Mio fratello è figlio unico

di Isara_94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 12 Grimmauld Place ***
Capitolo 2: *** Casa Potter ***
Capitolo 3: *** Two's company... and three's a crowd ***



Capitolo 1
*** 12 Grimmauld Place ***


Una storia che mi ronzava in testa da un po', ispirata dai bellissimi roleplay di The Boy Who Lived su Tumblr. Buona lettura, spero vi piaccia!





12 grimmauld Place, Islington, London


Di norma se dal salotto arrivano strilli, la mia mano lascia libri e pergamene sparse sul letto tastando in cerca del giradischi posato sul pavimento per alzare il volume.
Ho iniziato da un po’ a rispondere alla guerra con la guerra, e poche cose fanno incazzare all’istante i miei come la musica babbana. I risultati migliori finora li ho avuti con gli album rock, per cui tengo a portata di mano la mia collezione di 45 e 33 giri. Non si sa mai quando potrebbero servire per assicurarmi che la cara mamma si ritrovi ad avere la luna storta almeno quanto me in tempi brevi.
Da stamattina però tira una brutta aria in casa, da prima che iniziasse questo chiasso, e non è mai troppo consigliabile mettere alla prova l’inesistente pazienza di Walburga Black in giornate come questa. Perché nonostante la McGranitt sia convinta del contrario, non sono ancora così irresponsabile da cercarmi guai che potrei facilmente evitare. Non saprei neanche perché ero così sicuro che sarebbe successo qualcosa oggi. È una specie di sesto senso che si sviluppa quando il tuo passatempo preferito è combinare scherzi al prossimo, immagino.
Sollevo la puntina dal vinile dopo un grido più forte dei precedenti, cercando di decifrare quello che stanno dicendo. Parola mia, è un’impresa capire qualcosa quando quella donna strepita, roba da far invidia a una Banshee.
Ed ecco che improvvisamente i compiti non sono più una scusa sufficientemente valida per spiegare come mai sto in camera evitando di fare vita sociale. Il fatto che ci sia un educato bussare alla porta indica che il mio amato fratellino ha deciso di fare l’intermediario.
Forse è stufo di sentir casino come il sottoscritto, forse sperano che mandando lui mi morda la lingua… qualunque sia delle due, m’importa poco.
-Ho da fare Reg- metto in chiaro sperando basti a farlo andar via –Vai a ricordare a quell’arpia mancata che alcuni di noi devono studiare-
No, a quanto pare oggi ci si vuol mettere d’impegno pure lui. Non solo non mi fa il favore di uscire, si piazza nel mezzo della porta e resta lì a fissarmi.
Sa che non riesco a ignorarlo, e che basta aspettare un paio di minuti lì dov’è per far sì che i toni soavi di ma’ abbiano la meglio sui miei nervi già particolarmente provati. A quel punto sa che ci saranno solo due possibili reazioni: o un naso dolorante dopo una porta sbattuta in faccia, o la resa incondizionata.
Per quanto mi piacerebbe la prima soluzione, è pur sempre di mio fratello minore che si tratta… non è che abbia proprio tutta questa gran scelta.
-Ti vogliono nello studio di papà- annuncia prevedibilmente, aggiungendo con un tono che vorrebbe essere autorevole –Immediatamente-
Ecco, avrei anche potuto considerare di alzarmi subito così da evitare che se la prendano con lui per averci messo troppo. Ma quando si improvvisa a dare ordini facendo la figura del leoncino spelacchiato mi passa la voglia di fargli i favori.
Per cui mi prendo il mio tempo per spegnere la musica e recuperare la copertina rimasta sul tappeto -E sentiamo un po’, ma’ te l’ha detto come funziona la Maledizione Imperius o preferisce lasciarti sperimentare?-
-Per una volta nella tua esistenza potresti evitare di fare polemiche?-
-Fammi pensare, visto e considerato che me ne stavo tranquillo per conto mio prima che piombassi qui non invitato… direi di no-
Sfilo uno degli elastici al polso e raccolgo velocemente i capelli. Senza specchio deve essermi venuto un mezzo nodo spettinato, che mi fa finire le solite ciocche ribelli negli occhi, ma non mi spreco in un secondo tentativo per rendermi presentabile. Non sto offrendo una buona presa nel caso decidano di prendermi per i capelli come l’altra volta che si sono create divergenze d’opinioni, per quanto mi riguarda va già bene così.
-Ti prego- interessante scelta di parole, non capita spesso di sentirglielo dire –Cerca di non farli arrabbiare più di quanto non lo siano già ora-
Reprimo uno sbuffo, esasperato –Oggi non ho fisicamente avuto modo di far infuriare qualcuno, a meno che esistere non sia compreso nella lista delle cose da non fare in loro presenza…-
Regulus di tutta risposta si permette di sottolineare con un gesto veloce che potrei essere riuscito nell’impresa già solo vestendomi stamattina. Cose assolutamente innocue eppure così devastanti per il “buon nome” dei Black come le unghie laccate di nero, le magliette dei miei musicisti preferiti che hanno l’unica colpa di essere babbani, la giacca di pelle, gli strappi sui jeans, i jeans, gli anfibi, il collare nero con le borchie che Remus mi ha regalato per scherzo questo Natale…
Altra cosa che si permette di fare, rovistare fra i miei cuscini giurando di aver visto qualcosa di luccicante. Maledettamente curioso, e più motivato di uno Snaso quando si tratta di cercare cose che non gli appartengono.
-Come fosse camera tua mi raccomando…-
-Che ci fai con uno specchio nascosto lì?-
-Fratellino te l’ho mai detto che chi si fa gli affari suoi campa cent’anni?- gli sfilo di mano lo specchio che mi ha passato James. Di solito li usiamo quando abbiamo punizioni in stanze diverse, controllare come se la passa l’altro aiuta ad ammazzare il tempo, e lo metto nel baule senza dargli il tempo di esaminarlo meglio.
Non mi serve che vada a spiattellare anche che ho un modo utile di tenermi in contatto almeno con il mio migliore amico, dal momento che la mia posta negli ultimi tempi viene intercettata sempre più spesso perché apparentemente l’erede dei Black non dovrebbe intrattenere corrispondenza con “certa gente”, come ama ripetere mio padre.
Per il tempo che mi ci vuole a scendere le scale, mi accorgo che mi pizzica il naso per la puzza di bruciato che aleggia nell’aria. Se poi si aggiunge che l’odore viene proprio dallo studio dove sono atteso… direi che non ci vuole un genio a capire cos’è andato in cenere.
Sorpresa delle sorprese… una bruciatura in più sull’arazzo di famiglia, così fresca che ancora fuma, e Walburga che se ne sta lì davanti ad ammirare il suo capolavoro. Ancora mi domando che diamine ce l’abbiamo a fare un albero genealogico che occupa le pareti di un’intera stanza se poi abbiamo gente che di tanto in tanto cancella parenti a destra e a manca.
O meglio, se per il resto del mondo me compreso si tratta di cancellature fatte a casaccio, secondo loro si tratta solo di difendere e onorare le nostre tradizioni. Per dire, c’è chi ha come tradizione quella di ritrovarsi ogni domenica dopo la messa e poi ci sono questi due che sarebbero capaci di gettare in mezzo alla strada fratelli e figli se solo osano salutare qualcuno che non ha sangue magico nelle vene da almeno qualche decina di generazioni.
Sta di fatto che mi dispiace pure perché mi accorgo che è toccato alla mia cugina preferita, Andromeda, una delle poche in questa famiglia ad aver capito che si può vivere magnificamente una volta compreso che questa mania del “sangue puro” poteva avere un senso fino a quando i babbani quelli come noi cercavano di bruciarli. Quindi, qualcosa di sostanzialmente inutile essendo questo il dannato ventunesimo secolo.
Voglio dire… chi se ne importa? Non è che sia un vantaggio o qualcosa di straordinariamente utile nella vita. Senza contare poi che non essendo più nel Medioevo ormai ci sono solo due modi per mantenere questa tradizione assurda: o il sangue puro vai a cercartelo all’estero, e buona fortuna visto di quale fama gode il nostro nome, oppure devi sperare di pescare quello che sopporti di più fra i cugini dal terzo grado a scalare. Praticamente è un continuo andare a complicarsi la vita quando sarebbe molto più semplice, ed eticamente corretto, fare come Andromeda e sposarsi qualcuno che davvero ha voglia di metter su famiglia come è successo con quel Tonks.
Varco la soglia sforzandomi di non fissare il ritratto annerito che è andato ad aggiungersi agli altri e cercando di trovare un posto comodo per raggiungere la porta, tentando al tempo stesso non dare a vedere che sto prendendo le mie precauzioni nel caso la conversazione non vada per il verso giusto. Fa un certo effetto, sentirsi a disagio in casa propria. Nonostante gli arredi lussuosi, qui niente ti fa sentire davvero il benvenuto. È stretta, soffocante, tetra, piena zeppa di oggetti inquietanti e oscuri… tutto il contrario di quello che dovrebbe essere. Tutto il contrario di casa Potter, per esempio, o della Torre di Grifondoro ad Hogwarts.
Probabilmente quello che sto pensando mi si legge in faccia, essendo che ma’ mi rivolge quella sua graziosa occhiata gelida che fa ringraziare che gli sguardi non possano uccidere. A volte mi chiedo come faccia ad avere in sé tutto quel veleno, e se la cosa non dipenda dal fatto che ha qualche affinità con dei rettili famosi per avere la lingua biforcuta e il dente avvelenato praticamente con chiunque.
-Sirius-
Papà è leggermente più ragionevole. Nonostante l’abbia costretto allo sforzo di ripetersi, tanto ero impegnato a fissare l’arpia che mi ha messo al mondo che mi ero completamente dimenticato della sua presenza, preferisce parlare con calma. Potrebbe sempre andare peggio di così, per cui se siamo ancora alla conversazione civile meglio approfittarne.
-Siediti-
Mi indica la sedia imbottita accanto alla finestra, con una formalità che mi fa già presagire che non sarà una chiacchierata piacevole. Come se ci siano mai state chiacchierate piacevoli in questa casa, i miei non sono certo quel tipo di genitori. Perlomeno, non con me.
Declino l’offerta, senza rendere troppo ovvio che non mi fido a perdere un po’ del vantaggio che ho restando in piedi.
–No grazie, sto bene dove sono-
-Molto bene- e nel dirlo fa il giro della scrivania appoggiandosi con assoluta noncuranza al piano di legno scuro, davanti a me. E vicino, più di quanto farebbe in circostanze normali.
Anche ma’ si avvicina, e questo sì che non è un buon segno. Da quando sono stato smistato in Grifondoro mi evita neanche avessi contratto qualche tipo di morbo contagioso, è abbastanza inquietante che ora sia disposta a stare nei limiti del mio spazio personale di sua spontanea volontà.
Sto considerando un passo indietro mentre Orion riprende la parola.
-Sono certo che tu sia a conoscenza di come tua cugina abbia infangato il nome di questa famiglia…-
…Di pazzi, pa’, hai dimenticato di finire la frase. Come sempre del resto. Perché non devi essere del tutto a posto se pensi che un matrimonio sia qualcosa di scandaloso.
Comincio a farmi una certa idea di dove vorrebbe andare a parare tutto questo bel discorso su quanto disonorevole e deprecabile è stato il gesto di Andromeda. Voglio dire… ha osato sposarsi per amore! Per amore, ci rendiamo conto? Ha osato fare quello che praticamente fanno tutte le persone di questo mondo!
Se avessi quel leggero desiderio di morte che la gente tende a credere che abbia davvero, prenderei in considerazione di interrompere la filippica sul disonore in ogni sua salsa, e forse causare loro aneurismi multipli, informandoli: di come sono anni che a scuola divido la stanza con un licantropo, di come detto licantropo mi trascini in biblioteca a studiare perché di mio non ho mai voglia, mi passi cioccolata a ogni ora del giorno, mi causi distrazioni varie quando vaga in ogni dove in quei suoi improbabili maglioni troppo larghi e in ultimo mi ospiti regolarmente nel suo letto la notte prima delle vacanze perché il pensiero di dover tornare in questo posto mi fa venire gli incubi. E di come tutto questo sia comunque più sensato e normale della loro visione del mondo.
Ma appunto, quel desiderio non ce l’ho, per cui mi costringo ad ascoltare in silenzio. Li lascio blaterare, prima o dopo finiranno la scorta di baggianate e mi lasceranno tornare alla mia vita, che essendo una quantità di tempo finita potrebbe essere impiegata in attività più produttive.
-… e vogliamo assicurarci dunque che tu non commetta lo stesso errore-
Errore. Buffo. Credevo di aver letto da qualche parte che la definizione di errore fosse leggermente diversa. Fare qualcosa di cui hai considerato bene le conseguenze, perfettamente legale e socialmente accettato credo che sia proprio il contrario di un errore.
Oh, ma forse si sta riferendo a questi ultimi dieci minuti che nessuno purtroppo ci restituirà mai, sprecati a parlare del nulla. Improbabile, ma voglio concedere il beneficio del dubbio.
-Ebbene?-
Walburga mi squadra sospettosa. Stanno di nuovo provando a impormi qualcosa che non voglio fare e ancora non ho mandato al diavolo nessuno, decisamente non è da me.
-Quindi che vogliamo fare, mi combinate il matrimonio?- tutta questa situazione sta diventando talmente assurda che faccio fatica a mantenere una faccia seria. Davvero, mi vien da ridere per come siano capaci di tenere con tanta calma un discorso che nemmeno nei secoli bui cercando di farla sembrare un’idea assolutamente normale. Ho volutamente esagerato, almeno potrebbero smentirmi, magari dandomi anche dell’idiota per averci pensato.
No, non stanno smentendo. Decisamente non stanno ridendo… no. Assolutamente no.
Penso al peggio e stranamente scopro di averci pure preso! Chissà perché non sbaglio mai con loro…
-Perfetto!- sbotto scocciato, ricacciandomi indietro la tenda di capelli in cui si è trasformata quella che, quasi una vita fa, era la frangia –E sentiamo, chi?-
-Sai perfettamente chi-
E qui ci siamo superati! Perché cercare al secondo grado di parentela quando possiamo passare direttamente al primo? Anzi, già che ci siamo, sfortuna che Regulus non sia una ragazza o avremmo già risolto alla nascita, no?
Il bello è che chi mi conosce poco poi si domanda se non sono io a essere troppo drammatico quando dico di odiare sul serio la mia famiglia.
-Ah sicuro, sapete cosa? Scordatevelo-
Walburga ne aspettava una mezza e la giacca di pelle purtroppo non basta a proteggermi da quegli artigli che si ritrova per unghie, che vanno a conficcarsi senza troppa fatica nel mio braccio mentre sibila –Cosa hai detto?-
-Ho detto che ve lo potete sognare- ripeto, scandendo pure le lettere per essere sicuro che senta bene tutto quanto –C’è un limite anche all’indecenza-
Orion comincia a dar segni di insofferenza, celati malamente dietro un tono autoritario -Sirius cerca di essere ragionevole-
Oh, cosa mi tocca sentire. Decisamente questo è troppo. Una cosa del genere potrebbe dirla la McGranitt dopo l’ennesima bravata del tutto superflua che si va ad aggiungere alla già troppo estesa collezione, e capiterebbe a proposito.
Ma stavolta sembra proprio che sia io l’unico a ragionare qui dentro, e sono già stato particolarmente magnanimo a contenere il disgusto che mi provoca la sola idea di quello che starebbero progettando.
-Sei nostro figlio e fintanto che vivrai sotto questo tetto farai quello che ti vien detto!- Walburga mi tira a sé, e so già che mi resterà il segno delle sue grinfie dopo questo sfoggio di amore materno –Non ti permetterò di disonorare ancora il nome dei Black, piccolo ingrato…-
Non ce l’ho fatta più. Semplicemente, ci ho visto nero e non ho più pensato alle conseguenze delle mie parole. Capita quando si arriva al limite della sopportazione. E soprattutto, capita quando per una volta sei fin troppo sicuro di essere nel giusto, sai che tutto quello che dici non può che farti bene perché sono gli altri ad avere torto marcio.
Mi libero della stretta rassettandomi con un sospiro intenzionalmente drammatico –Non preoccuparti, mamma, lo so. Sono una tale delusione- nel sistemare la manica lascio deliberatamente intravedere uno dei tatuaggi che finora ho sempre avuto cura di nascondere sotto maniche lunghe e magliette. Tanto per dare un tocco di teatralità in più al discorso –Ma sai… a volte proprio non me lo riesco a impedire. Dev’essere colpa della consanguineità, tra le altre cose…-
Sto pattinando sul ghiaccio sottile, una svista e il bagno gelato potrebbe essere il male minore. Ma c’è da dire che vale davvero la pena di vederle quell’espressione scioccata di chi sta per avere un attacco di cuore.
-Non credere di poter fare come tua cugina e contaminare la nostra discendenza con del sangue di bassa lega!-
Sì, lo ammetto, ho la tendenza a ridere nei momenti meno opportuni. Peter è convinto che un giorno finirò in un mare di guai se non riesco a togliermi questo vizio, ma che posso farci? Non riesco a farne a meno quando sono davvero al limite.
E adesso che sono al limite di… tutto direi… non faccio eccezione. Scoppio a ridere, e di gusto anche, a sentire quest’ultima uscita.
-Non hai idea di quanto tu sia arrivata in ritardo per quello!-
-Spiegati-
-Beh, come posso dire…- perché potrebbe facilmente arrivarci anche da sola, ma se ha per forza bisogno che lo dica perché non accontentarla?
–Il fatto è che a me non interessa. Purosangue, mezzosangue, babbani… anche un licantropo…-
Va bene, con Remus è stato un incidente quando ancora non ero pratico con l’altra mia forma quindi tecnicamente non conterebbe. Ma se un giorno per miracolo gli entrasse in testa che mica ha la peste nera e mi dicesse di volerci riprovare… l’ultima risposta che mi verrebbe in mente di dargli è un no.
Per quanto riguarda il discreto numero di appuntamenti che ho rimediato tra la scuola e le uscite nei locali di Londra, stesso discorso, l’ultima cosa che faccio è pormi problemi sullo stato di sangue di chi attira la mia attenzione. Se l’interesse è ricambiato, tanto mi basta.
-A me piacciono tutti. Se pensate che inizi a fregarmene qualcosa…-
Il manrovescio non l’ho avvertito subito. Mi sono ritrovato voltato dall’altra parte, la testa che gira e il sapore metallico di sangue sulla lingua. Uso il colletto della maglietta per tamponare il labbro spaccato, nel frattempo che Orion fa sfoggio delle sue nocche indolenzite aggiustandosi l’anello di famiglia.
L’unica cosa che è stato capace di insegnarmi, sia pure con le cattive. Un paio di anelli, anche poco appariscenti, e se si arriva alle mani sarai sempre quello conciato meglio.
-Soddisfatto ora?-
Bene, si sono sfogati. Dopotutto queste sono le “discussioni” in casa, a loro non importa cosa penso. Per loro conta soltanto che la risposta sia sì a qualunque cosa venga loro in mente, se per sfortuna non sei d’accordo poco male. Un paio di ceffoni e se ancora la risposta è no se ne può sempre riparlare un altro giorno.
-Impara a moderare i termini-
-Moderate questo- e trovo che il gestaccio ancora non renda bene quanto me ne importa dell’educazione, al momento –Conosco la strada. E sì lo so, a letto senza cena… meglio che dividere la tavola con due psicopatici come voi comunque-
Quello è stato il vero problema. Ho supposto che stavolta fosse come le altre, quando dopo aver preso la solita mano di botte la questione poteva dirsi risolta. Troppe lettere della scuola per la mia condotta? Una tirata su come un vero Black non si faccia trascinare in questo genere di cose da traditori del loro sangue e posso andare a sistemarmi il naso sanguinante. Una scappatella notturna per andare al concerto dei The Clash che attendevo da mesi? Prima le prendo per essere uscito di nascosto e poi le riprendo perché ho osato andare in un locale pieno di babbani. Mi costringono a essere presente alla cena di Natale, dove mi sono presentato coi colori di Grifondoro sulla cravatta che avevo l’obbligo, ma non la voglia, di indossare davanti a mezzo parentado? Un paio di lividi e innumerevoli strilli dopo ero libero di andarmene in camera.
A quanto pare, però, per loro è di vitale importanza avere un erede. E non è la prima volta che mi dimostro poco interessato a portarmi a letto una con cui condivido un minimo legame di parentela. Sembrano essere arrivati alla conclusione che debbano assolutamente fare qualcosa per raddrizzarmi, perché non esiste che io decida della mia vita e non intenda dar loro un nipote.
Solo che di tutti i modi, proprio non credevo possibile che Walburga arrivasse a tanto. Non appena ho fatto l’errore di darle le spalle, mi ha puntato contro la bacchetta. Non ha pronunciato alcuna formula, ma è questo il bello della magia, no? Basta volerlo, volerlo sinceramente, e il gioco è fatto.
Quando si dice un errore… imperdonabile.
È stato un attimo. Dolore bianco, intenso, totale.
Sono crollato, contorcendomi sul tappeto. Non è servito a molto. Un dolore così lancinante da annebbiare la vista, di quelli così insopportabili che saresti disposto a fare qualunque cosa pur di farli smettere, accompagnato da voci di cui non riuscivo a capire le parole coperte com’erano da un suono terrificante…
Mai sentito nessuno gridare così.
E forse non lo sentirò mai più. Perché era la mia voce, talmente distorta da essere quasi irriconoscibile.
-Walburga…-
Lei non gli da retta. Nemmeno mi stupisco che faccia di testa sua. Vuole farmi male, ora che finalmente le ho servito sul piatto d’argento la scusa valida per farmi pagare tutti gli sgarbi che ritiene le abbia fatto finora.
-Walburga ora basta!-
Mi trovo a ringraziare tutte le divinità di cui riesco a ricordarmi man mano che il dolore va attenuandosi.
Riesco a prendere un respiro tremante dopo l’eternità che è durata quel singolo minuto, mollemente abbandonato sul pavimento come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili. Senza forze, completamente annullato, vuoto. Perfino pensare è troppo complicato ora come ora.
Orion e Walburga stanno continuando a parlare fra loro ma non riesco a capirli, il ronzio nelle orecchie copre ogni suono, forse si stanno accapigliando perché lei ritiene di non aver fatto nulla che non fosse suo diritto fare. Provo faticosamente a mettermi seduto, ma il corpo non mi risponde. Come non fosse più mio. Non tento una seconda volta. Resto lì, a fissare il soffitto senza vederlo davvero.
Qualcosa al limite del mio campo visivo si muove, attirando la mia attenzione. La porta è quasi del tutto aperta, e riesco a mettere a fuoco la forma di mio fratello pochi istanti dopo. Ha il passo felpato, i nostri genitori non si sono minimamente accorti della sua presenza. Chi lo sa da quanto tempo è lì...
-Reg…-
Non ho più voce. Quel poco che mi è rimasto è un sussurro rauco, così flebile che io stesso fatico a percepirlo.
Regulus resta dov’è, nascosto dietro lo stipite. Incrocia il mio sguardo per sbaglio e subito tenta di evitarlo.
Aiutami…
Lo penso disperatamente, ripetendolo come un mantra a fior di labbra. Saprebbe leggere, se solo volesse guardare da questa parte.
Regulus ti prego...
Tiene gli occhi bassi, troppo spaventato per metter piede qui. Troppo spaventato per fare qualcosa per suo fratello.
Fa’ qualcosa
Non stare fermo lì…
Scuote la testa in un cenno di diniego, mimando un “mi dispiace” facendo un passo indietro.
Riprovo a chiamarlo, ad alzarmi, a fare qualcosa -Reg…-
Ma lui, silenzioso com’è venuto, se n’è già andato.
REGULUS!!!!
Riesco a rotolare sul fianco, lottando per riprendere il controllo del mio corpo dolorante e ammaccato. Mi ripeto che non può essere così diverso da tutte le volte che mi sono infortunato a Quidditch. Se posso rimettermi su una scopa dopo tutte le cadute che ho fatto, posso rimettermi in piedi adesso. Lo sforzo di rigirarmi a pancia sotto però quasi mi fa perdere i sensi.
Ignoro i puntini neri che prendono a confondermi la vista, non posso permettermi di svenire. Non ora. Devo andarmene di qua e alla svelta.
Nella caduta la bacchetta era scivolata dalla tasca dei jeans ed era rotolata fuori dalla mia portata. Regulus deve averla spinta verso di me nel socchiudere la porta per spiare. Oppure l’ha fatto volontariamente, appena prima di filarsela?
Allontano il pensiero, non è il luogo né il momento per mettermi a cercare risposte che non siano cosa mi conviene fare per togliermi di qui. Scarto a prescindere la finestra, non posso passare di lì senza poi dover usare la magia potenzialmente davanti a chiunque si ritrovi a passare in quel momento per attutire la caduta. Sono appena le sei, dopotutto, impossibile che la strada sia deserta per cui meglio evitarsi di finire ancora più nei pasticci mettendo di mezzo anche il Ministero. Ma basterebbe fare una rampa di scale e arrivare al camino prima che riescano a raggiungermi per cui… ora o mai più.
Afferro la bacchetta e mi rialzo più velocemente possibile. Speravo che quei due fossero così impegnati a gridarsi addosso l’un l’altra da non prestarmi attenzione, ma al momento sono dolorante e decisamente meno aggraziato del mio solito. Difficile non vedermi mentre mi faccio violenza fisica e mentale per non finire in terra un’altra volta.
C’è una cosa però: sono particolarmente disperato. Basta a farmi correre più veloce di quanto non ho mai fatto in vita mia. Sto ancora scendendo gli ultimi gradini quando scaglio un Incantesimo di Appello per recuperare una manciata di polvere dalla scatola nel ripostiglio. Il tonfo del contenitore sulle vecchie assi del pavimenti si confonde col mio battito cardiaco.
Non mi guardo indietro, metto a tacere quella parte di cervello che mi avverte come i passi alle mie spalle si stiano minacciosamente, e velocemente, avvicinando. Sono già sulla porta della sala da pranzo, non possono recuperare il vantaggio.
-TORNA SUBITO QUI!-
Lo strillo stridulo non fa che incoraggiarmi. Mi infilo nel camino gettando la manciata di polvere.
-Casa Potter!-
L’ultima cosa che vedo attraverso le fiamme color smeraldo è la smorfia contorta di Walburga.

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Capitolo 2
*** Casa Potter ***


La casa dei Potter è silenziosa, le tende alle finestre sono tirate e la penombra rende difficile distinguere bene i mobili.
Resto sconcertato, al punto che mi domando se non abbia sbagliato casa. Qui non c’è mai silenzio. C’è il signor Fleamont che legge il giornale e borbotta quando gli articoli non sono di suo gusto, la signora Euphemia ama ascoltare la radio mentre cucina. Per James poi far casino deve essere una specie di vocazione, altrimenti non si spiega come ci riesca sempre e comunque anche quando dorme…
Inciampo nell’uscire dal camino, nonostante sia già stato qua mi dimentico sempre che è uno di quelli antiquati e ha quei centimetri di gradino a cui fare attenzione. Ma non c’è James a far finta di avere l’improvviso attacco di tosse con cui nasconde la risata per la mia poca memoria. Come non ci sono i suoi.
Con una premura che a casa mia probabilmente non mi sarebbe neanche passata per l’anticamera del cervello, mi assicuro di non lasciare impronte di fuliggine sul pavimento. Niente elfi contenti di fare i lavori domestici da queste parti, e anche se la signora Euphemia ce le perdona tutte dallo star svegli fino a tardi al far rumore non credo che la stessa regola valga per averle sporcato il tappeto buono essendo arrivato senza preavviso.
-C’è nessuno?-
Mi aggiro nel salotto deserto, quasi finendo sul tavolino da tè accanto alla poltrona preferita del signor Fleamont e il tintinnare di ceramica che traballa mi paralizza sul posto. Risistemo il vaso di fiori che per poco non ho mandato in pezzi e mi sporgo appena oltre lo scaffale coi libri, dove la porta che conduce in cucina è spalancata come sempre. Come pensavo: nessuno neanche lì.
-James?!-
Mi prende il panico, realizzando che probabilmente sono partiti. È estate, tutti vanno in vacanza.
Che cazzo mi è saltato in mente?!
Ho appena avuto la grande idea di andarmene di casa così, senza provviste, senza soldi e senza un posto dove stare. Perché la verità è che non ci ho riflettuto sul serio. Oggi mi sono raccontato la balla di star pensando a qualcosa di intelligente per darmi il coraggio di andarmene una volta per tutte, e mi sto rendendo conto che se fossi stato furbo per davvero mi sarei preparato meglio. Magari me ne sarei andato di notte quando sarebbero stati tutti addormentati, per avere il tempo di prepararmi uno zaino e sarei andato a bussare alla porta di Andromeda…
Improvvisamente però si accendono le luci e con un certo sollievo scopro di essermi preoccupato troppo.
Perché dalle scale sembra stia ruzzolando giù una mandria di bufali. Beh, se di suo non ci vede bene e non mette gli occhiali per tempo, questo tipo di cose possono anche succedere. Evidentemente non ha imparato la lezione quando a scuola è andato a spalmarsi contro una delle colonne del letto, la mattina appena sveglio.
-Pads!-
James Potter in tutto il suo disordinato splendore, mentre si inforca gli occhiali che deve aver recuperato di fretta dal comodino. Ora mi spiego perché ci ha messo cinque minuti prima di venire a dare un’occhiata, al collo ha ancora le cuffie e se lo conosco, teneva il volume alto.
Appena rientra in possesso della vista però gli passa il buonumore. Mi squadra meglio –Che ti è successo alla faccia?-
Perché fa sempre le maledette domande giuste. Non ci gira intorno, mi sono presentato con l’aspetto di uno che se n’è appena buscate un bel po’ e lui arriva subito al punto. E se da una parte mi piace questo lato del suo carattere, dall’altra vorrei che ogni tanto non fosse così diretto.
È che non sono bravo in queste situazioni. Mai stato troppo a mio agio quando si tratta di raccontare quello che mi capita a Grimmauld Place, finora ho adottato la politica del “quel che succede a Londra resta là”. E anche se per prendermi in giro gli altri mi accusano spesso di essere quello più melodrammatico del gruppo, la verità è che quando mi succede qualcosa di veramente brutto preferisco fare qualcosa di stupido e scherzarci su.
Remus e Peter non sono al corrente di tutto, solo che non vado d’accordo coi miei e poche altre cose ancora accettabili. Ma quando torno a scuola e magari ho un occhio nero o un graffio sospetto, piuttosto m’invento di esser finito a fare a pugni dopo un concerto o di aver conosciuto una ragazza un po’ troppo entusiasta. Perché non ho bisogno di essere il dannato caso speciale, di essere guardato pietosamente e cose simili. E nemmeno di sentirmi dire che non è una situazione normale e mille altre cose che so già.
James però ha del talento per riuscire a farsi raccontare la verità. Ci prova con la delicatezza di cui dispone, oppure ti tartassa prendendoti per sfinimento. Ma riesce ad avere quello che vuole. Per cui è perfettamente a conoscenza del fatto che da me c’è chi ha spesso le mani che prudono quando ci sono io nei dintorni.
Lo sa da un bel po’, secondo anno circa, e gli ho fatto giurare di starsene zitto con gli altri o l’avrei affatturato fino alla fine dei tempi. Non gli è mai andata giù, non gli piace tenere dei segreti, ma siamo amici. Anche se di malavoglia, rispetta le mie decisioni limitandosi a non perdere occasione di ripetermi quanto stupida sia questa in particolare.
-Loro?- domanda quando intuisce che non riesco a rispondere.
Non “i tuoi genitori”, solo “loro”. Come se finora avesse avuto davanti la sfera di cristallo per vedere che quei due non hanno più diritto a questo titolo.
Annuisco in silenzio. Un labbro spaccato e le mani che a tratti tremano ancora… si spiegano praticamente da sè. Si passa le mani fra i capelli, che se già erano spettinati ora sono così arruffati che un corvo potrebbe mettercisi comodo e costruire il nido lì in mezzo.
-Hey…-
Impreca sottovoce quando sobbalzo, preso alla sprovvista dalla mano che mi ha posato sulla spalla, e si scusa sottovoce lasciando che al divano ci arrivi da solo. Lo capisco: io sono quello con cui si azzuffa ovunque per ogni cretinata. È Remus che va preso con le molle, anche dopo anni di amicizia.
Mi raggomitolo in un angolo di cuscini accoglienti con le ginocchia strette al petto, gli occhi fissi sulle scarpe rimaste sul pavimento. Neanche riesco a spiccicare parola. Che poi cosa dovrei dire, che nemmeno so da che parte cominciare?
È… è una cosa da pazzi. Punto. È una di quelle questioni che da qualunque parte la giri, il senso continua a non averlo.
James si siede accanto a me, ma girato in modo da potermi vedere bene in faccia. Mi passa uno straccio dove ha avvolto del ghiaccio. Lo accetto senza fare storie, il freddo è un toccasana per la testa e il labbro gonfio. Nonostante il tappeto persiano dello studio fosse di quelli spessi due dita, quando ci sono caduto sopra ho scoperto che non è affatto morbido.
Mi lascia pazientemente il tempo di riprendermi, prima di provare di nuovo a toccare l’argomento –Ti hanno solo…?-
La frase resta in sospeso, non riesce a concepire che qualcuno possa alzare le mani su un figlio per punizione. Anzi, a lui già il concetto di punizione era piuttosto estraneo all’inizio, viziato e coccolato com’è.
-Volevo dire- tenta ancora –Te le hanno date e basta o… hanno fatto anche dell’altro?-
Annuisco, lentamente. Inutile negare, una ripassata non ti lascia in questo stato se per te è l’abitudine.
Mi posa una mano sul braccio, come fa con Moony quando la mattina dopo il plenilunio è in infermeria ed è ancora un po’ lupo. Gesti attenti, niente movimenti bruschi, pronto a fermarsi se capisce che non è il caso. Fortunatamente sono addomesticato, io, non mi dispiace il contatto fisico.
-Non dobbiamo parlarne per forza- aggiunge.
Decido per cominciare col motivo per cui mio padre di ha colpito, e stare a vedere come la prende James. In qualche modo funziona, una volta cominciato non ho smesso più. Resta ad ascoltare senza dir niente, ma lo conosco troppo bene per non notare certi particolari, il mio tono sempre più distaccato lo preoccupa.
Lo so, pare quasi che stia parlando di qualcun altro. Ma questo è il meglio che mi riesce per provare ad elaborare. Perché ci sono cose che i tuoi amici non dovrebbero mai venire a sapere. Questa è una di quelle per cui meglio così, è più facile farmi coraggio.
-… Regulus era lì che spiava mentre loro…-
Ecco, mi trema la voce e nemmeno l’ho detto. James mi posa una mano sul ginocchio, ribadendo che posso anche finirla qui.
Oh, al diavolo, non esiste una maniera decente di dirlo quindi vada pure per il come viene viene.
-Mia madre mi ha scagliato addosso un Cruciatus-
Posso sentire distintamente il suo respiro fermarsi, come quando si riceve un pugno ben piazzato nello stomaco. Resto con lo sguardo fisso sui miei piedi, con l’assoluta sicurezza che mi sta fissando a occhi sgranati, che sembreranno larghi come un piatto da portata dietro le sue lenti spesse.
Soltanto… l’ossigeno temo gli serva ancora per cui meglio che si ricordi alla svelta come si fa a respirare, non voglio il mio migliore amico sulla coscienza.
Mi abbraccia di slancio e anche se mi prende alla sprovvista non lo respingo, ne ho davvero bisogno. Prongs è fatto così: non è un genio con le parole, spesso risulta scortese senza averne l’intenzione per cui quando crede di poter far casino lascia parlare i gesti.
Quando mi molla però mi dimostra di non aver capito un bel niente.
-Sirius… devi dirlo a qualcuno-
-L’ho appena fatto-
-No, sul serio…-
Di norma a questo punto farei una battuta per cui un esasperatissimo Remus tende a premiarmi tirandomi dietro la prima cosa che ha sottomano con l’unica eccezione dei suoi amati libri, perché come ama ripetere “ci tengo troppo per ammaccarli sulla tua testa dura”, giocando sull’assonanza fra la parola e il mio nome poco usuale pure per gli standard del mondo magico. Oggi però non ho voglia di fare scherzi. Voglio soltanto tirare una bella croce sopra questa storia e non pensarci più.
-Devi parlarne coi miei genitori- insiste.
-Non esiste!- affondo fra i cuscini, sperando segretamente di poterci sparire qui in mezzo –Senti Jamie per me finisce qui-
Perché primo: ammetto tranquillamente che non ho il fegato necessario per andare davanti a quella santa donna che è Euphemia Potter e andarle a raccontare che mia madre mi ama così tanto da usare una delle Maledizioni senza Perdono solo perché ho osato dissentire una volta di troppo.
Secondo: nel caso fossi comunque in grado di farlo, potrebbe prenderle un colpo e a quel punto avrei la madre del mio migliore amico sulla coscienza. E lì sì che preferirei evitare, almeno lei al contrario della McGranitt quando mi sorride lo fa senza poi annunciarmi che posso considerarmi in punizione per il resto della settimana.
Terzo: che potrebbero fare? Legalmente sono ancora minorenne, non possono tenermi qua. Dovrebbero avvertire i miei e a quel punto dovrei tornare a Londra. Stesso discorso se andassero a riferire tutto alle autorità. Non aprirebbero un caso perché il Ministro non ha interessi ad inimicarsi una delle famiglie più ricche e antiche del Paese. Potrebbe non avere stima dei metodi dei miei genitori, ma rispetta il patrimonio di chi lo sostiene. Per cui se si arrivasse davanti al Wizengamot sarebbe solo la mia parola di sedicenne, contro la loro. E non cambierebbe nulla, sarei di nuovo in quel posto infernale e se non mi ammazzano per davvero stavolta di sicuro potrò considerarmi agli arresti domiciliari tipo… per sempre.
-Potremmo evitare? Andrà bene, lasciamo calmare le acque e stiamo a vedere che succede-
-Non va affatto bene, Sirius! Ti rendi conto della gravità di…?-
-La gravità di cosa, James?-
Ci voltiamo entrambi di scatto, scoprendo la signora Euphemia appena rientrata a casa con le borse della spesa. Comincio a sudar freddo, non so quanto abbia effettivamente potuto ascoltare.
-Ti si sentiva distintamente dal cancello, tesoro, spero ci sia un buon motivo per fare tanto chiasso- sbircia un po’ meglio e finalmente vede anche me. E lì si dimentica qualunque rimprovero avesse in mente.
-Sirius, caro, cosa ti è capitato?-
Ecco perché volevo lasciare gli adulti fuori da questa storia: la signora Euphemia è un angelo, e non ho problemi ad ammetterlo, ma come una vera madre dovrebbe fare si preoccupa all’istante. Quindi ecco che a lei scatta l’istinto materno e a me l’imbarazzo bestiale perché davvero non ho l’allenamento a questo genere di attenzioni.
-Che vuoi che sia capitato, ma’, sappiamo che casa sua è una gabbia di matti- sbuffa James, spazientito, infischiandosene dell’occhiataccia che vorrebbe gentilmente invitarlo a calare di un paio di tacche sui complimenti.
Di mio non faccio nessun tentativo per dargli torto, Orion e Walburga se li meritano tutti e moltiplicati per dieci.
Provo ad abbozzare un sorriso, più falso dell’oro di un Lepricano con mio sommo disappunto. Improvvisamente mi sento molto consapevole del mio aspetto. Mi ha già visto bardato di tutto punto di ritorno da un concerto, col collare, la matita nera sugli occhi, i pantaloni pieni di strappi, toppe e tutto il resto. Ma questa è la prima volta in assoluto che mi presento in questo stato, e credetemi ci passa una gran bella differenza tra l’essere scarmigliati dopo una nottata fuori a divertirsi e l’esserlo dopo quello che ho appena passato. Non è piacevole, affatto.
-Mi spiace signora Euphemia…-
Mi sorride cordiale –Non dirlo nemmeno, caro, gli amici di James sono sempre i benvenuti qui- poi si rivolge al figlio, invitandolo ad andare di sopra a preparare la camera degli ospiti. Il suo modo gentile per levarselo di torno, spedirlo a fare qualcosa di cui non c’è tutto questo urgente bisogno, quando le serve parlare in privato con qualcuno.
-Vieni Sirius, voglio dare un’occhiata a quel labbro-
Intanto che Prongs se ne va al piano superiore brontolando di come gli tocchino i lavori domestici, e non so come riuscendo nell’impresa di sembrare ancor meno credibile di me, lei mi accompagna in cucina con quella cortese fermezza che la contraddistingue. In pratica, ti sorride tutta zucchero e miele, ma la sua mano sulla schiena è abbastanza salda da farti mettere in dubbio che sia una buona idea puntare i piedi per terra e fare di testa tua.
-Davvero è solo un graffio…-
Niente da fare, ignora le mie proteste, mi piazza sulla prima sedia vicina e comincia a frugare nell’armadietto delle pozioni finchè non trova quella per i tagli mentre con uno svolazzo della bacchetta mette il bollitore sul fuoco.
Brucia, eccome se brucia, perlomeno è più delicata di Madama Pomfrey. Quella ha le mani di fata solo con Rem, con noialtri ormai credo lo faccia apposta per sottintendere che è più felice se non ci presentiamo in infermeria più o meno ogni settimana per via degli allenamenti o degli altri guai che combiniamo.
Mi passa una tazza di tè, ricordandomi di fare attenzione a non scottarmi. Neanche avessi cinque anni… ma non è spiacevole, e mi ritrovo comunque a sorridere.
A volte proprio non li capisco gli altri, quando si lamentano di quanto siano apprensive le loro madri. Ok, Remus un po’ sì, lui ogni tanto ha bisogno dei suoi spazi e avere intorno gente che si sente in colpa per via di quello che è non gli fa bene. Ma James e Peter non hanno la minima idea della loro fortuna. A King’s Cross, ogni primo settembre, li ho sempre invidiati per le raccomandazioni dell’ultimo minuto che ricevono, sempre le stesse fin dal primo anno e che ovviamente si scordano appena saliti sul treno: “non mangiare troppi dolci”, “studia”, “non pensare solo al Quidditch”, “fai attenzione”, “mi raccomando ricordati di scrivere”, “ascolta gli insegnanti”, “non azzuffarti coi tuoi compagni”… praticamente tutto l’opposto del nostro tipico anno scolastico e lo sanno benissimo, ma è il loro dovere ripeterlo fino alla noia.
Mia madre quella briga non se l’è mai presa. Neanche con Regulus, che è il suo preferito.
Per cui è una bella sensazione sentirsi dire anche una cosa ovvia come questa, ti fa sentire desiderato, benvoluto. E il fatto che ci riesca una donna che è perfettamente consapevole di non avere niente da spartire con me significa che davvero Walburga non ha scusanti nè per oggi nè gli ultimi sedici anni.
-Mi spiace essere arrivato senza avvertire, veramente. Non sapevo dove altro andare…- mi scuso ancora, prendendo un sorso di infuso. Nonostante non mi veda così di frequente, sa che il tè mi piace berlo nero e bollente, senza latte e non troppo dolce. Altra cosa che a casa nessuno si è mai preso il disturbo di notare.
Mi interrompe di nuovo –Va tutto bene, Sirius, se sono arrabbiata con qualcuno quello certamente non sei tu. Puoi restare quanto vuoi e non farti problemi-
Ma magari, per qualche strano motivo o proprio non penso a quello che faccio o i problemi me li faccio tutti in una volta sola. La via di mezza ancora non l’ho trovata e questa è la conferma.
Mi posa una mano sulla guancia, distraendomi dal filo dei miei pensieri. È seria, come non l’ho mai vista prima. Calma e posata come prima, ma non ha più quella sfumatura di dolcezza che le addolcisce lo sguardo.
-Va tutto bene, qui sei al sicuro. Nessuno ti costringerà a tornare in quel posto se non sei tu a volerlo, capito?-
Mi concedo di crederci e non mi allontano dalla sua mano, una bugia a fin di bene ogni tanto può anche servire, penso mentre mi cade l’occhio sull’anello con l’onice che ancora porto al dito. Tutti ne abbiamo uno, all’interno è inciso il motto della famiglia. Finchè lo porto nessun posto sarà mai abbastanza sicuro da Walburga.
Il colpetto di tosse di James mi informa che forse il mio lato canino si sta mostrando più di quanto sia consono. Non posso farci granchè, Padfoot è affettuoso tanto quanto e forse anche più di quanto è ingombrante.
-Mi sono preso la libertà di lasciarti in camera un pigiama per stanotte- si sforza di sorridere –Sarà interessante vedertene finalmente uno addosso-
Scemo, di tutto quel che poteva dire davanti a sua madre doveva proprio decidere per questo? Sì, a scuola metto solo i pantaloni neri di una vecchia tuta, e allora? Da che ricordo nessuno dei miei compagni di stanza si è mai lamentato, anzi… evidentemente qualcuno apprezza parecchio essendo che ogni volta che mi aggiro qui o là si affretta a nascondersi dietro la copertina del libro aperto in quel momento.
Difatti la signora Euphemia si alza per mettersi ai fornelli alzando gli occhi al cielo fingendosi scandalizzata.
-Vuoi venire su?- propone James –Alla fine l’ho trovato quell’album bootleg dei Rolling Stones di cui mi avevi parlato, pensavo di ascoltarlo con voi la prima sera a scuola ma viste le circostanze…-
Anche la signora Potter mi fa un cenno di seguirlo. A quanto pare per stasera non serve che ripaghi l’ospitalità.
-C’è anche una versione live di “Gimme Shelter”-
E che devo fare a questo punto, se c’è anche quella chiaro che devo salire ad ascoltarla…
La cena è stata tutto sommato indolore. Insomma, ho sempre quella mezza impressione che al signor Fleamont stesse per prendere un colpo a un certo punto e gli ci è voluto un momento per assimilare meglio la notizia… ma alla fine si è ripreso piuttosto bene e ha poi finito con l’addormentarsi in salotto dimenticandosi del suo proposito di spedire due paroline a Londra.
Per cui, dopo un necessario sospiro di sollievo perché davvero non ho la minima intenzione di risentire i miei, siamo in quella che è ufficialmente camera mia per il resto dell’estate. È una bella serata, stento a crederci dopo una giornata da dimenticare.
Stiamo rischiando una sonora tirata d’orecchie, non solo ci stiamo portati su di nascosto un paio di birre ma ce le stiamo bevendo sul tetto, da dove si possono veder meglio le stelle. James lo fa spesso, camera sua è proprio qui accanto. La finestra ha il davanzale basso e non c’è troppa pendenza. Basta fare un po’ di attenzione a scavalcare e a mettere i piedi nel posto giusto per non scivolare giù. Poi hai la notte tutta per te, le tegole ancora calde di sole sotto e la campagna assopita intorno. Peccato che questa sia una di quelle cose che i suoi non tollerano.
-Non male quest’album- convengo quando il disco continua a girare restando muto. Nel finire quel che è rimasto nella bottiglia mi ritrovo a fissare la falce di luna sospesa in cielo.
Ormai sono diventato bravo a distinguere le varie fasi a colpo d’occhio, ci metto poco a ricordare che domani è luna nuova. Nonostante non abbia effetto in sé per sé, mi calma. Sarà qualcosa che ha effetto anche sui cani, vai a sapere… o forse mi calma il pensiero di quel secchione di un licantropo che invece di approfittare delle poche notti mensili in cui riesce a dormire bene, di sicuro sarà in camera a leggere fino a tardi mentre ascolta qualcosa dei Beatles per farsi venire un bel paio d’occhiaie.
Rientriamo, e mentre mi cambio James si siede a gambe incrociate sul letto.
-Sicuro di voler dormire da solo? Il letto è grande, ci si sta comodi in due-
Lo fisso un po’ confuso, non mi ha mai fatto domande del genere.
-Sai, per gli incubi. Visto che Remus non c’è ho pensato…-
Bene bene, quindi il mio migliore amico è pure impiccione. Può anche starci che la privacy sia specie più estinta dei dinosauri quando dividi la stanza con altri tre ragazzi, ma ho imparato a non far rumore la notte perché non mi va di far sapere a tutti cosa faccio. Del tipo che mi faccio ospitare quando non riesco a dormire. Non accendo una candela neanche se è buio pesto e mi sveglio prima pur di non far sapere dove ho passato la notte. Quindi i casi son due: o l’altro mio migliore amico improvvisamente spettegola come una comare, oppure è più plausibile che James abbia il sonno più leggero di quanto ho sempre creduto e si sia deciso ad indagare.
-Non è nulla, sono solo stanco-
È ancora poco convinto, ma non insiste oltre. Recupera il disco e va alla porta intanto che m’infilo sotto le coperte. Indugia sulla soglia, dandomi il tempo di ripensarci.
-‘Notte Pads-
Una volta al buio però la sicurezza va a farsi un giro e non da segni di voler tornare alla svelta. Sono riuscito a trattenermi finora, ma adesso che non c’è più nulla per distrarmi le lacrime non sono altrettanto facili da ricacciare indietro. Odio piangere, detesto profondamente dare questo tipo di soddisfazione a gente come quei due anche se so che non possono vedermi.
-Ah, al diavolo…- brontolo, asciugando le lacrime con la manica e girando il cuscino dal lato rimasto asciutto. Resto sveglio ancora per qualche minuto, a godermi la pace notturna, prima di decidermi a chiudere gli occhi.

 
Sono a Grimmauld Place. Di nuovo.
È tutto nero qui, dalla tappezzeria sui muri ai mobili, un incubo quando è tutto immerso nell’oscurità quasi completa. Solo un’immensa scala di ogni possibile sfumatura di nero. Mi aggiro per la stanza, provando ad aprire le finestre. Chiuse. Anche la porta non vuole saperne di aprirsi.
Infilo le mani in tasca e provo una sgradevole sensazione di vuoto. Quella che si avverte quando si cerca qualcosa che non è nel posto dove dovrebbe essere. Ecco, quell’esatta sensazione. Perché le tasche sono vuote e non c’è traccia della mia bacchetta da nessuna parte.
Qualcuno sta sghignazzando alle mie spalle.
-Cerchi questa?-
Regulus è lì, appena emerso dall’ombra, che ci giocherella roteandola fra le dita –Particolarmente scomoda se vuoi la mia opinione… troppi spigoli, rigida… è soltanto bella da vedere- osserva soprapensiero –Magari è per questo che ce l’hai tu. Proprio non sei capace di assecondare le persone, non è così?-
Non mi piace la sua espressione –Quella è mia e la rivoglio, Reg-
Smette le sue considerazioni, come se si rendesse conto solo adesso della mia presenza –Questa? Non ne avrai più bisogno-
La spezza in due con un gesto secco prima che riesca a fare un passo nella sua direzione, gettando via i pezzi ormai inutili. Atterrano fra di noi, legno su legno che fa rabbrividire nel silenzio totale.
-Perché l’hai fatto?!-
-Potrei farti la stessa domanda- è freddo, lo sguardo affilato e la voce bassa e rancorosa –Te ne sei andato-
-Fratellino, parliamone…- comincio, tentando per quel tono conciliante con cui riuscivo a farlo ragionare quand’era piccolo.
Per tutta risposta sfodera la sua bacchetta e mi ritrovo scagliato contro il muro da uno Schiantesimo.
-Non sono tuo fratello!- grida –Mi hai lasciato solo!-
Mi colpisce ancora, ancora e ancora, fino a farmi cadere a terra frastornato.
Il suo sorriso ha troppi denti per essere rassicurante, felino come la stella della costellazione da cui ha preso il nome, e il suo peso sullo stomaco mi impedisce di respirare. Impossibile scrollarmelo di dosso, per quanto ci stia provando. Regulus ha in sé quell’istinto felino di tirar per le lunghe qualcosa per il puro divertimento di poterlo fare. Che sia una partita che ha già deciso di vincere, o qualcosa di molto peggio.
-Cosa credevi di fare, eh? Trovarti un altro fratello, un’altra madre e un altro padre?- scuota la testa con disappunto –Vedi, non funziona così. Sei un Black. Il tuo posto è qui, a Grimmauld Place, con la tua vera famiglia-
Avverto le sue mani gelide intorno al collo e smetto di divincolarmi, un movimento sbagliato e sappiamo entrambi come andrà a finire –Che vuoi fare…-
-Il mio dovere…- stringe la presa, togliendomi il respiro con una forza che non credevo possedesse -… assicurarmi che tu non lasci mai più questo posto!-

 

Mi sveglio di soprassalto, impiegando qualche secondo a riconoscere la stanza degli ospiti dei Potter.
Solo un sogno, orrendo, ma niente di più.
Lo scricchiolio della porta mi fa sobbalzare, e d’istinto infilo la mano sotto il cuscino dove tengo la bacchetta. Intravedo il riflesso delle lenti di James.
-Tranquillo, sono io- scosta le lenzuola mentre mi sposto di lato per fargli spazio –Proprio non me la sentivo di lasciarti da solo-
Prendo un respiro, il più profondo e calmo che posso per nascondere che ho appena avuto un incubo.
-Te l’ho detto, sto bene-
-Piantala con le cazzate, Pads-
Restiamo zitti a fissarci per qualche momento. O meglio, lui mi fissa e io cerco di darmi un contegno perché trovo che per oggi mi sono già reso patetico da bastare per una vita. Pianta le mani nel materasso e si sposta più vicino.
-Perché devi sempre essere così testardo…- sospira esasperato –Dai, vieni qui-
Quando ritiene che ci stia mettendo troppo a decidermi da spettacolo di togliersi gli occhiali posandoli sul comodino –Ecco fatto, se non ti vedo va meglio?-
Diventasse anche sordo decisamente sì, ma questo è quel che passa il convento e tocca farselo bastare. Non so cosa mi abbia fatto addormentare alla fine, se il calore di James, la sua voce o le sue dita che nel frattempo affondavano nei capelli come a volerli districare…
Quando ho chiuso gli occhi sono scivolato in un sonno profondo senza sogni.

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Capitolo 3
*** Two's company... and three's a crowd ***


Dopo letteralmente un'eternità, dopo file corrotti, rbackup provvidenziali e problemi di ispirazione... ecco che riesco ad aggiornare questa storia :)
Non posso che augurarvi buona lettura, spero vi piaccia questo capitolo!


Credevo che James si abbuffasse solo a scuola approfittando del fatto che gli elfi domestici delle cucine sono sempre più che disponibili a cucinare per un intero reggimento a qualunque ora del giorno.
Invece questo pozzo senza fondo riesce davvero a divorarsi in piena estate quell’indefinito quintale di roba che ha nel piatto. Sua madre era pronta ad accompagnarmi al San Mungo convinta che fossero gli effetti collaterali della “lezione” di ieri… soltanto perché le avevo assicurato che per colazione mi bastava pane, burro e marmellata.
-Illuminami- comincio posando la mia tazza sul tavolo, sinceramente colpito da come riesca a mangiare ugualmente con questo caldo -Dopo aver spazzolato quel piatto a che tipo di magia oscura dovrai ricorrere per convincere la tua povera scopa a portarti in giro?-
Ride e mi manda a quel paese come farebbe in qualunque altra mattinata me ne esca con commenti simili. Se non lo conoscessi meglio potrei anche credere che ogni cosa sia tornata alla normalità, ma è impossibile non notare che di tanto in tanto mi studia di sottecchi per assicurarsi che sia tutto a posto.
La signora Euphemia sorride tranquilla, e va recuperare la posta. Quando torna però un po’ del suo buonumore se n’è andato, sostituito dalla preoccupazione. Apparentemente oltre al loro gufo, ne è arrivato un altro con una lettera per me.
Ma non mi preoccupo più di tanto riconoscendo la calligrafia –Mia cugina Andy, deve aver saputo di ieri- annuncio, tranquillizzando James che era pronto a impadronirsi della busta e portarsela il più lontano possibile.
-Credevo fosse tagliata fuori da quando… sai… da quando ha conosciuto quel Tonks-
Do un’alzata di spalle noncurante –Avrà sentito qualcosa in giro. Oppure è possibilissimo che quella pettegola di zia Druella sia stata invitata a qualche festa e non si sia fatta sfuggire l’occasione per sparlare-
Annuisce, mettendo da parte il piatto mezzo vuoto per sporgersi sul tavolo –Quindi cosa dice?-
Le notizie girano veloci fra i Black e non solo, anche a causa del volume disumano delle grida di mia madre. Non mi sorprenderei se le mie cugine, gli zii e più o meno tutte le famiglie purosangue della Gran Bretagna abbiano saputo limitandosi ad ascoltare l’eco dei suoi strepiti dalla finestra aperta. In breve è successo che dopo di me, a passare un brutto quarto d’ora è stato zio Alphard che si era presentato a Grimmauld Place sperando di poter ragionare con sua sorella.
Gli è andata male a quanto sembra, avendo avuto l’ardire di schierarsi dalla mia parte dandomi ragione, la parola più gentile che si è sentito rivolgere è stato “traditore” e per non si sa quale colpo di fortuna è riuscito ad uscire da Grimmauld Place relativamente indenne. Fisicamente e finanziariamente parlando. Non che gli sarebbe importato poi quel granchè se fosse andato ad aggiungersi alle fila dei diseredati, ci tiene ad informare Andromeda, ritiene che stavolta Walburga abbia veramente passato ogni limite.
Non ci vuole un grande sforzo d’immaginazione per indovinare cosa ha oltraggiato così tanto lo zio: prevedibilmente la cara mamma doveva aver annunciato di voler potare qualche altro ramo dell’albero genealogico. L’unica consolazione per ora sembra che nessuno ha fatto ulteriori danni all’arazzo, e sinceramente mi stupisco che qualcuno sia riuscito a farla desistere essendo Walburga una donna piuttosto impaziente quando si tratta di rappresaglie.
Finisco di leggere e Prongs caccia un fischio che è tutto fuorchè ammirato.
Tira a sé quel che è rimasto della sua colazione riprendendo a mangiare -Amico fattelo dire, tua madre è completamente pazza-
Metto da parte la lettera, sbuffando –Ma dai? Dimmi qualcosa che ancora non so-
Faccio del mio meglio per cambiare discorso. Oggi è una bella giornata di sole e James si è messo in testa di andare a far pratica con le scope, sono più che deciso a farla finire bene com’è cominciata.
E c’è ancora da mettere a punto il piano di allenamenti, si era detto che quest’anno dovevamo assolutamente trovare una soluzione al problema dei Serpeverde che prenotano il campo nei giorni migliori costringendoci ad allenarci quando c’è brutto tempo o quasi all’ultimo minuto. Se cominciamo a preparare un calendario adesso, basterà ritoccare qualcosa qui e là appena avremo gli orari definitivi delle lezioni e andare a farcelo approvare prima che ci pensi il loro capitano. Fine del problema, delle discussioni e delle risse, si spera, per la gioia di entrambi i prof a capo delle nostre Case e di madama Pomfrey. Almeno, quelle che iniziano per motivi sportivi…
Abbiamo appena finito di preparare la tabella annotando le date degli esami più importanti quando sentiamo suonare alla porta. Resto concentrato sul foglio per non combinare un pasticcio, d’altronde questa non può essere una visita per me.
Rimpiango la comodità di quelle penne babbane che Lily va spacciando in giro per la Torre di Grifondoro da anni, con quelle si può scrivere senza doversi preoccupare delle colature, della penna a cui va rifatta la punta e delle ditate che si lasciano in giro se l’inchiostro fatica ad asciugare.
-James, aspettiamo qualcuno?- domanda la signora Euphemia dal cortile sul retro, dove sta stendendo il bucato.
-Tranquilla ma’, vado io!- le risponde a voce alta –Ieri ho scritto a Remus e…-
Stavo ascoltando distrattamente ma quando lo sento nominare Rem alzo di scatto la testa, unicamente per tornare a fissare la pergamena dove ora c’è questo capolavoro d’arte moderna causato dall’inchiostro schizzato un po’ dappertutto perché senza volere ho calcato abbastanza da spaccare la penna d’aquila in due.
-Merlino…- impreco a mezza voce guardandomi le mani macchiate, già rassegnato a dover ricominciare daccapo, fissando alternativamente la pergamena e James che si è paralizzato lì dov’è indeciso su che fare. Tende a capitargli quando è consapevole d’averla fatta grossa, alla maniera dei cervi che si fermano nel mezzo della strada a fissarti senza sapere se andare avanti o indietro.
-Ops…-
Gli dedico un sorrisino amorevole, di quelli che gli riservo nei rari casi in cui la sua furbizia ci procura qualche guaio veramente degno di nota -Ops un corno, Prongs. Cos’è questa storia?-
Tipico di lui provare a tenermi nascosto qualcosa e poi tradirsi così! Sarò brutalmente sincero, stavolta ne sono felice. Almeno posso nascondere l’arma del delitto prima di avere testimoni.
C’è solo una piccola scomodità nell’avere un amico capace di trasformarsi in cervo. È incredibilmente veloce e come tutti gli erbivori ha quel sesto senso che gli fa capire quando è meglio mettersi a correre con quei cinque nanosecondi di anticipo che fanno sempre comodo.
Lo vedo benissimo che vorrebbe sparire alla velocità della luce, ed evitare di incrociarmi come minimo per le prossime ventiquattro ore -Meglio che vada ad aprire…-
-James Potter- e fortuna che sua madre sia fuori, o comincerebbe a domandarsi se sia normale che mi sia messo praticamente a ringhiare –Se il tuo fondoschiena si solleva di mezzo millimetro da quella sedia giuro su quello che ti pare appena siamo ad Hogwarts ti rovino, non riuscirai ad avere un appuntamento decente con la Evans nemmeno pregando!-
-Senti lo sai com’è fatto Moony, prima o poi l’avrebbe scoperto ugualmente…-
-Non solo l’hai fatto venire qua, gli hai pure raccontato tutto?!-
Non me ne frega un bel niente di ascoltare le sue giustificazioni, adesso sì che sono davvero incazzato nero. Una cosa doveva fare, una sola… che gli costava darmi ascolto e lasciarlo fuori da questa storia?!
-Fammi capire, ieri ho parlato arabo per caso?- mi fa un cenno di diniego, forse sperando che sbollisca la rabbia prima di provare a parlare –Magari ho balbettato, allora…- un altro no –Bene, quindi spiegami esattamente COSA TI È PASSATO IN QUELLA TESTESTACCIA VUOTA QUANDO HAI PENSATO DI SPEDIRE UNA LETTERA A REMUS NONOSTANTE T’AVESSI PREGATO DI STARE ZITTO?!-
Mi accascio sulla sedia con le mani nei capelli. E ora che cavolo m’invento? Al diavolo tutto, io me ne torno a dormire sperando che questo sia solo un altro incubo e là fuori non ci sia sul serio un licantropo che mi farà volentieri a strisce per avergli nascosto questa faccenda per anni.
Mi ferma prima che possa scappare di sopra a barricarmi in camera-Adesso ti stai comportando come un bambino-
-Senti chi parla…- soffio.
-Ehi, in questo preciso istante mi stai dando dei punti- ribadisce James –Non credere che non mi sia accorto che ultimamente quando sparisci tu casualmente scompare anche Moony e per un’ora almeno possiamo scordarci di trovarvi, se per stare da solo con lui ti sei messo a cercare un posto che non compare sulla mappa non ti pare si meriti di sapere anche la verità?-
Sì ma non era compito suo decidere che doveva saperla tutta quanta oggi, che diamine! Va bene che aveva cominciato ad avere giusto un paio di sospetti. Ma Prongs davvero non ha la più pallida idea di quanto mi abbia messo nei casini arrogandosi il diritto di spiattellargli per filo e per segno gli stramaledetti fatti miei.
Rem è particolarmente suscettibile su certi argomenti, sa che vuol dire avere segreti che non si possono raccontare al primo che passa. Si è fidato a rivelarci, beh più che altro confermarci, del suo piccolo problemino mensile. La nostra opinione è che non sia tutto questo gran problema, insomma abbiamo dovuto tenerci una foglia di mandragola in bocca per un mese e bere una pozione assolutamente orribile fra le altre cose… ma una soluzione per stargli accanto l’abbiamo trovata. Eppure la vive ancora malissimo, tolti noi tre molti altri hanno un’opinione differente di quelli come lui.
Se adesso sa che invece io ho preferito nascondergli i miei problemi invece di parlargliene sicuramente penserà che l’ho fatto perché non mi fidavo abbastanza di lui, come minimo non vorrà più vedermi e tanti cari saluti al mio piano di averlo come coinquilino finita la scuola, quando pensavo di trovare un posto che fosse nostro dove stabilirci e vivere senza dover dipendere da qualcuno.
-Ragazzi mi meraviglio di voi! Non è cortese far attendere gli ospiti sulla porta- ci rimprovera la signora Potter, che deve aver fatto il giro della casa dopo la seconda scampanellata. Sorride al nostro licantropo preferito invitandolo a entrare –Prego caro, fa’ pure come fosse casa tua-
Remus la ringrazia, aggiustandosi in spalla il solito tascapane leggermente malconcio che si porta alla Stamberga Strillante a ogni plenilunio e dove anche noialtri riponiamo la roba che altrimenti potremmo perderci in giro. Per come conosco quella borsa, dentro ci stanno comodamente un paio di coperte, vestiti di ricambio, una buona scorta di dolci per il mattino dopo, Prongs ci mette il suo Mantello dell’Invisibilità, io i suoi occhiali sapendo che altrimenti li scorderebbe e la nostra mappa, Pete la sua bacchetta perché dopo la prima luna piena che abbiamo passato da animali ha scoperto che qualcuno l’ha usata per farcisi i denti e non è ancora stato in grado di stabilire con certezza, né lo sarà mai per quanto mi riguarda, se sia stata colpa mia o di Moony. Ora indovinare il contenuto è un po’ meno facile, ma se è vero che il lupo perde il pelo ma non il vizio quasi certamente ci avrà messo quelle che considera le provviste essenziali per qualunque giornata lontano dalla sua tana: cioccolata e libri.
Restiamo a fissarci, lui a braccia conserte ed io con le mani in tasca per resistere alla voglia di metterle addosso a chi so io.
Io non parlo, lui nemmeno. Passano altri minuti e intuisce che se aspetta che mi dia una mossa non combineremo niente -Beh, non si usa più salutare?-
Cerco di farmi passare il malumore. Non posso certo prendere e andarmene ora che mi sta proprio davanti –Come va?-
Mi fissa piuttosto divertito -Credevo di doverla fare io quella domanda, considerando che nella lettera c’era scritto di venire alla svelta perché avevamo un’emergenza- posa la borsa per terra e ci segue in cucina –Devo intendere che James l’ha fatta più tragica di com’è realmente?-
Per amor del cielo, cervello, pensa a una risposta intelligente. Ti scongiuro.
-Sì, cioè… non esattamente…-
Ecco, esatto, ottimo lavoro
–È complicato. Possiamo parlarne dopo, con calma-
Gli secca che stia prendendo tempo. Ma se dobbiamo farlo, allora lo facciamo alle mie condizioni. Voglio un posto tranquillo dove stare soli, lui ed io, e non accetto discussioni su questo punto.
-Come ti pare, tanto a casa mi aspettano per domani- fa con quel tono sbrigativo che sa quanto profondamente detesti e mi ignora, rivolgendosi poi a James –Sempre se non è un problema-
-Facciamo che ti fermi per tutto il fine settimana e a casa ci torni lunedì- rilancia invece James, cogliendo l’occasione perfetta per lasciarmi qua a sbrigarmela da solo –Ci penso io ad avvertire i tuoi-
Mi trattengo dal dedicargli un meritatissimo dito medio solo perché c’è in giro sua madre. Dopotutto la vendetta è un piatto che si gusta meglio freddo, preferisco lasciare che abbassi la guardia per combinargli uno scherzo che non si scorderà mai quando meno se lo aspetta non appena torniamo a scuola.
Perché James apparentemente quando deve spifferare qualcosa pur di farlo come si deve è capace di informare veramente tutti, vengo a sapere.
-Possibile che sia arrivato per primo?-
-Cos’è, facevi a gara con qualcuno?- borbotto di malavoglia.
Troppe mattinate insieme per non capire cosa significa quella domanda, stanotte ha dormito poco e di conseguenza s’è svegliato tardi. Quando gli capita pur di esser puntuale è capace di fare tutto di fretta e di saltare pure la colazione. Così oltre alla tazza di tè che gli ho versato mi allungo a recuperare anche qualche biscotto dal barattolo sul bancone.
Quello che non capisco esattamente è chi altro si aspettava di trovare.
-Beh a dirla tutta sì. Peter abita relativamente vicino…-
Ho abbastanza lucidità da posare la tazza, il disastro con la penna m’è bastato. Perché non può essere possibile, sicuramente stamattina ho lasciato la testa sul comodino –Credo di essere ancora mezzo addormentato, prova a ripetere-
Non gli sfugge la leggera minaccia. Perché sì, davvero, lo sfido a ripetere.
–Peter, lo conosci, quell’altro nostro amico? Non troppo alto, goloso di dolci, non gli dici mai un accidenti di niente esattamente come fai col sottoscritto…- accenna con quel misto fra la presa per i fondelli e la serietà che mi fa davvero perdere la pazienza quando so di non meritarmelo. Come in questo istante, ad esempio…
-Beh congratulazioni, purtroppo la medaglia per il primo posto non ce l’abbiamo!-ribatto, punto sul vivo, posandogli la colazione sul tavolo con meno gentilezza di quanto avrei voluto. Perché non può fare a meno di fare la predica al prossimo, stupido io ad aspettarmi che potesse comportarsi diversamente.
Non si fa intimidire, conosce troppo bene le mie lune per preoccuparsi –Perché non me l’hai mai detto?-
-Perché ovviamente non sono io quello che se ne sta in un angolo a fare collane di margherite e piangersi addosso lamentandosi di quanto la vita faccia schifo!-
Oh, sì, ho toccato il tasto giusto. Ci mette mezzo secondo a reagire, le guance già imporporate dalla rabbia -Quindi io sarei così?! Sirius…-
-Scordatelo, niente “Sirius” come fai sempre! Per una volta tanto cerca di non giocarti la carta dei sensi di colpa, credimi, pessima strategia oggi-
Incrocia le braccia al petto, il mento in fuori con quel fare quasi arrogante che proprio non gli appartiene –Ok, e come devo chiamarti allora?-
-Guarda, non farlo proprio se puoi!- sbotto, dal mio lato della stanza. Che ci sentano pure fino in Galles, se la faccenda ormai è di dominio pubblico tanto vale –Cosa volevi sentirti dire?! Che le prendo da quando ero bambino? Che ho resistito per tutto questo tempo solo per Regulus che ieri non ha mosso un dito? O che mia madre preferirebbe vedermi morto piuttosto che insieme a qualcuno come te?!- a forza di gridare mi sta venendo mal di gola. Allargo le braccia, esasperato –Bene, adesso lo sai! Lasciamo perdere o vuoi continuare, per vedere chi di noi se l’è passata peggio finora? Ce n’è finchè ti pare, te lo assicuro possiamo andare avanti fino a domani…-
Vedo la sua faccia perdere rapidamente colore. Ora forse vorrebbe esser rimasto nella sua beta ignoranza. Ha una pessima faccia da poker, il motivo per cui perde sempre quando si gioca a carte in Sala Comune, tutto quello che pensa gli si legge in faccia come se l’avesse scritto in fronte.
Ho esagerato. Non ho ragionato, mi sono lasciato prendere la mano. Ma quando se ne sta troppo comodo sul suo piedistallo mi fa imbestialire, proprio non ce la faccio a starmene buono lasciandolo fare.
Forse però ho un minimo di ragione, oggi, appena quel tanto che basta per fargli decidere che stavolta posso averla vinta io. Non mi da il tempo di mettere insieme scuse di alcun tipo, cambia direttamente discorso.
-Dunque, dal momento che preferisci stare insieme a “qualcuno come me” devo intendere che posso risparmiarmi di sentire James russare stanotte?-
È una cosa talmente a caso che quel poco di risoluzione a tenergli il broncio svanisce. Davvero, non è uno di quei commenti che si possono prendere sul serio. Così finiamo a sogghignare sottovoce fregandocene beatamente se fino a cinque secondi fa ci saremmo volentieri mandati al diavolo, ancora ognuno dal proprio lato della stanza col tavolo in mezzo a mo’ di barricata.
-Mi sono perso qualcosa…?- James ha un tempismo tutto suo alle volte. Voleva avvertire di aver spedito la lettera e aver già sistemato la roba di Rem di sopra e non si aspettava certo di vederci così dopo averci sentiti alzare non poco i toni.
Ma la prende bene. In verità mi sembra la prenda fin troppo bene. Come se un po’ se lo aspettasse, se lo fosse augurato così a lungo da non poter fare a meno di esser felice a vedere che finalmente è accaduto.
-Pareva tanto doveste saltarvi addosso da un momento all’altro…- si caccia una mano in quella criniera scompigliata, essendosi evidentemente reso conto del rossore persistente di Remus dopo quella che possiamo definire una “dichiarazione omeopatica” –… e ho idea che quella voglia ce l’abbiate ancora, quindi sì… ehm, vi lascio soli?-
In effetti com’è che si dice, in due si sta in compagnia e in tre si è in troppi…

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