merlino! Ma sei bellissimo! Ma sei proprio un cucciolone bello bello bello!" Annunciò con tono zuccheroso al cucciolo, iniziando a fargli subito le coccole, prima di cambiare improvvisamente tono di voce "ASTER SIRIUS EVANS SEI UNO SCREANZATO! MA COME TI E' VENUTO IN MENTE DI LASCIARE UN CUCCIOLO FUORI DI CASA AL FREDDO E DA SOLO? ... Vieni tesoro, ci pensa la mamma a te!"


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maremmano Neve


21 giugno 2009, Villa Evans


Sentendo il rumore di passi spostarsi lungo il corridoio, Cecilia si arrotolò nel lenzuolo.
Poi gettò una veloce occhiata ad Aster, che continuava a dormire tranquillo e della grossa.

Beh, l'avrebbe fatto ancora per poco.

Quasi come per confermare quel pensiero, pochi secondi dopo la porta della loro camera venne spalancata e Alya, seguita dall'ormai onnipresente Neve, si gettò sul letto dei genitori, urlando "BO COPLEANNO PAPA'!", mentre la maremmana, in preda all'euforia, saltellava per la stanza abbaiando e scodinzolando.
Solo dopo diversi richiami di Cecilia la cagnolona si mise buona, accucciandosi di fianco al letto - nel lato della padrona - e appoggiando il muso sul suo grembo, ricevendo in cambio un po' di coccole.

Nel frattempo, dopo essersi assicurata di avere davvero svegliato il padre, Alya si era messa a saltellare sul letto ridendo, reclamando la colazione.

"Buon compleanno amore." Lo salutò Cecilia mentre guardava divertita la scena, sporgendosi verso di lui per baciarlo.
"E io che volevo passare il resto della giornata a dormire." Borbottò Aster roteando gli occhi "Ma non c'è un tasto per farla stare buona, anche soltanto per mezz'ora?"
"Temo di no." Replicò la tassorosso. "E mi sa che a breve la situazione peggiorerà."
"In che senso scusa?" Domandò il Serpeverde distrattamente, controllando che Alya non si facesse male, dal momento che aveva iniziato a fare le capriole sul letto.
"Nel senso che sono incinta... e ho superato lo scoglio dei 3 mesi. Secondo la ginecologa arriverò tranquillamente in fondo, questa volta." Replicò lei allargando il sorriso "Quindi... BUON COMPLEANNO PAPA'!"


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Miranda_Fawley Miranda Cressidra Fawley in Malfoy


ottobre 2009, Villa Evans


"Posso solo capirti Sil, ma il fatto che tu ti stia preoccupando vuol dire che non succederà." La rassicurò Miranda, accarezzandole dolcemente la testa.
"Ma io..." Provò ad insistere Cecilia, profondamente insicura.

Più la data del parto si avvicinava, più la paura che quella situazione si avverasse diventava concreta.

"Te lo ripeto: non succederà." Ripetè Miranda interrompendola "Quando sono rimasta incinta di Cassandra ho avuto paura anche io di dare più spazio a lei che non ad Hoshi, visto che la seconda era davvero mia figlia. Ma sai una cosa? Quando me l'hanno messa in braccio, subito dopo averla partorita, ho
semplicemente capito di essere diventata madre per la seconda volta. E lo capirai anche tu." La rassicurò nuovamente, facendole l'occhiolino "E lo sai che in queste cose in famiglia siamo esperti." Le ripetè "Io ho adottato Hoshi, papà Markus è stato adottato da nonno Claudius e tu hai adottato Alya: non è il sangue che crea una famiglia, ma l'amore che ne lega i componenti... ma che fai, piangi?" Concluse inarcando un sopracciglio.

"No!" Fu la risposta nasale della tassorosso che però, quasi come per contraddirsi, appellò immediatamente un fazzoletto nel quale tuffò il viso "Non sto piangendo! La colpa è solo di questi maledetti ormoni!" Proclamò prima di scoppiare a ridere "Visto? Sono letteralmente isterica! Cosa fai... mi prendi in giro?" Domandò poi rabbuiandosi, vedendo la cugina portarsi una mano alla bocca per non ridere.
"Scusa tesoro, non è per te... solo che mi sono ricordata com'ero io al tuo posto!" Ridacchiò Miranda.
"Sarà meglio per te." Replicò Cecilia stringendo appena le palpebre "Comunque davvero credi che non ci saranno problemi?" Domandò poi, ritornando di colpo seria, riprendendo così il filo del discorso iniziale.
"Mia cara... essere genitori porta inevitabilmente con sè una marea di problemi." Rispose la Grifondoro sospirando "Ma tu e Aster siete stati magnifici fino ad ora, in questi due anni. Farete sicuramente degli errori - chi è che non li fa in fondo? - ma questo non significa che sarete meno bravi, ma semplicemente che siete umani."
"Mi starai accanto durante il parto?" Si lasciò sfuggire a quel punto la Weiss, ponendo finalmente la vera domanda che la tormentava da quando sua cugina era lì.
"Prima, durante, dopo e in tutto quello che verrà." Promise Miranda.


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Andromeda_e_NeveAndromeda Cecilia Evans, 10 mesi


agosto 2010, Villa Evans


"Povera Neve!" Si ritrovò a pensare Cecilia divertita, seduta sulla veranda per controllare le due bambine che si stavano divertendo in cortile con il cane.
O meglio, loro due di sicuro lo facevano, ma sul fatto che anche la maremmana si stesse divertendo, la tassorosso aveva i suoi dubbi.

Alya - di tre anni - continuava a correre dietro a Neve, ordinandole spesso di fermarsi e di chinarsi alla sua altezza, in modo da poterla montare come un cavallo ed essere portata in giro per il cortile.
Andromeda invece non sapeva ancora camminare o formulare frasi di senso compiuto, tuttavia agitava spesso le braccine in aria, cercando così di attirare l'attenzione del cane. E ogni volta che ci riusciva le stritolava il collo con degli abbracci.

Probabilmente Neve aveva capito che quello era il modo delle bambine di dimostrale il loro affetto perchè, nonostante tutto, nemmeno un guaito di protesta era ancora uscito dal suo muso.

Tuttavia, quando la vide per l'ennesima volta sdraiarsi sul prato - ovviamente di fianco ad Andromeda - e tirare fuori la lingua per il caldo, Cecilia decise di intervenire in favore di quella che, nonostante fossero passati già due anni, continuava a considerare come la sua cucciola.
Con un colpo di bacchetta appellò una ciotola con dell'acqua fresca e poi si alzò in piedi.

Ma non fu l'unica a farlo.

Aggrappandosi infatti con le braccine al collo dell'animale, Andromeda si alzò per la prima volta sulle sue gambe traballanti, muovendo così i primi passi della sua vita.

"Oh Merlino!" Esclamò Cecilia, lasciando andare di colpo la ciotola d'acqua, che cadde dimenticata sul terreno. "ASTER!"

Probabilmente distratta dalla voce della madre, Andromeda ondeggiò pericolosamente sul suo corpo, perdendo così l'equilibrio.
Ma non cadde mai a terra.

Mentre Aster si affacciava alla porta di casa, attirato dalle urla della moglie, Neve diede una leggera spinta con il muso alla bambina, permettendole di riacquistare l'equilibrio.
Poi le si affiancò, accompagnandola così nei suoi primi passi.


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7 aprile 2012, Villa Evans


"Certo che per non essere riusciti ad avere figli per così tanto tempo state recuperando in fretta!" Esclamò Cassiopea divertita, guardando Cecilia  sprofondare sempre di più nella poltrona a causa del pancione.
"Senti chi parla!" Replicò la rossa sbuffando "Guarda che sono solo al terzo figlio, esattamente come te!" Le fece notare, indicandole la pancia non indifferente che anche la Black sfoggiava.
"Sì ma ogni tanto fatela una pausa!" La prese in giro la Corvonero ridacchiando. 
"Lo sai che io ed Aster non riusciamo mai a stare lontani troppo a lungo." Replicò Cecilia con un sorrisetto malizioso "Mi chiedo ancora come ho fatto, in quel mese di luglio di cinque anni fa, a stargli lontana per così tanto tempo."
"Lo sai che ci si può divertire anche senza rimanere sempre incinte, vero?" Fu la risposta ironica di Cassiopea "Si chiamano 'anticoncezionali'."
"Lo so... ma non ho avuto figli per così tanto tempo che ho quasi paura di non riuscirci di nuovo." Commentò la Weiss con un sospiro "Perciò ne approfitto finchè la situazione è favorevole."
"Oh beh cerca di non esagerare, ma se sei felice così allora non dirò più una parola sull'argomento." Chiuse la questione la Corvonero "Croce sul cuore." Promise solennemente, prima che entrambe scoppiassero a ridere.

"Allora, maschio o femmina questa volta?" Domandò Cassiopea dopo un po'.
"Femmina: Cara Libra Evans." La informò Cecilia, portandosi una mano sulla pancia. "Aster, quando l'ha saputo, ha rischiato di avere una crisi isterica." Aggiunse poi ridacchiando "Ha affermato che ormai è circondato e che noi donne saremo la sua rovina... Ma così facendo ha dimostrato che l'unica vera femminuccia in casa è lui."
"A giudicare dalle tue gravidanze non si direbbe proprio." Fu il commento ironico della Black, che ridacchiò a sua volta.


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Alya_L_Evans Alya Livia Evans, 9 anni  Andromeda_Evans Andromeda Cecilia Evans, 7 anni

Cara_Evans Cara Libra Evans, 4 anni   Sirius_Aster_Evans Sirius Aster Evans, 1 giorno


9 marzo 2016, San Mungo


"Lo voglio prendere in braccio io!"
"No io!"
"Io sono la più grande, quindi tocca a me!"
"Ma se non sai tenere in mano neanche il gatto!"
"Non è vero!"
"Invece è vero!"
"Bugiarda!"
"Sei cattiva!"
"Lo voglio iooooo!"


"Adesso basta! Fate silenzio tutte e tre!" Le zittè immediatamente Gillian, gettando loro un'occhiata ammonitrice "Siamo in un'ospedale non ad una fiera! E vostro fratello non è un giocattolo che vi potete contendere!"


Era da più di dieci minuti - ovvero da quando Miranda era uscita dalla sala parto per annunciare la nascita dell'ultimogenito di casa Evans - che le bambine avevano iniziato a litigare tra di loro su chi dovesse prendere in braccio il fratellino.
E ancora nessuna era riuscita ad uscire vincitrice dallo scontro.
Per quel motivo Aster, ormai avvezzo alle loro discussioni e bonfocchiando qualcosa su un presunto mal di testa, si era rifugiato nella stanza dove era ricoverata temporaneamente la moglie, lasciando così l'incombenza di gestire le bambine alle cognate.

"Scusa zia!" Esclamarono a quel punto in coro tutte e tre, smettendo immediatamente di litigare e mettendosi buone in un angolo.
"Per risolvere il problema ho un metodo infallibile: scriverò i vostri nomi su un fogliettino e poi li estrarrò a caso. La prima che esce prenderà Sirius in braccio per prima, poi seguiranno le altre." Continuò Gillian facendo comparire dal nulla un foglio di pergamena, una penna e una boccetta di inchiostro "E la prima che oserà protestare sarà esclusa dall'estrazione. Sono stata abbastanza chiara?"
"Sì zia."



"Certo che tua cugina sa come tenerle buone eh?" Commentò Aster, dopo aver assistito alla scena dalla porta "Non è che possiamo assumerla come baby sitter?"
"Direi che già i suoi le danno un bel po' da fare." Commentò Cecilia ridacchiando, guardando Sirius succhiare avidamente dal suo seno. "Ma possiamo sempre provare a chiederglielo."
"Soprattutto se in futuro vorremo avere una serata tutta per noi." Propose suo marito, assumendo un tono vagamente malizioso.
"Ah no, adesso basta!" Si oppose però la tassorosso "Ne ho avuti quattro praticamente di fila, quindi non voglio più sentir parlare di gravidanze e pannolini per un pezzo. E tu non hai diritto di replica!"
"Ma..." Provò a protestare il biondo.
"Oppure lo avrai quando anche tu imparerai a partorire... o anche a fare qualcosa di lontanamente simile." Lo interruppe la Weiss.
"... e cosa sarebbe 'fare qualcosa di lontanamente simile', scusa?" Domandò confuso il serpeverde, inarcando un sopracciglio perplesso.
"Imparare a cagare un melone... ovviamente intero."


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2018, Villa Evans


"Mammaaaa!" Strillò Alya eccitata, saltellando su e giù, dopo aver visto dalla finestra un gufo con lo stemma di Hogwarts scendere in picchiata verso la loro casa. "Sta arrivando! Sta arrivando la mia lettera per Hogwarts!"

Quasi correndo - nonostante sua madre le avesse ripetuto più volte di non farlo - Alya si precipitò in cucina. Ma non trovò i volti dei suoi genitori felici come si era aspettata, anzi sembravano tesi.
"Che succede?" Domandò perplessa "E' morto il gatto per caso?" Aggiunse pensando al vecchio Tibby, che ormai da settimane mostrava i segni più che evidenti della vecchiaia.
"No tesoro." Replicò Cecilia sospirando.
"Puoi sederti un attimo per favore? Dobbiamo parlarti." La invitò suo padre. "E dobbiamo farlo prima che tu apra quella lettera."
"Non sono ammessa ad Hogwarts per caso?" Domandò a quel punto Alya, sentendo il battito del suo cuore accelerare di colpo.
"No tesoro, sei ammessa eccome. Ma dobbiamo dirti una cosa che riguarda la tua nascita." Replicò Cecilia "Per favore siediti." La invitò di nuovo "Ti devo raccontare una storia... Hai presente l'associzione della zia Cassy?"



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Alya_Evans Alya Evans, 5° anno, Corvonero


2023, Hogwarts, Ufficio della Preside McGranitt


Sentendo bussare alla porta, la ormai anziana Preside si prese un momento per respirare a fondo due o tre volte prima di invitare la persona dall'altra parte ad entrare.
Sapeva già perfettamente di chi si trattasse, ma il fatto era che non sapeva bene come affrontare il discorso.

"Avanti!" Si arrese alla fine, facendo così entrare nel suo studio Alya Evans.
"Buon pomeriggio preside." La salutò educatamente la ragazza "Sono in ritardo per caso?"
"Assolutamente no... si accomodi." Rispose la donna, scrutandola da dietro i suoi occhiali quadrati e indicandole la sedia "Immagino si starà chiedendo per quale motivo l'ho convocata qui."
"In effetti sì." Replicò la Corvonero, sedendosi come le era stato suggerito.

"Andrò dritta al punto, signorina Evans: il professor Vitious mi ha riferito il mestiere che lei ha segnalato nella sua scheda, ciò che vorrebbe fare una volta diplomata." Spiegò allora la donna. "E' ancora ancora della stessa idea?"
"Sì, signora preside." Rispose Alya annuendo "Sarebbe questo il problema? Il fatto che voglio seguire le orme di mia zia Cassy e prendere a mano la sua associazione?"
"Signorina Evans..." Replicò a quel punto la Preside "Lei è a conoscenza... della sua situazione familiare?" Domandò quasi con un filo di voce, domandandosi quasi con timore come avrebbe fatto in caso contrario.
"Se si riferisce al fatto che non sono la figlia di sangue dei miei genitori, preside, la mia risposta è sì: mi hanno informato della cosa quando avevo undici anni." Rispose la ragazza serenamente. "Poco prima che mi arrivasse la lettera."
"Quindi lei ha la consapevolezza che, una volta che avrà preso a mano l'associazione di sua zia tutta la stampa - e non solo - si butterà a pesce su di lei?" Continuò la McGranitt assumendo un'espressione alquanto nervosa "Vorranno conoscere ogni singolo secondo della sua storia e questo fatto... potrebbe saltare fuori. Il suo padre naturale potrebbe venirne a conoscenza e avanzare dei diritti su di lei... magari cercare di rimpossessarsi della sua vita, cercare di imporle un matrimonio o..."
"Ne ho la consapevolezza professoressa." La interruppe Alya sorridendo serena "Ma vede... innanzitutto non è detto che la storia salti davvero fuori. Ma se dovesse succedere saremo pronti ad affrontarne le conseguenze.
Dovrei forse chiamare padre un uomo che ha massacrato di botte la mia madre naturale? Cecilia e Aster Evans sono i miei genitori. E, come tali, faranno tutto ciò che è in loro potere per proteggermi... e non solo loro. Inoltre professoressa... se persone come il mio padre biologico possono ancora fare certe cose - come, ad esempio, imporre un matrimonio alle proprie figlie - significa che mia zia ha appena grattato la superficie in questi anni. Perciò, a maggior ragione, avrò parecchio lavoro da svolgere. Non crede anche lei?"


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Chi vorreste vedere nel prossimo?



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Capitolo 3
*** Aaron Morgan ***


3


Ed è il turno di Aaron! 


- Aaron Morgan - 


Aaron_Morgan
Aaron Morgan, 11 luglio 1972




"So che hai appena partorito e vorresti Darius a casa qualche giorno per aiutarti" Commentò Aaron "ma ci è stato per più di un mese e ha abbondantemente superato il numero di giorni di ferie che aveva a dispo..."
"Non sono venuta qui per questo" Lo interruppe però Cassiopea "Sono venuta per Julia."


"Cosa significa che il Dipartimento non muoverà ulteriori accuse contro Julia/Victoria e che verrà liberata entro poche ore? 
E tutto il lavoro che abbiamo fatto in questo mese?" Domandò incredula Melisandre.

(da cap. 20 - Epilogo)




16 luglio 2007, Ministero della Magia, Dipartimento Auror




"Cassy... ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?" Domandò incredulo l'Auror.
"Non te lo sto chiedendo: te lo sto ordinando." Replicò la donna.
"Non eri tu quella furiosa, quella che aveva promesso che se avesse trovato il vero assassino gli avrebbe fatto passare l'inferno solo per aver incastrato Darius?" Provò a farla ragionare Aaron "Adesso lo sappiamo chi è stato."
"Sì, è vero." Confermò lei "E sappiamo anche che si tratta di una madre." Continuò decisa.
"Non possiamo fare beneficienza soltanto perchè chi ha commesso un delitto ha dei figli!" Sbottò a quel punto lui "Altrimenti inizierebbero a trincerarsi tutti dietro a quella scusa, oppure a farsi mettere incinta apposta! Cassy, ti prego, ragiona!"
"Ho già ragionato e questa è la soluzione migliore: quella donna è stata sotto un ricatto bello e buono per anni. Ricatto portato avanti da un mio dipendente." Rimarcò Cassiopea "Senza che io mi accorgessi di nulla... proprio io, che mi accorgo sempre di ogni cosa... mi domando ancora come sia stato possibile." Ammise abbattuta.

"Quindi stai cercando di graziare Julia per lei... o per te?" Ribattè Aaron dopo un po'.
"Credo per entrambe." Ammise lei con franchezza "Ma questo non cambia la sostanza: abbiamo noi la denuncia in mano... e io l'ho appena ritirata." Affermò decisa "Se hai bisogno per altri tecnicismi giuridici chiedi ad Alexis." 

"E se io andassi avanti lo stesso?" La provocò Aaron, nel momento in cui Cassiopea, spingendo la sedia a rotelle, era quasi arrivata alla porta.
Alquanto lentamente, la donna si girò di nuovo verso di lui. "Forse non ti è
abbastanza chiara la situazione, Aaron: Julia è rimasta incinta facendo la prostituta. Secondo la legge, basterebbe questo per toglierle la custodia dei suoi figli per sempre. Se tu proseguissi comunque con le indagini, questa cosa salterebbe fuori, prima o poi. I bambini sarebbero sbattuti in un orfanotrofio e non potrebbero vedere la madre mai più. Davvero vorresti vivere con questo peso sulla coscienza?"

"E allora lascio un'assassina in libertà?"
"E' stata la voracità di Samuel ad ucciderlo, non lei: se non avesse voluto consumare la droga - che lui stesso l'ha costretta a portargli - si sarebbe salvato." Rispose Cassiopea sbuffando "Adesso, se non ti dispiace, tornerei a casa: devo allattare mio figlio. Anche io, per lui, sarei disposta ad uccidere. Quando avrai figli anche tu, capirai di che cosa sto parlando."


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Senza che i due Mangiamorte riuscissero quasi ad accorgersene entrarono in casa, prendendoli di sorpresa.
Ma la vera sorpresa la ebbe Aaron, quando salì al piano superiore per controllare che davvero quei due fossero gli unici abitanti della casa.
Perlustrando le varie stanze, arrivò nella cameretta di un bambino, che dormiva tranquillamente nel suo lettino.

In pochi secondi, Aaron riuscì ad immaginare tutta la vita che si sarebbe prospettata per lui, se fosse cresciuto nella società magica.

Qualche ora dopo, ripetendo come un mantra di aver fatto la cosa giusta, mostrò a tutti i ricordi che riguardavano il cadavere del bambino, dicendo che era morto per un banale incidente, mentre circondavano la casa e la attaccavano. 

In realtà aveva portato il bambino ad una coppia di babbani, amici di famiglia.
I Miller avrebbero cresciuto quel bambino con tutto l'amore possibile. E quando si sarebbero verificati i primi episodi di magia involontaria, sarebbe stato lui a spiegargli ogni cosa sul mondo magico.

(da cap. 9 - Aaron Morgan)



2009, Casa Miller


Quando Damien Miller, dal cortile di casa, vide quella figura familiare maschile risalire il vialetto puntando dritto verso casa sua, si mise quasi a saltellare dalla gioia.

Lo zio Aaron, un caro amico dei suoi genitori, era davvero un uomo fantastico.
E le sue magie, fatte con la bacchetta magica vera quando i genitori non c'erano, erano un qualcosa che lo lasciavano sempre con la bocca spalancata.

Quanto gli sarebbe piaciuto poter fare come lui!

Di sicuro, con una bacchetta del genere, avrebbe fatto in modo di rendere la sua scorta di cioccolata inesauribile.

Una volta glielo aveva anche confidato e Aaron, dopo avergli scompigliato scherzosamente i capelli, era scoppiato a ridere di gusto.
"Credimi: saprai fare anche cose molto più belle ed utili." Gli aveva assicurato.
"Davvero potrò usare la magia anch'io?" Domandò il bambino incredulo, con gli occhi che gli si erano illuminati di gioia, davanti a quella prospettiva.
"Assolutamente sì." Aveva confermato l'Auror "Devi soltanto aspettare di avere l'età giusta." Gli aveva poi spiegato, facendogli l'occhiolino.

"Zio!" Aveva esclamato Damien, dopo aver aperto il cancelletto che delimitava il perimetro del cortile per correre velocemente tra le braccia del suo zio preferito, che immediatamente lo sollevò per aria, come se non avesse avuto peso "Che bello vederti! Mi fai vedere ancora una volta come far sparire la sedia?"

Dal momento che i vicini babbani avrebbero potuto pensare a lui soltanto come un bravo prestigiatore, Aaron non si preoccupò più di tanto per quella richiesta, quasi urlata per la strada.
"Massì, massì te lo faccio vedere volentieri." Commentò sorridendo "Ma prima di farlo devo consegnare un regalo speciale: sbaglio o qualcuno
qui, oggi, compie 11 anni?"


-*-*-*-


2010, Dipartimento Auror, ore 18.30


Con un verso di sconforto Aaron si mise le mani tra i capelli, guardando la piccola catasta di fascicoli che si era andata ad accumulare nel corso delle due settimane precedenti sulla sua scrivania.
Fascicoli che non erano soltanto da ordinare e smistare, ma che contenevano anche svariati casi da risolvere... e che lui non aveva ancora nemmeno aperto per mancanza di tempo.

Da quanto tempo non si prendeva una vera vacanza?

Troppo, troppo tempo.
Ci aveva provato, circa tre mesi prima, a prendere qualche giorno di vacanza, solo per se stesso.
Ma poi, una volta che si era ritrovato nella propria casa - completamente vuota - e intento a fare nulla, aveva cominciato a pensare alla caterva di fascicoli che giacevano nel suo ufficio, in attesa di qualcuno che se ne occupasse.

E quel tempo passato a casa gli era sembrato di colpo totalmente inutile, mentre così tante persone avevano bisogno del suo aiuto.

Possibile che a soli 38 anni si fosse ritrovato di punto in bianco ad essere un maniaco del lavoro?

E pensare che soltanto fino a pochi anni prima, tra i suoi desideri, c'era quello di costruirsi una famiglia tutta sua.
Come aveva fatto, da quella idea piena di amore e calore, a voler invece passare quasi tutta la sua giornata in ufficio, in mezzo a fredde e lugubri carte?

Forse perchè lui, a differenza di molti suoi colleghi, una famiglia non ce l'aveva. Si ritrovò a ragionare amaramente. E non se la sarebbe neanche riuscita a costruire, se avesse continuato a fare doppi turni e a lavorare di continuo. Realizzò tristemente.

"Aaron?" Lo distrasse una voce dietro di lui "Hai intenzione di rimanere in ufficio ancora per molto?"
"Ho ancora moltissime cose da fare Darius." Replicò, indicandogli con un cenno la piccola catasta sulla sua scrivania "Quindi direi di sì."
"Anche per l'orario di cena?" Domandò il russo.
"Immagino di sì." Rispose Aaron, pensando per un attimo con malinconia a cosa lo avrebbe aspettato una volta tornato a casa. Ovvero un frigo completamente vuoto.
"Sei proprio sicuro?" Insistette ancora Darius. "Perchè a me e Cassy farebbe piacere averti come ospite a cena."

"Farebbe piacere a tua moglie... oppure a te?" Chiese a quel punto Aaron, rivolgendogli un'espressione perplessa.
"Ti pare che io possa invitare qualcuno a cena senza l'approvazione di mia moglie?" Lo sbeffeggiò a quel punto il Black, roteando gli occhi al cielo "Tu mi comanderai anche al lavoro... ma per il resto comanda lei!"
"Vi ringrazio per l'invito, ma stasera proprio non riesco... magari un'altra volta." Replicò Morgan, soffocando una mezza risata davanti alla candida ammissione del collega.
"D'accordo. Ma sappi che l'ordine viene dall'alto... quindi ti suggerisco di accettare il prima possibile." Gli consigliò Darius, prima di battergli la mano sulla spalla per congedarsi. "Io vado. Passa una buona serata!"
"Sì, anche tu." Replicò Aaron, prima di tornare alle sue 'amatissime' cartelline e sospirare rassegnato.

Per quale diamine di motivo aveva detto di no?






una settimana dopo



"AARON MORGAN!"

Senza alcun riguardo per le diverse cartelle appena impilate e ordinate sulla scrivania, una furia di nome Cassiopea Black scaraventò i pugni sul legno massiccio, allungando il volto verso quello che, almeno teoricamente, doveva essere il capo di suo marito.

"SI PUO' SAPERE DA QUANT'E' CHE NON PRENDI UNA PAUSA DA QUESTO UFFICIO?" Continuò imperterrita la donna, lanciandogli un'occhiataccia.
"Cassy." La salutò lui con un cenno, per nulla spaventato dai suoi modi "Si può sapere da quant'è che ti hanno nominata mia baby sitter personale?"
"E' già il terzo invito a cena che rifiuti in una settimana. Se non sapessi già che la mia cucina fa schifo, lo prenderei come un insulto personale." Dichiarò la purosangue, guardandolo storto "Ma è della cucina di Cata che stiamo parlando: quindi l'insulto è doppio."
"Non sto rifiutando i tuoi inviti per la qualità della cucina" Replicò però l'Auror, mentre la sua attenzione era tornata a concentrarsi sul contenuto di un fascicolo "ma soltanto perchè non ho tempo."
"Allora trovalo." Gli ordinò lei.

"Non è che posso trovare il tempo libero a comando!" Protestò a quel punto Aaron.
"Pff! Tutti lavoriamo, abbiamo famiglia e - indovina un po'? - abbiamo anche del tempo libero. Se ci riusciamo noi, non vedo perchè non dovresti riuscirti tu." Commentò Cassiopea "Si chiama 'organizzazione'."
"Ma io..."

"Settimana prossima va bene?" Lo interruppe lei.
"Veramente..."
"Molto bene, allora facciamo giovedì sera."
"Cassy..."
"Alle 8, puntuale. Presentati 'docciato', profumato e sbarbato." Continuò la Black, gettando un'occhiata storta alla barba ormai abbastanza lunga e disordinata dell'uomo "Se non ti presenti, ti vengo a prendere per i capelli. Sono stata abbastanza chiara? Meraviglioso!" Chiuse il discorso prima di smaterializzarsi, impedendogli così di replicare.


Per qualche secondo, Aaron fissò il vuoto davanti a sè con sguardo stralunato.
Non aveva alcun dubbio che, se il giovedì seguente non si sarebbe presentato alla Villa in orario, la donna sarebbe davvero andata a prenderlo per i capelli.
Perciò non aveva vie di scampo: era appena stato incastrato da Cassiopea Black.


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2011, Casa Morgan


Ci mise un po' a realizzare che l'odore che stava sentendo era quello di caffè appena fatto, tuttavia, appena se ne accorse, l'uomo spalancò gli occhi, tirandosi su di scatto dal letto.
Poi si diresse velocemente in cucina dove, oltre all'aroma del caffè in ebollizione, si trovava una donna intenta a preparare una sostanziosa colazione ai fornelli, avvolta soltanto in una sua maglietta.

Utilizzando il tipico passo felpato sviluppato nel corso degli anni come Auror, Aaron si diresse verso di lei e la abbracciò in vita, depositandole una scia di baci sul collo.
"Non eri obbligata a prepararmi la colazione sai?"
"Veramente la mia intenzione era di portartela a letto" Rispose lei "Ma visto che sei sveglio..." Continuò girandosi verso di lui, prima che un pensiero improvviso la colpisse, portandola ad inarcare le sopracciglia con aria preoccupata "Ehy... non è che ti ho svegliato io stegamando vero? Avrei dovuto insonorizzare la stanza!"

Davanti a quella domanda, l'uomo scoppiò a ridere "In realtà è stato l'odore del caffè." La rassicurò "E poi, credimi Sophie: non avevo un risveglio così bello da secoli."

Mentre Sophie si alzava sulla punta dei piedi per baciarlo, Aaron si trovò a ripensare a quella famosa cena di circa un anno prima, dove Cassiopea l'aveva quasi trascinato per i capelli.
Era lì che l'aveva conosciuta.
E, senza riuscire a capire cosa gli stesse succedendo, si era ritrovato a fissarla come un'ebete, incapace di proferire parola per mezza serata.

Non sapeva come, ma Cassiopea aveva indovinato anche quello.
L'aveva incastrato
di nuovo.


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SophieSophie Melcado, 7 settembre 1980, ex Corvonero



La tua magia è un abominio! Frutto di un furto ai danni di ben due maghi!" Continuò la Umbridge imperterrita.
"NON E' VERO!"
 
"Per questo motivo la Corte vi condanna - tu e i tuoi genitori ladri - alla detenzione nella prigione di Azkaban a vita!"

Avrebbe tanto voluto ribellarsi ancora, ma lo avevano privato ormai giorni prima della bacchetta.
E non poteva neanche contare sulle sue forze: si erano divertiti, in attesa di quel processo farsa, a lasciarlo senza cibo e senza acqua, alternando su di lui torture varie. 
Gli stessi che fino a qualche mese prima aveva considerato come suoi buoni colleghi.

Non seppe chi di quelli che lo trascinavano, ma uno di loro lo schiantò. 
Il suo ultimo pensiero prima di svenire fu che non ci sarebbero mai riusciti, se lui fosse stato in forze e armato di bacchetta.

Quando riaprì gli occhi si ritrovò rannicchiato in una delle celle buie, umide, fredde e strette di Azkaban.




Non appena raggiunse l'esterno dell'edificio si appiattì contro la parete, iniziando a fare respiri profondi.

I luoghi chiusi e piccoli, come le stanze adibite agli interrogatori, continuavano a dargli fastidio e a causargli crisi di panico, nonostante fossero passati anni.


Pian piano 
si accasciò su se stesso fino a sedersi sull'asfalto, ripetendosi mentalmente di respirare e guardare il cielo.

(da cap. 9 - Aaron Morgan)



2012, Casa Morgan


Con un sussulto, Aaron si svegliò di soprassalto.

L'aveva sognato di nuovo
. Aveva sognato di essere di nuovo ad Azkaban.

Al freddo.
Al buio.
Completamente cieco.
Completamente solo.

Ed essersi svegliato in una stanza al buio, in piena notte, non aiutava di certo a rallentare il battito accelerato del suo cuore.

Aveva bisogno di una fonte di luce.
La agognava più dell'aria.

Tremando violentemente cercò di appellare la bacchetta, senza però riuscirci.
Stava quasi per avere una crisi di panico, quando una voce femminile lo aiutò a riacquistare un minimo di lucidità.

"Aaron?" Emerse infatti la voce di Sophie, da qualche parte vicino a lui "Lumus!"

In pochi secondi la stanza venne illuminata a giorno e l'Auror si ritrovò avvolto nell'abbraccio della ragazza, che mentre con la mano sinistra gli accarezzava la schiena, con la destra gli prese la sua per portarla all'altezza del proprio cuore, per consentirgli - sentendone il battito regolare - di calmarsi.
"E' tutto ok Aaron, è tutto finito. Non sei più ad Azkaban: sei a casa."


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2013, Dipartimento Auror


"Vai già a casa Aaron?" Nonostante il tono apparentemente neutro, l'Auror riuscì comunque a distinguere lo scherno presente nella domanda di Darius, che stava scribacchiando qualcosa su un foglio.
Roteando gli occhi, Aaron si limitò a commentare "Percepisco la tua ironia fin qui. Ma ricordati che sono sempre il tuo capo."
"Sarebbe una minaccia questa?" Domandò il russo con tono palesemente ironico, facendosi anche scappare un mezzo sorriso. "Perchè ne ricevo di peggiori a casa... se vuoi impressionarmi devi impegnarti di più."

"Vorrei poterti prendere in giro per questa cosa, ma adesso che ho Sophie inizio a capire cosa intendi." Si lasciò scappare Aaron con un mezzo borbottio.

Che però Darius colse comunque.


"Che cosa ti aspettavi esattamente? Lei e Cassy sono amiche da una vita..." Gli fece notare "E' chiaro che mia moglie te l'ha messa in casa per comandarti a bacchetta anche da lontano. Lasciatelo dire: con quella cena ti ha incastrato. Ecco perchè ha insistito così tanto per farla."
"Di questo me n'ero già accorto." Borbottò l'inglese sospirando rassegnato. "E visto che anche Sophie mi ha incastrato, temo proprio di dover tornare a casa in fretta, prima che il suo isterismo raggiunga livelli epici." Aggiunse dando un'occhiata al suo orologio da polso "Ultimamente, se arrivo a casa anche solo con un minuto di ritardo, inizia a far volare i piatti."
"Tranquillo, di solito con le gravidanze funziona così." Lo rassicurò Darius senza pensarci "Passati i nove mesi si calmano... più o meno."

Ma Aaron non aveva ascoltato nulla del resto della frase.

La sua mente si era fermata molto prima, alla parola 'gravidanza'.

"Come hai detto scusa?"



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Thomas_MorganThomas Morgan, 1 anno


2015, Casa Morgan



Per quanto andasse indietro con la memoria, Aaron non riusciva a trovare tra i suoi ricordi un momento dove era stato più felice.
Si trovava nel salotto di casa sua, semisdraiato sul divano, con Sophie appisolata sul suo petto e suo figlio Thomas che giocava tranquillo sul tappeto, con quello che era ormai diventato da due mesi il suo giocattolo preferito - un orsacchiotto più grande di lui.

Peccato soltanto per quel piccolo particolare.

Un particolare che si trascinava dietro da ormai parecchi mesi, dentro alla tasca del suo mantello, ma che ancora non aveva trovato il coraggio di tirare fuori.

Se ci pensava, gli veniva quasi da ridere: proprio lui, Auror ormai esperto e conclamato, che era stato imprigionato ad Azkaban, che aveva combattuto la Seconda Guerra Magica uscendone indenne e che affrontava ogni giorno criminali e assassini di ogni calibro e pericolosità, che non riusciva a trovare il coraggio di tirare fuori un anello di fidanzamento dalla tasca per chiedere alla sua donna, la madre di suo figlio con la quale già conviveva, di sposarlo.

Per quale motivo riusciva ad affrontare con coraggio praticamente ogni cosa e poi, davanti a quelle più semplici, si faceva prendere dal panico così facilmente?

Non che non ci avesse provato, a farle la proposta.
Solo che ogni volta che prendeva coraggio, ripetendosi che la ragazza non avrebbe avuto motivo per rifiutarlo, ecco che qualcosa si metteva in mezzo.
Una chiamata urgente al lavoro, un gufo con una lettera... loro figlio che nasceva all'improvviso o che si metteva a piangere.
Insomma, tanti diversi motivi che l'avevano sempre portato a rimandare.


"Cos'è che ti tormenta?" Lo distrasse la voce di Sophie, svegliatasi proprio in quel momento.
"Perchè dovrebbe tormentarmi qualcosa? Sono qua con voi..." Rispose lui accarezzandole i capelli. "non c'è posto più bello."
"Avevi lo sguardo perso nel vuoto, con le iridi vagamente appannate... e anche una piccola rughetta sulla fronte." Replicò la donna, sfiorando il punto con l'indice "Proprio qui. Quindi non mentirmi."

"D'accordo allora... qualcosa in effetti c'è." Sospirò l'uomo rassegnato "Io..."

Ma non fece in tempo a terminare il discorso: Thomas, di punto in bianco, scoppiò infatti a piangere.
E ovviamente Sophie, con uno scatto che avrebbe fatto invidia a diversi velocisti, si alzò dal divano per precipitarsi verso di lui, prendendolo in braccio.

"Dicevi?" Domandò poi la donna, cullando dolcemente il bambino per calmarlo.

E Aaron, di punto in bianco, capì che non ci sarebbe mai stato un momento davvero giusto per chiederle di sposarlo, come aveva invece desiderato di fare tante volte.

Quello era il momento giusto: erano lì, tutti e tre insieme, in una pigra domenica pomeriggio.
Nient'altro contava.

Con un incantesimo non verbale appellò la scatolina - che teneva sempre a portata di mano - poi raggiunse la compagna posizionandosi alle sue spalle, e la prese per la vita con il braccio sinistro, sollevando quello destro all'altezza del volto della donna, in modo da darle una perfetta visuale di ciò che teneva in mano.

"Dicevo che... Sophie Melcado, vuoi diventare mia moglie?"


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2016, dependance di Villa Black (prima notte di nozze)



Tenendo sollevato il bordo dell'abito bianco - che ancora indossava - per impedirgli di sporcarsi strisciando sul pavimento, Sophie Morgan - nata Melcado - raggiunse la camera da letto che li avrebbe ospitati fino al mattino successivo, quando lei e Aaron avrebbero preso la passaporta che li avrebbe condotti alla meta per la loro Luna di Miele.

Poi sorrise a suo marito, già seduto sul letto e intento a litigare con il nodo della cravatta.

"Lascia, faccio io." Propose Sophie, avvicinandosi a lui e riuscendo in pochissimo tempo a realizzare l'operazione.
"Girati, che così ricambio con il tuo vestito." Le rispose maliziosamente Aaron, appoggiandole una mano alla base della schiena.
Ridacchiando per la proposta dell'Auror, la donna girò su se stessa e alzò le braccia per agevolarlo.

Ma fu solo quando si ritrovarono sopra al letto matrimoniale, ormai quasi completamente svestiti, che Sophie lo bloccò all'improvviso.
"Prima di andare avanti, è giusto che tu abbia il mio regalo di nozze." Lo informò, rispondendo così allo sguardo interrogativo dell'uomo "Sono incinta di due mesi. Di una bambina."

Per qualche secondo, l'Auror rimase completamente immobile, in attesa di assimilare la notizia.
Poi sorrise entusiasta, percorrendo il corpo della moglie verso il basso per depositarle infine un bacio sul ventre, ancora apparentemente piatto.

"Non ci potrebbe essere regalo migliore. Ti amo. Vi amo. Tutti e tre."



"Adesso, se non ti dispiace, tornerei a casa: devo allattare mio figlio. Anche io, per lui, sarei disposta ad uccidere. Quando avrai figli anche tu, capirai di che cosa sto parlando."



Sì, adesso lo capiva.


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Credo che la prossima sarà Candice!
A presto! ;)

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Capitolo 4
*** Candice Sutherland ***


4
Ed eccomi qui anche con Candice!
Buona lettura ;)


- Candice Sutherland - 


Candice_Sutherland
Candice Sutherland




30 luglio 2007, Mercato ortofrutticolo della Londra magica


Candice stava osservando attentamente una cassetta di frutta, quando la sua attenzione venne distolta da una voce a lei ormai nota.

"E questo cosa sarebbe?" Domandò infatti Cassiopea, rigirando tra le mani una cosa piccola, rotonda e di colore viola.
"Una rapa." Rispose la domestica dopo essersi voltata per lanciarle un'occhiata veloce, alquanto divertita dalla situazione.

Quando quella mattina aveva comunicato di doversi recare a fare la spesa - con tutti gli avvenimenti accaduti in quel mese, le dispense di Villa Black erano praticamente ormai vuote - Cassiopea, dopo un attimo di incertezza, le aveva chiesto se poteva accompagnarla, dichiarando di non essere mai stata al mercato in vita sua.

E Candice, dopo un attimo di perplessità, aveva acconsentito abbastanza docilmente. Un po' perchè alla fine dei conti era Cassiopea a pagarle lo stipendio - quindi tantovaleva accontentarla.
Ma, soprattutto, per la curiosità di vedere una Black - una delle famose purosangue superviziate - alle prese con le vicende delle comuni e 'poveri' mortali.

Insomma, una Black ad un supermercato non era esattamente una scena da tutti i giorni, no?

E doveva ammettere di averci visto bene sin da subito: avere Cassiopea Black al proprio fianco, mentre faceva la spesa, si stava rivelando essere uno spettacolo alquanto comico.

"E questo invece?" Domandò ancora Cassiopea, fissando con aria semidisgustata un altro ortaggio.
"Una patata." Le rispose Candice, trattenendo al pelo una risata.
"Maddai! Mi stai prendendo in giro?" Replicò però la Black, continuando a fissare con aria torva il tubero "Le mangio spesso le patate... e di sicuro non hanno questo colore!"
"Forse perchè quelle che lei mangia sono già lavate, sbucciate, speziate e cotte al forno?" Rispose l'americana con un leggero velo di ironia.

"Ah... perchè, si sbucciano?"

"La maggior parte delle volte sì, ma per alcune ricette non serve." Tramutando la risata in un colpo di tosse, Candice si voltò nuovamente verso la cassetta delle mele che stava analizzando prima di essere interrotta, cercando di selezionare le migliori.

Magari portarsi dietro Cassiopea Black ad ogni spesa non sarebbe stato umanamente praticabile... però farlo ogni tanto sarebbe di sicuro stato un ottimo modo per farsi due risate.



-*-*-*-


"Lascia perdere Alice. Sarete anche sorelle, ma siete obiettivamente molto diverse." Affermò James, incrociando le braccia dietro alla testa per sistemarsi meglio "E poi che domande mi fai? Sono stato o non sono stato io a darti il tuo soprannome, Candy? Fai tanto la dura, ma in realtà hai un cuore d'oro: è per questo che sei la mia migliore amica." Concluse alzandosi in piedi per andare ad abbracciarla.

(da "Un omicidio per i Black" - cap. 16)



15 luglio 2008, Villa Black


Candice guardò con un sorriso sulle labbra verso il tavolo del salotto, attorno al quale, in quel momento, tutta la famiglia Black era riunita per festeggiare il primo compleanno di Antares.
Il bambino era in braccio a sua sorella che, oltre a tenerlo stretto in vita, stava soffiando a sua volta sulla candelina per aiutarlo a spegnerla.

Probabilmente, se al posto di Alice avesse avuto come fratello James, il loro rapporto sarebbe stato molto simile a quello dei due piccoli Black.

Peccato che invece si fosse ritrovata Alice
, come sorella.

Nonostante condividessero sia il sangue che il DNA, ma non c'era praticamente nulla che le accumunasse.
A volte Candice arrivava addirittura a domandarsi se una delle due non fosse stata scambiata - appena nata - nella culla. Quello avrebbe quantomeno spiegato diverse cose.

Sostanzialmente, era da quando aveva lasciato gli Stati Uniti per l'Inghilterra che loro due non si sentivano.
A differenza dei genitori, che si facevano sentire abbastanza regolarmente, Alice non l'aveva mai cercata - mai una chiamata, mai una chiacchierata tramite camino, mai una lettera - e Candice aveva semplicemente accettato la cosa comportandosi allo stesso modo.

Per lei, era quasi come se Alice non esistesse.
Eppure, quando si ritrovava a guardare certe situazioni di altre famiglie, ecco che quel pensiero, che lei pensava di aver cacciato nei meandri più bui della sua mente, tornava ad affacciarsi prepotentemente.

Cassiopea Black aveva avuto due figli - e non era escluso che ne potesse avere altri in futuro - e stava cercando di farli crescere uniti.
Era stata figlia unica per circa vent'anni.
Eppure si era ritrovata a cercare figure fraterne tra i suoi cugini.
E aveva reintegrato nella sua famiglia anche i due fratelli - fratellastri - che aveva scoperto di avere soltanto alla soglia dei 26 anni - anche Alphard e Alya erano infatti presenti a quella piccola festicciola.

Non aveva conosciuto quelle persone per anni, eppure aveva fatto in modo che diventassero parte della sua famiglia.

Quindi per quale motivo lei, Candice, non avrebbe potuto provare a reinstaurare un minimo di rapporto con sua sorella, che conosceva sin dalla nascita?

James l'aveva perso... ma sua sorella era viva.
E, probabilmente, sarebbe stata l'unica sulla quale avrebbe potuto contare in ogni caso per sempre.



Qualche ora dopo, nel silenzio totale della sua camera da letto, Candice sigillò una lettera all'interno di una busta.
Poi, prima di pentirsi e tornare sui suoi passi, la consegnò al suo gufo.

Destinazione: Alice Sutherland.



-*-*-*-


2 agosto 2009, Villa Black, mattina


"Non così: devi essere più morbida con i tasti." Suggerì Candice a Lyra, appoggiando le proprie mani su quelle della bambina per farle capire la corretta sequenza da eseguire al pianoforte.

Erano entrambe sedute davanti allo strumento, in quella soffocante giornata d'estate, eppure a Candice non dava fastidio averla in braccio: erano ormai più di due anni che lavorava per i Black e non faceva fatica ad ammettere che, tra tutti i vari componenti della famiglia, Lyra fosse in assoluto la sua preferita.

"In questo modo va bene Candy?" Domandò la bambina, ripetendo nuovamente l'esercizio per cercare di migliorare, diffondendo così la melodia nell'aria.
"Così è già molto meglio, ma se vuoi migliorare ancora potresti..." Iniziò a suggerirle l'americana... almeno finchè non venne interrotta da un toc toc alla porta, che le fece alzare lo sguardo per incrociarlo con quello sorridente della padrona di casa.

"Disturbo?" Domandò Cassiopea, avanzando dentro alla stanza.
"Candy mi stava dando suggerimenti su come migliorare!" Le rispose Lyra indirizzandole un sorriso allegro.
"Vero, ma erano anche le battute finali per oggi, visto che l'ora di lezione è ormai finita." Rispose Candice, prendendole il ciappo che raccoglieva la sua folta chioma riccia per risistemarle l'acconciatura.
"Di già?" Si lamentò però la bambina, mettendo su un piccolo broncio. "Ma io mi stavo divertendo a suonare!"
"Facciamo così" Propose a quel punto Cassiopea "Di sotto c'è una merenda pronta, con succo di frutta ghiacciato - ci vuole con questo caldo - e una torta al cioccolato. Se vai a rinfocillarti, dopo puoi tornare qui a provare ancora. Tanto il pianoforte non si sposta da nessuna parte. Che ne dici?"


Non appena Lyra si allontanò, Candice si girò con aria interrogativa verso la Black, che aveva seguito la figlia con lo sguardo finchè le era stato possibile.
"Come mai hai allontanato tua figlia?" Domandò incuriosita "Devi farmi una proposta strana?"
"Dopo due anni hai imparato a conoscermi eh?" La prese in giro Cassiopea con tono divertito "Più una domanda in realtà... alla quale potrebbe seguire una proposta." Ammise alla fine.
"Ossia?" Chiese a quel punto Candice, innarcando un sopracciglio.

"Ossia... come mai il 2 agosto, il giorno del tuo compleanno, sei qui a lavorare?"
"Che c'è, non vuoi avermi tra i piedi?" Replicò l'americana, prendendola in giro a sua volta.

In quei due anni, oltre a passare dall'uso del 'lei' a quello del 'tu', Candice aveva imparato a conoscere per bene la purosangue. Scoprendo di avere diversi punti in comune con lei, compresi sarcasmo ed ironia pungente.
Imparare ad andare d'accordo, con quelle premesse, era stato molto più facile.

"In effetti no, non voglio averti qui." Rispose Cassiopea, tornando di colpo seria "Non voglio tenerti in un posto dove il tuo talento musicale andrebbe completamente sprecato, per quanto a mia figlia possa piacere imparare a suonare." Specificò.
"Quindi ecco la mia offerta: mi sono permessa di inviare un tuo disco ad un amico di famiglia, che insegna all'Accademia Luise Lacombe di Parigi: ne è rimasto entusiasta. Ogni anno la scuola dove insegna fa delle audizioni in giro per il mondo, in modo da selezionare i migliori da ammettere all'Accademia. E quelle per i talenti londinesi partono proprio oggi."
"Mi ha raccomandato?" Domandò incredula Candice.
"No." Negò però la donna "Io ho soltanto inviato un cd, che Martin ha ascoltato. La qualità e la tecnica artistica sono tutte tue. Quindi te lo richiedo, Candy:
come mai il 2 agosto, il giorno del tuo compleanno, sei qui a lavorare?"




sera


Candice rientrò in casa completamente esausta ma felice.

Ancora non ci poteva credere: nonostante non fosse sicura del tutto dell'estraneità della Black in tutto quello, ciò che contava era solo una cosa: aveva passato la selezione!
Da ottobre, se soltanto avesse confermato l'iscrizione, sarebbe stata ufficialmente un'allieva dell'Accademia Lacombe.

Nonostante l'ora ormai tarda, si sarebbe volentieri messa a saltellare per la felicità.

L'unica cosa che la preoccupava un po' era l'alto costo della retta dell'Accademia: con quello che era riuscita a risparmiare lavorando per i Black sarebbe riuscita a coprire di sicuro tutti i costi del primo anno, ma l'intero percorso era composto da tre.
Avrebbe trovato il modo di lavorare, al di fuori dell'orario delle lezioni? Oppure avrebbe potuto provare a chiedere una borsa di studio all'Accademia stessa?

Ma smise di preoccuparsi quando arrivò in cucina: sopra al tavolo, completamente immobile e in attesa del suo ritorno, si trovava un gufo dall'aria regale che lei conosceva molto bene.
Con, attaccato alla zampa destra, un biglietto e un assegno destinati a lei.


Complimenti per la selezione Candy! E, ancora una volta, buon compleanno!



-*-*-*-


29 settembre 2009, Parigi, Accademia Luise Lacombe


Candice, con la borsa contenente il violino nella mano destra e la valigia in quella sinistra, entrò per la prima volta nell'Accademia con un'espressione di meraviglia stampata sul viso.

Le sembrava di essere appena entrata in una cattedrale, più che in una scuola di musica.

L'ingresso era ampio e spazioso, molto illuminato dalla luce che filtrava dalle vetrate trasparenti, che si innalzavano fino al soffitto, alternandosi con le spesse mura color crema. Ma nonostante l'imponenza, il risultato era comunque quello di un ambiente familiare e confortevole: Candice non avrebbe saputo spiegare come o perchè, ma si sentiva per la prima volta davvero al suo posto.

"Già, fa sempre questa impressione la prima volta." Le comunicò una voce maschile alle sue spalle, facendola voltare di scatto "Tu sei Candice giusto?" Domandò poi, allungando la mano per stringergliela. "Io sono Dominic... oh, giusto!" Aggiunse vedendo la difficoltà con cui la ragazza stava cercando di ricambiare il gesto, avendo entrambe le mani impegnate "Dai pure a me la valigia. La porto io."
"Come fai a sapere chi sono?" Chiese Candice, vagamente sospettosa.
"Semplice: sono uno studente dell'ultimo anno. Di solito spetta a noi il compito di accogliere i nuovi, fargli fare un breve tour della scuola e accompagnarli fino ai loro alloggi." Spiegò allungando un braccio per toglierle la valigia dalle mani "E tu sei toccata a me... possiamo darci del tu vero?"



-*-*-*-

Dominic_La_Rouge Dominic LaRouge


gennaio 2010, Parigi, Accademia Luise Lacombe


"Visto che sei all'ultimo anno, tu cosa mi consigli  tra 'Musica ai tempi dell'Antica Grecia' e 'Musica e Teatro' come corso da seguire per il prossimo semestre?" Domandò Candice a Dominic, facendo capolino da dietro l'opuscolo informativo con la fronte aggrottata "Devo completare l'orario e sono in crisi!" Commentò poi sbuffando "Ci sono troppi corsi interessanti, fosse per me li farei tutti!"
"Evita 'Musica e Teatro'." Le suggerì immediatamente il ragazzo, che stava approfittando di quel momento di relax per sistemare le corde della chitarra "La prof è alquanto puntigliosa: io, ad esempio, ho dovuto ridare l'esame cinque volte prima di riuscire a passarlo."
"Ok, allora vada per 'Musica ai tempi dell'Antica Grecia'." Commentò Candice spuntandolo "Ho completato l'orario!" Trillò poi soddisfatta, guardando il foglio dove aveva riportato tutti i corsi che avrebbe dovuto seguire nel semestre successivo.

"Posso dare un'occhiata?" Le chiese a quel punto Dominic, allungando una mano verso di lei per farsi dare il foglio.
"Certo, guarda pure." Rispose l'americana passandoglielo "Certo che è proprio comoda questa attività di tutoraggio della scuola!" Commentò allegramente.
"In realtà il tutoraggio è finito nel momento in cui ti ho consegnato le chiavi della tua camera e la mappa dell'Accademia." Le comunicò il francese, con una scrollata di spalle.

"Come? Ma... ma l'hai fatto il primo giorno!" Commentò a quel punto Candice, sgranando gli occhi per la sorpresa. "Vuoi dire che hai continuato a farmi da tutor anche se non era previsto?"
"Già." Rispose lui in un borbottio, iniziando a leggere il foglio, lasciandola completamente di sasso.

Aveva sempre pensato che tutte le gentilezze che lui le riservava - o quantomeno una buona parte - fossero dettate dalle regole della scuola. E invece...
"Quindi perchè hai continuato a farlo?" Domandò con un filo di voce.

Per qualche secondo Dominic rimase in silenzio, fingendo di leggere un foglio del quale aveva letto sì e no le prime due righe.
Poi, dopo aver sospirato, confessò "Perchè mi sei piaciuta sin da subito... e visto che non ero abbastanza coraggioso per chiederti di uscire, ho cercato una scusa per continuare a vederti. Solo che poi ti ho conosciuto meglio e ho capito che tu nell'amicizia tra uomo e donna ci credi, quindi ho..."

Dominic non riuscì a finire la frase.
Candice, sporgendosi verso di lui, gli chiuse la bocca con un bacio.



-*-*-*-

"Mi sto nascondendo: mia sorella vuole giocare con le bambole ma io non voglio!" Dichiarò risoluta Candice, abbassando progressivamente il tono e iniziando a guardarsi preoccupata intorno, come per paura di vedere comparire davvero Alice dal nulla all'improvviso.
"Abiti qui anche tu quindi?" Domandò James, mentre i suoi occhi, fino a quel momento spenti, si illuminavano di gioia all'idea di avere finalmente una possibile compagna di giochi.
"Sì, al quinto piano." Rispose annuendo la bambina "Tu invece?"
"Io abito al terzo" Replicò lui "Ehy!" Aggiunse subito dopo, colpito da un'idea improvvisa "Puoi venire a nasconderti da me se vuoi!"
(...)
"D'accordo." Annuì alla fine "Io sono Candice comunque." Si presentò a quel punto.
"E io James."





"Ce l'hai già un'idea di cosa fare della tua vita una volta diplomata?" Domandò James.
Candice scosse però la testa: l'argomento "futuro" era una grossa incognita per lei: era sempre andata bene a scuola, senza però mai spiccare in nessuna materia in particolare. E nessuna carriera magica la attirava davvero.

L'unica cosa che era sicura di voler fare fino alla fine dei suoi giorni era suonare il violino. 


Ma quello, a parte a pochi fortunati, non avrebbe mai consentito a qualcuno di sbancare il lunario.

"Io vorrei trasferirmi in Inghilterra." Continuò il ragazzo "Lo sai che Londra è sempre stata il mio sogno... ed è anche una meta parecchio ambita, per i musicisti."



2014, Milano, Teatro "La Scala"


Poco prima che il direttore d'orchestra desse il via, Candice fece vagare lo sguardo lungo la folla che componeva il pubblico.
Anche se non riusciva a vedere bene, visto che a differenza del palco il resto del teatro era al buio, sapeva che Dominic era lì, da qualche parte.
Insieme al resto della sua famiglia, arrivata da Atlantic City quel pomeriggio appositamente per lei.

Ma non era nessuno di loro che stava cercando.

Nonostante in quegli anni avesse recuperato un po' il rapporto con la sorella infatti, non erano mai riuscite a legare più di tanto.
Non c'erano riuscite quando abitavano nella stessa casa. Figurarsi quando erano state divise da un intero oceano.

No, Candice non stava cercando nè Dominic, nè Alice, nè, tantomeno, i suoi genitori.
E neanche i Black, nonostante sapesse che avevano fatto di tutto per essere a loro volta presenti alla serata.

Stava cercando un'altra famiglia, che aveva a sua volta attraversato l'oceano per venire ad ascoltarla suonare.
Una famiglia che aveva considerato ben presto alla pari della propria, nel momento in cui un ragazzino incontrato sulle scale per caso l'aveva invitata ad entrare.
E che, miracolosamente, riuscì ad intercettare con lo sguardo proprio due secondi prima del segno del direttore.

La madre di James aveva sempre avuto gli stessi occhi del figlio.
E guardandola, anche se da lontano, per un attimo a Candice parve di essere tornata bambina.

Ce l'ho fatta Jamie. Ce l'ho fatta. Questa serata è dedicata a te.



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Camille_La_Rouge Camille Cassiopea LaRouge, 4 anni


2019, Parigi, Casa LaRouge


"Eccola qua." Pronunciò Dominic, entrando in camera da letto con la figlioletta tra le braccia, che non appena vide la mamma le rivolse subito un sorrisone enorme, iniziando ad agitare le braccine nella sua direzione.
"Mamma!"
"Vieni qui tesoro." Rispose Candice allungando le braccia per prenderla "Vieni dalla mamma. Io e papà dobbiamo dirti una cosa importantissima." La informò non appena Camille si trovò tra le sue braccia.
"Cosa c'è mamma?" Domandò la bambina, mentre anche Dominic le raggiungeva sul lettone, sistemandosi accanto a loro e prendendo delicatamente la moglie per la vita, sfiorandole la fronte con un bacio.

"Ti piacciono i bambini Camille?" Iniziò l'americana, prendendola alla larga. "Quelli più piccoli di te intendo... tipo quello che ha appena avuto zia Mel." Le indicò come metro di paragone, utilizzando la sorella di suo marito che aveva avuto un figlio da appena due mesi.
"Io... è piccolo e piange sempre... però è carino." Rispose Camille, corrugando la fronte per cercare di capire perchè sua madre glielo stesse chiedendo "Poi zia Mel ha detto che quando sarà più grande potremo giocare insieme! ... Perchè me lo chiedi mamma? Viene la zia Mel?"
"No tesoro... ma potrebbe arrivare un altro bambino in questa casa, molto presto." Provò a spiegarle Candice.
"E per quanto resterà?" Chiese curiosa la bambina, continuando a tenere la fronte corrugata.
"Per tanto tempo tesoro... perchè sarà il tuo fratellino." Tentò di spiegarle ancora sua madre "E io avrò molto bisogno di aiuto quando arriverà perchè, come hai visto anche con il tuo cuginetto, più sono piccoli più hanno bisogno di cure e attenzioni. E questo aiuto potrete darmelo soltanto tu e papà." Continuò accarezzandole la schiena per cercare di mantenerla calma.

"Ti piacerebbe avere un fratellino Camille?" Domandò Dominic dopo un po', visto che la bambina non aveva ancora commentato nulla in proposito.
"Giocherà con me?"
"Non subito, ma in futuro penso proprio di sì." Rispose la madre "Anzi: se vorrai, sarai tu stessa ad insegnargli tanti giochi, in qualità di sorella maggiore."
"E voi continuerete a volermi bene?" Chiese ancora la bambina, sempre con la fronte corrugata, terrorizzata da tale prospettiva.
"Come potremmo mai smettere di volerti bene?" Domandarono entrambi gli adulti, in coro, con tono semi scandalizzato.

Rassicurata dalle parole dei genitori, la piccola annuì. "Allora sì, mi piacerebbe. Ma deve essere proprio un fratellino? Non una sorellina?"
"Tesoro..." Replicò Candice, soffocando al pelo una risata "In casa ci siamo già io e te come donne... non pensi che se ne arrivasse un'altra papà si troverebbe in netto svantaggio?"
Annuendo di fronte al ragionamento della madre, Camille annuì e le abbracciò la pancia, senza sapere di stare in quel modo abbracciando anche il futuro fratellino.
"Ok, allora va bene anche un fratellino." Affermò finalmente convinta "Come si chiamerà?"

"Ti piace il nome James?"


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Penso che la prossima sarà Alexis o Caroline! Chi preferireste tra le due?

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Capitolo 5
*** Alexis Elizabeth Buldstrode ***


5
Scusate il ritardo ma lavorando il tempo che ho a disposizione è proprio poco!
In ogni caso è il turno di Alexis! ;)


- Alexis Elizabeth Buldstrode -


Alexis_Bulstrode
Alexis Elizabeth Buldstrode, 18 maggio 1981, ex Serpeverde poi Serpecorno




"Prendi questa." Le consigliò Samuel, depositandole una pasticca bianca tra le mani "Ti aiuterà di sicuro a reggere per il resto della notte. In serate come queste bisogna divertirsi." Continuò facendole un occhiolino "La prima te la offro io. JOHN!" Urlò poi al barista, che immediatamente accorse "Dai alla signorina qualcosa da bere." Ordinò prima di alzarsi.
"Aspetta..." Lo richiamò Alexis, prendendolo per un braccio "Posso almeno sapere il tuo nome?"
Sorridendo gentilmente, il ragazzo annuì. "Mi chiamo Samuel... Samuel Larson. E mi raccomando: tutta giù d'un fiato. Non te ne pentirai."
Alexis, spinta da una forza irrefrenabile, si mise la pastiglia sulla lingua. Per poi buttarla giù insieme al drink che le venne dato dal barista.





"Uscirò dal carcere prima che tu possa rendertene conto." Promise Elliot con voce vellutata, avvicinandosi il più possibile al vetro. "E quando uscirò, potremo andare a fare un giro da Martha insieme." Le comunicò in un sussurro.
Sentendo quel nome, per qualche secondo il sangue si gelò nelle vene di Alexis. 
Quella che a chiunque poteva sembrare una frase innocente, per lei aveva un significato ben diverso: Martha era il nome della discoteca dove aveva conosciuto Samuel Larson. E dove, per la prima volta in vita sua, si era drogata. 

Come aveva fatto lui a venirne a conoscenza? 


(da "Un omicidio per i Black")



fine agosto 2007, Londra, Villa Buldstrode



Sfoggiando un passo sicuro ed elegante, che non dimostrava in alcun modo quale fosse il suo reale stato d'animo, Alexis si diresse in maniera deciso verso la casa dei suoi genitori.

Avendo lavorato praticamente tutto l'anno, accumulando straordinari su straordinari, era riuscita ad ottenere senza problemi dal suo capo quasi un mese di ferie.
E ne sfoggiava il risultato grazie alla sua perfetta abbronzatura, risaltata ancora di più dall'abito bianco perlaceo che indossava.

In teoria, le sue vacanze sarebbero terminate soltanto tre giorni dopo, tuttavia era tornata in anticipo, ansiosa di discutere con suo padre su una questione che le stava molto a cuore.

Aveva infatti saputo per caso dai giornali che il processo contro Elliot Florence sarebbe iniziato a settembre... e la cosa l'aveva parecchio agitata.

Quanto sapeva, esattamente, quell'uomo su di lei?
Quanto gli aveva riferito Samuel Larson, prima di morire?
E quanto sarebbe stato disposto, lui, a trascinarla nel fango con sè?

Avrebbe fatto finta di nulla, oppure avrebbe informato gli Auror - o peggio, la stampa - sulle sue notti brave, magari sperando in una diminuzione della pena?

L'unica cosa sicura, era che lei non avrebbe potuto permettersi in alcun modo di farsi trascinare in uno scandalo.

Per quello si stava dirigendo verso la casa paterna: avrebbe convinto suo padre di essersi accorta di avere una lacuna in un qualche ambito legale e che per quel motivo necessitava di trascorrere un anno - o anche di più - all'estero.
Magari per una specialistica.
Ne avrebbe approfittato per disintossicarsi, lontana da occhi indiscreti. E poi avrebbe tenuto monitorata la situazione, per tornare in Inghilterra soltanto quando tutti avrebbero scordato dell'esistenza di quel processo.
Di sicuro, se il suo nome fosse saltato fuori, ci avrebbe pensato suo padre ad insabbiare ogni cosa.

Lei doveva soltanto convincerlo a lasciarla andare.


-*-*-*-


agosto 2009


Contrariamente a quanto pessimisticamente preventivato, il suo nome non era mai saltato fuori durante il processo.
Perciò Alexis, dopo quasi due anni di assenza dall'Inghilterra, si apprestò a chiudere la valigia con tutti i suoi beni e a dirigersi verso il punto dove avrebbe preso la passaporta per ritornare finalmente dalla sua famiglia.

E, con sua enorme sorpresa, si scoprì felice per quell'evento.

Aveva passato tutta la sua giovinezza a gareggiare con il più grande tra i suoi fratelli, perchè nonostante fosse lei la primogenita, lui sarebbe stato quello che avrebbe portato avanti il cognome di famiglia.
Aveva passato i suoi anni ad Hogwarts a prendere in giro suo fratello minore, perchè era stato smistato in Corvonero, quando tutti in famiglia erano invece appartenuti alla casa di Salazar.
E infine aveva voluto a tutti i costi seguire la carriera del padre, non per reale interesse ma per dimostrare di essere anche lei all'altezza di un figlio maschio.

Si era sempre convinta di fare le cose solo perchè dovesse farle e non perchè volesse.

Ma quel giorno, forse per la prima volta, si accorse che le cose non stavano così: non stava tornando perchè il processo era finito, o perchè Elliot Florence non aveva mai fatto il suo nome.
Stava tornando perchè voleva davvero farlo.
Stava tornando perchè la sua famiglia le mancava.

Semplicemente stava tornando.
A casa.



-*-*-*-


Festa di Natale 2009, Ministero della Magia Inglese



Dopo aver roteato leggermente il bicchiere di champagne che teneva tra le mani e averne sorseggiato un sorso, Alexis lasciò scorrere pigramente lo sguardo tra la fiumana di gente avvolta in abiti colorati ed eleganti che stava riempiendo la Sala dei Ricevimenti del Ministero della Magia Inglese.
Nonostante le cose stessero lentamente cambiando, all'interno dell'alta società magica inglese, riuscì comunque a riconoscere diversi volti noti, segno che parecchie famiglie purosangue continuavano a mantenere ininterrottamente il potere.

Tra i vari invitati, riconobbe anche suo cugino Darius - anche se, almeno giuridicamente, quel titolo di parentela non li legava più - e la moglie e, sorprendendo per prima se stessa, decise di dirigersi proprio verso di loro.
Voleva quantomeno salutarli.

Cassiopea, avvolta nel suo abito da sera color cobalto e sulle spalle la giacca del marito, teneva per mano Lyra e conversava amabilmente con alcuni dignitari del Ministero, mentre Darius, con la cravatta semislacciata, attirava l'attenzione delle loro mogli, dal momento che il piccolo Antares si era addormentato su di lui, sfruttando la spalla paterna come un cuscino.

Di sicuro, quello non era il tipico comportamento adatto a due purosangue.

Ma Alexis, che fino all'anno prima avrebbe sicuramente trovato l'occasione idonea per criticare apertamente tali comportamenti, fu la prima invece a sorridere intenerita davanti a quella scena.

Forse perchè era lei, ormai, ad essere cambiata.


"Signori" La distrasse dai suoi pensieri la voce di Cassiopea "Posso presentarvi Alexis Elizabeth Buldstrode? E' la cugina di mio marito, nonchè un'avvocatessa molto in gamba." Iniziò con le presentazioni, permettendo così ad Alexis di inserirsi nella conversazione "Alexis, ti presento Vincent Gherard, rappresentante del Ministro della Magia Francese e Markus King, ambasciatore della Repubblica Magica Australiana."
"E' un onore per me conoscerla, signorina Buldstrode." Replicarono a turno entrambi, esibendosi in un perfetto baciamano.

Ma tra i due, l'unico baciamano che ad Alexis rimase impresso fu quello di Markus King.

La serata, gli invitati, le risate, la musica, gli schiamazzi.
Ogni cosa scomparve.
Ogni cosa a parte gli
intensi occhi azzurri dell'uomo.


-*-*-*-


marzo 2010, Villa Black



Se non avesse ricevuto una perfetta educazione purosangue, in quel momento Alexis avrebbe sia strabuzzato gli occhi che sputato il sorso d'acqua che aveva appena mandato giù.
Tuttavia riuscì a trattenersi, mentre ascoltava suo padre sciorinare a Darius un numero elevato di teneri ricordi di quando lui e Meissa erano bambini.

Sapeva bene, come probabilmente la cosa era nota anche a suo cugino, che non c'era praticamente nulla di vero in tutto quello: a suo padre non era mai interessato niente della sorella, la madre di Darius.
Altrimenti avrebbe fatto sicuramente qualcosa in più per cercare di proteggerla da Alexej Levenvolde.

Tuttavia era da circa un quarto d'ora buono che Adam Buldstrode continuava a descrivere immagini idilliache appartenenti alla sua infanzia - tutte legate in qualche modo a Meissa - e Alexis sapeva già in anticipo a cosa serviva quel teatrino: loro erano imparentati con Darius, ormai un Black, per via materna, non paterna.
E Meissa - anzi, le due Meisse - erano l'unico bel ricordo che Darius aveva della sua vita in Russia.

Sottolineare quel legame di sangue, se fatto nel modo corretto, poteva ancora fruttare, ai Buldstrode.

Tuttavia Alexis era più che sicura che suo cugino avesse già capito da un pezzo le mosse dello zio e che, in realtà, fosse soltanto seccato per ogni parola detta in sproposito dall'uomo.
Per quel motivo decise di abbandonare quel teatrino pietoso, uscendo dal salotto
con una scusa.

In un primo momento girò a zonzo per la grande Villa poi, in un corridoio, captò delle voci che riconobbe come quelle di Cassiopea e Lyra.

Per un po' rimase sulla porta, indecisa se bussare oppure no, ma alla fine vinse la curiosità.

Cassiopea era sdraiata a terra, su un tappeto persiano, e teneva sollevata a mezz'aria la figlia, che si dimenava ridendo.
"Zia! Vieni anche tu!"

E Alexis, per una volta nella vita, decise di lasciarsi andare: si tolse a sua volta le scarpe e le raggiunse sul tappeto.


-*-*-*-


 giugno 2010, Ministero della Magia


"Mi sto frequentando con Markus King da..." 
"Natale?"

Sgranando gli occhi per la sorpresa - che ancora una volta testimoniavano la perspicacia della cognata - Alexis annuì, sentendosi immediatamente meglio per averlo finalmente reso noto a qualcuno. "Come fai a saperlo?"
"Alla festa di Natale non vi siete staccati gli occhi di dosso neanche per un attimo." Commentò Cassiopea divertita "Era abbastanza evidente."
"Sei la prima alla quale lo dico. In assoluto." Confessò a quel punto l'avvocatessa, arrossendo subito dopo.
"E a cosa devo questo onore?" Chiese la Black, soffocando una risatina divertita. Da quando la conosceva, era la prima volta che vedeva Alexis imbarazzata per qualcosa.
"Io... devo chiederti una cosa." Ammise l'altra "E... ehm... diciamo che è un po' imbarazzante, ma visto che lui lavora alla Cooperazione Magica Internazionale, immagino che tu lo conosca molto meglio di me." Cercò di spiegare.
"E cosa potrei mai sapere io, su di lui, che tu non abbia imparato in sei mesi?" Domandò a quel punto Cassy, assumendo un'aria perplessa.

"Chetusappiaèpurosangue?" Chiese a quel punto tutto d'un fiato Alexis, dopo un attimo di esitazione, diventando contemporaneamente bordeaux.
"Oh!" Realizzò così la Black, scoppiando apertamente a ridere "Hai paura che, se non lo è, tuo padre potrebbe non approvare la relazione?"
"Hai poco da ridere!" Si lamentò l'avvocatessa, nascondendo il viso tra le mani "Forse tu hai avuto la fortuna di crescere in una famiglia lontana da questi pregiudizi, ma nella mia... allora, lo è o no?"

"E se ti dicessi che è un nato babbano?" Indagò a quel punto Cassiopea, assumendo un'espressione seria ed imprescrutabile.
"Credo che dovrò chiedere a te e Darius l'asilo politico da mio padre, allora." Replicò Alexis con decisione
"Perchè ci tengo davvero a Mark."

Per un attimo Cassiopea la scrutò, come per leggere eventuali tracce di bugie nel volto della cugina acquisita.
Non trovandone, il suo volto si aprì in un sorriso sincero "Allora sei una donna fortunata Alexis: Mark è purosangue. Ma è bene che tu e la tua famiglia sappiate anche questo: nella moderna Australia, i contratti matrimoniali e la questione della dote non esistono. E lì è previsto anche il divorzio."


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Markus_King Markus King


2011, Londra, Villa King


Con un enorme sorriso stampato sulle labbra, sorriso che continuava a sfoggiare con tutti da quella mattina, Alexis volteggiò con grazia in mezzo all'enorme pista da ballo creata apposta nel gazebo, prima di tornare tra le braccia del suo neomarito.
Era proprio per lui che sfoggiava quel sorriso: quella mattina infatti, alla presenza di un qualche centinaio di invitati, lei e Markus avevano finalmente dettò il fatidico "sì."

Era diventata ufficialmente la Signora King.

Alexis non poteva essere più felice di così: suo padre, a discapito delle sue più nere previsioni, aveva accettato di buon grado il ragazzo in famiglia, fornendo così ben presto la sua benedizione all'unione.
Ma, cosa ancora più importante, erano stati lei e Markus ad avere voluto tutto ciò.

Non era stato un matrimonio combinato.
Era stato un matrimonio voluto. E desiderato.

Sin dall'inizio.

Anche a distanza di tempo, a causa dell'emozione, Alexis avrebbe ricordato davvero poco di quella giornata.

Ma quello che contava davvero era una cosa sola: lei amava Mark e Mark amava lei.
E quel giorno, il 13 di ottobre, era l'inizio della loro vita insieme.



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maggio 2012, San Mungo



"Mi spieghi come ti è saltato in mente di averne altri due dopo Lyra?" Domandò Alexis a Cassiopea con voce stanchissima, tenendo tra le braccia il fagottino contenente la sua primogenita. "Io, dopo di lei, non penso proprio che vorrò ripetere l'esperienza."

La Black, a quelle parole, le rispose con un ghigno divertito, scrutandola da capo a piedi: Alexis, come qualunque donna dopo il parto, in quel momento non era soltanto esausta.
Era appoggiata mollemente sui cuscini, con la fronte madida di sudore e i capelli appiccicati alla testa. Tuttavia emanava anche una luce diversa. Più dolce. Materna.
E di gioia.

"E ti dirò di più, Alex: se dovesse arrivarmi il quarto non mi tirerei indietro." Le comunicò Cassiopea, lanciando un'occhiata al lato destro del letto della cognata, dove aveva appoggiato temporaneamente la carrozzina di Asterion. "Tutto, però, dipende dagli obiettivi che ognuno fissa per la propria vita. Io e Darius volevamo una famiglia grande e unita, quindi sono più che felice di averne avuti tre. Ma non è obbligatorio che tu segua le mie orme."
"Beh, io preferisco concentrarmi solo su di lei, per il momento. Poi, in futuro vedremo." Proferì Alexis, cominciando a cullare dolcemente sua figlia, che aveva aperto gli occhi proprio in quel momento per emettere strani gorgoglii. "Ma non credo che vorrò ripetere l'esperienza." Concluse in un sussurro.

Sapeva perfettamente che in molti, la sua famiglia d'origine in primis, le avrebbero fatto diverse pressioni per farle tentare almeno una seconda gravidanza.
Le avrebbero fatto notare che era giovane, in salute, che lei e Mark avrebbero potuto permettersi di mantenere parecchi figli.
E anche che, alla fine dei conti, durante quella prima gravidanza era andato tutto liscio. Poteva quindi affrontarne senza problemi una seconda... e magari una terza.

Tutto questo soltanto per un motivo: lei aveva partorito una femmina.

E, a seguito di quella "amara" constatazione, Alexis non potè che farne immediatamente un'altra: a differenza di suo marito, che le era stato accanto in ogni secondo della gravidanza, dalle prime nausee mattutine fino alla sala parto, il resto della famiglia - a partire da suo padre - nel momento in cui avevano saputo che il nascituro sarebbe stato una nascitura, avevano immediatamente dimostrato tutto il loro disinteresse.
E la dimostrazione palese ce l'aveva proprio davanti agli occhi: nel momento in cui Markus si era preso una pausa, chiedendo il tempo per andare a bere un caffè, nella sala d'attesa aveva trovato soltanto Cassiopea e Darius, pronti a dargli il cambio.

Dei genitori di Alexis, nonostante le ore passate dalla prima rottura delle acque fino al vero e proprio parto, nemmeno l'ombra.

E, probabilmente, non si sarebbero nemmeno presentati.

Ma questo ormai ad Alexis non importava più: lei e suo marito avevano ricevuto in dono quella bambina.
E quella bambina avrebbero amato con tutti se stessi.


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Karen_King  
Karen King, 6 anni



2018, Villa King



"Mark? Karen? Sono a casa!"
Non udendo risposte di alcun tipo, Alexis iniziò a vagare per la proprietà, cercando di capire dove potessero essersi andati a cacciare marito e figlia in base ai posti che di solito frequentavano di più della casa.

Alla fine, dopo una ricerca alquanto lunga e approfondita, li trovò.
E capì anche il motivo per cui nessuno dei due aveva risposto: sia Karen che Markus erano infatti sdraiati insieme sul lettone, in una buffa imitazione l'uno dell'altro.
Placidamente addormentati.

Per un attimo, Alexis si chiese se non fosse il caso di svegliarli.
Ma, alla fine, optò per un'altra soluzione: dopo aver recuperato una coperta abbastanza grande, si liberò in fretta dei vestiti più ingombranti.
Poi si sdraiò al loro fianco, coprendo tutti e tre.

Ci mise pochissimo tempo, ad addormentarsi a sua volta.

Sssh! Si dorme!


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1 settembre 2023, sera, Villa King



Dopo aver dato un biscotto al gufo di sua figlia, appena entrato dalla finestra, Alexis tornò con un sorriso sulle labbra e una lettera ancora sigillata tra le mani verso il tavolo della sala da pranzo, dove ancora erano presenti i resti della cena.
Poi andò ad accomodarsi in braccio al marito, che aveva già trascinato indietro la sedia per farle spazio.

Come avevano già deciso da tempo immemore, avrebbero aperto la prima lettera di Karen insieme.

"Pronta?" Domandò Mark, mentre un piccolo fremito attraversava, per motivi diversi, entrambi. Markus, a differenza della moglie, non aveva studiato ad Hogwarts, perciò la questione dello smistamento era una novità assoluta. Alexis invece perchè era davvero curiosa di vedere dove sarebbe stata smistata la sua piccola principessa.

Era stato un piccolo lutto, per entrambi, doversi allontanare dalla loro unica figlia.
Ma allo stesso tempo li riempiva di gioia, sapere che finalmente Karen aveva raggiunto quel traguardo così importante.

"Sì." Replicò Alexis annuendo.
"Allora coraggio, apriamo questa busta." Decretò Mark, strappando finalmente il sigillo dei King che Karen aveva applicato per chiudere la lettera.

Molto velocemente, i coniugi lessero le parole della figlia, che descrivevano piene di entusiasmo il viaggio affrontato in treno insieme al cugino Asterion. Ma ciò che premeva sapere ad entrambi lo trovarono soltanto nelle ultime righe, dove finalmente si arrivava alla descrizione dello smistamento.

E Alexis, quando finalmente trovò ciò che stava cercando, scoppiò a ridere.

Sia Karen che Asterion erano stati smistati in Corvonero.

La stessa casa nella quale era stato smistato il fratello di Alexis, quando i Buldstrode erano tornati in Inghilterra. L'avvocatessa l'aveva preso in giro per mesi, visto che non esisteva un solo Buldstrode che non fosse finito in Serpeverde.
Tuttavia, davanti alla notizia della figlia, la donna si ritrovò a pensare a quanto in quegli ultimi anni lei fosse cambiata. E la sensazione che provò fu solo una ed inequivocabile: felicità.


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La prossima OS (che spero arrivi prima di questa) sarà incentrata su Caroline.

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Capitolo 6
*** Selene Black - Disgusto (prima parte) ***


Selene Black

Ebbene sì.
Non è un miraggio.
Sono passati quasi due anni, eppure alla fine sono di nuovo qua.
Lo so, due anni sono tanti. Troppi.
Magari chi di voi seguiva questa storia - e si era affezionato a questi personaggi - non frequenta più l'universo di Efp.
Magari lo frequenta ancora, ma ha cambiato gusti.
Magari, semplicemente, avete perso l'interesse per le mie storie.
E ne avreste tutte le ragioni.

Non starò qui a raccontarvi tutto ciò che mi ha tenuto per così tanto lontana dal sito.
Ormai è successo.
Vi dico soltanto, anche se può sembrare una frase fatta, che ne sono alquanto dispiaciuta.
Ma ricordo una per una le promesse che avevo fatto: finire la seconda storia dei Grimm, terminare i capitoli di chiusura de "Un omicidio per i Black".
E poi dare una storia a Selene.
Ecco, proverò a partire proprio da quest'ultima promessa.
Perchè ve lo devo.
Saranno in tutto 4 capitoli  (compreso questo).
Già completamente scritti (perchè mi sono ripromessa di non pubblicare nulla, a questo giro, finchè non avessi davvero avuto la storia completa in mano).
Buona lettura.


SELENE BLACK - DISGUSTO (prima parte)



Image and video hosting by TinyPic Selene Black, Serpeverde



Image and video hosting by TinyPic   Antares Black, ex Serpeverde, giudice del Winzengamont



Disgusto.

Un'espressione completamente disgustata dipinta sul viso.

Era quella la prima immagine - il primo ricordo - che Selene Black aveva di suo padre.

Aveva soltanto quattro anni all'epoca, ma Selene ricordava molto bene la smorfia presente sul viso di Antares Black, mentre stracciava in mille pezzi la lettera con la quale i Flint avevano chiesto per il loro primogenito - Anthony - la mano di sua sorella Cara, e la buttava nel fuoco.

Secoli prima, in pratica.
Un'altra vita.
In fondo la stessa Lyra era ancora viva.

Eppure, a differenza del volto di sua madre, ormai un ricordo perlopiù sfumato nella sua testa - talmente vago da apparire come un sogno sfocato - l'espressione di suo padre rimase a lungo scolpita nella psiche della bambina.
Tanto da condizionare pesantemente tutti gli anni successivi.
Tanto da convincerla ad agire nel peggiore dei modi.


Era partita come una cosa innocente, all'inzio.
Selene si ricordava talmente bene dell'espressione di suo padre - e di come essa fosse associata in qualche modo alla famiglia Flint - che al quarto anno chiese all'unico esponente della Casata presente ad Hogwarts, Blaze, di uscire con lei ad Hogsmeade.

Non che fosse davvero interessata a quel ragazzo - Blaze andava contro tutti i suoi canoni estetici e caratteriali - ma il giudice, dopo la morte della moglie, si era chiuso in se stesso, ignorando completamente le figlie.
E Selene voleva tornare a vedere qualcosa di diverso scorrere sul suo volto.
Fosse stato anche soltanto il disgusto, per aver scelto esattamente ciò che lui aveva, tanti anni prima, rifiutato.

Ma Antares, una volta saputa la notizia, si limitò ad una scrollata di spalle.
"Se questa relazione va bene a te, allora va bene anche a me." Era stato il semplice commento, prima di tornare a dedicare completa attenzione alle carte del processo che stava seguendo per il Winzengamont.

Persa la possibilità di attirare l'attenzione del padre in quel modo, anche uscire con Blaze divenne inutile.
Per quel motivo Selene puntò l'anno successivo su Adam Rosier, sapendo quanto Antares ne detestasse il padre Bartholomew.

Nella speranza di smuovere quell'espressione impassibile dal viso del giudice, la Serpeverde arrivò a comunicargli di persona non solo del fidanzamento con il ragazzo, ma addirittura di averci perso la verginità.

Un marchio di infamia, per la società in cui vivevano. Una azione che richiedeva per forza un matrimonio riparatore.


Ma, anche in quell'occasione, Antares si limitò ad accettare la cosa, senza far trapelare nulla di quello che pensava davvero.
Portando così la figlia a decidere di rompere - con tanto di scenata isterica - quel fidanzamento, da lei in realtà mai voluto.

Aveva desiderato ardemente che la scenata isterica, al suo posto, l'avesse fatta suo padre.
Invece quello sguardo impassibile, quella maschera controllata, continuava a persistere.

Non aveva capito minimamente che Antares, dietro alla sua maschera di impassibilità, le aveva impedito di impelagarsi in un matrimonio senza futuro e senza gioia.


Selene Black era così giunta al suo settimo - e ultimo - anno.
Aveva rotto con Blaze, aveva rotto con Adam.
E la notizia che lei non fosse più pura - e che avesse addirittura rotto il fidanzamento - si era sparsa a macchia d'olio.
Lei non era più una compagnia ambita.
Non era più un'anima candida.
Era stata sporcata e, cosa ancora più grave, si era lasciata sporcare per niente.
Ciò che desiderava di più - modificare l'espressione di indifferenza onnipresente sul viso di suo padre - era ormai irrimediabilmente fuori dalla sua portata.

Non solo non aveva raggiunto il suo scopo ma, nel cercare di ottenerlo, aveva anche perso tutto quello che aveva.
Le aveva sentite le chiacchiere, proprio quella mattina mentre, aiutata dalla sua elfa domestica, saliva sull'Hogwarts Express.
Le signore dell'alta società, che fino all'estate precedente la indicavano alle figlie come modello da imitare e ai figli come ragazza da conquistare, intimavano alle figlie di starle alla larga - Sarà anche una Black, ma non è più pura! Chissà quali idee potrebbe metterti in testa, se tu la frequentassi cara! - e ai figli di starle alla larga - Potrebbe anche donarti una dote consistente, ma avresti sempre il dubbio sulla tua paternità, caro!-

Aveva sentito le chiacchiere la mattina così come in quel momento, seduta in un angolo del tavolo di Serpeverde in Sala Grande, sentiva su di sè gli sguardi famelici di alcuni suoi compagni di casa.
Sguardi che l'anno prima aveva evitato solo grazie a quell'anello al dito.
Che però non aveva più.

Quell'anno, per lei, l'aria di Hogwarts sarebbe stata irrespirabile tanto quanto quella di Villa Black.

A malapena, persa com'era nell'autocommiserazione - era così disgustata da tutto ciò che la circondava, da tutti quelli che la circondavano - si accorse di Silente che, dopo aver fatto il solito discorso di benvenuto, annunciava il nome del nuovo - l'ennesimo - professore di Difesa contro le Arti Oscure.

In fondo, a lei cosa interessava tutto ciò?
Le importava soltanto che quello fosse l'ultimo anno di scuola.
Poi avrebbe finalmente potuto lasciare per sempre dall'Inghilterra.

Per scappare lontana da tutto e tutti.


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Capitolo 7
*** Selene Black - Sfide (seconda parte) ***


2

SELENE BLACK - SFIDE (seconda parte)



A Gabriel David Fournier erano sempre piaciute le sfide.
Nato e cresciuto in Francia, apparteneva ad una famiglia purosangue antichissima che però, a causa di diverse scelte sbagliate, aveva perso nel tempo buona parte delle sue ricchezze.
E questo, sia lui che suo padre, David Marcel, non erano mai riusciti ad accettarlo.

In parte attizzati dai racconti sui loro antenati - che raccontavano di fasti, ricchezze e lussi sfrenati - e in parte per carattere, si erano messi perciò in testa di voler recuperare gli antichi splendori della loro casata.

Una sfida.


E per farlo avevano puntato tutto sulla possibilità di riuscire a contrarre per lo stesso Gabriel un matrimonio combinato molto prestigioso: Clothilde Dalhia Gauthier era stata la candidata perfetta, per i loro scopi.
Molto bella, purosangue e di famiglia ricca, non poteva però vantare un cognome altrettanto nobile e antico quanto quello dei Fournier.

Per questo motivo le due famiglie avevano trovato quasi subito un accordo favorevole per entrambi: Clothilde avrebbe consegnato ai Fournier una consistente dote, in grado di rimpinguare le casse ormai vuote della famiglia. E in cambio i Gauthier sarebbero entrati a pieno titolo nelle posizioni gerachiche più importanti del mondo magico francese.
Un seggio al Senato era già pronto per il figlio maschio, Vincent.

Ma Gabriel non era per natura capace di stare fermo.
E la prospettiva che da lì a meno di un anno non sarebbe più stato un uomo libero, l'aveva profondamente destabilizzato.
Per quel motivo, quando aveva sentito parlare di una cattedra maledetta nella prestigiosissima Hogwarts, una cattedra nella quale nessuno riusciva a durare per più di un anno, la volontà di sfidare la sorte si era affacciata prepotentemente in lui.
Aveva un anno di tempo, prima del matrimonio.
E intendeva sfruttarlo a pieno.

Conosceva bene anche suo padre però, e sapeva quanto sarebbe stato difficile ottenere il suo consenso.
Ci mise mesi per convincerlo. E ci riuscì soltanto ponendogliela come sfida: riuscire ad ottenere una cattedra così prestigiosa, in una scuola di magia così rinomata, sarebbe stato soltanto un modo per aumentare il prestigio della loro famiglia.
E se nel frattempo fosse riuscito a dimostrare che quella maledizione era solo una farsa, un concentrato di chiacchiere da comari, allora ulteriore vanto ne sarebbe derivato, per tutti loro.
A costo di trascinare sua moglie in Inghilterra dopo le nozze, lui avrebbe mantenuto quella cattedra per almeno due anni.
Vincendo così un'altra sfida.


-*-

Utilizzando il passo felpato che aveva ormai sviluppato come Auror nel corso degli anni, Darius raggiunse Cassiopea, appoggiandole una mano sulla spalla. "Dorme?" Domandò in un sussurro.
"Sì, e non ho intenzione di svegliarla per portarla ad un funerale." Rispose Cassy altrettanto a bassa voce, spostandosi all'indietro con la schiena per appoggiarsi a lui e continuando ad accarezzare i capelli di Lyra. "Chissà da chi li ha presi tutti questi ricci." Aggiunse sovrappensiero.

(da "Un omicidio per i Black" - cap. 4 - Il funerale)


Selene Black correva.
Correva per i corridoi di Hogwarts e nel frattempo borbottava maledizioni a mezza voce.
Maledizioni contro l'estate, finita troppo presto.
Maledizioni contro il mese di settembre, portatore dell'inizio delle lezioni.
Ma, soprattutto, maledizioni contro i suoi compagni di casa.
Perchè, ne era certa, erano stati loro a disattivartele l'incantesimo sveglia che aveva puntato la sera prima. E, ovviamente, a non disturbarsi di svegliarla nemmeno quando avevano lasciato la Sala Comune per dirigersi a colazione.
Così lei si era ritrovata lì, alle nove di mattina, ad aver saltato sia la colazione che la prima ora di lezione.

Trasfigurazione.
La McGrannit alla prima occasione l'avrebbe di sicuro fatta a pezzi.


E, se non si fosse data una mossa, sarebbe arrivata in ritardo anche per la prima lezione di Difesa contro le Arti Oscure dell'anno.
Un meraviglioso biglietto da visita per il nuovo professore, non c'era di che discuterne.

Attraversò l'ultimo corridoio - mentre le sue gambe iniziavano a protestare per l'eccessivo sforzo fisico - e finalmente si infilò nell'aula.
Peccato che...
"La signorina Black presumo." La accolse una voce maschile ironica "Stavo giusto facendo l'appello dopo essermi presentato ai suoi compagni. Una vera sfortuna, per lei, trovarsi all'inizio dell'elenco."
"Mi scusi professore... io..." Provò a balbettare una giustificazione lei, ancora in piedi, al contempo boccheggiando per cercare di riprendere fiato.

E perdendolo nuovamente osservando per la prima volta le fattezze dell'uomo posto di fronte a lei.

Disattenta com'era stata al banchetto di benvenuto, non aveva fatto caso a lui.
Si aspettava il solito signore di mezza età, ormai prossimo alla pensione, così come era stato per gli ultimi tre anni.
Non di certo un ragazzo, di pochi anni più grande di lei, con un leggero accento francese, una zazzera di capelli ricci e scuri, insieme a due occhi azzurro-verdi in grado di perforarle l'anima.

Solo il suo perfetto autocontrollo le permise di non esporsi oltre.

Borbottando una scusa appena udibile - la prima che le venne in mente - si andò a sedere nell'unico banco vuoto presente nell'aula, registrando a malapena come anche la risposta del suo interlocutore fosse stata altrettanto vaga.
Poi cercà di ignorare tutto il contesto che la circondava per il resto della lezione.
Cercando di convincersi che quegli occhi che continuavano a seguirla insistenti fossero dovuti soltanto ad una sua suggestione.

Avrebbe scoperto presto che non era affatto così.
I sentimenti che l'avevano travolta come un treno, non erano affatto a senso unico.

Gabriel Fournier, dove averla vista, aveva iniziato a progettare la sua nuova sfida.


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Uhm sì.
Sono di nuovo qui, come promesso, con la seconda parte di questo racconto.
Vi informo che la terza arriverà dopo il 5 di agosto (ma solo perchè domani mattina ho un aereo e sarò in vacanza all'estero per un po' , perciò non avrò occasione di caricare qualcos'altro).

Per chi volesse questo è il pv di Gabriel -->
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Direi che è tutto.
Ci vediamo (anzi, leggiamo!) mese prossimo!


Nene

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