Isolation. ( traduzione italiana )

di Alice_Slytherin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rifugio. ***
Capitolo 2: *** Pugno. ***
Capitolo 3: *** Porte. ***
Capitolo 4: *** Punteggio. ***
Capitolo 5: *** Profumo. ***
Capitolo 6: *** Piastrelle. ***
Capitolo 7: *** Umana. ***
Capitolo 8: *** Tatto. ***
Capitolo 9: *** Veleno. ***
Capitolo 10: *** Gusto. ***
Capitolo 11: *** Dubbio. ***
Capitolo 12: *** Sonno. ***
Capitolo 13: *** Solitudine. ***
Capitolo 14: *** Desiderio. ***
Capitolo 15: *** Vetro. ***
Capitolo 16: *** Neve. ***
Capitolo 17: *** Stelle. ***
Capitolo 18: *** Doni. ***
Capitolo 19: *** Grigio. ***
Capitolo 20: *** Lacrime. ***
Capitolo 21: *** Cicatrici. ***



Capitolo 1
*** Rifugio. ***


Capitolo 1: Rifugio


A/N: Ciao, prima di iniziare volevo dirvi che questa fanfiction non l'ho scritta io, l'ho solo tradotta in italiano. L'autrice è Bex-Chan ed è fenomenale! Ho ricevuto il permesso di tradurla per voi, per tutte quelle persone che non hanno mai letto FF non in italiano. Volevo condividere con voi le meravigliose FF inglesi, è la prima volta che ne leggo una e me ne sono subito innamorata. Ecco tutto, buona lettura!! Alice.



Le persone dicono spesso che nei momenti difficili, s’impara ad apprezzare le piccole cose. Nozioni poetiche e stravaganti come i tramonti, il verso degli uccelli e i vari colori dei fiori delicati.

Beh, Hermione poteva dire con certezza a quelle persone che erano tutte balle.

Balle. Balle. Balle.

I tramonti erano su per giù uguali ogni giorno, lo starnazzare degli uccelli era in realtà molto fastidioso e le causava il mal di testa e non gliene poteva importare di meno delle tonalità e delle sfumature dei fiori. Morivano tutti comunque; appassivano tutti in brutte forme avvizzite. Specialmente quando l'inverno cominciava a far mancare il respiro al mondo.

No, quando si vivevano tempi oscuri, ed erano veramente oscuri, ti distraeva da quasi tutto il resto. Era tutto irrilevante e distorto, rannuvolato dalla densità dell'oscurità.

Hermione aveva notato che anche le sue lezioni erano diventate prive di significato, e la cosa peggiore era che tutti gli altri sembravano sentirsi allo stesso modo.

Gli studenti di Hogwarts stavano affogando nella malinconia. Ognuno di loro.

Certo, quelli cui era stato permesso di tornare.

Aveva calcolato che fossero rimasti solamente poco più di un quarto del solito numero di alunni e tutti loro erano spaventati; si spostavano per i corridoi solitari con espressioni abbattute e parole sussurrate. Ma le lezioni si tenevano ancora, così come le partite di Quidditch e gli altri eventi, anche se era palesemente ovvio che la maggior parte degli studenti avesse perso la forza di competere, socializzare e addirittura di imparare.

La McGranitt stava facendo del suo meglio per mantenere le cose costanti e familiari, ma era inutile. Hogwarts era una pseudo scuola ormai; solo un guscio con mura antiche che le persone una volta credevano sicure. Ma ovviamente, erano tutte balle anche quelle.

Era il primo di Ottobre e ciò significava che Hermione era tornata a scuola da un paio di settimane, ma sembrava un periodo più lungo. Significava anche che Silente era morto da esattamente cinque mesi. No, Hogwarts sicuramente non era un posto sicuro e lo sapevano tutti. I Mangiamorte avevano fatto breccia nella loro scuola, tutto grazie a quel coglione di Draco Malfoy e poi Piton aveva assassinato il più brillante uomo che Hermione avesse mai conosciuto.

Voldemort era tornato. In effetti, era tornato da un paio di anni ormai, ma ora la minaccia del suo ritorno stava diventando sempre più forte e pericolosa con ogni giorno che passava. Hermione era pietrificata. Proprio così. Fanculo agli stereotipi che accompagnavano i suoi colori Grifondoro, certe volte era una cosa razionale essere spaventati.

Di certo non aiutava il fatto che quelli che avrebbero dovuto essere i suoi migliori amici l'avevano lasciata laggiù tutta sola. Sì, Harry e Ron in quel momento stavano scarpinando in giro per tutto il paese in cerca degli Horcrux. Senza di lei. Non era sicura del ragionamento che era stato fatto nel prendere quella decisione, ma era stato un suggerimento di Lupin. Hermione voleva molto bene ai suoi amici, ma se aveva ragione Harry stava probabilmente avendo dei crolli mentali ogni ora e Ron stava molto probabilmente inciampando nei suoi stessi piedi.

Lei sapeva che non era stata una loro decisione ma non poteva fare a meno di avvertire un risentimento che si era scavato uno spazio nella sua mente. Se non altro avevano l'un l'altro.

Hermione era stata lasciata lì ad assistere la McGranitt nel trasformare Hogwarts in un rifugio. Un luogo sicuro. C'erano alcuni altri membri dell'Ordine come Seamus e Dean, e Ginny stava aiutando con il resto degli altri professori. La più giovane degli Weasley era abbastanza simpatica, ma non si avvicinava nemmeno a riempire il vuoto con cui l'avevano lasciata i ragazzi. Per la maggior parte del tempo, Hermione si sentiva significativamente sola.

Le era stato dato il titolo di Caposcuola ovviamente, probabilmente di modo che potesse avere una sua stanza privata per aiutare con i piani dell'Ordine. O forse era perché potesse essere libera di chiudersi in biblioteca la sera, con la speranza di assistere la causa. O magari era perché era tristemente famosa per essere la migliore amica di Harry Potter e tutti si aspettavano che fornisse un simbolo di speranza alle anime tristi che stavano popolando Hogwarts.
Qualunque fosse la ragione tra queste, Hermione era felice di poter aiutare, ma avrebbe preferito rimanere con Ron ed Harry.

Micheal Corner era l'altro Caposcuola, ma Hermione non aveva mai davvero capito perché era stato scelto. Probabilmente perché era stato un Prefetto ed un membro dell'Esercito di Silente, ma dubitava che stesse facendo molto dal punto di vista della preparazione per l'Ordine. Avrebbe potuto chiederlo a lui, certo, o anche tentare di fare conversazione con uno qualunque degli altri studenti, ma l'unica persona con cui parlava in quei giorni era la McGranitt.
Era troppo impegnata.. Troppo immersa nella sua disperazione per aiutare.

Il suo dormitorio di Caposcuola era vuoto. Cupo.

Vicino alla Torre dei Grifondoro c'era la sua camera da letto, un piccolo angolo cucina, un piccolo salotto, il bagno ed un'altra camera da letto. Il letto che Harry avrebbe probabilmente occupato se fosse stato scelto come altro Caposcuola. Corner aveva il suo dormitorio da Caposcuola vicino alla Torre dei Corvonero e di questo Hermione era grata. Se doveva essere arrabbiata e in ansia per la situazione del mondo, non voleva che nessuno al di fuori di Harry e Ron lo sapesse.

Ma, come aveva notato così tante volte, loro non c'erano. Mandavano una lettera ogni due settimane, attenti a non mandare altri gufi in caso allertassero Voldemort della loro caccia agli Horcrux.

Perciò, sì. La situazione era brutta. Notevolmente brutta.

Così brutta che le parole davanti a lei stavano scivolando nella sua mente e fuggendo dalla sua attenzione. Doveva essere appena passata mezzanotte quando si era incamminata verso la biblioteca per cercare di nuovo informazioni sugli Horcrux, spronata dalla sua travolgente insonnia.

Erano facilmente già le due di notte ormai. Il posto era ovviamente vuoto e solo il tenue bagliore del suo incantesimo Lumos dava un segno di vita fra i labirinti degli scaffali pieni di libri. Strofinò i suoi occhi insonnoliti e provò a concentrarsi sulle lettere e sulle forme sfocate, ma era difficile.

"Bene," borbottò tra sé, passando la punta del suo dito sotto la frase per fissare il suo sguardo su di essa. "Il primo mago conosciuto a creare un Horcrux fu Herpo il Turpe e possono essere solamente.."

Accidenti..

Aveva già letto quella frase due volte.


"Tu sei pazzo," sputò il ragazzo duramente, fermandosi sui suoi passi. "Non so quale delle tue pozioni assurde hai tracannato, ma io là dentro non ci torno per nessuna ragione al mondo."

"E suppongo che tu abbia un'idea migliore?" Piton si girò lentamente per fronteggiare il suo compagno, fissando impaziente il giovane.

"Hai dimenticato che cosa abbiamo fatto lì dentro?" chiese lui, alzando le sue mani tremanti dalla rabbia per indicare la scuola debolmente illuminata. "Mi uccideranno all'istante se metto un piede in quel posto!"

"Non abbiamo tempo per questa discussione, Draco," rispose brusco l'ex professore, afferrando il retro del colletto del giovane mago. "Ho fatto Voto di proteggerti e questo è l'unico luogo in cui sarai al sicuro-

"Levami le mani di dosso!" sibilò il ragazzo, lottando contro la presa mentre Piton marciava verso Hogwarts. Provò a piantare i piedi per terra e togliere la mano dell'uomo dai suoi vestiti, ma fu tutto inutile. "Maledetto traditore del tuo sangue schifoso!"

Piton fermò i suoi lunghi passi e aggiustò la sua presa sui vestiti di Draco per portare la sua faccia vicina a quella del giovane. Non si poteva notare sul suo viso, ma Malfoy sì sentì improvvisamente molto diffidente dello sguardo pericoloso negli occhi del mago, anche se non indietreggiò. Piton era un traditore del suo sangue. Era un dato di fatto.

Lui e Piton si erano nascosti nei mesi successive agli.. eventi della Torre di Astronomia. Draco non era stupido. Sapeva che il suo fallimento avrebbe avuto delle conseguenze, ma non avrebbe mai potuto immaginare la loro grandezza. Il Signore Oscuro lo voleva morto.

Non aveva parlato con i suoi genitori da quella sera e non aveva idea di che cosa fosse loro capitato. Aveva appena abbandonato una baracca nelle Shetland, con come suo unico compagno l'uomo unto e inquietante che attualmente lo stava fissando promettendogli tortura. E aveva anche una taglia sulla sua testa. Entrambe le parti lo volevano morto. Eccezionale.

E poi Piton gli aveva detto di essere una spia; che li aveva traditi tutti e che era uno di loro. Draco aveva vomitato gli avanzi a mala pena digeriti che erano riusciti a recuperare quel giorno e aveva passato il resto della serata cercando di scappare dal loro nascondiglio scozzese.

Ma dove sarebbe potuto andare?

Se non fosse stato per il fatto che Voldemort lo voleva Avadakedavrato il più presto possibile, avrebbe divulgato la rivelazione per qualche guadagno personale. Ma non c'era più spazio per lui fra i Mangiamorte, cosa che lo lasciava sostanzialmente fottuto; costretto a seguire in giro il traditore del suo sangue che gli aveva detto di non poterlo più proteggere.

Porca puttana.

E ora Piton lo aveva portato a Hogwarts.

Aveva provato a fare delle domande riguardanti il suo grado di coinvolgimento con l'Ordine, ma l'idiota pazzoide gli aveva detto il minimo indispensabile. Draco si era chiesto se se la follia avesse definitivamente avuto la meglio sull'uomo; che tutta la storia dell'essere una spia fosse solo il balbettare isterico di un uomo che non c'era più con la testa. Aveva assassinato Silente dopotutto. Ma allora perché lo avrebbe portato ad Hogwarts se non avesse avuto nessuna influenza sulla McGranitt e sull'Ordine?

Tutte quelle domande e l'ansia martellavano contro le sue tempie e pulsavano insieme ad echi di raccomandazioni nella sua testa. Ma lui non aveva risposte. Non aveva promesse. Non aveva niente. Lasciato a ribollire in un limbo che faceva male e a chiedersi quando tutto era diventato così complicato.

Cinque mesi in un capanno cadente in una qualche desolata isola delle Shetland, con solo il brusio delle pecore a spezzare il silenzio, lo aveva lasciato a dir poco.. teso. Certo, sapere che il mago più potente sulla Terra era a caccia del suo cadavere non aiutava.

Che settimana di merda. Che mese di merda. Che anno di merda.

"Sto cercando di proteggerti, Draco," disse bruscamente l'uomo sinistro, serrando la sua presa sugli abiti di Draco. "Questo è l'unico posto dove sarai al sicuro-

"Non sarò al sicuro qui," ringhiò il biondo, arricciando le labbra con disgusto. "Sono il loro fottuto nemico-

"Sei nemico di entrambi le parti adesso," gli fece notare Piton, continuando a camminare verso Hogwarts e trascinando l'erede dei Malfoy con sé. "Ma ci sono meno probabilità che questa fazione ti uccida. La Professoressa McGranitt ha già acconsentito."

"Stupida vacca," abbaiò Draco, cosa che gli procurò uno strattone che lo fece quasi soffocare. "Quindi devo affidare la mia sicurezza a quella megera pazzoide?"

"Non hai scelta."

Le sue proteste cessarono.


Hermione rabbrividì.

L'Autunno si era insinuato nel castello troppo velocemente e aveva sparso il freddo giù per la sua nuca. Il respiro le usciva dalla sua bocca in morbide nebbie e la ragazza si sistemò nel pugno il tessuto del maglione per proteggere le dita.

Hermione balzò dalla sedia quando sentì la porta della biblioteca aprirsi, seguita da passi strascicati. Afferrò la sua bacchetta, terminando silenziosamente l'incantesimo Lumos e ascoltando attentamente i tonfi dell'intruso sul pavimento. Respirò più sommessamente che poté, riuscendo ad alzarsi dalla sedia senza fare il minimo rumore.

Si fece strada attraverso gli spazi fra gli scaffali, cercando di intravedere qualcosa che fosse fuori posto. Tutte le ombre si mescolavano in una massa quasi nera, così si concentrò sui rumori. Chiunque fosse indugiava ancora sulla porta, ma stava lentamente addentrandosi nella biblioteca. La mano di Hermione si strinse attorno alla sua bacchetta.

"Signorina Granger?" la chiamò una voce familiare e le sue spalle si rilassarono. "È qua dentro?"

"Lumos," sospirò la strega, mentre i suoi piedi seguivano quel tono amichevole. "Sono qui, Professor Lumacorno."

"Oh, eccola qua," sorrise l'uomo agitato quando la vide. "L'ho cercata ovunque, sa. Non dovrebbe essere fuori così tardi, anche se è Caposcuola."

"Va tutto bene?" chiese lei, ignorando il suo commento.

"La Professoressa McGranitt vorebbe parlarle," disse semplicemente, facendole strada fuori dalla biblioteca. "La troverà nel suo ufficio."

"C'è qualcosa che non va?" le sue sopracciglia si inarcarono per la preoccupazione. Perché la McGranitt avrebbe dovuto avere bisogno di lei alle due del mattino?

"Non so che cosa stia succedendo, signorina Granger," ammise con una scrollata di spalle. "Sono sicuro che sia tutto a posto, altrimenti ci avrebbero informati."

"Suppongo che lei abbia ragione," annuì Hermione assente, infilando le mani nelle tasche. "Sembra solo un po' strano".

"In tempi come questi, signorina Granger," mormorò e Hermione poteva sentire quanto l'uomo fosse stanco. Erano tutti così stanchi. "Sono sorpreso che riesca a trovare ancora qualcosa che non sia normale."

"Ha ragione."

"La accompagnerò fino all'ufficio," le disse, con la voce gracchiante per la fatica. "Vuole che aspetti fuori per assicurarmi che lei torni nella sua stanza senza alcun rischio?"

"Non è necessario," lo congedò Hermione scuotendo la testa brevemente. "La mia stanza è poco lontana dall'uffico della McGranitt. E poi, mi sembra molto stanco, Signore."

"Sono stato svegliato in modo alquanto improvviso," confessò lui, soffocando uno sbadiglio. "E lei stava leggendo in biblioteca. Sta dormendo bene, signorina Granger?"

"Abbastanza bene," mentì lei.

"Posso consigliarle un po' di Pozione Soporifera?" suggerì Lumacorno, lanciandole un'occhiata significativa. "Potrei preparagliene un po' per domani."

"No, grazie," Hermione gli offrì un debole sorriso. "Ho dei sonniferi Babbani che prendo quando ne ho davvero bisogno, ma sto bene, Professore. Davvero."

"Se lo dice lei, signorina Granger," cedette lui, fermandosi quando raggiunsero la porta del passaggio che portava all'uffico della McGranitt. "La lascio qui allora."

"La ringrazio, Professor Lumacorno," Hermione annuì educatamente, aspettando che il mago sparisse lungo il corridoio prima di borbottare la parola d'ordine. "Gatto soriano."


Draco era seduto in una sedia troppo grande per lui, digrignando i denti e mordendosi la lingua. I due professori stavano battibeccando di fronte a lui e c'era voluto tutto il suo autocontrollo per non urlargli contro. Se la McGranitt non avesse stretto la sua bacchetta sulla difensiva, avrebbe probabilmente già lanciato una fattura ad entrambi o almeno alcuni incantesimi Silencio per bloccare i loro toni aspri.

"Ho accettato di incontrarti, Severus," disse duramente la strega. "Non ho mai promesso che lo avrei effettivamente fatto restare qui."

"Non c'è nessun altro posto," affermò Piton calmo, guardando Draco per un momento. "Se il Signore Oscuro lo trova lo ucciderà, Minerva."

"E vorresti che io mettessi il resto degli studenti in pericolo?" sbottò lei con il suo marcato accento scozzese e ricordando a Draco la sua vile permanenza nel Nord. Sempre a nascondersi..

"Stai cercando di proteggere gli studenti," disse il mago scontroso. "Lui ha bisogno di protezione più di chiunque-"

"Questo ragazzo è la ragione per cui questo posto è stato attaccato!" urlò lei, puntando un dito accusatore verso il giovane. "Questo ragazzo-"

"È un bambino,"la interruppe Piton, ignorando il grugnito offeso che provenne dall'altrimenti silenzioso adolescente. "È stato traviato, Minerva."

A quelle parole, gli occhi di Draco si spalancarono e scrutò l'uomo di cui una volta si era fidato con scetticismo. Era bizzarro e degradante venire difeso da qualcuno che oramai disprezzava.

"Sapeva ciò che stava facendo,"disse piano la Preside, tornando al suo tono prudente. "E se non fosse stato così sciocco, le cose sarebbero molto diverse-"

"Il Signore Oscuro sarebbe comunque una minaccia,"ragionò lui con attenzione. "Sai che Albus-"

"Non osare corrompermi con il suo ricordo!" lo avvertì lei, mentre la sua voce raggiungeva un tono che disturbava le sue stesse orecchie. "Non osare, Severus-"

"Sai che ho ragione," disse Piton con una forza sottile. "Sai molto bene quanto fosse determinato ad assicurarsi che Draco non seguisse quella.. strada."

L'erede dei Malfoy sentì la sua mascella rillassarsi. Un sacco di domande gli riempirono inevitabilmente la testa e si fece passare dell'aria tra i denti. Il vecchio allocco si era interessato a lui? Aveva voluto tenerlo lontano dal sentiero oscuro? E Piton lo sapeva? Solo altri segreti; alter scheggie nella sua mente.

"Che diavolo-"

"Ti avevo detto di tenere la bocca chiusa,"strascicò Piton, senza nemmeno disturbarsi a gettare uno sguardo su di lui. "Minerva, sai che Albus lo avrebbe lasciato rimanere-

"Beh," sospirò lei, massaggiandosi la fronte con le sue mani raggrinzite dall'età. "La benevolenza di Albus potrebbe essere considerata la sua caduta, insieme al suo desiderio di vedere del buono in tutti quanti."

Piton emise un suono di accordo."Ad ogni modo," borbottò sottovoce. "Il mio tempo sta scadendo. Ha bisogno di un posto lontano dal Signore Oscuro."

L'anziana strega tese le labbra e spostò il suo sguardo saggio sul più giovane occupante della stanza. Draco provò a sostenere lo scambio ma si ritrovò a fissare il suo grembo, le sue palpebre pesanti per la fatica. Non era riuscito ad avere una notte di sonno decente dal primo di Giugno, quattro giorni prima del suo diciassettesimo compleanno. Forse per il freddo che si insinuava tra le fessure del loro nascondiglio, o per i dolorosi morsi della fame che aveva dovuto soffrire per cinque mesi, o forse per i fragili resti della sua coscienza.

Il sonno era un lusso ormai dimenticato, così come un pasto decente. E un letto. E una doccia. E il calore...

"Molto bene," mormorò infine la McGranitt, alzando lievemente la testa mentre parlava. "Può restare. Ma ho le mie condizioni, Signor Malfoy, e se anche solo una di esse viene violata, verrà lasciato a sé stesso."

Draco alzò lentamente gli occhi per guardare la donna con uno sguardo agitato. Chi era lei per stilare una lista di regole? Come se gli stesse facendo un favore. Lui non voleva stare lì. Non aveva bisogno del suo maledetto aiuto. Poteva infilarselo su per il-

"La sua bacchetta, signor Malfoy"chiese la McGranitt calma, allungando la mano.

Lui sbuffò. "Via dalle palle," mormorò freddamente, ma sentì qualcosa al suo fianco muoversi e guardò con occhi furiosi come la sua bacchetta lasciava la sua tasca per atterrare sul palmo della strega.

"Non le sarà permesso di partecipare alle lezioni con il resto degli studenti,"gli disse bruscamente. "Credo che le ragioni siano piuttosto ovvie. Dovrà passare inosservato e sono sicura che non verrebbe riaccolto dagli altri studenti comunque sia."

Draco alzò gli occhi al cielo. Odiava le persone che trovavano necessario ribadire l'ovvio.

"Non lascerà la stanza che gli verrà assegnata,"continuò lei duramente, le labbra serrate per lo stress. "Se mette anche solo un piede fuori da Hogwarts senza il mio permesso non le sarà permesso di rientrare. Mai più."

Draco si strofinò il mento e guardò Piton, che lo stava osservando con quel familiare sguardo impaziente. Avrebbe voluto dire ad entrambi di andare a fanculo; di farsi gli affari loro, ma sapeva che questa offerta non era opzionale. Ricordò a sé stesso ancora una volta che non aveva nessun altro posto dove andare. Quello era il suo destino. Un'altra prigione succhia-sanità mentale. Che Merlino lo aiutasse a salvare il suo spirito.

"Resterà qui?" chiese Piton, rompendo il silenzio. "Con te?"

"Ho troppe cose in ballo per fare l'accompagnatrice, Severus," spiegò la strega con un tono tagliente. "Ho in mente qualcun altro che lo tenga d'occhio."

Piton aggrottò le sopracciglia. "Lumacorno?" provò ad indovinare. "Uno degli altri professori?"

"Sai per esperienza personale che non avrebbero tempo per questo," rispose lei con un sopracciglio alzato. "Viste le circostanze, Severus, ci sono solo una manciata di persone di cui mi fido completamente, e se vuoi che la postazione dei signor Malfoy rimanga segreta, allora rimarrà con la signorina Granger."

Dracò sgranò gli occhi e la sua gola si seccò. "Quella fottuta Mezzosangue-

"È meglio per lei che moderi il linguaggio, signor Malfoy," lo minacciò lei col suo tono tagliente "Credo di aver detto chiaramente che la sua permanenza qui presuppone delle condizioni-

"Lei crede che gettarmi in una stanza con lei sarà sicuro?" domandò lui con una faccia incredula. "Se c'è qualcuno che mi vuole morto oltre al Signore Oscuro è la Mezzosangue-

"Smetta immediatamente di usare quella parola," ribadì la strega riproverandolo con un dito. "Sono certa che la signorina Granger è in grado di gestire questa.. situazione in modo maturo."

Draco emise un latrato privo di umorismo e scosse la testa. "Lei è fuori di testa."

"A quanto pare," concordò lei. "Ma se fossi in lei, non mi incoraggerei a riconsiderare questa sistemazione."

Draco strinse gli occhi e si voltò verso Piton con un'espressione di puro disgusto. "Questa è la tua idea di protezione?" sputò a denti stretti. "Consegnarmi a questi idioti-"

"Basta così," lo zittì lui tranquillamente, continuando a fissare la McGranitt con un'espressione incuriosita. "Sei sicura che la Signorina Granger sia l'opzione più saggia, Minerva?"

"È l'unica opzione," affermò lei risoluta. "È l'unica studentessa di cui mi fido completamente."

"Ma sarebbe più appropriato scegliere uno dei professori."

"I professori stanno già avendo abbastanza problemi cercando di sorvegliare gli altri studenti,"disse la Preside con una punta di impazienza. "La Signorina Granger è perfettamente in grado di occuparsi della questione e si da il caso che abbia una stanza libera nel suo alloggio-

"Dev'essere uno scherzo," grugnì Draco, arricciando il naso con disprezzo. "Mi rifiuto di stare con quella-

"Non ti dirò di nuovo di stare zitto," ghignò Piton, facendo un lungo passo per schaffeggiargli la nuca.

"Farà ciò che le è stato detto, Signor Malfoy," lo avvertì rigidamente la strega. "Otterrà una sola offerta d'aiuto da parte nostra e se non dovesse funzionare, verrà lasciato a sé stesso."

Draco sentì il bisogno di sfidare la strega salirgli sul per la gola, solleticandolgi le tonsille, ma era così stanco.
Hogwarts era molto più calda del capanno e il calore era come un sedativo. Per quanto cercasse di ignorarlo, la sedia imbottita lo stava assorbendo. L'odore di cibo aleggiava nell'aria e stava svegliando il suo stomaco vuoto.

"Devo prendere il suo silenzio come un assenso alla nostra offerta?"

Offerta. Draco sbuffò. Non era un'offerta che gli stava facendo e tutti quanti in quella stanza lo sapevano. Era un ultimatum. Stare con il nemico o rischiare la morte. La voglia di vivere batteva di poco il suo orgoglio. Va bene, lascia che ti diano da mangiare e che ti forniscano un antico tetto sopra la tua testa. I suoi genitori lo sarebbero venuti a cercare. Suo padre avrebbe convinto il Signore Oscuro a chiudere un occhio sul suo.. incidente. Forse.

"Accetta," parlò Piton al suo posto, lanciando al suo ex alunno un'occhiata severa che lo sfidava a protestare.

"Così sia," sospirò la McGranitt, con tutto il terrore di un' anima che aveva fatto un patto con il Diavolo. "Ha qualche effetto personale?"

I suoi occhi si spostarono nuovamente sul suo grembo. La semplice risposta era no. No, non aveva una maledetta cosa da chiamare sua. Solo i vestiti malconci e ripetutamente puliti con l'incantesimo Gratta e Netta che Piton gli aveva dato. Era stato privato di tutti le prove della sua ricchezza; i simboli che rappresentavano il suo nefando patrimonio e lui odiava quella condizione.

"No," borbottò velocemente, serrando gli occhi.

"Allora dirò agli Elfi Domestici di trovare qualcosa per lei," gli disse la McGranitt, con un tono non più delicato di prima."Li farò mandare nella stanza della Signorina Granger ad un certo punto della giornata di domani."

"E la Signorina Granger ha acconsentito all'accordo?" chiese il mago più anziano con un tono scettico.

"Non ancora."

Le sopracciglia dorate di Draco si inarcarono. Non ancora? Quella donna stava scavando la sua tomba più velocemente di Voldemort.


Hermione strisciò le punte delle sue dita consumante dall'ansia sui vecchi mattoni del muro mentre trascinava i piedi giù per il corridoio, l'altra mano impegnata a stringere la sua bacchetta illuminata per indicarle la strada. Aveva capito perché la McGranitt l'aveva convocata ora. C'era una sola possibilità.

Cattive notizie.

Qualcuno era morto. O era stato ferito. Forse i piani di Harry e Ron erano stati scoperti. Forse la scuola era di nuovo sotto minaccia. O magari Voldemort aveva trovato il quartier generale dell'Ordine.

C'erano centinaia di possibilità, ed erano tutte brutte.

Aveva nostalgia del suo ottimismo; desiderava che non gli fosse stato rubato dall'oscuro ricordo della Torre di Astronomia e dall'assenza dei suoi migliori amici. I suoi pensieri tristi sfumarono quando la voce distorta della McGranitt tintinnò attraverso il passaggio, e non appena l'eco svanì, un'altra voce si unì alla sua. La voce di un uomo.

La stretta sulla sua bacchetta si fece più stretta mentre accelerava il passo, il rumore dei suoi piedi sempre più alto fra gli altri suoni. Non riusciva a distinguere le parole specifiche e non riusciva nemmeno a capire se ci fosse una terza voce che vibrava lungo i muri adesso.
Con un movimento del polso e mentre sussurrava nuovamente la parola d'ordine sottovoce, la porta spessa si aprì di scatto. Hermione sgranò gli occhi mentre assorbiva la scena che le si parò davanti.

Piton. Qui. Ad Hogwarts.

Non fece nemmeno caso a Malfoy.

Tre teste si voltarono a guardarla, ma lei ne vide solo una. Lui. L'uomo che aveva ucciso la persona migliore che avesse mai conosciuto. Sentì un fuoco bruciarle nel petto.

"Tu," soffiò, i suoi lineamenti allungati per un attimo dallo shock per poi fare spazio alle linee arrabbiate sul suo viso. Con un movimento agitato del gomito Hermione stese il braccio della bacchetta e i suoi occhi marrone scuro si strinsero in pericolose fessure. "Impedimenta!"

Piton bloccò il suo incantesimo senza sforzi, e la cosa la fece infuriare ancora di più. La sua rabbia le martellava nelle orecchie, coprendo le richieste della McGranitt di calmarsi. La sua magia stava pulsando nella punta delle sue dita, pronta per la vendetta. Lanciò uno Stupeficium, ma venne deviato come il suo ultimo attacco.

Draco osservò il duello in silenzio con i suoi occhi calcolatori, chiedendosi perché Piton stesse effettivamente partecipando. Sicuramente un veloce Petrificus avrebbe messo la Mezzosangue ficcanaso al suo posto. Non si era accorta di lui; non aveva nemmeno una volta sollevato lo sguardo dall'altro mago. Avrebbe scommesso la fortuna della sua famiglia che notare la sua presenza non avrebbe calmato la sua collera nemmeno un po' in quel momento.

Piton squadrò la ragazza con calma e lanciò un silenzioso incantesimo disarmante nella sua direzione, decidendo che la cosa migliore era mettere fine alla cosa prima che gli sfuggisse dalle mani.
Impressionato, Piton alzò un sopracciglio quando si rese conto che l'incantesimo non aveva avuto effetto, e vacillò quando un altro dei suoi anatemi lo fece barcollare. La ragazza aveva fatto pratica. Quando aveva imparato a lanciare l'Incantesimo Scudo senza pronunciare la formula?

"Basta così!" cercò di intervenire la McGranitt, ma gli occhi di Hermione si posarono appena sulla donna. "Signorina Granger, si calmi e mi lasci spiegare-

La giovane strega non batté ciglio. "Confrin-

La bacchetta le volò via dalla mano, e la ragazza spostò il suo sguardo tradito e confuso sulla Preside. Sentì delle corde incantate che la avvolgevano per limitare i suoi movimenti, e lacrime di frustrazione scesero a rigarle le guance. La strega più anziana le lanciò uno sguardo pieno di scuse prima di agitare nuovamente la sua bacchetta e Hermione sentì i suoi piedi alzarsi dal pavimento per poi volare dentro ad un armadio.

La porta si chiuse dietro di lei con colpo secco e lei rimase immobile nel buio, stordita per un momento prima di cercare di liberarsi e gridare finché la sua gola non cominciò a bruciare.
Perché la McGranitt stava facendo questo? Hermione emise un singhiozzo indignato e ricacciò indietro l'urlo bloccato nella sua trachea.

Che cosa diavolo stava succedendo?

Dall'altra parte della porta, Draco si buttò indietro sulla sedia, alzando gli occhi al cielo. Guardò i due professori mentre si scambiavano un'occhiata scettica e resistette al bisogno di scuotere la testa o di ridere alla loro stupidità. Come potevano essere onestamente sorpresi che lei avesse reagito così? Era davvero circondato da dei maledetti idioti.

"Beh," commentò, con una voce stridula ma sempre traboccante di sarcasmo. "È andata bene."

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Capitolo 2
*** Pugno. ***


Chapter 2: Pugno.

"E’ migliorata” commentò Piton, osservando la porta con sguardo pensieroso.

"Non ne hai idea" sospirò la McGranitt, aggrottando le ciglia in un cipiglio severo, mentre le proteste di Hermione non facevano altro che aumentare. “Ha fatto molta pratica con il professor Lumacorno e me.”

“Si, l’ho notato” rispose Piton, accennando con lo sguardo a Draco. “Magari sarà capace di gestirlo.”

“E’ una ragazza davvero capace,” lo rassicurò la McGranitt. “Severus, il reparto anti–materializzazione entrerà in gioco di nuovo tra poco tempo, e penso che sarebbe più facile spiegarle tutto se tu non sarai qui–

“Sono stato qui troppo a lungo comunque,” rispose lui, avvicinandosi a grandi passi al giovane mago che stava curvo sulla sua sedia. “Ricordati di cosa abbiamo discusso Draco–

“Mi stai lasciando qui sul serio?” domandò lui, sibilando le sue parole attraverso i denti. “Con queste persone? Grazie un cavolo–

“Cerca di ricordarti che sei in pericolo” continuò Piton con voce densa e condiscendente. “E queste persone sono le uniche che hanno intenzione di sistemarti in un posto sicuro con qualcuno che–

“Beh, allora sono ancora più stupide” Draco si strinse nelle spalle, sprezzante, lanciando alla McGranitt uno lungo sguardo annoiato. “Vi aspettavate della gratitudine da parte mia per questo?”

“Non mi aspetto assolutamente nulla da te, signor Malfoy” le rispose lei con sincero disprezzo. “La tua costante incapacità di fare qualcosa di utile ha distrutto ogni genere di confidenza che avrei potuto avere nei tuoi confronti.”

La sua espressione arrogante trasalì al suono di quelle parole. Non perché era preoccupato di aver fatto incazzare la vecchia rugosa; davvero, non gliene fregava un cazzo. No, era perché l’aveva chiamato un fallimento. E la verità faceva male. Negli ultimi sette anni, non riusciva a ricordare una sola cosa che gli fosse riuscita bene. Nemmeno una. E la sua ultima cazzata si è rivelata fatale; fatale abbastanza da giustificare un desiderio di morte e un soggiorno a tempo indeterminato in questo buco di merda.

Falimento.

“Ti piacerebbe che facessi finta che mi importasse?” borbottò casualmente, guardando di nuovo verso Piton. “Pensavo che te ne stessi andando.”

Il biondo grugnì quando ricevette un altro schiaffo secco sulla nuca. “Dovresti controllare la tua lingua, Draco” lo rimproverò Piton. “Mi scuso per questo, Minerva.”

“Non c’è bisogno.” Insistette lei. “Posso pensarci io da questo momento in poi. Hai la mia parola che farò tutto ciò che sarà necessario per garantire la sua sicurezza. Dovresti davvero andare adesso, Severus. L’alba sta per arrivare.”

“Giusto” rispose lui, voltandosi crucciato verso la collega. “Non sono in grado di dirti se potrò contattarti presto.”

“Se hai bisogno di noi, sai dove trovarci” disse lei, abbassando la voce ad un sospiro. “Buona fortuna Severus”.

Draco si lasciò uscire uno sbuffo disgustato che fù soppresso dal rumore della materializzazione di Piton. Sentì la sua mascella contorcersi e cercò di combattere il senso di apprensione che stava crescendo nel suo intestino. Piton sarà pur diventato un traditore del suo sangue ma almeno quell’uomo, che a volte gli dava i brividi, era legato da un voto infrangibile volto a proteggerlo, mentre questi traditori del proprio sangue avrebbero probabilmente approfittato della situazione per strangolarlo nel sonno.

Un altro strillo della Granger gli ruppe il timpano, e Draco si girò verso la McGranitt con uno sguardo terribilmente stanco.

“Qui ci sarà da ridere” borbottò asciutto, incrociando le braccia davanti al petto.

“Non provare a dire qualcosa che renda la situazione più difficile di quanto non sia gia,” lo raccomandò la professoressa, agitandogli un dito davanti alla faccia. “E di sicuro non userai quell’orribile parola.”

“Intende ‘Mezzosangue’?” domandò, sottilineando quel particolare termine offensivo. “Sembra fin troppo convinta che io–

“La avverto, signor Malfoy” continuò lei. “Stai solo rendendo le cose più difficili per te stesso se continui a comportarti in questo modo–

“Se ne faccia una ragione,”  gemette lui, strofinandosi gli occhi. Gli strilli della Mezzosangue gli avevano fatto arrivare i dolorosi battiti del cuore fin sopra alle tempie, provocandogli un terribile mal di testa ed ora, il calore della stanza stava abbassando la sua resistenza a tenere aperte le palpebre per rimanere sveglio. Aveva davvero bisogno di dormire. “Sono quasi le tre del mattino e vorrei avere un po’ di riposo–

“E sono sicura che le piacerebbe riposare in un letto confortevole” rispose lentamente la McGranitt, guardandolo dall’alto della sua statura. “Sono a conoscenza del fatto che non ha avuto un letto per un po’ di tempo, signor Malfoy–

“Dove vuole arrivare?”

“Se insiste nel rendere tutto più complicato di quanto dovrebbe essere” cominciò lei, avanzando di un paio di passi verso l’armadio urlante “…Allora potrei decidere di non farti usare il letto, o la doccia, o magari vorresti–

“Ho capito” rispose Draco, guardandola storto. “Allora continui pure–

“Ti farebbe anche bene imparare un po’ di buone maniere” lo consigliò la strega, ormai vicina alla porta dell’armadio.

Con un respiro anche troppo calmo, vista la situazione, la Preside aprì la porta e aggrottò le sopracciglia quando vide il caos all’interno. Gli sforzi di Hermione avevano distrutto qualche scaffale e la giovane strega si era guadagnata qualche bruciatura a causa dei libri che le erano caduti addosso. Hermione smise di lottare quando si accorse della presenza della McGranitt sul ciglio della porta, con il cuore che le batteva nel petto. La strega più anziana agitò la bacchetta per levitare Hermione dentro il suo ufficio e sospirò forte quando vide che la ragazza non aveva alcuna intenzione di interrompere la sua lotta per liberarsi dalla presa.

Draco sopresse le parole che stavano tentando di uscire dalla sua bocca, per il bene di una nottata confortevole. La Granger sembrava essere stata posseduta dall’inferno e poi risputata fuori; i suoi capelli incasinati brulicavano come foglie d’autunno, i suoi occhi erano rossi e sembrava che non riposassero da un mese. Dio. Era contento di vederla soffrire. Almeno, era contento di non essere lui a star male, per una volta.

“Mi lasci andare!” urlò Hermione con gli occhi pieni di lacrime, mentre i suoi piedi scalpitavano a qualche centimetro d’altezza dal pavimento.

"Ho bisogno che si calmi, signorina Granger-

"Non mi calmerò!" si rifiutò Hermione, con voce forte ma allo stesso tempo spaventata. "Ma che diavolo-

"Prometto che le spiegherò tutto," la professoressa cercò di calmarla. “Ho bisogno che tu stia calma, Hermione. Te ne prego.”

Hermione fece sei lunghi respiri e ingoiò indietro l’ansia che le riempiva la gola. Ancora non si era accorta di lui. “Ok” mormorò. “Ok, solo, perfavore…mi liberi.”

Con un momento di esitazione, la McGranitt interruppe l’incantesimo e i piedi di Hermione atterrarono sul pavimento con un piccolo colpo. Si strofinò le mani sui segni delle corde che l’avevano boccata e studiò l’anziana donna come se fosse una persona sconosciuta. Rilasciò un piccolo singhiozzo e si avvicinò di poco al centro della stanza, senza sapere che si stava muovendo sempre più vicina al punto in cui Malfoy era seduto.

"Perché Piton si trovava qui?" domandò infine, visto che il silenzio stava diventando fin troppo preoccupante.

"Prima che inizi a spiegarti," cominciò la McGranitt "Devi capire che non puoi rivelare a nessuno ciò che ti sto per dire. Nemmeno al signor Potter o al signor Weasley."

Hermione si morse nervosamente un labbro, analizzando la situazione nella sua mente. Le parole della Preside non combaciavano con il suo modo di fare; era abituata a dire tutto ad Harry e Ron, e lo strano comportamento della McGranitt in quegli ultimi minuti l’aveva completamente sconvolta.
I suoi occhi si scostarono da lei, aveva bisogno di concentrarsi su qualcos’altro. E fu quello il momento in cui lo vide.

Lui.

Hermione si bloccò a contatto con il suo sguardo di ghiaccio, e qualcosa all’interno della sua anima si spezzò.

Non ricordò di essere scattata contro di lui, era tutto sfuocato e veloce. Quando fu abbastanza vicina, caricò il suo pugno e lo fece sbattere contro la sua faccia, forte abbastanza da farle scorticare le nocche. Sentì parecchi ringhi vibrare nella sua gola, e caricò il suo pugno ancora una volta. Il sangue scorreva sul mento di Draco ma lei non era soddisfatta a dovere. Voleva picchiarlo finchè la sua faccia non fosse irriconoscibile, finchè questo gesto non le facesse dimenticare cosa lui aveva fatto.

Ma l’incantesimo della McGranitt la spostò dall’altro lato della stanza. E lei ricominciò ad urlare.

Si stava sforzando talmente tanto per combattere la forza dell’incantesimo, che i suoi fianchi iniziarono a bruciare, ma non avrebbe mollato. “Che diavolo ci fa quel bastardo–

“Smettila!” la strega anziana urlò, mantenendo la sua bacchetta fissata sul corpo di Hermione. Non c’erano lacrime adesso; solamente rabbia, rabbia che impediva alla giovane di ragionare.

“Hermione, devi ascoltarmi–

“Tu! Stupido coglione senza spina dorsale!” sbottò lei, ignorando la McGranitt e guardando fisso Malfoy. Si stava togliendo di dosso il rivolo di sangue che gli colava dal labbro, con un’espressione distaccata. Lui incrociò il suo sguardo; l’odio della Granger nei suoi confronti era accecante. Lui era più magro di quanto Hermione si ricordasse e sembrava un po’ sciupato, ma tutto il resto era esattamente come si ricordava. I capelli color panna, la pelle di porcellana e gli occhi grigi come le nuvole. Era orribile, ed Hermione non riuscì a sopprimere un altro urlo disgustato.

"Controllati Hermione," provò di nuovo la McGranitt, mettendosi in mezzo tra lei e Draco. "Sto cercando di spiegarti-

"E come potreste spiegare?” sibilò Hermione alla vecchia professoressa. Nuove lacrime stavano scendendo dal suo sguardo fiero. "Hanno ucciso Silente! Come cazzo potreste fare una cosa del gen-

"Ne ho abbastanza!" replicò la McGranitt, con tono severo. "Sto cercando di dirti che-

"Niente di quello che ha da dirmi potrebbe-

"Severus Piton è una spia per l’Ordine," sbottò, soddisfatta nel vedere Hermione bloccarsi a mezz’aria, con la bocca spalancata. "Sta dalla nostra parte, ora più che mai.”

"Q–questo è impossibile," balbettò Hermione, cessando la sua battaglia per rimanere incredula a bocca aperta di fronte alla professoressa. "No. Non è assolutamente possibile-

"E’ la verità-

"Sta mentendo!" sbottò Hermione, le guance arrossate come pesche mature punteggiate di rugiada. Girò il collo così riuscì a guardare ancora una volta Malfoy, e sentii la bile bruciarle la gola. Si sentiva male. "Loro l’hanno ucciso...Hanno–hanno ucciso Silente.”

"E’ tutto okay, Hermione," la McGranitt provò a consolare la ragazza, prima di dare un’occhiata al di sopra della sua spalla verso il giovane mago rimasto in silenzio; era ancora seduto e cercava di medicare il taglio sul suo labbro. "Signor Malfoy, ho bisogno di parlare con la signorina Granger da sola."

"Buon per voi” borbottò.

"Signor Malfoy," sospirò, realizzando solo ora quanto fosse stanca. "Devo discutere di alcune cose privatamente-

"Perché? Piton mi ha detto che è una spia quindi conosco tutta la-

"Non conosci tutto," gli disse la strega. "E non hai nessun diritto di venire a conoscenza di tutte le informazioni-

"Beh, qui sto comodo-

"Non costringermi a spostarti," lo avvisò, accennando con la mano libera ad una porta alla sua sinistra. "C’è una cucina attraverso quella porta. Serviti pure con un po’ di cibo, ti chiamerò quando abbiamo finito.”

Draco indugiò con una smorfia, ma uno spasmo allo stomaco gli ricordò che non mangiava da 24 ore. La curiosità era forte, ma i boati della fame lo erano di più. Si alzò lentamente dal suo posto e guardò annoiato le due streghe prima di dirigersi verso la cucina, sussurrando un’infinita lista di parolacce sottovoce.

La McGranitt si girò quindi verso Hermione e piegò in basso il capo, pensando a come iniziare il discorso. "Ascolterai ogni cosa che avrò da dirti se rilascerò l’incantesimo?"

"Piton è davvero una spia?" chiese docilmente Hermione.

"Posso giurarlo sulla mia stessa vita” rispose la McGranitt. "Mi ascolterai?"

Con un singhiozzo confuso e patetico, lei annuì con la testa e sentì le braccia e le gambe riprendere il controllo. Si asciugò la prova della sua debolezza con la manica e osservò la strega con occhi selvaggi e disperati. “Piton” mormorò “Non può essere una spia. Ha ucciso–

“Albus mi ha lasciato uno dei suoi memoriali prima di morire,” cominciò la Preside, con la voce leggermente rotta dall’emozione. “E in quel memoriale

era riportata una conversazione tra lui e il professor Piton–

 

"Ma-

 

"Albus era a conoscenza della missione di Draco Malfoy," continuò lei. "E chiese a Severus di completare…la missione, così non avrebbe dovuto farlo il signor Malfoy. Voleva salvarlo-

"Non merita di essere salvato” Hermione aggrottò le ciglia, lanciando uno sguardo truce alla porta della cucina. “Lui è–

“Devi capire che il signor Malfoy era costretto a compiere la sua missione, Hermione” tentò la McGranitt, ma sapeva che la sua argomentazione era debole. Era difficile difendere qualcuno che aveva messo così tante vite in pericolo ancora prima di aver compiuto diciassette anni. “Albus sapeva che Severus aveva accettato di sottoporsi ad un Voto Infrangibile per proteggere Draco, così gli chiese di fare ciò che andava fatto al posto suo–

“Malfoy sa tutta questa storia?” chiese Hermione, sputando il suo nome fuori dalle labbra come fosse veleno.

"Non credo," la McGranitt scosse la testa. “E’ a conoscenza che Severus è una spia per l’Ordine, e adesso tu sei la quarta persona che conosce quest’informazione. Nessun’altro lo sa e sono decisa a mantenere la situazione come è tutt’ora.”

"Quindi perché Piton è venuto qui? Non è pericoloso per lui farsi vedere nei paraggi?"

La McGranitt sospirò. "Mi ha chiesto di proteggere il signor Malfoy da ora in avanti-

"Che cosa?" Hermione abbaiò, aggrottando le sopracciglia con estremo disgusto. "Perché diavolo dovremmo farlo?"

"Perché se non lo faremo," la McGranitt riprese con calma, cercando un modo per far capire ad Hermione l’importanza di ciò che stava per dirle "Allora Voldemort potrebbe trovarlo e ucciderlo-

"Non sarebbe una grande perdita-

"E a quel punto il Voto ucciderebbe Severus” continuò iperterrita lei, ignorando il commento di Hermione. "In più, se lasciassimo girovagare il signor Malfoy, potrebbe rischiare di rivelare il segreto del professor Piton e lui verrebbe ucciso anche in quel caso.” Hermione vacillò.

Piton è una spia. Uno di noi…

"E sopra ogni cosa," la McGranitt la riportò al presente "Se non proteggiamo Draco Malfoy dal pericolo, allora il sacrificio di Albus andrà perduto invano."

La giovane Grifondoro sentì qualcosa crollare nel suo petto. Niente di tutto ciò aveva senso, eppure, tutto sembrava combaciare nella sua testa.
Avrebbe giurato sulla tomba di Merlino che ogni secondo di questa terribile notte le stava togliendo tutta l’energia che possedeva. Era troppo, troppo da gestire; troppo da digerire. Piton. Una spia. Silente l’aveva saputo…E in quel momento un pensiero problematico le saltò in mente.

“Perché mi ha chiamato qui?”

“Perché lui starà con te,” rispose decisa la McGranitt. “Sei la mia più fidata studentessa e le tue capacità magiche sono–

“Come può farmi questo?” gemette Hermione.

"So che questa è una richiesta pesante," rispose l’altra, con genuina compassione. "Ma non c’è nessun’altro di cui mi fidi a sufficienza, e poi…hai una camera libera–

"Finiremo con l’ucciderci a vicenda-

"Non accadrà.” La McGranitt si avvicinò a lei, posandole una mano sulla spalla. "Terrò io la sua bacchetta e controllerò il dormitorio in modo tale che non possa uscirne e ti fornirò una password per la tua stanza personale–

"Ci dev’essere qualcun altro” la supplicò Hermione. “Qualsiasi altra persona, uno dei professori-

"Sei l’unica persona di cui mi fidi, l’unica capace di gestire questa situazione" un triste sospiro incurvò le labbra della Preside. "Gli altri professori hanno troppe cose a cui pensare…Ho bisogno che tu faccia questo per me-

"Per quanto tempo?"

"Per tutto il tempo che servirà," rispose, lasciando che Hermione sbuffasse ancora una volta prima di riprendere il discorso. "Sono veramente dispiaciuta per questo, signorina Granger. Se le cose andranno davvero così male come lei predice, allora farò del mio meglio per pensare ad un’altra sistemazione. Ma credo sinceramente che lei ce la farà.”

Hermione voleva protestare; voleva dirle di riferire a Malfoy di entrare nella tomba che si era costruito con le sue mani una volta per tutte. Voleva far notare alla professoressa che lui l’avrebbe uccisa nel sonno o che entro un giorno lei l’avrebbe probabilmente spiaccicato al muro finchè non sarebbe diventato un’inutile macchia. Ma l’immagine del volto di Silente svolazzò nei suoi pensieri.

Se non proteggiamo Draco Malfoy dal pericolo, allora il sacrificio di Albus andrà perduto invano...

"Ok" si ritrovò a borbottare, assente. "Ok, ci–ci proverò.”

Il volto della McGranitt si rilassò all’istante. “Grazie Hermione” le sorrise, forse in modo un po’ forzato, mentre le restituiva la bacchetta. “So che questo sarà difficile per te, e prometto che farò il possibile per renderti il tutto più facile.”

Hermione si lasciò sfuggire un lungo sospiro. “Sono stanca,” sussurrò. Il suo corpo non desiderava altro che andare a dormire.

“Penso che tutti noi abbiamo bisogno di un po’ di riposo,” rispose la McGranitt. “Vi scorterò entrambi al dormitorio e sistemerò la mia protezione.”

“D’accordo” Hermione si strinse nelle spalle, troppo stanca per continuare a discutere. “Facciamo questa cosa in fretta, prima che cambi idea.”

Giusto il tempo di una gentile pacca sulla spalla da parte della Preside e poi la porta della cucina si aprì di nuovo. “Venga, Signor Malfoy” lo chiamò, osservando con attenzione il giovane mago mentre questi si dirigeva di nuovo nell’ufficio. Passò davanti ad Hermione con le mani in tasca e uno sguardo sprezzante stampato sul viso.

“Avete finito di calmare quella puttanella?” sghignazzò, tenendosi debitamente a distanza da lei.

La voglia di urlargli contro finchè non gli fossero sanguinate le occhie la sommerse, ma si impegnò per lasciar perdere questo rabbioso desiderio. Qualcosa scattò nella sua testa e si rese conto solo allora che lei possedeva un’enorme vantaggio su di lui. Aveva la bacchetta. Aveva lei il controllo ora.

“Hai ancora del sangue sul mento,” gli disse, sprezzante.

Lui nascose la sua irritazione con un semplice sbuffo prima di alzare di nuovo la mano per pulirsi il viso, mantenendo il suo sguardo fisso su di lei. Si accorse in quel momento che i suoi occhi non erano solamente marroni; sembravano più dorati. Bah, tipico da Grifondoro. Quindi, la piccola Mezzosangue credeva di avere il controllo adesso eh? Il suo sorrisetto si estese ancora un po’. Bene, lasciamoglielo credere; almeno, si sarebbe divertito un po’, visto che stava per essere rinchiuso in quella specie di cella.

“Non sei felice di vedermi, Granger?” la spronò lui. “Sembri un po’ nervosa–

“E tu stai da far schifo” rispose prontamente lei, trascinando il suo sguardo sui suoi vestiti malconci. “Ti avverto, Malfoy. Non farmi arrabbiare–

“Oppure?” grugnì, avvicinandosi ancora di più al suo volto. Lei si tenne stretta alla sedia alle sue spalle, e rabbrividì quando si rese conto che il suo respiro sapeva di sangue, lo stesso sangue che lei aveva sul suo pugno destro.

"Non ci arrivi, vero?" sussurrò lei, stringendo gli occhi a due fessure. "Tu non hai niente. Tu non sei niente. E adesso ti ritrovi bloccato qui; costretto ad accettare il nostro aiuto come un bambino patetico.”

Qualcosa balenò negli occhi di Draco, qualcosa tra vergogna e rancore. Quello sguardo accese una piccola e volubile fiamma nel suo stomaco che la faceva sentire potente, arrogante. Non durò a lungo, quanto basta per iniettare un po' più di audacia nella sua spina dorsale.

“Spero che questo ti stia uccidendo,” sussurrò ancora, con cruda onestà. “Spero che ti stia facendo a pezzi–

“Vaffanculo Mezz–”

"Adesso basta," li interruppe la McGranitt, il sopracciglio teso sulla fronte mentre dirigeva la bacchetta verso Draco. "Andiamo signor Malfoy, è tardi."

I suoi occhi guizzavano tra la vecchia ciabatta e la sua bacchetta. Poteva dire onestamente che non aveva mai progettato di tentare una fuga sulla strada per il dormitorio della Granger. Non ci sarebbe nessun punto con due streghe armate che lo guardavano come se fosse un calderone ribollente; volatile e pericoloso. Lui alzò gli occhi verso di lei e cominciò a seguire la Granger fuori dalla stanza, la McGranitt dietro di lui, tenendo la bacchetta puntata sulla sua nuca.

La passeggiata era silenziosa, le due streghe si guardavano costantemente intorno per garantire che i corridoi fossero vuoti di anime erranti. Lo erano, ovviamente, e le tre serie di passi si mescolavano con gli echi scroscianti della pioggia. Draco guardò la nuca della Granger mentre camminavano, notando i muscoli tesi delle spalle e la presa troppo stretta sulla sua bacchetta. Almeno lei non gliela sventolava in faccia, a differenza di una certa Preside che, a quanto pareva, riteneva necessario punzecchiargli il collo ogni due secondi.

La strega più giovane aumentò il passo per arrivare ad una pesante fila di tende, che nascondevano un quadro. I leoni al suo interno giocavano e si stiracchiavano sotto il sole della savana. Draco non sentì la password, ma probabilmente non avrebbe dovuto saperla comunque.

Hermione sparì dentro la stanza, e lui la seguì all’istante, come se quella camera fosse già sua. Diede un lungo sguardo indagatore al salotto ed Hermione lo osservava da vicino. Draco si tolse le scarpe e si diresse verso il bagno, facendosi strada attraverso il corpo di Hermione con molta più forza del necessario. Lei stava per urlargli contro, ma lui le sbattè la porta in faccia così violentemente da farla sobbalzare.

“Coglione!” commentò Hermione, voltandosi verso la McGranitt. “Ci vorrà molto per impostare l’incantesimo di protezione? Vorrei tanto andare a dormire.”

“Solo pochi minuti” la rassicurò la McGranitt, girando la sua bacchetta con un colpo di polso.

Il complicato incantesimo somigliava molto ad una ninna–nanna per la mente assonnata di Hermione, e le sue palpebre presto le pesarono come se fossero di pietra. Sentì il frusciò della doccia dall’altra parte della stanza e il rumore dell’acqua corrente amplificò l’effetto soporifero dell’incantesimo lanciato dalla McGranitt. Era così esausta, e come se non bastasse, questa notte aveva causato molti grattacapi in più. In quel momento desiderava solo stendersi in una stanza buia e accettare qualsiasi tipo di sogno; persino un incubo. Si riprese dalla sua trance quando la Preside si mise di fronte a lei, pronunciando parole che Hermione non riusciva ad afferrare.

“Mi scusi?”

"Ho finito," le disse dolcemente la McGranitt, con un’ombra cupa nello sguardo. “Devo ricordarle ancora una volta, signorina Granger, che questa faccenda deve rimanere segreta.”

“Lo so,” rispose.

E lo sapeva, lo sapeva davvero. Ormai era diventata abile con i segreti ma sapeva che questo particolare segreto l’avrebbe perseguitata in modo più grave. Per il solo fatto che non avrebbe potuto dirlo ad Harry e Ron; questa cosa avrebbe davvero forzato i limiti della sua tolleranza. Lasciò rotolare nella sua mente la parola segreto e si accorse che sembrava aspra come il sibilo di un serpente.

“Devo ricordarti di tenere bene d’occhio la tua bacchetta?”

“Lo faccio sempre” sospirò la ragazza e la Preside colse il suo sconforto.

“So che questo sarà difficile per te,” ammise “Ma non mi hai mai deluso fin’ora Hermione.”

Osservò l’anziana strega mentre scompariva al di fuori della camera da Caposcuola di Hermione e si sentì ridicolosamente claustrofobica. Si voltò di nuovo verso la porta del bagno e l’unica cosa che riuscì a fare fu mordersi il labbro nervosamente. Questo gesto non l’aiutò a calmarsi perciò prese anche di mira i suoi capelli, spettinandoli senza pensare. Si trascinò piano verso la sua stanza mantenendo lo sguardo fisso sul bagno, finchè non ebbe finito di pronunciare la password. Lutra lutra.

Non le importava di cambiarsi i vestiti e mettersi in pigiama, soltanto di cadere sul letto e raggomitolarsi insieme alle coperte e alle lenzuola. Diede un’occhiata fuori dalla finestra e vide il cielo ancora nero, ma suppose che fosse principalmente colpa dell’inverno, che dava quell’effetto ai colori e agli umori delle persone. Il richiamo distante degli uccellini e una veloce occhiata all’orologio le diedero la conferma che erano quasi le quattro del mattino.

Ringraziò Merlino che fosse  già Venerdì e che non sarebbe dovuta andare a lezione il giorno dopo, anche se ripensandoci, non era sicura di dover ringraziare qualcuno, soprattutto dopo ciò che era successo quella notte.

Il fruscìo del bagno di Malfoy si sentiva ancora più forte nella sua stanza, e questo le servì per ricordarsi del suo malvoluto compagno di stanza.

Passò mezz’ora prima che l’acqua cessasse ed Hermione poteva sentire benissimo i movimenti strascicati di Malfoy mentre entrava nella stanza a fianco alla sua.
Sbadigliò, accasciandosi sul cuscino quando anche quei rumori finirono. Per sicurezza, prese la sua bacchetta e sistemò degli incantesimi silenziatori, sperando che durassero fino al mattino.


Draco si passò le dita tra i capelli umidi. Non riusciva nemmeno a descrivere quanto fosse bello aver finalmente fatto una doccia decente; quanto fosse bello sentirsi di nuovo pulito. I suoi occhi girovagarono intorno alla stanza, notando colori Grifondoro ovunque.  Schioccò la lingua, disgustato. E così era questo il posto in cui sarebbe stato; nel bel mezzo di tutto questo rosso e oro.

Udì un suono lontano e si rese conto che doveva essere stata la Granger che si buttava sul letto. Poteva sentire addirittura questo da qui? Magnifico.

Almeno, il suo letto sembrava comodo.

Si liberò della biancheria e optò per una dormita nella completà nudità. Mettere a contatto la sua nuova pelle fresca e rigenerata con gli stracci che aveva addosso prima l’avrebbe solo irritato. Lo sguardo gli cadde sul Marchio Nero impresso nel suo braccio, lo sfiorò con la punta delle dita, tracciandone il contorno. Pochi secondi dopo, si rituffò sulle lenzuola invitanti e rimase lì a fissare il soffitto.

Il cielo era appena diventato di una brutta tonalità di violetto quando, finalmente, riuscì a prendere quella botta di sonno che aveva desiderato da settimane.

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Capitolo 3
*** Porte. ***


Chapter 3: Doors.

Hermione si svegliò di colpo.

I suoi occhi si spalancarono e vagarono nervosamente per la stanza. Trattenne un piccolo singhiozzo e si spalmò le mani su tutta la faccia; sbattè le palpebre e si schiarì la gola per eliminare i rimasugli di sonno. Si sentiva disorientata, come se un folletto avesse saltato attraverso le caverne della sua mente e stesse giocherellando con i suoi pensieri. Strofinò via lo strato di sudore freddo sulla fronte e si sedette, guardandosi attorno per assicurarsi che tutto fosse al proprio posto.

I suoi incubi erano davvero vividi ultimamente.

Non riusciva a decidere se la notte precente è stata solo uno scherzo del suo subconscio o se era tutto vero. Magari non c’era stato nessun Piton. Nessun Malfoy. Nessun segreto. Magari era ancora l’unica inquilina della sua stanza. Magari. Il suo sguardo stanco cadde sulle bruciature che aveva sul braccio, quelle causate dalle corde la sera prima. Cavolo, avrebbe tanto voluto che questo fosse soltanto un sogno; l’aveva voluto così tanto, che ora la delusione era impossibile da mandare giù. Chiamatelo meccanismo difensivo della mente, oppure speranza. Diavolo, chiamatelo come volete; il fatto ormai era questo, non era soltanto un sogno.  

Questo la fece sentir male. Poteva davvero sentire il contenuto del suo stomaco, al solo pensiero di quanto lui le fosse vicino. In mezzo a loro stava solo il piccolo bagno. Solamente due pareti.

Diede un’occhiata all’orologio e le venne voglia di urlare quando si accorse che era riuscita a dormire solo per tre ore. Considerando quanto fosse stanca, pensava seriamente che avrebbe potuto dormire un po’ di più. Ma no. Evidentemente, la sua insonnia non voleva andarsene. Che gioia.

Erano quasi le nove di quel miserabile mattino, e le gocce di pioggia avevano appena cominciato a ticchettare sui vetri. Sapeva che sarebbe stato inutile provare a dormire ancora, quindi si alzò lentamente dal letto e si diresse alla doccia con la sua bacchetta stretta in mano. Uscì dalla stanza più silenziosamente che poteva, notando le scarpe sudicie di Malfoy sulla moquette.

Ciò che rimaneva del suo ottimismo scappò via dopo quella visuale, ed Hermione si nascose dentro il bagno.

Togliendosi i vestiti del giorno prima, sussurrò un piccolo incantesimo per alzare il getto della doccia. Hermione si voltò per guardarsi allo specchio, pettinando i suoi ricci arruffati via dalla sua faccia, osservando i solchi neri sotto i gli occhi. Sul suo volto la tortura e la preoccupazione regnavano sovrane. In quel momento sembrava la versione fragile di se stessa, come se fosse un pezzo di carta trasparente. Pallida, quasi traslucida. Come il vetro.

Rimase concentrata sui suoi occhi nel riflesso e ringraziò Merlino quando vide lo la luce che le era così familiare, la scintilla della determinazione, quella determinazione che non aveva ancora perso.

Stava bene. Era solo stanca e stava pensando a come avrebbe dovuto coesistere con Malfoy.

Lo specchio cominciò ad appannarsi, così Hermione si allontanò dal suo riflesso spaventoso e si lasciò sfuggire un gemito di contentezza quando l’acqua tiepida le arrivò addosso. Chiuse gli occhi e si massaggiò il sapone su tutto il corpo, annusando il forte profumo di vaniglia. Strofinò via lo sporco dalle braccia, dal torso e poi giù fino alle caviglie.

Era davvero una bella sensazione. Somigliava alla normalità, ed Hermione fece il possibile per rimanerci ancora un po’. Riusciva a sentire i muscoli rilassarsi sotto il tocco dell’acqua ed era fantastico, abbastanza da farle smettere di pensare. O almeno, da farle dimenticare i ricordi della scorsa notte. Se solo fosse riuscita a dimenticare che qualcuno che odiava stava attualmente condividendo il suo dormitorio. Un Mangiamorte.

Fu necessario un altro po’ di sapone, ma la maggior parte dei pensieri erano ormai scomparsi, anche se sapeva che da quel momento in poi sarebbe stato tutto più difficile.

Merlino, perdonala per aver pensato solo per un momento a non esistere. A sparire per sempre.


Draco alzò con grande sforzo una palpebra quando udì un gemito femminile attraverso la parete. Il fruscìo dell’acqua corrente lo aveva già svegliato qualche minuto fa, ma furono gli strani rumori e la visuale della stanza a svegliarlo completamente. Le sopracciglia gli si arricciarono quando non riconobbe la stanza in cui stava dormendo. Sospettoso, si guardò intorno un paio di volte prima di soffermarsi a ragionare.

In quel momento si ricordò. Si ricordò che attualmente si trovava ad Hogwarts. Stava condividendo il dormitorio con la Mezzosangue. Merda.

Digrignò i denti e i suoi occhi si diressero subito verso la finestra. Draco sapeva che non avrebbe funzionato, ma ci provò comunque; si mise in piedi sul letto e tentò di aprirla. La maniglia era bloccata, non poteva girarla. Tirò indietro il pugno e lo scaraventò sul vetro più forte che potè, ma quello non si era nemmeno incrinato. “Cazzo…” mormorò, con il sangue che gli colava dalla mano. Faceva male, ma aveva provato di peggio.

Si, era definitivamente intrappolato. La sua nuova prigione.

Un’altra serie di fusa femminili si librò nell’aria e Draco cercò a tastoni la sua bacchetta per spegnere quel suono irritante. Ma non l’aveva. Non aveva un cavolo di niente. Nemmeno un set di abiti puliti da mettere addosso.

“E che cazzo!” borbottò, ritornando al letto.

Non aveva riposato abbastanza; i suoi movimenti erano scoordinati e la sua vista appannata. Dopotutto, doveva recuperare cinque mesi di sonno, e sarebbe stato così semplice se solo quegli incessanti rumori della doccia non avessero rovinato l’atmosfera. Prese il cuscino e cercò di ficcarselo sulle orecchie, ma riuscì solo ad ovattare il rumore.

All’improvviso gli venne il terribile sospetto che lei facesse questo tutte le mattine. Una doccia rumorosa tutte le mattine.


La sua immaginazione aveva funzionato solo per un quarto d’ora circa, prima che la realtà la colpisse di nuovo. Con un forte sospiro, spense il getto d’acqua e uscì dalla doccia, tornando di fronte allo specchio per togliere lo strato di vapore condensato. Sorrise debolmente al nuovo riflesso, notando che era molto meglio del precedente. L’acqua calda le aveva fatto arrossare le guance e ora si sentiva più umana. Più presente.

Il suo polso aveva appena chiuso la porta della stanza dove si era diretta, quando sentì un piccolo pop. Un sorriso genuino le si stampò in faccia quando riconobbe il suo visitatore.

“Ciao Dobby,” disse, con un sorriso.

"Buongiorno Miss," la salutò nervosamente il piccolo elfo. "La Preside ha chiesto a Dobby di portarle questo."

"Grazie," rispose Hermione, sapendo che probabilmente erano cose per Malfoy. "Potresti farmi un favore, Dobby?"

"Certamente Miss!" l’efo saltellò con piacere. "Cosa deve fare Dobby?"

"Potresti, perfavore, portarmi del cibo in più?" chiese. "E poi magari posso venire a ritirarlo io?"

"Dobby può portarlo qui."

"Ok senti Dobby," sorrise Hermione. "Tra poco andrò a fare una passeggiata, quindi potrò benissimo venirlo a prendere da sola."

"D’accordo Miss," borbottò, evidentemente dispiaciuto. "Dobby deve andare ora, deve pulire i tavoli dopo la colazione."

Voleva dirgli di restare, si sentiva decisamente più…al sicuro con qualcuno che conosceva, ma l’elfo se n’era andato con uno schiocco di dita. Fce e un piccolo calcolo mentale e si rese conto che non vedeva nessuno dei suoi amici da almeno cinque giorni, visto che aveva passato tutto il tempo in libreria a fare ricerche per aiutare l’Ordine. Dando un’altra occhiata alle sue spalle nel punto in cui stava la porta di Malfoy, concluse che avrebbe avuto bisogno di incontrarli presto.

Erano un’altra dose di qualcosa…di normale. Un’altra scappatoia.

Hermione si strinse nei suoi vestiti quando un fresco soffio d’aria entrò dal corridoio e invase la stanza. Prese la bacchetta e levitò il pacchetto per Malfoy fino a farlo cadere con un tonfo proprio davanti alla sua porta. Per un’attimo, pensò di urlagli dietro che aveva ricevuto qualcosa ma il suo buon senso le ricordò il motto di Hogwarts. Era meglio lasciar stare il drago che dormiva, specialmente se era uno spregiudicato, psicopatico drago intrappolato contro la sua volontà.

Sobbalzò quando la brezza Autunnale arrivò e sbattè la porta di colpo.

In quel momento riuscì a sentire dei movimenti provenienti dalla sua stanza, accompagnati da una serie di borbottii maschili che nell’insieme suonavano come una maledizione; anche se si trattava solo di una serie di borbottii senza senso dietro la porta. Pensò seriamente per un’attimo di scappare dentro la sua stanza per evitare il diverbio, ma la leonessa testarda dentro di lei non l’avrebbe permesso.
Alzò il mento più alto che potè e strinse gli occhi, preparandosi per l’inevitabile ‘teatrino’ che stavano per metter su.

La sua porta si spalancò violentemente, abbastanza da farla appiccicare alla parete, ma Hermione resistette all’istinto di strizzare gli occhi. Il Serpeverde frustrato arrivò davanti a lei, il suo corpo alto che riempiva lo spazio dell’uscio della porta. Aveva addosso dei pantaloni neri e una maglia stropicciata. Ma lei non se ne curò. Si rifiutò di lasciare che i suoi occhi vagassero e li tenne fissi in quelli di Malfoy. Sapeva che il contatto visivo era potente. Significava avere il controllo della situazione.

"Mi stai facendo scoppiare la testa!" ringhiò lui, palesemente irritato. "Non è che potresti fare ancora più rumore? Sai quello di prima era così leggero

"Vuoi che faccia più rumore?" replicò Hermione, curvando innocentemente la testa da un lato. Con un semplice colpo di bacchetta, tutte le porte del dormitorio si aprirono e poi si chiusero di colpo, mentre lei cercava di controllarsi e di non strizzare gli occhi per il frastuono. "Va meglio così, Malfoy?"

"Davvero maturo da parte tua, Granger," sghignazzò, e lei potè sentire l’intensità del suo sguardo che la perforava. "Pensi di essere così fottutamente intelligente–

"Penso che potremmo concordare entrambi che io sono fottutamente intelligente," lo interruppe lei, un po’ a disagio dopo aver usato quella parola volgare, ma riuscendo comunque ad utilizzarla bene. "Come tu così eloquentemente hai fatto notare-

"SMETTILA di fare così tanto casino," ringhiò, con la voce che vibrava piena di nervosismo. "Smettila di sbattere le cose, smettila di parlare, smettila di muoverti–

"Io posso fare quel diavolo che mi pare nel mio dormitorio," ringhiò Hermione a sua volta. Indietreggiò verso la parete e alzò la bacchetta come avvertimento a starle lontano, ma lui continuò a camminare. “Non ti azzardare ad avvicinarti!”

"Come se volessi toccarti, certo" grugnì, fermandosi nel punto in cui la bacchetta di lei gli stava quasi toccando il petto. "Potrei morire di disgusto se lo facessi-

"Sarebbe un piacere," rispose Hermione. "Non mi dispiacerebbe vederti morto-

"Ti avverto, Granger," riprese lui. "Mi rifiuto di andare avanti così! E’ come se nella stanza ci fosse un qualche tipo di gigante casinista!"

"Dovrai farci l’abitudine," buttò lì Hermione, spingendo la sua bacchetta ancora di più verso il petto di Malfoy, anche se poteva giurare che questo gesto sembrasse spingerla ancora di più verso la parete. Velocemente, si strinse ancora di più nei suoi vestiti, ma anche se lui poteva aver notato il suo abbigliamento post–doccia, non ne aveva dato alcun segno. Grazie a Merlino.

"Faccio sul serio, Granger" continuò Draco. "Smetti di far casino o almeno metti un’incantesimo silenziatore nella mia stanza–

"Si certo, come se io sprecassi la mia magia per te–

"Allora stai zitta, cazzo!" urlò, sfracassando il pugno sul muro, di fianco alla testa di Hermione. La magia del castello assicurava che il danno fatto era minimo, eppure le vibrazioni causate dal colpo le riempirono le orecchie e, senza poterlo impedire, rabbrividii terribilmente. “Ho bisogno di riposo! E non riesco a dormire se tu non chiudi quella tua bocca da Mezzosangue!”

Hermione caricò la sua mano con l’intenzione di farl andare a sbattere contro la faccia pallida di Malfoy, ma forse in questo modo si sarebbe resa troppo prevedibile. I suoi occhi pieni di rabbia incontrarono le lunghe dita che trattenevano il suo polso e sentii il suo sangue ribollire come se fosse stata appena toccata con l’acido.

"Lasciami andare–

"Hai raggiunto la tua quota di pugni per ora," le disse Malfoy con calma. Con troppa calma. "Credo che ti toccherà aspettare altri quattro anni–

"Lasciami andare," lo avvertì, mettendo più rabbia possibile in ogni sillaba. "O giuro che farò-

"Farai cosa?" la provocò lui, stringendo la presa e bloccando la sua mano sul muro, proprio di fianco all’ammaccatura sulla parete causata dal precedente pugno.

La mossa successiva fu istintiva e veloce per lei, e in un’attimo, la sua bacchetta finì sulla sua gola, pungente, in mezzo al pomo d’Adamo e ad una vena che pulsava di rabbia. Hermione bloccò il suo sguardo su quello di Malfoy, sfidandolo a farle qualcosa, mentre ora era lei ad avere il controllo. Hermione non dubitò un secondo sul fatto che avrebbe potuto scaraventarlo fino ad Hogsmeade se avesse continuato a provocare il suo fragile umore, ma gli occhi grigio ferro di lui non reagirono nemmeno un po’ e la presa sulla sua bacchetta rimase immobile.

"Avanti, Granger."

Fu la sua calma che la fece arrabbiare ancora di più; fu quello che fece uscire delle scintille bollenti dalla sua bacchetta senza che nemmeno se ne accorgesse.

"Ma che– fottuta puttana!" urlò lui, inciampando di due passi e strofinandosi la bruciatura fresca sul collo. "Pagherai per questo-

"Ne ho abbastanza di te," gli disse, con la bacchetta ancora puntata verso il biondo. "Torna nella tua stanza e mettiti a dormire-

"Non provare a darmi gli ordini tu sporca-

"Io esco," rispose Hermione a mo’ di spiegazione, anche se la rabbia stava ancora cercando di uscire dalle sue parole. "Così potrai avere qualche ora di sonno indisturbato. Ti suggerisco di approfittarne-

"Allora levati dalle palle," brontolò Malfoy, dandole le spalle e dirigendosi verso la sua stanza.

La porta sbattè un’altra volta ed Hermione si concesse di chiudere gli occhi.

Aveva bisogno di uscire. Il soggiorno era ormai contaminato dal nuovo sgradevole profumo maschile ed Hermione si sentiva come un tasso braccato fuori dalla tana. Spostò lo sguardo lontano dalla porta di Malfoy e scappò dentro la sua camera, cambiandosi i vestiti più velocemente che potè. Una volta vestita con un paio di jeans e un comodo maglione per sopportare il freddo, uscì, diretta verso la Biblioteca.

La camminata fu molto più lunga di quanto riusciva a ricordare, e in più, Hermione aveva la strana sensazione che tutti gli studenti che incontrava per la strada la fissassero senza ritegno. Poteva giurarlo. Ma loro non potevano sapere del suo vile coinquilino… vero? Gli sguardi però non smettevano di seguirla, così decise di muoversi più in fretta, finchè, mossa dalla paranoia, non si ritrovò a correre sempre più forte, con la borsa che gli sbatacchiava su un fianco. All’improvviso, andò a sbattere addosso ad un corpo alto e sconosciuto, ma che fù abbastanza cortese da prenderla prima che cadesse.

“Neville,” sospirò lei, la voce rotta dal fiatone della corsa. “Oh, grazie al Cielo–

“Hermione, stai bene? Sei–

“Sto bene” si affrettò a rispondere lei, riprendendo l’equilibrio. “Scusami, non stavo guardando dove–

“Sei davvero molto pallida” commentò Neville. “Sei malata percaso?”

“No, non sono malata.” Hermione scosse la testa, offrendogli un sorriso terribilmente finto. “E’ solo che non ho ancora mangiato nulla per colazione.”

“Non ti vediamo da un secolo Hermione” le disse Neville, e lei si rese conto solo in quel momento di quanto fosse maturato. “Ginny e Luna dicono spesso che vorrebbero vederti di più–

“So che non sono stata molto presente ultimamente, mi dispiace tanto. Cerco solo di aiutare Harry e Ron–

“Hai bisogno di una pausa, Hermione” lei lo guardò come se avesse detto la cosa più impossibile del mondo. “Non ti fa bene tutto questo. Perdipiù, sembri davvero malata. Magari puoi venire da noi a cena più tardi?”

Hermione era troppo stanca per protestare. “D’accordo,” mormorò, guadagnandosi un sorriso soddisfatto dal suo amico. “Ci vediamo nella Sala Grande.”

Hermione gli passò davanti senza neanche aspettare una risposta e riprese la sua corsa urgente verso la Biblioteca. Per un’attimo credette di doversi fermare, dopo che il suo stomaco le diede segno di essere parecchio vuoto, ma per lei non era un problema. Riusciva a vedere il suo obiettivo adesso. Il suo sguardò indugiò attorno alle sedie vuote e ai banchi abbandonati, realizzando istintivamente che tutto quel posto era li solo per lei. Perfino Madama Pince passava più tempo con i professori ormai, lasciandole carta bianca su tutti i tomi della Biblioteca.

La compagnia era in grado di far questo alle persone; distarle dalla paura e dalla preoccupazione.

Hermione sapeva che oramai tutti preferivano passare il più tempo possibile con le persone care invece di studiare per esami che probabilmente non ci sarebbero più stati. Forse anche lei sarebbe stata capace di abbandonare il suo hobby preferito se avesse potuto stare con i suoi amici. Ma non poteva…

Si diresse verso il suo solito tavolo, proprio sul retro della sezione proibita. Il suo banco era totalmente coperto da pile di libri ad ogni angolo, il che le permetteva di immergersi meglio nella lettura, di scoprire più informazioni e di studiare indisturbata. Quello era il suo santuario.

Persa, nelle seducenti pagine baciate dall’inchiostro, poteva dimenticare qualsiasi cosa.

Prese in mano il libro sugli Horcrux che aveva scoperto pochi giorni prima e iniziò a leggere, pregando che i lineamenti strafottenti di Malfoy scomparissero dalla sua mente almeno per un po’.


Draco trascinò il baule dentro la sua stanza ed esaminò velocemente il contenuto con occhio critico. Beh, sarebbe potuto andare molto peggio. Anche se vestiti come quelli non li avrebbe mai scelti personalmente, almeno non c’era nessuna traccia di quei terribili colori giallo/oro che circondavano l’intero dormitorio. C’erano un paio di pantaloni neri, magliette bianche o nere ed infine tre maglioni neri e grigi. Sul fondo c’erano due semplici vesti e un set di abiti da mago standard, accompagnato da scarpe nere e della biancheria intima extra.

Era più di quello che si era aspettato, ma meno di ciò che avesse sperato.

Con un grugnito contrariato, cominciò ad organizzare tutto a mò di Babbano. Merlino solo sapeva quanto gli mancasse la sua bacchetta. Tanto valeva che la McGranitt gli avesse tolto uno dei fianchi, quella stupida vacca.

La sua bacchetta l’aveva tenuto occupato quando si era ritrovato a viaggiare in incognito con Piton; sia facendo pratica di nuovi esperimenti, sia rilasciando soltanto qualche scintilla colorata, la bacchetta l’aveva sempre aiutato a trovare la forza di andare avanti. E adesso quella vecchia puttana rugosa gli aveva tolto l’unica cosa che poteva usare per divertirsi un po’ in tutte quelle ore di assoluta inutilità.

Si cambiò nei suoi nuovi vestiti e semplicemente rimase seduto sul letto per Merlino solo sa quanto tempo, cercando di pensare a qualcosa da fare.

Non era un’idiota; sapeva che questo periodo di inattività e di prigionia lo avrebbe danneggiato. La sua capacità di dormire tranquillamente era già andata al diavolo ed era solo questione di tempo prima che la sua mente cominciasse a chiudersi in se stessa. Aveva letto le infinite storie di alcuni stupidi maghi che si erano rinchiusi in qualche armadio o roba simile, ed erano diventati inevitabilmente matti a furia di guardare sempre le solite quattro pareti senza nulla con cui distrarsi.

Aveva bisogno di un deterrente; qualcosa su cui concentrarsi e che gli procurasse uno scopo a cui ambire, non importa se era una cosa stupida o insignificante.

Draco si diresse verso l’area principale del dormitorio e avanzò verso la piccola cucina, aprendo e chiudendo le ante della dispensa senza motivo. Erano ovviamente piene di cibo ma lui non aveva idea di come poterle preparare senza magia.

Optò per due mele verdi e si voltò lentamente per esplorare la stanza, giungendo con lo sguardo su una serie di scaffali tremolanti sotto il peso di decine di libri. Li fissò per un lunghissimo minuto, arrivando alla conclusione che la lettura di un libro l’avrebbe sicuramente tenuto impegnato.

Ma no. Erano i libri della Mezzosangue. Non voleva assolutamente toccare le sue cose se poteva farne a meno.

Continuò a studiare la stanza mentre la sua bocca strappava il primo morso della mela che teneva in mano e, senza farci caso, iniziò a contare.


Non incontrò i suoi amici per pranzo.

Fu una decisione presa seriamente, anche se un paio d’ore più tardi se ne sarebbe pentita, ma stavolta credeva davvero di aver trovato qualcosa di interessante in Biblioteca. Alla fine, scoprì l’errore; la traduzione francese e la traduzione latina della parola crux avevano due significati completamente diversi.

Quandò scattarono le due del pomeriggio, Hermione fece un salto veloce nelle cucine per prendere il cibo extra che aveva chiesto a Dobby, ma per il resto, non lasciò mai la Biblioteca. Quando il giorno ormai era diventato sera, nemmeno se n’era accorta. Il tempo era qualcosa di irrilevante in confronto a tutto il lavoro che stava facendo per aiutare Harry e Ron, ma quando nemmeno la sua bacchetta riuscì a tenere abbastanza illuminato il suo banco, decise che era ora di ritornare al dormitorio.

Con un triste gesto del polso, scoprì che il suo orologio segnava la mezzanotte, e quella fù la fine di un’altra giornata deludente passata senza fare alcun progresso. Stava giusto per dare la colpa al suo litigio con Malfoy per non essere riuscita a concentrarsi a dovere, ma dovette ammettere che anche la sua insonnia c’entrava parecchio con la questione.

Trascinando il suo corpo stanco e dolorante verso la sua stanza, sorrise lievemente quando scoprì che il dormitorio era tutto buio e che, soprattutto, non c’era traccia di quel Serpeverde bastardo che avrebbe dovuto soffocare a vita in una cella di Azkaban, a parer suo.

Sussurrò un’incantesimo per illuminare la stanza e mise al proprio posto in cucina tutto il cibo che aveva prelevatograzie a Dobby, finendo col prepararsi una tazza di tè. In quel momento, sentì i suoi occhi su di lei, seguiti da un breve sorrisetto soffocato.

Hermione sussultò di colpo, lasciando cadere a terra la sua tazza di tè bollente. Lui era lì, sull’uscio della porta, che la osservava con palese irritazione negli occhi. La guardava da vicino, come un lupo che aveva perso due pasti nell’arco di una giornata. Aveva aspettato che lei ritornasse solo per poter litigare un po’ con lei; idea che gli era saltata in testa dopo ore e ore di noia infinita.

“Non saltare così forte, Granger” le disse calmo, incrociando le braccia sul petto. “Per caso ti rendo nervosa?”

“Mi fai schifo,” gli rispose Hermione, secca e precisa, con gli l’odio che le ribolliva negli occhi.

“Credimi quando dico che il sentimento è reciproco,” sbuffò. “Stai facendo ancora rumore–

“Sta zitto e vai a letto–

“Metti degli incantesimi silenziatori alla mia stanza–

“NO!” urlò Hermione, col petto che le si alzava e si abbassava gonfio di rabbia. “Mi sembrava di essere stata chiara quando ho detto che non avrei sprecato un solo grammo della mia magia per te!”

“Lo farai invece,” rispose lui calmo, camminandole lentamente intorno. “Così non dovrò più ascoltare la tua voce–

“Oh, capirai,” risata sarcastica. “Questa è la MIA stanza! Dovrei essere io a non dover più ascoltare la tua voce, o a non doverti più vedere!”

Capirai” le fece il verso Draco, spostandosi un ciuffo di capelli sulla fronte con crescente impazienza. “Lascia perdere le regole di quella vecchia mummia e fai un favore ad entrambi–

“Taci!” urlò di nuovo Hermione. “Stai lontano da me, Malfoy–

“E come cazzo posso riuscirci?” le urlò dietro lui. “Nel caso non l’avessi notato, non posso lasciare la tua merda di dormitorio e non è che sia così spazioso.”

Hermione stava per piangere, lo sentiva, sentiva le lacrime pesanti che si preparavano a scendere, ma le ricacciò indietro prima che lui potesse accorgersene. “Allora, stai nella tua stanza e basta–

“No” la interruppe, mettendo la sua mano sul frigo, leggermente vicino a quella di Hermione che era stata sbattuta lì poco prima con furia. “ No, è troppo piacevole guardarti mentre ti incazzi, Mezzosangue–

“Pensi davvero che quella stupida parola mi dia ancora fastidio?” gli chiese Hermione, alzando le sopracciglia. “Credi davvero che mi importi ciò che pensi?”

“Penso che ti importi davvero molto di come ti vede la gente–

“Be, tu non sei la gente!” rispose lei, battendo di nuovo il suo palmo sul frigo. “Tu sei soltanto…soltanto–

“Va avanti, Granger,” la incoraggiò Draco, con voce fintamente invitante. “Cosa senti esattamente nei miei confronti? Sono curioso.”

Hermione fece una pausa, prendendosi un paio di lunghi respiri, mentre analizzava da vicino la sua faccia magra e appuntita. I suoi occhi grigi erano duri come il quarzo; freddi e illeggibili. Non si spostarono nemmeno un secondo, aspettavano solo la sua risposta. Voleva sapere? Bene, tutto questo era rimasto sottopelle comunque, prima o poi sarebbe dovuto saltar fuori.

“Sei la persona più inutile ed egoista che abbia mai conosciuto,” gli disse con calma, separando ogni sillaba. “Non hai fatto nulla in tutta la tua vita se non beffeggiare le persone, e non riconosceresti un vero amico neanche se ti schiaffeggiasse il volto. E questo perché sei troppo impegnato a guardare dall’alto in basso tutti quanti per fregartene–

Draco grugnì semplicemente. “Ti farò sapere–

“Non ho finito!” riprese lei, bloccando le sue parole con una mano alzata. “Per anni sei solo riuscito a diventare l’esatta copia di tuo padre; malvagio e–

“Non parlerai di mio padre!” urlò Malfoy, troppo arrabbiato per fregarsene della bacchetta puntata sul suo petto.” Non hai un CAZZO di diritto di parlare di lui–

“Volevi la mia opinione!” si difese lei. “Ho sempre saputo che eri un piccolo vile bastardo, ma non ho mai pensato che potessi sconvolgerti talmente tanto da diventare un Mangiamorte! Harry lo sapeva! Ha cercato di dircelo, ma no! Per qualche stupida ragione, ho pensato che tu avessi una piccolissima dose di decenza rimasta, ma mi sbagliavo–

“La prima volta da secoli–

“E tu sei diventato ciò che tutti si aspettavano” Hermione ignorò il suo commento, allontanandosi da lui di qualche passo. “Seguace di Voldemort eppure un patetico essere umano, perché a quanto pare, non sei riuscito a fare bene nemmeno quello!”

Draco abbassò lievemente il capo. Eccolo li, ancora una volta spiaccicato dritto in faccia; il suo fallimento. “Hai finito adesso?”

Lei gli lanciò uno sguardo fiero e irritato al tempo stesso, e Draco non potè fare a meno di notare che era lo sguardo più intenso che gli avesse mai rivolto. Bene. Farla incazzare in questo modo era trementamente divertente.

“Sei malato e mi fai schifo” sibilò Hermione, sentendo la magia che stava per eruttare dalla sua bacchetta. “Sarai sempre così e lo trovo molto triste. Vuoi sapere cosa provo nei tuoi confronti? Pietà.”

Un altro spasmo gutturale si fece sentire in fondo alla sua gola. “Prevedibile come sempre, Granger,” rispose Draco. “Sempre convinta che ci sia del buono in tutti–

“Non tutti. Tu no.”

“Beh almeno hai imparato che non dovresti aspettarti chissachè dalla gente per non rimanere delusa” continuò lui con una debole alzata di spalle.
Alzò un sopracciglio sospettoso, quando la vide allontanarsi da lui. “Dove stai andando?”

“A letto,” mormorò lei, lanciandogli un altro sguardo furioso. “Ho chiuso con questa storia–

“Aspetta un’attimo,” protestò, marciando verso di lei per bloccarle l’uscita. “E’ il mio turno–

“Pensavo di essere stata chiara…Non mi importa cosa pensi di me–

“Anche a me non importava, eppure ti sono stato a sentire.” disse lui, abbassando un po’ la schiena per essere faccia a faccia con lei.

“Ma sei stato tu a chiedere–

“Perché pensavo che sarebbe stato soddisfacente,” rivelò, lasciando trasparire un sogghignò crudele. “E avevo ragione–

“So già come ti senti a proposito di me” continuò Hermione infuriata, cercando in tutti i modi di agire con nonchalance. “Mezzosangue di là, topo da Biblioteca di qua. Se abbastanza prevedibile anche tu sai Malfoy?!”

"Potrei sorprenderti."

Che Merlino maledica la sua curiosità, per aver distrutto il suo buon senso. “E va bene.” Borbottò, fissandolo con la bacchetta ancora stretta in mano.
“Cosa senti a proposito di me, Malfoy?”

"Tu mi disgusti," sibilò con pungente ostilità. "Il fatto che dobbiamo respirare la stessa aria mi fa venire voglia di vomitare. Sei disgustosa; una chiazza rancida per il Genere Magico. Tu non meriti la tua magia–

"Ripetizione inutile di cose senza senso," si sforzò di rispondere Hermione, alzando gli occhi al cielo. "Vado a letto. Muoviti o ti faccio spostare io–

"Era solo un’inizio," sentenziò Malfoy, con voce malefica, e qualcosa di più freddo del solito guizzò nei suoi occhi. Hermione girò il suo piede ma si rifiutò di guardare da un’altra parte. Contatto visivo. Controllo.

"Io non-

"Sai di non meritare la tua magia," continuò Malfoy, stringendo i denti in una smorfia accusatoria. "Ed è per questo che lavori così duramente, non è vero? Ecco perché passi tutto il tuo inutile tempo a studiare-

"Si da il caso che mi piaccia leggere-

"Ma senti sempre il bisogno di metterti alla prova," Draco bloccò la sua risposta con un tono di voce sicuro e deciso. "Perché lo sai che la tua magia non è veramente tua." L’incertezza negli occhi di lei lo rese felice come se avesse trovato una scorta infinita di miele, e presto continuò il suo terribile discorso. "Perché tu sai di essere inferiore."

Hermione si morse nervosamente le labbra. Draco sorrise trionfante.

"Ed ecco perché ancora ti uccide quando ti chiamo Mezzosangue," concluse Malfoy, con un sorrisetto mellifluo e compiaciuto. Poteva vedere lontano un kilometro la tenacia tipica da Grifondoro che la tratteneva, perciò fece un passo a lato e fece per dirigersi verso la sua stanza, soddisfatto nel vederla abbastanza sconvolta. Bene, almeno la rivoltante Babbana lo ha aiutato a trovare un briciolo di divertimento, dopo la giornata più noiosa della sua vita.

Le sue dita non avevano neanche fatto in tempo a toccare il pomello della porta, quando senti una spinta calda contro la sua spina dorsale, che lo trattenne all’indietro. Sbattè la testa contro la parete adiacente e lasciò andare un grugnitò doloroso mentre scivolava giù per la fredda superficie. L’impatto si sentiva ancora forte e chiaro sottopelle, ma sapeva che entro un nanosecondo il dolore sarebbe ricominciato.

Alzò la testa con tutta l’umana intenzione di afferrare la Granger e far sbattere la sua testa contro il muro, ma non riuscì nemmeno a mettere bene a fuoco la sua scia, prima che sparisse all’interno della camera. Si rimise velocemente in piedi e i suoi occhi scannerizzarono lentamente la stanza, cercando di mettere bene a fuoco tutto quanto. Le sue pupille dilatate si fermarono ancora una volta sullo scaffale dei libri.

Ah si, la sua precedente distrazione prima che tornasse la Mezzosangue.

Se l’era sempre cavata bene con i numeri, e aveva deciso che contare sarebbe stata la cosa che l’avrebbe aiutato a non diventare pazzo.

La Granger aveva cento e un libro nel suo dormitorio; cinquantasei dei quali erano neri, quaranta rossi, tre blu e due verdi. Sul dorso di ognuno dei libri c’erano scritte quattrocentosessanta parole, escludendo i nomi degli autori. Aveva controllato due volte prima di collocare quell’informazione nella sua mente, e il suo sguardo ora ricominciò a osservare tutta la stanza; cercava la prossima cosa da poter contare il giorno successivo. La sua prossima missione per preservare la sua sanità mentale.

Ma i suoi occhi automaticamente caddero sulla porta, e potè sentire la rabbia scorrere attraverso ogni singolo poro del suo corpo. Divertente o meno, quella ragazza gli aveva rovinato l’umore. Avrebbe dovuto trovare qualche altra distrazione per domani.


Hermione si spinse la schiena a contatto con la porta, mormorando un’incantesimo silenziatore prima di iniziare a piangere. Per Merlino, lo odiava. Lo odiava! Si pulì bruscamente le lacrime sulle guancie e salì sul letto con le gambe tremolanti.

Non riuscì a dormire per tutta la notte, la rabbia contro il Serpeverde aveva funzionato come un triplo caffè per lei, e ben presto, gli uccellini mattutini si appostarono alla sua finestra. Quanto le davano fastidio gli uccelli.

E quello era soltanto il primo giorno.

 

 

 

a/n: Ciao a tutte, volevo solo dirvi da parte dell’autrice, di non aspettarvi chissà quali manifestazioni di affetto già nei primi capitoli. Dopo aver letto centinaia e centinaia di FF dove Draco riempie la testa di Hermione con sussurri maliziosi gia da subito e lei cade tra le sue braccia entro il secondo capitolo, ha deciso di scrivere una FF in cui i personaggi sono il più fedele possibile al loro carattere originario, ed è molto più sensato se ci ragionate su. Comunque non dovete preoccuparvi, questo non significa che non accadrà nulla di romantico, anzi! Dovete solo avere un po’ di pazienza! Grazie e arrivederci al prossimo capitolo!   Alice. ;)

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Capitolo 4
*** Punteggio. ***


Chapter 4: Punteggio.

Si svegliò di colpo.

Aveva sognato ancora la Torre di Astronomia. La vista di quel momento, i suoni e gli odori l’avevano plagiato senza pietà; così vividi. Perfino il suo subconscio sembrava voler riempire la sua testa con quell’insopprimibile ricordo; gironzolava nel suo cervello mentre dormiva, così la scena si ripeteva infinite volte nel sonno. Venivano e andavano tutte le sere, alcuni più forti di altri. Incubi. Che lo tormentavano. Che gli ricordavano ciò che aveva fatto.

Fallimento.

Fallimento.

Fallimento.

Draco soffocò uno sbadiglio con la faccia immersa in un cuscino molto più grande della sua testa e si rigirò nel letto, cercando di evitare che un tenace spiraglio di sole mattutino lo colpisse in pieno viso. Il sole autunnale era caldo e irritante e non poteva sopportarlo. Era troppo sgargiante e ingannevole; faceva credere a degli idioti senza speranza che bastasse solo un po’ di luce per non pensare che fuori si moriva di freddo. Ben presto, cominciò a sentire il tepore che accarezzava la sua pelle e spostò via le lenzuola per scendere dal letto.

S’infilò di malavoglia uno dei maglioni che gli erano stati dati, per combattere un’improvviso brivido di freddo, aggiustandolo sopra i suoi boxer e le sue gambe gelide. Magari la McGranitt gli avesse dato un vero pigiama, così avrebbe potuto evitare questi stupidi attacchi di ipotermia. Diede un’occhiata fuori dalla finestra, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano le tegole del tetto e una striscia di cielo che era completamente inguardabile a causa del sole. A cosa diavolo serviva una finestra se non c’era neanche una vista decente? Stupidi Grinfondoro.

Si rese conto di quanto fosse silenzioso tutto intorno, e la calma gli riempì le orecchie, cancellando perfino il cinguettìo estasiato degli uccelli. Alzò un sopracciglio, confuso, rendendosi conto che qualcosa nella sua mente gli diceva che si era già svegliato una volta stamattina. Sempre se quella mattina non era già passata.

Sì, si era già definivamente svegliato. Poteva sentire i suoi neuroni che lavoravano per riprendere quel ricordo. Era stata ancora la Mezzosangue a svegliarlo, con la sua fottuta doccia e i suoi movimenti impacciati. Si ricordò di aver borbottato una lista infinita di insulti e parolacce tenendo il viso immerso nel materasso mentre ascoltava i suoi movimenti goffi, e di aver quasi rischiato di marciare dentro al bagno con intenzioni davvero pericolose. Ma poi, una porta si era chiusa e i suoni erano scomparsi.

Se n’era andata. Grazie al cazzo.

A quel punto il calore dei cuscini e delle coperte l’aveva riaccolto nel limbo. Anzi, negli incubi.

Dopo aver lasciato il letto, scivolò fuori dalla stanza alla ricerca di qualcosa da fare, o qualcosa da mangiare. Si servì con un bicchiere di latte e un po’ di cereali che doveva aver lasciato fuori la Granger, prendendosi un’appunto mentale; aveva davvero bisogno di imparare qualche abilità culinaria senza la bacchetta se desiderava mangiare un pasto caldo. Chiedere alla Granger era assolutamente fuori discussione.

Si versò un’altra dose di latte ne bicchiere mentre gli occhi gli caddero sull’orologio, e per poco non sputava tutto il latte sul pavimento. Non era affatto mattina; nemmeno colazione. Erano quasi le tre del pomeriggio! Questa era la prova ufficiale che qualsiasi senso dell’orario si era perso assieme alla sua bacchetta. E insieme al suo orgoglio.

Cercò con lo sguardo la porta principale, e anche se sapeva che sarebbe stato inevitabilmente inutile, mise giù il bicchiere e decise che ci avrebbe provato comunque. Nell’esatto secondo in cui le sue dita afferrarono la maniglia, una tremenda carica elettrica lo colpì in pieno, facendosi strada attraverso il braccio. Scintille di ogni colore spruzzarono fuori dalla porta, viaggiando tra le sue vene come fiamme ardenti.

"Merda," imprecò, fissando i terribili segni rossi su tutta la mano. Con un sospirò rassegnato, si alzò in piedi e andò verso la cucina per mettere la mano sotto il getto fresco di acqua corrente.

A quel punto i suoi occhi videro le piastrelle della cucina. E cominciò a contare.

Doveva fare qualcosa…doveva mantenersi occupato…

 


 

"Sei molto silenziosa," disse Neville, guardandola come se fosse un medico che scrutava dovunque per cercare i sintomi. "Stai bene, Hermione?"

La sua bocca in qualche modo riuscì a produrre un sorriso convincente. “Sto benone,” lo rassicurò Hermione, passando avanti e indietro le dita sulla copertina particolarmente rugosa di un libro di testo. “Ho un saggio da fare per Aritmanzia e sto solo cercando di pensare.”

Non era tecnicamente una bugia, ma aveva già finito quel saggio quattro giorni prima. Aveva anticipato l’imbarazzante silenzio che si sarebbe potuto creare se i suoi amici le avessero chiesto come mai non si era presentata a cena come gli aveva promesso, e aveva portato l’argomento di conversazione su qualcosa che avrebbe potuto gestire più facilmente. Chi poteva biasimarla se doveva studiare?

Seamus, Dean, Ginny e Luna furono evidentemente sorpresi quando Hermione fece il suo ingresso nella Sala Grande quel giorno, accompagnata da Neville, ma poi si impegnarono al massimo per coinvolgerla nei loro discorsi quotidiani. Ne fu veramente grata ma la conversazione era già abbastanza strana tra i quattro Grifondoro e la Corvonero senza che lei ci si mettesse in mezzo. Cercavano in tutti i modi di evitare l’argomento “Voldemort” o “Guerra” e questo le dava parecchio fastidio, come se pensassero che lei non fosse in grado di sostenere quel tipo di conversazione. Ma il bisogno di compagnia amichevole era davvero troppo; aveva bisogno di qualcuno che la capisse e che poteva tranquillamente chiamare amico. Dopotutto, non era colpa di nessuno se questo periodo turbolento aveva un po’ spento le relazioni.

Perciò, si limitò ad annuire di tanto in tanto e a scribacchiare qualche appunto occasionale.

"Nessun’altro si sta impegnando molto per finire il saggio," borbottò Neville tranquillamente anche se gli altri non interruppero la loro conversazione sul Quidditch né diedero segno di averlo sentito. "Immagino che tutti pensino che sia inutile al momento, ma so come ti piace essere sempre al passo con lo studio perciò non sono sorpreso."

Adorava Neville e la sua genuina sincerità. Era così dolce da farle male al cuore a volte, e sapeva nel profondo che non sarebbe mai scesa nella Sala Grande se non fosse stato per lui.

"Mi aiuta a distrarmi," ammise lei, con un debole sospiro.

Neville concordò con un breve movimento del capo, prima che Seamus menzionasse il suo nome e lo riportasse all’interno del discorso su… Oh, bene, non sapeva neanche di cosa stavano parlando. Fece finta di rivolgere la sua attenzione alle pagine di un libro, eppure il suo sguardo assonnato si fermò sul tavolo dei Serpeverde in fondo alla sala.

Era vuoto, ovviamente.

Dei duecentocinquanta studenti che ritornarono ad Hogwarts quell’anno, solo trentadue indossavano la cravatta verde. Erano tutti del quarto anno o più giovani, e si erano sparsi negli altri tavoli per socializzare con le altre Case in piccoli gruppetti. Nessuno di loro voleva più essere associato allo stereotipo della loro Casa, e avevano fatto di tutto per evitare di essere associati allo stemma serpentesco. Per quanto ne sapeva Hermione, non dormivano nemmeno più nei sotterranei, si erano spostati tutti in vari dormitori, nei letti a castello rimasti.

Era triste, davvero.

Erano così disperati da evitare qualsiasi tipo di cattiva impressione, anche se bastava la loro presenza ad Hogwarts per dimostrare che non condividevano gli ideali di Voldemort. Erano proprio come tutti gli altri; speravano di essere al sicuro e volevano che tutto questo finisse.

In quel momento, odiava Malfoy ancora di più, per essere così mentalmente chiuso e perché ormai era l’unico che confermasse lo stereotipo proveniente dalla dinastia di Salazar. Il suo sguardò volò istantaneamente sulla macchia vuota del tavolo in cui aveva visto Malfoy seduto l’ultima volta.

Ricordò quanto sembrasse malato e depresso durante il sesto anno e si trattenne dallo schiaffeggiarsi da sola per essere stata così ingenua e non aver capito i segni della terribile disgrazia che stava per avvenire. Riusciva a ricordare facilmente i commenti sospettosi di Harry e il modo in cui lei stessa li aveva bloccati. Come aveva potuto essere così cieca?

"Hermione," una dolce voce femminile la riportò al presente e si voltò, trovandosi faccia a faccia con Luna. "Stai bene? Mi sembravi distante."

Hermione combattè una battaglia interiore per evitare di alzare gli occhi al cielo a quel commento totalmente ovvio. "Sto bene, Luna" sospirò, indicando il suo libro. "Ho solo un po’ di difficolta a concentrarmi su questo. Penso che dovrei passare dalla Biblioteca."

"Di già?" brontolò Ginny, ed Hermione potè notare che il suo dispiacere era genuino. "Hai toccato a malapena un po’ di cibo."

Hermione gettò un’occhiata al suo piatto quasi completamente integro di roast beef. "Non sono poi così affamata," rispose, spostandolo lontano. "Ho mangiato molto a colazione."

Sapeva che i suoi amici erano poco convinti, e lei non poteva biasimarli. Aveva perso molto peso da quando Harry e Ron se n’erano andati, ma non era perché stava a digiuno o mangiava poco; il fatto è che mangiava ad orari assurdi. Era colpa dell’insonnia. Forse avrebbe dovuto accettare la pozione di Lumacorno per un sonno senza interruzioni.

"Vuoi che ti faccia compagnia in Biblioteca?" chiese Neville. "Potrei lavorare sul mio saggio di Erbologia nel frattempo."

"No, non serve," Hermione scosse la testa, alzandosi dal tavolo. "So che non ti piace la Biblioteca e non hai ancora finito di mangiare."

"Allora potrei fare un giro più tardi," acconsentì lui, prendendo un altro boccone di roast beef con la forchetta. "Comunque è stato bello vederti, Hermione!”.

"Sì, è vero!," si unì Ginny, accompagnata da Seamus e Dean. "Verrai a trovarci domani?"

No.

"Ci proverò," sospirò, sorridendo debolmente ai suoi compagni. "E’ stato bello vedervi, tutti quanti."

Raccolse le sue cose e si girò per andarsene, con un delicato movimento della mano per saluto. Poteva giurarlo, sentiva già le loro voci che bisbigliavano tra di loro, sicuramente stavano dicendo che aveva un’aspetto terribile. Potrebbero aver parlato dei solchi blu sotto gli occhi o della sua pelle pallida e smunta. Niente di cattivo o del genere ‘ti–parlo–dietro–le-spalle’. Solo la verità. Solo parole di preoccupazione.

Probabilmente si sarebbe sentita in colpa, se solo il suo corpo fosse stato in grado di sopportare un’altra emozione negativa.

Ma non poteva. Il solo pensiero di Malfoy l’aveva riempita di acidità e di nervosismo, e tutto questo combinato con una costante senzazione di rabbia e solitudine, non lasciava più spazio per niente.

La speranza comunque era ancora lì; solo una spruzzata di ottimismo nel suo cuore che si rifiutava di sparire. A volte si attaccava a quell’unica speranza, e la malediva il momento successivo. Era per quello che continuava ad infilarsi in Biblioteca fino a tarda notte a leggere tutto ciò che trovava sugli Horcrux, e la aiutava anche a rimanere in contatto con le operazioni dell’Ordine.

Si, la speranza c’era eccome. E’ solo che a volte se ne andava...

La Biblioteca era aperta e perdipiù, era anche abbastanza affollata. Alcuni ragazzi del terzo anno erano raggruppati attorno ad un tavolo, discutendo a proposito di qualche compito di Pozioni, e un altro tavolo era occupato da ragazzi del quarto. Madama Pince era silenziosamente rintanata nel solito posto, con un’occhio che scorreva tra le pagine del libro e l’altro tenuto fisso su ogni studente, all’erta. Hermione passandò la salutò con un gesto del capo ma l’anziana Bibliotecaria non rispose, così continuò a camminare cercando un posto libero.

Notò un altro gruppo di studenti dietro ad ogni scaffale e decise che in quel momento il posto era troppo occupato, troppo pieno di…persone, per i suoi gusti. Aveva bisogno di solitudine. S’incamminò verso la zona proibita e prese due o tre libri per poter leggere in pace lontano da lì. Fece cadere i pesanti tomi dentro la borsa e pensò per un’attimo di andare in cortile, ma il clima non era abbastanza buono per poter uscire a leggere.

L’unica cosa che desiderava al momento era tornarsene al dormitorio e sdraiarsi sul divano con una cioccolata calda e un bel libro classico come compagnia.

Ma nel dormitorio c’era anche lui.

Beh, non aveva alcuna intenzione di sentirsi esiliata dalla sua stessa stanza solo per colpa di quel bastardo. Assolutamente no. Perché avrebbe dovuto alterare la sua routine per Malfoy? Se quel viscido pezzo di sterco si faceva vedere, le bastava chiuderlo a chiave nella sua stanza. Velocemente, chiuse con un’incantesimo i libri di testo che si era portata dietro dalla Biblioteca, mentre si dirigeva verso il dormitorio. La sua mente acuta le disse che non era saggio portarsi dei libri così importanti in una stanza che condivideva con Malfoy, perché era assai preferibile che lui rimanesse all’oscuro di tutta la faccenda Horcrux. Se per caso il viscido fosse riuscito a scappare, non aveva alcun dubbio che sarebbe andato dritto da Voldemort, aspettandosi una pacca sulla spalla per avergli rivelato i piani di Harry.

Mentre camminava verso la sua meta, i passi si facevano sempre più lunghi e decisi e il suo corpo si riempì di adrenalina, in preparazione al confronto che avrebbe avuto con Malfoy una volta varcata la porta del dormitorio. Dopo aver borbottato la password e acceso la luce, aprì il portone un po’ più forte del necessario e lo trovò subito. Non sapeva con certezza cosa avrebbe dovuto aspettarsi una volta tornata, ma di sicuro questo non era tra le opzioni.

Era appoggiato al muro che separava il salotto dalla cucina, seduto a terra, con le mani appoggiate ai fianchi. Le spalle erano rilassate e la testa leggermente inclinata verso sinistra, mentre il suo dito scorreva sulla superficie di mogano. Non si era accorto che era entrata, anche dopo che Hermione aveva chiuso la porta e si era avvicinata di qualche passo.

Storse il collo così da poterlo vedere in faccia, notando che il suo ghigno familiare era ancora lì e induriva come sempre i suoi lineamenti. Per un’attimo pensò a come fosse possibile che quell’orribile espressione fosse così permanente, ma poi si accorse che quella non era un’espressione arrabbiata; era estremamente concentrato.

Hermione si avvicinò ancora un pò, come se stesse osservando un raro e pericoloso esemplare di uccello che era capitato lì per caso. Seguì il suo sguardo e non vide altro se non le file di piastrelle sul muro della cucina. Hermione si mordicchiò il labbro confusa e stupita.

Ma che...

"Che diavolo stai facendo, si può sapere?" gli chiese tutto a un tratto, osservandolo mentre scattava in piedi e si girava per capire da dove veniva la voce. Ah, eccola lì, la rabbia che montava. Era chiaro che l’aveva disturbato in qualche modo, e lui era quantomeno furioso. I suoi occhi ambrati tornarono sulle piastrelle per capire ancora una volta se si era persa qualcosa, ma non c’era niente di strano sulla ceramica, se non qualche granello di polvere.

"Per la miseria, Granger!" ringhiò, sbattendo il piede sul parquet. "Ho perso il conto! Stupida–

"Il…conto?" ripetè lei, poggiando istintivamente la mano sulla tasca dei jeans dove teneva la bacchetta. Lui non si avvicinò come Hermione aveva temuto; si limitò a scansare il peso da una gamba all’altra mentre la fissava inferocito, a circa due metri da lei. Comunque, le sembrava ancora troppo vicino. "Che cosa stavi-

"Che cazzo ci fai qui?" chiese bruscamente lui.

"Io qui ci vivo," sibilò Hermione, sedendosi con un tonfo sul divano e buttando la borsa con i libri ai suoi piedi. "E ho del lavoro da fare, perciò lasciami sola–

"Esattamente dove dovrei andare?" rispose Draco, incrociando le braccia. Si scrocchiò le spalle come se si stesse preparando ad una rissa, ed Hermione potè notare i muscoli che si contorcevano sotto la sua maglietta grigia.

"Non me ne potrebbe importare di meno," replicò. "Vai nella tua stanza-

"Perché dovrei?" ringhiò Draco, fissandola con sguardo calcolatore. "Puoi andare e venire a tuo piacimento quindi sei tu quella che dovrebbe andarsene–

"Questa è la mia stanza, Malfoy!" urlò, stringendo i pugni per mantenere la calma. "Sei qui solo perché all’Ordine dispiace della tua sorte!”

Malfoy grugnì. "Sono qui perché quei deficienti non sanno farsi gli affari propri!" gridò. "Sempre lì a ficcare il naso e ad essere convinti di aiutare tutti quanti–

"Noi ti stiamo aiutando!"

"Beh, io non lo VOGLIO il vostro cazzo di aiuto!" Draco urlò a pieni polmoni, facendo vibrare le pareti del dormitorio. "Non ho MAI voluto il vostro aiuto–

"Beh, ce l’hai," lo interruppe Hermione con finta calma, senza riuscire ad impedire che un certo tono altezzoso uscì dalla sua bocca. "Quindi smettila di lamentarti–

"Ma levati dalle palle–

"Sto aspettando che tu ti leva dalle palle, a dire il vero. Ho del lavoro da fare–

"Perché non te ne vai nella tua stanza?" chiese beffardo, avvicinandosi con un grande passo verso di lei. "O meglio vai a farti fottere sulla Torre più alta del castello, assieme ai tuoi amici teste di cazzo–

"Te l’ho detto è il mio dormitorio e ho tutto il diritto–

"Perché voi Grifondoro insistete sempre per rendere le cose più difficili?" domandò, completamente serio. "Siete sempre a caccia di guai ed è così maledettamente stupido, e poi vi domandate anche perché la gente cerca sempre di uccidervi–

"Capisco che tu lo trovi difficile da comprendere," rispose Hermione lentamente, alzando il mento. "Noi siamo abbastanza coraggiosi da alzarci in piedi quando serve–

"Non farmi ridere Granger," alzò gli occhi al cielo. "Coraggiosi, un paio di palle. Tu e quegli idioti avete superato la linea che esiste tra l’essere eroi ed essere stupidi un sacco di tempo fa–

"Non osare chiamarmi stupida," rispose Hermione, decidendosi a tirare fuori la bacchetta dalla tasca. "Io non sono–

"Molto bene," mormorò Draco, rilassandosi per un secondo. "Tu magari avrai ancora una decina di neuroni funzionanti, ma l’Orfano e il Barbone sono proprio inutili–

"Non chiamarli–

"E ce ne sarebbero di cose da dire sul tuo gruppetto di amici sfigati," continuò iperterrito Malfoy, avanzando. "Quando pensi che è la fottuta Mezzosangue l’unica con un minimo di cervello, viene da deprimersi!”

L’istinto babbano la pervase ed Hermione allungò il braccio sul tavolo per afferrare una tazza. La lanciò fortissimo; più forte di quanto abbia mai lanciato qualcosa nella sua vita. Ma lui riuscì a schivarla. Bastardo. Guardò la tazza infrangersi contro la parete a un centimetri di distanza dalla faccia di Malfoy. Una bella ciotola di fine porcellana, spaccata a metà. Hermione tornò a fissare con occhi infiammati il verme che aveva davanti, e vide il suo sguardo contento per aver mancato il colpo; non riusciva a sopportarlo.

"Non te lo dirò un’altra volta, Malfoy," gli disse, resistendo all’impulso di lanciargli un’incantesimo in quello stesso istante. "Vai nella tua stanza e lasciami concentrare sul mio lavoro–

"Ho per caso toccato un nervo scoperto, Granger?" intuì maligno Draco. "Cos’era, la parola Mezzosangue o il mio commento sulla coppia di coglioni camminanti?"

"Smettila di chiamarli–

"Perché non te ne vai ad irritare loro con la tua presenza?" domandò.

"Sta zitto, Malfoy!"

"No, sono maledettamente serio," insistette, leggermente intrigato suo malgrado, quando vide le sue labbra arricciarsi dal nervosismo. "Perché diavolo non vai da Potter e da Weasley invece di rimanere qui bloccata a fare da balia a me?”

"Perché non sono qui, ecco perchè!" sbuffò Hermione, sapendo all’istante che non era la cosa più saggia da rivelargli. Vide un sorrisetto allargarsi sul volto di Malfoy e maledì per un secondo i suoi amici per averla lasciata al castello. Con lui. "Non sono qui," ripetè, più tranquillamente.

"Dove son–

"Come se te lo dicessi, certo," sorrise, sarcastica. “Senti Malfoy, lasciami stare e basta prima che–

"E’ un classico," disse lui, leccandosi le labbra come se potesse davvero gustare la frustrazione della Grifondoro. Apparentemente, era deliziosa.
"Questo di sicuro spiega un sacco di cose."

Hermione abbassò un sopracciglio. “Dove vuoi arrivare?”

"Ecco perché la tua faccia sembra il didietro di uno che è andato a sbattere da qualche parte dalla mattina alla sera” le rispose semplicemente, avvicinandosi ancora con un sorriso vincente. "Il motivo per cui ti senti sempre pronta a saltare in aria–

Questo era troppo. “Non essere ridicolo–

"Il trio d’oro si è separato," esclamò, più a se stesso che a lei. "Deve far male, Granger. Sapere che le uniche persone che ti sopportano, se ne sono andate senza di te–

"Almeno io ho degli amici–

"Ma non sono qui con te, vero?" le ricordò, schioccando la lingua. "Dev’essere terribile non avere più la possibilità di aprire le gambe per il tuo Weasley ogni volta che vuoi."

Hermione trattenne a fatica un singhiozzo indignato. Ron era…Ron era suo amico. Niente di più. Certo, prima che lui se ne andasse con Harry, lei aveva sperato in qualcosa di più, sacrificando la sua innocenza. Era stato…scomodo e non era riuscita a gestire bene la situazione. Da lì in poi, Hermione capì che una relazione con lui era fuori dal limite del possibile, anche se ultimamente qualche piacevole sentimento di mancanza le tornava in mente, prima di addormentarsi.  Forse dopo che la Guerra fosse finita…

"Ron non è affar tuo," mormorò, accorgendosi che forse era rimasta in silenzio troppo a lungo. "Smettila di essere così–

"Allora forse preferisci Potter?" la accusò Malfoy con uno sbuffo disgustato. "Per Merlino, voi tre siete patetici."

Avrebbe tanto voluto lanciargli un’altra tazza. Ma no. Voleva un vantaggio che non aveva niente a che fare con le sue doti da strega.

Lui era più vicino adesso, ed Hermione notò distrattamente che profumava di orchidee e di una mattinata intera di sonno. I suoi movimenti erano fluidi ed eleganti, come se avesse pianificato tutto questo meticolosamente, con l’unico scopo di umiliarla. Le dita di Hermione accarezzarono la bacchetta che teneva pronta in mano, ma non voleva sconfiggerlo con la magia, se avesse potuto farne a meno. Non poteva certo Schiantarlo ogni volta che litigavano; anche se la prospettiva era ridicolosamente piacevole. Era una ragazza intelligente e dalla parlantina sicura. Poteva gestirlo. Si, poteva farlo.

Aveva bisogno di un nuovo approccio, quindi, posizionò le sue dita sulla bocca per mimare il suo atteggiamento. Come era giusto che fosse, lui sapeva cosa poteva mandarla fuori dai gangheri ma anche lui aveva delle debolezze…

"Dev’essere difficile per te, Malfoy," disse dolcemente, soddisfatta nel vederlo alzare un sopracciglio con espressione curiosa. "Guardare le persone che tu reputi inferiori, mentre fanno cose che tu non riesci a fare meglio di loro–

"Che cosa stai–

"Harry con il Quidditch," cominciò lei, orgogliosa. "Io con i miei voti–

"Stai forse insinuando che sono geloso, Granger?" domandò lui, schietto, con la voce che gli tremava un po’ in gola. "Perché preferirei–

"E’ un motivo che spiegherebbe ogni cosa, non trovi?" domandò all’aria Hermione, come se stesse ragionando da sola su un compito particolarmente difficile. Giocherellava con la sua bacchetta tra le dita, niente di offensivo. Solo un gesto per ricordare a Malfoy che era lei quella con la magia dalla sua parte. "Tutto l’odio del mondo dipende da qualcosa. Voglio dire, noi abbiamo guadagnato un certo numero di buone azioni e successi negli ultimi sei anni–

"Cosa cazzo vuoi che ti dica? Complimenti a voi!”

"E da quello che posso ricordare," continuò lei, ignorando il suo commento sarcastico. "Tu devi ancora fare qualcosa di…interessante nella tua vita, Malfoy

"Taci, Granger–

"E tutto quello che hai provato a fare," avanzò Hermione, incapace di fermarsi ora che la vittoria era così vicina. "L’hai sempre fallito miseramente

"Chiudi quella bocc–

"Mi ricordo quella volta nel secondo anno," disse Hermione, grattandosi il mento pensierosa. "Quando sei caduto dalla scopa e hai perso la partita di Quidditch contro Harry. C’era anche tuo padre sugli spalti o sbaglio?”

Draco scattò in avanti per afferrarla ma lei lo bloccò puntandogli contro la bacchetta. "Ti avevo avvisato di non nominare mio padre–

"E scommetto che non gli è piaciuto molto scoprire che i tuoi voti erano inferiori a quelli di una Mezzosangue," disse Hermione, notando che le sopracciglia di Malfoy si inarcarono ancora di più quando lei stessa usò quel termine per definirsi.

"Non parlare di mio padre,” ripetè lui, stavolta con voce più bassa.

Ma Hermione non capì, quando si accorse che la sua voce non era minacciosa; era più irritata e forse un po’…ferita? Non aveva alcun senso.

"Allora non parlare dei miei amici," mormorò, mentre un’accordo silenzioso passò da lei a lui. Draco sembrava un po’ più umano, e ad Hermione veniva voglia di picchiarlo di nuovo. "Hai intenzione di lasciarmi in pace o devo trascinarti in camera con la forza?"

Lui grugnì un poco, ma con sua grande sopresa, fece davvero due passi in là verso la sua camera da letto. Il suo sguardo del color delle nuvole non si staccò da lei, stava solo provando a disintegrarla con gli occhi e ad esprimere tutto il suo disaccordo.

"Quando uscirò da questo casino,” mormorò, poco prima di raggiungere la porta. "E riavrò la mia bacchetta, non la scamperai liscia Granger."

"Sì, immaginavo che l’avresti detto," annuì lei, completamente indifferente.

I suoi occhi la scrutarono dall’alto in basso per un momento. E poi, subito dopo, non si vedeva più, accompagnato soltanto dal solito rumore di porta fracassata alla parete. Hermione rimase ferma a fissare la porta, sentendo che un sorrisetto orgoglioso stava crescendo sul suo volto.

Ce l’aveva fatta. Era riuscita a farlo andar via senza usare la magia. Hermione si lasciò cadere sul divano, soddisfatta. L’aveva battutto, anche dopo i suoi commenti maligni sui suoi amici. Aveva avuto l’ultima parola. Aveva ottenuto ciò che voleva.

E mentre non ci stava pensando, un sorriso, un vero sorriso si fece strada spingendo in là le sue fossette. Era il primo vero sorriso che faceva dopo la partenza di Harry e Ron. Non sorrideva da almeno quattro settimane.

 


 

Puttana...

Di nuovo dentro alla camera da letto, si sentiva più stretto di prima. La stanza sembrava davvero molto più piccola e questo pensiero fece scivolare una goccia di sudore freddo dalla sua fronte. Aveva avuto una mezza idea di tornare indietro nel salotto e ricominciare ad urlarle dietro, ma poi a cosa sarebbe servito? Tutto quello che avrebbe fatto la Granger sarebbe stato abusare della sua magia, e lui sarebbe tornato presto nella sua camera, probabilmente ferito o dolorante.

Si passò le mani sul viso e le spinse in su fino a pettinarsi i capelli con crescente frustrazione.

Non si era mai sentito così depresso negli ultimi diciassette anni. Quando è successo che la sua vita sia peggiorata talmente tanto da mandarlo in questo posto? Controllato a vista come un bambino impedito da quella stronza della Mezzosangue. Preoccupato di diventare uno di quei pazzi senza cervello che avevano perso la loro sanità mentale in mezzo a quattro pareti spoglie.

Comunque, sarebbe potuto andare peggio. Poteva essere costretto a stare con la Lenticchia. Sicuramente a quell’ora si sarebbero già spappolati a vicenda. Almeno la Granger non era un’idiota senza cervello come Weasley, ed era capace di gestire un litigio quasi pacifico.

Si coricò a letto, coprendosi col morbido lenzuolo di seta, rimanendo fermo a guardare il soffitto. I suoi occhi caddero sul comodino e aprì il cassetto; trovò solo una vecchia piuma e una cravatta rosso e oro.

Forse poteva utilizzarla per impiccarsi quando sarebbe finalmente diventato pazzo, quando le pareti l’avrebbero soffocato...

Prese la piuma e passò le dita su quel pezzo di ala ancora morbida. Gettò un’occhiata alla scrivania per vedere se c’era inchiostro o carta, ma non c’erano. Quindi, si abbassò sul lato destro del letto e scelse un pezzo di mogano liscio e senza intagliature.

Sfregiò il legno con una M e una G, completando l’opera con una linea che separava le due iniziali.

M per Malfoy. G per Granger.

Avrebbe scritto M per Mezzosangue se solo non avessero avuto le stesse iniziali.

Ok, poteva ammettere che oggi aveva vinto lei, ma senza ombra di dubbio ieri il punto l’aveva vinto lui. Sembrava una cosa razionale il tenere il conto del punteggio, e in più era un’altra distrazione per lui. Segno due linee sotto ogni iniziale, un punto a testa, ma dentro di sé giurò a Salazar che lei non avrebbe più preso nessun punto fino a quando Draco non fosse riuscito ad uscire da lì.

A quel punto i suoi occhi tornarono sul soffitto e cominciò a contare. Prima le righe, e poi le crepe.

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Capitolo 5
*** Profumo. ***


Chapter 5: Profumo.

Ogni giorno, lei tornava nel suo dormitorio e lo trovava là. Pronto a incasinarle il cervello con insulti e commenti, e stava davvero cominciando a rovinarle la vita. Ogni volta che le lezioni finivano, Hermione tornava al suo dormitorio da Caposcuola per completare i suoi compiti perché sapeva che fino alle otto di sera la Biblioteca era sempre piena, e lui era sempre lì. Solo, ad aspettare; la sua lingua tagliente era sempre pronta a dire qualcosa di sgradevole e i loro litigi quotidiani potevano durare minuti o anche ore, a seconda di quanto fossero testardi entrambi in quel preciso momento.

Sempre la stessa caterva di parole.

Sporca.

Puttana.

Mezzosangue.

Mezzosangue...

A volte le faceva male, a volte no. Stava cominciando a sviluppare una certa immunità a quegli insulti, ma ogni tanto lui tirava fuori qualche nuova perla e questo la sconvolgeva. Dopotutto, erano abbastanza ben assortiti, ma dopo una settimana di urli e ringhi e grugniti, ne aveva davvero abbastanza.

L’ottavo giorno della sua permanenza lì – un Venerdì – durante la sua lezione di Aritmanzia, Hermione pensò alla voce di sua madre e ad una frase che le diceva sempre.

Niente infastidisce un bullo più dell’indifferenza, o della gentilezza nei suoi confronti.

Non aveva mai dato molta importanza a quel genere di sciocchi consigli che danno sempre i genitori, ma in questo caso, avendo finito il repertorio di approcci da provare, stava cominciando a rivalutare sul serio quelle parole. Malfoy le stava chiaramente rompendo le scatole solo perché era annoiato, e se lei avesse smesso di controbattere, e avesse cominciato ad essere fastidiosamente gentile, l’avrebbe fatto impazzire. E se magari non fosse riuscita a tenere le cose sotto controllo, poteva sempre chiuderlo in camera finchè non si fosse calmato.

Non aveva mai apprezzato il fatto di possedere una bacchetta più di così.

Mancavano ancora un paio di lezioni e poi la giornata lavorativa sarebbe finita. E lui sarebbe stato lì. Ad aspettare. E lei l’avrebbe ignorato. Non importa quanto avesse tentato di infastidirla, lei l’avrebbe ignorato.

Non avrebbe reagito nel modo in cui lui si aspettava.

Mancavano solo Pozioni e Erbologia, dopodichè avrebbe potuto testare la sua teoria sul vermetto.

 


 

C’erano quattrocentocinque piastrelle nel muro che separava il bagno dalla cucina. Tutte bianche, cinquantasei con qualche crepa. Gli ci erano voluti tre giorni per esserne sicuro, un po’ per colpa delle interruzioni della Mezzosangue e un po’ perché gli piaceva sempre controllare due volte.

Per quanto riguarda le mattonelle del pavimento, ce n’erano in totale novantasette; trentotto nella sua stanza più quelle dell’intero dormitorio. Esclusa la camera della Granger, ovviamente. Aveva provato a entrare due giorni prima e aveva ricevuto lo stesso trattamento di quando aveva cercato di uscire dalla porta principale.

Una mano bruciata e le dita insensibili.

Comunque, quel giorno si era svegliato alle due del pomeriggio, dopo una nottata faticosa. Ancora più incubi, che stavano diventando sempre più forti e preoccupanti. I suoi occhi si abbassarono automaticamente sul lato del letto per studiare la sua incisione, cosa che faceva tutte le mattine. Al momento, c’erano sei punti sul il suo nome e cinque su quello della Granger. Se la memoria non l’ingannava, era il giorno in cui avevano litigato più di una volta, Venerdì.

Il giorno in cui era arrivato era un Venerdì, quindi questo voleva dire che aveva passato otto giorni in inferno.

Almeno, stava riuscendo a tenere il conto anche dei giorni. Più o meno…

Sarebbe stato molto più sensato scrivere i nomi dei giorni sul legno invece del numero di litigi. Ma che si fotta. Stava vincendo, quindi avrebbe lasciato tutto così com’era.

Si alzò dal letto, si vestì, e andò alla ricerca di qualcosa da fare. Qualcosa da contare. Fino a quando la Granger non fosse tornata e non avessero ricominciato a fare il loro solito teatrino.

Granger...

Il suo profumo era ovunque; riempiva l’atmosfera come l’afa estiva. Quel cavolo di sapone che usava, profumava di pioggia, e recentemente aveva capito che sapeva anche di ciliegia. Dolce, con una punta di spezie. Non del tutto fastidioso a dire la verità; era solo maledettamente soffocante quando si trattava di annusarlo tutto il giorno, tutti i giorni. Il suo aroma era perfino riuscito ad arrivare dentro la camera da letto di Draco, e adesso era rimasto appiccicato da qualche parte tra la sua narice destra e il lobo del suo orecchio.

Non poteva scrollarselo via. Non poteva andare da nessuna parte senza quel po’ di lei. Quel prufumo stava velocizzando il processo di pazzia del quale era terribilmente spaventato.

Camminando verso l’area centrale della stanza, prese la solita tazza, la riempì di latte e all’insieme aggiunse una mela. Si guardò intorno, masticando, alla ricerca di qualcosa da contare...Ma non c’era niente.

Quindi rimase fermo a fissare l’orologio, aspettando che arrivassero le 15 e 40, la Mezzosangue tornava sempre a quell’ora. Era precisa come un’orologio svizzero. La figura di Hermione saltò fuori dal buco nella parete e il suo sorrisetto malignò di fece largo sul suo viso.

Che i giochi abbiano inizio.

"Buon pomeriggio, Mezzosangue," la salutò, senza offendersi troppo quando lei non rispose. "Come ha trovato la lezione oggi, la nostra noiosissima Grifondoro–topo da Biblioteca?”

"E’ andata bene, grazie," gli rispose tranquillamente, accasciandosi stanca sul divano.

Draco sobbalzò. Ma che, niente ‘fottiti Malfoy’ oggi?

"Ti ho fatto una domanda–

"E io ti ho risposto," replicò Hermione calma. Troppo calma.

"Non era abbastanza," la criticò lui, camminando verso di lei.

Lei scrollò le spalle. Si limitò a quello per poi liberare il tavolo della cucina per fare spazio ai libri che si era portata dietro. Il silenzio forzato, una sfida. Ok, poteva giocare in quel modo. Prima o poi avrebbe reagito. Doveva farlo. Aveva aspettato di vedere la scintilla di rabbia nei suoi occhi per più di due ore, contava solo su quella piccola fiamma. Voleva vederla. Disperatamente, in realtà.

"Che cazzo è questo?" esclamò, prendendo un foglio dal tavolo ed esaminandolo da vicino. "Scrivi anche come una Mezzosangue rachitica. I Mezzosangue non riescono nemmeno a scrivere decentemente?”

Hermione non lo ascoltò, prese un libro dalla borsa e iniziò a leggere. Lui mollò il foglio sul tavolo e la guardò.

"Non mi prendi in giro, Granger," disse lentamente, incrociando le braccia con l’aria di chi la sa lunga. "So cosa stai facendo."

"Sto leggendo," rispose Hermione, senza staccare gli occhi castani dalla pagina.

"Sai che vuoi urlarmi contro, Granger," strascicò Draco, convinto più che mai a farla incazzare, con le buone o le cattive. "Oppure devo tirare in ballo il sacco di merda che non vuole morire e il suo pupazzetto arancione?”

Il suo sguardo di ghiaccio volò verso le labbra rosate di Hermione e aspettò che si arricciassero per il nervoso. Quando ti isolano in una stanza con solo una persona, cominci a comprendere i segnali che lancia il corpo di quella persona, e la Granger era abbastanza interessante da oservare quando si incazzava. Bastava accennare ai suoi amichetti e le sue labbra si arricciavano sempre. Poi le sue pupille si sarebbero dilatate e le guancie avrebbero cominciato a tingersi di un rosa acceso e a quel punto…sarebbe partita la musica.

Ma le labbra non si arricciarono.No, la sua bocca non si mosse affatto. Aveva rotto la routine. Quella routine che aveva ormai memorizzato. Come osava.

Draco prese uno dei libri e lo sbattè forte sul tavolo.

"Cazzo guardami, Granger!" protestò Draco, ad un passo dallo scalciare come un bambino arrogante. "Adesso!"

Lentamente, Hermione alzò il suo sguardo color del miele, ma era completamente vuoto. Perfino, annoiato. Ignorarlo era molto più facile di quanto si aspettasse, probabilmente perché aveva già fatto molta pratica ignorando le conversazioni sul Quidditch di Harry e Ron. Si prese un momento per osservare i lineamenti del viso di Malfoy mentre quest’ultimo andava avanti a urlare qualcosa sul quanto fosse sporco il suo sangue, analizzando la sua pelle di porcellana. Strano. Normalmente gli donava, ma Hermione avrebbe giurato che in quel momento sembrava grigiastra e spenta.

...Non sarò ignorato da te!" continuò lui, ma lei non lo stava minimamente ascoltando. "Granger, sono maledettamente serio...

Lei fissò la sua attenzione sul suo sguardo, notando quanto fosse sbiadito e sciupato. Non tanto dal poco sonno. Era come se fosse privo di ogni energia. Hermione sospirò, abbastanza vicina da poter sentire il suo odore.

Mela verde e il profumo di una buona dormita. Aveva lo stesso profumo tutti i giorni.

Un pensiero le balenò in testa e la sua bocca si aprì a mezz’aria, come faceva sempre quando era concentrata su qualcosa. In un’istante, si ritrovò in piedi, a dirigersi verso la cucina.

"Dove diavolo stai andando?" Hermione lo sentì parlare da lontano, come se fosse dal lato opposto di un tunnel. "Ho DETTO dove stai andando, per la miseria!?"

Il suono della sua voce era sfocato, mentre lei apriva e chiudeva gli sportelli, cercando di ricordare a mente quali cose aveva tolto lei stessa dalla dispensa. Merlino, come aveva fatto a non accorgersene prima?

"Hey!" la chiamò lui, marciando nella sua direzione. "Mezzosangue! Ti ho chiesto–

"Che cosa hai mangiato?" gli chiese Hermione all’improvviso, voltandosi e ritrovandoselo molto più vicino di quanto si aspettasse.

Draco sbattè le palpebre, confuso. "Che cos–

"Che cosa hai mangiato in questi giorni?" ripetè. "Da quel che posso vedere non hai toccato cibo, se non un po’ di latte e qualche mela–

"Che cazzo centra adesso?"

"E’ tutto quello che hai mangiato?" gli chiese Hermione, sentendosi stranamente preoccupata. "Mele e latte?"

Draco abbassò lo sguardo per mascherare la sua perplessità, lanciandole uno sguardo torvo. Perché era così turbata dalle sue abitudini alimentari?
"E cereali," mormorò, non sapendo che cosa dire ma sentendo il bisogno di difendersi.

"Tutto qui?" esclamò Hermione con un filo di voce, cosa che non piacque a Malfoy. "Malfoy, non puoi sopravvivere con questo genere di dieta–

"Perché non–

"Stai diventando anemico," continuò Hermione e all’improvviso Malfoy fece un salto indietro, come se si fosse ricordato in quel momento di quanto fosse sporco il sangue della Granger. "E probabilmente sei anche a corto di proteine–

"Di un po’, questa noiosissima lezione di biologia ha uno scopo?" la interruppe Malfoy, fingendo di osservarsi le unghie.

"Hai bisogno di mangiare di più," gli disse Hermione, realizzando ancora una volta il tono preoccupato nella sua stessa voce. Che sia maledetto, il suo instinto a fare sempre del bene per gli altri. "Perché non hai…

Non finì la frase; la verità le era appena saltata addosso ed Hermione cercò di tenere a freno la lingua, mentre osservava i lineamenti del biondo che si crucciavano ancora più di prima. Ma, a parte il coraggio dei Grifondoro ecc, lei era una strega testarda.

"Non sai cucinare senza magia," sussurrò, con attenzione. "Non è vero?"

"Fottiti, Granger."

Quello era un sì. Avendo passato otto giorni in sua compagnia, il cervello di Hermione aveva già sviluppato un piccolo traduttore per decifrare le risposte di Malfoy. Ogni giorno ce n’era una in più da aggiungere, ma ‘fottiti Granger’ era decisamente la traduzione di ‘sì, ma non lo ammetterò mai’.

"Perché non mi hai detto niente?" chiese Hermione cauta, tenendo la testa da un lato, in un modo che faceva venire voglia a Malfoy di mozzargliela in un colpo solo. "Avrei potuto–

"Avresti potuto cosa, Granger?" la schernì, avanzando di un passo così da essere ancora nel suo spazio personale. "Avresti potuto farmi una stupida faccia pietosa come quella che hai adesso? Scordatelo–

"Non avrei lasciato che–

"Non voglio il tuo aiuto," le disse in un sibilo crudele. "Lasciami stare–

"Non posso," mormorò Hermione, con un leggero tono di scusa nella voce. "Hai bisogno di mangiare–

"Ti farebbe comodo avermi lì morente in un angolo!" ghignò Draco sarcastico, talmente vicino da poter sentire il fiato della Granger sulle sue guancie fredde. "Perché te ne frega qualcosa–

"Me ne frega e basta!" sputò fuori lei, cercando di compensare la sua bassa statura rispetto a quella di Malfoy con un tono di voce più alto. "E’ solo che sono fatta così–

"Fottuti Grifondoro,” borbottò, allontanandosi da lei e lanciandole uno sguardo disgustato. Hermione lo guardò attentamente mentre spariva nella sua stanza, e all’improvviso la fredda aria di Ottobre la colpì.

 


 

Dentro la stanza e lontano dalla maledetta preoccupazione della Granger, Draco scivolò con la schiena aderente alla porta, fino ad inginocchiarsi a terra con le mani che coprivano tutto il viso. Questa cosa era definitivamente nuova e sconcertante; lei che voleva che stesse bene. E le cose erano andate diversamente quel giorno; era un buco nella routine e lui e lei ci erano completamente finiti dentro. Le pareti della camera gli sembrarono un po’ più strette.

Non gli importava nemmeno di segnare un punto sul bordo del letto; a quanto pare oggi non aveva vinto nessuno dei due.

Draco rimase in quella posizione scomoda per un’ora o quattro, ascoltando i movimenti della Granger e annusando il suo inevitabile odore che gironzolava costantemente per tutto il dormitorio. Sentì la porta principale chiudersi, il che voleva dire che se n’era andata. Si alzò quindi in piedi, pieno di formicolii su tutto il corpo indolenzito. Aprì la porta e sentì qualcos’altro arrivare alle sue narici.

Cibo. E dall’odore sembrava maledettamente squisito.

Fissò incredulo la ciotola di stufato che lo aspettava ai suoi piedi. Ovviamente, l’aveva cucinato per lui e il suo orgoglio cercò in tutti i modi di superare i brontolii del suo stomaco. Ma per Merlino! L’odore di carne era sublime, e la tentazione era troppo forte.

Ce n’era abbastanza per tre persone e lui lo finì tutto quanto. Era perfetto.

A quel punto, si sentì disorientato. Dopo sette giorni di litigi, oggi c’erano stati fin troppi cambiamenti. Non si erano urlati a vicenda all’infinito come facevano di solito e poi…poi questa storia del cibo…

Lei ti sta facendo diventare matto.

E in più non aveva trovato nient’altro da contare! Merda, merda, merda!

Aveva un disperato bisogno di distrarsi, altrimenti sarebbe finito. I suoi occhi si posarono sui libri della Granger e decise che ormai era l’unica opzione. Diavolo, aveva mangiato del cibo preparato da una Mezzosangue, quanto poteva infettarsi ancora se avesse letto uno dei suoi libri?

Scegliendo un semplice libro nero di Pozioni che probabilmente aveva già letto, Draco cominciò a sfogliare le pagine.

 


 

"Bene, signorina Granger!" disse la McGranitt, lanciando un incantesimo alla giovane strega di fronte a lei. “Mantenga lo scudo!”

Il sudore le scendeva dalla fronte e su tutta la schiena, si stava impegnando al massimo. La posizione del suo braccio, quello che teneva la bacchetta, stava cominciando a farle male da morire, ma mantenne la posizione. Era la prima volta che teneva per così tanto tempo un’incantesimo di scudo, e il suo braccio cominciava a tremare, più per la frustrazione.

Ancora pochi secondi...

La Preside lanciò un’altro incantesimo, che riuscì a penetrare lo scudo di Hermione. Le colpì il braccio, ed Hermione cadde a terra con un grugnito.
Si prese un secondo per respirare e poi era di nuovo in piedi. "Ancora," ansimò, tornando in posizione.

"Abbiamo praticato abbastanza per oggi," le disse Minerva, abbassando la bacchetta. "Si sta facendo tardi–

"Domani è Sabato," rispose Hermione. "La prego, ancora  uno–

"Devi imparare a smettere quando sei al punto giusto Hermione," le consigliò l’anziana Preside. "Comunque sia, ho delle domande da porti.”

"A proposito di cosa?”

"Il signor Malfoy," rispose lei, come se fosse ovvio. "Pensavo che avessi molte cose da dirmi su di lui, invece non l’hai nominato nemmeno una volta. E’ tutto a posto? Mi aspettavo che mi chiedessi di mandarlo via dopo tutti questi giorni in sua compagnia."

"Penso che sono in grado di gestirlo meglio di quanto pensassi," si spiegò Hermione, con un’alzata di spalle. "Immagino che sei anni di pratica a rispondere ai suoi insulti mi abbiano fatto bene–

"Sapevo che non mi avresti delusa," le disse la professoressa, offrendole un raro sorriso orgoglioso. "Quindi, si sta comportando bene?"

Hermione non riuscì a impedire che uno sbuffo sarcastico le uscisse dalla bocca. "Penso che sia un po’ esagerato dire che si comporta bene," rispose. "Ma lo vedo a malapena, tra le lezioni e i miei allenamenti extra con lei. Litighiamo un sacco, ma non è nulla di nuovo e posso gestirlo."

La Preside la guardò per un secondo prima di rispondere. "Questi litigi si sono mai trasformati in qualcosa di violento?"

"Ha cercato di prendermi il braccio un paio di volte," cercò di ricordare Hermione, con un dito sulle labbra. "Ma io ho la bacchetta, quindi non mi preoccupo."

"Bene," disse la donna, allungando la mano. "Mi passi la bacchetta, signorina Granger. E’ un’incantesimo anti–Babbano che brucia la mano di chiunque tenti di toccarla o usarla.”

"Ma Malfoy non è un Babbano!”

"Ne sono consapevole," disse la McGranitt mentre pronunciava l’incantesimo, ed Hermione si fissò a guardare la sua mano diventare verde intenso per un momento. "Ma non ha la bacchetta, quindi funziona come se lo fosse. Dovrò rinnovare l’incantesimo più o meno ogni dieci giorni."

"Grazie” mormorò, mentre la sua bacchetta tornava da lei.

"E cosa puoi dirmi del comportamento del signor Malfoy?" continuò la Preside. "Ha qualche strano atteggiamento?"

Hermione inarcò le sopracciglia, pensierosa. "Io…io non saprei," borbottò. "Come ho detto, cerco di stargli lontano il più possibile perciò–

"Bene, preferirei che tu lo osservassi con più attenzione d’ora in poi," le disse la McGranitt, con il suo solito tono cinico.

Hermione non capiva. “Perché dovrei–

"Quel ragazzo è stato costretto a nascondersi per mesi," spiegò lentamente la McGranitt. "Ed ora è stato costretto a rimanere chiuso nella tua piccola stanza. La prigionia può essere dannosa Hermione, e immagino che già a quest’ora il signor Malfoy sia abbastanza–

"Beh, è un problema suo–

"Dubito che convivere con un instabile Draco Malfoy sia una cosa buona per te," rispose la donna, accompagnando Hermione alla porta.
"E potrebbe farti bene ricordare che lui è stato costretto a fare ciò che doveva fare l’anno scorso."

La giovane strega si morse un labbro, sovrappensiero. Sapeva che non era mai stata un’idea di Malfoy quella di uccidere Silente, e sapeva che rischiava la morte ogni giorno dopo il suo fallimento. Harry le aveva detto tutto questo, in qualche modo pentendosi di tutto quello che aveva sospettato durante l’anno, però questo fatto non aveva mai diminuito il loro odio per il Serpeverde. Però, in quel preciso momento la professoressa le stava dicendo che, oltre ad onorare il sacrificio di Silente e a prepararsi psicologicamente per la Guerra, lei doveva anche cercare di capirlo…

Hermione si rese conto che, nonostante la certezza dell’ira di Voldemort, Draco aveva fallito e non aveva ucciso Silente, e questo l’aveva completamente rinsavita. Draco non l’aveva fatto, anche se la sua vita dipendeva da quel gesto.

Hermione scosse la testa e si allontanò un poco dalla McGranitt, mentre scendevano insieme verso l’uscita dell’ufficio.

No. Era irrilevante. Quindi non era un’assassino; però questo non giustificava tutti gli altri suoi difetti. Era comunque un bulletto vendicativo e arrogante.

Ma…

Nonostante tutto, qualcosa si illuminò nella sua mente. Qualcosa che somigliava al fascino della curiosità, ed Hermione cominciò a chiedersi se era per quello che si era preoccupata di cucinargli un pasto caldo. Non aveva ancora veramente capito da dove fosse saltato fuori quell’atto di gentilezza.

"Professoressa," domandò Hermione, insicura su come porre la domanda. "Perché pensa che l’abbia fatto?"

Non aveva mai visto la professoressa così incerta su cosa dire, ma in quel momento lo era più che mai. "Penso che lo sappia solo il signor Malfoy," rispose infine, nel momento stesso in cui raggiunsero la porta. "E probabilmente la ragione non è così importante."

"Cosa intende?"

"Forse la cosa importante è che non l’abbia fatto. E dovresti pensarci molto seriamente."

Hermione si morse la lingua. "D’accordo, farò del mio meglio."

"E’ tutto ciò che ti chiedo,” concluse la McGranitt. "Vuoi che ti accompagni?"

"No grazie," rifiutò Hermione, avanzando di qualche passo. "Buonanotte, Professoressa."

Ci mise un po’ di tempo a tornare nel dormitorio, pensando a come sarebbe potuta riuscire a controllare il comportamento di Malfoy se tutto ciò che desiderava era chiuderlo in uno sgabuzzino e non vederlo mai più… Più o meno… Il ragionamento che aveva fatto su Silente le fece pensare se il livello di odio che provava nei confronti di Malfoy fosse giustificato. Avrebbe dovuto pensarci per bene.

Hermione quasi si aspettava di incontrare Malfoy che la aspettava; se lo immaginava già, pronto a restituirle la ciotola di stufato e a lamentarsi di quel gesto offensivo per il suo smisurato orgoglio. Sapeva che l’avrebbe visto come un insulto al suo essere Purosangue, ma il ragazzo aveva bisogno di mangiare. Fine della storia.

Ma lui non c’era.

E la ciotola era vuota.

L’aveva davvero mangiato tutto...?

Un altro sorriso involontario causato da Malfoy sfrecciò sul suo viso, ed Hermione sentì la curiosità montare all’interno del suo petto. Magari l’immensità dell’odio che provava nei suoi confronti era davvero ingiustificato. Oppure, era soltanto talmente affamato da ridursi a mangiare lo stufato.

Diamine, era sempre troppo veloce quando si trattava di vedere il buono nelle persone.

 


 

Fottuto inferno...

Draco si svegliò con un gusto salato sulle labbra e, onestamente, non sapeva se erano lacrime o sudore.

Fottuti incubi.

Il weekend era passato abbastanza tranquillamente, ogni giorno con un piatto nuovo sullo zerbino da parte della Mezzosangue e con un paio di libri nuovi. Ne mancavano soltanto novantanove. Usciva dalla sua stanza solo per andare in bagno e ritirare il cibo. Se fosse riuscito a non imbattersi nella Granger, forse avrebbe potuto far finta che non fosse lei a cucinare il cibo.

Poteva fingere, poteva convincersi che non stava accettando quel suo gesto di gentilezza.

Perché la sola idea gli faceva venire voglia di sbattere ripetutamente la testa contro il muro finchè non avesse perso conoscenza. Oppure gli faceva venire voglia di vomitare, ma non riusciva più ad espellere fluidi. Specialmente perché si svegliava sudato tutte le mattine.

Non sapeva cosa fosse peggio; che lei perdesse tempo e sforzo per creare il cibo, oppure il fatto che si preoccupasse di tenerglielo sempre in caldo, con un’incantesimo scaldante. Perché non lasciarlo lì a raffreddare e basta? Perché sprecare magia per assicurarsi che lui apprezzasse il cibo? Era tremendamente umiliante.

Era Lunedì, e la Granger era di nuovo nella doccia, il che significava che Draco si era svegliato anche troppo presto, se lei non era ancora andata a lezione. Il fruscìo dell’acqua corrente danzò nella sua stanza come un umido sogno. Non aveva nessuna intenzione di tornare a dormire, di tornare ai suoi incubi. Erano più violenti adesso, e stavano iniziando a fargli male fisicamente. Erano dolorosi; pulsavano nelle tempie per ore e non riusciva a smettere di tremare una volta svegliato.

Lo stravano distruggendo…

Uno dei gemiti di beatitudine della Granger irruppe nella stanza di Draco, e poteva giurare che il mal di testa si fosse affievolito leggermente.
Draco si leccò le labbra secche e aspettò per il prossimo gemito, solo per controllare.

Ed ecco, un momento dopo, un altro gemito.

Sì, stava definitivamente svuotando il suo cervello dal dolore. Stava cominciando a chiedersi perché, ma poi se ne fregò.

Invece, si alzò dal letto istintivamente, portandosi dietro la coperta per combattere i brividi mattutini. Se la avvolse attorno al corpo e si sedette con la schiena appoggiata al muro che separava la sua stanza dal bagno. Sicuramente si sarebbe odiato in quel preciso momento se non fosse stato per il suo impellente bisogno di scacciare via i dolorosi sintomi della tremenda nottata che aveva appena passato.

Con un minuscolo grugnito, appoggiò l’orecchio alla parete e si immerse tra i gemiti e i respiri della Granger sotto la doccia. Un gemito particolarmente piacevole gli fece salire i brividi alla spina dorsale. Non si sentiva così rilassato da secoli.

L’acqua corrente e quei suoni deliziosi lo invitarono ad addormentarsi di nuovo, e anche se si rendeva conto di quanto fosse piacevole quel momento, non si era mai odiato così tanto prima d’ora.

 


 

Quando Draco si svegliò di nuovo, giudicò l’ora dai raggi del sole che gli arrivavano addosso attraverso la minuscola fessura nella finestra. Doveva essere appena pomeriggio, quindi si alzò e si infilò i soliti pantaloni neri e un maglione nero, accorgendosi che i suoi vestiti avrebbero presto avuto bisogno di una lavatina. Grandioso. Un altro favore da chiedere alla Granger.

L’idea di mettersi la cravatta Grifondoro attorno al collo stava diventando sempre più allettante, man mano che passavano le ore. E non intendeva indossarla per scopi modaioli. Come se lui fosse mai capace di indossare qualcosa che contenesse del rosso o del maledetto oro.

Draco ciondolò a vuoto nella stanza principale e trovò un piatto con insalata e bistecca che lo aspettava sul lavandino. Ignorò la vocina orgogliosa nella sua testa che lo intimava di non toccarlo, e aprì un cassetto per prendere una forchetta. Doveva aver aperto quello sbagliato, perché trovò solo tre piccole fiale piene di liquido trasparente e alcuni strani tubicini di vetro con un’ago alle estremità.

Ma che diavolo?

Osservò gli strani oggetti per un momento prima di realizzare che dovevano essere una sorta di strani oggetti Babbani.

Diede poi un’occhiata all’orologio e grugnì quando si accorse di aver sbagliato l’ora. Non fece neanche in tempo a pensare a ciò che stava pensando, che entrò la Granger, trascinandosi dietro la borsa con un po’ di difficoltà.

Sembra diversa...

E lo sembrava davvero. Non aveva idea di cosa fosse, ma qualcosa era definitivamente cambiato.

Lei era l’unica persona che aveva visto in dieci giorni e doveva ammettere di aver memorizzato bene i tratti del suo viso, ma in quel momento c’era qualcosa che non quadrava. Lei non si era accorta della sua presenza, così Draco ne approfittò per scannerizzarla bene con i suoi occhi argenteii per cercare l’anello mancante.

Le stesse labbra rosate.

Gli stessi occhi color miele.

La stessa pelle abbronzata.

La stessa spruzzata di lentiggini sulla punta del naso.

Sicuramente, lo stesso nido d’uccello incasinato che lei definiva ‘capelli’.

Stava ancora lottando con la sua borsa a tracolla quando chiuse la porta, e dopo un paio di secondi, Draco pensò che l’unico cambiamento stava nel fatto che non la vedeva da due giorni. Isolare se stesso e il suo cervello nella sua stanza probabilmente non aveva aiutato, e probababilmente la sua mente gli stava solo facendo dei brutti scherzi. Non sarebbe la prima volta.

Hermione alzò la testa di scatto, e i due ragazzi si trovarono bloccati in una specie di duello a chi manteneva lo sguardo più a lungo, cosa che Malfoy adorava fare quando era piccolo.

Sì, definitivamente gli stessi occhi dorati.

Le ci vollero sei secondi di respiro affannato prima che riuscisse a muoversi di nuovo.

"Non sono dell’umore per litigare oggi, Malfoy," borbottò, buttandosi stancamente sul divano. "Quindi se mi fai il favore di–

"Fottiti, Granger," la interruppe lui, notando quanto fosse rauca la sua voce dopo due giorni di totale silenzio. "Ho cose migliori da fare che perdere il mio tempo con te.”

Hermione davvero non sapeva da dove le fosse venuta la forza di rispondere. "Oh davvero? E, se posso chiederlo, di cosa si tratta? Cos’è, giochi a nascondino nella tua stanza?”

"Pensi che mi nasconda da te?" sbuffò Draco, dimenticandosi per un’attimo del cibo. "Non farmi ridere, Granger. Certo che preferisco stare chiuso nella mia stanza piuttosto che vedere la tua faccia–

"E esattamente cosa fai nella stanza tutto il giorno, Malfoy?" chiese Hermione, mascherando la sua curiosità con tono derisorio. "Ho notato che un paio dei miei libri non sono più sullo scaffale.”

Merda...

Non voleva che si accorgesse che aveva preso i suoi libri. Poteva sentire la vocina orgogliosa che gli dava dello stupido idiota in quel preciso momento.

"E’ un problema per te se leggo, Granger?" le chiese con nonchalance, sapendo che sarebbe stato inutile negare visto che in quella stanza erano solo in due.

Hermione si fermò a pensare per un’attimo, rendendosi conto che non le importava se lui leggeva o no i suoi libri. Finchè non le fossero serviti per qualcosa, andava bene. La tentazione di rispondere male e di cominciare un nuovo litigio le pizzicava nella mente, ma a cosa sarebbe servito?

"No, va bene," mormorò, perdendosi per un secondo l’espressione sbigottita del biondo. "Avrei preferito che tu me lo chiedessi, però."

Draco non aveva idea di che cosa rispondere. La prospettiva di chiederle addirittura qualcosa era ripugnante, e sentì il ribrezzo fino in fondo alla gola. No, non l’avrebbe fatto in nessun caso, in questa vita o nella prossima. Se insisteva nel volergli cucinare il cibo, allora erano affari suoi, ma chiederle un favore, era qualcosa che nemmeno il suo orgoglio ( che negli ultimi giorni si era notevolmente sminuito) gli avrebbe permesso.

"Magari tu sei abituata alle buone maniere di Potter e di Weasley," sibilò lui, cercando di mascherare la mancanza di convinzione nel suo tono di voce. "Ma ti posso assicurare che io non ti chiederei mai nessuna cosa al mondo."

Hermione si limitò a sospirare, rassegnata. "Va bene," commentò. "Come pensavo. Ti piace la mia cucina?"

Non se l’era aspettato, e le sopracciglia gli si alzarono fino all’attaccatura dei capelli. "Cosa?"

"La mia cucina," ripetè Hermione, un po’ più timidamente di prima. "E’ okay?"

Un leggero spasmo gutturale in fondo alla gola lo colpì, e Draco sentì il bisogno di dire qualcosa per evitare di tossire. "E’…è…soddisfacente," disse, pentendosene subito. Specialmente quando un piccolo sorriso scappò dalla bocca della Granger. Era il primo sorriso che vedeva da quando viveva lì ed era una visuale terribilmente fastidiosa. Però, le donava.

"Bene," assentì lei, e il bisogno di cambiare discorso fece tornare il mal di testa a Draco.

"Granger," disse, gettando un’occhio al cassetto che aveva aperto poco prima. "Cosa sono quegli oggetti nel comodino?"

"Quali?" chiese Hermione, alzandosi per avvicinarsi a Malfoy. Si rese conto che era la prima volta che stavano così vicini senza urlarsi a vicenda, e si sentì molto in imbarazzo quando i loro gomiti si sfiorarono inavvertitamente. Si allontanò e aprì il cassetto, capendo a quali cose si stesse riferendo. "Oh queste? Sono le mie siringhe per l’allergia."

"Siringhe?" ripetè, allontanandosi di un passo. Troppo vicino alla Mezzosangue...

"Sono allergica alle punture d’ape," spiegò paziente Hermione, mostrandogliene una. "Se vengo punta, devo inserire nel mio corpo l’antidoto con questa siringa. Devo pungere proprio sulla coscia per far fluire la medicina–

"Non c’è un’incantesimo per farlo?" domandò Draco.

"Può darsi," Hermione si strinse nelle spalle. "Ma sono abituata a curarmi così."

Il suo sguardo scettico si spostò da lei alla siringa. "E’ fottutamente disgustoso," sputò fuori, alla fine, prendendo il piatto e la forchetta e dirigendosi verso la sua stanza. "Stupidi Babbani."

Hermione alzò gli occhi al cielo dopo il commento di Malfoy, ma allo stesso tempo era felice che fossero riusciti ad evitare un litigio. Era la prima volta da giorni. Forse le cose stavano per migliorare.      

 


 

La mattina seguente, Draco si svegliò prestissimo e, ancora una volta, si ritrovò raggomitolato nella coperta, appoggiato alla parete adiacente al bagno.

Stavolta non aveva neanche provato a resistere a quei suoni piacevoli. Tanto nessuno l’avrebbe mai visto, mentre ascoltava i mormorii e i sospiri mattutini della Granger. Era solo…così rilassante, così strano.

Era l’antidoto più efficace per combattere i suoi incubi. Il profumo di ciliegia aleggiava nella stanza come sempre…ma non era poi così male. Sembrava uno di quei rimedi con le Erbe che la Sprite aveva dato per compito l’anno precedente.

E poteva giurare, nel momento stesso in cui si alzava per ascoltare, che le pareti si erano allargate. Magari solo di due centimetri…ma la stanza era definitivamente aumentata di volume.

 

 

 

A/N: Ciao ragazze, volevo dirvi che vi ringrazio per le recensioni! Sono davvero felice che la storia vi piaccia ;) Spero di riuscire a trasmettere bene le emozioni attraverso la traduzione… Volevo farvi sapere che tutte le recensioni le mando all’autrice e lei è molto contenta! Per quanto riguarda la parterrrrromantica….pazientate e vedrete che nel prossimo capitolo qualcosa succederà ;))) Ciao, Alice!

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Capitolo 6
*** Piastrelle. ***


Chapter 6: Piastrelle.

Era un Giovedì. O forse un Venerdì. Draco non ne era sicuro.

Il tempo si stava lentamente trasformando in un irrilevante ammasso di ore dimenticate e di giorni passati senza accorgersene, e i buchi vuoti causati dall’assenza della Granger, non rendevano di certo la cosa più sopportabile. Non aveva idea di dove andasse quando usciva tutti i pomeriggi, ma era pronto a scommettere che si trattasse della Biblioteca o della sala comune dei Grifondoro. Dove altro avrebbe potuto andare? A parte i privilegi conferiti ai Caposcuola, Draco dubitava che lei fosse talmente stupida da girovagare disarmata per i corridoi senza uno scopo preciso.

Dovunque andasse, sarebbe sempre ritornata prima delle tre del pomeriggio, perciò Draco aveva smesso di dormire a quell’ora. I movimenti della Mezzosangue lo svegliavano sempre, perciò si era arreso e rimaneva sempre sveglio ad aspettare che tornasse per poter ricominciare a dormire.

Comunque, si ritrovava sempre ad aspettare il momento della doccia mattutina.

Aveva provato a resistere quella mattina, sapendo che il suo comportamento era completamente sconsiderato e quasi malato, ma i suoi mal di testa non facevano che peggiorare. Quei gemiti erano come una droga, una droga molto efficente. Bastavano solo pochi minuti passati ad ascoltare, che i suoi dolori diminuivano notevolmente.

Alla fine si era arreso, ed ecco dove si metteva ogni mattina; spiaccicato contro la parete, a sacrificare la sua dignità per un po’ di sollievo. Merlino solo sapeva quanto ci aveva provato a smettere, ma non ci riusciva.

Era un tossico, e si faceva schifo da solo.

Si alzò in piedi e sentì la doccia spegnersi, facendogli venire una voglia pazzesca di urlare contro la Mezzosangue finchè non le sanguinassero le orecchie. La Granger era l’unica cosa in quella stanza in grado di provare emozioni, di vivere; poteva cambiare, respirare, e il suo cuore batteva, al contrario del comodino, del divano o della tazza del water. Aveva continuato a fare la gentile con lui per cinque giorni, e a Draco mancavano le litigate, le sue guancie che si arrossavano e le cose che lanciava quando era arrabbiata. Aspettava disperatamente il giorno in cui sarebbe riuscito a farle montare la rabbia alle stelle, era l’unica cosa da poter osservare ed era sempre uno spettacolo particolarmente divertente. Aveva bisogno di sapere che poteva rendere di nuovo orgoglioso Salazar e perseguitare la Mezzosangue come si deve.

Lui sentiva di capirla meglio quando era arrabbiata e agitata. Ormai, stava diventando troppo abituato alla sua versione nella doccia.

Si infilò un maglione nero e scivolò fuori dalla sua stanza senza fare il minimo rumore, fermandosi davanti alla porta del bagno, a fissare intensamente la maniglia. Poteva sentire lei che camminava a piedi scalzi sulle piastrelle del bagno, e Draco cercò di pensare in fretta ad un’argomento di conversazione valido per riuscire a farla arrabbiare.

Oh, al diavolo! Improvviserò...

La maniglia si piegò sotto la sua mano e Draco cominciò a sentire l’adrenalina che fluiva dal suo braccio, adrenalina che gli pompava in gola, con la promessa di un’imminente buon litigio. La porta si aprì e lui si scaraventò dentro prima che lei potesse uscire, intrappolandola di proposito. Hermione lo fissava shockata. Scivolò sulle piastrelle lisce e perse l’equilibrio. Istintivamente, Draco si sporse e cercò di prenderla in tempo. Era solo un riflesso istantaneo. Niente di più. Ma non aveva preso in considerazione il pavimento bagnato, e in un secondo si ritrovarono stesi a terra in mezzo ad una pozza d’acqua, sputacchiando in direzioni opposte. Draco sbattè la testa nello spigolo della porta ed Hermione per un pelo non sbatteva la sua nel lavandino.

"Che stai facendo, Malfoy?" ansimò Hermione. "Mi hai spaventata a morte–

"Per la miseria," borbottò Draco, respirando a denti stretti. "Puttana maldestra–

"Sei tu che mi hai afferrato!" protestò Hermione, assicurandosi di essere abbastanza coperta con l’asciugamano. "Per Merlino, che cavolo ti è preso–

"Tu mi hai svegliato!" mentì, accorgendosi solo in quel momento del sangue che colava dalle sue dita. "E che cazzo Granger, sei sempre così suscettibile?"

"Beh, di solito non vengo attaccata a sorpresa quando esco dalla doccia," rispose Hermione, cercando invano di rimettersi in piedi. "Qual è il tuo problema?!”

Tu...

Improvvisamente, si rese conto di quanto fosse forte il suo profumo in quella stanza; fresco e denso in mezzo al vapore. Non riuscì ad evitarlo e inspirò profondamente, sperando che lei fraintendesse quel gesto, pensando che stesse solo cercando di controllare la sua rabbia. Ma cazzo, era una cosa da spavento, lo stava intossicando. Il profumo si arrotolava sulla sua lingua e Draco poteva quasi assaggiarla, ma il tanfo alla ciliegia gli ricordò a chi apparteneva.

Grugnì. “Non ho affatto un problema–

“Allora perché diavolo mi hai afferrata?” gli domandò Hermione, furente. “Per Merlino, sei davvero un’idiota–

 "E’ colpa tua!" rispose lui con forza, anche se non doveva incutere molto timore lì per terra, tutto bagnato e sanguinante. "Sei tu quella che è caduta–

"Perché mi hai spaventata!" ripetè, abbandonandosi al suo istinto infantile e spruzzandogli dell’acqua addosso. In qualche modo riuscì a beccarlo dritto in faccia, e non riuscì a smettere di ridacchiare quando vide le goccioline che scendevano dalla naso di Malfoy.

"Voi Grifondoro siete così maturi," disse lui, con perfetto sarcasmo. "E’ davvero patetico–

"Oh, smettila," rispose lei, rimettendosi faticosamente in piedi. Con le gambe che le tremolavano, lanciò uno sguardò incavolato a Malfoy e tentò di uscire dal bagno, ma la sua anca venne afferrata da cinque dita sottili. Si scaraventò ancora una volta sul pavimento, e finì a terra in una strana posizione che la fece arrossire per la vergogna.

Dolorosamente, si rimise a sedere, fissando Malfoy che ridacchiava sotto i baffi. "E questo tu lo chiami essere maturi?" sibilò Hermione.

"Non me ne frega un cazzo," ghignò, ma la sua espressione arrogante si disintegrò a contatto con un altro spruzzo lanciato dalla Granger.

A quel punto toccò a lei ridacchiare, troppo persa in quella situazione surreale per resistere. Hermione non riusciva a ricordare come fosse iniziata precisamente quella battaglia d’acqua, ma sicuramente era uno spettacolo inusuale. Draco rimaneva fermò con le sopracciglia aggrottate ad assorbire la vista della Granger con quel sorrisetto soddisfatto, e anche se le donava, era abbastanza strano. Era come se lei fosse inciampata in uno dei suoi segreti e stesse solo aspettando il momento giusto per rinfacciargli ciò che sapeva. Draco decise che questa faccenda era andata avanti anche troppo.

“Smettila di essere così infantile–

"Stai sanguinando," lo interruppe Hermione, e il suo broncio s’indurì quando la vide avvicinarsi a lui. "Proprio lì, dietro all’orecchio–

"E quindi?" rispose lui, stando sulla difensiva, mentre lei si avvicinava. "Che cavolo stai fac–

"Fammi solo dare un’occhiata," sussurrò Hermione, accovacciandosi al suo fianco. Il suo fiato era tiepido e piacevole a contatto con il suo orecchio ma Draco cercava di non pensarci più del necessario. "Stai fermo," le ordinò lei, prendendo la bacchetta dal pavimento. "Fammi curare questa botta. Non voglio che sanguini per tutto il mio dormitorio.”

Draco rispose con una smorfia, ma rimase fermo mentre sentì un piacevole pizzicorio sul collo causato dalla magia; oppure era il suo fiato, non ne aveva idea. Comunque sia, la sensazione era piacevole, ed era passata un’eternità da quando non sentiva la meravigliosa sensazione della magia a contatto col suo corpo. Anche la delicatezza di due mani femminili che si posavano sul suo collo era qualcosa che non sentiva da un’eternità; innocente e delicato. Le sue palpebre si abbassarono lievemente e Draco inspirò a fondo per riempirsi un’altra volta di quel potente aroma. Per concludere il quadretto, mancavano solo i gemiti mattutini della Granger e i suoi sensi avrebbero smesso di esistere, tanto erano concentrati e combinati insieme.

"Ecco fatto," disse Hermione, allontanandosi per vedere meglio il suo lavoro. "Va un po’ meglio. Come ti senti?"

Il suo istinto Serpeverde partì a razzo come un meccanismo di difesa istantaneo, avvisandolo che era troppo vicina. La Granger lo stava facendo di nuovo, stava giocando con la sua mente con i suoi spicchi di gentilezza e Draco si rifiutava di credere che non avesse un secondo fine. Nessuno poteva essere capace di comportarsi in quel modo con lui; e non si tratta di paranoia se sei in territorio nemico.

"Stammi lontano," disse Draco, spingendola via. "Ti ho detto di non toccarmi–

"Ma stavo solo–

"Ho detto di non toccarmi, cazzo!" abbaiò, alzandosi in piedi. La fissò con furia, pronto a sputare fuori le cose che aveva pensato di dirle, ma la sua voce si bloccò in fondo alla gola. L’accapatoio di lei si era leggermente arricciato su per le coscie, mentre sulla spalla le era caduto di lato, rivelando la pelle rosea e ricoperta di una spruzzata di lentiggini che somigliavano pericolosamente a del delizioso cioccolato grattugiato. I riccioli ancora umidi erano attaccati al collo bagnato e ogni centimetro del suo corpo era ricoperto da un velo di vapore roseo. Era completamente diversa nel tepore di quel piccolo bagno; più viva eppure così ridicolosamente innocente vestita con un’accappatoio di due misure più grande. Era…in qualche modo…piacevole.

"Vaffanculo," borbottò Draco tra sé e sé, voltandosi e uscendo dal bagno, lasciandosi alle spalle una strega alquanto confusa.

Hemione sgranò gli occhi, non appena l’ultimo millimetro dell’ombra di Malfoy svanì dietro l’angolo della porta, abbandonandola lì, sul pavimento freddo. Il suo cervello stava cercando di capire cosa fosse successo esattamente. Il comportamento di Malfoy era diventato sempre meno aggressivo ogni giorno che passava, ed era la prova che i consigli di una madre valgono spesso la pena. Sicuramente, il comportarsi in modo civile aveva funzionato. Adesso lui era soltanto scocciato e provocatorio, ma Hermione non riusciva a decidere se era perché stava perdendo la voglia di combattere, oppure se si stava finalmente adeguando al suo metodo.

Sperava che fosse la seconda opzione.


 

Hermione finì per sorridere sotto i baffi almeno tre volte quel giorno, ripensando a quel pomposo di Malfoy, sempre aggraziato e composto, mentre capitolava sul pavimento del suo bagno tutto inzaccherato. Nonostante lei rispettasse molto le lezioni del professor Lumacorno, aveva già imparato a preparare la pozione dilatante, perciò lasciò che la sua attenzione vagasse altrove quella mattina, durante la lezione.
Ciò che era successo poco prima le fece capire che il suo coinquilino non era neanche lontanamente minaccioso come pensava all’inizio, e non riuscì ad evitare di pensare che questa trasformazione fosse abbastanza intrigante.

Certo, era ancora un’idiota di proporzioni astronomiche, ma almeno il suo temperamento stava iniziando a vacillare. Quasi non la notavi più, tutta quella rabbia… L’ira e il fuoco che divampavano durante i loro litigi stavano scomparendo, ed Hermione cominciò a pensare che lui stesse continuando a trovare qualcosa su cui discutere solo perché si annoiava; era un modo per movimentare la routine.
Magari era troppo ottimista, ma quel che era certo è che il sorrisetto che aveva fatto dopo la battaglia d’acqua, era un buon segno.

"Sembri più rilassata oggi," commentò Neville, facendo saltare Hermione sulla sedia. “Ci sono buone notizie?”

"No," Hermione scosse la testa, sentendosi leggermente in colpa. "Ho solo dormito un po’ meglio. Harry dovrebbe mandarmi una lettera tra poco. Ti farò sapere quando arriverà.”

"Grazie," sorrise Neville.

Hermione lo guardò con affetto mentre si allontanava per tornare al suo banco. Era l’ultima lezione della giornata e al sentir nominare Harry e Ron, Hermione si sentì più determinata a completare la lettura di un manuale di incantesimi molto importante per la loro ricerca sugli Horcrux. Non appena Lumacorno annunciò che la lezione era finita, Hermione salutò velocemente Neville con la mano e partì a razzo fuori dalla porta, pronta per andare in Biblioteca. Ma un volto familiare le si parò di fronte in corridoio ed Hermione si fermò, osservando con preoccupazione il volto ansioso della Preside.

“Signorina Granger–

“I ragazzi,” sussurrò Hermione, con gli occhi fuori dalle orbite. “Harry e Ron stanno–

"Il signor Potter e il signor Weasley stanno bene," la rassicurò la professoressa.

Il petto di Hermione si sgonfiò con un sospiro di sollievo. "Ho comunque delle brutte notizie.”
Hermione notò che la faccia della anziana Preside somigliava molto al giorno in cui si tenne il funerale di Silente. Si avvicinò a lei nervosamente, cercando di contrastare la baraonda di studenti che stava passando da quelle parti proprio in quel momento.

“Di cosa si tratta? Stanno tutti bene o–?” le chiese Hermione.

“Penso sia meglio discuterne nel mio ufficio.”


 

Draco era seduto sul bancone della cucina, mentre picchiettava il suo dito indice sulla superficie, a ritmo con i rintocchi dell’orologio.

La lancetta dei minuti era appena arrivata alle ore sei e dieci del pomeriggio, e Draco rimase a fissare l’orologio con sguardo sospettoso. Sicuramente, gli ingranaggi erano rotti, anche se con gli orologi magici questo genere di danno non accadeva praticamente mai. Beh, era comunque una spiegazione più comprensibile del fatto che la Granger fosse in ritardo. Draco aveva finito la minestra di verdure che lei gli aveva lasciato già da un’ora ormai, anticipando il suo ritorno come aveva pianificato, per poterla incontrare e mettere in chiaro la situazione dopo gli eventi della mattinata.

Ancora non riusciva a credere che si fosse comportata in quel modo, come una specie di bambina idiota che traeva divertimento da stupidi giochi come gli spruzzi d’acqua. Era forse un segno che stesse cominciando a rilassarsi in sua presenza, talmente tando da comportarsi in modo così cretino? Beh, se era davvero così, la situazione andava ripristinata. Conoscendo i Grifondoro e la loro assurda mania di fare amicizia in ogni situazione, questo l’avrebbe portata sicuramente a comportarsi in modo ancora più civile nei suoi confronti. Lei era soltanto una Mezzosangue e, imprigionato o meno, lui era superiore. La Granger doveva tenerlo a mente.

Doveva avere ben presente che lei era sotto di lui. In senso figurato, ovviamente.

Il piano era dunque quello di farle un bel discorsetto, ma lei era in ritardo di più di un’ora. Se Draco fosse stato costretto a pensare ad un solo lato positivo della Granger, a parte la sua intelligenza sovrumana, avrebbe scelto la sua puntualità. Lui odiava le persone che erano sempre in ritardo e ancora di più, quelle disorganizzate.

Perciò…dove diavolo era finita?

Il dormitorio cominciava a sembrare... soffocante data la sua assenza e Draco si ritrovò a domandarsi se questo genere di pensieri fosse dettato dalla paranoia. L’aria si inumidiva sempre di più e il profumo della Granger stava cominciando a scomparire. Per qualche ragione che non aveva alcuna intenzione di domandarsi, quel fatto non gli piaceva. Per un’attimo pensò di andarsi a fare una doccia per combattere l’ansia crescente nel suo petto, ma ad un tratto, la porta si aprì.

"Dove cazzo sei stata?" domandò, saltando giù dal bancone dopo neanche mezzo secondo. Lei non lo guardò nemmeno. "Hey, Granger! Sto parlando con te!”

Ancora niente. Un grugnito di disapprovazione eccheggiò nella stanza, quando Draco notò la posizione incurvata delle spalle della Granger. I capelli le coprivano quasi tutta la faccia e Draco si sforzò per trovare una posizione che riuscisse a fargli vedere per bene cos’avesse la Granger, accorgendosi solo a quel punto che stava tremando. Inconsciamente, indietreggiò di un passo quando sentì un suono uscire dalla sua bocca; non era proprio un singhiozzo, ma ci andava vicino.

Rimase fermo un paio di secondi e poi si bloccò, alla vista di due lucide strisce liquide che scivolavano dalle sue guance. Lacrime. Questo non se l’era aspettato.

Sbattè le palpepre per cercare di rimanere lucido. Ecco che ci risiamo; stava lì di nuovo ad esitare come un coglione qualsiasi senza spina dorsale.
Si ricordò il tempo in cui vedere la Mezzosangue che piangeva gli avrebbe fatto solo tremendamente piacere, e stava cercando in tutti i modi di mantenere quello stato d’animo. Aveva bisogno di sentirsi così, altrimenti l’alternativa era di sentirsi completamente perso.

"Ti ho fatto una domanda, Granger," continuò, tagliente. "Perché diavolo sei in ritardo–

"Non è il momento adesso," borbottò Hermione da dietro la sua massa di capelli. "Non–

"Non mi interessa se il momento non è appropriato per te," andò avanti Draco, bloccandola quando Hermione cercò di oltrepassarlo. "Ti ho fatto una domanda–

"Malfoy, smettila," rispose lei, girandosi dalla parte opposta così che Draco non la vedesse in faccia. “Fammi passare–

"Perché queste lacrime, Granger?" chiese, scegliendo di essere un po’ più stronzo del previsto, per sortire una qualche reazione. "Weasley si scopa ancora la Brown?”

"Lasciami sola," singhiozzò Hermione. “Ti prego, Malfoy, lasciami stare e basta–

"No," ghignò lui, anche se quel ‘ti prego’ l’aveva leggermente spiazzato. "Perché stai piangendo? Hai un’aspetto penoso–

"Malfoy–

"Rispondimi!"

"NO!" urlò Hermione, alzando di colpo la testa. "Lasciami in pace!"

Le labbra di lui si incrinarono quando vide i suoi lineamenti; le guance rosee erano impregnate di lacrime e i suoi occhi erano gonfi ed ancora più grandi del solito. Lo sguardo però era debole e distante, perciò Draco si concentrò per un’attimo sulle labbra; semi–aperte e con un leggero morso sul labbro inferiore. Era strano vederla così. Era conosciuta a tutti per essere un membro del Trio d’Oro, la Leonessa o come diavolo la chiamavano. Invece ora era così debole, così vulnerabile.

Avrebbe dovuto esserne felice. Avrebbe dovuto sentirsi vittorioso e questa avrebbe dovuto essere l’opportunità perfetta per farsi beffe di lei. Ma non fù così. Al contrario, trovò quella scena…spiazzante.

Hermione approfittò del suo silenzio per sgusciare alla larga da lui, evidentemente convinta di riuscire a chiudersi nella stanza a piangere in santa pace. Ma lui non si era ancora arreso. Non aveva idea del perché lo volesse; per vedere se riusciva a trarne conforto o se era soltanto semplice curiosità. Il fatto era che la conversazione non era affatto finita.

"Non ho finito con te!" urlò Draco, marciando verso la porta per bloccarle l’ingresso. "Ho detto che non–

"Beh, Io invece ho finito!" rispose lei, inciampando con la voce nell’ennesimo singhiozzo. "Perché diavolo non puoi lasciarmi da sola e basta?!”

"Mi piace vederti implorare," le rispose calmo. Con crudeltà. "Rispondi alla mia domanda–

"Non te lo dirò ancora una volta, Malfoy," lo minacciò lei, anche se, nello stato in cui si trovava in quel momento, non faceva paura nemmeno ad un gattino. "Muoviti o ti faccio muovere io–

"Fallo allora," la sfidò, prendendole il polso prima che potesse infilarselo nella tasca dei pantaloni ed estrarre la bacchetta. "Non sei così fottutamente locquace senza la tua bacchetta vero?”

"L–lasciami andare," gemette lei, cercando invano di afferrare la bacchetta con l’altra mano. “Non puoi usare la mia bacchetta Malfoy. E’ in–incantata per non funzionare con te–

“Lo immaginavo,” bisbigliò, girando il braccio di Hermione contro il muro. “Adesso, dimmi! Perché diavolo stai piangendo?”

Si era dimenticato l’altra mano libera. Errore stupido in realtà, considerando il passato che c’era tra la sua faccia e il suo pugno. Hermione colpì velocemente alla cieca, riuscendo a prendere in pieno la sua mascella; non troppo forte, ma abbastanza da farlo indietreggiare e da fargli mollare la presa. Prese la bacchetta e lo colpì, con un’incantesimo che lo scaraventò nel bagno, facendolo atterrare con un forte colpo che eccheggiò nelle pareti. Draco ansimò per riprendere il fiato scomparso, senza neanche badare al dolore che aveva inflitto alle sue costole. Stava fissando la Mezzosangue.

La trovò che aspettava sulla soglia del bagno; la sua rabbia era solo nascosta un po’ dall’innondazione di lacrime sul suo viso. Tremava più violentemente e respirava come una furia. Draco era un po’ disorientato dal suo incantesimo e diede la colpa a quello per il pensiero che gli balenò in testa: la Granger non le era mai sembrata più viva di così.

"Te l’ho detto di lasciarmi in pace!" urlò e Draco potè capire che in quel momento erano le sue emozioni a parlare, e non la solità razionalità. “Stupido bastardo!”

Draco sapeva che l’aveva spinta troppo in là. Guardatela, non riusciva a contenere la rabbia, il suo sguardo era acceso e potente, pieno di energia. Le mancava tanto così per esplodere, e per un momento Draco pensò che per il suo bene era meglio allontanare da lei quella bacchetta. Ma in quei giorni il suo comportamento nei confronti della Granger si era addolcito un po’ troppo, e il suo istinto Serpeverde ci mise un’attimo a far salire alla sua gola quell’insulto ormai così familiare.

"Fottuta sporca Mezzosangue."

Qualcosa scattò dentro di lei. Poteva giurare di averlo visto lui stesso; qualcosa di folle e terrificante. Cercò di ignorarlo ma quello sguardo lo spaventava, doveva ammetterlo.

“Mezzosangue,” rispose lei, in un sussurro quasi inudibile, alzando leggermente la bacchetta.

Draco lasciò uscire un grugnito disgustato mentre Hermione si taglio la mano con la punta della bacchetta, trascinandola sulla pelle per creare un grosso taglio, lucente e scarlatto. A quel punto si avvicinò a lui sulla porta del bagno, mettendo in avanti il braccio e mostrando la ferita fresca. Draco osservò rapito la goccia di sangue che scendeva dal suo dito, mentre due gocce simili a due rubini caddero sulla liscia superficie bianca.

"Pensi che questo sia sporco?" domandò Hermione, con un tono di voce assente e spaventoso, abbassandosi così da essere al suo livello. "Pensi che il mio sangue sia disgustoso?”

"Granger-

"LO PENSI?" urlò lei, avvicinando la sua mano.

"Che diavolo stai facendo?" domandò Draco, con una nota di panico nella voce. "Granger, che cazzo?"

Velocemente, Hermione segnò con la bacchetta un taglio profondo sulla mano di Draco e lui, data una combinazione di shock e di riflessi offuscati, non riuscì ad evitarlo. La ragazza unì i loro palmi, appiccicosi e sanguinanti.

"Ecco," disse Hermione, tenendo fermamente la presa sulle loro mani unite. "Ora anche il tuo sangue è sporco!"

La forza tornò ad impossessarsi del suo corpo a quella vista, e Draco scansò bruscamente la mano della Granger lontano dalla sua. Lontano da lui.
Lei cadde sul pavimento, come era successo proprio quella mattina ma lui era troppo impegnato a fissare il miscuglio di sangue sul suo braccio per notare l’ironia della situazione.

La cosa peggiore era che non riusciva a distinguere il suo sangue da quello di lei. Avevano la stessa tonalità…non aveva idea di cosa significasse.

Il suo sguardo selvaggio e sconvolto si posò lentamente sul volto di Hermione, trovandola ancora a terra mentre lo fissava con un’espressione altrettanto sconvolta. La rabbia incontrollabile che aveva dominato i suoi occhi poco prima, aveva lasciato spazio all’innocenza di sempre. Entrambi respiravano affannosamente, e per un po’ non si sentì alcun suono se non quello dei loro battiti del cuore, che andavano all’impazzata.
Draco cerco di riprendere il controllo della situazione. Sentiva un’infinità di emozioni diverse che spingevano dentro di lui; rabbia, mortificazione, confusione…ma era troppo da assorbire. Quindi l’unica cosa che riuscì a fare fu rimanere seduto, bloccato in quell’angolino del bagno, a fissare la Granger con il petto che si alzava e abbassava.

La scena era stranamente simile a quella mattina, ma le differenze erano molte e significanti. Non c’erano giocosi schizzi d’acqua stavolta; soltanto loro e il sangue. Poteva sentire il forte odore metallico che invadeva le sue narici e all’improvviso sentì la mancanza del profumo della Granger.

“Oh mio Dio,” sussurrò Hermione, inginocchiandosi a terra con movimenti deboli e affaticati. “Oh mio Dio,Malfoy…Mi dispiace così tanto–

“Non ti avvicinare a me,” grugnì, spingendosi ancora di più verso la parete quando la vide avvicinarsi. “Non provare a toccarmi! Sei pazza!”

“Non posso credere di averlo fatto,” mormorò Hermione, ricominciando a piangere. “Aspetta, fammi vedere–

"Che cosa hai fatto?" esclamò Draco, dando un’ultima occhiata alla sua ferita prima di alzarsi in piedi. "CHE CAZZO HAI FATTO?"

"Non lo so!" si scusò Hermione, mentre Draco si allontanava a grandi passi da lei. "Dove stai andando?"

"Alla larga da te!" rispose, fermandosi davanti alla porta per lanciarle un’ultimo sguardo. "Non ti avvicinare neanche di un millimetro–

"Malfoy, per favore!" rispose Hermione, ma lui era già sparito. "Fammi spiegare!"

La risposta che ricevette fu una porta sbattuta in faccia. Hermione tremava violentemente mentre cercava di non ricominciare a piangere. Si raggomitolò ai piedi della porta, soffocando i suoi singhiozzi all’interno delle sue braccia incrociate. Lasciò uscire tutte le lacrime che aveva in corpo, finchè non le bruciarono gli occhi.

Dall’altro lato del muro, Draco sedeva sul letto, ascoltando ogni singolo singhiozzo soffocato della Granger. Maledetto Merlino, gli mancavano da morire i suoi suoni rilassanti delle docce mattutine. Esaminò la sua mano sporca di sangue, per cercare una qualsiasi indicazione che dimostrasse che il suo sangue era diverso dal suo…ma niente. La stessa tonalità, lo stesso odore, la stessa consistenza. Era tutto uguale.

Non avrei dovuto provocarla...

Chiuse gli occhi, domandandosi da dove diavolo saltasse fuori quel senso di colpa. Avrebbe dovuto insistere per farle pagare ciò che gli aveva fatto al braccio, ma l’unica cosa che riusciva a fare era domandarsi perché stesse piangendo quando è entrata. Voleva uscire di lì, chiederglielo una volta per tutte e disprezzarla per il fatto che fosse triste e odiarla per ciò che aveva fatto.

Ma non ci riusciva.

Lui non la odiava.

 


 

Hermione non aveva idea di quanto tempo ci avesse messo per smettere di piangere, ma quasi sicuramente erano passate almeno tre ore. Tutti i rumori di sottofondo che provenivano dalle mura del castello si erano assopiti e il dormitorio si trovava quasi nell’oscurità più totale. I suoi occhi caddero sulle piastrelle che normalmente erano bianche e immacolate, mentre invece ora erano coperte di schizzi rossi. Un paio di impronte scarlatte attirò la sua attenzione per un momento. Erano le impronte di Draco.

Probabilmente non avrebbe mai capito il perché, ma sentiva un disperato bisogno di scusarsi con lui e cercare di spiegare le sue azioni. Era così in collera con se stessa per aver perso completamente la testa. Era lei quella sensibile tra i suoi amici, la voce della ragione, quella sempe composta…e guarda adesso cos’aveva combinato.

Si guardò il polso e notò che il sangue aveva già iniziato a coagularsi. All’improvviso si rese conto che era talmente sconvolta da non essersi accorta se la ferita le aveva fatto male o meno, e non potè fare a meno di chiedersi se Malfoy aveva provato dolore. Stringendo i denti, si curò la ferita con la bacchetta, per poi voltarsi a sistemare il bagno con un semplice incantesimo.

Rimase ferma dov’era per un paio di minuti, cercando disperatamente di raccogliere in sé un briciolo di coraggio e di dignità.

Aveva bisogno di vederlo. Doveva spiegargli.

Aggrappandosi al lavandino, si trascinò fuori dal bagno e arrivò di fronte alla sua porta, cercando con tutte le sue forze il coraggio di bussare delicatamente sulla superficie di mogano.

“Malfoy?” disse. “Posso entrare, per favore?”

“Ti ho detto di non avvicinarti,” rispose lui con tono irritato dalla parte opposta. Se l’era aspettato, ma rifiutava di arrendersi.

"Alohomora," mormorò, prendendo un bel respiro prima di aprire la porta. Lo trovò seduto sul letto, e molto più calmo di quanto si aspettasse.

"Malfoy-

"Pensavo di essere stato abbastanza chiaro quando ho detto che non ti volevo qui dentro," la bloccò subito Malfoy, con tono di voce calmo e lento.

"Lo so," Hermione si avvicinò di qualche passo. "Ma ho bisogno di spiegare–

"Esci," le ordinò, senza guardarla in faccia nemmeno una volta. "Non ti voglio vicino–

"Draco, ti prego," lo implorò, gettando il suo orgoglio al vento. Aveva fatto una pazzia e lui aveva tutto il diritto di sapere perchè. "Il mio sangue non ti inf–fetterà…il tuo corpo l’avrà già espulso per conto suo ormai…”

"So perfettamente come funziona la mia anatomia, Granger," rispose, strascicando le parole. "Fuori."

Merlino solo sa come mai sedersi sul letto le era sembrata una buona decisione, ma in qualche modo pensava che se fosse stata più vicino, lui l’avrebbe ascoltata meglio. Finalmente, alzò gli occhi argentati in direzione del suo volto, ma non era preparata a quello sguardo. Semplicemente, la stava fissando come se non l’avesse mai vista prima e questo la infastidiva, anche se non capiva per quale ragione.

Draco non aveva idea di come comportarsi in sua presenza. Ogni cellula del suo corpo gli stava suggerendo di afferrarla e di farla uscire dalla stanza, ma la sua confusione aveva in qualche modo sconfitto la sua rabbia, e sentiva il bisogno di sapere perché l’aveva fatto. Si intendeva abbastanza di Biologia per sapere che il suo sangue Babbano non lo stava infettando, ma non era quello il problema. Era lei. Poteva giurare di sentirla nel suo sistema immunitario; danzava tra le sue vene e gli riempiva il cervello. Quello era il problema.

“Mi dispiace così tanto, Draco”  esclamò Hermione, facendo tornare i pensieri di Draco al presente. “Davvero. E’ solo che…sono desolata.”

Due cose lo stupirono terribilmente; la prima era l’uso del suo nome da parte della Granger – l’aveva sempre chiamato Malfoy da quando la conosceva–, e la seconda cosa erano le sue scuse, così sdolcinate. Velocemente, diede un’occhiata alla sua espressione e si trovò di fronte due occhi completamente sinceri. Era piacevole quello sguardo, dopo tutta l’ira e lo spavento di prima.

"Ho–ho scoperto che la professoressa Burbage è stata uccisa oggi," gli confessò Hermione lentamente, e Draco notò che stava cercando di non abbandonarsi di nuovo alle lacrime. "E’ stato Voldemort."

Draco battè le palpebre. Adesso, la sua reazione eccessiva aveva un senso… non aveva sentito quel nome sin da quando Piton l’aveva lasciato lì.
In quel momento, per la prima volta, si rese conto che non poteva considerare la Granger un nemico; non aveva senso quando la stessa…creatura li voleva entrambi morti. No, non nemici, ma certamente nemmeno alleati. Diciamo qualcosa nel mezzo.

“Era un’amica,” continuò Hermione tirando su col naso. “E quando hai detto quelle cose io…ecco…me la sono presa con te senza una ragione.”

Draco rimase in silenzio perché non aveva idea di che cosa fare. La tentazione di urlarle addosso per essere stata così stupida era forte, ma non così tanto da essere incontrollabile. La furia che di solito scattava nel suo petto in queste situazioni tardava a manifestarsi e una fastidiosa vocetta nella sua testa continuava a ripetergli che non avrebbe mai dovuto provocarla. Da quando in qua la Granger era entrata a far parte di quell’angolo del suo cervello dove riposava la sua coscienza? Probabilmente, se avesse dovuto indovinare, era accaduto quando lei aveva iniziato a preparargli da mangiare.

“Mi dispiace,” ripetè Hermione, mentre un’ultima goccia le scese sulle guancie ancora umide. “Prometto di non fare mai più una cosa del genere.”

Draco considerò le sue parole per un momento, assorbendo la sua onestà come fosse un sedativo. Prese un respiro profondo e ignorò il bisogno di sospirare quando una folata del suo profumo si fece sentire al di sopra dell’odore di sangue. Non voleva urlarle addosso…non gli sembrava giusto farlo quando sembrava ancora così debole e spaventata. Ci avrebbe ripensato più tardi al perché, ma per ora non voleva proprio urlare.

"Per favore dì qualcosa," lo implorò Hermione, avvicinandosi un po’ di più. “Qualsiasi cosa.”

Draco si morse l’interno della guancia e alzò un sopracciglio. “Se farai ancora una cosa del genere,” iniziò, separando lentamente ogni sillaba.
“Te ne pentirai.”

Non era necessario specificare, lui sapeva che lei aveva capito.

“Ok,” Hermione assentì con un gesto del capo.

“Non starò qui per sempre, Granger” le disse. “E ricorderò ogni cosa che farai. Sono stato chiaro?”

“Sì,” Hermione sussurrò, estremamente sollevata. “Davvero, mi dispiace–

“Ci sono arrivato.” Draco la interruppe alzando gli occhi al cielo. “Adesso lasciami solo.”

Hermione non si mosse. “Ti fa male?” chiese, accennando timidamente al suo braccio sanguinante.

"No."

"Lascia che te lo pulisca," gli chiese, allungando il braccio. "Ci metto solo un secondo–

"Posso farlo da solo–

"Ti prego," lo interruppe, facendolo sbuffare. "E’ meglio se lo disinfetto–

"E va bene allora," brontolò, abbandonando la sua mano nella sua, sperando che facesse in fretta. "Muoviti però, Granger."

Hermione tirò fuori la lingua con aria concentrata, afferrò la bacchetta e la fece scivolare sulla ferita. Sarebbero bastati pochi minuti, ma non aveva idea di come riempire il silenzio. Alzò gli occhi per incontrare il suo viso, ma non riuscì a sostenere il contatto a quella distanza e così, decise di fissare un punto imprecisato della stanza.

“Li hai già letti quelli?” domandò infine, alzando il sopracciglio con interesse.

“Li ho solo sfogliati,” rispose Draco, con un grugnito reclutante. “Li conoscevo già.”

“Non sono sorpresa,” disse lei, con il tono di voce ancora un po’ provato dal pianto. “Sono i nostri libri di testo–

“Dell’anno scorso,” Draco finì la frase insieme a lei. “Sì, l’avevo notato.”

“Allora perché li leggi?”

“Non c’è una gran varietà di cose da fare in questo dormitorio,” Draco scrollò le spalle, realizzando solo in quel momento che, effettivamente, lui e la Granger si stavano tenendo per mano sul suo letto. Aveva bisogno di farla andare via. Adesso. “Per la miseria, fai in fretta.”

“Ho quasi finito,” mormorò lei, asciugando l’ultima goccia di sangue. “Ecco fatto, è a posto?”

Velocemente, analizzò la sua mano bianca e intatta. “Bene, adesso…fuori dalle scatole, Granger.”

Il suo sguardo dorato si poso ancora una volta sulla montagna di libri, e la bocca si aprì leggermente, pronta per dire qualcosa. Qualsiasi cosa fosse, il suo coraggio Grifondoro si era esaurito completamente quella sera, così decise di alzarsi dal letto e di uscire dalla stanza.

Solo quando la porta fù saldamente chiusa, Draco si concesse un’enorme sospiro. Massaggiandosi la punta del naso, ripensò agli strani eventi della serata. Se mai ci fosse stato un segno che quel posto maledetto lo stava facendo impazzire, oggi l’aveva trovato.
Abbassò lo sguardo sulle sue dita scheletriche, pulite e sistemate, senza alcuna traccia del graffio inflittogli dalla Granger.

Anche se ormai era scomparso del tutto, lui giurava di poterla sentire comunque nel suo organismo; mentre viaggiava nel fiume di sangue e vene del suo corpo. Diede la colpa perfino a quel suo stupido profumo per non essere riuscito ad addormentarsi fino all’arrivo dell’alba. Quando si svegliò, verso le due del pomeriggio, fece ciò che faceva tutti i giorni; si vestì con i soliti vestiti e si diresse verso la cucina, per vedere cosa gli avesse lasciato da mangiare la Granger.

Crostata di mele. La sua preferita.

E di fianco alla teglia ancora bollente, c’erano una pila di libri che non aveva mai visto in vita sua.

 

 

 

 

A/N: Ciao a tutti! Mi scuso un sacco per il ritardo, ho il computer che va da porco ultimamente e non sapete quanto sia frustrante! D:
GRAZIE A TUTTE PER LE RECENSIONI, SIETE GENTILISSIME! Spero che il capitolo vi piaccia! ;)

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Capitolo 7
*** Umana. ***


Chapter 7: Umano.

Hermione non vide Draco per i tre giorni che seguirono.

Non diede nessun segno di vita, non faece neanche il minimo rumore ,e se non fosse stato per il fatto che i suoi piatti ritornavano sempre vuoti in cucina, Hermione avrebbe pensato che fosse addirittura scomparso nel nulla. Qualche volta aveva pensato di rientrare nella sua stanza per riattaccare il disco del ‘mi dispiace tanto’, ma si rese conto che stava procedendo nella direzione sbagliata. Era chiaro che lui volesse la sua privacy e, dopo quello che aveva combinato, lasciarlo in pace era il minimo che potesse fare.

Era ancora sconvolta per ciò che aveva fatto.

Non aveva mai, mai fatto qualcosa di così terribile in vita sua; così sbagliato. Si era chiusa in camera almeno quattro volte in quei giorni, e ci era rimasta dentro per minuti interi, a soffocare il suo rammarico nel cuscino, ormai gonfio di lacrime. La morte della professoressa Burbage era ancora lì, oscura e triste, in un angolo della sua mente, ma ogni volta che si guardava il palmo della mano, ci vedeva riflesso tutto ciò che era accaduto tra lei e Malfoy.

Smise di leggere il libro che aveva in grembo per massaggiarsi nervosamente la fronte. Il vento che ululava al di fuori del castello l’aveva costretta a restare insonne nel salotto, a cercare conforto in uno dei suoi libri. Il vento era la sua debolezza. Poteva facilmente stare seduta a guardare una tempesta, o ad ascoltare il rumore incessante di una giornata piovosa, ma quando il vento soffiava e somigliava al grido soffocato di un’umano che stava per essere strangolato, questo la pietrificava.

Aveva provato ad usare un’incantesimo Silenziatore, come aveva fatto durante tutti gli anni precedenti ad Hogwarts, ma ogni volta che provava a concentrarsi, l’incantesimo non andava mai a buon fine, a causa di uno sbadiglio improvviso o di uno sbattimento di palpebre mezze addormentate.

Hermione aveva presto abbandonato l’idea di riuscire a guadagnare qualche ora di sonno, visto che il suo letto era troppo vicino alla finestra, così, a notte fonda, si ritrovò raggomitolata sul divano, nel salotto confortevole e privo di finestre rumorose. Leggeva le poesie di Lord Byron, uno dei suoi passatempi preferiti, stringendosi alla morbida coperta di pile. Quando arrivò alla poesia She Walks in Beauty, alzò per caso lo sguardo e fu sorpresa di vedere dall’orologio che erano già le tre del mattino.

E quel maledetto vento non dava segno di voler smettere.

Hermione quasi saltò giù dal divano quando un piccolo clic ruppe il silenzio. Si voltò appena in tempo per vedere Malfoy che usciva lentamente dalla sua stanza. Sembrava infastidito quando notò la sua presenza in salotto; fece un sospiro agitato e si diresse verso la cucina, probabilmente decidendo di ignorarla del tutto.

Hermione ci pensò due volte prima di aprir bocca, ma le parole le uscirono di colpo prima che potesse trattenerle. “Ti ho svegliato?” sussurrò, pensando per un’attimo che lui non l’avesse sentita. Oppure stava solo scegliendo di non rispondere alla domanda. Merlino solo sa come mai pensare di ripetere la domanda fosse stata una buona idea. “Ti ho–

“No,” borbottò lui, versandosi dell’acqua in un bicchiere.

“Beh, allora perché sei–

“Avevo sete,” rispose, girando i tacchi e tornando verso la sua stanza.

“Malfoy, aspetta,” lo chiamo Hermione, rizzandosi sulla schiena e chiedendosi velocemente che cosa avrebbe potuto dire. Non capì come mai lui si fermò sul ciglio della porta, visto che aveva espresso il desiderio di stare lontano da lei, ma non perse tempo a pensarci. “Posso farti una domanda?”

Lui sbuffò, come se lei stesse rallentando la sua inesistente sfilza di impegni. “Fa presto.”

Hermione esitò, mordendosi la lingua. “Sei ancora arrabbiato per…insomma…per l’altro giorno–

“Quando mi hai squarciato quella cazzo di mano?” chiese con tono fintamente dubbioso. “Ha importanza?”

Hermione lo fissò intontita mentre sollevava il bicchiere vicino alla bocca, nel momento stesso in cui le sue labbra vi si appoggiarono per bere.
“Credo di sì,” confessò timidamente.

La risposta fù così strana e scioccante, che per poco non si strozzò con l’acqua. “Perché?” chiese diffidente. “Che differenza fa?”

“Non ne sono certa,” mormorò Hermione, alzandosi lentamente dal divano.

La mascella di Draco si contrasse nel momento in cui la coperta le scivolò dai fianchi, lasciandola scoperta con solo una maglietta addosso e un paio di pantaloncini. Si ritrovò a trattenere il fiato quando si mosse, ma si era semplicemente diretta verso la cucina, e lui si chiese per un attimo che cosa avrebbe fatto se lei si fosse messa a camminare nella sua direzione. Illuminata dalla luce di quella piccola candela nella stanza, sembrava diversa; più rilassata e quasi surreale. L’oscurità giocava con la sua vista e la percezione che aveva di lei in quel momento era stranamente intensa. La studiò attentamente mentre si avvicinava al cassetto per prendere due tazze.

"La cioccolata calda è meglio prima di dormire," disse. "Ne vuoi un po’?"

Draco non rispose. Era chiaro che lei avesse in mente di prepararne una per lui in ogni caso, e l’odore di cacao in polvere si mischiò in un attimo con il profumo della Granger. Giocherellò con i bordi del suo maglione mentre lei finiva di preparare le bevande e quando fu tutto pronto, lei le trasportò su un vassoio, dirigendosi verso il salotto. Draco alzò un sopracciglio scettico, ed Hermione si riaccomodò nella posizione di prima, con le coperte e tutto il resto. Il suo sguardo volò tra lei e la tazza che giaceva sul tavolino un paio di volte, prima di accorgersi che era lì per lui.

“Non ti siedi?” gli chiese Hermione. Draco si accorse che stava cercando di mantenere un tono vago e rilassato.

“La berrò nella mia stanza,” rispose senza troppi preamboli, avvicinandosi per afferrare la maniglia della tazza.

“Io…” riprese lei, imbarazzata. “Beh ecco, speravo che tu potessi rispondere alla mia domanda…e magari sederti qui con me per un po’?”

Questo si che lo spiazzò completamente. Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, ci avrebbe scommesso la sua eredità che quel genere di parole non sarebbero mai uscite dalla sua bocca. Specialmente se rivolte a lui. Era certamente uno sviluppo intrigante rispetto alla situazione di merda iniziale, e non riuscì ad evitare di pensare a che cosa sarebbe potuto succedere se avessero continuato a comportarsi  in questi termini.

“Perché diavolo avresti pensato a una cosa del genere?” le rispose pigramente, appoggiando le mani sullo schienale del divano che stava di fronte a lei. “E poi non sono costretto a rispondere alle tue domande.”

“No, certo che no,” disse lei. “Era solo una richiesta–

"Una richiesta stupida."

Hermione sospirò, alzando la testa per guardarlo in faccia. "Fa niente–

"No," la fermò Draco. "Sono curioso di sapere come mai mi chiederesti addirittura di farti compagnia–

"Non hai risposto alla mia domanda," gli ricordò lei decisa, pulendo una goccia di cioccolata che stava scivolando dalla tazza. "Allora perché io dovrei rispondere alla tua?”

Draco in verità non aveva una risposta convincente, ma gli andò bene, perché proprio in quell’istante una spaventosa folata di vento ruppe il silenzio. Fu a quel punto che la vide, la scia di terrore improvviso che si catapultò sui lineamenti della Granger. Non riusciva nemmeno a ricordare di averla mai vista spaventata da qualcosa. Magari preoccupata o indecisa, ma mai spaventata. Perfino quell’imbarazzante momento nel bagno l’aveva solo shockata e messa un po’ alle strette.

Questo piccolo incontro mattutino si stava trasformando in un infinito elenco di sorprese.

“Qual è il problema, Granger?” le domandò insolente. “Non dirmi che una coraggiosa Grifondoro come te ha paura di una piccola tempesta.”

Si aspettava una risposa offesa, arrabbiata o quantomeno infastidita. Ma lei si strinse semplicemente nella coperta. “Non ho paura delle tempeste,” mormorò, dopo un momento. “E’ solo che…non mi piace il suono che fa il vento.”

Il suo volto si contrasse in un’espressione confusa. La Granger stava veramente ammettendo la sua paura? Ammettere di avere delle fobie non è una cosa semplice da fare, e di sicuro non andrebbe fatto di fronte ad un nemico. Urlare ai quattro venti le proprie debolezze era una cosa da pazzi, eppure lei l’aveva fatto così facilmente.

Che razza di idiota.

Ma improvvisamente le sembrò più reale…più umana, e questo pensiero scivolò dentro di lui come se la cioccolata che l’aspettava sul tavolo gli fosse fluita attraverso i polmoni. No, era ancora definitivamente una Mezzosangue, senza ombra di dubbio…eppure era una Mezzosangue con del carattere. Forse. Più o meno.

La osservò con attenzione, forse più di quanto fosse appropriato mostrare. Vide le sue spalle, mentre si rilassavano dopo che il vento cessò. Ed ecco ritornare la Granger razionale e senza alcuna paura, solamente velata dal terrore che poco prima le aveva perforato lo sguardo. Alzò la sua tazza dal tavolino e se la portò vicina alle labbra rosate, arricciandole a cerchio per soffiare via il calore. Questo gesto non avrebbe dovuto attirare la sua attenzione. Però si, lo fece.

"La tua cioccolata rischia di raffreddarsi," mormorò Hermione.

Draco fece un’impercettibile sbuffo prima di scavalcare lo schienale del divano, sprofondando in mezzo ai cuscini. “Come puoi essere così spaventata dal vento?” chiese.

“Non si tratta proprio del vento in sé,” rispose lei, pensandoci su. “E’ solo che non mi piace il rumore.”

“E’ una cosa ridicola,” disse Draco, lasciandosi sfuggire un verso impaziente.

“Tutti hanno paura di qualcosa,” lo incalzò lei. “Tu no? Fa parte della natura umana.”

Draco scosse la testa di colpo come se la sola idea fosse assolutamente ridicola, ma non riuscì a non considerare per un attimo le sue parole. L’idea di deludere la sua famiglia, specialmente suo padre, gli venne in mente, ma forse lei intendeva qualcosa di più specifico. O non aveva nemmeno una paura, oppure stava inconsciamente scegliendo di ignorarla. Comunque sia, era odiosa quando lo faceva pensare così tanto.

“No,” rispose semplicemente, sporgendosi in avanti per prendere la tazza.

“Magari devi ancora scoprirlo,”  gli concesse Hermione, alzando le spalle. “Allora, risponderai alla mia domanda? A proposito dell’altro giorno? Quando ho…beh, lo sai di cosa parlo.”

I suoi occhi si strinsero. “Dubito che sia possibile per me odiarti più di quanto non ti odi già,” le disse tranquillamente Draco. Hermione sembrava abbastanza turbata dalla sue parole, e il bisogno di dire qualcos’altro si fece strada nella sua mente. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di autopunirsi per quello che gli uscì dalla bocca subito dopo. “Considera la faccenda come sistemata, Granger.”

Un’affascinante combinazione di sollievo e sorpresa scaturì dal volto di Hermione. “Sul serio?”

“Sarebbe meglio se tu non menzionassi più l’accaduto,” rispose, avendo deciso da tempo ormai che quell’episodio sarebbe stato meglio seporlo nell’angolino polveroso della memoria. “A meno che tu non voglia che io te lo rinfacci ad ogni occasione–

“No,” Hermione scosse la testa. “No, vorrei dimenticarlo.”

Lui le concesse un piccolo segno d’assenso con il capo, e ingoiò una notevole quantità di cioccolata calda. Hermione resistette all’urgenza di ringraziarlo per aver acconsentito a dimenticare l’argomento. Se la memoria non l’ingannava, aveva detto un sacco di per favore e scusa ultimamente, ed era più che abbastanza, perciò ricacciò l’impulso in fondo alla gola. Se avesse iniziato a sputacchiare fuori parole di gratitudine ogni secondo, quel presuntuoso si sarebbe montato la testa anche troppo.

Ma a vederlo com’era in quel momento, seduto dall’altra parte del divano e più calmo del solito, Hermione non aveva tanta voglia di disprezzarlo. Aveva sempre pensato che se una persona era brutta dentro, allora quella bruttezza si sarebbe manifestata anche all’esterno. In quel momento però, a causa della tranquillità della situazione, il suo odio per Malfoy si era leggermente spento, e questo le diede la possibilità di osservare per bene la persona che si ritrovava davanti. Dopo parecchi secondi, ammise a se stessa che era un mago abbastanza attraente.

La tiepida luce della candela accesa in salotto si adattava bene ai suoi lineamenti, e le scintille arancioni si riflettevano nelle sue iridi argentate. Gli angoli e le linee del suo volto erano taglienti e decisi, come se ogni dettaglio urlasse per ricevere attenzione, ma questo aiutava il suo sguardo a perdersi nell’analisi e ciò le piaceva. Non apprezzava il fatto che fosse così pallido, ma probabilmente non aveva beccato un raggio di sole da Merlino solo sa quanto tempo.

“Hai letto i libri?” gli chiese cauta, decidendo che il silenzio era durato anche troppo a lungo. “Quelli che ho lasciato vicino alla torta l’altro giorno.”

Hermione giurava di poter scorgere nei suoi occhi una profonda esitazione. “Sì” ammise lui, dopo pochi secondi.

“Quale stai leggendo adesso?”

"Perché vuoi saperlo?"

"Semplice curiosità,” Hermione alzò le spalle e sperò che quel gesto allentasse un po’ il comportamento sempre diffidente di Malfoy.

Draco sbuffò forte. "Titus Andronicus."

"Bella scelta–

"E’ ok," la corresse lui all’istante. "Alcune parti sono scialbe."

"Sono d’accordo," Hermione fece segno di sì con la testa. "E’ una delle prime opere di Shakespeare."

"Mi hai dato un sacco di libri suoi," mormorò lui, da dietro la sua tazza. "Devo presumere che sia un autore Babbano."

Gli occhi di lei si allargarono per lo stupore. Si era aspettata una qualche scenata rabbiosa se avesse scoperto che gli aveva rifilato dei libri Babbani, ma al momento ne sembrava solo irritato. “Sapevi che ti ho dato dei libri Babbani?”

"E’ abbastanza ovvio, Granger," Draco alzò gli occhi al cielo. "Non ho riconosciuto nessuno tra gli autori e poi mi è sembrato il genere di cose che avresti potuto darmi."

"E li stai leggendo nonostante questo?" insistette lei con tono deciso. "Perché?"

Il suo broncio si rilassò per un attimo. Ad essere sinceri, aveva lasciato marcire quei libri sullo scaffare per due giorni, riuscendo solo a fissarli con genuino disgusto. Ma la noia prese il sopravvento, e il terzo giorno acconsentì a leggere qualcosa di nuovo giusto per non cadere in preda ad un esaurimento nervoso. Aveva intenzione di leggerli solo per provare che il suo disgusto verso i Babbani era lecito, cercava la prova del fatto che fossero davvero esseri ignoranti e in civilizzati che non erano nemmeno capaci di scrivere un paragrafo decente.

Ma...

In realtà era decente…abbastanza decente da fargli voltare ogni pagina con crescente stupore. Era così assurdo e gli faceva venire il nervoso, soprattutto perché quel libro lo faceva riflettere… Solo per un momento, però fu abbastanza. No, non aveva mai creduto a quelle merdate in stile propaganda che sostenevano che i Babbani erano infetti o robe così, però era convinto in qualche modo che fossero molto meno abili dei Maghi in qualsiasi cosa, arte, letteratura, musica… Invece questo Shake–qualcosa era…adeguato. Comunque sia non poteva spiegarlo in questo modo alla Granger.

"Non c’è nient’altro da leggere," grugnì, accorgendosi di aver impiegato troppo tempo per rispondere.

Hermione sospirò, guardandolo attraverso le ciglia mentre prendeva un’altra sorsata di cioccolato. Sottopelle, cominciava a sentire il desiderio di provare a vedere se riusciva a testare il suo metodo ancora per un po’. “E finora cosa ne pensi dell’opera?”

Draco bofonchiò qualcosa che suonava come “E’ violento,” e l’aveva detto come se fosse ovvio. “Il che funziona bene per un’opera, ma è la prova di quanto siano barbarici i Babbani.”

“Barbarici?” ripeté Hermione sbigottita, resistendo all’impulso di difendere a spada tratta Shakespeare. “Come mai?”

“Beh, è tutto uno spargimento di sangue senza alcun senso–

“E secondo te le Guerre Magiche sono tanto diverse?” gli chiese velocemente. “La violenza è presente in tutte le specie e in tutte le razze, Malfoy, specialmente negli umani. Magia o meno–

“Il tizio ha ucciso il suo stesso figlio,” ribatté Draco, alzando orgogliosamente il capo come se la sua fosse la battuta vincente. “E’ un’indicazione di quanto incivili siano i Babbani.”

Hermione non si lasciò intimidire e contrattaccò all’istante. “Ma Voldemort ha ucciso la sua famiglia.”

L’espressione vincente del biondo si sciolse dopo quella frase e lui detestò il fatto che fosse riuscita a trovare un’argomentazione decente così presto.
“E’ diverso,” borbottò sulla difensiva. “E’ completamente–

“E Crouch ha ucciso suo padre–

“E’ diverso!” ripeté, ma sapeva che le sue argomentazioni erano deboli.

La Granger non sembrava arrogante o arrabbiata, ma quando alzò il mento per ribattere, sembrava sicura di sé e potente. “In cosa è diverso, Malfoy?”

Draco rimuginò con furia, cercando una risposta soddisfacente che l’avrebbe fatta tacere per sempre sull’argomento. Si sentiva agitato e nervoso, ma un piccolo spiraglio di rispetto per la Granger saltò fuori nel suo subconscio, e questo lo fece incazzare ancora di più. Oggi la Granger si era guadagnata un’altra tacca, la discussione l’aveva vinta lei. Merda.

“E’ così e basta” mormorò, finendo con un sorso la sua bevanda.

 


 

La fitta al collo che sentì non appena aprì gli occhi, fu la prima cosa che gli fece ricordare di non aver dormito in un letto.

Su qualsiasi cosa fosse appoggiata la sua testa, era troppo dura per essere un cuscino. Sbattendo le palpebre un paio di volte, si accorse che il soffitto non era lo stesso a cui era abituato. Draco si spostò goffamente su un lato e si ritrovò disteso su uno dei divani del salotto. C’era ancora abbastanza buio, ma non essendoci una finestra in salotto, dovette controllare l’ora guardando l’orologio della cucina. Erano quasi le sette del mattino.

Sbadigliò e si stropicciò la faccia, alzandosi lentamente e mettendosi a sedere, con la schiena che scricchiolava dal dolore. La sua vista sfocata dal sonno si spostò per tutta la stanza, mentre cercava di ricordare come e quando aveva finito per addormentarsi sul divano, e i suoi occhi assonnati si bloccarono verso l’altro lato del tavolino da caffè.

La sua mascella si irrigidì di colpo.

La Granger era addormentata sull’altro divano, completamente coperta dal collo alle caviglie, con i capelli appoggiati al cuscino in una massa indistinta di boccoli. Con gli occhi chiusi e i lineamenti così rilassati, sembrava la personificazione della pace e della serenità. Il broncio stressato e i muscoli costantemente contratti dall’autocontrollo non c’erano più, e Draco non riusciva a ricordare di aver mai visto una persona a cui il sonno donasse così tanto. I suoi sospiri lenti e riecheggianti nel silenzio della stanza trascinarono Draco in una specie di trance mattutina, e dopo qualche secondo, si diede uno schiaffo in faccia per riprendersi.

Scostò lo sguardo lontano da lei, ritrovandosi ad osservare la sua tazza di cioccolato non finita. E la sua bacchetta, poggiata indifesa sul tavolo, che lo tentava terribilmente. Si alzò in piedi e fece il giro del tavolino, il più silenziosamente possibile, sapendo perfettamente che probabilmente non avrebbe funzionato. Gli aveva detto di persona che era incantata per non essere usata da lui, ma per quanto ne sapeva poteva anche trattarsi di un bel bluff. Si avvicinò di più alla bacchetta, accovacciandosi a terra proprio di fronte al volto ancora addormentato della giovane strega.

Il suo respiro aleggiò da qualche parte sul suo collo, e Draco cercò di autocontrollarsi per evitare che un brivido gli percorresse tutta la spina dorsale. Allungò una mano, e tutte le sue speranze di riuscire a scappare da lì morirono nel momento stesso in cui le dita pallide e ossute sfiorarono il piccolo pezzo di legno. Una piccola scarica elettrica e la sua mano venne rispedita due centimetri indietro. Se l’era aspettato. Rilassò la schiena e si sedette sul pavimento, sentendo i sospiri della Granger che si posavano ancora sulla sua pelle.

Chiuse gli occhi…assorbendo quella sensazione…l’odore di lei, così vicina…vicina abbastanza da poterla sfiorare…

E di colpo, come se fosse saltato un qualche tipo di allarme nel suo cervello, tornò alla realtà. Si scostò violentemente lontano da lei, come se fosse stato infetto, maledicendosi da solo per ciò che aveva pensato.

Ecco le conseguenze di quel cavolo di esperimento col sangue.

Si stava lentamente facendo strada nel suo organismo, poi nella sua mente, incasinando i suoi sensi. Non era il suo sangue sporco, era qualcosa di più profondo; qualcosa che corrodeva le sue ossa e soffocava le sue cellule. Era lei. La Granger. La sua sostanza, la sua innocenza; scorreva dentro di lui e lanciava maledizioni alla sua sanità mentale. Disgustato dalle sue azioni, si allontanò da lei alzandosi su un paio di gambe tremolanti, sperando che un po’ di distanza tra di loro l’avrebbe purificato.

Hermione si svegliò quando la porta della stanza da letto di Draco si fracassò sulla parete.

Era un peccato però; era stata la nottata migliore che aveva avuto in settimane. Niente insonnia, niente ansia. Anche se è durata solo poche ore.

 


Il vento smise di soffiare nei quattro giorni che seguirono, e Draco riuscì ad evitare la Granger, convincendosi sempre di più che era lei la causa del suo crollo mentale. Venerdì, una settimana esatta dal loro incidente in bagno, le pareti avevano iniziato a rimpicciolirsi ancora. Il desiderio di interagire con un altro essere umano si era insinuato in ogni singolo poro del suo corpo e, ovviamente, la Granger era l’unica opzione. Aveva bisogno di sentire il battito di un’altra persona perché i suoi stavano diventando troppo intensi e riecheggiavano ancora di più in mezzo alla solitudine.

Tra tutte le fottute cose che gli incasinavano la mente, l’aver bisogno della presenza di qualcun altro era definitivamente quella che gli faceva credere di stare diventando matto. Voleva urlare, litigare con qualcuno, voleva qualcosa che gli ricordasse che c’era vita al di là di quella porta. Se ci fosse stato qualcun altro, qualsiasi altro, oltre a lei che potesse cacciare via i suoi demoni, allora non avrebbe avuto bisogno di fare tutti questi ragionamenti assurdi.

Qualsiasi altro, tranne Weasley. Purosangue o meno, se la McGranitt l’avesse scaraventato in una stanza con quell’arancia avariata della Società Magica, entro la seconda ora ci sarebbe stato un bagno di sangue di proporzioni epiche.

Quell’immagine mentale lo divertì giusto un pochino.

Sentì la Granger che armeggiava in cucina, sbatacchiando vari utensili e causando molto più rumore del necessario. Si pettinò i capelli con una mano e, dopo aver esalato un lento sospiro, uscì da quella prigione a quattro pareti, trovando la Granger circondata da padelle e verdure miste.

Hermione si accorse della sua presenza prima di vederlo, e si voltò nella sua direzione sfoggiando uno sguardo incuriosito. “Fammi indovinare,” disse “Stavo facendo troppo rumore?”

“Sì” brontolò, avvicinandosi di qualche passo. “Che diavolo stai facendo, Granger?”

“Sto solo preparando qualcosa per domani,” spiegò, asciugandosi il sudore sulla fronte. “Probabilmente avrei dovuto chiedertelo prima, sei allergico a qualcosa?”

“No,” Draco scosse la testa, sedendosi su uno degli sgabelli. “Solo a te.”

Quel commento avrebbe dovuto essere pungente e antipatico, ma dopo aver passato giorni senza parlare, la sua voce sembrava più…minacciosa. Beh, in ogni caso la Granger non se ne curò molto, visto che si limitò a fare un sorrisetto. Draco pensò di chiamarla ancora Mezzosangue solo per riprendere le sue familiari abitudini, ma qualcosa nella sua testa gli disse di non farlo, e lei parlò prima che lui potesse chiedersi il perché.

“Hai finito di leggere Titus?” chiese. Si vedeva lontano un kilometro che ancora non sapeva bene come comportarsi quando lui era presente. Almeno avevano una cosa in comune.

Draco sbuffò. “Dammi un po’ di credito, Granger. Ero quasi alla fine quattro giorni fa. Certo che l’ho finito.”

“Okay” rispose lei, intenta ad utilizzare la sua bacchetta per finire di cucinare. “E cosa hai pensato alla fine?”

“E’ stato troppo affrettato,” rispose, con tono critico. “Poteva fare di meglio per il finale.”

Lei smise di controllare la padella e si voltò verso di lui. “Sono d’accordo.”

“Cosa?”

“Sono d’accordo,” ripeté Hermione, notando il suo sguardo fisso e arrossendo senza motivo. “E’ troppo veloce. Hai pensato di leggerne un altro?”

Aveva già iniziato un altro dei suoi libri Babbani. Voleva cambiare genere e soprattutto scrittore, convinto che avrebbe trovato qualcosa da criticare nei prossimi libri. Aveva scelto un libro dalla copertina leggermente inquietante, scritto da un Babbano di nome Wilkie Collins, e ci era rimasto incollato fin dalla prima pagina, oltre ogni aspettativa.

"The Woman in White," le accennò con un sospiro agitato, notando che il suo sorrisetto si allargava sempre di più.

"Uno dei miei preferiti," le disse. "E come−

"Non essere così maledettamente entusiasta," la avvisò. "Il livello di scrittura è al di sotto di quello di Streghe o Maghi."

Il suo sorriso svanì mentre gli voltò la schiena e continuò a cucinare ciò che sembrava essere stufato. “Credi davvero che i Purosangue siano superiori ai Nati Babbani, Malfoy?”

Quella domanda gli fece alzare un sopracciglio dallo stupore. La fissò per un secondo, cercando di capire come hai avesse chiesto una domanda così stupida. “Sai che è così, Granger.” Rispose lui orgoglioso, rincarando la dose con una frase che gli fece prudere la gola quando uscì. “Non fare domande idiote come queste, visto che dovresti avere un cervello da qualche parte.”

Un sospiro di delusione uscì dalla bocca di Hermione. “Allora, posso darti un consiglio per favore?” mormòrò dolcemente, giocherellando con la manica del suo maglione di almeno due taglie più grandi della sua.

Ecco che tornava quel maledetto per favore; un altro promemoria che gli ricordava sempre quanto fosse pura e gentile. Da qualche parte in un angolo del suo cervello una vocina gli stava dicendo che avrebbe dovuto sentirsi nauseato al conversare con lei in quel modo. Ma in quel momento si sentiva abbastanza normale. Più umano. Proprio come i suoi gemiti nella doccia, questi…momenti quasi civili sembravano allentare la sua emicrania costante.

“Puoi darmi tutti i suggerimenti che vuoi,” disse scrollando le spalle con nonchalance. “Ma la possibilità che io ne accetti anche solo uno è vicina allo 0%”

Lei si voltò di nuovo e sembrava rilassata e tranquilla, ma lui poteva notare la nuvola dei pensieri che vorticava dietro al suo sguardo. Era davvero interessante da osservare in momento come questi; come un puzzle troppo complicato che non aveva una soluzione facile. Qualsiasi cosa le ronzasse in mente, lo poteva percepire nei suoi occhi castani, e questa cosa non la capiva. Sarebbe stato saggio per lei nascondere i propri pensieri in modo più appropriato; soprattutto da qualcuno che disprezzava. Qualcuno come lui.

“Quando avrai finito il libro,” disse lentamente “Vorrei che leggessi l’autobiografia di Martin Luther King.”

Il suo sopracciglio si abbassò, cauto. “Perché?”

“Penso che ci troverai dei concetti interessanti,” disse Hermione, guardandolo dall’alto verso il basso. “E’ solo un consiglio.”

Dopodiché sparì dalla sua vista e andò nella sua camera, lasciando Draco reclutante e intrigato da quella richiesta casuale. Non l’avrebbe letto, ovviamente.

 


Hermione non ebbe il tempo di rimuginare sulla conversazione avuta con Malfoy, perchè appena arrivò in camera, trovò ad aspettarla sul davanzale una civetta conosciuta. Corse ad accoglierla aprendo la finestra.

“Edvige,” la chiamò affettuosa, mentre il fedele animale di Harry lasciò cadere la lettera sul suo grembo. “Dì ai ragazzi che li penso sempre, digli che gli voglio bene!”

 La civetta non aspettava mai una risposta e volava sempre via prima che Hermione potesse trattenerla. Lo sapeva bene, ma avrebbe dato qualsiasi cosa per scrivere una risposta ai suoi amici. Purtroppo era stato concordato con la McGranitt che sarebbe stato molto pericoloso rimanere in contatto postale con loro mentre erano via per la loro missione. Erano d’accordo che se Hermione avesse trovato informazioni utili per i ragazzi, sarebbe stata la preside a trovare un metodo alternativo per metterli al corrente. Ovviamente, era una regola importante, e lei le seguiva da tutta la vita però… gli mancavano da morire.

La lettera era ancora lì, stretta nel suo palmo e anche se non avrebbe desiderato altro se non aprirla all’istante, sapeva che non poteva farlo. Aveva promesso a Ginny all’inizio del mese che avrebbero letto tutti i messaggi insieme. Se c’era una sola persona che soffriva almeno quanto lei dalla mancanza di Harry e Ron, quella era la giovane Weasley. Dopotutto, si trattava del suo ragazzo e di suo fratello…aveva tutto il diritto di sapere.

Hermione si mise addosso una giacca e infilò cautamente la lettera nella tasca, insieme alla bacchetta. Uscì dalla stanza e controllò se Draco si trovasse nel salotto o in cucina. Nessun segno di lui, così Hemione uscì e si diresse verso la torre di Grifondoro.

Dieci minuti dopo era seduta insieme a Ginny nel suo dormitorio, mentre entrambe si grattavano nervosamente il dorso della mano. L’altra coinquilina, Calì Patil, era al momento assente. Il che era una cosa positiva vista l’importanza di tenere segreta la destinazione di Harry e Ron.

“Pronta?” Hermione sospirò senza aspettare una risposta, aprendo il bordo della busta con crescente agitazione. I suoi occhi scannerizzarono in due secondi il piccolo paragrafo.

 

Ragazze,

Va tutto bene. Non abbiamo molte novità.

Stiamo lavorando su qualcosa ma potrebbe non funzionare.

Come sempre, non preoccupatevi.

Ci mancate e vi vogliamo bene.

H&R

Come al solito, era una lettera breve e andava dritta al punto, senza alcun dettaglio che potesse essere intercettato. Le parole erano scribacchiate nella scrittura di Harry ed Hermione notò che Ginny stava tracciando con le dita i segni della penna, con un accenno di lacrime che le scendevano sul naso. Sentì anche i suoi occhi lacrimare e non era a causa di ciò che stava scritto su quel foglio. Riguardava tutto ciò che non stava scritto.

I ragazzi non avrebbero mai parlato in quel modo, e la mancanza di personalità dietro a quelle parole fu la cosa che le mancò di più. Sarebbe stato fantastico leggere anche solo una delle solite battute di Ron o una riga di conforto da parte di Harry. Che diavolo, probabilmente avrebbe anche urlato di gioia se quei due si fossero messi a scrivere del         Quidditch. Rivoleva indietro i suoi vecchi amici…

"Puoi stare qui stanotte?" chiese Ginny soffocando un singhiozzo. “C−calì non è qua e non voglio stare sola stanotte.”

Hermione fece un cenno col capo e si chinò per stringere la sua amica in un abbraccio. “Certo che starò con te.”

 


 

Dove cazzo è andata a finire?

Draco l’aveva notato molte altre volte; la Granger era una ragazza dalle abitudini ben precise, che si atteneva alla sua routine come se la sua vita dipendesse da quello. L’aveva sentita uscire non tanto tempo dopo il loro incontro nella cucina, come succedeva ogni giorno. Lo lasciava da solo tutto il pomeriggio, a badare a se stesso. Draco era andato avanti con la lettura di un altro libro Babbano quel pomeriggio, e si era fatto una doccia veloce prima di prepararsi per andare a dormire, aspettando l’arrivo della Granger.

E a quel punto ci fu un intoppo.

Sapeva bene ormai che l’abituale cinguettio degli uccelli iniziava di solito alle cinque del mattino, e lei di solito tornava a casa verso le tre. Lanciando uno sguardo confuso verso la finestra, si alzò dal letto e si diresse verso il salotto, controllando l’orologio per scoprire che erano esattamente le dieci e cinque e la Granger non era ancora tornata a casa.

Casa...?

A quello ci avrebbe pensato più tardi. Per il momento, tutto ciò che riusciva a sentire fu un denso, pesante, senso di ansia che pulsava nel suo petto. Somigliava al panico…Sì, era proprio panico. Domande su domande gli riempirono velocemente il cervello, spingendo verso le tempie.

Dove diavolo era?

Se gli fosse successo qualcosa, allora significava che lui sarebbe rimasto bloccato lì?

Dimenticato?

Solo?

Che cosa sarebbe successo al suo cervello già mezzo malfunzionante?

Che cosa avrebbe fatto senza il suo profumo o i suoi gemiti mattutini...?

Aveva bisogno di uscire.

Per nessuna ragione al mondo sarebbe rimasto lì; lasciato a marcire come un plebeo senza alcun valore. Marciò svelto verso la porta principale, ignorando il familiare ronzio che lo avvisava di non afferrare la maniglia. Ma lui lo fece lo stesso.

Il suo polso si strinse attorno all’oro lucente della maniglia, e il dolore fu istantaneo. La sua mano bruciò come un tizzone ardente e la scintilla si mosse su tutto il braccio; squarciò la sua carne dall’interno e Draco non si sentì più le ossa. Il suo istinto gli urlava di lasciare la presa, ma il panico prese la meglio e rimase immobile senza sapere che fare. Strinse i denti per sforzarsi di ignorare il dolore e aprire la porta, ma a quel punto il fuoco lo colpì alla schiena, come un getto continuò di elettricità. La sua spina dorsale pulsava dal dolore e Draco ruggì in preda all’agonia; comunque, non mollò la presa.

Pian piano, sentì il suo corpo indebolirsi; le fiamme stavano bruciando violentemente la sua energia e stavano disintegrando la forza nei suoi muscoli. Sapeva che il suo corpo ormai era solo un ammasso di spasmi, e un altro urlo di agonia uscì dal profondo della sua gola. Con un altro flebile tentativo di evasione, mise tutto ciò che poteva nello sforzo di aprire la porta.

Il calore inondò la sua pelle e in pochi secondi, tutto divenne sfocato. Non si accorse nemmeno che veniva scaraventato a terra; tremando violentemente, cercò di rialzarsi. E a quel punto svenne.

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Capitolo 8
*** Tatto. ***


Chapter 8: Tatto.

 

Hermione non riuscì a dormire nemmeno per un minuto quella notte.

Ginny era presto diventata inconsolabile, ed Hermione era rimasta lì a darle carezze di conforto sulla spalla per almeno un’ora, finchè la rossa non cadde esausta sul cuscino. Sapeva che Molly confortava sua figlia in maniera simile e, senza poterlo impedire, passò tutta la notte a pensare ai suoi genitori e a quanto le mancassero. La sua mente impastata dal sonno non ci aveva poi messo tanto a giungere col pensiero ad Harry e Ron ed infine, a Malfoy.

In sua difesa poteva dire che era impossibile evitare di pensare al suo coinquilino dal momento che lui era sempre lì presente, anche se ultimamente si era rivelato più facile convivere con lui. Nonostante la sua arroganza, i suoi pregiudizi e tutta la quantità di sciocchezze di cui il suo cervello era pieno, Malfoy era sicuramente più sopportabile di quanto potesse aver sperato. Hermione aveva addirittura preso l’abitudine – per caso, ovviamente – di lasciare la Biblioteca prima del solito, così da poter passare più tempo in sua presenza. Ovviamente l’unico scopo era quello di analizzare il suo comportamento, così da poter riferire qualcosa di nuovo alla McGranitt, che gli aveva esplicitamente chiesto di tenerlo d’occhio, ma non poteva negare di trovare questo compito affascinante, in qualche modo.

Guardarlo mentre si adattava piano piano a quella convivenza forzata era così intrigante… Hermione era ancora convinta di poterlo influenzare, di potergli mettere in testa qualche concetto umanamente positivo. Era quasi certa che se (e intendo un grosso, enorme se) fosse riuscita a rompere i suoi pregiudizi, allora a quel punto non sarebbe stato così male vivere in sua compagnia.

Oppure no, magari era solo una stupida idea. Il suo ottimismo da Grifondoro a volte poteva tramutarsi in una spina nel fianco, ma era intenzionata a provarci comunque; almeno per provare a cancellare la parola Mezzosangue dal vocabolario di Malfoy.

La mancanza di sonno che aveva accumulato negli ultimi giorni si stava facendo sentire, e con una sola occhiata all’orologio capì, che senza rendersene conto, erano già arrivate le sei del mattino. Controllò che Ginny stesse ancora dormendo prima di spostarla delicatamente verso destra per poter alzarsi e uscire dal dormitorio. Le accarezzò la guancia e si porto via qualche ultima lacrima rimasta dalla notte passata praticamente insonne. Hermione si avvicinò alla scrivania per lasciarle un silenzioso messaggio, scusandosi per essere andata via senza salutare e giustificandosi dicendo che aveva proprio bisogno di dormire.

Uscì lentamente dalla stanza e in poco tempo si ritrovò a girovagare per il corridoio deserto. Da lì al suo dormitorio non c’era una gran distanza, ma Hermione ci mise il doppio, data la lentezza e la spensieratezza dei suoi passi. Stava pensando ancora una volta a quanto sembrasse morta Hogwarts. Sì, ovviamente alle sei del mattino e con la brezza invernale che si muoveva fuori dalle finestre, qualsiasi posto sarebbe sembrato freddo e cupo, ma Hermione aveva sempre adorato Hogwarts per la sua capacità di apparire sempre viva, calda e ospitale. Adesso, ogni mattone sembrava più scuro e ogni stanza più fredda, e l’intero castello somigliava più ad un cimitero.

Era un brutto paragone, lo sapeva bene… un paragone che non poteva far altro che ricordarle quanto male stessero andando le cose in quel periodo. Il lunedì successivo sarebbe stato il primo giorno di Novembre, il che equivaleva a dire che era passato esattamente un altro mese dalla morte di Silente.

Era passato metà anno da quel tragico evento, e ancora le tremava il cuore al pensiero.

Trattenendo un singhiozzo, mormorò la password per entrare nel dormitorio, ma la porta non riuscì ad aprirsi del tutto. Hermione sbuffò e la spinse più forte, sentendo una certa resistenza che proveniva dall’altro lato. Cercò di scivolare di lato e inciampò su qualcosa che non riusciva ad identificare; qualcosa di compatto e ingombrante che la spedì direttamente con le mani a terra. Sospirando con fatica, si scostò i capelli lontano dal volto e diede un’occhiata al di là della sua spalla, spalancando gli occhi quando notò cosa, o chi, aveva causato quell’intoppo.

“Oh mio Dio,” sussurrò, inginocchiandosi di fianco a lui. “Malfoy? Draco!?”

Sembrava morto. Era praticamente morto.

La sua pelle era diventata spaventosamente grigia e le sue labbra avevano preso una sgradevole tonalità bluastra che si espandeva su tutto il volto. A vederlo in quello stato, con gli occhi chiusi e l’espressione vuota di chi non ha più niente che respira all’interno dell’involucro corporeo, Hermione si sentiva svenire lei stessa. Cercò di riprendersi, muovendo le mani sul sul volto con tocchi veloci e tremanti, fino a giungere al suo polso, che era coperto di sangue vivido e lucente, ma che lasciava intravedere una grossa porzione di carne bruciata al di sotto di quello strato color vermiglio.

I violenti spasmi che le premevano la cassa toracica in preda al terrore si calmarono, non appena Hermione riuscì a sentire il flebile battito nel polso di Malfoy. Si lasciò sfuggire un’enorme sospiro di sollievo prima di capire che cosa fosse successo.

Aveva cercato di scappare.

Malfoy, maledettissimo idiota…

Hermione cercò di farsi forza e cercò di rialzarsi, accorgendosi solo in quel momento di avere le guance tutte umide. Aveva pianto? Beh…il panico può causare questo tipo di reazioni…e poi poteva benissimo pensarci più tardi, subito dopo avergliene date di santa ragione per essere stato così stupido.

Wingardium leviosa,” Hermione puntò la bacchetta contro il corpo esanime di Malfoy, facendolo atterrare su uno dei divani.

Si accovacciò al suo fianco con la bacchetta puntata contro il suo petto, pronta a rianimarlo, ma all’ultimo secondo, esitò.

I suoi occhi lucidi si spostarono lentamente sul suo volto, ed Hermione realizzò che prima d’allora non aveva mai avuto la possibilità di vederlo in quel modo. Così vicino. Sembrava così normale, come se stesse semplicemente dormendo. Non c’era traccia della solita rabbia che deformava quotidianamente i suoi tratti; nessun segno che potesse mostrare quanto fosse distrutta la sua vita. Sembrava rilassato, ed Hermione ne fu completamente incantata. Allungò una mano, spostò all’indietro un ciuffo di capelli biondo neve, e a quel punto le dita si mossero da sole, senza una direzione precisa; sfiorarono le sopracciglia e contornarono gli zigomi…con tocchi leggeri, delicati.

Qualcosa si contrasse nel suo petto mentre lo osservava più intensamente, ed Hermione si ritrovò a pensare che tutto questo era un’enorme spreco. Un peccato. Draco era bello e intelligente, ma il modo in cui è stato cresciuto l’aveva completamente rovinato ed era una cosa così triste a cui pensare…che spreco.

Un po’ di colore ritornò sulle sue guance quando Hermione passò per la terza volta la mano sul suo volto, e quest’ultima non riuscì ad evitare di sfiorare le sue dita sul suo labbro inferiore. Era…più caldo di quanto si aspettasse…

Hermione ritrasse di colpo la mano e la fissò con sguardo sconvolto. Questa era sicuramente una conseguenza della notte insonne appena passata; quale altro motivo ci sarebbe per averla incoraggiata a fare queste cose stupide e inappropriate? Scosse la testa e cercò di ricomporsi, poggiando la bacchetta sul petto di Malfoy. Prima di rianimarlo, strizzò gli occhi, immaginandosi già le scenate di rabbia che avrebbe fatto quando si fosse svegliato e l’avesse trovata lì china su di lui.

“Enervate!”

Draco scattò a sedere ansimando. I suoi occhi si spalancarono e le sue iridi grigie sembravano enormi oceani argentati. Il petto si alzava ed abbassava ad un ritmo troppo veloce per accorgersene… non sembrava nemmeno aver visto Hermione che gli stava proprio seduta accanto, i suoi occhi erano fissi sulla parete di fronte a lui anche se, piano piano, i suoi respiri cominciavano a rallentare…

“Malfoy!” Hermione lo chiamò, poggiando la mano sul suo avambraccio. “Draco, calmati. E’ tutto a posto.”

Il suo sguardo agitato si inchiodò su di lei e ci rimase per qualche secondo, finchè le sue pupille non ritornarono alla dimensione originaria e il suo respiro cominciò a rilassarsi. Hermione stava per dire qualcosa d’altro ma all’improvviso lui alzò la mano ferita e lei non potè fare nulla per impedirlo. Successe troppo in fretta per poterci capire qualcosa, però era vero: il suo palmo appiccicoso si trovava sulla sua guancia in quel momento, e il suo sangue colorava con intensità il pallore della sua pelle, mentre le dita di Malfoy le carezzavano il volto.  Hermione rimase immobile con le labbra socchiuse per lo shock, cercando di capire il motivo di quel gesto. Malfoy intanto, tremava così forte che i suoi spasmi si trasmettevano dalla sua mano, fino al viso ormai vermiglio di Hermione.

E a quel punto, come se nulla fosse mai successo, lasciò cadere la sua mano, e rimase a fissarla con espressione vuota. Cercando di uscire per la seconda volta da una situazione di trance, Hermione esaminò il suo corpo tremolante, e riuscì perfino a sentire i denti che gli battevano per brividi di freddo che poteva sentire solo lui…la situazione stava peggiorando.

“Malfoy,” sussurrò Hermione, può dolcemente che potè. “Il tuo corpo ha bisogno di riposo, okay?” Lui non provò nemmeno a rispondere, per sovrastare il ticchettiò dei suoi denti, e rimase fermo ad osservarla con occhi vuoti. “Ti darò un po’ di pozione Sonnifera, va bene? Torno subito.”

 

Hermione corse in camera senza aspettare una risposta e spalancò il cassettone segreto sotto al suo letto, rovistando più velocemente che potè per trovare una fiala piena zeppa di liquido viola. Con la pozione stretta in pugno, tornò in salotto portandosi dietro una coperta dal suo letto. Lo trovò ancora seduto sul divano, in preda a violenti spasmi. Lasciò cadere la coperta e si affiancò a lui, strappando con un colpo secco il tappo dalla fiala e avvicinandogliela alle labbra.

“D−Draco,” mormorò, cercando di tenere a bada l’ansia. “Puoi stare fermo così ti posso somministrare la pozione?”

Nessuna risposta, solo e sempre tremolii…

Fermandosi solo per un secondo, la sua mano libera tornò a poggiarsi sul suo volto, avvicinando le guancie per far sì che le sue labbra si aprissero per ingerire la pozione. “E’ tutto ok,” mormorò Hermione. Cercò di ignorare il dolore mentre posizionava le dita tra i suoi denti e riuscendo a fargli ingurgitare il sonnifero.

Quando la fiala fu vuota, Hermione se la gettò distrattamente alle spalle, tenendo le mani poggiate sulle labbra di Draco, aspettando che ingoiasse tutto il liquido. Dopo poco meno di venti secondi, Draco diventò completamente inerte. Hermione afferrò la coperta e gliela posò addosso, assicurandosi che fosse abbastanza coperto prima di abbandonarsi ai morbidi cuscini del divano con un sospiro di sollievo.

Merlino, questa faccenda l’aveva pietrificata…era pietrificata per lui, per quello che gli sarebbe potuto succedere… ma lei aveva fatto tutto ciò che poteva.

Lanciò un’ultima occhiata al fagotto ricoperto che giaceva sul divano, solo per assicurarsi che stesse dormendo…poi si alzò e sentì letteralmente l’ansia e la stanchezza piombarle addosso come un macigno. Si trascinò lentamente verso il bagno, aggrappandosi al lavandino per cercare di dare un’ordine ai suoi pensieri, ma un rapido sguardo al suo riflesso nello specchio la bloccò.

Eccola lì. La sua impronta cremisi; fiera e curiosamente bella, spalmata sulla sua guancia come un marchio che sentiva ancora beatamente caldo. Hermione rimase ad osservarla per un lunghissimo minuto, prima di ripulire il suo sangue con del sapone, sentendo una strana agitazione nel petto. Guardandosi un’ultima volta allo specchio, ritornò in camera e cominciò a levarsi di dosso quegli ingombranti vestiti che le pesavano addosso. Si cambiò, mettendosi un pigiama e una t−shirt, infilandosi la bacchetta nella tasca.

Il suo letto sembrava morbido e confortevole da morire, sul serio. Quindi, perché diavolo stava prendendo un’altra coperta e si stava dirigendo verso il salotto?! Solo Godric poteva saperlo.

Si sedette con calma, arrotolando il suo corpo nella coperta. Il suo sguardo appesantito dalla tarda ora notturna, andò a posarsi sulla figura in controluce del giovane mago che dormiva beato attraverso il tavolino da caffè che separava i due divani. Sembrava ancora diverso dal solito…

Hermione era sicura che questo avrebbe cambiato le cose, anche se ancora non avrebbe saputo dire come…

 


 

 

Hermione si svegliò per prima, disturbata dal rumore soffocato di studenti che attraversavano il corridoio in mandria per recarsi alle lezioni.

Controllando l’orologio, si rese conto che era ormai mezzogiorno, il che significava che era riuscita a guadagnare ben cinque miracolose ore di sonno; sicuramente la dormita più lunga che avesse avuto da tempo. Inoltre, la pozione che aveva somministrato a Malfoy la sera precedente avrebbe dovuto consumare i suoi effetti nel giro di pochi minuti… si voltò cauta per esaminare il suo compagno di stanza.

L’intera faccenda sembrava ormai talmente lontana e vaga, da sembrarle una metà via tra il sogno e la realtà. Si sedette ad aspettare il suo risveglio, lasciando passare minuti, o forse ore, prima di notare lievi segni di vita che affioravano sul volto del ragazzo. Pochi secondi più tardi, i suoi occhi si aprirono, sbattendo le palpebre almeno diecimila volte.

Per un po’ Hermione si ritrovò a sperare che lui non la notasse, perché sapeva benissimo che se l’avesse vista lì, sarebbe stata costretta a spiegargli l’accaduto, senza tralasciare nessun particolare, per non intralciare la sua memoria vacillante. Purtroppo, proprio nel momento in cui stava per chiudere gli occhi fingendo di essere ancora addormentata, il viso di lui si scostò lievemente verso sinistra e i loro occhi si incontrarono.

Hermione si aspettava di vederci dentro rabbia e imbarazzo, tuttavia, tutto ciò che vide fu irritazione e una leggera sfumatura di vergogna che gironzolava nel bel mezzo dei suoi occhi grigio−nuvole. Il silenzio che gravava in mezzo a loro si faceva sempre più pesante, mano a mano che i secondi passavano e i loro sguardi non accennavano a staccarsi. Hermione parlò prima di potersi fermare.

“Come ti senti?”

A quel punto lui spostò altrove lo sguardo e, onestamente, Hermione non si aspettava che le avrebbe risposto. “Da schifo,” mormorò, con voce roca.

La giovane strega lo osservò attentamente mentre lui si sforzava di sedersi, tenendo la mano ferita sotto le coperte. Allungò le ginocchia facendole scricchiolare, massaggiandosi contemporaneamente le tempie con gesti lenti ma decisi. Hermione nel frattempo si morse il labbro, indecisa sul da farsi. Alla fine, si arrotolò la coperta attorno ai fianchi e si alzò dal divano dove stava per avvicinarsi a Malfoy.

Che diavolo stai facendo….?

Avrebbe potuto benissimo sedersi sul pavimento di fianco al divano. Sarebbe stata sicuramente un’idea più ragionevole, rispetto a quella di poggiarsi nervosamente sul fondo destro del divano dove, fino ad un minuto prima, giacevano i piedi di Malfoy. Se per caso questo gesto avesse scatenato la sua rabbia, lei non se la sarebbe presa con lui, poiché onestamente, non sapeva nemmeno cosa stesse facendo lei stessa. Ma Draco a malapena si mosse. Era una delle più bizzarre situazioni in cui si era cacciata da molto tempo e, considerando i sei anni passati accanto ad Harry e Ron a cacciarsi sempre nei guai, voleva dire parecchio.

“Che cosa pensavi di fare ieri sera?” sputò fuori prima di potersi controllare, aggrottando le sopracciglia quando vide che lui non si stava prendendo nemmeno il disturbo di alzare la testa. “Hai idea di quanto siano pericolose le protezioni di questo dormitorio? Avresti potuto morire, Malfoy−

“Non sei tornata,” la interruppe lui con un lieve mugolio.

“Cosa?” Hermione ansimò, cercando di scovare un qualsiasi segno di ciò che stava per dire nel suo viso. “Che cosa stai dic−?”

“Non sei tornata,” ripetè, alzando finalmente lo sguardo e fissandola dietro le sue biondissime ciglia. “Ieri sera.”

“Non…non capisco−

“Nessun’altro sa che sono qui.” si affrettò a continuare lui, soppesando le parole con cautela. “Se mai ti accadesse qualcosa, allora significa che io sarei bello che fottuto−

“La McGranitt sa che sei qui,” ribattè Hermione. La sua voce era dolce e paziente, come se lo stesse in qualche modo confortando, e Draco era troppo confuso per esserne disgustato. Nonostante i suoi tentativi per ignorarlo, c’era qualcosa nella vicinanza della Granger che sembrava consolidare i rimasugli frammentati della sua anima irrequieta, e per il momento, non voleva che lei se ne andasse. Non ancora.

Come ha potuto dimenticare la McGranitt? Era tutta colpa di quella vacca mummificata se lui si ritrovava imprigionato lì.

“E se…fosse accaduto qualcosa a lei?” domandò brusco. “Sarei rimasto qui a marcire finchè qualche stupido bamboccio del terzo anno non fosse rimasto insospettito dall’odore?”

 “Draco,” ansimò Hermione, turbata dal crudo linguaggio usato da Malfoy. “Se succedesse qualcosa alla McGranitt allora le protezioni cesserebbero di funzionare e tu potresti uscire senza problemi.”

Draco chiuse e riaprì gli occhi più volte prima di provare a rispondere.

Per la miseria, non ci aveva mai nemmeno pensato! Si sentiva terribilmente stupido ora, per il suo drammatico tentativo di fuga. Scansò il suo sguardo da quello di Hermione e disprezzò la sua idiozia per essersi cacciato da solo in quello stato. Se prima pensava che il momento in cui Potter l’aveva beccato a frignare nel bagno lo scorso anno fosse stato il momento più imbarazzante della sua vita, allora si sbagliava.

Però…

Però lei era diversa da Potter. Quello stupido cazzone immortale che non è altro era lì solo per curiosare, come faceva ogni maledetta volta, mentre invece lei…sembrava veramente preoccupata per lui. Quello stesso pensiero avrebbe dovuto disgustarlo, e le sue dita intorpidirono mentre nella sua mente balenò l’antico istinto di cacciarla via, lontano da lui… ma non ci riuscì. Al contrario, si ritrovò ad analizzare il volto della giovane Grifondoro, alla ricerca di un qualsiasi segnale di inganno, ma la Granger praticamente riluceva di completa sincerità.

“Perché mi hai aiutato?” chiese, strizzando gli occhi in uno sguardo sospettoso.

“Perché ne avevi bisogno,” Hermione rispose con una scrollata di spalle, come a suggerire che ciò che aveva fatto non era nulla di chè.  “Le protezioni sono molto forti e pericolose e saresti potuto−

“Tu mi odi,” sussurrò lui, forse rivolgendosi più a se stesso che a lei. “Noi ci detestiamo, Granger. Perché cazzo dovresti−

“Io non…non penso di odiarti…non sul serio,” balbettò timidamente Hermione, e Draco spalancò la bocca dallo stupore con un colpo talmente deciso da sembrare quasi udibile. “‘Odio’ è una parola grossa. Non vorrei mai che ti succedesse qualcosa di fatale−

“Davvero non vorresti?” grugnì cinico lui in risposta.

“No, davvero.” confermò lei, con la sua solita e familiare determinazione. “E spererei davvero che tu non lo desideri per me.”

Draco sbuffò, ma Hermione avrebbe dovuto esser sorda per non riuscire a sentire la mancanza di convinzione in quel gesto. Un ricordo della Coppa del Mondo di Quidditch gli saltò in mente, e ricordò di quando lui stesso aveva avvertito Potter di allontanare la Granger dal caos. Era stato un’impulso improvviso, e nelle settimane successive se n’era domandato senza sosta il motivo, ma non c’era alcun dubbio sul fatto che, anche solo per un momento, lui avesse pensato a mantenerla al sicuro…anche se ancora oggi non aveva idea del perché l’avesse fatto.

“Lascia che ti controlli la mano,” la voce della Granger lo riportò al presente. “Stamattina non aveva una bella cera−

“E’ a posto,”

“No che non lo è,” continuò lei decisa, allungando la mano. “Senti, se insisti nel fare il difficile potrei anche Pietrificarti. Non preferiresti concludere questa faccenda in modo più semplice?”

Draco sbuffò e aprì ancora una volta la bocca per aggiungere: “Non dirai ad anima viva quello che è successo, Granger.”

“Certo che no. Non potrei nemmeno se volessi, Malfoy” gli ricordò Hermione. “Tutto ciò che succede in questa stanza rimane tra noi due.”

Qualcosa in merito al commento della Granger gli fece pizzicare la gola e cercò in tutti i modi di deglutire il più velocemente possibile, prima che lei gli si avvicinasse per esaminagli la ferita.Appoggiò la sua mano sul palmo già aperto di lei, notando solo in quel momento quanto fosse messa male. C’era un taglio profondo che si espandeva dal centro del palmo e le sue dita somigliavano più a dei bastoncini di carbone secco, misto a sangue mezzo coagulato.

Draco poteva ancora sentire alcuni residui di quella potente magia che si sforzavano di procurargli dolore fin sopra l’avambraccio, e quel leggero ma letale ronzìo era di per sé una terribile, costante, tortura. I suoi occhi argentati si alzarono sul volto della Granger, quasi aspettandosi di vederla trattenere dei conati di vomito, ma lei era ferma e composta. Fissava attentamente la ferita, come un Guaritore, valutando la situazione. Draco si perse ad osservare un punto imprecisato della sua tempia, immaginando di vedere al di là del cranio, i piccoli ingranaggi del suo cervello che lavoravano senza sosta.

Si rese conto solo in quel momento che si stavano effettivamente tenendo per mano, circondati da un forte odore di sangue, proprio come la prima volta in camera sua, dopo l’incidente del bagno.

 “Ci vorranno un paio di minuti per sistemare il tutto,” mormorò Hermione, tirando fuori la bacchetta e iniziando a lavorare sulla ferita. “Ti fa male?”

“No,” mentì, digrignando i denti, fissando l’alone dorato che scaturiva dalla bacchetta per non pensare al dolore. “Sbrigati, Granger.”

Hermione continuò il suo lavoro rimanendo concentrata sulla ferita, tirando fuori un centimetro di lingua di tanto in tanto, fissando imperterrita le gocce di sangue fresco che scaturivano dalla forza con cui stava cercando disperatamente di richiudere il buco nella sua pelle.

Cercando di ignorare la continua sensazione di tortura che gli stava facendo saltare i nervi, si concentrò invece sul tocco delicato della Granger e scoprì che quella era la distrazione migliore che aveva trovato finora. Rimasero seduti in un silenzio che stava stranamente diventando tranquillo e confortevole, e Draco era troppo perso nella contemplazione dei suoi movimenti per accorgersi che Hermione aveva interrotto il lavoro per arrotolargli la manica del maglione.

Il respiro mozzato della Granger interruppe la sua trance, e il suo sguardo volò fino al punto in cui gli occhi ambrati di Hermione erano rimasti bloccati. Avrebbe voluto polverizzarsi in quell’esatto momento; disintegrandosi nel nulla più totale. Seguì il suo sguardo in basso, sul suo stesso braccio, sapendo perfettamente che cosa l’aveva scossa in quel modo. Il suo Marchio Nero.

No, no, no...

Non voleva che lei lo vedesse… non sembrava giusto. Lei è troppo pura per una cosa come quella, come se anche solo fissare quell’orrenda cicatrice potesse in qualche modo farle del male. Che Salazar potesse maledirlo, ma lui questo non lo voleva; non voleva che lei si avvicinasse in nessun modo a quell’oscura parte del suo essere. Provò a scostare il braccio, ma la presa di Hermione era così solida che non riuscì ad allontanarlo da lei.

Hermione studio intensamente quella forma terrificante, rendendosi conto che non era mai stata così a contatto con un’autentico Marchio Nero prima d’ora. Aveva letto infiniti a proposito di Voldemort e del suo metodo per tenere sotto controllo i suoi seguaci, ma c’era qualcosa che non andava nel marchio sulla carne di Malfoy. La pelle che circondava il disegno intricato di uno scheletro e del serpente che gli girava intorno, era ancora rossa e in rilievo dall’irritazione, ma Silente ormai era morto da sei mesi, il che significava che a quel punto la sua pelle avrebbe dovuto essere pallida e rilassata come in tutto il resto del corpo.

A meno che…

“Aspetta un momento,” bisbigliò Hermione con tono assente, avvicinandosi un po’ di più, senza sapere che il suo sospiro agitato era andato a finire sul braccio di Draco e che quel gesto gli aveva provocato un brivido che gli era stato difficile nascondere. Draco la osservò cauto, mentre una scintilla di comprensione scaturì sul suo viso.

“Tu non volevi il Marchio.”

Draco non riuscì a reprimere un violento colpo di tosse, segno che le sue parole l’avevano colpito in maniera alquanto brusca. “COSA?!”

“Tu non volevi il Marchio,” ripetè, alzando il mento per potergli lanciare un lungo sguardo indagatore. “Almeno, non del tutto.”

“Che cazzo stai−

“Il tuo corpo lo rifiuta perché tu non lo vuoi,” spiegò Hermione, accennando con un dito alla pelle infiammata e bruciante che contornava il tatuaggio. “Avrebbe dovuto calmarsi a questo punto, se tu fossi stato completamente obbediente.”

Draco non aveva idea di come poter rispondere a quell’affermazione, perché la Granger, per quanto fosse fastidiosa, ancora una volta aveva ragione. Aveva avuto troppe cose a cui pensare il giorno della cerimonia, ma quel che è certo è che si era pentito di quella notte con ogni singola cellula del suo corpo. Il fatto è che era stato fin troppo preso dall’urgenza di vendicare la carcerazione del padre, ma dal momento in cui mise piede da Magie Sinister, si ritrovò a dover sigillare la dolorosa operazione che gli aveva lasciato in cambio solamente quella disgustosa cicatrice. E a cosa aveva portato tutto ciò? A nient’altro che non fossero terrificanti notti passate a fuggire da tutto e da tutti.

Draco aveva da lungo accettato tutto questo; si era ormai rassegnato di fronte a quell’errore fatale che aveva portato al periodo peggiore della sua vita, ma non voleva che lei ne facesse parte.

“Come diavolo fai a sapere queste cose?” la sfidò con un ghigno sfrontato, scansando lontano da lei il braccio e ricoprendo il marchio con il maglione. “Lasciami indovinare; uno dei tuoi preziosi libri, Granger? Dovresti stare attenta a non fidarti troppo di ciò che leggi−

“So che non è stata una tua scelta, Malfoy,” ribattè lei in tono calmo, il che non fece altro che innervosirlo ancora di più. “E non avevo bisogno di vedere il tuo Marchio per rendermene conto−

“Risparmiami le tue stronzate filosofiche, Granger,” sbuffò lui, ma non riuscì ad impedire che un violento senso di nausea lo inondasse, incurvando i suoi lineamenti e tingendo le sue guancie di un verde spettrale.

“Stai bene?” chiese Hermione di colpo, sporgendosi in avanti per soccorrerlo. “Lascia che−

“Lasciami in pace!” scattò lui, cercando di alzarsi da solo dal divano, senza dare ascolto alle violente scosse di emicrania che lo colpirono dopo il tentativo. “Porca miseria−

“E’ colpa della magia,” disse Hermione, avvicinandosi a lui così che rimase solamente un minuscolo cuscino a separarli. Forse era un po’ troppo. “Lascia che finisca di curarti−

“Non ci penso proprio−

“Non toccherò il Marchio,” propose lei, abbassando il tono di voce ad un sussurro. “Lo prometto, non lo nominerò nemmeno. Come ho detto prima, tutto ciò che succede in questo dormitorio, rimane in questo dormitorio.”

Se non fosse stato per il dolore pungente che pulsava ancora sotto ogni centimetro della sua pelle, gli sarebbe scappato un meraviglioso insulto. Invece, si abbandonò alle cure pazienti della Granger, facendo però attenzione a non lasciar trapelare dalla sua espressione quanto in realtà si stesse godendo quel momento rilassante. Ed ecco di nuovo, il tocco delicato della Granger sulla sua pelle; le sue dita gli sfioravano il polso con leggeri movimenti rotatori che gli fecero venire la pelle d’oca. Rimanendo fedele alla sua promessa, non menzionò più il Marchio, facendo anche attenzione a non sfiorarlo mentre gli srotolava la manica.

Hermione faceva il possibile per ignorare quell’orribile disegno, ma poteva giurare di sentirsi in qualche modo osservata; sembrava che il Marchio stesse giudicando la qualità del suo sangue, o peggio, giudicando lei stessa, ritenendola indegna e inferiore. Hermione trasse un profondo sospiro, ottenendo che, proprio sulla punta delle sue narici, volasse anche una lieve folata del profumo di Malfoy. Era diverso dal solito, non sapeva più di sidro e di mele, ma era più maschile e raffinato. C’era una leggera traccia di quell’odore di pagine consumate dalla lettura che lei adorava, e anche un pizzico dell’essenza del suo sapone da bagno, il che combaciava perfettamente con il suo naturale odore corporeo; fresco e speziato. Era abbastanza gradevole…

“Ok,” mormorò Hermione trattenendo il fiato, abbassando la bacchetta. “Penso che sia a posto.”

“Bene” rispose lui, scoprendo che, nell’istante in cui Hermione ritrasse la mano, la sua pelle gli sembrava terribilmente fredda senza quel tocco famigliare.

“Come ti senti ora?” gli chiese lei, aggiustandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. “Qualche senso di nausea o−

“No” mentii spudoratamente lui, preparandosi ad alzarsi dal divano con quel poco che rimaneva della sua magra dignità. Cercò il più possibile di far sembrare i suoi movimenti sicuri e naturali, e stava quasi per riuscire ad entrare nella sua camera da letto, quando la voce della Granger lo fermò. Per la miseria, ma lasciarlo in pace mai eh?

 “Malfoy,” lo chiamò lei, con una punta di nervosismo nella voce. “Posso…posso chiederti una cosa prima che tu vada?”

Mandò al diavolo il suo autocontrollo, mentre una crescente curiosità lo fece appoggiare alla parete, pronto ad osservare la giovane strega con sguardo fintamente annoiato. “Fa presto, Granger.”

“Dunque,” disse lei, con ovvio imbarazzo. “Ricordi quando sei arrivato qui la prima volta e mi hai chiesto cosa sentissi nei tuoi confronti? E io ho−

“Ti sei persa in uno sproloquio riguardante tutto quello che odiavi di me,” concluse lui impaziente, alzando gli occhi al cielo. “Si che ricordo, e quindi?”

“Però…però ho detto proprio ora che non penso di odiarti,” continuò Hermione, cercando di nascondere il suo nervosismo. “E ho detto che odio è una parola pesante e che−

“Per la miseria,” brontolò Draco. “Sarà meglio che quest’inutile esercizio di memoria abbia una fine, Granger!”

“Cosa senti a proposito di me adesso?” domandò lei all’improvviso, senza riuscire a mantenere il contatto visivo. “Voglio dire…mi odi ancora?”

 Negli occhi di Draco nacque una tempesta di agitazione, ansia e confusione, il che fece sentire Hermione ancora più idiota solo a guardare l’espressione sul suo viso. Quella semplice domanda gli rimbombò nelle orecchie, richiamando alla mente vari ricordi che comprendevano i suoi gemiti mattutini nella doccia, le loro discussioni e le loro conversazioni quasi civili… Domanda: lui la odiava? Sì, solo non nello stesso modo. La odiava perché lo rendeva confuso e nervoso e soprattutto perché stava alterando la sua percezione di lei e di ciò che era veramente. La odiava perché in qualche modo era quasi diventata sopportabile, ma la odiava ancora di più perché lei lo faceva riflettere; gli faceva venire in mente delle domande a cui non avrebbe mai pensato di sua spontanea volontà.

“Ti odio?” ripetè, con ostentata nonchalance. “Sempre più ogni giorno che passa.”

Non aveva nessuna voglia di assistere alla sua reazione, così si chiuse velocemente la porta alle spalle, riuscendo a malapena a raggiungere il letto prima di cadere a peso morto sulle coperte. Si portò la mano appena curata davanti agli occhi, pensando tra sé che, anche stavolta, la Granger aveva fatto un lavoro niente male nel sistemare il casino che aveva combinato. La sua pelle era di nuovo candida ed eterea come prima; anche se riusciva ancora a sentire un lieve pizzicorio sotto strati di epidermide.

Non era come il bruciore agoniante delle protezioni della Preside…più come…i piacevoli rimasugli del tocco abile e delicato della Granger…

Era una cosa ridicola e pericolosa allo stesso tempo, così Draco nascose di colpo il polso nelle lenzuola per evitare di rimanere a fissarlo un minuto di più.

Si era sbagliato; era questo ciò che odiava di più in lei. Lo stava inquinando come un delizioso virus, infettandolo centimetro dopo centimetro; senso dopo senso. Ci pensò per parecchi minuti, disegnando nella sua mente una lista di tutte le volte che la sua presenza l’aveva fatto andare fuori di testa. L’odore era stata la prima cosa a colpirlo, seguito a ruota dai suoni nella doccia. E poi, dopo interi giorni di osservazione, fu costretto ad ammettere che la Granger non era l’orripilante Mezzosangue zannuta che credeva che fosse. E adesso, adesso poteva addirittura sentirla; il suo tocco c’era ancora, tiepido sulla sua pelle di ghiaccio, e la sua essenza ancora girovagava nelle sue vene dopo il giorno dell’incidente.

Draco ricontò mentalmente; erano quattro… olfatto, udito, vista e tatto. Qual’era l’ultimo?

Oh, ma certo. Gusto.  

 

 

 

 

A/N: Sono imperdonaaaaaabile, lo so! Mannaggia ragazzi, non sapete che fatica ho fatto per trovare il tempo di finire questo capitolo! So che aspettate da Agosto e mi dispiace un sacco! L Spero che avrete ancora voglia di proseguire con la lettura! Anche se sono in 5° Liceo vi GIURO che troverò il modo di finire questa storia, perché merita davvero! Ciaoooo!

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Capitolo 9
*** Veleno. ***


Chapter 9: Veleno.

 

Draco sfogliò scettico le prime pagine del libro ed esaminò la copertina con occhio critico, cercando un qualsiasi indizio sul perché mai la Granger gli avesse consigliato di leggerlo con così tanto entusiasmo.

Sembrava apparentemente innocente; la copertina principale ritraeva una fotografia Babbana in bianco e nero, che stava immobile davanti al suo sguardo indagatore.
In primo piano c’era un uomo di colore, evidentemente un Babbano visto il suo abbigliamento, con un’espressione in viso che sgorgava saggezza ed esperienza da tutti i pori. Draco controllò sul retro e notò che non era propriamente un’autobiografia, quanto piuttosto una collezione di brevi saggi e lettere, ordinate e pubblicate da un altro Babbano di nome Carson. Non c’era nessuna spiegazione riguardante il contenuto del libro, il che era piuttosto irritante, ma Draco si sentiva ridicolosamente intrigato dall’interesse dimostrato dalla Granger per quel piccolo tomo.

Con uno sbuffo testardo, lo gettò di lato e sprofondò il viso nelle mani, pulsando con la punta delle dita sulle tempie e chiedendosi quando tutto questo sarebbe finito. Sentì la Granger che lasciava la sua stanza e si dirigeva verso il bagno per la sua doccia abituale, come faceva ogni mattina. Draco si abbandonò senza cercare di trattenersi alla sua routine, alzandosi dal letto per andare a poggiarsi contro la solita parete, piegando leggermente la testa per far aderire al meglio l’orecchio contro il muro.

Pochi secondi più tardi, accompagnata dalla melodia prodotta dall’acqua scrosciante, la Granger cominciò a nutrire di nuovo la sua malata ossessione. Cominciando, come sempre, con dei sospiri quasi impercettibili, che si facevano sempre più distinti in un crescendo di gemiti. Draco inspirò a fondo mentre la sua emicrania cominciava lentamente a svanire, lasciandolo perso in uno stato di dormiveglia.

Come succedeva sempre.

Ma…

Qualcosa dentro di lui si mosse; una lieve, tiepida contrazione proprio sotto all’ombelico. Conosceva bene quella sensazione, ma era da un po’ che non la sentiva; dopotutto, essere costretti per mesi a pensare a come uccidere Silente si era rivelata un’occupazione a tempo pieno e non aveva certo avuto tempo di pensare a queste cose.

Ancora un po’ perso tra i suoni soffocati provenienti dal bagno, la sua mano si spostò istintivamente nel bel mezzo delle coscie. Non aveva nemmeno  fatto in tempo a sfiorare la sporgenza che gli stava crescendo nei pantaloni quando i suoi occhi si spalancarono di colpo…quella stessa mano andò a finire dritta spiaccicata contro il suo viso, in un auto−schiaffo pieno di shock. Allontanò il più possibile il suo corpo dalla parete, coprendosi le orecchie con le mani. Tremava da capo a piedi, pieno di disgusto per se stesso e terrore…cercò disperatamente di farla uscire dalla sua testa, chiudendo gli occhi in una morsa e digrignando i denti con una forza che non credeva nemmeno di possedere.

Draco si era ormai ridotto ad un cumulo rannicchiato ai piedi del letto, ma non osò muovere un muscolo, almeno finchè non sentì il familiare clic della porta principale, avvisandolo che la Granger era uscita per andare a lezione.

A quel punto aprì gli occhi e le sue braccia gli caddero inerti lungo i fianchi, mentre il petto si sollevava e si abbassava dalla repulsione e dal panico.

Che DIAVOLO è successo?

Con la fronte che sudava, la gola secca e la testa così piena di domande da pesare come un mattone, Draco riuscì a formulare un solo pensiero…si sentiva sporco, deturpato dal modo in cui il suo corpo aveva reagito nei fronti di quella fottuta puttana. Per la miseria, cosa c’era che non andava in lui? Per caso la sua psiche era talmente abituata alla presenza della Granger da riuscire a scatenare una reazione così malata?

NO!

No.

No, non significava niente. Un fottutissimo niente.

Erano passati molti mesi dall’ultima volta in cui aveva tratto una qualche soddisfazione fisica, perciò era più che normale che il suo corpo dovesse reagire così, soprattuto visto considerato che passava molto tempo in compagnia di una ragazza.

Che fosse Mezzosangue o meno.

Era una cosa inevitabile, ma poteva controllarla. Doveva.

Draco alzò il capo e trovò l’autobiografia di King ancora ai suoi piedi. Ingurgitando una grande quantità di saliva, afferrò il libro con dita ancora tremanti, e cominciò a leggere il primo capitolo. Era essenziale che si distraesse con qualcosa.

 


 

“Leggere?” Ripetè la McGranitt con espressione concentrata. “Sì, suppongo che possa essere una buona idea per tenere occupato il signor Malfoy.”

“Gli ho prestato qualche libro Babbano,” confessò Hermione. “Ho pensato che forse…forse così facendo avrei potuto cambiare i suoi ideali nei confronti dei Babbani−

“Ammiro la tua tenacia, signorina Granger,” sospirò lei, poggiandosi allo schienale della poltrona. “Ma vorrei avvisarti di non essere troppo entusiasta di quest’idea. Il signor Malfoy sembra abbastanza convinto di−

“Questo lo so,” la interruppe Hermione. “Ma non penso che sia così male come sembra. E’ un ragazzo intelligente e penso che, se riuscissi a instaurare in lui qualche dubbio riguardo a ciò che ha sempre creduto essere legittimo, forse potrei riempire quei buchi con informazioni sensate.”

La Preside si tolse gli occhiali e li poggiò alla scrivania ticchettando con l’asticella sul legno pregiato. “La tua opinione sul signor Malfoy è cambiata,” disse, dopo una lunga pausa; era un’affermazione, non una domanda.

“Beh,” Hermione aspettò di trovare le parole giuste, cercando di controllare il rossore che minacciava di tingerle tutto il visto da un momento all’altro. “Penso di riuscire a capirlo un po’ meglio adesso, e credo che anche lui si stia adattando a me in qualche modo. Sono abbastanza sicura che la sua percezione di me sia cambiata nell’ultimo mese, quindi, forse, potrei convincerlo che i suoi pregiudizi sono totalmente infondati.”

La McGranitt rimase a fissarla per qualche secondo. “Se proprio ne sei convinta” sospirò infine. “Allora vorrei raccomandarti di non sperarci troppo e di esser cauta. Ma mi fido della tua capacità di giudizio Hermione, perciò…”

“Grazie” accennò lei con un sorriso. “Questo significa molto per me, professoressa.”

“A proposito, come si sta comportando ultimamente?” chiese l’anziana strega. “Qualche strano atteggiamento, o sfogo di qualsiasi genere?”

Il cervello di Hermione la catapultò totalmente all’indietro, mostrandole sotto forma di flash, vari ricordi del giorno in cui aveva trovato Malfoy mezzo morto ai piedi dell’ingresso al dormitorio. Gli aveva promesso che l’intera faccenda sarebbe rimasta tra loro; Merlino, aveva proprio giurato. Col senno di poi, si è rivelato un gesto avventato, e anche se la sua lealtà nei confronti della Preside era praticamente certa e infinita, una promessa era sempre una promessa.

Che si trattasse di Malfoy o meno.

“No”, Hermione scosse la testa, ignorando il senso di colpa. “No, passa quasi tutto il tempo nella sua stanza.”

“D’accordo,” rispose la professoressa, con tono lievemente scettico. “Allora…tienimi informata sul suo comportamento. E lei, lei come sta, signorina Granger?”

“Sto bene,” rispose lei automaticamente, lanciando all’anziana strega uno sguardo curioso. “Perché me lo chiede?”

“Voglio solo assicurarmi che lei stia bene,” affermò la McGranitt. “Capisco che la tua vita sia complicata in questo periodo e voglio assicurarmi che tu stia bene,”

Hermione scrollò lievemente le spalle. “Ci sono persone più sfortunate di me al momento,” rispose schietta. “Io qui sono al sicuro, ed è tutto ciò che conta. Davvero.”

“Siamo d’accordo allora,” la McGranitt non riuscì a nascondere la sua preoccupazione dietro al tono rassicurante con cui cercò di finire il discorso. “Vorrei però che sapesse che può parlare con me di qualsiasi cosa la affligga, quando lo ritiene necessario,”

La giovane Grifondoro si sforzò di sorridere. “La ringrazio molto.”

“Oh, un’ultima cosa,” l’anziana strega continuò iperterrita. “Avrò bisogno di fare un viaggio ad Hogsmeade questa settimana e vorrei che tu e il signor Mc Laggen mi accompagnaste, in veste di Caposcuola. Potresti chiedere ai tuoi amici se hanno bisogno di qualcosa da comprare quando saremo là.”

“Ok,” disse Hermione, alzandosi dalla poltroncina. “Verrò Sabato, Professoressa.”

 


 

Era notte fonda e il vento aveva ricominciato ad ululare; stridendo attraverso i vetri della Biblioteca come violenti sussurri.

Hermione tremò da capo a piedi per la ventesima volta, cercando di mettere un po’ più di intensità nel suo incantesimo di Illuminazione che scaturiva dalla bacchetta. Dalla bocca le uscivano sbuffi di vapore congelato e le sue palpebre minacciavano di cadere da un momento all’altro mentre lei, china sui libri, cercava di decifrare un passaggio particolarmente complicato sul suo manuale di Trasfigurazione.

Tutto inutile; il vento era troppo forte e la sua mente troppo stanca per poter rimanere lì un minuto di più.

Non aveva fatto in tempo a ritornare nel dormitorio dopo le lezioni come faceva tutti i giorni, dato che Neville l’aveva quasi implorata di aiutarlo con un compito di Trasfigurazione, e pensava che non avesse senso fare due giri per niente, così rimase direttamente in Biblioteca. La sua uniforme era tutta stropicciata e pesante, dopo aver passato tutta la giornata addosso al suo corpo esausto. Oltretutto, non aveva cenato a causa dell’incontro prefissato con la Preside nel suo ufficio e ora stava morendo di fame. La notte non aveva portato a nessun progresso, come al solito, perciò…che senso aveva rimanere?

Bastò un altro sibiliò del vento ad interrompere del tutto il suo lavoro, così chiuse di scatto il libro e si affrettò a raccogliere le proprie cose mentre il fragore del vento sulle finestre continuava ad aumentare terribilmente. Corse attraverso i corridoi con passo svelto ma cauto, con il cuore che le batteva all’impazzata nel petto.

 Ad Lucem!” sussurrò ai leoni nel quadro ed entrando nella stanza principale. Buttò a terra la borsa senza nemmeno curarsi di aver fatto rumore e cercò di ricomporsi respirando affannosamente.

“Che diavolo ti prende?”

Hermione fece un balzo di trenta metri al suono di quella voce, con gli occhi sbarrati e una mano sul petto che ormai non si conteneva più. “Per la miseria, Malfoy!” lo rimproverò lei, cercando di sovrastare i suoi respiri agitati. “Che stai facendo?”

Lui la guardò inviperito, osservandola con sguardo indagatore, e i suoi propositi di ignorarla a tutti i costi dopo l’incidente di quella mattina si sfaldarono. Era talmente allettante l’idea di irritarla in un momento come questo, in cui lei era sicuramente terrorizzata e vulnerabile…

Un mese passato in sua presenza, e ancora Draco faticava a comprenderla. Ma nonostante la vocina nella sua mente gli stesse dicendo che quell’idea era particolarmente rischiosa, lui non riuscì ad evitare di aver voglia di giocare un po’ con lei.

Lo divertì notare quanto fosse disordinata la Granger in quel momento; con l’uniforme tutta stropicciata, la gonna che le arrivava pudicamente al ginocchio – a differenza di molte altre ragazze che non si facevano problemi a mostrare le coscie – e i bottoni della camicia chiusi alla bell’e meglio. Dio, quella ragazza non saprebbe vestirsi in modo provocante nemmeno se la sua vita dipendesse da quello.

Sicuramente non ci sarebbe stato nulla di male nel giocare un po’ con la piccola Grifondoro, solamente per scacciare un po’ la noia...

 “Che fai lì seduta sul pavimento?” le disse sprezzante. “E perché diavolo sei così agitata?”

Hermione deglutì con forza quando l’ennesimo colpo di vento si abbattè sulla finestra del salotto. “Io…non − non sono agitata”

“Oh, ma certo,” sghignazzò lui, riconoscendo sul suo volto i sintomi della paura. “Dimenticavo il tuo piccolo problemino con il vento−

“Sta zitto, Malfoy,” rispose Hermione, alzandosi in piedi per cercare di recuperare un minimo di dignità. “Perché sei sempre pronto a venirmi in agguato?”

“Io non sto in agguato,” Draco ribattè calmo, appoggiando la schiena alla parete. “Sono solo qui in giro−

“Beh…come mai?” domandò lei diffidente, spostando la borsa sul divano. “Solitamente non sei sveglio quando arrivo a casa−

“Sbagliato di nuovo, Granger,” la interruppe. “Io sono sempre sveglio quando arrivi a casa. Sono solo chiuso in silenzio nella mia stanza.”

Hermione sembrava talmente confusa da quell’affermazione, che il ghigno di Malfoy si ingigantì ancora di più. “Sei sempre sveglio?”

“Cercare di dormire quando tu fai tutto quel casino è praticamente impossibile, Granger,” le disse senza mezzi termini. “Come ho già detto una volta, è come vivere con un gigantesco troll di montagna che non sa dove andare a sbattere−

“Io non sono così goffa! Sono solo−“

“Rumorosa e fastidiosa,” finì Draco con tono annoiato. “E anche una rompiscatole−

“Aspetta,” Hermione borbottò sottovoce. “Quindi…stai dicendo che anche tu hai problemi a dormire?”

Merda.

Draco si accorse del suo errore troppo tardi. “Dormo alla grande,” disse, lanciandole uno sguardo acuto. “Anche se i vostri letti da Grifondoro sono ridicolosamente scomodi.”

Hermione si bloccò, curvando la testa di lato; i suoi occhi dorati osservarono la sua figura in controluce dall’alto verso il basso. “Allora… che stavi facendo nella cucina?”

“Stavo cercando di prepararmi qualcosa da bere,” rispose lui, alzando gli occhi al cielo e indicando il bollitore. “Ma il tuo fottutissimo attrezzo Babbano si è rotto−

“Non è rotto,” mormorò lei, con decisione. “Vado a cambiarmi e poi ci penso io−

“Non voglio che lo faccia tu, so beniss−

“Oh, non essere così infantile,” Hermione aggrottò le sopracciglia ma si spaventò a morte quando un colpo di vento fece sbatacchiare un ramo del platano picchiatore sul vetro della cucina. Cercando di ricomporsi, si rivolse di nuovo a Draco. “Senti, devo farti comunque delle domande, perciò−

“Domande?” ripetè Draco. “Perché dovrei rispondere alle tue−

“Malfoy, smettila,” lo bloccò lei con crescente irritazione. “Non sto cercando di estorcerti nessuna informazione−

“Certo, come no−

“Le domande che devo farti riguardano il tuo soggiorno qui e come possiamo renderlo meno fastidioso,” spiegò lei, dirigendosi verso la sua camera da letto.
“Quindi smettila di essere così−

“Hai dieci minuti,” la avvisò lui, allontanandosi dalla cucina e sprofondando tra i cuscini del divano. “Sbrigati, Granger.”

Hermione ci mise meno di due minuti per cambiarsi in una maglietta larga e i pantaloni del pigiama, prendendo anche la coperta immaginando che, data la ‘gentilezza’ del suo compagno di stanza, quella sarebbe stata una lunga chiacchierata. Draco battè impaziente il piede contro la gamba destra del tavolino mentre lei preparava due tazze di cioccolato bollente, e le ci volle tutto l’autocontrollo del mondo per non scaraventargli ancora una volta una tazza addosso.

“Dunque,” cominciò Hermione, appoggiando le tazze al tavolo e sedendosi sul divano opposto. “Questo finesettimana andrò ad Hogsmeade e mi chiedevo se avessi bisogno di qualcosa da comprare−

“Non ho bisogno che tu mi compri un bel niente!” rispose lui, alzandosi dal divano con movimenti furiosi. “Quante volte te lo devo dire, Granger? Sei maledettamente sorda? Non ho bisogno di niente da te−

“Sapevo che avresti reagito in questo modo,” disse lei, controllando il suo tono di voce come se quello fosse un serioso colloquio di lavoro. “Senti, non sono mica soldi miei; sono i soldi della scuola, e visto che tuo padre era uno dei Governatori, tecnicamente si tratta dei tuoi soldi.”

Non era vero. Hermione avrebbe dovuto pagare di tasca sua tutto ciò che Malfoy le avrebbe richiesto, a condizione che rientrasse nella sua fascia di prezzo. Si era aspettata che Draco considerasse quell’offerta come un’insulto al suo orgoglio, così si era inventata quella piccola frottola per convincerlo. Non era sicura del perché, ma desiderava che lui potesse avere qualche comfort in più da poter considerare di sua proprietà personale; probabilmente per far si che il suo umore si calmasse un pochino, oppure si trattava di qualcosa d’altro che ancora non riusciva ad afferrare.

La giovane Grifondoro non poteva evitare di vederlo in una luce diversa dopo il suo tentativo di fuga, e soprattutto dopo quel gesto tenero e inaspettato che ancora le ribolliva sotto la guancia al solo pensiero. Non aveva mai, mai considerato la possibilità che Malfoy potesse essere gentile (qualsiasi cosa facesse) e quel momento impulsivo l’aveva completamente colta di sorpresa; era come se l’avesse resa più consapevole dei suoi bisogni e dei suoi sentimenti. La vista del suo Marchio Nero avrebbe dovuto farla tornare sui suoi passi, ma non successe. Al contrario, si ritrovò a pensare alla voce della McGranitt che fluttuava nella sua testa.

Faresti bene a ricordarti che Draco fu costretto a compiere la sua missione, e dovresti pensarci bene quando ti trovi a dover discutere con lui…

Hermione si disse che non le importava, non del tutto almeno, però aveva passato l’odio e adesso si ritrovava in un punto che non sapeva ancora riconoscere.  

“E tu ti stai offrendo di comprare queste cose per me?” domandò Draco, scettico. “Perché?”

“Oh, per ragioni puramento egoistiche,” rispose lei, con un sorriso. “Magari se avessi qualche cosa di nuovo con cui passare il tempo, sarai più gentile.”

Draco fece un risolino. “Ci vorrà più di qualche giocattolo per far si che io sia gentile nei tuoi confronti, Granger” le disse deciso. “A parte quello, stai dicendo che non ti aspetti nulla in cambio?”

“So che non accetteresti nessuna delle mie proposte in ogni caso,” Hermione alzò le spalle. “E poi tu non hai nulla da darmi che vorrei.”

Dracò sentì la mascella che si contraeva con palese irritazione. “D’accordo,” buttò lì alla fine. “Comincio ad essere abbastanza stufo di vedere sempre quelle maledette lenzuola rosse sul mio letto, perciò prendimene un paio verdi. E quel fottutissimo shampoo mi−

“Aspetta un secondo,” disse Hermione, ficcando la mano nella borsa. “Me lo scrivo.”

Mentre Hermione era occupata a cercare un blocco per appunti e una matita, una delle sue siringhe per l’allergia caddero sul pavimento, rotolando fino ai piedi di Draco. Il pallido giovane la raccolse e l’analizzò con cautela, rigirandosela fra le mani e alzando un sopracciglio dubbioso quando vide le istruzioni stampate in immagini minuscole sul lato del tubetto.

“Cos’è, adesso i Babbani non sanno neanche leggere?” la prese in giro. “Avrei pensato che−

“Sono immagini direzionali,” rispose lei con rabbia. “Se avessi un’attacco allergico e qualcuno mi trovasse, le immagini spiegano come darmi l’antidoto.”

“Perché non puoi farlo da sola e basta?”

“Se raggiungo un cero stato non potrei esserne capace,” spiegò Hermione. “Sono solo una precauzione in più−

“E se non prendi l’antidoto?” domandò Draco, lanciandole uno sguardo annoiato ma rendendosi conto solo in quel momento di quanto in realtà fosse interessato alla risposta. “Cosa succede?”

“Potrei morire,” rispose Hermione, e a Draco sinceramente non piacque il tono irriverente con cui rispose. “Rimettilo a posto e basta, Malfoy. Proseguiamo con la tua lista.”

Draco tornò a guardarla, questa volta con una sensazione pressante e inquietante che gli riempiva la mente, e i suoi occhi ghiacciati si rituffarono su quegli strani oggetti che aveva in mano. Controllò quell’immagine ancora una volta prima di ficcarli di nuovo nella borsa della Granger, voltandosi verso di lei con le mani giunte.

“Quindi, il vento ti terrorizza e una semplice ape può ucciderti,” ribadì con voce roca. “Pensavo che voi Grifondoro foste indistruttibili, oppure qust’odiosa caratteristica si applica solo a quella testa di cazzo immortale che frequenti sempre?”

“Sono umana,” rispose lei sottovoce, incontrando il suo sguardo. “Ho dei difetti, proprio come chiunque altro.”

Draco sbuffò e cercò di non pensare troppo al significato sottinteso di quella frase. “Chissenefrega,” grugnì. “Comunque sia, voglio delle lenzuola verdi e qualcosa di nuovo per la doccia. Quella roba economica che usi sta iniziando a spellarmi il cuoio capelluto.”

“Uh, non farmici sperare troppo,” commentò lei sarcasticamente, guadagnandosi un’occhiata offesa dal biondo. “Qualcos’altro?”

“Qualche scatola di Gelatine Tutti i gusti +1” rispose. “E un po’ di Filomenta Interdentale.”

“Nient’altro per la tua stanza?”

“Dubito che ci possa essere qualcosa ad Hogsmeade che possa rendere quella stanza meno tragica di quello che è,” borbottò Draco cinico. “Le lenzuola andranno bene.”

“Bene. Qualcos’altro?”

Draco si bloccò un secondo, curvando la testa da un lato per pensare. “Se il Ghirigoro è aperto, comprami qualcosa da leggere. La tua roba Babbana sta iniziando a darmi alla testa.”

Hermione strinse gli occhi. “Pensavo che avessi detto che non erano tanto male−

“Preferirei comunque leggere un po’ di decente Letteratura Magica,” rispose lui. “Quel libro che mi hai detto di leggere è fottutamente bizzarro.”

“Stai leggendo Martin Luther King?” chiese Hermione, spalancando gli occhi con interesse. “Che cosa pensi a riguardo?”

“Ho immaginato che me l’avessi dato da leggere nel vano tentativo di farmi un lavaggio del cervello e di farmi piacere i Babbani, ma il tuo stupido piano è andato a fuoco perché tutto ciò che ha provato è stato quanto fottutamente disgustosi siate voi Babbani.”

Hermione dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non attraversare il tavolo e schiaffeggiarlo. “Ok,” sospirò con crescente agitazione. “Perché dici così?”

“Perché, secondo quel libro, i Babbani schiavizzavano i Babbani di colore e li trattavano da merda,” sputò fuori lui, apparentemente molto sconcertato da quell’informazione. “A meno che io non abbia male interpretato il libro?”

“No,” disse Hermione. “E’ tutto vero.”

Draco sogghignò rivolto verso di lei. Era un concetto assurdo, talmente alieno da aver catturato la sua attenzione all’istante, seppur con disgusto. La discriminazione sulla base del colore della pelle non si era mai sentita nella Storia della Magia, e il solo pensiero gli fece schifare i Babbani ancora di più. Blaise, probabilmente l’unico tra i suoi amici che rispettava veramente, era di colore e l’idea che lui potesse essere trattato male per quello lo faceva infuriare. E l’unica cosa che aveva capito da quella riflessione, era lo stato di barbarie in cui si trovavano quegli idioti di Babbani.

“Fottuti deficienti,” borbottò, stringendo le labbra mentre fissava la Granger. “E tu difendi questo branco di incivili?”

Hermione inspirò profondamente un’altra volta, prima di scegliere quali parole usare per riportare la conversazione ad un livello che potesse portarla sulla strada della vittoria. “Fu un periodo vergognoso della storia dell’umanità e ancora adesso i Babbani se ne pentono−

“Vergognoso è un eufemismo,” le disse Draco, colpendo con tocchi regolari la gamba del tavolino. “Pensavo che fossi tu quella intelligente−

“Non ho mai detto che penso sia giusto,” si difese Hermione. “Ho solo detto che è successo e−

“Beh, è un maledettissimo scherzo,” grugnì. “Non posso credere che tu stia dalla parte di una specie che fa distinzioni a seconda del colore della pelle. E’ solo pelle. Non è qualcosa che si può controllare.”

Ecco, ci siamo…

Hermone ingoiò nervosamente una grossa quantità di saliva e si preparò ad affrontare il discorso. “Sì,” disse, più tranquillamente che potè. “E’ ingiusto giudicare qualcuno per qualcosa sulla quale non hanno nessun potere, vero?”

Draco alzò la testa di scatto, e in quel momento desiderò di mandare indietro il nastro e di rimangiarsi ogni parola. L’argomento della conversazione si era improvvisamente spostato verso un territorio particolarmente delicato; il suo sangue.

Il nervosismo causato dal precedente senso di rabbia scomparve dai suoi lineamenti pallidi, lasciando i suoi occhi grigi completamente spalancati e la bocca semi−aperta. Le sue sopracciglia fiere si unirono in un’espressione confusa e qualcosa che somigliava terribilmente all’ansia montò all’interno del suo petto. Da fuori sembrava immobile, ma guardando da vicino, Hermione poteva sentire un lieve, costante tremolio che lo percorreva da capo a piedi. Il silenzio era greve, ed Hermione non osò interromperlo, anche quando un violento colpo di vento lo fece al posto suo.

“Tu, scaltra puttanella che non sei altro,” Draco mormorò con calma, l’espressione vuota. “L’hai fatto di proposito−

“Ti ho semplicemente fornito dei fatti storici,” Hermione cercò di riportare il tono della conversazione ad un’educata discussione. “Sei tu che hai tirato le somme−

“E’ diverso, Granger!” la interruppe lui, fracassando il pugno sul tavolino. “Le circostanze sono completamente e fottutamente diverse!”

“Le circostanze sono sempre diverse,” rispose lei, ignorando l’istinto di menarlo ancora una volta. “Ma…ma il punto è sempre quello−

“Fanculo,” sbraitò lui. “Se pensi che questo abbia cambiato la mia opinione nei confronti dei Babbani allora sei maledettamente nel torto, Granger!”

“Dipende da te,” Hermione alzò le spalle con forzata nonchalance, però riuscì a vedere il dubbio attraverso quegli occhi infiammati ed era proprio ciò che voleva. “C’è qualcosa d’altro che vorresti che prendessi ad Hosgmeade?”

I lineamenti di Draco si rilassarono e lui si appoggiò di nuovo allo schienale del divano, osservando circospetto il volto innocente della Granger. “Lo sai, sei una strega particolarmente testarda, Granger” le disse infine.

A dispetto della gravità del precedente discorso, Hermione non riuscì ad evitare che un risolino le incurvasse le labbra. “Potrei prenderlo come un complimento, Malfoy.”

“Non farlo,” rispose, con tono molto più tranquillo di prima ma ancora teso in qualche modo. “E devo ricordarti che è la casa Serpeverde quella che riceve i pregiudizi più negativi? Quindi puoi anche saltare giù dal piedistallo della tolleranza Granger, perché anche tu giudichi.”

La giovane strega spalancò gli occhi stupita. “Io…suppongo che tu abbia ragione,” ammise controvoglia. “Ma sfortunatamente, tu sembri confermare lo stereotipo−

“Ma tu hai preso quella decisione ancora prima di incontrarmi,” contrattaccò lui. “E la pensi allo stesso modo riguardo ogni possibile Serpeverde.”

Hermione si sfregò le labbra e prese un bel respiro. “Ok,” cominciò. “Se la metti così allora mi scuso per essere saltata alle conclusioni così in fretta.” Si fermò, guardandolo in modo quasi triste. “E’ un peccato che tu viva in base a quello.”

Draco scansò gli occhi lontano da lei e rimase a fissare le sue stesse dita incrociate in grembo, sentendo uno strano movimento che si muoveva all’interno del suo stomaco; scatenato da qualcosa che lei aveva detto o fatto. Il suo corpo e la sua mente non facevano altro che reagire alla sua presenza con movimenti e sensazioni inappropriate, e si domandò di colpo se non fosse solo paranoia. Le cose erano due: o la sua sanità mentale lo stava lentamente abbandonando, strisciando fuori dalle orecchie…oppure la Granger era meno…fastidiosa.

Non aveva idea di quale opzione preferisse.

 


 

E’ stato un incidente.

Draco non aveva intenzione di addormentarsi di nuovo sul divano; cullato in un sonno così perfetto dall’alternarsi dei suoi sospiri. Si era svegliato con un’appropriato senso di rigidità in mezzo alle gambe e con una malata urgenza di raggiungere con la mano una ciocca di capelli della Granger per poter rubare solo un tocco di lei.

O magari un assaggio…

Il suo profumo era più intenso quel mattino e deliziosamente muschiato, il che gli riempiva le narici con un profondo senso di beatitudine. Gli ricordava il sapore dell’estate all’aria aperta; l’estate che aveva perso, passando tutto il tempo a nascondersi nei luoghi più oscuri e nascosti della Scozia…
Ringraziando silenziosamente Merlino per il fatto che era stato il primo a svegliarsi, si diresse di malavoglia verso la sua camera, per allontanare il più possibile l’orrenda sensazione che quell’erezione gli aveva lasciato. Passando per il divano sul quale dormiva la Granger, non resistette all’idea di passare lievemente le dita tremolanti tra i suoi riccioli che ricadevano al di là del poggiabraccio.

Le sue labbra non erano mai sembrate più invitanti di così; leggermente asciutte dal sonno, il che poteva essere visto come un invito ad ammorbidirle. Ma nonostante questi pensieri, non si fece vincere dalla disgustosa tentazione, e velocemente tornò nella sua stanza, maledicendosi in silenzio.

Si lasciò cadere in un angolo solitario della stanza e nascose il volto tra le mani, lasciando che il suo auto−disgusto lo consumasse dentro. Non aveva idea di chi odiasse di più in quel momento; lei o lui stesso.

E la cosa peggiore; il suo odioso imbroglio della notte precedente gli aveva lasciato delle domande aperte che volteggiarono nella testa perfino nei suoi sogni quella stessa notte. La Granger stava…alterando le cose, estirpando i suoi pensieri come petali secchi e riposizionandoli a suo piacimento.

Che cazzo gli stava facendo?

 


 

Hermione aprì le palpebre lentamente, e si sentì meravigliosamente riposata, anche se un tantino disorientata. Non aveva alcuna memoria del momento esatto in cui si fosse addormentata la notte scorsa (e non ricordava nemmeno di aver visto Malfoy lasciare il salotto) ma una veloce occhiata all’orologio le disse che era in ritardo per le lezioni e non aveva proprio tempo per rimuginare su queste cose. Decise che avrebbe saltato la doccia mattutina, e si spruzzò addosso un po’ di deodorante babbano per fare presto.

La mattinata passò lentamente, ed Hermione finì per passare la pausa pranzo in Biblioteca, in compagnia di un panino e dei suoi libri sugli Horcrux. Dopo aver passato un paio di ore inutili a sfogliare quei tomi antichi, decise di tornare al dormitorio. Pensieri riguardandi Malfoy la invasero mentre attraversò i corridoi, pensando alla discussione della sera prima. Fu una delle piu intense che abbiano mai avuto e, anche se era certa di essere riuscita a colpire qualche nervo scoperto, la vittoria non sembrava così soddisfacente. Alla fine del discorso sembrava perso e confuso, e questo non aveva contribuito a calmarlo abbastanza da farlo parlare in modo civile.

Hermione era talmente concentrata nel pensare a Malfoy, che non si era accorta del continuo brusio attorno alla sua testa e nemmeno del segno rosso sul palmo della mano, che vide solamente nel momento in cui dovette afferrare la maniglia della porta per entrare nel dormitorio.

Un’ape l’aveva punta.

“Oh merda,” sussurrò, entrando in salotto e seppellendo la mano nella borsa.

Poteva sentirlo adesso; il veleno che scorreva nel suo sangue e ribolliva in fondo alla gola. Le sue vie respiratorie cominciavano già a restringersi e a malapena riusciva a respirare… sputò e tossì violentemente, con la mano ancora sommersa tra gli infiniti oggetti nella sua borsa. La sua testa cominciò a pulsare e a vorticare e ormai le ginocchia non la sorreggevano più.

“Malfoy!” ansimò disperata, abbandonandosi sul pavimento e trascinando con se la borsa, spargendo il suo contenuto sulle mattonelle. “Draco!”

Con quell’ultimo sforzo, i rimasugli della voce di Hermione si limitarono a brevi e intensi respiri, mentre la sua vista cominciò a sfuocare e i contorni a sfumarsi tra loro. Udì il rumore di una porta che si apriva in lontananza, e un’ombra imponente le si parò davanti ma era troppo distorta per poter capire che cosa fosse.

Ecco in che condizioni la trovò Draco; raggomitolata sul pavimento, in preda agli spasmi e con le pupille dilatate dal terrore. Il suo cervello gli disse che questa doveva essere la tipica reazione allergica da puntura di cui le aveva parlato, ma il suo corpo rimase congelato in quel punto per un lungo istante.

Poteva onestamente ammettere di aver pensato per un’attimo di voltarsi e di lasciarla lì a morire; chiudendosi la porta alle spalle finchè i versi agonizzanti della Mezzosangue non si fossero consumati fino all’ultimo battito. Magari in quel modo tutto sarebbe finito; il suo lento e costante avanzare tra i suoi sensi, e soprattutto il suo crollo mentale. Forse, se lei fosse stata sradicata e tagliata fuori dalla sua esistenza, lui avrebbe potuto ritrovare un senso del suo essere, oppure sarebbe solo diventato pazzo un po’ più alla svelta.

Si mosse prima di potersi fermare, inginocchiandosi al suo fianco e scostando con mani tremolanti i suoi oggetti sparsi sul pavimento. I suoi occhi scannerizzarono la stanza in cerca del tubicino illustrato, trovandolo ripiegato in mezzo ad uno dei suoi libri. Con la siringa finalmente in mano, si voltò e alzò il piccolo oggetto di fronte al suo volto bluastro.

 “Granger,” disse Draco. “Dimmi che cosa dovrei fare adesso.” Non ricevette risposta; nemmeno un lampo di consapevolezza nel suo sguardo dorato. “Cazzo.”

Armeggiando con il cilindro, Draco esaminò il piccolo set di immagini e cercò di reprimere la sua agitazione, trasformandola in un tentativo di capire quelle istruzioni. Dopo averle guardate per la quarta volta, cercò di radunare i nervi e si avvicinò ad Hermione. Esitò un secondo prima di piegarsi verso di lei, spostando i suoi vestiti con dita tremanti…aprì un paio di bottoni dei jeans e avvicinò la siringa al suo fianco, controllando un ultima volta prima di conficcarla nella pelle.

Il suo battito aumentò in preda al panico e rimbombò nel silenzio del momento. Con l’altra mano che le circondava la vita, Draco sentì all’istante che il suo respiro stava cambiando. Mantenne la presa ferma attorno al cilindro e il suo palmo poggiato sulla sua pelle fredda, con gli occhi che vagabondavano sul suo viso, in attesa.

Draco notò ogni dettaglio del suo affascinante volto mentre i secondi passavano; dal leggero rossore che stava ritornando sulle sue guance alla luce che si intravedeva nei suoi occhi. Era talmente vicino, che il suo profumo ormai si era trasferito in ogni centimetro del suo maglione e non riuscì a reprimere un singhiozzo quando−finalmente− un verso gutturale scaturì dalla bocca di Hermione. Il respiro che ne uscì andò a finire dritto sul suo viso imperlato di sudore.

Sapeva di sole e zucchero.

Draco lo ingoiò mentre lei apriva e sbatteva gli occhi un paio di volte… quasi si aspettava di essere respinto, data la troppa vicinanza, non appena lei si fosse accorta di lui. Ma avrebbe dovuto sapere ormai che era praticamente inutile predirre qualsiasi cosa la Granger facesse, e così si ritrovò entrambe le sue mani ai lati del viso, con i pollici che gli sfioravano delicatamente le guance. Lei lo guardò con occhi squisitamente dolci e sfumati dalla nube di morfina causata dall’antidoto…e Draco non si azzardò a rompere il contatto.

“Grazie…” sussurrò lei, emettendo un altro lieve sospiro che sapeva di zucchero e di paradiso…e che andò a finire dritto sulla sua bocca, ancora semi aperta dall’ansia.

Non sapeva se fosse vero o meno, ma avrebbe giurato sulla tomba di Salazar che era stata lei ad appoggiarcisi per prima.

 

 

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Capitolo 10
*** Gusto. ***


Chapter 10: Gusto.

 

Non è stato niente.

Assolutamente niente.

Però…è stato un magnifico ‘niente’.

Solamente un minuscolo scontro tra i loro sospiri e i loro occhi chiusi, mentre il labbro superiore di Draco andò a finire sulle labbra di lei. Solamente una minuscola connessione tra pelle e gusto, che durò in tutto non pù di due battiti di ciglia, prima che la realtà e la crudeltà del momento scaturisse dal nulla.

Gli occhi grigi e selvaggi di Draco si spalancarono e lui si allontanò di colpo, strappando il suo viso lontano dalle mani della Granger, come se solo il suo lieve tocco gli avesse procurato una bruciatura letale. Il suo petto dolorava dall’agitazione e dallo schock che gli bruciava le ossa e martellava il cranio. Poteva sentire anche lei, mentre respirava a fatica, e i suoi occhi caddero sulla piccola porzione di pelle nuda, proprio dove lui stesso aveva infilato l’antidoto; in quel momento, quella fottuta contrazione provata poche ore prima si fece risentire, colpendolo proprio al di sotto dell’inguine.

Si stava lentamente rimettendo tutto a fuoco; la vista, il suono, tutto ciò che iniziava e finiva con lei. Draco gettò un’occhiata verso il pavimento e notò con una smorfia la fiala vuota che teneva ancora stretta in mano, senza nemmeno accorgersi di averla tolta dal suo fianco mentre si allontava da lei. La gettò via disgustato, dando la colpa a quel piccolo pezzo di plastica per averlo trascinato in questa situazione. Questa terribile e disgustosa situazione.

Come può essere successa una cosa del genere? Come?

Come è possibile che la Granger…?

E perché DIAVOLO non si muoveva, né diceva una parola?

L’unica cosa che riempiva il silenzio che si era creato in quel momento, erano i loro respiri; sconvolti e ripetitivi, come un disco rotto. Draco poteva ancora sentirla sulle sue labbra; la bocca ancora umida, un’ultima traccia del suo tocco che aleggiava sulla pelle.

Odiandosi segretamente per il gesto che stava per fare, si portò il braccio davanti al volto e lo strofinò ripetutamente sulla bocca finchè non iniziò a bruciare.

Con un’ultimo, scandalizzato sguardo rivolto verso la Granger−che era ancora immobile sul pavimento− Draco si alzò e si trascinò nella sua stanza, lasciandole come ultimo ricordo solo il rumore secco di una porta vibrante sbattuta contro il muro di pietra.

Draco avrebbe volentieri sacrificato l’intero patrimonio dei Malfoy pur di inserire molto più di un muro tra di loro, ma−vista la situazione−avrebbe dovuto accontentarsi. Perlomeno ora non era costretto a vederla, ma sulla sua lingua e nelle sue narici aleggiava ancora il suo profumo, per non parlare della sua essenza, che gli era entrata nel petto come un gas invisibile.

La rabbia e la mortificazione per se stesso lo stavano distruggendo; si tenne le mani schiacciate contro il viso, mentre flash continui del loro ‘quasi inesistente’ bacio gli pulsavano negli occhi. Un ringhio soffocato si bloccò in fondo alla gola, mentre Draco tentava con tutto se stesso di cacciare via quelle immagini, ma quelle non ne volevano sapere di andarsene. Merlino, quanto la odiava. Quanto odiava se stesso. Quanto odiava ogni fottuto particolare di quella giornata che aveva portato a questa incresciosa piega degli eventi.

Draco sapeva di essere diventato pazzo. Tuttavia, strano a dirsi, non si era mai sentito così vivo.

E come se non bastasse, il loro ‘contatto’ era stato decisamente delizioso.

Cazzo…

 


 

Hermione rabbrividì. Draco aveva appena fracassato la porta alla parete e lei era ancora lì a terra, tremante come una foglia. Avrebbe voluto disintegrarsi nel nulla con tutta se stessa, oppure avrebbe voluto chiedere di nuovo in prestito alla McGranitt il Giratempo, per cancellare quell’incidente dalla sua esistenza. La cosa peggiore è che non aveva idea di chi avesse iniziato quella…cosa; il loro semi−bacio.

Oh Dio…

Non riuscì ad evitarlo; si passò la lingua tra le labbra ed assaggio per l’ultima volta i rimasugli del suo sapore; qualcosa simile ad agrumi e ‘mascolinità’, con una spruzzata di menta fresca. Poteva ancora sentire l’alone tiepido che circondava il punto esatto in cui lui l’aveva tenuta stretta mentre gli somministrava l’antidoto… Malfoy era certamente ritornato alla sua giusta forma fisica da quando aveva iniziato a nutrirlo ed Hermione pensò che non si era mai sentita così protetta dalla vicinanza del corpo di qualcuno come lo era stata con lui.

Dalla notte del Matrimonio di Bill e Fleur, quando lei e Ron avevano entrambi perso la verginità in un goffo tentativo di chiarirsi le idee riguardo ai loro reciproci sentimenti, non aveva mai goduto di alcuna presenza maschile che potesse considerare anche lontanamente importante. Tutto ciò che ricordava di quella notte era l’addio imbarazzato che si erano scambiati lei e Ron, prima che lui scomparisse assieme ad Harry per la ricerca degli Horcrux e la lasciasse sola, con un terzo del suo cuore e la testa piena di domande.

E prima ancora di Ron?

Qualche notevole bacio con Viktor e un paio di sfortunati abbracci con Cormac. Grandioso…

Hermione sapeva di non essere la ragazza più gettonata della scuola, e ci sarebbe volute un vero miracolo per farla diventare anche solo lontanamente sicura di sè e sexy come la maggior parte delle sue compagne, ma nonostante ciò, era pur sempre una donna e –come tale− anche lei aveva dei bisogni e dei desideri. Aveva adorato quella piacevole sensazione di intima vicinanza e, che Godric potesse maledirla per questo, Draco era stato per lei ciò che i sedativi sono per il dolore; aveva calmato in una sola volta tutte le voci che le vorticavano continuamente in testa, spegnendo la sua coscienza e lasciandola lì muta, facendosi guidare solo da una meravigliosa senzazione di libertà. Era stato istintivo ed impulsivo; qualcosa che le ricordò che in lei non esisteva solo noia e solitudine.

Ma adesso…

Beh, adesso sentiva solamente di aver tradito ogni persona a lei cara, inclusa se stessa. Per essere la strega più brillante della sua età, aveva appena fatto la cosa più stupida immaginabile. Aveva bisogno d’aria; per recuperare la sua sanità mentale, i suoi pensieri, tutto. Oltretutto, sarebbe stato meglio andare in Infermeria a controllare che la sua puntura fosse completamente innocua.

Lentamente, cercò di alzarsi in posizione eretta, brontolando sottovoce quando le sue ginocchia le pulsarono dolorosamente. Stava ancora tremando, anche se non sapeva dire se era a causa della puntura o del suo bacio con Draco; non ne aveva idea. Le sue dita si affrettarono ad abbassare la maglietta e si chiuse velocemente i bottoni dei jeans, trovandoli ancora caldi dopo il suo passaggio.

Combattendo l’ennesimo brivido di freddo, Hermione prese la sua bacchetta e si diresse verso la porta principale, ringraziando mentalmente per il fatto che il suo dormitorio fosse molto vicino all’Infermeria. Attraversando con non poche difficioltà i corridoi silenziosi, arrivò nella sala e in quel momento si accorse che era terribilmente piena di gente. Rimase immobile sulla soglia mentre i suoi occhi scannerizzavano l’Infermeria, focalizzandosi quasi all’istante sull’unica persona che conosceva che possedeva l’esatta sfumatura di biondo dei capelli di Malfoy.

“Luna,” la chiamò Hermione, facendosi strada attraverso due studenti Corvonero del 3° anno. “Che cosa sta succedendo?”

“Una delle piante carnivore nella serra di Erbologia si è ribellata senza preavviso,” rispose lei, con il suo solito tono sognante. “Un sacco di persone sono state morse.”

Hermione trattenne il fiato, nervosa. “Stanno tutti bene?”

“Penso di sì,” Luna annuì, indicando la piccola bruciatura sul gomito. “Madama Chips ha quasi finito di curare Laura Madley e penso di essere la prossima.”

“E dopo di te quante persone devono essere medicate?”

“Tutti quelli laggiù,” mormorò lei, indicando un gruppo di una cinquantina di studenti, minimo. “Alcuni però non sono stati morsi, ma punti da uno sciame di api che si è intrufolato nel castello per colpa del tempo gelido. Tu perché sei qui?”

“Sono stata punta”

E poi baciata…

“Non sei allergica alle punture d’ape, Hermione?” l’altra giovane strega interruppe i suoi pensieri.

“Sì, io−”

“Le tue labbra sembrano un pò diverse,” commentò tranquillamente Luna, mentre Hermione si sentì ribollire le guance. “E anche i tuoi occhi, sono diversi.”

Hermione deglutì rumorosamente. “E’ solo−

“Oh, signorina Granger!” una nuova voce interruppe il loro discorso, ed Hermione si voltò, trovando una McGranitt parecchio sconvolta che le si avvicinava. “Eccoti qui. Il signor Paciock diceva che ti avrei trovato in Biblioteca, quello sciocco ragazzo. Sei stata punta? Stai bene?”

“Penso di sì,” Hermione balbettò involontariamente. “Cioè, si… sono stata punta, però io−

“Bene,” la interruppe la Preside, facendo cenno ad Hermione di seguirla. “Vieni presto, ti controllerò io. Non bisogna andarci troppo alla leggera con la tua allergia.”

“Ci vediamo dopo Luna,” sussurrò Hermione all’amica, seguendo l’anziana strega. “Professoressa, devo−

“Si sieda sulla branda, signorina Granger,” la McGranitt tirò le tendine per separarle dagli altri feriti. “Allora, dov’è che sei stata punta?”

“Qui” rispose lei, mostrandole il polso. “Però io−

“E sei riuscita a somministrarti l’antidoto in tempo?”

“No, io−”

“Devo dirlo a Madama Chips, non c’è tempo da perdere!”

Professoressa,” Hermione la richiamò alzando la voce, per poi sussurrare in un bisbiglio praticamente inesistente: “Draco mi ha dato l’antidoto.”

Le sopracciglia della Preside si alzarono talmente tanto da mimetizzarsi con la montatura dei suoi occhiali, ed Hermione la sentì borbottare un’incantesimo silenziatore prima che si girasse di nuovo verso di lei. “Il signor Malfoy?” domando scettica. “Ne sei certa?”

“Sì,” sospirò Hermione, muovendosi sulla branda con crescente imbarazzo. “Lui…lui mi ha salvato la vita.”

Le sopracciglia si alzarono ancora di più. “Beh,” la McGranitt sembrava incapace di trovare le parole. “Devo ammettere di essere molto sorpresa−

“Forse questo è un buon segno,” la interruppe Hermione con concitato, seppur incerto, imbarazzo. “Forse sto riuscendo a−

“Signorina Granger,” continuò la McGranitt, aggrottando leggermente le sopracciglia. “Ti avevo avvisato di non sperare troppo nel tuo…piccolo progetto−

“Ma io−

“E’ possibile che il signor Malfoy non volesse essere incolpato di nulla e che quindi ti abbia aiutato a ritornare come prima,” continuò, con tono pratico. “Perlomeno sembra che tu stia bene. Fammi controllare la tua mano.”

Hermione fece come richiesto; ma i suoi pensieri continuarono a distrarla mentre la McGranitt ispezionava la puntura. Non riusciva a ricordare molto riguardo al suo shock anafilattico, perciò non aveva idea di come l’avesse trovata Malfoy e nemmeno di come avesse fatto a somministrarle l’antidoto nel modo corretto. Tutto ciò che gli rimbombava nella mente era lui, e ciò che era successo dopo…

Oddio. Oddio, oddio…era davvero così affamata di compagnia da cadere così in basso?

Poteva ammettere che il suo desiderio di alterare o addirittura cancellare i suoi pregiudizi era diventato quasi un’ossessione, ma Silente aveva visto qualcosa di buono in Draco, che ora anche lei riusciva a notare. Si trattava di cambiamenti minuscoli, però…

Non poteva evitarlo. Non poteva evitare di pensare che aveva ricambiato il bacio…

Si era lasciata pilotare da una situazione a dir poco mozzafiato, ma non avrebbe più dovuto succedere. Mai. Era comunque determinata a ripulire del tutto il lavaggio del cervello che gli era stato fatto per tutto questo tempo, però avrebbe dovuto mantenere tutto sotto controllo e ricomporsi. Malfoy era ancora un Malfoy e ciò significava doversi mantenere a debita distanza di sicurezza, anche se le sue labbra erano come…come…

Come piume leggerissime, bagnate appena da una gelida brina mattutina…

Non avrebbe mai immaginato che quella parte di lui potesse essere così soffice.

Hermione si riprese quando si accorse che le labbra della McGranitt si stavano muovendo. “C−cosa?” balbettò, fissando la professoressa con occhi forzutamente aperti. “Mi dispiace, non ho capito.”

“Ho detto che nonostante le incerte motivazioni che hanno spinto Malfoy ad aiutarti,” ripetè la strega, passando per la terza volta la bacchetta sul corpo di Hermione. “Spero che tu l’abbia comunque ringraziato in modo appropriato.”

Hermione riuscì a malapena a muovere la testa per annuire, evitando di proposito di incrociare lo sguardo dell’anziana Preside. Sì, pensò segretamente, la mia gratitudine verso quell’incomprensibile, miserabile Serpeverde è stata molto più che appropriata. “Certamente, Professoressa.”

“Comunque, ho delle notizie che forse potrebbero rallegrarti un pò,” le disse la McGranitt, offrendole un raro sorriso incoraggiante. “Ho ricevuto una lettera da parte di Ninfadora−

“Tonks?” domandò Hermione, improvvisamente piena di caloroso interesse. “Sta bene, vero?”

“Per quanto ne so è tutto a posto,” le assicurò la Professoressa. “Verrà in visita un paio di giorni per discutere di qualche misura di sicurezza extra da poter aggiungere al castello−

“Potrò vederla? Per favore mi lasci−

“Calma,calma,” la McGranitt sospirò. “Vuole mantenere un profilo basso, perciò starà ai Tre Manici di Scopa per un paio di giorni e ti ho già dato il permesso di stare con lei−

“Oh, grazie mille,” Hermione sorrise, contenta di aver trovato una distrazione a questa giornata così complicata. “Grazie mille Professoressa. Sa dirmi quando arriverà?”

“Il prossimo giovedì, e starà fino a sabato,” spiegò lei, completando l’incantesimo sulla mano di Hermione. “Vorrei evitare che tu saltassi delle lezioni, anche se penso che non le avresti saltate in ogni caso”

“Certo che no, Professoressa.”

“Bene, allora non ci saranno problemi,” concluse la Preside. “Anzi, penso che ti…farebbe bene incontrarla. Sembri molto più preoccupata ultimamente−

“Aspetti,” la giovane strega aggrottò le sopracciglia mentre il pensiero di Draco le ritornava in testa. Labbra. “Come si fa con Malfoy?”

“A che proposito?” rispose calma lei. “Hai detto tu stessa che passa praticamente tutto il suo tempo nella stanza e anzi, un pò di serena solitudine dovrebbe fargli bene, come dovrebbe farne a te. So che dev’essere estremamente difficile vivere con lui.”

Non ne hai proprio idea… Se possibile, oggi le cose sono diventate ancora più difficili…

“Suppongo di sì,” sussurrò lei, realizzando che ora aveva un’altro segreto da mantere, che era ancora peggio del precedente. “Andremo comunque ad Hogsmeade questo weekend?”

“Certamente,” annuì la McGranitt. “Immagino che molti tuoi amici ti abbiano chiesto di portargli delle cose.”

Peccato che io abbia chiesto solo a Malfoy...

“No,” mormorò Hermione, abbassando gli occhi per nascondere il senso di colpa. “Solo uno.”

 


 

“Non credi che sia una cosa triste?”

Hermione alzò un sopracciglio, sorpresa dal commento della sua amica. “Che cosa è triste?”

“Il fatto che tutte quelle api moriranno,” rispose Luna con tono soave, sistemandosi meglio nella scomoda sedia di legno della Biblioteca. “Ventidue persone sono state punte, perciò sono circa ventidue api.”

Hermione le offrì in risposta un sorriso abbastanza forzato, ma in quel momento la stava segretamente ringraziando per il fatto che fosse lì a distrarla, almeno un pò. La Biblioteca era gelida e deserta, ad eccezione di un paio di ragazzi del 5° anno nell’angolo opposto. Il pomeriggio invernale stava per concludersi, rilasciando al di fuori delle finestre una spettrale nube di oscurità. Circondata da tutti quei libri magici e alla presenza della dolce e sognante Luna, Hermione sentì che i propri pensieri tumultuosi rivolti verso Malfoy si erano leggermente tranquillizzati, anche se sapeva che era solo questione di tempo prima che ritornassero ad assillarla.

“Non preoccuparti Luna, è solo un mito,” le rispose Hermione con pazienza. “Solamente le femmine di api da miele muoiono dopo aver usato il pungiglione, e ad Hogwarts non c’è quel tipo di insetto.”

“Oh, per fortuna,” mormorò assorta Luna, alzando gli occhi e incontrando quelli stanchi e assonnati di Hermione. “Le tue labbra sembrano ancora diverse, Hermione.”

“No che non lo sembrano,” scattò Hermione, sentendo il bisogno di difendersi. “Sono a posto.”

“Eppure la tua mano è completamente guarita,” continuò Luna, come se non fosse mai stata interrotta. “Forse hai avuto una reazione più potente a qualcosa d’altro.”

Era tipico della sua compagna Corvonero; mentre i suoi toni rimanevano docili e innocenti, era capace di lasciarsi scappare un semplice commento che  ti faceva rizzare i peli dalla vergogna, oppure ti faceva andare in paranoia. In questo caso, si trattava sicuramente della seconda opzione.

“Non mi viene nulla in mente,” replicò Hermione decisa. “Ha importanza?”

“Solo se ti da fastidio,” rispose lei con un’alzata di spalle. “Vuoi rimanere nella Torre di Corvonero stasera? So che non ti piace stare sola quando fuori soffia il vento.”

Era un’offerta molto allettante. Aveva cercato in tutti i modi di tenersi occupata durante il pomeriggio, per evitare di ritornare al suo dormitorio; da lui, e quella sarebbe stata l’opportunità perfetta per prolungare la separazione. Ecco però fino a che punto il suo coraggio da Grifondoro poteva diventare una spina nel fianco; una vocina nella sua testa le disse che sarebbe stato un’atteggiamento estremamente codardo, e che non avrebbe potuto abbandonare il suo dormitorio con così tanta facilità. Anche il suo buon senso si fece sentire, ricordandole che prima o poi avrebbe dovuto affrontare la situazione, e più la evitava, più quella si sarebbe ripresentata ancora più forte di prima.

 “No, sto bene,” sospirò Hermione, contrariata. “Faccio fatica a dormire nei letti degli altri.”

“Ok,” Luna annuì, cominciando a mettere via i suoi libri. “Beh, se per caso dovessi cambiare idea, sono sicura che sapresti risolvere l’indovinello per entrare nella Sala Comune.”

“Grazie, vuoi che ti accompagni?”

“Preferisco camminare da sola,” rispose Luna, alzandosi e fissando il suo sguardo su Hermione. “Non so cos’abbia fatto cambiare le tue labbra in quel modo però ti donano, Hermione.”

Hermione riuscì a malapena a reprimere uno sbuffo. “Te lo stai solamente immaginando,” rispose con forzata nonchalance, incapace di sopprimere un certo grado di impazienza nei suoi confronti. E come se non bastasse, anche la paranoia era ritornata. “Buona notte, Luna.”

“Notte,” rispose lei alle sue spalle, mentre scompariva in mezzo agli scaffali.

Hermione si morsicò distrattamente il labbro inferiore e poteva giurare di sentirci ancora sopra una parte dell’odore di Malfoy. Per la miseria, questa cosa si stava facendo pesante. Quella specie di incidente l’aveva trasformata in un’idiota piena di pensieri pericolosi, troppo veloci ed estranei da poterli afferrare in tempo. La cosa peggiore era che non sapeva se voleva sradicare quel ricordo dalla sua memoria per sempre, o se tutta questa confusione ne valesse la pena. E poi, un minuscolo tocco del genere, poteva essere considerato un bacio?

“Oh, chissenefrega” sibilò a se stessa, raccogliendo le sue cose e un paio di libri in più,  prima di uscire dalla Biblioteca.

L’incessante vento di Novembre l’avrebbe probabilmente costretta ad addormentarsi sul divano anche questa volta, anche se sicuramente Malfoy non le avrebbe fatto compagnia come l’altra sera. Non sapeva ancora se le dispiacesse oppure no. Mentre era contenta di poter mettere un po’ di distanza tra loro due, doveva ammettere che le due notti che passate vicino a Draco erano state le più rilassanti e piene fin da quando Harry e Ron se ne sono andati. Si disse che era solamente un falso senso di sicurezza, però…c’era un chè di ipnotico nel modo in cui respirava nel bel mezzo della notte…

Si fermò davanti al portone d’ingresso, accorgendosi di star tremando, con il cuore che le pulsava dolorosamente dall’ansia. Hermione respirò profondamente un paio di volte, per poi afferrare nervosamente la maniglia.

“Godric, dammi la forza,” mormorò, dando la password al dipinto. Ad Lucem.”

Con le dita tremanti e il cuore ormai fuori di sè, Hermione aprì la porta e si ritrovò immerse nella più totale oscurità. Osservando cauta i profili dei divani e dei mobili nell’ombra, scavalcò lentamente il salotto per poi arrivare in cucina (concludendo che, quello che le sarebbe servito per finire in bellezza quella terribile giornata, era una tazza di cioccolata calda fumante). Immaginando che Malfoy si trovasse nella sua stanza e che ci sarebbe rimasto per il resto della nottata, si concesse un rapido sospiro, ruotando le spalle e rilassando i lineamenti del viso. Accendendo un paio di candele sul bancone, per cercare di creare una sorta di atmosfera soporifera, Hermione non si accorse nemmeno delle due iridi serpentine che fissavano ogni suo movimento.

Draco la osservava dal divano, perdendo quel poco di vantaggio che gli avrebbe garantito la totale oscurità, ora che la Granger aveva portato un po’ di luce nella stanza. Tipico. Non si era accorta di lui, il che era curioso, perché avrebbe giurato di aver incastrato i suoi occhi con lei per un secondo quando era passata attraverso la stanza. Forse la stanza era più buia di quanto pensasse.

Assicurandosi che il ritmo dei suoi respiri fosse silenzioso e regolare, rimase a fissare tranquillamente la schiena della Granger; a cominciare dalla sua cascata di boccoli castani, scivolando per tutta la lunghezza della spina dorsale, per poi finire nel punto in cui lui stesso gli aveva puntato l’antidoto. Graziosi fianchi femminili. Aveva intenzione di disturbarla; forse spaventandola, o minacciandola, per farle capire che il suo precedente comportamento non significava nulla. Questo era il piano in teoria, però ora non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua figura, contemplandone ogni movimento.

La Granger curvò leggermente la testa di lato, grattandosi con la mano un punto del collo, prima di togliersi il pesante maglione che aveva addosso, rimanendo in maniche corte. Draco non potè evitare di concentrare per un’attimo la sua attenzione sul segno quasi invisibile del reggiseno sotto la t−shirt, notando che era del colore del cielo in primavera. Azzurro chiarissimo. Semplice e delicato; tipico della Granger, anche se quel fastidioso ‘movimento’ si fece sentire ancora una volta. Si alzò cauto dalla sua postazione, strisciando attraverso i mobili e gli oggetti nella stanza, attraverso le ombre, avvicinandosi sempre di più a lei.

Forse, se si fosse avvicinato a sufficienza, avrebbe potuto inalare abbastanza profumo da poter riuscire a ricreare in qualche modo quel suo delizioso sapore…

Accorgendosi della pericolosa direzione che stavano percorrendo i suoi pensieri, cercò di ricordare a se stesso di quanto fosse disgustosa e inferiore. Un’immagine di quel libro babbano che lei aveva insistito che leggesse scaturì nella sua mente, ma lui la scacciò via e si dipinse un ghigno infastidito sul volto, giusto per riflettere anche all’esterno quanto in realtà lui la detestasse.

E la odiava sul serio. La odiava. Davvero.

E lei aveva bisogno di saperlo.

Scivolando all’interno della cucina senza fare alcun rumore, Draco era ormai talmente vicino da poterla toccare. La povera piccola innocente streghetta non se n’era ancora resa conto, finchè lui non sbattè con forza il piede contro il pavimento.

Hermione si voltò così velocemente da mandare in mille pezzi la tazza che teneva in mano, dopo averla fatta sbattere alla parete. I suoi capelli erano sparsi sul suo viso, nascondendo solo in parte lo shock negli occhi dorati. Respirava come in preda ad un’attacco di panico e, mentre cercava di indietreggiare, la mano di Draco si sporse nell’ombra per afferrarle il polso.

“Draco,” Hermione sobbalzò, cercando di allontanarlo e di coprirsi il viso allo stesso tempo. “Che stai−

Purtroppo non riuscì a finire la frase; Draco afferrò l’altra mano e le fissò entrambe ai lati del corpo di Hermione, aderente alla parete. La giovane sentì un’ondata di panico che minacciava di ampliarsi sempre di più; non perché aveva paura che le avrebbe fatto del male, ma perché era troppo vicino. Continuando ad inspirare ed espirare in quel modo, riusciva a sentire ogni singola nota del suo profumo e si ritrovò a sudare in modo strano e imbarazzante mentre la loro vicinanza pulsava sotto la sua pelle fredda e calda al tempo stesso.

Hermione lo guardò spaventata, mentre Draco sembrava aver mollato un po’ la presa, allontanandosi leggermente da lei con piccoli ma seducenti passi. Nemmeno un secondo dopo, Draco ritornò in posizione d’attacco, portando negli occhi un’ombra severa e decisa.

 “Voglio mettere alcune cose in chiaro,” sbottò lui all’improvviso, ed Hermione scattò al suono della sua voce. “Non ti ho aiutato perchè mi frega qualcosa della tua vita−

“Io−

Taci,” sibilò crudele, stringendo ancora di più i suoi polsi. “Sono maledettamente serio, Granger. So come funziona quella tua patetica testolina e voglio dirti proprio qui, proprio adesso, che non è significato un’accidenti di niente!”

“Allora perché mi hai soccorso?” domandò lei, sforzandosi il più possibile di mantenere il suo viso inespressivo. “Perché preoccuparsi di−

“Perché dovevo farlo!” urlò. “Se tu fossi morta allora io−

“…allora tu saresti stato incolpato,” finì lei in tono deluso. “Peccato che non sarebbe andata così. Tu non hai magia, Malfoy. Credi seriamente che ti avrebbero potuto incolpare per una semplice puntura d’ape−

“Penso che tu e il tuo prezioso Ordine fareste qualsiasi cosa per liberarvi di me−

“Beh, ti sbagli,” ribattè Hermione, svelta. “Loro non avrebbero mai−

“Non mi interessa!” sbottò lui, avvicinando la testa. “Te lo dico ora una volta per tutte che non me ne frega un’emerito cazzo se tu vivi o muori.”

Non avrebbe dovuto ferirla, però… Hermione sentì qualcosa nel suo petto stringersi e contorcersi come fosse pergamena bruciata, eppure fece tutto il possibile per non darlo a vedere.

“Tu hai aiutato me, e io ho aiutato te.” Draco continuò deciso. “Siamo pari, quindi adesso possiamo lasciar perdere tutta questa storia e ritornare ad odiarci a vicenda.”

“Allora è stato tutto inutile…” sussurrò Hermione, odiandosi per aver detto quel commento in tono fin troppo udibile e, soprattutto, per la vena di tristezza che scaturì dalle sue parole.

Draco sbattè gli occhi confuso dallo strano commento, mentre un silenzio umido e pesante cadde su di loro. I piccoli sbuffi agitati della Granger continuavano a sfiorargli le guance, e Draco si stava servendo di ogni grammo del suo autocontrollo per non abbassare lo sguardo e farlo indugiare sulle sue labbra. Sembrava così deliziosamente vulnerabile lì stretta e piccola piccola, coperta dalla sua possente ombra. Aveva bisogno di concludere quel discorso; stava passando fin troppo tempo…e la sua fame di contatto minacciava di farsi sentire di nuovo… aveva bisogno di andarsene via.

“Abbiamo finito qui,” disse, liberandole i polsi e dirigendosi verso la sua stanza. “E come ho detto prima, Granger; non lasciare che il tuo cervelletto sottosviluppato legga un significato che non esiste in tutto questa situazione.”

Hermione sentì un’immediato brivido di freddo mentre la figura slanciata del giovane Serpeverde si allontanava sempre più da lei, ancora bloccata alla parete. Non era soddisfatta del modo in cui era finita la conversazione, perciò il suo coraggio Grifondoro (combinato ad una notevole curiosità) presero la meglio sul suo buon senso.

La domanda le uscì dalle labbra prima di poterla ricacciare indietro.

“E a proposito di cos’è successo dopo che mi hai aiutata?”

Sapeva che il suo tono non era stato fermo e convincente come aveva sperato, ma non le importò. Fissò le spalle di Draco proprio mentre quest’ultimo si bloccò a meno di mezzo centrimetro dalla maniglia della porta. L’aria nella stanza divento densa e imbarazzante nel giro di un nanosecondo, e i suoi occhi dorati erano incollati a lui, mentre si voltava lentamente verso di lei con un’espressione fiera stampata in volto. Quella decisione negli occhi, quella leggera piega del labbro superiore… Hermione non riusciva a trovare nemmeno una traccia dell’antico odio e ribrezzo che avrebbe provato in situazioni normali se avesse visto quel ghigno sulla sua faccia. Era così…

“Non è successo nulla,” Draco grugnì, marciando di nuovo verso di lei con un dito alzato e tremolante puntato contro il suo viso. “Mi hai sentito bene, Granger? Non è successo un cazzo di niente−

“Allora c’è qualcosa che non quadra,” rispose lei, alzando il mento in un curioso momento di folle eroismo. “Perché mi pare di ricordare−

“Sta zitta−

“Che tu e io−

 Non farlo,” abbaiò lui, abbastanza vicino da sentirsi di nuovo intorpidito dalla sua presenza. “Non è successo niente! E mai succederà! Quindi vedi di chiudere quella maledetta boc−

“Maledetta bocca Babbana?” concluse Hermione, curvando la testa leggermente verso destra e incrociando le braccia davanti al petto. “So di aver toccato un nervo scoperto riguardo ai tuoi pregiudizi contro i Babbani, Malfoy, quindi puoi usare quella stupida parolina tutte le volte che vorrai, ma io so che stai iniziando a dubitare di te stesso−

“Sei così maledettamente stupida!” replicò Draco, anche se con una punta di esitazione che sperava non si fosse sentita. “Io detesto te e la tua specie, e tu e la tua boccaccia Babbana mi avete solamente dimostrato quanto abietti siate−

“Beh tu quella boccaccia Babbana l’hai baciata!”

“CAZZO NO, NON L’HO FATTO!”

I due ragazzi, in preda all’agitazione rimasero congelati sul posto quando scoprirono che, senza accorgersene, durante la discussione i loro nasi si erano avvicinati talmente tanto da potersi sfiorare; e i loro occhi, oro e argento, si fissavano, confusi e selvaggi. Hermione non osò muovere un muscolo mentre il suo fiato sconvolto e nervoso si univa a quello di Draco, causando il ritorno di quella spiacevole quanto piacevole senzazione tiepida in fondo alla gola. Draco era inorridito e forse un po’…spaventato, mentre il silenzio si allungava tra di loro, mentre faceva tutto il possibile per calmare l’urgenza quasi istintiva di rubare un altro assaggio.

Chiuse gli occhi.

Sì, era definitivamente diventato pazzo.

Benedetto Salazar che riuscì, perfino in un momento come quello, a riaccendere la scintilla nella sua mente e che riuscì a riportarlo alla realtà, ricordandogli chi fosse lui e cosa fosse lei.

Mezzosangue, Mezzosangue, Mezzosangue.

Si riprese di colpo e inciampò nei suoi stessi passi, rialzando la testa e fissando la Granger dall’alto con espressione di puro disprezzo e perplessità. La Granger sembrava così…invitante in quel momento; labbra semi aperte e guance rosse dall’agitazione, tiepida pelle sul collo pulsante. Troppo umana. Troppo normale. Che cazzo, aveva bisogno di andarsene lontano.

“Non è successo niente,” ripetè, cercando di coprire il batticuore e il fiatone. “Capito, Granger? E se mai avessi ancora bisogno di essere salvata, lo giuro sul mio nome di Malfoy che ti guarderò soffrire fino all’ultimo secondo e ne gioirò come non mai.”

Le sue parole crudeli e pungenti la colpirono come una spada ghiacciata. “Draco, io−

“Stammi lontana e basta,” la minacciò lui in un sussurrò appena udibile, ritornando verso la sua stanza. “Stammi…lontana!”

E così Hermione rimase sola, chiedendosi se avrebbe lasciato che lui la baciasse ancora.

Dall’altro lato della parete, Draco si accasciò in ginocchio, ficcando i palmi delle mani ai lati delle tempie pulsanti e doloranti, maledicendola in tutti i modi possibili per averlo ridotto a questa piccola, patetica, brutta copia di un mago. Senza magia e senza controllo mentale, Draco si disse che questo era sicuramente il momento più deplorevole della sua vita. E la cosa peggiore era che solo lei sembrava riuscire a cullare la tempesta che occupava quotidianamente il suo cervello.

Unendo questo genere di pensieri all’emicrania che minacciava di colpirlo di nuovo, sarebbe quasi potuto ritornare nella stanza e sacrificare l’ultimo grammo d’orgoglio rimasto per poterla avere vicino ancora. Almeno per cacciare via i demoni che gli impedivano di dormire la notte.

Che cazzo mi sta facendo?

E perché, perché ho la senzazione che le cose andranno solo di male in peggio da questo punto in avanti?

 

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Capitolo 11
*** Dubbio. ***


Chapter 11: Dubbio.

 

Fottutissimo inferno.

Dopo aver passato la nottata più lunga della sua vita senza essere riuscito a dormire nemmeno per un secondo, Draco era steso su un fianco, rivolto verso il minuscolo spiraglio di luce mattutina che scaturiva attraverso le persiane. Si sentiva tutto scombussolato; ancora confuso e agitato riguardo l’incidente con la Granger, e distrutto dall’insonnia. In un casuale momento di spontaneità, si era liberato di tutti i suoi vestiti per vedere se l’aria fresca o i caldi raggi di sole potessero farlo sentire più vivo; più presente… ma era come essere un fantasma.

Una creatura fragile sulla soglia della realtà, ma non del tutto presente.

Doveva essere rimasto in quella posizione per molto tempo…riusciva a sentire la Granger appena sveglia, alzarsi e aprire i cassetti del guardaroba. Una smorfia dolorosa gli incurvò i lineamenti. Questo era ciò che aveva temuto e desiderato per tutta la notte; la parte migliore della sua degradante routine. Una limpida goccia di sudore scaturì dalla sua fronte mentre ascoltava la Granger farsi strada nel bagno, con i suoi soliti movimenti sgraziati. Dopo due secondi, si ricordò che il giorno prima, avendola baciata, aveva già scoperto cosa volesse dire assaggiare la sua sostanza, assorbire il suo profumo e viverla da vicino… e questo non fece altro che scattare quell’insopportabile senzazione in fondo all’addome un po’ più velocemente del solito.

Draco cercò di scacciarla via, ma la sua mente era troppo annebbiata per riuscire a resisterle. Sentì il probabile rumore dei suoi vestiti che cadevano sul pavimento piastrellato, e mandò giù un’incredibile quantità di saliva. Chiudendo gli occhi assonnati, la sua immaginazione gli riempì i pensieri, imbevendoli di immagini vivide e terribilmente pericolose. Draco cedette quasi all’istante; troppo stanco per poter radunare le energie e combattere i suoi istinti, troppo coinvolto nelle fantasie per poterle ignorare…

Era così difficile…

Diversamente dalla maggior parte delle fantasie che poteva aver avuto nel corso degli anni, questa era semplice e priva di inutili esagerazioni. Nella sua testa, la Granger era esattamente come doveva essere, con i suoi ricci ondulati che le ricadevano sulle spalle, e quell’espressione pensierosa e concentrata. Il suo corpo invece…beh, non sapeva se l’immagine corrispondesse alla realtà, però da quel poco che poteva dedurre, ci stava andando vicino.

Sentì accendersi il getto della doccia e, dopo un sospiro profondo, tutto il suo corpo parve concentrarsi in quel piccolo spazio, l’unica parte che sembrava fuori di sé dalla frenesia.

Si era spinto troppo oltre per riuscire a sentire la vocina nella sua mente che gli urlava di smetterla, di contenersi; a quel punto, perfino il più convincente dei pensieri dubbiosi si era fatto zittire, non appena il primo gemito della Granger si infiltrò attraverso la parete. Mantenendo gli occhi chiusi, Draco capì subito quale fosse la zona che si stava più ‘dando da fare’ in quel momento. Aveva provato ad ignorarlo, ma a questo punto chi avrebbe saputo resistere?

Cerco di calmare il punto dolente, di bloccarlo, di fermarlo. Invece si ritrovò in qualche modo a sorreggerlo, senza sapere cosa stava facendo.

Per la miseria…

Solo adesso che si era lasciato andare, capì quanto in realtà ne avesse sempre avuto bisogno.

Nella sua mente, la Granger era ancora sotto la doccia e, anche se sapeva che non avrebbe dovuto pensarci, non gli importava. Non gliene fregava un cazzo che la sua testa fosse piena zeppa di pensieri proibiti su di lei, o che la sua stanza fosse impregnata come al solito del suo profumo dal quale ormai dipendeva completamente. Non importava che fosse lei l’unico antidoto al suo dolore in quel momento, e non importava neppure che fossero state proprio le fantasie su di lei a far cedere ogni freno inibitore e a zittire qualsiasi buonsenso.

Sentendo un’ulteriore gemito proveniente dalla stanza a fianco, Draco azzerò finalmente l’ultimo rimasuglio di autocontrollo rimasto e una potente, vivida imagine scaturì dietro alle sue palpebre, spedendolo sull’orlo della pazzia, seppur per qualche secondo. I suoi occhi si spalancarono e le fantasie scivolarono lentamente via dai suoi pensieri, lasciandolo lì a terra, soddisfatto e ansimante. Il cuore gli pulsava come impazzito contro la gabbia toracica, mentre Draco cercava di riprendere fiato, togliendo un filo di sudore dalla fronte con il bordo del lenzuolo.

Non era durato molto.

E ciò che rimaneva era il più assoluto, il più totale senso di disgusto, così forte da essere fisicamente doloroso. Draco cambiò velocemente posizione, coricandosi sul pavimento e curvandosi su se stesso in posizione fetale fino a racchiudersi all’interno di un cerchio quasi perfetto. Un terribile brivido di freddo aveva già raggiunto le sue membra esposte, le dita dei piedi tremolanti, le mani…ma Draco non si curò di coprirsi. Mai, in nessuna parte del mondo, sarebbe potuta esistere una scusa che potesse giustificare ciò che aveva appena fatto. Il freddo pungente che sentiva in quel momento non poteva essere altro che il profondo senso di colpa che provava, oppure la terrificante consapevolezza che minacciava di portarlo ogni secondo più vicino alla realtà.

La cosa peggiore era che, onestamente, non sapeva dire se fosse più forte il desiderio di fracassarsi il cranio contro la parete finchè le immagini nella sua mente non fossero uscite definitivamente, oppure il desiderio di entrare in quel maledetto bagno una volta per tutte.

Non si coprì le orecchie con un cuscino per bloccarla fuori, per estraniarsi da lei. Avrebbe dovuto, ma non lo fece. Invece, lasciò che i suoni soffici e ripetitivi della doccia gli inebriassero il cervello e lo distraessero dalla realtà.

Si era appena masturbato pensando ad Hermione Granger.

La Mezzosangue.

“Vaffanculo.”

Draco si rotolò sul fianco opposto e afferrò il primo oggetto che si ritrovò tra le mani; il libro Babbano di quel tipo, quel King. Se lo rigirò tra le mani e analizzò la copertina per la centesima volta, ricordando la loro discussione a proposito di pregiudizi e la trappola nella quale lui stesso era finito con palese facilità. Che la Granger potesse essere maledetta per l’eternità per questo, però era vero che Draco ci aveva pensato a quell’argomento, ci aveva pensato davvero. Anche se solo per un momento.

Draco si ricordò di aver pensato a come avrebbe potuto vedere la Granger, se non fosse stato per il suo sangue Babbano, se, se, se…

Ecco, stava accadendo di nuovo. Stava riflettendo su quelle cose.

Doppio vaffanculo…

 


 

Neville aveva praticamente dovuto trascinarla a peso nella Sala Grande per riuscire a convincerla a venire, ignorando le sue proteste e insistendo sul fatto che un po’ di sano tempo in compagnia dei vecchi amici non le avrebbe fatto male. Apparentemente la preoccupazione riguardante i suoi ‘scontri’ con Malfoy doveva leggersi proprio in faccia, dato che solitamente Neville si limitava a lasciarla da sola quando stava male. Le aveva fatto notare con un commento che quel giorno aveva una cera ancora più brutta del solito, così Hermione aveva finito per accettare l’invito, pensando che qualche pigra chiacchiera circondata da amici e con un buon pasto caldo avrebbe potuto alleviare un po’ il peso della verità.

Era una verità scomoda, ingombrante; terribilmente bella, eppure così sbagliata. Come Draco.

Come ho potuto baciarlo?

Hermione era seduta sul bordo della panca affollata, con in mano una piuma e una pergamena da compilare, anche se avrebbe benissimo potuto farlo più tardi. Alzò il mento e diede una rapida occhiata al gruppo che si ritrovava davanti, scorrendo con lo sguardo Ginny, Lavanda, Dean, Seamus e Neville al suo fianco, aggrottando le sopracciglia quando si accorse della mancanza di qualcuno.

“Neville,” sussurrò, mantenendo un tono di voce basso per evitare di interrompere le altre conversazioni. “Dov’è Luna?”

"Me ne sono accorto anch’io," le rispose. "A volte sparisce durante i pasti, e poi credo che se ne vada anche durante i weekend, sai. Una ragazza del quinto hanno ha detto che l’ha vista partire questo Sabato."

"Per andare dove?"

"Non ne ho idea," scrollò la testa. "Nessuno lo sa. Probabilmente avrà un permesso speciale della McGranitt."

"E’ davvero strano," Hermione sospirò, voltandosi subito dopo quando sentì qualcosa che attirò la sua attenzione. "Scusa, Seamus cos’hai detto?"

"Parlavo delle voci che girano in quest’ultimo periodo," rispose lui in un sussurro, abbassando la testa cosicchè solo loro sei potessero sentire. "Molta gente crede che Voldemort si infiltrerà all’interno del Ministero fra non molto."

Hermione alzò un sopracciglio, scettica. "A volte le voci sono solo voci, Seamus. Non presterei molta attenzione a queste−

"Però potrebbe essere vero," insistette lui. "E se loro prendessero il controllo del Ministero, poi verrebbe il turno di Hogwarts e a quel punto, saremmo tutti fottuti."

"Mettici un pò più di enfasi su quel se," rispose calma lei. "Se la McGranitt pensasse davvero che Hogwarts sia in pericolo, avrebbe già trovato una sistemazione più sicura per tutti noi−

"E chi dice che non ci stia pensando in questo momento?" replicò svelto Seamus. "E poi, dove potremmo andare? Mia madre dice che potrebbe succedere da−

"Devo ricordare che tua madre aveva creduto a quelle sciocchezze che il Profeta aveva scritto su Harry?" Hermione si alzò dal suo posto, con il fiato corto. "Ci sono troppe voci in circolazione al momento. Non possiamo credere ad ogni piccola cosa che sentiamo, perciò rimaniamo fedeli a ciò che sappiamo essere vero."

"Dove stai andando, Hermione?" chiese Ginny, osservandola mentre prendeva le sue cose con espressione triste. "Non hai nemmeno finite di mangiare."

“Non sono poi così affamata," rispose debolmente, donandogli uno sguardo pieno di tutto ciò che non poteva dire a parole, sperando che bastasse. "E poi…ho bisogno di parlare con la Preside.”

“Beh allora," continuò la rossa. "Se vuoi puoi salire in Sala Comune stasera, oppure potrei venire io a farti visita−

"No," Hermione ribattè troppo velocemente, pentendosi per l’urgenza nel suo tono e nei suoi movimenti affrettati. "No, il mio dormitorio è completamente incasinato. Spero di poter fare un salto io appena posso."

Salutò gli altri Grifondoro con un cenno del capo, lasciando la Sala a grandi passi, diretta verso l’ufficio della McGranitt. Aveva giusto mezz’ora prima dell’inizio della prima lezione. Attraversò il corridoio con lunghi passi e bussò alla porta con due rapidi tocchi.

“Signorina Granger”, l’anziana strega la salutò dalla scrivania. “Non aspettavo che sareste passata. Va tutto bene? Sembri un pò giù di morale oggi.”

Malfoy...

Hermione esitò, prendendo posto nella poltrona di fronte. "Non sono sicura," mormorò. "Credo di avere qualche domanda da farle."

"Molto bene allora, chieda pure," annuì la McGranitt, sporgendo la schiena in avanti per dare tutta l’attenzione ad Hermione. "C’è qualcosa che ti turba?"

“Beh,” balbettò lei, chiedendosi da dove poter cominciare. “Seamus mi ha informato delle voci che circolano, riguardo Voldemort e il fatto che stia cercando di infiltrarsi all’interno del Ministero…perciò mi chiedevo se ci fosse del vero in tutto questo.”

L’anziana strega si irrigidì, mostrando tuttavia uno sguardo sicuro e un tono di voce calmo. “Queste voci hanno iniziato a circolare da molti mesi, ancora prima che venisse celebrato il funerale del professor Silente,” ammise. “Tuttavia, non sono a conoscenza dei dettagli. Tutto ciò che posso dirti è che si tratta di una possibilità.”

Hermione sentì qualcosa schiacciarsi nel petto. “E se succedesse?”

“In quel caso dovremmo evacuare la maggior parte degli studenti,” rispose la McGranitt, lasciandosi sfuggire uno sbuffo infelice. “Soprattutto gli studenti nati Babbani come te−

“Oh mio Dio−

“Cerca di non preoccupartene troppo,” la avvisò l’anziana Preside. “Per il momento, il Ministero se la sta cavando bene contro i Mangiamorte e, per quanto riguarda noi, possediamo potenti precauzioni nel caso in cui dovessero servirci.”

Hermione si incrociò le braccia al petto; improvvisamente si sentiva fredda, sola e spaventata. Una parte di lei aveva sempre sospettato che il Ministero sarebbe potuto cadere in mano a Voldemort, però era facile perdere il senso della realtà, vivendo ogni giorno all’interno di quel castello confortevole e remoto; non se n’era preoccupata molto ultimamente, visto il tempo passato con il naso sui libri e con la bocca dove non avrebbe mai dovuto andare.

“Non me la sto cavando bene ultimamente, per quanto riguarda gli Horcrux,” sussurrò infine, rivolgendo alla McGranitt un’espressione mogia. “Ho cercato di trovare un collegamento tra il Diario e l’Anello, o tra qualsiasi altro oggetto che potesse avere un senso… e poi abbiamo il Medaglione, sì, ma si tratta solo di una copia e−

“Signorina Granger,” la interruppe la Preside. “Sono pienamente consapevole della difficoltà di questo compito e so benissimo che stai facendo del tuo meglio, così come il signor Potter e il signor Weasley. Sono sicura che la risposta arriverà al momento opportuno. Non dovresti stressarti così−

“Ma ci sarà una guerra molto presto−

Tecnicamente, siamo già in guerra da mesi, signorina Granger−

“Beh allora siamo quasi arrivati allo scontro finale,”  continuò Hermione frustrata. “Sento che siamo vicini, e non so se riusciremo a trovare tutti gli Horcrux in tempo−

“Stiamo facendo tutto ciò che possiamo per prepararci al meglio,” la interruppe nuovamente la McGranitt, lanciando alla giovane studentessa uno sguardo ammonitore. “Hermione, è tutto ciò che possiamo fare al momento. Ricorda che sei umana. Stai facendo un’ottimo lavoro e non potrei chiedere di meglio. Te ne prego, cerca di non stressarti troppo. Non aiuterebbe.”

Hermione rilasciò un sospiro rassegnato, cercando con tutta se stessa di aggrapparsi al discorso logico e incoraggiante della Mcgranitt come se ci credesse davvero. Non era la prima volta che le venivano queste reazioni di pseudo−panico di fronte alla Preside, e probabilmente non sarebbe stata neanche l’ultima. La maggior parte dei membri dell’Ordine (senza contare alcuni dei suoi compagni) era stata vittima di frequenti momenti di panico negli ultimi tempi; era più che comprensibile, considerando il clima attuale, perciò Hermione si sentiva davvero grata per la presenza della McGranitt, che riusciva sempre a calmare le sue preoccupazioni più profonde. Anche se solo temporaneamente.

“Ti senti meglio ora?” domandò la McGranitt. “Oppure hai delle altre domande da farmi?”

“Ne ho centinaia, ad essere sincera,” sospirò lei, fermandosi a pensare per un momento al ricordo di ciò che le aveva detto Neville poco prima. “Ecco, c’è qualcosa che mi…”

“Chiedi pure,”

“Neville mi ha detto che Luna ha lasciato Hogwarts negli ultimi weekend,” spiegò Hermione, abbassando leggermente lo sguardo quando si accorse dell’espressione sul viso della Preside. “Può dirmi come mai?”

“Mi dispiace, ma non posso,” rispose l’anziana strega dopo un momento di riflessione. “Posso solo confermare che a volte la signorina Lovegood lascia il castello, ma lei stessa me ne ha rivelato la ragione in stretta confidenza, e le ho giurato che non ne avrei fatto parola con nessuno.”

“Ma lei sta bene, vero?” domandò Hermione. “Non è nei guai, o qualcosa del genere−

"Sta benissimo," rispose la McGranitt. "Posso assicurarti che è in ottime condizioni."

"Allora perchè−

"Si tratta di…motivi personali," concluse bruscamente la McGranitt. "Se vorrai saperne di più, credo che dovresti domandarglielo tu stessa."

 


 

Gli student di Hogwarts erano sparpagliati per i lunghi tavoli della Biblioteca, spiaccicati tra gli scaffali e le panche, più vicini gli uni agli altri per combattere il freddo.

Il cielo si era già completamente oscurato ancor prima delle sette di sera, e Madama Pince aveva provveduto ad accendere qualche candela in più per riscaldare e illuminare la stanza il più possibile.

Hermione stava seduta da sola in un angolo buio nei pressi della Sezione Proibita; persa in una bolla di solitudine che ovattava il brusio circostante. Cercava di concentrarsi sulle pagine scribacchiate di fronte a lei, ma non riusciva a smettere di pensare a Malfoy e a ciò che era successo.

Come ho potuto fare una cosa del genere?

Ogni singola distrazione, ogni espediente provato nel corso della giornata si era rivelato un completo fallimento…tutto ciò che le rimaneva era un pizzicorio sulle labbra unito ad una miriade di pensieri confusi. Voleva sapere perché e come era potuto succedere, ma non poteva certo suggerire una discussione in proposito al suo biondo e scostante compagno di stanza. La cosa peggiore era la sensazione che tutti quanti la stessero fissando in quel momento, come se potessero entrare nella sua testa e rubare il suo indecente segreto, disprezzandola per questo.

La paranoia è un parassita terribile.

Ma, a pensarci bene, quella non era la cosa peggiore. Non contavano affatto le volte in cui tentava di scrollarsi di dosso questo pensiero; le sembrava di essere stata imbrogliata in qualche modo. Non era stato un bacio vero…era sembrato più un’inizio, un’assaggio…e avevano entrambi smesso senza raggiungere una qualche conclusione…un climax.

Era come se avesse raggiunto l’Inferno senza poter toccare il calore delle fiamme.

Non avrebbe dovuto volerlo, eppure lo voleva, lo voleva sul serio. La sua curiosità stava raggiungendo livelli estremi e lei non poteva far altro che assecondarla. Voleva…

“Hermione”

Si voltò di scatto, lanciando alla causa dell’interruzione dei suoi pensieri uno sguardo tagliente quanto la lama di una ghigliottina. “Per Merlino, Michael,” mormorò. “Mi hai spaventata a morte.”

“Spiacente,” ridacchiò lui, in un modo che le fece pensare che Michael non fosse dispiaciuto affatto. “Mi stavo solamente chiedendo se avevi completato la lista dei doveri dei Prefetti.”

“Oh,” sospirò lei assente, rovistando nella sua borsa per trovare l’ennesimo foglio di carta, sparso tra le pergamene. “Sì…certo. Eccola qui.”

Micahel Corner accettò il foglio, dandogli un’occhiata veloce prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione verso la giovane strega. “Stai bene, Hermione?” domandò, sporgendosi in avanti così da far luccicare alla luce della candela il suo sigillo da Caposcuola. “Sembri un po’ distante.”

“Sto bene,” mentì lei, abbassando il capo per nascondere l’eventuale nota di incertezza nella sua voce. “C’è qualche problema con la lista?”

“No, sembra tutto a posto,” rispose lui. “Pensavo che ti avrebbe fatto piacere un pò di compagnia, sai.”

“Stavo per andarmene, in effetti,” rispose Hermione, cercando di essere il più cordiale possibile nonostante il suo malumore. “Mi dispiace, sono parecchio stanca.”

Hermione cercò di appuntarsi mentalmente la necessità di scusarsi con Michael nei prossimi giorni per il suo atteggiamento. Di norma, non le dispiaceva chiacchierare con il giovane Corvonero, che era maturato molto negli ultimi tempi, particolarmente dopo la sua rottura con Cho. Inizialmente Hermione era stata molto diffidente nei suoi confronti, dopo aver sentito qualche commento poco lusinghiero da parte di Ginny, anche se col senno di poi si era rivelato abbastanza piacevole.

“Non c’è problema,” rispose lui debolmente, schiarendosi la gola. “Dobbiamo organizzare un’incontro per discutere riguardo i preparativi per il Ballo di Natale−

“E’ davvero necessario?” si lamentò lei, chiudendo il libro con un tonfo. “Ci sono cose molto più importanti a cui dovremmo pensare, rispetto ad uno stupidissimo Ballo−

“Credo che la McGranitt stia solo tentando di mantenere alto il morale degli studenti,” le ricordò Michael. “Avanti, Hermione. Non farebbe male divertirsi un po’, almeno a Natale. La gente qui ne ha veramente bisogno secondo me.”

"Suppongo di sì," sospirò scettica, infilando tutte le sue cose nella borsa e alzandosi dalla sedia. "Possiamo discuterne ad Hogsmeade questo weekend. D’accordo?"

"Per me è ok," annuì. "Vuoi che ti riaccompagni al tuo dormitorio?"

"No, non essere sciocco," lo liquidò lei con un cenno della mano. "Credo che Terry ed Antony ti stiano aspettando. Ci vediamo Sabato allora."

Hermione si voltò prima che lui potesse rispondere e marciò svelta fuori dalla Biblioteca, tenendo lo sguardo a terra per evitare le presunte occhiate degli altri studenti. Poteva giurare di sentire sulla nuca il peso di tutti gli sguardi sprezzanti, e il brusio delle parole diffamatorie. Tutte paranoie ovviamente. Ciononostante, partì a razzo attraverso i corridoi, senza fermarsi nemmeno un secondo. Contrariamente al desiderio di evitare il suo dormitorio – o più precisamente, il Serpeverde che attendeva al suo interno – i suoi passi la condussero senza indugio alla sua porta d’ingresso. Tremante e ansiosa, sussurrò la password e scivolò nella stanza; scannerizzando ogni centimetro del salotto con attenzione.

Come al solito, la stanza non dava alcun segno della sua presenza, il che la portò alla conclusione che lui dovesse essere nella sua stanza. Si lasciò uscire un sospiro di sollievo, enormemente sollevata al pensiero che qualunque tipo di discussione non sarebbe accaduta prima della mattina successiva. Si diresse furtivmente verso la sua stanza, con tutta l’umana intenzione di nascondersi fino al sorgere del sole, senza curarsi del fatto che un comportamento del genere potesse essere definito codardo.

Si bloccò dopo neanche un passo quando tre colpetti decisi alla porta la fecerò sobbalzare. Per Merlino, proprio adesso?!

“Chi è?” chiamò, con voce leggermente tremolante.

“Sono Michael.”

Hermione grugnì silenziosamente, infastidita dalla sua insistenza. Lanciò uno sguardo preoccupato verso la porta di Malfoy, domandandosi se fosse saggio far entrare un’ospite quando lui doveva rimanere nascosto dagli occhi di chiunque. “Che cosa vuoi?” domandò ad alta voce, mantenendo lo sguardo fisso sulla stanza di Draco.   “Sono un po’ occupata!”

“Hai dimenticato un libro prima,” si giustificò il ragazzo dall’altro lato del portone. “Va tutto bene?”

Hermione fece una smorfia e si diresse lentamente verso la voce, lanciando un’ultimo sguardo dietro alle spalle prima di aprire leggermente la porta; abbastanza da poter uscire con la testa e, allo stesso tempo, impedire la vista di qualsiasi cosa al di là della sua figura.

“Stavo per farmi una doccia,” mentì lei, dopo aver ricevuto uno sguardo confuso da parte del Corvonero. “Sono già in accappatoio.”

“Scusa,” Michael sorrise imbarazzato, porgendole il libro. “Sei sicura di stare bene, Hermione? Ti sei comportata in modo strano oggi.”

Hermione riuscì a curvare gli angoli delle sue labbra in un sorriso scomodo. “Sono solamente molto stanca,” le rispose, prendendo il piccolo tomo grigio. Chiuse la porta di un paio di centimetri in più, sperando che lui cogliesse il suggerimento di andarsene. “Penso che andrò a dormire presto, comunque grazie per avermi riportato il libro.”

“Sei sicura?” insistette lui, ed Hermione dovette resistere un sacco per non rispondergli male.

“Sicura,” borbottò. “Buonanotte.”

“Va bene, allora ci vediamo Sabato. Buonanotte.”

Hermione rilasciò un sospirò stanco e appoggiò la fronte contro la porta, desiderando che quei colpi sordi allo stomaco la smettessero. Sapeva che le intenzioni di Michael erano completamente innocenti e che la sua reazione era stata un po’ troppo sulla difensiva, però si sentiva smascherata. Per tutta la giornata, le era sembrato che qualcuno volesse entrare nella sua vita, nel suo segreto ed Hermione non poteva permettere ad anima viva di scoprire che cosa era successo.

“Chi cazzo era quello?”

La testa di Hermione si voltò così in fretta che per poco non perse l’equilibrio, e il suo petto sembrò squarciarsi sotto il peso del suo cuore, che aveva istantaneamente cominciato a battere e pulsare come se fosse impazzito. Senza rendersene conto, arretrò di qualche passo finchè non arrivò con la schiena appoggiata alla parete e si mise una mano sul petto dolorante. Tenne lo sguardo fisso su Malfoy, mentre lui si avvicinava allo stipite della porta con espressione tormentata. I suoi lineamenti erano contorti in un’affascinante combinazione di disprezzo e risentimento, assieme a qualcosa d’altro che non riusciva bene ad identificare, ma che le fece mancare il respiro.

“Perché devi sempre fare così?” ansimò Hermione con rabbia, una volta ritrovata la capacità di parlare. “Ti diverti a spaventare le person−

“Ti ho chiesto chi era quello,” sputò fuori Draco, digrignando i denti. Hermione si accorse di quanto tesi fossero i suoi muscoli. “E sarà meglio che tu mi dia una risposta fottutamente decente, Granger.”

Hermione si tirò indietro quando si rese conto che lui si stava spostando verso di lei, con movimenti lenti e precisi che lo facevano somigliare ad un lupo, un predatore. Si accorse che Malfoy possedeva una certa grazia nei movimenti, un’eleganza che Hermione non poteva non ammirare o, allo stesso tempo, invidiare; si muoveva come se ogni passo fosse intenzionale e premeditato, intimidatorio o addirittura seducente. Avrebbe dovuto trovarlo sconcertante o sgradevole ma, Godric potesse perdonarla per questo, non riusciva a non esserne attratta. 

“Sei maledettamente sorda Grang−

“Era soltanto Michael Corner” mormorò lei, togliendosi il golfino e sedendosi sul divano. “E’ del nostro anno e−

“So chi è,” la interruppe lui. La sua voce era ancora bassa e oscura. “Corvonero ottuso. Giocatore di merda a Quidditch. La sua unica qualità decente è il fatto che sia un Purosangue. Che cosa voleva da te?”

“Mi ha riportato un libro,” spiegò Hermione, sempre più imbarazzata mano a mano che lui si avvicinava; le mani incrociate in modo arrogante sul suo petto. “Perché vuoi−

“E perchè quel povero stupido coglione dovrebbe pensare che tu lo incontrerai questo Sabato?”

Hermione alzò un sopracciglio. “Stavi origliando?”

“RISPONDI e basta alla domanda, cazzo!” pretese Draco, sbattendo il palmo della mano contro lo schienale del divano. “Perché vi dovete incontrare?”

“Che cosa ti importa? Non sono certo affari tuoi.”

Draco schioccò la mascella e scosse la testa, come se stesse cercando di controllarsi prima di fare qualcosa di stupido. I suoi occhi grigio cielo scattarono alternandosi tra lei e il pavimento, mentre sembrava riprendersi da qualcosa, respirando a fondo per qualche minuto. Hermione lo osservò attentamente, mordicchiandosi il labbro in attesa della sua risposta.

“Sono anche affari miei se lui si auto invita qua dentro,” rispose misurando le parole con attenzione. “Se mi vedesse, potrebbe blaterare quell’informazione a chiunque−

“Non ti ha visto−

“E poi se il tuo piano è quello di sbattertelo in giro per il castello allora−

“COME OSI!” Hermione urlò a pieni polmoni, alzandosi dal divano e marciando verso di lui. “Non hai NESSUN diritto di parlarmi in questo modo−

“Posso parlarti come mi pare e piace,” replicò calmo lui, alzando il collo per guardarla. “Se non me lo dici tu, allora posso benissimo trarre da solo le conclusioni−

“E’ ridicolo!” rispose lei. “Ti ho detto che sarei andata ad Hogsmeade questo weekend e−

"E ci vai con quello?" grugnì, come se l’idea lo schifasse e gli lasciasse un sapore amaro proprio in fondo alla lingua. “Allora tu te lo fai sul serio, quello schifosissimo pezzo di−

“Oh per l’amor del Cielo, Malfoy!” rispose Hermione, frustrata e imbarazzata. “Michael ed io siamo gli unici ad andare perché siamo entrambi Caposcuola!”

La bocca di Draco si chiuse di botto con uno schiocco perfettamente udibile, ed Hermione si sentiva come se lui la stesse praticamente scansionando con gli occhi, dato il suo sguardo. Fisso. Intenso. Si rese conto di quanto fossero vicini in quel momento; abbastanza da permettere al fiato di lui di arrivare a muoverle i ricciolini spettinati sulla fronte, però lei non si mosse, contro ogni forma di buonsenso.

Ricrodi cos’è successo l’ultima volta che siete stati così vicini...?

Draco non mostrava alcun tipo di fastidio data la loro vicinanza, ed Hermione poteva giurare di aver visto un lampo di sollievo scaturire sui suoi lineamenti tesi. Piegò la testa leggermente a lato, rilassò le spalle e la stanza sembrò liberarsi da tutta l’energia statica accumulatasi durante la loro precedente discussione.

“Mi stai dicendo che quell’inutile testa di cazzo è un Caposcuola?” ghignò scettico. “Che cazzo di scherzo−

“In realtà è molto bravo,” lo contraddisse lei, notando che il labbro superiore di lui schioccò con superiorità mentre parlava. “Abbiamo finito qui, Dra…Malfoy?”

Draco aggrottò le sopracciglia sentendo il suo errore, e a quel punto, la strega cercò di nascondere il suo imbarazzo senza successo. Si voltò per andarsene, ma la sua fredda presa si aggrappò al suo polso prima che potesse allontanarsi di un solo millimetro.

Spingilo via e basta…siete troppo vicini…

“E adesso cosa c’è?” domandò Hermione, rifiutandosi di guardarlo ngli occhi. “Ho risposto alla tua domanda e ne ho avuto abbastanza dei tuoi−

“Non ho finito,” mormorò lui, stringendo un po’ la presa. “Ho un’altra domanda.”

Lei fece spallucce. “Non vedo perchè dovrei−

“Perchè mi hai preparato del cibo questa mattina?” si affrettò a domandare lui, con uno strano tono calmo e controllato, che sembrava nascondere una certa agitazione.

Hermione sbattè le palpebre confusa, voltandosi leggermente verso di lui. “Che− che cosa intendi?” balbettò. “Ti cucino tutti i giorni−

“Pensavo che dopo il nostro litigio, la notte scorsa,” disse reclutante. “…che non l’avresti più voluto fare−

“Noi litighiamo ogni santo giorno Malfoy−

“La notte scorsa è stato diverso.”

La stanza si trasformò istantaneamente in un tubo, da cui l’aria veniva aspirata e lasciata vorticare come dentro ad un’aspirapolvere. Hermione si sentiva  scombussolata, stranamente confusa e debole. Gli occhi di Draco sembravano aver preso una sfumatura più dolce in quel momento; come fumo lattiginoso ed Hermione non riusciva a staccare lo sguardo dal suo. Dopo la sua sfuriata rabbiosa e il suo completo rifiuto riguardo al loro bacio, le sue ultime parole l’avevano colpita come una mazza da baseball. Sapevano entrambi a che cosa si riferisse quel ‘diverso’, e quella consapevolezza fluttuava tra loro come una fiamma terribilmente pericolosa; troppo calda da toccare ma troppo potente da poterla ignorare.

Il bacio…

“Non ti avrei mai lasciato morire di fame solo per…quello,” fece Hermione, rompendo il silenzio. “Sarebbe stato crudele e basta−

“Sarebbe stato normale,” ribattè Draco. Hermione notò con dispiacere che i suoi lineamenti erano già ritornati al solito grugno severo. “E sono certo che vorresti farmi la ramanzina con qualche noiosa morale da Grifondoro sulla gentilezza o su qualche altra cazzata ma, sul serio, non potrebbe fregarmene di meno−

“Sei stato tu a chiedermi questa cosa,” protestò Hermione, liberandosi dalla stretta sul suo polso e allontanandosi da lui. “Me ne vado a letto. Buonanotte Malfoy.”

Draco serrò i pugni mentre la Granger scompariva nella sua stanza, domandandosi il perchè del suo comportamento così patetico. Era umiliante e inaccettabile, e la colpa era tutta della Granger. Dal momento in cui lei l’aveva infettato con il suo sangue sporco, e l’aveva sommerso nel suo profumo, ogni cosa si era deteriorata, specialmente il suo cervello, la sua ragione. Adesso, si ritrovava vittima di ossessionanti fantasie su di lei, tentato da quel quasi bacio che lo aveva fatto sentire disgustato, sconvolto. Perfino affamato.

Tutto ciò stava completamente consumando il suo cervello, rompendolo pezzo dopo pezzo… cominciava a dubitare di se stesso, a domandarsi quanto ancora avrebbe retto prima di cedere alla sua inappropriata voglia di soddisfare la sua sete.

La rabbia che aveva provato quando quel fottuto Corvonero si era presentato era un tipo di rabbia che non aveva mai provato prima; feroce ed esplosiva. Si era anche sentito fisicamente male, come se un terremoto interiore avesse scosso le fondamenta del suo stomaco e non aveva assolutamente idea del perché si fosse sentito in quel modo.

Non è gelosia…

Soltanto rabbia. Rabbia possessiva, forse.

I suoi piccoli lussi e stimoli erano limitati in quella prigione, e il suo sapore, il suo odore erano in qualche modo diventati quel genere di…bisogni necessari, che non avrebbe mai e poi mai condiviso con nessuno al di là di quella porta. Mentre l’assaggio del suo sapore era stato brevissimo, ora era suo, anche se non avrebbe dovuto volerlo per il bene della sua dignità. E non voleva toccarla ancora una volta. Davvero, non voleva, ma se quel Michael ‘odioso,pretenzioso,cazzone’ Corner credeva di avere il diritto di rubare anche solo un po’ della Granger, si sbagliava di grosso.

Non riusciva a dare un nome al turbine di emozioni pericolose che lo spingevano verso di lei, e non gli piacevano nemmeno, ma erano talmente potenti e così istintive, che era impossibile ignorarle.

Si precipitò nella sua stanza, e supplicò silenziosamente Salazar di potersi liberare da questa…ossessione il più presto possibile. Era degradante e logorante, e Draco non riusciva nemmeno a pensare alla tremenda possibilità che un giorno lui potesse soccombervi.

Non succederà…

 


 

Il vento soffiava come impazzito quella notte, ed Hermione era assolutamente convinta che il suo orologio stesse mentendo.

Se davvero erano le tre del mattino, allora significava che aveva passato le ultime quattro ore a fissare immobile il soffitto, e questa non era assolutamente la cosa più sana e ragionevole da fare. Si era praticamente reclusa da sola nella sua stanza, incapace di uscirne, convincendosi di poter riuscire a finire almeno la metà dei compiti che doveva svolgere fino alle vacanze di Natale. Quella determinazione durò meno di un secondo, e a quel punto aveva cercato disperatamente di trovare un po’ di riposo, senza successo.

E quel vento poi, che faceva vibrare le finestre e riempiva di gelidi spifferi le crepe nel muro di pietra, non aiutava affatto…

Non importava quanto tentasse di cancellare Malfoy dalla sua mente, non ci riusciva; al suo interno vorticavano senza sosta immagini testarde del loro pseudo−bacio assieme a vari flashback della sua permanenza nel suo dormitorio. Si ritrovò a pensare che fosse davvero affascinante il modo in cui aveva smesso di chiamarla Mezzosangue nell’ultimo periodo. Un mese in sua presenza l’aveva influenzata e si era riscoperta più determinata che mai a sconfiggere la barriera dei suoi pregiudizi, anche se non riusciva ad evitare di domandarsi se ora non lo stesse facendo solo per motivi egoistici.

Hermione desiderava che lui la vedesse in maniera diversa, ed era abbastanza certa che stesse cominciando a vedere qualcosa…

O almeno, lo sperava.

Si sedette e strofinò la sua faccia assonata con i palmi delle mani, domandandosi se il suo interesse verso di lui fosse appropriato o sano. Probabilmente no.

Un brivido la percorse ed Hermione riuscì a malapena ad afferrare la bacchetta per creare un’incantesimo scaldante, prima che un pensiero le balenasse in mente. Lei stava attualmente dormendo con tre coperte e in più possedeva la sua magia, con cui poteva crearsi uno scudo coprente se ne avesse avuto bisogno, come in effetti aveva fatto. Ma cos’aveva invece Draco? Gli era stata data soltanto una coperta…

E se stesse congelando?

Si accorse in quel momento di quanto le stesse importando la salute del suo compagno Serpeverde, quando in teoria non avrebbe dovuto fregarsene così tanto. Sapeva che faceva semplicemente parte del suo carattere, ma stavolta era anche qualcosa d’altro; una genuina preoccupazione per il livello del suo comfort. Oddio, ma da quando?

Hermione lasciò il suo letto e si coprì con una vestaglia, decidendo in quell momento che cosa esattamente avrebbe potuto fare. Le opzioni erano semplici; scegliere di ignorare quella preoccupazione e lasciare che quel miserabile pezzo di− si arrangiasse da solo, oppure seguire il suo istintivo desiderio di offrirgli un po’ di aiuto.

"Che diavolo sto facendo?" sussurrò a se stessa, mentre sgattaiolava silenziosamente fuori dalla sua stanza.

Dopo due minuti buoni di esitazione, mandò giù un’enorme quantità di saliva e puntò la bacchetta in direzione della porta accanto alla sua.

"Alohomora."

 

 

A/N: Scusatemi tantissimo davvero! Non immaginavo che ci avrei messo così tanto a pubblicare il capitolo! Ho avuto così tanti contrattempi che non vi immaginate! L Oggi fortunatamente, ho ritrovato la voglia perché mi sono messa a leggere tra il ventesimo/venticinquesimo capitolo originale e dopo aver ricordato quante cose belle succedono dopo (‘belle’ tra virgolette,perché insomma…uhmm NIENTE SPOILER, GIURO!) mi sono detta “Cavolo, le ragazze che mi seguono DEVONO sapere cosa succede dopo! Devo farglielo sapere, devo andare avanti!” E così è stato ;) Godetevi questo capitolo e alla prossima gente! Ciaoooooo!

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Capitolo 12
*** Sonno. ***


Chapter 12: Sonno.

 

Santissimo Godric, che cosa sto facendo?

Hermione rabbrividii mentre la porta della stanza da letto di Malfoy si apriva con un lieve cigolìo, comunque un po’ troppo rumoroso per i suoi gusti. Creò con la bacchetta un debole fiotto di luce con l’incantesimo Lumos; abbastanza da poter essere in grado di distinguere i contorni del mobilio e gli eventuali movimenti nella stanza. L’aria sembrava più fredda lì dentro, ed Hermione si strinse nel colletto della sua vestaglia, mentre i suoi occhi caddero sul letto illuminato dalla flebile illuminazione che scaturiva dalla bacchetta.

Hermione si congelò sul posto. Poteva sentirli adesso; gli agitati sospiri notturni, misti a mormorii e brontolii, chiari indicatori di una notte particolarmente difficile.

Draco evidentemente si trovava nel bel mezzo di un incubo e, mentre la giovane strega lo fissava concentrata, la luce della bacchetta illuminò un punto sulla sua fronte pieno di goccioline di sudore. I suoi lineamenti erano contorti e doloranti, e la vulnerabilità che scaturiva dalla sua espressione torturata dal sonno era terribilmente affascinante. Era…bellissimo, e al solo pensiero il suo petto cominciò a scaldarsi come una stufa bollente. Sbattè gli occhi svegliandosi dallo stato di trance in cui era finita, quando lui si mosse sotto le lenzuola.

Datti una calmata, Hermione...

Si avvicinò a lui con cautela, mantenendo sul viso un’espressione estasiata. Doveva esserci stato qualcosa nei suoi mormorii sonnolenti che le aveva procurato una terribile voglia di allungare una mano e di accarezzargli il capo, magari solamente per spostargli quel ciuffo sudato dalla fronte. Nonostante ciò, rimase ferma esattamente dov’era senza muovere un muscolo.

Doveva avere un gran freddo, pensò. Indossava solo una maglietta di cotone leggero, e perdipiù era difficile immaginare l’esatta causa del suo tremore; poteva essere il vento quanto il tormentato film mentale che stava avendo luogo in quel momento dentro la sua testa. Dopo un’attimo di esitazione, Hermione si tolse la vestaglia e la Trasfigurò in una pesante coperta di lana. Si sporse in avanti per appoggiarla sul suo corpo tremolante, sfiorando accidentalmente un centimetro di pelle diafana e completamente gelata. Hermione si immobilizzò nel momento in cui Draco sembrò essersi reso conto del contatto e un flebile sussurrò passò attraverso le sue labbra socchiuse.

"Io lo devo fare...altrimenti Lui ucciderà me. Non capisce?!"

Hermione boccheggiò, incapace di staccare lo sguardo su quel frullatore di emozioni che stavano passando sul volto del suo compagno di stanza. Sembrava che qualcuno lo stesse torturando in quell’esatto momento, e lei non riuscì ad ignorare il nodo allo stomaco che sentì, causato dalla preoccupazione. Hermione si protese verso di lui e lo studiò da vicino, dimenticandosi di essere cauta per un momento.

"Draco," sussurrò prima di potersi controllare. "Draco, sono io. Svegliati."

Hermione ricevette in risposta solamente una dose più forte di mormorii e brontolii incoscienti, così decise di allungare il palmo della mano per controllare la temperatura sulla sua fronte satinata. Nel momento in cui la sua pelle toccò quella di Draco, i suoi occhi grigi e selvaggi si spalancarono di colpo. Hermione ebbe a malapena il tempo di trattenere un singulto di sorpresa. Abbassò istintivamente la mano, nascondendola nella vestaglia. Draco ansimava violentemente, scosso dal brusco risveglio e probabilmente da quel tipo di confusione che soccombe non appena ti lasci alle spalle il vivido, ma irreale, mondo dei sogni. Si sporse in avanti e la luce della luna proveniente dalla finestra illuminò il suo volto; era talmente vicino che i suoi ciuffi di capelli spettinati arrivavano a spazzolare lievemente la fronte di Hermione.

"Draco," sussurrò Hermione. "Stai tranquillo. Sono io."

I suoi lineamenti si rilassarono appena, ma fu abbastanza per farle venire il coraggio di allungare una mano e di posizionarla dolcemente sulla sua guancia. Appoggiando anche l’altra mano sul lato sinistro, cominciò a strofinare lentamente i pollici sulle sue guancie congelate. Lui non si scostò, come lei si aspettava che facesse, anzi, sembrava completamente confuso. Immobile. In trance.

“E’ tutto ok,” ripetè con voce cantilenante Hermione, alternando questa frase ai leggeri tocchi sul suo viso. “E’ tutto ok.”

Le palpebre di Draco si abbassarono lentamente, così che i suoi occhi divennero due sottili linee bianche e le iridi quasi non si vedevano più. I suoi sospiri rallentarono; aveva smesso di tremare, ma Hermione non volle smettere di scaldare il suo viso con il tocco premuroso delle sue mani. Aspettava che si svegliasse completamente o che, al contrario, si riaddormentasse magari un po’ più tranquillo. Draco vacillò per un momento, incapace di starsene seduto dritto, prima che il suo sguardo perso e distante si puntasse di nuovo su di lei. I suoi occhi erano annebbiati e assenti quando si chinò lentamente verso di lei, ed Hermione non provò nemmeno a protestare quando le sue labbra si appoggiarono sulle sue.

Mentre il loro semi−bacio era stato leggero e incerto, questa seconda connessione sembrava forte e decisa. C’era un che’ di disperato nel modo in cui le loro labbra si tenevano strette le une alle altre, ed Hermione non potè evitare di lasciarsi andare all’eccitazione del momento quando lui si concentrò maggiormente sul suo labbro inferiore, accarezzandolo e ammorbidendolo come fosse fatto d’aria, palpabile e morbida al tatto. Hermione cercò di assecondarlo, portando il momento alla durata esatta di dieci battiti cardiaci; dopodichè, tutto si fermò. Draco abbandonò la sua fronte appoggiandola a quella di Hermione, facendo in modo che le loro labbra potessero ancora toccarsi lievemente. La giovane non sapeva più che cosa fosse vero e cosa inventato, immaginato, sognato. Era tutto così assurdo. Il turbine di domande che le stava spuntando in testa di certo non migliorava la situazione.

Lentamente, aprì gli occhi e scoprì che Draco sembrava ancora mezzo−addormentato, seppur beatamente calmo. I rimasugli di menta piperita aleggiavano ancora sulle sue labbra…

"Granger..." mormorò lui, con la voce ancora impastata dal sonno.

Hermione non osò muoversi di un centimetro mentre Draco si spostava leggermente sul lato destro del letto, lasciandole più spazio. Lo osservò attentamente, cercando un qualsiasi suggerimento che le facesse capire qualcosa; E’ rimasto disgustato dal bacio oppure no? Si è almeno reso conto di quello che è appena successo oppure si trova ancora in quel punto impenetrabile della mente dove aleggiano insieme il sonno e la veglia?

Quando vide che lui aveva richiuso gli occhi e si stava per rimettere addosso le coperte, pensò che fosse il momento giusto per andarsene, ma un sussurro a malapena udibile arrivò alle sue orecchie, e quello che sentì la sconvolse completamente.

"Resta."

Sbatacchiò le palpebre un paio di volte prima di assicurarsi che l’avesse detto davvero, guardandolo dritto in faccia per capire se aveva confuso le sue parole. No, sembrava completamente sicuro. Stava lì a fissarla con espressione statica, come se stesse attendendo il suo responso. Se lo stava immaginando? Per la miseria, si stava forse immaginando tutto quanto? Avrebbe tanto voluto restare…

Contro ogni possibile forma di buonsenso, alzò un lembo della coperta e si sistemò sotto di essa, cercando di ignorare la vocettina nella sua mente; Domattina ti pentirai di tutto questo… ora è così, ma aspetta di vedere la reazione del Draco completamente sveglio…

Cercò di mettere la maggior distanza possibile tra i loro corpi, sperando ingenuamente che questo gesto avrebbe alleviato il peso dell’assurda situazione in cui si era andata a cacciare. Si mise comoda e creò un’incantesimo scaldante.

I suoi occhi indugiarono sul suo volto, mentre le palpebre si abbassavano piano piano, distrutte dalla stanchezza.

 


 

Draco si accorse vagamente del cinguettiò mattutino degli uccelli alla finestra, prima che la luce del giorno lo colpisse in pieno viso, strappandogli di dosso ogni singola briciola di sonno rimasta. La mattinata sembrava promettente; nessun segno di pioggia rimanente sulle finestre, cielo pulito e azzurro e, da qualche parte nel suo subconscio, l’inaspettata sensazione rigenerante causata da un buon sonno ristoratore.  L’unica cosa fuori posto era la strana texture del suo cuscino…

Ma che diavolo…

La sua guancia destra era completamente sotterrata sotto i riccioli della Granger, e a quel punto si ricordò del sogno fatto la notte scorsa. Era stato un piacevole cambiamento rispetto ai suoi soliti incubi riguardanti maghi assassinati e torri illuminate dalla luce della luna; un bacio con la Principessa Grifondoro. Era soltanto un ricordo sfocato, senza dettagli specifici, come la maggior parte dei suoi sogni, perché in effetti era stato solamente questo. Un sogno.

Strano, però; le sue labbra sembravano particolarmente sensibili quella mattina.

Sollevò per un momento la testa dal cuscino, osservando sconcertato la figura al suo fianco, e decise in segreto che il suo viso, rilassato e sereno, era la cosa più bella che avesse mai visto. Era maledettamente attraente, quasi surreale; coricata al suo fianco, con tutti quei boccoli spettinati che circondavano il suo volto addormentato.
Gli occhi sonnolenti di Draco si diressero verso le sue labbra, leggermente socchiuse, e si domandò se forse, magari…

Non essere così fottutamente idiota.

Durante i primi giorni passati in quel dormitorio, il profumo della Granger gli sembrava pesante e nauseabondo; al momento, tuttavia, somigliava più ad un’oceano di frutta, vaniglia e cioccolato e ci stava praticamente affogando dentro. Era delizioso.

Draco si domandò se non fosse il caso di approfittarne e di sfiorarla leggermente; solo per capire se si trattasse della realtà, o di un’altra delle sue vivide fantasie.
Purtroppo i suoi occhi ambrati si spalancarono prima che potesse fare un tentativo. Si fissarono a vicenda per un lunghissimo minuto; Hermione leggermente imbarazzata e Draco con sguardo sospettoso e confuso.

"Posso chiederti cosa ci fai qui, Granger?" fece lui, spezzando il silenzio. Gli sembrava addirittura di poter sentire il rumore degli ingranaggi nel cervello della Granger, che scalpitavano per elaborare una risposta adeguata. “Granger−

“Io…” cominciò lei, cauta. “Ho pensato che avessi freddo.”

Draco agrottò le sopracciglia sentendo la sua risposta. "Che cos−

"Ti ho portato una coperta in più," andò avanti lei, col tremore nella voce. "E tu…mi hai chiesto di restare."

Draco schioccò la lingua scettico, ma un ricordo annebbiato lo distolse per un momento dal presente. Quel piccolo, fiabesco sogno all’improvviso si trasformò, somigliando pericolosamente ad un vero ricordo. Scacciò via dalla sua mente quella nozione assurda come un’insetto fastidioso. Stava per ribattere che lui non avrebbe mai potuto dirle una cosa del genere, ma la successiva confessione della Granger lo sconvolse, come se qualcuno avesse staccato la spina dal suo cervello.

"Io…io volevo restare."

I suoi occhi ghiacciati si spalancarono in meno di un secondo, scannerizzando i tratti del viso della Granger, prima che un terribile impulso che non riuscì a controllare lo spingesse verso di lei. Draco afferrò le sue spalle e la baciò con decisione, rotolando con tutto il suo peso su di lei, accorgendosi di quanto si sentisse a suo agio in quella posizone, come se il contatto tra i loro corpi fosse straordinariamente familiare. Le mani di lei si ritrovarono a giocherellare con i capelli corti sulla sua nuca mentre Draco si immergeva il più possibile tra le sue labbra; affogando tutta la frustrazione, la rabbia, e la confusione che aveva provato negli ultimi giorni. Provò un’innocente quanto profondo desiderio di far si che le sue mani si perdessero tra i suoi ricci e le onde castane, per averla più vicina.

Un lieve gemito femminile rieccheggiò nel profondo della sua gola e Draco aumentò l’insistenza nei suoi movimenti, sentendosi finalmente sollevato, immerso tra il calore dei loro corpi e il profumo squisito dei suoi capelli. Hermione gemette ancora una volta e quel suono ricordò a Draco tutti quei momenti passati ad ascoltarla sotto la doccia, il che non contribuì affatto a diminuire il suo desiderio di lei, di averla sempre e sempre di più. Purtroppo, lo spasmo al di sotto del suo ombelico sembrava troppo reale in quel momento; troppo vivo, e ciò lo riportò a schiantarsi contro la fredda e agghiacciante verità.

Draco ruppe il contatto, strappando via il suo corpo da quello della Granger e fissandola dal bordo del letto, con occhi selvaggi, febbicitanti, sconvolti. Sentì ogni singolo muscolo del suo corpo ritornare alla posizione abituale, ogni respiro rieccheggiare nella gabbia toracica come un urlo ripetuto e sconvolto mille volte dall’eco causato dal buco profondo della sua coscienza. Le viscere gli erano completamente sparite fino ad un secondo prima, mentre ora precipitarono giù come un mattone, mozzandogli il fiato. L’umiliazione e il disgusto avevano raggiunto un livello che Draco credeva essere inesistente fino ad ora; era l’apice di ogni cosa, il climax più potente della storia della sua pazzia. Certo, sarebbe potuto succedere di peggio…molto peggio…

Dracò percepì il peso della Granger che si spostava leggermente sul materasso e desiderò che se ne andasse, prima che la sua irascibilità avesse la meglio su di lui. Poteva benissimo sentire tutta la rabbia, diretta a lei e a se stesso, che sfrigolava all’interno del suo cervello come braci volubili che rischiavano di bruciare da un momento all’atro. Ormai il suo peso sul letto non c’era più, il materasso si era riempito come prima…allora perché non la stava sentendo camminare?

"Draco-

"Va via e basta," gracchiò freddamente lui, con un filo di voce, mantenendo la testa bassa. "Lasciami solo−

"Ma io−

"TI HO DETTO DI ANDARTENE, PER LA MISERIA!" Draco scattò in piedi, voltandosi per fronteggiarla, con un pesante ghigno scolpito sul suo volto. “SUBITO−

"NO!" urlò lei di rimando, raddrizzando la schiena con decisione. “Dobbiamo discutere di questa cosa−

"Non c’è niente da discutere!" fece lui. "Non è successo niente−

"Quanto sei patetico!" lo accusò Hermione, con un dito puntato contro di lui. "Perchè devi negare che sia successo davvero qualc−

"PERCHE’ TUTTO QUESTO NON E’ LA FOTTUTISSIMA REALTA’!" ringhiò Draco. "Nulla di ciò che accade in questa prigione è reale−

"Che cosa stai dicendo−

"E’ tutto falso!" continuò. "Questa situazione di merda mi sta incasinando tutto il cervello! Non mi abbasserei MAI a toccarti se non fosse per questa fottutissima prigione in cui sono costretto a vivere−

"Le circostanze sono completamente irrilevanti−

"Stronzate!"

"Tu sei ancora in controllo delle tue azioni!" esplose Hermione, furente. "E prima comincerai ad accettarlo, meglio sarà−

"E allora che mi dici delle tue azioni, Granger?" domandò Draco. "Dimmi, com’è possibile per te pensare che dormire con un Mangiamorte sia normale?!”

Il suo broncio si indurì. "Non stavo ragionando, lo ammetto, è stata una follia−

"Tu parli di follia! Devo ricordarti che è colpa tua e di quella vecchia strega se io sto qui giorno dopo giorno a marcire nella follia più totale?!" sbraitò Draco, fermandosi un momento per stringere il suo sguardo furente in due fessure sottilissime. “Si tratta forse di un piano, Granger? Tu e quella vacca decrepita state facendo tutto questo di proposito?”

“Che diavolo stai dicendo?”

“Sto parlando di te e della McGranitt!” fece Draco, schiarendosi la gola irritata dalle grida. “Avete in mente qualcosa del tipo ‘sedurre il Mangiamorte e ottenere così qualche informazione su Voldemort con un po’ di efficace sfottimento’?”

“Fottiti, Malfoy!”

“Sono sicuro che anche questo facesse parte del piano,” sibiliò amaramente lui. “Fregarmi e tenermi per sempre prigioniero, a causa di ciò che avrei potuto confessare durante una conversazione intima tra le lenzuola−

“Stai delirando,” rispose Hermione, cominciando a perdere la pazienza.

Draco esitò, digrignando i denti. “Sì, è vero, è fottutamente ridicolo,” confermò. “Sono sicuro che perfino la McGranitt abbia notato che tu hai a malapena il sex appeal di un Troll di montagna!”

Si accorse del dolore nei suoi occhi, e per poco non si pentì di aver fatto quel commento ad alta voce.

“Non c’è nessun piano,” fece Hermione, dopo un lungo silenzio. “Puoi credere quello che vuoi, ma tutto ciò che volevo era che tu ti accorgessi che i nati Babbani sono persone. Che io sono una persona.”

Draco rimase immobile, cercando di impedire che il suo volto lasciasse trasparire l’incertezza che sentiva nel profondo del cuore. Non sapeva nulla a proposito degli altri nati Babbani, e nemmeno gli importava; conosceva solamente lei. Ed era una persona, senza ombra di dubbio; una ragazza con personalità ed emozioni che faticava a comprendere, ma che lo affascinavano incontrollabilmente. Lei era una persona, una persona che riusciva a mettere in dubbio ogni singola sicurezza della sua vita. Era una persona che baciava meravigliosamente…

"Ora me ne vado," mormorò Hermione, dirigendosi verso la porta. “Però voglio che tu pensi a questo mentre sono via, Draco. Se io fossi una Purosangue con la stessa personalità, negheresti così velocemente tutto quello che è successo stamattina?”

Prima che qualsiasi genere di replica potesse uscire dalla sua bocca, lei sbattè la porta, che si andò a frantumare contro la parete, lasciandolo lì, confuso e sconvolto. La sua ultima domanda rotolò all’infinito nella sua testa come un bigliettino sparso dal vento, assieme a svariate frasi del libro di King e a tutto ciò che lei gli aveva detto da quando era arrivato in quel dormitorio.

Avrebbe negato quel bacio così velocemente se fosse stata una Purosangue?

No. Cazzo, no.

 


 

Rintanata al sicuro nella su stanza, Hermione lasciò che un singhiozzo testardo le uscisse di bocca, nonostante tutta la buona volontà che ci aveva messo per evitare di piangere. Questa volta non erano stati tanto i suoi insulti a farla star male, quanto più la sua stessa reazione. Non le sarebbe dovuto importare un bel niente della sua opinione; anzi, ormai avrebbe dovuto essere abituata alle sue frasi crudeli ma, per la tomba di Godric, quelle si che avevano fatto male. Sentiva il dolore quasi come una pugnalata alle spalle dopo quel…quel bellissimo momento passato insieme.

Forse avrebbe dovuto essere grata a lui per averlo fatto; almeno uno dei due era riuscito a rompere il contatto e ad affrontare la realtà delle cose.

Ma perché, perché? Che bisogno c’era di fare ancora una volta il bastardo? Perché doveva sempre rendere tutto così difficile?

Che sto facendo? Basta pensare a queste cose!

E’ stato soltanto un’incidente… gli incidenti però possono ancora essere considerati tali se vengono ripetuti più di una volta?

Hermione si strofinò via dagli occhi l’ultima lacrima rimasta e schiarì il blocco che si sentiva fino in fondo alla gola. Con un’occhiata veloce all’orologio, scoprì che erano a malapena le sei del mattino; troppo presto per l’inizio delle lezioni. Però non ce la faceva più, doveva uscire da quella maledetta stanza. Si vestì il più in fretta possibile, scappando via dal dormitorio, cercando allo stesso tempo di non fissare troppo a lungo la porta della stanza di Draco. Attraversò gli stretti, cupi corridoi fino ad arrivare ad un porticato all’aria aperta, che la proiettò dritta in fronte ad un bellissimo cielo rosato.

Era meraviglioso; una fantastica combinazione di colori tenui e azzurri intensi, talmente affascinanti da poter togliere il fiato a chiunque, ma Hermione era troppo distratta dai suoi pensieri e non riuscì ad apprezzare appieno il panorama. Sì coprì con un’incantesimo scaldante, girovagando per il prato, finchè non trovò un’albero un po’ malmesso, coperto di brina.

Si lasciò scivolare fino alle radici, appoggiandosi con tutto il suo peso contro il tronco ghiacciato, ritrovandosi nuovamente con il volto rigato dalle lacrime. Poteva permettersi di singhiozzare ad alta voce lì, dove nessuno l’avrebbe sentita, ma non riuscì a farlo, per paura di sembrare una sciocca.

Doveva arrendersi all’evidenza, anche se questa era completamente sbagliata e insensata. Se davvero si sentiva così male dopo che Draco l’aveva trattata in quel modo, allora doveva per forza provare qualcosa per lui. Non si era mai sentita così rifiutata fin da quando Ron aveva avuto quella breve sbandata per Lavanda, ma in qualche modo, a ripensarci adesso le sembrava una cosa di poco conto. Forse si sentiva così incasinata perché Draco era l’unica persona con la quale aveva passato un considerevole arco di tempo fin da quando Harry e Ron se n’erano andati. Forse.

Si era permessa di allentare la guardia con lui ogni giorno di più e guarda adesso dove era andata a finire.

Probabilmente era stata una scelta idiota, davvero. Come aveva anche solo potuto pensare per un momento che, creando una specie di pacifica routine tra lei e Draco, le cose sarebbero effettivamente cambiate? Ci aveva sperato sul serio però adesso le sembrava tutto inutile.

“Hermione.”

La giovane si voltò, troppo intontita dalla tristezza per riuscire ad assumere un’atteggiamento diffidente. Riconobbe la voce e si sforzò di distendere le labbra in un sorriso forzato. “Luna, che ci fai qui?”

“Il cielo è bellissimo, non lo vedi?” rispose lei, inginocchiandosi di fianco ad Hermione. “Quest’ora del mattino è il momento migliore per vedere i Ceffodyls, li sto aspettando ma sono un po’ timidi… Come mai sei già sveglia?”

“Avevo bisogno di un po’ d’aria” sospirò Hermione, asciugandosi velocemente ogni eventuale lacrima rimasta. “Che ore son−

“Sai che le tue labbra sono ancora strane?” la interruppe Luna. “Un’altra puntura?”

“Che? Sì, cioè no,” rispose lei, cercando di ottenere un tono di voce disinvolto. “No, niente a che vedere con le api. Penso sia una reazione a qualcosa d’altro.”

“Tipo?”

“Non ne sono sicura,” Hermione alzò le spalle, passandosi un dito indagatore sul labbro per sentire se, effettivamente, erano diverse dal solito. “Quello che so, è che non mi fa bene per niente.”

“In un certo senso ti dona,” sorrise Luna, guardando il cielo. “Anche se stavolta la reazione sembra più potente di quella prima volta.”

“Che cosa intendi?”

“Le tue guance sono rossissime,” spiegò Luna, voltandosi per guardarla meglio. “E i tuoi occhi sono lucidi e opachi al tempo stesso−

“Magari è il freddo,” si difese Hermione.

“Non penso sia quello,” riprese la giovane Corvonero. “E’ qualcos’altro. Comunque te l’ho detto, è una cosa che ti dona. Sembri più viva del solito.”

Hermione le offrì un sorriso di ringraziamento. “Sei molto gentile Luna.”

"Ho sentito che sabato andrai ad Hogsmeade," disse lei, spezzettando un ciuffo d’erba congelato. “Con Michael, vero?”

“Sì, è vero,” annuì Hermione. “Vuoi che ti prenda qualcosa?”

“Ti dispiacerebbe prendermi qualche Bacchetta di Liquirizia?”

Hermione alzò un sopracciglio. “Pensavo che non ti piacesse la liquirizia.”

"Infatti non mi piace."

Hermione curvò la testa da un lato, confusa, osservando l’amica con attenzione e notando che anche lei sembrava un po’ diversa dal solito. I suoi occhi somigliavano ancora a due bocce d’aqua impenetrabili e sognanti, però c’era qualcosa in più… sembrava che stessero contentendo un segreto. Un bel segreto.

“Posso chiederti una cosa, Luna?”

La giovane Corvonero si voltò lentamente, concentrando la sua attenzione verso la compagna. “Certo,” rispose. “Cercherò di darti una risposta soddisfacente.”

“Gli altri si sonoaccorti che a volte non sei nel castello, specialmente durante i weekend,” cominciò Hermione, cauta. “Posso sapere dove vai?”

Luna non sembrò scomporsi dopo quella domanda. “Non pensavo che gli altri potessero accorgersi della mia assenza.”

“Oh Luna,” sussurrò Hermione dolcemente. “Sai che noi ti vogliamo bene, ovviamente ci siamo accorti di−

“Non intendevo in quel senso,” la interruppe lei. “Le persone solitamente non notano il comportamento altrui in tempi di Guerra. Lo considerano solo normale. Sinceramente, sono sorpresa che qualcuno se ne sia accorto.”

“Quindi dov’è che vai ogni volta?” insistette Hermione. “Sei sei in qualche brutta situazione, ti possiamo aiutare noi!”

Luna si lasciò sfuggire una risatina divertita ed Hermione alzò il sopracciglio, confusa.  “Sto bene” disse Luna “Sto molto bene a dire la verità, ma non posso dirti dove vado.”

“Perché no?!”

“Non sarebbe giusto nei confronti delle altre persone coinvolte,” mormorò Luna, lasciando che un lampo di preoccupazione e di serietà passasse attraverso le sue iridi ghiacciate. “Scusami. Sarebbe troppo rischioso dirlo a qualcuno, e non si tratta solamente di un segreto che riguarda me.”

Anche se Hermione poteva comprendere le ragioni dell’amica e sapeva bene che non aveva alcun diritto di esigere una spiegazione ragionevole (soprattutto visto e considerato che lei stessa stava attualmente ospitando un Mangiamorte latitante nel suo dormitorio) qualcosa nella voce di Luna l’aveva incuriosita parecchio.

“E quest’altra persona…è qualcuno a cui tieni molto?” le domandò con cautela. “Penso che sia così, visto il rischio che stai correndo.”

“Non stiamo forse correndo tutti dei rischi ultimamente?”

“Sono solo preoccupata per te,” fece Hermione. “Questa Guerra−

“A volte le Guerre possono portare a cose buone,” disse Luna, alzandosi in piedi. “Possono insegnare alla gente a credere in cio che pensano sia giusto, a tenersi stretti i propri sentimenti, anche se possono essere rischiosi.”

Hermione fissò l’amica senza ribattere, mentre quest’ultima raggiungeva il castello, allontanandosi sempre di più da lei. Come sempre, Luna e le sue parole le avevano lasciato una strana sensazione addosso, un misto tra confusione e illuminazione, ed ora Hermione si domandava se per caso Luna non sapesse molto più di ciò che dava a vedere. Si voltò per osservare il nuovo sole nascente un’ultima volta, prima di girare intorno all’enorme quercia e ritornare sui suoi passi.

Doveva concentrarsi sul suo obiettivo per l’Ordine e lasciar perdere tutte quelle inutili distrazioni e perdite di tempo causate dalla presenza di Draco. Tutto ciò che era successo era assolutamente inappropriato ed infantile, nonostante fosse anche incredibilmente allettante, e non aveva proprio tempo per quelle cose.

Peccato che fosse troppo difficile da ignorare.

Era in ritardo per la prima lezione della giornata, tutto grazie ad un testardo sogno ad occhi aperti che era riuscito a portarla fin qui, facendola vittima dei suoi stessi pensieri. Accidenti.

 


 

Per due giorni interi, riuscì a pieni voti nell’impresa di evitarla, rimanendo recluso nella sua stanza (togliendo dalla lista alcune necessarie visite al bagno e le frequenti uscite fugaci dalla porta per afferrare i piatti caldi che gli preparava ogni giorno). Poteva supporre che anche lei stesse facendo del suo meglio per stargli lontano, e questa cosa avrebbe potuto anche andargli a genio, se solo non stesse perdendo ogni giorno di più la concezione della realtà dopo quella separazione forzata.

E stavolta non si trattava nemmeno di claustrofobia.

No, questa volta era diverso; poteva sentire un cambiamento nel suo corpo, nel suo sangue, nelle ossa. Era desiderio, travolgente e insaziabile; sia per quanto riguarda un qualsiasi tipo di interazione umana e sociale, sia per lei nello specifico. Lo sentiva ribollire nelle vene e pulsargli in ogni muscolo del corpo. Ogni notte si ritrovava ricoperto da una patina gelida di sudore, tremante e dolorante, rattrappito su un fianco. Gli veniva quasi da vomitare. Sembrava una crisi d’astinenza (un termine che aveva trovato in uno dei suoi libri di Medicina Babbana) anche se non si trattava di astinenza da una particolare sostanza. O forse sì. Forse era lei, forse l’aveva avvelenato e adesso stava di merda per colpa sua.

L’unica medicina sembrava essere il fruscìo quotidiano delle tendine della doccia e il successivo coretto di gemiti mattutini, ma purtroppo tutto questo durava all’incirca venti minuti e non di più. La giornata dopo quell’attimo di beatitudine, sembrava infinita.

Era stato sveglio per un paio d’ore quel giorno, aspettando che i movimenti mattutini della Granger alleviassero il suo tormento. Tirando ad indovinare, data la posizione del sole, era quasi arrivato il primo pomeriggio, il che significava che era passata l’ennesima settimana di prigionia.

Si ricordò a quel punto che la Granger gli aveva comunicato che sarebbe andata ad Hogsmeade con quel ritardato Corvonero, e un’ondata di furia assassina lo attraversò da capo a piedi. Il suo petto sembrava pronto a strapparsi in due sotto il peso dell’ira improvvisa che si prese il controllo di tutto il suo essere. Quando finalmente la sentì entrare in bagno, i suoi suoni delicati non riuscirono comunque a spazzar via i pensieri omicidi che gli erano passati per la testa pochi secondi prima.

Anzi, tutto quello che riuscì a visualizzare nella mente fu una scarica di immagini sospettose e sgradevoli di lei, che si preparava per incontrare quello scherzo della natura. Quell’immagine mentale lievitò sempre e sempre di più, fino a provocargli la nausea. Draco strinse i denti, cercando di tenere insieme i pezzi di se stesso, ma non riuscì a trattenerli; li sentiva scorrere via come granelli di sabbia tra le dita. Un’ondata di disgusto lo travolse; disgusto per se stesso e per tutte quelle scene vomitevoli che si era costretto ad immaginare. Strinse i pugni fino a far sanguinare la carne con la punta delle unghie e non osò muovere un muscolo finchè non la sentì uscire dal dormitorio.

In un’attimo, era già in piedi, sorretto quasi miracolosamente dalla furia e dall’ansia. Scannerizzò la stanza con sguardo folle, selvaggio. Iniziò con l’armadio e la scrivania, calciandoli con tutta la forza che aveva in corpo, finchè pezzi di legno grossi quando il suo braccio non si staccarono e volarono sul pavimento. Dopodichè si concentrò sul letto, riducendolo ad un ammasso di legno intarsiato, piume e cuscini stropicciati, il che – nonostante l’impegno messo− non contribuì affatto a contenere il vortice di emozioni che lo stavano mangiando vivo.

Con un’ultimo grido di rabbia, alimentato dal fuoco possente della gelosia, afferrò una sedia e la scaraventò verso la finestra, guardandola mentre esplodeva in una pioggia di cristalli. Osservò il vetro magico ricomporsi un’attimo più tardi senza nessuno sforzo e si accasciò inerme sul pavimento, sommerso dai rimasugli della sua reazione eccessivamente violenta. Rimase in quella posizione per quattro ore, crogiolandosi nella contemplazione dolorosa di immagini della Granger e di Corner che si divertivano insieme come non mai.

Nel bel mezzo di quella ripresa di coscienza, respirando affannosamente a contatto con le gelide piastrelle del pavimento, giunse ad una conclusione. O la Granger si sbagliava, e quindi lui aveva tutto il diritto di disprezzare Babbani e Mezzosangue per la loro inferiorità, oppure se la Granger aveva ragione, come succedeva spesso, allora lui non era altro che un bastardissimo idiota a cui era stato sottoposto un lavaggio del cervello a prova di bomba atomica…

Le parole della Granger, pronunciate con rabbia e delusione dopo il loro bacio, gli riapparvero nitide nella mente.

Puoi credere quello che vuoi, ma tutto ciò che volevo era che tu ti accorgessi che i nati Babbani sono persone. Che io sono una persona…

Sei ancora in controllo delle tue azioni…

Volevo restare…

E se lei avesse avuto ragione fin dal principio?

E se tutto questo casino, questo odio, questa barriera che li separava, fosse tutto per niente?

E se lui e tutta la sua famiglia si sbagliavano?

Allora…allora il suo desiderio costante e logorante per lei non sarebbe stato sbagliato, però… perché diavolo lei avrebbe dovuto ricambiarlo?

Se lei avesse ragione, se.

Non era più sicuro di niente ormai. Non sapeva più a chi dovesse credere.

Rimase immobile per ore e ore. Il fruscìo costante dei suoi pensieri che gli roteava intorno era talmente forte, che non si accorse subito del suo ritorno. Non si accorse nemmeno dei colpetti dati alla porta e della sua voce che lo chiamava.

Hermione lo trovò in queste condizioni; raggomitolato a terra in posizione fetale, circondato da un’orda di caos e di detriti. Il suo sguardo ansioso e spaventato scannerizzò tutta la stanza, per poi arrivare a Draco, perfettamente nel centro. A quel punto il suo cuore si zittì per un’attimo, sparì, quasi come se non ci fosse più. Hermione riusciva a percepire che Draco stesse tremando, eppure lui non stava facendo alcunchè per scaldarsi, e i suoi occhi erano più assenti e persi che mai. La sua figura vulnerabile e distorta le fece venire in mente di quella notte in cui lo sorprese nel bel mezzo di un incubo, e pensò a come quell’attimo di preoccupazione per lui avesse portato a conseguenze ancora più complicate da gestire.

Essere così preoccupata per lui le veniva naturale in ogni caso, non poteva farci nulla. Lasciò che la borsa le cadesse dalla spalla senza il minimo interesse per qualsiasi altra cosa che non fosse quel minuscolo, freddo e rattrappito ragazzo in fondo alla stanza. Si inginocchiò di fianco a lui e gli prese il volto tra le mani gelate. Un flash di riconoscimento apparve nel suo sguardo grigio e spento, ed Hermione represse un singhiozzo a fatica mentre i suoi pollici cominciavano già a scorrere sul suo volto come se stessero seguendo un ordine automatico.

“Draco,” sussurrò, avvicinandosi al suo viso. “Guardami, Draco. Che cosa c’è che non va?”

Lui ingurgitò una grossa quantità di saliva e sbattè lentamente le palpebre. “Da quanto tempo sono qui, Granger? Intendo, qui ad Hogwarts.”

Hermione fece un breve calcolo mentale e poi rispose come un computer perfettamente programmato “Cinque settimane,” ci ripensò meglio e aggiunse “Trentasette giorni, credo.”

“Sembra molto di più,” mormorò lui.

“Perché hai distrutto la tua stanza?” gli domandò Hermione cauta, staccando una mano dalla sua guancia per prendere la bacchetta. “Draco−

“Non lo so,” fece lui, rilassandosi un pò di più mano a mano che prendeva coscienza della presenza delle sue mani sul suo viso. “Non lo so davvero.”

“Ci penso io a sistemare qui,” rispose lei, agitando la bacchetta. “Sta fermo, ok?”

Draco non rispose e stupidamente pensò di aver perso la forza di parlare da quando lei non lo sorreggeva più con le sue mani delicate. Si domandò se non fosse presente una lieve ironia in tutto questo; la Granger che aggiustava qualcosa che lui aveva demolito per una ragione che ancora adesso non riusciva pienamente a comprendere, ma il suo cervello era talmente stremato dal troppo rimuginare, che non ebbe lo spazio sufficiente per accogliere fino in fondo questo nuovo pensiero. Invece si ritrovò ancora una volta a studiare i lineamenti della Granger, cercando un qualche dettaglio che gli potesse confermare la sua effettiva inferiorità, ma ancora una volta, non ne trovò nemmeno uno.

Nessuna traccia di qualcosa che avrebbe potuto odiare, non importava lo sforzo che ci metteva nel cercarla.

“Sei gelido,” commentò Hermione, riportando la sua attenzione verso di lui. “Lascia che−

“No,” fece lui, stavolta senza il suo piglio sprezzante. “Sto bene, Granger.”

Lei scosse la testa un poco ma non ribattè, sapendo perfettamente bene che in casi come questi non era una grande idea l’uso dell’insistenza. “Ti ho preso le cose che mi avevi chiesto,” gli disse, riprendendo la borsa da terra. Con un colpo di bacchetta ne tirò fuori il contenuto e Draco osservò la scena del cambio di lenzuola, da quel rosso che gli dava il vomito ad un verde scintillante. Poi fu il turno dei dolci richiesti, che si sistemarono tutti ordinatamente sul comodino. “Draco, cosa ti sta succedendo? Perché hai distrutto tutto−

“Te l’ho detto, non lo so,” ripetè lui. “L’ho fatto e basta.”

"Non sembri molto in forma," mormorò Hermione, poggiando una mano sulla sua fronte. "Potrei andarti a prendere una−

"No," la fermò lui, chiudendo gli occhi per un istante. "Non…non andartene."

"Draco, mi stai facendo preoccupare−

"Perchè dovresti preoccuparti per qualcuno che non sopporti?"

Hermione abbassò la testa per guardarlo negli occhi, decisa. “Ti ho già detto che non ti odio−

“Dovresti,” le rispose lui, altrettanto deciso. “Dovresti detestarmi.”

“Beh, invece non ti detesto,” rispose lei, stringendosi un po’ più a lui. “Forse dovrei, ma non posso ora−

“Allora cos’è che provi nei miei confronti adesso, Granger?”

“Ancora questa domanda?” sbuffò lei, giocherellando con i fili sfrangiati della gonna per evitare il suo sguardo. “Non lo so, Draco.”

“Pensi che io sia malvagio, Granger?” le chiese senza pensare.

“Non sei affatto malvagio,” lo rassicurò lei prontamente. “Sei stato solo…mal educato in tutti questi anni. Sei umano, Draco, e hai fatto degli errori, ma non posso odiarti in base a quello.”

Draco alzò la testa e rilasciò un sospiro tremolante. “Io invece dovrei odiare te.”

Dovrei?” ripetè lei con sguardo confuso. “Cioè vuoi dire che…non mi odi più?”

“Non lo so,” mormorò lui in risposta, così piano che Hermione non fu sicura di averlo sentito parlare a tutti gli effetti. “Sono un po’…confuso.”

La sua confessione, seppur debole e discutibile, le diede un’incoraggiamento senza precedenti. Quella piccola speranzosa fiamma che si era ripromessa di ignorare, sbocciò come risvegliata da un richiamo immediato e lei non potè fare nulla per evitarlo. Questo era ciò che voleva; una conferma data di persona sul fatto che lui stesse cominciando a dubitare su tutto ciò che aveva creduto universale e giusto.

Tutto questo non fece altro che alimentare il suo buon umore, assurdamente collegato a Malfoy e, senza pensarci su due volte, Hermione scivolò accanto a lui, ancora più vicina, sistemandosi tra le sue gambe e poggiando la schiena sul suo petto. Si aspettava che lui l’avrebbe mandata via all’istante, ma lui non battè ciglio mentre lei si sistemava un po’ meglio, poggiando il suo nido castano sulla sua spalla sinistra. Draco rimase completamente immobile, senza reagire in alcun modo, come una statua di ghiaccio, eppure lei si sentiva inspiegabilmente al sicuro lì; calda e comoda, racchiusa in un momento tanto sbagliato quanto piacevole, che la condusse all’istante in uno stato di dormiveglia.

“Questo non significa nulla, ok Granger?” sussurrò Draco vicino al suo orecchio, probabilmente parlando più a se stesso che a lei. “Nulla”.

“Lo so,” rispose lei.

Draco era dolorosamente consapevole che questa…cosa…era molto più intima e indubbiamente sbagliata di tutto ciò che avevano mai fatto fin’ora, ma dopo due giorni di negazione, di tormento e solitudine, era troppo assorto in quel momento per poterla mandare via. Sapeva che il mattino successivo il senso di colpa sarebbe stato terribile da mandar giù, eppure non poteva resistere all’effetto che la Granger aveva su di lui.

Erano a malapena le otto di sera, ma il sonno prese la meglio su Hermione in pochissimi minuti e Draco la seguì un momento più tardi, accompagnato dal fastidioso presentimento che le cose stessero per cambiare.

Che lui stesse cambiando.

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Capitolo 13
*** Solitudine. ***


Chapter 13: Solitudine.

 

Hermione non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita così rilassata e serena.

Inspirò l’aria fresca del mattino, stando ancora a contatto con il petto di lui, che si alzava e si abbassava a ritmi regolari, come cullata da una ninna nanna soporifera, che le impediva di ritornare del tutto alla realtà. Il delizioso odore di menta e essenza ‘da ragazzo’ riempiva l’aria nella stanza, ed Hermione, una volta presa coscienza del fatto che fosse giorno, scacciò via in un battito di ciglia i rimasugli di un ultimo sogno che si era portata dietro fino al risveglio.

A giudicare dai respiri pesanti che le sfioravano i capelli sulla fronte, Draco si trovava ancora molto distante dal mondo, anche se le sue braccia dovevano essersi mosse di loro spontanea volontà durante la notte, poiché in quel momento si trovavano strette attorno al corpo di Hermione, e lei non poté fare a meno di spingersi un po’ più verso di lui per assaporare al meglio quella meravigliosa sensazione di sicurezza prima che il suo imminente risveglio rovinasse l’atmosfera. Sbuffando al solo pensiero, Hermione si rese conto che forse sarebbe stato meglio per lei sgattaiolare fuori dalla stanza prima che lui se ne accorgesse, tanto per evitare l’ennesima scenata.

Non sapeva per quale motivo, tuttavia, incapace di resistere, allungò leggermente il collo verso l’alto e gli poggiò le labbra proprio sulla linea della mascella, lasciando a suo modo un bacio del buongiorno. A quel punto, cercò di sfilarsi cautamente dalla sua stretta.

L’assenza del suo tocco la fece sentire fredda e trascurata e, come se pensasse che lui potesse sentire la stessa cosa, si affrettò a coprirlo con una coperta. Con un ultimo sguardo sconsolato, si voltò per andarsene, ignara del fatto che un paio di occhi grigi si stessero lentamente schiudendo dietro di lei.

Draco si portò la punta delle dita nel punto in cui lei aveva poggiato le sue labbra poco prima e fissò la sua figura che usciva dalla camera. Un’idea improvvisa gli venne in mente, così si alzò in silenzio e si avvicinò alla porta, giusto in tempo per sentire la password della Granger.

Lutra, lutra?

Non aveva la più pallida idea di che cosa potesse significare, ma siccome non gli importava granché, si sentiva molto soddisfatto; d’ora in poi le cose sarebbero potute essere un po’ più giuste per lui. Se la Granger si era dimostrata talmente entusiasta da sentirsi in dovere di entrare nella sua stanza a suo piacimento, ora lui poteva fare lo stesso. Certo, sarebbe stato tutto solo per scopi tattici… eppure, dopo essersi sfiorato un’altra volta il punto in cui la Granger l’aveva baciato quella mattina, Draco si domandò se dietro a questo ‘piano’ non si nascondessero dei motivi ancora più … preoccupanti.

 


 

Dopo un pranzo leggero e una capatina in Biblioteca, Hermione era ritornata nella sua stanza, trovandola occupata dalla presenza della civetta di Harry, Edvige.

Rilesse la lettera quattro volte e ogni volta il suo sorriso si ingrandiva sempre di più. La busta era indirizzata a lei soltanto, perciò stavolta non si preoccupò di aspettare Ginny per aprirla. Dopo settimane di vuoto assoluto, finalmente una notizia positiva, un po’ di luce in mezzo all’oscurità. Il biglietto era scribacchiato nella calligrafia di Ron, disordinata e familiare, eppure le parole erano chiare e decise sulla pergamena.

L’abbiamo trovato. E appena distrutto.

Stiamo cercando gli altri ora.

Mi manchi.

R&H

Non c’era alcun dubbio a riguardo; avevano trovato il medaglione. La sua crescente curiosità a riguardo ai dettagli avrebbe dovuto aspettare ancora; sapeva che era molto rischioso per Harry e Ron mandarle troppe informazioni tramite posta. Ma per il momento, non importava. Era una notizia fantastica! Un passo più vicino a distruggere Voldemort, per mettere fine a questa Guerra.

Mi manchi.

Il suo sorriso orgoglioso si trasformò lentamente in una smorfia di tristezza e di colpevolezza. Alcune visioni delle sue recenti…attività con Draco le saltarono in mente, e si rese conto con disappunto che non aveva mai provato a considerare quanto il suo comportamento impulsivo e illogico potesse influenzare la sua amicizia con i ragazzi, specialmente con Ron. Lei e Draco non avevano ancora affrontato l’argomento, ma di sicuro avrebbero dovuto farlo prima o poi, visto che non sarebbero rimasti in quel dormitorio per sempre. Prima o poi dovevano trovare il modo di gestire la situazione.

Anche se Hermione non si era pentita di aver perso la verginità con il suo migliore amico, non era del tutto sicura che lui avesse capito bene le sue intenzioni e che, per lei, Ron doveva rimanere solo quello. Un amico. D’altronde non c’era mai stata alcun tipo di passione tra loro; era solo una cotta, circondata da un alone di curiosità che, per quanto la riguardava, poteva considerarsi saziata. Gli voleva bene infinitamente, ma era ancora in cerca di quella parte di…lussuria in una relazione, qualcosa di cui aveva tanto sentito parlare; quel bruciore costante che si sente dal profondo della tua anima quando ti trovi vicino a qualcuno e ogni molecola del tuo corpo desidera stargli il più vicino possibile.

E quel qualcuno non era assolutamente Ron.

Ma Draco…

Draco possedeva una certa…intensità, qualsiasi cosa facesse, ed Hermione doveva ammettere che questa sua caratteristica la incuriosiva come mai prima d’ora. Era una sensazione nuova e sconosciuta per Hermione, e non aveva la più pallida idea di come definirla; attrazione o semplice desiderio di compagnia umana dopo tutti quei giorni da sola, segregata ad Hogwarts? Era per questo che si era spinta così in basso? No, doveva essere qualcos’altro. Doveva ammettere a se stessa che ben pochi ragazzi erano così interessanti e complicati da osservare, per non dire affascinanti…

A volte, nel bel mezzo di una doccia o al sicuro sotto le coperte prima di dormire, non riusciva ad evitare che il pensiero la cullasse verso di lui e…

Hermione scosse la testa per scacciare lontano quel rischioso ragionamento, cercando di ricordarsi che aveva appena ricevuto delle importantissime notizie dai suoi amici che ogni giorno rischiavano l’osso del collo per sconfiggere Voldemort.

Questione di priorità.

 


 

Dopo due giorni passati ad evitare il suo sguardo e a rifiutarsi categoricamente di passare un’altra nottata come quella trascorsa al sicuro tra le sue braccia, Hermione cominciò a rendersi conto che la presenza del suo biondo compagno di stanza le mancava più di quanto potesse immaginare. Oltretutto, stava ancora cercando di identificare il sentimento preciso che la portava costantemente a concludere ogni singolo pensiero della giornata con il suo nome.  Le aveva provate tutte per concentrare la sua attenzione sulle cose veramente importanti che doveva fare (tanto per dirne una, lavorare sugli Horcrux), ma non poteva negare il suo interesse nei confronti di Draco e non riusciva nemmeno a capire come mai volesse passare così tanto tempo con lui, quando tutto quello che finivano per fare ogni volta che si rivolgevano la parola, era litigare.

Forse era perché Hermione stava cominciando a notare qualche cambiamento nel suo comportamento, oppure… al diavolo, magari era semplicemente perché andava matta per quella sensazione che provava, come le viscere le si attorcigliassero tutte, quando lui le stava vicino.

Era un Martedì, il che significava che mancavano due giorni alla data prevista in cui sarebbe andata a visitare Tonks, e aveva assolutamente bisogno di avvertire Draco a tal proposito. Cercando di soffocare la sua ansia, sgusciò fuori dalla camera da letto e bussò un paio di volte alla sua porta.

"Perché ti preoccupi di bussare?" esclamò la voce di Draco dall’altra parte. “Tanto entrerai lo stesso, anche senza il mio permesso, l’ho capito ormai.”

Un lieve sorrisetto spuntò sul volto di Hermione mentre sbloccava la serratura con la bacchetta. Lo trovò seduto sul letto; schiena leggermente curva, gambe incrociate e una mano che sorreggeva uno dei suoi libri.

“Cosa vuoi Granger?” le chiese, spostando di lato il volumetto rilegato.

“Volevo parlarti di una cosa−

“E hai pensato bene di venirmela a dire alle tre del mattino?”

“Sono stata occupata prima,” mentì lei, avvicinandosi cauta e andandosi a sedere ai piedi del letto. “E poi sei sveglio, quindi ho pensato che−

“Allora parla pure, ma sbrigati,” fece lui, sbadigliando vistosamente. “Avevo proprio in programma di farmi una bella dormita tra poco.”

“Ok,” Hermione esitò, cercando di usare le parole giuste. “Questo giovedì starò ad Hogsmeade per un paio di giorni−

“Cosa?!” esclamò lui, scattando con lo sguardo verso di lei dopo quelle parole, sentendo una strana sensazione di terrore nel petto. Il solo pensiero di lei che lo lasciava lì da solo gli fece venire la nausea e un gelido senso di prurito percorse tutta la sua spina dorsale. “Che diavolo significa che te ne andrai per un paio di giorni?!”

“Beh, devo andare a trovare una persona,” spiegò Hermione, infilandosi nervosamente un ricciolo dietro l’orecchio. “Ma non dovrai preoccuparti, ti lascerò cibo a sufficienza−

“Ci vai con quel cazzone di Corner per caso?!” sibilò Draco, inchiodandola con sguardo fiero e ferito al tempo stesso. “Un romantico party all’insegna della scopata per i Caposcuola ai Tre Manici di Scopa?”

Hermione sobbalzò. “No, non è−

“Suppongo che dovrei esserti grato per non aver avuto l’idea di portartelo qui e farti sentire da tutto il castello mentre fate del vostro meglio per rovinare la testata del tuo letto,” andò avanti Draco, brutale. “E se hai intenzione di sbattertelo in giro, forse è meglio che ve ne andiate lontano da occhi indiscreti−

“Draco, smettila!” abbaiò Hermione offesa, riuscendo a malapena a contenere le lacrime. “Devo andare a trovare un’amica, per l’amor del cielo! Perché devi sempre fare così!?”

La bocca di Draco si chiuse con un colpo secco, mentre il suo cervello tentava di far sobbollire i pensieri rabbiosi che gli aveva appena urlato addosso. Si chiese come mai avesse sentito il bisogno di inveire in quel modo contro di lei. Considerò per un momento la possibilità che la Granger stesse bluffando per salvarsi la faccia, ma dubitava che lei potesse mentire così… Mettendo a confronto la sua sincerità con il mondo strabordante di bugie in cui era sempre vissuto, questa gli sembrava straordinariamente piacevole e fresca.

"Scusa."

Quella parola gli uscì di bocca con una tale rapidità da non poter essere fermata o camuffata in nessun modo ma, dopo aver visto la reazione sorprendentemente dolce e affascinante sul viso della Granger, pensò che, dopotutto, ne era valsa la pena. Per non parlare del modo in cui lo stava guardando in quel momento; come se lui fosse più del miserabile incasinato che sentiva di essere… Il desiderio di toccarla, di avvicinarsi a lei si fece più intenso sulla punta di ogni singolo suo dito.

“Mi dispiace di doverti lasciare qui per due giorni,” disse Hermione, prima che Draco potesse fare qualcosa per giustificare il suo precedente commento, e lui si ritrovò a giocherellare con le mani giusto per tenerle occupate (e soprattutto ferme). “Cercherò di organizzare qualcosa per fare in modo che tu possa contattarmi se mai avessi bisogno.”

“Sono perfettamente in grado di sopravvivere un paio di giorni da solo,” sbuffò lui , eppure l’idea che lei non ci sarebbe stata per tutte quelle ore, lo fece sentire incredibilmente solo e fragile. “E’ davvero un peccato che tu non te ne vada più spesso.”

“Forse io−

“Ultimamente ti stai comportando in maniera molto più… allegra,” commentò lui improvvisamente, interrompendo la sua frase con sguardo sospettoso. “E’ terribilmente fastidioso.”

Hermione alzò un sopracciglio, sorpresa. Si domandò se, per caso, la sua reazione alla lettera dei ragazzi fosse un po’ più evidente di quello che pensava. “Cosa ti fa credere che io sia più felice?”

“Ce l’hai praticamente scritto in faccia,” fece lui, alzando gli occhi al cielo. “E se la mia ipotesi è corretta, quest’amica che dovrai incontrare fa parte del tuo prezioso Ordine. Faccio bene ad immaginare che le cose dalla tua parte stiano andando meglio del solito? Altrimenti perché saresti così allegra?”

“Sai che non posso parlartene−

“Perché no?” rispose Draco. “Non penso che riuscirei facilmente ad uscire di qui e a spifferare tutti i tuoi segreti all’uomo che attualmente mi vuole morto.”

Hermione inspirò tesa e girò il busto per fronteggiarlo, faccia a faccia. “Penso che non dovremmo parlarne in ogni caso−

“Sono certo che praticamente tutti stiano parlando di queste cose nell’ultimo periodo,” mormorò lui, pensieroso. “Perché dovrebbe essere diverso?”

“Perché noi siamo diversi, Draco,” rispose Hermione, avvertendo in qualche modo una sfumatura triste nel suo tono di voce. “Noi siamo−

“Su fronti diversi,” Draco finì la frase per lei, abbassando la testa per nasconderle il suo sguardo.

Hermione piegò la testa di lato, confusa dalla malinconia nella sua voce. Quella notte Draco sembrava eccessivamente preoccupato, come se un’ondata di domande irrisolte gli stesse fluendo nel cervello, e lui non avesse la più pallida idea di quale rispondere per prima. Lei riusciva benissimo a capire che ci fosse qualcosa di innaturale nella sua espressione neutra, ma non sapeva che cosa le stesse tentando di nascondere. Si capiva da ogni gesto che faceva, da ogni piccolo spasmo delle labbra o dal movimento delle sue dita… cavolo, da quanto tempo aveva imparato a ‘leggerlo’ così bene?

“Fronti diversi,” ripeté lei in un sussurro. “Ti consideri ancora uno di loro, Draco?”

Quella si che era una domanda…

Draco cercò di ingurgitare l’ansia e la confusione che sentiva fino in fondo allo stomaco. Quella era la domanda che si era chiesto e richiesto fin da quando si era trovato costretto a scappare dalle grinfie di Voldemort; perché, andiamo, chi potrebbe mai considerarsi parte di un gruppo il quale leader desidera solamente vederlo marcire in una squallida tomba? Quella domanda si era fatta più pesante e insistente quando la Granger aveva cominciato ad invadere i suoi sensi. Tutta questa situazione era un monumentale, fottutissimo casino, e la Granger si era rivelata l’unico aspetto costante e positivo di questa patetica pseudo−vita da prigioniero. Poteva detestarla quanto voleva per tutto ciò che gli faceva passare, sia mentalmente che fisicamente, eppure non c’era alcun modo di negare che la sua sola presenza riusciva a calmare i più tumultuosi pensieri che ogni notte affollavano la sua mente.

Salazar, perdonami per tutto quello che faccio e penso da quando sono qui.

Non c’era modo di evitarlo. Non c’era. Lei era la prima e unica persona che riusciva a far si che ogni sua singola credenza, ogni pilastro fondante della sua vita precedente venisse scardinato come abbattuto da un uragano costante di prove, riflessioni, punti di vista diversi… Come poteva seguire sul serio gli ideali da psicopatico di quella cosa, dopo che per colpa sua era costretto a vivere così, scappando come un reietto? Come poteva anche solo pensare che i nati Babbani fossero inferiori, quando la Granger era senza alcun dubbio la strega più brillante che avesse mai varcato la soglia di Hogwarts? Come poteva… come poteva fingere che tutti quei pregiudizi avessero ancora un senso per lui?

“Secondo te?” le domandò assente, spostando la coperta dal suo braccio per mostrarle il Marchio. “Questo non mi rende forse uno di loro?”

Hermione corrugò la fronte quando vide quell’orrenda e contorta imperfezione a contatto con la sua pelle diafana e delicata, ma fu sorpresa di scoprire che non le dava poi così tanto fastidio; non su di lui almeno. Forse perché quella sera il suo coinquilino problematico era molto più rilassato del solito; la voce era più dolce e meno spigolosa, le spalle erano rilassate e non rigide, come al solito e non sembrava essere sul piede di guerra come succedeva sempre quando discutevano. Scivolò un po’ più vicina a lui, allungando una mano per sfiorare delicatamente il contorno della pelle bruciata sul braccio di Draco e si sentì incoraggiata dal fatto che lui non avesse reagito in alcun modo al suo tocco.

“Questo Marchio non ti definisce in alcun modo,” gli disse Hermione, con gentilezza, cercando un contatto diretto con i suoi occhi grigi e spaventati. “E’ la stessa cosa con il mio sangue… Sei tu che definisci chi sei veramente, Draco; le tue azioni e i tuoi pensieri−

“E se io non sapessi chi sono?” domandò lui, con un tremolio agitato nella voce. “E se fossi…perso?”

Un’improvvisa ondata di affetto verso quel ragazzo che la fissava con così tante domande negli occhi, la travolse. “Allora…dovresti fare ciò che ritieni giusto,” rispose. “E il resto verrà da sé…”

Draco aggrottò le sopracciglia confuso, andando a fissare con occhi distanti le dita della Granger ancora sul suo braccio. Proprio quando Hermione pensava che stesse cominciando ad assorbire le sue parole, lui grugnì e scostò il braccio lontano dalle sue carezze allettanti.

“Voi Grifondoro siete troppo veloci nel voler vedere il bene nelle persone, assumete troppo presto che le persone possano cambiare,” disse, disprezzando la casata della Granger con flebile ilarità. “Ci sono persone che vanno troppo oltre per poter cambiare, Granger−

“Tu no,” protestò lei. “Tu no, Draco.”

La paura e l’incertezza brillavano nei suoi occhi argentati eppure Hermione riuscì a capire che quella sera Draco le avrebbe resistito sempre. Era troppo determinato a mantenere un minimo di controllo sulla sua vita per poterle dare ascolto. “Dovresti andare ora,” le disse, accennando con il capo alla porta.

Hermione considerò per un momento la possibilità di dirgli che avrebbe voluto rimanere; sacrificando un po’ del suo orgoglio e ammettendo in quel modo che si sentiva più al sicuro con lui, e che non aveva mai dormito così bene come quando si era ritrovata stretta tra le sue braccia. Ma la prospettiva della sua reazione e di una possibile risata, di un possibile rifiuto la bloccò, e decise di non sforzare troppo la situazione già precaria. Alzandosi dal suo letto, si diresse verso la porta ma si bloccò sull’uscio.

“Sono soltanto parole, sai,” mormorò, dandogli le spalle per nascondere la caduta di una prima lacrima. “Serpeverde, Grifondoro, Purosangue, Mezzosangue. Non dettano il modo in cui dovremmo vivere le nostre vite.”

Alle sue spalle, Draco si sforzò terribilmente per ignorare il dolore pulsante che sentiva nel petto. Quando lei scomparve, diede un’occhiata al suo Marchio e l’unica cosa che rendeva sopportabile quella vista, era il ricordo delle dita gentili che lo avevano appena contornato con delicatezza. Si sentì terribilmente solo; quasi come se si stesse rendendo conto che le sottili barriere mentali che avevano sorretto i suoi ideali da anni stessero per crollare da un momento all’altro sotto il peso delle sue parole. Sapeva che la sua assenza, anche se solo per un paio di giorni, avrebbe danneggiato terribilmente la sua mente disordinata.

Draco prese improvvisamente una decisione che non assomigliava per niente ad un pensiero razionale, segno irreversibile che ormai la sua mente era del tutto andata; aspettò un’ora prima di uscire senza fare alcun rumore dalla camera, trovandosi bloccato davanti alla sua porta. L’idea di mormorare la sua password e scivolare all’interno della stanza gli stuzzicò la mente, eppure non riuscì a decidersi sul da farsi.

Quanto sei patetico…

 


 

“Michael e io abbiamo fissato la data del Ballo di Natale e sarà l’undici Dicembre” spiegò Hermione. “So che è un po’ più presto del solito, ma ho sentito che potreste avere qualche problema di trasporto per alcuni studenti quest’anno.”

“Sì, è esatto,” annuì la McGranitt. “Ho deciso che il metodo più saggio sarà quello di mandare a casa per le vacanze un piccolo gruppo di studenti entro una settimana, solo per precauzione. Non sono oltretutto sicura che utilizzare l’Espresso di Hogwarts sia una buona idea, ma posso trovare delle alternative. L’undici andrà benissimo.”

Hermione sospirò e si stropicciò gli occhi, con aria stanca. “Dobbiamo continuare con questa farsa, Professoressa?” domandò. “Sembra così stupido organizzare un Ballo in periodo di Guerra−

“Sai che voglio tenere alto il morale,” rispose la Preside. “Hogwarts ora è più un rifugio che una scuola, e vorrei che gli studenti si sentissero al sicuro qui−

“Ma loro−

“L’undici andrà bene,” ripetè la McGranitt. “Le lezioni finiranno il dieci, il che garantisce a me e agli altri professori un paio di settimane per far si che arrivino tutti a casa sani e salvi. Tu starai qui, Hermione?”

“Sì, rispose lei, con un tono di malinconia nella voce. “Ho detto ai miei genitori che starò alla Tana. Loro non sanno praticamente niente di quello che sta accadendo, e vorrei davvero che la situazione rimanesse com’è.”

La McGranitt alzò un sopracciglio. “Hai pensato a quell’incantesimo di memoria di cui abbiamo parlato?”

“E’ l’ultima alternativa a cui voglio pensare,” le rispose velocemente Hermione. “Non voglio farlo a meno che non sia assolutamente necessario.”

“Bene, speriamo soltanto che non arriveremo a quel punto,” sospirò. “Parlando di qualcosa di più positivo, ho sentito da Ninfadora che è pronta ad incontrarti quando vorrai.”

I lineamenti stressati del viso di Hermione si illuminarono di colpo. “Oh, non vedo l’ora di vederla!” confessò gioiosa. “Ha bisogno di qualcosa d’altro Professoressa? Oppure posso−

“Puoi andare, puoi andare, non c’è problema,” disse la McGranitt con un lieve sorriso d’incoraggiamento. “Vorresti essere accompagnata da qualche insegnante?”

“Oh, no starò bene,” la rassicurò Hermione, alzandosi dalla poltroncina. “Devo tornare al mio dormitorio prima,”

“Molto bene,” annuì la Preside. “Allora, ci vedremo alla lezione di Trasfigurazione domani. Mi aspetto di vederti al Ballo, Hermione.”

Fantastico.

"Okay," annuì riluttante. “Arrivederci, Professoressa.”

 


Hermione tamburellò nervosamente con le dita la parete di fianco alla porta di Draco. Era rimasta in quella posizione per ben cinque minuti, domandandosi il perché di quella strana preoccupazione; dopotutto, stava solo andando a dare a Malfoy le ultime direttive prima di andarsene ad Hogsmeade… Purtroppo, la loro recente conversazione le era rimasta in testa, ed Hermione continuava a ripensare a quanto intenso fosse l’argomento, a quanto si fosse avvicinata a quel piccolo barlume di speranza che sognava da giorni. Da quel momento, si era tenuta a distanza, sconfitta un’altra volta dal suo insopportabile orgoglio.

Ma lui le era sembrato così umano in quel momento…talmente vulnerabile da lasciarle uno strano dolore al petto che non riuscì ad identificare.

E se fossi…perso?

Hermione avrebbe potuto piangere di gioia e soddisfazione dopo quel commento. La sua solita arroganza si era momentaneamente sciolta, facendole capire che probabilmente tutti i suoi sforzi non erano stati vani. Forse era riuscita a far crescere nella sua mente una specie di pianta che ora finalmente si stava decidendo a sbocciare. Oppure stava semplicemente sperando troppo. Il suo momentaneo flash di decenza era sparito talmente veloce che Hermione cominciava a chiedersi se fosse successo realmente.

“Posso sapere per quale maledetto motivo stai gironzolando davanti alla mia porta?” la sua voce interruppe i suoi pensieri, attutita dalla spessa porta d’ebano.

Prendendo un respiro profondo, Hermione spinse la maniglia verso il basso ed entrò, trovandolo di nuovo seduto comodamente sul letto con un libro in mano. “Scusami,” mormorò lei. “Ti sto disturbando o−

“Certamente, non vedi quanto sono occupato?” le disse, sarcastico, alzando gli occhi al cielo. “Che cosa vuoi, Granger?”

“Sto andando ad Hogsmeade adesso,” gli disse. “Ho preparato abbastanza cibo per circa tre giorni, nel caso−

“Bene, allora vattene,” fece Draco, freddo come il ghiaccio. “Che cosa ti aspettavi, Granger? Un fottutissimo ‘arrivederci−party’?”

“Non mi aspettavo che fossi così arrabbiato,” mormorò lei, avvicinandosi di qualche passo. “E di sicuro non so perché sei arrabbiato.”

Nemmeno lui… Non ne aveva idea.

“Non sono arrabbiato,” si difese Draco. “Non capisco perché senti sempre la necessità di precipitarti qui e rompermi l’anima con tutte le tue stronzate. Mi hai già detto che te ne saresti andata giorni fa.”

“Si, ma io−

“Hai finito?” la interruppe lui. “Potrei avere delle cose da fare sai?”

Hermione sospirò e, con gesti concitati, si mise a rovistare nella sua borsa, tirandone fuori una piccola sfera di vetro Babbana, di quelle con la neve finta dentro, che conteneva al suo interno una mini riproduzione del castello di Hogwarts. Draco alzò un sopracciglio sospettoso, mentre lei poggiava il piccolo oggetto tra le sue ginocchia incrociate.

“Gli ho fatto un incantesimo,” disse Hermione. “Se lo scuoti cinque volte, il mio orologio riceverà un allarme. Ho anche potenziato le protezioni, quindi se cercherai di scappare, anche quello scatenerà l’avviso di allarme.”

Non avrebbe dovuto essere impressionato dalle abilità magiche della Granger, eppure si trovò ancora una volta succube di un inadeguato senso di ammirazione per lei. Scacciò via ogni apparente sfumatura di rispetto per lei sul suo viso, e rilasciò uno sbuffo altezzoso.

“Non ho bisogno di−

“E’ solo una precauzione,” lo fermò lei. “Nel caso in cui ti faccia del male, o qualcosa di simile−

“Non ci starai sperando troppo, vero Granger?” disse con ironico compiacimento. “Non hai mica circondato il dormitorio di trappole vero?”

Le labbra di Hermione formarono un fugace sorrisetto, prima che lei si protraesse per poggiare la sfera di vetro sul comodino. La scia di umorismo di qualche secondo prima svanì, non appena lui prese la piccola sferetta e la ficcò senza tante cerimonie dentro al cassetto, chiudendolo di scatto. Hermione quasi non se n’era accorta, essendosi persa nella contemplazione di quel sorriso così raro che gli donava così tanto, e il desiderio improvviso di toccarlo, di sfiorarlo, svanì appena in tempo, prima che Hermione potesse spostare anche solo di un centimetro la propria mano.

“Sai…” mormorò timidamente, fissandosi le unghie per evitare il suo sguardo. “Potrei organizzarmi diversamente. Se non vuoi che me ne vada, devi solo dirlo.”

Non andare…

“Se hai esaurito la scorta di giochini inutili nella tua borsa,” grugnì Draco. “Allora non vedo perché dovresti essere ancora qui, Granger.”

Draco era sicuro di aver notato una certa sfumatura di delusione nei suoi occhi, ma si tradusse presto in un’intensa irritazione. “Bene,” fece lei, brusca. “Se insisti nell’essere così maledettamente stronzo tutto il tempo−

“C’è qualcosa d’altro che vorresti, Granger?”

“No” si affrettò a rispondere lei, alzandosi dal letto. “Solo non capisco perché ti ostini a comportarti così−

“Hey!” urlò lui, alzandosi e afferrandole il polso. “Che diavolo ti aspettavi, Granger?” Della gratitudine da parte mia per quel cavolo di giochetto, quando mi stai lasciando qui da solo in questa fottutissima prigione−

“Ho imparato a non aspettarmi niente da te!” urlò lei di rimando, avvicinandosi furiosa. “Proprio quando comincio a pensare che tu possa avere un minimo di decenza in te, ritorni subito ad essere un’idiota egoista e prepotente!”

“Di che diavolo stai parlando−

“L’altro giorno,” ricordò Hermione con tono più calmo. “Quando parlavamo di fronti−

“Vedi troppe cose nei nostri discorsi, Granger” grugnì lui, sulla difensiva. “Hai mai pensato che forse è questo posto che sta incasinando la mia testa sempre di più?”

“Non più di quanto ti piaccia credere,” ribatté lei, ingurgitando una notevole quantità di saliva nel momento in cui si accorse di quanto fossero vicini. “Perché devi recitare sempre se qua dentro ci sono solo io?”

Draco aprì bocca ma esitò. C’era qualcosa di familiare nei suoi occhi dorati, che gli ricordò del giorno in cui lei l’aveva baciato dopo aver ricevuto l’antidoto al veleno d’ape. Era proprio lì, nel bel mezzo dei suoi battiti ansiosi; una scintilla di coraggio immersa in una tempesta di nervi, e la sentì avvicinarsi verso di lui. Draco strinse gli occhi chiusi, cercando di considerare la possibilità di lasciare che succedesse… talmente tentato da lasciare per un attimo le sue difese a terra, lasciandole fare qualsiasi cosa volesse. Questa era la sua ultima opportunità di ricevere un’ultima dose di lei; quella beatitudine proibita che sognava ogni giorno, prima che lei lo lasciasse solo con i suoi demoni. Si erano già baciati più di una volta, perciò che differenza poteva fare un altro tentativo?

Ma a quel punto il suo caldo respiro si poggiò sul suo mento, trasportando Draco di nuovo nella cruda realtà, e così lui la allontanò rudemente, prima che lei potesse anche solo sfiorarlo. La guardò inespressivo mentre inciampava su se stessa, ma il veleno nella sua espressione amorfa era soltanto il frutto di anni di pratica; era semplicemente una maschera, per coprire il fatto che si sentisse disorientato da impazzire. La Granger, d’altro canto, non ebbe il tempo di mascherare la sua umiliazione e la sua sorpresa; i suoi movimenti erano sconnessi e impacciati e i suoi occhi erano pieni di dolore. Draco stava per urlarle di andarsene, ma lei lo precedette, sbattendo la porta e sparendo in un battito di ciglia.

Il suono dello schianto della porta contro il muro gli  rimbalzò addosso e la stanza gli sembrò infinitamente più grande, ma vuota. Ecco, ora le cose stavano così. Due giorni, due interi giorni in compagnia della sua ombra, domandandosi che cosa avrebbe fatto senza la presenza della Granger che ogni giorno scacciava via con estrema facilità il mostro della solitudine.

Avrebbe dovuto lasciare che lei lo baciasse…

 


 

L’aria fredda gelò le lacrime che scorrevano sulle sue guance arrossate.

La camminata di Hermione verso Hogsmeade fu affrettata e pensierosa; accompagnata dalla consapevolezza che stesse iniziando a provare dei sentimenti per Draco che erano totalmente al di là del normale.

La prima volta che l’aveva baciato era stato soltanto un impulso dettato dalla morfamina dell’antidoto, troppo potente e improvviso per poter essere fermato dalla ragione. Ma il suo tentativo di ricevere un altro bacio proprio pochi minuti prima era una cosa completamente diversa. Lei lo voleva; era lucida e completamente sveglia, eppure lo voleva. Fu una decisione conscia, che non fece altro che aumentare la sensazione di confusione e di dolore al petto più forte che mai.

Non appena il profilo del pub I tre Manici di Scopa si stagliò in lontananza, Hermione si strofinò il viso per cancellare ogni traccia di pianto, cercando di recuperare la calma. Almeno la sua felicità nel vedere Tonks avrebbe attutito un po’ i suoi pensieri su Draco… Con un sorriso quasi convincente, entrò nel pub, trovando come al solito, un discreto numero di clienti al suo interno. Avanzando di più verso il bancone, incrociò gli occhi di Madama Rosmerta la quale, dopo averle fatto l’occhiolino in maniera abbastanza discreta, le passò un mazzo di chiavi da sotto il banco.

“Eccoti qui!” la salutò Tonks non appena Hermione spalancò la porta del retro bottega. “Pensavo che ti fossi persa.”

"E’ così bello vederti," esclamò Hermione, slanciandosi verso di lei per abbracciarla, ma bloccandosi alla vista della protuberanza rotonda sul suo stomaco. "Oh, Tonks! Sta iniziando a crescere!"

"Hermione, ti presento il mio ‘bernoccolo’," disse lei con un sorriso giocoso. "E bada che ti sto avvertendo ora che sono ancora in forma…se mi vedrai accoccolata in un angolo mentre mi sbafo di porridge e di marmellata, non preoccuparti e ignorami.”

Hermione sorrise, ma non riuscì a sviluppare con naturalezza la risata che normalmente avrebbe fatto dopo una sua battuta. Un’immagine del suo ultimo incontro con Draco, quando le loro labbra erano a solo un sospiro di distanza, le danzò nella mente e le lasciò labbra secche e cuore pesante.

"Stai bene, Hermione?" Tonks domandò all’amica. "Sembri un pò incasinata."

"Sto bene," mentì in fretta lei. "E’ solo che mi mancano Harry e Ron."

"Certo che ti mancano," annuì lei comprensiva, dando un buffetto ad Hermione. "Ma almeno hai degli amici qui con cui puoi parlare. Come stanno le cose ad Hogwarts?"

Complicate…

 


 

Draco sbuffò immerso nell’oscurità.

Era notte fonda, e la luce della luna non riusciva a raggiungere la finestra. Il silenzio costante gli stava paradossalmente facendo scoppiare la testa; promemoria del fatto che lei non fosse lì. Il suo profumo stava iniziando a svanire, il dormitorio sembrava più inquietante ogni minuto che passava, e tutto ciò che aveva fatto nelle ultime ore era stato guardare quella fottutissima sfera di vetro.

Tutto ciò che doveva fare era agitare quell’odiosa piccola pallina e lei sarebbe ritornata, e avrebbe così potuto tenerla vicina e assaporare tutto ciò che si era lasciato sfuggire quando lei era ancora lì.

Guardò un ultima volta l’oggetto magico e lo scaraventò contro la parete, guardandolo distruggersi in mille pezzi prima di alzarsi e di marciare verso la camera della Granger, accompagnato da una serie di sospiri agitati. Mormorando la sua password, si calmò all’istante, inspirando l’aria di quella stanza.

Definitivamente lei.

Studiò l’arredamento con sguardo assente, aspettandosi di trovare una notevole quantità di effetti personali, ma a parte qualche fotografia, le prevedibili lenzuola rosse e un’impressionante collezione di libri, la stanza era identica alla sua.

Draco osservò le fotografie, soffermandosi su una in particolare, che ritraeva la Granger in compagnia di quei suoi amici inutili. Sbattè giù le cornici con un colpetto deciso, così non avrebbe dovuto guardarle per tutto il tempo e si sistemò sul letto, strofinando lentamente le dita sulle lenzuola. Le sue palpebre si appesantirono e lui si coricò del tutto; coccolato dalla forza del suo profumo e dall’intensità della sua presenza. Se si fosse addormentato lì, circondato dalla sua essenza, chi mai avrebbe potuto scoprirlo?

"Al diavolo, io rimango qui."

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Capitolo 14
*** Desiderio. ***


 

Chapter 14: Desiderio.

 

“No,” Tonks scosse la testa. “La lettera che i ragazzi hanno mandato a Remus non era molto dettagliata…però, chi se ne importa no? Almeno sappiamo che l’hanno distrutto.”

“Sì, sì giusto…” annuì Hermione assente. “Vorrei solo rendermi utile un po’ di più… e se sapessi come hanno fatto a distruggere il Medaglione, forse potrei−

“Stai andando benone,” la rassicurò l’amica. “Le cose stanno andando bene ultimamente; il Ministero resiste più che può e un altro Horcrux è stato appena distrutto. Non fraintendermi, potrebbe andare molto meglio−

Molto meglio,” sospirò Hermione, spostandosi un ciuffo di capelli dal volto con un certo nervosismo. “Sarei dovuta andare con loro−

“Puoi essere molto utile anche stando qui, Hermione, aiutando la McGranitt ad Hogwarts.” Fece Tonks. “I ragazzi se la stanno cavando bene evidentemente, altrimenti non avremmo ricevuto lettere così incoraggianti, e l’Ordine ha sempre voluto che uno di voi tre rimanesse qui, così sarebbe stato più facile mantenersi in contatto−

“Lo so,” rispose lei con uno sbadiglio, stropicciandosi gli occhi. “E’ solo che non penso di essere tanto utile qui. Sembra che tutto ciò che faccio sia organizzare Balli di Natale e altre cose da Caposcuola completamente inutili−

“Non puoi farne una colpa alla McGranitt solo perché tenta di mantenere alto il morale,” disse Tonks con un sorriso. “Un Ballo potrebbe essere la cosa di cui hai bisogno in questo momento. Ricordi quando mi avevi detto che al Ballo del Ceppo ti eri divertita moltissimo? Per caso qualche altro famoso Bulgaro ti ha mandato un invito anche quest’anno?”

Hermione sentì un sorriso spontaneo esploderle in volto. “No, niente Bulgari stavolta. Michael mi ha chiesto di andarci con lui.”

“Michael chi?”

“Michael Corner,” spiegò Hermione “Però penso che me l’abbia chiesto solo perché siamo entrambi Caposcuola. Spero che sia l’unica ragione.”

“Perché?” domandò Tonks, alzando un sopracciglio, curiosa. “E’ un idiota totale?”

“No, è abbastanza gentile,” fece Hermione. “Però−

“Ti piace qualcun altro.”

Draco…

Hermione alzò la testa di scatto, guardando Tonks con gli occhi spalancati e le pupille dilatate, il cuore che le batteva all’impazzata e un intenso senso di calore in tutto il corpo. “C−cosa?” balbettò. “Cosa dici?”

“Ron,” l’altra giovane donna ridacchiò complice. “Abbiamo visto tutti come vi siete comportati il giorno del matrimonio, e poi mi avevi già detto che provavi qualcosa per lui tempo fa.”

"Oh, Ron," Hermione sospirò, prendendosi un attimo per ricomporsi. “S−sì certo."

"Stai bene, Hermione?" le chiese Tonks, fissandola preoccupata.

"Sto bene," mormorò incerta. “E’ solo che…è strano dormire in un letto che non è il mio, e poi sono notti che non dormo.”

Tecnicamente, era una bugia; sì, era rimasta sveglia quasi tutta la notte, ma il materasso cigolante aveva poco a che vedere con la sua incapacità di prendere sonno. Era rimasta a fissare il suo orologio per ore, aspettando e addirittura sperando che l’allarme prima o poi si mettesse a suonare. Fu…snervante giacere a letto sapendo che lui non si trovava nella stanza accanto, e i suoi pensieri si erano di conseguenza accentrati su di lui dal tramonto all’alba.

Tonks aveva dormito proprio accanto a lei, dall’altra parte della stanza, eppure Hermione si era sentita terribilmente sola, e non poté evitare di pensare a come il suo compagno di dormitorio stesse gestendo la situazione, recluso nella remota torre dei Grifondoro. Dopo il loro ultimo incidente, il giorno in cui era rimasta a dormire con Ginny e lui aveva tentato di scappare, Hermione ora si aspettava che succedesse qualcosa di…simile, ma evidentemente lui se la stava cavando alla grande se il suo orologio se ne stava così fastidiosamente in silenzio. E tutto questo la innervosiva giusto un po’.

Quando le lezioni finirono quella mattina, aveva preso in considerazione l’idea di salire a controllare che Draco stesse bene, ma un conveniente flashback del suo tentativo di baciarlo le fece cambiare idea. Dopo aver pranzato e aver fatto un giro per i negozi di Hogsmeade – dove i primi accenni di aria natalizia iniziavano a manifestarsi negli addobbi delle vetrine – Hermione e Tonks fecero una lunga e profonda discussione sulla Guerra, oltre ad altri argomenti, ma la sua mente la riportava sempre a pensare a Draco.

“Io e Ron non stiamo insieme, in realtà,” disse a Tonks, sentendo in qualche modo il desiderio di chiarire ogni possibile equivoco. “Siamo solo amici.”

L’Auror sgranò gli occhi, confusa. “Non ti piace, Hermione? Pensavo che−

“Lo pensavo anch’io all’inizio,” ammise lei. “Ma credo che stiamo meglio come amici. Non…non mi piace quanto dovrebbe.”

Tonks richiuse la bocca spalancata e si avvicinò ad Hermione, dandole una pacca amichevole sulla spalla. “Nessuno ti costringe a voler bene a Ron in quel modo. Se non ti piace, allora non−

“Tu e Remus avete ricevuto molte…critiche quando vi siete messi insieme?” domandò Hermione. “A causa della differenza d’età?”

“Molte persone non vedevano l’ora di ficcare il naso nella nostra relazione,” rispose Tonks, pensandoci su. “Remus ne era molto più infastidito di me, ma sì, abbiamo avuto qualche problema, sai, i soliti pettegoli che non avevano nulla di meglio da fare.”

“Ti sei mai chiesta se i tuoi sentimenti erano sbagliati?”

Tonks sospirò e picchiettò con una mano sul ginocchio di Hermione. “So che molta gente pensa che non sia normale,” confessò dopo un momento. “E probabilmente sarebbe stato molto più facile se mi fossi innamorata di qualcuno della mia stessa età. Ma non puoi prendere e scegliere a tuo piacimento questo genere di cose. Succedono e basta.”

Hermione alzò la testa e mostrò all’amica un sorriso incerto. “Ne è valsa la pena?” chiese. “Gli sguardi di disapprovazione e−

“Certo che si!” esclamò l’amica. “Senti, quando c’è in ballo una Guerra e un bambino in arrivo, i cazzoni pettegoli di Londra diventano gli ultimi dei tuoi problemi. E poi, se avessi ignorato i miei sentimenti per Remus, me ne sarei pentita per il resto della mia esistenza.”

Hermione si morse il labbro, e borbottò tra sé e sé “Suppongo che il tempo sia una cosa troppo preziosa nel momento in cui il mondo potrebbe finire domani.”

“Beh, è un po’ pessimista come ragionamento,” Tonks le fece l’occhiolino. “Ma sì, la vita è breve. Hai per caso puntato gli occhi su qualcuno, Hermione? Sei preoccupata che i tuoi amici non approverebbero?”

Il labbro le si piegò in una smorfia. “Qualcosa del genere.”

“E’ qualcuno che conosco?”

Tuo cugino.

“No,” Hermione scosse la testa. “Lui è… un ragazzo che frequenta il mio anno a scuola, ma ad Harry e Ron non piace molto.” Tecnicamente era vero.

“Oh, prima o poi gli passerà,” la rassicurò Tonks con un colpetto di mano. “Allora, lui com’è?”

Hermione si bloccò, cercando di trovare un modo per descrivere Draco che lo facesse somigliare ad un ragazzo qualunque. Tonks ostentava sempre un atteggiamento amichevole e confidenziale, e ogni volta che si confidava con lei, finiva sempre per dire troppo, ma stavolta doveva stare attenta a ciò che stava per dire.

“E’ uno stronzo,” fece Hermione, ignorando il precedente rimprovero mentale che si era fatta. Tonks sgranò gli occhi. “E’ incorreggibile, complicato, e non ascolta una parola di quello che gli dico−

 "E’ tipico di molti uomini−

"E’ rude," Hermione continuò, fissando la parete con sguardo assente. "E’ arrogante, crudele e freddo−

"Anche questo è abbastanza comune−

"E a volte mi fa incavolare talmente tanto che potrei sotterrarlo vivo o spedirlo dall’altra parte dell’universo!"

Tonks si schiarì la gola con una risatina, e studiò il volto dell’amica con lo sguardo di chi la sa lunga. “…Ma?”

Hermione ingoiò un groppo di saliva che le bloccava la trachea e sentì un primo accenno di lacrima pizzicarle un occhio. “Ma è bellissimo,” sospirò guardandosi le mani strette in grembo. “Completamente incasinato e assolutamente insopportabile, ma c’è qualcosa in lui che non posso spiegare.”

Era così strano e meraviglioso sentire quei pensieri uscire finalmente dalla sua bocca, detti ad alta voce ad un’altra persona. La sua compagna di stanza la stava fissando con sguardo complice, giocherellando con una ciocca di capelli viola, apparentemente soddisfatta della confessione di Hermione.

Se solo tu sapessi…

“Sai se lui prova qualcosa per te?”

Hermione scosse la testa. “Dice che mi detesta−

“Vi siete mai baciati?” insistette Tonks, speranzosa.

Hermione sentì il rossore invaderle le guance come un gigantesco segnale di colpevolezza. “Qualche volta,” mormorò, talmente sottovoce che Tonks dovette inchinarsi per sentire. “Ma è stato qualcosa di…impulsivo e non è durato molto−

“Chi ha baciato chi?”

“Beh,” Hermione esitò. “Io…ho iniziato il primo, ma è stato lui a baciarmi due volte da allora.”

Il sorriso giocoso di Tonks si espanse sul suo viso acceso. “Sembra promettente!”

“No,” rispose lei, scuotendo la testa con foga. “E’ più complicato di quello che sembra. Mi ha praticamente spinto via l’ultima volta che mi sono avvicinata, e non so nemmeno se mi piace sul serio. E’ solo che…c’è…”

Hermione interuppe il discorso con un sospiro e Tonks le offrì un sorriso rassicurante. “Continua,” le disse. “Sai che puoi dirmi tutto.”

“C’è qualcosa che fa male,” continuò Hermione, con voce spezzata. “Ha questo…questo scudo addosso, e non penso di poter riuscire ad attraversarlo. Ci provo, ma ogni volta che credo di essere riuscita a raggiungere un traguardo, lui rovina tutto, e non so se ho la forza per andare avanti in questo modo−

"Hermione−

“Vedo continuamente degli spiragli di decenza in lui,” continuò lei, lasciando che una lacrima di frustrazione le scendesse dalle guance. “E forse è di questo che sono attratta, della sua persona quando riesce a non essere insopportabile, però io−

"Hermione," Tonks la interruppe di nuovo. "Va tutto bene. Sembra solo molto confuso. Prima o poi troverà la risposta che cerca."

"Ma−

“Tu pensa a fare ciò che secondo te è giusto,” le disse dolcemente, ed Hermione si ricordò di aver detto qualcosa di molto simile a Draco. “Vuoi del thè, prima di andare a dormire?”

“Posso avere una cioccolata calda, invece, perfavore?”

 


 

Draco sedeva raggomitolato sul freddo pavimento piastrellato, giocherellando senza riflettere con i resti della palla di neve della Granger. Distratto, lasciò che una scheggia gli tagliasse il pollice e una volta accortosi del danno, inspirò una boccata d’aria gelida attraverso i denti, sgocciolando il pavimento con piccole gocce di sangue scarlatto. Rimase a fissare il coagulo che si stava formando sul dito e una gelida consapevolezza gli piombò addosso, ricordandogli di quella volta nel bagno in cui c’era stato così tanto sangue e non solo il suo.

Quello della Granger era esattamente identico.

Quella scena era ancora vivida nella sua mente e Draco non poteva fare a meno di incolpare lei per tutto il casino che quel singolo momento aveva provocato. Soprattutto in quel momento, vista la sua assenza e il doloroso silenzio che circondava costantemente ogni centimetro del dormitorio. La cosa più assurda era che durante quelle ore di meditazione Draco era giunto alla conclusione che la Granger possedesse tutti i tratti della personalità che lui ammirava; intelligenza, arguzia, forza, e anche qualcosa d’altro che non riusciva ancora ad afferrare. Lei era semplicemente…semplicemente…

Se io fossi una Purosangue, con la stessa identica personalità, negheresti così in fretta tutto ciò che è successo stamattina?

Il suo cervello ormai era pieno zeppo delle parole della Granger; ogni frase, ogni pensiero, ogni ragionamento che gli aveva messo in testa gli pulsavano nel cranio, eppure lui tentava ancora di ancorarsi disperatamente alla vecchia via impartita dalla sua famiglia. Tutto ciò che un tempo gli sembrava giusto ed ovvio ora si mostrava stupido e inutile. Gli sarebbe piaciuto moltissimo incolpare la Granger di tutto, ma non poteva farlo perché era stato lui a lasciare che tutte queste rivelazioni sortissero l’effetto desiderato dalla sua compagna di stanza.

Sei umano, Draco, e hai commesso degli errori ma non posso odiarti per questo.

Draco sigillò le palpebre in una morsa. Errori… la torre di Astronomia. Probabilmente, se fosse stato davvero convinto che Voldemort e i suoi principi erano giusti, sarebbe stato facile compiere il suo dovere. Forse aveva iniziato a dubitare già da quel momento…

Sono solo parole, sai… Serpeverde, Grifondoro. Purosangue, Mezzosangue. Non dettano il modo in cui dovremmo vivere le nostre vite.

Era facile per lei dirlo. La gente si aspettava determinate cose da lui, considerando il suo cognome infame, e lei non poteva nemmeno provare ad immaginare la quantità di pressione che doveva sopportare ogni giorno. Draco era sicuro che Potter le avesse raccontato tutto del suo momento di debolezza nel bagno, l’anno scorso, ma non si era trattato di un singolo episodio. C’erano stati dei giorni in cui scagliava incantesimi silenziatori in ogni angolo della stanza e si sgolava, gridava, urlava finché non gli rimaneva una sola briciola di energia in corpo. Blaise e Pansy l’avevano visto un po’ abbattuto durante l’anno scolastico, ma non c’era nessuno ad assisterlo quando esplodeva in quel modo, riversando tutto intorno a lui le sue emozioni e le sue paure. Perfino prima che gli venisse affidato quell’incarico, Draco si era ritrovato a specchiarsi nel suo riflesso e, a volte, a domandarsi se una vita piena d’odio non fosse troppo per lui.  

Perché devi recitare sempre se qua dentro ci sono solo io?

Perché se avesse smesso di farlo, allora cos’altro avrebbe potuto fare? Gli era stato tolto tutto, la sua ricchezza, la sua magia, il suo status sociale. Se avesse smesso di seguire la via che era stata designata per lui, non sarebbe rimasto nulla.

Per alcune persone è troppo tardi per cambiare, Granger-

Non per te…

“Che cazzo,” mormorò a se stesso, abbandonandosi il volto tra le mani.

Mi hai chiesto di restare. Io…volevo restare.

Non aveva mai baciato nessuna in quel modo prima; come un’esplosione, che lo faceva sentire libero e ribelle. Sapeva chi stava baciando e sapeva anche che non avrebbe dovuto nemmeno sfiorarla con un dito, ma, sul momento, non avrebbe potuto fregargliene di meno. Anzi, a dire il vero non gliene fregava niente nemmeno ora. Non c’era nessuno lì che potesse punirlo per il fatto che stesse pensando per la prima volta nella sua vita a qualcosa per lui, che lo facesse stare bene e che…

Fa quello che credi sia giusto.

Troppo pericoloso, troppo.

La patetica verità era questa, la Granger gli mancava, e non solo come distrazione; gli mancava lei, come persona. La sua voce, i suoi piccoli scatti di nervosismo, il suo calore…tutto. Sarebbe tornata domani, anche se non aveva idea dell’ora precisa. Avrebbe potuto essere al mattino presto, per quel che ne sapeva, perciò la decisione di addormentarsi ancora una volta nel suo letto era abbastanza rischiosa, per non parlare del fatto che fosse un incurabile macchia sul suo orgoglio.

Ma si stava talmente bene lì.

 


 

Tonks se n’era andata alle prime luci dell’alba, ed Hermione riuscì ad arrivare in classe prima che la mandria di studenti assonnati raggiungesse l’aula. Era talmente nervosa, che aveva passato le ultime ore a morsicarsi il labbro, costringendola così a fare una sosta nel bagno dei prefetti per lavarsi il sangue e togliere le pellicine. Anche dopo che il sangue era sparito, Hermione era rimasta ferma davanti allo specchio, scrutando il suo riflesso in attesa che il coraggio per affrontare Draco le arrivasse come un dono dal cielo.

Accorgendosi che ci stava mettendo troppo tempo, si diresse verso il suo dormitorio, esitando davanti alla porta prima di mormorare la password. Hermione scivolò dentro con l’intenzione di essere il più silenziosa possibile, ma uno spiffero d’aria chiuse di colpo la porta alle sue spalle.

Maledizione…

Hermione rimase ferma sul posto quando sentì dei movimenti provenienti dall’altro lato del dormitorio, accorgendosi che sembravano stranamente fuori posto, quasi come se provenissero dalla sua stanza. Non appena quel pensiero le si formulò in testa, la porta della sua camera da letto si spalancò, mostrandole un Serpeverde dallo sguardo più intenso che mai. Draco si era appena svegliato, chiaramente; i suoi capelli erano schiacciati da un lato e spettinati dietro le orecchie, ed era vestito soltanto con i pantaloni del pigiama e una maglietta bianca, ma non fu quello che sconvolse Hermione, quanto piuttosto il luccichio deciso nei suoi occhi, che la fissavano come fosse un fantasma.

Draco rimase bloccato sull’uscio della porta per un momento, assaporando la sua presenza con lo sguardo, come se non si rendesse conto che lei fosse davvero lì. Hermione, invece scosse la testa, liberandosi dallo shock iniziale, e iniziò a marciare verso di lui con passi decisi.

"Eri nella MIA stanza!?"

“Sì,” fece lui, raggiungendola a sua volta ed eliminando la distanza che li separava.

“Come cavolo hai fatto a−

Draco la bloccò senza rifletterci su due volte; afferrò il suo volto tra le mani e si spinse verso di lei per raggiungere le sue labbra, in uno sforzo disperato. Un sospiro di sollievo uscì dalla sua bocca, incurante del fatto che lei fosse ancora bloccata e insensibile al suo tocco, e agendo solo d’istinto. Allontanò di poco il suo corpo ma la tenne comunque stretta a sé, circondato dal suo cespuglio di capelli che gli copriva il viso. Strinse la mascella e mantenne gli occhi chiusi, preparandosi al rifiuto oltraggiato della Granger, invece lei curvò la testa leggermente verso destra senza opporre alcun tipo di resistenza.

Il movimento era lieve e appena accennato, ma fu abbastanza per lui, così la trascinò con impeto verso la porta. I suoi movimenti erano convulsi e frenetici, i suoi baci intensi e scattanti, trascinati dalla morbidezza del contatto tra le loro labbra umide. Hermione non faceva fatica a tenere il passo con lui, aggrappandosi alle sue spalle larghe e imponenti come fossero l’unico appiglio che la separava dal vortice di emozioni che stava provando in quel momento e che la trascinavano lontano dalla realtà ogni secondo di più. Le mani di lui raggiunsero le sue guance, passando poi attraverso i capelli spettinati ai lati del viso. Si spinse contro di lei più che potè, trascinando le impronte delle sue dita sul suo collo, sulle spalle, arrivando a cingerle possessivamente i fianchi. Draco gemette quando Hermione raggiunse i suoi capelli corti sulla nuca con le sue dita delicate, catturando un punto sensibile che gli causò un irrefrenabile brivido lungo la spina dorsale. I loro sospiri tiepidi e agitati si mescolavano ai loro baci e Draco decise che ne voleva ancora; lo desiderava con un’urgenza mai provata prima.

Allontanò le labbra da quelle di Hermione, concentrando la sua attenzione sul suo collo, piacevolmente sorpreso nel vedere che lei abbassava la testa per lasciarlo fare. La sua presa sui suoi fianchi si strinse mentre lui trovava un punto ricettivo vicino al suo orecchio. Il battito del suo cuore pulsava come impazzito sotto la sua pelle e Draco poteva sentire ogni tonfo sordo a contatto con la sua bocca.

“Dimmi di smettere,” mormorò a contatto con la sua pelle, a malapena udibile.

Hermione deglutì con forza ma non emise un singolo suono che potesse interrompere il contatto; era troppo persa in quel momento passionale e sconosciuto per lei. Riusciva vagamente a rendersi conto che lui stesse iniziando a toglierle i vestiti, eppure il pensiero di fermarsi era talmente lontano, così lontano da poter essere facilmente ignorato. I due ragazzi scivolarono giù lungo la parete, talmente stretti da non riuscire più a muoversi senza muovere di conseguenza anche l’altro. Le mani calde e impazienti di Draco scivolarono sotto il suo maglione. Le mani di lei si abbandonarono, appoggiate al suo petto, e le sue dita giocherellarono spensierate con la linea delle clavicole.

“Dimmi di smettere,” sibilò lui, stavolta con maggiore urgenza, baciandole la curva della guancia.

Le sue mani si spostarono verso l’alto finché i suoi pollici arrivarono al ferretto del reggiseno. Le dita di lei invece stavano attraversando il suo addome e lui sentì il movimento famigliare al di sotto dell’ombelico che si risvegliava quando le sue dita raggiunsero pericolosamente l’elastico dei pantaloni. A quel punto, la realtà lo colpì come un pugno in piena faccia.

“DIMMI DI SMETTERE!” urlò, allontanandosi da lei così velocemente che inciampò sull’orlo dei pantaloni.

Hermione si sentì improvvisamente debole e fredda e scivolò dolcemente contro la parete, studiando Draco intensamente, ansiosa come non mai. Lui era fuori di sé, come se tutta la sua energia si fosse consumata nel tentativo di impedirgli di toccarla di nuovo. Alzò lentamente la testa e i loro sguardi si incontrarono; entrambi spalancati e sconvolti.

“Perché non mi hai detto di fermarmi?” grugnì lui con tono accusatorio. “Sei fottutamente stupida, Granger? Pensi che sia normale tutto questo?”

Hermione tremava da capo a piedi. “Io non−

“Hai idea di cosa mi stia facendo questo posto?” le chiese, freddo. “Di cosa tu mi stai facendo?”

"Draco, ti prego−

“GUARDAMI!” urlò. “Io NON faccio cazzate come queste! Non sono così! Non sarei mai talmente disperato da chiedere una sveltina alla Mezzosangue vergine−

“Non ti azzardare a chiamarmi così!” lo avvisò lei.

“Così come?!” ribatté lui. “Mi stai dicendo che qualcuno è riuscito sul serio ad infilarsi tra le tue gambe?” Hermione fece uno scatto ma rimase in silenzio, e Draco sentì una pugnalata di gelosia che gli perforava lo stomaco. “Fammi indovinare,” sibilò cupo “Weasley?!”

“Non sono affari tuoi−

“ADESSO LO SONO!”

“Perché?!” ribatté lei, gonfiandosi le spalle in un tentativo di guadagnare un po’ di dignità da quella conversazione. “Sei stato abbastanza chiaro sul fatto che questo…errore sia stato solamente un tentativo di ottenere una ‘sveltina’!”

Draco rimase colpito dal suo stesso linguaggio pronunciato dalla sua voce, ma mantenne l’espressione brutale stampata in volto. “Che diavolo ti aspettavi, Granger? Che tutte quelle merdate pro−Babbani facessero presa su di me?”

“So che qualcosa è successo,” disse lei, decisa. “Lo sai anche tu−

“Perché cavolo dovrei cambiare per farti contenta−

“Non si tratta di cambiare chi sei!” ribatté Hermione. “Si tratta di trovare te stesso!”

“Non sprecare le tue stronzate da Grifondoro con me−

“Se mai stato felice, Draco?” gli domandò Hermione, sperando in una qualche reazione. “Sei mai stato soddisfatto della tua vita, o hai mai fatto qualcosa che ti sembrasse giusto e bello?”

Draco esitò, scannerizzando tutti i suoi ricordi, cercando di trovarne uno che potesse soddisfare la sua richiesta. L’unica volta che si era sentito quasi in pace con se stesso era la notte in cui la Granger aveva dormito sul suo petto e, forse, anche quel preciso momento, il momento in cui è riuscito a baciarla dopo due giorni di solitudine. Ma prima…il vuoto totale. Solo e soltanto odio, odio per lei, per la sua specie, per tutto ciò che era diverso e ‘sbagliato’.

“Guardami,” gli disse Hermione dolcemente, sedendosi di fianco a lui. “E dimmi che credi ancora che i babbani sono inferiori; che io sono disgustosa.”

Draco aprì la bocca, preparandosi a sputare fuori la sentenza peggiore che potesse dirle, ma non ci riuscì. Salazar solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo, ma lei era troppo perfetta per poterle dire una cosa del genere, per poter anche solo fingere che lei fosse disgustosa; labbra rosee e morbide, capelli deliziosamente arricciati sul collo…

No, non poteva farlo.

“Lasciami solo,” mormorò, sperando che gli fosse uscito un suono abbastanza minaccioso, anche se ne dubitava. Lei si avvicinò, poggiando una mano sulla sua spalla, ma quel gesto fu troppo per lui. “Non toccarmi.”

Hermione ritirò la mano, in imbarazzo. “Ti− ti è piaciuto baciarmi, Draco?” balbettò dopo un secondo.

Sì…

“Chiedimi se mi piace tradire la mia famiglia,” rispose lui, con voce roca. “Chiedimi se farei tutto questo se non mi trovassi in questo inferno−

“A me piace, baciarti,” confessò lei in un sussurro. “Ma…sono così stanca di doverti convincere sempre che non sono una minaccia per te, che non dovresti odiarmi−

“Che cosa vuoi da me, Granger?” le chiese.

“Niente di più di quello che puoi offrire,” gli rispose, gentilmente. “Ma vorrei che tu la smettessi di fingere e facessi quello che ti sembra giusto almeno per una volta−

“Come cazzo fai a sapere cos’è giusto o non giusto per me?” la sfidò lui, sprezzante. “Pensi che un paio di stupidi baci cancelleranno quello che penso su di te e sulla tua specie?!”

Hermione lasciò che le sfuggisse un sospiro pieno di rammarico. “Tu e io−

“Io e te non siamo niente!” protestò lui. “Te l’ho già detto! Chiaramente, avevo talmente bisogno di una botta e via che mi sarei−

“Abbassato a toccare una Mezzosangue,” finì Hermione al posto suo. “Sai, mentre lo dici ora sussulti un po’.”

Draco vacillò. “Non è vero,”

“Sì, invece.”

C’era qualcosa nel suo tono convinto che risvegliò il calore che sentiva fino in fondo allo stomaco, e prima di riuscire a bloccarsi in tempo, le era praticamente saltato addosso un’altra volta e riprese da dove si era interrotto. L’ultimo ‘round’ era stato insoddisfacente, data la sua idiozia e l’interruzione che lui stesso aveva scatenato, ma stavolta riuscì a fermarsi prima che fosse troppo tardi. La lasciò andare con un gemito, poggiando la fronte contro la sua e inspirando intensamente. Eh sì, era andato troppo oltre.

Hermione studiò la sua espressione agitata e sentì qualcosa contrarsi nel petto. Cercò di convincersi di essere paziente e comprensiva, eppure si domandò quanto ancora gli sarebbe servito per rendersi conto che stava cambiando qualcosa tra loro. Decise che gli avrebbe offerto un ultima opportunità di sistemare la situazione, anche se questo voleva dire sacrificare una buona fetta della sua dignità per il bene di un Mangiamorte.

“Draco,” sussurrò Hermione. “Guardami.” I suoi occhi scattarono su di lei mentre Hermione strofinava il palmo della mano sulla sua guancia. “E’ tutto ok,” gli disse. “So che questo è−

“Tu non sai un cazzo! Non hai idea…” sbottò lui, allontanandosi da lei un’altra volta. “Non puoi nemmeno iniziare a comprendere cosa mi stia facendo questo posto!”

“Draco−

“Te lo dico una volta per tutte, Granger, che niente di simile accadrà di nuovo,” dichiarò lui, e le sue parole erano così pungenti e misurate che Hermione gli credette sul serio. “Abbiamo finito qui−

“Sì, abbiamo finito!” replicò lei, alzandosi in piedi e gonfiandosi il petto, sulla difensiva. Aveva raggiunto il limite. “Mi rifiuto di continuare così! Non merito di essere trattata così da te! Fai quel diavolo che ti pare, perché non me ne frega niente!”

“Finalmente!” esclamò. “Ci è arrivata! Bene, mi fa piacere che tu abbia finalmente deciso di dire qualcosa di sensato. Accetta la situazione per quella che è, Granger; io, che volevo una comoda botta e via e tu, che eri l’unica opzione−

“Sparisci dalla mia vista!” urlò Hermione, tirando fuori dalla tasca la bacchetta. Sentiva che stava per piangere e non avrebbe mai e poi mai voluto che lui la vedesse in quello stato. “Adesso!”

Draco rimase fermo per un momento; il suo sguardo acceso scattava dalla bacchetta nella sua mano al suo volto infuocato dall’ira. Non volendo peggiorare la situazione, si voltò di schiena e sparì nella su stanza. Hermione tremava e sussultava, sotto il peso del suo cuore che non la smetteva di battere. Cercò di ricomporsi, ma le fu impossibile. Riuscì a borbottare un veloce incantesimo silenziatore prima di buttarsi di nuovo a terra e rilasciare ogni singola lacrima che aveva in corpo, scosso dai singhiozzi.

Tutto questo non avrebbe dovuto ucciderla; dopotutto, lei aveva già sperimentato il suo atteggiamento crudele in così tante occasioni, ma quel bacio…

Era stato così ingannevole, l’aveva cullata in un falso momento di pace e serenità, convincendola a donargli tutta se stessa, e lui cosa aveva fatto? Aveva calpestato quel bellissimo momento come una cartaccia sul pavimento. Si sentiva tradita e usata, e la cosa peggiore era che non sapeva se effettivamente, sarebbe riuscita a dirgli di fermarsi quando doveva farlo.

Al diavolo la tenacia da Grifondoro, Hermione si era totalmente arresa.

 

A/N: Ciao ragassss! Ci rivediamo con un nuovo capitolo! E’ un po’ cortino forse, ma a me piace tantissimo :3 Ci tenevo a scrivervi oggi perché volevo farvi sapere che giusto ieri, la scrittrice ha pubblicato il 48° capitolo della Fanfiction, cioè il capitolo FI− NA−LEEEEEE!  Ho un po’ pianto, lo devo ammettere ç_ç Dopo questo, ha detto che scriverà un epilogo e forse (FFFFORSE) qualche One−shot separata che descriva la stessa storia di base da punti di vista di personaggi secondari, come poi vedrete… E niente, volevo condividere con voi questa gioia! Perché dovete sapere che lei pubblica ogni morte di Papa e quindi quando mi vedo comparire sulla bacheca di Facebook l’annuncio che ha aggiornato con un nuovo capitolo, salto di gioia per tutta la casa… peccato che questo sia l’ultimo. Awww, divento sentimentale, aiuto! :3

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Capitolo 15
*** Vetro. ***


 

Chapter 15: Vetro.

 

Gli ultimi giorni di Novembre furono nebbiosi e cupi, e Dicembre sbucò da un angolo prima che tutti se ne accorgessero.

Ogni notte scatenava quel desiderio di compagnia, di calore umano, per contrastare la natura morente che ogni giorno sotterrava sempre più sotto strati di neve e brina ghiacciata. C’era un lato positivo però, il vento non era più così insistente, ed Hermione ne era piacevolmente grata. Purtroppo in questo modo il silenzio era ancora più ossessionante.

Hermione faceva il possibile per mantenersi occupata, passando meno tempo possibile nel suo dormitorio e alternando le sue giornate tra la Biblioteca e l’organizzazione del Ballo assieme a Michael e ai Prefetti. Il dormitorio era diventato un luogo così soffocante dopo il suo litigio con Draco, e non osava passare neanche un minuto più del necessario in sua presenza. Nonostante la loro sfuriata si fosse ormai già consumata da più di due settimane, lei si sentiva ancora terribilmente a disagio. Se fosse rimasta con lui per qualsiasi altro motivo che non includesse la loro necessaria interazione da inquilini, il suo corpo avrebbe sicuramente iniziato a reagire; causandole terribili spasmi allo stomaco e vampate di calore imbarazzanti.

Draco invece, sembrava fare di tutto per incrociare la sua coinquilina, emergendo casualmente dalla sua stanza quando sapeva di trovarla in cucina o nel salotto. Nelle due settimane che passarono, si erano incrociati non meno di dieci volte ed era solo grazie ai suoi sforzi, altrimenti non si sarebbero visti quasi mai. Lei scappava sempre di corsa e non lo guardava mai negli occhi, temendo che potessero risucchiarla, eppure era arrivata a guardarli di sfuggita, una volta o due. Ogni volta che lo faceva, si ritrovava improvvisamente a corto di fiato e la sua bocca si asciugava in un batter d’occhio, ma questo non le impediva di mantenere un espressione indifferente e di chiudersi in camera, battendo la ritirata quando sentiva di non potercela fare.

Nei giorni successivi al loro bacio−barra−litigio, Draco sembrava deteriorarsi col passare del tempo; i suoi lineamenti cominciavano a sembrare più scavati, lo sguardo era perso e sconfitto. Hermione desiderava moltissimo parlare con lui, almeno per scacciargli via il dolore che gli stava consumando il volto, ma era anche determinata a mantenere una sana distanza da lui. Cucinava ancora i pasti, ovviamente, ma quello era il massimo del contatto tra lei e Malfoy, anche se desiderava tutti i giorni che potesse esserci qualcosa in più.

A dispetto dei suoi tentativi per distrarsi, le importava ancora di lui.

Comunque, le distrazioni erano veramente tante, con Michael che richiedeva sempre il suo aiuto per organizzare il Ballo e Ginny che l’aveva finalmente convinta ad andare a comprarsi un vestito per l’occasione. Agli studenti era stato dato un giorno di permesso per visitare Hogsmeade e acquistare i loro abiti da cerimonia; ed Hermione si era ritrovata a sperare che l’atmosfera festosa della cittadina le tirasse un po’ su il morale.

Aveva sempre amato il Natale, ma i festeggiamenti le sembravano troppo forzati quell’anno, soprattutto sapendo che non li avrebbe passati assieme alla sua famiglia, o ad Harry e Ron. I rischi erano troppi. Perfino la neve, che normalmente adorava, non si era ancora mostrata con una bella nevicata in stile ‘film natalizio’ perciò, l’atmosfera non era del tutto promettente.

C’era ancora tempo comunque…

“Che ne pensi di questo?” domandò Ginny mentre tirava la tendina del camerino. Hermione alzò il mento e si scoprì a sorridere quando vide l’affascinante vestito nero che la sua amica le stava mostrando. Aveva un bellissimo ricamo di pizzo nero sulla schiena, che risaltava ancora di più la sua capigliatura fiammeggiante.  “Allora?” insistette lei, spostandosi i lunghi capelli rossi dietro la spalla, in attesa di un responso. “E’ ok?”

“Sei stupenda,” le disse Hermione con affetto. “Davvero, Gin. Non ti è bastata la conferma dello specchio?”

“Gli specchi qui sono incantati, ti fanno pensare che ogni vestito sia fantastico su di te,” rispose Ginny con una smorfia. “Sicura che non lo stai dicendo solo per educazione?!”

“No,” scosse la testa. “E’ quello giusto, Gin. Stai benissimo.”

Lei rise coprendosi il volto con una ciocca di capelli rosso fuoco e accarezzò il tessuto dell’abito con le dita. “Grazie,” disse. “Sto abbastanza bene da poter fare qualche foto per quando Harry tornerà?”

Se tornerà…

“Assolutamente,” annuì Hermione, decidendo che quello non era il momento adatto per smorzare l’entusiasmo. “La bocca spalancata gli arriverebbe al pavimento se ti vedesse con quel vestito, anche se sono sicura che anche Neville farebbe lo stesso.”

“No,” Ginny ridacchiò. “Gli occhi da cucciolo bastonato di Neville si sono dirottati su Hanna Abbott di recente.”

“Sul serio? E allora perché non l’ha invitata?”

“Sai quanto diventa timido in situazioni come queste,” rispose Ginny, affettuosamente. “E poi sono arrivata in tempo, prima che gli venisse in mente di chiedere in giro. Volevo un appuntamento con qualcuno di cui potermi fidare; come avresti dovuto fare anche tu, Hermione.”

“Michael è innocuo−

“Secondo me ci sta provando con te,” interruppe Ginny con disapprovazione. “So che lui e Ron non andavano molto d’accordo, comunque, dovrebbe stare attento−

“Ron ed io non siamo mai stati una coppia ufficiale,” precisò Hermione. “E Michael è solo un amico−

“Beh, se ci proverà con te o altro dovrà prepararsi a mangiare lumache per una settimana.”

Hermione rise di gusto a quel commento. “Anche tuo fratello ha un debole per gli incantesimi con le lumache.”

“Sì, vedo come gli è andata bene quella volta, quando ne ha lanciato uno contro Malfoy.” Sghignazzò Ginny. “Ok, beh il mio vestito è deciso, allora. Quale scegli, Hermione?”

“Ho già dei vestiti−

“Ma dovresti comprartene uno nuovo,” insistette lei, allargando le braccia e indicando tutti quei vestiti che le circondavano. “Quello blu ti starebbe bene−

“Non capisco perché dovrei comprare un vestito nuovo per un Ballo al quale non voglio nemmeno partecipare,” ribatté Hermione, anche se si lasciò distrarre dalla vista dell’abito per un momento. “E poi non mi serve, perché l’ultima cosa che voglio è impressionare il mio partner−

“Non farlo per lui, fallo per te stessa,” le disse Ginny, alzandosi per prendere la massa di tessuto blu e appendendola ad una gruccia. “Questo colore è bellissimo e non vedo traccia di fronzoli o pizzetti che tu detesti tanto.”

Hermione esitò, toccando con la punta dell’indice lo chiffon sotto la gonna; era abbastanza semplice, rispetto agli altri abiti esposti nel negozio, e questo era un punto a favore, vista la filosofia del ‘meno è più’ che Hermione seguiva sempre. “E’ davvero bello,”  mormorò sovrappensiero. “Ma io−

“Oh, provalo e basta.”

 


 

Hermione si diresse verso le sue stanze con qualche dono di Natale sotto braccio e il nuovo vestito in mano. Era stata tutta colpa dell’insistenza incorreggibile di Ginny, eppure Hermione poteva ammettere che si sentiva un po’ più rilassata dopo lo shopping e una Burrobirra insieme ad una delle sue poche amiche. Ma la sensazione svanì presto, non appena si trovò di fronte al portone del dormitorio.

Prendendo un respiro profondo, come faceva sempre, spinse la porta senza riuscire a tenere saldamente tutti i sacchetti che aveva in mano. Il suo piano, che prevedeva un’entrata silenziosa e veloce, si rivelò inutile quando inciampò una seconda volta e due sacchetti rotolarono sul pavimento dinanzi a lei.

“Oh, merda,” mormorò, inginocchiandosi per cercare di raccogliere il tutto.

Afferrò l’ultimo oggetto proprio quando la porta di Draco si aprì, e cercò di mantenere lo sguardo basso mentre lui faceva il suo ingresso nel salotto. L’atmosfera nella stanza improvvisamente mutò, diventando densa e pesante… Hermione cercò di controllare i suoi nervi mentre sì alzava da terra.

“Quello a che serve?” domandò Draco, indicando il vestito coperto dall’incarto di plastica.

Si trovava a metà via tra lei e la sua camera da letto in una posizione che le avrebbe impedito di passargli a fianco, come se sapesse che avrebbe cercato di svignarsela, e la risposta sbucò fuori prima che Hermione potesse rimangiarsi le parole. “Per il Ballo di Natale,” mormorò svelta, aggirandosi goffamente intorno al divano, ma lui si mosse a sua volta, finendo sempre per bloccarle la strada; gli occhi fissi sul vestito. “Puoi spostarti−

“Mi stai evitando,” la accusò con voce graffiante. “Perché?”

Hermione evitò il suo sguardo. “Lo sai perché, Draco,” sbottò. “Spostati−

“Quanto pensavi di far durare questo sciopero del silenzio, esattamente? Continuò lui, irritato. “Sta cominciando a darmi sui nervi−

“Non ho intenzione di chiedertelo di nuovo,” disse, a denti stretti, rovistando nella sua borsa alla ricerca della bacchetta. “Spostati o ti faccio spostare io.”

Draco la fissò con sguardo contraddittorio, morsicandosi l’interno della guancia, in preda all’irritazione, prima di fare un passo di lato con un sospiro rassegnato. I palmi delle mani gli sventolavano inerti al fianco mentre lei gli passava davanti, ed Hermione cercò in tutti i modi di non annusare il profumo ormai familiare di Draco. Il suo sospirò arrivò alle sue orecchie, ma lei tirò dritto senza guardarsi indietro, riuscendo a cammuffare la sua debolezza.

“Non è la prima volta che litighiamo, Granger,” fece Draco, prima che lei raggiungesse la porta. “Perché sei così…arrabbiata questa volta?”

Hermione si bloccò davanti alla sua porta, sentendo l’ira che le montava nel petto. “Mi hai chiesto di lasciarti solo,” rispose, freddamente. “Ed è quello che sto facendo−

"Ma io−

"L’hai voluto tu, Draco," gli disse, sperando di non doversi trascinare nell’ennesimo litigio. "Non so che dirti."

Con la  bacchetta, utilizzò l’incantesimo Muffliato per sussurrare la sua nuova password; Grattastinchi. Dubitava che Draco potesse riconoscere il nome del suo animale domestico, e si sentiva più sicura ora che sapeva che non avrebbe più trovato strane sorprese all’interno della sua stanza. Hermione pensò di averlo sentito sussurrare qualcosa mentre entrava in camera, ma rifiutò di pensarci troppo.

"Aspetta," mormorò Draco, alla porta ormai chiusa.

Improvvisamente, gli venne in mente la frase che sua madre gli aveva detto, la sera prima dell’inizio del primo anno scolastico ad Hogwarts, quando lui stesso aveva dichiarato che il Maniero non gli sarebbe mancato affatto; ‘Non ti accorgi di ciò che possiedi finchè non lo perdi’. Dopo quelle misere tre frasette inutili a conclusione di due settimane di completo silenzio, Draco stava cominciando a pentirsi del modo in cui aveva gestito la loro più recente discussione, visto che lei rifiutava persino di guardarlo in faccia. Fingere che non gli importasse niente stava cominciando a fargli male, come se ogni volta lo stomaco gli si corrodesse un pochino di più. La maledetta verità era che avrebbe desiderato una reazione da parte sua.

Uno scontro infuocato, un’educata discussione…un bacio.

Qualsiasi cosa.

 


La giornata appena trascorsa, un Mercoledì, le era sembrata infinita.

Le lezioni erano scivolate via con la lentezza di un mare di colla appiccicosa, e il resto del pomeriggio fu scandito dalla sistemazione delle ultime decorazioni nella Sala Grande. Hermione era riuscita a svicolare lontano dai Prefetti entusiasti e a ritagliarsi qualche ora per sé nella Bibilioteca, ma la sua ricerca sugli Horcrux si rivelò frustrantemente improduttiva. All’incirca alle dieci di sera, decise di soccombere alle sue palpebre assonnate e di ritirarsi nel suo dormitorio, sperando che Draco non stesse gironzolando per il salotto in attesa del suo ritorno.

Riuscì a sgattaiolare silenziosamente dentro il dormitorio e a prendersi un bicchiere d’acqua, ma un colpo alla porta la fece sobbalzare. Il bicchiere cadde ai suoi piedi ed Hermione borbottò sottovoce tutte le parolacce Babbane di cui era a conoscenza, fissando con terrore in direzione della camera di Draco.

“Tutto bene là dentro, Hermione?” la voce di Michael si sentì forte e chiara dall’altro lato della stanza, ed Hermione alzò gli occhi al cielo con tutta la forza che aveva in corpo. “No, perché ho sentito−

“Sto bene,” ribatté lei. “Che cosa vuoi, Michael?”

“Solo fare due parole con te, un minuto−

“Stavo per andare a letto,” gli disse, sorpassando le scheggie di vetro sul pavimento. “Possiamo parlarne domani−

“Ci metto solo un minuto,” insistette lui. “Avanti, Hermione, sono solo le dieci di sera.”

Hermione sbuffò e si massaggiò la fronte, voltandosi a controllare la porta di Draco con una leggera sensazione d’ansia alla bocca dello stomaco. Sicuramente sarebbe stato abbastanza intelligente da non mostrarsi in presenza di un ospite, tuttavia si era comportato in maniera abbastanza imprevedibile ultimamente. Decidendo che sarebbe stato meglio liberarsi di Michael il più in fretta possibile, Hermione trasfigurò i suoi vestiti in un paio di pantaloni del pigiama e una vestaglia e si tolse le scarpe, lasciando le sue cose sul bancone della cucina prima di andare alla porta d’ingresso.

“Posso entrare?” domandò il Caposcuola dopo aver visto uno spiraglio della stanza dalla porta socchiusa.

“Adesso no,” Hermione scosse la testa, troppo stanca per inventarsi una scusa decente. “Di cosa volevi parlare?”

“Beh, mi stavo chiedendo come ci dovremmo organizzare per Venerdì?”

“Sai già tutto,” Hermione aggrottò le sopracciglia. “Ti ho mandato i dettagli su un biglietto.”

“Parlavo di noi,” chiarì lui, strofinandosi la nuca con la mano, in evidente imbarazzo. “Ti vengo a prendere qui? Oppure−

“Ah, quello,” mormorò, cercando di rimanere paziente. Non era colpa sua se ultimamente lei era stata così fredda nei confronti di chinque. “No, va bene, Michael. Abbiamo tutti deciso che ci saremmo incontrati fuori dalla Sala Grande, quindi faremo così.”

“Ok,” Michael annuì, senza riuscire a nascondere la sua delusione. “Sicura che non vuoi che ci troviamo prima?”

“No, saremo troppo di fretta, perciò è più facile se ci troviamo lì,” spiegò Hermione, fingendo di soffocare uno sbadiglio. “C’era qualcosa d’altro? Sono un po’ stanca, sai.”

“Uhm, no,” alzò le spalle, desolato. “Era tutto lì. Ci vediamo domani allora.”

“Notte,” lo salutò Hermione, chiudendo immediatamente la porta, sentendo i passi di Michael che eccheggiavano nel corridoio. Il suo regolare respiro s’interruppe quando sentì la familiare sensazione dietro la schiena e capii subito che il suo compagno di stanza era dietro di lei. “A che gioco stai giocando?” gli disse, voltandosi e commettendo l’errore di guardarlo dritto negli occhi. “Stai cercando di farti scoprire?”

I lineamenti di Draco erano contratti in una smorfia di dolore che la sorprese inaspettamente. Sembrava…tradito. “Avevi detto che non c’era niente tra te e quel Corner,” grugnì debolmente, e il petto di Hermione si contrasse in una morsa.

Cercò di fare un passo avanti, ma−com’era prevedibile− lui le bloccò la strada. “Non c’è niente infatti,” mormorò lei esitante. “Spostati, Draco−

“Chiaramente, c’è qualcosa di vero in quello che sospetto, visto che andrai al Ballo con lui,” continuò con voce roca, avvicinandosi lentamente verso di lei. “Non ti facevo una bugiarda, Granger−

“Non sto mentendo,” si difese lei, maledicendosi in segreto quando ricordò di aver lasciato la bacchetta in cucina. “Lasciami andare nella mia stanza−

“Gli piaci, Granger,” le disse lui. “Si vede−

“Che cosa ridicola,” sbuffò lei, innervosita dal suo tono serio. “Spostati−

“Provaci a farmi spostare,” la sfidò lui. “Non ho finito di parlare di quel coglione.”

Decidendo che la situazione necessitava di un po’ di aiuto magico prima che fosse troppo coinvolta nella conversazione, i suoi occhi puntarono la bacchetta abbandonata sul tavolo e cercò di raggiungerla. In quell’istante inciampò sull’acqua che aveva versato in precedenza e cadde con un tonfo sul pavimento, sbattendo il palmo di una mano nel punto in cui giacevano i vetri rotti del bicchiere.

Hermione gemette quando il dolore le esplose sulla mano, lungo il braccio, fino al gomito. Guardò a terra e sussultò quando vide il pezzo di vetro grosso quanto un Galeone che le si era conficcato nella carne, riempiendo il pavimento di gocce di sangue scarlatto e denso. Si rialzò per tentare di appoggiarsi al bancone, e prima che riuscisse a rendersene conto, Draco si era inginocchiato di fianco a lei; lo sguardo calcolatore e l’espressione composta, seppure con una lieve sfumatura di sincera preoccupazione.

“Dammi la mano,” le disse, con voce ferma. “Devo tirare fuori il vetro−

“No, sto bene,” si lasciò sfuggire lei attraverso i denti stretti in una morsa di dolore. “Prendimi la bacchetta e farò da sola−

“Non posso toccare la tua bacchetta,” le ricordò lui. “Lascia che tiri fuori il vetro e poi puoi curarti da sola quando ti sarai calmata−

“Aiutami ad alzarmi−

“Sta ferma,” le disse. “Avanti, Granger. Passami la mano e farò in fretta−

“Ahi, ahi, ahi!” sussultò lei, mentre lui le afferrava gentilmente il polso e esaminava da vicino il danno. La sua inaspettata gentilezza calmò Hermione, che rimase immobile ad osservare con curiosità il suo sguardo pensieroso e concentrato. “Ok,” gemette. “Sono pronta.”

Soffocò un grido quando lui prese il vetro e cercò di estrarlo dalla carne. “Fa malissimo,” si lasciò sfuggire prima di potersi fermare, deglutendo rumorosamente. “Draco−

“Va bene, aspetta un secondo,” le disse, tirando via con un colpetto finale il pezzo appuntito. “Fatto.”

Draco vide il sollievo emergere sul suo viso e qualcosa nel suo petto cominciò a battere come impazzito. Forse era il suo cuore; non l’aveva mai sentito così vivo prima. Il sangue della Granger era appiccicato alla sua mano, fin sotto le sue unghie e  mentre sapeva che avrebbe dovuto disgustarlo, non gli fece nessun effetto. Il suo pollice, ancora ancorato al suo polso, prese a fare dei movimenti circolari sulla sua mano senza alcun controllo mentale da parte di Draco e, a quel punto, l’inevitabile silenzio imbarazzato calò in mezzo a loro. Draco la fissava speranzoso, in attesa che dicesse qualcosa.

"Accio bacchetta," mormorò lei, distogliendo l’attenzione da Draco.

Draco lasciò andare il suo polso e lei cominciò a curarsi il taglio con la magia, ma lui rimase lo stesso inginocchiato al suo fianco. La Granger non gli era mai stata così vicina da giorni ormai, e lui prese quest’opportunità di godere della sua vicinanza, prima che lei potesse ritornare al piano originario ed ignorarlo per il resto della serata. Si inumidì le labbra con nervosismo e cercò di rimanere paziente, osservandola con sguardo calcolatore e accorgendosi che avrebbe dovuto sviluppare una tattica se voleva far finire bene quella giornata.

“Avrei potuto farela senza il tuo aiuto,” disse Hermione, apparentemente calma dopo il suo incantesimo curativo.

“Può darsi,” le concesse lui, abbassando la testa.

“Questo non cambia nulla,” lo interruppe lei, lanciandogli uno sguardo severo. “Sono ancora arrabbiata con te−

“E’ per questo che andrai al Ballo con quel maledetto Corner?” ringhiò, più per gelosia che per rabbia apparente. “Per dimostrare qualcosa?”

“Non devo dimostrarti nulla!” ribatté lei, alzandosi in piedi. “Sei stato chiaro riguardo la tua opinione su di me−

“Non scappartene via da me, Granger!” le urlò dietro. “Perché diavolo questa volta è così diverso?!”

“Lo sai il perché!” urlò Hermione; le guancie cominciavano a bruciarle dal rossore e gli occhi iniziavano a mostrare i primi segni di pianto. “Sono stanca di te che mi scansi via tutte le volte  in quel modo, come se fossi solo un giocattolo! Mi sembra di averti fatto capire cosa provo per te e tu non fai altro che−

“Cosa provi per me?!” ripetè lui, con il cuore che gli martellava nelle costole. “Che cosa stai−

“Ah, ormai non importa,” si interruppe lei, scuotendo la testa e dandosi mentalmente dell’idiota per aver fatto trapelare quell’informazione. “Tu non volevi niente da me, perciò è quello che avrai−

“Granger, aspetta!” gridò lui, ma l’unica risposta che ricevette fu il rumore della porta sbattuta contro la parete. “Che cazzo,” sibilò alla stanza vuota, marciando verso il bagno per lavarsi il sangue secco sulle dita.

Stavolta non si mise a cercare indicazioni di diversità; sapeva che era identico al suo.

Afferrò i bordi del lavandino e aprì il rubinetto, osservando il liquido rossastro che scivolava via finchè non si trasformò in una lieve sfumatura rosata. Digrignando i denti, strinse con più foga la porcellana e mandò giù il groppo che sentiva in gola anche se soltanto la saliva non bastava a scioglierlo del tutto. Questa separazione che lei gli stava impartendo cominciava a pesargli, e dopo due settimane, stava cominciando a dimenticarla, a dimenticare il suo sapore, il suo odore.

Non poteva realmente incolparla per il modo in cui si stava comportando, ma la prospettiva di lei che voleva arrendersi e lasciar perdere qualsiasi cosa fosse accaduta tra loro, lo fece sentire fisicamente male. Andava bene giocare con le sue emozioni finchè sapeva che sarebbero andati avanti a litigare indipendentemente da quello che si sarebbero detti, ma ora sapeva che il suo atteggiamento era diverso.

L’aveva spinta troppo oltre, ed ora ne stava pagando il prezzo.

Faceva male, rendersene conto, eppure lui la desiderava, e l’intensità di quel desiderio riusciva perfino a sovrastare la voce dentro la sua testa che gli diceva che tutto questo era sbagliato. Sentiva il bisogno di agire, di fare qualcosa per stare vicino a lei, altrimenti sarebbe impazzito…

L’inquietudine lo stava divorando vivo.

 


 

Hermione osservò il suo riflesso senza molta convinzione e applicò uno strato finale di balsamo sulle labbra.

Il meraviglioso abito blu che aveva addosso le sembrava sprecato, dal momento che non sentiva alcun moto di eccitazione per il Ballo, anche se aveva comunque deciso di truccarsi tanto per concludere l’opera dignitosamente e poi ritornare alla vita di sempre. Ginny l’aveva aiutata dandole uno spray per domare i suoi ricci, simili al prodotto usato per il Ballo del Ceppo, e ora si ritrovava con una leggera cascata di onde sulla testa. Non aveva alcun dubbio; se fosse stata una qualsiasi altra serata, si sarebbe sentita bella ed elegante, ma quella sera non riusciva a nascondere la nuvoletta malinconica che le fluttuava nel cervello da giorni.

Il comportamento pacato e gentile di Draco quando si era ferita l’aveva completamente sconvolta. In quel momento, avrebbe ceduto alla tentazione di abbandonare il suo punto d’onore per lui, tuttavia, doveva assolutamente rimanere lucida. Un flasback della sua frase, contentente la parola ‘sveltina’ la fece rinsavire, ma dopo il modo in cui l’aveva così dolcemente curata non riusciva più a decidersi. L’aveva trattata come se fosse lei stessa un fragile pezzo di vetro e ne era stata talmente affascinata, che si ritrovò a giungere alla conclusione che forse quella distanza gli stesse facendo bene…

Hermione scosse la testa per bandire i suoi pensieri sognanti, e decise che il suo ritardo per il Ballo si era prolungato anche troppo. Infilò la bacchetta nella pochette e lasciò la stanza, immobilizzandosi sull’uscio della porta quando si accorse della figura solitaria seduta sul divano.

Draco stava leggendo; il capo chino e la mano sinistra che tamburellava distrattamente su un ginocchio. Di colpo Hermione prese consapevolezza del suo aspetto attuale, nonostante la principale indifferenza provata verso il suo riflesso, e d’istinto si portò le mani sul davanti, sfiorando il tessuto della gonna con dita tremolanti. Draco sentì il rumore probabilmente, perché la sua testa scattò sù in un secondo, e rimase a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite. Hermione si sentì bollire mentre il suo sguardo di ghiaccio la squadrava dalla testa ai piedi.

Draco sentì il suo battito aumentare mentre assorbiva quella visione di lei che mai si sarebbe potuto immaginare, nemmeno nelle sue più vivide fantasie, e il suo piano di affrontare la situazione logicamente e docilmente andò immediatamente a quel paese. Lei era troppo attraente per poter essere indifferente o prudente, e poi non poteva lasciarla andare sapendo che sarebbe stata assieme a quel ritardato Corvonero; che avesse buone intenzioni o meno.

“Che ci fai qui?” gli chiese Hermione, rompendo la sua trance. “Io−

“Non andare con lui,” fece Draco, e sinceramente non gli importava di essere sembrato patetico. “Non andare, Granger.”

Hermione strinse le labbra, nervosa. “Tu non c’entri−

“Sì invece,” ribatté lui, alzandosi dal divano. “Resta qui−

“Perché dovrei?”

"PERCHE’ NON POSSO SOPPORTARLO!" urlò; ogni muscolo del suo corpo pulsava e doleva come se lui fosse incastrato nella sua stessa gabbia. "Non posso…non posso farcela! Non chiedermi di fare questo!"

“Non ti sto chiedendo di fare niente!” disse lei, sperando che lui non notasse l’incertezza nella sua voce. “Michael è solo un amico! E anche se non lo fosse, non ha niente a che vedere con te−

“Allora fa si che abbia a che vedere con me!” sbottò lui, marciando verso di lei. “Fa che sia affar mio−

“Non avvicinarti,” lo avvisò, anche se debolmente. “Per favore, Draco−

“Resta,” le chiese ancora, avvicinandosi abbastanza da far arrivare il suo respiro sulla sua pelle accaldata e in preda ai tremori. “Resta,” ripetè, più dolcemente. Hermione chiuse gli occhi e lui cercò di avvicinarsi per baciarla, convinto di esserci riuscito, ma lei lo spinse via con un colpo goffo e disperato prima che riuscisse a raggiungerla. “Granger−

“No!” Hermione protestò, scuotendo la testa. “Ti ho dato così tante occasioni, Draco! E tu fai sempre la stessa cosa! Posso gestire i commenti idioti, tutti gli insulti, ma non ti lascerò giocare col mio cuore! Tu mi hai ferita!”

L’ondata di senso di colpa lo colpì, paralizzandolo sul posto. “Non lo farò−

“Sì, tu lo farai!” esplose lei, puntandogli contro un dito tremante. “Non sono qualcuno che puoi usare e gettare via a tuo piacimento!”

Draco cercò di avvicinarsi ma lei si scansò di lato prima che potesse raggiungerla. “Granger−

“Dimmi che non sono una ‘sveltina’ conveniente!” Hermione sputò fuori quelle parole come se le bruciassero in gola. “DILLO!”

Draco indietreggiò ma continuò a tenere lo sguardo fisso su di lei. “Tu sei tutto tranne che conveniente, Granger,” le disse. “Però so che vuoi che io…

“Smettila,” mormorò lei, senza fiato, stropicciando via dalla guancia una lacrima. “Ora basta−

“So che vorresti Granger,” continuò lui insistente, avvicinandosi ancora a lei e afferrandole le spalle. “Me l’hai detto tu stessa−

“So cos’ho detto,” rispose lei, senza sforzarsi di scappare da lui stavolta. “Ma tu hai detto−

“Fanculo quello che ho detto,” borbottò Draco, curvando la testa di lato. “Se mi dirai di non baciarti, non lo farò.”

Il limite della sua pazienza ormai era messo alla prova solamente da quegli ultimi millisecondi che lo separavano dalla risposta che gli avrebbe dato. Hermione era pietrificata, ma non disse nulla e quando il terzo secondo passò, Draco decise che aveva aspettato venti giorni di troppo per poter sprecare anche solo un altro istante.

La baciò con impazienza; incapace di contenersi e pronto a perdersi in lei, se solo gliel’avesse permesso. Hermione rispose quasi immediatamente, separando le labbra in modo tale da permettergli una presa ancora più intensa su di lei. Draco sentiva ogni singolo battito del cuore mentre si sporgeva contro il suo petto e lei gli prendeva il volto tra le mani; disegnando con le dita delicati percorsi lungo il viso, fino alla nuca. Abbandonandosi alla morbidezza di tutto il suo corpo, la spinse contro la parete più vicina e sentì i suoi sospiri agitati fino in fondo alla gola. La combinazione di queste sensazioni, odori, percezioni oltre ogni limite, risvegliò la sua parte inferiore, ma stavolta non si curò di fermarsi, anzi, la baciò e la tenne stretta come se ogni secondo potesse essere l’ultimo.

Suoni dolci e flebili si mischiarono tra loro, mentre i loro gesti diventarono più intensi, più frenetici. Draco si appese al suo labbro inferiore e scese giù fino al collo, deciso a baciare ogni singola parte del suo corpo visibile oltre quel meraviglioso vestito che, ovviamente, andava tolto al più presto. I battiti della Granger si sentivano forti e pulsanti sulla sua lingua, mentre i suoi sospiri sognanti aleggiavano nella stanza silenziosa, e Draco afferrava avidamente ogni centimetro della sua pelle morbida e profumata con i suoi baci affannosi.

Che gli piacesse o meno, questa tensione, questo bisogno era rimasto a sobbollire dentro di lui per settimane, quindi non potè evitare di far scivolare le mani sul suo ventre, e poi più in basso. Sapeva di stare velocizzando molto le cose, ma dopo infinite fantasie ispirate alle sue docce mattutine, non riuscì a fermarsi quando la sua mano raggiunse le sue cosce.

“Basta,” ansimò Hermione, piantandogli le unghie nelle spalle. “Devo andare−

"No," mormorò lui con le labbra ancora aderenti al suo collo. "Granger−

"E’ troppo veloce," insistette lei e lui si allontanò da lei reclutante. “Io−io devo andare al Ballo−

“No!” disse lui, più intensamente, cercando di creare un contatto visivo con lei. “Dillo, dì che vorresti rimanere−

“Io− devo pensare,” mormorò Hermione, spostandosi e dirigendosi verso la porta. “Tu…potresti star facendo questo solo per−

“No, non è affatto vero!” ribatté, sentendo la rabbia che gli cresceva nella voce. “Non ti azzardare a fuggire da tutto questo, Granger! E’ tardi per far finta di niente!”

“Io non− non posso…” sussurrò Hermione, prima di scappare fuori dal dormitorio.

Strizzando gli occhi mentre la porta si chiudeva con un tonfo, Hermione cercò di ricomporsi e si sistemò l’acconciatura spettinata con l’aiuto della bacchetta. Non poteva fare nulla però, per le lacrime bollenti che le solcavano le guance, e nemmeno per il cuore che le stava spaccando il petto, talmente forte che sarebbe potuto uscire fuori da un momento all’altro, palpitando prepotente come se volesse punirla per il momento prezioso che aveva appena interrotto.

Oh Dio, oh Dio, oh Dio…

Si avviò verso la Sala Grande con passo incerto e gambe tremolanti, usando le mura come sostegno per farsi strada tra i corridoi. Era in ritardo, poteva sentire la musica forte e chiara, che echeggiava tra le pareti dell’antico castello mentre si avvicinava. Al frastuono si aggiunsero presto le voci degli studenti, così Hermione trasformò all’istante il suo volto in una facciata calma e rilassata.

"Hermione!" la voce di Michael la chiamò da lontano e lei cercò di sembrare entusiasta quando lui le apparve davanti. “Eccoti qua, stavo cominciando a preoccuparmi. Stai benissimo!”

Michael fece un’approccio avventato, cercando di sfiorarle la guancia, ma lei riuscì ad evitare il gesto. “Grazie,” annuì educatamente. “Dove sono Ginny e gli altri?”

“Sono già dentro,” rispose lui. “Sei pronta?”

“Uhm…certo,” mormorò, lasciando che lui la conducesse verso la porta con una mano dietro le spalle.

Si fermarono proprio fuori dalla stanza, pesantemente addobbata, ed Hermione scannerizzò tutte le decorazioni che aveva contribuito a sistemare in tutte quelle settimane di organizzazione. Avevano mantenuto uno stile simile al Ballo del Ceppo, aggiungendo solo qualche piccolo extra, inclusa la neve che cadeva dal soffitto e le sculture di ghiaccio danzanti ai lati della pista. Un’occhiata veloce ai volti dei presenti le confermò che tutti si stavano divertendo molto, ma l’atmosfera gioiosa, che aveva desiderato così tanto fin dall’inizio del semestre, non servì a calmare il suo attuale stato d’animo.

Tutto ciò a cui riusciva a pensare erano le tracce ancora presenti del tocco di Draco sul suo corpo, che vibravano ancora attraverso i pori, causandole la pelle d’oca. Sì, si era innervosita quando aveva capito in che punto si stava dirottando la situazione, ma era scappata solo perché era convinta che le sue azioni fossero dettate dall’egoismo e dalla soddisfazione fisica che avrebbe potuto trarne, ma ora uno sciame di dubbi le riempiva la testa. Il suo comportamento di quella sera e di Mercoledì scorso era stato diverso e apparentemente genuino, ma questo voleva dire due cose; o lei si stava sbagliando di grosso, oppure lui era solo un talentuoso attore.

E se invece…

E se invece fosse stato qualcosa di più;  qualcosa di reale? Se avesse sbagliato a scappare via così? Godric, doveva saperlo…non poteva resistere con questo pensiero per la testa…

"Mi dispiace, Michael," disse, cogliendolo di sorpresa. "Non−non posso farlo."

"Cosa?" domandò lui, guardandola confuso. "Di che parli?"

"Scusami,” ripetè.

Senza aspettare una risposta, si voltò di scatto e partì in una corsa piena d’adrenalina che la riportò al dormitorio. Che la riportò da lui.

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Capitolo 16
*** Neve. ***


Chapter 16: Neve.

 

 

Draco si accasciò sul divano, con le labbra ancora umide e lo sguardo perso nel vuoto.

Strinse gli occhi e si strofinò il viso con le mani appiccicose di sudore, sentendo un gelo improvviso avvolgergli tutto il corpo. Non sapeva se stesse tremando per il freddo o per i dolorosi spasmi che gli stavano facendo scoppiare il petto, e si sentì completamente perso. Nonostante la sua perenne convinzione che la Granger e quel posto l’avessero fatto diventare pazzo, realizzò in quel momento che in realtà la sua presenza leniva i suoi pensieri turbolenti come nessuno dei suoi libri, o delle sue attività giornaliere riusciva a fare. I suoi venti giorni di distacco erano stati una tortura; la solitudine provata l’aveva portato a dubitare ancora più intensamente riguardo al suo livello di sangue, alle differenze tra di loro e riguardo a cosa volesse esattamente da lei.

Gli echi delle parole di suo padre e i suoi preconcetti riguardo ai nati Babbani erano solo un sussurro distorto e fragile adesso; Draco involontariamente l’aveva messo da parte, in un angolino della sua mente. Il modo in cui lei era riuscita a sortire un effetto così potente su di lui lo faceva incazzare, ma ne era anche spaventato. C’era anche una piacevole sensazione di sollievo che non riusciva bene a comprendere. Baciarla, toccarla, averla vicina… queste sensazioni gli scatenarono un immenso senso di pace; e anche se si sentiva perso, era…bello essere persi, se questo significava sentirsi così. Immaginò che quella sensazione indescrivibile fosse vicina al brivido dato dall’annegamento, e lui stava sicuramente annegando.

Ed ecco dove lo aveva lasciato. Lì seduto sul divano, con le mani tra i capelli e infinite immagini di lei e Corner che gli riempivano il cervello. Nel profondo, sapeva che la Granger fosse stata sincera sul fatto che lei e il cazzone Corvonero non erano altro che amici, ma la gelosia lo stava mangiando vivo comunque. Ogni volta che la sua immaginazione gli presentava un’immagine di loro due insieme, un’ondata di furia omicida gli scaturiva da ogni poro del suo corpo, ma cosa poteva fare? Niente, solamente aspettare.

Le dita gli si conficcarono nelle tempie nel momento in cui l’ennesima botta di risentimento lo afflisse. Cercò di mandar giù un po’ di saliva, ma scoprì che la gola gli si era seccata come un pozzo prosciugato. Un grugnito basso e gutturale rieccheggiò in tutto il suo corpo, e Draco cercò di convincersi a rimanere seduto, sapendo che avrebbe desiderato ardentemente in quel momento sbattere i pugni contro ogni muro della stanza, pur di sovrastare il rumore dei suoi pensieri.

Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando lei se n’era andata, probabilmente pochi minuti, eppure gli pesavano addosso come fossero ore.

Draco era sempre stato così…ben educato e disciplinato nel comportamento, ma un solo fottutissimo momento in una stanza con lei l’aveva completamente sbalzato fuori dalla realtà, e accorgersi di quanto potente fosse la sua influenza su di lui lo pietrificò dal terrore. Il controllo era essenziale, ma tanto valeva spiaccicare il suo cervello contro un muro per l’aiuto che gli stava dando in quei momenti. Nella sua testa si era creato un enorme spazio vuoto, il quale una volta ospitava pregiudizi e insulti vari alla sua specie, mentre ora…si stava lentamente riempiendo di lei.

Delle sue parole.

Del suo volto.

Del suo profumo, il suo sorriso, i suoi sospiri.

Granger…

Dracò sussultò quando sentì la porta aprirsi, e per un momento non riuscì a respirare quando si accorse che lei era tornata. Aveva il volto ancora paonazzo e il suo affanno si sentiva forte e chiaro nel silenzio cupo della stanza. I suoi capelli erano di nuovo liberi e selvaggi, incorniciandole perfettamente il viso. Le onde soffici del vestito che indossava le fasciavano il corpo alla perfezione, e Draco si ritrovò in piedi senza nemmeno essersene reso conto.

I loro occhi si trovarono da un lato all’altro della stanza, e Draco si sforzò di rimanere immobile, mentre la confusione e la tensione cominciavano a riempirgli il cervello. Poteva anche essersi sbagliato; magari la Granger era solo tornata indietro perché aveva dimenticato qualcosa, e non gli avrebbe fatto per niente bene sperare a vuoto. Però, dall’espressione ansiosa scolpita sul suo viso grazioso, si capiva che fosse lì per una ragione specifica, e Draco, senza sapere il perché, sentì le viscere che atterravano con un tonfo quando poco prima sembravano essere sparite.

I suoi piedi cominciarono a muoversi senza aver ricevuto alcun imput.

Doveva raggiungerla, prima che lei potesse pensarci troppo e decidesse di scappare di nuovo, lasciandolo ancora lì sul divano, a tormentarsi. Ormai non provava più nemmeno a sopprimere il suo desiderio di averla, e se solo avessero provato entrambi a far scoppiare a questa scintilla, forse lei se ne sarebbe uscita una volta per tutte dalla sua testa, e la sua debolezza nei suoi confronti sarebbe svanita.

“Non so che cosa ci faccio qui,” mormorò Hermione quando lui arrivò di fronte a lei.

Draco si stava sforzando terribilmente per non prenderla e stringerla a sé, perciò optò per una soluzione più delicata, poggiando la sua mano sinistra sulla sua guancia e tracciando col pollice la linea delle sue labbra. La sentì deglutire rumorosamente e si avvicinò di più mentre Hermione alzava il mento e incontrava il suo sguardo. Riusciva quasi ad immaginare il dibattito interiore che stava avendo luogo nella testa della Granger in quel momento e trattenne il respiro quando lei fece segno di voler parlare.

“Volevo solo…” sussurrò, a malapena udibile. “Volevo solo una notte per…”

“Una notte,” convenne lui, prima di annullare in un nanosecondo i centimetri di distanza che li dividevano.

Quando poggiò le labbra sulle sue, si rese subito conto che la Granger si era finalmente arresa e così ebbe il coraggio di osare un po’ più di energia; si spinse più a fondo contro di lei, scoprendo con piacere che il lucidalabbra con cui si era truccata sapeva di mirtillo e di intenzioni sulle quali non voleva soffermarsi a pensare nemmeno un po’. Era troppo tardi per pensare, adesso. Le viscere nel suo stomaco tornarono presto in vita non appena Hermione si aggrappò a lui con tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei giorni. Lui le prese i fianchi e la tenne saldamente vicina, deciso a non farsela scappare un’altra volta; anche se lei non aveva dato nessun segno di voler sparire di nuovo.

Anche i gesti e i baci di Hermione erano ancora piuttosto timidi, non c’era alcuna esitazione;  riusciva a combinare perfettamente il ritmo di Draco e, anche se si rendeva conto che quello che stavano facendo era assolutamente insolito, nulla le impediva di andare avanti. Non c’era niente che potesse fermarla, nessuna vocina nella testa, nessun ripensamento. Gli prese il volto tra le mani e affondò le dita tra le corte basette bionde ai lati del viso. Dio, si sentiva come pietrificata, ma allo stesso tempo, ciò che stava facendo Draco col suo corpo era talmente meraviglioso, che non riuscì a trattenere l’entusiasmo e la vitalità.

Non sapeva da dove venisse quell’impulso audace e coraggioso che le fece sollevare gli angoli del maglione di Draco verso l’alto, ma quando si accorse di quanto sembrasse naturale per lei accarezzare il suo torso, le sembrò la cosa più giusta da fare. Draco si sfilò il maglione e interruppe il suo contatto con lei solamente per aiutarla più in fretta, lanciando la maglia a casaccio dietro la sua schiena.

Hermione aprofittò di quei due secondi di tempo per lasciare che lo sguardo le vagasse sula sua pelle diafana. Non era troppo muscoloso o eccessivamente magro; aveva la giusta stazza da Cercatore di Quidditch…quella perfetta combinazione di curve e linee che imploravano di essere toccate.

Riuscì a malapena a nascondere un sospiro di ammirazione prima che lui la riavvicinasse a se e riprendesse la loro movimentata attività. Hermione lasciò vagare le mani sul suo petto e sentì tutti i muscoli e i nervi tesi di Draco sciogliersi grazie al suo tocco, mentre la sua presa sui suoi fianchi si strinse più intensamente. Quandò si accorse dell’insolito movimento tra le sue gambe, chiuse le sue di scatto cercando di non farsi notare, dandosi mentalmente della stupida visto che al momento erano ancora in piedi e vestiti e che quindi sarebbe stato prematuro spaventarsi. Ciononostante, i suoi battiti cardiaci si fecero più frenetici, rimbombandole nella cassa toracica come diecimila segnali d’allarme.

Draco la prese per le spalle e la fece rotolare sulla parete, trascinandola con se verso la porta della sua stanza, rifiutando in qualsiasi modo di perdere la connessione tra le loro labbra, mentre cercava di dirigersi con non poca difficoltà verso il pomello della porta. Hermione si ritrovò incastrata tra il corpo magnificamente scolpito del Serpeverde davanti a lei e la sua porta di legno massiccio, mentre cercava di prendere il respiro e di non agitarsi troppo riguardo a ciò che stava per accadere. Draco scacciò via i suoi ripensamenti in un attimo, spostando la sua attenzione su un punto particolarmente sensibile sul suo collo, che incoraggiò un brivido a danzarle lungo la spina dorsale.

“La password, Granger” mormorò Draco, con le labbra ancora aderenti alla sua pelle.

Lei sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di riprendere un po’ di concentrazione. “Grattastinchi” susssurrò in fretta e Draco la indirizzò con decisione all’interno della stanza, mentre la porta si apriva per lasciarli passare.

La camera era completamente buia, ad eccezione del tenue bagliore della luna che si rifletteva sul profilo di ogni singolo oggetto in penombra, ed Hermione si sentì istantaneamente più al sicuro; quello era il posto perfetto per nascondere segreti pericolosi e fantasie proibite. Senza perdere un altro secondo Hermione si voltò verso Draco e lo baciò con foga, sperando così di cancellare ogni incertezza.

Draco riusciva a sentire la sua ansia ogni volta che la sfiorava con un dito, ma nonostante questo, cercò di ignorare la sua preoccupazione per lei, concentrandosi sulle spalline del suo vestito che – secondo lui – le era rimasto addosso per troppo tempo. Hermione non oppose resistenza, così lui si decise a dare un lieve colpetto e il pesante abito blu notte cadde ai piedi di Hermione con un tonfo.

Draco indietreggiò un momento e lasciò che lo sguardo viaggasse liberamente, assorbendo con gli occhi ogni curva, ogni sfumatura e ogni tonalità del corpo della Granger. Lo stomaco gli si strinse in una morsa e un lieve calore al di sotto dello stomaco lo fece tornare indietro nel tempo, quando – steso sul pavimento della sua stanza – se la immaginava in continuazione anche se, francamente, doveva ammettere che l’aveva molto sottovalutata. Era molto più femminile e attraente rispetto alle immagini fittizie che si era creato in testa; fasciata da un semplice set di biancheria intima pratica e a tinta unita, che però non impediva alle curve e alle sue forme di mostrarsi davanti ai suoi occhi. Illuminata dalla tenue luce nella stanza, la sua pelle olivastra e le sue lentiggini avevano presa una delicata tonalità ambrata e, per un breve istante, Draco rimase come pietrificato.

Decisamente non brutta…o disgustosa…

Il disagio di Hermione si mostrò non appena le sue braccia si alzarono per coprire il suo corpo, e Draco catturò sveltò le sue labbra prima che lei potesse cambiare idea. Si sarebbe maledetto in eterno se avesse lasciato che sucedesse, soprattutto non ora che erano arrivati a questo punto.

Lasciò scivolare la sua mano in mezzo ai loro corpi per slacciarsi i pantaloni mentre si addentravano nella stanza, sempre più stretti l’un l’altra. Vedendo il letto della Granger, una visione che aveva sognato sin da quando ci aveva dormito da solo mentre lei era ad Hogsmeade, sentì il cuore sfracassarsi contro la cassa toracica e  non riuscì più a contenere l’eccitazione. Spinse Hermione sul materasso, sforzandosi di essere il più gentile possibile e scivolò al suo fianco, incapace di staccare le labbra dalle sue.

Sentì i suoi nervi tesi su tutto il corpo mentre le sollevava la schiena per sganciarle il reggiseno, la baciò più intensamente per cercare di distrarla e pregò qualsiasi divinità extraterrena affinchè lei riuscisse ad abbandonare ogni logica, proprio come aveva fatto lui.

Le dita di Draco si infilarono furtivamente sotto al bordo della sua biancheria intima e la sfilarono lentamente verso il basso con una pazienza mai avuta prima. Riusciva a sentire la sua insicurezza e la sua ansia, così alzò lo sguardò e la vide davanti a lui, meravigliosamente invitante sotto la luce tenue della notte, con gli occhi spalancati dal terrore. Si avvicinò a lei, le diede un bacio d’incoraggiamento e cominciò a sistemarsi tra le sue gambe, quando una voce tremante lo immobilizzò sul posto.

“Draco,aspetta,” mormorò Hermione. Lui sbattè le palpebre shockato, incapace di credere che potessero davvero fermarsi in quel modo. Hermione si inumidì le labbra e lo guardò quasi con timore. “Vai…vai piano.”

Draco alzò un sopracciglio confuso. “Pensavo che non fossi verg−

“No, infatti,” lo interruppe lei, illuminandosi le guance di un rosso acceso. “Però io…l’ho fatto solo una volta.”

A quel punto, Draco si rese conto di quanto si stesse offrendo a lui, e cercò in tutti i modi di non rimanerne emotivamente colpito. Il fremito agitato nel suo petto che l’aveva accompagnato fin da quando la Granger era ritornata nel dormitorio, pulsò per un momento con qualcosa di diverso dall’eccitazione; qualcosa di talmente intenso che gli fece decidere di non comportarsi da egoista quella notte.

“Metti le mani sulle mie spalle,” la diresse lui tranquillo, aspettando che lei facesse come gli aveva detto prima di continuare. “Se senti dolore, aggrappati più che puoi, e stringi la presa per avvisarmi.”

Le sue istruzioni sembrarono calmare i suoi spasmi nervosi, ed Hermione gli diede un breve cenno d’assenso prima di curvare il collo per rubargli un bacio lieve e misurato. Draco intensificò il gesto in un istante, piegando tutto il suo peso su di lei, consapevole che sarebbe stato meglio mantenerla occupata mentre le sue dita raggiungevano il suo ombelico e sempre più giù, per accertarsi che fosse pronta.

Dopo qualche immobile secondo di attesa, decise che aveva aspettato abbastanza e che aveva fatto tutto il possibile per rilassarla. Si posizionò in modo appropriato ed Hermione istantaneamente strinse le braccia attorno al suo collo. Era completamente bloccata dall’inesperienza e dal panico e, anche se Draco non poteva capire il tipo di dolore che stava provando, volle che anche per lei fosse possibile apprezzare il momento.

"Rilassati," gli mormorò a contatto con la guancia. "Va tutto bene."

Hermione riuscì finalmente a rilasciare un sospiro, mentre un flusso di quella che sembrava lava bollente le scivolò addosso, andandosi a depositare solamente nella zona in cui il suo corpo era a contatto con quello di Draco. Aveva perso il controllo. Si accasciò graziosamente contro la testata del letto e lasciò che la magnifica, bizzarra sensazione la consumasse. Draco la strinse ancora più forte verso di sé, afferrando i capelli ai lati del viso e annegando il suo sguardo dentro i suoi occhi marroni, dall’iride immensamente sottile sotto la debole luce della luna.

Dopo minuti che sembrarono ore, Draco sentì il bisogno di accasciarsi su di lei, rilasciando un gemito esausto a contatto con la spalla ambrata della Granger, mentre lei gli carezzava i capelli senza farci nemmeno caso. Si irrigidì quando le sue dita raggiunsero la nuca, ma dopo un secondo lasciò che il tocco delicato e circolare della Granger lo cullasse in uno spazio indefinito tra palpebre pesanti e visioni sfocate.

Lentamente, Draco si raddrizzò e spostò Hermione di lato, lasciando che si coricasse sui cuscini, prima lasciati ai piedi del letto per non essere d’intralcio. Prese il bordo del lenzuolo e coprì i loro corpi, sistemandosi al suo fianco sul letto, osservandola intensamente mentre sbatteva le palpebre ad un ritmo indefinibile e si morsicava le labbra sovrappensiero. Draco percepiva l’arrivo del temuto silenzio imbarazzante, come se fosse già lì in attesa, nascosto negli ultimi sospiri agitati che scandivano il tempo all’interno della stanza.  

"Draco, Io-

"Riposati, Granger," le rispose.

"Volevo solo dirti grazie," Hermione chiuse le palpebre lentamente, rilasciando un ultimo sospiro soddisfatto. "Per essere stato…gentile."

Draco fece una smorfia sentendo il tono affettuoso della Granger, sapendo che da lì a qualche ora, sarebbe stato tutto diverso. Non appena i primi raggi di luce mattutina si sarebbero infiltrati in quella stanza, Draco sapeva che si sarebbe odiato per aver abbandonato la ragione, e lei si sarebbe sentita usata e tradita. Quella notte cupa e silenziosa gli aveva offerto qualcosa che non avrebbero mai potuto ottenere alla luce del giorno; pace e segretezza, e solamente per quella ragione, alzò una mano per spostarle i riccioli spettinati via dal volto. Stava per addormentarsi, ma sembrò accorgersi del suo gesto; mormorò qualcosa di incomprensibile mentre lui le passava le dita sulla fronte.

Draco fece scattare la sua mano come una molla quando si rese conto di che cosa stava facendo, e si maledisse per aver prolungato l’inappropriata intimità con lei. Andarsene via sarebbe stata la scelta più logica, ma  il letto della Granger era così caldo. Si coricò di nuovo, osservandola; senza toccarla, forse solo un po’ più vicino del dovuto, ma il sonno rubò questa sua ultima considerazione prima che potesse avere il tempo di analizzarla.

Se ne sarebbe sicuramente pentito il giorno dopo, ma tant’è.

 


 

Hermione si svegliò già stanca, come se non avesse dormito affatto, e con un pulsante dolore in mezzo alle gambe. Con le labbra ancora livide e il sapore di Draco sulla bocca, aprì gli occhi e scrutò lo spazio ancora caldo al suo fianco. Si era aspettata che lui se ne andasse, perciò –quando il suo sguardo sonnolento trovò la sua sagoma ancora coricata di fianco a lei− ne fù molto più che sorpresa.

Si mise a sedere senza far rumore, per vedere meglio la sua espressione; i suoi lineamenti pallidi erano concentrati in una smorfia pensierosa e a quel punto, i suoi occhi si aprirono e furono illuminati dalla potentissima luce del sole mattutino. Era completamente vestito, e sembrava troppo incasinato di suo per potersi accorgere che lei fosse sveglia e che lo stava attualmente osservando.

“Pensavoche  te ne saresti andato,” Hermione ruppe il silenzio con voce roca, impastata dal sonno.

Draco non ricambiò lo sguardo. “Mi sembrava una cosa inutile, visto che tu puoi andartene e venire nella mia stanza ogni volta che vuoi,” le disse.

Hermione sospirò senza ribattere, prese una coperta dal letto e si alzò, facendo qualche passo verso la finestra. Quando fu abbastanza vicina, si rese conto che la finestra era quasi del tutto coperta di bianco, e che una splendida nevicata stava avendo luogo nei cortili di Hogwarts. Non riuscì ad evitare che un versetto gioioso le scappasse di bocca, ignara del fatto che Draco la stesse studiando attentamente in quel momento, contemplando l’idea di trascinarla di nuovo a letto e prolungare le loro attività proibite. Quella stanza era maledettamente piena del suo profumo, ed era come un afrodisiaco, eppure qualcosa nel suo sorrisetto innocente fece cambiare direzione ai suoi pensieri.

“Perché diavolo sei così felice?” le domandò, posizionando la sua mano sotto al mento in un tentativo di sembrare completamente indifferente alla scena.

“Sta nevicando.”

Draco alzò un sopracciglio. “E allora?”

“Erano secoli che aspettavo che nevicasse,” rispose Hermione, con sguardo ancora sognante e innocente.

Era talmente vicina in quel momento che avrebbe potuto allungare un braccio e toccarla se avesse voluto, ma esitò, anche se era ridicolosamente allettante. L’ottimismo di un nuovo giorno donava molto alla Granger; coronando l’insieme di quel tremendo cespuglio che lei chiamava ‘capelli’ con una meravigliosa sfumatura rosata sulle guance accese. Quando Draco posò lo sguardo sui segni che le aveva lasciato sul collo la notte precedente, sentì qualcosa ostruirgli la gola. Spostò lo sguardo e si schiarì la gola, determinato a dire la sua e poi a sparire da quella stanza.

"Senti, Granger−

“Ti sei…ti sei pentito a proposito di quello che è successo ieri sera?” lo interruppe Hermione, giocherellando con il bordo della coperta che si era portata appresso.

Draco esitò, perché non sapeva come diavolo avrebbe dovuto rispondere a quella domanda. “E tu?” disse, invece.

Hermione guardò in basso, verso i suoi piedi scalzi. “No, io no, e…penso che neanche tu te ne sia pentito.”

“E’ irrilevante,” mormorò, cercando di non guardarla. “Non sarebbe dovuto accadere, e non dovrebbe accadere di nuovo−

“Non dovrebbe?”

“Non succederà,” si corresse Draco automaticamente. “Non può−

“Perché?” insistette lei, irritata dalle sue risposte vaghe. “Perché sono una Babbana?”

"Granger−

“Sai, non mi guardi più come se ti facessi schifo,” continuò Hermione. “Anzi, in realtà è quasi il contrario−

“Che speravi di ottenere da questo, Granger?” le domandò brusco. “Sai chi sono−

“Sì, lo so,” convenne lei. “E so anche che tu non credi per davvero a tutta quella montagna di spazzatura, oppure non sarebbe mai successo niente del genere−

“La notte scorsa è stata la prova maggiore del fatto che questo posto mi sta incasinando la testa e−

“Smettila!” lo interruppe Hermione. “Smettila di dare la colpa sempre a qualcos’altro! E’ maledettamente patetico! Sapevi quello che stavi facendo!”

“Anche tu lo sapevi benissimo!”

“Sì, non lo negherò come hai fatto tu, però!” urlò Hermione. “Significo qualcosa per te?”

Draco si irrigidì, digrignando i denti, fissandola con sguardo di ghiaccio. Solo Merlino poteva sapere perché, ma quel commento lo irritò spaventosamente. “Non ci arrivi, vero?” la schernì. “Io sono uno di loro adesso−

“Uno di chi?”

"Un fottutissimo traditore del suo sangue!" urlò, alzandosi dal letto. “Ho mandato a puttane la mia famiglia, perciò non PROVARE NEANCHE a chiedermi che cosa sento nei tuoi confronti!”

Hermione trattenne il respiro durante il suo scoppio di nervi, e a quel punto rimasero entrambi congelati sul posto, a malapena qualche millimetro di distanza. Shock ed indignazione guizzarono negli occhi di Draco mentre si rese conto di ciò che aveva appena detto, e avrebbe dato tutto ciò che aveva per potersi rimangiare tutto. Hermione allungò una mano per sfiorargli la guancia, ma lui si allontanò più per abitudine che per altro, rifiutandosi di sembrare ancora più stupido di quanto non si sentisse già.

“Vaffanculo a tutto,” grugnì, dirigendosi verso la porta. “Non posso farcela−

"Draco, aspetta un momento," Hermione lo chiamò, prima che potesse raggiungere la porta. “Io…mi dispiace ma non posso più vivere con te dopo quello che è successo, se continuerai ad essere sempre così.”

Draco sentì il petto contorcersi in una morsa pulsante e dolorosa. “Che vuol dire?”

“Se vuoi davvero finirla qui perché non ce la puoi fare,” continuò lei, in un bizzarro tono di voce che gli fece domandare se non stesse in qualche modo trattenendo le lacrime. “Allora vedrò se la McGranitt può trovarti un altro posto dove stare. Io non posso… Non dopo quello che è appena successo.”

Un altro posto? Senza di lei?

Solo il pensiero lo fece sentire fisicamente male. Le cose erano irrevocabilmente diverse ora; l’aveva vista spoglia e disinibita, e che gli piacesse o meno, ora possedevano una parte l’uno dell’altra. Anche quando i suoi segni sul collo sarebbero spariti e i graffi sulle spalle si sarebbero ridotti ad una sfumatura rosata, il ricordo sarebbe stato ancora lì; limpido e chiaro, pronto per essere ripetuto in qualsiasi minuto della giornata. E il fatto era che desiderava ardentemente molti più ricordi, anche se il suo orgoglio aveva decisamente preso una bella botta in faccia con quell’ultima discussione.

"E vuoi la mia risposta adesso?"

Hermione ci pensò su un secondo. "Hai tutto il week−end per pensarci," mormorò. "Voglio la risposta Lunedì’."

Lo osservò piegare le spalle in avanti e lasciare la stanza, abbandonando la stanza piena degli evidenti indizi della loro intimità passata; lenzuola sfatte e odore di passione nell’aria. Si sedette su un bordo del letto e si asciugò una lacrima, contando i fiocchi di neve in un debole tentativo di distrarsi.

Sapeva che lui provava qualcosa per lei; se l’era lasciato sfuggire lui stesso, e la dolcezza dimostrata la sera prima l’avevano fatta sentire così al sicuro, anche se sapeva quanto  potesse essere testardo. Non aveva idea della risposta che gli avrebbe dato, se avrebbe deciso di rimanere oppure no, ma sapeva una cosa per certo; se lui se ne fosse andato, lei ne sarebbe uscita devastata. Quasi si pentì di avergli proposto quell’ultimatum, ma in un certo senso non avrebbe potuto fare altrimenti; non avrebbe sopportato di sentirsi usata e poi gettata via ancora una volta.

Se fosse rimasto, sarebbe stato abbastanza per lei.

 


 

Arrivati alla Domenica sera, Draco sentiva che stava per venirgli un’ernia.

La Granger se n’era andata il sabato mattina, appena un’ora dopo avergli dato quell’odioso ultimatum, e non era ancora tornata. Non aveva idea di dove fosse andata, ma ad un certo punto, si sentì realmente preoccupato che le fosse successo qualcosa. A quel punto la logica riprese il controllo dei suoi pensieri, e si rese conto che la McGranitt sarebbe venuta a fargli visita se fosse stato quello il caso, tuttavia, la preoccupazione per lei riempì ogni ora della giornata sempre più intensamente.

Sarebbe stata una cosa intelligente accettare l’offerta della Granger e prenderla al volo, ma in realtà non c’era mai stata un’alternativa. In qualche modo, lei non era più l’aspetto più irritante della sua permanenza in quella sottospecie di inferno, quanto piuttosto la ragione per la quale lui era ancora sano di mente. Senza di lei, sapeva che sarebbe crollato come la palla di cristallo che lui stesso aveva fracassato contro la parete. Voleva toccarla ancora; in realtà lo desiderava come si desidera l’acqua nel bel mezzo del deserto, anche se non aveva idea del perché. 

Sembrava solo…il pensiero più sensato che riuscisse a formulare.

Draco giunse alla conclusione che non poteva farcela a sopportare tutto da solo e, se questo significava che avrebbe avuto bisogno di lei per alleviare il peso dei suoi pensieri finchè non sarebbe scappato via da Hogwarts, allora andava benissimo. Una volta libero, le cose sarebbero tornate alla nomalità e nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza del loro spregevole comportamento.

Tutto ciò che accade in questa stanza, rimane in questa stanza.

Sentì la porta principale aprirsi e poi chiudersi, i passi della Granger che avanzavano. Per un’attimo, sembrava che si fosse fermata davanti alla porta di Draco, ma poi i suoi passi procedettero verso il bagno senza ulteriore esitazione. Il rumore familiare dei vestiti che cadevano a terra risvegliò un flashback del Venerdì notte passato insieme, ed immagini sfuocate di biancheria turchese e pelle olivastra sfrecciarono davanti a lui.

Ci ripensò su due volte, e poi una volta ancora prima di alzarsi in piedi; accompagnato da pericolosissime intenzioni che lo resero fastidiosamente rigido in mezzo alle gambe.

Aveva passato troppo tempo ad immaginare le sue docce.

Sgusciò silenzioso verso il bagno, sperando che si fosse dimenticata di chiudere la porta a chiave, e trovò la fortuna dalla sua parte. Scivolò dentro e venne istantaneamente invaso da una folata di profumo alla ciliegia, il che lo spronò a togliersi i vestiti più in fretta, mentre osservava la figura distorta della Granger che si muoveva dietro le tendine.

Si sentiva il cuore nei pantaloni quando finalmente riuscì a toglierseli, provocato dai gemiti della Granger, e si decise finalmente a fare un passo verso il cubicolo della doccia.

Fissò la sua schiena nuda, seguendo con lo sguardo le goccioline d’acqua che scivolavano graziosamente su tutto il corpo, per poi rallentare dolcemente sulla curva del suo fondoschiena, fino a raggiungere la punta dei piedi. Draco si sporse in avanti per toccarla ma, nel momento in cui le sue dita sfiorarono la sua pelle, lei si voltò alla velocità della luce verso di lui con occhi terrorizzati, in un vano tentativo di nascondere le sue parti intime alla sua vista.

Draco riuscì ad attenuare l’urlo che stava per fare con un bacio deciso ma non prepotente, trovandosi ad apprezzare segretamente la senzazione donatagli dalla leggera pioggia d’acqua calda che scrorreva tra le loro labbra. Hermione non smise di protestare con versetti ovattati per qualche seconda, ma perse ogni forza di opporsi quando Draco raggiunse un punto proprio sotto le sue orecchie con le mani, tracciando un delicato percorso di pelle e schiuma ed acqua… Lentamente, Draco la spinse verso il muro piastrellato e umido e aggrottò le sopracciglia quando si accorse che la Granger non aveva abbandonato la sua tenacia nel volerlo contrastare.

“Che ci fai qui?” gli chiese, quasi senza fiato.

E’ solo finchè non usciremo entrambi da questo posto maledetto…

Con la certezza che tutto questo sarebbe evaporato via dalla sua mente una volta usciti dalla doccia, serrò la mascella e la fissò con lo sguardo più deciso che mai.

“Resto.”

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Capitolo 17
*** Stelle. ***


Chapter 17: Stelle.

 

Hermione si stiracchiò sotto le coperte non appena il suono della sveglia cacciò via l’ultimo secondo di un piacevole sogno mattutino. La nottata appena passata insieme a Draco era stata, se possibile, ancora meglio della precedente; il suo atteggiamento paziente e generoso si era mostrato ancora una volta, anche se lievemente coperto da un nuovo lato del suo carattere che non aveva mai visto prima, una certa nonchalance nei movimenti e nell’espressione del viso, che lo facevano sembrare concentrato ma, allo stesso modo, estremamente rilassato. Hermione non aveva perso la notevole quantità di nervosismo della loro prima volta insieme, ma il secondo tentativo e la presenza della cascata scrosciante della doccia avevano decisamente contribuito a rilassarla quanto bastava per godersi il momento.

Avvolgi le gambe attorno alla mia vita.

I muscoli di Hermione si contrassero al ricordo dei suoi baci e del borbottio delle sue labbra a contatto con la pelle del suo collo che la cullarono in uno stato di pace, peccaminosa, certo, ma comunque sicura. Aveva lasciato che Draco la spingesse contro le piastrelle umide del bagno, facendo crescere quel calore pulsante nel suo stomaco, in mezzo a profumo di bagnoschiuma fruttato e l’eco dello scrusciare della doccia. Si era abbandonata a sospiri e mormorii, proprio come la prima volta, e poi si erano entrambi trascinati nella sua stanza, senza interrompere il contatto tra i loro corpi.

Granger…

Dopo che entrambi ebbero rilasciato il loro sospiro finale, Hermione si ritrovò ad osservarlo affascinata, notando i lineamenti del suo volto morbidi e rilassati solo per quei brevissimi secondi. L’aveva studiato intensamente e aveva deciso in segreto che non era mai stato così bello prima d’ora, e quella considerazione le fece venir voglia di lasciarli un ultimo lieve bacio sulle labbra prima di addormentarsi. Ora le sue lenzuola erano ancora umide di sudore e del bagnoschiuma rimanente sui loro corpi, e anche se sapeva che il posto accanto a lei era vuoto, diede una sbirciatina socchiudendo appena le ciglia, solo per controllare.

L’aveva lasciata da sola ma…andava bene.

La sera prima era venuto da lei di sua spontanea volontà, e questo significava abbastanza per il momento. Di certo, il suo orgoglio stava subendo un colpo decisivo, ed Hermione era abbastanza saggia da sapere che gli sarebbe servito del tempo prima di adattarsi alla loro…strana situazione, proprio come stava cercando di fare lei. Ad essere completamente sincera, non sapeva che cosa sperasse di ottenere da tutto questo, ma era certa di una cosa; Draco le piaceva e le parole di Luna avevano contribuito a farla agire d’impulso con lui…

A volte la Guerra può portare a cose buone. Può insegnare alle persone ad essere fedeli alle idee che pensano essere giuste, anche se potrebbero causare dei rischi.

Hermione aveva la sensazione che il destino sarebbe andato contro di lei, ma solo per questa volta, decise di lasciare che le cose accadessero e di limitarsi a seguire il corso degli eventi. Certo, sarebbe stato molto complicato evitare di pensare troppo alla strana relazione che si era stabilita con il suo ‘ospite’, tuttavia, stava imparando a conoscerlo, e compiere decisioni affrettate o saltare troppo presto alle conclusioni si sarebbe rivelato estremamente inutile.

Un’occhiata veloce al suo orologio le ricordò che si era trattenuta a letto troppo a lungo e che era molto in ritardo, così si affrettò per cominciare la sua routine mattutina prima di arrivare all’incontro prefissato con la McGranitt. Le lezioni si erano concluse e ciò significava che la Preside avrebbe potuto cominciare a mandare a casa gli studenti per le vacanze nel modo più sicuro possibile, con l’aiuto volontario di Hermione e degli altri Professori. Sfortunatamente, ci sarebbe stato anche Michael, il che voleva dire affrontare il Caposcuola faccia a faccia dopo essere scappata via da lui senza nessuna spiegazione.

Aveva già provveduto a far circolare tra i suoi amici la scusa di un tremendo mal di stomaco quando andò a trovarli nella Sala Comune dei Grifondoro il sabato sera successivo al Ballo, e sperava che la bugia inventata fosse abbastanza credibile anche per Michael. Attraversando quei lunghi corridoi, tanto familiari quanto gelidi in quel periodo dell’anno, Hermione si fermò a controllare il suo riflesso in una delle enormi vetrate esterne, per essere sicura che qualsiasi segno lasciato da Draco fosse sparito completamente dopo aver utilizzato un veloce incantesimo prima di uscire dal dormitorio. Con passo incerto, si avviò verso l’ufficio della McGranitt.

Un colpevole rossore le invase le guance non appena udì le voci familiari della Preside, di Michael, Neville, Ginny e degli altri Prefetti. Se si era sentita in colpa dopo aver baciato Draco tempo prima, ora la paranoia la stava facendo impazzire. Sicuramente non avrebbero notato le labbra leggermente gonfie, no? E non avrebbero potuto intravedere una lieve sfumatura marroncina sul collo, dovuta ad un bacio ruvido e passionale, vero? E nemmeno…nemmeno il flebile rimasuglio di fragranza maschile che aleggiava sulla sua pelle?

Rilasciando un sospiro profondo, Hermione aprì la porta e sussultò alla vista delle circa dieci teste che si girarono istantaneamente verso di lei.

"Scusatemi, sono in ritardo," mormorò, incrociando involontariamente lo sguardo con quello di Michael. "Non ho sentito la sveglia."

“E’ tutto a posto, Hermione,” la rassicurò la McGranitt, indicandole la sedia più vicina. “Stavamo discutendo di cose di cui tu sei già a conoscenza, quindi non hai perso nulla di importante. Stavo spiegando agli altri che il primo gruppo di studenti sarà mandato verso le loro rispettive case oggi pomeriggio. Madame Maxime ha acconsentito ad aiutarci, ed arriverà nel primo pomeriggio,”

“Quanti studenti dovremmo allontanare dal castello?” chiese Neville, scribacchiando note confuse su un pezzo di pergamena. “Se devo essere io a scortarli nelle loro case, voglio essere sicuro di non dimenticare nessuno.”

“Saranno ventidue, incluso lei, signor Paciock” rispose la Preside. “Dopo averli portati fuori dai cancelli, vi raggiungeranno i cavalli di Beauxbatons e sapranno portarli al giusto indirizzo, l’hanno memorizzato più di due settimane fa”.

“A chi spetta il prossimo gruppo di Mercoledì?” chiese Ginny.

“A me,” Lee alzò la mano. “Userò il Bus Incantato, vero?”

“Credo di sì,” la McGranitt annuì. “Tutti i dettagli sono sul rotolo di pergamena che vi ho consegnato.”

“Quanti rimarranno nel castello, Professoressa?” domandò Hermione, sforzandosi di mantenere lo sguardo lontano da Michael.

“Oh, solamente un paio di persone,” rispose la Preside. “In tutto saranno meno di sei studenti.”

Hermione nascose una smorfia mentre i suoi amici continuavano a fare domande alla McGranitt, realizzando solo in quel momento che quel Natale sarebbe stato il più solitario di tutta la sua vita. Ovviamente, la colpa era solo sua; si era offerta di rimanere nel castello, causando profondo scontento da parte di Ginny, perché l’idea di passare le feste alla Tana senza Harry e senza Ron era semplicemente impensabile. E poi, con Dracon rinchiuso nel suo dormitorio, si sentiva responsabile e decisa a fare in modo che rimanesse nascosto, e che per la McGranitt fosse più facile mantere l’ordine ad Hogwarts. E la triste verità era questa; Hermione, dopotutto, era contenta di lasciare che il Natale scivolasse via come un qualsiasi altro giorno dell’anno.

Troppe cose stavano accadendo oltre le mura di quel castello sicuro, e la costante consapevolezza della situazione di enorme pericolo in cui si trovavano tutti quanti, gravava sull’atmosfera festiva come una nube densa e velenosa. L’assenza di amici e famigliari scavava ogni giorno di più un buco incurabile dentro ognuno di loro e, per Hermione, la sola, fredda, involontaria compagnia del Serpeverde suo coinquilino, la situazione non era poi tanto diversa.

“D’accordo allora,” la voce della McGranitt catapultò Hermione di nuovo nel corso della riunione. “Se poteste tutti fare in modo che gli studenti dei gruppi giusti siano pronti per le due del pomeriggio, allora non ho ulteriori istruzioni. Ci sono altre domande?”. L’unico suono che seguì su quello del lieve brusio delle ciglia di tutti i presenti, mentre si lanciavano occhiate cariche di timore e attesa.

“Siamo d’accordo. Ci vedremo più tardi, e se vedete qualcuno nei cortili, ditegli di fare attenzione alla neve. Hermione, potresti rimanere un’attimo qui, per piacere?”

"Okay," annuì nervosa, offrendo ai suoi compagni sorrisetti rassicuranti mentre uscivano tutti dal portone principale. “C’è qualche problema?”

“No, assolutamente,” la rassicurò l’anziana strega, mormorando un incantesimo silenziatore. “Volevo solo che mi raccontassi come sta andando la tua difficile convivenza col signor Malfoy?”

Merlino solo sapeva quanto autocontrollo stesse cercando di esercitare Hermione per evitare di arrossire. “Bene,” con un po’ di eccessiva rigidità, riuscì a rispondere alla domanda in tono serio. “Penso che si sia…calmato un po’.”

“Quindi è tranquillo, ora?” la McGranitt la pressò ancora. “Ha smesso di essere ostile e scontroso?”

"No…non è ostile," Hermione mormorò, distante mille chilometri dalla scena, con la mente che fluttuava ancora tra i loro sospiri concitati nella notte e i suoi baci delicati come l’aria. "E’…è migliorato. Penso che ci siamo entrambi abituati l’uno alla presenza dell’altro."

"Molto bene," annuì. "Volevo ringraziarti ancora per aver acconsentito a rimanere durante le vacanze. La signorina Lovegood non è sicura a tal proposito e non vorrei che ti sentissi sola, con tutti i tuoi amici più cari lontani da Hogwarts—

"E’ tutto ok," la giovane strega alzò le spalle, ostentando una finta serenità. “E’ un giorno come un altro, no? Oltretutto, Hogwarts è sempre stata come una casa per me, perciò…E’ solo un po’ diverso perché Ron e Harry non sono qui.”

“So che la tua attuale organizzazione non è l’ideale come posto per vivere,” la Preside continuò, con tono pensieroso. “Per questo volevo che tu sapessi che sarai la benvenuta, se deciderai di unirti allo staff e al corpo docenti durante la celebrazione—

“Grazie per l’offerta, Professoressa,” Hermione la interruppe prima che potesse cambiare idea. “Ma penso che starò nel mio dormitorio e farò in modo che tutto proceda normalmente.”

"Non ti infastidisce il pensiero di passare la giornata sola col signor Malfoy?" la McGranitt alzò un sopracciglio, perplessa.

"Voglio solo che sia come un giorno qualsiasi," rispose Hermione, cercando di mantenere neutrali i muscoli del viso. “E poi non sarebbe…giusto lasciare Draco completamente solo il giorno di Natale. Deve sentirsi abbastanza solo così com’è.”

Minerva si sporse in avanti sulla scrivania, con un curioso interesse nello sguardo. “Ti stai…ammorbidendo nei suoi confronti?”

“Io— io dico solo che…” Hermione si bloccò, rendendosi conto di aver fatto trapelare più del necessario dalle sue parole. “Lo comprendo un po’ meglio ora, e dubito che lasciarlo da solo gli farà bene vista la sua…situazione mentale.”

“Suppongo di no,” la McGranitt annuì con tono scettico. “Comunque, se cambierai idea, saremo lieti di accoglierti.”

"La ringrazio,” rispose Hermione, alzandosi. “Arrivederci, Professoressa.”

Con un sorriso e un breve cenno della mano in risposta, Hermione scivolò fuori dall’ufficio, facendosi un appunto mentale di fare attenzione a come parlava di Draco davanti alla Preside. Attraversando il primo corridoio, si lasciò sfuggire un sospiro, ma le rimase impigliato in gola quando sentì una presa mascolina e decisa sulla sua spalla sinistra.

"Michael," biascicò lei, riconoscendo la coppia di occhi marrone scuro che la stavano osservando con ansia in quell momento. “Mi hai spaventata.”

“Mi dispiace,” mormorò lui, in evidente imbarazzo. “Speravo che potessimo parlare di quello che è successo…al Ballo.”

"Ah sì," annuì con aria assente. "Certo, sicuro, io…ehm—

"Magari potremmo discuterne nel tuo dormitorio?"

"Veramente avrei preferito fare un giro," si affrettò a ribattere Hermione. “Possiamo parlare e camminare. Non ho voglia di rinchiudermi nella mia stanza oggi.”

“Ok,” Michael annuì, svoltando insieme a lei verso un lato del portico del giardino interno. “Quindi—

“Mi dispiace davvero moltissimo,” sputò fuori Hermione. “Di averti lasciato lì come ho fatto. Non mi sentivo molto bene—

“Va tutto bene, Hermione,” Michael abbassò lo sguardo a terra. “Non c’è bisogno che tu menta. So che stavi pensando a lui e che—

“A lui?” ripetè lei. “Io—

"Ron," aggiunse Michael con sicurezza. “Mi dispiace, non immaginavo che le cose fossero serie tra di voi, ma Ginny mi ha spiegato tutto.”

“Capisco,” rispose Hermione, a disagio, cercando di mettere a tacere un’improvvisa ondata di senso di colpa che le si era fatta strada in fondo allo stomaco. “Beh…insomma, Io—

“Non voglio che le cose si complichino tra di noi,” la interruppe, voltando a destra verso il corridoio che portava alla Biblioteca. “Ti considero un’amica, e non vorrei che—

“Mi piacerebbe essere amici,” gli rispose onestamente Hermione. “E mi dispiace di non aver reso la mia relazione con…Ron più chiara. E’ complicato, con lui lontano e in pericolo…la Guerra in atto e tutto il resto.”

"E’ tutto a posto," Michael annuì. "Vuoi che ti accompagni al dormitorio?"

"Credo che rimarrò un pò in Biblioteca," rispose lei. "Devo completare alcune faccende, ti ringrazio. Ci vedremo poi per la partenza del primo gruppo di studenti."

 


 

Draco fissava in silenzio un punto imprecisato al di là della finestra, incantato dall’immutata cascata di neve che stava inondando ogni cosa inclusa nel suo raggio visivo.

Non era mai stato un fan della neve, ma dopo aver passato settimane e settimane a guardare lo stesso panorama, dalla stessa finestra, della stessa stanza, doveva ammettere che il paesaggio bianco e immacolato che gli si presentava dinanzi era particolarmente pittoresco.

La prigionia gli stava facendo dimenticare cosa significasse stare all’aria aperta, respirare aria sempre nuova, far scorrere i piedi tra i ciuffi d’erba…e tutto questo cominciava a mancargli sul serio.

Aveva sentito la Granger uscire dalla stanza più di un’ora prima, eppure lei era ancora lì. Il suo profumo aleggiava nell’aria tanto che, se chiudeva gli occhi per un secondo, poteva quasi sentire il suo sapore sulle labbra. Draco si chiese da quando la sua essenza si fosse tramutata da un fastidio ad un impellente bisogno.

Nonostante le promesse fatte a se stesso che il farsi la Granger sarebbe stato un incidente irripetibile, si era già rassegnato al fatto che in realtà non ci avrebbe pensato due volte all’idea di farlo ancora, e ancora, e ancora, finchè il suo malato, disperato bisogno non fosse svanito come fumo al vento.

Se fosse mai riuscito a svanire.

Almeno era riuscito a svegliarsi prima di lei stavolta. Ogni uomo rispettabile sapeva che trattenersi, una volta concluso un rapporto amoroso, equivaleva ad ammettere che ci fosse qualcosa di più profondo nell’aria piuttosto che una semplicissima turbolenza fisica sotto le lenzuola, e si sarebbe cruciato da solo prima che una cosa del genere potesse anche solo venirgli in mente.

Solo per una notte…

Quell’insignificante teoria era ovviamente andata a farsi fottere, dopo la sua brillante idea di svicolare all’interno della routine mattutina della Granger, nel suo bagno, dentro la sua doccia, in mezzo al suo bagnoschiuma.

Avrebbe potuto domandarsi il perchè di quella sua costante ricerca di intimità con la Granger, ricevendo in dono una bella dose di emicrania per il tentative, ma non sembrava esserci alcun motivo urgente per sforzarsi di capire i ragionamenti della sua mente così debolmente attiva. Sapendo che si sarebbe presto pentito per questo, aveva deciso di mettere in pratica un precedente consiglio della Granger, limitandosi a fare ciò che gli sembrava giusto fare nell’esatto momento in cui gli veniva in mente.

Oltretutto, non c’era anima viva lì che potesse giudicarlo o deridere le sue azioni, e quando l’unico aspetto piacevole del suo isolamento era anche l’unica persona che stuzzicava i suoi sensi in maniera così deliziosamente insistente e gli faceva scorrere il sangue in tutto il corpo diecimila volte più forte del normale, allora rifiutare il desiderio impellente di toccarla non era assolutamente un’opzione.

Se tutto questo si poteva definire pazzia, allora tutte le storie udite sulla felicità derivante della pazzia finalmente cominciavano ad avere un senso.

 


 

Dopo aver passato qualche ora immersa tra infiniti libri e testi proibiti riguardanti gli Horcrux, Hermione salutò Neville e gli altri, prima che lasciassero Hogwarts come prestabilito dalla Preside. C’era stato un leggero ritardo a causa di un ragazzino del quinto anno che si era addormentato e non si era presentato in tempo, e quando riuscirono a partire, il cupo, cielo invernale si era esteso verso le colline innevate in lontananza.

Hermione era rimasta a gironzolare per il cortile per un paio d’ore, rilassandosi al suono delle foglie scricchiolanti sotto la neve mentre passava. Si inginocchiò per tracciare con le dita una piccola spirale in mezzo alla superficie polverosa e gelata, senza curarsi del freddo che le stava immobilizzando la mano.

Creò un incantesimo scaldante tutto intorno a lei e si posizionò sul tronco di un pino appena tagliato, ad osservare il cielo limpido. Adorava le notti come quella; senza il minimo accenno di nuvole, e con diecimila stelle spruzzate qua e la come lentiggini immacolate su sfondo nero.

Cominciò quasi incosciamente a contarle nella mente, trovando senza fatica la costellazione Lyra, assieme alla stella lucente, Vega. Il suo sguardo studioso si spostò istintivamente su Draco, seguendo il serpentino cambiamento di angolazione di ogni stella appartenente a quella lunga catena. Sembrava quasi che quei minuscoli puntini le stessero facendo l’occhiolino e lei le fissò di rimando, per qualche secondo, apprezzandone la bellezza e la complessità. Infine, quasi per risvegliarsi dall’inappropriata estasi con cui si era fissata ad osservare un paio di inutili stelle, si alzò, decidendo che fosse diventato troppo buio per stare da sola.

Di nuovo nelle sicure stanze del castello, si diresse verso il dormitorio; distratta dalla preoccupazione, al pensiero del suo imminente incontro con il compagno Serpeverde, dopo aver passato due notti sotto il suo sortilegio. Hermione sorpassò le cucine senza badarci molto, quando un deciso strattone ai suoi pantaloni la risvegliò dai suoi pensieri.

"Per Merlino!" scattò lei, portantosi una mano al petto e voltandosi come una trottola. “Ma che— oh, scusa Dobby. Mi hai fatto prendere uno spavento bello grosso!”

“Dobby è davvero dispiaciuto, Miss,” si scusò il piccolo elfo ai suoi piedi. “Dobby vi stava cercando! Dobby ha un regalo per lei!”

“Un regalo?” Hermione ripetè con la fronte aggrottata. “Non c’era bisogno che mi regalassi qualcosa, Dobby.”

“E’ un albero di Natale!” l’elfo squittì con decisione, rimuovendo un piccolo incarto dalle pieghe della federa che usava come abito. “Dobby è riuscito a salvarne uno per lei, Miss! E’ carino! Miss, dovrà usare l’incantesimo Finite Incantatem per farlo crescere nella sua forma definitiva.”

Hermione gli offrì un sorriso lieve. “E’ stato molto dolce dac parte tua Dobby!” gli disse. “Ma non penso che metterò su un albero di Natale quest’anno. Magari potresti darlo ad uno dei professori—

"Miss deve avere un albero!" protestò lui con entusiasmo sfrenato, spingendole il pacchetto tra le mani. "Miss ha bisogno di un albero per Natale!"

Hermione finì per accettare il regalo, decidendo che litigare con l’elfo sarebbe stato scortese e inutile. “Grazie, Dobby,” annuì e gli diede un’amichevole colpetto sulla spalla. “E’ stato molto, molto gentile da parte tua!”

"Miss, non si preoccupi!" le rispose, raggiante. "Dobby deve andare adesso, deve aiutare Winky a pulire!"

Con uno schiocco di dita, scomparve, lasciando Hermione sola ad osservare il minuscolo pacchetto di carta dorata nella sua mano.

Una volta arrivata nel dormitorio, pensò di lasciare il dono sul tavolino del salotto così com’era, ma sembrava una cosa crudele da fare, dopo tutto il tempo che Dobby aveva sottratto al suo lavoro solo per renderle piacevole questo triste Natale. Cercando di non fissare troppo insistentemente la porta della stanza di Draco, appoggiò la piantina in un angolo vuoto del salotto, facendo qualche passo all’indietro prima di pronunciare l’incantesimo.

Dopo un secondo di apparente immobilità, davanti ai suoi occhi si erse un tronco solido e ben piantato dentro un vaso di creta resistente, che nel frattempo si era triplicato. Centinaia,migliaia di aghi di pino verdi e lucenti si estesero tra i rami che fuoriuscivano dal tronco come fatti di gomma flessibile. Una volta completata la trasformazione, il pino era diventato alto quasi tre metri, e profumava di quella zuccherosa felicità che si collega ai festeggiamenti in famiglia, rendendo quella stanza solitaria, un luogo quasi familiare.

Hermione strinse ancora una volta la bacchetta per decorare il pino, ma all’ultimo momento, esitò. Abbassò il braccio e si diresse verso la camera da letto, inginocchiandosi davanti ad un grosso baule nascosto dietro la porta. Rovistandoci dentro, trovò il sacchetto di decorazioni Natalizie rosse ed oro che sua madre le aveva lasciato prima del suo ritorno ad Hogwarts a Settembre. Alla vista di quelle palline colorate, qualcosa nel suo petto si contorse e pensò a quanto le mancassero i suoi genitori. Per evitare di soppesare quel pensiero più del dovuto, si spostò in salotto con tutto il materiale e cominciò a spargere assentemente le decorazioni sul pavimento.

Fu così che Draco la trovò quando entrò nella stanza; con i suoi grandi occhi marroni che fissavano un’ornamento a forma di fiocco di neve come se neanche lo vedesse, come se il suo sguardo fosse lontano anni luce. Alzò un sopracciglio, inevitabilmente incuriosito e fece qualche passo verso di lei, fermandosi a due centimetri di distanza dalla sua schiena, infastidito dal fatto che non si fosse minimamente accorta della sua presenza.

"Perchè non usi un incantesimo per metterle su?" le chiese, rompendo il silenzio. "Stai solo perdendo tempo ed energia inutile."

La sentì trattenere un sospiro, mentre poggiava su un rametto l’ornamento che teneva in mano. "Mi piace farlo in questo modo," gli rispose. "Mi ricorda quando stavo a casa mia."

"E questi addobbi rossi e oro?" commentò con ironia. "Com’è prevedibile, Granger."

"Non c’entrano nulla con i colori Grifondoro," replicò lei, senza alcun tipo di reazione. "In famiglia abbiamo sempre messo queste decorazioni sull’albero. Ho sempre pensato che il rosso, l’oro e il verde stessero benissimo insieme."

Draco pensò di ribattere solo per principio, ma puntando lo sguardo sulle spalle incurvate della Granger, cambiò idea. Alzando mentalmente gli occhi al cielo a se stesso per la sensibilità che stava crescendo in lui ogni giorno di più, si limitò a sedere sul divano e a fissarla attentamente; sentiva già il famigliare bisogno di toccarla farsi strada nel suo stomaco.

"Esattamente quanti giorni mancano al Natale?" le chiese.

"Oggi è il quattordici Dicembre," mormorò Hermione. "Undici giorni."

Draco si schiarì la gola. "E tu rimarrai qui?"

"Sì," Hermione annuì e continuò a lavorare sull’albero. "Era l’opzione più sicura."

"Avrei pensato che fossi una specie di maniaca delle festività, Granger," ammise in tono pacato. "Ma ora sembri…indifferente."

"Non ci sono molti motivi per festeggiare quest’anno," sospirò, voltandosi verso di lui. "Vorresti qualcosa per Natale?"

Draco strinse gli occhi pensieroso. "Libertà da quest’orribile buco?"

"Sai che non puoi—

"Allora no," grugnì Draco, giocherellando con un filo uscente dai pantaloni. "Ma se non ti importa nulla del Natale, perchè preoccuparsi di addobbare un’albero?"

"Me l’hanno regalato," rispose Hermione. "Se cambi idea per qualsiasi ragione, io andrò ad Hogsmeade tra pochi giorni—

"Non ho bisogno di nulla," affermò con decisione. "Se dovrò passare la vigilia in questa prigione, allora preferisco evitare del tutto la faccenda."

Hermione annuì. "Va bene, allora."

Un silenzio malinconico scivolo tra loro mentre Hermione posizionava le ultime decorazioni rimaste e Draco fissava un punto imprecisato della sua spalla, seduto sul divano. Quando Hermione finì, si sporse per alzare il sacchetto, e una stella cadde a terra. La decorazione essenziale che non poteva mancare in cima all’albero. Si inginocchiò per esaminare il complicato disegno tracciato su quella bellissima superficie dorata, stringendo l’oggetto come se contenesse la vita stessa dei suoi genitori, e così facendo, non potesse scapparle via.

"Mio padre metteva sempre la stella su in cima," Hermione mormorò, senza neanche essere sicura che Draco la stesse ascoltando. "Era sempre qualcosa che faceva l’uomo di casa. Una tradizione, capisci?"

Diede un’occhiata oltre le sue spalle, notando il suo compagno che la fissava con un’intensità piena di pensieri e di malinconia. Dopo qualche momento, Draco espirò e scosse lievemente la testa, come se fosse in conflitto con se stesso, prima di riallacciare il contatto visivo con lei, prova che lui capiva sul serio ciò che Hermione intendeva.

“Abbiamo la stessa tradizione.” Confessò, reclutante.

Hermione ignorò il nervoso in fondo alla gola ed estese il braccio verso di lui, offrendogli la stella. “Penso che debba toccare a te adesso,” disse. “Pronto a fare gli onori di casa?”

Draco ignorò l’oggetto luccicante nella sua mano con tutta la forza di volontà possibile. “Questa non è una casa, Granger.”

“E’ la cosa più vicina ad una casa che possediamo in questo momento,” rispose tristemente. “E poi io non ci arriv—

"Non metterò quella dannata stella sull’albero," concluse lui. "Lascia stare, Granger."

Hermione abbassò lo sguardo, delusa, poggiando la decorazione sul tavolino. “Draco, stavo pensando…

"Che novità!” scherzò lui.

"Non dovremmo..” abbassò il tono, incerta. "Non dovremmo parlare della nostra…situazione?"

"No," rispose all’istante Draco. "Parlarne non farà nessuna differenza—

"Ma io—

"Lasciamo che le cose vadano come vadano, Granger," si affrettò a rispondere lui, con voce tesa. "Non eri tu che dicevi che dovevamo solo lasciare che il tempo faccia la sua parte?"

I suoi occhi si spalancarono al ricordo delle sue parole. "Penso di sì, ma—

"Allora ti suggerisco di prendere una pagina dal tuo stesso libro," mormorò; i suoi occhi gli caddero sui piedi. "Ho reso chiara la mia decisione ieri notte, e non voglio discuterne ancora.”

Hermione si morse il labbro inferiore, realizzando che avrebbe voluto passare la notte con lui, soprattutto per la malinconia che aveva sovrastato l’intera giornata e la distanza tra di loro. Prese un respiro profondo e cercò di accumulare un po’ di quel coraggio da Grifondoro che sembrava sempre mancarle quando Draco era nei dintorni.

"Penso che andrò a dormire," gli disse con voce tremula. "Tu—…tu vieni?"

Draco non riuscì a trattere un’espressione sorpresa, ma si riprese quasi all’istante. "No," rispose, ed Hermione dovette controllarsi da morire per non mostrare alcuna reazione.

"Okay," rispose, dirigendosi verso la sua camera con passo incerto. "Buonanotte allora."

"Granger," Draco la chiamò poco prima che chiudesse la porta. Strinse per un attimo gli occhi e si portò non tanto casualmente la mano sulla punta del naso, grattandosi sovrappensiero. “Lascia la porta aperta… Potrei cambiare idea.”

Il viso di Hermione si espanse in un sorriso, nascosto quasi interamente dallo stipite della porta. Quando scomparve nel buio della sua stanza, Draco si ritrovò da solo in salotto, a fissare l’opera incompleta della Granger. Rimase fermo per un lunghissimo minuto; con la testa che gli esplodeva, spruzzando nozioni conflittuali in ogni parte. Il suo sguardo scivolò sul tavolino. Un grugnito crebbe nella sua gola prima che si alzasse per prendere la stella e marciasse verso l’albero. Senza alcuno sforzo, allungò il braccio e il lavoro della Granger fu finalmente completo.

Fece un passo indietro per dargli un’occhiata critica, ammettendo tra sé e sé che il rosso, l’oro e il verde stavano davvero bene insieme.

Con un’ultimo grugnito di resa, si voltò e prese a marciare con passo deciso, senza nessuna intenzione di dirigersi verso la propria stanza.

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Capitolo 18
*** Doni. ***


Chapter 18: Doni.

 

Hermione sentì il materasso muoversi, sul suo lato sinistro. Rimase immobile più che potè, fingendo di essere ancora addormentata, mentre Draco usciva dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

La carezza lieve e spaventosa del freddo che seguì, tornò ancora una volta a riempire lo spazio vuoto lasciato da Draco, portando disappunto e confusione nella mente di Hermione. Ormai questa situazione andava avanti da giorni, ma non si azzardava a parlarne con il suo compagno per il momento. Dopotutto, conosceva bene le sue reazioni. Draco era stato molto chiaro sul fatto che non avesse alcuna intenzione di discutere riguardo il ‘problema’ della bizzarra relazione che si stava creando tra loro, perciò i due ragazzi si erano limitati a scivolare in una pseudo-routine che andava avanti dal Lunedì precedente.

Ogni giornata cominciava nello stesso modo; Draco si alzava, la abbandonava in mezzo ai ricordi e alle lenzuola ancora umide e se ne andava, rintanandosi nella sua stanza. Dopodichè, Hermione gli lasciava il solito pasto quotidiano sul tavolo della cucina e si dirigeva in Biblioteca, oppure nell’ufficio della McGranitt per aiutarla nell’estenuante compito di portare tutti a casa sani e salvi. I pomeriggi erano carichi di speranza, ma non accadeva mai nulla, a parte le frequenti occhiate imbarazzate, che Hermione personalmente detestava. Sapeva che si trattava soltanto di un’inevitabile conseguenza, e che sarebbe servito loro del tempo per adattarsi alla situazione. Tuttavia, erano entrambi due caratteri forti e testardi ed Hermione si chiese spesso quanto tempo sarebbe passato prima che ritornassero i loro piccoli litigi quotidiani, pieni di arguzia e sarcasmo.

Sentiva che tutto questo prima poi li avrebbe raggiunti; probabilmente non appena le sue insicurezze e il suo nervosismo si fossero assopiti, e Draco avesse accettato il fatto di essere attratto da una Mezzosangue.

Quando il pomeriggio tramutava nella notte, Hermione era solita alzarsi e dirigersi verso la sua stanza senza chiudere la porta a chiave, con la speranza di ricevere compagnia. Nonostante la loro attuale routine, Draco non si presentò per un paio di volte, probabilmente perché il suo orgoglio era stranamente riuscito ad assopire il desiderio che provava verso di lei. Per i muscoli di Hermione questo fatto si era rivelato un vantaggio, così da poter ottenere un po’ di riposo, ma il fatto era che lei lo desiderava anche solo per dormire con lui, per scacciare lontano le gelide notti solitarie.

Ma non accadeva mai.

Entrava nella stanza, la baciava come se volesse rimepire ogni secondo scandito rumorosamente dalla sua sveglia sul comodino, la spogliava e soddisfava entrambi, insistendo sempre per assicurarsi che Hermione lo fosse completamente, anche se a volte erano necessarie ore per riuscirci. Dalle chiacchierate sul sesso origliate da Padma e Lavanda, Hermione aveva compreso che a volte era difficile per le donne raggiungere quel momento di beata liberazione, ma Draco lavorava risolutamente sui punti giusti finchè lei non si lasciava cadere sul materasso con un tremolio finale, lasciandoli entrambi esausti.

Eppure lui non la teneva mai stretta a se dopo.

Non le offriva mai nemmeno il minimo sussurro di affetto una volta finito.

Non rimaneva mai per più di qualche ora.

Hermione lo sentiva andare via e il suo cuore le si stringeva in petto per un momento, prima di tornare alla ragione e pensare che probabilmente, stava ancora combattendo contro i suoi eterni pregiudizi.

E a quel punto la routine ricominciava.

 


 

Era l’ultimo Sabato prima del’arrivo del Natale, ed Hermione aveva accettato di andare ad Hogsmeade in compagnia di Ginny, per comprare qualche regalo dell’ultimo minuto. Ginny sarebbe tornata alla Tana il giorno dopo e, nonostante Hermione riconoscesse che la sua amicizia con la giovane Weasley fosse stata un po’ spenta nell’ultimo periodo, riconobbe con malinconia che le sarebbe mancata comunque.

"Ho una sorpresa per te," Ginny ridacchiò, mentre si dirigevano verso una strada centrale meno infangata di neve di quella in cui erano attualmente incastrate. "E penso che forse riuscirebbe a stamparti un bel sorriso in faccia."

Hermione alzò un sopracciglio. "Sono intrigata adesso!"

La ragazzina si sporse per tirare fuori dalla borsa due regali, facendo scivolare dalle spalle la sua massa di capelli rosso fuoco. Lo sguardo confuso di Hermione vagò dal primo al secondo pacchetto per poi posarsi sul volto di Ginny con crescente curiosità.

"Sono per me?"

"Certo che sì," Ginny annuì. "Sono da parte di Harry e Ron."

Hermione sentì la bocca che si spalancava dallo stupure. "Cosa? Come—

“Li avevano spediti alla Mamma già a fine Ottobre,” spiegò Ginny, spingendo i regali verso l’amica. “Lei voleva farti una sorpresa perché sa benissimo quanto ti mancano i ragazzi.”

“Non posso credere che ci abbiano pensato così presto,” mormorò Hermione a se stessa, strofinando le dita gelate contro la ruvida carta che ricopriva i pacchetti. “Grazie.”

“Non c’è di che,” disse Ginny. “Quello rosso è di—

“Ron,” Hermione finì la frase al posto suo con un sorriso. “Non riuscirebbe a fare un pacchetto decente neanche se ne dipendesse la sua vita. Faceva sempre incartare a me e ad Harry i regali che comprava per la vostra famiglia.”

“Che razza di bradipo,” Ginny roteò gli occhi al cielo. “Sto morendo dalla voglia di sapere che cosa ti ha regalato, comunque; mandami un Gufo quando l’avrai aperto. La mamma dice che il regalo che ha fatto a me forse era un po’ troppo scontato.”

“Hai ricevuto dei regali da loro anche tu?”

"Sì, stanno alla Tana," rispose l'amica. "Posso tranquillamente scommettere che il regalo di Ron sia un'altra sciarpa o qualcosa di simile, ma spero che quello di Harry sia leggermente più originale."

Un'espressione pensierosa passò sul volto di Hermione. "Non c'è un modo per...insomma, mandargli qualcosa?"

"No," Ginny sbuffò, aiutando Hermione a ficcare i regali nella sua borsa. "La mamma ha chiesto a Remus, ma lui dice che non sapendo nemmeno dove siano i ragazzi, è molto rischioso. Oltretutto, Edvige quando passa da casa non aspetta mai e se ne va subito, così è impossibile anche solo allungarle un bigliettino sotto la zampa."

"Sarebbe stato carino poter ricambiare-

"Non farlo," l'avvertì Ginny a bassa voce. "Questi regali dovevano tirarti su di morale, non farti diventare tutta mogia e nostalgica-

"Scusami," Hermione sforzò una smorfia passabile come un sorriso. "Grazie per la sorpresa, Gin."

"Figurati, è bello vederti sorridere un po'" commentò lei, mentre le due ragazze si incamminavano verso il villaggio. "Bene, adesso dovresti darmi una mano a scegliere che cosa regalare a Fred e George."

Le due giovani streghe passarono un'ora a vagare tra i negozi, quando alla fine Hermione lasciò Ginny a contemplare uno scaffale sul quale stava esposta una vasta collezione di orologi magici, come possibile regalo per il signor Weasley. Uscendo dal negozio, strofinò i piedi sul sentiero coperto di neve, guardandosi attorno e ammirando le vetrine dei negozi, una per una addobbata in maniera differente, ma che nell'insieme, suggeriva un perfetto connubio tra decorazioni magiche e le classiche atmosfere natalizie Babbane a cui era abituata.

Si fermò, esitando, davanti ad una vetrina in particolare, quando una meravigliosa idea la invase e l'incoraggiò a mettere piede all'interno del negozio. Si diresse direttamente in fronte all'oggetto che aveva catturato la sua attenzione, e pensò a Draco. Stava addirittura già pensando al discorso che avrebbe dovuto affrontare con la McGranitt dopo aver fatto quell'acquisto, ma, nonostante tutto, Hermione sentiva che fosse il regalo perfetto.

"Posso esserle utile?" un commesso interruppe i suoi pensieri.

"Sì," Hermione annuì con crescente eccitazione. "Vorrei acquistare questo, grazie."

 

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La preside fissava la giovane seduta di fronte a lei, con uno degli sguardi più scettici che lei le avesse mai visto in volto.

"Signorina Granger-

"So che le sto chiedendo molto," Hermione la interruppe, cercando di essere più convincente. "Ma è Natale, e credo che lui ne abbia bisogno."

"Non credo di poter-

"Solo per un'ora," insistette lei, tenace. "La prego, professoressa. Non c'è nessuno al castello ormai, e le prometto che lui non tenterà di fare nulla di rischioso. Penso che ora abbia capito che stiamo tutti cercando di aiutarlo."

"Non puoi esserne certa, Hermione," la McGranitt replicò, con quell'estrema aura di saggezza che sapeva tirare fuori, in momenti di necessità. "Cosa succederebbe se lui-

"Draco non può usare la bacchetta," ribatté Hermione. "Non ha dove andare, e lui sta...meglio adesso."

"Hermione-

"Senta," sbottò lei, con crescente disperazione nella voce. "Mi assicurerò personalmente che nulla vada per il verso sbagliato, glielo prometto. Sa benissimo che ne sono capace."

La McGranitt inclinò leggermente la testa di lato, con un pizzico di curiosità nello sguardo. "Posso sapere perché ci tieni tanto a fargli questo favore?"

Hermione cercò di appiattire i suoi lineamenti per apparire indifferente. "Penso soltanto che abbia bisogno di una pausa," rispose "e, come ho già detto, è Natale. Sa, tempo di perdono..."

La Preside sembrò rimuginare quell'ultima frase nella testa un paio di volte, prima di rilasciare un lungo e stanco sospiro. "Molto bene."

"Sul serio?!" Hermione sbattè le palpebre, sconvolta. "Mi da il permesso??"

"Molto probabilmente me ne pentirò," sospirò l'anziana strega, massaggiandosi le tempie con un tremolio. "Ma sì, farò in modo che la sua idea possa essere realizzata con discrezione-

"Oh, la ringrazio infinitamente, Professores-

"Ma sia chiaro; qualsiasi cosa dovesse accadere, la responsabilità sarà solamente sua, signorina Granger," la avvisò, alzando il tono di voce. "Deve assicurarsi che il signor Malfoy non faccia nulla di azzardato-

"Certamente-"

"E questa cosa non si ripeterà, sarà un'eccezione-" continuò lei, alzandosi dalla poltrona. "Deve rendersene conto-"

"Certo, sicuramente," Hermione annuì obbediente, saltando in piedi e avvolgendo la preside in un caloroso abbraccio spontaneo. "Grazie, Professoressa."

Minerva si scansò imbarazzata, posando la mano sulla spalla della giovane piena d'entusiasmo che le stava di fronte. "Passa un buon Natale, Hermione."

 

 

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Draco imprecò sottovoce, sbattendo nel lavandino il suo terzo tentativo, guardandolo scivolare giù per le condutture con un singhiozzo finale.

Gli era venuta una voglia irrefrenabile di caffè, ma cercare di imitare la miscela impeccabile che preparava sempre la Granger si era rivelato un patetico fallimento. L'aveva vista farlo milioni di volte, e si era detto che non sembrava poi una cosa tanto complicata, ma evidentemente c'era qualcosa che gli sfuggiva, vista la frustrante difficoltà incontrata perfino nel dare il giusto colore alla bevanda. 

Stava per provare di nuovo quando finalmente lei entrò nel dormitorio, due ore più tardi rispetto al suo orario abituale. Aveva le guance arrossate dal freddo e i capelli impigliati di neve semisciolta.

Si liberò del macigno che lei chiamava borsa e gettò il cappotto sul divano, il tutto mentre lo sguardo di Draco si fissava liberamente su di lei, come faceva sempre ormai ogni volta che lei non se ne rendeva conto. Era una delle sue nuove irritanti abitudini, quelle abitudini che si era ripromesso di combattere sin da quando il loro complicato rapporto era iniziato, ma che era ormai inutile nascondere, dopo aver già rovinato tutto soccombendo al suo desiderio più impronunciabile.

Hermion doveva aver sentito il rumore della caffettiera che bolliva al suo quarto tentativo, e i suoi occhi si spostarono verso di lui, che la guardò imbronciato.

“C’è qualcosa che non va con questa caffettiera del cazzo,” le disse, puntando il dito contro l’oggetto che aveva offeso la sua intelligenza.

“Che vuol dire, Draco?”

“Vuol dire che ho provato ad usarla, ma proprio non riesce a far saltare fuori del caffè decente,” spiegò lui, e la consapevolezza che quei caffè non avevano lo stesso sapore di quelli che preparava lei aleggiò nell’aria per qualche secondo. “Ho fatto tutta la roba che fai di solito ma-

“Hai aggiunto il latte?” chiese Hermione, avvicinandosi.

“Ovviamente.”

“E due cucchiai di zucchero?”

“Sì.”

“Allora, sei sicuro di aver messo il caffè macinato almeno?” domandò, soffocando una risatina quando tutto il volto di Draco si contorse in un’espressione sconvolta, con il suo ormai famoso sopracciglio alzato. “E’ nel barattolo blu in quel cassetto vicino al lavandino-

“Tutto questo è ridicolo,” grugnì Draco. “Non mi dovrei nemmeno abbassare a fare queste cosette idiote da Babbani.”

Draco oggi era dell’umore perfetto per una sana discussione, come ai vecchi tempi; visto e considerato il tempo che oramai passavano soprattutto immersi sotto le lenzuola, a fare cose che ancora non aveva trovato il coraggio di comprendere appieno, ora lui si sentiva quantomeno in dovere di restabilire un po’ di “normalità”, soprattutto per far ritornare la Granger com’era prima, e non come la ragazza incerta e riservata che era diventata. Se si fosse trovato costretto a selezionare una ragione per la quale sapeva di rispettare la Granger, sarebbe stata per il suo carattere, non diverso da quello che lui possedeva. I minuti passavano come ore in quella prigione, e l’unica cosa che rendeva le giornate quasi sopportabili erano le passionate opinioni della Granger e  la sue capacità di metterlo sempre al tappeto durante le loro discussioni.

“Non è ridicolo, né degradante,” ribattè lei, donandogli uno sguardo assassino che attirò l’interesse di Draco. “E’ questo il modo in cui la gente riesce a fare tutto senza magia-

“Beh, allora è una palla colossale!” sbottò. “E poi cos’è che stavi nascondendo prima dietro al divano?! Guarda che ti ho vista, Granger!”

“Niente-

“Ti ho detto che non volevo nulla! Ti giuro, Granger, se insisti a rendere tutto più difficile io-

Io sto rendendo tutto difficile?” rispose offesa. “Oh Merlino, sei un’egoista insopportabile-

"Ti ho solo ripetuto che non voglio un bel niente da te-

"Beh mi dispiace d’accordo?!" Hermione esplose, pugnalandolo con uno sguardo di fuoco. “Ta-daan! Sveglia, dovrebbe essere Natale! Le cose sono già abbastanza schifose senza che ti ci metti anche tu a rovinare l’atmosfera-

“Veramente io-

“Non ho finito!” continuò Hermione decisa, alzando la voce. “Per la miseria, Draco! Perché devi sempre, sempre complicare tutto-

"Perchè non mi trovo esattamente nella posizione adeguata per poterti dare qualcosa in cambio!" urlò Draco, passandosi le mani nervose tra i capelli. "L’ultima cosa che voglio è avere una lista di debiti con te-

"Ma io non voglio nulla in cambio," disse Hermione, più calma. "Non me lo sono mai aspettato e mai lo faro-

"E allora perchè prendersi il disturbo?"

"Perchè è Natale," sbuffò lei, stanca di dover ripetere per l’ennesima volta un concetto che comprendeva bontà e buone azioni per lei così familiare. "Potresti almeno fidarti di me-

"Non ho nessuna ragione per fidarmi di te," Draco rispose, notando il dispiacere nei suoi occhi ambrati. "Non c’è ragione per cui tu mi debba regalare qualcosa-

"E’ solo per…per fare qualcosa di carino-

"Qualcosa di carino," grugnì Draco, come se la sola parola gli provocasse un fastidioso prurito in gola. "Voi Grifondoro siete così patetici-

"Io non sono patetica," ribattè lei, digrignando i denti. "Non ti azzardare-

"Allora piantala di usare queste paroline mielose-

"Lo sai, non c’è niente di male nel fidarsi delle persone ed essere carine con loro!" ribattè ancora, con la rabbia che le montava in petto. "Non c’è niente di male se ti importa di altra gente al di fuori di te stesso!”

"Granger-

"Non c’è niente di male nel non voler seguire la strada che ha scelto TUO PADRE!" gridò Hermione, pentendosi quasi all’istante della scelta delle parole usate.

"Ti avevo avvisata," sibilò lui. "Non devi mai nominarlo-

"Draco-

"Pensi che l’aprire le gambe per me ti dia il diritto di tirare in ballo questi discorsi e la mia famiglia?” ghignò Draco, avvicinando il suo volto al suo. “Te lo ripeto Gr-

“Volevo solamente che tu ti rendessi conto che fidarti delle persone non ti rende patetico!” protestò Hermione, avvicinandosi senza paura, talmente tanto che il respiro agitato di Draco le scaldava la fronte. “Non ti rende debole…o inferiore-

"Che cosa vuoi da me, Granger?" domandò, con tono esasperato. "Vorresti che mi fidassi di chi? Di te?"

"Sarebbe un’inizio-

"Per la miseria," mormorò sottovoce. "Questa discussione è completamente irrilevante. Nemmeno tu ti fidi di me."

Hermione rilasciò un sospiro prima di alzare un dito, che andò a sfregare dolcemente contro la sua guancia. “Mi piacerebbe potermi fidare,” gli disse calma, sollevata di sentire i suoi muscoli rilassarsi al suo tocco.

"Mi stavo chiedendo quanto tempo ci avresti messo prima di ritornare così…agressiva e decisa," ribattè lui, allontanando il suo volto dalle sue dolci e pericolose carinerie, mentre i suoi lineamenti ritornavano duri e impenetrabili. "Senti, Granger, mi pareva di aver capito che noi avessimo…deciso di ignorare completamente il Natale-

"Beh, ho cambiato idea," rispose Hermione, provando a non lasciar trapelare il suo piano. "Vorrei che il Natale fosse esattamente come il Natale dovrebbe essere, e non ho intenzione di rovinarlo! Faremo-

"Non capisco il motivo di tutto questo!" rilanciò lui, animato dalla confusione. "E’ solamente un giorno come un altro-

"Ok, ora basta!" urlò Hermione, alzando in aria il palmo, decisa ad interrompere ogni sua parola. "Abbiamo finito qui-

Draco si sporse in avanti e catturò le sue labra con un bacio svelto e intenso; le prese il volto tra le mani e manovrò i loro corpi avvicinandosi ai divani del salotto con maldestra urgenza. Quando la schiena di Hermione sbattè contro il poggia braccio, si separarono e, mentre Draco osservava i suoi piccoli occhietti ambrati che lo fissavano con stupore, riusciva a sentire la sporgenza dei suoi seni che premeva contro la sua camicia leggerissima. Maledicendosi, per essersi lasciato trasportare di nuovo in quel modo, Draco aumentò la distanza tra loro e ricompose il suo volto in una maschera indifferente.

"D’accordo, Granger," mormorò. "Fa quello che vuoi-

"Voglio soltanto avere un Natale normale," rispose con tristezza, sfiorando con leggere spirali il colletto del maglione di Draco, provocandogli brividi in tutto il corpo.
"E vorrei che prendessi parte anche tu in tutto questo."

Draco aggrottò le sopracciglia e chiuse gli occhi per un istante. "Perchè?"

"Perchè penso che tu ne abbia bisogno, almeno quanto ne ho bisogno io."

 


 

Durante la settimana che precedeva il Natale, i giorni e le notti sembravano non distanziarsi tra loro, e i tramonti e le albe si erano trasformate soltanto in veloci sfumature del cielo. Hogwarts si ergeva silenziosa, in mezzo alla neve, donando un tiepido ma quieto rifugio alle ormai pochissime persone che camminavano tra i corridoi del castello. La neve non aveva mai smesso di cadere, ed Hermione si era impegnata quasi ogni giorno a cercare la sua amica Luna per una passeggiata tra le colline innevate, ma non era mai riuscita a rintracciarla.

Hermione fu svegliata dal solito tentativo di Draco di lasciare la stanza prima che il sole spuntasse dalla finestra, e fu solamente un’ora più tardi (quando l’occhio le cadde sul consunto calendario pieno di scarabocchi) che si accorse della data: 25 Dicembre.

Hermione si abbandonò ad un sorriso gioioso prima di alzarsi da letto e coprirsi con una morbida vestaglia, dirigendosi verso il salotto. Diede uno sguardo incerto alla porta della stanza di Draco, ma decise di non disturbarlo per il momento; non aveva piani specifici per lui, almeno non per quella parte della giornata. Le cose erano diventate più tranquille tra di loro negli ultimi giorni; la loro natura burrascosa era stata utile per ripristinare la situazione ed eliminare l’imbarazzo, anche se Draco si rifiutava ancora di essere coinvolto più del necessario nell’atmosfera festiva.

Si avvicinò all’albero di Natale e osservò il piccolo gruppetto di regali accatastati sul pavimento; quelli da parte di Harry e Ron, Ginny, la McGranitt, Neville e un pacchettino di soldi dai suoi genitori. Il regalo della Preside era un libro sulla Trasfigurazione avanzata, quello di Ginny era un’esotica selezione di profumi e quello di Neville era una particolare pianta decorativa.

Harry le aveva mandato una fotografia che ritraeva loro tre felici e sorridenti; un’immagine risalente allo scorso Natale, quando ancora le vacanze sembravano tali.

A quel punto passò al pacco di Ron, osservando con incertezza l’oggetto che spuntò fuori dalla carta stropicciata. Era un bellissimo medaglione; argentato e a forma di cuore, incastonato di gemme arancioni che luccicavano alla luce del sole. Era stupendamente elegante e femminile e così…non da lei. Continuò a studiarlo con la colpevolezza che le saliva in gola, quando una voce familiare la fece saltare sul posto.

"Quel coso è da parte di Weasley vero?" Draco domandò asciutto. "Pensavo che voi due foste solamente amici-

"Infatti lo siamo," lo interruppe lei.

I suoi occhi gelosi si spostarono sull’oggetto che offendeva la sua vista. "Quel medaglione dice un’altra cosa-

"Le persone si fanno regali per Natale-

"Anche i fidanzati-

"Draco-

"Senti, Granger," grugnì, facendo un passo verso di lei. "Io non sono abituato a condividere-

"Oh, questo è ridicolo," sbottò lei, scansandolo e attraversando la stanza. "Non ascolterò una sola parola-

"Dove stai andando?"

"A fare una doccia!" rispose, sbattendosi la porta alle spalle e interrompendo la conversazione.

Draco sbuffò, ormai solo nella stanza, e strinse i pugni finchè le sue dita non sentirono più la circolazione del sangue. Che diavolo si aspettava da lui? Una cosa era cercare di comprendere e di abituarsi alla complessa situazione che si era creata tra di loro, un’altra era comprendere la possibilità che la Granger potesse aver avuto una vita al di fuori di quel dormitorio, con altre persone.

Comunque, la sua mancanza di esperienza era stranamente affascinante, e Draco proprio non riusciva a contenere il desiderio di fondersi con lei in ogni modo possibile. Lei era la sua prima partner con la quale tutto sembrava…connettere, in un modo che non gli era mai capitato prima. Non capiva cosa fosse, ma una cosa era chiara: non si trattava solo di sesso. I suoi baci, il suo tocco…la sua stessa presenza lo faceva reagire e tremare dentro, e non aveva idea di che cosa potesse significare.

Sentì il getto d’acqua che veniva azionato dall’altra parte del muro, e un istintivo senso possessivo si impadronì di lui. Weasley non era mai stato un problema all’interno di quel piccolo spazio al di fuori della realtà, ma ora una parte di quell’inutile essere era scivolata nel loro posto e quel cavolo di fottutissimo medaglione, assieme a chi gliel’aveva regalato, ora era sicuramente nei pensieri della Granger. E al momento, era la cosa che Draco detestava di più.

Chiamatelo istinto maschile di reclamare ciò che era suo, oppure qualcosa di più profondo, fattostà che i suoi piedi lo trascinarono senza ragione verso il bagno. Si liberò dal fastidio dei vestiti, gettandoli a casaccio nel corridoio prima di entrare.

Come aveva già fatto una volta, rimase calmo e silenzioso, scivolando alle sue spalle e studiandola con reclutante ammirazione. Le rare oppurtunità in cui riusciva ad osservarla senza che se ne accorgesse erano sempre molto preziose per lui, visto che riusciva finalmente ad assorbirla nella sua completezza, lontano dalle mani insicure della Granger, che si copriva sempre al momento giusto. Mentre osservava con sguardo quasi maniacale ogni suo singolo riccio, cercò ancora una volta una disperata prova della sua inferiorità…fallendo miseramente.

"Che cavolo stai facendo, Draco?" interruppe lei i suoi pensieri, guardandolo sconvolta attraverso la cascata di gocce.

"Avevo bisogno anch’io di una doccia," mentì tranquillamente, allungando il braccio per toccarle la spalla con dita gelide e intorpidite.

Hermione cercò con poca convinzione di allontanarsi dal suo tocco. "Sono ancora arrabbiata con te-

"Tu sei sempre arrabbiata con me-

"Ti ho mai dato l’impressione che potessi…sai-

"Fottere qualcuno?" suggerì lui con un’alzata di spalle. "Scopare?”

"Fare l’amore con qualcuno," lo corresse con imbarazzo. "Davvero ti do l’impressione di essere il tipo di persona che lo farebbe con chiunque? Il tipo di persona che dormirebbe con qualcuno anche se avesse una relazione?"

Draco incurvò le labra, in una smorfia colpevole. "No," ammise infine, cercando di attenuare il broncio della Granger con delicate carezze ai lati del viso. "Ma tutti sanno che tu e il Weasel avete avuto una storia-

"Io non ti ho mai chiesto delle tue precedent conquiste-

"Pansy e Astoria," ricapitolò in fretta lui, con lo stesso tono di voce con il quale si legge un elenco di trecento parole. "Ma la tua relazione è senza dubbio stata diversa-

"Adesso basta," concluse Hermione con un sospiro. "In questo momento io e te siamo…dormendo insieme e questo è quanto. Non considererei mai l’idea di aggiungere un’altro amante alla situazione, e spero che tu abbia lo stesso livello di rispetto nei miei confronti, anche se non fossi rinchiuso qui dentro."

Draco non rispose, ma alzò la mano per spostare dietro le spalle di Hermione alcuni dei suoi innumerevoli ricci, sporgendosi verso di lei e lasciandole un casto bacio sulle labbra. Era dolce ma deciso; il tipo di bacio che non si sarebbe mai sognato di darle prima, e anche se presto si trasformò in uno di quei meravigliosi baci accesi di passione, Hermione sapeva che quello era diverso.

Draco riusciva ancora a sentire quella vocina nell’orecchio che gli intimava di essere possessivo, di ‘marcare’ la Granger in un modo in cui Weasley nemmeno si poteva immaginare. Lentamente, lasciò una scia di bacì sempre più giù, verso il bacino. Quando si inginocchiò, sentì la Granger irrigidirsi e capì all’istante che non aveva mai fatto niente del genere prima d’ora.

"Draco," mormorò, con voce tremolante. "Io…non ho mai, mai-

"E’ tutto a posto," la tranquillizzò con la voce più sicura che riuscisse a tirare fuori. "Ti piacerà, Granger-

"Ma io-

"Devi fidarti di me, Hermione,"  Draco la guardò fisso negli occhi, cercando di trasmetterle almeno un pò di sicurezza. "Non ti farò del male."

Hermione si morse le labbra per qualche secondo, colma d’incertezza, prima di donargli un nervoso cenno d’assenso. Si appoggiò alla parete nel tentativo di rilassarsi.
Draco mosse con attenzione le mani sulle sue coscie, per poi separarle gentilmente…Il suo respiro si scontrava esattamente sul suo punto intimo, ed Hermione trattenne il respiro mentre una nuova e meravigliosa sensazione si faceva strada attraverso il suo corpo.

"Consideralo come il mio regalo," Draco sussurrò. Premette la lingua contro di lei, con movimenti lenti, cercando di tenere a freno la propria impazienza.

Sarà sicuramente meglio di quel fottutissimo medaglione.

 


 

"Penso che adesso sia arrivato il momento," Hermione annunciò.

"Per cosa?"

"Per darti il regalo."

Draco grugnì, alzandosi sui gomiti, ma la sua espressione cambiò in un istante alla vista della Granger che stava quasi per cadere dal divano.

Dopo la loro doccia durata quasi due ore, si erano spostati nel salotto, avvolti in un cumulo di lenzuola umide che profumavano di bagnoschiuma, e la giornata era giunta al termine dopo alcune pigre conversazioni -dibattiti e una cena veloce a base di panini al tonno- scandite da alcune piacevoli interruzioni. La notte aveva coperto tutto prima che se ne potessero accorgere e guardando per la prima volta l’orologio, scoprirono che mancavano pochi minuti alle undici.

Il Natale appena passato era stato senza alcun dubbio diverso dalla convenzionale festività passata in famiglia, ma Draco non si sentiva dell’umore per lamentarsi. D’altronde, quale uomo rispettabile avrebbe osato lamentarsi dopo un’intera giornata dedicata a quel tipo di…attività?

Draco studio la Granger mentre si stringeva un lembo del lenzuolo al petto e afferrava un pacchetto di carta verde lucida da sotto l’albero. Si sedette reclutante in posizione eretta, mentre lei posizionava il regalo sul suo grembo e si sedeva vicina a lui con sguardo eccitato.

"Vorrei soltanto precisare, ancora una volta, che tutto questo non è necessario," bofonchiò, sciogliendo il fiocco.

"Oh aprilo e basta," sorrise lei, battendo le mani a ritmo sulle sue ginocchia, controllando l’ologio. “Non abbiamo molto tempo.”

Draco scansò l’involucro e rimosse lentamente l’oggetto al suo interno; la sua fronte si aggrottò con inaspettato stupore quando sentì la morbidezza del pregiato tessuto magico sulle dita. Era un mantello nero elegante, non diverso da quello che usava possedere alcuni anni prima: di fattura semplice, ma evidentemente costoso vista la qualità del tessuto. Alzò un sopracciglio scettico e alzò lo sguardo con l’intenzione di chiederle perché avesse scelto proprio quello, ma lei lo interruppe prima che gli fosse possibile pronunciare solo una parola.

"Questo è solo metà del tuo regalo," disse, trattenendo il respiro in attesa della sua reazione. "Io…sono riuscita a convincere la McGranitt a farti uscire."

I suoi occhi si spalancarono. "Non capisco," disse incredulo. "Posso…posso andare?"

"E’ solo per stanotte," lo corresse svelta. "La Preside ha accettato ma dovrai stare vicino a me tutto il tempo, e non possiamo lasciare il terreno attorno al castello. Abbiamo fino a mezzanotte e mezzo, quindi è un po’ come la storia di Cenerentola.”

"La che?"

"Lascia perdere," Hermione scosse la testa. "Senti, Draco, devo essere sicura che tu abbia capito: si tratta solo di una eccezione, e se cercherai di scappare, dovrò fermarti."

Il biondo Serpeverde non potè far altro che annuire assentemente, mentre osservava la giovane strega di fronte a lui con totale incredulità. In quel momento gli vennero in mente ricordi e flash di Natali e compleanni passati, tutti pieno di oggetti materiali e promesse a vuoto, rivelatesi poi così vere e pericolose… Nessuno si era mai preso il tempo o la voglia di considerare un’idea come questa. Così…vera. Nemmeno i suoi genitori avevano mai fatto una cosa così.

Potè affermare con onestà che il pensiero di scappare non gli era nemmeno passato per la mente quando l’aveva detto; sapeva benissimo di non avere posto dove andare.

"Non…non so cosa dire," confessò Draco, con una stranissima senzazione calda che gli saliva fino alle guance. Strofinando il suo nuovo mantello, rimase stupito dalla capacità che aveva dimostrato la Granger, nell’indovinare i suoi gusti con così tanta precisione.

"Tranquillo, lo posso immaginare," annui sorridente Hermione. "Forza, dovremmo prepararci," continuò, indicando il suo nuovo mantello. "Copriti bene. Si gela fuori.”

 


 

Hermione era riuscita ad attraversare i silenziosi corridoi del castello con un leggero incantesimo Lumos, ma scoprì che non c’era poi bisogno di preoccuparsi tanto, visto che il castello era praticamente deserto. Quando finalmente raggiunsero il portone, Draco sbiriciò dalle fenditure la vista del paesaggio immacolato che stava per osservare per la prima volta. Delicati fiocchi di neve gli baciarono lievemente il viso, in una fitta cascata.

Lo scricchiolio della brina sotto il peso dei suoi stivali gli fece ricordare sensazioni che normalmente non avrebbe mai perso tempo ad apprezzare… Draco seguì i passi della Granger con cautela, allontanandosi dalle antiche torri del castello. Si accorse che lei li stava portando verso il lago, mentre si avventuravano tra mucchi di fogliame innevato e casuali rami d’albero che spuntavano dallo spesso strato bianco. Il vento gelido gli colpì le guance calde con improvvisa forza, ma la sensazione non gli dispiaceva; aprì la bocca e inspirò il gelo direttamente in gola, preoccupandosi poco di un raffreddore.

"E’ più freddo di quanto pensassi," Hermione commentò preoccupata. "Posso creare un incantesimo scaldante-

"No," la fermò lui, con uno strano tono sognante che non gli era mai appartenuto. "Mi ero dimenticato che cosa volesse dire sentire il vento freddo sulla faccia."

"E’ buffo," Hermione mormorò guardando fisso il cielo davanti a lei. "Ho preparato la tua ‘fuga’ con meticolosa attenzione, ma non ho pensato a cosa avremmo potuto fare una volta fuori.”

"Devi proprio programmare tutto?" le domandò, con un mezzo sorriso.

"Non tutto. Ci sono sempre state delle cosec he ho sempre voluto fare ma che ho lasciato da parte."

"Tipo?"

Hermione si voltò, guardando il lago ghiacciato. "Ho sempre voluto imparare a pattinare."

"Non hai mai pattinato sul ghiaccio?" ripetè Draco, osservandola con stupore. "Sembri il tipo che se la cava con questo genere di cose."

"Penso che forse potrei, se mi ci mettessi ," annuì. "Tu sei capace?"

"Certamente."

Hermione inghiottì una notevole quantità di saliva dal nervosismo, e disse. "Ti andrebbe di insegnarmi?"

"Stai scherzando, non è vero?" Dracò rise, ma si bloccò di colpo quando vide che il suo volto era serio, e anche un po’ imbarazzato. I suoi occhi ghiacciati la studiarono intensamente, e le sue labbra si mossero in una smorfia d’assenso prima che potesse anche solo alzare gli occhi al cielo e arrendersi alla sua richiesta.

“E va bene,” disse “Suppongo che sarà divertente vederti cascare a gambe all’aria. Che mi dici invece delle creature che vivono dentro al Lago?”

"Si ibernano quando la temperatura raggiunge questi livelli," spiegò, seguendolo verso il bordo del lago e trasformando le loro scarpe in pattini. "Draco, sei sicur…

Si interruppe quando vide la facilità e la grazia con le quali Draco aveva mosso il suo primo passo sul ghiaccio. Sentendosi completamente inadeguata, posizionò con incertezza un piede sulla superficie e rabbrividì alla sensazione di instabilità che le diede quel minuscolo contatto col ghiaccio.

"Draco," gridò, ritirando il piede sul suolo sicuro. "Ho cambiato idea-

"Avanti, Granger," la chiamò lui, avanzando senza sforzo. "Cos’è successo a tutte quelle cazzate sul coraggio da Grifondoro?"

"Non mi piace," ripetè Hermione. "Non mi piace non essere in controllo dei miei piedi-

"Ti ricordo che questa è stata una tua idea," le ricordò Draco.

"Va bene, allora potresti venire qui ad aiutarmi? Allunga solo le braccia, o qualcosa ecco-

"Se solo ti mettessi sul ghiaccio almeno”

"Per favore, Draco," provò di nuovo, cercando i suoi occhi per fargli capire che era seria.

"Oddio, per Merlino," sbuffò, avvicinandosi al bordo e allungando le mani. "Vieni, Granger."

"Non provare a fare l’idiota e a spingermi o cosa, d’accordo?" lo avvisò lei con le sopracciglia aggrottate, mentre afferrava le mani di Draco con una morsa.
Hermione si sbilanciò, e Draco istintivamente allungò l’altra mano per afferrarle la spalla. Hermione affondò le unghie fredde nelle maniche del suo mantello, pentendosi ancora di più di quella stupida e pericolosissima idea.
“Non ci riesco-

"Sì, si vede," la prese in giro lui, ridacchiando mentre lei cercava di riavvicinare le sue ginocchia, che si erano espanse di almeno un metro l’una dall’altra. "Aggrappati, Granger. E’ una cavolata, una volta fatta l’abitudine-

"Non è divertente!”

"Usa i pattini, muovili in senso diagonale," la istruì, spostandosi all’indietro e trascinandola con lui. "Ce la farai-

"Ti giuro, Draco," sibilò, in un tono che doveva essere in qualche modo minaccioso. "Se mi lasci andare giuro che-

"Non ti lascerò," le assicurò, afferrando con più forza un suo braccio che si stava sbilanciando. "Santo Salazar, proprio non hai coordinazione. Adesso che ci penso, facevi un po’ pena anche sul manico di scopa."

"Oh per Merlino, non posso nemmeno avere un piccolo handicap," replicò, lasciando che praticamente solo la forza di Draco la trascinasse in giro. "Tutti hanno una debolezza."

Draco si irrigidì a quel commento, ma riuscì a mantenere entrambi saldamente in piedi mentre ripensava alle sue parole. Nel suo cervello, si era quasi aspettato che la sua influenza su di lui sarebbe diminuita, una volta che sarebbe uscito dal loro dormitorio isolato, ma a guardarla adesso; fiocchi di neve sparsi tra i suoi capelli, un fiero rossore sulle guance dallo sforzo di stare dritta, e la sua totale fiducia nella sua presa che le impediva di cadere a sedere all’aria…beh, era tanto attraente quanto lo era al chiuso.

Si era aspettato di ritornare istantaneamente ai suoi vecchi ideali,

Di essere ri-catapultato nel suo piccolo mondo importante,

Di odiarla di nuovo, come avrebbe dovuto,

Ma…

In qualche modo, lei era la sua debolezza ora.

"Penso di potercela fare adesso," disse Hermione, concentrata e sicura. "Lascia una sola mano, proviamo-

"Perdonami," Draco scattò senza preavviso, bloccando entrambi i loro corpi sul posto e stringendo la presa, per ottenere la sua totale attenzione. Il suo respiro divenne più intenso e affaticato, mentre osservava i suoi occhi ambrati che lo scrutavano stupiti, in attesa di una risposta, ed ebbe l’inopportuna tentazione di baciarla lì, in quell’istante. “Perdonami,” ripetè, più cauto stavolta.

Per tutto ciò che ho fatto, e tutto ciò che inevitabilmente farò per ferirti in futuro.

Poteva dare la colpa di questo sfogo a tante cose; al sentimentalismo Natalizio che apparentemente si era preso gioco di lui, o all’accettazione che questa sua attrazione nei confronti della Granger stava tutt’ora esistendo al di fuori della sua prigione, oppure che addirittura volesse ripagare la Granger per avergli fatto ricordare ancora che cosa significasse sentire il vento sulla pelle…però la cosa certa era che aveva bisogno di questo momento di chiarezza, prima di ritornare al Castello. Lei era l’unica cosa che nella sua oscura esistenza si avvicinava a quella parte di vita pura e buona che lui non aveva mai avuto il coraggio di affrontare, né scoprire…e voleva proteggerla, per quanto poteva, prima che gli orrori della Guerra si abbattessero anche in quel luogo lontano dal tempo.

“Penso di averti già perdonato settimane fa,” gli disse con un sorriso triste Hermione, dandogli un bacio gelato dal vento. Sentì le prime lacrime scenderle sul volto, mentre interruppe il loro contatto e posò la fronte su quella di Draco, chiudendo gli occhi per assorbire tutta l’autenticità di quel momento.

“Buon Natale, Draco.”

 

 

Just a Perfect Day.

You made me forget myself.

I thought I was someone else.

Someone good.

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Capitolo 19
*** Grigio. ***


Chapter 19: Grigio.


Hermione aprì gli occhi e rimase per un momento immobile, mentre gli ultimi momenti di un bel sogno svanivano dalla sua memoria.

Rimase a fissare il soffitto per un po’ e i primi pensieri del risveglio cominciarono a riformarsi. Si rese conto della presenza del Serpeverde al suo fianco quando quest’ultimo rilasciò un buffo rumore col naso, ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni. Hermione si girò su un fianco, piano piano, cercando di spostare il braccio di Draco che, pigramente e senza vita, ancora la cingeva nel sonno.

Era rimasto. Era rimasto a letto con lei fino al mattino.

Sorrise, stupendosi della situazione e, voltando lo sguardo, si accorse che avevano dormito fino alle undici del mattino. Hermione non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui era riuscita ad affrontare una notte intera senza nemmeno prendere una pillola di sonnifero, e la presenza del ragazzo sull’altro lato del materasso, steso accanto a lei, le diede una sensazione di pace dimenticata.

Si riposizionò dolcemente tra le tiepide lenzuola ed ammirò i suoi lineamenti rilassati;erano così belli, quando era perso nei sogni e ignaro di ciò che stava accadendo nella realtà. Poteva sembrare egoistico e un po’ irrazionale, ma Hermione riuscì quasi a relegare il pensiero della guerra imminente in un angolo e a godersi questo dolce momento rinvigorente e surreale.

Draco si mosse, stringendola un po’ più forte, ed Hermione cercò di controllare il suo respiro. Non voleva che si svegliasse; non ancora. Non poteva sapere se l’avrebbe mai onorata della sua presenza un’altra volta e voleva potersi ricordare questo momento come...come fosse una cosa reale.

E felice...

Sapeva benissimo che tutto questo altro non era che temporaneo; la stagione natalizia aveva la brutta abitudine di deludere le persone, creando nel cuore di chiunque un pericolosissimo livello di ottimismo ma, per il momento, si sentiva rilassata e molto vicina all’essere...felice. E tutto questo perchè il suo presunto nemico dormiva al suo fianco. il suo sorriso si estese mentre ripensava alla notte che “Un Mangiamorte un po’ di merda, devo ammetterlo, talmente di merda che sono riuscito a far incazzare il Signore Oscuro in nemmeno un anno di recluta...ma lo sono comunque, Granger. E tu, tu sei un membro dell’Ordine.”

“Tu non sei mai stato davvero uno di loro,” ribatté Hermione “E lo sai benissimo-

“Tu combatti per la Luce,” continuò Draco, quasi sconfitto in partenza, dal tono stanco della sua voce. “E io sono parte dell’Oscurità che voi tutti combattete, è così e basta.”

Hermione cercò di toccargli il braccio con fare rassicurante, ma lui si scostò dal suo tocco. “Non è così semplice, Draco,” tentò lei.avevano passato sul lago.

Perdonami...

Non fu necessario specificare le ragioni che l’avevano spinto a chiederle perdono, ma Godric, quello si che era stato uno shock. Fantastico, certo, ma pur sempre uno shock. In tutta sincerità, Hermione poteva ora ammettere che quello fu il regalo più perfetto che avesse potuto immaginare da parte sua; una grande breccia che squarciò il suo immenso ego e la sua testardaggine in un momento di felicità.

Forse stava davvero cambiando in quei tre mesi passati insieme.

Diventava più chiaro adesso, da dove provenissero davvero tutte le bugie e i pregiudizi che gli erano stati compressi nel cervello, e finalmente si vedeva che Draco cominciava a pensare per sé stesso e a formulare i suoi giudizi. Tutto ciò che Hermione poteva fare, era fornirgli i fatti e sperare che-un giorno- Draco potesse vedere con occhi più consapevoli il mondo che li circondava. Purtroppo, si trattava di un processo estenuante, ed erano appena agli inizi, ma Silente aveva pensato seriamente che l’anima di Draco valesse la pena di essere salvata, perciò ora, oltre al capirne la ragione, Hermione aveva capito che si trovava d’accordo con lui.

E poi lui le piaceva, che Godric potesse perdonarla, ma le piaceva sul serio.

“Fissi sempre le persone mentre dormono, Granger?” la voce rauca di Draco scosse Hermione dai suoi pensieri, e le palpebre del giovane Serpeverde si aprirono con fatica, scrutando la stanza illuminata dal sole alla ricerca del volto della Granger.

“Odio quando mi spaventi in quel modo,” borbottò Hermione con un grugnito offeso.

“Oh, per favore,” ridacchiò Draco, appoggiando la testa sul suo braccio e protraendosi verso di lei. “Merda, fa un freddo schifoso qui dentro.”

“E’ davvero necessario sfoderare il tuo linguaggio forbito a quest’ora del mattino?” sorrise Hermione.

“Ed è davvero necessario usare questi paroloni a quest’ora del mattino, Granger?” ribattè lui, pronto. “Comunque so cosa significa forbito non c’è bisogno che scateni il dizionario che c’è in te, dovrai resistere almeno fino a mezzogiorno per quello.”

“Beh,” rispose lei, incoraggiata dal suo atteggiamento rilassato. “Pensavo che tu, tra tutti, potessi essere in grado di stare al passo con me.”

“Accidenti, non so come dovrei prendere questo complimento. Posso chiederti perchè siamo svegli così presto? Si tratta di qualche strana tradizione Babbana?”

“In realtà, sono quasi le undici.”

“Non essere ridicola,” Draco sbuffò ma quando vide l’orologio sul comodino, le sopracciglia gli si aggrottarono di colpo. Il suo sguardo si spostò sulla fotografia che governava la scena sul piccolo mobiletto; la foto che Potter le aveva regalato, in cui la Granger e quei due inutili esseri che si portava sempre in giro stavano sorridendo alla vista di qualcosa, dall’altro lato della macchina fotografica. Il perchè, Draco non lo poteva sapere… vide le loro braccia, che circondavano la Granger con fare protettivo, come se la stessa fotografia mettesse bene in chiaro che Hermione era loro e non sua...

Quella passeggera sensazione di calma e serenità che si era sviluppata tra i due svanì così come era arrivata, e dopo aver notato un minuscolo contatto visivo tra la Granger e quel lurido Weasley nella foto che si muoveva davanti ai suoi occhi, Draco sentì il suo istintivo senso di difesa farsi strada nel suo corpo.

“Dovrei alzarmi,” brontolò a bassa voce, sedendosi sul bordo del letto. “E’ tardi.”

“Non farlo, Draco,” Hermione bloccò le sue azioni con tono deciso “Non scivolare via così. Stavamo solo parlando-

“Allora cosa vorresti che facessi?” domandò Draco, stringendo i pugni. “Fingere che tutto questo sia normale?”

“Dovremmo definire la parola normale prima di entrare nell’argomento,” sussurrò Hermione. “Torna a letto-

“Sei sempre stata una sostenitrice dei fatti, Granger,” rispose Draco,voltandole le spalle. “Perciò, eccoti i fatti; noi siamo nemici-

“Draco-

“Per rendere chiara la cosa,” continuò lui “Io sarei anche un Mangiamorte.”

“No, non lo sei-

 

“Invece è semplice,” ribattè Draco, innervosito dalla piega che aveva preso la conversazione. “Puoi analizzare la questione quanto ti pare, Granger, ma questi sono i fatti. Molte cose o sono bianche, o sono nere.”

Hermione si avvicinò cauta a lui, avvolgendogli le braccia attorno al busto.
Draco serrò le palpebre, cercando di non cedere alla dolcezza di quel gesto e di rimanere concentrato sul discorso. “Sei troppo testarda, Granger.”

“Lo stesso si può dire di te.”

“Possiamo continuare a fingere che vada tutto bene, mentre siamo rinchiusi qui, ma non ci staremo per sempre-

“Ci penseremo quando sarà il momento, allora,” propose Hermione, cauta.

“Sarebbe più saggio finirla adesso,” le rispose inespressivo Draco, e lei si sentì stringere il petto in una morsa inaspettatamente dolorosa.

“Finirò per ferirti.”

“Se non ti importa dei miei sentimenti, perché dovresti preoccuparti per questo?”

“Non ho mai detto che non mi importa dei tuoi sentimenti.”

Hermione sentì una spinta d’ottimismo scaldarle il cuore. “Allora che cosa provi per me?” domandò, tremando dal nervosismo, muovendo assentemente le dita in movimenti circolari sul suo addome. Draco pensò in silenzio, a come avesse scatenato di nuovo l’arrivo di quella domanda così spaventosa, quanto semplice. Hermione, nello stesso momento, stava pensando alla varietà di risposte che lui le aveva dato nei mesi passati insieme...non sapeva sinceramente che cosa aspettarsi.

“Non lo so,” mormorò Draco infine. “è...impossibile da definire.”

“Mi odi ancora?”

Draco rilasciò un sospiro rassegnato e alzò un braccio per strofinarsi la fronte. “No,” rispose dopo una lunga pausa. “Sarebbe certamente più conveniente se ti dicessi di sì, ma non posso dirlo, Hermione, non più, lo sai.” Dopo qualche secondo, pieno di silenzio e di sospiri nervosi, Draco le fece la stessa domanda: “E tu?”

“Tu mi piaci, Draco,” ammise lei con tono dolce, e la sua confessione sembrava talmente innocente e onesta che fu quasi dolorosa da sentire, per Draco.

“Pensavo...pensavo che fosse ovvio—”

“Io ti ferirò,” ripetè Draco, più forte. “Va bene far finta che non sia strano mentre siamo qui dentro, ma non durerà—

“Allora, penso che sarebbe più sensato, se cercassimo di trarne il meglio che possiamo, finchè possiamo” rispose Hermione, con la sicurezza che il suo ragionamento le dava. “Draco, comincio ad essere stanca, di dover sempre convincerti che questa cosa tra noi potrebbe non essere una rovina totale.”

Draco strinse i denti in una morsa, contraendo ogni muscolo del suo corpo. “E allora perchè continui a provarci?”
Hermione sospirò e sperò che la sua risposta non venisse negata dalla sua voce riluttante e spaventata: “ Perchè avevo paura che questa guerra mi avesse fatto perdere la speranza, fin dal principio,” rabbrividì e si strinse le braccia attorno al corpo. “Ma tu...tu mi hai ricordato cosa vuol dire essere allegri, e felici.”

Merlino, la sua onestà stava seriamente distruggendo la corazza che Draco cercava ancora disperatamente di tenere alzata attorno a lui.

Allo stesso tempo però, si domandò se avesse sempre voluto che questa cosa finisse davvero? Sembrava puro e semplice istinto, quella volontà che aveva di fare domande e di non essere mai pienamente convinto di ciò che diceva la Granger, solo per salvare il suo testardissimo orgoglio, ma forse c’era qualcosa di più.

Lentamente, appoggiò la mano sulla sua, come una carezza.  La sua testa si abbandonò sulla spalla della Granger, arrendendosi al suo tocco sui suoi capelli.

“Non dire che non ti avevo avvertito,” disse, con l’ultimo briciolo di decisione che gli era rimasto in corpo. “Tutto questo finirà male.”

“Può darsi,” gli concesse lei “Ma per ora, non ci sono ponti—

“Da attraversare,” finì la frase Draco, sporgendo un po’ il volto per guardarla negli occhi. “Devi sempre tirare fuori questo genere di indovinelli?”

“Sono più delle analogie,” lo corresse lei, appoggiando la guancia sul suo capo. “Allora, abbiamo finito di litigare?”

“Noi non finiremo mai di litigare, Granger.”

 

___________________________________________________________

 

Hermione seguì i solchi sulla neve lasciati dal passaggio di qualcun'altro prima di lei, e sfiorò con il braccio il tronco di un albero per darsi un minimo di stabilità.
Si sentiva in colpa per il fatto che lei potesse passeggiare così liberamente, pensando al fatto che Draco era tutt’ora costretto alla prigionia di quel minuscolo dormitorio, ma aveva proprio bisogno di una boccata d’aria fresca quel giorno.

Come al solito, il suo compagno di stanza era scivolato fuori dalla camera da letto per una doccia, e poi era sparito nella sua stanza, senza più dare alcun segno di vita. Forse l’aveva fatto per stare un po’ da solo a rimuginare sulla loro relazione e su quanto gli sembrasse assurda, oppure era soltanto andato via per recuperare qualche ora di sonno perduto… Hermione non ne aveva idea, ma non si azzardava a fare nessun tipo di domande del genere, non quando conosceva così bene il genere di sguardo che le avrebbe lanciato se ci avesse provato.

Hermione si avvolse in un incantesimo scaldante, prima di dirigersi verso una grossa roccia a forma quasi quadrata, dove si sedette ad ammirare il panorama circostante. Aveva ormai smesso di nevicare, e ad Hermione già mancava il familiare e infantile pizzicore dei fiocchi di neve che cadevano dal cielo, ma le nuvole scure quel giorno presagivano una nuova nevicata, ed Hermione si limitò a sospirare con quella piccola speranza in mente.

“Signorina Granger,” una voce matura la distrasse dai suoi pensieri. “Immaginavo che fossi qui.”

“Salve, Professoressa,” la salutò Hermione. “Si sta bene, all’aria aperta, non è vero?”

“Sì infatti, anche se preferirei avere qualcosa da fare al momento, che mi possa tenere occupata… Comunque, sembravi molto distante Hermione; qualcosa ti preoccupa?”

“Oh, non è nulla di grave,” la giovane strega scrollò le spalle fingendo indifferenza.

“Preferiresti che ti lasciassi in compagnia dei tuoi pensieri?” chiese la McGranitt, stringendosi nel suo copri spalle di flanella all passaggio di un colpo di aria gelida. “O ti andrebbe bene un po’ di compagnia che — in veste di anziana insegnante — sono disposta ad offrire?”

Hermione sorrise e batté la mano sullo spazio vuoto di fianco a lei. “Prego, si sieda pure.”

“Solo un istante,” la Preside puntò la bacchetta contro il masso su cui sedeva Hermione, evocando un incantesimo per ammorbidirne la superficie. “La mia schiena non è più così adattabile come una volta. Allora, che cosa ti turba Hermione?”

"Mi stavo chiedendo cosa stiano facendo Harry e Ron al momento, e se sono riusciti ad avvicinarsi almeno un po’ all’obiettivo," confessò lei. “E speravo anche che potessero, non so, godersi un po’ il Natale, per quanto possa essere possibile.”

“Sono sicura che il signor Weasley avrà trovato il modo di rallegrare l’atmosfera, con una battuta o una risata...dopotutto, è una dote di famiglia.” la rassicurò la preside con una risatina, mentre con lo sguardo osservava un punto lontano, forse ricordando con affetto tutti gli anni di scuola passati a sgridare ogni fratello Weasley che avesse mai messo piede ad Hogwarts.

“Non dovresti preoccuparti per loro. Se fossero nei guai o se avessero bisogno di sostegno, avremo modo di contattarli; Patronus, gufi e via dicendo.”

“Lo so,” annuì Hermione distrattamente. “Vorrei solo essere con loro.”

“Spero che tu non ce l’abbia con me per non averti permesso di accompagnargli, e per averti costretta a questa vita solitaria nel castello,” la McGranitt sospirò. “L’unica ragione che ha convinto Remus a lasciar partire i ragazzi è stata l’ultima promessa fatta da Harry; ci aveva assicurato che sarebbero andati via solo per una settimana. Se avessimo saputo che sarebbero spariti per così tanti mesi, nessuno di noi l’avrebbe permesso.”

“Io ero sicura che non sarebbero tornati dopo una settimana,” Hermione mormorò. “Harry era troppo determinato a trovare gli Horcrux, è troppo importante per lui.”

“Oh, devo ammettere che stanno andando bene, molto più di quanto avessi sperato,” sospirò la Preside. “Devi avere fede in loro, Hermione. Forse ho molto più bisogno del tuo aiuto qui, loro ce la faranno, sono sicura.”

La giovane si voltò per scrutarla, con sguardo pensieroso.

“Professoressa, mi scusi, posso farle una domanda diretta?” “Dipende dalla domanda.”

“Ecco,” Hermione cominciò, in imbarazzo. “Ovviamente le piacciono i bambini, oppure non sarebbe un’insegnante, e siete anche molto brava a dispensare consigli, quindi...mi chiedevo come mai non ha mai avuto figli suoi?”

“Ma io li ho, ho avuto tanti, tanti figli nel corso della mia vita,” la Preside continuò, divertita dall’espressione confusa sul volto di Hermione. “Alcuni mi hanno lasciato un bel ricordo, altri non proprio, ma hanno tutti un posto nel mio cuore.”

Hermione sorrise, capendo le parole dell’anziana strega. “I suoi studenti.”

“Certamente,” la McGranitt annuì. “Ed ogni tanto, arriva qualche studente ancora più eccezionale, che mi rende orgogliosa come qualsiasi altra madre.” Hermione arrossì grata per il complimento implicito, sentendo dentro di sé un’ondata di rispetto per il suo mentore. “La ringrazio, per tutto quanto.”

“Non c’è di che, Hermione.” La Preside si alzò, spazzando via qualche fiocco di neve dal suo mantello. “Ora, se vuoi scusarmi, devo incontrare il Professor Filius e Lumacorno per pranzo...ma prima che vada, vorrei chiederti un’ultima cosa.”

“Certo, di che si tratta?”

“Questa sistemazione con il signor Malfoy,” cominciò con voce misurata, ed Hermione cercò di non arrossire all’istante. “Ho notato che le cose sono...mutate tra di voi, e mi chiedevo se dovessi...preoccuparmi?”

Hermione si domandò se le sue labbra fossero troppo arrossate, o se si fosse dimenticata di nascondere uno dei lividi sul collo la cui forma poteva rimandare in modo sospetto alla bocca di Draco. Sperava che il suo linguaggio del corpo non la tradisse; le spalle che si stringevano e il tremoliò istintivo che l’aveva assalita nell’istante in cui la Preside aveva posto la domanda.

“No,” mormorò incerta, cercando di apparire rilassata. “Va tutto bene.”

Mentre la McGranitt le offriva uno sguardo leggermente più lungo del solito, si voltò e la salutò per andarsene, ed Hermione rilasciò un sospiro carico di tensione, sciogliendo il suo corpo come se fosse stato chiuso in precedenza in un nodo di ferro.

Cominciò a camminare, raggiungendo il porticato, al riparo dalla neve.

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Draco strinse la tazza di caffè appena fatto tra le mani, inalando il vapore intenso che ne scaturiva. Non aveva un sapore buono come quello della Granger, ma era comunque un risultato migliore di quelli che aveva provato a fare tempo prima...e se proprio voleva essere completamente onesto con se stesso, si sentiva stranamente orgoglioso per il fatto di essere riuscito a farsi una tazza intera di caffè senza bruciare tutto il dormitorio.
Tralasciando il fatto che avesse dovuto utilizzare un metodo Babbano per riuscirci, non si sentiva nè degradato nè stupido, semplicemente soddisfatto e rilassato al pensiero di poter riuscire a nutrirsi anche senza l’aiuto di qualcuno.

E se ci era riuscito, a parte i disastrosi tentativi iniziali, allora forse i Babbani non erano completamente ‘alieni’ come pensava…

Alzò la testa di scatto quando Hermione aprì il portone, entrando nella stanza; ricoperta di neve e con il volto tutto arrossato, ma comunque affascinante. Era leggermente preoccupante quanto Draco la trovasse attraente ora, anche avvolta nel suo piumino gigantesco e completamente infreddolita. L’unico particolare che non lo convinceva era la traccia di broncio che riusciva a vedere sul suo volto anche da quella distanza.

“Che cos’hai?” le chiese, forse un po’ troppo bruscamente.

“Niente,” Hermione sospirò con poca decisione. “Sono solo un po’ assonnata.”

“Che bugiarda,” la accusò lui, i suoi occhi attenti sempre puntati su di lei mentre si spostava sul divano. “Sei trasparente come un vetro a volte, Granger. E questa è una di quelle volte.”

“Non è nulla, davvero,” Hermione ribattè. “Forse sono solo un po’ triste perchè è passato il Natale. Gennaio sembra sempre così...diverso.”

“Non è ancora Gennaio.” commentò Draco, alzandosi dallo sgabello per raggiungerla. “Natale è appena passato, ieri.”

“Lo so,” annuì Hermione. “Ma so che quest’anno sarà terribile e io...vorrei che le cose fossero diverse.”

“Diverse..” ripetè Draco, pensando a quella parola con sguardo attento. Si sporse per catturare tra le dita un riccio che penzolava sulla fronte di Hermione. “Intendi che vorresti poter essere con Potter e Weasley.”

Hermione si avvicinò, abbandonandosi a quel tocco gentile. “Mi mancano,” confessò triste, “Come probabilmente a te manca la tua famiglia. Ma io..” Hermione non finì la frase e Draco notò un leggerò rossore spuntare sul suo viso. “Non vorrei mai...cancellare quello che è successo qui, tra di noi. Anche se significasse poter ricongiungermi con loro.”

Una spaventosa, pericolosa scossa di qualcosa che somigliava all’affetto lo colpì nello stomaco, e Draco continuò a giocherellare con la ciocca di capelli che teneva tra le dita.

“Cosa pensi che farebbero, se sapessero di noi?” “Non ne ho idea,” mormorò Hermione, chiudendo gli occhi e abbandonandosi sempre di più alla vicinanza del ragazzo. “Penso che urlerebbero e non mi parlerebbero per un po’, ma poi spererei che il loro amore per me li facesse capire, prima o poi, quello che provo e le mie ragioni. Comunque, mentirei se dicessi che loro non ti disprezzano.”

“E il sentimento è reciproco.”

“Anche tu mi disprezzavi un tempo,” disse Hermione, voltandosi e prendendosi un momento per ammirare gli occhi argentati del ragazzo. “E i tuoi amici, cosa farebbero loro se sapessero di me?”

“Granger, sappiamo entrambi che non sono i miei amici il problema,” disse Draco, muovendo le dita attorno alle frange del suo maglione. “I miei genitori mi rinnegherebbero, e non vedrei nemmeno un briciolo della mia eredità. Sai benissimo tutto questo. Sicuramente ti ricordi cos’è successo ad Andromeda.”

“Si, certo,” rispose lei, sfiorandogli il mento con tocco delicato. “Ci sono cose più importanti del denaro e della reputazione.” Le labbra di Draco schioccarono, con scetticismo.

“Forse nel tuo mondo, Granger.”

 

 


 

 

Qualche sera dopo, Hermione realizzò di aver perso il senso del tempo. Draco era più calmo e meno turbato, dopo l’uscita al lago la sera della Vigilia, ed Hermione non riusciva ad evitare di trarne un vantaggio, almeno per quanto riguardava la sua propensione alla vicinanza corporea, cosa che in questi giorni Draco approvava senza particolare resistenza.

Era rimasto nel suo letto la mattina in un paio di occasioni, ma Hermione non riusciva a capire se si trattasse solo di comodità o se davvero Draco desiderasse stare con lei il più possibile, come lei desiderava stare con lui.

Quella sera, i due ragazzi erano abbracciati sul letto di lei, Hermione coricata sul suo torso, mentre Draco dietro di lei, stringeva tra le mani un libro, avvolgendola tra le braccia. Attorno a loro, un doppio strato di coperte di lana proteggeva i due dal freddo che si estendeva tra le ampie mura del castello, e un lieve fischio fuori dalla finestra spaventò Hermione, che si strinse di più al petto di Draco. Lui non sembrava scocciato, lasciandosi solo sfuggire una risatina. Hermione girò la pagina di scatto per dispetto e Draco le pizzicò il fianco, ritrovando la pagina giusta.

“Non avevi già finito di leggerla questa pagina?” chiese Hermione, fingendo un tono innocente.

“Granger,” borbottò Draco, schiarendosi la gola impastata dal sonno, “Riesci ad essere straordinariamente irritante quando ti ci metti, sai?” Hermione sorrise, soddisfatta. “E cosa te lo fa pensare?”

“Intendi dirmi che la scelta del libro da leggere non è stata affatto intenzionale da parte tua?”

“Forse ho scelto senza pensarci, come fossi nel mio subconcio,” continuò Hermione divertita.

“Cazzate,” la accusò, divertito suo malgrado. “Due nemici che si accoppiano in segreto? Questa trama è tutt’altro che sottile, Granger.”

“Si da il caso che questo libro sia un classico della letteratura Babbana,” gli disse lei, voltandosi e dandogli un veloce bacio all’angolo delle labbra. “Posso girare la pagina?”

“Prego,” annuì Draco, restituendole un bacio in un punto particolarmente sensibile dietro all’orecchio. “Anche se mi sento di dire che questo tipo, questo Romeo è un po’ un coglione.” “Come mai?” “Beh, all’inizio era ossessionato con quella Rosalina,” cominciò a spiegarsi Draco, con tono critico. “Poi sposa questa Giulietta dopo averla conosciuta solo due giorni prima. E’ un coglione totale.”

“Concordo, la dinamica del loro incontro è molto veloce,” Hermione rispose, pensandoci su. “Ma il concetto di Romanticismo era molto diverso all’epoca,”

“Intendi dire che era poco realistico,” disse Draco. “Detto questo, sono abbastanza curioso di arrivare alla parte dove si uccide.”

Hermione alzò il sopracciglio confusa. “Come fai a sapere che si ucciderà?”

“E’ quel pezzo, all’inizio,” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Dove dice ‘A pair of star-crossed lovers take their life', praticamente ti mostra tutta la trama in un secondo, Granger.”

“Ah, guastafeste.”

“Non incolpare me,” ribattè Draco, posando le labbra sul collo di Hermione. “Incolpa l’autore.”

Un violento colpo improvviso rimbombò nella stanza, seguito da un’esplosione di luce intensa fuori dalla finestra, facendo saltare entrambi i ragazzi sul posto. Hermione si mise una mano sul petto e Draco la strinse istintivamente, per proteggerla da qualsiasi cosa fosse.

Un’altro lampo di luce colorata scoppiò oltre il vetro delle finestre, ed Hermione notò le scintille rimanenti scendere verso il terreno.

“Fuochi d’artificio,” sospirò, sollevata. “Merlino, ho quasi perso dieci anni di vita!”

“L’ho notato,” la prese in giro Draco, rilasciando la morsa attorno ad Hermione. “Apri la finestra, vediamo cosa è riuscito a produrre il professor Flitwick quest’anno.”

Hermione lo fece, andandosi poi a sedere di fianco a Draco. Adorava i fuochi d’artificio magici, così diversi dal tipico spettacolo Babbano, e Flitwick non falliva mai nel dimostrare la sua fantastica creatività.

“Dev’essere la vigilia di Capodanno,” mormorò lei, comprendendo la situazione. Si voltò e notò dall’orologio che mancava esattamente un minuto alla Mezzanotte. “Baciami,” esclamò all’improvviso. Draco si voltò per guardarla, e i suoi occhi si strinsero sospetti davanti a quella reazione improvvisa. “Che cos—” “Baciami, ti spiegherò più tardi,” ripetè Hermione, stavolta con più urgenza nel tono. Afferrò dolcemente ma con decisione il volto di Draco tra le mani e lo spinse a se, unendo le loro labbra, e i loro destini, cercando di credere alla superstizione con tutta se stessa.  

Draco, inizialmente esitante, la strinse dopo poco verso di se, posizionandola sul suo grembo e accarezzandola dolcemente dietro la schiena, un gesto che fece rabbrividire Hermione, con un’intensità inaspettata. Gemettero entrambi rilasciando un sospiro agitato, quando le loro labbra si aprirono e lasciarono che il loro bacio si intensificasse, incollando i loro corpi gli uni agli altri.

Entrambi non l’avrebbero mai ammesso, ma avrebbero tranquillamente potuto rimanere così per ore.

Quando si separarono, Hermione eliminò l’improvviso senso di mancanza guardando l’orologio, scoprendo che il suo intento era riuscito. Era mezzanotte.

Si voltò a guardare Draco, notando gli scintillii colorati riflettersi nei suoi occhi chiari, in attesa di una spiegazione.

“Che cos’è stato?” chiese, confuso.

“E’ una tradizione Babbana,” spiegò Hermione, cercando di non farla sembrare una cosa sciocca agli occhi di Draco. “Significa...che voglio passare l’anno con te...significa che tu sei importante in questo momento...significa…” Hermione sospirò. “Non significa nient’altro. E’ solamente qualcosa che noi Babbani facciamo sempre quando possiamo il giorno di Capodanno.”

Vedeva benissimo che il Serpeverde di fronte a lei non era totalmente soddisfatto dalla sua spiegazione, come se percepisse che c’era qualcosa di più, ma non disse niente e nemmeno Draco.

“I Babbani sono davvero strani,” concluse, gesticolando verso di lei per indicarle di ritornare alla posizione in cui erano prima, con lei avvolta nel suo grembo. “Andiamo Granger, sono abbastanza curioso di sapere che cosa succederà a quei due sfortunati amanti del libro.”

Hermione a malapena riuscì a sopprimere un brivido di tristezza. “Sai già cosa succede...moriranno.”

 

 


 

 

Hermione lasciò scivolare le sue dita tra le pagine dell’enorme libro che stava consultando, cercando disperatamente tra le righe qualsiasi parola che potesse rimandarla agli Horcrux. Prese in mano altri due libri, per sicurezza, e uscì dalla stanza, tornando verso il dormitorio.

Quella mattina si era svegliata sola, e aveva deciso che fosse il momento migliore per fare una breve ricerca in libreria, lasciando a Draco tutto il tempo che gli serviva per riemergere dalla sua stanza.

Le vacanze invernali non erano ancora terminate, così i corridoi erano praticamente deserti, fatta eccezione per i respiri affannati di Hermione e lo scalpiccio dei suoi stivaletti.

Poi vide una figura avvicinarsi e, a mano a mano che i suoi contorni si facevano più definiti, riconobbe la professoressa McGranitt. Camminava talmente veloce verso di lei, che sembrava quasi una corsa, con il cappello elegante sulla testa che le ondulava ad ogni passo.

“Signorina Granger, eccola finalmente!” la Preside ansimò, pronunciando quelle parole a fatica. “Devo parlarle.”

Ansia e apprensione comparvero istantaneamente in quel minuscolo scambio, ed Hermione si sentì improvvisamente pesante, sotto il peso della cattiva notizia che stava per uscire dalla bocca dell’anziana strega.  

“Qualcosa non va?”

“Temo di sì, signorina Granger,” ammise la donna, con tono grave. “Andiamo nel mio ufficio, ti spiegherò tutto.” Hermione non ebbe il tempo di protestare, seguendo a ruota i passi decisi della McGranitt, ma non rinunciò ad insistere. “Di che si tratta, Professoressa?”

L’unica risposta che ricevette fu il totale silenzio, accompagnato dal suono dei loro passi frenetici. “Professoress—”

“Devo mostrartelo,” la chiamò, oltre le sue spalle. Il cuore di Hermione non si trovava più nel petto ormai, ma incastrato in gola, pulsante come una bomba pronta a scoppiare.

Entrarono nell’ufficio e la McGranitt indicò la sedia di fronte a lei con dita tremolanti. “Siediti.” “Preferisco stare in piedi. Che cosa è successo? Mi sta spaventando!”

La McGranitt le offrì un breve cenno di scuse prima di porgerle la prima pagina della Gazzetta del Profeta del giorno. Hermione la prese, cercando di calmarsi a sufficienza per poter riuscire a distinguere le macchie bianche e nere che vedeva impresse nella pagina di fronte a lei. Scorse brevemente i titoli e si focalizzò su una scritta pesante, al centro della pagina, quasi non riuscendo a capirne il contenuto, non subito almeno….le ci volle qualche secondo per riuscire a comprendere la gravità di quello che aveva appena letto.

Alzò lo sguardo verso la Preside, sentendo le lacrime affiorare prima di poterle fermare. “Tutti-...sono tutti morti?” “Sì,” rispose la professoressa.

“Mi dispiace molto Hermione, ma credo che sia arrivato il momento.”

 

A/N: Scusateeee! Ci ho messo una vita mi dispiace moltissimo! L’ho ripresa in mano oggi e ho finito all’istante questo capitolo, non volendo sprecare tempo in più, perciò scusate se vedete qualche errore di battitura :) Spero che non mi odiate! Io vi voglio tanto bene per tutti i bellissimi commenti che mi avete lasciato!

A presto stavolta!

Alice

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Capitolo 20
*** Lacrime. ***


A/N: Dopo ventimila ere geologiche, ho ritrovato questo file sul mio drive, ed ora eccomi qui con il ventesimo capitolo tradotto! Sono sicurissima che molte persone saranno giustamente andate avanti con la propria vita, dimenticandosi di questa storia, ma spero che qualcuno ancora ci sia e che possiate apprezzare questo aggiornamento! Mi scuso per essere sparita, non ho mai trovato il tempo di ripescate questa piccola impresa, ma vorrei vederla completa un giorno, chissà ;)
Vi lascio qui la nota dell’autrice originale tradotta, come penso farò d’ora in poi, perchè mi sono ricordata che suggeriva moltissime belle canzoni all’inizio di ogni capitolo, così potrete avere un’esperienza completa nella lettura di questa fanfiction.

Trad. “Se posso suggerire una canzone, e ho il sospetto che si tratti di un brano già molto apprezzato tra di noi fan, visto che è presente nella colonna sonora di Deathly Hallows parte 1. Penso che la conosciate già, “O Children” di Nick Cave. Adoro questa canzone, e non appena ho scoperto che era entrata a far parte del film...gahhh...orgasmo mentale. Nonostante io sappia che l’interpretazione della canzone sia un po’ oscura, ho sempre pensato che parlasse di quanto i figli degli adulti siano sempre le vittime innocenti di qualsiasi guerra, perciò penso si adatti bene a questo nuovo capitolo. Se qualcuno avesse altre idee, mi faccia sapere nei commenti!”
 



Chapter 20: Lacrime
 
Hermione lesse il paragrafo sul giornale per quella che sembrava essere la centesima volta, incapace di mettere a fuoco le parole, di comprenderle.

Il suo sguardo era incollato su una fotografia in particolare tra quelle che riempivano la prima pagina; ritraeva la famiglia Finch-Fletch leys —i genitori di Justin— in posa davanti alla stazione di King’s Cross appena un paio d’anni prima, quando lei stessa li aveva visti per l’ultima volta.

Alzò il mento e mise a fuoco a fatica il volto provato della professoressa McGranitt, sulla lingua una domanda fondamentale, ma impossibile da pronunciare.

“Justin è—”

“È vivo,” si affrettò a rispondere lei. “Era in visita dai suoi nonni durante l’accaduto.”

“Oddio, Justin,” Hermione faticò a reprimere un singhiozzo. “S-sarà devastato…”

Lo sguardo le si posò sulle altre fotografie del giornale, le persone ritratte sorridenti, in movimento, quasi impossibili da fissare a lungo. Ognuna di quelle foto raffigurava coppie felici e gioiose, mariti e mogli Babbani, sorrisi che — alla luce degli ultimi eventi —  nascondevano il peso della consapevolezza del loro futuro.

Ogni singola persona, ogni vita vissuta, sparita in una sola settimana...tra Natale e Capodanno.

L’articolo di giornale non si era risparmiato nemmeno nel descrivere le cause del decesso, anticipato da ore ed ore di maledizione Cruciatus, quando anche gli ultimi sospiri estratti non servirono più, le loro vite non più utili. Dispensabili.  

Hermione non conosceva di persona quelle famiglie, ma era a conoscenza delle loro storie.

“Sono tutti genitori di ragazzi nati Babbani, non è vero?” domandò, senza alcun bisogno di sentirne la risposta.

“Sì,” la McGranitt annuì, faticando a sostenere lo sguardo della giovane. Hermione non riuscì a ricordare un momento in cui la sua professoressa di sempre avesse mai faticato tanto nel mantenere la sua statuaria compostezza.

“C’è stata anche un effrazione alla residenza dei Creevey, sicuramente anche loro presenti nella lunga lista di Babbani da eliminare. Per un caso fortuito, l’intera famiglia si trovava in viaggio, riuscendo a sfuggire all’attacco.”

Hermione osservò un’immagine che prima non aveva notato; due ragazzini, non più grandi di quindici anni, frequentanti la scuola di magia in Galles, Bryn Glas. Una lacrima si depositò sui loro volti ingialliti dalla carta, deformandone i contorni.
 
Torturati e uccisi, insieme ai genitori.

“Sono così giovani—” mormorò. “Troppo giovani.”

“Fatico a comprendere che sia accaduto realmente,” la McGranitt posò la mano sulla spalla di Hermione, stringendo leggermente le dita ossute, una calda, ferma rassicurazione silenziosa. “Nessun essere umano può mai dirsi preparato a questo genere di orrori, nemmeno quando li ha già visti accadere una volta. I Mangiamorte—, non pensavo potessero arrivare a tanto, ancora una volta.”

“Dovremmo poter fare qualcosa,” Hermione faticò ad alzare la voce, “Dovremmo avere un piano—”

“C’è solamente un piano di cui vorrei discutere con te al momento,” la interruppe la Preside. “Si tratta del piano che tu stessa mi hai proposto, appena due settimane dopo l’inizio dell’anno scolastico.”

“Intende il piano di Obliviare i miei genitori e fare in modo che fuggano dal paese.” Hermione confermò le parole della Preside, lo sguardo fisso fuori dalla finestra appannata dalla pioggia, le dita tremanti e il volto pesante, denso di lacrime. “Ricordo perfettamente il piano.”

La McGranitt trattenne il respiro. “Hermione—”

“Hanno sempre voluto visitare l’Australia,” la interruppe lei, distante, le parole pronunciate quasi senza alcun suono. “Penso...penso che sarebbero al sicuro laggiù.”

“Comprendo che non sia una decisione facile,” l’anziana strega corrugò la fronte, sostenendo lo sguardo di Hermione con i suoi occhi pungenti, celati in maniera quasi impercettibile da un velo di lacrime. “Ma la situazione sta degenerando, senza alcun controllo. Al momento, temo che non potremmo fare altro per mettere al sicuro—”

“Speravo di non dover arrivare a questo,” confessò Hermione, lasciando che nuove lacrime le scivolassero sul viso. “So che questa è l’opzione più sicura, è molto meglio per loro non sapere...ma è...la cosa più difficile che abbia mai immaginato di dover fare.”

“Hermione,” la Preside strinse la presa sulla spalla della giovane, camminando in fronte alla sua figura incurvata per poterla accogliere in un raro abbraccio. “Forse potrebbe esserci una via alternativa, forse potremmo—”

“No,” replicò Hermione, la sua risposta attutita dalla pesante mantella di lana della Preside. “No, devo essere io a farlo. Sono i miei genitori, lo sono ora e lo saranno sempre.” Esitò per un secondo sull’ultima parola, portandosi istintivamente un dito verso le labbra, torturando nervosamente l’estremità di un unghia, come faceva da piccola nei momenti in cui perfino le parole non sapevano descrivere il suo stato d’animo.

“E così sia. Farò tutto ciò che è in mio potere per poterti essere d’aiuto, Hermione,” la McGranitt promise, allentando la presa sul loro abbraccio e scrutando la giovane strega con infinita ammirazione. “Comprendo la difficoltà che questo gesto comporta, ma devo dirti Hermione che sarebbe più saggio poterlo fare il più presto possibile.”

Hermione faticò a rilasciare un singhiozzo. “Quanto presto?”

“Domani,” annuì la Preside con un sospiro. “Alle prime luci del mattino, prima ancora che sorga il sole. Avevo pensato alla possibilità di poter partire questa sera, ma non credo tu sia nelle condizioni migliori per eseguire un incantesimo così potente, nonostante le tue capacità…”

“Sì, certamente…” Hermione annuì assente, “Lì convincerò instillando in loro il desiderio di trasferirsi in Australia, gli darò una nuova identità, farò in modo che— che si dimentichino di me…”

"Hermione, tu sai che una volta messo in atto l’incantesimo, non potrai dire a nessuno dove trovarli, nemmeno a te stessa."

"Lo so."

"Hermione," la Preside sospirò, incontrando lo sguardo della giovane strega. “Se solo ci fosse un’altra opzione per garantire la sicurezza dei tuoi genitori—”

“Ma non c’è,” disse lei. “Va bene, Professoressa. Sapevo quali fossero i rischi quando le ho esposto il piano. So cosa sto facendo.”

La McGranitt abbassò il viso, abbattuta. “Molto bene,” dichiarò. “Se ti presenterai nel mio ufficio domani mattina prima delle sei dovremmo riuscire a farti uscire dal castello inosservata. Ci Materializzeremo—”

“Qualsiasi cosa, farò quello che serve.” Hermione mormorò, ritrovandosi senza alcuna forza per dire altro. “Dovrei—dovrei andare…”

“Vorresti rimanere ancora per poco? Per riuscire a riprenderti?” la Preside offrì un posto sulla vicina poltrona con mani tremanti. “Forse una tazza di tè e dei biscotti potrebbero—”

“Aiutarmi? Non credo, Professoressa.”

“Lasciami almeno offrirti qualcosa da mangiare, sembri aver perso parecchia energia—”

“Sto bene,” ribattè Hermione, alzandosi a fatica dall’antico sgabello cigolante. All’improvviso, l’enorme ufficio della Preside sembrava essersi ristretto irreparabilmente, stringendo Hermione in una morsa fatale, così come i suoi polmoni riuscivano a stento ad espandersi nel petto. “Dovrei ritirarmi, ripassare l’incantesimo, e dovrei—dovrei…”

“Hermione,” disse la McGranitt alle sue spalle, prima che potesse uscire da quella stanza buia e asfissiante. “Andrà tutto bene.”

Hermione trasalì alle parole d’incoraggiamento, e si chiese cosa spingesse le persone ad augurarsi così prontamente promesse tanto futili e inconsistenti nei momenti più bui. Lei era una persona troppo razionale per poter anche solo tentare di rimanere ottimista, e sapeva benissimo che la possibilità che l’incantesimo della Memoria potesse essere rimosso era pari al cinquanta percento, senza inoltre considerare la possibilità che la guerra fosse vinta dalla metà giusta, e che lei riuscisse effettivamente a ritrovare i suoi genitori, in un futuro talmente lontano che immaginarlo era quasi impossibile.

Il dubbio più atroce era un’altro; se lei fosse morta in questa guerra, i suoi genitori avrebbero mai, anche solo in un infinitesimale angolo del loro cuore, sentito la sua mancanza?

“Sarò puntuale domani, Professoressa.” mormorò Hermione. “Buonanotte.”

Hermione si precipitò fuori dalla stanza prima che la McGranitt potesse trovare altri modi per consolarla, le gambe che a fatica la reggevano in piedi in una corsa disperata verso il dormitorio.

Corse attraverso i corridoi deserti, noncurante delle ombre sinistre e dei sospiri che il vento rilasciava attraverso le antiche mura. Arrivata di fronte al portone, borbottò incoerente la parola d’ordine, grata che l’incantesimo avesse colto le sue parole al primo tentativo.

Si chiuse la porta alle spalle con un colpo secco, sconvolgendo per un terrificante secondo le vetrate di tutto il dormitorio. Hermione trattenne il fiato, sperando che Draco non si insospettisse ed emergesse dalla sua stanza.

Finalmente sola, si strofinò gli occhi noncurante del rossore che già le bruciava il viso appesantito dagli eventi che una singola testata di giornale era riuscita a provocare. Si strinse le dita dietro la nuca, sforzandosi di non piangere, sforzandosi di respirare...

Era così arrabbiata con se stessa; questa sua idea, tanto semplice quanto impensabile… avrebbe dovuto prepararsi meglio all’eventualità che arrivasse questo momento, il momento in cui avrebbe dovuto dire addio ai suoi genitori per sempre…

Il peso di ciò che stava per fare formò una morsa asfissiante sul suo cuore, ed Hermione si chinò in avanti, cercando di trovare un senso a tutto ciò.
Tutti coloro che possedevano un posto nel suo cuore se ne stavano andando uno dopo l’altro, Harry, Ron, i suoi genitori… Era impensabile pensare a quali nomi si sarebbero aggiunti alla lista di lì a poco…

“Granger?” la voce di Draco la scosse dai suoi pensieri. “Che cosa fai lì al buio?”

Hermione si raddrizzò, cercando di asciugarsi le lacrime senza che gli occhi di Draco percepissero il movimento.

Si trovava sul ciglio della porta, studiandola con occhi sospettosi che la fecero sentire vulnerabile e completamente spoglia di fronte a lui, come se potesse leggere, anche solo guardandola, tutto quello che lei stava tentando disperatamente di nascondergli.

“Nulla,” sussurrò lei, schiarendosi la gola non senza attirare una leggera alzata di sopracciglio da parte del giovane che le stava di fronte. “Nulla, io stavo solo—

“Non sembra così irrilevante come dici,” Draco commentò, insicuro su quanto potesse scavare senza che Hermione si indurisse a tal punto da impedirgli di scoprire qualunque cosa fosse successa. “Mi è sembrato di vedere delle lacrime sul—”

"No,” ribatté lei all’istante. Troppo velocemente. Evitò il suo sguardo inquisitore e si avvicinò alla sua stanza. “Devo occuparmi di alcune cose—”

"Un momento,” rispose Draco, più svelto nel raggiungere la porta. “Mi stai nascondendo qualcosa—”

"Lasciami passare—”

"No," rispose lui, deciso. "Non mentirmi—”

"Draco, lo giuro," lo avvisò lei, seppur con voce debole. "Se non mi lasci passare—”

"Dimmi soltanto che cosa ti è accaduto," persistette lui, tentando di immettersi tra lei e la parete. "Qualcuno ti ha fatto del male? Sei stata ferita?"

"No, Draco," Hermione scosse la testa, indietreggiando. "Spostati, ti prego—”

"Non finchè non mi dici che cosa è successo—”

"LASCIAMI ANDARE!" urlò lei, scacciando via la mano di Draco appoggiata alla maniglia. "PERCHÉ NON VUOI ASCOLTARMI?"

"Si può sapere qual’è il tuo problema?" urlò di rimando lui, la confusione negli occhi. "Ho soltanto chiesto—”

"Non farlo!" ribatté lei, approfittando della distanza di Draco dalla porta per riuscire ad entrare nella sua stanza. “Vorrei soltanto essere lasciata sola—”

"BENE!" Draco ribatté a voce più alta dall’altra parte della parete, il suo tono acceso dalla sensazione di rifiuto. “SE VUOI RIMANERE SOLA, ALLORA RIMANI CHIUSA LI DENTRO SENZA DIRE UNA PAROLA! PERFETTO!”

Hermione sbattè la porta con un colpo definitivo, mormorando sottovoce un incantesimo silenziatore. Sentiva che la tristezza provata poco prima nell’ufficio della Preside stava ritornando, più intensamente di quanto potesse immaginare; Draco non avrebbe mai potuto comprenderla.

Non poteva affrontare anche lui in questo momento; doveva concentrarsi al massimo sulla questione più importante, perciò rifiutò che i suoi pensieri si impantanassero ulteriormente, non quando sua madre e suo padre stavano per dimenticarsi per sempre della sua esistenza.

Priorità, priorità, priorità.

Inspirò a fatica, sentendo le prime lacrime porsi sulle sue guance ancora umide. Cercò di ignorare l’istinto di soccombere alla propria debolezza e afferrò il libro di incantesimi, sfogliando le pagine con dita tremanti.

Aveva letto quei volumi antichi milioni di altre volte, i paragrafi sbiaditi dal tempo, le pagine dalle orecchie piegate e consunte dal passaggio di ogni studente nel corso del tempo, con la presunzione di conoscere ad occhi chiusi qualsiasi formula.

Quella sera, tuttavia, nessun incantesimo sembrava rimanere impresso nella sua memoria per più di pochi secondi, ogni passaggio sfocato davanti ai suoi occhi lucidi, letto un milione di volte senza mai acquisire un significato.

Hermione fece tutto il possibile per rimanere composta e concentrata, nonostante alcune lacrime testarde tradissero il suo tormento.

Quando, a mezzanotte, decise di aver fatto tutto il possibile per prepararsi, si rifugiò sotto al piumone senza neanche trovare la forza per spegnere la luce.
I suoi movimenti, apatici e inerti, mentre cercava di riporre il pesante libro sul tavolo a fianco del letto, si interruppero di scatto mentre Hermione rilasciava l’ultimo sospiro carico di pianto di quella serata.

Strinse le palpebre, cercando di non pensare al fatto che i suoi genitori si sarebbero dimenticati della sua esistenza entro sei ore...

La sua mente scivolò alla sua conversazione con Draco, quasi accidentalmente, chiedendosi se avrebbe potuto far andare le cose diversamente.
Non sapeva se avesse fatto la scelta giusta ad allontanarlo, ma ciò di cui era certa era che quella notte più che mai, la solitudine sarebbe tornata a farle visita.
 
***
 
Draco picchiettò nervosamente le dita contro il ruvido legno della scrivania.

Lo scontro con la Granger lo aveva lasciato in uno stato di inspiegabile frustrazione, costringendolo ad attraversare futilmente la minuscola stanza da letto a grandi passi, avanti e indietro, in un inutile tentativo di sfogo.

Non sapeva quale parte del loro scambio assurdo lo avesse innervosito di più; il modo in cui lei lo aveva trattato, o il fatto che non avesse la più pallida idea del perchè la Granger fosse tornata nel loro dormitorio in quello stato.

Diamine, quanto avrebbe voluto avere con sé la sua bacchetta in quel momento.

Gli sarebbe bastato un semplice incantesimo per poter scavalcare quell’inutile porta chiusa e pretendere una spiegazione, nonostante ancora cercasse di nascondere a sé stesso il forte senso di protezione che si celava dietro questo suo bisogno di risposte.

La sola idea che qualcuno potesse averle fatto del male, fisicamente o emotivamente, lo scaldò a tal punto da fargli pulsare il sangue nelle vene.
Non aveva idea da dove venisse questo intenso bisogno di sapere se la Granger fosse in pericolo, ma lo stava facendo impazzire.
Aveva bisogno di sapere chi, o cosa, l’avesse sconvolta a tal punto da impedirle di parlare con lui.

Doveva saperlo.

I suoi occhi glaciali studiarono amareggiati la sua stanza vuota.

Aveva passato sempre meno sere da solo nella sua stanza e quando accadeva, si trattava di una decisione volontaria, dettata dal buonsenso e dalla necessità di separarsi almeno per un momento dalla presa che la Granger aveva sulla sua sanità mentale.  

Le proteste nella sua mente si facevano sempre più flebili col passare del tempo, e il pensiero di passare la notte in completa solitudine quella sera, lo fece sentire freddo e irrigidito.

Appoggiò con rassegnazione la fronte alle nocche e rilasciò un pesante sospiro.

Ebbe come la sensazione che quella notte gli incubi sarebbero tornati a fargli visita.
 
***
 
Il colore del cielo mattutino attraversava una tenue sfumatura di viola, nell’esatto momento in cui la McGranitt le materializzò entrambe all’inizio della strada dove Hermione aveva passato tutta la sua infanzia.

Si riusciva a sentire il cigolio distante della bicicletta che consegnava i giornali, le voci soffuse e sovrapposte delle massaie che si salutavano dalle rispettive finestre, il borbottio irregolare del vecchio furgoncino che distribuisce il latte nel quartiere.

Il pesante strato di neve che si adagiava su qualsiasi cosa, il pallido grigiore di quella fredda giornata, e il dolore che scalfiva il suo cuore, quasi impedirono ad Hermione di compiere i suoi prossimi passi.

Scorse la sua casa al di là della strada, sorpresa nel vedere le luci della cucina già accese a quell’ora del mattino. Sapeva che i suoi genitori erano persone mattutine, ma in cuor suo, avrebbe sperato di poter compiere la sua missione mentre si trovavano ancora immersi in un profondo sonno inconsapevole.

"Sei sicura di potercela fare, Hermione?" le chiese la Preside, il volto coperto da un pesante mantello scuro.

"Sono sicura," annuì Hermione, lo sguardo fisso verso la porta principale

La McGranitt sospirò, stringendo la spalla di Hermione. “Molto bene,” disse. “Rimarrò in questa posizione, per quando sarai di ritorno. Se hai bisogno di aiuto, se senti di non potercela fare da sola—”

“Ce la farò,” rispose Hermione. “Tornerò presto.”

Inspirò a lungo, fino a riempirsi i polmoni della gelida aria mattutina, prima di materializzarsi nella sua camera da letto con un colpo secco.

Ogni cosa era come l’aveva lasciata l’ultima volta; il suo letto perfettamente piegato, la sua fedele coperta di pile colorato ai piedi del letto, gli unici libri che non si trovavano nel suo dormitorio ad Hogwarts, impilati in una pila ordinata sul comodino.

Hermione si leccò le labbra distrattamente, studiando i poster rimasti attaccati alla testata del suo letto sin da quando aveva dodici anni, e l’ostinata macchia di succo di frutta rimasta impressa sulla moquette, reduce dal momento in cui aveva scoperto di possedere poteri magici.

L’intera stanza era piena di ricordi, pensieri del passato.

Il pensiero sconvolgente di quello che stava per fare fu interrotto da un movimento ai piedi del suo letto.

“Crooks,” sussurrò lei, la voce carica di affetto, inginocchiandosi e prendendo in braccio il morbido gatto, stringendolo al petto. “Mi sei mancato, piccolo.”

Il gatto color carota acceso strusciò il muso contro la sua guancia, le sue fusa un sottofondo nostalgico che la riportarono alle lunghe serate d’estate, passate nell’attesa del ritorno ad Hogwarts.

"Tornerai a vivere con me al castello," gli disse, ponendogli un leggero bacio in mezzo alle orecchie prima di sentire i passi dei suoi genitori al piano di sotto. “Ora ho bisogno che tu esca, Crooks, va bene? Ti verrò a prendere presto, coraggio vai...”

Hermione adagiò Crookshanks sul piumone, osservandolo mentre saltellava via dalla stanza con movimenti languidi e silenziosi. Diede un ultimo sguardo alla sua camera e si diresse verso il corridoio, trattenendo a stento le lacrime.

Attuò un incantesimo silenziatore per celare i propri passi, scendendo le scale, accarezzando con la punta delle dita le vecchie fotografie appese al muro.
Le voci dei suoi genitori trascinarono Hermione come un incantesimo verso il salotto.

Il sottofondo familiare del notiziario televisivo riempì istantaneamente la stanza, ed Hermione si voltò verso il salotto, trovando i suoi genitori seduti sul divano, mentre si versavano il solito the mattutino e ascoltavano le ultime notizie.

L’odore di toast bruciacchiato le riempì le narici, ricordandole quanto potesse essere maldestro suo padre a volte — soprattutto nel preparare la colazione — e di come sua madre mangiasse tutto senza lamentarsi perché gli voleva troppo bene per farglielo notare.

Hermione esitò sul ciglio della porta, paralizzata dall’angoscia. Cercò di scacciarla via, per avere la mente il più libera possibile. Voleva farlo subito, prima che potessero accorgersi della sua presenza e imprimere i loro sguardi confusi per sempre nella sua memoria.

Finalmente, alzò la mano tremante e strinse la presa sulla bacchetta, preparandosi.

“Vi amo così tanto, così tanto—” sospirò, la sua voce coperta dal volume della televisione. Una singola lacrima si fece strada sul suo viso nell’esatto momento in cui Hermione chiuse gli occhi e si concentrò sull’incantesimo con tutta la forza che possedeva.

"Obliviate."

Non avrebbe voluto farlo, ma non riuscì a non aprire gli occhi subito dopo; vide scomparire se stessa dalle fotografie appoggiate al caminetto quasi all’istante, come se potesse fisicamente sentire se stessa rimossa dalla memoria dei suoi genitori.

Sapendo di aver a disposizione solo pochi minuti prima che la loro nuova memoria prendesse forma e nuove informazioni si creassero, Hermione rimase comunque pietrificata vicina alla porta del salotto.

La tentazione di sporgersi verso di loro e dargli un ultimo abbraccio d’addio era talmente forte, e ci volle ogni briciolo di autocontrollo per riuscire a staccare gli occhi da quella scena.

Hermione si poggiò una mano sulla bocca e accarezzando l’aria, la sporse verso i suoi genitori. “Prometto che vi troverò quando tutto sarà finito.”sospirò, voltandosi e chiudendo la porta d’ingresso alle sue spalle.

Era tutto finito.

Niente più famiglia. Niente più Harry e Ron. Guerra.

Cercò di crollare al suolo al pensiero di non avere più una famiglia che sapesse di lei e le volesse bene, il pensiero di aver dovuto dire addio alla sua infanzia così
bruscamente…

Crookshanks la aspettava paziente seduto sul muretto d’ingresso, il muso leggermente piegato quasi mostrando preoccupazione.

Piegandosi per accoglierlo tra le sue braccia, lo strinse come non mai, mentre si voltava a guardare per l’ultima volta la sua casa. Sentiva che il suo corpo non avrebbe potuto sopportare ancora per molto i suoi gemiti soppressi, ma vedendo la McGranitt che la aspettava in fondo alla via, decise di aggrapparsi a tutta la forza che aveva in corpo per non crollare.

“È stato molto veloce,” la professoressa commentò, estendendo il braccio e dando a Crookshanks un leggero buffetto. “Com’è andata?”

“Bene,” rispose Hermione. “È andato tutto come previsto.”

“Come ti senti?”

“Sto bene”, mentì, alzando il mento per dare più convinzione alle sue parole. “Dovremmo tornare indietro prima che qualcuno possa vederci.”
 
***
 
Hermione si scusò velocemente e corse verso il dormitorio, cercandi disperatamente un po’ di solitudine, per allontanarsi il più possibile dallo sguardo pieno di pena e commiserazione che la McGranitt continuava a rivolgerle da quando erano tornate al castello. L’unica cosa che desiderava in quel momento era di chiudersi in una stanza nel mezzo del nulla e urlare a squarciagola, fino a non avere più voce, ma le gambe le cedettero non appena mise piede nel dormitorio.

Crookshanks balzò giù dal suo grembo mentre Hermione si accasciava al pavimento, lasciandosi scivolare contro la pesante porta di mogano. Si strinse le gambe al petto e abbandonò la fronte alle ginocchia, arrendendosi all’inevitabile consapevolezza di ciò che era appena accaduto, piangendo senza controllo. Il gatto le strofinò il muso contro i jeans, i suoi miagolii che coprivano appena i suoi singhiozzi, ma lei lo notava a malapena, il volto coperto dai jeans ormai zoppi di lacrime, cercando invano un qualsiasi pensiero felice a cui aggrapparsi.

Draco la trovò in quello stato, una figura distrutta e tremante che lo immobilizzò sul colpo. Il suo innato pregiudizio si scontrò ancora una volta con la forza di questo nuovo sentimento, una battaglia silenziosa nella sua testa, ma all’ennesimo singhiozzo della ragazza, i suoi piedi balzarono in avanti senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto, o di contestare il motivo del suo gesto.

Si accasciò di fianco a lei e la studiò titubante, cercando un qualsiasi indizio sul suo stato d’animo, ma l’unica cosa che riusciva a notare fu la grossa massa di pelo arancione ai suoi piedi.

“Sei ferita?” mormorò dubbioso, ma lei non gli diede nessun segno di aver percepito la sua presenza. “Granger, cosa c’è che non va?”

Niente. Nemmeno un cenno.

Draco raccolse ogni briciolo di pazienza che poteva riuscire a mantenere, scostandole lentamente qualche riccio scomposto dagli occhi, così da poter vedere meglio il suo viso. C’era qualcosa di profondamente impenetrabile nella sua espressione devastata, qualcosa che gli fece sentire uno spasmo inspiegabile allo stomaco, e lo sconvolse a tal punto da non riuscire quasi a comprenderlo.

"Granger," Draco provò di nuovo. “Di che si tratta?"

Ancora nulla.

Con uno sbuffo pieno di frustrazione, lasciò che le sue dita le accarezzassero leggermente il collo con movimenti lenti e rassicuranti. “Hermione,” sospirò. “Dimmi cosa vuoi che faccia.”

Finalmente, vide qualcosa; una minuscola scintilla nel suo sguardo perso gli fece capire che l’aveva sentito. Trattenne il fiato mentre lei si voltò quasi impercettibilmente, mormorando parole incomprensibili.

“La mia...la mia stanza...” riuscì a dire con voce flebile.

“D’accordo,” mormorò Draco, prendendole il braccio e poggiandolo gentilmente sulle sue spalle, una mano sulla sua schiena e una al di sotto delle ginocchia.
Si alzò in piedi portandola con sé, tenendola stretta mentre si dirigevano verso la sua stanza.

Ogni suo sospiro e gemito vibravano contro il suo petto mentre Draco faticava a dirigerla verso il bagno e poi verso il letto.  
Si sedette sul bordo, osservando Hermione chiudersi in se stessa come un riccio, il corpo rivolto verso la parete opposta, impenetrabile.

“Voglio...stare s-sola.” Gemette Hermione, notando appena Crookshanks balzare sul letto e raggomitolarsi ai suoi piedi.

Draco strinse le labbra. “Granger, non penso che sia—“

“Per favore, Draco.”

La disperazione nella sua voce lo fece rabbrividire, così decise di allontanarsi lentamente da lei e assecondare la sua richiesta, voltandosi per uscire dalla stanza. Rimase sul ciglio per un secondo, voltandosi oltre le spalle e osservando Hermione raggomitolata in se stessa. Ebbe la sensazione, in quel momento, di non aver mai avuto così tanta consapevolezza nei confronti di un’altra persona prima d’ora.

Che Salazar potesse fulminarlo, non sarebbe più riuscito a fare altrimenti ormai.

Scuotendo leggermente il capo, chiuse la porta alle sue spalle, chiudendo la Granger nella stanza, riuscendo a sentire deboli gemiti provenire dall’altro lato della parete.

Quel pianto lo perseguitò per il resto della giornata.
 
***
 
Erano quasi passate le tre del mattino quando Draco decise che ne aveva abbastanza.

Dopo aver passato ore intere in attesa di un segnale, pensando ad ogni spiegazione che potesse giustificare la tristezza della Granger, il dolore pulsante alla testa era diventato insopportabile, e la sua tolleranza per quell’assurda situazione si era ridotta in briciole.

Sapeva che avrebbe dovuto essere sensibilmente delicato nel suo approccio se avesse voluto scoprire la ragione del suo comportamento, ed in un assurdo momento di riflessione, si era persino apprestato a farle una tazza di tisana rilassante.

Dopo un paio di tentativi falliti, si diresse verso la porta della camera da letto, un vassoio traballante tra le mani, una tazza, due biscotti e una testa piena di domande. Non appena aprì la porta, alla vista di lei chiusa a riccio sul letto, una spiacevole sensazione di freddo improvviso gli attraversò la spina dorsale.

Hermione però si accorse della sua presenza, e si sforzò di mettersi in posizione seduta, muovendo le coperte e i cuscini che la circondavano come un muro di protezione. Le labbra screpolate iniziarono a tremarle senza emettere un suono, come di norma faceva in momenti di estremo nervosismo, e la sua postura era floscia e sconsolata, ma furono gli occhi, lo sguardo, a far perdere un battito a Draco. Aveva smesso di piangere, ma le guance rosse erano piene dell’ombra di vecchie lacrime, i suoi occhi distanti erano disperatamente profondi; di una bellezza disperata e distrutta, quasi come di un guscio senz’anima.

Con un sospiro, si avvicinò lentamente a lei, appoggiando il vassoio sul comodino e sedendosi al suo fianco, ma fu come se lei non lo vedesse affatto.

“Avanti, Granger,” disse, il tono più carico di preoccupazione di quanto volesse lasciar intendere. “Dammi un segnale. Sei più forte di così.”

Hermione non batté nemmeno le palpebre.

“Che cosa è successo?” domando, provando un approccio diverso. “Si tratta di...di Potter e Weasley?”

Silenzio, solo silenzio e lo stesso sguardo vuoto.

“Per la miseria, Hermione,” sbuffò, prendendole il volto tra le mani e forzandole lo sguardo. “smettila di ignorarmi e dimmi cosa diavolo è successo.”

Hermione chiuse gli occhi e Draco contrasse la mascella, in attesa, carico di tensione. Avvicinando il volto al suo, poggiò la fronte a contatto con quella di Hermione, sfiorando lentamente il pollice sulla sua guancia, per asciugare il corso di una nuova lacrima che le attraversava il viso.

“Torna da me, Granger,” sussurrò, “Io…” Salazar, perdonami. “Io ho bisogno di te.”

Un enorme senso di sollievo lo pervase quando Hermione aprì gli occhi e lo fissò per la prima volta da quando era entrato nella stanza. Sbattè le palpebre ed aprì la bocca lentamente, mentre Draco la osservava in assoluto silenzio, non osando muovere un muscolo per paura che la Granger tornasse al precedente stato catatonico.

“Mia madre e mio padre non hanno idea di chi io sia,” mormorò finalmente, e il sopracciglio di Draco si accigliò confuso. “I Babbani sono...sempre più in pericolo di morte, tutti questi omicidi...ho dovuto assicurarmi che potessero salvarsi..."

Draco non disse una parola, perchè non aveva idea di cosa avrebbe potuto dire. Aveva domande, certo, mille domante, ma il suo istinto gli intimava di aspettare, almeno fino a che la Granger non se la fosse sentita di spiegare più nel dettaglio.

Si mosse in visibile imbarazzo sul letto, spostando il suo peso da una molla all’altra.

Confortare le persone non era mai stato il suo forte, perciò pensò  che la soluzione migliore fosse quella di non peggiorare la situazione già delicata facendo uscire dalla bocca concetti che non sapeva come esprimere.

Avvicinandosi a lei, si fece spazio al suo fianco, circondando la sua figura esile con il braccio sinistro, stringendola delicatamente. Quando Hermione poggiò la testa contro il suo petto, Draco rilassò il suo corpo, sollevando i piedi da terra e stendendoli sul letto, stringendo a sè la giovane con un sospiro. Hermione parve fondersi con lui, in cerca disperata di calore umano e vicinanza. Sporgendosi verso destra, Draco afferrò la tazza di tè e gliela porse.

“Bevi qualcosa,” le disse. “Non hai mangiato nulla.” La guardò attentamente mentre si portava la tazza alle labbra, sorgeggiando lentamente, mormorando compiaciuta e guardandolo di traverso. “Che c’è?” domando lui.

“Questo tè è molto buono,” gli rispose Hermione, lasciandosi sfuggire un sorriso nel vedere l’espressione fintamente disinteressata di Draco.

“Se lo dici tu,” borbottò, senza riuscire a mantenere quell’espressione a lungo. “Granger, io—”

“Sai qual’è la cosa peggiore?” lo interruppe lei, la sua voce un misto di tristezza e risentimento “Non avrei mai...non avrei mai pensato di poter odiare qualcuno con tutta me stessa. Intendo, odiarli a tal punto da desiderare la loro morte.”

Draco rabbrividì al tono della sua voce, ma decise di non interrompere il suo pensiero, se questo poteva in qualche modo aiutarla a liberare la sua mente oppressa dal dolore. Le sue dita giocherellavano distrattamente con un ciuffo di capelli castani che gli ricadeva sul petto mentre la ascoltava aprire la sua anima a lui con un solenne livello di fiducia.

“V-Voldemort ha distrutto così tante vite e famiglie,” continuò, alzando il mento e fissandolo con sguardo determinato. “La famiglia di Harry, di Neville…” continuò, prendendogli la mano. “Persino la tua.”

Draco lasciò che un sospiro gli uscisse dal petto, un sospiro che non sapeva stesse trattenendo, con una stranissima sensazione pesante nel petto. “Granger—”

“Lo odio,” sbottò lei, nuove lacrime che le solcavano il viso. “Lo odio così tanto—”

“Granger, respira,” la istruì deciso, seppur un po’ sollevato di poter risentire finalmente della vita, del fuoco, nelle sue parole. “Tieni, bevi dell’altro tè…”

“Grazie,” rispose lei, e Draco scattò sorpreso. “Per avermi ascoltato...mi sento meglio ora.”

Draco annuì e si accigliò segretamente nel notare una minuscola lacrima farsi strada sulla sua stessa guancia. Mentre ascoltava il ritmo sincronizzato dei loro cuori vicini nella
stanza vuota, si voltò per stringere i loro volti in un breve ma rassicurante bacio. Evidentemente, la sua malinconia era ben lontana dall’essere passata per sempre, ma Draco sapeva che la sua strega l’avrebbe sconfitta a tempo debito, sapeva quanto fosse forte.

“Cosa vuoi fare adesso?” le chiese.

“Sono stanca,” Hermione confessò, giocando nervosamente con le dita e incrociando il suo sguardo in un modo che ormai aveva cominciato a riconoscere, come quando stava per ricevere una domanda alla quale probabilmente non avrebbe saputo rispondere.

“Resteresti con me finchè non mi sarò addormentata?”

Esitò per un momento, per poi annuire gentilmente, abbassandosi più verso il cumulo di coperte che creavano un nido intorno alla Granger, e posizionando la sua testa contro il suo cuore pulsante. Permettendole di sprofondare il suo volto e qualche lacrima testarda nel suo maglione, Draco si rese conto di non aver mai fatto una cosa del genere prima d’ora; semplicemente addormentarsi insieme senza la stanchezza e la frenesia di un post-incontro che fluttuava nell’aria consapevole fra loro.

Se qualcuno avesse mai osato chiederglielo in futuro, avrebbe risposto che quello fu il momento in cui si rese conto che i suoi sentimenti per la Granger avevano raggiunto un livello potente, ed estremamente pericoloso.

Così forte, da poter onestamente ammettere a se stesso, di ritrovarsi cieco di fronte alle differenze di sangue tra di loro.

Semplicemente, non gliene importava più nulla.
 
***


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Capitolo 21
*** Cicatrici. ***


A/N (mia): Buongiorno a tutti, scusatemi davvero tanto per l’attesa ma con la vita che va avanti e il tempo che scorre (troppo) velocemente, mi è capitato più volte di dimenticarmi di questa storia, purtroppo. Mi sento veramente nostalgica quando ricordo le ore infinite passate su questo sito quando invece avrei dovuto fare compiti e studiare 😂 Adesso la vita è un po’ diversa ed è purtroppo molto più impegnata di prima. Vorrei comunque riuscire piano piano a completare questo “lavorone” in cui mi sono imbarcata, se non per me, quantomeno per voi tutte/i che negli anni mi avete supportata e aspettato con pazienza aggiornamenti e nuovi capitoli! 

Sono venuta a conoscenza — grazie ad un vecchio commento controllato tardi — che ci sono state parecchie pubblicazioni di questa mia traduzione (almeno fino al punto in cui sono arrivata) su altre piattaforme quali Wattpad, ovviamente senza uno straccio di credito, e la cosa mi rattrista molto. Era inevitabile prima o poi che succedesse anche a me, d’altronde a molti piace trovare la pappa pronta e fare copia-incolla… comunque sia, non me la prendo anche perché è solo grazie a questa malaugurata scoperta che ho ritrovato i miei documenti tradotti e mi è tornata la voglia di concludere questa storia!

Tutto questo per dire che — senza promesse di tempistiche — prometto però che mi voglio impegnare a concludere questa traduzione, anche perché nel frattempo ho riletto l’originale fino in fondo (colpa di TikTok e di tutti i suggerimenti di fic dramione che mi sta mostrando 😇) ed è veramente troppo bella per lasciarla incompleta. 

Grazie ancora a chiunque abbia letto fino a qui. Vi voglio bene! 

**

A/N (trad.): Lo dico fin da subito, così siamo tranquilli. Questo capitolo contiene materiale a sfondo sessuale. Riempitevi un bicchiere di vino (se avete l’età per bere!) e vi consiglio sia Radiohead - Nude, che Placebo - Running up that Hill, anche se penso che Placebo - I'll be Yours abbia il testo perfetto per questo capitolo, è quello che ascolterò! Spero vi piaccia il capitolo!

CHAPTER 21

Cicatrici

Quando Draco fu svegliato dalle fusa dell’ammasso di pelo accoccolato al suo fianco aggrottò le sopracciglia, accorgendosi solo in quel momento dello spazio vuoto al suo fianco.

Ignorando il gatto, poggiò il palmo sul lenzuolo fresco, dove sarebbe dovuta essere la Granger, trovando - o forse immaginando - una lieve traccia di calore umano ancora presente tra le lenzuola. Si mosse in posizione seduta con movimenti lenti e confusi, voltandosi verso la luce fioca proveniente dalla finestra. 

Lì vide Hermione, seduta sul davanzale, il volto illuminato da un singolo raggio di sole che sbucava attraverso una fessura. Cercando di non farsi sentire, si concentrò per un momento sull’espressione distante ma decisa della giovane strega; aveva una spiacevole smorfia inconsapevole sul volto e l’evidente tensione sul suo viso ne oscurava le piacevoli fattezze. 

Aveva ancora addosso gli abiti della sera prima, le guance rosee erano ricoperte di lacrime ormai asciutte e sedeva con le ginocchia strette al petto. Non smetteva di mangiucchiarsi il labbro, in un minuscolo movimento costante e rotatorio, come l’ingranaggio di un orologio. In più, continuava a fissare qualunque cosa ci fosse al di là di quella finestra, immobile, come se qualcuno l’avesse temporaneamente bloccata all’interno di quel singolo momento. 

Draco assorbì ogni sfumatura del suo volto con sguardo calcolatore, lasciando che ogni dettaglio si facesse strada liberamente nella sua memoria, cercando di capire che cosa avrebbe dovuto fare in quel momento. 

Non aveva la minima idea di come poter alleviare il dolore della Granger, ma il bisogno viscerale di farlo bruciava sotto la sua pelle e lui, che Salazar potesse perdonarlo, non aveva alcuna intenzione di provare a resistergli.

Alzò un sopracciglio incuriosito mentre la guardava alzare un dito e disegnare cerchi concentrici nella condensa che si era venuta a formare sulla finestra gelida. Sospirando, si schiarì la gola per attirare finalmente l’attenzione della giovane. 

Hermione lasciò scivolare il dito sulla finestra, trasformando l’ultimo cerchio disegnato in un ovale curvo e traballante. Sembrò accorgersi soltanto in quel momento di ciò che era intenta a fare… sua madre e lei lasciavano spesso disegni e messaggi d’affetto sullo specchio del bagno quando era bambina; brevi frasi e pensieri gentili, come “Ti voglio bene” o “Buonanotte”…

La mano le si posò sul fianco di colpo quando lo sguardo le cadde su ciò che aveva scritto vicino ai cerchi. 

Ci rivedremo presto mamma.

La voce di Draco la strappò dai suoi pensieri, riportandola bruscamente alla realtà. 

“Che cosa—cosa hai detto?”

“Sei riuscita a dormire almeno un po’?” ripeté il ragazzo.

“Oh,” sospirò lei “un pochino, almeno credo—”

“Non sembrerebbe,” rispose Draco asciutto, spostando le coperte dal suo grembo e sedendosi sul bordo del letto. “Dovresti riposarti ancora un po’.”

“No, sto bene,” mormorò lei, ma Draco non si fece ingannare dal suo finto tono leggero. “Non riuscirei comunque ad addormentarmi adesso—”

“Non dirmi che stai bene quando persino il più stupido dei troll di montagna capirebbe il contrario,” la sgridò, forse anche troppo bruscamente, “è maledettamente irritante—”

“Ma io sto ben—”

“Risparmiamelo Granger,” mormorò Draco. “Perchè voi Grifondoro insistiate sempre nel nascondere ogni cosa dietro polvere di fate e idiozie simili proprio non lo capisco—”

“Non mi sto nascond—”

“Ti senti disorientata non è vero?” le domandò, deciso. “Come se fossi a cavallo di una scopa che sta roteando all’impazzata e non avessi la minima idea di come fermarla e toccare terra.”

Hermione chiuse la bocca di scatto, trattenendo il respiro. “Io non...come hai—”

“Nel caso in cui tu non te ne fossi resa conto Granger, in questo momento noi due siamo sulla stessa barca. Ammetto che sia un concetto assurdo, ma è la verità.”

“Sulla stessa barca? Cosa stai dicendo?”

“Agli occhi del mondo io sono scomparso da Giugno,” le ricordò lui con voce roca. “Sono sicuro che i miei genitori ormai mi credano morto, lasciato a marcire in qualche misero buco nel bel mezzo del nulla, senza nemmeno uno straccio di indizio per poter trovare quel che resta del mio corpo.”

Hermione si sentì attraversare da un brivido. “Draco—”

“Seriamente, Granger,” la interruppe lui. “Quale altra spiegazione plausibile avrebbe potuto inventarsi Piton per giustificare la mia assenza?”

“Mi dispiace tanto Draco,” mormorò Hermione, visibilmente toccata. “Non mi ero resa conto che fosse passato così tanto tempo per te, ma può darsi che Piton abbia—”

“Anche se Piton avesse soltanto riferito ai mie genitori della mia scomparsa, statisticamente dovrei comunque essere morto dopo tutto questo tempo” ribatté Draco, notando l’espressione triste di Hermione. “Non guardarmi così. Non sono veramente morto.”

“Sì, ma potrebbe esserci un—”

“Senti Granger, io l’ho accettato.” Draco la zittì, alzando il palmo della mano. “E sono sicuro che anche tu accetterai la situazione in cui ti trovi prima o poi, ma dovrai scrollarti di dosso tutta quella falsa  positività che voi Grifondoro ostentate sempre, se vorrai riuscirci.”

Draco—”

“Perciò ora ci alziamo e andiamo a farci una doccia,” decise, alzandosi in piedi e porgendole la mano. “Su forza, alzati.”

“Draco,” mormorò stanca Hermione, abbassando lo sguardo. “Non credo di essere dell’umore per—”

“Non ho mai detto nulla riguardo al dover fare qualcosa in quella doccia,” rispose con uno sbuffo avvicinandosi a lei. “Dai, andiamo.” 

“Draco, voglio solo stare qui ancora per un minuto…”

“Che peccato,” sbottò lui, afferrandole il braccio e strattonando il suo corpo pesante e inerte fuori dalle coperte. “Non farmi trascinare quel tuo muso lungo per tutto il corridoio Granger—”

“Draco lasciami,” grugnì lei, cercando di districarsi a fatica dalla sua presa. “Mi stai facendo male!”

Il ragazzo non mosse un muscolo, mantenendo una presa forte e determinata sul suo braccio mentre la conduceva verso il corridoio, rifiutandosi di rallentare nonostante le proteste di Hermione. Sapeva di essere brusco ma si convinse ad rimanerne indifferente; questo era l’unico modo che conosceva per smuovere la sua strega.

La Granger poteva anche non essere d’accordo, ma Draco era convinto che fosse proprio quello ciò di cui aveva più bisogno in quel momento. 

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia quando vide Hermione resistere con più forza alla sua presa, puntando i talloni sul pavimento e attaccandosi con l’altro braccio allo stipite della porta.

“Smettila di opporre resistenza,” la avvisò, voltandosi verso di lei, afferrandole il polso con l’altra mano. Hermione però non si staccò dalla porta.

“Per la miseria, Granger—“

“Ti prego lasciami stare,” tentò Hermione, trattenendo a stento le lacrime. “Che differenza farà una stupida doccia? Non cambierà le cos—”

“Smettila,” grugnì Draco, riuscendo finalmente a trascinarla via dalla porta della camera da letto. “Ti dico che lo stare immobile in quella stanza ti farà soltanto soffrire di più—”

“Ho detto che sto bene!” urlò lei di rimando. “Mettimi giù!” 

“No!” rispose Draco, spingendola finalmente dentro il piccolo bagno e chiudendosi la porta alle spalle. Sentì un improvviso nodo alla gola vedendo le lacrime che le solcavano le guance rosse, ma riuscì comunque a rimanere fermo nel suo intento. 

“Non provare nemmeno a toccare questa cazzo di porta, perché ti trascinerò di nuovo qui dentro finché non coglierai il messaggio.”

Cercò di non prenderla sul personale quando vide Hermione allontanarsi da lui con sguardo calcolatore. Credeva davvero che, dopo tutto questo tempo, le avrebbe potuto fare del male? 

Sbuffando e scuotendo il capo per nascondere la sua incredulità, si avvicinò alla doccia e accese il getto d’acqua, testando il calore sulle dita e tenendo d’occhio la silhouette della Granger dall’altro lato della stanza.

“Tutto questo è ridicolo,” Hermione mormorò a denti stretti. “Tu ti stai comportando in maniera ridicola!”

“Togliti i vestiti,” le rispose con decisione, sfilandosi lui stesso la maglia attraverso la testa. “Oppure vuoi ricominciare a fare l’irragionevole?”

Hermione lo fissò con una scintilla di sfida nello sguardo, per poi rilasciare un sospiro sconfitto. Draco mantenne lo sguardo fisso su di lei mentre si liberava dei propri vestiti, spogliandosi da pantaloni e biancheria in un unico gesto, per poi avvicinarsi alla sua figura in due falcate decise. Strappò il maglione dalla presa della giovane e lo gettò con impazienza alle sue spalle, trattenne saldamente le sue braccia e raggiunse i bottoni dei suoi jeans, aprendoli e sfilandoglieli dalle gambe.

Hermione inghiottì un grosso sospiro strozzato e tentò di indietreggiare, ma la mano di Draco era già pronta a circondarle il polso. “Che diavolo hai in mente?” protestò.

“Non ho tutto il giorno,” ribatté lui tra i denti, voltandola di scatto e rimuovendo il suo reggiseno prima che riuscisse ad impedirglielo.

Cercò di combattere la tentazione data dall’irresistibile nudità della Granger in piedi di fronte a lui, di impedire che la sua reazione al basso ventre ormai più che istintiva prendesse il sopravvento mentre la osservava; così seducente per lui fin dalla prima notte condivisa insieme. Ogni centimetro della sua pelle dolcemente dorata gli apparteneva, che lei lo volesse o meno, ma ora aveva pressioni più importanti. Doveva finire ciò che aveva iniziato. 

Fingendo indifferenza, il che si stava rivelando più complicato del previsto data la reazione traditrice del suo corpo, le strinse più forte il polso e guidò entrambi verso la doccia. 

“Entra,” le disse, alzando gli occhi al cielo nel vederla esitare. “Benissimo, vada per le maniere forti allora.”

Hermione strillò sorpresa quando Draco si sporse in avanti di scatto e la afferrò intorno alla vita, sollevandola da terra. Si dimenò, scuotendo il suo corpo quanto più possibile mentre lui stringeva i denti per lo sforzo di dirigerla sotto il getto di acqua corrente. La lieve condensa che stava iniziando a cospargersi intorno a loro li avvolse come un velo sottile, e Draco pregò silenziosamente che la foschia riuscisse ad aiutarla a dimenticare il mondo circostante, anche solo per un momento. 

La realtà non era altro che un ostacolo.

Insisteva nel volersi frapporre fra di loro, incasinando il delicato equilibrio del loro santuario segreto agli occhi del mondo.

Lontano da tutti,

lontano dalla guerra,

dal suo passato,

da tutto.

Guardandosi indietro, quella non fu certamente la prima volta in cui si rese conto che, nonostante ogni suo tentativo iniziale di resistervi, quel loro santuario segreto era diventato quasi familiare, confortevole. La realtà altro non era che un ricordo sfocato qua dentro, con lei. 

Che cosa diavolo avrebbe fatto quando lui, quando loro… 

Sentì di colpo la mano della Granger colpirlo al petto. 

“A che gioco stai giocando?” gli domandò, furente. “Lasciami uscire—”

“No,” ribatté, tenendola saldamente ferma sotto l’acqua. “Ne hai bisogno—”

“Non dirmi di cosa ho bisogno," Hermione rispose. “Non osare dettare legge su come pensi che dovrei reagire a tutto questo—” 

“E quindi?” continuò lui. “Che pensavi di fare, rimanere nella tua stanza a tenere il muso tutto il giorno?”

“Non stavo tenendo il muso!” protestò fieramente lei. “Chiudi quella bocca!”

“Bene allora smetti essere così dannatamente patetica!” continuò lui, senza perdere un colpo, invadendo il suo spazio e fissandola dall’alto in basso. Non aveva la minima idea di quanto fosse incredibile ai suoi occhi in quel momento; con i suoi ricci color nocciola incollati ai lati del suo viso e le sue lentiggini cosparse dalla punta del naso fino alle spalle, strette in un impeto di fiera testardaggine. “Piangerti addosso come il più inutile dei Tassorosso non ti farà stare meglio!”

“Lo so questo!” sbottò, spingendolo sul petto con frustrazione. “Pensi che non lo sappia?!”

“Allora smettila con questo piagnisteo—”

“Nemmeno tu eri al culmine della gioia durante i tuoi primi giorni qui, quindi non fare l’ipocrita con me!” ribatté lei. “Ho ogni diritto di essere sconvolta! Sono umana, per la miseria!”

“Allora perchè perdere tempo a mentire e dirmi che stai bene?” protestò secco lui, avvicinando il volto al suo. “Avanti Granger! Getta tutto fuori! Perché insistere quando chiaramente non è così?”

“PERCHÈ NON SO COS’ALTRO FARE!” urlò, il volto contorto da una straziante agonia e, sotto sotto, da un briciolo di rassegnazione finalmente. “CHE COSA POSSO FARE, DRACO? NON POSSO FARE UN BEL NIENTE!”

Ecco, butta tutto fuori Granger.

“E FA MALE DA MORIRE, NON È VERO?” ruggì di rimando lui, odiandosi un po’ nel vedere Hermione strizzare gli occhi, ma si convinse che ne aveva bisogno. Sapeva che fosse così, ormai la conosceva. “NON PUOI FARE NIENTE A RIGUARDO—”

“Smettila!”

“SEI IMPOTENTE—”

“SMETTILA!”

“MA NON C’È NULLA CHE TU POSSA FARE,” urlò talmente forte da sentirsi la gola bruciare. “ACCETTALO HERMIONE! NON C’È NULLA CHE TU—”

Hermione gli diede uno schiaffo. Forte. 

E, nel secondo che seguì, si fiondò su di lui e sbatté le loro labbra insieme.

Fa quello che devi Granger…

Lei succhiò, assaporò, inspirò. 

Draco sentì le sue dita agganciarsi sul fondo della sua nuca, agguantando disperatamente una manciata dei suoi capelli biondi per avvicinarlo ancora di più, se possibile. Poteva sentire il suo bisogno fino in fondo alla gola, e in quel momento seppe di aver compiuto la sua missione. Accompagnò il suo entusiasmo, morso per morso, bacio per bacio, mentre le sue braccia tracciavano con infinita devozione il corpo della giovane. 

Tutta sua.

Nonostante questo, si impose di rimanere controllato. Tutto questo era per lei, era questo ciò di cui aveva più bisogno. 

Lui non contava e —per un attimo— questa considerazione altruistica lo spaventò nel profondo.

I suoi gemiti gutturali scivolarono oltre la sua lingua e lo riportarono bruscamente nel presente, con lei. 

Avvolgendosi in un unico corpo, la spinse contro le piastrelle umide e interpose una mano tra i loro corpi per raggiungere il calore immerso tra le sue cosce. 

Entrando in lei con due dita, più profondamente che poteva, premette con tocco esperto sulla sua apertura, facendola tremare. Svelto, racchiuse ogni suo gemito successivo in un bacio stretto, senza lasciarla andare nemmeno per un secondo. Uno scontro particolarmente forte di labbra e denti procurò un taglio sul suo labbro, o forse su quello della Granger, non riusciva a capire. Tutto ciò che sentiva era l’inconfondibile sapore di sangue caldo che gli scivolava sulla lingua.

Il loro sangue, di chiunque fosse, aveva lo stesso sapore. 

“Prendi ciò che vuoi da me,” le mormorò, il tono basso e tremante immerso tra i loro respiri appesantiti. 

Annuendo e ancorando  le unghie alle sue spalle, Hermione mosse il bacino ritmicamente contro il suo tocco, incoraggiata dalle sue parole e troppo coinvolta per resistergli. Per Godric, adorava le sue mani, le sue dita sinuose e il suo tocco intenso — immerse tra i suoi capelli, sulla sua pelle, dentro di lei — e in quel momento stavano spingendo perfettamente contro il misterioso varco tra le sue gambe, causando un incontrollabile tremito in tutto il corpo.  

Ma non era abbastanza. 

“Di più,” mormorò tra le labbra, sperando con tutta se stessa che Draco potesse comprendere. 

Draco ritrasse immediatamente la mano e le afferrò le cosce, alzandole da contro il muro e avvolgendole intorno al suo torso. Non si fidò nell’inserirsi subito in lei, non ancora. Doveva mantenere i nervi saldi. Era così teso in quel momento che ogni strato di pelle e muscolo sulla sua lunghezza pulsava di dolore. Non si era mai mostrata così a lui, completamente disinibita e senza un minimo accenno di ripensamento o di giudizio nascosto dietro la fierezza nei suoi occhi. In quel momento stava dando ascolto soltanto alle sue sensazioni e al suo bisogno, il bisogno di dimenticare e di lasciarsi andare, ed era così dannatamente eccitante per lui. Ma lui doveva resistere, controllarsi. 

Tutto questo era per lei.

Lei, lei, lei.

Hermione ruppe l’ennesimo bacio e ansimò.

“Draco,” mormorò, a ritmo con il battito del suo cuore. “Ti prego…”

Intrappolando il labbro inferiore della Granger tra i denti per soffocare il suo gemito, la portò più in alto, così da riuscire ad allinearsi meglio con lei e, non appena premette leggermente al suo interno, lei intrecciò le sue caviglie tra di loro, stringendo e posizionandosi meglio a contatto con lui, scendendo sul suo corpo con un movimento fluido e deciso. 

Draco soffocò un respiro strozzato, completamente colto di sorpresa dalla presa di posizione della giovane strega. Sembrava davvero questo ciò che poteva servirle di più in quel momento; lasciare che ogni suo istinto la conducesse verso la più pura ed istintiva perdita di ragione, lasciandosi governare solo e soltanto dalle emozioni del momento. 

Abbandonando ogni pensiero, ogni ragionamento.

Abbandonando ogni cosa tranne la loro carne, il loro calore, il loro dolore. 

Hermione si aggrappò a Draco ovunque; braccia, collo, il suo viso… qualsiasi cosa riuscisse ad afferrare per spingerlo ancora di più a contatto con lei. Quasi con l’intento finale di fonderli in un unico corpo. Le sue gambe agivano come due rami possessivamente stretti attorno a lui, incollandolo al suo calore, tenero e vibrante, così forte che Draco si sentii attraversare da un tremolio. Pura passione. Senza filtri. La passione più onesta che potesse esistere. 

Premette contro di lei, guidato dall’ondulare disperato del suo corpo, aggiungendo a quel movimento una carica di energia aumentando la forza di collisione tra di loro, assorbendo ogni suono, ogni contatto tra la loro pelle bollente che riecheggiava nel minuscolo bagno umido. E di colpo avevano preso velocità.

Era tutto così frenetico.

Spasmodico.

Disperato.

Selvaggio. 

Frizione, frizione dovunque. Dalle loro labbra e i loro denti che si colpivano con forza, ai colpi alternati tra i loro fianchi, alla presa delle loro mani, le loro dita incollate tra loro senza la minima traccia di voler allentare la presa. Completamente avvolti da una nuvola densa di vapore che sapeva di loro, dei loro odori, dei loro respiri affannati, del battito dei loro cuori. 

Ed Hermione era viva, talmente viva da consumarlo, da usare ogni goccia della sua energia mentre cercava disperatamente di trovare il rilascio che le serviva, il culmine di quell’incredibile momento di liberazione fisica, corporea, umana. Cercava il suo fuoco, lo cacciava come una leonessa in cerca della sua preda. 

Un suono strozzato le oltrepassò le labbra quando Draco riuscì a spingere contro il punto perfetto che la fece bruciare dall’interno e l’eccitazione partì da quel punto, dipanandosi per tutto il suo corpo tremante. 

“Proprio lì,” ansimò, socchiudendo le labbra e alzando lo sguardo su di lui. “Baciami qui, sul collo.”

Draco tuffò istantaneamente il suo viso tra la guancia e la giuntura del collo della Granger, proprio nel punto in cui il collo incontrava la spalla carica di lentiggini color cioccolato, e succhiò. Sapeva dove la sua lingua avrebbe più sortito l’effetto desiderato e le unghie della Granger grattarono leggermente su tutta la lunghezza della sua schiena, confermando ciò che già sapeva. I suoi gemiti erano più forti ora, non più timidamente nascosti tra le sue labbra ma carichi e potenti, con una forza prorompente che gli entrò nelle orecchie, portandolo quel tanto che bastava più vicino al rilascio finale.

Ma andava bene così.

Andava bene, perché riusciva finalmente a sentire i muscoli delle sue gambe cominciare a tendersi, contraendosi in spasmi frenetici, e i suoi gemiti di piacere stavano raggiungendo una tonalità ancora più alta. 

Ci siamo finalmente…

Nulla avrebbe mai potuto eguagliare il senso di imminente estasi che presagiva l’inizio della fine. Di quella meravigliosa conclusione. Il tutto e il niente, racchiuso in quel singolo momento. Draco non riuscì ad impedire che  il suo volto si alzasse e il suo sguardo si incollasse a quello della Granger, osservando con rapita intensità ogni minuscolo cambio di espressione sul viso della sua strega; i suoi occhi stretti, la sua mascella completamente aperta e rilassata, il suo corpo che si irrigidiva di colpo per accogliere il suo rilascio, lasciando che scivolasse dentro di lei, dentro le sue vene, nel suo sangue, nelle sue ossa. Ovunque potesse arrivare.

Infilando ancora una volta la sua mano in mezzo a loro, le dita di Draco cercarono la sua apertura, per massaggiare quanto ancora possibile la sua carne calda e sensibile, solo per far sì che la carica adrenalinica di Hermione si protraesse quel che bastava per ottenere il suo stesso rilascio, colpendo ancora due volte dentro di lei e trovando a sua volta la pace. 

Ammorbidì il suo ultimo gemito con un bacio accaldato mentre accompagnava il suo corpo, lasciandolo scivolare verso la parete. La sua vista perse di lucidità per un attimo, faticando nel distinguere le loro forme tra la foschia della doccia, e la tensione al di sotto del suo ombelico non cessava di pulsare. Lasciò che fosse così. Il suo climax aveva avuto vita breve; questa volta aveva voluto che tutto vorticasse intorno ai desideri e ai bisogni della Granger, il che lo ha portato a velocizzare il suo rilascio più del solito, ma scoprì che sinceramente non gli importava. Aveva fatto tutto per lei.

Lei, lei, lei. 

La stanchezza lo travolse in ogni caso, così Draco costrinse l’ultimo briciolo di forza nelle sue braccia ad afferrare la Granger e stabilizzarla, mentre entrambi cadevano sul fondo della doccia, accasciandosi sulle proprie ginocchia. Scivolarono aderenti alle piastrelle e finirono in un groviglio umido e sconclusionato di gambe e braccia, le loro fronti a contatto e i loro respiri affannosi a mescolarsi ancora una volta tra loro.  

Hermione era completamente immobile al suo fianco, e lui se la portò vicina, avvolgendo le dita tra i suoi ricci disordinati. Tremando, assaporando… Il getto sottile della doccia li avvolse, riportando lentamente a galla altre sensazioni precedentemente dimenticate, costringendo i loro sensi a risvegliarsi e i loro corpi a tornare consapevoli di loro stessi.

Aspettando che gli effetti di quell’incredibile scontro di emozioni si placasse… 

Persistente in quella minuscola stanza.

“Io…” Hermione accennò, faticando nel far uscire la propria voce. “Penso di essermi… lasciata andare un po’ troppo.” concluse e Draco giurò di poter vedere le sue guance infuocarsi di rosso anche attraverso quella nebbia. “Mi dispiac—”

“Non provare a scusarti con me, Granger” esalò Draco. 

***

Solo Merlino sa come, ma Draco riuscì a riportarli entrambi nella camera di lei, affiancandosi all’ampio davanzale della finestra in un groviglio di coperte umide e asciugamani, con Hermione appoggiata con la schiena contro il suo petto e seduta tra le sue gambe. Non riuscì a trattenere un minuscolo sorriso udendo un sospiro rilassato e soddisfatto uscire dalle labbra della giovane, rompendo il silenzio immacolato che si era creato. 

“Ti senti meglio ora?” le chiese, con tono compiaciuto.

Riusciva quasi a sentire le rotelle nel suo cervello attivarsi alla ricerca di una chiave di lettura che potesse aiutarla a capire meglio gli eventi dell’ultima mezz’ora. “Stavi cercando di provocarmi intenzionalmente prima, non è vero?” le rispose lentamente, con una vena di tono accusatorio nella voce.

“Molto perspicace da parte tua, Granger,” rispose, sollevando un angolo della bocca divertito. “Sì, è vero, l’ho fatto.”

“Posso chiederti perchè?”

“Perchè avevi bisogno di sfogarti,” rispose prontamente, scrollando le spalle. “Nonostante ciò che voi Grifondoro proclamate sempre, a volte lasciarsi andare alla rabbia aiuta.”

Hermione cercò di immagazzinare quell’affermazione nella sua mente, inumidendosi le labbra con fare pensieroso. “E tu hai pensato che provocarmi volontariamente in assenza di una bacchetta fosse una buona idea?”

Draco sbuffò. “Sono abbastanza sicuro che non rischierei più di ricevere alcuna maledizione da parte tua, Granger,” rispose. “Sono altrettanto sicuro che preferisci avermi tutto intero e funzionante—”

“Hai rischiato di spingermi troppo in là, sarebbe anche potuto succedere se avessi continuato così,” lo avvertì lei, ma senza il tono necessario per rendere minacciosa la sua risposta. “Stavi facendo proprio il bastardo—”

“Però ha funzionato,” le ricordò lui. “Quindi, ora che siamo andati oltre tutte quelle balle sullo stare bene, possiamo—”

“Dio, sei proprio subdolo,” mormorò divertita, anche se con un accenno di irritazione. “E immagino che il sesso fosse un bel bonus aggiunto al tuo piano?”

“Non avevo idea che mi saresti saltata addosso,” Draco rispose, la voce ricca di divertimento e, anche, di una punta di malizia. “Pensavo che avresti semplicemente urlato per un po’, dandomi qualche schiaffo qua e là,” la sua risata bassa vibrò a contatto con la schiena di Hermione. “Ma non posso negare che sia stata una piacevole sorpresa.”

Le sopracciglia di Hermione si sollevarono, confuse. “Veramente non avevi pianificato tutto questo?”

“Avevo pianificato di provocarti” spiegò Draco, scrollando le spalle. “Non sapevo esattamente che cosa avresti fatto. Ma, come ho detto prima, avevi bisogno di sfogarti.”

Hermione fece per ribattere, ma chiuse la bocca di colpo prima di farne uscire anche solo una vocale. La tentazione di fargli notare che — per una volta — aveva effettivamente fatto qualcosa che si avvicinava pericolosamente alla comune definizione di “altruismo” le pizzicò la punta della lingua, ma riuscì a ricacciarla indietro.

Dopo i postumi della loro cosiddetta “doccia” e con la stupenda sensazione di completo relax che aleggiava ancora nell’aria, non se la sarebbe sentita di rischiare un commento che avrebbe potuto rovinare tutto, mettendo Draco sulla difensiva e rompendo la calma che si era creata tra loro. E d’altronde era vero, si sentiva normale adesso… inevitabilmente devastata riguardo i suoi genitori, ovviamente, ma pur sempre normale. 

Lui l’aveva fatta sentire meglio.

Lui aveva pensato a lei prima che a sé stesso. 

Mentre il lungo momento di silenzio tra loro si protraeva, i suoi occhi caddero sul fianco della gamba di Draco ed Hermione si alzò di colpo per esaminare con crescente curiosità una lunga cicatrice che non aveva mai notato prima. 

“Come ti sei fatto questa cicatrice?”

“Quando caddi dalla mia scopa alla partita di Quidditch,” replicò lui dopo una breve pausa. “Durante il secondo anno.”

Hermione mormorò un cenno d’assenso, ricordando vagamente quell’evento. “E invece questa?” gli chiese, spostando delicatamente le sue dita inquisitorie verso l’altra gamba, proprio sotto al ginocchio.

“Uguale all’altra.”

Sentendosi inaspettatamente incuriosita da quella particolare caccia al tesoro, si voltò verso di lui e scostò con delicatezza la coperta dai loro corpi, svelando l’intera figura del ragazzo di fronte a lei, spoglio e bellissimo, con soltanto un asciugamano a coprire la parte più intima del suo corpo.

Ignorando lo sguardo di crescente diffidenza di Draco, gli occhi di Hermione viaggiarono attentamente lungo la sua figura longilinea e si illuminarono non appena trovarono un segno abbastanza evidente sul suo avambraccio sinistro. “Penso di conoscerla questa,” non riuscì ad evitare un sorriso malizioso. “Ippogrifo?”

“Terribilmente divertente,” lamentò Draco, alzando un sopracciglio. “Hai finito?”

“No,” sorrise lei, spostando la sua attenzione sul petto del ragazzo e trovando un altro segno. “Questo?”

Draco serrò la mascella e incontrò il suo sguardo. “Questo è stato colpa dell’incantesimo con il quale mi ha colpito Potter l’anno scorso, quando mi ha affrontato nei bagni.” 

Con un leggero imbarazzo dato dalla tensione scaturita dalle sue parole,  Hermione si mise a cercare disperatamente un’altra cicatrice sulla quale concentrarsi, ma il resto del suo corpo sembrava apparentemente intonso. “Finite? Non ne hai altre?”

“Ne hai dimenticata una,” le disse, con le labbra che si sollevarono in un ghigno divertito mentre con un dito le segnalò un punto sul lato destro del proprio naso. “Ti ricorda qualcosa?”

Gli occhi di Hermione si spalancarono, fissi sul minuscolo graffio che ormai era diventato di un lieve color roseo, appena più scuro della sua carnagione. “Quando ti ho dato quel pugno? Al terzo anno?!” domandò, sorridendo nervosa ma rilassandosi vedendo lo stesso divertimento riflesso negli occhi argentei del ragazzo di fronte a lei. “Sai, non credo che mi scuserò per questo.”

Draco ridacchiò, “Non ti ho mai chiesto di farlo.”

“Ed io dovrei ancora avere la sua gemella,” sorrise, mostrandogli una leggera ombra che ancora resisteva in mezzo a due nocche, dopo tutti questi anni. “Avrei dovuto pensarci due volte prima di prendere a pugni quella tua faccia ossuta.”

Draco era quasi pronto a ribattere con una battuta carica di sarcasmo, come da sua natura, ma lasciò che la frase gli si spegnesse sulla lingua notando invece una striscia bianca che percorreva tutta la spalla destra della giovane davanti a lui. “Visto che siamo sull’argomento,” rispose, indicando il curioso segno. “Da dove viene quella?”

“L’anno scorso,” rispose prontamente Hermione, curvando la testa per osservarla meglio. “Ron mi ha spinta accidentalmente giù dal divano e sono andata a sbattere contro il bordo del tavolino.” 

Draco roteò gli occhi esasperato. “Weasley è un’idiota maldestro,” mormorò, ma il suo sguardo cadde su un altro segno parecchio spiacevole alla vista sul corpo della Granger prima che potesse aggiungere altro. “Come diavolo ti sei fatta questa ferita?”

“Ufficio Misteri,” Hermione si incupì, aggiustandosi l’asciugamano intorno a sé per nasconderla completamente. “Dolohov mi ha colpita con un qualche tipo di maledizione. È parecchio brutta, lo so.”

Il silenzio teso fece ritorno tra i due giovani.

Draco si chiese per un momento come avesse fatto a non notare prima tutti quei segni sul corpo della Granger, ma forse era proprio questo il problema. Non aveva mai notato quelle cose perchè non si era mai preso il tempo di guardarla veramente, almeno non fino a quel momento. Quella strana sensazione, quella scintilla nel suo petto era tornata, questa volta più chiara che mai e non aveva idea di come gestirla, come manovrare questa presenza estranea all’interno del suo corpo. Cercò di non darle troppo peso, per il momento, concentrandosi sulla figura di Hermione mentre si spostava lentamente, riprendendo la sua precedente posizione sul suo petto. 

Sentiva di conoscerla, in quel momento sapeva di conoscere la Granger ancora meglio, difetti, cicatrici e tutto quanto, e questa convinzione sembrava non fare altro che alimentare l’insistenza della scintilla che brillava nel suo petto, e che aggrovigliava il nodo nel suo stomaco sempre di più.

Lei lo aveva effettivamente segnato.

E non si riferiva al vecchio graffio sul suo viso.

Hermione si ritrovò essere ugualmente distratta, completamente persa in una sensazione che conosceva anche troppo bene. Sapeva benissimo di cosa si trattasse, il guaio era cercare di capire che cosa fare a riguardo. 

Fu in quel momento che una scheggia spaventosa si insinuò nei suoi pensieri.

Harry, Ron, i suoi genitori. Tutti spariti.

La sua separazione da Draco era più che mai inevitabile, nonostante gli sforzi fatti per spingere questa nozione in un angolino sempre più profondo della sua mente.

Che cosa avrebbe fatto quando… 

“Vuoi leggere un altro libro?” gli chiese, con un sospiro affannato.

Il sospiro di Draco le solleticò le spalle. “D’accordo.”

“Hai qualche preferenza?”

“Qualsiasi cosa tranne un’altra opera deprimente,” dichiarò, segretamente sollevato da quell’improvviso suggerimento, gli avebbe fatto bene una distrazione. “Quello Shakespeare che ti piace tanto doveva essere stato sull’orlo della depressione, oppure desiderava sadisticamente che i suoi lettori lo diventassero leggendo le sue opere.”

“Ha anche scritto delle commedie, sai?” mormorò Hermione, richiamando a sé uno dei suoi libri preferiti con un colpo di bacchetta. “Questa è la mia preferita.”

Sentì il mento di Draco abbassarsi delicatamente contro la sua spalla, proprio mentre lei voltò la prima pagina ed iniziò a leggere. Si appoggiò il libro in grembo così da permettere a Draco di leggere comodamente alle sue spalle. 

Scelse Sogno di una notte di mezza estate, un libro intriso di magia, conflitti e relazioni proibite.

E un lieto fine.

Hermione socchiuse gli occhi per un secondo, pensierosa.

Perchè anche quello può succedere all’interno di un libro.

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