Gli Hunger Games visti da Rue

di SherylWeasley
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incubi ***
Capitolo 2: *** Il Risveglio ***
Capitolo 3: *** Family ***
Capitolo 4: *** Distretto 11 ***
Capitolo 5: *** Speranza ***
Capitolo 6: *** La Cerimonia della Mietitura ***
Capitolo 7: *** Thresh ***
Capitolo 8: *** Addii ***
Capitolo 9: *** In viaggio verso Capitol City ***
Capitolo 10: *** La Parata dei Tributi ***
Capitolo 11: *** Gli Addestramenti ***
Capitolo 12: *** Scoperte ***
Capitolo 13: *** Le Interviste ***
Capitolo 14: *** Che gli Hunger Games abbiano inizio ***
Capitolo 15: *** Un'alleata inaspettata ***
Capitolo 16: *** You have to win ***
Capitolo 17: *** Un nuovo inizio ***



Capitolo 1
*** Incubi ***


Il sole filtrava attraverso le imposte delle persiane rischiarando la stanza e conferendo un alone surreale ad ogni mobilio e oggetto che dimorava lì. Un timido raggio di luce mattutina illuminò la pelle scura di Rue, il cui volto era contratto in una smorfia di terrore puro che irrigidiva i suoi lineamenti delicati di bambina, e le faceva comparire delle rughe di preoccupazione sulla fronte, conferendole così un'aria estremamente sofferente.
Il sudore le imperlava il volto, e continuava ad agitarsi convulsamente nel letto, vittima delle sue paure e timori più profondi.
Era sommersa da centinaia di tessere, piccoli quadrati di carta, che galleggiavano intorno a lei come alghe albine sott'acqua. Alzando la testa Rue poté notare di trovarsi all'interno di una boccia dalle superfici di vetro che convergevano in un'apertura circolare in cima. Lentamente la bambina si avvicinò alle pareti vetrose e poggiò sopra una mano, ma la ritrasse subito, poichè erano fredde al contatto e sembravano assorbirle ogni grammo di felicità e calore dal corpo.
Sulle tesserine che occupavano il fondo della boccia ,dando l'impressione di trovarsi in mezzo ad un paesaggio innevato,erano scritti i nomi dei possibili tributi che sarebbero stati estratti per gli Hunger Games. Da ogni foglietto usciva un lamento pietoso, un grido, un pianto, una richiesta di pietà, un gemito sommesso, una preghiera sussurrata, una promessa di una vita felice infranta.

All'improvviso un'ombra calò su di lei oscurando tutto per un attimo, e alzando la testa vide una gigantesca mano tozza e ingioiellata infilarsi attraverso l'apertura della boccia. I lamenti provenienti dai foglietti di carta divennero più acuti e stridenti,e a Rue si gelò il sangue nelle vene. Inoltrandosi a difficoltà nel mare di tessere, che le afferravano le caviglie come mani cadaveriche protese in una richiesta di aiuto, arrivò fino alla all'estremita della boccia, a quel punto cominciò ad arrampicarsi frenetica, nel tentativo di sfuggire a quella morsa mortale, ma le pareti vetrose erano ripide e sdrucciolevoli, e non le offrivano alcun appiglio a cui aggrapparsi.
La mano piombò imperterrita su di lei pronta a
ghermirla .

Fu a quel punto che Rue si svegliò urlando.

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Capitolo 2
*** Il Risveglio ***


"Rue, Rue svegliati è solo un incubo". La bambina aprì gli occhi di scatto mettendo lentamente a fuoco la stanza, si trovava nel suo comodo letto, nel Distretto 11, adibito all'agricoltura. Rue appoggiò la testa alla spalliera del letto e respirò profondamente per calmarsi, ormai il suo inconscio era diventato uno scenario di paura in cui era costretta a tornare ogni notte. Se chiudeva gli occhi poteva rivedere la scena, come se fosse stata marchiata a fuoco nella sua testa in modo indelebile. Sentiva ancora la paura e i lamenti provenienti dalle tessere, e il terrore che l'aveva avviluppata quando la mano era piombata su di lei come un oscuro presagio che incombeva inesorabile. Per lei svegliarsi dagli incubi non era più di tanto di conforto, dato che la vita reale ,con tutti i suoi problemi, non le offriva aspettative migliori o vie di uscita da tutto ciò che l'affliggeva.

Si asciugò il sudore sulla fronte, unica prova della nottata appena passata in balia dei suoi incubi. "Rue" sussurrò una vocina timida al suo fianco; la bambina si riscosse ricordandosi improvvisamente che non era sola, e girandosi trovò un paio di occhi che la guardavano preoccupati. Rue osservò sua sorella Deede, di soli 8 anni, e si sforzò di sorridere, nel tentativo di rassicurarla. "Hai fatto un altro incubo?" gli occhi da cerbiatta della sorella la scrutavano ansiosi. "Tranquilla Deede, va tutto bene, ora sto meglio" sentiva la gola e gli occhi bruciarle per la bugia, ma non voleva darle ulteriori preoccupazioni, anche se, ormai erano settimane che faceva il solito incubo, e se prima era solita svegliarsi con il chiacchiericcio allegro dei fratelli o con il canto delle ghiandaie imitatrici, ora erano le sue grida dovute agli incubi a riportarla alla triste e cruda realtà. Purtroppo però  le era del tutto impossibile evadere dalle paure che la perseguitavano come un'ombra.
Ma quella non era una mattina come le altre, infatti quel pomeriggio alle 14:00 davanti al palazzo presidenziale avrebbe avuto luogo la mietitura per gli Hunger Games, in cui un ragazzo e una ragazza sarebbero stati estratti a sorte per andare a morire.

Infatti come ogni anno Capitol City dava inizio agli Hunger Games, delle competizioni denominate "giochi", barbare e cruente, dove sarebbero stati sacrificati un ragazzo e una ragazza di ognuno dei dodici distretti, per soddisfare la sete di sangue e il desiderio perverso e implacabile che spingeva gli abitanti di Capitol a fare della loro morte un diletto, nient' altro che uno svago malsano. Quell'anno Rue aveva compiuto dodici anni, quindi anche il suo nome sarebbe comparso per la prima volta nella boccia della mietitura, tra le migliaia di tessere che sarebbero state le possibili candidate di quella 74esima edizione. Infatti i futuri tributi erano mietuti tra i ragazzi di età compresa tra i dodici e i diciotto anni. Ovviamente in quei sadici giochi i ventiquattro tributi avrebbero dovuto combattere fino alla morte, e colui che fosse riuscito a sopravvivere fino alla fine avrebbe vinto e sarebbe potuto tornare a casa propria, nel suo distretto, che in cambio sarebbe stato ricoperto di onore e gloria. Ma non bastavano una notevole forza fisica e un repellente istinto omicida o uno spirito di sopravvivenza e a salvarti, serviva infatti avere un bell'aspetto, del fascino e un notevole carisma per cercare di accaparrarsi un numero considerevole di sponsor che potevano fare la differenza tra la vita e la morte. Avere degli sponsor favorevoli significava infatti assicurarsi riserve di cibo, acqua e armi determinanti per sopravvivere.

Chi voleva vincere doveva tener conto della possibilità di perdere la propria umanità uccidendo altre persone innocenti, ma era di queste sadiche trappole ideate dagli strateghi che Capitol City, e in particolare il presidente Snow si serviva per sottomettere tutti quanti, ricordandoli costantemente che non avevano alcuna possibilità di emergere dalla loro condizione di perenni sconfitti (cosa che gli stesse pacificatori si impegnavano a far tenere bene a mente). Gli Hunger Games simboleggiavano infatti il degrado e la corruzione dell'umanità, che anzichè progredire non lasciava speranze di un futuro migliore. Snow ricordava loro attraverso quei giochi , che la loro vita, così come la loro morte gli appartenevano. Non avevano alcun libero arbitrio, e nonostante il loro presidente si presentasse come un garante della disciplina e delle regole, necessarie per mantenere una nazione pacifica e solidale, tutti sapevano cosa fosse realmente, un despota. 

Rue si chiedeva se un giorno le cose sarebbero mai cambiate e se ci sarebbero mai state persone disposte a sacrificare se stesse per dare un'opportunità a tutti gli abitanti dei distretti di reagire. Eroi capaci di accendere un fuoco di ribellione negli animi e di guidare tutti loro verso un paese libero, che potesse garantire ad ogni persona il diritto di autodeterminarsi e scegliere liberamente come condurre la propra vita. Martiri  in grado di porre  fine a quell' insensata carneficina di vite umane. Leader che avrebbero ricordato che era ancora rimasto qualcosa per cui valeva la pena di combattere.
E morire.

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Capitolo 3
*** Family ***


Sospirando Rue si tolse finalmente le coperte di dosso e si sedette sul bordo del letto, poi guardò la sorellina accarezzandole dolcemente una guancia, e nel farlo non potè non notare quanto in realtà fossero simili, infatti di tutti e sei i fratelli, Deede era quella che le somigliava di più, aveva i suoi stessi occhi color nocciola con lievi sfumature ambrate all'interno, come il caramello, labbra carnose e una corporatura esile e minuta che la faceva apparire più piccola rispetto alla sua effettiva età, e come lei possedeva uno spirito curioso, caparbio e solare.Tutto nella compostezza e nel modo di atteggiarsi di Rue, così come di Deede, richiamava molto le ghiandaie imitatrici, uccelli che planavano leggiadri sui campi, che lei si dilettava spesso ad intrattenere intonando melodie alle quali  rispondevano con cinguettii armoniosi capaci di alleviare la fatica durante il lavoro nei campi, al quale ogni abitante del distretto 11 era costretto, e che facevano dimenticare per un attimo tutte le sofferenze e le condizioni di sopruso e povertà in cui versava ognuno di loro, tessendo trame di melodiose sinfonie negli animi delle persone e intervallando così gli attimi in cui fatica e desolazione minacciavano di sopraffare i loro cuori. Era un canto di speranza che incoraggiava ad andare avanti e a superare le avversità che gli abitanti del distretto 11 si trovavano a fronteggiare spesso, per via del governo rigidamente verticistico imposto da Capitol City e i suoi emissari, i pacificatori, maschere bianche che mantenevano l'ordine seminando un terrore implacabile capace di paralizzare le persone per renderle mansuete, tenendole schiave delle loro stesse paure. Un governo basato sulla paura," Un gigante dai piedi d'argilla" pensava Rue, un sistema fragile tutto sommato, che poteva essere gettato in crisi con poco, se solo la gente avesse avuto un'opportunità per cui lottare.
"Che ne dici se scendiamo a fare colazione?"disse poi Rue cercando di far assumere alla sua voce una sfumatura di gaiezza per celare il peso che le opprimeva il cuore alla sorellina . Deede la guardò pensierosa come se morisse dalla voglia di chiederle qualcosa e non ce la facesse più a trattenersi, poi prendendo coraggio chiese tutto d'un fiato:     "Hai paura per la mietitura di oggi?", lo disse talmente veloce, che Rue dovette sforzarsi per capire,
"No"mentì,
"Nemmeno un pochino?"incalzò Deede, ora che l'incertezza aveva lasciato posto alla curiosità.
"Okay, forse un po" ammise Rue "Anzi, potrei averne molta, forse potrei essere addirittura terrorizzata, ma non dirlo a Jared o mi darà della fifona" aggiunse poi nel tentativo di sdrammatizzare un po', e per far ridere sua sorella. I bordi della bocca di Deede si alzarono appena, tremolando leggermente per poi ripiegarsi in giù, come se un magnete li avesse attratti verso il basso. Rue vedendo che la sorellina non si tranquillizzava proseguì seria: " Deede, qualsiasi cosa succederà oggi non dimenticare mai che io ci sarò sempre, se le cose dovessero mettersi male, stai tranquilla non ti lascerò mai, ci sarò nel canto delle ghiandaie imitatrici che colorano le nostre giornate, mi rivedrai nei fiori di tiglio che germogliano in primavera, nel vento che ti accarezza i capelli e fa volare i tuoi aquiloni ...."detto questo la voce le morì in gola e non riuscì a proseguire, avrebbe voluto dirle molte altre cose, di quanto fosse speciale, e di come tenesse a lei e agli altri, ma le lacrime cominciarono a pungerle gli occhi, minacciando di uscire. E non poteva permettersi debolezze in un modo che le era così ostile, o ne sarebbe stata sopraffatta competamente.

~Deede~
Deede l'abbracciò forte, aspettando che si calmasse, in quel silenzio carico di parole sentì nel cuore tutto ciò che Rue avrebbe voluto dirle, ma che temeva di pronunciare per paura di crollare. Rue si era sempre addossata tutti i fardelli sulle sue spalle per non lasciarli ai suoi fratelli, e lo stava facendo ancora e lo avrebbe fatto fino alla fine, sempre.

Rue si accorse in quel momento con estremo stupore di qaunto la sorellina le sembrasse cresciuta, si ricordava ancora di quando da piccola la faceva ridere facendo smorfie strane con la bocca, provocando la comparsa di graziose fossette sulle guance, o di quando Deede le chiedeva di spingerla nell'altalena sempre più in alto. Mentre ora si avviava a varcare le soglie dell'adolescenza, e nonostante la tenere età constatò che era molto matura. Rue si asciugò in fretta una lacrima solitaria che le era scesa sulla guancia con la manica del pigiama,"Non serve a niente fasciarsi la testa prima di rompersela" pensò, poi scompigliò i capelli di Deede e sforzandosi di far assumere alla sua voce atona una nota di allegria esclamò: "Dai andiamo a fare colazione, o non rimarrà più nulla per noi", Deede sembrò rincuorata dal repentino cambio di umore della sorella, e ridendo aggiunse: "La mamma ha preparato le ciambelle, ma se non scendiamo subito Jared se le mangerà tutte".

Scendendo le scale a chiocciola intagliate rudemente nel legno di mogano, Rue non potè fare a meno di rimanere inebriata dall'odore di ciambelle al miele che si sentiva fin dal primo scalino. Chrystal, sua madre, era solita farle per ogni occasione speciale, che fosse una festività o un compleanno, o semplicemente per tirare su di morale i suoi sette figli, poichè utilizzava la cucina anche come mezzo di sfogo ed espressione delle sue capacità culinarie. Se bruciava qualcosa era perchè era nervosa nervosa o distratta, se faceva qualcosa di dolce era per ricordare che la felicità stava nelle piccole cose e che bastava poco per sorridere e trasformare una giornata da buia in luminosa. Ma Rue si sentiva irrequieta e giù di morale, come se la sua giornata fosse stata un dipinto a cui avevano aggiunto troppo nero, il quale stava avanzando nella tela soffocando gli altri colori. Arrivata in cucina gettò una rapida occhiata alla stanza, suo padre Paul non c'era, dato che doveva prestare servizio nei campi dall'alba al tramonto si era svegliato molto prima di loro, anche se aveva promesso che ci sarebbe stato per accompagnare Rue alla mietitura.

"Mamma che buon profumo, hai superato te stessa!" esclamò la ragazza corvina schioccando prima un bacio a sua madre sulla guancia e poi sedendosi, Chrystal le sorrise, ma Rue non potè fare a meno di notare il tremolio delle mani della madre e gli occhi arrossati, prove di una notte insonne passata a piangere. Deglutendo rumorosamente  si girò, facendo finta di non aver visto nulla, poi guardò uno a uno i suoi fratelli riuniti come lei intorno al tavolo traballante. Jared con quella zazzera di capelli scuri e con mani e la faccia impiastrate di miele era seduto davanti a lei, era il gemello di Deede, e al contrario di quest'ultima, calma e pacata, lui aveva un carattere esuberante e vivace che lo caratterizzava, insieme al suo talento per i guai. Alla sua destra sedeva Simon, i cui occhi brillavano furbi e desiderosi di imparare da dietro le lenti degli occhiali, quella mattina era talmente assorto nella lettura di un libro da non rendersi nemmeno conto di star mettendo accidentalmente le mani nella tazza del tè, quando in realtà l'intenzione era quella di afferrare una ciambella alla sua destra,
"Sim, attento o magari la prossima volta invece di addentare la ciambella ti morderai la mano", disse ridacchiando Jared, infatti Simon nonostante avesse solo dieci anni aveva un quoziente intellettivo molto superiore alla media, anche se la sua predilizione per i libri e la sua salute cagionevole, che lo costringeva spesso a riposo, tendevano a farlo isolare e a connotarlo come "diverso". Naturalmente Jared non perdeva occasione di canzonarlo, cosa a cui Simon resisteva stoicamente, senza perdere il contegno, anche se quando si arrabbiava le orecchie gli si tingevano di un intenso rosso scarlatto:
"Parla per te minus-mente, che con la tua materia cerebrale non riusciresti a riempire un tappo".
Il sogno di Simon era infatti da sempre quello di fare il dottore, dato che non aveva molte attitudini per l'attività fisica e non era nemmeno particolarmente versato nella cura del raccolto. Jared per tutta risposta gli fece la linguaccia, offrendo a tutti gli ignari spettatori seduti attorno al tavolo una panoramica del suo palato pieno di un misto di saliva e miele.
"Hai un comportamento veramente deplorevole Jared" rimbeccò Simon,
"Avanti Jared smettila, non è così che si comporta un gentiluomo a tavola" disse Christina, lanciandosi in una divertente imitazione dei modi di fare pomposi del fratello maggiore, cosa che strappò a tutti gli astanti una risata. Aveva sette anni, i capelli raccolti disordinatamente in una crocchia tenuta in equilibrio sulla testa in modo precario da un pennello e uno straordinario senso dell'umorismo. Possedeva inoltre macchie di colore di acrilici sparse ovunque, capelli, viso,vestiti, tra cui una sullo zigomo che risaltava particolarmente (Rue valutò seriamente se fosse il caso di dirglielo). Da questa descrizione si capisce quanto fosse dedita e appassionata alla pittura, tanto da dedicarsi ad essa con anima e corpo. Ella amava immortalare paesaggi, tra cui i campi di grano, che intrappolava con il pennello sulla tela per poi farli rivere dandoli colore e luminosità, molte volte  infatti Rue si era sorpresa di quante tonalità potesse avere il cielo " Vedi non serve solo l'azzurro" le aveva spiegato pazientemente la sorella "Sono necessari anche il blu e il viola, il giallo e il rosso per ricreare i riflessi di luce,il bianco èer le nuvole e il verde e il nero per fare le ombre. Esistono centinaia di sfumature possibili se uno osserva attentamente, ed è solo azzeccando la giusta dose di colore e luce che si ricrea l'effetto desiderato". I suoi soggetti preferiti restavano però le ghiandaie imitatrici che Rue riusciva a tenere ferme intrattenendole con delle canzoni, dando così a Christina il tempo di immortalarle eternamente con gli acquerelli.
"Moolto divertente, davvero moolto maturo", borbottò Simon, poco prima di immergersi nuovamente nella lettura.
"Voffio zambelle" a parlare stavolta era stato Julian, il più piccolo componente della famiglia, di soli tre anni, era un bambino amoroso e molto vispo, che però come tutti i bimbi della sua età pretendeva mille attenzioni.
"Fermo, fermo con quella forchetta, così caverai l'occhio a qualcuno, e per di più sbagli parola, è C-I-A-M-B-E-L-L-A, non zambella", precisò con tono spazientito Emma , una bambina di sei anni con una tenacia invidiabile e un forte senso del dovere.
"Nuu" ribattè contrariato Julian, agitando la forchetta come un forsennato e spargendo miele ovunque, schizzando così inevitabilmente chiunque si trovasse nel raggio di un metro.
"Che diamine Julian, ci hai insudiciati tutti" disse Simon emergendo dal libro e cercando, invano, di pulirsi le lenti degli occhiali dal miele.
"Gaa, gaa" urlò il bambino soddisfatto per aver attirato in un solo colpo l'attenzione di tutti su di sè.
"Birbante, ti sei macchiato tutto, ora mi toccherà lavarti" disse la mamma con tono tra il divertito e l'esasperato,"Simon, Deede per favore rimettete in ordine mentre vado a lavare questa piccola peste".
"Tranquilla mamma posso benissimo farlo io, te riposati pure, hai fatto anche le ciambelle" si affrettò a dire Rue,
"Non ti preoccupare tesoro, te vai pure al campo, qui ci pensiamo noi", "E non scordarti di rientrare per le 12:00 o farai tardi" aggiunse poi con un tremolio nella voce.
Rue baciò dunque uno a uno i suoi fratelli ( e quando arrivò a Julian lui le schioccò un umido bacio al miele) e infilate le scarpe si avviò alla porta.

Si voltò un'ultima volta, cercando di imprimere bene nella sua mente quel momento di tranquillità e familiarità domestica, soffermando lo sguardo su ognuno di loro, poi con un brutto presentimento che le opprimeva lo stomaco uscì di casa correndo, per non far vedere le lacrime che le solcavano le guance.

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Capitolo 4
*** Distretto 11 ***


Una volta uscita ed essersi asciugata le lacrime, Rue si accorse con rammarico che il sole , come se avesse voluto esprimere il proprio dispiacere per la mietitura, solidale agli abitanti, si era nascosto dietro alcune nuvole plumbee che minacciavano di piovere ,e questo non fece che alimentare gli oscuri pensieri che la tormentavano. Pensierosa uscì dalla strada principale e si addentrò in una viottola laterale seminascosta da una macchia di piante e disseminata da ciottoli che rendevano il suolo sdrucciolevole. Spesso Rue si inoltrava in quella stradina inselvatichita, dato che oltre ad essere una scorciatoia offriva anche uno scorcio di natura incontaminata. Essa era anche enfatizzata da numerosi alberi ai margini, che con i loro rami parevano prepondere su tutto il resto e su cui Rue era solita arrampicarsi quando cercava un po' di tranquillità. Stavolta però camminò spedita fino ad arrivare all'ingresso del campo dove c'erano dei Pacificatori che facevano la guardia perquisendo le persone quando uscivano, per evitare che si portassero di nascosto a casa un po' di quel cibo che avevano prodotto con tanta fatica. Infatti nonostante Rue abitasse nel distretto dell'agricoltura sapeva bene cosa era la fame, dato che l'aveva patita più volte lei stessa, poiché quel poco che guadagnava lavorando lo dava in maggior parte ai suoi fratelli e mangiava solo quando loro si erano sfamati. Per questo a volte nel migliore dei casi le toccavano gli avanzi ,o alla peggio nulla,ma era un sacrificio che era disposta a compiere purché i suoi fratelli fossero nutriti e in salute. La maggior parte del raccolto veniva invece portato a Capitol City ,per nutrire gli stomaci voraci di quelle persone senza cuore né ritegno che abusavano di loro continuamente. Infatti erano proprio i dodici distretti di Panem a fornire a Capitol City tutto ciò di cui aveva bisogno per esistere: cibo, elettricità, energia, vestiario e pacificatori, in pratica erano la loro unica fonte di sussistenza, oltre ad essere il loro principale svago per i propri diletti malsani. Rue si registrò in fretta nell'elenco dei lavoratori, davanti ad un pacificatore che la scrutava con aria interrogativa, chiedendosi probabilmente come mai in un giorno come quello fosse a lavorare piuttosto che a piangere nel suo letto impaurita. Si diresse poi verso il magazzino per prendere gli arnesi per coltivare, infatti si stava avvicinando il momento della semina, e il lavoro, se possibile, era ancora più duro. "Rue cosa ci fai anche oggi qui? Perché non sei a riposarti?" Rue si voltò e si trovò faccia a faccia con Joe, un vecchio contadino che ormai considerava come un amico,aveva la faccia piena di rughe e bruciata dal sole come il cuoio, mani callose e forti, delle spalle diventate robuste a forza di trasportare messe di grano, e una voce roca e calorosa. Quel giorno portava portava una camicia di flanella a quadretti un pò spiegazzata e usurata dal tempo, un cappello di paglia per proteggersi dal sole e teneva una spiga di grano in bilico nella bocca a mo' di pipa. "Volevo portarmi un pò avanti il lavoro, almeno posso portare qualcosa in più ai miei fratelli" si giustificò lei, infatti Rue spesso e volentieri prolungava il proprio lavoro nei campi e cedeva la razione che guadagnava in più ai fratelli, ma non si lamentava mai, anzi si ammazzava di lavoro proprio per evitare di prendere tessere, che equivalevano a delle nomine in più per la mietitura. Joe le sorrise bonario e le poggiò le mani sulle spalle guardandola intensamente con i suoi occhi azzurri e penetranti che sembravano scavare fino ai meandri più profondi della sua anima. "Come stai? E per favore non dirmi “bene” solo perchè pensi che sia quello che vorrei sentirmi dire, voglio la pura e semplice verità?" Rue sapeva bene a cosa si riferiva, deglutì poichè si sentiva un groppo in gola che le impediva di fare pieno uso delle proprie capacità verbali e rimase in silenzio guardando in basso. In attesa. "Non ti devi vergognare di quello che provi,sai? Anche se hai paura. La paura rende più saggi se si è capaci di ascoltarla senza farci dominare, può essere un'utile consigliera e un'alleata preziosa. Alla tua età alla mia prima mietitura ero terrorizzato, ma sai cosa mi rendeva tranquillo?" Rue fece di no con la testa incuriosita. Joe la condusse fuori dal capannone e cominciò a fischiettare una melodia semplice , e subito le ghiandaie imitatrici iniziarono a ripetere le note, fino a che non si propagarono per tutto il frutteto. Rue si fece trasportare da quel motivetto, poi guardò Joe con occhi lucidi e disse "Grazie, grazie di tutto", e l'anziano signore sapeva bene a cosa si riferiva, infatti era stato lui a dare aiuto alla sua famiglia , quando lei era ancora piccola per lavorare o troppo malata per farlo, le aveva anche insegnato a fischiare canzoni per le ghiandaie imitatrici,(fu a quel tempo che Rue scoprì che le ghiandaie erano disposte ad ascoltarti se a loro piaceva la tua voce) e tutto ciò che c'era da sapere sul raccolto. C'era sempre stato per lei, come un'ombra benevola che l'aveva seguita fin da quando aveva mosso i suoi primi passi, che l'aveva sorretta quando stava per cadere e che poi prendendola per mano l'aveva portata a scoprire il mondo. La bambina corvina si strinse forte a lui inspirando il suo odore , e le lacrime che fino ad allora aveva cercato di trattenere cominciarono a sgorgare silenziose, rigandole le guance. In quel periodo le veniva da piangere spesso, infatti si sentiva sempre come se avesse un piede nella fossa, più che altro a renderla così era il timore di cosa sarebbe successo ai suoi fratelli se.... "Basta Rue" disse a se stessa, "Smettila con questi pensieri macabri e sii forte, per Emma, Julian, Christina, Jared, Simon, Deede, mamma e papà". Rue si asciugò le lacrime e tirò su con il naso, poi si sciolse dall'abbraccio con Joe con delicatezza: "Sarà meglio che vada, altrimenti i pacificatori si accorgeranno della mia assenza". Joe le sorrise bonario e la guardò allontanarsi mentre il sorriso sulle labbra pian piano si spegneva lasciando il posto alla preoccupazione. Il sole picchiava insistentemente e il sudore le imperlava la fronte , ma Rue continuava a lavorare imperterrita, sperava infatti di ricevere una razione di pane in più da portare ai suoi fratelli. Il vento le solleticava la sua massa di capelli cespugliosi mentre spargeva i semi per terra, donandole un breve momento di refrigerio dalla calura estiva, ma Rue non sembrava badarci molto, infatti non vedeva l'ora che le piantine crescessero e diventassero delle spighe di grano, pagliuzze dorate traboccanti di chicchi che frusciavano al vento. Infatti il momento che Rue amava di più era quello del raccolto, quando tutti gli abitanti del suo distretto si riunivano per mietere le spighe che venivano abbattute con le falci e poi imballate insieme . Alla sera accendevano un bel falò e tutti quelli che avevano lavorato si riunivano intorno ad esso arrostendo salsicce e guardando le fiamme guizzanti che si alzavano sempre più frenetiche, quasi a voler lambire il cielo scuro che le sovrastava. Poi mangiavano tutti insieme riuniti raccontandosi storie e aneddoti sui raccolti degli anni scorsi. Per Rue quella del raccolto era decisamente la festività più bella dell'anno, e lei non vedeva l'ora di assistervi, anche se mancava ancora qualche mese alla prossima. A quel punto si fermò un attimo per riprendere fiato asciugandosi il sudore dalla fronte, e voltandosi ad osservare il frutteto rimase completamente estasiata a guardare quel tripudio di colori caldi che nell'insieme offrivano un effetto cromatico come in un dipinto che le avevano mostrato a scuola. L'aria infatti era satura di odori e profumi, tutto intorno verdeggiava e pullulava di colori cangianti e di vita, ed ogni essere e pianta contribuivano a rendere quell'ambiente unico nel suo genere. A fine mattinata Rue grazie alla sua agilità e leggerezza si arrampicò sull'albero che sorgeva al centro del frutteto, grande e maestoso, e rimase a scrutare l'orizzonte fino a che non scorse in lontananza la bandiera che a fine giornata i pacificatori appendevano per segnalare la fine dei lavori (dato che quel giorno c'era la mietitura la giornata lavorativa concludeva prima), allora la bambina corvina per avvertire il resto delle persone , secondo un segnale che avevano convenuto, che i lavori erano terminati cominciò a intonare un motivetto che le ghiandaie imitatrici contribuirono a diffondere per tutto il frutteto, così che non appena gli altri contadini lo sentivano capivano che la giornata lavorativa era giunta al termine e tornavano al casolare a riporre gli attrezzi. Una ghiandaia le passò accanto volando e continuando a fischiettare la sua canzone. Rue a quel punto scese soddisfatta dall'albero con agilità e si avviò verso l'uscita, prima di tornare a casa doveva superare i controlli dei pacificatori e prendere la sua razione giornaliera di cibo. Superate infine tutte le perquisizioni, stringendo la sua pagnotta calda in mano, ampiamente guadagnata, uscì dal cancello, ma nel farlo l'occhio le cadde un'ultima volta sul campo, e fu in quel momento che capì cosa lo rendeva così speciale, il suo essere così effimero, dato che tutto ciò che vedeva era destinato a scomparire e a cadere nell'oblio: sarebbe arrivata l'estate che avrebbe reso tutto un tripudio di colori cangianti, poi l'autunno che avrebbe colorato le foglie di rosso cremisi e oro e avrebbe spogliato gli alberi, in seguito la neve d'inverno che avrebbe attecchito al suolo ricoprendo tutto di un manto diafano e infine la primavera avrebbe fatto rifiorire ogni cosa riempiendo l'aria di profumi e di vita. Ognuno avrebbe colorato a modo suo quel campo, tutto era destinato a morire e a rigenerarsi. Rue fu colta da una nostalgia improvvisa e si chiese se sarebbe vissuta abbastanza per vedere il frutteto cambiare, grazie all'opera di madre natura, e lei con esso. Poi con un ultimo sospiro si allontanò.

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Capitolo 5
*** Speranza ***


"Chi vuole un pezzo di pagnotta?"esclamò Rue entrando in casa.
Subito, senza darle nemmeno il tempo di togliersi la giacca, le piombarono addosso i fratellini urlando estasiati, come uno sciame di api voraci che si avventano sul miele con ingordigia, bramosi di accaparrarsi il pezzo più grande.

"Ingordi che non siete altro, prima filate a lavarvi le mani" ordinò lei mettendosi le mani sui fianchi con finto tono autoritario. Immediatamente i suoi fratelli corsero in bagno e Rue non poté fare a meno di scuotere la testa ridendo alla vista della loro impazienza . Aveva ancora un po' di fiatone per aver corso, infatti dopo alcuni minuti nei quali era rimasta totalmente impietrita davanti al cancello d'ingresso del frutteto si era ridestata dal suo torpore e aveva cominciato a camminare a passo spedito, ma ad un certo punto,non ricordava ancora bene quando né perchè, si era ritrovata a correre, come a voler mettere più distanza possibile tra lei e tutti quei tristi e nostalgici pensieri che quel luogo sembrava scaturire dentro di sé. Per questo era arrivata a casa stremata, con il fiatone e le guance accaldate, sentendosi staccata da tutto e da tutti, anche dal suo corpo , come se stesse fluttuando per assenza di gravità, immersa completamente in uno scenario onirico.
Deede le venne incontro e l' abbracció forte, schioccandole un bacio sulla guancia, poi le disse:" Rue la mamma ti ha preparato un bagno caldo e il vestito che dovrai indossare oggi, ti aspetta di sopra". Rue ringrazió la sorellina, la quale la guardava con occhi carichi di apprensione, poi salì le scale ed entrò in bagno, rimasta sola si spogliò e si immerse nella tinozza d'acqua calda che le aveva preparato la madre. Rue ci entrò con piacere, dato che l'acqua calda era un lusso che si potevano concedere raramente. Colse anche l'occasione per districare (o per lo meno provarci) la sua folta capigliatura scura e riccia , poi si strofinò via bene gli strati di sporcizia dal corpo e da sotto le unghie,dove tendeva ad accumularsi il terriccio dato che lavorava a stretto contatto con la terra. Rimase a mollo nell'acqua per parecchio,avvolta da volute di vapore che si snodavano sinuose mentre evaporavano, per poi andare ad appannare i vetri delle finestre, sui quali si divertiva a tracciare disegni, fino a che l'acqua non divenne fredda e le bolle di sapone scomparvero, cercando di rilassare i nervi tesi e godendosi quegli attimi di tranquillità.
Quando uscì dalla tinozza si avvolse nell' asciugamano che sua madre le aveva lasciato ed entrò in camera, ad attenderla dentro c'era infatti Chrystal, e adagiato sul letto, ben stirato e pulito c'era un vestito verde smeraldo, con le spalline di pizzo, che le arrivava fino alle ginocchia, il tutto coronato da un paio di ballerine scure e un nastro verde per fermarle i capelli.

"Mamma ..... è davvero bellissimo" esclamò commossa Rue con un filo di voce, Chrystal le sorrise con gli occhi lucidi:
"Sono contenta che ti piaccia, l'ho indossato anche io alla mia prima mietitura .....nel caso ti porti fortuna"

"Mmh ...grazie" disse la bambina corvina mordendosi il labbro. Con l'aiuto di sua madre indossò il vestito, che notò con piacere le stava davvero bene, infatti enfatizzava il colore scuro della sua pelle e richiamava molto il colore dei campi in cui era cresciuta.
" Peccato che sia sprecato per una simile occasione" pensò amaramente, mentre sua madre la faceva sedere accanto allo specchio per pettinarle i capelli. Mentre le spazzolava la sua massa di ricci indomabili , Rue notò che la mano di Chrystal tremava leggermente, tanto da non riuscire a tenere la spazzola ferma per legarle i capelli. All'improvviso le cadde di mano, ma Rue , grazie alla sua prontezza di riflessi fu più lesta a raccoglierla, e disse: "Tranquilla mamma, faccio da sola".

Chrystal annuì leggermente e si soffiò il naso andando a sedersi sul bordo del letto, mentre Rue con mani abili finiva il lavoro iniziato dalla madre e fissava i capelli all'indietro con il nastro verde legato in modo che assumesse la forma di un fiocco.
Una volta finito di acconciare i capelli, alzando gli occhi notò che sua madre la guardava commossa:
"Sei così forte e generosa Rue,vedo come lavori per assicurare sempre un pasto ai tuoi fratelli, e sappi che sono veramente orgogliosa di te" proseguì Chrystal spostandole una ciocca ribelle che le era sfuggita dell'acconciatura e mettendogliela dietro l'orecchio; poi la fece girare verso di lei e le prese il volto tra le mani, accarezzandole le guance con i pollici e le baciò la fronte

"Ti voglio bene Rue, anche se non te lo dico spesso sappi che è così".
Rue avrebbe voluto trovare qualcosa di bello e intenso da dire, ma l'emozione le serrava la gola, quindi sbattendo le palpebre per scacciare le lacrime che le pungevano insistenti gli occhi mormorò:
"Anch'io ti voglio un modo di bene mamma".
A quel punto in balia delle sue emozioni, completamente sopraffatta, come una nave in mezzo ad una tempesta, posó lo sguardo a terra, fingendo un improvviso interesse per le sue scarpe, poi guardò la madre mordicchiandosi il labbro inferiore,
"C'é qualcosa che vorresti dirmi?"disse lei intuendo che qualcosa turbava la figlia,
​"
Ho paura di perdervi ......cosa succederà se io......chi penserà a Simon? É un bambino speciale, ma diverso dagli altri, sai che la gente vede ciò che è diverso come una minaccia .....e Jared? È un uragano e ha bisogno di qualcuno che lo guidi e lo controlli, per non parlare di Julian ,ha solo tre anni e non....."

Prima di riuscire a finire di dire quel fiume di parole che le uscivano di bocca senza alcun controllo, Rue si ritrovò avvolta dall' abbraccio confortante di sua madre, e si lasciò finalmente andare ad un pianto implacabile, pianse per tutto, per il suo distretto, per la sua famiglia, Joe, Capitol City e per gli Hunger Games. Per tutto il tempo la stretta di Chrystal non cedette di un millimetro, e Rue alla fine riuscì a calmarsi cullata dalle sue braccia come quando era piccola.
Quando si sciolse dall'abbraccio notò che la madre come lei aveva le guance bagnate di lacrime

"Tesoro non ti preoccupare, andrà tutto bene".

Lei annuì più per convincere se stessa che perché ci credesse realmente. Una volta che si fu asciugata le lacrime scese di sotto insieme alla madre, sentendosi finalmente più leggera.
Fu in quel momento che capì che quel pianto non era scaturito da un attacco di paura o di panico ma era stato un pianto liberatorio, per sfogarsi , ed ora poteva affrontare il futuro con tutto ciò che le avrebbe riservato senza più timore o pesi sul cuore, con libertà.
Improvvisamente si sentì più calma perché sapeva che c'erano tre cose che Snow non avrebbe mai potuto portarle via: l'amore per i suoi famigliari, la musica e la libertà di scegliere tra il diventare una sua pedina o rimanere se stessa, nel bene e nel male, con tutte le conseguenze che ciò avrebbe comportato.

Fino alla fine.

Sempre.

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Capitolo 6
*** La Cerimonia della Mietitura ***


Suo padre come le aveva promesso tornò in tempo per accompagnarla alla mietitura che avrebbe avuto luogo nella piazza centrale davanti al municipio.

Non appena la vide la baciò in fronte "Non preoccuparti" le disse "Ancora poche ore e sarà tutto finito" proseguì, anche se Rue sospettava che lo dicesse più per convincere se stesso che perchè ci credesse realmente.
Anche lei avrebbe tanto voluto crederci, ma non osava essere così ottimista. Per strada Deede la tenne per mano tutto il tempo, mentre Emma avanzava accanto a loro con Julian in braccio, chiacchierando vivacemente nel tentativo di alleggerire la tensione che si aggravava su di loro.
Quando arrivarono la piazza era già gremita di ragazzi e ragazze dai dodici ai diciotto anni, i loro visi tradivano le emozioni più disparate, su alcuni si leggeva paura, altri ostentavano una certa sicurezza, e altri ancora denotavano espressioni serie e distaccate.
Nonostante la moltitudine di persone riunite lì per quel macabro appuntamento annuale non si sentiva volare una mosca, c'era qua e là qualcuno che sussurrava qualcosa con fare conciato ,ma nessuno osava alzare troppo la voce per paura di attirare l'attenzione su di sé. Tutti quanti stavano secondo un tacito accordo in religioso silenzio.

"Devo andare a registrarmi" disse Rue rivolgendosi ai suoi famigliari, cercando di sembrare calma e padrona della situazione.

"Noi ti aspettiamo qui, a dopo" disse Deede in un soffio, sorridendole incoraggiante e stringendole la mano un'ultima volta prima di lasciarla andare via.

“Si a dopo” sussurrò Rue rivolgendo un sorriso incerto alla sua famiglia, poi per poi andare a mettersi in fila dietro un gruppo nutrito di ragazzi e ragazze. Quando si avvicinò il suo turno vide un tavolo sul quale stavano alcuni pacificatori e rimase alquanto turbata quando si accorse che per registrare le presenze infilavano un ago in un dito per prelevare delle gocce di sangue. Rue venne presa da un breve capogiro non appena realizzò ciò, nessuno l'aveva avvertita, evidentemente per non spaventarla ulteriormente ,e anche se in un primo momento avrebbe voluto girare sui tacchi e andarsene sapeva bene che non poteva tornare indietro. Respirò profondamente cercando di calmarsi e quando arrivò il suo turno porse al pacificatore una mano tremante, ed egli senza nemmeno guardarla in faccia le afferrò bruscamente il dito e le punse il polpastrello. Rue cercò di distrarsi pensando ad altro, ai campi , alle ghiandaie, e quando arrivò l'ago sentì solo una lieve puntura, poi il pacificatore premette il dito sanguinante in un riquadro accanto al suo nome. A quel punto andò ad unirsi ad un gruppo di ragazze della sua età, salutò alcune di loro che conosceva con un cenno della mano e cominciò a riflettere febbrilmente, aveva solo una nomina quell'anno, infatti non aveva mai preso tessere per avere delle razioni di cibo supplementari perché equivalevano ad una possibilità in più di essere sorteggiati, quindi le possibilità di venire estratta erano bassissime, perciò non doveva preoccuparsi troppo, non avrebbero scelto lei. Almeno sperava.
Alzando lo sguardo vide il municipio, una struttura fatiscente, che svettava maestosa ed imponente al centro della piazza, sulla facciata centrale era stato posto un pesante drappeggio rosso scarlatto che recava il simbolo di Capitol City, esso scendeva come una cascata di sangue sugli astanti, per poi finire ai piedi di un impalcatura costruita appositamente per l'evento. Al centro di essa era stato posto un microfono, con accanto le due fatidiche bocce per la mietitura, una per i maschi e una per le femmine, invece a destra su delle poltrone sedevano il sindaco e la sua famiglia con aria solenne, e accanto con espressione più grave c'erano gli unici vincitori degli Hunger Games ancora in vita del distretto undici, Chaff e Seedeer.

Tutt'intorno stavano appollaiati negli angoli più strategici i cameramen, pronti e registrare l'evento è trasmetterlo in televisione in tutti distretti ,compresa Capitol City.
Improvvisamente l'attenzione di Rue fu catturata da una figura che era salita sul palco e si stava avviando verso il microfono. La riconobbe subito, Cassie Roseshade, l'inviata di Capitol City, che ogni anno veniva nel loro distretto storcendo il naso per l'odore di concime dei campi, tutta tronfia e spumeggiante, appositamente per la cerimonia dell'estrazione dei futuri tributi. Cassie troneggiava con aria tracotante su ognuno di loro, e non ci voleva di certo un genio per capire da come li guardava che li considerava tutti come carne da macello. Indossava un eccentrico vestito leopardato attillato fino alle cosce che poi andava a terminare con delle balze di tulle fin sotto il ginocchio, nel complesso tutto il tessuto di pelliccia maculato la faceva assomigliare ad un grosso felino, cosa rimarcata dalle unghie laccate di giallo, e le lunghe ciglia finte che erano state applicate sulle palpebre. La sua pelle per i numerosi trattamenti che aveva fatto aveva assunto una sfumatura ambrata, sul viso erano stati applicati alcuni brillanti, e gli occhi erano adornati da un ombretto marrone che in alcuni punti andava a sfumare in oro, dando un tono più eccessivo e fastoso al volto. Le labbra erano color giallo canarino, e a coronare il tutto in bilico sulla testa era stata posta una stravagante parrucca piena di boccoli biondi con pagliuzze dorate, avvolti intorno alla testa come spirali, anche se a Rue ricordano più dei serpenti. Tutto in lei era eccentrico ed eccessivo, dall'unghia del piede fino all'ultimo capello e oltretutto stonava terribilmente con l'atmosfera cupa che aleggiava lì intorno. Producendo un ticchettio snervante con i tacchi altissimi delle scarpe (sempre maculate) si posizionò dietro al microfono ed esclamò con voce squillante e falsamente amichevole:

"Benvenuti, benvenuti alla 74 edizione annuale degli Hunger Games, oggi saranno sorteggiati i futuri tributi che avranno l'onore e l'onere di rappresentare il loro distretto per cercare di conquistare gloria e onore eterni".

L'eco della sua voce rimbombò nella piazza fino a spegnersi, Cassie guardò speranzosa verso gli astanti, in attesa di un applauso o di un cenno d'assenso ,ma dato che nessuno si muoveva e l'unico rumore che si sentiva era quello del frusciare del vento, si schiarì la gola e proseguì stizzita,

"Ed ora prima di annunciare i tributi lascio la parola al nostro stimato sindaco che ha un discorso per noi".

Il diretto interessato si alzò dalla sedia, e si fece strada verso il microfono, era un uomo sulla cinquantina, stempiato e pasciuto, portava degli occhiali con la montatura squadrata, dietro i quali si agitavano due occhi acquosi e porcini. Si asciugò la fronte madida con un fazzoletto a quadri che aveva estratto dalla tasca del panciotto, e poi cominciò a recitare con voce atona e monocorde, come un disco ininterrotto, il discorso che faceva ogni anno in occasione della mietitura e che ormai anche i bambini conoscevano a memoria. Il suo sermone in sostanza verteva sulla rivolta dei Giorni Bui, da cui alla fine era emersa una Capitol City vittoriosa con alle spalle dodici distretti sconfitti, ed uno, il distretto tredici completamente distrutto e devastato dai bombardamenti. Ogni tanto veniva mandato un video in televisione in cui si vedevano le rovine del tredicesimo distretto completamente incenerito e raso al suolo dalle bombe di Capitol, come promemoria di ciò che sarebbe successo a coloro che avevano intenzione di ribellarsi. Alla fine era stata sancita un'alleanza tra la capitale e i distretti di Panem, secondo la quale essi avrebbero dovuto offrire ogni anno in sacrificio un tributo maschio e femmina da mandare a morire, e per rendere il tutto ancora più penoso e umiliante ciò veniva fatto sotto forma di Reality Show.

Da questi giochi dispotici il presidente Snow lasciava in vita una sola persona, la quale veniva coperta di onore e ricchezza, per alimentare la speranza che ci fosse qualcuno in grado di emergere dalla propria posizione di eterno sconfitto e sottomesso. In realtà era tutta una trappola strategica per far ricordare alle persone che la loro morte così come la loro vita appartenevano a Snow, ed egli poteva prenderla e trasformarla a suo piacimento, rendendo i vincitori cittadini e simboli della misericordia di Capitol, per offrire l'idea di una città che si preoccupa per i suoi abitanti e li protegge,quando in realtà era proprio da essa che dovevano stare in guardia.
Rue era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse nemmeno che il sindaco aveva finito di parlare, e quando si riscosse, Cassie Roseshade era già tornata al centro della pedana, e stava annunciando giuliva:

"Ed ora possiamo incominciare la mietitura, come sempre prima le signore, e possa la fortuna essere sempre a vostro favore".

Per Rue fu come vedere tutto a rallentatore, come se si trovasse fuori dallo spazio e dal tempo, vide la mano ingioiellata di Cassie infilarsi nella boccia, che le ricordava moltissimo quella dell'incubo che aveva fatto, tanto che riprovò la stessa sensazione di claustrofobia e impotenza.

Poi la mano afferrò un biglietto e lo estrasse.

Un quadrato di carta tra tanti, un foglietto che avrebbe potuto cambiarle la vita o addirittura farla finire, un misero pezzo di carta che teneva in pugno il suo destino; a quel punto lo dispiegò e si schiarì la voce.

Nessuno muoveva un muscolo o respirava, la tensione si sarebbe potuta affettare con un coltello.

Dopo un attimo che parve interminabile, Cassie annunciò:

"Rue Mahony".
No.
Decisamente no.
Quell'anno la fortuna non sembrava essere a suo favore.

 

 

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Capitolo 7
*** Thresh ***


All'età di nove anni Rue, vittima dell'incoscienza tipica dei bambini, si era arrampicata su un vecchio salice frondoso che affondava le sue radici nelle sponde di un fiume, e i cui rami sporgevano fin sopra l'acqua. Rue si era agilmente arrampicata su per il tronco nodoso, fino ad arrivare ad un ramo secco ed instabile, per nulla idoneo come sostegno, dato che sporgeva direttamente sopra il fiume. Ad un certo punto il ramo, sopraffatto dal suo peso, si era incrinato fino a rompersi del tutto con un colpo secco, provocando così l'inevitabile caduta di Rue nell' acqua gelida di una mattinata di febbraio.

L'impatto con l'acqua fredda le aveva svuotato completamente i polmoni d'ossigeno,in poco tempo si era ritrovata a tremare scossa dai geloni che le si diffondevano come scariche elettriche per il corpo, e ad annaspare in cerca di un appiglio, fino a che non era riuscita ad afferrare un ramo sporgente che l'aveva tratta in salvo dalla corrente dell'acqua.
In quel momento Rue si sentiva esattamente così, le girava la testa come se qualcuno le avesse compresso la gabbia toracica e tutta l'aria intorno a lei fosse stata risucchiata.
Sentì, come un eco lontano, che Cassie Roseshade la chiamava nuovamente con una leggera nota di insistenza

"Rue avanti vieni fuori, coraggio", diceva con tono mellifluo, come usa fare un cacciatore ad un animale spaventato per indurlo ad uscire allo scoperto poco prima di assestargli il colpo finale. Allora lei in uno stato di paralisi simile alla trance ,indotto dalla shock, raccolse ogni grammo di coraggio e forza di volontà di cui disponeva al momento e cominciò a muoversi in modo catatonico verso il palco,

"Prima un piede, poi l'altro davanti" si ripeteva mentalmente Rue come un mantra, cercando di dare un comando agli arti inferiori per nulla intenzionati a muoversi e che parevano pesare come il piombo. Era consapevole di star imboccando un strada da cui non sarebbe più uscita, quella era un'andata senza ritorno.

Al suo passaggio la folla si apriva come il mar Rosso per farla passare, Rue guardò di sfuggita alcuni volti, alcuni la osservavano con pietà mista a compassione, altri senza riuscire a mascherare il sollievo per non essere stati estratti, anche se alla fine il senso di colpa per ciò che pensavano prevaleva, inducendoli a chinare la testa per la vergogna, altri ancora avevano le rimandavano occhiate di scherno un ghigno stampato in faccia: "Meglio tu che io" sembravano voler dire.

Con la coda dell'occhio Rue scorse il maxi schermo che in quel momento proiettava la sua immagine attonita e completamente scioccata in diretta a Capitol City. Salì lentamente sui gradini del palco impiegando tutte le sue energie per non inciampare e rovinare a terra.

Subito Cassie le rivolse un sorriso affettato e falsamente amichevole, poi le passò una mano dietro le spalle e la spinse leggermente verso il centro della piattaforma davanti al microfono, rischiando di farla inciampare, e a quel punto annunciò allegramente, noncurante della sciagura imminente che si stava consumando davanti ai suoi occhi:

"Ecco il nostro tributo femminile , ci sono volontari?"

Rue ancora paralizzata da un terrore cieco che si insinuava in lei come veleno, guardò verso gli astanti, pur sapendo che nessuno si sarebbe offerto al posto suo: i suoi genitori erano troppo grandi e i fratelli troppo piccoli per farlo, e a parte loro non aveva nessuno disposto a sacrificare la propria vita per lei, perché si , Rue sapeva che la sua vita stava scandendo gli ultimi rintocchi, facendo il suo ineluttabile e incontrovertibile conto alla rovescia del tempo che la separava alla sua morte. Le sembrava quasi di sentire il ticchettio sommesso di un orologio in lontananza, e nonostante il buon senso le dicesse che era del tutto impossibile, si guardava intorno disperata, come un animale in gabbia, in cerca di una possibile via di fuga. Ma dove sarebbe mai potuta andare a nascondersi? Per non parlare dei numerosi Pacificatori che facevano la sentinella ad ogni angolo e uscita, poichè in occasione della mietitura annuale, le milizie di Capitol City venivano rafforzate proprio allo scopo di evitare spiacevoli inconvenienti come quello.

E soprattutto mai e poi mai avrebbe voluto apparire come una codarda agli occhi di tutti.
Affondò quindi le unghie nei palmi delle mani, usando il dolore come via d'uscita da quel tunnel d'oblio, cercando di restare lucida e sforzandosi di ricacciare indietro le lacrime. Subito la consapevolezza di ciò che stava succedendo la colpì bruscamente riportandola alla realtà, e il lieve strato di nebbia che sembrava essersi depositato ovunque ricoprendo tutto come brina si dissipò . Fu in quel momento che realizzò che quello non era né il momento né il luogo di mostrarsi debole e impaurita, o sarebbe sembrata un bersaglio facile, quindi soffocó momentaneamente la simultaneità di emozioni che la dilaniavano da dentro e cercò di concentrarsi su ciò che stava avvenendo.

"Dato che non c'è altro da aggiungere passiamo pure all'estrazione del tributo maschile", esclamò intanto Cassie, la quale dopo alcuni secondi di pausa aveva ripreso a parlare con tono spumeggiante; immerse nuovamente la mano nella boccia e pescò un altro biglietto.

Silenzio.

Nessuno si muoveva in attesa del verdetto finale.

Della sentenza di morte.

"Thresh Evans".
Il
cuore di Rue fece un galoppo, un ragazzo muscoloso e corpulento, con spalle larghe si fece strada tra la folla di persone dirigendosi verso il palco senza esitazioni. Non sembrava dovesse fare grandi sforzi per mascherare le sue emozioni , dato che aveva un'aria distaccata, la fronte corrucciata e un cipiglio torvo che gli incorniciava il volto scuro.
Purtroppo Rue lo conosceva, egli era rimasto orfano di padre da piccolo, ma le loro madri erano state molto amiche, e quando erano piccoli si vedevano spesso. Poi quando anche sua madre era morta per una malattia a Thresh erano piovute addosso tutte le responsabilità, tra cui il compito di badare alla nonna troppo anziana per lavorare e alla sorella cagionevole per natura e poco tagliata per l'attività all'aperto, per via di alcuni problemi alle vie respiratorie. Per questo egli era stato costretto ad andare a lavorare nei campi alla tenera età di sette anni, per guadagnarsi qualcosa per sopravvivere, e da quel momento Rue aveva cominciato a vederlo molto di rado, fino a che il ragazzo spiritoso, cordiale e affabile aveva lasciato il posto a questo nuovo Thresh, imperscrutabile, impossibile da avvicinare e scontroso con tutti.

Il dolore l'aveva temprato inducendolo ad innalzare una barriera tra lui e il modo esterno, ma Rue sapeva bene che dietro quella solida corazza si nascondeva un ragazzo leale e buono, infatti ricordava ancora che quando da piccola lui la spingeva sull'altalena per farla giocare, oppure quando una volta cascando da un ramo si era storta la caviglia e lui l'aveva riportata in collo fino a casa e l'aveva medicata.

Ma ormai erano anni che non parlava più con lui, a parte qualche cenno scambiato frettolosamente quando si incontravano nei campi o in piazza al mercato.
Intanto Thresh l'aveva raggiunta accanto al parco e guardava verso il pubblico con aria truce, anche se Rue sapeva bene che quello sguardo era riservato a Capitol City. Ovviamente neanche per lui ci furono volontari pronti a morire al suo posto.

"Bene, bene" cinguettò Cassie Roseshade, sollevata di essere riuscita a portare a termine quell' ardua impresa e impaziente di tornarsene alla sua amata città piena di agi e vizi,

"Ora i nostri tributi si stringano la mano”.

Rue guardò Thresh di sottecchi, e notò che teneva gli occhi fissi su un punto in lontananza, gli tese la mano e lui gliela strinse, era calda, vigorosa e piena di calli, come del resto tutte le mani dei contadini del suo distretto, segno di parecchi anni passati a lavorare la terra.

Dopo di che furono scortati frettolosamente da alcuni Pacificatori all'interno del municipio, poiché ai loro familiari era concesso di salutarli un'ultima volta.

Prima della fine.

Nota Autrice:
​Ciao a tutti,
spero che la storia vi stia piacendo.
Se vi va lasciate sotto un commento per dirmi cosa ne pensate, ve ne sarei molto grata.

​SherylWeasley

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Capitolo 8
*** Addii ***


Rue fu scortata in una stanza da un pacificatore, che poi uscì senza dire una parola lasciandola completamente sola, le pareti erano ricoperte da arazzi rossi, delle vecchie poltrone foderate di velluto erano disposte a semicerchio davanti ad una stufa spenta, un pesante lampadario adornato di lucerne penzolava pigramente dal soffitto, e quando la luce del sole lo colpiva creava dei riflessi luminosi a forma di prisma che si riflettevano sui muri circostanti. Il drappeggio di Capitol City ricopriva la parete laterale e le finestre, donandole così un pò di privacy.

Alla sua destra su un tavolino traballante di vetro massiccio erano stati disposti alcuni calici con liquori ambrati, e sotto i suoi piedi era stato srotolato un tappeto che recava dei motivi geometrici e stilizzati.

Ma Rue non degnò di una sola occhiata tutto quanto, era troppo occupata a lottare contro il senso di perdita e la paura che la dilaniavano da dentro. Si strinse forte le braccia attorno al petto, come per impedire a se stessa di frantumarsi in mille pezzi. Ancora pochi istanti e il dolore l'avrebbe sopraffatta del tutto, ma prima che quella macabra consapevolezza si insinuasse in lei decise di approfittare di quel poco tempo che le rimaneva per parlare con la sua famiglia. Si pizzicò un pò le guance per far assumere loro un pò di colorito, doveva mostrarsi forte per i suoi fratelli, così come negli Hunger Games, non voleva che la vedessero soffrire o piangere, doveva rimanere forte per loro, voleva che la ricordassero come la ragazza che cantava per le ghiandaie imitatrici e non come un pezzo da macello mandato a morire, non come una persona la cui luce negli occhi si era spenta già prima di vedere in faccia la morte. Doveva loro quest'ultima cosa. Sarebbe stato il suo ultimo regalo per loro.

Il problema era solo capire come andare avanti senza perdere se stessa.

La porta si aprì con uno schianto e irruppero precipitosamente nella stanza i suoi genitori con Deede, Jared, Simon, Christina, Emma e Julian. Nei loro volti erano dipinti rabbia, disperazione, tormento e tristezza, guardarli era come osservare un uragano devastatore direttamente dal centro della tempesta.

Subito Deede le piombò addosso e l'abbracciò singhiozzando, sembrava fossero passati secoli da quando quella mattina Rue si era svegliata urlando e sua sorella l'aveva consolata, ora le parti erano invertite come per un macabro scherzo del destino.

Jared le si avvicinò pallido, ogni traccia di allegria dal suo volto era scomparsa, lasciando il posto ad un dolore indicibile:

"Non voglio che tu vada" sussurrò flebile, rivolto puù a se stesso che agli altri, con gli occhi, di solito così pieni di energia e di vita, che ora fissavano il vuoto come fari spenti.

Emma, la sua piccola Emma che portava ancora le trecce che le aveva fatto quella mattina esclamò con le guance arrossate e rigate da lacrime di rabbia:

"Non è giusto, non possono farci questo, non possono" aveva preso a tremare stringendo i pugni e battendo i piedi per terra, poi le venne incontro piangendo copiosamente e Rue l'accolse a braccia aperte e con le lacrime agli occhi.

“Tranquilla tesoro, andrà tutto bene" cercò di rassicurarla.

Julian le si avvicinò silenzioso, nonostante i suoi tre anni era un bambino molto perspicace e aveva già intuito che qualcosa non andava, e che presto il loro equilibrio familiare e la loro intimità domestica sarebbero stati distrutti per sempre;

"Rue va via?" domandò con gli occhioni tondi sbarrati e il labbro superiore tremolante, Rue se lo mise sul ginocchio accanto ad Emma e gli accarezzò la testolina

"Ti ricordi degli uccellini che ogni mattina ti svegliano cinguettando?"

Julian annuì,

"Loro sono le ghiandaie imitatrici, ascolta Jules, me ne devo andare via, non è una mia scelta, se potessi resterei con voi, ma non posso, quando sarai più grande capirai".
"Ma tornerai?" domandò il bimbo speranzoso con la fronte solcata da una ruga di preoccupazione e con gli occhioni lucidi:

"No tesoro, non tornerò, ma non devi preoccuparti, io non ti lascerò mai. Se avrai bisogno di dirmi qualcosa, qualsiasi cosa o vorrai semplicemente sfogarti con me parla con le ghiandaie, canta per loro, e mi verranno a dire tutto. Se avrai bisogno di sentirmi vicina vai da loro, e mi troverai, anche se non potrai vedermi né sentirmi, io sarò con loro, accanto a te ad ascoltarti. Quando avrai bisogno di me io ci sarò sempre."

Julian annuì confuso, e una lacrima gli scivolò sulla guancia, Rue l'asciugó rapidamente con il dito e lo baciò sulla fronte. Quando sarebbe diventato grande qualcuno gli avrebbe spiegato perché se ne era andata senza poter fare altrimenti e allora avrebbe capito, ma fino a quel momento non poteva sbattergli la dura verità in faccia, molto probabilmente non gli avrebbero fatto vedere nemmeno gli Hunger Games.

Christina le si avvicinò pallida e tremante, alcune ciocche di capelli che teneva solitamente raccolti dietro la testa da un pennello ormai le ricadevano disordinatamente sulle spalle, aveva ancora le mani sporche di colore e la macchia ormai scolorita sullo zigomo, come una voglia. Rue l'abbracció e fu investita dall'odore di vernice che proveniva da lei, e quasi scoppiò nuovamente a piangere quando realizzó che quella sarebbe stata l'ultima volta che lo avrebbe sentito, quell'odore che per così tanto tempo aveva caratterizzato la sua quotidianità. Si sciolse dolcemente dall'abbraccio con la sorellina e guardandola negli occhi propose:

"Fai un dipinto per me, okay?"

"Okay.....mi mancherai Rue" rispose, con le lacrime che scendendo copiosamente avevano scolorito in modo definitivo ogni traccia di vernice dal suo volto.
Poi Rue si alzò e guardò Simon, stava in piedi tutto impettito vicino alla finestra, anche se il suo atteggiamento diplomatico e la sua postura rigida lasciavano denotare un dolore profondo, stringeva i pungi talmente forte che le nocche erano sbiancate.

Rue gli si avvicinò con circospezione, come se si trovasse davanti ad un animale impaurito e gli disse:

" Simon, mi sembra ieri che ti leggevo le storie per farti addormentare e ti arrabbiavi quando mi interrompevo sul finale perché era ora di dormire" lui non disse nulla, ma annuì lentamente

"Sei speciale Sim, non permettere mai a nessuno di giudicarti e dirti chi devi o non devi essere. So che vorresti diventare medico, bene, focalizzati sui tuoi obbiettivi e impegnati con tutte le tue forze per realizzarli, e non perdere mai la speranza. Ricorda sempre che nonostante i pregiudizi il diverso non è così orribile come ci sembra, ma è anche un modo in più per arricchirsi e completarsi."

Simon alzó la testa, non piangeva, ma aveva la voce rotta e rauca:

"Ci sarà sempre nei miei libri qualcosa che mi permetterà di ricordarti, fosse anche un granello di speranza o amore, te vivrai sempre tra le miei pagine, non ti dimenticherò mai".

Rue lo strinse a sé forte, commossa, ora era lui quello che avrebbe dovuto raccogliere il testimone, era lui il più grande dei fratelli, la loro nuova figura di riferimento; lei aveva sempre fatto molti sacrifici per alleggerire un po' il peso che gravava sulle loro spalle, quel peso che ora sarebbe piombato tutto addosso a loro, privandoli della loro infanzia fatta di giochi, ciambelle al miele e divertimento,e costringendoli a crescere troppo presto. Ciò che aveva sempre cercato di evitare si stava ora trasformando lentamente in realtà.
Con un nodo alla stomaco si avvicinò ai suoi genitori e li abbracciò, a Rue in quel momento sembrarono invecchiati di almeno dieci anni, il viso di sua madre era segnato da alcune righe di preoccupazione che le incorniciavano gli occhi e la bocca, che quella mattina non c'erano, improvvisamente si rese conto di quanto Chrystal fosse stanca e vulnerabile, per lei la mietitura rappresentava un incubo costante, a cui avrebbe dovuto assistere ancora per molto tempo imponente sperando che nessun altro dei suoi figli venisse estratto. Sua madre le accarezzò il volto e le sussurrò:

" Se potessi andrei io al tuo posto lo sai vero?",

Rue annuì incapace di parlare per via del groppo in gola che aveva, Chrystal le prese le mani nelle sue e disse come a voler incoraggiare la figlia:

"Sei agile, veloce, intelligente e sai arrampicarti sugli alberi",

"Se con questo vuoi dirmi che ho qualche possibilità di vincere è inutile illudersi mamma, ci saranno tributi più forti e spietati di me nell'arena, e io non posso nulla contro loro, spero solo che quando arriverà il momento succeda in fretta".

Questo era ciò che avrebbe voluto dirle, poichè preferiva di gran lunga accettare la verità seppur scomoda, piuttosto che nascondersi dietro ad una bugia creata dalla mente secondo la quale sarebbe andato tutto bene e sarebbe presto tornata a casa, con l'unico scopo di preservare la sanità mentale necessaria per non impazzire.

Abbracció dunque la madre e le rispose soltanto:

" Ti voglio bene",

"Anch'io bambina mia".

Poi si fiondó tra le braccia solide e sicure di suo padre, che la strinsero rassicuranti con fare protettivo.
Chi si sarebbe occupato di Julian?
Chi avrebbe risolto i bisticci di Jared e Simon?

Chi avrebbe fatto le trecce ad Emma e posato per i quadri di Christina?
Chi si sarebbe preso cura di Deede, così curiosa e sempre aperta e disponibile con tutti?
Mille domande le affollavano la mente, non gli avrebbe mai visti crescere, non avrebbe più riso con loro, ora non c'era più lei a proteggerli e a fare da scudo da tutto il male che c'era.
"Rue", Deede le si avvicinò timidamente, poi si levò la collana che portava al collo e gliela porse:

" È per te, l'ho intrecciata a mano personalmente, ti porterà fortuna nell'arena ".

Gliela mise attorno al collo e Rue disse commossa:

"Deede è tua non posso accet. .."

"Rue",

proseguì lei interrompendola, ora serissima, e guardandola intensamente, tanto che le tornò in mente quando quella mattina aveva pensato quanto fosse cresciuta e maturata,

" Promettimi che proverai a vincere e che non ti arrenderai subito" "Deede...."

"Giuramelo" disse prendendo la sorella per il polso e guardandola con determinazione.

Rue la osservò in silenzio per qualche attimo, e poi rispose:

" Te lo giuro".
Improvvisamente la porta si aprì di schianto ed irruppe un pacificatore per dire che il tempo dei saluti era terminato, e che i suoi familiari dovevano andarsene.

Rue li strinse tutti velocemente in un ultimo abbraccio, Julian attaccò a piangere con foga, Deede allora lo prese subito in braccio e mentre il pacificatore li spingeva fuori, Rue urlò disperata:

" Vi voglio bene non dimenticatelo",ma non riuscì a sentire la risposta perché la porta si chiuse di scatto lasciandola nuovamente sola.

~Deede~

"Vi voglio bene non dimenticatelo" urlò lei.

Quelle furono le ultime parole che sentì prima di vederla scomparire.
La porta si era chiusa per sempre sbattendo e Deede non poteva più risponderle.

Julian si dimenava e scalciava tra le sue braccia, voleva tornare da lei, anche Deede lo avrebbe voluto, voleva tornare indietro per abbracciarla e chiederle di cantare ancora per lei. Ma non poteva, per questo si strinse forte il fratellino al petto per resistere alla tentazione di tornare indietro, e dopo un po' sentì che anche lui si era calmato.

Ora lei era sola, avrebbe dovuto affrontare tutto quello che il futuro le avrebbe riservato, da sola.

Ma lei glielo aveva promesso.

Non si sarebbe arresa subito, avrebbe lottato fino alla fine.

Deede si sedette per terra con la schiena appoggiata alla porta, la distanza tra loro due era minima, poteva quasi sentirla respirare, ma al contempo si trovavano lontanissime l'una dall'altra.

Non voleva che Capitol me gliela portasse via, non voleva che diventasse una loro proprietà o che cambiasse. Non doveva arrendersi a loro. Non doveva assolutamente piegarsi alle loro angherie.

Doveva lottare per rimanere se stessa.

Improvvisamente Deede cominciò a piangere.

Lacrime amare le rigavano le guance, mentre mi alzandosi si avviava lentamente verso casa, tenendo Julian per mano, cercando di mettere in qualche modo da parte il dolore lacerante e continuare a vivere.

Per Rue.


 

Rue reprimendo a fatica le lacrime si lasciò cadere di peso sulla poltrona, facendo così tentennare alcune bottiglie di liquori sul tavolino accanto a lei, il cui liquido scuro si muoveva al loro interno agitato.

Fuori di lì era gremito di telecamere e non voleva che mandassero in onda il suo viso arrossato e rigato di lacrime, o sarebbe parsa subito un bersaglio facile per gli altri tributi, anche se l'avvenimento l'aveva scossa nel profondo più di quanto sembrasse, procurandole una ferita che niente e nessuno avrebbe potuto rimarginare.

La porta si aprì di schianto per la seconda volta e Rue alzando la testa vide stagliato sulla soglia e con le spalle piegate dal dolore Joe, nel suo volto gareggiavano rabbia e desolazione profonda. La bambina corvina, sorpresa, gli corse incontro e l'abbracciò, inspirando l'odore familiare dei campi che proveniva dal suo giaccone.

Il vecchio contadino si schiarì la voce:

"Abbiamo poco tempo Rue, ma sappi che sono talmente indignato e distrutto che non riesco nemmeno a pensare" disse con veemenza, in un improvviso scatto di rabbia prese la bottiglia di liquore accanto a lei e la scagliò violentemente per terra.

Rue sussultò sorpresa e impaurita, non era da lui manifestare certi comportamenti aggressivi, e mentre il liquido scuro dilagava in fretta sul tappeto di Capitol macchiandolo,  si ritrovò a pensare se anche il suo sangue avrebbe bagnato l'arena allo stesso modo.

Basta”

Un attimo di pausa.

"Vorrei solo farla pagare a coloro che ti hanno fatto questo, non lo meriti" spiegò tremando d'indignazione e rabbia, Rue gli prese le mani tra le sue per confortarlo e calmarlo, allora Joe sospirò profondamente e smise di fremere, e i suoi occhi celesti incrociarono finalmente i suoi color nocciola:

" Vogliono solo un bello spettacolo, loro , quella feccia" sputò fuori il nome come un insulto

" Ma tu sei forte Rue, sei agile, veloce, sai arrampicarti sugli alberi, conosci le proprietà delle piante, e quando eri piccola ti ho insegnato ad usare la fionda, tu puoi..."

"Joe" lo interruppe Rue piano

"Siamo ventiquattro e solo uno torna a casa, c'è gente molto più forte e preparat di me" non riuscì a finire il discorso che Joe l'aveva stretta in un abbraccio forte, aggiungendo con un lieve sfumatura di minaccia:

" Farò in modo che non rimangano impuniti e che non ti dimentichino"

I suoi occhi, di solito così bonari e pacati mandavano dei lampi di rabbia repressa,

"Dopo tutto questo tempo in cui sono rimasto in silenzio...sono rimasto a guardare anche troppo, sai ho già perso un fratello negli Hunger Games, era giovane come te, e me l'hanno portato via quando ancora ero troppo piccolo per offrirmi volontario, senza che potessi fare nulla per impedirlo, ma non permetterò che la passino liscia anche stavolta."

"Per favore non fare niente di pericoloso, non voglio che ti succeda niente di brutto" lo supplicò Rue, temendo che potesse fare qualcosa di avventato.

"Tranquilla, non angustiarti per me" le rispose ora più calmo e risoluto.

La porta si riaprì ed entrò un pacificatore, probabilmente lo stesso di prima, che annunciò il termine del tempo prestabilito, Joe la strinse un'ultima volta,

"Non ti dimenticherò mai Rue" e prima che lei potesse rispondergli era già fuori. Il pacificatore la guardò da dietro la maschera scura, forse la stava guardando con scherno, o con compassione, chi poteva dirlo, e le disse con voce piatta e monocorde,

"Tra poco verranno a prenderti. Ricomponiti." poi uscì senza aggiungere altro.
Rue sentì la porta sbattere come un eco lontano, tutti i suoni le arrivavano ovattati, si rannicchiò su se stessa e strinse il corpicino esile con le mani. Stavolta non era sola, sentiva che le tenebre che avevano minacciato di sopraffarla prima si stavano avvicinando reclamandola impazienti, delle morse gelide che le venivano dal cuore avviluppandola, ma stavolta non oppose resistenza, era come lottare contro un fiume durante una tempesta per rimanere a galla, dopo un pò ti abbandoni stremato e senza forze alla corrente sperando che la fine si avvicini in fetta.

Fu così che si abbandonò all'oblio, le tenebre l'avvolsero e il mondo si trasformò in un insieme di ombre che vorticavano intorno a lei.

Che gli Hunger Games abbiano inizio.

 

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Capitolo 9
*** In viaggio verso Capitol City ***


Il treno sbuffava e sferragliava senza sosta lungo i binari, che si snodavano sinuosi, come serpenti argentei, attraverso la campagna. Rue sentiva la voce di Cassie Roseshade come un ronzio fastidioso negli orecchi, a cui però non prestava la minima attenzione, intenta a guardare assorta fuori dal finestrino il paesaggio che sfrecciava veloce davanti ai suoi occhi, tanto da sembrare una macchia di colore indistinta. Dovevano essere in viaggio da venti minuti circa; sapeva di trovarsi al distretto dieci per via dei campi di cereali che si estendevano a perdita d'occhio, e che con quella velocità sarebbero sicuramente arrivati a Capitol l'indomani.

Intanto Cassie continuava a parlare senza sosta emettendo degli acuti e degli squittii insopportabili, blaterava a proposito del loro arrivo a Capitol, della cerimonia dei tributi e del lusso e dello sfarzo della città di cui avrebbero usufruito gratuitamente al loro arrivo, chiacchiere frivole e superficiali che la bambina corvina non si sforzava nemmeno di seguire. Rue si strinse le gambe al petto e osservò di sottecchi Thresh, anche lui sembrava assorto nei suoi pensieri, ma aveva un'espressione talmente corrucciata che non si poteva capire cosa gli passasse per al testa.

Dopo che Joe l'aveva lasciata tutto si era fatto buio, e lei faticava a ricordare cosa fosse successo, ricordava a malapena di essere salita sul treno insieme a Thresh, il quale appena l'aveva vista uscire dal municipio prossima alle lacrime le aveva sussurrato nell'orecchio:

"Concentrati su un punto fisso e osservalo intensamente, ti aiuterà a trattenere le lacrime, è così che faccio anch'io".

Rue aveva seguito stupita il consiglio ed era così riuscita a superare le telecamere senza incidenti, poco prima che le porte si chiudessero e il treno si mettesse in moto, portandola via per sempre dal distretto 11, la sua casa.

Anche in quel momento Rue faticava a ricordare se il dialogo fosse realmente avvenuto o se la mente le avesse giocato uno scherzo, dato che Thresh da quando erano partiti non l'aveva più guardata nè le aveva rivolto la parola.

"Vado a chiamare i vostri mentori, è ora che cominciate a parlare delle vostre strategie e delle possibilità che avete di rimanere in vita",

la voce squillante di Cassie la riscosse dai suoi pensieri, la donna infatti guardava Rue con aria scherno, poi uscì con un risolino dal vagone, come se sapesse già che non sarebbe durata un minuto nell'arena.

Lo sportello del vagone si aprì nuovamente dopo pochi minuti, e due figure fecero la loro comparsa sulla soglia, quando si avvicinarono Rue capì di trovarsi davanti a Chaff e Seeder, entrambi vincitori degli Hunger Games e loro mentori.

Seeder era una donna alta e slanciata, portava i capelli cortissimi e la guardava sorridendo gentile, le strinse la mano, con una presa forte e sicura e si presentò:

"Seeder piacere, te devi essere Rue....e tu Thresh , non è vero?" disse rivolta verso il ragazzo che rispose con un cenno del capo ricambiando la stretta di mano.

Chaff si fece avanti, era un uomo imponente e muscoloso, la cui testa rasentava il soffitto e con una fila di denti bianchissimi che risaltavano sulla pelle scura. Quando Rue gli porse la mano per stringergliela disse sorridendo,

"Purtroppo dovremo fare a meno di stringerci la mano alla vecchia maniera"

Rue guardandolo scorse un dettaglio che prima le era sfuggito, egli infatti non aveva la mano destra, ma solo una bendatura che copriva il mozzicone. L'uomo rise sonoramente per la propria battuta, e in uno slancio di entusiasmo baciò Thresh e Rue sulla guancia,

"Sembrano simpatici è un buon inizio" pensò lei, un pò stupita, ma sorridendo comunque alla vista di quell'uomo espansivo ed estroverso.

"Ora che abbiamo finito con le presentazioni possiamo accomodarci tutti sul divano e guardare la cerimonia della mietitura di tutti i distretti, almeno vi farete un'idea sui vostri potenziali nemici o alleati" li interruppe Seeder invitandoli a sedersi e accendendo il televisore. Subito venne proiettata sullo schermo l'immagine sorridente di Caesar Flickerman, il presentatore degli Hunger Games, che per ogni edizione aveva l'abitudine di tingersi i capelli di un colore diverso, quell'anno infatti esibiva una particolare chioma color blu cobalto legata dietro la testa da una coda. Stravagante.

Subito partirono le riprese delle mietiture avvenute in ogni distretto, i tributi dell'uno erano una ragazza di nome Lux bionda e bellissima, che guardava la telecamera sorridendo a testa alta e lanciando baci invisibili al pubblico, e un ragazzo di nome Marvel, che stava alla sua destra con le braccia incrociate sul petto guardando gli astanti con un ghigno malevolo sulle labbra.

I tributi del due erano Cato, un ragazzo alto e robusto, con una capigliatura bionda, occhi color ghiaccio e sguardo spavaldo, e Clove, capelli scuri e lunghi, aveva un'aria assassina e la bocca storta in un ghigno,sembrava non vedesse l'ora di vedere scorrere il primo sangue. Era sicura di sè e pronta a vincere.

"Quelli sono i favoriti" disse Chaff in un sussurro, ora serio, infatti i tributi dell'uno e del due si allenavano tutta la vita per gli Hunger Games per poi offrirsi volontari alla mietitura, per questo si rivelavano esperti assassini e abili tiratori, ed erano quasi sempre loro a vincere, inoltre nei primi giorni dell'arena formavano delle alleanze tra di loro, cercando di far fuori il maggior numero di tributi.

Le riprese andarono avanti mostrando ragazzini impauriti, con sguardi vacui e tremanti, ma ad attirare l'attenzione di Rue fu il tributo maschio del distretto quattro, un ragazzino all'incirca della sua età di nome Max, con una folta chioma di ricci rossi e uno sguardo atterrito. Anche lui era minuto come Rue, e dava l'impressione di poter essere spazzato via con un colpo di vento.

Si susseguirono immagini, fino ad arrivare al distretto 11, Rue rivide se stessa salire sul palco, con i pugni stretti ,e lo sguardo impaurito, ma risoluto a non cedere davanti a tutti, poi vide Cassie chiamare Thresh il quale al contrario sfoggiava un 'espressione tenace e sicura, lui sì che sembrava un alleato valido, con ottime probabilità di sopravvivere.

Arrivarono infine al distretto dodici, venne estratta una ragazzina della sua età dalle lunghe trecce bionde, ma prima che potesse salire sul palco si fece avanti una ragazza più grande dalla capigliatura scura, che urlò

"Mi offro volontaria come tributo".

Il suo nome era Katniss Everdeen.

Il tributo maschile invece si chiamava Peeta Mellark, aveva un'espressione basita ed era pallido sotto i riflettori.

Ad un certo punto, quando Seedeer stava per chiudere la trasmissione, successe una cosa insolita, tutte le persone del distretto dodici unirono l'indice, il medio e l'anulare della mano destra, se li portarono alle labbra e poi li sollevarono in alto.

Era un gesto assolutamente innovativo che esprimeva solidarietà, vicinanza, comprensione ed unanimità. Era un gesto che significava disaccordo verso il regime di Capitol e diceva che erano stanchi di subire. Era una promessa di ribellione.

Dopo aver guardato la trasmissione, Cassie annunciò che avevano un pò di tempo prima della cena, così Rue si diresse nel suo vagone adibito a camera per riposarsi e soprattutto per rimanere un po' da sola, tutto lì era pieno di sfarzo e lusso e stonava terribilmente con il suo umore, dai lampadari di cristallo che oscillavano pigramente dal soffitto, seguendo il rullio del treno che sfrecciava sui binari, ai broccali di vetro lucidati, e ai mobili in mogano lavorato, lì era tutto più raffinato e sontuoso rispetto alla saletta del municipio nella quale era stata condotta dopo l'estrazione.

Al centro della sua cabina c'era un letto morbido a due piazze, con una soffice trapunta azzurra che profumava di lavanda e gelsomino, e di fronte ad esso una cassettiera gremita di vestiti e camicette. Rue decise come prima cosa di andare a farsi una doccia, per sciacquare via tutte le ansie e i dolori della giornata. Andò in bagno, si spogliò e ripose il vestito verde che le aveva dato sua madre quella mattina con cura, poi entrò nella doccia aprendo il rubinetto,e subito la investì un fiotto di acqua calda, a casa sua era un lusso che non si potevano permettere quasi mai, e qui invece bastava premere un pulsante per averla.

Si strofinò bene i capelli e rimase sotto per molto, cercando di sciogliere i muscoli tesi, poi uscì dalla doccia coprendosi con un asciugamano che aveva trovato lì accanto e tornò nella sua cabina, qui aprì alcuni cassetti contenenti decine di camicette e ne scelse una a mezze maniche con i bottoni sul davanti che abbinò con una gonna di jeans.

Si mise poi un cerchietto in testa per tenere in dietro i riccioli ribelli ed uscì silenziosamente dalla stanza chiudendosi la porta dietro le spalle. Arrivò nel vagone dove era servita la cena, seguendo un chiacchiericcio proveniente dall'ala est del treno, e subito rimase di stucco: un tavolo stracolmo di pietanze e bevande dominava quasi tutto lo spazio, Rue lo guardò con l'acquolina in bocca, tutto quel cibo sarebbe bastato a sfamare la sua famiglia per almeno un anno intero. In un angolo uno spazio della tavolata era occupato da dolci e paste di tutti i tipi,

"Se Jared fosse qui piangerebbe dalla gioia" pensò Rue tra sè, poi un'improvvisa nostalgia del fratellino la colpì, e scacciò velocemente il pensiero scuotendo la chioma riccioluta, non era quello il momento di pensare a loro.

Seeder la vide e la chiamò:

"Vieni Rue, accomodati, deve esser un colpo per te vedere tutto questo cibo non è vero?" disse sorridendole affabile e colpendo una panca accanto a lei, per farle segno di sedersi. Rue si avvicinò ringraziandola e pensò che dato che ormai era lì avrebbe potuto cercare di mettere su qualche chilo per tenersi in forze per ciò che l'aspettava, afferrò quindi una coscia d'agnello con del sugo aromatizzato all'arancia e se la mise in bocca, subito il sapore le esplose in bocca inebriandola, non aveva mai assaggiato niente di così buono, non si ricordava nemmeno quando era stata l'ultima volta che aveva mangiato della carne, dato che costava molto non se l'era mai potuta permettere.

Anche Thresh seduto davanti a lei mangiava del montone ascoltando interessato ciò che gli stava dicendo Chaff, seguendo il suo esempio Rue si servì una generosa porzione di patate, cercando di stare attenta a ciò che stava dicendo il mentore,

"Spesso è il bagno di sangue della Cornucopia a rappresentare un pericolo maggiore per i tributi, dovete sapere che all'inizio, prima che partiate, avrete davanti a voi un enorme corno dorato con intorno ogni tipo di oggetto che potrebbe aiutarvi a sopravvivere, zainetti con provviste, armi, medicine e sacchi a pelo, il consiglio che mi sento di darvi, se ci tenete a sopravvivere è: non preoccupatevi troppo, cercate di afferrare la cosa più vicina a voi e scappate, i favoriti puntano sempre alle armi e alle provviste, perciò rappresenterete subito dei bersagli facili, non per nulla lo chiamano bagno di sangue quello"

Si interruppe per bere un sorso di vino dal suo calice, poi si asciugò la bocca con la manica della camicia (qui Cassie emise un urletto scandalizzato) e proseguì,

"Correte subito in cerca di un riparo e di un torrente d'acqua, senza di quella non riuscirete a resistere a lungo. Secondo consiglio: la sera la temperatura scenderà drasticamente, ecco una cosa da non fare mai a meno che non abbiate tendenze suicide: accendere un fuoco, segnalerà subito la vostra presenza agli altri tributi e prima che facciate in tempo ad accorgervene vi avranno già uccisi, capito?"

Rue e Thresh annuirono preoccupati.

A Rue sentendo il discorso di Chaff era passata la fame, così spinse lontano il piatto di patate che stava mangiando e vide che anche Thresh faceva lo stesso. Inoltre nessuno dei due era abituato a mangiare così tanta roba in una volta, e ora lei sentiva una leggera nausea salirle, mista all'ansia per ciò che l'attendeva.

"L'importante è contare nelle proprie capacità e fidarsi solo di chi si è sicuri" intervenne Seeder che era rimasta fino ad allora in silenzio ad ascoltare le parole dell'uomo,

"Rue te cosa sei brava a fare?" disse la donna guardando nella sua direzione, lei pensò un attimo, poi disse incerta:

"So arrampicarmi sugli alberi, anche quelli più alti, e conosco molte erbe e le loro proprietà" sapeva anche cantare alle ghiandaie, ma quello se lo tenne per sé, dato che non pensava che le sarebbe stato di molto aiuto nell'arena.

Seeder annuì,

"Bene, e te Thresh?"

"So usare la forza, e conosco anch'io i vari tipi di piante ed erbe "Sai utilizzare qualche arma?" si informò Chaff sporgendosi in avanti sui gomiti e mettendo in risalto il mozzicone che aveva, "No, ma penso che non avrei problemi con una lancia, ho una buona mira" rispose il ragazzo scrollando le spalle, Rue provò ad immaginarselo mentre brandiva un'arma per uccidere qualcuno, e subito le tornò in mente il ragazzino che la spingeva sull'altalena, sapeva che non avrebbe mai ucciso per sadismo o divertimento e che non sarebbe andato a stanare le sue vittime personalmente, avrebbe ucciso solo se fosse stata questione di vita o di morte, comportandosi sempre lealmente.

Cassie interruppe il silenzio che si era creato annunciando giuliva:

"Bene, bene, si è fatto tardi, è ora di andare a dormire, domani sarà una lunga giornata e dovrete cercare di fare colpo sulla gente per avere sponsor, anche se sarà quasi impossibile per alcuni di voi" perforò Rue con lo sguardo, che lei sostenne però a testa alta senza farsi intimidire,

"Quindi a letto" proseguì battendo le mani come se stesse parlando a dei muli piuttosto cocciuti, la bambina corvina si alzò e diede loro la buonanotte, cercando di immaginare come sarebbe stato bello prendere la parrucca di Cassie e lanciarla fuori dal finestrino, poi insieme a Thresh si allontanò per andare a dormire, arrivata davanti alla sua cabina si girò verso il ragazzo e disse:

"Thresh, grazie per avermi aiutata oggi...... a non piangere",

calò un profondo silenzio tra loro, tanto che Rue si chiese se per caso avesse sbagliato a dirglielo e pensò che da un momento all'altro sarebbe sicuramente scoppiato a ridere dicendole che non sapeva di cosa stesse parlando e che si era immaginata tutto, invece rispose,

"Figurati, è stato un piacere" poi le diede la buonanotte e si avviò verso la sua cabina senza aggiungere nient' altro.

Rue stupita, entrò in camera in silenzio, si tolse le scarpe e indossò una camicia da notte pulita e stirata, pensando che quella era la prima volta che si rivolgevano la parola da anni.

Quella notte dormì male, si rigirò nel letto più volte, fino a che non si svegliò madida di sudore. Quando la sera prima era andata a letto si era ritrovata a pensare alla sua famiglia, che doveva mettere da parte il dolore e continuare a vivere, mentre lei andava a morire. Aveva sentito nuovamente un dolore lancinante nel petto che sembrava squassarla in due, ma non poteva permettersi distrazioni, doveva concentrarsi in quello che stava per fare e provare a restare viva.

Doveva mantenere la promessa fatta a sua sorella e dimostrare a se stessa che Snow non la possedeva.

Glielo aveva promesso, e guardando la collana che le aveva regalato mentre se la rigirava tra le dita, pensò a come fare per rimanere se stessa, sapeva che laddove stava andando rischiava di perdersi, ma non poteva e non voleva venire risucchiata da quel mondo. Doveva capire come fare da andare avanti senza cambiare, non che avesse qualche probabilità di vincere , ma non aveva intenzione di mollare subito e di trasformarsi in uno zombie ambulante in attesa che qualcuno le sferrasse il colpo mortale. Aveva promesso a Deede che avrebbe provato a vincere.

Sì.

Ma ci avrebbe provato a modo suo.


 


 

La mattina dopo si svegliò stanca, a darle "Il buongiorno" ci pensò Cassie, la quale la buttò giù da letto cinguettando che sarebbe stata una grande giornata e intimandole di non fare brutta figura o ciò avrebbe compromesso le sue, già scarse, possibilità di sopravvivere ecc...... Rue aveva provato a soffocare le sue chiacchiere coprendosi le orecchie con un cuscino, e aveva tirato un sospiro di sollievo solo quando era finalmente uscita dalla cabina, dato che non sarebbe riuscita a sopportarla un secondo di più, soprattutto a quell'ora.

Non avendo riposato molto le si erano formate delle pesanti occhiaie, senza contare gli occhi rossi e gonfi per il pianto, infatti solo verso le prime luci dell'alba era riuscita ad addormentarsi, dopo essere rimasta a lungo sveglia a piangere aveva finalmente preso sonno, ormai allo stremo delle forze. Aveva ancora le guance rigate dalle lacrime, ma quello era l'unico momento in cui poteva sfogarsi senza rischiare di essere ripresa dalle telecamere.

Alla fine, per evitare che Cassie tornasse a controllare, si alzò controvoglia ed andò in bagno a farsi una veloce doccia per sciacquare tutti i dolori di una notte insonne, poi indossò un vestito viola lungo fino al ginocchio con una cinturino nero ed uscì di camera per andare a fare colazione.

Thresh, Chaff , Seeder e Cassie (purtroppo) erano già seduti a tavola, Rue entrando augurò il buongiorno a tutti, mentre Cassie, che quel giorno indossava un abitino con il pelo rosa con tanto di parrucca abbinata, storse la bocca con disappunto facendo qualche commento maligno sui capelli di Rue e dicendo che assomigliavano ad un istrice. La bambina la ignorò e si avvicinò al tavolo del buffet, nonostante avesse mangiato un sacco la sera prima si sentiva nuovamente affamata, si versò una tazza di liquido denso e cremoso che scoprì essere cioccolata, e ci intinse dentro una brioche, ancora una volta fu inebriata dal suo sapore squisito, infine mangiò qualche grappolo d'uva freschissima e saporita mentre guardava il paesaggio sfrecciare fuori dal finestrino, fino a che non vide i campi verdi e le colline erbose mutare in una grandissima metropoli di cemento e acciaio.

"Siamo arrivati" annunciò Cassie con evidente gioia e sollievo, Rue incuriosita si sporse a guardare insieme a Thresh, sapeva che Capitol City era grande,ma non pensava fosse così grande. Maestosi edifici svettavano in lontananza, cupole che dominavano il paesaggio incontrastate scintillando fiere al sole, e le strade affollate si snodavano come grosse arterie attraverso la città. Il cuore di Panem, pulsante di vita e di progresso, che per sostenersi si appoggiava sugli altri dodici distretti, che in contrasto con essa vivevano nella miseria e la povertà assoluta.

Intanto si stavano sempre di più avvicinando verso la stazione di Capitol, la quale era gremita di persone che nell'insieme erano un tripudio di colori abbacinanti, tutte vestite in modo stravagante e con volti truccati e pelli tinte con colori eccentrici ed eccessivi. Molti di loro accorgendosi che il treno era prossimo ad arrivare si sbracciarono indicando Thresh e Rue, e non appena li videro, la folla esplose in un boato entusiasta, loro erano la nuova attrazione, il nuovo gioco.

Rue sorrise a qualcuno senza troppo entusiasmo, Thresh li osservava con un cipiglio torvo.

Il treno rallentò fino a fermarsi e i passeggeri si si prepararono a scendere, ma Rue, mentre veniva investita dai saluti e dalle grida degli abitanti, pensò con risolutezza che non si sarebbe arresa.

Non voleva diventare uno dei tanti tributi anonimi mandati a morire, anzi, avrebbe combattuto per sopravvivere senza perdere la sua umanità.

Quell'anno i giochi sarebbero stati diversi.

Nota Autrice:
​Ciao a tutti,
spero che la storia vi stia piacendo,
se avete domande da farmi o volete semplicemente dirmi cosa ne pensate fatelo pure, mi farebbe molto piacere.
​A presto,
SherylWeasley

 

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Capitolo 10
*** La Parata dei Tributi ***


Rue sollevò momentaneamente lo sguardo dal suo staff di preparatori e guardò verso il soffitto, aggrappandosi alla consapevolezza che ormai mancava poco.

Erano due ore che si trovava nel Centro Immagine, affidata alle cure di alcune persone che avevano il compito di renderla "bella" ed "appariscente". Le avevano già applicato una crema sul corpo che serviva a rimuovere gli strati di sporcizia che aveva, con il risultato che ora sentiva la pelle irritata e incredibilmente arrossata, tanto che doveva combattere contro l'istinto di grattarsi.

Infine dopo averle limato le unghie, le avevano levigato e lucidato la pelle con un unguento, che fortunatamente aveva rimosso anche il bruciore. Le avevano anche lavato i capelli con una crema per ammorbidirli e renderli più setosi, e le avevano districato tutti i nodi facendole lacrimare gli occhi per la forza che usavano. Ma non si era lamentata nè aveva detto nulla, non aveva intenzione di mostrarsi vulnerabile davanti a loro, anzi aveva affondato le unghie nei braccioli della poltrona per non farsi sfuggire nemmeno un lamento.

Finalmente, dopo ore di trattamenti, anche quando anche l'ultima ciocca di capelli fu districata, e i ricci voluminosi le ricaddero sulle spalle come morbide spirali, la donna che si occupava di lei, Sonya, la guardò battendo le mani eccitata,

"Ecco ora sei pronta per essere presentata al tuo stilista" squittì, piegando l'ultima sillaba in un accento strano, tipico del modo di parlare della capitale, con tutte quelle strane inflessioni ed acuti. Cornelia e Sondra, le altre due addette, annuirono, e tutte insieme uscirono a chiamare il suo stilista, il quale avrebbe avuto l'arduo compito di farle fare colpo e renderla indimenticabile agli occhi di tutti.

Rue si morse nervosamente il labbro inferiore e si asciugò i palmi sudati delle mani sull'accappatoio, quando sentì una voce dietro di lei dire:

"Piacere, Tobias,

Rue si voltò e si trovò davanti a un uomo del viso pesantemente truccato, con eye-liner scuro, matita per gli occhi, zigomi alti e affilati, piccoli occhi a mandorla, e la faccia ritoccata con della chirurgia plastica, tanto che non lasciava intuire quale fosse la sua età effettiva. Era alto e magro, portava una giacca di paillettes viola luccicante, dei pantaloni neri in pelle e un paio di mocassini dello stesso colore. Inoltre aveva diversi percing ed orecchini sui lobi delle orecchie e sulle sopracciglia, e ai suoi capelli blu, di un colore talmente cangiante da dare quasi noia agli occhi, era stato applicato uno strato di gel con dei brillantini, per farli rimanere dritti in testa.

Rue rimase interdetta per qualche minuto, poi si riprese, temendo di aver assunto un'espressione ebete e di sembrare maleducata, e si affrettò a presentarsi a sua volta,

"Piacere, Rue",

"Si, si so chi sei" la liquidò Tobias con un gesto della mano, come se volesse scacciare una mosca fastidiosa, facendo tintinnare i numerosi anelli che portava alle dita,

"Seguimi, non abbiamo tempo da perdere”.

Poi girò sui tacchi e cominciò ad avviarsi all'uscita, senza nemmeno accertarsi che Rue lo stesse seguendo, così che a lei non rimase altro da fare che seguirlo.

Aveva sentito di molti stilisti stravaganti e altezzosi, e lui sembrava avere molta fretta e mille impegni per la testa, per questo decise che era meglio non contraddirlo. Dopo aver attraversato un lungo corridoio bianco e illuminato, la condusse in una stanza, dove una parete era stata completamente sostituita da una lastra di vetro che dava sulla città, da fuori si poteva vedere l'acqua del fiume, che forniva l'energia idroelettrica alla capitale, lambire la costa scintillando al sole, mentre il vento ne increspava la superficie. Intanto uno sciame di persone pullulava per le strade, piccoli puntini colorati, che dall'alto sembravano delle formiche indaffarate. Tobias le fece cenno di accomodarsi sul divano, mentre lui si sedette davanti a lei, in mezzo a loro c'era un tavolino, che si aprì in due, facendone uscire un vassoio colmo di cibo non appena egli premette un pulsante che azionava il meccanismo.

Rue sussultò alla vista del marchingegno rimanendo completamente esterrefatta, lì bastava premere un pulsante per avere il cibo, mentre lei doveva faticare giorni per ottenerlo, ancora una volta si ritrovò a pensare a quanto fossero spregevoli le persone di Capitol City, che passavano le giornate facendosi belli, mangiando e aspettando un nuovo carico di tributi da vedere morire per il proprio svago.

Riluttante prese una tortino di carne e cominciò a mangiarlo, guardando Tobias, il quale la osservava a sua volta studiandola con attenzione da capo a piedi.

"Allora, per la parata dei carri di quest'anno abbiamo pensato, io e Shona, la stilista del tuo compagno Thresh, di farvi indossare qualcosa di tipico del vostro distretto, e che richiami il tema dell'agricoltura”.

Per un terribile momento Rue si chiese con crescente terrore se l'avrebbero fatta vestire da frutto gigante, rendendola così ridicola davanti a tutta Panem, mentre Tobias proseguiva,

"Perciò abbiamo preparato un abito che richiama fortemente la vostra tradizione ".

Poi fece una pausa, per creare un pò di suspense,guardando verso Rue con un sorriso sornione. Nuovamente le balenò in mente l'immagine di se stessa vestita da pera gigante ed emise un gemito di disperazione che soffocó subito simulando un colpo di tosse,

"Vi vestirete da contadini",

Rue emise un sospiro di sollievo, buttando fuori il fiato che aveva trattenuto in apprensione, per un attimo aveva temuto il peggio.


 


 

Due ore dopo Rue si trovava pronta e vestita al centro della pedana davanti allo specchio, mentre il suo staff di preparatori le ronzava intorno per appurare che fosse tutto in ordine ed emettendo delle risatine e urletti d'eccitazione. Rue si rimirò allo specchio, e dovette ammettere che il vestito le calzava alla perfezione, portava una camicetta celeste, con sopra una salopette che terminava in una gonna, con una tasca centrale sul petto, sulla testa le era stata appoggiata una corona d' alloro argentata, e i capelli le ricadevano sciolti e naturali sulle spalle.

Non le avevano applicato molto trucco, soltanto un pò di illuminante per donare dei punti luce sulla sua pelle scura, un lucidalabbra color carne, e le avevano decorato le unghie con dei motivi floreali. Avevano infatti deciso che data la sua giovane età non era necessario un trucco pesante, e che in questo modo avrebbe reso meglio l'immagine della bambina acqua e sapone. Rue si sentiva un pò agitata per la parata, infatti ogni anno, prima dell'inizio dei giochi era solito far sfilare i tributi su dei carri per le strade della città, con indosso dei costumi che in qualche modo richiamavano le usanze del proprio distretto.

La condussero poi nell'atrio dove si trovavano già tutti gli altri tributi che si stavano preparando sui carri, qui Rue incontrò Thresh, che era vestito in modo simile a lei, e gli sorrise timidamente, era bello avere qualcuno di familiare in mezzo a così tanti sconosciuti. Fu ancor più contenta quando lui ricambiò il sorriso, anche se un pò tirato e che scomparve subito.

Mentre si posizionava sul carro, con l'aiuto di Tobias, che non voleva che le si sgualcisse il vestito, Rue notò con la coda dell'occhio dietro di sè Katniss Everdeen, il tributo del distretto dodici, era vestita con una tunica sintetica nera ed aderente, e in quel momento ripensò alla sua mietitura, quando si era offerta volontaria, il suo gesto l'aveva colpita molto, era raro che qualcuno si sacrificasse per un 'altra persona, doveva tenere parecchio a quella ragazzina. Prima che Katniss potesse accorgersi che la stava guardando si voltò, e poco dopo cominciarono ad aprirsi le porte, e i carri a uscire per riversarsi nelle strade della capitale.

Tobias dette loro le ultime raccomandazioni,

"Ricordate testa alta e sorrisi, cercate di impressionarli"

"Sarà tanto se riesco a non cadere da questo trabiccolo" pensò Rue, mentre i cavalli che guidavano il loro carro cominciavano a muoversi, uscendo dal portone e dando inizio alla sfilata.

Subito dagli altoparlanti cominciò a uscire l'inno di Capitol, che si diffuse immediatamente riempiendo l'aria, all'uscita dei tributi un boato si sollevò dalla folla, che cominciò ad urlare estasiata, Rue contagiata dall'euforia generale si sforzò di sorridere a qualcuno, tenendo sempre il viso dritto davanti a sè.

Forse sarebbe andato tutto bene, sarebbe riuscita a non cadere, e forse ci sarebbe stato qualche sponsor tra la folla disposto ad aiutarla nell'arena, stava pensando, quando un improvviso boato la costrinse a guardare verso gli schermi che trasmettevano in diretta le immagini della parata, e rimase di sasso, quando vide che dietro di loro i tributi del distretto dodici avevano preso letteralmente fuoco.

Dai loro costumi uscivano volute di fiamme, che lambivano l'aria intorno a loro e guizzavano freneticamente in tutte le direzioni, risaltando particolarmente nell'oscurità della notte, ma guardando le loro espressioni, che non sembravano agitate, anzi, del tutto tranquille, Rue capì che non doveva trattarsi di un incidente ma di un effetto particolare dei loro costumi.

La folla cominciò a gridare a gran voce i loro nomi, e ad incitarli, anche Rue non potè fare a meno di restare estasiata dai loro costumi, che rilasciavano una scia di fiamme scarlatte dietro di loro creando un effetto cromatico magnifico che risplendeva ancora di più via via che diventava buio. In quel momento fu colta da un dettaglio significativo, Katniss e Peeta non stavano distanti tra loro, come stavano facendo tutti gli altri, compresi lei e Thresh, anzi, si tenevano per mano, come a voler simboleggiare la loro coesione.

Il giusto tocco di ribellione.

Lentamente i carri fecero l'ultimo giro della piazza ed arrivarono davanti all' Anfiteatro Cittadino, dove sopra un impalcatura stava il presidente Snow, un uomo di bassa statura, con una barba candida, che li guardava dall'alto con aria solenne.

Le ultime note del'inno di Capitol City si spensero nella notte, e finalmente i carri, dopo aver fatto il loro ultimo giro, entrarono nel Centro di Addestramento, dove avrebbero soggiornato fino all'inizio dei giochi.

Non appena scese dal carro le si affollò intorno lo staff di preparatori insieme al suo stilista, Chaff e Seeder.

Cominciarono subito a riempirli di domande e a parlare dell'apparizione fiammeggiante dei tributi del distretto dodici, dicendo che avevano già attirato l'attenzione di molti sponsor influenti in città. Guardandosi intorno Rue notò che molti tributi guardavano verso Katniss e Peeta con aria truce, ma lei non si sentiva ostile nei loro confronti, poichè nutriva nel profondo un grande rispetto per quella ragazza, siccome in lei rivedeva la stessa dedizione che aveva sempre dimostrato nel prendersi cura dei suoi fratellini.

Arrivò anche Cassie Roseshade, che per l'occasione indossava delle rose nere nella parrucca, per coerenza con il cognome, e che, purtroppo, gli avrebbe assistiti fino all'inizio dei giochi.

Si lanciò in un lungo sproloquio, decantando le doti dei tributi del distretto dodici e del loro stilista, facendo indignare Tobias per non aver pensato prima lui ad appiccare fuoco ai loro costumi, e lamentandosi con Thresh e Rue per non aver fatto niente di eclatante, e infine affermando anche lei che molti dei cittadini più facoltosi di Capitol si erano già dichiarati disposti a sponsorizzare il distretto dodici nell'arena.

Li condusse poi all'interno del Centro di Addestramento, e spiegò loro che ogni piano era riservato a un particolare distretto, raggiunsero così l'undicesimo piano in silenzio, interrotto solo dagli sbuffi di Cassie e le esclamazioni d'indignazione di Tobias riguardo alla sua bravura e capacità di inventiva sottovalutate, e una volta arrivati nell'appartamento ,Rue completamente esausta si diresse nella sua camera con l'intento di farsi una doccia.

"Vi aspettiamo per cena"

disse Seeder un istante prima che ella scomparisse in bagno. Finalmente sola, si tolse il vestito da contadina, pensando al bellissimo abito verde che le aveva fatto indossare la madre per la mietitura.

Subito la nostalgia di casa la invase, e si chiese cosa stesse facendo in quel momento la sua famiglia. Probabilmente Julian avrebbe dormito con la mamma, poi ripensò ai suoi fratelli, Simon, Jared, Christina, Emma e Deede, che dovevano in qualche modo farsi una ragione di ciò che stava accadendo e andare avanti con la loro vita, mettendo da parte il dolore, mentre davanti a lei si prospettava solo uno scenario funesto. Chissà se l'avevano vista quella sera alla parata, e cosa avevano pensato.

Scrollò la testa per scacciare inutili pensieri ed entrò finalmente in doccia, subito fu colpita dalla quantità di pulsanti che vi si trovavano, ce ne erano per regolare la temperatura e il getto dell'acqua, altri per ogni tipo di sapone con le varie fragranze e aromi che c'erano a disposizione, e addirittura alcuni bottoni che una volta premuti massaggiavano, districavano, insaponavano e sciacquavano i capelli al suo posto.

Uscendo dalla doccia la invase un fiotto d'acqua calda che le asciugò immediatamente i capelli facendoglieli ricadere in onde setose sulle spalle.
Regolò l'armadio per i vestiti, optando per dei pantaloni e una camicetta blu, e impostò lo sfondo della sua finestra su uno scenario che ritraeva i boschi, che le ricordavano casa, ed uscì per andare a cena.

Intorno al tavolo si trovavano già riuniti Chaff, Seeder, Shona, Tobias, Thresh e l'immancabile e odiosissima Cassie.

Rue si sedette accanto a Seeder che le strizzò l'occhio dicendo:

"Nonostante siano stati i tributi del distretto dodici a dominare la scena bisogna riconoscere che ve la siete cavata benissimo anche voi"

"Oh beh, all'inizio avevo solo una paura matta di cadere" ammise Rue, facendo ridere gli altri, mentre Cassie borbottava qualcosa di molto simile a: "Sgraziata" ed "Equilibrio di un elefante in cristalleria".

Intanto le porzioni erano già arrivate in tavola, servite da camerieri silenziosi che facevano avanti e indietro dalle cucine accertandosi che i piatti e i calici rimanessero sempre pieni, Chaff scambiò una sguardo d'intesa con Seeder e schiarendosi la voce parlò:

"Abbiamo anche parlato con alcuni possibili sponsor",

Rue rizzò le orecchie attentissima, e guardò verso Thresh, e vide che anche lui sembrava mostrare un vivo interesse, diversamente dal solito.

"Beh....ce ne é qualcuno che sarebbe disposto a sponsorizzarti nell'arena.... Thresh".

Rue attese che il mentore aggiungesse qualcos'altro, ma invece rimase zitto, subito il significato di quel silenzio la colpì come uno schiaffo e domandò con voce monocorde:

"Nessuno vuole essere il mio sponsor, non è vero?"

Seeder le poggiò una mano sulla spalla, con fare rassicurante:

"Per ora, ma non trarre conclusioni troppo affrettate, siamo ancora all'inizio, ma quando si accorgeranno di quello che sai fare sono sicura che ce ne sarà qualcuno disposto a sponsorizzarti"

"Altrimenti andrò personalmente a suonargliele di santa ragione" Disse Chaff con finto tono minaccioso e gonfiando i muscoli del braccio. Tutti risero, e anche Rue emise una lieve risatina , sforzandosi di unirsi all'ilarità generale, anche se un vago senso di angoscia le opprimeva il petto, come avrebbe fatto a sopravvivere nell'arena senza aiuti?

Guardò sconsolata il suo piatto, sentiva la gola serrata e sapeva che non sarebbe riuscita a mangiare altro, quindi guardò il cameriere che le era apparso accanto e disse:

"Non ne voglio più, può portarmi anche via il piatto, grazie".

Un silenzio di gelo scese a seguito di quelle parole, Tobias la guardò con la bocca spalancata e la forchetta a mezz'aria, e Cassie le lanciò delle occhiate assassine:

"NON si parla ad un SENZA VOCE", le sibilò contro, mentre il cameriere spariva repentino con il suo piatto,

"Un cosa?",

chiese Rue, guardando verso Thresh che sembrava confuso quanto lei,

"Un senza voce " scandì Cassie come se stesse parlano ad una persona piuttosto ottusa,

"Sono dei traditori e criminali a cui, il nostro egregio presidente, per punizione a concesso di togliere solo la lingua, invece che la vita, non devi dirli grazie"

Rue lanciò un'occhiata verso Chaff e Seeder, che la guardarono con espressione triste e grave.

Improvvisamente l'episodio appena accaduto la riportò alla realtà e le ricordò che non era lì per mangiare o divertirsi, e che nonostante Capitol mostrasse loro la parte di sè più all'avanguardia, sfarzosa ed elegante, restava sempre quel lato oscuro che condannava le persone, le uccideva e le torturava, e lei sapeva bene cosa voleva dire, dato che aveva vissuto per dodici anni nella miseria totale.

Si sentì improvvisamente arrabbiata con se stessa e sentì un senso di repulsione verso la capitale, dunque si alzò congedandosi freddamente, dicendo che si sentiva stanca e che voleva andare a letto.

Prima che potessero avere il tempo di risponderle si era già chiusa in camera sbattendo la porta e aveva affondato la testa nel cuscino, ma non pianse. Ora aveva capito come fare a non cambiare.

Per rimanere se stessa doveva innanzitutto tenere bene a mente da dove veniva, e ricordarsi quali fossero le sue origini, era questo che Snow stava cercando di far dimenticare e tutti loro, facendoli adagiare nel lusso e nello sfarzo, ma Rue sapeva bene quali erano le sue radici, veniva dal distretto undici, ed era la ragazza che cantava alle ghiandaie imitatrici, era una contadina, sorella, figlia, e non un tributo anonimo.

A quel punto si sentì più calma, finchè si fosse ricordata da dove proveniva nessuno avrebbe potuto cambiarla, nemmeno Snow, e non avrebbe mai e poi mai perso la sua umanità negli Hunger Games.

Rue sapeva che per vincere si era costretti a dimenticare chi si era realmente, ma lei ci avrebbe provato comunque a modo suo, come aveva promesso a Deede,

"Vada come vada, io là dentro non ci cambio"pensò sicura.

Del resto era la stessa cosa per le piante. Come fa un albero a vivere senza le sue radici?

Quella notte si addormentò più tranquilla e sognò la sua famiglia, i prati del distretto undici e le note delle ghiandaie imitatrici, e capì di essere finalmente pronta ai giochi.


 

Nella vita più sali in alto, più ne ricavi un'altezza maggiore da cui cadere.

 

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Capitolo 11
*** Gli Addestramenti ***


Quella mattina Rue fu prepotentemente strappata dalle braccia di Morfeo verso le prime luci dell'alba, che filtrando dalla finestra avevano rischiarato la sua stanza. Si rigirò nel letto per qualche minuto cercando di riprendere sonno, ma poi, quando le fu chiaro che non sarebbe più riuscita ad addormentarsi, decise di alzarsi e di cominciare a prepararsi.

Soffocando uno sbadiglio e con gli occhi ancora impastati dal sonno si diresse svogliatamente in bagno per farsi una doccia. Era talmente assonnata che ebbe alcuni problemi nel regolare la temperatura dell'acqua, e finì per farla gelata, con il risultato che quando uscì dal bagno tremava dal freddo, e anche se ciò era servito a svegliarla, l' improvvisa ripresa di lucidità le fece ricordare ciò che l'aspettava quel giorno.

Quella mattina infatti avrebbero avuto inizio gli addestramenti, che sarebbero durati in tutto tre giorni, dove i tributi avrebbero potuto imparare alcune tecniche di combattimento e di sopravvivenza, e alla fine di questi ci sarebbero state le sessioni private davanti agli strateghi, dove ognuno di loro avrebbe avuto l'occasione di mostrare ciò che aveva imparato , per poi ricevere un punteggio da uno a dodici in base alle proprie abilità.

Cominciò subito ad assalirla l'ansia al pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con quelli che sarebbero poi stati i suoi nemici nell'arena, e con i quali si sarebbe contesa la lotta per la sopravvivenza. Cercando di respirare profondamente per calmarsi entrò in camera, e vide che sul letto qualcuno, probabilmente uno dei camerieri senza voce, le aveva lasciato l'abbigliamento che avrebbe dovuto indossare quel giorno per l'addestramento, che consisteva in un paio di pantaloni neri aderenti e una tunica bordeaux a maniche lunghe. Li indossò svelta, e uscì dalla camera per andare a fare colazione.

Fu sorpresa di trovare già seduto a fare colazione Thresh, poichè era abbastanza presto,

" ' Giorno"

le disse vedendola arrivare,

"Buongiorno" gli fece eco Rue prendendo posto davanti a lui,

"Anche te non sei riuscito a dormire bene?" gli chiese poi comprensiva, rompendo il silenzio che si era creato tra loro,

"Sono abituato a svegliarmi presto, mi alzavo ogni giorno prima dell'alba per andare a lavorare nei campi",

rispose facendo spallucce, in un tentativo mal riuscito di celare il dolore che il ricordo gli provocava, anche se questo, nell'esigenza di essere sentito si manifestava attraverso le borse scure che il ragazzo aveva sotto gli occhi e la piega della sua bocca rivolta verso il basso.

Rue abbassò la testa, preoccupata di aver toccato un tasto dolente, quando con sua grandissima sorpresa Thresh proseguì:

"Ieri ho parlato con Chaff, mi ha chiesto se preferivamo essere allenati insieme oppure no"

"E te cosa gli hai risposto?" chiese Rue già sapendo in cuor suo cosa avrebbe detto,

"Che preferiamo essere istruiti separatamente"

"Tecnicamente tu hai detto questo, io non ho deciso ancora niente" rispose imperterrita Rue.

Il viso di Thresh si rabbuiò, strinse forte le mani sui bordi della tovaglia, conficcando le dita nel tessuto,e disse con veemenza

"A che scopo tutto questo secondo te? A cosa servirebbe farci allenare insieme quando nell'arena saremo nemici mortali e combatteremo per lo stesso obbiettivo? Perchè fare finta che vada tutto bene ?"

Il suo tono di voce si stava sempre più alzando, e Rue sussultò per lo spavento misto allo stupore, poichè non si sarebbe mai aspettata un tale scoppio d'ira da parte del ragazzo,

"Calma Thresh, perdonami se ti ho fatto arrabbiare, non era mia intenzione, non ho problemi ad allenarmi separatamente ma preferirei che tu mi avvertissi prima di prendere decisioni al posto mio",

Improvvisamente il volto di Thresh si afflosciò e si chiazzò di rosso, per la vergogna di aver reagito in quel modo perdendo l' autocontrollo e il contegno che possedeva sempre,

"Scusa, non avrei dovuto urlare così con te, non hai colpa......"

"Invece sì che ho colpa" disse Rue decisa a togliersi finalmente dalla coscienza un peso che si portava da anni nel cuore,

"Dopo che tua madre....bhe avrei dovuto starti più vicino ed aiutarti ".

Il ragazzo scosse la testa sconsolato, con un sorriso amaro sulle labbra,

"No, più ci tieni più hai da perdere, tutto quello che ho passato ha contribuito a farmi aprire gli occhi più in fretta, e ho fatto le mie scelte, mi dispiace che tu sia finita qui con me, se c'era qualcuno che non lo meritava quel qualcuno eri proprio te, Rue".

"Non dire così Thresh...."

"Non importa, ci sono cose ben peggiori della morte, comunque grazie per averci sempre avvisato cantando della fine dei lavori nei campi al tramonto, hai una voce molto bella e anche le ghiandaie amano stare ad ascoltarti",

si interruppe imbarazzato, temendo di aver detto troppo, e fingendo un colpo di tosse tornò a concentrarsi sulla colazione. Rue rimase interdetta per un attimo, incapace di dire una parola, dopo tutti quegli anni Thresh non si era affatto dimenticato di lei, anzi l'aveva appena lodata per il suo modo di cantare,e le aveva fatto capire che a modo suo le voleva ancora bene. Ma il destino non era mai stato leale con loro, e ora si ritrovavano intrappolati in una competizione leale da cui solo una persona ne sarebbe potuta uscire indenne.

Prima che potesse aprire bocca per dire qualcos'altro entrarono Chaff e Seeder che li salutarono e li chiesero se fossero pronti per gli addestramenti.

"Certamente" mentì Rue, ora che i due mentori le avevano ricordato cosa l'aspettava, sentiva di nuovo la paura e la preoccupazione montarle dentro avvolgendola in una morsa ferrea che a momenti le impediva di respirare.

Cercò di distrarsi sforzandosi di mangiare per tenersi in forze, dunque trangugiò in fretta del bacon e uova strapazzate con dei panini caldi, mentre Chaff e Seeder li istruivano su ciò che avrebbero dovuto fare:

"Allora, oggi nella palestra degli addestramenti ci saranno vari stand, ognuno adibito ad una particolare funzione, dove voi potrete esercitarvi, vi consigliamo di non far vedere agli altri tributi ciò che sapete fare meglio, quello riservatelo per le sessioni private davanti agli strateghi, ma di approfittare per cercare di imparare qualcosa che potrebbe tornarvi utile nell' arena. Non sottovalutate mai le postazioni sulla sopravvivenza e su come costruire una trappola, sono sempre evitate dai favoriti che puntano principalmente sulla forza fisica e la loro maestria nell'utilizzare le armi, ma state certi che vi potranno tornare utili e si potranno rivelare un elemento di vantaggio",

"Non fatevi intimorire e cercate di vedere se tra di loro potrebbero esserci vostri potenziali alleati, ma soprattutto dovrete fidarvi di loro, non c'è niente di peggio di un'alleanza sbagliata" concluse Seeder.

A Rue alla parola "alleati", balenò in testa l'immagine di Katniss, ma figuriamoci se avrebbe accettato di stare in squadra con lei, perciò accantonò il pensiero in una angolo della mente.

"Un altra cosa" aggiunse Chaff,

"Ieri ho chiesto a Thresh se preferivate essere allenati da me e Seeder singolarmente o meno, nel caso abbiate delle potenzialità che volete tenere segrete all'altro. Rue, Thresh mi ha detto che eravate entrambi d'accordo sul farvi istruire individualmente , mi confermi la tua decisione?"

Rue guardò Thresh che annuì senza guardarla, così disse rivolta al proprio mentore con aria grave:

"Può andare bene separatamente".

"Perfetto, tra poco arriverà Cassie per accompagnarvi alla palestra".

"Di bene in meglio" pensò la bambina corvina alzandosi.


 


 

Dopo essersi ripulita velocemente i pantaloni dalle briciole si avviò verso gli ascensori insieme a Thresh, ad aspettarli con l'aria di un persona che avrebbe fatto volentieri a meno di essere lì ,c'era Cassie, la quale esibiva un completo verde fluorescente e una parrucca celeste, alla cui vista Rue preferì evitare di commentare. "Siete in ritardo di un minuto, si parte male" si lamentò la donna con voce petulante, premendo il pulsante per chiamare l'ascensore con le lunghe unghie smaltate, come per far intendere che la loro sopravvivenza nell'arena sarebbe dipesa dalla loro puntualità. Entrarono tutti e tre all'interno del macchinario il quale si mise in modo silenziosamente cominciando a scendere, mentre Cassie si specchiava nel vetro dell'ascensore e si sistemava la parrucca schioccando le labbra soddisfatta alla vista della sua immagine riflessa e non degnandoli della minima attenzione.

Thresh stette in silenzio per tutto il tragitto e Rue guardò in basso mordicchiandosi il labbro a disagio e sperando che la discesa finisse presto. Quando finalmente arrivarono le porte si aprirono con un segnale acustico e senza aggiungere altro Cassie li sospinse fuori e premette il pulsante per tornare su, probabilmente per finire di sistemarsi il trucco, e mentre le porte dell'ascensore si richiudevano alle loro spalle Rue si chiese nuovamente a cosa servisse la sua presenza quando si limitava a punzecchiarli e a fare il minimo indispensabile.

Guardandosi intorno capì di trovarsi nella palestra, le si avvicinò subito un addetto che le fece sistemare davanti alla divisa un cartellino recante il numero del suo distretto, ma la sua attenzione venne catturata immediatamente dal baluginio di alcune armi dall'aspetto letale che rivestivano la parete centrale, alla maggior parte delle quali Rue non avrebbe neppure saputo dare un nome: svariati coltelli dalle lame segmentate, spade, lance, archi, balestre, mazze, scuri e sciabole affilate scintillavano sotto la luce di neon della palestra, un vero e proprio arsenale da guerra, a cui i favoriti lanciavano occhiate bramose non vedendo l'ora di lanciarsi in esibizioni belliche dando sfoggio della propria abilità allo scopo di intimidire gli avversari.

La bambina corvina deglutì rumorosamente e si avvicinò al centro della pedana, attorno alla quale erano riuniti tutti e ventiquattro i tributi, e pensò che per la prima volta si trovavano tutti accanto senza trucchi o vestiti sfarzosi, e notò che molti di loro nonostante fossero più grandi di lei avevano un'aria vulnerabile e spaurita, senza più filtri a nasconderli.

Al centro della pedana stava ritta come un fusto e con aria apatica una donna, che disse con voce piatta di chiamarsi Atala e di essere la loro addestratrice, spiegò loro brevemente quali erano gli stand a disposizione e in che cosa consistevano, e che per nessun motivo avrebbero dovuto scontrarsi tra di loro, se volevano allenarsi a combattere potevano richiedere del personale apposta, poi li congedò dicendo loro che il pranzo sarebbe stato servito in una stanza attigua alla palestra.
Rue guardò di sottecchi Katniss ,la quale era insieme al suo compagno di distretto Peeta e si stava dirigendo verso lo stand per la costruzione delle trappole. Non volendo dare l'impressione di seguirla e memore delle raccomandazioni dei suoi mentori si avvicinò alla postazione in cui insegnavano a riconoscere le piante e le loro proprietà, nella quale sapeva di essere abbastanza avvantaggiata, ma non era sola, infatti insieme a lei c'era anche il tributo del distretto quattro, Max, le pareva si chiamasse, il quale aveva la sua stessa età e una zazzera di ricci rossi che gli incorniciavano il viso.

Al suo arrivo le rivolse un mezzo sorriso, incerto, per poi bloccarsi e chinare la testa su ciò che stava facendo imbarazzato, Rue avvicinandosi e non dando segno di aver notato lo strano comportamento del ragazzo dette un occhiata veloce a ciò che stava facendo ed osservò:

"Quello è un morso della notte, non ribes, meglio non confonderli, dato che si tratta di bacche velenosissime e non di cibo commestibile",

il ragazzino alzò la testa e la guardò da sotto la sua massa di ricci rossi confuso, chiedendosi probabilmente perchè lo stesse aiutando, poi l'occhio gli cadde sul numero che avevo appuntato sulla maglia e capì,

"Distretto undici, non è vero? Ecco perché conosci così bene le piante, mentre io sono molto svantaggiato in materia.....sai vengo dal distretto quattro, lì ci occupiamo del mare e della pesca, non di piante, almeno che non siano alghe acquatiche” ridacchiò nervoso per la propria battuta,

“Comunque grazie per il consiglio, non vorrei mangiarne qualcuna per sbaglio" puntualizzò arricciando il naso in modo buffo e pulendosi frettolosamente le mani sulla divisa; Rue gli sorrise, gli ispirava una certa simpatia, e sembrava anche abbastanza loquace. "Ah dimenticavo, mi chiamo Max, Max Barrish" si presentò tendendole la mano,

"Piacere Rue" disse lei stringendogliela.

La mattinata passó in fretta senza troppi intoppi, Rue riuscì a superare l'esame sulle piante senza difficoltà, costruì poi delle trappole per catturare alcuni animali di piccola staglia e si rivelò abile nell'utilizzare fionda, non le riuscì invece bene la tecnica della mimetizzazione, poiché non era mai stata molto brava a disegnare e finì solo per sporcare tutto quanto (senza essere riuscita a mimetizzare nemmeno un dito) sotto gli sguardi truci e divertiti degli altri tributi.

Max si dimostrò particolarmente ferrato nella costruzione di ami da pesca, ma si rivelò invece un fiasco nel maneggiare i tridenti, infatti dopo aver cercato, senza risultato, di fare delle evoluzioni e lanci con quell'arma, alla fine si era arreso all'evidenza, ma per capirlo gli ci erano voluti parecchi tentativi, un tridente rotto, uno impigliato in cima alla rete della palestra (un malfunzionamento dello strumento a suo dire) e un dito tagliato ( il ricordo dell'incidente faceva ancora venire da ridere a Rue, poichè Max mentre stava prendendo la rincorsa per lanciarlo era riuscito a cadere e a ferirsi da solo con l'arma).

Alla fine mezzo dolorante e con la dignità a pezzi aveva rimesso il tridente al suo posto, constatando che rappresentava un pericolo per se stesso più che per gli altri, e deluso poichè affermava che il suo mentore, Finnick Odair, era riuscito a vincere gli Hunger Games proprio grazie a quell'arma.

Comunque si erano tenuti entrambi alla larga dal combattimento corpo a corpo e dall'armeria pesante, sapendo che sarebbe stato un totale fiasco, anche se Rue di tanto in tanto aveva lanciato delle occhiate ai favoriti, ed era rimasta particolarmente colpita dalla ragazza del distretto due, Clove, la quale era riuscita a colpire un manichino dritto al centro da una distanza di trenta metri con una lancia. All'ora di pranzo insieme a tutti gli altri tributi Max e Rue si avviarono nella salone per pranzare, non la entusiasmava parecchio l'idea di mangiare insieme agli altri, soprattutto ai favoriti, i quali facevano commenti maligni su ognuno di loro senza curarsi troppo di abbassare la voce, facendo un gran baccano come a voler dimostrare che non avevano paura degli altri tributi, sentendosi onnipotenti e pronti a farli fuori tutti senza il minimo risentimento.

Fortunatamente con lei c'era Max, infatti passarono insieme accanto al tavolo dei tributi dell'uno e del due fingendo di non aver notato le occhiate di scherno che lanciavano nella loro direzione e i commenti malevoli sul loro conto.

Andarono dunque a sedersi in un tavolo in disparte e cominciarono a mangiare in silenzio, che fu rotto improvvisamente dal ragazzino, nel goffo tentativo di fare conversazione:

"Hai dei fratelli o sorelle?" le chiese, poi vedendo lo sguardo ferito di Rue aggiunse in fretta,

"Che sciocco.. scusami non avrei dovuto chiederlo, lo diceva sempre mamma che parlo troppo..."

"No, no figurati " lo interruppe Rue, rigirando la forchetta nel piatto con un groppo in gola pesante quanto un macigno.

"Si... ho sei fratelli", “che speranzosi attendono il mio ritorno a casa” pensò Rue con amarezza.

"Ah, io invece una sorella più grande, è già sposata, si chiama Lydia".

Rue annuì senza dire nulla,

"Sai pensavo che potremo allearci nell'arena, abbiamo la stessa età e gli altri tributi ci vedono come delle prede facili, insieme saremo meglio che da soli, no?"

"Penso di sì" osservò Rue con aria meditabonda cacciandosi una forchettata di pollo freddo in bocca.

"Sai già se qualche sponsor è interessato a te?" il ragazzino scosse la testa sconsolato e Rue proseguì:

"Nemmeno io, allora ci toccherà rimboccarci le mani nell'arena e contare solo sulle nostre forze".

Un sorrisetto comparve sul volto di Max,

"E' la cornucopia il mio obbiettivo, se riesco a procurarmi qualche arma partiremo sicuramente avvantaggiati"

"Sì, peccato che non lo chiamino " bagno di sangue" per nulla, credimi e a quella che mirano i favoriti" precisò Rue scettica, indicando con la forchetta il tavolo dove i tributi dell'uno e del due ridevano sonoramente dando sfoggio della loro spavalderia.

"Abbi un pò di fede" le disse Max strizzando l'occhio, e anche se Rue nutriva qualche dubbio sull'esito positivo del piano, non aggiunse altro perchè sapeva che sarebbe stato difficile dissuaderlo ," Magari quando si renderà conto di ciò che ono capaci i favoriti cambierà idea" pensò.

Dopo pranzo tornarono nella palestra per proseguire gli addestramenti, e Rue si ritrovò inaspettatamente ad osservare Katniss Everdeen.

Prima non aveva fatto molto caso al fatto che portasse i capelli legati in una treccia laterale e agli occhi color fumo, inoltre a differenza di molti altri che avevano fisici scheletrici e cagionevoli, sembrava in gran forma, come se si fosse mantenuta in esercizio fisico, anche se non si poteva dire che scoppiasse di salute, e Rue si chiese incuriosita come una persona proveniente dal distretto dodici, ancora più povero del suo, potesse avere un aspetto che non fosse pallido, macilento e malnutrito.

Per certo versi a Rue le ricordava se stessa, anche per il sacrificio che aveva compiuto per quella ragazzina alla mietitura.

Stette ad osservarla per molto tempo da dietro una colonna per non farsi scoprire, non sembrava avere molta destrezza nel combattimento, mentre se la cavava a piazzare trappole e ad arrampicarsi, le inspirava un profondo senso di fiducia e si sentiva profondamente colpita da lei.

In quel momento Katniss stava cercando di colpire un bersaglio con la lancia, la quale però mancò totalmente il centro e cadde a terra con un tonfo sordo che rieccheggiò nella palestra, come lei non sembrava avere molta dimestichezza con gli oggetti letali. Ad un tratto le si avvicinò Peeta, il suo compagno di distretto, e le sussurrò qualcosa all'orecchio, subito Katniss si girò nella direzione di Rue, la quale vergognandosi, per essere stata sorpresa ad osservarla in flagrante, si nascose in fretta, ma fece in tempo a cogliere un guizzo dell'espressione di Katniss, che non sembrava arrabbiata o stufata, ma bensì comprensiva e triste, e addirittura le parve di cogliere uno scintillio nei suoi occhi, come se le ricordasse qualcuno a lei caro.

Per il resto del tempo Rue continuò a provare qualche tiro con la fionda, anche se sapeva avrebbe fatto ben poco contro una persona armata di ascia e coltello, si arrampicò sulla rete della palestra per recuperare il tridente che Max aveva lanciato per sbaglio, per poi scendere e toccare terra con un salto, atterrando leggermente e con grazia al centro della pedana, con il suo modo di fare che ricordava un pò le ghiandaie, in punta di piedi e con le braccia protese verso l'alto, come se stesse per spiccare il volo.

Alla fine degli allenamenti si accomiatò da Max e salì in camera insieme a Thresh per la cena, sentendosi esausta, stavolta Cassie non si era presa nemmeno il disturbo di accompagnarli, cosa di cui Rue fu immensamente contenta.

Arrivati in camera fece una doccia veloce e poi si diresse a cena. Chaff e Seeder cominciarono fin da subito ad incalzarli con delle domande, per sapere come gli erano sembrati gli altri tributi, quali erano le loro potenzialità, e le impressioni generali ,e siccome Thresh non sembrava molto disposto a conversare ,poichè rispondeva per monosillabi, toccò a Rue spiegare tutto, davanti agli sguardi attenti dei suoi mentori,

"Avete trovato possibili alleati?" chiese Chaff,

"Io si...si chiama Max, ha la mia stessa età....viene dal..."

"Distretto quattro, si lo sappiamo" la interruppe lui,

"Conosciamo molto bene il suo mentore Finnick Odair, probabilmente riuscirà a procurargli dei buoni sponsor, è molto...in contatto " qui si scambiò un'occhiata fugace con Seeder "Con i cittadini più facoltosi di Capitol, la vostra alleanza potrebbe risultarti vantaggiosa”.

"Te invece Thresh?" chiese Seeder, lo sguardo del ragazzo si rabbuiò come un cielo sereno ricoperto da nubi oscure.

"Nessuno "

"Nessuno?" ripetè Seeder incredula,

"Eppure i mentori del distretto uno e due mi hanno detto che ai favoriti interesserebbe averti come alleato",

"Non voglio un'alleanza con loro" disse secco, facendo chiaramente intendere che la questione era chiusa e che non ci sarebbe voluto tornare sopra.

Chaff lo guardò dandogli un pacca amichevole sulla spalla,

"Mi assomigli ragazzo. Sai perchè non ho mai voluto portare una protesi dopo avere perso la mano negli Hunger Games, anche se Snow me l'ha offerta?".

Rue si sporse in avanti sui gomiti incuriosita per ascoltare meglio, poichè lei stessa se lo era chiesto molte volte non trovando mai il coraggio di porre la domanda all'uomo, mentre Thresh scosse la testa,

"Perchè non voglio avere nulla di loro, mi basta già sapere di aver ucciso delle vite innocenti, e questa consapevolezza è come un marchio di fuoco che tutti noi vincitori ci portiamo addosso, una mano persa e nulla in confronta al peso del rimorso che devo sopportare ogni giorno, e non voglio qualcosa che me li ricordi ancor di più, che mi tenga legato a Capitol City...".

Rue guardò Chaff come non lo aveva mai guardato prima, quelle parole lo avevano fatto apparire sotto una luce completamente diversa ai suoi occhi e fu in quel momento che capì che gli Hunger Games non lasciavano scampo a nessuno. I superstiti erano coloro che si insanguinavano le mani nell'arena e che dovevano portare il peso delle vittime sulle loro spalle, istruendo generazioni di futuri tributi a combattere per poi vederli morire la maggior parte delle volte; in quel momento Rue si chiese quanti ragazzi e ragazze Chaff e Seeder avessero perso senza poter fare nulla per salvarli.

 

Le sue riflessioni furono interrotte da alcuni camerieri senza voce che entrarono reggendo una vassoio con sopra una cascata di cioccolato accompagnata da una guarnizione di fragole da inzupparici dentro, alla vista della quale a Rue venne immediatamente l'acquolina in bocca, sapeva che quelle erano fragole perché le coltivava ,anche se non le era permesso mangiarle ne aveva colte alcune selvatiche che crescevano indisturbate nei boschi.

Subito afferrò il primo frutto e lo tuffò nel cioccolato liquido che scendeva a rivoli e se lo portò alla bocca. Rue capì in quel momento che non avrebbe mai potuto assaggiare niente di più buono e squisito, e dopo essersi fatta una bella scorpacciata sotto gli sguardi divertiti di Chaff e Seedeer si alzò congedandosi, decidendo di uscire fuori in terrazza per schiarirsi un pò le idee e prendere una boccata d'aria.

Non appena si trovò fuori l'aria pungente della sera le colpì il volto e fu per lei un vero balsamo ristoratore, inspirò profondamente con gli occhi chiusi e si rilassò.

Si avvicinò poi alla ringhiera per osservare meglio la città con i suoi edifici in lontananza che si estendevano sotto di lei a perdita d'occhio, e che rimanevano luminosi anche di notte, mentre al distretto undici l'elettricità durava solo poche ore al giorno, e quando faceva buio erano sempre costretti ad utilizzare delle candele, sempre che ne avessero.

Dalla strada provenivano urla di gioia, grida e botti, evidentemente gli abitanti di Capitol City stavano facendo baldoria per festeggiare l'inizio dei 74esimi Hunger Games. Guardando davanti a sè Rue notò un tremolio e uno strano bagliore luminoso dove in teoria avrebbe dovuto esserci il vuoto, incuriosita alzò cautamente una mano e cercò di avvicinarla a quella fonte luminosa per capire di cosa si trattasse, quando all'improvviso una voce dietro di lei la fece sobbalzare:

"Non toccare, verresti rimbalzata indietro, quello è un campo di forza e delimita l'intero edificio, fa parte delle misure di sicurezza imposte da Snow".

Voltandosi Rue si ritrovò davanti a Seedeer, la quale aveva il volto celato dall'oscurità della sera che non le permetteva di capire se fosse arrabbiata o meno. La donna si mosse verso di lei con passo felpato, e quando il suo viso fu rischiarato da una pozza di luce lunare la bambina fu lieta di osservare un'espressione bonaria dipinta nel volto della sua mentore.

Le si avvicinò poggiando a sua volta le mani sulla ringhiera,

“Fa sempre questo effetto non è vero?”domandò, spezzando il silenzio, rivolta verso le luci abbaglianti della città,

“Sembra quasi di stare in un paradiso terrestre se ci pensi, niente dolore, niente povertà, tutto così nuovo ed inebriante, solo volti felici e rilassati, ma se ascolti attentamente puoi comunque sentire le grida di una città morente,come un animale ferito che tenta di rimanere in vita lottando con gli artigli, un pericoloso marchingegno sociale, i cui ingranaggi non girano più a dovere.”

“Ingranaggi?”

“I Distretti, c'è tensione nell'aria, lo si vede ormai da tutte le parti, hai visto cosa è successo alla cerimonia della mietitura del distretto dodici, no?”

A Rue tornò in mente il gesto di solidarietà che avevano fatto gli abitanti alzando le tre dita, e si chiese cosa avesse pensato il presidente Snow nel vederlo.

Guardò poi verso il cielo stellato pensierosa, mordendosi il labbro, e aggiunse:

"Il tributo del distretto dodici...Katniss Everdeen, mi è sembrata una persona in gamba".

"E' stato un gesto molto nobile quello di offrirsi volontaria al posto della sorella alla mietitura" convenne Seedeer.

"Era sua sorella?" chiese Rue sorpresa,

"Comunque poco importa, non accetterebbe mai di allearsi con me, sono giovane e inesperta, un bersaglio facile ".

"Ti sorprenderebbe sapere che le persone ci possono apparire molto diverse da quello che in realtà sono. "

"Ne parli come se la conoscessi" constatò Rue,

"No....ma spesso sbagliamo a giudicare le persone e andiamo subito a conclusioni troppo affrettate, quella ragazza ha il cuore al posto giusto e non siamo state le uniche a capirlo".

"Stavo pensando che questi giochi ci tolgono la possibilità di scegliere della nostra vita" aggiunse Rue meditabonda.

"Sei ancora piccola Rue, ma devi sapere che a volte la vita con tutte le sue complicazioni ci attraversa, e riguardo alla possibilità di decidere si ha due opzioni: lasciare che ci investa come un tornado o affrontarla di petto a testa alta, la scelta è nostra. La possibilità di scegliere non serve ad impedire che le cose brutte accadono, ma ci fa capire in che modo superarle. Se te non accetti le regole di Snow, se lotti non per il potere ma per ciò che ritieni giusto allora sei l'errore. Allora ti dico una cosa Rue sii l'effetto collaterale, la falla nel sistema, dimostra a tutti che c'è una via d'uscita in tutto ciò, non temere la morte più di una vita di ombre e ricordi, non temere Snow più del perdere te stessa".

Rue in quel momento alle parole della mentore sentì crescere un fuoco dentro di sè, che divampava infuriando, poi guardò il cielo e con le stelle e la luna riflesse negli occhi pensò " Puoi uccidermi Snow, puoi farmi torturare, ma ben presto dovrai pagare il conto, e il prezzo da pagare per tutte le morti sarà alto, e anche se morirò in quell'arena, me ne andrò con il pensiero che non riuscirai a cancellarmi dai cuori di coloro che mi amano."

In risposta alla sua tacita promessa scoppiò in cielo un dardo di un fuoco d'artificio fiammeggiante, che esplose a mezz'aria in un'effusione di colore e di boati per poi formare una cascata di filamenti luminosi che riversandosi a terra cominciò a spegnersi pian piano.


NOTA AUTRICE

Ciao a tutti,
Spero vi sia piaciuta l'idea di inserire l'amicizia tra Max e Rue, era un aspetto di cui non si è mai parlato nel libro ma che mi interessava approfondire.

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio,
Sheryl Weasley

 

 

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Capitolo 12
*** Scoperte ***


Rue premette con zelo il pulsante per chiamare l'ascensore, lanciando fugacemente occhiate a destra e a sinistra per accertarsi che non ci fosse nessuno nei paraggi, poichè non aveva voglia di condividere l'angusto spazio della cabina con uno sconosciuto, soprattutto in quel momento in cui le sembrava di essere una bomba in procinto di esplodere.

Le pungevano ancora le narici per l'odore di disinfettante della palestra, e l'adrenalina che aveva provato fino a quel momento stava pian piano scemando, lasciando posto ad una stanchezza e ad un torpore indicibile.

Quel giorno infatti si erano svolte le sessioni private, in cui tutti i tributi erano stati sottoposti al giudizio degli strateghi per la prima volta. I punteggi assegnati in base alle loro prestazioni sarebbero stati annunciati quella sera in diretta non solo in tutta Capitol, ma anche in ogni distretto di Panem, e questi rappresentavano la valutazione con la quale ogni tributo si sarebbe presentato agli sponsor.

Per questo avere punteggi alti garantiva l'aiuto dei cittadini più facoltosi della città pronti a finanziarti nell'arena, e Rue sentiva le gambe cederle al solo pensiero, infatti non aveva la più pallida idea di che giudizio le sarebbe stato assegnato, sperava solo non fosse troppo basso, altrimenti le sue probabilità di sopravvivere nell'arena senza sponsor sarebbero state basse.

Finalmente l'ascensore arrivò, annunciato da un segnale acustico, le porte metalliche si spalancarono e una fredda voce femminile le diede il benvenuto invitandola al suo interno.
Svelta Rue sgusciò dentro e premette il tasto recante il numero undici, e quando l'ascensore, con un ronzio, entrò in funzione cominciando il suo lento tragitto verso l'alto, si abbandonò finalmente lungo la parete della cabina sospirando.


 


 


 

Aveva dovuto aspettare molto prima che arrivasse il suo turno, poiché il suo distretto era il penultimo, e quando finalmente era entrata nella palestra si era ritrovata davanti ad un gruppetto di strateghi, uomini vestiti di viola, che la osservavano da una tribuna rialzata, anche se dando una prima occhiata Rue aveva già potuto constatare che molti di loro avevano un'aria spazientita, addirittura annoiata, e sembravano più concentrati sul buffet allestito davanti a loro che su di lei.

In quel momento Rue si era sentita il sangue ribollire di rabbia nelle vene, quegli uomini l'avrebbero rinchiusa in un'arena condannandola a morte certa senza battere ciglio, il minimo che potevano fare era prestarle attenzione, invece di ignorarla così deliberatamente.

Sbuffando contrariata e deglutendo il groppo amaro che le si era formato in gola si era fatta coraggio, sentendo dentro di sè un dovere morale di dimostrare a quelle persone che anche se era una bambina di soli dodici anni valeva qualcosa.

Non appena uno di loro le aveva fatto un cenno svogliato con la mano, per dirle che poteva iniziare, Rue si era arrampicata lesta sulla rete della palestra, e dopo poco si era ritrovata in cima, senza aver durato il minimo sforzo o aver intoppato in qualche ostacolo. Poi si era afferrata alla trave sporgente più vicina con le braccia, e con uno slancio era riuscita a farci salire anche le gambe, a quel punto era corsa fino all'estremità del cornicione, e con uno nuovo salto, dandosi una spinta, era atterrata su una piattaforma sopraelevata da terra di alcuni metri.

A quel punto soddisfatta aveva guardato verso la tribuna dove erano riuniti gli strateghi notando con soddisfazione che avevano lasciato perdere il banchetto imbandito davanti a loro e la stavano guardando con un genuino stupore dipinto nei loro volti. Sentendosi improvvisamente motivata era scesa mediante una scala che poggiava lì per poi toccare terra agilmente, era corsa alla postazione delle armi ed aveva preso al volo una fionda, si era inerpicata nuovamente su per la rete, e aveva cominciato a lanciare delle palline di plastica dura verso alcuni manichini, che si trovavano a terra a qualche metro di distanza da lei, centrandoli quasi sempre sul torace o alla testa.

A quel punto la sua idea era quella di atterrare disegnando prima una capriola a mezz'aria come gran finale, ma nel momento di darsi lo slancio verso l'alto le si era accidentalmente impigliata una caviglia nelle maglie della rete, e a causa di ciò era rovinata a terra con un tonfo sordo, in modo decisamente poco aggraziato, diversamente da come aveva progettato di fare.

Rue ricordava di come si era rialzata in fretta dolorante e con le guance rosse per l'imbarazzo, notando che alcuni strateghi stavano sogghignando alla vista della sua caduta, mentre altri scuotevano la testa amaramente come se lei avesse soltanto confermato ciò che loro sapevano, era solo una bambina.

In quel momento Rue avrebbe tanto voluto che il pavimento si aprisse sotto i suoi piedi e la inghiottisse, desiderava ardentemente trovarsi il più lontano possibile da loro, dalla palestra, da tutto quanto.

Così con la testa chinata verso il basso aveva mosso qualche passo verso l'uscita, con l'intenzione di andarsene con la coda tra le gambe e l'orgoglio a pezzi, lasciandoli a ridere di lei.

Poi però la mano le era andata al collo dove portava la collana che Deede le aveva regalato, e aveva pensato alla delusione che avrebbe provato e a ciò che avrebbe detto se l'avesse vista comportarsi in quel modo, da vigliacca.

Poi pensò a Katniss, che si era offerta volontaria per sua sorella, e infine le balenò davanti la faccia di Seedeer, e ripensò a quello che le aveva detto.

Sii l'effetto collaterale.

In quel momento aveva due scelte: andarsene ed accettare l'umiliazione e fare come tanti altri prima di lei, ovvero tornarsene indietro a testa bassa per la vergogna lasciandosi sopraffare da chi utilizzava la forza e il sopruso per affermarsi, oppure avrebbe potuto dimostrare loro che si sbagliavano, poichè anche se era piccola valeva pur sempre qualcosa, e andarsene da lì a testa alta. Sarebbe stata la falla nel sistema, sarebbe stata l'errore, e avrebbe dimostrato che si sbagliavano di grosso sul suo conto.

Si voltò verso la rete che pendeva dal soffitto come una ragnatela, guardandola con aria di sfida, e prima che gli strateghi se ne potessero rendere conto era nuovamente salita, mossa da uno spirito di collera e di ribalta.

Arrivata in cima si era lanciata nel vuoto, e per un attimo, mentre stava cadendo, le era parso di volare, libera da ogni peso.

Aveva descritto un arco con la schiena compiendo una capriola a mezz'aria, per poi atterrare sul pavimento con grazia, simile ad una ghiandaia, con le punte dei piedi rialzate e le braccia leggermente allargate verso l'alto, come a voler spiccare nuovamente il volo.

Ormai gli strateghi non la guardavano più con scherno.

Non l' avrebbero mai più guardata in quel modo.

Rue fece un inchino e si avviò verso l'uscita, con un sorrisetto furbo sulle labbra.


 


 


 

Le porte dell'ascensore finalmente si aprirono, e Rue non fece a tempo a mettere un piede fuori che subito una massa di ricci rossi le piombò addosso, avvolgendola in un forte abbraccio.

"Max " esclamò la bambina con un tono tra il divertito e il sorpreso,

"Così mi soffochi, vacci piano",

"Ah scusami" esclamò il ragazzino sciogliendosi dall'abbraccio e liberando Rue da quella morsa ferrea,

"E' che sono troppo contento di averti trovata, sai avevo bisogno di un pò di compagnia, però so che non ci è permesso vederci al di fuori degli allenamenti.... infatti ero venuto a cercarti".

Rue sorrise commossa, in quei tre giorni di allenamenti insieme il loro rapporto si era rafforzato, spesso erano arrivati addirittura a ridere e scherzare insieme come dei normali dodicenni senza pensieri, anche se poi il ricordo di dove si trovavano e cosa stavano facendo riaffiorava prepotentemente strappandoli da quell'idillio di pace che si erano creati per darsi un senso di protezione durante gli ultimi istanti di felicità effimera che li rimanevano.

"Bhe ora mi hai trovata, cosa vuoi fare?", sorrise Rue facendoli l'occhiolino,

"Speravo di sentirtelo dire" esclamò il bambino sollevato, poi un sorriso sornione si fece largo sul suo viso, e con fare misterioso disse:

"Seguimi".

Incuriosita Rue seguì il ragazzino lungo il corridoio,

"Ma dove mi st..." fece per chiedergli, ma Max si girò nella sua direzione con un dito sulle labbra, facendole segno di tacere.

Rue si rimproverò mentalmente, era ovvio che non dovessero essere scoperti, altrimenti avrebbero avuto diverse cose da spiegare, da cominciare come mai non erano nelle loro stanze. Dopo alcuni minuti che camminavano in silenzio, Max si fermò di botto e Rue che non se ne era accorta, gli finì addosso, urtandolo. "Scusami" borbottò in fretta mortificata mentre lui l'aiutava a rialzarsi e la tirava dietro una nicchia nel muro insieme a lui.

Rue gli rivolse uno sguardo interrogativo, e per tutta risposta il ragazzino indicò davanti a sè, la bambina si sporse cautamente oltre il riparo che le offriva il muro, e vide con sua sorpresa Katniss uscire dall' ascensore con una faccia infuriata e sconvolta, per poi entrare nella sua stanza sbattendo la porta con un colpo. Rue si sentì in apprensione per lei " Qualunque cosa sia successa durante le sessioni private non deve essere stato nulla di buono ". Non appena l'eco dei suoi passi scomparve Max le sussurrò,

"Via libera" e senza dirle altro riprese a camminare con un passo felpato, mentre lei lo seguiva con i sensi in allerta.

Percorsero un' altra rampa di scale, dal color grigio fumo, debolmente illuminate dalla fioca luce del sole che filtrava dalle finestre.

"L'altro giorno mentre cercavo la palestra mi sono perso",

le spiegò Max rompendo il silenzio,

"E sono finito qui".

Rue sempre più incuriosita lo seguì fino a che non arrivarono davanti ad un portone rugginoso, che dava su un ampio vestibolo con decine di porte alle pareti.

Max entrò lesto in una di questa e chiuse la porta di scatto, dopo che Rue fu entrata. Subito la invase l'oscurità, sentì poi un ronzio metallico alla sua destra e una fioca luce rischiarò la stanza di una penombra azzurrina,

"Come mai mi hai portata fin a qui?" chiese Rue a Max, il quale si era seduto per terra a gambe incrociate,

"Sei la mia unica amica, e non sapevo in che altro posto potessimo parlare in pace " rispose debolmente lui, tanto che lei dovette sforzarsi per decifrare ciò che aveva detto,

"Anche io non ho mai avuto amici" gli fece eco comprensiva Rue, sedendosi accanto a lui.

"Ma questo non è un buon momento per stringere legami, lo so" concluse per lei Max sbuffando,

"Non dire così, sono contenta di averti conosciuto Max, se questi giorni non sono stati un incubo totale è anche grazie a te, mi fai ridere, con te sono spontanea, e penso che non dovremo preoccuparci troppo di quello che verrà".

"Si ma solo una persona riuscirà a vincere" rispose il bambino con veemenza, calciando un sassolino vicino a lui che andò a colpire la parete opposta,

"E se il campo dovesse restringersi a noi due? Io non voglio farti del male, io non voglio essere un assassino ".

"Max" lo richiamò Rue con severità,

“C'è un motivo sul perchè siamo qui, e sta a noi scegliere chi dobbiamo essere attraverso le nostre scelte, se non vuoi morire invano e se non vuoi cambiare allora sii l'errore, me lo ha detto una volta una persona, e mi è stato di grande aiuto; è così che si inizia una rivolta, partendo dai più piccoli, e anche se da soli non abbiamo molte possibilità di sopravvivere non ci faremo manipolare. Loro vogliono tenerci divisi, loro vogliono farci dimenticare chi siamo, e credimi già il fatto che siamo qui contro ogni regola è una grande vittoria" .

Max la guardò intensamente e disse:

"Io non sono coraggioso, ho solo un pungente senso dell'ironia e un sarcasmo che utilizzo come scudo, ma non sono un eroe",

"Gli eroi sono quelli che seppur sbagliando continuano a provarci sempre, sono gentili e coraggiosi, sono la falla nel sistema, e anche se non riescono a vincere danno un motivo alle altre persone per continuare a lottare".

Ci fu un attimo di silenzio.

"Grazie ",

sussurrò alla fine il bambino abbracciandola.

"Per cosa?",

"Perchè mi hai fatto capire che diventare tuo amico è stato l'errore più bello che potesse capitarmi".

Dopo un pò i due decisero di rialzarsi e tornare nelle loro stanze, quando, una volta usciti fuori nel corridoio, sentirono dei rumori di passi e di voci provenienti venire verso di loro.

"Gli strateghi" mormorò Max spaventato, e prima che lei potesse fare o dire qualcosa la prese per mano e insieme cominciarono a correre nella direzione opposta da dove proveniva il rumore.

I passi si facevano sempre più vicini, come se fossero più persone a camminare, e rimbombavano ovunque, quando ad un tratto Rue esclamò,

"Di qua Max, lì non ci troveranno".

Indicava una porta laterale di colore blu metallizzato, la quale per una coincidenza fortunata del destino si rivelò essere aperta.

I due entrarono in fretta e richiusero immediatamente la porta alle loro spalle, poi sia accasciarono alla parete sospirando.

"C'è mancato poco stavolta" disse Max con il respiro affannoso,

"Ma dove siamo?" chiese Rue guardandosi intorno con aria stupita.

Infatti si trovavano in una specie di laboratorio con decine di monitor e schermi alle pareti, alcuni dei quali erano attualmente in funzione e facevano vedere in tempo reale ciò che stava accadendo in quel momento nell'edificio.

Il ragazzino si avvicinò piano al computer centrale, con un'ampia consolle piena di tasti luminosi e leve, e disse

"Guarda qui Rue, qualcuno ha lasciato questi file aperti".

La bambina corvina si sporse verso le schermo per guardare e ciò che vide le fece accapponare la pelle e venire i brividi lungo la schiena, tanto che dovette sforzarsi per non urlare.

Stava osservando quello che doveva essere un nuovo esperimento di Capitol City, uno strano incrocio fra un uomo ed un lupo, dagli occhi sorprendentemente umani, una didascalia sottostante recitava:

"Cataclisma attivato totalmente, perfezionamento prototipo XBF12, ibrido uomo-lupo, inserimento attivo nell'arena. Soluzione finale."

"Dimmi che non è quello che penso che sia " sussurrò Max debolmente accanto a lei,

"Hanno intenzione di liberare questi cosi nell'arena " disse Rue con voce monocorde, guardando fisso davanti a lei, mentre una tempesta di emozioni le vorticava impetuosa dentro.

Soprattutto le risuonavano minacciosamente in testa le parole "Soluzione finale" , non prometteva nulla di buono, sicuramente sarebbe andato tutto a discapito di coloro che sarebbero rimasti nell'arena per ultimi.

Presa da un'improvvisa curiosità mosse il mouse nel computer per aprire un 'altra pagina, recante il titolo:

"Arena sperimentale 76 esimi Hunger Games. Edizione della Memoria."

Rue scorse le immagini sempre più allibita, da quanto aveva capito Snow aveva deciso di situare la futura arena in un paesaggio acquatico strutturato come un grande meccanismo ad orologio, infatti attraverso un ordigno che si attivava ogni ora si apriva un particolare settore dell'arena ognuno adibito ad una funzione l'una più raccapricciante dell'altra.

A quanto pareva Snow aveva in mente di attuare diavolerie e torture varie allo scopo di versare altro sangue innocente ancora per un tempo indefinito.

Si chiese solo chi sarebbero state le future vittime, e come si sarebbero comportati Chaff e Seedeer con i nuovi tributi.

"Rue vieni un attimo qui ", la chiamò Max alle sue spalle, e dal suo tono di voce capì che non prometteva nulla di buono.

"Cosa c'è Max?" per tutta risposta il ragazzo le fece vedere delle diapositive.


 

DA: Presidente Snow

A: Presidente Coin

OGGETTO: Armistizio post-bellum

Nel seguente giorno, dichiaro ufficialmente convalidata l'istanza secondo la quale, il distretto tredici, con tutti i suoi abitanti trasferirà il proprio abitato e proseguirà il regolare svolgimento delle attività quotidiane nella più completa segretezza.

Da ora in poi sarete riconosciuti come società autosufficiente in grado di provvedere al proprio auto-sostentamento in maniera autonoma e dovrete attuare le misure necessarie per far sì che ciò rimanga nel più completo anonimato.

Si concorda così che da ora in poi tutti gli abitanti proseguiranno la loro vita nel sottosuolo, con la massima discrezione, dopo che la superficie è stata distrutta dalle bombe aeree rilasciate dall'armeria di Capitol City.

Tutto ciò non dovrà essere rivelato ad alcuno, e se il suddetto distretto vorrà continuare a mantenere e a beneficiare dell'autonomia che gli è stata concessa dovrà proseguire la sua vita sotterranea senza intralciare il regime di Capitol City e nell'assoluta riservatezza.

Da questo giorno in avanti, la guerra appena combattuta passerà alla storia come la rivolta dei giorni Bui; e la distruzione del distretto tredici dovrà avere una funzionalità emblematica allo scopo di istruire e mettere a conoscenza le persone di cosa accadrà a tutti coloro che hanno intenzione di ribellarsi. Le immagini di propaganda verranno diffuse in tutti i canali di comunicazione ancora per molto tempo, e solo pochi miei fidati consiglieri e lei sapranno del nostro accordo post guerra.

Ci tengo a ricordare, scanso possibili equivoci futuri, che sarete ritenuti gli unici responsabili e che sarete puniti con la massima severità per qualsiasi indiscrezione, o rilascio di informazioni riservate, e che qualunque forma di ribellione da parte sua, o tentativo di mettersi in contatto con i sopravvissuti in superficie, (cosa caldamente sconsigliata date le vostre attuali condizioni) sarà riconosciuta come una dichiarazione di guerra alla quale noi risponderemo in modo implacabile ed incontrovertibile senza altri tentennamenti o possibilità di accordi ulteriori.

Da ora in poi le future ribellioni saranno sedate e tenute sotto controllo grazie alla nuova invenzione degli Hunger Games, che provvederà ad estirpare il germe della ribellione insediato tra tutti quelli che hanno minacciato la pace e l'equilibrio di Panem.

Nella totale segretezza e nella speranza che non venga meno al nostro accordo,

Presidente Snow.


 

Rue rimase a fissare la diapositiva alcuni minuti, poi sussurrò flebile,

"Ci hanno sempre mentito".

"Il distretto tredici non è mai stato distrutto" concluse per lei Max.


NOTA AUTRICE:
​Salve a tutti, 
​questo probabilmente è stato il capitolo più azzardato e rischioso che abbia mai scritto, ma mi sono divertita immensamente a farlo.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se vi sembra una buona idea.
​A presto,
​SherylWeasley

 

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Capitolo 13
*** Le Interviste ***


La cena si consumò velocemente mentre alcuni servitori senza voce facevano avanti e indietro dalle cucine portando vassoi carichi di pietanze, ritirando i loro piatti quando avevano finito di mangiare e facendo in modo che i calici e i bicchieri restassero sempre pieni.

Quella sera Rue non aveva molto appetito: rigirava con aria distaccata la forchetta nel piatto, sbocconcellando qualcosa di tanto in tanto, senza sforzarsi di prendere parte alla conversazione che stava avendo luogo intorno a lei; semplicemente stava lì, appollaiata sulla sedia guardando con aria assorta il vuoto davanti ai suoi occhi e cercando di fare appello a tutte le sue forze per non crollare e finire con la testa nel piatto.

"Sappiamo qualcosa su come sarà strutturata l'arena quest'anno? Insomma, ad ogni edizione varia il paesaggio....gli strateghi non hanno lasciato trapelare nulla? Neanche il minimo indizio?".

La domanda di Thresh riportò momentaneamente Rue al presente, interrompendo il filo dei suoi pensieri,

"Certo che no", rispose stizzita Cassie gonfiando il petto con aria di superiorità,

"Sono informazioni assolutamente riservate...però potete stare certi che gli strateghi hanno in mente qualcosa di magnifico per voi, ci sarà da divertirsi. Sappiate solo che la vostra arena sarà dotata di ogni tipo di risorsa necessaria alla vostra sopravvivenza, naturalmente vogliono assicurarsi che viviate almeno finchè non comincerete a scontrarvi, sarebbe alquanto disdicevole se moriste tutti per il freddo o la fame, senza nemmeno uno spargimento di sangue" commentò con un risolino, poco prima di reimmergersi nel suo stufato.

Lentamente Rue alzò lo sguardo verso la donna, completamente disgustata, improvvisamente tutta la sonnolenza era scomparsa. Si sporse in avanti, mettendosi in bilico sulla sedia, tesa come una corda di violino. Se fosse stata a casa sua sarebbe andata a sfogarsi fuori, nella pineta, avrebbe cercato l'albero più alto e frondoso e ci si sarebbe arrampicata quasi come a voler lasciare tutti i problemi a terra, che ora più che mai la stavano soffocando portandola alla deriva.

Ma in quel momento non poteva fare nulla, quella era la realtà, Cassie aveva espresso ad alta voce quello che tutti sapevano, con una crudeltà tipica di Capitol City a cui ormai avrebbe dovuto essersi abituata.

La mente le tornò immediatamente a quello che aveva visto e scoperto insieme a Max quel pomeriggio, e per un momento fu tentata di rivelare tutto.

Infatti dopo che era rientrata dalle sessioni private Rue era stata presa d'assalto dai suoi mentori che l'avevano incalzata per sapere come fossero andate le prove, e anche se lei aveva giustificato il suo ritardo dicendo che si era attardata a parlare con qualche tributo, cosa non del tutto falsa, aveva raccontato per filo e per segno come erano andate le sessioni private.

Se chiudeva le palpebre, nella sua mente si formava ben chiara e nitida l'immagine dell'ibrido lupo che aveva visto nel laboratorio poche ore prima, con gli artigli affilati come rasoi, le enormi fauci, e gli occhi infuocati che emanavano un odio e una brama di sangue quasi umana.

Si era più volte chiesta che ruolo giocasse in tutto ciò il distretto tredici, i cui abitanti erano costretti a vivere in segreto sottoterra, senza nemmeno poter uscire fuori e vedere la luce del sole. Ancora una volta Snow era riuscito a celare loro la realtà dei fatti, a distorcerla, e a farli credere ciò che voleva lui, tenendoli nell'ignoranza.

Li controllava tutti, ognuno di loro.

Avrebbe potuto mettere fine alle loro vite in qualsiasi momento, avrebbe potuto ucciderli.

E invece no, invece aveva deciso di istituire gli Hunger Games per portarli via la cosa più importante: la speranza.

Aveva reso tutti gli abitanti dei distretti incapaci di reagire, disposti a subire ogni giorno violenze e soprusi per mano sua, li aveva distrutti dentro. Aveva tolto a tutti loro un'opportunità per cui lottare.

Forse, come diceva Seedeer, qualcosa stava realmente cambiando, forse qualcuno avrebbe risvegliato il desiderio di riscattarsi nelle persone, ma qualunque cosa fosse successa lei non avrebbe preso parte a quella rivolta. Non ci sarebbe stato un futuro per lei, solo sangue e morte. La sua vita si sarebbe conclusa con lei come vittima innocente o assassina.

In ogni caso sarebbe morta, certo, ma non aveva idea di che futuro stesse lasciando alla sua famiglia, e non poteva fare niente per aiutarli.

Quando Rue riemerse dal suo stato catatonico, si accorse che Seedeer la stava guardando con apprensione, per poi chiederle se andava tutto bene e se per caso le andasse un pò di dolce, ma la bambina corvina rispose che si sentiva solo un pò stanca e che aveva bisogno di andare a dormire.

"Capisco la tua stanchezza Rue, ma tra poco trasmetteranno in diretta i punteggi che vi hanno assegnato gli strateghi, non se curiosa di sapere che voto ti hanno dato?".

Rue soffocó uno sbaglio e annuì silenziosamente, tutti gli avvenimenti di quel giorno l'avevano turbata e scossa molto, facendole dimenticare che al punto in cui si trovava non poteva permettersi distrazioni.

Si portò una mano alla collana che le aveva dato sua sorella, ripensando alla promessa che le aveva fatto, doveva provare a vincere, ne dubitava certo, ma se fosse tornata a casa avrebbe potuto avvertire la sua famiglia dei pericoli imminenti.

Un motivo in più per provarci.

Nel frattempo gli altri si erano spostati in una salone attiguo alla sala da pranzo, dove al centro troneggiava un gigantesco televisore, con davanti un divano in velluto rosso posto a semicerchio. Rue si appollaiò comodamente su una poltrona in disparte rispetto agli altri, e si portò le ginocchia al petto, come a voler innalzare una barriera tra lei e il mondo esterno.

Il televisore si accese da solo all'ora prestabilita mostrando in diretta l'immagine sorridente del presentatore Caesar Flickerman, che quell'anno sfoggiava una particolare tinta di capelli blu cobalto, e che guardava verso i telespettatori con un espressione estatica e accattivante.

Senza perdersi in ulteriori chiacchiere cominciò ad annunciare le valutazioni.

Ovviamente i tributi favoriti avevano ottenuto punteggi tra l'otto e il dieci, Max era riuscito a strappare un dignitoso cinque, e Thresh aveva ricevuto un meritato dieci, guadagnandosi anche una pacca amichevole sulla spalla da parte di Chaff e un incoraggiamento alquanto espansivo da Cassie.

Poi l'immagine cambiò e per un attimo la sua foto dominò lo schermo, poco prima di essere affiancata da un numero che sfolgorava fiero davanti a loro, sette.

Rue si portò le mani alla bocca incredula, mentre tutti si prodigavano in complimenti per lei, si sentiva fiera e felice di se stessa, era piccola ma aveva dimostrato che valeva pur sempre qualcosa, ed evidentemente gli strateghi avevano particolarmente apprezzato quando, nonostante la sua rovinosa caduta a terra, si era rialzata e aveva riprovato a saltare.

Intanto la trasmissione era andata avanti, fino ad arrivare ai tributi del distretto dodici, Peeta aveva guadagnato un otto e Katniss undici, senza dubbio il punteggio più alto di tutti.

Rue non riuscì a reprimere un sorriso, quella ragazza le ispirava fiducia e si sentiva realmente contenta per lei, chissà cosa aveva mostrato agli strateghi, evidentemente aveva delle qualità nascoste che aveva prudentemente tenute nascoste agli altri tributi, anche se l'espressione infuriata che Rue le aveva visto quel pomeriggio, vedendola uscire dall'ascensore dopo la sua prova, non le quadrava completamente.

Quando le ultime note dell'inno di Capitol cominciarono ad afflievolirsi lentamente fino a spegnersi del tutto, e Caesar ebbe augurato loro la buona notte lo schermò si oscurò.

"Sono entrambi due ottimi punteggi, complimenti" commentò Seedeer per interrompere il silenzio che si era creato tra di loro,

"Ma ora ha inizio la fase tre, le persone hanno già avuto modo di farsi un'idea di voi, ma ciò che direte e farete domani sera durante le interviste sarà determinante, per questo vi consiglio caldamente di andare a letto e farvi una bella dormita."

In quel momento Cassie tossicchiò per richiamare l'attenzione sorridendo falsamente, Seedeer sospirò e aggiunse spazientita:

“Ah dimenticavo c'è un 'ultima cosa che dovete sapere...",

"Lascia stare carissima, continuo io" la interruppe lei gongolante mentre si rassettava il vestito e si accomodava meglio sulla sedia,

"Come vi ha anticipato la vostra mentore volevo informarvi su alcune decisioni dell'ultimo minuto che sono state prese, sempre tenendo conto dell' obbiettivo che vogliamo raggiungere, naturalmente. Dunque, come stavo dicendo, nonostante qualcuno abbia macchiato di vergogna e disonore il proprio distretto dando prova di..." un'occhiataccia da parte di Chaff la indusse a smettere. Era ovvio che Cassie alludeva all'incidente di Rue avvenuto durante le prove.

“Si insomma, volevo dirvi che domani, in vista delle interviste, dovremo lavorare sul vostro portamento e la vostra capacità di atteggiarvi con grazia in pubblico, e anche se sono perfettamente consapevole delle responsabilità che mi assumo non mi tirerò indietro, anche se sarà certamente un' impresa titanica riuscire ad inculcare nelle vostre teste le regole basilari..."

"Abbiamo tutti quanti afferrato il concetto Cassie, grazie" la interruppe gelida Seedeer,

"Quello che voleva dirvi" proseguì con gentilezza rivolta a Rue e Thresh,

"Era che domani entrambi starete quattro ore con me e Chaff per lavorare sui contenuti e quattro con ...Cassie per lavorare sulla presentazione e la forma".

Rue rimase basita per qualche minuto, annuendo meccanicamente incapace di parlare, poi si alzó rivolgendo un'occhiata frettolosa a Seedeer, per comunicarle che aveva bisogno di parlarle al piu' presto.


 

"Devo proprio?" chiese Rue con tono supplichevole alla mentore, quando furono lontane dal salotto e da occhi e orecchie indiscrete. "Insomma, stiamo parlando di Cassie Roseshade, lei mi odia, perchè deve farlo proprio lei? Non può insegnarmi qualcun' altro? Sicuramente ne approfitterà per torturarmi e prendersi ulteriormente gioco di me."

Seedeer la guardò sorridendo affettuosamente,

"Rue sii ragionevole, Cassie è in tutto e per tutto una figlia di Capitol City, parla come loro, pensa come loro, agisce come loro, se vuoi vincere devi prima conoscere il tuo nemico, perchè anche quando sarai nell'arena tieni bene a mente che coloro contro tu stai lottando sono quelli che ti hanno portata fin qui. Loro sono i tuoi veri avversari. Loro ti vogliono morta Rue, e proprio per questo strumentalizzano tutti voi tributi per farvi uccidere l'un l'altro facendovi dimenticare chi è il vero nemico".

Si interruppe qualche secondo, dal salotto proveniva un chiacchiericcio concitato e il tintinnio dei calici con cui stavano brindando per i loro punteggi.

"Ascoltala e presta attenzione a ciò che ti dice, sforzati di fare quello che vuole e non contraddirla, anche se non sembra è suo compito assicurarsi che facciate entrambi una buona impressione domani. Ricordati: conosci il tuo nemico".

Rue sospirò annuendo, la sua mentore aveva ragione, improvvisamente si sentì in colpa per il modo in cui si era comportata, esattamente come una bambina viziata, e si chiese con crescente vergogna se veramente tutto quel lusso e quello sfarzo di Capitol City non le stessero dando al cervello.

"Hai ragione, perdonami, sono stata una sciocca, non so cosa mi sia preso" ammise Rue.

La donna sorrise benevola, poi aggiunse:

"Strano, non è vero?",

"Che cosa?" chiese la bambina perplessa,

"Il fatto che abbiano deciso di premiarti per aver riprovato a saltare invece che penalizzarti per il tuo errore come avrebbero dovuto fare....forse qualcosa sta veramente cambiando, si lo sento, questi Hunger Games saranno diversi".

"Come fai a dirlo con tale sicurezza?",

"Non lo senti? E' tutto nell' aria, serve soltanto qualcuno che accenda la scintilla".

Detto questo se ne andò nella sua stanza augurandole la buona notte, lasciandola con mille dubbi e la consapevolezza che tutto stava per cambiare, e che lei non avrebbe fatto parte della rivoluzione.


 


 


 

"Cammina a testa dritta, e smettila di guardarti in continuazione i piedi. No, non fare quelle smorfie, le scarpe sono comodissime e finiscila immediatamente di tirarti la gonna del vestito sopra le caviglie è assolutamente INAPPROPRIATO".

L'ultima parola fu urlata con una maggiore enfasi dato che Rue barcollando era riuscita, dopo alcuni tentativi mal riusciti di stare in equilibrio sulle zeppe altissime che era stata costretta a mettere, a cascare per terra.

Subito Cassie le piombò addosso come un falco,

"No assolutamente no, non ci siamo" le urlò contro.

Rue si rialzò a fatica da terra cercando di giustificarsi:

"Non ho mai messo questi affari prima d'ora",

"Bhe allora ti conviene sperare che il pubblico abbia la decenza di non mettersi a ridere quando cascherai davanti a tutta Capitol City durante le interviste" le rispose maligna Cassie.

Le ore successive furono una vera e propria tortura, tutto fu estremamente alienante: Cassie costrinse la bambina corvina a prodigarsi in inchini e riverenze, a salutare con grazia, a ridere in maniera educata, senza scoprire troppo i denti o gettare la testa all'indietro, e a sorridere sempre e comunque, poi le fece ripetere alcune formule di convenienza e alcuni modi di dire del tutto privi di senso che suonavano tremendamente artificiosi e leziosi.

Tutto ciò fu accompagnato dalle continue lamentele di Cassie e dagli sbuffi scoraggiati di Rue, la quale però memore delle raccomandazioni di Seedeer aveva resistito stoicamente a quella tortura, anche se quando le quattro ore finirono, la bambina fu più che lieta di andarsene, con ancora smorfie di disapprovazione stampate in faccia, le urla di Cassie che le rieccheggiavano nelle orecchie, e un mal di piedi allucinante.

Dopo aver consumato un pranzo veloce ed essersi scambiata poche parole fugaci con Thresh, Rue si diresse da Chaff e Seedeer, sperando che quelle quattro ore fossero meno pesanti delle precedenti.

Cambiò opinione in fretta.

Subito i due mentori cominciarono a riflettere su come volevano farla apparire in modo che il pubblico l'adorasse e ne restasse colpito; provarono a farle dire con disinvoltura qualche battuta per sciogliere la tensione iniziale, anche se Rue rimaneva ingarbugliata nelle sue stesse parole e per di più risultava poco credibile ed estremamente a disagio; non era particolarmente loquace ed espansiva, e nemmeno le si addiceva il ruolo di superba e tracotante.

Provarono la carta della povera bambina indifesa che viene strappata dalla sua famiglia, e mentre Chaff le faceva delle domande, per simulare l'intervista, Rue sentendosi punta nel vivo, e non riuscendo ad impersonale quel ruolo che non la rispecchiava per niente, rispondeva bruscamente e incrociava le braccia al petto, assumendo un tono secco e distaccato.

Cercarono persino di far assumere alla sua voce un tono suadente e vellutato, e a farcire i suoi dialoghi di frasi d'impatto, ma neppure renderla fredda e calcolatrice dette risultati soddisfacenti. "Dobbiamo provare a vedere la situazione da un'altra prospettiva, il punto non è capire cosa vogliono LORO da lei, ma come Noi vogliamo che sia."

Proruppe ad un certo punto Seedeer schioccando le dita soddisfatta, Rue la guardò più confusa che mai, mentre Chaff chiese: " Cosa proponi?".

La mentore guardò la bambina corvina con serietà e le domandò :

"Cosa pensi che cerchino gli abitanti di Capitol City da te? Cosa potrebbe renderti interessante ai loro occhi?",

"Loro vogliono qualcosa per cui fare il tifo, qualcosa di entusiasmante che li faccia sentire più vivi e partecipi. Vogliono poterci controllare", rispose Rue convinta, ripensando a Cassie.

"Supponiamo che io sia Caesar, cosa mi diresti?",

"Gli direi che finchè il cannone non sparerà per la mia morte farebbero bene a non sottovalutarmi troppo, sono piccola ma so come badare a me stessa".

"Ora si che ci siamo. Sei pronta".

Subito dopo Rue fu immediatamente affidata alla sua troupe di preparatori, che avevano il compito di prepararla per quella serata. Le fecero fare un bagno caldo pieno schiuma colorata, che però Rue non si godette a fondo, perchè era continuamente circondata dallo staff di preparatori affaccendati intorno a lei che le spazzolavano i capelli districandole i nodi.

Dopo il bagno le applicarono un unguento sulla pelle, facendola apparire più vellutata e morbida, e le limarono le unghie, decorandole con motivi floreali che ricordavano il suo distretto.

Le applicarono solo un pò di fard sulle guance, decidendo di lasciarla al naturale data la sua giovane e età.

"Devono poterti riconoscere nell'arena, devi rimanerli impressa. Lì non ci saranno trucchi a nasconderti" commentò il suo stilista Tobias mentre dava gli ultimi ritocchi all' acconciatura.

Poi arrivò finalmente il momento di indossare il vestito e Rue rimase completamente estasiata, era un abito da sera azzurro di stoffa sottilissima completo di ali, con una vaporosa gonna di tulle. Lo adorava.

Lo avrebbe indossata pensando al suo distretto e alla sua famiglia, sperando di rendergli orgogliosi di lei.

Quando uscì dal salone i due mentori la ricoprirono di complimenti e notò che anche Thresh era molto elegante con un completo nero che metteva in risalto il fisico tonico e asciutto.

Il tempo passò in fretta e prima che potesse accorgersene si trovava già davanti all'anfiteatro cittadino, in fila con gli altri tributi in attesa che arrivasse il suo turno.

Aveva già scorto un pò più avanti a lei Max e gli aveva rivolto un cenno di saluto con la mano, ricambiato da parte del ragazzino da un sorriso e un' alzata di pollici accompagnati da un: "Buona fortuna" mimato frettolosamente con le labbra.

Aveva anche intravisto Katniss Everdeen in mezzo alla folla, la quale indossava un vestito rosso aderente adornato da centinaia di brillanti che ricordavano i movimenti frenetici di centinaia di fiammelle.

Le interviste sarebbero durate due minuti per ognuno e si procedeva in ordine di distretto, prima le femmine e poi i maschi, perciò dovette aspettare a lungo con le gambe che le tremavano e le mani che le sudavano per la preoccupazione.

Caesar Flickerman sorrideva accomodante sotto le luci dell'anfiteatro, aveva il volto ricoperto di un trucco bianco purissimo e indossava un abito da cerimonia blu scuro, punteggiato da mille minuscole lucine elettriche che brillavano come le stelle del firmamento.

Cominciarono a chiamare i tributi.

Distretto 1 , 2, 3 ,4 ... tutti si susseguivano velocemente, ognuno sembrava recitare la propria parte, la ragazza dell'uno, Lux, fece la sua comparsa vestita con un abito aderente e parlò con una voce suadente e vellutata; il ragazzo dell'uno, Marvel, aveva un sorriso beffardo e spietato in volto e quando rideva scopriva i denti come un lupo affamato mentre uno scintillio di malizia gli illuminava gli occhi. Rue sentì un brivido gelido percorrerle la schiena e si sforzò di cancellare la sua immagine dalla mente per evitare di apparire ulteriormente nervosa e intimidita.

Poi arrivò il turno di Max, era timido e impacciato sotto i riflettori e tentò di fare qualche battuta senza troppa convinzione, fortunatamente Caesar riuscì a metterlo a suo agio, ridendo alle sue battute e facendo finta di trovarle divertenti.

La ragazza del cinque appariva scaltra e sfuggente, come se fosse avvolta da un'aura di mistero che la rendeva ancora più intrigante, il ragazzo dell'otto si tormentava le mani nervoso e si spostava in continuazione il ciuffo che gli calava sugli occhi.

A quel punto Rue si sentì chiamare, prese un respiro profondo e cominciò a percorrere lo spazio che la divideva dal presentatore, non sentiva altro rumore del suo sangue che le pulsava nelle orecchie.

Volse uno sguardo veloce alla folla sottostante cercando di individuare Chaff e Seedeer, senza però riuscirci, il vestito librava intorno a lei mentre camminava, e riuscì a percepire il pubblico che tratteneva il fiato alla sua apparizione.

Caesar la salutò gentile e affabile,

"Rue accomodati prego, permettimi di esprimerti i miei più sinceri complimenti per il tuo sette all'addestramento, devi aver impressionato molto gli strateghi, lasciatelo dire: considerando la tua giovane età è un punteggio eccellente" disse strizzandole l'occhiolino complice.

Rue sentì i nervi rilassarsi, quell'uomo aveva un modo tutto suo di tranquillizzare le persone e metterle a proprio agio,

"Grazie mille",

"Stasera la tua famiglia ti starà sicuramente guardando da casa, c' è qualcosa che vorresti dire loro? Sempre se non sono troppo indiscreto" le chiese dolcemente.

Rue riflettè, " Vorrei salutarli tutti e dirli che qualunque cosa succeda li amerò sempre", un mormorio di tenerezza pervase la folla.

"Certamente Rue, certamente, sono sicuro che faranno il tifo per te"commentò.

Poi si avvicinò a lei sorridendo con fare confidenziale,

"Ma veniamo al dunque, puoi rivelare al nostro pubblico qual'è il tuo punto di forza?", la bambina pensò a sua sorella Deede che la stava guardando in quel momento e alla promessa che le aveva fatto.

"Prendermi è molto difficile" rispose cercando di nascondere il tremolio nella voce dato dall'emozione, "E se non mi prendono, non mi uccidono. Quindi non datemi per spacciata".

"Non lo farei neppure in un milione di anni" affermò Caesar in tono di incoraggiamento.

In quel momento suonò il segnale acustico che indicava che il tempo era scaduto, Rue si alzò improvvisamente sollevata, e mentre tornava a posto fra gli applausi di tutti si sentì come se stesse fluttuando da terra di alcuni centimetri.

Poi fu il turno di Thresh, tutto sommato fece una buona impressione, aveva un cipiglio corrucciato e torvo con cui scandagliava gli astanti con aria annoiata, ignorò i tentativi da parte di Caesar di punzecchiarlo per indurlo a una qualunque tipo di reazione che non fosse guardarsi intorno con aria truce, rispose per lo più a monosillabi alle domande che gli venivano poste e addirittura tacque in alcuni momenti alzando semplicemente le spalle in segno di assenso.

Poi toccò a Katniss, inizialmente fece alcune piroette, per mostrare gli effetti dell'abito simili a fiammelle colorate, accompagnata da grida di ovazione dal pubblico e guadagnandosi così l'appellativo di "Ragazza in fiamme".

Ma quando Caesar le chiese di sua sorella subito un'ombra malinconica le oscurò il viso, gli occhi grigio fumo si riempirono di uno scintillio nostalgico e divenne improvvisamente seria.

"Si chiama Prim. Ha dodici anni. E io le voglio bene più che a ogni altra cosa al mondo".

Quella frase le rimase a lungo impressa durante il resto della serata, anche Katniss aveva qualcuno a cui aveva promesso di tornare, qualcuno che non poteva deludere.

Ma non riusciva comunque a vederla come un a potenziale minaccia, le ricordava molto le ghiandaie imitatrici, disposte ad aprirsi solo per coloro che riuscivano a fare breccia nel loro cuore e a farle cantare.

Alla fine delle interviste Rue sgattaiolò in fretta lontano da tutti, dirigendosi verso la terrazza, dove sperava di trovarci Max. Fortunatamente il suo sesto senso non la tradì, infatti quando aprì la porta per uscire e fu investita da una venticello leggero, che le fece rimpiangere di non essersi portata niente per coprirsi, scorse in lontananza una figura che osservava il panorama sottostante appoggiata al cornicione.

Rue si avvicinò cauta,

"Max sei tu?” lo sconosciuto si voltò a guardarla e non appena lei lo vide in volto subito le guance le si chiazzarono per l'imbarazzo. "Scusami non volevo disturbarti cercavo...",

"Cercavi Max, lo so, dovrebbe arrivare a momenti", le rispose Finnick Odair, vincitore dei 65esimi Hunger Games, e senza ombra di dubbio l'essere più idolatrato di tutta Capitol.

Lei annuì in silenzio, mentre lui le sorrideva voltandosi a guardare la città,

"Guarda" le disse " Sembra un gioiello vista da lontano, piena di luce e di vita, ma è come una macchina infernale, se ti avvicini troppo rimani risucchiato e ti perdi completamente."

"Forse basta trovare la falla nel sistema, ogni macchinario ha il suo punto debole" ripose Rue timidamente guardando a sua volta la capitale che si stagliava fiera davanti a loro in contrasto con l'oscurità dirompente,

"Non è così semplice, a volte hai la sensazione di essere incastrato in tutto questo casino, ti senti come uno dei tanti tasselli che la compongono, nient'altro che un semplice ingranaggio o pezzo di ricambio. Arrivi ad un punto in cui sei troppo coinvolto".

"Arriva anche un punto in cui dobbiamo scegliere le persone che vogliamo essere, e dimostrare agli altri che si sbagliano su di noi".

L'uomo davanti a lei restò in silenzio per un po',

"Mi stai simpatica Rue, forse ci rincontreremo un giorno, lontano da tutto questo, in un posto migliore. Ma non voglio stare qui ad opprimerti con i miei discorsi pessimisti, meglio che vada" disse facendole l'occhiolino e dirigendosi a passo lento verso l'uscita. Prima di oltrepassare la porta si voltò un'ultima volta,

"Vorresti una zolletta di zucchero?" le chiese Finnick con un sorriso sghembo in volto,

"Sì, grazie" rispose Rue divertita, afferrando al volo quella che le stava lanciando, prima che l'uomo scomparisse nuovamente inghiottito dalle ombre e con l'eco di una risata che si spegneva in lontananza.

Dopo alcuni minuti comparve Max,

"Scusami Rue ti ho cercata e..."

"Nessun problema " rispose lei,

"Come faremo domani?Ci serviranno dei rifornimenti " sentenziò il bambino,

"Max..." cominciò Rue in tono supplichevole

"Sta tranquilla, andrà tutto bene, quando sparerà il cannone di inizio cerca di allontanarti verso ovest più che puoi, ti troverò. "

"Hai paura?" gli chiese,

"Un pò, te?",

"Tantissima" rispose Rue, " Ma noi siamo meglio di tutto questo Max" disse appoggiandosi alla spalla del ragazzo e rimanendo ad osservare il panorama in silenzio.

Quella sarebbe stata la sua ultima notte di pace prima dell'inferno.

 

Nota Autrice:

Salve a tutti,

gli Hunger Games ormai sono alle porte per Rue, e spero che vi stiate godendo la storia.

Buona lettura,

e possa la fortuna essere sempre a vostro favore.

 

SherylWeasley

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Capitolo 14
*** Che gli Hunger Games abbiano inizio ***


Quella notte Rue dormì male, il pensiero che le rimanevano solo poche ore di libertà, che sarebbe potuta morire quello stesso giorno e la speranza di rivedere la sua famiglia che si faceva sempre più lontana, le avevano tolto ogni prospettiva di sonno e fatta precipitare in un incubo costante ad occhi aperti.

Trame di luce filtravano dalla finestra semiaperta, mentre corpuscoli di polvere galleggiavano pigramente al suo interno illuminando il volto di Rue contratto da una smorfia di preoccupazione che le irrigidiva i tratti somatici facendole assumere un'aria più seria di quella che avrebbe dovuto avere una normale ragazzina della sua età. Sembrava tutto una grottesca replica di quella fatidica mattina al distretto undici, prima della mietitura, prima che tutto accadesse.

Forse il fato aveva un macabro senso dell'umorismo o un morboso attaccamento al passato, ma quelle circostanze non sarebbero potute essere più diverse.

C'era differenza tra il risvegliarsi circondata dai propri familiari e risvegliarsi imprigionata a Capito City.

Era passata solo una settimana da allora, ma sembrava fosse passata un'eternità e Rue sapeva che nel profondo qualcosa in lei era per sempre cambiato. Sperava solo che la sua innocenza rimanesse intatta nell' arena e che le crudeltà e le barbarie a cui avrebbe dovuto inevitabilmente assistere non la rendessero un' estranea alla sua famiglia e a se stessa. Non voleva trasformarsi nella cosa che temeva di più, l'arma di Capitol City. Meglio morire.

Il programma sarebbe iniziato ufficialmente alle dieci, dato che la gente di Capitol non era famosa per essere mattiniera, mentre i tributi dovevano essere già svegli all'alba in modo da avere tutto il tempo di prepararsi e dirigersi nell' arena allestita per quell' edizione degli Hunger Games.

Chaff e Seedeer non sarebbero andati con lei, da quel momento le loro strade si sarebbero divise: loro insieme a Cassie sarebbero andati al quartier generale dove avrebbero cercato un modo per accaparrarsi quanti più sponsor possibili per convincerli a fare donazioni investendo soldi in armi o medicinali.

Invece lei e Thresh sarebbero stati affidati ai loro rispettivi stilisti che li avrebbero accompagnati per il loro ultimo viaggio prima di essere scaraventati nell'arena .

"Chissà come sarà quest' anno" pensò Rue , " Una palude , deserto o landa ghiacciata?", sperava solo che ci fossero degli alberi, con quelli si sarebbe potuta arrampicare, nascondere agli occhi nemici e ripararsi durante la notte, rappresentavano la sua unica possibilità di sopravvivere, poiché a terra sarebbe risultata subito un bersaglio facile.

Si permetteva anche di essere ottimista al riguardo poichè un paesaggio privo di boschi sarebbe risultato monotono e avrebbe aumentano le possibilità di morte naturale tra i tributi, mentre gli strateghi miravano a tenerli in vita fino a farli scontrare tra di loro. Rue aveva già salutato i suoi mentori la sera prima, li aveva abbracciati entrambi con le lacrime agli occhi, erano state delle guide fantastiche, le migliori che potesse desiderare e non li avrebbe dimenticati mai, sperava che vivessero il resto della loro vita felici ma niente era al sicuro con Snow.

Chaff l'aveva riempita di raccomandazioni finali ricordandole di allontanarsi dalla cornucopia non appena fosse stato sparato il cannone di inizio e di cercare subito un corso d'acqua e un riparo per la notte poichè le temperature tendevano a scendere drasticamente durante le ore notturne.

Seedeer le aveva sussurrato con voce rotta dalla commozione all'orecchio,

" Ricorda quello che ti ho detto, si aspettano solo un bel gioco, dimostrali quanto vali...farò il tifo per te Rue".


 


 

I suoi pensieri furono immediatamente interrotti dall'arrivo del suo stilista, Tobias, venuto a prepararla. Senza perdersi in chiacchiere ed indugiare oltre, le fece indossare un semplice vestitino abbottonato sul davanti e la guidò fin sul tetto, siccome la vestizione e le preparazioni finali avrebbero avuto luogo nelle catacombe sotto l'arena.

All'improvviso il vento cominciò ad alzarsi scompigliandole i capelli e un' ombra gigantesca calò su di lei oscurando per un attimo il sole, guardando in alto Rue individuò un Hovercraft sbucato silenziosamente dal nulla, dal quale venne calata una scaletta.

Titubante dopo aver colto un cenno di assenso negli occhi di Tobias, Rue appoggiò i piedi e le mani sui pioli più bassi della scala e fu subito sollevata in alto e portata all'interno dell' Hovercraft. Una volta entrata le si avvicinò una donna con un camice bianco addosso e una siringa in mano,

"È un localizzatore da impiantare sotto pelle Rue, se non ti muovi farà meno male." le disse poco prima di infilarle l' ago nell'avambraccio senza troppi complimenti.

Rue sussultò di dolore quando la donna pigiò lo stantuffo inserendole il dispositivo metallico di localizzazione, con quello gli strateghi avrebbero sempre tenuto sotto controllo i suoi parametri vitali, infatti in caso di morte avrebbe mandato un segnale a distanza, e sarebbero sempre stati in grado di rintracciare i suoi spostamenti nell'arena.

Appena il localizzatore fu sistemato la donna se ne andò e dopo poco venne prelevato anche Tobias dal tetto. L'Hovercraft si rimise in moto silenziosamente mentre un senza voce appena entrato li guidò in una saletta accanto dove era stata allestita la colazione.

Nonostante la tensione e la paura che le attanagliavano lo stomaco Rue cercò di sforzarsi a mangiare qualcosa, poiché non sapeva quanto tempo sarebbe trascorso prima che riuscisse a rimettere qualcosa sotto i denti, e aveva bisogno di essere al pieno delle forze. Per un momento valutò anche l'ipotesi di nascondersi qualcosa nella giacca della camicia per dopo, ma sapeva che non avrebbe superato i controlli, quindi abbandonò in fretta l'idea. Dopo mezz'ora di viaggio i finestrini cominciarono ad oscurarsi, segno che si stavano avvicinando all'arena.

L' Hovercraft planò dolcemente a terra, senza creare il minimo sobbalzo al suo interno, e Rue e Tobias vennero nuovamente calati con la scaletta lungo un tubo sotterraneo, all'interno delle catacombe che si trovavano sotto l'arena.

Camminarono poi fino a che non arrivarono ad un piccolo locale di pochi metri quadrati riservato alla sua preparazione. La camera di lancio, come veniva chiamata a Capitolo city, dove i tributi attendevano la propria fine.

Rue fece una doccia veloce e si lavò i denti sforzandosi di rimanere calma e di non farsi prendere dal panico, ci sarebbe stata tutta la sua famiglia a vederla, doveva cercare di non crollare. Indossò poi i vestiti, uguali per ogni tributo, che consistevano in un paio di pantaloni fulvi, una casacca verde chiaro con una robusta cintura marrone, e a completare una sottile giacca nera che le arrivava fino a metà coscia.

Secondo Tobias la giacca era fabbricata con un materiale che doveva trattenere il calore corporeo al suo interno, segno che ci sarebbero sarebbero state nottate molto fredde.

Infine gli scarponi, indossati sopra calze aderenti, di pelle morbida con suola di gomma flessibile, ottimi per correre ed arrampicarsi. A quel punto una fredda voce femminile annunciò che era ora di prepararsi al lancio, Rue si posizionò al centro di una piastra metallica circolare,

"Buona fortuna " le disse Tobias senza guardarla negli occhi, anche se Rue potè giurare di averci scorto uno scintillio poco prima che abbassasse lo sguardo,

"Addio " rispose mentre un cilindro di vetro veniva calato intorno a lei, dividendola dal resto del mondo.

Si concludeva una parte della sua vita e ne iniziava un'altra.

Si sforzò di assumere un'aria meno smarrita possibile mentre la pedana cominciava a salire, rimase al buio per qualche secondo, poi di nuovo fuori.

Per un attimo i suoi occhi rimasero abbagliati dall'intensa luce del sole, poi il silenzio fu spezzato dalla voce di Claudius Templesmith, l'annunciatore, che esclamò:

"Signori e signori che i settantaquattresimi Hunger Games abbiano inizio! "

Cominciò il conto alla rovescia.

60 secondi....

Un minuto.

Era il tempo che ogni tributo doveva aspettare all'interno della pedana metallica prima che il suono del gong desse il via, altrimenti c'era il rischio di saltare in aria a causa delle mine terrestri disposte lungo il perimetro delle pedane.

40 secondi......

Rue si guardò intorno, scandagliando con occhio vigile lo spazio circostante, si trovavano su un tratto di terreno piatto e scoperto, una pianura di erba battuta, alla sua destra c'era un lago, la cui superficie scintillava immobile al sole senza alcuna increspatura dato che non tirava un filo di vento.

Dietro di lei c'era un bosco di pini,

"Perfetto" pensò, "Non mi resta che trovare una fonte d'acqua e sono apposto" prima però doveva cercare di mettere più distanza possibile tra lei e gli altri tributi.

20 secondi....

Erano tutti disposti in cerchio intorno alla cornucopia, un gigantesco corno dorato a forma di cono con la coda ricurva. Al suo interno si trovavano cibo, contenitori d'acqua, armi, farmaci, indumenti pesanti per il freddo e accendini, ogni cosa che avrebbe potuto aumentare le possibilità di sopravvivenza nell'arena. Intorno alla Cornucopia erano disposti in maniera disordinata altri oggetti il cui valore diminuiva via via che si allontanavano dal corno dorato.

10 secondi.....

Rue non pensava valesse la pena di rischiare di prendere un'arma dalla cornucopia, correva il pericolo di rimanere in mezzo al bagno di sangue contro altri ventitré tributi, cosa che Chaff le aveva caldamente sconsigliato di fare.

5 secondi...

Individuò Max a pochi metri da lei, era già in posizione di partenza, con le braccia tese e il bacino inclinato pronto allo scatto, un piede davanti all'altro. Lo sguardo lontano.

Rue temette per ciò che aveva intenzione di fare, la sera prima le aveva detto che avrebbe pensato lui alle armi e le aveva consigliato di scappare in cerca di un rifugio, ma non voleva che gli capitasse niente.

4 secondi....

Forse poteva rischiare a prendere qualcosa, aveva adocchiato uno zaino a pochi metri da lei, se fosse stata veloce l' avrebbe potuto prendere senza problemi, inoltre non sarebbe stata l'obbiettivo principale dei favoriti, era piccola e molti l' avrebbero trascurata per dedicarsi all'eliminazione degli avversari più pericolosi.

3 secondi...

Si mise in posizione di partenza, risoluta.

2 secondi...

Il tempo sembrava essersi dilatato all'infinito, sentiva il sangue che le pulsava nelle orecchie.

Portò una mano alla collana che le aveva dato Deede.

Eccomi qui.

1 secondo....

Silenzio assordante. La quiete prima della tempesta.


 

Il suono del gong ruppe il silenzio che aveva avvolto l'arena e tutti cominciarono a correre, Rue sfrecciò come un fulmine e afferrò in fretta uno zainetto che stava a pochi metri da lei, non doveva contenere molte cose a giudicare dal peso, ma era meglio di niente. Poi continuò a correre senza fermarsi, corse finché il paesaggio non mutò in una foresta e finché le grida di battaglia e le urla degli altri tributi non divennero sempre più attutiti fino a scomparire del tutto.

A quel punto allo stremo delle forse decise di fermarsi per riprendere fiato, scelse in fretta un albero frondoso che avrebbe potuto ripararla da sguardi indiscreti, e si arrampicò lesta. Si sedette poi su un ramo e appoggiò la schiena alla corteccia, in quel momento cominciarono a sparare i colpi di cannone, uno per ogni tributo morto.

Rue contò mentalmente ogni colpo, in tutto erano undici.

Undici morti nel bagno di sangue della cornucopia e ne restavano ancora tredici, e lei era tra questi.

Rue si prese un momento per appoggiare la testa al tronco e chiudere gli occhi, ce l'aveva fatta, certo non era al sicuro e il vero pericolo non era ancora cominciato, ma era ancora viva.

In quel momento i suoi pensieri andarono a Max, le aveva promesso che l'avrebbe raggiunta, ma come potevano ritrovarsi? Le aveva detto di allontanarsi verso ovest, ma a quel punto sarebbe già dovuto essere arrivato.

Un brutto pensiero le sfiorò la mente... "E se non ce l'avesse fatta?", ma decise subito di scacciarlo dalla testa, non poteva permettersi di pensarla così.

Decise di rimanere di vedetta ad aspettarlo, poteva anche essere bloccato da qualche parte in attesa che scendesse il buio per procedere con più sicurezza. Un tantino rincuorata dal quel pensiero Rue decise finalmente di controllare il contenuto del suo zaino, non ci mise molto a svuotarlo, conteneva una piccola borraccia di pelle vuota, delle gallette secche ed un paio di calzini di lana di riserva. Rue fu particolarmente contenta di quell'ultimo dono, la notte stava calando e con lei anche le temperature, e non avendo con se niente con cui coprirsi a parte gli indumenti che indossava era lieta di poter utilizzare i calzini per tenersi le mani al caldo.

Sapeva che i suoi nemici principali sarebbero stati la fame e il freddo, e partire così costituiva già un discreto vantaggio.

Il suo stomaco brontolava ma non osava mettere piede giù dall'albero, lo sapeva benissimo anche lei che fintanto fosse rimasta in alto non avrebbero potuto prenderla, mentre a terra sarebbe risultata una preda facile.

Finché non la prendevano era in gioco, e per fare questo doveva rimanere nascosta e protetta. Dato che quella mattina aveva fatto una colazione abbondante decise di mangiare un'unica galletta, l'indomani avrebbe cercato dell'acqua e qualche bacca o frutto commestibile da mangiare.

Via via che il cielo si scuriva venivano fuori dal cuore del bosco le creature della notte, in lontananza si sentivano degli ululati e il verso stridulo di qualche civetta, ma Rue non ne era spaventata, era cresciuta in mezzo ai suoni della natura e aveva imparato a conoscerli fin da piccola.

Indossò i calzini a mo' di guanto sulle mani e attese, mentre il fiato le si condensava in nuvolette davanti a lei.

Non poteva negare di essere preoccupata per Max, ma non permetteva ancora a se stessa di pensare la peggio.

All'improvviso le note dell'inno di Capitol City che precedevano il riepilogo dei morti cominciarono a risuonare intorno a lei mentre il sigillo scarlatto di Capitol svettava in cielo proiettato da un hovercraft.

L'inno finì e per un istante ci fu solo il silenzio.

Rue fece un respiro profondo, preparandosi mentalmente al peggio,

"Thresh era sopravvissuto? E Katniss? Dove era Max?".

La prima immagine ad essere proiettata in cielo era della ragazza del distretto tre, poi.... Max.

Per poco Rue non cadde dall' albero, si ritrovò ad annaspare in cerca di un appiglio, come se avesse ricevuto una coltellata in pancia e l'aria fosse stata completamente risucchiata .

Soffocò un grido mettendosi un pugno in bocca.

"Non cedere Rue, ricordati che ti stanno guardando".

Le immagini dei tributi caduti continuarono a susseguirsi sfocate davanti a lei, altri volti, altre persone di cui non conosceva il nome che non sarebbero mai più tornate a casa, non avrebbero più riso e scherzato con i loro familiari.

Come si faceva ad accettare la morte, ad elaborare il lutto di una persona che se ne era andata via così, con l'ombra di un grido d' aiuto stampato in faccia?

Se chiudeva gli occhi poteva immaginarselo, piccolo e innocente come lei, con gli occhi sbarrati dal terrore e le mani tremanti, mentre veniva fatto a pezzi da qualche altro tributo. Eppure sapeva che sarebbe accaduto prima o poi.

O lui o lei, erano queste le regole, solo che non pensava sarebbe successo così presto.

Rue si rannicchiò su se stessa portandosi le ginocchia al petto, si calò il cappuccio sulla testa per far si che nessuna telecamera riprendesse il suo volto addolorato e con qualche difficoltà riuscì a prendere sonno.

Qualche ora dopo Rue fu svegliata improvvisamente da un colpo di cannone che segnalava un altro tributo morto, si riscosse dunque in fretta dal suo torpore e notò che in lontananza cominciava già ad albeggiare.

Doveva organizzarsi per il giorno, non dubitava che gli artefici di quell'omicidio fossero i favoriti e sapeva che si stavano aggirando armati e in branco per il bosco in cerca di nuove prede,quindi doveva muoversi con assoluta discrezione.

Passò tutta la mattinata cercando qualcosa da mangiare, si spostava andando da un albero all'altro, senza mai toccare terra, agile e silenziosa, e ciò le permetteva di avere una buona visuale di tutto quello che accadeva intorno a lei, e le dava anche la possibilità di nascondersi in tempo se avvistava gli altri tributi a caccia. Nelle prime ore del pomeriggio, quando il sole era arrivato al suo picco massimo, Rue era già riuscita a recimolare una discreta quantità di radici, nocciole, erbe e delle bacche commestibili che aveva trovato tra gli anfratti di qualche cespuglio.

Riuscì così grazie ad un po' di fortuna e alle sue nozioni di botanica a mettere insieme un pranzo molto più sostanzioso rispetto a quanto si sarebbe mai immaginata, e placò la sete succhiando delle piccole bacche dall'aspetto innocuo. Decise poi per ammazzare il tempo, e siccome non aveva nemmeno un'arma per difendersi, di fabbricare una fionda con qualche legnetto come le aveva insegnato Joe, ma al posto dell'elastico utilizzò le cinghie del suo zaino; provò poi a lanciare qualche sassolino, funzionava bene e riusciva anche a coprire una distanza di quasi cinque metri, anche se non era molto per lo meno non sarebbe stata del tutto indifesa se si fosse malauguratamente ritrovata faccia a faccia con un altro tributo.

Soddisfatta pensò che sicuramente Joe sarebbe stato orgoglioso, e si chiese se qualche sponsor fosse rimasto colpito dalle sue abilità e disposto a scommettere su di lei.

Era ormai tardo pomeriggio quando Rue cominciò sentire un rumore di passi e di voci che si facevano sempre più vicini, "Chiunque sia non si sta preoccupando di passare inosservato" pensò Rue, doveva trattarsi per forza dei favoriti.

Per precauzione si arrampicò nel ramo più alto dell'albero e si mise in ascolto, in silenzio.

Dopo qualche secondo il branco dei favoriti entrò nella visuale di Rue, la quale attraverso le fronde dell'albero riuscì a riconoscerli, c'erano tutti, Cato e Clove, i tributi del due, Marvel e Lux, dell'uno e la ragazza del quattro.

"Era la compagna di Max" il solo ripensarci le procurava delle fitte dolorose al petto " Come ha potuto allearsi con gli artefici del suo omicidio?", era proprio vero, gli Hunger Games ti cambiavano, ti entravano nel profondo, ti facevano a pezzi e ti rimodellavano a loro piacimento. E non te ne accorgevi nemmeno. Fu l'ultimo tributo però ad attirare l'attenzione di Rue, era alto, muscoloso e biondo, ci mise qualche istante a collegare la faccia al nome e a riconoscerlo ,

"Peeta. Aveva tradito Katniss? L'ultima sera alle interviste aveva confessato di essere innamorato della ragazza di fuco davanti a tutta Capitol e ora progettava la sua morte? Stava solo fingendo per attirare più sponsor?" Doveva trovarla e avvertirla.

Fu per questo che decise di seguirli, sapeva che avevano il loro accampamento alla cornucopia e che avevano preso possesso di tutte le provviste e i rifornimenti, forse spiandoli sarebbe riuscita a scoprire qualcosa di più su di loro e ad individuare un eventuale punto debole.

Li seguì dunque silenziosamente saltando da albero in albero e quando arrivarono finalmente al corno dorato Rue rimanendo nascosta osservò la situazione.

Aveva indovinato: i favoriti avevano creato una montagna di provviste tutte ammucchiate tra di loro che distavano circa una trentina di metri dal lago, a guardia delle quali stava il ragazzo del distretto tre.

Era basso e tarchiato, e aveva con sé una lancia dall'aspetto alquanto minaccioso.

C'era però qualcosa che non quadrava, come mai i favoriti, che facevano affidamento esclusivamente sulle loro provviste per sopravvivere, le lasciavano così esposte con alla guardia un solo ragazzo?

Ci doveva essere sotto qualcosa.

Fu per questo che Rue decise di non arrischiarsi a prendere nulla, finché non avesse avuto chiare le loro tattiche era meglio procedere cauti.

Poiché aveva visto abbastanza decise di tornare indietro per non rischiare di essere scoperta, stava già calando la notte, come un manto nero che avvolgeva tutta l'arena, perciò Rue scelse un ramo comodo e vi si rannicchiò infilandosi i calzini alle mani per riscaldarsi.

Dopo poco partì l'inno di Capitol City, e fu proiettata in cielo l'immagine della ragazza morta quella mattina. Non sapeva se sentirsi sollevata o meno, Thresh era ancora vivo, ma se il campo si fosse ristretto a loro due ? Cosa sarebbe successo? Meglio non pensarci.

L'indomani non successe nulla di particolare, Rue stette tutto il giorno a cercare bacche e radici da mangiare, trovò un ruscello che utilizzò per dissetarsi, per poi riempire la borraccia e salire nuovamente sopra gli alberi.

Passò poi il resto della giornata ad intagliare un pezzo di pietra che aveva trovato vicino al ruscello poiché aveva una forma abbastanza lunga da poter esser usato come arma contundente.

A quel punto Rue si poteva reputare più che soddisfatta, possedeva già qualche arma rudimentale e aveva con sé cibo e acqua sufficienti.

Pensò ad i suoi fratelli che la stavano guardando, sarebbero stati fieri di lei, sperava solo di non farli nutrire troppe speranze, c'erano ancora molti tributi in vita e molto più forti di lei.

Quella sera non apparve l'immagine di nessun tributo in cielo, era stata una giornata tranquilla e non c'era stato nessun morto, era probabile però che gli strateghi stessero progettando qualcosa per ravvivare l' atmosfera, perciò era meglio essere pronti a tutto.

Le sembrava di aver appena chiuso gli occhi quando accadde, successe tutto molto in fretta, non ebbe nemmeno il tempo di riflettere o pianificare qualcosa, l'istinto primordiale aveva preso il sopravvento in lei, doveva scappare.

L'orizzonte era completamente rivestito da una coltre di fuoco che si espandevano a velocità disumana, l'altezza delle fiamme e la velocità con cui si propagavano le faceva dubitare fortemente che si fosse trattato di un semplice incidente o distrazione di qualche tributo, quello era un fuco creato artificialmente in laboratorio dagli strateghi e aveva il preciso obbiettivo di ravvivare la situazione per il pubblico di Capitol.

Gli alberi colpiti dalle fiamme cadevano dopo poco producendo tonfi pesanti non appena attecchivano al suolo, il fuoco avanzava imperterrito senza incontrare ostacoli e Rue sapeva che era imprudente spostarsi da albero in albero, ma doveva ammettere che sarebbe stata molo più veloce per aria che per terra.

Cercava di rimanere nello stesso ramo il meno è possibile, poiché non appena i tronchi venivano colpiti dalle fiamme aveva pochi secondi per spostarsi prima di cadere con essi.

Improvvisamente una palla di fuoco venne lanciata a velocità sovrumana verso di lei, e riuscì a scansarsi appena in tempo.

A quanto pareva il pubblico si stava divertendo.

Ci dovevano essere dei dispositivi lanciafiamme sparsi per l' arena e azionati a distanza dagli strateghi, sapeva anche che se l'avessero voluta morta a quel punto l'avrebbero già colpita, cercavano solo un modo per riunire i tributi in un unico punto per poi farli scontrare tra di loro.

Al sibilo successivo Rue si appiattì contro il tronco di un albero, avvertendo uno spostamento d'aria e un fruscio vicino all'orecchio mentre un dardo di fuoco colpiva il ramo sopra di lei. Fece appena in tempo a spostarsi al ramo successivo che un secondo proiettile finì nel posto dove stava fino a pochi secondi prima.

Non poteva permettersi di fermarsi, avanzare era sempre più faticoso, tossiva in continuazione per la mancanza di ossigeno e ogni muscolo del suo corpo le chiedeva di fermarsi, ma non poteva cedere, solo chi si fermava era già perduto.

Purtroppo nemmeno quella volta la fortuna fu a suo favore, nella fretta sbagliò a calcolare le distanze, si attardò qualche secondo in più sul ramo cercando di riprendere l'equilibrio e un proiettile la colpì sfiorandole l'avambraccio. Un dolore si irradiò per tutto il corpo come se migliaia di schegge ardenti le fossero entrate nella carne in profondità, simili a lingue di fuoco roventi che le si avvolgevano al braccio come spirali.

Urlò e con fatica immensa riprese la sua corsa.

Fortunatamente dopo poco il fuoco cominciò a ritirarsi, segno che gli strateghi avevano portato a termine il loro compito, doveva esser vicinissima agli altri tributi. Intanto decise di guardare l'entità del danno all'avambraccio, tirandosi su la manica della maglietta notò una striatura rossa sulla pelle che si stava lentamente ricoprendo di vesciche, lentamente con le mani tremanti svitò il tappo della borraccia che era riuscita a portare con sè nell'incendio, versò un pò d'acqua fresca sulle bruciature e ne bevve un pò per idratarsi.

Riuscì a reperire anche un pò di erbe che servivano ad alleviare il bruciore,e le mescolò con la saliva facendone un impacco che applicò sul braccio ferito.

Dopo un po' Rue sentì delle voci e dei passi frettolosi sotto di lei, si appiattì in fretta tra i rami e spiò attraverso le foglie la scena che si stava svolgendo sotto di lei: vide Katniss inseguita dai favoriti che per sfuggirli fu costretta arrampicarsi su di un albero.

A giudicare dalle smorfie di dolore che le comparivano sul suo viso ad ogni movimento anche lei doveva aver riportato diverse ferite ad opera del fuoco.

Nemmeno i favoriti erano messi tanto meglio, erano tutti piuttosto malridotti e recavano ancora le tracce della recente colluttazione con le fiamme.

Fu a quel punto che Rue la vide, scintillante ed appesa al bavero della giacca di Katniss, una spilla con un cerchio d'oro ed al centro una ghiandaia imitatrice, inconfondibile, un ulteriore motivo che la spinse a fidarsi di lei del tutto.

Doveva aiutarla a salvarsi.

Doveva aiutare la ghiandaia imitatrice.

Dopo un po' Katniss, quando finalmente fu al sicuro lontana dalla portata dei favoriti, esclamò con tono spavaldo:

"Come va, ragazzi?",

"Abbastanza bene" rispose uno di loro, "E tu?"

"Ha fatto un po' caldo per i miei gusti" replicò la ragazza, Rue soffocò una risata, non doveva farsi scoprire.

Dopo un po' il ragazzo del distretto due provò ad arrampicarsi per raggiungerla, ma naturalmente l'albero non sostenne la sua corporatura robusta, e rovinò a terra.

La ragazza dell'uno cercò di colpirla con una freccia, ma apparve subito chiaro che non aveva mai maneggiato uno strumento del genere. Ad un certo punto, quando era ormai chiaro che i favoriti avevano esaurito tutte le loro possibilità, Peeta spezzò il silenzio dicendo:

"Lasciamola là. Dove volete che vada? Ce la vedremo con lei domattina".

Intanto la notte cominciava a calare, era arrivato il momento di fare qualcosa, Rue si scervellò per trovare un modo per salvarla, e quando alzò lo sguardo trovò la soluzione a pochi metri da lei, appesa sul ramo di un albero.

Un nido di aghi inseguitori.

La bambina si sporse più vicino al giaciglio di Katniss fino ad incrociare il suo sguardo, poi si portò un dito sulle labbra per farle segno di tacere.

Infine senza smuovere neppure una foglia la piccola mano di Rue scivolò fuori dall'ombra ed indicò il nido che si trovava appeso sopra la testa di Katniss, per poi ritirarsi nuovamente nell'oscurità.


 


 

 

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Capitolo 15
*** Un'alleata inaspettata ***


Se voleva raggiungere Katniss prima del tramonto doveva muoversi senza perdere altro tempo, infatti non vedeva l'ora di riabbracciarla e di chiederle come era andata alla base dei favoriti, per questo affrettò il passo nonostante la stanchezza che si faceva sempre più pressante.

All'improvviso calò sopra di lei un'ombra gigantesca che schermò per un attimo il sole, e con la coda dell'occhio scorse un movimento repentino che la costrinse ad alzare gli occhi al cielo, poco prima che una grossa rete calasse su di lei e la scaraventasse brutalmente a terra.

4 GIORNI PRIMA

Non appena Rue ebbe indicato a Katniss il nido di aghi inseguitori si ritirò nuovamente tra il fogliame, silenziosamente come sempre. Era consapevole del fatto che stavano correndo entrambe un rischio notevole, dato che si trattava di insetti il cui Dna era stato geneticamente modificato in laboratorio dagli scienziati di Capitol City, con un pungiglione velenoso che nel migliore dei casi, se introdotto nell'organismo in quantità non eccessive, era capace di procurare allucinazioni che portavano la gente alla pazzia.

Altrimenti la morte.

Nel frutteto del suo distretto capitava frequentemente di trovare quegli insetti, i quali attaccavano solo se ci si avvicinava troppo o se si sentivano minacciati, per questo Rue aveva imparato a riconoscere i loro nidi e ad evitarli quando si arrampicava sui rami più alti degli alberi per raccogliere la frutta.

Infatti per la sua statura minuta anche solo poche punture sarebbero stati letali e avrebbero fatto sprofondare il suo corpo in un coma profondo fino a che il suo cuore non avesse cessato di battere.

Mentre faceva queste constatazioni Rue sentì un fruscio di foglie smosse sotto di lei e vide Katniss arrampicarsi fino alla biforcazione su cui era appeso il nido, nel tentativo di segarne il ramo, approfittando dell'inno appena iniziato, che copriva il rumore che stava facendo e le permetteva di non essere sentita dagli altri tributi, poiché se avessero intuito ciò che aveva intenzione di fare sarebbe andato tutto a monte.

Quando la mattina dopo strisce di luce rosata da est cominciarono a tingere tutto di un alone dorato, la bambina si sentì chiamare da Katniss in un sussurro soffocato, e vide che le stava indicando il nido mentre con il coltello le mimava il movimento di una sega. Rue capì cosa stava per fare, quindi annuì e scomparve nuovamente tra gli alberi, sapeva che la ragazza l'aveva avvertita per darle un certo vantaggio rispetto agli aghi inseguitori, ma voleva comunque rimanere in zona per controllare l'evolversi della situazione.

Non passò molto tempo prima che Rue cominciasse a sentire le prime urla seguite dagli inevitabili colpi di cannone, segno che il piano di Kantiss era andato a buon fine.

Era assolutamente certa che fosse sopravvissuta all'attacco, era coraggiosa e forte, non restava che ritrovarla per assicurarsi che stesse bene e che non le servisse aiuto, poi sarebbe tornato tutto come prima.

Almeno era quello che credeva.

Passarono due giorni nei quali non ebbe più sue notizie, sapeva che la ghiandaia imitatrice era ancora viva, poichè la sua immagine non era stata proiettata la sera al riepilogo dei morti, e insieme a lei erano sopravvissuti anche i tributi del due, il ragazzo dell'uno e Peeta.

Erano invece morte nell'attacco la ragazza del quattro e quella dell'uno.

Per sicurezza Rue dopo l'incidente era anche ritornata all'accampamento dei favoriti e aveva visto che i tributi sopravvissuti, tranne Peeta, erano riusciti a tornarci poco prima di crollare per le punture velenose.

La mattina del secondo giorno la bambina era appena scesa dall'albero in cui aveva dormito per riempirsi la borraccia con l'acqua fresca del torrente, quando sentì un rumore di rami spezzati e di foglie calpestate.

Lesta risalì in alto e per premura tirò fuori dalla tasca dello zaino la sua fionda, nel caso in cui ne avesse avuto bisogno, ma ancor prima che potesse prendere la mira e colpire, dalla fitta vegetazione sbucò Katniss, la quale dopo essersi guardata intorno con circospezione si chinò in riva al fiume per dissetarsi e lavarsi, poi una volta riposata e recuperate le forze decise di riprendere il cammino seguendo il corso d'acqua corrente, su per il pendio della collina.

Rue, troppo timorosa per avvicinarsi, decise di seguirla di nascosto saltando da un albero all'altro e rimanendo ad una distanza di sicurezza. Ben presto però le fu chiaro come mai avesse guadagnato quell'undici all'addestramento, infatti dopo poche ore era già riuscita ad abbattere un volatile colpendolo esattamente al centro dell'occhio con l'arco, tanto che si ritrovò a pensare che ciò fosse dovuto, più che ad un colpo di fortuna, alla sua straordinaria maestria.

Nel pomeriggio la ragazza allestì pure un piccolo fuoco da campo per arrostire l'animale cacciato, contando sul fatto che il crepuscolo avrebbe coperto il fumo e le fiamme.

Immediatamente Rue fu investita da un profumo invitante di arrosto di volatile trasportato dal vento direttamente fino al suo nascondiglio, inevitabilmente cominciò a venirle l'acquolina in bocca pensando a quanto tempo non mangiava della carne, e il suo stomaco emise un brontolio di protesta e tacita supplica alla vista della deliziosa preda lasciata a rosolare sulle braci.

Era una tentazione troppo forte.

Rue inconsciamente si sporse un pò in avanti, quando il ramo su cui si trovava si spezzò con un colpo secco tradendola e rivelando così la sua posizione. Con un solo movimento Katniss si voltò nella sua direzione con l'arco teso pronto a scoccare la freccia, Rue chiuse gli occhi preparandosi al peggio, quando successe l'inaspettato, infatti una volta che l'ebbe riconosciuta la ragazza le sorrise e abbassò l'arco dicendo:

"Sai, loro non sono gli unici che possono fare alleanze".

Rue rimase impietrita in preda dello stupore e dello sbigottimento, si sarebbe aspettata di tutto, ma non che le proponesse di diventare sua alleata, di lei, una semplice bambina, un bersaglio facile. Lentamente fece capolino da dietro il tronco in cui si era riparata,

"Mi vuoi come alleata?" ripetè aspettandosi che Katniss si mettesse a ridere dicendole che era stata una sciocca a crederci, "Perché no? Mi hai salvata da quegli aghi inseguitori. Sei sufficientemente sveglia se sei ancora viva. E a quanto pare non ti faccio paura".

Rue le lanciò una rapida occhiata, pensando febbrilmente a cosa fare,

"Affamata?" le chiese poi Katniss vedendo che la bambina non rispondeva.

Lei deglutì con forza, con gli occhi che lanciavano occhiate bramose alla carne sul fuoco,

"Serviti pure, oggi ho ucciso due prede" proseguì con un sorriso incoraggiante, a quel punto Rue lasciando da parte ogni dubbio e mettendo a tacere la voce che le suggeriva di lasciar perdere uscì timidamente allo scoperto.

"Posso sistemarti le punture" le disse, nel tentativo di contraccambiare al favore che le stava facendo e dimostrarsi in qualche modo utile.

"Davvero? E Come?" domandò la ragazza di fuoco leggermente rincuorata.

Per tutta risposta Rue frugò nello zaino e tirò fuori un manciata di foglie che aveva raccolto il giorno prima,

"Dove le hai trovate?" chiese Katniss curiosa e ammirata,

"Qui intorno. Le portiamo con noi quando lavoriamo nei frutteti. Loro hanno lasciato là parecchi nidi. E anche qui ce ne sono molti" spiegò la bambina facendo spallucce.

"Sei del distretto 11. Agricoltura" osservò Katniss " Frutteti eh? Allora è per questo che sai volare tra gli alberi come se avessi le ali".

Rue le sorrise leggermente compiaciuta, aveva nominato una delle poche cose di cui andava realmente orgogliosa, e ciò stava a significare che l'aveva osservata senza considerarla un bersaglio debole.

"Bene allora, rimettimi in sesto" la incoraggiò poi la ragazza lasciandosi cadere di peso vicino al fuoco e arrotolando la gamba dei pantaloni in modo da scoprire la grossa puntura sul ginocchio. Rue senza perdere altro tempo si mise in bocca una manciata di foglie e iniziò a masticarle, dopo circa due minuti, quando l'impacco fu pronto premette sul ginocchio di Katniss una sostanza verde e viscosa fatta di un misto di foglie masticate e saliva, e anche se sapeva che non era un metodo molto convenzionale era l'unica soluzione possibile e praticabile in quella data circostanza.

"Oooh" mormorò la ragazza soddisfatta e sorpresa, mentre il suo volto, via via che il dolore scompariva, si distendeva.

"Per fortuna hai avuto il buon senso di estrarre i pungiglioni, altrimenti staresti molto peggio" commentò Rue facendo una risatina.

"Curami il collo! Curami il collo!" la supplicò Katniss, e diligentemente la bambina applicò nuovamente l'impacco sulla parte dolorante, tanto che la ghiandaia imitatrice si ritrovò a ridere per la dolcezza del sollievo procurato. A quel punto la ragazza notò la bruciatura sull'avambraccio che Rue si era procurata durante l'incendio e disse:

"Ho qualcosa per te", posò le armi e estrasse dal suo zaino un barattolo, con un unguento che spalmò sulla sua scottatura,

"Hai buoni sponsor" commentò lei ammirata sentendo il dolore e il pizzicore che si attenuavano lentamente,

"Tu non hai ricevuto niente?" chiese Katniss, per tutta risposta Rue scosse la testa desolata.

"Succederà vedrai. Senti, più ci avviciniamo alla fine, più la gente capirà quanto sei intelligente " sentenziò la ragazza mentre girava la carne sul fuoco, per qualche motivo Rue seppe con certezza che lo pensava veramente e si sentì estremamente rincuorata.

"Non stavi scherzando sul fatto che volevi allearti con me, vero?" le domandò un'altra volta la bambina,

"No dicevo sul serio",

"D'accordo, affare fatto" disse, e per suggellare il patto si strinsero la mano. Anche se Rue sapeva che quell'accordo era solo provvisorio decise di fidarsi del tutto di lei, senza pensare a ciò che sarebbe venuto dopo, inoltre in due avrebbero avuto una probabilità maggiore di sopravvivere a tributi ben più armati e pericolosi di loro.

Rue contribuì al pasto che stavano preparando con un'abbondante manciata di certe radici ricche di amido, che arrostite sul fuoco acquisivano un sapore dolce e intenso, inoltre riconobbe anche l'uccello che Katniss aveva cacciato, si trattava di una specie selvatica che nel suo distretto chiamavano fagiano testagrigia, a volte stormi di quei volatili capitavano nei frutteti e assicuravano, almeno per quel giorno, un pasto decente a tutti gli abitanti.

Per un pò la conversazione si interruppe mentre si riempivano lo stomaco con la deliziosa carne del fagiano,

"Aah" commentò Rue con un sospiro, dopo aver divorato voracemente la sua metà,

"Non ho mai avuto una coscia tutta per me prima d'ora", ed era vero, dato che era abituata a dare la maggior parte delle razioni ai suoi fratelli, prendendo solo il minimo indispensabile per sè.

"Prendi anche l'altra" le offrì Katniss,

"Davvero?"

"Certo, prendi tutto quello che vuoi. Adesso che ho arco e frecce posso procurare anche altro cibo."

Rue osservò incerta la coscia che le veniva offerta.

"Oh, insomma, prendila. Anche cotto si conserva solo per pochi giorni e abbiamo tutto il resto del fagiano, più il coniglio " insistette Katniss mettendogliela in mano.

Una volta afferrata la coscia la fame ebbe la meglio, e Rue finalmente convinta la addentò con aria soddisfatta.

"Pensavo che nel distretto undici aveste un pò più da mangiare che da noi. Sai, visto che coltivate frutta e verdura" commentò la ragazza, Rue sgranò gli occhi incredula:

"Oh no, non ci è permesso mangiare quello che raccogliamo"

"Ti arrestano o cosa?" domandò,

"Ti frustano davanti a tutti " rispose Rue rabbrividendo al ricordo delle frequenti fustigazioni pubbliche del suo distretto.

"Il sindaco è molto severo su questo..... ci danno solo un pò di cibo durante il raccolto, così possiamo lavorare più a lungo"

"Non devi andare a scuola ?" le chiese Katniss,

"Non durante il raccolto, lavoriamo tutti in quel periodo". Stranamente Rue sentiva la mancanza di quei momenti e del frutteto nel quale era cresciuta, conduceva una vita dura e piena di stenti, era vero, ma era pur sempre la sua vita, e le era stata sottratta da delle persone che avevano fatto di lei un tributo.

Dopo un pò le due decisero di fare l'inventario delle provviste rimaste, così tirarono fuori tutto il cibo che avevano e se lo spartirono: alle due gallette e alle strisce di carne secca di Katniss, Rue aggiunse una discreta quantità di radici, nocciole, erbe aromatiche e qualche bacca selvatica.

La ragazza rigirò tra le dita una bacca osservandola pensierosa,

"Sei sicura che sia innocua?"

"Oh sí, le abbiamo anche da noi. Ne ho mangiate per giorni." rispose Rue infilandosene una manciata in bocca, a dimostrazione di quanto aveva detto, poi la bambina mostrò a Katniss anche la piccola borraccia di pelle, la fionda rudimentale, il paio di calzini che aveva usato per riscaldarsi e il frammento di pietra tagliente che utilizzava come coltello,

"So che non è molto" ammise quasi imbarazzata,

"Ma ho dovuto allontanarmi in fretta dalla Cornucopia" aggiunse per giustificarsi.

"Hai fatto bene" convenne Katniss, poi tirò fuori il suo equipaggiamento mostrandolo a Rue , la quale rimase sbigottita alla vista di un paio di occhiali dalle lenti scure,

"Dove li hai presi?" domandò indicandoli,

"Erano nello zaino, finora sono stati inutili. Non schermano il sole e si fa più fatica a vedere" rispose la ragazza con una scrollata di spalle.

"Non sono per il sole, sono per il buio" esclamò Rue " A volte, quando lavoriamo al raccolto per tutta la notte, ne distribuiamo un pò a quelli che stanno più in alto sugli alberi, dove la luce delle torce non arriva. Una volta un ragazzino, Martin, ha tentato di tenersene un paio. Li ha nascosti nei pantaloni. L'hanno ucciso seduta stante".

Nonostante fosse passato molto tempo da allora il ricordo del suo corpicino che si accasciava inerte al suolo, come una bambola a cui erano stati tagliati i fili, era vivido nella sua mente e la tormentava. Era rimasto per parecchio sotto la pioggia che imperversava, con la faccia nel fango, fino a che alcuni uomini, dopo le suppliche della madre malata, avevano trasportato il corpo dentro ad un sacco per poi gettarlo in malo modo dentro ad una fossa isolata scavata tra le carcasse degli animali morti. Rue sentiva ancora lo sparo della pistola che le rimbombava nelle orecchie, vedeva ancora il proiettile che compiva il suo corso fendendo l'aria e che andava a segno, e poi il pacificatore con il volto nascosto dietro ad una maschera bianca, che abbassava la canna fumante e se ne andava senza mai voltarsi indietro.

Aveva otto anni.

Gli piacevano le ghiandaie imitatrici, stava ore ad ascoltarla cantare. Qualche giorno dopo la sua morte Rue era tornata nel luogo dove avevano sepolto il suo cadavere e ci aveva piantato sopra una croce di legno, spesso gli cantava qualcosa ,ma quello era il suo segreto, e non ne aveva mai fatto parola con nessuno. "Hanno ucciso un ragazzino per aver preso questi?" domandò Katniss stupita,

"Si, e tutti sapevano che non era pericoloso. Martin non ci stava tanto con la testa. Voglio dire, si comportava come un bambino di tre anni. Voleva gli occhiali solo per giocarci" spiegò Rue con aria laconica, poi aggiunse indicando il paio di occhiali che la ragazza teneva in mano,

"Provali stasera, quando il sole tramonta".

Dopo aver spento il fuoco ripresero il cammino dirigendosi in senso opposto alla corrente, fin quasi al calar della notte.

"Dove dormi? Sugli alberi?" le domandò Katniss, Rue annuì,

"Con addosso solo la giacca?".

Per tutta risposta lei alzò il suo paio di calzini di riserva:

"Ho questi, per le mani",

"Possiamo dividerci il sacco a pelo, se vuoi. Ci staremo comodamente tutte e due " propose la ragazza.

Il viso della bambina corvina si illuminò dalla gioia, era molto più di quanto osasse sperare.

Scelsero poi una biforcazione in alto su un albero e si sistemarono per la notte, in quell'esatto momento iniziarono a suonare l'inno. Quel giorno non c'erano state morti.

"Rue, mi sono svegliata soltanto oggi. Quante notti ho perso?" sussurrò Katniss con fare conciato mettendosi una mano davanti alla bocca,

"Due, e sono morte le ragazze dei distretti uno e quattro. Siamo rimasti in dieci" la informò la bambina bisbigliando a sua volta. Poi Katniss le chiese notizie riguardo a Peeta rivelandole che poco prima di svenire per il veleno degli aghi aveva avuto la strana sensazione che le stesse salvando la vita.

"Adesso non è con i favoriti. Ho spiato il loro campo base vicino al lago. Sono riusciti a tornarci prima di crollare per le punture. Ma lui non è là. Forse ti ha salvato davvero la vita ed è dovuto fuggire" replicò la bambina.

"Se l'ha fatto, probabilmente faceva parte della commedia. Sai, per far credere alla gente che è innamorato di me".

"Oh. Non credo che facesse la commedia" commentò Rue con aria pensierosa, era difficile che a quel punto degli Hunger Games la gente continuasse a fingere, era quello il momento in cui le persone si rivelavano per ciò che erano veramente, abbandonando ogni maschera.

Era il modo con cui si affrontavano gli ostacoli che ti faceva veramente capire chi fossi.

Al termine dell'inno il cielo diventò scuro, e le due ragazze decisero di provare finalmente gli occhiali a visione notturna.

"Mi domando chi altri abbia un paio di questi affari" disse Katniss, entusiasta per la scoperta appena fatta,

"I favoriti ne hanno due paia. Hanno tutto, giù al lago....e sono talmente forti..." riferì Rue con aria sconsolata.

"Anche noi siamo forti. Solo in modo diverso" ribattè la ragazza risoluta.

"Tu sì, sai tirare con l'arco. Io cosa so fare?" domandò la bambina sempre più affranta,

"Sai procurarti il cibo. Loro sanno farlo?",

"Non ne hanno bisogno. Hanno un sacco di provviste" disse con amarezza.

"Metti che non le abbiano. Metti che le loro provviste spariscano. Per quanto tempo resisterebbero? Voglio dire, questi sono gli Hunger Games giusto? I "giochi della fame".

"E' inutile Katniss, loro non hanno fame" e non ne avevano mai avuta in vita loro, dato che provenivano dai distretti più ricchi e avvantaggiati non avevano mai dovuto preoccuparsi molto della questione cibo, infatti la loro strategia negli Hunger Games consisteva nell'accaparrarsi fin da subito quante più provviste e armi possibili per poi far fuori gli altri tributi più deboli e malnutriti.

"No, non ce l'hanno. E' questo il problema" concordò la ragazza di fuoco,

"Penso che ci occuperemo di questo, Rue".

Rue decise di fidarsi di Katniss completamente, infatti non appena terminò l'inno si rannicchiò accanto a lei e si addormentò. Non sapeva se era più per la spilla che portava o per il fatto che le ispirava un senso di protezione come non le capitava da molto, ma con lei sapeva di essere al sicuro e le sembrava di recuperare un po' di quel calore familiare che credeva di aver perso per sempre.

Per la prima volta si rese anche conto di come era stato brutto sentirsi sola nell'arena dopo la morte di Max, e di quanto fosse confortante essere in compagnia di un altro essere umano.

Quando i primi tiepidi raggi del sole cominciarono a solleticarle il viso Rue si destò lentamente, aveva dormito una notte serena, e per questo decise, dato che Katniss stava ancora dormendo, di andare a cercare qualcosa per la colazione.

Si spostò lentamente stando ben attenta a non svegliarla e una volta in piedi si stiracchiò assaporando l'aria mattutina che le sferzava il viso. Saltò poi da un ramo all'altro facendo più silenziosamente possibile, fino ad arrivare ad un acquitrino, non molto lontano da dove aveva passato la notte, protetto da una fitta barriera di arbusti e di vegetazione selvatica.

Rue si avvicinò al canneto le cui radici affondavano nell'acqua paludosa e melmosa, e notò una nicchia al suo interno, nella quale si trovava un piccolo nido lasciato incustodito che conteneva due grandi uova dal guscio ruvido e color crema.

Lesta Rue le afferrò e tornò indietro, certa che Katniss a quell'ora fosse già sveglia.

Quando arrivò nel luogo in cui aveva dormito scoprì con divertimento che la ragazza stava ancora riposando, perciò per non disturbarla decise di rimanere appollaiata sul ramo antistante aspettando che si svegliasse.

Non ci volle molto, poichè a riportare indietro Katniss dal mondo dei sogni ci pensò un colpo di cannone sparato in aria a segnalare la morte di un altro tributo, come una sorta di muto avvertimento: “I prossimi potreste essere voi”.

La ragazza svegliatasi di soprassalto rimase in attesa per sentire se ci fossero altri spari, ma non ne vennero altri.

"Chi pensi che fosse?" le chiese,

"Non so potrebbe essere uno qualunque degli altri, credo che lo sapremo stanotte" fece Rue "Fa solo che non sia Thresh “ pensò poi.

"Chi è rimasto?" si informò Katniss,

"Il ragazzo del distretto uno. Entrambi i tributi del due. Il ragazzo del tre. Thresh e io. Tu e Peeta" elencò Rue contandoli sulle dita della mano.

"Fanno otto. Aspetta, e il ragazzo del dieci, quello con la gamba malandata. Con lui fanno nove". C'era anche qualcun' altro, ma nessuna delle due riusciva a ricordare chi fosse.

Perlomeno, nonostante fosse un pensiero abbastanza macabro, quella morte avrebbe attirato l'attenzione del pubblico per un pò, così che gli strateghi avrebbero aspettato prima di decidere che le cose stavano procedendo troppo lentamente e che era il momento di fare qualcosa per ravvivare la situazione.

"Cos' hai in mano?" le chiese dopo un pò Katniss,

"La colazione" rispose Rue mostrando le due grosse uova che aveva trovato.

"Di che cosa sono?"

"Non saprei. C'è una zona paludosa, da quella parte. Di un qualche uccello acquatico" raccontò Rue.

Per evitare di attirare troppo l' attenzione le due decisero di non arrischiarsi ad accendere un fuoco, dato che erano abbastanza sicure che il morto di quella mattina fosse una vittima dei favoriti, e ciò significava che si erano ripresi abbastanza per rientrare in gioco.

Dunque succhiarono entrambe il contenuto dell'uovo crudo, accompagnandolo con una coscia di coniglio e qualche bacca, e quando furono sazie decisero di rimettersi in marcia.

"Pronta a farlo?" le chiese Katniss infilandosi lo zaino in spalla,

"A fare cosa?" domandò Rue chiudendo la cinghia del suo con un misto di eccitazione e adrenalina crescente.

"Oggi distruggiamo le provviste dei favoriti" sentenziò la ragazza, "Davvero? Come?" chiese sempre più eccitata all'idea di una nuova missione.

"Non ne ho idea. Andiamo, escogiteremo un piano cacciando".

Per tutto il tempo Katniss riempì Rue di domande per ottenere ogni tipo di informazione sulla base dei favoriti, e la bambina riferì tutto ciò che aveva avuto modo di osservare quando li aveva spiati in quei giorni.

"Quando vanno a caccia lasciano il ragazzo del distretto tre a guardia delle provviste" riferì," Credo che abbiano accettato di lasciarlo in vita a condizione che facesse da sentinella. Ma non è molto grande",

"Che armi ha?" si informò Katniss,

"Poca roba, da quel che sono riuscita a vedere, solo una lancia. Potrebbe tenere lontani alcuni di noi con quella, ma Thresh riuscirebbe ad ucciderlo con facilità" disse pensando al ragazzo. "E il cibo è proprio lì allo scoperto?".

Rue annuì,

"C'è qualcosa che non quadra in quella situazione" constatò la ragazza di fuoco.

"Lo so. Ma non saprei dire esattamente cosa. Katniss, se riuscissi ad arrivare al cibo, cosa ne faresti?"

"Lo brucerei. Lo getterei nel lago. Lo inzupperei di benzina. Lo mangerei" rispose dando un colpetto sulla pancia di Rue con fare giocoso, mentre la bambina ridacchiava contenta ripensando a quante volte l'aveva fatto lei stessa a Deede per farla divertire.

Per un attimo la sua risata risuonò nell'aria, e Rue si stupì del suono che produceva, era tanto che non aveva occasione di scherzare o semplicemente e di lasciarsi andare e dimenticare i problemi. L'unico che l'aveva fatta sentire così bene era stato Max. Ma era morto.

Probabilmente il suo corpo era già stato riconsegnato ai suoi parenti all'interno di un'anonima bara di legno data in donazione da Capitol per le famiglie troppo povere che non se ne potevano permettere una. Era il minimo che potesse fare Snow, coprire le spese del funerale.

Chissà come sarebbe stato il suo.

Rue ammutolì di colpo sentendosi in colpa per quell'attimo di felicità rubato, che sapeva non sarebbe durato a lungo, il minimo che poteva fare per il suo amico era vendicarne la morte.

Per il resto del tempo Rue raccontò a Katniss di sè, le parlò dei suoi fratellini più piccoli: della dolcezza di Deede, della vivacità di Jared, dell' erudizione di Simon, della creatività di Christina, della tenacia di Emma e della golosità del piccolo Julian.

Le mancavano tutti da impazzire, come se le avessero strappato dei pezzi dal cuore di cui soffriva la mancanza ad ogni battito e pulsazione.

Le parlò anche del rigido regime di vita del distretto undici, e quando Katniss le chiese qual'era la cosa che amava di più al mondo lei rispose con naturalezza:

"La musica, cantiamo a casa, anche a lavoro...ecco perchè mi piace la tua spilla" proseguì indicando la ghiandaia imitatrice appuntata sul suo petto.

"Sai, alcune ghiandaie imitatrici sono mie amiche. Possiamo andare avanti a cantare per ore. Portano dei messaggi per me, di solito mi trovo più in alto di tutti e sono sempre la prima a vedere la bandiera che segnala la fine dei lavori. C'è una canzoncina speciale che canto" disse Rue, poi aprì la bocca e cantò un motivetto di quattro note, con una voce dolce e limpida.

"E le ghiandaie la diffondono per il frutteto. E' così che tutti sanno che è l'ora di tornare a casa" chissà chi ci avrebbe pensato dopo che lei fosse morta, chi avrebbe più cantato alle ghiandaie e avvertito che i lavori erano finiti, qualcuno avrebbe preso il suo posto, ne era certa.

Katniss dopo averla ascoltata in silenzio si staccò la spilla di dosso e gliela porse,

"Tieni, prendila tu. E' più importante per te che per me."

"Oh, no" disse Rue richiudendo le sue dita sulla spilla,

"Mi piace vedertela addosso. E' così che ho deciso che potevo fidarmi di te. E poi io ho questo" proseguì tirando fuori dalla camicia una collana di steli d'erba intrecciati che le aveva dato sua sorella il giorno che aveva lasciato il distretto undici.

"E' un buon portafortuna" fino a quel momento aveva funzionato bene, pensò Rue, riponendola accuratamente dentro la camicia.

All'ora di pranzo avevano un piano, e nel primo pomeriggio erano già pronte a metterlo in atto. Insieme raccolsero e sistemarono la legna per i primi due fuochi, il terzo se lo sarebbe preparato Rue da sola. Erano stati disposti l'uno lontano dall'altro e sarebbero serviti da diversivo per allontanare i favoriti dall'accampamento in modo da dare a Katniss tutto il tempo di distruggere le loro provviste.

Infatti avevano raccolto un particolare tipo di legna che una volta accesa produceva un fumo denso e scuro, visibile anche da molti chilometri, e che avrebbe attirato gli altri tributi molto lontano, prima che potessero accorgersi che erano vittima di un inganno. Stabilirono come punto di ritrovo il luogo vicino al ruscello in cui avevano fatto il loro primo pasto insieme, il corso d'acqua le avrebbe aiutate a ritrovarlo.

Prima di partire si assicurarono di avere cibo e fiammiferi a sufficienza nel caso non riuscissero a ritrovarsi prima del calare della notte, addirittura Katniss cedette a Rue il suo sacco a pelo, dicendole che ne avrebbe preso un altro rubando dalle scorte dei favoriti.

Poi Rue le spiegò qual' era il punto migliore per spiare vicino al lago, infatti al limitare del bosco c'era un macchia il cui fogliame era così fitto da permettere di osservare il campo dei favoriti senza essere visti.

All'ultimo minuto decise anche di insegnare a Katniss il segnale della ghiandaia imitatrice che utilizzava per indicare che il lavoro della giornata era terminato,

"Se senti la ghiandaie cantarlo saprai che sto bene, e ti basterà seguirlo per trovarmi"

"Ci sono molte ghiandaie imitatrici qui?"chiese,

"Non le hai viste? Hanno nidi dappertutto" ripose Rue sorridendo "D'accordo, se va tutto secondo il piano ti vedrò per cena" disse Katniss, e inaspettatamente Rue, presa da un impeto che nemmeno lei sapeva descrivere bene l'abbracciò:

"Stai attenta" le disse con la voce rotta dalla preoccupazione, non sapeva cosa avrebbe fatto senza di lei, era la persona più vicina ad un'amica che avesse mai avuto.

"Anche tu" replicò Katniss stringendola nell'abbraccio a sua volta. Temeva che Katniss venisse uccisa o che sopravvivesse fino a che il campo non si sarebbe ristretto a loro due e aveva paura di rimanere nuovamente sola, senza più nessuno, le era rimasta soltanto lei, Thresh non sarebbe venuto a cercarla, i suoi mentori non potevano aiutarla più di tanto e i suoi fratellini erano costretti ad assistere a tutto questo impotenti.

Fu quel pensiero che la risollevò e la incitò a farsi forza e ad andare avanti, aveva un compito da svolgere.

Katniss contava su di lei, si era fidata.

Era l'ora di di mostrare quanto valeva davvero, come quando durante gli addestramenti cadendo dalla rete si era rialzata e ci aveva riprovato.

Gli altri tributi avevano fatto l'errore di sottovalutarla, e quello sarebbe stato la loro rovina.

Dopo che Katniss se ne fu andata Rue aspettò un pò vicino al primo falò, infatti una volta accesso si sarebbe dovuta dirigere il più velocemente possibile alla seconda postazione, per accendere anche quella, così che i favoriti avrebbero continuato a seguire una pista sbagliata che li avrebbe condotti ancora più lontani dalla loro base, dando a Katniss il tempo di distruggere i loro rifornimenti, e quando se ne sarebbero accorti sarebbe stato troppo tardi.

In quel momento Rue si sentì davvero soddisfatta di sè, stava contribuendo alla disfatta dei favoriti, forse qualche sponsor l'avrebbe finalmente notata e le avrebbe inviato qualcosa per aiutarla nell'arena.

Dopo qualche minuto di silenzio decise che era venuto il momento di accendere il fuoco, Katniss doveva essere già arrivata alla loro base e stava attendendo il suo segnale per agire.

Immediatamente dette fuoco ai tizzoni di legna disposti ordinatamente sulla ghiaia e poi saltando da un albero all'altro si allontanò fino ad arrivare alla seconda postazione, aspetto un pò, e poi appiccò un secondo fuoco. Dal nascondiglio in cui era poteva vedere i favoriti in lontananza che si avvicinavano, con le armi scintillanti in mano che fendevano brutalmente i rami attorno a loro per permetterli di passare meglio attraverso la fitta selva.

Sui loro volti tumefatti dalla recente colluttazione con gli aghi inseguitori si leggeva una feroce determinazione che distorceva i loro lineamenti rendendo le loro espressioni ancora più grottesche. A quel punto si erano radunati proprio sotto al nascondiglio di Rue, la quale non muoveva nemmeno un muscolo per paura di tradirsi.

"LEI DOV'E'????" urlò uno di loro guardandosi intorno come un cane rabbioso e brandendo la sua lancia contro i tronchi degli alberi per sfogarsi,

"Cato calmati ti prego, non sappiamo se è stata lei ad accendere il fuoco, ma sta pur certo che troveremo il responsabile e lo faremo pentire di essersi messo contro di noi", a parlare era stata la ragazza del due, Clove, che cercava invano di calmare il suo compagno alquanto infuriato.

Stavano parlando di Katniss, ne era sicura, volevano fargliela pagare per averli lanciato addosso il nido degli aghi.

"E' UNA TRAPPOLA, CI HA PRESI IN GIRO DI NUOVO" gridò Cato conficcando con forza la lancia nel terreno, il cui manico, per l'eccessiva pressione, vibrando si spezzò con uno schiocco secco, facendo così imprecare il ragazzo ad alta voce.

"Le braci sono ancora calde, evidentemente chiunque le abbia accese se ne è andato da poco, dovrebbe avere un vantaggio rispetto a noi di una decina di minuti, se ci muoviamo forse lo riacciuffiamo" sentenziò uno di loro, Marvel, quello con il sorriso da lupo, estraendo dal fodero un coltello con la lama lunga quanto il braccio di Rue.

"No, sta per fare buio e non ho nessuna intenzione di vagare tutta la notte nel bosco per niente, ve lo dico io, ci ha attirati fin qua perchè lasciassimo il nostro campo scoperto: mirava alle provviste, ma troverà una bella sorpresa ad attenderla" proseguì Cato lasciandosi ad una risata simile ad un latrato, seguita dai ghigni degli altri due.

"Tutto merito del nostro amico qua" aggiunse Clove indicando il ragazzo del distretto tre, rimasto fino ad allora in disparte.

"Sicuro, ho piazzato delle mine terrestri che renderanno impossibile a chiunque avvicinarsi, a meno che....." non finì mai la frase, perchè in quel momento si senti un forte boato provenire dal loro accampamento e la terra si mise a tremare per via dell'impatto dell'esplosione.

Rue si aggrappò forte al suo ramo e pregò che Katniss stesse bene, intanto i favoriti avevano ripreso ad gridare e a darsi ordini:

"TORNIAMO SUBITO AL CAMPO, MUOVIAMOCI NON C'E' PIU' TEMPO!" urlò Cato mettendosi a correre in direzione del frastuono seguito da Clove e il ragazzo del tre.

"ASPETTATE, NON CAPITE CHE DEVONO ESSERE PER FORZA IN DUE?" gridò Marvel ai compagni " CHIUNQUE ABBIA ACCESO IL FUOCO NON AVREBBE AVUTO IL TEMPO DI TORNARE ALL'ACCAMPAMENTO COSI' PRESTO, DEVE AVERE UN COMPLICE, E SONO SICURO CHE E' ANCORA QUI".

"MALEDIZIONE MARVEL, FAI CHE TI PARE, NOI TORNIAMO AL CAMPO" rispose Cato riprendendo a correre a rotta di collo.

A quel punto Rue tremava come una foglia, doveva tornare al luogo convenuto con Katniss, ma non riusciva a muoversi tant'era paralizzata dalla paura.

Sotto di lei Marvel stava ispezionando lo spazio di erba battuta tutto intorno, cercando tracce ancora fresche nel terreno, come un segugio, poi alla fine prese una strada verso est e proseguì in quella direzione fino a scomparire completamente tra il fogliame.

Passarono dei minuti prima che Rue si azzardasse a muovere un solo muscolo, alla fine decise che il luogo più sicuro dove restare era quello, infatti dove si trovava era ben protetta e per di più nessuno si sarebbe aspettato di ritrovarla nella scena del crimine. Ormai il sole stava calando, perciò prese dallo zainetto qualche bacca, che inghiottì velocemente, bevve un sorso d'acqua e si infilò dentro il sacco a pelo che le aveva prestato Katniss preparandosi a dormire.

Quella sera vennero mostrate in cielo le immagini del ragazzo del dieci, morto quella mattina, e quello del tre, su cui Cato probabilmente aveva sfogato la sua ira per la perdita dei rifornimenti, poi riapparve il sigillo scarlatto e l'inno finì, e tutto ripiombò nell'assoluto silenzio.

Rue trasse un sospiro di sollievo profondo, Katniss stava bene, ed era riuscita a far esplodere tutte le loro provviste sfruttando le mine terrestri disposte sottoterra, i favoriti dovevano essere furiosi per aver fatto la figura degli idioti davanti a tutta Capitol City, ma questo se possibile li rendeva ancora più pericolosi.

Per farsi coraggio Rue si strinse la collana tra le mani e si addormentò.

L'indomani mattina Rue si svegliò con la collanina ancora avvolta tra le dita, con la massima precauzione riavvolse il sacco a pelo e lo infilò nello zainetto, poi decise di dirigersi al luogo dove lei e Katniss avevano deciso di ritrovarsi.

Andò di ramo in ramo, passando di frasca in frasca, spostandosi come suo solito sempre in alto, dove sapeva di essere al sicuro, e raccogliendo di tanto in tanto qualche frutto commestibile il cui succo la dissetava. Decise anche di metterne qualche d'uno da parte per Katniss, per quando si fossero ritrovate, non vedeva l'ora di chiederle il resoconto della sua spedizione.

Dopo un'ora arrivò davanti ad una pianura in mezzo alla quale scorreva un ruscello, per raggiungere il posto convenuto doveva attraversarla, perciò Rue dopo che si fu guardata intorno con circospezione per accettarsi che non ci fosse nessuno, mise un piede a terra scendendo così dall'albero e cominciò a camminare svelta, quando improvvisamente sentì un fruscio metallico di qualcosa di ingombrante che cadeva, e immediatamente piombò su di lei una rete che la gettò brutalmente a terra svuotandole i polmoni d'aria per il forte impatto.

Era in trappola.

Il panico l'assalì violentemente, ma dette ad esso solo dieci secondi di tempo, dopo i quali cominciò a pensare febbrilmente a cosa fare.

Nell'impatto a terra le era scivolato lo zaino con il coltello, e la rete era troppo grossa e pesante perchè riuscisse a passarci sotto e a sgusciare via, probabilmente chi aveva costruito la trappola era vicino a lei, perciò non poteva mettersi a gridare per paura di farsi scoprire.

Se solo avesse potuto avvertire Katniss....ma un momento lei poteva! Facendo appello all'ultimo briciolo di forze che le rimanevano Rue fischiettò la melodia che aveva insegnato alla ragazza, nella speranza che la riconoscesse e che la conducesse da lei.

Subito le ghiandaie cominciarono a diffondere il suono per tutto il bosco, sperava solo che Katniss fosse abbastanza vicina da sentirlo per accorrere in suo aiuto.

Passarono minuti che le parvero ore, quando finalmente sentì una ghiandaia ripetere la sua melodia, era Katniss che stava arrivando. A quel punto presa dal sollievo cominciò a gridare:

"Katniss!Katniss!" certa che ormai il peggio era passato, ce l'aveva fatta, era venuta a salvarla, sarebbe andato tutto bene.

"Rue" le urlò lei di rimando sempre più vicina,

"Rue sto arrivando!".

Quando la ragazza irruppe nella radura, Rue ebbe appena il tempo di allungare la mano attraverso le maglie della rete e pronunciare il suo nome, prima che una lancia la trafiggesse.



Nota Autrice:
Ciao a tutti,
​spero che vi stia piacendo la storia.
​Come al solito vi invito a lasciarmi un commento per dirmi cosa ne pensate o anche per darmi degli spunti per migliorarmi, mi farebbe molto piacere.
​Buona lettura,
​SherylWeasley



 

 

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Capitolo 16
*** You have to win ***


Avvenne tutto a rallentatore, come se stesse guardando le immagini di un film che si svolgeva davanti a lei.

Katniss aveva appena fatto in tempo a liberarla dalla rete che la intrappolava, che il ragazzo del distretto uno le aveva già raggiunte.

Il ghigno che solitamente aveva stampato in faccia ora aveva lasciato il posto ad un'espressione arrabbiata, con i lineamenti della faccia distorti da una furia cieca che lo attraversava impetuosamente.

"Chissà cosa gli ho fatto per farmi odiare così. Chissà se si è reso conto che non è questa la battaglia per cui deve lottare, che non sono io il vero nemico" si ritrovò a pensare Rue negli ultimi istanti di vita che le rimanevano.

Ma non era colpa sua.

Lo perdonava per quello che stava per farle.

Non fece in tempo a reagire, a dire niente, che lui aveva già afferrato la lancia pronto ad usarla.

La punta di metallo in cima all'asta scintillava imperterrita al sole. Senza esitare, con massima flemma, flettè il braccio all'indietro contraendo i bicipiti e con un unico movimento fluido dei muscoli scagliò l'arma nella sua direzione.

La lancia fendette l'aria intorno a lei.

Rue chiuse gli occhi attendendo l'impatto.

Per un secondo non sentì niente.

Poi il tiro andò a segno.

Una miriade di dolore esplose dal torace fino ad irradiarsi per tutto il corpo.

Stranamente non un solo urlo uscì dalla sua bocca.

Rimase ferma, impietrita ad osservare la lancia che le attraversava prepotentemente lo stomaco, conficcata fino all'asta, mentre gocce di sangue scuro sporcavano l'erba intorno a lei.

"Rue.." disse Katniss dietro di lei.

Aggiunse anche qualcosa che però la bambina non riuscì a cogliere, come una sorta di ronzio indistinto di sottofondo. Tutto le arrivava ovattato alle orecchie come se si trovasse sott'acqua e stesse affogando.

Rue si voltò lentamente verso Katniss estraendo la lancia dal suo corpo.

Poi le forze l'abbandonarono, le gambe non ce la fecero più a reggerla e si accasciò a terra, come un uccello a cui erano state recise le ali, consapevole che non avrebbe mai più spiccato il volo e che non avrebbe mai più assaporato l'ebbrezza del vento sulla pelle.

Katniss gridò il suo nome e corse verso di lei.

La sollevò delicatamente e le appoggiò la testa sulle sue ginocchia.

Le scostò poi i capelli ricci e scuri dal volto mettendoglieli dietro all'orecchio e accarezzandola dolcemente, e così facendo a Rue tornò in mente quando era sua madre a farlo per lei e per un attimo le parve di sentirla accanto.

Una lacrima rigò le guance di Katniss.

Rue voleva dirle di non piangere. Di essere forte. Ce l'avrebbe fatta, lo sapeva. Era l'unica in grado di riaccendere una fiammella di speranza nel cuore delle persone. E Rue non era la sola ad averlo capito, già altri erano arrivati a questa conclusione, per questo rappresentava una minaccia.

La bambina sospirò forte e alzò gli occhi in direzione del cielo. Era sereno e senza nuvole, lo stesso cielo che ricopriva il suo distretto e che ogni giorno la vegliava dall'alto. E ora mentre stava morendo le sembrava la cosa più bella che avesse mai visto.

Per lo meno se ne sarebbe andata con il riflesso della volta celeste negli occhi.

Intanto l'erba fresca le solleticava le mani in modo quasi confortevole. Tutto sommato le sembrava di essere tornata a casa sua, le pareva di sentire le voci dei suoi fratellini che giocavano e l'odore delle frittelle al miele che tanto amava.

Katniss le aprì la giacca per esaminare la ferita e Rue la vide impallidire e mordersi il labbro.

Ma lei non era stupida, aveva già capito, la verità le si era presentata addosso irremovibile e implacabile. Sarebbe morta.

Un lieve tremore le si diffuse per tutto il corpo e lacrime salate cominciarono a pungerle gli occhi.

Le veniva da piangere per tutte le cose che si sarebbe persa, per tutti i tramonti e le albe che non avrebbe più rivisto, per tutte le canzoni che non avrebbe mai cantato.

Non ci sarebbe stato più niente per lei.

Allungò una manina verso quella di Katniss e la strinse come se fosse una cima di salvataggio per trarne maggiore forza.

"Hai fatto saltare in aria il cibo?" le sussurrò,

"Fino all'ultima briciola".

La bambina sorrise impercettibilmente per la soddisfazione sentendo la risposta. Anche se in minima parte aveva contribuito alla sconfitta dei favoriti.

"Devi vincere" le disse guardandola intensamente negli occhi,

"Lo farò. Vincerò per entrambe" le promise.

Uno sparò risuonò nell'aria. Doveva essere per Marvel.

"Non andare via" la supplicò Rue aumentando la presa sulla sua mano.

"Certo che no. Sto qui con te".

"Canta" le chiese con l'ultimo briciolo di forze che le restava, sussurrando appena. Anche sua madre cantava per lei, e poi Rue ripeteva le melodie che aveva imparato alle ghiandaie e ai suoi fratelli. Era così che aveva scoperto l'amore per la musica.

Allora lei dette un colpo di tosse, deglutì con forza e iniziò.

Là in fondo al prato, all'ombra del pino

c'è un letto d'erba, un soffice cuscino

il capo tuo posa e chiudi gli occhi stanchi

quando li riaprirai, il sole avrai davanti.

Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,

qui le margherite ti proteggon da ogni cruccio,

qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare

qui è il luogo in cui ti voglio amare.

Era un'aria di montagna, le cui parole semplici e rassicuranti promettevano che l'indomani sarebbe stato più piacevole di quell'orribile frammento di tempo chiamato oggi.

Ormai gli occhi di Rue si erano chiusi, con un fremito leggero delle palpebre, simili ad ali di farfalla. Il petto si muoveva leggermente ad indicare che era ancora viva.

Frammenti di ricordi, flash, volti e voci si intervallavano nella sua mente facendole rivivere scenari e momenti della sua vita, come se stesse assistendo al resoconto finale della sua intera, breve esistenza.

Ma stava per finire.

Mancava poco.

Là in fondo al prato, nel folto celato

c'è un manto di foglie di luna illuminato.

Scorda le angustie, le pene abbandona.

Quando verrà mattina, spariranno a una a una.

Qui sei al sicuro, qui sei al calduccio,

qui le margherite ti proteggono da ogni cruccio.

Qui sogna dolci sogni che il domani farà avverare

qui è il luogo in cui ti voglio amare.

All'improvviso Rue non ebbe più paura di quello che l'attendeva.

L'orologio stava segnando gli ultimi rintocchi.

La sua vita le stava scivolando via come sabbia dalle mani.

Strinse un 'ultima volta la collana che le aveva regalato Deede e si fece coraggio per quella nuova avventura che stava per iniziare in anticipo rispetto al tempo previsto.

Poi un vortice bianco e caldo l'avvolse. Tutto si fece silenzioso.

C'era solo pace. Anche il dolore era scomparso.

Rue salì in alto.

Attraversò le coltri di nuvole.

Sorrise al sole.

Salutò le stelle.

Cantò con le ghiandaie.

Riposò all'ombra di un albero.

E finalmente volò libera.

Lasciò il suo corpicino a terra, con gli occhi aperti rivolti verso l'alto, sui quali si rifletteva un cielo che non avrebbe mai più potuto vedere, mentre Katniss singhiozzante la ricopriva di fiori.

Disse addio alla sua famiglia, consapevole che quando li avrebbe ritrovati non si sarebbero mai più lasciati.

Intanto le ghiandaie avevano smesso di cantare.

Tutto taceva.

Poi un colpo di cannone risuonò nell'aria.


 


 


 


 


 

POV' S Deede -Distretto 11-

Il sole che filtrava dagli scuretti dava inizio ad una nuova giornata alla quale Deede non avrebbe voluto assistere.

Sospirando sonoramente e puntellandosi sui gomiti si districò faticosamente dal groviglio di coperte che l'avvolgeva e si girò dalla parte del letto che un tempo era appartenuto a Rue.

Vuoto.

Con le coperte tirate su in attesa che la loro occupante tornasse.

Granelli di polvere cominciavano a depositarsi sulla trapunta a fiori, reclamando tutto all'usura e al tempo. Erano già passate due settimane da quando lei se ne era andata, e non era passato giorno che non sentisse il bisogno di averla vicina.

Rimpiangeva tutti i momenti che aveva perso e che non avrebbe più potuto recuperare, tutte le volte che l'aveva abbracciata per consolarla. Avrebbe voluto stringerla più forte.

Non avrebbe mai voluto lasciarla andare, come una ghiandaia che lascia il nido volando via.

Lentamente Deede si tirò su appoggiando i piedi nudi sul pavimento freddo, e una volta in piedi si mise svogliatamente a cercare le ciabatte che la sera prima aveva lasciato ai piedi del letto. Sparite.

Alla fine con un sospiro sconsolato ne prese un paio di Rue che le stavano precise, sicuramente non le sarebbe dispiaciuto se le avesse prese in prestito senza il suo permesso, gliele avrebbe restituite non appena fosse tornata, ed indossò anche una delle sue magliette, per sentirla più vicina, inspirandone l'odore dei boschi e del vento.

A quel punto si decise finalmente ad andare a fare colazione.

Ormai ogni traccia di allegria era scomparsa da quella casa.

Solo due settimane prima Rue percorreva quelle scale, sedeva con loro a tavola e scherzava, solo due settimane prima l'odore delle frittelle al miele della mamma invadeva ogni singolo spazio e anfratto della casa e l'eco delle sue risate risuonava spensierato ovunque.

Ma in un solo giorno era cambiato tutto.

Ora c'era solo il sentore pungente della malinconia unito al sapore acre della disperazione che avvolgeva ogni cosa.

Arrivata in cucina salutò i suoi fratelli che mangiavano silenziosamente senza alzare gli occhi dal piatto e prese posto a capo tavola. Accanto a lei c'era una sedia vuota, fino a poco tempo prima appartenuta a Rue. Ormai tutto in quella casa gridava perdita e abbandono.

L'unica fonte di rumore in quella stanza proveniva dal vecchio televisore che emetteva un ronzio intermittente da sopra la mensola sullo scaffale.

Deede aveva passato le ultime settimane della sua vita davanti a quello schermo per non perdersi nemmeno un momento di sua sorella, l'aveva vista affrontare egregiamente tutte le prove e gli ostacoli davanti a lei, si era procurata da mangiare, era sopravvissuta all'incendio doloso, ed aveva aiutato Katniss a scappare. Le due avevano poi stretto un'alleanza allo scopo di distruggere le provviste dei favoriti, così da toglierli il loro unico vantaggio mettendoli al pari degli altri tributi.

"Se non mi prendono non mi uccidono, quindi non datemi per spacciata".

Era quello che aveva detto Rue alle interviste, perché si, per quanto la situazione fosse brutta lei avrebbe sempre provato a fare qualcosa, non era da lei arrendersi o darsi per vinta, lo vedeva nel modo in cui aveva continuato a prendersi cura di loro facendo mille sacrifici ogni giorno. Solo che si arrendeva aveva già perso in partenza. Sottovalutarla era un errore.

Quella notte Rue si era addormentata stringendo la collanina che le aveva regalato. Deede era rimasta a guardarla tutto il tempo, finchè presa dallo sfinimento si era addormentata davanti allo schermo celeste del televisore, per poi risvegliarsi nel suo letto quella mattina, probabilmente riportata in camera dalla madre a cui il sindaco aveva concesso di rimanere a casa per tutta la durata degli Hunger Games, in segno di unanimità e cordoglio.

Come se Rue fosse già morta.

Un urlo glaciale proveniente dal televisore la risvegliò dal suo torpore e la costrinse a tornare alla dura e brutale realtà.

E alla fine tutte le paure a angosce più profonde le si pararono davanti, Rue era stata catturata da una trappola piazzata da qualche tributo e urlava disperatamente chiedendo aiuto. Senza rendersene conto Deede si era alzata in piedi con irruenza, rovesciando così il bicchiere con il succo d'arancia sulla tavola, il cui contenuto si espanse fino a formare una macchia scura e color cremisi sulla tovaglia a fiori, come un presagio funesto.

Avvenne tutto velocemente, Katniss uscì dal folto del bosco e liberò Rue dalla rete, e senza che Deede potesse fare niente per impedirlo arrivò un altro tributo che scagliò una lancia contro sua sorella uccidendola e portandogliela via per sempre.

Se ne era andata.

Quello che avvenne dopo sarebbe rimasto sempre confuso e nebuloso nella mente di Deede anche negli anni futuri.

Vide Katniss cantare e ricoprire Rue di fiori bianchi, e sentì il colpo di cannone sparato in aria lapidario. Un piatto cascò a terra rompendosi in mille pezzi, i suoi fratelli cominciarono ad urlare e sua madre cadde a terra gridando.

A Deede mancava l'aria, la testa le girava, vedeva tutto come se fosse al centro di un ciclone e ancora una volta non poteva fare niente per impedirlo.

Alla fine furono le gambe a prendere il sopravvento, cominciò a correre all'impazzata, uscì di casa e corse per i boschi, cascò, si graffiò le gambe, si rialzò e continuò a correre, fino e che non ebbe più forze e i suoi polmoni furono a corto di ossigeno. Poi si lasciò cadere a terra, con il cuore che batteva all'impazzata dentro al petto come un uccello in gabbia, si prese la testa tra le mani e urlò forte battendo i pungi a terra, sfogando tutta la rabbia verso coloro che avevano reso Rue un anonimo tributo e che l'avevano uccisa per imporsi su di loro come dominatori indiscussi.

Ma accettarlo, accettare tutto questo non era vivere, era solo sopravvivere, come svegliarsi ogni giorno nel terrore che quello fosse l'ultimo e non vedendo l'ora di arrivare al domani.

E intanto la gente moriva e centinaia di innocenti venivano massacrati davanti agli occhi di tutti.

Passarono ore prima che si muovesse, non voleva tornare casa, non voleva vedere i suoi fratelli e spiegarli che Rue non sarebbe mai più tornata, ma la verità era che non voleva accettarlo lei. Voleva far finta che quello fosse un giorno normale, aveva paura di riaprire gli occhi e scoprire che quello non era un incubo, che non stava sognando, ma che era tutto vero.

Voleva far finta che una volta oltrepassata la soglia di casa ci sarebbe stata Rue ad accoglierla. Non era pronta ad accettare definitivamente la dura e massacrante realtà.

Rientrò a casa solo la sera tardi all'imbrunire, ad aprirle la porta c'era sua madre, e non appena l'uscio si spalancò un triangolo di luce illuminò il selciato davanti a lei, come una promessa invitante e rassicurante.

Deede emerse lentamente dall'ombra e per un attimo le parve di vederla, davanti a lei, stagliata contro la luce che le sorrideva premurosa.

“Addio Rue" sussurrò rivolta all' immagine della sorella, la quale dopo averle lanciato un ultimo sguardo benevolo si afflievolì fino a scomparire del tutto.

Le sarebbe mancata moltissimo. Ma solo il giorno in cui l'avrebbe dimenticata Snow avrebbe vinto.

E questo non sarebbe successo mai.


 


 


 


 

 

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Capitolo 17
*** Un nuovo inizio ***


Era quasi il crepuscolo e mentre il sole calava dietro ai monti tingendo l'aria intorno a sè di un rosso acceso, come se lo stesso cielo stesse andando a fuoco, le ombre si allungavano in tutto il campo santo e una brezza leggera soffiava scompigliando i capelli di Deede, che per niente intimorita dall'aspetto lugubre del luogo, camminava silenziosa tra le lapidi con affisse vecchie croci di legno recanti i nomi delle persone che non c'erano più.

La ragazzina si fermò un attimo e guardò un punto in lontananza schermandosi con le mani dal sole, Rue infatti riposava nel punto più alto del cimitero, all'ombra di un albero secolare dove le ghiandaie erano solite costruirci i loro nidi.

Le stesse ghiandaie che durante il suo funerale avevano riempito l'aria di canti nostalgici carichi di speranza, per poi chiudersi, subito dopo, in un lungo silenzio assordante in segno di lutto.

Ora era Deede che la sostituiva al frutteto cantando ogni sera la melodia che segnalava la fine dei lavori, e anche se non poteva uguagliare la bravura e l'eleganza della sorella continuava a farlo in sua memoria, per rispettare le sue ultime volontà mai espresse e per mantenere vivo il suo ricordo senza permettere che venisse mai dimenticata.

Una volta arrivata in cima all'altura, leggermente affannata per la salita, Deede si volse indietro ad osservare le lapidi ordinatamente disposte a schiera che svettavano in lontananza come silenziosi angeli di pietra. Poco distante da dove si trovava Rue, qualche tomba più a destra, c'era Thresh, arrivato pochi giorni dopo di lei e morto da eroe.

Deede sospirando posò un mazzolino di boccioli bianchi sulla lapide della sorella e si mise in ginocchio davanti ad essa, accarezzandone la superficie di marmo liscio e freddo.

Era passato un anno dalla sua morte ed erano successe tantissime cose da allora. Dal momento in cui Katniss aveva tirato fuori le bacche velenose nell'arena qualcosa era per sempre cambiato. Infatti gli abitanti dei distretti in quel gesto non avevano visto una ragazza un pò sprovveduta che compiva un atto disperato per amore, ma avevano colto un gesto di ribellione e di sfida contro Capitol City e i suoi emissari.

Un'opportunità per cui lottare come non capitava da molto tempo ormai. Quel stesso giorno inoltre i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games erano arrivati per il Tour della vittoria e per la commemorazione dei tributi caduti del distretto undici.

C'era stato un momento in cui le era sembrato che Katniss avesse paura di parlare, di dire troppo, ma poi si era finalmente sbloccata e aveva cominciato a raccontare. Ed era stato bello sentir rivivere Rue nelle parole di qualcun' altro, di qualcuno che avrebbe dovuto esser suo nemico, ma che invece di lottare contro di lei aveva lottato con lei. Ed era questo che aveva stupito tutti quanti e fatto tremare Capitol.

Erano state più che alleate, erano state amiche.

E nonostante tutti gli sforzi di Snow di far passare la morte di Rue come un sacrificio necessario per un bene superiore Katniss non intendeva passarci sopra. Non era riuscita a proteggerla come avrebbe voluto e le dispiaceva. Ma lei non apparteneva a Capitol City, era ancora la ragazza del distretto dodici, cresciuta nelle miniere di carbone, sapeva cosa erano la fame, la perdita e la povertà assoluta e non se lo sarebbe dimenticato.

Niente di quello che le avrebbe detto Snow le avrebbe fatto scordare ciò che aveva vissuto.

Sapeva ancora da dove proveniva e a cosa aveva dovuto assistere per arrivare fino a quel punto.

Non l'avrebbe dimenticata mai.

Aveva dimostrato una profonda umanità nel parlare così apertamente di Rue, che agli occhi di Capitol era solo un tributo, ma con la sua morte avevano perso tutti qualcosa. Se fino a quel momento si ritenevano tutti innocenti ora non era più così, erano tutti colpevoli, complici silenziosi che erano rimasti troppo tempo a guardare mentre Capitol bagnava l'arena con il sangue di innocenti massacrati.

Anche Joe era morto.

Dopo il discorso di Katniss aveva fischiato le quattro note di Rue alzando tre dita in alto in segno di unanimità, imitato ben presto dal resto degli abitanti. Ma i pacificatori non erano stati d'accordo e lo avevano giustiziato davanti a tutti.

Era stato sepolto al limitare del bosco, in direzione delle montagne, nel suo posto preferito, come gli sarebbe piaciuto a lui. E questo ennesimo massacro insensato dimostrava che era giunta l'ora di smetterla di cullarsi nell'idillio che Capitol City li avrebbe protetti e che stava facendo tutto questo per il loro bene, perchè così facendo mentivano a loro stessi e soprattutto non portavano rispetto nei confronti di Rue, Thresh e di tutte le altre vittime. Ormai nessuno era più al sicuro, avevano tutti un nemico comune che aveva un volto e un nome e che costringeva le persone ad uccidersi tra di loro in nome della pace e dell'ordine facendoli dimenticare chi era il vero nemico. E ogni anno, ogni giorno li obbligava ad assistere impotenti alla morte dei propri cari, per far capire che erano tutti piegati al suo volere.

Erano stati utilizzati, manipolati, presi in giro e avevano combattuto gli uni contro gli altri, ma la vera minaccia era un'altra.

Si poteva morire mantenendo l' innocenza e l'umanità inalterata, a testa alta,come aveva fatto Rue oppure uccidere per conto di Snow diventando così una sua pedina.

Deede strinse forte i pugni fino a far sbiancare le nocche, quando chiudeva gli occhi la vedeva, con le braccia spiegate verso l'alto, in equilibrio sulle punte dei piedi, pronta a spiccare il volo, e per questo all'inizio aveva sempre il timore di riaprirli e di vederla scomparire, ma con il tempo si era abituata a vederla ovunque, nel vento, nelle ghiandaie, nei fiori che crescevano in riva al fiume e che le facevano solletico ai piedi.

Lei c'era sempre.

Perchè le persone che ci hanno amato continuano a vivere nei nostri cuori e trovano sempre il modo di tornare da noi. E nemmeno Snow avrebbe potuto portargliela via a quel punto.

Non se ne era andata invano, era questo il pensiero che faceva andare avanti Deede, morendo aveva fatto capire alle persone che era giunto il momento di ribellarsi e che una vita così non era degna di esser chiamata tale.

Katniss aveva vinto per lei e avrebbe continuato a combattere nel suo ricordo.

Era stata l'effetto collaterale, e non una pedina. Una fiammella che se lasciata indomita poteva proliferare in un fuoco indomabile.

Ne sarebbe stata fiera.

 

Nota autrice

Grazie a tutti per avermi seguita fin qui.

Grazie per i commenti e grazie anche a chi ha letto soltanto ed è arrivato comunque fino alla fine.

E' stato davvero un bel traguardo per me.

Mi ha addolorato enormemente dire addio a Rue un'altra volta, ma la sua morte è stata determinante nella trasformazione di Katniss in ghiandaia imitatrice.

Era lei quella piccola fiamma che si è trasformata in un fuoco della ribellione, ed è stata la sua morte a far aprire gli occhi agli abitanti dei distretti e convincerli a reagire. Nel momento in cui il cuore di Rue ha cessato di battere Capitol City ha firmato la sua condanna a morte. E mentre Katniss adornava il suo corpo di fiori, i ribelli erano già pronti a combattere.

Per questo in un certo senso lei non se ne è mai andata davvero.

Vorrei riportare ora una frase di Katniss presa dal primo libro della saga:

"E' successo qualcosa quando tenevo la mano di Rue, guardando la vita scorrere via da lei. Ora sono decisa a vendicarla, a rendere la sua perdita indimenticabile, e posso farlo soltanto vincendo e rendendomi, in tal modo, indimenticabile"

Grazie ancora di cuore,

SherylWeasley.

 

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