Little Marauders

di millyray
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione e prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Capitolo tredici ***
Capitolo 15: *** Capitolo quattordici ***
Capitolo 16: *** Capitolo quindici ***
Capitolo 17: *** Capitolo sedici ***
Capitolo 18: *** Capitolo diciassette ***
Capitolo 19: *** Capitolo diciotto ***
Capitolo 20: *** Capitolo dicianove ***
Capitolo 21: *** Capitolo venti ***
Capitolo 22: *** Capitolo ventuno ***
Capitolo 23: *** Capitolo ventidue ***
Capitolo 24: *** Capitolo ventitrè ***
Capitolo 25: *** Capitolo ventiquattro ***
Capitolo 26: *** Capitolo venticinque ***
Capitolo 27: *** Capitolo ventisei ***
Capitolo 28: *** Capitolo ventisette ***
Capitolo 29: *** Capitolo ventotto ***
Capitolo 30: *** Capitolo ventinove ***
Capitolo 31: *** Capitolo trenta ***
Capitolo 32: *** Capitolo trentuno ***
Capitolo 33: *** Capitolo trentadue ***
Capitolo 34: *** Capitolo trentatrè ***
Capitolo 35: *** Capitolo trenquattro ***
Capitolo 36: *** Capitolo trentacinque ***
Capitolo 37: *** Capitolo trentasei ***
Capitolo 38: *** Capitolo trentasette ***
Capitolo 39: *** Capitolo trentotto ***
Capitolo 40: *** Capitolo trentanove ***
Capitolo 41: *** Capitolo quaranta ***
Capitolo 42: *** Capitolo quarantuno ***
Capitolo 43: *** Capitolo quarantadue ***
Capitolo 44: *** Capitolo quarantatre ***
Capitolo 45: *** Capitolo quarantaquattro ***
Capitolo 46: *** Capitolo quarantacinque ***
Capitolo 47: *** Capitolo quarantasei ***
Capitolo 48: *** Capitolo quarantasette ***
Capitolo 49: *** Capitolo quarantotto ***
Capitolo 50: *** Capitolo quarantanove ***
Capitolo 51: *** Capitolo cinquanta ***
Capitolo 52: *** Capitolo cinquantuno ***
Capitolo 53: *** Capitolo cinquantadue ***
Capitolo 54: *** Capitolo cinquantatré ***
Capitolo 55: *** Capitolo cinquantaquattro ***



Capitolo 1
*** Introduzione e prologo ***


INTRODUZIONE

Ciaoooooooo!!!!! Millyray è tornata a scassare con una nuova fanfiction!!!! 

Lettori: nooooo!!!! Vattene via!!!!!!

Milly: ahahah, calma ragazzi. Non scannatemi perché comunque non vi libererete di me neanche se mi mandate qui Chuck Norris quindi calmate gli animi e sopportatemi.

Chi ha già letto le mie altre fanfiction mi conosce già, sa come scrivo, o almeno così credo. Mentre, chi non mi conosce, beh, avrà modo di scoprirlo presto, se deciderà di leggere questa storia.

E non so se sia un male o un bene… boh, lo scoprirete voi XD.

Prima di iniziare a pubblicare però, devo fare una piccola premessa: questa fanfiction è ispirata a Came back to the hell di Ino Chan (vi consiglio di andare a leggere le sue storie perché sono veramente molto belle, soprattutto Came back, se non l’avete ancora fatto) quindi, per chi avesse letto la sua storia, troverà alcuni personaggi che appartengono a lei e forse anche qualche scene. Per chi invece non l’ha letta, beh, pazienza, meglio per me. Ihihih… :p io naturalmente ho chiesto il permesso a Ino di pubblicare questa storia e lei me lo ha concesso molto volentieri.

Ci tenevo a fare questa precisazione perché non voglio essere accusata di plagi o robe del genere. Voglio essere una persona giusta, soprattutto nel campo della scrittura che secondo me è una cosa molto personale.

Spero comunque che voi leggerete lo stesso la mia storia perché, anche se ispirata a un’altra fic, penso che comunque valga la pena di leggerla, non in quanto a bravura della scrittrice o bellezza della storia, ma semplicemente perché una storia, anche se ispirata a un’altra, vale comunque la pena di leggere. Tutte le storie che si scrivono sono in un certo senso personali e ogni scrittore è diverso.

Quindi, se avete aperto questa pagina, provate a dare un’occhiata al prologo e al primo capitolo che ho già pubblicato e allora decidete se vale veramente la pena di leggerla.

Basta, ho finito di rompere. Vi auguro solo buona lettura e lasciatemi anche qualche commentino, così so se posso continuare o se è meglio lasciar perdere.

An sì, prima però anche un po’ di pubblicità. Eh sì, ci vuole.

Per la categoria di Harry Potter ho già pubblicato S.Potter, ancora in fase di completamento. Per la categoria di Twilight ho pubblicato The Power of the Love e Stessi occhi stesso sangue. Invece, per la categoria di Maximum Ride, per chi di voi la conoscesse, può dare un’occhiata a La luce dei miei occhi.

Adesso ho veramente finito.

Un bacio.

Kisskiss, Milly.  

PROLOGO

I was riding shotgun with my hair undone
In the front seat of his car
He’s got a one-hand feel on the steering wheel
The other on my heart
I look around, turn the radio down
He says “baby is something wrong?”
I say “nothing I was just thinking how we don’t have a song”
And he says

Sì, rieccola, quella sensazione che provava tutte le volte che suonava la sua chitarra e che sentiva la sua voce uscire dalle sue corde vocali. Quella sensazione che le dava un po’ di brividi, ma anche emozione e adrenalina. Quando cantava si sentiva più forte, più potente, come se niente potesse abbatterle in quel momento perché era una cosa che le riusciva facile e bene e c’erano pochi che la potevano battere in questo.

Our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.

Alzò lo sguardo e puntò di nuovo i suoi profondi occhi grigi in quelli del ragazzo che la stava guardando con un sorriso sghembo che sembrava dire: “Visto che ce l’hai fatta? L’avevo detto io”. E le pareva uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto, così come i suoi occhi. E no, assolutamente non c’era niente che adesso avrebbe potuto buttarla giù perché stava cantando… ed era con lui.

I was walking up the front porch steps
after everything that day
Had gone all wrong and been trampled on
And lost and thrown away
Got to the hallway, well on my way to my lovin’ bed
I almost didn’t notice all the roses
And the note that said

In quel momento c’erano soltanto loro due, loro due e nessun altro, loro due e i loro occhi che continuavano a puntarsi. E i loro volti sorridenti. Perché quella canzone faceva sorridere, era una canzone allegra, una canzone allegra che non pensava sarebbe riuscita a cantare ora come ora. Anzi, pensava che non sarebbe mai più riuscita a cantare canzoni allegre. Ma quella canzone la rispecchiava.

Our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.

L’aveva composta lei quella canzone, poco tempo fa tra l’altro, quando aveva avuto la sua prima cotta, una cotta che adesso le sembrava ridicola e stupida. Però la canzone le piaceva lo stesso, perché rappresentava i momenti più importanti della sua vita. Ogni testo delle sue canzoni è collegato a qualcosa, a qualche momento, a qualche evento…

I’ve heard every album, listened to the radio
Waited for something to come along
That was as good as our song

Cause our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and he talks real slow
’cause it’s late and his mama don’t know
Our song is the way he laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again
Play it again.

Ed era stato un momento felice quello, quando aveva composto quella canzone, il momento di un periodo particolarmente felice e spensierato. Una felicità che avrebbe tanto voluto avere anche adesso, ma non ci riusciva.

Beh, forse quello era un primo passo. Aveva ripreso a suonare e… c’era lui con lei.

I was riding shotgun with my hair undone
In the front seat of his car
I grabbed a pen and an old napkin
And I wrote down our song.

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


CAPITOLO UNO

Ariel si trovava nell’ufficio del preside di Hogwarts e si guardava attorno con fare un po’ neutro, come se lo stesse facendo più che altro per ingannare il tempo nell’attesa e non per curiosità. Ormai conosceva l’ufficio di Silente come le sue tasche, quante volte c’era stata, e poche cose erano cambiate dall’ultima volta che lo aveva visto.

Si avvicinò alla gabbietta della fenice Fanny e mise un dito tra le sbarre; l’uccello cominciò a mordicchiarlo per gioco.

“Sono contento che la mia fenice ti piaccia”. Disse all’improvviso una voce dietro le sue spalle e la ragazza si voltò all’improvviso leggermente spaventata. “E’ una creatura così incantevole e nobile”. Silente se ne stava accanto alla porta con la sua lunga barba bianca, gli occhi azzurri dietro un paio di occhiali a mezzaluna e il lungo vestito verde pallido che gli scendeva fino ai piedi. Non era cambiato per niente, pensò Ariel, e nemmeno la professoressa McGranitt che se ne stava lì accanto a lui e guardava la ragazza con fare severo. Ma Ariel non si fece intimorire da nessuno dei due. Non era una facile da spaventare o intimorire.

“Tu devi essere Ariel”. Continuò Silente avvicinandosi alla ragazza.

“Sì, professore”. Rispose lei aprendo finalmente bocca.

“Mi avevano avvisato che saresti arrivata”. Il professore le fece un sorriso rassicurante e amichevole. Ariel capì che cosa intendesse, sapeva chi era venuto ad avvisare il professore.

“Devo aiutare Harry Potter a salvare il Mondo Magico e a cambiare gli eventi del nost… del mio tempo”. Precisò lei. Era stata mandata lì per aiutare, per sistemare le cose e a tutti era parso saggio che fosse lei la più idonea a venire lì anche se c’erano molte altre persone che avrebbero potuto farlo.

“So già chi sei. Ho avvisato tutti i professori del tuo arrivo e ho detto loro che saresti stata qui per un po’ di tempo e che avresti frequentato Hogwarts”.

“D’accordo professore”.

“Domani ricominciano le lezioni, tu  frequenterai il quarto anno però sarai Smistata lo stesso perché nessuno deve capire da dove vieni”.

“Certo”. La ragazza non sapeva che altro dire, il professore sembrava aver sistemato tutte le cose per bene. Era solo un po’ nervosa, nervosa perché si trovava lì, senza i suoi amici e in un mondo dove le cose erano ben diverse dal suo.

“Come si chiama tua madre di cognome?” le chiese ancora il preside.

“Martinez”.

“Bene, allora tu sarai Ariel Martinez”.

La ragazza capiva bene che doveva prendere il nome di sua madre e non quello di suo padre; nessuno doveva capire chi era.

“Puoi andare, abbiamo già portato i tuoi bagagli nella tua stanza”. E con queste parole Silente la congedò e Ariel cominciò a dirigersi verso la porta.

“Hai gli stessi occhi di tuo padre”. Aggiunse il preside prima che se ne andasse. Lei si girò verso di lui e gli fece un semplice sorriso di ringraziamento. Solo nominare suo padre le veniva una tristezza e una malinconia che non poteva nemmeno descrivere. Le mancava troppo suo padre.

Ariel si trovò davanti alla Signora Grassa e pronunciò la parola d’ordine che le aveva dato la professoressa McGranitt; entrò nella Sala Comune dove c’erano un paio di ragazzi, non tutti erano andati a casa per le vacanze di Natale, che si voltarono verso di lei appena la videro arrivare ma nessuno le chiese niente. Evidentemente nessuno aveva capito che era nuova.

Salì la scale che portavano ai dormitori e si buttò sul letto; domani cominciava la sua avventura, un’avventura che non aveva idea né di come sarebbe andata, né di come si sarebbe conclusa. Avrebbe conosciuto persone nuove, anzi per la verità persone che aveva già conosciuto che però sarebbero state diverse da come se le ricordava lei.

Se almeno ci fossero stati i sui fratelli lì con lei, o la sua migliore amica, sarebbe stato tutto più semplice, tutto più divertente anche… invece, in quel momento si sentiva soltanto triste e preoccupata. Triste perché le mancavano la sua famiglia, i suoi amici, suo padre e preoccupata perché non sapeva niente di come o cosa doveva fare, le avevano solo detto che doveva impedire che certe cose accadessero, ma per il resto doveva improvvisare lei e quindi non sapeva come sarebbe andata e soprattutto non sapeva quando sarebbe tornata a casa né quando avrebbe riabbracciato la sua famiglia.

Le veniva da piangere però non lo voleva fare perché era stanca di piangere, era stanca di soffrire. Non era una persona che piangeva spesso, anzi per lo più era felice, amava ridere e scherzare, fare i dispetti, ma in quell’ultimo periodo questo non le riusciva tanto bene, non ora che era morto suo padre.

E con tutti questi pensieri pian piano si addormentò e si lasciò cullare dalle braccia di Morfeo.

 

Il giorno dopo tutti gli studenti erano tornati dalle vacanze di Natale e ora si trovavano tutti quanti nella Sala Grande per la cena. Le decorazioni natalizie non c’erano più e questo rendeva tutti un po’ tristi perché non si respirava più quell’aria di festa che c’era prima e che faceva pensare subito alle vacanze.

Prima che i tavoli però venissero imbanditi con ogni tipo di pietanza preparata dagli Elfi Domestici, il preside si avvicinò al podio e disse: “Vorrei solo fare un piccolo annuncio prima che tutti cominciate a riempirvi la pancia con le ottime prelibatezze della cucina di Hogwarts. Quest’anno avrete una nuova compagna che frequenterà con voi il quarto anno. Vi prego di dare il benvenuto ad Ariel Martinez”.

Gli studenti videro arrivare una ragazza con i capelli biondi che le scendevano poco sotto le spalle ornati da una meches rosa, gli occhi grigio azzurri in cui si leggevano coraggio e determinazione. Era piuttosto carina tanto che qualcuno fece addirittura un fischio sottovoce. Erano anche tutti stupiti del fatto che cominciasse a frequentare la loro scuola soltanto adesso.

La ragazza si sedette sulla sedia che le aveva messo lì la professoressa McGranitt poco prima e poi le venne calato il Cappello Parlante in testa. Lei non aveva dubbi in quale Casa sarebbe finita, quella in cui era già finita una volta.

Infatti: “Grifondoro!” urlò il Capello Parlante e un applauso si levò dalla tavola rosso e oro.

Lei, felice, cominciò a dirigersi velocemente al tavolo dei suoi nuovi compagni di Casa e si sedette in un posto che aveva trovato vuoto senza neanche guardare. Finalmente le tavole si riempirono di ogni tipo di pietanza e si poté cominciare a mangiare per la gioia di tutti.

“Ciao!” sentì qualcuno che la salutava e quando alzò lo sguardo si trovò davanti una ragazza dai lunghi ricci castani e un sorriso gentile rivolto a lei. “Io sono Hermione Granger”.

Ariel l’aveva capito subito che era lei, quei ricci indomabili non erano cambiati per niente. Però Hermione adesso sembrava ancora una ragazza spensierata e felice.

“Io sono Ariel Martinez, però questo l’ha già detto il preside”. Si presentò anche la bionda non sapendo bene che dire.

“Lui è Harry”. Aggiunse ancora Hermione indicando il ragazzo coi capelli spettinati e scuri e gli occhi verdi che le sedeva accanto. Quando Ariel lo vide rimase quasi a bocca aperta; aveva tanto sentito parlare di lui, ormai lei e i suoi amici lo vedevano quasi come una leggenda, un mito, come una specie di supereroe dei fumetti che leggeva uno dei sui fratelli. E doveva anche ammettere che somigliava molto a suo padre.

“Lo so di essere affascinante, però potresti anche richiudere la bocca”. Le disse lui sorridendo malizioso.

“Oh, scusa. No, non volevo…”. Cercò di scusarsi lei diventando tutta rossa; ecco, certo che si era fatta proprio una bella figura. E non era nemmeno al suo primo giorno.

“Tranquilla”.

“Quello che invece sta mangiando come un maiale è Ron, un altro amico”. Le presentò ancora Hermione indicandole un ragazzo dai capelli rossi che si stava proprio abbuffando. Oh, anche il mitico Ron! Pensò la bionda con un sorriso, certo che nemmeno lui era cambiato tanto.

“Piafere, fono Rofald Feasley”.  Precisò lui parlando con la bocca piena.

“Ronald! Quante volte ti ho detto che non si parla con la bocca piena!” lo rimproverò la riccia e ad Ariel scappò da ridere; i battibecchi di Ron ed Hermione ormai erano diventati famosi e lei e i suoi amici a volte li prendevano in giro per questo.

 

Certo che era proprio strano per lei trovarsi lì, con quei ragazzi che sembravano completamente diversi da come li aveva conosciuti lei; ma d’altronde, nel suo tempo erano avvenute troppe cose per poter rimanere sempre i soliti spensierati e la maggior parte di quegli eventi non erano affatto belli; non era ancora al suo primo giorno e già le sembrava tutto più diverso da come lo aveva conosciuto lei. L’atmosfera che si respirava sembrava molto più leggera da quella che sentiva lei nel suo mondo; i ragazzi lì si preoccupavano soltanto della scuola, dei voti, di trovarsi un fidanzato o una fidanzata, delle partite di Quidditch… chiaramente non si parlava ancora di Voldemort, di guerra, di morte come nel suo mondo, dove c’era sempre la paura e il pericolo di vedersi portare via qualcuno e magari anche davanti agli occhi, come era successo poco tempo fa a lei.

Per carità, non che lei non si divertisse mai e che piangesse sempre per la paura, anzi, lei era una che piangeva pochissimo e che si lanciava nelle battaglie con coraggio e senza mai esitare, così come i suoi amici e i sui fratelli.

E poi, anche se la maggior parte delle persone del suo mondo erano sempre in ansia e preferivano scappare, lei riusciva a trovare sempre un pretesto per divertirsi, di momenti felici ne aveva avuti molti nella sua vita, soprattutto con i sui fratelli, che amavano scherzare e ridere anche loro e questo era un bene, almeno ogni tanto alleggerivano l’aria.

 

Quando si riebbe da tutti i suoi pensieri, alzò lo sguardo e notò che gli occhi verdi di Harry erano posati su di lei e la guardavano con uno sguardo che lei non riusciva a decifrare e per un attimo ebbe il timore che lui sospettasse qualcosa. Ma no, non poteva essere, magari la guardava soltanto perché era curioso.

 

“Ehi, adesso sei tu che mi fissi”. Gli disse lei con un sorriso malizioso.

 

“E’ vero, scusa hai ragione”. Rispose lui distogliendo lo sguardo.

 

“Tranquillo, puoi pure continuare, anche se la mia bellezza non ti infetterà”.

 

“Oh, che modesta”.

 

“Senti chi parla”.

 

I due si sorrisero a vicenda con un misto di dolcezza e maliziosità; la ragazza dovette ammettere che Harry era proprio simpatico e forse anche un po’… carino.

 

 

SPAZIO PER ME

Ciaoooooo!!!!! Ecco, questo era il primo capitolo. Spero che vi sia piaciuto. Ariel è un personaggio inventato da me, quindi non appartiene a Ino Chan, mentre tutti gli altri sono della Rowling, come ovviamente, sapete già.

 

Ora c’è soltanto da scoprire chi è questa Ariel, da dove viene, perché deve aiutare Harry a sconfiggere Voldemort. E forse anche chi è la sua famiglia?? Pensate che sia qualcuno di importante o conosciuto??

Mah, chi lo sa. Non vi resta che andare avanti a leggere e lasciarmi anche qualche recensione, così potrò sapere se è giusto che io continui questa storia oppure è meglio che lasci perdere.

 

Un bacio e a presto.

Kisskiss, Milly

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


CAPITOLO DUE

“Ciao, tu devi essere Ariel, vero?” le chiese una ragazza dai lunghi capelli rosso fuoco e un paio di grandi occhi color cioccolato. La bionda aveva il dubbio di averla già conosciuta, ma non riusciva  a capire chi fosse.

“Sì”. Le rispose “E tu?”

“Io sono Ginny Weasley”.

Ariel rimase quasi a bocca aperta, di nuovo; di tutte le persone che aveva incontrato quella sera, lei era stata l’unica che non era riuscita a  riconoscere. Era proprio cambiata, la Ginny che ora le stava lì davanti era solo una semplice ragazzina di quattordici anni ancora ignara della vita e di ciò che essa poteva riservare. Invece la Ginny del suo mondo, si era resa conto di tutte queste cose, forse anche un po’ troppo velocemente e ciò si riversava anche sul suo aspetto. La Ginny di quattordici anni non aveva quella malinconia e tristezza negli occhi che attanagliava invece la Ginny del suo mondo, alla quale invece erano successe troppe disgrazie.

Ma non voleva pensarci adesso, lei era lì per cambiare le cose e quindi evitare molti dolori  a tutti.

“Loro sono Lucy McDonald, July Sparks e Lisa Tillon”. Continuò Ginny presentandole le sue tre compagne di stanza, dato che Ariel non accennava a risponderle.

“Piacere”. Disse finalmente la bionda. Doveva cercare di darsi una calmata, non poteva lasciarsi trasportare troppo dai ricordi e fare tutti questi confronti con il suo mondo e quello in cui era adesso, se no rischiava di apparire strana, rischiava di apparire una tipa lunatica e con la testa tra le nuvole, un po’ come Luna. Ma questo era il male minore, doveva stare più attenta a non far capire la sua vera identità.

“Io sono piuttosto stanca, vorrei andare a dormire. Domani ci aspetta una lunga giornata. Incominciano le lezioni”. Fece notare Lisa, una ragazza con corti capelli scuri e gli occhi nocciola. Appariva come una classica secchiona, aveva pure gli occhiali e ad Ariel diede l’impressione di essere una persona un po’ troppo perfettina. Ma d’altronde non era di Lisa che doveva preoccuparsi, non doveva cercare di allacciare nessun rapporto con lei.

“D’accordo, andiamo a letto”.

 

Quando tutte e cinque le ragazze si erano avvolte nelle calde coperte dei propri letti e, quando sembrava che Lucy, Lisa e July stessero russando alla grande, Ginny si voltò verso il letto di Ariel e la chiamò: “Ariel, stai dormendo?”

“No, che c’è?” le rispose la bionda a bassa voce per non svegliare le altre tre. Non riusciva proprio ad addormentarsi e magari una chiaccherata con la rossa non le sarebbe dispiaciuta, se però non faceva domande troppo personali.

“Come mai hai deciso di venire ad Hogwarts?”

“Perché l’altra scuola non mi piaceva e questa l’hanno frequentata anche i miei genitori”.

“E quale era l’altra scuola che hai frequentato?”

“Beauxbatons”. Questa bugia Ariel se l’era preparata bene e avrebbe funzionato se nessuno si metteva ad indagare, ma d’altronde, chi avrebbe dovuto?

“An, beh, forse non piacerebbe neanche a me. I francesi mi sembrano tutti un po’ vanitosi e snob”.

“Non hai tutti i torti”. Le diede ragione la bionda sorridendo ad immaginare a chi potesse stare pensando in quel momento Ginny.

“Martinez però non è un cognome inglese”. Continuò poi la rossa, che sembrava molto curiosa e Ariel si stupì un po’ di questo. La Ginny che aveva conosciuto lei non faceva tutte queste domande, ma d’altronde non parlava nemmeno tanto.

“No, infatti. Sono Colombiana”. Questa però era una mezza bugia, ma non poteva certo dirle che Martinez era il cognome di sua madre se no si sarebbe dovuta inventare qualcosa su suo padre.   

“Oh, wow! E hai fratelli o sorelle?”

“Ho un fratello più grande e un gemello”.

“Wow! E come si chiamano?”

“James e Miguel”.

“Bello”.

“Hai finito con le domande?” le chiese Ariel che si era un po’ scocciata e non voleva trovarsi con il rischio di dover improvvisare qualche bugia, non che non fosse brava, ma non ne aveva voglia.

“Sì, scusami se sono stata indiscreta”.

“No, tranquilla. Però ti devo avvisare che non mi piace parlare molto di me”.

“D’accordo. Allora, buona notte”.

“Buona notte”.

Ed entrambe le ragazze si addormentarono pian piano lasciandosi cullare dai sogni .

 

Il mattino dopo, quando Ariel si alzò, notò che il cielo era piuttosto scuro e sicuramente si stava preparando a scendere della pioggia se non anche la neve.

Indossò la sua divisa, prese la borsa con i libri e scese giù per dirigersi in Sala Grande a fare colazione. Andò a sedersi al tavolo di Harry, Ron ed Hermione, dove per fortuna aveva trovato un posto vuoto; se doveva allacciare amicizia con loro, soprattutto con il moro, doveva cominciare subito a darsi da fare.

“Ciao, dormito bene?” le chiese gentilmente la riccia. Ariel notò che aveva la spilla da Prefetto appuntata alla divisa, così come Ron, ma questa non era una novità per lei, gliel’avevano già raccontata. Ormai lei e i suoi amici conoscevano tutte le storie del trio.

“Sì, benissimo”. Le rispose la bionda con un sorriso ma poi il suo sguardo si spostò su Harry che però non la stava guardando, dato che era impegnato a leggere il giornale con fare nervoso.

“C’è qualcosa di interessante?” gli chiese allora la ragazza per attirare l’attenzione.

“Niente. Le solite cose”. Le rispose lui richiudendo la Gazzetta con fare bruto. “Solti attacchi e omicidi e nessuno vuole ammettere che c’è Voldemort dietro a tutto questo”.

“Harry!” lo riprese Hermione facendogli un cenno con la testa verso Ariel.

“Tranquilli, io ti credo Harry. Voldemort è tornato”. Disse invece la ragazza ma poi, improvvisamente, temette di aver parlato un po’ troppo e di aver fatto un passo troppo lungo; l’avevano avvertita di non accelerare troppo le cose, di mostrarsi dalla loro parte ma senza esagerare. Per la verità l’avevano avvertita di tante cose ma mica riusciva a ricordarsele tutte.

Quando però vide gli occhi del ragazzo illuminarsi, presagì che forse non aveva sbagliato.

“Davvero?”

“Certo. Se tu dici che è tornato allora è tornato. Perché mai ti dovresti inventare una storia del genere, proprio tu che lo odi forse più di tutti”.  

Il ragazzo le sorrise e Ariel non poté far altro che ricambiare.

 

Ariel si stava dirigendo verso l’aula di Trasfigurazione insieme a Ginny e Luna, dato che avrebbero avuto lezione con i Corvonero. Nemmeno Luna era cambiata, era sempre rimasta la solita lunatica, fantasiosa, simpatica e divertente ragazza che a volte lei e i suoi amici prendevano un po’ in giro ma alla quale alla fin fine volevano molto bene.

Quando furono entrati tutti quanti in classe ed ebbero preso posto, la professoressa McGranitt cominciò a spiegare la Trasfigurazione degli oggetti in animali; per Ariel questa materia non era mai stata un problema e nemmeno per i sui fratelli. Ma d’altronde, loro avevano un piccolo segreto riguardo alla Trasfigurazione.

Ariel trasformò il suo bicchiere di vetro in un topo al primo colpo e senza sbagliare niente.

“Molto bene, signorina Martinez. Dieci punti a Grifondoro!” esclamò l’insegnante sorridendole in un modo forse un po’ complice. Ma d’altronde la McGranitt sapeva il suo segreto, quello della sua provenienza, almeno.

Ariel guardò la riuscita del suo incantesimo con una faccia un po’ schifata; un topo grigio e grosso la stava guardando con degli occhietti tra lo spaventato e il minaccioso. Non le erano mai piaciuti i topi, così decise di tramutare il suo bicchiere-topo in una farfalla. Già, decisamente meglio.

Quando suonò la campanella di fine lezione, cominciò a dirigersi, sempre insieme a Ginny, verso l’aula della materia che amava di meno, Pozioni, con il professore che amava di meno, Piton e con la casa che proprio odiava, i Serpeverde. Non sapeva proprio quali delle tre cose odiasse di più, forse i Serpevede, ma dato che Piton era un Serpeverde, allora odiava anche lui. Pozioni invece non era una materia molto brutta, solo che lei non era proprio brava, però l’insegnante che la insegnava nel suo mondo era decisamente più simpatico di Piton. Peccato che, da dove veniva lei, il professore Serpeverde insegnasse, la materia che le piaceva di più.  

Tutti gli studenti del quarto anno di Grifondoro e Serpeverde si affrettarono a prendere posto nell’aula buia e umida, dato che Piton non amava i ritardatari e coglieva al volo ogni occasione per togliere punti o assegnare punizioni, soprattutto quando si trattava dei Grifondoro.

Infatti, nemmeno lui si fece attendere tanto ed entrò sbattendo la porta e dirigendosi a passo svelto verso la cattedra ordinando subito di aprire i libri; chi non lo conosceva avrebbe detto che quella mattina fosse piuttosto incazzato, ma chi lo conosceva invece sapeva che era sempre così.

Ariel aprì il suo libro alla pagina che aveva detto l’insegnante e quando alzò lo sguardo notò che Piton la stava fissando con uno sguardo duro e serio, anzi, sembrava quasi che la volesse incenerire con gli occhi. Ma non era la prima volta che la guardava così, ormai Ariel ci era abituata e sapeva anche il perché di quei suoi orribili sguardi.

“Sembra che il professore ce l’abbia con te”. Le sussurrò Ginny all’orecchio non appena Piton si fu girato.

“A quanto pare”. Rispose la bionda.

“Ma non ti preoccupare, non mangia gli studenti. L’unico che forse vorrebbe mangiarsi è Harry, ma non lo può fare e per più di un motivo”.

Ariel sorrise e cominciò a preparare gli ingredienti per la pozione che avrebbero dovuto fare quel giorno.

ANGOLO AUTRICE

Salve!!!! Ecco anche il secondo capitolo. Lo so che non succede nulla di particolare e purtroppo sarà così anche per i prossimi capitoli. Mi dispiace, vi dovrete sorbire un po’ di noia. Non posso svelare subito chi è Ariel.

Perciò potete benissimo dirmi che vi fa schifo e che non la volete nemmeno leggere. Mi rassegnerò *sospira rattristata*.

No, ragazzi, che sto scherzando. Lasciatemi una recensione che sia positiva o negativa, è lo stesso, tanto non vi mangio, non sono mica Piton io. Mi ha fatto veramente molto piacere vedere che questa fanfic ha avuto successo già dal primo capitolo e che, chi sta leggendo S.Potter, abbia deciso di leggere anche questa mia nuova creazione.

Non sapete quanto mi avete resa felice XD.

Ok, ora la smetto di cianciare che ormai sicuramente non potrete sicuramente più. Adesso lascerò cianciare voi.

Un beso. Milly.

roxy_black: ciaooooo!!! Ecco brava, non aggiungere altro perché tanto qua i miei lettori ormai sembrano aver capito tutto. spero che, nonostante tu sappia già tutto, continuerai a seguire questa storia e sappi che mi serviranno le tue utilissime capacità nelle foto. Un beso, Milly.

 fede15498: ahaha, vedremo se hai azzeccato, sempre se stiamo pensando alla stessa persona. Comunque sia, è bello sentirti anche qua, mi piace quando i miei lettori mi seguono da una fic all’altra. Ma questo l’ho già detto. Uff, mi sto ripetendo come i vecchietti. Vabbè, allora la smetto di ciarlare che è meglio. La bocca serve per respirare non per dire baggianate. Un bacio, con la speranza di risentirti. Milly.

 Ino chan: oddio Ino ha recensito la mia fic!!!!!!! Ti giuro, quando ho letto la tua fic mi sono messa a saltare in giro per la stanza tanto che i tizi in camice bianco che avevano portato via te erano venuti anche per me. Eeeh, ci faremo compagnia nella casa dei matti. Purtroppo però ci vorrà ancora un bel po’ prima che si scopra di chi è figlia Ariel, spero tu abbia abbastanza pazienza. Mi dispiace però che le meches rosa non ti piacciano, io invece non sono una purista come te, infatti adoro le meches, i tatuaggi, i piercing… spero però che questo non ti turbi troppo e che continuerai a leggere questa storia. Ti giuro che, a parte le meches rosa non ci dovrebbe essere nient’altro. Al limite ti avviserò. Spero di risentirti. Un bacio, Milly.

 Puffola_Lily: uuuuh, come sono contenta che ti piaccia anche questa fic!!!! Qui forse si conosce un po’ di più Ariel, almeno qualcosina. Ti piacciono i nomi dei suoi fratelli?? Ehehe, no a parte gli scherzi, sono contenta che ti piaccia il suo nome visto che non sono stata tanto lì a pensarci e per me i nomi dei personaggi sono sempre importanti, infatti non li scelgo mai banali. Un bacio e alla prossima, Milly.

stefanmn: hmhm… allora pensi che Ariel venga dal futuro? Mah… comunque, in ogni caso, ci tengo a spiegarti che questa è una What If, che letteralmente vuol dire  E se… quindi non seguirò assolutamente il corso della storia perciò Voldemort potrebbe benissimo essere vivo. Spero di averti soddisfatto e spero di risentirti. Kisssss, Milly.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


CAPITOLO TRE

Le due ore di pozioni con Piton erano state estenuanti; continuava a lanciarle occhiate malevole e a passare accanto al suo banco mentre stava facendo la pozione fissandola come se fosse qualcosa di orripilante. Almeno il Piton del suo mondo si era abituato ad averla in classe tutti i giorni, ma questo invece, non era ancora riuscito a digerire la cosa. Un paio di volte era pure stata tentata dal dirgliene quattro e dal mandarlo al diavolo e solo Merlino sapeva come fosse riuscita a trattenersi. Suo fratello invece non l’avrebbe proprio fatto, gliene avrebbe dette di tutti i colori senza neanche pensarci. Ma lei invece doveva stare attenta e questo le dava un’enorme fastidio. Ciò che però la metteva a disagio, erano i suoi occhi, tanto simili a quelli di una persona che conosceva.

Ma, almeno anche quella lezione era finita per quel giorno.

“Cosa abbiamo adesso?” chiese a Ginny dalla quale non si era ancora mai separata. O la rossa voleva essere gentile ed essere utile ad una nuova studentessa oppure non aveva nessun altro con cui stare, ma questo era improbabile dato che c’erano alcune ragazze che avevano scambiato con lei più di una parola dandosi un appuntamento per studiare insieme.

“Difesa contro le arti oscure”. Le rispose. Ariel adorava Difesa, anche di più di Trasfigurazione, ed era una tra le migliori studentesse in quella materia. Però le avevano detto che quell’anno c’era un insegnante che non sapeva proprio insegnare, anzi che non voleva in realtà, ma oltre a questo era anche una megera e un rospo vestito di rosa. Quest’ultima descrizione gliel’aveva data Ron e ogni volta che le tornava in mente pensava ad un rospo con un vestitino rosa e si metteva a ridere. Ma almeno quel giorno avrebbe avuto le prove di tutto quello che le avevano detto su quella donna.

Le due ragazze entrarono nell’aula insieme e si sedettero in un paio di banchi centrali; la professoressa Umbridge non tardò ad arrivare e, quando varcò la porta, Ariel cominciò a scrutarla dall’alto in basso: era alta poco più di lei, con i capelli brizzolati raccolti in un piccolo capellino che sembrava quello dei rabbini solo che era rosa come anche la sua camicia di flanella e la sua gonna lunga fino alle ginocchia e le sue ballerine con un leggerissimo tacco. Ariel dovette anche ammettere che aveva proprio la faccia da rospo e una voce gracchiante, peggio dei merli.

Dopo circa una mezz’ora in cui non avevano fatto altro che leggere i vari tipi di incantesimi difensivi che ormai sapevano tutti a memoria, Ariel alzò la mano.

“Che cosa c’è che non va signorina Martinez?” le chiese la Umbridge con la sua vocetta da “finta nonna gentile”.

“Beh, professoressa, sa mi stavo chiedendo quand’è che avremo finito di perdere tempo”.

Alcuni studenti spalancarono la bocca per la sorpresa mentre altri si mettevano a sghignazzare. Ginny stava cercando di intimare alla ragazza di tenere la bocca chiusa però Ariel questa volta non riusciva più a resistere: non era possibile che Difesa fosse diventata così… così noiosa e del tutto inutile.

“Come, signorina Martinez?” le chiese la Umbridge guardandola di sbieco.

“E’ da mezz’ora che non facciamo altro che leggere come funzionano gli incantesimi di difesa e come si praticano e ormai a me ste cose escono dalle orecchie. Quando passiamo all’azione, alla pratica?”

La Umbridge cominciò ad avvicinarsi con passo lento e strascicato alla ragazza e un sorriso minaccioso.

“E perché mai dovremmo imparare la pratica?”

“Mah, non so mi dica lei, è lei l’insegnante. Difesa serve per imparare qualcosa e saper affrontare il mondo che c’è la fuori…”.

“E cosa ci dovrebbe essere là fuori?” la interruppe la professoressa.

Ariel sgranò gli occhi e le rispose in modo beffardo. “Secondo lei?”

“Non lo so, me lo dica lei signorina Martinez”.

“Bene, vorrà dire che quando saremo tutti morti daremo la colpa a lei”. A queste parole della ragazza tutti quanti spalancarono la bocca e rimasero di stucco. A qualcuno batteva pure forte il cuore per paura della reazione che avrebbe potuto aver l’insegnante. Ariel invece sembrava tranquilla, forse perché era abituata a tener testa anche ai più grandi e poi non si faceva spaventare tanto facilmente da nessuno, tanto meno da un’insegnante.

“Punizione, signorina Martinez. Stasera nel mio ufficio”. E con queste parole, la Umbridge intimò ad uno studente di continuare a leggere mentre Ariel raccolse le sue cose e uscì dalla classe furiosa, sotto gli occhi stupiti e sopresi dei suoi compagni e quelli indifferenti della professoressa.

Camminava lungo il corridoio velocemente senza nemmeno guardare dove andava; aveva voglia di sfogarsi. Non era tanto il fatto che la Umbridge l’aveva messa in punizione, c’era finita tante volte, però le dava fastidio che un insegnante non volesse ammettere i pericoli che si potevano correre e lei, Ariel, questo lo sapeva bene. Anche se non ci fosse stato Voldemort, la gente doveva sapersi comunque difendere e se si limitavano a studiare solo la teoria senza mai mettere mano alla bacchetta, allora erano tutti fregati.

E rimuginando su tutte queste cose, non si accorse di star andando addosso ad una persona, finché non ci andò a sbattere contro.

Quando alzò lo sguardo vide un paio di occhi verde smeraldo che la guardavano curiosi.

“Scusa, non volevo”. Cercò di scusarsi lei un po’ imbarazzata, il che era strano.

“Tranquilla”. Le rispose Harry con un sorriso dolce. “Piuttosto, mi sembravi un po’ frustrata”.

“Non soltanto un po’”.

“E posso sapere che cosa c’è che non va?”

“Si tratta della Umbridge. Mi ha messo in punizione soltanto perché le ho fatto notare quale era la verità”. Mentre diceva questo era mancato poco che si mettesse ad urlare.

“Wow! Una punizione il primo giorno. Hai superato pure il mio record”.

“Non è la prima volta comunque”. Gli rispose lei con un sorriso orgoglioso.

“An, allora sei una piccola ribelle”.

“Ribelle sì, ma non tanto piccola”.

“Abbiamo qualcosa in comune”.

Stettero solo per un attimo lì a guardarsi continuando a sorridersi; Ariel pensava di non aver mai visto degli occhi belli come quelli di Harry.

“Comunque ti consiglio di prepararti. A me ha lasciato un bel ricordino”. Le disse poi lui mostrandole la mano dove si leggeva ancora un po’ sbiadita la scritta Non devo dire bugie.

“Ma è proprio una megera!” esclamò la ragazza incredula.

“E non solo”.

Tutto quello che le avevano detto sulla Umbridge era vero, a quanto sembrava.

“Comunque ora devo andare”. Proseguì il ragazzo. “Ci vediamo, ok?”

“Ok”.

Ariel lo guardò mentre si allontanava e non distolse lo sguardo finché lui non fu completamente sparito dalla sua visuale. Poi si ritrovò a sorridere come un’ebete.

Cercò subito di ricomporsi però, e andò in biblioteca per fare il compito che aveva assegnato loro la professoressa McGranitt, visto che aveva un bel po’ di tempo libero.

Mentre stava scrivendo, un ragazzo dai capelli scuri e l’aria un po’ impacciata, le si avvicinò: “Ciao”. La salutò, diventando leggermente rosso.

“Ciao”. Ricambiò Ariel.

“Tu sei quella nuova, giusto?” le chiese lui.

“Sì, mi chiamo Ariel Martinez e tu?”

“Neville Paciok”. Ariel rimase sorpresa per l’ennesima volta; quante volte ormai le era successo in poche ore? E dire che lei era una persona difficile da sorprendere. Nemmeno lui l’avrebbe saputo riconoscere, era proprio cambiato. Il Neville che conosceva lei non era così timido e impacciato e soprattutto, era più carino. Poi le venne in mente una persona che conosceva e cercò di confrontarlo con Neville, ma non riuscì a trovare niente che potessero avere in comune.

Rimase un po’ a parlare con il ragazzo, del più e del meno e lui pian piano cominciò a perdere la sua timidezza. Le pareva proprio simpatico, una volta che imparavi a starci, così come con Luna.

“Andiamo a mangiare adesso, che dici?” le chiese alla fine lui guardando all’orologio.

“D’accordo”.

I due cominciarono a dirigersi verso la Sala Grande e, quando arrivarono, Ariel si sedette nel posto davanti a quello di Ginny mentre Neville raggiunse il posto vicino al suo amico Seamus.

“Certo che potevi anche risparmiarti tutte quelle parole con la Umbridge”. Le disse la rossa con una voce un po’ autoritaria.

“E perché mai? Io ho il diritto di dire ciò che penso e se a me non piacciono le sue lezioni glielo posso dire. Non credo di essere l’unica a pensarla così”.

“Sì, ma almeno non ti beccavi la punizione”.

“Non mi interessa. Lei può mettermi in punizione tutte le volte che vuole. Io continuerò a dirle che si sbaglia”.

“Sembri Harry”. Le disse alla fine la rossa con un sospiro di rassegnazione; aveva già conosciuto tipi come Ariel, d’altronde era cresciuta con sei fratelli. Ariel era testarda, cocciuta, spavalda e non mancava mai di dirti ciò che pensava di chiunque si trattasse. Soprattutto sembrava avere molto a cuore la giustizia e i diritti delle persone. E poi sembrava anche una ribelle, una che infrange spesso le regole, bastava guardarla in faccia.

Dal canto suo invece, Ariel, dopo che Ginny le aveva nominato Harry, aveva cominciato subito a spostare lo sguardo lungo la sua tavola e, una volta che lo ebbe trovato, non riuscì più a smettere di lanciargli occhiate di sottecchi.

SPAZIO AUTRICE

Rieccomiiiii!!! Visto che sembra proprio che la storia vi piaccia ho deciso di aggiornare presto.

Allora, che ve ne pare?? Mi sembra che tutti voi abbiate capito uno dei segreti di Ariel, ma ancora non lo scriverò esplicitamente nel caso qualcuno comunque non lo avesse capito. E avete già anche delle ipotesi su chi potrebbero essere i suoi genitori. Bene, bene, bene.

Mi fa piacere.

Sembra però che Ariel stia provando qualcosa per Harry. Mmmh, chissà… ma voi li vedreste bene insieme??

Ok, dai vi lascio. Lasciatemi qualche commentino, anche piccolo, piccolo.

Un beso, Milly.

INO CHAN: ehilàààà!!! Non sa che gioia mi ha dato sapere che recensirai tutti i miei capitoli e che seguirai la storia!!! E soprattutto che ti ho dato soddisfazione U.U mi ero messa a saltellare in giro per la stanza leggendo il tuo commento xD. Comunque, ti è piaciuta la descrizione di Ginny? Beh sì, effettivamente forse è piuttosto significativa. Bene, spero allora che ti sia piaciuto anche questo capitolo e… beh, vedremo se hai indovinato su di chi potrebbe essere figlia Ariel. Un bacio e a presto, Milly.

FEDE15498: sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e che non l’abbia trovato noioso visto che più o meno tutti all’inizio seguiranno quella tendenza lì. Ma d’altronde, aspettare non nuoce e forse ne varrà anche la pena visto i misteri che verranno fuori :p. bene, non so se qui avrai ricevuto più informazioni su Ariel, ma non ti preoccupare, continua a fare le tue ipotesi. Un bacio, Milly.

PUFFOLA_LILY: ti è piaciuto lo scorso capitolo?? Beneeee!!! Sono mucho contenta!!! Per quanto riguarda i nomi, beh, si James è un nome che anche a me piace molto (sai che avevo anche pensato di chiamare il mio futuro figlio James?? Però adesso ho deciso che non ne voglio avere, ma se dovese capitare… *w*), invece Miguel non è proprio il nome dell’altro fratello, è solo che se scrivevo quello vero qualcuno poteva capire immediatamente il mistero su Ariel. Capirai più avanti di cosa si tratta. Spero di risentirti. Kisskiss, Milly.

STEFANMN: bene, spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo e spero di risentirti… un bacio e un abbraccio, Milly.

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


CAPITOLO QUATTRO

“Ariel… Ariel svegliati”. Ginny cercava di svegliare la sua nuova amica scuotendola sempre più forte ma la bionda sembrava proprio non volersi svegliare.

“Ancora cinque minuti, Vicky”. Bofonchiò dopo un po’ Ariel girandosi dall’altra parte, mentre Ginny sbuffava.

Era passata ormai una settimana da quando la ragazza era arrivata ad Hogwarts e poteva quasi dire che Ginny era diventata la sua migliore amica lì. Si era avvicinata abbastanza anche al trio benché non avessero ancora intrapreso quella confidenza che invece avevano loro tre, ma d’altronde, era un po’ difficile dato che lei era più piccola di loro e non seguivano nemmeno le stesse lezioni. Però ogni volta che incrociava Harry si salutavano piuttosto allegramente e magari scambiavano un paio di parole. A volte poi, le capitava di mettersi a pensare a lui quando era da sola, ma forse soltanto perché la sua missione era quella di aiutarlo e quindi la sua attenzione doveva essere rivolta a lui per forza. Però… però, quando pensava a lui non lo pensava come ad una missione, pensava a lui come… non riusciva a descriverlo nemmeno lei.

Dopo un po’, decise che era ora di alzarsi e scese dal letto con gli occhi ancora gonfi di sonno e i capelli tutti spettinati. Si voltò verso Ginny che era appena uscita dal bagno e la guardò come se la vedesse per la prima volta.

“Ben svegliata, dormigliona!” la salutò allegramente la rossa. “A proposito, chi è Vicky?”

“Mmmm?” bofonchiò Ariel senza capire.

“Prima mi hai chiamata Vicky. Chi è?”

“No, nessuno”. Rispose la bionda cercando di sembrare confusa. Quando aveva troppo sonno a volte non si rendeva conto di ciò che diceva. “Forse stavo sognando”. Aggiunse alla fine vedendo lo sguardo dubbioso di Ginny.

Una volta che si furono entrambe preparate, scesero di sotto per andare nella Sala Grande a fare colazione e si sedettero al loro solito tavolo.

“Secondo me funzionerà benissimo”.

“Sì, ma dobbiamo stare attenti a non farci scoprire”.

“Come se ciò fosse possibile, fratello”.

Stavano dicendo due ragazzi seduti accanto a loro.

“Chi è che non deve scoprirvi?” chiese Ginny rivolta a quei due che avevano entrambi i capelli rossi come lei e Ariel immaginò che dovessero essere Fred e George. Era la prima volta che rivolgeva loro la parola, li aveva intravisti in giro per la scuola ma non ci aveva mai fatto troppo caso. E doveva ammettere che erano proprio identici ed erano anche soltanto dei semplici ragazzi spensierati con la voglia solo di divertirsi e fare scherzi. La ragazza fu colta da un momento di tristezza pensando a tutto quello che era successo e quanto tutti quelli che lei conosceva avessero sofferto.

“Non sappiamo di cosa tu stia parlando, sorellina”. Risposero loro due facendo i finti tonti.

“Ah, non fate quella faccia da ragazzi innocenti. Tanto si sa che voi tramate sempre qualcosa”. Rispose lei in tono beffardo.

“Ma anche se fosse non sono affari tuoi”.

Ginny sbuffò.

“Ciao bionda!” la salutò all’improvviso uno dei due che Ariel non riuscì  a capire se fosse Fred o George.

“Non ci siamo ancora presentati”. Continuò l’altro. “Io sono George e lui Fred”.

“Ma a volte la gente ci confonde quindi non ha molta importanza come ci chiami”.

Ma quei due avevano la mania di finirsi le frasi a vicenda? Si chiese la ragazza.

“Io sono Ariel Martinez”.

“Lo sappiamo!” le risposero in coro i due. “Ti conoscono tutti a scuola”.

Ariel si chiese che cosa avesse fatto per essere già diventata famosa in tutta la scuola; lo era stata anche nella sua, così come i sui fratelli e i suoi amici, ma solo perché loro attiravano sempre l’attenzione, lei invece lì non l’aveva fatto perché per la missione non era una buona idea farsi troppa pubblicità.

“E come mai?” chiese lei curiosa.

“Mah, non so. Forse perché sei bella”. Le ripose Fred. O forse era George.

Ariel sorrise maliziosamente ai due; non era la prima volta che un ragazzo le diceva che era bella, aveva avuto un sacco di spasimanti ma ne aveva scelti pochi.

 

Dopo pranzo, appena aveva finito di mangiare, Harry le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio di raggiungerlo al settimo piano, davanti alla Stanza delle Necessità.

Lei allora si alzò poco dopo che lui se ne fu andato e cominciò a dirigersi nel luogo dell’incontro, che sapeva benissimo dove era.

“Ciao!” la salutò lui non appena la vide.

“Ciao!” rispose lei e non poté fare a meno di sorridergli. Si sentiva un po’ nervosa per quello che le doveva dire e aveva il cuore che batteva a mille.

“Ti devo parlare di una cosa importante”.

“Dimmi”.

“E’ un segreto, però”.

Lei annuì per fargli capire che aveva capito e che non lo avrebbe tradito. Per certe cose bastava uno sguardo.

“Quando mi avevi detto che mi credevi sul fatto che Voldemort era tornato beh, ecco… da allora ho cominciato a pensare che forse anche tu saresti stata adatta per entrare in un’organizzazione segreta che abbiamo creato”.

Ariel immaginò che le stesse per parlare dell’Esercito di Silente, lo conosceva dai racconti.

“All’inizio Ron ed Hermione erano stati un po’ dubbiosi ma alla fine hanno accettato anche loro. Volevo chiederti se ti andava di entrare nell’Esercito di Silente. Ci troviamo una volta a settimana nella Stanza delle Neccessità per imparare ad usare degli incantesimi difensivi e di attacco, dato che la Umbridge non ci insegna niente. Così almeno sapremo combattere un giorno che ci troveremo in pericolo”.

Dopo averle detto tutto questo, i due ragazzi rimasero per un attimo in silenzio guardandosi negli occhi, seri, senza lasciar trasparire nulla. Ariel si rendeva conto che il ragazzo le aveva appena confidato qualcosa di importante e non doveva proprio tradire la sua fiducia se no, addio missione e non solo quello… e poi, era vero che la Umbridge non insegnava loro niente e quei ragazzi avevano bisogno di un bravo maestro, avevano bisogno di qualcuno che si fosse trovato a vivere quelle orribile esperienze di vita o di morte, in cui, se ti mancano la prontezza e le capacità, sei fregato. Lei però no. Lei si era trovata parecchie volte in quelle situazioni e ormai conosceva quasi tutti gli incantesimi di attacco che potevano esistere. Però aveva proprio voglia di entrare in quella associazione, perché era una ribelle e trasgrediva spesso le regole e voleva pure mostrare alla Umbridge che c’era qualcuno più furbo di lei. E inoltre, così si sarebbe avvicinata ancora di più ad Harry.

“D’accordo”. Rispose alla fine.

“Entri nell’Esercito?”

“Sì, certo”.

Lui le sorrise.

“C’è qualche prova che devo superare per farne parte?”

“Oh, no. Assolutamente no! Devi solo venire domani sera, dopo cena, in questa stanza. E mi, raccomando, non parlarne con nessuno”.

“Va bene”.

Harry si allontanò mentre Ariel rimase lì ancora per un paio di minuti pensando a quello che era appena successo; doveva considerarsi soddisfatta, si era appena guadagnata la fiducia di Harry e aveva appena trovato un pretesto per stargli ancora più vicina. Però c’era anche qualcos’altro che non la rendeva molto allegra. Per un attimo, solo per un attimo, aveva pensato che le avrebbe chiesto di uscire.

Però lo avrebbe dovuto capire da subito che non poteva essere così, se no non avrebbe fatto tanto mistero, non l’avrebbe portata fino a lì.

SPAZIO AUTRICE MOLTO SODDISFATTA DI QUESTO CAPITOLO

Ehilàààà!!!! Che mi dite?? Vi è piaciuto questo capitolo?? A me sì. Anche Ariel ora entra nell’esercito di Silente. Vediamo come se la cava visto che ha detto di essere così brava.

Siete riusciti a cogliere un altro indizio in merito a questa misteriosa ragazza?? Ogni tanto lascio in giro qualche briciola di soluzione, come Hansel e Gretel che buttano a terra briciole di pane per ritrovare casa. Spero però che le mie non se le siano mangiate gli uccelli xD

Bene bene, il resto dei commenti li lascio a voi spero di avervi soddisfatti anche con questo capitolo.

Un forte abbraccio dalla vostra Millyray J

FEDE15498: ehehe sì, anch’io ho goduto nel descrivere quella scena. La Umbridge mi sta veramente antipatica >.< spero ti sia piaciuto anche questo cap e alla prossima. Un bacio, Milly

PUFFOLA_LILY: ehilà!!! Eheheh, diciamo che quel dibattito tra Ariel e la Umbridge mi è servito per far capire lo spirito combattivo della nostra piccola bionda. Non farti troppe illusioni su lei e Harry però. Un beso, alla prossima. Milly.

STEFANMN: uuuh, sono felice che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e spero anche questo. E tranquillo, stronzo non è una parolaccia. Spero di risentirti, un bacio, Milly.

INO_CHAN: Piton una bomba sexy?? O.O no assolutamente no!!! Anche a me fa veramente schifo. In realtà non mi sta nemmeno simpatico sebbene alla fine sia stato ‘buono’. Chissà però se indovini sul padre di Ariel. Ehehe, sinceramente anch’io non vedo l’ora di arrivare a quella parte così potrò vedere le vostre reazioni :p. ultima cosa: sì, fai bene a non vedere Ariel e Harry felicemente insieme. Spero di averti soddisfatta anche con questo cap e tranquilla, le tue recensioni mi fanno sempre piacere, anche se scrivi solo due righe. Un beso, Milly.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


CAPITOLO CINQUE

Ariel si trovava nella Stanza delle Necessità insieme a Ginny, Ron Hermione e tanti altri ragazzi, di Grifondoro, di Corvonero e di Tassorosso. Di Serpeverde ovviamente non ce n’era neanche uno, quelli sarebbero immediatamente andati a fare la spia alla Umbridge.

Harry aveva appena insegnato loro come evocare un  Patronus e ora tutti quanti erano lì che tentavano di far apparire il loro animale protettore e ad Ariel veniva pure da ridere a vedere tutte quelle persone che si sforzavano e si abbattevano immediatamente appena non riuscivano al primo colpo.

Però evocare un Patronus non era così difficile, era una delle sue magie preferite.

Ora invece se ne stava un po’ in disparte a guardare gli altri facendo finta di essere un po’ confusa; non doveva far capire che sapeva già fare questo incantesimo alla perfezione e soprattutto non poteva mostrare come era il suo Patronus se no Harry o qualcuno dei suoi amici avrebbe potuto sospettare qualcosa.

Ad un tratto la ragazza vide Harry avvicinarsi ad una Corvonero dai scuri capelli lunghi e gli occhi a mandorla e, quando questa gli chiese di aiutarla, lui le andò dietro e, aderendo il suo petto alla schiena della ragazza, le prese la mano che stringeva la bacchetta per mostrarle come doveva muoverla.

Ariel si sentì stringere lo stomaco da una strana morsa e non riuscì a capire nemmeno lei perché e poi, quando vide gli sguardi dolci che i due si lanciarono, venne pervasa da un senso di tristezza e le passò la voglia di fare qualunque cosa; in quel momento non se la sentiva proprio di evocare un Patronus.

“Hai bisogno di una mano?” le chiese ad un tratto una voce dietro le spalle. La ragazza si girò di scatto spaventata e rimase sorpresa nel vedere gli occhi verdi di Harry che la scrutavano curiosi e il suo sorriso dolce. Non si era accorta proprio che le si era avvicinato.

“Cosa?!” riuscì soltanto ad esclamare.

“Ti chiedevo se avessi bisogno di una mano”. Le ripeté lui.

“Beh, se vuoi”. Rispose lei anche se non  aveva bisogno di nessun aiuto, però magari anche con lei avrebbe fatto come aveva fatto con quella ragazza di Corvonero.

Non fu proprio così perché, con lei, si limitò soltanto a prenderle il braccio che impugnava la bacchetta e a mostrarle come doveva fare; il Patronus di Ariel era venuto, non perfetto come le veniva  di solito, ma questo l’aveva fatto apposta, per non far vedere il suo animale e inoltre, in quegli ultimi tempi, non riusciva a pensare molto ai ricordi felici, erano tutti offuscati da quelli tristi, anzi, dall’ultimo che non era per niente piacevole.

“Continua a provare, vedrai che ti verrà”. Cercò di consolarla Harry vedendola un po’ abbattuta, senza ovviamente sapere che non era quello il vero motivo della sua tristezza.

Intanto lui si allontanò per andare ad aiutare Neville e lei tornò ad appoggiarsi al muro come prima guardando attentamente tutti i movimenti del moro; avrebbe voluto incenerire tutte quelle ochette che lo guardavano con occhi dolci e sognanti, che lo chiamavano per farsi aiutare anche se non ne avevano bisogno, soprattutto avrebbe voluto incenerire la moretta di prima. Senza sapere perché, si trovò a paragonarsi a quella là, non capendo che cosa avesse di diverso da lei; è vero, forse aveva le tette più grandi, ma solo un po’ e poi, per bacco, lei era più piccola della cinesina o quel diavolo che era, sarebbe cresciuta e sicuramente le sue sarebbero state più grandi. E inoltre lei era bionda con gli occhi azzurri, i ragazzi andavano pazzi per quelle come lei. Sì, forse non si stava comportando da persona modesta, ma che ci poteva fare, era sempre stata una ragazza orgogliosa e un po’ anche vanitosa e poi era stata viziata così, nel suo mondo c’erano molti che sbavavano per lei, la maggior parte della popolazione maschile della sua scuola le veniva dietro e aveva solo quattordici anni.

Doveva ringraziare madre natura che le aveva donato quel corpo e anche un po’ di quel sangue nobile e aristocratico che le scorreva nelle vene; anzi, doveva più che altro ringraziare suo padre, anche lui era stato un ragazzo affascinante e attraente. Ripensando a lui, le venne addosso un  po’ di malinconia  e nostalgia. Quanto le mancava…

Ad un tratto però spostò lo sguardo verso Ginny che era una delle poche che era riuscita ad evocare perfettamente il suo Patrono; era sempre stata brava, Ginny, negli incantesimi, di tutti i tipi, soprattutto quando si trattava di combattere, non mollava mai e non si perdeva d’animo. Peccato che la Ginny che conosceva adesso lei non era più così, aveva perso quella vena  di arroganza e coraggio, sembrava quasi aver perso le speranze. E Ariel sapeva perché… per lo stesso motivo per cui adesso la stava guardando con quello sguardo pieno di comprensione e per lo stesso motivo per cui era venuta lì, in quel mondo, in quella epoca cercando, allo stesso tempo, di restarne fuori per non lasciarsi travolgere dai sentimenti e dalle emozioni.

Aveva un compito ben preciso e doveva portarlo a termine…

 

Erano ormai passate due settimane da quando Ariel era arrivata lì, Gennaio era ormai agli sgoccioli sebbene la neve stesse diventando sempre più fitta e il freddo pungente era sempre agli ordini del giorno; certo, in Inghilterra il clima non era certo piacevole.

Ariel si trovava nell’aula di Storia della Magia, seduta accanto a Ginny e circondata dai suoi compagni di Grifondoro e Corvonero; il professor Ruf intanto stava spiegando qualcosa che la bionda nemmeno si sforzava di ascoltare, come del resto la maggior parte dei ragazzi che si trovavano in quell’aula.

Stava ripensando piuttosto, ai giorni che aveva passato lì fino ad ora; non era andata poi così male, se l’era cavata piuttosto bene, nessuno sospettava di niente o almeno, era quello che sperava. Era riuscita ad avvicinarsi parecchio al trio, avevano fatto amicizia e loro si fidavano di lei, per lo meno così le sembrava. Aveva fatto amicizia anche con altri, come ad esempio Ginny, Neville, Luna e pure Fred e George. Lei, ovviamente, lì avevi già conosciuti, ma vederli lì, in quel mondo, in quel tempo, era come conoscerli proprio del tutto, come se prima non li avesse mai visti. In quel momento erano persone con cui era più facile fare amicizia, erano semplicemente ragazzi che non sapevano niente della vita, della sofferenza… erano proprio cambiati e non in meglio. O forse era soltanto la vita che era cambiata lasciando dietro di sé strascichi di tutte le cose negative.

L’unico che aveva conosciuto veramente lì era Harry e si chiese se sarebbe cambiato anche lui se non fosse successo… quello che era successo. Eppure, in quel momento, era solo un ragazzo, come lei, come i suoi fratelli, come i suoi amici; aveva diritto a vivere la sua vita, ad essere felice, ad avere una famiglia. E invece era la persona che aveva visto più dolore di molti, forse e non era giusto. Non sarebbe mai potuto essere felice almeno non nel suo mondo…

Se avesse conosciuto pure lui, così come aveva conosciuto Ron, Hermione o Ginny, chissà se avrebbe provato le stesse cose che provava ora, per lui. E non sapeva nemmeno lei che cosa provava; sapeva solo che quando lo vedeva ridere, rideva anche lei perché la sua risata aveva qualcosa che l’attraeva, qualcosa che metteva allegria anche a lei, se lo vedeva triste voleva correre a consolarlo, se una ragazza gli si avvicinava lei voleva incenerirla. E ogni volta che lo incontrava sentiva una strana sensazione nello stomaco  e il cuore le batteva più forte del normale.

Non sapeva che cosa fosse, forse compassione o forse solo emozione per aver conosciuto una persona di cui le avevano parlato tanto. Sì, non poteva essere nient’altro e soprattutto non doveva.

Ad un tratto suonò la campanella che la riscosse da tutti i suoi pensieri. Vide i suoi compagni alzarsi tirando un sospiro di sollievo.

“Andiamo a pranzo?” le chiese Ginny.

Anche Ariel si alzò e la seguì fuori per andare in Sala Grande a mangiare.

“Seamus Finnigan mi ha invitata ad uscire il sabato di San Valentino”. Stava dicendo la rossa all’amica. “Gli ho detto di sì, tanto per uscire con qualcuno. Non che mi piaccia seriamente però, sai com’è…”. ad un tratto però si accorse che la bionda non la stava ascoltando perché era intenta ad osservare la tavolata poco più in là della loro, dove c’era Harry che parlava animatamente ma  a bassa voce con i suoi due amici.

Quando anche Ginny si accorse dov’era rivolto il suo sguardo, la richiamò: “Ehi Ariel, ma mi stai ascoltando?”.

“Cosa? Oh sì, sì!”. Le rispose Ariel tornando in sé.

Ok, doveva smetterla, si disse la ragazza.

ANGOLO AUTRICE

Ehiiii!!! Ciaoooo!!! Come state?? Contenti di risentirmi così presto?? Vi è piaciuto questo capitolo?? A me non tanto sinceramente e forse magari vi ho fatto fare un po’ di confusione con i pensieri intrigati di Ariel. Ma d’altronde anche lei è tutta intrigata.

Beh, io non ho molti commenti da fare, vorrei lasciarli tutti a voi, mi va bene anche se sono negativi, potete benissimo dirmi che la storia vi fa completamente schifo. Non mi offendo mica.

Spero che le recensioni aumentino e… beh, alla prossima, allora.

Un forte abbraccio dalla vostra, Milly.

INO CHAN: ma come osi insinuare una cosa del genere sulla mia storia?? Adesso ti crucio e non ti faccio più vedere l’alba di domani!!!! >.< ahahah, sto scherzando ovviamente :P ti ho fatti prendere un colpo, eh?? Buahahah!!! (ride sguaiatamente) ok, basta torniamo seri. Allora, per quanto riguarda Ariel, sì, un po’ hai ragione, forse l’ho fatta un po’ troppo perfetta e questo mi dispiace perché non vorrei far uscire una Mary Sue che odio persino io. Magari avrei potuto aspettare ancora un po’ prima di farla entrare nell’ES ma così l’avrei tirata troppo per le lunghe e sinceramente un po’ mi avrebbe scocciato e forse avrebbe scocciato anche i miei lettori. Magari mi sono lasciata prendere un po’ dato che non vedo l’ora di arrivare al capitolo cruciale e perciò non avevo voglia di farne troppi di transizione. Ma starò più attenta, promesso. Comunque sia, Ariel non è poi così perfetta, di difetti ce ne ha ma usciranno forse un po’ più avanti, siamo ancora solo agli inizi. Forse è il fatto che l’ho descritta tanto bella e guardata da tutti che ti ha fatto pensare a questo. Beh, sì, Ariel è bella e l’ho ripetuto anche in questo capitolo, infatti anche lei è piuttosto orgogliosa e vanitosa. Ma siccome lo erano anche i suoi genitori, molto attraenti intendo, mi sembrava ingiusto non farla altrettanto. Per quanto riguarda invece il fatto che Harry si sia subito fidato di lei beh, una che ti dice in faccia che ti crede e che non pensa che tu sia un bugiardo che cerca solo di attirare l’attenzione e che attacca briga con un’insegnante che ti mette i bastoni fra le ruote proprio come fai tu, mi sembra abbastanza degna di fiducia. Ma forse per il paranoico Harry, come hai detto tu, ho un pochino esagerato. Ok, ho già parlato troppo ti lascio che avrai sicuramente di meglio da fare. comunque, non ti preoccupare, se hai altre critiche fammele pure. Non mi offendo. Un bacio, Milly.

FEDE15498: ehilà!!! Bene, mi ha fatto piacere che lo scorso capitolo ti sia piaciuto. Comunque non ti preoccupare se non riesci a trovare le briciole, scoprirai tutto a tempo debito, anche chi è Vicky. Non prestissimo ma lo scoprirai prima o poi se continuerai a seguirmi :D un beso, Milly.

PUFFOLA_LILY: sai che mi fa sempre piacere leggere i tuoi commenti?? Chissà però che ideuzza ti sei fatta…… *.* ehehe, dai, spero di risentirti presto e un abbraccio dalla tua fedelissima Milly. :D

STEFANMN: hmmm, perché ho messo in dubbio il fatto che venga dal futuro?? Non me lo ricordo… beh, non dico che sia sbagliata, semplicemente non voglio svelare subito il mistero. Ma tu continua pure a seguire le tue idee. Un bacio, Milly.

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


CAPITOLO SEI

Ed era arrivato anche Febbraio, portandosi dietro piccoli raggi di sole che cercavano di irradiarsi dietro le nuvole scure di inverno, ma inutilmente visto che non bastavano per riscaldare e sciogliere la neve. E lì, nei parchi di Hogwarts, ce n’era veramente tanta.

Ariel camminava nei corridoi del piano terra, infagottata con tanto di capotto e sciarpa rossa con lo stemma dei Grifoni, per dirigersi fuori e assistere alla partita di Quidditch tra Grifondoro e Tassorosso; almeno questo l’avrebbe distratta un po’. Le era sempre piaciuto il Quidditch e amava moltissimo giocarci con i sui fratelli e i suoi amici, si divertivano sempre un mondo.

E anche stavolta, come succedeva spesso da quando era arrivata lì, una morsa di nostalgia le attanagliò lo stomaco.

“Ehi, ciao!” la salutò la voce di un ragazzo che l’aveva appena affiancata. Era Harry, come constatò lei voltando la testa, e anche lui era piuttosto coperto per andare a vedere la partita. “Vieni anche tu a vedere la partita?”

“Certo!” esclamò lei cercando di mostrarsi allegra. “Ma tu non giochi? Non sei nella squadra?” gli domandò poi impallidendo all’improvviso per l’avventatezza della sua domanda perché lui avrebbe potuto accorgersi che lei in realtà non avrebbe dovuto sapere del suo talento nel Quidditch. Infatti le avevano sempre parlato delle sue doti in quello sport e di quanto fosse bravo sulla scopa e adesso si era stupita un po’ per non averlo visto con la divisa rosso oro  insieme ai suoi  compagni di squadra.

Lui però, per fortuna, non si accorse del fatto che Ariel forse sapeva troppo e semplicemente le rispose rabbuiandosi un po’: “Infatti ci giocavo però, quando all’ultima partita ho picchiato Malfoy dopo che avevamo vinto, la Umbridge mi ha visto e mi ha proibito di giocare ancora”.

Ariel rimase piuttosto a bocca aperta; questa era una cosa veramente perfida e subdola. Se a lei fosse stato impedito di fare qualcosa che amava avrebbe dato di matto. E come osava quella donna cacciare qualcuno dalla squadra di Quidditch che non c’entrava assolutamente nulla con questo, non era lei la capitana della squadra né tanto meno la Capocasa dei Grfìifondoro quindi non poteva deciderle lei le punizioni.

“E come mai avevi picchiato Malfoy? Aveva detto che avevate imbrogliato per aver vinto?” gli chiese poi scherzosamente per cercare  di sdramatizzare un po’ la situazione.

Ma non ci riuscì, anzi, sembrò quasi aggravare ancora di più la situazione per la risposta lapidaria che le diede il ragazzo. “Ha offeso mia madre”.

Questa volta Ariel rimase proprio senza parole, intanto che avevano raggiunto il portone davanti alla Sala Grande. Prima di uscire però, Ariel gli sussurrò con tono dolce e piuttosto dispiaciuto.

“Mi dispiace”.

“Per cosa? Mica l’hai offesa tu, allora non c’eri neanche”.

Ariel non riusciva a guardarlo negli occhi, non sapeva perché, forse per paura di quello che avrebbe visto in quei grandi pozzi verdi, il che era strano visto che lei non aveva mai avuto paura di niente. E non sapeva nemmeno lei perché si stesse scusando visto che, proprio come le aveva detto lui, lei non aveva offeso sua madre. Però, semplicemente le sembrava l’unica cosa giusta da dire in quel momento.

“Andiamo dai”. La esortò poi il ragazzo aprendo la porta.

 

Quando raggiunsero gli spalti, coperti e asciutti, c’erano già tutti i loro amici, Ron, Hermione, Seamus e Fred e George che andavano in giro a fare scommesse. Inutile dire che loro puntavano sui Grifoni, ma poi si lamentavano con Harry del fatto che se ci fosse stato anche lui in quel campo avrebbero avuto la vittoria assicurata. Non che non si fidassero della loro sorella, che giocava da Cercatrice al posto del moro, e delle sue capacità ma, si sa, meglio puntare sempre sul sicuro.

La partita finalmente iniziò e, dopo una stretta di mano tra i due capitani, tutti i giocatori si levarono in aria sulle loro scope pronti a battere gli avversari. Dean stava al microfono per fare la cronaca ma naturalmente, siccome era di Grifondoro, si trovava spesso a incitare i giocatori della sua Casa riservando loro pure qualche complimento, così che la McGranitt continuava a riprenderlo per essere un po’ meno di parte, scatenando le ilarità di tutti.

Harry, Ron, Hermione, Seamus e Fred e George non erano più seduti ma si erano alzati in piedi, come la maggior parte degli spettatori del resto, per tifare ancora meglio e urlare pure loro qualche incitamento. Pure Ariel si era lasciata trascinare dall’emozione e ora anche lei faceva fischi di giubilo per la sua Casa, così come aveva sempre fatto con i suoi amici quando giocavano i Grifondoro.

 

Dopo la breve festicciola che c’era stata nella Sala Comune Grifondoro per la vittoria della partita a Quidditch, Ariel si trovò seduta su una poltrona, a notte fonda, con le gambe incrociate e la sua chitarra poggiata in grembo.

Fissava un punto impreciso del pavimento della sala, completamente persa nei suoi pensieri. Aveva notato solo poco fa che c’era la luna piena, se n’era completamente dimenticata e per questo si sentiva un po’ dispiaciuta. Chissà cosa stavano facendo i suoi amici adesso; anzi lo sapeva benissimo che cosa stavano facendo e quindi, chissà se si stavano divertendo.

Le corde della chitarra non le aveva proprio toccate, non ci riusciva, non ce la faceva. Ogni volta le venivano in mente brutti ricordi, episodi che voleva proprio cancellare dalla testa. E doveva sforzarsi parecchio per non piangere. Cosa che odiava.

“Ciao!” sentì ad un tratto una voce salutarla, una voce che riconobbe subito. Si voltò verso il ragazzo che era appena sceso dalle scale del suo dormitorio e gli sorrise dolcemente.

“Ciao”.

“Non riesci a dormire?” le chiese Harry sedendosi sul divanetto davanti a lei.

La ragazza scosse la testa con aria abbattuta, senza guardarlo negli occhi.

“Nemmeno io”.

Calò un attimo di silenzio tra i due, in cui entrambi forse stavano cercando qualcosa di sensato da dirsi. Alla fine fu proprio Harry il primo a interromperlo.

“Sai suonarla? La chitarra intendo”.

“In realtà è da un po’ che non la suono”.

“E come mai? Scommetto che sei bravissima”.

Lei gli fece un sorriso triste. “Beh me lo dicono tutti però… beh, ho smesso di suonare e cantare da quando è morto mio padre”. Pure Ariel si stupì delle sue stesse parole, in genere non era una che parlava così facilmente dei suoi problemi o di quello che la turbava, specialmente con chi conosceva da poco. Ed era anche la prima volta che parlava della morte di suo padre così liberamente; pure la sua famiglia aveva notato questo blocco, ma non si era confidata nemmeno con loro e loro non avevano voluto sforzarla.

Però adesso… beh, Harry le dava una sensazione strana, sentiva che a lui poteva dire tutto non solo perché l’avrebbe ascoltata, ma anche perché l’avrebbe capita.

“Secondo me invece non dovresti”. Le disse lui ad un tratto, con un tono molto dolce. “Lui sicuramente non vorrebbe che tu smettessi di suonare. Lui vorrebbe che continuassi a fare quello che ti piace fare, a maggior ragione adesso che è morto. Vorrebbe che tu fossi felice”.

Ariel fu piuttosto colpita dal suo discorso; effettivamente non ci aveva pensato. Però…

“Ma è difficile”. Si lamentò lei tenendo sempre lo sguardo basso.

“E’ tutto sempre difficile”. Concordò lui. “Ma non per questo dobbiamo mollare. Anzi, dobbiamo riuscire ad andare avanti proprio per le persone che ci hanno lasciato, che non sono più con noi. Anch’io a volte vorrei mollare tutto e andarmene lontano da qui senza preoccuparmi di niente, fregandomene di tutto, persino di Voldemort. Ma sarebbe una cosa da vigliacchi”.

Pure Harry era stupito di quello che aveva appena detto. Non l’aveva mai confidato a nessuno questo pensiero, nemmeno ai suoi amici.

Ariel ad un tratto puntò i suoi occhi grigi in quelli verdi del ragazzo e i due colori sembrò quasi che si stessero per fondere insieme, come una cosa unica.

E in entrambi gli sguardi c’era tristezza e malinconia.

“Quindi adesso prendi quella chitarra e ti rimetti a suonare. E mi fai sentire una bella canzone”. La incitò lui alla fine con un sorriso… malandrino.

Sembrò che ci fosse riuscito, dato che la ragazza aveva impugnato la chitarra e si era preparata per suonare qualcosa; infatti aveva già fatto due accordi ma poi si era fermata. Lanciando uno sguardo al volto determinato di Harry, decise però di proseguire.

Maledizione, era solo una canzone! Che cosa ci poteva essere di tanto brutto o sbagliato nel suonarla?

I was riding shotgun with my hair undone
In the front seat of his car
He’s got a one-hand feel on the steering wheel
The other on my heart
I look around, turn the radio down
He says “baby is something wrong?”
I say “nothing I was just thinking how we don’t have a song”
And he says

Sì, rieccola, quella sensazione che provava tutte le volte che suonava la sua chitarra e che sentiva la sua voce uscire dalle sue corde vocali. Quella sensazione che le dava un po’ di brividi, ma anche emozione e adrenalina. Quando cantava si sentiva più forte, più potente, come se niente potesse abbatterla in quel momento perché era una cosa che le riusciva facile e bene e c’erano pochi che la potevano battere in questo.

Our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.

Alzò lo sguardo e puntò di nuovo i suoi profondi occhi grigi in quelli del ragazzo che la stava guardando con un sorriso sghembo che sembrava dire: “Visto che ce l’hai fatta? L’avevo detto io”. E le pareva uno dei sorrisi più belli che avesse mai visto, così come i suoi occhi. E no, assolutamente non c’era niente che adesso avrebbe potuto buttarla giù perché stava cantando… ed era con Harry.

I was walking up the front porch steps
after everything that day
Had gone all wrong and been trampled on
And lost and thrown away
Got to the hallway, well on my way to my lovin’ bed
I almost didn’t notice all the roses
And the note that said

In quel momento c’erano soltanto loro due, loro due e nessun altro, loro due e i loro occhi che continuavano  a puntarsi. E i loro volti sorridenti. Perché quella canzone faceva sorridere, era una canzone allegra, una canzone allegra che non pensava sarebbe riuscita a cantare ora come ora. Anzi, pensava che non sarebbe mai più riuscita a cantare canzoni allegre. Ma quella canzone la rispecchiava.

Our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and you talk real slow
’cause it’s late and your mama don’t know
Our song is the way you laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again.

L’aveva composta lei quella canzone, poco tempo fa tra l’altro, quando aveva avuto la sua prima cotta, una cotta che adesso le sembrava ridicola e stupida. Però la canzone le piaceva lo stesso, perché rappresentava i momenti più importanti della sua vita. Ogni testo delle sue canzoni è collegato a qualcosa, a qualche momento, a qualche evento…

I’ve heard every album, listened to the radio
Waited for something to come along
That was as good as our song

Cause our song is the slamming screen doors,
Sneakin’ out late, tapping on your window
When we’re on the phone and he talks real slow
’cause it’s late and his mama don’t know
Our song is the way he laugh
The first date “man, I didn’t kiss her, and I should have”
And when I got home before I said amen
Asking God if he could play it again
Play it again.

Ed era stato un momento felice quello, quando aveva composto quella canzone, il momento di un periodo particolarmente felice e spensierato. Una felicità che avrebbe tanto voluto avere anche adesso, ma non ci riusciva.

Beh, forse quello era un primo passo. Aveva ripreso a suonare e… c’era Harry con lei.

I was riding shotgun with my hair undone
In the front seat of his car
I grabbed a pen and an old napkin
And I wrote down our song.

 

“Wow!” esclamò Harry quando la ragazza ebbe finite di suonare. “E’ bellissima! L’hai scritta tu?”

“Sì”.

“Beh, hai un talento naturale. E la voce… da chi l’hai ereditata?”

“Da mia madre”. La ragazza fece un sorriso orgoglioso; d’altronde sua madre era una cantante famosa. Solo che questo faceva parte del grande segreto di Ariel B… Martinez.

SPAZIO PER MEEEEEE!!!

Ed eccomi di nuovo qua a rompere i maroni :P ehehe, come vi va gente??

Siete pronti per la magica e tenebrosa notte di Halloween?? Chiederete dolcetti o farete subito gli scherzetti?? Puahahahah!!!

Ok, basta, cerchiamo di essere un po’ seri.

Allora, che ve ne pare di questo capitolo?? Un po’ malinconico, vero? Qui ho lasciato altri indizi su chi potrebbe essere Ariel e su chi sono i suoi genitori. Avete capito?? E abbiamo anche scoperto il suo talento J

Sicuramente avrete notato che un pezzo di questo capitolo è presente anche nel Prologo insieme alla canzone che si intitola Our Song di Taylor Swift. Siccome adoro questa cantante troverete molto spesso nelle mie storie alcune delle sue canzoni. Quindi se vi piacciono la musica country e le canzoni d’amore andate a sentirvela.

 Ma adesso parliamo un po’ anche d’altro… voi siete stati al Lucca Comics?? Io mi sto ancora rodendo lo stomaco per non esserci andata, volevo con tutto il cuore vedere i gemelli Phelps. Così, io e la mia migliore amica, abbiamo deciso di andarci l’anno prossimo così come abbiamo deciso di andare, alla fine delle superiori, in Inghilterra per vedere i luoghi dove hanno girato i film di Harry Potter che sono stati aperti da poco. Quindi, se sapete qualcosa a proposito di questo, visto che noi ne sappiamo veramente poco, per esempio dove si trovano, quanto costa il biglietto e altre cose del genere, potreste darmi qualche informazione, per favore??

Bene, adesso penso di potervi lasciare con la speranza di ricevere tanti commenti…

Un beso, Milly.

 ROXY_BLACK: non ti preoccupare per Harry e Ariel, non sarebbero destinati a stare insieme quindi si vedrà. Grazie mille per i complimenti, mi fa sempre piacere riceverne, basta che siano meritati J spero di risentirti e non ti preoccupare, anche le tue foto arriveranno presto. Baci, Milly.

STEFANMN: hmmm, non ti piace la coppia Harry/Ariel?? Come mai?? Spero ti sia piaciuto questo capitolo e un bacio, Milly.

PUFFOLA_LILY: purtroppo nel mondo di Ariel sono successe tante cose brutte che più avanti si scopriranno. E sì, a quanto pare si è presa una cotta per Harry. Eheh J mi fa piacere però che ti stia antipatica la Chang perché non la tratterò tanto bene. un bacio, Milly


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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


CAPITOLO SETTE

Ariel ed Hermione erano sedute ad un tavolo della biblioteca intente a svolgere i loro compiti di Pozioni e Trasfigurazione; da poco si erano alzati anche Ron ed Harry che, dopo aver lanciato in aria penne e pergamene a causa di una cristi isterica per il troppo studiare, avevano deciso di abbandonarle e di trovarsi un’occupazione migliore, tipo le cucine.

Ed ora la bionda si era incantata a guardarli che uscivano, soffermandosi ad osservare il fondoschiena di Harry. Un po’ troppo forse, visto che Hermione dovette tossicchiare per farla tornare sul pianeta terra.

Ariel si riscosse immediatamente ma tornò sui suoi compiti come se non fosse successo niente; la riccia però continuò a lanciarle occhiate di sottecchi aspettandosi che la bionda le dicesse qualcosa a proposito. Ma, come sempre, dovette fare tutto da sola, visto che l’amica sembrava intenzionata a fare un bel niente.

“Guarda che è inutile che lo nascondi”.

La bionda alzò lo sguardo sulla riccia guardandola come se all’improvviso le fossero spuntate le antenne in testa.

“Che cosa, scusa?”

“Che ti piace”.

“Mi piace chi?” Ariel odiava i giri di parole e se la ragazza non si spiegava l’avrebbe strangolata.

Hermione alzò gli occhi al cielo esasperata. “Mago Merlino, Ariel! Ma chi secondo te? Harry, no?!”

Questa volta la bionda strabuzzò gli occhi e sbatté le ciglia un paio di volte per realizzare bene quello che l’altra le aveva appena detto.

“Eeeeh? Ma che, ti sei fumata il cervello?”

“Certo che no”. La riccia aveva un sorrisetto soddisfatto; questo confermava tutto. “Io sono sanissima. Piuttosto sei tu quella che ha qualche problema visto che sbavi ogni volta che lo vedi e che sei diversa quando stai vicino a lui”.

“Hermione, io non so proprio come ti vengano in mente certe cose. Io non sbavo affatto quando vedo Harry”. No, infatti vorrei solo saltargli addosso. “E non sono affatto diversa quando sto con lui”. No, infatti mi sento solo più felice, allegra e più incline a fare battute.

Ok, stupida vocina del cavolo, smettila di intasarmi il cervello se non vuoi che ti spiaccichi come un moscerino.

Perfetto, ora ci si metteva pure la sua coscienza, come se non ne avesse già abbastanza.

“Sì, sì raccontalo a chi vuoi. Io ti dico che ti sei proprio presa una bella sbandata per lui”.

“Certo, e domani Johnny Depp verrà a prendermi in moto per portarmi via con lui”.

“Non sto affatto scherzando, Ari. Tu ti sei innamorata!”

Ok, no, questa era davvero bella. Ariel Martinez innamorata? Avrebbe fatto prima a cascare il mondo piuttosto che lei che si innamorava di qualcuno. Lei non si era mai innamorata veramente di qualcuno e non aveva nemmeno intenzione di innamorarsi. Le sembrava una cosa stupida, smielata e per di più l’amore faceva soffrire e non durava mai per sempre.

Però… beh, qualcosa provava per Harry. Forse era solo una cotta o attrazione fisica.

“E se anche fosse? A lui piace la Chang”.

“Ahahah, allora vedi che lo ammetti? Comunque io non ci giurerei tanto”.

“Su che cosa?”

“Sul fatto che gli piace la Chang”. E Hermione le fece un sorriso malizioso.

 

Harry ordinò al suo cavallo di spostarsi con fare annoiato. Stava perdendo la seconda partita a scacchi magici con Ron, ma in fondo non era una novità. Però era anche poco concentrato, sembrava avere la testa completamente da un’altra parte.

“Ron?” chiamò l’amico.

“Hm”

“Che cosa ne pensi di Ariel?”.

Lo sguardo dell’amico si spostò all’improvviso sul moro e lo guardò con curiosità, stupito da quella domanda.

“Beh, è carina. E simpatica”.

No, pensò Harry, Ariel non era solo carina e simpatica. Era molto di più. Era figa ed era… forte, sì. Il ragazzo sapeva che aveva un carattere molto forte, determinato e anche parecchio ribelle, solo che doveva uscire fuori.

C’erano molte cose di lei che lo attraevano: i suoi capelli biondi, il suo profumo e soprattutto i suoi occhi, grigi come il cielo quando preannunciava pioggia, occhi in cui si vedeva della malizia, solarità, vivacità ma in cui si potevano scorgere anche tristezza e malinconia.

E poi, beh, gli piaceva la sua compagnia, a volte era divertente e lo faceva ridere mentre altre volte potevano semplicemente parlare di qualsiasi cosa perché lei lo capiva.

“Ma se io, tipo, la invitassi ad uscire, secondo te accetterebbe?” chiese ancora al suo migliore amico.

“Non lo so. Ma per caso ti sei preso una cotta per Ariel?”

“Può anche darsi”.

“Beh, certo che punti in alto amico. Lei è proprio bella. E forse dovresti provarci, ad invitarla a uscire intendo”.

Harry rimase un attimo pensieroso con gli occhi fissi sulla scacchiera.

Però quegli occhi grigi gli ricordavano tremendamente qualcuno.

 

Ariel ed Hermione erano risalite dalla biblioteca nella loro Sala Comune e avevano appoggiato i libri sul tavolo; la bionda non era mai stata una grande studiosa, ma visto che non aveva niente di meglio da fare, aveva deciso di rimanere a fare compagnia alla riccia per conversare un po’ di più con lei e guadagnare soprattutto la sua fiducia, visto che era sempre quella che sospettava di più.

“Che cos’hai al collo?” domandò ad un tratto Hermione con gli occhi puntati sul collo della bionda.

“Niente!” si affrettò a rispondere Ariel nascondendo la collana con una mano. Non si era accorta che per sbaglio era sbucata fuori dalla sua maglietta, solo in parte però, rivelando leggermente la sua forma. Sapeva che Hermione era molto intelligente e furba e poi una collana del genere l’aveva usata pure lei.

“Ora vado a farmi la doccia”. Aggiunse prima di salire di corsa le scale.

La Granger rimase nella Sala leggermente basita; i suoi sospetti su quella ragazza cominciarono ad aumentare. Quella collana aveva uno strano ciondolo a forma di clessidra, da quello che era riuscita a vedere.

Mah, forse erano le sue solite paranoie, però…

 

Ariel era sdraiata nel letto, a pancia in su, con gli occhi aperti a fissare il soffitto del suo dormitorio completamente al buio. No, non riusciva proprio ad addormentarsi. Troppi pensieri che le frullavano per la testa; il pensiero e la preoccupazione per la sua famiglia, la missione, quello che le aveva detto Hermione in biblioteca…

“Ariel?” si sentì ad un tratto chiamare. Era Ginny, probabilmente non riusciva a dormire neanche lei.

“Hm?”.

“Ma i tuoi fratelli in che scuola vanno?”

“Durmstrang”.

“E quanti anni hanno?”

“James un anno più di me e Miguel quattordici dato che è il mio gemello”.

“Oh”.

Calò di nuovo il silenzio, poi la rossa riprese.

“Posso farti una domanda?”

Beh, me ne hai già fatte due senza chiedermi il permesso, pensò Ariel tra sé e sé. Ma quella aveva tutta l’aria di essere una domanda un po’ delicata e sperava che non fosse sulla sua famiglia.

“Ti piace Harry?”

“Eh?” ma che avevano oggi tutti? Possibile che tutti dovessero pensare che lei provasse qualcosa per Harry mentre non era per niente vero? Oppure era assurdamente vero e lei non stava attenta per fare in modo che nessuno se ne accorgesse.

“Perché me lo chiedi?” fece poi a Ginny.

“Beh, si vede da come lo guardi”.

“Davvero si nota così tanto?”

“Beh, abbastanza”.

Oh, merda.

“Secondo me dovresti provarci”. Continuò la rossa.

Ariel si voltò verso la ragazza con gli occhi quasi fuori dalle orbite solo che l’altra non se ne accorse a causa del buio.

Ma lei aveva sempre saputo che Ginny si fosse terribilmente innamorata di Harry e quindi era strano che adesso le dicesse di fare questo. Aveva anche sofferto parecchio dopo… beh, dopo che…

Ecco perché lei non poteva, anzi, non doveva affatto innamorarsi di lui; lui era destinato a stare con un’altra, non con lei, anche perché sarebbe comunque stato impossibile tra loro due.

Ma come si suol dire, al cuore non si comanda.

“Sei sicura?”

“Sì”.

A Ginny però si strinse il cuore nel dare questa risposta alla bionda; sapeva che Harry non provava niente nei suoi confronti che non sia una forte amicizia o una fratellanza che dipendeva dal fatto che lei era la sorella del suo migliore amico che considerava quasi come un fratello. 

Quindi aveva cercato di farselo passare, di dimenticarsi di lui e di distrarsi con qualcun altro; sembrava anche che ci stesse riuscendo perché riusciva a convincersi, a convincere il suo cervello e la sua ragione che Harry Potter non le piaceva più. E quindi, se magari lo vedeva felice insieme ad un’altra, forse questa cotta le sarebbe passata in maniera definitiva.

Ma spesso, in fondo al cuore, immaginava spesso che lui la invitasse ad uscire, che la baciasse, che le sussurrasse parole dolci e piene d’amore.

Eh no, al cuore non si comanda…

SPAZIO AUTRICE

Ma che mi succede?? Sia in questa fic che in quell’altra ho scritto capitoli grondanti miele?? Io che parlo dell’amore?? Ma quando mai s’è visto??

Vabbè, saranno gli ormoni.

Coooomunque, ho visto che ormai tutti avete capito che Ariel è una Black ma perché avete già dato per scontato che sia la figlia di Sirius?? xD

*trotterella via fischiettando allegramente*

FEDE15498: ehi, tranquilla se non hai recensito la volta scorsa, mica ti mangio, al limite ti mando qualche Mangiamorte  a casa. Ahah, no scherzoJ sono contenta che Our Song ti sia piaciuta, visto che io amo molto Taylor. Anche a me comunque piacerebbero come coppia Harry e Ariel ma… chissà.

STEFANMN: eh sì, la vita di Ariel è abbastanza piena di impegni ma c’è sempre posto per un po’ d’amore, non trovi?? Sirius Black è il padre di Ariel?? Vedremo, vedremo :P

PUFFOLA_LILY: eh sì, se non hai gli occhi grigi non puoi assolutamente essere considerato un Black xD per la Chang invece, vediamo. Però, non se la caverà tanto bene :p

ROXY_BLACK: certooooo!!! Taylor è sempre nel mio cuore. Però non sono tanto convinta che Ariel possa assomigliare a lei perché Taylor ha un viso molto dolce e angelico, mentre Ariel è tutt’altro che dolce e angelica e si vede. Comunque sono d’accordo con te sul fatto che le cotte spariscono con un colpo di vento, ma vediamo se quella con Harry sarà proprio così. Non ricordo però se fossi tanto allegra quando l’ho scritto quel capitolo, in realtà penso mi sia venuto piuttosto malinconico, a parte la canzone. Vabbè, alla prossima. Un bacio.

LULI EVANS POTTER: eh sì, Santa Ino proprio. Che faremmo senza le sue storie? Pensa che io mi sto rileggendo Came back per la terza volta, per me è diventata ormai come una droga e ho influenzato pure una mia amica. Spero di aver aggiornato abbastanza in fretta perché le Strillettere non mi piacciono proprio. Un beso, Milly.

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


CAPITOLO OTTO

Ariel si sentiva piuttosto stanca, quella sera; le lezioni erano dure e c’erano un sacco di compiti da fare, in più le punizioni con la Umbridge le facevano venire una crisi isterica coi fiocchi che si sarebbe volentieri messa a spaccare tutto.

Così decise di saltare la cena, decidendo di fare un salto nelle cucine più tardi, e si diresse verso la Torre di Astronomia, che era sempre stato il suo luogo preferito del castello; ci andava quando aveva bisogno di stare un po’ da sola, cosa che però non le era capitato spesso nella sua vita. Solo in quel periodo forse.

Qualcuno però l’aveva già preceduta; trovò Harry seduto in un angolo, con un ginocchio piegato e l’altra gamba distesa, lo sguardo fisso al cielo pieno di stelle luminose, unici elementi che illuminavano l’ambiente, insieme a una pallida luna.

“Ciao, scusa, non credevo ci fosse qualcuno”. Disse lei non appena gli si fu avvicinata. Effettivamente si era sorpresa nel trovarlo lì.

“No, tranquilla. Avevo solo bisogno di stare un po’ da solo”. Le rispose lui con un sorriso che di allegro non aveva proprio niente.

“Ah, ok. Beh, allora ti lascio da solo…”.

“No, resta. Tu non mi dai fastidio”. La fermò lui con uno strano luccichio che all’improvviso gli illuminò gli occhi.

Lei, allora si sedette in un altro angolo non molto lontano da lui.

“Gli altri ti danno fastidio?” gli chiese Ariel allora per spezzare il silenzio che si era venuto a creare. E lei odiava i silenzi, specialmente quelli tesi e malinconici. Oppure quelli che segnavano l’arrivo di un uragano.

“No, cioè… a volte ho solo bisogno di isolarmi un po’, per riflettere per conto mio. Non so se mi capisci, ma quando la gente ti guarda come se fossi un pazzo che inventa storie per attirare l’attenzione, beh… preferiresti sparire dalla faccia della Terra”.

“Si, beh, posso capirti. Non credo tu abbia mai voluto tutto questo”.

“Infatti. Peccato che non tutti la pensano così. Io… io vorrei solo avere una vita normale”. Si sentiva che c’era dolore, tristezza e anche rabbia nella sua voce.

Ariel semplicemente tirò un sospiro piuttosto pesante; non era mai stata brava con le parole di consolazione, cioè, poteva scriverle in una canzone, ma dirle così, semplicemente solo con la voce non le sembrava la stessa cosa, anzi, le sembravano solo parole sprecate, non rendevano niente. La melodia dice tutto.

“Ti manca?” le chiese ad un tratto Harry senza spostare gli occhi dal cielo. “Tuo padre, ti manca?”

“Da morire”.

“Ma quand’è che è morto, se posso chiedertelo?”

“Poco prima di Natale”.

“Oh”. Harry proprio non se l’aspettava quella risposta, non credeva fosse passato così poco tempo, sebbene però la sofferenza che provava ancora Ariel avrebbe dovuto farglielo capire. Provò il forte desiderio di abbracciarla e consolarla, ma non gli sembrava il caso.

“Sai, in fondo siamo nella stessa barca”. commentò ad un tratto lei. “Mio padre è stato assassinato da un Mangiamorte e beh, i tuoi sono stati uccisi da Voldemort perché erano stati traditi da un altro Mangiamorte. Immagino che anche tu ne senta la mancanza”.

“Sì, ma penso sia comunque diverso. Penso che la tua situazione sia peggiore perché tu hai perso tuo padre adesso, hai già molti ricordi di lui e quindi ti fanno soffrire perché sai che i momenti belli che hai passato con lui non li potrai mai più rivivere. Io invece, beh, non li ho nemmeno conosciuti e non ho ricordi di loro quindi ci sto meno male. Non fraintendermi, vorrei con tutto il cuore che ora fossero qui con me, però ormai mi sono rassegnato”.

Ariel avrebbe tanto voluto dirgli che non era così, confessargli il suo segreto, specialmente quello che riguardava lui ma… cazzo, non poteva e Merlino solo sapeva quanto avrebbe voluto.

“Ok, non sono stato di grande consolazione”. Concluse Harry alla fine, con un sorriso rassegnato che venne ricambiato dalla ragazza.

“Tranquillo, tanto il dolore prima o poi si affievolisce…”.

“… anche se non passa mai via del tutto”.

Dopo un altro paio di minuti di silenzio, Ariel sbottò.

“Se proprio senti tanto la loro mancanza, puoi usare la fantasia. Immagina che loro ci siano, immagina di parlarci, immagina che ci siano in ogni momento”.

Harry assunse un’aria un po’ dubbiosa e riflessiva, ma non disse niente. Poi però le chiese.

“Tu ce l’hai un fratello o una sorella?”.

“Sì, un gemello e un altro che ha un anno più di me”.

All’improvviso le venne in mente una domanda che forse poteva sembrare un po’ assurda, ma era una domanda che voleva porgli per… beh, interesse personale.

“Ma se tu avessi una sorella, come vorresti che si chiamasse?”

“Jolie”. Rispose il ragazzo. “Mi piace il nome Jolie”.

Ariel inevitabilmente sorrise, cercando di non farsi vedere. E le venne in mente una delle sue migliori amiche.

Beh, quando le cose andavano male, dopo dovevano per forza migliorare.

O no?

 

Si era conclusa un’altra riunione dell’Esercito di Silente e gli unici a essere rimasti ancora nella Stanza delle Necessità erano Harry, Ron, Hermione e Ariel, per rimettere in ordine e discutere di quanto avevano fatto.

Ad un certo punto, il Bambino Sopravvissuto si avvicinò all’amica bionda e, passandosi una mano tra i capelli, le chiese:

“Ti va se… se sabato prossimo andiamo a Hogsmeade, solo io e te?”

Ariel rimase un attimo interdetta; beh, era quello che aveva desiderato per un bel po’ di tempo. Ma la sua ragione le diceva di dire di no, era meglio di no perché sapeva come sarebbe finita. Però il suo cuore le diceva il contrario e suo padre le diceva sempre di seguire il cuore.

“Sì”.

Harry le sorrise e questa volta era un sorriso vero, un sorriso felice. “Va bene, allora”.

“Ma guarda che è San Valentino sabato prossimo”. Gli ricordò lei.

“Sì, lo so. Ok, ci vediamo”. E dicendole questo, la salutò, uscendo dalla Stanza con gli amici.

“Allora, ha accettato?” gli chiese Hermione.

L’amico annuì con un sorriso.

Ariel era rimasta nella Stanza completamente sola; stava tormentando un cuscino con le dita, lo sguardo fisso e assorto.

Non era stata proprio una buona idea, era andata contro le regole. Ma che cavolo! Quando mai lei aveva seguito le regole?!

ANGOLO AUTRICE

Mi sa tanto che ci ha letto la fic di Ino chan ha iniziato a capirci qualcosa. *mostra un sorriso a trentadue denti*.

Ma il dubbio su di chi sia figlia Ariel ancora rimane. Ho visto che, dopo la mia spettacolare uscita di scena della volta scorsa, molti di voi hanno iniziato a pensare a Regulus. Devo dire che l’idea mi alletta ma… chissà.

Ormai dovreste aver capito che io sono una che il mistero non lo toglie mai ma piuttosto continua a infittirlo sempre di più.

Ebbene, finalmente sembra che Ariel e Harry si stiano per mettere insieme. Ho notato anche che c’è una leggera disputa fra voi lettori su questa coppia, c’è chi è contento che stiano insieme e chi invece considera sacra la coppia Harry/Ginny. A me personalmente piace quest’ultima coppia però non trovo niente di male neanche nell’altra.

Adesso voi direte: ma sei tu l’autrice, devi deciderti una buona volta.

La risposta ragazzi miei è: continuate a leggere. Perché io ho già decisoJ *sguardo fiero*.

INO CHAN: ehilà!! Finalmente ti risento. Effettivamente avevo iniziato a preoccuparmi e già avevo pensato di chiamare la CIA, l’FBI e pure il detective Conan. xD sono contenta che ti piaccia l’andamento della storia perché per ora mi sembra un po’ monotona. Comunque io adoro descrivere i miei personaggi originali, secondo me è una cosa bellissima così si può sapere se piace anche agli altri e inoltre credo che il personaggio originale rispecchi un po’ noi stessi. Per quanto riguarda la coppia Harry/Ariel, come ho già detto sopra, io Harry lo vedo bene anche insieme ad altre però non odio mica la copia Harry/Ginny, semplicemente non la considero sacra come certe altre (ad esempio Lily/James o Remus/Tonks). Ma vedrai, vedrai. Ti dico solo di non preoccuparti. Ariel figlia di Regulus? Beh, effettivamente sarebbe un colpo di genio e devo dire che l’idea mi piace ma, beh… come dire… *si tappa la bocca per non far uscire nulla di più*. Spero di leggere un’altra tua recensione che mi fa sempre piacere.

P.S. sai che hai veramente un bellissimo senso dell’umorismo? Adoro le persone che sanno scherzare, anche a proprio scapito. J

FEDE15498: eheheh *sorride malvagia* è proprio ciò che adoro, far venire dei seri dubbi ai miei lettori e poi svelarli lasciando tutti quanti spiazzati. Comunque, Ginny non se l’è presa, ed è meglio così effettivamente. Anche io odio quando un’amicizia finisce per colpa di un ragazzo, mi sembra una cosa così stupida. Spero di risentirti. Un bacio, Milly.

STEFANMN: sì, è vero che io adoro Sirius però c’è anche un altro Black che mi piace molto. E non serve mica che tu stia dalla parte della coppia Harry/Ginny o Harry/Ariel solo perché ci sto io, tu scegli pure quella che vuoi. Io sinceramente non “tifo” per nessuna delle due, Harry lo vede bene anche insieme ad altre. Dipende da come mi gira. Ma devi continuare a leggere se vuoi scoprire l’arcanoJ

PUFFOLA_LILY: eh sì, Harry e Ariel si piaccionoJ però un po’ mi dispiace che la coppia Harry/Ginny non ti piace, ma vabbè dai. E speriamo di scoprire presto anche di chi è figlia questa povera ragazza. *sospira scuotendo la testa*.

LULI EVANS POTTER: Ariel è figlia di Regulus o di Sirius? Questo è il problema. Ammetto che quando stavo leggendo la tua recensione avevo proprio un ghigno di pura soddisfazione stampato in volto. Ma sai come siamo noi scrittori… muahahaha. Ok, basta se no qua mi sa che mi strozzi. Spero di risentirti, un bacio.

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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


CAPITOLO NOVE

Era arrivato anche il fatidico giorno di San Valentino di quell’anno  e tutte le ragazze si stavano preparando ad uscire con i loro fidanzati o quelli che semplicemente le avevano invitate ad uscire per diventare poi fidanzati.

E Ariel era una di queste; non era certo la prima volta che usciva con un ragazzo, però si sentiva agitata lo stesso. Forse perché stava per commettere un errore. Forse perché aveva paura che sarebbe finita male.

Harry la stava aspettando davanti alle porte d’ingresso e, non appena la vide arrivare, un sorriso gli sorse spontaneo sulle labbra. Certo che era proprio bella.

“Andiamo?”

Lei annuì e gli fece un sorriso dolce in risposta e i due uscirono dal castello come fecero tanti altri giovani.

C’era ancora parecchia neve per le strade, ma non si faceva molta fatica a camminare. Quel giorno inoltre c’era anche un tiepido sole che cercava di farsi largo tra le nuvole grigie.

“Dove andiamo?” gli chiese lei.

“Ti porto in un posto. Credo ti piacerà”. Rispose lui semplicemente con un sorriso malandrino.

Ariel sperò che non la volesse portare da Madam Piediburro, odiava quel posto; troppo sdolcinato, troppo smielato, così pieno di zucchero e miele da farle venire il voltastomaco. Aveva sempre odiato questo tipo di cose, così zuccherose.

Dopo che camminarono per circa venti minuti, finalmente arrivarono in un posto che lasciò la ragazza leggermente sbigottita. Era un luna park, tipo quelli babbani, con giostre di tutti i tipi, quelle veloci, quelle tranquille, per bambini e per adulti. E sembrava che fossero tutte babbane perché non sembrava ci fosse della magia a farle funzionare.

Quel luogo le era terribilmente familiare e, quando capì perché, le si strinse lo stomaco. Sì, ci era passata spesso con i suoi amici quando andavano ad Hogsmeade, nel loro mondo, solo che era completamente distrutto con i residui dell’incendio. I Mangiamorte l’avevano distrutto proprio perché era babbano. Si era spesso chiesta come doveva essere quando era ancora intero ed ecco, adesso aveva la risposta. Era semplicemente bellissimo, c’erano un sacco di persone che si divertivano un mondo, spensierati e allegri completamente ignari della fine che avrebbe fatto quel posto.

“Allora, ti piace?” le chiese Harry spostando lo sguardo nei suoi occhi grigi.

“Sì”. Gli rispose lei a bassa voce ancora incantata a guardare quel posto; non sapeva bene perché la attirasse così tanto. Forse perché sapeva che prima o poi sarebbe stato distrutto e quindi voleva goderselo il più possibile, o forse per la strana sensazione che provava sapendo che fine avrebbe fatto.

I due ragazzi cominciarono ad addentrarsi all’interno del parco, facendosi largo tra la folla e dovendo parlare parecchio ad alta voce a causa della musica piuttosto alta, musica babbana anch’essa.

Prima salirono sugli autoscontri  continuando a inseguire Dean e un’altra studentessa di Hogwarts, venuti lì anche loro per divertirsi. Harry stava al volante e Ariel continuava a stringerglisi contro tutte le volte che la macchina sbatteva contro un’altra per smorzare l’impatto che faceva col sedile.

Poi, una volta usciti, l’accompagnò per prendere il zucchero filato e se lo divorarono insieme ed entrarono persino in una casa degli orrori.

“Secondo me non ce la fai”. Commentò Ariel ridendo mentre si trovava con Harry davanti ad un bancone pieno di barattoli vuoti che dovevi far cadere con una cerbottana per vincere un premio.

“Tu dici?” le chiese lui con un sorrisetto malizioso, molto vicino al suo naso.

“Sì, dico, dico”.

“Non ti conviene metterti contro di me, bionda”.

“E allora fammi vedere”.

Il ragazzo preparò la cerbottana e riuscì a colpire e far cadere tutti i dieci barattoli senza sbagliare un colpo.

“Visto? Che cosa ti dicevo?” le chiese lui strafottente.

“Tutta fortuna”. Rispose lei arricciando il naso.

“Fortuna o no, sono stato bravo”.

“Tsk!”

“Complimenti!” si aggiunse una ragazza minuta, con i capelli neri che sembrava una zingara e che stava dietro il bancone. “Che premio vuoi?”

Harry spostò lo sguardo verso quella marea di pupazzi che stavano in bella mostra sia dentro che tutto attorno alla tenda del gioco.

Poi spostò gli occhi sulla ragazza e le chiese. “Allora, che cosa vuoi?”

Ariel lo guardò stranita. “Come?”

“L’ho vinto per te questo gioco. Quindi sceglilo tu il premio”.

La bionda sorrise allegra.

“Voglio l’orso gigante”. Rispose alla fine alla ragazza dietro il bancone, che glielo porse.

“E’ più grande di te, come farai a portarlo?” le chiese Harry guardando la ragazza che prendeva il peluches con un po’ di fatica.

“Per questo ho un ragazzo molto forte che risponde ai miei servigi”.

“Oooh, che ruffiana!”

Harry le prese il pupazzo e si diressero ad una panchina, leggermente più lontano dal tumulto del parco per potersi riposare e parlare con calma.

Si stava già facendo buio e presto sarebbe stata l’ora di tornare ad Hogwarts, alcuni ragazzi già si affrettavano per andarsene.

“Grazie, per oggi”. Iniziò Ariel ma senza guardarlo. “Mi sono veramente divertita ed era da un po’ che non succedeva”.

“Prego, sono contento di esserti stato d’aiuto”. Le rispose lui con un sorriso dolce, spostando poi l’orso gigante dall’altro lato dato che era seduto in mezzo a loro, così che potesse sedersi più vicino alla ragazza. “E anch’io mi sono divertito”.

Ad un tratto i loro visi si fecero più vicini, così vicini che si potevano quasi sfiorare i nasi e sentirsi i reciproci fiati sul collo. Alla fine, Harry decise di togliere tutte le distanze e baciò la ragazza, dapprima un bacio leggero e casto, per darle il tempo di schiudere la bocca e lasciarlo entrare. Ariel non attese molto e si baciarono con passione, desiderando non staccarsi più e che quel momento non passasse mai.

La ragazza però sgranò gli occhi rendendosi conto di quello che aveva fatto; no, non era stata per niente una buona idea. Si staccò dalle labbra del ragazzo e lo guardò come se avessero appena fatto una cosa sconvolgente.

“Io… io non…”. Cominciò a biascicare la ragazza. “Non avremmo dovuto. Mi dispiace”.

“Cosa?” fece Harry sgranando gli occhi.

“Scusami… devo andare”.

La ragazza fece per andarsene, ma Harry la trattenne per un braccio.

“Aspetta! Tu… tu non… non mi vuoi?”

Lei lo guardò con rammarico e dispiacere; le faceva tanto male dire tutto quello.

“No, non è quello… non sei tu, sono io che…”.

“Ma risparmiami le scuse, Ariel!” le urlò lui; era proprio incazzato e Ariel si sentì sprofondare. “Parla chiaro piuttosto. Se non mi vuoi, dillo chiaramente e ci leviamo il peso di dosso”.

Harry si alzò e, riservandole un’occhiata di sbieco, si allontanò da lei in direzione del castello.

Ariel era rimasta lì, a guardarlo che se ne andava, se ne andava via da lei. Era stata una giornata stupenda, bellissima, si era divertita come non le era successo da un bel po’ e si era sentita così bene. Ed era riuscita a rovinare tutto in pochi attimi, con delle semplici e stupide parole. E tutto perché questa volta aveva seguito la ragione.

Sì, adesso aveva l’umore completamente a terra.

 

Tutti i ragazzi erano rientrati da poco al castello dopo la gita ad Hogsmeade e adesso si stavano dirigendo alla Sala Grande per la cena.

Ariel però decise di non seguire gli altri così, approfittando della stanza vuota, aveva deciso di rimanerci e di crogiolarsi nel suo dolore.

Avrebbe tanto voluto che adesso ci fossero i suoi amici o i suoi fratelli, loro sì che avrebbero saputo come consolarla. E invece… e invece era completamente sola, sola come non lo era stata da molto tempo o forse mai.  

Adesso lo doveva ammettere, era innamorata di Harry; con lui era riuscita a confidarsi, con lui poteva sia ridere che piangere, lui era riuscito a farle riprendere in mano la chitarra e a farla cantare di nuovo.

Vide la sua chitarra poggiata in un angolo e la prese; quello era un altro momento da mettere giù, su un foglio di carta e trasformarlo in melodia e musica.

I can be tough
I can be strong
But with you, It’s not like that at all

La canzone le venne così, di getto, in fondo non era difficile, bastava solo che ripensasse a quella giornata e a tutti i momenti che aveva vissuto con lui, perché con lui tutto le sembrava più semplice così come coi suoi amici. Lei odiava essere sola e sentirsi sola, proprio come in quel momento. Normalmente era una ragazza forte e dura, ma non in quel momento.

 Theres a girl who gives a shit
Behind this wall
You just walk through it

 Già da quando lo aveva conosciuto aveva sentito che c’era qualcosa, aveva iniziato a provare qualcosa per lui. Anche se finora non l’aveva capito o forse non l’aveva voluto ammettere. Però era strano; lei non si era mai innamorata e non era una tipa da provare quel sentimento. Lui doveva aver rotto quel muro, quella corazza che si era costruita.

And I remember all those crazy thing you said
You left them running through my head
You’re always there, you’re everywhere
But right now I wish you were here

 E adesso? Adesso, che avrebbe fatto? Lui sicuramente ora l’avrebbe odiata. E dire che con lui si trovava così bene, avevano un sacco di cose da raccontarsi. Tra loro ci sarebbe stato del feeling, erano fatti per stare insieme perché avevano lo stesso carattere, proprio come i loro padri.

Damn, Damn, Damn,
What I’d do to have you
Here, Here, Here
I wish you were here

Dannazione! Aveva rovinato tutto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averlo lì con lei ora. Pur di avere i suoi amici con lei. Pur di non sentirsi così sola.

 I love the way you are
It’s who I am don’t have to try hard
We always say, Say like it is
And the truth is that I really miss.

 

 

 ANGOLO PER MEEEEE!!!

 Eccomi di nuovo qua spero di aver aggiornato abbastanza rapidamente e spero anche che questo capitolo vi sia piaciuto visto che smaniavate dalla voglia di sapere come sarebbe andato l’appuntamento.

Non bene comunque, o almeno non bene alla fine. Eh, quando si segue la ragione si rischia di rovinare sempre tutto.

 Però dai, c’è ancora tempo e chissà se riusciranno a mettersi insieme finalmente i nostri due eroi. xD

 Bene, penso di non avere altro da dire, piuttosto voglio che siate voi a lasciarmi un commentino.

 Comunque tranquilli, questa volta la canzone che ha cantato Ariel non è di Taylor ma di Avril Lavigne, Wish you were here. Forse l’avete già sentita e se no, andate a vedervi il video che è molto bello come anche la canzone.

 Un bacio,

Milly.

 FEDE15498: ehi, tranquilla, non ti preoccupare se non ce la fai sempre a recensire, anch’io sono piuttosto impegnata in questi giorni. Maledetta scuola!! Comunque sì, ti consiglio di leggere la fic di Ino perché è veramente moooooooooolto bella, anzi, bella è un eufemismo.

P.S. com’è andato il compito di letteratura??

 PUFFOLA_LILY: an si? Hai letto la fic di Ino? Beh, allora sì che avrai capito qualcosa. Purtroppo però, come hai potuto leggere, l’appuntamento non è andato molto bene, ma chi sa. Mai dire mai. Grazie mille per i complimenti, mi fanno veramente un sacco di piacere. un bacio.

 STEFANMN: ecco, adesso hai saputo cos’è successo all’appuntamento. Non è andato bene, vero?? Comunque sì, hai ragione tu, Harry e Ariel hanno un bel po’ di cose in comune e per questo riescono a capirsi. In realtà, poi, non è che ti toccherà aspettare molto per scoprire qualcosa su questa  Ariel, diciamo circa quattro o cinque capitoli. Spero tu abbia pazienza.

 JULIET ANDREA BLACK: eh sì, Jolie è fortissima. La stimo xD adesso però mi hai messo veramente paura, dovrò veramente guardarmi attentamente le spalle, magari dovrei prendere pure una guardia del corpo :p comunque sono d’accordo con te che i Potter e le rosse vadano d’amore e d’accordo, però anche i Potter e i Black sono come pane e mortadella, quindi… per il resto, sono molto felice che adori questa fic, ma scommetto che è così solo perché è ispirata a quella di Ino :p ahaha, spero di risentirti, un beso. M.

P.S. hai cambiato nick?

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


CAPITOLO DIECI

Ariel era da sola nella Sala Comune di Grifondoro, seduta su una poltrona, con gli occhi grigi fissi sul fuoco del camino.

Era passata quasi una settimana da quando aveva baciato Harry e da quando ci aveva litigato; e da allora le cose erano andate proprio male. Il ragazzo non le rivolgeva più la parola, quando la incrociava o la evitava completamente o le lanciava occhiate malevole e pure Ron la ignorava  per solidarietà verso l’amico. L’unica del trio con cui aveva ancora un rapporto era Hermione, ma nemmeno così tanto, si incontravano più che altro per studiare o per fare i compiti.

Adesso stava più che altro con Ginny, Luna o Neville. E qualche volta scambiava quattro chiacchere con i gemelli.

Ma andava male… era con il trio che doveva fare amicizia, erano loro che doveva aiutare per la sua missione, in particolare Harry e invece… si era completamente allontanata, o meglio, loro l’avevano allontanata. Beh, Harry poteva anche capirlo ed Hermione… Ariel temeva che sospettasse qualcosa.

Però adesso… adesso era arrivato il momento di rimediare, o almeno di provare a farlo. Ma ci sarebbe riuscita, ne era sicura, perché quando Ariel B…Martinez si metteva in testa qualcosa sapeva sempre come ottenerla.

Al diavolo le regole, al diavolo il cercare di passare inosservati… lei non era mai stata una ragazza che seguiva le regole, anzi… non aveva mai seguito la ragione, perché doveva farlo adesso? Lei agiva d’istinto, agiva con il cuore e molte volte si trovava comunque ad aver fatto la cosa giusta.

In quel momento si aprì il quadro della Signora Grassa ed entrò Harry con i capelli scuri scompigliati più del solito, probabilmente reduce da una lezione di Occlumanzia con Piton.

Ecco… era arrivato il momento di entrare in azione.

“Harry!” lo chiamò prima che il ragazzo potesse andare nel suo dormitorio ignorandola come al solito.

Lui si voltò verso di lei lentamente, con una maschera di indifferenza che però non colpì per niente la ragazza, o anche se lo avesse fatto, non lo dimostrò.

“Devo parlarti”.

“Io non ho niente da dirti”.

“Infatti ho detto che io devo parlarti”.

Il moro non le rispose, forse spiazzato leggermente dalle parole della ragazza e dal suo tono tranquillo, oppure perché voleva semplicemente ascoltarla.

“Mi dispiace per quello che è successo a San Valentino. Non dovevo dirle quelle cose. Quel giorno mi sono divertita moltissimo e sto proprio bene con te. Vorrei che provassimo  a…”.

Ariel improvvisamente si bloccò non sapendo bene come continuare, non sapendo che parole usare.

“A che cosa?” la intimò lui a continuare, questa volta però non indifferente, anzi, interessato.

“A… stare insieme”. Disse queste parole con tono leggermente più basso, ma senza spostare gli occhi da quelli di Harry.

Il ragazzo non le disse niente, spostò semplicemente lo sguardo verso un punto imprecisato della stanza; molto probabilmente stava pensando a quelle parole, a quella proposta e Ariel desiderò tanto potergli leggere nella mente in quel momento.

“Tu mi nascondi qualcosa?” le chiese lui ad un tratto. Ma non aveva un tono arrabbiato, né troppo serio. Era semplicemente curioso, forse solo attento.

Ma la ragazza rimase un attimo interdetta… sì, gli nascondeva parecchie cose. Ma non poteva dirgliele. Non poteva assolutamente.

“No”. Gli rispose alla fine, sentendosi un nodo allo stomaco. Non le era mai dispiaciuto così tanto mentire prima d’ora.

“Bene”. le rispose lui avvicinandosi a lei con un sorriso. “Perché vorrei che la nostra storia fosse basata sulla sincerità”.

Era così ingiusto. Almeno a lui avrebbe potuto dire qualcosa. Ma no, le avevano proibito anche quello. Nessuno doveva sapere niente. Ma faceva così male. Non le piaceva mentire sulla sua identità, specialmente con lui.

Alla fine lo baciò; non voleva sentire più niente che le avrebbe fatto provare rimorsi o pentimenti.

Quando si staccarono i loro sguardi si incontrarono incatenandosi con gli occhi, verde con l’azzurro.

“Hai degli occhi bellissimi”. Le sussurrò lui a pochissimi centimetri dal suo viso.

Sì, aveva gli occhi di suo padre e per un attimo Ariel temette che da questo avesse potuto capire qualcosa.

Ma per la miseria! Aveva solo quello, di suo padre, nell’aspetto fisico.

 

 

Ariel e Harry erano seduti sulle rive del Lago Nero, sotto un salice, lui con la schiena appoggiata al tronco dell’albero e lei seduta in braccio a lui.

Stavano insieme da ormai un mese, dato che era arrivato pure Marzo portandosi via tutta la neve. Per le prime settimane a scuola non si era parlato di nient’altro che della nuova coppia venutasi a creare, c’era pure chi aveva fatto le scommesse su quanto sarebbe durata, scatenando le gelosie della Chang che aveva ancora una cotta per il moro.

Non c’era niente da stupirsi, Hogwarts era popolata di pettegoloni, c’erano commenti sempre tutte le coppiette, specialmente se si trattava di ragazzi o ragazze piuttosto popolari nella scuola e chi poteva essere più popolare del Ragazzo Sopravvissuto?

Ma Harry era abituato che si parlasse di lui e ad Ariel a volte piaceva stare al centro dell’attenzione.

“Vorrei tanto che la Umbridge se ne andasse”. Sbottò ad un tratto il ragazzo, dopo un minuto di silenzio che si era venuto a creare fra i due.

“Non sei l’unico a volerlo”.

“Beh, è pure peggio di Piton”.

“Perché non crei un gruppo chiamato Sbarraziamoci della Donna Rospo con tanto di spille da appuntare sulla maglietta?”

“Penso che l’ES possa bastare”.

“Sì, ma quello non serve per farle capire quanto la disprezziamo. L’ES alla fine ha un’altra utilità che è più importante della Rospa”.

“Sì, saper combattere Voldemort e i suoi Mangiamorte”.

Harry si alzò cominciando a passeggiare avanti e indietro, molto vicino al Lago, così che, se non stava attento, sarebbe potuto caderci dentro.

“Ma dimmi qualcos’altro, piuttosto”. Disse lui ad un tratto, volendo cambiare argomento.

“Che cosa?”

“Qualcosa di te”.

Ariel deglutì strozzandosi quasi con la saliva, ma Harry sembrò non accorgersene.

“Mi hai detto che tuo padre è morto… ma avrai una madre o un fratello e una sorella?”

“Sì, ho mia madre e due fratelli”.

“E che scuola frequentano?”

“Durmstrang”. Mentì lei. Ma ormai iniziava a farci l’abitudine.

“E come si chiamano?”

“James e Miguel”.

“Prima hai detto che frequentavi Beauxbatons. Ti sarai lasciata dietro qualche amica. Non ti mancano?”

“Beh, qualcuna forse. Ma non mi piaceva molto quella scuola, per cui non è che abbia avuto grandi rapporti. Sono stata io a chiedere di venire a Hogwarts. Ma adesso dimmi tu qualcosa di te”.

Ariel si accorse che affettivamente di lui non sapeva molto, se non da quello che le avevano raccontato, mentre gli altri aveva avuto modo di conoscerli.

Il ragazzo però ridacchiò. “Penso che di me sappia tutto il Mondo Magico”.

“Loro sanno di Harry Potter, il Ragazzo che è Sopravissuto. Ma io voglio sapere qualcosa di Harry”.

La ragazza gli si era avvicinata e gli aveva rivolto uno sguardo dolce, uno di quelli che mostrava solo poche volte.

“Che vuoi che ti dica?”

“Non so… ad esempio, che ti piace fare?”

“Volare, giocare a Quidditch, stare con i miei amici… fare gli scherzi alle persone”. E, dicendo questo, la prese in spalla e la buttò nel lago facendola andare a fondo.

“Ma sei scemo?” gli gridò lei quando riemerse sputacchiando acqua.

Harry invece se la rideva della grossa.

“Questa me la paghi! E adesso mi aiuti ad uscire di qui!”

Il ragazzo le porse una mano continuando però a ridere, Ariel gliela afferrò, ma anziché usarla per tirarsi su, lo strattonò per il braccio facendo cadere anche lui.

Quando riemerse parve un attimo sbigottito.

Questa volta era il turno della ragazza di ridere, cosa che fece senza alcun remore.

“Brutta cafona!”

Cominciarono a schizzarsi l’acqua in faccia, continuando a ridere divertiti. Poi, quando si fermarono, si abbracciarono e si baciarono, incuranti del fatto che qualcuno poteva vederli, pure qualche insegnante che avrebbe potuto metterli in punizione.

ANGOLO AUTRICE

Ehilà!! Mi avete aspettata tanto?? Mi dispiace veramente tanto ma in questo periodo sono super impegnata. Scusate, dovrete portare un po’ di pazienza.

Allora, beh, come avete potuto constatare, questo capitolo era dedicato ad Harry e Ariel che finalmente ce l’hanno fatta a mettersi insieme. Pensate che durerà?

Beh, non ho molti commenti da fare, li lascio a voi.

Un bacio a tutti,

Milly.

P.S. l’ultima volta mi sono dimenticata di specificare che il parco giochi babbano in cui vanno Harry e Ariel non esiste nei libri. L’ho inventato io e non so dirvi di preciso come mi sia venuta questa idea. Ma non mi sembrava male metterci un parco giochi ad Hogsmeade.

FEDE15498: non ti preoccupare se non sei puntuale, anch’io sono una ritardataria cronica. Visto che però la scorsa volta ci eri rimasta male, adesso penso che invece farai i salti di gioia. J e per quanto riguarda Taylor, mi dispiace deluderti, ma sentirai ancora parlare di lei… ehehehe…

P.S. bravissima per il compito di letteratura!!!

INO CHAN: ahahah oddio Piton in giarrettiera e tacchi non è proprio una bella visione. Santo Godric però, non pensavo fossi così attaccata alla coppia Harry/Ginny. Anche a me piace, non dico certo di no, però non la considero sacra come quella di James e Lily (infatti, anch’io piuttosto che leggermi una Lily/Sev preferirei darmi fuoco). Ma non ti preoccupare, se Ariel viene veramente dal futuro, prima o poi dovrà tornare. Quindi fai tu un po’ i conti. La definizione “amorevolmente pirla” su Harry ci sta da dio comunque, ahahaha, però povero, chiunque ci rimarrebbe male e si incazzerebbe se  la ragazza che ama gli facesse capire che non possono stare insieme. Spero che lo sportello del frigo sia ancora lì dove deve essere, non vorrei mai essere la causa di indigestioni alimentari dei miei lettori. Un bacio, M.

P.S. ahah Jolie!! Fantastica quella ragazza!!! Eh, vedrai, vedrai… :p

STEFANMN: sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e anche per la canzone di Avril. Fa trapelare un sacco di emozioni secondo me, sebbene non molto positive. Un bacio, M.

JULieT ANDREA BLACK: Ehilà!!! Mi fa proprio piacere che adori la mia storia, specialmente visto che è ispirata ad un'altra fic e quindi non del tutto originale. Cooomunque… Boooooob *arriva un uomo grande quanto un armadio che guarda Julier con aria minacciosa scroccandosi le dita* Bob, ti presento Juliet, Juliet, ti presento Bob la mia guardia del corpo. Vediamo se adesso avrai il coraggio di rapirmi… ehehehe :p

P.S. sìììì, siamo telepaticheeee!!!! Bello anche che abbiamo qualcosa in comune, anche a me piace molto Taylor. Ma questo si era capito J

PUFFOLA_LILY: eh, chi di noi non vorrebbe uscire con Harry o Sirius o Jame o Remus o Hagrid o Silente… ok, basta, sto vaneggiando. Ahahah, vediamo se il tuo presentimento era corretto. Un bacio, M.

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Capitolo 12
*** Capitolo undici ***


ATTENZIONE: linguaggio scurrile

CAPITOLO UNDICI

Ariel stava scendendo tranquillamente le scale dalla sua Sala Comune; si sentiva allegra quel giorno, finalmente era tornata a sorridere.

Ad un tratto però si era trovata davanti Cho Chang e, normalmente, la bionda l’avrebbe sorpassata andando avanti, ma fu il suo sguardo corrucciato e serio a trattenerla sullo scalino dove si trovava.

“Ti serve qualcosa?” le chiese allora Ariel con sguardo curioso.

“Devo chiarire una cosa con te”.

“Parla allora”. La spronò la Grifondoro.

“Mi hai rubato il ragazzo”.

“Io cosa?”

Ariel adesso era proprio incredula; non poteva credere che quella tipa venisse a dirle una cosa del genere.

“Hai capito bene! Sei solo una schifosa troia!” le urlò la Corvonero e qualcuno che era di passaggio si fermò pure a osservare la scena stupito udendo quelle parole.

Ariel però, che odiava quando qualcuno la offendeva, specialmente con delle parole così pesanti, veloce come il vento, estrasse la sua bacchetta dalla tasca e le lanciò un incantesimo che la fece rimbalzare contro il muro che era dietro di lei.

Cho però si riprese subito, così anche lei tirò fuori la bacchetta. Ma Ariel, che era più preparata e con dei riflessi migliori, la disarmò in un batter d’occhio. Le si avvicinò con uno sguardo omicida e perfido, sembrava il diavolo fatto persona.

Ma questo non sembrava spaventare l’altezzosa Corvonero che, anche senza bacchetta, sapeva come farsi onore e la prese per i capelli facendola cadere per terra. Allora, anche la fiera Grifondoro cominciò ad attaccare ed entrambe si dettero calci e pugni attirando sempre più spettatori, chi spaventato, chi curioso, chi divertito e chi che faceva scommesse su quale sarebbe uscita vincitrice.

“Harry è mio!”

“No è mio! Non è colpa mia se tu non sai tenerti strette le persone!”

Proprio in quel momento arrivò il motivo del loro litigio che, vedendo quella scena e udendo quello che avevano detto, rimase un attimo interdetto. Tutti gli occhi adesso si spostarono su di lui.

Alla fine però si avvicinò alle due ragazze per staccarle, dato che non voleva si facessero troppo male. Riuscì ad afferrare la sua ragazza e a staccarla dalla Corvonero, mentre un altro ragazzo tratteneva la mora.

“Ariel ma che ti è saltato in mente?” chiese allora alla bionda guardandola un po’ severo.

“E’ stata lei la prima ad attaccarmi!” urlò lei indicando Cho con sguardo rabbioso.

“Tu sei stata la prima a tirar fuori la bacchetta”. Fece l’altra di rimando.

“Ma tu mi hai chiamata troia!”

“Perché lo sei!”

“Chiudi quella fogna che hai per bocca, cogliona!”

“Cogliona a me?!”

“Ok, ora basta!” cercò di calmarle Harry che stava ancora cercando di trattenere Ariel dato che voleva di nuovo buttarsi sulla Corvonero.

“Lei non ha alcun diritto di offendermi né di venire a dirmi che le ho rubato il ragazzo”. Gli spiegò la bionda senza però abbassare la voce; era meglio se se ne andavano via tutti prima che qualche prof. passasse di lì.

“Va bene, adesso è meglio che ognuno torni alle proprie faccende”. Concluse Harry alla fine, leggermente stanco di tutto quel gridare.

“Ma…”. Cercò di protestare Ariel, così il ragazzo se la mise in spalla come un sacco di patate e la portò fin nel suo dormitorio dove per fortuna non c’era nessuno.

La mise seduta sul letto mentre lui le si inginocchiò davanti e cominciò a controllarle i graffi che aveva sulle braccia.

La ragazza aveva tutti i capelli spettinati e un viso corrucciato; sembrava essersi calmata adesso, doveva aver sbollito la rabbia, almeno in parte o forse era Harry che era riuscito a calmarla un po’.

“Non è niente”.  Borbottò lei allora  quando la mano del ragazzo si fu spostata su un livido che aveva sotto all’occhio, ma si vedeva che un po’ le faceva male dato che si era leggermente spostata come se avesse preso una scossa.

Lui allora, senza dirle niente, prese del ghiaccio dal bagno e glielo mise sul livido per evitare che si gonfiasse.

“Dovevi per forza picchiarti con Cho?”

“Lei mi ha detto che le ho rubato il ragazzo e mi ha chiamata troia”.

“Meno male che non è passata la Umbridge”.

La ragazza scrollò semplicemente le spalle.

Harry allora le sorrise, un sorriso al contempo sia dolce che malandrino.

“Sei la mia piccola malandrina tu”. le sussurrò all’orecchio prima di baciarla con passione facendola sdraiare sul letto.

Approfondirono sempre di più quel bacio, le loro lingue erano impegnate in una danza piuttosto contorta ma passionale e sembrava che non si volessero più lasciare.

Alla fine Ariel, approfittando del fatto che il ragazzo era sopra di lei, prese a slacciargli la camicia con mano esperta, come se lo avesse già fatto prima, però lui le afferrò la mano per bloccarla.

“Ti prego, Harry, facciamolo”. Lo supplicò lei guardandolo con i suoi profondi occhi grigi.

“E’ la tua prima volta?” le chiese lui con voce leggermente roca.

Lei scosse la testa così il ragazzo si sentì più libero di andare avanti.

E ricominciarono a baciarsi di nuovo e, man mano che si toglievano i vestiti, andavano sempre più giù.

 

 

Mezz’ora più tardi, erano entrambi sdraiati nel letto, completamente nudi con solo il lenzuolo a coprirli.

Lui aveva un braccio dietro le spalle di Ariel e lei una mano appoggiata sul petto leggermente muscoloso di Harry.

Non dicevano niente, se ne stavano in silenzio, con un po’ di fiatone come se avessero appena corso. Però si sentivano soddisfatti, entrambi.

Ad un certo punto la porta della stanza si aprì facendo sbucare la  testa rossa di Ron che rimase lì sulla soglia leggermente sbigottito.

“Che state facendo?” chiese alla fine.

Ariel gli tirò un cuscino senza però riuscire a beccarlo datp lui si era spostato.

“Esci, testa di rapa!” gli gridò allora la ragazza; era divertita però non arrabbiata. Il ragazzo comunque se ne andò, conoscendo abbastanza Ariel da sapere che non doveva provocarla.

“Dovremmo metterci un cartello la prossima volta”. Disse lei rivolta ad Harry una volta che la porta fu di nuovo richiusa.

“Sì, scrivendoci magari Attenzione! Attività sessuali in corso”. Rispose lui sarcastico.

Lei, ridendo divertita, gli montò sopra dandogli un altro bacio, questa volta però più leggero e casto.

“Ti amo”. Gli sussurrò a pochi centimetri dalla bocca.

“Anch’io”.

SPAZIO AUTRICE

Uuuuh abbiamo assistito anche ai calori bollenti di Harry e Ariel. Ahah, spero di non aver sconvolto nessuno :p

Siete contenti comunque che abbia aggiornato oggi? Eh, ho deciso di essere buona e di farvi un bel regalo in questo sabato un po’ grigio (almeno da me). Ahaha no, la verità è che questo sabato, strano ma vero, non sono uscita così, io e Jimmy, ovvero il mio fantastico Pc (sì, ho dato un nome al mio computer, che c’è di strano? >.<), abbiamo deciso di aggiornare tutte le nostre fic in corso.

Mi scuso con tutte le fan di Cho per la pessima figura che le ho fatto fare. Sinceramente non so perché mi venga sempre da trattarla così male, in realtà la Row la descrive come una ragazza dolce e sensibile, ma a me viene sempre da farla come una sfigata racchia rompipluffe. Boh.

Vabbè, spero comunque che questo capitolo via sia piaciuto sebbene non succeda niente di particolare, ma come vedete questi capitolo mi servono un po’ per presentare Ariel.

Presto, ovvero fra quattro o cinque capitoli, ci sarà finalmente la grande scoperta, verrà fuori il segreto di Ariel e scopriremo di chi è figlia.

Visto però che state morendo dalla voglia di saperlo o quantomeno di riuscire ad avere qualche informazione in più per farvi un’idea sulla sua misteriosa famiglia, vi lascio un indizio. Provate a pensare ai suoi fratelli… James e Miguel non sono i loro nomi completi e, se avete letto la fic di Ino… *sbatte la testa sul muro per non dire più niente*. Basta, basta, ho già detto troppo.

Adesso vi lascio, godetevi questo fine settimana.

Un beso,

Millyray.

FEDE15498: eh, chi lo sa come la prenderà Harry quando scoprirà che Ariel gli ha mentito. Se continuerai a leggere lo scoprirai :P comunque lo scherzo che ha fatto Harry ad Ariel lo trovo piuttosto divertente però posso capire che chi si trova vittima non la pensi altrettanto. E certo che ti puoi unire al club “sbarrazziamoci della donna rospo”, siamo un gruppo sempre in crescita e adesso stiamo provvedendo a creare le spille. Se leggerò un’altra tua recensione ti darò il foglio con delle semplici regole :P un beso, M.

INO CHAN: *guarda con aria perplessa i pezzettini di frigorifero sputati da Ino* stai tentando di farmi sentire in colpa, per caso? Beh, adesso ti ripago con la stessa arma… Juliet ha ragione, non aggiorni mai!! *le fa una pernacchia* ahah, no dai, a parte gli scherzi, posso benissimo capire se non hai tempo per aggiornare più spesso le tue storie, d’altronde nemmeno io riesco ad aggiornare più di una volta la settimana. Comunque ho letto l’ultimo capitolo di I lost my home che hai pubblicato, anche se non ho recensito, ma tanto sai già quale sarebbe il mio commento: che la tua storia è fantastica, che amo i personaggi, che non vedo l’ora di sapere che cosa succederà ecc… ma tornando alla mia storia, effettivamente hai ragione su Harry e Ariel, però per adesso non voglio svelare niente, devi solo continuare a seguire e lo scoprirai… :P si capisce perfettamente che tu ami le storie corali, però devi sapere che in genere io mi concentro su un personaggio in particolare, specialmente all’inizio. Ma non ti preoccupare, andando avanti ci saranno molti altri personaggi e quindi l’occhio della fanfiction, come lo chiami tu, si amplierà. Spero di risentirti, un bacio. Milly.

JULIET ANDREA BLACK: *Bob brandisce una mazza in modo molto ma molto ma molto ma molto minaccioso* adesso non si farà più trattare come l’altra volta, mi spiace cara. :D comunque non credevo che la mia storia ti avesse influenzata così da fartici pensare addirittura a scuola. Certo, anche a me a volte capita, due volte durante la lezione di filosofia, mi è venuto un colpo di ispirazione che sono quasi saltata sulla sedia. Però non vorrei essere responsabile dell’abbassamento della tua media perché, anziché prendere appunti, ti metti a pensare ad Ariel e ai suoi possibili parenti :p comunque mi fa piacere che anche tu odi le Lily/Severus perché ultimamente trovo sempre più fan di questa coppia e mi viene ogni volta la pelle d’oca e una terribile orticaria solo a pensare a loro due insieme *inizia a grattarsi dappertutto e poi le vengono anche le convulsioni*. E grazie per aver detto che sono fantastica ehehe. Siamo tutti fantastici e coccolosi come Harry. Eh sì, carini e coccolosiJ ok, penso di avere detto tutto, non sono una che si dimentica le cose come te o che spegne il computer cancellando tutto. ehehe. Spero di risentirti, un bacio, M.

P.S. ma sai che mi diverto sempre un mondo a leggere le recensioni tue e di Ino? Ahaha

PUFFOLA_LILY: bene, mi fa piacere che li trovi bene insieme Ariel e Harry e spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Un bacio e alla prossima. M.

STEFANMN: beneeeeee, Milly essere molto contenta che a stefan piaccia storia. Ok, torniamo seri. Beh, che dire… continua a seguirmi e a leggere delle avventure dei nostri giovani eroi. *si unisce al trenino dei lettori per ballare la conga*.  

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici ***


CAPITOLO DODICI

E anche Pasqua era passata ma non aveva affatto portato buone nuove; anzi, la situazione ad Hogwarts era peggiorata.

L’Esercito di Silente era stato scoperto dalla Umbridge e la Donna Rospo aveva creduto che fosse stata tutta un’opera del preside della scuola, quella di creare un’organizzazione segreta. Il professore però, non aveva di certo confermato il contrario e tutto per proteggere i suoi studenti.

Così era stato costretto a scappare per non essere trascinato ad Azkaban dal Ministro della Magia e la Umbridge era diventata la nuova Preside di Hogwarts, facendo più danni di quanti non ne aveva fatti prima.

Aveva fatto appendere da Gazza un sacco di nuovi decreti e leggi che praticamente vietavano qualunque cosa; Hogwarts sembrava essere diventata un centro di correzione più che una scuola.

Non potevi nemmeno portare la camicia fuori dai pantaloni o baciarti con la tua ragazza senza venire punito o senza che sottrassero dei punti alla tua casa.

E naturalmente nessuno era contento di tutto questo, nemmeno i professori.

 

Ariel e Harry si stavano dirigendo, mano nella mano, verso la Sala Grande, dopo che erano appena stati a trovare Hagrid, quando all’improvviso si trovarono davanti Malfoy e il suo brutto cipiglio.

“Ma che bello, lo Sfregiato e la sua nuova amichetta. Sicuramente ora vi state disperando come dei matti per la mancanza del vostro caro Silente”.

“Chiudi il becco, Malfoy!” gli abbaiò Harry che stava iniziando leggermente a incazzarsi, come succedeva sempre quando incrociava il Serpeverde, ultimamente.

“E perché dovrei farlo? Perché me lo chiedi tu?” Malfoy iniziò a ridacchiare sguaiatamente come se avesse fatto una battuta molto divertente.

“Senti Furetto, ti conviene sparire se non vuoi fare una brutta fine”. Lo avvisò Ariel parendo però piuttosto tranquilla, anzi, forse solo un po’ scocciata.

“Oh, adesso pure una ragazzina si mette a minacciarmi. Pensi di farmi paura?”

“Beh, ti converrebbe averne. In genere non sono una che scherza”. Adesso però il tono della ragazza era diventato minaccioso.

Il Serpeverde ricominciò a ridere come se trovasse tutta quella cosa ridicola e divertente.

“Malfoy, torna a leccare il culo alla Umbridge. Noi abbiamo di meglio da fare”. gli suggerì Harry trascinando con sé la ragazza prima di essere tentato a tirar fuori la bacchetta.

Quando arrivarono in Sala Grande per il pranzo si sedettero al tavolo al quale erano già seduti Ron ed Hermione, che stavano di nuovo bisticciando per qualcosa, ma appena i due ragazzi arrivarono, smisero immediatamente.

“Guardatela! Si comporta come se fosse la regina del castello”. Biascicò Harry osservando la Umbridge che se ne stava seduta nella sedia in cui di solito  sedeva Silente e guardava tutta la sala con il suo falso sorriso da dolce nonna che cucina i biscotti. Ma dietro a quella finta facciata si potevano notare l’arroganza e la voglia di potere.

“Mi dà così sui nervi!” aggiunse Ron mentre anche lui spostava lo sguardo sulla nuova preside.

“E gli unici che sembrano contenti sono i Serpeverde”.

“Dovremmo darle una lezione”. Propose Ariel.

“Di che tipo?” le chiese Ron interessato.

“Farle dei dispetti”.

“Non vi conviene. Vi metterebbe in punizione o vi espellerebbe”. Fece notare Hermione che come al solito non amava infrangere le regole. Inoltre quell’anno era un Prefetto.

“No, se non ci scopre. Non sarebbe la prima volta che faccio degli scherzi a un insegnante”. Disse la bionda mentre si scambiava un sorriso malandrino con Harry.

 

Quel pomeriggio un sacco di studenti si erano radunati per osservare con interesse e curiosità qualcosa che si trovava sul muro di fronte alle porte della Sala Grande.

Ad un certo punto erano arrivati anche gli insegnanti con la Umbridge in prima fila e, non appena si era avvicinata era impallidita tutto d’un botto.

LA UMBRIDGE E’ UNA ROSPA INCAPACE DI GESTIRE UNA SCUOLA E CHE PIUTTOSTO DOVREBBE ANDARE A SGUAZZARE IN UNO STAGNO FANGOSO.

Questo si poteva leggere sul muro, scritto a caratteri cubitali e in più colori, in una scrittura perfettamente leggibile. C’era chi rideva divertito, come la maggior parte che odiava la Umbridge e altri che invece temevano i guai nei quali si sarebbero potuti cacciare anche se non erano stati loro.

C’era, però, persino chi era arrabbiato come i pochi che invece l’adoravano.

“Chiunque sia stato, è stato un genio!” dissero Fred e George che si trovavano in un angolo ad ammirare quella scritta insieme a Harry, Ariel, Ron ed Hermione.

I due innamorati allora iniziarono a ridere e a lanciarsi occhiate complici.

I gemelli allora li guardarono, dapprima stupiti, e poi con due sorrisoni enormi anche loro, avendo capito che cos’era successo.

“Se vi scopre sarete in guai seri”. Li avvertì Hermione con sguardo ammonitore.

“Dai Hermione, non essere così pessimista”. Disse George.

“Sono stati grandiosi”. Aggiunse Fred.

All’improvviso la Umbridge cominciò a parlare e non si poteva di certo fare a meno di ascoltarla, dato che si era incantata la voce per poter essere udita chiaramente da tutti e probabilmente anche in tutte le stanze della scuola.

Disse che avrebbe fatto perquisire tutte le camere da letto e tutti gli studenti per scoprire il colpevole di quello che lei considerava reato, dato che si capiva perfettamente che la scritta era stata fatta con delle bombolette spray babbane.

“Ok, adesso siete fregati”. Disse Hermione in tono Io-ve-l’avevo detto, ma non riuscendo a nascondere la preoccupazione per i suoi amici.

“Hermione, pensi veramente che siamo così stupidi da non nascondere l’arma del crimine?” le fece notare Ariel con un sorriso malandrino e orgoglioso.

“E di certo non andremo a dire in giro che siamo stati noi”. Aggiunse Harry.

 

Erano passate un paio di settimane dallo scherzo della scritta sul muro e la Umbridge non aveva ancora scoperto chi era stato; aveva perquisito tutte le stanze e aveva pure interrogato qualche studente, ma tutto invano, sembrava pure che ci stava per rinunciare.

Ariel e Harry intanto, erano riusciti soltanto a farle un altro scherzo, mettendole del lassativo nella tazza del suo thè pomeridiano, facendola correre in bagno per quasi tutto il giorno.

Però, quella sera, avevano in programma di farle saltare di nuovo i nervi, approfittandone anche per divertire gli studenti.

And that’s why I smile. It’s been a while 
since everyday and everything has felt this right. 
And now you turn it all around .  
And suddenly you’re all I need the reason why,                                                                                                                                 I-I-i-i- smi-i-i-ile

Si sentiva provenire dal cortile di Trasfigurazione qualcuno che cantava e suonava una canzone allegra e vivace; Ariel si trovava al centro di un palco improvvisato, con in mano un microfono e saltando di qua e di là mentre dava sempre più forza alle sue corde vocali. Indossava soltanto un paio di pantaloncini corti, calze a rete, un top e i capelli adesso erano adorni anche di un sacco di meches verdi chiaro oltre a quella rosa e gli occhi pieni di matita nera.

Dietro di lei si trovavano Fred e George alla batteria, mentre un sacco di studenti si erano radunati attorno al palco per assistere al mini concerto ballando e scatenandosi. Harry se ne stava vicino al palco insieme a Ron. L’aveva aiutata a organizzare quel mini concertino, era suo complice, quindi la Umbridge avrebbe potuto mettere in punizione anche lui. Ma poco gli importava.

All’improvviso, però, si interruppe per poi, neanche un minuto dopo, incominciare con un’altra canzone, più allegra e rokeggiante di prima. Un paio di strumenti, come una chitarra elettrica, erano stati incantati per suonare da soli.

 You say that I'm messing with your head (yeah yeah yeah yeah)

All cuz I was making out with your friend (yeah yeah yeah yeah)

Love hurts whether it's right or wrong (yeah yeah yeah yeah)

I can't stop cuz I'm having too much fun (yeah yeah yeah yeah)

You're on your knees, begging: “please, stay with me”

But honestly I just need to be a little crazy

All my life I've been good, but now

I’m thinking: “what the hell!”

 Adesso Ariel era scesa dal palco e aveva cominciato a saltare sul prato, i ragazzi che si spostavano per farla passare, sempre cantando con il microfono in mano. Beh, non era certo la prima volta che faceva dei mini concertini e si divertiva sempre un sacco a farli.

 All I want is to mess around

And I don't really care about

If you love me

If you hate me

You can save me

Baby, baby

All my life I've been good, but now

Whoooooooa what the hell!

What? What? What the hell!

 Si sarebbe divertita a cantarla di fronte alla Umbridge, ma in quel momento non c’era e forse per il momento era anche meglio. Voleva finirla quella canzone, visto che era una delle sue preferite e delle migliori che secondo lei aveva scritto.

 So what if I go out on a million dates? (yeah yeah yeah yeah)

You never call or listen to me anyway (yeah yeah yeah yeah)

I'd rather rage than sit around and wait all day (yeah yeah yeah yeah)

Don't get me wrong, I just need some time to play (e-yea)

You're on your knees, begging: “please, stay with me”

But honestly I just need to be a little crazy

All my life I've been good, but now

I’m thinking: “what the hell!”

 Risalì di nuovo sul palco andando vicino al suo ragazzo che si stava scatenando con la chitarra elettrica.

Non gli ci era voluto molto per imparare ad usarla. Glielo aveva insegnato Ariel, almeno le note principali che servivano per suonare quelle canzoni.

 All I want is to mess around

And I don't really care about

If you love me

If you hate me

You can save me

Baby, baby

All my life I've been good, but now

Whoooooooa what the hell!

 All’improvviso però, era arrivata la Donna Rospo che si era avvicinata al palco mentre tutti gli altri studenti si spostavano spaventati per farla passare e c’era pure chi era scappato.

Ma i ragazzi non avevano smesso di suonare, anzi Ariel si era avvicinata a lei e le stava pronunciando le parole della canzone a poca distanza dalla faccia, per niente intimorita dal fatto che stava diventando rossa per la rabbia.

 Così la professoressa, vedendo che non accennavano a fermarsi, con un colpo di bacchetta zittì tutti quanti gli strumenti e solo allora la ragazza smise di cantare.

 “Ma non avevo ancora finito!” si lamentò Ariel.

“E non le converrebbe nemmeno finire se non vuole cacciarsi in un brutto guaio, signorina Martinez”. Fece la Umbridge cercando di mantenere un tono calmo ma si vedeva che stava per diventare isterica. “Lei non ha proprio alcun contegno”.

“Ma non stavo facendo niente di male”.

“E  non osi rispondermi!” gridò allora la preside come se si fosse lasciata improvvisamente andare al moto di rabbia. “E le pare questo il modo di vestirsi a scuola? Dovrei espellervi tutti!”

 Soltanto allora i ragazzi si zittirono ma non lasciarono intendere di essere spaventati, sempre se lo erano.

 “Quindi verrete nel mio ufficio, ora!” Concluse alla fine Umbridge, tornando di nuovo calma, come se avesse dato tutto lo sfogo alla sua rabbia e al suo isterismo. “Voglio mostrare che cosa succede ai bambini disubbidienti che cercando di andarec contro le regole. Oh, non la passerete liscia”.

 I tre ragazzi si misero a seguire la Umbridge con la coda tra le gambe e delle espressioni mogie e fintamente dispiaciute e preoccupate. O quanto meno per quanto riguarda Fred e George. Ariel, invece, afferrò Harry per un braccio e così anche lui fu costretto a unirsi alla processione.

 

 
ANGOLO DELL’ AUTRICE PAZZA O MEGLIO… COMPLETAMENTE ANDATA

Ma come mi è uscito questo capitolo?? Bo…. *si sente intimorita sotto lo sguardo
dei lettori che la guardano come fosse appena uscito dal reparto malattie mentali del S.Mungo*. Sarà colpa del bicchierino di grappa che ho mandato giù. @__@

 Ooook… sorvoliamo.

 Allora, piccolo chiarimento sul capitolo precedente. Ho visto che un paio di voi hanno avuto da ridire su quel Ti amo fra Harry e Ariel. Beh, effettivamente forse il Ti amo era un pochino esagerato, specialmente tra due adolescenti. Ma appunto, sono solo adolescenti e io credo che i giovani diano un po’ per scontato queste parole e questo sentimento. E comunque, i due ragazzi non stavano insieme proprio da poco, diciamo da circa un mese se non di più, dato che si sono messi poco dopo S.Valentino e lo scorso capitolo era ambientato in primavera mi pare, quindi marzo inoltrato se non quasi aprile. Inoltre, vi confesso, che io con le scene d’amore non ci so fare tanto. Ogni volta che le scrivo, o mi viene qualcosa di erotico o qualcosa di troppo smielato con delle frasi esagerate da far strappare i capelli persino a me.

 Ma ora torniamo a questo capitolo… beh, sono iniziati anche gli scherzi alla Donna Rospo. Le canzoni che canta Ariel sono alcune strofe di Smile e What the hell, entrambe di Avril Lavigne. E secondo voi, i ragazzi verranno espulsi?

 Inoltre, so che non l’ho scritto prima, è che mi è venuto in mente soltanto oggi: ho deciso di mettere un secondo nome ad Ariel, Pandora, vi piace?

Ultima cosuccia prima di andarmene… riuscite a chiarirmi un dubbio? Qual è il cognome da ragazza di Alice Paciock?

 Grazie mille, un bacio a tutti.

M.

 P.S. ho deciso di aumentare il rating della storia. Da giallo è passato ad arancione.

 FEDE15498: eh sì, ho dato un nome al mio pc perché gli voglio troppo bene. io ho scelto Jimmy per il mio smisurato amore per il nome James (Jimmy è un diminutivo). Grazie per il commento, spero di risentirti, per quanto la scuola te lo permetta. E io posso capirti -.-

 PUFFOLA_LILY: ahah, contenta di averti fatta divertireJ grazie per il commento, come sempre adoro leggere le tue recensioni. Un bacio, alla prossima M.

 INO_CHAN: ciao carissima, che bello sentirti. Grazie mille per il commento, mi fa sempre piacere sentire che cosa pensano gli altri. Sono una persona molto aperta anche a sentire le opinioni altrui. Comunque, per quanto riguarda quel Ti amo, ho già risposto sopra e non mi va di stare qui a ripetermi. Un bacio, spero di risentirti cara  M.

 JULIET ANDREA BLACK: oh bene, sono contenta di aver trovato un’altra che odia le Lily/Severus. Io sono come Ino. Per me James è di Lily e di nessun’altra. Punto. Comunque, ahah, non sai quanto mi sono divertita a leggere dei tuoi mille dubbi *si sfrega le mani in modo molto soddisfatto come fanno le mosche*. Oddio, forse questa non era una cosa bella da dire O_O meglio che inizi a correre. Ma non ti preoccupare, presto i misteri verranno svelati. Mi dispiace comunque che quel Ti amo ti abbia lasciata di stucco, ma ho già risposto sopra, quindi… spero di risentirti, un bacio. M.

 STEFANMN: ehm no, non hanno perso la verginità, almeno per quanto riguarda Ariel. Lei lo aveva detto, infatti, per questo Harry non ha esitato così tanto. Comunque secondo me, non è una cosa così importante, se lo avessi descritto nei dettagli, allora sì che sarebbe stato sconvolgente. Dovresti leggere i capitoli futuri per capir

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Capitolo 14
*** Capitolo tredici ***


CAPITOLO TREDICI

Alla fine non erano stati espulsi. La McGranitt era riuscita a convincere la Umbridge a non buttare fuori dalla scuola i quattro studenti della sua casa. In compenso però si erano beccati una punizione che non era ancora finita e che non si sarebbero scordati tanto in fretta.

Ariel ora si trovava nel corridoio di fronte alla Sala Grande che passeggiava avanti e indietro senza sapere bene che fare.

Harry aveva l’esame di Storia della Magia e lei era venuta lì per aspettarlo, sentendosi però una strana sensazione nello stomaco. Forse era dovuta al fatto che tra un po’ la scuola sarebbe finita e lei non sapeva che cosa avrebbe fatto tutta l’estate, da sola, né dove sarebbe andata. Beh, aveva già un’idea di dove poteva andare ad alloggiare però avrebbe dovuto mentire agli altri.

Intanto cercava di distrarsi con altri pensieri; le venne da sorridere ricordandosi come, pochi giorni fa, Fred e George avevano abbandonato la scuola volando sulle scope e lanciando fuochi d’artificio dappertutto lasciando un bel ricordo di sé e facendo di nuovo impazzire la Donna Rospo.

Lei sapeva che lo avrebbero fatto, glielo avevano già raccontato, così come sapeva che cosa sarebbe successo dopo, quando Harry fosse uscito tutto trafelato fuori dalla Sala e dove sarebbero andati, anche quello le avevano raccontato.

Ma non sarebbe successo niente di male, anzi, in fondo sarebbe andata bene, il Ministro avrebbe avuto la prova che Voldemort era tornato. Però la brutta sensazione allo stomaco non riusciva a togliersela.

All’improvviso la porta della Sala Grande si aprì e la ragazza vide uscire Harry leggermente pallido e sconvolto.

“Harry, che è successo?” gli chiese avvicinandoglisi. Sapeva benissimo che cos’era successo ma non poteva certo farglielo capire.

Il ragazzo spostò i suoi occhi verdi leggermente sofferenti su di lei e poi la trascinò a sedersi su una panchina con lui.

“Ariel, devo dirti una cosa”. Iniziò lui e sembrava che sarebbe veramente andato in panico. “Hai presente Sirius Black? Ecco, lui è il mio padrino e non ha ucciso nessuno. Adesso è al Ministero con Voldemort e io devo aiutarlo…”.

“Anch’io devo dirti una cosa su Sirius Black…”. Lo interruppe lei. Non sapeva come quelle parole le erano uscite, né perché le avesse pronunciate. Le erano semplicemente venute così, forse perché era stanca di mentirgli o forse perché si era resa conto che ormai la verità doveva venire fuori.

Vennero però interrotti dall’arrivo di Ron ed Hermione.

 

Harry, Ariel, Ron, Hermione, Ginny, Luna e Neville si trovavano al Ministero della Magia, più precisamente nell’ufficio misteri e avevano appena ascoltato la voce sibilante e gracchiante della Cooman che, a quanto pareva, era uscita da una Profezia riguardante Harry.

Fino a lì erano stati fortunati, non avevano incontrato nessuno che li aveva ostacolati, a parte la Umbridge della quale però erano riusciti a sbarazzarsi grazie ai Centauri e volare fino a lì sui Thestral.

Di Sirius e Voldemort però, ancora nessuna traccia.

“Bene, bene, bene”. si sentì all’improvviso una voce maschile che nascondeva un tono soddisfatto. “Così mi semplificate le cose”.

I ragazzi si strinsero l’un l’altro al centro della stanza quando si accorsero di essere circondati dai Mangiamorte, tutti quanti con le bacchette sguainate e puntate contro gli aggressori.

All’improvviso una Mangiamorte iniziò a ridere e, quando si voltarono, scoprirono che si trattava di Bellatrix, col volto interamente scoperto, a differenza dei suoi compagni. Ma lei non aveva bisogno di mascherarsi, sapevano ormai tutti che era una fiera seguace di Voldemort.

“Dov’è Sirius?” chiese Harry ai Mangiamorte cercando di essere minaccioso.

“Sai Potter, dovresti imparare a riconoscere la differenza tra sogno e realtà”. Parlò di nuovo la voce maschile di prima, sempre con quel tono calmo. “Adesso dammi la Profezia”.

Ad un tratto i ragazzi lanciarono un incantesimo dalle loro bacchette facendo cadere tutti gli scaffali con le sfere di vetro per rallentare i Mangiamorte e poter scappare.

Si divisero tutti quanti, ciascuno inseguito da almeno un individuo mascherato, riuscendo a tener loro testa, grazie alle lezioni che avevano seguito nell’Esercito di Silente.

Luna però, senza sapere come, si era ritrovata messa all’angolo; avanti non poteva andare perché c’era il muro e dietro di lei c’era un Mangiamorte con la bacchetta alzata e lo sguardo minaccioso sebbene fosse celato dalla maschera. La ragazza comunque riusciva ad avvertirlo. Così non sapeva più da che parte andare. Però aveva ancora la bacchetta e sapeva usarla.

Il Mangiamorte venne scagliato contro il muro da un potente Schiantesimo che molto probabilmente l’aveva pure fatto svenire.

Ma non era stata la biondina a lanciarlo. Quando si voltò per vedere chi era stato, trovò un ragazzo piuttosto alto, muscoloso, con i capelli di uno strano color blu elettrico. Non lo aveva mai visto prima d’ora, ma capì immediatamente che stava dalla parte dei buoni.

Ginny invece si era trovata circondata da due Mangiamorte, mentre un terzo lo aveva già steso. Ma questa volta sarebbe stato più difficile perché, se attaccava uno l’altro avrebbe attaccato lei e attaccarli tutti e due insieme non era in grado. Mentre cercava un’altra via di fuga però, vide i due uomini mascherati volare lontano da lei ai lati opposti della stanza senza che però lei avesse mormorato nessun incantesimo. Vide però, poco distante da lei, un ragazzo alto, coi capelli scuri che, non appena lei si voltò a guardarlo, le rivolse un sorriso sghembo molto attraente.

Ma da dove era sbucato? Si chiese, non lo aveva mai visto prima d’ora. Ma se l’aveva aiutata non poteva essere cattivo.

Neville invece era caduto a terra insieme alla sua bacchetta che era rotolata non troppo distante da lui ma che non poteva prendere perché un Mangiamorte si trovava sopra di lui e gli stava puntando contro la bacchetta, pronto a colpirlo.

All’improvviso però lo vide cadere e si dovette spostare perché non gli precipitasse addosso. Dietro al Mangiamorte si trovava una ragazza con lunghi capelli rossi leggermente ondulati e un’aria veramente minacciosa. Doveva essere stata lei a colpire il Mangiamorte, ma il ragazzo non sapeva proprio chi fosse, né da dove fosse venuta fuori.

Però era stata brava a mettere K.O. quel tipo.

 

“Metti giù le mani dalla mia ragazza!” gridò Harry contro il Mangiamorte che aveva scoperto essere Lucius Malfoy e che aveva afferrato Ariel puntandole contro la gola un pugnale.

Erano finiti tutti quanti in una strana stanza in cui al centro c’era soltanto un arco dal quale provenivano dei strani mormorii che potevano udire solo Harry e Luna.

Tutti gli amici del Bambino Sopravissuto erano stati afferrati dai Mangiamorte mentre davanti a lui si trovava appunto Malfoy che teneva la sua ragazza.

“Dammi la Profezia, Potter!” gli disse il Mangiamorte. “Oppure dovrai tentare di ricomporre la tua ragazza pezzo per pezzo”.

Harry guardò la sfera di vetro che teneva in mano e che interessava così tanto Voldemort.

Malfoy, invece, per dare conferma alla sua minaccia, spostò il pugnale sul braccio della ragazza che teneva e cominciò a farle un profondo taglio. Ariel intanto si sforzava di non urlare.

“Lasciala stare!” gli gridò allora il ragazzo dai capelli scuri che si trovava accanto ad Harry e che aveva aiutato Ginny con quei due Mangiamorte.

“E tu chi sei?” gli chiese minaccioso il Mangiamorte smettendo di tagliuzzare il braccio della sua prigioniera.

“Colui che ti renderà la vita un inferno”. Rispose lo sconosciuto piuttosto minaccioso e sicuro delle sue parole.

“Dammi la Profezia, Potter”. Ripetè Malfoy rivolgendosi di nuovo ad Harry e scandendo bene le parole questa volta.

Il ragazzo fu tentato di dargliela così almeno avrebbe lasciato andare la ragazza, ma lei gli gridò.

“No, Harry, non dargliela!”

“Zitta, tu!” l’uomo la tirò per i capelli facendole fare un urletto strozzato.

“Malfoy, ma che shampoo usi peri capelli? Sai, anch’io vorrei averceli soffici e lisci come i tuoi”. Disse di nuovo il ragazzo sconosciuto questa volta provocatorio e canzonatorio. Sembrava che volesse temporeggiare. Oppure semplicemente prenderlo per il culo.

Malfoy sgranò gli occhi incredulo. Ma come si permetteva quel ragazzino di insultarlo così? Non poteva essere più grande di Potter e dei suoi amichetti, sebbene questo qua sembrava non conoscerlo nessuno, forse non era nemmeno di Hogwarts.

“E ti consiglio di stare attento alle spalle”. Aggiunse Harry con un sorriso malandrino indicando con un cenno della testa qualcuno dietro al Mangiamorte.

Non appena Malfoy si voltò, un potente gancio destro gli arrivò dritto in faccia che gli fece mollare la ragazza e cadere per terra leggermente tramortito senza aver capito bene che cosa fosse successo.

Sirius era arrivato insieme ad altri membri dell’Ordine per aiutare i ragazzi e il suo pugno aveva dato il via alla seconda parte della battaglia; i tre ragazzi sconosciuti che avevano aiutato i membri dell’ES stavano combattendo dalla loro parte per scacciare via i Mangiamorte. Sembravano piuttosto esperti e se la stavano cavando molto bene.

All’improvviso però, uno dei tre, quello con i capelli blu, mentre stava combattendo contro un seguace di Voldemort mascherato, venne colpito da Bellatrix alle spalle con uno schiantesimo e, se non avesse avuto la prontezza di aggrapparsi al bordo dell’arco, sarebbe sicuramente finito dentro al Velo.

Il suo amico, quello con i capelli scuri, gli corse incontro per aiutarlo ad uscire, afferrandogli la mano, ma il Velo sembrava avere un potere attrattivo dato che cercava di trascinarlo dentro e si sarebbe portato dentro anche il ragazzo moro.

“Resisti, Teddy”. Gli urlò l’amico cercando con tutte le sue forze di tirarlo fuori.

Teddy, però, cominciò a districare la mano da quella dell’amico, probabilmente accorgendosi che non ce l’avrebbe mai fatta e che si sarebbe trascinato dentro anche lui. Il moro invece rinserrò la presa, capendo quello che voleva fare l’altro. Ma intuiva anche lui che non c’era molta speranza; l’arco faceva parecchia resistenza e lui, per quanto forte fosse, non avrebbe resistito per molto tempo, per non parlare che dietro di lui si stava svolgendo una battaglia e che rischiava di essere colpito mentre cercava di tirare fuori l’amico.

“James, lascia andare”.

“Coglione, non ho intenzione di mollarti!”.

Ad un tratto qualcun altro afferrò l’altro braccio di Teddy ed entrambi i ragazzi si voltarono sorpresi per vedere Remus che cercava di aiutarli.

James e Remus riuscirono con qualche sforzo a tirare Teddy fuori dalle grinfie del Velo e tutti e tre rimasero lì un attimo ansimanti.

E così com’era iniziata, la battaglia d’improvviso cessò, o almeno, sembrò andare in stand by.

Voldemort era comparso nella stanza e guardava con il suo sguardo serpentesco tutti i presenti in quella stanza, mentre si avvicinava ad Harry e gli tendeva la mano.

“Dammi la Profezia, ragazzo”. Biascicò in direzione del moro.

Harry lanciò uno sguardo alla sfera che teneva ancora in mano; Sirius gli aveva detto che non doveva darla ai Mangiamorte per nessun motivo al mondo e che piuttosto la doveva rompere.

“Prova a prenderla”. Rispose al Signore Oscuro davanti a lui e lanciò la Profezia dall’altra parte della stanza dove andò a schiantarsi contro il muro finendo in mille pezzi.

“Noooo!” urlò Voldemort in preda a una crisi di rabbia. Poi puntò la bacchetta contro il ragazzo pronunciando rabbiosamente: “Crucio!”

Il ragazzo cadde per terra sforzandosi di non urlare in preda ad una tortura allucinante e si conficcò le unghie nei palmi sentendo gli occhi che gli si riempivano di lacrime per il dolore.

“Lascia in pace il ragazzo, Tom!” disse una voce che tutti quanti riconobbero chi con sorpresa, chi con odio e chi con gratitudine.

“Silente!” sibilò Voldemort voltandosi verso il Preside che era appena comparso, seguito dal Ministro della Magia che aveva gli occhi spalancati che quasi gli sarebbero usciti dalle orbite e che sembrava sul punto di svenire.

“Prenditela con chi è tuo pari, Tom”. Disse ancora Silente puntando lo sguardo contro l’uomo dagli occhi color rubino. Voldemort immediatamente scomparve lasciandosi dietro soltanto un fumo verdognolo.

“Lei sa che cosa deve fare”. aggiunse Silente, questa volta rivolgendosi al Ministro che si smaterializzò immediatamente dopo il Preside.

Scomparvero anche i Mangiamorte o almeno quelli che non erano stati catturati, mentre gli Auror provvedevano a portare ad Azkaban i prigionieri.

SPAZIO AUTRICE

Ehilà!! Eccomi qui, mi avete attesa a lungo? Sembra che finalmente la storia stia prendendo una svolta. Era ora un po’ di azione, direte voi xD

Naturalmente la battaglia era riferita a quella che avviene nel quinto libro soltanto che Sirius non è morto. Eh, vi pare che avrei fatto morire uno dei miei Malandrini preferiti? xD

Sono comparsi anche tre nuovi ragazzi. Chi saranno mai? E da dove sbucano?

A voi le risposteJ

Poi vorrei anche ringraziarvi per aver tentato di risolvere i miei dubbi per quanto riguarda il cognome da ragazza di Alice. alla fine ho cercato di informarmi un po’ di più e ho scoperto che effettivamente la Rowling non ha mai detto qual era il suo cognome, nemmeno nelle interviste. Sono anche contenta che lo scorso capitolo vi sia piaciuto, temevo che avreste trovato il concertino un po’… ridicolo. :p e sono felice che troviate bello il nome Pandora, vi confesso che mi è venuto in mente così, tutto d’un colpo. E più avanti capirete perché ho deciso di darle questo nomeJ

Con la speranza di ricevere un sacco di recensioni, vi auguro buon ponte dell’Immacolata :p

Un beso,

M.

PUFFOLA_LILY: bene, sono molto contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo. Non ti preoccupare se non hai trovato il nome di Pandora, non ho intenzione di avadakadavrizzarti xD un bacio, cara. Alla prossima, M.

JULIET ANDREA BLACK: sì, anch’io avevo sentito che il cognome di Alice era Prewett e in tal caso sarebbe stata imparentata con Molly. Però non so, vabbè, vedrò come risolvere questo arcano. Comunque, cercherò di non seppellirti più tra i dubbi perché ci tengo alle tue recensioni però se morirò per colpa dell’alcool che mi distruggerà i reni darò la colpa a te, non ti preoccupare :p un bacio, alla prossima J

INO CHAN: holaaa!!! *porge una sedia a Ino facendola accomodare* ti serve qualcos’altro cara? Non voglio mica che perdi anche l’ultima briciola di sanità mentale che ti rimane :P ahah, ok, spero di risentirti e magari la prossima volta prendi una sedia prima di leggere. Un bacio, M

ROXY_BLACK: hola mi amor!! Come stai oggi, schiavetta?? Comunque non ho proprio idea di che nome dare alla band, boo. Mi inventerò qualcosa. *sguardo arrapante alla John* baciiiii J M.

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Capitolo 15
*** Capitolo quattordici ***


No, non state avendo nessuna allucinazione. Questo è un aggiornamento, sì, non è un abbaglio… lo so che sono tornata presto ma… bo, non mi andava di lasciarvi troppo nell’attesa. Eh sì, sono buona ioJ e poi, non avevo niente da fare xD L’altra fic, S.Potter, non ho idea di quando aggiornerò. Potrebbe essere questa settimana, come anche quella dopo o il mese prossimo. Bo, non ho idea.

CAPITOLO QUATTORDICI

In quella strana stanza col Velo adesso erano rimasti solo i ragazzi dell’ES, i tre ragazzi sconosciuti e i membri dell’Ordine della Fenice.

“Harry, stai bene?” chiese Ariel buttandosi tra le braccia del ragazzo che era ancora seduto per terra dopo le torture di Voldemort.

Si abbracciarono e lei gli diede un bacio sulle labbra; il ragazzo però notò il sangue che colava dal braccio della ragazza ancora a causa del taglio che le aveva fatto Malfoy. Si strappò un lembo della maglietta e lo usò per bendarle la ferita.

“Ehi sorellina, non si usa più salutare i vecchi fratelli?” chiese una voce proveniente da dietro le spalle di Ariel, in tono leggermente divertito e canzonatorio.

“James!” esclamò lei voltandosi verso il ragazzo moro e tutti quanti la guardarono abbracciarlo stupiti; come faceva a conoscerlo? Ma a quanto pareva dovevano essere fratelli visto che lui l’aveva chiamata sorellina. Ma da dove erano sbucati, lui e gli altri due ragazzi sconosciuti?

“E a me? Non mi saluti?” le chiese un’altra voce, questa volta femminile.

“Jolie!” disse Ariel andando ad abbracciare una ragazza con lunghi capelli rosso fuoco leggermente mossi che per questo sarebbe potuta benissimo essere una dei Weasley. Harry, al sentire proprio quel nome, si irrigidì guardando la ragazza più attentamente.

“Ma che cosa ci fate voi qui?” chiese ancora la bionda districandosi dall’abbraccio della rossa e anche dai suoi capelli che le si erano leggermente impigliati tra le dita.

“Eh, ci mancavi troppo”. Le rispose l’amica con un sorriso dolce e un po’ malandrino.

“Guarda che non hai ancora salutato me”. Disse un’altra voce maschile, più forte di quella di James e che proveniva dal lato opposto della stanza. Questa apparteneva a un ragazzo piuttosto muscoloso e alto con i capelli blu. Ariel naturalmente andò ad abbracciare anche lui e sembrò quasi sparire tra le muscolose braccia del ragazzo.

“Teddy! Anche tu qui!?”

“Lo sai che dove va Jimmy vado anch’io”.

“Ragazzi, potreste dirci che cosa sta succedendo e chi siete voi?” chiese ad un tratto Malocchio Moody che si stava leggermente spazientendo di tutto quello. Non era uno a cui piacevano molto i segreti.

“Tranquilli, stiamo dalla vostra parte. Non vi faremo del male”. li rassicurò il ragazzo moro, James, mostrando un sorriso sghembo.

“E vi spiegheremo tutto, ma questo non mi sembra il posto migliore per farlo”. Aggiunse la rossa osservando tutti quanti i presenti con uno strano sguardo.

“Conosciamo un passaggio segreto che ci porterà direttamente all’ufficio di Silente a Hogwarts”. Disse Teddy avvicinandosi agli altri.

“Vi conduco io”.

James aprì un passaggio con la bacchetta in un muro e si addentrò dentro seguito da tutti quanti. Anche i membri dell’Ordine decisero di seguirli, sebbene non fossero abituati ad andare in un posto sconosciuto con qualcuno che non conoscevano. Ma quei ragazzi avevano detto che stavano dalla loro parte e inoltre erano solo ragazzi, appunto, come avrebbero potuto avere intenzioni malvagie, sebbene fossero un po’ strani, soprattutto quello coi capelli blu. Sapevano troppo di magie combattive, si erano destreggiati parecchio bene nella battaglia come se ormai ne fossero esperti.

Camminavano da circa dieci minuti in quell’angusto corridoio, illuminato solo dalla luce che emettevano le bacchette.

“Sei un lupo mannaro?” chiese ad un tratto Luna rivolta a Teddy che le camminava vicino.

“Come scusa!?” fece il ragazzo leggermente incredulo voltandosi verso la ragazza.

“Ti ho chiesto se sei un lupo mannaro, Lusanguis anche”.

Teddy rimase un attimo a guardarla interdetto; come aveva fatto a capirlo, così, semplicemente osservandolo? Non era molto contento, non voleva di certo che qualcuno scoprisse il suo segreto. Però la ragazza non sembrava avere cattive intenzioni, anzi, gli sorrideva in modo gentile e un po’ curioso.

“Sì”. Le rispose alla fine tornando a guardare dritto davanti a sé. “Ma come lo hai capito?”

“Beh, sei piuttosto grosso e muscoloso. Hai i canini leggermente più lunghi del normale e mi sembri anche piuttosto forte. Mio padre una volta ha scritto un articolo sui lupi mannari Lusanguis”.

“Wow!” esclamò Teddy con un leggero sorriso affascinato. “Se tutti fossero così arguti come lo sei tu, sarei leggermente nei guai”.

“Sembra che tu abbia già fatto colpo, Teddy”. Commentò James che camminava davanti a tutti, facendo arrossire Luna.

“Da chi li hai ereditati i geni del lupo mannaro?” chiese lei allora rivolta al ragazzo per togliersi dall’imbarazzo.

“Da mio padre”. Le rispose lui con una strana espressione. Lanciò un’occhiata in direzione di Remus che camminava poco dietro di lui, senza però farsi notare.

Camminarono ancora qualche minuto in silenzio, poi Teddy sbottò.

“James, guarda che ci siamo persi”.

“Ma non dire cazzate, lupastro!”

“Ma è vero. Questa strada l’abbiamo già passata”.

“No, non è vero. Non ci siamo persi”.

“Sì, invece, ci siamo persi”. Teddy si affiancò a James in prima fila.

“Guarda che io non mi perdo mai”.

Il licantropo tirò un sospiro rassegnato.

“Beh, stavolta invece ti sei perso. Hai preso la svolta sbagliata”.

James ad un tratto si bloccò facendo arrestare tutti e si voltò verso l’amico con sguardo minaccioso.

“E allora conducici tu, visto che sai sempre tutto Professor L…”.

Teddy tossicchiò per farlo interrompere.

“…Teddy”. Concluse il moro correggendosi.

Così fu il licantropo a prendere in mano la situazione e a condurre tutti quanti verso l’uscita di quel corridoio, mentre James si affiancava  a Jolie leggermente frustrato, notando anche che la sorella dietro di lui camminava mano nella mano con un ragazzo moro e gli occhi verdi che gli parve piuttosto familiare e capendo anche chi forse poteva essere. Ma doveva ammettere che si era perso. Jolie intanto cercava di nascondere un sorrisetto divertito.

“Sono colui che ti renderà la vita un inferno?” fece Jolie voltandosi verso di lui con espressione scettica. “Come ti è uscita questa proprio con Malfoy?”

“Hmm, non lo so. Ho sempre desiderato dirla”.

“Secondo me ti sei visto troppi film, Jamie”. Aggiunse Ariel guardandolo divertita.

Teddy riuscì a trovare la strada giusta e in poco tempo riuscirono ad arrivare sani e salvi all’ufficio del Preside di Hogwarts dove, ad una luce più forte, tutti quanti poterono osservare meglio i tre nuovi ragazzi.

I due maschi erano piuttosto alti e muscolosi, specialmente Teddy con la pelle leggermente abbronzata, i muscoli sulle braccia scoperte e quell’aria così vissuta, testimoniata anche dal fatto che aveva una lunga cicatrice sull’occhio sinistro. Gli occhi inoltre erano di uno strano colore dorato, molto acceso e portava un orecchino sull’orecchio sinistro. Proprio come aveva detto Luna aveva i canini più lunghi del normale che comunque non si notavano troppo. Ma nel complesso era piuttosto attraente. L’altro invece, James, beh, era anche più attraente di Teddy, con quei capelli scuri, leggermente lunghi e due pozze grigie per occhi, identici a quelli di Ariel. Aveva un portamento elegante, sebbene sembrasse piuttosto scialbo. Un perenne sorriso sghembo gli incorniciava il volto dando a  tutti l’idea di essere un ragazzo piuttosto furbo e… dispettoso.

La ragazza, Jolie, sebbene fosse meno muscolosa e più bassa dei ragazzi, faceva anche lei il suo bel figurino, con i capelli rossi che le incorniciavano un volto dolce e intelligente in cui facevano bella mostra un paio di grandi occhi nocciola da cerbiatta con le ciglia piuttosto lunghe. E non sembrava per niente una ragazza facile o debole, anzi, era più lei a dominare che a essere dominata.

Tutti e tre i ragazzi sembravano piuttosto giovani, non mostravano più di quindici anni e come fossero finiti in mezzo a quella battaglia nessuno lo sapeva.

Ma avevano anche qualcosa di terribilmente familiare, soprattutto James; infatti Remus continuava a spostare lo sguardo da lui a Sirius.

“Direi che sarebbe meglio andare in infermeria”. Propose la rossa notando la caviglia slogata di Ginny e il naso sanguinante di Neville.

 

Arrivarono in poco tempo all’infermeria dove Madame Chips li stava già aspettando, probabilmente avvisata da Silente ancora chissà quando. Curò piuttosto in fretta tutti quanti e visitò anche quelli che sembravano illesi.

“Come mai hai i capelli di quel colore?” chiese Luna di nuovo rivolta a Teddy; sembrava che quel ragazzo avesse qualcosa che attirava particolarmente la sua attenzione.

D’improvviso però i capelli del ragazzo da blu passarono al biondo miele e le mostrò un sorriso divertito.

“Sei un Metamorfomagus!” esclamò Hermione incredula; infatti sapeva che erano piuttosto pochi i maghi a possedere quella capacità  e lei conosceva solo Tonks che l’aveva ereditata dal padre.

“Eh sì, il nostro caro Teddy ha un sacco di superpoteri”. Commentò James mettendosi comodo su un letto dell’infermeria e beccandosi un’occhiataccia da parte del licantropo. “E a proposito di capelli! Ariel, perché ti sei fatta le meches di quel colore? Sembri una Serpeverde”.

“Beh, quelle rosse non mi donavano”. Rispose lei impettita facendogli la linguaccia.

A quel punto la porta venne aperta facendo entrare il professor Silente, calmo e tranquillo, ancora tutto in ordine, come se fosse appena tornato da una rilassante vacanza anziché da una battaglia contro Voldemort.

“Professor Silente!” esclamò Neville sorpreso.

“Oh, salve ragazzi, sono contento di vedere che stiate tutti bene”. disse il professore con un sorriso rilassato.

“E Voldemort?” chiese  Harry leggermente allarmato.

“Per il momento non ci disturberà. Ma almeno il Ministro ha finalmente visto con i suoi occhi che è tornato”. Poi voltò lo sguardo verso Sirius. “E si è anche accorto che tu sei innocente, Sirius”.

L’Animagus sgranò gli occhi e sorrise felice per quella notizia.

“Però adesso penso che tutti voi vogliate sapere qualcosa sui nostri piccoli ospiti”. Concluse Silente rivolgendosi ai tre nuovi ragazzi.

James, Teddy, Jolie e Ariel si scambiarono sguardi come se stessero chiedendo l’un l’altro, senza aprire bocca, chi avrebbe iniziato. Ma fu Ariel alla fine a interrompere il silenzio.

“D’accordo inizierò io”.

Tutti quanti si voltarono verso di lei per sentire quello che aveva da dire, curiosi.

“Io vi ho mentito. Non mi chiamo Ariel Martinez, ma Ariel Black e vengo dal futuro”.

ANGOLO AUTRICE

Ooops, Teddy qua sembra più un vampiro. Bo, mi sarà andato troppo sangue alla testa ò____ò

Ebbene, Ariel ci ha svelato di essere una Black… hmmm, ma questo noi lo sapevamo già… ehehe, mi sa che vi toccherà aspettare ancora un po’ per sapere tutta la storia *scappa via prima che i lettori inizino a prenderla a sassate*.

P.S. il termine Lusanguis me lo sono inventato io (ho messo insieme le parole latine lupus e sanguis. Che brava che sono xD *si applaude da sola*) e sono i lupi mannari nati già così perché hanno ereditato il gene del lupo da uno o entrambi i genitori e possiedono le caratteristiche che ha elencato Luna: occhi dorati, corporatura massiccia e robusta, canini leggermente più lunghi e forza superiore al normale. Perché ho deciso questo? Bo, non lo so. Sono quelle idee strampalate che ti vengono in mente tutto d’un colpo e che non riesci proprio a non inserire. Io li chiamo “Capricci dell’autore”.

STEFANMN: *milly corre in giro per la stanza lanciando festoni e nastri colorati* alloooooora… certo, Teddy è il figlio di Remus e Dora ma… capirai più avanti… attendi, attendi, che la pazienza è la virtù dei forti. Un beso, M.

INO CHAN: * Milly guarda Ted con aria sognante* Teeeeddyyyy!!! Vieni qua che ti coccolo iooooo!!! Noi ti vogliamo taaaanto beneeee *inizia a inseguirlo mentre il pover Ted cerca di scappare con una faccia traumatizzata*. Tu James, invece, saresti figo anche con un sacco di piselli addosso. E intendo quelli da mangiare, non c’è nessun doppio senso. *urla in modo isterico*.

JULIET ANDREA BLACK: veramente pazza lo sono già… *comincia a ondeggiare avanti e indietro con sguardo vacuo*. Baby Malandrini, dici?? Mah, chi lo sa xD comunque, va bene, cercherò di non bere troppo ma solo perché voglio continuare a leggere le tue recensioniJ

PUFFOLA_LILY: certo che Sirius non è morto. E ti pare che faccia morire il mio amato Siriuccio *w* alla prossima, mi raccomando, che sarà il momento delle scoperte. Un beso, M.

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Capitolo 16
*** Capitolo quindici ***


CAPITOLO QUINDICI

“Io vi ho mentito. Non mi chiamo Ariel Martinez, ma Ariel Black e vengo dal futuro”.

Per un attimo tutti rimasero imbambolati a fissare la ragazza senza emettere fiato, con gli occhi sgranati e le bocce aperte.

“Come?”

“Cosa?”

“Stai scherzando?!”

Queste esclamazioni cominciarono a sentirsi dopo quel paio di minuti di sorpresa in cui non si era sentita volare una mosca.

“Come hai detto che ti chiami!?” esclamò invece Sirius guardando la ragazza come fosse un alieno.

“Ariel Black”. Gli ripeté lei cercando però di non scoppiargli a ridere in faccia alla vista della sua espressione stralunata.

“Tu… allora… tu sei…”. Cominciò a bofonchiare l’Animagus mentre tutti gli altri presenti spostavano gli occhi da lui ad Ariel.

“Sì, sono tua figlia”.

Sirius sembrava sul punto di svenire mentre tutti gli altri cadevano in un silenzio di tomba. Poi però James scoppiò a ridere sguaiatamente e riscosse così tutti gli altri.

“Anche voi altri venite dal futuro?” chiese Malocchio indicando gli altri tre ragazzi.

“Sì e lui è mio fratello”. Rispose ancora Ariel indicando il moro che si stava ancora sbellicando sul letto.

“Ahahah, aspetta…”. Fece lui cercando di calmare le risate. “…ahahha, mi presento io”.

“Se riesci a smettere di ridere”. Lo provocò Teddy, anche lui messosi comodo su un letto.

“Io sono JamesRemus Black, il più figo del gruppo”. Si presentò alla fine il ragazzo mostrando un sorriso provocante.

“Che presuntuoso!” esclamò Jolie come commento alle ultime parole dell’amico.

Sirius invece, che non si era ancora ripreso nello scoprire che aveva, anzi, che avrebbe avuto una figlia, adesso sembrò proprio che sarebbe morto lì sul colpo.

“Oh Santo Merlino!” esclamò Remus ma anche lui sembrava parecchio divertito. “Ecco perché ti somigliava così tanto! Cavoli Paddy, se mi avessero detto vent’anni fa che avresti avuto dei figli non ci avrei mai creduto”.

“Infatti questo mi sembra un sogno”. Commentò Sirius che però non riusciva a spostare lo sguardo dai due ragazzi.

“No, non è un sogno, papi”. Gli rispose Ariel mostrandogli un ghigno degno dei Malandrini e molto somigliante a quello del padre.

Sirius sobbalzò leggermente sentendosi chiamare così e nessun altro sembrò in grado di commentare qualcosa.

“E voi due?” chiese poi Arthur per far uscire tutti da quella situazione leggermente imbarazzante. “Anche voi siete figli di qualcuno che conosciamo?”

Teddy e Jolie si guardarono; per chi dei due sarebbero stati più sconvolti?

Ma fu James a prendere la parola, dato che sembrava quello che aveva sempre la risposta pronta e il portavoce di tutti.

“Il lupacchiotto qua si chiama Ted Lupin e…”.

“Coooosa!!?” esclamò Remus strabuzzando gli occhi, trovandosi nella stessa situazione di Sirius poco prima.

“Dai, non ditemi che non ci eravate arrivati?” chiese Ariel divertita. “Insomma, lupo mannaro e Metamorfomagus. Quanti ce ne potrebbero essere?”.

Remus e Tonks si guardarono, uno più sconvolto dell’altro e anche parecchio imbarazzati; insomma, avevano da poco ammesso i loro sentimenti ma non si erano ancora lasciati completamente andare, soprattutto Remus e scoprire che avrebbero avuto un figlio… beh, era sicuramente più sconvolgente dello scoprire che un giorno sarebbero morti.

“Ahah Moony, chi è che adesso fa lo sbruffone?” fece Sirius canzonatorio. “E poi l’ho sempre detto io che tra voi due avrebbe sicuramente funzionato. E in fondo, quel piccoletto vi somiglia”.

I due spostarono lo sguardo su quello che a quanto pareva era loro figlio e non seppero nemmeno loro tutte le emozioni che provarono; era così strano.

“E tu cara, qual è il tuo nome?” chiese Kingsley rivolgendosi alla ragazza dai capelli rossi, l’unica di cui rimaneva ancora da scoprire l’identità.

“Potter, Jolie Potter”. Rispose lei tranquillamente rivolgendo un sorriso a tutti quanti.

Adesso tutti quanti si voltarono verso Harry che però sembrava non aver ancora realizzato bene le parole.

“Scusa, credo di non aver capito bene”. fece il ragazzo in direzione della rossa.

Lei però divenne improvvisamente seria e un’ombra di tristezza sembrò calarle sugli occhi.

“Tu sei Harry, vero?” chiese lei invece.

Il ragazzo annuì fissandola incredulo.

“Ma sei… cioè, non puoi essere…”. Cominciò a borbottare Ron senza sapere come concludere la frase.

“Sono sua sorella”. Rispose Jolie allora, guardando intensamente il rosso come se non avesse il coraggio di guardare Harry.

“Ma chi sono i tuoi genitori?” le chiese Remus volendo avere una conferma.

“Lily e James Potter”.

“Ma questo non è possibile”.

“Lily e James in realtà non sono mai morti”. Prese parola allora James. “Sono vivi e vegeti e beh, adesso non sappiamo bene dove siano, ma non dobbiamo andare a cercarli. Saranno loro a tornare. Certe cose è meglio lasciarle andare così come dovrebbero andare”.

“Ma che cosa intendi?” gli chiese Sirius iniziando a sentirsi emozionato ed eccitato ed incredulo e stupito e rimbambito e sorpreso e… non sapeva nemmeno lui quante altre cose nel sentire che il suo migliore amico era vivo; sì, quello gli pareva ancora soltanto un sogno.

“Che non sono morti come tutti voi credete”. Rispose Teddy questa volta. “Noi dovremmo nascere fra circa un anno e Lily e James dovrebbero tornare presto, se le cose vanno bene”.

“Ma perché siete venuti qui, ragazzi?”

I quattro ragazzi si guardarono di nuovo l’un l’altro.

“Beh, tanto vale svelare tutto. Ormai sanno già le cose più importanti”. Disse James rivolto agli amici e alla sorella.

Ariel si voltò verso il resto dei presenti nell’infermeria iniziando a raccontare.

“Siamo qui per sistemare le cose. Per aiutarvi, in un certo senso, a uccidere Voldemort”.

“Ma non è ancora morto nel vostro tempo?” chiese Ron incredulo.

“No. Sono successi un sacco di disastri nel nostro tempo”. Continuò James. “Sono morte un sacco di persone, i Mangiamorte non smettono di attaccare e Voldemort è all’apice del suo potere. Persino Hogwarts è diventata un inferno da quando Silente è morto poco prima di Natale”.

“Silente è morto!?” esclamarono Ron e Neville contemporaneamente con gli occhi fuori dalle orbite, completamente dimentichi del fatto che il preside si trovasse proprio lì con loro. Ma l’uomo in questione non aveva battuto ciglio durante tutto il racconto dei ragazzi.

“Sì, ucciso da uno dei Mangiamorte”. Rispose Teddy. “E proprio loro adesso hanno preso il possesso di Hogwarts e ci hanno imposto la loro cazzo di dittatura. Non fanno altro che prendersela con quelli che non vogliono stare dalla loro parte e fanno torturare gli studenti in punizione”.

“Ma non è possibile!” esclamò Hermione completamente scandalizzata.

James si voltò verso di lei. “Non so nemmeno quante volte hanno torturato Teddy solo perché sospettavano che fosse un Lupo Mannaro”.

Remus lanciò uno sguardo preoccupato e spaventato in direzione del figlio che ricambiò l’occhiata con un paio di altrettanti occhi color miele.

“Ma questo è inaudito! E il Ministro non fa nulla?” fece di nuovo Hermione.

“Anche il Ministro è uno dalla parte di Voldemort”. Le rispose Jolie. “Voi dell’Ordine state facendo il possibile per contrastarlo ma lui e i suoi seguaci stanno diventando troppo forti. Pure noi ci siamo trovati a combattere un sacco di volte contro di loro ma, come ha detto prima James, sono morte un sacco di persone a noi vicine e…”.

La ragazza si interruppe abbassando lo sguardo e non sapendo più come continuare il discorso. Ma tutti l’avevano capita ed era calato l’ennesimo silenzio di tomba, questa volta carico di tristezza e rammarico. Come potevano dei ragazzi così giovani aver partecipato direttamente a una guerra e aver visto morire così tante persone che amavano?

“Per esempio?  Chi è che avete perso?” chiese il Signor Weasley, non tanto sicuro di volerlo sapere. Ma forse così almeno sarebbero stati più attenti.

James sospirò piuttosto rumorosamente e decise di rispondere. “Beh, lei per esempio Signor Weasley. Alastor Moody, Fred. E tu papà”. Disse quell’ultima frase alzando lo sguardo verso Sirius che lo guardava dritto in quegli occhi grigi identici ai suoi. Gli altri invece si erano immobilizzati nel sentire i nomi di tutti quelli che erano morti, soprattutto il Signor Weasley che era impallidito tremendamente al sentire che sarebbe morto pure suo figlio.

“E da un paio di settimane hanno ucciso anche mia madre”. Aggiunse Teddy e tutti quanti si voltarono verso Dora sconvolti. Remus la afferrò per un braccio e la guardò intensamente.

“Coooosaaaa!??” esclamò Ariel voltandosi verso Teddy strabuzzando gli occhi. “E tuo padre come sta?”

“Ha avuto un infarto”. Le rispose il ragazzo con voce dura.

“Mi dispiace, Teddy”.

Cadde di nuovo il silenzio, un silenzio in cui si potevano sentire distintamente i sentimenti e le sensazioni diverse che provava ciascuno dei presenti. E non erano per niente sensazioni piacevoli.

“Ma torniamo alle cose allegre!” esclamò a un tratto James che, a quanto pareva, non sopportava molto i momenti lacrimosi e tristi. Si voltò verso Ariel e Harry. “Voi due state insieme?”

Ariel annuì sorridendo. Harry invece… beh, lui sembrava ancora sconvolto dalle cose che aveva appena scoperto. Non aveva più fiatato e sembrava particolarmente attratto da una macchiolina sulle piastrelle del pavimento da quanto intensamente la fissava. Beh, scoprire che i tuoi genitori, che avevi sempre creduto morti, in realtà non lo erano e che da lì a poco avresti avuto una sorella non era mica cosa da tutti i giorni. E scoprire anche che molte persone che amavi e conoscevi sarebbero morte… ma perché Voldemort non era ancora morto? Perché lui non lo aveva ucciso?

ANGOLO AUTRICE UN PO’ DEMORALIZZATA.

Ebbene sì, signori e signore… il mistero è stato svelato!!!! xD avevate ragione, Ariel era figlia di Sirius. Ma se io non metto una qualche pulce nell’orecchio non sono contenta :p

JamesRemus, Jolie e Teddy NON sono di mia proprietà ma, i primi due appartengono a Ino chan, il lupacchiotto invece è della carissima zia Row. Io li ho solo presi in prestito, diciamo, e diciamo anche che saranno un pochino personalizzati secondo i miei gusti, notare infatti che James ha i capelli scuri (eh, non ci posso fare niente ma io, appena vedo un ragazzo moro con gli occhi azzurri, vado praticamente in estasi. Inoltre già Ariel e suo fratello sono biondi quindi non mi andava di fare biondo anche lui) e il fatto che Teddy sembra essere un licantropo un po’ particolare. Comunque cercherà di rimanere abbastanza fedele alle caratteristiche che ha dato loro Ino dato che sono fantasmagorici xD.

Non so se vi aspettavate proprio queste reazioni da parte dei personaggi, sicuramente no, ma devo dire che questa non è stata una scena molto semplice, soprattutto per quanto riguarda Harry. Sicuramente vi aspettavate che si incazzasse con Ariel. Però dai, vedrete nei prossimi capitoli che cosa succederà.

E a proposito! Preparatevi perché il prossimo capitolo sarà mooooooooooolto lungo.  

Spero di ricevere parecchie recensioni così mi tirate un po’ su il morale perché sì, come ho scritto sopra, sono un po’ demoralizzata *sospiro di frustrazione*. E se magari avete qualche suggerimento da darmi su come uccidere la mia prof. di mate senza farmi scoprire sarebbe cosa gradita ^^.

Un bacio a tutti,

M.

INO CHAN: Jacob Black dici?? Hmm, ammetto che quel pezzo di maschione mi ispira sconcezze ogni volta che lo vedo però non sono una grande fan della saga della Meyer. Non saprei esattamente perché ho deciso di farlo così, come ho già detto è stato tipo un colpo di fulmine, ma vedrai che ideuzze ho in mente per il nostro bel lupacchiotto. Per quanto riguarda, invece, le reazioni di James & Co. sulla relazione tra Harry e Ariel, beh… continua a leggere xD un baciotto. M.

PUFFOLA_LILY: mi sembra che questo capitolo abbia risposto alla tua domanda. I nuovi personaggi sono praticamente di Ino quindi hanno gli stessi genitori e gli stessi nomi, a parte qualche caratteristica diversa. Grazie mille per i complimenti, comunque, mi fai venire sempre più voglia di scrivere. Un bacio, M.

JULIET ANDREA BLACK: *mettendo sulla tavola bottiglie di Whisky, grappa, Vodka, Martini…*. Oddio, qui più che argento dovremo armarci con croce e paletto di legno. O.O  spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e… *inizia a oscillare pericolosamente avanti e indietro* e… sono… *reprime un singhiozzo* proprio conteeeeentaaa che la storia ti piaccia. Eeeee…. Nooooo…. Non sono ubriacaaaaaaa!!!!!!

ROXY_BLACK: aaaah, lo so che tu desideri ardentemente la morte di Harry ma……. Continua a leggere… xD anche perché l’hai detto che volevi un seguito, anzi, che lo pretendevi… e quindi, io pretendo una recensione se no ti ritroverai l’orsetto Teddy versione assassino psicopatico (intendo il mio peluche).

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Capitolo 17
*** Capitolo sedici ***


Nota di inizio cappy: questo capitolo è dedicato alla mia amica roxy_black. E lei capirà il perché xD

CAPITOLO SEDICI

Teddy e Jolie entrarono nella cucina di Grimmauld chiaccherando sorridenti, quando improvvisamente tutti gli sguardi, ovvero quelli dei Signori Weasley, di Sirius e Remus, si puntarono su di loro. I ragazzi del futuro stavano lì soltanto dalla sera prima e ci voleva ancora un po’ perché gli altri si abituassero.

“Salve”. Salutò Teddy sentendosi un po’ in imbarazzo da tutti quegli occhi fissi su di lui e così anche i suoi capelli cambiarono colore, dal blu al viola. Il ragazzo aveva un aspetto decisamente meno minaccioso rispetto a quella sera al Ministero; era molto meno grande e grosso, leggermente più basso, i canini più corti e un viso più dolce e tenero. Che fosse merito dei suoi poteri di Metamorfomagus?

“Volete fare colazione, ragazzi?” chiese la signora Weasley in tono gentile ma guardandoli un po’ come se avessero due banane al posto delle orecchie. Sirius invece distolse lo sguardo dal giornale che stava leggendo.

“Mi basterebbe anche solo un po’ di cioccolata”. Rispose il licantropo con un sorrisetto divertito.

“Sempre il solito, tu”. lo prese in giro Jolie mollandogli un pugno scherzoso sulla spalla mentre si andavano a sedere.

“Gli altri sono ancora a letto?” chiese ancora la Signora Weasley offrendo ai due ragazzi la colazione.

“Conoscendolo, James dormirà almeno fino a mezzogiorno”. Sospirò il ragazzo.

“Chissà da chi avrà preso”. Fece Remus girandosi in direzione di Sirius che gli lanciò un’occhiataccia.

“Ma taci idiota, che tuo figlio mica è perfetto!” esclamò Sirius facendo scoppiare a ridere Teddy che per poco non si strozzò con la cioccolata che stava bevendo.

In quel momento la porta della cucina si riaprì ed entrarono dentro una Ariel piuttosto allegra, vestita solo di canottiera e pantaloncini e un Harry ancora insonnolito.

“Ciao”. Salutò quest’ultimo notando la sorella seduta a tavola.

“Ciao”. Ricambiò lei con sguardo dolce, uno di quelli che aveva mostrato poche volte nella sua vita.

Poco dopo arrivarono anche gli altri ragazzi Weasley e la cucina di Grimmauld Place sembrò all’improvviso diventare tremendamente piccola nonostante normalmente fosse grande il quadruplo della capanna di Hagrid. Naturalmente all’appello mancava solo James che sicuramente era ancora in camera sua a russare beatamente.

“Ehi! Cafona!” esclamò Teddy vedendosi rubare da sotto il naso un pezzo di brioches da Ariel.

“Cafona a chi, lupo dei miei stivali!”

Mentre i due battibeccavano facendo ridere tutti gli altri, la porta si spalancò di nuovo facendo entrare un James con addosso soltanto i boxer e un’aria particolarmente pimpante.

“Hola, chicos!! Qué tal?!” salutò entrando come un Dio che entra all’Olimpo e facendo voltare tutti gli sguardi verso di lui, in particolare quelli di Ginny che, per colpa degli ormoni, non poté fare a meno di ammirargli quei leggeri pettorali che si mostravano sul suo petto nudo. Jolie invece sbuffò.

“Black!”

“Dimmi, amore mio”. Fece il ragazzo voltandosi verso la rossa con uno sguardo trasognato.

“Potresti almeno metterti una maglietta”.

“Ma ‘more, non dirmi che ti dispiace vedermi così”. Le rispose guardando prima lei e poi i suoi pettorali.

Jolie inarcò le sopracciglia e storse il naso.

“Sei veramente una cosa impossibile, cagnaccio”.

James ridacchiò passandosi una mano tra i capelli scuri per poi prendere il contenitore del latte e bere a canna.

“Potresti almeno prendere un bicchiere. Da lì ci devono bere anche gli altri”. Commentò di nuovo la Potter con una faccia schifata facendo ridacchiare tutti gli altri che assistevano a quello scambio di battute divertiti e curiosi.

James spostò la bottiglia dalle labbra e si pulì i baffi di latte con il polso. Poi inclinò leggermente la testa guardando la ragazza.

“Questa è casa mia, posso fare ciò che voglio”. Le rispose terribilmente serio ma chi lo conosceva sapeva benissimo che stava solo scherzando.

“Disse Lord Black”. Lo prese in giro Teddy.

“Ahah, fiete frofrio difertenti, fagazzi”. Commentò Ron parlando a bocca piena e beccandosi così uno scappellotto dalla madre.

“Cierto que somos divertenti! Con noi la risata è assicurata!” esclamò JamesRemus sorridendo malandrino, un sorriso che ricordava terribilmente quello di Sirius.

“Penso proprio che noi andremo d’accordo, sai ragazzino?” dissero Fred e George comparendo alle spalle del ragazzo e guardandolo uno per ciascun lato.

“Seguro que sì!”

“Ma che cazzo di lingua parli?” gli chiese Harry ad un tratto facendo scoppiare a ridere Jolie e Teddy.

“La lingua di mia madre, idiota!”

“A proposito!” sbottò in quel momento Sirius concentrando la sua attenzione su Ariel e James. “Chi è vostra madre?”

I due fratelli si guardarono come per chiedersi silenziosamente se avrebbero dovuto dirlo. Ma alla fine la ragazza rispose: “Si chiama Martha Martinez. Ma forse voi la conoscete meglio come Noelle”.

“Noelle?!” sbottarono Ginny e Ron contemporaneamente spalancando gli occhi. “Quella Noelle?”.

“Eh sì”. Rispose James con sguardo malizioso.

“La cantante?”

“Sì. Nostra madre è in parte Colombiana perciò ha insegnato a me e James lo spagnolo”.

“Ecco da chi hai ereditato quella voce”. Disse Harry rivolto alla ragazza.

“Certo. Ma mio fratello è molto più bravo di me”.

“Modestamente”. Fece il ragazzo chiamato in causa passandosi una mano tra i capelli. “Con la mia soave voce ho fatto cadere ai piedi un sacco di belle donzelle”.

“Ma quale soave voce?!” fece Jolie fulminandolo con lo sguardo. “Fai scappare persino i grilli quando canti!” no, non era vero. James aveva una voce stupenda sia quando cantava che quando parlava, lo sapeva anche lei, però a Jolie piaceva prenderlo in giro e soprattutto non gli faceva  i complimenti gratuitamente.

Sirius si avvicinò a Remus ridendo divertito. Quella ragazza gli ricordava terribilmente Lily, aveva ereditato persino un pizzico di isteria dalla madre. E suo figlio… beh, non si poteva certo dire che non fosse suo figlio. Non aveva solo il suo aspetto ma persino tutto il suo carattere.

“Ma ti dice niente il nome della madre dei ragazzi?” chiese all’orecchio dell’amico.

“Certo, è la cantante più famosa del Mondo Magico”.

“Non intendevo Noelle, ma Martha”.

Il licantropo assunse un’aria perplessa intanto che James e Jolie continuavano a urlarsi addosso. Anzi, intanto che lei continuava ad urlargli addosso.

“Ma tesoro mio, ammettilo che anche tu quasi svieni quando mi senti cantare e che ti butteresti ai miei piedi”. La prendeva in giro James parlando in modo molto pacato e tranquillo.

“Io non cadrei ai tuoi piedi nemmeno se mi facessi una serenata sotto alla finestra!”

“Ooooh, chissà perché questo non mi è mai venuto in mente”.

“Scusate se vi interrompo, ragazzi”. Si intromise ad un tratto George. O forse Fred. “Ma voi due state insieme?”

Nella stanza cadde un improvviso silenzio, come quello che si vede nei cartoni animati quando qualcuno spara una fregnaccia e tutti rimangono raggelati. Improvvisamente però, James scoppiò a ridere sdegnatamente in una risata simile ad un latrato mentre Jolie gonfiava le guance e diventava più rossa dei suoi capelli.

“IO NON STO INSIEME A QUESTO CANE!”

“Ahahah, amore. Dai ammettilo che noi siamo destinati a stare insieme… ahaha… è scritto… ahahah pure nelle stelle ahahah!”

La ragazza mollò un pugno sulla testa di JamesRemus facendolo cascare a terra per poi cominciare a prenderlo a calci nello stomaco intanto che lui cercava di proteggersi la parte colpita senza però smettere di ridere.

“Ma fanno sempre così?” chiese Ginny guardando i due come se fossero usciti dal manicomio.

“Oh, fanno anche di peggio, credimi”. Le rispose Ted.

All’improvviso, al posto di JamesRemus, comparve un cane, più precisamente un Aschi molto grosso dal pelo bianco e nero e gli occhi di un agghiacciante grigio azzurro che uscì correndo dalla cucina con la lingua penzolante di fuori.

“Oh Merlino!” esclamò Molly.

“Ma è un Animagus!” aggiunse invece Arthur.

“E’ mio figlio!” ci tenne a precisare Sirius con gli occhi che brillavano.

“Ma come ha fatto ad imparare così in fretta?” chiese invece Remus.

“Beh, siete stati tu e James a insegnarci”. Rispose Ariel guardando il padre. “E non ci abbiamo messo tanto perché anche voi siete Animagi perciò il gene è un po’ presente anche nel nostro sangue. Così possiamo aiutare Teddy nelle notti di luna piena”.

“E voi due in cosa vi trasformate?” chiese il signor Weasley curioso rivolto alle due ragazze.

Ariel, senza pensarci un attimo, si tramutò nella sua forma Animagus, ovvero un cane di razza Collie dal pelo bianco arancio e anche lei corse immediatamente fuori dalla cucina alla ricerca probabilmente del fratello.

“E tu?” chiese Harry alla sorella.

La ragazza abbassò un attimo il capo e in due secondi davanti a loro comparve una bellissima cerva dalle gambe lunghe ed eleganti e il pelo nocciola, come i suoi occhi.

“Non si può certo dire che i figli non siano come i genitori”. Commentò Sirius guardando l’animale davanti a lui.

 

 

 Dopo cena, JamesRemus e Ariel erano sprofondati sulle morbide poltrone di Grimmauld, uno di fronte all’altro, separati solo da un piccolo tavolino di legno. Jolie invece, era distesa sul divano mentre Ginny, Harry, Ron e i gemelli erano seduti per terra su alcuni cuscini. Poco dopo vennero raggiunti da Teddy con in mano un barattolo di Nutella e un cucchiaino in bocca.

“Io non ho mai capito come fai a mangiarti la Nutella così”. Fece James guardando l’amico che andava a sedersi sul divano sul bordo lasciato libero dall’amica.

“Io non capisco piuttosto come faccia a mangiarla senza ingrassare o senza che gli vengano i brufoli”. Lo corresse Jolie con voce annoiata e gli occhi chiusi. Sembrava si sarebbe addormentata.

Il licantropo, per tutta risposta, scrollò le spalle.

James a un tratto, tirò fuori dalla tasca una piccola chitarra e con un colpo di bacchetta la ingrandì.

“Bella quella chitarra”. Gli disse Ginny.

“Grazie. Si chiama Roxy”. Rispose lui accarezzandola.

“Hai dato un nome alla chitarra?”

“Cierto. Roxy es mi amor”.

“Jamie, mi porteresti la mia dalla camera?” gli chiese Ariel con tanto d’occhi.

“Ma portatela da sola!”

“Uffa! Che razza di fratello sei!?” sbuffò lei estraendo la bacchetta dalla tasca e richiamando la sua chitarra con un incantesimo di appello.

“Dai cantateci qualcosa!” fece Ginny con un sorriso contento.

“Va bien, senorita”.

Il ragazzo assunse un’aria pensierosa prima di impugnare la sua chitarra e cominciare con i primi accordi di una canzone piuttosto allegra e movimentata.

Today I don’t feel like doin’ anything

I just wanna lay in my bed.

Don’t feel like picking up my phone

So leave a message at the tone

Cuz today I swear I’m not doin’ anything.

Poco dopo anche Ariel si aggiunse con la sua chitarra per dargli un accompagnamento e rendere la musica ancora più allegra e piena mentre gli altri ragazzi ascoltavano divertiti e affascinati. Non si poteva certo dire che JamesRemus avesse una brutta voce, anzi, se qualcuno lo notava sarebbe sicuramente potuto diventare un cantante famoso.

Tomorrow I wake up do some p90x

Meet a real nice girl have some really nice sex

And she’s gonna scream out this is great

(oh my god this is great) yeeeah

I might mess around and get my college degree

I bet my old man will be so proud of me

But sorry pops you’ll just have to wait

Oooh yes I said it, I said it, I said it cuz I can.

E la canzone non era per niente male, il testo sembrava proprio rispecchiare il carattere di JamesRemus che sembrava metterci proprio tanta passione e tanta emozione in quella musica, in quella canzone, in quegli accordi.

No I ain’t gonna comb my hair

Cuz I ain’t goin’ anywhere

No no no no no no nooooooooo

I’ll just strut in my birthday  suit

And let everything hang loose

Yeah yeah yeah yeah yeah yeah yeah yeah.

“Wow!” esclamarono i ragazzi quando ebbe terminato la canzone.

“Sei proprio bravo”. Aggiunse Ginny gurardando James piuttosto affascinata.

“Gracias”. Le rispose il ragazzo con un sorriso piuttosto attraente.

“Ora tocca a me!” esclamò Ariel sistemandosi meglio la chitarra in grembo e provando i primi accordi.

Tengo que confesar que a veces

no me gusta tu forma de ser

luego te me desapareces y no entiendo muy bien por qué

no dices nada romántico cuando llega el                                                                         atardecer te pones de un humor extraño con cada luna llena al mes.

Pero a a todo lo demás le gana lo bueno que 

me das sólo tenerte cerca siento que vuelvo a empezar.

“Uffa, ti odio quando canti sta canzone”. Sbuffò Teddy incrociando le braccia con un’espressione corrucciata ma al contempo divertita.

Ariel invece gli sorrise sorniona e continuò a cantare.

Yo te quiero con limón y sal, yo te quiero tal y como estás,

no hace falta cambiarte nada,

yo te quiero si vienes o si vas,

si subes y bajas y

no estás seguro de lo que sientes.

Continuava a guardare Teddy mentre cantava la canzone, come se fosse dedicata a lui e forse lo era. Gli altri presero a muoversi al tempo di musica, divertiti da quella canzone allegra e affascinati dalla bella voce della ragazza.

Luego me vengo a encontrar con tus ojos y me dan algo más

solo tenerte cerca siento

que vuelvo a empezar.

Ariel concluse l’ultima strofa con un accordo tenuto più lungo e alla fine tutti le fecero l’applauso.

“Teddy, sai che questa canzone l’abbiamo scritta io e Victorie insieme?”

“Uuuuh, Vicky!” esclamò James guardando l’amico con uno sguardo malizioso.

“Chi è Victorie?” chiese Remus sopraggiungendo dalla cucina insieme agli altri.

“E’ solo un’amica”. Rispose Ted scandendo bene le parole ma guardando James con sguardo minaccioso.

“Sicuro? Io scommetto due galeoni che vi metterete insieme”. Si aggiunse Jolie dal divano.

“E io ne scommetto tre che tu presto cadrai ai piedi di James”. Le fece lui in risposta con fare molto provocatorio.

La ragazza gli ringhiò contro e scattò a sedere incrociando le braccia assumendo un’espressione molto simile a quella della madre quando le dicevano qualcosa che non le aggradava.

“Ehi, vedo che Remus ti ha passato il suo vizio”. Disse Sirius indicando il barattolo di Nutella tra le mani di Teddy.

“Oh, beh… c’è solo una cosa che amo più della cioccolata”.

“Victorie!”

“No, idiota!”

“Scommetto l’Arequipe!” rispose Ariel guardandolo divertita.

“Ahaha sì, me lo ricordo quando siamo andati insieme in Colombia e tu non facevi altro che mangiare Arequipe”.

“Ahaha e chi se lo scorda”.

Sembrava che Ariel e James ci provassero gusto nel prendere in giro il povero licantropo, sebbene lo facessero scherzando.

“E’ stato quando tu e Ariel stavate ancora insieme”.

“Tu e Ariel siete stati insieme?” sbottò Harry guardando Teddy al sentire quell’affermazione da parte di James.

“Sì… ma poi ci siamo lasciati”.

“E come mai?” chiese Ginny.

“Beh, non siamo fatti per… stare insieme”.

“Ragazzi, possiamo farvi una domanda?” si intromise a quel punto Tonks con uno sguardo piuttosto serio. “Ma come mai siete venuti qui? Insomma, dovete essere molto disperati per fare un viaggio nel passato rischiando di sconvolgere l’andamento temporale”.

Fu Jolie a rispondere. “Anche se sconvolgessimo le cose, il nostro futuro non potrebbe andare peggio. Come vi abbiamo detto, Voldemort ha preso molto potere e non sapevamo più che fare così quelli dell’Ordine ci hanno mandati qui”.

“Ma voi fate parte dell’Ordine della Fenice?” chiese la signora Weasley leggermente sconvolta.

“Non proprio”. Le rispose James. “Però ci siamo trovati a combattere contro i Mangiamorte un sacco di volte. Usiamo la magia fin da quando avevamo cinque anni e ne abbiamo viste tante”.

Ed effettivamente si notava. Quei ragazzi sembravano essere cresciuti troppo in fretta, sembravano aver saltato tutte le parti più belle della loro infanzia, quell’innocenza tipica di tutti i bambini che non sanno che cos’è la guerra, cos’è l’odio. Però sembravano comunque molto felici, con ancora tanta voglia di vivere. Forse perché erano tutti insieme, uniti, nel bene e nel male. E si sa, che quando si hanno gli amici e la famiglia al proprio fianco, diventa tutto molto più semplice.

“Come te la sei fatta quella?” chiese Dora a Teddy indicando la cicatrice che gli attraversava l’occhio da parte a parte.

“Una notte di luna piena piuttosto movimentata”. Le rispose il ragazzo vedendo lo sguardo di Remus farsi cupo. “Ma preferisco dire che è una ferita di guerra”. Aggiunse con un sorriso.

“Ma come mai Voldemort nel vostro tempo non è ancora morto? Come mai nessuno lo ha ucciso?” chiese Harry guardando la sorella.

“Ci hanno provato in tanti ma nessuno è tornato a casa vivo. L’unico che può ucciderlo sei tu, sei tu il Prescelto”.

“E perché allora non l’ho ancora fatto?”

“Beh perché… non ne hai avuto il tempo… ecco, vedi… il fatto è che sei…”. La ragazza sembrava non sapere come concludere la frase così lo fece James per lei.

“Quello che sta cercando di dirti è che tu sei morto. Per questo non l’hai ancora ucciso”.

“Black, hai meno sensibilità di un opossum con la rabbia” . lo sgridò la rossa.

“Beh, meglio andare al sodo piuttosto che fare giri di parole”.

Mentre i due come sempre battibeccavano, tra gli altri era calato il gelo.

ESQUINA POR LA ESCRITORA XD

Hola! Qué ta?? Todo bien?? Les gusta este capitulo??

JamesRemus: smettila di copiarmi!!!!

Milly: copiarti?? Ma se sono io che studio spagnolo!! Tu sei solo una marionetta nelle mie mani e fai e dici quello che decido io!! >.<

JamesRemus: ehi! Voglio i miei diritti!! Tra l’altro non sono nemmeno di tua proprietà.

Milly: beh, allora tornatene da Ino!!!! Sei un masochista però se vuoi stare con lei!!!

JamesRemus: anche tu fai soffrire i tuoi personaggi!! Ho letto alcune bozze e…

*Milly gli tappa la bocca con una mano* Smettila di fare Spoiler, cretino!!!!

*Iniziano a picchiarsi e rotolare per terra*

Teddy: -.- ok, qui toccherà a me prendere le redini.

Milly *spingendo via Ted* No, no, ci sono… *butta nell’armadio i due ragazzi* allora, dicevamo?? An sì… beh, che ne pensate di questo capitolo?? Come promesso è piuttosto lungo. È che questo e il prossimo sono capitolo di passaggio quindi non li volevo dilungare troppo.

Alloooora, piccoli chiarimenti… forse qui avrete notato un JamesRemus diverso da quello di Ino. Beh, può essere, ma come vi ho già detto i personaggi saranno personalizzati. Ogni scrittore ci mette sempre qualcosa di suo, anche in una storia ispirata ad un’altra. Magari non vi aspettavate che cantasse anche lui come Ariel (ma d’altronde, che cosa pretendevate dal figlio di una cantante famosa e da un’autrice degenerata come me?? U.U) però io ho un debole pazzesco per i musicisti. Quindi, se mi presentate davanti un ragazzo moro (coi capelli lunghi anche) gli occhi azzurri, che suona o canta in una band o come solista potete star certi che gli sarò devota per tutta la vita.

JamesRemus: ecco, quindi inchinati ai miei piedi U.U

Milly: taci!! Tornatene a Narnia *lo rispinge nell’armadio*.

Poi… abbiamo scoperto chi è la madre di Ariel e James, una certa Martha Martinez, conosciuta anche come Noelle. Ebbene, avrete capito che in questa fanfic non c’è nessuna Andrea Moody. Eh, mi spiace ragazzi, ma è così. Spero che vi starà simpatica anche Martha. E siccome è in parte colombiana sa parlare anche lo spagnolo così pure i suoi figli, soprattutto James, ogni tanto ci inseriscono qualche parola. Mi sembra che lo spagnolo sia abbastanza capibile ma se dovesse esserci qualche parola difficile che non capite scriverò anche la traduzione o se no chiedete a me. (amo troppo lo spagnolo, non ho potuto resistere dal non metterlo :p). A proposito, l’Arequipe è un “dolcetto” colombiano che si mangia col cucchiaino e ha il sapore del caramello tipo. È stra-buono e ve lo dice una a cui i dolci non piacciono molto.

Che altro c’è da dire?? An sì… le canzoni che cantano James e Ariel sono, rispettivamente, The Lazy Song di Bruno Mars e Limòn y Sal di Julieta Venegas. Quella di Julieta non ha una bella melodia però le parole sono carine e parla di un licantropo per questo Teddy se la prende un po’ xD.

Penso di aver detto tutto se però avete delle domande non esitate a pormele. Nel prossimo capitolo, forse o forse no, saranno svelati altri misteri xD.

Un montòn de besos a todos.

Milly.

PUFFOLA_LILY: hola chica! Sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto J *saltella in giro per la stanza come le cavallette*. Qui hai anche scoperto chi è la madre dei ragazzi. Se hai altri dubbi, chiedi pure XD. Un bacio.

JULIET ANDREA BLACK: eh ma sai, so essere anche più perfida di Ino xD *ino la fulmina con lo sguardo*. Per quanto riguarda il cognome Martinez, beh, si è capito no?? Martinez è il cognome della madre e Ariel lo ha assunto per non far capire che è una Black. Mi raccomando però, adesso non prenderlo tu il mio vizio di bere troppo xD.

ROXY_BLACK: davvero pensavi che non l’avessi scritto io?? Allora vuol dire che ho dato il meglio di me xD *nasconde la mini Ino in tasca* ehm ehm… ebbene, mi spiace ma qui, a parte la ferocia di Jolie non hai potuto vedere altro. Ma ehi, pazienta un pochino e sarai premiata J beh, che dire… grazie per avermi fatto scoprire l’Arequipe. Ted: eh sì, grazie grazie xD.

FEDE15498: ehilà! Stavo per rivolgermi a Chi l’ha visto, sai?? Meno male che sei tornata, come facevo io senza le tue recensioni? Però sono proprio felice che ogni mio aggiornamento ti renda felice, è una cosa che fa sentire realizzati e aumenta l’autostima J comunque, ti assumo per l’omicidio della mia prof, posso?? Quanto prendi?? Ok, spero tu non scompaia un’altra volta e spero che ti sia piaciuto anche questo cappy. Un bacio.

STEFANMN: allora per la prof unisciti a Fede xD quattro mani sono meglio di una J beh, è vero, alcuni arcani sono stati svelati ma ti confesso che ne mancano ancora. Riusciranno i nostri eroi a portare in salvo il grande Teschio di Cristallo?? James: ma che c’entra? Milly: boh, però suonava bene xD.

P.S. c'è un bellissimo forum di Hp (al quale sono iscritta pure io) nel quale si può ruolare e partecipare a vari gdr... dateci un'occhiata e se vi piace scrivere, iscrivetevi... questo è il link: http://patronusgdr.forumcommunity.net/

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Capitolo 18
*** Capitolo diciassette ***


Un piccolo regalino di Natale dalla vostra cara Milly. :D

CAPITOLO DICIASSETTE

Ariel stava mettendo in ordine alcune sue cose che erano sparpagliate in giro per la stanza. Se la Signora Weasley avesse visto tutto quel macello le avrebbe dato sicuramente una strigliata. Preferiva evitarsi le prediche di mamma Molly su quanto sia importante tenere in ordine una casa e su quanto la cura dell’igiene sia segno di educazione e buon carattere.

All’improvviso sentì qualcuno che si appoggiava al battente della porta e, alzando lo sguardo, incontrò i suoi stessi occhi grigio-azzurri sul viso ghignante di JamesRemus.

“Cosa c’è, Jimmy? Jolie ti ha concesso di tenerla per manina quando siete a tavola?” scherzò Ariel notando l’espressione gongolante di suo fratello.

James, per tutta risposta, inarcò le sopracciglia confuso. “Perché?”

“Hai un’espressione tremendamente soddisfatta”.

“Sono semplicemente felice di vederti”.

“Hm hm”. Borbottò Ariel piegando con cura una maglietta e sistemandola sulla pila di vestiti già ordinati. Anche lei era contenta di rivederlo, ma non glielo avrebbe mai detto a lettere chiare e tonde.

“Dimmi un po’, Lessie”. Fece di nuovo James buttandosi sul primo letto che trovò leggermente in ordine, lasciando ciondolare le lunghe gambe fasciate in un paio di jeans consumati fuori da letto. “Come te la sei cavata in questi mesi qui nel passato senza il tuo figo fratellone?”

“Smettila di chiamarmi Lessie e ti risponderò”.

“Ah, lo sai che non lo farò”.

Fra i due ci fu per un po’ una specie di gioco di sguardi in cui si sfidarono a chi faceva quello più minaccioso finché Ariel non riprese a mettere in ordine. Quando James faceva così era una cosa impossibile, sarebbe stato capace di reggere quel gioco anche fino al giorno dopo.

“Allora dimmi, da quanto tempo tu e Harry state insieme?” chiese ancora James lasciando perdere la domanda di prima. In realtà, sembrava che fosse proprio quello il punto che lo interessava di più.

“Quattro mesi”.

“Wow è tanto. Praticamente il tuo record”.

“E’ la mia prima vera storia”.

“E tu lo ami?”.

“Se stiamo insieme direi di sì”. La ragazza proprio non capiva dove il fratello volesse andare a parare con tutte quelle domande.

“Pure io sono stato insieme a tante ragazze ma non le ho mai veramente amate”.

“Se la finissi di essere così preso da Jolie forse potresti veramente innamorarti di qualcuna”.

James tutto d’un tratto assunse un’espressione pensierosa come se stesse cercando di pensare bene a quello che voleva dire. Una cosa per niente da lui. “Sorellina, non vorrei fare il corvo ma lo sai che la vostra storia non potrà durare. Venite da due mondi diversi e se lui nel nostro tempo fosse ancora vivo sarebbe parecchio più grande di te. Per non parlare del fatto che non siete destinati a stare insieme. Lui dovrebbe stare con Ginny”.

Ariel all’improvviso, sentì una specie di morsa attanagliarle lo stomaco. “Sì, ma non stanno ancora insieme. Lui non l’ama ancora e…”.

“Ari… noi prima o poi ce ne dovremo tornarne a casa. E voi vi dovrete lasciare…”

“Ci penserò quando sarà il momento”. Rispose lei abbassando lo sguardo.

“Io non voglio che tu soffra”. Le disse James avvicinandosi a lei e spostandole un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. La ragazza però si ritrasse dal suo tocco quasi inconsapevolmente. Odiava quando suo fratello faceva così il tenero, odiava quando gli altri si preoccupavano per lei. Sapeva badare a se stessa, non capiva perché gli altri dovessero sempre dire che cosa era giusto per lei e cosa no.

“Sta tranquillo, non sono così fragile”.

Il ragazzo si voltò per andarsene, quando Ariel però lo bloccò.

“Jamie, come sta Miguel?”

“Abbastanza bene. Gli manchi, anche se non lo ammetterebbe mai”.

La ragazza sorrise. Certo, il suo fratellino era come lei, non era bravo a esternare i propri sentimenti, non a parole almeno.

“E gli altri? Emmie, John, Charly…”.

“Stanno tutti bene”.

“Ehi, ragazzi!” esclamò Harry entrando nella stanza. “Che fate?”

“Niente. Dialogavamo tra fratelli”. Gli rispose James guardandolo in modo strano.

Ariel però se ne uscì a passo di marcia dalla stanza senza degnare i due di uno sguardo. La verità era che si sentiva confusa, JamesRemus le aveva creato uno stato di confusione nello stomaco che non sapeva proprio come interpretare.

Lo amava? Amava Harry? O era semplicemente attrazione fisica? O attrazione di qualche altro tipo? Certo, si erano detti che si amavano, quelle due fatidiche parole che una qualunque persona normale e sdolcinata avrebbe considerato l’inizio di un rapporto destinato a durare e a finire bene. Ma, doveva ammetterlo, lei diceva Ti amo con la stessa facilità con cui distribuiva le caramelle. Anche quando stava con Teddy gli aveva detto che lo amava e poi si erano lasciati. Ma il loro rapporto era stato quasi più un gioco. Non erano mai andati oltre al bacio e a qualche carezza.

Con Harry era pure andata a letto. Ma aveva ragione James. Non era destinato che loro stessero insieme. E certe cose era meglio lasciarle al destino.

In camera da letto, invece, JamesRemus continuava a scrutare Harry dall’alto in basso come a volerlo studiare per bene. Era una cosa che lo divertiva, mettere in soggezione le persone in questo modo e gli riusciva parecchio bene visto che era piuttosto alto.

“C’è qualcosa che non va?” gli chiese il Ragazzo Sopravvissuto con le sopracciglia aggrottate.

“Sai, non per fare il fratello iperprotettivo ma, se dovessi far soffrire mia sorella, potresti ritrovarti accidentalmente al S.Mungo”. gli rispose il moro con sguardo minaccioso ma allo stesso tempo scherzoso.

“Ho capito cosa intendi dire. Ma non ti devi preoccupare”. Fece l’altro. “Piuttosto tu, cerca di andarci piano con la MIA di sorella”.

James ghignò. “Oh, Jolie sa difendersi benissimo anche da sola”.

“Sì, questo l’ho notato. Ma puoi star certo che, se dovessi farle qualcosa che a lei non va bene, non saranno solo i suoi pugni che dovrai cercare di evitare”.

I due ragazzi rimasero per un po’ a scrutarsi finché JamesRemus non mostrò il suo solito sorriso sghembo.

“Mi sa tanto che io e te andremo d’accordo”. Fece per poi tendere la mano verso Potter che gliela strinse deciso senza interrompere il contatto visivo.

“Lo spero”.

“Comunque…”. Proseguì Black. “Sai, mia sorella a volte tende a essere un po’ egoista e a pensare a se stessa. Non devi accontentarla sempre”.

“Che cosa vorresti dire?” gli chiese Harry inarcando le sopracciglia confuso.

“Niente, solo che Ariel non pensa molto alle conseguenze. E a volte combina un bel po’ di casini”.

 

Era da circa mezz’ora che Sirius, Remus, Dora e la Signora Weasley stavano cercando di staccare un mobile dal muro ma quello sembrava attaccato con un incantesimo adesivo che sembrava non volerne sapere di sciogliersi. In realtà bastava soltanto un po’ di forza per staccarlo, ma a quanto pareva, loro non ne possedevano a sufficienza. E per di più quel mobile era uno dei pochi che mancava da togliere, troppo vecchio e troppo Purosangue per restarsene in quella casa in cui si respirava già un’aria più nuova e meno cupa dopo tutte le pulizie che avevano fatto.

“Ehi! Che fate?” chiese Teddy allegramente, entrando nella stanza e vedendo tutti quanti concentrati attorno a quel mobile.

“Oh, niente di che. Stiamo solo cercando di sradicare questo mobiletto molto simpatico”. Gli rispose Sirius scocciato.

“E che c’è che non va?” anche il giovane licantropo si mise a guardare l’oggetto come se fosse una terrificante pianta carnivora.

“Le abbiamo provate tutte ma sembra che non si voglia togliere. Non ho idea con cosa sia attaccato. Gli incantesimi non funzionano”. Si lamentò Dora buttandosi su una poltrona con un sospiro.

“Posso provare io?” chiese Teddy guardando i presenti uno ad uno.

“Prova, ma non credo  ci riuscirai”. Gli rispose Remus con uno scrollo delle spalle.

Il ragazzo però, non prese la bacchetta come tutti si erano aspettati. Poggiò le mani sui due lati del mobile e con un leggero sforzo tirò verso di sé staccandolo  insieme a un po’ di intonaco di muro.

Tutti gli altri presenti lo guardarono con gli occhi fuori dalle orbite come se avessero appena visto la Madonna di Lourdes.

“Beh, che c’è?” fece Teddy sollevando le spalle come se niente fosse.

“Ammazza!” esclamò Tonks. “Ho partorito un sollevatore di pesi”.

Il Metamorfomagus ridacchiò. Doveva ammettere che era divertente stupire la gente con certi trucchetti che nessuno si aspetta.

“Eh sì, il nostro Teddy è proprio come Superman”. Sbottò James scendendo dalle scale che portavano in salotto. “E Vicky naturalmente è la sua Lois Lane”.

L’amico sospirò nella sua direzione con un moto di frustrazione. James e le sue fissazioni che gli creavano un sacco di fantasie mentali che non esistevano.

“Oh beh, caro, grazie per averci aiutati”. Disse la Signora Weasley sorridendogli premurosamente. “Per favore, potresti un attimo reggermi questo finché pulisco?” gli chiese infine porgendogli un candelabro d’argento e piuttosto pesante. Teddy lo prese senza fare caso continuando ancora a guardare James.

Ma, non appena lo ebbe preso in mano, tirò un urlo e lo lasciò cadere per terra dove si divise in due parti con un gran botto. Gli altri lo guardarono spaventati e preoccupati per poi notare la sua mano ustionata e leggermente sanguinante a causa dell’argento che aveva appena toccato.

“Oh Merlino! Caro, scusami!” cercò di scusarsi la Signora Weasley maledicendosi da sola. Sapeva che i licantropi erano allergici all’argento, Remus glielo aveva spiegato, ma in quel momento le era proprio passato dalla testa, non ci aveva proprio fatto caso.

“Non si preoccupi”. La tranquillizzò Teddy con il suo solito sorrise dolce così simile a quello di Remus. Era incapace di incazzarsi con chiunque.“Non è la prima volta che mi succede”.

“Oops, dimenticavo di aggiungere che non è allergico alla criptonite”. Commentò JamesRemus vedendo l’amico passargli accanto per dirigersi in cucina dove portò la mano ustionata sotto all’acqua fresca trovando immediatamente sollievo.

“Ti serve una mano?” gli chiese una voce gentile dietro le spalle. Il ragazzo si voltò specchiandosi negli occhi dorati di Remus, identici ai suoi. La sua mano stava già guarendo, lentamente, ma sembrava che la ferita si stesse ricucendo da sola.

“No, grazie. Ce la faccio da solo”. Gli rispose lui notando però un’espressione piuttosto sofferente nello sguardo del padre. Sapeva che non era stata una buona idea venire lì, ne era sicuro. Ma James, il solito James che aveva convinto tutti, lo aveva rassicurato dicendogli che non c’era nulla da temere, che infondo erano venuti lì per cambiare le cose e quindi, tanto valeva che loro già sapessero.

 

“Jolie, potresti dirmi una cosa?” chiese Harry rivolto alla sorella ma tenendo lo sguardo fisso al cielo stellato. I due, approfittando della serata afosa, si erano arrampicati sul tetto dal balcone del piano superiore e ora se ne stavano sdraiati sulle tegole, lei con la testa poggiata sul suo petto e lui con un braccio dietro le spalle della sorella e l’altro sotto alla propria testa che gli faceva da cuscino.

“Dimmi”.

“Esattamente quand’è che torneranno ma… i nostri genitori?”

La ragazza sospirò notando una vena di malinconia ma anche di celata emozione nascondersi nel tono di voce del fratello.

“Tra poco, non so esattamente quando ma dovrebbe essere prima di quest’estate se le cose vanno come dovrebbero”.

“E…”. continuò Harry ma la ragazza lo bloccò.

“Ti prego, non chiedermi altro. Ci sono comunque delle cose che non dovreste sapere. Anzi, abbiamo già detto troppo”.

“D’accordo”. Si arrese il moro. In genere era una persona piuttosto curiosa e che faceva un sacco di domande, specialmente se riguardavano lui o la sua famiglia, ma voleva rispettare i limiti della sorella e non pressarla troppo. Forse era un’inconsapevole desiderio di non farle brutta impressione. Ancora non gli sembrava reale, ancora non ci credeva di stare stringendo Jolie tra le sue braccia.

“Posso almeno chiederti che tipo di fratello sono stato? Ti ho tratta bene?”

A questa domanda Jolie esalò un sospiro più intenso del primo chiudendo per un attimo gli occhi come a voler riflettere bene su che risposta dare. Sì, questo glielo poteva dire.

“Vedi, in verità sei morto presto. La mamma era appena rimasta incinta di me e… io non ti ho… mai conosciuto”.

“Oh”.

“Però sei stato tu a scegliere il mio nome”. Aggiunse in fretta la rossa come a volerlo consolare in qualche modo. Non che fosse una grande consolazione però.

“Capisco… beh, Jolie è un nome che mi è sempre piaciuto”.

La ragazza probabilmente avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro se non fossero però stati interrotti dall’arrivo di JamesRemus e gli altri ragazzi.

“Ehilà! Che fate lassù?” li salutò il giovane Black mostrando il suo solito sorriso sghembo. “Vi state prendendo la tintarella?”

“No Black, stiamo solo cercando di contare le stelle”. Gli rispose Jolie in tono provocatorio.

“Oh beh, in bocca al lupo allora”. Commentò il ragazzo saltando anche lui sul tetto, seguito immediatamente da Teddy, Ron e Ginny.

“Ariel, sali anche tu?” chiese Harry rivolto alla bionda che se ne era rimasta sul balcone.

“No grazie, non ci tengo”. Gli rispose lei facendo una specie di faccia disgustata.

“Devi sapere che la nostra cara Lessie soffre di vertigini. Non è mai salita su una scopa”. Aggiunse il fratello.

“Davvero?”

“James! Fatti i cazzi tuoi!” gli urlò la sorella dal basso guardandolo con uno sguardo omicida. C’erano delle cose di lei che preferiva tenere nascoste.

“Beh, ho semplicemente detto la verità”.

“Ma parla per te!” 

ANGOLO AUTRICE IN FESTA

Hola chicos!!! Buon Natale a tutti!!!!

James: Feliz Navidad a todos!!!! *prende la chitarra e inizia a cantare a squarciagola* And so this is Christmas and a Happy New Year, let’s hope that’s a good one, whitout any fear!!

Milly *strappando di mano la chitarra a James e sbattendogliela in testa*: bene ragazzi, spero che queste vacanze e queste feste stiano procedendo bene. Ho deciso di aggiornare oggi perché volevo farvi un bel regalino di natale :D visto quanto sono buona?? Mi merito proprio una bella statua di cera al Madame Tussaud’s.

James *massaggiandosi la nuca*: l’unica cosa che ti meriteresti è una palla da bowling in testa.

Milly: taci tu!! Comunque, ho solo un chiarimento da fare su questo capitolo. JamesRemuc chiama la sorella col soprannome di Lessie perché, per la versione Animagus della nostra cara Ariel, mi sono ispirata proprio a Lessie, il famoso cane dei film. :D

Adesso posso sul serio lasciarvi andare, non voglio rovinarvi il Natale.

Un bacione a tutti e mi raccomando, non mangiate troppi panettoni che se no ingrassate.

Teddy *con il barattolo di Nutella in mano*: mangiate la cioccolata piuttosto xD

JULIET ANDREA BLACK: carissima, sai questo detective privato che ho ingaggiato per spiarti mi sta costando parecchio… uff… ops, forse non te lo dovevo dire. Maledetta la mia stupida lingua. Vabbè, dimenticatelo xD è proprio curioso che metta tutte le canzoni che piacciono a te, o è una semplice coincidenza oppure un segno del destino, chissà… sono contenta comunque che tu ti sia iscritta agli alcolisti anonimi, forse dovrei prendere lo stesso esempio xD davvero sei Argentina?? Che bello, mi ci porti un giorno? Io amo la lingua spagnola e, se dovessi scrivere qualche altra fesseria, correggimi pure. J E certo che è un grandissimo complimento dirmi che ti sembrava di star leggendo un capitolo di Ino, mi hai veramente fatta sorridere :D Grazie, cara. Spero ti sia piaciuto questo regalino di Natale. Buone feste, mi raccomando. M.

FEDE15498: carissima, io la Nutella ancora adesso la mangio a cucchiaiate, sul pane proprio non riesco a sopportarla. Ho mangiato solo una volta in tutta la mia vita il panino con la nutella e ho quasi vomitato. Sono proprio contenta comunque che i personaggi ti piacciano (anche se non sono miei, ahah) e non ti preoccupare se non riesci a recensire, posso capire, anch’io l’estate scorsa ho dovuto fare un po’ di salti mortali per trovare la connessione a internet da qualche parte. Divertiti durante queste vacanze con tutti i tuoi parenti, è bello quando si ha un po’ di gente intorno. Un bacio, M.

STEFANMN: oh, mi commuovi con tutti questi complimenti. Ehehe, tu hai letto anche l’altra mia storia ma ti devo dire che questa non sarà sempre molto seria e triste come quell’altra. Beh, che ti devo dire, spero che continuerai a goderti anche tutti gli altri capitoli allo stesso modo e auguro anche a te buone feste. Un bacio, M.

ROXY_BLACK: James: hola chica, estoy piensando a una canzone para tì, no te preocupe. Yo y mi quitara estamos trabahando bien. Milly: non vedo l’ora che tu apra il negozio di Arequipe, io e Teddy ci entreremo a braccetto saltellando. Però pretendiamo uno sconto, ovviamente :P eh sì, diciamo che lo scorso capitolo l’ho scritto pensando a te, d’altronde qualche regalino te lo dovrei pure fare con tutto il lavoro che stai facendo per questa storia xD Oops, non sveliamo troppe cose. Un beso, mi amor. Hasta luego, M.

INO CHAN: ooooh, pensi che ti fregherò altri personaggi?? Chi? Io?? Nooo, mai. *si avvicina John che la tira per la maglietta*: allora, quando entriamo in scena noi altri? *indica con un dito Charly, Joel e Emmie*. Milly *spingendo via John*: sparisci tu. *Torna a guardare Ino con aria fintamente innocente*: hmm, dicevamo?? An sì, ti piace il nome Noelle, eh? Beh, sono contenta perché mi sono scervellata un bel po’ per trovare un bel nome d’arte e ho pure rotto le scatole alla mia amica con questo. Comunque effettivamente Martha Martinez sembra un scioglilingua, ma non sono stata molto a pensare al suo nome. Ho frugato un po’ tra quelli di Paso Adelante. Per quanto riguarda il ritorno di James e Lily, beh, ci sto ancora lavorando, ma non dovrebbe essere un problemino :P. ora ti lascio, ho parlato anche troppo. Buone feste, un beso, M.

 

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Capitolo 19
*** Capitolo diciotto ***


CAPITOLO DICIOTTO

Sirius stava scendendo le scale per raggiungere la cucina quando si imbatté in JamesRemus che se ne stava seduto sui gradini con uno strano aggeggio rettangolare tra le mani dal quale usciva un sottile filo nero che gli andava nelle orecchie. Naturalmente l’Animagus non poteva sapere che si trattava di un I-POD.

Il ragazzo, non appena lo vide, gli sorrise contento.

“James…”. Borbottò l’uomo. Gli faceva uno strano effetto pronunciare il suo nome, forse perché era lo stesso del suo migliore amico. E gli faceva anche uno strano effetto trovarselo lì davanti tutti i giorni. Ad Ariel si era già abituato ma con James… boh, c’era qualcosa di diverso, in fondo non era facile abituarsi a veder scorrazzare in giro per casa la tua copia giovanile.

I due stettero ad ammirarsi per un po’, quando improvvisamente, sentirono un gran botto proveniente dal piano superiore della casa che li fece allarmare.

In men che non si dica scattarono entrambi e in poco tempo si ritrovarono al piano più alto della casa dove furono ben presto raggiunti da tutti gli altri che si trovavano a Grimmauld in quel momento. Ma quello che videro li lasciò praticamente di stucco.

“John! Cazzo, levatiiii!”

“Tappo, sta calmo. Mica ti schiaccio”.

“Sei sdraiato sulle mie palleeee!”

“Oh davvero? Pensavo fosse la tua bacchetta”.

“Ma perché voi ragazzi dovete essere così chiassosi?”

Soltanto in quel momento sembrò che i nuovi arrivati, ovvero cinque ragazzi dall’aria terribilmente familiare, si accorsero finalmente degli altri che li stavano guardando come se provenissero da un altro pianeta, ovvero con occhi spalancati molto somiglianti a due boccini e la bocca aperta a tal punto che sarebbe potuto entrare uno sciame di moscerini.

“Joooooel!” esclamò all’improvviso JamesRemus in direzione di uno dei nuovi ragazzi, leggermente più basso di James, biondo, occhi grigio azzurri e molto molto simile ad Ariel.

I due ragazzi si tramutarono in cani, quello nuovo in un cane lupo nero come la pece, cominciando a rotolarsi per terra cercando di azzannarsi la coda in modo giocoso e scherzoso.

“Viiiicky!!” urlò Ariel spaccando i timpani a qualcuno e correndo ad abbracciare una ragazza dai lunghi capelli biondi alta più o meno come lei e forse anche della sua stessa età.

“Ciao fratellone”. Salutò invece una ragazzina dall’aspetto piuttosto piccolino, con i capelli castani lunghi fino a metà schiena e un paio di graziosi occhi color castagna. Aveva proprio un aspetto da cucciola.

“Emmie!” esclamò Teddy al quale probabilmente era rivolto il saluto. La ragazzina gli sorrise e gli buttò le braccia al collo esclamando un: “Mi sei mancato tanto”.

“Cuginooooooo!”

Teddy e Emmie furono buttati a terra da un altro ragazzo piuttosto alto, ben fatto e coi capelli castano chiari che li travolse come fossero due birilli.

“John, trattieni l’entusiasmo”. Biascicò Ted sdraiato sul pavimento con l’altro ragazzo addosso.

L’unico che se ne era rimasto in disparte e che osservava tutta quella scena come a dire “Perché diamine qualcuno non ha ancora chiamato il manicomio?” insieme a tutti glia altri presenti che ora erano ancora più increduli di prima, era un terzo ragazzo, un po’ basso di statura, coi capelli neri e leggermente lunghi che teneva legati in un codino e gli occhi scuri come la notte.

“Ehm, ehm”. Tossicchiò Alastor Moody per cercare di attirare l’attenzione. E finalmente i ragazzi si calmarono, tornando composti.

“Si può sapere chi siete voi?” chiese Tonks spostando lo sguardo da un ragazzo all’altro e indugiando soprattutto sulla piccolina che aveva abbracciato Ted.

Ci furono un paio di secondi di silenzio, quando poi Ariel si decise a parlare per prima, come al solito.

“Lui è il mio caro gemellino”. Presentò, avvicinandosi al ragazzo biondo e simile a lei che poco prima era saltato addosso a James. “Joel Black”.

“Oh santissimo Godric!” esclamò Sirius coprendosi il viso con le mani. Sapeva che Ariel aveva un fratello gemello ma trovarsi pure il terzo figlio davanti, beh…

“Joel? Ma non si chiamava Miguel?” chiese Ginny stupita.

“Si beh…”. Iniziò il ragazzo chiamato in causa. “In realtà il mio nome completo è Joel Alastor Miguel Black. Ma Ariel preferisce chiamarmi solo Miguel a volte”.

“Alastor?!” fece Ron sorpreso.

“Sì, come lo zio Malocchio”. Rispose Joel come se niente fosse.

“Non lo sapevate che nostra madre è la nipote di zio Alastor?” chiese James notando che tutti sgranavano gli occhi sorpresi.

“Tu, cagnaccio!” urlò l’Auror tirando in aria il bastone in direzione di Sirius. “Preparati a correre!”

“Oddioooooo!” gridò Sirius cominciando a correre inseguito da Malocchio che agitava il bastone. Come facesse con quella gamba finta ad avere tutta quella potenza fisica nessuno lo sapeva. “Non ricordavo che Martha fosse la nipote di Malocchiooooooooo!”

Gli altri non riuscirono a fare a meno di scoppiare a ridere a quella vista.

“E voi cari? Chi siete?” chiese la signora Weasley con voce dolce. Era sempre gentile nei confronti dei giovani ragazzi specialmente se erano imparentati con qualcuno che conosceva.

“Ciao, nonna Molly!” esclamò la ragazza bionda che aveva abbracciato Ariel.

La donna spalancò gli occhi davanti a quella ragazzina dal visino così dolce. Ora che la vedeva meglio doveva proprio dire che era uno spettacolo di ragazza, cosa che constatarono anche tutti gli altri. A Ron per poco non spuntò la bava alla bocca. La ragazzina aveva dei lunghi capelli biondi che le arrivavano fino al sedere, un paio di grandi occhi castani su un viso da bambolina di porcellana. Indossava un leggero vestitino azzurro estivo che le lasciava scoperte le lunghe gambe da ballerina e un sacco di braccialetti colorati e tintinnanti sul polso sinistro.

“Eh sì. Lei è l’unica Weasley a non avere i capelli rossi”. Disse James con il suo sorrisetto sghembo portando un braccio attorno alle spalle della ragazza.

“Ma… ma… chi sono…”. Balbettò la signora Weasley non riuscendo a togliere lo sguardo dalla bionda.

“I miei genitori? Bill e Fleur. Mi chiamo Victoire”. Rispose lei con un sorriso dolcissimo e stupendo.

Ah ecco perché è così bella, pensarono tutti quanti. Con una madre fantastica come Fleur era inevitabile che nascesse una ragazza così meravigliosa. Probabilmente anche lei aveva un po’ di sangue Veela. 

“E così sei tu la famosa Victoire”. Fece Remus facendo un occhiolino in direzione del figlio che arrossì violentemente.

“Famosa?”

“Ehi! Anch’io voglio il mio momento di gloria”. Esclamò improvvisamente il ragazzo dai capelli castano chiaro e gli occhi di un azzurro intenso, come il cielo. “Piacere, mi chiamo John Paciock”.

“Paciock hai detto?”

“Cosa? Come?”

“E’ impossibile!”

I ragazzi del futuro scoppiarono a ridere al sentire quelle esclamazioni e quelle facce sconvolte.

“Sei il fratello di Neville?” chiesero Fred e George guardando il ragazzo. Non somigliava per niente al loro amico, John era decisamente più figo, più palestrato e anche decisamente meno timido, a giudicare dal sorriso strafottente che gli incorniciava il volto.

“Sì”.

“Ma come? Alice e Frank sono…”.

“Sì, al momento sono ancora fuori di zucca ma… si risolverà presto”. Rispose il ragazzo come se niente fosse.

“Oddio. Ma quante cose succederanno nel futuro!?” fece Ron con tono melodrammatico.

“Molte mio caro, molte”. Rispose John. “Peccato che non molte saranno belle”.

“E tu?” chiese Remus rivolto alla ragazzina che stava vicino a Ted, leggermente timida.

“Lei è Emmie. Mia sorella”. Rispose Teddy per lei guardando il padre negli occhi dorati.

“Oh”.

Sia Remus che Dora sorrisero alla piccola. Dimostrava sui tredici anni, era bassina ma piuttosto graziosa, con i capelli castani che le scendevano lungo le spalle e due occhi color castagna, simbolo che lei non era un Lupo Mannaro come il padre e il fratello. Ed evidentemente non aveva ereditato la fisionomia e la forza fisica tipici dei lupi Lusanguis.

“Ora manchi solo tu”. fece notare Malocchio guardando l’ultimo ragazzo che se ne era rimasto leggermente in disparte. Era tornato dalla caccia di Sirius insieme a quest’ultimo che ora però mostrava un vistoso livido sul labbro inferiore.

“Ehm… io…”. Cominciò allora il moro un po’ insicuro, arrossendo e abbassando lo sguardo. Non sapeva come l’avrebbero presa se avessero scoperto chi era suo padre. “Io mi chiamo Charlie”.

“Charlie… e poi?”

“Pi… Piton”.

Questa volta il ragazzo era sicuro che sarebbero tutti quanti svenuti, come nei fumetti che leggeva Joel, quando uno spara una cazzata e tutti si rabaltano a terra.

“Oh Merlino! L’invasione dei Moccini!!!” urlò Sirius in preda alle risate.

 

 

“Chi vuole il dolce?” chiese la signora Weasley alzandosi da tavola per servire il dessert.

“IO!” esclamarono Teddy e John contemporaneamente.

“Charlie, tu lo vuoi?” chiese poi all’unico ragazzo che non aveva dato il suo consenso.

“No, grazie”. Rispose questi.

“Ah, non sarai come tuo padre che rifiuta sempre il dolce. È per questo che è così acido”. Fece Sirius imbronciando le labbra.

Charlie ridacchiò. “Ahah no. È solo che non li posso mangiare, non spesso almeno. Sono diabetico”.

“Oh, mi spiace”. disse Tonks.

“Tranquilli, tanto ci sono abituato”.

“E comunque, Tappo è dolce lo stesso”. Sbottò John guardando in direzione dell’amico e mettendo in bocca un pezzo della fetta di torta servitagli da Molly.

“Non riesci proprio a chiamarmi per nome?”

“Non è colpa mia se sei basso”.

“No, sei tu che sei alto”.

“No, io sono normalissimo”.

“Tu normale? Ma quando mai?”

Alcuni degli altri presenti seduti a tavola ridacchiarono. Avevano il presentimento che quei due battibeccassero quasi come Jolie e James.

“Ma dimmi un po’…”. Fece di nuovo Sirius guardando ancora Charlie. “Ma chi è tua madre? Insomma, chi è la santa donna che ha avuto il coraggio di portarsi a letto Moccy?”

“Sirius!” lo sgridò Remus dandogli un calcio sotto al tavolo. Lui era l’unico che poteva avere il coraggio di parlare male di una persona davanti a suo figlio. Ma sembrava che Charlie non se la fosse presa tanto.

“E’ meglio che non ve lo dica. Non possiamo svelare troppe cose del nostro tempo”.

Gli altri sospirarono.

“Ma perché siete venuti tutti qui?” chiese Teddy con un tono quasi da predica.

“Perché ci mancavate troppo. Ed eravamo stanchi di stare là”. Rispose Emmie guardando il fratello tristemente.

“Ma i vostri genitori sanno che siete qui?” aggiunse la signora Weasley.

“Hum… sì, in un certo senso”.

Nessuno volle indagare di più su quella risposta ambigua data da John.

Il ragazzo si voltò verso Charlie addentando con gusto un altro pezzo di dolce come per fargli dispetto perché lui non poteva mangiarlo.

“Sei proprio stronzo, John. Te l’hanno mai detto?”

“Chi? Io? Ma se ho un faccino da angioletto”. Gli rispose l’amico con una finta faccia innocente.

“Sì, sei un angelo solo apparentemente”.

“Ma ragazzi!” li chiamò Tonks curiosa. “Come avete fatto a venire fin qui? Insomma, il potere delle Giratempo non dura a lungo”.

“Ma noi abbiamo delle Giratempo moderne. Durano più a lungo e possono riportarti indietro quanto vuoi”. Le rispose JamesRemus mostrando la Giratempo che gli adornava il collo. “Le ha create Hermione”.

“Wow, devo dire a quella ragazza che è un vero genio”. Sussurrò Ron a Harry, il quale annuì.

“Porca merda!” esclamò all’improvviso Joel guardando in basso. “Mi sono sporcato i pantaloni”.

“Fratellino, è ovvio se ti metti i pantaloni bianchi”.

Joel mostrò una boccaccia verso il fratello maggiore alzandosi per andare al lavandino e pulirsi i pantaloni.

 

Charlie si tolse la camicia scura scoprendo il torace ben fatto, come di qualcuno che pratica sport. Non sembrava per niente figlio di Piton, lui era decisamente più bello. Aveva ereditato solo i suoi occhi scuri e i capelli neri, ma almeno il ragazzo sapeva come si usava uno shampoo.

Si buttò su una poltrona del salotto mentre Jolie preparava l’iniezione di insulina che gli faceva da ormai quasi un anno.

La ragazza umidificò una piccola parte del fianco del ragazzo con un po’ di cotone inumidito d’alcool, mentre Charlie girava la testa e già preparava una smorfia di dolore. Non gli erano mai piaciute le iniezioni, sebbene le facesse tutti i giorni da mesi ormai.

“Aaaaah!” urlò il ragazzo sentendo Jolie che avvicinava la mano con la siringa.

“Per la miseria, Charlie! Non ho nemmeno iniziato”. Si lamentò la ragazza.

“Ehi, Tappo! Vuoi che qualcuno ti tenga la mano mentre Jolie ti fa la punturina?” fece John con il suo solito sorrisetto bastardo.

“John, cazzo! Mica devo partorire. Ahia, Jolie!” esclamò poi Charlie sentendo l’ago pungerlo e penetrare la pelle. “Avvisa prima”.

“Se sono fatte di sorpresa fanno meno male”. spiegò la ragazza spingendo lo stantuffo.

“Non è vero”.

Dopo neanche due minuti Jolie estrasse la siringa dal suo fianco premendoci contro un cotoncino, sempre inumidito d’alcool.

“Ehi, Charlie. Vuoi un bacino per far passare la bua?” gli chiese John canzonatorio.

“Beh, non sarebbe male”.

Al sentire quella risposta, l’altro si abbassò e gli schioccò un bel bacetto dove Jolie gli aveva fatto la puntura.

“Idiota! Non intendevo da te!”

John però, per tutta risposta, scoppiò a ridere. Quanto lo divertiva prendere in giro il povero Charlie.

DISCUTIAMONE…

Salve, ragazzi… eccomi con un nuovo capitolo :D

Allora, piccola precisazione tanto per non fare torto a nessuno. Joel, Emmie, John, Charlie e Victoire NON mi appartengono. Sono di proprietà di Ino chan (tranne Vicky ovviamente, che è della Rowling) e io li ho solo presi in prestito :D Credo che John e Charlie saranno gli unici ad essere fedeli a come li ha caratterizzati Ino, almeno per quanto riguarda il carattere. A proposito, io e la mia fantastica amica roxy_black abbiamo fondato il funclub di John e Charlie. Qualcuno vuole unirsi? Abbiamo già creato le spille, ora ci mancano le magliette.

Sicuramente però vi state chiedendo perché cazzo ho deciso di far avere al povero Tappo il diabete. Booo, un altro schizzò dell’autrice.

Tornando al capitolo… hmmm… confesso che non è stato semplice da scrivere ed effettivamente non me gusta molto. Ho scartabellato tra le varie canzoni di Youtube perché mi dessero qualche ispirazione ma… non è stato semplice -.-‘’ e ripeto, non è granché però almeno mi è venuto lungo. Tra l’altro non l’ho neanche riletto quindi, se c’è qualche errore, perdonatemi. Penso sia tutto, lascio a voi altri commenti.

Un bacio, M.

INO CHAN: ahah, tranquilla, hai visto che ho corretto? Purtroppo ho il difetto di mettere la Y nei diminutivi e mi sono resa conto troppo tardi, nel senso che la mia amica ha già fatto la sua foto con scritto Charly, che in realtà si scriveva Charlie e allora ho detto: amen, tanto non cambia. Però il personaggio è tuo, quindi hai tutto il diritto di lamentarti :D sìsì, nello scorso capitolo si è notato un po’ il rapporto fra le due coppie di fratelli. Ma dimmi, che ne pensi? James e Ariel sembravano un po’… come dire… ostili. Bo… vabbè, spero di risentirti. Un bacio, M.

STEFANMN: sono contenta che lo scorso cap ti sia piaciuto. Teddy: tranquillo, non le lascerò nemmeno un cucchiaio di nutella *milly intanto gliela frega dal baule*. Un bacio, M :P

ROXY_BLACK: effettivamente avevo pensato di mettere i bunelos nella storia… hmmm, vediamo che cosa mi verrà in mente. Comunque se vuoi rapirmi i pg devi chiedere a Ino e le sedute di psicoanalisi le paga lei xD spero allora che questo cap ti sia piaciuto, sono comparsi i nostri dolcissimi John e Charlie. Un bacio, M.

PUFFOLA_LILY: grazie come al solito per i complimenti e, non ti preoccupare, i little marauders resteranno ancora per mooooooooolto tempo. Spero ti sia piaciuto anche questo cappy e alla prossima. Kiss, M.

FEDE15498: carissima, anch’io odio il pandoro e il panettone. Anzi, odio tutti i tipi di dolci. Eh, che ci posso fare, sono fatta così io. Charlie: uff… e perché me lo dovevo beccare io il diabete? é__é . anche qui comunque ci sono tante belle novità e… beh, spero di sentirti presto e cerca di non ammazzare nessun altro per avere il pc che non voglio avere morti sulla coscienza :D

P.S. tuo zio fa il medico per caso? Perché allora è normale trovare certi nomi strani sulle cartelle. Ma io mi chiedo perché le malattie devono avere sti nomi così difficili.

 

Ultima cosa ragazzi… vi faccio un giochino… chi riesce a trovarmi tutti i nomi relativi al mondo harry potteriano in questa foto, avrà una bella sorpresa :D.

E quasi dimenticavo… buon anno nuovo J

 

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Capitolo 20
*** Capitolo dicianove ***


Questo capitolo è dedicato a Juliet Andrea Black perché ha vinto il giochetto della scorsa volta. Complimenti cara :D *applaude*

CAPITOLO DICIANOVE

“James!! Muoviti a liberare quel cazzo di bagno!!!” si sentì urlare Joel da in cima le scale, per poi vederlo comparire improvvisamente in cucina, sbuffante come una locomotiva.

Sirius, Remus e Tonks lo guardarono straniti. Loro non sapevano che Joel la mattina appena alzato era peggio di una donna con le mestruazioni. A volte mordeva peggio di un lupo mannaro, anche se gli si rivolgeva semplicemente la parola e il suo repertorio di parolacce si faceva veramente largo. Poi, per il resto della giornata, non diceva altro  dato che era parecchio stitico di parole. Al giorno diceva sì e no dieci parole in totale e quella mattina ne aveva già dette otto.

“Nervosetto il ragazzo”. Commentò Remus in direzione di Sirius ridacchiando tra i baffi. Quella notte ci sarebbe stata luna piena e bastava guardare la faccia pallida e stanca del povero licantropo per capirlo.

“Joel è sempre così al mattino”. Spiegò Jolie, seduta già a tavola, ai due uomini.

Il ragazzo, intanto, bofonchiò qualcosa per poi andare al frigorifero a prendersi qualcosa da bere.

La porta della cucina venne varcata da JamesRemus che entrò passandosi una mano tra i capelli leggermente umidi.

“El ba ño es libre, hermanito*”. Disse rivolto al fratello, il quale se ne uscì immediatamente a passo di marcia.

“Posso farti una domanda?” chiese Sirius guardando James con aria curiosa. “Ma fra Ariel e Joel, chi è il più grande?”

James sorrise. “Ariel è nata quattro minuti prima di Joel perciò è lei la più grande. Ma non farlo mai notare a Joel, se no si incazza. Odia quando lo facciamo sentire più piccolo”.

“Buongiorno!” esclamò Ariel allegramente seguita da Emmie che si stava stropicciando gli occhi con aria stanca. Anche lei risentiva leggermente della luna piena.

Poco dopo tutti quanti i ragazzi arrivarono a mettersi a tavola per fare colazione, all’appello mancava però soltanto Teddy, ma nessuno ebbe bisogno di chiederne il motivo.

“Ma in che Casa siete finiti ad Hogwarts?” chiese Tonks curiosa.

“Scommetto che siete tutti Grifondoro”. Aggiunse Sirius guardando soprattutto in direzione dei tre figli.

“Hmm non proprio”. Cominciò Emmie. “Io sono Tassorosso come la mamma, Charlie invece è un Serpeverde mentre tutti gli altri sono a Grifondoro”.

Dora guardò la figlia orgogliosa e contenta, invece Sirius e Remus si guardarono sbigottiti. Immaginavano che tutti quanti fossero finiti nella casa di Godric, però Charlie… oddio, era figlio di Piton perciò non c’era nulla di strano. Anche se effettivamente Charlie, per quel poco che lo avevano conosciuto, non sembrava tanto una Serpe. Erano sicurissimi che avesse preso dalla madre, sebbene non sapevano chi fosse. Forse li sbigottiva più il fatto che dei Grifondoro fossero amici di un Serpeverde. Perché chiunque, anche un cieco poteva vedere che c’era una bella amicizia fra loro, fra tutti quanti loro. In realtà, anzi, fin dall’inizio li aveva semplicemente stupiti il fatto che i loro figli fossero amici del figlio di Piton.

Certo che la vita riserva proprio cose strane.

A un tratto si sentì un improvviso botto e qualcuno che rotolava giù dalla scale.

“Auch!” si lamentò quello, finito sdraiato sui gradini a circa metà della rampa.

I ragazzi si sporsero e James riconobbe il piede che sbucava per quello del suo migliore amico.

“Coccolo?” chiamò.

“E’ morto”. Si lamentò quello con voce roca.

Finalmente però riuscì ad alzarsi e a trascinarsi fino in cucina dove crollò con la faccia sul tavolo, i capelli di un deprimente marrone scuro a coprirgli il viso.

“Dai Teddy, su col morale che stasera ci divertiamo”. Cercò di rallegrarlo James ma senza risultato dato che il licantropo borbottò un qualcosa di incomprensibile che doveva suonare come un: “Taci coglione o ti sbrano la faccia”.

Charlie tirò fuori dalla tasca due piccole boccette contenenti un liquido di un colore orribile, un misto tra il marrone merda e il giallo muco e ne porse uno a Teddy e uno a Remus.

“Pozione Antilupo”. Disse semplicemente a mo’ di spiegazione davanti allo sguardo curioso di Lupin Senior e legandosi i capelli in un codino.

Entrambi bevettero avidamente poi Moony esclamò sorpreso. “Com’è che sembra più buona?”

“Ci ho messo un po’ di sciroppo alla fragola. Non cambia gli effetti ma rende la pozione leggermente più digeribile”.

“Tu sai preparare la pozione Antilupo?”

“Certo, me lo ha insegnato mio padre”.

“Il nostro Tappo è veramente ben dotato”. Commentò John ridacchiando in modo perverso e lanciando un’occhiata a Charlie che si batteva una mano in fronte.

 

“Ahia! Porca troia, Jolie!” esclamò James trattenendo un gemito di dolore.

“Se stessi un po’ fermo forse non ti farebbe così male”. gli rispose quella guardandolo male.

“Io sono fermo, sei tu che sei violenta anche quando curi le ferite”.

“Potevi fare a meno di saltare in groppa a Teddy così lui non ti avrebbe lanciato contro l’albero”.

JamesRemus esalò un forte sospiro mentre si faceva curare un brutto taglio al braccio da Jolie, dopo che avevano trascorso la luna piena con Teddy e proprio questi lo aveva mandato a sbattere contro un grosso albero per colpa del quale si era fatto quella ferita.

“Non mostrarlo a Teddy o avrà i sensi di colpa”. Consigliò la ragazza fasciandogli il braccio con delle bende. Il ragazzo seguiva quei gesti con sguardo quasi incantato o meglio, assorto. Gli piaceva però quel contatto, lei che gli toccava il braccio e lo curava così amorevolmente. Era uno di quei rari momenti in cui non si infuriava con lei e non lo picchiava selvaggiamente.

“Tutto bene, ragazzi?” chiese Sirius sbucando dalla porta, anche lui reduce da una notte di luna piena con Remus.

“Sì, todo bien”.

Improvvisamente, però, una volpe attraversò di corsa la cucina sbattendo qua e là inseguita da un leone famelico che sembrava avere intenzione di sbranarla. Fecero il giro della cucina per poi uscire, sempre di corsa, fino in salotto dove il leone afferrò la piccola volpe per la collottola scuotendola leggermente.

“Oh Merlino!” esclamò Sirius che aveva la strana sensazione di trovarsi in uno zoo.

“Sono John e Charlie”.

“Oh”.

Intanto in salotto Victoire se ne stava in piedi accanto al divano a guardare Teddy che dormiva placidamente, con il petto che si alzava e si abbassava lentamente al ritmo del suo respiro.

Era così tremendamente carino e tremendamente tenero mentre dormiva, con le palpebre leggermente tremolanti, segno che stava sognando, i capelli che gli ricadevano sulla fronte, un po’ sudati e spettinati.

Doveva essere crollato immediatamente dopo essere rientrato a casa, stanco e distrutto a causa della trasformazione che aveva lasciato ancora qualche traccia, come i canini leggermente più lunghi e quell’aspetto più massiccio. Però lei non riusciva a non trovarlo dolce.

“Ciao Vicky!” la salutò Emmie, appena entrata nella stanza con ancora indosso la camicia da notte, i capelli spettinati e un’espressione assonnata. “Che ci fai qui?”

“Niente! Guardavo… se stava bene”. rispose lei parlando troppo frettolosamente e diventando leggermente rossa. La bimba però sembrò non accorgersene, probabilmente perché troppo piena di sonno e spossata a causa della luna piena.

“Torna a dormire, Emmie”.

 

James scese le scale scivolando sul corrimano, immediatamente raggiunto poi da Ariel e Harry che si portava sulle spalle una Jolie divertita per chissà cosa.

La signora Weasley però, sentendo suonare il campanello poco prima, aveva aperto la porta d’ingresso e così i ragazzi si erano improvvisamente trovati davanti Silente, Piton e la McGranitt.

“Oooh salve professori”. Salutò allegramente James con un sorriso strafottente. “Professoressa McGranitt, la trovo bene. E’ ringiovanita per caso?”

L’insegnante di Trasfigurazione, dopo un momento di shock nel trovarsi davanti la copia giovane di uno dei suoi ex alunni, si portò una mano alla guancia sorpresa e meravigliata per quella affermazione fatta dal ragazzo. Non che non le facesse piacere ovviamente, ma non doveva esserle venuto in mente che, nel tempo di quei ragazzi, lei era più vecchia.

“Oh ciao James”. Salutò il professor Silente con un sorriso gentile. “Minerva, Severus”. Disse poi rivolgendosi ai due insegnanti accanto a lui. “Loro sono il signor JamesRemus Black e la signorina Jolie Potter”.

I due insegnanti spostarono gli occhi da uno all’altro ragazzo, in particolare quelli di Piton indugiarono soprattutto su Jolie. Silente gli aveva raccontato tutto, dei ragazzi del futurp, di quello che dovevano fare e anche che James e Lily erano vivi. Nemmeno lui avrebbe saputo descrivere la gioia che aveva provato nello scoprire che la sua Lily era viva.

“MALEDETTO PACIOOOOOOOOOOOCK!”

“AAAAAAAAAAAAAHHHH!”

La porta di una camera da letto si aprì sbattendo di colpo e ne uscirono fuori un divertito John che non riusciva a smettere di ridere inseguito da un Charlie furioso e fumante, con la faccia rosso fuoco che brandiva un cuscino col chiaro intento di picchiarci l’amico.

Ma, non appena si trovarono di fronte ai tre professori, si arrestarono di colpo.

Silente non potè fare a meno di ridacchiare. “E voi dovete essere John e Charlie”.

“Proprio così!” esclamò il primo con un sorriso a trentadue denti, per niente intimorito di essere al centro dell’attenzione.

Charlie invece, aveva nascosto il cuscino dietro la schiena e aveva abbassato lo sguardo pregando disperatamente di venire risucchiato dal pavimento. Si sentiva lo sguardo penetrante del padre addosso.

Sì, Silente gli aveva raccontato anche questo ovvero che avrebbe avuto un figlio sebbene non sapesse da chi. Non ci aveva creduto allora e non ci stava credendo tanto neanche adesso, anche se doveva ammettere che con quei capelli scuri e leggermente lunghi e gli occhi neri, beh, non gli somigliava come una goccia d’acqua ma gli somigliava.

I tre insegnanti si diressero in cucina dove trovarono anche il resto della combriccola con Ron, Ginny, i signori Weasley, Tonks, Sirius e Remus.

“Voi sarete Emmie, Joel e Victoire, suppongo”. Fece di nuovo Silente rivolto ai tre ragazzi venuti dal futuro.

“Che cosa la porta qui, professore?” chiese Remus.

“Sono solo venuto a dare il benvenuto a questi ragazzi e a dire loro che sono lieto di ospitarli nella mia scuola”. Fece una piccola pausa nella quale estrasse un pacco di lettere e le poggiò sul tavolo. “E vi consegno anche queste. Ci sono anche quelle del signor Potter e dei signori Weasley”.

Silente e la McGranitt rimasero a parlare ancora un po’, l’unico che non aveva proferito parola per tutto il tempo era stato Piton, troppo impegnato a scrutarsi vicendevolmente con Charlie.

“Certo che in quanto ad affetto paterno il professor Piton sbocca da tutti i pori”. Commentò John acidamente una volta che i tre se ne furono andati. Aveva notato lo sguardo strano con cui l’insegnante aveva continuato a fissare Charlie.

L’amico gli rispose con un’alzata di spalle. Per lui non c’era niente di strano, non è che nel suo tempo il padre gli dimostrasse molto più affetto. Gli dava quel tanto che gli bastava per crescere. Non c’è mai stato nessun abbraccio o un ti voglio bene da parte dell’uomo.

“Vediamo un po’ che sono queste lettere”. Esclamò ad un tratto James prendendo le lettere poggiate sul tavolo e consegnandole ai rispettivi proprietari.

“Ma sono le lettere di Hogwarts e dei nostri G.U.F.O!” esclamò Teddy sorpreso. “Ma come ha fatto Silente ad averle?”

“Non ne ho idea. Ma d’altronde Silente può tutto”. fu il commento di Ariel che stava aprendo la sua lettera imitata dagli altri.

Seguirono due minuti di silenzio, nel quale i ragazzi lessero le proprie lettere con occhi attenti.

Improvvisamente però, videro Teddy impallidire e sgranare gli occhi davanti al suo pezzo di carta.

“Fa vedere!” esclamò James strappando la lettera dalle mani dell’amico. Anche lui però sgranò gli occhi dalla sorpresa. “Come cazzo hai fatto a prendere tutte E?”

“Cosa?!”

“Come?!”

“E’ impossibile”.

“Fa vedere!” stavolta fu Remus a strappare la lettera dalle mani di James mettendosi a leggerla insieme a Dora con un’espressione orgogliosa.

Teddy intanto arrossiva ma allo stesso tempo sorrideva contento.

“Beh mio caro, sei veramente pessimo. Ma proprio pessimo”. Commentò James incrociando le braccia e scrollando la testa.

“Meno male che ho copiato da te il compito di Pozioni”. Disse invece John.

“Ehi, a qualcuno interesserà sapere che sono diventato capitano della squadra di Quidditch?” sbottò tutto d’un tratto Harry mostrando la spilla da capitano.

“Davvero?!” fece Jolie con gli occhi illuminati.

“Mi farai entrare nella squadra, vero?” chiese Joel con aria da: “Non puoi dirmi di no”.

“Solo se passi le selezioni”.

DISCUTIAMONE…

* El ba ño es libre, hermanito. = il bagno è libero, fratellino

Allooooora… facciamo dei piccoli chiarimenti: nella fic di Ino Emmie in realtà è una Grifondoro. Io invece ho deciso di metterla a Tassorosso perché secondo ci sta bene lì. Insomma, è una cucioletta molto fedele, sta bene a Tassorosso. E nonostante abbia quattordici anni io continuo a vederla come una bambina :D Spero di non aver offeso nessuno comunque, decidendo di cambiarle Casa xD

Poi, seconda cosa. Per caratterizzare Joel ho fatto un miscuglio tra me e mio fratello xD io la mattina quando mi alzo sono scazzata e lui invece dice sì e no dieci parole al giorno :p

Ultima cosa… la volpe e il leone sono rispettivamente Charlie e John nelle loro forme Animagus.

Sono contenta però che l’idea di rendere Tappo diabetico vi sia piaciuta. Per una volta uno dei miei schizzi ha avuto successoJ

Charlie: e intanto io sono quello che deve bucarsi tutti i giorni e non mangiare nemmeno un granellino di zucchero è__é

Milly: ma lo sai che così sei più coccoloso ^^ *spupazza Charlie*.

Qui comunque abbiamo visto altre scene legate alla vita domestica ma dal prossimo capitolo, finalmente, succederà qualcosa *w*. E chissà che cosa ^^.

Per il resto, non ho altri commenti, spero me li lasciate voi che mi fanno sempre tanto piacere. *w*

Un bacio,

Milly.

STEFANMN: sono contenta che i personaggi ti piacciano J comunque, per quanto riguarda le prese in giro di John… sono fatte in amicizia, eh… non ti preoccupare che in realtà Johnny e Tappo si vogliono un mondo di bene xD.

JULIET ANDREA BLACK: mi sa che tu e Ino soffrite dello stesso problema -.-‘’ fatevi curare mie care :p cooomunque, complimenti ancora per la vincita del gioco, soprattutto perché sei riuscita a trovare James J Spero di risentirti, un beso. M.

INO CHAN: eheh, a quanto pare ci sono ancora un bel po’ di misteri da svelare. E… io e la mia amica stravediamo per Charlie e John, a volte non facciamo altro che parlare di loro xD. Sarebbe stato proprio un peccato non metterli insieme :p spero di risentirti, un bacio. Milly.

PUFFOLA_LILY: uuuh, come sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo *scodinzola*. Spero che anche questo ti piaccia. I nostri piccoli malandrini si stanno facendo scoprire sempre di più. Vediamo chi sarà quello che avrà più successo *w*. Un bacio, M.

ROXY_BLACK: John: vuoi un bacino?? Beh, te lo dovrai meritare u.u tu non ti sei fatta la bua è__é. Milly: eh sì, che coccoloso il nostro Tappo ^^ mamma mia, sarà per questo che è diabetico, è troppo dolce ^^. Ok, spero di risentirti, un bacio. M.

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Capitolo 21
*** Capitolo venti ***


Noticina di inizio cappy: preparatevi a un po’ di demenza xD

CAPITOLO VENTI

“Aaaaaaaaaaah nooooo!!!”

“Sììììì!!! Vieni quaaaa!”

Harry sfrecciò giù lungo le scale tenendosi le braccia sulla testa inseguito da una Ariel che si stava sganasciando dalle risate brandendo una piastra per capelli con fare minaccioso e con indosso soltanto i jeans e il reggiseno.

“Vieni qua che ti dò una piastratina alla testa”.

“Nooo! Tu i miei capelli non li tocchi!”

Piombarono in cucina sotto agli sguardi sbalorditi di Sirius e Remus che però faticarono a trattenersi dallo scoppiare a ridere. Il ragazzo scivolò sotto al tavolo cercando di nascondersi; poteva darsi che Ariel trovasse tutto quello divertente, ma lui si stava veramente rompendo le palle a scappare e non aveva nessunissima intenzione di farsi lisciare i capelli.

Infine, trovandosi davanti il viso minacciosamente sorridente della ragazza, strisciò fuori andando a nascondersi dietro le gambe di Jolie che stava passando lì proprio in quel momento.

“Che sta succedendo qui?” chiese la rossa guardando sia Harry sia Ariel come fossero dei pazzi usciti dal manicomio.

“Sto cercando di sistemare i capelli a tuo fratello. Spostati”. Le rispose la bionda con tono duro.

“Portami via questa pazza, per favore”. Si lamentò Harry stringendosi ancora di più alle gambe della sorella.

Proprio in quel momento entrò Joel a petto nudo, con indosso solo i jeans, un asciugamano attorno alle spalle e i capelli biondi ancora leggermente bagnati dalla doccia che aveva appena fatto.

“Chi stai minacciando questa volta con la piastra, Ariel?” chiese alla gemella con tono e sguardo annoiati. Di solito, quando erano a casa, lei si divertiva a inseguire JamesRemus oppure John con quell’aggeggio e i due poveretti dovevano sempre cercare di svignarsela, proprio come stava facendo Harry in quel momento.

“Ariel, datti una calmata e vai a metterti una maglietta”. Ordinò Jolie incrociando le braccia con fare perentorio. Harry sbucò tra le sue gambe e la guardò con aria da cucciolo bastonato.

“Uffa!” si lamentò l’altra. “Che guastafeste”. Borbottò infine dirigendosi di sopra e abbassando l’arma. Quando Jolie comandava, era meglio obbedire subito.

Joel, invece, si diresse in cucina dove aprì il frigorifero per prendere il cartone del succo e bere direttamente da lì, proprio come faceva di solito il fratello. Infine, fece per uscire però si scontrò con la piccola Emmie che gli andò a sbattere addosso.

La ragazza, accorgendosi di essere andata a sbattere contro un bel ammasso di pettorali, alzò lo sguardo verso il viso di Joel che la guardava con quei suoi occhi azzurri e un cipiglio curioso. Arrossì immediatamente cambiando involontariamente il colore dei capelli da castano scuro a rosso fuoco.

Girò immediatamente sui tacchi e sparì oltre l’angolo del corridoio borbottando un scusa fra i denti.

“Che ho fatto?” chiese Joel con sguardo innocente, voltandosi verso il padre e l’amico che si stavano ancora sganasciando per prima, soprattutto Sirius che sembrava essere stato attaccato da una ridarella acuta e non riusciva più a calmarsi.

“Quanto si vede che sono figli tuoi, Pad”. Commentò Remus asciugandosi gli occhi.

“Puff…”. Sbuffò Joel nel momento in cui anche Jolie entrava nella stanza e si fermava a fissare il biondo con sguardo da falco.

“Ma è mai possibile che voi Black dobbiate sempre andare in giro nudi?!” sbottò la ragazza.

Il più piccolo dei Black si limitò a chinare il capo per guardarsi per poi spostare lo sguardo su Jolie e uscire senza dire una parola. Chi lo capiva quel ragazzo o sapeva leggere nella mente oppure era come lui.

In quel momento entrò anche JamesRemus che, non appena vide Jolie, allargò le braccia e mostrò un sorriso a trentadue denti nella sua direzione.

“Jolie, mi amor!” esclamò facendo per saltarle addosso. Lei però riuscì a bloccarlo mettendogli una mano sul petto e soffiandogli in faccia un: “Non mettertici anche tu, cagnaccio”.

Il ragazzo però, essendo più alto e più forte, riuscì a spostarle la mano e ad abbracciarla stretta come fosse un pupazzetto di peluches, facendole poggiare la testa sul suo petto e mozzandole quasi il respiro.

“Blaaaaack! Sembri una sanguisuga!”

“Me lo dai un bacino?” fece lui con una vocetta dolce e schioccandole un bacetto sulla guancia.

La ragazza, però, gli mollò un calcio ben assestato sulla caviglia facendolo urlare di dolore e cadere per terra.

“Perché sei così cattiva, Jolie ma petite?” Si lamentò lui seduto per terra a tenersi la caviglia e guardando la rossa con uno sguardo da cucciolo bastonato. Jolie però sapeva che era tutta scena, ormai aveva imparato a conoscere tutte le sue espressioni.

“E perché tu sei così fissato?”

“Buahahah!” piagnucolò il ragazzo, per finta ovviamente, buttandosi a terra a braccia e gambe divaricate. Poi prese a cantare a squarciagola. “Estoy moriendo de pena, por no poderte basar”.

Jolie si battè una mano in faccia scuotendo la testa.

“Ma qual è il problema di voi Black?” borbottò uscendo dalla cucina.

Al piano superiore, in una delle tante stanze di Grimmauld, invece, Charlie se ne stava seduto tranquillo su una poltrona con lo sguardo perso da qualche parte nel vuoto, segno che era immerso in qualche pensiero.

A un certo punto, venne raggiunto da John che, vedendolo in quella posizione, inclinò leggermente il capo squadrandolo intensamente come a volergli leggere nella mente.

“Uhm?” fece Charlie non capendo che cosa volesse l’amico.

Improvvisamente, sul volto di John comparve un sorrisetto beffardo e, senza sapere come, Piton se lo ritrovò addosso prendendo a strofinarsi la guancia contro il suo petto e il suo collo.

“Si può sapere che stai facendo?” gli chiese.

“Voglio un po’ di coccole, non si vede? La mia natura mezza gattesca ne esige”.

“E per caso vuoi metterti anche a fare le fusa?”

“Se mi dai una grattatina alla pancia”.

John si sdraiò a pancia in su sul grembo di Charlie mostrandogli un paio di occhioni da cucciolo che, con la faccia da angelo che si ritrovava, avrebbero fatto tenerezza persino ad Hitler.

“Tu sei tutto matto”. Bofonchiò Charlie voltando il capo dall’altra parte, rassegnato all’idea che sarebbe dovuto restare in quella posizione finché John non rinveniva da qualsiasi cosa fosse affetto e si decideva ad alzarsi da quell’assurda posizione.

“Tappo?”

“Uhm?” il moro fu costretto a girarsi di nuovo verso l’amico che gli stava sdraiato in grembo, accorgendosi però che la situazione si stava mettendo male. John aveva inclinato il capo e aveva assunto la sua tipica aria bastarda.

“Tappo, sento qualcosa qui sotto. Non è che ti stai facendo certi pensierini su di me?”

Il viso del povero Charlie assunse diversi colori, passando dal bianco “vi prego, fatemi sprofondare”, arrivando al viola “oddio, adesso muoio” finché non si fermò sul rosso imbarazzato “adesso lo castro questo qui”. John guardò l’amico assumere quelle diverse espressioni, prendendo a sganasciarsi in preda a un attacco di risa isterico, per poi ritrovarsi, improvvisamente, scaraventato a terra in una posizione assurda con Charlie che urlava: “Pacioooock! Maledetto maniaco depravato!!!!” rabaltando persino la poltrona e il tavolino di fronte a lui.

Quella fu la scena a cui assistettero due sbigottite Victoire e Ginny, arrivate proprio in quel momento nella stanza.

 

 

Quel pomeriggio si erano radunati tutti quanti in cucina, con la Gazzetta del Profeta aperta al centro del tavolo. Si erano fatti tutti improvvisamente silenziosi, come se fossero impegnati a progettare qualcosa, si potevano quasi sentire i loro neuroni lavorare freneticamente.

Avevano appena letto sul giornale che Frank e Alice Paciock erano scomparsi dal San Mungo senza lasciare tracce e nessuno sapeva dove potessero essere andati. O meglio, solo i ragazzi del futuro lo sapevano ed evidentemente stavano pensando a come dirlo agli altri.

“Magari… sono stati rapiti”. Propose Sirius.

“E da chi? Chi avrebbe interesse nel rapirli?” fece Kingsley grattandosi la testa pelata.

“Papà ha ragione”. Sbottò a quel punto Joel giocherellando col braccialetto di cuoio scuro che portava sempre al polso.  

All’improvviso, tutta l’attenzione dei presenti si volse verso il ragazzo.

“Sono stati rapiti dai Mangiamorte”. Rispose James questa volta.

“E siamo noi a doverli salvare”. Aggiunse John assumendo un tono teatrale.

“Che cosa?!” sbottarono i membri dell’Ordine spalancando gli occhi stupiti.

In quel momento, però, la porta d’ingresso venne sbattuta fragorosamente e una sconvolta Ninfadora, con i capelli tutti per aria e di uno strano color giallo limone, fece il suo clamoroso ingresso inciampando nel portaombrelli e cadendo rovinosamente a terra, svegliando sia Kreacher sia il ritratto di Walburga che presero a strepitare entrambi.

“Oh Merlino! Oh Merlino! Oh Merlino!” cominciò a urlare agitata come una gazzella a cui hanno iniettato una buona dose di adrenalina.

“Dora, ti vuoi dare una calmata?!” fece Remus prendendola per le braccia e bloccando il suo camminare avanti e indietro per la stanza. “Che cos’è successo?”

La ragazza deglutì prendendo fiato prima di cominciare a raccontare. “Stavo guidando in una stradina vicino al bosco. Non c’erano altre macchine né nessun altro così ho preso a guidare un po’ più forte quando, improvvisamente…”. Il viso di Tonks si fece più pallido e sembrò quasi che il panico l’avesse pervasa di nuovo. “E’ sbucato un cervo dal bosco e l’ho colpito in pieno. Ma non l’ho fatto apposta, non volevo investirlo, è spuntato dal nulla”.

Gli altri tirarono un sospiro di sollievo e qualcuno ridacchiò persino. Da come era arrivata tutta trafelata e spaventata, avevano pensato che fosse successo qualcosa di terribile, tipo un attacco dei Mangiamorte a casa sua, oppure che avesse ucciso qualcuno. La poverina però, non essendo abituata a guidare un auto e non avendo mai fatto incidenti, si era parecchio spaventata nell’investire un grosso cervo.

“Ahah Dora, dai calmati, è solo un cervo. A proposito, dove lo hai messo? Lo hai lasciato lungo la strada?” le chiese Sirius ridacchiando.

“Oh no. L’ho… l’ho messo sulla macchina e… l’ho portato qui”. Rispose la ragazza guardandolo stralunata.

“Che cosa?!” sbottò Black precipitandosi fuori, seguito dalla cugina e da Remus.

Vide il pick up azzurro e un po’ scrostato della ragazza, parcheggiato davanti casa con un grosso cervo dalla pelliccia marrone chiaro e delle corna lunghe ed eleganti sdraiato nel cassone che stava attaccato all’auto. Non seppe perché, ma provò un tuffo al cuore nel vederlo e una strana sensazione di familiarità.

Remus e Sirius si avvicinarono al cervo. Black gli accarezzò delicatamente la pelliccia dove si vedeva una grossa macchia di sangue. Il cervo era immobile, sembrava apparentemente morto e loro non erano bravi in veterinaria per accertarsene.

La mano di Sirius corse sul per il collo dell’animale, prendendo ad accarezzarlo anche in quella zona. Ad un tratto però, si blocco vedendo qualcosa che aveva particolarmente attirato la sua attenzione.

“Remie, guarda”. Disse all’amico indicandogli quella piccola macchiolina scura che si nascondeva tra i soffici peli del cervo, come una piccola voglia, una voglia che solo una persona a loro conosciuta poteva avere.

“Oddio!” esclamò il licantropo spalancando gli occhi sorpreso. “E’ Prongs”. Disse dando voce al pensiero che aveva colpito anche il suo amico, ma che non aveva avuto il coraggio di pronunciare ad alta voce.

ANGOLO AUTRICE DEMENTE

Hola miei belli!! Come state?? Tutto bene??

Ok ok, non guardatemi così… non so che cosa mia sia preso con questo capitolo, ho veramente superato il mio limite di demenzialità. Forse c’era qualcosa di strano nel pollo che ho mangiato oggi a pranzo, oppure queste vacanze mi hanno completamente fuso il cervello. Boo.

Spero di avervi almeno divertiti come mi sono divertita io scrivendo questo capitoloJ

Beh, che dire… ci sono un bel paio di novità e se leggerete il prossimo capitolo vedremo di scoprire tutto.

Spero di ricevere un sacco di commenti.

Kiss kiss,

Milly.

PARIS BAXTER: ehilà, che bello, una nuova recensitrice :D eheh, siamo molto contenti. James: invece no che non siamo contenti è__é se recensiscono in troppi questa matta continuerà a scrivere e le nostre torture non avranno mai fine. Milly: *molla una padellata a James* Non ci fare caso cara ^^ Coooomunque, sono molto contenta che la storia ti piaccia con tutti i suoi personaggi annessi e connessi. Spero di risentirti e non ti preoccupare, non verrai contagiata dalla mia pazzia *corre in giro per la stanza lanciando coriandoli*.

FEDE15498: carissima :D spero tu non abbia ucciso nessuno stavolta soltanto per recensire a questa matta :P beh, che dire, la storia sta procedendo e con delle belle novità anche. Mi fa piacere che i personaggi ti piacciano però, se vuoi fare i complimenti a qualcuno, devi rivolgerti a Ino perché, come avrai capito, sono suoi, io ci ho solo messo un mio tocco personale. Eh, Charlie e John, John e Charlie… quei due insieme fanno faville… *__* quanto li amiamo *balla in giro per la stanza suonando una piccola arpa portatile*. Ok, la smetto di farneticare se no la mia sanità mentale va veramente a quel paese. O.o un bacio, cara:D

PUFFOLA_LILY: se alle tue domande rispose vuoi avere, seguire questa storia è tuo dovere. I personaggi son tutti qui pronti, anche se a volte un po’ tonti. Divertir noi vi dobbiamo anche se a volte a stento riusciamo. *James molla una padellata a Milly* Ehi! Accidenti che botta! *si massaggia la testa*. Oddio O.O ma che ho scritto? Pure in rima mi metto a parlare -.-‘’ vabbè, vabbè. Sono completamente andata. Non spaventarti cara, è solo l’età che avanza.

ROXY_BLACK: *nasconde la motosega dietro la schiena* carissima ^^ John: allora, avevi detto che potevo mangiarla? >.< Milly *sguardo innocente*: io? Ma quando mai? John: sì, lo hai detto. Milly *nasconde John in un sacco e lo tira addosso a Charlie*: carissima ^^ ok, sto diventando pure ripetitiva. Ok, oggi devo aver mangiato pesante e adesso pure i miei ultimi neuroni rimasti stanno andando in tilt. Ma che ci puoi fare -.-‘’ Magari è colpa di Mago Merlino… Igitus, igitus, igitus i… pioggia e neve venite qui. Skip Skap Skup ci divertiam tutto il dì. ^^

STEFANMN: eh, purtroppo non c’è stata molta azione qui… ma porta ancora un po’ di pazienza. ^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo dove abbiamo un paio di succulente novità. John: succulento? Cos’è succulento? Milly: ma tu pensi solo a mangiare?? è__é

JULIET ANDREA BLACK: ah, purtroppo invece, a casa mia non hanno ancora capito che la mattina non mi devono proprio parlare, tanto meno mio papà che certe volte mi riempie di domande è__è. Aaah, io questi personaggi li adoro, soprattutto perché ognuno ha una caratteristica diversa ed  è una cosa fantastica descriverli tutti e farli agire ognuno nel modo più adatto al suo carattere. Anche se, lo ammetto, non è molto semplice. Maggie, la cara Maggie ^^ Tutti amiamo quella professoressa, mi sa *w* beh, cara… spero di risentirti e non vantarti troppo, mi raccomando xD

P.S. grazie mille per la correzione… chissà che in questa testolina bacata entri qualcosa di buono ogni tanto ^^

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Capitolo 22
*** Capitolo ventuno ***


CAPITOLO VENTUNO

Harry era lì immobile ormai da circa venti minuti a fissare il padre che dormiva placidamente nel letto, con il petto che si alzava e si abbassava a ritmo del suo respiro, i capelli scuri e spettinati identici ai suoi, alcuni sparpagliati sul cuscino, altri leggermene incollati sulla fronte.

Così, se ne stava lì, appoggiato all’armadio con le braccia incrociate e uno sguardo indecifrabile. Aveva il cuore che andava a mille e sentiva le farfalle nello stomaco. Sapeva già da un po’  che suo padre era vivo, così come sua madre, però… beh, trovarselo improvvisamente davanti, dopo tutti quegli anni in cui ha creduto che non lo avrebbe mai visto, era un po’ come trovarsi davanti un angelo.

Però non sapeva che gli avrebbe detto, né che avrebbe fatto. Più che altro, era interessato a quello che lui avrebbe avuto da raccontargli, magari sapeva dov’era Lily.

Ad un tratto lo vide muoversi per poi aprire gli occhi, mettendoci una mano davanti per schermarsi la vista dai raggi di sole che penetravano attraverso le tende. Harry rimase ancora lì, immobile e senza cambiare espressione.

James, intanto, spostò la mano sulla ferita che aveva al fianco, sentendola dolere un po’ e poi si guardò intorno cercando di capire dove si trovasse. Finalmente riuscì a inquadrare il figlio e per un attimo rimase lì a sbattere le palpebre come se fosse vittima di un miraggio. Si alzò a sedere e inclinò il capo per vederlo meglio, visto che era senza occhiali.

Quello era veramente lui? Era veramente Harry, suo… figlio? Non ci credeva, però era identico a lui e aveva gli stessi occhi verdi di Lily. Merlino, credeva che non lo avrebbe mai più rivisto. Se lo ricordava ancora quando era solo un piccolo bimbo in fasce ancora incapace di mettere insieme quattro parole e ora se lo ritrovava già come adolescente, con un’espressione che lo faceva sembrare l’adulto della situazione. Ma forse si trattava soltanto di un sogno, oppure era completamente uscito di senno e vedeva cose che non avrebbe dovuto vedere.

“Vado… a dire a Sirius e Remus che ti sei svegliato”. Disse il giovane Grifondoro cercando di mantenere la voce più ferma possibile, sparendo poi fuori dalla stanza. Voleva sottrarsi a quello sguardo sconvolto e confuso, a quelle mute domande che sentiva pervadere la mente dell’uomo.

In men che non si dica, Harry ricomparve di nuovo, questa volta seguito dai due Malandrini. Sirius, non appena vide James vivo e vegeto seduto sul letto, gli saltò addosso abbracciandolo stretto, come forse non aveva mai fatto in vita sua.

“Proooooooooongy!”

“Merlino, Morgana e Circe!” esclamò Potter prendendosi l’amico addosso con tutto il suo peso, rischiando così di farlo finire al Creatore e per davvero stavolta.

Sirius intanto, gli diede pure una leccatina sulla guancia, comportandosi da cane qual era.

“Che schifo, Paddy! Che stai facendo?”

“Sono felice di vederti”.

“Sì, ma contieni le tue movenze canine, per favore”.

Remus, sedutosi ai piedi del letto, ridacchiò divertito attirando così l’attenzione dei due uomini.

“Moony. È bello vederti”. Salutò James con un sorriso in direzione dell’amico licantropo.

Remus si chinò sull’amico per abbracciarlo, cercando di fare più attenzione rispetto a Sirius con la delicatezza di un carro armato e gli spettinò i solito capelli selvaggi.

Nel frattempo, sulla soglia della porta si era radunata tutta una folla di gente: Tonks, i Weasley che quel giorno si trovavano lì, Harry e i ragazzi del futuro.

“Ma scusate… che posto è questo? E come ci sono finito?” chiese James districandosi dalle braccia di Moony.

“Sei a Grimmauld Place, la vecchia casa dei miei genitori”. Spiegò Sirius. “E… ti ricordi di mia cugina Ninfadora?” aggiunse indicando la ragazza che, immediatamente, cambiò colore di capelli. “Beh, mentre stava guidando vicino a un bosco ti ha messo sotto”.

L’espressione di Potter mutò tutto d’un colpo, impallidì improvvisamente e i suoi occhi si spalancarono regalandogli un’espressione stralunata nella quale però si leggeva anche un senso di panico.

“Che ci facevi là?” gli chiese Remus.

“Io… non…”. Cominciò a balbettare James non sapendo bene quello che voleva dire. Poi però impallidì tutto d’un colpo e i suoi occhi si fecero talmente rotondi da diventare quasi come due boccini. “Lily! Oh Merlino! Lily, l’hanno presa!”

Sirius e Remus cercarono di calmare l’amico che sembrava sull’orlo di una crisi isterica.

“Aspetta. Frena un attimo. Chi ha preso Lily?”

“I Mangiamorte!”

Le reazioni dei presenti a quell’esclamazione dell’uomo furono diverse. Alcuni si guardarono semplicemente tra loro leggermente presi dal panico, la signora Weasley si portò le mani alla bocca spaventata e Sirius e Harry sbiancarono.

“Ok James, calmati un attimo”. Cercò di ragionare Remus. “Spiegaci bene che cos’è successo e soprattutto come fate tu e Lily ad essere vivi”.

Potter sembrò calmarsi un po’ tra le braccia dei suoi amici e, preso un grande respiro, iniziò a raccontare.

“Quella sera di Halloween io e Lily non eravamo morti. Quando lui era entrato ci aveva atterrati tutti e due. Io però ho cercato di distrarlo e dare a Lily il tempo di scappare con Harry. Sembrava funzionare, Voldemort se la stava prendendo con me, non vi dico neanche quanto mi ha torturato, credevo… che sarei morto. Alla fine sono svenuto e ormai Voldemort li aveva raggiunti. Ha colpito Lily con l’Avada Kedavra e poi anche Harry ma con lui gli si è ritorta contro. Lily è rimasta viva perché c’era un legame che univa lei e Harry, una specie di protezione che ha protetto entrambi, magia antica a detta di Silente”.

“Un momento! Silente sapeva che voi eravate vivi?”

“Sì, lui sapeva tutto. Quando è arrivato ha trovato me e Lily a terra e si è accorto che eravamo vivi. Lui però aveva capito che, quel legame che univa Harry alla madre, lo univa anche a Voldemort perché, nel momento in cui Lily aveva protetto Harry con il suo Amore e Voldemort aveva scagliato l’anatema che uccide, questo potere si è esteso anche a lui creando un legame oscuro fra loro tre, una specie di Triumvirato”.

“Ma perché non avete detto che eravate vivi?”

James, a quel punto, lanciò un’occhiata quasi di supplica al figlio. “Harry era più al sicuro se stava tra i Babbani. Non correva il rischio di venire trovato dai Mangiamorte e nemmeno che questo legame che lo lega a Voldemort si sviluppasse in lui troppo prematuramente, ancora prima che fosse in grado di controllare la magia. Tra i Babbani i suoi poteri sarebbero stati più limitati. Così Silente ci ha costretti ad abbandonarlo e a nasconderci e non far sapere a nessuno che eravamo vivi, altrimenti avremmo dovuto spiegare del legame con Voldemort”.

La sua voce era diventata sempre più roca e il suo tono sempre più rotto, si sentiva lontano un miglio che gli faceva male raccontare tutta quella storia e che soffriva come un cane.

“E adesso? Com’è che siete venuti allo scoperto proprio ora?” chiese Remus.

“Siamo stati attaccati dai Mangiamorte. A quanto pare ci hanno scoperti e non ho idea di dove sia Lily. Molto probabilmente l’hanno portata via”. Rispose James disperatamente.

Calò il silenzio nella stanza, un silenzio nel quale la tensione si poteva toccare con un dito, l’aria ad un certo punto era diventata irrespirabile e non si sentiva volare una mosca.

“E non vi è mai venuto in mente di farvi sentire in qualche modo?” sbottò Harry con un tono che non prometteva niente di buono. “Che ne so… mandare un segnale di fumo o un messaggio col codice morse. Non vi siete mica preoccupati, vero?”

Tutti gli sguardi vennero puntati su Harry che guardava il padre con espressione dura, gli occhi verdi minacciosi ma allo stesso tempo anche sofferenti.

“Harry…”. Fece James guardandolo profondamente dispiaciuto. “Io… io e tua madre, ti giuro, eravamo disperati. Non volevamo nasconderci, volevamo stare con te. Ma Silente continuava a dirci che era meglio così, che era per il tuo bene. Non potevamo fare niente, non potevamo nemmeno muoverci da casa”.

“Sai una cosa? VAI A FARE IN CULO!!!”

Detto questo, il giovane Grifondoro se ne uscì a passo di marcia fuori dalla stanza senza degnare di un’occhiata nessuno.

Forse aveva avuto una reazione un po’ spropositata, ma cosa importava? Era incazzato, terribilmente incazzato e… non ci vedeva  più, cazzo! Come poteva suo padre, dopo ben quindici anni, presentarsi così con una scusa assurda su uno strano legame che li univa tutti a Voldemort e sulla sua cazzo di sicurezza. Basta, era stanco che gli mentissero. Ormai non si poteva fidare nemmeno di Silente.

 

“Uff, che palle!” sospirò Jolie scendendo le scale seguita dai suoi amici. “Prima Frank e Alice e ora mia madre. E per non parlare che mio fratello è pure incazzato. Avremo mai un attimo di pace?”

Si ritrovarono tutti quanti in salotto e si lasciarono cadere chi sulle poltrone, chi sul pavimento e chi appoggiato ad un mobile. Avevano appena lasciato James nella stanza al piano superiore perché riposasse, sotto effetto di una Pozione soporifera ovviamente.

“No te preocupe, mi amor. Vedrai che risolveremo anche questo”. Cercò di consolarla James e stranamente questa volta lei non si lamentò per il modo in cui l’aveva chiamata.

“D’altronde, stanno bene, altrimenti tu e John non sareste qui”. Aggiunse Ariel con un sorriso rassicurante.

Eh sì, le cose stavano iniziando a prendere una svolta, ma non si sapeva se positiva o negativa.

DISCUTIAMONE…

Ok, ok, ok… sono pessima lo so… non solo aggiorno tardi rispetto al solito ma vi lascio anche sta schifezza di capitolo.

Sì, perché è proprio una schifezza, lanciatemi pure i pomodori. Sicuramente non avrete capito niente del legame tra Voldemort, Lily e Harry come non l’ho capito nemmeno io. -.-‘’ mi sono scervellata parecchio per scrivere questo capitolo e ho seriamente rischiato una crisi isterica, la mia amica roxy ne sa qualcosa visto che mi ha pure dato una mano a scriverlo. Ma  è tutta colpa della mia ispirazione che, chissà per quale assurdo motivo, ha deciso di prendersi una vacanza proprio adesso è__é

Ok, basta…. Ora vi devo lasciare e, siccome ho poco tempo vi lascierò delle risposte striminzite alle recensioni.

Lasciatemi qualche commentino, anche se è per offendermi -.-‘’

Un bacio,

Milly.

FEDE15498: bene, contenta di averti tirato su il morale. Ora, prova a tirare tu su il mio -.-‘’ un bacio cara e a presto.

ROXY_BLACK: eh, Ariel ci sta facendo vedere chi è veramente e John e Charlie… sono sempre John e Charlie ^^ grazie mille per il tuo aiuto, cara. Che farei senza di te?? E hai ragione, Jolie si deve dare una calmata, ma aspetta di vederla in azione xD

JULIET ANDREA BLACK: mi sa che tu mi hai portato sfiga… adesso puoi insultarmi quanto vuoi e dire pure che ti fa schifo -.-‘’ è la tua occasione. No, perché a me sto capitolo non piace proprio. Tu cosa ne pensi? Un bacio, cara, spero di risentirti.

STEFANMN: eh, vedrai il nostro Tappo xD spero ti sia piaciuto questo capitolo *vomita*. Come avrai capito, a me fa proprio schifo. Staranno vomitando pure gli opossum. Un bacio, caro e a presto.

PUFFOLA_LILY: bene, se lo scorso capitolo ti è piaciuto, per questo vomiterai tutti i tuoi organi interni. Baaaah, basta, la finisco di scrivere se no qui i miei lettori si ammazzano. Un bacio, cara spero di ricevere altre tue recensioni dopo questo pezzo sporco di carta igienica.

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Capitolo 23
*** Capitolo ventidue ***


CAPITOLO VENTIDUE

John e Neville se ne stavano seduti al tavolo della cucina di Grimmauld a giocare ai scacchi magici, il secondo però se la stava vedendo veramente brutta perché ormai era la seconda partita che stava perdendo. Lui non era mai stato portato per quel gioco, persino lui si considerava troppo imbranato e troppo tonto per cose del genere.  Non aveva certo ereditato l’intelligenza e la furbizia del padre, cosa che, invece, aveva preso John, oltre alla sua invidiabile bellezza. Questo almeno era tutto quello che riusciva a pensare Neville, mentre se ne stava lì, concentrato più su quel fratello di cui aveva scoperto l’esistenza solo da pochi giorni, che sulla partita.

Ancora non ci credeva, non lo credeva ancora possibile… che i suoi genitori potessero tornare finalmente normali e che, di lì a pochi anni, avrebbe avuto anche lui un fratellino.

John mosse il suo cavallo, mangiandosi uno dei due alfieri dell’avversario e mostrando un sorrisetto malandrino in direzione del fratello che si era messo a osservarlo come se ci fosse Zeus di fronte a lui. Beh, in realtà, se lo avessero chiesto a qualche ragazza arrapata, molto probabilmente avrebbero risposto proprio quello.

Mentre Neville pensava alla mossa da fare, silenziosamente entrò anche Charlie in cucina per dirigersi al frigo e prendersi qualcosa da bere.

John fissò tutti i suoi movimenti senza, stranamente, proferire parola, e sembrò particolarmente interessato solo su un punto del corpo del ragazzo. Neville fece finalmente la sua mossa ma, quando si accorse che il fratello non lo stava proprio cagando, si voltò anche lui per vedere il motivo della sua distrazione, notando Charlie solo in quel momento.

Ma perché gli sembrava che lo sguardo di John fosse fisso sul… sedere del giovane Piton? Naaah, impossibile.

Solo quando il moro si avvicinò al loro tavolo tenendo stretta in mano una lattina di Cola Light, John finalmente tornò alla partita fissando attentamente i pezzi degli scacchi con uno sguardo strano.

Neville fissò attentamente anche il nuovo arrivato, chiedendosi come facesse a essere figlio del professore di Pozioni che lo terrorizzava tanto. Charlie non gli somigliava per niente, a parte forse gli occhi scuri. Innanzitutto, non faceva paura come il professore, era impossibile con quel faccino da cucciolo e un’espressione talmente dolce da intenerire persino un soldato nazista. E poi era persino basso, mentre Piton era piuttosto alto e il ragazzo sembrava si lavasse i capelli, da quello che riusciva a notare attraverso il codino stretto che si era legato dietro la testa. Per non parlare anche del fatto che si vestiva meglio, sebbene con colori neri pure lui, da quello che poteva intuire vedendogli addosso dei jeans scuri e una maglietta a maniche corte del medesimo colore.

“Come sta procedendo?” chiese questi a un certo punto, bevendo un sorso della sua bibita.

“Direi alla grande!” gli rispose John con un sorriso a trentadue denti. “Lo sto stracciando per la seconda volta”.

“Wow, John! Da quando sei diventato così bravo a scacchi?”

“Ho imparato dal migliore”. E il Grifondoro lanciò un’occhiata complice all’amico che gli sorrise a sua volta.

Charlie si diresse verso la porta, sempre tenendo la sua lattina in mano quando ad un tratto si bloccò e si voltò nuovamente verso i due ragazzi.

“John?”

“Hmm?”

Il ragazzo fece una pausa, spostando, intanto, lo sguardo da uno all’altro Paciock.

“No. Niente”. Rispose infine uscendo dalla cucina di fronte allo sguardo curioso dei due Grifoni.

 

“Porco Salazar! Non ne posso più!” esclamò un James Potter piuttosto arrabbiato e frustrato, mollando un potente pugno sulla parete di fronte a lui. Si era ripreso piuttosto bene dall’incidente che aveva avuto solo pochi giorni fa e la cicatrice sul fianco sarebbe stata soltanto un altro piccolo segno da aggiungere alla sua collezione di innumerevoli ferite che aveva sparse qua e là per il corpo, ferite da cruciatus, era chiaro, segni che gli avrebbero fatto ricordare per sempre quella maledetta notte dell’ottantuno.

“Dai, calmati Jamie”. Cercò di tranquillizzarlo Sirius, poggiandogli una mano sulla spalla. “Vedrai che troveremo un modo”.

Sapeva benissimo perché l’amico fosse così nervoso, voleva recuperare la sua Lily al più presto e riportarla al sicuro. D’altronde era quello che volevano tutti.

“Ora cerca di non farti prendere dal panico, è l’ultima cosa che ci serve”. Aggiunse Remus parlando in tono calmo. Lui era l’unico che riusciva a mantenere la calma e la mente lucida anche nelle situazioni più disperate. Come facesse ancora nessuno lo sapeva, forse era merito di tutta quella cioccolata che mangiava.

“E come faccio a non disperarmi? Mia moglie è finita in mano ai Mangiamorte che potrebbero averle fatto chissà che cosa. E mio figlio mi odia, non vuole nemmeno parlarmi”.

Sia Sirius che Remus abbassarono il capo. Comprendevano lo stato d’animo dell’amico, pure loro avrebbero avuto un diavolo per capello se si fossero trovati in quella situazione. Per non parlare del fatto che non avevano proprio idea perché i Mangiamorte avessero rapito Lily, o meglio, una mezza idea ce l’avevano… ma speravano di sbagliarsi.

“Vedrai che Harry si calmerà e capirà. Dagli solo un po’ di tempo”. Cercò di tranquillizzarlo Remus.

Ad un tratto, videro comparire alla soglia la nonna di Neville e Remus, non appena la vide, fece una smorfia che non era affatto tipica di lui. Augusta Lupin, in Paciock, era stata la sorella di suo padre, ma quando questi era morto, quella tremenda sera in cui Remus era stato morso dal lupo mannaro, lo stesso che aveva causato la  morte di suo padre, aveva ripudiato tutta la sua famiglia solo perché lui era diventato un licantropo. Da allora non ha mai saputo niente di lei, o meglio, non ha mai voluto sapere niente di lei.

Nonostante questo, però, era riuscito a rimanere in buoni rapporti col cugino Frank, anche perché frequentavano entrambi Hogwarts ed era stato contento nel sapere che pure suo figlio andava d’accordo con il figlio di Frank e Alice. Ma non sarebbe mai riuscito, comunque, a stare in buoni rapporti con quella donna.

 

“Harry, perché non ci vuoi parlare?” chiese Jolie. pazientemente, al fratello, mentre se ne stavano entrambi seduti sul freddo pavimento di una delle tante stanze della casa dei Black. Da quando il padre si era svegliato, lui non si era fatto vedere molto in giro, se non solo per mangiare e, quando lo faceva, cercava sempre di evitare il suo sguardo ma, se così non succedeva, gli lanciava occhiate malevole.

E adesso lei cercava di farlo ragionare, primo perché le dispiaceva vederli così, secondo perché non sarebbe potuto essere per sempre incazzato con lui e faceva star male anche la ragazza vedere il padre così distrutto.

“Perché è uno schifoso bastardo!” le rispose Harry senza guardarla per non far capire quanto la cosa facesse soffrire anche lui. “Mi ha abbandonato a quei babbani senza neanche preoccuparsi se stessi bene. Non gli è importato niente di me, né a lui né alla mamma”. Man mano che diceva queste cose, la voce cominciava a farglisi sempre più spezzata, anche se lui cercava di non farlo notare. Ma sentiva pure gli occhi pungere a causa delle lacrime che non voleva far scendere.

Jolie sospirò cercando di mantenersi calma. In genere non era una tipa molto paziente ed era facile all’isteria e alla violenza, specialmente quando le persone facevano le testarde e non volevano stare a sentirla. Ma quello era suo fratello che non aveva mai conosciuto ed, effettivamente, anche lei avrebbe avuto la sua stessa reazione. Doveva comunque ammettere che, da un lato, stava facendo di tutto per non cominciare a pestarlo a sangue come avrebbe fatto normalmente con JamesRemus.

“Questo è quello che pensi tu. Ma… lo hai sentito anche tu, non potevano. Silente glielo ha impedito, si trattava della sicurezza di tutti e tre”.

Harry ridacchiò sarcastico. Silente, un altro bravo racconta balle. Per tutti quegli anni lui aveva saputo che i suoi genitori erano vivi e non gli aveva mai detto nulla, nemmeno un minimo segnale. Si sentiva tradito da una delle persone che più stimava e di cui più si fidava al mondo.

“Certo… sono tutti bravi a parlare della sicurezza quando non hanno altre buone scuse da tirar fuori”.

“Ti prego, parlagli. Cerca di ascoltarlo. Non è stato facile per nessuno”. Lo pregò la sorella, cosa che aveva fatto pochissime volte nella sua vita, se non nemmeno una. Harry, udendo quella voce così dolce che lo supplicava così gentilmente, si voltò verso di lei, intenerendosi a quello sguardo così tenero e sofferente. Non credeva che stesse facendo del male pure a lei. “Fallo per me”.

Il Grifondoro rimase per un po’ in silenzio, con la testa appoggiata al muro e lo sguardo perso da qualche parte. Ma ormai era bastata quell’ultima frase per farlo cedere.

“D’accordo”.

Il volto di Jolie venne illuminato da un sorriso radioso e, immediatamente, si precipitò a chiamare il padre prima che il fratello cambiasse idea.

Aveva ceduto solo per lei? No, non credeva. Glielo leggeva in faccia che smaniava dalla voglia di parlare col padre e potersi riappacificare con lui. Gli serviva solo una buona scusa per smetterla di fare l’incazzato.

Ma allora, perché si era arrabbiato così tanto? Beh, perché arrabbiarsi con qualcuno era più facile che abbracciarlo e mostrargli le proprie debolezze.

 

Non appena James aveva sentito da Jolie, quella ragazzina che ancora non si era abituato a vedere come una figlia, che Harry gli voleva parlare, o meglio, aveva ceduto a parlargli, si era precipitato su per le scale, per quanto il suo corpo stanco e ferito glielo permettesse.

Prima di entrare nella stanza, però, cercò di calmarsi.

Trovò il figlio seduto per terra che guardava un punto indefinito davanti a sé. Gli si sedette accanto senza dire una parola, ma limitandosi a guardarlo di sottecchi.

“Ti ascolto”. Disse il ragazzo senza voltarsi e usando un tono piuttosto duro e freddo.

“Io…”. Cominciò l’Animagus titubante, senza sapere bene che parole usare. “Mi dispiace. Mi dispiace per tutto, per averti abbandonato ai Babbani, per averti fatto soffrire. Sia io che tua madre siamo stati malissimo, ti pensavamo tutti i giorni e non passava giorno che non ci chiedessimo dove fossi, come stessi e…”.

“E non avete provato a vederlo con i vostri occhi? Come stavo o che facevo? Di certo non mi sono divertito. Mentre voi ve ne stavate là, nella vostra bella casuccia, finalmente liberi da Voldemort. Liberi da me”.

Harry non le aveva urlate quelle parole, le aveva semplicemente pronunciate sempre con quel tono freddo e terrificante, ma si poteva sentire tutto l’odio che provava in quel momento. A James  si strinse il cuore, veramente non sapeva più che fare, ormai era certo che il figlio non lo avrebbe mai perdonato.

“Non è vero”. Cercò di dire senza lasciarsi andare alle lacrime che sentiva premere. “Non è vero, non eravamo liberi, anzi. Ci sentivamo ancora più in trappola di prima. Ci mancavi, terribilmente, ogni giorno. Tua madre aveva gli incubi, continuava a sognare quella notte e urlare il tuo nome nel sonno. Io cercavo di essere forte, soprattutto per lei, ma dentro di me mi sentivo una merda, un vero coglione per averti abbandonato così. Mi dispiace, Harry. Io… noi, ti vogliamo bene. Ci sei mancato, terribilmente e non immagini nemmeno quanto”.

L’uomo si voltò per vedere il viso del figlio e restò completamente stupito nel vedere le lacrime che scendevano da quegli occhi verdi, bagnandogli le guance. In quel momento gli sembrò come un diamante prezioso ma allo stesso tempo molto fragile e che doveva essere protetto a tutti i costi.

“Io… io vi ho sempre creduti morti… e… mi mancavate e… allo stesso tempo… vi odiavo, perché vi volevo con me…”. Cominciò a bofonchiare Harry tra le lacrime, senza sapere bene nemmeno lui quello che stava dicendo, scoppiando in singhiozzi senza più preoccuparsi di trattenersi, tanto ormai non ce la faceva più. 

James non seppe che altro fare così, fece la prima cosa che gli parve più giusta. Allungò le braccia verso di lui, avvicinandolo al proprio petto e prendendo a cullarlo dolcemente, mentre il ragazzo si stringeva contro la sua camicia bagnandola di lacrime, scosso dai singhiozzi. Il figlio si lasciò stringere, finalmente tra quelle braccia forti in cui aveva sempre sognato si stare, stretto in un abbraccio che non avrebbe mai creduto possibile riavere.

“Senti, Harry”. Gli sussurrò ad un tratto il padre, accarezzandogli i capelli. “Ho deciso di darti questa”. E gli mise in mano una piccola boccetta contenente una sostanza trasparente e galleggiante, come nuvole di fumo. “Sono i miei ricordi. Così ti sarà più facile capire”.

 

“Hola, mi amor!” esclamò JamesRemus, illuminandosi in un sorriso non appena vide entrare Jolie nel salotto dove si trovava insieme agli altri. Se ne stava sul divano a pizzicare qualche corda della chitarra, insieme ad Ariel

Joel, invece, era seduto per terra, intento a fare un ritratto a Victoire che, invece, se ne stava comoda su una poltrona, a gambe incrociate a leggere un libro. Lui nel frattempo masticava qualcosa in bocca, probabilmente le sue tic tac di cui non poteva mai fare a meno, completamente immerso nel disegno. Vicky era sempre stata il suo soggetto preferito. Joel non aveva ereditato le doti canore della madre come i due fratelli, però in compenso era un vero artista con i pennelli e i colori. Forse merito di tutti i Manga che si leggeva.

Ted se ne stava davanti al computer portatile a lavorare a qualcosa, probabilmente a scaricare qualche nuova canzone di James, con il viso completamente concentrato, mentre Emmie guardava quello che stava facendo, con sguardo curioso.

“Allora, sei riuscita a farlo ragionare?”

“Hmm, spero di sì. Adesso è di sopra con papà”. Rispose lei con un sorriso.

 

“Io proprio non capisco che cosa se ne faccia il Signore Oscuro di quella Mezzosangue”. Sbottò Amycus Carrow sentendo echeggiare la sua voce nell’immenso atrio d’ingresso della Villa dei Malfoy.

Vi si trovavano numerosi altri Mangiamorte, dato che ormai Voldemort se ne era impossessato come sua base segreta.

“Certo che non capisci. Sei troppo stupido per capire”. Gli rispose Bellatrix con la sua solita voce da posseduta, accompagnata da una risata sadicamente malvagia, come se avesse fatto chissà quale battuta. “E non parlare così del nostro Lord Oscuro”. Aggiunse poi, soffiandogli in faccia in modo molto minaccioso, facendo rabbrividire leggermente il Mangiamorte. Quella donna era pazza, completamente fuori di sé. Ma non c’era nulla da stupirsene, era ovvio dopo tutti quegli anni passati ad Azkaban. Poi si avvicinò con passo cadenzato al marito. Sembrava che pure lui ogni tanto ne avesse paura.

“Amycus, lo sai che fra lei e il Signore Oscuro si è creato un forte legame quella sera dell’ottantuno”. Cercò di spiegargli con molta pazienza Lucius Malfoy, stando vicino alla moglie. “Sarà più facile per lui avere il controllo sulla sua mente e costringerla a fare quello che vuole”.

“Tipo uccidere Potter, padre e figlio”. Aggiunse Bellatrix ridendo di nuovo come un’isterica.

“Esattamente, Bella”.

“Io più che altro, non mi spiego perché abbia deciso di prendere i Paciock”. Disse invece Alecto Carrow, enunciando ad alta voce la domanda che molti si ponevano.

Da dietro la porta, però, nessuno si era accorto che Draco li spiava con sguardo curioso, preoccupato e timoroso. Chissà che piani avevano. Anzi, forse preferiva non saperli. Non gli piaceva quella situazione, non gli piaceva il fatto che i Mangiamorte e Voldemort si fossero installati in casa sua. Non gli piacevano, non gli piaceva quello che facevano, sebbene sapesse che, in un certo senso anche lui si trovava invischiato in tutto quello e, qualcosa gli diceva che, molto probabilmente, presto si sarebbe unito pure lui alla loro schiera.

Sarebbe dovuto essere orgoglioso, come gli ripeteva molte volte il padre, era un onore servire il Signore Oscuro ed aiutarlo a salire al potere. Ma lui di onorevole in tutto quello non ci trovava proprio niente. Un conto era prendere in giro e minacciare  tutti i Nati Babbani e i Mezzosangue, ma un altro era uccidere.

Si allontanò silenziosamente da quella porta, diretto presso i sotterranei della Villa, stringendo in mano una fotografia, una fotografia che aveva visto cadere alla donna dai capelli rossi che era stata portata, ancora intontita, nelle segrete di casa sua.

Non ci mise molto a trovarla, se ne stava seduta con la schiena appoggiata contro al muro, le gambe raccolte contro al petto e il viso affondato nelle ginocchia.

La guardò un attimo, come incantato, aspettando che si accorgesse di lui. Ma così non accadde, o la donna non lo aveva minimamente sentito oppure sì, ma faceva finta che lui non fosse lì.

Draco tossicchiò e, finalmente, la rossa alzò il capo verso di lui facendogli sgranare gli occhi. Quegli occhi, quegli occhi di smeraldo gli erano fin troppo familiari.

“Chi sei?” gli chiese lei con voce bassa e atona. I capelli rossi come il fuoco incorniciavano un viso pallido e stanco, su cui si scorgevano due vistose occhiaie e uno sguardo tormentato e sofferente.

“Sono… sono Draco Malfoy”. le rispose il ragazzo senza riuscire a distogliere lo sguardo da lei. Non sapeva perché ma, gli faceva uno strano effetto. E nemmeno sapeva il perché del motivo per cui era sceso fino a lì solo per portarle quella foto. Era solo una dannatissima prigioniera, che diamine! Se poi lo scoprivano a chiacchierare tranquillamente con lei…

“Questa è tua?” le chiese poi, porgendole la foto.

La donna allungò la mano senza esitare, stringendo forte a sé quel pezzo di carta che ritraevano suo marito e suo figlio, come se fosse l’unico salvagente a cui potersi aggrappare.

Poi ritornò contro al muro, molto probabilmente volendo essere lasciata in pace.

Questa però non era l’intenzione del biondo, che voleva sapere qualcosa di più su quella donna che gli sembrava fin troppo familiare.

“Chi sono quelli nella foto?”

La rossa alzò di nuovo lo sguardo, scrutandolo attentamente, come chiedendosi perché mai quel ragazzo, il figlio dei Malfoy e quindi padrone di quella casa, fosse così curioso di sapere qualcosa su di lei. Sempre se di curiosità si trattava.

“Mio marito e mio figlio”.

“Come si chiamano?”

“James e Harry”.

“Di cognome?” al ragazzo era salito un terribile sospetto, non sapeva perché, ma…

“Potter”.

“SEI LA MADRE DI POTTER?!”

Oh Merlino! Non ci credeva. Quella era la madre di Potter, dello Sfregiato. Perciò era viva.

Adesso tutto gli quadrava. Chissà se quella donna si rendeva conto di quello che Voldemort voleva facesse…

DISCUTIAMONE…

Ebbene, sono tornata J contenti? Che ve ne pare di questo capitolo? Finalmente l’ispirazione e le idee mi sono tornate. La volta scorsa ero veramente disperata, sapete, mi è venuto quel terribile blocco dello scrittore perciò, qualsiasi cosa scrivessi, mi pareva una schifezza immonda. Non sapevo più che fare, quindi, e non riuscire a scrivere è una cosa che non sopporto.

Beh, qui abbiamo scoperto un po’ di cose. Ma i commenti li lascio tutti a voi. XD dico solo una cosa: beh, l’idea di Joel che mangia le Tic Tac mi è venuta in mente vedendo me e il mio porf di italiano che ce le mangiamo. Sì, le adoro le Tic Tac non ci posso fare niente, come adoro la Nutella e i pg delle mie fanfic hanno il difetto di assumere qualche mia caratteristica. XD

Passando ad altro, ho una grande notizia da darvi. Positiva o negativa? Dipende dai punti di vista… XP l’altro giorno, io e la mia amica roxy, siccome non sapevamo che fare in quel sabato pomeriggio un po’ deprimente, ci siamo messe a cazzeggiare su EFP e abbiamo tirato fuori dalla pattumiera un vecchio account che avevamo creato in comune. La cosa pazzesca è che c’era una fanfic che avevamo pubblicato secoli fa (precisamente due anni fa quando ancora eravamo delle povere pargole che non si intendevano per niente di scrittura) e, emozionandoci e divertendoci nel ricordare i bei vecchi tempi, ci è tornata l’ispirazione per continuarla. Perciò, abbiamo deciso di farlo e in questi giorni dovreste trovare un nuovo capitolo. Non so se qualcuno di voi avesse già provato a leggerla, ma se così non fosse, ci piacerebbe che deste un’occhiata. Si intitola Sam e Chris, lo so, non è molto originale come titolo ma penso conti più la trama XD.

Bene, detto questo, posso anche lasciarvi. Un bacio a tutti.

Alla prossima, kiss.

M.

PUFFOLA_LILY: capolavoro dici? Naaah, non mi sembra XD comunque, spero ti sia piaciuto questo capitolo, un po’ divertente e un po’ drammatico. Un bacio cara, alla prossima, Kiss.

FEDE15498: oooh, quanti complimenti *arrossisce*. Ma non credo affatto che la mia storia sia così bella. Mi limito solo a buttare su delle pagine la mia fantasia e le mie idee che non riescono mai a rappresentare bene fino in fondo quello che la mente ha partorito. Capisco benissimo comunque il tuo problema sulla difficoltà di continuare le tue storie, è una cosa che capita a molti. Il mio consiglio è di delinearti ben bene la storia nella mente, fin dai minimi dettagli così ti sarebbe più facile scriverla. Certe scene di questa storia, per esempio, anche quelle che verranno molto dopo, mi sono venute in mente ancora prima che iniziassi a scriverla XD. Spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e spero di risentirti. Un bacio.

P.S. la fic che ho scritto con roxy è proprio quella che mi hai recensito tu secoli fa. Purtroppo, ho visto solo ieri che l’hai letta ed è anche per questo che abbiamo deciso di continuarla XD pensavamo fosse andata nel dimenticatoio.

STEFANMN: carissimo, se c’è qualcosa che non capisci basta che chiediJ effettivamente anch’io faccio dei pensieri ingarbugliati che a volte nemmeno io mi capisco. Un bacio, M.

JULIET ANDREA BLACK: *nasconde siringa piena di cioccolato che stavi per iniettarsi in vena* oooh, davvero ti è piaciuto *w*. Sai, ero veramente in crisi la volta scorsa perché non riuscivo a scrivere niente, l’ispirazione se n’era andata e non poter scrivere è una cosa  che io non sopporto. Bene, qui abbiamo scoperto dov’è finita Lily ma, adesso, come farà a salvarsi? Se vuoi scoprire questo e molto altro, ti consiglio di continuare a seguirmi. Un bacio cara e alla prossima. Le tue recensioni sono sempre ben accette.

Juliet: lo dici solo perché vuoi che qualcuno ti recensisca.

Milly: ma assolutamente no. Puoi anche non recensire. *intanto prepara fucile con cui ucciderla se non le recensisce* XD

Juliet: sé, sé -.-‘’

ROXY_BLACK: wooooooow, ti piace il modo in cui scrivo? *w* *scodinzola* quindi, anche se dovessi scrivere “Roxy è una zozza baldracca” ti piacerebbe comunque? XD *occhiata omicida da parte di roxy*. Ihihihi, ebbene, per la tua immensa gioia, in questo capitolo sono comparsi tutti i tuoi pg preferiti XD

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Capitolo 24
*** Capitolo ventitrè ***


NOTICINA: preparatevi, qualcuno potrebbe morire…

CAPITOLO VENTITRE’

 “Ci serve un piano ben ponderato!” esclamò James con tono piuttosto deciso.

Lui, Sirius, Remus, Tonks e Malocchio si trovavano in una delle stanze superiori di Grimmauld a pianificare il modo in cui potevano infiltrarsi a Malfoy Manor per riprendersi Lily. Grazie alla Divinazione avevano scoperto che si trovava lì e ora, l’unica cosa che volevano, era tirarla fuori da quel covo di Mangiamorte.

In seguito, poi, avrebbero pensato anche a Frank ed Alice.

 Con loro, spaparanzati sulle poltrone o sui divanetti, c’erano anche i ragazzi del futuro, con Harry, Ron e Ginny, anche loro presi nell’ideare il piano “come riportare indietro Lily senza rischiare il proprio culo”.

 “Potremmo infilarci nelle segrete e da lì sbucare in superficie”.

 “Hmm, non so. È troppo rischioso”.

 “Alastor, non vedo altre soluzioni”.

 “Ma in qualche modo dovremmo pur fare”.

 “Shh… fermi tutti!” esclamò ad un tratto Teddy, zittendo tutti con una mano alzata. Si sporse dalla poltrona e tese le orecchie in direzione della porta, uno sguardo preoccupato a deformargli il volto.

“Gli è caduto il cervello”. Scherzò James, rimanendo impassibile sul divano dove era sdraiato.

“No, seriamente”.

Teddy, con i sensi più sviluppati per la sua condizione di licantropo Lusanguis, era stato il primo a sentire dei rumori sospetti che provenivano dai piani più bassi, nemmeno Remus,  i cui sensi erano più sviluppati solo con l’avvicinarsi della luna piena, aveva sentito niente.

Soltanto dopo un po’, però, una risata sguaiata e malvagia, appartenente a una donna, squarciò i muri della casa, facendo rabbrividire persino i quadri e le crepe nelle pareti.

“Cazzo! È Bellatrix!” esclamò Jolie alzandosi di scatto dal pavimento. Aveva semplicemente esplicitato quello di cui tutti quanti si erano resi conto e quella risata l’avrebbero potuta riconoscere tra mille.

“E c’è Joel di sotto!” JamesRemus scattò in direzione della porta, pronto a lanciarsi contro gli intrusi, ma una mano di John lo trattenne, afferrandolo prontamente per un braccio.

“Jim, non essere così avventato”.

“Ma c’è mio fratello giù con loro”.

Ormai, tutti quanti si erano armati di bacchetta pronti a combattere dato che, ovviamente, non si poteva evitare uno scontro. Ma, nelle menti di tutti, alleggiavano le stesse cose: “Come cazzo hanno fatto ad entrare?” e “Ok, siamo fottuti”.

“Tranquillo, Jamie. Miguel sa badare a se stesso”. Cercò di calmarlo anche Ariel, ma pure lei si vedeva che era preoccupata.

Si sentì un rumore di passi affrettati salire le scale e Bellatrix, con Joel stretto tra le mani e la bacchetta puntata alla sua gola, comparve sulla soglia della porta e squadrò da capo a piedi tutti quanti i presenti. Sfoggiava un sorrisetto molto soddisfatto e sadicamente macabro. Dietro di lei una schiera piuttosto corposa di Mangiamorte, la maggior parte mascherati e con le bacchette puntate.

“Lascialo andare!” le gridò Sirius pronto ad attaccarla. Ma non poteva fare niente, finchè teneva il ragazzo come ostaggio e come scudo umano.

Joel, con le mani, cercava di allentare la stretta al collo del braccio di Bellatrix, ma quella donna sembrava essere parecchio forzuta.

“Ahahah… non ci penso proprio”. Rispose lei con la sua solita voce stridula. “Voglio proprio divertirmi con questo bel bambolino”. E gli leccò la guancia facendo rabbrividire il povero ragazzo per il ribrezzo.

“Che cosa vuoi? Come avete fatto ad entrare?” chiese James, minacciandola con lo sguardo come per dirle: “O mi rispondi o ti faccio vedere le stelle in una maniera atroce”. Ma era chiaro che, per il momento, nessuno poteva fare molto. Non volevano di certo colpire anche Joel. Quindi, forse temporeggiare era la soluzione migliore.

In quel momento, però, senza che nessuno se ne accorgesse, il ragazzo conficcò un piccolo coltellino tascabile nella coscia di Bellatrix con tanta forza che la fece urlare e barcollare, mollando la presa su di lui. Evidentemente, doveva essere riuscito a tirarlo fuori dalla tasca senza che nessuno lo vedesse.

Proprio allora si scatenò l’inferno e cominciarono a volare incantesimi, maledizioni e anatemi a destra e a manca e ci fu un fuggi fuggi generale di inseguitori e prede, membri dell’Ordine che attaccavano Mangiamorte e viceversa, le forze del male che si scontrarono con quelle del bene, ognuna cercando di avere la meglio.

 

 

John, era riuscito ad atterrare un Mangiamorte al quale era anche caduta la maschera, scoprendo la faccia di uno che, però, non conosceva. Si accorse appena in tempo che un altro lo stava per attaccare alle spalle, riuscendo così a prevedere il suo incanto e contrattaccando con il suo. Vennero, però, entrambi sbalzati indietro per la potenza degli incantesimi e John finì a sbattere contro la scaffalatura dietro di lui.

Sdraiato per terra, se la vide cadere addosso e, chiudendo gli occhi, urlò:

“Aaaaaah. Se muoio, dite a Lady Gaga che l’ho sempre amata!”

L’impatto con il mobile, però, non arrivò così, sentendo scorrere i minuti e nessuna morte incedere su di lui, il ragazzo aprì, prima un occhio, lentamente e poi anche l’altro, trovandosi davanti chi gli aveva salvato la vita con la bacchetta ancora puntata alla scaffalatura, inclinata peggio della Torre di Pisa.

“Tappo!” esclamò con un sorriso contento.

“Smettila di fare l’eroe da tragedia”. Sbuffò Charlie, dirigendosi ad aiutarlo ad alzarsi.

“Mio eroe, mio principe, mio salvatore…”. Continuava, intanto, a vaneggiare John, aggrappandosi al braccio che gli porgeva l’amico per tirarsi in piedi.

“Sì, sì”. Il moro guardò con una strana espressione il taglio al braccio di Paciock; sembrava piuttosto profondo a giudicare dalla scia di sangue che si vedeva scorrere oltre la manica corta della maglietta.

“Bene, bene”.

Entrambi si voltarono verso la voce che aveva parlato, trovando, sulla soglia della porta, una Alecto Carrow dallo sguardo piuttosto spiritato.

“Adesso ci divertiamo”.

“Charlie, te lo confesso. Tua madre mi ha sempre messo su una strana soggezione”. Sussurrò John all’amico accanto a lui, che guardava la donna come indeciso su che cosa fare.

 

 

Una figura dal lungo mantello scuro e il cappuccio talmente calato in testa che non si riusciva nemmeno a vederle il viso, se non qualche sprazzo di lunghe ciocche color rosso fuoco, camminava per i corridoi di Grimmauld, non facendo nemmeno caso alla battaglia che si stava svolgendo in quella casa.

Aveva un unico obiettivo lì, non sapeva bene il perché, né si ricordava di preciso come fosse finita in quel posto.

Uccidi Harry Potter, uccidi Harry Potter, uccidi Harry Potter…

Questo continuava a ripeterle una voce nella testa, una voce che non apparteneva a lei. Era viscida, sembrava il sibilo di un serpente e le metteva pure i brividi. Ma questo le ordinava di fare e non poteva disobbedirle, si sentiva come una calamita che viene attirata da un pezzo di ferro senza potergli resistere.

Benchè, sentisse, dentro di sé, con quel po’ di ragione e di coscienza che le erano rimasti, che uccidere fosse sbagliato. E  poi… chi era Harry Potter? E perché doveva ucciderlo?

Sentiva come se lo conoscesse, come se questo nome non le era del tutto sconosciuto.

Così, mentre camminava completamente sola e con passi lenti e misurati, lo sguardo fisso sulla strada e l’obiettivo bene in testa, non si accorse di essere inseguita da Draco Malfoy, il quale approfittava di ogni colonna e di ogni scorcio di muro per nascondersi, stando attento a non far udire il rumore delle scarpe.

Non sapeva bene perché la stesse inseguendo, forse solo per tenersi fuori dalla battaglia e dall’assedio ai quali lo avevano costretto a partecipare: ora che era anche lui entrato nella schiera dei seguaci di Voldemort, avevano detto che, come loro, doveva annientare i membri dell’Ordine, i primi a mettere i bastoni fra le ruote nei loro piani di conquista del mondo. O forse, solo perché sapeva chi era quella donna e  che cosa stava andando a fare e lui voleva cercare di impedirlo. Forse, perché aveva pure lui un minimo di coscienza da qualche parte.

La donna, finalmente, raggiunse il suo obbiettivo: Harry se ne stava seduto per terra, ansimante, a reggersi un braccio da quale usciva copioso del sangue, lo sguardo fisso per terra.

Lei estrasse la bacchetta dalla tasca e, quatta quatta, la puntò contro il ragazzo. Fu come l’arrivo improvviso di un fulmine che cade a ciel sereno; dall’arma uscì un raggio di luce verde che fece spalancare e tirare un urlo sia ad Harry che a Draco.

 

 

Malocchio Moody venne sbalzato contro una parete e la bacchetta gli volò via di mano.

Cazzo! Combattere contro due Mangiamorte era piuttosto dura e lui non aveva nemmeno più l’età per certe cose.

Vide il Mangiamorte venirgli incontro minaccioso, con la bacchetta puntata alla sua testa. Non aveva vie di fuga, ma cercò comunque di pensare a qualche modo per salvarsi la pelliccia, per la miseria, era un Moody, non si sarebbe arreso così facilmente.

Mentre si preparava a scostarsi appena il Mangiamorte gli avesse lanciato l’Anatema, sentì un’inspiegabile spostamento d’aria e trovò l’uomo mascherato svenuto ai suoi piedi.

Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi azzurri di Joel che lo guardavano determinati.

“Vigilanza costante, zio”.

Malocchio non potè fare a meno di sorridere a quell’esclamazione del ragazzo; era figlio di Sirius, certo, ma era in tutto e per tutto un Moody. E non solo nell’aspetto.

 

 

JamesRemus, Jolie e Ariel erano nascosti dietro ad un divano per non venire colpiti dagli attacchi di tre Mangiamorte che non li lasciavano vie di scampo, facendo volare incantesimi e maledizioni ovunque.

Anche i ragazzi, naturalmente, stavano facendo la loro parte e ciascuno usava il primo mobile che trovava come scudo.

Però non potevano andare avanti così ancora per molto, anche il divano prima o poi sarebbe saltato in aria e per non parlare del fatto che, così facendo, si stavano facendo soltanto una figura da coglioni.

“Ragazzi, ci serve un piano. E in fretta anche”. Disse Ariel, schiacciandosi contro lo schienale del divano dopo aver cercato di colpire un Mangiamorte.

“Ci sto pensando, ci sto pensando, ci sto pensando”. Continuava a borbottare James, tenendosi due dita premute alle tempie, come per spremersi meglio le meningi.

Le due ragazze si guardarono stranite: chissà che avrebbe tirato fuori.

Ad un tratto, però, videro saltare in aria una parte del divano con un rumore infernale che li fece quasi saltare verso il soffitto. Adesso, però, si trovavano con una fiancata scoperta e ciò non andava per niente bene.

“Ok, James, spero veramente che tu abbia ideato un piano, perché…”. Jolie strinse i denti per mantenere alto lo scudo che aveva creato con la bacchetta.

“Ragazze!” le chiamò James con sguardo grave. “Ho un’idea”.

“E sbrigati, no?” lo incitò la sorella.

James si voltò verso i tre Mangiamorte, ancora dietro lo scudo creato dall’amica, li guardò con sguardo deciso e incattivito e…

“Per Narniaaaaaaaaaaaa!!!!!” gridò il ragazzo prima di lanciarsi fuori dalla protezione contro gli uomini mascherati, saltando sopra i mobili per non farsi colpire dai loro incantesimi.

Jolie e Ariel si batterono una mano in fronte: quel ragazzo era veramente un caso perso. Ma trovava ogni modo per sdrammatizzare le situazioni critiche, questo glielo dovevano concedere.


Draco aveva spinto la donna incappucciata, facendola cadere per terra e mandare il suo Avada Kedavra ad infrangersi contro la ringhiera delle scale.

Harry era rimasto a fissarli ad occhi sgranati, incredulo e confuso.

La donna, però, non si era ancora decisa ad arrendersi, come se uccidere il moro fosse diventata ormai una questione di vita o di morte.

Diede un forte calcio a Malfoy, si trascinò a gattoni fino ad Harry e, senza che questi avesse avuto il tempo di reagire, gli saltò sopra afferrandogli il collo con le mani pronta a strangolarlo.

Il ragazzo cercò di staccare le sue mani, senza capire bene che cosa stesse succedendo e chi fosse quella persona, anche se… aveva una strana sensazione. Quelle mani, quella pelle, non gli erano del tutto sconosciuti, così come non lo erano i ciuffi di capelli rossi che vedeva spuntare dal cappuccio.

All’improvviso, quando ormai aveva cambiato diverse varianti di colore del viso e sentiva il fiato diventare sempre più corto, alla donna scivolò il copricapo, svelandogli due occhi verdi, verde smeraldo… come i suoi. Due occhi come smeraldi incastonati in un viso che conosceva perfettamente.

“Ma… ma… mamma”. Esalò a voce bassissima e atona, con un misto di sorpresa, stupore, incredulità, emozione… no, era veramente lei?

Lily, allora, spalancò gli occhi e lo guardò come se vedesse un angelo piovuto dal cielo; l’aveva chiamata veramente mamma? Ma perché?

Oh Merlino, non poteva essere.

Che cosa stava facendo? Come era possibile? Che le era successo?

Allentò la presa sul suo collo e lo guardò con uno sguardo pieno di supplica e prossimo alle lacrime.

“Ha… Harry?”

 

 

 
Emmie non sapeva come era successo, non ne aveva la più pallida idea. L’ultima cosa che si ricordava era suo fratello che le urlava di nascondersi sotto al tavolo per non essere colpita da quella spietata di Bellatrix.

Lei gli aveva obbedito, un po’ preoccupata e dispiaciuta per non poterlo aiutare, certo, ma sapeva anche che sarebbe stata un po’ di intralcio; non era molto brava con gli incantesimi combattivi, per non parlare del fatto che non era un cuor di leone come lui.

Ma tutto quello era successo in un attimo.

Bellatrix era riuscita a disarmare Teddy e aveva cominciato a colpire Victoire a colpi di Crucio. Allora, il licantropo le si era avventato addosso perché lasciasse in pace la ragazza, ma lei, pronta come sempre e impossibile da cogliere di sorpresa, aveva estratto un pugnale d’argento e lo aveva colpito allo stomaco.  

A quel punto, per fortuna e forse per una mano dal cielo, erano arrivati John e Sirius che erano riusciti ad atterrare la Mangiamorte a colpi di maledizione ed schiantesimi, trascinandola fino all’altra stanza.

Emmie e Victoire, allora, si erano avvicinate al ragazzo che si reggeva lo stomaco con entrambe le mani cercando di fermare l’emorragia.

La bionda si era tolta la maglietta per bloccargli lo scorrere del sangue almeno con qualcosa, ma era troppo, decisamente troppo, sembrava un fiume in piena.

“Vicky…”. La chiamò Teddy con voce debole, ormai completamente sdraiato per terra e con lo sguardo che si faceva sempre più vacuo. “Non… non toccare… il sangue…”.

La ragazza capiva benissimo che cosa l’amico intendesse, ma non le importava niente, non le importava della maledizione, del sangue infetto, della licantropia… voleva solo che Teddy si salvasse.

Con una ferita normale avrebbe potuto guarirsi da solo. Ma quello era argento e l’argento era come veleno per i licantropi, li faceva soffrire in maniera atroce per poi non lasciarli vie di scampo.

Il ragazzo cercò di tenere duro, di resistere ancora un po’, ma ormai non riusciva nemmeno più a distinguere le forme dell’amica e della sorella, entrambe in lacrime. Ormai, era inutile, era inutile cercare di resistergli. L’argento lo avrebbe ucciso, era solo questione di minuti.

Mostrando un sorriso che doveva essere consolatorio a Emmie e Vicky, chiuse gli occhi lasciandosi andare. 

DISCUTIAMONE…

Ehilà, eccomi qui…

Alluora, siccome è morto tardi, non mi sto a dilungare in molte chiacchiere. Purtroppo, questo sarà l’ultimo capitolo che leggerete per almeno una settimana, perché domenica parto per l’Inghilterra e là non credo che avrò il tempo di scrivere.

 Perciò, vi dovrò lasciare con questo colpo di scena e l’ansia e la curiosità nel sapere che cosa succederà. Muahahahaha *risata malefica*, come sono perfida, muahahah.

 Ok, questa non era una cosa bella da dire ^^ *indietreggia di fronte ai suoi lettori armati di asce*.

Però dai, vi lascio con questo bel capitolone pieno di azione, non potete lamentarvi.

 Va bene, basta, non parlo più che è meglio.

 Fatemi sapere che cosa ne pensate.

 Kiss,

M.

FEDE15498: carissima, uuuh, un commento per ogni personaggio. Sono contenta che ti piacciano anche in questa versione un po’ “riadattata”. Eh sì, Draco sembra che stia capendo da che parte è giusto stare, ma… chissà ^^ alla prossima, mi raccomando. Kisss

STEFANMN: Uh caro, tranquillo, anche poche righe bastano, purchè siano sincere. Beh, che ne pensi di questo? Un bacio, la tua Milly ^^

ROXY_BLACK: Bellatrix: AVADA KEDAVRA!! Milly *tira calico a Bella*: carissima… eh sì, ormai avrai capito che i miei pg sono piuttosto particolare ^^ in ciascuno di loro c’è qualcuna delle mie caratteristiche ^^ ma, che mi dici di questo capitolo? Ci sono abbastanza botte per te?? xD kiss

JULIET ANDREA BLACK: *trattiene Juliet per la manica della maglietta* ah, la mia cara Juliet… che bello sentirti. Ma, non capita anche a te di chiederti come diavolo faccia Charlie ad essere figlio di Piton? No, perché Charlie è veramente un bonazzo e Piton… beh, Piton è Piton xD ma vabbè, probabilmente si chiama Karma. Non ti preoccupare per i Mangiarmote, ci stanno già pensando quelli dell’Ordine a farli fuori anche se… oooops, Bellatrix ha combinato un casino con Teddy. Chissà che succederà… hmmm… ^^ alla prossima, Byo.

PUFFOLA_LILY: hmmm… un po’ di pazienza e i tuoi dubbi saranno rivelati. Per sapere a che cosa serve Lily a Voldemort dovrai aspettare il prossimo capitolo e… John e Charlie insieme? Mah, chissà… ^^ forse sì forse no… un bacio. M.

 

 

 

 

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Capitolo 25
*** Capitolo ventiquattro ***


NOTICINIA: qui ho introdotto un personaggio che più che altro farà soltanto da comparsa ma che mi serve… capirete leggendo ^^

CAPITOLO VENTIQUATTRO

In quel momento a Grimmauld Place non si respirava affatto un’aria tranquilla, anzi, tutt’altro. Se qualcuno fosse entrato in quel momento, non si sarebbe soffermato neanche per un minuto prima di girare sui tacchi e uscirsene alla svelta dalla casa, notando l’aria di tensione e disperazione che vi alleggiava e, soprattutto, per le urla lancinanti che si sentivano provenire dal piano superiore della casa.

JamesRemus continuava ad andare avanti e indietro per il salotto passandosi, ogni tanto, le mani tra i capelli in un gesto frustrato e nervoso e lanciando occhiate sofferenti in direzione delle scale. John se ne stava sdraiato a pancia in giù sul divano con la testa nascosta sotto al cuscino, mentre, accanto a lui, Charlie aveva le gambe piegate verso il petto e il viso affondato nelle ginocchia e ogni tanto sembrava scosso da tremolii. Emmie era abbracciata a Victoire che piangeva incontrollabilmente sulla sua spalla, scossa dai singhiozzi, cosa che avrebbe fatto volentieri anche la bionda se non stesse cercando di essere più forte, almeno lei. Jolie si teneva abbracciata stretta ad un cuscino come fosse la sua ancora di salvezza, i capelli a coprirle il viso, probabilmente per non far vedere che aveva gli occhi lucidi. L’unico che riusciva a rimanere impassibile, non si sapeva come, era Joel, seduto composto sul tavolino con lo sguardo fisso in avanti e nessuna espressione in volto, incantato a guardare solo Merlino sapeva cosa. O forse, con quel cervellino attivo ventiquattro ore su ventiquattro, stava pensando a qualcosa molto intensamente.

Gli unici che mancavano all’appello erano Ariel, uscita fuori perché non ce la faceva più a sopportare quello strazio e andata chissà dove e Teddy che era il motivo per il quale tutti stavano così. Dopo l’avvelenamento da argento erano riusciti a chiamare il dottor Kent, anche lui membro dell’Ordine ma che veniva solo se qualcuno rimaneva ferito, e aveva portato una pozione contro l’argento. Peccato solo che quell’antidoto facesse un male d’inferno ai licantropi e le urla del ragazzo si sentivano fino in salotto nonostante si trovasse in una delle stanze più in fondo della casa.

“Porca troia! Ma a nessuno è venuto in mente di silenziare la stanza?” esclamò James, facendo per la centesima volta lo stesso giro della stanza. Ormai avrebbe scavato un solco nel pavimento a furia di camminarci.

Nessuno degli altri ragazzi, però, gli rispose, tutti troppo impegnati a cercare di non fare caso alle grida dell’amico, ma era come ignorare che la propria casa andava a fuoco: impossibile, a meno che non si soffrisse di manie suicide.

 

“Porca putt…!!” sbottò Harry, interrompendosi di colpo non appena la signora Weasley gli lanciò un’occhiata malevola. Non era colpa sua, però, se la ferita al braccio faceva così male e quella pozione cicatrizzante non aiutava di certo. Molly poteva essere delicata quanto voleva, ma il braccio bruciava da morire e l’unico modo che aveva di sfogarsi era tirare bestemmie e picchiare la testa contro il tavolo.

Non osava nemmeno immaginare come dovesse sentirsi Teddy in quel momento.

“Cerca di portare pazienza, caro”. Lo consolò la donna mettendo un’altra goccia della pozione sulla sua ferita già pulsante. Il ragazzo si morse la lingua soffocando un’altra imprecazione.

La signora si accinse a preparare anche le bende, quando fu interrotta dalla porta che si apriva.

Lily Evans comparve esitante sulla soglia e guardò prima la donna e poi il figlio, i quali spalancarono gli occhi alla sua vista.

“Posso… posso finire io?” chiese la rossa esitante, scrutando attentamente la signora Weasley, probabilmente perché, se avesse guardato Harry, si sarebbe imbarazzata terribilmente e non sarebbe riuscita a mettere neanche quattro parole in croce.

“Oh… oh, certo… certo che sì, cara”. Le rispose Molly colta alla sprovvista, ma mollando tutto lì e uscendo dalla cucina per lasciare a madre e figlio quel momento di intimità e riappacificazione.

Salendo le scale per poco non inciampò in James che se ne stava seduto su un gradino a spiare Lily e Harry dalla porta aperta. L’uomo le fece un occhiolino complice; era stato lui a farsi una bella chiacchierata con la moglie e a convincerla che Harry non la incolpava affatto per quello che aveva cercato di fare, non era colpa sua se Voldemort si era impossessato della sua mente per far fuori il suo peggior nemico.

Nel frattempo, in cucina, Lily aveva finito di bendare il braccio di Harry e ora i due si stavano osservando, entrambi imbarazzati, senza sapere esattamente che cosa dire. Entrambi si erano immaginato molte volte come sarebbe stato quel momento, il momento dell’incontro e dei chiarimenti, si erano programmati tutto quello che avrebbero dovuto dire, ma… beh, si sapeva come andavano sempre questi momenti.

“Ti ho sognato spesso, sai?” disse ad un tratto la donna, abbassando gli occhi. “Somigli moltissimo a James. È quasi impressionante”. Un sorrisetto contento le spuntò sulle labbra.

“In realtà somiglio a te più di quanto credi”. Le rispose Harry cercando di parlare con voce sicura e decisa, ma riuscendoci ben poco. “Mi sei mancata”.

Solo a quel punto Lily alzò tutto d’un colpo lo sguardo su di lui, inchiodando i loro occhi dello stesso colore e, con uno slancio pazzesco, lo abbracciò stretto come se non volesse più lasciarlo andare.

“Anche tu, piccolo mio. E non immagini nemmeno quanto ti voglia bene”.

 

Non ce la faceva più; era come essere sottoposti alle cruciatus, anzi, peggio, era come se gli stessero versando dell’acido nello stomaco. Faceva un male d’inferno, ogni volta che il dottore gli versava la pozione sulla ferita che gli aveva procurato Bellatrix con quella pugnalata, riceveva una scarica di dolore pazzesca che lo faceva urlare come il diavolo all’inferno, tanto che sicuramente lo stavano sentendo pure dall’altra parte della città, e inarcare la schiena nonostante lo avessero dovuto immobilizzare a letto perché altrimenti si dimenava tutto.

“Tesoro, manca ancora poco. Dai, cerca di resistere”. Cercava di calmarlo Ninfadora, tenendogli la testa sulle sue gambe e bagnandogli la fronte con una pezza umida per dargli un minimo di sollievo.

“Dora, mollagli la mano”. La ammonì Remus, guardandola con espressione dura.

“No. Perché?”

“Perché, quando stringerà con la prossima dose di pozione, ti maciullerà tutte le ossa”.

Merlino, non ci aveva nemmeno pensato. Teddy aveva una forza superiore ad un normale essere umano, per non parlare adesso, che non si sarebbe assolutamente controllato con tutto quel dolore da sopportare.

Delicatamente estrasse la sua mano da quella del ragazzo e gli sollevò la testa, spostandogli i capelli dalla fronte sudata.

Intanto, il medico aveva sparso altra pozione sulla sua ferita e il licantropo aveva lanciato un altro urlo allucinante, conficcandosi le unghie nei palmi.

Remus si alzò per dirigersi alla finestra e poggiare la fronte contro il vetro; Dio, non ce la faceva più. Non osava nemmeno immaginare quanto male dovesse provare Teddy in quel momento.

Non potendo più stare in quella stanza, si diresse quasi di corsa fuori dalla porta e uscì sbattendola dietro di sé.

“Dai, ancora poco. Manca ancora poco”. Sussurrava intanto Dora, accarezzando i capelli del figlio e non facendo caso alla fuga di Remus.

“Non… non ce… la faccio più”. Bofonchiò Teddy con voce debole, le lacrime agli occhi e completamente fradicio di sudore. “Ucc… uccidimi… ti prego”. Sì, in quel momento avrebbe tanto voluto essere morto piuttosto che patire tutto quel male. Se fosse morto per avvelenamento d’argento non sarebbe neanche stato tanto male, almeno si risparmiava quel dolore.

“No, non dire così. Ti prego”.

“Dai campione. Hai resistito per tutto questo tempo, resisti ancora un pochino”. Cercava di rassicurarlo anche il medico che ormai stava tirando fuori le bende dalla sua borsa, segno che ormai quella tortura era finita.

 

James e Sirius videro arrivare un Remus Lupin piuttosto trafelato, spettinato e sudato che aveva sceso le scale come inseguito da una mandria di bufali e ora se ne stava appoggiato allo stipite della porta quasi col fiatone.

“Come sta andando?” gli chiese Sirius, porgendogli un bicchiere di Whiskey incendiario.

“Come sta andando?!” ripetè il licantropo con gli occhi fuori dalle orbite. Mandò giù la sorsata di Whiskey. “Lo senti anche tu, no? Se non è morto per l’argento, morirà sicuramente per il dolore”.

Avrebbe tanto voluto mettersi a spaccare gli oggetti  e persino i muri, ma tanto non sarebbe servito a niente. Doveva solo prendersela con se stesso, sapeva la maledizione che si portava dietro, la conosceva benissimo, eppure lui, come un bravo allocco, si metteva  a fare figli con Dora. Fantastico, ora ci si mettevano pure i sensi di colpa a mordergli il culo, oltre ad un figlio licantropo ferito e urlante.

“Non capisco come faccia Dora a stare là, a sopportare…”.

“Le madri hanno un legame particolare coi figli, per loro riescono a sopportare tutto”. rispose James alludendo anche a qualcun altro, però.

Già, Dora era rimasta accanto a loro figlio, non se n’era di certo andata come aveva invece fatto lui, vigliacco come al solito. Altro che Grifondoro! Certo che era proprio un padre di merda.

 

Ariel scese nel seminterrato di Grimmauld Place, portando tra le mani un vassoio con due toast poggiati su un piatto. Lo appoggiò su un piccolo tavolino leggermente instabile e si inginocchiò di fronte al prigioniero.

Draco Malfoy, appoggiato schiena al muro e legato per un polso come un cane in gabbia, alzò gli occhi color del ghiaccio verso di lei, che nella penombra della cantina sembravano illuminarsi come quelli dei gatti al buio, e la guardò con la tipica espressione: se gli sguardi potessero uccidere.

“Hai fame?” gli chiese la ragazza in tono dolce.

“Ti ho portato da mangiare”. aggiunse non ottenendo nessuna risposta da lui.

“Perché fai la carina con me?” sbottò allora lui con tono aspro e duro.

“Cosa?”

“Sì, perché sei qui a fare la carina con me anziché startene col tuo ragazzo?”

Lei abbassò lo sguardo. Harry non aveva bisogno di lei in quel momento e si sentiva leggermente inutile.

“Volevo soltanto essere gentile”.

“Allora, potresti liberarmi”. E le mostrò il polso incatenato.

“No, non posso”.

“Pff!”

No, non poteva. Anche perché non aveva nemmeno le chiavi e quelle manette non potevano essere aperte con la magia. E le chiavi ce le aveva solo Malocchio Moody. Era stato il vecchio Auror a decidere che era meglio segregare il giovane Malfoy in cantina. Era venuto insieme ai Mangiamorte ad attaccarli e, a quanto pareva da quel tatuaggio che marchiava il suo braccio sinistro, anche lui era uno di loro. Erano riusciti a imprigionare altri seguaci del Lord Oscuro che avevano subito provveduto a portare ad Azkaban, ma non erano così bastardi da condannare un ragazzo che, a quanto pareva, si era trovato lì per caso. E, inoltre, faceva comodo avere qualcuno da interrogare. Peccato solo che Alastor fosse troppo paranoico da esigere addirittura che venisse legato.

“A saperlo che mi trattavate così, non lo salvavo neanche Potter”.

“In realtà ci hai fatto un favore”.

“E quindi?”

Ariel decise di ignorarlo e, afferrato il vassoio, glielo mise vicino ai piedi per poi dirigersi lentamente verso la porta.

“Grazie”. Gli soffiò prima di andarsene, lasciandolo di nuovo solo.

In fondo, Malfoy le piaceva. Certo, in quel tempo non ci aveva avuto molto a che fare, ma lo aveva conosciuto abbastanza nel suo, di tempo. Aveva sempre mantenuto un carattere di merda, ma… almeno aveva preso le scelte giuste.

DISCUTIAMONE…

Salve a tutti ^^ eccomi qui, fresca fresca di ritorno dal viaggio. Beh, fresca non proprio tanto, le mie gambe stanno ancora soffrendo per le troppe camminate, ma… cavoli, ragazzi, se l’Inghilterra non è bella. Io mi sono letteralmente innamorata di quel posto. Tra l’altro eravamo in una località sul mare e io amo il mare, con i gabbiani che ti svegliano tutte le mattine. E Londra poi… hmmm, io andrei a vivere lì solo per passeggiare nel St James Park tutti i giorni.

Lettori: ehi, sei qui per parlare della storia.

Milly: storia? Quale storia? Aaaaan, questa storia ^^ eh, scusate, ho ancora l’Inghilterra in testa. Beh, allora, che dire… sinceramente, non ho molti commenti da fare, li lascio come al solito a voi. Spero solo di aver reso abbastanza il dolore che provava Teddy a causa di quella pozione. Vi anticipo solo che nel prossimo capitolo vedrete una scenetta piuttosto tenera fra Remus e Teddy <3

Beh, visto che è piuttosto tardi, io andrei anche a dormire.

Rispondo alle recensioni e poi vi lascio in pace.

Un beso enorme a tutti,

Milly ^^

PUFFOLA_LILY: carissima ^^ beh, ecco qui per te questo capitolo. Che te ne pare? Spero di risentirti, a presto cara. Un bacione. M.

STEFANMN: beh, hai visto? Tutto si è risolto per il meglio. Hmm… forse. Continua a seguirmi e anche a recensirmi, mi raccomando, eh? ^^ un besooooo… M.

CG92: woooow! Un nuovo recensore *____* *scodinzola in giro per la stanza e batte mani* come sono contenta. Tra l’altro un bel maschietto mi pare di capire, visto che qui sembra che ne siamo un po’ a corto. Spero solo che tu stessi soffrendo di insonnia da rimanere fino a tardi a leggere la mia fic, altrimenti mi fai venire i sensi di colpa :p Sono molto contenta però che la storia ti piaccia, sai, ci tengo a farla bene questa. Spero di risentirti ancora, caro, mi farebbe molto piacere. Un bacio, Milly.

FEDE15498: carissima ^^ quella mazza puoi usarla contro Bellatrix, adesso. Hai visto che Teddy si è salvato? In modo un po’ doloroso, ma si è salvato. Sono molto contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo e che ne pensi di questo? Spero di risentirti e a presto. Kiss

JULIET ANDREA BLACK: ridi ridi, che la vita è bella ^^ dai, i nostri eroi sono ancora interi. Hmmm, beh, interi non so, ma per lo meno sono vivi ^^ eh, i nostri ragazzi del futuro sono tutti molto fighi, non si saprebbe proprio chi scegliere. Io direi di organizzare una bella cosa tutti quanti insieme, che ne so… in camera da letto, giocare a carte xD hmm, ok, mi tappo la bocca che è meglio. Beh, spero di averti fatta ridere e piangere anche qui. Alla prossima, kisskiss, M.

 

 

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Capitolo 26
*** Capitolo venticinque ***


No, non sono morta né sono stata rapita. È solo che gli impegni scolastici mi hanno stravolta.

CAPITOLO VENTICINQUE

Victoire entrò nella stanza in punta di piedi e con cautela, evitando di fare anche il più piccolo rumore. Si avvicinò silenziosamente al letto in cui giaceva un Ted profondamente addormentato e con il volto sofferente, una mano poggiata sulla ferita allo stomaco avvolta in alcuni giri di bende, gli occhi chiusi e le palpebre tremanti, segno che stava sognando qualcosa.

La ragazza si sedette sul letto accanto alla sua testa, prendendo ad accarezzargli i capelli bagnati per il sudore. Inumidì un panno nella bacinella d’acqua che si trovava lì vicino e glielo passò sul volto per rinfrescarlo un po’ e dargli sollievo.

“Vicky”. Mugugnò il licantropo, agitandosi leggermente. Non gli serviva vederla per capire che era lei, il suo morbido odore di lavanda lo avrebbe riconosciuto ovunque.

“Ciao, Ted”. Lo salutò lei dolcemente quando lo vide puntare gli occhi color miele sul suo viso e prendendo di nuovo ad accarezzargli i capelli con fare materno. “Come stai?”

Il ragazzo spostò lo sguardo verso il soffitto, assumendo una strana smorfia e si premette una mano contro il petto.

“Vicky, per favore, potresti porgermi un secchio?”

La ragazza lo guardò grave ma si alzò immediatamente e gli passò il cestino che si trovava nell’angolo sotto la finestra.

Teddy, alzandosi di colpo, buttò la testa nel contenitore e vomitò una buona quantità di sangue come un rubinetto lasciato aperto.  

“Oh, Merlino!” esclamò Victoire preoccupata, portandosi le mani alla bocca. “Ted, posso… posso fare qualcosa?” la poverina avrebbe tanto voluto aiutarlo in qualche modo, alleviargli il dolore, ma non aveva la più pallida idea di che fare e vederlo vomitare sangue non l’aiutava di certo, tra l’altro le aveva sempre fatto molta impressione quel liquido rosso che scorre nelle vene.
Lo aveva sempre visto come presagio di morte.

“Vai… vai a chiamare… mio padre”. Le disse lui cercando di fermare quei rigetti, per non spaventare l’amica. Se non era morto per l’argento, se non era morto per il dolore, allora sarebbe morto dissanguato. Possibile che dovesse sempre essere così sfigato?

Victoire, senza attendere un attimo, corse fuori dalla stanza e dopo pochi secondi Remus comparve sulla soglia della porta, precipitandosi sul figlio per aiutarlo a sostenersi.

Aspettò che smettessero i conati e poi lo fece ridistendere con cautela sul letto.

“Come ti senti?” gli chiese, ben consapevole di aver fatto una domanda molto retorica.

“Come uno a cui hanno appena tolto gli organi per grattarli un po’ e poi rimessi dentro”.

Remus ridacchiò, stendendosi accanto al figlio e passandogli un braccio dietro le spalle. I Lupin saranno pure nati con la maledizione della luna che non li dava una vita facile, ma almeno avevano del sano umorismo e sapevano riderci su.

“Stai solo eliminando del sangue ancora infetto dall’argento”.

Ted gli passò un braccio sopra il petto per abbracciarlo e stringersi a lui, immergendo il viso nel suo petto e ispirandone il profumo di carta e cioccolata che emanava, uguale al suo. Si somigliavano quasi in ogni cosa, non solo nell’aspetto, ma anche nei gesti, nei comportamenti, nelle parole e pure nell’odore. Lo dicevano tutti.

“Ted?” lo chiamò Remus, dopo alcuni minuti in cui sembrava aver riflettuto profondamente su qualcosa. “Dimmi… nel vostro tempo… come sono… stato? Intendo, come padre”.

Il ragazzo, in un certo senso, se l’era immaginata quella domanda, come si immaginava già, anche, dove voleva andare a parare il padre con quel discorso.

“Sei stato il miglior padre che potessi avere”. Gli rispose, deciso e senza alcuna esitazione. Ed era proprio quello che pensava. Se non ci fosse stato suo padre, non avrebbe proprio saputo come cavarsela in certi momenti.

“Davvero?” l’uomo spostò lo sguardo, nel quale si poteva leggere preoccupazione, incertezza e timore, negli occhi gemelli del ragazzo. Era strano trovarsi lì, accanto al proprio figlio già grande e sapere che presto lo avresti avuto e lo avresti visto crescere e diventare proprio così. Ma allo stesso tempo, gli faceva anche male. Perché ora sapeva che lo avrebbe condannato per sempre.

“Sì, davvero”.

“Nonostante… nonostante ciò che sono? E ciò che per colpa mia sei?”

Ecco, era proprio questo che Ted si aspettava. Sapeva che sarebbero arrivati a quel punto. Anche nel suo tempo suo padre si faceva sempre un sacco di complessi per il fatto che era un lupo mannaro e che aveva trasmesso questo gene anche ai suoi figli, si era sempre sentito inadeguato per il compito di padre e un mostro.
Nemmeno le parole di conforto e l’affetto della famiglia e degli amici che si sentivano amati da lui servivano a niente per confortarlo.

“Sì, nonostante il fatto che siamo licantropi sei il miglior padre che potessi avere. Senza di te non ce l’avrei fatta, non avrei mai imparato a controllare la mia forza o a non lasciare che il lupo prenda il sopravvento. Io e Emmie ti vogliamo bene, per noi sei una delle persone più importanti che ci siano. E anche per la mamma”.

Remus gli sorrise dolcemente, quasi commosso nel sentire quelle parole. Gli ci era voluto pochissimo per affezionarsi a quel ragazzo e già adesso sentiva di amarlo con tutto il cuore. Lo avrebbe amato con tutto se stesso.

“Ti voglio bene, Ted”.

“Anche io, papà”.

“Possiamo unirci anche noi?” chiese una voce allegra e squillante provenire dalla soglia della porta.

I due si voltarono in quella direzione per accorgersi solo in quel momento dell’arrivo di Tonks insieme alla piccola Emmie, entrambe con due sorrisi imbarazzati sul volto.

 

 

“Ariel, perché continui a venire da me?” chiese Draco con voce dura. Era ancora legato alla parete dei sotterranei di Grimmauld Place con le catene che gli lasciavano profonde cicatrici sui polsi.

“Be’, per non… lasciarti solo. Per… farti compagnia”. Rispose la ragazza incerta, abbassando lo sguardo. La verità era che nemmeno lei sapeva perché veniva a trovarlo così spesso, forse per non lasciarlo da solo o perché le faceva pena Le dispiaceva che lui se ne dovesse star lì rinchiuso come il cattivo di turno che doveva essere torturato. Secondo lei Malocchio poteva anche andarci più leggero, sapeva che voleva interrogarlo per sapere che cosa avevano intenzione di fare i Mangiamorte, se c’entravano qualcosa con la sparizione di Frank ad Alice e come avevano fatto a scoprire la base dell’Ordine della fenice e altre cose così.
Ma potevano evitare di rinchiuderlo lì. Infondo, Malfoy non era malvagio, sapeva che era stato costretto a venire lì e combattere. D’altronde, non aveva nemmeno il marchio.

“E perché ti importa di me? Perché non te ne stai con Potter, visto che è il tuo ragazzo?”.

“Non è che mi importi. È solo che… be’, non voglio che stai da solo. So che è brutto stare da soli, soprattutto nei momenti difficili, nemmeno a me piace, anzi, io odio stare da sola, mi piace essere circondata da persone, amici…”. Ariel ormai aveva preso a parlare a macchinetta, come se qualcuno avesse azionato un bottone, probabilmente presa dall’imbarazzo e dal non sapere veramente che cosa dire.

 Perché non te ne stai con Potter, visto che è il tuo ragazzo?

Già, Harry… poi c’era Harry. Ma… non sapeva come stavano esattamente le cose. Certo, stavano ancora insieme che lei sapesse, ma non erano più molto vicini e affiatati come prima, si erano come allontanati. O meglio, lui sembrava essersi allontanato. Preferiva passare tutto il tempo che aveva con Jolie e d’altronde lei lo capiva, e poi c’erano anche James e Joel che ancora non vedevano bene il loro rapporto.
Ma magari si sbagliava. Forse era solo che c’era troppa gente in casa e non potevano avere la loro intimità, per non parlare, poi, del fatto che erano sempre troppo impegnati a combattere e salvarsi le chiappe per poter fare i piccioncini innamorati.

Malfoy voltò la testa nascondendola alla luce e portandosi nella parte della cella coperta dall’ombra.

“Comunque…”. Sbottò per interrompere lo sproloquiare della ragazza. “Potete tenermi qui quanto volete e torturami io non vi dirò niente. Perché non so niente. Non ho idea di che cosa vogliano quei pezzi di merda dei Mangiamorte. Sono stato costretto a venire qui, l’alternativa era farmi uccidere”.

Ariel prese a tormentarsi la collanina che portava al collo evitando lo sguardo del ragazzo. Certo, era facile per i Mangiamorte costringere qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà.

Si alzò dal pavimento, pensando che forse era meglio togliere il disturbo. Magari Malfoy non era come lei, a cui piaceva essere sempre circondata da persone e al centro dell’attenzione. D’altronde, era un Serpeverde, freddo e solitario.

“Martinez!” la chiamò il ragazzo, però, prima che varcasse la soglia. “Non ho capito che cosa c’entri tu in tutta questa storia. Perché sei venuta qui a rischiare la vita, soltanto per salvare la pelle a quel sfigato di Potterino? Non facevi meglio a tornartene a casa tua?”

Ariel sorrise maliziosa. Certo, lui non sapeva che lei era una Black.

Ridiscese le scale lentamente, pregustandosi le sue varie facce nel momento in cui gli avrebbe raccontato tutto.

“Ma questa è casa mia”.

 

 

Charlie e Joel se ne stavano seduti sugli scalini, entrambi con sguardo basso e delle espressioni mogie.

In quel momento li raggiunse JamesRemus, mani in tasca, il perenne sorrisetto divertito stampato in faccia e la bocca impegnata a fischiettare un allegro motivetto probabilmente composto da lui. Come faceva lui ad essere rilassato in qualsiasi situazione era un mistero. Va bene che i Mangiamorte erano tutti o scappati o morti, ma non erano ancora del tutto fuori pericolo e restava ancora da salvare Alice e Frank.

“Ragazzi, che sono queste facce così abbattute?” fece, non appena incrociò i due amici sulle scale. “Per un po’ di tempo non dovremo più preoccuparci dei Mangiamorte, abbiamo ritrovato Lily e troveremo una soluzione anche per i genitori di John”.

Certo, erano belle parole quelle di James, ma non bastavano più per confortare nessuno. Loro avevano imparato a stare sempre all’erta, a non mollare mai la bacchetta, nemmeno quando dormivano e le visite di qualche Mangiamorte erano ormai diventate una routine quasi, nel loro tempo.

Charlie mugugnò qualcosa quando, in quel momento, sopraggiunse anche John che si massaggiava il fianco con una mano.

“Ehilà! State tutti bene, vero?” chiese guardando i tre ragazzi.

“Sì, certo. Ma di’ loro che possono tirare un sospiro di sollievo”.

John spostò lo sguardo prima su Joel e poi su Charlie, soffermandosi un po’ di più su quest’ultimo. Gli venne da starnutire così voltò la testa per non sputare in faccia a qualcuno, quando gli altri tre, rimasero di stucco.

“John, come hai fatto?” chiese Charlie guardandolo come se avesse due antenne al posto delle orecchie.

“A fare che?” fece John non riuscendo  a capire.

“Quando hai starnutito sei scomparso e poi ricomparso”.

“Che?”

“John, guarda la tua mano”.

Il ragazzo abbassò lo sguardo sul suo braccio destro e lo trovò molto ma molto pallido, anzi, praticamente trasparente, come lo erano fantasmi. John spostò lo sguardo sugli amici, questa volta preoccupato e spaventato.

Quello non era per niente un buon presagio.

 

 

“Bene, ora non ci resta che scoprire dove sono Frank ed Alice”. disse Sirius deciso, passando lo sguardo su tutti i presenti nella cucina in quel momento.

“Interrogherò il piccolo Malfoy per sapere qualcosa di più su questo attacco”. Aggiunse Moody, muovendo il suo occhi magico attorno alla stanza.

Be’, era chiaro perché i seguaci di Voldemort li avessero attaccati, avevano giocato abbastanza bene questa volta le loro carte. Il Signore Oscuro non aveva agito direttamente, ma attraverso il corpo di Lily, entrando nella sua mente e facendola agire e compiere azioni che lei non avrebbe voluto. Peccato solo che l’amore di una madre è molto più potente di qualsiasi altro e, come questo potere li aveva protetti quindici anni fa, li aveva salvati anche questa volta.
Erano bastati uno sguardo e una parola.

Lily si appoggiò stancamente alla spalla di James che le passò un braccio attorno alla vita e fece un occhiolino in direzione di Harry.

“Pensate che li abbiano presi i Mangiamorte?” chiese Jolie, seduta accanto al fratello.

“E’ molto probabile, anche se non sappiamo esattamente il motivo”.

In quel momento comparvero sulla porta James, Joel, Charlie e John con delle espressioni che non promettevano nulla di buono.

“Dobbiamo trovare i Paciock al più presto”. Pronunciò Joel tremendamente serio, indicando con un cenno del capo John che si teneva stretto il braccio destro. “O potrebbe succedere qualcosa di brutto”.

DISCUTIAMONE…

Perdonatemi per l’enorme ritardo, lo so che è da settimane che non aggiorno ma, come ho già detto, la scuola mi ha veramente impegnato un sacco che non ho avuto tempo nemmeno per mettermi lo smalto sulle unghie.

James: tutte scuse, tutte scuse.

Milly: *tira un calcio nei marones di James*… dicevamo ^^ an sì, bene… allora, il capitolo. Be’, sembra  ci siano delle svolte. Ted sta bene a quanto pare, quello che non sta tanto bene, invece, è John. Che cosa sta succedendo secondo voi? Perché ha preso a scomparire? E che fine avranno fatto Alice e Frank? Staranno bene?

Tutto questo lo lascio a voi.

Lo scoprirete nella prossima puntata, sperando di non dovervi di nuovo far attendere troppo.

Baci, baci,

Milly.

FEDE15498: carissima, sono contenta che lo scorso capitolo ti sia piaciuto e scusami se ti ho fatta attendere troppo. Cosa ne pensi di questo capitolo? Altrettanto bello? Fammi sapere, un bacio. M.

P.S. la tua non è l’unica mamma che ha Facebook, ormai anche i genitori si stanno modernizzando. E tu ce l’hai FB? ^^

PUFFOLA_LILY: wow, quando mi dici che scrivo benissimo e che ti piace la mia storia mi emoziono sempre tanto… quindi, non mi stancherò mai di sentirtelo dire ^^ eh sì, diciamo che Draco in ogni mia fanfic appare in maniera diversa, quindi, non darlo mai per scontato. E’ un pg che tende a variare molto anche nelle mie grazie, a volte mi piace, a volte è uno stronzo come dici tu e a volte invece è dolcino e sensibile. E Remus, invece… be’, Remus si fa un sacco di complessi, proprio come dice Ted qui, ma noi gli vogliamo bene anche per questo, no? Ok, la smetto anche io di romperti… alla prossima puntata, non mancare mi raccomando. Qui con Givanni, qui ad Art… ehm.. qui con Milly, qui con Little Marauders ^^

CG92: wow, sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto, eh sì, diciamo che me le cavo nelle scene piene di dolore e tormento. Povero Teddy ç__ç comunque, non ti preoccupare, ti riassumo qui in breve i vari pg, in effetti ce ne sono tanti e capita di dimenticarsi o confondersi. Più avanti metterò anche una descrizione per ogni pg, così magari sarà più chiaro come sono, ok? Allora… JamesRemus Black, Joel Alastor Miguel Black e Ariel Pandora Black: figlii di Sirius Black e Martha Martinez (cantante latino americana che deve ancora comparire nella storia. Ted Lupin e Emmie Lupin: figli di Remus Lupin e Ninfadora Tonks. John Paciock: figlio di Frank e Alice Paciock. Jolie Potter: figlia di Lily Evans e James Potter. Charlie Piton: figlio di Severus Piton e…. bo ^^ (in realtà sulla madre di Piton ho fatto un piccolo riferimento in uno dei precedenti capitoli, vediamo se hai capito chi è ^^). Ecco fatto, se c’è qualcos’altro che non capisci, fammi un fischio. KIiiisss….

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Capitolo 27
*** Capitolo ventisei ***


CAPITOLO VENTISEI

Molti dei membri dell’Ordine della Fenice, insieme ai ragazzi del futuro, erano radunati in cucina, chi seduto sulle dure sedie di legno attorno alla grande tavola, chi appoggiato al bancone dal lavoro o alla parete e chi semplicemente stagliato contro la porta con le braccia incrociate.

Al centro del tavolo svettava un grande foglio di pergamena bianco con uno schizzo della villa dei Malfoy che Moody aveva rappresentato un po’ a casaccio grazie a quello che era riuscito a sapere dal giovane Draco durante l’interrogatorio. Il ragazzo, però, oltre alla descrizione della casa, non aveva saputo dire nulla di più. Ma non era stato del tutto inutile; il piccolo Mangiamorte, infatti, aveva scoperto anche che Frank e Alice si trovavano proprio lì.

Ora, però, erano immersi in un’accesa discussione su come infiltrarsi in quel maniero per liberare i coniugi Paciock. E sembrava pure che avessero le ore contate visto che, più il tempo passava, più il loro ragazzino, John, scompariva come la nebbia che si dirada.

“Secondo me la soluzione migliore è infiltrarsi dai sotterranei, come aveva suggerito Ted”. Disse Sirius alzando il capo in direzione del padre di Dora. “E inoltre, se li tengono prigionieri, molto probabilmente li troveremo lì”.

“E se così non fosse? E sicuramente avranno appostato qualche sentinella anche lì”. Gli fece notare Malocchio che, paranoico come era, vedeva delle falle in qualsiasi cosa.

Sirius sbuffò leggermente spazientito. “Alastor, le sentinelle sicuramente ci sono in tutta la villa e i sotterranei sono i più sicuri. Io non vedo altre possibilità”.

“Sirius ha ragione”. Gli diede man forte James. “Io direi che quella sia la soluzione migliore. Se saremo fortunati, riusciremo a liberare i nostri amici e ad andarcene senza nemmeno riportare un graffio”.

“E se se ne dovessero accorgere?” chiese Remus che già sentiva un leggero nodo di panico nello stomaco. Non gli piaceva scontrarsi con i Mangiamorte, erano troppo spietati e non si facevano scrupoli nell’uccidere. Mentre lui sì.

“In tal caso tireremo fuori le bacchette e li faremo vedere di che pasta siamo fatti”. Rispose James con il suo tipico sorriso malandrino, mani in tasca e un’aria dannatamente tranquilla. Nessuno riusciva a capire come facesse a stare così calmo, nemmeno Moody lo era, sembrava che stesse solo organizzando una di quelle malefatte che faceva da giovane ai danni dei Serpeverde.

I ragazzi del futuro, che per tutto quel tempo se ne erano restati in silenzio ad assistere a quella discussione, chi con un sorrisetto strafottente e chi completamente indifferente, voltarono tutti il capo verso JamesRemus che, accorgendosi di quegli sguardi addosso a lui, inarcò un sopracciglio curioso.
Tutta quella situazione aveva un che di familiare, non era la prima volta che si trovavano a progettare qualche piano pericoloso. Tanto, la storia ormai era sempre la solita: i Mangiamorte sequestravano qualcuno oppure combinavano qualche danno e toccava a loro buttarsi nei loro covi segreti, rischiare la pelle e riuscire a riprendersi quello che li serviva con dei piani che prontamente fallivano ogni volta ma che, comunque, li riportava il culo a casa, almeno per miracolo.

“Perché mi state tutti guardando?”

“Sei tu quello che ha sempre dei buoni piani per infiltrarsi nei covi dei Mangiamorte”. Spiegò Teddy con una scrollata di spalle, reggendosi lo stomaco con una mano. Probabilmente la ferita gli bruciava ancora.

Il ragazzo chiamato in causa non poté nascondere un ghigno orgoglioso. “Oh, se lo dite voi. Ma stavolta hanno ragione gli altri: i sotterranei sono i migliori”.

“Ehi, aspettate un attimo!” li interruppe Remus. “Ma che state dicendo? Perché ho come la sensazione che volete venire con noi?”

“Non vogliamo venire. Dobbiamo”. Lo corresse John con l’occhiata di chi la sapeva lunga.

“E perché dovreste?”

“Be’, chi vi aiuterà a riportare a casa la pelle?” fece Ariel alzando lo sguardo duro e di chi non ammetteva repliche.

“E come farebbero dei ragazzini ad aiutarci a combattere contro un’orda di Mangiamorte spietati, sentiamo un po’?” chiese Malocchio con entrambi gli occhi, quello magico e quello normale, puntati sui ragazzi.

“Ci state sottovalutando, per caso?” ringhiò John in tono sprezzante, raggelando tutti con quell’occhiata terribilmente minacciosa che solo lui sapeva fare con quegli occhi azzurri come il ghiaccio che si ritrovava, le mani nascoste nelle maniche lunghe della maglietta.

“Siete solo dei ragazzini, che credete di poter fare?” Malocchio cominciava a spazientirsi un po’, non aveva tempo da perdere con dei marmocchi che volevano giocare agli adulti buttandosi in un campo di battaglia. Era un suicidio e se lui glielo permetteva sarebbe veramente stato crudele, nonché sadico e completamente fuori di testa.
Ok, li avevano visti combattere in quell’ufficio del Ministero e doveva ammettere che ci sapevano fare, ma quello non era stato niente, i Mangiamorte non erano così tanti e la battaglia non era nemmeno durata a lungo grazie all’intervento di Silente.

“Ehi vecchiaccio, così ci offendi!” sbraitò James senza perdere il suo sorrisetto allegro e anche leggermente canzonatorio. L’Auror mostrò una smorfia, contrariato per come era stato appena chiamato. Il ragazzo, però, continuò facendo finta di niente. “Se vogliamo, noi possiamo anche essere più forti di tutti voi messi insieme. Nel nostro tempo abbiamo affrontato ben di peggio, ci siamo trovati davanti a qualche Mangiamorte quasi tutti i giorni e praticamente viviamo con una bacchetta di scorta nascosta nelle mutande anche di notte, i nostri piani per affrontarli sono sempre stati infallibili e se siamo ancora qui per potervelo raccontare ci sarà un motivo, no? Non potete lasciarci a casa a pregare solo che voi torniate sani e salvi. Non potete proibirci di combattere”. Man mano che James andava avanti col suo discorso la sua voce si faceva sempre più sicura e il suo sguardo sempre più sottile, deciso e senza alcun tentennamento, per poi volgersi verso Moody con espressione canzonatoria. “E poi, con tutto il rispetto, non è che tu sia conciato benissimo, sicuramente dei ragazzi giovani, arzilli, allenati e scattanti come noi si muovono molto meglio di te”.
Gli altri confermarono le parole di James con degli scrolli mesti del capo.

Il ragazzo mostrò il suo sorrisetto malandrino allo zio, facendo ridere Dora ma ringhiare il povero Alastor che si dovette trattenere dal lanciargli il suo bastone in testa. Come si permetteva quel moccioso insolente mancargli così di rispetto? Chi si credeva di essere? Non poteva crederci che fosse suo nipote.

Sirius, intanto, guardò il ragazzo con una scintilla di orgoglio negli occhi chiari. Era fiero di lui, gli ricordava terribilmente Harry che aveva sempre considerato come un figlio. Prima di incontrare James, Ariel e Joel, ovviamente. Fin dalla prima volta che aveva incrociato i loro sguardi, aveva capito subito che erano dei ragazzi decisi, forti, coraggiosi e tenaci, difficili da piegare e buttare a terra. Però, gli dispiaceva da matti aver dovuto crescere dei bambini-soldato. Quei ragazzi avevano visto sicuramente troppo sangue, troppe morti, troppe lotte.
Che razza di futuro si prospettava per tutti loro?

L’uomo assottigliò lo sguardo in un’espressione così identica a quella del figlio più grande da far quasi paura e parlò con voce severa.

“Sì che possiamo. D’ora in poi le regole cambiano. Non posso crederci che permettevamo a dei ragazzi ancora minorenni di combattere. Sarete anche dei gran esperti, ma non vi permetteremo di partecipare ad una missione suicida, sarebbe da incoscienti. Per non parlare, poi, del fatto che tu” ed indicò Ted “ non sei ancora messo bene e sembri più un morto che cammina e tu” ed indicò John “non so come farai a reggere una bacchetta. E non ho intenzione di permettere ai miei figli di rischiare la vita”. e passò lo sguardo duro su James, Ariel e Joel.

Nella stanza calò un improvviso silenzio, l’unico movimento era quello degli sguardi che si spostavano dai ragazzi a Sirius. James guardava l’amico leggermente sorpreso: dopo tutto quel tempo, si era finalmente deciso a diventare serio, a mettere la testa a posto e ad assumersi le sue responsabilità, lasciando da parte quel ragazzino che si divertiva a mettersi in mostra e a prendere in giro gli altri. Forse era dovuto al continuo stato di guerra in cui si trovavano, o forse alle sue esperienze personali o magari al fatto che, tutto d’un tratto, si era ritrovato con tre figli a carico.
Però era orgoglioso nonché terribilmente d’accordo con le sue parole.

“D’accordo”. Sbottò Joel tutto d’un tratto, interrompendo il silenzio. “Come volete voi, avete vinto. Ci faremo da parte”. Si voltò verso gli amici e, con un cenno della testa, intimò loro di seguirlo. “Andiamo ragazzi, lasciamoli a progettare i loro piani in santa pace”.

Gli altri lo guardarono come se all’improvviso gli fossero spuntante le ali, stupiti che proprio lui decidesse di mollare così, tranne James e Ariel che, invece, avevano capito benissimo che cosa il fratellino avesse in mente, ma decisero di seguirlo lo stesso, voltando le spalle agli altri che intanto stavano gongolando soddisfatti.

 

 

“Allora, cos’hai in mente?” chiese Ariel sedendosi sulle ginocchia di Harry.

“Li lasceremo andare”. Rispose Joel schioccandosi le mani. “E poi li seguiremo. A modo nostro”.

“Ah, Joel, che faremmo senza di te?” fece James buttandosi sul letto con fare annoiato ma terribilmente soddisfatto.

“Allora non avete ascoltato niente di quello che vi ha detto Sirius?” chiese Harry, parlando tra i capelli biondi della sua ragazza che gli solleticavano il viso.

“Certo che no, quando mai lo abbiamo fatto? Se avessimo sempre dato ascolto agli altri, ora le cose sarebbero molto diverse”. Gli rispose Jolie, legandosi i lunghi capelli rossi in una coda.

“Benvenuto nel club dei piccoli malandrini, tesoro!” esclamò Ariel notando la sua faccia sbalordita.
Anche se, in realtà, nemmeno lui aveva molto di che stupirsi. Pure lui era così, disobbediva facilmente agli altri e non faceva quasi mai come gli si diceva.

JamesRemus, intanto, si rabbuiò un attimo, senza che gli altri se ne accorgessero: non è che ci tenesse così tanto a scontrarsi con i Mangiamorte e non si trattava nemmeno di salvare i genitori di John. Sapeva che in questo i membri dell’Ordine non avrebbero fallito, non dubitava delle capacità di suo padre e dei suoi amici ma… ma, da quando Sirius era morto, continuava ad essere perseguitato da questa sensazione che non gli mollava mai le viscere, la sensazione che, se lui non dovesse essere presente in qualche battaglia, allora sarebbe potuto succedere il fini mondo, che qualcun altro che amava sarebbe potuto morire. In pratica, voleva solo tenere sotto controllo la situazione e aiutare nel caso ci fosse bisogno. Starsene a casa con le mani in mano non lo aiutava di certo.

Uscì dai suoi pensieri solo quando uno starnuto di John scoppiò nei suoi timpani, seguito da quella scomparsa a intermittenza che ormai sembrava star caratterizzando l’amico.

“Johnny, fai paura. Sembri una di quelle lucette di Natale”. scherzò Ariel allegramente, ma in realtà non c’era niente su cui scherzare.

Qualcuno dei due Paciock stava morendo o forse tutti e due e non potevano permetterlo. Non potevano permettersi di perdere anche John.

ANGOLO SCRITTRICE

E rieccomi… scusate se ora gli aggiornamenti si fanno sempre più radi ma ormai è inutile star qui a spiegare i numerosi impegni che mi portano via sempre un sacco di tempo, anche perché non penso che vi interessi.

Inoltre, non ho molta voglia di sprecare troppe parole su questo capitolo, i commenti, come sempre, li lascio a voi.

Piuttosto, preferisco riservare un angolino alla pubblicità.

Oltre all’altra fanfic di Harry Potter, a quelle di Twilight e a quella di Maximum Ride ho pubblicato anche una nuova storia, una One shot tra gli originali. Se siete interessati, andate a darci un’occhiata, si intitola Pervesness & Blood ma è rating rosso, perciò, se non siete maggiorenni nel sito, non potete entrare. Ma se comunque la volete leggere, vi basta solo contattarmi e provvederò a mandarvela per mail.

Poi, cosa più importante……………. Ho pubblicato un libro. No, non fate quelle facce stralunate, non sto scherzando.

Ho sul serio pubblicato un libro, si intitola Come una giostra. Ok, non è niente di spettacolare, ho usufruito di una piccola casa editrice che si finanzia da sé, tra l’altro non lo vendono nemmeno nelle librerie, ma da qualche parte si deve pur iniziare ^^
Se siete interessati a comprarlo, potete trovarlo on line su questo sito che è anche il sito della casa editrice, la Arduino Sacco.

http://www.arduinosacco.it/product.php?id_product=795

Ecco, questo è quanto spero di non aver dimenticato niente.

An sì, buone vacanze a tutti e Buona Pasqua ^^ vi voglio bene ragazzi, spero che continuerete a seguire questa fic e vi ringrazio che continuate a sopportarmi.

Un bacione,

la vostra fedelissima,

Millyray.

P.S. in settimana spero di riuscire ad aggiornare anche le altre fic, ma non prometto niente.

STEFANMN: ehi, non ti preoccupare per il ritardo, tra l’altro io sono quella che non può nemmeno parlare visto che qui gli aggiornamenti si fanno frequenti come la morte del Papa. Comunque, questi poveri cristi, come dici tu, torneranno a respirare quando finalmente sistemeranno tutte le cose. Eh e chissà quando. Continua a seguirmi e lo scoprirai ^^ bacioni, M.

PUFFOLA_LILY: purtroppo, le tue speranze faranno fatiche ad essere esaudite, mi spiace, ma veramente proprio non ce la faccio ad essere più presente. Spero comunque  che continuerai a seguirmi, non ho certo intenzione di mollare questa storia, con dei bellissimi lettori come voi, tra l’altro ^^ un abbraccione, cara e alla prossima. M.

FEDE15498: eh, deve essere bella l’Austria, mi piacerebbe andarci. Comunque, chissà che per i nostri eroi le cose comincino a sistemarsi un po’, qui le disgrazie avvengono una dopo l’altra, sembrerebbe. Ma non demordiamo, tanto il bene vince sempre, no? ^^ comunque sì, ho Facebook e te lo do volentieri, mi fa sempre piacere quando qualcuno dei miei fan vuole avere qualche mio contatto. Mi chiamo Maja Urukalo-Depp (sì, nei miei sogni più immaginari sono la moglie di Johnny Depp xD). Spero di risentirti, un bacione. M.

THENEWMOON: woooooooow una nuova recensitrice *______* *scodinzola felice* ciao cara, sono contenta che segui la storia e che ancora non sei scappata da questa scrittrice completamente fuori di testa. Grazie mille per i complimenti, spero di risentirti, un bacio. M.

JULIET ANDREA BLACK: ahahaha mi sa che era proprio JamesRemus quel ragazzo. Sarà venuto a farsi un giro in Argentina durante un tour di sua madre xD cooooomunque, io sono già abbastanza armata *mostra pistole, paletti, asce, incudini, mitra, lanciafiamme, fucili*, possiamo partire alla caricaaaaaaa!!!!! Non possiamo permetterci di perdere John.

John: che bello, tutte ste ragazze che pensano a me *_____*

Milly: come si fa a non pensare a te XD sei così bono. Peccato che sei una proprietà privata ^^

Bene, spero di risentirti cara e alla prossima. Bacioni, M.

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Capitolo 28
*** Capitolo ventisette ***


Questo capitolo è dedicato ad Ino chan che mi ha permesso di pubblicare questa storia. Grazie mille Ino che, anche se non ti fai più sentire, sono sicura  mi segui nell’ombra.
Buona lettura, la vostra fedele Millyray.

CAPITOLO VENTISETTE

“James, cazzo! Ma la smetti di spingermi?” sbraitò Sirius a gran voce senza minimamente preoccuparsi del fatto che in quel posto dovevano fare silenzio per non attirare l’attenzione di qualcuno ed essere scoperti.

“Non ti sto spingendo. Sei tu che cammini troppo piano”. Rispose l’amico con aria imbronciata. Non gli piaceva molto quella situazione: prima di partire era piuttosto deciso e non vedeva l’ora di liberare Frank ed Alice, ma ora si rendeva conto che non era più fatto per quelle azioni di salvataggio estremo.
Aveva perso l’abitudine.

“Non è che hai paura?” lo provocò Black ridacchiando sotto i baffi.

“Ma quale paura? Non sparare cazzate!”

“La volete smettere! Vi schianto tutti e due se non la fate finita. Rischiate che ci becchino tutti quanti!” li redarguì Malocchio, picchiando forte col suo bastone sul pavimento in terra battuta dei sotterranei. Lui, Sirius, James, Remus, Kingsley, Tonks e figlia procedevano cautamente per il lungo corridoio dei sotterranei di quella enorme villa, in fila indiana addossati alla parete. Sull’altro lato si aprivano altri piccoli cunicoli oppure delle celle chiuse con pesanti grate di ferro e apparentemente vuote di prigionieri.
Ma ancora non avevano scorto i due Paciock e cominciavano a temere di aver preso un granchio e di aver fatto male a fidarsi del piccolo Malfoy, rischiando, così, di perdere il culo con tanto di palle nel caso fossero stati scoperti a gironzolare nel covo dei Mangiamorte.
Gli unici che non sembravano troppo nervosi o agitati erano Sirius e James che non avevano perso occasione per punzecchiarsi durante tutto il tempo.

“D’accordo, Al, ma sta calmo… non agitarti tanto o ti scoppieranno le coronarie. Sai, con la tua età non ti fa bene scaldarti tanto”. Lo avvisò Black e Moody, nonostante non potesse vederlo perché gli camminava davanti, era sicuro che un sorriso malandrino e canzonatorio gli decorasse il volto. L’anziano Auror, però, si limitò a sbuffare, decidendo di trattenere qualsiasi replica, conscio che avrebbe solo alimentato le sue battutine e che non lo avrebbe mai fatto stare zitto. Continuò, invece, a guardarsi attorno con fare guardingo, facendo girare l’occhio magico. Adesso capiva da chi JamesRemus aveva preso quel caratterino: era proprio vero il detto Tale padre tale figlio. Quel ragazzino era identico a Sirius sia nell’aspetto che nel carattere. Era una cosa inquietante. Sperava almeno che gli altri due avessero preso un po’ di più dalla sua Martha.

Ad un tratto, però, passarono accanto ad una cella buia e tetra, piena di ragnatele e gocce d’acqua che piovevano da qualche tubatura rotta e che si infrangevano sul pavimento con un ticchettio lento e inquietante. Era una scena perfetta per girarci un film horror.
Ma non era tanto l’aspetto di quella prigione ad averli attirati, quanto più il fatto che sembrava esserci qualcuno lì dentro: sentivano qualcuno che rantolava, come se fosse profondamente addormentato o, cosa molto più probabile, gravemente ferito e, inoltre, vedevano una figura scura appoggiata pesantemente contro la parete opposta alla porta della cella.

Remus, che aveva l’olfatto più sviluppato di tutti, essendo anche vicino alla luna piena appena trascorsa, decise di arrischiarsi e di dare una controllatina, attirato anche dall’odore piuttosto familiare di quella persona.
Aprì la porta con un silenzioso Alohomora e si addentrò con passo cauto con il resto della combriccola a vegliarlo da dietro con le bacchette spianate pronta ad aiutarlo in caso di bisogno.

Quando, però, fu a poco meno di un metro di distanza dal prigioniero, il licantropo si trovò a sgranare gli occhi per la sorpresa e lo spavento, ritrovandosi a rotolare per terra con un leone grande quasi quanto un elefante a sovrastarlo dall’alto pronto a morderlo con le fauci spalancate.

 

 

Joel e James stavano spiando da dietro la porta che dal corridoio si apriva nel salotto, gustandosi la scena che si parava loro di fronte con sorrisetti contenti e gongolanti. Il più grande dei fratelli Black non aveva potuto fare a meno di sentirsi orgoglioso per i geni che erano, lui e tutti i suoi amici, in particolare Joel che aveva avuto quell’idea.

Proprio al centro del salotto si trovavano Victoire e Emmie, la prima in ginocchio che cercava di non soffocare e la seconda che le reggeva i capelli sull’orlo di una crisi di pianto, immensamente preoccupata per l’amica.
Alla bionda non ci era voluto niente infilarsi due dita in gola mettendosi a vomitare tutto quello che aveva mangiato quella mattina a colazione, fingendo un perfetto attacco di influenza intestinale. 

In quel momento, accorsero Lily e la signora Weasley per vedere che cosa stava succedendo e impallidirono non appena videro Vicky piegata a terra che si reggeva lo stomaco con una mano faticando a trattenere i conati.

“Bene, direi che possiamo andare”. Sussurrò James all’orecchio del fratello che, in quella posizione, col petto appoggiato sopra la sua schiena e la testa esattamente sopra la sua, sporti entrambi poco oltre la soglia della porta, poteva comunicare con lui senza farsi beccare.

Joel lanciò un’occhiata al camino in cucina e annuì.

“Sì, vado a chiamare gli altri”.

Ma non ce ne fu bisogno visto che, non appena i due fratelli si girarono, si ritrovarono davanti tutto il gruppetto in attesa del loro ordine.

“Certo che Vicky è proprio un’attrice nata”. Commentò John dando una sbirciatina in salotto dove due preoccupate donne si affaccendavano ad aiutare la piccola Weasley e a ripulire il casino che aveva fatto sul pavimento, cercando anche di calmare una Emmie piuttosto piangente e che sembrava sull’orlo di una crisi isterica.

Meno male che la Veela alla fine aveva ceduto a prestarsi a quella pantomima per distrarre Molly e Lily e permettere a loro di usare il camino per raggiungere villa Malfoy. La ragazza all’inizio non aveva voluto, sapendo che sarebbe dovuta rimanere lì a tenere impegnate le due donne e preoccuparsi per loro, anziché andare con i suoi amici. E per lo stesso motivo, le avevano affiancato la piccola Lupin, sebbene non fosse molto brava a raccontare le bugie.

Senza attendere oltre, i tre fratelli Black, Ted, John, Charlie e Harry che dovette trascinarsi dietro Draco si diressero velocemente al camino, attenti a non farsi beccare.

 

Remus era sdraiato per terra, una spalla sanguinante e il leone che ancora gli gravava addosso schiacciandogli lo sterno con le possenti zampe anteriori. Gli amici avevano cercato di aiutare il licantropo sollevando le bacchette contro l’animale, ma Lupin, con un cenno della mano, aveva intimato loro di stare fermi e non fare niente.
E ora se ne stavano a guardare quella scena, stralunati e confusi: Remus, per niente preoccupato o spaventato, ma con uno strano sguardo sorpreso nel volto concentrato, osservava il leone negli occhi azzurri, il quale, invece, se ne stava tranquillamente adagiato sul suo petto per niente intenzionato ad aggredirlo o fargli del male, ricambiando semplicemente lo sguardo nei suoi occhi color miele.
Era strano che un animale avesse degli occhi così chiari. E terribilmente familiari.

D’un tratto, però, Remus si ritrovò a sorridere e a sussurrare un nome che gli altri non poterono udire ma che, invece, il leone sembrò sentire perfettamente.

“Frank?”

Immediatamente, l’animale cominciò a cambiare forma prendendo sembianze più umane e svelando la figura di un uomo sulla trentina, forse dell’età di Remus, i capelli lunghi e biondo scuro legati in un codino piuttosto spettinato, alto, magro e un po’ sciupato ma con gli occhi azzurri adesso pieni di uno strano sollievo e gioia.

“Remus! Cazzo! Da quanto tempo?”

“Puoi dirlo forte. Ma mi hai fatto prendere un colpo”.

“Scusami. Credevo fossi un Mangiamorte”.

Sirius, improvvisamente, tossicchiò per attirare l’attenzione dei due .

“Non vorrei interrompere questa atmosfera così intima, ma non mi piace questo posto e vorrei andarmene al più presto. Frank, sai dov’è Alice?”

Paciock lo guardo con una strana luce negli occhi, ma alla fine gli rispose con un sorrisetto divertito.

“Sempre sensibile come un bradipo, vero, Black?”

“Sai com’è: ormai ho trentasei anni e non mi cambi più”. gli rispose l’altro, per niente toccato dalla sua offesa.

“Comunque, non lo so dov’è mia moglie”. Fece allora Frank, cambiando totalmente argomento e rabbuiandosi un poco.

“Non importa. La troveremo”. Lo rassicurò allora Ted Tonks, aiutando Remus ad alzarsi.

“Ce la fai ad alzarti?” chiese questi rivolto al cugino.

“Non lo so. Non sono proprio in forma”. Gli rispose il biondo dando uno sguardo alla ferita che aveva al fianco e che aveva ricominciato a perdere sangue, riapertasi, probabilmente, quando si era trasformato.
Effettivamente, l’uomo non aveva una bella cera, sembrava essere stato torturato parecchie volte, rischiando anche la vita. Non c’era da stupirsi se John aveva iniziato a scomparire.
Adesso però dovevano trovare anche Alice e alla svelta.

“Ma chi è stato a portarvi qui? L’ultima volta eravate al San Mungo in completo stato schizofrenico e ora siete prigionieri dei Mangiamorte”. Chiese James, intanto che Moody si chinava su Frank per curargli la ferita.

“Quella pazza di tua cugina”. Rispose, rivolto a Sirius. “Ci ha fatto un incantesimo per riportarci alla normalità e poi ci ha drogati per portarci qui. Io sono stato torturato da lei solo perché si annoiava e doveva divertirsi in qualche modo. Ma non ho idea del perché abbiano fatto tutto questo e non so nemmeno dove sia Alice”.

Black strinse i pugni abbassando lo sguardo, cercando di calmarsi per non iniziare a prendere a pugni qualcosa.
Quella donna… non era solo pazza, ma anche… malata. Sì, completamente fuori di testa.

PARLIAMONE…

Salve… rieccomi di nuovo con questa fic.

Però non sono per niente contenta, no, no… che fine hanno fatto tutti i miei recensori di fiducia? Eh? Ma dove siete finiti?
Non vi sarete stufati di questa storia?!!

John: cooooosaaa?? Ma questo è oltraggioso!!!! In questa storia ci sono io e non vi potete stufare.

James: ehi, imbecille! Guarda che ci sono anche io. Anzi, io sono il migliore… xD

Ariel: voi due? Ahaha, ma non fatemi ridere. Dovreste sapere ormai che tutti leggono questa storia solo perché ci sono io.

Milly: shhh, basta ragazzi. Zitti!!! A nessuno importa di voi u.u

Beh, spero che questo capitolo riceva qualche recensione in più. Mi piace sapere che cosa ne pensiate, bastano anche due righe.

Bene, ora vi lascio. Vi auguro buone feste di primo maggio e… fatevi sentire.

Bacioni.

M.

FEDE15498: carissimaaaa!!! Tanti auguri di buon compleanno, anche se un po’ in ritardo ^^ festeggiato, vero?? Comunque, che ne pensi di questo capitolo? Sono riusciti a trovare Frank, ma ora speriamo che riescano a salvarli entrambi, i Paciock… o meglio, tutti e tre… ti ringrazio molto se riesci a convincere i tuoi a comprare il mio libro, ma capisco benissimo anche loro. Cavoli, se io avessi una libreria *_____* starei chiusa sempre lì dentro… per me è il paradiso. Beh, che altro posso dirti… passa un buon ponte di primo maggio e divertiti ^^ bacioni… Milly.

PUFFOLA_LILY: chi non amerebbe Sirius e i suoi figli? E tutti gli altri, poi? Secondo me i pg di Ino chan sono veramente fantastici… ha una mente geniale quella ragazza. Che ne pensi di questo capitolo, invece? Secondo te, riusciranno a salvare Frank ed Alice? Oppure, qualcuno ci lascerà le penne? Bacioni, Milly.

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Capitolo 29
*** Capitolo ventotto ***


NOTA: se volete lamentarvi per i miei soliti ritardi, andate davanti a scuola mia e dite di mettere meno interrogazioni e verifiche, specialmente alla fine dell’anno u.u

CAPITOLO VENTOTTO

“Corriiiiiiiiii!!!!!”

“Sto correndo, imbecille!!!”

“Ci ucciderà tuttiiiiii!!!!”

“Siete tutti e due imbecilli!!!!”

Tonf… puff… crack…

“Ti si è incrinato un osso, Sirius?”

“Stai zitto e alzati, imbecille!”

Sirius, James e Frank si erano ritrovati, nemmeno loro sapevano esattamente come, distesi e spiaccicati come insetti sul freddo e umido pavimento di uno dei tanti corridoi dei sotterranei di Malfoy Manor.
L’ultima cosa che ricordavano era che, poco dopo aver liberato Frank,  si erano trovati davanti una schiera di Mangiamorte infuriati e pronti a ucciderli e così, per salvarsi le chiappe, si erano dovuti dividere e scappare a gambe levate.
Quello che Paciock, però, ancora non si spiegava, era come quei due imbecilli dei suoi amici fossero riusciti a perdere entrambi la bacchetta. Lui non ce l’aveva già da un bel po’ ed era giustificato, ma quei due cervelli bacati non avevano scuse. Si erano lasciati disarmare come allocchi.
Ed ora, per colpa loro, rischiava la pelle per la centesima volta.  

E, come se non  bastasse, si erano persi, non avevano idea di dove fossero né come fare per uscire da lì, il resto della combriccola era finito chissà dove e la cartina del castello ce l’aveva Malocchio.

Certo, era stato come giocare a sorte fin dall’inizio di quella scampagnata nel covo dei Mangiamorte, ma avevano pianificato di fare una cosa piuttosto discreta e di andarsene senza creare tutto quel scompiglio.
E invece, la sorte aveva deciso di renderli le cose più difficili.

“Ehi, sentite anche voi questo rumore?” fece Frank con sguardo concentrato e gli occhi rivolti verso il muro che avevano appena svoltato.

“La tua schiena che scricchiola?”

“Non fare l’idiota, Sirius!”

Improvvisamente, uno dei Mangiamorte che li stava seguendo e che aveva ancora la maschera addosso, sbucò da dietro l’angolo e fisso lo sguardo addosso ai tre poveretti che se ne stavano ancora stesi a terra completamente disarmati.

Sirius, James e Frank, presi dal panico, non sapevano che fare, a parte mettersi a recitare il Padre Nostro e tutte quelle preghierine che potevano venirli in mente.

L’individuo mascherato alzò la bacchetta pronto a colpirli con una maledizione, così, i tre abbassarono il capo pronti ad incassare il colpo o qualsiasi cosa sarebbe venuta.

“Dite ai miei figli che li ho molto amati!!!” urlò Sirius aggrappato alla gamba di James.

“Avada Kedaaa….”.

“STUPEFICIUM!!”

 

“Petrificus Totalus!”

“Protego!”

“Stupeficium!”

“Everte Statim!”

“Sectumsempra!”

“Crucio!”

Teddy riuscì a scansarsi appena un attimo prima di venire colpito dalla Maledizione Senza Perdono, ma si ritrovò ad andare a sbattere contro un altro Mangiamorte che gli stava alle spalle.

Così dovette cominciare una lotta contro di lui, instancabile e sempre più deciso. Ecco un altro vantaggio dell’essere Lupi Mannari di nascita: si stancava difficilmente ed era più incline alla rabbia, cosa che gli dava maggiore carica.

Peccato, però, che quello contro cui stava combattendo prima, non si era certo arreso ed aveva tutta l’intenzione di attaccarlo alle spalle.
Il ragazzo non se ne sarebbe mai accorto se non fosse stato per la prontezza di Remus che, atterrato il suo avversario, aveva immobilizzato anche quello che stava per colpire il figlio rendendolo completamente innocuo.

“Oh, grazie!” esclamò Teddy, decidendosi infine a mollare una potente gomitata all’altro Mangiamorte che lo fece svenire e cadere a terra come una pera cotta. Non gli piaceva usare la forza bruta, non era leale, secondo lui, ma a volte ci voleva. D’altronde, non era nemmeno leale attaccare alle spalle e mettersi in due contro uno.

Remus sorrise in direzione del figlio e poi si diresse da Dora, svenuta a terra e con una spalla sanguinante.

“Stai bene?” le chiese preoccupato.

Lei alzò lo sguardo nella sua direzione e lo guardò leggermente confusa, portandosi una mano alla testa, poi lo portò sul figlio leggermente scompigliato e sudato.

“Sì, sto bene”. si decise a rispondere infine. “Voi, piuttosto?”

“Alla grande”. Le rispose Ted strappandosi il bordo della maglietta per ricavarne una fascia e dividendola con i canini allungati, avendo assunto le sembianze da lupo. “Muoviamoci, dobbiamo trovare gli altri”. Decise, passando la benda alla madre perché si fasciasse la spalla.

Tonks lo ringraziò con un muto sguardo e lo guardò quasi affascinata; conciato così non sembrava un ragazzino di quasi sedici anni. Sembrava un uomo adulto, deciso e coraggioso, pronto anche ad uccidere per salvare chi amava.

 

 

Sirius spostò pian piano le dita dagli occhi e osservò attraverso le fessure, chiedendosi che cosa fosse successo. Aveva chiaramente sentito il Mangiamorte scagliare loro l’Avada Kedavra, ma non aveva sentito alcun colpo. E soprattutto, non era morto.

Sgranò gli occhi, però, quando, al posto dell’uomo incappucciato, vide…

“James?!”

“E chi altri?”

JamesRemus se ne stava in piedi in tutta la sua maestosità ed altezza, davanti ai tre uomini, con un ghigno beffardo stampato in faccia, chiaramente pronto a deridere chiunque.
Anche gli altri due finalmente si accorsero di lui, ma non ebbero tempo di dire niente che videro comparire una chioma bionda e due paia di occhi grigi che si affiancarono al ragazzo.

“Oh, li hai trovati”.

“Ariel! Ma… ma… che ci fate voi qui?”

“Vi salviamo le palle, no?”

Sirius inarcò un sopracciglio in direzione dei figli, quando ad un tratto sentì James che, ancora steso sotto di lui, stava spingendo il suo bacino contro il suo didietro, facendolo saltellare come si fa coi bambini.

“Che stai facendo?” gli chiese, interpretando molto male quella situazione.

“Ah, sai com’è… ho realizzato che mi piaci”.

“COSAAAAA!!!??”

“Sto cercando di farti alzare, imbecille. È da mezz’ora che mi stai seduto sopra”.

L’Animagus non se lo fece ripetere due volte e scattò in su come una molla, rosso in volto.

“Voi due chi siete?” chiese a quel punto Frank, fissando JamesRemus e Ariel con sguardo indagatore, probabilmente notando la somiglianza che correva tra il ragazzo e l’amico accanto a lui.

“E’ una lunga storia, te la raccontiamo più tardi”. Tagliò corto James, afferrando la bacchetta che la biondina gli stava porgendo. Ne diede una anche a Frank, una che probabilmente era appartenuta a qualcuno di quei Mangiamorte.

“Ma come avete fatto a farvi battere così?” chiese il moretto, cercando di non scoppiare a ridere.

“Lasciamo stare”. Lo liquidò il padre sventolandosi una mano davanti alla faccia. “Ma voi come avete fatto a sfuggire a Molly e Lily”.

“Eh, non per niente siamo figli vostri”.

 “Ok, ok. Piuttosto, chi altri c’è con voi?” chiese James, rivolgendosi ai due ragazzi.

“Vediamo…”. Cominciò JamesRemus allungando le dita per fare un conto. “A parte noi due ci sono ancora Joel, Charlie, John, Ted, Jolie, Harry e il furetto Malfoy”.

“Cooooosaaaaaaaa!!!!!???” urlò Potter portandosi le mani tra i capelli e sgranando gli occhi.

“Ehi, non urlare. Mi spacchi i timpani!” si lamentò Ariel massaggiandosi le orecchie.

“Ma ci sono i miei figli qui, per la miseria!”

“Figli? Ma non ne avevi uno solo?” fece Frank sempre più confuso.

“Sanno badare a loro stessi”. Cercò di calmarlo JamesRemus. “Be’, Jolie almeno sì. Per Harry non lo so”.

“Aaaaaaah!!!”

 

 

“Si può sapere dove stiamo andando?”

“Ma perché Madre Natura non ti ha donato un minimo di pazienza?”

“E tu perché sei sempre così borioso?”.

“Senti chi parla! Sono l’eroe-del-mondo-magico-Potter”.

“Geloso, Malfoy?”

“Geloso? Di te? Ma figurati. Non potrei mai invidiare una mezza calzetta come te”.

“Mezza calzetta a chi?”

“La volete smettere?!!”

Soltanto all’urlo isterico di Jolie, Harry e Draco si zittirono e continuarono a camminare, ignorandosi completamente.
Il silenzio, però, durò poco, visto che Malfoy sembrava non avere intenzione di rispettarlo.

“Ragazzina, così rischiavi di farci scoprire”.

Harry aprì bocca per rimbrottarlo su come si era rivolto a sua sorella, ma fu preceduto proprio dalla ragazza che non aveva certo intenzione di incassare senza rimandare.

“Ma stai zitto tu, che hai continuato a sbraitare per tutto il tempo”.

“Ma voi Potter avete la rottura di palle fissa nei geni?”

“Mamma mia, che lagna!” sbuffò Harry che non ne poteva più.

Era ormai da mezz’ora che si erano separati dagli altri ragazzi e che stavano camminando per quei lunghi e deserti corridoi, imboccando porte e passaggi segreti. Quel posto sembrava peggio di Hogwarts, come si faceva ad abitarci proprio non lo sapeva.

Ma perché Malfoy doveva venire con loro?
JamesRemus doveva averlo fatto apposta quando aveva deciso  come dividere i gruppi. Ma gliel’avrebbe pagata. Eccome.

 

 

Dolohov cadde a terra quasi senza fare rumore, con un movimento visto quasi al rallentatore, quasi poetico, come spinto giù da un colpo di proiettile sparatogli nel petto.

Malocchio e Ted guardavano la scena stupiti e increduli, spostando lo sguardo dal Mangiamorte a terra a Charlie, che se ne stava in piedi a poca distanza da lui, a gambe leggermente divaricate, i pugni stretti, il petto che si alzava e abbassava ad un ritmo più frenetico per incamerare più aria e il sangue che gocciolava dal naso piuttosto copiosamente.  

“Charlie, tutto bene?” chiese John correndo incontro all’amico. Prese un fazzoletto dalla tasca dei jeans e lo usò per pulire il naso gocciolante dell’amico. Questi, però, chiuse un attimo gli occhi e, non potendo impedire che le gambe gli cedessero, si lasciò cadere a terra, venendo però prontamente afferrato da Paciock che se lo strinse forte al petto per non farlo cadere.

“Ehi, non avresti dovuto farlo. Non sei ancora abbastanza forte”. Lo ammonì John ma con un tono che di severo non aveva assolutamente niente. Anzi, era il tono più dolce che Charlie gli avesse mai sentito usare. Peccato che fosse troppo rincoglionito per accorgersene.

“Ma… ma… come hai fatto?” chiese il Metamorfomagus avvicinandosi ai due ragazzi e guardando il moro con uno sguardo ancora incredulo. L’aveva visto chiaramente, aveva visto benissimo che Charlie con uno sguardo era riuscito a mandare completamente KO il Mangiamorte.

“Legilimanzia”. Rispose John al posto dell’amico. “Charlie è un Legilimens nato. Guardando una persona negli occhi è in grado di confondergli completamente la mente e fargli vivere il suo incubo peggiore, ma solo nella sua testa”.

I due uomini lanciarono un’altra occhiata al Mangiamorte steso a terra che se ne stava rigido, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta dalla quale usciva della saliva schiumosa. Era chiaramente vivo, si vedeva che respirava. Ma doveva essere in uno stato vegetativo profondo.

“Si riprenderà?” chiese l’Auror.

“Sì”. Rispose Charlie, rimettendosi in piedi anche se John  non aveva intenzione di togliere la mano dal suo fianco per paura che svenisse di nuovo.

“Andiamocene da qui. Dobbiamo trovare Teddy”. Concluse infine Paciock, recuperando la sua bacchetta.

 

 

“Ragazza, tu non stai male!” sbottò Molly, mani sui fianchi, gambe divaricate ed espressione da “Adesso ti ho beccata e sei in un brutto guaio”.

Victorie, sdraiata nel letto con le coperte fin sopra il mento, la guardò come un bambino che era stato colto con le mani nel sacco. Effettivamente, aveva creduto che ci avrebbe messo molto meno a capire che la stava prendendo in giro.
Però, era andata bene, dai, aveva dato parecchio tempo ai ragazzi e, soprattutto, questo le aveva fatto capire che era una brava attrice. Di solito era difficile imbrogliare Molly. E, doveva ammetterlo, si sentiva orgogliosa di questo.

Emmie, dal canto suo, seduta a gambe incrociate sul tappetto della stanza, spostava lo sguardo dall’amica alla donna, senza sapere bene che fare. Ma ormai era inutile negare la verità, lo capiva anche lei.

“Molly, non riesco a trovare i ragazzi”. Disse Lily entrando trafelata nella camera.

“Oh, credo di sapere dove possano essere”. Le rispose la donna senza spostare il suo sguardo omicida dalla nipote.

“E dove?”

“Ce lo faremo dire da loro”.  

ANGOLINO PICCOLO PICCOLO

Buonasera, gentaglia!!!

Allora, per non dilungarmi in chiacchiere inutili, passo subito al sodo. Voglio chiarire immediatamente alcuni punti.

La parte in cui James fa saltellare Sirius (in cui sembra incularlo per usare parole più semplici e rozze) e in cui gli dice “Ho realizzato che mi piaci” l’ho presa da un film che ho visto recentemente, si intitola The Rum Diary. Se siete fan di Johnny Depp l’avrete sentito sicuramente, se non visto ^^

Poi… per chi non avesse letto Came back lo spiego qua:  Charlie è un Legilimens nato, nel senso che entrambi i suoi genitori sono abili Legilimanti, perciò lui lo è per ereditarietà, un po’ come Ted è un Lupo Mannaro perché ha ereditato i geni dal padre. Quindi, il nostro Tappo non ha avuto bisogno di impararla con anni di pratica. Inoltre, in questa storia, oltre alla lettura nella mente, la Legilimanzia è in grado pure di controllarla.  A Charlie basta uno sguardo negli occhi per confondertela. Quindi, state attenti, muahahah ^^

Ultima cosa… non vogliatemene, ma ogni volta che scrivo di John e Charlie, o mi viene fuori qualcosa di sconcio o qualcosa di dannatamente dolce. In questo caso era dolce. Mi dispiace, ma è più forte di me.

Mi sembra sia tutto, se però qualcosa non vi è chiaro, non esitate a chiedermelo.

Cercherò di aggiornare più spesso, anche perché ora sta per finire la scuola, quindi dovrei avere più tempo. Chissà…

Voi, continuate a recensirmi ^^

Bacioni

Milly.

CG92: carissimo, mi eri mancato ^^ il mio unico maschietto, ho detto, non può avermi abbandonato ^^ comunque, don’t worry, capisco quanto gli impegni possano impegnare… ehi, gioco di parole ahaha. Ok, basta, sto schizzando male. Ma d’altronde, è tutta la settimana che non ci sto con la testa. E non ho nessun coltello in mano, tranquillo *nasconde ascia dietro la schiena* ^^ comunque, sono mooooooolto felice che la storia continua a piacerti, ma vedrai quante belle cosucce ho in mente ^^ per quanto riguarda Malfoy… be’, diciamo che è stato costretto un po’ dagli eventi a rimanere con l’Ordine. La spedizione a Grimmauld è andata male e lui è stato fatto prigioniero. Il marchio gliel’avrebbero dato se fosse riuscito ad uccidere qualcuno dell’Ordine e invece è stato costretto a collaborare con loro. Ok, diciamo che Malfoy non fa mai niente per proprio volere. Però, continua a seguirmi e scoprirai cosa veramente succederà ^^ bacioni, M.

FEDE15498: i personaggi sono sempre tutti fantastici. Brava mamma Row che li ha creati così ^^ non ti preoccupare per il ritardo, io faccio tante scenate ma alla fine non pretendo che siate sempre presenti. È solo perché mi piace sapere cosa ne pensate, così so se migliorare o se va bene così ^^ spero di risentirti… un bacione ^^

JULIET ANDREA BLACK: James: ragazza, io odio i tradimenti. Quindi, vedi di esserci sempre per me u.u Milly *tira un calcio a James* pussa via, tu!!! hai gli esami quest’anno? Hmm, in bocca al lupo mannaro, allora ^^ Ted: ehi >.<  comunque, non ti preoccupare, la signora Black arriverà e vedrai che bell’arrivo che sarà ^^ tutto a suo tempo. La bellissima cantante colombiana non si farà attendere ancora molto… e Frankie piccolo Simba? Ahahah, bella questa ^^ e aspetto la prossima recensione, hai promesso ^^ bacioni, M.

PUFFOLA_LILY: non credo che a Bellatrix basti un semplice psichiatra. Una camicia di forza ci vuole. Be’, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo, anche se era piuttosto modesto. Comunque sì, i figli dei Malandrini… eh, non potevano essere diversi ^^ e Frankie presto diventerà il quarto membro… *si tappa la bocca*. Non devo fare spoiler ^^

ROXY_BLACK: eh sì, è veramente difficile lasciare una recensione, ti capisco, ah u.u pensa allora quanta fatica e quanto tempo ci metto io a scrivere questi capitoli u.u ok, convenevoli a parte… Victoire modella bulimica? Ehm, forse sì, ma… non mi veniva in mente altro ^^ intendo, niente di abbastanza allettante… vabbè… se ci sarai nel prossimo capitolo troverai sia Alice che Bellatrix, don’t worry ^^. Bacioni, M.

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** Capitolo ventinove ***


CAPITOLO VENTINOVE

Camminavano ancora per i cunicoli del Malfoy Manor, in fila indiana e con le bacchette davanti al viso per fare luce.
Avevano sceso almeno centinaia di scale, attraversato non sapevano nemmeno loro quanti passaggi segreti e ancora erano lì a girovagare alla ricerca delle segrete.

Jolie sbuffò frustrata; ma chi glielo aveva fatto fare di andare con Malfoy? Lui e Harry non avevano fatto altro che battibeccare per tutto il tempo e c’era mancato poco che venissero alle mani.
Avrebbe scommesso qualsiasi cosa che James, Teddy e gli altri fossero già arrivati e magari avevano anche già trovato Alice e Frank. E invece loro erano ancora lì a girare come topi in trappola solo per la pignoleria di Malfoy che non voleva correre il rischio di essere beccato.

I suoi amici non avrebbero perso tempo con queste cose, li vedeva già che facevano irruzione da qualche parte spianandosi la strada a suon di colpi di bacchetta da qualsiasi Mangiamorte ci fosse stato davanti a loro.

“Che c’è, Potter? Sei stanca di camminare? Ti dobbiamo portare in braccio?” fece Malfoy con tono acido e derisorio, in risposta al suo sbuffo.

“Chiudi quella ciabatta, Malfoy o te la faccio chiudere io”. Gli rispose lei ancora più scocciata, senza guardarlo ma continuando a tenere lo sguardo fisso davanti a sé.

“E’ un modo per chiedermi se puoi infilarmi la lingua in bocca?”

Jolie alzò il braccio pronta a tirargli un sonoro schiaffo che si sarebbe ricordato per tutta la vita, quando, però, venne bloccata dal fratello che le circondò la schiena con un braccio e lanciò un’occhiata omicida al biondino.

“Malfoy, ti consiglio anch’io di chiudere quella bocca se non vuoi ritrovarti all’altro mondo troppo presto”.

Il Serpeverde avrebbe sicuramente risposto a questa minaccia se, improvvisamente, non si fosse bloccato udendo dei rumore sospetti che si muovevano molto vicino a loro.

“Che c’è adesso?” chiese Harry esasperato andando a sbattere contro la schiena del giovane.

“State zitti!”

Potter fece per protestare che lui non prendeva ordini da nessuno, men che meno da un Malfoy, ma anche Jolie gli intimò di stare zitto, intuendo che cosa avesse fatto allarmare il Serpeverde.

“Dove cazzo correteeeeeee!!!???”

“Non lo sooooo!!!! Corriiiiiii!!!!”

“Aaaaaaaaaaahhhh!!!!”

“Cretiniiiiiiiiiiiii!!!!!!”

Stonk… bum…stump…

“Ahia! La mia testa!”

“Io sono fuori forma per queste cose”.

“Sei vecchio, Sirius, ammettilo”.

“E tu ti sei contato i capelli bianchi?”

“Papààààà!!”

All’urlo isterico di Harry tutti quanti si zittirono e rivolsero l’attenzione a lui che, poveretto, se ne stava sdraiato sotto il padre, schiacciato dalla sua mole che era tutt’altro che leggera come una piuma.

“Potresti alzarti, per favore?”

“Oh scusami… non credevo di essere così pesante”.

“E’ che sei sdraiato sui miei gioielli”.

James si alzò sbattendo le mani sui pantaloni per pulirli dalla polvere e, con il suo solito sorriso malandrino e provocante, aggiunse: “Non credevo fossi così ben dotato, figliolo”.

“Idiota”. Sospirò il ragazzo sbattendosi una mano in faccia per l’esasperazione.

“Si può sapere perché stavate correndo come dei dannati?” chiese Jolie a quel punto, acida come sempre.

Al posto di risponderle, però, JamesRemus le si lanciò addosso stringendola forte sui fianchi e affondando la faccia nella sua pancia.

“Jolie, mì amoooooooorr!!” cominciò a strusciarsi contro la sua maglietta e a guaire come il cane qual era.

“Cagnaccio, ti vuoi levare??!” gli urlò lei cercando di scrollarselo di dosso.

Lui, ovviamente, fece finta di non averla sentita, ma anzi, strinse ancora di più la presa e le diede una bella leccata sulla faccia che fece inorridire la ragazza.

“James, che schifoooo!!”

“Ragazzi, la volete smettere? Qualcuno potrebbe sentirci”. fece a quel punto Ariel, guardando se arrivava qualcuno.

“Finalmente qualcuno che usa la testa fra tutti questi Grifondoro pezzenti”. Le diede manforte Malfoy con voce sprezzante. La bionda però lo guardò piuttosto male per quel commento.

“Sì, dai. Andiamo a cercare gli altri e vediamo se riusciamo a trovare Alice”.

 

 

 

Charlie si stava aggirando per i corridoi del Manor con molta cautela, sobbalzando ad ogni minimo rumore.

Lo sapeva che non era stata una buona idea allontanarsi da solo, dovevano stare uniti, era una cosa che Moody ripeteva sempre quando si intrufolavano nella tana del nemico.

Ma quelle urla lo avevano attirato parecchio e non poteva far finta di niente. E poi… chi sarebbe potuto venire con lui? Aveva lasciato Joel, Teddy e John a combattere contro i Mangiamorte insieme ad altri membri dell’Ordine dopo che Paciock gli aveva detto di andarsene per non finirci in mezzo.
Odiava quando lo trattava così, quando era così premuroso come se lui fosse un bambino.

Però, doveva ammetterlo, come combattente non era granché e si sentiva ancora piuttosto debole dopo aver sconfitto quel Mangiamorte. Che cazzo! Doveva migliorarla quella tecnica, non poteva sentirsi una merda ogni volta dopo aver usato la Legilimanzia.

Svoltò un angolo quando, eccolo, di nuovo quell’urlo.

Aumentò il passo in direzione di quelle grida che sembravano indicargli la strada, deciso ad arrivarci il prima possibile.
Gli sembrava di conoscerla, quella voce che urlava, gli era terribilmente familiare ed aveva una brutta, bruttissima sensazione.

Finalmente arrivò ad una porta socchiusa dalla quale si intravedeva un velo di luce e dalla quale provenivano dei rumori per niente rassicuranti.
Quando il ragazzo si accostò per spiarci dentro, rimase scioccato di fronte a quello che vide: sdraiata su un letto, legata con i polsi alla testiera del mobile, il seno oscenamente in mostra perché il reggiseno era sganciato e i pantaloni abbassati, una donna che lui conosceva benissimo. Sopra di lei un uomo che le si strusciava addosso senza assolutamente preoccuparsi delle sue lacrime e delle sue suppliche di smetterla.
Le afferrò un seno in modo piuttosto brutale e cominciò a massaggiarglielo in modo tutt’altro che delicato.

Charlie cominciò a pensare freneticamente a come aiutare quella donna. Non poteva lasciarla lì, soprattutto visto che non era una sconosciuta, dato che si trattava di Alice, la madre di John e quell’uomo che la stava torturando in quel modo brutale era Dolohov, uno che non ci andava affatto leggero.

Improvvisamente, dopo aver detto qualcosa che il ragazzo non riuscì a sentire, il Mangiamorte si alzò per uscire da un’altra porta che, molto probabilmente, doveva condurre al bagno.

Eccola, la sua occasione. Senza attendere neanche solo un minuto e stando attento a non farsi sentire, Charlie entrò nella stanza e si avvicinò al letto della donna. Non appena la vide da vicino, si sentì scivolare il cuore nello stomaco: aveva come l’impressione che quella tortura non fosse iniziata soltanto in quel momento e che Dolohov non si fosse limitato solo a strusciarlesi addosso e a toccarle il seno. La donna era piano di graffi sanguinanti sul collo, tra i quali svettava anche un succhiotto ed era piena di lividi sulle braccia e le gambe. Inoltre aveva gli occhi pieni di lacrime e il viso tutto arrossato per aver pianto e urlato troppo.

Non appena il ragazzo alzò la bacchetta per liberarla dalle catene che la imprigionavano, la donna cominciò a emettere dei versi strozzati, probabilmente sull’orlo di un’altra crisi di pianto.

“Tranquilla”. le sussurrò Charlie cercando di calmarla. “Non voglio farti del male, voglio solo aiutarti. Però devi fare silenzio”.

Riuscì a liberarle i polsi e, non appena lei si mise seduta, lui scostò lo sguardo leggermente in imbarazzo di fronte alla sua nudità e lo portò sulla porta del bagno da dove sentiva gli improperi del Mangiamorte che, probabilmente, stava cercando qualcosa.

“Forza, dobbiamo andare”. Le intimò allora Charlie, spaventato che possano venire beccati.

Alice però si limitò a guardarlo con i grandi occhi scuri resi lucidi dalle lacrime e che le davano un’espressione da cucciolo maltrattato. Il ragazzo avrebbe voluto abbracciarla e consolarla, ma purtroppo non c’era molto tempo da perdere.

“Vieni, andiamo”. Ripetè, porgendole la mano.

Lei l’afferrò, decidendo di fidarsi di quel ragazzo che non sembrava avere intenzioni cattive. D’altronde, come poteva uno con un faccino innocente come quello di Charlie spaventare qualcuno?

Si avvicinarono alla porta, felici di star raggiungendo la loro libertà, quando, improvvisamente, Charlie si sentì volare via di mano la bacchetta.

Quando si voltò per vedere che cos’era successo, trovò davanti a sé Dolohov con la bacchetta alzata e la sua nell’altra mano, uno sguardo minaccioso a contornargli le labbra.

La situazione si stava decisamente mettendo male.

 

 

John lanciò una potente Everte Statim contro Bellatrix, facendola crollare per terra come un sacco di patate e il naso sanguinante.

Si guardò un attimo intorno per vedere come se la stavano cavando gli altri: ognuno era impegnato con qualche Mangiamorte, ma sembrava che fossero proprio i seguaci di Voldemort, per il momento, ad avere la peggio. E la cucina della Villa ormai era irriconoscibile, trasformata in un vero e proprio campo di battaglia.

Quella distrazione, però, gli costò parecchio. Mai voltare le spalle al nemico, nemmeno quando questi era a terra.

Bellatrix si alzò e, con una furia cieca, gridò:

“AVADA KEDAVRA”.

John fece in tempo solo a voltarsi e a vedere il raggio di luce verde che gli veniva addosso.

PARLIAMONE…

*si nasconde dietro al divano per non essere linciata dai lettori* ^^

Eccomi qui, non ci ho messo tanto questa volta : D allora… le cose iniziano a mettersi male per i nostri amici. Che cosa succederà adesso, secondo voi?

Dovete perdonarmi per quel piccolo sfogo demenziale, ma quando scrivo dei malandrini, sia quelli grandi che quelli piccoli, la mia vena comica dilaga anche sul foglio di word… non ci posso fare niente.
E Charlie… quanto coccoloso è Charlie :3 *insegue Charlie per spupazzarselo*.

Bene, detto questo, una piccola informazione di servizio: su facebook ho aperto una pagina dedicata alle mie fanfiction. Potete trovarci foto, disegni, video di tutti i miei personaggi e, se volete, potete lasciarmi i commenti delle fanfic direttamente lì, così da ricevere anche una risposta (quasi) immediata ^^. Qui vi lascio il link, basta solo un “mi piace”.

http://www.facebook.com/MillysSpace

Detto questo, passo a rispondere alle recensioni :3

FEDE15498: intanto, in bocca al lupo per gli esami. E non disperare, non sono così difficili. Inoltre, se sei stata una brava studentessa per tutti e tre gli anni, non ti tormenteranno tanto ^^ Ariel: se vuoi, quando sarai promossa, andremo io e te a ubriacarci e ballare sui tavoli per festeggiare ^^ Milly: pussa via tu. Non traviarmi la ragazza. Comunque, dicevo… sì, torniamo alla storia. Eh sì, i malandrini fanno ridere, non ci posso fare niente. In qualunque situazione tirano fuori la loro vena comica. Teddy è un figo, be’, certo lo sono tutti, dal primo all’ultimo ^^ tranne Charlie… lui invece è un cucciolo tenerone :3 Charlie: ehi >.< cucciolo a chi? Milly *spupazza* spero di risentirti e vai a visitare la mia pagina ^^

PUFFOLA_LILY: uuuh i tuoi complimenti mi fanno sempre impazzire ^^ spero ti sia piaciuto anche questo capitolo. Dai anche un’occhiatina alla mia pagina, mi farebbe molto piacere. kisskiss Milly.

JULIET ANDREA BLACK: io credo che tu sia la mia sorella gemella perduta. Insomma, ci piacciono le stesse cose, pure Johnny Depp ^^ be’, d’altronde, trovami qualcuno a cui non piace. E Charlie e John… eh, quando si parla di loro è impossibile non pensare male ^^ come fanno ad essere così fighi questi personaggi? Ah, tutta colpa di Ino che li ha creati così u.u beh, spero di sentirti presto e di vederti anche sulla mia paginetta. Al momento non è molto ricca ma, non ti preoccupare, vedrai tutte le belle fotuzze che ho intenzione di metterci. Baci, baci a presto…

CG92: *cerca di trattenere Jolie che vuole ammazzare questo lettore sprovveduto che ha insinuato che lei potesse mettersi con uno come JamesRemus o come Malfoy*. mi spiace, caro, ma piuttosto che finire tra le braccia di James, Jolie preferirebbe cruciarsi a morte. E lo stesso vale per Malfoy u.u Sono contenta però  che la storia ti piaccia, anche i momenti deliranti e demenziali che ce ne saranno tanti, fidati. E sembra che questo potere di Charlie piaccia parecchio ^^ Alice, però, non è finita tra le braccia di Bellatrix ma in quelle di Dolohov. È un male o un bene? chissà che le ha fatto? Hmmm… tutto questo e molto altro nella prossima puntata ^^ continua a seguirmi anche su facebook. Besos, M.

MILAGROS CULLEN: uuh una nuova recensitrice ^^ be’, che dire… sono contenta che la storia ti piaccia e spero che continuerai a seguirmi perché vedrai quante belle cose ho in mente ^^ bacioni e a presto, spero. Kiss M.

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Capitolo 31
*** Capitolo trenta ***


Nota: attenzione, capitolo leggermente violento.
Ma ho come l’impressione che verrò linciata dopo questo ^^

CAPITOLO TRENTA

Charlie guardava il Mangiamorte dritto in volto con gli occhi colmi di un leggero panico ma la mente già in fermento per trovare una possibile via d’uscita. Peccato che la sua bacchetta fosse tra le mani di Dolohov e che in una lotta corpo a corpo sarebbe sicuramente uscito perdente.
Ma, almeno, gli rimaneva ancora il suo asso nella manica.

Sentì dietro di lui Alice che iniziava a singhiozzare, paralizzata lì sul posto, sulla soglia di quella stanza che sembrava essere una camera per le torture. Probabilmente temeva che, se avesse tentato di scappare, l’uomo avrebbe cercato di impedirglielo attaccandola, però allo stesso tempo non voleva nemmeno rimanere lì.

“Vai, Alice. Vattene via”. Le intimò Charlie a bassa voce, però con tono autoritario, per quanto gli riuscisse, almeno.

“N…n…no!” biascicò lei. Non le andava di lasciare lì da solo quel ragazzino, ma in quel momento non era granché in forma per affrontare Dolohov.

“Va via! Qui ci penso io!”

Il ragazzo le diede una gomitata per spingerla fuori dalla stanza. Finalmente Alice si decise ad andarsene, correndo con la velocità che le sue gambe deboli e malferme le permettevano. Ma, non appena la vide scappare, il Mangiamorte scagliò un potente Stupeficium che andò a schiantarsi contro la porta di legno che era stata richiusa prontamente da Charlie perché non colpisse la donna.
Il ragazzo si buttò a terra per non venire colpito a sua volta, notando con la coda dell’occhio lo strano ghigno soddisfatto di Dolohov.

Cazzo! Si era tirato la zappa sui piedi da solo.

 

John si rialzò dal freddo pavimento portandosi una mano alla testa lì dove l’aveva sbattuta, leggermente intontito e si guardò un attimo intorno prima di notare una figura sdraiata immobile accanto a lui.

In quel momento, tutti i Mangiamorte che erano presenti nella stanza, si smaterializzarono come se avessero ricevuto l’ordine di farlo, compresa Bellatrix e Ariel fu la prima a precipitarsi dall’amico cercando di aiutarlo.
John, però, la spinse via con uno scossone piuttosto violento e si inginocchiò accanto all’uomo steso a terra, che aveva riconosciuto come Frank, cercando di capire se era vivo.

Cazzo! Non l’aveva nemmeno visto precipitarsi da lui per spingerlo via dall’Avada Kedavra lanciatogli da Bellatrix. Si era semplicemente ritrovato a rotolare per terra col padre che lo proteggeva col proprio corpo.
Non l’aveva visto, però le probabilità che se lo fosse beccato lui l’Anatema che uccide erano altissime.

Eppure… Merlino! Non voleva crederci!

“Papà?!” lo chiamò scrollandolo per una spalla, sentendo già gli occhi pizzicare per le lacrime che minacciavano di scendere. Sentiva la rabbia montare dentro di lui e a questa si univa anche il senso di colpa. Maledizione! Se non si fosse distratto…

“Papà?!”

“Frank!” esclamarono Sirius e James inginocchiandoglisi ai lati anche loro.

John prese a scrollarlo più forte sentendo già l’isteria, la rabbia e la disperazione montargli dentro.
I suoi amici non facevano che guardarlo impotenti e passare lo sguardo da uno all’altro, non sapendo bene che fare. Sapevano che cosa significava la morte di Frank: non solo disperazione per il loro amico, ma anche che… oddio, erano venuti lì per salvarlo, non per vederlo morire.

 

 

Dolohov, da bravo animale pervertito e senza scrupoli che era, non aveva perso un momento da quando Charlie si era ritrovato per terra. Comportandosi da bravo pedofilo qual era, non aveva certamente potuto resistere ad uno sguardo da cucciolo come quello del ragazzo.  
L’aveva afferrato per i capelli e lo aveva buttato sul letto come fosse soltanto una bambola o un oggetto che poteva usare a suo piacimento. Poi lo avevo legato coi polsi alla testiera del letto, esattamente come aveva fatto poco prima con la povera Alice.

Charlie già si vedeva chiare in mente le immagini di ciò che gli avrebbe fatto e questo gli fece salire addosso un senso di panico terrificante che non lo lasciava respirare decentemente. Cercava continuamente un contatto con gli occhi di Dolohov per poterlo stendere con la Legilimanzia, ma sembrava che quello lo evitasse apposta, come se sapesse.

Eppure… doveva trovare un modo per tirarsi fuori da quella situazione. Non voleva essere… Dio, non voleva essere violentato!

Lanciò uno sguardo all’armadio davanti a lui quando poi, tra l’armadio e il muro, notò un oggetto che aveva tutta l’aria di essere una frusta con appese delle manette.
Immediatamente un magone gli salì su per il petto stringendogli ancora di più i polmoni e lo stomaco in una morsa stretta e le lacrime non persero tempo ad uscire.

“Cucciolo, adesso sei tutto mio”. Soffiò il Mangiamorte cercando di assumere un tono sensuale, ma che, accompagnato da quel ghigno malato e da quello sguardo spiritato, fece solo accapponare la pelle a Charlie che prese a dimenarsi sotto di lui, intanto che l’uomo gli saliva sopra a cavalcioni e avvicinava le mani alla sua camicia.

 

 

Frank cominciò a tossire come annaspando in cerca d’aria, mentre tutti gli altri presenti lo guardavano ad occhi sgranati, come se avessero appena visto un morto che resuscita.

Be’, effettivamente…

L’uomo si mise seduto e, immediatamente, lo sguardo gli volò sul ragazzino che gli era inginocchiato accanto e che lo stava guardando con occhi spalancati per la paura e le lacrime mal celate.
Ma perché, non appena lo aveva visto in pericolo, si era sentito in dovere di proteggerlo come se ne dipendesse la sua stessa vita? Era stata una cosa spontanea, tuffarsi su di lui per evitargli l’Avada…
E adesso, mentre lo osservava tutto così preoccupato e impaurito, si sentiva dentro una strana ma piacevole sensazione di benessere.

Però… quel ragazzino… insomma, gli somigliava, sembrava quasi lui da giovane. Biondino, occhi azzurri… Frank si sarebbe anche sentito pronto a scommettere che quello sguardo d’angelo che aveva era solo una facciata per nascondere l’animo da Bastard Inside, esattamente come lui.

E se invece… no, non poteva essere.

“Neville?” mormorò confuso e sbigottito.

John scosse la testa per negare e sussurrò un “No” quasi affranto.

“Frankieeeeeeeeeee!!!” urlò a quel punto Sirius lanciandoglisi addosso e rotolando insieme a lui sul pavimento.

“Cazzo, Sirius! Così mi uccidi”.

“Imbecille, ci hai fatto venire un colpo”.

“Ma l’Avada Kedavra non ti aveva colpito?” chiese Remus, aiutando il cugino a rialzarsi.

“A quanto pare no”. Sospirò Frank, ringraziando mentalmente il cielo per la botta di culo che aveva avuto.

“Be’, a questo punto, direi che stiamo tutti bene”. constatò Ted Tonks, passando lo sguardo dall’uno all’altro dei presenti e facendo una breve rettifica delle ferite che tutti loro avevano riportato.

“Un momento! Ma Charlie dov’è?” chiese a quel punto Teddy, notando l’assenza dell’amico.

I ragazzi del futuro si guardarono l’un l’altro preoccupati.

In quel momento, però, la porta si aprì di colpo sbattendo e rimbalzando contro la parete e una figura femminile entrò barcollando e singhiozzando, guardandosi continuamente alle spalle come se qualcuno la inseguisse.

“Alice!” urlò Frank non appena la riconobbe. Immediatamente corse ad abbracciarla e ad accertarsi che stesse bene. La donna non sembrava avere ferite gravi, a parte qualche graffio e livido, ma la sua faccia completamente in lacrime, terrorizzata, sconvolta, scioccata, non presagiva niente di buono.
Inoltre, era mezza nuda.

“Alice, tesoro, che è successo?” le chiese ancora Paciock intanto che prendeva la giacca che James gli stava passando per coprire la moglie.

Lei affondò il viso nella sua camicia sporca e singhiozzò confusamente. “Io… lui… Dolohov”.

“Dolohov? Che ti ha fatto?”

“Io…”. Era chiaro che la poveretta non riusciva nemmeno a parlare, ma dovevano almeno farsi un’idea per non giungere a idee  raccapriccianti che già tutti si stavano facendo.

“Come sei arrivata qua?”

“Io… c’era un r… ragazzo. Mi ha aiutata”.

“Chi era questo ragazzo?” le chiese allora John che stava iniziando a capire qualcosa. “Riesci a descriverlo?”

“No… non so…”. Alice pian piano cominciava a calmarsi, tra le braccia di Frank che la cullava e le massaggiava la schiena. “Non molto alto, moro coi capelli lunghi”.

Tappo, pensò John. E doveva immediatamente andare a recuperarlo. Se era rimasto con Dolohov… non osava nemmeno pensarci.

“Cazzo! Dobbiamo andare a cercarlo!” esclamò JamesRemus con la fretta in tutto il corpo.

“Direi di dividerci, anche perché qui non ci conviene più rimanere”. Concluse Malocchio.

 

 

Jolie e Ariel sbuffarono lanciandosi un’occhiata quasi d’intesa. Meno male che Moody aveva detto categoricamente che non dovevano dividersi dai rispettivi gruppi nel muoversi alla ricerca di Charlie, nel caso sopraggiungesse qualche Mangiamorte. Sembrava però che a John non importasse molto di quello che i grandi e gli esperti comandavano. Ma d’altronde, quando mai gli era importato?

In poco tempo era riuscito a distanziare le ragazze e le due non avevano ancora capito bene come avesse fatto. Semplicemente, si erano ritrovate ad arrancargli dietro quando lui si era messo a correre e poi, svoltato un angolo, non l’avevano più visto. Era un maestro nel battere la fuga, questo non glielo toglieva nessuno.

Come se cercando di fare più in fretta possibile, riuscissero a ritrovare Charlie più facilmente. Non avevano la più pallida idea di dove potesse essere, Alice, da quanto sconvolta e spaventata era, non aveva certo saputo dire granché di dove fosse quella stanza.

Ariel ghignò tra sé e sé: John poteva mostrarsi insensibile quanto voleva nei confronti di Charlie, ma era anche il primo a preoccuparsi per lui.
A volte la spaventava questo legame che c’era tra i due.

 

 

“Ti prego, lasciami stare”.

Sentendolo supplicare, Dolohov si eccitò ancora di più.

“Adoro quando mi supplichi”. Gli soffiò a poca distanza dalla faccia, per poi andare a mordergli una spalla nuda con tanta forza che sicuramente gli avrebbe lasciato dei segni.

Charlie voltò il capo dall’altra parte, lasciandosi sfuggire un lamento. Aveva gli occhi inondati di lacrime e di paura, non riusciva a muoversi con quell’energumeno che gli stava addosso e le braccia legate sopra la testa ormai erano diventate insensibili.
Quel figlio di puttana, inoltre, gli teneva la mano nelle mutande e lo toccava senza alcun pudore. Ma l’unico ad eccitarsi lì era il Mangiamorte, invece lui si sentiva semplicemente uno schifo, avrebbe tanto voluto vomitare.

Merlino, se fosse sopravvissuto a quella tortura…

Ma dov’erano gli altri? Che fine avevano fatto i suoi amici? Dov’erano quando aveva bisogno di loro?

“Toglili le mani di dosso, pezzo di merda!” urlò, all’improvviso qualcuno dalla porta.

Sia Charlie che Dolohov si voltarono per vedere chi fosse, e si trovarono davanti la figura di John che sembrava emanare fumo da tutti i pori per la rabbia che non si preoccupava nemmeno di reprimere.

Senza nemmeno avere il tempo di battere ciglio, il Mangiamorte si vide volare e poi sbattere contro la parete, cadendo a terra con un tonfo secco e svenendo.

John voltò il capo verso di lui, con la furia negli occhi, probabilmente facendosi una lista di tutti gli incantesimi che conosceva per torturarlo. Ma quando spostò gli occhi sull’amico che ancora se ne stava legato a letto, si sentì raggelare.

Immediatamente corse da lui e, con un colpo di bacchetta, sciolse i nodi che gli tenevano imprigionati i polsi. Finalmente libero, Charlie si mise seduto e buttò la testa oltre il letto scosso da dei forti conati che non lo facevano respirare.

“Oddio!” esclamò John, circondandogli la vita con un braccio e spostandogli i capelli dal volto perché non gli dessero fastidio. Non capiva se l’altro volesse semplicemente vomitare o se non riuscisse a respirare. Aveva la pelle terribilmente calda e sudata.

Alla fine se lo tirò addosso facendolo sedere tra le sue gambe e poggiare la testa sul suo petto.

“Respira, dai”. Gli sussurrò all’orecchio, prendendo a massaggiargli il petto nudo e ad accarezzargli i capelli in un tentativo per farlo calmare. E per fortuna sembrò funzionare, visto che Charlie adesso riusciva a respirare abbastanza regolarmente e che c’erano solo i singhiozzi a scuoterlo tra le braccia di John.

“Così, bravo. Va tutto bene”. John avrebbe tanto voluto prendere a calci quel coglione che aveva osato mettere le mani addosso al suo Tappo, soprattutto dopo aver notato la camicia aperta e i pantaloni e la cintura slacciati.

Ma intanto doveva far calmare l’amico.

*prepara ombrello* aspettate, prima di lanciarmi pomodori addosso, sentite quello che ho da dirvi.

Oggi pomeriggio mi sono rivista la prima parte dei Doni della Morte con mia nipote e mi stanno venendo in mente delle ideuzze nuove per questa ficcy che però la allungherebbero. Oppure realizzerò un seguito. Voi che dite? Ma intanto, devo mandare avanti questa e ci sarà ancora un mucchio di lavoro da fare… vediamo, si accettano consigli, però ^^

Poi… voi come vedete il rapporto tra Charlie e John? E mi rivolgo soprattutto a quelli che non hanno letto Came back di Ino.

Fatemi sapere le vostre opinioni, mi piacerebbe leggere anche le recensioni di quelli che finora sono rimasti in silenzio. Ringrazio tantissimo quelli che mi recensiscono fedelmente fin dall’inizio, non sapete quanto mi facciano piacere. E così vorrei leggere anche quelle di qualcun altro, non siate timidi, non vi mangio mica ^^ vanno bene anche le critiche, i consigli, fatemi notare se qualcosa non vi piace… in fondo, una piccola recensione non vi porta via più di due minuti e renderete tanto felice uno scrittore ^^.

Vi rinnovo anche l’invito a mettere “mi piace” alla mia pagina facebook, Milly’s Space. Anche perché sarà lì che (più avanti) troverete le foto dei personaggi di Little Marauders xD.

http://www.facebook.com/MillysSpace (link per la pagina)

Bene, ho finito il sermone. Potete mettervi a lanciare pomodori.

*fugge via*.

PUFFOLA_LILY: John sta bene, Frank anche, i Malandrini sono rincoglioniti come sempre e Charlie è stato salvato… in tempo, pero? D: se vuoi ammazzare Dolohov, armati e andiamo insieme u.u grazie per i complimenti, alla prossima. Kiiiissss…

JULIET ANDREA BLACK: leggendo le tue recensioni, passo dal rotolarmi a terra dal ridere al tremare di paura ^^. Anche io ho sempre desiderato avere una gemella, ma sei sicura di essere tu quella cattiva? Non so, perché io sono sadica e masochista, soprattutto con i miei pg preferiti ^^ comunque, il tuo John sta bene, visto? ^^ alla prossima, carissima. Baci, baci, Milly.

STEFANMN: ehi, temevo di non sentirti più L be’, sono contenta che ti sia piaciuto lo scorso capitolo… e di questo che mi dici? Alla prossima, kiss. M.

MARISSA ATWOOD: sono contenta che questa storia ti piaccia e ti incuriosisca. Ti consiglio anche di andare a leggere l’originale, Came back to the hell : D spero di risentirti, cara, più andrà avanti più diventerà intrigante. Baci.  

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Capitolo 32
*** Capitolo trentuno ***


Capitolo piuttosto corto, lo so, ma un po’ di passaggio, per far tirare un sospiro  di sollievo ai ragazzi. Spero vi piaccia lo stesso, buona lettura ^^.

CAPITOLO TRENTA

“Teeeeddyyyy!!”

Emmie, con una bella rincorsa che le fece svolazzare i lunghi capelli castani, si fiondò tra le braccia del fratello non appena lo vide comparire nella cucina di Grimmauld Place.
Ted se la prese in braccio e l’abbracciò forte, inspirando il suo buon odore di cioccolata col naso affondato nell’incavo della sua spalla e con i capelli della sorella che gli solleticavano il viso.

“Ciao piccola”. Le sussurrò solleticandole il naso con il proprio.

“Anche io voglio essere abbracciato così”. Si lamentò a quel punto John, sbucando da dietro le spalle di Ted e mettendo su un broncio indispettito che lo fece tanto assomigliare ad un bimbo capriccioso.

“Se vuoi un abbraccio te lo do io”. Gli rispose la voce di Victoire piuttosto sensualmente

John si voltò trovandosi davanti la ragazza appoggiata allo stipite della porta in modo inconsapevolmente provocante, la maglietta a metterle in risalto il seno e i capelli biondi e lunghissimi che le scendevano sulle spalle.

“Oh Vicky… ma da te vorrei qualcos’altro”. La provocò lui, facendole un occhiolino malizioso.

“Maniaco”. Sbuffò la ragazza alzando gli occhi al cielo.

In quel momento entrò anche una Lily piuttosto trafelata e preoccupata che passò lo sguardo su tutti i presenti a mo’ di sonda radar.

“James! Harry!” esclamò lanciandosi sul figlio e stritolandolo in un abbraccio molto simile a quello della Signora Weasley. Il poveretto si trovò a soffocare tra le sue braccia, preoccupato anche che non gli incrinasse qualche costola.
Per fortuna, però, la donna, constatato che stava bene, lo lasciò andare per dedicarsi al marito.

“Ragazzi!”

A quell’esclamazione, o meglio, urlo, tutti si voltarono di nuovo verso la porta per trovarvi una furente Molly Weasley che se ne stava in piedi in tutta la sua misera altezza, anche se in quel momento sembrava decisamente più alta e maestosa, con le gambe divaricate e le mani sui fianchi.

Era, senza alcuna ombra di dubbio, molto arrabbiata.

“Che diavolo vi è saltato in mente?!” chiese, sillabando bene ogni parola.

“Ma perché guarda me?” borbottò JamesRemus, sentendosi in soggezione visto che le stava davanti  e che la signora sembrava stesse guardando solo lui, come se fosse soltanto colpa sua.

“Mi stavo riferendo a tutti voi. Però ho come l’impressione che sei tu il fautore della vostra fuga”.

“Ehi! Non è vero!”

Effettivamente, non era vero. Certo, JamesRemus aveva proposto di scappare dalla casa per andare ad aiutare gli altri a Malfoy Manor, ma era stato Joel a trovare un buon piano, con la collaborazione di tutti gli altri.
Non avrebbe mai costretto i suoi amici a mettersi in pericolo e ad andare nel covo dei Mangiamorte. Diciamo che quello era un patto che avevano stipulato quando praticamente avevano imparato a padroneggiare una bacchetta: se c’era da combattere, o lo facevano tutti oppure nessuno.
Non era un patto scritto e nemmeno orale, anzi, non l’avevano proprio mai espresso ad alta voce, ma… era qualcosa che ciascuno di loro sentiva di dover fare.

Sempre insieme, nel bene e nel male.

A distrarli da tutte quelle inutili chiacchiere fu Frank che, schiacciato contro il muro infondo e ancora abbracciato ad Alice, tossicchiò per attirare l’attenzione. Aveva un terribile male al fianco ferito, per non parlare, poi, che nemmeno il resto del suo corpo era conciato tanto bene.

“Alice!” esclamò Lily, non appena vide l’amica che, però, non aveva affatto una bella cera.

“Oh cielo! Li avete trovati!” aggiunse la Signora Weasley, portando le mani alla faccia, completamente dimentica della ramanzina che voleva fare ai ragazzi. “Non c’è tempo da perdere. Dovete farvi controllare le ferite. Sciò sciò!” e così facendo, cercò di cacciare via tutti fuori dalla cucina.

Il primo a lasciare la stanza fu Charlie ma, non appena varcò la soglia, si dovette appoggiare con una mano al muro, vedendo improvvisamente la stanza girare e sentendo una sensazione di nausea che gli saliva dallo stomaco.
Anche le gambe gli cedettero e, se non fosse stato per i riflessi pronti di Joel che riuscì ad afferrarlo al volo prima che cadesse a terra, si sarebbe spiaccicato al suolo.

“Merlino!”

“Oh cazzo!”

In men che non si dica, John gli si inginocchiò accanto e riuscì a farlo rinvenire. Il poveretto, però, sembrava piuttosto confuso e non perfettamente lucido.

“Ehi, Tappo! Non morirmi tra le braccia che se no ti stacco le palle!” lo avvisò il biondino con finta voce severa, ma era chiaramente un modo per fare dell’ironia e scacciare la tensione.

“Merda, Charlie! L’iniezione la dovevi prendere un’ora fa!” esclamò Jolie controllando l’orologio.

Ad un altro ordine della Signora Weasley, finalmente tutti lasciarono la stanza per dirigersi ai piani superiori.

Gli unici a rimanere lì furono Ariel e Draco. Quest’ultimo sbuffò di stanchezza e probabilmente anche di frustrazione, lasciandosi cadere su una sedia.

“Stupidi Grifondoro isterici del cazzo!” borbottò tra sé e sé.

“Qualcosa che non va, Malfoy?” gli chiese Ariel facendo finta di non aver sentito il suo commento acido.

“E a te che frega, ragazzina?”

“Be’, mi dispiacerebbe se stessi male”.

“Sì, certo. Raccontala a qualcun altro”.

“Guarda che c’è qualcuno a cui importa della tua salute”.

La ragazza si avvicinò alla porta, ma prima di uscire, gli lanciò un’occhiata eloquente. Alla fine se ne andò via sculettando, lasciando Draco ad osservarla con uno sguardo indecifrabile.

 

 

“Fratellino!” esclamò JamesRemus, appoggiato allo stipite della porta chiusa del bagno.

Joel si voltò per incontrare la figura spavalda del fratello che lo osservava con i suoi penetranti occhi color ghiaccio. Doveva confessare che a volte sapevano inquietarlo, quegli occhi, lui era l’unico ad aver ereditato esattamente gli occhi del padre. Anzi, praticamente aveva ereditato tutto dal padre, poteva dirsi un vero Black, se non fosse stato un Grifondoro, ovviamente.

Joel gli si avvicinò e James gli circondò le spalle con un braccio, facendo cozzare i loro fianchi.

“Tutto bene quel che finisce bene”. disse, mostrando il suo solito sorriso malandrino.

“Ancora una volta”. Sospirò l’altro, appoggiandosi completamente alla parete e al fratello e chiudendo gli occhi.

“Dai, ammettilo: siamo meglio di Chuck Norris”.

“Io sicuramente sì”.

“Eheh, modesto”.

Il moretto gli scompigliò i capelli, per poi mollargli un pugno scherzoso sul braccio.
I due fratelli vennero interrotti da un fischiettio piuttosto allegro e qualcuno che saltellava sulle scale.

“Oh ciao, ragazzi!” li salutò Ariel, non appena li vide, tutta pimpante.

“Che bello vederti di nuovo allegra, Lassie”. Le disse James, con un tono talmente spontaneo che sembrava avesse solo detto che aveva fame.
La sorella gli fece una boccaccia, infastidita. Non le piaceva quando le si dicevano cose del genere, cose così melense e dolci, che mettevano troppo in risalto i suoi sentimenti.

Però era vero. L’ottimismo e l’allegria di Ariel erano duri da buttare giù, l’unica volta che si era veramente depressa è stato quando avevano perso il padre. Aveva praticamente smesso di parlare, di mangiare e persino di cantare. Il brutto era, però, che non aveva nemmeno pianto.
E invece adesso… da quando erano lì…

Quel viaggio nel passato è stato piuttosto positivo, non solo per la missione che dovevano compiere per salvare il Mondo Magico, ma anche per loro, per il loro spirito distrutto.

Ragazzi, ma io che devo fare per avere da voi qualche recensione in più? No, ditemelo, perché oltre a dirvi che non dovete avere paura né vergognarvi, non so che altro fare. Vi minaccio di mandarvi a casa Bellatrix? Oppure vi devo mandare un pacco regalo a casa con James e John completamente nudi? Anzi, forse i maschietti preferirebbero Ariel e Victoire ^^

Ok, a parte gli scherzi… sono contenta di ricevere quelle che ricevo, anche se sono i soliti quattro gatti (non per dire niente contro di voi, lo sapete quanto sono felice di leggere le vostre recensioni), però mi piacerebbe leggere qualche nome nuovo. Voglio sapere le vostre opinioni, che cosa ne pensate, datemi anche dei consigli, forse c’è qualcosa che non vi piace o vorreste che migliorassi qualcosa. O magari preferireste che dedicassi più parole per qualche personaggio che vi piace.
Ditemi, fatevi sentire.
Non penso vi porti via molto tempo.

Potete anche trovarmi su Facebook, su Milly’s Space. (http://www.facebook.com/MillysSpace)

Se volete, lasciatemi lì i commenti oppure potete anche pubblicare qualcosa di relativo alle fanfiction, alle mie storie. Oppure, solamente salutarmi, scambiare quattro chiacchiere ^^.
Vi aspetto.

Ultima cosa prima di andar via… l’ho già scritto nell’altra fic, ma lo dico anche qua, non si sa mai: vado via per due settimane in un posto in cui non penso di trovare connessione, quindi non potrò aggiornare. Ma spero di riuscire a farlo appena tornata.

Bene, ora ho veramente finito.

Un bacio a tutti e mi raccomando… RECENSITE!!

Kiss, M.

PUFFOLA_LILY: carissima ^^ che bello, una delle mie lettrici e recensitrici più fedeli J adoro le tue recensioni, soprattutto quando mi fai i complimenti ^^ Grazie mille, cara. Spero di non deluderti. Un bacione e *si arma fino ai denti per accompagnarla a uccidere Dolohov* a presto, Milly.

STEFANMN: sono proprio contenta che i pg ti piacciano… io li adoro ^^ be’, il discorso sul Milly’s Space vale anche per te u.u se hai qualcosa di relativo alle fanfic o alle mie storie da pubblicare e da far sapere anche agli altri, fallo pure… bacioni, M.

JULIET ANDREA BLACK: le tue recensioni sono uniche al mondo, Juls u.u però ora non montarti la testa… comunque, non sarai mai una scrittrice migliore di me, sappilo *le punta il dito indice contro con fare da maestrina*. Però, puoi sempre imparare ^^ comunque, non ti preoccupare, penso che nel prossimo capitolo arriverà la bellissima e famosissima Noelle, cantante latino americana che ha rubato il cuore al nostro adorato Sirius ^^.
Alla prossima, bacioni. M.

FEDE15498: anche io ho cominciato ad amare lo yaoi grazie a John e Charlie e adesso sono praticamente una yaoista sfegatata ^^ se c’è qualcosa di molto yaoioso sta sicura che io non me lo perdo *pensa a quel telefilm che sta vedendo e si ecci…* ehm, andiamo avanti ^^ tuo fratello è karateka? Allora è meglio che insegni qualche mossa a Tappo così impara a difendersi dai maniaci che vogliono stuprarlo…

P.S. ma sei una secchioncella ^^ woooow, brava. Complimenti.

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Capitolo 33
*** Capitolo trentadue ***


CAPITOLO TRENTADUE

Finalmente un pomeriggio rilassante.

JamesRemus se ne stava sprofondato nella sua poltrona con la chitarra in mano a pizzicare qualche corda, cercando, probabilmente, di improvvisare una nuova canzone, Joel seduto per terra con uno dei suoi soliti manga e in bocca delle tic tac, Teddy buttato sul divano a sonnecchiare e tutti gli altri da qualche parte in giro per la casa.

In quel momento, sopraggiunse Ariel che si guardò un attimo attorno prima di rivolgere la sua attenzione alla radio, su cui stavano trasmettendo una canzone che sembrava averla attirata.

Intimò al fratello di fare silenzio e alzò il volume.

Y un dia despuès 
De la tormenta                                                                                              
Cuando menos piensas sale el sol 
De tanto sumar 
Pierdes la cuenta 
Porque uno y uno no siempre son dos 
Cuando menos piensas 
Sale el sol 
Cuando menos piensas 
Sale el sol 

Y un día después 
De la tormenta 
Cuando menos piensas sale el sol 
De tanto sumar 
Pierdes la cuenta 
Porque uno y uno no siempre son dos 

“E’ la canzone della mamma”. Constatò James, lasciando che un sorriso gli addolcisse le labbra.

Y un día después 
y un día después 
Sale el sol 

Y un día después 
De la tormenta 
Cuando menos piensas sale el sol 
De tanto sumar 
Pierdes la cuenta 
Porque uno y uno no siempre son dos 
Cuando menos piensas 
Sale el sol...

Il nuovo emozionante singolo della bellissima e bravissima Noelle, la cantante latino-americana famosa in tutto il mondo!

Pronunciò lo speaker con voce allegra e perfettamente udibile.

Puoi ben dirlo, Ben. Noelle è famosa sia nel mondo magico che babbano. Mi emoziono sempre quando la sento cantare.

Aggiunse l’altro, anche lui con vivacità.

Oltretutto ci giunge notizia che si è appena lasciata col suo fidanzato, il modello di Playboy Victor Kummer.

Eh sì, una relazione durata ben due anni. Bene, ora che è tornata di nuovo disponibile mi faccio avanti io. Una donna attraente come lei non va lasciata sola.

Mi sa che ti dovrai mettere in fila, Tim.

I due speaker scoppiarono a ridere, prima di mandare un’altra canzone.

Sirius, che se ne stava appoggiato allo stipite della porta, senza farsi vedere da nessuno, abbassò lo sguardo malinconicamente.
Noelle, Martha. La sua Martha. La sua Pequena Sunshine.

Quando sarebbe arrivata? E, soprattutto, che avrebbe dovuto fare lui una volta che l’avesse rivista?
Non ne aveva la più pallida idea. La relazione con Martha era stata una delle più belle che avesse avuto, per non dire forse l’unica, ma anche una delle più sofferte.
E se lei non avesse più voluto amarlo?

Però… loro erano destinati a stare insieme. Aveva lì, proprio davanti a sé, delle prove concrete, tre figli erano più che sufficienti per far capire che lui e Martha non sarebbero stati dei completi estranei.
Solo che… i ragazzi non gli avevano detto come lui e la loro madre si erano incontrati, né come si fossero di nuovo innamorati. Forse non c’entrava niente l’amore, forse…

In fondo, era passato così tanto tempo. Lui era cambiato, non era più il ragazzo di una volta, almeno fisicamente. O meglio, di certo non era come quel Victor Kummer, ma non era messo male nemmeno lui, era riuscito a recuperare il suo tono fisico almeno in parte.

E lei? Lei sicuramente era rimasta bella come sempre, come un piccolo raggio di sole che nemmeno le nubi più grigie possono abbattere, con un perenne sorriso sulle labbra.

 

John socchiuse leggermente la porta della camera da letto e diede una sbirciatina dentro: Charlie se ne stava sdraiato sul letto, coricato su un fianco, le gambe piegate fin quasi al petto e le mani nascoste sotto al cuscino, come se volesse chiudersi a riccio. Sembrava piuttosto tranquillo, teneva pure gli occhi chiusi, forse dormiva.

John, però, sapeva che non stava dormendo. Tappo non dormiva così, non in quella posizione.

Entrò nella stanza e richiuse la porta dietro di sé lasciandola cigolare, in modo che annunciasse il suo arrivo. Ma il ragazzo steso sul letto non ebbe alcuna reazione. Continuava a respirare tranquillo e a tenere gli occhi serrati.

L’amico si sedette vicino a lui e poggiò una mano sul suo braccio. Charlie, però, si mosse come se fosse appena stato scottato e si richiuse ancora di più su se stesso portando le ginocchia al petto e affondando il viso nel cuscino.

“Tappo”. Lo chiamò, allora, John, riuscendo, finalmente, a capire che cosa avesse avuto Charlie in quei tre giorni che sembrava preferire passare le giornate nell’isolamento della sua stanza. L’aveva già sospettato, ma la reazione del moro gli aveva dato la conferma.

“Charlie”. Riprovò, questa volta più deciso.

“Vattene, John”. Gli rispose l’altro, la voce soffocata dalla stoffa del cuscino.

“Me ne andrò se anche tu uscirai da questa stanza”.

Lo sentì solo sospirare, forse rassegnato, ma non gli disse più niente. John provò di nuovo a poggiargli una mano sul braccio e, vedendo che lo lasciava fare, prese ad accarezzarlo, pensando a come poteva avere un contatto maggiore.

“Posso abbracciarti?”

“E perché dovresti abbracciarmi?”

“Perché mi piace abbracciarti”.

Il moro non rispose e John avrebbe almeno voluto vedere la sua faccia, così che avrebbe potuto capire qualcosa dalla sua espressione. Ma comunque prese il suo silenzio per un consenso. D’altronde, chi tace acconsente.

Così, si sdraiò meglio sul letto e, con la sola forza delle braccia, lo afferrò e se lo coricò addosso, adagiandolo sopra di sé.
Charlie sgranò gli occhi e arrossì.

“Ma che stai facendo?”

“Ti abbraccio”. 

“Ma guarda che peso”.

John ridacchiò. “Figurati, piccolo come sei riuscirei a portarti in braccio da qui all’altra parte della città”.

Charlie assunse un’espressione contrariata per quella presa in giro ma, contrariamente a ciò che John si era aspettato, si rilassò tra le sue braccia, poggiando la testa sul suo petto e lasciandosi cullare dalle forti braccia di John che aveva preso ad accarezzarlo delicatamente sulla schiena e dal battito del suo cuore.

Restarono in silenzio per un paio di minuti, finché John non sbottò di nuovo.

“Dovresti parlarne”.

“E di cosa?”

“Lo sai benissimo, di cosa”.

Charlie sospirò stancamente, poi alzò lo sguardo in direzione dell’amico. “Io non… io…”.
John aveva ragione, doveva parlarne con qualcuno, sfogarsi. Ma il fatto era che… non ne aveva il coraggio. Già si sentiva una merda così, si sentiva ferito nell’orgoglio e parlarne con qualcuno avrebbe significato ammetterlo, mostrarsi ancora più debole di quanto già non fosse.

“Ho avuto paura, John”. Sussurrò infine, abbassando lo sguardo a contare le pieghe della camicia di John. “Se tu non fossi arrivato, lui mi avrebbe… mi avrebbe sicuramente…”. Non riusciva a concludere la frase, non riusciva nemmeno a pensare al fatto che, se Paciock non fosse arrivato in suo soccorso, il Mangiamorte l’avrebbe sicuramente violentato. Quando aveva visto l’amico entrare e precipitarsi su di lui, si era sentito immensamente sollevato, ma allo stesso tempo avrebbe voluto sprofondare perché era stato proprio John a trovarlo in quelle condizioni, con i pantaloni slacciati, la camicia aperta, in lacrime e tremante.
Avrebbe preferito che fosse stato qualcun altro a trovarlo. E invece era stato John, come sempre, John c’era sempre nei momenti in cui ne aveva bisogno, nei momenti in cui si sentiva debole e vulnerabile.
E questo un po’ gli dava fastidio. Anche perché John era terribilmente dolce in quei momenti, riusciva sempre a consolarlo. Quasi quasi, preferiva piuttosto il suo lato bastardo.

“Lo so”. Gli rispose Paciock, parlandogli in tono rassicurante e gentile e facendogli di nuovo abbassare il capo sul suo petto, quando vide che due lacrime gli avevano solcato le guance. “Ma questo non fa di te certamente un debole. Chiunque si sarebbe spaventato trovandosi in quella situazione”.
Charlie non fu del tutto d’accordo: qualcosa gli diceva che se John o anche James si fossero trovati legati al letto con un pedofilo sopra di loro, avrebbero sicuramente trovato un modo per scappare.
“Cerca di non pensarci più. Ormai è passato e la prossima volta che troviamo Dolohov ti lascerò prenderlo a calci nelle palle talmente forte che se le vorrà staccare”.

Persino Charlie ridacchiò contro la sua camicia tra i singhiozzi che non riusciva più a calmare.
John lo lasciò sfogare, perché era proprio ciò di cui l’amico aveva bisogno. Ma odiava vederlo soffrire così. Aveva sviluppato uno strano senso di protezione nei confronti di Charlie e non capiva perché. Era un po’ il suo cucciolo da difendere.

Uno strano pensiero gli attraversò la mente, ma lo scacciò via subito.

Ma no… era certo che si sarebbe comportato allo stesso modo anche se si fosse trattato di qualcun altro dei suoi amici.

 

“Ragazzi! Guardate chi vi ho portato!” la voce squillante di Dora attraversò tutto il corridoio d’ingresso per giungere in cucina, dove i presenti alzarono lo sguardo incuriositi.

La ragazza comparve sulla soglia della porta, ma non era sola: accanto a lei, una specie di modella da riviste maschili faceva bella mostra di sé. Era alta, anche se una parte della sua statura era compensata dagli stivali col tacco, aveva lunghi capelli biondi che le scendevano fino alle spalle in morbide curve e che le incorniciavano un viso ovale perfetto, sul quale spiccavano due grandi occhi castani e due labbra morbide e carnose. La pelle maculata non sembrava essere semplicemente abbronzata, molto probabilmente era il vero colore della sua pelle. I vestiti, poi, sembravano lì solo per abbellire più che coprire e la gonna corta le metteva perfettamente in risalto i fianchi alla Marilyn Monroe.

“In realtà io volevo solo qualcuno che mi aiutasse a riparare la moto. Si è fermata e non parte più”. disse la sconosciuta per togliersi un po’ dall’imbarazzo che le creavano tutti quegli occhi puntati su di lei. “Ma questa ragazza mi ha trascinata qui”. Ed indicò Dora accanto a lei.

“Martha!” esclamò Remus quando finalmente capì perché quella tipa gli sembrava così familiare. L’ultima volta che l’aveva vista era stato parecchi anni fa e doveva dire che era cambiata molto. Merlino, se era cambiata.

“Remus?!”

“Oh Merlino! Martha!”

La ragazza si voltò verso l’altra voce maschile che l’aveva chiamata e sgranò gli occhi riconoscendo le due persone che la guardavano.

“James!? Lily?!”

“Martha!”

(“Milly!” ^^ NdM. “Ciuchino!” NdC ^^).

“Martha!”

Questa volta la ragazza si sentì chiamare da dietro le spalle, da una voce che non le era completamente nuova, ma che, anzi, le creò qualche brivido lungo la schiena.

“Sirius”. Sussurrò, voltandosi con sguardo sorpreso.  

Rieccomi, dopo un lungo periodo di riposo…

Be’ dai, che dire… finalmente un po’ di calma per i nostri ragazzi. E avete visto che è comparsa finalmente anche la signora Black? ^^
Ma poi… quanto dolcini sono John e Charlie? <3 ihihihi. Anche se Tappo comincia a darmi l’idea di essere un ragazzo problematico e un po’ depresso.

Charlie: guarda che sei stata tu a farmi così.

Milly: Shhhhhh u.u

Bene, non mi trattengo per molto, non voglio rompervi troppo le scatole. Vorrei sentire le vostre opinioni, ma ormai ho rinunciato a cercare di convincervi -.-‘’ *sospira*.

JamesRemus: che ci puoi fare? A nessuno piace la tua fic, perciò non crucciarti troppo u.u

Milly: ma cosa stai blaterando? E che ne dici di tutti quelli che mi seguono? u.u

James: lo fanno solo perché ci sono io u.u

Milly: modesto -.-‘’

John: e perché ci sono io ^^

Milly: vabbè… alla prossima ragazzi, kissssss  :*

STEFANMN: non farmi male, ti prego, sono ancora pur sempre la tua migliore amica nonché la tua scrittrice preferita ^^ e vedrai che Tappo si riprenderà : D a presto, besos :*

PUFFOLA_LILY: eh sì, anche a me piacciono molto i tre fratelli Black, io li vedo molto uniti, anche se ogni tanto bisticciano si vogliono un bene dell’anima. E poi James è molto protettivo nei loro confronti, ma questo forse lo vedrai più avanti. Mi spiace di averti fatta attendere molto, ma spero che ne sia valsa la pena. A presto, baci. Milly.

FEDE15498: *prepara il pacco regalo con James e John* ehilà : D la mia piccola cara Fede ^^ comunque, nemmeno a me piace tantissimo studiare, però diciamo che non è una cosa che odio (finché non si tratta della matematica -.-) e sì, non ho problemi nemmeno io a impararmi certe cose  a memoria ^^ spero di risentirti presto, un bacio. M.

P.S. quasi dimenticavo: la canzone che i ragazzi ascoltano alla radio è Sale el Sol di Shakira. Sulla mia pagina Facebook vi metto il video se volete vederlo e vi rinnovo l’invito a mettere mi piace.

P.P.S. già che ci siete, fatemi gli auguri ^^ mercoledì ho compiuto diciotto anni ^^ ehehehehe : D

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Capitolo 34
*** Capitolo trentatrè ***


CAPITOLO TRENTATRE

Da quando Martha si era seduta a tavola per cenare con i suoi vecchi amici ritrovati e con quelli nuovi appena conosciuti, tutti i presenti non avevano fatto altro che sbavarle davanti o guardarla con curiosità. Chi perché la conosceva e la adorava per la sua fama come cantante latino americana conosciuta in tutto il mondo magico e chi, semplicemente, per la sua bellezza. Infatti, nonostante avesse già poco più di trent’anni, era ancora molto bella e di anni ne dimostrava una decina in meno.

I figli Weasley non le avevano praticamente tolto gli occhi di dosso, specialmente Ron e i gemelli. Non potevano crederci di avere davanti, seduta alla loro tavola, una persona così famosa.
Altro che il ministro del mondo magico!!

“Allora, Martha? Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?” chiese improvvisamente Malocchio Moody, in tono gentile.
Tutto d’un colpo, quella sera, era diventato dolce e simpatico, pure il suo solito cipiglio duro e impenetrabile si era sciolto per lasciare spazio ad un’espressione serena e cordiale. Un effetto dovuto sicuramente al ritorno della nipote che non vedeva da un sacco di tempo.

“Oh be’, sono stata parecchio in giro per il mondo. Sapete, i concerti, la musica…”.

“E’ vero che ti sei lasciata con quel modello? Come si chiamava? Victor Kummer?” sbottò, improvvisamente, uno dei gemelli, interrompendola.

“Oh sì, be’… non andavamo molto d’accordo”. Rispose lei gentilmente, ma subito abbassò lo sguardo e si morse il labbro. Gesto che non sfuggì a Sirius che la conosceva bene e sapeva che cosa significava.

“Ma il tuo vero nome qual è? Martha o Noelle? Scusami, ma ancora non ho ben capito”. Questa volta fu il Signor Weasley a parlare. Anche lui sembrava parecchio attratto dalla cantante.

Lei, allora, gli fece un sorriso, contenta che non le si chiedesse qualcosa sulla sua vita privata. “Il mio vero nome è Martha Martinez. Noelle è soltanto un nome d’arte. Gli amici mi chiamano Martha”.

“Non capisco, però, questo vizio di cambiare nome quando si diventa una persona famosa. Insomma, alle persone non piace il proprio nome?”

“Sa, signor Weasley”. Cominciò a spiegare lei, allora, molto pazientemente. “Non si tratta di un vizio, a volte è una cosa di convenienza. Può capitare che il nome vero di una persona non attiri il pubblico, insomma, chi ascolterebbe un cantante che si chiama Reginald Dwayer, per esempio. Invece, Elton John attira molto di più. Noelle lo ha scelto il mio produttore discografico perché ha detto che Martha Martinez non significa molto, è un nome piuttosto anonimo.
Guardi, per esempio, anche Marilyn Monroe…”.

“Marilyn chi?”

“Marilyn Monroe! Oh be’, lasciamo perdere”.

“No, dimmi di Marilyn”. La pregò, allora, Hermione che era parecchio interessata al suo discorso. Non era una sua fan, l’aveva soltanto sentita nominare qualche volta, però le sembrava una brava persona. E anche una brava cantante, per quel poco che aveva sentito delle sue canzoni.

“Il vero nome di Marilyn era Norma Jeane”. Continuò perciò la cantante, contenta di potersi distrarre un po’, anche se con discorsi inutili. “Ma chi mai l’avrebbe caga… ehm… badata se avesse mantenuto quel nome. Così è passata alla storia come Marilyn Monroe”.

Quando concluse il discorso, abbassò lo sguardo di nuovo imbarazzata. Non le era mai capitato di sentirsi così, era più agitata che durante un’intervista o un concerto, il cuore le batteva a mille e sentiva i brividi di caldo.
E tutto perché, odiava ammetterlo, c’era Sirius a poca distanza da lei che continuava a guardarla. Anche a lei ogni tanto l’occhio cadeva su di lui, ma subito lo scostava. Se avesse tentato di guardarlo, troppi ricordi le sarebbero tornati a galla, ricordi belli, certo, ma allo stesso tempo dolorosi.

Inoltre, i suoi occhi puntati su di lei la mettevano un po’ in soggezione. Gli occhi grigi di Sirius l’avevano sempre messa in soggezione, sapevano incantarla, ma anche spaventarla a volte, come se guardasse dentro un pozzo di acqua ghiacciata. E le erano sempre piaciuti quegli occhi, proprio per questo.  

Sirius era anche l’unico a essere rimasto in silenzio, oltre ad alcuni ragazzini che la guardavano in modo strano e che le sembravano avere un che di familiare, e il non sapere che cosa stesse pensando le dava ancora di più sui nervi.

“Ma è vero che uno dei tuoi video lo hanno censurato perché ti masturbavi?” chiese di nuovo uno dei gemelli.

“Fred!” lo sgridò la signora Weasley, dandogli una pacca sulla testa per la sua insolenza, ma Martha scoppiò a ridere.

“Oh no, caro. Si dicono tante cose sul mio conto, ma poche di queste sono vere. Hanno persino detto che ho avuto una tresca con l’attuale presidente degli Stati Uniti, ma… oddio! Chi se lo scoperebbe quel vecchio?!”

E tutti scoppiarono a ridere divertiti.

Martha sembrava una ragazza abbastanza allegra, parlava senza problemi di qualsiasi cosa, non si scomponeva e sapeva come attrarre l’attenzione.

Almeno così pareva agli altri.

Ma, molto spesso, le persone nascondono molto di più.

 

 

Non riusciva a dormire quella notte, ma non era una novità. Era capitato più volte che soffrisse di insonnia.

Se ne stava seduta su una delle comode poltrone di Grimmauld Place, accanto al caminetto accesso, a rigirarsi una vecchia fotografia tra le dita.

C’era una tale confusione nella sua testa che non sapeva da che parte iniziare per mettere un po’ di ordine. Così aveva lasciato perdere e stava provando a svuotare del tutto la mente.

Un rumore dietro le spalle la riscosse e, girandosi, vide Sirius appoggiato allo stipite della porta.

“Nemmeno tu riesci a dormire?” gli chiese, tornando a guardare davanti.

“La mia mente non riesce a smettere di pensare”. Le rispose lui, avvicinandosi con passo felpato.

Lei annuì e non gli badò nemmeno quando le si sedette di fronte.

“Vedo che hai ancora quella foto”. Aggiunse, notando la piccola fotografia che la ragazza teneva in mano.

“Non potrei mai separarmene”.

Era una foto piuttosto vecchia e consunta, ancora in bianco e nero, ma Martha teneva a quella più che a qualsiasi altra cosa.
Rappresentava lei quando aveva più o meno quattro anni, abbracciata a sua madre.

“Le somigli molto, lo sai?” fece Sirius, guardandola dolcemente.

“Me lo hai detto un sacco di volte”.

Si, Sirius glielo ripeteva praticamente sempre. Ma questo era stato circa quindici anni fa, quando le cose erano un po’ diverse e quando non era successo niente di tutto quello.

Adesso, invece… be’, adesso erano cambiate un bel po’ di cose, loro prima di tutto. Lei non era più la piccola e spavalda ragazzina che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno, non era la piccola Sunshine, come a Sirius piaceva sempre chiamarla e lui non era più il latin lover amato e sognato da tutte le ragazze che lo incrociavano.

Ma non era questo il punto.

Il punto era che… non sapevano nemmeno loro qual era il punto.

“Sai, Martha… ho pensato spesso a te”.

Sì, anche lei aveva pensato spesso a lui, un po’ troppo forse… anche quando credeva di aver smesso, quando credeva di aver versato tutte le lacrime che possedeva per lui, quando lo aveva maledetto e odiato abbastanza per quello che le aveva fatto, anche allora un barlume del suo ricordo continuava a riaffiorarle.

A Londra ci tornava sempre malvolentieri e solo per i concerti, non voleva mai fermarsi un attimo di più.

Almeno fino a quel momento, fino a quando, del tutto per caso, seduta in un bar, non aveva letto sul giornale che Sirius Black era stato scagionato. E allora, una vocina, la stessa vocina che quella sera le aveva consigliato di restare a dormire lì, le aveva detto che doveva rimanere un po’ di più a Londra. Eppure, non aveva mai creduto che un giorno lo avrebbe incontrato di nuovo.
Ma quello stesso giornale le aveva anche fatto sorgere un milione di domande e di dubbi. Avrebbe voluto dei chiarimenti, avrebbe voluto capire tante cose, ma in quel momento… forse doveva capire prima che cosa provava lei.

Sirius era stato l’amore della sua vita.

Questo, almeno, era quello che aveva creduto una ragazzina di quindici anni.

Ma, in fondo, come poteva essere altrimenti se per lui avrebbe fatto qualsiasi cosa e se sapevano tutto l’uno dell’altra.

Lui sapeva benissimo chi era quella donna nella foto, per questo le diceva sempre che le somigliava tanto, perché sapeva che a lei piaceva sentirlo.
Lui sapeva che vita tormentata e difficile avesse avuto sua madre. Pandora Moody non era mai stata felice, né da bambina, né da adolescente, almeno fino a quando non aveva terminato Hogwarts. Allora aveva conosciuto un ragazzo colombiano che, agli occhi della sua giovane età, le era sembrato il ragazzo perfetto.
I genitori, naturalmente, non approvavano, ma lei finalmente aveva trovato un motivo per essere felice, un motivo per combattere ed opporsi agli ostacoli della vita.

Quando era rimasta incinta di Martha il ragazzo l’aveva persino convinta a scappare in Colombia con lui, promettendole tutto.

Ma le cose, ovviamente, non erano andate così. Sarebbe stato troppo bello.

Solo poco tempo dopo, lui l’aveva tradita con molte altre donne e Pandora si era sentita morire dentro. Era sempre stata una ragazza fragile e, senza l’aiuto dei genitori, faticò a riprendersi.
Anzi, non si riprese affatto.
Quando Martha compì cinque anni, Pandora prese delle pasticche e decise di porre fine alla sua misera vita.
Al fidanzato non importava niente della bambina, così lei tornò in Inghilterra e crebbe con lo zio Alastor che la trattò come fosse figlia sua.

E la crebbe anche piuttosto bene.

Ma le sofferenze della madre, in un certo senso, non avevano risparmiato nemmeno la figlia. Però questa era un’altra lunga e struggente storia.

“Sirius, ci sono delle cose molto difficili da rimettere a posto con delle semplici parole”.

Si alzò dalla poltrona e decise di tornare nella propria stanza.

Aveva delle domande da fare a Sirius, molte domande, ma… non era quello il momento giusto.

Comunque stavano le cose, niente sarebbe più tornato come prima.

 

 

MILLY’S SPACE

Buooooonasera!! Eh, ormai sono diventata una creatura notturna, sembra che trovi tempo per fare le cose solo di notte. Questo succede quando si dorme fino a mezzogiorno.

Allora, come state? Pronti a tornare a scuola o a qualsiasi occupazione abbiate? O forse avete già iniziato?

Be’, non importa… fatevi sentire comunque, lasciatemi qualche recensione. Io non sono molto soddisfatta di questo capitolo se devo essere franca, però conta di più la vostra opinione quindi un paio di paroline possono bastare come commento ^^.

Non vi tratterrò per molto, voglio solo informarvi che, per quelli che non l’avessero notato, ho pubblicato altre due fanfic: una è di Harry Potter (il sequel di S.Potter), si intitola Welcome to my silly life e l’altra è originale (yaoi), You are my sunshine.
Mi piacerebbe che  ci deste un’occhiata.
Inoltre, vi invito ancora a mettere mi piace alla mia pagina Fb:
http://www.facebook.com/MillysSpace

Credo sia tutto per ora…

E vi ricordo ancora…………… RECENSITE!!!!

Grazie e buonanotte a tutti : )

Dalla vostra fedelissima Millyray.

P.S. quasi dimenticavo… volevo fare una piccola precisazione, ma forse lo sapete già. Norma Jeane e Reginald Dwyer sono i veri nomi di Marilyn Monroe ed Elton John… e io li apprezzo molto entrambi. ^^

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Capitolo 35
*** Capitolo trenquattro ***


CAPITOLO TRENTAQUATTRO

Martha sospirò pesantemente e appoggiò le mani al davanzale della finestra, sostenendo con esse buona parte del corpo. Rimase a fissare con sguardo vacuo il paesaggio nebbioso che si presentava fuori dalla finestra, mentre alcune piccole gocce di pioggia scendevano lungo i vetri.

Sirius, dietro di lei, si appoggiò al bordo del letto e abbassò il capo lasciando che alcuni riccioli scuri gli cadessero davanti agli occhi.

“Ascolta, Sirius”. Sbottò ad un tratto la donna, parlando con tono molto più tranquillo rispetto a quello che aveva usato fino a poco fa. Ma sembrava fare parecchia fatica nel dire quelle parole.  “Io… io non sono convinta che sia una buona idea. Forse non ti è ancora del tutto chiaro quello che provi per me. Ma in ogni caso, io non mi sento pronta… forse un giorno o forse no, non voglio darti false speranze”.

Era rimasta a fissare la finestra, senza girarsi, così Sirius, rialzando lo sguardo nella sua direzione, si trovò a osservare la sua schiena leggermente piegata, desiderando solo poterle circondare di nuovo i fianchi come faceva una volta.

“Non puoi dire questo. Io sono sicuro di quello che provo”. Rispose lui con voce profonda. “Io ti amo e lo sai che su queste cose non scherzo mai. Ti ho sempre amata, anche quando ero ad Azkaban. Non ti ho mai dimenticata”.

Era vero, non l’aveva mai dimenticata. Anche quando i Dissennatori gli portavano via tutti i suoi ricordi più felici, il viso dell’unica ragazza che aveva amato continuava a vorticargli davanti e a volte era talmente ben dettagliato che gli sembrava di averlo veramente lì davanti, mentre altre volte invece era più sbiadito. Ma era sempre presente.
Alcune notti era capitato pure che la sognasse.
Si ricordava fin nel dettaglio, comunque, ogni particolare del suo viso e del suo corpo e ora che era diventata una donna adulta non era cambiata poi così tanto.  

“Mi dispiace, Sirius”. Finalmente anche Martha si voltò a guardarlo, con un’espressione terribilmente rammaricata. “Abbiamo vissuto dei bei momenti, sono stata felice con te. Ma non si può tornare indietro, non posso far finta che non sia successo niente. Sono passati quasi sedici anni e siamo due persone completamente diverse ora. Io non mi sento pronta ad iniziare una nuova storia con te, non mi sento pronta a dimenticare”.

L’uomo rimase a guardarla senza dire nulla. Non c’era più niente da dire, lui le aveva detto tutto.
Capiva le difficoltà di Martha, per lei non doveva essere stato facile, come non lo è stato nemmeno per lui del resto.
Le ci sarebbe voluto del tempo. Sì, ma quanto? E, soprattutto, lo avrebbero avuto?

Gli vennero in mente James, Joel e Ariel. Avrebbe tanto voluto dirle di quei tre ragazzi, dimostrarle che un futuro felice insieme ce l’avevano, erano il frutto del loro amore quei tre.
O forse no? In fondo, nessuno dei tre gli aveva mai detto com’era riuscito a riconquistare Martha, erano rimasti sempre sul vago riguardo certi particolare del futuro.

Mille dubbi cominciarono ad assalirlo. Se non avesse avuto l’amore di Martha come avrebbe fatto?

 

 

Harry inclinò il capo osservando attentamente i gesti con i quali Ariel si rivestiva. Era bella, sexy, attraente, come sua madre, dopotutto.
E anche il sesso con lei era bello, passionale, eccitante… molto eccitante.

Sentì la virilità tra le sue gambe crescere di nuovo. Avrebbe voluto saltarle addosso un’altra volta, ma non gli sembrava il caso. Vista la fretta con la quale la ragazza si stava rivestendo, significava che non aveva più molta voglia di trattenersi a letto ed era meglio non forzarla a fare qualcosa che non voleva.

Ariel si tirò su i jeans attillati e prese ad abbottonarli.

“Che carina quella voglia”. Esclamò ad un tratto il ragazzo, notando una macchiolina di pelle più chiara in fondo alla sua schiena. Aveva la forma di una stella con una punta un po’ più grossa delle altre.

“Grazie”. Gli sorrise lei. “L’ho ereditata da mio padre, anche James e Joel ce l’hanno. Credo sia un segno distintivo di noi Black”.

“Wow! Allora nessuno può confondervi”.

La ragazza gli sorrise maliziosa e poi andò a frugare tra i mucchi di vestiti che avevano lasciato a terra in cerca della sua maglietta. Trovò, però, solo quella del ragazzo e gliela lanciò addosso colpendolo dritto in faccia.

“Hai intenzione di rivestirti o di startene lì ad oziare tutto il giorno?”

“Non ho fretta”.

“Io invece sì. Non vorrei che qualcuno dei miei fratelli ci beccasse”.

Già, non aveva alcuna voglia di sorbirsi le ramanzine di James che di solito duravano un’eternità e che, soprattutto, dicevano sempre il vero con una logica degna di Aristotele. Joel, invece, non le avrebbe detto niente, risparmiandosi i discorsi, ma le avrebbe lanciato una di quelle occhiate malevole che bastavano più di mille parole e che l’avrebbero fatta sentire in colpa per tutto il giorno.
Non che gli altri ragazzi si sarebbero risparmiati: in quanto a ramanzine pure Jolie era come James e Victoire, molto dolcemente e gentilmente, le avrebbe spiegato che stava facendo un errore.
Gli unici ai quali questa storia sembrava non fare né caldo né freddo erano John e Charlie: il primo perché quando si trattava di sesso approvava sempre e il secondo perché nella maggior parte dei casi si faceva gli affari suoi e non metteva bocca su cose che non lo riguardavano.

Dopo aver indossato anche la sua maglietta striminzita, Ariel lanciò un’ultima occhiata al suo ragazzo e uscì dalla stanza.

Non fece, però, che pochi passi quando si trovò davanti JamesRemus appoggiato allo stipite di una porta chiusa  e con un’espressione parecchio concentrata.

La ragazza gli lanciò un’occhiata perplessa, ma lui si portò il dito indice alle labbra per farle segno di tacere. Così Ariel si avvicinò a lui e si mise anche lei in ascolto. Dall’altra parte della porta si sentivano le voci dei loro genitori che parlavano in modo piuttosto concitato ma a bassa voce, poteva capire solo qualche sprazzo di parola, ma non sembrava per niente una discussione amichevole.

“Prima urlavano”. La informò James, mantenendo il tono basso per non farsi sentire.

Ariel, allora, lo afferrò per un braccio e cercò di trascinarlo via. Il ragazzo, comunque, non oppose molta resistenza.

“Andiamo, non dovresti stare ad origliare”.

“Senti chi parla. Saresti la prima a farlo”.

La bionda mollò un calcio nel didietro del fratello e poi presero a rincorrersi ridendo come due bambini.

 

 

James stava facendo volteggiare due arance tra le mani quando vide scendere Sirius dalle scale con un’espressione mogia.
Lo indicò con un cenno anche agli altri due amici che rimasero a guardarlo in silenzio finché questi non si servì da bere un bicchiere di Whiskey Incendiario.

“Hai intenzione di annegare il tuo malumore nell’alcool?” gli chiese James riponendo nel cesto le arance.

“Può darsi?”

“Prima di rovinarti il fegato, perché non provi a parlarne?” propose allora Potter che sembrava piuttosto preoccupato per l’amico.

“Jamie, tu non sei mai stato bravo ad ascoltare”.

James storse il naso, ma doveva ammettere che Sirius aveva ragione.

“Io no, ma lì ci sono Remus e Frank”. Gli fece notare.

Black spostò lo sguardo sugli altri due, accasciati ciascuno su una sedia che lo guardavano come se fossero in attesa di una sua parola.

“Dice che le serve tempo”. Sbottò, allora, il moro, riportando lo sguardo sul bicchiere mezzo vuoto e rigirandoselo tra le dita. “Martha, dice che non è pronta a iniziare una nuova storia con me e che le serve tempo”.

“Be’, è normale”. Fece Remus con quel tono di voce che usava sempre quando doveva consolare qualcuno. “Non puoi pretendere che dimentichi immediatamente tutto quello che è successo. Deve ancora realizzare la cosa”.

“Sì, ma quanto tempo le ci vorrà?!” esclamò Sirius in risposta, spazientito. “James dovrebbe nascere tra pochi mesi e mi viene da chiedermi se veramente ci sarà qualcosa tra noi… i ragazzi non mi hanno detto niente, magari…”.

“Non roderti troppo”. Lo interruppe Frank, prendendo a dondolarsi sulla sua sedia. “Hai detto bene, tra qualche mese… in questo tempo potrebbe cambiare idea”.

“Tu continua a provarci”. Aggiunse James. “Se sei riuscito a conquistarla a diciassette anni ci riuscirai anche adesso”.

 

 

MILLY’S SPACE

No, ragazzi, non mi sono dimenticata di questa storia ^^.
Ho avuto un sacco di impegni in questi giorni, con la scuola e tutto il resto. Sì, lo so, forse le scuse non sono abbastanza valide, oltre ad essere sempre le stesse, e so anche che dopo tutto questo tempo mi sarei dovuta presentare con un capitolo un po’ più lungo e scritto anche meglio, ma non avevo molte idee. Questo è un capitolo un po’ di passaggio, come lo saranno anche i prossimi e ammetto che anche io preferisco quelli in cui succede qualcosa.

Ma bisogna lasciare un po’ di spazio anche alla tranquillità ^^.

A parte gli impegni, comunque, mi sono dedicata anche ad altre brevi storie, se vi interessa saperne qualcosa andate sulla mia pagina di Facebook ^^ http://www.facebook.com/MillysSpace

E per favore, vorrei che mi lasciaste anche qualche recensione in più, sigh :’( vorrei sapere cosa ne pensate, veramente e se nessuno mi dice niente io penso che la storia faccia schifo, sigh *scoppia in singhiozzi*.

John *dà leggeri colpi sulla spalla*: su su, cara, non piangere.

Milly *frigna*: ueueueueueueu!!!! Voglio recensioni, voglio recensioni!!!!

John *porge fazzoletto*

Milly *si soffia il naso sulla sua maglietta*

John: O.O

James: va be’, visto che quella viziata e smaniosa di recensioni della vostra autrice è troppo impegnata ad affogare nelle sue lacrime come una nerd depressa, continuo io u.u

Martha e Sirius, ovvero i miei genitori ^^, riusciranno a riconciliarsi e a ritrovare l’amore perduto? Se volete scoprirlo, seguiteci nelle prossime puntate ^^, sempre qui su EFP e sempre qui con Millyray e JamesRemus.

E adesso, per chiunque voglia, sono disponibile per foto e autografi ^^.

*James viene assalito da un’orda di fan impazzite*.

FEDE15498: carissima, liceale ^^. Come ti senti a ricoprire questo nuovo ruolo così importante in questa società sempre più in degrado? ^^. Eheh, i gemelli non hanno i peli sulla lingua. Ma in realtà quella domanda mi è venuta in mente pensando ad un video in cui veramente c’era una che si masturbava ^^. Non mi ricordo il titolo ma la canzone era delle t.A.T.u. be’, mi spiace di averti fatta attendere così a lungo e spero di risentirti presto. Un grosso bacione  e in bocca al lupo per la scuola.
M.

PUFFOLA_LILY: eh, neanche qui succede niente di eclatante ma, come ho detto, è un capitolo di passaggio. Spero di non averti delusa comunque, fatti risentire che le tue recensioni mi fanno sempre un sacco di piacere.
Un bacione e a presto.
Milly.

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Capitolo 36
*** Capitolo trentacinque ***


CAPITOLO TRENTACINQUE

Quel tardo pomeriggio, dopo uno dei ricchissimi e abbondanti pranzi della Signora Weasley, che aveva deciso di invitare tutti alla Tana per cambiare un po’ aria, i ragazzi del futuro, i figli Weasley e Harry si erano buttati in una agguerrita partita a Quidditch solo per una scommessa tra Harry e Jolie, nata quando i due si erano messi a bisticciare su chi fosse il più bravo.

Le uniche rimaste a terra erano Emmie e Ariel, la prima troppo imbranata e maldestra per reggersi su una scopa e la seconda perché soffriva di vertigini, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Così le due ragazze se ne stavano comodamente sedute insieme agli altri adulti a guardare gli amici che giocavano.

Al momento quella in vantaggio era la squadra capitanata da Jolie, ma solo perché Teddy era un portiere decisamente migliore rispetto a Ron.
I due fratelli Potter, invece, erano ancora alla disperata ricerca della pallina d’oro che sembrava essere completamente scomparsa.

“Se la cava bene”. commentò James, guardando uno dei ragazzi in particolare.

“Harry? Sì, è bravo, ma d’altronde…”. Rispose Sirius, ma venne subito interrotto dall’amico che stava ridacchiando. “No, non parlavo di Harry. Lui è ovvio che è bravo, è figlio mio. Parlavo di Charlie. Cioè, per essere figlio di Mocciosus…”

Lily, seduta in braccio a lui, sospirò e lo guardò torva.

“E’ vero”. Concordò Black. “Non si direbbe neanche che è suo figlio. Non gli somiglia per niente… insomma, Charlie è più… carino”.

Tutti i presenti scoppiarono a ridere. “Ahah, Sirius, spero tu non ti dia alla pedofilia”. Scherzò Frank, guardandolo malizioso.

“Idiota!” esclamò l’altro offeso, tirandogli un calcio negli stinchi.

“Charlie è uno che piace a prima vista”. Aggiunse allora Ariel. “Il suo faccino da cucciolo intenerisce tutti”.

“Oh guarda, sembra che anche tua figlia si sia innamorata del piccolo Mocciosus”. Commentò allora James che, come Frank, aveva preso gusto a prendere in giro l’amico. Si divertiva troppo a vederlo infuriato.
Ma questa volta ad arrabbiarsi fu, invece, la biondina, che gli lanciò un’occhiata obliqua.

“Non sono innamorata di Charlie”.

“Prongy, cos’è? Vuoi che tradisca tuo figlio?” gli rispose Sirius per le rime e James non trovò più niente con cui ribattere.

Ariel, intanto, si era di nuovo persa a guardare gli amici che stavano giocando ma non sembrava guardare in direzione di Harry.

Nel frattempo, alcuni metri sopra le loro teste, John con un colpo micidiale spedì un bolide lontano dalla testa di Charlie e Victoire riuscì a tirare la Pluffa in uno degli anelli che Teddy non stava proteggendo o non aveva voluto proteggere, dipende dai punti di vista, guadagnando altri punti per la sua squadra. La bionda, infatti, aveva deciso di giocare contro gli amici, questa volta, e di unirsi ai suoi consanguinei, anche perché a loro mancava un altro Cacciatore.

E proprio in quel momento arrivò anche Martha con un bicchiere di Burrobirra in mano che si sedette sulla panchina accanto a Sirius, cercando di restargli ad una certa distanza, però.
Immediatamente tutte le battute e i commenti si spensero e Black guardò la ragazza di sottecchi, sentendo immediatamente dei brividi percorrergli la schiena, come succedeva ogni volta che la vedeva.

Martha non sapeva ancora niente dei ragazzi del futuro. O meglio, sapeva che venivano dal futuro e che erano lì per aiutare a sconfiggere Voldemort, ma non le avevano detto di chi erano la prole. Sarebbe stato uno shock troppo grande per lei, specialmente visto il rapporto teso che aveva con Sirius.
Lei però non era stupida e aveva iniziato a nutrire qualche dubbio, ma vedendo che ogni volta che tirava fuori l’argomento gli altri dissimulavano, alla fine ha lasciato perdere e il fatto che alcuni di loro avessero degli aspetti fisici familiari doveva essere solo una coincidenza.
Sirius avrebbe voluto svelarle tutto per farle capire che per loro due c’era un futuro, ma i suoi amici continuavano a dirgli che non era una buona idea e dentro di lui c’era anche la terribile paura di poter essersi sbagliato.
Dal canto suo anche Martha aveva la testa piena di dubbi. Aveva terminato il suo tour e poteva benissimo tornarsene nella sua casa in America. Ma c’era ancora qualcosa che la tratteneva lì a Londra e in cuor suo sapeva benissimo che cos’era. Però il difficile era ammetterlo.

“Ma come fa ad avere tutti quei muscoli?” chiese ad un certo punto la cantante, guardando anche lei in alto.

“Chi?”

“John! Voglio dire… ha solo sedici anni ed è già così muscoloso?”

Anche gli altri rimasero un attimo a osservare il ragazzo e si accorsero solo in quel momento che si era tolto la maglietta e stava volando a petto nudo con gli addominali e i pettorali ben in vista. E non era mica messo male.

“John si allena spesso. A Hogwarts rimane sempre un paio di ore in più dopo gli allenamenti e l’estate scorsa si è iscritto in palestra”. Rispose Emmie con un po’ troppo entusiasmo.

“Oh, anche lei è innamorata!” esclamò Sirius facendo avvampare la piccola Lupin che cambiò immediatamente colore di capelli, da castani a rosso fuoco.

“Ma è mio cugino!” esclamò la ragazzina voltandosi e stringendo le gambe al petto.

“Be’, l’incesto rende la cosa più eccitante”.

Emmie sospirò mentre gli uomini sghignazzavano. Adesso capiva perché i suoi amici erano così come erano… con dei padri del genere.

 

La Signora Weasley era impegnata a mettere in ordine la cucina quando, voltandosi per andare alla porta, per poco non lasciò cadere a terra le posate da lavare: una figura se ne stava stravaccata sul divano con gli occhi chiusi e sembrava essere profondamente addormentata.
Ma in realtà si scoprì subito che non lo era, quando aprì gli occhi, probabilmente infastidita dal mezzo grido della donna.

“Draco”. Sospirò lei, portandosi una mano al petto.

Il ragazzo si passò una mano tra i capelli con aria stanca.

“Che ci fai qui?”

“Mi riposo”. Rispose lui come fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Ma perché non vai fuori a giocare con gli altri?”

“E perché dovrei?”

Il biondo avrebbe voluto aggiungere anche un “Giocare con dei fottuti Grifondoro da strapazzo?” ma era troppo educato per farlo e, soprattutto, non gli piaceva trattare male la Signora Weasley visto che era una delle poche che lo trattava in maniera decente, insieme a Lily e Ariel.

“E’ solo che non mi piace che tu te ne stia qui da solo”.

Malfoy sospirò: ma cos’aveva quella donna? Il gene del “preoccupiamoci per ogni povero bambino orfano e maltrattato”?

“Per me non è un problema. Mi piace stare da solo. E poi sono stanco”. Dissimulò lui, voltandosi su un fianco per dare più enfasi alla frase.

“D’accordo, ma se cambi idea…”.

La donna non concluse la frase, ma si affrettò ad uscire con i piatti sotto braccio.

 

 

Era ormai l’una passata, ma Teddy proprio non riusciva a dormire. Sarà stato il tacchino che aveva mangiato a pranzo dai Weasley che gli era rimasto sullo stomaco o il fatto che avesse tanti pensieri che gli frullavano nella testa, o magari tutti e due anche, però, dopo essersi girato e rigirato almeno venti volte, aveva deciso di scendere in cucina e di prepararsi una bella tazza di cioccolata calda.

Così, in quell’immensa casa immersa nel silenzio e nella penombra, se ne stava seduto al tavolo, la tazza calda stretta tra le mani, gli occhi fissi in un punto imprecisato del muro di fronte a lui e la testa che ciondolava leggermente.

Riuscì a distrarsi solo quando sentì un rumore di passi venire nella sua direzione.
Alzò lo sguardo e sulla soglia vide suo padre che, con le palpebre pesanti, lo guardava incuriosito.

“Non sei a letto?” gli chiese.

“No”. Rispose semplicemente il più giovane, posando gli occhi sulla sua tazza.

Remus andò al lavello e, preso un bicchiere dalla mensola, lo riempì con l’acqua del rubinetto.

“Quelle salse erano troppo piccanti”. Spiegò al figlio, che gli sorrise debolmente.

Quando svuotò tutto il bicchiere si sedette anche lui al tavolo di fronte al ragazzo.

“Non riesci a dormire?” gli chiese dolcemente.

Ted annuì senza guardarlo.

“Qualcosa ti turba?”

“No… non precisamente”.

Lupin senior inarcò le sopracciglia incuriosito dalla risposta.

“Solo che… boh… hai presente quella sensazione che ti fa sentire come se qualcosa non andasse anche se non sai che cosa?”

“Tipo il sesto senso?”

“Più o meno”.

Remus sospirò e attese un attimo prima di rispondere, probabilmente in cerca delle parole giuste.

“Sai, noi licantropi abbiamo le emozioni amplificate e sentiamo in anticipo quando qualcosa sta per avvenire. Un po’ come gli animali della foresta”.

“Lo so”.

L’uomo voleva fare qualcosa per tirare su il morale del figlio, ma non aveva idea di cosa.

“Teddy, io…”. Iniziò, ma il figlio lo interruppe prontamente.

“Senti, papà, non iniziare con la solita tiritera del sono un mostro e mi dispiace di averti condannato. Lo so già, me la farai un sacco di volte. Non è colpa tua e io non odio il fatto di essere un licantropo, ci sono cose peggiori. E poi, meglio io che Emmie, no?”

Remus, rincuorato, sorrise al figlio. Cosa aveva fatto di buono per meritarsi una donna fantastica come Tonks e due figli meravigliosi come Ted e Emmie?

Il ragazzo, allora, porse la sua tazza di cioccolato al padre e gli sorrise in risposta. Avrebbe pagato quel prezzo mille volte pur di avere un padre come Remus.

 

 

MILLY’S SPACE

Buona sera, ragazzi.

Sono tornata anche con questa fanfiction. Eh lo so, probabilmente vi stavate chiedendo che fine avessi fatto, ma sapete com’è… mille cose da fare e finire per farne sempre neanche la metà.
Ultimamente mi sono anche concentrata su altre storie, se andate a visitare il mio profilo o la mia pagina facebook
(http://www.facebook.com/MillysSpace) potete vederle : )

Be’, non ho molto da dire riguardo questo capitolo. I commenti li lascio a voi.
Non succede molto, ma qualche giorno di pace ci vuole : ) Ma non vi preoccupate che la scuola inizierà presto anche per loro…

Bene, vi lascio, ma non prima però di avervi detto anche un’altra cosa importante ^^

Ho aperto un forum (questo qui: http://111.forumcommunity.net/) e mi piacerebbe che gli deste un’occhiatina per sapere di cosa parla : ) e se vi va iscrivetevi. Ma non fermatevi alla prima impressione, ho voluto creare qualcosa di profondo.
Di questi tempi ne abbiamo bisogno.

Ok, ora vado sul serio, anche perché sono le nove e mezza passate e dovrei prepararmi per andare a dormire. : )

Un bacio a tutti,

notte.

M.

P.S. non ho riletto il capitolo perciò perdonate eventuali errori.

FEDE15498: ma non importa, tesoro, l’importante è che recensisci ^^ ma sì, Sirius è impossibile da non perdonare… e anche Martha se ne accorgerà prima  o poi ^^ fatti risentire, bacioni.

PUFFOLA_LILY: eh, la scuola ci rovina l’esistenza ^^ ma va be’, portiamo pazienza noi ^^ tutti pazzi per Sirius a quanto pare qui dentro ^^ chissà quando lo capirà Martha… è meglio che si spicci se no ce lo prendiamo noi ^^ Un bacione, M.

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Capitolo 37
*** Capitolo trentasei ***


CAPITOLO TRENTASEI

“Ariel, por favòr!!” gridò JamesRemus attraversando di corsa il ritratto della Signora Grassa per seguire la sorella che correva giù lungo le scale.
Sapeva come adesso si sarebbe evoluta la situazione: lui che la rincorreva per mezza scuola tentando di raggiungerla e una volta riuscitoci, se ci riusciva, si sarebbe dovuto mettere in ginocchio per scongiurarla di perdonarlo. Anche se più spesso capitava che lei riuscisse a sfuggirgli facendo perdere le proprie tracce, infilandosi in qualche cunicolo o passaggio.

Succedeva sempre quando litigavano, anche se si trattava di sciocchezze, Ariel era piuttosto permalosa. Lui però odiava litigare con lei, odiava litigare in generale.
Poteva non sembrare ma James era un pacifista convinto.

“Ariel, no te enfades con migo, por favòr!” (Ariel, non arrabbiarti con me, ti prego). Gridò di nuovo, arrivato a metà rampa.

Contro ogni sua aspettativa, però, la ragazza si bloccò e si voltò verso di lui, guardandolo con due occhi chiusi a fessura che avrebbero potuto fulminare anche un Mangiamorte.  

James esalò un sospiro di sollievo e in due passi le fu davanti.

“No querìa que te enfadases conmigo” (non volevo che ti arrabbiassi con me). Le disse il fratello. Non capitava molto spesso che parlassero spagnolo tra di loro, solo quando litigavano o non volevano che qualcun altro li capisse. “Sòlo…”.

“Estoy cansada con èsta historia de mì y Harry” (sono stanca di questa storia di me e Harry). Esclamò la bionda in tono aspro. “La vida es mìa y tu no tienes ningùn derecho a decidir por mì” (la vita è mia e tu non tieni nessun diritto per decidere per me).  Si voltò di nuovo per andarsene, però James la bloccò per una spalla e la fece voltare di nuovo.

“Lo sé. Es solo que… estoy preocupado por ti. No querrìa que sufrieses” (lo so. Solo che… sono preoccupato per te. Non vorrei che soffrissi).

“No es un problema tuyo!” (non è un problema tuo). Ariel riuscì a divincolarsi dalla presa del fratello e, con uno svolazzo della lunga chioma, voltò i tacchi e si allontanò.

James decise di lasciarla perdere. Era più ragionevole quando sbolliva, ci avrebbe riparlato più tardi.
Tanto era sempre la solita storia: aveva tentato più volte di parlarle della sua relazione con Harry, di spiegarle che non andava bene, che ci sarebbe stata male perché loro non sarebbero rimasti lì per sempre e che avrebbe potuto compromettere qualcosa.
Ma Ariel non ascoltava, era cocciuta. Era convinta di sapere quello che faceva e detestava quando qualcuno le diceva quello che era giusto o  sbagliato, quello che doveva fare. Detestava quando qualcuno decideva al posto suo, quando credevano di sapere che cosa era meglio per lei.
Era una cosa che la faceva andare fuori dai gangheri.

Fumante di rabbia, andò a sbattere contro la spalla di John che passava lì del tutto casualmente, ma non si voltò nemmeno per salutarlo.

Il ragazzo le lanciò un’occhiata confusa, ma capì subito che cosa doveva essere successo, vedendo James con una faccia da funerale in cima alle scale.

“Che furia, ragazzi!” esclamò, non appena raggiunse l’amico. “Che è successo?”

“Niente, solo qualche incomprensione”. Sbuffò James.

“Litigi famigliari? Non voglio intromettermi”. Disse John alzando le braccia in segno di resa. Continuò a salire le scale seguito dal bel Black. “Mi sai dire dov’è Charlie?”

“Credo sia in biblioteca con Jolie”.

“Avrei dovuto immaginarmelo”.

“Credo che tu non sappia nemmeno che esista una biblioteca”.

“Perché tu sì?”

“Touchè”. James ridacchiò.

“Comunque, non ti preoccupare, amico”. Aggiunse Paciock appena varcarono la soglia della Sala Comune, dando una pacca sulla spalla dell’amico. “Risolverai con Ariel. Sai come sono le donne, se la prendono per niente. Un momento prima ti dicono le cose più orrende e un attimo dopo vengono a farsi coccolare. Magari è anche in quel periodo del mese”.

“Ha parlato l’esperto”. Lo prese in giro l’altro.

“Non sfottere. Non sono affatto un esperto, io di donne non me ne intendo proprio. Sono più complicate del Distillato della Morte Vivente. Solo che ho imparato, in un certo senso, a prenderle. È tutta questione di tattica”.

“Mica sono come una partita di Quidditch”.

“In un certo senso sì. Ci sono comunque delle regole da rispettare quando tratti con loro, solo che poi si possono verificare anche altre situazioni, quelle che non ti aspetti. E possono pure essere letali”. Concluse con un sorrisetto malizioso. Era in vena di filosofeggiare John, quel giorno.

“D’accordo, Mister so – tutto – io. A proposito: com’è che ancora non hai adescato qualche ragazza qui?”

“L’anno è appena iniziato, non voglio farmi una brutta reputazione fin da subito”.

“Come se te ne importasse qualcosa”.

“Joel!” esclamò allora John, notando solo in quel momento che il bel biondino era stravaccato su una poltrona, vicino al caminetto, a leggere un libro con i piedi poggiati sul tavolino.

Il più piccolo di casa Black gli lanciò un’occhiata da sopra il suo libro e non disse niente.

Se solo anche Ariel fosse stata tranquilla e pacifica come il suo gemello sarebbe stato più facile.

“Ma perché lo leggi al contrario?” chiese John al ragazzo, indicando il libro.

“E’ un Manga, idiota!”

“Ah scusa”. Bofonchiò l’altro, ritirandosi nel suo cantuccio. Era meglio non toccare il piccolo Joel su quel tasto che erano i suoi amati fumetti giapponesi.

Poteva anche essere tranquillo e pacifico, ma quando si arrabbiava era peggio di Ariel.

 

 

Charlie intinse la sua piuma nell’inchiostro nero e continuò a scrivere il suo tema di Trasfigurazione.
Jolie, seduta davanti a lui, lanciò un’occhiata dietro le sue spalle e sospirò.

“E’ da un’ora che quelle ragazzine là dietro ti fissano”.

“Hum?” il moro le mostrò una faccia perplessa e si voltò nel punto indicatogli dalla ragazza. Ma appena lo fece le suddette ragazzine, del quarto o quinto anno, abbassarono subito lo sguardo e tornarono ai loro affari.

“Ma che vogliono?” chiese il ragazzo tornando a guardare Jolie.

“Ma è ovvio, no? Probabilmente sperano che tu vada da loro e le inviti ad uscire”.

“Cosa?!”

“Charlie, la smetti di fare il santarellino? Non ti accorgi che le ragazze ti sbavano dietro?”

“Ma che dici, Jolie? Mi fissano perché sono il figlio dell’insegnante di Pozioni. Probabilmente vogliono che passi loro sottobanco qualche appunto sul prossimo compito che faranno in classe”.

La rossina sospirò. Era inutile, Charlie non si sarebbe accorto di nessuna ragazza che gli veniva dietro nemmeno con una dichiarazione scritta o una lettera d’amore. Era qualcosa che lui non riusciva a concepire e non sapeva dirsi se era perché aveva poca autostima o perché semplicemente non era interessato a loro.
Certo, anche lui poteva non avere tutti i torti, però quelle occhiate che lanciavano al suo fondoschiena e le risatine neanche troppo velate non facevano pensare a chi voleva soltanto degli appunti di Pozioni.

Se però Silente avesse tenuto la bocca un po’ più chiusa avrebbero avuto meno problemi, avrebbero attirato meno attenzioni e meno gossip. Detestava vedere quelle dita puntate contro seguite da esclamazioni come. “Ehi! Ma quella è la ragazza del futuro? Chiediamole se sa come sarà il mondo fra vent’anni”.
Sicuramente nessuno di loro avrebbe voluto sapere come è effettivamente il mondo fra vent’anni.

Tutti erano rimasti a bocca aperta quando il preside, al banchetto di benvenuto, aveva annunciato il loro arrivo ad Hogwarts dicendo che venivano dal futuro. Non aveva nascosto niente, nemmeno il fatto che fossero venuti lì per aiutare a sconfiggere Voldemort, nemmeno i loro reali nomi e di chi erano i figli.
E non aveva risparmiato nemmeno Ariel, rivelando la sua identità.

James e Sirius gli avevano chiesto che cosa diavolo gli fosse saltato in mente. Con una rivelazione del genere metteva a rischio seriamente le loro vite se qualche Mangiamorte fosse venuto a saperlo.
Ma il caro professor Silente aveva risposto loro che non c’era niente da preoccuparsi, che lì al castello erano più che al sicuro.

“Potresti dir loro di smetterla?!” sbottò la ragazza ad un certo punto, sbattendo le mani sul tavolo.

“A chi?” fece l’amico confuso.

“A quelle ragazzine. Le loro risatine e occhiatine mi danno fastidio”.

“E che posso farci? Smettila di guardarle”.

“Ma non posso! Le ho davanti!”

“Qual è il problema, ragazzi?” chiese ad un tratto una voce dietro le sue spalle. John, senza farsi sentire, si era trascinato fino a loro e ora passava lo sguardo dall’uno all’altra con un lecca lecca in bocca.

“Quelle ragazze! Continuano a fissare Charlie e a me danno fastidio!”

John inarcò le sopracciglia e guardò il moro in modo strano. “Ti stanno importunando, Tappo?”

“Paciock, non sono affari tuoi”.

“E invece sì. Nessuno può dar fastidio al mio Tappo. Solo io lo posso fare. Lasciate fare a me”.

Senza che Charlie avesse il tempo di dire o di fare niente, il biondino si allontanò dal loro tavolo per raggiungere quello delle ragazze.
Il moro sbatté la testa sul tavolo, già sicuro che l’amico gli avrebbe fatto fare una figura di merda.

Lo osservò di sottecchi mentre parlava con le ragazzine e loro se la ridevano di gusto per qualche sua battuta.
Almeno adesso avevano distolto l’attenzione da lui. John era sicuramente una preda migliore, tra tutto il loro gruppetto lui era il più figo.

 

 

Emmie si tolse gli Spettroccoli e li passò a Luna, seduta accanto a lei.

“Sono fantastici, Luna, veramente”. Le disse con un sorriso dolce.

“Lo so. Te li farò provare tutte le volte che vuoi”. La bella Lovegood ricambiò il sorriso e spostò all’altra una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia, cadendole sulla fronte.

Rimasero per un po’ a guardarsi, in silenzio, poi Luna sbottò di nuovo. “Vuoi essere mia amica?”

Emmie spalancò un attimo gli occhi, sorpresa per quella richiesta fatta così, come se le avesse appena offerto una scatola di cioccolatini.

“Certo”. Le rispose alla fine.

Luna le prese una mano e la guardò dritto negli occhi color castagna. “Che bello! Non ho mai avuto così tanti amici”.

La piccola Lupin si sorprese di nuovo. La bionda era proprio strana, ma strana forte. Però le piaceva, la Luna che aveva conosciuto lei non era affatto così.

Ad un tratto, dietro un angolo, vide Ariel camminare con le mani in tasca e gli occhi arrossati. Capì che doveva aver pianto.

“Scusa, possiamo andare a vedere?” chiese alla ragazza accanto a lei, indicandole il punto dove era sparita l’altra e insieme si alzarono per raggiungere la Black.

 

 

MILLY’S SPACE

Hola a todos!!! Come state??

È da un sacco di tempo che non aggiorno questa storia, lo so, chiedo venia. Non sto neanche più a propinarvi le solite scuse, vi chiedo solo perdono ( e vi porgo una rosa XD)

Tiziano: non fregarmi le canzoni >.<

Milly: non te le sto fregando

Tiziano: e invece sì, le nomini da tutte le parti.

Milly: dovresti sentirti onorato.

Tiziano: tzè u.u

James: lasciatela stare, è pazza. Crede di star parlando con una celebrità, voi non sapete tutte le cose che si immagina di fare con lui…

Milly: che stai dicendo? *reggendo una mazza*

James *facendo finta di niente*: chi? Io? Niente, niente… che dovrei dire?

Milly: ah ok.
Be’, ragazzi, torniamo a noi. Che dite di questo capitolo? Lo so, ancora non succede niente, ma la calma c’è sempre prima di una tempesta, no?
Dovrete sopportare ancora per un po’ questi capitoli di passaggio, ma spero vi divertiate lo stesso.

E con questa vi saluto… mi trovo sempre ad aggiornare a tarda sera. Boh ^^

Va be’, dai..

Alla prossima e lasciatemi qualche recensione. Anche negativa va bene : )

Kiss, kiss

Milly.

P.S. oh e non scordatevi di visitare la mia pagina facebook: http://www.facebook.com/MillysSpace

FEDE15498: ahahah cara… le tue recensioni mi fanno sempre morire ^^ qui non si è parlato di Sirius e Martha ma credo che si rifaranno nel prossimo. Eh, anche a me piacerebbe che un figo come lui mi venga dietro. Ma sembra che io i ragazzi proprio non li attiri… se non i cessi pervertiti -.-‘’ va be’, dai, per questo ci sono le fanfiction, no? ^^ sì, Charlie è proprio adorabile e sembra che se ne sia accorto anche qualcun altro ^^ chi sa che avrà detto John a quelle ragazzine XD Be’, spero ti sia piaciuto il capitolo e fatti risentire… scusami per il ritardo : ) un bacio, M.

PUFFOLA_LILY: tranquilla, come vedi anche io sono in un mega ritardo : ) spero mi perdonerai : )
Eh, Martha è una ragazza cocciuta, un po’ come sua figlia. E poi, sa il fatto suo… chi sa come evolverà la situazione comunque.
Sirius: ma non dovresti saperlo tu? Sei la scrittrice… -.-‘’
Milly: questo non mi rende certo onniscente. Molte volte mi invento qualcosa al momento, mentre sto scrivendo, eh… va be’ dai, ti lascio, non voglio toglierti altro tempo.
Ti mando un bacio e alla prossima : )

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Capitolo 38
*** Capitolo trentasette ***


CAPITOLO TRENTASETTE          

C’era sangue dappertutto… sangue e macerie, ovunque. Pezzi di mattoni e detriti dispersi che non si riusciva più a capire a quale parte del castello appartenessero. Quella non era Hogwarts, non più almeno. E chissà se sarebbe mai tornata ad esserlo. Anche se fossero riusciti a ricostruirlo, a ridargli il vigore di un tempo, quelle pietre avrebbero continuato a grondare sangue e lacrime… per i feriti, per i morti e per quelli rimasti.

Charlie si girò guardandosi attorno con l’orrore negli occhi. Quand’era successo tutto quello? Quando il suo mondo si era capovolto tutto d’un colpo? Eppure gli sembrava che fossero loro ad avere la meglio su Voldemort e i suoi seguaci.

Allungò gli occhi e notò Victoire sdraiata sotto un albero, la testa spaccata contro una roccia e il sangue che scorreva tutto attorno a lei. Aveva ancora gli occhi aperti, sbarrati, fissi su un cielo più scuro della pece. Poco distante invece giaceva Jolie con il viso coperto dai suoi capelli rossi che, sul suo volto diventato pallido, sembravano sangue. James, con una ferita allo stomaco ma ancora vivo, tentava di avvicinarlesi, strisciando e reggendosi la pancia con una mano. Più avanti notò un altro dei suoi amici riverso a terra con la faccia nel fango e nel sangue, un braccio penzoloni lungo il ponte, dove una volta c’era la ringhiera.
Forse era Ted… o magari persino John.

Le lacrime presero a pungergli gli occhi.

Morti… tutti morti…

Avrebbe voluto morire anche lui. Perché non poteva? Perché era sopravvissuto? Eppure non era mai stato un bravo combattente, non come James o Joel o John. Loro invece, che erano i migliori, erano morti.

Strinse di più la presa attorno alla bacchetta e lasciò andare un paio di lacrime che andarono a frantumarsi fra i detriti ai suoi piedi.

Cominciò a dirigersi verso la porta della Sala Grande dove si erano radunati i superstiti che radunavano i feriti o piangevano i morti. Forse ci avrebbe trovato qualcuno dei suoi amici… qualcuno di vivo.

Varcò la soglia e…

 

Si svegliò di soprassalto balzando seduto sul letto. Riuscì a trattenere un urlo, altrimenti avrebbe svegliato tutti i suoi compagni di stanza, ma il cuore gli batteva all’impazzata e aveva il fiatone. Si tastò un attimo sotto i vestiti constatando di essere madido di sudore.

Vide una luce accendersi da uno dei letti nella stanza.
Merda, aveva svegliato qualcuno.
Si guardò attorno: Tiger e Goyle russavano della grossa, nemmeno dei cannoni sarebbero riusciti a svegliarli  e pure Malfoy dormiva tranquillo nel suo letto, con un braccio piegato sul viso. 
Vide però sbucare la testa di Zabini da uno dei letti che stavano ai piani alti, con la bacchetta in pugno.

“Tutto a  posto?” gli chiese, squadrandolo con i suoi penetranti occhi blu.

Charlie si portò una mano al cuore. “Sì, solo un brutto sogno”. Rispose, la gola arida. Non riusciva a calmare il respiro né il battito accelerato del cuore.
In realtà non si era trattato solo di un sogno. E lui lo sapeva bene.

“Vado a prendere un po’ d’acqua”. Disse, alzandosi dal letto. “Rimettiti a dormire”.

“Sicuro di non aver bisogni di niente?”

“Sicuro”.

Si chiuse in bagno chiudendo a chiave la porta dietro di sé. Si sciacquò il viso e poi poggiò le mani sul bordo del lavandino, fissando il riflesso di se stesso che gli offriva lo specchio. Aveva delle occhiaie piuttosto profonde e i capelli spettinati. L’elastico che gli teneva legati i capelli si era perso da qualche parte tra le lenzuola e ora gli ricadevano sulle spalle scompigliati.
Da quando erano arrivati lì non si era fatto una dormita decente, era continuamente tormentato da sogni inquietanti e macabri di cui si scordava il soggetto subito appena svegliato, per fortuna, ma che gli lasciavano un profondo senso d’angoscia che durava tutto il giorno.
Quello però era diverso, quello se lo ricordava perfettamente. Poteva significare solo una cosa.

Uscì dal bagno cercando di fare il minimo rumore possibile, poi prese la sua bacchetta e si assicurò che anche Zabini fosse profondamente addormentato. Poi abbandonò la stanza e cominciò a camminare lungo il corridoio, in tenuta da notte e a piedi scalzi.
C’era solo una cosa che poteva fare in quei momenti, solo una cosa riusciva a calmarlo.

Riuscì a raggiungere la Sala Comune dei Grifondoro in poco tempo, fortunatamente non incrociò nessuno lungo il tragitto, il che era un miracolo, ma al suo arrivo la trovò completamente vuota.
Be’, d’altronde che si aspettava? Era l’una di notte, era ovvio che tutti fossero a dormire. Anche se di solito qualche Grifondoro rimaneva sempre alzato fino a tardi, chi a festeggiare chissà quale assurda festa e chi a pomiciare.

Sconsolato, andò a sedersi su uno dei comodi divanetti della sala e si chiuse a mo’ di riccio, con le ginocchia raccolte al petto. Solo stare lì lo faceva essere un po’ più tranquillo.

Puntò la bacchetta contro il camino e accese il fuoco.

Rimase qualche minuto da solo coi suoi pensieri. Non voleva allarmare i suoi amici, però doveva raccontare a qualcuno di quel sogno, o meglio, di quella visione. Perché essere un Legilimante del suo livello non significava solo controllare le menti altrui, significava anche avere delle visioni premonitrici.
Ma magari non c’era niente da allarmarsi, magari era solo lui quello paranoico…

“Tappo?”

La voce dietro di lui lo fece sobbalzare. Si voltò per vedere chi fosse ma il timbro era inconfondibile.
John, stagliato sull’ultimo gradino delle scale, in tuta e canottiera, lo guardava curioso.

“Che ci fai qui?” gli chiese.

“Ho fatto un sogno”. Rispose l’altro, come se con quella risposta giustificasse tutto.

John gli si avvicinò e si sedette accanto a lui, guardandolo interessato questa volta. Non c’era traccia di sonno o stanchezza nei suoi occhi.

“E che hai visto?”

Charlie esitò un attimo prima di rispondergli. “La guerra. Hogwarts era mezza distrutta e c’era un sacco di sangue… persone morte…”. Abbassò lo sguardo.

“Chi? Chi era morto?”

“Vi… Vicky… Jolie... e qualcuno che non sono riuscito a capire… forse Teddy, forse tu”.

John spostò lo sguardo sul fuoco, pensieroso.

“Ascolta… non devi preoccuparti. Forse non significa niente. E’ capitato altre volte che facessi sogni del genere e non si sono realizzati…”.

“Sì, ma questo era nitido e chiaro. E non mi è mai capitato di sognare qualcosa che riguardasse noi, ma solo Voldemort. E se fosse un segnale, qualcosa…?”

“Forse riguarda un mondo parallelo o un futuro parallelo o… non lo so, Charlie, ma qualsiasi cosa sia… siamo venuti qui per cambiare le cose, ok?” John cercava in tutti i modi di calmare le ansie dell’amico. O forse le sue. “Perciò le cambieremo. E quello che hai sognato non succederà”.

“Sicuro?”

“Sicuro?” il biondino gli sorrise e gli spettinò i capelli. Tappo era proprio come un cucciolo bisognoso di coccole. “Ne riparliamo domani, anche con gli altri”.

Improvvisamente videro la porta della Sala Comune aprirsi e Ariel e Harry comparire dentro sorridenti come non mai.
Chissà cos’era successo per farli ridere a quel modo. Sicuramente erano andati a combinare qualche porcheria nella Stanza delle Necessità.

“Che ci fate qua?” chiese John con voce severa, non appena li vide.

I due si bloccarono un attimo, non aspettandosi di trovare qualcuno.

“Potremmo chiedervi la stessa cosa”. Fece Ariel in tondo acido.

“Noi siamo sempre stati qui. Voi, invece… dove siete stati?”

“Non mi sembra siano affari tuoi”.

“James sicuramente lo vorrà sapere”.

“Perché James dovrebbe saperlo? Io vado dove voglio io e quando lo voglio io”. La ragazza Black stava proprio iniziando ad incazzarsi ed Harry dietro di lei assisteva alla scena senza sapere che cosa fare. “E poi non venirmele a fare tu le prediche. Com’è che ancora sei qui e non sei andato a letto con una delle tue puttanelle?” Gli sputò acida, correndo su per le scale, diretta al dormitorio.

Harry guardò i due ragazzi seduti sul divano, boccheggiando come un pesce fuor d’acqua e poi seguì la sua ragazza e sparì anche lui nel suo dormitorio.

 

JamesRemus uscì urlano fuori dalla serra di Erbologia con la borsa che gli sbatteva contro il fianco e svoltò l’angolo di corsa come se fosse inseguito da un Ungaro Spinato.
Be’, non era esattamente un drago quello che lo seguiva, ma una sedia che poteva essere quasi scambiata per tale, considerata la velocità e la potenza con la quale lo rincorreva. Peccato non sputasse fiamme. E dietro di lei, a concludere la parata, una Jolie abbastanza indemoniata, con i capelli rossi sparati in tutte le direzione e gli occhi inferociti. Lei poteva passare tranquillamente per un drago.
Gli altri studenti che stavano passando per il corridoio in quel momento si dovettero scansare per non finire sotto tiro.

Anche Charlie e John, che stavano passando proprio in quel momento, rimasero bloccati nel vedere la scena, ma non poterono fare a meno di ridacchiare quando sentirono Jolie urlare: “Questa me la paghi, Black!” non appena svoltato l’angolo. La Hogwarts del loro tempo si era abituata a quegli spettacolini, ma ora toccava a questa e ce ne sarebbero state di occasioni per ridere.

“Be’, direi che certe cose non cambiano mai” sospirò John, voltandosi verso l’amico che sorrise guardandolo rassegnato. “Non so se sia meglio o peggio”.

“Lo vedremo col tempo”.

Fecero per andarsene, ma delle risatine attirarono l’attenzione del moretto che si voltò nella direzione da cui provenivano notando le ragazzine che aveva incontrato qualche giorno fa in biblioteca guardarlo in modo strano e confabulare qualcosa tra loro.

“Scusa, John” chiamò a quel punto.

“Sì?”

“Posso chiederti una cosa?”

“Tutto quello che vuoi, Tappo”.

Charlie spostò lo sguardo sul biondino, squadrandolo di sbieco. “Si può sapere che cosa hai detto alle ragazze in biblioteca l’altro giorno?”

John parve inizialmente un po’ perplesso. “Niente. Che cosa avrei dovuto dire?”

“Non lo so, dimmelo tu”.

“Ma io non ho detto niente”.

Paciock era bravo a ingannare la gente con la sua espressione da angioletto, ma Charlie lo conosceva troppo bene per cascarci.

“John!”

John roteò gli occhi in tutte le direzioni cercando una via di fuga, poi, resosi conto che non ce n’erano, indietreggiò contro il muro e mostrò un sorriso falsamente innocente all’amico, cercando un modo per dissimulare.

“Be’, potrei… potrei essermi lasciato sfuggire una cosuccia…” iniziò. “Ma è una cosuccia di poco conto”.

“Che cosa ti sei lasciato sfuggire?” ringhiò l’altro spingendosi contro di lui, la bacchetta in pugno, cercando di essere il più minaccioso possibile, anche se essere più basso di una spanna dell’altro non aiutava molto.

“Ma niente”.

“John!”

“Ok, se vuoi te lo dico, ma tu devi promettermi che non ti arrabbierai”.

“Prima me lo dici poi vediamo”.

John sospirò. Ormai aveva sganciato la bomba, gli toccava farla esplodere ora.

“Be’, ho solo detto che loro… che loro non ti interessano… cioè, che le ragazze non ti interessano”.

Charlie inarcò le sopracciglia leggermente confuso. “Hm?”

“Sì, insomma… potrei aver detto loro che sei… sì, ecco… che sei g…”.

“Che sono?” il moro aveva iniziato a sudare freddo. Aveva capito, ma volevo sentirlo dire da lui. non era la prima volta che John faceva allusioni del genere e puntualmente lo faceva incazzare. Non riusciva a capire che cosa l’amico ci trovasse di divertente.

“Che sei… gay”.

Non appena il biondino pronunciò quella parola, l’altro strabuzzò gli occhi, aprì la bocca per tirare un paio di respiri, strinse la presa sulla bacchetta e, raccogliendo tutta l’aria che aveva in sé, urlò: “JOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHNNNNNNNN!!!!! Preparati a correre o ti ucciderò con le mie maniiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!!!”

“Ma, Tappo! Perché ti incazzi!? Che importanza ha?”

Quello lo fece infuriare ancora di più e per la rabbia il suo viso divenne più rosso dei capelli dei Weasley. “Certo che ha importanza, adesso lo diranno a tutta la scuola”.

“E allora? Qual è il problema?”

“Il problema è che non è vero. E ora… CORRIIIIIIIIIIIIIII!!!”

John prese la rincorsa e partì alla velocità della luce, esattamente come James poco prima, inseguito da un Charlie più indemoniato della sedia che rincorreva l’altro. Se al posto del moro, però, ci fosse stata Jolie, Paciock ora si sarebbe già trovato a pendere sulla Torre di astronomia per le mutande.

 

 

MILLY’S SPACE

Lo so, sono imperdonabile… da quant’è che non aggiorno questa fic? Da così tanto tempo che non voglio nemmeno saperlo.
Ma ormai lo sapete, aggiornare le mie storie mi diventa sempre più difficile perché i momenti liberi sono veramente pochi. Non starò qui a propinarvi le solite scuse, che sicuramente potrete immaginare.
Spero solo che non me ne vogliate e che ancora vi ricordiate di questa storia. Non vi prometterò che sarò più costante perché sarei una stupida a fare promesse che non sono sicura di poter mantenere, però abbiate fede, anche se molto sporadicamente, riuscirò a mandare avanti questa storia. Ci tengo troppo : )

Detto questo, non voglio tediarvi ulteriormente, anche perché è quasi l’una e i mostri sotto al letto stanno solo aspettando che io vada a dormire per attaccarmi nel sonno. Vendicheranno la vostra lunga attesa ^^.

Non ho riletto il capitolo perciò perdonate eventuali errori e… uhm… mi sono accorta che mi sto concentrando troppo su John e Charlie. Eh, la pecca di una yaoista incallita. Prometto che la prossima volta dedicherò spazio anche agli altri pg.

Bene, adesso vado che ho già parlato troppo.

Oh e non dimenticatevi di venirmi a trovare su Facebook: http://www.facebook.com/MillysSpace

Hasta pronto : )

Milly.

FEDE15498: eh, Silente fa un sacco di cose strane, nemmeno io riesco a capirle… mah, va be’, come hai detto tu, ci sarà qualche motivo che gli frulla nella testa. Joel te lo cedo volentieri, è così scorbutico che dà fastidio pure a me u.u comunque sì, lui è il gemello di Ariel mentre James è il più grande. Be’, a quanto pare il piccolo segreto di Tappo è uscito fuori prima del previsto ^^ ma l’unico a non averlo preso bene sembra essere Charlie stesso… ahahaha XD bene, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e mi spiace averti fatta attendere a lungo… un bacio, M.

PENELOPE POTTER: i misteri di Silente sono tanti, ma se continuerai a seguirmi potresti scoprirne qualcuno ^^ sì, lo spagnolo è proprio una bella lingua : ) fatti risentire, un bacio. M.

PUFFOLA_LILY: eh sì, James è figo quando parla spagnolo XD ma lo spagnolo è figo in bocca a tutti ^^ (anche a me piacciono gli spagnoli. E pensa che sono tornata da poco dalla Spagna ^^). John e Charlie insieme? Hmmm, chissà, chissà… potrebbe succedere o potrebbe anche di no ^^. Grazie mille per i complimenti, alla prossima. Milly.

 

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Capitolo 39
*** Capitolo trentotto ***


CAPITOLO TRENTOTTO

Jolie, JamesRemus, Vicky e Charlie erano seduti ad un tavolo dei Tre Manici di Scopa davanti a una calda e schiumosa Burrobirra che Madama Rosmerta aveva offerto loro col solito sorriso gentile e pieno di affetto, quello che offriva a tutti i clienti. Era per le sue attenzioni, dopotutto, che quel locale veniva molto frequentato. Per le sue attenzioni e per la Burrobirra ovviamente, la migliore di tutta Hogsmeade.
Se c’era una cosa che era rimasta piacevolmente uguale erano Hogsmeade e i Tre Manici di Scopa.

“Ci voleva proprio questa uscita. Mi ero stancato di stare chiuso in quel castello”, commentò James, buttandosi indietro sullo schienale della sedia e allungando le gambe sotto al tavolo.

“Puoi dirlo forte”, gli diede manforte Victoire.

“Però, ragazzi, non scordiamoci che abbiamo una missione da compiere”, fece Jolie, attorcigliandosi una ciocca di capelli rossi attorno al dito.

“Non ce ne siamo scordati”, rispose Charlie. “E come potremmo? Bisogna solo aspettare il momento giusto”.

“Sempre se non abbiamo cambiato qualcosa nella linea temporale. Sappiamo che il tempo non è una linea retta sempre uguale, la storia può anche cambiare”.

“Sta’ tranquilla. Tutto andrà come deve andare e noi salveremo tuo fratello”, la rassicurò James mostrandole uno dei suoi sorrisi sghembi. Questo la rincuorò parecchio. JamesRemus poteva anche essere un tipo imprevedibile e irresponsabile, però sapeva che cos’era il dovere. E, soprattutto, non avrebbe mai fatto qualcosa che poteva arrecare danno a chi amava.
E lo stesso valeva per gli altri.

“Sapete per caso che fine hanno fatto gli altri?” chiese Vicky ad un certo punto, per cambiare argomento.

“Joel si sarà rintanato nel negozio di manga, quello che si trova nella parte babbana di Hogsmeade”, rispose la rossina, smettendo di torturare la sua ciocca.

“Ma siamo nel passato e quel negozio ancora non lo hanno costruito. Così come non c’è ancora una parte babbana nel villaggio”, le fece notare Charlie come fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Oh, giusto”, borbottò la ragazza, abbassando il capo. Come aveva fatto a non pensarci?  Nessun’altro, però, parve far caso al suo errore.

“John immagino che sia uscito con una ragazza, tanto per cambiare”, disse James, portando lo sguardo fuori dalla finestra.
Quella notte aveva nevicato parecchio e ora tutte le strade e i tetti delle case erano ricoperti di soffice neve bianca. Anche natale ormai si avvicinava e i negozi avevano già messo i loro addobbi e tirato fuori gli articoli natalizi da vendere. Luminosi alberi di natale facevano bella mostra ad ogni angolo e anche nell’aria si respirava già odore di festa, inebriata dal profumo di buoni dolci tipici.
Nonostante la guerra, nonostante Voldemort minacciasse l’intero Mondo Magico, nonostante ogni giorno sempre più persone scomparissero, nonostante tutto la gente aveva ancora voglia di festeggiare.
Sia ora che nel tempo dei ragazzi seduti a quel tavolo dei Tre Manici di Scopa. Perché le feste… le feste davano carica, davano speranza, nuovi motivi per combattere. Perché le feste mostravano quanto amore ancora c’era.
Silente poteva anche essere un vecchio hippie con la faccia da babbo natale, però aveva tremendamente ragione.
L’amore era tutto.

“Parli del diavolo…”, esclamò Vicky, indicando col dito fuori dalla finestra. John camminava nella neve con un braccio dietro la schiena di una ragazza che a malapena gli arrivava alla spalla e che, con tutta probabilità, era più piccola di lui. Anche lei gli teneva una mano dietro la schiena e lo guardava con un sorriso ebete e due occhi a cuoricino. Era proprio cotta.

“Povera ragazza”, commentò di nuovo la bionda. Le sembrava una cucciola, quella bambina che passeggiava con John, con un faccino ancora innocente e dolce. Un agnellino a passeggio col leone.

“Scommetto che è vergine”, aggiunse James.

“Non lo sarà ancora per molto”, concordò Jolie.

L’unico a non esprimersi fu Charlie. Non gli interessava quello che faceva John, né tantomeno gli interessava quante ragazze si portasse a letto.
Non gli interessava assolutamente. La vita di John era di John e basta. Non capiva perché tutti i suoi amici si divertissero a curiosare così tanto.

“Sappiamo come va a finire: lui la frequenta un po’, se la porta a letto e poi la molla”.

“E lei lo odierà per il resto della sua vita”.

“Le sue amiche la dovranno consolare”.

“Oddio, vi immaginate tutti quei pianti?”

“Brucerà le sue foto”.

“I suoi regali”.

“Magari anche i suoi ricordi”.

“Ragazzi, la smettete?!” esclamò Charlie guardandoli malissimo. I tre amici si voltarono verso di lui e lo guardarono straniti. Era raro vedere Charlie incazzato, però quando lo era diventava piuttosto pericoloso.
I ragazzi tornarono seri e si risedettero composti sulle loro sedie, forse rendendosi conto di aver esagerato.

“Tappo?” chiamò James, ma quel sorriso malizioso che gli era comparso non prometteva nulla di buono. “Ma non è che sei geloso?”

“Di chi?” fece l’altro, inarcando un sopracciglio.

“Di John”, rispose Black come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Charlie strabuzzò gli occhi e arrossì tutto d’un colpo. “Ma che stai dicendo? Quello geloso secondo me sei tu”. Incrociò le braccia e voltò il viso dall’altra parte. Ma perché i suoi amici si ostinavano a fare quei commenti? A lui non piaceva John. Non gli piacevano gli uomini, e che cacchio? E in ogni caso John era la persona meno adatta di cui innamorarsi. Lui era uno stronzo con le ragazze, lui non sapeva amare.

“Geloso io?” ripeté James con espressione pensierosa. “Be’, ammetto che a volte sogno di essere abbracciato da quelle sue braccia muscolose”, concluse con tutta la disinvoltura del mondo, come se avesse appena detto che preferiva le Cioccorane alle Api Frizzole.
Vicky scoppiò a ridere.
Nel frattempo John e la sua nuova fiamma erano scomparsi dalla loro visuale. Chissà dov’erano andati, si chiese Charlie. Era facile rimorchiare le bambine che ancora credevano nel principe azzurro. E poi per lui era facile, gli bastava uno schiocco delle dita e tutti cadevano ai suoi piedi.  

 

Ginny, Luna ed Hermione aspettavano appoggiate alla ringhiera del ponte che attraversava un piccolo fiume che in primavera era pieno di paperelle. Emmie era entrata in bagno circa dieci minuti fa e le ragazze cominciavano a domandarsi che fine avesse fatto.

“Secondo voi dovremmo andare a controllare?” chiese Hermione, quella visibilmente più preoccupata.

“In bagno possono succedere molte cose brutte”, disse Luna col suo solito tono sognante. Le altre due ragazze la ignorarono.

“Dai, Ginny, andiamo”, concluse infine la riccia, avviandosi. Ma non fece in tempo a fare due passi che videro Emmie uscire dalla porta e dirigersi verso di loro.

“Oh, finalmente. Perché ci hai messo così tanto?” le chiese Ginny quando la più piccola le ebbe raggiunte. La ragazza però non sembrò averla sentita. In verità non sembrò neanche che le avesse viste. Continuò a camminare avanti, spedita, i capelli lunghi che le sbattevano sulla schiena.

“Emmie!” la chiamò Hermione correndole dietro insieme alle altre. “Emmie, cosa fai? Fermati!”

“Emmie!” si aggiunse Ginny.

“Che cosa ha tra le mani?” chiese Luna. Solo lei, infatti, sembrò notare che la piccola Lupin reggeva qualcosa tra le mani, un oggetto incartato in carta di giornale.

“Emmie!” chiamarono di nuovo Ginny ed Hermione in coro. Adesso erano visibilmente preoccupate.
La rossa fece una corsa per raggiungerla, ormai a metà del ponte, ma rimase paralizzata sul posto a poca distanza dalla Tassorosso. Emmie aveva mollato a terra l’oggetto e, come se qualcuno avesse usato dei fili attaccati alla sua testa, si era sollevata in aria, con le braccia aperte e le gambe penzoloni nel vuoto. I capelli le fluttuavano attorno al viso diventato pallido, gli occhi erano spalancati.

Ginny, Luna ed Hermione la guardavano dal basso, spaventate e scioccate. Non sapevano che cosa fare, non avevano idea di che cosa potesse essere successo. Inoltre, un bel gruppetto di persone si era radunato in prossimità del ponte a guardare la scena, increduli anche loro, chiedendosi che razza di scherzo fosse quello.
Tra questi c’erano anche James, Jolie, Vicky, Charlie e Ted.

La ragazzina, ancora sospesa in aria, aprì la bocca e tirò un urlo con tutto il fiato che aveva in gola, un urlo simile a quello di un’arpia o di una sirena del Lago Nero. Un urlo stridente, come il gesso sulla lavagna, amplificato trenta volte, però. Qualcuno fu costretto a tapparsi le orecchie.
Infine, Emmie richiuse la bocca e cadde per terra come un frutto troppo maturo che precipita dall’albero.

“Emmie!” gridò Ted, raggiungendo la sorella. Si inginocchiò nella neve e prese la piccola tra le braccia, scostandole i capelli castani dagli occhi. Tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che respirava ancora, doveva solo essere svenuta. “Qualcuno chiami aiuto! Chiamate un’insegnante!”

 

“Professori, avete qualche idea di quello che potrebbe essere successo?” chiese Madame Chips, prendendo il termometro con cui aveva misurato la temperatura ad Emmie. La piccola aveva qualche linea di febbre e la pressione leggermente bassa ma non sembrava mostrare altre anomalie. Però, da quando era avvenuto quel fatto ad Hogsmeade, non si era ancora svegliata.

Quella sera l’infermeria era affollata come non lo era mai stata. C’erano quasi tutti, si poteva dire. Silente, la McGranitt, i ragazzi del futuro, Harry, Ron, Ginny, Luna, Hermione, Remus, Tonks, Sirius e James, questi due venuti solo per stare al fianco dell’amico.
Il preside voleva che restassero solo gli adulti, ma i ragazzi avevano opposto tutta la loro contrarietà e l’avevano guardato con uno sguardo che non ammetteva repliche. E se riuscivano a mettere in soggezione un grande mago come Silente, allora erano veramente bravi.

“Ragazze, ci potreste raccontare di nuovo com’è andata?” chiese la McGranitt, rivolta a Ginny, Luna ed Hermione.
La rossa sbuffò. Era già la terza volta che raccontavano l’accaduto. “Emmie era andata in bagno e noi l’abbiamo aspettata fuori, vicino al ponte. Poi è uscita tenendo questo oggetto in mano. Noi l’abbiamo chiamata ma lei sembrava non vederci e non sentirci. Poi è successo quello che tutti hanno visto. Si è sollevata in aria e ha urlato”.

Al termine del racconto di Ginny, Silente si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, con le mani dietro la schiena e con lo sguardo pensieroso. Il peggio sembrava essere passato, Emmie si sarebbe ripresa e l’oggetto, scopertosi essere una collana di perle, era stato affidata a Piton perché l’analizzasse.

“Avete visto se per caso è entrato qualcuno in bagno dopo di lei?” chiese ancora la McGranitt come un bravo detective.

“Non abbiamo posto molta attenzione a chi entrava”, rispose Hermione. “Però non mi sembra di aver notato nessuno”.

“Forse qualcuno è entrato prima e le ha lanciato un incantesimo”, ipotizzò Sirius, seduto su uno dei lettini dell’infermeria che, miracolosamente, era vuota quel giorno.

“Sì, ma quale incantesimo è in grado di fare una cosa del genere?”

“Potrebbe essere stato quell’oggetto che aveva tra le mani”, propose allora James. “Magari lo ha trovato in bagno e lo ha preso”.

“Avrà solo quattordici anni ma non è di certo stupida!” lo rimbeccò Ted, seduto accanto alla sorella che giaceva nel letto, profondamente addormentata. “Sa che non deve prendere le cose che trova in giro”. James lo guardò con aria colpevole.

“Ted ha ragione, sicuramente c’era un’altra persona che glielo ha dato”, concordò JamesRemus, al che Ted gli lanciò un’occhiata grata.

“Inoltre, si sarebbe accorta che nella collana c’era della magia”, fece notare il licantropo.

“Senza offesa, ma come fa una ragazzina di quattordici anni a notare che c’è della magia in una collana?” chiese Ron con un’espressione palesemente tonta.

Ted roteò gli occhi esasperato. “Con il fiuto, ovvio”.

“Con il fiuto?”

“Cose da licantropi, lascia perdere”.

“Adesso capisco perché voi ragazze siete solite andare in bagno insieme”, commentò John ma nessuno rise a quella battuta. Be’, eccetto James e Sirius.

“Ma chi potrebbe aver fatto una cosa del genere a una quattordicenne? E perché?” Sembrava proprio che Madame Chips non riuscisse a concepire una cosa del genere, dal tono che aveva usato.       

“E’ stata colpa sua, professore”. A parlare era stato JamesRemus e aveva usato un tono estremamente calmo ma deciso, come se fosse assolutamente certo di quello che aveva detto. Silente si era voltato verso di lui, senza scomporsi, incontrando i suoi penetranti occhi color ghiaccio. Tutte quante le teste si spostarono verso i due. “Se lei non avesse detto a tutta la scuola che noi siamo qui per sconfiggere Voldemort questo non sarebbe successo”. Fece una pausa osservando come alcuni rabbrividivano nel sentir pronunciare quel nome. “Mi spiace dirglielo, ma i suoi studenti non sono tutti santi. Tra quelle file ci sono figli di Mangiamorte e alcuni di loro presto riceveranno il marchio. Sicuramente hanno spifferato qualcosa e il Signore Oscuro di certo non vorrà lasciarci andare in giro a organizzare la sua sconfitta”.

Dopo quelle parole, nell’infermeria, calò un profondo silenzio, un silenzio in cui la tensione poteva tranquillamente tagliarsi con una daga. Silente non disse niente, semplicemente sollevò la palandrana che indossava e si diresse al primo letto libero che trovò.

“Non posso darti torto, ragazzo”, soffiò sedendosi, e la sua voce sembrava essere diventata improvvisamente più vecchia di almeno dieci anni. “Potremmo restare qui a ipotizzare mille e mille motivi su quello che è successo, ma credo che non giungeremo mai alla verità. Vorrei solo che il responsabile uscisse fuori. Cercheremo di scoprire il più possibile su questo mistero e nel frattempo, terremo gli occhi bene aperti”.

I ragazzi del futuro si guardarono l’un l’altro esasperati. Silente di certo era un grande mago, saggio per certi aspetti. Ma a volte era troppo buono e sì, persino ingenuo.

“E se la collana non fosse stata per Emmie? E se era per Harry?” chiese Ron con gli occhi sbrilluccicanti. Probabilmente credeva di aver appena avuto un colpo di genio.

“Per Harry?” ripeté Hermione.

“Voldemort lo vuole morto, dopotutto”.

“Non credi che in tal caso noi lo sapremmo?” gli fece notare Ariel.

“E in ogni caso non credo che Voldemort mi ucciderebbe in questo modo”, aggiunse Harry. “Lui vuole uccidermi con le sue mani”.
Ron dovette rassegnarsi, rendendosi conto che i suoi amici avevano ragione. Si ritirò in un angolo e decise di restarsene zitto.

“E’ più probabile che la collana fosse diretta a me”, si intromise, allora, il Professor Silente.

“A lei?!” esclamò Il Ragazzo che è Sopravvissuto.

“Certo. Non credo che Voldemort si lascerebbe intimorire da dei semplici ragazzini. Mentre io… io sono quello che lo spaventa di più. E’ chiaro che desidera la mia dipartita”.

Nessuno trovò niente da obiettare neanche a questo.

“Stiamo tutti dando per scontato che sia stato Voldemort a fare questo a Emmie”, disse ad un tratto Luna, guardando tutti i presenti coi suoi brillanti occhi azzurri, senza lasciarsi intimorire. “Ma forse qualcun altro ha preso l’iniziativa, forse uno studente di questa scuola. O potrebbe essere stato un banale incidente, terrificante, ma banale incidente”. L’ipotesi della Corvonero era piuttosto semplice e forse persino poco probabile, ma aveva senso.
Il fatto era che stavano navigando senza un minimo di vento; non avevano idea di cosa potesse essere successo, le ipotesi erano tante, proprio come aveva detto Silente. Lo avrebbero scoperto soltanto quando Emmie si fosse svegliata. Almeno lo speravano.

“Ora andrò dal Professor Piton a chiedere se ha scoperto qualcosa sulla collana”, concluse il preside, dirigendosi all’uscita. “E a cena diremo agli studenti quello che è successo. Speriamo non ricapiti più. Voi potete tornare nei vostri dormitori, Madame Chips vi farà sapere se ci sono novità sulla signorina Lupin”.

“Professore!” lo richiamò Teddy. “Io posso restare?”

“Ma certo”, concesse Silente con un sorriso.

E naturalmente anche Tonks e Remus sarebbero rimasti con lui, fino a che Emmie non si fosse svegliata.

“Ted?” chiamò JamesRemus, prima di seguire gli altri fuori dall’infermeria. “Vuoi che rimanga con te?”

L’amico gli sorrise teneramente, ma scrollò il capo in un cenno di diniego. “No, non serve, grazie”.

 

 

MILLY’S SPACE

Da quant’è che non aggiorno questa fanfic?
Da molto, troppo tempo, lo so. Non starò qui a propinarvi le solite scuse, spero solo che non ce l’abbiate troppo con me *qualcuno dalla platea le lancia un pomodoro*. Ok, come non detto ^^.

Allora, sicuramente quello che è successo a Emmie ve lo ricorderete dal sesto libro. Solo che in quel caso la vittima era stata Katie, se non sbaglio. Be’, io ho voluto cambiare  ^^. Non mi ricordo però se l’oggetto fosse una collana, ma va be’.

Credo di aver sfasato un po’ la figura di Silente in questo capitolo, ma il fatto è che a me non è mai piaciuto, soprattutto negli ultimi libri, mi ha parecchio dato sui nervi. I’m sorry, ma è così, non posso farci niente.

Spero mi lasciate qualche recensioni, anche per dirmi che mi odiate per aver tardato così tanto nell’aggiornamento : ) e non dimenticatevi di fare visitina alla mia pagina facebook (https://www.facebook.com/MillysSpace), anche perché ho in corso parecchie altre fanfic, così magari vi tenete aggiornati ^^

Un bacione grande grande,

Milly.

FEDE15498: ahaha l’autrice sembra essere scomparsa lo stesso ^^ mi dispiace averti fatto aspettare così tanto, spero tu non ce l’abbia troppo con me. Però penso che questo sia un capitolo abbastanza emozionante, quindi mi sto rifacendo un po’ : D Charlie tranquillo? Be’, vedremo, vedremo… ne devono ancora succedere di cose. Fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo, sempre se ancora ti ricordi della storia : )
Bacioni,
M.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo trentanove ***


CAPITOLO TRENTANOVE

“Emmie!” gridò qualcuno dietro di lei. Emmie era a metà strada per arrivare alla sala comune dei Tassorosso, quando si trovò davanti la chioma blu cobalto di suo fratello.

“Ted!” esclamò lei quando questi, in pochi passi, la ebbe raggiunta.

“Posso portarti la borsa?” le chiese gentilmente il ragazzo e, senza neanche darle il tempo di rispondere, le tolse la borsa dalla spalla e se la mise sulla propria. La ragazza alzò gli occhi al cielo ma non protestò. Tanto era inutile. Da quando era avvenuto quell’incidente ad Hogsmeade, suo fratello e i suoi amici le stavano addosso peggio delle sanguisughe. Non la lasciavano un attimo da sola, sembrava quasi che le avessero messo addosso un radar o una cimice, il che, conoscendoli, era anche abbastanza probabile, perché pareva che potessero vedere tutti i suoi movimenti e in ogni luogo in cui metteva piede, che fosse il bagno o lo stanzino delle scope, si ritrovava qualcuno di loro che molto gentilmente, anzi, fin troppo gentilmente, si offrivano per accompagnarla o, meglio ancora, scortarla, come delle ben pagate guardie del corpo.  Poi iniziavano a parlare con lei, le chiedevano del più e del meno, si offrivano per aiutarla coi compiti, finché, facendo finta di buttarla lì  del tutto casualmente, le chiedevano di quel giorno ad Hogsmeade, di cosa fosse successo esattamente, chi avesse visto, eccetera, eccetera. E questo le faceva desiderare ardentemente di potersi trovare in un altro posto.
Aveva ripetuto fino alla nausea, a tutti quanti, ai suoi genitori, agli insegnanti, a Silente e ai suoi amici che non se lo ricordava, non si ricordava assolutamente nulla di quel giorno, c’era un vuoto totale nella sua testa. E la cosa non era minimamente cambiata nemmeno dopo una settimana.
Capiva perfettamente che si preoccupavano per lei, dopotutto era la più piccola del gruppo  e fin da quando era nata avevano tutti mostrato una certa più attenzione nei suoi confronti, e non aveva mai trovato da lamentarsi, le faceva piacere, ma adesso la cosa stava iniziando a diventare soffocante. Stavano esagerando, la trattavano da handicappata.

“Mamma e papà ci hanno mandato una lettera. Chiedono come stai”, disse Teddy, camminando al suo fianco.

“Sto allo stesso identico modo in cui stavo due giorni fa”, rispose lei con un tano acido che non le apparteneva.
Infatti, il fratello si bloccò subito. “Scusa. Sono solo preoccupati”.

“Questo l’ho capito, so che siete preoccupati tutti quanti, ma è passata una settimana ormai e io sto bene!” Guardò il fratello abbassare il capo come se fosse dispiaciuto. Aveva un’espressione un po’ tormentata quel giorno. Stava osservando la cicatrice sull’occhio che rovinava il suo bel volto, quando pensò di chiedergli se ci fosse qualcosa che non andava, ma lui la precedette: “Hai ragione, Emmie. Siamo un po’ troppo appiccicosi”. Le mostrò un sorriso dolce e lei non poté far altro che ricambiare. Ci aveva provato in tutti i modi a tenere il muso a suo fratello, ma era letteralmente impossibile, lo dicevano anche gli altri. Teddy era troppo dolce. James a volte, per scherzare, diceva che per sconfiggere Voldemort sarebbe bastato mostrargli Ted e quello subito si sarebbe intenerito.

“Ehi, Emmie!” esclamò di nuovo una voce, che però non apparteneva al licantropo. I due fratelli Lupin si voltarono e videro venir loro incontro Joel, mani in tasca e capelli spettinati. “Cosa succede? Ho sentito la tua voce fino in cortile”. L’intenzione del ragazzo non era certo stata deriderla o imbarazzarla, eppure la ragazza non riuscì a impedire alle sue guance di diventare porpora. Controllò velocemente i capelli ed emise un sospiro di sollievo constatando che erano rimasti del loro normale colore e non qualcosa di strano, come le succedeva spesso quando Joel le parlava.

“Stavo solo… parlando con Ted”, borbottò lei, concentrata sui propri lacci delle scarpe.

“Immagino”, ridacchiò lui. “Comunque, avete visto mia sorella? Devo chiederle una cosa”.

“Non ne ho idea, mi spiace”, gli rispose Ted.

 

Ginny si stava dirigendo alla biblioteca con l’intenzione di restituire un paio di libri che aveva preso in prestito per il compito di Incantesimi, quando, improvvisamente, aveva notato due persone di fronte all’entrata.
Così, senza pensarci, si era riparata dietro al muro a pochi metri di distanza, gli occhi puntati su di loro e le orecchie ben tese. Peccato solo che da quella distanza non riuscisse a sentire niente. Le sarebbe proprio tornata utile una delle Orecchie Oblunge di Fred e George.
Non sapeva bene perché si stesse nascondendo, ma c’era qualcosa di sospetto in Ariel e Malfoy che confabulavano molto vicino l’uno all’altra.
Di solito Malfoy non parlava così tranquillamente con un Grifondoro e, da quanto ne sapeva lei, al Serpeverde non stavano molto simpatici i ragazzi del futuro, nonostante fosse proprio grazie a loro e all’Ordine che Malfoy non era finito tra le grinfie dei Mangiamorte dopo aver disertato. Ginny credeva che l’antipatia fosse del tutto reciproca, ma… a giudicare da come la Black rideva e parlava tranquillamente, forse si sbagliava.

 

“Perché stai parlando con me, Black?”

La ragazza si passò una mano tra i capelli con molta nonchalance, cercando di trattenere un sorrisetto. Malfoy era sempre lo stesso, nemmeno nel loro futuro era cambiato poi molto. Sempre la solita espressione arrogante e quel caratterino che emanava superiorità. Ma, a differenza di molti altri, lei non si sentiva affatto in soggezione. Anzi, questo la esortava a provocarlo ancora di più.

“Sarò libera di parlare con chi voglio. Non mi pare ci sia scritto sulla tua fronte che è vietato parlare con te”.

“Ma tu sei una Grifondoro”.

“Davvero? Non lo sapevo”.

Stavolta anche Malfoy si trovò a ridacchiare. Certo che quella Ariel ci sapeva fare col sarcasmo. Se non fosse una Grifondoro, probabilmente avrebbe cercato di approfondire la sua conoscenza.

“Black, sono piuttosto scocciato oggi. Sparisci se non vuoi assaggiare la mia bacchetta”, le disse, ma il tono non gli uscì affatto minaccioso come avrebbe voluto. E in ogni caso, non sortì alcun effetto sulla biondina davanti a lui, che lo riprese con un “Oh, non mi dispiacerebbe affatto vedere la tua bacchetta” e allungò una mano verso il cavallo dei suoi pantaloni, proprio in quel punto. Malfoy si scostò sorpreso.

“Teoricamente noi non siamo imparentati?”

“Se è l’albero genealogico che ti preoccupa, tranquillo, io e i miei fratelli non ci siamo”.

“No, non è un dannato albero che mi preoccupa, ma le tue velate minacce sessuali”.

“Minacce sessuali? Ma dai, addirittura! Comunque, non ti preoccupare, l’incesto nella famiglia Black non è di certo disprezzato”.

Lo intrigava, lo intrigava parecchio quella ragazza.

“Per caso mi stai facendo un qualche tipo di proposta, Black?” le chiese lui con voce sensuale.

Lei gli si fece più vicina, molto più vicina. Ora i loro visi erano a pochi centimetri di distanza, Malfoy poteva sentire il dolce odore di miele che emanava la sua pelle e Ariel poteva vedere quasi tutte le sfumature negli occhi di ghiaccio del ragazzo.

“E se anche fosse?” fece lei con tono basso e voce roca. Socchiuse gli occhi in modo provocatorio.

“Ma tu non stai con Potter?” si ricordò allora il Serpeverde, ma non si scostò neanche di un centimetro.

“Hai paura di Potter?”

“Per niente”. E così dicendo, Malfoy le mise una mano sulla schiena e la trasse a sé facendo cozzare i loro bacini. Poi, senza troppi preamboli, la baciò sulla bocca e i due iniziarono un suadente gioco di lingue per vedere chi sarebbe stato ad avere la meglio.
La mente di Ariel volò ad Harry solo per una frazione di secondo, poi la passione di quel bacio le fece dimenticare tutto.

 

Ginny si portò una mano alla bocca completamente sconvolta, gli occhi ancora spalancati sulla scena che aveva davanti.

Malfoy e Ariel che si baciavano, così, spudoratamente, davanti alla biblioteca, nel bel mezzo del corridoio dove passavano tutti.
Doveva dirlo ad Harry. Insomma, non era accettabile che la sua ragazza facesse una cosa del genere. Lo stava tradendo e con Malfoy, per giunta. Non era giusto nei suoi confronti.

Strinse i pugni e cominciò ad allontanarsi, livida in volto.

 

Martha si scostò una ciocca dei capelli ribelli dal viso e sospirò.
Era seduta sul letto e solo una larga maglietta ricadeva a coprire il suo delicato corpo. La maglietta di Sirius. Il suo odore le penetrava prepotentemente le narici e, contro tutti i suoi propositi, se ne era completamente assuefatta, come se fosse la sua droga. Esattamente quello che era successo quasi vent’anni fa, quando aveva incontrato lo sguardo magnetico di quel ragazzo giovane ma dall’animo terribilmente misterioso e tormentato.
Aveva avuto l’onore di essere l’unica ragazza di Hogwarts, per non dire dell’intero mondo magico, a far breccia nel suo cuore di ghiaccio. Ma poi lui aveva rovinato tutto. O meglio, Peter Minus aveva rovinato tutto.
E lei si era ritrovata persa e aveva giurato a se stessa che non sarebbe mai più successo.

Ma adesso eccola lì, di nuovo caduta nella trappola. E che dolce trappola che era, dolce, passionale, penetrante, intensa…

Voltò il capo verso Sirius steso a pancia in giù accanto a lei, completamente nudo, i capelli scuri che gli ricadevano sul volto rilassato.
Ma perché era così difficile? Aveva passato quasi un’intera vita a cercare di dimenticarlo e ora lui tornava a sconvolgerla, di nuovo. Una parte di lei le diceva di lasciarsi andare, di amarlo come aveva fatto da ragazzina. In fondo, non era cambiato niente, tutto poteva tornare come prima. Ma l’altra parte le consigliava di retrocedere finché era in tempo, di andarsene perché avrebbe sofferto di nuovo. Con Sirius non c’erano mai certezze.
Quale parte ascoltare? I suoi sentimenti per lui non erano cambiati mai, nemmeno quando lo aveva creduto colpevole.

Con mille dubbi in testa, scese dal letto e andò di sotto, nella grande e cupa cucina di Grimmauld Place.
Prese un bicchiere dalla dispensa e si versò un po’ d’acqua.
Dei rumori strascicati alle sue spalle la scossero e, quando si voltò, vide la figura di James fermo sulla soglia della porta.

“Martha!” esclamò lui come se fosse sorpreso di vederla lui. O forse era più sorpreso del suo abbigliamento, da come l’aveva squadrata, curioso e forse persino un po’ divertito.

“James”, salutò lei, svuotando il bicchiere.

“Quindi, tu e Sirius…”. Non terminò la frase, ma si capiva che cosa intendesse dallo sguardo malizioso.

“Già”.

“Lui dov’è?”

“Di sopra. Sta dormendo”.

“D’accordo. Digli che sono passato”. L’uomo si voltò per andarsene, ma Martha lo fermò di nuovo. “James!”

“Sì?”

“Non dirlo a mio zio”.

James ridacchiò. “Non ti preoccupare. Ci tengo alla vita del mio migliore amico”.

 

“Ariel!”

“Ginny!”

Le due ragazze si erano incontrate nei pressi della Sala Grande. O meglio, Ginny aveva visto la biondina da lontano e l’aveva fermata prima che se ne andasse. Alla fine si era decisa a parlare prima con lei, non voleva correre il rischio di aver frainteso e creare così malcontenti.

“Ti devo dire una cosa”, fece Ginny guardandola con espressione dura.

“Dimmi?” Il sorriso cordiale di Ariel faceva andare la rossina fuori dai gangheri e avrebbe tanto voluto mollarle un pugno per toglierglielo dalla faccia.

“Hai baciato Malfouy”.

La biondina strabuzzò gli occhi. “Cosa?”

“Vi ho visti, di fronte alla biblioteca”.

Ariel sospirò quasi esasperata. Be’, era inutile negare l’evidenza. “E quindi?”

Ginny inarcò le sopracciglia come se non credesse alle proprie orecchie. Ed effettivamente, non ci credeva. “Ma tu stai con Harry”. Glielo disse come fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Questo non significa che sono una sua proprietà. Della mia vita posso fare quello che voglio”.

“Ma lo hai tradito?”

Avrebbero tanto voluto mettersi ad urlare entrambe, se non fossero state in mezzo a tanta gente.

“Tradito? È stato solo un bacio, mica ci sono andata a letto”.

“Lo spero!”

“E comunque, Ginny, non sono affari tuoi. E ora scusami, ma ho un sacco di cose da fare”.

Ariel si allontanò quasi di corsa e l’altra la guardò andarsene, ancora desiderosa di prenderla a schiaffi. Ma chi si credeva di essere?

 

 

MILLY’S SPACE

Eccomi tornata con un nuovo aggiornamento : ) Sto cercando di aggiornare un po’ tutte le mie storie perché poi sparirò per due settimane e non credo avrò occasione per farlo.

Allora, in questo capitolo a poco a poco sta emergendo il vero carattere di Ariel che, vi dico, è piuttosto complicato. Eh, a Milly non piacciono le cose facili.
Mi piacerebbe anche approfondire di più la storia tra Martha e Sirius, specialmente quando erano compagni di scuola, e forse un giorno lo farò, pubblicando degli spezzoni nella mia pagina Facebook.

Va bene, vi lascio subito, sicuramente non avete voglia di sentire i miei sproloqui.
Mi raccomando, non dimenticatevi le recensioni.

A presto,

M.

POTTER_92: ehi, finalmente ti risento : ) grazie della recensione e non ti preoccupare, Emmie sta benissimo. Già, JamesRemus e John sono proprio dei mascalzoni, soprattutto quest’ultimo. Vedrai quante ne combinerà al povero Charlie ^^ be’, mi fa piacere averti risentito, ma non farti attendere di nuovo così a lungo, altrimenti mando la polizia a cercarti u.u o meglio ancora, Jolie. I suoi calci nelle costole non li auguro a nessuno. Ahaha scherzo. Ciao, Milly.

DUBHE01: eh, come vedi Teddy è molto coccoloso ^^ ma secondo me lo sono tutti, Ino chan è stata proprio una brava mamma.
A presto, Milly.

PUFFOLA_LILY: a quanto pare il colpevole non verrà mai fuori. Per fortuna, però, nessuno si è ferito gravemente. Aspetto altre recensioni, un bacione. M.

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Capitolo 41
*** Capitolo quaranta ***


CAPITOLO QUARANTA

“Quindi è finita?”

Harry abbassò il capo, mordendosi il labbro. Che poteva rispondere a questo punto? Erano andati avanti a litigare per mezz’ora, a urlarsi in faccia, a cercare di non picchiarsi, a dirsi improperi e offendersi a vicenda. E ora il visino dolce e così dispiaciuto di Ariel e il tono ferito che aveva usato gli facevano tenerezza, stava quasi per fargli mandare il suo orgoglio a puttane per stringerla tra le braccia e baciarla, decidendo di darle un’altra possibilità.
Ma no, non poteva farlo. E non tanto per l’orgoglio. O meglio, sì anche per quello, non gli andava giù il fatto che lei lo tradisse, tanto meno se con Malfoy. Ma c’era anche dell’altro. Da un po’ di tempo era confuso, non sentiva più per Ariel la stessa passione che provava prima, non l’amava più allo stesso modo. Le voleva bene, certo, e sarebbe stata sempre un elemento importante della sua vita, ma non c’era più feeling, non c’era più intesa. E forse non c’era mai stata, doveva constatare ora, forse l’unica cosa che aveva amato di lei erano stati il suo corpo, il modo in cui si muoveva a letto. Inoltre, era cambiata parecchio da quando erano arrivati i suoi amici lì e da quando aveva rivisto suo padre. Non era più la ragazza dolce e comprensiva che lui aveva conosciuto, piuttosto era molto esuberante e disinibita, forse troppo. E lui non riusciva a capire questo cambiamento, non sapeva a cosa fosse dovuto, se la vera Ariel fosse quella o un’altra. E forse non l’avrebbe mai capito. Quella ragazza era decisamente strana, dava poche certezze e decisamente non era il tipo di persona di cui aveva bisogno lui.

“Sì, è finita”, rispose infine, rialzando lo sguardo ma senza avere il coraggio di guardarla negli occhi.
Al contrario di lei che non aveva smesso un attimo di guardarlo. “Bene, allora. Ti auguro tante cose belle”. Ariel gli voltò le spalle e uscì dalla stanza a passo di marcia, senza voltarsi indietro.
Harry ringraziò Merlino che non fosse una di quelle ragazze che piangono o che supplicano. C’era del risentimento nella sua voce e chiaramente lo avrebbe evitato come la peste, ma quello poteva sopportarlo. E in ogni caso la cosa era del tutto reciproca. In fondo, era stata lei  a baciare un altro, cosa pretendeva?

Scrollò il capo cercando di liberarsi dei troppi pensieri che gli vorticavano in testa e cominciò a mettere in ordine il suo baule.

 

Sirius entrò in salotto reggendo un bicchiere di Whiskey Incendiaro e si scontrò con la figura di Martha, in piedi sulla scaletta a pioli che tentava di appendere delle decorazioni natalizie alla finestra.
Si chiese perché non usasse la bacchetta, avrebbe fatto decisamente prima e non avrebbe rischiato di farsi male stando in bilico su una scaletta, ma decise di non chiederglielo. Lei, che gli dava le spalle, non l’aveva nemmeno notato, così lui se ne stava indisturbato appoggiato al mobiletto a osservare il suo fondoschiena e le lunghe gambe fasciate in stretti jeans. Un sorrisetto malizioso gli decorava le labbra.

Dopo qualche minuto, però, decise che non voleva semplicemente limitarsi ad osservare e, poggiato il bicchiere sul tavolo, piano piano, senza fare rumore, cominciò ad avvicinarsi. Ma non le era nemmeno arrivato a un metro di distanza che lei, cercando di scendere dalla scaletta, mise un piede in fallo e perse l’equilibrio.
Se Sirius non avesse avuto i riflessi pronti in quel momento, sarebbe sicuramente capitombolata per terra, facendosi parecchio male.
L’Animagus, in due rapide falcate, ricoprì i pochi metri che lo separavano da lei e la prese al volo. Martha, che si era accorta solo fugacemente di quello che era successo, si ritrovò improvvisamente a fissare gli occhi grigi di Sirius, distesa tra le sue braccia come una bambina piccola.

“Oh!” esclamò lei, fissando Sirius come se fosse la prima volta che lo vedeva.

“Cerca di stare più attenta”, la ammonì lui, usando però un tono dolce, come un padre che cerca di avvertire la propria figlia senza spaventarla. Poi la rimise a terra e le spostò dagli occhi una ciocca di capelli che era sfuggita alla coda disordinata.

“Sì, certo”, rispose Martha, prendendo altre decorazioni dal cestino per decorare anche i mobili. “Grazie”.

“Perché non usi la bacchetta? Faresti prima e non rischieresti di romperti l’osso del collo”.

“Preferisco farlo così. Mi piace mettere le decorazioni”, sospirò lei, senza guardarlo. Ci stava mettendo tutta la cura del mondo per appendere quelle palline colorate, come se volesse prolungare il lavoro per non dover guardare Sirius. Comunque era vero, le piaceva decorare le stanze, soprattutto se per le feste di Natale. Quando era piccola e ancora viveva con sua madre in Colombia lo facevano sempre insieme e si divertivano a cantare e ballare nel farlo.
Uno di quei tanti ricordi che la facevano sorridere e piangere allo stesso tempo.

“E poi, non è bello usare la magia per ogni cosa”, aggiunse. Aveva passato molto tempo nel mondo babbano e si era abituata a non usare la magia, anche se era da sola. Certe volte capitava che relegasse la bacchetta in un cassetto e che la lasciasse lì per mesi. In quei momenti era consapevole che stava rinnegando una parte di sé, ma proprio come i ricordi di sua madre, anche la magia alle volte la faceva soffrire. Molte cose della sua giovinezza la facevano soffrire.

“Certo. Capisco”.

Con la coda dell’occhio vide Sirius buttarsi sul divano alle sue spalle e riprendere in mano il suo bicchiere di Whiskey. Chiuse per un paio di secondi gli occhi e trattenne un sospiro di rassegnazione. Avrebbe preferito che se ne fosse andato, non le andava di parlare con lui perché sapeva qual era l’argomento che avrebbero dovuto affrontare.

“Hai ancora intenzione di andartene?” le chiese lui ad un certo punto.

“Penso sia la soluzione migliore”. Martha si voltò per afferrare tutto il cesto in cui erano contenute le decorazioni, ma evitò di guardare l’uomo seduto sul divano.

“Per chi?”

“Per entrambi”.

“Questo l’hai deciso tu”.

Le parve di notare un tono di polemica nella voce di Sirius e un litigio era proprio ciò che voleva evitare in quel momento.

“Perché devi sempre complicare le cose?”

“Complicarle? Io?”

Lo vide alzarsi di scatto e osservarla come se avesse detto la bestemmia più grossa del mondo. Allora finalmente anche lei si voltò a guardarlo.

“Guarda che non ti ho mica costretta a venire a letto con me. E non capisco perché ti ostini a negare i tuoi sentimenti. Lo so che provi ancora qualcosa per me, come io provo qualcosa per te…”.

“Sirius, ti prego”. Sperava di riuscire a calmarlo con uno sguardo di supplica, ma così non sembrava.

“Ti prego cosa? Se non mi ami dimmelo guardandomi negli occhi e ti lascerò in pace”.

Cadde il silenzio. Martha fissò i propri occhi in quelli di Sirius ma non disse niente. Le parole le si erano come incastrate in gola.

Con la coda tra le gambe, uscì dalla stanza quasi correndo e si chiuse in bagno. Poi abbassò i pantaloni e si sedette sulla tazza del water, coprendosi gli occhi con le mani e lasciando che le lacrime le cadessero copiose sulle guance. Trattenne però i singhiozzi perché nessuno la sentisse. Dopo essersi finalmente calmata, prese un po’ di carta e si pulì. Si mise a cercare tracce di sangue, ma niente. Il suo ciclo mestruale era in ritardo di due settimane e non era affatto un buon segno per lei che era puntuale come un orologio svizzero. Inoltre, non era caduta dagli scalini perché aveva messo male il piede. Aveva avuto un mancamento, tutta la stanza aveva preso a girare improvvisamente. E nemmeno quello era un buon segno.

Doveva andarsene, sì. Forse era la soluzione migliore. Inoltre, si era allontanata parecchio dalla sua vita, dalla sua musica, dai suoi fan. Quello era il mondo che le piaceva veramente e doveva ritornaci, almeno per fare un po’ di chiarezza.

 

Ariel entrò silenziosamente nella stanza di James, infilando prima la testa attraverso la soglia e poi tutto il corpo, come per accertarsi prima che non stesse facendo niente di particolare. Il che non era da lei.

“Ciao”, lo salutò cupamente. Poi, senza aggiungere altro, si avvicinò e si sedette per terra di fronte a lui, incrociando le gambe. James, che se ne stava anche lui a gambe incrociate con la chitarra in grembo, la osservò attentamente con le sopracciglia inarcate. “Che succede?” le chiese.

Lei trasse un gran respiro e disse: “Mi sono lasciata con Harry”.

Lui la guardò per qualche secondo, poi riportò l’attenzione sulla sua chitarra e sospirò: “Mi dispiace”.

“No, non è vero”.

James ridacchiò.

“Non hai fatto altro che lamentarti della mia storia con Harry. Non ci credo che sei dispiaciuto”.

Il ragazzo mollò la chitarra e fissò la sorella dritto negli occhi. “Ariel, se tu ci stai male certo che sono dispiaciuto. Non mi piace se sei triste. Certo che comunque penso che sia meglio così. Tra di voi non avrebbe mai funzionato”.

Lei si ritrovò ad annuire, anche se un pochino amareggiata. “Hai ragione. Come sempre”.

“Dai, vieni qua”. Il fratello si protese per abbracciarla e lei si fiondò subito tra le sue braccia, lasciandosi stringere e cullare. “Sabes que te quiero muchìsimo (lo sai che ti voglio tanto bene)”, le sussurrò lui.

“Yo tambièn (anche io)”, gli rispose lei.

Quando si staccarono, Ariel gli prese la chitarra e si mise a suonare e canticchiare una canzone: “Black star, black star, forever you will be. A shining star, a shining star, be were, ever you can. A rock star, rock star…”.

Intanto James se ne stava a guardarla con un sorriso dolce a dipingergli le labbra, la testa sorretta dalla mano, il gomito poggiato sul letto.

 

Lily, attraverso il riflesso della finestra, osservava James in piedi dietro di lei, le mani in tasca e un’espressione assorta dipinta in volto.

“Allora… pensi… pensi di esserlo?” le chiese, portando lo sguardo sulla sua nuca.

“Non ne sono sicura”, rispose lei, senza voltarsi. Si strinse le braccia al petto, come faceva sempre quando era preoccupata e tesa, e si morse un labbro.

“Be’… facciamo un test”, propose lui allora, avvicinandosi a lei e abbracciandola da dietro. Lei sciolse le braccia e le portò su quelle del marito, poggiate sulla sua pancia.

“Sì, potremmo farlo”.

“Dovremmo farlo”.

“E’ che… James…”, iniziò, ma si bloccò di colpo, fissando un punto oltre la spalla di James. Si era girata tra le sue braccia per averlo di fronte, ma non aveva il coraggio di guardarlo. Più che altro non sapeva come dirgli quello che sentiva senza farsi fraintendere.

“Dimmi”, la incitò lui, guardandola dolcemente.

“Se lo facciamo e risulta positivo, ho paura che…”.

“Di cosa?” Ora negli occhi di James si poteva leggere curiosità. Ma anche una certa preoccupazione. E di certo non era quest’ultimo sentimento che Lily voleva fargli sentire.

“Non so se sono pronta…”.

“Ad avere un altro figlio?!” esclamò lui spalancando gli occhi sorpreso. “Tesoro, sapevamo che presto sarebbe arrivata Jolie e poi…”.

“No, non è questo”, lo interruppe Lily. Si mordicchiò di nuovo il labbro. Proprio non sapeva come dirglielo. “Ho paura che tutto finisca di nuovo… come l’ultima volta. Ad Harry non è di certo andata bene e hai sentito cosa hanno detto i ragazzi, che… Harry…”.

James notò qualcosa luccicare negli occhi di sua moglie e capì immediatamente che erano lacrime. Quando ne vide scivolare una la raccolse col pollice. “Tesoro, non andrà così. Jolie è cresciuta con noi, lo sai… e per quanto riguarda Harry, lo salveremo. Non ti preoccupare. Andrà tutto bene”. Le sorrise teneramente, stringendola più forte tra le braccia.

“Vorrei avere la tua stessa fiducia”, sospirò lei, appoggiando la testa sulla sua spalla e circondandogli la vita.

“Finché ci sarò io andrà tutto bene”, le sussurrò, cullandola.

Lily lasciò andare qualche altra calda lacrima, ma l’abbraccio di James e le sue parole ebbero immediatamente il potere di rassicurarla.
Che cosa avrebbe fatto senza di lui?

 

“Quindi vi siete lasciati?” chiese Ginny, riponendo un libro tra gli scaffali.

“Sì”.

“Forse non avrei dovuto dirtelo”.

“Oh no, tu hai fatto benissimo”.

Madame Pince lanciò un’occhiataccia ad Harry che aveva parlato un po’ troppo a voce alta. Il ragazzo le chiese scusa con lo sguardo e abbassò il tono. “Ti ringrazio”.

“Di niente… insomma…”, la grifoncina era improvvisamente arrossita e cercava di guardare da tutt’altra parte per evitare lo sguardo del ragazzo. “L’ho visto e non mi sembrava giusto non dirtelo. Sei il suo… eri il suo ragazzo”.

“Sì, giusto”.

Ormai non avevano più niente da fare lì. Ginny stava per spostarsi, ma per sbaglio sbatté contro il fianco di Harry facendolo finire contro la scaffalatura dietro.

“Oh Merlino! Mi dispiace!” esclamò allarmata.

“Tranquilla. Non è successo niente”, cercò di calmarla lui, sorridendole gentilmente.

“Non ti sei fatto male?”

“Ma figurati”.

“Oh, ok”.

“Senti, hai da fare adesso? Ti va di fare una passeggiata in cortile?”

“Una passeggiata in cortile?” Dalla sua espressione, sembrava che Harry le avesse appena chiesto di andare a vivere su Plutone. Cercò, però, di darsi immediatamente un contegno. “Sì… sì, va bene”.

 

 

MILLY’S SPACE

Hola!!
Bene, sembra che presto succederà qualcosa ^^
Allora, volevo solo fare alcune precisazioni. Numero uno: la canzone che canta Ariel si intitola Black star ed è di Avril Lavigne.
Numero due: non so che senso abbia la scena tra Lily e James ma sono tenerissimi secondo me ^^
Numero tre: vi avevo detto per caso di non sottovalutare la piccola Ariel? ^^

Detto questo, grazie per la cortese attenzione. Spero che mi lascerete qualche recensione, sono sempre contenta di riceverne. E non dimenticatevi di farmi visita nella mia pagina facebook (https://www.facebook.com/MillysSpace).
Inoltre, recentemente ho pubblicato una oneshot yaoi, mi piacerebbe che le deste un’occhiata se vi piace il genere.  La trovate tra le storie originali.

Bacioni,

Milly.

FEDE15498: sì, anche a me ispirano di più Ariel e Draco, però come hai sottolineato tu la cosa non è molto fattibile. Ma si vedrà ^^. Be’, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e fammi sapere cosa ne pensi : ) Bacioni.

PUFFOLA_LILY: wow, lo scorso capitolo ti è piaciuto così tanto? Mi fa molto, molto piacere. Sì, Ariel non è una ragazzina così dolce e innocente come sembra. Quel ruolo è di Emmie ^^. Martha sceglierà Sirius, dici? Qui non sembra tanto, ma chissà. Io non dico niente *risata malefica*. Be’, fammi sapere cosa ne pensi di questo capitolo. Un abbraccio, M.
P.S. no, non sono una grande fan di Ginny, ma penso che stia bene con Harry.

DUBHE01: Ariel/Draco? Hmmm, chi lo sa ^^ Ora come ora la cosa sembra poco fattibile. Alla prossima, spero : ) Ciao, ciao, Milly.

 

 

 

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Capitolo 42
*** Capitolo quarantuno ***


CAPITOLO QUARANTUNO

Finalmente erano arrivate le vacanze di Natale e Grimmauld Place era piuttosto affollata in quei giorni, tra adolescenti che scorrazzavano per questa e quella stanza, membri dell’Ordine che andavano e venivano e i Malandrini che non perdevano occasione per farsi stupidi scherzi. Lily non faceva che sgridarli dicendo che erano molto più bambini loro del feto che aveva in grembo. E come se non bastasse avevano messo in mezzo pure Frank, che non aveva esitato nel diventare il quarto membro.

JamesRemus e Ariel erano seduti sul pavimento del salotto, lui con la fedele chitarra in grembo e lei con una scatola di sfere natalizie davanti a sé che passava a Emmie e Jolie perché le mettessero sull’albero. Joel invece se ne stava spaparanzato su una poltrona a leggere uno dei suoi soliti manga. Se ne stavano in silenzio, stranamente, di certo persi in qualche loro pensiero.

Ad un tratto videro arrivare Martha e tutti i loro sguardi si spostarono su di lei. Persino quello di Joel, che aveva alzato gli occhi dal suo fumetto.
Lei mostrò loro un debole sorriso e si affrettò a raggiungere la cucina.

“Non vi sembra… un po’ sciupata?” chiese Jolie, che aveva notato una certa tristezza negli occhi della donna. Sembrava che nei giorni in cui loro erano ad Hogwarts si fosse lasciata molto andare. Aveva i capelli spettinati, non si truccava più e indossava un grosso maglione di lana che sì, le stava bene, ma non era affatto nel suo stile.

“Sì, l’ho notato anche io”, concordò Emmie, allungandosi ad appendere una pallina sull’albero. “Sembra che qualcosa la turbi”.

“Ma se mia madre è già incinta di me… non dovrebbe esserlo anche la tua, James?” fece Jolie, rivolta al moretto. Lui alzò lo sguardo su di lei e la guardò come se lei non dovesse trovarsi lì. Sembrava non aver seguito il discorso delle due amiche.

“Non lo so”, rispose, con una scrollata di spalle. “Non posso di certo chiederglielo. Lei non sa niente di noi”.

“Ma perché questa scelta di non dirglielo? Anche i miei genitori lo sanno e pure quelli di Jolie”, notò Emmie, osservando l’amico curiosa.
Lui sospirò esasperato. “Non lo so, ragazze. Papà mi ha detto di non dire niente. E’ una questione tra loro due”.

“Sì, ma si tratta di tua madre e di te”, insistette Jolie, frustrata per il disinteresse del ragazzo. Non capiva perché sembrava che a James non importasse, di solito si interessava sempre quando qualcuno a cui voleva bene aveva un problema. “E se tua madre non fosse incinta? Forse…”.

“Non dire idiozie, Jolie!” si intromise Ariel allora, parlando in tono duro. “Certo che è incinta, altrimenti James comincerebbe a sparire come era successo a John. Se non lo vuole dire saranno affari suoi”.

La rossina lanciò un’occhiataccia alla ragazza, ma non aggiunse altro e continuò a decorare l’albero. Forse quello era il periodo mestruale dei Black. Spostò lo sguardo su Joel, cercando di capire se almeno a lui importasse qualcosa, ma lui si limitò a girare un’altra pagina del suo manga senza fare caso a niente e nessuno.

“Piuttosto dobbiamo concentrarci su Harry”, aggiunse Ariel. “Dobbiamo tenere gli occhi bene aperti, è in questo periodo che è morto, no?”

Jolie annuì, sentendo i brividi correrle lungo la schiena. Accostare la parola morto a qualcuno che le stava a cuore le procurava un attorcigliamento allo stomaco. Voleva bene a suo fratello, gliene voleva già quando le uniche cose che aveva di lui erano delle foto e dei racconti, ma adesso che l’aveva conosciuto…

 

Fred, George  e Harry ascoltavano i racconti di James e Sirius divertiti e curiosi di sentire i guai che combinavano quando erano ad Hogwarts. Se fossero ancora stati studenti, i gemelli avrebbero preso degli spunti per farne di loro, ma ciò non toglieva che non avrebbero potuto farne.

“E allora Gazza è corso via urlando e imprecando contro Merlino ogni fottutissimo Santo!” spiegava Sirius ridendo al solo ricordarsi la scena.
Anche i ragazzi scoppiarono a ridere, immaginandosi bene la situazione; dopotutto, anche a loro era capitato di assistere a qualcosa di simile.

“Era pieno di Caccabombe, una cosa schifosa. E correndo è finito addosso all’insegnante di Difesa”, aggiunse James, scatenando altre risate.

“Non vi dico che divertimento. Ho riso per un’intera settimana”.

“Non ditemi che state raccontando quella storia”, li sorprese la voce di Remus, sopraggiunto in quel momento sulla soglia.

“Certo!” rispose Sirius, ridendo come non rideva da tanto tempo. Il licantropo osservò i due amici, divertito anche lui. Era bello riaverli tutti e due, ricostruire quel vecchio gruppo di cui spesso si lamentava ma che era una delle cose più belle che gli fossero capitate.

“Remus”. Si sentì chiamare l’uomo da una voce ben nota. Si voltò trovandosi di fronte il volto di Tonks che lo guardava con una strana espressione. “Ti devo parlare”.

Lei si allontanò dal corridoio e lui la seguì, senza che gli altri si fossero accorti di niente.

 

John e Ted rientrarono in casa tremanti e scossi, le bacchette strette in pugno. Erano solo andati a fare una passeggiata ma a quanto pareva non era andata così bene.

“Mangiamorte…”, biasicò il Metamorfomagus, cercando di recuperare il fiato. “Due… ci hanno attaccati”.

“Oh Merlino! State bene?” chiese Martha, spuntata in quel momento dalla cucina, guardando i due ragazzi con fare preoccupato.
Anche Charlie, che era sceso di corsa per le scale, si era fermato di colpo e stava guardando i due amici ancora ansimanti. In particolare stava indugiando sulla macchia di sangue che gli sporcava la maglietta.

“Sì, ma ci hanno visti entrare qui”, sospirò John, appoggiandosi al muro dietro di lui. “Sicuramente arriveranno con dei rinforzi”.

Neanche il tempo di finire la frase che la porta d’ingresso saltò in aria, travolgendo i due ragazzi appena entrati e un gruppetto di uomini mascherati fece il loro ingresso, le bacchette spianate pronti ad attaccare.

Gli abitanti di Grimmauld non ebbero neanche il tempo di rendersi conto di quello che stava succedendo che si ritrovarono a dover affrontare i Mangiamorte per l’ennesima volta. Ma rispetto all’ultima volta, adesso l’Ordine era in minoranza.

Martha si ritrovò spiaccicata nell’angolo della cucina, tra il muro e il frigorifero. La bacchetta le era sfuggita di mano e giaceva a qualche metro di distanza, mentre un Mangiamorte puntava la sua, pronto a scagliarle una maledizione. Lei spostava lo sguardo da lui alla sua arma, cercando il modo di raggiungerla senza rischiare di essere colpita. Ma era sicura che se si fosse mossa, lui non avrebbe esitato a scagliarle una maledizione senza perdono.

“Everte Statim!”

Il mago mascherato venne scagliato contro il muro opposto, sbattendo violentemente la testa e cadendo a terra come un sacco di patate.

“Tutto bene?” le chiese Sirius, la bacchetta ancora stretta in pugno dopo averla usata contro l’aggressore.
Lei annuì un po’ incerta e porse una mano all’uomo perché l’aiutasse a rialzarsi.

“Grazie”.

“Figurati”.

Improvvisamente, l’Animagus vide Martha spalancare gli occhi verso qualcosa alle sue spalle. Il colpo non doveva essere stato così potente perché il Mangiamorte era riuscito a rialzarsi e ora si preparava ad attaccarli di nuovo. Lui era pronto a incassare il colpo perché era sicuro che non avrebbe fatto in tempo a spostarsi né a contrattaccare, ma all’improvviso, in una frazione di secondo, vide la ragazza sferrare un potente pugno alla mandibola del seguace di Voldemort, facendolo crollare a terra, come poco fa.

“Wow!” esclamò Sirius stupefatto, guardando Martha ammirato.

“Vigilanza costante”.

“Sei proprio la degna nipote di Malocchio”.

“Ma chi è?” chiese lei, osservando l’uomo steso a terra, al quale era caduta la maschera.

“Credo sia Yaxley”.

 

“Stupeficium!”

“Impedimenta”.

Ninfadora si lanciò di lato per evitare il brutale incantesimo che il suo avversario stava per lanciarle, lasciando che colpisse il muro, creandoci un gigantesco buco.
A poca distanza da lei vide Remus combattere contro altri due Mangiamorte, mentre dava il tempo a James di riprendersi da un colpo.

La ragazza si preparò a lanciare all’aggressore un altro schiantesimo, ma lui riuscì a pararla con un protego. La maschera però gli cadde, scoprendo il volto di un ragazzo che doveva avere più o meno la sua età ma che non riconosceva. Probabilmente uno nuovo.
Per qualche breve attimo provò dispiacere per lui, ma questo non le impedì di attaccarla di nuovo, centrando il colpo e facendolo finire contro la porta.

Cercò di correre in soccorso del marito, ma ad un tratto sentì qualcuno gridare forte, una voce di ragazze che lei riconobbe come quella di Emmie. No, sua figlia aveva la precedenza.

Corse al piano di sotto zoppicando, arrivando nel salotto devastato e trovandovi la piccola Tassorosso stesa a terra e sovrastata da un energumeno che riconobbe come Greyback. Non fece in tempo a fare niente, però, che si ritrovò quasi a capitombolare per terra dal potente spostamento d’aria provocato da Ted, arrivato di corsa.

“Giù le mani da mia sorella!” gridò il ragazzo, scagliando un Everte Statim contro il Mangiamorte. Quello perse la bacchette, ma non la tenacia né la sete di sangue.

“Toh, un altro lupacchiotto. E molto più appetitoso”, ruggì, scagliandosi contro Ted, preferendo uno scontro fisico. Il Grifondoro crollò sotto il suo peso, ma gli bloccò le mani strette a pugno perché non potesse serrarle attorno alla sua gola. Così tra i due iniziò una lotta, con il ragazzo che cercava di sottrarsi dalla sua presa e il Mangiamorte che cercava in tutti i modi di squarciargli la gola, le zanne snudate e la bava che gli colava dall’angolo della bocca.

Tonks se ne stava immobile con la bacchetta puntata. Voleva aiutare il figlio, ma se tentava un incantesimo avrebbe rischiato di colpire il ragazzo e di sicuro non sarebbe riuscita a toglierglielo di dosso a mani nude. Così andò a soccorrere la figlia che aveva un braccio sanguinante.

Per fortuna in quel momento arrivarono John e Joel. Il primo, con una mazza da Quidditch in mano, picchiò sulla testa di Greyback facendolo crollare addosso a Ted. Joel lo aiutò a scrollarselo di dosso e a rialzarsi, mentre il Mangiamorte se ne stava disteso a terra.

“State tutti bene?” chiese Paciock, dopo aver legato mani e piedi del licantropo.

 

“Harry, attento!” urlò JamesRemus, buttandosi addosso a Harry per impedirgli di prendere il colpo. Jolie, approfittando della distrazione del Mangiamorte che la teneva per la gola, gli mollò un potente calcio sul piede, facendolo urlare per il dolore e mollare la presa su di lei. Allora gliene diede un altro nelle parti basse e, afferratolo per le spalle, gli sbatté la testa contro il vetro della finestra, facendolo svenire e sanguinare.

Poi corse a vedere se gli altri due stavano bene. Il fratello, a parte una sbucciatura al ginocchio, stava piuttosto bene. James invece sanguinava sul fianco. Aveva spinto Harry per evitare che si prendesse l’incantesimo, ma era stato colpito lui.

Jolie gli alzò la maglietta per controllare, sporcandosi le mani col suo sangue. Ce n’era parecchio e stava sporcando pure il tappetto.

“Ho paura ti abbia colpito un organo”, disse, premendo un asciugamano trovato lì sull’emorragia. James intanto cercava di non urlare per il dolore.

 

“E’ morto?” chiese Vicky, entrando nella stanza e trovando Charlie seduto a cavalcioni sopra la pancia di un Mangiamorte, un altro di quelli che non conoscevano.

“No”, rispose il ragazzo, lo sguardo fisso sugli occhi spalancati dell’uomo sotto di lui. Non era morto, nonostante fosse immobile, l’espressione paralizzata in una smorfia grottesca. Era ridotto a un vegetale, in eterno combattimento col suo incubo peggiore, ridotto così dalla dote innata del Serpeverde. Si faceva paura da solo a causa di quella capacità. Non voleva neanche usarla, ma a volte la cosa sembrava prendere il sopravvento, quando era arrabbiato o spaventato.

“Tu stai bene?” fece ancora la ragazza, avvicinandosi cautamente.

“Sì. Tu?”

“Sì”.

 

Ariel aveva raggiunto il padre per aiutare ad affrontare Dolohov, quando ad un tratto videro l’uomo abbassare la bacchetta e alzare la manica del mantello. Il marchio di Lord Voldemort era diventato rosso e sembrava anche bruciare parecchio.
Poi l’uomo puntò la bacchetta verso di sé e si smaterializzò. Così fecero anche gli altri, lasciando i membri dell’Ordine completamente increduli e basiti. Se n’erano andati persino quelli che erano riusciti a sconfiggere, o perché portati via dagli altri o perché il Marchio Nero li aveva fatti riprendere.

Ma tutto quello era strano, fin dall’inizio era stato strano.

 

John era seduto sulla sedia in cucina, lo sguardo fisso in un punto indefinito e l’espressione corrugata in una smorfia di dolore.
Charlie, inginocchiato ai suoi piedi, cercava di curargli una ferita all’avambraccio.

“Cazzo!” imprecò il Grifondoro, sbattendo il pugno sul tavolo.

“E sta’ un po’ fermo!” gli intimò l’amico, tra le mani una pezza umida di disinfettante con cui cercava di pulirgli la ferita sanguinante.

“E tu sta’ attento”.

“Non posso se continui a muoverti”.

“Io sono fermo”.

“No, tu non sei mai fermo”.

“Uff”.

“Dai, ho quasi finito”.

Paciock, allora, cercò di concentrarsi su qualcos’altro. Chissà come se la stava cavando James nell’altra stanza. Avevano chiamato il dottor Kent per controllare i feriti e lui era quello messo peggio.

“Non capisco perché dovevi farlo tu”, si lamentò il biondino, mettendo su un adorabile broncio.

“Perché stavi sanguinando copiosamente e il dottor Kent ci avrebbe messo un po’”.

“Non stavo sanguinando così tanto”.

Charlie gli lanciò un’occhiataccia, come a intimargli di smetterla di brontolare.

“Ammettilo, non sono male come infermiere”, scherzò, allora, per sciogliere la tensione.

“Be’, no. Però non riesci ancora a farti le iniezioni da solo”, lo prese in giro John.

“Quello è diverso”, sospirò il moro, ma non c’era traccia di ironia nel suo tono. Aveva un rapporto strano con le iniezioni e il suo problemino zuccheroso, il Grifondoro l’aveva notato, ma non riusciva a spiegarsene il motivo.

“Charlie?” lo chiamò.

“Hmm?” Intanto il Serpeverde aveva iniziato a fasciargli il braccio con delle bende.

“No, niente”.

 

“Allora, perché vi hanno attaccati?” chiese Moody in tono piuttosto teso. Non era stato presente al combattimento e questo gli stava dando parecchio sui nervi, soprattutto perché c’era sua nipote a rischiare grosso.

Lui e altri membri dell’Ordine, tra cui Alice, Lily e i Signori Weasley, che erano corsi dalla Tana non appena avevano saputo dell’attacco, si erano riuniti nel salotto di Grimmauld per discutere di quell’avvenimento.

“Non ne abbiamo idea”, rispose James, un bicchiere di Whiskey Incendiario in mano. “Non è da Voldemort mandare i suoi seguaci ad attaccare così”.

“No, non lo è”, confermò Frank.

“Forse hanno agito da soli”, propose Martha, seduta sulla poltrona a gambe incrociate.

“Rischiando di far arrabbiare il loro capo?”

“Secondo me era una specie di… iniziazione”, si intromise allora Tonks. Tutti gli occhi si puntarono su di lei, curiosi di questa nuova ipotesi piuttosto strana. “Il Mangiamorte contro cui ho combattuto io era molto giovane, avrà avuto la mia età o anche meno. È probabile che sia appena entrato nelle file di Voldemort e che lui gli abbia chiesto, come dimostrazione di fedeltà, di attaccare qualcuno o ucciderlo. Non mi sembra sia una cosa nuova”.

Malocchio sembrò soppesare le sue parole, così come qualcun altro. “Potrebbe essere un’idea. E chi meglio di qualche membro dell’Ordine. Questo significa che Voldemort ha scoperto di noi e che questo posto non è più sicuro”.
Quelle parole, dette in tono piuttosto glaciale, provocarono non pochi brividi sulla schiena di tutti loro.

“Che facciamo?” chiese Alice, allora, l’espressione angosciata.

“Dobbiamo trovare un altro quartier generale”, annunciò l’Auror. “E devo parlare con Silente”. E si avvicinò al camino, afferrando un po’ di polvere volante.

 

“Dovresti restare a letto”.

“Io? A letto?”  

James si infilò una camicia bianca, cercando di non muoversi troppo. Alla fine non era stato colpito nessun organo come Jolie aveva pensato, però il medico ci aveva messo un po’ a ricucirgli lo squarcio e gli aveva pure dato della Pozione Rimpolpasangue.

Sirius ridacchiò. James era proprio identico a lui.
Gli si avvicinò per spettinargli i capelli scuri. Il figlio, allora, alzò lo sguardo verso di lui, guardandolo con quegli occhi color ghiaccio identici ai suoi, e gli sorrise teneramente.

“Ti voglio bene, papà”.

“Anche io ti voglio bene, campione”.

E si strinsero in un forte abbraccio.

 

 

MILLY’S SPACE

Buonasera, gente. Era parecchio che non mi facevo sentire qua.
Be’, che dire? Un altro po’ di azione. Chissà cosa succederà adesso e se i ragazzi del futuro torneranno nel loro tempo.

Cosa mi dite? Lasciatemi una recensione e venite a fare visita nella mia pagina Facebook : )

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Baciotti.

PUFFOLA_LILY: i tuoi complimenti mi commuovono sempre. Eh sì, le cose si stanno per complicare un po’. Non bisogna sottovalutare mai niente u.u Tra Martha e Sirius è un po’ complicato, ma vedremo se si risolverà tutto. Chissà. Spero di risentirti, un bacione.

FEDE15498: una Ariel/Draco? Hmmm, chissà ^^ be’, la coppia Harry/Ginny credo sia sacra e nessuno ce la toglie.
Ah, mi dispiace per la storia, ma quella proprio non posso toglierla dal rating rosso, sorry ^^ Ma a dirti il vero penso di averla scritta quando ero minorenne, solo che io ho messo di essere maggiorenne ^^ Tanto nessun poliziotto è venuto a bussare a casa mia XD
Fatti risentire, un bacione…

POTTER_92: pussa via, Jolie *le lancia un osso* alloraaaa… vorresti che le cose si risolvessero per il meglio per tutti? Vedremo, vedremo… intanto, continua a seguirmi.
Bacioni,
M.

DUBHE01: come ho già detto la Harry/Ginny è sacra u.u un po’ come la Lily/James. Alla prossima, bacioni. M.

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Capitolo 43
*** Capitolo quarantadue ***


CAPITOLO QUARANTADUE

Severus Piton alzò lo sguardo su Charlie, seduto sull’ultimo gradino dei sotterranei di Grimmauld, perfettamente mimetizzato con l’oscurità del luogo che quasi non lo si vedeva.
L’insegnante di Pozioni studiò attentamente la figura del figlio con i suoi occhi scuri e poi li riportò sul Mangiamorte steso a terra, quello che il ragazzo aveva sconfitto durante il combattimento di poche ore prima.

“Riesci a farlo ritornare?” chiese l’uomo, il tono da insegnante odioso completamente sparito. Non gli piaceva usarlo col figlio, anche se doveva ancora abituarsi alla consapevolezza di averne uno. Per lui non era di certo stato facile come per Sirius o Remus e, oltretutto, il suo Charlie non era così esuberante come gli altri ragazzi e non gli aveva reso il lavoro più facile.

“No. Credo che sia irreversibile”, rispose il ragazzo, senza particolare enfasi nel tono, come se la cosa non gli interessasse.
Piton sospirò, provando un certo senso di pietà verso quell’uomo dall’espressione grottesca, costretto a vivere il suo incubo a occhi aperti senza poterne uscire, nonostante fosse il servitore del mago più crudele di tutti i tempi. Quella era una punizione che non avrebbe augurato nemmeno al suo peggior nemico.

“Come fai ad avere un potere del genere?” chiese, poi.

Charlie portò lo sguardo dall’altra parte, come se temesse un contatto visivo col padre. “Legilimanzia”.

“Ma la Legilimanzia è in grado di far leggere nel pensiero e, a volte, anche di controllarla. Non puoi aver ereditato tutto questo potere da me”.

“Anche mia madre era una brava Legilimante”.

Piton si immobilizzò di colpo e non aggiunse altro. Il ragazzo non aveva mai voluto svelare il nome della madre e non lo avevano fatto nemmeno i suoi amici, sempre se lo sapevano. Questo significava solo una cosa: aveva un rapporto difficile con la donna che lo aveva messo al mondo.
Ciononostante, si arrischiò a chiedergli: “Chi è tua madre?”

“Non posso dirtelo”.

L’uomo restò per qualche secondo a guardarlo. Sapeva che era inutile, ma provò lo stesso a penetrargli la mente con quella tecnica che padre e figlio conoscevano bene, incontrando soltanto una specie di muro di pietra che gli impedì di vedere qualsiasi cosa. Charlie gli lanciò quella che pareva essere un’occhiata di sfida. Già, non era certo così stupido.

Con un sorrisetto divertito e un moto di orgoglio che sentiva invadergli il petto, si apprestò a tirare fuori un’ampolla contenente del liquido azzurro e a versarlo nella bocca del Mangiamorte. Dopo qualche secondo, lo guardò annaspare in cerca d’aria finché la vita non lo abbandonò totalmente.

La morte non era così brutta, dopotutto. A volte era una buona amica che veniva a porgerti la mano quando ne avevi bisogno.

 

James si allungò per riporre un libro sullo scaffale sopra il letto e solo per poco riuscì a trattenere il gemito che stava per spuntargli dalle labbra. Si portò una mano al fianco con una smorfia di dolore e si massaggiò la ferita che si era fatto affrontando i Mangiamorte. Gli dava parecchio fastidio, prudeva e faceva male. E, oltretutto, un assiduo mal di testa gli premeva contro le tempie e aveva brividi di caldo che gli correvano lungo la spina dorsale.

Si appoggiò alla porta, sospirando, un sorriso rassegnato a decorargli le labbra.
Forse sarebbe avvenuto prima del previsto.

Con uno sforzo enorme, tentò di rimettersi dritto e di assumere l’espressione più normale che potesse. Aprì la porta e uscì in corridoio.

“James!” si sentì chiamare da una voce allegra e, improvvisamente, si ritrovò Ariel appesa al collo. Nell’abbracciarlo, però, la ragazza era andata a sbattergli contro il fianco e ciò gli aveva provocato una scarica di dolore talmente forte che gli aveva oscurato la vista per qualche secondo e mozzato qualsiasi urlo gli fosse nato in gola.

“Ari”, mormorò. “Che succede?”

“Niente!” rispose lei, sempre in tono squillante. “Avevo solo voglia di abbracciarti”. E, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, scappò su per le scale, saltellando allegramente.
Il ragazzo si trovò a sorridere per l’esuberanza della sorella e, per non cadere a terra, si appoggiò qualche secondo al muro, prima di continuare a trascinare i piedi lentamente al piano terra, reggendosi il fianco con una mano.

Quando entrò in cucina, trovò la signora Weasley intenta a cucinare e i suoi amici seduti attorno al tavolo da pranzo.

Si avvicinò al frigo e tirò fuori un cartone di succo, bevendo direttamente da lì.

“James, sei pallido”, notò Teddy, seduto accanto al padre di fronte alla sua pozione antilupo.

“E’ vero. Sembra che stai per vomitare da un momento all’altro”, aggiunse John con la solita delicatezza che lo contraddistingueva tanto.

Il moro si sentì puntare tutti gli occhi addosso e cercò di apparire più naturale possibile. “Sto bene, sono solo un po’ stanco”, rispose lui, cercando di raggiungere velocemente la porta. Un movimento brusco, però, gli provocò un’altra scarica di dolore che questa volta gli fece venire le lacrime agli occhi, mentre cadeva in ginocchio tra gemiti di dolore.

Gli amici presenti nella stanza si alzarono di colpo, allarmati. Ted corse a sorreggere l’amico perché non sbattesse la testa contro il pavimento e si inginocchiò accanto a lui. Poi lo fece stendere per terra a pancia in su, rivelando così una grossa macchia di sangue che si era allargata sulla sua maglietta.

“Oh Merlino!” esclamò la Signora Weasley, portandosi le mani alla bocca.

Remus, intanto, cercava di sollevargli la maglietta, ma le mani del ragazzo continuavano a spingerlo via. Così Ted fu costretto a bloccargliele.

“No”, biascicò James, contorcendosi sul pavimento.

L’uomo era riuscito a scoprirgli le fasciature che ancora gli coprivano l’addome e che erano piene di sangue fresco. Sperava che si trattasse soltanto della ferita che si era riaperta, ma in cuor suo vedeva qualcosa di ben peggiore.

Infatti, non appena gliele tolse, tutti i presenti sgranarono gli occhi, inorriditi e sconvolti.

 

Jolie si buttò sul letto con un gran sospiro e rimase immobile a fissare il soffitto sopra di sé.

“Che c’è, Lie?” le chiese Emmie, seduta sul proprio baule, notando l’espressione un po’ strana dell’amica.

“Stavo pensando…”, le rispose la ragazza, senza voltarsi a guardarla.

“Ah, perché sai pensare?” fece Victoire in tono scherzoso. La rossina, per tutta risposta, le fece una linguaccia.

“Comunque, pensavo…”, continuò Jolie. “Secondo voi la battaglia in cui dovevamo salvare Harry era quella che abbiamo appena affrontato?”

Le due ragazze presenti nella stanza con lei non le risposero subito, probabilmente impegnate a riflettere sulle parole dell’amica.

“Secondo me sì”, le rispose Emmie. “Prima di partire ci hanno descritto più o meno che cosa sarebbe successo e le cose hanno coinciso. Insomma, quelli che c’erano, il motivo dell’attacco…”.

“Sì, ma Harry non è stato neanche ferito”, la interruppe Vicky pensierosa. “Voglio dire…”. Ma prima che la bionda potesse aggiungere altro, Jolie si era alzata di colpo dal letto e si era precipitata fuori dalla stanza; un terribile presentimento le era venuto tutto d’un colpo.

 

Quando Jolie giunse nella stanza di JamesRemus, seguita da Emmie e Victoire, trovò il ragazzo steso nel letto con un orribile segno che gli copriva quasi tutto l’addome. Ricordava una svastica inscritta in una specie di cerchio. Aveva tutta l’aria di essere un tatuaggio, solo che era realizzato col suo sangue.

Al suo capezzale si erano radunati quasi tutti, con espressioni sconvolte e preoccupate.

La grifoncina si sedette accanto a lui e gli prese la mano delicatamente. “Jamie”, chiamò.

“Lie”, mormorò lui, quasi senza voce. Aprì piano gli occhi, puntandoli in quelli della ragazza, e le strinse la mano.

“E’ stato quel Mangiamorte?” chiese Jolie. “Quando hai spinto Harry? Era la maledizione di cui è morto mio fratello?”

“Cosa?!” esclamò Harry, appoggiato al muro vicino alla porta.

“Credo… credo di sì”, biascicò JamesRemus, cercando di mettersi seduto.

“Ho mandato un Patronus al dottor Kent!” disse la voce di Sirius, accorso in quel momento nella stanza. “Avete chiamato Silente?”

“Remus è andato ad avvertirlo”, gli rispose James, ponendogli una mano sulla spalla.

“Jimmy, tu lo sapevi?” fece John, rivolto all’amico steso nel letto.

“Lo immaginavo”, il moro si spinse con le braccia per mettersi seduto meglio, ma un’altra fitta lo colse all’improvviso e Teddy si slanciò per aiutarlo.

“Perché l’hai fatto?” si intromise allora Harry, avvicinandosi al letto e poggiando le mani sul bordo. “Perché mi hai spinto via?”

“Dovevamo salvarti! Siamo venuti qui per questo. Sapevo che quella era la battaglia in cui saresti stato ferito e non poteva succedere”.

“Ma così…”. Harry non ebbe il coraggio di concludere la frase, ma tutti capirono che cosa intendesse dire. E lo sapeva anche JamesRemus, proprio per questo non aveva voluto dire niente a nessuno. Sperava che la cosa riuscisse a passare inosservata, almeno fino alla sua dipartita, e invece aveva sottovalutato i dolori che avrebbe patito.

 

Piton rimase a fissare il simbolo maledetto sul corpo pallido di James per una decina di minuti buoni, poi riportò lo sguardo su Silente, poggiato alla testiera del letto accanto a lui. Nella stanza erano rimasti Sirius e gli amici del ragazzo.

“Allora, Severus?” chiese l’anziano mago, senza guardare nessuno dei presenti. Teneva lo sguardo fisso sulle proprie mani.

“E’ una maledizione molto antica”, rispose il professore di pozioni, col solito tono strascicato. “Veniva utilizzato ai tempi della comparsa dei primi maghi, ma ormai dovrebbe essere stata dimenticata. Sicuramente colui che l’ha usata doveva avere una conoscenza molto vasta delle arti oscure”.

Dopo le parole del Serpeverde, la stanza cadde in un pesante silenzio.

“E non c’è niente che possiamo fare?” chiese Ariel, angosciata. Come tutti gli altri del resto.

L’insegnante parve riflettere per qualche secondo, poi ricominciò a parlare, osservando il morente. “Ci sarebbe una pozione. È piuttosto complessa, ma posso prepararla. Se non fosse che manca un ingrediente nella mia dispensa”.

“Quale?” chiese Sirius con trepidazione.

“Si tratta del Cuore della Cometa”.

“Ma non era una leggenda?!” sbottò Ted, guardando Piton come se avesse appena detto di aver fatto un viaggio su Marte.

“No, non lo è”.

 

Il Cuore della Cometa era un fiore in grado di curare tutte le maledizioni, spiegò Piton. Era poco conosciuto per il fatto che era stato usato forse soltanto due volte in tutta la storia magica ed era stato poco usato perché era quasi irraggiungibile. Cresceva nelle foreste dell’amazzonia, vicino ad un villaggio di maghi e streghe che vivevano ancora in un ambiente primitivo, però molto capaci nel creare tranelli e incantesimi per proteggere le loro ricchezze, come, appunto, il Cuore della Cometa.

“Allora, siamo d’accordo?” chiese Sirius, lo sguardo fisso sulla mappa stesa sul tavolo che segnava la strada che avrebbero dovuto fare. Avrebbero raggiunto la foresta con una passaporta, ma quella li avrebbe portati soltanto al limitare. Tutto il resto sarebbero stati costretti ad attraversarlo a piedi.

Frank e James annuirono. Avevano deciso di accompagnare l’amico in questa spedizione altamente mortale senza esitare. Dopotutto, se si fosse trattato di uno dei loro figli sapevano che nemmeno Sirius li avrebbe lasciati andare da soli.

“Papà, veniamo anche noi”.

I tre uomini si voltarono verso la porta, trovandovi Joel e John fermi sulla soglia che li guardavano con aria decisa.

“Cosa?!” sbottò Frank, spalancando gli occhi.

“Be’, avrete bisogno di tutto l’aiuto possibile”, rispose John, scrollando le spalle, con un sorrisetto beffardo stampato sul volto. Sembrava che percepisse quella spedizione come una gita al luna park.

“Sì, ma di certo non porteremmo voi. Siete solo dei ragazzini”, fece notare Paciock senior, scambiando un’occhiata con i due amici.

“Ci risiamo”, sospirò John in direzione di Joel, mimando le parole con le labbra. L’amico alzò gli occhi al cielo.

“Continuate a sottovalutarci”, iniziò allora il più piccolo dei Black. “Abbiamo affrontato cose peggiori. E poi non ho intenzione di guardare mio fratello morire senza fare niente”.

John annuì, avvicinandosi di più all’amico. I tre uomini sospirarono, ben consci che non avrebbero potuto fare molto per far cambiare loro idea.

“Vengo anche io!” Questa volta era stata la voce di Harry a parlare. Arrivato in cucina senza essere notato, guardava il padre così intensamente che sembrava volergli dire qualcosa soltanto col potere dello sguardo. “James mi ha salvato la vita. Glielo devo”.

 

 

MILLY’S SPACE

Torna settembre e torna anche Milly : ) come state? Vi sono mancata?

James: ti piacerebbe -.-‘’

Milly: sta’ zitto tu! Allooooora ^^
Che dire? Questo capito l’ho scritto finché ero al mare, ma non saprei dire se mi soddisfa oppure no. Lascerò a voi i commenti.
Piccole precisazioni, anche se penso siano superflue: il Cuore della Cometa è una mia totale invenzione, non l’ho presa né rubata in altre parti. Se ne avete già sentito parlare allora è soltanto una coincidenza, o forse no ^^.

Sto vedendo già delle asce levarsi sopra la mia testa. Questa cosa non mi piace. Be’, levo le tende, allora, prima che il mio sangue inizi a scorrere a fiumi o la mia testa faccia la fine di quella di Ned Stark.

Bacioni e buon rientro a scuola o al lavoro : )

Milly.

PUFFOLA_LILY: ehm, mi sa che anche tu stai levando l’ascia ora D: ma ti avviso che se mi uccidi non potrai mai sapere il finale u.u Sì, John e Charlie sono tenerissimi, li adovvo. C’è da ringraziare solo Ino.
Alla prossima,
bacioni,
M.

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Capitolo 44
*** Capitolo quarantatre ***


CAPITOLO QUARANTATRE

“In pratica arriviamo lì e prendiamo questo fiore, no?”

John fissò gli occhi sulla mappa che aveva dispiegata davanti e si grattò la nuca con fare pensieroso. Lui e Joel erano rimasto da soli in cucina ad osservare gli ultimi particolari del piano.

“Sì, ma non sarà così semplice”, gli fece notare il biondino, senza guardarlo in viso.

Paciock sospirò. Questo lo sapeva, ma non avevo certo intenzione di rinunciarci. E poi, un po’ di sana avventura ero quello che gli serviva.

“Ragazzi”. Una voce dietro di loro li sorprese, facendoli sobbalzare. Si voltarono verso la porta trovandovi James con una mano appoggiata allo stipite e l’altra che si reggeva il fianco, piegato in due. Probabilmente si era trascinato fin lì con le ultime forze che gli erano rimaste.

“James!” esclamò John, sorpreso di trovarlo lì. Cercò di raggiungerlo per sorreggerlo, ma Joel lo precedette.

“Non potete andare”, mormorò il ragazzo in  tono basso. Sembrava avere il fiatone. Si lasciò andare quasi completamente contro il fratello che, sebbene più basso di qualche centimetro, riusciva a reggerlo benissimo. “E’ troppo pericoloso.

John alzò gli occhi al cielo. “Jimmy, ti prego, non fare l’eroe melodrammatico”.

“Ma…”, cercò di protestare il ragazzo, sforzandosi di mettersi dritto, ma un gemito gli scappò dalle labbra. 

Paciock allora gli si piazzò di fronte e pose le mani sui fianchi, ricordando molto la Signora Weasley. “Niente ma. Non ti lasceremo morire. Se questa è l’unica soluzione per salvarti lo faremo, anche a costo di andare su Marte. Mi sono spiegato? E ora torna a letto”.

James lo guardò con un misto di gratitudine e incredulità. Sembrava che ancora non si rendesse conto di quello che i suoi amici sarebbero stati disposti a fare per lui. James dava tutto se stesso per quelli a cui voleva bene, ma sembrava che non potesse concepire il contrario. E, capendo che non c’era nient’altro da dire, chiuse la bocca e si lasciò condurre verso la propria stanza, praticamente trascinato da John e Joel.

 

Un deciso bussare alla porta scosse Harry dai suoi pensieri. Jolie lo osservava ferma all’entrata della stanza, indecisa se entrare o meno.

“Ciao”, la salutò lui con un sorriso, quelli che riservava sempre a lei.

“Ciao”, ricambiò la ragazza, decidendosi ad entrare. Poi si sedette accanto a lui, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo rivolto verso l’armadio davanti. “Come stai?” gli chiese, più per rompere il ghiaccio che non per vero interesse. Prima di venire lì aveva in mente un sacco di cose da dirgli, ma ora non sapeva da che parte iniziare. Non era per niente brava ad esprimere i suoi sentimenti.

“Sei venuta anche tu a dirmi di non andare?” fece Harry, però, ignorando la sua domanda. “Ti ha mandato la mamma?”

Jolie prese un grosso respiro e rispose. “No. Non mi ha mandata nessuno e non ho intenzione di dirti di non andare”.

“Ah no?” Harry si voltò verso la sorella, spiazzato e perplesso.

“No”, ripeté la rossina, guardandolo con un sorriso che sembrava voler dire che lei la sapeva lunga. “Tanto sarebbe inutile, l’ho imparato con gli altri. Potrei dirti tutte le cose del mondo per farti rinunciare ma so che non lo farai”.

“Sembra che tu mi conosca bene”, sorrise il ragazzo, abbassando lo sguardo.

“Conosco la nostra famiglia e so che l’orgoglio e la testardaggine sono una componente terribile. E poi, sembra che agli abitanti di questa casa ecciti il pericolo”.

Harry non poté che trovarsi a ridere e Jolie lo seguì. Quando si calmarono, lei gli prese una mano tra le sue. “Solo, Harry, promettimi una cosa”.
Lui alzò lo sguardo e la osservò negli occhi.
“Cerca di non morire. Abbiamo fatto tanta fatica per venire qui e abbiamo bisogno di te. E poi…”, spostò lo sguardo da un’altra parte, arrossendo leggermente. “e poi non potrei sopportare di perderti di nuovo”.

Il ragazzo sorrise, quasi commosso. Poi si allungò verso la sorella e la strinse in un forte abbraccio. “Ti voglio bene, Lie”.

 

John cercava una maglietta abbastanza comoda da mettersi per la spedizione, ma la maggior parte dei suoi vestiti era composta da camicie eleganti e magliette costose e di certo non gli andava di rovinarle.
Infilò la testa nell’armadio e starnutì per la polvere.

“Cerchi qualcosa?” gli chiese una voce appena entrata nella camera da letto.

“Una maglietta”, rispose l’altro, senza neanche guardare chi era entrato. Il passo di Charlie l’aveva sentito quando ancora era in corridoio.

“Questa può andare bene?”

Soltanto allora Paciock estrasse la testa dall’armadio e rivolse l’attenzione all’amico che reggeva in mano qualcosa di rosso. Il ragazzo lo prese in mano e lo dispiegò, scoprendo che era una maglietta con un drago disegnato in mezzo.

“E questa dove l’hai trovata?” gli chiese il biondino curioso.

Charlie scrollò le spalle. “Non ha importanza”.

John se la infilò dalla testa, lasciando che gli scivolasse sugli addominali scolpiti che il moretto si fermò ad osservare prima che la maglietta glieli coprisse.

“Grazie”, fece John, osservandosi allo specchio. Sembrava piuttosto contento del regalo. Dire che gli stava bene era un eufemismo, ma John stava bene praticamente con qualsiasi cosa.

“Tappo?”

“Sì?”

Charlie si trovò in un battito di ciglia stretto tra le forti bracci di John che gli premette il viso contro il proprio petto e inspirò il suo odore, quell’odore che aveva solo il suo Tappo e che ogni volta gli provocava qualcosa di strano dentro.

“E questo per che cosa è? Per la maglietta?”

John si sciolse dall’abbraccio e si spolverò la maglietta. “No, non è per la maglietta”. E, senza aggiungere altro, si allontanò, lasciando il povero Charlie confuso e perplesso. Ma mentalmente pregava Merlino perché tornasse sano e salvo.

 

Ariel stava aiutando Joel a preparare una borsa con le cose da portare per il viaggio, ma nessuno dei due diceva niente. Lui non parlava molto in generale e lei non sapeva che dire che il fratello già non sapesse.

Il ragazzo infilò una cassetta del pronto soccorso nello zaino quando lo sguardo gli cadde su James, addormentato sul letto, una smorfia di dolore che gli deturpava il viso.

“Ci penso io a lui”, sentì dire alla sorella, guardando nella sua stessa direzione. “Voi cercate di tornare presto”.

Joel si voltò vero di lei e annuì. “Certo”. Poi si alzò, afferrando lo zaino.

“Joel!” lo richiamò la sorella prima che sparisse oltre la soglia. “Ricordarti: vigilanza costante”.

Il ragazzo sorrise e sparì dietro la porta.

 

I sei avventurieri erano partiti alla ricerca del fiore della Cometa e in tutta Grimmauld Place alleggiava un silenzio terribile e la tensione si poteva toccare con un dito.
Alice e Lily cercavano di tenersi occupate pulendo e spolverando la cucina, ma senza neanche scambiarsi qualche parola. Probabilmente non volevano esprimere le loro preoccupazioni ad alta voce per paura di farle diventare reali.

Ad un tratto però, Lily fece cadere un piatto che stava asciugando e questo si frantumò in mille pezzi all’impatto col terreno.
Alice fece un balzo sul posto e si voltò verso l’amica. Questa stava guardando il pasticcio che aveva fatto come se non credesse ai propri occhi.

“Io… mi dispiace”.

“Non ti preoccupare”. La mora si avvicinò all’altra e le prese lo straccio dalle mani. “Tranquilla. Ci penso io”. Estrasse la bacchetta dalla tasca e, con un colpo veloce, riparò il piatto. “E’ meglio se ti siedi”. E la fece accomodare su una sedia.

“Sono così preoccupata, Ali”, sbottò Lily, allora, spostando lo sguardo sull’amica e guardandola come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.

“Lo so, tesoro”, cercò di consolarla Alice, prendendole una mano tra le sue. “Anche io. Ma dobbiamo restare concentrate e occuparci di James finché gli altri non tornano”.

La rossa annuì mestamente e cercò di aggiungere qualcosa, quando videro Martha entrare in cucina e dirigersi al frigorifero senza nemmeno guardarle. Le due ragazze la osservarono bene. Sembrava che la cantante si fosse lasciata parecchio andare; i suoi capelli biondi erano spettinati, aveva le occhiaie e gli occhi gonfi, come se avesse appena pianto, e non si curava nemmeno di come si vestiva. Non capivano che cosa le stesse succedendo e ogni volta che cercavano di chiederglielo lei scappava via. Forse avevano una mezza idea, ma non volevano azzardare niente.

“Martha?” chiamò Alice con un tono cauto, come se temesse di scatenare una terribile bestia. Martha si voltò verso di lei e la guardò come se lei non dovesse trovarsi lì. “Stai bene?”

L’altra rimase con la bottiglia d’acqua a mezz’aria. “Sì, sì. Sto bene”.

“Sei preoccupata per Sirius, immagino”.

“Un po’, sì”.

Si portò la bottiglia alla bocca e la svuotò quasi del tutto, trangugiando grandi sorsate. Intanto teneva la mano libera sulla pancia.

 

“Bene, direi che il posto è questo”, commentò Frank, non appena atterrarono in mezzo ad una radura. Gli altri si tirarono in piedi e si spolverarono i vestiti, guardandosi attorno. “Decisamente è questo”, concordò James.

“D’accordo. Allora da che parte andiamo?” fece Sirius che non voleva perdere tempo prezioso.

Frank estrasse la mappa dalla tasca e se la rigirò tra le mani. “In teoria dovremmo essere in questo punto”. E puntò l’indice su un grande spiazzo a destra del foglio.

“Ma potrebbe anche essere questo”, gli fece notare John, indicando un altro punto, che stava invece da un’altra parte.

“No, secondo me è proprio questo”, lo contraddisse il padre.

“Maledizione!” sbottò Sirius, frustrato. “Dobbiamo deciderci”.

“Stai calmo, Paddy”, cercò di rassicurarlo James, posandogli una mano sulla spalla. “Non dobbiamo perdere la calma. Osserviamo bene la mappa”.

Tutti e sei puntarono gli occhi sulla mappa, scrutando bene entrambi punti indicati. “Io sono d’accordo con Frank”, concluse James, passandosi una mano tra i capelli.

“D’accordo, allora dovremmo procedere verso est”.

Sirius tirò fuori la bacchetta e pronunciò l’incantesimo che serviva per guidarli. Seguendo la direzione indicata, quindi, si incamminarono tra gli alberi e l’erba alta, temendo i pericoli che avrebbero incontrato, ma soprattutto, pregando di riuscire ad arrivare in tempo.

 

 

MILLY’S SPACE

Ebbene, questo è il secondo aggiornamento del giorno ^^ Mi piace avere tempo per scrivere. alloooooraaaa… che ne dite? I nostri eroi sono partiti alla caccia del Fiore della Cometa, mentre James è a letto tra la vita e la morte. Riusciranno a salvarlo?
Leggete per scoprire ^^ e nel frattempo recensite!!!!

Bacioni,

M.

FEDE15498: oh eccoti! Pensavo t’avessero rapita gli alieni e stavo per mandare gli Auror a cercarti. E invece sei tornata, bene : )
Be’, se vuoi sapere come andrà a finire con James continua a seguire la storia, ma… niente armi qui dentro u.u

PUFFOLA_LILY: *le porge un fazzoletto* James non vorrebbe vederti piangere. Credo che tu non sia l’unica che vuole vedere lui e Jolie insieme, comunque ^^ è una delle coppie più acclamate, insieme a Charlie e John. Ahahaha. Spero di risentirti, bacini.

 

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Capitolo 45
*** Capitolo quarantaquattro ***


CAPITOLO QUARANTAQUATTRO

I ragazzi erano partiti da un paio d’ore e non se n’era più saputo nulla. Ariel sperava che stessero bene, come tutti in quella casa, e che portassero quel dannato fiore in tempo. Sorseggiò un altro sorso del suo tè, guardando fuori dalla finestra. Non c’era gran che da vedere e a dirla tutta non stava nemmeno osservando qualcosa in particolare, era solo persa nei suoi pensieri. Era parecchio preoccupata, sentiva un terribile peso allo stomaco ma non voleva darlo a vedere. Non le piaceva provare queste sensazioni, preoccupazione o tristezza, la facevano sentire così debole e vulnerabile e mostravano quella parte del suo carattere che non voleva si mostrasse.

Finì di bere il suo tè, che ormai era diventato freddo, e ripose la tazza nel lavello. Poi cominciò a salire le scale verso la stanza di suo fratello.
Lo trovò steso a pancia in su sul letto, gli occhi chiusi, che dormiva profondamente. Si poteva vedere come il suo petto si alzava e si abbassava ogni volta che prendeva una boccata d’aria e poi la espelleva.

Lei rimase per un po’ a guardarlo e poi si sdraiò accanto a lui, attenta a non svegliarlo. Ma James parve sentirla lo stesso perché si scosse un po’ e aprì gli occhi.

“Scusa, non volevo svegliarti”, disse lei, prendendogli una mano.

“Ariel”, sussurrò lui con voce bassa, intrecciando le dita con quelle della sorella e le sorrise.

“Ti fa male?” gli chiese la ragazza, portando la mano libera sulle bende che gli fasciavano la ferita.

“Solo quando respiro”, rispose il moro, sarcastico. Ma Ariel non rise. Voleva fare qualcosa per aiutarlo, ma oltre a dargli degli antidolorifici non c’era molto altro da fare. “Si sa niente degli altri?”

La bionda spostò lo sguardo verso il petto scoperto del fratello. “No. Ma sono sicura che torneranno presto con quel fiore”.

“L’importante è che tornino”, commentò il ragazzo, buttando fuori due colpi di tosse. “Se succede qualcosa a John, poi chi lo consola Charlie?”

Questa volta Ariel scoppiò a ridere. James adorava fare battutine su quei due alle loro spalle, ma in realtà non vedeva loro di vederli insieme.

“Chissà quando capiranno che sono fatti l’uno per l’altro”.

“Lo capiranno prima o poi. Vorrei tanto esserci per poterli vedere”.

Ariel spalancò gli occhi e lo guardò con espressione grave. “Certo che li vedrai! Andremo al loro matrimonio, tu ballerai con Jolie e suonerai la marcia nuziale”.

James le sorrise teneramente, poi si voltò su un fianco per guardarla meglio. “Ariel, ascoltami”. Fece una pausa prima di continuare. “Voglio che tu sappia che ti voglio bene e te ne vorrò…”.

“No, non dire queste cose!” lo interruppe lei, alzandosi di colpo. Non gli tirò uno schiaffo soltanto perché stava male. “Non dire che mi vuoi bene perché io non te lo dirò. Tu non stai per morire. Tu starai bene e noi faremo tante cose insieme”. Per quanto odiasse piangere, non riuscì a trattenere le lacrime che le sgorgarono dagli occhi in quel momento. “Noi faremo tante cose insieme. Diventeremo famosi e canteremo insieme ai concerti e la gente… la gente ci adorerà e noi… noi…”. Non riuscì più a continuare a causa dei singhiozzi che avevano preso a scuoterla.

“Ari”, sussurrò James e la attirò a sé per abbracciarla. Lei allora continuò a piangere contro il suo petto, stringendosi forte a lui.

 

“Io continuo ad essere convinto che dovevamo prendere l’altra strada”.

“E io ti dico che questa è quella giusta”.

“Ma non può essere!”

“Ragazzi, la volete smettere?!”

L’esclamazione di John riuscì a zittire tutti. Frank lanciò un’occhiata storta a Sirius che ricambiò con una altrettanto minacciosa. Gli altri fecero finta di nulla e proseguirono lungo la strada, facendosi largo tra gli alberi e le sterpaglie.

Ad un certo punto, però, sbucarono in una spiazzo aperto dove si spalancava un enorme burrone, dal quale precipitava una imponente cascata che finiva in una specie di enorme fiume.

“Bene e adesso che facciamo?” chiese Frank in tono acido. “Io l’ho detto che era meglio seguire l’altra strada”.

Sirius e James si avvicinarono cautamente al bordo per guardare. “Non è molto alto”.

“Certo che no! Solo una ventina di metri!”

“Se sapevo che rompevi così le palle, ti facevo restare a casa, Frank”.

“Ok, come facciamo a passare?” chiese Harry.

“Siamo sicuri che dobbiamo per forza scendere?” fece James.

“Vedi altre strade tu?”

“Potremmo volare”.

“Ma qui la magia non funziona”.

E mentre i cinque stavano a discutere, John, portatosi a qualche metro di distanza dal burrone, prese una forte rincorsa e corse dritto verso il burrone. Poi si lanciò nel vuoto e, lanciando un urlo degno di Tarzan, precipitò verso il basso e cadde con un gran tonfo nell’acqua scura. Gli altri osservarono la scena con occhi spalancati e quando non lo videro riemergere cominciarono ad agitarsi.

“Oh Santo Merlino!”

“Tuo figlio è completamente pazzo”.

“Si sarà ammazzato”.

“Eccolo!” gridò ad un certo punto Joel, indicando un piccolo punto con l’indice. E quello era proprio John che, sbucato dall’acqua, se la rideva come un matto e faceva segno agli altri di raggiungerlo.

“Be’, direi che un modo l’abbiamo trovato”, commentò Sirius, preparandosi anche lui al tuffo.

“Ma siete matti? Volete tuffarvi anche voi?” chiese Frank, completamente sbigottito.

“E dai, Frankie! Ammettilo che sei un fifone”, lo prese in giro James, raggiungendo l’amico.

“Non è questo. E’ solo che non ho più l’età per fare certe cose”, borbottò l’uomo.

 

Ted fissava ormai da mezz’ora il soffitto del salotto, steso scompostamente sul divano. Si sentiva stanco ma non riusciva a dormire. Gli faceva male la testa e sentiva tutto il corpo indolenzito. Quella sera ci sarebbe stata la luna piena e decisamente non aveva voglia di affrontarla. Non sapendo che James non sarebbe stato con lui. Certo, c’erano tutti gli altri, ma James… insomma, era James, era il suo migliore amico, era quello che lo capiva meglio e che lo aiutava a stare meglio.

“Teddy?”

Il ragazzo sobbalzò leggermente a quella voce che lo chiamava. Spostò lo sguardo allo stipite e incontrò la figura di suo padre ferma sulla soglia.

“Stai bene?” gli chiese questi.

Il ragazzo non sapeva se si stesse riferendo al suo stato fisico o quello psicologico. Ma in entrambi i casi si sentiva una merda, quindi…

Remus, probabilmente intuendo i suoi pensieri, entrò in salotto con passo silenzioso e si sedette sul tavolino di legno di fronte al divano su cui stava il figlio.

“James si riprenderà”, cercò di rassicurarlo.

Teddy spostò i suoi occhi dorati e tormentati su di lui.  “Non lo so”.

“Cerca di essere ottimista”.

“Me lo dicono tutti. Ma l’ottimismo non porta da nessuna parte”.

Lui era quello pessimista, James invece l’ottimista. Lui era la luna, James il sole. Lui era quello tranquillo e riflessivo, James quello impulsivo e deciso. Insomma, si completavano a vicenda. Come avrebbe fatto senza di lui?
Non riusciva nemmeno a concepire una cosa simile.

“Papà?”

“Hmm?”

“Tu come ti sei sentito quando hai saputo che i tuoi migliori amici erano morti?”

Remus rimase un attimo a riflettere su quella domanda. “Mi sono sentito come se mi fosse crollato il mondo addosso”.

“E poi che hai fatto?”

“Poi ho proseguito con la mia vita perché sapevo che era quello che James e Lily avrebbero voluto. Il dolore è durato per molto tempo, ma un po’ alla volta si attenuava. Ma loro c’erano sempre nel mio cuore, non se ne sono mai andati”.

“Ma non era come averli al proprio fianco”.

Questo no, certo, Remus lo sapeva. Solo Merlino sapeva quanto avesse sofferto per quella perdita. E a tutto quel dolore si era aggiunto anche il tradimento di un amico.

“James non morirà, Ted”.

“Come fai a dirlo?”

“Ho fiducia”.

Dopotutto, nemmeno James e Lily erano morti, no?

 

“Dobbiamo aggiungere un pizzico di sale anche, dopo aver mescolato”, ricordò Charlie al padre, rileggendo di nuovo la ricetta della pozione che stavano creando per controllare se avevano messo tutto.

Piton, impegnato a mescolare il liquido che c’era in un grosso calderone, lanciò un’occhiata al ragazzo seduto al tavolo della cucina della sua casa in Spinner’s End che sfogliava attentamente il suo libro di pozioni.
Non gli somigliava per niente quel ragazzo, era minuto, aveva un naso sottile e un viso molto dolce, gli occhi profondi. E sì, decisamente era più carino di lui. Però era intelligente come lui e bravo a fare pozioni, ma dopotutto lo aveva abituato fin da piccolo a quell’arte, o meglio, l’altra versione di lui, quella del futuro. Sicuramente dell’aspetto fisico doveva aver preso molto da sua madre.

“Il fiore lo metteremo alla fine”, aggiunse il ragazzo, richiudendo il libro.

“Ci tieni a quel ragazzo”, disse Severus, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.

“E’ uno dei miei migliori amici”.

L’uomo si sentiva lo sguardo di Charlie puntato sulla schiena, ma non si voltò.

“Perché proprio loro? Insomma… non sono nemmeno della tua Casa”.

Lo sentì sospirare. “Perché loro mi sono stati vicini, mi hanno accettato. Non sono così cattivi come pensi”.

“Io non penso che siano cattivi”.

“Sì, lo pensi. O almeno sei convinto che i loro padri lo siano”.

Su questo non lo poteva contraddire, ma aveva anche notato che i ragazzi del futuro avevano più buon senso di quanto non lo avessero avuto i loro genitori alla loro età. E vedeva anche che Charlie si trovava bene con loro.
Forse… forse presto lo avrebbe anche visto insieme a una di quelle ragazze, chissà, magari insieme alla figlia di Lily… oh Merlino! Ma che andava a pensare?

“Papà, sei arrossito?” chiese Charlie, guardandolo con un accenno di sorriso.

“Cosa? No!”

“Sì, sei tutto rosso”.

“E’ colpa di questo fumo. Fa caldo”, cercò di giustificarsi l’uomo, nascondendo il viso dietro i capelli, ma comunque divertito anche lui nel vedere il ragazzo ridere di gusto.

 

 

MILLY’S SPACE

Ciao, ragazzi. Era da un po’ che non mi facevo sentire, ma ho avuto parecchio da fare in questi giorni.
Sapete che ieri sono stata al Luccacomics? E’ stato bellissimo *------* ho comprato un sacco di cose e fatto un po’ di foto, se riesco le metto sulla mia pagina facebook
(https://www.facebook.com/MillysSpace) così le vedete. E voi ci siete andati?

Raccontatemi e ditemi anche che ne pensate di questo capitolo.

Un bacione : )

FEDE15498: le persone di carta e inchiostro sono le migliori, le preferisco di più alle persone vere ^^ (è una cosa grave secondo te? Mah). John e Charlie, John e Charlie *__ * come non adorarli? ^^ Spero di risentirti presto, un bacione.

PUFFOLA_LILY: eh, sarà ancora dura per James e Jolie… Martha è un personaggio che mi sta lasciando un po’ a desiderare. L’ho creata, ma non ne sono molto soddisfatta. Tu che ne pensi? Fammi sapere. Un kissss <3

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Capitolo 46
*** Capitolo quarantacinque ***


CAPITOLO QUARANTACINQUE

Stavano camminando da ore ormai, erano stanchissimi e quel che era peggio avevano l’impressione di non star andando da nessuna parte ma di star girando continuamente attorno. Erano sperduti in mezzo ad un bosco, o meglio, sembrava più una foresta tropicale, piena di alberi e l’erba era talmente alta che faticavano a camminare.

John si fermò per riprendere fiato e si asciugò il sudore dalla fronte. Portò lo sguardo al cielo, scorgendo il sole attraverso i rami degli alberi.

“Stai bene?” gli chiese Frank, in piedi dietro di lui.

Il ragazzo si riscosse d’un colpo e si voltò a guardare il padre, annuendo debolmente. “Sì, sì”.

“Vuoi che la porti io?” si offrì l’uomo, indicando lo zaino che il ragazzo aveva sulle spalle.

“No, ce la faccio”.

Il biondino riprese il cammino seguendo gli altri che erano davanti. James, con la carta in mano, apriva la fila e dietro di lui c’erano Harry e Sirius che l’aiutavano a capire qual era la strada da prendere e subito dopo procedevano Joel e John e Frank. Quest’ultimo, però, fece una rapida corsa e in poche falcate raggiunse i due uomini davanti.

“Ragazzi, dovremmo fare una pausa”, disse “e mangiare qualcosa”.

James arrestò il cammino e rifletté sulle parole dell’amico; effettivamente non aveva tutti i torti, anche lui sentiva un certo languorino. Durante tutto quel tempo aveva continuato a camminare per inerzia e i piedi gli dolevano.

Alla fine decisero di fermarsi per un po’ e trovarono riparo sotto ad un albero, accomodandosi per terra o sulle rocce, e tirarono fuori quello che avevano portato da mangiare.

“Siamo sicuri che sia la strada giusta? A me sembra che stiamo girando in tondo”, fece John, addentando un pezzo di pancetta.

“La mappa dice che è questa”, lo rassicurò Potter senior, frugando nel suo zaino.

“Sempre se la stai tenendo nella posizione corretta”, lo prese in giro Frank mostrandogli un sorrisetto malizioso.

“Spiritoso!”

Dopo quel breve scambio di battute, restarono a mangiare in silenzio, ognuno perso nelle proprie riflessioni. Evitavano persino di guardarsi, forse anche per la troppa stanchezza.

 

Emmie lesse velocemente i procedimenti che seguivano nella ricetta per i souflè, mescolando con energia la crema contenuta in un pentolino. Non aveva scelto dei pasticcini semplici, però aveva bisogno di distrarsi un po’ e di sfogare in qualche modo la sua ansia. E poi JamesRemus adorava i soufflè e, siccome non riusciva a mangiare niente, magari con quelli ci sarebbe riuscito, a mettere qualcosa nello stomaco, oltre che a farsi venire il buon umore.

Tirò fuori le piccole ciotole in cui avrebbe infornato i dolcetti e osservò se la sua crema fosse pronta. Magari un altro paio di rimestamenti potevano starci, con i soufflè bisognava stare attenti.

In quel momento venne raggiunta in cucina da Teddy che, senza dirle una parola, si accasciò su una sedia con aria piuttosto stanca. Come biasimarlo? Quella notte c’era stata la luna piena e ancora soffriva i postumi della trasformazione.

Emmie fece finta di niente, non voleva disturbarlo con domande inutili e di certo non gli avrebbe chiesto come stava, la domanda era più che scontata. Così continuò a rimescolare la crema, sentendosi lo sguardo del fratello addosso.

“Fai i soufflè?” le chiese lui.

“Sì, per James. Ma magari li mangia anche qualcun altro”.

“Sei gentile”.

La ragazza gli sorrise teneramente e poi posò la crema per accendere il forno. Rilesse un’ultima volta la ricetta per controllare di non aver scordato niente e infine riportò di nuovo lo sguardo sul fratello.

“Sei andato a trovare James?”

Teddy abbassò lo sguardo mentre un certo senso di colpa lo pervadeva. No, non ci era ancora andato e non ne aveva il coraggio. Gli faceva male vederlo soffrire e, soprattutto, ciò gli avrebbe acceso immediatamente la consapevolezza che… che… no, non doveva pensarci. Gli altri erano tutti sicuri che si sarebbe salvato, perché non poteva crederci anche lui? Perché doveva essere sempre così pessimista?

“Dovresti andarci. Gli farebbe piacere”, lo incoraggiò la sorella, infornando i soufflè.

Il ragazzo decise di seguire il suo consiglio, perciò, prima di ripensarci, si alzò dalla sedia e corse su per le scale.

Arrivato in camera di JamesRemus, trovò l’amico seduto sul letto, appoggiato a molti cuscini, intento a scrivere qualcosa su un blocchetto. Il licantropo esitò sulla soglia per osservarlo un po’ da lontano. Ad un tratto il moro alzò lo sguardo e, quando lo vide lì, inarcò le sopracciglia.

“Guarda che puoi entrare, non ho la lebbra”, scherzò, allargando le labbra nel suo tipico sorriso malandrino.

Allora Teddy si avvicinò al letto e ci salì sopra, sedendosi accanto all’amico a gambe incrociate.

“Stai scrivendo una nuova canzone?” chiese a bassa voce.

“Ci sto provando, ma ho un po’ di nausea”.

“Vuoi che scriva io?”

James lo guardò dritto negli occhi color caramello. “No, non serve. Tanto non ho ispirazione”. Scivolò sui cuscini andando a sdraiarsi un po’. “Pensavo che non saresti venuto. Mancavi solo tu al mio capezzale”. Tentò di sdrammatizzare con una risatina, ma tutto quello che ne uscì fu un colpo di tosse.

“Mi dispiace”. Teddy abbassò lo sguardo, sentendosi gli occhi pungere per le lacrime. Non era uno che piangeva di solito e in parte era anche colpa del suo essere licantropo. A volte si sentiva peggio di una donna incinta.

“Ehi!” lo chiamò l’amico, allungando una mano verso di lui. “Non ti sto accusando”, lo rassicurò. “Era una battuta. Dai vieni qui”. James alzò un braccio per fargli spazio, in modo che l’altro potesse stenderglisi accanto e poggiare la testa sulla sua spalla. Il Metamorfomagus non se lo fece ripetere due volte e si strinse forte al moro. Gli piaceva stargli vicino e spesso avevano dormito abbracciati, fin da quando erano piccoli. E lo stesso valeva per James; il corpo di Teddy era caldo e terribilmente comodo.

“Mi prometti una cosa?” gli chiese Black.

“Cosa?”

“Ti prenderai cura di Ariel e Joel?”

Teddy esitò un attimo prima di rispondere. Non voleva fare quella promessa perché ciò avrebbe significato che accettava una cosa che non avrebbe mai voluto accettare, ma allo stesso tempo voleva accontentarlo.
Aveva sempre immaginato che sarebbero cresciuti insieme, che sarebbero rimasti amici per tutta la vita e che avrebbero raggiunto la vecchiaia insieme, sostenendosi nei momenti felici e tristi della vita. E poi era persino certo che lui sarebbe morto prima di James.
Però erano in guerra e in guerra poteva succedere di tutto.

“D’accordo”, rispose infine, cercando di tenere la voce il più ferma possibile. Ma la verità era che le lacrime avevano preso a scorrergli lungo le guance e non aveva certo intenzione di farlo capire all’amico.
Come avrebbe fatto senza di lui? Non riusciva nemmeno a pensarci…

 

Charlie e Severus si materializzarono nel salotto di Grimmauld Place, trovando solo Victoire che sedeva su una poltrona e leggeva un libro.

“Ciao, Vicky”, la salutò il ragazzo un po’ frettolosamente. “Abbiamo portato la pozione”.

“Bene. Mettetela in cucina”.

Il professore si diresse subito verso la porta della cucina, con la pozione ben stretta in mano. Charlie invece rimase con l’amica, sedendosi sul divano.
La ragazza poggiò il libro sul tavolino e si scostò i lunghi capelli biondi.

“Come sta?” chiese il moro, senza specificare a chi si stesse riferendo ma era chiaro.

“Per ora resiste”, rispose lei. “Ma spero che i ragazzi arrivino presto.

“Lo spero pure io”.

“Sei preoccupato?”

“Tu no?”

Victoire rimase a fissarsi le mani pensierosa. Tutta quella situazione rendeva nervosa anche lei. Ne avevano viste di cotte e di crude nel loro tempo, ma nessuno di loro aveva rischiato la vita né comunque si era ritrovato sul punto di morte.
E aveva paura…

 

Si erano rimessi in cammino già da un’ora e finalmente si erano liberati di quella foresta e quell’erba che arrivava fino alla vita per giungere però a una zona in salita. Quindi non è che la cosa fosse cambiata tanto. Però almeno si erano riposati e avevano mangiato un po’.  

“Ehm…”, bofonchiò John, cercando di attirare l’attenzione degli altri.

“Che c’è?” gli chiese Harry, preoccupato che ci fosse qualcosa che non andava.

Il biondino assunse un’espressione mortificata. “Devo fare la pipì”.

Sirius si sbatté una mano in fronte e gli altri sospirarono. “Non potevi farla durante la pausa?” lo rimproverò Joel.

“Ma prima non mi scappava”.

“D’accordo, d’accordo!” esclamò Frank prendendo in mano la situazione prima che gli altri si mettessero a litigare. “Falla qua”.

John mise a terra lo zaino e si avvicinò a un cespuglio slacciandosi i pantaloni. Gli altri restarono ad aspettare, non mancando di guardarsi un po’ attorno. Non avevano ancora ricevuto nessun attacco e non avevano incontrato trappole e questo li preoccupava assai. Quando qualcosa filava tutto liscio allora non era mai un buon segno.

Quando il ragazzo ebbe finito e si fu pulito le mani sui jeans, James guardò un’ultima volta la mappa e la chiuse. “Adesso dovrebbe esserci un ponte. Voi ne vedete uno?”

Sirius alzò una mano indicando un punto non molto lontano. “Quello è un ponte?”

Gli altri guardarono nella direzione che l’uomo stava indicando, constatando che sì, si trattava di un ponte.
Corsero in quella direzione ma quando lo videro, rimasero un po’ raggelati: il ponte non era proprio stabile, anzi, il vento lo stava facendo oscillare pericolosamente e mancavano un paio di assi qui e là. Per non parlare del fatto che era lungo, almeno tre metri, e copriva il passaggio che andava da una sponda all’altra, tra le quali turbinava un fiume impetuoso, spinto da una forte corrente.

“Bene”, commentò Frank, controllando che non ci fosse una via d’uscita più sicura.

“Direi che ora ci tocca sfidare la gravità”.

“E se attraversassimo uno alla volta?” propose Sirius.

“Ci metteremmo troppo”.

“Allora andiamo due alla volta”.

Decisero che quella era la soluzione migliore, perciò i primi ad avviarsi furono John e Joel. Ma appena ebbero attraversato mezzo metro, il vento si alzò ancora più forte facendo dondolare il ponte instabile ancora di più. I due cercavano di reggersi alla ringhiera, ma stare sul bordo del ponte non era proprio un’idea saggia.
Si muovevano a piccola passi, attenti a non mettere un piede in fallo, ma ad ogni asse si sentiva scricchiolare qualcosa e temevano che presto o tardi il ponte avrebbe ceduto. Cosa che infatti successe: Joel mise un piede su un asse rotta e quella crollò sotto di lui, facendo precipitare il ragazzo di sotto che scomparve in un battibaleno.

“Joeeeeeeel!” gridò John, gli occhi spalancati e il vento che fischiava nelle orecchie.

 

 

MILLY’S SPACE

Ce l’ho fatta!

Lo so, lo so, è veramente da tanto che non aggiorno questa fanfiction, ma vi confesso che ero poco ispirata a mandarla avanti. Sono anche stata presa da un’altra storia, nel fandom di Sherlock (si intitola “It’s elementary, Watson. The fact that I love you”, se volete darci un’occhiata), però mi dispiace aver aggiornato così tardi. Tenterò di non farlo più succedere.

Va bene, non sto a rompervi troppo.
Spero mi lascerete qualche recensione e vanno bene anche minacce di morte ^^

Un bacione,
Milly.

FEDE15498: wow, sono contenta che le mie storie ti facciano questo effetto ^^ spero non fosse niente di brutto la cosa che ti ha spaventata. Ahaha, John sarà anche un pirla ma noi lo adoriamo proprio per questo, vero, Charlie? ^^ Charlie: “Eh? John? Io non adoro John”.
Sese… va be’ ^^ un bacione, M.

PUFFOLA_LILY: oddio, spero tu non ce l’abbia con me per questo mega ritardo. Scusa, davvero. *si fustiga da sola* Purtroppo per James e Jolie dovrai aspettare il prossimo capitolo, mi sa… ma arriveranno anche loro, non ti preoccupare.
Fammi sapere, un bacio. Milly.

POTTER_92: guarda che ti vedo lo stesso anche se entri di soppiatto ^^ James, Jolie, accuccia! Purtroppo nemmeno io mi sono fatta sentire per un po’, I’m so so so so so sorry. Tuttavia, spero di aver rimediato con questo capitolo.
Che cosa ne pensi?
Un abbraccio stritolaossa. Milly.

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Capitolo 47
*** Capitolo quarantasei ***


CAPITOLO QUARANTASEI

“E dai su, non fare il difficile!”

Jolie alzò gli occhi al cielo sospirando pesantemente e lasciò cadere il cucchiaio nel piatto facendo schizzare un po’ di minestra sulle lenzuola bianche. Se non fosse stato in punto di morte, l’avrebbe preso a pugni molto volentieri. E invece le toccava sorbirsi un JamesRemus capriccioso senza opporre resistenza e che, oltretutto, la guardava con un sorrisetto sfrontato come per dire “Ahaha, questa volta ho vinto io”. Nemmeno quando stava male se lo poteva togliere. Ma cosa avevano mangiato i suoi genitori quando l’avevano concepito? Conoscendo Martha e Sirius qualcosa di pesante, sicuramente.

“Ma sono ferito!”

La ragazza brontolò qualcosa di incomprensibile e, riempito il cucchiaio di minestra, lo infilò in bocca al ragazzo che quasi si strozzò. “Ehi, vacci piano!” si lamentò questi.

“Hai chiesto di farti imboccare, adesso non ti lamentare”.

“Sì, ma non essere violenta. Anche se so che ti è difficile”.

“Non mi provocare. Sono armata”.

“Non vedo la tua bacchetta”.

“Non mi serve una bacchetta. Ho un cucchiaio. E un piatto. E della minestra calda”.

James decise che era meglio non continuare a controbattere e si lasciò imboccare senza più aprire bocca, eccetto che per accogliere il cibo. Era ben consapevole che l’amica sarebbe stata in grado di mettere in atto le sue minacce. Non minacciava mai a caso.
Jolie, seduta sul bordo del letto, si chiedeva intanto come fosse capitata in quella situazione. Emmie l’aveva fatto apposta, a mandarla lì a portare la minestra al ragazzo. Sembrava tanto innocente e santarellina, ma in realtà ne pensava una più del diavolo. A volte era persino peggio di James e John messi insieme.

“Chi l’ha fatta?” chiese ad un tratto il moro. “La minestra, intendo”.

“La Signora Weasley”, gli rispose inespressiva la ragazza, dandogli un altro sorso di minestra. James lo trangugiò a fatica. Jolie poteva anche non credergli, ma davvero non se la sentiva di mangiare da solo. Gli tremavano le braccia se solo le alzava e reggere un piatto caldo non gli sembrava una buona idea. Oltretutto gli costava fatica persino stare seduto con la schiena appoggiata ai cuscini.

“Devo vomitare”.

“Cosa?”

“Devo vomit…”. Il moro non fece in tempo a concludere la frase che un rigurgito gli risalì dalla bocca dello stomaco e tutta la minestra che aveva mandato giù fino a quel momento  ritornò nel piatto. Jolie infine gli passò un fazzoletto perché si ripulisse. “Scusa”, sospirò lui lanciandole un’occhiata mortificata.
Lei gli sorrise rassicurante. “Non importa”. Poggiò il piatto pieno di vomito sul comodino e lo aiutò a ridistendersi sui cuscini. Infine gli spostò i capelli sudati dalla fronte mentre lui la guardava pieno di gratitudine e col petto che si alzava e si abbassava freneticamente nel tentativo di incamerare più aria possibile.

Martha, che passava proprio in quel momento in corridoio davanti alla stanza, lanciò un’occhiata attraverso la porta spalancata e restò a osservarli curiosa. “Tutto a posto?” chiese.

“Sì”, rispose velocemente Jolie con voce roca. Poi si alzò dal letto e prese il piatto. “Vado a portare questo in cucina”. E senza voltarsi indietro uscì dalla stanza. Martha, invece, entrò subito dopo che l’altra se ne fu andata e, con passo silenzioso, si avvicinò al letto del malato e si sedette sul bordo dove poco prima c’era la rossa.

“Come stai?” chiese al ragazzo gentilmente.

“Una merda”, ridacchiò lui debolmente, scivolando sui cuscini, gli occhi mezzi chiusi.

“Guarirai presto. Sirius e gli altri torneranno presto e porteranno la pianta”, cercò di rassicurarlo.

“Basta che tornino”.

La donna, non sapendo che altro aggiungere per essere di conforto, per quanto si può essere di conforto a qualcuno che sta morendo, iniziò a guardarsi attorno come per esplorare la stanza. Notò una chitarra poggiata contro il muro.

“Suoni la chitarra?”

“Sì. Si chiama Roxy”.

“Le hai pure dato un nome! Anche io alla mia”.

“Lo so”.

Martha restò a osservarlo curiosa. Quel ragazzo la incuriosiva, molto. Somigliava un po’ troppo a Sirius e aveva certi atteggiamenti che… e poi c’era questa strana sensazione che non sapeva descrivere ma era forte. Senza quasi rendersene conto gli prese una mano tra le proprie notando che la sua era molto fredda.

“Mi nascondete un segreto. Tu e gli altri, intendo”, disse ad un tratto fissandolo, in tono quasi freddo. Ma pensava che si fosse addormentato e che non l’avesse sentita, così sobbalzò quando lo sentì risponderle. “Può darsi”. Allora lo sentì stringerle la mano ancora di più e lei ricambiò la stretta. “Chi è tua madre?”

Il ragazzo si umettò le labbra prima di risponderle, sempre con gli occhi chiusi. “Una donna bellissima e piena di talento. Mi cantava le ninna nanne prima di addormentarmi”.

“Le somigli?”

James piegò le labbra in un sorriso sghembo. “Dicono che somiglio a mio padre”.

E allora fu pervasa dal senso di consapevolezza. Martha aveva finalmente avuto la risposta che cercava e, come in automatico, la mano libera da quella di James corse alla sua pancia e a quella piccola sporgenza che ancora non c’era.

“Dovresti dargli un’altra possibilità. A papà”, mormorò il ragazzo ormai mezzo addormentato.

 

“Joeeeeeeel!”

John era rimasto praticamente paralizzato sul posto quando aveva visto l’amico sprofondare di sotto e non era riuscito a fare niente per evitarlo.
Sirius, rimasto con gli altri all’inizio del ponte, era corso immediatamente nella sua direzione, senza preoccuparsi dell’instabilità del ponte. Harry fece per seguirlo, ma il padre glielo impedì trattenendolo per una spalla.

Solo quando l’uomo lo ebbe raggiunto, Paciock sembrò risvegliarsi e subito si inginocchiò per guardare attraverso le assi crollate.

“Joel!” esclamò John. Il ragazzo, penzoloni, si reggeva con entrambe le mani a un’asse di ferro che era rimasta attaccata ad un chiodo.

“Grazie a Merlino!” esclamò Sirius, le guance tutto d’un colpo tornate del loro colore normale. Ora però bisognava tirarlo su perché quell’asse non avrebbe retto ancora a lungo e, se fosse caduto nel fiume turbinoso e gelido, non si sarebbe di certo salvato. “Dammi la mano”, gli gridò allungandogli il braccio destro.
Il ragazzo staccò la propria, pregando di riuscire a reggersi con una mano sola, e la allungò verso il padre. Solo che questi era troppo in alto e non ci arrivava. L’uomo provò ad allungarsi oltre il bordo ma anche lui rischiava di cadere.

“Prendiamo la corda!” esclamò John mettendo a terra lo zaino.

Joel, però, trattenendo il respiro e raccogliendo il coraggio, usò la trave di ferro come leva e si diede una spinta verso sinistra per riuscire a raggiungere la mano del padre. L’afferrò al volo e lasciò cadere l’unico appiglio che aveva e che si staccò sprofondando di sotto.
Allora anche John si protese per prendergli l’altra mano e, lui e Sirius, riuscirono a tirarlo su non senza fatica.
Si ritrovarono tutti e tre stesi sul ponte col fiato grosso e i corpi che tremavano, un po’ per la fatica e un po’ per la paura.

“Andiamocene”, concluse infine Joel, rialzandosi. Fecero segno agli altri di muoversi e, con molta più cautela di prima, raggiunsero l’altra parte del ponte.

 

Ted camminava avanti e indietro per la stanza, preoccupato e nervoso come forse non lo era mai stato. Emmie, seduta sulla poltrona, lo guardava quasi ipnotizzata.

“E se non tornassero in tempo?  E se non tornassero affatto?”

Victoire sospirò per l’ennesima volta. L’amico non aveva fatto altro che esprimere quelle ipotesi per tutto il giorno e aveva cominciato a diventare noioso. Oltretutto non sopportava sentirlo parlare così. Non lo sopportava nessuno.
Potevano capire che il ragazzo era un po’ pessimista e che vedeva sempre il bicchiere mezzo vuoto, però ora iniziava a superare il limite. Teddy, dal canto suo, invece, se la prendeva con gli altri perché credeva che stessero sottovalutando la cosa e che non la stessero affrontando nella maniera giusta.
Però, accidenti… si trattava di James, del suo migliore amico, di… della persona a cui voleva più bene al mondo insieme alla sua famiglia. Praticamente per lui era quel fratello che non aveva mai avuto.

“Ti vuoi dare una calmata, Teddy? Stai scavando un buco nel pavimento”, gli fece notare Vicky, spostandosi una ciocca di capelli biondi sfuggita alla treccia.

Il ragazzo però continuò la sua passeggiata come se da ciò dipendesse la sua vita.

“Sapete dov’è Ariel?” chiese la bionda.

“Non lo so. Forse dai Weasley”, le rispose Emmie, incrociando le gambe sulla poltrona.

“Uff… sparisce sempre quando c’è qualche problema”.

“E’ fatta così”.

Ted in quel momento la capiva benissimo, anche lui avrebbe voluto sparire, da un lato. Dall’altro, però, sentiva la necessità di stare lì, vicino a James. E poi, lui non era uno che scappava di fronte ai problemi.

Vicky, ad un tratto, si allontanò dalla sua posizione vicino al camino, si avvicinò al ragazzo e, presolo per le spalle, lo spinse verso la sedia più vicina. Non lo mollò finché non ebbe annegato i propri occhi in quelli dorati di lui. “Datti una calmata. Mi stai facendo venire mal di testa”. Ted restò a guardarla come un cucciolo ferito. “Gli altri torneranno presto e James starà bene”. Gli sorrise dolcemente e il ragazzo si sentì subito più confortato e le sue spalle si rilassarono. Victoire gli faceva sempre quell’effetto, il suo sorriso, le fossette sulle guance che le comparivano… quella ragazza aveva un potere su di lui che nessun altro aveva. “E adesso resta seduto lì che ti faccio una bella tazza di tè”.
La bionda si allontanò ancheggiando per raggiungere il fornello, mentre lo sguardo di Ted la seguiva come attratto.
Vicky era bellissima, innegabilmente bellissima.

E tu sei un fottuto licantropo, Ted.

 

“Hai fame?”

Joel quasi sobbalzò sentendo la voce del padre che gli si era avvicinato da dietro. Doveva stare più attento, non poteva distrarsi così.

“No, sono a posto”.

Sirius gli si affiancò e rimase accanto a lui a guardare le stelle che splendevano in cielo. “Quella è la costellazione di Orione”, indicò a un certo punto, puntando l’indice verso un gruppo di stelle.

“Lo so. Me l’hai insegnato quando ancora non sapevo parlare”.

“Oh, allora ho fatto qualcosa di utile”.

Joel gli lanciò una strana occhiata e poi scoppiò a ridere, seguito dal padre. “Sì, l’hai fatto”.

“E che altro ti ho insegnato?”

“Be’… mi hai insegnato a volare. Sono più bravo di James. E di Ariel. Ma lei soffre di vertigini per cui non vale”.

Sirius rimase in silenzio. Chissà come era stato per loro, com’era stata la loro vita, com’era stato come padre. Non vedeva l’ora di scoprirlo e non vedeva l’ora di crescere quei ragazzi che, certo, ne avevano viste tante, però erano così… così speciali.
Se una volta gli avessero detto che avrebbe avuto dei figli e che ne sarebbe stato felice… non ci avrebbe mai creduto e avrebbe preso per pazza questa persona.

“E a loro cos’ho insegnato”.

Joel si girò verso il padre e lo guardò con espressione seria. “Non sono bravo coi sentimentalismi. A quello ci pensa James”.

L’uomo sorrise e gli pose una mano sulla spalla. “D’accordo. Come vuoi. Meglio se ora dormiamo. Domani abbiamo ancora strada da fare”.

 

 

MILLY’S SPACE

Sicuramente vi siete chiesti che fine ha fatto Milly. Non sono morta, tranquilli. Solo sono stata sommersa dai libri, dalla scuola e da tutte le altre cose che mi hanno tenuta parecchio impegnata. Chiedo scusa.
Spero vi ricordiate ancora di questa storia.

Va be’, non vi trattengo molto. Lasciatemi qualche recensione e venitemi a visitare sulla mia pagina Face.

Un bacione,

M.

PUFFOLA_LILY: ehehe, piaciuta la scenetta tra JamesRemus e Jolie? Comunque, come hai potuto vedere, Joel si è salvato. Eh, mica potevo ucciderlo. Comunque, scusami per il ritardo, cercherò di non farlo più succedere. Spero di risentirti ancora, chissà se ti ricordi di me e di questa storia ^^ ahaha, un bacione. M.

 

 

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Capitolo 48
*** Capitolo quarantasette ***


CAPITOLO QUARANTASETTE

“Corriiiiii!!!”

“Doveeee???!!”

“Non lo so, ma corriiiii!!”

Sirius per poco non cadde in avanti con la faccia nel fango inciampando nei suoi stessi piedi. Ma non c’era tempo per cadere; lui e gli altri erano impegnati in un’autentica maratona con delle strane creature che a prima vista sembravano umane, ma non erano umane. Avevano l’aspetto di umani, ma a guardarli bene potevano essere solo delle creature oscure che popolavano quella dannata foresta pronti ad azzannare chiunque vi si addentrava. Avevano dei denti affilatissimi, come quelli dei cani, solo che le loro erano velenose e bastava solo un morso per farti schiattare subito. Oltretutto potevano correre comodamente anche a quattro zampe, il che li rendeva molto più veloci. E come se non bastasse in quella parte della foresta non potevano usare la magia.
Quindi era una gara di velocità tra loro e quelle dannatissime creature.

A un tratto James, rimasto indietro, tirò un urlo e gli altri lo videro ruzzolare per terra. Uno di quei mostri lo aveva afferrato per una gamba e lo trascinava indietro.

“Non farti mordere!” gli gridò Frank che stava pensando velocemente a una soluzione.

“Grazie tante!” ringhiò in risposta l’altro che scalciava con tutte le sue forze e tentava di aggrapparsi a qualsiasi cosa per non farsi trascinare.

In quel momento, con una sveltezza e prontezza da maestri, Harry afferrò un grosso pezzo di legno e lo ficcò tra le fauci della creatura impedendogli di mordere qualsiasi altra cosa. Poi Joel gli sferrò un potente calcio allo stomaco e quello rotolò lontano.

“Grazie, ragazzi”, fece James, alzandosi in piedi aiutato da Sirius. “E ora rimettiamoci a correre”.

I compagni di quello che avevano appena atterrato li stavano per raggiungere e i loro ringhi e le loro grida inumane si potevano udire come se ce li avessero davanti. Erano riusciti a distanziarli per un po’, ma adesso stavano per avere la peggio.
Non avrebbero saputo dire quanti fossero, una ventina o trentina, decisamente troppi per combatterli tutti anche con la magia.

Corsero per qualche altro metro, ma poi vennero bloccati di nuovo e questa volta da un’enorme pozza di fango che ribolliva come acqua bollente.

“Sicuramente non possiamo farci una nuotatina”.

“Ragazzi, ci stanno per raggiungere. Dobbiamo fare qualcosa”.

Il lago era troppo largo per poterlo saltare ed era anche profondo. Oltretutto, non erano sicuri di uscirne vivi, anche se provavano a passarci a nuoto.
John fece scorrere lo sguardo sul grosso albero adiacente al lago. C’era una corda appesa a uno dei rami e pendeva proprio sopra il liquido ribollente.
Non era sicuro che l’idea avrebbe funzionato, tuttavia starsene lì impalati non sarebbe servito a niente.
Si arrampicò velocemente sull’albero, davanti agli sguardi attoniti degli altri, e raggiunse il ramo con la corda. Poi vi si calò e si dondolò forte per riuscire a spingersi dall’altra parte. Una volta raggiunta l’altra sponda, mollò la corda e la lanciò agli altri.

“Forza, muovetevi!”

Harry afferrò la corda e imitò il ragazzo.
Quelle creature però li avevano già raggiunti e ora dovevano difendersi in qualche modo.

“Muovetevi!” urlò Sirius mentre teneva una delle creatura per il collo e tirava calci a quelli che cercavano di attaccarlo da dietro.
Infine, usando tutta la forza che aveva in corpo, sollevò il suo ostaggio e lo lanciò contro gli altri atterrandoli come birilli.
Anche Joel e Frank erano già passati e ora toccava solo a James e Sirius.

“Forza, Jamie!”

James avrebbe voluto che fosse stato l’amico a passare per primo, ma non c’era da discutere in quel momento perciò si decise a saltare. Si aggrappò alla liana e, con uno urlo alla Tarzan, raggiunse anche lui l’altra sponda.
Frank si batté una mano sulla fronte: era esageratamente teatrale anche in quelle situazioni.

Quando anche Sirius arrivò al sicuro, i sei rimasero a osservare che cosa avrebbero fatto quei mostri ora. Avevano tagliato la corda così che non potessero raggiungerli in quel modo. Un paio di creature si erano addentrate nel fango venendone risucchiati quasi subito. Gli altri perciò non ci provarono nemmeno. Non erano stupidi. Purtroppo.

“Ragazzi, andiamocene prima che trovino un modo”.

Non persero altro tempo e corsero ancora un po’ fino a che non assunsero un passo sostenuto, ora che non c’era più la minaccia di quei cosi. Ma chissà quante altre ne avrebbero incontrate.

“Se usciamo vivi da questo posto tutti quanti sarà un miracolo”, disse Frank, passando sotto una grossa foglia di palma.

“Non dire idiozie. Ovvio che usciremo tutti vivi”, lo redarguì Sirius in tono duro. Si erano avventurati in quella missione per salvare suo figlio, non aveva intenzione di perdere uno dei suoi migliori amici. “E poi potremo anche vantarci”.

James, che arrancava dietro a tutti col fiato ormai esaurito, si fermò a un tratto e si dovette appoggiare a un albero. “Ragazzi, non ce la faccio più”. Harry fu il primo a raggiungerlo con sguardo preoccupato. L’uomo scivolò contro l’albero e si mise seduto, una gamba piegata contro il petto. “Stai bene, papà?”

“Sì, tesoro, sono solo stanco”, gli rispose il genitori mostrandogli un sorriso rassicurante in risposta alla sua espressione terribilmente in ansia.

“Jimmy, ce la fai?”

“Non lo so”.

“Sei ferito? Stai male?”

“Sono solo troppo vecchio per queste cose”.

Frank gli passò una bottiglietta d’acqua e l’amico se la scolò quasi tutta.

“Siamo vicini”, sbottò ad un tratto Joel, la mappa aperta davanti. “Guardate, ci manca da attraversare un altro ponte e poi arriveremo alle montagne dove cresce la pianta. Mancano pochi chilometri”. Anche John controllò la mappa e dovette constatare che l’amico aveva ragione.

“Non è meglio se ci riposiamo un po’?”

Joel lanciò un’occhiata all’orologio da polso. “Non abbiamo tutto questo tempo. JamesRemus non ce l’ha”.

“Allora è meglio se ci rimettiamo in marcia”, concluse James rialzandosi, non senza fatica.

“Sei sicuro, amico?”

“Sicurissimo”.

Nessuno contestò né disse niente. Non c’era il tempo e in ogni caso non era una saggia idea lasciare indietro qualcuno. Perciò Sirius si fece passare un braccio dell’amico attorno alle spalle e lo aiutò a procedere.

“Non si può ancora usare la magia qui?”

Frank tirò fuori la bacchetta e provò a lanciare un lumos ma non successe niente. “Niente magia”.

 

“Pensi che ce la farà?” chiese Emmie rivolta a Jolie che le stava accanto. Entrambe erano ferme sulla soglia della porta della stanza di JamesRemus e osservavano il ragazzo dormire. Il suo petto si alzava e si abbassava ma faceva molta fatica a respirare e la sua fronte scottava talmente tanto che ci si poteva cuocere un uovo sopra. La ferita poi doveva fargli molto male perché aveva un’orribile smorfia dipinta in viso.

“Sì che ce la farà. Lui se la cava sempre”, rispose la rossina senza distogliere lo sguardo dal ragazzo. Doveva farcela, assolutamente, non c’erano alternative. Non poteva immaginare un mondo senza JamesRemus, non era nemmeno concepibile una cosa del genere. Lui era la spalla di tutto il loro gruppo, era praticamente l’asse portante. E, per quanto facesse fatica ad ammetterlo, anche lei aveva bisogno di lui. Come avrebbe fatto altrimenti senza le sue continue battutine, il suo continuo provarci con lei, le sue coccole e i suoi strusciamenti. Ci si era affezionata ormai. E, soprattutto, chi avrebbe preso a calci se lui non ci fosse stato più?

“Charlie e Severus hanno preparato la pozione. Manca solo il fiore”.

“Già”.

Quel dannato fiore. Ma quanto ci mettevano suo padre, suo fratello e gli altri? Sperava solo che non fosse successo qualcosa a loro. Non avrebbe sopportato di perdere due persone care in un colpo solo. In quella guerra rischiavano sempre di perdere qualcuno e, anzi, loro avevano già perso molte persone. Per questo erano tornati in quel tempo, per sistemare le cose.

“Non ti preoccupare, Emmie”, disse infine, posando lo sguardo sulla Tassorosso. “Torneranno tutti sani e salvi e salveremo James”.

“Certo”, le sorrise la ragazzina.

 

James e John stavano ridendo come due cretini da quasi venti minuti e si tenevano la pancia per il dolore. Sirius, invece, li guardava con uno sguardo assassino, appeso a testa in giù al ramo di un albero. Senza accorgersi aveva messo il piede in una trappola e ora c’era una corda legata attorno alla sua caviglia che lo teneva prigioniero.

“Smettetela di ridere e aiutatemi a scendere”.

Ma per tutta risposta i due scoppiarono a ridere ancora di più. Soltanto Frank ebbe la prontezza di tirare fuori un coltello da taschino per tagliare la corda. Per fortuna non era rinforzata con nessun incantesimo, probabilmente serviva solo per rallentare.
Non appena fu libero, Sirius cadde a terra sbattendo la testa. “Non è divertente, non è affatto divertente”, si lamentò reggendosi il capo con le mani. Ormai stavano ridendo praticamente tutti. Persino Joel.

“Comunque, ci siamo ormai”, disse quest’ultimo una volta calmatosi. “Questo è il ponte e là ci sono le montagne”. Gli altri guardarono nella direzione dove puntava il suo dito e in lontananza poterono vedere le montagne.
Dovettero attraversare solo un paio di cespugli pieni di spine per raggiungere il ponte.

“Per la miseria!” esclamò Frank osservando quel nuovo ostacolo. Il ponte non era affatto un normale ponte come avevano sperato, ma era pieno di quelli che sembravano dei ragni grandi come delle pantegane e pelosi.

“Grazie a Merlino Ron non è qui”, commentò Harry, gli occhi puntati sul ponte.

“Come facciamo ad attraversarlo?”

“Sembra che stiano dormendo”, osservò Joel. “Dobbiamo riuscire a passare senza svegliarli. Basta non toccarli. Saranno pieni di veleno o qualcosa di simile”.

“Passare senza svegliarli. È una parola”.

“Non ci sono alternative e non abbiamo tempo da perdere”.

Come al solito fu Joel il primo ad avventurarsi, seguito da John e subito dopo da Harry, mentre i tre uomini si aggregavano a turno. Dovettero andare molto piano, stando ben attenti a dove mettevano i piedi.
Arrivati a metà, però, Sirius esclamò: “Oh cazzo!”

“Che c’è?”

“Credo di averne appena svegliato uno”.

“Cosa?”

Il ragno che Sirius aveva appena superato, si girò verso i sei intrusi allungando le sue orride zampe pelose. Aveva degli enormi occhi gialli, otto enormi occhi gialli, e non era affatto un bello spettacolo. E non solo, ma aveva anche un’orribile lingua serpentina che faceva ondeggiare dentro e fuori. Anche gli altri a poco a poco iniziarono a svegliarsi.

“Correteeeee!” gridò Frank puntando dritto.

“Si può sapere perché sei sempre tu a fare i casini?” fece James partendo in quarta dietro gli altri. Ormai non si preoccupavano più di fare attenzione a non svegliare i ragni, visto che erano già svegli e cercavano di afferrarli.

Joel raggiunse per primo la fine del ponte ma vide che i ragni si stavano muovendo nella sua direzione. Allora fece la prima cosa che gli venne in mente e tirò fuori la bacchetta, anche se non era sicuro che avrebbe funzionato. Lanciò un potentissimo Petrificus Totalus riuscendo a bloccarli tutti. I ragni rimasero immobili in posizioni assurde, permettendo agli altri di passare.

“Grande, figliolo!”

“Sì, ma non sono sicuro di quanto reggerà. Questo dura di meno del normale Petrificus Totalus”.

“Non importa. Ci penseremo”.

“Sono queste le montagne?” chiese John, la testa piegata verso l’alto.

“Credo di sì”.

“Ammazza, se sono alte”.

Quelle montagne erano imponenti e come se non bastasse non sembravano esserci abbastanza appigli.

“E il fiore è la in cima?”

“Già”.

“Che Merlino ci aiuti”.

 

 

MILLY’S SPACE

Eccomi tornata. Lo so, è da un pezzo che non aggiorno, ma sono stata presa con gli esami fino al due di luglio e poi ho avuto altre cose da sistemare e quindi solo ora riesco ad aggiornare. Spero vi ricordiate ancora di questa storia.

Non vi trattengo molto, anche perché è tardissimo. Ricordatevi di lasciarmi un commento e di venirmi a visitare nella mia pagina facebook, Milly’s Space.

Grazie,
bacioni.

M

FEDE15498: ehi : ) grazie mille per la recensione, oddio, è passato un secolo ^^ spero ti ricordi ancora di me xD ti è piaciuto questo capitolo? Cosa ne pensi. Ti chiedo scusa per il ritardo nell’aggiornare. Un bacione, Milly.

PUFFOLA_LILY: come si fa a non amare i personaggi di Ino ^^ sono tutti troppo fantastici e io non li rendo abbastanza giustizia. Spero di risentirti anche dopo tutto questo tempo. Un abbraccio, M.

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Capitolo 49
*** Capitolo quarantotto ***


CAPITOLO QUARANTOTTO

Avrebbe dato qualsiasi cosa per poter lanciare un semplice incantesimo e farsi portare in cima in un battibaleno, pensò James mentre con un sospiro di fatica metteva il piede nel prossimo appiglio. Quello era il pensiero che accomunava più o meno le menti di tutti dal momento in cui si erano avventurati in quella dannata spedizione. Potevano usare la magia, certo, ma solo incantesimi basilari e solo per poco tempo, non sufficientemente utile per superare quell’ultimo ostacolo. Era la solita fregatura. Così si erano dovuti arrangiare come i babbani quando scalano una montagna, legandosi la corda attorno alla vita e procedendo in salita, lentamente e a fatica.

Mancavano pochi metri, solo pochi metri li separava dal fiore magico che avrebbe salvato la vita a JamesRemus.
Ce l’avrebbero fatta, sarebbero tornati a casa tutti sani e salvi.

Ma, non appena salirono di un altro po’,  John perse la presa sullo spigolo e si trovò a volteggiare nel vuoto, con solo la corda che lo sosteneva. Il ragazzo lasciò andare un grido e allungò un braccio per recuperare il costone di roccia. Fu inutile.

Si dondolò un altro po’ ma anche quel tentativo non ebbe successo.

“John, riesci a darmi la mano?” gli chiese Frank porgendogli la mano affinché il figlio riuscisse a raggiungerla. Ma anche quella era troppo lontana. Il ragazzo imprecò sottovoce. Come aveva fatto a essere così maldestro?

Guardò in alto, poi in basso e fu colpito dalle vertigini. Il pensiero che ci fosse soltanto quel pezzo di corda legato attorno alla sua vita a separarlo dalla voragine che si apriva sotto di lui gli metteva i brividi.

“Ragazzi, la corda non reggerà ancora a lungo”, fece notare Sirius guardando il pezzo di fune sotto di lui che iniziava a strapparsi. “Così rischiamo di precipitare tutti quanti”.

“Lo avevo detto io che non era una buona idea legarci tutti insieme”, commentò James.

John si dondolò ancora, questa volta più forte, ma tutto ciò che ottenne fu di far rischiare anche agli altri di perdere la presa.

“Dobbiamo trovare una soluzione”, disse Frank, il volto pallido e sfigurato per la fatica. “E al più presto”.

Il giovane Paciock afferrò la corda con entrambe le mani e chiuse gli occhi in un’espressione rassegnata. Una soluzione c’era e lui sapeva qual era. Non gli piaceva, non avrebbe mai voluto ricorrerci ma non c’erano alternative. Non poteva rischiare di far morire tutti quanti e non poteva nemmeno rallentare il passo.
Meglio uno che tutti, no?

Joel, sull’altro lato del costone, lo guardava con occhi enormi e spaventati. Aveva capito cosa l’amico voleva fare, capiva sempre.

“John, no. Non pensarci neanche”.

“Devo farlo”.

“Fare che cosa?” si intromise Frank, gli occhi fissi sul figlio.

Il ragazzo alzò lo sguardo sul padre e gli sorrise. “Ti voglio bene, papà”.

Poi estrasse un coltello dalla tasca e, ignorando un’altra protesta da parte di Joel, fece quel gesto che aveva visto fare in uno dei film babbani che gli aveva fatto vedere Emmie: tagliò la corda poco sopra la sua testa.  

Gli altri non ebbero il tempo di sbattere le palpebre, di reagire in alcun modo. Restarono a fissare il corpo di John che precipitava quasi al rallentatore, le braccia che si protendevano verso l’alto, in silenzio. Non un suono era uscito dalla sua bocca e quel sorriso sulle labbra non lo aveva ancora abbandonato.
Sembrava che tutto si fosse bloccato, persino il vento.
Il mondo aveva smesso di girare.

 

 

James doveva vivere a tutti i costi, si ripeteva Jolie. Ma a che serviva continuare a ripeterselo? Non lo avrebbe certo trattenuto lì col potere delle parole, non funzionava così, nemmeno nel loro mondo. Le cose non erano mai così semplici, con tutta la magia e tutte le pozioni che possedevano le cose non erano mai semplici.

L’amico era ancora vivo grazie soltanto alla sua forza di volontà, ma si teneva legato al filo della vita con i denti.
E oltre alla preoccupazione per lui c’era anche quella per suo padre e suo fratello, per Sirius, Frank, Joel e John che ancora non erano tornati. Poteva essere successo qualcosa anche a loro. Magari erano tutti morti o rapiti o torturati.
Cercava di evitare quei pensieri ma venivano a tartassarla sempre più spesso man mano che passavano le ore e il tempo di James si accorciava.

Che cosa avrebbe fatto lei se tutto fosse andato storto? Se gli altri non fossero tornati col fiore e JamesRemus fosse morto? Erano tornati indietro nel tempo allo scopo di salvare Harry e avere una speranza di sconfiggere Voldemort invece avevano incasinato tutto ancora di più, mandando Il Ragazzo Che è Sopravvissuto in un’impresa suicida.

Si asciugò una lacrima che le era spuntata sul bordo degli occhi e tirò su col naso. Poi abbassò lo sguardo su James che dormiva profondamente. Gli appoggiò una mano sulla fronte solo per constatare che scottava ancora come una fornace. La febbre lo stava divorando.
Gli strinse una mano tra le sue e cercò di infondersi speranza. Ma non era lei quella speranzosa del gruppo, non era lei quella ottimista. John e JamesRemus lo erano.

“Lie”, sentì mugugnare sotto di lei. Il giovane Black si era svegliato e stava sbattendo le palpebre per riuscire a inquadrarla. “Lie”.

“Dimmi, Jamie. Sono qui”.

“Lie”. Il ragazzo non sembrava essere molto in sé. Jolie gli strinse più forte la mano per fargli sentire la sua presenza e cercare di rassicurarlo almeno un po’. Aveva di nuovo chiuso gli occhi probabilmente riaddormentandosi.
Ma un altro mugugno le fece capire che non era così. “Eres hermosissima, Lie. Eres hermosissima”, mugugnò sottovoce.

“Come? Non ho capito”.  

“Te quiero. Te quiero mucho”.

La ragazza sospirò e gli posò la mano sul letto. Le sembrava che dicesse cose senza senso, probabilmente delirava a causa della febbre.

“Andrà tutto bene, Jamie. Andrà tutto bene”.

Ma non ci credeva nemmeno lei. Niente sarebbe andato bene.

 

 

Ariel si staccò dallo stipite della porta e si allontanò dalla stanza di JamesRemus con le mani in tasca.
Aveva voglia di spaccare qualcosa. E aveva voglia di piangere, soprattutto di piangere benché lo detestasse. Avrebbe voluto prendere a pugni Jolie perché lei non capiva, lei non capiva le parole che lui le diceva e non le avrebbe mai capite. Non capiva che il sentimento che James provava per lei  era sincero e che lui sarebbe andato anche in capo al mondo se lei glielo avesse chiesto. Odiava Jolie, la odiava perché non era mai stata in grado di dimostrare nemmeno un briciolo di affetto per James, aveva saputo prenderlo solo a pugni. Lei non meritava il suo amore. Eppure lo riceveva lo stesso. E lui non pretendeva nulla in cambio.
Ma soprattutto la odiava perché era l’unica che aveva il coraggio di stare al suo capezzale.

Entrò nel salotto vuoto e si sedette per terra vicino alla finestra con la chitarra in mano. Non aveva voglia di suonarla, voleva soltanto tenerla perché la faceva sentire al sicuro. Ma non c’era più alcun angolo che fosse sicuro, non dalla morte almeno.

“Ariel!” si sentì chiamare. Dalla porta Ninfadora Tonks la guardava con la testa reclinata da un lato, negli occhi una strana luce. “Che ci fai qui?” le chiese. La ragazza fece spallucce.

“Perché non sei da tuo fratello?”

“C’è Jolie”.

Tonks entrò nella stanza e si sedette sul divano continuando a guardare la bionda che, dal canto suo, continuava a tenere gli occhi fissi su una macchia del pavimento.

“Gli altri torneranno presto”.

“Ancora ci credi?”

Non avevano fatto altro che ripeterlo in quegli ultimi giorni e si era stancata di sentire sempre quelle parole. Ormai avevano perso qualsiasi significato.

“Perché non dovrebbe essere così?”

Forse perché se fosse così sarebbero già tornati da un pezzo, pensò la ragazza ma non lo disse. Non disse niente. 
Non voleva più parlare, non voleva più nemmeno spostarsi da lì e voleva che Tonks la lasciasse in pace. Odiava anche lei in quel momento.

“Non posso perdere mio fratello”, disse a bassa voce tanto che si sentì soltanto lei.

 

 

L’aria era incredibilmente silenziosa. C’era solo silenzio. E immobilità. Nulla si muoveva, nulla faceva rumore. Persino loro sembrava che avessero smesso di respirare.
Ma la montagna era ancora lì, dura e ripida, non si era spostata, non si era accorciata e il fiore faceva bella mostra di sé con i suoi petali colorati e sembrava quasi che li stesse deridendo. Eppure Frank non sentiva niente di tutto questo, non percepiva nulla. Gli sembrava di star vivendo una vita che non era sua, di essere in un corpo che non era il suo, come in un sogno. In un incubo.
Era diventato insensibile.

“Dobbiamo proseguire”, ordinò Sirius riprendendo la scalata. Gli altri lo seguirono senza protestare, senza dire nulla.
In fondo, non c’era nulla da dire. Nulla.
L’immagine di John che precipitava nel vuoto era scolpita nelle loro retine con colori indelebili e non se ne sarebbe andata via mai più.

Sirius fu il primo a raggiungere la cima, con un sospiro e un gemito di fatica. Tastò con le mani la terra e quasi la baciò contento di essere finalmente al sicuro, più o meno, e aiutò gli altri a raggiungerlo.
Quando furono tutti al traguardo, rimasero a guardare il fiore a pochi passi da loro, ma senza avere il coraggio di toccarlo. Sembrava che avessero davanti un Dio o qualcosa di simile.
Finalmente Joel si decise ad allungare la mano e a raccogliere la pianta, con molta cautela, come se temesse che lo potesse mordere. Nulla di tutto questo. Si trattava di un semplice e banalissimo fiore.

“Tutto qui? Tutto questo per un dannato fiore?” sbottò Frank, troppo ansimante e stanco per urlare. James gli poggiò una mano sulla spalla cercando di dargli conforto, per quanto potesse aiutarlo. Avevano superato tutti gli ostacoli, avevano vinto ma non c’era ancora tempo per la rabbia e il dolore. E lui non voleva pensarci.

 

 

John aprì gli occhi lentamente e si portò una mano alla testa doveva aveva sbattuto. Il raggi del sole però lo accecarono facendogli quasi venire la nausea e fu costretto a richiuderli di nuovo. Allora cercò di controllare le altre parti del corpo, mosse le gambe e le braccia e tutto il resto e si sentì sollevato nel constatare che non aveva nulla di rotto e che poteva ancora muoversi.
Soltanto dopo lasciò che la mente analizzasse che cos’era successo.
Aveva tagliato lo corda, lo aveva fatto per davvero. Ed era stato semplice, banale, scontato. Ma lui era fatto così, gli piacevano le cose semplici ma in grado di sorprendere. O, come in quel caso, di salvare la vita a qualcun altro. E non ci aveva pensato due volte. C’era di mezzo anche la sua vanità, certo, il pensiero che sarebbe morto da eroe, ma tutto sommato era contento di essere vivo.  

Era vivo. Non morto. Vivo.

E allora scoppiò a ridere. Rise finché non gli fece male la mascella, rise finché non gli venne da soffocare.

 

MILLY’S SPACE

Hola! Vi ricordate ancora di questa fanfic (probabilmente no visto la mancanza di recensioni, ma è comprensibile ^^)?

Lo so, non mi faccio viva da un sacco e probabilmente vi starete chiedendo con quale coraggio io ricompaio qui dopo tutto questo tempo e con questo capitolo che è veramente una merdina. Ma che posso dire? Non mi piace lasciare le cose in sospeso e a questa storia ci tengo, perciò io non mollo, che voi lo vogliate o no.

Mi sto rendendo conto che sto veramente tirando per le lunghe questa parte della missione per salvare la vita a James ma a volte non ho il controllo dei miei personaggi ^^ No, comunque col prossimo capitolo si concluderà. E potrebbe anche arrivare presto, il prossimo capitolo intendo.

Va be’, basta con le chiacchiere. Spero di poter leggere qualche recensione questa volta, lo spero davvero, potete anche insultarmi, eh. Nel frattempo io sarò emigrata in Messico a prendere il sole e fumare marijuana.

Besos.

Milly.

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Capitolo 50
*** Capitolo quarantanove ***


CAPITOLO QUARANTANOVE

Scendere era stato dannatamente più facile che salire e anche più rapido. Ma è sempre così.
Fecero la strada del ritorno in completo silenzio, nessuno osò dire una parola e cercarono anche di scacciare qualsiasi pensiero dalla testa, o quantomeno, cercarono di non proferirli ad alta voce perché non sarebbe stato di aiuto a nessuno.

Joel non faceva che pensare a quello che sarebbe successo dopo, una volta che la calma fosse stata ristabilita concedendo loro il tempo di metabolizzare le cose. Non sarebbe stato piacevole, per niente.
Come avrebbe fatto a dare la notizia? A dirlo agli altri, a Emmie e a Charlie soprattutto? Per salvare la vita di suo fratello ne avevano perso un’altra altrettanto preziosa e sicuramente sarebbe stato costretto a raccontare com’erano andate le cose almeno un centinaio di volte. Certo, lui poteva anche apparire freddo e insensibile, ma soffriva, soffriva come tutti gli altri.

Frank continuava a ricacciare indietro le lacrime. Non era quello il momento di mettersi a piangere, doveva pensare a scendere e a conservare la mente lucida, quantomeno per non rischiare la vita dei suoi amici. Non avrebbe potuto sopportare di perdere qualcun altro quel giorno.
Che cosa avrebbe detto ad Alice?
Già se la immaginava… e Neville?
No, no, doveva smetterla!

Finalmente i loro piedi toccarono terra e i cinque ringraziarono Merlino per essere riusciti ad arrivare sani e salvi. Si guardarono di sottecchi come per constatare che stessero tutti bene o come per leggersi nella mente e cercare di capire quale sarebbe stato il primo a crollare.
Ma prima che qualcuno potesse esprimersi in qualche modo, dare voce alla sofferenza di tutti quanti, Joel si voltò dalla parte opposta e spalancò gli occhi. Il suo braccio si mosse quasi automaticamente e l’indice si allungò a indicare una figura in piedi di fronte a loro.

John faceva bella mostra di sé in tutto il suo splendore. Certo, era piuttosto sporco e sudati, perdeva un po’ di sangue dalla fronte, ma sembrava essere assolutamente vivo e vegeto.
Gli sguardi degli altri seguirono il braccio del giovane Black e la reazione fu unanime: sorpresa, incredulità, speranza… sollievo.

“Ciao, ragazzi. Ce ne avete messo di tempo”, esalò John con un sorriso storto. “Scusate se vi ho fatti preoccupare, ma…”.

Le parole gli rimasero incastrate in gola perché improvvisamente si era sentito schiacciare i polmoni. Frank si era buttato in ginocchio e lo aveva stretto in un abbraccio quasi mortale. “Non farlo mai più, brutto coglione. Non farlo mai più”.

Ci volle più di qualche parola di consolazione per riuscire a far staccare Frank e alla fine, quando tutti quanti ebbero tirato un sospiro di sollievo, si informarono per sapere come avesse fatto John a sopravvivere.

“Ho puntato la bacchetta e ho attutito la caduta con un incantesimo. Non pensavo che avrebbe funzionato perché la magia qui non funziona. E invece ha funzionato. Non so se sia stato un colpo di fortuna o un miracolo”.

Joel avrebbe scommesso nella fortuna perché, dopo tutti questi anni che aveva trascorso con l’amico, sapeva che godeva di una fortuna incredibile e si salvava sempre per botta di culo.
Ma in quel momento non importava a nessuno.
Importava solo che lui fosse vivo.

“E ora andiamo a salvare Jamie. Abbiamo perso fin troppo tempo”.

 

Jolie si era addormentata al capezzale di JamesRemus e la mano che aveva tenuto stretta quel del ragazzo era sudaticcia. La sfilò e la strofinò contro le lenzuola per asciugarla quando sentì dei rumori e uno strano tramestio provenire dal salotto.

I sei che erano andati in spedizione si erano materializzati nell’ingresso di Grimmauld Place insieme a Piton che reggeva in mano la pozione che avrebbe dovuto salvare la vita a James. Finalmente anche l’ultimo ingrediente era stato messo e ora bisognava solo augurarsi che funzionasse e che non fosse troppo tardi.

Ad accoglierli ci pensarono Lily e Tonks che, non appena sentiti gli schiocchi delle materializzazioni, scattarono in piedi e si rallegrarono nel vederli.

“Avete la pozione?”

“Sì, è pronta”.

“Forza! Sbrigatevi!”

Non appena Jolie vide quella folla di persone precipitarsi nella stanza, si spostò subito dal letto capendo che il momento era arrivato.
Il petto di JamesRemus si sollevava ancora, anche se debolmente, ed era pallido come un morto. Lasciarono che fosse Piton a dargli l’antidoto, il quale si inginocchiò accanto al letto e gliela mise in bocca con un contagocce, aiutandolo a deglutire.
Mentre lui svuotava la fiala, gli altri aspettavano con trepidazione.

Il professore gli prese il polso per cercare il battito. Non soddisfatto gli appoggiò un orecchio sulla bocca per sentire se respirava.
Poi si voltò verso gli altri e lo sguardo che fece non lasciò spazio a dubbi: Lily e Tonks si portarono le mani al viso scoppiando in singhiozzi e John crollò in ginocchio. Sirius rimase semplicemente raggelato, così come gli altri.

“No!” si sentì urlare. Ci volle qualche secondo per capire che quel suono straziante proveniva da Jolie. “No! No!”   

La ragazza spinse da parte Piton piuttosto bruscamente e si lanciò sul corpo di JamesRemus scuotendolo per le spalle. “Jamie, svegliati! Svegliati!” gli urlava, le lacrime che scendevano copiose dalle sue guance. Piton cercò di spostarla, di spingerla via ma la ragazza sembrava aver acquistato una forza che prima non aveva perché lo respinse via ogni volta e si aggrappò ancora di più all’amico abbracciandogli il petto. “Svegliati, testa di cazzo o giuro che ti prendo a calci nelle palle”.
Non poteva essere morto, non poteva! Come avrebbe fatto lei? Come avrebbero fatto tutti quanti gli altri? Come avrebbe fatto il mondo senza JamesRemus?
Il suo corpo era ancora caldo e ancora riusciva a sentire quel dolce profumo di miele che emanava… non c’era un senso in tutto quello, non c’era. Il tempo doveva fermarsi, il mondo doveva smettere di girare…

Si sollevò sopra il suo viso e gli poggiò un bacio sulle labbra. Anche quelle erano ancora calde e se si fosse staccata sapeva che sarebbe dovuta tornare alla realtà e affrontare… tutto il resto. Perciò indugiò e avrebbe voluto restare a indugiare lì per sempre. Ma sentì una mano premerla contro la nuca e una lingua morbida sfiorare la sua.
Quando capì che cosa era successo, si staccò di colpo e restò a fissare JamesRemus che ricambiava il suo sguardo con un sorriso sornione.

“Wow! Vedrò di rischiare la vita altre volte”, disse lui, beffardo. Udì lo schiaffo ancora prima di vedere la sberla che Jolie gli aveva rifilato.

“Non farlo mai più! Guai a te se muori di nuovo!”

 

Teddy se ne stava appoggiato al davanzale della finestra ad ammirare il giardino innevato che gli si presentava davanti agli occhi.
Si sentiva spossato, la luna piena era vicina, ma era felice. O quantomeno, in pace. Avevano salvato la vita a Harry, a James, avevano fatto quello che dovevano fare e forse per un po’ sarebbero potuti stare tranquilli. Ne dubitava, ma ci sperava.

“Tutto bene quel che finisce bene”, udì una voce melodiosa dietro di lui. Non aveva bisogno di girarsi per constatare che si trattava di Vicky. La ragazza si fermò accanto a lui e lo guardò dolcemente.

“Buon Natale, Vicky”, le disse il ragazzo spostandole una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro l’orecchio.

Era già Natale, pensò la piccola Weasley. In quei giorni non avevano avuto né il tempo né la voglia di pensarci. Ormai le festività erano diventate solo un’abitudine per tutti loro e a ricordarglielo ci pensava sempre nonna Molly che diffondeva profumo di dolci per tutta la casa e distribuiva regali.

“Buon Natale, Teddy”, ricambiò lei, spostando lo sguardo alla finestra. Restarono lì per qualche tempo, in silenzio, lanciandosi occhiate di sottecchi quando erano sicuro che l’altro non guardava.

“Buon Natale, Teddy”, ripeté Victoire, questa volta lasciando un bacio appena accennato sulla guancia del ragazzo. Poi trotterellò giù per le scale, fuggendo via.
Teddy non poté fare altro che portarsi una mano alla guancia e a sospirare.

 

Ariel lasciò andare l’accordo finale di chitarra e alzò lo sguardo sul fratello maggiore seduto sulla poltrona con gli occhi chiusi, anche se non stava dormendo. Si sentiva ancora debole e stanco, ma si stava riprendendo e questo era ciò che contava. Il dottor Clark era venuto a visitarlo un paio di volte e aveva detto che era fuori pericolo. Ma adesso avrebbero dovuto fare molta più attenzione agli incantesimi che lanciavano i Mangiamorte perché a quanto sembrava si stavano addestrando bene tra le file di Voldemort.

“Jamie?” lo chiamò la sorella.

“Hmm?”

“Dovremmo scrivere una nuova canzone”.

“Sì, lo dovremmo proprio fare”.

“Spero che lo faremo presto”.

“Assolutamente sì”.

In quel momento vennero interrotti dall’arrivo di John, Emmie e Charlie che sembravano discutere animatamente di qualcosa. Ma si interruppero non appena li videro.

“Come procede?” chiese John, buttandosi sulla poltrona di fronte a quella di James.

“Tutto bene. Voi?”

“A posto”.

Poi vennero raggiunti anche da Joel, Teddy, Vicky e Jolie che si sparpagliarono per il salotto, chi seduto, chi in piedi. Restarono in silenzio per un po’, ognuno a riflettere per conto proprio, poi Ariel sbottò:

“Adesso che si fa?”

Tutti i volti si spostarono su JamesRemus come se fossero tutti in attesa dei suoi ordini. Era sempre così, James era il leader dopotutto, anche se non si era mai discusso della cosa. Ma veniva spontaneo, affidarsi a lui.

“Adesso la nostra missione è terminata”, disse il maggiore dei Black. “Perciò direi che ce ne possiamo andare”.

“E lasciamo tutto così? Salutiamo gli altri e semplicemente ce ne andiamo?” chiese John, il tono che lasciava intendere che non era affatto d’accordo. “Lo sai che gli altri non ci lasceranno andare così facilmente”.

James lanciò un’occhiata al fratello, il quale annuì tormentando il braccialetto di cuoio che teneva al polso.

“Ho portato questa!” esclamò il moro, estraendo dalla tasca una piccola fiala contenente del liquido azzurrognolo. “Una goccia basterà per far dimenticare a tutti la nostra esistenza”.

“Vuoi farli dimenticare? E funzionerà?”

“Certo. La pozione agirà solo sui ricordi in cui ci siamo noi, modificandoli ma senza lasciare spazi vuoti”.

Il ragazzo fece scorrere lo sguardo sui suoi amici per vedere chi avrebbe protestato; nessuno aprì bocca.

“Allora, siete pronti?”

“Prontissimi!” lo affiancò Jolie alzandosi in piedi e James le sorrise.

 

Sirius entrò nel salotto e si sedette sul divano. Da un paio di settimane si sentiva strano, un po’ malinconico e nostalgico, come se gli mancasse qualcosa ma non riusciva a capire che cosa. Ma non stette a pensarci più di tanto, probabilmente era solo uno strano influsso causato dal tempo grigio che c’era in quei giorni.
Doveva sentirsi felice piuttosto. Di recente erano successe molte cose belle, meravigliose. James e Lily non erano morti e così aveva di nuovo accanto a sé i suoi migliori amici, tutti quanti; aveva persino ritrovato l’amore della sua vita che stava per dargli un figlio. Che cos’altro poteva chiedere? Certo, avrebbe preferito che non ci fosse la minaccia di Voldemort, che non fossero nel bel mezzo di una guerra che anche il suo primogenito avrebbe conosciuto, però era certo che l’avrebbero fermato, come già avevano fatto in passato.

Sospirò e restò ad ascoltare i rumori nella casa, ma non ce n’erano. Grimmauld Place era decisamente troppo grande e troppo silenziosa. Voleva un po’ di chiasso, gli mancava il chiasso. E perciò sperava che quel bambino si portasse un bel po’ di baccano e chissà, magari anche altri. Non gli sarebbe dispiaciuto avere una squadra di Quiddicth che correva in girò per casa.

Aveva proposto diverse volte a Martha di trasferirsi, andare a vivere da un’altra parte perché quel posto gli ricordava troppe cose brutte della sua infanzia, però a lei piaceva. Come facesse a piacerle un posto cupo e macabro come quello lui non ne aveva idea, però lei era il suo raggio di sole e con lei tutto diventava più bello.

Un oggetto poggiato sul pensile attirò la sua attenzione. Si avvicinò per analizzarlo da vicino: era un braccialetto di cuoio marrone, senza decorazioni. Restò a osservarlo incuriosito, chiedendosi di chi potesse essere perché non lo aveva mai visto prima d’ora. E mentre se lo rigirava tra le dita, il suo olfatto di Animagus percepì un odore molto familiare.

Mah… forse lo aveva lasciato qualcuno dei Weasley.

Lo rimise sul pensile e si allontanò.

 

 

MILLY’S SPACE

E rieccomi, dopo tanto tempo, con questa fanfiction. Di cui a quanto pare vi siete dimenticati : (

Per favore, lasciatemi qualche recensione. So che non posso costringervi, ma davvero mi farebbe molto piacere e mi stimolerebbe anche ad aggiornare più in fretta. Sempre se vi va di continuare a leggere questa storia.
Io per ora la continuo per piacere mio, ma fatemi sapere anche voi se ne vale la pena.

Comunque sia, ringrazio i lettori silenziosi che continuano a seguirmi nonostante i miei ritardi.

Un bacione a tutti e buona Pasqua.

Milly.

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Capitolo 51
*** Capitolo cinquanta ***


CAPITOLO CINQUANTA

SETTE ANNI DOPO

“Tocca a te, tocca a te!” urlarono i bambini in coro.

John sospirò e abbassò le braccia lungo i fianchi leggermente scocciato. Toccava a lui mettersi contro il muro e contare questa volta. Ma in fondo non gli importava, l’importante era che si giocasse.

“D’accordo”. Il biondino cominciò a dirigersi verso l’angolo, mentre gli altri iniziavano a ridacchiare al pensiero di dove si sarebbero nascosti.

“Uno, due, tre…”, iniziò il piccolo Paciock, ascoltando gli altri che correvano qua e là, il viso ben nascosto tra le mani.
James e Ted si nascosero sotto al letto – per qualche strano motivo dovevano sempre fare squadra – Emmie dentro la doccia, Jolie nel vano dell’armadio, Joel si arrampicò sopra e Ariel trovò il primo rifugio libero dietro la porta del salotto.
Quando John ebbe finito di contare, si guardò un po’ attorno e poi si mise alla ricerca dei suoi amici. Prima guardò nei posti in cui si erano nascosti prima e, non trovandoli tornò in corridoio scoprendo che Ted, James e Jolie erano già usciti allo scoperto e si erano salvati.

“Uffa!” sbottò il ragazzino guardando storto gli altri tre.

“E’ così che funziona il gioco. Adesso devi trovare gli altri”, gli disse James gongolando.

John andò in salotto e lì, subito dietro la porta, notò una maglietta gialla che attirò la sua attenzione. Spiò attraverso la fessura e sorrise malandrino. “Ariel! Ti ho trovata”. Cominciò a correre di nuovo verso il corridoio, con Ariel che lo inseguiva per arrivare prima.

“Un, due, tre per Ariel!”

Ariel si bloccò in mezzo al corridoio, sporse il labbro inferiore in fuori in un broncio molto contrariato e strinse le mani a pugno.

“Non è giusto però!” gridò.

“Cosa non è giusto?” chiese John confuso.

“Tu imbrogli. Hai guardato dove mi sono nascosta”.

“Non è vero. Io non imbroglio”.

A quel punto, attirati dalle urla, anche Joel e Emmie si aggiunsero agli altri per assistere alla disputa. Non era la prima volta che Ariel e John si mettevano a litigare per delle sciocchezze.

“Sì, invece!”

“No!”

“Sì!”

“No!”

A quel punto JamesRemus decise di intromettersi. Quando i due si impuntavano avrebbero potuto continuare anche per l’intera giornata; Ariel era testarda come un mulo e John detestava essere accusato di imbrogli. E questo sia James che gli altri lo sapevano bene. John poteva essere qualsiasi cosa ma sicuramente non era un imbroglione e non ingannava mai.

“Ragazzi, smettetela. Chi se ne frega. È solo un gioco”.

Ariel lo fulminò con lo sguardo. “Non è solo un gioco. E lui non deve guardare”. A quel punto la bambina era sull’orlo delle lacrime per la stizza, mentre John la guardava tra l’incredulo e l’arrabbiato.

E proprio nel momento in cui sembrava che si sarebbero messi le mani addosso, arrivò Tonks, attirata anche lei da quelle grida.

“Ragazzi, si può sapere che cosa sta succedendo?”

“Ariel e John stanno litigando”, la informò Emmie onesta come sempre, le mani dietro la schiena.

“E’ stata lei a iniziare”, disse John puntando il dito contro la bimba bionda di fronte a lui che tirava su col naso.

“Non mi interessa chi ha iniziato. Smettetela di fare i capricci e giocate come si deve. I grandi hanno cose importanti di cui parlare di sotto e se voi fate tutto questo baccano non riescono a concentrarsi”.

“D’accordo, scusa”, fece John abbassando lo sguardo.

“Scusa”.

Tonks si abbassò per dare un buffetto a entrambi i bimbi e poi si allontanò con un sorriso. Non appena scomparve, Teddy si sedette per terra a gambe incrociate, tracciando con le dita le linee del tappeto.

“I grandi devono sempre parlare di cose serie”, mormorò.

“Sono fatti così”, gli disse James sedendosi accanto a lui. “E poi lo sai cosa sta succedendo”.

“Lord Voldemort che ammazza tutti!” esclamò Ariel.

“Non dire il suo nome”, la ammonì Emmie, gli occhi color castagna che la guardavano pieni di rimprovero.

“E’ solo uno stupido nome”.

“Perché non torniamo a giocare?” li interruppe John allora.

“D’accordo. Però non voglio più giocare a nascondino”.

“E cosa vuoi fare allora, Lie?”

“Mosca cieca!”

 

“Quindi pensate che il prossimo obiettivo di Voi Sapete Chi sarà questo palazzo?” chiese Kingsley, puntando un dito sulla cartina di Londra che avevano davanti.

“Se sta seguendo uno schema allora probabilmente sì”, disse Remus.

“Ma come possiamo esserne sicuri?”

“Non lo siamo, infatti”.

“E se decidesse di lasciar perdere il mondo Babbano? Potrebbe attaccare il San Mungo o Diagon Alley”.

C’erano troppi se e troppi ma e Kingsley aveva tutte le ragioni del mondo per tirarli fuori. L’Ordine della Fenice lo sapeva bene, stavano tirando a sorte, stavano girando a vuoto ma quello era tutto ciò che avevano: una cartina, alcuni precedenti attacchi, un probabile schema che Voldemort forse stava seguendo. E vittime. Tante, troppe vittime.

“Ci stiamo fidando troppo delle probabilità”.

“Hai ragione ma vedi per caso qualche altra possibilità?” gli chiese James, mandando giù un altro sorso di whiskey incendiario.

“Harry, non hai avuto qualche altra… visione… su quello che Voldemort farà?” domandò Sirius guardando verso il figlioccio seduto all’altra estremità del tavolo.
Il ragazzo, poco più che ventenne ormai, scosse il capo in segno di diniego. Era migliorato in Occlumanzia rispetto a un tempo. A volte capitava che il Signore Oscuro cercasse di entrargli nella mente ma lui lo chiudeva sempre fuori. Per quanto gli sarebbe stato comodo sapere che cosa questi stesse facendo, sapeva anche che era una strada a doppio senso e poteva essere davvero molto rischioso.

Ginny gli si avvicinò da dietro e gli massaggiò le spalle.

“D’accordo…”, sospirò Sirius, girando la cartina verso di sé.

 

“Pronta per andare a dormire?”

“Noooo!” gridò Jolie allegra, aggrappandosi alle spalle di Harry perché non la mettesse giù. Il ragazzo allora la sollevò in aria e la fece volare come un aeroplano tenendola sospesa sopra la testa. La bambina teneva le braccia aperte e rideva divertita.
Harry fece il giro dell’intera stanza e poi, avvicinatosi al letto, la depose tra le coperte.

“E’ ora di dormire, piccola peste”.

“Uffaaaa!”

“E’ tardi”.

“Harry?”

“Sì?”

“Lo sconfiggerai l’uomo cattivo, vero?”

Harry le sorrise teneramente e le pose un bacio sulla fronte. “Certo che lo sconfiggerò. Non avere paura”.

“Io non ho paura”.

“Brava, Lie. Sei la bambina più coraggiosa del pianeta”.

“Come te”.

“Anche più di me”.

“Sarò una Grifondoro”.

“Certo che sarai una Grifondoro! Non ho dubbi su questo”.

Il Ragazzo che è Sopravvissuto rimboccò le coperte alla propria sorelle, pensando che sì, avrebbe sconfitto Voldemort e lo avrebbe fatto soprattutto per sua sorella, per dare a lei e agli altri bambini un mondo migliore in cui vivere. E anche per il bambino che lui e Ginny presto avrebbero avuto. Era una promessa.

“Adesso dormi”.

 

Quando Sirius si avvicinò alla stanza di Ariel, dopo aver messo a letto James e Joel, rimase fermo sulla soglia per ammirare la sua piccola bambina che, già dentro il suo pigiamino, ballava per la stanza con la spazzola in mano a mo’ di microfono mentre canticchiava una canzoncina che aveva scritto lei e che parlava di coniglietti bianchi e ranocchie.
Rimase lì per qualche minuto, sorridendo come un ebete. Una volta che ebbe terminato le fece pure l’applauso.

“Ti è piaciuto?” gli chiese

“Assolutamente! Hai il talento di tua madre”.

Il viso della bimba si aprì in un ampio sorriso, mostrando la piccola dentatura a cui mancavano i denti davanti, saltò sul letto e si infilò sotto le coperte.

“Buonanotte, principessa”.

“Notte, papà”.

E con un colpo di bacchetta Sirius spense la luce.

 

“Allora, continuiamo da dove siamo rimasti?” fece Remus, afferrando il libro delle fiabe di Beda il Bardo. “Vi ricordate dove eravamo rimasti?”

“Alla storia dei tre fratelli”, gli ricordò Emmie, stesa alla sua destra mentre il fratello stava dall’altra parte, permettendo così al padre di stare in mezzo affinché raccontasse loro la storia della buonanotte.

“Oh, giusto, la storia dei tre fratelli”.

“Ma, papà, io questa storia la conosco già. Me l’ha raccontata James”, disse Ted.

“James dovrebbe smetterla di rovinarmi le sorprese”, fece Remus in tono fintamente offeso.

“Non è colpa sua”.

“Ma certo che no, tesoro”.

“Io però non la conosco. Voglio sentirla”, protestò Emmie.

“Allora, Teddy, ti toccherà risentirla”.

“Pazienza”.

 

 

MILLY’S SPACE

Lo so, è da un secolo che non aggiorno più le mie fanfiction. Ed è abbastanza vergognoso da parte mia. Ma cosa vi posso dire per scusarmi. Nulla. Temo. E temo anche che vi dovrete abituare a questi lunghi periodi di attesa. Purtroppo è così con l’università, il trasferimento in una nuova città e abitudini di vita decisamente diverse.
Spero possiate avere pazienza e sopportazione. Ci tengo a continuare le mie fanfiction e a non lasciare i miei lettori insoddisfatti (sempre che io ne abbia ancora alcuni ^^).

Detto questo, ditemi cosa pensate del capitolo. Siamo in una nuova fase della storia. I piccoli malandrini sono tornati nel loro tempo, dopo aver cambiato la storia, e ora tutto scorrerà in maniera lineare.

Fatemi sapere cosa ne pensate.
Un bacio,

Milly.

POTTER_92: eccolo! Nemmeno il mantello dell’invisibilità ti nasconderà ai miei occhi u.u allora, non direi propriamente che siano scappati con la coda tra le gambe. Hanno fatto quello che dovevano fare e se ne sono andati, altrimenti avrebbero commesso altri casini. Giocare con il tempo non è consigliabile. E hanno pensato fosse meglio andarsene a quel modo perché così era più facile per tutti.
Comunque, spero ti sia piaciuto anche questo capitolo e scusa per il ritardo.
Un abbraccio, M:  

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Capitolo 52
*** Capitolo cinquantuno ***


CAPITOLO CINQUANTUNO

Severus Piton sentì dei colpi alla porta, colpi secchi e precisi. Il suo sguardo perforò l’uscio della sua piccola casa in Spinner’s End prima di alzarsi e con passo lento e strascicato dirigersi ad aprirla.
Spalancò l’entrata e si trovò davanti la chioma scura di Alecto Carrow. Assottigliò gli occhi, sorpreso di trovarsi la donna davanti; nessuno dei Mangiamorte veniva mai a trovarlo a casa. Sperava solo che non si trattasse di qualche emergenza per il Signore Oscuro. Il suo compito come spia era molto delicato e ogni azione necessitava di essere ben ponderata.

Quello che lo sorprese ancora di più fu però la presenza, insieme alla Mangiamorte, di un bambino che la teneva stretta per la mano come se senza quell’appiglio sarebbe potuto cadere a terra.

“Ciao, Severus”.

“Alecto”.

“Mi fai entrare?”

Il professore di Pozioni si guardò attorno circospetto prima di far entrare dentro la donna; non voleva certo che occhi indiscreti li vedessero. E il quartiere in cui abitava non era il migliore nel farsi gli affari propri.
Alecto entrò trascinandosi dietro il bambino che quasi inciampò nei propri piedi.

“Lui è Charlus”, disse lei indicando con un’occhiata il bambino. “Ed è tuo figlio”.

Severus strabuzzò gli occhi. “Non sono in vena di scherzi”.

“Non sto scherzando. E’ tuo figlio. Anzi, nostro”.

L’uomo riportò lo sguardo su quello scricciolo che, più che un bambino, sembrava un cucciolo di animale smarrito e ferito.  Teneva stretto al petto un orsacchiotto di peluche a cui mancava un occhio e che era stato rammendato alla base del collo, segno che qualcuno gli aveva staccato la testa, per sbagli o di proposito. Sembrava la cosa più preziosa che possedesse.

“Quanti… quanti anni ha?” chiese Piton.

“Nove. Si chiama Charlus”.

“Come tuo padre?”

“Sì”.

Charlus… non gli avrebbe mai dato nove anni, al massimo sei, per quanto piccolo e magrolino era, sicuramente denutrito. Come diavolo lo aveva trattato quella donna?

“Senti, Severus, facciamola breve. Io non posso più tenerlo. Sono troppo vicina al Signore Oscuro e… non è l’ambiente migliore per lui”.

“Davvero?” Ora il Serpeverde era perplesso. Alecto Carrow era sempre stata una fiera Mangiamorte, così come tutta la sua famiglia, in particolare suo fratello. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe fatta degli scrupoli per suo figlio. “Il figlio di Greyback e dei Lestrange non fanno che tormentarlo. Non può più stare là”.

“E che vuoi farne?”

“Lasciarlo con te, ovvio!”

“Che cosa?! Vuoi che me ne occupi io?”

“Certo! E’ tuo figlio dopotutto!”

“E perché non hai potuto dirmelo in tutti questi anni”.

“Eri troppo vicino a Silente…”.

“Che cosa c’entra questo?”

“So bene qual è il tuo ruolo tra i Mangiamorte e so bene che tipo di uomo sei. Penso che con te crescerà meglio. Gli darai tutto ciò che gli serve, in fondo vivi in una casa grande”.

“Il Signore Oscuro sa di lui?”

“Lo sa. Ma è ancora troppo piccolo. Quando verrà il momento…”.

“Certo”. Non voleva sentire la conclusione della frase. Ma Alecto si sbagliava, non sapeva affatto che tipo di uomo lui fosse e non sospettava nemmeno del suo reale ruolo tra i Mangiamorte. Se lo avesse lasciato con lui non avrebbe di certo seguito la strada prescelta dalla donna.

“Non posso trattenermi a lungo. Ti prego, Severus”.

“E lo lasci qui come fosse una valigia?”

“Non ho alternative”. Alecto lanciò un’occhiata all’orologio da taschino che teneva sotto il mantello e lasciò andare la mano del figlio. “Devo andare ora. Qui ci sono tutte le sue cose”. Gli mollò per terra un sacco che non era pieno nemmeno per metà e strinse la bacchetta. Poi con un sonoro pop si smaterializzò. Il bambino restò a guardare il punto in cui la madre era scomparsa con gli occhi resi enormi per le lacrime trattenute.

Piton osservò il bambino per qualche minuto. Non dubitava delle parole della Mangiamorte, non del tutto almeno. Nove anni prima avevano passato diversi momenti piuttosto… intimi finché lei non si era completamente raggelata nei suoi confronti. Adesso capiva il motivo. Si domandava però perché glielo avesse confessato soltanto ora. Il bambino inoltre sembrava essere la sua immagine sputata quando era piccolo, con i capelli neri, gli occhi scuri come due pozzi, il viso mortalmente pallido. Persino i vestiti che gli stavano larghi…

Diamine!

“Siediti”, gli ordinò in tono duro.

Il bambino non si mosse.

“Sei sordo per caso? Ti ho detto di sederti”.

Charlus, allora, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, si sedette sul bordo del divano stringendo l’orsacchiotto ancora di più-

“Charlus, eh…”.

“Charlie”, pigolò quello con voce inudibile.

“Come?”

“Charlie. Preferisco Charlie”.

Piton sorrise appena, un sorriso che pareva una smorfia. Charlie… che diavolo ne avrebbe fatto di quel marmocchio?

 

John aspetto che la cuginetta si arrampicasse sugli scalini dello scivolo e dopo vi si arrampicò lui, veloce come una gazzella. Quando fu sceso dall’altra parte, scorse Jolie seduta nell’erba vicino alla casetta di legno.
La raggiunse.

“Ciao, Lie”.

“Ciao”.

“Che fai?”

“Gioco”.

La piccola era intenta ad aprire e chiudere i petali di una margherita col movimento delle mani. Una di quelle piccole e innocue magie che i bambini imparano a fare da soli, prima di poter maneggiare una bacchetta.

John si sedette accanto a lei senza invito. Stette a guardarla per un po’ chiedendosi che cosa ci fosse di divertente in quel gioco.

“Perché te ne stai qui tutta sola?”

“Così”. Jolie scrollò le spalle.

Il biondino prese un ramoscello e iniziò a tracciare dei ghirigori sulla ghiaia. Poco dopo vennero raggiunti da JamesRemus.

“Ehi”.

“Ehi”.

“E’ una giornata un po’ noiosa”.

“Forse”.

“Se ci fossero Ariel e Joel sarebbe più divertente”.

Jolie non rispose perché era troppo impegnata col suo fiore e John nemmeno perché non era del tutto d’accordo. Lanciò un’occhiata a Tonks che se ne stava su una panchina a leggere un libro. Quel giorno aveva deciso di portare lei i bambini al parco perché potessero prendere una boccata d’aria e starsene fuori dagli affari dell’Ordine.
Di solito lo faceva Martha ma era dovuta rimanere a casa con Ariel che si era ammalata. Lo stesso aveva deciso di fare Joel per non lasciare la gemella da sola ad annoiarsi. Del qual fatto il piccolo Paciock era piuttosto contento. Joel non gli dispiaceva, anche se era sempre molto cupo e silenzioso, ma a volte faceva davvero fatica a sopportare la piccola di casa Black; era capricciosa come pochi. Il che gli dispiaceva, visto che era la sorella di uno dei suoi migliori amici.

In quel momento arrivò anche Ted che si accomodò per terra insieme agli altri. Non aveva una bella cera, la luna piena si avvicinava e sarebbe stato meglio per lui rimanere a casa. Ma non aveva voluto rinunciare all’uscita con gli amici. 

“John, mi spingi sull’altalena?” chiese Emmie in tono supplichevole, guardando il cugino con due occhi enormi e dolci. John le sorrise e si alzò con un colpo di reni; non avrebbe mai potuto dire di no a quel dolce biscottino.

 

Severus rimase a osservare il bambino steso sul suo divano che si era profondamente addormentato, ancora abbracciato al suo orsacchiotto. Poi scosse la pozione bluastra che teneva in una fiala e l’annusò. Infine, si avvicinò al piccolo Charlie e gli staccò un capello, cercando di essere il più delicato possibile per non farlo svegliare.

Certo, si fidava abbastanza delle parole di Alecto, ma doveva verificare comunque, essere sicuro al cento per cento che quello fosse suo figlio.
Perché ora le cose sarebbero diventate decisamente più difficili e la sua missione poteva essere compromessa. Avrebbe dovuto parlarne con Silente…

Ma perché, perché quella dannata donna non aveva parlato prima? Che cosa aveva in mente?

Piton esalò un sospiro quando abbassò gli occhi sulla pozione che ora era diventata di un brutto verdognolo. Poi li riportò sul bambino.
Bene, ora era veramente fregato.   

 

 

MILLY’S SPACE

Buonasera, signore e signori…

Eccomi con un nuovo aggiornamento, questa volta un po’ più breve ma spero sia di vostro gradimento. Finalmente iniziamo a scoprire qualcosa di più sui nuovi malandrini, questa volta nella loro tenera età.

Ditemi cosa ne pensate del capitolo, le recensioni sono sempre ben gradite.  E ricordatevi di fare una capatina alla mia pagina fb https://www.facebook.com/MillysSpace?ref=bookmarks

MAIAROSS: ciao, carissima. Sono contentissima che la mia storia ti piaccia e che tu l’abbia letta d’un fiato. Sì, diciamo che adoro far soffrire i miei personaggi e far prendere colpi ai miei lettori, ma amo troppo l’happy ending ^^ Spero di risentirti. Un bacione, M.

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Capitolo 53
*** Capitolo cinquantadue ***


CAPITOLO CINQUANTADUE

 

I presenti a Grimmauld Place hanno fissato il piccolo Charlie sbigottiti per almeno mezzora, finché il professor Piton non si era stufato e aveva minacciato di trasformarli tutti quanti in larve.
Erano tutti piuttosto stupiti del fatto che proprio Severus fosse riuscito a mettere al mondo una creaturina così bella, per quanto piccola e fragile. E soprattutto erano stupiti del fatto che qualcuno fosse stato disposto ad andare a letto con lui e a crescere suo figlio, il frutto dei suoi geni. Queste almeno erano le confidenze che si erano scambiati James e Sirius, confidenze non tanto riservate dato che erano state udite da Lily, la quale mollò ai due uomini due schiaffi sulla nuca così forti che ci mancò poco che li staccasse ciocche di capelli. Lei, dal canto suo, era molto felice per il Serpeverde, nonostante sapesse chi era la madre e con quali ambienti aveva a che fare. Diceva che un figlio era una benedizione e che ti rendeva una persona migliore.

Anche i piccoli malandrini avevano accolto Charlie con allegria, avevano cercato di farlo sentire parte del loro gruppo, soprattutto John che ora gli stava facendo vedere tutti i suoi giocattoli. Mentre   questi tirava fuori dal baule tutto il possibile facendo sfoggio del proprio tesoro, Piton junior lo guardava come fosse un marziano, con due occhi enormi e tristi seduto in un angolino e cercando di mimetizzarsi col mobilio. Avrebbe tanto voluto avere con sé il suo orsacchiotto, ma il padre non glielo aveva permesso dicendo che era brutto e rotto e che i bambini di nove anni non si portano dietro pupazzetti, soprattutto non i maschietti. 

Non lo capisco. Sembra che veda tutte queste cose per la prima volta. E non ha ancora spiccicato parola, sussurrò John a JamesRemus mentre osservavano Charlie dal corridoio. Il piccolo Paciock, non sapendo più a che santo appigliarsi per far reagire il bambino, lo aveva lasciato nella propria camera per vedere se stando da solo avrebbe combinato qualcosa, ma questi si era limitato a prendere in mano qualche giocattolo, a rigirarlo tra le dita e a riposarlo sul pavimento nel modo più delicato possibile.

 Forse è muto.

 Non credo.

Ha una cicatrice sopra il sopracciglio. Hai visto? gli fece notare JamesRemus

 Sì. Posso chiedergli come se l’è fatta così magari parla.

 John ritornò in camera e si sedette di fronte a Charlie. Come ti sei fatto quella cicatrice? gli chiese puntando lindice contro la ferita incriminata.
Charlie si portò la mano alla cicatrice ma non disse nulla.
Abbassò lo sguardo sulla tasca gonfia di John e chiese: Cosa sono?
John, stupito nel sentire finalmente la voce del moretto, ci mise un po a reagire e a tirare fuori dalla tasca un sacchetto contenente delle caramelle. Sono Api Frizzole. Ne vuoi? Gli porse il sacchetto e Charlie ne prese una.
Le mie preferite sono le Tutti Gusto più Uno.
 
Bleah. A me non piacciono.
John sgranò gli occhi. Come fanno a non piacerti?
Hanno gusti schifosi.
E proprio questo il bello. Non sai mai cosa metti in bocca.
Be, a me non piacciono.
Daccordo. Credo di poterci passare sopra. Gli sorrise e Charlie gli sorrise di rimando.

 

 

Tornati da Grimmauld Place, Piton servì la cena per sé e per il figlio.
Charlie prese la forchetta e iniziò a mangiare sotto lo sguardo severo del padre. Quel ragazzino aveva bisogno di prendere un po di peso e crescere, perciò lo avrebbe portato spesso anche a Grimmauld Place dove cerano Molly e Lily che cucinavano divinamente. E poi, aveva visto come gli altri ragazzi avevano cercato di inserirlo e di farlo sentire a suo agio. Sarebbero potuti diventare amici. Certo, quei piccoletti non gli erano mai piaciuti granché ma questo era dovuto ai suoi pregiudizi nei confronti dei Malandrini.
Lunica cosa che lo preoccupava veramente era ciò che Charlie aveva dovuto passare in quella casa con Alecto, a stretto contatto con Voldemort e i Mangiamorte. Aveva dei lividi e dei graffi sulla pelle che non erano difficili da notare.
Non pensava che un giorno si sarebbe veramente affezionato così tanto a qualcuno, eppure è successo. Anche Severus Piton aveva un cuore.

 
Due anni dopo

 

Erano tutti pronti alla stazione di Kings Cross, lEspresso per Hogwarts stava aspettando che i nuovi studenti e quelli vecchi salissero per poter partire.
JamesRemus e John si rincorrevano in giro per la stazione, facendo slalom tra le persone, mentre Jolie e Teddy stavano accanto ai loro genitori, emozionati per questa nuova avventura. Avevano sentito molto parlare di Hogwarts, sia dai genitori che dai famigliari vari e non vedevano lora di calcare le loro stesse orme.
Solo Ariel se ne stava con il broncio seduta sul carrello che conteneva i bagagli di suo fratello maggiore perché lei ancora non ci poteva andare e non sembrava consolarla il fatto che ci fossero anche Joel ed Emmie a tenerle compagnia un altro anno.
Charlie invece se ne stava un po in disparte rispetto a tutti gli altri a fissare il suo baule nel quale era rinchiuso il suo orsacchiotto. Avrebbe tanto voluto prenderlo e stringerlo a sé, come faceva ogni volta che aveva paura di qualcosa. E quella era una cosa che gli faceva una paura fottuta, aveva paura dei cambiamenti, paura di ciò che non conosceva e, soprattutto, paura delle persone. E sapeva che ad Hogwarts ce nerano tante, di persone.
In quei due anni non se lera passata male, sicuramente gli era andata meglio che non con sua madre e Cygnus che godeva ne torturarlo in ogni modo insieme a quel depravato di Abraham. Almeno ci sarebbero stati gli altri ragazzi con lui e soprattutto John che era quello con cui aveva legato di più.

 Pronti, ragazzi? chiese James, abbracciando sua figlia.

Sì! esclamarono JamesRemus e John in coro.

 I genitori salutarono i figli e li aiutarono a montare sul treno.

 Mi raccomando, fai la brava, sussurrò Harry alla sorella, spettinandole i capelli rossi. E non farti traviare da Jamie

La ragazzina sbuffò. Jamie è solo uno stupido. Io non sono stupida.

Harry ridacchiò. Ci vediamo per Natale. E scrivimi ogni tanto.

Sì, fratellone.

I due Potter si abbracciarono forte. Poi Jolie andò a raggiungere gli altri.

Poco dietro di lui Piton guardava il volto di suo figlio che si affacciava da uno dei finestrini del treno con due occhi smarriti.
Ci mancò poco che non lo rincorresse per riprenderlo a sé. Lily lo raggiunse e gli sorrise dolcemente.

 Non ti preoccupare, Hogwarts lo aiuterà a diventare più forte. Ti ricordi come eravamo noi? Ingenui e fragili. Ed è stata proprio Hogwarts a forgiarci, gli disse la donna come se gli avesse appena letto nel pensiero. Perché era proprio ciò che Severus stava pensando, che suo figlio era troppo fragile per tutto quello, sembrava ancora così piccolo e spaesato.

E poi tu sarai ancora là per aiutarlo in caso di bisogno, no?

Già, questo lo aveva quasi dimenticato. In fondo, ricopriva ancora una cattedra ad Hogwarts e avrebbe trascorso lì gran parte del suo tempo.

Tonks e Remus stavano in un angolo, davanti a loro il treno ormai si era allontanato e ora si vedeva soltanto il fumo allorizzonte.
Luomo strinse la mano della moglie per rubarle un po di quella sicurezza e positività di cui lei sembrava sempre essere piena.

Secondo te se la caverà?

Chi? Ted? Ma certo che sì! Madame Chips non si è fatta alcun problema e c’è anche Silente che lo aiuterà, per non parlare di James, John e Jolie
Remus si volt
ò a guardarla dolcemente. Come fai ad essere sempre così ottimista?
Perché tu non lo sei perciò io devo esserlo per entrambi.

I due, sempre tenendosi per mano, raggiunsero gli altri. Non ti preoccupare. Se sei riuscito ad affrontarlo tu, ce la farà anche lui.

Su questo non ho dubbi.


La cerimonia dello Smistamento
è proseguita senza intoppi, liscia, con i nuovi studenti che si alternavano sotto il Cappello Parlante.
Quando Charlie era stato chiamato, aveva sentito gli occhi di tutti puntati addosso. Sicuramente la notizia, nonché la prova, che Piton aveva un figlio suscitava scalpore. Ma lo stesso scalpore lo suscitavano anche i nomi di Potter e Black e i pettegolezzi nei prossimi giorni non sarebbero mancati.
I pettegolezzi però non sarebbero certo stati un problema no, quelli assolutamente no, pensava Charlie mentre guardava Cygnus e Abraham seduti poco distanti da lui. Non poteva crederci, pensava di essersene liberato una volta per tutte e invece no, venivano a tormentarlo anche lì, ad Hogwarts.
Dannazione, perché non era finito ad Grifondoro insieme agli altri malandrini, anziché a Sempreverde? Ora gli sarebbe toccato condividere la casa e probabilmente persino la stanza con quei due.
Lanciò unocchiata al padre prima di afferrare la forchetta e iniziare a mangiare. Ma il suo stomaco era già chiuso.

Vedo nel tuo sguardo qualcosa che ti preoccupa, Severus, esordì Silente seduto dietro la sua scrivania, osservando il professor Piton da dietro i suoi occhiali a mezzaluna. E successo qualcosa con Voldemort?

No, non si tratta di lui, Signore. Ma di Charlie.

Charlie? Sei preoccupato per tuo figlio, è normale.

Voldemort lo vorrà tra le sue file e temo che anche Alecto Carrow sia della stessa opinione.

Uno strano scintillio attraversò gli occhi del preside che ora sembrava avere lattenzione completamente rivolta alluomo di fronte a lui. 

E quando dovrebbe succedere?

Probabilmente quando avrà imparato tutto ciò che c’è da sapere. E la mia posizione tra le fila del Signore Oscure di certo non lo avvantaggia.

Sappiamo entrambi quanto è importante la tua posizione tra le fila di Lord Voldemort, Severus. Già, Piton lo sapeva bene. Di certo Silente non gli avrebbe detto di tirarsi indietro, nemmeno se si trattava dellincolumità di un bambino. Ma tirarsi indietro sarebbe stato peggio, lo sapeva persino il professore.

Non ti preoccupare ora. Ci penseremo quando sarà il momento.

 

 

 Harry si lasciò cadere sul letto con un sospiro. Era stanco, spossato.
Salutare i ragazzi alla stazione, il lavoro, altri piani per distruggere Voldemort stava accumulando troppa tensione.
Ginny gli si inginocchiò dietro e gli massaggiò le spalle. Harry, sotto al tocco gentile della moglie, cercò di rilassarsi il più possibile ma i muscoli tesi come corde di violino non aiutavano affatto.

Sei troppo teso, dovresti cercare di rilassarti un po’”, gli sussurrò Ginny.

Fosse facile.

I bambini sono a letto?

Sì, Lily si è addormentata poco fa.

Vieni qui allora.

La donna si distese a letto e Harry la fece accoccolare sul proprio petto. Per quanto pesante poteva essere stata una giornata, quello, stare tra le braccia di Ginny e coccolarsi, era il momento in cui tutte le sue tensioni e le sue preoccupazioni si allontanavano, almeno fino alla mattina dopo.

Il Grifondoro sprofondò il naso tra i capelli profumati della moglie e mugugnò di piacere. Almeno questo nella sua vita stava andando bene.

 

***

 

MILLYS SPACE

 

Salve a tutti è da un bel po di tempo che non mi faccio sentire. Lo so bene e mi dispiace. Diverse cose mi hanno tenuta lontana dal sito delle fanfiction, sia come scrittrice che come lettrice. Certo, ci sono anche i diversi impegni, ma ad essere completamente onesta è stato più un variare di genere: ho preferito dedicarmi ad altri tipi di lettura e di scrittura. Tuttavia mi dispiacerebbe lasciare le mie storie incomplete, perciò, per quanto potrò, cercherò di portarle a termine.

 

Detto questo, io spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi piacerebbe ricevere una vostra recensione.
Vi lascio anche il link alla mia pagina https://www.facebook.com/MillysSpace/ dove potete seguire gli aggiornamenti delle mie storie e vedere qualche foto.

 

Grazie, con affetto

Millyray

 

 

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Capitolo 54
*** Capitolo cinquantatré ***


CAPITOLO CINQUANTATRE

 

Erano due anni che non vedeva Cygnus e Abraham e quasi si era dimenticato della loro esistenza, se non fosse stato per le cicatrici che si portava addosso e gli incubi che ogni tanto lo assalivano, incubi in cui gli sembrava di essere tornato a casa della madre, sotto il comando di Voldemort. Aveva visto l’Oscuro Signore soltanto in due occasioni ma mai si sarebbe scordato di quello sguardo vitreo e serpentesco col quale l’aveva guardato, di quegli occhi scuri con uno strano bagliore rossiccio che gli sembravano la cosa più minacciosa che avesse mai visto.

  Cygnus non gli sembrava diverso, aveva lo stesso sguardo psicopatico. Ed era psicopatico, a tutti gli effetti. Abraham in qualche modo si poteva gestire se non era sotto l’influenza dell’altro, ma lo stesso Charlie avrebbe preferito non averci nulla a che fare.

  Invece ora se li ritrovava entrambi in dormitorio, con falsi nomi ovviamente perché avrebbero passato grossi guai se qualcuno avesse scoperto che i figli di due dei più famigerati e pericolosi Mangiamorte stavano ad Hogwarts; gli Auror sarebbero volati in picchiata a torturarli - fregandosene totalmente del fatto che fossero soltanto ragazzini - per scoprire dove si nascondevano i loro genitori.
  La saggia idea per Charlie sarebbe stata quella di denunciarli immediatamente al preside, o quantomeno correre a dirlo ai suoi amici, dirlo a chiunque, ma tutto ciò che riuscì a fare fu restarsene immobile nel suo letto, sotto le coperte mentre Cygnus gli si avvicinava con fare minaccioso, rigirandosi la bacchetta tra le dita. 
  “Chi non muore si rivede”, disse. “Mi sei mancato in questi due anni, devo dire. Non avevo nessuno su cui provare i miei incantesimi”. Alla battuta seguì la risata sguaiata di Abraham che se ne stava ad osservarli dal suo letto, sopra quello di Cygnus. Quest’ultimo lanciò un’occhiata di sbieco al compagno e proseguì col suo monologo: “Be’, immagino che ci divertiremo molto in questi sette anni insieme. Buonanotte, scricciolo”. E s’incamminò verso la porta del bagno.
  Ecco perché non avrebbe detto nulla. Cygnus gli faceva troppa paura. Tutto ciò che aveva dovuto passare quando vivevano a stretto contatto gli tornò alla mente vivido come se stesse succedendo in quel momento e sapeva con assoluta certezza che, se Lestrange avesse scoperto che aveva rivelato la sua identità, non ci sarebbe andato affatto leggero. Anzi, probabilmente se la sarebbe presa con qualcuno dei suoi amici.
  Quello che però poteva fare era tenerli d’occhio; era certo che Cygnus Lestrange e Abraham Greyback non si trovassero lì solo per vivere la normale vita di due studenti ad Hogwarts desiderosi di imparare. I figli di due dei Mangiamorte più crudeli non avevano bisogno di imparare. C’era qualcos’altro sotto.

  Nascose la bacchetta sotto al cuscino, come ormai faceva da quando aveva cinque anni, e si girò sperando di riuscire a dormire almeno qualche ora.

 

  John, Ted, JamesRemus e Jolie erano nella sala comune di Grifondoro a dividersi le ultime cioccorane che avevano comprato sull’espresso per Hogwarts mentre venivano lì.
  Si stava facendo tardi e tutti quelli del primo anno erano andati a letto, ed erano rimasti solo alcuni dei ragazzi più grandi.
  “E’ una fortuna che siamo stati smistati a Grifondoro tutti quanti. Avevo paura che per qualche motivo ci saremmo trovati separati”, disse James mentre scartava un’altra
cioccorana.
  “Non proprio tutti, Jamie”, gli fece notare John, al che l’altro ragazzo lo guardò stranito. “Manca Charlie”. 
 “Oh”.
A John era dispiaciuto quando aveva sentito il Cappello Parlante urlare Serpeverde e Charlie dirigersi verso la tavolata verde-argento. Gli altri tendevano a dimenticarsi di lui, forse perché era l’ultimo arrivato, ma John ormai si era affezionato a quel piccolo scricciolo mingherlino a cui aveva fatto vedere la sua collezione di statuine dei fondatori delle quattro case.
  “Comunque qui è proprio come gli altri ci hanno raccontato”, disse Jolie per cambiare discorso.
  John seguì piuttosto distrattamente il resto del discorso, troppo concentrato a pensare a cosa stesse facendo Charlie e se se la stesse cavando bene. Sapeva che non gli piaceva troppo stare fuori dalla sua comfort zone. Lo aveva tartassato diverse volte con le sue preoccupazioni nei giorni precedenti al loro arrivo ad Hogwarts, tanto che pure John aveva iniziato a temere. Non per sé, ma per Charlie.
  Non vedeva l’ora di andarsene in camera e rubare la mappa del malandrino a James e vedere quel puntino col nome di Charlie Piton scritto tra i mille altri.

 

  “Quindi i ragazzi ce l’hanno fatta”, commentò Martha seduta nella cucina di Grimmauld Place insieme al marito, a Remus e a Tonks. Malocchio Moody sostava in piedi vicino alla finestra, l’occhio magico puntato all’esterno come se ci fosse qualcosa di estremamente interessante.
  “Tutti Grifondoro!” esclamò Sirius con fare orgoglioso.
  “Eccetto Charlie”, disse Remus.
  “E’ figlio di Piton, non poteva essere altrimenti”. Questa volta Sirius era un po’ compunto.
  “E’ un peccato che ciò abbia separato i ragazzi”.
  “E’ un peccato che Charlie non abbia beneficiato dell’influenza dei ragazzi”.
  “Che intendi dire, Sirius?”
  Black si passò una mano tra i capelli. “Insomma, sappiamo che i Serpeverde non sono famosi per fare azioni… positive”.
  “Oh, non dire sciocchezze! Sei prevenuto, non tutti i Serpeverde sono malvagi. Charlie non lo è di certo”, protestò Ninfadora guardando verso la figlia che giocava con una bambola vicino allo stipite della porta, ben distante dal sentire i loro discorsi.
  “Non sappiamo nemmeno chi sia sua madre. Io scommetterei su una Mangiamorte, considerato gli ambienti che Mocciosus frequenta”.
  “Suvvia! Certe cose non sono genetiche. Sono certo che Charlie saprà fare le scelte giuste”, disse Remus e nessuno trovò nulla da replicare. Eccetto Malocchio che mugugnò qualcosa di incomprensibile allontanandosi dalla stanza sotto gli sguardi confusi di tutti.
  Emmie, dal canto suo, se n’era rimasta seduta tutto il tempo vicino alla cucina, facendo finta di essere interessata alla bambola. Erano tutti convinti che non potesse sentirli, ma i geni del lupo mannaro li aveva ereditati anche lei - sebbene in parte - e l’udito sopraffino faceva parte del corredo.
  Non le era piaciuto quello che avevano detto di Charlie. Certo, era un tipo particolare ma non era una cattiva persona. Almeno lui non faceva casino come tutti gli altri, non urlava, non bisticciava con nessuno, non faceva cose stupide. Se ne stava tranquillo per conto suo e con lui poteva parlare o semplicemente stare in silenzio quando era stanca e quando aveva mal di testa a causa della luna piena.
  E poi era il migliore amico di John e, benché non lo avrebbe ammesso a nessuno, John era il suo preferito del gruppo.

 

***

 

MILLY’S SPACE

 

Milly, ma come ti permetti di tornare dopo tutto questo tempo? E con un capitolo così corto, oltretutto?

Eh, ragazzi… la vita, la crescita, gli impegni, il lavoro, gli studi. Va be’, che ce frega a noi, direte. Niente infatti, ma così sono andate le cose.

Confesso che mi sono allontanata da questo sito per perdita di interesse. Quando si cresce si cambiano gusti e molte volte, quello che si faceva da giovani, un giorno ci appare stupido e insulso. Però queste storie, questa fan fiction, hanno fatto la mia infanzia, sono la mia storia. Qualche giorno fa, per noia, mi sono messa a rileggere le mie fan fiction e mi sono detta “perché non continuarle?”. In fondo, ho sempre odiato un po’ quegli autori che lasciavano abbandonate le proprie storie e non potevo comportarmi allo stesso modo.

 

Tuttavia, sto meditando l’idea di spostare tutte le mie storie su un blog personale. Voi che ne dite? Lo seguireste?

 

Fatemi sapere e ditemi cosa ne pensate di questo capitolo.

Baci,

M.

 

P.S. bentornati.

  

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Capitolo 55
*** Capitolo cinquantaquattro ***


CAPITOLO CINQUANTAQUATTRO


Se aveva pensato che quello che aveva vissuto da piccolo stando a stretto contatto con Cygnus fosse terribile, be’, si sbagliava di grosso. Non era niente. La perfidia di Cygnus stava raggiungendo il suo apice e più cresceva più la sua psicopatia aumentava.

Solo quel pomeriggio si era quasi beccato una coltellata nell’addome perché il giovane Lestrange si annoiava e voleva vedere il modo in cui una persona si dissanguava.
Charlie non era certo propenso a fargli da cavia per i suoi esperimenti malati e si era difeso come meglio poteva; peccato che col corpo a corpo non era proprio esperto, ma per fortuna Cygnus non aveva ancora imparato a resistere alla Legilimanzia. Gli aveva creato l’illusione di essere seppellito vivo e poi era scappato dalla Sala Comune di Serpeverde ripromettendosi di non tornare per un po’. Magari quella notte sarebbe andato a dormire nella Stanza delle necessità. Almeno si sarebbe fatto un sonno come si deve perché era stanco di dormire con un occhio sempre aperto e la bacchetta pronta sotto al cuscino. La paura di morire accoltellato nel proprio letto o soffocato lo faceva sussultare al minimo rumore, persino a quello del vento. 
Abraham non era sclerotico allo stesso modo, ma gli faceva paura ugualmente. Aveva più intelletto di Cygnus per capire che ferire gravemente le persone o addirittura ucciderle all’interno delle mura di Hogwarts sotto lo sguardo vigile di Silente, non era proprio una buona idea. Piton ringraziava il cielo che ci fossero altri studenti in stanza con lui e davanti a loro non avrebbe fatto niente. Inoltre, se c’era una persona che faceva paura a Cygnus, quella era sua madre Bellatrix e ogni volta che riceveva una sua lettera si metteva a tirare oggetti per la stanza, a strappare le tende e poi si isolava Merlino solo sapeva dove. Ecco, in quei momenti Charlie di sicuro non aveva intenzione di andare a cercarlo. Non aveva certo intenzione di lasciarci la pelle a sedici anni.

 

Tutta Hogwarts era in fermento per la partita di quidditch di quel pomeriggio. Grifondoro contro Serpeverde, i rivali per natura. Probabilmente solo una piccola manciata di persone non avrebbe assistito alla partita. Il risultato era arduo da prevedere, entrambe le squadre avevano giocato bene quella stagione e le scommesse davano un cinquanta-cinquanta.
Madame Bumb diede il fischio d’inizio e i giocatori si levarono in aria com le loro scope. JamesRemus si lanciò subito alla ricerca del boccino, fiancheggiato dal Cercatore di Serpeverde.

I suoi amici erano sugli spalti ad assistere alla partita e a fare il tifo per i rosso-oro. Solo Charlie non esultava granché. Avrebbe dovuto tifare per i Serpeverde ma i suoi amici erano tutti in Grifondoro e lì in mezzo si sentiva come tra l’incudine e il martello. A dire il vero, non gli importava granché del quidditch.

Si sentiva frastornato, la testa gli ballava. Si ricordò che non aveva mangiato niente quella mattina e a pranzo aveva sbocconcellato poco.

Improvvisamente gli venne a mancare la terra sotto i piedi. Un boato si levò attorno a lui, seguito dagli applausi. Grifondoro aveva segnato ma tutti quegli schiamazzi lo facevano stare ancora peggio. Probabilmente era solo un calo di zuccheri - maledetto il suo problema col diabete - ma aveva bisogno di allontanarsi immediatamente.
Si alzò di scatto e cominciò a farsi largo tra la folla.
Decisamente tutto quello non faceva per lui.

Non sapeva esattamente dove stava andando, sapeva solo che voleva allontanarsi dalla confusione il prima possibile. Seguiva solo i suoi piedi perché la sua testa ormai era una trottola che si muoveva da sola. Dovette aggrapparsi a una gargoyle per non finire stramazzato al suolo.

Un volto gli comparve davanti agli occhi, ma era tutto troppo offuscato, troppo confuso. Una voce lo chiamava: “Charlie! Charlie!”
Doveva essere una persona amica e con questo pensiero consolante si permise di cadere tra le braccia di chiunque fosse il suo salvatore.

 

Vivere in un perenne stato di guerra era una cosa che avrebbe stressato i nervi a chiunque, ma soprattutto, quando veniva recapitata una lettera c’era sempre da temere il peggio.
Il Mondo Magico era ormai circondato da un’aura di terrore e preoccupazione: ogni settimana qualche Auror scompariva o veniva ucciso, i Mezzosangue e i Nati Babbani venivano ritrovati nel canale sbudellati o torturati a morte… Più o meno tutti quanti avevano qualche morto da piangere in famiglia.

Grimmauld Place non fu risparmiata da una tale tragedia.

Quando un gufo picchiò contro le finestre, Lily si girò di scatto e sentì dei strani brividi percorrerle la schiena. Aveva un’orrendo presentimento.

“È una lettera di Harry”, disse rigirandosi tra le mani il piccolo rotolo di pergamena che aveva slegato dalla zampa del volatile. James e Sirius si voltarono immediatamente verso di lei.

“Oh Merlino!!”
“Che c’è?”
“Silente è morto! E il governo è caduto nelle mani di Voldemort”.

La donna fece vedere la lettera che Harry aveva scritto con una calligrafia storta e poco curata e alcune lettere erano sbavate, segno che era piuttosto di fretta.

“Com’è possibile?” chiese Sirius. L’informazione stava ancora cercando di passare nel suo cervello.

“Silente dovrebbe essere ad Hogwarts”.

“E ora chi proteggerà i ragazzi?”

 

Charlie era grato che non avesse dovuto sbattere la testa a terra mentre sveniva, ma non si sarebbe mai immaginato che il suo salvatore sarebbe stato proprio John Paciock.
Questi lo guardava con aria compunta dalla sedia sulla quale si era praticamente sdraiato, vicino al suo letto. Si trovava in infermeria.

“Ben svegliato, bella addormentata”, lo salutò il Grifondoro.

Ecco, John e i suoi commenti del cavolo.

“Che è successo?”
“Mi sei caduto come una pera cotta tra le braccia. Per fortuna che ti ho seguito. Ho visto che non stavi tanto bene”.

Charlie si strinse di più nelle coperte sperando di venire risucchiato dal letto. Perché proprio lui tra tutte le persone? E perché doveva essere così dannatamente bello?
Il Serpeverde avvampò nel realizzare il pensiero che la sua testa bacata aveva appena composto. Ma che gli prendeva?
Cercò qualcosa da dire ma nulla di sensato riuscì a venirgli fuori dalla bocca. John stava in silenzio. Strano. John non stava mai in silenzio. Anche se era solo per provocarlo, ma Paciock doveva sempre dire la sua.

“Perché non me l’hai detto?”

Ecco, appunto.

“Dirti cosa?”
“Che sei diabetico”.

Maledizione a Madame Chips che non si faceva mai i fatti suoi.

Charlie sospirò. “Non lo so”.

“Come non lo sai?”
“Non lo so, John. Non mi sembrava una cosa importante”.
Soltanto allora il moretto ebbe coraggio di guardare in direzione dell’amico e notò che era piuttosto contrariato, le labbra tese rigidamente e le mani appoggiate sulle ginocchia.
“Come sarebbe a dire che non è importante? Tappo, sono tuo amico, queste cose me le devi dire”.

“Io…”. Charlie non sapeva come giustificarsi. A lui non era sembrata una cosa importante, non così tanto da doverne mettere a conoscenza tutti i suoi amici.
“Lo sai che con Teddy non ci facciamo problemi e lui è un licantropo”.

Charlie si scosse. Non avrebbe mai osato paragonare il proprio problema con quello di Ted.

“Lo so. È solo che… non è una cosa di cui mi piace parlare”.

“Quando è successo? Quando ti è venuto fuori?”
“Un anno fa circa”.

John parve calmarsi e finalmente si sedette sul letto accanto alle ginocchia dell’altro. Gli sorrise. “D’ora in poi vorrei che mi dicessi queste cose”.

Un becchettio alla finestra attirò l’attenzione dei ragazzi. Un gufo marrone li stava guardando dall’altra parte del vetro e alle zampe teneva legata una piccola pergamena.

***

Lo so, da quanto è che non aggiorno questa fanfic (e tutte le altre?). Da troppo, troppo tempo. 

Ho anche pensato di chiuderla qui, di cancellare tutto e stopparla, ma ho ancora troppo da raccontare. Nella mia testa si stanno delineando tutte queste belle storie e le vicende dei personaggi che devo davvero cercare di portarla avanti. 
Oltretutto, mi ripresento dopo secoli con un capitolo striminzito, ma portate pazienza... mi serve tempo per tornare in careggiata e rispolverare i personaggi. 
Anche qui comunque c'è stato un salto temporale e ora i ragazzi sono cresciuti. JamesRemus, Jolie, John e Charlie frequentano il sesto anno. Nel prossimo capitolo metterò magari delle foto di come li immagino con un recap delle loro parentele e casate. 
Bando alle ciance, lascio la parola a voi. Lasciatemi una recensione o un piccolo segno di vita che ancora ci siete. Mi dispiacerebbe sapere di avere perso dei fan per strada. 

P.S. i personaggi di questa storia non appartengono a me ma a J.K. Rowling e ino chan (sulle cui fanfiction è ispirata anche questa mia). 
 

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