Isolation. ( traduzione italiana ) di Alice_Slytherin (/viewuser.php?uid=154792)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Rifugio. ***
Capitolo 2: *** Pugno. ***
Capitolo 3: *** Porte. ***
Capitolo 4: *** Punteggio. ***
Capitolo 5: *** Profumo. ***
Capitolo 6: *** Piastrelle. ***
Capitolo 7: *** Umana. ***
Capitolo 8: *** Tatto. ***
Capitolo 9: *** Veleno. ***
Capitolo 10: *** Gusto. ***
Capitolo 11: *** Dubbio. ***
Capitolo 12: *** Sonno. ***
Capitolo 13: *** Solitudine. ***
Capitolo 14: *** Desiderio. ***
Capitolo 15: *** Vetro. ***
Capitolo 16: *** Neve. ***
Capitolo 17: *** Stelle. ***
Capitolo 18: *** Doni. ***
Capitolo 19: *** Grigio. ***
Capitolo 20: *** Lacrime. ***
Capitolo 21: *** Cicatrici. ***
Capitolo 1 *** Rifugio. ***
Capitolo
1: Rifugio
A/N: Ciao, prima di iniziare volevo dirvi che questa fanfiction non
l'ho scritta io, l'ho solo tradotta in italiano. L'autrice è
Bex-Chan ed è fenomenale! Ho ricevuto il permesso di
tradurla per voi, per tutte quelle persone che non hanno mai letto FF
non in italiano. Volevo condividere con voi le meravigliose FF inglesi,
è la prima volta che ne leggo una e me ne sono subito
innamorata. Ecco tutto, buona lettura!! Alice.
Le persone
dicono spesso che nei momenti difficili, s’impara ad
apprezzare le piccole
cose. Nozioni poetiche e stravaganti come i tramonti, il verso degli
uccelli e
i vari colori dei fiori delicati.
Beh,
Hermione poteva dire con certezza a quelle persone che erano tutte
balle.
Balle.
Balle. Balle.
I
tramonti
erano su per giù uguali ogni giorno, lo starnazzare degli
uccelli era in realtà
molto fastidioso e le causava il mal di testa e non gliene poteva
importare di
meno delle tonalità e delle sfumature dei fiori. Morivano
tutti comunque;
appassivano tutti in brutte forme avvizzite. Specialmente quando
l'inverno
cominciava a far mancare il respiro al mondo.
No,
quando
si vivevano tempi oscuri, ed erano veramente oscuri, ti distraeva da
quasi
tutto il resto. Era tutto irrilevante e distorto, rannuvolato dalla
densità
dell'oscurità.
Hermione
aveva notato che anche le sue lezioni erano diventate prive di
significato, e
la cosa peggiore era che tutti gli altri sembravano sentirsi allo
stesso modo.
Gli
studenti
di Hogwarts stavano affogando nella malinconia. Ognuno di loro.
Certo,
quelli cui era stato permesso di tornare.
Aveva
calcolato che fossero rimasti solamente poco più di un
quarto del solito numero
di alunni e tutti loro erano spaventati; si spostavano per i corridoi
solitari
con espressioni abbattute e parole sussurrate. Ma le lezioni si
tenevano
ancora, così come le partite di Quidditch e gli altri
eventi, anche se era
palesemente ovvio che la maggior parte degli studenti avesse perso la
forza di
competere, socializzare e addirittura di imparare.
La
McGranitt
stava facendo del suo meglio per mantenere le cose costanti e
familiari, ma era
inutile. Hogwarts era una pseudo scuola ormai; solo un guscio con mura
antiche
che le persone una volta credevano sicure. Ma ovviamente, erano tutte
balle
anche quelle.
Era
il primo
di Ottobre e ciò significava che Hermione era tornata a
scuola da un paio di
settimane, ma sembrava un periodo più lungo. Significava
anche che Silente era
morto da esattamente cinque mesi. No, Hogwarts sicuramente non era un
posto
sicuro e lo sapevano tutti. I Mangiamorte avevano fatto breccia nella
loro
scuola, tutto grazie a quel coglione di Draco Malfoy e poi Piton aveva
assassinato il più brillante uomo che Hermione avesse mai
conosciuto.
Voldemort
era tornato. In effetti, era tornato da un paio di anni ormai, ma ora
la
minaccia del suo ritorno stava diventando sempre più forte e
pericolosa con
ogni giorno che passava. Hermione era pietrificata. Proprio
così. Fanculo agli
stereotipi che accompagnavano i suoi colori Grifondoro, certe volte era
una
cosa razionale essere spaventati.
Di
certo non
aiutava il fatto che quelli che avrebbero dovuto
essere i suoi migliori
amici l'avevano lasciata laggiù tutta sola. Sì,
Harry e Ron in quel momento
stavano scarpinando in giro per tutto il paese in cerca degli Horcrux.
Senza di
lei. Non era sicura del ragionamento che era stato fatto nel prendere
quella
decisione, ma era stato un suggerimento di Lupin. Hermione voleva molto
bene ai
suoi amici, ma se aveva ragione Harry stava probabilmente avendo dei
crolli
mentali ogni ora e Ron stava molto probabilmente inciampando nei suoi
stessi
piedi.
Lei
sapeva
che non era stata una loro decisione ma non poteva fare a meno di
avvertire un
risentimento che si era scavato uno spazio nella sua mente. Se non
altro
avevano l'un l'altro.
Hermione
era
stata lasciata lì ad assistere la McGranitt nel trasformare
Hogwarts in un
rifugio. Un luogo sicuro. C'erano alcuni altri membri dell'Ordine come
Seamus e
Dean, e Ginny stava aiutando con il resto degli altri professori. La
più
giovane degli Weasley era abbastanza simpatica, ma non si avvicinava
nemmeno a
riempire il vuoto con cui l'avevano lasciata i ragazzi. Per la maggior
parte
del tempo, Hermione si sentiva significativamente sola.
Le
era stato
dato il titolo di Caposcuola ovviamente, probabilmente di modo che
potesse
avere una sua stanza privata per aiutare con i piani dell'Ordine. O
forse era
perché potesse essere libera di chiudersi in biblioteca la
sera, con la
speranza di assistere la causa. O magari era perché era
tristemente famosa per
essere la migliore amica di Harry Potter e tutti si aspettavano che
fornisse un
simbolo di speranza alle anime tristi che stavano popolando Hogwarts.
Qualunque fosse la ragione tra queste, Hermione era felice di poter
aiutare, ma
avrebbe preferito rimanere con Ron ed Harry.
Micheal
Corner era l'altro Caposcuola, ma Hermione non aveva mai davvero capito
perché
era stato scelto. Probabilmente perché era stato un Prefetto
ed un membro
dell'Esercito di Silente, ma dubitava che stesse facendo molto dal
punto di
vista della preparazione per l'Ordine. Avrebbe potuto chiederlo a lui,
certo, o
anche tentare di fare conversazione con uno qualunque degli altri
studenti, ma
l'unica persona con cui parlava in quei giorni era la McGranitt.
Era troppo impegnata.. Troppo immersa nella sua disperazione per
aiutare.
Il
suo
dormitorio di Caposcuola era vuoto. Cupo.
Vicino
alla
Torre dei Grifondoro c'era la sua camera da letto, un piccolo angolo
cucina, un
piccolo salotto, il bagno ed un'altra camera da letto. Il letto che
Harry
avrebbe probabilmente occupato se fosse stato scelto come altro
Caposcuola.
Corner aveva il suo dormitorio da Caposcuola vicino alla Torre dei
Corvonero e
di questo Hermione era grata. Se doveva essere arrabbiata e in ansia
per la
situazione del mondo, non voleva che nessuno al di fuori di Harry e Ron
lo
sapesse.
Ma,
come
aveva notato così tante volte, loro non c'erano. Mandavano
una lettera ogni due
settimane, attenti a non mandare altri gufi in caso allertassero
Voldemort
della loro caccia agli Horcrux.
Perciò,
sì.
La situazione era brutta. Notevolmente brutta.
Così
brutta
che le parole davanti a lei stavano scivolando nella sua mente e
fuggendo dalla
sua attenzione. Doveva essere appena passata mezzanotte quando si era
incamminata verso la biblioteca per cercare di nuovo informazioni sugli
Horcrux, spronata dalla sua travolgente insonnia.
Erano
facilmente già le due di notte ormai. Il posto era
ovviamente vuoto e solo il tenue
bagliore del suo incantesimo Lumos dava un segno
di vita fra i labirinti
degli scaffali pieni di libri. Strofinò i suoi occhi
insonnoliti e provò a
concentrarsi sulle lettere e sulle forme sfocate, ma era difficile.
"Bene,"
borbottò tra sé, passando la punta del suo dito
sotto la frase per fissare il
suo sguardo su di essa. "Il primo mago conosciuto a creare un Horcrux
fu
Herpo il Turpe e possono essere solamente.."
Accidenti..
Aveva
già
letto quella frase due volte.
"Tu
sei
pazzo," sputò il ragazzo duramente, fermandosi sui suoi
passi. "Non
so quale delle tue pozioni assurde hai tracannato, ma io là
dentro non ci torno
per nessuna ragione al mondo."
"E
suppongo che tu abbia un'idea migliore?" Piton si girò
lentamente per
fronteggiare il suo compagno, fissando impaziente il giovane.
"Hai
dimenticato che cosa abbiamo fatto lì dentro?" chiese lui,
alzando le sue
mani tremanti dalla rabbia per indicare la scuola debolmente
illuminata.
"Mi uccideranno all'istante se metto un piede in quel posto!"
"Non
abbiamo tempo per questa discussione, Draco," rispose brusco l'ex
professore, afferrando il retro del colletto del giovane mago. "Ho
fatto
Voto di proteggerti e questo è l'unico luogo in cui sarai al
sicuro-
"Levami
le mani di dosso!" sibilò il ragazzo, lottando contro la
presa mentre
Piton marciava verso Hogwarts. Provò a piantare i piedi per
terra e togliere la
mano dell'uomo dai suoi vestiti, ma fu tutto inutile. "Maledetto
traditore
del tuo sangue schifoso!"
Piton
fermò
i suoi lunghi passi e aggiustò la sua presa sui vestiti di
Draco per portare la
sua faccia vicina a quella del giovane. Non si poteva notare sul suo
viso, ma
Malfoy sì sentì improvvisamente molto diffidente
dello sguardo pericoloso negli
occhi del mago, anche se non indietreggiò. Piton era un
traditore del suo
sangue. Era un dato di fatto.
Lui
e Piton
si erano nascosti nei mesi successive agli.. eventi della Torre di
Astronomia.
Draco non era stupido. Sapeva che il suo fallimento avrebbe avuto delle
conseguenze, ma non avrebbe mai potuto immaginare la loro grandezza. Il
Signore
Oscuro lo voleva morto.
Non
aveva
parlato con i suoi genitori da quella sera e non aveva idea di che cosa
fosse
loro capitato. Aveva appena abbandonato una baracca nelle Shetland, con
come
suo unico compagno l'uomo unto e inquietante che attualmente lo stava
fissando
promettendogli tortura. E aveva anche una taglia sulla sua testa.
Entrambe le
parti lo volevano morto. Eccezionale.
E
poi Piton
gli aveva detto di essere una spia; che li aveva traditi tutti e che
era uno di
loro. Draco aveva vomitato gli avanzi a mala pena
digeriti che erano
riusciti a recuperare quel giorno e aveva passato il resto della serata
cercando di scappare dal loro nascondiglio scozzese.
Ma
dove
sarebbe potuto andare?
Se
non fosse
stato per il fatto che Voldemort lo voleva Avadakedavrato il
più presto
possibile, avrebbe divulgato la rivelazione per qualche guadagno
personale. Ma
non c'era più spazio per lui fra i Mangiamorte, cosa che lo
lasciava
sostanzialmente fottuto; costretto a seguire in giro il traditore del
suo
sangue che gli aveva detto di non poterlo più proteggere.
Porca
puttana.
E
ora Piton
lo aveva portato a Hogwarts.
Aveva
provato a fare delle domande riguardanti il suo grado di coinvolgimento
con
l'Ordine, ma l'idiota pazzoide gli aveva detto il minimo
indispensabile. Draco
si era chiesto se se la follia avesse definitivamente avuto la meglio
sull'uomo; che tutta la storia dell'essere una spia fosse solo il
balbettare
isterico di un uomo che non c'era più con la testa. Aveva
assassinato Silente
dopotutto. Ma allora perché lo avrebbe portato ad Hogwarts
se non avesse avuto
nessuna influenza sulla McGranitt e sull'Ordine?
Tutte
quelle
domande e l'ansia martellavano contro le sue tempie e pulsavano insieme
ad echi
di raccomandazioni nella sua testa. Ma lui non aveva risposte. Non
aveva
promesse. Non aveva niente. Lasciato a ribollire in un limbo che faceva
male e
a chiedersi quando tutto era diventato così complicato.
Cinque
mesi
in un capanno cadente in una qualche desolata isola delle Shetland, con
solo il
brusio delle pecore a spezzare il silenzio, lo aveva lasciato a dir
poco..
teso. Certo, sapere che il mago più potente sulla Terra era
a caccia del suo
cadavere non aiutava.
Che
settimana di merda. Che mese di merda. Che anno di merda.
"Sto
cercando di proteggerti, Draco," disse bruscamente l'uomo sinistro,
serrando la sua presa sugli abiti di Draco. "Questo è
l'unico posto dove
sarai al sicuro-
"Non
sarò al sicuro qui," ringhiò il biondo,
arricciando le labbra con
disgusto. "Sono il loro fottuto nemico-
"Sei
nemico di entrambi le parti adesso," gli fece notare Piton, continuando
a
camminare verso Hogwarts e trascinando l'erede dei Malfoy con
sé. "Ma ci
sono meno probabilità che questa fazione ti uccida. La
Professoressa McGranitt
ha già acconsentito."
"Stupida
vacca," abbaiò Draco, cosa che gli procurò uno
strattone che lo fece quasi
soffocare. "Quindi devo affidare la mia sicurezza a quella megera
pazzoide?"
"Non
hai scelta."
Le
sue
proteste cessarono.
Hermione
rabbrividì.
L'Autunno
si
era insinuato nel castello troppo velocemente e aveva sparso il freddo
giù per
la sua nuca. Il respiro le usciva dalla sua bocca in morbide nebbie e
la
ragazza si sistemò nel pugno il tessuto del maglione per
proteggere le dita.
Hermione
balzò dalla sedia quando sentì la porta della
biblioteca aprirsi, seguita da
passi strascicati. Afferrò la sua bacchetta, terminando
silenziosamente
l'incantesimo Lumos e ascoltando attentamente i
tonfi dell'intruso sul
pavimento. Respirò più sommessamente che
poté, riuscendo ad alzarsi dalla sedia
senza fare il minimo rumore.
Si
fece
strada attraverso gli spazi fra gli scaffali, cercando di intravedere
qualcosa
che fosse fuori posto. Tutte le ombre si mescolavano in una massa quasi
nera,
così si concentrò sui rumori. Chiunque fosse
indugiava ancora sulla porta, ma
stava lentamente addentrandosi nella biblioteca. La mano di Hermione si
strinse
attorno alla sua bacchetta.
"Signorina
Granger?" la chiamò una voce familiare e le sue spalle si
rilassarono.
"È qua dentro?"
"Lumos,"
sospirò la strega, mentre i suoi piedi seguivano quel tono
amichevole.
"Sono qui, Professor Lumacorno."
"Oh,
eccola qua," sorrise l'uomo agitato quando la vide. "L'ho cercata
ovunque, sa. Non dovrebbe essere fuori così tardi, anche se
è Caposcuola."
"Va
tutto
bene?" chiese lei, ignorando il suo commento.
"La
Professoressa McGranitt vorebbe parlarle," disse semplicemente,
facendole
strada fuori dalla biblioteca. "La troverà nel suo ufficio."
"C'è
qualcosa che non va?" le sue sopracciglia si inarcarono per la
preoccupazione.
Perché la McGranitt avrebbe dovuto avere bisogno di lei alle
due del mattino?
"Non
so
che cosa stia succedendo, signorina Granger," ammise con una scrollata
di
spalle. "Sono sicuro che sia tutto a posto, altrimenti ci avrebbero
informati."
"Suppongo
che lei abbia ragione," annuì Hermione assente, infilando le
mani nelle
tasche. "Sembra solo un po' strano".
"In
tempi come questi, signorina Granger," mormorò e Hermione
poteva sentire
quanto l'uomo fosse stanco. Erano tutti così stanchi. "Sono
sorpreso che
riesca a trovare ancora qualcosa che non sia normale."
"Ha
ragione."
"La
accompagnerò fino all'ufficio," le disse, con la voce
gracchiante per la
fatica. "Vuole che aspetti fuori per assicurarmi che lei torni nella
sua
stanza senza alcun rischio?"
"Non
è
necessario," lo congedò Hermione scuotendo la testa
brevemente. "La
mia stanza è poco lontana dall'uffico della McGranitt. E
poi, mi sembra molto
stanco, Signore."
"Sono
stato svegliato in modo alquanto improvviso," confessò lui,
soffocando uno
sbadiglio. "E lei stava leggendo in biblioteca. Sta dormendo bene,
signorina Granger?"
"Abbastanza
bene," mentì lei.
"Posso
consigliarle un po' di Pozione Soporifera?" suggerì
Lumacorno, lanciandole
un'occhiata significativa. "Potrei preparagliene un po' per domani."
"No,
grazie," Hermione gli offrì un debole sorriso. "Ho dei
sonniferi
Babbani che prendo quando ne ho davvero bisogno, ma sto bene,
Professore.
Davvero."
"Se
lo
dice lei, signorina Granger," cedette lui, fermandosi quando
raggiunsero
la porta del passaggio che portava all'uffico della McGranitt. "La
lascio
qui allora."
"La
ringrazio, Professor Lumacorno," Hermione annuì
educatamente, aspettando
che il mago sparisse lungo il corridoio prima di borbottare la parola
d'ordine.
"Gatto soriano."
Draco
era
seduto in una sedia troppo grande per lui, digrignando i denti e
mordendosi la
lingua. I due professori stavano battibeccando di fronte a lui e c'era
voluto
tutto il suo autocontrollo per non urlargli contro. Se la McGranitt non
avesse
stretto la sua bacchetta sulla difensiva, avrebbe probabilmente
già lanciato
una fattura ad entrambi o almeno alcuni incantesimi Silencio per
bloccare i loro toni aspri.
"Ho
accettato di incontrarti, Severus," disse duramente la strega. "Non
ho mai promesso che lo avrei effettivamente fatto restare qui."
"Non
c'è nessun altro posto," affermò Piton calmo,
guardando Draco per un
momento. "Se il Signore Oscuro lo trova lo ucciderà,
Minerva."
"E
vorresti che io mettessi il resto degli studenti in pericolo?"
sbottò lei
con il suo marcato accento scozzese e ricordando a Draco la sua vile
permanenza
nel Nord. Sempre a nascondersi..
"Stai
cercando di proteggere gli studenti," disse il mago scontroso. "Lui
ha bisogno di protezione più di chiunque-"
"Questo
ragazzo è la ragione per cui questo posto è stato
attaccato!" urlò lei,
puntando un dito accusatore verso il giovane. "Questo ragazzo-"
"È
un
bambino,"la interruppe Piton, ignorando il grugnito offeso che provenne
dall'altrimenti silenzioso adolescente. "È stato traviato,
Minerva."
A
quelle
parole, gli occhi di Draco si spalancarono e scrutò l'uomo
di cui una volta si
era fidato con scetticismo. Era bizzarro e degradante venire difeso da
qualcuno
che oramai disprezzava.
"Sapeva
ciò che stava facendo,"disse piano la Preside, tornando al
suo tono
prudente. "E se non fosse stato così sciocco, le cose
sarebbero molto
diverse-"
"Il
Signore Oscuro sarebbe comunque una minaccia,"ragionò lui
con attenzione.
"Sai che Albus-"
"Non
osare corrompermi con il suo ricordo!" lo avvertì lei,
mentre la sua voce
raggiungeva un tono che disturbava le sue stesse orecchie. "Non osare,
Severus-"
"Sai
che ho ragione," disse Piton con una forza sottile. "Sai molto bene
quanto fosse determinato ad assicurarsi che Draco non seguisse quella..
strada."
L'erede
dei
Malfoy sentì la sua mascella rillassarsi. Un sacco di
domande gli riempirono
inevitabilmente la testa e si fece passare dell'aria tra i denti. Il
vecchio
allocco si era interessato a lui? Aveva voluto tenerlo lontano dal
sentiero
oscuro? E Piton lo sapeva? Solo altri segreti; alter scheggie nella sua
mente.
"Che
diavolo-"
"Ti
avevo detto di tenere la bocca chiusa,"strascicò Piton,
senza nemmeno
disturbarsi a gettare uno sguardo su di lui. "Minerva, sai che Albus lo
avrebbe lasciato rimanere-
"Beh,"
sospirò lei, massaggiandosi la fronte con le sue mani
raggrinzite dall'età.
"La benevolenza di Albus potrebbe essere considerata la sua caduta,
insieme al suo desiderio di vedere del buono in tutti quanti."
Piton
emise
un suono di accordo."Ad ogni modo," borbottò sottovoce. "Il
mio
tempo sta scadendo. Ha bisogno di un posto lontano dal Signore Oscuro."
L'anziana
strega tese le labbra e spostò il suo sguardo saggio sul
più giovane occupante
della stanza. Draco provò a sostenere lo scambio ma si
ritrovò a fissare il suo
grembo, le sue palpebre pesanti per la fatica. Non era riuscito ad
avere una
notte di sonno decente dal primo di Giugno, quattro giorni prima del
suo
diciassettesimo compleanno. Forse per il freddo che si insinuava tra le
fessure
del loro nascondiglio, o per i dolorosi morsi della fame che aveva
dovuto
soffrire per cinque mesi, o forse per i fragili resti della sua
coscienza.
Il
sonno era
un lusso ormai dimenticato, così come un pasto decente. E un
letto. E una
doccia. E il calore...
"Molto
bene," mormorò infine la McGranitt, alzando lievemente la
testa mentre
parlava. "Può restare. Ma ho le mie condizioni, Signor
Malfoy, e se anche
solo una di esse viene violata, verrà lasciato a
sé stesso."
Draco
alzò
lentamente gli occhi per guardare la donna con uno sguardo agitato. Chi
era lei
per stilare una lista di regole? Come se gli stesse facendo un favore.
Lui non
voleva stare lì. Non aveva bisogno del suo maledetto aiuto.
Poteva infilarselo
su per il-
"La
sua
bacchetta, signor Malfoy"chiese la McGranitt calma, allungando la mano.
Lui
sbuffò.
"Via dalle palle," mormorò freddamente, ma sentì
qualcosa al suo
fianco muoversi e guardò con occhi furiosi come la sua
bacchetta lasciava la
sua tasca per atterrare sul palmo della strega.
"Non
le
sarà permesso di partecipare alle lezioni con il resto degli
studenti,"gli
disse bruscamente. "Credo che le ragioni siano piuttosto ovvie.
Dovrà
passare inosservato e sono sicura che non verrebbe riaccolto dagli
altri
studenti comunque sia."
Draco
alzò
gli occhi al cielo. Odiava le persone che trovavano necessario ribadire
l'ovvio.
"Non
lascerà la stanza che gli verrà
assegnata,"continuò lei duramente, le
labbra serrate per lo stress. "Se mette anche solo un piede fuori da
Hogwarts senza il mio permesso non le sarà permesso di
rientrare. Mai
più."
Draco
si
strofinò il mento e guardò Piton, che lo stava
osservando con quel familiare
sguardo impaziente. Avrebbe voluto dire ad entrambi di andare a
fanculo; di
farsi gli affari loro, ma sapeva che questa offerta non era opzionale.
Ricordò
a sé stesso ancora una volta che non aveva nessun altro
posto dove andare.
Quello era il suo destino. Un'altra prigione succhia-sanità
mentale. Che
Merlino lo aiutasse a salvare il suo spirito.
"Resterà
qui?" chiese Piton, rompendo il silenzio. "Con te?"
"Ho
troppe cose in ballo per fare l'accompagnatrice, Severus,"
spiegò la
strega con un tono tagliente. "Ho in mente qualcun altro che lo tenga
d'occhio."
Piton
aggrottò le sopracciglia. "Lumacorno?" provò ad
indovinare. "Uno
degli altri professori?"
"Sai
per esperienza personale che non avrebbero tempo per questo," rispose
lei
con un sopracciglio alzato. "Viste le circostanze, Severus, ci sono
solo
una manciata di persone di cui mi fido completamente, e se vuoi che la
postazione dei signor Malfoy rimanga segreta, allora rimarrà
con la signorina
Granger."
Dracò
sgranò
gli occhi e la sua gola si seccò. "Quella fottuta
Mezzosangue-
"È
meglio per lei che moderi il linguaggio, signor Malfoy," lo
minacciò lei
col suo tono tagliente "Credo di aver detto chiaramente che la sua
permanenza qui presuppone delle condizioni-
"Lei
crede che gettarmi in una stanza con lei sarà sicuro?"
domandò lui con una
faccia incredula. "Se c'è qualcuno che mi vuole morto oltre
al Signore
Oscuro è la Mezzosangue-
"Smetta
immediatamente di usare quella parola," ribadì la strega
riproverandolo
con un dito. "Sono certa che la signorina Granger è in grado
di gestire
questa.. situazione in modo maturo."
Draco
emise
un latrato privo di umorismo e scosse la testa. "Lei è fuori
di
testa."
"A
quanto pare," concordò lei. "Ma se fossi in lei, non mi
incoraggerei
a riconsiderare questa sistemazione."
Draco
strinse gli occhi e si voltò verso Piton con un'espressione
di puro disgusto.
"Questa è la tua idea di protezione?" sputò a
denti stretti. "Consegnarmi
a questi idioti-"
"Basta
così," lo zittì lui tranquillamente, continuando
a fissare la McGranitt
con un'espressione incuriosita. "Sei sicura che la Signorina Granger
sia
l'opzione più saggia, Minerva?"
"È
l'unica opzione," affermò lei risoluta. "È
l'unica studentessa di cui
mi fido completamente."
"Ma
sarebbe più appropriato scegliere uno dei professori."
"I
professori stanno già avendo abbastanza problemi cercando di
sorvegliare gli
altri studenti,"disse la Preside con una punta di impazienza. "La
Signorina Granger è perfettamente in grado di occuparsi
della questione e si da
il caso che abbia una stanza libera nel suo alloggio-
"Dev'essere
uno scherzo," grugnì Draco, arricciando il naso con
disprezzo. "Mi
rifiuto di stare con quella-
"Non
ti
dirò di nuovo di stare zitto," ghignò Piton,
facendo un lungo passo per
schaffeggiargli la nuca.
"Farà
ciò che le è stato detto, Signor Malfoy," lo
avvertì rigidamente la
strega. "Otterrà una sola offerta d'aiuto da parte nostra e
se non dovesse
funzionare, verrà lasciato a sé stesso."
Draco
sentì
il bisogno di sfidare la strega salirgli sul per la gola,
solleticandolgi le
tonsille, ma era così stanco.
Hogwarts era molto più calda del capanno e il calore era
come un sedativo. Per
quanto cercasse di ignorarlo, la sedia imbottita lo stava assorbendo.
L'odore
di cibo aleggiava nell'aria e stava svegliando il suo stomaco vuoto.
"Devo
prendere il suo silenzio come un assenso alla nostra offerta?"
Offerta.
Draco sbuffò. Non era un'offerta che gli stava facendo e
tutti quanti in quella
stanza lo sapevano. Era un ultimatum. Stare con il nemico o rischiare
la morte.
La voglia di vivere batteva di poco il suo orgoglio. Va bene, lascia
che ti
diano da mangiare e che ti forniscano un antico tetto sopra la tua
testa. I suoi
genitori lo sarebbero venuti a cercare. Suo padre avrebbe convinto il
Signore
Oscuro a chiudere un occhio sul suo.. incidente. Forse.
"Accetta,"
parlò Piton al suo posto, lanciando al suo ex alunno
un'occhiata severa che lo
sfidava a protestare.
"Così
sia," sospirò la McGranitt, con tutto il terrore di un'
anima che aveva
fatto un patto con il Diavolo. "Ha qualche effetto personale?"
I
suoi occhi
si spostarono nuovamente sul suo grembo. La semplice risposta era no.
No, non
aveva una maledetta cosa da chiamare sua. Solo i vestiti malconci e
ripetutamente puliti con l'incantesimo Gratta e Netta
che Piton gli
aveva dato. Era stato privato di tutti le prove della sua ricchezza; i
simboli
che rappresentavano il suo nefando patrimonio e lui odiava quella
condizione.
"No,"
borbottò velocemente, serrando gli occhi.
"Allora
dirò agli Elfi Domestici di trovare qualcosa per lei," gli
disse la
McGranitt, con un tono non più delicato di prima."Li
farò mandare nella
stanza della Signorina Granger ad un certo punto della giornata di
domani."
"E
la
Signorina Granger ha acconsentito all'accordo?" chiese il mago
più anziano
con un tono scettico.
"Non
ancora."
Le
sopracciglia dorate di Draco si inarcarono. Non ancora? Quella
donna
stava scavando la sua tomba più velocemente di Voldemort.
Hermione
strisciò le punte delle sue dita consumante dall'ansia sui
vecchi mattoni del
muro mentre trascinava i piedi giù per il corridoio, l'altra
mano impegnata a
stringere la sua bacchetta illuminata per indicarle la strada. Aveva
capito perché
la McGranitt l'aveva convocata ora. C'era una sola
possibilità.
Cattive
notizie.
Qualcuno
era
morto. O era stato ferito. Forse i piani di Harry e Ron erano stati
scoperti.
Forse la scuola era di nuovo sotto minaccia. O magari Voldemort aveva
trovato il
quartier generale dell'Ordine.
C'erano
centinaia di possibilità, ed erano tutte brutte.
Aveva
nostalgia del suo ottimismo; desiderava che non gli fosse stato rubato
dall'oscuro ricordo della Torre di Astronomia e dall'assenza dei suoi
migliori
amici. I suoi pensieri tristi sfumarono quando la voce distorta della
McGranitt
tintinnò attraverso il passaggio, e non appena l'eco
svanì, un'altra voce si
unì alla sua. La voce di un uomo.
La
stretta
sulla sua bacchetta si fece più stretta mentre accelerava il
passo, il rumore
dei suoi piedi sempre più alto fra gli altri suoni. Non
riusciva a distinguere
le parole specifiche e non riusciva nemmeno a capire se ci fosse una
terza voce
che vibrava lungo i muri adesso.
Con un movimento del polso e mentre sussurrava nuovamente la parola
d'ordine
sottovoce, la porta spessa si aprì di scatto. Hermione
sgranò gli occhi mentre
assorbiva la scena che le si parò davanti.
Piton.
Qui.
Ad Hogwarts.
Non
fece
nemmeno caso a Malfoy.
Tre
teste si
voltarono a guardarla, ma lei ne vide solo una. Lui. L'uomo che aveva
ucciso la
persona migliore che avesse mai conosciuto. Sentì un fuoco
bruciarle nel petto.
"Tu,"
soffiò, i suoi lineamenti allungati per un attimo
dallo shock per poi fare
spazio alle linee arrabbiate sul suo viso. Con un movimento agitato del
gomito
Hermione stese il braccio della bacchetta e i suoi occhi marrone scuro
si
strinsero in pericolose fessure. "Impedimenta!"
Piton
bloccò
il suo incantesimo senza sforzi, e la cosa la fece infuriare ancora di
più. La
sua rabbia le martellava nelle orecchie, coprendo le richieste della
McGranitt
di calmarsi. La sua magia stava pulsando nella punta delle sue dita,
pronta per
la vendetta. Lanciò uno Stupeficium, ma
venne deviato come il suo ultimo
attacco.
Draco
osservò il duello in silenzio con i suoi occhi calcolatori,
chiedendosi perché
Piton stesse effettivamente partecipando. Sicuramente un veloce Petrificus
avrebbe
messo la Mezzosangue ficcanaso al suo posto. Non si era accorta di lui;
non
aveva nemmeno una volta sollevato lo sguardo dall'altro mago. Avrebbe
scommesso
la fortuna della sua famiglia che notare la sua presenza non avrebbe
calmato la
sua collera nemmeno un po' in quel momento.
Piton
squadrò la ragazza con calma e lanciò un
silenzioso incantesimo disarmante
nella sua direzione, decidendo che la cosa migliore era mettere fine
alla cosa
prima che gli sfuggisse dalle mani.
Impressionato, Piton alzò un sopracciglio quando si rese
conto che
l'incantesimo non aveva avuto effetto, e vacillò quando un
altro dei suoi
anatemi lo fece barcollare. La ragazza aveva fatto pratica. Quando
aveva
imparato a lanciare l'Incantesimo Scudo senza pronunciare la formula?
"Basta
così!" cercò di intervenire la McGranitt, ma gli
occhi di Hermione si
posarono appena sulla donna. "Signorina Granger, si calmi e mi lasci
spiegare-
La
giovane
strega non batté ciglio. "Confrin-
La
bacchetta
le volò via dalla mano, e la ragazza spostò il
suo sguardo tradito e confuso
sulla Preside. Sentì delle corde incantate che la
avvolgevano per limitare i
suoi movimenti, e lacrime di frustrazione scesero a rigarle le guance.
La
strega più anziana le lanciò uno sguardo pieno di
scuse prima di agitare
nuovamente la sua bacchetta e Hermione sentì i suoi piedi
alzarsi dal pavimento
per poi volare dentro ad un armadio.
La
porta si
chiuse dietro di lei con colpo secco e lei rimase immobile nel buio,
stordita
per un momento prima di cercare di liberarsi e gridare
finché la sua gola non
cominciò a bruciare.
Perché la McGranitt stava facendo questo? Hermione emise un
singhiozzo indignato
e ricacciò indietro l'urlo bloccato nella sua trachea.
Che
cosa
diavolo stava succedendo?
Dall'altra
parte della porta, Draco si buttò indietro sulla sedia,
alzando gli occhi al
cielo. Guardò i due professori mentre si scambiavano
un'occhiata scettica e
resistette al bisogno di scuotere la testa o di ridere alla loro
stupidità.
Come potevano essere onestamente sorpresi che lei avesse reagito
così? Era
davvero circondato da dei maledetti idioti.
"Beh,"
commentò, con una voce stridula ma sempre traboccante di
sarcasmo. "È
andata bene."
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Capitolo 2 *** Pugno. ***
Chapter
2: Pugno.
"E’
migliorata” commentò Piton, osservando la porta
con sguardo pensieroso.
"Non
ne
hai idea" sospirò la McGranitt, aggrottando le ciglia in un
cipiglio
severo, mentre le proteste di Hermione non facevano altro che
aumentare. “Ha
fatto molta pratica con il professor Lumacorno e me.”
“Si,
l’ho
notato” rispose Piton, accennando con lo sguardo a Draco.
“Magari sarà capace
di gestirlo.”
“E’
una
ragazza davvero capace,” lo rassicurò la
McGranitt. “Severus, il reparto
anti–materializzazione entrerà in gioco di nuovo
tra poco tempo, e penso che
sarebbe più facile spiegarle tutto se tu non sarai
qui–
“Sono
stato
qui troppo a lungo comunque,” rispose lui, avvicinandosi a
grandi passi al
giovane mago che stava curvo sulla sua sedia. “Ricordati di
cosa abbiamo
discusso Draco–
“Mi
stai
lasciando qui sul serio?” domandò lui, sibilando
le sue parole attraverso i
denti. “Con queste persone? Grazie un cavolo–
“Cerca
di
ricordarti che sei in pericolo” continuò Piton con
voce densa e condiscendente.
“E queste persone sono
le uniche che
hanno intenzione di sistemarti in un posto sicuro con qualcuno
che–
“Beh,
allora
sono ancora più stupide” Draco si strinse nelle
spalle, sprezzante, lanciando
alla McGranitt uno lungo sguardo annoiato. “Vi aspettavate
della gratitudine da
parte mia per questo?”
“Non
mi
aspetto assolutamente nulla da te, signor Malfoy” le rispose
lei con sincero
disprezzo. “La tua costante incapacità di fare
qualcosa di utile ha distrutto
ogni genere di confidenza che avrei potuto avere nei tuoi
confronti.”
La
sua
espressione arrogante trasalì al suono di quelle parole. Non
perché era
preoccupato di aver fatto incazzare la vecchia rugosa; davvero, non
gliene
fregava un cazzo. No, era perché l’aveva chiamato
un fallimento. E la verità
faceva male. Negli ultimi sette anni, non riusciva a ricordare una sola
cosa
che gli fosse riuscita bene. Nemmeno una. E la sua ultima cazzata si
è rivelata
fatale; fatale abbastanza da
giustificare un desiderio di morte e un soggiorno a
tempo indeterminato in
questo buco di merda.
Falimento.
“Ti
piacerebbe che facessi finta che mi importasse?”
borbottò
casualmente, guardando di nuovo verso Piton. “Pensavo che te
ne stessi
andando.”
Il
biondo grugnì quando ricevette un altro schiaffo secco sulla
nuca.
“Dovresti controllare la tua lingua, Draco” lo
rimproverò Piton. “Mi scuso per
questo, Minerva.”
“Non
c’è bisogno.” Insistette lei.
“Posso pensarci io da questo momento
in poi. Hai la mia parola che farò tutto ciò che
sarà necessario per garantire
la sua sicurezza. Dovresti davvero andare adesso, Severus.
L’alba sta per
arrivare.”
“Giusto”
rispose lui, voltandosi crucciato verso la collega. “Non sono
in grado di dirti se potrò contattarti presto.”
“Se
hai bisogno di noi, sai dove trovarci” disse lei, abbassando
la
voce ad un sospiro. “Buona fortuna Severus”.
Draco
si lasciò uscire uno sbuffo disgustato che fù
soppresso dal
rumore della materializzazione di Piton. Sentì la sua
mascella contorcersi e
cercò di combattere il senso di apprensione che stava
crescendo nel suo
intestino. Piton sarà pur diventato un traditore del suo
sangue ma almeno
quell’uomo, che a volte gli dava i brividi, era legato da un
voto infrangibile
volto a proteggerlo, mentre questi traditori del
proprio sangue avrebbero
probabilmente approfittato della situazione per strangolarlo nel sonno.
Un
altro
strillo della Granger gli ruppe il timpano, e Draco si girò
verso la McGranitt
con uno sguardo terribilmente stanco.
“Qui
ci sarà
da ridere” borbottò asciutto, incrociando le
braccia davanti al petto.
“Non
provare
a dire qualcosa che renda la situazione più difficile di
quanto non sia gia,”
lo raccomandò la professoressa, agitandogli un dito davanti
alla faccia. “E di
sicuro non userai quell’orribile parola.”
“Intende
‘Mezzosangue’?”
domandò, sottilineando quel particolare termine offensivo.
“Sembra fin troppo
convinta che io–
“La
avverto,
signor Malfoy” continuò lei. “Stai solo
rendendo le cose più difficili per te
stesso se continui a comportarti in questo modo–
“Se
ne faccia
una ragione,” gemette
lui, strofinandosi
gli occhi. Gli strilli della Mezzosangue gli avevano fatto arrivare i
dolorosi
battiti del cuore fin sopra alle tempie, provocandogli un terribile mal
di
testa ed ora, il calore della stanza stava abbassando la sua resistenza
a
tenere aperte le palpebre per rimanere sveglio. Aveva davvero bisogno
di
dormire. “Sono quasi le tre del mattino e vorrei avere un
po’ di riposo–
“E
sono
sicura che le piacerebbe riposare in un letto confortevole”
rispose lentamente
la McGranitt, guardandolo dall’alto della sua statura.
“Sono a conoscenza del
fatto che non ha avuto un letto per un po’ di tempo, signor
Malfoy–
“Dove
vuole
arrivare?”
“Se
insiste
nel rendere tutto più complicato di quanto dovrebbe
essere” cominciò lei, avanzando
di un paio di passi verso l’armadio urlante
“…Allora potrei decidere di non
farti usare il letto, o la doccia, o magari vorresti–
“Ho
capito”
rispose Draco, guardandola storto. “Allora continui
pure–
“Ti
farebbe
anche bene imparare un po’ di buone maniere” lo
consigliò la strega, ormai
vicina alla porta dell’armadio.
Con
un
respiro anche troppo calmo, vista la situazione, la Preside
aprì la porta e aggrottò
le sopracciglia quando vide il caos all’interno. Gli sforzi
di Hermione avevano
distrutto qualche scaffale e la giovane strega si era guadagnata
qualche
bruciatura a causa dei libri che le erano caduti addosso. Hermione
smise di
lottare quando si accorse della presenza della McGranitt sul ciglio
della
porta, con il cuore che le batteva nel petto. La strega più
anziana agitò la
bacchetta per levitare Hermione dentro il suo ufficio e
sospirò forte quando
vide che la ragazza non aveva alcuna intenzione di interrompere la sua
lotta
per liberarsi dalla presa.
Draco
sopresse le parole che stavano tentando di uscire dalla sua bocca, per
il bene
di una nottata confortevole. La Granger sembrava essere stata posseduta
dall’inferno e poi risputata fuori; i suoi capelli incasinati
brulicavano come
foglie d’autunno, i suoi occhi erano rossi e sembrava che non
riposassero da un
mese. Dio. Era contento di vederla soffrire. Almeno, era contento di
non essere
lui a star male, per una volta.
“Mi
lasci
andare!” urlò Hermione con gli occhi pieni di
lacrime, mentre i suoi piedi
scalpitavano a qualche centimetro d’altezza dal pavimento.
"Ho
bisogno che si calmi, signorina Granger-
"Non
mi
calmerò!" si rifiutò Hermione, con voce forte ma
allo stesso tempo
spaventata. "Ma che diavolo-
"Prometto
che le spiegherò tutto," la professoressa cercò
di calmarla. “Ho bisogno
che tu stia calma, Hermione. Te ne prego.”
Hermione
fece sei lunghi respiri e ingoiò indietro l’ansia
che le riempiva la gola.
Ancora non si era accorta di lui. “Ok”
mormorò. “Ok, solo, perfavore…mi
liberi.”
Con
un
momento di esitazione, la McGranitt interruppe l’incantesimo
e i piedi di
Hermione atterrarono sul pavimento con un piccolo colpo. Si
strofinò le mani
sui segni delle corde che l’avevano boccata e
studiò l’anziana donna come se
fosse una persona sconosciuta. Rilasciò un piccolo
singhiozzo e si avvicinò di poco
al centro della stanza, senza sapere che si stava muovendo sempre
più vicina al
punto in cui Malfoy era seduto.
"Perché
Piton si trovava qui?" domandò infine, visto che il silenzio
stava
diventando fin troppo preoccupante.
"Prima
che inizi a spiegarti," cominciò la McGranitt "Devi capire
che non
puoi rivelare a nessuno ciò che ti sto per dire. Nemmeno al
signor Potter o al
signor Weasley."
Hermione
si
morse nervosamente un labbro, analizzando la situazione nella sua
mente. Le
parole della Preside non combaciavano con il suo modo di fare; era
abituata a
dire tutto ad Harry e Ron, e lo strano comportamento della McGranitt in
quegli
ultimi minuti l’aveva completamente sconvolta.
I suoi occhi si scostarono da lei, aveva bisogno di concentrarsi su
qualcos’altro.
E fu quello il momento in cui lo vide.
Lui.
Hermione
si
bloccò a contatto con il suo sguardo di ghiaccio, e qualcosa
all’interno della
sua anima si spezzò.
Non
ricordò
di essere scattata contro di lui, era tutto sfuocato e veloce. Quando
fu
abbastanza vicina, caricò il suo pugno e lo fece sbattere
contro la sua faccia,
forte abbastanza da farle scorticare le nocche. Sentì
parecchi ringhi vibrare
nella sua gola, e caricò il suo pugno ancora una volta. Il
sangue scorreva sul
mento di Draco ma lei non era soddisfatta a dovere. Voleva picchiarlo
finchè la
sua faccia non fosse irriconoscibile, finchè questo gesto
non le facesse
dimenticare cosa lui aveva fatto.
Ma
l’incantesimo della McGranitt la spostò
dall’altro lato della stanza. E lei
ricominciò ad urlare.
Si
stava
sforzando talmente tanto per combattere la forza
dell’incantesimo, che i suoi
fianchi iniziarono a bruciare, ma non avrebbe mollato. “Che
diavolo ci fa quel
bastardo–
“Smettila!”
la strega anziana urlò, mantenendo la sua bacchetta fissata
sul corpo di
Hermione. Non c’erano lacrime adesso; solamente rabbia,
rabbia che impediva
alla giovane di ragionare.
“Hermione,
devi ascoltarmi–
“Tu!
Stupido
coglione senza spina dorsale!” sbottò lei,
ignorando la McGranitt e guardando
fisso Malfoy. Si stava togliendo di dosso il rivolo di sangue che gli
colava
dal labbro, con un’espressione distaccata. Lui
incrociò il suo sguardo; l’odio
della Granger nei suoi confronti era accecante. Lui era più
magro di quanto
Hermione si ricordasse e sembrava un po’ sciupato, ma tutto
il resto era
esattamente come si ricordava. I capelli color panna, la pelle di
porcellana e
gli occhi grigi come le nuvole. Era orribile, ed Hermione non
riuscì a
sopprimere un altro urlo disgustato.
"Controllati
Hermione," provò di nuovo la McGranitt, mettendosi in mezzo
tra lei e
Draco. "Sto cercando di spiegarti-
"E
come
potreste spiegare?” sibilò Hermione alla vecchia
professoressa. Nuove lacrime
stavano scendendo dal suo sguardo fiero. "Hanno ucciso Silente! Come cazzo potreste fare una cosa del gen-
"Ne
ho
abbastanza!" replicò la McGranitt, con tono severo. "Sto
cercando di
dirti che-
"Niente
di quello che ha da dirmi potrebbe-
"Severus
Piton è una spia per l’Ordine," sbottò,
soddisfatta nel vedere Hermione
bloccarsi a mezz’aria, con la bocca spalancata. "Sta dalla
nostra parte,
ora più che mai.”
"Q–questo
è impossibile," balbettò Hermione, cessando la
sua battaglia per rimanere
incredula a bocca aperta di fronte alla professoressa. "No. Non
è
assolutamente possibile-
"E’
la
verità-
"Sta
mentendo!" sbottò Hermione, le guance arrossate come pesche
mature
punteggiate di rugiada. Girò il collo così
riuscì a guardare ancora una volta
Malfoy, e sentii la bile bruciarle la gola. Si sentiva male. "Loro
l’hanno
ucciso...Hanno–hanno ucciso Silente.”
"E’
tutto okay, Hermione," la McGranitt provò a consolare la
ragazza, prima di
dare un’occhiata al di sopra della sua spalla verso il
giovane mago rimasto in
silenzio; era ancora seduto e cercava di medicare il taglio sul suo
labbro.
"Signor Malfoy, ho bisogno di parlare con la signorina Granger da sola."
"Buon
per voi” borbottò.
"Signor Malfoy," sospirò,
realizzando
solo ora quanto fosse stanca. "Devo discutere di alcune cose
privatamente-
"Perché?
Piton mi ha detto che è una spia quindi conosco tutta la-
"Non
conosci tutto," gli disse la strega. "E non hai nessun diritto di
venire a conoscenza di tutte le informazioni-
"Beh,
qui sto comodo-
"Non
costringermi a spostarti," lo
avvisò, accennando con la mano libera ad una porta alla sua
sinistra. "C’è
una cucina attraverso quella porta. Serviti pure con un po’
di cibo, ti
chiamerò quando abbiamo finito.”
Draco
indugiò con una smorfia, ma uno spasmo allo stomaco gli
ricordò che non
mangiava da 24 ore. La curiosità era forte, ma i boati della
fame lo erano di
più. Si alzò lentamente dal suo posto e
guardò annoiato le due streghe prima di
dirigersi verso la cucina, sussurrando un’infinita lista di
parolacce
sottovoce.
La
McGranitt
si girò quindi verso Hermione e piegò in basso il
capo, pensando a come
iniziare il discorso. "Ascolterai ogni cosa che avrò da
dirti se rilascerò
l’incantesimo?"
"Piton
è davvero una spia?" chiese docilmente Hermione.
"Posso
giurarlo sulla mia stessa vita” rispose la McGranitt. "Mi
ascolterai?"
Con
un singhiozzo confuso e
patetico, lei
annuì con la
testa e sentì le braccia e le gambe riprendere il controllo. Si asciugò la prova
della sua
debolezza con la manica
e osservò
la strega con
occhi selvaggi
e
disperati. “Piton” mormorò
“Non può essere una spia. Ha ucciso–
“Albus
mi ha lasciato uno dei suoi
memoriali prima di morire,” cominciò la Preside,
con la voce leggermente rotta
dall’emozione. “E in quel memoriale
era
riportata una conversazione tra lui e
il professor Piton–
"Ma-
"Albus
era a conoscenza della missione di Draco Malfoy," continuò
lei. "E
chiese a Severus di completare…la missione, così
non avrebbe dovuto farlo il
signor Malfoy. Voleva salvarlo-
"Non
merita di essere salvato” Hermione aggrottò le
ciglia, lanciando uno sguardo
truce alla porta della cucina. “Lui è–
“Devi
capire
che il signor Malfoy era costretto a compiere la sua missione,
Hermione” tentò
la McGranitt, ma sapeva che la sua argomentazione era debole. Era
difficile
difendere qualcuno che aveva messo così tante vite in
pericolo ancora prima di
aver compiuto diciassette anni. “Albus sapeva che Severus
aveva accettato di
sottoporsi ad un Voto Infrangibile per proteggere Draco,
così gli chiese di
fare ciò che andava fatto al posto suo–
“Malfoy
sa
tutta questa storia?” chiese Hermione, sputando il suo nome
fuori dalle labbra
come fosse veleno.
"Non
credo," la McGranitt scosse la testa. “E’ a
conoscenza che Severus è una
spia per l’Ordine, e adesso tu sei la quarta persona che
conosce
quest’informazione. Nessun’altro lo sa e sono
decisa a mantenere la situazione
come è tutt’ora.”
"Quindi
perché Piton è venuto qui? Non è
pericoloso per lui farsi vedere nei paraggi?"
La
McGranitt
sospirò. "Mi ha chiesto di proteggere il signor Malfoy da
ora in avanti-
"Che
cosa?" Hermione abbaiò, aggrottando le sopracciglia con
estremo disgusto.
"Perché diavolo dovremmo farlo?"
"Perché
se non lo faremo," la McGranitt riprese con calma, cercando un modo per
far capire ad Hermione l’importanza di ciò che
stava per dirle "Allora
Voldemort potrebbe trovarlo e ucciderlo-
"Non
sarebbe una grande perdita-
"E
a
quel punto il Voto ucciderebbe Severus” continuò
iperterrita lei, ignorando il
commento di Hermione. "In più, se lasciassimo girovagare il
signor Malfoy,
potrebbe rischiare di rivelare il segreto del professor Piton e lui
verrebbe
ucciso anche in quel caso.” Hermione vacillò.
Piton
è una
spia. Uno di noi…
"E
sopra ogni cosa," la McGranitt la riportò al presente "Se
non
proteggiamo Draco Malfoy dal pericolo, allora il sacrificio di Albus
andrà
perduto invano."
La
giovane
Grifondoro sentì qualcosa crollare nel suo petto. Niente di
tutto ciò aveva
senso, eppure, tutto sembrava combaciare nella sua testa.
Avrebbe giurato sulla tomba di Merlino che ogni secondo di questa
terribile
notte le stava togliendo tutta l’energia che possedeva. Era
troppo, troppo da
gestire; troppo da digerire. Piton. Una spia. Silente l’aveva
saputo…E in quel
momento un pensiero problematico le saltò in mente.
“Perché
mi
ha chiamato qui?”
“Perché
lui
starà con te,” rispose decisa la McGranitt.
“Sei la mia più fidata studentessa e
le tue capacità magiche sono–
“Come
può
farmi questo?” gemette Hermione.
"So
che
questa è una richiesta pesante," rispose l’altra,
con genuina compassione.
"Ma non c’è nessun’altro di cui mi fidi
a sufficienza, e poi…hai una
camera libera–
"Finiremo
con l’ucciderci a vicenda-
"Non
accadrà.” La McGranitt si avvicinò a
lei, posandole una mano sulla spalla.
"Terrò io la sua bacchetta e controllerò il
dormitorio in modo tale che
non possa uscirne e ti fornirò una password per la tua
stanza personale–
"Ci
dev’essere qualcun altro” la supplicò
Hermione. “Qualsiasi altra persona, uno
dei professori-
"Sei
l’unica persona di cui mi fidi, l’unica capace di
gestire questa situazione"
un triste sospiro incurvò le labbra della Preside. "Gli
altri professori
hanno troppe cose a cui pensare…Ho bisogno che tu faccia
questo per me-
"Per
quanto tempo?"
"Per
tutto il tempo che servirà," rispose, lasciando che Hermione
sbuffasse
ancora una volta prima di riprendere il discorso. "Sono veramente
dispiaciuta per questo, signorina Granger. Se le cose andranno davvero
così
male come lei predice, allora farò del mio meglio per
pensare ad un’altra
sistemazione. Ma credo sinceramente che lei ce la
farà.”
Hermione
voleva protestare; voleva dirle di riferire a Malfoy di entrare nella
tomba che
si era costruito con le sue mani una volta per tutte. Voleva far notare
alla
professoressa che lui l’avrebbe uccisa nel sonno o che entro
un giorno lei
l’avrebbe probabilmente spiaccicato al muro finchè
non sarebbe diventato
un’inutile macchia. Ma l’immagine del volto di
Silente svolazzò nei suoi
pensieri.
Se
non proteggiamo Draco Malfoy dal
pericolo, allora il sacrificio di Albus andrà perduto invano...
"Ok"
si ritrovò a borbottare, assente. "Ok, ci–ci
proverò.”
Il
volto
della McGranitt si rilassò all’istante.
“Grazie Hermione” le sorrise, forse in
modo un po’ forzato, mentre le restituiva la bacchetta.
“So che questo sarà
difficile per te, e prometto che farò il possibile per
renderti il tutto più
facile.”
Hermione
si
lasciò sfuggire un lungo sospiro. “Sono
stanca,” sussurrò. Il suo corpo non
desiderava altro che andare a dormire.
“Penso
che
tutti noi abbiamo bisogno di un po’ di riposo,”
rispose la McGranitt. “Vi
scorterò entrambi al dormitorio e sistemerò la
mia protezione.”
“D’accordo”
Hermione si strinse nelle spalle, troppo stanca per continuare a
discutere.
“Facciamo questa cosa in fretta, prima che cambi
idea.”
Giusto
il
tempo di una gentile pacca sulla spalla da parte della Preside e poi la
porta
della cucina si aprì di nuovo. “Venga, Signor
Malfoy” lo chiamò, osservando con
attenzione il giovane mago mentre questi si dirigeva di nuovo
nell’ufficio.
Passò davanti ad Hermione con le mani in tasca e uno sguardo
sprezzante
stampato sul viso.
“Avete
finito di calmare quella puttanella?” sghignazzò,
tenendosi debitamente a
distanza da lei.
La
voglia di
urlargli contro finchè non gli fossero sanguinate le occhie
la sommerse, ma si
impegnò per lasciar perdere questo rabbioso desiderio.
Qualcosa scattò nella
sua testa e si rese conto solo allora che lei possedeva
un’enorme vantaggio su
di lui. Aveva la bacchetta. Aveva lei il controllo ora.
“Hai
ancora
del sangue sul mento,” gli disse, sprezzante.
Lui
nascose
la sua irritazione con un semplice sbuffo prima di alzare di nuovo la
mano per
pulirsi il viso, mantenendo il suo sguardo fisso su di lei. Si accorse
in quel
momento che i suoi occhi non erano solamente marroni; sembravano
più dorati. Bah, tipico
da Grifondoro. Quindi,
la piccola Mezzosangue credeva di avere il controllo adesso eh? Il suo
sorrisetto si estese ancora un po’. Bene, lasciamoglielo
credere; almeno, si
sarebbe divertito un po’, visto che stava per essere
rinchiuso in quella specie
di cella.
“Non
sei
felice di vedermi, Granger?” la spronò lui.
“Sembri un po’ nervosa–
“E
tu stai
da far schifo” rispose prontamente lei, trascinando il suo
sguardo sui suoi
vestiti malconci. “Ti avverto, Malfoy. Non farmi
arrabbiare–
“Oppure?”
grugnì, avvicinandosi ancora di più al suo volto.
Lei si tenne stretta alla
sedia alle sue spalle, e rabbrividì quando si rese conto che
il suo respiro
sapeva di sangue, lo stesso sangue che lei aveva sul suo pugno destro.
"Non
ci
arrivi, vero?" sussurrò lei, stringendo gli occhi a due
fessure. "Tu
non hai niente. Tu non sei niente.
E
adesso ti ritrovi bloccato qui; costretto ad accettare il nostro aiuto
come un
bambino patetico.”
Qualcosa
balenò negli occhi di Draco, qualcosa tra vergogna
e rancore. Quello
sguardo accese una
piccola
e volubile
fiamma
nel suo stomaco che la faceva sentire
potente, arrogante. Non
durò a lungo, quanto basta per iniettare un
po' più di audacia nella
sua spina dorsale.
“Spero
che
questo ti stia uccidendo,” sussurrò ancora, con
cruda onestà. “Spero che ti
stia facendo a pezzi–
“Vaffanculo
Mezz–”
"Adesso
basta," li interruppe la McGranitt, il sopracciglio teso sulla fronte
mentre dirigeva la bacchetta verso Draco. "Andiamo signor Malfoy,
è tardi."
I
suoi occhi
guizzavano tra la vecchia ciabatta e la sua bacchetta.
Poteva dire
onestamente che non aveva
mai progettato di
tentare una fuga sulla strada per il dormitorio della Granger. Non
ci sarebbe nessun punto
con due
streghe armate
che lo guardavano come se
fosse un
calderone ribollente; volatile
e pericoloso.
Lui
alzò gli occhi verso
di lei e
cominciò a seguire
la Granger fuori dalla stanza, la McGranitt dietro
di lui, tenendo
la bacchetta puntata
sulla sua nuca.
La
passeggiata
era silenziosa,
le due streghe
si
guardavano costantemente
intorno per
garantire che i corridoi
fossero
vuoti di anime
erranti. Lo erano, ovviamente,
e
le tre serie di passi si
mescolavano con
gli
echi scroscianti della
pioggia. Draco
guardò la nuca della Granger mentre camminavano, notando i muscoli
tesi delle spalle e
la presa
troppo stretta
sulla sua
bacchetta. Almeno lei non
gliela sventolava in faccia, a differenza di una certa
Preside che, a quanto pareva, riteneva necessario punzecchiargli il
collo ogni
due secondi.
La
strega
più giovane aumentò il passo per arrivare ad una
pesante fila di tende, che
nascondevano un quadro. I leoni al suo interno giocavano e si
stiracchiavano
sotto il sole della savana. Draco non sentì la password, ma
probabilmente non
avrebbe dovuto saperla comunque.
Hermione
sparì dentro la stanza, e lui la seguì
all’istante, come se quella camera fosse
già sua. Diede un lungo sguardo indagatore al salotto ed
Hermione lo osservava
da vicino. Draco si tolse le scarpe e si diresse verso il bagno,
facendosi
strada attraverso il corpo di Hermione con molta più forza
del necessario. Lei
stava per urlargli contro, ma lui le sbattè la porta in
faccia così violentemente
da farla sobbalzare.
“Coglione!”
commentò Hermione, voltandosi verso la McGranitt.
“Ci vorrà molto per impostare
l’incantesimo di protezione? Vorrei tanto andare a
dormire.”
“Solo
pochi
minuti” la rassicurò la McGranitt, girando la sua
bacchetta con un colpo di
polso.
Il
complicato incantesimo somigliava molto ad una ninna–nanna
per la mente
assonnata di Hermione, e le sue palpebre presto le pesarono come se
fossero di
pietra. Sentì il frusciò della doccia
dall’altra parte della stanza e il rumore
dell’acqua corrente amplificò l’effetto
soporifero dell’incantesimo lanciato
dalla McGranitt. Era così esausta, e come se non bastasse,
questa notte aveva
causato molti grattacapi in più. In quel momento desiderava
solo stendersi in
una stanza buia e accettare qualsiasi tipo di sogno; persino un incubo.
Si
riprese dalla sua trance quando la Preside si mise di fronte a lei,
pronunciando parole che Hermione non riusciva ad afferrare.
“Mi
scusi?”
"Ho
finito," le disse dolcemente la McGranitt, con un’ombra cupa
nello
sguardo. “Devo ricordarle ancora una volta, signorina
Granger, che questa
faccenda deve rimanere segreta.”
“Lo
so,”
rispose.
E
lo sapeva,
lo sapeva davvero. Ormai era diventata abile con i segreti ma sapeva
che questo
particolare segreto l’avrebbe perseguitata in modo
più grave. Per il solo fatto
che non avrebbe potuto dirlo ad Harry e Ron; questa cosa avrebbe
davvero
forzato i limiti della sua tolleranza. Lasciò rotolare nella
sua mente la
parola segreto e si accorse che
sembrava aspra come il sibilo di un serpente.
“Devo
ricordarti di tenere bene d’occhio la tua
bacchetta?”
“Lo
faccio
sempre” sospirò la ragazza e la Preside colse il
suo sconforto.
“So
che
questo sarà difficile per te,” ammise
“Ma non mi hai mai deluso fin’ora
Hermione.”
Osservò
l’anziana
strega mentre scompariva al di fuori della camera da Caposcuola di
Hermione e
si sentì ridicolosamente claustrofobica. Si voltò
di nuovo verso la porta del
bagno e l’unica cosa che riuscì a fare fu mordersi
il labbro nervosamente.
Questo gesto non l’aiutò a calmarsi
perciò prese anche di mira i suoi capelli,
spettinandoli senza pensare. Si trascinò piano verso la sua
stanza mantenendo
lo sguardo fisso sul bagno, finchè non ebbe finito di
pronunciare la password. Lutra lutra.
Non
le
importava di cambiarsi i vestiti e mettersi in pigiama, soltanto di
cadere sul
letto e raggomitolarsi insieme alle coperte e alle lenzuola. Diede
un’occhiata
fuori dalla finestra e vide il cielo ancora nero, ma suppose che fosse
principalmente colpa dell’inverno, che dava
quell’effetto ai colori e agli
umori delle persone. Il richiamo distante degli uccellini e una veloce
occhiata
all’orologio le diedero la conferma che erano quasi le
quattro del mattino.
Ringraziò
Merlino che fosse già
Venerdì e che non
sarebbe dovuta andare a lezione il giorno dopo, anche se ripensandoci,
non era
sicura di dover ringraziare qualcuno, soprattutto dopo ciò
che era successo
quella notte.
Il
fruscìo
del bagno di Malfoy si sentiva ancora più forte nella sua
stanza, e questo le
servì per ricordarsi del suo malvoluto compagno di stanza.
Passò
mezz’ora prima che l’acqua cessasse ed Hermione
poteva sentire benissimo i
movimenti strascicati di Malfoy mentre entrava nella stanza a fianco
alla sua.
Sbadigliò, accasciandosi sul cuscino quando anche quei
rumori finirono. Per
sicurezza, prese la sua bacchetta e sistemò degli
incantesimi silenziatori,
sperando che durassero fino al mattino.
Draco
si
passò le dita tra i capelli umidi. Non riusciva nemmeno a
descrivere quanto
fosse bello aver finalmente fatto una doccia decente; quanto fosse
bello
sentirsi di nuovo pulito. I suoi occhi girovagarono intorno alla
stanza,
notando colori Grifondoro ovunque.
Schioccò la lingua, disgustato. E
così era questo il posto in cui
sarebbe stato; nel bel mezzo di tutto questo rosso e oro.
Udì
un suono
lontano e si rese conto che doveva essere stata la Granger che si
buttava sul
letto. Poteva sentire addirittura questo da qui? Magnifico.
Almeno,
il
suo letto sembrava comodo.
Si
liberò
della biancheria e optò per una dormita nella
completà nudità. Mettere a
contatto la sua nuova pelle fresca e rigenerata con gli stracci che
aveva
addosso prima l’avrebbe solo irritato. Lo sguardo gli cadde
sul Marchio Nero
impresso nel suo braccio, lo sfiorò con la punta delle dita,
tracciandone il contorno.
Pochi secondi dopo, si rituffò sulle lenzuola invitanti e
rimase lì a fissare
il soffitto.
Il
cielo era
appena diventato di una brutta tonalità di violetto quando,
finalmente, riuscì
a prendere quella botta di sonno che aveva desiderato da settimane.
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Capitolo 3 *** Porte. ***
Chapter
3: Doors.
Hermione
si
svegliò di colpo.
I
suoi occhi
si spalancarono e vagarono nervosamente per la stanza. Trattenne un
piccolo
singhiozzo e si spalmò le mani su tutta la faccia;
sbattè le palpebre e si
schiarì la gola per eliminare i rimasugli di sonno. Si
sentiva disorientata,
come se un folletto avesse saltato attraverso le caverne della sua
mente e
stesse giocherellando con i suoi pensieri. Strofinò via lo
strato di sudore
freddo sulla fronte e si sedette, guardandosi attorno per assicurarsi
che tutto
fosse al proprio posto.
I
suoi
incubi erano davvero vividi ultimamente.
Non
riusciva
a decidere se la notte precente è stata solo uno scherzo del
suo subconscio o
se era tutto vero. Magari non c’era stato nessun Piton.
Nessun Malfoy. Nessun
segreto. Magari era ancora l’unica inquilina della sua
stanza. Magari. Il suo
sguardo stanco cadde sulle bruciature che aveva sul braccio, quelle
causate
dalle corde la sera prima. Cavolo, avrebbe tanto voluto che questo
fosse
soltanto un sogno; l’aveva voluto così tanto, che
ora la delusione era
impossibile da mandare giù. Chiamatelo meccanismo difensivo
della mente, oppure
speranza. Diavolo, chiamatelo come volete; il fatto ormai era questo,
non era
soltanto un sogno.
Questo
la
fece sentir male. Poteva davvero sentire il contenuto del suo stomaco,
al solo
pensiero di quanto lui le fosse
vicino. In mezzo a loro stava solo il piccolo bagno. Solamente due
pareti.
Diede
un’occhiata all’orologio e le venne voglia di
urlare quando si accorse che era
riuscita a dormire solo per tre ore. Considerando quanto fosse stanca,
pensava
seriamente che avrebbe potuto dormire un po’ di
più. Ma no. Evidentemente, la
sua insonnia non voleva andarsene. Che gioia.
Erano
quasi
le nove di quel miserabile mattino, e le gocce di pioggia avevano
appena
cominciato a ticchettare sui vetri. Sapeva che sarebbe stato inutile
provare a
dormire ancora, quindi si alzò lentamente dal letto e si
diresse alla doccia
con la sua bacchetta stretta in mano. Uscì dalla stanza
più silenziosamente che
poteva, notando le scarpe sudicie di Malfoy sulla moquette.
Ciò
che
rimaneva del suo ottimismo scappò via dopo quella visuale,
ed Hermione si
nascose dentro il bagno.
Togliendosi
i vestiti del giorno prima, sussurrò un piccolo incantesimo
per alzare il getto
della doccia. Hermione si voltò per guardarsi allo specchio,
pettinando i suoi
ricci arruffati via dalla sua faccia, osservando i solchi neri sotto i
gli occhi.
Sul suo volto la tortura e la preoccupazione regnavano sovrane. In quel
momento
sembrava la versione fragile di se stessa, come se fosse un pezzo di
carta
trasparente. Pallida, quasi traslucida. Come il vetro.
Rimase
concentrata sui suoi occhi nel riflesso e ringraziò Merlino
quando vide lo la
luce che le era così familiare, la scintilla della
determinazione, quella
determinazione che non aveva ancora perso.
Stava
bene.
Era solo stanca e stava pensando a come avrebbe dovuto coesistere con
Malfoy.
Lo
specchio
cominciò ad appannarsi, così Hermione si
allontanò dal suo riflesso spaventoso e
si lasciò sfuggire un gemito di contentezza quando
l’acqua tiepida le arrivò
addosso. Chiuse gli occhi e si massaggiò il sapone su tutto
il corpo, annusando
il forte profumo di vaniglia. Strofinò via lo sporco dalle
braccia, dal torso e
poi giù fino alle caviglie.
Era
davvero
una bella sensazione. Somigliava alla normalità, ed Hermione
fece il possibile
per rimanerci ancora un po’. Riusciva a sentire i muscoli
rilassarsi sotto il
tocco dell’acqua ed era fantastico, abbastanza da farle
smettere di pensare. O
almeno, da farle dimenticare i ricordi della scorsa notte. Se solo
fosse
riuscita a dimenticare che qualcuno che odiava stava attualmente
condividendo
il suo dormitorio. Un Mangiamorte.
Fu
necessario un altro po’ di sapone, ma la maggior parte dei
pensieri erano ormai
scomparsi, anche se sapeva che da quel momento in poi sarebbe stato
tutto più
difficile.
Merlino,
perdonala per aver pensato solo per un momento a non esistere. A
sparire per
sempre.
Draco
alzò
con grande sforzo una palpebra quando udì un gemito
femminile attraverso la
parete. Il fruscìo dell’acqua corrente lo aveva
già svegliato qualche minuto
fa, ma furono gli strani rumori e la visuale della stanza a svegliarlo
completamente. Le sopracciglia gli si arricciarono quando non riconobbe
la stanza
in cui stava dormendo. Sospettoso, si guardò intorno un paio
di volte prima di
soffermarsi a ragionare.
In
quel
momento si ricordò. Si ricordò che attualmente si
trovava ad Hogwarts. Stava
condividendo il dormitorio con la Mezzosangue. Merda.
Digrignò
i
denti e i suoi occhi si diressero subito verso la finestra. Draco
sapeva che
non avrebbe funzionato, ma ci provò comunque; si mise in
piedi sul letto e
tentò di aprirla. La maniglia era bloccata, non poteva
girarla. Tirò indietro
il pugno e lo scaraventò sul vetro più forte che
potè, ma quello non si era
nemmeno incrinato. “Cazzo…”
mormorò, con il sangue che gli colava dalla mano.
Faceva male, ma aveva provato di peggio.
Si,
era
definitivamente intrappolato. La sua nuova prigione.
Un’altra
serie di fusa femminili si librò nell’aria e Draco
cercò a tastoni la sua
bacchetta per spegnere quel suono irritante. Ma non l’aveva.
Non aveva un
cavolo di niente. Nemmeno un set di abiti puliti da mettere addosso.
“E
che
cazzo!” borbottò, ritornando al letto.
Non
aveva
riposato abbastanza; i suoi movimenti erano scoordinati e la sua vista
appannata. Dopotutto, doveva recuperare cinque mesi di sonno, e sarebbe
stato
così semplice se solo quegli incessanti rumori della doccia
non avessero
rovinato l’atmosfera. Prese il cuscino e cercò di
ficcarselo sulle orecchie, ma
riuscì solo ad ovattare il rumore.
All’improvviso
gli venne il terribile sospetto che lei facesse questo tutte le
mattine. Una
doccia rumorosa tutte le mattine.
La
sua
immaginazione aveva funzionato solo per un quarto d’ora
circa, prima che la
realtà la colpisse di nuovo. Con un forte sospiro, spense il
getto d’acqua e
uscì dalla doccia, tornando di fronte allo specchio per
togliere lo strato di
vapore condensato. Sorrise debolmente al nuovo riflesso, notando che
era molto
meglio del precedente. L’acqua calda le aveva fatto arrossare
le guance e ora
si sentiva più umana. Più presente.
Il
suo polso
aveva appena chiuso la porta della stanza dove si era diretta, quando
sentì un
piccolo pop. Un sorriso genuino le
si
stampò in faccia quando riconobbe il suo visitatore.
“Ciao
Dobby,” disse, con un sorriso.
"Buongiorno
Miss," la salutò nervosamente il piccolo elfo. "La Preside
ha chiesto
a Dobby di portarle questo."
"Grazie,"
rispose Hermione, sapendo che probabilmente erano cose per Malfoy.
"Potresti
farmi un favore, Dobby?"
"Certamente
Miss!" l’efo saltellò con piacere. "Cosa deve fare
Dobby?"
"Potresti,
perfavore, portarmi del cibo in più?" chiese. "E poi magari
posso
venire a ritirarlo io?"
"Dobby
può
portarlo qui."
"Ok
senti Dobby," sorrise Hermione. "Tra poco andrò a fare una
passeggiata, quindi potrò benissimo venirlo a prendere da
sola."
"D’accordo
Miss," borbottò, evidentemente dispiaciuto. "Dobby deve
andare ora,
deve pulire i tavoli dopo la colazione."
Voleva
dirgli di restare, si sentiva decisamente più…al
sicuro con qualcuno che
conosceva, ma l’elfo se n’era andato con uno
schiocco di dita. Fce e un piccolo
calcolo mentale e si rese conto che non vedeva nessuno dei suoi amici
da almeno
cinque giorni, visto che aveva passato tutto il tempo in libreria a
fare
ricerche per aiutare l’Ordine. Dando un’altra
occhiata alle sue spalle nel
punto in cui stava la porta di Malfoy, concluse che avrebbe avuto
bisogno di
incontrarli presto.
Erano
un’altra dose di qualcosa…di normale.
Un’altra scappatoia.
Hermione
si
strinse nei suoi vestiti quando un fresco soffio d’aria
entrò dal corridoio e
invase la stanza. Prese la bacchetta e levitò il pacchetto
per Malfoy fino a
farlo cadere con un tonfo proprio davanti alla sua porta. Per
un’attimo, pensò
di urlagli dietro che aveva ricevuto qualcosa ma il suo buon senso le
ricordò
il motto di Hogwarts. Era meglio lasciar stare il drago che dormiva,
specialmente se era uno spregiudicato, psicopatico drago intrappolato
contro la
sua volontà.
Sobbalzò
quando la brezza Autunnale arrivò e sbattè la
porta di colpo.
In
quel
momento riuscì a sentire dei movimenti provenienti dalla sua stanza, accompagnati da una serie di
borbottii maschili che
nell’insieme suonavano come una maledizione; anche se si
trattava solo di una
serie di borbottii senza senso dietro la porta. Pensò
seriamente per un’attimo
di scappare dentro la sua stanza per evitare il diverbio, ma la
leonessa
testarda dentro di lei non l’avrebbe permesso.
Alzò il mento più alto che potè e
strinse gli occhi, preparandosi per
l’inevitabile ‘teatrino’ che stavano per
metter su.
La
sua porta
si spalancò violentemente, abbastanza da farla appiccicare
alla parete, ma
Hermione resistette all’istinto di strizzare gli occhi. Il
Serpeverde frustrato
arrivò davanti a lei, il suo corpo alto che riempiva lo
spazio dell’uscio della
porta. Aveva addosso dei pantaloni neri e una maglia stropicciata. Ma
lei non
se ne curò. Si rifiutò di lasciare che i suoi
occhi vagassero e li tenne fissi
in quelli di Malfoy. Sapeva che il contatto visivo era potente.
Significava
avere il controllo della situazione.
"Mi
stai facendo scoppiare la testa!" ringhiò lui, palesemente
irritato.
"Non è che potresti fare ancora più
rumore? Sai quello di prima era così leggero–
"Vuoi
che faccia più rumore?" replicò Hermione,
curvando innocentemente la testa
da un lato. Con un semplice colpo di bacchetta, tutte le porte del
dormitorio
si aprirono e poi si chiusero di colpo, mentre lei cercava di
controllarsi e di
non strizzare gli occhi per il frastuono. "Va meglio così,
Malfoy?"
"Davvero
maturo da parte tua, Granger," sghignazzò, e lei
potè sentire l’intensità
del suo sguardo che la perforava. "Pensi di essere così
fottutamente
intelligente–
"Penso
che potremmo concordare entrambi che io sono
fottutamente intelligente," lo interruppe lei, un po’ a
disagio dopo aver
usato quella parola volgare, ma riuscendo comunque ad utilizzarla bene.
"Come
tu così eloquentemente hai fatto notare-
"SMETTILA
di fare così tanto casino," ringhiò, con la voce
che vibrava piena di
nervosismo. "Smettila di
sbattere le cose, smettila di parlare, smettila
di muoverti–
"Io
posso fare quel diavolo che mi pare nel mio
dormitorio," ringhiò Hermione a sua volta.
Indietreggiò verso la parete e
alzò la bacchetta come avvertimento a starle lontano, ma lui
continuò a
camminare. “Non ti azzardare ad avvicinarti!”
"Come
se volessi toccarti, certo" grugnì, fermandosi nel punto in
cui la
bacchetta di lei gli stava quasi toccando il petto. "Potrei morire di
disgusto se lo facessi-
"Sarebbe
un piacere," rispose Hermione. "Non mi dispiacerebbe vederti morto-
"Ti
avverto, Granger," riprese lui. "Mi rifiuto di andare avanti
così! E’
come se nella stanza ci fosse un qualche tipo di gigante casinista!"
"Dovrai
farci l’abitudine," buttò lì Hermione,
spingendo la sua bacchetta ancora
di più verso il petto di Malfoy, anche se poteva giurare che
questo gesto
sembrasse spingerla ancora di più verso la parete.
Velocemente, si strinse
ancora di più nei suoi vestiti, ma anche se lui poteva aver
notato il suo
abbigliamento post–doccia, non ne aveva dato alcun segno.
Grazie a Merlino.
"Faccio
sul serio, Granger" continuò Draco. "Smetti di far casino o
almeno
metti un’incantesimo silenziatore nella mia stanza–
"Si
certo, come se io sprecassi la mia magia per te–
"Allora
stai zitta, cazzo!" urlò, sfracassando il pugno sul muro, di
fianco alla
testa di Hermione. La magia del castello assicurava che il danno fatto
era
minimo, eppure le vibrazioni causate dal colpo le riempirono le
orecchie e,
senza poterlo impedire, rabbrividii terribilmente. “Ho
bisogno di riposo! E non
riesco a dormire se tu non chiudi quella tua bocca da
Mezzosangue!”
Hermione
caricò la sua mano con l’intenzione di farl andare
a sbattere contro la faccia
pallida di Malfoy, ma forse in questo modo si sarebbe resa troppo
prevedibile. I
suoi occhi pieni di rabbia incontrarono le lunghe dita che trattenevano
il suo
polso e sentii il suo sangue ribollire come se fosse stata appena
toccata con
l’acido.
"Lasciami
andare–
"Hai
raggiunto
la tua quota di pugni per ora," le disse Malfoy con calma. Con troppa calma. "Credo che ti
toccherà aspettare altri quattro anni–
"Lasciami
andare," lo avvertì, mettendo più
rabbia possibile in ogni sillaba.
"O giuro che farò-
"Farai
cosa?" la provocò lui, stringendo la presa e bloccando la
sua mano sul
muro, proprio di fianco all’ammaccatura sulla parete causata
dal precedente
pugno.
La
mossa
successiva fu istintiva e veloce per lei, e in un’attimo, la
sua bacchetta finì
sulla sua gola, pungente, in mezzo al pomo d’Adamo e ad una
vena che pulsava di
rabbia. Hermione bloccò il suo sguardo su quello di Malfoy,
sfidandolo a farle
qualcosa, mentre ora era lei ad avere il controllo. Hermione non
dubitò un
secondo sul fatto che avrebbe potuto scaraventarlo fino ad Hogsmeade se
avesse
continuato a provocare il suo fragile umore, ma gli occhi grigio ferro
di lui
non reagirono nemmeno un po’ e la presa sulla sua bacchetta
rimase immobile.
"Avanti,
Granger."
Fu
la sua
calma che la fece arrabbiare ancora di più; fu quello che
fece uscire delle
scintille bollenti dalla sua bacchetta senza che nemmeno se ne
accorgesse.
"Ma
che– fottuta puttana!" urlò lui, inciampando di
due passi e strofinandosi
la bruciatura fresca sul collo. "Pagherai per questo-
"Ne
ho
abbastanza di te," gli disse, con la bacchetta ancora puntata verso il
biondo. "Torna nella tua stanza e mettiti a dormire-
"Non
provare a darmi gli ordini tu sporca-
"Io
esco," rispose Hermione a mo’ di spiegazione, anche se la
rabbia stava
ancora cercando di uscire dalle sue parole. "Così potrai
avere qualche ora
di sonno indisturbato. Ti suggerisco di approfittarne-
"Allora
levati dalle palle," brontolò Malfoy, dandole le spalle e
dirigendosi
verso la sua stanza.
La
porta
sbattè un’altra volta ed Hermione si concesse di
chiudere gli occhi.
Aveva
bisogno di uscire. Il soggiorno era ormai contaminato dal nuovo
sgradevole
profumo maschile ed Hermione si sentiva come un tasso braccato fuori
dalla
tana. Spostò lo sguardo lontano dalla porta di Malfoy e
scappò dentro la sua
camera, cambiandosi i vestiti più velocemente che
potè. Una volta vestita con
un paio di jeans e un comodo maglione per sopportare il freddo,
uscì, diretta
verso la Biblioteca.
La
camminata
fu molto più lunga di quanto riusciva a ricordare, e in
più, Hermione aveva la
strana sensazione che tutti gli studenti che incontrava per la strada
la
fissassero senza ritegno. Poteva giurarlo. Ma loro non potevano sapere
del suo
vile coinquilino… vero? Gli sguardi però non
smettevano di seguirla, così
decise di muoversi più in fretta, finchè, mossa
dalla paranoia, non si ritrovò
a correre sempre più forte, con la borsa che gli
sbatacchiava su un fianco.
All’improvviso, andò a sbattere addosso ad un
corpo alto e sconosciuto, ma che
fù abbastanza cortese da prenderla prima che cadesse.
“Neville,”
sospirò lei, la voce rotta dal fiatone della corsa.
“Oh, grazie al Cielo–
“Hermione,
stai bene? Sei–
“Sto
bene”
si affrettò a rispondere lei, riprendendo
l’equilibrio. “Scusami, non stavo
guardando dove–
“Sei
davvero
molto pallida” commentò Neville. “Sei
malata percaso?”
“No,
non
sono malata.” Hermione scosse la testa, offrendogli un
sorriso terribilmente
finto. “E’ solo che non ho ancora mangiato nulla
per colazione.”
“Non
ti
vediamo da un secolo Hermione” le disse Neville, e lei si
rese conto solo in
quel momento di quanto fosse maturato. “Ginny e Luna dicono
spesso che
vorrebbero vederti di più–
“So
che non
sono stata molto presente ultimamente, mi dispiace tanto. Cerco solo di
aiutare
Harry e Ron–
“Hai
bisogno
di una pausa, Hermione” lei lo guardò come se
avesse detto la cosa più
impossibile del mondo. “Non ti fa bene tutto questo.
Perdipiù, sembri davvero
malata. Magari puoi venire da noi a cena più
tardi?”
Hermione
era
troppo stanca per protestare.
“D’accordo,” mormorò,
guadagnandosi un sorriso
soddisfatto dal suo amico. “Ci vediamo nella Sala
Grande.”
Hermione
gli
passò davanti senza neanche aspettare una risposta e riprese
la sua corsa
urgente verso la Biblioteca. Per un’attimo credette di
doversi fermare, dopo
che il suo stomaco le diede segno di essere parecchio vuoto, ma per lei
non era
un problema. Riusciva a vedere il suo obiettivo adesso. Il suo
sguardò indugiò
attorno alle sedie vuote e ai banchi abbandonati, realizzando
istintivamente
che tutto quel posto era li solo per lei. Perfino Madama Pince passava
più
tempo con i professori ormai, lasciandole carta bianca su tutti i tomi
della
Biblioteca.
La
compagnia
era in grado di far questo alle persone; distarle dalla paura e dalla
preoccupazione.
Hermione
sapeva che oramai tutti preferivano passare il più tempo
possibile con le
persone care invece di studiare per esami che probabilmente non ci
sarebbero
più stati. Forse anche lei sarebbe stata capace di
abbandonare il suo hobby
preferito se avesse potuto stare con i suoi amici. Ma non
poteva…
Si
diresse
verso il suo solito tavolo, proprio sul retro della sezione proibita.
Il suo
banco era totalmente coperto da pile di libri ad ogni angolo, il che le
permetteva di immergersi meglio nella lettura, di scoprire
più informazioni e
di studiare indisturbata. Quello era il suo santuario.
Persa,
nelle
seducenti pagine baciate dall’inchiostro, poteva dimenticare
qualsiasi cosa.
Prese
in
mano il libro sugli Horcrux che aveva scoperto pochi giorni prima e
iniziò a
leggere, pregando che i lineamenti strafottenti di Malfoy scomparissero
dalla
sua mente almeno per un po’.
Draco
trascinò il baule dentro la sua stanza ed esaminò
velocemente il
contenuto con occhio critico. Beh, sarebbe potuto andare molto peggio.
Anche se
vestiti come quelli non li avrebbe mai scelti personalmente, almeno non
c’era
nessuna traccia di quei terribili colori giallo/oro che circondavano
l’intero
dormitorio. C’erano un paio di pantaloni neri, magliette
bianche o nere ed
infine tre maglioni neri e grigi. Sul fondo c’erano due
semplici vesti e un set
di abiti da mago standard, accompagnato da scarpe nere e della
biancheria
intima extra.
Era
più di quello che si era aspettato, ma meno di
ciò che avesse sperato.
Con
un grugnito contrariato, cominciò ad organizzare tutto a
mò di Babbano.
Merlino solo sapeva quanto gli mancasse la sua bacchetta. Tanto valeva
che la
McGranitt gli avesse tolto uno dei fianchi, quella stupida vacca.
La
sua bacchetta l’aveva tenuto occupato quando si era ritrovato
a
viaggiare in incognito con Piton; sia facendo pratica di nuovi
esperimenti, sia
rilasciando soltanto qualche scintilla colorata, la bacchetta
l’aveva sempre
aiutato a trovare la forza di andare avanti. E adesso quella vecchia
puttana
rugosa gli aveva tolto l’unica cosa che poteva usare per
divertirsi un po’ in
tutte quelle ore di assoluta inutilità.
Si
cambiò nei suoi nuovi vestiti e semplicemente rimase seduto
sul letto
per Merlino solo sa quanto tempo, cercando di pensare a qualcosa da
fare.
Non
era un’idiota; sapeva che questo periodo di
inattività e di prigionia
lo avrebbe danneggiato. La sua capacità di dormire
tranquillamente era già
andata al diavolo ed era solo questione di tempo prima che la sua mente
cominciasse a chiudersi in se stessa. Aveva letto le infinite storie di
alcuni
stupidi maghi che si erano rinchiusi in qualche armadio o roba simile,
ed erano
diventati inevitabilmente matti a furia di guardare sempre le solite
quattro
pareti senza nulla con cui distrarsi.
Aveva
bisogno di un deterrente; qualcosa su cui concentrarsi e che gli
procurasse
uno scopo a cui ambire, non importa se era una cosa stupida o
insignificante.
Draco
si diresse verso l’area principale del dormitorio e
avanzò verso la
piccola cucina, aprendo e chiudendo le ante della dispensa senza
motivo. Erano
ovviamente piene di cibo ma lui non aveva idea di come poterle
preparare senza
magia.
Optò
per due mele verdi e si voltò lentamente per esplorare la
stanza,
giungendo con lo sguardo su una serie di scaffali tremolanti sotto il
peso di
decine di libri. Li fissò per un lunghissimo minuto,
arrivando alla conclusione
che la lettura di un libro l’avrebbe sicuramente tenuto
impegnato.
Ma
no. Erano i libri della Mezzosangue. Non voleva assolutamente toccare
le
sue cose se poteva farne a meno.
Continuò
a studiare la stanza mentre la sua bocca strappava il primo morso
della mela che teneva in mano e, senza farci caso, iniziò a
contare.
Non
incontrò i suoi amici per pranzo.
Fu
una decisione presa seriamente, anche se un paio d’ore
più tardi se ne
sarebbe pentita, ma stavolta credeva davvero di aver trovato qualcosa
di
interessante in Biblioteca. Alla fine, scoprì
l’errore; la traduzione francese
e la traduzione latina della parola crux
avevano due significati completamente diversi.
Quandò
scattarono le due del pomeriggio, Hermione fece un salto veloce
nelle cucine per prendere il cibo extra che aveva chiesto a Dobby, ma
per il
resto, non lasciò mai la Biblioteca. Quando il giorno ormai
era diventato sera,
nemmeno se n’era accorta. Il tempo era qualcosa di
irrilevante in confronto a
tutto il lavoro che stava facendo per aiutare Harry e Ron, ma quando
nemmeno la
sua bacchetta riuscì a tenere abbastanza illuminato il suo
banco, decise che
era ora di ritornare al dormitorio.
Con
un triste gesto del polso, scoprì che il suo orologio
segnava la
mezzanotte, e quella fù la fine di un’altra
giornata deludente passata senza
fare alcun progresso. Stava giusto per dare la colpa al suo litigio con
Malfoy
per non essere riuscita a concentrarsi a dovere, ma dovette ammettere
che anche
la sua insonnia c’entrava parecchio con la questione.
Trascinando
il suo corpo stanco e dolorante verso la sua stanza, sorrise
lievemente quando scoprì che il dormitorio era tutto buio e
che, soprattutto,
non c’era traccia di quel Serpeverde bastardo che avrebbe
dovuto soffocare a
vita in una cella di Azkaban, a parer suo.
Sussurrò
un’incantesimo per illuminare la stanza e mise al proprio
posto in
cucina tutto il cibo che aveva prelevatograzie a Dobby, finendo col
prepararsi
una tazza di tè. In quel momento, sentì i suoi
occhi su di lei, seguiti da un
breve sorrisetto soffocato.
Hermione
sussultò di colpo, lasciando cadere a terra la sua tazza di
tè
bollente. Lui era lì, sull’uscio della porta, che
la osservava con palese
irritazione negli occhi. La guardava da vicino, come un lupo che aveva
perso
due pasti nell’arco di una giornata. Aveva aspettato che lei
ritornasse solo
per poter litigare un po’ con lei; idea che gli era saltata
in testa dopo ore e
ore di noia infinita.
“Non
saltare così forte, Granger” le disse calmo,
incrociando le braccia
sul petto. “Per caso ti rendo nervosa?”
“Mi
fai schifo,” gli rispose Hermione, secca e precisa, con gli
l’odio che le
ribolliva negli occhi.
“Credimi
quando dico che il sentimento è reciproco,”
sbuffò. “Stai facendo
ancora rumore–
“Sta
zitto e vai a letto–
“Metti
degli incantesimi silenziatori alla mia stanza–
“NO!”
urlò Hermione, col petto che le si alzava e si abbassava
gonfio di
rabbia. “Mi sembrava di essere stata chiara quando ho detto
che non avrei
sprecato un solo grammo della mia magia per te!”
“Lo
farai invece,” rispose lui calmo, camminandole lentamente
intorno.
“Così non dovrò più
ascoltare la tua voce–
“Oh,
capirai,” risata sarcastica. “Questa è
la MIA stanza! Dovrei essere io a
non dover più ascoltare la tua
voce, o a non doverti più vedere!”
“Capirai” le fece il verso
Draco,
spostandosi un ciuffo di capelli sulla fronte con crescente impazienza.
“Lascia
perdere le regole di quella vecchia mummia e fai un favore ad
entrambi–
“Taci!”
urlò di nuovo Hermione. “Stai lontano da me,
Malfoy–
“E
come cazzo posso riuscirci?” le urlò dietro lui.
“Nel caso non l’avessi
notato, non posso lasciare la tua merda di dormitorio e non
è che sia così
spazioso.”
Hermione
stava per piangere, lo sentiva, sentiva le lacrime pesanti che si
preparavano
a scendere, ma le ricacciò indietro prima che lui potesse
accorgersene.
“Allora, stai nella tua stanza e basta–
“No”
la interruppe, mettendo la sua mano sul frigo, leggermente vicino a
quella di Hermione che era stata sbattuta lì poco prima con
furia. “ No, è
troppo piacevole guardarti mentre ti incazzi, Mezzosangue–
“Pensi
davvero che quella stupida parola mi dia ancora fastidio?”
gli
chiese Hermione, alzando le sopracciglia. “Credi davvero che
mi importi ciò che
pensi?”
“Penso
che ti importi davvero molto di come ti vede la gente–
“Be,
tu non sei la gente!”
rispose lei, battendo di nuovo il suo palmo sul frigo. “Tu
sei
soltanto…soltanto–
“Va
avanti, Granger,” la incoraggiò Draco, con voce
fintamente invitante.
“Cosa senti esattamente nei miei confronti? Sono
curioso.”
Hermione
fece una pausa, prendendosi un paio di lunghi respiri, mentre
analizzava da vicino la sua faccia magra e appuntita. I suoi occhi
grigi erano
duri come il quarzo; freddi e illeggibili. Non si spostarono nemmeno un
secondo, aspettavano solo la sua risposta. Voleva sapere? Bene, tutto
questo
era rimasto sottopelle comunque, prima o poi sarebbe dovuto saltar
fuori.
“Sei
la persona più inutile ed egoista che abbia mai
conosciuto,” gli disse
con calma, separando ogni sillaba. “Non hai fatto nulla in
tutta la tua vita se
non beffeggiare le persone, e non riconosceresti un vero amico neanche
se ti
schiaffeggiasse il volto. E questo perché sei troppo
impegnato a guardare
dall’alto in basso tutti quanti per fregartene–
Draco
grugnì semplicemente. “Ti farò
sapere–
“Non
ho finito!” riprese lei, bloccando le sue parole con una mano
alzata.
“Per anni sei solo riuscito a diventare l’esatta
copia di tuo padre; malvagio
e–
“Non
parlerai di mio padre!” urlò Malfoy, troppo
arrabbiato per fregarsene
della bacchetta puntata sul suo petto.” Non hai un CAZZO di
diritto di parlare
di lui–
“Volevi
la mia opinione!” si difese lei. “Ho sempre saputo
che eri un
piccolo vile bastardo, ma non ho mai pensato che potessi sconvolgerti
talmente
tanto da diventare un Mangiamorte! Harry lo sapeva! Ha cercato di
dircelo, ma
no! Per qualche stupida ragione, ho pensato che tu avessi una
piccolissima dose
di decenza rimasta, ma mi sbagliavo–
“La
prima volta da secoli–
“E
tu sei diventato ciò che tutti si aspettavano”
Hermione ignorò il suo
commento, allontanandosi da lui di qualche passo. “Seguace di
Voldemort eppure
un patetico essere umano, perché a quanto pare, non sei
riuscito a fare bene
nemmeno quello!”
Draco
abbassò lievemente il capo. Eccolo li, ancora una volta
spiaccicato
dritto in faccia; il suo fallimento. “Hai finito
adesso?”
Lei
gli lanciò uno sguardo fiero e irritato al tempo stesso, e
Draco non
potè fare a meno di notare che era lo sguardo più
intenso che gli avesse mai
rivolto. Bene. Farla incazzare in questo modo era trementamente
divertente.
“Sei
malato e mi fai schifo” sibilò Hermione, sentendo
la magia che stava
per eruttare dalla sua bacchetta. “Sarai sempre
così e lo trovo molto triste.
Vuoi sapere cosa provo nei tuoi confronti? Pietà.”
Un
altro spasmo gutturale si fece sentire in fondo alla sua gola.
“Prevedibile
come sempre, Granger,” rispose Draco. “Sempre
convinta che ci sia del buono in
tutti–
“Non
tutti. Tu no.”
“Beh
almeno hai imparato che non dovresti aspettarti chissachè
dalla gente
per non rimanere delusa” continuò lui con una
debole alzata di spalle.
Alzò un sopracciglio sospettoso, quando la vide allontanarsi
da lui. “Dove stai
andando?”
“A
letto,” mormorò lei, lanciandogli un altro sguardo
furioso. “Ho chiuso
con questa storia–
“Aspetta
un’attimo,” protestò, marciando verso di
lei per bloccarle l’uscita.
“E’ il mio turno–
“Pensavo
di essere stata chiara…Non mi importa cosa pensi di
me–
“Anche
a me non importava, eppure ti sono stato a sentire.” disse
lui,
abbassando un po’ la schiena per essere faccia a faccia con
lei.
“Ma
sei stato tu a chiedere–
“Perché
pensavo che sarebbe stato soddisfacente,” rivelò,
lasciando
trasparire un sogghignò crudele. “E avevo
ragione–
“So
già come ti senti a proposito di me”
continuò Hermione infuriata,
cercando in tutti i modi di agire con nonchalance.
“Mezzosangue di là, topo da Biblioteca
di qua. Se abbastanza prevedibile
anche tu sai Malfoy?!”
"Potrei
sorprenderti."
Che
Merlino maledica la sua curiosità, per aver
distrutto il suo buon senso. “E va bene.”
Borbottò, fissandolo con la bacchetta
ancora stretta in mano.
“Cosa senti a proposito di me, Malfoy?”
"Tu
mi disgusti," sibilò con pungente ostilità. "Il fatto che dobbiamo respirare la stessa aria mi fa venire
voglia di vomitare. Sei disgustosa; una chiazza rancida per il Genere
Magico. Tu
non meriti la tua magia–
"Ripetizione
inutile di cose senza senso," si
sforzò di rispondere Hermione, alzando gli occhi al cielo.
"Vado a letto.
Muoviti o ti faccio spostare io–
"Era
solo un’inizio," sentenziò Malfoy, con
voce malefica, e qualcosa di più freddo del solito
guizzò nei suoi occhi. Hermione
girò il suo piede ma si rifiutò di guardare da
un’altra parte. Contatto visivo.
Controllo.
"Io
non-
"Sai
di non meritare la tua magia," continuò
Malfoy, stringendo i denti in una smorfia accusatoria. "Ed è
per questo
che lavori così duramente, non è vero? Ecco
perché passi tutto il tuo inutile
tempo a studiare-
"Si
da il caso che mi piaccia leggere-
"Ma
senti sempre il bisogno di metterti alla
prova," Draco bloccò la sua risposta con un tono di voce
sicuro e deciso.
"Perché lo sai che la tua magia non è veramente
tua." L’incertezza
negli occhi di lei lo rese felice come se avesse trovato una scorta
infinita di
miele, e presto continuò il suo terribile discorso.
"Perché tu sai di
essere inferiore."
Hermione
si morse nervosamente le labbra. Draco
sorrise trionfante.
"Ed
ecco perché ancora ti uccide quando ti chiamo
Mezzosangue," concluse Malfoy, con un sorrisetto mellifluo e
compiaciuto. Poteva
vedere lontano un kilometro la tenacia tipica da Grifondoro che la
tratteneva, perciò
fece un passo a lato e fece per dirigersi verso la sua stanza,
soddisfatto nel
vederla abbastanza sconvolta. Bene, almeno la rivoltante Babbana lo ha
aiutato
a trovare un briciolo di divertimento, dopo la giornata più
noiosa della sua
vita.
Le
sue dita non avevano neanche fatto in tempo a
toccare il pomello della porta, quando senti una spinta calda contro la
sua
spina dorsale, che lo trattenne all’indietro.
Sbattè la testa contro la parete
adiacente e lasciò andare un grugnitò doloroso
mentre scivolava giù per la
fredda superficie. L’impatto si sentiva ancora forte e chiaro
sottopelle, ma
sapeva che entro un nanosecondo il dolore sarebbe ricominciato.
Alzò
la testa con tutta l’umana intenzione di
afferrare la Granger e far sbattere la sua
testa contro il muro, ma non riuscì nemmeno a mettere bene a
fuoco la sua scia,
prima che sparisse all’interno della camera. Si rimise
velocemente in piedi e i
suoi occhi scannerizzarono lentamente la stanza, cercando di mettere
bene a
fuoco tutto quanto. Le sue pupille dilatate si fermarono ancora una
volta sullo
scaffale dei libri.
Ah
si, la sua precedente distrazione prima che
tornasse la Mezzosangue.
Se
l’era sempre cavata bene con i numeri, e aveva
deciso che contare sarebbe stata la cosa che l’avrebbe
aiutato a non diventare
pazzo.
La
Granger aveva cento e un libro nel suo dormitorio; cinquantasei
dei quali erano neri, quaranta rossi, tre blu e due verdi. Sul dorso di
ognuno
dei libri c’erano scritte quattrocentosessanta parole,
escludendo i nomi degli
autori. Aveva controllato due volte prima di collocare
quell’informazione nella
sua mente, e il suo sguardo ora ricominciò a osservare tutta
la stanza; cercava
la prossima cosa da poter contare il giorno successivo. La sua prossima
missione per preservare la sua sanità mentale.
Ma
i suoi occhi automaticamente caddero sulla porta, e
potè sentire la rabbia scorrere attraverso ogni singolo poro
del suo corpo. Divertente
o meno, quella ragazza gli aveva rovinato l’umore. Avrebbe
dovuto trovare
qualche altra distrazione per domani.
Hermione
si spinse la schiena a contatto con la porta,
mormorando un’incantesimo silenziatore prima di iniziare a
piangere. Per
Merlino, lo odiava. Lo odiava! Si pulì bruscamente le
lacrime sulle guancie e
salì sul letto con le gambe tremolanti.
Non
riuscì a dormire per tutta la notte, la rabbia
contro il Serpeverde aveva funzionato come un triplo caffè
per lei, e ben
presto, gli uccellini mattutini si appostarono alla sua finestra.
Quanto le
davano fastidio gli uccelli.
E
quello era soltanto il primo giorno.
a/n:
Ciao
a tutte, volevo solo dirvi da parte dell’autrice,
di non aspettarvi chissà quali manifestazioni di affetto
già nei primi
capitoli. Dopo aver letto centinaia e centinaia di FF dove Draco
riempie la
testa di Hermione con sussurri maliziosi gia da subito e lei cade tra
le sue
braccia entro il secondo capitolo, ha deciso di scrivere una FF in cui
i
personaggi sono il più fedele possibile al loro carattere
originario, ed è
molto più sensato se ci ragionate su. Comunque non dovete
preoccuparvi, questo
non significa che non accadrà nulla di romantico, anzi!
Dovete solo avere un po’
di pazienza! Grazie e arrivederci al prossimo capitolo!
Alice. ;)
|
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Capitolo 4 *** Punteggio. ***
Chapter
4: Punteggio.
Si
svegliò di colpo.
Aveva
sognato ancora la Torre di Astronomia. La vista
di quel momento, i suoni e gli odori l’avevano plagiato senza
pietà; così vividi.
Perfino il suo subconscio sembrava voler riempire la sua testa con
quell’insopprimibile ricordo; gironzolava nel suo cervello
mentre dormiva, così
la scena si ripeteva infinite volte nel sonno. Venivano e andavano
tutte le
sere, alcuni più forti di altri. Incubi. Che lo
tormentavano. Che gli
ricordavano ciò che aveva fatto.
Fallimento.
Fallimento.
Fallimento.
Draco
soffocò uno sbadiglio con la faccia immersa in
un cuscino molto più grande della sua testa e si
rigirò nel letto, cercando di
evitare che un tenace spiraglio di sole mattutino lo colpisse in pieno
viso. Il
sole autunnale era caldo e irritante e non poteva sopportarlo. Era
troppo
sgargiante e ingannevole; faceva credere a degli idioti senza speranza
che
bastasse solo un po’ di luce per non pensare che fuori si
moriva di freddo. Ben
presto, cominciò a sentire il tepore che accarezzava la sua
pelle e spostò via
le lenzuola per scendere dal letto.
S’infilò
di malavoglia uno dei maglioni che gli erano
stati dati, per combattere un’improvviso brivido di freddo,
aggiustandolo sopra
i suoi boxer e le sue gambe gelide. Magari la McGranitt gli avesse dato
un vero
pigiama, così avrebbe potuto evitare questi stupidi attacchi
di ipotermia.
Diede un’occhiata fuori dalla finestra, ma tutto
ciò che riusciva a vedere
erano le tegole del tetto e una striscia di cielo che era completamente
inguardabile a causa del sole. A cosa diavolo serviva una finestra se
non c’era
neanche una vista decente? Stupidi Grinfondoro.
Si
rese conto di quanto fosse silenzioso tutto intorno,
e la calma gli riempì le orecchie, cancellando perfino il
cinguettìo estasiato
degli uccelli. Alzò un sopracciglio, confuso, rendendosi
conto che qualcosa
nella sua mente gli diceva che si era già svegliato una
volta stamattina.
Sempre se quella mattina non era già passata.
Sì,
si era già definivamente svegliato. Poteva sentire
i suoi neuroni che lavoravano per riprendere quel ricordo. Era stata
ancora la
Mezzosangue a svegliarlo, con la sua fottuta doccia e i suoi movimenti
impacciati. Si ricordò di aver borbottato una lista infinita
di insulti e
parolacce tenendo il viso immerso nel materasso mentre ascoltava i suoi
movimenti goffi, e di aver quasi rischiato di marciare dentro al bagno
con
intenzioni davvero pericolose. Ma poi, una porta si era chiusa e i
suoni erano
scomparsi.
Se
n’era andata. Grazie al cazzo.
A
quel punto il calore dei cuscini e delle coperte
l’aveva riaccolto nel limbo. Anzi, negli incubi.
Dopo
aver lasciato il letto, scivolò fuori dalla
stanza alla ricerca di qualcosa da fare, o qualcosa da mangiare. Si
servì con
un bicchiere di latte e un po’ di cereali che doveva aver
lasciato fuori la
Granger, prendendosi un’appunto mentale; aveva davvero
bisogno di imparare
qualche abilità culinaria senza la bacchetta se desiderava
mangiare un pasto
caldo. Chiedere alla Granger era assolutamente fuori discussione.
Si
versò un’altra dose di latte ne bicchiere mentre
gli occhi gli caddero sull’orologio, e per poco non sputava
tutto il latte sul
pavimento. Non era affatto mattina; nemmeno colazione. Erano quasi le
tre del
pomeriggio! Questa era la prova ufficiale che qualsiasi senso
dell’orario si
era perso assieme alla sua bacchetta. E insieme al suo orgoglio.
Cercò
con lo sguardo la porta principale, e anche se
sapeva che sarebbe stato inevitabilmente inutile, mise giù
il bicchiere e
decise che ci avrebbe provato comunque. Nell’esatto secondo
in cui le sue dita
afferrarono la maniglia, una tremenda carica elettrica lo
colpì in pieno,
facendosi strada attraverso il braccio. Scintille di ogni colore
spruzzarono
fuori dalla porta, viaggiando tra le sue vene come fiamme ardenti.
"Merda,"
imprecò, fissando i terribili segni
rossi su tutta la mano. Con un sospirò rassegnato, si
alzò in piedi e andò
verso la cucina per mettere la mano sotto il getto fresco di acqua
corrente.
A
quel punto i suoi occhi videro le piastrelle della
cucina. E cominciò a contare.
Doveva
fare qualcosa…doveva mantenersi occupato…
"Sei
molto silenziosa," disse Neville,
guardandola come se fosse un medico che scrutava dovunque per cercare i
sintomi.
"Stai bene, Hermione?"
La
sua bocca in qualche modo riuscì a produrre un
sorriso convincente. “Sto benone,” lo
rassicurò Hermione, passando avanti e
indietro le dita sulla copertina particolarmente rugosa di un libro di
testo.
“Ho un saggio da fare per Aritmanzia e sto solo cercando di
pensare.”
Non
era tecnicamente
una bugia, ma aveva già finito quel saggio quattro giorni
prima. Aveva
anticipato l’imbarazzante silenzio che si sarebbe potuto
creare se i suoi amici
le avessero chiesto come mai non si era presentata a cena come gli
aveva
promesso, e aveva portato l’argomento di conversazione su
qualcosa che avrebbe
potuto gestire più facilmente. Chi poteva biasimarla se
doveva studiare?
Seamus,
Dean, Ginny e Luna furono evidentemente sorpresi
quando Hermione fece il suo ingresso nella Sala Grande quel giorno,
accompagnata da Neville, ma poi si impegnarono al massimo per
coinvolgerla nei
loro discorsi quotidiani. Ne fu veramente grata ma la conversazione era
già
abbastanza strana tra i quattro Grifondoro e la Corvonero senza che lei
ci si
mettesse in mezzo. Cercavano in tutti i modi di evitare
l’argomento “Voldemort”
o “Guerra” e questo le dava parecchio fastidio,
come se pensassero che lei non
fosse in grado di sostenere quel tipo di conversazione. Ma il bisogno
di
compagnia amichevole era davvero troppo; aveva bisogno di qualcuno che
la
capisse e che poteva tranquillamente chiamare amico. Dopotutto, non era
colpa
di nessuno se questo periodo turbolento aveva un po’ spento
le relazioni.
Perciò,
si limitò ad annuire di tanto in tanto e a
scribacchiare qualche appunto occasionale.
"Nessun’altro
si sta impegnando molto per finire
il saggio," borbottò Neville tranquillamente anche se gli
altri non
interruppero la loro conversazione sul Quidditch né diedero
segno di averlo
sentito. "Immagino che tutti pensino che sia inutile al momento, ma so
come ti piace essere sempre al passo con lo studio perciò
non sono sorpreso."
Adorava
Neville e la sua genuina sincerità. Era così
dolce da farle male al cuore a volte, e sapeva nel profondo che non
sarebbe mai
scesa nella Sala Grande se non fosse stato per lui.
"Mi
aiuta a distrarmi," ammise lei, con un
debole sospiro.
Neville
concordò con un breve movimento del capo,
prima che Seamus menzionasse il suo nome e lo riportasse
all’interno del
discorso su… Oh, bene, non sapeva neanche di cosa stavano
parlando. Fece finta
di rivolgere la sua attenzione alle pagine di un libro, eppure il suo
sguardo
assonnato si fermò sul tavolo dei Serpeverde in fondo alla
sala.
Era
vuoto, ovviamente.
Dei
duecentocinquanta studenti che ritornarono ad
Hogwarts quell’anno, solo trentadue indossavano la cravatta
verde. Erano tutti
del quarto anno o più giovani, e si erano sparsi negli altri
tavoli per
socializzare con le altre Case in piccoli gruppetti. Nessuno di loro
voleva più
essere associato allo stereotipo della loro Casa, e avevano fatto di
tutto per
evitare di essere associati allo stemma serpentesco. Per quanto ne
sapeva
Hermione, non dormivano nemmeno più nei sotterranei, si
erano spostati tutti in
vari dormitori, nei letti a castello rimasti.
Era
triste, davvero.
Erano
così disperati da evitare qualsiasi tipo di
cattiva impressione, anche se bastava la loro presenza ad Hogwarts per
dimostrare che non condividevano gli ideali di Voldemort. Erano proprio
come
tutti gli altri; speravano di essere al sicuro e volevano che tutto
questo
finisse.
In
quel momento, odiava Malfoy ancora di più, per
essere così mentalmente chiuso e perché ormai era
l’unico che confermasse lo
stereotipo proveniente dalla dinastia di Salazar. Il suo
sguardò volò
istantaneamente sulla macchia vuota del tavolo in cui aveva visto
Malfoy seduto
l’ultima volta.
Ricordò
quanto sembrasse malato e depresso durante il
sesto anno e si trattenne dallo schiaffeggiarsi da sola per essere
stata così
ingenua e non aver capito i segni della terribile disgrazia che stava
per
avvenire. Riusciva a ricordare facilmente i commenti sospettosi di
Harry e il
modo in cui lei stessa li aveva bloccati. Come aveva potuto essere
così cieca?
"Hermione,"
una dolce voce femminile la
riportò al presente e si voltò, trovandosi faccia
a faccia con Luna. "Stai
bene? Mi sembravi distante."
Hermione
combattè una battaglia interiore per evitare
di alzare gli occhi al cielo a quel commento totalmente ovvio. "Sto
bene,
Luna" sospirò, indicando il suo libro. "Ho solo un
po’ di difficolta
a concentrarmi su questo. Penso che dovrei passare dalla Biblioteca."
"Di
già?" brontolò Ginny, ed Hermione potè
notare che il suo dispiacere era genuino. "Hai toccato a malapena un
po’
di cibo."
Hermione
gettò un’occhiata al suo piatto quasi
completamente integro di roast beef. "Non sono poi così
affamata," rispose,
spostandolo lontano. "Ho mangiato molto a colazione."
Sapeva
che i suoi amici erano poco convinti, e lei non
poteva biasimarli. Aveva perso molto peso da quando Harry e Ron se
n’erano
andati, ma non era perché stava a digiuno o mangiava poco;
il fatto è che
mangiava ad orari assurdi. Era colpa dell’insonnia. Forse
avrebbe dovuto
accettare la pozione di Lumacorno per un sonno senza interruzioni.
"Vuoi
che ti faccia compagnia in Biblioteca?"
chiese Neville. "Potrei lavorare sul mio saggio di Erbologia nel
frattempo."
"No,
non serve," Hermione scosse la testa,
alzandosi dal tavolo. "So che non ti piace la Biblioteca e non hai
ancora
finito di mangiare."
"Allora
potrei fare un giro più tardi," acconsentì
lui, prendendo un altro boccone di roast beef con la forchetta.
"Comunque
è stato bello vederti, Hermione!”.
"Sì,
è vero!," si unì Ginny, accompagnata da
Seamus e Dean. "Verrai a trovarci domani?"
No.
"Ci
proverò," sospirò, sorridendo debolmente
ai suoi compagni. "E’ stato bello vedervi, tutti quanti."
Raccolse
le sue cose e si girò per andarsene, con un
delicato movimento della mano per saluto. Poteva giurarlo, sentiva
già le loro
voci che bisbigliavano tra di loro, sicuramente stavano dicendo che
aveva
un’aspetto terribile. Potrebbero aver parlato dei solchi blu
sotto gli occhi o
della sua pelle pallida e smunta. Niente di cattivo o del genere
‘ti–parlo–dietro–le-spalle’.
Solo la verità. Solo parole di preoccupazione.
Probabilmente
si sarebbe sentita in colpa, se solo il
suo corpo fosse stato in grado di sopportare un’altra
emozione negativa.
Ma
non poteva. Il solo pensiero di Malfoy l’aveva
riempita di acidità e di nervosismo, e tutto questo
combinato con una costante
senzazione di rabbia e solitudine, non lasciava più spazio
per niente.
La
speranza comunque era ancora lì; solo una spruzzata
di ottimismo nel suo cuore che si rifiutava di sparire. A volte si
attaccava a
quell’unica speranza, e la malediva il momento successivo.
Era per quello che
continuava ad infilarsi in Biblioteca fino a tarda notte a leggere
tutto ciò
che trovava sugli Horcrux, e la aiutava anche a rimanere in contatto
con le
operazioni dell’Ordine.
Si,
la speranza c’era eccome. E’ solo che a volte se
ne andava...
La
Biblioteca era aperta e perdipiù, era anche
abbastanza affollata. Alcuni ragazzi del terzo anno erano raggruppati
attorno
ad un tavolo, discutendo a proposito di qualche compito di Pozioni, e
un altro
tavolo era occupato da ragazzi del quarto. Madama Pince era
silenziosamente
rintanata nel solito posto, con un’occhio che scorreva tra le
pagine del libro
e l’altro tenuto fisso su ogni studente, all’erta.
Hermione passandò la salutò
con un gesto del capo ma l’anziana Bibliotecaria non rispose,
così continuò a
camminare cercando un posto libero.
Notò
un altro gruppo di studenti dietro ad ogni
scaffale e decise che in quel momento il posto era troppo occupato,
troppo
pieno di…persone, per i
suoi gusti.
Aveva bisogno di solitudine. S’incamminò verso la
zona proibita e prese due o
tre libri per poter leggere in pace lontano da lì. Fece
cadere i pesanti tomi
dentro la borsa e pensò per un’attimo di andare in
cortile, ma il clima non era
abbastanza buono per poter uscire a leggere.
L’unica
cosa che desiderava al momento era tornarsene
al dormitorio e sdraiarsi sul divano con una cioccolata calda e un bel
libro
classico come compagnia.
Ma
nel dormitorio c’era anche lui.
Beh,
non aveva alcuna intenzione di sentirsi esiliata
dalla sua stessa stanza solo per colpa di quel bastardo. Assolutamente
no.
Perché avrebbe dovuto alterare la sua routine per Malfoy? Se
quel viscido pezzo
di sterco si faceva vedere, le bastava chiuderlo a chiave nella sua
stanza.
Velocemente, chiuse con un’incantesimo i libri di testo che
si era portata
dietro dalla Biblioteca, mentre si dirigeva verso il dormitorio. La sua
mente
acuta le disse che non era saggio portarsi dei libri così
importanti in una
stanza che condivideva con Malfoy, perché era assai
preferibile che lui
rimanesse all’oscuro di tutta la faccenda Horcrux. Se per
caso il viscido fosse
riuscito a scappare, non aveva alcun dubbio che sarebbe andato dritto
da
Voldemort, aspettandosi una pacca sulla spalla per avergli rivelato i
piani di
Harry.
Mentre
camminava verso la sua meta, i passi si
facevano sempre più lunghi e decisi e il suo corpo si
riempì di adrenalina, in
preparazione al confronto che avrebbe avuto con Malfoy una volta
varcata la
porta del dormitorio. Dopo aver borbottato la password e acceso la
luce, aprì
il portone un po’ più forte del necessario e lo
trovò subito. Non sapeva con
certezza cosa avrebbe dovuto aspettarsi una volta tornata, ma di sicuro
questo
non era tra le opzioni.
Era
appoggiato al muro che separava il salotto dalla
cucina, seduto a terra, con le mani appoggiate ai fianchi. Le spalle
erano
rilassate e la testa leggermente inclinata verso sinistra, mentre il
suo dito
scorreva sulla superficie di mogano. Non si era accorto che era
entrata, anche
dopo che Hermione aveva chiuso la porta e si era avvicinata di qualche
passo.
Storse
il collo così da poterlo vedere in faccia,
notando che il suo ghigno familiare era ancora lì e induriva
come sempre i suoi
lineamenti. Per un’attimo pensò a come fosse
possibile che quell’orribile
espressione fosse così permanente, ma poi si accorse che
quella non era
un’espressione arrabbiata; era estremamente concentrato.
Hermione
si avvicinò ancora un pò, come se stesse
osservando un raro e pericoloso esemplare di uccello che era capitato
lì per
caso. Seguì il suo sguardo e non vide altro se non le file
di piastrelle sul
muro della cucina. Hermione si mordicchiò il labbro confusa
e stupita.
Ma
che...
"Che
diavolo stai facendo, si può sapere?" gli
chiese tutto a un tratto, osservandolo mentre scattava in piedi e si
girava per
capire da dove veniva la voce. Ah, eccola lì, la rabbia che
montava. Era chiaro
che l’aveva disturbato in qualche modo, e lui era quantomeno
furioso. I suoi
occhi ambrati tornarono sulle piastrelle per capire ancora una volta se
si era
persa qualcosa, ma non c’era niente di strano sulla ceramica,
se non qualche
granello di polvere.
"Per
la miseria, Granger!" ringhiò,
sbattendo il piede sul parquet. "Ho perso il conto! Stupida–
"Il…conto?"
ripetè lei, poggiando
istintivamente la mano sulla tasca dei jeans dove teneva la bacchetta.
Lui non
si avvicinò come Hermione aveva temuto; si limitò
a scansare il peso da una
gamba all’altra mentre la fissava inferocito, a circa due
metri da lei. Comunque,
le sembrava ancora troppo vicino. "Che cosa stavi-
"Che
cazzo ci fai qui?" chiese bruscamente
lui.
"Io
qui ci vivo,"
sibilò Hermione, sedendosi con un tonfo sul divano e
buttando la borsa con i
libri ai suoi piedi. "E ho del lavoro da fare, perciò
lasciami sola–
"Esattamente
dove dovrei andare?" rispose
Draco, incrociando le braccia. Si scrocchiò le spalle come
se si stesse
preparando ad una rissa, ed Hermione potè notare i muscoli
che si contorcevano
sotto la sua maglietta grigia.
"Non
me ne potrebbe importare di meno," replicò.
"Vai nella tua stanza-
"Perché
dovrei?" ringhiò Draco, fissandola
con sguardo calcolatore. "Puoi andare e venire a tuo piacimento quindi
sei
tu quella che dovrebbe
andarsene–
"Questa
è la mia stanza, Malfoy!" urlò,
stringendo i pugni per mantenere la calma. "Sei qui solo
perché all’Ordine
dispiace della tua sorte!”
Malfoy
grugnì. "Sono qui perché quei deficienti
non sanno farsi gli affari propri!" gridò. "Sempre
lì a ficcare il
naso e ad essere convinti di aiutare tutti quanti–
"Noi
ti stiamo aiutando!"
"Beh,
io non lo VOGLIO il vostro cazzo di aiuto!"
Draco urlò a pieni polmoni, facendo vibrare le pareti del
dormitorio. "Non
ho MAI voluto il vostro aiuto–
"Beh,
ce l’hai," lo interruppe Hermione con
finta calma, senza riuscire ad impedire che un certo tono altezzoso
uscì dalla
sua bocca. "Quindi smettila di lamentarti–
"Ma
levati dalle palle–
"Sto
aspettando che tu ti leva dalle palle, a
dire il vero. Ho del lavoro da fare–
"Perché
non te ne vai nella tua stanza?" chiese
beffardo, avvicinandosi con un grande passo verso di lei. "O meglio vai
a
farti fottere sulla Torre più alta del castello, assieme ai
tuoi amici teste di
cazzo–
"Te
l’ho detto è il mio dormitorio e ho tutto il
diritto–
"Perché
voi Grifondoro insistete sempre per
rendere le cose più difficili?" domandò,
completamente serio. "Siete
sempre a caccia di guai ed è così maledettamente
stupido, e poi vi domandate
anche perché la gente cerca sempre di uccidervi–
"Capisco
che tu lo trovi difficile da comprendere,"
rispose Hermione lentamente, alzando il mento. "Noi siamo abbastanza
coraggiosi da alzarci in piedi quando serve–
"Non
farmi ridere Granger," alzò gli occhi
al cielo. "Coraggiosi, un paio di palle. Tu e quegli idioti avete
superato
la linea che esiste tra l’essere eroi ed essere stupidi un
sacco di tempo fa–
"Non
osare chiamarmi stupida," rispose
Hermione, decidendosi a tirare fuori la bacchetta dalla tasca. "Io non
sono–
"Molto
bene," mormorò Draco, rilassandosi
per un secondo. "Tu magari avrai ancora una decina di neuroni
funzionanti,
ma l’Orfano e il Barbone sono proprio inutili–
"Non
chiamarli–
"E
ce ne sarebbero di cose da dire sul tuo gruppetto
di amici sfigati," continuò iperterrito Malfoy, avanzando.
"Quando
pensi che è la fottuta Mezzosangue l’unica con un
minimo di cervello, viene da
deprimersi!”
L’istinto
babbano la pervase ed Hermione allungò il
braccio sul tavolo per afferrare una tazza. La lanciò
fortissimo; più forte di
quanto abbia mai lanciato qualcosa nella sua vita. Ma lui
riuscì a schivarla.
Bastardo. Guardò la tazza infrangersi contro la parete a un
centimetri di
distanza dalla faccia di Malfoy. Una bella ciotola di fine porcellana,
spaccata
a metà. Hermione tornò a fissare con occhi
infiammati il verme che aveva
davanti, e vide il suo sguardo contento per aver mancato il colpo; non
riusciva
a sopportarlo.
"Non
te lo dirò un’altra volta, Malfoy," gli
disse, resistendo all’impulso di lanciargli
un’incantesimo in quello stesso
istante. "Vai nella tua stanza e lasciami concentrare sul mio
lavoro–
"Ho
per caso toccato un nervo scoperto,
Granger?" intuì maligno Draco. "Cos’era, la parola
Mezzosangue o il
mio commento sulla coppia di coglioni camminanti?"
"Smettila
di chiamarli–
"Perché
non te ne vai ad irritare loro con
la tua presenza?" domandò.
"Sta
zitto, Malfoy!"
"No,
sono maledettamente serio," insistette,
leggermente intrigato suo malgrado, quando vide le sue labbra
arricciarsi dal
nervosismo. "Perché diavolo non vai da Potter e da Weasley
invece di
rimanere qui bloccata a fare da balia a me?”
"Perché
non sono qui, ecco perchè!" sbuffò
Hermione, sapendo all’istante che non era la cosa
più saggia da rivelargli. Vide
un sorrisetto allargarsi sul volto di Malfoy e maledì per un
secondo i suoi
amici per averla lasciata al castello. Con lui. "Non sono qui,"
ripetè,
più tranquillamente.
"Dove
son–
"Come
se te lo dicessi, certo," sorrise,
sarcastica. “Senti Malfoy, lasciami stare e basta prima
che–
"E’
un classico," disse lui, leccandosi le
labbra come se potesse davvero gustare la frustrazione della
Grifondoro. Apparentemente,
era deliziosa.
"Questo di sicuro spiega un sacco di cose."
Hermione
abbassò un sopracciglio. “Dove vuoi
arrivare?”
"Ecco
perché la tua faccia sembra il didietro di
uno che è andato a sbattere da qualche parte dalla mattina
alla sera” le
rispose semplicemente, avvicinandosi ancora con un sorriso vincente.
"Il
motivo per cui ti senti sempre pronta a saltare in aria–
Questo
era troppo. “Non essere ridicolo–
"Il
trio d’oro si è separato," esclamò,
più
a se stesso che a lei. "Deve far male, Granger. Sapere che le uniche
persone che ti sopportano, se ne sono andate senza di te–
"Almeno
io ho degli amici–
"Ma
non sono qui con te, vero?" le ricordò,
schioccando la lingua. "Dev’essere terribile non avere
più la possibilità
di aprire le gambe per il tuo Weasley ogni volta che vuoi."
Hermione
trattenne a fatica un singhiozzo indignato.
Ron era…Ron era suo amico. Niente di più. Certo,
prima che lui se ne andasse
con Harry, lei aveva sperato in qualcosa di più,
sacrificando la sua innocenza.
Era stato…scomodo e non era riuscita a gestire bene la
situazione. Da lì in
poi, Hermione capì che una relazione con lui era fuori dal
limite del
possibile, anche se ultimamente qualche piacevole sentimento di
mancanza le
tornava in mente, prima di addormentarsi.
Forse dopo che la Guerra fosse finita…
"Ron
non è affar tuo," mormorò, accorgendosi
che forse era rimasta in silenzio troppo a lungo. "Smettila di essere
così–
"Allora
forse preferisci Potter?" la accusò
Malfoy con uno sbuffo disgustato. "Per Merlino, voi tre siete patetici."
Avrebbe
tanto voluto lanciargli un’altra tazza. Ma no.
Voleva un vantaggio che non aveva niente a che fare con le sue doti da
strega.
Lui
era più vicino adesso, ed Hermione notò
distrattamente che profumava di orchidee e di una mattinata intera di
sonno. I
suoi movimenti erano fluidi ed eleganti, come se avesse pianificato
tutto
questo meticolosamente, con l’unico scopo di umiliarla. Le
dita di Hermione
accarezzarono la bacchetta che teneva pronta in mano, ma non voleva
sconfiggerlo con la magia, se avesse potuto farne a meno. Non poteva
certo
Schiantarlo ogni volta che litigavano; anche se la prospettiva era
ridicolosamente piacevole. Era una ragazza intelligente e dalla
parlantina
sicura. Poteva gestirlo. Si, poteva farlo.
Aveva
bisogno di un nuovo approccio, quindi, posizionò
le sue dita sulla bocca per mimare il suo atteggiamento. Come era
giusto che
fosse, lui sapeva cosa poteva mandarla fuori dai gangheri ma anche lui
aveva
delle debolezze…
"Dev’essere
difficile per te, Malfoy," disse
dolcemente, soddisfatta nel vederlo alzare un sopracciglio con
espressione
curiosa. "Guardare le persone che tu reputi inferiori, mentre fanno
cose
che tu non riesci a fare meglio di loro–
"Che
cosa stai–
"Harry
con il Quidditch," cominciò lei,
orgogliosa. "Io con i miei voti–
"Stai
forse insinuando che sono geloso,
Granger?" domandò lui, schietto, con la voce che gli tremava
un po’ in
gola. "Perché preferirei–
"E’
un motivo che spiegherebbe ogni cosa, non
trovi?" domandò all’aria Hermione, come se stesse
ragionando da sola su un
compito particolarmente difficile. Giocherellava con la sua bacchetta
tra le
dita, niente di offensivo. Solo un gesto per ricordare a Malfoy che era
lei
quella con la magia dalla sua parte. "Tutto l’odio del mondo
dipende da
qualcosa. Voglio dire, noi abbiamo guadagnato un certo numero di buone
azioni e
successi negli ultimi sei anni–
"Cosa
cazzo vuoi che ti dica? Complimenti a voi!”
"E
da quello che posso ricordare," continuò
lei, ignorando il suo commento sarcastico. "Tu devi ancora fare
qualcosa
di…interessante nella tua vita, Malfoy
"Taci,
Granger–
"E
tutto quello che hai provato a
fare," avanzò Hermione, incapace di fermarsi ora che
la vittoria era così vicina. "L’hai sempre fallito
miseramente–
"Chiudi
quella bocc–
"Mi
ricordo quella volta nel secondo anno," disse
Hermione, grattandosi il mento pensierosa. "Quando sei caduto dalla
scopa
e hai perso la partita di Quidditch contro Harry. C’era anche
tuo padre sugli
spalti o sbaglio?”
Draco
scattò in avanti per afferrarla ma lei lo bloccò
puntandogli contro la bacchetta. "Ti avevo avvisato di non nominare mio
padre–
"E
scommetto che non gli è piaciuto molto
scoprire che i tuoi voti erano inferiori a quelli di una Mezzosangue,"
disse
Hermione, notando che le sopracciglia di Malfoy si inarcarono ancora di
più
quando lei stessa usò quel termine per definirsi.
"Non
parlare di mio padre,” ripetè lui, stavolta
con voce più bassa.
Ma
Hermione non capì, quando si accorse che la sua
voce non era minacciosa; era più irritata e forse un
po’…ferita? Non aveva
alcun senso.
"Allora
non parlare dei miei amici," mormorò,
mentre un’accordo silenzioso passò da lei a lui.
Draco sembrava un po’ più
umano, e ad Hermione veniva voglia di picchiarlo di nuovo. "Hai
intenzione
di lasciarmi in pace o devo trascinarti in camera con la forza?"
Lui
grugnì un poco, ma con sua grande sopresa, fece
davvero due passi in là verso la sua camera da letto. Il suo
sguardo del color
delle nuvole non si staccò da lei, stava solo provando a
disintegrarla con gli
occhi e ad esprimere tutto il suo disaccordo.
"Quando
uscirò da questo casino,” mormorò, poco
prima di raggiungere la porta. "E riavrò la mia bacchetta,
non la
scamperai liscia Granger."
"Sì,
immaginavo che l’avresti detto," annuì
lei, completamente indifferente.
I
suoi occhi la scrutarono dall’alto in basso per un
momento. E poi, subito dopo, non si vedeva più, accompagnato
soltanto dal
solito rumore di porta fracassata alla parete. Hermione rimase ferma a
fissare
la porta, sentendo che un sorrisetto orgoglioso stava crescendo sul suo
volto.
Ce
l’aveva fatta. Era riuscita a farlo andar via senza
usare la magia. Hermione si lasciò cadere sul divano,
soddisfatta. L’aveva
battutto, anche dopo i suoi commenti maligni sui suoi amici. Aveva
avuto l’ultima
parola. Aveva ottenuto ciò che voleva.
E
mentre non ci stava pensando, un sorriso, un vero
sorriso si fece strada spingendo in là le sue fossette. Era
il primo vero
sorriso che faceva dopo la partenza di Harry e Ron. Non sorrideva da
almeno
quattro settimane.
Puttana...
Di
nuovo dentro alla camera da letto, si sentiva più
stretto di prima. La stanza sembrava davvero molto più
piccola e questo
pensiero fece scivolare una goccia di sudore freddo dalla sua fronte.
Aveva avuto
una mezza idea di tornare indietro nel salotto e ricominciare ad
urlarle dietro,
ma poi a cosa sarebbe servito? Tutto quello che avrebbe fatto la
Granger
sarebbe stato abusare della sua magia, e lui sarebbe tornato presto
nella sua
camera, probabilmente ferito o dolorante.
Si
passò le mani sul viso e le spinse in su fino a
pettinarsi i capelli con crescente frustrazione.
Non
si era mai sentito così depresso negli ultimi
diciassette anni. Quando è successo che la sua vita sia
peggiorata talmente tanto
da mandarlo in questo posto? Controllato a vista come un bambino impedito da quella stronza della
Mezzosangue. Preoccupato di diventare uno di quei pazzi senza cervello
che
avevano perso la loro sanità mentale in mezzo a quattro
pareti spoglie.
Comunque,
sarebbe potuto andare peggio. Poteva essere
costretto a stare con la Lenticchia. Sicuramente a quell’ora
si sarebbero già
spappolati a vicenda. Almeno la Granger non era un’idiota
senza cervello come
Weasley, ed era capace di gestire un litigio quasi pacifico.
Si
coricò a letto, coprendosi col morbido lenzuolo di
seta, rimanendo fermo a guardare il soffitto. I suoi occhi caddero sul
comodino
e aprì il cassetto; trovò solo una vecchia piuma
e una cravatta rosso e oro.
Forse
poteva utilizzarla per impiccarsi quando sarebbe
finalmente diventato pazzo, quando le pareti l’avrebbero
soffocato...
Prese
la piuma e passò le dita su quel pezzo di ala
ancora morbida. Gettò un’occhiata alla scrivania
per vedere se c’era inchiostro
o carta, ma non c’erano. Quindi, si abbassò sul
lato destro del letto e scelse
un pezzo di mogano liscio e senza intagliature.
Sfregiò
il legno con una M e una G, completando l’opera
con una linea che separava le due iniziali.
M
per Malfoy. G per Granger.
Avrebbe
scritto M per Mezzosangue se solo non avessero
avuto le stesse iniziali.
Ok,
poteva ammettere che oggi aveva vinto lei, ma
senza ombra di dubbio ieri il punto l’aveva vinto lui.
Sembrava una cosa
razionale il tenere il conto del punteggio, e in più era
un’altra distrazione
per lui. Segno due linee sotto ogni iniziale, un punto a testa, ma
dentro di sé
giurò a Salazar che lei non avrebbe più preso
nessun punto fino a quando Draco
non fosse riuscito ad uscire da lì.
A
quel punto i suoi occhi tornarono sul soffitto e
cominciò a contare. Prima le righe, e poi le crepe.
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Capitolo 5 *** Profumo. ***
Chapter
5: Profumo.
Ogni
giorno,
lei tornava nel suo dormitorio e lo trovava là. Pronto a
incasinarle il
cervello con insulti e commenti, e stava davvero cominciando a
rovinarle la
vita. Ogni volta che le lezioni finivano, Hermione tornava al suo
dormitorio da
Caposcuola per completare i suoi compiti perché sapeva che
fino alle otto di
sera la Biblioteca era sempre piena, e lui era sempre
lì. Solo, ad aspettare; la sua lingua tagliente era sempre
pronta a dire qualcosa di sgradevole e i loro litigi quotidiani
potevano durare
minuti o anche ore, a seconda di quanto fossero testardi entrambi in
quel
preciso momento.
Sempre
la
stessa caterva di parole.
Sporca.
Puttana.
Mezzosangue.
Mezzosangue...
A
volte le
faceva male, a volte no. Stava cominciando a sviluppare una certa
immunità a
quegli insulti, ma ogni tanto lui tirava fuori qualche nuova perla e
questo la
sconvolgeva. Dopotutto, erano abbastanza ben assortiti, ma dopo una
settimana
di urli e ringhi e grugniti, ne aveva davvero abbastanza.
L’ottavo
giorno della sua permanenza lì – un
Venerdì – durante la sua lezione di
Aritmanzia, Hermione pensò alla voce di sua madre e ad una
frase che le diceva
sempre.
Niente
infastidisce un bullo più dell’indifferenza, o
della gentilezza nei suoi
confronti.
Non
aveva
mai dato molta importanza a quel genere di sciocchi consigli che danno
sempre i
genitori, ma in questo caso, avendo finito il repertorio di approcci da
provare, stava cominciando a rivalutare sul serio quelle parole. Malfoy
le
stava chiaramente rompendo le scatole solo perché era
annoiato, e se lei avesse
smesso di controbattere, e avesse cominciato ad essere fastidiosamente
gentile,
l’avrebbe fatto impazzire. E se magari non fosse riuscita a
tenere le cose
sotto controllo, poteva sempre chiuderlo in camera finchè
non si fosse calmato.
Non
aveva
mai apprezzato il fatto di possedere una bacchetta più di
così.
Mancavano
ancora un paio di lezioni e poi la giornata lavorativa sarebbe finita.
E lui
sarebbe stato lì. Ad aspettare. E lei l’avrebbe
ignorato. Non importa quanto
avesse tentato di infastidirla, lei l’avrebbe ignorato.
Non
avrebbe
reagito nel modo in cui lui si aspettava.
Mancavano
solo Pozioni e Erbologia, dopodichè avrebbe potuto testare
la sua teoria sul
vermetto.
C’erano
quattrocentocinque piastrelle nel muro che separava il bagno dalla
cucina. Tutte
bianche, cinquantasei con qualche crepa. Gli ci erano voluti tre giorni
per
esserne sicuro, un po’ per colpa delle interruzioni della
Mezzosangue e un po’
perché gli piaceva sempre controllare due volte.
Per
quanto
riguarda le mattonelle del pavimento, ce n’erano in totale
novantasette; trentotto
nella sua stanza più quelle dell’intero
dormitorio. Esclusa la camera della
Granger, ovviamente. Aveva provato a entrare due giorni prima e aveva
ricevuto
lo stesso trattamento di quando aveva cercato di uscire dalla porta
principale.
Una
mano
bruciata e le dita insensibili.
Comunque,
quel giorno si era svegliato alle due del pomeriggio, dopo una nottata
faticosa. Ancora più incubi, che stavano diventando sempre
più forti e
preoccupanti. I suoi occhi si abbassarono automaticamente sul lato del
letto
per studiare la sua incisione, cosa che faceva tutte le mattine. Al
momento,
c’erano sei punti sul il suo nome e cinque su quello della
Granger. Se la
memoria non l’ingannava, era il giorno in cui avevano
litigato più di una
volta, Venerdì.
Il
giorno in
cui era arrivato era un Venerdì, quindi questo voleva dire
che aveva passato
otto giorni in inferno.
Almeno,
stava riuscendo a tenere il conto anche dei giorni. Più o
meno…
Sarebbe
stato molto più sensato scrivere i nomi dei giorni sul legno
invece del numero
di litigi. Ma che si fotta. Stava vincendo, quindi avrebbe lasciato
tutto così
com’era.
Si
alzò dal
letto, si vestì, e andò alla ricerca di qualcosa
da fare. Qualcosa da contare.
Fino a quando la Granger non fosse tornata e non avessero ricominciato
a fare
il loro solito teatrino.
Granger...
Il
suo
profumo era ovunque; riempiva l’atmosfera come
l’afa estiva. Quel cavolo di
sapone che usava, profumava di pioggia, e recentemente aveva capito che
sapeva
anche di ciliegia. Dolce, con una punta di spezie. Non del tutto
fastidioso a
dire la verità; era solo maledettamente soffocante quando si
trattava di
annusarlo tutto il giorno, tutti i giorni. Il suo aroma era perfino
riuscito ad
arrivare dentro la camera da letto di Draco, e adesso era rimasto
appiccicato
da qualche parte tra la sua narice destra e il lobo del suo orecchio.
Non
poteva
scrollarselo via. Non poteva andare da nessuna parte senza quel
po’ di lei. Quel
prufumo stava velocizzando il processo di pazzia del quale era
terribilmente
spaventato.
Camminando
verso l’area centrale della stanza, prese la solita tazza, la
riempì di latte e
all’insieme aggiunse una mela. Si guardò intorno,
masticando, alla ricerca di
qualcosa da contare...Ma non c’era niente.
Quindi
rimase fermo a fissare l’orologio, aspettando che arrivassero
le 15 e 40, la
Mezzosangue tornava sempre a quell’ora. Era precisa come
un’orologio svizzero. La
figura di Hermione saltò fuori dal buco nella parete e il
suo sorrisetto
malignò di fece largo sul suo viso.
Che
i giochi
abbiano inizio.
"Buon
pomeriggio, Mezzosangue," la salutò, senza offendersi troppo
quando lei
non rispose. "Come ha trovato la lezione oggi, la nostra noiosissima
Grifondoro–topo da Biblioteca?”
"E’
andata bene, grazie," gli rispose tranquillamente, accasciandosi stanca
sul divano.
Draco
sobbalzò. Ma che, niente ‘fottiti
Malfoy’ oggi?
"Ti
ho
fatto una domanda–
"E
io
ti ho risposto," replicò Hermione calma. Troppo calma.
"Non
era abbastanza," la criticò lui, camminando verso di lei.
Lei
scrollò
le spalle. Si limitò a quello per poi liberare il tavolo
della cucina per fare
spazio ai libri che si era portata dietro. Il silenzio forzato, una
sfida. Ok,
poteva giocare in quel modo. Prima o poi avrebbe reagito. Doveva farlo. Aveva aspettato di vedere
la scintilla di rabbia nei
suoi occhi per più di due ore, contava solo su quella
piccola fiamma. Voleva
vederla. Disperatamente, in realtà.
"Che
cazzo è questo?" esclamò, prendendo un foglio dal
tavolo ed esaminandolo
da vicino. "Scrivi anche come una Mezzosangue rachitica. I Mezzosangue
non
riescono nemmeno a scrivere decentemente?”
Hermione
non
lo ascoltò, prese un libro dalla borsa e iniziò a
leggere. Lui mollò il foglio
sul tavolo e la guardò.
"Non
mi
prendi in giro, Granger," disse lentamente, incrociando le braccia con
l’aria di chi la sa lunga. "So cosa stai facendo."
"Sto
leggendo," rispose Hermione, senza staccare gli occhi castani dalla
pagina.
"Sai
che vuoi urlarmi contro, Granger," strascicò Draco, convinto
più che mai a
farla incazzare, con le buone o le cattive. "Oppure devo tirare in
ballo
il sacco di merda che non vuole morire e il suo pupazzetto
arancione?”
Il
suo
sguardo di ghiaccio volò verso le labbra rosate di Hermione
e aspettò che si
arricciassero per il nervoso. Quando ti isolano in una stanza con solo
una
persona, cominci a comprendere i segnali che lancia il corpo di quella
persona,
e la Granger era abbastanza interessante da oservare quando si
incazzava. Bastava
accennare ai suoi amichetti e le sue labbra si arricciavano sempre. Poi le sue pupille si sarebbero
dilatate e le guancie avrebbero cominciato a tingersi di un rosa acceso
e a
quel punto…sarebbe partita la musica.
Ma
le labbra
non si arricciarono.No, la sua bocca non si mosse affatto. Aveva rotto
la
routine. Quella routine che aveva ormai memorizzato. Come osava.
Draco
prese
uno dei libri e lo sbattè forte sul tavolo.
"Cazzo
guardami, Granger!" protestò Draco, ad un passo dallo
scalciare come un
bambino arrogante. "Adesso!"
Lentamente,
Hermione alzò il suo sguardo color del miele, ma era
completamente vuoto.
Perfino, annoiato. Ignorarlo era molto più facile di quanto
si aspettasse,
probabilmente perché aveva già fatto molta
pratica ignorando le conversazioni
sul Quidditch di Harry e Ron. Si prese un momento per osservare i
lineamenti
del viso di Malfoy mentre quest’ultimo andava avanti a urlare
qualcosa sul
quanto fosse sporco il suo sangue, analizzando la sua pelle di
porcellana. Strano.
Normalmente gli donava, ma Hermione avrebbe giurato che in quel momento
sembrava grigiastra e spenta.
...Non
sarò
ignorato da te!" continuò lui, ma lei non lo stava
minimamente ascoltando.
"Granger, sono maledettamente serio...
Lei
fissò la
sua attenzione sul suo sguardo, notando quanto fosse sbiadito e
sciupato. Non
tanto dal poco sonno. Era come se fosse privo di ogni energia. Hermione
sospirò, abbastanza vicina da poter sentire il suo odore.
Mela
verde e
il profumo di una buona dormita. Aveva lo stesso profumo tutti i giorni.
Un
pensiero
le balenò in testa e la sua bocca si aprì a
mezz’aria, come faceva sempre
quando era concentrata su qualcosa. In un’istante, si
ritrovò in piedi, a
dirigersi verso la cucina.
"Dove
diavolo stai andando?" Hermione lo sentì parlare da lontano,
come se fosse
dal lato opposto di un tunnel. "Ho DETTO dove stai andando, per la
miseria!?"
Il
suono
della sua voce era sfocato, mentre lei apriva e chiudeva gli sportelli,
cercando
di ricordare a mente quali cose aveva tolto lei stessa dalla dispensa.
Merlino,
come aveva fatto a non accorgersene prima?
"Hey!"
la chiamò lui, marciando nella sua direzione. "Mezzosangue!
Ti ho chiesto–
"Che
cosa hai mangiato?" gli chiese Hermione all’improvviso,
voltandosi e
ritrovandoselo molto più vicino di quanto si aspettasse.
Draco
sbattè
le palpebre, confuso. "Che cos–
"Che
cosa hai mangiato in questi giorni?" ripetè. "Da quel che
posso
vedere non hai toccato cibo, se non un po’ di latte e qualche
mela–
"Che
cazzo centra adesso?"
"E’
tutto quello che hai mangiato?" gli chiese Hermione, sentendosi
stranamente preoccupata. "Mele e latte?"
Draco
abbassò lo sguardo per mascherare la sua
perplessità, lanciandole uno sguardo
torvo. Perché era così turbata dalle sue
abitudini alimentari?
"E cereali," mormorò, non sapendo che cosa dire ma sentendo
il
bisogno di difendersi.
"Tutto
qui?" esclamò Hermione con un filo di voce, cosa che non
piacque a Malfoy.
"Malfoy, non puoi sopravvivere con questo genere di dieta–
"Perché
non–
"Stai
diventando anemico," continuò Hermione e
all’improvviso Malfoy fece un
salto indietro, come se si fosse ricordato in quel momento di quanto
fosse
sporco il sangue della Granger. "E probabilmente sei anche a corto di
proteine–
"Di
un
po’, questa noiosissima lezione di biologia ha uno scopo?" la
interruppe
Malfoy, fingendo di osservarsi le unghie.
"Hai
bisogno di mangiare di più," gli disse Hermione, realizzando
ancora una
volta il tono preoccupato nella sua stessa voce. Che sia maledetto, il
suo
instinto a fare sempre del bene per gli altri. "Perché non
hai…
Non
finì la
frase; la verità le era appena saltata addosso ed Hermione
cercò di tenere a
freno la lingua, mentre osservava i lineamenti del biondo che si
crucciavano
ancora più di prima. Ma, a parte il coraggio dei Grifondoro
ecc, lei era una
strega testarda.
"Non
sai cucinare senza magia," sussurrò, con attenzione. "Non
è vero?"
"Fottiti,
Granger."
Quello
era
un sì. Avendo passato otto giorni in sua compagnia, il
cervello di Hermione
aveva già sviluppato un piccolo traduttore per decifrare le
risposte di Malfoy.
Ogni giorno ce n’era una in più da aggiungere, ma
‘fottiti Granger’ era
decisamente la traduzione di ‘sì, ma non lo
ammetterò mai’.
"Perché
non mi hai detto niente?" chiese Hermione cauta, tenendo la testa da un
lato, in un modo che faceva venire voglia a Malfoy di mozzargliela in
un colpo
solo. "Avrei potuto–
"Avresti
potuto cosa, Granger?" la schernì, avanzando di un passo
così da essere
ancora nel suo spazio personale. "Avresti potuto farmi una stupida
faccia
pietosa come quella che hai adesso? Scordatelo–
"Non
avrei lasciato che–
"Non
voglio il tuo aiuto," le disse in un sibilo crudele. "Lasciami
stare–
"Non
posso," mormorò Hermione, con un leggero tono di scusa nella
voce. "Hai
bisogno di mangiare–
"Ti
farebbe comodo avermi lì morente in un angolo!"
ghignò Draco sarcastico,
talmente vicino da poter sentire il fiato della Granger sulle sue
guancie
fredde. "Perché te ne frega qualcosa–
"Me
ne
frega e basta!" sputò fuori lei, cercando di compensare la
sua bassa
statura rispetto a quella di Malfoy con un tono di voce più
alto. "E’ solo
che sono fatta così–
"Fottuti
Grifondoro,” borbottò, allontanandosi da lei e
lanciandole uno sguardo
disgustato. Hermione lo guardò attentamente mentre spariva
nella sua stanza, e
all’improvviso la fredda aria di Ottobre la colpì.
Dentro
la
stanza e lontano dalla maledetta
preoccupazione della Granger, Draco scivolò con la schiena
aderente alla porta,
fino ad inginocchiarsi a terra con le mani che coprivano tutto il viso.
Questa
cosa era definitivamente nuova e sconcertante; lei
che voleva che stesse bene. E le cose erano andate diversamente
quel giorno; era un buco nella routine e lui e lei ci erano
completamente
finiti dentro. Le pareti della camera gli sembrarono un po’
più strette.
Non
gli
importava nemmeno di segnare un punto sul bordo del letto; a quanto
pare oggi
non aveva vinto nessuno dei due.
Draco
rimase
in quella posizione scomoda per un’ora o quattro, ascoltando
i movimenti della
Granger e annusando il suo inevitabile odore che gironzolava
costantemente per
tutto il dormitorio. Sentì la porta principale chiudersi, il
che voleva dire
che se n’era andata. Si alzò quindi in piedi,
pieno di formicolii su tutto il
corpo indolenzito. Aprì la porta e sentì
qualcos’altro arrivare alle sue narici.
Cibo.
E
dall’odore sembrava maledettamente squisito.
Fissò
incredulo la ciotola di stufato che lo aspettava ai suoi piedi.
Ovviamente,
l’aveva cucinato per lui e il suo orgoglio cercò
in tutti i modi di superare i
brontolii del suo stomaco. Ma per Merlino!
L’odore di carne era sublime, e la tentazione era
troppo forte.
Ce
n’era
abbastanza per tre persone e lui lo finì tutto quanto. Era
perfetto.
A
quel
punto, si sentì disorientato. Dopo sette giorni di litigi,
oggi c’erano stati
fin troppi cambiamenti. Non si erano urlati a vicenda
all’infinito come
facevano di solito e poi…poi questa storia del
cibo…
Lei
ti sta
facendo diventare matto.
E
in più non
aveva trovato nient’altro da contare! Merda, merda, merda!
Aveva
un
disperato bisogno di distrarsi, altrimenti sarebbe finito. I suoi occhi
si
posarono sui libri della Granger e decise che ormai era
l’unica opzione. Diavolo,
aveva mangiato del cibo preparato da una Mezzosangue, quanto poteva
infettarsi
ancora se avesse letto uno dei suoi libri?
Scegliendo
un semplice libro nero di Pozioni che probabilmente aveva
già letto, Draco cominciò
a sfogliare le pagine.
"Bene,
signorina Granger!" disse la McGranitt, lanciando un incantesimo alla
giovane strega di fronte a lei. “Mantenga lo scudo!”
Il
sudore le
scendeva dalla fronte e su tutta la schiena, si stava impegnando al
massimo. La
posizione del suo braccio, quello che teneva la bacchetta, stava
cominciando a
farle male da morire, ma mantenne la posizione. Era la prima volta che
teneva
per così tanto tempo un’incantesimo di scudo, e il
suo braccio cominciava a
tremare, più per la frustrazione.
Ancora
pochi
secondi...
La
Preside
lanciò un’altro incantesimo, che riuscì
a penetrare lo scudo di Hermione. Le
colpì il braccio, ed Hermione cadde a terra con un grugnito.
Si prese un secondo per respirare e poi era di nuovo in piedi.
"Ancora,"
ansimò, tornando in posizione.
"Abbiamo
praticato abbastanza per oggi," le disse Minerva, abbassando la
bacchetta.
"Si sta facendo tardi–
"Domani
è Sabato," rispose Hermione. "La prego, ancora uno–
"Devi
imparare a smettere quando sei al punto giusto Hermione," le
consigliò
l’anziana Preside. "Comunque sia, ho delle domande da
porti.”
"A
proposito di cosa?”
"Il
signor Malfoy," rispose lei, come se fosse ovvio. "Pensavo che avessi
molte cose da dirmi su di lui, invece non l’hai nominato
nemmeno una volta. E’
tutto a posto? Mi aspettavo che mi chiedessi di mandarlo via dopo tutti
questi
giorni in sua compagnia."
"Penso
che sono in grado di gestirlo meglio di quanto pensassi," si
spiegò
Hermione, con un’alzata di spalle. "Immagino che sei anni di
pratica a
rispondere ai suoi insulti mi abbiano fatto bene–
"Sapevo
che non mi avresti delusa," le disse la professoressa, offrendole un
raro
sorriso orgoglioso. "Quindi, si sta comportando bene?"
Hermione
non
riuscì a impedire che uno sbuffo sarcastico le uscisse dalla
bocca. "Penso
che sia un po’ esagerato dire che si comporta bene," rispose.
"Ma lo
vedo a malapena, tra le lezioni e i miei allenamenti extra con lei.
Litighiamo
un sacco, ma non è nulla di nuovo e posso gestirlo."
La
Preside
la guardò per un secondo prima di rispondere. "Questi litigi
si sono mai
trasformati in qualcosa di violento?"
"Ha
cercato di prendermi il braccio un paio di volte," cercò di
ricordare
Hermione, con un dito sulle labbra. "Ma io ho la bacchetta, quindi non
mi
preoccupo."
"Bene,"
disse la donna, allungando la mano. "Mi passi la bacchetta, signorina
Granger. E’ un’incantesimo anti–Babbano
che brucia la mano di chiunque tenti di
toccarla o usarla.”
"Ma
Malfoy non è un Babbano!”
"Ne
sono consapevole," disse la McGranitt mentre pronunciava
l’incantesimo, ed
Hermione si fissò a guardare la sua mano diventare verde
intenso per un
momento. "Ma non ha la bacchetta, quindi funziona come se lo fosse.
Dovrò
rinnovare l’incantesimo più o meno ogni dieci
giorni."
"Grazie”
mormorò, mentre la sua bacchetta tornava da lei.
"E
cosa
puoi dirmi del comportamento del signor Malfoy?" continuò la
Preside.
"Ha qualche strano atteggiamento?"
Hermione
inarcò le sopracciglia, pensierosa. "Io…io non
saprei," borbottò.
"Come ho detto, cerco di stargli lontano il più possibile
perciò–
"Bene,
preferirei che tu lo osservassi con più attenzione
d’ora in poi," le disse
la McGranitt, con il suo solito tono cinico.
Hermione
non
capiva. “Perché dovrei–
"Quel
ragazzo è stato costretto a nascondersi per mesi,"
spiegò lentamente la
McGranitt. "Ed ora è stato costretto a rimanere chiuso nella
tua piccola
stanza. La prigionia può essere dannosa Hermione, e immagino
che già a
quest’ora il signor Malfoy sia abbastanza–
"Beh,
è
un problema suo–
"Dubito
che convivere con un instabile Draco Malfoy sia una cosa buona per te,"
rispose
la donna, accompagnando Hermione alla porta.
"E potrebbe farti bene ricordare che lui è stato costretto a fare ciò che
doveva fare l’anno scorso."
La
giovane
strega si morse un labbro, sovrappensiero. Sapeva che non era mai stata
un’idea
di Malfoy quella di uccidere Silente, e sapeva che rischiava la morte
ogni
giorno dopo il suo fallimento. Harry le aveva detto tutto questo, in
qualche
modo pentendosi di tutto quello che aveva sospettato durante
l’anno, però
questo fatto non aveva mai diminuito il loro odio per il Serpeverde.
Però, in
quel preciso momento la professoressa le stava dicendo che, oltre ad
onorare il
sacrificio di Silente e a prepararsi psicologicamente per la Guerra,
lei doveva
anche cercare di capirlo…
Hermione
si
rese conto che, nonostante la certezza dell’ira di Voldemort,
Draco aveva
fallito e non aveva ucciso Silente, e questo l’aveva
completamente rinsavita.
Draco non l’aveva fatto, anche se la sua vita dipendeva da
quel gesto.
Hermione
scosse la testa e si allontanò un poco dalla McGranitt,
mentre scendevano
insieme verso l’uscita dell’ufficio.
No.
Era
irrilevante. Quindi non era un’assassino; però
questo non giustificava tutti
gli altri suoi difetti. Era comunque un bulletto vendicativo e
arrogante.
Ma…
Nonostante
tutto, qualcosa si illuminò nella sua mente. Qualcosa che
somigliava al fascino della curiosità, ed Hermione
cominciò a chiedersi se era
per quello che si era preoccupata di cucinargli un pasto caldo. Non
aveva
ancora veramente capito da dove fosse saltato fuori
quell’atto di gentilezza.
"Professoressa,"
domandò Hermione, insicura su come porre la domanda.
"Perché pensa che
l’abbia fatto?"
Non
aveva
mai visto la professoressa così incerta su cosa dire, ma in
quel momento lo era
più che mai. "Penso che lo sappia solo il signor Malfoy,"
rispose
infine, nel momento stesso in cui raggiunsero la porta. "E
probabilmente
la ragione non è così importante."
"Cosa
intende?"
"Forse
la cosa importante è che non l’abbia fatto. E
dovresti pensarci molto
seriamente."
Hermione
si
morse la lingua. "D’accordo, farò del mio meglio."
"E’
tutto ciò che ti chiedo,” concluse la McGranitt.
"Vuoi che ti accompagni?"
"No
grazie," rifiutò Hermione, avanzando di qualche passo.
"Buonanotte,
Professoressa."
Ci
mise un
po’ di tempo a tornare nel dormitorio, pensando a come
sarebbe potuta riuscire
a controllare il comportamento di Malfoy se tutto ciò che
desiderava era
chiuderlo in uno sgabuzzino e non vederlo mai
più… Più o meno… Il
ragionamento
che aveva fatto su Silente le fece pensare se il livello di odio che
provava
nei confronti di Malfoy fosse giustificato. Avrebbe dovuto pensarci per
bene.
Hermione
quasi si aspettava di incontrare Malfoy che la aspettava; se lo
immaginava già,
pronto a restituirle la ciotola di stufato e a lamentarsi di quel gesto
offensivo per il suo smisurato orgoglio. Sapeva che l’avrebbe
visto come un
insulto al suo essere Purosangue, ma il ragazzo aveva bisogno di
mangiare. Fine
della storia.
Ma
lui non
c’era.
E
la ciotola
era vuota.
L’aveva
davvero mangiato tutto...?
Un
altro
sorriso involontario causato da Malfoy sfrecciò sul suo
viso, ed Hermione sentì
la curiosità montare all’interno del suo petto.
Magari l’immensità dell’odio
che provava nei suoi confronti era davvero ingiustificato. Oppure, era
soltanto
talmente affamato da ridursi a mangiare lo stufato.
Diamine,
era
sempre troppo veloce quando si trattava di vedere il buono nelle
persone.
Fottuto
inferno...
Draco
si
svegliò con un gusto salato sulle labbra e, onestamente, non
sapeva se erano
lacrime o sudore.
Fottuti
incubi.
Il
weekend
era passato abbastanza tranquillamente, ogni giorno con un piatto nuovo
sullo
zerbino da parte della Mezzosangue e con un paio di libri nuovi. Ne
mancavano
soltanto novantanove. Usciva dalla sua stanza solo per andare in bagno
e
ritirare il cibo. Se fosse riuscito a non imbattersi nella Granger,
forse
avrebbe potuto far finta che non fosse lei a cucinare il cibo.
Poteva
fingere, poteva convincersi che non stava accettando quel suo gesto di
gentilezza.
Perché
la
sola idea gli faceva venire voglia di sbattere ripetutamente la testa
contro il
muro finchè non avesse perso conoscenza. Oppure gli faceva
venire voglia di
vomitare, ma non riusciva più ad espellere fluidi.
Specialmente perché si
svegliava sudato tutte le mattine.
Non
sapeva
cosa fosse peggio; che lei perdesse tempo e sforzo per creare il cibo,
oppure
il fatto che si preoccupasse di tenerglielo sempre in caldo, con
un’incantesimo
scaldante. Perché non lasciarlo lì a raffreddare
e basta? Perché sprecare magia
per assicurarsi che lui apprezzasse il cibo? Era tremendamente
umiliante.
Era
Lunedì,
e la Granger era di nuovo nella doccia, il che significava che Draco si
era
svegliato anche troppo presto, se lei non era ancora andata a lezione.
Il fruscìo
dell’acqua corrente danzò nella sua stanza come un
umido sogno. Non aveva
nessuna intenzione di tornare a dormire, di tornare ai suoi incubi.
Erano più
violenti adesso, e stavano iniziando a fargli male fisicamente. Erano
dolorosi;
pulsavano nelle tempie per ore e non riusciva a smettere di tremare una
volta
svegliato.
Lo
stravano
distruggendo…
Uno
dei
gemiti di beatitudine della Granger irruppe nella stanza di Draco, e
poteva
giurare che il mal di testa si fosse affievolito leggermente.
Draco si leccò le labbra secche e aspettò per il
prossimo gemito, solo per
controllare.
Ed
ecco, un
momento dopo, un altro gemito.
Sì,
stava
definitivamente svuotando il suo cervello dal dolore. Stava cominciando
a
chiedersi perché, ma poi se ne fregò.
Invece,
si
alzò dal letto istintivamente, portandosi dietro la coperta
per combattere i
brividi mattutini. Se la avvolse attorno al corpo e si sedette con la
schiena
appoggiata al muro che separava la sua stanza dal bagno. Sicuramente si
sarebbe
odiato in quel preciso momento se non fosse stato per il suo impellente
bisogno
di scacciare via i dolorosi sintomi della tremenda nottata che aveva
appena
passato.
Con
un
minuscolo grugnito, appoggiò l’orecchio alla
parete e si immerse tra i gemiti e
i respiri della Granger sotto la doccia. Un gemito particolarmente
piacevole
gli fece salire i brividi alla spina dorsale. Non si sentiva
così rilassato da
secoli.
L’acqua
corrente e quei suoni deliziosi lo invitarono ad addormentarsi di
nuovo, e
anche se si rendeva conto di quanto fosse piacevole quel momento, non
si era
mai odiato così tanto prima d’ora.
Quando
Draco
si svegliò di nuovo, giudicò l’ora dai
raggi del sole che gli arrivavano
addosso attraverso la minuscola fessura nella finestra. Doveva essere
appena
pomeriggio, quindi si alzò e si infilò i soliti
pantaloni neri e un maglione
nero, accorgendosi che i suoi vestiti avrebbero presto avuto bisogno di
una
lavatina. Grandioso. Un altro favore da chiedere alla Granger.
L’idea
di
mettersi la cravatta Grifondoro attorno al collo stava diventando
sempre più
allettante, man mano che passavano le ore. E non intendeva indossarla
per scopi
modaioli. Come se lui fosse mai capace di indossare qualcosa che
contenesse del
rosso o del maledetto oro.
Draco
ciondolò a vuoto nella stanza principale e trovò
un piatto con insalata e
bistecca che lo aspettava sul lavandino. Ignorò la vocina
orgogliosa nella sua
testa che lo intimava di non toccarlo, e aprì un cassetto
per prendere una
forchetta. Doveva aver aperto quello sbagliato, perché
trovò solo tre piccole
fiale piene di liquido trasparente e alcuni strani tubicini di vetro
con un’ago
alle estremità.
Ma
che
diavolo?
Osservò
gli
strani oggetti per un momento prima di realizzare che dovevano essere
una sorta
di strani oggetti Babbani.
Diede
poi
un’occhiata all’orologio e grugnì quando
si accorse di aver sbagliato l’ora. Non
fece neanche in tempo a pensare a ciò che stava pensando,
che entrò la Granger,
trascinandosi dietro la borsa con un po’ di
difficoltà.
Sembra
diversa...
E
lo
sembrava davvero. Non aveva idea di cosa fosse, ma qualcosa era
definitivamente
cambiato.
Lei
era
l’unica persona che aveva visto in dieci giorni e doveva
ammettere di aver
memorizzato bene i tratti del suo viso, ma in quel momento
c’era qualcosa che
non quadrava. Lei non si era accorta della sua presenza,
così Draco ne
approfittò per scannerizzarla bene con i suoi occhi
argenteii per cercare
l’anello mancante.
Le
stesse
labbra rosate.
Gli
stessi
occhi color miele.
La
stessa
pelle abbronzata.
La
stessa
spruzzata di lentiggini sulla punta del naso.
Sicuramente,
lo stesso nido d’uccello incasinato che lei definiva
‘capelli’.
Stava
ancora
lottando con la sua borsa a tracolla quando chiuse la porta, e dopo un
paio di
secondi, Draco pensò che l’unico cambiamento stava
nel fatto che non la vedeva
da due giorni. Isolare se stesso e il suo cervello nella sua stanza
probabilmente non aveva aiutato, e probababilmente la sua mente gli
stava solo
facendo dei brutti scherzi. Non sarebbe la prima volta.
Hermione
alzò la testa di scatto, e i due ragazzi si trovarono
bloccati in una specie di
duello a chi manteneva lo sguardo più a lungo, cosa che
Malfoy adorava fare
quando era piccolo.
Sì,
definitivamente gli stessi occhi dorati.
Le
ci
vollero sei secondi di respiro affannato prima che riuscisse a muoversi
di
nuovo.
"Non
sono dell’umore per litigare oggi, Malfoy,"
borbottò, buttandosi
stancamente sul divano. "Quindi se mi fai il favore di–
"Fottiti,
Granger," la interruppe lui, notando quanto fosse rauca la sua voce
dopo
due giorni di totale silenzio. "Ho cose migliori da fare che perdere il
mio tempo con te.”
Hermione
davvero non sapeva da dove le fosse venuta la forza di rispondere. "Oh
davvero? E, se posso chiederlo, di cosa si tratta?
Cos’è, giochi a nascondino
nella tua stanza?”
"Pensi
che mi nasconda da te?" sbuffò Draco, dimenticandosi per
un’attimo del
cibo. "Non farmi ridere, Granger. Certo che preferisco stare chiuso
nella
mia stanza piuttosto che vedere la tua faccia–
"E
esattamente cosa fai nella stanza tutto il giorno, Malfoy?" chiese
Hermione, mascherando la sua curiosità con tono derisorio.
"Ho notato che
un paio dei miei libri non sono più sullo
scaffale.”
Merda...
Non
voleva
che si accorgesse che aveva preso i suoi libri. Poteva sentire la
vocina
orgogliosa che gli dava dello stupido idiota in quel preciso momento.
"E’
un
problema per te se leggo, Granger?" le chiese con nonchalance, sapendo
che
sarebbe stato inutile negare visto che in quella stanza erano solo in
due.
Hermione
si
fermò a pensare per un’attimo, rendendosi conto
che non le importava se lui
leggeva o no i suoi libri. Finchè non le fossero serviti per
qualcosa, andava
bene. La tentazione di rispondere male e di cominciare un nuovo litigio
le
pizzicava nella mente, ma a cosa sarebbe servito?
"No,
va
bene," mormorò, perdendosi per un secondo
l’espressione sbigottita del
biondo. "Avrei preferito che tu me lo chiedessi, però."
Draco
non
aveva idea di che cosa rispondere. La prospettiva di chiederle
addirittura
qualcosa era ripugnante, e sentì il ribrezzo fino in fondo
alla gola. No, non
l’avrebbe fatto in nessun caso, in questa vita o nella
prossima. Se insisteva
nel volergli cucinare il cibo, allora erano affari suoi, ma chiederle
un favore, era qualcosa che nemmeno
il suo
orgoglio ( che negli ultimi giorni si era notevolmente sminuito) gli
avrebbe
permesso.
"Magari
tu sei abituata alle buone maniere di Potter e di Weasley,"
sibilò lui,
cercando di mascherare la mancanza di convinzione nel suo tono di voce.
"Ma
ti posso assicurare che io non ti chiederei mai
nessuna cosa al mondo."
Hermione
si
limitò a sospirare, rassegnata. "Va bene,"
commentò. "Come
pensavo. Ti piace la mia cucina?"
Non
se l’era
aspettato, e le sopracciglia gli si alzarono fino
all’attaccatura dei capelli.
"Cosa?"
"La
mia
cucina," ripetè Hermione, un po’ più
timidamente di prima. "E’
okay?"
Un
leggero
spasmo gutturale in fondo alla gola lo colpì, e Draco
sentì il bisogno di dire
qualcosa per evitare di tossire.
"E’…è…soddisfacente," disse,
pentendosene subito. Specialmente quando un piccolo sorriso
scappò dalla bocca
della Granger. Era il primo sorriso che vedeva da quando viveva
lì ed era una
visuale terribilmente fastidiosa. Però, le donava.
"Bene,"
assentì lei, e il bisogno di cambiare discorso fece tornare
il mal di testa a
Draco.
"Granger,"
disse, gettando un’occhio al cassetto che aveva aperto poco
prima. "Cosa
sono quegli oggetti nel comodino?"
"Quali?"
chiese Hermione, alzandosi per avvicinarsi a Malfoy. Si rese conto che
era la
prima volta che stavano così vicini senza urlarsi a vicenda,
e si sentì molto
in imbarazzo quando i loro gomiti si sfiorarono inavvertitamente. Si
allontanò
e aprì il cassetto, capendo a quali cose si stesse
riferendo. "Oh queste?
Sono le mie siringhe per l’allergia."
"Siringhe?"
ripetè, allontanandosi di un passo. Troppo vicino alla
Mezzosangue...
"Sono
allergica alle punture d’ape," spiegò paziente
Hermione, mostrandogliene
una. "Se vengo punta, devo inserire nel mio corpo l’antidoto
con questa
siringa. Devo pungere proprio sulla coscia per far fluire la
medicina–
"Non
c’è un’incantesimo per farlo?"
domandò Draco.
"Può
darsi," Hermione si strinse nelle spalle. "Ma sono abituata a curarmi
così."
Il
suo
sguardo scettico si spostò da lei alla siringa.
"E’ fottutamente
disgustoso," sputò fuori, alla fine, prendendo il piatto e
la forchetta e
dirigendosi verso la sua stanza. "Stupidi Babbani."
Hermione
alzò gli occhi al cielo dopo il commento di Malfoy, ma allo
stesso tempo era
felice che fossero riusciti ad evitare un litigio. Era la prima volta
da
giorni. Forse le cose stavano per migliorare.
La
mattina
seguente, Draco si svegliò prestissimo e, ancora una volta,
si ritrovò
raggomitolato nella coperta, appoggiato alla parete adiacente al bagno.
Stavolta
non
aveva neanche provato a resistere a quei suoni piacevoli. Tanto nessuno
l’avrebbe
mai visto, mentre ascoltava i mormorii e i sospiri mattutini della
Granger. Era
solo…così rilassante, così strano.
Era
l’antidoto
più efficace per combattere i suoi incubi. Il profumo di
ciliegia aleggiava
nella stanza come sempre…ma non era poi così
male. Sembrava uno di quei rimedi
con le Erbe che la Sprite aveva dato per compito l’anno
precedente.
E
poteva
giurare, nel momento stesso in cui si alzava per ascoltare, che le
pareti si
erano allargate. Magari solo di due centimetri…ma la stanza
era definitivamente
aumentata di volume.
A/N:
Ciao
ragazze, volevo
dirvi che vi ringrazio per le recensioni! Sono davvero felice che la
storia vi
piaccia ;) Spero di riuscire a trasmettere bene le emozioni attraverso
la
traduzione… Volevo farvi sapere che tutte le recensioni le
mando all’autrice e
lei è molto contenta! Per quanto riguarda la
parterrrrromantica….pazientate e
vedrete che nel prossimo capitolo qualcosa succederà ;)))
Ciao, Alice!
|
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Capitolo 6 *** Piastrelle. ***
Chapter
6: Piastrelle.
Era
un
Giovedì. O forse un Venerdì. Draco non ne era
sicuro.
Il
tempo si
stava lentamente trasformando in un irrilevante ammasso di ore
dimenticate e di
giorni passati senza accorgersene, e i buchi vuoti causati
dall’assenza della
Granger, non rendevano di certo la cosa più sopportabile.
Non aveva idea di
dove andasse quando usciva tutti i pomeriggi, ma era pronto a
scommettere che
si trattasse della Biblioteca o della sala comune dei Grifondoro. Dove
altro avrebbe
potuto andare? A parte i privilegi conferiti ai Caposcuola, Draco
dubitava che
lei fosse talmente stupida da girovagare disarmata per i corridoi senza
uno
scopo preciso.
Dovunque
andasse, sarebbe sempre ritornata prima delle tre del pomeriggio,
perciò Draco
aveva smesso di dormire a quell’ora. I movimenti della
Mezzosangue lo
svegliavano sempre, perciò si era arreso e rimaneva sempre
sveglio ad aspettare
che tornasse per poter ricominciare a dormire.
Comunque,
si
ritrovava sempre ad aspettare il momento della doccia mattutina.
Aveva
provato a resistere quella mattina, sapendo che il suo comportamento
era
completamente sconsiderato e quasi malato, ma i suoi mal di testa non
facevano
che peggiorare. Quei gemiti erano come una droga, una droga molto
efficente. Bastavano
solo pochi minuti passati ad ascoltare, che i suoi dolori diminuivano
notevolmente.
Alla
fine si
era arreso, ed ecco dove si metteva ogni mattina; spiaccicato contro la
parete,
a sacrificare la sua dignità per un po’ di
sollievo. Merlino solo sapeva quanto
ci aveva provato a smettere, ma non ci riusciva.
Era
un
tossico, e si faceva schifo da solo.
Si
alzò in
piedi e sentì la doccia spegnersi, facendogli venire una
voglia pazzesca di
urlare contro la Mezzosangue finchè non le sanguinassero le
orecchie. La
Granger era l’unica cosa in quella stanza in grado di provare
emozioni, di
vivere; poteva cambiare, respirare, e il suo cuore batteva, al
contrario del
comodino, del divano o della tazza del water. Aveva continuato a fare
la
gentile con lui per cinque giorni, e a Draco mancavano le litigate, le
sue
guancie che si arrossavano e le cose che lanciava quando era
arrabbiata.
Aspettava disperatamente il giorno in cui sarebbe riuscito a farle
montare la
rabbia alle stelle, era l’unica cosa da poter osservare ed
era sempre uno
spettacolo particolarmente divertente. Aveva bisogno
di sapere che poteva rendere di nuovo orgoglioso Salazar e
perseguitare la Mezzosangue come si deve.
Lui
sentiva
di capirla meglio quando era arrabbiata e agitata. Ormai, stava
diventando
troppo abituato alla sua versione nella doccia.
Si
infilò un
maglione nero e scivolò fuori dalla sua stanza senza fare il
minimo rumore, fermandosi
davanti alla porta del bagno, a fissare intensamente la maniglia.
Poteva
sentire lei che camminava a piedi scalzi sulle piastrelle del bagno, e
Draco
cercò di pensare in fretta ad un’argomento di
conversazione valido per riuscire
a farla arrabbiare.
Oh,
al
diavolo! Improvviserò...
La
maniglia
si piegò sotto la sua mano e Draco cominciò a
sentire l’adrenalina che fluiva
dal suo braccio, adrenalina che gli pompava in gola, con la promessa di
un’imminente buon litigio. La porta si aprì e lui
si scaraventò dentro prima
che lei potesse uscire, intrappolandola di proposito. Hermione lo
fissava
shockata. Scivolò sulle piastrelle lisce e perse
l’equilibrio. Istintivamente,
Draco si sporse e cercò di prenderla in tempo. Era solo un
riflesso istantaneo.
Niente di più. Ma non aveva preso in considerazione il
pavimento bagnato, e in
un secondo si ritrovarono stesi a terra in mezzo ad una pozza
d’acqua,
sputacchiando in direzioni opposte. Draco sbattè la testa
nello spigolo della
porta ed Hermione per un pelo non sbatteva la sua nel lavandino.
"Che
stai facendo, Malfoy?" ansimò Hermione. "Mi hai spaventata a
morte–
"Per
la
miseria," borbottò Draco, respirando a denti stretti.
"Puttana
maldestra–
"Sei
tu
che mi hai afferrato!" protestò Hermione, assicurandosi di
essere
abbastanza coperta con l’asciugamano. "Per Merlino, che
cavolo ti è preso–
"Tu
mi
hai svegliato!" mentì, accorgendosi solo in quel momento del
sangue che
colava dalle sue dita. "E che cazzo Granger, sei sempre così
suscettibile?"
"Beh,
di solito non vengo attaccata a sorpresa quando esco dalla doccia,"
rispose
Hermione, cercando invano di rimettersi in piedi. "Qual è il
tuo
problema?!”
Tu...
Improvvisamente,
si rese conto di quanto fosse forte il suo profumo in quella stanza;
fresco e
denso in mezzo al vapore. Non riuscì ad evitarlo e
inspirò profondamente,
sperando che lei fraintendesse quel gesto, pensando che stesse solo
cercando di
controllare la sua rabbia. Ma cazzo,
era una cosa da spavento, lo stava intossicando. Il profumo si
arrotolava sulla
sua lingua e Draco poteva quasi assaggiarla, ma il tanfo alla ciliegia
gli
ricordò a chi apparteneva.
Grugnì.
“Non
ho affatto un problema–
“Allora
perché diavolo mi hai afferrata?” gli
domandò Hermione, furente. “Per Merlino,
sei davvero un’idiota–
"E’ colpa tua!"
rispose lui con
forza, anche se non doveva incutere molto timore lì per
terra, tutto bagnato e sanguinante.
"Sei tu quella che è caduta–
"Perché
mi hai spaventata!" ripetè, abbandonandosi al suo istinto
infantile e
spruzzandogli dell’acqua addosso. In qualche modo
riuscì a beccarlo dritto in
faccia, e non riuscì a smettere di ridacchiare quando vide
le goccioline che
scendevano dalla naso di Malfoy.
"Voi
Grifondoro siete così maturi," disse lui, con perfetto
sarcasmo. "E’
davvero patetico–
"Oh,
smettila," rispose lei, rimettendosi faticosamente in piedi. Con le
gambe
che le tremolavano, lanciò uno sguardò incavolato
a Malfoy e tentò di uscire
dal bagno, ma la sua anca venne afferrata da cinque dita sottili. Si
scaraventò
ancora una volta sul pavimento, e finì a terra in una strana
posizione che la
fece arrossire per la vergogna.
Dolorosamente,
si rimise a sedere, fissando Malfoy che ridacchiava sotto i baffi. "E
questo tu lo chiami essere maturi?" sibilò Hermione.
"Non
me
ne frega un cazzo," ghignò, ma la sua espressione arrogante
si disintegrò
a contatto con un altro spruzzo lanciato dalla Granger.
A
quel punto
toccò a lei ridacchiare, troppo persa in quella situazione
surreale per
resistere. Hermione non riusciva a ricordare come fosse iniziata precisamente quella battaglia
d’acqua,
ma sicuramente era uno spettacolo inusuale. Draco rimaneva
fermò con le
sopracciglia aggrottate ad assorbire la vista della Granger con quel
sorrisetto
soddisfatto, e anche se le donava, era abbastanza strano. Era come se
lei fosse
inciampata in uno dei suoi segreti e stesse solo aspettando il momento
giusto
per rinfacciargli ciò che sapeva. Draco decise che questa
faccenda era andata
avanti anche troppo.
“Smettila
di
essere così infantile–
"Stai
sanguinando," lo interruppe Hermione, e il suo broncio
s’indurì quando la
vide avvicinarsi a lui. "Proprio lì, dietro
all’orecchio–
"E
quindi?" rispose lui, stando sulla difensiva, mentre lei si avvicinava.
"Che cavolo stai fac–
"Fammi
solo dare un’occhiata," sussurrò Hermione,
accovacciandosi al suo fianco. Il
suo fiato era tiepido e piacevole a contatto con il suo orecchio ma
Draco
cercava di non pensarci più del necessario. "Stai fermo," le
ordinò
lei, prendendo la bacchetta dal pavimento. "Fammi curare questa botta.
Non
voglio che sanguini per tutto il mio dormitorio.”
Draco
rispose con una smorfia, ma rimase fermo mentre sentì un
piacevole pizzicorio
sul collo causato dalla magia; oppure era il suo fiato, non ne aveva
idea. Comunque
sia, la sensazione era piacevole, ed era passata
un’eternità da quando non
sentiva la meravigliosa sensazione della magia a contatto col suo
corpo. Anche
la delicatezza di due mani femminili che si posavano sul suo collo era
qualcosa
che non sentiva da un’eternità; innocente e
delicato. Le sue palpebre si
abbassarono lievemente e Draco inspirò a fondo per riempirsi
un’altra volta di
quel potente aroma. Per concludere il quadretto, mancavano solo i
gemiti
mattutini della Granger e i suoi sensi avrebbero smesso di esistere,
tanto
erano concentrati e combinati insieme.
"Ecco
fatto," disse Hermione, allontanandosi per vedere meglio il suo lavoro.
"Va un po’ meglio. Come ti senti?"
Il
suo
istinto Serpeverde partì a razzo come un meccanismo di
difesa istantaneo, avvisandolo
che era troppo vicina. La Granger lo stava facendo di nuovo, stava
giocando con
la sua mente con i suoi spicchi di gentilezza e Draco si rifiutava di
credere
che non avesse un secondo fine. Nessuno poteva essere capace di
comportarsi in
quel modo con lui; e non si tratta di paranoia se sei in territorio
nemico.
"Stammi
lontano," disse Draco, spingendola via. "Ti ho detto di non
toccarmi–
"Ma
stavo solo–
"Ho
detto di non toccarmi, cazzo!"
abbaiò,
alzandosi in piedi. La fissò con furia, pronto a sputare
fuori le cose che
aveva pensato di dirle, ma la sua voce si bloccò in fondo
alla gola. L’accapatoio
di lei si era leggermente arricciato su per le coscie, mentre sulla
spalla le
era caduto di lato, rivelando la pelle rosea e ricoperta di una
spruzzata di
lentiggini che somigliavano pericolosamente a del delizioso cioccolato
grattugiato. I riccioli ancora umidi erano attaccati al collo bagnato e
ogni
centimetro del suo corpo era ricoperto da un velo di vapore roseo. Era
completamente diversa nel tepore di quel piccolo bagno; più
viva eppure così
ridicolosamente innocente vestita con un’accappatoio di due
misure più grande. Era…in
qualche modo…piacevole.
"Vaffanculo,"
borbottò Draco tra sé e sé, voltandosi
e uscendo dal bagno, lasciandosi alle
spalle una strega alquanto confusa.
Hemione
sgranò gli occhi, non appena l’ultimo millimetro
dell’ombra di Malfoy svanì
dietro l’angolo della porta, abbandonandola lì,
sul pavimento freddo. Il suo
cervello stava cercando di capire cosa fosse successo esattamente.
Il comportamento di Malfoy era diventato sempre meno
aggressivo ogni giorno che passava, ed era la prova che i consigli di
una madre
valgono spesso la pena. Sicuramente, il comportarsi in modo civile
aveva
funzionato. Adesso lui era soltanto scocciato e provocatorio, ma
Hermione non
riusciva a decidere se era perché stava perdendo la voglia
di combattere,
oppure se si stava finalmente adeguando al suo metodo.
Sperava
che
fosse la seconda opzione.
Hermione
finì per sorridere sotto i baffi almeno tre volte quel
giorno, ripensando a
quel pomposo di Malfoy, sempre aggraziato e composto, mentre capitolava
sul
pavimento del suo bagno tutto inzaccherato. Nonostante lei rispettasse
molto le
lezioni del professor Lumacorno, aveva già imparato a
preparare la pozione
dilatante, perciò lasciò che la sua attenzione
vagasse altrove quella mattina,
durante la lezione.
Ciò che era successo poco prima le fece capire che il suo
coinquilino non era
neanche lontanamente minaccioso come pensava all’inizio, e
non riuscì ad
evitare di pensare che questa trasformazione fosse abbastanza
intrigante.
Certo,
era
ancora un’idiota di proporzioni astronomiche, ma almeno il
suo temperamento
stava iniziando a vacillare. Quasi non la notavi più, tutta
quella rabbia…
L’ira e il fuoco che divampavano durante i loro litigi
stavano scomparendo, ed
Hermione cominciò a pensare che lui stesse continuando a
trovare qualcosa su
cui discutere solo perché si annoiava; era un modo per
movimentare la routine.
Magari era troppo ottimista, ma quel che era certo è che il
sorrisetto che
aveva fatto dopo la battaglia d’acqua, era un buon segno.
"Sembri
più rilassata oggi," commentò Neville, facendo
saltare Hermione sulla
sedia. “Ci sono buone notizie?”
"No,"
Hermione scosse la testa, sentendosi leggermente in colpa. "Ho solo
dormito un po’ meglio. Harry dovrebbe mandarmi una lettera
tra poco. Ti farò
sapere quando arriverà.”
"Grazie,"
sorrise Neville.
Hermione
lo
guardò con affetto mentre si allontanava per tornare al suo
banco. Era l’ultima
lezione della giornata e al sentir nominare Harry e Ron, Hermione si
sentì più
determinata a completare la lettura di un manuale di incantesimi molto
importante per la loro ricerca sugli Horcrux. Non appena Lumacorno
annunciò che
la lezione era finita, Hermione salutò velocemente Neville
con la mano e partì
a razzo fuori dalla porta, pronta per andare in Biblioteca. Ma un volto
familiare le si parò di fronte in corridoio ed Hermione si
fermò, osservando
con preoccupazione il volto ansioso della Preside.
“Signorina
Granger–
“I
ragazzi,”
sussurrò Hermione, con gli occhi fuori dalle orbite.
“Harry e Ron stanno–
"Il
signor Potter e il signor Weasley stanno bene," la rassicurò
la
professoressa.
Il
petto di
Hermione si sgonfiò con un sospiro di sollievo. "Ho comunque
delle brutte
notizie.”
Hermione notò che la faccia della anziana Preside somigliava
molto al giorno in
cui si tenne il funerale di Silente. Si avvicinò a lei
nervosamente, cercando
di contrastare la baraonda di studenti che stava passando da quelle
parti
proprio in quel momento.
“Di
cosa si
tratta? Stanno tutti bene o–?” le chiese Hermione.
“Penso
sia
meglio discuterne nel mio ufficio.”
Draco
era
seduto sul bancone della cucina, mentre picchiettava il suo dito indice
sulla
superficie, a ritmo con i rintocchi dell’orologio.
La
lancetta
dei minuti era appena arrivata alle ore sei e dieci del pomeriggio, e
Draco
rimase a fissare l’orologio con sguardo sospettoso.
Sicuramente, gli ingranaggi
erano rotti, anche se con gli orologi magici questo genere di danno non
accadeva praticamente mai. Beh, era comunque una spiegazione
più comprensibile
del fatto che la Granger fosse in ritardo. Draco aveva finito la
minestra di verdure
che lei gli aveva lasciato già da un’ora ormai,
anticipando il suo ritorno come
aveva pianificato, per poterla incontrare e mettere in chiaro la
situazione
dopo gli eventi della mattinata.
Ancora
non
riusciva a credere che si fosse comportata in quel modo, come una
specie di
bambina idiota che traeva divertimento da stupidi giochi come gli
spruzzi
d’acqua. Era forse un segno che stesse cominciando a
rilassarsi in sua
presenza, talmente tando da comportarsi in modo così
cretino? Beh, se era
davvero così, la situazione andava ripristinata. Conoscendo
i Grifondoro e la
loro assurda mania di fare amicizia in ogni situazione, questo
l’avrebbe
portata sicuramente a comportarsi in modo ancora più civile
nei suoi confronti.
Lei era soltanto una Mezzosangue e, imprigionato o meno, lui era
superiore. La
Granger doveva tenerlo a mente.
Doveva
avere
ben presente che lei era sotto di lui. In senso figurato, ovviamente.
Il
piano era
dunque quello di farle un bel discorsetto, ma lei era in ritardo di
più di
un’ora. Se Draco fosse stato costretto a pensare ad un solo
lato positivo della
Granger, a parte la sua intelligenza sovrumana, avrebbe scelto la sua
puntualità. Lui odiava le persone che erano sempre in
ritardo e ancora di più,
quelle disorganizzate.
Perciò…dove
diavolo era finita?
Il
dormitorio cominciava a sembrare... soffocante data la sua assenza e
Draco si
ritrovò a domandarsi se questo genere di pensieri fosse
dettato dalla paranoia.
L’aria si inumidiva sempre di più e il profumo
della Granger stava cominciando
a scomparire. Per qualche ragione che non aveva alcuna intenzione di
domandarsi, quel fatto non gli piaceva. Per un’attimo
pensò di andarsi a fare
una doccia per combattere l’ansia crescente nel suo petto, ma
ad un tratto, la
porta si aprì.
"Dove
cazzo sei stata?" domandò, saltando giù dal
bancone dopo neanche mezzo
secondo. Lei non lo guardò nemmeno. "Hey, Granger! Sto
parlando con te!”
Ancora
niente. Un grugnito di disapprovazione eccheggiò nella
stanza, quando Draco
notò la posizione incurvata delle spalle della Granger. I
capelli le coprivano
quasi tutta la faccia e Draco si sforzò per trovare una
posizione che riuscisse
a fargli vedere per bene cos’avesse la Granger, accorgendosi
solo a quel punto
che stava tremando. Inconsciamente, indietreggiò di un passo
quando sentì un
suono uscire dalla sua bocca; non era proprio un singhiozzo, ma ci
andava
vicino.
Rimase
fermo
un paio di secondi e poi si bloccò, alla vista di due lucide
strisce liquide
che scivolavano dalle sue guance. Lacrime. Questo non se
l’era aspettato.
Sbattè
le
palpepre per cercare di rimanere lucido. Ecco che ci risiamo; stava
lì di nuovo
ad esitare come un coglione qualsiasi senza spina dorsale.
Si ricordò il tempo in cui vedere la Mezzosangue che
piangeva gli avrebbe fatto
solo tremendamente piacere, e stava cercando in tutti i modi di
mantenere
quello stato d’animo. Aveva bisogno
di sentirsi così, altrimenti l’alternativa era di
sentirsi completamente perso.
"Ti
ho
fatto una domanda, Granger," continuò, tagliente.
"Perché diavolo sei
in ritardo–
"Non
è
il momento adesso," borbottò Hermione da dietro la sua massa
di capelli.
"Non–
"Non
mi
interessa se il momento non è appropriato per te,"
andò avanti Draco,
bloccandola quando Hermione cercò di oltrepassarlo. "Ti ho
fatto una
domanda–
"Malfoy,
smettila," rispose lei, girandosi dalla parte opposta così
che Draco non
la vedesse in faccia. “Fammi passare–
"Perché
queste lacrime, Granger?" chiese, scegliendo di essere un po’
più stronzo
del previsto, per sortire una qualche reazione. "Weasley si scopa
ancora
la Brown?”
"Lasciami
sola," singhiozzò Hermione. “Ti
prego, Malfoy, lasciami stare e basta–
"No,"
ghignò lui, anche se quel ‘ti
prego’
l’aveva leggermente spiazzato. "Perché stai
piangendo? Hai un’aspetto
penoso–
"Malfoy–
"Rispondimi!"
"NO!"
urlò Hermione, alzando di colpo la testa. "Lasciami in pace!"
Le
labbra di
lui si incrinarono quando vide i suoi lineamenti; le guance rosee erano
impregnate di lacrime e i suoi occhi erano gonfi ed ancora
più grandi del
solito. Lo sguardo però era debole e distante,
perciò Draco si concentrò per
un’attimo sulle labbra; semi–aperte e con un
leggero morso sul labbro inferiore.
Era strano vederla così. Era conosciuta a tutti per essere
un membro del Trio
d’Oro, la Leonessa o come diavolo la chiamavano. Invece ora
era così debole,
così vulnerabile.
Avrebbe
dovuto esserne felice. Avrebbe dovuto sentirsi vittorioso e questa
avrebbe
dovuto essere l’opportunità perfetta per farsi
beffe di lei. Ma non fù così. Al
contrario, trovò quella scena…spiazzante.
Hermione
approfittò
del suo silenzio per sgusciare alla larga da lui, evidentemente
convinta di
riuscire a chiudersi nella stanza a piangere in santa pace. Ma lui non
si era
ancora arreso. Non aveva idea del perché lo volesse; per
vedere se riusciva a
trarne conforto o se era soltanto semplice curiosità. Il
fatto era che la
conversazione non era affatto finita.
"Non
ho
finito con te!" urlò Draco, marciando verso la porta per
bloccarle
l’ingresso. "Ho detto che non–
"Beh,
Io invece ho finito!" rispose lei,
inciampando con la voce nell’ennesimo singhiozzo.
"Perché diavolo non puoi
lasciarmi da sola e basta?!”
"Mi
piace vederti implorare," le rispose calmo. Con crudeltà.
"Rispondi
alla mia domanda–
"Non
te
lo dirò ancora una volta, Malfoy," lo minacciò
lei, anche se, nello stato
in cui si trovava in quel momento, non faceva paura nemmeno ad un
gattino.
"Muoviti o ti faccio muovere io–
"Fallo
allora," la sfidò, prendendole il polso prima che potesse
infilarselo
nella tasca dei pantaloni ed estrarre la bacchetta. "Non sei
così
fottutamente locquace senza la tua bacchetta vero?”
"L–lasciami
andare," gemette lei, cercando invano di afferrare la bacchetta con
l’altra mano. “Non puoi usare la mia bacchetta
Malfoy. E’ in–incantata per non
funzionare con te–
“Lo
immaginavo,” bisbigliò, girando il braccio di
Hermione contro il muro. “Adesso,
dimmi! Perché diavolo stai piangendo?”
Si
era
dimenticato l’altra mano libera. Errore stupido in
realtà, considerando il
passato che c’era tra la sua faccia e il suo pugno. Hermione
colpì velocemente
alla cieca, riuscendo a prendere in pieno la sua mascella; non troppo
forte, ma
abbastanza da farlo indietreggiare e da fargli mollare la presa. Prese
la
bacchetta e lo colpì, con un’incantesimo che lo
scaraventò nel bagno, facendolo
atterrare con un forte colpo che eccheggiò nelle pareti.
Draco ansimò per
riprendere il fiato scomparso, senza neanche badare al dolore che aveva
inflitto alle sue costole. Stava fissando la Mezzosangue.
La
trovò che
aspettava sulla soglia del bagno; la sua rabbia era solo nascosta un
po’
dall’innondazione di lacrime sul suo viso. Tremava
più violentemente e
respirava come una furia. Draco era un po’ disorientato dal
suo incantesimo e
diede la colpa a quello per il pensiero che gli balenò in
testa: la Granger non
le era mai sembrata più viva
di così.
"Te
l’ho detto di lasciarmi in pace!" urlò e Draco
potè capire che in quel
momento erano le sue emozioni a parlare, e non la solità
razionalità. “Stupido
bastardo!”
Draco
sapeva
che l’aveva spinta troppo in là. Guardatela, non
riusciva a contenere la
rabbia, il suo sguardo era acceso e potente, pieno di energia. Le
mancava tanto
così per esplodere, e per un momento Draco pensò
che per il suo bene era meglio
allontanare da lei quella bacchetta. Ma in quei giorni il suo
comportamento nei
confronti della Granger si era addolcito un po’ troppo, e il
suo istinto
Serpeverde ci mise un’attimo a far salire alla sua gola
quell’insulto ormai
così familiare.
"Fottuta
sporca Mezzosangue."
Qualcosa
scattò dentro di lei. Poteva giurare di averlo visto lui
stesso; qualcosa di
folle e terrificante. Cercò di ignorarlo ma quello sguardo
lo spaventava,
doveva ammetterlo.
“Mezzosangue,”
rispose lei, in un sussurro quasi inudibile, alzando leggermente la
bacchetta.
Draco
lasciò
uscire un grugnito disgustato mentre Hermione si taglio la mano con la
punta
della bacchetta, trascinandola sulla pelle per creare un grosso taglio,
lucente
e scarlatto. A quel punto si avvicinò a lui sulla porta del
bagno, mettendo in
avanti il braccio e mostrando la ferita fresca. Draco
osservò rapito la goccia
di sangue che scendeva dal suo dito, mentre due gocce simili a due
rubini
caddero sulla liscia superficie bianca.
"Pensi
che questo sia sporco?" domandò Hermione, con un tono di
voce assente e
spaventoso, abbassandosi così da essere al suo livello.
"Pensi che il mio
sangue sia disgustoso?”
"Granger-
"LO
PENSI?" urlò lei, avvicinando la sua mano.
"Che
diavolo stai facendo?" domandò Draco, con una nota di panico
nella voce.
"Granger, che cazzo?"
Velocemente,
Hermione segnò con la bacchetta un taglio profondo sulla
mano di Draco e lui,
data una combinazione di shock e di riflessi offuscati, non
riuscì ad evitarlo.
La ragazza unì i loro palmi, appiccicosi e sanguinanti.
"Ecco,"
disse Hermione, tenendo fermamente la presa sulle loro mani unite. "Ora
anche il tuo sangue è sporco!"
La
forza
tornò ad impossessarsi del suo corpo a quella vista, e Draco
scansò bruscamente
la mano della Granger lontano dalla sua. Lontano da lui.
Lei cadde sul pavimento, come era successo proprio quella mattina ma
lui era
troppo impegnato a fissare il miscuglio di sangue sul suo braccio per
notare
l’ironia della situazione.
La
cosa
peggiore era che non riusciva a distinguere il suo sangue da quello di
lei. Avevano
la stessa tonalità…non aveva idea di cosa
significasse.
Il
suo
sguardo selvaggio e sconvolto si posò lentamente sul volto
di Hermione,
trovandola ancora a terra mentre lo fissava con
un’espressione altrettanto
sconvolta. La rabbia incontrollabile che aveva dominato i suoi occhi
poco
prima, aveva lasciato spazio all’innocenza di sempre.
Entrambi respiravano
affannosamente, e per un po’ non si sentì alcun
suono se non quello dei loro
battiti del cuore, che andavano all’impazzata.
Draco cerco di riprendere il controllo della situazione. Sentiva
un’infinità di
emozioni diverse che spingevano dentro di lui; rabbia, mortificazione,
confusione…ma era troppo da assorbire. Quindi
l’unica cosa che riuscì a fare fu
rimanere seduto, bloccato in quell’angolino del bagno, a
fissare la Granger con
il petto che si alzava e abbassava.
La
scena era
stranamente simile a quella mattina, ma le differenze erano molte e
significanti. Non c’erano giocosi schizzi d’acqua
stavolta; soltanto loro e il
sangue. Poteva sentire il forte odore metallico che invadeva le sue
narici e
all’improvviso sentì la mancanza del profumo della
Granger.
“Oh
mio
Dio,” sussurrò Hermione, inginocchiandosi a terra
con movimenti deboli e
affaticati. “Oh mio Dio,Malfoy…Mi dispiace
così tanto–
“Non
ti
avvicinare a me,” grugnì, spingendosi ancora di
più verso la parete quando la
vide avvicinarsi. “Non provare a toccarmi! Sei
pazza!”
“Non
posso
credere di averlo fatto,” mormorò Hermione,
ricominciando a piangere. “Aspetta,
fammi vedere–
"Che
cosa hai fatto?" esclamò Draco, dando un’ultima
occhiata alla sua ferita
prima di alzarsi in piedi. "CHE CAZZO HAI FATTO?"
"Non
lo
so!" si scusò Hermione, mentre Draco si allontanava a grandi
passi da lei.
"Dove stai andando?"
"Alla
larga da te!" rispose, fermandosi davanti alla porta per lanciarle
un’ultimo sguardo. "Non ti avvicinare neanche di un
millimetro–
"Malfoy,
per favore!" rispose Hermione, ma lui era già sparito.
"Fammi
spiegare!"
La
risposta
che ricevette fu una porta sbattuta in faccia. Hermione tremava
violentemente
mentre cercava di non ricominciare a piangere. Si
raggomitolò ai piedi della
porta, soffocando i suoi singhiozzi all’interno delle sue
braccia incrociate. Lasciò
uscire tutte le lacrime che aveva in corpo, finchè non le
bruciarono gli occhi.
Dall’altro
lato del muro, Draco sedeva sul letto, ascoltando ogni singolo
singhiozzo
soffocato della Granger. Maledetto Merlino, gli mancavano da morire i suoi suoni rilassanti
delle docce mattutine.
Esaminò la sua mano sporca di sangue, per cercare una
qualsiasi indicazione che
dimostrasse che il suo sangue era diverso dal suo…ma niente.
La stessa
tonalità, lo stesso odore, la stessa consistenza. Era tutto
uguale.
Non
avrei
dovuto provocarla...
Chiuse
gli
occhi, domandandosi da dove diavolo saltasse fuori quel senso di colpa.
Avrebbe
dovuto insistere per farle pagare ciò che gli aveva fatto al
braccio, ma
l’unica cosa che riusciva a fare era domandarsi
perché stesse piangendo quando
è entrata. Voleva uscire di lì, chiederglielo una
volta per tutte e
disprezzarla per il fatto che fosse triste e odiarla per ciò
che aveva fatto.
Ma
non ci
riusciva.
Lui
non la
odiava.
Hermione
non
aveva idea di quanto tempo ci avesse messo per smettere di piangere, ma
quasi
sicuramente erano passate almeno tre ore. Tutti i rumori di sottofondo
che
provenivano dalle mura del castello si erano assopiti e il dormitorio
si
trovava quasi nell’oscurità più totale.
I suoi occhi caddero sulle piastrelle
che normalmente erano bianche e immacolate, mentre invece ora erano
coperte di
schizzi rossi. Un paio di impronte scarlatte attirò la sua
attenzione per un
momento. Erano le impronte di Draco.
Probabilmente
non avrebbe mai capito il perché, ma sentiva un disperato
bisogno di scusarsi
con lui e cercare di spiegare le sue azioni. Era così in
collera con se stessa
per aver perso completamente la testa. Era lei quella sensibile tra i
suoi
amici, la voce della ragione, quella sempe composta…e guarda
adesso cos’aveva
combinato.
Si
guardò il
polso e notò che il sangue aveva già iniziato a
coagularsi. All’improvviso si
rese conto che era talmente sconvolta da non essersi accorta se la
ferita le
aveva fatto male o meno, e non potè fare a meno di chiedersi
se Malfoy aveva
provato dolore. Stringendo i denti, si curò la ferita con la
bacchetta, per poi
voltarsi a sistemare il bagno con un semplice incantesimo.
Rimase
ferma
dov’era per un paio di minuti, cercando disperatamente di
raccogliere in sé un
briciolo di coraggio e di dignità.
Aveva
bisogno di vederlo. Doveva spiegargli.
Aggrappandosi
al lavandino, si trascinò fuori dal bagno e
arrivò di fronte alla sua porta,
cercando con tutte le sue forze il coraggio di bussare delicatamente
sulla
superficie di mogano.
“Malfoy?”
disse. “Posso entrare, per favore?”
“Ti
ho detto
di non avvicinarti,” rispose lui con tono irritato dalla
parte opposta. Se l’era
aspettato, ma rifiutava di arrendersi.
"Alohomora,"
mormorò, prendendo un bel respiro prima di aprire la porta.
Lo trovò seduto sul
letto, e molto più calmo di quanto si aspettasse.
"Malfoy-
"Pensavo
di essere stato abbastanza chiaro quando ho detto che non ti volevo qui
dentro,"
la bloccò subito Malfoy, con tono di voce calmo e lento.
"Lo
so,"
Hermione si avvicinò di qualche passo. "Ma ho bisogno di
spiegare–
"Esci,"
le ordinò, senza guardarla in faccia nemmeno una volta. "Non
ti voglio
vicino–
"Draco,
ti prego," lo implorò, gettando il suo orgoglio al vento.
Aveva fatto una
pazzia e lui aveva tutto il diritto di sapere perchè. "Il
mio sangue non
ti inf–fetterà…il tuo corpo
l’avrà già espulso per conto suo
ormai…”
"So
perfettamente come funziona la mia anatomia, Granger," rispose,
strascicando le parole. "Fuori."
Merlino
solo
sa come mai sedersi sul letto le era sembrata una buona decisione, ma
in
qualche modo pensava che se fosse stata più vicino, lui
l’avrebbe ascoltata
meglio. Finalmente, alzò gli occhi argentati in direzione
del suo volto, ma non
era preparata a quello sguardo. Semplicemente, la stava fissando come
se non
l’avesse mai vista prima e questo la infastidiva, anche se
non capiva per quale
ragione.
Draco
non
aveva idea di come comportarsi in sua presenza. Ogni cellula del suo
corpo gli
stava suggerendo di afferrarla e di farla uscire dalla stanza, ma la
sua
confusione aveva in qualche modo sconfitto la sua rabbia, e sentiva il
bisogno
di sapere perché l’aveva fatto. Si intendeva
abbastanza di Biologia per sapere
che il suo sangue Babbano non lo stava infettando, ma non era quello il
problema. Era lei. Poteva giurare di sentirla
nel suo sistema immunitario; danzava tra le sue vene e gli riempiva il
cervello. Quello era il problema.
“Mi
dispiace
così tanto, Draco”
esclamò Hermione,
facendo tornare i pensieri di Draco al presente. “Davvero.
E’ solo che…sono
desolata.”
Due
cose lo
stupirono terribilmente; la prima era l’uso del suo nome da
parte della Granger
– l’aveva sempre chiamato Malfoy da quando la
conosceva–, e la seconda cosa
erano le sue scuse, così sdolcinate. Velocemente, diede
un’occhiata alla sua
espressione e si trovò di fronte due occhi completamente
sinceri. Era piacevole
quello sguardo, dopo tutta l’ira e lo spavento di prima.
"Ho–ho
scoperto che la professoressa Burbage è stata uccisa oggi,"
gli confessò
Hermione lentamente, e Draco notò che stava cercando di non
abbandonarsi di
nuovo alle lacrime. "E’ stato Voldemort."
Draco
battè
le palpebre. Adesso, la sua reazione eccessiva aveva un
senso… non aveva
sentito quel nome sin da quando Piton l’aveva lasciato
lì.
In quel momento, per la prima volta, si rese conto che non poteva
considerare
la Granger un nemico; non aveva senso quando la
stessa…creatura li voleva
entrambi morti. No, non nemici, ma certamente nemmeno alleati. Diciamo
qualcosa
nel mezzo.
“Era
un’amica,” continuò Hermione tirando su
col naso. “E quando hai detto quelle
cose io…ecco…me la sono presa con te senza una
ragione.”
Draco
rimase
in silenzio perché non aveva idea di che cosa fare. La
tentazione di urlarle
addosso per essere stata così stupida era forte, ma non
così tanto da essere
incontrollabile. La furia che di solito scattava nel suo petto in
queste
situazioni tardava a manifestarsi e una fastidiosa vocetta nella sua
testa
continuava a ripetergli che non avrebbe mai dovuto provocarla. Da
quando in qua
la Granger era entrata a far parte di quell’angolo del suo
cervello dove
riposava la sua coscienza? Probabilmente, se avesse dovuto indovinare,
era
accaduto quando lei aveva iniziato a preparargli da mangiare.
“Mi
dispiace,” ripetè Hermione, mentre
un’ultima goccia le scese sulle guancie
ancora umide. “Prometto di non fare mai
più una cosa del genere.”
Draco
considerò le sue parole per un momento, assorbendo la sua
onestà come fosse un
sedativo. Prese un respiro profondo e ignorò il bisogno di
sospirare quando una
folata del suo profumo si fece sentire al di sopra dell’odore
di sangue. Non
voleva urlarle addosso…non gli sembrava giusto farlo quando
sembrava ancora così
debole e spaventata. Ci avrebbe ripensato più tardi al
perché, ma per ora non
voleva proprio urlare.
"Per
favore dì qualcosa," lo implorò Hermione,
avvicinandosi un po’ di più.
“Qualsiasi cosa.”
Draco
si
morse l’interno della guancia e alzò un
sopracciglio. “Se farai ancora una cosa
del genere,” iniziò, separando lentamente ogni
sillaba.
“Te ne pentirai.”
Non
era
necessario specificare, lui sapeva che lei aveva capito.
“Ok,”
Hermione assentì con un gesto del capo.
“Non
starò
qui per sempre, Granger” le disse. “E
ricorderò ogni cosa che farai. Sono stato
chiaro?”
“Sì,”
Hermione sussurrò, estremamente sollevata.
“Davvero, mi dispiace–
“Ci
sono
arrivato.” Draco la interruppe alzando gli occhi al cielo.
“Adesso lasciami
solo.”
Hermione
non
si mosse. “Ti fa male?” chiese, accennando
timidamente al suo braccio
sanguinante.
"No."
"Lascia
che te lo pulisca," gli chiese, allungando il braccio. "Ci metto solo
un secondo–
"Posso
farlo da solo–
"Ti
prego," lo interruppe, facendolo sbuffare. "E’ meglio se lo
disinfetto–
"E
va
bene allora," brontolò, abbandonando la sua mano nella sua,
sperando che
facesse in fretta. "Muoviti però, Granger."
Hermione
tirò fuori la lingua con aria concentrata,
afferrò la bacchetta e la fece
scivolare sulla ferita. Sarebbero bastati pochi minuti, ma non aveva
idea di
come riempire il silenzio. Alzò gli occhi per incontrare il
suo viso, ma non
riuscì a sostenere il contatto a quella distanza e
così, decise di fissare un
punto imprecisato della stanza.
“Li
hai già
letti quelli?” domandò infine, alzando il
sopracciglio con interesse.
“Li
ho solo
sfogliati,” rispose Draco, con un grugnito reclutante.
“Li conoscevo già.”
“Non
sono
sorpresa,” disse lei, con il tono di voce ancora un
po’ provato dal pianto. “Sono
i nostri libri di testo–
“Dell’anno
scorso,” Draco finì la frase insieme a lei.
“Sì, l’avevo notato.”
“Allora
perché
li leggi?”
“Non
c’è una
gran varietà di cose da fare in questo
dormitorio,” Draco scrollò le spalle,
realizzando solo in quel momento che, effettivamente, lui e la Granger
si
stavano tenendo per mano sul suo letto. Aveva bisogno di farla andare
via.
Adesso. “Per la miseria, fai in fretta.”
“Ho
quasi
finito,” mormorò lei, asciugando
l’ultima goccia di sangue. “Ecco fatto,
è a
posto?”
Velocemente,
analizzò la sua mano bianca e intatta. “Bene,
adesso…fuori dalle scatole,
Granger.”
Il
suo
sguardo dorato si poso ancora una volta sulla montagna di libri, e la
bocca si
aprì leggermente, pronta per dire qualcosa. Qualsiasi cosa
fosse, il suo
coraggio Grifondoro si era esaurito completamente quella sera,
così decise di
alzarsi dal letto e di uscire dalla stanza.
Solo
quando
la porta fù saldamente chiusa, Draco si concesse
un’enorme sospiro.
Massaggiandosi la punta del naso, ripensò agli strani eventi
della serata. Se
mai ci fosse stato un segno che quel posto maledetto lo stava facendo
impazzire, oggi l’aveva trovato.
Abbassò lo sguardo sulle sue dita scheletriche, pulite e
sistemate, senza
alcuna traccia del graffio inflittogli dalla Granger.
Anche
se
ormai era scomparso del tutto, lui giurava di poterla sentire comunque
nel suo
organismo; mentre viaggiava nel fiume di sangue e vene del suo corpo.
Diede la
colpa perfino a quel suo stupido profumo per non essere riuscito ad
addormentarsi fino all’arrivo dell’alba. Quando si
svegliò, verso le due del
pomeriggio, fece ciò che faceva tutti i giorni; si
vestì con i soliti vestiti e
si diresse verso la cucina, per vedere cosa gli avesse lasciato da
mangiare la
Granger.
Crostata
di
mele. La sua preferita.
E
di fianco
alla teglia ancora bollente, c’erano una pila di libri che
non aveva mai visto
in vita sua.
A/N:
Ciao a tutti! Mi scuso un sacco per
il ritardo, ho il computer che va da porco ultimamente e non sapete
quanto sia
frustrante! D:
GRAZIE A TUTTE PER LE RECENSIONI, SIETE GENTILISSIME! Spero che il
capitolo vi
piaccia! ;)
|
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Capitolo 7 *** Umana. ***
Chapter
7: Umano.
Hermione
non
vide Draco per i tre giorni che seguirono.
Non
diede
nessun segno di vita, non faece neanche il minimo rumore ,e se non
fosse stato
per il fatto che i suoi piatti ritornavano sempre vuoti in cucina,
Hermione
avrebbe pensato che fosse addirittura scomparso nel nulla. Qualche
volta aveva
pensato di rientrare nella sua stanza per riattaccare il disco del
‘mi dispiace
tanto’, ma si rese conto che stava procedendo nella direzione
sbagliata. Era chiaro
che lui volesse la sua privacy e, dopo quello che aveva combinato,
lasciarlo in
pace era il minimo che potesse fare.
Era
ancora
sconvolta per ciò che aveva fatto.
Non
aveva
mai, mai fatto qualcosa di
così
terribile in vita sua; così sbagliato. Si era chiusa in
camera almeno quattro
volte in quei giorni, e ci era rimasta dentro per minuti interi, a
soffocare il
suo rammarico nel cuscino, ormai gonfio di lacrime. La morte della
professoressa Burbage era ancora lì, oscura e triste, in un
angolo della sua
mente, ma ogni volta che si guardava il palmo della mano, ci vedeva
riflesso
tutto ciò che era accaduto tra lei e Malfoy.
Smise
di
leggere il libro che aveva in grembo per massaggiarsi nervosamente la
fronte.
Il vento che ululava al di fuori del castello l’aveva
costretta a restare
insonne nel salotto, a cercare conforto in uno dei suoi libri. Il vento
era la
sua debolezza. Poteva facilmente stare seduta a guardare una tempesta,
o ad
ascoltare il rumore incessante di una giornata piovosa, ma quando il
vento
soffiava e somigliava al grido soffocato di un’umano che
stava per essere
strangolato, questo la pietrificava.
Aveva
provato ad usare un’incantesimo Silenziatore, come aveva
fatto durante tutti
gli anni precedenti ad Hogwarts, ma ogni volta che provava a
concentrarsi,
l’incantesimo non andava mai a buon fine, a causa di uno
sbadiglio improvviso o
di uno sbattimento di palpebre mezze addormentate.
Hermione
aveva presto abbandonato l’idea di riuscire a guadagnare
qualche ora di sonno,
visto che il suo letto era troppo vicino alla finestra,
così, a notte fonda, si
ritrovò raggomitolata sul divano, nel salotto confortevole e
privo di finestre
rumorose. Leggeva le poesie di Lord Byron, uno dei suoi passatempi
preferiti,
stringendosi alla morbida coperta di pile. Quando arrivò
alla poesia She
Walks in Beauty, alzò
per caso lo
sguardo e fu sorpresa di vedere dall’orologio che erano
già le tre del mattino.
E
quel maledetto vento non dava segno
di voler
smettere.
Hermione
quasi saltò giù dal divano quando un piccolo clic ruppe il silenzio. Si
voltò appena in tempo per vedere Malfoy
che usciva lentamente dalla sua stanza. Sembrava infastidito quando
notò la sua
presenza in salotto; fece un sospiro agitato e si diresse verso la
cucina,
probabilmente decidendo di ignorarla del tutto.
Hermione
ci
pensò due volte prima di aprir bocca, ma le parole le
uscirono di colpo prima
che potesse trattenerle. “Ti ho svegliato?”
sussurrò, pensando per un’attimo
che lui non l’avesse sentita. Oppure stava solo scegliendo di
non rispondere
alla domanda. Merlino solo sa come mai pensare di ripetere la domanda
fosse
stata una buona idea. “Ti ho–
“No,”
borbottò lui, versandosi dell’acqua in un
bicchiere.
“Beh,
allora
perché sei–
“Avevo
sete,” rispose, girando i tacchi e tornando verso la sua
stanza.
“Malfoy,
aspetta,” lo chiamo Hermione, rizzandosi sulla schiena e
chiedendosi
velocemente che cosa avrebbe potuto dire. Non capì come mai
lui si fermò sul
ciglio della porta, visto che aveva espresso il desiderio di stare
lontano da
lei, ma non perse tempo a pensarci. “Posso farti una
domanda?”
Lui
sbuffò,
come se lei stesse rallentando la sua inesistente sfilza di impegni.
“Fa
presto.”
Hermione
esitò, mordendosi la lingua. “Sei ancora
arrabbiato per…insomma…per l’altro
giorno–
“Quando
mi
hai squarciato quella cazzo di mano?” chiese con tono
fintamente dubbioso. “Ha
importanza?”
Hermione
lo
fissò intontita mentre sollevava il bicchiere vicino alla
bocca, nel momento
stesso in cui le sue labbra vi si appoggiarono per bere.
“Credo di sì,” confessò
timidamente.
La
risposta
fù così strana e scioccante, che per poco non si
strozzò con l’acqua.
“Perché?”
chiese diffidente. “Che differenza fa?”
“Non
ne sono
certa,” mormorò Hermione, alzandosi lentamente dal
divano.
La
mascella
di Draco si contrasse nel momento in cui la coperta le
scivolò dai fianchi,
lasciandola scoperta con solo una maglietta addosso e un paio di
pantaloncini.
Si ritrovò a trattenere il fiato quando si mosse, ma si era
semplicemente
diretta verso la cucina, e lui si chiese per un attimo che cosa avrebbe
fatto
se lei si fosse messa a camminare nella sua direzione. Illuminata dalla
luce di
quella piccola candela nella stanza, sembrava diversa; più
rilassata e quasi
surreale. L’oscurità giocava con la sua vista e la
percezione che aveva di lei
in quel momento era stranamente intensa. La studiò
attentamente mentre si
avvicinava al cassetto per prendere due tazze.
"La
cioccolata calda è meglio prima di dormire," disse. "Ne vuoi
un po’?"
Draco
non
rispose. Era chiaro che lei avesse in mente di prepararne una per lui
in ogni
caso, e l’odore di cacao in polvere si mischiò in
un attimo con il profumo
della Granger. Giocherellò con i bordi del suo maglione
mentre lei finiva di
preparare le bevande e quando fu tutto pronto, lei le
trasportò su un vassoio,
dirigendosi verso il salotto. Draco alzò un sopracciglio
scettico, ed Hermione
si riaccomodò nella posizione di prima, con le coperte e
tutto il resto. Il suo
sguardo volò tra lei e la tazza che giaceva sul tavolino un
paio di volte,
prima di accorgersi che era lì per lui.
“Non
ti
siedi?” gli chiese Hermione. Draco si accorse che stava
cercando di mantenere
un tono vago e rilassato.
“La
berrò
nella mia stanza,” rispose senza troppi preamboli,
avvicinandosi per afferrare
la maniglia della tazza.
“Io…”
riprese
lei, imbarazzata. “Beh ecco, speravo che tu potessi
rispondere alla mia
domanda…e magari sederti qui con me per un
po’?”
Questo
si che lo spiazzò completamente.
Tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, ci avrebbe scommesso la sua
eredità
che quel genere di parole non sarebbero mai uscite dalla sua bocca.
Specialmente se rivolte a lui. Era certamente uno sviluppo intrigante
rispetto
alla situazione di merda iniziale, e non riuscì ad evitare
di pensare a che
cosa sarebbe potuto succedere se avessero continuato a comportarsi in questi termini.
“Perché
diavolo avresti pensato a una cosa del genere?” le rispose
pigramente, appoggiando
le mani sullo schienale del divano che stava di fronte a lei.
“E poi non sono
costretto a rispondere alle tue domande.”
“No,
certo
che no,” disse lei. “Era solo una
richiesta–
"Una
richiesta stupida."
Hermione
sospirò, alzando la testa per guardarlo in faccia. "Fa
niente–
"No,"
la fermò Draco. "Sono curioso di sapere come mai mi
chiederesti
addirittura di farti compagnia–
"Non
hai risposto alla mia domanda," gli ricordò lei decisa,
pulendo una goccia
di cioccolata che stava scivolando dalla tazza. "Allora
perché io dovrei
rispondere alla tua?”
Draco
in
verità non aveva una risposta convincente, ma gli
andò bene, perché proprio in
quell’istante una spaventosa folata di vento ruppe il
silenzio. Fu a quel punto
che la vide, la scia di terrore improvviso che si catapultò
sui lineamenti
della Granger. Non riusciva nemmeno a ricordare di averla mai vista
spaventata
da qualcosa. Magari preoccupata o indecisa, ma mai spaventata. Perfino
quell’imbarazzante momento nel bagno l’aveva solo
shockata e messa un po’ alle
strette.
Questo
piccolo incontro mattutino si stava trasformando in un infinito elenco
di
sorprese.
“Qual
è il
problema, Granger?” le domandò insolente.
“Non dirmi che una coraggiosa
Grifondoro come te ha paura di una piccola tempesta.”
Si
aspettava
una risposa offesa, arrabbiata o quantomeno infastidita. Ma lei si
strinse
semplicemente nella coperta. “Non ho paura delle
tempeste,” mormorò, dopo un
momento. “E’ solo che…non mi piace il
suono che fa il vento.”
Il
suo volto
si contrasse in un’espressione confusa. La Granger stava
veramente ammettendo
la sua paura? Ammettere di avere delle fobie non è una cosa
semplice da fare, e
di sicuro non andrebbe fatto di fronte ad un nemico. Urlare ai quattro
venti le
proprie debolezze era una cosa da pazzi, eppure lei l’aveva
fatto così
facilmente.
Che
razza di
idiota.
Ma
improvvisamente le sembrò più
reale…più umana, e questo pensiero
scivolò dentro
di lui come se la cioccolata che l’aspettava sul tavolo gli
fosse fluita
attraverso i polmoni. No, era ancora definitivamente una Mezzosangue,
senza
ombra di dubbio…eppure era una Mezzosangue con del
carattere. Forse. Più o
meno.
La
osservò con
attenzione, forse più di quanto fosse appropriato mostrare.
Vide le sue spalle,
mentre si rilassavano dopo che il vento cessò. Ed ecco
ritornare la Granger
razionale e senza alcuna paura, solamente velata dal terrore che poco
prima le
aveva perforato lo sguardo. Alzò la sua tazza dal tavolino e
se la portò vicina
alle labbra rosate, arricciandole a cerchio per soffiare via il calore.
Questo
gesto non avrebbe dovuto attirare la sua attenzione. Però
si, lo fece.
"La
tua
cioccolata rischia di raffreddarsi," mormorò Hermione.
Draco
fece
un’impercettibile sbuffo prima di scavalcare lo schienale del
divano,
sprofondando in mezzo ai cuscini. “Come puoi essere
così spaventata dal vento?”
chiese.
“Non
si
tratta proprio del vento in sé,” rispose lei,
pensandoci su. “E’ solo che non
mi piace il rumore.”
“E’
una cosa
ridicola,” disse Draco, lasciandosi sfuggire un verso
impaziente.
“Tutti
hanno
paura di qualcosa,” lo incalzò lei. “Tu
no? Fa parte della natura umana.”
Draco
scosse
la testa di colpo come se la sola idea fosse assolutamente ridicola, ma
non
riuscì a non considerare per un attimo le sue parole.
L’idea di deludere la sua
famiglia, specialmente suo padre, gli venne in mente, ma forse lei
intendeva
qualcosa di più specifico. O non aveva nemmeno una paura,
oppure stava
inconsciamente scegliendo di ignorarla. Comunque sia, era odiosa quando
lo
faceva pensare così tanto.
“No,”
rispose semplicemente, sporgendosi in avanti per prendere la tazza.
“Magari
devi
ancora scoprirlo,” gli
concesse
Hermione, alzando le spalle. “Allora, risponderai alla mia
domanda? A proposito
dell’altro giorno? Quando ho…beh, lo sai di cosa
parlo.”
I
suoi occhi
si strinsero. “Dubito che sia possibile per me odiarti
più di quanto non ti odi
già,” le disse tranquillamente Draco. Hermione
sembrava abbastanza turbata
dalla sue parole, e il bisogno di dire qualcos’altro si fece
strada nella sua
mente. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di autopunirsi per
quello che
gli uscì dalla bocca subito dopo. “Considera la
faccenda come sistemata,
Granger.”
Un’affascinante
combinazione di sollievo e sorpresa scaturì dal volto di
Hermione. “Sul serio?”
“Sarebbe
meglio se tu non menzionassi più
l’accaduto,” rispose, avendo deciso da tempo
ormai che quell’episodio sarebbe stato meglio seporlo
nell’angolino polveroso
della memoria. “A meno che tu non voglia che io te lo
rinfacci ad ogni
occasione–
“No,”
Hermione scosse la testa. “No, vorrei dimenticarlo.”
Lui
le
concesse un piccolo segno d’assenso con il capo, e
ingoiò una notevole quantità
di cioccolata calda. Hermione resistette all’urgenza di
ringraziarlo per aver
acconsentito a dimenticare l’argomento. Se la memoria non
l’ingannava, aveva
detto un sacco di per favore e scusa ultimamente, ed era più
che
abbastanza, perciò ricacciò l’impulso
in fondo alla gola. Se avesse iniziato a
sputacchiare fuori parole di gratitudine ogni secondo, quel presuntuoso
si
sarebbe montato la testa anche troppo.
Ma
a vederlo
com’era in quel momento, seduto dall’altra parte
del divano e più calmo del
solito, Hermione non aveva tanta voglia di disprezzarlo. Aveva sempre
pensato
che se una persona era brutta dentro, allora quella bruttezza si
sarebbe
manifestata anche all’esterno. In quel momento
però, a causa della tranquillità
della situazione, il suo odio per Malfoy si era leggermente spento, e
questo le
diede la possibilità di osservare per bene la persona che si
ritrovava davanti.
Dopo parecchi secondi, ammise a se stessa che era un mago abbastanza
attraente.
La
tiepida
luce della candela accesa in salotto si adattava bene ai suoi
lineamenti, e le
scintille arancioni si riflettevano nelle sue iridi argentate. Gli
angoli e le
linee del suo volto erano taglienti e decisi, come se ogni dettaglio
urlasse
per ricevere attenzione, ma questo aiutava il suo sguardo a perdersi
nell’analisi
e ciò le piaceva. Non apprezzava il fatto che fosse
così pallido, ma
probabilmente non aveva beccato un raggio di sole da Merlino solo sa
quanto
tempo.
“Hai
letto i
libri?” gli chiese cauta, decidendo che il silenzio era
durato anche troppo a
lungo. “Quelli che ho lasciato vicino alla torta
l’altro giorno.”
Hermione
giurava di poter scorgere nei suoi occhi una profonda esitazione.
“Sì” ammise
lui, dopo pochi secondi.
“Quale
stai
leggendo adesso?”
"Perché
vuoi saperlo?"
"Semplice
curiosità,” Hermione alzò le spalle e
sperò che quel gesto allentasse un po’ il
comportamento sempre diffidente di Malfoy.
Draco
sbuffò
forte. "Titus Andronicus."
"Bella
scelta–
"E’
ok,"
la corresse lui all’istante. "Alcune parti sono scialbe."
"Sono
d’accordo," Hermione fece segno di sì con la
testa. "E’ una delle
prime opere di Shakespeare."
"Mi
hai
dato un sacco di libri suoi," mormorò lui, da dietro la sua
tazza. "Devo
presumere che sia un autore Babbano."
Gli
occhi di
lei si allargarono per lo stupore. Si era aspettata una qualche scenata
rabbiosa se avesse scoperto che gli aveva rifilato dei libri Babbani,
ma al
momento ne sembrava solo irritato. “Sapevi che ti ho dato dei
libri Babbani?”
"E’
abbastanza ovvio, Granger," Draco alzò gli occhi al cielo.
"Non ho
riconosciuto nessuno tra gli autori e poi mi è sembrato il
genere di cose che
avresti potuto darmi."
"E
li
stai leggendo nonostante questo?" insistette lei con tono deciso.
"Perché?"
Il
suo
broncio si rilassò per un attimo. Ad essere sinceri, aveva
lasciato marcire quei
libri sullo scaffare per due giorni, riuscendo solo a fissarli con
genuino
disgusto. Ma la noia prese il sopravvento, e il terzo giorno
acconsentì a
leggere qualcosa di nuovo giusto per non cadere in preda ad un
esaurimento
nervoso. Aveva intenzione di leggerli solo per provare che il suo
disgusto
verso i Babbani era lecito, cercava la prova del fatto che fossero
davvero
esseri ignoranti e in civilizzati che non erano nemmeno capaci di
scrivere un
paragrafo decente.
Ma...
In
realtà
era decente…abbastanza decente da fargli voltare ogni pagina
con crescente
stupore. Era così assurdo e gli faceva venire il nervoso,
soprattutto perché
quel libro lo faceva riflettere… Solo per un momento,
però fu abbastanza. No,
non aveva mai creduto a quelle merdate in stile propaganda che
sostenevano che
i Babbani erano infetti o robe così, però era
convinto in qualche modo che
fossero molto meno abili dei Maghi in qualsiasi cosa, arte,
letteratura,
musica… Invece questo Shake–qualcosa
era…adeguato. Comunque sia non poteva spiegarlo
in questo modo alla Granger.
"Non
c’è nient’altro da leggere,"
grugnì, accorgendosi di aver impiegato troppo
tempo per rispondere.
Hermione
sospirò, guardandolo attraverso le ciglia mentre prendeva
un’altra sorsata di
cioccolato. Sottopelle, cominciava a sentire il desiderio di provare a
vedere
se riusciva a testare il suo metodo ancora per un po’.
“E finora cosa ne pensi
dell’opera?”
Draco
bofonchiò qualcosa che suonava come “E’
violento,” e l’aveva detto come se
fosse ovvio. “Il che funziona bene per un’opera, ma
è la prova di quanto siano
barbarici i Babbani.”
“Barbarici?”
ripeté Hermione sbigottita, resistendo all’impulso
di difendere a spada tratta
Shakespeare. “Come mai?”
“Beh,
è
tutto uno spargimento di sangue senza alcun senso–
“E
secondo te
le Guerre Magiche sono tanto diverse?” gli chiese
velocemente. “La violenza è
presente in tutte le specie e in tutte le razze, Malfoy, specialmente
negli
umani. Magia o meno–
“Il
tizio ha
ucciso il suo stesso figlio,” ribatté Draco,
alzando orgogliosamente il capo
come se la sua fosse la battuta vincente. “E’
un’indicazione di quanto incivili
siano i Babbani.”
Hermione
non
si lasciò intimidire e contrattaccò
all’istante. “Ma Voldemort ha ucciso la sua
famiglia.”
L’espressione
vincente del biondo si sciolse dopo quella frase e lui
detestò il fatto che
fosse riuscita a trovare un’argomentazione decente
così presto.
“E’ diverso,” borbottò sulla
difensiva. “E’ completamente–
“E
Crouch ha
ucciso suo padre–
“E’
diverso!” ripeté, ma sapeva che le sue
argomentazioni erano deboli.
La
Granger
non sembrava arrogante o arrabbiata, ma quando alzò il mento
per ribattere,
sembrava sicura di sé e potente. “In cosa
è diverso, Malfoy?”
Draco
rimuginò con furia, cercando una risposta soddisfacente che
l’avrebbe fatta
tacere per sempre sull’argomento. Si sentiva agitato e
nervoso, ma un piccolo
spiraglio di rispetto per la Granger saltò fuori nel suo
subconscio, e questo
lo fece incazzare ancora di più. Oggi la Granger si era
guadagnata un’altra
tacca, la discussione l’aveva vinta lei. Merda.
“E’
così e
basta” mormorò, finendo con un sorso la sua
bevanda.
La
fitta al
collo che sentì non appena aprì gli occhi, fu la
prima cosa che gli fece
ricordare di non aver dormito in un letto.
Su
qualsiasi
cosa fosse appoggiata la sua testa, era troppo dura per essere un
cuscino.
Sbattendo le palpebre un paio di volte, si accorse che il soffitto non
era lo
stesso a cui era abituato. Draco si spostò goffamente su un
lato e si ritrovò
disteso su uno dei divani del salotto. C’era ancora
abbastanza buio, ma non
essendoci una finestra in salotto, dovette controllare l’ora
guardando
l’orologio della cucina. Erano quasi le sette del mattino.
Sbadigliò
e
si stropicciò la faccia, alzandosi lentamente e mettendosi a
sedere, con la
schiena che scricchiolava dal dolore. La sua vista sfocata dal sonno si
spostò
per tutta la stanza, mentre cercava di ricordare come e quando aveva
finito per
addormentarsi sul divano, e i suoi occhi assonnati si bloccarono verso
l’altro
lato del tavolino da caffè.
La
sua mascella
si irrigidì di colpo.
La
Granger
era addormentata sull’altro divano, completamente coperta dal
collo alle
caviglie, con i capelli appoggiati al cuscino in una massa indistinta
di
boccoli. Con gli occhi chiusi e i lineamenti così rilassati,
sembrava la
personificazione della pace e della serenità. Il broncio
stressato e i muscoli
costantemente contratti dall’autocontrollo non
c’erano più, e Draco non
riusciva a ricordare di aver mai visto una persona a cui il sonno
donasse così
tanto. I suoi sospiri lenti e riecheggianti nel silenzio della stanza
trascinarono Draco in una specie di trance mattutina, e dopo qualche
secondo,
si diede uno schiaffo in faccia per riprendersi.
Scostò
lo
sguardo lontano da lei, ritrovandosi ad osservare la sua tazza di
cioccolato
non finita. E la sua bacchetta, poggiata indifesa sul tavolo, che lo
tentava
terribilmente. Si alzò in piedi e fece il giro del tavolino,
il più
silenziosamente possibile, sapendo perfettamente che probabilmente non
avrebbe
funzionato. Gli aveva detto di persona che era incantata per non essere
usata
da lui, ma per quanto ne sapeva poteva anche trattarsi di un bel bluff.
Si
avvicinò di più alla bacchetta, accovacciandosi a
terra proprio di fronte al
volto ancora addormentato della giovane strega.
Il
suo
respiro aleggiò da qualche parte sul suo collo, e Draco
cercò di
autocontrollarsi per evitare che un brivido gli percorresse tutta la
spina
dorsale. Allungò una mano, e tutte le sue speranze di
riuscire a scappare da lì
morirono nel momento stesso in cui le dita pallide e ossute sfiorarono
il
piccolo pezzo di legno. Una piccola scarica elettrica e la sua mano
venne
rispedita due centimetri indietro. Se l’era aspettato.
Rilassò la schiena e si
sedette sul pavimento, sentendo i sospiri della Granger che si posavano
ancora
sulla sua pelle.
Chiuse
gli
occhi…assorbendo quella
sensazione…l’odore di lei, così
vicina…vicina
abbastanza da poterla sfiorare…
E
di colpo,
come se fosse saltato un qualche tipo di allarme nel suo cervello,
tornò alla
realtà. Si scostò violentemente lontano da lei,
come se fosse stato infetto,
maledicendosi da solo per ciò che aveva pensato.
Ecco
le
conseguenze di quel cavolo di esperimento col sangue.
Si
stava
lentamente facendo strada nel suo organismo, poi nella sua mente,
incasinando i
suoi sensi. Non era il suo sangue sporco, era qualcosa di
più profondo;
qualcosa che corrodeva le sue ossa e soffocava le sue cellule. Era lei.
La
Granger. La sua sostanza, la sua innocenza; scorreva dentro di lui e
lanciava
maledizioni alla sua sanità mentale. Disgustato dalle sue
azioni, si allontanò
da lei alzandosi su un paio di gambe tremolanti, sperando che un
po’ di
distanza tra di loro l’avrebbe purificato.
Hermione
si
svegliò quando la porta della stanza da letto di Draco si
fracassò sulla parete.
Era
un
peccato però; era stata la nottata migliore che aveva avuto
in settimane.
Niente insonnia, niente ansia. Anche se è durata solo poche
ore.
Il
vento
smise di soffiare nei quattro giorni che seguirono, e Draco
riuscì ad evitare
la Granger, convincendosi sempre di più che era lei la causa
del suo crollo
mentale. Venerdì, una settimana esatta dal loro incidente in
bagno, le pareti
avevano iniziato a rimpicciolirsi ancora. Il desiderio di interagire
con un
altro essere umano si era insinuato in ogni singolo poro del suo corpo
e,
ovviamente, la Granger era l’unica opzione. Aveva bisogno di
sentire il battito
di un’altra persona perché i suoi stavano
diventando troppo intensi e riecheggiavano
ancora di più in mezzo alla solitudine.
Tra
tutte le
fottute cose che gli incasinavano la mente, l’aver
bisogno della presenza di qualcun altro era definitivamente
quella che gli
faceva credere di stare diventando matto. Voleva urlare, litigare con
qualcuno,
voleva qualcosa che gli ricordasse che c’era vita al di
là di quella porta. Se
ci fosse stato qualcun altro, qualsiasi
altro, oltre a lei che potesse cacciare via i suoi demoni, allora non
avrebbe
avuto bisogno di fare tutti questi ragionamenti assurdi.
Qualsiasi
altro, tranne Weasley. Purosangue o meno, se la McGranitt
l’avesse scaraventato
in una stanza con quell’arancia avariata della
Società Magica, entro la seconda
ora ci sarebbe stato un bagno di sangue di proporzioni epiche.
Quell’immagine
mentale lo divertì giusto un pochino.
Sentì
la
Granger che armeggiava in cucina, sbatacchiando vari utensili e
causando molto
più rumore del necessario. Si pettinò i capelli
con una mano e, dopo aver esalato
un lento sospiro, uscì da quella prigione a quattro pareti,
trovando la Granger
circondata da padelle e verdure miste.
Hermione
si
accorse della sua presenza prima di vederlo, e si voltò
nella sua direzione
sfoggiando uno sguardo incuriosito. “Fammi
indovinare,” disse “Stavo facendo
troppo rumore?”
“Sì”
brontolò, avvicinandosi di qualche passo. “Che
diavolo stai facendo, Granger?”
“Sto
solo
preparando qualcosa per domani,” spiegò,
asciugandosi il sudore sulla fronte.
“Probabilmente avrei dovuto chiedertelo prima, sei allergico
a qualcosa?”
“No,”
Draco
scosse la testa, sedendosi su uno degli sgabelli. “Solo a
te.”
Quel
commento avrebbe dovuto essere pungente e antipatico, ma dopo aver
passato
giorni senza parlare, la sua voce sembrava
più…minacciosa. Beh, in ogni caso la
Granger non se ne curò molto, visto che si limitò
a fare un sorrisetto. Draco
pensò di chiamarla ancora Mezzosangue solo per riprendere le
sue familiari
abitudini, ma qualcosa nella sua testa gli disse di non farlo, e lei
parlò
prima che lui potesse chiedersi il perché.
“Hai
finito
di leggere Titus?”
chiese. Si vedeva
lontano un kilometro che ancora non sapeva bene come comportarsi quando
lui era
presente. Almeno avevano una cosa in comune.
Draco
sbuffò. “Dammi un po’ di credito,
Granger. Ero quasi alla fine quattro giorni
fa. Certo che l’ho finito.”
“Okay”
rispose lei, intenta ad utilizzare la sua bacchetta per finire di
cucinare. “E
cosa hai pensato alla fine?”
“E’
stato
troppo affrettato,” rispose, con tono critico.
“Poteva fare di meglio per il
finale.”
Lei
smise di
controllare la padella e si voltò verso di lui.
“Sono d’accordo.”
“Cosa?”
“Sono
d’accordo,”
ripeté Hermione, notando il suo sguardo fisso e arrossendo
senza motivo. “E’
troppo veloce. Hai pensato di leggerne un altro?”
Aveva
già
iniziato un altro dei suoi libri Babbani. Voleva cambiare genere e
soprattutto
scrittore, convinto che avrebbe trovato qualcosa da criticare nei
prossimi
libri. Aveva scelto un libro dalla copertina leggermente inquietante,
scritto
da un Babbano di nome Wilkie Collins, e ci era rimasto incollato fin
dalla
prima pagina, oltre ogni aspettativa.
"The
Woman in White," le accennò con un sospiro
agitato, notando che il suo
sorrisetto si allargava sempre di più.
"Uno
dei miei preferiti," le disse. "E come−
"Non
essere così maledettamente entusiasta," la
avvisò. "Il livello di
scrittura è al di sotto di quello di Streghe o Maghi."
Il
suo
sorriso svanì mentre gli voltò la schiena e
continuò a cucinare ciò che
sembrava essere stufato. “Credi davvero che i Purosangue
siano superiori ai
Nati Babbani, Malfoy?”
Quella
domanda gli fece alzare un sopracciglio dallo stupore. La
fissò per un secondo,
cercando di capire come hai avesse chiesto una domanda così
stupida. “Sai che è
così, Granger.” Rispose lui orgoglioso, rincarando
la dose con una frase che
gli fece prudere la gola quando uscì. “Non fare
domande idiote come queste, visto
che dovresti avere un cervello da qualche parte.”
Un
sospiro
di delusione uscì dalla bocca di Hermione.
“Allora, posso darti un consiglio
per favore?” mormòrò dolcemente,
giocherellando con la manica del suo maglione
di almeno due taglie più grandi della sua.
Ecco
che
tornava quel maledetto per favore;
un
altro promemoria che gli ricordava sempre quanto fosse pura e gentile.
Da
qualche parte in un angolo del suo cervello una vocina gli stava
dicendo che
avrebbe dovuto sentirsi nauseato al
conversare con lei in quel modo. Ma in quel momento si sentiva
abbastanza
normale. Più umano. Proprio come i suoi gemiti nella doccia,
questi…momenti quasi
civili sembravano allentare la sua
emicrania costante.
“Puoi
darmi
tutti i suggerimenti che vuoi,” disse scrollando le spalle
con nonchalance. “Ma
la possibilità che io ne accetti anche solo uno è
vicina allo 0%”
Lei
si voltò
di nuovo e sembrava rilassata e tranquilla, ma lui poteva notare la
nuvola dei
pensieri che vorticava dietro al suo sguardo. Era davvero interessante
da
osservare in momento come questi; come un puzzle troppo complicato che
non
aveva una soluzione facile. Qualsiasi cosa le ronzasse in mente, lo
poteva
percepire nei suoi occhi castani, e questa cosa non la capiva. Sarebbe
stato
saggio per lei nascondere i propri pensieri in modo più
appropriato;
soprattutto da qualcuno che disprezzava. Qualcuno come lui.
“Quando
avrai finito il libro,” disse lentamente “Vorrei
che leggessi l’autobiografia
di Martin Luther King.”
Il
suo
sopracciglio si abbassò, cauto.
“Perché?”
“Penso
che
ci troverai dei concetti interessanti,” disse Hermione,
guardandolo dall’alto
verso il basso. “E’ solo un consiglio.”
Dopodiché
sparì dalla sua vista e andò nella sua camera,
lasciando Draco reclutante e
intrigato da quella richiesta casuale. Non l’avrebbe letto,
ovviamente.
Hermione
non
ebbe il tempo di rimuginare sulla conversazione avuta con Malfoy,
perchè appena
arrivò in camera, trovò ad aspettarla sul
davanzale una civetta conosciuta.
Corse ad accoglierla aprendo la finestra.
“Edvige,”
la
chiamò affettuosa, mentre il fedele animale di Harry
lasciò cadere la lettera
sul suo grembo. “Dì ai ragazzi che li penso
sempre, digli che gli voglio bene!”
La civetta non aspettava mai
una risposta e
volava sempre via prima che Hermione potesse trattenerla. Lo sapeva
bene, ma
avrebbe dato qualsiasi cosa per scrivere una risposta ai suoi amici.
Purtroppo
era stato concordato con la McGranitt che sarebbe stato molto
pericoloso
rimanere in contatto postale con loro mentre erano via per la loro
missione.
Erano d’accordo che se Hermione avesse trovato informazioni
utili per i
ragazzi, sarebbe stata la preside a trovare un metodo alternativo per
metterli
al corrente. Ovviamente, era una regola importante, e lei le seguiva da
tutta
la vita però… gli mancavano da morire.
La
lettera
era ancora lì, stretta nel suo palmo e anche se non avrebbe
desiderato altro se
non aprirla all’istante, sapeva che non poteva farlo. Aveva
promesso a Ginny
all’inizio del mese che avrebbero letto tutti i messaggi
insieme. Se c’era una
sola persona che soffriva almeno quanto lei dalla mancanza di Harry e
Ron,
quella era la giovane Weasley. Dopotutto, si trattava del suo ragazzo e
di suo
fratello…aveva tutto il diritto di sapere.
Hermione
si
mise addosso una giacca e infilò cautamente la lettera nella
tasca, insieme
alla bacchetta. Uscì dalla stanza e controllò se
Draco si trovasse nel salotto
o in cucina. Nessun segno di lui, così Hemione
uscì e si diresse verso la torre
di Grifondoro.
Dieci
minuti
dopo era seduta insieme a Ginny nel suo dormitorio, mentre entrambe si
grattavano nervosamente il dorso della mano. L’altra
coinquilina, Calì Patil,
era al momento assente. Il che era una cosa positiva vista
l’importanza di
tenere segreta la destinazione di Harry e Ron.
“Pronta?”
Hermione sospirò senza aspettare una risposta, aprendo il
bordo della busta con
crescente agitazione. I suoi occhi scannerizzarono in due secondi il
piccolo
paragrafo.
Ragazze,
Va
tutto
bene. Non abbiamo molte novità.
Stiamo
lavorando su qualcosa ma potrebbe non funzionare.
Come
sempre,
non preoccupatevi.
Ci
mancate e
vi vogliamo bene.
H&R
Come
al
solito, era una lettera breve e andava dritta al punto, senza alcun
dettaglio
che potesse essere intercettato. Le parole erano scribacchiate nella
scrittura
di Harry ed Hermione notò che Ginny stava tracciando con le
dita i segni della
penna, con un accenno di lacrime che le scendevano sul naso.
Sentì anche i suoi
occhi lacrimare e non era a causa di ciò che stava scritto
su quel foglio.
Riguardava tutto ciò che non
stava
scritto.
I
ragazzi
non avrebbero mai parlato in quel modo, e la mancanza di
personalità dietro a
quelle parole fu la cosa che le mancò di più.
Sarebbe stato fantastico leggere
anche solo una delle solite battute di Ron o una riga di conforto da
parte di
Harry. Che diavolo, probabilmente avrebbe anche urlato di gioia se quei
due si
fossero messi a scrivere del
Quidditch.
Rivoleva indietro i suoi vecchi amici…
"Puoi
stare qui stanotte?" chiese Ginny soffocando un singhiozzo.
“C−calì non è
qua e non voglio stare sola stanotte.”
Hermione
fece un cenno col capo e si chinò per stringere la sua amica
in un abbraccio.
“Certo che starò con te.”
Dove
cazzo è
andata a finire?
Draco
l’aveva notato molte altre volte; la Granger era una ragazza
dalle abitudini
ben precise, che si atteneva alla sua routine come se la sua vita
dipendesse da
quello. L’aveva sentita uscire non tanto tempo dopo il loro
incontro nella
cucina, come succedeva ogni giorno. Lo lasciava da solo tutto il
pomeriggio, a
badare a se stesso. Draco era andato avanti con la lettura di un altro
libro
Babbano quel pomeriggio, e si era fatto una doccia veloce prima di
prepararsi
per andare a dormire, aspettando l’arrivo della Granger.
E
a quel
punto ci fu un intoppo.
Sapeva
bene
ormai che l’abituale cinguettio degli uccelli iniziava di
solito alle cinque
del mattino, e lei di solito tornava a casa verso le tre. Lanciando uno
sguardo
confuso verso la finestra, si alzò dal letto e si diresse
verso il salotto,
controllando l’orologio per scoprire che erano esattamente le
dieci e cinque e
la Granger non era ancora tornata a casa.
Casa...?
A
quello ci
avrebbe pensato più tardi. Per il momento, tutto
ciò che riusciva a sentire fu
un denso, pesante, senso di ansia che pulsava nel suo petto. Somigliava
al
panico…Sì, era proprio panico. Domande su domande
gli riempirono velocemente il
cervello, spingendo verso le tempie.
Dove
diavolo
era?
Se
gli fosse
successo qualcosa, allora significava che lui sarebbe rimasto bloccato
lì?
Dimenticato?
Solo?
Che
cosa
sarebbe successo al suo cervello già mezzo malfunzionante?
Che
cosa
avrebbe fatto senza il suo profumo o i suoi gemiti mattutini...?
Aveva
bisogno di uscire.
Per
nessuna
ragione al mondo sarebbe rimasto lì; lasciato a marcire come
un plebeo senza
alcun valore. Marciò svelto verso la porta principale,
ignorando il familiare ronzio
che lo avvisava di non afferrare la maniglia. Ma lui lo fece lo stesso.
Il
suo polso
si strinse attorno all’oro lucente della maniglia, e il
dolore fu istantaneo.
La sua mano bruciò come un tizzone ardente e la scintilla si
mosse su tutto il
braccio; squarciò la sua carne dall’interno e
Draco non si sentì più le ossa.
Il suo istinto gli urlava di lasciare la presa, ma il panico prese la
meglio e
rimase immobile senza sapere che fare. Strinse i denti per sforzarsi di
ignorare il dolore e aprire la porta, ma a quel punto il fuoco lo
colpì alla
schiena, come un getto continuò di elettricità.
La sua spina dorsale pulsava
dal dolore e Draco ruggì in preda all’agonia;
comunque, non mollò la presa.
Pian
piano,
sentì il suo corpo indebolirsi; le fiamme stavano bruciando
violentemente la
sua energia e stavano disintegrando la forza nei suoi muscoli. Sapeva
che il
suo corpo ormai era solo un ammasso di spasmi, e un altro urlo di
agonia uscì
dal profondo della sua gola. Con un altro flebile tentativo di
evasione, mise
tutto ciò che poteva nello sforzo di aprire la porta.
Il
calore
inondò la sua pelle e in pochi secondi, tutto divenne
sfocato. Non si accorse
nemmeno che veniva scaraventato a terra; tremando violentemente,
cercò di
rialzarsi. E a quel punto svenne.
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Capitolo 8 *** Tatto. ***
Chapter 8: Tatto.
Hermione
non riuscì a dormire nemmeno per un minuto quella notte.
Ginny
era presto diventata inconsolabile, ed Hermione era rimasta
lì a
darle carezze di conforto sulla spalla per almeno un’ora,
finchè la rossa non
cadde esausta sul cuscino. Sapeva che Molly confortava sua figlia in
maniera
simile e, senza poterlo impedire, passò tutta la notte a
pensare ai suoi
genitori e a quanto le mancassero. La sua mente impastata dal sonno non
ci
aveva poi messo tanto a giungere col pensiero ad Harry e Ron ed infine,
a
Malfoy.
In
sua difesa poteva dire che era impossibile evitare di pensare al suo
coinquilino dal momento che lui era sempre lì presente,
anche se ultimamente si
era rivelato più facile convivere con lui. Nonostante la sua
arroganza, i suoi
pregiudizi e tutta la quantità di sciocchezze di cui il suo
cervello era pieno,
Malfoy era sicuramente più sopportabile di quanto potesse
aver sperato. Hermione
aveva addirittura preso l’abitudine – per caso,
ovviamente – di lasciare la
Biblioteca prima del solito, così da poter passare
più tempo in sua presenza.
Ovviamente l’unico scopo era quello di analizzare il suo
comportamento, così da
poter riferire qualcosa di nuovo alla McGranitt, che gli aveva
esplicitamente
chiesto di tenerlo d’occhio, ma non poteva negare di trovare
questo compito
affascinante, in qualche modo.
Guardarlo
mentre si adattava piano piano a quella convivenza forzata era
così intrigante… Hermione era ancora convinta di
poterlo influenzare, di
potergli mettere in testa qualche concetto umanamente positivo. Era
quasi certa
che se (e intendo un grosso, enorme se) fosse riuscita a rompere i suoi
pregiudizi, allora a quel punto non sarebbe stato così male
vivere in sua
compagnia.
Oppure
no, magari era solo una stupida idea. Il suo ottimismo da Grifondoro
a volte poteva tramutarsi in una spina nel fianco, ma era intenzionata
a
provarci comunque; almeno per provare a cancellare la parola
Mezzosangue dal
vocabolario di Malfoy.
La
mancanza di sonno che aveva accumulato negli ultimi giorni si stava
facendo sentire, e con una sola occhiata all’orologio
capì, che senza
rendersene conto, erano già arrivate le sei del mattino.
Controllò che Ginny
stesse ancora dormendo prima di spostarla delicatamente verso destra
per poter
alzarsi e uscire dal dormitorio. Le accarezzò la guancia e
si porto via qualche
ultima lacrima rimasta dalla notte passata praticamente insonne.
Hermione si
avvicinò alla scrivania per lasciarle un silenzioso
messaggio, scusandosi per
essere andata via senza salutare e giustificandosi dicendo che aveva
proprio
bisogno di dormire.
Uscì
lentamente dalla stanza e in poco tempo si ritrovò a
girovagare per il
corridoio deserto. Da lì al suo dormitorio non
c’era una gran distanza, ma
Hermione ci mise il doppio, data la lentezza e la spensieratezza dei
suoi
passi. Stava pensando ancora una volta a quanto sembrasse morta
Hogwarts. Sì,
ovviamente alle sei del mattino e con la brezza invernale che si
muoveva fuori
dalle finestre, qualsiasi posto sarebbe sembrato freddo e cupo, ma
Hermione
aveva sempre adorato Hogwarts per la sua capacità di
apparire sempre viva,
calda e ospitale. Adesso, ogni mattone sembrava più scuro e
ogni stanza più
fredda, e l’intero castello somigliava più ad un
cimitero.
Era
un brutto paragone, lo sapeva bene… un paragone che non
poteva far
altro che ricordarle quanto male stessero andando le cose in quel
periodo. Il
lunedì successivo sarebbe stato il primo giorno di Novembre,
il che equivaleva
a dire che era passato esattamente un altro mese dalla morte di Silente.
Era
passato metà anno da quel tragico evento, e ancora le
tremava il cuore
al pensiero.
Trattenendo
un singhiozzo, mormorò la password per entrare nel
dormitorio,
ma la porta non riuscì ad aprirsi del tutto. Hermione
sbuffò e la spinse più
forte, sentendo una certa resistenza che proveniva dall’altro
lato. Cercò di
scivolare di lato e inciampò su qualcosa che non riusciva ad
identificare;
qualcosa di compatto e ingombrante che la spedì direttamente
con le mani a
terra. Sospirando con fatica, si scostò i capelli lontano
dal volto e diede
un’occhiata al di là della sua spalla, spalancando
gli occhi quando notò cosa,
o chi, aveva causato quell’intoppo.
“Oh
mio Dio,” sussurrò, inginocchiandosi di fianco a
lui. “Malfoy? Draco!?”
Sembrava
morto. Era praticamente morto.
La
sua pelle era diventata spaventosamente grigia e le sue labbra avevano
preso una sgradevole tonalità bluastra che si espandeva su
tutto il volto. A
vederlo in quello stato, con gli occhi chiusi e l’espressione
vuota di chi non
ha più niente che respira all’interno
dell’involucro corporeo, Hermione si
sentiva svenire lei stessa. Cercò di riprendersi, muovendo
le mani sul sul
volto con tocchi veloci e tremanti, fino a giungere al suo polso, che
era
coperto di sangue vivido e lucente, ma che lasciava intravedere una
grossa
porzione di carne bruciata al di sotto di quello strato color
vermiglio.
I
violenti spasmi che le premevano la cassa toracica in preda al terrore
si
calmarono, non appena Hermione riuscì a sentire il flebile
battito nel polso di
Malfoy. Si lasciò sfuggire un’enorme sospiro di
sollievo prima di capire che
cosa fosse successo.
Aveva
cercato di scappare.
Malfoy,
maledettissimo idiota…
Hermione
cercò di farsi forza e cercò di rialzarsi,
accorgendosi solo in
quel momento di avere le guance tutte umide. Aveva pianto?
Beh…il panico può
causare questo tipo di reazioni…e poi poteva benissimo
pensarci più tardi,
subito dopo avergliene date di santa ragione per essere stato
così stupido.
“Wingardium leviosa,” Hermione
puntò la bacchetta contro il corpo esanime di Malfoy,
facendolo atterrare su
uno dei divani.
Si
accovacciò al suo fianco con la bacchetta puntata contro il
suo petto,
pronta a rianimarlo, ma all’ultimo secondo, esitò.
I
suoi occhi lucidi si spostarono lentamente sul suo volto, ed Hermione
realizzò che prima d’allora non aveva mai avuto la
possibilità di vederlo in
quel modo. Così vicino. Sembrava così normale,
come se stesse semplicemente dormendo. Non c’era traccia
della solita rabbia
che deformava quotidianamente i suoi tratti; nessun segno che potesse
mostrare
quanto fosse distrutta la sua vita. Sembrava rilassato, ed Hermione ne
fu
completamente incantata. Allungò una mano, spostò
all’indietro un ciuffo di
capelli biondo neve, e a quel punto le dita si mossero da sole, senza
una
direzione precisa; sfiorarono le sopracciglia e contornarono gli
zigomi…con
tocchi leggeri, delicati.
Qualcosa
si contrasse nel suo petto mentre lo osservava più
intensamente,
ed Hermione si ritrovò a pensare che tutto questo era
un’enorme spreco. Un
peccato. Draco era bello e intelligente, ma il modo in cui è
stato cresciuto
l’aveva completamente rovinato ed era una cosa
così triste a cui pensare…che
spreco.
Un
po’ di colore ritornò sulle sue guance quando
Hermione passò per la
terza volta la mano sul suo volto, e quest’ultima non
riuscì ad evitare di
sfiorare le sue dita sul suo labbro inferiore.
Era…più caldo di quanto si
aspettasse…
Hermione
ritrasse di colpo la mano e la fissò con sguardo sconvolto.
Questa
era sicuramente una conseguenza della notte insonne appena passata;
quale altro
motivo ci sarebbe per averla incoraggiata a fare queste cose stupide e
inappropriate? Scosse la testa e cercò di ricomporsi,
poggiando la bacchetta
sul petto di Malfoy. Prima di rianimarlo, strizzò gli occhi,
immaginandosi già
le scenate di rabbia che avrebbe fatto quando si fosse svegliato e
l’avesse
trovata lì china su di lui.
“Enervate!”
Draco
scattò a sedere ansimando. I suoi occhi si spalancarono e le
sue
iridi grigie sembravano enormi oceani argentati. Il petto si alzava ed
abbassava ad un ritmo troppo veloce per accorgersene… non
sembrava nemmeno aver
visto Hermione che gli stava proprio seduta accanto, i suoi occhi erano
fissi
sulla parete di fronte a lui anche se, piano piano, i suoi respiri
cominciavano
a rallentare…
“Malfoy!”
Hermione lo chiamò, poggiando la mano sul suo avambraccio.
“Draco, calmati. E’ tutto a posto.”
Il
suo sguardo agitato si inchiodò su di lei e ci rimase per
qualche
secondo, finchè le sue pupille non ritornarono alla
dimensione originaria e il
suo respiro cominciò a rilassarsi. Hermione stava per dire
qualcosa d’altro ma
all’improvviso lui alzò la mano ferita e lei non
potè fare nulla per impedirlo.
Successe troppo in fretta per poterci capire qualcosa, però
era vero: il suo
palmo appiccicoso si trovava sulla sua guancia in quel momento, e il
suo sangue
colorava con intensità il pallore della sua pelle, mentre le
dita di Malfoy le
carezzavano il volto. Hermione
rimase
immobile con le labbra socchiuse per lo shock, cercando di capire il
motivo di
quel gesto. Malfoy intanto, tremava così forte che i suoi
spasmi si
trasmettevano dalla sua mano, fino al viso ormai vermiglio di Hermione.
E
a quel punto, come se nulla fosse mai successo, lasciò
cadere la sua
mano, e rimase a fissarla con espressione vuota. Cercando di uscire per
la
seconda volta da una situazione di trance, Hermione esaminò
il suo corpo
tremolante, e riuscì perfino a sentire i denti che gli
battevano per brividi di
freddo che poteva sentire solo lui…la situazione stava
peggiorando.
“Malfoy,”
sussurrò
Hermione, può dolcemente che potè. “Il
tuo corpo ha bisogno di riposo, okay?”
Lui non provò nemmeno a rispondere, per sovrastare il
ticchettiò dei suoi
denti, e rimase fermo ad osservarla con occhi vuoti. “Ti
darò un po’ di pozione
Sonnifera, va bene? Torno subito.”
Hermione
corse in camera
senza aspettare una risposta e spalancò il cassettone
segreto sotto al suo
letto, rovistando più velocemente che potè per
trovare una fiala piena zeppa di
liquido viola. Con la pozione stretta in pugno, tornò in
salotto portandosi
dietro una coperta dal suo letto. Lo trovò ancora seduto sul
divano, in preda a
violenti spasmi. Lasciò cadere la coperta e si
affiancò a lui, strappando con
un colpo secco il tappo dalla fiala e avvicinandogliela alle labbra.
“D−Draco,”
mormorò, cercando di tenere a bada l’ansia.
“Puoi stare fermo
così ti posso somministrare la pozione?”
Nessuna
risposta, solo e sempre tremolii…
Fermandosi
solo per un secondo, la sua mano libera tornò a poggiarsi
sul
suo volto, avvicinando le guancie per far sì che le sue
labbra si aprissero per
ingerire la pozione. “E’ tutto ok,”
mormorò Hermione. Cercò di ignorare il
dolore mentre posizionava le dita tra i suoi denti e riuscendo a fargli
ingurgitare il sonnifero.
Quando
la fiala fu vuota, Hermione se la gettò distrattamente alle
spalle,
tenendo le mani poggiate sulle labbra di Draco, aspettando che
ingoiasse tutto
il liquido. Dopo poco meno di venti secondi, Draco diventò
completamente
inerte. Hermione afferrò la coperta e gliela posò
addosso, assicurandosi che
fosse abbastanza coperto prima di abbandonarsi ai morbidi cuscini del
divano
con un sospiro di sollievo.
Merlino,
questa faccenda l’aveva pietrificata…era
pietrificata per lui, per
quello che gli sarebbe potuto succedere… ma lei aveva fatto
tutto ciò che
poteva.
Lanciò
un’ultima occhiata al fagotto ricoperto che giaceva sul
divano, solo
per assicurarsi che stesse dormendo…poi si alzò e
sentì letteralmente l’ansia e
la stanchezza piombarle addosso come un macigno. Si trascinò
lentamente verso
il bagno, aggrappandosi al lavandino per cercare di dare
un’ordine ai suoi
pensieri, ma un rapido sguardo al suo riflesso nello specchio la
bloccò.
Eccola
lì. La sua impronta cremisi; fiera e curiosamente bella,
spalmata
sulla sua guancia come un marchio che sentiva ancora beatamente caldo.
Hermione
rimase ad osservarla per un lunghissimo minuto, prima di ripulire il
suo sangue
con del sapone, sentendo una strana agitazione nel petto. Guardandosi
un’ultima
volta allo specchio, ritornò in camera e cominciò
a levarsi di dosso quegli
ingombranti vestiti che le pesavano addosso. Si cambiò,
mettendosi un pigiama e
una t−shirt, infilandosi la bacchetta nella tasca.
Il
suo letto sembrava morbido e confortevole da morire, sul serio. Quindi,
perché diavolo stava prendendo un’altra coperta e
si stava dirigendo verso il
salotto?! Solo Godric poteva saperlo.
Si
sedette con calma, arrotolando il suo corpo nella coperta. Il suo
sguardo appesantito dalla tarda ora notturna, andò a posarsi
sulla figura in
controluce del giovane mago che dormiva beato attraverso il tavolino da
caffè
che separava i due divani. Sembrava ancora diverso dal
solito…
Hermione
era sicura che questo avrebbe cambiato le cose, anche se ancora
non avrebbe saputo dire come…
Hermione
si svegliò per
prima, disturbata dal rumore soffocato di studenti che attraversavano
il
corridoio in mandria per recarsi alle lezioni.
Controllando
l’orologio, si
rese conto che era ormai mezzogiorno, il che significava che era
riuscita a
guadagnare ben cinque miracolose ore di sonno; sicuramente la dormita
più lunga
che avesse avuto da tempo. Inoltre, la pozione che aveva somministrato
a Malfoy
la sera precedente avrebbe dovuto consumare i suoi effetti nel giro di
pochi
minuti… si voltò cauta per esaminare il suo
compagno di stanza.
L’intera
faccenda sembrava ormai talmente lontana e vaga, da sembrarle una
metà via tra il sogno e la realtà. Si sedette ad
aspettare il suo risveglio,
lasciando passare minuti, o forse ore, prima di notare lievi segni di
vita che
affioravano sul volto del ragazzo. Pochi secondi più tardi,
i suoi occhi si
aprirono, sbattendo le palpebre almeno diecimila volte.
Per
un po’ Hermione si ritrovò a sperare che lui non
la notasse, perché
sapeva benissimo che se l’avesse vista lì, sarebbe
stata costretta a spiegargli
l’accaduto, senza tralasciare nessun particolare, per non
intralciare la sua
memoria vacillante. Purtroppo, proprio nel momento in cui stava per
chiudere
gli occhi fingendo di essere ancora addormentata, il viso di lui si
scostò
lievemente verso sinistra e i loro occhi si incontrarono.
Hermione
si aspettava di vederci dentro rabbia e imbarazzo, tuttavia, tutto
ciò che vide fu irritazione e una leggera sfumatura di
vergogna che gironzolava
nel bel mezzo dei suoi occhi grigio−nuvole. Il silenzio che
gravava in mezzo a
loro si faceva sempre più pesante, mano a mano che i secondi
passavano e i loro
sguardi non accennavano a staccarsi. Hermione parlò prima di
potersi fermare.
“Come
ti senti?”
A
quel punto lui spostò altrove lo sguardo e, onestamente,
Hermione non si
aspettava che le avrebbe risposto. “Da schifo,”
mormorò, con voce roca.
La
giovane strega lo osservò attentamente mentre lui si
sforzava di sedersi,
tenendo la mano ferita sotto le coperte. Allungò le
ginocchia facendole
scricchiolare, massaggiandosi contemporaneamente le tempie con gesti
lenti ma
decisi. Hermione nel frattempo si morse il labbro, indecisa sul da
farsi. Alla
fine, si arrotolò la coperta attorno ai fianchi e si
alzò dal divano dove stava
per avvicinarsi a Malfoy.
Che
diavolo stai facendo….?
Avrebbe
potuto benissimo sedersi sul pavimento di fianco al divano. Sarebbe
stata sicuramente un’idea più ragionevole,
rispetto a quella di poggiarsi
nervosamente sul fondo destro del divano dove, fino ad un minuto prima,
giacevano i piedi di Malfoy. Se per caso questo gesto avesse scatenato
la sua
rabbia, lei non se la sarebbe presa con lui, poiché
onestamente, non sapeva
nemmeno cosa stesse facendo lei stessa. Ma Draco a malapena si mosse.
Era una
delle più bizzarre situazioni in cui si era cacciata da
molto tempo e,
considerando i sei anni passati accanto ad Harry e Ron a cacciarsi
sempre nei
guai, voleva dire parecchio.
“Che
cosa pensavi di fare ieri sera?” sputò fuori prima
di potersi
controllare, aggrottando le sopracciglia quando vide che lui non si
stava
prendendo nemmeno il disturbo di alzare la testa. “Hai idea
di quanto siano
pericolose le protezioni di questo dormitorio? Avresti potuto morire,
Malfoy−
“Non
sei tornata,” la interruppe lui con un lieve mugolio.
“Cosa?”
Hermione ansimò, cercando di scovare un qualsiasi segno di
ciò che
stava per dire nel suo viso. “Che cosa stai
dic−?”
“Non
sei tornata,” ripetè, alzando finalmente lo
sguardo e fissandola
dietro le sue biondissime ciglia. “Ieri sera.”
“Non…non
capisco−
“Nessun’altro
sa che sono qui.” si affrettò a continuare lui,
soppesando le
parole con cautela. “Se mai ti accadesse qualcosa, allora
significa che io
sarei bello che fottuto−
“La
McGranitt sa che sei qui,” ribattè Hermione. La
sua voce era dolce e
paziente, come se lo stesse in qualche modo confortando, e Draco era
troppo
confuso per esserne disgustato. Nonostante i suoi tentativi per
ignorarlo,
c’era qualcosa nella vicinanza della Granger che sembrava
consolidare i
rimasugli frammentati della sua anima irrequieta, e per il momento, non
voleva
che lei se ne andasse. Non ancora.
Come
ha potuto dimenticare la McGranitt? Era tutta colpa di quella vacca
mummificata se lui si ritrovava imprigionato lì.
“E
se…fosse accaduto qualcosa a lei?”
domandò brusco. “Sarei rimasto qui a
marcire finchè qualche stupido bamboccio del terzo anno non
fosse rimasto
insospettito dall’odore?”
“Draco,”
ansimò Hermione, turbata
dal crudo linguaggio usato da Malfoy. “Se succedesse qualcosa
alla McGranitt
allora le protezioni cesserebbero di funzionare e tu potresti uscire
senza
problemi.”
Draco
chiuse e riaprì gli occhi più volte prima di
provare a rispondere.
Per
la miseria, non ci aveva mai nemmeno pensato! Si sentiva terribilmente
stupido ora, per il suo drammatico tentativo di fuga. Scansò
il suo sguardo da
quello di Hermione e disprezzò la sua idiozia per essersi
cacciato da solo in
quello stato. Se prima pensava che il momento in cui Potter
l’aveva beccato a
frignare nel bagno lo scorso anno fosse stato il momento più
imbarazzante della
sua vita, allora si sbagliava.
Però…
Però
lei era diversa da Potter. Quello stupido cazzone immortale che non
è
altro era lì solo per curiosare, come faceva ogni maledetta
volta, mentre
invece lei…sembrava veramente preoccupata per lui. Quello
stesso pensiero
avrebbe dovuto disgustarlo, e le sue dita intorpidirono mentre nella
sua mente
balenò l’antico istinto di cacciarla via, lontano
da lui… ma non ci riuscì. Al
contrario, si ritrovò ad analizzare il volto della giovane
Grifondoro, alla
ricerca di un qualsiasi segnale di inganno, ma la Granger praticamente
riluceva
di completa sincerità.
“Perché
mi hai aiutato?” chiese, strizzando gli occhi in uno sguardo
sospettoso.
“Perché
ne avevi bisogno,” Hermione rispose con una scrollata di
spalle,
come a suggerire che ciò che aveva fatto non era nulla di
chè. “Le
protezioni sono molto forti e pericolose
e saresti potuto−
“Tu
mi odi,” sussurrò lui, forse rivolgendosi
più a se stesso che a lei.
“Noi ci detestiamo, Granger. Perché cazzo
dovresti−
“Io
non…non penso di odiarti…non sul
serio,” balbettò timidamente Hermione,
e Draco spalancò la bocca dallo stupore con un colpo
talmente deciso da
sembrare quasi udibile. “‘Odio’
è una parola grossa. Non vorrei mai che ti
succedesse qualcosa di fatale−
“Davvero
non vorresti?” grugnì cinico lui in risposta.
“No,
davvero.” confermò lei, con la sua solita e
familiare determinazione.
“E spererei davvero che tu non lo desideri per me.”
Draco
sbuffò, ma Hermione avrebbe dovuto esser sorda per non
riuscire a
sentire la mancanza di convinzione in quel gesto. Un ricordo della
Coppa del
Mondo di Quidditch gli saltò in mente, e ricordò
di quando lui stesso aveva
avvertito Potter di allontanare la Granger dal caos. Era stato
un’impulso
improvviso, e nelle settimane successive se n’era domandato
senza sosta il
motivo, ma non c’era alcun dubbio sul fatto che, anche solo
per un momento, lui
avesse pensato a mantenerla al sicuro…anche se ancora oggi
non aveva idea del
perché l’avesse fatto.
“Lascia
che ti controlli la mano,” la voce della Granger lo
riportò al
presente. “Stamattina non aveva una bella cera−
“E’
a posto,”
“No
che non lo è,” continuò lei decisa,
allungando la mano. “Senti, se
insisti nel fare il difficile potrei anche Pietrificarti. Non
preferiresti
concludere questa faccenda in modo più semplice?”
Draco
sbuffò e aprì ancora una volta la bocca per
aggiungere: “Non dirai ad
anima viva quello che è successo, Granger.”
“Certo
che no. Non potrei nemmeno se volessi, Malfoy” gli
ricordò Hermione.
“Tutto ciò che succede in questa stanza rimane tra
noi due.”
Qualcosa
in merito al commento della Granger gli fece pizzicare la gola e
cercò in tutti i modi di deglutire il più
velocemente possibile, prima che lei
gli si avvicinasse per esaminagli la ferita.Appoggiò la sua
mano sul palmo già
aperto di lei, notando solo in quel momento quanto fosse messa male.
C’era un
taglio profondo che si espandeva dal centro del palmo e le sue dita
somigliavano più a dei bastoncini di carbone secco, misto a
sangue mezzo
coagulato.
Draco
poteva ancora sentire alcuni residui di quella potente magia che si
sforzavano di procurargli dolore fin sopra l’avambraccio, e
quel leggero ma
letale ronzìo era di per sé una terribile,
costante, tortura. I suoi occhi
argentati si alzarono sul volto della Granger, quasi aspettandosi di
vederla
trattenere dei conati di vomito, ma lei era ferma e composta. Fissava
attentamente la ferita, come un Guaritore, valutando la situazione.
Draco si
perse ad osservare un punto imprecisato della sua tempia, immaginando
di vedere
al di là del cranio, i piccoli ingranaggi del suo cervello
che lavoravano senza
sosta.
Si
rese conto solo in quel momento che si stavano effettivamente tenendo
per mano, circondati da un forte odore di sangue, proprio come la prima
volta
in camera sua, dopo l’incidente del bagno.
“Ci vorranno un
paio di minuti per
sistemare il tutto,” mormorò Hermione, tirando
fuori la bacchetta e iniziando a
lavorare sulla ferita. “Ti fa male?”
“No,”
mentì, digrignando i denti, fissando l’alone
dorato che scaturiva
dalla bacchetta per non pensare al dolore. “Sbrigati,
Granger.”
Hermione
continuò il suo lavoro rimanendo concentrata sulla ferita,
tirando
fuori un centimetro di lingua di tanto in tanto, fissando imperterrita
le gocce
di sangue fresco che scaturivano dalla forza con cui stava cercando
disperatamente di richiudere il buco nella sua pelle.
Cercando
di ignorare la continua sensazione di tortura che gli stava
facendo saltare i nervi, si concentrò invece sul tocco
delicato della Granger e
scoprì che quella era la distrazione migliore che aveva
trovato finora. Rimasero
seduti in un silenzio che stava stranamente diventando tranquillo e
confortevole, e Draco era troppo perso nella contemplazione dei suoi
movimenti
per accorgersi che Hermione aveva interrotto il lavoro per arrotolargli
la
manica del maglione.
Il
respiro mozzato della Granger interruppe la sua trance, e il suo
sguardo
volò fino al punto in cui gli occhi ambrati di Hermione
erano rimasti bloccati.
Avrebbe voluto polverizzarsi in quell’esatto momento;
disintegrandosi nel nulla
più totale. Seguì il suo sguardo in basso, sul
suo stesso braccio, sapendo
perfettamente che cosa l’aveva scossa in quel modo. Il suo
Marchio Nero.
No,
no, no...
Non
voleva che lei lo vedesse… non sembrava giusto. Lei
è troppo pura per una
cosa come quella, come se
anche solo fissare quell’orrenda cicatrice potesse in qualche
modo farle del
male. Che Salazar potesse maledirlo, ma lui questo non lo voleva; non
voleva
che lei si avvicinasse in nessun modo a quell’oscura parte
del suo essere.
Provò a scostare il braccio, ma la presa di Hermione era
così solida che non
riuscì ad allontanarlo da lei.
Hermione
studio intensamente quella forma terrificante, rendendosi conto
che non era mai stata così a contatto con
un’autentico Marchio Nero prima
d’ora. Aveva letto infiniti a proposito di Voldemort e del
suo metodo per
tenere sotto controllo i suoi seguaci, ma c’era qualcosa che
non andava nel
marchio sulla carne di Malfoy. La pelle che circondava il disegno
intricato di
uno scheletro e del serpente che gli girava intorno, era ancora rossa e
in
rilievo dall’irritazione, ma Silente ormai era morto da sei
mesi, il che
significava che a quel punto la sua pelle avrebbe dovuto essere pallida
e
rilassata come in tutto il resto del corpo.
A
meno che…
“Aspetta
un momento,” bisbigliò Hermione con tono assente,
avvicinandosi un
po’ di più, senza sapere che il suo sospiro
agitato era andato a finire sul
braccio di Draco e che quel gesto gli aveva provocato un brivido che
gli era
stato difficile nascondere. Draco la osservò cauto, mentre
una scintilla di
comprensione scaturì sul suo viso.
“Tu
non volevi il Marchio.”
Draco
non riuscì a reprimere un violento colpo di tosse, segno che
le sue
parole l’avevano colpito in maniera alquanto brusca.
“COSA?!”
“Tu
non volevi il Marchio,” ripetè, alzando il mento
per potergli lanciare
un lungo sguardo indagatore. “Almeno, non del
tutto.”
“Che
cazzo stai−
“Il
tuo corpo lo rifiuta perché tu non lo vuoi,”
spiegò Hermione,
accennando con un dito alla pelle infiammata e bruciante che contornava
il
tatuaggio. “Avrebbe dovuto calmarsi a questo punto, se tu
fossi stato
completamente obbediente.”
Draco
non aveva idea di come poter rispondere a quell’affermazione,
perché
la Granger, per quanto fosse fastidiosa, ancora una volta aveva
ragione. Aveva
avuto troppe cose a cui pensare il giorno della cerimonia, ma quel che
è certo
è che si era pentito di quella notte con ogni singola
cellula del suo corpo. Il
fatto è che era stato fin troppo preso
dall’urgenza di vendicare la
carcerazione del padre, ma dal momento in cui mise piede da Magie
Sinister, si
ritrovò a dover sigillare la dolorosa operazione che gli
aveva lasciato in
cambio solamente quella disgustosa cicatrice. E a cosa aveva portato
tutto ciò?
A nient’altro che non fossero terrificanti notti passate a
fuggire da tutto e
da tutti.
Draco
aveva da lungo accettato tutto questo; si era ormai rassegnato di
fronte a quell’errore fatale che aveva portato al periodo
peggiore della sua
vita, ma non voleva che lei ne facesse parte.
“Come
diavolo fai a sapere queste cose?” la sfidò con un
ghigno sfrontato,
scansando lontano da lei il braccio e ricoprendo il marchio con il
maglione.
“Lasciami indovinare; uno dei tuoi preziosi libri, Granger?
Dovresti stare
attenta a non fidarti troppo di ciò che leggi−
“So
che non è stata una tua scelta, Malfoy,”
ribattè lei in tono calmo, il
che non fece altro che innervosirlo ancora di più.
“E non avevo bisogno di
vedere il tuo Marchio per rendermene conto−
“Risparmiami
le tue stronzate filosofiche, Granger,” sbuffò
lui, ma non
riuscì ad impedire che un violento senso di nausea lo
inondasse, incurvando i
suoi lineamenti e tingendo le sue guancie di un verde spettrale.
“Stai
bene?” chiese Hermione di colpo, sporgendosi in avanti per
soccorrerlo. “Lascia che−
“Lasciami
in pace!” scattò lui, cercando di alzarsi da solo
dal divano,
senza dare ascolto alle violente scosse di emicrania che lo colpirono
dopo il
tentativo. “Porca miseria−
“E’
colpa della magia,” disse Hermione, avvicinandosi a lui
così che rimase
solamente un minuscolo cuscino a separarli. Forse era un po’
troppo. “Lascia
che finisca di curarti−
“Non
ci penso proprio−
“Non
toccherò il Marchio,” propose lei, abbassando il
tono di voce ad un
sussurro. “Lo prometto, non lo nominerò nemmeno.
Come ho detto prima, tutto ciò
che succede in questo dormitorio, rimane in questo
dormitorio.”
Se
non fosse stato per il dolore pungente che pulsava ancora sotto ogni
centimetro della sua pelle, gli sarebbe scappato un meraviglioso
insulto. Invece,
si abbandonò alle cure pazienti della Granger, facendo
però attenzione a non
lasciar trapelare dalla sua espressione quanto in realtà si
stesse godendo quel
momento rilassante. Ed ecco di nuovo, il tocco delicato della Granger
sulla sua
pelle; le sue dita gli sfioravano il polso con leggeri movimenti
rotatori che
gli fecero venire la pelle d’oca. Rimanendo fedele alla sua
promessa, non
menzionò più il Marchio, facendo anche attenzione
a non sfiorarlo mentre gli
srotolava la manica.
Hermione
faceva il possibile per ignorare quell’orribile disegno, ma
poteva
giurare di sentirsi in qualche modo osservata; sembrava che il Marchio
stesse
giudicando la qualità del suo sangue, o peggio, giudicando
lei stessa,
ritenendola indegna e inferiore. Hermione trasse un profondo sospiro,
ottenendo
che, proprio sulla punta delle sue narici, volasse anche una lieve
folata del
profumo di Malfoy. Era diverso dal solito, non sapeva più di
sidro e di mele,
ma era più maschile e raffinato. C’era una leggera
traccia di quell’odore di
pagine consumate dalla lettura che lei adorava, e anche un pizzico
dell’essenza
del suo sapone da bagno, il che combaciava perfettamente con il suo
naturale
odore corporeo; fresco e speziato. Era abbastanza gradevole…
“Ok,”
mormorò Hermione trattenendo il fiato, abbassando la
bacchetta.
“Penso che sia a posto.”
“Bene”
rispose lui, scoprendo che, nell’istante in cui Hermione
ritrasse la
mano, la sua pelle gli sembrava terribilmente fredda senza quel tocco
famigliare.
“Come
ti senti ora?” gli chiese lei, aggiustandosi un ciuffo di
capelli
dietro l’orecchio. “Qualche senso di nausea
o−
“No”
mentii spudoratamente lui, preparandosi ad alzarsi dal divano con quel
poco che rimaneva della sua magra dignità. Cercò
il più possibile di far
sembrare i suoi movimenti sicuri e naturali, e stava quasi per riuscire
ad
entrare nella sua camera da letto, quando la voce della Granger lo
fermò. Per
la miseria, ma lasciarlo in pace mai eh?
“Malfoy,”
lo chiamò lei, con una
punta di nervosismo nella voce. “Posso…posso
chiederti una cosa prima che tu
vada?”
Mandò
al diavolo il suo autocontrollo, mentre una crescente
curiosità lo
fece appoggiare alla parete, pronto ad osservare la giovane strega con
sguardo
fintamente annoiato. “Fa presto, Granger.”
“Dunque,”
disse lei, con ovvio imbarazzo. “Ricordi quando sei arrivato
qui
la prima volta e mi hai chiesto cosa sentissi nei tuoi confronti? E io
ho−
“Ti
sei persa in uno sproloquio riguardante tutto quello che odiavi di
me,”
concluse lui impaziente, alzando gli occhi al cielo. “Si che
ricordo, e
quindi?”
“Però…però
ho detto proprio ora che non penso di odiarti,”
continuò
Hermione, cercando di nascondere il suo nervosismo. “E ho
detto che odio è una
parola pesante e che−
“Per
la miseria,” brontolò Draco.
“Sarà meglio che quest’inutile esercizio
di memoria abbia una fine, Granger!”
“Cosa
senti a proposito di me adesso?” domandò lei
all’improvviso, senza
riuscire a mantenere il contatto visivo. “Voglio
dire…mi odi ancora?”
Negli occhi di Draco nacque
una
tempesta di agitazione, ansia e confusione, il che fece sentire
Hermione ancora
più idiota solo a guardare l’espressione sul suo
viso. Quella semplice domanda
gli rimbombò nelle orecchie, richiamando alla mente vari
ricordi che
comprendevano i suoi gemiti mattutini nella doccia, le loro discussioni
e le
loro conversazioni quasi civili… Domanda: lui la odiava?
Sì, solo non nello
stesso modo. La odiava perché lo rendeva confuso e nervoso e
soprattutto perché
stava alterando la sua percezione di lei e di ciò che era
veramente. La odiava perché
in qualche modo era quasi diventata sopportabile, ma la odiava ancora
di più perché
lei lo faceva riflettere; gli faceva venire in mente delle domande a
cui non
avrebbe mai pensato di sua spontanea volontà.
“Ti
odio?” ripetè, con ostentata nonchalance.
“Sempre più ogni giorno che
passa.”
Non
aveva nessuna voglia di assistere alla sua reazione, così si
chiuse
velocemente la porta alle spalle, riuscendo a malapena a raggiungere il
letto
prima di cadere a peso morto sulle coperte. Si portò la mano
appena curata
davanti agli occhi, pensando tra sé che, anche stavolta, la
Granger aveva fatto
un lavoro niente male nel sistemare il casino che aveva combinato. La
sua pelle
era di nuovo candida ed eterea come prima; anche se riusciva ancora a
sentire
un lieve pizzicorio sotto strati di epidermide.
Non
era come il bruciore agoniante delle protezioni della
Preside…più come…i
piacevoli rimasugli del tocco abile e delicato della Granger…
Era
una cosa ridicola e pericolosa allo stesso tempo, così Draco
nascose di
colpo il polso nelle lenzuola per evitare di rimanere a fissarlo un
minuto di
più.
Si
era sbagliato; era questo ciò che odiava di più
in lei. Lo stava
inquinando come un delizioso virus, infettandolo centimetro dopo
centimetro;
senso dopo senso. Ci pensò per parecchi minuti, disegnando
nella sua mente una
lista di tutte le volte che la sua presenza l’aveva fatto
andare fuori di
testa. L’odore era stata la prima cosa a colpirlo, seguito a
ruota dai suoni
nella doccia. E poi, dopo interi giorni di osservazione, fu costretto
ad
ammettere che la Granger non era l’orripilante Mezzosangue
zannuta che credeva
che fosse. E adesso, adesso poteva addirittura sentirla; il suo tocco
c’era
ancora, tiepido sulla sua pelle di ghiaccio, e la sua essenza ancora
girovagava
nelle sue vene dopo il giorno dell’incidente.
Draco
ricontò mentalmente; erano quattro… olfatto,
udito, vista e tatto. Qual’era
l’ultimo?
Oh,
ma certo. Gusto.
A/N:
Sono
imperdonaaaaaabile, lo so! Mannaggia ragazzi, non sapete che fatica ho
fatto
per trovare il tempo di finire questo capitolo! So che aspettate da
Agosto e mi
dispiace un sacco! L
Spero
che avrete ancora voglia di proseguire con la lettura! Anche se sono in
5°
Liceo vi GIURO che troverò il modo di finire questa storia,
perché merita
davvero! Ciaoooo!
|
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Capitolo 9 *** Veleno. ***
Chapter
9: Veleno.
Draco
sfogliò scettico le prime pagine del libro ed
esaminò la copertina con occhio
critico, cercando un qualsiasi indizio sul perché mai la
Granger gli avesse
consigliato di leggerlo con così tanto entusiasmo.
Sembrava
apparentemente innocente; la copertina principale ritraeva una
fotografia
Babbana in bianco e nero, che stava immobile davanti al suo sguardo
indagatore.
In primo piano c’era un uomo di colore, evidentemente un
Babbano visto il suo
abbigliamento, con un’espressione in viso che sgorgava
saggezza ed esperienza
da tutti i pori. Draco controllò sul retro e notò
che non era propriamente
un’autobiografia, quanto piuttosto una collezione di brevi
saggi e lettere,
ordinate e pubblicate da un altro Babbano di nome Carson. Non
c’era nessuna
spiegazione riguardante il contenuto del libro, il che era piuttosto
irritante,
ma Draco si sentiva ridicolosamente intrigato dall’interesse
dimostrato dalla
Granger per quel piccolo tomo.
Con
uno sbuffo testardo, lo gettò di lato e sprofondò
il viso nelle mani, pulsando
con la punta delle dita sulle tempie e chiedendosi quando tutto questo
sarebbe
finito. Sentì la Granger che lasciava la sua stanza e si
dirigeva verso il
bagno per la sua doccia abituale, come faceva ogni mattina. Draco si
abbandonò
senza cercare di trattenersi alla sua routine, alzandosi dal letto per
andare a
poggiarsi contro la solita parete, piegando leggermente la testa per
far
aderire al meglio l’orecchio contro il muro.
Pochi
secondi più tardi, accompagnata dalla melodia prodotta
dall’acqua scrosciante,
la Granger cominciò a nutrire di nuovo la sua malata
ossessione. Cominciando,
come sempre, con dei sospiri quasi impercettibili, che si facevano
sempre più
distinti in un crescendo di gemiti. Draco inspirò a fondo
mentre la sua
emicrania cominciava lentamente a svanire, lasciandolo perso in uno
stato di
dormiveglia.
Come
succedeva sempre.
Ma…
Qualcosa
dentro di lui si mosse; una lieve, tiepida contrazione proprio sotto
all’ombelico. Conosceva bene quella sensazione, ma era da un
po’ che non la
sentiva; dopotutto, essere costretti per mesi a pensare a come uccidere
Silente
si era rivelata un’occupazione a tempo pieno e non aveva
certo avuto tempo di pensare
a queste cose.
Ancora
un po’ perso tra i suoni soffocati provenienti dal bagno, la
sua mano si spostò
istintivamente nel bel mezzo delle coscie. Non aveva nemmeno fatto in tempo a sfiorare
la sporgenza che gli
stava crescendo nei pantaloni quando i suoi occhi si spalancarono di
colpo…quella stessa mano andò a finire dritta
spiaccicata contro il suo viso,
in un auto−schiaffo pieno di shock. Allontanò il
più possibile il suo corpo
dalla parete, coprendosi le orecchie con le mani. Tremava da capo a
piedi,
pieno di disgusto per se stesso e terrore…cercò
disperatamente di farla uscire
dalla sua testa, chiudendo gli occhi in una morsa e digrignando i denti
con una
forza che non credeva nemmeno di possedere.
Draco
si era ormai ridotto ad un cumulo rannicchiato ai piedi del letto, ma
non osò
muovere un muscolo, almeno finchè non sentì il
familiare clic della porta
principale, avvisandolo che la Granger era uscita
per andare a lezione.
A
quel punto aprì gli occhi e le sue braccia gli caddero
inerti lungo i fianchi,
mentre il petto si sollevava e si abbassava dalla repulsione e dal
panico.
Che
DIAVOLO è successo?
Con
la fronte che sudava, la gola secca e la testa così piena di
domande da pesare
come un mattone, Draco riuscì a formulare un solo
pensiero…si sentiva sporco,
deturpato dal modo in cui il suo corpo aveva reagito nei fronti di
quella
fottuta puttana. Per la miseria, cosa c’era che non andava in
lui? Per caso la
sua psiche era talmente abituata alla presenza della Granger da
riuscire a scatenare
una reazione così malata?
NO!
No.
No,
non
significava niente. Un fottutissimo niente.
Erano
passati molti mesi dall’ultima volta in cui aveva tratto una
qualche
soddisfazione fisica, perciò era più che normale
che il suo corpo dovesse
reagire così, soprattuto visto considerato che passava molto
tempo in compagnia
di una ragazza.
Che
fosse Mezzosangue o meno.
Era
una cosa inevitabile, ma poteva controllarla. Doveva.
Draco
alzò il capo e trovò l’autobiografia di
King ancora ai suoi piedi. Ingurgitando
una grande quantità di saliva, afferrò il libro
con dita ancora tremanti, e
cominciò a leggere il primo capitolo. Era essenziale che si
distraesse con
qualcosa.
“Leggere?”
Ripetè la McGranitt con espressione concentrata.
“Sì, suppongo che possa essere
una buona idea per tenere occupato il signor Malfoy.”
“Gli
ho prestato qualche libro Babbano,” confessò
Hermione. “Ho pensato che
forse…forse così facendo avrei potuto cambiare i
suoi ideali nei confronti dei
Babbani−
“Ammiro
la tua tenacia, signorina Granger,” sospirò lei,
poggiandosi allo schienale
della poltrona. “Ma vorrei avvisarti di non essere troppo
entusiasta di
quest’idea. Il signor Malfoy sembra abbastanza convinto
di−
“Questo
lo so,” la interruppe Hermione. “Ma non penso che
sia così male come sembra. E’
un ragazzo intelligente e penso che, se riuscissi a instaurare in lui
qualche
dubbio riguardo a ciò che ha sempre creduto essere
legittimo, forse potrei
riempire quei buchi con informazioni sensate.”
La
Preside si tolse gli occhiali e li poggiò alla scrivania
ticchettando con
l’asticella sul legno pregiato. “La tua opinione
sul signor Malfoy è cambiata,”
disse, dopo una lunga pausa; era un’affermazione, non una
domanda.
“Beh,”
Hermione aspettò di trovare le parole giuste, cercando di
controllare il
rossore che minacciava di tingerle tutto il visto da un momento
all’altro. “Penso
di riuscire a capirlo un po’ meglio adesso, e credo che anche
lui si stia
adattando a me in qualche modo. Sono abbastanza sicura che la sua
percezione di
me sia cambiata nell’ultimo mese, quindi, forse, potrei
convincerlo che i suoi
pregiudizi sono totalmente infondati.”
La
McGranitt rimase a fissarla per qualche secondo. “Se proprio
ne sei convinta”
sospirò infine. “Allora vorrei raccomandarti di
non sperarci troppo e di esser
cauta. Ma mi fido della tua capacità di giudizio Hermione,
perciò…”
“Grazie”
accennò lei con un sorriso. “Questo significa
molto per me, professoressa.”
“A
proposito, come si sta comportando ultimamente?” chiese
l’anziana strega.
“Qualche strano atteggiamento, o sfogo di qualsiasi
genere?”
Il
cervello di Hermione la catapultò totalmente
all’indietro, mostrandole sotto
forma di flash, vari ricordi del giorno in cui aveva trovato Malfoy
mezzo morto
ai piedi dell’ingresso al dormitorio. Gli aveva promesso che
l’intera faccenda
sarebbe rimasta tra loro; Merlino, aveva proprio giurato. Col senno di
poi, si
è rivelato un gesto avventato, e anche se la sua
lealtà nei confronti della
Preside era praticamente certa e infinita, una promessa era sempre una
promessa.
Che
si trattasse di Malfoy o meno.
“No”,
Hermione scosse la testa, ignorando il senso di colpa. “No,
passa quasi tutto
il tempo nella sua stanza.”
“D’accordo,”
rispose la professoressa, con tono lievemente scettico.
“Allora…tienimi
informata sul suo comportamento. E lei, lei come sta, signorina
Granger?”
“Sto
bene,” rispose lei automaticamente, lanciando
all’anziana strega uno sguardo
curioso. “Perché me lo chiede?”
“Voglio
solo assicurarmi che lei stia bene,” affermò la
McGranitt. “Capisco che la tua
vita sia complicata in questo periodo e voglio assicurarmi che tu stia
bene,”
Hermione
scrollò lievemente le spalle. “Ci sono persone
più sfortunate di me al
momento,” rispose schietta. “Io qui sono al sicuro,
ed è tutto ciò che conta.
Davvero.”
“Siamo
d’accordo allora,” la McGranitt non
riuscì a nascondere la sua preoccupazione
dietro al tono rassicurante con cui cercò di finire il
discorso. “Vorrei però
che sapesse che può parlare con me di qualsiasi cosa la
affligga, quando lo
ritiene necessario,”
La
giovane Grifondoro si sforzò di sorridere. “La
ringrazio molto.”
“Oh,
un’ultima cosa,” l’anziana strega
continuò iperterrita. “Avrò bisogno di
fare
un viaggio ad Hogsmeade questa settimana e vorrei che tu e il signor Mc
Laggen
mi accompagnaste, in veste di Caposcuola. Potresti chiedere ai tuoi
amici se
hanno bisogno di qualcosa da comprare quando saremo
là.”
“Ok,”
disse Hermione, alzandosi dalla poltroncina.
“Verrò Sabato, Professoressa.”
Era
notte fonda e il vento aveva ricominciato ad ululare; stridendo
attraverso i
vetri della Biblioteca come violenti sussurri.
Hermione
tremò da capo a piedi per la ventesima volta, cercando di
mettere un po’ più di
intensità nel suo incantesimo di Illuminazione che scaturiva
dalla bacchetta.
Dalla bocca le uscivano sbuffi di vapore congelato e le sue palpebre
minacciavano di cadere da un momento all’altro mentre lei,
china sui libri,
cercava di decifrare un passaggio particolarmente complicato sul suo
manuale di
Trasfigurazione.
Tutto
inutile; il vento era troppo forte e la sua mente troppo stanca per
poter
rimanere lì un minuto di più.
Non
aveva fatto in tempo a ritornare nel dormitorio dopo le lezioni come
faceva
tutti i giorni, dato che Neville l’aveva quasi implorata di
aiutarlo con un
compito di Trasfigurazione, e pensava che non avesse senso fare due
giri per
niente, così rimase direttamente in Biblioteca. La sua
uniforme era tutta
stropicciata e pesante, dopo aver passato tutta la giornata addosso al
suo
corpo esausto. Oltretutto, non aveva cenato a causa
dell’incontro prefissato
con la Preside nel suo ufficio e ora stava morendo di fame. La notte
non aveva
portato a nessun progresso, come al solito,
perciò…che senso aveva rimanere?
Bastò
un altro sibiliò del vento ad interrompere del tutto il suo
lavoro, così chiuse
di scatto il libro e si affrettò a raccogliere le proprie
cose mentre il
fragore del vento sulle finestre continuava ad aumentare terribilmente.
Corse
attraverso i corridoi con passo svelto ma cauto, con il cuore che le
batteva
all’impazzata nel petto.
“Ad
Lucem!” sussurrò ai leoni nel quadro ed
entrando nella stanza principale.
Buttò a terra la borsa senza nemmeno curarsi di aver fatto
rumore e cercò di
ricomporsi respirando affannosamente.
“Che
diavolo ti prende?”
Hermione
fece un balzo di trenta metri al suono di quella voce, con gli occhi
sbarrati e
una mano sul petto che ormai non si conteneva più.
“Per la miseria, Malfoy!” lo
rimproverò lei, cercando di sovrastare i suoi respiri
agitati. “Che stai
facendo?”
Lui
la
guardò inviperito, osservandola con sguardo indagatore, e i
suoi propositi di
ignorarla a tutti i costi dopo l’incidente di quella mattina
si sfaldarono. Era
talmente allettante l’idea di irritarla in un momento come
questo, in cui lei
era sicuramente terrorizzata e vulnerabile…
Un
mese passato in sua presenza, e ancora Draco faticava a comprenderla.
Ma
nonostante la vocina nella sua mente gli stesse dicendo che
quell’idea era
particolarmente rischiosa, lui non riuscì ad evitare di aver
voglia di giocare
un po’ con lei.
Lo
divertì notare quanto fosse disordinata la Granger in quel
momento; con
l’uniforme tutta stropicciata, la gonna che le arrivava
pudicamente al
ginocchio – a differenza di molte altre ragazze che non si
facevano problemi a
mostrare le coscie – e i bottoni della camicia chiusi alla
bell’e meglio. Dio,
quella ragazza non saprebbe vestirsi in modo provocante nemmeno se la
sua vita
dipendesse da quello.
Sicuramente
non ci sarebbe stato nulla di male nel giocare un po’ con la
piccola Grifondoro,
solamente per scacciare un po’ la noia...
“Che fai
lì seduta sul pavimento?” le disse
sprezzante. “E perché diavolo sei così
agitata?”
Hermione
deglutì con forza quando l’ennesimo colpo di vento
si abbattè sulla finestra
del salotto. “Io…non − non sono
agitata”
“Oh,
ma certo,” sghignazzò lui, riconoscendo sul suo
volto i sintomi della paura. “Dimenticavo
il tuo piccolo problemino con il vento−
“Sta
zitto, Malfoy,” rispose Hermione, alzandosi in piedi per
cercare di recuperare
un minimo di dignità. “Perché sei
sempre pronto a venirmi in agguato?”
“Io
non sto in agguato,” Draco ribattè calmo,
appoggiando la schiena alla parete. “Sono
solo qui in giro−
“Beh…come
mai?” domandò lei diffidente, spostando la borsa
sul divano. “Solitamente non
sei sveglio quando arrivo a casa−
“Sbagliato
di nuovo, Granger,” la interruppe. “Io sono sempre
sveglio quando arrivi a
casa. Sono solo chiuso in silenzio nella mia stanza.”
Hermione
sembrava talmente confusa da quell’affermazione, che il
ghigno di Malfoy si
ingigantì ancora di più. “Sei sempre
sveglio?”
“Cercare
di dormire quando tu fai tutto quel casino è praticamente
impossibile, Granger,”
le disse senza mezzi termini. “Come ho già detto
una volta, è come vivere con
un gigantesco troll di montagna che non sa dove andare a
sbattere−
“Io
non sono così goffa! Sono solo−“
“Rumorosa
e fastidiosa,” finì Draco con tono annoiato.
“E anche una rompiscatole−
“Aspetta,”
Hermione borbottò sottovoce.
“Quindi…stai dicendo che anche tu hai problemi a
dormire?”
Merda.
Draco
si accorse del suo errore troppo tardi. “Dormo alla
grande,” disse, lanciandole
uno sguardo acuto. “Anche se i vostri letti da Grifondoro
sono ridicolosamente
scomodi.”
Hermione
si bloccò, curvando la testa di lato; i suoi occhi dorati
osservarono la sua
figura in controluce dall’alto verso il basso.
“Allora… che stavi facendo nella
cucina?”
“Stavo
cercando di prepararmi qualcosa da bere,” rispose lui,
alzando gli occhi al
cielo e indicando il bollitore. “Ma il tuo fottutissimo
attrezzo Babbano si è
rotto−
“Non
è rotto,” mormorò lei, con decisione.
“Vado a cambiarmi e poi ci penso io−
“Non
voglio che lo faccia tu, so beniss−
“Oh,
non essere così infantile,” Hermione
aggrottò le sopracciglia ma si spaventò a
morte quando un colpo di vento fece sbatacchiare un ramo del platano
picchiatore sul vetro della cucina. Cercando di ricomporsi, si rivolse
di nuovo
a Draco. “Senti, devo farti comunque delle domande,
perciò−
“Domande?”
ripetè Draco. “Perché dovrei rispondere
alle tue−
“Malfoy,
smettila,” lo bloccò lei con crescente
irritazione. “Non sto cercando di
estorcerti nessuna informazione−
“Certo,
come no−
“Le
domande che devo farti riguardano il tuo soggiorno qui e come possiamo
renderlo
meno fastidioso,” spiegò lei, dirigendosi verso la
sua camera da letto.
“Quindi smettila di essere così−
“Hai
dieci minuti,” la avvisò lui, allontanandosi dalla
cucina e sprofondando tra i
cuscini del divano. “Sbrigati, Granger.”
Hermione
ci mise meno di due minuti per cambiarsi in una maglietta larga e i
pantaloni
del pigiama, prendendo anche la coperta immaginando che, data la
‘gentilezza’
del suo compagno di stanza, quella sarebbe stata una lunga
chiacchierata. Draco
battè impaziente il piede contro la gamba destra del
tavolino mentre lei
preparava due tazze di cioccolato bollente, e le ci volle tutto
l’autocontrollo
del mondo per non scaraventargli ancora una volta una tazza addosso.
“Dunque,”
cominciò Hermione, appoggiando le tazze al tavolo e
sedendosi sul divano
opposto. “Questo finesettimana andrò ad Hogsmeade
e mi chiedevo se avessi
bisogno di qualcosa da comprare−
“Non
ho bisogno che tu mi compri un bel niente!” rispose lui,
alzandosi dal divano
con movimenti furiosi. “Quante volte te lo devo dire,
Granger? Sei
maledettamente sorda? Non ho bisogno di niente da te−
“Sapevo
che avresti reagito in questo modo,” disse lei, controllando
il suo tono di
voce come se quello fosse un serioso colloquio di lavoro.
“Senti, non sono mica
soldi miei; sono i soldi della scuola, e visto che tuo padre era uno
dei
Governatori, tecnicamente si tratta dei tuoi soldi.”
Non
era vero. Hermione avrebbe dovuto pagare di tasca sua tutto
ciò che Malfoy le
avrebbe richiesto, a condizione che rientrasse nella sua fascia di
prezzo. Si
era aspettata che Draco considerasse quell’offerta come
un’insulto al suo
orgoglio, così si era inventata quella piccola frottola per
convincerlo. Non era
sicura del perché, ma desiderava che lui potesse avere
qualche comfort in più
da poter considerare di sua proprietà personale;
probabilmente per far si che
il suo umore si calmasse un pochino, oppure si trattava di qualcosa
d’altro che
ancora non riusciva ad afferrare.
La
giovane Grifondoro non poteva evitare di vederlo in una luce diversa
dopo il
suo tentativo di fuga, e soprattutto dopo quel gesto tenero e
inaspettato che
ancora le ribolliva sotto la guancia al solo pensiero. Non aveva mai,
mai
considerato la possibilità che Malfoy potesse essere gentile
(qualsiasi cosa
facesse) e quel momento impulsivo l’aveva completamente colta
di sorpresa; era
come se l’avesse resa più consapevole dei suoi
bisogni e dei suoi sentimenti. La
vista del suo Marchio Nero avrebbe dovuto farla tornare sui suoi passi,
ma non
successe. Al contrario, si ritrovò a pensare alla voce della
McGranitt che
fluttuava nella sua testa.
Faresti
bene a ricordarti
che Draco fu costretto a compiere la sua missione, e dovresti pensarci
bene quando
ti trovi a dover discutere con lui…
Hermione
si disse che non le importava, non del tutto almeno, però
aveva passato l’odio
e adesso si ritrovava in un punto che non sapeva ancora riconoscere.
“E
tu ti stai offrendo di comprare queste cose per me?”
domandò Draco, scettico.
“Perché?”
“Oh,
per ragioni puramento egoistiche,” rispose lei, con un
sorriso. “Magari se
avessi qualche cosa di nuovo con cui passare il tempo, sarai
più gentile.”
Draco
fece un risolino. “Ci vorrà più di
qualche giocattolo per far si che io sia
gentile nei tuoi confronti, Granger” le disse deciso.
“A parte quello, stai
dicendo che non ti aspetti nulla in cambio?”
“So
che
non accetteresti nessuna delle mie proposte in ogni caso,”
Hermione alzò le
spalle. “E poi tu non hai nulla da darmi che
vorrei.”
Dracò
sentì la mascella che si contraeva con palese irritazione.
“D’accordo,” buttò
lì alla fine. “Comincio ad essere abbastanza stufo
di vedere sempre quelle
maledette lenzuola rosse sul mio letto, perciò prendimene un
paio verdi. E quel
fottutissimo shampoo mi−
“Aspetta
un secondo,” disse Hermione, ficcando la mano nella borsa.
“Me lo scrivo.”
Mentre
Hermione era occupata a cercare un blocco per appunti e una matita, una
delle
sue siringhe per l’allergia caddero sul pavimento, rotolando
fino ai piedi di
Draco. Il pallido giovane la raccolse e l’analizzò
con cautela, rigirandosela
fra le mani e alzando un sopracciglio dubbioso quando vide le
istruzioni
stampate in immagini minuscole sul lato del tubetto.
“Cos’è,
adesso i Babbani non sanno neanche leggere?” la prese in
giro. “Avrei pensato
che−
“Sono
immagini direzionali,” rispose lei con rabbia. “Se
avessi un’attacco allergico
e qualcuno mi trovasse, le immagini spiegano come darmi
l’antidoto.”
“Perché
non puoi farlo da sola e basta?”
“Se
raggiungo un cero stato non potrei esserne capace,”
spiegò Hermione. “Sono solo
una precauzione in più−
“E
se non prendi l’antidoto?” domandò
Draco, lanciandole uno sguardo annoiato ma
rendendosi conto solo in quel momento di quanto in realtà
fosse interessato
alla risposta. “Cosa succede?”
“Potrei
morire,” rispose Hermione, e a Draco sinceramente non piacque
il tono
irriverente con cui rispose. “Rimettilo a posto e basta,
Malfoy. Proseguiamo con
la tua lista.”
Draco
tornò a guardarla, questa volta con una sensazione pressante
e inquietante che
gli riempiva la mente, e i suoi occhi ghiacciati si rituffarono su
quegli
strani oggetti che aveva in mano. Controllò
quell’immagine ancora una volta
prima di ficcarli di nuovo nella borsa della Granger, voltandosi verso
di lei
con le mani giunte.
“Quindi,
il vento ti terrorizza e una semplice ape può
ucciderti,” ribadì con voce roca.
“Pensavo che voi Grifondoro foste indistruttibili, oppure
qust’odiosa
caratteristica si applica solo a quella testa di cazzo immortale che
frequenti
sempre?”
“Sono
umana,” rispose lei sottovoce, incontrando il suo sguardo.
“Ho dei difetti,
proprio come chiunque altro.”
Draco
sbuffò e cercò di non pensare troppo al
significato sottinteso di quella frase.
“Chissenefrega,” grugnì.
“Comunque sia, voglio delle lenzuola verdi e qualcosa
di nuovo per la doccia. Quella roba economica che usi sta iniziando a
spellarmi
il cuoio capelluto.”
“Uh,
non farmici sperare troppo,” commentò lei
sarcasticamente, guadagnandosi un’occhiata
offesa dal biondo. “Qualcos’altro?”
“Qualche
scatola di Gelatine Tutti i gusti +1” rispose. “E
un po’ di Filomenta
Interdentale.”
“Nient’altro
per la tua stanza?”
“Dubito
che ci possa essere qualcosa ad Hogsmeade che possa rendere quella
stanza meno
tragica di quello che è,” borbottò
Draco cinico. “Le lenzuola andranno bene.”
“Bene.
Qualcos’altro?”
Draco
si bloccò un secondo, curvando la testa da un lato per
pensare. “Se il
Ghirigoro è aperto, comprami qualcosa da leggere. La tua
roba Babbana sta
iniziando a darmi alla testa.”
Hermione
strinse gli occhi. “Pensavo che avessi detto che non erano
tanto male−
“Preferirei
comunque leggere un po’ di decente Letteratura
Magica,” rispose lui. “Quel
libro che mi hai detto di leggere è fottutamente
bizzarro.”
“Stai
leggendo Martin Luther King?” chiese Hermione, spalancando
gli occhi con
interesse. “Che cosa pensi a riguardo?”
“Ho
immaginato che me l’avessi dato da leggere nel vano tentativo
di farmi un
lavaggio del cervello e di farmi piacere i Babbani, ma il tuo stupido
piano è
andato a fuoco perché tutto ciò che ha provato
è stato quanto fottutamente
disgustosi siate voi Babbani.”
Hermione
dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non attraversare il
tavolo e
schiaffeggiarlo. “Ok,” sospirò con
crescente agitazione. “Perché dici
così?”
“Perché,
secondo quel libro, i Babbani schiavizzavano i Babbani di colore e li
trattavano da merda,” sputò fuori lui,
apparentemente molto sconcertato da
quell’informazione. “A meno che io non abbia male
interpretato il libro?”
“No,”
disse Hermione. “E’ tutto vero.”
Draco
sogghignò rivolto verso di lei. Era un concetto assurdo,
talmente alieno da aver catturato
la sua attenzione
all’istante, seppur con disgusto. La discriminazione sulla
base del colore
della pelle non si era mai sentita nella Storia della Magia, e il solo
pensiero
gli fece schifare i Babbani ancora di più. Blaise,
probabilmente l’unico tra i
suoi amici che rispettava veramente, era di colore e l’idea
che lui potesse
essere trattato male per quello lo faceva infuriare. E
l’unica cosa che aveva
capito da quella riflessione, era lo stato di barbarie in cui si
trovavano
quegli idioti di Babbani.
“Fottuti
deficienti,” borbottò, stringendo le labbra mentre
fissava la Granger. “E tu difendi
questo branco di incivili?”
Hermione
inspirò profondamente un’altra volta, prima di
scegliere quali parole usare per
riportare la conversazione ad un livello che potesse portarla sulla
strada
della vittoria. “Fu un periodo vergognoso della storia
dell’umanità e ancora
adesso i Babbani se ne pentono−
“Vergognoso
è un eufemismo,” le disse Draco, colpendo con
tocchi regolari la gamba del
tavolino. “Pensavo che fossi tu quella intelligente−
“Non
ho mai detto che penso sia giusto,” si difese Hermione.
“Ho solo detto che è
successo e−
“Beh,
è un maledettissimo scherzo,” grugnì.
“Non posso credere che tu stia dalla
parte di una specie che fa distinzioni a seconda del colore della
pelle. E’
solo pelle. Non è qualcosa che si può
controllare.”
Ecco,
ci siamo…
Hermone
ingoiò nervosamente una grossa quantità di saliva
e si preparò ad affrontare il
discorso. “Sì,” disse, più
tranquillamente che potè. “E’ ingiusto
giudicare
qualcuno per qualcosa sulla quale non hanno nessun potere,
vero?”
Draco
alzò la testa di scatto, e in quel momento
desiderò di mandare indietro il
nastro e di rimangiarsi ogni parola. L’argomento della
conversazione si era
improvvisamente spostato verso un territorio particolarmente delicato;
il suo
sangue.
Il
nervosismo causato dal precedente senso di rabbia scomparve dai suoi
lineamenti
pallidi, lasciando i suoi occhi grigi completamente spalancati e la
bocca semi−aperta.
Le sue sopracciglia fiere si unirono in un’espressione
confusa e qualcosa che
somigliava terribilmente all’ansia montò
all’interno del suo petto. Da fuori
sembrava immobile, ma guardando da vicino, Hermione poteva sentire un
lieve,
costante tremolio che lo percorreva da capo a piedi. Il silenzio era
greve, ed
Hermione non osò interromperlo, anche quando un violento
colpo di vento lo fece
al posto suo.
“Tu,
scaltra puttanella che non sei altro,” Draco
mormorò con calma, l’espressione vuota.
“L’hai fatto di proposito−
“Ti
ho semplicemente fornito dei fatti storici,” Hermione
cercò di riportare il
tono della conversazione ad un’educata discussione.
“Sei tu che hai tirato le
somme−
“E’
diverso, Granger!” la interruppe lui, fracassando il pugno
sul tavolino. “Le circostanze
sono completamente e fottutamente diverse!”
“Le
circostanze sono sempre diverse,” rispose lei, ignorando
l’istinto di menarlo
ancora una volta. “Ma…ma il punto è
sempre quello−
“Fanculo,”
sbraitò lui. “Se pensi che questo abbia cambiato
la mia opinione nei confronti
dei Babbani allora sei maledettamente nel torto, Granger!”
“Dipende
da te,” Hermione alzò le spalle con forzata
nonchalance, però riuscì a vedere
il dubbio attraverso quegli occhi infiammati ed era proprio
ciò che voleva. “C’è
qualcosa d’altro che vorresti che prendessi ad
Hosgmeade?”
I
lineamenti di Draco si rilassarono e lui si appoggiò di
nuovo allo schienale
del divano, osservando circospetto il volto innocente della Granger.
“Lo sai,
sei una strega particolarmente testarda, Granger” le disse
infine.
A
dispetto della gravità del precedente discorso, Hermione non
riuscì ad evitare
che un risolino le incurvasse le labbra. “Potrei prenderlo
come un complimento,
Malfoy.”
“Non
farlo,” rispose, con tono molto più tranquillo di
prima ma ancora teso in
qualche modo. “E devo ricordarti che è la casa
Serpeverde quella che riceve i
pregiudizi più negativi? Quindi puoi anche saltare
giù dal piedistallo della
tolleranza Granger, perché anche tu giudichi.”
La
giovane strega spalancò gli occhi stupita.
“Io…suppongo che tu abbia ragione,”
ammise controvoglia. “Ma sfortunatamente, tu sembri
confermare lo stereotipo−
“Ma
tu hai preso quella decisione ancora prima di incontrarmi,”
contrattaccò lui. “E
la pensi allo stesso modo riguardo ogni possibile Serpeverde.”
Hermione
si sfregò le labbra e prese un bel respiro.
“Ok,” cominciò. “Se la metti
così
allora mi scuso per essere saltata alle conclusioni così in
fretta.” Si fermò,
guardandolo in modo quasi triste. “E’ un peccato
che tu viva in base a quello.”
Draco
scansò gli occhi lontano da lei e rimase a fissare le sue
stesse dita
incrociate in grembo, sentendo uno strano movimento che si muoveva
all’interno
del suo stomaco; scatenato da qualcosa che lei aveva detto o fatto. Il
suo
corpo e la sua mente non facevano altro che reagire alla sua presenza
con
movimenti e sensazioni inappropriate, e si domandò di colpo
se non fosse solo
paranoia. Le cose erano due: o la sua sanità mentale lo
stava lentamente
abbandonando, strisciando fuori dalle orecchie…oppure la
Granger era meno…fastidiosa.
Non
aveva idea di quale opzione preferisse.
E’
stato un incidente.
Draco
non aveva intenzione di addormentarsi di nuovo sul divano; cullato in
un sonno
così perfetto dall’alternarsi dei suoi sospiri. Si
era svegliato con un’appropriato
senso di rigidità in mezzo alle gambe e con una malata
urgenza di raggiungere
con la mano una ciocca di capelli della Granger per poter rubare solo
un tocco
di lei.
O
magari un assaggio…
Il
suo profumo era più intenso quel mattino e deliziosamente
muschiato, il che gli
riempiva le narici con un profondo senso di beatitudine. Gli ricordava
il
sapore dell’estate all’aria aperta;
l’estate che aveva perso, passando tutto il
tempo a nascondersi nei luoghi più oscuri e nascosti della
Scozia…
Ringraziando silenziosamente Merlino per il fatto che era stato il
primo a
svegliarsi, si diresse di malavoglia verso la sua camera, per
allontanare il
più possibile l’orrenda sensazione che
quell’erezione gli aveva lasciato. Passando
per il divano sul quale dormiva la Granger, non resistette
all’idea di passare
lievemente le dita tremolanti tra i suoi riccioli che ricadevano al di
là del
poggiabraccio.
Le
sue labbra non erano mai sembrate più invitanti di
così; leggermente asciutte
dal sonno, il che poteva essere visto come un invito ad ammorbidirle.
Ma nonostante
questi pensieri, non si fece vincere dalla disgustosa tentazione, e
velocemente
tornò nella sua stanza, maledicendosi in silenzio.
Si
lasciò cadere in un angolo solitario della stanza e nascose
il volto tra le
mani, lasciando che il suo auto−disgusto lo consumasse
dentro. Non aveva idea
di chi odiasse di più in quel momento; lei o lui stesso.
E
la
cosa peggiore; il suo odioso imbroglio della notte precedente gli aveva
lasciato delle domande aperte che volteggiarono nella testa perfino nei
suoi
sogni quella stessa notte. La Granger stava…alterando le
cose, estirpando i
suoi pensieri come petali secchi e riposizionandoli a suo piacimento.
Che
cazzo gli stava facendo?
Hermione
aprì le palpebre lentamente, e si sentì
meravigliosamente riposata, anche se un tantino disorientata. Non aveva
alcuna
memoria del momento esatto in cui si fosse addormentata la notte scorsa
(e non
ricordava nemmeno di aver visto Malfoy lasciare il salotto) ma una
veloce
occhiata all’orologio le disse che era in ritardo per le
lezioni e non aveva
proprio tempo per rimuginare su queste cose. Decise che avrebbe saltato
la
doccia mattutina, e si spruzzò addosso un po’ di
deodorante babbano per fare
presto.
La
mattinata passò lentamente, ed Hermione finì
per passare la pausa pranzo in Biblioteca, in compagnia di un panino e
dei suoi
libri sugli Horcrux. Dopo aver passato un paio di ore inutili a
sfogliare quei
tomi antichi, decise di tornare al dormitorio. Pensieri riguardandi
Malfoy la
invasero mentre attraversò i corridoi, pensando alla
discussione della sera
prima. Fu una delle piu intense che abbiano mai avuto e, anche se era
certa di
essere riuscita a colpire qualche nervo scoperto, la vittoria non
sembrava così
soddisfacente. Alla fine del discorso sembrava perso e confuso, e
questo non
aveva contribuito a calmarlo abbastanza da farlo parlare in modo civile.
Hermione
era talmente concentrata nel pensare a Malfoy, che non si era accorta
del
continuo brusio attorno alla sua testa e nemmeno del segno rosso sul
palmo
della mano, che vide solamente nel momento in cui dovette afferrare la
maniglia
della porta per entrare nel dormitorio.
Un’ape
l’aveva punta.
“Oh
merda,” sussurrò, entrando in salotto e
seppellendo la mano nella borsa.
Poteva
sentirlo adesso; il veleno che scorreva nel suo sangue e ribolliva in
fondo
alla gola. Le sue vie respiratorie cominciavano già a
restringersi e a malapena
riusciva a respirare… sputò e tossì
violentemente, con la mano ancora sommersa
tra gli infiniti oggetti nella sua borsa. La sua testa
cominciò a pulsare e a
vorticare e ormai le ginocchia non la sorreggevano più.
“Malfoy!”
ansimò disperata, abbandonandosi sul pavimento e trascinando
con se la borsa,
spargendo il suo contenuto sulle mattonelle.
“Draco!”
Con
quell’ultimo sforzo, i rimasugli della voce di Hermione si
limitarono a brevi e
intensi respiri, mentre la sua vista cominciò a sfuocare e i
contorni a sfumarsi
tra loro. Udì il rumore di una porta che si apriva in
lontananza, e un’ombra
imponente le si parò davanti ma era troppo distorta per
poter capire che cosa
fosse.
Ecco
in che condizioni la trovò Draco; raggomitolata sul
pavimento, in preda agli
spasmi e con le pupille dilatate dal terrore. Il suo cervello gli disse
che
questa doveva essere la tipica reazione allergica da puntura di cui le
aveva
parlato, ma il suo corpo rimase congelato in quel punto per un lungo
istante.
Poteva
onestamente ammettere di aver pensato per un’attimo di
voltarsi e di lasciarla
lì a morire; chiudendosi la porta alle spalle
finchè i versi agonizzanti della
Mezzosangue non si fossero consumati fino all’ultimo battito.
Magari in quel
modo tutto sarebbe finito; il suo lento e costante avanzare tra i suoi
sensi, e
soprattutto il suo crollo mentale. Forse, se lei fosse stata sradicata
e
tagliata fuori dalla sua esistenza, lui avrebbe potuto ritrovare un
senso del
suo essere, oppure sarebbe solo diventato pazzo un po’
più alla svelta.
Si
mosse prima di potersi fermare, inginocchiandosi al suo fianco e
scostando con
mani tremolanti i suoi oggetti sparsi sul pavimento. I suoi occhi
scannerizzarono la stanza in cerca del tubicino illustrato, trovandolo
ripiegato in mezzo ad uno dei suoi libri. Con la siringa finalmente in
mano, si
voltò e alzò il piccolo oggetto di fronte al suo
volto bluastro.
“Granger,”
disse Draco. “Dimmi che cosa dovrei
fare adesso.” Non ricevette risposta; nemmeno un lampo di
consapevolezza nel
suo sguardo dorato. “Cazzo.”
Armeggiando
con il cilindro, Draco esaminò il piccolo set di immagini e
cercò di reprimere
la sua agitazione, trasformandola in un tentativo di capire quelle
istruzioni. Dopo
averle guardate per la quarta volta, cercò di radunare i
nervi e si avvicinò ad
Hermione. Esitò un secondo prima di piegarsi verso di lei,
spostando i suoi
vestiti con dita tremanti…aprì un paio di bottoni
dei jeans e avvicinò la
siringa al suo fianco, controllando un ultima volta prima di
conficcarla nella
pelle.
Il
suo battito aumentò in preda al panico e rimbombò
nel silenzio del momento. Con
l’altra mano che le circondava la vita, Draco
sentì all’istante che il suo
respiro stava cambiando. Mantenne la presa ferma attorno al cilindro e
il suo
palmo poggiato sulla sua pelle fredda, con gli occhi che vagabondavano
sul suo
viso, in attesa.
Draco
notò ogni dettaglio del suo affascinante volto mentre i
secondi passavano; dal
leggero rossore che stava ritornando sulle sue guance alla luce che si
intravedeva nei suoi occhi. Era talmente vicino, che il suo profumo
ormai si
era trasferito in ogni centimetro del suo maglione e non
riuscì a reprimere un
singhiozzo quando−finalmente− un verso gutturale
scaturì dalla bocca di
Hermione. Il respiro che ne uscì andò a finire
dritto sul suo viso imperlato di
sudore.
Sapeva
di sole e zucchero.
Draco
lo ingoiò mentre lei apriva e sbatteva gli occhi un paio di
volte… quasi si
aspettava di essere respinto, data la troppa vicinanza, non appena lei
si fosse
accorta di lui. Ma avrebbe dovuto sapere ormai che era praticamente
inutile
predirre qualsiasi cosa la Granger facesse, e così si
ritrovò entrambe le sue
mani ai lati del viso, con i pollici che gli sfioravano delicatamente
le
guance. Lei lo guardò con occhi squisitamente dolci e
sfumati dalla nube di
morfina causata dall’antidoto…e Draco non si
azzardò a rompere il contatto.
“Grazie…”
sussurrò lei, emettendo un altro lieve sospiro che sapeva di
zucchero e di
paradiso…e che andò a finire dritto sulla sua
bocca, ancora semi aperta dall’ansia.
Non
sapeva se fosse vero o meno, ma avrebbe giurato sulla tomba di Salazar
che era
stata lei ad appoggiarcisi per prima.
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Capitolo 10 *** Gusto. ***
Chapter
10: Gusto.
Non
è stato niente.
Assolutamente
niente.
Però…è
stato un magnifico ‘niente’.
Solamente
un minuscolo scontro tra i loro sospiri e i loro occhi chiusi,
mentre il labbro superiore di Draco andò a finire sulle
labbra di lei.
Solamente una minuscola connessione tra pelle e gusto, che
durò in tutto non pù
di due battiti di ciglia, prima che la realtà e la
crudeltà del momento
scaturisse dal nulla.
Gli
occhi grigi e selvaggi di Draco si spalancarono e lui si
allontanò di
colpo, strappando il suo viso lontano dalle mani della Granger, come se
solo il
suo lieve tocco gli avesse procurato una bruciatura letale. Il suo
petto
dolorava dall’agitazione e dallo schock che gli bruciava le
ossa e martellava
il cranio. Poteva sentire anche lei, mentre respirava a fatica, e i
suoi occhi
caddero sulla piccola porzione di pelle nuda, proprio dove lui stesso
aveva
infilato l’antidoto; in quel momento, quella fottuta
contrazione provata poche ore prima si fece risentire,
colpendolo proprio al di sotto dell’inguine.
Si
stava lentamente rimettendo tutto a fuoco; la vista, il suono, tutto
ciò
che iniziava e finiva con lei.
Draco
gettò un’occhiata verso il pavimento e
notò con una smorfia la fiala vuota che
teneva ancora stretta in mano, senza nemmeno accorgersi di averla tolta
dal suo
fianco mentre si allontava da lei. La gettò via disgustato,
dando la colpa a
quel piccolo pezzo di plastica per averlo trascinato in questa
situazione.
Questa terribile e disgustosa situazione.
Come
può essere successa una cosa del genere? Come?
Come
è possibile che la Granger…?
E
perché DIAVOLO non si muoveva, né diceva una
parola?
L’unica
cosa che riempiva il silenzio che si era creato in quel momento,
erano i loro respiri; sconvolti e ripetitivi, come un disco rotto.
Draco poteva
ancora sentirla sulle sue labbra; la bocca ancora umida,
un’ultima traccia del
suo tocco che aleggiava sulla pelle.
Odiandosi
segretamente per il gesto che stava per fare, si portò il
braccio
davanti al volto e lo strofinò ripetutamente sulla bocca
finchè non iniziò a bruciare.
Con
un’ultimo, scandalizzato sguardo rivolto verso la
Granger−che era
ancora immobile sul pavimento− Draco si alzò e si
trascinò nella sua stanza,
lasciandole come ultimo ricordo solo il rumore secco di una porta
vibrante
sbattuta contro il muro di pietra.
Draco
avrebbe volentieri sacrificato l’intero patrimonio dei Malfoy
pur di
inserire molto più di un muro tra di loro,
ma−vista la situazione−avrebbe
dovuto accontentarsi. Perlomeno ora non era costretto a vederla, ma
sulla sua
lingua e nelle sue narici aleggiava ancora il suo profumo, per non
parlare
della sua essenza, che gli era entrata nel petto come un gas
invisibile.
La
rabbia e la mortificazione per se stesso lo stavano distruggendo; si
tenne le mani schiacciate contro il viso, mentre flash continui del
loro ‘quasi
inesistente’ bacio gli pulsavano negli occhi. Un ringhio
soffocato si bloccò in
fondo alla gola, mentre Draco tentava con tutto se stesso di cacciare
via
quelle immagini, ma quelle non ne volevano sapere di andarsene. Merlino,
quanto la odiava. Quanto odiava se stesso. Quanto
odiava ogni fottuto particolare
di quella giornata che aveva portato a questa incresciosa
piega degli
eventi.
Draco
sapeva di essere diventato pazzo. Tuttavia, strano a dirsi, non si
era mai sentito così vivo.
E
come se non bastasse, il loro ‘contatto’ era stato
decisamente delizioso.
Cazzo…
Hermione
rabbrividì. Draco aveva appena fracassato la porta alla
parete e
lei era ancora lì a terra, tremante come una foglia. Avrebbe
voluto
disintegrarsi nel nulla con tutta se stessa, oppure avrebbe voluto
chiedere di
nuovo in prestito alla McGranitt il Giratempo, per cancellare
quell’incidente
dalla sua esistenza. La cosa peggiore è che non aveva idea
di chi avesse
iniziato quella…cosa; il loro semi−bacio.
Oh
Dio…
Non
riuscì ad evitarlo; si passò la lingua tra le
labbra ed assaggio per
l’ultima volta i rimasugli del suo sapore; qualcosa simile ad
agrumi e
‘mascolinità’, con una spruzzata di
menta fresca. Poteva ancora sentire l’alone
tiepido che circondava il punto esatto in cui lui l’aveva
tenuta stretta mentre
gli somministrava l’antidoto… Malfoy era
certamente ritornato alla sua giusta
forma fisica da quando aveva iniziato a nutrirlo ed Hermione
pensò che non si
era mai sentita così protetta dalla vicinanza del corpo di
qualcuno come lo era
stata con lui.
Dalla
notte del Matrimonio di Bill e Fleur, quando lei e Ron avevano
entrambi perso la verginità in un goffo tentativo di
chiarirsi le idee riguardo
ai loro reciproci sentimenti, non aveva mai goduto di alcuna presenza
maschile
che potesse considerare anche lontanamente importante. Tutto
ciò che ricordava
di quella notte era l’addio imbarazzato che si erano
scambiati lei e Ron, prima
che lui scomparisse assieme ad Harry per la ricerca degli Horcrux e la
lasciasse sola, con un terzo del suo cuore e la testa piena di domande.
E
prima ancora di Ron?
Qualche
notevole bacio con Viktor e un paio di sfortunati abbracci con
Cormac. Grandioso…
Hermione
sapeva di non essere la ragazza più gettonata della scuola,
e ci
sarebbe volute un vero miracolo per farla diventare anche solo
lontanamente sicura
di sè e sexy come la maggior parte delle sue compagne, ma
nonostante ciò, era
pur sempre una donna e –come tale− anche lei aveva
dei bisogni e dei desideri.
Aveva adorato quella piacevole sensazione di intima vicinanza e, che
Godric
potesse maledirla per questo, Draco era stato per lei ciò
che i sedativi sono
per il dolore; aveva calmato in una sola volta tutte le voci che le
vorticavano
continuamente in testa, spegnendo la sua coscienza e lasciandola
lì muta,
facendosi guidare solo da una meravigliosa senzazione di
libertà. Era stato
istintivo ed impulsivo; qualcosa che le ricordò che in lei
non esisteva solo
noia e solitudine.
Ma
adesso…
Beh,
adesso sentiva solamente di aver tradito ogni persona a lei cara,
inclusa se stessa. Per essere la strega più brillante della
sua età, aveva
appena fatto la cosa più stupida
immaginabile. Aveva bisogno d’aria; per recuperare la sua
sanità mentale, i
suoi pensieri, tutto. Oltretutto, sarebbe stato meglio andare in
Infermeria a
controllare che la sua puntura fosse completamente innocua.
Lentamente,
cercò di alzarsi in posizione eretta, brontolando sottovoce
quando le sue ginocchia le pulsarono dolorosamente. Stava ancora
tremando,
anche se non sapeva dire se era a causa della puntura o del suo bacio
con
Draco; non ne aveva idea. Le sue dita si affrettarono ad abbassare la
maglietta
e si chiuse velocemente i bottoni dei jeans, trovandoli ancora caldi
dopo il suo passaggio.
Combattendo
l’ennesimo brivido di freddo, Hermione prese la sua bacchetta
e
si diresse verso la porta principale, ringraziando mentalmente per il
fatto che
il suo dormitorio fosse molto vicino all’Infermeria.
Attraversando con non
poche difficioltà i corridoi silenziosi, arrivò
nella sala e in quel momento si
accorse che era terribilmente piena di gente. Rimase immobile sulla
soglia
mentre i suoi occhi scannerizzavano l’Infermeria,
focalizzandosi quasi
all’istante sull’unica persona che conosceva che
possedeva l’esatta sfumatura
di biondo dei capelli di Malfoy.
“Luna,”
la chiamò Hermione, facendosi strada attraverso due studenti
Corvonero del 3° anno. “Che cosa sta
succedendo?”
“Una
delle piante carnivore nella serra di Erbologia si è
ribellata senza
preavviso,” rispose lei, con il suo solito tono sognante.
“Un sacco di persone
sono state morse.”
Hermione
trattenne il fiato, nervosa. “Stanno tutti bene?”
“Penso
di sì,” Luna annuì, indicando la
piccola bruciatura sul gomito. “Madama
Chips ha quasi finito di curare Laura Madley e penso di essere la
prossima.”
“E
dopo di te quante persone devono essere medicate?”
“Tutti
quelli laggiù,” mormorò lei, indicando
un gruppo di una cinquantina
di studenti, minimo. “Alcuni però non sono stati
morsi, ma punti da uno sciame
di api che si è intrufolato nel castello per colpa del tempo
gelido. Tu perché
sei qui?”
“Sono
stata punta”
E
poi baciata…
“Non
sei allergica alle punture d’ape, Hermione?”
l’altra giovane strega
interruppe i suoi pensieri.
“Sì,
io−”
“Le
tue labbra sembrano un pò diverse,”
commentò tranquillamente Luna,
mentre Hermione si sentì ribollire le guance. “E anche i tuoi occhi,
sono diversi.”
Hermione
deglutì rumorosamente. “E’
solo−
“Oh,
signorina Granger!” una nuova voce interruppe il loro
discorso, ed
Hermione si voltò, trovando una McGranitt parecchio
sconvolta che le si
avvicinava. “Eccoti qui. Il signor Paciock diceva che ti
avrei trovato in
Biblioteca, quello sciocco ragazzo. Sei stata punta? Stai
bene?”
“Penso
di sì,” Hermione balbettò
involontariamente. “Cioè, si… sono
stata
punta, però io−
“Bene,”
la interruppe la Preside, facendo cenno ad Hermione di seguirla.
“Vieni presto, ti controllerò io. Non bisogna
andarci troppo alla leggera con
la tua allergia.”
“Ci
vediamo dopo Luna,” sussurrò Hermione
all’amica, seguendo l’anziana
strega. “Professoressa, devo−
“Si
sieda sulla branda, signorina Granger,” la McGranitt
tirò le tendine
per separarle dagli altri feriti. “Allora,
dov’è che sei stata punta?”
“Qui”
rispose lei, mostrandole il polso. “Però
io−
“E
sei riuscita a somministrarti l’antidoto in tempo?”
“No, io−”
“Devo
dirlo a Madama Chips, non c’è tempo da
perdere!”
“Professoressa,” Hermione la
richiamò alzando la voce, per poi sussurrare in un bisbiglio
praticamente
inesistente: “Draco mi ha dato
l’antidoto.”
Le
sopracciglia della Preside si alzarono talmente tanto da mimetizzarsi
con la montatura dei suoi occhiali, ed Hermione la sentì
borbottare
un’incantesimo silenziatore prima che si girasse di nuovo
verso di lei. “Il
signor Malfoy?” domando scettica. “Ne sei
certa?”
“Sì,”
sospirò Hermione, muovendosi sulla branda con crescente
imbarazzo. “Lui…lui
mi ha salvato la vita.”
Le
sopracciglia si alzarono ancora di più.
“Beh,” la McGranitt sembrava
incapace di trovare le parole. “Devo ammettere di essere
molto sorpresa−
“Forse
questo è un buon segno,” la interruppe Hermione
con concitato,
seppur incerto, imbarazzo. “Forse sto riuscendo a−
“Signorina
Granger,” continuò la McGranitt, aggrottando
leggermente le
sopracciglia. “Ti avevo avvisato di non sperare troppo nel
tuo…piccolo progetto−
“Ma
io−
“E’
possibile che il signor Malfoy non volesse essere incolpato di nulla e
che quindi ti abbia aiutato a ritornare come prima,”
continuò, con tono
pratico. “Perlomeno
sembra che tu stia bene. Fammi controllare la tua mano.”
Hermione
fece come richiesto; ma i suoi pensieri continuarono a distrarla
mentre la McGranitt ispezionava la puntura. Non riusciva a ricordare
molto
riguardo al suo shock anafilattico, perciò non aveva idea di
come l’avesse
trovata Malfoy e nemmeno di come avesse fatto a somministrarle
l’antidoto nel
modo corretto. Tutto ciò che gli rimbombava nella mente era
lui, e ciò che era
successo dopo…
Oddio.
Oddio, oddio…era
davvero così affamata di compagnia da cadere così
in basso?
Poteva
ammettere che il suo desiderio di alterare o addirittura cancellare
i suoi pregiudizi era diventato quasi un’ossessione, ma
Silente aveva visto
qualcosa di buono in Draco, che ora anche lei riusciva a notare. Si
trattava di cambiamenti minuscoli, però…
Non poteva evitarlo. Non
poteva evitare di pensare che aveva
ricambiato il bacio…
Si
era lasciata pilotare da una situazione a dir poco mozzafiato, ma non
avrebbe più dovuto succedere. Mai. Era comunque determinata
a ripulire del
tutto il lavaggio del cervello che gli era stato fatto per tutto questo
tempo,
però avrebbe dovuto mantenere tutto sotto controllo e
ricomporsi. Malfoy era
ancora un Malfoy e ciò
significava
doversi mantenere a debita distanza di sicurezza, anche se le sue
labbra erano
come…come…
Come
piume leggerissime,
bagnate appena da una gelida brina mattutina…
Non
avrebbe mai immaginato che quella parte di lui potesse essere
così
soffice.
Hermione
si riprese quando si accorse che le labbra della McGranitt si
stavano muovendo. “C−cosa?”
balbettò, fissando la professoressa con occhi
forzutamente aperti. “Mi dispiace, non ho capito.”
“Ho
detto che nonostante le incerte motivazioni che hanno spinto Malfoy ad
aiutarti,” ripetè la strega, passando per la terza
volta la bacchetta sul corpo
di Hermione. “Spero
che tu l’abbia comunque ringraziato in modo
appropriato.”
Hermione
riuscì a malapena a muovere la testa per annuire, evitando
di
proposito di incrociare lo sguardo dell’anziana Preside.
Sì, pensò
segretamente, la mia gratitudine verso quell’incomprensibile,
miserabile
Serpeverde è stata molto
più che
appropriata. “Certamente, Professoressa.”
“Comunque,
ho delle notizie che forse potrebbero rallegrarti un
pò,” le
disse la McGranitt, offrendole un raro sorriso incoraggiante.
“Ho ricevuto una
lettera da parte di Ninfadora−
“Tonks?”
domandò Hermione, improvvisamente piena di caloroso
interesse. “Sta
bene, vero?”
“Per
quanto ne so è tutto a posto,” le
assicurò la Professoressa. “Verrà in
visita un paio di giorni per discutere di qualche misura di sicurezza
extra da
poter aggiungere al castello−
“Potrò
vederla? Per favore mi lasci−
“Calma,calma,”
la McGranitt sospirò. “Vuole mantenere un profilo
basso,
perciò starà ai Tre Manici di Scopa per un paio
di giorni e ti ho già dato il
permesso di stare con lei−
“Oh,
grazie mille,” Hermione sorrise, contenta di aver trovato una
distrazione a questa giornata così complicata. “Grazie mille
Professoressa. Sa
dirmi quando arriverà?”
“Il
prossimo giovedì, e starà fino a
sabato,” spiegò lei, completando
l’incantesimo
sulla mano di Hermione. “Vorrei evitare che tu saltassi delle
lezioni, anche se
penso che non le avresti saltate in ogni caso”
“Certo
che no, Professoressa.”
“Bene,
allora non ci saranno problemi,” concluse la Preside.
“Anzi, penso
che ti…farebbe bene incontrarla. Sembri molto più preoccupata
ultimamente−
“Aspetti,”
la giovane strega aggrottò le sopracciglia mentre il
pensiero di
Draco le ritornava in testa. Labbra.
“Come si fa con Malfoy?”
“A
che proposito?” rispose calma lei. “Hai detto tu
stessa che passa
praticamente tutto il suo tempo nella stanza e anzi, un pò
di serena solitudine
dovrebbe fargli bene, come dovrebbe farne a te. So che
dev’essere estremamente
difficile vivere con lui.”
Non
ne hai proprio idea… Se
possibile, oggi le cose sono diventate ancora più
difficili…
“Suppongo
di sì,” sussurrò lei, realizzando che
ora aveva un’altro segreto
da mantere, che era ancora peggio del precedente. “Andremo comunque ad
Hogsmeade questo weekend?”
“Certamente,”
annuì la
McGranitt. “Immagino
che molti tuoi
amici ti abbiano chiesto di portargli delle cose.”
Peccato
che io abbia
chiesto solo a Malfoy...
“No,”
mormorò Hermione, abbassando gli occhi per nascondere il
senso di
colpa. “Solo uno.”
“Non
credi che sia una cosa triste?”
Hermione
alzò un sopracciglio, sorpresa dal commento della sua amica.
“Che
cosa è triste?”
“Il
fatto che tutte quelle api moriranno,” rispose Luna con tono
soave,
sistemandosi meglio nella scomoda sedia di legno della Biblioteca.
“Ventidue
persone sono state punte, perciò sono circa ventidue
api.”
Hermione
le offrì in risposta un sorriso abbastanza forzato, ma in
quel
momento la stava segretamente ringraziando per il fatto che fosse
lì a
distrarla, almeno un pò. La Biblioteca era gelida e deserta,
ad eccezione di un
paio di ragazzi del 5° anno nell’angolo opposto. Il
pomeriggio invernale stava
per concludersi, rilasciando al di fuori delle finestre una spettrale
nube di
oscurità. Circondata da tutti quei libri magici e alla
presenza della dolce e
sognante Luna, Hermione sentì che i propri pensieri
tumultuosi rivolti verso
Malfoy si erano leggermente tranquillizzati, anche se sapeva che era
solo
questione di tempo prima che ritornassero ad assillarla.
“Non
preoccuparti Luna, è solo un mito,” le rispose
Hermione con pazienza.
“Solamente le femmine di api da miele muoiono dopo aver usato
il pungiglione, e
ad Hogwarts non c’è quel tipo di
insetto.”
“Oh,
per fortuna,” mormorò assorta Luna, alzando gli
occhi e incontrando
quelli stanchi e assonnati di Hermione. “Le tue labbra sembrano
ancora diverse, Hermione.”
“No
che non lo sembrano,” scattò Hermione, sentendo il
bisogno di
difendersi. “Sono a posto.”
“Eppure
la tua mano è completamente guarita,”
continuò Luna, come se non
fosse mai stata interrotta. “Forse hai avuto una reazione
più potente a
qualcosa d’altro.”
Era
tipico della sua compagna Corvonero; mentre i suoi toni rimanevano
docili e innocenti, era capace di lasciarsi scappare un semplice
commento che ti
faceva rizzare i peli dalla vergogna,
oppure ti faceva andare in paranoia. In questo caso, si trattava
sicuramente
della seconda opzione.
“Non
mi viene nulla in mente,” replicò Hermione
decisa. “Ha
importanza?”
“Solo
se ti da fastidio,” rispose lei con
un’alzata di spalle. “Vuoi rimanere nella Torre di
Corvonero stasera? So che
non ti piace stare sola quando fuori soffia il vento.”
Era
un’offerta molto allettante. Aveva cercato
in tutti i modi di tenersi occupata durante il pomeriggio, per evitare
di
ritornare al suo dormitorio; da lui,
e quella sarebbe stata l’opportunità perfetta per
prolungare la separazione.
Ecco però fino a che punto il suo coraggio da Grifondoro
poteva diventare una
spina nel fianco; una vocina nella sua testa le disse che sarebbe stato
un’atteggiamento estremamente codardo, e che non avrebbe
potuto abbandonare il
suo dormitorio con così tanta facilità. Anche il
suo buon senso si fece
sentire, ricordandole che prima o poi avrebbe dovuto affrontare la
situazione,
e più la evitava, più quella si sarebbe
ripresentata ancora più forte di prima.
“No, sto
bene,” sospirò Hermione,
contrariata. “Faccio fatica a dormire nei letti degli
altri.”
“Ok,”
Luna annuì, cominciando a mettere via i suoi libri.
“Beh, se per caso
dovessi cambiare idea, sono sicura che sapresti risolvere
l’indovinello per
entrare nella Sala Comune.”
“Grazie,
vuoi che ti accompagni?”
“Preferisco
camminare da sola,” rispose Luna, alzandosi e fissando il suo
sguardo su Hermione. “Non so cos’abbia fatto
cambiare le tue labbra in quel
modo però ti donano, Hermione.”
Hermione
riuscì a malapena a reprimere uno sbuffo. “Te lo
stai solamente
immaginando,” rispose con forzata nonchalance, incapace di
sopprimere un certo
grado di impazienza nei suoi confronti. E come se non bastasse, anche
la
paranoia era ritornata. “Buona notte, Luna.”
“Notte,”
rispose lei alle sue spalle, mentre scompariva in mezzo agli
scaffali.
Hermione
si morsicò distrattamente il labbro inferiore e poteva
giurare di
sentirci ancora sopra una parte dell’odore di Malfoy. Per la miseria, questa cosa si stava
facendo pesante. Quella specie
di incidente l’aveva trasformata in un’idiota piena
di pensieri pericolosi,
troppo veloci ed estranei da poterli afferrare in tempo. La cosa
peggiore era
che non sapeva se voleva sradicare quel ricordo dalla sua memoria per
sempre, o
se tutta questa confusione ne valesse la pena. E poi, un minuscolo
tocco del
genere, poteva essere considerato un bacio?
“Oh,
chissenefrega” sibilò a se stessa, raccogliendo le
sue cose e un paio
di libri in più, prima
di uscire dalla
Biblioteca.
L’incessante
vento di Novembre l’avrebbe probabilmente costretta ad
addormentarsi sul divano anche questa volta, anche se sicuramente
Malfoy non le
avrebbe fatto compagnia come l’altra sera. Non sapeva ancora
se le dispiacesse
oppure no. Mentre era contenta di poter mettere un po’ di
distanza tra loro
due, doveva ammettere che le due notti che passate vicino a Draco erano
state
le più rilassanti e piene fin da quando Harry e Ron se ne
sono andati. Si disse
che era solamente un falso senso di sicurezza,
però…c’era un chè di
ipnotico
nel modo in cui respirava nel bel mezzo della notte…
Si
fermò davanti al portone d’ingresso, accorgendosi
di star tremando, con
il cuore che le pulsava dolorosamente dall’ansia. Hermione
respirò
profondamente un paio di volte, per poi afferrare nervosamente la
maniglia.
“Godric,
dammi la forza,” mormorò, dando la password al
dipinto. “Ad
Lucem.”
Con
le dita tremanti e il cuore ormai fuori di sè, Hermione
aprì la porta e
si ritrovò immerse nella più totale
oscurità. Osservando cauta i profili dei
divani e dei mobili nell’ombra, scavalcò
lentamente il salotto per poi arrivare
in cucina (concludendo che, quello che le sarebbe servito per finire in
bellezza quella terribile giornata, era una tazza di cioccolata calda
fumante).
Immaginando che Malfoy si trovasse nella sua stanza e che ci sarebbe
rimasto
per il resto della nottata, si concesse un rapido sospiro, ruotando le
spalle e
rilassando i lineamenti del viso. Accendendo un paio di candele sul
bancone,
per cercare di creare una sorta di atmosfera soporifera, Hermione non
si
accorse nemmeno delle due iridi serpentine che fissavano ogni suo
movimento.
Draco
la osservava dal divano, perdendo quel poco di vantaggio che gli
avrebbe garantito la totale oscurità, ora che la Granger
aveva portato un po’
di luce nella stanza. Tipico. Non si era accorta di lui, il che era
curioso,
perché avrebbe giurato di aver incastrato i suoi occhi con
lei per un secondo
quando era passata attraverso la stanza. Forse la stanza era
più buia di quanto
pensasse.
Assicurandosi
che il ritmo dei suoi respiri fosse silenzioso e regolare,
rimase a fissare tranquillamente la schiena della Granger; a cominciare
dalla
sua cascata di boccoli castani, scivolando per tutta la lunghezza della
spina
dorsale, per poi finire nel punto in cui lui stesso gli aveva puntato
l’antidoto. Graziosi fianchi femminili. Aveva intenzione di
disturbarla; forse
spaventandola, o minacciandola, per farle capire che il suo precedente
comportamento non significava nulla. Questo era il piano in teoria,
però ora
non riusciva a staccare lo sguardo dalla sua figura, contemplandone
ogni
movimento.
La
Granger curvò leggermente la testa di lato, grattandosi con
la mano un
punto del collo, prima di togliersi il pesante maglione che aveva
addosso,
rimanendo in maniche corte. Draco non potè evitare di
concentrare per un’attimo
la sua attenzione sul segno quasi invisibile del reggiseno sotto la
t−shirt,
notando che era del colore del cielo in primavera. Azzurro chiarissimo.
Semplice e delicato; tipico della Granger, anche se quel fastidioso
‘movimento’
si fece sentire ancora una volta. Si alzò cauto dalla sua
postazione,
strisciando attraverso i mobili e gli oggetti nella stanza, attraverso
le
ombre, avvicinandosi sempre di più a lei.
Forse,
se si fosse avvicinato a sufficienza, avrebbe potuto inalare
abbastanza profumo da poter riuscire a ricreare in qualche modo quel
suo
delizioso sapore…
Accorgendosi
della pericolosa direzione che stavano percorrendo i suoi
pensieri, cercò di ricordare a se stesso di quanto fosse
disgustosa e
inferiore. Un’immagine di quel libro babbano che lei aveva
insistito che
leggesse scaturì nella sua mente, ma lui la
scacciò via e si dipinse un ghigno
infastidito sul volto, giusto per riflettere anche
all’esterno quanto in realtà
lui la detestasse.
E
la odiava sul serio. La odiava. Davvero.
E
lei aveva bisogno di saperlo.
Scivolando
all’interno della cucina senza fare alcun rumore, Draco era
ormai talmente vicino da poterla toccare. La povera piccola innocente
streghetta non se n’era ancora resa conto, finchè
lui non sbattè con forza il
piede contro il pavimento.
Hermione
si voltò così velocemente da mandare in mille
pezzi la tazza che
teneva in mano, dopo averla fatta sbattere alla parete. I suoi capelli
erano
sparsi sul suo viso, nascondendo solo in parte lo shock negli occhi
dorati.
Respirava come in preda ad un’attacco di panico e, mentre
cercava di indietreggiare,
la mano di Draco si sporse nell’ombra per afferrarle il polso.
“Draco,”
Hermione sobbalzò, cercando di allontanarlo e di coprirsi il
viso
allo stesso tempo. “Che stai−
Purtroppo
non riuscì a finire la frase; Draco afferrò
l’altra mano e le
fissò entrambe ai lati del corpo di Hermione, aderente alla
parete. La giovane
sentì un’ondata di panico che minacciava di
ampliarsi sempre di più; non perché
aveva paura che le avrebbe fatto del male, ma perché era
troppo vicino.
Continuando ad inspirare ed espirare in quel modo, riusciva a sentire
ogni
singola nota del suo profumo e si ritrovò a sudare in modo
strano e
imbarazzante mentre la loro vicinanza pulsava sotto la sua pelle fredda
e calda
al tempo stesso.
Hermione
lo guardò spaventata, mentre Draco sembrava aver mollato un
po’ la
presa, allontanandosi leggermente da lei con piccoli ma seducenti
passi.
Nemmeno un secondo dopo, Draco ritornò in posizione
d’attacco, portando negli
occhi un’ombra severa e decisa.
“Voglio mettere
alcune cose in
chiaro,” sbottò lui all’improvviso, ed
Hermione scattò al suono della sua voce.
“Non ti ho aiutato perchè mi frega qualcosa della
tua vita−
“Io−
“Taci,”
sibilò crudele, stringendo ancora di più i suoi
polsi. “Sono
maledettamente serio, Granger. So come funziona quella tua patetica
testolina e
voglio dirti proprio qui, proprio adesso, che non è
significato un’accidenti di
niente!”
“Allora
perché mi hai soccorso?” domandò lei,
sforzandosi il più possibile
di mantenere il suo viso inespressivo. “Perché preoccuparsi
di−
“Perché
dovevo farlo!” urlò. “Se tu fossi morta
allora io−
“…allora
tu saresti stato incolpato,” finì lei in tono
deluso. “Peccato che
non sarebbe andata così. Tu non hai magia, Malfoy. Credi
seriamente che ti
avrebbero potuto incolpare per una semplice puntura
d’ape−
“Penso
che tu e il tuo prezioso
Ordine fareste qualsiasi cosa per liberarvi di me−
“Beh,
ti sbagli,” ribattè Hermione, svelta. “Loro non avrebbero mai−
“Non
mi interessa!” sbottò lui, avvicinando la testa.
“Te lo dico ora una
volta per tutte che non me ne frega un’emerito cazzo se tu
vivi o muori.”
Non
avrebbe dovuto ferirla, però… Hermione
sentì qualcosa nel suo petto
stringersi e contorcersi come fosse pergamena bruciata, eppure fece
tutto il
possibile per non darlo a vedere.
“Tu
hai aiutato me, e io ho aiutato te.” Draco
continuò deciso. “Siamo
pari, quindi adesso possiamo lasciar perdere tutta questa storia e
ritornare ad
odiarci a vicenda.”
“Allora
è stato tutto inutile…”
sussurrò Hermione, odiandosi per aver detto
quel commento in tono fin troppo udibile e, soprattutto, per la vena di
tristezza che scaturì dalle sue parole.
Draco
sbattè gli occhi confuso dallo strano commento, mentre un
silenzio
umido e pesante cadde su di loro. I piccoli sbuffi agitati della
Granger
continuavano a sfiorargli le guance, e Draco si stava servendo di ogni
grammo
del suo autocontrollo per non abbassare lo sguardo e farlo indugiare
sulle sue
labbra. Sembrava così deliziosamente vulnerabile
lì stretta e piccola piccola,
coperta dalla sua possente ombra. Aveva bisogno di concludere quel
discorso;
stava passando fin troppo tempo…e la sua fame di contatto
minacciava di farsi
sentire di nuovo… aveva bisogno di andarsene via.
“Abbiamo
finito qui,” disse, liberandole i polsi e dirigendosi verso
la sua
stanza. “E come ho detto prima, Granger; non lasciare che il
tuo cervelletto
sottosviluppato legga un significato che non esiste in tutto questa
situazione.”
Hermione
sentì un’immediato brivido di freddo mentre la
figura slanciata
del giovane Serpeverde si allontanava sempre più da lei,
ancora bloccata alla
parete. Non era soddisfatta del modo in cui era finita la
conversazione, perciò
il suo coraggio Grifondoro (combinato ad una notevole
curiosità) presero la
meglio sul suo buon senso.
La
domanda le uscì dalle labbra prima di poterla ricacciare
indietro.
“E
a proposito di cos’è successo dopo che mi hai
aiutata?”
Sapeva
che il suo tono non era stato fermo e convincente come aveva
sperato, ma non le importò. Fissò le spalle di
Draco proprio mentre quest’ultimo
si bloccò a meno di mezzo centrimetro dalla maniglia della
porta. L’aria nella
stanza divento densa e imbarazzante nel giro di un nanosecondo, e i
suoi occhi
dorati erano incollati a lui, mentre si voltava lentamente verso di lei
con un’espressione
fiera stampata in volto. Quella decisione negli occhi, quella leggera
piega del
labbro superiore… Hermione non riusciva a trovare nemmeno
una traccia dell’antico
odio e ribrezzo che avrebbe provato in situazioni normali se avesse
visto quel
ghigno sulla sua faccia. Era così…
“Non
è successo nulla,” Draco grugnì,
marciando di nuovo verso di lei con
un dito alzato e tremolante puntato contro il suo viso. “Mi
hai sentito bene,
Granger? Non è successo un cazzo
di
niente−
“Allora
c’è qualcosa che non quadra,” rispose
lei, alzando il mento in un
curioso momento di folle eroismo. “Perché mi pare
di ricordare−
“Sta
zitta−
“Che
tu e io−
“Non
farlo,” abbaiò lui,
abbastanza vicino da sentirsi di nuovo intorpidito dalla sua
presenza. “Non è successo niente! E
mai succederà! Quindi vedi
di chiudere quella maledetta boc−
“Maledetta
bocca Babbana?” concluse Hermione, curvando la testa
leggermente
verso destra e incrociando le braccia davanti al petto. “So
di aver toccato un
nervo scoperto riguardo ai tuoi pregiudizi contro i Babbani, Malfoy,
quindi
puoi usare quella stupida parolina tutte le volte che vorrai, ma io so che stai iniziando a dubitare di te
stesso−
“Sei
così maledettamente stupida!” replicò
Draco, anche se con una punta di
esitazione che sperava non si fosse sentita. “Io detesto te e
la tua specie, e
tu e la tua boccaccia Babbana mi avete solamente dimostrato quanto
abietti
siate−
“Beh
tu quella boccaccia Babbana l’hai baciata!”
“CAZZO
NO, NON L’HO FATTO!”
I
due ragazzi, in preda all’agitazione rimasero congelati sul
posto quando
scoprirono che, senza accorgersene, durante la discussione i loro nasi
si erano
avvicinati talmente tanto da potersi sfiorare; e i loro occhi, oro e
argento,
si fissavano, confusi e selvaggi. Hermione non osò muovere
un muscolo mentre il
suo fiato sconvolto e nervoso si univa a quello di Draco, causando il
ritorno
di quella spiacevole quanto piacevole senzazione tiepida in fondo alla
gola. Draco
era inorridito e forse un po’…spaventato, mentre
il silenzio si allungava tra
di loro, mentre faceva tutto il possibile per calmare
l’urgenza quasi istintiva
di rubare un altro assaggio.
Chiuse
gli occhi.
Sì,
era definitivamente diventato pazzo.
Benedetto
Salazar che riuscì, perfino in un momento come quello, a
riaccendere la scintilla nella sua mente e che riuscì a
riportarlo alla realtà,
ricordandogli chi fosse lui e cosa
fosse lei.
Mezzosangue,
Mezzosangue, Mezzosangue.
Si
riprese di colpo e inciampò nei suoi stessi passi, rialzando
la testa e
fissando la Granger dall’alto con espressione di puro
disprezzo e perplessità. La
Granger sembrava così…invitante
in
quel momento; labbra semi aperte e guance rosse
dall’agitazione, tiepida pelle
sul collo pulsante. Troppo umana. Troppo normale. Che
cazzo, aveva bisogno di andarsene lontano.
“Non
è successo niente,” ripetè, cercando di
coprire il batticuore e il
fiatone. “Capito, Granger? E se mai avessi ancora bisogno di
essere salvata, lo giuro sul mio
nome di Malfoy che ti
guarderò soffrire fino all’ultimo secondo e ne
gioirò come non mai.”
Le
sue parole crudeli e pungenti la colpirono come una spada ghiacciata.
“Draco,
io−
“Stammi
lontana e basta,” la minacciò lui in un
sussurrò appena udibile,
ritornando verso la sua stanza.
“Stammi…lontana!”
E
così Hermione rimase sola, chiedendosi se avrebbe lasciato
che lui la
baciasse ancora.
Dall’altro
lato della parete, Draco si accasciò in ginocchio, ficcando
i
palmi delle mani ai lati delle tempie pulsanti e doloranti,
maledicendola in
tutti i modi possibili per averlo ridotto a questa piccola, patetica,
brutta
copia di un mago. Senza magia e senza controllo mentale, Draco si disse
che
questo era sicuramente il momento più deplorevole della sua
vita. E la cosa
peggiore era che solo lei sembrava
riuscire a cullare la tempesta che occupava quotidianamente il suo
cervello.
Unendo
questo genere di pensieri all’emicrania che minacciava di
colpirlo
di nuovo, sarebbe quasi potuto ritornare nella stanza e sacrificare
l’ultimo
grammo d’orgoglio rimasto per poterla avere vicino ancora.
Almeno per cacciare
via i demoni che gli impedivano di dormire la notte.
Che
cazzo mi sta facendo?
E
perché, perché ho la
senzazione che le cose andranno solo di male in peggio da questo punto
in
avanti?
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Capitolo 11 *** Dubbio. ***
Chapter
11: Dubbio.
Fottutissimo
inferno.
Dopo
aver passato la
nottata più lunga della sua vita senza essere riuscito a
dormire nemmeno per un
secondo, Draco era steso su un fianco, rivolto verso il minuscolo
spiraglio di
luce mattutina che scaturiva attraverso le persiane. Si sentiva tutto
scombussolato; ancora confuso e agitato riguardo l’incidente
con la Granger, e
distrutto dall’insonnia. In un casuale momento di
spontaneità, si era liberato
di tutti i suoi vestiti per vedere se l’aria fresca o i caldi
raggi di sole
potessero farlo sentire più vivo; più
presente… ma era come essere un fantasma.
Una
creatura fragile
sulla soglia della realtà, ma non del tutto presente.
Doveva
essere rimasto in
quella posizione per molto tempo…riusciva a sentire la
Granger appena sveglia,
alzarsi e aprire i cassetti del guardaroba. Una smorfia dolorosa gli
incurvò i
lineamenti. Questo era ciò che aveva temuto e desiderato per
tutta la notte; la
parte migliore della sua degradante routine. Una limpida goccia di
sudore
scaturì dalla sua fronte mentre ascoltava la Granger farsi
strada nel bagno,
con i suoi soliti movimenti sgraziati. Dopo due secondi, si
ricordò che il
giorno prima, avendola baciata, aveva già scoperto cosa
volesse dire assaggiare
la sua sostanza, assorbire il suo profumo e viverla da
vicino… e questo non
fece altro che scattare quell’insopportabile senzazione in
fondo all’addome un
po’ più velocemente del solito.
Draco
cercò di
scacciarla via, ma la sua mente era troppo annebbiata per riuscire a
resisterle. Sentì il probabile rumore dei suoi vestiti che
cadevano sul
pavimento piastrellato, e mandò giù
un’incredibile quantità di saliva.
Chiudendo gli occhi assonnati, la sua immaginazione gli
riempì i pensieri,
imbevendoli di immagini vivide e terribilmente pericolose. Draco
cedette quasi
all’istante; troppo stanco per poter radunare le energie e
combattere i suoi
istinti, troppo coinvolto nelle fantasie per poterle
ignorare…
Era
così difficile…
Diversamente
dalla
maggior parte delle fantasie che poteva aver avuto nel corso degli
anni, questa
era semplice e priva di inutili esagerazioni. Nella sua testa, la
Granger era
esattamente come doveva essere, con i suoi ricci ondulati che le
ricadevano
sulle spalle, e quell’espressione pensierosa e concentrata.
Il suo corpo
invece…beh, non sapeva se l’immagine
corrispondesse alla realtà, però da quel
poco che poteva dedurre, ci stava andando vicino.
Sentì
accendersi il
getto della doccia e, dopo un sospiro profondo, tutto il suo corpo
parve
concentrarsi in quel piccolo spazio, l’unica parte che
sembrava fuori di sé
dalla frenesia.
Si
era spinto troppo
oltre per riuscire a sentire la vocina nella sua mente che gli urlava
di
smetterla, di contenersi; a quel punto, perfino il più
convincente dei pensieri
dubbiosi si era fatto zittire, non appena il primo gemito della Granger
si
infiltrò attraverso la parete. Mantenendo gli occhi chiusi,
Draco capì subito
quale fosse la zona che si stava più ‘dando da
fare’ in quel momento. Aveva
provato ad ignorarlo, ma a questo punto chi avrebbe saputo resistere?
Cerco
di calmare il
punto dolente, di bloccarlo, di fermarlo. Invece si ritrovò
in qualche modo a
sorreggerlo, senza sapere cosa stava facendo.
Per
la miseria…
Solo
adesso che si era
lasciato andare, capì quanto in realtà ne avesse
sempre avuto bisogno.
Nella
sua mente, la
Granger era ancora sotto la doccia e, anche se sapeva che non avrebbe
dovuto
pensarci, non gli importava. Non gliene fregava un cazzo che la sua
testa fosse
piena zeppa di pensieri proibiti su di lei, o che la sua stanza fosse
impregnata come al solito del suo profumo dal quale ormai dipendeva
completamente. Non importava che fosse lei l’unico antidoto
al suo dolore in
quel momento, e non importava neppure che fossero state proprio le
fantasie su
di lei a far cedere ogni freno inibitore e a zittire qualsiasi
buonsenso.
Sentendo
un’ulteriore
gemito proveniente dalla stanza a fianco, Draco azzerò
finalmente l’ultimo
rimasuglio di autocontrollo rimasto e una potente, vivida imagine
scaturì
dietro alle sue palpebre, spedendolo sull’orlo della pazzia,
seppur per qualche
secondo. I suoi occhi si spalancarono e le fantasie scivolarono
lentamente via
dai suoi pensieri, lasciandolo lì a terra, soddisfatto e
ansimante. Il cuore
gli pulsava come impazzito contro la gabbia toracica, mentre Draco
cercava di
riprendere fiato, togliendo un filo di sudore dalla fronte con il bordo
del
lenzuolo.
Non
era durato molto.
E
ciò che rimaneva era
il più assoluto, il più totale senso di disgusto,
così forte da essere
fisicamente doloroso. Draco cambiò velocemente posizione,
coricandosi sul
pavimento e curvandosi su se stesso in posizione fetale fino a
racchiudersi
all’interno di un cerchio quasi perfetto. Un terribile
brivido di freddo aveva
già raggiunto le sue membra esposte, le dita dei piedi
tremolanti, le mani…ma
Draco non si curò di coprirsi. Mai, in nessuna parte del
mondo, sarebbe potuta
esistere una scusa che potesse giustificare ciò che aveva
appena fatto. Il
freddo pungente che sentiva in quel momento non poteva essere altro che
il
profondo senso di colpa che provava, oppure la terrificante
consapevolezza che
minacciava di portarlo ogni secondo più vicino alla
realtà.
La
cosa peggiore era
che, onestamente, non sapeva dire se fosse più forte il
desiderio di
fracassarsi il cranio contro la parete finchè le immagini
nella sua mente non
fossero uscite definitivamente, oppure il desiderio di entrare in quel
maledetto
bagno una volta per tutte.
Non
si coprì le orecchie
con un cuscino per bloccarla fuori, per estraniarsi da lei. Avrebbe
dovuto, ma
non lo fece. Invece, lasciò che i suoni soffici e ripetitivi
della doccia gli
inebriassero il cervello e lo distraessero dalla realtà.
Si
era appena masturbato
pensando ad Hermione Granger.
La
Mezzosangue.
“Vaffanculo.”
Draco
si rotolò sul
fianco opposto e afferrò il primo oggetto che si
ritrovò tra le mani; il libro
Babbano di quel tipo, quel King. Se lo rigirò tra le mani e
analizzò la
copertina per la centesima volta, ricordando la loro discussione a
proposito di
pregiudizi e la trappola nella quale lui stesso era finito con palese
facilità.
Che la Granger potesse essere maledetta per
l’eternità per questo, però era
vero che Draco ci aveva pensato a quell’argomento, ci aveva
pensato davvero.
Anche se solo per un momento.
Draco
si ricordò di aver
pensato a come avrebbe potuto vedere la Granger, se non fosse stato per
il suo
sangue Babbano, se, se, se…
Ecco,
stava accadendo di
nuovo. Stava riflettendo su quelle cose.
Doppio
vaffanculo…
Neville
aveva
praticamente dovuto trascinarla a peso nella Sala Grande per riuscire a
convincerla a venire, ignorando le sue proteste e insistendo sul fatto
che un
po’ di sano tempo in compagnia dei vecchi amici non le
avrebbe fatto male. Apparentemente
la preoccupazione riguardante i suoi ‘scontri’ con
Malfoy doveva leggersi
proprio in faccia, dato che solitamente Neville si limitava a lasciarla
da sola
quando stava male. Le aveva fatto notare con un commento che quel
giorno aveva
una cera ancora più brutta del solito, così
Hermione aveva finito per accettare
l’invito, pensando che qualche pigra chiacchiera circondata
da amici e con un
buon pasto caldo avrebbe potuto alleviare un po’ il peso
della verità.
Era
una verità scomoda,
ingombrante; terribilmente bella, eppure così sbagliata.
Come Draco.
Come
ho potuto baciarlo?
Hermione
era seduta sul
bordo della panca affollata, con in mano una piuma e una pergamena da
compilare, anche se avrebbe benissimo potuto farlo più
tardi. Alzò il mento e
diede una rapida occhiata al gruppo che si ritrovava davanti, scorrendo
con lo
sguardo Ginny, Lavanda, Dean, Seamus e Neville al suo fianco,
aggrottando le sopracciglia
quando si accorse della mancanza di qualcuno.
“Neville,”
sussurrò,
mantenendo un tono di voce basso per evitare di interrompere le altre
conversazioni. “Dov’è Luna?”
"Me
ne sono accorto
anch’io," le rispose. "A volte sparisce durante i pasti, e
poi credo
che se ne vada anche durante i weekend, sai. Una ragazza del quinto
hanno ha
detto che l’ha vista partire questo Sabato."
"Per
andare dove?"
"Non
ne ho idea,"
scrollò la testa. "Nessuno lo sa. Probabilmente
avrà un permesso speciale
della McGranitt."
"E’
davvero strano,"
Hermione sospirò, voltandosi subito dopo quando
sentì qualcosa che attirò la
sua attenzione. "Scusa, Seamus cos’hai detto?"
"Parlavo
delle voci
che girano in quest’ultimo periodo," rispose lui in un
sussurro,
abbassando la testa cosicchè solo loro sei potessero
sentire. "Molta gente
crede che Voldemort si infiltrerà all’interno del
Ministero fra non molto."
Hermione
alzò un
sopracciglio, scettica. "A volte le voci sono solo voci, Seamus. Non
presterei molta attenzione a queste−
"Però
potrebbe
essere vero," insistette lui. "E se loro
prendessero il controllo del Ministero, poi verrebbe il turno
di Hogwarts e a quel punto, saremmo tutti fottuti."
"Mettici
un pò più
di enfasi su quel se," rispose
calma lei. "Se la McGranitt pensasse davvero che Hogwarts sia in
pericolo,
avrebbe già trovato una sistemazione più sicura
per tutti noi−
"E
chi dice che non
ci stia pensando in questo momento?" replicò svelto Seamus.
"E poi,
dove potremmo andare? Mia madre dice che potrebbe succedere
da−
"Devo
ricordare che
tua madre aveva creduto a quelle sciocchezze che il
Profeta aveva scritto su Harry?" Hermione si alzò
dal suo
posto, con il fiato corto. "Ci sono troppe voci in circolazione al
momento. Non possiamo credere ad ogni piccola cosa che sentiamo,
perciò
rimaniamo fedeli a ciò che sappiamo essere vero."
"Dove
stai andando,
Hermione?" chiese Ginny, osservandola mentre prendeva le sue cose con
espressione triste. "Non hai nemmeno finite di mangiare."
“Non
sono poi così
affamata," rispose debolmente, donandogli uno sguardo pieno di tutto
ciò
che non poteva dire a parole, sperando che bastasse. "E
poi…ho bisogno di
parlare con la Preside.”
“Beh
allora," continuò
la rossa. "Se vuoi puoi salire in Sala Comune stasera, oppure potrei
venire io a farti visita−
"No,"
Hermione
ribattè troppo velocemente, pentendosi per
l’urgenza nel suo tono e nei suoi
movimenti affrettati. "No, il mio dormitorio è completamente
incasinato.
Spero di poter fare un salto io appena posso."
Salutò
gli altri Grifondoro
con un cenno del capo, lasciando la Sala a grandi passi, diretta verso
l’ufficio della McGranitt. Aveva giusto mezz’ora
prima dell’inizio della prima
lezione. Attraversò il corridoio con lunghi passi e
bussò alla porta con due
rapidi tocchi.
“Signorina
Granger”,
l’anziana strega la salutò dalla scrivania.
“Non aspettavo che sareste passata.
Va tutto bene? Sembri un pò giù di morale
oggi.”
Malfoy...
Hermione
esitò,
prendendo posto nella poltrona di fronte. "Non sono sicura,"
mormorò.
"Credo di avere qualche domanda da farle."
"Molto
bene allora,
chieda pure," annuì la McGranitt, sporgendo la schiena in
avanti per dare
tutta l’attenzione ad Hermione. "C’è
qualcosa che ti turba?"
“Beh,”
balbettò lei,
chiedendosi da dove poter cominciare. “Seamus mi ha informato
delle voci che
circolano, riguardo Voldemort e il fatto che stia cercando di
infiltrarsi
all’interno del Ministero…perciò mi
chiedevo se ci fosse del vero in tutto
questo.”
L’anziana
strega si
irrigidì, mostrando tuttavia uno sguardo sicuro e un tono di
voce calmo.
“Queste voci hanno iniziato a circolare da molti mesi, ancora
prima che venisse
celebrato il funerale del professor Silente,” ammise.
“Tuttavia, non sono a
conoscenza dei dettagli. Tutto ciò che posso dirti
è che si tratta di una
possibilità.”
Hermione
sentì qualcosa
schiacciarsi nel petto. “E se succedesse?”
“In
quel caso dovremmo
evacuare la maggior parte degli studenti,” rispose la
McGranitt, lasciandosi
sfuggire uno sbuffo infelice. “Soprattutto gli studenti nati
Babbani come te−
“Oh
mio Dio−
“Cerca
di non
preoccupartene troppo,” la avvisò
l’anziana Preside. “Per il momento, il
Ministero se la sta cavando bene contro i Mangiamorte e, per quanto
riguarda
noi, possediamo potenti precauzioni nel caso in cui dovessero
servirci.”
Hermione
si incrociò le
braccia al petto; improvvisamente si sentiva fredda, sola e spaventata.
Una
parte di lei aveva sempre sospettato che il Ministero sarebbe potuto
cadere in
mano a Voldemort, però era facile perdere il senso della
realtà, vivendo ogni
giorno all’interno di quel castello confortevole e remoto;
non se n’era
preoccupata molto ultimamente, visto il tempo passato con il naso sui
libri e
con la bocca dove non avrebbe mai dovuto andare.
“Non
me la sto cavando
bene ultimamente, per quanto riguarda gli Horcrux,”
sussurrò infine, rivolgendo
alla McGranitt un’espressione mogia. “Ho cercato di
trovare un collegamento tra
il Diario e l’Anello, o tra qualsiasi altro oggetto che
potesse avere un senso…
e poi abbiamo il Medaglione, sì, ma si tratta solo di una
copia e−
“Signorina
Granger,” la
interruppe la Preside. “Sono pienamente consapevole della
difficoltà di questo
compito e so benissimo che stai facendo del tuo meglio, così
come il signor
Potter e il signor Weasley. Sono sicura che la risposta
arriverà al momento
opportuno. Non dovresti stressarti così−
“Ma
ci sarà una guerra
molto presto−
“Tecnicamente, siamo già in
guerra da mesi, signorina Granger−
“Beh
allora siamo quasi
arrivati allo scontro finale,” continuò
Hermione frustrata. “Sento che siamo vicini, e non so se
riusciremo a trovare
tutti gli Horcrux in tempo−
“Stiamo
facendo tutto
ciò che possiamo per prepararci al meglio,” la
interruppe nuovamente la
McGranitt, lanciando alla giovane studentessa uno sguardo ammonitore.
“Hermione, è tutto ciò che possiamo
fare al momento. Ricorda che sei umana.
Stai facendo un’ottimo lavoro e non potrei chiedere di
meglio. Te ne prego,
cerca di non stressarti troppo. Non aiuterebbe.”
Hermione
rilasciò un
sospiro rassegnato, cercando con tutta se stessa di aggrapparsi al
discorso
logico e incoraggiante della Mcgranitt come se ci credesse davvero. Non
era la
prima volta che le venivano queste reazioni di pseudo−panico
di fronte alla
Preside, e probabilmente non sarebbe stata neanche l’ultima.
La maggior parte
dei membri dell’Ordine (senza contare alcuni dei suoi
compagni) era stata
vittima di frequenti momenti di panico negli ultimi tempi; era
più che
comprensibile, considerando il clima attuale, perciò
Hermione si sentiva
davvero grata per la presenza della McGranitt, che riusciva sempre a
calmare le
sue preoccupazioni più profonde. Anche se solo
temporaneamente.
“Ti
senti meglio ora?”
domandò la McGranitt. “Oppure hai delle altre
domande da farmi?”
“Ne
ho centinaia, ad
essere sincera,” sospirò lei, fermandosi a pensare
per un momento al ricordo di
ciò che le aveva detto Neville poco prima. “Ecco,
c’è qualcosa che mi…”
“Chiedi
pure,”
“Neville
mi ha detto che
Luna ha lasciato Hogwarts negli ultimi weekend,”
spiegò Hermione, abbassando
leggermente lo sguardo quando si accorse dell’espressione sul
viso della
Preside. “Può dirmi come mai?”
“Mi
dispiace, ma non
posso,” rispose l’anziana strega dopo un momento di
riflessione. “Posso solo
confermare che a volte la signorina Lovegood lascia il castello, ma lei
stessa
me ne ha rivelato la ragione in stretta confidenza, e le ho giurato che
non ne
avrei fatto parola con nessuno.”
“Ma
lei sta bene, vero?”
domandò Hermione. “Non è nei guai, o
qualcosa del genere−
"Sta
benissimo,"
rispose la McGranitt. "Posso assicurarti che è in ottime
condizioni."
"Allora
perchè−
"Si
tratta di…motivi
personali," concluse bruscamente la McGranitt. "Se vorrai saperne di
più, credo che dovresti domandarglielo tu stessa."
Gli
student di Hogwarts
erano sparpagliati per i lunghi tavoli della Biblioteca, spiaccicati
tra gli
scaffali e le panche, più vicini gli uni agli altri per
combattere il freddo.
Il
cielo si era già
completamente oscurato ancor prima delle sette di sera, e Madama Pince
aveva
provveduto ad accendere qualche candela in più per
riscaldare e illuminare la
stanza il più possibile.
Hermione
stava seduta da
sola in un angolo buio nei pressi della Sezione Proibita; persa in una
bolla di
solitudine che ovattava il brusio circostante. Cercava di concentrarsi
sulle
pagine scribacchiate di fronte a lei, ma non riusciva a smettere di
pensare a
Malfoy e a ciò che era successo.
Come
ho potuto fare una cosa del genere?
Ogni
singola
distrazione, ogni espediente provato nel corso della giornata si era
rivelato
un completo fallimento…tutto ciò che le rimaneva
era un pizzicorio sulle labbra
unito ad una miriade di pensieri confusi. Voleva sapere
perché e come era
potuto succedere, ma non poteva certo suggerire una discussione in
proposito al
suo biondo e scostante compagno di stanza. La cosa peggiore era la
sensazione
che tutti quanti la stessero fissando in quel momento, come se
potessero
entrare nella sua testa e rubare il suo indecente segreto,
disprezzandola per
questo.
La
paranoia è un
parassita terribile.
Ma,
a pensarci bene,
quella non era la cosa peggiore. Non contavano affatto le volte in cui
tentava
di scrollarsi di dosso questo pensiero; le sembrava di essere stata
imbrogliata
in qualche modo. Non era stato un bacio vero…era
sembrato più un’inizio,
un’assaggio…e avevano entrambi smesso senza
raggiungere
una qualche conclusione…un climax.
Era
come se avesse
raggiunto l’Inferno senza poter toccare il calore delle
fiamme.
Non
avrebbe dovuto
volerlo, eppure lo voleva, lo voleva sul serio. La sua
curiosità stava
raggiungendo livelli estremi e lei non poteva far altro che
assecondarla. Voleva…
“Hermione”
Si
voltò di scatto,
lanciando alla causa dell’interruzione dei suoi pensieri uno
sguardo tagliente
quanto la lama di una ghigliottina. “Per Merlino,
Michael,” mormorò. “Mi hai
spaventata a morte.”
“Spiacente,”
ridacchiò
lui, in un modo che le fece pensare che Michael non fosse dispiaciuto
affatto. “Mi
stavo solamente chiedendo se avevi completato la lista dei doveri dei
Prefetti.”
“Oh,”
sospirò lei
assente, rovistando nella sua borsa per trovare l’ennesimo
foglio di carta,
sparso tra le pergamene. “Sì…certo.
Eccola qui.”
Micahel
Corner accettò
il foglio, dandogli un’occhiata veloce prima di rivolgere
nuovamente la sua
attenzione verso la giovane strega. “Stai bene,
Hermione?” domandò, sporgendosi
in avanti così da far luccicare alla luce della candela il
suo sigillo da
Caposcuola. “Sembri un po’ distante.”
“Sto
bene,” mentì lei, abbassando
il capo per nascondere l’eventuale nota di incertezza nella
sua voce. “C’è
qualche problema con la lista?”
“No,
sembra tutto a
posto,” rispose lui. “Pensavo che ti avrebbe fatto
piacere un pò di compagnia,
sai.”
“Stavo
per andarmene, in
effetti,” rispose Hermione, cercando di essere il
più cordiale possibile
nonostante il suo malumore. “Mi dispiace, sono parecchio
stanca.”
Hermione
cercò di
appuntarsi mentalmente la necessità di scusarsi con Michael
nei prossimi giorni
per il suo atteggiamento. Di norma, non le dispiaceva chiacchierare con
il
giovane Corvonero, che era maturato molto negli ultimi tempi,
particolarmente
dopo la sua rottura con Cho. Inizialmente Hermione era stata molto
diffidente
nei suoi confronti, dopo aver sentito qualche commento poco lusinghiero
da
parte di Ginny, anche se col senno di poi si era rivelato abbastanza
piacevole.
“Non
c’è problema,”
rispose lui debolmente, schiarendosi la gola. “Dobbiamo
organizzare un’incontro
per discutere riguardo i preparativi per il Ballo di Natale−
“E’
davvero necessario?”
si lamentò lei, chiudendo il libro con un tonfo.
“Ci sono cose molto più
importanti a cui dovremmo pensare, rispetto ad uno stupidissimo
Ballo−
“Credo
che la McGranitt
stia solo tentando di mantenere alto il morale degli
studenti,” le ricordò
Michael. “Avanti, Hermione. Non farebbe male divertirsi un
po’, almeno a
Natale. La gente qui ne ha veramente bisogno secondo me.”
"Suppongo
di sì,"
sospirò scettica, infilando tutte le sue cose nella borsa e
alzandosi dalla
sedia. "Possiamo discuterne ad Hogsmeade questo weekend.
D’accordo?"
"Per
me è ok,"
annuì. "Vuoi che ti riaccompagni al tuo dormitorio?"
"No,
non essere
sciocco," lo liquidò lei con un cenno della mano. "Credo che
Terry ed
Antony ti stiano aspettando. Ci vediamo Sabato allora."
Hermione
si voltò prima
che lui potesse rispondere e marciò svelta fuori dalla
Biblioteca, tenendo lo
sguardo a terra per evitare le presunte occhiate degli altri studenti.
Poteva giurare
di sentire sulla nuca il peso di tutti gli sguardi sprezzanti, e il
brusio
delle parole diffamatorie. Tutte paranoie ovviamente. Ciononostante,
partì a
razzo attraverso i corridoi, senza fermarsi nemmeno un secondo.
Contrariamente
al desiderio di evitare il suo dormitorio – o più
precisamente, il Serpeverde
che attendeva al suo interno – i suoi passi la condussero
senza indugio alla
sua porta d’ingresso. Tremante e ansiosa, sussurrò
la password e scivolò nella
stanza; scannerizzando ogni centimetro del salotto con attenzione.
Come
al solito, la
stanza non dava alcun segno della sua presenza, il che la
portò alla
conclusione che lui dovesse essere nella sua stanza. Si
lasciò uscire un
sospiro di sollievo, enormemente sollevata al pensiero che qualunque
tipo di
discussione non sarebbe accaduta prima della mattina successiva. Si
diresse
furtivmente verso la sua stanza, con tutta l’umana intenzione
di nascondersi
fino al sorgere del sole, senza curarsi del fatto che un comportamento
del
genere potesse essere definito codardo.
Si
bloccò dopo neanche
un passo quando tre colpetti decisi alla porta la fecerò
sobbalzare. Per Merlino, proprio adesso?!
“Chi
è?” chiamò, con
voce leggermente tremolante.
“Sono
Michael.”
Hermione
grugnì
silenziosamente, infastidita dalla sua insistenza. Lanciò
uno sguardo
preoccupato verso la porta di Malfoy, domandandosi se fosse saggio far
entrare
un’ospite quando lui doveva rimanere nascosto dagli occhi di
chiunque. “Che
cosa vuoi?” domandò ad alta voce, mantenendo lo
sguardo fisso sulla stanza di
Draco. “Sono
un po’ occupata!”
“Hai
dimenticato un
libro prima,” si giustificò il ragazzo
dall’altro lato del portone. “Va tutto
bene?”
Hermione
fece una
smorfia e si diresse lentamente verso la voce, lanciando
un’ultimo sguardo
dietro alle spalle prima di aprire leggermente la porta; abbastanza da
poter
uscire con la testa e, allo stesso tempo, impedire la vista di
qualsiasi cosa
al di là della sua figura.
“Stavo
per farmi una
doccia,” mentì lei, dopo aver ricevuto uno sguardo
confuso da parte del
Corvonero. “Sono già in accappatoio.”
“Scusa,”
Michael sorrise
imbarazzato, porgendole il libro. “Sei sicura di stare bene,
Hermione? Ti sei
comportata in modo strano oggi.”
Hermione
riuscì a
curvare gli angoli delle sue labbra in un sorriso scomodo.
“Sono solamente
molto stanca,” le rispose, prendendo il piccolo tomo grigio.
Chiuse la porta di
un paio di centimetri in più, sperando che lui cogliesse il
suggerimento di
andarsene. “Penso che andrò a dormire presto,
comunque grazie per avermi
riportato il libro.”
“Sei
sicura?” insistette
lui, ed Hermione dovette resistere un sacco per non rispondergli male.
“Sicura,”
borbottò.
“Buonanotte.”
“Va
bene, allora ci
vediamo Sabato. Buonanotte.”
Hermione
rilasciò un
sospirò stanco e appoggiò la fronte contro la
porta, desiderando che quei colpi
sordi allo stomaco la smettessero. Sapeva che le intenzioni di Michael
erano
completamente innocenti e che la sua reazione era stata un
po’ troppo sulla
difensiva, però si sentiva smascherata. Per tutta la
giornata, le era sembrato
che qualcuno volesse entrare nella sua vita, nel suo segreto ed
Hermione non
poteva permettere ad anima viva di scoprire che cosa era successo.
“Chi
cazzo era quello?”
La
testa di Hermione si
voltò così in fretta che per poco non perse
l’equilibrio, e il suo petto sembrò
squarciarsi sotto il peso del suo cuore, che aveva istantaneamente
cominciato a
battere e pulsare come se fosse impazzito. Senza rendersene conto,
arretrò di
qualche passo finchè non arrivò con la schiena
appoggiata alla parete e si mise
una mano sul petto dolorante. Tenne lo sguardo fisso su Malfoy, mentre
lui si
avvicinava allo stipite della porta con espressione tormentata. I suoi
lineamenti
erano contorti in un’affascinante combinazione di disprezzo e
risentimento,
assieme a qualcosa d’altro che non riusciva bene ad
identificare, ma che le
fece mancare il respiro.
“Perché
devi sempre fare
così?” ansimò Hermione con rabbia, una
volta ritrovata la capacità di parlare.
“Ti diverti a spaventare le person−
“Ti
ho chiesto chi era
quello,” sputò fuori Draco, digrignando i denti.
Hermione si accorse di quanto
tesi fossero i suoi muscoli. “E sarà meglio che tu
mi dia una risposta
fottutamente decente, Granger.”
Hermione
si tirò
indietro quando si rese conto che lui si stava spostando verso di lei,
con
movimenti lenti e precisi che lo facevano somigliare ad un lupo, un
predatore.
Si accorse che Malfoy possedeva una certa grazia nei movimenti,
un’eleganza che
Hermione non poteva non ammirare o, allo stesso tempo, invidiare; si
muoveva
come se ogni passo fosse intenzionale e premeditato, intimidatorio o
addirittura seducente. Avrebbe dovuto trovarlo sconcertante o
sgradevole ma, Godric potesse perdonarla per
questo,
non riusciva a non esserne attratta.
“Sei
maledettamente
sorda Grang−
“Era
soltanto Michael
Corner” mormorò lei, togliendosi il golfino e
sedendosi sul divano. “E’ del
nostro anno e−
“So
chi è,” la
interruppe lui. La sua voce era ancora bassa e oscura.
“Corvonero ottuso.
Giocatore di merda a Quidditch. La sua unica qualità decente
è il fatto che sia
un Purosangue. Che cosa voleva da te?”
“Mi
ha riportato un
libro,” spiegò Hermione, sempre più
imbarazzata mano a mano che lui si
avvicinava; le mani incrociate in modo arrogante sul suo petto.
“Perché vuoi−
“E
perchè quel povero
stupido coglione dovrebbe pensare che tu lo incontrerai questo
Sabato?”
Hermione
alzò un
sopracciglio. “Stavi origliando?”
“RISPONDI
e basta alla
domanda, cazzo!” pretese Draco, sbattendo il palmo della mano
contro lo
schienale del divano. “Perché vi dovete
incontrare?”
“Che
cosa ti importa?
Non sono certo affari tuoi.”
Draco
schioccò la
mascella e scosse la testa, come se stesse cercando di controllarsi
prima di
fare qualcosa di stupido. I suoi occhi grigio cielo scattarono
alternandosi tra
lei e il pavimento, mentre sembrava riprendersi da qualcosa, respirando
a fondo
per qualche minuto. Hermione lo osservò attentamente,
mordicchiandosi il labbro
in attesa della sua risposta.
“Sono
anche affari miei
se lui si auto invita qua dentro,” rispose misurando le
parole con attenzione.
“Se mi vedesse, potrebbe blaterare
quell’informazione a chiunque−
“Non
ti ha visto−
“E
poi se il tuo piano è
quello di sbattertelo in giro per il castello allora−
“COME
OSI!” Hermione
urlò a pieni polmoni, alzandosi dal divano e marciando verso
di lui. “Non hai
NESSUN diritto di parlarmi in questo modo−
“Posso
parlarti come mi
pare e piace,” replicò calmo lui, alzando il collo
per guardarla. “Se non me lo
dici tu, allora posso benissimo trarre da solo le conclusioni−
“E’
ridicolo!” rispose
lei. “Ti ho detto che sarei andata ad Hogsmeade questo
weekend e−
"E
ci vai con quello?"
grugnì, come se l’idea lo
schifasse e gli lasciasse un sapore amaro proprio in fondo alla lingua.
“Allora
tu te lo fai sul serio, quello
schifosissimo
pezzo di−
“Oh
per l’amor del Cielo,
Malfoy!” rispose Hermione, frustrata e
imbarazzata. “Michael ed io siamo gli unici ad andare
perché siamo entrambi Caposcuola!”
La
bocca di Draco si
chiuse di botto con uno schiocco perfettamente udibile, ed Hermione si
sentiva
come se lui la stesse praticamente scansionando con gli occhi, dato il
suo
sguardo. Fisso. Intenso. Si
rese conto di quanto fossero vicini in quel momento;
abbastanza da permettere al fiato di lui di arrivare a muoverle i
ricciolini
spettinati sulla fronte, però lei non si mosse, contro ogni
forma di buonsenso.
Ricrodi
cos’è successo l’ultima volta che siete
stati così vicini...?
Draco
non mostrava alcun
tipo di fastidio data la loro vicinanza, ed Hermione poteva giurare di
aver
visto un lampo di sollievo scaturire sui suoi lineamenti tesi.
Piegò la testa
leggermente a lato, rilassò le spalle e la stanza
sembrò liberarsi da tutta l’energia
statica accumulatasi durante la loro precedente discussione.
“Mi
stai dicendo che
quell’inutile testa di cazzo è un
Caposcuola?” ghignò scettico. “Che cazzo
di scherzo−
“In
realtà è molto
bravo,” lo contraddisse lei, notando che il labbro superiore
di lui schioccò
con superiorità mentre parlava. “Abbiamo finito
qui, Dra…Malfoy?”
Draco
aggrottò le
sopracciglia sentendo il suo errore, e a quel punto, la strega
cercò di
nascondere il suo imbarazzo senza successo. Si voltò per
andarsene, ma la sua
fredda presa si aggrappò al suo polso prima che potesse
allontanarsi di un solo
millimetro.
Spingilo
via e basta…siete troppo vicini…
“E
adesso cosa c’è?”
domandò Hermione, rifiutandosi di guardarlo ngli occhi.
“Ho risposto alla tua
domanda e ne ho avuto abbastanza dei tuoi−
“Non
ho finito,” mormorò
lui, stringendo un po’ la presa. “Ho un’altra
domanda.”
Lei
fece spallucce. “Non vedo perchè
dovrei−
“Perchè
mi hai preparato
del cibo questa mattina?” si affrettò a domandare
lui, con uno strano tono
calmo e controllato, che sembrava nascondere una certa agitazione.
Hermione
sbattè le
palpebre confusa, voltandosi leggermente verso di lui.
“Che− che cosa intendi?”
balbettò. “Ti cucino tutti i giorni−
“Pensavo
che dopo il
nostro litigio, la notte scorsa,” disse reclutante.
“…che non l’avresti più
voluto fare−
“Noi
litighiamo ogni
santo giorno Malfoy−
“La
notte scorsa è stato
diverso.”
La
stanza si trasformò
istantaneamente in un tubo, da cui l’aria veniva aspirata e
lasciata vorticare
come dentro ad un’aspirapolvere. Hermione si sentiva scombussolata, stranamente
confusa e debole. Gli
occhi di Draco sembravano aver preso una sfumatura più dolce
in quel momento;
come fumo lattiginoso ed Hermione non riusciva a staccare lo sguardo
dal suo. Dopo
la sua sfuriata rabbiosa e il suo completo rifiuto riguardo al loro
bacio, le
sue ultime parole l’avevano colpita come una mazza da
baseball. Sapevano entrambi
a che cosa si riferisse quel ‘diverso’, e quella
consapevolezza fluttuava tra
loro come una fiamma terribilmente pericolosa; troppo calda da toccare
ma
troppo potente da poterla ignorare.
Il
bacio…
“Non
ti avrei mai lasciato morire di fame solo
per…quello,” fece Hermione, rompendo
il silenzio. “Sarebbe stato crudele e basta−
“Sarebbe
stato normale,” ribattè Draco. Hermione
notò con dispiacere che i suoi
lineamenti erano già ritornati al solito grugno severo.
“E sono certo che
vorresti farmi la ramanzina con qualche noiosa morale da Grifondoro
sulla gentilezza
o su qualche altra cazzata ma, sul serio, non potrebbe
fregarmene di meno−
“Sei
stato tu a
chiedermi questa cosa,” protestò Hermione,
liberandosi dalla stretta sul suo
polso e allontanandosi da lui. “Me ne vado a letto.
Buonanotte Malfoy.”
Draco
serrò i pugni
mentre la Granger scompariva nella sua stanza, domandandosi il
perchè del suo
comportamento così patetico. Era umiliante e inaccettabile,
e la colpa era
tutta della Granger. Dal momento in cui lei l’aveva infettato
con il suo sangue
sporco, e l’aveva sommerso nel suo profumo, ogni cosa si era
deteriorata,
specialmente il suo cervello, la sua ragione. Adesso, si ritrovava
vittima di
ossessionanti fantasie su di lei, tentato da quel quasi
bacio che lo aveva fatto sentire disgustato, sconvolto. Perfino
affamato.
Tutto
ciò stava
completamente consumando il suo cervello, rompendolo pezzo dopo
pezzo…
cominciava a dubitare di se stesso, a domandarsi quanto ancora avrebbe
retto
prima di cedere alla sua inappropriata voglia di soddisfare la sua sete.
La
rabbia che aveva
provato quando quel fottuto Corvonero si era presentato era un tipo di
rabbia che
non aveva mai provato prima; feroce ed esplosiva. Si era anche sentito
fisicamente male, come se un terremoto interiore avesse scosso le
fondamenta
del suo stomaco e non aveva assolutamente idea del perché si
fosse sentito in
quel modo.
Non
è gelosia…
Soltanto
rabbia. Rabbia possessiva,
forse.
I
suoi piccoli lussi e stimoli
erano limitati in quella prigione, e il suo sapore, il suo odore erano
in
qualche modo diventati quel genere di…bisogni necessari, che
non avrebbe mai e
poi mai condiviso con nessuno al di
là di quella porta. Mentre l’assaggio del suo
sapore era stato brevissimo, ora
era suo, anche se non avrebbe dovuto volerlo per il bene della sua
dignità. E non
voleva toccarla ancora una volta. Davvero, non voleva, ma se quel
Michael ‘odioso,pretenzioso,cazzone’
Corner credeva di avere il diritto di rubare anche solo un
po’ della Granger,
si sbagliava di grosso.
Non
riusciva a dare un
nome al turbine di emozioni pericolose che lo spingevano verso di lei,
e non
gli piacevano nemmeno, ma erano talmente potenti e così
istintive, che era
impossibile ignorarle.
Si
precipitò nella sua
stanza, e supplicò silenziosamente Salazar di potersi
liberare da questa…ossessione
il più presto possibile. Era degradante e logorante, e Draco
non riusciva
nemmeno a pensare alla tremenda possibilità che un giorno
lui potesse
soccombervi.
Non
succederà…
Il
vento soffiava come
impazzito quella notte, ed Hermione era assolutamente convinta che il
suo
orologio stesse mentendo.
Se
davvero erano le tre
del mattino, allora significava che aveva passato le ultime quattro ore
a
fissare immobile il soffitto, e questa non era assolutamente la cosa
più sana e
ragionevole da fare. Si era praticamente reclusa da sola nella sua
stanza,
incapace di uscirne, convincendosi di poter riuscire a finire almeno la
metà
dei compiti che doveva svolgere fino alle vacanze di Natale. Quella
determinazione durò meno di un secondo, e a quel punto aveva
cercato
disperatamente di trovare un po’ di riposo, senza successo.
E
quel vento poi, che
faceva vibrare le finestre e riempiva di gelidi spifferi le crepe nel
muro di
pietra, non aiutava affatto…
Non
importava quanto
tentasse di cancellare Malfoy dalla sua mente, non ci riusciva; al suo
interno
vorticavano senza sosta immagini testarde del loro
pseudo−bacio assieme a vari
flashback della sua permanenza nel suo dormitorio. Si
ritrovò a pensare che
fosse davvero affascinante il modo in cui aveva smesso di chiamarla
Mezzosangue
nell’ultimo periodo. Un mese in sua presenza
l’aveva influenzata e si era
riscoperta più determinata che mai a sconfiggere la barriera
dei suoi pregiudizi,
anche se non riusciva ad evitare di domandarsi se ora non lo stesse
facendo
solo per motivi egoistici.
Hermione
desiderava che
lui la vedesse in maniera diversa, ed era abbastanza certa che stesse
cominciando
a vedere qualcosa…
O
almeno, lo sperava.
Si
sedette e strofinò la
sua faccia assonata con i palmi delle mani, domandandosi se il suo
interesse
verso di lui fosse appropriato o sano. Probabilmente no.
Un
brivido la percorse
ed Hermione riuscì a malapena ad afferrare la bacchetta per
creare un’incantesimo
scaldante, prima che un pensiero le balenasse in mente. Lei stava
attualmente
dormendo con tre coperte e in più possedeva la sua magia,
con cui poteva
crearsi uno scudo coprente se ne avesse avuto bisogno, come in effetti
aveva
fatto. Ma cos’aveva invece Draco? Gli era stata data soltanto
una coperta…
E
se stesse congelando?
Si
accorse in quel
momento di quanto le stesse importando la salute del suo compagno
Serpeverde,
quando in teoria non avrebbe dovuto fregarsene così tanto.
Sapeva che faceva
semplicemente parte del suo carattere, ma stavolta era anche qualcosa
d’altro;
una genuina preoccupazione per il livello del suo comfort. Oddio, ma da
quando?
Hermione
lasciò il suo
letto e si coprì con una vestaglia, decidendo in quell
momento che cosa
esattamente avrebbe potuto fare. Le opzioni erano semplici; scegliere
di
ignorare quella preoccupazione e lasciare che quel miserabile pezzo
di− si
arrangiasse da solo, oppure seguire il suo istintivo desiderio di
offrirgli un po’
di aiuto.
"Che
diavolo sto
facendo?" sussurrò a se stessa, mentre sgattaiolava
silenziosamente fuori
dalla sua stanza.
Dopo
due minuti buoni di
esitazione, mandò giù un’enorme
quantità di saliva e puntò la bacchetta in
direzione della porta accanto alla sua.
"Alohomora."
A/N:
Scusatemi tantissimo davvero! Non immaginavo che ci avrei messo
così tanto a
pubblicare il capitolo! Ho avuto così tanti contrattempi che
non vi immaginate!
L
Oggi fortunatamente, ho ritrovato la voglia perché mi sono
messa a leggere tra
il ventesimo/venticinquesimo capitolo originale e dopo aver ricordato
quante
cose belle succedono dopo (‘belle’ tra
virgolette,perché insomma…uhmm NIENTE
SPOILER, GIURO!) mi sono detta “Cavolo, le ragazze che mi
seguono DEVONO sapere
cosa succede dopo! Devo farglielo sapere, devo andare
avanti!” E così è stato
;) Godetevi questo capitolo e alla prossima gente! Ciaoooooo!
|
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Capitolo 12 *** Sonno. ***
Chapter
12: Sonno.
Santissimo
Godric, che cosa sto facendo?
Hermione
rabbrividii
mentre la porta della stanza da letto di Malfoy si apriva con un lieve
cigolìo,
comunque un po’ troppo rumoroso per i suoi gusti.
Creò con la bacchetta un
debole fiotto di luce con l’incantesimo Lumos;
abbastanza da poter essere in grado di distinguere i contorni
del mobilio e
gli eventuali movimenti nella stanza. L’aria sembrava
più fredda lì dentro, ed
Hermione si strinse nel colletto della sua vestaglia, mentre i suoi
occhi
caddero sul letto illuminato dalla flebile illuminazione che scaturiva
dalla
bacchetta.
Hermione
si congelò sul
posto. Poteva sentirli adesso; gli agitati sospiri notturni, misti a
mormorii e
brontolii, chiari indicatori di una notte particolarmente difficile.
Draco
evidentemente si
trovava nel bel mezzo di un incubo e, mentre la giovane strega lo
fissava
concentrata, la luce della bacchetta illuminò un punto sulla
sua fronte pieno
di goccioline di sudore. I suoi lineamenti erano contorti e doloranti,
e la
vulnerabilità che scaturiva dalla sua espressione torturata
dal sonno era
terribilmente affascinante. Era…bellissimo, e al solo
pensiero il suo petto
cominciò a scaldarsi come una stufa bollente.
Sbattè gli occhi svegliandosi
dallo stato di trance in cui era finita, quando lui si mosse sotto le
lenzuola.
Datti
una calmata, Hermione...
Si
avvicinò a lui con
cautela, mantenendo sul viso un’espressione estasiata. Doveva
esserci stato
qualcosa nei suoi mormorii sonnolenti che le aveva procurato una
terribile
voglia di allungare una mano e di accarezzargli il capo, magari
solamente per
spostargli quel ciuffo sudato dalla fronte. Nonostante ciò,
rimase ferma
esattamente dov’era senza muovere un muscolo.
Doveva
avere un gran
freddo, pensò. Indossava solo una maglietta di cotone
leggero, e perdipiù era
difficile immaginare l’esatta causa del suo tremore; poteva
essere il vento
quanto il tormentato film mentale che stava avendo luogo in quel
momento dentro
la sua testa. Dopo un’attimo di esitazione, Hermione si tolse
la vestaglia e la
Trasfigurò in una pesante coperta di lana. Si sporse in
avanti per appoggiarla
sul suo corpo tremolante, sfiorando accidentalmente un centimetro di
pelle
diafana e completamente gelata. Hermione si immobilizzò nel
momento in cui
Draco sembrò essersi reso conto del contatto e un flebile
sussurrò passò
attraverso le sue labbra socchiuse.
"Io
lo devo fare...altrimenti
Lui ucciderà me. Non capisce?!"
Hermione
boccheggiò,
incapace di staccare lo sguardo su quel frullatore di emozioni che
stavano
passando sul volto del suo compagno di stanza. Sembrava che qualcuno lo
stesse
torturando in quell’esatto momento, e lei non
riuscì ad ignorare il nodo allo
stomaco che sentì, causato dalla preoccupazione. Hermione si
protese verso di
lui e lo studiò da vicino, dimenticandosi di essere cauta
per un momento.
"Draco,"
sussurrò
prima di potersi controllare. "Draco, sono io. Svegliati."
Hermione
ricevette in
risposta solamente una dose più forte di mormorii e
brontolii incoscienti, così
decise di allungare il palmo della mano per controllare la temperatura
sulla
sua fronte satinata. Nel momento in cui la sua pelle toccò
quella di Draco, i
suoi occhi grigi e selvaggi si spalancarono di colpo. Hermione ebbe a
malapena
il tempo di trattenere un singulto di sorpresa. Abbassò
istintivamente la mano,
nascondendola nella vestaglia. Draco ansimava violentemente, scosso dal
brusco
risveglio e probabilmente da quel tipo di confusione che soccombe non
appena ti
lasci alle spalle il vivido, ma irreale, mondo dei sogni. Si sporse in
avanti e
la luce della luna proveniente dalla finestra illuminò il
suo volto; era
talmente vicino che i suoi ciuffi di capelli spettinati arrivavano a
spazzolare
lievemente la fronte di Hermione.
"Draco,"
sussurrò
Hermione. "Stai tranquillo. Sono io."
I
suoi lineamenti si
rilassarono appena, ma fu abbastanza per farle venire il coraggio di
allungare
una mano e di posizionarla dolcemente sulla sua guancia. Appoggiando
anche
l’altra mano sul lato sinistro, cominciò a
strofinare lentamente i pollici
sulle sue guancie congelate. Lui non si scostò, come lei si
aspettava che
facesse, anzi, sembrava completamente confuso. Immobile. In trance.
“E’
tutto ok,” ripetè
con voce cantilenante Hermione, alternando questa frase ai leggeri
tocchi sul
suo viso. “E’ tutto ok.”
Le
palpebre di Draco si
abbassarono lentamente, così che i suoi occhi divennero due
sottili linee
bianche e le iridi quasi non si vedevano più. I suoi sospiri
rallentarono;
aveva smesso di tremare, ma Hermione non volle smettere di scaldare il
suo viso
con il tocco premuroso delle sue mani. Aspettava che si svegliasse
completamente o che, al contrario, si riaddormentasse magari un
po’ più
tranquillo. Draco vacillò per un momento, incapace di
starsene seduto dritto,
prima che il suo sguardo perso e distante si puntasse di nuovo su di
lei. I
suoi occhi erano annebbiati e assenti quando si chinò
lentamente verso di lei,
ed Hermione non provò nemmeno a protestare quando le sue
labbra si appoggiarono
sulle sue.
Mentre
il loro semi−bacio
era stato leggero e incerto, questa seconda connessione sembrava forte
e
decisa. C’era un che’ di disperato nel modo in cui
le loro labbra si tenevano
strette le une alle altre, ed Hermione non potè evitare di
lasciarsi andare
all’eccitazione del momento quando lui si
concentrò maggiormente sul suo labbro
inferiore, accarezzandolo e ammorbidendolo come fosse fatto
d’aria, palpabile e
morbida al tatto. Hermione cercò di assecondarlo, portando
il momento alla
durata esatta di dieci battiti cardiaci; dopodichè, tutto si
fermò. Draco
abbandonò la sua fronte appoggiandola a quella di Hermione,
facendo in modo che
le loro labbra potessero ancora toccarsi lievemente. La giovane non
sapeva più
che cosa fosse vero e cosa inventato, immaginato, sognato. Era tutto
così
assurdo. Il turbine di domande che le stava spuntando in testa di certo
non migliorava
la situazione.
Lentamente,
aprì gli
occhi e scoprì che Draco sembrava ancora
mezzo−addormentato, seppur beatamente
calmo. I rimasugli di menta piperita aleggiavano ancora sulle sue
labbra…
"Granger..."
mormorò
lui, con la voce ancora impastata dal sonno.
Hermione
non osò
muoversi di un centimetro mentre Draco si spostava leggermente sul lato
destro
del letto, lasciandole più spazio. Lo osservò
attentamente, cercando un
qualsiasi suggerimento che le facesse capire qualcosa; E’
rimasto disgustato dal bacio oppure no? Si è almeno reso
conto di
quello che è appena successo oppure si trova ancora in quel
punto impenetrabile
della mente dove aleggiano insieme il sonno e la veglia?
Quando
vide che lui
aveva richiuso gli occhi e si stava per rimettere addosso le coperte,
pensò che
fosse il momento giusto per andarsene, ma un sussurro a malapena
udibile arrivò
alle sue orecchie, e quello che sentì la sconvolse
completamente.
"Resta."
Sbatacchiò
le palpebre
un paio di volte prima di assicurarsi che l’avesse detto
davvero, guardandolo
dritto in faccia per capire se aveva confuso le sue parole. No,
sembrava
completamente sicuro. Stava lì a fissarla con espressione
statica, come se
stesse attendendo il suo responso. Se lo stava immaginando? Per la
miseria, si
stava forse immaginando tutto quanto? Avrebbe tanto voluto
restare…
Contro
ogni possibile
forma di buonsenso, alzò un lembo della coperta e si
sistemò sotto di essa,
cercando di ignorare la vocettina nella sua mente; Domattina
ti pentirai di tutto questo… ora è
così, ma aspetta di vedere
la reazione del Draco completamente sveglio…
Cercò
di mettere la
maggior distanza possibile tra i loro corpi, sperando ingenuamente che
questo
gesto avrebbe alleviato il peso dell’assurda situazione in
cui si era andata a
cacciare. Si mise comoda e creò un’incantesimo
scaldante.
I
suoi occhi indugiarono
sul suo volto, mentre le palpebre si abbassavano piano piano, distrutte
dalla
stanchezza.
Draco
si accorse
vagamente del cinguettiò mattutino degli uccelli alla
finestra, prima che la
luce del giorno lo colpisse in pieno viso, strappandogli di dosso ogni
singola
briciola di sonno rimasta. La mattinata sembrava promettente; nessun
segno di
pioggia rimanente sulle finestre, cielo pulito e azzurro e, da qualche
parte
nel suo subconscio, l’inaspettata sensazione rigenerante
causata da un buon
sonno ristoratore. L’unica
cosa fuori
posto era la strana texture del suo cuscino…
Ma
che diavolo…
La
sua guancia destra
era completamente sotterrata sotto i riccioli della Granger, e a quel
punto si
ricordò del sogno fatto la notte scorsa. Era stato un
piacevole cambiamento
rispetto ai suoi soliti incubi riguardanti maghi assassinati e torri
illuminate
dalla luce della luna; un bacio con la Principessa Grifondoro. Era
soltanto un
ricordo sfocato, senza dettagli specifici, come la maggior parte dei
suoi
sogni, perché in effetti era stato solamente questo. Un
sogno.
Strano,
però; le sue
labbra sembravano particolarmente sensibili quella mattina.
Sollevò
per un momento
la testa dal cuscino, osservando sconcertato la figura al suo fianco, e
decise
in segreto che il suo viso, rilassato e sereno, era la cosa
più bella che avesse
mai visto. Era maledettamente attraente, quasi surreale; coricata al
suo
fianco, con tutti quei boccoli spettinati che circondavano il suo volto
addormentato.
Gli occhi sonnolenti di Draco si diressero verso le sue labbra,
leggermente
socchiuse, e si domandò se forse, magari…
Non
essere così fottutamente idiota.
Durante
i primi giorni
passati in quel dormitorio, il profumo della Granger gli sembrava
pesante e
nauseabondo; al momento, tuttavia, somigliava più ad
un’oceano di frutta,
vaniglia e cioccolato e ci stava praticamente affogando dentro. Era
delizioso.
Draco
si domandò se non
fosse il caso di approfittarne e di sfiorarla leggermente; solo per
capire se
si trattasse della realtà, o di un’altra delle sue
vivide fantasie.
Purtroppo i suoi occhi ambrati si spalancarono prima che potesse fare
un
tentativo. Si fissarono a vicenda per un lunghissimo minuto; Hermione
leggermente imbarazzata e Draco con sguardo sospettoso e confuso.
"Posso
chiederti
cosa ci fai qui, Granger?" fece lui, spezzando il silenzio. Gli
sembrava
addirittura di poter sentire il rumore degli ingranaggi nel cervello
della
Granger, che scalpitavano per elaborare una risposta adeguata.
“Granger−
“Io…”
cominciò lei,
cauta. “Ho pensato che avessi freddo.”
Draco
agrottò le
sopracciglia sentendo la sua risposta. "Che cos−
"Ti
ho portato una
coperta in più," andò avanti lei, col tremore
nella voce. "E tu…mi
hai chiesto di restare."
Draco
schioccò la lingua
scettico, ma un ricordo annebbiato lo distolse per un momento dal
presente.
Quel piccolo, fiabesco sogno all’improvviso si
trasformò, somigliando
pericolosamente ad un vero ricordo. Scacciò via dalla sua
mente quella nozione
assurda come un’insetto fastidioso. Stava per ribattere che
lui non avrebbe mai
potuto dirle una cosa del genere, ma la successiva confessione della
Granger lo
sconvolse, come se qualcuno avesse staccato la spina dal suo cervello.
"Io…io
volevo
restare."
I
suoi occhi ghiacciati
si spalancarono in meno di un secondo, scannerizzando i tratti del viso
della
Granger, prima che un terribile impulso che non riuscì a
controllare lo spingesse
verso di lei. Draco afferrò le sue spalle e la
baciò con decisione, rotolando
con tutto il suo peso su di lei, accorgendosi di quanto si sentisse a
suo agio
in quella posizone, come se il contatto tra i loro corpi fosse
straordinariamente
familiare. Le mani di lei si ritrovarono a giocherellare con i capelli
corti
sulla sua nuca mentre Draco si immergeva il più possibile
tra le sue labbra;
affogando tutta la frustrazione, la rabbia, e la confusione che aveva
provato
negli ultimi giorni. Provò un’innocente quanto
profondo desiderio di far si che
le sue mani si perdessero tra i suoi ricci e le onde castane, per
averla più
vicina.
Un
lieve gemito
femminile rieccheggiò nel profondo della sua gola e Draco
aumentò l’insistenza
nei suoi movimenti, sentendosi finalmente sollevato, immerso tra il
calore dei
loro corpi e il profumo squisito dei suoi capelli. Hermione gemette
ancora una
volta e quel suono ricordò a Draco tutti quei momenti
passati ad ascoltarla
sotto la doccia, il che non contribuì affatto a diminuire il
suo desiderio di
lei, di averla sempre e sempre di più. Purtroppo, lo spasmo
al di sotto del suo
ombelico sembrava troppo reale in quel momento; troppo vivo, e
ciò lo riportò a
schiantarsi contro la fredda e agghiacciante verità.
Draco
ruppe il contatto,
strappando via il suo corpo da quello della Granger e fissandola dal
bordo del
letto, con occhi selvaggi, febbicitanti, sconvolti. Sentì
ogni singolo muscolo
del suo corpo ritornare alla posizione abituale, ogni respiro
rieccheggiare
nella gabbia toracica come un urlo ripetuto e sconvolto mille volte
dall’eco
causato dal buco profondo della sua coscienza. Le viscere gli erano
completamente sparite fino ad un secondo prima, mentre ora
precipitarono giù
come un mattone, mozzandogli il fiato. L’umiliazione e il
disgusto avevano
raggiunto un livello che Draco credeva essere inesistente fino ad ora;
era
l’apice di ogni cosa, il climax più potente della
storia della sua pazzia.
Certo, sarebbe potuto succedere di peggio…molto
peggio…
Dracò
percepì il peso
della Granger che si spostava leggermente sul materasso e
desiderò che se ne
andasse, prima che la sua irascibilità avesse la meglio su
di lui. Poteva
benissimo sentire tutta la rabbia, diretta a lei e a se stesso, che
sfrigolava
all’interno del suo cervello come braci volubili che
rischiavano di bruciare da
un momento all’atro. Ormai il suo peso sul letto non
c’era più, il materasso si
era riempito come prima…allora perché non la
stava sentendo camminare?
"Draco-
"Va
via e basta,"
gracchiò freddamente lui, con un filo di voce, mantenendo la
testa bassa.
"Lasciami solo−
"Ma
io−
"TI
HO DETTO DI
ANDARTENE, PER LA MISERIA!" Draco scattò in piedi,
voltandosi per
fronteggiarla, con un pesante ghigno scolpito sul suo volto.
“SUBITO−
"NO!"
urlò lei
di rimando, raddrizzando la schiena con decisione. “Dobbiamo
discutere di
questa cosa−
"Non
c’è niente da
discutere!" fece lui. "Non è successo niente−
"Quanto
sei
patetico!" lo accusò Hermione, con un dito puntato contro di
lui. "Perchè
devi negare che sia successo davvero qualc−
"PERCHE’
TUTTO
QUESTO NON E’ LA FOTTUTISSIMA REALTA’!"
ringhiò Draco. "Nulla di ciò
che accade in questa prigione è reale−
"Che
cosa stai dicendo−
"E’
tutto falso!"
continuò. "Questa situazione di merda mi sta incasinando
tutto il
cervello! Non mi abbasserei MAI a toccarti se non fosse per questa
fottutissima
prigione in cui sono costretto a vivere−
"Le
circostanze
sono completamente irrilevanti−
"Stronzate!"
"Tu
sei ancora in
controllo delle tue azioni!" esplose Hermione, furente. "E prima
comincerai ad accettarlo, meglio sarà−
"E
allora che mi dici
delle tue azioni, Granger?"
domandò
Draco. "Dimmi, com’è possibile per te pensare che
dormire con un
Mangiamorte sia normale?!”
Il
suo broncio si indurì.
"Non stavo ragionando, lo ammetto, è stata una
follia−
"Tu
parli di
follia! Devo ricordarti che è colpa tua e di quella vecchia
strega se io sto
qui giorno dopo giorno a marcire nella follia più totale?!"
sbraitò Draco,
fermandosi un momento per stringere il suo sguardo furente in due
fessure
sottilissime. “Si tratta forse di un piano, Granger? Tu e
quella vacca
decrepita state facendo tutto questo di proposito?”
“Che
diavolo stai
dicendo?”
“Sto
parlando di te e
della McGranitt!” fece Draco, schiarendosi la gola irritata
dalle grida. “Avete
in mente qualcosa del tipo ‘sedurre il Mangiamorte e ottenere
così qualche
informazione su Voldemort con un po’ di efficace
sfottimento’?”
“Fottiti,
Malfoy!”
“Sono
sicuro che anche
questo facesse parte del piano,” sibiliò
amaramente lui. “Fregarmi e tenermi
per sempre prigioniero, a causa di ciò che avrei potuto
confessare durante una
conversazione intima tra le lenzuola−
“Stai
delirando,”
rispose Hermione, cominciando a perdere la pazienza.
Draco
esitò, digrignando
i denti. “Sì, è vero, è
fottutamente ridicolo,” confermò. “Sono
sicuro che
perfino la McGranitt abbia notato che tu hai a malapena il sex appeal
di un
Troll di montagna!”
Si
accorse del dolore
nei suoi occhi, e per poco non si pentì di aver fatto quel
commento ad alta
voce.
“Non
c’è nessun piano,”
fece Hermione, dopo un lungo silenzio. “Puoi credere quello
che vuoi, ma tutto
ciò che volevo era che tu ti accorgessi che i nati Babbani
sono persone. Che io sono una
persona.”
Draco
rimase immobile,
cercando di impedire che il suo volto lasciasse trasparire
l’incertezza che
sentiva nel profondo del cuore. Non sapeva nulla a proposito degli
altri nati
Babbani, e nemmeno gli importava; conosceva solamente lei. Ed era una
persona,
senza ombra di dubbio; una ragazza con personalità ed
emozioni che faticava a
comprendere, ma che lo affascinavano incontrollabilmente. Lei era una
persona,
una persona che riusciva a mettere in dubbio ogni singola sicurezza
della sua
vita. Era una persona che baciava meravigliosamente…
"Ora
me ne vado,"
mormorò Hermione, dirigendosi verso la porta.
“Però voglio che tu pensi a
questo mentre sono via, Draco. Se io fossi una Purosangue con la stessa
personalità, negheresti così velocemente tutto
quello che è successo
stamattina?”
Prima
che qualsiasi
genere di replica potesse uscire dalla sua bocca, lei sbattè
la porta, che si
andò a frantumare contro la parete, lasciandolo
lì, confuso e sconvolto. La sua
ultima domanda rotolò all’infinito nella sua testa
come un bigliettino sparso
dal vento, assieme a svariate frasi del libro di King e a tutto
ciò che lei gli
aveva detto da quando era arrivato in quel dormitorio.
Avrebbe
negato quel
bacio così velocemente se fosse stata una Purosangue?
No.
Cazzo, no.
Rintanata
al sicuro
nella su stanza, Hermione lasciò che un singhiozzo testardo
le uscisse di
bocca, nonostante tutta la buona volontà che ci aveva messo
per evitare di
piangere. Questa volta non erano stati tanto i suoi insulti a farla
star male,
quanto più la sua stessa reazione. Non le sarebbe dovuto
importare un bel
niente della sua opinione; anzi, ormai avrebbe dovuto essere abituata
alle sue
frasi crudeli ma, per la tomba di Godric,
quelle si che avevano fatto male. Sentiva il dolore quasi come una
pugnalata
alle spalle dopo quel…quel bellissimo momento passato
insieme.
Forse
avrebbe dovuto
essere grata a lui per averlo fatto; almeno uno dei due era riuscito a
rompere
il contatto e ad affrontare la realtà delle cose.
Ma
perché, perché? Che
bisogno c’era di fare ancora una volta il bastardo?
Perché doveva sempre
rendere tutto così difficile?
Che
sto facendo? Basta pensare a queste cose!
E’
stato soltanto
un’incidente… gli incidenti però
possono ancora essere considerati tali se
vengono ripetuti più di una volta?
Hermione
si strofinò via
dagli occhi l’ultima lacrima rimasta e schiarì il
blocco che si sentiva fino in
fondo alla gola. Con un’occhiata veloce
all’orologio, scoprì che erano a
malapena le sei del mattino; troppo presto per l’inizio delle
lezioni. Però non
ce la faceva più, doveva uscire da quella maledetta stanza.
Si vestì il più in
fretta possibile, scappando via dal dormitorio, cercando allo stesso
tempo di
non fissare troppo a lungo la porta della stanza di Draco.
Attraversò gli
stretti, cupi corridoi fino ad arrivare ad un porticato
all’aria aperta, che la
proiettò dritta in fronte ad un bellissimo cielo rosato.
Era
meraviglioso; una
fantastica combinazione di colori tenui e azzurri intensi, talmente
affascinanti da poter togliere il fiato a chiunque, ma Hermione era
troppo
distratta dai suoi pensieri e non riuscì ad apprezzare
appieno il panorama. Sì
coprì con un’incantesimo scaldante, girovagando
per il prato, finchè non trovò
un’albero un po’ malmesso, coperto di brina.
Si
lasciò scivolare fino
alle radici, appoggiandosi con tutto il suo peso contro il tronco
ghiacciato,
ritrovandosi nuovamente con il volto rigato dalle lacrime. Poteva
permettersi
di singhiozzare ad alta voce lì, dove nessuno
l’avrebbe sentita, ma non riuscì
a farlo, per paura di sembrare una sciocca.
Doveva
arrendersi
all’evidenza, anche se questa era completamente sbagliata e
insensata. Se
davvero si sentiva così male dopo che Draco
l’aveva trattata in quel modo,
allora doveva per forza provare qualcosa per lui. Non si era mai
sentita così
rifiutata fin da quando Ron aveva avuto quella breve sbandata per
Lavanda, ma
in qualche modo, a ripensarci adesso le sembrava una cosa di poco
conto. Forse
si sentiva così incasinata perché Draco era
l’unica persona con la quale aveva
passato un considerevole arco di tempo fin da quando Harry e Ron se
n’erano
andati. Forse.
Si
era permessa di
allentare la guardia con lui ogni giorno di più e guarda
adesso dove era andata
a finire.
Probabilmente
era stata
una scelta idiota, davvero. Come aveva anche solo potuto pensare per un
momento
che, creando una specie di pacifica routine tra lei e Draco, le cose
sarebbero
effettivamente cambiate? Ci aveva sperato sul serio però
adesso le sembrava
tutto inutile.
“Hermione.”
La
giovane si voltò,
troppo intontita dalla tristezza per riuscire ad assumere
un’atteggiamento
diffidente. Riconobbe la voce e si sforzò di distendere le
labbra in un sorriso
forzato. “Luna, che ci fai qui?”
“Il
cielo è bellissimo,
non lo vedi?” rispose lei, inginocchiandosi di fianco ad
Hermione. “Quest’ora
del mattino è il momento migliore per vedere i Ceffodyls, li
sto aspettando ma
sono un po’ timidi… Come mai sei già
sveglia?”
“Avevo
bisogno di un po’
d’aria” sospirò Hermione, asciugandosi
velocemente ogni eventuale lacrima
rimasta. “Che ore son−
“Sai
che le tue labbra
sono ancora strane?” la interruppe Luna.
“Un’altra puntura?”
“Che?
Sì, cioè no,”
rispose lei, cercando di ottenere un tono di voce disinvolto.
“No, niente a che
vedere con le api. Penso sia una reazione a qualcosa
d’altro.”
“Tipo?”
“Non
ne sono sicura,”
Hermione alzò le spalle, passandosi un dito indagatore sul
labbro per sentire
se, effettivamente, erano diverse dal solito. “Quello che so,
è che non mi fa
bene per niente.”
“In
un certo senso ti
dona,” sorrise Luna, guardando il cielo. “Anche se
stavolta la reazione sembra
più potente di quella prima volta.”
“Che
cosa intendi?”
“Le
tue guance sono
rossissime,” spiegò Luna, voltandosi per guardarla
meglio. “E i tuoi occhi sono
lucidi e opachi al tempo stesso−
“Magari
è il freddo,” si
difese Hermione.
“Non
penso sia quello,”
riprese la giovane Corvonero. “E’
qualcos’altro. Comunque te l’ho detto, è
una
cosa che ti dona. Sembri più viva del
solito.”
Hermione
le offrì un
sorriso di ringraziamento. “Sei molto gentile Luna.”
"Ho
sentito che
sabato andrai ad Hogsmeade," disse lei, spezzettando un ciuffo
d’erba
congelato. “Con Michael, vero?”
“Sì,
è vero,” annuì
Hermione. “Vuoi che ti prenda qualcosa?”
“Ti
dispiacerebbe
prendermi qualche Bacchetta di Liquirizia?”
Hermione
alzò un
sopracciglio. “Pensavo che non ti piacesse la
liquirizia.”
"Infatti
non mi
piace."
Hermione
curvò la testa
da un lato, confusa, osservando l’amica con attenzione e
notando che anche lei
sembrava un po’ diversa dal solito. I suoi occhi somigliavano
ancora a due
bocce d’aqua impenetrabili e sognanti, però
c’era qualcosa in più… sembrava che
stessero contentendo un segreto. Un bel segreto.
“Posso
chiederti una
cosa, Luna?”
La
giovane Corvonero si
voltò lentamente, concentrando la sua attenzione verso la
compagna. “Certo,”
rispose. “Cercherò di darti una risposta
soddisfacente.”
“Gli
altri si
sonoaccorti che a volte non sei nel castello, specialmente durante i
weekend,”
cominciò Hermione, cauta. “Posso sapere dove
vai?”
Luna
non sembrò
scomporsi dopo quella domanda. “Non pensavo che gli altri
potessero accorgersi
della mia assenza.”
“Oh
Luna,” sussurrò
Hermione dolcemente. “Sai che noi ti vogliamo bene,
ovviamente ci siamo accorti
di−
“Non
intendevo in quel
senso,” la interruppe lei. “Le persone solitamente
non notano il comportamento
altrui in tempi di Guerra. Lo considerano solo normale. Sinceramente,
sono
sorpresa che qualcuno se ne sia accorto.”
“Quindi
dov’è che vai
ogni volta?” insistette Hermione. “Sei sei in
qualche brutta situazione, ti
possiamo aiutare noi!”
Luna
si lasciò sfuggire
una risatina divertita ed Hermione alzò il sopracciglio,
confusa. “Sto
bene” disse Luna “Sto molto
bene a dire la verità, ma non
posso dirti dove vado.”
“Perché
no?!”
“Non
sarebbe giusto nei
confronti delle altre persone coinvolte,” mormorò
Luna, lasciando che un lampo
di preoccupazione e di serietà passasse attraverso le sue
iridi ghiacciate. “Scusami.
Sarebbe troppo rischioso dirlo a qualcuno, e non si tratta solamente di
un
segreto che riguarda me.”
Anche
se Hermione poteva
comprendere le ragioni dell’amica e sapeva bene che non aveva
alcun diritto di
esigere una spiegazione ragionevole (soprattutto visto e considerato
che lei
stessa stava attualmente ospitando un Mangiamorte latitante nel suo
dormitorio)
qualcosa nella voce di Luna l’aveva incuriosita parecchio.
“E
quest’altra persona…è
qualcuno a cui tieni molto?” le domandò con
cautela. “Penso che sia così, visto
il rischio che stai correndo.”
“Non
stiamo forse
correndo tutti dei rischi ultimamente?”
“Sono
solo preoccupata
per te,” fece Hermione. “Questa Guerra−
“A
volte le Guerre
possono portare a cose buone,” disse Luna, alzandosi in
piedi. “Possono
insegnare alla gente a credere in cio che pensano sia giusto, a tenersi
stretti
i propri sentimenti, anche se possono essere rischiosi.”
Hermione
fissò l’amica
senza ribattere, mentre quest’ultima raggiungeva il castello,
allontanandosi
sempre di più da lei. Come sempre, Luna e le sue parole le
avevano lasciato una
strana sensazione addosso, un misto tra confusione e illuminazione, ed
ora
Hermione si domandava se per caso Luna non sapesse molto più
di ciò che dava a
vedere. Si voltò per osservare il nuovo sole nascente
un’ultima volta, prima di
girare intorno all’enorme quercia e ritornare sui suoi passi.
Doveva
concentrarsi sul
suo obiettivo per l’Ordine e lasciar perdere tutte quelle
inutili distrazioni e
perdite di tempo causate dalla presenza di Draco. Tutto ciò
che era successo
era assolutamente inappropriato ed infantile, nonostante fosse anche
incredibilmente allettante, e non aveva proprio tempo per quelle cose.
Peccato
che fosse troppo
difficile da ignorare.
Era
in ritardo per la
prima lezione della giornata, tutto grazie ad un testardo sogno ad
occhi aperti
che era riuscito a portarla fin qui, facendola vittima dei suoi stessi
pensieri. Accidenti.
Per
due giorni interi,
riuscì a pieni voti nell’impresa di evitarla,
rimanendo recluso nella sua
stanza (togliendo dalla lista alcune necessarie visite al bagno e le
frequenti
uscite fugaci dalla porta per afferrare i piatti caldi che gli
preparava ogni
giorno). Poteva supporre che anche lei stesse facendo del suo meglio
per
stargli lontano, e questa cosa avrebbe potuto anche andargli a genio,
se solo
non stesse perdendo ogni giorno di più la concezione della
realtà dopo quella
separazione forzata.
E
stavolta non si
trattava nemmeno di claustrofobia.
No,
questa volta era
diverso; poteva sentire un cambiamento nel suo corpo, nel suo sangue,
nelle ossa.
Era desiderio, travolgente e insaziabile; sia per quanto riguarda un
qualsiasi
tipo di interazione umana e sociale, sia per lei nello specifico. Lo
sentiva
ribollire nelle vene e pulsargli in ogni muscolo del corpo. Ogni notte
si
ritrovava ricoperto da una patina gelida di sudore, tremante e
dolorante,
rattrappito su un fianco. Gli veniva quasi da vomitare. Sembrava una
crisi
d’astinenza (un termine che aveva trovato in uno dei suoi
libri di Medicina
Babbana) anche se non si trattava di astinenza da una particolare
sostanza. O
forse sì. Forse era lei, forse l’aveva avvelenato
e adesso stava di merda per colpa
sua.
L’unica
medicina
sembrava essere il fruscìo quotidiano delle tendine della
doccia e il
successivo coretto di gemiti mattutini, ma purtroppo tutto questo
durava
all’incirca venti minuti e non di più. La giornata
dopo quell’attimo di
beatitudine, sembrava infinita.
Era
stato sveglio per un
paio d’ore quel giorno, aspettando che i movimenti mattutini
della Granger
alleviassero il suo tormento. Tirando ad indovinare, data la posizione
del
sole, era quasi arrivato il primo pomeriggio, il che significava che
era
passata l’ennesima settimana di prigionia.
Si
ricordò a quel punto
che la Granger gli aveva comunicato che sarebbe andata ad Hogsmeade con
quel
ritardato Corvonero, e un’ondata di furia assassina lo
attraversò da capo a
piedi. Il suo petto sembrava pronto a strapparsi in due sotto il peso
dell’ira
improvvisa che si prese il controllo di tutto il suo essere. Quando
finalmente
la sentì entrare in bagno, i suoi suoni delicati non
riuscirono comunque a
spazzar via i pensieri omicidi che gli erano passati per la testa pochi
secondi
prima.
Anzi,
tutto quello che
riuscì a visualizzare nella mente fu una scarica di immagini
sospettose e
sgradevoli di lei, che si preparava per incontrare quello scherzo della
natura.
Quell’immagine mentale lievitò sempre e sempre di
più, fino a provocargli la
nausea. Draco strinse i denti, cercando di tenere insieme i pezzi di se
stesso,
ma non riuscì a trattenerli; li sentiva scorrere via come
granelli di sabbia
tra le dita. Un’ondata di disgusto lo travolse; disgusto per
se stesso e per
tutte quelle scene vomitevoli che si era costretto ad immaginare.
Strinse i
pugni fino a far sanguinare la carne con la punta delle unghie e non
osò
muovere un muscolo finchè non la sentì uscire dal
dormitorio.
In
un’attimo, era già in
piedi, sorretto quasi miracolosamente dalla furia e
dall’ansia. Scannerizzò la
stanza con sguardo folle, selvaggio. Iniziò con
l’armadio e la scrivania,
calciandoli con tutta la forza che aveva in corpo, finchè
pezzi di legno grossi
quando il suo braccio non si staccarono e volarono sul pavimento.
Dopodichè si
concentrò sul letto, riducendolo ad un ammasso di legno
intarsiato, piume e
cuscini stropicciati, il che – nonostante l’impegno
messo− non contribuì
affatto a contenere il vortice di emozioni che lo stavano mangiando
vivo.
Con
un’ultimo grido di
rabbia, alimentato dal fuoco possente della gelosia, afferrò
una sedia e la
scaraventò verso la finestra, guardandola mentre esplodeva
in una pioggia di
cristalli. Osservò il vetro magico ricomporsi
un’attimo più tardi senza nessuno
sforzo e si accasciò inerme sul pavimento, sommerso dai
rimasugli della sua
reazione eccessivamente violenta. Rimase in quella posizione per
quattro ore, crogiolandosi
nella contemplazione dolorosa di immagini della Granger e di Corner che
si
divertivano insieme come non mai.
Nel
bel mezzo di quella
ripresa di coscienza, respirando affannosamente a contatto con le
gelide
piastrelle del pavimento, giunse ad una conclusione. O la Granger si
sbagliava,
e quindi lui aveva tutto il diritto di disprezzare Babbani e
Mezzosangue per la
loro inferiorità, oppure se la Granger aveva ragione, come
succedeva spesso,
allora lui non era altro che un bastardissimo idiota a cui era stato
sottoposto
un lavaggio del cervello a prova di bomba atomica…
Le
parole della Granger,
pronunciate con rabbia e delusione dopo il loro bacio, gli riapparvero
nitide
nella mente.
Puoi
credere quello che vuoi, ma tutto ciò che volevo
era che tu ti accorgessi che i nati Babbani sono persone. Che io sono una persona…
Sei
ancora in controllo delle tue azioni…
Volevo restare…
E
se lei avesse avuto ragione fin dal principio?
E
se tutto questo casino, questo odio, questa barriera che li separava,
fosse
tutto per niente?
E
se lui e tutta la sua famiglia si sbagliavano?
Allora…allora
il suo desiderio costante e logorante per lei non sarebbe stato
sbagliato,
però… perché diavolo lei avrebbe
dovuto ricambiarlo?
Se
lei
avesse ragione, se.
Non
era più sicuro di niente ormai. Non sapeva più a
chi dovesse credere.
Rimase
immobile per ore e ore. Il fruscìo costante dei suoi
pensieri che gli roteava
intorno era talmente forte, che non si accorse subito del suo
ritorno.
Non si accorse nemmeno dei colpetti dati alla porta e della sua voce
che lo
chiamava.
Hermione
lo trovò in queste condizioni; raggomitolato a terra in
posizione fetale,
circondato da un’orda di caos e di detriti. Il suo sguardo
ansioso e spaventato
scannerizzò tutta la stanza, per poi arrivare a Draco,
perfettamente nel
centro. A quel punto il suo cuore si zittì per
un’attimo, sparì, quasi come se
non ci fosse più. Hermione riusciva a percepire che Draco
stesse tremando,
eppure lui non stava facendo alcunchè per scaldarsi, e i
suoi occhi erano più
assenti e persi che mai. La sua figura vulnerabile e distorta le fece
venire in
mente di quella notte in cui lo sorprese nel bel mezzo di un incubo, e
pensò a
come quell’attimo di preoccupazione per lui avesse portato a
conseguenze ancora
più complicate da gestire.
Essere
così preoccupata per lui le veniva naturale in ogni caso,
non poteva farci
nulla. Lasciò che la borsa le cadesse dalla spalla senza il
minimo interesse
per qualsiasi altra cosa che non fosse quel minuscolo, freddo e
rattrappito
ragazzo in fondo alla stanza. Si inginocchiò di fianco a lui
e gli prese il
volto tra le mani gelate. Un flash di riconoscimento apparve nel suo
sguardo
grigio e spento, ed Hermione represse un singhiozzo a fatica mentre i
suoi
pollici cominciavano già a scorrere sul suo volto come se
stessero seguendo un
ordine automatico.
“Draco,”
sussurrò, avvicinandosi al suo viso. “Guardami,
Draco. Che cosa c’è che non
va?”
Lui
ingurgitò una grossa quantità di saliva e
sbattè lentamente le palpebre. “Da quanto tempo sono qui, Granger?
Intendo, qui ad Hogwarts.”
Hermione
fece un breve calcolo mentale e poi rispose come un computer
perfettamente
programmato “Cinque settimane,” ci
ripensò meglio e aggiunse “Trentasette
giorni, credo.”
“Sembra
molto di più,” mormorò lui.
“Perché
hai distrutto la tua stanza?” gli domandò Hermione
cauta, staccando una mano
dalla sua guancia per prendere la bacchetta. “Draco−
“Non
lo so,” fece lui, rilassandosi un pò di
più mano a mano che prendeva coscienza
della presenza delle sue mani sul suo viso. “Non lo so
davvero.”
“Ci
penso io a sistemare qui,” rispose lei, agitando la
bacchetta. “Sta fermo, ok?”
Draco
non rispose e stupidamente pensò di aver perso la forza di
parlare da quando
lei non lo sorreggeva più con le sue mani delicate. Si
domandò se non fosse
presente una lieve ironia in tutto questo; la Granger che aggiustava
qualcosa
che lui aveva demolito per una ragione che ancora adesso non riusciva
pienamente a comprendere, ma il suo cervello era talmente stremato dal
troppo
rimuginare, che non ebbe lo spazio sufficiente per accogliere fino in
fondo
questo nuovo pensiero. Invece si ritrovò ancora una volta a
studiare i
lineamenti della Granger, cercando un qualche dettaglio che gli potesse
confermare la sua effettiva inferiorità, ma ancora una
volta, non ne trovò
nemmeno uno.
Nessuna
traccia di qualcosa che avrebbe potuto odiare, non importava lo sforzo
che ci
metteva nel cercarla.
“Sei
gelido,” commentò
Hermione, riportando la sua attenzione verso di lui. “Lascia
che−
“No,”
fece lui, stavolta
senza il suo piglio sprezzante. “Sto bene, Granger.”
Lei
scosse la testa un
poco ma non ribattè, sapendo perfettamente bene che in casi
come questi non era
una grande idea l’uso dell’insistenza.
“Ti ho preso le cose che mi avevi chiesto,”
gli disse, riprendendo la borsa da terra. Con un colpo di bacchetta ne
tirò
fuori il contenuto e Draco osservò la scena del cambio di
lenzuola, da quel
rosso che gli dava il vomito ad un verde scintillante. Poi fu il turno
dei
dolci richiesti, che si sistemarono tutti ordinatamente sul comodino.
“Draco,
cosa ti sta succedendo? Perché hai distrutto tutto−
“Te
l’ho detto, non lo
so,” ripetè lui. “L’ho fatto e
basta.”
"Non
sembri molto
in forma," mormorò Hermione, poggiando una mano sulla sua
fronte. "Potrei
andarti a prendere una−
"No,"
la fermò
lui, chiudendo gli occhi per un istante. "Non…non andartene."
"Draco,
mi stai facendo
preoccupare−
"Perchè
dovresti
preoccuparti per qualcuno che non sopporti?"
Hermione
abbassò la
testa per guardarlo negli occhi, decisa. “Ti ho
già detto che non ti odio−
“Dovresti,”
le rispose
lui, altrettanto deciso. “Dovresti detestarmi.”
“Beh,
invece non ti
detesto,” rispose lei, stringendosi un po’
più a lui. “Forse dovrei, ma non
posso ora−
“Allora
cos’è che provi
nei miei confronti adesso, Granger?”
“Ancora
questa domanda?”
sbuffò lei, giocherellando con i fili sfrangiati della gonna
per evitare il suo
sguardo. “Non lo so, Draco.”
“Pensi
che io sia
malvagio, Granger?” le chiese senza pensare.
“Non
sei affatto
malvagio,” lo rassicurò lei prontamente.
“Sei stato solo…mal educato in tutti
questi anni. Sei umano, Draco, e hai fatto degli errori, ma non posso
odiarti
in base a quello.”
Draco
alzò la testa e
rilasciò un sospiro tremolante. “Io invece dovrei
odiare te.”
“Dovrei?” ripetè lei
con sguardo confuso. “Cioè vuoi dire
che…non mi
odi più?”
“Non
lo so,” mormorò lui
in risposta, così piano che Hermione non fu sicura di averlo
sentito parlare a
tutti gli effetti. “Sono un
po’…confuso.”
La
sua confessione, seppur
debole e discutibile, le diede un’incoraggiamento senza
precedenti. Quella piccola
speranzosa fiamma che si era ripromessa di ignorare, sbocciò
come risvegliata
da un richiamo immediato e lei non potè fare nulla per
evitarlo. Questo era ciò
che voleva; una conferma
data di persona sul fatto che lui stesse cominciando a dubitare su
tutto ciò
che aveva creduto universale e giusto.
Tutto
questo non fece
altro che alimentare il suo buon umore, assurdamente collegato a Malfoy
e,
senza pensarci su due volte, Hermione scivolò accanto a lui,
ancora più vicina,
sistemandosi tra le sue gambe e poggiando la schiena sul suo petto. Si
aspettava
che lui l’avrebbe mandata via all’istante, ma lui
non battè ciglio mentre lei
si sistemava un po’ meglio, poggiando il suo nido castano
sulla sua spalla
sinistra. Draco rimase completamente immobile, senza reagire in alcun
modo,
come una statua di ghiaccio, eppure lei si sentiva inspiegabilmente al
sicuro
lì; calda e comoda, racchiusa in un momento tanto sbagliato
quanto piacevole,
che la condusse all’istante in uno stato di dormiveglia.
“Questo
non significa
nulla, ok Granger?” sussurrò Draco vicino al suo
orecchio, probabilmente
parlando più a se stesso che a lei.
“Nulla”.
“Lo
so,” rispose lei.
Draco
era dolorosamente
consapevole che questa…cosa…era molto
più intima e indubbiamente sbagliata di
tutto ciò che avevano mai fatto fin’ora, ma dopo
due giorni di negazione, di
tormento e solitudine, era troppo assorto in quel momento per poterla
mandare
via. Sapeva che il mattino successivo il senso di colpa sarebbe stato
terribile
da mandar giù, eppure non poteva resistere
all’effetto che la Granger aveva su
di lui.
Erano
a malapena le otto
di sera, ma il sonno prese la meglio su Hermione in pochissimi minuti e
Draco
la seguì un momento più tardi, accompagnato dal
fastidioso presentimento che le
cose stessero per cambiare.
Che
lui stesse
cambiando.
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Capitolo 13 *** Solitudine. ***
Chapter
13: Solitudine.
Hermione
non riusciva
nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui si era sentita
così rilassata e
serena.
Inspirò
l’aria fresca
del mattino, stando ancora a contatto con il petto di lui, che si
alzava e si
abbassava a ritmi regolari, come cullata da una ninna nanna soporifera,
che le
impediva di ritornare del tutto alla realtà. Il delizioso
odore di menta e
essenza ‘da ragazzo’ riempiva l’aria
nella stanza, ed Hermione, una volta presa
coscienza del fatto che fosse giorno, scacciò via in un
battito di ciglia i
rimasugli di un ultimo sogno che si era portata dietro fino al
risveglio.
A
giudicare dai respiri
pesanti che le sfioravano i capelli sulla fronte, Draco si trovava
ancora molto
distante dal mondo, anche se le sue braccia dovevano essersi mosse di
loro
spontanea volontà durante la notte, poiché in
quel momento si trovavano strette
attorno al corpo di Hermione, e lei non poté fare a meno di
spingersi un po’
più verso di lui per assaporare al meglio quella
meravigliosa sensazione di
sicurezza prima che il suo imminente risveglio rovinasse
l’atmosfera. Sbuffando
al solo pensiero, Hermione si rese conto che forse sarebbe stato meglio
per lei
sgattaiolare fuori dalla stanza prima che lui se ne accorgesse, tanto
per
evitare l’ennesima scenata.
Non
sapeva per quale
motivo, tuttavia, incapace di resistere, allungò leggermente
il collo verso
l’alto e gli poggiò le labbra proprio sulla linea
della mascella, lasciando a
suo modo un bacio del buongiorno. A quel punto, cercò di
sfilarsi cautamente
dalla sua stretta.
L’assenza
del suo tocco
la fece sentire fredda e trascurata e, come se pensasse che lui potesse
sentire
la stessa cosa, si affrettò a coprirlo con una coperta. Con
un ultimo sguardo
sconsolato, si voltò per andarsene, ignara del fatto che un
paio di occhi grigi
si stessero lentamente schiudendo dietro di lei.
Draco
si portò la punta
delle dita nel punto in cui lei aveva poggiato le sue labbra poco prima
e fissò
la sua figura che usciva dalla camera. Un’idea improvvisa gli
venne in mente,
così si alzò in silenzio e si avvicinò
alla porta, giusto in tempo per sentire
la password della Granger.
Lutra,
lutra?
Non
aveva la più pallida
idea di che cosa potesse significare, ma siccome non gli importava
granché, si
sentiva molto soddisfatto; d’ora in poi le cose sarebbero
potute essere un po’
più giuste per lui. Se la Granger si era dimostrata talmente
entusiasta da
sentirsi in dovere di entrare nella sua stanza a suo piacimento, ora
lui poteva
fare lo stesso. Certo, sarebbe stato tutto solo per scopi
tattici… eppure, dopo
essersi sfiorato un’altra volta il punto in cui la Granger
l’aveva baciato
quella mattina, Draco si domandò se dietro a questo
‘piano’ non si
nascondessero dei motivi ancora più …
preoccupanti.
Dopo
un pranzo leggero e
una capatina in Biblioteca, Hermione era ritornata nella sua stanza,
trovandola
occupata dalla presenza della civetta di Harry, Edvige.
Rilesse
la lettera
quattro volte e ogni volta il suo sorriso si ingrandiva sempre di
più. La busta
era indirizzata a lei soltanto, perciò stavolta non si
preoccupò di aspettare
Ginny per aprirla. Dopo settimane di vuoto assoluto, finalmente una
notizia
positiva, un po’ di luce in mezzo
all’oscurità. Il biglietto era scribacchiato
nella calligrafia di Ron, disordinata e familiare, eppure le parole
erano
chiare e decise sulla pergamena.
L’abbiamo
trovato. E appena distrutto.
Stiamo
cercando gli altri ora.
Mi
manchi.
R&H
Non
c’era alcun dubbio a
riguardo; avevano trovato il medaglione. La sua crescente
curiosità a riguardo
ai dettagli avrebbe dovuto aspettare ancora; sapeva che era molto
rischioso per
Harry e Ron mandarle troppe informazioni tramite posta. Ma per il
momento, non
importava. Era una notizia fantastica! Un passo più vicino a
distruggere
Voldemort, per mettere fine a questa Guerra.
Mi
manchi.
Il
suo sorriso
orgoglioso si trasformò lentamente in una smorfia di
tristezza e di
colpevolezza. Alcune visioni delle sue
recenti…attività con Draco le saltarono
in mente, e si rese conto con disappunto che non aveva mai provato a
considerare
quanto il suo comportamento impulsivo e illogico potesse influenzare la
sua
amicizia con i ragazzi, specialmente con Ron. Lei e Draco non avevano
ancora
affrontato l’argomento, ma di sicuro avrebbero dovuto farlo
prima o poi, visto
che non sarebbero rimasti in quel dormitorio per sempre. Prima o poi
dovevano
trovare il modo di gestire la situazione.
Anche
se Hermione non si
era pentita di aver perso la verginità con il suo migliore
amico, non era del
tutto sicura che lui avesse capito bene le sue intenzioni e che, per
lei, Ron
doveva rimanere solo quello. Un amico. D’altronde non
c’era mai stata alcun
tipo di passione tra loro; era solo una cotta, circondata da un alone
di
curiosità che, per quanto la riguardava, poteva considerarsi
saziata. Gli voleva
bene infinitamente, ma era ancora in cerca di quella parte
di…lussuria in una
relazione, qualcosa di cui aveva tanto sentito parlare; quel bruciore
costante
che si sente dal profondo della tua anima quando ti trovi vicino a
qualcuno e
ogni molecola del tuo corpo desidera stargli il più vicino
possibile.
E
quel qualcuno non era
assolutamente Ron.
Ma
Draco…
Draco
possedeva una
certa…intensità, qualsiasi cosa facesse, ed
Hermione doveva ammettere che
questa sua caratteristica la incuriosiva come mai prima
d’ora. Era una
sensazione nuova e sconosciuta per Hermione, e non aveva la
più pallida idea di
come definirla; attrazione o semplice desiderio di compagnia umana dopo
tutti
quei giorni da sola, segregata ad Hogwarts? Era per questo che si era
spinta
così in basso? No, doveva essere qualcos’altro.
Doveva ammettere a se stessa
che ben pochi ragazzi erano così interessanti e complicati
da osservare, per
non dire affascinanti…
A
volte, nel bel mezzo
di una doccia o al sicuro sotto le coperte prima di dormire, non
riusciva ad
evitare che il pensiero la cullasse verso di lui e…
Hermione
scosse la testa
per scacciare lontano quel rischioso ragionamento, cercando di
ricordarsi che
aveva appena ricevuto delle importantissime notizie dai suoi amici che
ogni
giorno rischiavano l’osso del collo per sconfiggere Voldemort.
Questione
di priorità.
Dopo
due giorni passati ad
evitare il suo sguardo e a rifiutarsi categoricamente di passare
un’altra
nottata come quella trascorsa al sicuro tra le sue braccia, Hermione
cominciò a
rendersi conto che la presenza del suo biondo compagno di stanza le
mancava più
di quanto potesse immaginare. Oltretutto, stava ancora cercando di
identificare
il sentimento preciso che la portava costantemente a concludere ogni
singolo
pensiero della giornata con il suo nome.
Le aveva provate tutte per concentrare la sua attenzione
sulle cose
veramente importanti che doveva fare (tanto per dirne una, lavorare
sugli
Horcrux), ma non poteva negare il suo interesse nei confronti di Draco
e non
riusciva nemmeno a capire come mai volesse passare così
tanto tempo con lui,
quando tutto quello che finivano per fare ogni volta che si rivolgevano
la
parola, era litigare.
Forse
era perché
Hermione stava cominciando a notare qualche cambiamento nel suo
comportamento,
oppure… al diavolo, magari era semplicemente
perché andava matta per quella
sensazione che provava, come le viscere le si attorcigliassero tutte,
quando
lui le stava vicino.
Era
un Martedì, il che
significava che mancavano due giorni alla data prevista in cui sarebbe
andata a
visitare Tonks, e aveva assolutamente bisogno di avvertire Draco a tal
proposito. Cercando di soffocare la sua ansia, sgusciò fuori
dalla camera da
letto e bussò un paio di volte alla sua porta.
"Perché
ti
preoccupi di bussare?" esclamò la voce di Draco
dall’altra parte. “Tanto
entrerai lo stesso, anche senza il mio permesso, l’ho capito
ormai.”
Un
lieve sorrisetto
spuntò sul volto di Hermione mentre sbloccava la serratura
con la bacchetta. Lo
trovò seduto sul letto; schiena leggermente curva, gambe
incrociate e una mano
che sorreggeva uno dei suoi libri.
“Cosa
vuoi Granger?” le
chiese, spostando di lato il volumetto rilegato.
“Volevo
parlarti di una
cosa−
“E
hai pensato bene di
venirmela a dire alle tre del mattino?”
“Sono
stata occupata
prima,” mentì lei, avvicinandosi cauta e andandosi
a sedere ai piedi del letto.
“E poi sei sveglio, quindi ho pensato che−
“Allora
parla pure, ma
sbrigati,” fece lui, sbadigliando vistosamente.
“Avevo proprio in programma di
farmi una bella dormita tra poco.”
“Ok,”
Hermione esitò,
cercando di usare le parole giuste. “Questo
giovedì starò ad Hogsmeade per un
paio di giorni−
“Cosa?!”
esclamò lui,
scattando con lo sguardo verso di lei dopo quelle parole, sentendo una
strana
sensazione di terrore nel petto. Il solo pensiero di lei che lo
lasciava lì da
solo gli fece venire la nausea e un gelido senso di prurito percorse
tutta la
sua spina dorsale. “Che diavolo significa che te ne andrai
per un paio di
giorni?!”
“Beh,
devo andare a
trovare una persona,” spiegò Hermione, infilandosi
nervosamente un ricciolo
dietro l’orecchio. “Ma non dovrai preoccuparti, ti
lascerò cibo a sufficienza−
“Ci
vai con quel cazzone
di Corner per caso?!” sibilò Draco, inchiodandola
con sguardo fiero e ferito al
tempo stesso. “Un romantico party all’insegna della
scopata per i Caposcuola ai
Tre Manici di Scopa?”
Hermione
sobbalzò. “No,
non è−
“Suppongo
che dovrei
esserti grato per non aver avuto l’idea di portartelo qui e
farti sentire da
tutto il castello mentre fate del vostro meglio per rovinare la testata
del tuo
letto,” andò avanti Draco, brutale. “E
se hai intenzione di sbattertelo in
giro, forse è meglio che ve ne andiate lontano da occhi
indiscreti−
“Draco,
smettila!”
abbaiò Hermione offesa, riuscendo a malapena a contenere le
lacrime. “Devo
andare a trovare un’amica, per l’amor del cielo!
Perché devi sempre fare
così!?”
La
bocca di Draco si
chiuse con un colpo secco, mentre il suo cervello tentava di far
sobbollire i
pensieri rabbiosi che gli aveva appena urlato addosso. Si chiese come
mai
avesse sentito il bisogno di inveire in quel modo contro di lei.
Considerò per
un momento la possibilità che la Granger stesse bluffando
per salvarsi la
faccia, ma dubitava che lei potesse mentire così…
Mettendo a confronto la sua
sincerità con il mondo strabordante di bugie in cui era
sempre vissuto, questa
gli sembrava straordinariamente piacevole e fresca.
"Scusa."
Quella
parola gli uscì
di bocca con una tale rapidità da non poter essere fermata o
camuffata in
nessun modo ma, dopo aver visto la reazione sorprendentemente dolce e
affascinante
sul viso della Granger, pensò che, dopotutto, ne era valsa
la pena. Per non
parlare del modo in cui lo stava guardando in quel momento; come se lui
fosse più del miserabile
incasinato che
sentiva di essere… Il desiderio di toccarla, di avvicinarsi
a lei si fece più
intenso sulla punta di ogni singolo suo dito.
“Mi
dispiace di doverti
lasciare qui per due giorni,” disse Hermione, prima che Draco
potesse fare
qualcosa per giustificare il suo precedente commento, e lui si
ritrovò a
giocherellare con le mani giusto per tenerle occupate (e soprattutto ferme). “Cercherò di
organizzare
qualcosa per fare in modo che tu possa contattarmi se mai avessi
bisogno.”
“Sono
perfettamente in
grado di sopravvivere un paio di giorni da solo,”
sbuffò lui , eppure l’idea
che lei non ci sarebbe stata per tutte quelle ore, lo fece sentire
incredibilmente solo e fragile. “E’ davvero un
peccato che tu non te ne vada
più spesso.”
“Forse
io−
“Ultimamente
ti stai
comportando in maniera molto più…
allegra,” commentò lui improvvisamente,
interrompendo la sua frase con sguardo sospettoso.
“E’ terribilmente
fastidioso.”
Hermione
alzò un
sopracciglio, sorpresa. Si domandò se, per caso, la sua
reazione alla lettera
dei ragazzi fosse un po’ più evidente di quello
che pensava. “Cosa ti fa
credere che io sia più felice?”
“Ce
l’hai praticamente
scritto in faccia,” fece lui, alzando gli occhi al cielo.
“E se la mia ipotesi
è corretta, quest’amica
che dovrai
incontrare fa parte del tuo prezioso Ordine. Faccio bene ad immaginare
che le
cose dalla tua parte stiano andando meglio del solito? Altrimenti
perché
saresti così allegra?”
“Sai
che non posso
parlartene−
“Perché
no?” rispose
Draco. “Non penso che riuscirei facilmente ad uscire di qui e
a spifferare
tutti i tuoi segreti all’uomo che attualmente mi vuole
morto.”
Hermione
inspirò tesa e
girò il busto per fronteggiarlo, faccia a faccia.
“Penso che non dovremmo
parlarne in ogni caso−
“Sono
certo che
praticamente tutti stiano parlando di queste cose nell’ultimo
periodo,” mormorò
lui, pensieroso. “Perché dovrebbe essere
diverso?”
“Perché
noi siamo diversi,
Draco,” rispose Hermione,
avvertendo in qualche modo una sfumatura triste nel suo tono di voce.
“Noi
siamo−
“Su
fronti diversi,”
Draco finì la frase per lei, abbassando la testa per
nasconderle il suo
sguardo.
Hermione
piegò la testa
di lato, confusa dalla malinconia nella sua voce. Quella notte Draco
sembrava eccessivamente
preoccupato, come se un’ondata di domande irrisolte gli
stesse fluendo nel
cervello, e lui non avesse la più pallida idea di quale
rispondere per prima. Lei
riusciva benissimo a capire che ci fosse qualcosa di innaturale nella
sua
espressione neutra, ma non sapeva che cosa le stesse tentando di
nascondere. Si
capiva da ogni gesto che faceva, da ogni piccolo spasmo delle labbra o
dal
movimento delle sue dita… cavolo, da quanto tempo aveva
imparato a ‘leggerlo’
così bene?
“Fronti
diversi,” ripeté
lei in un sussurro. “Ti consideri ancora uno di loro,
Draco?”
Quella
si che era una
domanda…
Draco
cercò di
ingurgitare l’ansia e la confusione che sentiva fino in fondo
allo stomaco.
Quella era la domanda che si era chiesto e richiesto fin da quando si
era
trovato costretto a scappare dalle grinfie di Voldemort;
perché, andiamo, chi
potrebbe mai considerarsi parte di un gruppo il quale leader desidera
solamente
vederlo marcire in una squallida tomba? Quella domanda si era fatta
più pesante
e insistente quando la Granger aveva cominciato ad invadere i suoi
sensi. Tutta
questa situazione era un monumentale, fottutissimo casino, e la Granger
si era
rivelata l’unico aspetto costante e positivo di questa
patetica pseudo−vita da
prigioniero. Poteva detestarla quanto voleva per tutto ciò
che gli faceva
passare, sia mentalmente che fisicamente, eppure non c’era
alcun modo di negare
che la sua sola presenza riusciva a calmare i più tumultuosi
pensieri che ogni
notte affollavano la sua mente.
Salazar,
perdonami per tutto quello che faccio e penso
da quando sono qui.
Non
c’era modo di
evitarlo. Non c’era. Lei era la prima e unica persona che
riusciva a far si che
ogni sua singola credenza, ogni pilastro fondante della sua vita
precedente
venisse scardinato come abbattuto da un uragano costante di prove,
riflessioni,
punti di vista diversi… Come poteva seguire sul serio gli
ideali da psicopatico
di quella cosa, dopo che per colpa
sua era costretto a vivere così, scappando come un reietto?
Come poteva anche
solo pensare che i nati Babbani fossero inferiori, quando la Granger
era senza
alcun dubbio la strega più brillante che avesse mai varcato
la soglia di
Hogwarts? Come poteva… come poteva fingere che tutti quei
pregiudizi avessero
ancora un senso per lui?
“Secondo
te?” le domandò
assente, spostando la coperta dal suo braccio per mostrarle il Marchio.
“Questo non mi rende forse
uno di loro?”
Hermione
corrugò la
fronte quando vide quell’orrenda e contorta imperfezione a
contatto con la sua
pelle diafana e delicata, ma fu sorpresa di scoprire che non le dava
poi così
tanto fastidio; non su di lui almeno. Forse perché quella
sera il suo
coinquilino problematico era molto più rilassato del solito;
la voce era più
dolce e meno spigolosa, le spalle erano rilassate e non rigide, come al
solito
e non sembrava essere sul piede di guerra come succedeva sempre quando
discutevano. Scivolò un po’ più vicina
a lui, allungando una mano per sfiorare
delicatamente il contorno della pelle bruciata sul braccio di Draco e
si sentì
incoraggiata dal fatto che lui non avesse reagito in alcun modo al suo
tocco.
“Questo
Marchio non ti
definisce in alcun modo,” gli disse Hermione, con gentilezza,
cercando un
contatto diretto con i suoi occhi grigi e spaventati.
“E’ la stessa cosa con il
mio sangue… Sei tu che
definisci chi
sei veramente, Draco; le tue azioni e i tuoi pensieri−
“E
se io non sapessi chi
sono?” domandò lui, con un tremolio agitato nella
voce. “E se fossi…perso?”
Un’improvvisa
ondata di
affetto verso quel ragazzo che la fissava con così tante
domande negli occhi,
la travolse. “Allora…dovresti fare ciò
che ritieni giusto,” rispose. “E il
resto verrà da sé…”
Draco
aggrottò le
sopracciglia confuso, andando a fissare con occhi distanti le dita
della
Granger ancora sul suo braccio. Proprio quando Hermione pensava che
stesse
cominciando ad assorbire le sue parole, lui grugnì e
scostò il braccio lontano
dalle sue carezze allettanti.
“Voi
Grifondoro siete
troppo veloci nel voler vedere il bene nelle persone, assumete troppo
presto
che le persone possano cambiare,” disse, disprezzando la
casata della Granger
con flebile ilarità. “Ci sono persone che vanno
troppo oltre per poter
cambiare, Granger−
“Tu
no,” protestò lei.
“Tu no, Draco.”
La
paura e l’incertezza
brillavano nei suoi occhi argentati eppure Hermione riuscì a
capire che quella
sera Draco le avrebbe resistito sempre. Era troppo determinato a
mantenere un
minimo di controllo sulla sua vita per poterle dare ascolto.
“Dovresti andare
ora,” le disse, accennando con il capo alla porta.
Hermione
considerò per
un momento la possibilità di dirgli che avrebbe voluto
rimanere; sacrificando
un po’ del suo orgoglio e ammettendo in quel modo che si
sentiva più al sicuro
con lui, e che non aveva mai dormito così bene come quando
si era ritrovata
stretta tra le sue braccia. Ma la prospettiva della sua reazione e di
una
possibile risata, di un possibile rifiuto la bloccò, e
decise di non sforzare
troppo la situazione già precaria. Alzandosi dal suo letto,
si diresse verso la
porta ma si bloccò sull’uscio.
“Sono
soltanto parole,
sai,” mormorò, dandogli le spalle per nascondere
la caduta di una prima
lacrima. “Serpeverde, Grifondoro, Purosangue, Mezzosangue.
Non dettano il modo
in cui dovremmo vivere le nostre vite.”
Alle
sue spalle, Draco
si sforzò terribilmente per ignorare il dolore pulsante che
sentiva nel petto.
Quando lei scomparve, diede un’occhiata al suo Marchio e
l’unica cosa che
rendeva sopportabile quella vista, era il ricordo delle dita gentili
che lo
avevano appena contornato con delicatezza. Si sentì
terribilmente solo; quasi
come se si stesse rendendo conto che le sottili barriere mentali che
avevano
sorretto i suoi ideali da anni stessero per crollare da un momento
all’altro
sotto il peso delle sue parole.
Sapeva che la sua assenza, anche se solo per un paio di giorni, avrebbe
danneggiato terribilmente la sua mente disordinata.
Draco
prese
improvvisamente una decisione che non assomigliava per niente ad un
pensiero
razionale, segno irreversibile che ormai la sua mente era del tutto
andata;
aspettò un’ora prima di uscire senza fare alcun
rumore dalla camera, trovandosi
bloccato davanti alla sua porta.
L’idea
di mormorare la sua password e scivolare all’interno della
stanza gli stuzzicò
la mente, eppure non riuscì a decidersi sul da farsi.
Quanto
sei patetico…
“Michael
e io abbiamo
fissato la data del Ballo di Natale e sarà
l’undici Dicembre” spiegò Hermione.
“So che è un po’ più presto
del solito, ma ho sentito che potreste avere
qualche problema di trasporto per alcuni studenti
quest’anno.”
“Sì,
è esatto,” annuì la
McGranitt. “Ho deciso che il metodo più saggio
sarà quello di mandare a casa
per le vacanze un piccolo gruppo di studenti entro una settimana, solo
per
precauzione. Non sono oltretutto sicura che utilizzare
l’Espresso di Hogwarts
sia una buona idea, ma posso trovare delle alternative.
L’undici andrà
benissimo.”
Hermione
sospirò e si
stropicciò gli occhi, con aria stanca. “Dobbiamo
continuare con questa farsa,
Professoressa?” domandò. “Sembra
così stupido organizzare un Ballo in periodo
di Guerra−
“Sai
che voglio tenere
alto il morale,” rispose la Preside. “Hogwarts ora
è più un rifugio che una
scuola, e vorrei che gli studenti si sentissero al sicuro qui−
“Ma
loro−
“L’undici
andrà bene,”
ripetè la McGranitt. “Le lezioni finiranno il
dieci, il che garantisce a me e
agli altri professori un paio di settimane per far si che arrivino
tutti a casa
sani e salvi. Tu starai qui, Hermione?”
“Sì,
rispose lei, con un
tono di malinconia nella voce. “Ho detto ai miei genitori che
starò alla Tana.
Loro non sanno praticamente niente di quello che sta accadendo, e
vorrei
davvero che la situazione rimanesse
com’è.”
La
McGranitt alzò un
sopracciglio. “Hai pensato a quell’incantesimo di
memoria di cui abbiamo
parlato?”
“E’
l’ultima alternativa
a cui voglio pensare,” le rispose velocemente Hermione.
“Non voglio farlo a
meno che non sia assolutamente necessario.”
“Bene,
speriamo soltanto
che non arriveremo a quel punto,” sospirò.
“Parlando di qualcosa di più
positivo, ho sentito da Ninfadora che è pronta ad
incontrarti quando vorrai.”
I
lineamenti stressati
del viso di Hermione si illuminarono di colpo. “Oh, non vedo
l’ora di vederla!”
confessò gioiosa. “Ha bisogno di qualcosa
d’altro Professoressa? Oppure posso−
“Puoi
andare, puoi
andare, non c’è problema,” disse la
McGranitt con un lieve sorriso
d’incoraggiamento. “Vorresti essere accompagnata da
qualche insegnante?”
“Oh,
no starò bene,” la
rassicurò Hermione, alzandosi dalla poltroncina.
“Devo tornare al mio
dormitorio prima,”
“Molto
bene,” annuì la
Preside. “Allora, ci vedremo alla lezione di Trasfigurazione
domani. Mi aspetto di
vederti al Ballo, Hermione.”
Fantastico.
"Okay,"
annuì
riluttante. “Arrivederci, Professoressa.”
Hermione
tamburellò nervosamente
con le dita la parete di fianco alla porta di Draco. Era rimasta in
quella
posizione per ben cinque minuti, domandandosi il perché di
quella strana
preoccupazione; dopotutto, stava solo andando a dare a Malfoy le ultime
direttive prima di andarsene ad Hogsmeade… Purtroppo, la
loro recente
conversazione le era rimasta in testa, ed Hermione continuava a
ripensare a
quanto intenso fosse l’argomento, a quanto si fosse
avvicinata a quel piccolo
barlume di speranza che sognava da giorni. Da quel momento, si era
tenuta a
distanza, sconfitta un’altra volta dal suo insopportabile
orgoglio.
Ma
lui le era sembrato
così umano in quel momento…talmente vulnerabile
da lasciarle uno strano dolore
al petto che non riuscì ad identificare.
E
se fossi…perso?
Hermione
avrebbe potuto
piangere di gioia e soddisfazione dopo quel commento. La sua solita
arroganza
si era momentaneamente sciolta, facendole capire che probabilmente
tutti i suoi
sforzi non erano stati vani. Forse era riuscita a far crescere nella
sua mente una
specie di pianta che ora finalmente si stava decidendo a sbocciare.
Oppure stava
semplicemente sperando troppo. Il suo momentaneo flash di decenza era
sparito
talmente veloce che Hermione cominciava a chiedersi se fosse successo
realmente.
“Posso
sapere per quale
maledetto motivo stai gironzolando davanti alla mia porta?”
la sua voce
interruppe i suoi pensieri, attutita dalla spessa porta
d’ebano.
Prendendo
un respiro
profondo, Hermione spinse la maniglia verso il basso ed
entrò, trovandolo di
nuovo seduto comodamente sul letto con un libro in mano.
“Scusami,” mormorò
lei. “Ti sto disturbando o−
“Certamente,
non vedi quanto sono
occupato?” le disse,
sarcastico, alzando gli occhi al cielo. “Che cosa vuoi,
Granger?”
“Sto
andando ad
Hogsmeade adesso,” gli disse. “Ho preparato
abbastanza cibo per circa tre
giorni, nel caso−
“Bene,
allora vattene,”
fece Draco, freddo come il ghiaccio. “Che cosa ti aspettavi,
Granger? Un
fottutissimo
‘arrivederci−party’?”
“Non
mi aspettavo che
fossi così arrabbiato,” mormorò lei,
avvicinandosi di qualche passo. “E di
sicuro non so perché sei arrabbiato.”
Nemmeno
lui… Non ne aveva idea.
“Non
sono arrabbiato,”
si difese Draco. “Non capisco perché senti sempre
la necessità di precipitarti
qui e rompermi l’anima con tutte le tue stronzate. Mi hai
già detto che te ne
saresti andata giorni fa.”
“Si, ma io−
“Hai
finito?” la
interruppe lui. “Potrei avere delle cose da fare
sai?”
Hermione
sospirò e, con
gesti concitati, si mise a rovistare nella sua borsa, tirandone fuori
una
piccola sfera di vetro Babbana, di quelle con la neve finta dentro, che
conteneva al suo interno una mini riproduzione del castello di
Hogwarts. Draco
alzò un sopracciglio sospettoso, mentre lei poggiava il
piccolo oggetto tra le
sue ginocchia incrociate.
“Gli
ho fatto un
incantesimo,” disse Hermione. “Se lo scuoti cinque
volte, il mio orologio
riceverà un allarme. Ho anche potenziato le protezioni,
quindi se cercherai di
scappare, anche quello scatenerà l’avviso di
allarme.”
Non
avrebbe dovuto
essere impressionato dalle abilità magiche della Granger,
eppure si trovò
ancora una volta succube di un inadeguato senso di ammirazione per lei.
Scacciò
via ogni apparente sfumatura di rispetto per lei sul suo viso, e
rilasciò uno
sbuffo altezzoso.
“Non
ho bisogno di−
“E’
solo una
precauzione,” lo fermò lei. “Nel caso in
cui ti faccia del male, o qualcosa di
simile−
“Non
ci starai sperando
troppo, vero Granger?” disse con ironico compiacimento. “Non hai mica
circondato il dormitorio di trappole vero?”
Le
labbra di Hermione
formarono un fugace sorrisetto, prima che lei si protraesse per
poggiare la
sfera di vetro sul comodino. La scia di umorismo di qualche secondo
prima
svanì, non appena lui prese la piccola sferetta e la
ficcò senza tante
cerimonie dentro al cassetto, chiudendolo di scatto. Hermione quasi non
se n’era
accorta, essendosi persa nella contemplazione di quel sorriso
così raro che gli
donava così tanto, e il desiderio improvviso di toccarlo, di
sfiorarlo, svanì
appena in tempo, prima che Hermione potesse spostare anche solo di un
centimetro la propria mano.
“Sai…”
mormorò
timidamente, fissandosi le unghie per evitare il suo sguardo.
“Potrei
organizzarmi diversamente. Se non vuoi che me ne vada, devi solo
dirlo.”
Non andare…
“Se
hai esaurito la
scorta di giochini inutili nella tua borsa,”
grugnì Draco. “Allora non vedo perché
dovresti essere ancora qui, Granger.”
Draco
era sicuro di aver
notato una certa sfumatura di delusione nei suoi occhi, ma si tradusse
presto
in un’intensa irritazione. “Bene,” fece
lei, brusca. “Se insisti nell’essere
così maledettamente stronzo tutto il tempo−
“C’è
qualcosa d’altro
che vorresti, Granger?”
“No”
si affrettò a
rispondere lei, alzandosi dal letto. “Solo non capisco
perché ti ostini a
comportarti così−
“Hey!”
urlò lui,
alzandosi e afferrandole il polso. “Che diavolo ti aspettavi,
Granger?” Della
gratitudine da parte mia per quel cavolo di giochetto, quando mi stai
lasciando
qui da solo in questa fottutissima prigione−
“Ho
imparato a non
aspettarmi niente da te!” urlò lei di rimando,
avvicinandosi furiosa. “Proprio
quando comincio a pensare che tu possa avere un minimo di decenza in
te,
ritorni subito ad essere un’idiota egoista e
prepotente!”
“Di
che diavolo stai
parlando−
“L’altro
giorno,” ricordò
Hermione con tono più calmo. “Quando parlavamo di fronti−
“Vedi
troppe cose nei
nostri discorsi, Granger” grugnì lui, sulla
difensiva. “Hai mai pensato che
forse è questo posto che sta incasinando la mia testa sempre
di più?”
“Non
più di quanto ti
piaccia credere,” ribatté lei, ingurgitando una
notevole quantità di saliva nel
momento in cui si accorse di quanto fossero vicini.
“Perché devi recitare
sempre se qua dentro ci sono solo io?”
Draco
aprì bocca ma
esitò. C’era qualcosa di familiare nei suoi occhi
dorati, che gli ricordò del
giorno in cui lei l’aveva baciato dopo aver ricevuto
l’antidoto al veleno d’ape.
Era proprio lì, nel bel mezzo dei suoi battiti ansiosi; una
scintilla di
coraggio immersa in una tempesta di nervi, e la sentì
avvicinarsi verso di lui.
Draco strinse gli occhi chiusi, cercando di considerare la
possibilità di
lasciare che succedesse… talmente tentato da lasciare per un
attimo le sue difese
a terra, lasciandole fare qualsiasi cosa volesse. Questa era la sua
ultima
opportunità di ricevere un’ultima dose di lei;
quella beatitudine proibita che
sognava ogni giorno, prima che lei lo lasciasse solo con i suoi demoni.
Si erano
già baciati più di una volta, perciò
che differenza poteva fare un altro tentativo?
Ma
a quel punto il suo
caldo respiro si poggiò sul suo mento, trasportando Draco di
nuovo nella cruda
realtà, e così lui la allontanò
rudemente, prima che lei potesse anche solo
sfiorarlo. La guardò inespressivo mentre inciampava su se
stessa, ma il veleno
nella sua espressione amorfa era soltanto il frutto di anni di pratica;
era
semplicemente una maschera, per coprire il fatto che si sentisse
disorientato da
impazzire. La Granger, d’altro canto, non ebbe il tempo di
mascherare la sua
umiliazione e la sua sorpresa; i suoi movimenti erano sconnessi e
impacciati e
i suoi occhi erano pieni di dolore. Draco stava per urlarle di
andarsene, ma
lei lo precedette, sbattendo la porta e sparendo in un battito di
ciglia.
Il
suono dello schianto
della porta contro il muro gli rimbalzò
addosso e la stanza gli sembrò infinitamente più
grande, ma vuota. Ecco, ora le
cose stavano così. Due giorni, due interi giorni in
compagnia della sua ombra,
domandandosi che cosa avrebbe fatto senza la presenza della Granger che
ogni
giorno scacciava via con estrema facilità il mostro della
solitudine.
Avrebbe
dovuto lasciare
che lei lo baciasse…
L’aria
fredda gelò le
lacrime che scorrevano sulle sue guance arrossate.
La
camminata di Hermione
verso Hogsmeade fu affrettata e pensierosa; accompagnata dalla
consapevolezza
che stesse iniziando a provare dei sentimenti per Draco che erano
totalmente al
di là del normale.
La
prima volta che l’aveva
baciato era stato soltanto un impulso dettato dalla morfamina
dell’antidoto,
troppo potente e improvviso per poter essere fermato dalla ragione. Ma
il suo
tentativo di ricevere un altro bacio proprio pochi minuti prima era una
cosa completamente
diversa. Lei lo voleva; era lucida e completamente sveglia, eppure lo
voleva. Fu
una decisione conscia, che non fece altro che aumentare la sensazione
di
confusione e di dolore al petto più forte che mai.
Non
appena il profilo
del pub I tre Manici di Scopa si stagliò in lontananza,
Hermione si strofinò il
viso per cancellare ogni traccia di pianto, cercando di recuperare la
calma.
Almeno la sua felicità nel vedere Tonks avrebbe attutito un
po’ i suoi pensieri
su Draco… Con un sorriso quasi convincente, entrò
nel pub, trovando come al
solito, un discreto numero di clienti al suo interno. Avanzando di
più verso il
bancone, incrociò gli occhi di Madama Rosmerta la quale,
dopo averle fatto l’occhiolino
in maniera abbastanza discreta, le passò un mazzo di chiavi
da sotto il banco.
“Eccoti
qui!” la salutò
Tonks non appena Hermione spalancò la porta del retro
bottega. “Pensavo che ti
fossi persa.”
"E’
così bello
vederti," esclamò Hermione, slanciandosi verso di lei per
abbracciarla, ma
bloccandosi alla vista della protuberanza rotonda sul suo stomaco. "Oh,
Tonks! Sta iniziando a crescere!"
"Hermione,
ti
presento il mio ‘bernoccolo’," disse lei con un
sorriso giocoso. "E
bada che ti sto avvertendo ora che sono ancora in forma…se
mi vedrai
accoccolata in un angolo mentre mi sbafo di porridge e di marmellata,
non
preoccuparti e ignorami.”
Hermione
sorrise, ma non
riuscì a sviluppare con naturalezza la risata che
normalmente avrebbe fatto
dopo una sua battuta. Un’immagine del suo ultimo incontro con
Draco, quando le
loro labbra erano a solo un sospiro di distanza, le danzò
nella mente e le
lasciò labbra secche e cuore pesante.
"Stai
bene,
Hermione?" Tonks domandò all’amica. "Sembri un
pò incasinata."
"Sto
bene," mentì
in fretta lei. "E’ solo che mi mancano Harry e Ron."
"Certo
che ti
mancano," annuì lei comprensiva, dando un buffetto ad
Hermione. "Ma
almeno hai degli amici qui con cui puoi parlare. Come stanno le cose ad
Hogwarts?"
Complicate…
Draco
sbuffò immerso
nell’oscurità.
Era
notte fonda, e la
luce della luna non riusciva a raggiungere la finestra. Il silenzio
costante
gli stava paradossalmente facendo scoppiare la testa; promemoria del
fatto che
lei non fosse lì. Il suo profumo stava iniziando a svanire,
il dormitorio
sembrava più inquietante ogni minuto che passava, e tutto
ciò che aveva fatto
nelle ultime ore era stato guardare quella fottutissima
sfera di vetro.
Tutto
ciò che doveva
fare era agitare quell’odiosa piccola pallina e lei sarebbe
ritornata, e
avrebbe così potuto tenerla vicina e assaporare tutto
ciò che si era lasciato
sfuggire quando lei era ancora lì.
Guardò
un ultima volta l’oggetto
magico e lo scaraventò contro la parete, guardandolo
distruggersi in mille
pezzi prima di alzarsi e di marciare verso la camera della Granger,
accompagnato da una serie di sospiri agitati. Mormorando la sua
password, si
calmò all’istante, inspirando l’aria di
quella stanza.
Definitivamente
lei.
Studiò
l’arredamento con
sguardo assente, aspettandosi di trovare una notevole
quantità di effetti
personali, ma a parte qualche fotografia, le prevedibili lenzuola rosse
e un’impressionante
collezione di libri, la stanza era identica alla sua.
Draco
osservò le
fotografie, soffermandosi su una in particolare, che ritraeva la
Granger in
compagnia di quei suoi amici inutili. Sbattè giù
le cornici con un colpetto
deciso, così non avrebbe dovuto guardarle per tutto il tempo
e si sistemò sul
letto, strofinando lentamente le dita sulle lenzuola. Le sue palpebre
si
appesantirono e lui si coricò del tutto; coccolato dalla
forza del suo profumo
e dall’intensità della sua presenza. Se si fosse
addormentato lì, circondato
dalla sua essenza, chi mai avrebbe potuto scoprirlo?
"Al
diavolo, io
rimango qui."
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Capitolo 14 *** Desiderio. ***
Chapter
14: Desiderio.
“No,”
Tonks scosse la
testa. “La lettera che i ragazzi hanno mandato a Remus non
era molto
dettagliata…però, chi se ne importa no? Almeno
sappiamo che l’hanno distrutto.”
“Sì,
sì giusto…” annuì
Hermione assente. “Vorrei solo rendermi utile un
po’ di più… e se sapessi come
hanno fatto a distruggere il Medaglione, forse potrei−
“Stai
andando benone,”
la rassicurò l’amica. “Le cose stanno
andando bene ultimamente; il Ministero
resiste più che può e un altro Horcrux
è stato appena distrutto. Non
fraintendermi, potrebbe andare molto meglio−
“Molto meglio,”
sospirò Hermione, spostandosi un ciuffo di capelli
dal volto con un certo nervosismo. “Sarei dovuta andare con
loro−
“Puoi
essere molto utile
anche stando qui, Hermione, aiutando la McGranitt ad
Hogwarts.” Fece Tonks. “I
ragazzi se la stanno cavando bene evidentemente, altrimenti non avremmo
ricevuto lettere così incoraggianti, e l’Ordine ha
sempre voluto che uno di voi
tre rimanesse qui, così sarebbe stato più facile
mantenersi in contatto−
“Lo
so,” rispose lei con
uno sbadiglio, stropicciandosi gli occhi. “E’ solo
che non penso di essere
tanto utile qui. Sembra che tutto ciò che faccio sia
organizzare Balli di
Natale e altre cose da Caposcuola completamente inutili−
“Non
puoi farne una
colpa alla McGranitt solo perché tenta di mantenere alto il
morale,” disse
Tonks con un sorriso. “Un Ballo potrebbe essere la cosa di
cui hai bisogno in
questo momento. Ricordi quando mi avevi detto che al Ballo del Ceppo ti
eri
divertita moltissimo? Per caso qualche altro famoso Bulgaro ti ha
mandato un
invito anche quest’anno?”
Hermione
sentì un
sorriso spontaneo esploderle in volto. “No, niente Bulgari
stavolta. Michael mi
ha chiesto di andarci con lui.”
“Michael
chi?”
“Michael
Corner,” spiegò
Hermione “Però penso che me l’abbia
chiesto solo perché siamo entrambi
Caposcuola. Spero che sia l’unica ragione.”
“Perché?”
domandò Tonks,
alzando un sopracciglio, curiosa. “E’ un idiota
totale?”
“No,
è abbastanza
gentile,” fece Hermione. “Però−
“Ti
piace qualcun
altro.”
Draco…
Hermione
alzò la testa di scatto, guardando Tonks con gli occhi
spalancati e le pupille
dilatate, il cuore che le batteva all’impazzata e un intenso
senso di calore in
tutto il corpo. “C−cosa?”
balbettò. “Cosa dici?”
“Ron,”
l’altra giovane donna ridacchiò complice.
“Abbiamo visto tutti come vi siete
comportati il giorno del matrimonio, e poi mi avevi già
detto che provavi
qualcosa per lui tempo fa.”
"Oh,
Ron,"
Hermione sospirò, prendendosi un attimo per ricomporsi.
“S−sì certo."
"Stai
bene,
Hermione?" le chiese Tonks, fissandola preoccupata.
"Sto
bene," mormorò
incerta. “E’ solo che…è
strano dormire in un letto che non è il mio, e poi sono
notti che non dormo.”
Tecnicamente,
era una
bugia; sì, era rimasta sveglia quasi tutta la notte, ma il
materasso cigolante
aveva poco a che vedere con la sua incapacità di prendere
sonno. Era rimasta a
fissare il suo orologio per ore, aspettando e addirittura sperando che l’allarme prima o
poi si mettesse a suonare.
Fu…snervante giacere a letto sapendo che lui non si trovava
nella stanza
accanto, e i suoi pensieri si erano di conseguenza accentrati su di lui
dal
tramonto all’alba.
Tonks
aveva dormito
proprio accanto a lei, dall’altra parte della stanza, eppure
Hermione si era
sentita terribilmente sola, e non poté evitare di pensare a
come il suo
compagno di dormitorio stesse gestendo la situazione, recluso nella
remota
torre dei Grifondoro. Dopo il loro ultimo incidente, il giorno in cui
era
rimasta a dormire con Ginny e lui aveva tentato di scappare, Hermione
ora si
aspettava che succedesse qualcosa di…simile, ma
evidentemente lui se la stava
cavando alla grande se il suo orologio se ne stava così
fastidiosamente in
silenzio. E tutto questo la innervosiva giusto un po’.
Quando
le lezioni
finirono quella mattina, aveva preso in considerazione l’idea
di salire a
controllare che Draco stesse bene, ma un conveniente flashback del suo
tentativo di baciarlo le fece cambiare idea. Dopo aver pranzato e aver
fatto un
giro per i negozi di Hogsmeade – dove i primi accenni di aria
natalizia
iniziavano a manifestarsi negli addobbi delle vetrine –
Hermione e Tonks fecero
una lunga e profonda discussione sulla Guerra, oltre ad altri
argomenti, ma la
sua mente la riportava sempre a pensare a Draco.
“Io
e Ron non stiamo
insieme, in realtà,” disse a Tonks, sentendo in
qualche modo il desiderio di
chiarire ogni possibile equivoco. “Siamo solo
amici.”
L’Auror
sgranò gli
occhi, confusa. “Non ti piace, Hermione? Pensavo
che−
“Lo
pensavo anch’io
all’inizio,” ammise lei. “Ma credo che
stiamo meglio come amici. Non…non mi
piace quanto dovrebbe.”
Tonks
richiuse la bocca
spalancata e si avvicinò ad Hermione, dandole una pacca
amichevole sulla
spalla. “Nessuno ti costringe a voler bene a Ron in quel
modo. Se non ti piace,
allora non−
“Tu
e Remus avete
ricevuto molte…critiche quando vi siete messi
insieme?” domandò Hermione. “A
causa della differenza d’età?”
“Molte
persone non
vedevano l’ora di ficcare il naso nella nostra
relazione,” rispose Tonks,
pensandoci su. “Remus ne era molto più infastidito
di me, ma sì, abbiamo avuto
qualche problema, sai, i soliti pettegoli che non avevano nulla di
meglio da
fare.”
“Ti
sei mai chiesta se i
tuoi sentimenti erano sbagliati?”
Tonks
sospirò e
picchiettò con una mano sul ginocchio di Hermione.
“So che molta gente pensa
che non sia normale,” confessò dopo un momento.
“E probabilmente sarebbe stato
molto più facile se mi fossi innamorata di qualcuno della
mia stessa età. Ma
non puoi prendere e scegliere a tuo piacimento questo genere di cose.
Succedono
e basta.”
Hermione
alzò la testa e
mostrò all’amica un sorriso incerto. “Ne
è valsa la pena?” chiese. “Gli sguardi
di disapprovazione e−
“Certo
che si!” esclamò
l’amica. “Senti, quando c’è in
ballo una Guerra e un bambino in arrivo, i
cazzoni pettegoli di Londra diventano gli ultimi dei tuoi problemi. E
poi, se
avessi ignorato i miei sentimenti per Remus, me ne sarei pentita per il
resto della
mia esistenza.”
Hermione
si morse il
labbro, e borbottò tra sé e sé
“Suppongo che il tempo sia una cosa troppo
preziosa nel momento in cui il mondo potrebbe finire domani.”
“Beh,
è un po’
pessimista come ragionamento,” Tonks le fece
l’occhiolino. “Ma sì, la vita
è
breve. Hai per caso puntato gli occhi su qualcuno, Hermione? Sei
preoccupata
che i tuoi amici non approverebbero?”
Il
labbro le si piegò in
una smorfia. “Qualcosa del genere.”
“E’
qualcuno che
conosco?”
Tuo
cugino.
“No,”
Hermione scosse la
testa. “Lui è… un ragazzo che frequenta
il mio anno a scuola, ma ad Harry e Ron
non piace molto.” Tecnicamente era vero.
“Oh,
prima o poi gli
passerà,” la rassicurò Tonks con un
colpetto di mano. “Allora, lui
com’è?”
Hermione
si bloccò,
cercando di trovare un modo per descrivere Draco che lo facesse
somigliare ad
un ragazzo qualunque. Tonks ostentava sempre un atteggiamento
amichevole e
confidenziale, e ogni volta che si confidava con lei, finiva sempre per
dire
troppo, ma stavolta doveva stare attenta a ciò che stava per
dire.
“E’
uno stronzo,” fece
Hermione, ignorando il precedente rimprovero mentale che si era fatta.
Tonks
sgranò gli occhi. “E’ incorreggibile,
complicato, e non ascolta una parola di
quello che gli dico−
"E’ tipico di
molti uomini−
"E’
rude,"
Hermione continuò, fissando la parete con sguardo assente.
"E’ arrogante,
crudele e freddo−
"Anche
questo è
abbastanza comune−
"E
a volte mi fa
incavolare talmente tanto che potrei sotterrarlo vivo o spedirlo
dall’altra
parte dell’universo!"
Tonks
si schiarì la gola
con una risatina, e studiò il volto dell’amica con
lo sguardo di chi la sa
lunga. “…Ma?”
Hermione
ingoiò un
groppo di saliva che le bloccava la trachea e sentì un primo
accenno di lacrima
pizzicarle un occhio. “Ma è bellissimo,”
sospirò guardandosi le mani strette in
grembo. “Completamente incasinato e assolutamente
insopportabile, ma c’è
qualcosa in lui che non posso spiegare.”
Era
così strano e
meraviglioso sentire quei pensieri uscire finalmente dalla sua bocca,
detti ad
alta voce ad un’altra persona. La sua compagna di stanza la
stava fissando con
sguardo complice, giocherellando con una ciocca di capelli viola,
apparentemente soddisfatta della confessione di Hermione.
Se
solo tu sapessi…
“Sai
se lui prova qualcosa per te?”
Hermione
scosse la testa. “Dice che mi detesta−
“Vi
siete mai baciati?” insistette Tonks, speranzosa.
Hermione
sentì il rossore invaderle le guance come un gigantesco
segnale di
colpevolezza. “Qualche volta,” mormorò,
talmente sottovoce che Tonks dovette
inchinarsi per sentire. “Ma è stato qualcosa
di…impulsivo e non è durato molto−
“Chi
ha baciato chi?”
“Beh,”
Hermione esitò. “Io…ho iniziato il
primo, ma è stato lui a baciarmi due volte
da allora.”
Il
sorriso giocoso di Tonks si espanse sul suo viso acceso.
“Sembra promettente!”
“No,”
rispose lei, scuotendo la testa con foga. “E’
più complicato di quello che
sembra. Mi ha praticamente spinto via l’ultima volta che mi
sono avvicinata, e
non so nemmeno se mi piace sul serio. E’
solo che…c’è…”
Hermione
interuppe il discorso con un sospiro e Tonks le offrì un
sorriso rassicurante.
“Continua,” le disse. “Sai che puoi dirmi
tutto.”
“C’è
qualcosa che fa male,” continuò Hermione, con voce
spezzata. “Ha questo…questo
scudo addosso, e non penso di poter riuscire ad attraversarlo. Ci
provo, ma
ogni volta che credo di essere riuscita a raggiungere un traguardo, lui
rovina
tutto, e non so se ho la forza per andare avanti in questo
modo−
"Hermione−
“Vedo
continuamente
degli spiragli di decenza in lui,” continuò lei,
lasciando che una lacrima di
frustrazione le scendesse dalle guance. “E forse è
di questo che sono attratta,
della sua persona quando riesce a non essere insopportabile,
però io−
"Hermione,"
Tonks la interruppe di nuovo. "Va tutto bene. Sembra solo molto
confuso. Prima
o poi troverà la risposta che cerca."
"Ma−
“Tu
pensa a fare ciò che
secondo te è giusto,” le disse dolcemente, ed
Hermione si ricordò di aver detto
qualcosa di molto simile a Draco. “Vuoi del thè,
prima di andare a dormire?”
“Posso
avere una
cioccolata calda, invece, perfavore?”
Draco
sedeva
raggomitolato sul freddo pavimento piastrellato, giocherellando senza
riflettere con i resti della palla di neve della Granger. Distratto,
lasciò che
una scheggia gli tagliasse il pollice e una volta accortosi del danno,
inspirò
una boccata d’aria gelida attraverso i denti, sgocciolando il
pavimento con
piccole gocce di sangue scarlatto. Rimase a fissare il coagulo che si
stava
formando sul dito e una gelida consapevolezza gli piombò
addosso, ricordandogli
di quella volta nel bagno in cui c’era stato così
tanto sangue e non solo il
suo.
Quello
della Granger era esattamente identico.
Quella
scena era ancora
vivida nella sua mente e Draco non poteva fare a meno di incolpare lei
per
tutto il casino che quel singolo momento aveva provocato. Soprattutto
in quel
momento, vista la sua assenza e il doloroso silenzio che circondava
costantemente ogni centimetro del dormitorio. La cosa più
assurda era che durante
quelle ore di meditazione Draco era giunto alla conclusione che la
Granger
possedesse tutti i tratti della personalità che lui
ammirava; intelligenza,
arguzia, forza, e anche qualcosa d’altro che non riusciva
ancora ad afferrare.
Lei era semplicemente…semplicemente…
Se
io fossi una Purosangue, con la stessa identica
personalità, negheresti così in fretta tutto
ciò che è successo stamattina?
Il
suo cervello ormai
era pieno zeppo delle parole della Granger; ogni frase, ogni pensiero,
ogni
ragionamento che gli aveva messo in testa gli pulsavano nel cranio,
eppure lui
tentava ancora di ancorarsi disperatamente alla vecchia via impartita
dalla sua
famiglia. Tutto ciò che un tempo gli sembrava giusto ed
ovvio ora si mostrava
stupido e inutile. Gli sarebbe piaciuto moltissimo incolpare la Granger
di
tutto, ma non poteva farlo perché era stato lui a lasciare
che tutte queste
rivelazioni sortissero l’effetto desiderato dalla sua
compagna di stanza.
Sei
umano, Draco, e hai commesso degli errori ma non
posso odiarti per questo.
Draco
sigillò le
palpebre in una morsa. Errori…
la
torre di Astronomia. Probabilmente, se fosse stato davvero convinto che
Voldemort e i suoi principi erano giusti, sarebbe stato facile compiere
il suo
dovere. Forse aveva iniziato a dubitare già da quel
momento…
Sono
solo parole, sai… Serpeverde, Grifondoro.
Purosangue, Mezzosangue. Non dettano il modo in cui dovremmo vivere le
nostre
vite.
Era
facile per lei
dirlo. La gente si aspettava determinate cose da lui, considerando il
suo
cognome infame, e lei non poteva nemmeno provare ad immaginare la
quantità di
pressione che doveva sopportare ogni giorno. Draco era sicuro che
Potter le
avesse raccontato tutto del suo momento di debolezza nel bagno,
l’anno scorso,
ma non si era trattato di un singolo episodio. C’erano stati
dei giorni in cui
scagliava incantesimi silenziatori in ogni angolo della stanza e si
sgolava,
gridava, urlava finché non gli rimaneva una sola briciola di
energia in corpo.
Blaise e Pansy l’avevano visto un po’ abbattuto
durante l’anno scolastico, ma
non c’era nessuno ad assisterlo quando esplodeva in quel
modo, riversando tutto
intorno a lui le sue emozioni e le sue paure. Perfino prima che gli
venisse
affidato quell’incarico, Draco si era ritrovato a specchiarsi
nel suo riflesso
e, a volte, a domandarsi se una vita piena d’odio non fosse
troppo per
lui.
Perché
devi recitare sempre se qua dentro ci sono solo
io?
Perché
se avesse smesso
di farlo, allora cos’altro avrebbe potuto fare? Gli era stato
tolto tutto, la
sua ricchezza, la sua magia, il suo status sociale. Se avesse smesso di
seguire
la via che era stata designata per lui, non sarebbe rimasto nulla.
Per
alcune persone è troppo tardi per cambiare, Granger-
Non
per te…
“Che
cazzo,” mormorò a se stesso, abbandonandosi il
volto tra le mani.
Mi
hai chiesto di restare. Io…volevo restare.
Non
aveva mai baciato nessuna in quel modo prima; come
un’esplosione, che lo faceva
sentire libero e ribelle. Sapeva chi stava baciando e sapeva anche che
non
avrebbe dovuto nemmeno sfiorarla con un dito, ma, sul momento, non
avrebbe
potuto fregargliene di meno. Anzi, a dire il vero non gliene fregava
niente
nemmeno ora. Non c’era nessuno lì che potesse
punirlo per il fatto che stesse
pensando per la prima volta nella sua vita a qualcosa per lui, che lo
facesse
stare bene e che…
Fa
quello che credi sia giusto.
Troppo
pericoloso, troppo.
La
patetica verità era questa, la Granger gli mancava, e non
solo come
distrazione; gli mancava lei, come persona. La sua voce, i suoi piccoli
scatti
di nervosismo, il suo calore…tutto. Sarebbe tornata domani,
anche se non aveva
idea dell’ora precisa. Avrebbe potuto essere al mattino
presto, per quel che ne
sapeva, perciò la decisione di addormentarsi ancora una
volta nel suo letto era
abbastanza rischiosa, per non parlare del fatto che fosse un incurabile
macchia
sul suo orgoglio.
Ma
si stava talmente bene lì.
Tonks
se n’era andata
alle prime luci dell’alba, ed Hermione riuscì ad
arrivare in classe prima che
la mandria di studenti assonnati raggiungesse l’aula. Era
talmente nervosa, che
aveva passato le ultime ore a morsicarsi il labbro, costringendola
così a fare
una sosta nel bagno dei prefetti per lavarsi il sangue e togliere le
pellicine.
Anche dopo che il sangue era sparito, Hermione era rimasta ferma
davanti allo
specchio, scrutando il suo riflesso in attesa che il coraggio per
affrontare
Draco le arrivasse come un dono dal cielo.
Accorgendosi
che ci
stava mettendo troppo tempo, si diresse verso il suo dormitorio,
esitando
davanti alla porta prima di mormorare la password. Hermione
scivolò dentro con
l’intenzione di essere il più silenziosa
possibile, ma uno spiffero d’aria chiuse
di colpo la porta alle sue spalle.
Maledizione…
Hermione
rimase ferma
sul posto quando sentì dei movimenti provenienti
dall’altro lato del
dormitorio, accorgendosi che sembravano stranamente fuori posto, quasi
come se
provenissero dalla sua stanza. Non appena quel pensiero le si
formulò in testa,
la porta della sua camera da letto
si
spalancò, mostrandole un Serpeverde dallo sguardo
più intenso che mai. Draco si
era appena svegliato, chiaramente; i suoi capelli erano schiacciati da
un lato
e spettinati dietro le orecchie, ed era vestito soltanto con i
pantaloni del
pigiama e una maglietta bianca, ma non fu quello che sconvolse
Hermione, quanto
piuttosto il luccichio deciso nei suoi occhi, che la fissavano come
fosse un
fantasma.
Draco
rimase bloccato
sull’uscio della porta per un momento, assaporando la sua
presenza con lo
sguardo, come se non si rendesse conto che lei fosse davvero
lì. Hermione,
invece scosse la testa, liberandosi dallo shock iniziale, e
iniziò a marciare
verso di lui con passi decisi.
"Eri
nella MIA
stanza!?"
“Sì,”
fece lui,
raggiungendola a sua volta ed eliminando la distanza che li separava.
“Come
cavolo hai fatto a−
Draco
la bloccò senza
rifletterci su due volte; afferrò il suo volto tra le mani e
si spinse verso di
lei per raggiungere le sue labbra, in uno sforzo disperato. Un sospiro
di
sollievo uscì dalla sua bocca, incurante del fatto che lei
fosse ancora bloccata
e insensibile al suo tocco, e agendo solo d’istinto.
Allontanò di poco il suo
corpo ma la tenne comunque stretta a sé, circondato dal suo
cespuglio di
capelli che gli copriva il viso. Strinse la mascella e mantenne gli
occhi
chiusi, preparandosi al rifiuto oltraggiato della Granger, invece lei
curvò la
testa leggermente verso destra senza opporre alcun tipo di resistenza.
Il
movimento era lieve e
appena accennato, ma fu abbastanza per lui, così la
trascinò con impeto verso
la porta. I suoi movimenti erano convulsi e frenetici, i suoi baci
intensi e
scattanti, trascinati dalla morbidezza del contatto tra le loro labbra
umide.
Hermione non faceva fatica a tenere il passo con lui, aggrappandosi
alle sue
spalle larghe e imponenti come fossero l’unico appiglio che
la separava dal
vortice di emozioni che stava provando in quel momento e che la
trascinavano
lontano dalla realtà ogni secondo di più. Le mani
di lui raggiunsero le sue
guance, passando poi attraverso i capelli spettinati ai lati del viso.
Si
spinse contro di lei più che potè, trascinando le
impronte delle sue dita sul
suo collo, sulle spalle, arrivando a cingerle possessivamente i
fianchi. Draco
gemette quando Hermione raggiunse i suoi capelli corti sulla nuca con
le sue
dita delicate, catturando un punto sensibile che gli causò
un irrefrenabile
brivido lungo la spina dorsale. I loro sospiri tiepidi e agitati si
mescolavano
ai loro baci e Draco decise che ne voleva ancora; lo desiderava con
un’urgenza
mai provata prima.
Allontanò
le labbra da
quelle di Hermione, concentrando la sua attenzione sul suo collo,
piacevolmente
sorpreso nel vedere che lei abbassava la testa per lasciarlo fare. La
sua presa
sui suoi fianchi si strinse mentre lui trovava un punto ricettivo
vicino al suo
orecchio. Il battito del suo cuore pulsava come impazzito sotto la sua
pelle e
Draco poteva sentire ogni tonfo sordo a contatto con la sua bocca.
“Dimmi
di smettere,”
mormorò a contatto con la sua pelle, a malapena udibile.
Hermione
deglutì con forza
ma non emise un singolo suono che potesse interrompere il contatto; era
troppo
persa in quel momento passionale e sconosciuto per lei. Riusciva
vagamente a
rendersi conto che lui stesse iniziando a toglierle i vestiti, eppure
il
pensiero di fermarsi era talmente lontano, così lontano da
poter essere
facilmente ignorato. I due ragazzi scivolarono giù lungo la
parete, talmente
stretti da non riuscire più a muoversi senza muovere di
conseguenza anche
l’altro. Le mani calde e impazienti di Draco scivolarono
sotto il suo maglione.
Le mani di lei si abbandonarono, appoggiate al suo petto, e le sue dita
giocherellarono
spensierate con la linea delle clavicole.
“Dimmi
di smettere,”
sibilò lui, stavolta con maggiore urgenza, baciandole la
curva della guancia.
Le
sue mani si
spostarono verso l’alto finché i suoi pollici
arrivarono al ferretto del
reggiseno. Le dita di lei invece stavano attraversando il suo addome e
lui
sentì il movimento famigliare al di sotto
dell’ombelico che si risvegliava
quando le sue dita raggiunsero pericolosamente l’elastico dei
pantaloni. A quel
punto, la realtà lo colpì come un pugno in piena
faccia.
“DIMMI
DI SMETTERE!”
urlò, allontanandosi da lei così velocemente che
inciampò sull’orlo dei
pantaloni.
Hermione
si sentì
improvvisamente debole e fredda e scivolò dolcemente contro
la parete,
studiando Draco intensamente, ansiosa come non mai. Lui era fuori di
sé, come
se tutta la sua energia si fosse consumata nel tentativo di impedirgli
di
toccarla di nuovo. Alzò lentamente la testa e i loro sguardi
si incontrarono;
entrambi spalancati e sconvolti.
“Perché
non mi hai detto
di fermarmi?” grugnì lui con tono accusatorio.
“Sei fottutamente stupida,
Granger? Pensi che sia normale tutto questo?”
Hermione
tremava da capo
a piedi. “Io non−
“Hai
idea di cosa mi
stia facendo questo posto?” le chiese, freddo. “Di
cosa tu mi stai facendo?”
"Draco,
ti prego−
“GUARDAMI!”
urlò. “Io
NON faccio cazzate come queste! Non sono così! Non sarei mai
talmente disperato
da chiedere una sveltina alla Mezzosangue vergine−
“Non
ti azzardare a
chiamarmi così!” lo avvisò lei.
“Così
come?!” ribatté
lui. “Mi stai dicendo che qualcuno è riuscito sul
serio ad infilarsi tra le tue
gambe?” Hermione fece uno scatto ma rimase in silenzio, e
Draco sentì una
pugnalata di gelosia che gli perforava lo stomaco. “Fammi
indovinare,” sibilò
cupo “Weasley?!”
“Non
sono affari tuoi−
“ADESSO
LO SONO!”
“Perché?!”
ribatté lei,
gonfiandosi le spalle in un tentativo di guadagnare un po’ di
dignità da quella
conversazione. “Sei stato abbastanza chiaro sul fatto che
questo…errore sia stato
solamente un tentativo
di ottenere una ‘sveltina’!”
Draco
rimase colpito dal
suo stesso linguaggio pronunciato dalla sua voce, ma mantenne
l’espressione
brutale stampata in volto. “Che diavolo ti aspettavi,
Granger? Che tutte quelle
merdate pro−Babbani facessero presa su di me?”
“So
che qualcosa è
successo,” disse lei, decisa. “Lo sai anche
tu−
“Perché
cavolo dovrei
cambiare per farti contenta−
“Non
si tratta di
cambiare chi sei!” ribatté Hermione. “Si
tratta di trovare te stesso!”
“Non
sprecare le tue
stronzate da Grifondoro con me−
“Se
mai stato felice,
Draco?” gli domandò Hermione, sperando in una
qualche reazione. “Sei mai stato
soddisfatto della tua vita, o hai mai fatto qualcosa che ti sembrasse
giusto e
bello?”
Draco
esitò,
scannerizzando tutti i suoi ricordi, cercando di trovarne uno che
potesse
soddisfare la sua richiesta. L’unica volta che si era sentito
quasi in pace con
se stesso era la notte in cui la Granger aveva dormito sul suo petto e,
forse,
anche quel preciso momento, il momento in cui è riuscito a
baciarla dopo due
giorni di solitudine. Ma prima…il vuoto totale. Solo e
soltanto odio, odio per
lei, per la sua specie, per tutto ciò che era diverso e
‘sbagliato’.
“Guardami,”
gli disse
Hermione dolcemente, sedendosi di fianco a lui. “E dimmi che
credi ancora che i
babbani sono inferiori; che io sono disgustosa.”
Draco
aprì la bocca,
preparandosi a sputare fuori la sentenza peggiore che potesse dirle, ma
non ci
riuscì. Salazar solo sapeva quanto avrebbe voluto farlo, ma
lei era troppo
perfetta per poterle dire una cosa del genere, per poter anche solo
fingere che
lei fosse disgustosa; labbra rosee e morbide, capelli deliziosamente
arricciati
sul collo…
No,
non poteva farlo.
“Lasciami
solo,” mormorò,
sperando che gli fosse uscito un suono abbastanza minaccioso, anche se
ne
dubitava. Lei si avvicinò, poggiando una mano sulla sua
spalla, ma quel gesto
fu troppo per lui. “Non toccarmi.”
Hermione
ritirò la mano,
in imbarazzo. “Ti− ti è piaciuto
baciarmi, Draco?” balbettò dopo un secondo.
Sì…
“Chiedimi
se mi piace
tradire la mia famiglia,” rispose lui, con voce roca.
“Chiedimi se farei tutto
questo se non mi trovassi in questo inferno−
“A
me piace, baciarti,”
confessò lei in un sussurro. “Ma…sono
così stanca di doverti convincere sempre
che non sono una minaccia per te, che non dovresti odiarmi−
“Che
cosa vuoi da me,
Granger?” le chiese.
“Niente
di più di quello
che puoi offrire,” gli rispose, gentilmente. “Ma
vorrei che tu la smettessi di
fingere e facessi quello che ti sembra giusto almeno per una
volta−
“Come
cazzo fai a sapere
cos’è giusto o non giusto per me?” la
sfidò lui, sprezzante. “Pensi che un paio
di stupidi baci cancelleranno quello che penso su di te e sulla tua
specie?!”
Hermione
lasciò che le
sfuggisse un sospiro pieno di rammarico. “Tu e io−
“Io
e te non siamo
niente!” protestò lui. “Te
l’ho già detto! Chiaramente, avevo talmente
bisogno
di una botta e via che mi sarei−
“Abbassato
a toccare una
Mezzosangue,” finì Hermione al posto suo.
“Sai, mentre lo dici ora sussulti un
po’.”
Draco
vacillò. “Non è
vero,”
“Sì,
invece.”
C’era
qualcosa nel suo
tono convinto che risvegliò il calore che sentiva fino in
fondo allo stomaco, e
prima di riuscire a bloccarsi in tempo, le era praticamente saltato
addosso
un’altra volta e riprese da dove si era interrotto.
L’ultimo ‘round’ era stato
insoddisfacente, data la sua idiozia e l’interruzione che lui
stesso aveva
scatenato, ma stavolta riuscì a fermarsi prima che fosse
troppo tardi. La
lasciò andare con un gemito, poggiando la fronte contro la
sua e inspirando
intensamente. Eh sì, era andato troppo oltre.
Hermione
studiò la sua
espressione agitata e sentì qualcosa contrarsi nel petto.
Cercò di convincersi
di essere paziente e comprensiva, eppure si domandò quanto
ancora gli sarebbe
servito per rendersi conto che stava cambiando qualcosa tra loro.
Decise che
gli avrebbe offerto un ultima opportunità di sistemare la
situazione, anche se
questo voleva dire sacrificare una buona fetta della sua
dignità per il bene di
un Mangiamorte.
“Draco,”
sussurrò
Hermione. “Guardami.” I suoi occhi scattarono su di
lei mentre Hermione
strofinava il palmo della mano sulla sua guancia.
“E’ tutto ok,” gli disse. “So
che questo è−
“Tu
non sai un cazzo!
Non hai idea…” sbottò lui,
allontanandosi da lei un’altra volta. “Non puoi
nemmeno iniziare a comprendere cosa mi stia facendo questo
posto!”
“Draco−
“Te
lo dico una volta
per tutte, Granger, che niente di simile accadrà di
nuovo,” dichiarò lui, e le
sue parole erano così pungenti e misurate che Hermione gli
credette sul serio.
“Abbiamo finito qui−
“Sì,
abbiamo finito!”
replicò lei, alzandosi in piedi e gonfiandosi il petto,
sulla difensiva. Aveva
raggiunto il limite. “Mi rifiuto di continuare
così! Non merito di essere
trattata così da te! Fai quel diavolo che ti pare,
perché non me ne frega
niente!”
“Finalmente!”
esclamò.
“Ci è arrivata! Bene, mi fa piacere che tu abbia
finalmente deciso di dire
qualcosa di sensato. Accetta la situazione per quella che è,
Granger; io, che
volevo una comoda botta e via e tu, che eri l’unica
opzione−
“Sparisci
dalla mia
vista!” urlò Hermione, tirando fuori dalla tasca
la bacchetta. Sentiva che
stava per piangere e non avrebbe mai e poi mai voluto che lui la
vedesse in
quello stato. “Adesso!”
Draco
rimase fermo per
un momento; il suo sguardo acceso scattava dalla bacchetta nella sua
mano al
suo volto infuocato dall’ira. Non volendo peggiorare la
situazione, si voltò di
schiena e sparì nella su stanza. Hermione tremava e
sussultava, sotto il peso
del suo cuore che non la smetteva di battere. Cercò di
ricomporsi, ma le fu
impossibile. Riuscì a borbottare un veloce incantesimo
silenziatore prima di
buttarsi di nuovo a terra e rilasciare ogni singola lacrima che aveva
in corpo,
scosso dai singhiozzi.
Tutto
questo non avrebbe
dovuto ucciderla; dopotutto, lei aveva già sperimentato il
suo atteggiamento
crudele in così tante occasioni, ma quel bacio…
Era
stato così
ingannevole, l’aveva cullata in un falso momento di pace e
serenità,
convincendola a donargli tutta se stessa, e lui cosa aveva fatto? Aveva
calpestato quel bellissimo momento come una cartaccia sul pavimento. Si
sentiva
tradita e usata, e la cosa peggiore era che non sapeva se
effettivamente,
sarebbe riuscita a dirgli di fermarsi quando doveva farlo.
Al
diavolo la tenacia da
Grifondoro, Hermione si era totalmente arresa.
A/N:
Ciao ragassss! Ci rivediamo con un nuovo
capitolo! E’ un po’ cortino forse, ma a me piace
tantissimo :3 Ci tenevo a
scrivervi oggi perché volevo farvi sapere che giusto ieri,
la scrittrice ha
pubblicato il 48° capitolo della Fanfiction, cioè il
capitolo FI− NA−LEEEEEE!
Ho un po’ pianto, lo devo ammettere
ç_ç Dopo
questo, ha detto che scriverà un epilogo e forse (FFFFORSE)
qualche One−shot
separata che descriva la stessa storia di base da punti di vista di
personaggi
secondari, come poi vedrete… E niente, volevo condividere
con voi questa gioia!
Perché dovete sapere che lei pubblica ogni morte di Papa e
quindi quando mi
vedo comparire sulla bacheca di Facebook l’annuncio che ha
aggiornato con un
nuovo capitolo, salto di gioia per tutta la casa… peccato
che questo sia l’ultimo.
Awww, divento sentimentale, aiuto! :3
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Capitolo 15 *** Vetro. ***
Chapter
15: Vetro.
Gli
ultimi giorni di
Novembre furono nebbiosi e cupi, e Dicembre sbucò da un
angolo prima che tutti
se ne accorgessero.
Ogni
notte scatenava
quel desiderio di compagnia, di calore umano, per contrastare la natura
morente
che ogni giorno sotterrava sempre più sotto strati di neve e
brina ghiacciata.
C’era un lato positivo però, il vento non era
più così insistente, ed Hermione
ne era piacevolmente grata. Purtroppo in questo modo il silenzio era
ancora più
ossessionante.
Hermione
faceva il
possibile per mantenersi occupata, passando meno tempo possibile nel
suo
dormitorio e alternando le sue giornate tra la Biblioteca e
l’organizzazione
del Ballo assieme a Michael e ai Prefetti. Il dormitorio era diventato
un luogo
così soffocante dopo il suo litigio con Draco, e non osava
passare neanche un
minuto più del necessario in sua presenza. Nonostante la
loro sfuriata si fosse
ormai già consumata da più di due settimane, lei
si sentiva ancora
terribilmente a disagio. Se fosse rimasta con lui per qualsiasi altro
motivo
che non includesse la loro necessaria interazione da inquilini, il suo
corpo
avrebbe sicuramente iniziato a reagire; causandole terribili spasmi
allo
stomaco e vampate di calore imbarazzanti.
Draco
invece, sembrava
fare di tutto per incrociare la sua coinquilina, emergendo casualmente
dalla
sua stanza quando sapeva di trovarla in cucina o nel salotto. Nelle due
settimane che passarono, si erano incrociati non meno di dieci volte ed
era
solo grazie ai suoi sforzi, altrimenti non si sarebbero visti quasi
mai. Lei
scappava sempre di corsa e non lo guardava mai negli occhi, temendo che
potessero risucchiarla, eppure era arrivata a guardarli di sfuggita,
una volta
o due. Ogni volta che lo faceva, si ritrovava improvvisamente a corto
di fiato
e la sua bocca si asciugava in un batter d’occhio, ma questo
non le impediva di
mantenere un espressione indifferente e di chiudersi in camera,
battendo la
ritirata quando sentiva di non potercela fare.
Nei
giorni successivi al
loro bacio−barra−litigio, Draco sembrava
deteriorarsi col passare del tempo; i
suoi lineamenti cominciavano a sembrare più scavati, lo
sguardo era perso e
sconfitto. Hermione desiderava moltissimo parlare con lui, almeno per
scacciargli via il dolore che gli stava consumando il volto, ma era
anche
determinata a mantenere una sana distanza da lui. Cucinava ancora i
pasti,
ovviamente, ma quello era il massimo del contatto tra lei e Malfoy,
anche se
desiderava tutti i giorni che potesse esserci qualcosa in
più.
A
dispetto dei suoi
tentativi per distrarsi, le importava ancora di lui.
Comunque,
le distrazioni
erano veramente tante, con Michael che richiedeva sempre il suo aiuto
per
organizzare il Ballo e Ginny che l’aveva finalmente convinta
ad andare a
comprarsi un vestito per l’occasione. Agli studenti era stato
dato un giorno di
permesso per visitare Hogsmeade e acquistare i loro abiti da cerimonia;
ed
Hermione si era ritrovata a sperare che l’atmosfera festosa
della cittadina le
tirasse un po’ su il morale.
Aveva
sempre amato il
Natale, ma i festeggiamenti le sembravano troppo forzati
quell’anno,
soprattutto sapendo che non li avrebbe passati assieme alla sua
famiglia, o ad
Harry e Ron. I rischi erano troppi. Perfino la neve, che normalmente
adorava,
non si era ancora mostrata con una bella nevicata in stile
‘film natalizio’
perciò, l’atmosfera non era del tutto promettente.
C’era
ancora tempo
comunque…
“Che
ne pensi di
questo?” domandò Ginny mentre tirava la tendina
del camerino. Hermione alzò il
mento e si scoprì a sorridere quando vide
l’affascinante vestito nero che la
sua amica le stava mostrando. Aveva un bellissimo ricamo di pizzo nero
sulla
schiena, che risaltava ancora di più la sua capigliatura
fiammeggiante. “Allora?”
insistette lei, spostandosi i
lunghi capelli rossi dietro la spalla, in attesa di un responso.
“E’ ok?”
“Sei
stupenda,” le disse
Hermione con affetto. “Davvero, Gin. Non ti è
bastata la conferma dello
specchio?”
“Gli
specchi qui sono
incantati, ti fanno pensare che ogni vestito sia fantastico su di
te,” rispose
Ginny con una smorfia. “Sicura che non lo stai dicendo solo
per educazione?!”
“No,”
scosse la testa.
“E’ quello giusto, Gin. Stai benissimo.”
Lei
rise coprendosi il
volto con una ciocca di capelli rosso fuoco e accarezzò il
tessuto dell’abito
con le dita. “Grazie,” disse. “Sto
abbastanza bene da poter fare qualche foto
per quando Harry tornerà?”
Se
tornerà…
“Assolutamente,”
annuì
Hermione, decidendo che quello non era il momento adatto per smorzare
l’entusiasmo.
“La bocca spalancata gli arriverebbe al pavimento se ti
vedesse con quel
vestito, anche se sono sicura che anche Neville farebbe lo
stesso.”
“No,”
Ginny ridacchiò.
“Gli occhi da cucciolo bastonato di Neville si sono dirottati
su Hanna Abbott
di recente.”
“Sul
serio? E allora
perché non l’ha invitata?”
“Sai
quanto diventa
timido in situazioni come queste,” rispose Ginny,
affettuosamente. “E poi sono
arrivata in tempo, prima che gli venisse in mente di chiedere in giro.
Volevo
un appuntamento con qualcuno di cui potermi fidare; come avresti dovuto
fare
anche tu, Hermione.”
“Michael
è innocuo−
“Secondo
me ci sta
provando con te,” interruppe Ginny con disapprovazione.
“So che lui e Ron non
andavano molto d’accordo, comunque, dovrebbe stare
attento−
“Ron
ed io non siamo mai
stati una coppia ufficiale,” precisò Hermione.
“E Michael è solo un amico−
“Beh,
se ci proverà con
te o altro dovrà prepararsi a mangiare lumache per una
settimana.”
Hermione
rise di gusto a
quel commento. “Anche tuo fratello ha un debole per gli
incantesimi con le
lumache.”
“Sì,
vedo come gli è
andata bene quella volta, quando ne ha lanciato uno contro
Malfoy.” Sghignazzò
Ginny. “Ok, beh il mio vestito è deciso, allora.
Quale scegli, Hermione?”
“Ho
già dei vestiti−
“Ma
dovresti comprartene
uno nuovo,” insistette lei, allargando le braccia e indicando
tutti quei
vestiti che le circondavano. “Quello blu ti starebbe
bene−
“Non
capisco perché
dovrei comprare un vestito nuovo per un Ballo al quale non voglio
nemmeno
partecipare,” ribatté Hermione, anche se si
lasciò distrarre dalla vista
dell’abito per un momento. “E poi non mi serve,
perché l’ultima cosa che voglio
è impressionare il mio partner−
“Non
farlo per lui,
fallo per te stessa,” le disse Ginny, alzandosi per prendere
la massa di
tessuto blu e appendendola ad una gruccia. “Questo colore
è bellissimo e non
vedo traccia di fronzoli o pizzetti che tu detesti tanto.”
Hermione
esitò, toccando
con la punta dell’indice lo chiffon sotto la gonna; era
abbastanza semplice,
rispetto agli altri abiti esposti nel negozio, e questo era un punto a
favore,
vista la filosofia del ‘meno è
più’ che Hermione seguiva sempre.
“E’ davvero
bello,” mormorò
sovrappensiero. “Ma io−
“Oh,
provalo e basta.”
Hermione
si diresse
verso le sue stanze con qualche dono di Natale sotto braccio e il nuovo
vestito
in mano. Era stata tutta colpa dell’insistenza incorreggibile
di Ginny, eppure
Hermione poteva ammettere che si sentiva un po’
più rilassata dopo lo shopping
e una Burrobirra insieme ad una delle sue poche amiche. Ma la
sensazione svanì
presto, non appena si trovò di fronte al portone del
dormitorio.
Prendendo
un respiro
profondo, come faceva sempre, spinse la porta senza riuscire a tenere
saldamente tutti i sacchetti che aveva in mano. Il suo piano, che
prevedeva
un’entrata silenziosa e veloce, si rivelò inutile
quando inciampò una seconda
volta e due sacchetti rotolarono sul pavimento dinanzi a lei.
“Oh,
merda,” mormorò,
inginocchiandosi per cercare di raccogliere il tutto.
Afferrò
l’ultimo oggetto
proprio quando la porta di Draco si aprì, e cercò
di mantenere lo sguardo basso
mentre lui faceva il suo ingresso nel salotto. L’atmosfera
nella stanza
improvvisamente mutò, diventando densa e pesante…
Hermione cercò di controllare
i suoi nervi mentre sì alzava da terra.
“Quello
a che serve?”
domandò Draco, indicando il vestito coperto
dall’incarto di plastica.
Si
trovava a metà via
tra lei e la sua camera da letto in una posizione che le avrebbe
impedito di
passargli a fianco, come se sapesse che avrebbe cercato di svignarsela,
e la
risposta sbucò fuori prima che Hermione potesse rimangiarsi
le parole. “Per il
Ballo di Natale,” mormorò svelta, aggirandosi
goffamente intorno al divano, ma
lui si mosse a sua volta, finendo sempre per bloccarle la strada; gli
occhi
fissi sul vestito. “Puoi spostarti−
“Mi
stai evitando,” la
accusò con voce graffiante.
“Perché?”
Hermione
evitò il suo
sguardo. “Lo sai perché, Draco,”
sbottò. “Spostati−
“Quanto
pensavi di far
durare questo sciopero del silenzio, esattamente? Continuò
lui, irritato. “Sta
cominciando a darmi sui nervi−
“Non
ho intenzione di
chiedertelo di nuovo,” disse, a denti stretti, rovistando
nella sua borsa alla
ricerca della bacchetta. “Spostati o ti faccio spostare
io.”
Draco
la fissò con
sguardo contraddittorio, morsicandosi l’interno della
guancia, in preda
all’irritazione, prima di fare un passo di lato con un
sospiro rassegnato. I
palmi delle mani gli sventolavano inerti al fianco mentre lei gli
passava
davanti, ed Hermione cercò in tutti i modi di non annusare
il profumo ormai
familiare di Draco. Il suo sospirò arrivò alle
sue orecchie, ma lei tirò dritto
senza guardarsi indietro, riuscendo a cammuffare la sua debolezza.
“Non
è la prima volta
che litighiamo, Granger,” fece Draco, prima che lei
raggiungesse la porta.
“Perché sei così…arrabbiata
questa volta?”
Hermione
si bloccò
davanti alla sua porta, sentendo l’ira che le montava nel
petto. “Mi hai
chiesto di lasciarti solo,” rispose, freddamente.
“Ed è quello che sto facendo−
"Ma
io−
"L’hai
voluto tu,
Draco," gli disse, sperando di non doversi trascinare
nell’ennesimo
litigio. "Non so che dirti."
Con
la bacchetta,
utilizzò l’incantesimo Muffliato
per sussurrare la sua nuova
password; Grattastinchi. Dubitava che Draco potesse riconoscere il nome
del suo
animale domestico, e si sentiva più sicura ora che sapeva
che non avrebbe più
trovato strane sorprese all’interno della sua stanza.
Hermione pensò di averlo
sentito sussurrare qualcosa mentre entrava in camera, ma
rifiutò di pensarci
troppo.
"Aspetta,"
mormorò
Draco, alla porta ormai chiusa.
Improvvisamente,
gli
venne in mente la frase che sua madre gli aveva detto, la sera prima
dell’inizio del primo anno scolastico ad Hogwarts, quando lui
stesso aveva
dichiarato che il Maniero non gli sarebbe mancato affatto; ‘Non ti accorgi di ciò che
possiedi finchè non lo perdi’. Dopo
quelle misere tre frasette inutili a conclusione di due settimane di
completo
silenzio, Draco stava cominciando a pentirsi del modo in cui aveva
gestito la
loro più recente discussione, visto che lei rifiutava
persino di guardarlo in
faccia. Fingere che non gli importasse niente stava cominciando a
fargli male,
come se ogni volta lo stomaco gli si corrodesse un pochino di
più. La maledetta
verità era che avrebbe desiderato una reazione da parte sua.
Uno
scontro infuocato,
un’educata discussione…un bacio.
Qualsiasi
cosa.
La
giornata appena
trascorsa, un Mercoledì, le era sembrata infinita.
Le
lezioni erano
scivolate via con la lentezza di un mare di colla appiccicosa, e il
resto del
pomeriggio fu scandito dalla sistemazione delle ultime decorazioni
nella Sala
Grande. Hermione era riuscita a svicolare lontano dai Prefetti
entusiasti e a
ritagliarsi qualche ora per sé nella Bibilioteca, ma la sua
ricerca sugli
Horcrux si rivelò frustrantemente improduttiva.
All’incirca alle dieci di sera,
decise di soccombere alle sue palpebre assonnate e di ritirarsi nel suo
dormitorio, sperando che Draco non stesse gironzolando per il salotto
in attesa
del suo ritorno.
Riuscì
a sgattaiolare
silenziosamente dentro il dormitorio e a prendersi un bicchiere
d’acqua, ma un
colpo alla porta la fece sobbalzare. Il bicchiere cadde ai suoi piedi
ed
Hermione borbottò sottovoce tutte le parolacce Babbane di
cui era a conoscenza,
fissando con terrore in direzione della camera di Draco.
“Tutto
bene là dentro,
Hermione?” la voce di Michael si sentì forte e
chiara dall’altro lato della
stanza, ed Hermione alzò gli occhi al cielo con tutta la
forza che aveva in
corpo. “No, perché ho sentito−
“Sto
bene,” ribatté lei.
“Che cosa vuoi, Michael?”
“Solo
fare due parole
con te, un minuto−
“Stavo
per andare a
letto,” gli disse, sorpassando le scheggie di vetro sul
pavimento. “Possiamo
parlarne domani−
“Ci
metto solo un
minuto,” insistette lui. “Avanti, Hermione, sono
solo le dieci di sera.”
Hermione
sbuffò e si
massaggiò la fronte, voltandosi a controllare la porta di
Draco con una leggera
sensazione d’ansia alla bocca dello stomaco. Sicuramente
sarebbe stato
abbastanza intelligente da non mostrarsi in presenza di un ospite,
tuttavia si
era comportato in maniera abbastanza imprevedibile ultimamente.
Decidendo che
sarebbe stato meglio liberarsi di Michael il più in fretta
possibile, Hermione
trasfigurò i suoi vestiti in un paio di pantaloni del
pigiama e una vestaglia e
si tolse le scarpe, lasciando le sue cose sul bancone della cucina
prima di
andare alla porta d’ingresso.
“Posso
entrare?” domandò
il Caposcuola dopo aver visto uno spiraglio della stanza dalla porta
socchiusa.
“Adesso
no,” Hermione
scosse la testa, troppo stanca per inventarsi una scusa decente.
“Di cosa
volevi parlare?”
“Beh,
mi stavo chiedendo
come ci dovremmo organizzare per Venerdì?”
“Sai
già tutto,”
Hermione aggrottò le sopracciglia. “Ti ho mandato
i dettagli su un biglietto.”
“Parlavo
di noi,” chiarì
lui, strofinandosi la nuca con la mano, in evidente imbarazzo.
“Ti vengo a
prendere qui? Oppure−
“Ah,
quello,” mormorò,
cercando di rimanere paziente. Non era colpa sua se ultimamente lei era
stata
così fredda nei confronti di chinque. “No, va
bene, Michael. Abbiamo tutti
deciso che ci saremmo incontrati fuori dalla Sala Grande, quindi faremo
così.”
“Ok,”
Michael annuì,
senza riuscire a nascondere la sua delusione. “Sicura che non
vuoi che ci
troviamo prima?”
“No,
saremo troppo di
fretta, perciò è più facile se ci
troviamo lì,” spiegò Hermione, fingendo
di
soffocare uno sbadiglio. “C’era qualcosa
d’altro? Sono un po’ stanca, sai.”
“Uhm,
no,” alzò le
spalle, desolato. “Era tutto lì. Ci vediamo domani
allora.”
“Notte,”
lo salutò
Hermione, chiudendo immediatamente la porta, sentendo i passi di
Michael che
eccheggiavano nel corridoio. Il suo regolare respiro
s’interruppe quando sentì
la familiare sensazione dietro la schiena e capii subito che il suo
compagno di
stanza era dietro di lei. “A che gioco stai
giocando?” gli disse, voltandosi e
commettendo l’errore di guardarlo dritto negli occhi.
“Stai cercando di farti
scoprire?”
I
lineamenti di Draco
erano contratti in una smorfia di dolore che la sorprese
inaspettamente.
Sembrava…tradito. “Avevi detto che non
c’era niente tra te e quel Corner,”
grugnì debolmente, e il petto di Hermione si contrasse in
una morsa.
Cercò
di fare un passo
avanti, ma−com’era prevedibile− lui le
bloccò la strada. “Non c’è
niente
infatti,” mormorò lei esitante.
“Spostati, Draco−
“Chiaramente,
c’è
qualcosa di vero in quello che sospetto, visto che andrai al Ballo con
lui,”
continuò con voce roca, avvicinandosi lentamente verso di
lei. “Non ti facevo
una bugiarda, Granger−
“Non
sto mentendo,” si
difese lei, maledicendosi in segreto quando ricordò di aver
lasciato la
bacchetta in cucina. “Lasciami andare nella mia
stanza−
“Gli
piaci, Granger,” le
disse lui. “Si vede−
“Che
cosa ridicola,”
sbuffò lei, innervosita dal suo tono serio.
“Spostati−
“Provaci
a farmi
spostare,” la sfidò lui. “Non ho finito
di parlare di quel coglione.”
Decidendo
che la
situazione necessitava di un po’ di aiuto magico prima che
fosse troppo
coinvolta nella conversazione, i suoi occhi puntarono la bacchetta
abbandonata
sul tavolo e cercò di raggiungerla. In
quell’istante inciampò sull’acqua che
aveva versato in precedenza e cadde con un tonfo sul pavimento,
sbattendo il
palmo di una mano nel punto in cui giacevano i vetri rotti del
bicchiere.
Hermione
gemette quando
il dolore le esplose sulla mano, lungo il braccio, fino al gomito.
Guardò a
terra e sussultò quando vide il pezzo di vetro grosso quanto
un Galeone che le
si era conficcato nella carne, riempiendo il pavimento di gocce di
sangue
scarlatto e denso. Si rialzò per tentare di appoggiarsi al
bancone, e prima che
riuscisse a rendersene conto, Draco si era inginocchiato di fianco a
lei; lo
sguardo calcolatore e l’espressione composta, seppure con una
lieve sfumatura
di sincera preoccupazione.
“Dammi
la mano,” le
disse, con voce ferma. “Devo tirare fuori il vetro−
“No,
sto bene,” si
lasciò sfuggire lei attraverso i denti stretti in una morsa
di dolore.
“Prendimi la bacchetta e farò da sola−
“Non
posso toccare la
tua bacchetta,” le ricordò lui. “Lascia
che tiri fuori il vetro e poi puoi
curarti da sola quando ti sarai calmata−
“Aiutami
ad alzarmi−
“Sta
ferma,” le disse. “Avanti,
Granger. Passami la mano e farò in fretta−
“Ahi,
ahi, ahi!”
sussultò lei, mentre lui le afferrava gentilmente il polso e
esaminava da
vicino il danno. La sua inaspettata gentilezza calmò
Hermione, che rimase
immobile ad osservare con curiosità il suo sguardo
pensieroso e concentrato.
“Ok,” gemette. “Sono pronta.”
Soffocò
un grido quando
lui prese il vetro e cercò di estrarlo dalla carne.
“Fa malissimo,” si lasciò
sfuggire prima di potersi fermare, deglutendo rumorosamente.
“Draco−
“Va
bene, aspetta un
secondo,” le disse, tirando via con un colpetto finale il
pezzo appuntito.
“Fatto.”
Draco
vide il sollievo
emergere sul suo viso e qualcosa nel suo petto cominciò a
battere come
impazzito. Forse era il suo cuore; non l’aveva mai sentito
così vivo prima. Il
sangue della Granger era appiccicato alla sua mano, fin sotto le sue
unghie
e mentre sapeva che
avrebbe dovuto
disgustarlo, non gli fece nessun effetto. Il suo pollice, ancora
ancorato al
suo polso, prese a fare dei movimenti circolari sulla sua mano senza
alcun
controllo mentale da parte di Draco e, a quel punto,
l’inevitabile silenzio
imbarazzato calò in mezzo a loro. Draco la fissava
speranzoso, in attesa che
dicesse qualcosa.
"Accio
bacchetta,"
mormorò lei, distogliendo l’attenzione da Draco.
Draco
lasciò andare il
suo polso e lei cominciò a curarsi il taglio con la magia,
ma lui rimase lo
stesso inginocchiato al suo fianco. La Granger non gli era mai stata
così
vicina da giorni ormai, e lui prese
quest’opportunità di godere della sua
vicinanza, prima che lei potesse ritornare al piano originario ed
ignorarlo per
il resto della serata. Si inumidì le labbra con nervosismo e
cercò di rimanere
paziente, osservandola con sguardo calcolatore e accorgendosi che
avrebbe
dovuto sviluppare una tattica se voleva far finire bene quella
giornata.
“Avrei
potuto farela
senza il tuo aiuto,” disse Hermione, apparentemente calma
dopo il suo
incantesimo curativo.
“Può
darsi,” le concesse
lui, abbassando la testa.
“Questo
non cambia
nulla,” lo interruppe lei, lanciandogli uno sguardo severo.
“Sono ancora
arrabbiata con te−
“E’
per questo che
andrai al Ballo con quel maledetto Corner?”
ringhiò, più per gelosia che per
rabbia apparente. “Per dimostrare qualcosa?”
“Non
devo dimostrarti
nulla!” ribatté lei, alzandosi in piedi.
“Sei stato chiaro riguardo la tua
opinione su di me−
“Non
scappartene via da
me, Granger!” le urlò dietro.
“Perché diavolo
questa volta è così diverso?!”
“Lo
sai il perché!” urlò
Hermione; le guancie cominciavano a bruciarle dal rossore e gli occhi
iniziavano a mostrare i primi segni di pianto. “Sono stanca
di te che mi scansi
via tutte le volte in
quel modo, come se
fossi solo un giocattolo! Mi sembra di averti fatto capire cosa provo
per te e
tu non fai altro che−
“Cosa
provi per me?!”
ripetè lui, con il cuore che gli martellava nelle costole.
“Che cosa stai−
“Ah,
ormai non importa,”
si interruppe lei, scuotendo la testa e dandosi mentalmente
dell’idiota per
aver fatto trapelare quell’informazione. “Tu non
volevi niente da me, perciò è
quello che avrai−
“Granger,
aspetta!”
gridò lui, ma l’unica risposta che ricevette fu il
rumore della porta sbattuta
contro la parete. “Che cazzo,” sibilò
alla stanza vuota, marciando verso il
bagno per lavarsi il sangue secco sulle dita.
Stavolta
non si mise a
cercare indicazioni di diversità; sapeva che era identico al
suo.
Afferrò
i bordi del
lavandino e aprì il rubinetto, osservando il liquido
rossastro che scivolava
via finchè non si trasformò in una lieve
sfumatura rosata. Digrignando i denti,
strinse con più foga la porcellana e mandò
giù il groppo che sentiva in gola
anche se soltanto la saliva non bastava a scioglierlo del tutto. Questa
separazione che lei gli stava impartendo cominciava a pesargli, e dopo
due
settimane, stava cominciando a dimenticarla, a dimenticare il suo
sapore, il
suo odore.
Non
poteva realmente
incolparla per il modo in cui si stava comportando, ma la prospettiva
di lei
che voleva arrendersi e lasciar perdere qualsiasi cosa fosse accaduta
tra loro,
lo fece sentire fisicamente male. Andava bene giocare con le sue
emozioni
finchè sapeva che sarebbero andati avanti a litigare
indipendentemente da
quello che si sarebbero detti, ma ora sapeva che il suo atteggiamento
era
diverso.
L’aveva
spinta troppo
oltre, ed ora ne stava pagando il prezzo.
Faceva
male, rendersene
conto, eppure lui la desiderava, e l’intensità di
quel desiderio riusciva
perfino a sovrastare la voce dentro la sua testa che gli diceva che
tutto
questo era sbagliato. Sentiva il bisogno di agire, di fare qualcosa per
stare
vicino a lei, altrimenti sarebbe impazzito…
L’inquietudine
lo stava
divorando vivo.
Hermione
osservò il suo
riflesso senza molta convinzione e applicò uno strato finale
di balsamo sulle
labbra.
Il
meraviglioso abito
blu che aveva addosso le sembrava sprecato, dal momento che non sentiva
alcun
moto di eccitazione per il Ballo, anche se aveva comunque deciso di
truccarsi
tanto per concludere l’opera dignitosamente e poi ritornare
alla vita di
sempre. Ginny l’aveva aiutata dandole uno spray per domare i
suoi ricci, simili
al prodotto usato per il Ballo del Ceppo, e ora si ritrovava con una
leggera
cascata di onde sulla testa. Non aveva alcun dubbio; se fosse stata una
qualsiasi altra serata, si sarebbe sentita bella ed elegante, ma quella
sera
non riusciva a nascondere la nuvoletta malinconica che le fluttuava nel
cervello
da giorni.
Il
comportamento pacato
e gentile di Draco quando si era ferita l’aveva completamente
sconvolta. In
quel momento, avrebbe ceduto alla tentazione di abbandonare il suo
punto
d’onore per lui, tuttavia, doveva assolutamente rimanere
lucida. Un flasback
della sua frase, contentente la parola ‘sveltina’
la fece rinsavire, ma dopo il
modo in cui l’aveva così dolcemente curata non
riusciva più a decidersi.
L’aveva trattata come se fosse lei stessa un fragile pezzo di
vetro e ne era
stata talmente affascinata, che si ritrovò a giungere alla
conclusione che
forse quella distanza gli stesse facendo bene…
Hermione
scosse la testa
per bandire i suoi pensieri sognanti, e decise che il suo ritardo per
il Ballo
si era prolungato anche troppo. Infilò la bacchetta nella
pochette e lasciò la
stanza, immobilizzandosi sull’uscio della porta quando si
accorse della figura
solitaria seduta sul divano.
Draco
stava leggendo; il
capo chino e la mano sinistra che tamburellava distrattamente su un
ginocchio.
Di colpo Hermione prese consapevolezza del suo aspetto attuale,
nonostante la
principale indifferenza provata verso il suo riflesso, e
d’istinto si portò le
mani sul davanti, sfiorando il tessuto della gonna con dita tremolanti.
Draco
sentì il rumore probabilmente, perché la sua
testa scattò sù in un secondo, e
rimase a fissarla con gli occhi fuori dalle orbite. Hermione si
sentì bollire
mentre il suo sguardo di ghiaccio la squadrava dalla testa ai piedi.
Draco
sentì il suo
battito aumentare mentre assorbiva quella visione di lei che mai si
sarebbe
potuto immaginare, nemmeno nelle sue più vivide fantasie, e
il suo piano di
affrontare la situazione logicamente e docilmente andò
immediatamente a quel
paese. Lei era troppo attraente per poter essere indifferente o
prudente, e poi
non poteva lasciarla andare sapendo che sarebbe stata assieme a quel
ritardato
Corvonero; che avesse buone intenzioni o meno.
“Che
ci fai qui?” gli
chiese Hermione, rompendo la sua trance. “Io−
“Non
andare con lui,”
fece Draco, e sinceramente non gli importava di essere sembrato
patetico. “Non
andare, Granger.”
Hermione
strinse le
labbra, nervosa. “Tu non c’entri−
“Sì
invece,” ribatté
lui, alzandosi dal divano. “Resta qui−
“Perché
dovrei?”
"PERCHE’
NON POSSO
SOPPORTARLO!" urlò; ogni muscolo del suo corpo pulsava e
doleva come se
lui fosse incastrato nella sua stessa gabbia. "Non posso…non
posso
farcela! Non chiedermi di fare questo!"
“Non
ti sto chiedendo di
fare niente!” disse lei, sperando che lui non notasse
l’incertezza nella sua
voce. “Michael è solo un amico! E anche se non lo
fosse, non ha niente a che
vedere con te−
“Allora
fa si che abbia
a che vedere con me!” sbottò lui, marciando verso
di lei. “Fa che sia affar mio−
“Non
avvicinarti,” lo
avvisò, anche se debolmente. “Per favore,
Draco−
“Resta,”
le chiese
ancora, avvicinandosi abbastanza da far arrivare il suo respiro sulla
sua pelle
accaldata e in preda ai tremori. “Resta,”
ripetè, più dolcemente. Hermione
chiuse gli occhi e lui cercò di avvicinarsi per baciarla,
convinto di esserci
riuscito, ma lei lo spinse via con un colpo goffo e disperato prima che
riuscisse a raggiungerla. “Granger−
“No!”
Hermione protestò,
scuotendo la testa. “Ti ho dato così tante
occasioni, Draco! E tu fai sempre la
stessa cosa! Posso gestire i commenti idioti, tutti gli insulti, ma non ti lascerò giocare col mio
cuore! Tu
mi hai ferita!”
L’ondata
di senso di colpa
lo colpì, paralizzandolo sul posto. “Non lo
farò−
“Sì,
tu lo farai!”
esplose lei, puntandogli contro un dito tremante. “Non sono
qualcuno che puoi
usare e gettare via a tuo piacimento!”
Draco
cercò di
avvicinarsi ma lei si scansò di lato prima che potesse
raggiungerla. “Granger−
“Dimmi
che non sono una
‘sveltina’ conveniente!” Hermione
sputò fuori quelle parole come se le
bruciassero in gola. “DILLO!”
Draco
indietreggiò ma
continuò a tenere lo sguardo fisso su di lei. “Tu
sei tutto tranne che
conveniente, Granger,” le disse. “Però
so che vuoi che io…
“Smettila,”
mormorò lei,
senza fiato, stropicciando via dalla guancia una lacrima.
“Ora basta−
“So
che vorresti
Granger,” continuò lui insistente, avvicinandosi
ancora a lei e afferrandole le
spalle. “Me l’hai detto tu stessa−
“So
cos’ho detto,”
rispose lei, senza sforzarsi di scappare da lui stavolta. “Ma
tu hai detto−
“Fanculo
quello che ho
detto,” borbottò Draco, curvando la testa di lato.
“Se mi dirai di non
baciarti, non lo farò.”
Il
limite della sua pazienza
ormai era messo alla prova solamente da quegli ultimi millisecondi che
lo
separavano dalla risposta che gli avrebbe dato. Hermione era
pietrificata, ma
non disse nulla e quando il terzo secondo passò, Draco
decise che aveva
aspettato venti giorni di troppo per poter sprecare anche solo un altro
istante.
La
baciò con impazienza;
incapace di contenersi e pronto a perdersi in lei, se solo
gliel’avesse
permesso. Hermione rispose quasi immediatamente, separando le labbra in
modo
tale da permettergli una presa ancora più intensa su di lei.
Draco sentiva ogni
singolo battito del cuore mentre si sporgeva contro il suo petto e lei
gli
prendeva il volto tra le mani; disegnando con le dita delicati percorsi
lungo
il viso, fino alla nuca. Abbandonandosi alla morbidezza di tutto il suo
corpo,
la spinse contro la parete più vicina e sentì i
suoi sospiri agitati fino in
fondo alla gola. La combinazione di queste sensazioni, odori,
percezioni oltre
ogni limite, risvegliò la sua parte inferiore, ma stavolta
non si curò di
fermarsi, anzi, la baciò e la tenne stretta come se ogni
secondo potesse essere
l’ultimo.
Suoni
dolci e flebili si
mischiarono tra loro, mentre i loro gesti diventarono più
intensi, più
frenetici. Draco si appese al suo labbro inferiore e scese
giù fino al collo,
deciso a baciare ogni singola parte del suo corpo visibile oltre quel
meraviglioso vestito che, ovviamente, andava tolto al più
presto. I battiti
della Granger si sentivano forti e pulsanti sulla sua lingua, mentre i
suoi
sospiri sognanti aleggiavano nella stanza silenziosa, e Draco afferrava
avidamente ogni centimetro della sua pelle morbida e profumata con i
suoi baci
affannosi.
Che
gli piacesse o meno,
questa tensione, questo bisogno era rimasto a sobbollire dentro di lui
per
settimane, quindi non potè evitare di far scivolare le mani
sul suo ventre, e
poi più in basso. Sapeva di stare velocizzando molto le
cose, ma dopo infinite
fantasie ispirate alle sue docce mattutine, non riuscì a
fermarsi quando la sua
mano raggiunse le sue cosce.
“Basta,”
ansimò
Hermione, piantandogli le unghie nelle spalle. “Devo
andare−
"No,"
mormorò
lui con le labbra ancora aderenti al suo collo. "Granger−
"E’
troppo veloce,"
insistette lei e lui si allontanò da lei reclutante.
“Io−io devo andare al
Ballo−
“No!”
disse lui, più
intensamente, cercando di creare un contatto visivo con lei.
“Dillo, dì che
vorresti rimanere−
“Io−
devo pensare,”
mormorò Hermione, spostandosi e dirigendosi verso la porta.
“Tu…potresti star
facendo questo solo per−
“No,
non è affatto
vero!” ribatté, sentendo la rabbia che gli
cresceva nella voce. “Non ti
azzardare a fuggire da tutto questo, Granger! E’ tardi per
far finta di
niente!”
“Io
non− non posso…”
sussurrò Hermione, prima di scappare fuori dal dormitorio.
Strizzando
gli occhi
mentre la porta si chiudeva con un tonfo, Hermione cercò di
ricomporsi e si
sistemò l’acconciatura spettinata con
l’aiuto della bacchetta. Non poteva fare
nulla però, per le lacrime bollenti che le solcavano le
guance, e nemmeno per
il cuore che le stava spaccando il petto, talmente forte che sarebbe
potuto
uscire fuori da un momento all’altro, palpitando prepotente
come se volesse
punirla per il momento prezioso che aveva appena interrotto.
Oh
Dio,
oh Dio, oh Dio…
Si
avviò verso la Sala Grande con passo incerto e gambe
tremolanti, usando le mura
come sostegno per farsi strada tra i corridoi. Era in ritardo, poteva
sentire
la musica forte e chiara, che echeggiava tra le pareti
dell’antico castello
mentre si avvicinava. Al frastuono si aggiunsero presto le voci degli
studenti,
così Hermione trasformò all’istante il
suo volto in una facciata calma e
rilassata.
"Hermione!"
la
voce di Michael la chiamò da lontano e lei cercò
di sembrare entusiasta quando
lui le apparve davanti. “Eccoti qua, stavo cominciando a
preoccuparmi. Stai benissimo!”
Michael
fece un’approccio
avventato, cercando di sfiorarle la guancia, ma lei riuscì
ad evitare il gesto.
“Grazie,” annuì educatamente.
“Dove sono Ginny e gli altri?”
“Sono
già dentro,”
rispose lui. “Sei pronta?”
“Uhm…certo,”
mormorò,
lasciando che lui la conducesse verso la porta con una mano dietro le
spalle.
Si
fermarono proprio
fuori dalla stanza, pesantemente addobbata, ed Hermione
scannerizzò tutte le
decorazioni che aveva contribuito a sistemare in tutte quelle settimane
di
organizzazione. Avevano mantenuto uno stile simile al Ballo del Ceppo,
aggiungendo
solo qualche piccolo extra, inclusa la neve che cadeva dal soffitto e
le
sculture di ghiaccio danzanti ai lati della pista.
Un’occhiata veloce ai volti
dei presenti le confermò che tutti si stavano divertendo
molto, ma l’atmosfera
gioiosa, che aveva desiderato così tanto fin
dall’inizio del semestre, non
servì a calmare il suo attuale stato d’animo.
Tutto
ciò a cui riusciva
a pensare erano le tracce ancora presenti del tocco di Draco sul suo
corpo, che
vibravano ancora attraverso i pori, causandole la pelle
d’oca. Sì, si era
innervosita quando aveva capito in che punto si stava dirottando la
situazione,
ma era scappata solo perché era convinta che le sue azioni
fossero dettate dall’egoismo
e dalla soddisfazione fisica che avrebbe potuto trarne, ma ora uno
sciame di
dubbi le riempiva la testa. Il suo comportamento di quella sera e di
Mercoledì
scorso era stato diverso e apparentemente genuino, ma questo voleva
dire due
cose; o lei si stava sbagliando di grosso, oppure lui era solo un
talentuoso
attore.
E
se invece…
E
se invece fosse stato
qualcosa di più; qualcosa
di reale? Se avesse
sbagliato a scappare via così? Godric, doveva
saperlo…non poteva resistere con
questo pensiero per la testa…
"Mi
dispiace,
Michael," disse, cogliendolo di sorpresa. "Non−non posso
farlo."
"Cosa?"
domandò
lui, guardandola confuso. "Di che parli?"
"Scusami,”
ripetè.
Senza
aspettare una
risposta, si voltò di scatto e partì in una corsa
piena d’adrenalina che la
riportò al dormitorio. Che la riportò da lui.
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Capitolo 16 *** Neve. ***
Chapter
16: Neve.
Draco
si accasciò sul
divano, con le labbra ancora umide e lo sguardo perso nel vuoto.
Strinse
gli occhi e si
strofinò il viso con le mani appiccicose di sudore, sentendo
un gelo improvviso
avvolgergli tutto il corpo. Non sapeva se stesse tremando per il freddo
o per i
dolorosi spasmi che gli stavano facendo scoppiare il petto, e si
sentì
completamente perso. Nonostante la sua perenne convinzione che la
Granger e
quel posto l’avessero fatto diventare pazzo,
realizzò in quel momento che in
realtà la sua presenza leniva i suoi pensieri turbolenti
come nessuno dei suoi
libri, o delle sue attività giornaliere riusciva a fare. I
suoi venti giorni di
distacco erano stati una tortura; la solitudine provata
l’aveva portato a
dubitare ancora più intensamente riguardo al suo livello di
sangue, alle
differenze tra di loro e riguardo a cosa volesse esattamente da lei.
Gli
echi delle parole di
suo padre e i suoi preconcetti riguardo ai nati Babbani erano solo un
sussurro
distorto e fragile adesso; Draco involontariamente l’aveva
messo da parte, in
un angolino della sua mente. Il modo in cui lei era riuscita a sortire
un
effetto così potente su di lui lo faceva incazzare, ma ne
era anche spaventato.
C’era anche una piacevole sensazione di sollievo che non
riusciva bene a
comprendere. Baciarla, toccarla, averla vicina… queste
sensazioni gli
scatenarono un immenso senso di pace; e anche se si sentiva perso,
era…bello
essere persi, se questo significava sentirsi così.
Immaginò che quella
sensazione indescrivibile fosse vicina al brivido dato
dall’annegamento, e lui
stava sicuramente annegando.
Ed
ecco dove lo aveva
lasciato. Lì seduto sul divano, con le mani tra i capelli e
infinite immagini
di lei e Corner che gli riempivano il cervello. Nel profondo, sapeva che la Granger fosse stata
sincera sul fatto che lei e il cazzone Corvonero non erano altro che
amici, ma
la gelosia lo stava mangiando vivo comunque. Ogni volta che la sua
immaginazione gli presentava un’immagine di loro due insieme,
un’ondata di
furia omicida gli scaturiva da ogni poro del suo corpo, ma cosa poteva
fare?
Niente, solamente aspettare.
Le
dita gli si
conficcarono nelle tempie nel momento in cui l’ennesima botta
di risentimento
lo afflisse. Cercò di mandar giù un po’
di saliva, ma scoprì che la gola gli si
era seccata come un pozzo prosciugato. Un grugnito basso e gutturale
rieccheggiò in tutto il suo corpo, e Draco cercò
di convincersi a rimanere
seduto, sapendo che avrebbe desiderato ardentemente in quel momento
sbattere i
pugni contro ogni muro della stanza, pur di sovrastare il rumore dei
suoi
pensieri.
Non
aveva idea di quanto
tempo fosse passato da quando lei se n’era andata,
probabilmente pochi minuti,
eppure gli pesavano addosso come fossero ore.
Draco
era sempre stato
così…ben educato e disciplinato nel
comportamento, ma un solo fottutissimo
momento in una stanza con lei l’aveva completamente sbalzato
fuori dalla
realtà, e accorgersi di quanto potente fosse la sua
influenza su di lui lo
pietrificò dal terrore. Il controllo era essenziale, ma
tanto valeva
spiaccicare il suo cervello contro un muro per l’aiuto che
gli stava dando in
quei momenti. Nella sua testa si era creato un enorme spazio vuoto, il
quale
una volta ospitava pregiudizi e insulti vari alla sua
specie, mentre ora…si stava lentamente riempiendo di lei.
Delle
sue parole.
Del
suo volto.
Del
suo profumo, il suo
sorriso, i suoi sospiri.
Granger…
Dracò
sussultò quando
sentì la porta aprirsi, e per un momento non
riuscì a respirare quando si accorse
che lei era tornata. Aveva il volto ancora paonazzo e il suo affanno si
sentiva
forte e chiaro nel silenzio cupo della stanza. I suoi capelli erano di
nuovo
liberi e selvaggi, incorniciandole perfettamente il viso. Le onde
soffici del
vestito che indossava le fasciavano il corpo alla perfezione, e Draco
si
ritrovò in piedi senza nemmeno essersene reso conto.
I
loro occhi si
trovarono da un lato all’altro della stanza, e Draco si
sforzò di rimanere
immobile, mentre la confusione e la tensione cominciavano a riempirgli
il
cervello. Poteva anche essersi sbagliato; magari la Granger era solo
tornata
indietro perché aveva dimenticato qualcosa, e non gli
avrebbe fatto per niente
bene sperare a vuoto. Però, dall’espressione
ansiosa scolpita sul suo viso
grazioso, si capiva che fosse lì per una ragione specifica,
e Draco, senza
sapere il perché, sentì le viscere che
atterravano con un tonfo quando poco
prima sembravano essere sparite.
I
suoi piedi
cominciarono a muoversi senza aver ricevuto alcun imput.
Doveva
raggiungerla,
prima che lei potesse pensarci troppo e decidesse di scappare di nuovo,
lasciandolo ancora lì sul divano, a tormentarsi. Ormai non
provava più nemmeno
a sopprimere il suo desiderio di averla, e se solo avessero provato
entrambi a
far scoppiare a questa scintilla, forse lei se ne sarebbe uscita una
volta per
tutte dalla sua testa, e la sua debolezza nei suoi confronti sarebbe
svanita.
“Non
so che cosa ci
faccio qui,” mormorò Hermione quando lui
arrivò di fronte a lei.
Draco
si stava sforzando
terribilmente per non prenderla e stringerla a sé,
perciò optò per una
soluzione più delicata, poggiando la sua mano sinistra sulla
sua guancia e
tracciando col pollice la linea delle sue labbra. La sentì
deglutire
rumorosamente e si avvicinò di più mentre
Hermione alzava il mento e incontrava
il suo sguardo. Riusciva quasi ad immaginare il dibattito interiore che
stava
avendo luogo nella testa della Granger in quel momento e trattenne il
respiro
quando lei fece segno di voler parlare.
“Volevo
solo…” sussurrò,
a malapena udibile. “Volevo solo una notte
per…”
“Una
notte,” convenne
lui, prima di annullare in un nanosecondo i centimetri di distanza che
li
dividevano.
Quando
poggiò le labbra
sulle sue, si rese subito conto che la Granger si era finalmente arresa
e così
ebbe il coraggio di osare un po’ più di energia;
si spinse più a fondo contro
di lei, scoprendo con piacere che il lucidalabbra con cui si era
truccata
sapeva di mirtillo e di intenzioni sulle quali non voleva soffermarsi a
pensare
nemmeno un po’. Era troppo tardi per pensare, adesso. Le
viscere nel suo
stomaco tornarono presto in vita non appena Hermione si
aggrappò a lui con
tutta la frustrazione che aveva accumulato in quei giorni. Lui le prese
i
fianchi e la tenne saldamente vicina, deciso a non farsela scappare
un’altra
volta; anche se lei non aveva dato nessun segno di voler sparire di
nuovo.
Anche
i gesti e i baci
di Hermione erano ancora piuttosto timidi, non c’era alcuna
esitazione; riusciva
a combinare perfettamente il ritmo
di Draco e, anche se si rendeva conto che quello che stavano facendo
era
assolutamente insolito, nulla le impediva di andare avanti. Non
c’era niente
che potesse fermarla, nessuna vocina nella testa, nessun ripensamento.
Gli
prese il volto tra le mani e affondò le dita tra le corte
basette bionde ai
lati del viso. Dio, si sentiva
come
pietrificata, ma allo stesso tempo, ciò che stava facendo
Draco col suo corpo
era talmente meraviglioso, che non riuscì a trattenere
l’entusiasmo e la
vitalità.
Non
sapeva da dove
venisse quell’impulso audace e coraggioso che le fece
sollevare gli angoli del
maglione di Draco verso l’alto, ma quando si accorse di
quanto sembrasse
naturale per lei accarezzare il suo torso, le sembrò la cosa
più giusta da
fare. Draco si sfilò il maglione e interruppe il suo
contatto con lei solamente
per aiutarla più in fretta, lanciando la maglia a casaccio
dietro la sua
schiena.
Hermione
aprofittò di
quei due secondi di tempo per lasciare che lo sguardo le vagasse sula
sua pelle
diafana. Non era troppo muscoloso o eccessivamente magro; aveva la
giusta stazza
da Cercatore di Quidditch…quella perfetta combinazione di
curve e linee che
imploravano di essere toccate.
Riuscì
a malapena a
nascondere un sospiro di ammirazione prima che lui la riavvicinasse a
se e
riprendesse la loro movimentata attività. Hermione
lasciò vagare le mani sul
suo petto e sentì tutti i muscoli e i nervi tesi di Draco
sciogliersi grazie al
suo tocco, mentre la sua presa sui suoi fianchi si strinse
più intensamente. Quandò
si accorse dell’insolito movimento tra le sue gambe, chiuse
le sue di scatto
cercando di non farsi notare, dandosi mentalmente della stupida visto
che al
momento erano ancora in piedi e vestiti e che quindi sarebbe stato
prematuro
spaventarsi. Ciononostante, i suoi battiti cardiaci si fecero
più frenetici,
rimbombandole nella cassa toracica come diecimila segnali
d’allarme.
Draco
la prese per le
spalle e la fece rotolare sulla parete, trascinandola con se verso la
porta
della sua stanza, rifiutando in qualsiasi modo di perdere la
connessione tra le
loro labbra, mentre cercava di dirigersi con non poca
difficoltà verso il
pomello della porta. Hermione si ritrovò incastrata tra il
corpo magnificamente
scolpito del Serpeverde davanti a lei e la sua porta di legno
massiccio, mentre
cercava di prendere il respiro e di non agitarsi troppo riguardo a
ciò che
stava per accadere. Draco scacciò via i suoi ripensamenti in
un attimo,
spostando la sua attenzione su un punto particolarmente sensibile sul
suo
collo, che incoraggiò un brivido a danzarle lungo la spina
dorsale.
“La
password, Granger”
mormorò Draco, con le labbra ancora aderenti alla sua pelle.
Lei
sbattè le palpebre
un paio di volte, cercando di riprendere un po’ di
concentrazione. “Grattastinchi”
susssurrò in fretta e
Draco la indirizzò con decisione all’interno della
stanza, mentre la porta si
apriva per lasciarli passare.
La
camera era
completamente buia, ad eccezione del tenue bagliore della luna che si
rifletteva sul profilo di ogni singolo oggetto in penombra, ed Hermione
si
sentì istantaneamente più al sicuro; quello era
il posto perfetto per
nascondere segreti pericolosi e fantasie proibite. Senza perdere un
altro
secondo Hermione si voltò verso Draco e lo baciò
con foga, sperando così di
cancellare ogni incertezza.
Draco
riusciva a sentire
la sua ansia ogni volta che la sfiorava con un dito, ma nonostante
questo,
cercò di ignorare la sua preoccupazione per lei,
concentrandosi sulle spalline
del suo vestito che – secondo lui – le era rimasto
addosso per troppo tempo. Hermione
non oppose resistenza, così lui si decise a dare un lieve
colpetto e il pesante
abito blu notte cadde ai piedi di Hermione con un tonfo.
Draco
indietreggiò un
momento e lasciò che lo sguardo viaggasse liberamente,
assorbendo con gli occhi
ogni curva, ogni sfumatura e ogni tonalità del corpo della
Granger. Lo stomaco
gli si strinse in una morsa e un lieve calore al di sotto dello stomaco
lo fece
tornare indietro nel tempo, quando – steso sul pavimento
della sua stanza – se
la immaginava in continuazione anche se, francamente, doveva ammettere
che
l’aveva molto sottovalutata. Era molto più
femminile e attraente rispetto alle
immagini fittizie che si era creato in testa; fasciata da un semplice
set di
biancheria intima pratica e a tinta unita, che però non
impediva alle curve e
alle sue forme di mostrarsi davanti ai suoi occhi. Illuminata dalla
tenue luce
nella stanza, la sua pelle olivastra e le sue lentiggini avevano presa
una
delicata tonalità ambrata e, per un breve istante, Draco
rimase come
pietrificato.
Decisamente
non brutta…o disgustosa…
Il
disagio di Hermione si mostrò non appena le sue braccia si
alzarono per coprire
il suo corpo, e Draco catturò sveltò le sue
labbra prima che lei potesse
cambiare idea. Si sarebbe maledetto in eterno se avesse lasciato che
sucedesse,
soprattutto non ora che erano arrivati a questo punto.
Lasciò
scivolare la sua mano in mezzo ai loro corpi per slacciarsi i pantaloni
mentre
si addentravano nella stanza, sempre più stretti
l’un l’altra. Vedendo il letto
della Granger, una visione che aveva sognato sin da quando ci aveva
dormito da
solo mentre lei era ad Hogsmeade, sentì il cuore
sfracassarsi contro la cassa
toracica e non
riuscì più a contenere
l’eccitazione. Spinse Hermione sul materasso, sforzandosi di
essere il più gentile
possibile e scivolò al suo fianco, incapace di staccare le
labbra dalle sue.
Sentì
i suoi nervi tesi su tutto il corpo mentre le sollevava la schiena per
sganciarle il reggiseno, la baciò più
intensamente per cercare di distrarla e
pregò qualsiasi divinità extraterrena
affinchè lei riuscisse ad abbandonare
ogni logica, proprio come aveva fatto lui.
Le
dita di Draco si infilarono furtivamente sotto al bordo della sua
biancheria
intima e la sfilarono lentamente verso il basso con una pazienza mai
avuta
prima. Riusciva a sentire la sua insicurezza e la sua ansia,
così alzò lo
sguardò e la vide davanti a lui, meravigliosamente invitante
sotto la luce
tenue della notte, con gli occhi spalancati dal terrore. Si
avvicinò a lei, le
diede un bacio d’incoraggiamento e cominciò a
sistemarsi tra le sue gambe,
quando una voce tremante lo immobilizzò sul posto.
“Draco,aspetta,”
mormorò Hermione. Lui sbattè le palpebre
shockato, incapace di credere che
potessero davvero fermarsi in quel modo. Hermione si inumidì
le labbra e lo
guardò quasi con timore. “Vai…vai
piano.”
Draco
alzò un sopracciglio confuso. “Pensavo che non
fossi verg−
“No,
infatti,” lo interruppe lei, illuminandosi le guance di un
rosso acceso. “Però
io…l’ho fatto solo una volta.”
A
quel punto, Draco si rese conto di quanto si stesse offrendo a lui, e
cercò in
tutti i modi di non rimanerne emotivamente colpito. Il fremito agitato
nel suo
petto che l’aveva accompagnato fin da quando la Granger era
ritornata nel
dormitorio, pulsò per un momento con qualcosa di diverso
dall’eccitazione;
qualcosa di talmente intenso che gli fece decidere di non comportarsi
da
egoista quella notte.
“Metti
le mani sulle mie spalle,” la diresse lui tranquillo,
aspettando che lei
facesse come gli aveva detto prima di continuare. “Se senti
dolore, aggrappati
più che puoi, e stringi la presa per avvisarmi.”
Le
sue istruzioni sembrarono calmare i suoi spasmi nervosi, ed Hermione
gli diede
un breve cenno d’assenso prima di curvare il collo per
rubargli un bacio lieve
e misurato. Draco intensificò il gesto in un istante,
piegando tutto il suo
peso su di lei, consapevole che sarebbe stato meglio mantenerla
occupata mentre
le sue dita raggiungevano il suo ombelico e sempre più
giù, per accertarsi che
fosse pronta.
Dopo
qualche immobile secondo di attesa, decise che aveva aspettato
abbastanza e che
aveva fatto tutto il possibile per rilassarla. Si posizionò
in modo appropriato
ed Hermione istantaneamente strinse le braccia attorno al suo collo.
Era
completamente bloccata dall’inesperienza e dal panico e,
anche se Draco non
poteva capire il tipo di dolore che stava provando, volle che anche per
lei
fosse possibile apprezzare il momento.
"Rilassati,"
gli
mormorò a contatto con la guancia. "Va tutto bene."
Hermione
riuscì
finalmente a rilasciare un sospiro, mentre un flusso di quella che
sembrava
lava bollente le scivolò addosso, andandosi a depositare
solamente nella zona
in cui il suo corpo era a contatto con quello di Draco. Aveva perso il
controllo. Si accasciò graziosamente contro la testata del
letto e lasciò che
la magnifica, bizzarra sensazione la consumasse. Draco la strinse
ancora più
forte verso di sé, afferrando i capelli ai lati del viso e
annegando il suo
sguardo dentro i suoi occhi marroni, dall’iride immensamente
sottile sotto la
debole luce della luna.
Dopo
minuti che
sembrarono ore, Draco sentì il bisogno di accasciarsi su di
lei, rilasciando un
gemito esausto a contatto con la spalla ambrata della Granger, mentre
lei gli
carezzava i capelli senza farci nemmeno caso. Si irrigidì
quando le sue dita
raggiunsero la nuca, ma dopo un secondo lasciò che il tocco
delicato e
circolare della Granger lo cullasse in uno spazio indefinito tra
palpebre
pesanti e visioni sfocate.
Lentamente,
Draco si
raddrizzò e spostò Hermione di lato, lasciando
che si coricasse sui cuscini,
prima lasciati ai piedi del letto per non essere d’intralcio.
Prese il bordo
del lenzuolo e coprì i loro corpi, sistemandosi al suo
fianco sul letto,
osservandola intensamente mentre sbatteva le palpebre ad un ritmo
indefinibile
e si morsicava le labbra sovrappensiero. Draco percepiva
l’arrivo del temuto
silenzio imbarazzante, come se fosse già lì in
attesa, nascosto negli ultimi
sospiri agitati che scandivano il tempo all’interno della
stanza.
"Draco,
Io-
"Riposati,
Granger," le rispose.
"Volevo
solo dirti
grazie," Hermione chiuse le palpebre lentamente, rilasciando un ultimo
sospiro soddisfatto. "Per essere stato…gentile."
Draco
fece una smorfia
sentendo il tono affettuoso della Granger, sapendo che da lì
a qualche ora,
sarebbe stato tutto diverso. Non appena i primi raggi di luce mattutina
si
sarebbero infiltrati in quella stanza, Draco sapeva che si sarebbe
odiato per
aver abbandonato la ragione, e lei si sarebbe sentita usata e tradita.
Quella
notte cupa e silenziosa gli aveva offerto qualcosa che non avrebbero
mai potuto
ottenere alla luce del giorno; pace e segretezza, e solamente per
quella
ragione, alzò una mano per spostarle i riccioli spettinati
via dal volto. Stava
per addormentarsi, ma sembrò accorgersi del suo gesto;
mormorò qualcosa di
incomprensibile mentre lui le passava le dita sulla fronte.
Draco
fece scattare la
sua mano come una molla quando si rese conto di che cosa stava facendo,
e si
maledisse per aver prolungato l’inappropriata
intimità con lei. Andarsene via
sarebbe stata la scelta più logica, ma
il letto della Granger era così caldo. Si
coricò di nuovo, osservandola;
senza toccarla, forse solo un po’ più vicino del
dovuto, ma il sonno rubò
questa sua ultima considerazione prima che potesse avere il tempo di
analizzarla.
Se
ne sarebbe
sicuramente pentito il giorno dopo, ma tant’è.
Hermione
si svegliò già
stanca, come se non avesse dormito affatto, e con un pulsante dolore in
mezzo
alle gambe. Con le labbra ancora livide e il sapore di Draco sulla
bocca, aprì
gli occhi e scrutò lo spazio ancora caldo al suo fianco. Si
era aspettata che
lui se ne andasse, perciò –quando il suo sguardo
sonnolento trovò la sua sagoma
ancora coricata di fianco a lei− ne fù molto
più che sorpresa.
Si
mise a sedere senza
far rumore, per vedere meglio la sua espressione; i suoi lineamenti
pallidi
erano concentrati in una smorfia pensierosa e a quel punto, i suoi
occhi si
aprirono e furono illuminati dalla potentissima luce del sole
mattutino. Era
completamente vestito, e sembrava troppo incasinato di suo per potersi
accorgere che lei fosse sveglia e che lo stava attualmente osservando.
“Pensavoche te ne saresti
andato,” Hermione ruppe il
silenzio con voce roca, impastata dal sonno.
Draco
non ricambiò lo
sguardo. “Mi sembrava una cosa inutile, visto che tu puoi
andartene e venire
nella mia stanza ogni volta che vuoi,” le disse.
Hermione
sospirò senza
ribattere, prese una coperta dal letto e si alzò, facendo
qualche passo verso
la finestra. Quando fu abbastanza vicina, si rese conto che la finestra
era
quasi del tutto coperta di bianco, e che una splendida nevicata stava
avendo
luogo nei cortili di Hogwarts. Non riuscì ad evitare che un
versetto gioioso le
scappasse di bocca, ignara del fatto che Draco la stesse studiando
attentamente
in quel momento, contemplando l’idea di trascinarla di nuovo
a letto e
prolungare le loro attività proibite. Quella stanza era
maledettamente piena
del suo profumo, ed era come un afrodisiaco, eppure qualcosa nel suo
sorrisetto
innocente fece cambiare direzione ai suoi pensieri.
“Perché
diavolo sei così
felice?” le domandò, posizionando la sua mano
sotto al mento in un tentativo di
sembrare completamente indifferente alla scena.
“Sta
nevicando.”
Draco
alzò un
sopracciglio. “E allora?”
“Erano
secoli che
aspettavo che nevicasse,” rispose Hermione, con sguardo
ancora sognante e
innocente.
Era
talmente vicina in
quel momento che avrebbe potuto allungare un braccio e toccarla se
avesse
voluto, ma esitò, anche se era ridicolosamente allettante.
L’ottimismo di un
nuovo giorno donava molto alla Granger; coronando l’insieme
di quel tremendo
cespuglio che lei chiamava ‘capelli’ con una
meravigliosa sfumatura rosata
sulle guance accese. Quando Draco posò lo sguardo sui segni
che le aveva
lasciato sul collo la notte precedente, sentì qualcosa
ostruirgli la gola.
Spostò lo sguardo e si schiarì la gola,
determinato a dire la sua e poi a
sparire da quella stanza.
"Senti,
Granger−
“Ti
sei…ti sei pentito a
proposito di quello che è successo ieri sera?” lo
interruppe Hermione,
giocherellando con il bordo della coperta che si era portata appresso.
Draco
esitò, perché non
sapeva come diavolo avrebbe dovuto rispondere a quella domanda.
“E tu?” disse,
invece.
Hermione
guardò in
basso, verso i suoi piedi scalzi. “No, io no,
e…penso che neanche tu te ne sia
pentito.”
“E’
irrilevante,”
mormorò, cercando di non guardarla. “Non sarebbe
dovuto accadere, e non
dovrebbe accadere di nuovo−
“Non
dovrebbe?”
“Non
succederà,” si
corresse Draco automaticamente. “Non può−
“Perché?”
insistette
lei, irritata dalle sue risposte vaghe. “Perché
sono una Babbana?”
"Granger−
“Sai,
non mi guardi più
come se ti facessi schifo,” continuò Hermione.
“Anzi, in realtà è quasi il
contrario−
“Che
speravi di ottenere
da questo, Granger?” le domandò brusco.
“Sai chi sono−
“Sì,
lo so,” convenne
lei. “E so anche che tu non credi per davvero a tutta quella
montagna di
spazzatura, oppure non sarebbe mai successo niente del genere−
“La
notte scorsa è stata
la prova maggiore del fatto che questo posto mi sta incasinando la
testa e−
“Smettila!”
lo
interruppe Hermione. “Smettila di dare la colpa sempre a
qualcos’altro! E’
maledettamente patetico! Sapevi quello che stavi facendo!”
“Anche
tu lo sapevi
benissimo!”
“Sì,
non lo negherò come
hai fatto tu, però!” urlò Hermione.
“Significo qualcosa per te?”
Draco
si irrigidì,
digrignando i denti, fissandola con sguardo di ghiaccio. Solo Merlino
poteva
sapere perché, ma quel commento lo irritò
spaventosamente. “Non ci arrivi,
vero?” la schernì. “Io sono uno di loro
adesso−
“Uno
di chi?”
"Un
fottutissimo
traditore del suo sangue!" urlò, alzandosi dal letto.
“Ho mandato a
puttane la mia famiglia, perciò non PROVARE NEANCHE a
chiedermi che cosa sento
nei tuoi confronti!”
Hermione
trattenne il
respiro durante il suo scoppio di nervi, e a quel punto rimasero
entrambi
congelati sul posto, a malapena qualche millimetro di distanza. Shock
ed
indignazione guizzarono negli occhi di Draco mentre si rese conto di
ciò che
aveva appena detto, e avrebbe dato tutto ciò che aveva per
potersi rimangiare
tutto. Hermione allungò una mano per sfiorargli la guancia,
ma lui si allontanò
più per abitudine che per altro, rifiutandosi di sembrare
ancora più stupido di
quanto non si sentisse già.
“Vaffanculo
a tutto,”
grugnì, dirigendosi verso la porta. “Non posso
farcela−
"Draco,
aspetta un
momento," Hermione lo chiamò, prima che potesse raggiungere
la porta.
“Io…mi dispiace ma non posso più vivere
con te dopo quello che è successo, se
continuerai ad essere sempre così.”
Draco
sentì il petto
contorcersi in una morsa pulsante e dolorosa. “Che vuol
dire?”
“Se
vuoi davvero finirla
qui perché non ce la puoi fare,”
continuò lei, in un bizzarro tono di voce che
gli fece domandare se non stesse in qualche modo trattenendo le
lacrime.
“Allora vedrò se la McGranitt può
trovarti un altro posto dove stare. Io non
posso… Non dopo quello che è appena
successo.”
Un
altro posto? Senza di lei?
Solo
il pensiero lo fece sentire fisicamente male. Le cose erano
irrevocabilmente
diverse ora; l’aveva vista spoglia e disinibita, e che gli
piacesse o meno, ora
possedevano una parte l’uno dell’altra. Anche
quando i suoi segni sul collo
sarebbero spariti e i graffi sulle spalle si sarebbero ridotti ad una
sfumatura
rosata, il ricordo sarebbe stato ancora lì; limpido e
chiaro, pronto per essere
ripetuto in qualsiasi minuto della giornata. E il fatto era che
desiderava
ardentemente molti più ricordi, anche se il suo orgoglio
aveva decisamente
preso una bella botta in faccia con quell’ultima discussione.
"E
vuoi la mia
risposta adesso?"
Hermione
ci pensò su un
secondo. "Hai tutto il week−end per pensarci,"
mormorò. "Voglio
la risposta Lunedì’."
Lo
osservò piegare le
spalle in avanti e lasciare la stanza, abbandonando la stanza piena
degli
evidenti indizi della loro intimità passata; lenzuola sfatte
e odore di
passione nell’aria. Si sedette su un bordo del letto e si
asciugò una lacrima,
contando i fiocchi di neve in un debole tentativo di distrarsi.
Sapeva
che lui provava
qualcosa per lei; se l’era lasciato sfuggire lui stesso, e la
dolcezza
dimostrata la sera prima l’avevano fatta sentire
così al sicuro, anche se
sapeva quanto potesse
essere testardo.
Non aveva idea della risposta che gli avrebbe dato, se avrebbe deciso
di
rimanere oppure no, ma sapeva una cosa per certo; se lui se ne fosse
andato,
lei ne sarebbe uscita devastata. Quasi si pentì di avergli
proposto
quell’ultimatum, ma in un certo senso non avrebbe potuto fare
altrimenti; non
avrebbe sopportato di sentirsi usata e poi gettata via ancora una
volta.
Se
fosse rimasto, sarebbe
stato abbastanza per lei.
Arrivati
alla Domenica
sera, Draco sentiva che stava per venirgli un’ernia.
La
Granger se n’era
andata il sabato mattina, appena un’ora dopo avergli dato
quell’odioso
ultimatum, e non era ancora tornata. Non aveva idea di dove fosse
andata, ma ad
un certo punto, si sentì realmente preoccupato che le fosse
successo qualcosa.
A quel punto la logica riprese il controllo dei suoi pensieri, e si
rese conto
che la McGranitt sarebbe venuta a fargli visita se fosse stato quello
il caso,
tuttavia, la preoccupazione per lei riempì ogni ora della
giornata sempre più
intensamente.
Sarebbe
stata una cosa
intelligente accettare l’offerta della Granger e prenderla al
volo, ma in
realtà non c’era mai stata
un’alternativa. In qualche modo, lei non era più
l’aspetto più irritante della sua permanenza in
quella sottospecie di inferno,
quanto piuttosto la ragione per la quale lui era ancora sano di mente.
Senza di
lei, sapeva che sarebbe crollato come la palla di cristallo che lui
stesso aveva
fracassato contro la parete. Voleva toccarla ancora; in
realtà lo desiderava
come si desidera l’acqua nel bel mezzo del deserto, anche se
non aveva idea del
perché.
Sembrava
solo…il
pensiero più sensato che riuscisse a formulare.
Draco
giunse alla conclusione
che non poteva farcela a sopportare tutto da solo e, se questo
significava che
avrebbe avuto bisogno di lei per alleviare il peso dei suoi pensieri
finchè non
sarebbe scappato via da Hogwarts, allora andava benissimo. Una volta
libero, le
cose sarebbero tornate alla nomalità e nessuno sarebbe mai
venuto a conoscenza
del loro spregevole comportamento.
Tutto
ciò che accade in questa stanza, rimane in questa stanza.
Sentì
la porta principale aprirsi e poi chiudersi, i passi della Granger che
avanzavano. Per un’attimo, sembrava che si fosse fermata
davanti alla porta di
Draco, ma poi i suoi passi procedettero verso il bagno senza ulteriore
esitazione. Il rumore familiare dei vestiti che cadevano a terra
risvegliò un
flashback del Venerdì notte passato insieme, ed immagini
sfuocate di biancheria
turchese e pelle olivastra sfrecciarono davanti a lui.
Ci
ripensò su due volte, e poi una volta ancora prima di
alzarsi in piedi;
accompagnato da pericolosissime intenzioni che lo resero
fastidiosamente rigido
in mezzo alle gambe.
Aveva
passato troppo tempo ad immaginare le sue docce.
Sgusciò
silenzioso verso il bagno, sperando che si fosse dimenticata di
chiudere la
porta a chiave, e trovò la fortuna dalla sua parte.
Scivolò dentro e venne
istantaneamente invaso da una folata di profumo alla ciliegia, il che
lo spronò
a togliersi i vestiti più in fretta, mentre osservava la
figura distorta della
Granger che si muoveva dietro le tendine.
Si
sentiva il cuore nei pantaloni quando finalmente riuscì a
toglierseli, provocato
dai gemiti della Granger, e si decise finalmente a fare un passo verso
il
cubicolo della doccia.
Fissò
la sua schiena nuda, seguendo con lo sguardo le goccioline
d’acqua che
scivolavano graziosamente su tutto il corpo, per poi rallentare
dolcemente sulla
curva del suo fondoschiena, fino a raggiungere la punta dei piedi.
Draco si
sporse in avanti per toccarla ma, nel momento in cui le sue dita
sfiorarono la
sua pelle, lei si voltò alla velocità della luce
verso di lui con occhi
terrorizzati, in un vano tentativo di nascondere le sue parti intime
alla sua
vista.
Draco
riuscì ad attenuare l’urlo che stava per fare con
un bacio deciso ma non
prepotente, trovandosi ad apprezzare segretamente la senzazione
donatagli dalla
leggera pioggia d’acqua calda che scrorreva tra le loro
labbra. Hermione non
smise di protestare con versetti ovattati per qualche seconda, ma perse
ogni
forza di opporsi quando Draco raggiunse un punto proprio sotto le sue
orecchie
con le mani, tracciando un delicato percorso di pelle e schiuma ed
acqua… Lentamente,
Draco la spinse verso il muro piastrellato e umido e
aggrottò le sopracciglia
quando si accorse che la Granger non aveva abbandonato la sua tenacia
nel
volerlo contrastare.
“Che
ci fai qui?” gli chiese, quasi senza fiato.
E’
solo finchè non usciremo entrambi da questo posto
maledetto…
Con
la certezza che tutto questo sarebbe evaporato via dalla sua mente una
volta
usciti dalla doccia, serrò la mascella e la fissò
con lo sguardo più deciso che
mai.
“Resto.”
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Capitolo 17 *** Stelle. ***
Chapter
17: Stelle.
Hermione
si stiracchiò
sotto le coperte non appena il suono della sveglia cacciò
via l’ultimo secondo
di un piacevole sogno mattutino. La nottata appena passata insieme a
Draco era
stata, se possibile, ancora meglio della precedente; il suo
atteggiamento paziente
e generoso si era mostrato ancora una volta, anche se lievemente
coperto da un
nuovo lato del suo carattere che non aveva mai visto prima, una certa
nonchalance nei movimenti e nell’espressione del viso, che lo
facevano sembrare
concentrato ma, allo stesso modo, estremamente rilassato. Hermione non
aveva
perso la notevole quantità di nervosismo della loro prima
volta insieme, ma il
secondo tentativo e la presenza della cascata scrosciante della doccia
avevano
decisamente contribuito a rilassarla quanto bastava per godersi il
momento.
Avvolgi
le gambe attorno alla mia vita.
I
muscoli di Hermione si
contrassero al ricordo dei suoi baci e del borbottio delle sue labbra a
contatto
con la pelle del suo collo che la cullarono in uno stato di pace,
peccaminosa,
certo, ma comunque sicura. Aveva lasciato che Draco la spingesse contro
le
piastrelle umide del bagno, facendo crescere quel calore pulsante nel
suo
stomaco, in mezzo a profumo di bagnoschiuma fruttato e l’eco
dello scrusciare
della doccia. Si era abbandonata a sospiri e mormorii, proprio come la
prima
volta, e poi si erano entrambi trascinati nella sua stanza, senza
interrompere
il contatto tra i loro corpi.
Granger…
Dopo
che entrambi ebbero
rilasciato il loro sospiro finale, Hermione si ritrovò ad
osservarlo
affascinata, notando i lineamenti del suo volto morbidi e rilassati
solo per
quei brevissimi secondi. L’aveva studiato intensamente e
aveva deciso in
segreto che non era mai stato così bello prima
d’ora, e quella considerazione
le fece venir voglia di lasciarli un ultimo lieve bacio sulle labbra
prima di
addormentarsi. Ora le sue lenzuola erano ancora umide di sudore e del
bagnoschiuma rimanente sui loro corpi, e anche se sapeva che il posto
accanto a
lei era vuoto, diede una sbirciatina socchiudendo appena le ciglia,
solo per
controllare.
L’aveva
lasciata da sola
ma…andava bene.
La
sera prima era venuto
da lei di sua spontanea volontà, e questo significava
abbastanza per il
momento. Di certo, il suo orgoglio stava subendo un colpo decisivo, ed
Hermione
era abbastanza saggia da sapere che gli sarebbe servito del tempo prima
di
adattarsi alla loro…strana situazione, proprio come stava
cercando di fare lei.
Ad essere completamente sincera, non sapeva che cosa sperasse di
ottenere da
tutto questo, ma era certa di una cosa; Draco le piaceva e le parole di
Luna
avevano contribuito a farla agire d’impulso con
lui…
A
volte la Guerra può portare a cose buone. Può
insegnare alle persone ad essere
fedeli alle idee che pensano essere giuste, anche se potrebbero causare
dei
rischi.
Hermione
aveva la sensazione che il destino sarebbe andato contro di lei, ma
solo per
questa volta, decise di lasciare che le cose accadessero e di limitarsi
a
seguire il corso degli eventi. Certo, sarebbe stato molto complicato
evitare di
pensare troppo alla strana relazione che si era stabilita con il suo
‘ospite’,
tuttavia, stava imparando a conoscerlo, e compiere decisioni affrettate
o
saltare troppo presto alle conclusioni si sarebbe rivelato estremamente
inutile.
Un’occhiata
veloce al suo orologio le ricordò che si era trattenuta a
letto troppo a lungo
e che era molto in ritardo, così si affrettò per
cominciare la sua routine
mattutina prima di arrivare all’incontro prefissato con la
McGranitt. Le
lezioni si erano concluse e ciò significava che la Preside
avrebbe potuto
cominciare a mandare a casa gli studenti per le vacanze nel modo
più sicuro
possibile, con l’aiuto volontario di Hermione e degli altri
Professori.
Sfortunatamente, ci sarebbe stato anche Michael, il che voleva dire
affrontare
il Caposcuola faccia a faccia dopo essere scappata via da lui senza
nessuna
spiegazione.
Aveva
già provveduto a
far circolare tra i suoi amici la scusa di un tremendo mal di stomaco
quando
andò a trovarli nella Sala Comune dei Grifondoro il sabato
sera successivo al
Ballo, e sperava che la bugia inventata fosse abbastanza credibile
anche per
Michael. Attraversando quei lunghi corridoi, tanto familiari quanto
gelidi in
quel periodo dell’anno, Hermione si fermò a
controllare il suo riflesso in una delle
enormi vetrate esterne, per essere sicura che qualsiasi segno lasciato
da Draco
fosse sparito completamente dopo aver utilizzato un veloce incantesimo
prima di
uscire dal dormitorio. Con passo incerto, si avviò verso
l’ufficio della
McGranitt.
Un
colpevole rossore le invase le guance non appena udì le voci
familiari
della Preside, di Michael, Neville, Ginny e degli altri Prefetti. Se si
era
sentita in colpa dopo aver baciato Draco tempo prima, ora la paranoia
la stava
facendo impazzire. Sicuramente non avrebbero notato le labbra
leggermente
gonfie, no? E non avrebbero potuto intravedere una lieve sfumatura
marroncina
sul collo, dovuta ad un bacio ruvido e passionale, vero? E
nemmeno…nemmeno il
flebile rimasuglio di fragranza maschile che aleggiava sulla sua pelle?
Rilasciando
un sospiro
profondo, Hermione aprì la porta e sussultò alla
vista delle circa dieci teste
che si girarono istantaneamente verso di lei.
"Scusatemi,
sono in
ritardo," mormorò, incrociando involontariamente lo sguardo
con quello di
Michael. "Non ho sentito la sveglia."
“E’
tutto a posto,
Hermione,” la rassicurò la McGranitt, indicandole
la sedia più vicina. “Stavamo
discutendo di cose di cui tu sei già a conoscenza, quindi
non hai perso nulla
di importante. Stavo spiegando agli altri che il primo gruppo di
studenti sarà
mandato verso le loro rispettive case oggi pomeriggio. Madame Maxime ha
acconsentito ad aiutarci, ed arriverà nel primo
pomeriggio,”
“Quanti
studenti
dovremmo allontanare dal castello?” chiese Neville,
scribacchiando note confuse
su un pezzo di pergamena. “Se devo essere io a scortarli
nelle loro case,
voglio essere sicuro di non dimenticare nessuno.”
“Saranno
ventidue,
incluso lei, signor Paciock” rispose la Preside.
“Dopo averli portati fuori dai
cancelli, vi raggiungeranno i cavalli di Beauxbatons e sapranno
portarli al
giusto indirizzo, l’hanno memorizzato più di due
settimane fa”.
“A
chi spetta il
prossimo gruppo di Mercoledì?” chiese Ginny.
“A
me,” Lee alzò la
mano. “Userò il Bus Incantato, vero?”
“Credo
di sì,” la McGranitt
annuì. “Tutti i dettagli sono sul rotolo di
pergamena che vi ho consegnato.”
“Quanti
rimarranno nel
castello, Professoressa?” domandò Hermione,
sforzandosi di mantenere lo sguardo
lontano da Michael.
“Oh,
solamente un paio
di persone,” rispose la Preside. “In tutto saranno
meno di sei studenti.”
Hermione
nascose una
smorfia mentre i suoi amici continuavano a fare domande alla McGranitt,
realizzando solo in quel momento che quel Natale sarebbe stato il
più solitario
di tutta la sua vita. Ovviamente, la colpa era solo sua; si era offerta
di
rimanere nel castello, causando profondo scontento da parte di Ginny,
perché
l’idea di passare le feste alla Tana senza Harry e senza Ron
era semplicemente
impensabile. E poi, con Dracon rinchiuso nel suo dormitorio, si sentiva
responsabile e decisa a fare in modo che rimanesse nascosto, e che per
la
McGranitt fosse più facile mantere l’ordine ad
Hogwarts. E la triste verità era
questa; Hermione, dopotutto, era contenta di lasciare che il Natale
scivolasse
via come un qualsiasi altro giorno dell’anno.
Troppe
cose stavano
accadendo oltre le mura di quel castello sicuro, e la costante
consapevolezza
della situazione di enorme pericolo in cui si trovavano tutti quanti,
gravava
sull’atmosfera festiva come una nube densa e velenosa.
L’assenza di amici e
famigliari scavava ogni giorno di più un buco incurabile
dentro ognuno di loro
e, per Hermione, la sola, fredda, involontaria compagnia del Serpeverde
suo
coinquilino, la situazione non era poi tanto diversa.
“D’accordo
allora,” la
voce della McGranitt catapultò Hermione di nuovo nel corso
della riunione. “Se
poteste tutti fare in modo che gli studenti dei gruppi giusti siano
pronti per
le due del pomeriggio, allora non ho ulteriori istruzioni. Ci sono
altre
domande?”. L’unico suono che seguì su
quello del lieve brusio delle ciglia di
tutti i presenti, mentre si lanciavano occhiate cariche di timore e
attesa.
“Siamo
d’accordo. Ci
vedremo più tardi, e se vedete qualcuno nei cortili, ditegli
di fare attenzione
alla neve. Hermione, potresti rimanere un’attimo qui, per
piacere?”
"Okay,"
annuì
nervosa, offrendo ai suoi compagni sorrisetti rassicuranti mentre
uscivano
tutti dal portone principale. “C’è
qualche problema?”
“No,
assolutamente,” la
rassicurò l’anziana strega, mormorando un
incantesimo silenziatore. “Volevo
solo che mi raccontassi come sta andando la tua difficile convivenza
col signor
Malfoy?”
Merlino
solo sapeva
quanto autocontrollo stesse cercando di esercitare Hermione per evitare
di
arrossire. “Bene,” con un po’ di
eccessiva rigidità, riuscì a rispondere alla
domanda in tono serio. “Penso che si sia…calmato
un po’.”
“Quindi
è tranquillo,
ora?” la McGranitt la pressò ancora. “Ha
smesso di essere ostile e scontroso?”
"No…non
è ostile,"
Hermione mormorò, distante mille chilometri dalla scena, con
la mente che
fluttuava ancora tra i loro sospiri concitati nella notte e i suoi baci
delicati come l’aria. "E’…è
migliorato. Penso che ci siamo entrambi
abituati l’uno alla presenza dell’altro."
"Molto
bene," annuì.
"Volevo ringraziarti ancora per aver acconsentito a rimanere durante le
vacanze. La signorina Lovegood non è sicura a tal proposito
e non vorrei che ti
sentissi sola, con tutti i tuoi amici più cari lontani da
Hogwarts—
"E’
tutto ok,"
la giovane strega alzò le spalle, ostentando una finta
serenità. “E’ un giorno
come un altro, no? Oltretutto, Hogwarts è sempre stata come
una casa per me,
perciò…E’ solo un po’ diverso
perché Ron e Harry non sono qui.”
“So
che la tua attuale
organizzazione non è l’ideale come posto per
vivere,” la Preside continuò, con
tono pensieroso. “Per questo volevo che tu sapessi che sarai
la benvenuta, se
deciderai di unirti allo staff e al corpo docenti durante la
celebrazione—
“Grazie
per l’offerta,
Professoressa,” Hermione la interruppe prima che potesse
cambiare idea. “Ma
penso che starò nel mio dormitorio e farò in modo
che tutto proceda
normalmente.”
"Non
ti
infastidisce il pensiero di passare la giornata sola col signor
Malfoy?" la
McGranitt alzò un sopracciglio, perplessa.
"Voglio
solo che
sia come un giorno qualsiasi," rispose Hermione, cercando di mantenere
neutrali i muscoli del viso. “E poi non
sarebbe…giusto lasciare Draco
completamente solo il giorno di Natale. Deve sentirsi abbastanza solo
così
com’è.”
Minerva
si sporse in
avanti sulla scrivania, con un curioso interesse nello sguardo.
“Ti
stai…ammorbidendo nei suoi confronti?”
“Io—
io dico solo che…”
Hermione si bloccò, rendendosi conto di aver fatto trapelare
più del necessario
dalle sue parole. “Lo comprendo un po’ meglio ora,
e dubito che lasciarlo da
solo gli farà bene vista la sua…situazione
mentale.”
“Suppongo
di no,” la
McGranitt annuì con tono scettico. “Comunque, se
cambierai idea, saremo lieti
di accoglierti.”
"La
ringrazio,”
rispose Hermione, alzandosi. “Arrivederci,
Professoressa.”
Con
un sorriso e un
breve cenno della mano in risposta, Hermione scivolò fuori
dall’ufficio,
facendosi un appunto mentale di fare attenzione a come parlava di Draco
davanti
alla Preside. Attraversando il primo corridoio, si lasciò
sfuggire un sospiro,
ma le rimase impigliato in gola quando sentì una presa
mascolina e decisa sulla
sua spalla sinistra.
"Michael,"
biascicò
lei, riconoscendo la coppia di occhi marrone scuro che la stavano
osservando
con ansia in quell momento. “Mi hai spaventata.”
“Mi
dispiace,” mormorò
lui, in evidente imbarazzo. “Speravo che potessimo parlare di
quello che è
successo…al Ballo.”
"Ah
sì," annuì
con aria assente. "Certo, sicuro, io…ehm—
"Magari
potremmo
discuterne nel tuo dormitorio?"
"Veramente
avrei
preferito fare un giro," si affrettò a ribattere Hermione.
“Possiamo
parlare e camminare. Non ho voglia di rinchiudermi nella mia stanza
oggi.”
“Ok,”
Michael annuì,
svoltando insieme a lei verso un lato del portico del giardino interno.
“Quindi—
“Mi
dispiace davvero
moltissimo,” sputò fuori Hermione. “Di
averti lasciato lì come ho fatto. Non mi
sentivo molto bene—
“Va
tutto bene,
Hermione,” Michael abbassò lo sguardo a terra.
“Non c’è bisogno che tu menta. So
che stavi pensando a lui e che—
“A
lui?” ripetè lei.
“Io—
"Ron,"
aggiunse
Michael con sicurezza. “Mi dispiace, non immaginavo che le
cose fossero serie
tra di voi, ma Ginny mi ha spiegato tutto.”
“Capisco,”
rispose
Hermione, a disagio, cercando di mettere a tacere
un’improvvisa ondata di senso
di colpa che le si era fatta strada in fondo allo stomaco.
“Beh…insomma, Io—
“Non
voglio che le cose
si complichino tra di noi,” la interruppe, voltando a destra
verso il corridoio
che portava alla Biblioteca. “Ti considero
un’amica, e non vorrei che—
“Mi
piacerebbe essere
amici,” gli rispose onestamente Hermione. “E mi
dispiace di non aver reso la
mia relazione con…Ron più chiara. E’
complicato, con lui lontano e in
pericolo…la Guerra in atto e tutto il resto.”
"E’
tutto a posto,"
Michael annuì. "Vuoi che ti accompagni al dormitorio?"
"Credo
che rimarrò
un pò in Biblioteca," rispose lei. "Devo completare alcune
faccende,
ti ringrazio. Ci vedremo poi per la partenza del primo gruppo di
studenti."
Draco
fissava in
silenzio un punto imprecisato al di là della finestra,
incantato dall’immutata
cascata di neve che stava inondando ogni cosa inclusa nel suo raggio
visivo.
Non
era mai stato un fan
della neve, ma dopo aver passato settimane e settimane a guardare lo
stesso
panorama, dalla stessa finestra, della stessa stanza, doveva ammettere
che il
paesaggio bianco e immacolato che gli si presentava dinanzi era
particolarmente
pittoresco.
La
prigionia gli stava
facendo dimenticare cosa significasse stare all’aria aperta,
respirare aria
sempre nuova, far scorrere i piedi tra i ciuffi
d’erba…e tutto questo
cominciava a mancargli sul serio.
Aveva
sentito la Granger
uscire dalla stanza più di un’ora prima, eppure
lei era ancora lì. Il suo
profumo aleggiava nell’aria tanto che, se chiudeva gli occhi
per un secondo,
poteva quasi sentire il suo sapore sulle labbra. Draco si chiese da
quando la
sua essenza si fosse tramutata da un fastidio ad un impellente bisogno.
Nonostante
le promesse
fatte a se stesso che il farsi la Granger sarebbe stato un incidente
irripetibile, si era già rassegnato al fatto che in
realtà non ci avrebbe
pensato due volte all’idea di farlo ancora, e ancora, e
ancora, finchè il suo
malato, disperato bisogno non fosse svanito come fumo al vento.
Se
fosse mai riuscito a
svanire.
Almeno
era riuscito a
svegliarsi prima di lei stavolta. Ogni uomo rispettabile sapeva che
trattenersi, una volta concluso un rapporto amoroso, equivaleva ad
ammettere
che ci fosse qualcosa di più profondo nell’aria
piuttosto che una semplicissima
turbolenza fisica sotto le lenzuola, e si sarebbe cruciato
da solo prima che una cosa del genere potesse anche solo
venirgli in mente.
Solo
per una notte…
Quell’insignificante
teoria era ovviamente andata a farsi fottere, dopo la sua brillante
idea di
svicolare all’interno della routine mattutina della Granger,
nel suo bagno, dentro la sua doccia, in mezzo al suo
bagnoschiuma.
Avrebbe
potuto
domandarsi il perchè di quella sua costante ricerca di
intimità con la Granger,
ricevendo in dono una bella dose di emicrania per il tentative, ma non
sembrava
esserci alcun motivo urgente per sforzarsi di capire i ragionamenti
della sua
mente così debolmente attiva. Sapendo che si sarebbe presto
pentito per questo,
aveva deciso di mettere in pratica un precedente consiglio della
Granger,
limitandosi a fare ciò che gli sembrava giusto fare
nell’esatto momento in cui
gli veniva in mente.
Oltretutto,
non c’era
anima viva lì che potesse giudicarlo o deridere le sue
azioni, e quando l’unico
aspetto piacevole del suo isolamento era anche l’unica
persona che stuzzicava i
suoi sensi in maniera così deliziosamente insistente e gli
faceva scorrere il
sangue in tutto il corpo diecimila volte più forte del
normale, allora
rifiutare il desiderio impellente di toccarla non era assolutamente
un’opzione.
Se
tutto questo si
poteva definire pazzia, allora tutte le storie udite sulla
felicità derivante
della pazzia finalmente cominciavano ad avere un senso.
Dopo
aver passato
qualche ora immersa tra infiniti libri e testi proibiti riguardanti gli
Horcrux, Hermione salutò Neville e gli altri, prima che
lasciassero Hogwarts
come prestabilito dalla Preside. C’era stato un leggero
ritardo a causa di un
ragazzino del quinto anno che si era addormentato e non si era
presentato in
tempo, e quando riuscirono a partire, il cupo, cielo invernale si era
esteso
verso le colline innevate in lontananza.
Hermione
era rimasta a
gironzolare per il cortile per un paio d’ore, rilassandosi al
suono delle
foglie scricchiolanti sotto la neve mentre passava. Si
inginocchiò per
tracciare con le dita una piccola spirale in mezzo alla superficie
polverosa e
gelata, senza curarsi del freddo che le stava immobilizzando la mano.
Creò
un incantesimo
scaldante tutto intorno a lei e si posizionò sul tronco di
un pino appena
tagliato, ad osservare il cielo limpido. Adorava le notti come quella;
senza il
minimo accenno di nuvole, e con diecimila stelle spruzzate qua e la
come
lentiggini immacolate su sfondo nero.
Cominciò
quasi
incosciamente a contarle nella mente, trovando senza fatica la
costellazione
Lyra, assieme alla stella lucente, Vega. Il suo sguardo studioso si
spostò
istintivamente su Draco, seguendo il serpentino cambiamento di
angolazione di
ogni stella appartenente a quella lunga catena. Sembrava quasi che quei
minuscoli puntini le stessero facendo l’occhiolino e lei le
fissò di rimando,
per qualche secondo, apprezzandone la bellezza e la
complessità. Infine, quasi
per risvegliarsi dall’inappropriata estasi con cui si era
fissata ad osservare
un paio di inutili stelle, si alzò, decidendo che fosse
diventato troppo buio
per stare da sola.
Di
nuovo nelle sicure
stanze del castello, si diresse verso il dormitorio; distratta dalla
preoccupazione, al pensiero del suo imminente incontro con il compagno
Serpeverde, dopo aver passato due notti sotto il suo sortilegio.
Hermione
sorpassò le cucine senza badarci molto, quando un deciso
strattone ai suoi
pantaloni la risvegliò dai suoi pensieri.
"Per
Merlino!"
scattò lei, portantosi una mano al petto e voltandosi come
una trottola. “Ma
che— oh, scusa Dobby. Mi hai fatto prendere uno spavento
bello grosso!”
“Dobby
è davvero
dispiaciuto, Miss,” si scusò il piccolo elfo ai
suoi piedi. “Dobby vi stava
cercando! Dobby ha un regalo per lei!”
“Un
regalo?” Hermione
ripetè con la fronte aggrottata. “Non
c’era bisogno che mi regalassi qualcosa,
Dobby.”
“E’
un albero di
Natale!” l’elfo squittì con decisione,
rimuovendo un piccolo incarto dalle
pieghe della federa che usava come abito. “Dobby è
riuscito a salvarne uno per
lei, Miss! E’ carino! Miss, dovrà usare
l’incantesimo Finite Incantatem
per farlo crescere nella sua forma definitiva.”
Hermione
gli offrì un
sorriso lieve. “E’ stato molto dolce dac parte tua
Dobby!” gli disse. “Ma non
penso che metterò su un albero di Natale
quest’anno. Magari potresti darlo ad
uno dei professori—
"Miss
deve avere un
albero!" protestò lui con entusiasmo sfrenato, spingendole
il pacchetto
tra le mani. "Miss ha bisogno di un albero per Natale!"
Hermione
finì per
accettare il regalo, decidendo che litigare con l’elfo
sarebbe stato scortese e
inutile. “Grazie, Dobby,” annuì e gli
diede un’amichevole colpetto sulla
spalla. “E’ stato molto, molto gentile da parte
tua!”
"Miss,
non si
preoccupi!" le rispose, raggiante. "Dobby deve andare adesso, deve
aiutare Winky a pulire!"
Con
uno schiocco di
dita, scomparve, lasciando Hermione sola ad osservare il minuscolo
pacchetto di
carta dorata nella sua mano.
Una
volta arrivata nel
dormitorio, pensò di lasciare il dono sul tavolino del
salotto così com’era, ma
sembrava una cosa crudele da fare, dopo tutto il tempo che Dobby aveva
sottratto al suo lavoro solo per renderle piacevole questo triste
Natale.
Cercando di non fissare troppo insistentemente la porta della stanza di
Draco,
appoggiò la piantina in un angolo vuoto del salotto, facendo
qualche passo
all’indietro prima di pronunciare l’incantesimo.
Dopo
un secondo di
apparente immobilità, davanti ai suoi occhi si erse un
tronco solido e ben
piantato dentro un vaso di creta resistente, che nel frattempo si era
triplicato. Centinaia,migliaia di aghi di pino verdi e lucenti si
estesero tra
i rami che fuoriuscivano dal tronco come fatti di gomma flessibile. Una
volta
completata la trasformazione, il pino era diventato alto quasi tre
metri, e
profumava di quella zuccherosa felicità che si collega ai
festeggiamenti in
famiglia, rendendo quella stanza solitaria, un luogo quasi familiare.
Hermione
strinse ancora
una volta la bacchetta per decorare il pino, ma all’ultimo
momento, esitò. Abbassò
il braccio e si diresse verso la camera da letto, inginocchiandosi
davanti ad
un grosso baule nascosto dietro la porta. Rovistandoci dentro,
trovò il
sacchetto di decorazioni Natalizie rosse ed oro che sua madre le aveva
lasciato
prima del suo ritorno ad Hogwarts a Settembre. Alla vista di quelle
palline
colorate, qualcosa nel suo petto si contorse e pensò a
quanto le mancassero i
suoi genitori. Per evitare di soppesare quel pensiero più
del dovuto, si spostò
in salotto con tutto il materiale e cominciò a spargere
assentemente le
decorazioni sul pavimento.
Fu
così che Draco la
trovò quando entrò nella stanza; con i suoi
grandi occhi marroni che fissavano
un’ornamento a forma di fiocco di neve come se neanche lo
vedesse, come se il
suo sguardo fosse lontano anni luce. Alzò un sopracciglio,
inevitabilmente
incuriosito e fece qualche passo verso di lei, fermandosi a due
centimetri di
distanza dalla sua schiena, infastidito dal fatto che non si fosse
minimamente
accorta della sua presenza.
"Perchè
non usi un incantesimo
per metterle su?" le chiese, rompendo il silenzio. "Stai solo
perdendo tempo ed energia inutile."
La
sentì trattenere un
sospiro, mentre poggiava su un rametto l’ornamento che teneva
in mano. "Mi
piace farlo in questo modo," gli rispose. "Mi ricorda quando stavo a
casa mia."
"E
questi addobbi
rossi e oro?" commentò con ironia.
"Com’è prevedibile, Granger."
"Non
c’entrano
nulla con i colori Grifondoro," replicò lei, senza alcun
tipo di reazione.
"In famiglia abbiamo sempre messo queste decorazioni
sull’albero. Ho
sempre pensato che il rosso, l’oro e il verde stessero
benissimo insieme."
Draco
pensò di ribattere
solo per principio, ma puntando lo sguardo sulle spalle incurvate della
Granger, cambiò idea. Alzando mentalmente gli occhi al cielo
a se stesso per la
sensibilità che stava crescendo in lui ogni giorno di
più, si limitò a sedere sul
divano e a fissarla attentamente; sentiva già il famigliare
bisogno di toccarla
farsi strada nel suo stomaco.
"Esattamente
quanti
giorni mancano al Natale?" le chiese.
"Oggi
è il
quattordici Dicembre," mormorò Hermione. "Undici giorni."
Draco
si schiarì la gola.
"E tu
rimarrai qui?"
"Sì,"
Hermione
annuì e continuò a lavorare
sull’albero. "Era l’opzione più sicura."
"Avrei
pensato che
fossi una specie di maniaca delle festività, Granger,"
ammise in tono
pacato. "Ma ora sembri…indifferente."
"Non
ci sono molti
motivi per festeggiare quest’anno," sospirò,
voltandosi verso di lui.
"Vorresti qualcosa per Natale?"
Draco
strinse gli occhi
pensieroso. "Libertà da quest’orribile buco?"
"Sai
che non puoi—
"Allora
no," grugnì
Draco, giocherellando con un filo uscente dai pantaloni. "Ma se non ti
importa nulla del Natale, perchè preoccuparsi di addobbare
un’albero?"
"Me
l’hanno
regalato," rispose Hermione. "Se cambi idea per qualsiasi ragione, io
andrò ad Hogsmeade tra pochi giorni—
"Non
ho bisogno di
nulla," affermò con decisione. "Se dovrò passare
la vigilia in questa
prigione, allora preferisco evitare del tutto la faccenda."
Hermione
annuì. "Va
bene, allora."
Un
silenzio malinconico
scivolo tra loro mentre Hermione posizionava le ultime decorazioni
rimaste e
Draco fissava un punto imprecisato della sua spalla, seduto sul divano.
Quando
Hermione finì, si sporse per alzare il sacchetto, e una
stella cadde a terra.
La decorazione essenziale che non poteva mancare in cima
all’albero. Si
inginocchiò per esaminare il complicato disegno tracciato su
quella bellissima
superficie dorata, stringendo l’oggetto come se contenesse la
vita stessa dei
suoi genitori, e così facendo, non potesse scapparle via.
"Mio
padre metteva
sempre la stella su in cima," Hermione mormorò, senza
neanche essere
sicura che Draco la stesse ascoltando. "Era sempre qualcosa che faceva
l’uomo di casa. Una tradizione, capisci?"
Diede
un’occhiata oltre
le sue spalle, notando il suo compagno che la fissava con
un’intensità piena di
pensieri e di malinconia. Dopo qualche momento, Draco espirò
e scosse
lievemente la testa, come se fosse in conflitto con se stesso, prima di
riallacciare il contatto visivo con lei, prova che lui capiva sul serio
ciò che
Hermione intendeva.
“Abbiamo
la stessa
tradizione.” Confessò, reclutante.
Hermione
ignorò il
nervoso in fondo alla gola ed estese il braccio verso di lui,
offrendogli la
stella. “Penso che debba toccare a te adesso,”
disse. “Pronto a fare gli onori
di casa?”
Draco
ignorò l’oggetto
luccicante nella sua mano con tutta la forza di volontà
possibile. “Questa non
è una casa, Granger.”
“E’
la cosa più vicina
ad una casa che possediamo in questo momento,” rispose
tristemente. “E poi io
non ci arriv—
"Non
metterò quella
dannata stella sull’albero," concluse lui. "Lascia stare,
Granger."
Hermione
abbassò lo
sguardo, delusa, poggiando la decorazione sul tavolino. “Draco, stavo
pensando…
"Che novità!”
scherzò lui.
"Non dovremmo..” abbassò
il tono, incerta. "Non dovremmo parlare della
nostra…situazione?"
"No,"
rispose
all’istante Draco. "Parlarne non farà nessuna
differenza—
"Ma
io—
"Lasciamo
che le
cose vadano come vadano, Granger," si affrettò a rispondere
lui, con voce
tesa. "Non eri tu che dicevi che dovevamo solo lasciare che il tempo
faccia la sua parte?"
I
suoi occhi si
spalancarono al ricordo delle sue parole. "Penso di sì,
ma—
"Allora
ti
suggerisco di prendere una pagina dal tuo stesso libro,"
mormorò; i suoi
occhi gli caddero sui piedi. "Ho reso chiara la mia decisione ieri
notte,
e non voglio discuterne ancora.”
Hermione
si morse il
labbro inferiore, realizzando che avrebbe voluto passare la notte con
lui, soprattutto
per la malinconia che aveva sovrastato l’intera giornata e la
distanza tra di
loro. Prese un respiro profondo e cercò di accumulare un
po’ di quel coraggio
da Grifondoro che sembrava sempre mancarle quando Draco era nei
dintorni.
"Penso
che andrò a
dormire," gli disse con voce tremula. "Tu—…tu
vieni?"
Draco
non riuscì a
trattere un’espressione sorpresa, ma si riprese quasi
all’istante.
"No," rispose, ed Hermione dovette controllarsi da morire per non
mostrare alcuna reazione.
"Okay,"
rispose, dirigendosi verso la sua camera con passo incerto. "Buonanotte
allora."
"Granger,"
Draco la chiamò poco prima che chiudesse la porta. Strinse
per un attimo gli
occhi e si portò non tanto casualmente la mano sulla punta
del naso, grattandosi
sovrappensiero. “Lascia la porta aperta… Potrei
cambiare idea.”
Il
viso di Hermione si
espanse in un sorriso, nascosto quasi interamente dallo stipite della
porta.
Quando scomparve nel buio della sua stanza, Draco si ritrovò
da solo in
salotto, a fissare l’opera incompleta della Granger. Rimase
fermo per un
lunghissimo minuto; con la testa che gli esplodeva, spruzzando nozioni
conflittuali in ogni parte. Il suo sguardo scivolò sul
tavolino. Un grugnito
crebbe nella sua gola prima che si alzasse per prendere la stella e
marciasse
verso l’albero. Senza alcuno sforzo, allungò il
braccio e il lavoro della
Granger fu finalmente completo.
Fece
un passo indietro
per dargli un’occhiata critica, ammettendo tra sé
e sé che il rosso, l’oro e il
verde stavano davvero bene insieme.
Con
un’ultimo grugnito
di resa, si voltò e prese a marciare con passo deciso, senza
nessuna intenzione
di dirigersi verso la propria stanza.
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Capitolo 18 *** Doni. ***
Chapter
18: Doni.
Hermione
sentì il materasso muoversi, sul suo lato sinistro. Rimase
immobile più che
potè, fingendo di essere ancora addormentata, mentre Draco
usciva dalla stanza,
chiudendosi la porta alle spalle.
La
carezza lieve e spaventosa del freddo che seguì,
tornò ancora una volta a
riempire lo spazio vuoto lasciato da Draco, portando disappunto e
confusione
nella mente di Hermione. Ormai questa situazione andava avanti da
giorni, ma
non si azzardava a parlarne con il suo compagno per il momento.
Dopotutto, conosceva
bene le sue reazioni. Draco era stato molto chiaro sul fatto che non
avesse
alcuna intenzione di discutere riguardo il
‘problema’ della bizzarra relazione
che si stava creando tra loro, perciò i due ragazzi si erano
limitati a
scivolare in una pseudo-routine che andava avanti dal Lunedì
precedente.
Ogni
giornata cominciava nello stesso modo; Draco si alzava, la abbandonava
in mezzo
ai ricordi e alle lenzuola ancora umide e se ne andava, rintanandosi
nella sua
stanza. Dopodichè, Hermione gli lasciava il solito pasto
quotidiano sul tavolo
della cucina e si dirigeva in Biblioteca, oppure nell’ufficio
della McGranitt
per aiutarla nell’estenuante compito di portare tutti a casa
sani e salvi. I
pomeriggi erano carichi di speranza, ma non accadeva mai nulla, a parte
le
frequenti occhiate imbarazzate, che Hermione personalmente detestava.
Sapeva
che si trattava soltanto di un’inevitabile conseguenza, e che
sarebbe servito
loro del tempo per adattarsi alla situazione. Tuttavia, erano entrambi
due
caratteri forti e testardi ed Hermione si chiese spesso quanto tempo
sarebbe
passato prima che ritornassero i loro piccoli litigi quotidiani, pieni
di
arguzia e sarcasmo.
Sentiva
che tutto questo prima poi li avrebbe raggiunti; probabilmente non
appena le
sue insicurezze e il suo nervosismo si fossero assopiti, e Draco avesse
accettato il fatto di essere attratto da una Mezzosangue.
Quando
il pomeriggio tramutava nella notte, Hermione era solita alzarsi e
dirigersi
verso la sua stanza senza chiudere la porta a chiave, con la speranza
di
ricevere compagnia. Nonostante la loro attuale routine, Draco non si
presentò
per un paio di volte, probabilmente perché il suo orgoglio
era stranamente
riuscito ad assopire il desiderio che provava verso di lei. Per i
muscoli di
Hermione questo fatto si era rivelato un vantaggio, così da
poter ottenere un
po’ di riposo, ma il fatto era che lei lo desiderava anche
solo per dormire con lui, per
scacciare lontano
le gelide notti solitarie.
Ma
non
accadeva mai.
Entrava
nella stanza, la baciava come se volesse rimepire ogni secondo scandito
rumorosamente dalla sua sveglia sul comodino, la spogliava e soddisfava
entrambi, insistendo sempre per assicurarsi che Hermione lo fosse
completamente, anche se a volte erano necessarie ore per riuscirci.
Dalle
chiacchierate sul sesso origliate da Padma e Lavanda, Hermione aveva
compreso
che a volte era difficile per le donne raggiungere quel momento di
beata
liberazione, ma Draco lavorava risolutamente sui punti giusti
finchè lei non si
lasciava cadere sul materasso con un tremolio finale, lasciandoli
entrambi
esausti.
Eppure
lui non la teneva mai stretta a se dopo.
Non
le
offriva mai nemmeno il minimo sussurro di affetto una volta finito.
Non
rimaneva mai per più di qualche ora.
Hermione
lo sentiva andare via e il suo cuore le si stringeva in petto per un
momento,
prima di tornare alla ragione e pensare che probabilmente, stava ancora
combattendo contro i suoi eterni pregiudizi.
E
a quel
punto la routine ricominciava.
Era
l’ultimo Sabato prima del’arrivo del Natale, ed
Hermione aveva accettato di
andare ad Hogsmeade in compagnia di Ginny, per comprare qualche regalo
dell’ultimo minuto. Ginny sarebbe tornata alla Tana il giorno
dopo e,
nonostante Hermione riconoscesse che la sua amicizia con la giovane
Weasley fosse
stata un po’ spenta nell’ultimo periodo, riconobbe
con malinconia che le
sarebbe mancata comunque.
"Ho
una sorpresa per te," Ginny ridacchiò, mentre si dirigevano
verso una
strada centrale meno infangata di neve di quella in cui erano
attualmente
incastrate. "E penso che forse riuscirebbe a stamparti un bel sorriso
in
faccia."
Hermione
alzò un sopracciglio. "Sono intrigata adesso!"
La
ragazzina si sporse per tirare fuori dalla borsa due regali, facendo
scivolare
dalle spalle la sua massa di capelli rosso fuoco. Lo sguardo confuso di
Hermione vagò dal primo al secondo pacchetto per poi posarsi
sul volto di Ginny
con crescente curiosità.
"Sono
per me?"
"Certo
che sì," Ginny annuì. "Sono da parte di Harry e
Ron."
Hermione
sentì la bocca che si spalancava dallo stupure. "Cosa?
Come—
“Li
avevano spediti alla Mamma già a fine Ottobre,”
spiegò Ginny, spingendo i
regali verso l’amica. “Lei voleva farti una
sorpresa perché sa benissimo quanto
ti mancano i ragazzi.”
“Non
posso credere che ci abbiano pensato così presto,”
mormorò Hermione a se
stessa, strofinando le dita gelate contro la ruvida carta che ricopriva
i
pacchetti. “Grazie.”
“Non
c’è
di che,” disse Ginny. “Quello rosso è
di—
“Ron,”
Hermione finì la frase al posto suo con un sorriso.
“Non riuscirebbe a fare un
pacchetto decente neanche se ne dipendesse la sua vita. Faceva sempre
incartare
a me e ad Harry i regali che comprava per la vostra famiglia.”
“Che
razza
di bradipo,” Ginny roteò gli occhi al cielo.
“Sto morendo dalla voglia di
sapere che cosa ti ha regalato, comunque; mandami un Gufo quando
l’avrai
aperto. La mamma dice che il regalo che ha fatto a me forse era un
po’ troppo scontato.”
“Hai
ricevuto dei regali da loro anche tu?”
"Sì,
stanno alla Tana," rispose l'amica. "Posso tranquillamente scommettere
che il regalo di Ron sia un'altra sciarpa o qualcosa di simile, ma
spero che
quello di Harry sia leggermente più originale."
Un'espressione
pensierosa passò sul volto di Hermione. "Non c'è
un modo per...insomma,
mandargli qualcosa?"
"No,"
Ginny sbuffò, aiutando Hermione a ficcare i regali nella sua
borsa. "La
mamma ha chiesto a Remus, ma lui dice che non sapendo nemmeno dove
siano i
ragazzi, è molto rischioso. Oltretutto, Edvige quando passa
da casa non aspetta
mai e se ne va subito, così è impossibile anche
solo allungarle un bigliettino
sotto la zampa."
"Sarebbe
stato carino poter ricambiare-
"Non
farlo," l'avvertì Ginny a bassa voce. "Questi regali
dovevano tirarti
su di morale, non farti diventare tutta mogia e nostalgica-
"Scusami,"
Hermione sforzò una smorfia passabile come un sorriso.
"Grazie per la
sorpresa, Gin."
"Figurati,
è bello vederti sorridere un po'" commentò lei,
mentre le due ragazze si
incamminavano verso il villaggio. "Bene, adesso dovresti darmi una mano
a
scegliere che cosa regalare a Fred e George."
Le
due
giovani streghe passarono un'ora a vagare tra i negozi, quando alla
fine
Hermione lasciò Ginny a contemplare uno scaffale sul quale
stava esposta una
vasta collezione di orologi magici, come possibile regalo per il signor
Weasley.
Uscendo dal negozio, strofinò i piedi sul sentiero coperto
di neve, guardandosi
attorno e ammirando le vetrine dei negozi, una per una addobbata in
maniera
differente, ma che nell'insieme, suggeriva un perfetto connubio tra
decorazioni
magiche e le classiche atmosfere natalizie Babbane a cui era abituata.
Si
fermò, esitando, davanti ad una vetrina in particolare,
quando una meravigliosa
idea la invase e l'incoraggiò a mettere piede all'interno
del negozio. Si
diresse direttamente in fronte all'oggetto che aveva catturato la sua
attenzione, e pensò a Draco. Stava addirittura
già pensando al discorso che
avrebbe dovuto affrontare con la McGranitt dopo aver fatto
quell'acquisto, ma,
nonostante tutto, Hermione sentiva che fosse il regalo perfetto.
"Posso
esserle utile?" un commesso interruppe i suoi pensieri.
"Sì,"
Hermione annuì con crescente eccitazione. "Vorrei acquistare
questo,
grazie."
___________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________
La
preside fissava la giovane seduta di fronte a lei, con uno degli
sguardi più
scettici che lei le avesse mai visto in volto.
"Signorina
Granger-
"So
che le sto chiedendo molto," Hermione la interruppe, cercando di essere
più convincente. "Ma è Natale, e credo che lui ne
abbia bisogno."
"Non
credo di poter-
"Solo
per un'ora," insistette lei, tenace. "La prego, professoressa. Non
c'è nessuno al castello ormai, e le prometto che lui non
tenterà di fare nulla
di rischioso. Penso che ora abbia capito che stiamo tutti cercando di
aiutarlo."
"Non
puoi esserne certa, Hermione," la McGranitt replicò, con
quell'estrema
aura di saggezza che sapeva tirare fuori, in momenti di
necessità. "Cosa
succederebbe se lui-
"Draco
non può usare la bacchetta," ribatté Hermione.
"Non ha dove andare, e
lui sta...meglio adesso."
"Hermione-
"Senta,"
sbottò lei, con crescente disperazione nella voce. "Mi
assicurerò
personalmente che nulla vada per il verso sbagliato, glielo prometto.
Sa
benissimo che ne sono capace."
La
McGranitt inclinò leggermente la testa di lato, con un
pizzico di curiosità
nello sguardo. "Posso sapere perché ci tieni tanto a fargli
questo
favore?"
Hermione
cercò di appiattire i suoi lineamenti per apparire
indifferente. "Penso
soltanto che abbia bisogno di una pausa," rispose "e, come ho
già
detto, è Natale. Sa, tempo di perdono..."
La
Preside sembrò rimuginare quell'ultima frase nella testa un
paio di volte,
prima di rilasciare un lungo e stanco sospiro. "Molto bene."
"Sul
serio?!" Hermione sbattè le palpebre, sconvolta. "Mi da il
permesso??"
"Molto
probabilmente me ne pentirò," sospirò l'anziana
strega, massaggiandosi le
tempie con un tremolio. "Ma sì, farò in modo che
la sua idea possa essere
realizzata con discrezione-
"Oh,
la ringrazio infinitamente, Professores-
"Ma
sia chiaro; qualsiasi cosa dovesse accadere, la
responsabilità sarà solamente
sua, signorina Granger," la avvisò, alzando il tono di voce.
"Deve
assicurarsi che il signor Malfoy non faccia nulla di azzardato-
"Certamente-"
"E
questa cosa non si ripeterà, sarà un'eccezione-"
continuò lei, alzandosi
dalla poltrona. "Deve rendersene conto-"
"Certo,
sicuramente," Hermione annuì obbediente, saltando in piedi e
avvolgendo la
preside in un caloroso abbraccio spontaneo. "Grazie, Professoressa."
Minerva
si scansò imbarazzata, posando la mano sulla spalla della
giovane piena
d'entusiasmo che le stava di fronte. "Passa un buon Natale,
Hermione."
______________________________________________________________________________________________________________________________________________________
Draco
imprecò sottovoce, sbattendo nel lavandino il suo terzo
tentativo, guardandolo
scivolare giù per le condutture con un singhiozzo finale.
Gli
era
venuta una voglia irrefrenabile di caffè, ma cercare di
imitare la miscela
impeccabile che preparava sempre la Granger si era rivelato un patetico
fallimento. L'aveva vista farlo milioni di volte, e si era detto che
non sembrava
poi una cosa tanto complicata, ma evidentemente c'era qualcosa che gli
sfuggiva, vista la frustrante difficoltà incontrata perfino
nel dare il giusto
colore alla bevanda.
Stava
per provare di nuovo quando finalmente lei entrò nel
dormitorio, due ore più
tardi rispetto al suo orario abituale. Aveva le guance arrossate dal
freddo e i
capelli impigliati di neve semisciolta.
Si
liberò del macigno che lei chiamava borsa e gettò
il cappotto sul divano, il
tutto mentre lo sguardo di Draco si fissava liberamente su di lei, come
faceva
sempre ormai ogni volta che lei non se ne rendeva conto. Era una delle
sue
nuove irritanti abitudini, quelle abitudini che si era ripromesso di
combattere
sin da quando il loro complicato rapporto era iniziato, ma che era
ormai
inutile nascondere, dopo aver già rovinato tutto soccombendo
al suo desiderio
più impronunciabile.
Hermion
doveva aver sentito il rumore della caffettiera che bolliva al suo
quarto
tentativo, e i suoi occhi si spostarono verso di lui, che la
guardò imbronciato.
“C’è
qualcosa che non va con questa caffettiera del cazzo,” le
disse, puntando il
dito contro l’oggetto che aveva offeso la sua intelligenza.
“Che
vuol dire, Draco?”
“Vuol
dire che ho provato ad usarla, ma proprio non riesce a far saltare
fuori del
caffè decente,” spiegò lui, e la
consapevolezza che quei caffè non avevano lo
stesso sapore di quelli che preparava lei
aleggiò nell’aria per qualche secondo.
“Ho fatto tutta la roba che fai di
solito ma-
“Hai
aggiunto il latte?” chiese Hermione, avvicinandosi.
“Ovviamente.”
“E
due
cucchiai di zucchero?”
“Sì.”
“Allora,
sei sicuro di aver messo il caffè macinato
almeno?” domandò, soffocando una
risatina quando tutto il volto di Draco si contorse in
un’espressione
sconvolta, con il suo ormai famoso sopracciglio alzato.
“E’ nel barattolo blu
in quel cassetto vicino al lavandino-
“Tutto
questo è ridicolo,” grugnì Draco.
“Non mi dovrei nemmeno abbassare a fare
queste cosette idiote da Babbani.”
Draco
oggi era dell’umore perfetto per una sana discussione, come
ai vecchi tempi;
visto e considerato il tempo che oramai passavano soprattutto immersi
sotto le
lenzuola, a fare cose che ancora non aveva trovato il coraggio di
comprendere
appieno, ora lui si sentiva quantomeno in dovere di restabilire un
po’ di
“normalità”, soprattutto per far
ritornare la Granger com’era prima, e non come
la ragazza incerta e riservata che era diventata. Se si fosse trovato
costretto
a selezionare una ragione per la quale sapeva di rispettare la Granger,
sarebbe
stata per il suo carattere, non diverso da quello che lui possedeva. I
minuti
passavano come ore in quella prigione, e l’unica cosa che
rendeva le giornate
quasi sopportabili erano le passionate opinioni della Granger e la sue capacità
di metterlo sempre al tappeto
durante le loro discussioni.
“Non
è
ridicolo, né degradante,” ribattè lei,
donandogli uno sguardo assassino che
attirò l’interesse di Draco.
“E’ questo il modo in cui la gente riesce a fare
tutto senza magia-
“Beh,
allora è una palla colossale!” sbottò.
“E poi cos’è che stavi nascondendo prima
dietro al divano?! Guarda che ti ho vista, Granger!”
“Niente-
“Ti
ho
detto che non volevo nulla! Ti giuro, Granger, se insisti a rendere
tutto più
difficile io-
“Io sto rendendo tutto
difficile?”
rispose offesa. “Oh Merlino, sei un’egoista
insopportabile-
"Ti
ho solo ripetuto che non voglio un bel niente da te-
"Beh
mi dispiace d’accordo?!" Hermione esplose, pugnalandolo con
uno sguardo di
fuoco. “Ta-daan! Sveglia, dovrebbe essere Natale! Le cose
sono già abbastanza
schifose senza che ti ci metti anche tu a rovinare
l’atmosfera-
“Veramente
io-
“Non
ho
finito!” continuò Hermione decisa, alzando la
voce. “Per la miseria, Draco! Perché
devi sempre, sempre complicare
tutto-
"Perchè
non mi trovo esattamente nella posizione adeguata per poterti dare
qualcosa in
cambio!" urlò Draco, passandosi le mani nervose tra i
capelli. "L’ultima
cosa che voglio è avere una lista di debiti con te-
"Ma
io non voglio nulla in cambio," disse Hermione, più calma.
"Non me lo
sono mai aspettato e mai lo faro-
"E
allora perchè prendersi il disturbo?"
"Perchè
è Natale," sbuffò lei, stanca di dover ripetere
per l’ennesima volta un
concetto che comprendeva bontà e buone azioni per lei
così familiare. "Potresti
almeno fidarti di me-
"Non
ho nessuna ragione per fidarmi di te," Draco rispose, notando il
dispiacere nei suoi occhi ambrati. "Non c’è
ragione per cui tu mi debba
regalare qualcosa-
"E’
solo per…per fare qualcosa di carino-
"Qualcosa
di carino," grugnì
Draco, come
se la sola parola gli provocasse un fastidioso prurito in gola. "Voi
Grifondoro siete così patetici-
"Io
non sono patetica," ribattè lei, digrignando i denti. "Non
ti azzardare-
"Allora
piantala di usare queste paroline mielose-
"Lo
sai, non c’è niente di male nel fidarsi delle
persone ed essere carine con loro!"
ribattè ancora, con la rabbia che le montava in petto. "Non
c’è niente di
male se ti importa di altra gente al di fuori di te stesso!”
"Granger-
"Non
c’è niente di male nel non voler seguire la strada
che ha scelto TUO PADRE!"
gridò Hermione, pentendosi quasi all’istante della
scelta delle parole usate.
"Ti
avevo avvisata," sibilò lui. "Non devi mai nominarlo-
"Draco-
"Pensi
che l’aprire le gambe per me ti dia il diritto di tirare in
ballo questi
discorsi e la mia famiglia?” ghignò Draco,
avvicinando il suo volto al suo. “Te
lo ripeto Gr-
“Volevo
solamente che tu ti rendessi conto che fidarti delle persone non ti
rende
patetico!” protestò Hermione, avvicinandosi senza
paura, talmente tanto che il
respiro agitato di Draco le scaldava la fronte. “Non ti rende
debole…o
inferiore-
"Che
cosa vuoi da me, Granger?" domandò, con tono esasperato.
"Vorresti
che mi fidassi di chi? Di te?"
"Sarebbe
un’inizio-
"Per
la miseria," mormorò sottovoce. "Questa discussione
è completamente
irrilevante. Nemmeno tu ti fidi di me."
Hermione
rilasciò un sospiro prima di alzare un dito, che
andò a sfregare dolcemente
contro la sua guancia. “Mi piacerebbe potermi
fidare,” gli disse calma,
sollevata di sentire i suoi muscoli rilassarsi al suo tocco.
"Mi
stavo chiedendo quanto tempo ci avresti messo prima di ritornare
così…agressiva
e decisa," ribattè lui, allontanando il suo volto dalle sue
dolci e
pericolose carinerie, mentre i suoi lineamenti ritornavano duri e
impenetrabili.
"Senti, Granger, mi pareva di aver capito che noi
avessimo…deciso di
ignorare completamente il Natale-
"Beh,
ho cambiato idea," rispose Hermione, provando a non lasciar trapelare
il
suo piano. "Vorrei che il Natale fosse esattamente come il Natale
dovrebbe
essere, e non ho intenzione di rovinarlo! Faremo-
"Non
capisco il motivo di tutto questo!" rilanciò lui, animato
dalla confusione.
"E’ solamente un giorno come un altro-
"Ok,
ora basta!" urlò Hermione, alzando in aria il palmo, decisa
ad
interrompere ogni sua parola. "Abbiamo finito qui-
Draco
si
sporse in avanti e catturò le sue labra con un bacio svelto
e intenso; le prese
il volto tra le mani e manovrò i loro corpi avvicinandosi ai
divani del salotto
con maldestra urgenza. Quando la schiena di Hermione sbattè
contro il poggia
braccio, si separarono e, mentre Draco osservava i suoi piccoli
occhietti
ambrati che lo fissavano con stupore, riusciva a sentire la sporgenza
dei suoi
seni che premeva contro la sua camicia leggerissima. Maledicendosi, per
essersi
lasciato trasportare di nuovo in quel modo, Draco aumentò la
distanza tra loro
e ricompose il suo volto in una maschera indifferente.
"D’accordo,
Granger," mormorò. "Fa quello che vuoi-
"Voglio
soltanto avere un Natale normale," rispose con tristezza, sfiorando con
leggere spirali il colletto del maglione di Draco, provocandogli
brividi in
tutto il corpo.
"E vorrei che prendessi parte anche tu in tutto questo."
Draco
aggrottò
le sopracciglia e chiuse gli occhi per un istante. "Perchè?"
"Perchè
penso che tu ne abbia bisogno, almeno quanto ne ho bisogno io."
Durante
la settimana che precedeva il Natale, i giorni e le notti sembravano
non
distanziarsi tra loro, e i tramonti e le albe si erano trasformate
soltanto in
veloci sfumature del cielo. Hogwarts si ergeva silenziosa, in mezzo
alla neve,
donando un tiepido ma quieto rifugio alle ormai pochissime persone che
camminavano tra i corridoi del castello. La neve non aveva mai smesso
di
cadere, ed Hermione si era impegnata quasi ogni giorno a cercare la sua
amica
Luna per una passeggiata tra le colline innevate, ma non era mai
riuscita a
rintracciarla.
Hermione
fu svegliata dal solito tentativo di Draco di lasciare la stanza prima
che il
sole spuntasse dalla finestra, e fu solamente un’ora
più tardi (quando l’occhio
le cadde sul consunto calendario pieno di scarabocchi) che si accorse
della
data: 25 Dicembre.
Hermione
si abbandonò ad un sorriso gioioso prima di alzarsi da letto
e coprirsi con una
morbida vestaglia, dirigendosi verso il salotto. Diede uno sguardo
incerto alla
porta della stanza di Draco, ma decise di non disturbarlo per il
momento; non
aveva piani specifici per lui, almeno non per quella parte della
giornata. Le
cose erano diventate più tranquille tra di loro negli ultimi
giorni; la loro
natura burrascosa era stata utile per ripristinare la situazione ed
eliminare
l’imbarazzo, anche se Draco si rifiutava ancora di essere
coinvolto più del
necessario nell’atmosfera festiva.
Si
avvicinò all’albero di Natale e osservò
il piccolo gruppetto di regali
accatastati sul pavimento; quelli da parte di Harry e Ron, Ginny, la
McGranitt,
Neville e un pacchettino di soldi dai suoi genitori. Il regalo della
Preside
era un libro sulla Trasfigurazione avanzata, quello di Ginny era
un’esotica
selezione di profumi e quello di Neville era una particolare pianta
decorativa.
Harry
le
aveva mandato una fotografia che ritraeva loro tre felici e sorridenti;
un’immagine
risalente allo scorso Natale, quando ancora le vacanze sembravano tali.
A
quel
punto passò al pacco di Ron, osservando con incertezza
l’oggetto che spuntò
fuori dalla carta stropicciata. Era un bellissimo medaglione; argentato
e a
forma di cuore, incastonato di gemme arancioni che luccicavano alla
luce del
sole. Era stupendamente elegante e femminile e
così…non da lei.
Continuò a studiarlo con la colpevolezza che le saliva
in gola, quando una voce familiare la fece saltare sul posto.
"Quel
coso è da parte di Weasley vero?" Draco domandò
asciutto. "Pensavo
che voi due foste solamente amici-
"Infatti
lo siamo," lo interruppe lei.
I
suoi
occhi gelosi si spostarono sull’oggetto che offendeva la sua
vista. "Quel
medaglione dice un’altra cosa-
"Le
persone si fanno regali per Natale-
"Anche
i fidanzati-
"Draco-
"Senti,
Granger," grugnì, facendo un passo verso di lei. "Io non
sono
abituato a condividere-
"Oh,
questo è ridicolo," sbottò lei, scansandolo e
attraversando la stanza. "Non
ascolterò una sola parola-
"Dove
stai andando?"
"A
fare una doccia!" rispose, sbattendosi la porta alle spalle e
interrompendo la conversazione.
Draco
sbuffò, ormai solo nella stanza, e strinse i pugni
finchè le sue dita non sentirono
più la circolazione del sangue. Che diavolo si aspettava da
lui? Una cosa era
cercare di comprendere e di abituarsi alla complessa situazione che si
era
creata tra di loro, un’altra era comprendere la
possibilità che la Granger
potesse aver avuto una vita al di fuori di quel dormitorio, con altre persone.
Comunque,
la sua mancanza di esperienza era stranamente affascinante, e Draco
proprio non
riusciva a contenere il desiderio di fondersi con lei in ogni modo
possibile.
Lei era la sua prima partner con la quale tutto
sembrava…connettere, in un modo
che non gli era mai capitato prima. Non capiva cosa fosse, ma una cosa
era
chiara: non si trattava solo di sesso. I suoi baci, il suo
tocco…la sua stessa
presenza lo faceva reagire e tremare dentro, e non aveva idea di che
cosa
potesse significare.
Sentì
il
getto d’acqua che veniva azionato dall’altra parte
del muro, e un istintivo
senso possessivo si impadronì di lui. Weasley non era mai
stato un problema
all’interno di quel piccolo spazio al di fuori della
realtà, ma ora una parte
di quell’inutile essere era scivolata nel loro
posto e quel cavolo di fottutissimo
medaglione, assieme a chi gliel’aveva regalato, ora era
sicuramente nei
pensieri della Granger. E al momento, era la cosa che Draco detestava
di più.
Chiamatelo
istinto maschile di reclamare ciò che era suo, oppure
qualcosa di più profondo,
fattostà che i suoi piedi lo trascinarono senza ragione
verso il bagno. Si
liberò dal fastidio dei vestiti, gettandoli a casaccio nel
corridoio prima di
entrare.
Come
aveva già fatto una volta, rimase calmo e silenzioso,
scivolando alle sue
spalle e studiandola con reclutante ammirazione. Le rare
oppurtunità in cui
riusciva ad osservarla senza che se ne accorgesse erano sempre molto
preziose
per lui, visto che riusciva finalmente ad assorbirla nella sua
completezza,
lontano dalle mani insicure della Granger, che si copriva sempre al
momento
giusto. Mentre osservava con sguardo quasi maniacale ogni suo singolo
riccio,
cercò ancora una volta una disperata prova della sua
inferiorità…fallendo
miseramente.
"Che
cavolo stai facendo, Draco?" interruppe lei i suoi pensieri,
guardandolo
sconvolta attraverso la cascata di gocce.
"Avevo
bisogno anch’io di una doccia," mentì
tranquillamente, allungando il
braccio per toccarle la spalla con dita gelide e intorpidite.
Hermione
cercò con poca convinzione di allontanarsi dal suo tocco.
"Sono ancora
arrabbiata con te-
"Tu
sei sempre arrabbiata con me-
"Ti
ho mai dato l’impressione che potessi…sai-
"Fottere
qualcuno?" suggerì lui con un’alzata di spalle. "Scopare?”
"Fare
l’amore con qualcuno," lo corresse con imbarazzo. "Davvero ti
do
l’impressione di essere il tipo di persona che lo farebbe con
chiunque? Il tipo
di persona che dormirebbe con qualcuno anche se avesse una relazione?"
Draco
incurvò le labra, in una smorfia colpevole. "No," ammise
infine,
cercando di attenuare il broncio della Granger con delicate carezze ai
lati del
viso. "Ma tutti sanno che tu e il Weasel
avete avuto una storia-
"Io
non ti ho mai chiesto delle tue precedent conquiste-
"Pansy
e Astoria," ricapitolò in fretta lui, con lo stesso tono di
voce con il
quale si legge un elenco di trecento parole. "Ma la tua relazione
è senza
dubbio stata diversa-
"Adesso
basta," concluse Hermione con un sospiro. "In questo momento io e te
siamo…dormendo insieme e questo è quanto. Non
considererei mai l’idea di
aggiungere un’altro amante alla situazione, e spero che tu
abbia lo stesso
livello di rispetto nei miei confronti, anche se non fossi rinchiuso
qui dentro."
Draco
non rispose, ma alzò la mano per spostare dietro le spalle
di Hermione alcuni
dei suoi innumerevoli ricci, sporgendosi verso di lei e lasciandole un
casto
bacio sulle labbra. Era dolce ma deciso; il tipo di bacio che non si
sarebbe
mai sognato di darle prima, e anche se presto si trasformò
in uno di quei
meravigliosi baci accesi di passione, Hermione sapeva che quello era
diverso.
Draco
riusciva ancora a sentire quella vocina nell’orecchio che gli
intimava di
essere possessivo, di ‘marcare’ la Granger in un
modo in cui Weasley nemmeno si
poteva immaginare. Lentamente, lasciò una scia di
bacì sempre più giù, verso il
bacino. Quando si inginocchiò, sentì la Granger
irrigidirsi e capì all’istante
che non aveva mai fatto niente del genere prima d’ora.
"Draco,"
mormorò, con voce tremolante. "Io…non ho mai, mai-
"E’
tutto a posto," la tranquillizzò con la voce più
sicura che riuscisse a
tirare fuori. "Ti piacerà, Granger-
"Ma io-
"Devi
fidarti di me, Hermione," Draco
la
guardò fisso negli occhi, cercando di trasmetterle almeno un
pò di sicurezza.
"Non ti farò del male."
Hermione
si morse le labbra per qualche secondo, colma d’incertezza,
prima di donargli
un nervoso cenno d’assenso. Si appoggiò alla
parete nel tentativo di
rilassarsi.
Draco mosse con attenzione le mani sulle sue coscie, per poi separarle
gentilmente…Il suo respiro si scontrava esattamente sul suo
punto intimo, ed
Hermione trattenne il respiro mentre una nuova e meravigliosa
sensazione si faceva
strada attraverso il suo corpo.
"Consideralo
come il mio regalo," Draco
sussurrò.
Premette la lingua contro di lei, con movimenti lenti, cercando di
tenere a
freno la propria impazienza.
Sarà
sicuramente meglio di quel fottutissimo medaglione.
"Penso
che adesso sia arrivato il momento," Hermione annunciò.
"Per
cosa?"
"Per
darti il regalo."
Draco
grugnì,
alzandosi sui gomiti, ma la sua espressione cambiò in un
istante alla vista
della Granger che stava quasi per cadere dal divano.
Dopo
la
loro doccia durata quasi due ore, si erano spostati nel salotto,
avvolti in un
cumulo di lenzuola umide che profumavano di bagnoschiuma, e la giornata
era
giunta al termine dopo alcune pigre conversazioni -dibattiti e una cena
veloce
a base di panini al tonno- scandite da alcune piacevoli interruzioni.
La notte
aveva coperto tutto prima che se ne potessero accorgere e guardando per
la
prima volta l’orologio, scoprirono che mancavano pochi minuti
alle undici.
Il
Natale appena passato era stato senza alcun dubbio diverso dalla
convenzionale
festività passata in famiglia, ma Draco non si sentiva
dell’umore per
lamentarsi. D’altronde, quale uomo rispettabile avrebbe osato
lamentarsi dopo
un’intera giornata dedicata a quel tipo
di…attività?
Draco
studio
la Granger mentre si stringeva un lembo del lenzuolo al petto e
afferrava un
pacchetto di carta verde lucida da sotto l’albero. Si sedette
reclutante in
posizione eretta, mentre lei posizionava il regalo sul suo grembo e si
sedeva
vicina a lui con sguardo eccitato.
"Vorrei
soltanto precisare, ancora una volta, che tutto questo non è
necessario," bofonchiò,
sciogliendo il fiocco.
"Oh
aprilo e basta," sorrise lei, battendo le mani a ritmo sulle sue
ginocchia, controllando l’ologio. “Non abbiamo molto tempo.”
Draco
scansò l’involucro e rimosse lentamente
l’oggetto al suo interno; la sua fronte
si aggrottò con inaspettato stupore quando sentì
la morbidezza del pregiato
tessuto magico sulle dita. Era un mantello nero elegante, non diverso
da quello
che usava possedere alcuni anni prima: di fattura semplice, ma
evidentemente
costoso vista la qualità del tessuto. Alzò un
sopracciglio scettico e alzò lo
sguardo con l’intenzione di chiederle perché
avesse scelto proprio quello, ma
lei lo interruppe prima che gli fosse possibile pronunciare solo una
parola.
"Questo
è solo metà del tuo regalo," disse, trattenendo
il respiro in attesa della
sua reazione. "Io…sono riuscita a convincere la McGranitt a
farti uscire."
I
suoi
occhi si spalancarono. "Non capisco," disse incredulo.
"Posso…posso
andare?"
"E’
solo per stanotte," lo corresse svelta. "La Preside ha accettato ma
dovrai stare vicino a me tutto il tempo, e non possiamo lasciare il
terreno
attorno al castello. Abbiamo fino a mezzanotte e mezzo, quindi
è un po’ come la
storia di Cenerentola.”
"La
che?"
"Lascia
perdere," Hermione scosse la testa. "Senti, Draco, devo essere sicura
che tu abbia capito: si tratta solo di una eccezione, e se cercherai di
scappare, dovrò fermarti."
Il
biondo Serpeverde non potè far altro che annuire
assentemente, mentre osservava
la giovane strega di fronte a lui con totale incredulità. In
quel momento gli
vennero in mente ricordi e flash di Natali e compleanni passati, tutti
pieno di
oggetti materiali e promesse a vuoto, rivelatesi poi così
vere e pericolose…
Nessuno si era mai preso il tempo o la voglia di considerare
un’idea come
questa. Così…vera. Nemmeno i suoi genitori
avevano mai fatto una cosa così.
Potè
affermare con onestà che il pensiero di scappare non gli era
nemmeno passato
per la mente quando l’aveva detto; sapeva benissimo di non
avere posto dove
andare.
"Non…non
so cosa dire," confessò Draco, con una stranissima
senzazione calda che
gli saliva fino alle guance. Strofinando il suo nuovo mantello, rimase
stupito
dalla capacità che aveva dimostrato la Granger,
nell’indovinare i suoi gusti
con così tanta precisione.
"Tranquillo,
lo posso immaginare," annui sorridente Hermione. "Forza, dovremmo
prepararci," continuò, indicando il suo nuovo mantello. "Copriti
bene. Si gela fuori.”
Hermione
era riuscita ad attraversare i silenziosi corridoi del castello con un
leggero
incantesimo Lumos, ma
scoprì che non
c’era poi bisogno di preoccuparsi tanto, visto che il
castello era praticamente
deserto. Quando finalmente raggiunsero il portone, Draco
sbiriciò dalle
fenditure la vista del paesaggio immacolato che stava per osservare per
la
prima volta. Delicati fiocchi di neve gli baciarono lievemente il viso,
in una
fitta cascata.
Lo
scricchiolio della brina sotto il peso dei suoi stivali gli fece
ricordare
sensazioni che normalmente non avrebbe mai perso tempo ad
apprezzare… Draco
seguì i passi della Granger con cautela, allontanandosi
dalle antiche torri del
castello. Si accorse che lei li stava portando verso il lago, mentre si
avventuravano tra mucchi di fogliame innevato e casuali rami
d’albero che
spuntavano dallo spesso strato bianco. Il vento gelido gli
colpì le guance
calde con improvvisa forza, ma la sensazione non gli dispiaceva;
aprì la bocca
e inspirò il gelo direttamente in gola, preoccupandosi poco
di un raffreddore.
"E’
più freddo di quanto pensassi," Hermione commentò
preoccupata. "Posso
creare un incantesimo scaldante-
"No,"
la fermò lui, con uno strano tono sognante che non gli era
mai appartenuto.
"Mi ero dimenticato che cosa volesse dire sentire il vento freddo sulla
faccia."
"E’
buffo," Hermione mormorò guardando fisso il cielo davanti a
lei. "Ho
preparato la tua ‘fuga’ con meticolosa attenzione,
ma non ho pensato a cosa
avremmo potuto fare una volta fuori.”
"Devi
proprio programmare tutto?" le domandò, con un mezzo sorriso.
"Non
tutto. Ci sono sempre state delle cosec he ho sempre voluto fare ma che
ho
lasciato da parte."
"Tipo?"
Hermione
si voltò, guardando il lago ghiacciato. "Ho sempre voluto
imparare a
pattinare."
"Non
hai mai pattinato sul ghiaccio?" ripetè Draco, osservandola
con stupore.
"Sembri il tipo che se la cava con questo genere di cose."
"Penso
che forse potrei, se mi ci mettessi ," annuì. "Tu sei
capace?"
"Certamente."
Hermione
inghiottì una notevole quantità di saliva dal
nervosismo, e disse. "Ti andrebbe
di insegnarmi?"
"Stai
scherzando, non è vero?" Dracò rise, ma si
bloccò di colpo quando vide che
il suo volto era serio, e anche un po’ imbarazzato. I suoi
occhi ghiacciati la
studiarono intensamente, e le sue labbra si mossero in una smorfia
d’assenso
prima che potesse anche solo alzare gli occhi al cielo e arrendersi
alla sua
richiesta.
“E
va
bene,” disse “Suppongo che sarà
divertente vederti cascare a gambe all’aria. Che
mi dici invece delle creature che vivono dentro al Lago?”
"Si
ibernano quando la temperatura raggiunge questi livelli,"
spiegò,
seguendolo verso il bordo del lago e trasformando le loro scarpe in
pattini.
"Draco, sei sicur…
Si
interruppe quando vide la facilità e la grazia con le quali
Draco aveva mosso
il suo primo passo sul ghiaccio. Sentendosi completamente inadeguata,
posizionò
con incertezza un piede sulla superficie e rabbrividì alla
sensazione di
instabilità che le diede quel minuscolo contatto col
ghiaccio.
"Draco,"
gridò, ritirando il piede sul suolo sicuro. "Ho cambiato
idea-
"Avanti,
Granger," la chiamò lui, avanzando senza sforzo.
"Cos’è successo a
tutte quelle cazzate sul coraggio da Grifondoro?"
"Non
mi piace," ripetè Hermione. "Non mi piace non essere in
controllo dei
miei piedi-
"Ti
ricordo che questa è stata una tua idea," le
ricordò Draco.
"Va
bene, allora potresti venire qui ad aiutarmi? Allunga solo le braccia,
o
qualcosa ecco-
"Se
solo ti mettessi sul ghiaccio almeno”
"Per
favore, Draco," provò di nuovo, cercando i suoi occhi per
fargli capire
che era seria.
"Oddio,
per Merlino," sbuffò, avvicinandosi al bordo e allungando le
mani. "Vieni,
Granger."
"Non
provare a fare l’idiota e a spingermi o cosa,
d’accordo?" lo avvisò lei
con le sopracciglia aggrottate, mentre afferrava le mani di Draco con
una morsa.
Hermione si sbilanciò, e Draco istintivamente
allungò l’altra mano per
afferrarle la spalla. Hermione affondò le unghie fredde
nelle maniche del suo
mantello, pentendosi ancora di più di quella stupida e
pericolosissima idea. “Non ci riesco-
"Sì,
si vede," la prese in giro lui, ridacchiando mentre lei cercava di
riavvicinare
le sue ginocchia, che si erano espanse di almeno un metro
l’una dall’altra.
"Aggrappati, Granger. E’ una cavolata, una volta fatta
l’abitudine-
"Non
è divertente!”
"Usa
i pattini, muovili in senso diagonale," la istruì,
spostandosi all’indietro
e trascinandola con lui. "Ce la farai-
"Ti
giuro, Draco," sibilò, in un tono che doveva essere in
qualche modo
minaccioso. "Se mi lasci andare giuro che-
"Non
ti lascerò," le assicurò, afferrando con
più forza un suo braccio che si stava
sbilanciando. "Santo Salazar, proprio non hai coordinazione. Adesso che
ci
penso, facevi un po’ pena anche sul manico di scopa."
"Oh
per Merlino, non posso nemmeno avere un piccolo handicap,"
replicò, lasciando
che praticamente solo la forza di Draco la trascinasse in giro. "Tutti hanno
una debolezza."
Draco
si
irrigidì a quel commento, ma riuscì a mantenere
entrambi saldamente in piedi
mentre ripensava alle sue parole. Nel suo cervello, si era quasi
aspettato che
la sua influenza su di lui sarebbe diminuita, una volta che sarebbe
uscito dal
loro dormitorio isolato, ma a guardarla adesso; fiocchi di neve sparsi
tra i
suoi capelli, un fiero rossore sulle guance dallo sforzo di stare
dritta, e la
sua totale fiducia nella sua presa che le impediva di cadere a sedere
all’aria…beh,
era tanto attraente quanto lo era al chiuso.
Si
era
aspettato di ritornare istantaneamente ai suoi vecchi ideali,
Di
essere
ri-catapultato nel suo piccolo mondo importante,
Di
odiarla
di nuovo, come avrebbe dovuto,
Ma…
In
qualche modo, lei era la sua debolezza ora.
"Penso
di potercela fare adesso," disse Hermione, concentrata e sicura. "Lascia una
sola mano, proviamo-
"Perdonami,"
Draco scattò senza preavviso, bloccando entrambi i loro
corpi sul posto e
stringendo la presa, per ottenere la sua totale attenzione. Il suo
respiro
divenne più intenso e affaticato, mentre osservava i suoi
occhi ambrati che lo
scrutavano stupiti, in attesa di una risposta, ed ebbe
l’inopportuna tentazione
di baciarla lì, in quell’istante.
“Perdonami,” ripetè, più
cauto stavolta.
Per
tutto ciò che ho fatto, e tutto ciò che
inevitabilmente farò per ferirti in
futuro.
Poteva
dare la colpa di questo sfogo a tante cose; al sentimentalismo
Natalizio che
apparentemente si era preso gioco di lui, o all’accettazione
che questa sua
attrazione nei confronti della Granger stava tutt’ora
esistendo al di fuori
della sua prigione, oppure che addirittura volesse ripagare la Granger
per
avergli fatto ricordare ancora che cosa significasse sentire il vento
sulla
pelle…però la cosa certa era che aveva bisogno di
questo momento di chiarezza,
prima di ritornare al Castello. Lei era l’unica cosa che
nella sua oscura
esistenza si avvicinava a quella parte di vita pura e buona che lui non
aveva
mai avuto il coraggio di affrontare, né
scoprire…e voleva proteggerla, per quanto
poteva, prima che gli orrori della Guerra si abbattessero anche in quel
luogo
lontano dal tempo.
“Penso
di averti già perdonato settimane fa,” gli disse
con un sorriso triste
Hermione, dandogli un bacio gelato dal vento. Sentì le prime
lacrime scenderle
sul volto, mentre interruppe il loro contatto e posò la
fronte su quella di
Draco, chiudendo gli occhi per assorbire tutta
l’autenticità di quel momento.
“Buon
Natale, Draco.”
Just a Perfect Day.
You made me forget myself.
I thought I was someone else.
Someone
good.
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Capitolo 19 *** Grigio. ***
Chapter 19: Grigio.
Hermione aprì gli occhi e rimase per un momento immobile, mentre gli ultimi momenti di un bel sogno svanivano dalla sua memoria.
Rimase a fissare il soffitto per un po’ e i primi pensieri del risveglio cominciarono a riformarsi. Si rese conto della presenza del Serpeverde al suo fianco quando quest’ultimo rilasciò un buffo rumore col naso, ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni. Hermione si girò su un fianco, piano piano, cercando di spostare il braccio di Draco che, pigramente e senza vita, ancora la cingeva nel sonno.
Era rimasto. Era rimasto a letto con lei fino al mattino.
Sorrise, stupendosi della situazione e, voltando lo sguardo, si accorse che avevano dormito fino alle undici del mattino. Hermione non riusciva nemmeno a ricordare l’ultima volta in cui era riuscita ad affrontare una notte intera senza nemmeno prendere una pillola di sonnifero, e la presenza del ragazzo sull’altro lato del materasso, steso accanto a lei, le diede una sensazione di pace dimenticata.
Si riposizionò dolcemente tra le tiepide lenzuola ed ammirò i suoi lineamenti rilassati;erano così belli, quando era perso nei sogni e ignaro di ciò che stava accadendo nella realtà. Poteva sembrare egoistico e un po’ irrazionale, ma Hermione riuscì quasi a relegare il pensiero della guerra imminente in un angolo e a godersi questo dolce momento rinvigorente e surreale.
Draco si mosse, stringendola un po’ più forte, ed Hermione cercò di controllare il suo respiro. Non voleva che si svegliasse; non ancora. Non poteva sapere se l’avrebbe mai onorata della sua presenza un’altra volta e voleva potersi ricordare questo momento come...come fosse una cosa reale.
E felice...
Sapeva benissimo che tutto questo altro non era che temporaneo; la stagione natalizia aveva la brutta abitudine di deludere le persone, creando nel cuore di chiunque un pericolosissimo livello di ottimismo ma, per il momento, si sentiva rilassata e molto vicina all’essere...felice. E tutto questo perchè il suo presunto nemico dormiva al suo fianco. il suo sorriso si estese mentre ripensava alla notte che “Un Mangiamorte un po’ di merda, devo ammetterlo, talmente di merda che sono riuscito a far incazzare il Signore Oscuro in nemmeno un anno di recluta...ma lo sono comunque, Granger. E tu, tu sei un membro dell’Ordine.”
“Tu non sei mai stato davvero uno di loro,” ribatté Hermione “E lo sai benissimo-
“Tu combatti per la Luce,” continuò Draco, quasi sconfitto in partenza, dal tono stanco della sua voce. “E io sono parte dell’Oscurità che voi tutti combattete, è così e basta.”
Hermione cercò di toccargli il braccio con fare rassicurante, ma lui si scostò dal suo tocco. “Non è così semplice, Draco,” tentò lei.avevano passato sul lago.
Perdonami...
Non fu necessario specificare le ragioni che l’avevano spinto a chiederle perdono, ma Godric, quello si che era stato uno shock. Fantastico, certo, ma pur sempre uno shock. In tutta sincerità, Hermione poteva ora ammettere che quello fu il regalo più perfetto che avesse potuto immaginare da parte sua; una grande breccia che squarciò il suo immenso ego e la sua testardaggine in un momento di felicità.
Forse stava davvero cambiando in quei tre mesi passati insieme.
Diventava più chiaro adesso, da dove provenissero davvero tutte le bugie e i pregiudizi che gli erano stati compressi nel cervello, e finalmente si vedeva che Draco cominciava a pensare per sé stesso e a formulare i suoi giudizi. Tutto ciò che Hermione poteva fare, era fornirgli i fatti e sperare che-un giorno- Draco potesse vedere con occhi più consapevoli il mondo che li circondava. Purtroppo, si trattava di un processo estenuante, ed erano appena agli inizi, ma Silente aveva pensato seriamente che l’anima di Draco valesse la pena di essere salvata, perciò ora, oltre al capirne la ragione, Hermione aveva capito che si trovava d’accordo con lui.
E poi lui le piaceva, che Godric potesse perdonarla, ma le piaceva sul serio.
“Fissi sempre le persone mentre dormono, Granger?” la voce rauca di Draco scosse Hermione dai suoi pensieri, e le palpebre del giovane Serpeverde si aprirono con fatica, scrutando la stanza illuminata dal sole alla ricerca del volto della Granger.
“Odio quando mi spaventi in quel modo,” borbottò Hermione con un grugnito offeso.
“Oh, per favore,” ridacchiò Draco, appoggiando la testa sul suo braccio e protraendosi verso di lei. “Merda, fa un freddo schifoso qui dentro.”
“E’ davvero necessario sfoderare il tuo linguaggio forbito a quest’ora del mattino?” sorrise Hermione.
“Ed è davvero necessario usare questi paroloni a quest’ora del mattino, Granger?” ribattè lui, pronto. “Comunque so cosa significa forbito non c’è bisogno che scateni il dizionario che c’è in te, dovrai resistere almeno fino a mezzogiorno per quello.”
“Beh,” rispose lei, incoraggiata dal suo atteggiamento rilassato. “Pensavo che tu, tra tutti, potessi essere in grado di stare al passo con me.”
“Accidenti, non so come dovrei prendere questo complimento. Posso chiederti perchè siamo svegli così presto? Si tratta di qualche strana tradizione Babbana?”
“In realtà, sono quasi le undici.”
“Non essere ridicola,” Draco sbuffò ma quando vide l’orologio sul comodino, le sopracciglia gli si aggrottarono di colpo. Il suo sguardo si spostò sulla fotografia che governava la scena sul piccolo mobiletto; la foto che Potter le aveva regalato, in cui la Granger e quei due inutili esseri che si portava sempre in giro stavano sorridendo alla vista di qualcosa, dall’altro lato della macchina fotografica. Il perchè, Draco non lo poteva sapere… vide le loro braccia, che circondavano la Granger con fare protettivo, come se la stessa fotografia mettesse bene in chiaro che Hermione era loro e non sua...
Quella passeggera sensazione di calma e serenità che si era sviluppata tra i due svanì così come era arrivata, e dopo aver notato un minuscolo contatto visivo tra la Granger e quel lurido Weasley nella foto che si muoveva davanti ai suoi occhi, Draco sentì il suo istintivo senso di difesa farsi strada nel suo corpo.
“Dovrei alzarmi,” brontolò a bassa voce, sedendosi sul bordo del letto. “E’ tardi.”
“Non farlo, Draco,” Hermione bloccò le sue azioni con tono deciso “Non scivolare via così. Stavamo solo parlando-
“Allora cosa vorresti che facessi?” domandò Draco, stringendo i pugni. “Fingere che tutto questo sia normale?”
“Dovremmo definire la parola normale prima di entrare nell’argomento,” sussurrò Hermione. “Torna a letto-
“Sei sempre stata una sostenitrice dei fatti, Granger,” rispose Draco,voltandole le spalle. “Perciò, eccoti i fatti; noi siamo nemici-
“Draco-
“Per rendere chiara la cosa,” continuò lui “Io sarei anche un Mangiamorte.”
“No, non lo sei-
“Invece è semplice,” ribattè Draco, innervosito dalla piega che aveva preso la conversazione. “Puoi analizzare la questione quanto ti pare, Granger, ma questi sono i fatti. Molte cose o sono bianche, o sono nere.”
Hermione si avvicinò cauta a lui, avvolgendogli le braccia attorno al busto.
Draco serrò le palpebre, cercando di non cedere alla dolcezza di quel gesto e di rimanere concentrato sul discorso. “Sei troppo testarda, Granger.”
“Lo stesso si può dire di te.”
“Possiamo continuare a fingere che vada tutto bene, mentre siamo rinchiusi qui, ma non ci staremo per sempre-
“Ci penseremo quando sarà il momento, allora,” propose Hermione, cauta.
“Sarebbe più saggio finirla adesso,” le rispose inespressivo Draco, e lei si sentì stringere il petto in una morsa inaspettatamente dolorosa.
“Finirò per ferirti.”
“Se non ti importa dei miei sentimenti, perché dovresti preoccuparti per questo?”
“Non ho mai detto che non mi importa dei tuoi sentimenti.”
Hermione sentì una spinta d’ottimismo scaldarle il cuore. “Allora che cosa provi per me?” domandò, tremando dal nervosismo, muovendo assentemente le dita in movimenti circolari sul suo addome. Draco pensò in silenzio, a come avesse scatenato di nuovo l’arrivo di quella domanda così spaventosa, quanto semplice. Hermione, nello stesso momento, stava pensando alla varietà di risposte che lui le aveva dato nei mesi passati insieme...non sapeva sinceramente che cosa aspettarsi.
“Non lo so,” mormorò Draco infine. “è...impossibile da definire.”
“Mi odi ancora?”
Draco rilasciò un sospiro rassegnato e alzò un braccio per strofinarsi la fronte. “No,” rispose dopo una lunga pausa. “Sarebbe certamente più conveniente se ti dicessi di sì, ma non posso dirlo, Hermione, non più, lo sai.” Dopo qualche secondo, pieno di silenzio e di sospiri nervosi, Draco le fece la stessa domanda: “E tu?”
“Tu mi piaci, Draco,” ammise lei con tono dolce, e la sua confessione sembrava talmente innocente e onesta che fu quasi dolorosa da sentire, per Draco.
“Pensavo...pensavo che fosse ovvio—”
“Io ti ferirò,” ripetè Draco, più forte. “Va bene far finta che non sia strano mentre siamo qui dentro, ma non durerà—
“Allora, penso che sarebbe più sensato, se cercassimo di trarne il meglio che possiamo, finchè possiamo” rispose Hermione, con la sicurezza che il suo ragionamento le dava. “Draco, comincio ad essere stanca, di dover sempre convincerti che questa cosa tra noi potrebbe non essere una rovina totale.”
Draco strinse i denti in una morsa, contraendo ogni muscolo del suo corpo. “E allora perchè continui a provarci?”
Hermione sospirò e sperò che la sua risposta non venisse negata dalla sua voce riluttante e spaventata: “ Perchè avevo paura che questa guerra mi avesse fatto perdere la speranza, fin dal principio,” rabbrividì e si strinse le braccia attorno al corpo. “Ma tu...tu mi hai ricordato cosa vuol dire essere allegri, e felici.”
Merlino, la sua onestà stava seriamente distruggendo la corazza che Draco cercava ancora disperatamente di tenere alzata attorno a lui.
Allo stesso tempo però, si domandò se avesse sempre voluto che questa cosa finisse davvero? Sembrava puro e semplice istinto, quella volontà che aveva di fare domande e di non essere mai pienamente convinto di ciò che diceva la Granger, solo per salvare il suo testardissimo orgoglio, ma forse c’era qualcosa di più.
Lentamente, appoggiò la mano sulla sua, come una carezza. La sua testa si abbandonò sulla spalla della Granger, arrendendosi al suo tocco sui suoi capelli.
“Non dire che non ti avevo avvertito,” disse, con l’ultimo briciolo di decisione che gli era rimasto in corpo. “Tutto questo finirà male.”
“Può darsi,” gli concesse lei “Ma per ora, non ci sono ponti—
“Da attraversare,” finì la frase Draco, sporgendo un po’ il volto per guardarla negli occhi. “Devi sempre tirare fuori questo genere di indovinelli?”
“Sono più delle analogie,” lo corresse lei, appoggiando la guancia sul suo capo. “Allora, abbiamo finito di litigare?”
“Noi non finiremo mai di litigare, Granger.”
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Hermione seguì i solchi sulla neve lasciati dal passaggio di qualcun'altro prima di lei, e sfiorò con il braccio il tronco di un albero per darsi un minimo di stabilità.
Si sentiva in colpa per il fatto che lei potesse passeggiare così liberamente, pensando al fatto che Draco era tutt’ora costretto alla prigionia di quel minuscolo dormitorio, ma aveva proprio bisogno di una boccata d’aria fresca quel giorno.
Come al solito, il suo compagno di stanza era scivolato fuori dalla camera da letto per una doccia, e poi era sparito nella sua stanza, senza più dare alcun segno di vita. Forse l’aveva fatto per stare un po’ da solo a rimuginare sulla loro relazione e su quanto gli sembrasse assurda, oppure era soltanto andato via per recuperare qualche ora di sonno perduto… Hermione non ne aveva idea, ma non si azzardava a fare nessun tipo di domande del genere, non quando conosceva così bene il genere di sguardo che le avrebbe lanciato se ci avesse provato.
Hermione si avvolse in un incantesimo scaldante, prima di dirigersi verso una grossa roccia a forma quasi quadrata, dove si sedette ad ammirare il panorama circostante. Aveva ormai smesso di nevicare, e ad Hermione già mancava il familiare e infantile pizzicore dei fiocchi di neve che cadevano dal cielo, ma le nuvole scure quel giorno presagivano una nuova nevicata, ed Hermione si limitò a sospirare con quella piccola speranza in mente.
“Signorina Granger,” una voce matura la distrasse dai suoi pensieri. “Immaginavo che fossi qui.”
“Salve, Professoressa,” la salutò Hermione. “Si sta bene, all’aria aperta, non è vero?”
“Sì infatti, anche se preferirei avere qualcosa da fare al momento, che mi possa tenere occupata… Comunque, sembravi molto distante Hermione; qualcosa ti preoccupa?”
“Oh, non è nulla di grave,” la giovane strega scrollò le spalle fingendo indifferenza.
“Preferiresti che ti lasciassi in compagnia dei tuoi pensieri?” chiese la McGranitt, stringendosi nel suo copri spalle di flanella all passaggio di un colpo di aria gelida. “O ti andrebbe bene un po’ di compagnia che — in veste di anziana insegnante — sono disposta ad offrire?”
Hermione sorrise e batté la mano sullo spazio vuoto di fianco a lei. “Prego, si sieda pure.”
“Solo un istante,” la Preside puntò la bacchetta contro il masso su cui sedeva Hermione, evocando un incantesimo per ammorbidirne la superficie. “La mia schiena non è più così adattabile come una volta. Allora, che cosa ti turba Hermione?”
"Mi stavo chiedendo cosa stiano facendo Harry e Ron al momento, e se sono riusciti ad avvicinarsi almeno un po’ all’obiettivo," confessò lei. “E speravo anche che potessero, non so, godersi un po’ il Natale, per quanto possa essere possibile.”
“Sono sicura che il signor Weasley avrà trovato il modo di rallegrare l’atmosfera, con una battuta o una risata...dopotutto, è una dote di famiglia.” la rassicurò la preside con una risatina, mentre con lo sguardo osservava un punto lontano, forse ricordando con affetto tutti gli anni di scuola passati a sgridare ogni fratello Weasley che avesse mai messo piede ad Hogwarts.
“Non dovresti preoccuparti per loro. Se fossero nei guai o se avessero bisogno di sostegno, avremo modo di contattarli; Patronus, gufi e via dicendo.”
“Lo so,” annuì Hermione distrattamente. “Vorrei solo essere con loro.”
“Spero che tu non ce l’abbia con me per non averti permesso di accompagnargli, e per averti costretta a questa vita solitaria nel castello,” la McGranitt sospirò. “L’unica ragione che ha convinto Remus a lasciar partire i ragazzi è stata l’ultima promessa fatta da Harry; ci aveva assicurato che sarebbero andati via solo per una settimana. Se avessimo saputo che sarebbero spariti per così tanti mesi, nessuno di noi l’avrebbe permesso.”
“Io ero sicura che non sarebbero tornati dopo una settimana,” Hermione mormorò. “Harry era troppo determinato a trovare gli Horcrux, è troppo importante per lui.”
“Oh, devo ammettere che stanno andando bene, molto più di quanto avessi sperato,” sospirò la Preside. “Devi avere fede in loro, Hermione. Forse ho molto più bisogno del tuo aiuto qui, loro ce la faranno, sono sicura.”
La giovane si voltò per scrutarla, con sguardo pensieroso.
“Professoressa, mi scusi, posso farle una domanda diretta?” “Dipende dalla domanda.”
“Ecco,” Hermione cominciò, in imbarazzo. “Ovviamente le piacciono i bambini, oppure non sarebbe un’insegnante, e siete anche molto brava a dispensare consigli, quindi...mi chiedevo come mai non ha mai avuto figli suoi?”
“Ma io li ho, ho avuto tanti, tanti figli nel corso della mia vita,” la Preside continuò, divertita dall’espressione confusa sul volto di Hermione. “Alcuni mi hanno lasciato un bel ricordo, altri non proprio, ma hanno tutti un posto nel mio cuore.”
Hermione sorrise, capendo le parole dell’anziana strega. “I suoi studenti.”
“Certamente,” la McGranitt annuì. “Ed ogni tanto, arriva qualche studente ancora più eccezionale, che mi rende orgogliosa come qualsiasi altra madre.” Hermione arrossì grata per il complimento implicito, sentendo dentro di sé un’ondata di rispetto per il suo mentore. “La ringrazio, per tutto quanto.”
“Non c’è di che, Hermione.” La Preside si alzò, spazzando via qualche fiocco di neve dal suo mantello. “Ora, se vuoi scusarmi, devo incontrare il Professor Filius e Lumacorno per pranzo...ma prima che vada, vorrei chiederti un’ultima cosa.”
“Certo, di che si tratta?”
“Questa sistemazione con il signor Malfoy,” cominciò con voce misurata, ed Hermione cercò di non arrossire all’istante. “Ho notato che le cose sono...mutate tra di voi, e mi chiedevo se dovessi...preoccuparmi?”
Hermione si domandò se le sue labbra fossero troppo arrossate, o se si fosse dimenticata di nascondere uno dei lividi sul collo la cui forma poteva rimandare in modo sospetto alla bocca di Draco. Sperava che il suo linguaggio del corpo non la tradisse; le spalle che si stringevano e il tremoliò istintivo che l’aveva assalita nell’istante in cui la Preside aveva posto la domanda.
“No,” mormorò incerta, cercando di apparire rilassata. “Va tutto bene.”
Mentre la McGranitt le offriva uno sguardo leggermente più lungo del solito, si voltò e la salutò per andarsene, ed Hermione rilasciò un sospiro carico di tensione, sciogliendo il suo corpo come se fosse stato chiuso in precedenza in un nodo di ferro.
Cominciò a camminare, raggiungendo il porticato, al riparo dalla neve.
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Draco strinse la tazza di caffè appena fatto tra le mani, inalando il vapore intenso che ne scaturiva. Non aveva un sapore buono come quello della Granger, ma era comunque un risultato migliore di quelli che aveva provato a fare tempo prima...e se proprio voleva essere completamente onesto con se stesso, si sentiva stranamente orgoglioso per il fatto di essere riuscito a farsi una tazza intera di caffè senza bruciare tutto il dormitorio.
Tralasciando il fatto che avesse dovuto utilizzare un metodo Babbano per riuscirci, non si sentiva nè degradato nè stupido, semplicemente soddisfatto e rilassato al pensiero di poter riuscire a nutrirsi anche senza l’aiuto di qualcuno.
E se ci era riuscito, a parte i disastrosi tentativi iniziali, allora forse i Babbani non erano completamente ‘alieni’ come pensava…
Alzò la testa di scatto quando Hermione aprì il portone, entrando nella stanza; ricoperta di neve e con il volto tutto arrossato, ma comunque affascinante. Era leggermente preoccupante quanto Draco la trovasse attraente ora, anche avvolta nel suo piumino gigantesco e completamente infreddolita. L’unico particolare che non lo convinceva era la traccia di broncio che riusciva a vedere sul suo volto anche da quella distanza.
“Che cos’hai?” le chiese, forse un po’ troppo bruscamente.
“Niente,” Hermione sospirò con poca decisione. “Sono solo un po’ assonnata.”
“Che bugiarda,” la accusò lui, i suoi occhi attenti sempre puntati su di lei mentre si spostava sul divano. “Sei trasparente come un vetro a volte, Granger. E questa è una di quelle volte.”
“Non è nulla, davvero,” Hermione ribattè. “Forse sono solo un po’ triste perchè è passato il Natale. Gennaio sembra sempre così...diverso.”
“Non è ancora Gennaio.” commentò Draco, alzandosi dallo sgabello per raggiungerla. “Natale è appena passato, ieri.”
“Lo so,” annuì Hermione. “Ma so che quest’anno sarà terribile e io...vorrei che le cose fossero diverse.”
“Diverse..” ripetè Draco, pensando a quella parola con sguardo attento. Si sporse per catturare tra le dita un riccio che penzolava sulla fronte di Hermione. “Intendi che vorresti poter essere con Potter e Weasley.”
Hermione si avvicinò, abbandonandosi a quel tocco gentile. “Mi mancano,” confessò triste, “Come probabilmente a te manca la tua famiglia. Ma io..” Hermione non finì la frase e Draco notò un leggerò rossore spuntare sul suo viso. “Non vorrei mai...cancellare quello che è successo qui, tra di noi. Anche se significasse poter ricongiungermi con loro.”
Una spaventosa, pericolosa scossa di qualcosa che somigliava all’affetto lo colpì nello stomaco, e Draco continuò a giocherellare con la ciocca di capelli che teneva tra le dita.
“Cosa pensi che farebbero, se sapessero di noi?” “Non ne ho idea,” mormorò Hermione, chiudendo gli occhi e abbandonandosi sempre di più alla vicinanza del ragazzo. “Penso che urlerebbero e non mi parlerebbero per un po’, ma poi spererei che il loro amore per me li facesse capire, prima o poi, quello che provo e le mie ragioni. Comunque, mentirei se dicessi che loro non ti disprezzano.”
“E il sentimento è reciproco.”
“Anche tu mi disprezzavi un tempo,” disse Hermione, voltandosi e prendendosi un momento per ammirare gli occhi argentati del ragazzo. “E i tuoi amici, cosa farebbero loro se sapessero di me?”
“Granger, sappiamo entrambi che non sono i miei amici il problema,” disse Draco, muovendo le dita attorno alle frange del suo maglione. “I miei genitori mi rinnegherebbero, e non vedrei nemmeno un briciolo della mia eredità. Sai benissimo tutto questo. Sicuramente ti ricordi cos’è successo ad Andromeda.”
“Si, certo,” rispose lei, sfiorandogli il mento con tocco delicato. “Ci sono cose più importanti del denaro e della reputazione.” Le labbra di Draco schioccarono, con scetticismo.
“Forse nel tuo mondo, Granger.”
Qualche sera dopo, Hermione realizzò di aver perso il senso del tempo. Draco era più calmo e meno turbato, dopo l’uscita al lago la sera della Vigilia, ed Hermione non riusciva ad evitare di trarne un vantaggio, almeno per quanto riguardava la sua propensione alla vicinanza corporea, cosa che in questi giorni Draco approvava senza particolare resistenza.
Era rimasto nel suo letto la mattina in un paio di occasioni, ma Hermione non riusciva a capire se si trattasse solo di comodità o se davvero Draco desiderasse stare con lei il più possibile, come lei desiderava stare con lui.
Quella sera, i due ragazzi erano abbracciati sul letto di lei, Hermione coricata sul suo torso, mentre Draco dietro di lei, stringeva tra le mani un libro, avvolgendola tra le braccia. Attorno a loro, un doppio strato di coperte di lana proteggeva i due dal freddo che si estendeva tra le ampie mura del castello, e un lieve fischio fuori dalla finestra spaventò Hermione, che si strinse di più al petto di Draco. Lui non sembrava scocciato, lasciandosi solo sfuggire una risatina. Hermione girò la pagina di scatto per dispetto e Draco le pizzicò il fianco, ritrovando la pagina giusta.
“Non avevi già finito di leggerla questa pagina?” chiese Hermione, fingendo un tono innocente.
“Granger,” borbottò Draco, schiarendosi la gola impastata dal sonno, “Riesci ad essere straordinariamente irritante quando ti ci metti, sai?” Hermione sorrise, soddisfatta. “E cosa te lo fa pensare?”
“Intendi dirmi che la scelta del libro da leggere non è stata affatto intenzionale da parte tua?”
“Forse ho scelto senza pensarci, come fossi nel mio subconcio,” continuò Hermione divertita.
“Cazzate,” la accusò, divertito suo malgrado. “Due nemici che si accoppiano in segreto? Questa trama è tutt’altro che sottile, Granger.”
“Si da il caso che questo libro sia un classico della letteratura Babbana,” gli disse lei, voltandosi e dandogli un veloce bacio all’angolo delle labbra. “Posso girare la pagina?”
“Prego,” annuì Draco, restituendole un bacio in un punto particolarmente sensibile dietro all’orecchio. “Anche se mi sento di dire che questo tipo, questo Romeo è un po’ un coglione.” “Come mai?” “Beh, all’inizio era ossessionato con quella Rosalina,” cominciò a spiegarsi Draco, con tono critico. “Poi sposa questa Giulietta dopo averla conosciuta solo due giorni prima. E’ un coglione totale.”
“Concordo, la dinamica del loro incontro è molto veloce,” Hermione rispose, pensandoci su. “Ma il concetto di Romanticismo era molto diverso all’epoca,”
“Intendi dire che era poco realistico,” disse Draco. “Detto questo, sono abbastanza curioso di arrivare alla parte dove si uccide.”
Hermione alzò il sopracciglio confusa. “Come fai a sapere che si ucciderà?”
“E’ quel pezzo, all’inizio,” spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Dove dice ‘A pair of star-crossed lovers take their life', praticamente ti mostra tutta la trama in un secondo, Granger.”
“Ah, guastafeste.”
“Non incolpare me,” ribattè Draco, posando le labbra sul collo di Hermione. “Incolpa l’autore.”
Un violento colpo improvviso rimbombò nella stanza, seguito da un’esplosione di luce intensa fuori dalla finestra, facendo saltare entrambi i ragazzi sul posto. Hermione si mise una mano sul petto e Draco la strinse istintivamente, per proteggerla da qualsiasi cosa fosse.
Un’altro lampo di luce colorata scoppiò oltre il vetro delle finestre, ed Hermione notò le scintille rimanenti scendere verso il terreno.
“Fuochi d’artificio,” sospirò, sollevata. “Merlino, ho quasi perso dieci anni di vita!”
“L’ho notato,” la prese in giro Draco, rilasciando la morsa attorno ad Hermione. “Apri la finestra, vediamo cosa è riuscito a produrre il professor Flitwick quest’anno.”
Hermione lo fece, andandosi poi a sedere di fianco a Draco. Adorava i fuochi d’artificio magici, così diversi dal tipico spettacolo Babbano, e Flitwick non falliva mai nel dimostrare la sua fantastica creatività.
“Dev’essere la vigilia di Capodanno,” mormorò lei, comprendendo la situazione. Si voltò e notò dall’orologio che mancava esattamente un minuto alla Mezzanotte. “Baciami,” esclamò all’improvviso. Draco si voltò per guardarla, e i suoi occhi si strinsero sospetti davanti a quella reazione improvvisa. “Che cos—” “Baciami, ti spiegherò più tardi,” ripetè Hermione, stavolta con più urgenza nel tono. Afferrò dolcemente ma con decisione il volto di Draco tra le mani e lo spinse a se, unendo le loro labbra, e i loro destini, cercando di credere alla superstizione con tutta se stessa.
Draco, inizialmente esitante, la strinse dopo poco verso di se, posizionandola sul suo grembo e accarezzandola dolcemente dietro la schiena, un gesto che fece rabbrividire Hermione, con un’intensità inaspettata. Gemettero entrambi rilasciando un sospiro agitato, quando le loro labbra si aprirono e lasciarono che il loro bacio si intensificasse, incollando i loro corpi gli uni agli altri.
Entrambi non l’avrebbero mai ammesso, ma avrebbero tranquillamente potuto rimanere così per ore.
Quando si separarono, Hermione eliminò l’improvviso senso di mancanza guardando l’orologio, scoprendo che il suo intento era riuscito. Era mezzanotte.
Si voltò a guardare Draco, notando gli scintillii colorati riflettersi nei suoi occhi chiari, in attesa di una spiegazione.
“Che cos’è stato?” chiese, confuso.
“E’ una tradizione Babbana,” spiegò Hermione, cercando di non farla sembrare una cosa sciocca agli occhi di Draco. “Significa...che voglio passare l’anno con te...significa che tu sei importante in questo momento...significa…” Hermione sospirò. “Non significa nient’altro. E’ solamente qualcosa che noi Babbani facciamo sempre quando possiamo il giorno di Capodanno.”
Vedeva benissimo che il Serpeverde di fronte a lei non era totalmente soddisfatto dalla sua spiegazione, come se percepisse che c’era qualcosa di più, ma non disse niente e nemmeno Draco.
“I Babbani sono davvero strani,” concluse, gesticolando verso di lei per indicarle di ritornare alla posizione in cui erano prima, con lei avvolta nel suo grembo. “Andiamo Granger, sono abbastanza curioso di sapere che cosa succederà a quei due sfortunati amanti del libro.”
Hermione a malapena riuscì a sopprimere un brivido di tristezza. “Sai già cosa succede...moriranno.”
Hermione lasciò scivolare le sue dita tra le pagine dell’enorme libro che stava consultando, cercando disperatamente tra le righe qualsiasi parola che potesse rimandarla agli Horcrux. Prese in mano altri due libri, per sicurezza, e uscì dalla stanza, tornando verso il dormitorio.
Quella mattina si era svegliata sola, e aveva deciso che fosse il momento migliore per fare una breve ricerca in libreria, lasciando a Draco tutto il tempo che gli serviva per riemergere dalla sua stanza.
Le vacanze invernali non erano ancora terminate, così i corridoi erano praticamente deserti, fatta eccezione per i respiri affannati di Hermione e lo scalpiccio dei suoi stivaletti.
Poi vide una figura avvicinarsi e, a mano a mano che i suoi contorni si facevano più definiti, riconobbe la professoressa McGranitt. Camminava talmente veloce verso di lei, che sembrava quasi una corsa, con il cappello elegante sulla testa che le ondulava ad ogni passo.
“Signorina Granger, eccola finalmente!” la Preside ansimò, pronunciando quelle parole a fatica. “Devo parlarle.”
Ansia e apprensione comparvero istantaneamente in quel minuscolo scambio, ed Hermione si sentì improvvisamente pesante, sotto il peso della cattiva notizia che stava per uscire dalla bocca dell’anziana strega.
“Qualcosa non va?”
“Temo di sì, signorina Granger,” ammise la donna, con tono grave. “Andiamo nel mio ufficio, ti spiegherò tutto.” Hermione non ebbe il tempo di protestare, seguendo a ruota i passi decisi della McGranitt, ma non rinunciò ad insistere. “Di che si tratta, Professoressa?”
L’unica risposta che ricevette fu il totale silenzio, accompagnato dal suono dei loro passi frenetici. “Professoress—”
“Devo mostrartelo,” la chiamò, oltre le sue spalle. Il cuore di Hermione non si trovava più nel petto ormai, ma incastrato in gola, pulsante come una bomba pronta a scoppiare.
Entrarono nell’ufficio e la McGranitt indicò la sedia di fronte a lei con dita tremolanti. “Siediti.” “Preferisco stare in piedi. Che cosa è successo? Mi sta spaventando!”
La McGranitt le offrì un breve cenno di scuse prima di porgerle la prima pagina della Gazzetta del Profeta del giorno. Hermione la prese, cercando di calmarsi a sufficienza per poter riuscire a distinguere le macchie bianche e nere che vedeva impresse nella pagina di fronte a lei. Scorse brevemente i titoli e si focalizzò su una scritta pesante, al centro della pagina, quasi non riuscendo a capirne il contenuto, non subito almeno….le ci volle qualche secondo per riuscire a comprendere la gravità di quello che aveva appena letto.
Alzò lo sguardo verso la Preside, sentendo le lacrime affiorare prima di poterle fermare. “Tutti-...sono tutti morti?” “Sì,” rispose la professoressa.
“Mi dispiace molto Hermione, ma credo che sia arrivato il momento.”
A/N: Scusateeee! Ci ho messo una vita mi dispiace moltissimo! L’ho ripresa in mano oggi e ho finito all’istante questo capitolo, non volendo sprecare tempo in più, perciò scusate se vedete qualche errore di battitura :) Spero che non mi odiate! Io vi voglio tanto bene per tutti i bellissimi commenti che mi avete lasciato!
A presto stavolta!
Alice
|
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Capitolo 20 *** Lacrime. ***
A/N:
Dopo ventimila ere
geologiche, ho ritrovato questo file sul mio drive, ed ora eccomi qui
con il ventesimo capitolo tradotto! Sono sicurissima che molte persone
saranno giustamente andate avanti con la propria vita, dimenticandosi
di questa storia, ma spero che qualcuno ancora ci sia e che possiate
apprezzare questo aggiornamento! Mi scuso per essere sparita, non ho
mai trovato il tempo di ripescate questa piccola impresa, ma vorrei
vederla completa un giorno, chissà ;)
Vi lascio qui la nota dell’autrice originale tradotta, come
penso farò d’ora in poi, perchè mi sono
ricordata che suggeriva moltissime belle canzoni all’inizio
di ogni capitolo, così potrete avere un’esperienza
completa nella lettura di questa fanfiction.
Trad.
“Se posso suggerire una canzone, e ho il sospetto che si
tratti di un brano già molto apprezzato tra di noi fan,
visto che è presente nella colonna sonora di Deathly Hallows
parte 1. Penso che la conosciate già, “O
Children” di Nick Cave. Adoro questa canzone, e non appena ho
scoperto che era entrata a far parte del film...gahhh...orgasmo
mentale. Nonostante io sappia che l’interpretazione della
canzone sia un po’ oscura, ho sempre pensato che parlasse di
quanto i figli degli adulti siano sempre le vittime innocenti di
qualsiasi guerra, perciò penso si adatti bene a questo nuovo
capitolo. Se qualcuno avesse altre idee, mi faccia sapere nei
commenti!”
Chapter
20: Lacrime
Hermione lesse il paragrafo sul giornale per quella che sembrava essere
la centesima volta, incapace di mettere a fuoco le parole, di
comprenderle.
Il suo sguardo era incollato su una fotografia in particolare tra
quelle che riempivano la prima pagina; ritraeva la famiglia
Finch-Fletch leys —i genitori di Justin— in posa
davanti alla stazione di King’s Cross appena un paio
d’anni prima, quando lei stessa li aveva visti per
l’ultima volta.
Alzò il mento e mise a fuoco a fatica il volto provato della
professoressa McGranitt, sulla lingua una domanda fondamentale, ma
impossibile da pronunciare.
“Justin è—”
“È vivo,” si affrettò a
rispondere lei. “Era in visita dai suoi nonni durante
l’accaduto.”
“Oddio, Justin,” Hermione faticò a
reprimere un singhiozzo. “S-sarà
devastato…”
Lo sguardo le si posò sulle altre fotografie del giornale,
le persone ritratte sorridenti, in movimento, quasi impossibili da
fissare a lungo. Ognuna di quelle foto raffigurava coppie felici e
gioiose, mariti e mogli Babbani, sorrisi che — alla luce
degli ultimi eventi — nascondevano il peso della
consapevolezza del loro futuro.
Ogni singola persona, ogni vita vissuta, sparita in una sola
settimana...tra Natale e Capodanno.
L’articolo di giornale non si era risparmiato nemmeno nel
descrivere le cause del decesso, anticipato da ore ed ore di
maledizione Cruciatus, quando anche gli ultimi sospiri estratti non
servirono più, le loro vite non più utili.
Dispensabili.
Hermione non conosceva di persona quelle famiglie, ma era a conoscenza
delle loro storie.
“Sono tutti genitori di ragazzi nati Babbani, non
è vero?” domandò, senza alcun bisogno
di sentirne la risposta.
“Sì,” la McGranitt annuì,
faticando a sostenere lo sguardo della giovane. Hermione non
riuscì a ricordare un momento in cui la sua professoressa di
sempre avesse mai faticato tanto nel mantenere la sua statuaria
compostezza.
“C’è stata anche un effrazione alla
residenza dei Creevey, sicuramente anche loro presenti nella lunga
lista di Babbani da eliminare. Per un caso fortuito, l’intera
famiglia si trovava in viaggio, riuscendo a sfuggire
all’attacco.”
Hermione osservò un’immagine che prima non aveva
notato; due ragazzini, non più grandi di quindici anni,
frequentanti la scuola di magia in Galles, Bryn Glas. Una lacrima si
depositò sui loro volti ingialliti dalla carta, deformandone
i contorni.
Torturati e uccisi, insieme ai genitori.
“Sono così giovani—”
mormorò. “Troppo giovani.”
“Fatico a comprendere che sia accaduto realmente,”
la McGranitt posò la mano sulla spalla di Hermione,
stringendo leggermente le dita ossute, una calda, ferma rassicurazione
silenziosa. “Nessun essere umano può mai dirsi
preparato a questo genere di orrori, nemmeno quando li ha
già visti accadere una volta. I Mangiamorte—, non
pensavo potessero arrivare a tanto, ancora una volta.”
“Dovremmo poter fare qualcosa,” Hermione
faticò ad alzare la voce, “Dovremmo avere un
piano—”
“C’è solamente un piano di cui vorrei
discutere con te al momento,” la interruppe la Preside.
“Si tratta del piano che tu stessa mi hai proposto, appena
due settimane dopo l’inizio dell’anno
scolastico.”
“Intende il piano di Obliviare i miei genitori e fare in modo
che fuggano dal paese.” Hermione confermò le
parole della Preside, lo sguardo fisso fuori dalla finestra appannata
dalla pioggia, le dita tremanti e il volto pesante, denso di lacrime.
“Ricordo perfettamente il piano.”
La McGranitt trattenne il respiro.
“Hermione—”
“Hanno sempre voluto visitare
l’Australia,” la interruppe lei, distante, le
parole pronunciate quasi senza alcun suono. “Penso...penso
che sarebbero al sicuro laggiù.”
“Comprendo che non sia una decisione facile,”
l’anziana strega corrugò la fronte, sostenendo lo
sguardo di Hermione con i suoi occhi pungenti, celati in maniera quasi
impercettibile da un velo di lacrime. “Ma la situazione sta
degenerando, senza alcun controllo. Al momento, temo che non potremmo
fare altro per mettere al sicuro—”
“Speravo di non dover arrivare a questo,”
confessò Hermione, lasciando che nuove lacrime le
scivolassero sul viso. “So che questa è
l’opzione più sicura, è molto meglio
per loro non sapere...ma è...la cosa più
difficile che abbia mai immaginato di dover fare.”
“Hermione,” la Preside strinse la presa sulla
spalla della giovane, camminando in fronte alla sua figura incurvata
per poterla accogliere in un raro abbraccio. “Forse potrebbe
esserci una via alternativa, forse potremmo—”
“No,” replicò Hermione, la sua risposta
attutita dalla pesante mantella di lana della Preside. “No,
devo essere io a farlo. Sono i miei genitori, lo sono ora e lo saranno
sempre.” Esitò per un secondo
sull’ultima parola, portandosi istintivamente un dito verso
le labbra, torturando nervosamente l’estremità di
un unghia, come faceva da piccola nei momenti in cui perfino le parole
non sapevano descrivere il suo stato d’animo.
“E così sia. Farò tutto ciò
che è in mio potere per poterti essere d’aiuto,
Hermione,” la McGranitt promise, allentando la presa sul loro
abbraccio e scrutando la giovane strega con infinita ammirazione.
“Comprendo la difficoltà che questo gesto
comporta, ma devo dirti Hermione che sarebbe più saggio
poterlo fare il più presto possibile.”
Hermione faticò a rilasciare un singhiozzo.
“Quanto presto?”
“Domani,” annuì la Preside con un
sospiro. “Alle prime luci del mattino, prima ancora che sorga
il sole. Avevo pensato alla possibilità di poter partire
questa sera, ma non credo tu sia nelle condizioni migliori per eseguire
un incantesimo così potente, nonostante le tue
capacità…”
“Sì, certamente…” Hermione
annuì assente, “Lì
convincerò instillando in loro il desiderio di trasferirsi
in Australia, gli darò una nuova identità,
farò in modo che— che si dimentichino di
me…”
"Hermione, tu sai che una volta messo in atto l’incantesimo,
non potrai dire a nessuno dove trovarli, nemmeno a te stessa."
"Lo so."
"Hermione," la Preside sospirò, incontrando lo sguardo della
giovane strega. “Se solo ci fosse un’altra opzione
per garantire la sicurezza dei tuoi genitori—”
“Ma non c’è,” disse lei.
“Va bene, Professoressa. Sapevo quali fossero i rischi quando
le ho esposto il piano. So cosa sto facendo.”
La McGranitt abbassò il viso, abbattuta. “Molto
bene,” dichiarò. “Se ti presenterai nel
mio ufficio domani mattina prima delle sei dovremmo riuscire a farti
uscire dal castello inosservata. Ci
Materializzeremo—”
“Qualsiasi cosa, farò quello che serve.”
Hermione mormorò, ritrovandosi senza alcuna forza per dire
altro. “Dovrei—dovrei andare…”
“Vorresti rimanere ancora per poco? Per riuscire a
riprenderti?” la Preside offrì un posto sulla
vicina poltrona con mani tremanti. “Forse una tazza di
tè e dei biscotti potrebbero—”
“Aiutarmi? Non credo, Professoressa.”
“Lasciami almeno offrirti qualcosa da mangiare, sembri aver
perso parecchia energia—”
“Sto bene,” ribattè Hermione, alzandosi
a fatica dall’antico sgabello cigolante.
All’improvviso, l’enorme ufficio della Preside
sembrava essersi ristretto irreparabilmente, stringendo Hermione in una
morsa fatale, così come i suoi polmoni riuscivano a stento
ad espandersi nel petto. “Dovrei ritirarmi, ripassare
l’incantesimo, e
dovrei—dovrei…”
“Hermione,” disse la McGranitt alle sue spalle,
prima che potesse uscire da quella stanza buia e asfissiante.
“Andrà tutto bene.”
Hermione trasalì alle parole d’incoraggiamento, e
si chiese cosa spingesse le persone ad augurarsi così
prontamente promesse tanto futili e inconsistenti nei momenti
più bui. Lei era una persona troppo razionale per poter
anche solo tentare di rimanere ottimista, e sapeva benissimo che la
possibilità che l’incantesimo della Memoria
potesse essere rimosso era pari al cinquanta percento, senza inoltre
considerare la possibilità che la guerra fosse vinta dalla
metà giusta, e che lei riuscisse effettivamente a ritrovare
i suoi genitori, in un futuro talmente lontano che immaginarlo era
quasi impossibile.
Il dubbio più atroce era un’altro; se lei fosse
morta in questa guerra, i suoi genitori avrebbero mai, anche solo in un
infinitesimale angolo del loro cuore, sentito la sua mancanza?
“Sarò puntuale domani, Professoressa.”
mormorò Hermione. “Buonanotte.”
Hermione si precipitò fuori dalla stanza prima che la
McGranitt potesse trovare altri modi per consolarla, le gambe che a
fatica la reggevano in piedi in una corsa disperata verso il dormitorio.
Corse attraverso i corridoi deserti, noncurante delle ombre sinistre e
dei sospiri che il vento rilasciava attraverso le antiche mura.
Arrivata di fronte al portone, borbottò incoerente la parola
d’ordine, grata che l’incantesimo avesse colto le
sue parole al primo tentativo.
Si chiuse la porta alle spalle con un colpo secco, sconvolgendo per un
terrificante secondo le vetrate di tutto il dormitorio. Hermione
trattenne il fiato, sperando che Draco non si insospettisse ed
emergesse dalla sua stanza.
Finalmente sola, si strofinò gli occhi noncurante del
rossore che già le bruciava il viso appesantito dagli eventi
che una singola testata di giornale era riuscita a provocare. Si
strinse le dita dietro la nuca, sforzandosi di non piangere,
sforzandosi di respirare...
Era così arrabbiata con se stessa; questa sua idea, tanto
semplice quanto impensabile… avrebbe dovuto prepararsi
meglio all’eventualità che arrivasse questo
momento, il momento in cui avrebbe dovuto dire addio ai suoi genitori
per sempre…
Il peso di ciò che stava per fare formò una morsa
asfissiante sul suo cuore, ed Hermione si chinò in avanti,
cercando di trovare un senso a tutto ciò.
Tutti coloro che possedevano un posto nel suo cuore se ne stavano
andando uno dopo l’altro, Harry, Ron, i suoi
genitori… Era impensabile pensare a quali nomi si sarebbero
aggiunti alla lista di lì a poco…
“Granger?” la voce di Draco la scosse dai suoi
pensieri. “Che cosa fai lì al buio?”
Hermione si raddrizzò, cercando di asciugarsi le lacrime
senza che gli occhi di Draco percepissero il movimento.
Si trovava sul ciglio della porta, studiandola con occhi sospettosi che
la fecero sentire vulnerabile e completamente spoglia di fronte a lui,
come se potesse leggere, anche solo guardandola, tutto quello che lei
stava tentando disperatamente di nascondergli.
“Nulla,” sussurrò lei, schiarendosi la
gola non senza attirare una leggera alzata di sopracciglio da parte del
giovane che le stava di fronte. “Nulla, io stavo
solo—
“Non sembra così irrilevante come dici,”
Draco commentò, insicuro su quanto potesse scavare senza che
Hermione si indurisse a tal punto da impedirgli di scoprire qualunque
cosa fosse successa. “Mi è sembrato di vedere
delle lacrime sul—”
"No,” ribatté lei all’istante. Troppo
velocemente. Evitò il suo sguardo inquisitore e si
avvicinò alla sua stanza. “Devo occuparmi di
alcune cose—”
"Un momento,” rispose Draco, più svelto nel
raggiungere la porta. “Mi stai nascondendo
qualcosa—”
"Lasciami passare—”
"No," rispose lui, deciso. "Non mentirmi—”
"Draco, lo giuro," lo avvisò lei, seppur con voce debole.
"Se non mi lasci passare—”
"Dimmi soltanto che cosa ti è accaduto," persistette lui,
tentando di immettersi tra lei e la parete. "Qualcuno ti ha fatto del
male? Sei stata ferita?"
"No, Draco," Hermione scosse la testa, indietreggiando. "Spostati, ti
prego—”
"Non finchè non mi dici che cosa è
successo—”
"LASCIAMI ANDARE!" urlò lei, scacciando via la mano di Draco
appoggiata alla maniglia. "PERCHÉ NON VUOI ASCOLTARMI?"
"Si può sapere qual’è il tuo problema?"
urlò di rimando lui, la confusione negli occhi. "Ho soltanto
chiesto—”
"Non farlo!" ribatté lei, approfittando della distanza di
Draco dalla porta per riuscire ad entrare nella sua stanza.
“Vorrei soltanto essere lasciata sola—”
"BENE!"
Draco ribatté a voce più alta
dall’altra parte della parete, il suo tono acceso dalla
sensazione di rifiuto. “SE VUOI RIMANERE SOLA, ALLORA RIMANI
CHIUSA LI DENTRO SENZA DIRE UNA PAROLA! PERFETTO!”
Hermione sbattè la porta con un colpo definitivo, mormorando
sottovoce un incantesimo silenziatore. Sentiva che la tristezza provata
poco prima nell’ufficio della Preside stava ritornando,
più intensamente di quanto potesse immaginare; Draco non
avrebbe mai potuto comprenderla.
Non poteva affrontare anche lui in questo momento; doveva concentrarsi
al massimo sulla questione più importante, perciò
rifiutò che i suoi pensieri si impantanassero ulteriormente,
non quando sua madre e suo padre stavano per dimenticarsi per sempre
della sua esistenza.
Priorità,
priorità, priorità.
Inspirò a fatica, sentendo le prime lacrime porsi sulle sue
guance ancora umide. Cercò di ignorare l’istinto
di soccombere alla propria debolezza e afferrò il libro di
incantesimi, sfogliando le pagine con dita tremanti.
Aveva letto quei volumi antichi milioni di altre volte, i paragrafi
sbiaditi dal tempo, le pagine dalle orecchie piegate e consunte dal
passaggio di ogni studente nel corso del tempo, con la presunzione di
conoscere ad occhi chiusi qualsiasi formula.
Quella sera, tuttavia, nessun incantesimo sembrava rimanere impresso
nella sua memoria per più di pochi secondi, ogni passaggio
sfocato davanti ai suoi occhi lucidi, letto un milione di volte senza
mai acquisire un significato.
Hermione fece tutto il possibile per rimanere composta e concentrata,
nonostante alcune lacrime testarde tradissero il suo tormento.
Quando, a mezzanotte, decise di aver fatto tutto il possibile per
prepararsi, si rifugiò sotto al piumone senza neanche
trovare la forza per spegnere la luce.
I suoi movimenti, apatici e inerti, mentre cercava di riporre il
pesante libro sul tavolo a fianco del letto, si interruppero di scatto
mentre Hermione rilasciava l’ultimo sospiro carico di pianto
di quella serata.
Strinse le palpebre, cercando di non pensare al fatto che i suoi
genitori si sarebbero dimenticati della sua esistenza entro sei ore...
La sua mente scivolò alla sua conversazione con Draco, quasi
accidentalmente, chiedendosi se avrebbe potuto far andare le cose
diversamente.
Non sapeva se avesse fatto la scelta giusta ad allontanarlo, ma
ciò di cui era certa era che quella notte più che
mai, la solitudine sarebbe tornata a farle visita.
***
Draco picchiettò nervosamente le dita contro il ruvido legno
della scrivania.
Lo scontro con la Granger lo aveva lasciato in uno stato di
inspiegabile frustrazione, costringendolo ad attraversare futilmente la
minuscola stanza da letto a grandi passi, avanti e indietro, in un
inutile tentativo di sfogo.
Non sapeva quale parte del loro scambio assurdo lo avesse innervosito
di più; il modo in cui lei lo aveva trattato, o il fatto che
non avesse la più pallida idea del perchè la
Granger fosse tornata nel loro dormitorio in quello stato.
Diamine,
quanto avrebbe voluto avere con sé la sua bacchetta in quel
momento.
Gli sarebbe bastato un semplice incantesimo per poter scavalcare
quell’inutile porta chiusa e pretendere una spiegazione,
nonostante ancora cercasse di nascondere a sé stesso il
forte senso di protezione che si celava dietro questo suo bisogno di
risposte.
La sola idea che qualcuno potesse averle fatto del male, fisicamente o
emotivamente, lo scaldò a tal punto da fargli pulsare il
sangue nelle vene.
Non aveva idea da dove venisse questo intenso bisogno di sapere se la
Granger fosse in pericolo, ma lo stava facendo impazzire.
Aveva bisogno di sapere chi, o cosa, l’avesse sconvolta a tal
punto da impedirle di parlare con lui.
Doveva saperlo.
I suoi occhi glaciali studiarono amareggiati la sua stanza vuota.
Aveva passato sempre meno sere da solo nella sua stanza e quando
accadeva, si trattava di una decisione volontaria, dettata dal
buonsenso e dalla necessità di separarsi almeno per un
momento dalla presa che la Granger aveva sulla sua sanità
mentale.
Le proteste nella sua mente si facevano sempre più flebili
col passare del tempo, e il pensiero di passare la notte in completa
solitudine quella sera, lo fece sentire freddo e irrigidito.
Appoggiò con rassegnazione la fronte alle nocche e
rilasciò un pesante sospiro.
Ebbe come la sensazione che quella notte gli incubi sarebbero tornati a
fargli visita.
***
Il colore del cielo mattutino attraversava una tenue sfumatura di
viola, nell’esatto momento in cui la McGranitt le
materializzò entrambe all’inizio della strada dove
Hermione aveva passato tutta la sua infanzia.
Si riusciva a sentire il cigolio distante della bicicletta che
consegnava i giornali, le voci soffuse e sovrapposte delle massaie che
si salutavano dalle rispettive finestre, il borbottio irregolare del
vecchio furgoncino che distribuisce il latte nel quartiere.
Il pesante strato di neve che si adagiava su qualsiasi cosa, il pallido
grigiore di quella fredda giornata, e il dolore che scalfiva il suo
cuore, quasi impedirono ad Hermione di compiere i suoi prossimi passi.
Scorse la sua casa al di là della strada, sorpresa nel
vedere le luci della cucina già accese a quell’ora
del mattino. Sapeva che i suoi genitori erano persone mattutine, ma in
cuor suo, avrebbe sperato di poter compiere la sua missione mentre si
trovavano ancora immersi in un profondo sonno inconsapevole.
"Sei sicura di potercela fare, Hermione?" le chiese la Preside, il
volto coperto da un pesante mantello scuro.
"Sono sicura," annuì Hermione, lo sguardo fisso verso la
porta principale
La McGranitt sospirò, stringendo la spalla di Hermione.
“Molto bene,” disse. “Rimarrò
in questa posizione, per quando sarai di ritorno. Se hai bisogno di
aiuto, se senti di non potercela fare da sola—”
“Ce la farò,” rispose Hermione.
“Tornerò presto.”
Inspirò a lungo, fino a riempirsi i polmoni della gelida
aria mattutina, prima di materializzarsi nella sua camera da letto con
un colpo secco.
Ogni cosa era come l’aveva lasciata l’ultima volta;
il suo letto perfettamente piegato, la sua fedele coperta di pile
colorato ai piedi del letto, gli unici libri che non si trovavano nel
suo dormitorio ad Hogwarts, impilati in una pila ordinata sul comodino.
Hermione si leccò le labbra distrattamente, studiando i
poster rimasti attaccati alla testata del suo letto sin da quando aveva
dodici anni, e l’ostinata macchia di succo di frutta rimasta
impressa sulla moquette, reduce dal momento in cui aveva scoperto di
possedere poteri magici.
L’intera stanza era piena di ricordi, pensieri del passato.
Il pensiero sconvolgente di quello che stava per fare fu interrotto da
un movimento ai piedi del suo letto.
“Crooks,” sussurrò lei, la voce carica
di affetto, inginocchiandosi e prendendo in braccio il morbido gatto,
stringendolo al petto. “Mi sei mancato, piccolo.”
Il gatto color carota acceso strusciò il muso contro la sua
guancia, le sue fusa un sottofondo nostalgico che la riportarono alle
lunghe serate d’estate, passate nell’attesa del
ritorno ad Hogwarts.
"Tornerai a vivere con me al castello," gli disse, ponendogli un
leggero bacio in mezzo alle orecchie prima di sentire i passi dei suoi
genitori al piano di sotto. “Ora ho bisogno che tu esca,
Crooks, va bene? Ti verrò a prendere presto, coraggio
vai...”
Hermione adagiò Crookshanks sul piumone, osservandolo mentre
saltellava via dalla stanza con movimenti languidi e silenziosi. Diede
un ultimo sguardo alla sua camera e si diresse verso il corridoio,
trattenendo a stento le lacrime.
Attuò un incantesimo silenziatore per celare i propri passi,
scendendo le scale, accarezzando con la punta delle dita le vecchie
fotografie appese al muro.
Le voci dei suoi genitori trascinarono Hermione come un incantesimo
verso il salotto.
Il sottofondo familiare del notiziario televisivo riempì
istantaneamente la stanza, ed Hermione si voltò verso il
salotto, trovando i suoi genitori seduti sul divano, mentre si
versavano il solito the mattutino e ascoltavano le ultime notizie.
L’odore di toast bruciacchiato le riempì le
narici, ricordandole quanto potesse essere maldestro suo padre a volte
— soprattutto nel preparare la colazione — e di
come sua madre mangiasse tutto senza lamentarsi perché gli
voleva troppo bene per farglielo notare.
Hermione esitò sul ciglio della porta, paralizzata
dall’angoscia. Cercò di scacciarla via, per avere
la mente il più libera possibile. Voleva farlo subito, prima
che potessero accorgersi della sua presenza e imprimere i loro sguardi
confusi per sempre nella sua memoria.
Finalmente, alzò la mano tremante e strinse la presa sulla
bacchetta, preparandosi.
“Vi amo così tanto, così
tanto—” sospirò, la sua voce coperta dal
volume della televisione. Una singola lacrima si fece strada sul suo
viso nell’esatto momento in cui Hermione chiuse gli occhi e
si concentrò sull’incantesimo con tutta la forza
che possedeva.
"Obliviate."
Non avrebbe voluto farlo, ma non riuscì a non aprire gli
occhi subito dopo; vide scomparire se stessa dalle fotografie
appoggiate al caminetto quasi all’istante, come se potesse
fisicamente sentire se stessa rimossa dalla memoria dei suoi genitori.
Sapendo di aver a disposizione solo pochi minuti prima che la loro
nuova memoria prendesse forma e nuove informazioni si creassero,
Hermione rimase comunque pietrificata vicina alla porta del salotto.
La tentazione di sporgersi verso di loro e dargli un ultimo abbraccio
d’addio era talmente forte, e ci volle ogni briciolo di
autocontrollo per riuscire a staccare gli occhi da quella scena.
Hermione si poggiò una mano sulla bocca e accarezzando
l’aria, la sporse verso i suoi genitori. “Prometto
che vi troverò quando tutto sarà
finito.”sospirò, voltandosi e chiudendo la porta
d’ingresso alle sue spalle.
Era tutto finito.
Niente più famiglia. Niente più Harry e Ron.
Guerra.
Cercò di crollare al suolo al pensiero di non avere
più una famiglia che sapesse di lei e le volesse bene, il
pensiero di aver dovuto dire addio alla sua infanzia così
bruscamente…
Crookshanks la aspettava paziente seduto sul muretto
d’ingresso, il muso leggermente piegato quasi mostrando
preoccupazione.
Piegandosi per accoglierlo tra le sue braccia, lo strinse come non mai,
mentre si voltava a guardare per l’ultima volta la sua casa.
Sentiva che il suo corpo non avrebbe potuto sopportare ancora per molto
i suoi gemiti soppressi, ma vedendo la McGranitt che la aspettava in
fondo alla via, decise di aggrapparsi a tutta la forza che aveva in
corpo per non crollare.
“È stato molto veloce,” la professoressa
commentò, estendendo il braccio e dando a Crookshanks un
leggero buffetto. “Com’è
andata?”
“Bene,” rispose Hermione. “È
andato tutto come previsto.”
“Come ti senti?”
“Sto bene”, mentì, alzando il mento per
dare più convinzione alle sue parole. “Dovremmo
tornare indietro prima che qualcuno possa vederci.”
***
Hermione si scusò velocemente e corse verso il dormitorio,
cercandi disperatamente un po’ di solitudine, per
allontanarsi il più possibile dallo sguardo pieno di pena e
commiserazione che la McGranitt continuava a rivolgerle da quando erano
tornate al castello. L’unica cosa che desiderava in quel
momento era di chiudersi in una stanza nel mezzo del nulla e urlare a
squarciagola, fino a non avere più voce, ma le gambe le
cedettero non appena mise piede nel dormitorio.
Crookshanks balzò giù dal suo grembo mentre
Hermione si accasciava al pavimento, lasciandosi scivolare contro la
pesante porta di mogano. Si strinse le gambe al petto e
abbandonò la fronte alle ginocchia, arrendendosi
all’inevitabile consapevolezza di ciò che era
appena accaduto, piangendo senza controllo. Il gatto le
strofinò il muso contro i jeans, i suoi miagolii che
coprivano appena i suoi singhiozzi, ma lei lo notava a malapena, il
volto coperto dai jeans ormai zoppi di lacrime, cercando invano un
qualsiasi pensiero felice a cui aggrapparsi.
Draco la trovò in quello stato, una figura distrutta e
tremante che lo immobilizzò sul colpo. Il suo innato
pregiudizio si scontrò ancora una volta con la forza di
questo nuovo sentimento, una battaglia silenziosa nella sua testa, ma
all’ennesimo singhiozzo della ragazza, i suoi piedi balzarono
in avanti senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto, o di
contestare il motivo del suo gesto.
Si accasciò di fianco a lei e la studiò
titubante, cercando un qualsiasi indizio sul suo stato
d’animo, ma l’unica cosa che riusciva a notare fu
la grossa massa di pelo arancione ai suoi piedi.
“Sei ferita?” mormorò dubbioso, ma lei
non gli diede nessun segno di aver percepito la sua presenza.
“Granger, cosa c’è che non va?”
Niente. Nemmeno un cenno.
Draco raccolse ogni briciolo di pazienza che poteva riuscire a
mantenere, scostandole lentamente qualche riccio scomposto dagli occhi,
così da poter vedere meglio il suo viso. C’era
qualcosa di profondamente impenetrabile nella sua espressione
devastata, qualcosa che gli fece sentire uno spasmo inspiegabile allo
stomaco, e lo sconvolse a tal punto da non riuscire quasi a
comprenderlo.
"Granger," Draco provò di nuovo. “Di che si
tratta?"
Ancora nulla.
Con uno sbuffo pieno di frustrazione, lasciò che le sue dita
le accarezzassero leggermente il collo con movimenti lenti e
rassicuranti. “Hermione,” sospirò.
“Dimmi cosa vuoi che faccia.”
Finalmente, vide qualcosa; una minuscola scintilla nel suo sguardo
perso gli fece capire che l’aveva sentito. Trattenne il fiato
mentre lei si voltò quasi impercettibilmente, mormorando
parole incomprensibili.
“La mia...la mia stanza...” riuscì a
dire con voce flebile.
“D’accordo,” mormorò Draco,
prendendole il braccio e poggiandolo gentilmente sulle sue spalle, una
mano sulla sua schiena e una al di sotto delle ginocchia.
Si alzò in piedi portandola con sé, tenendola
stretta mentre si dirigevano verso la sua stanza.
Ogni suo sospiro e gemito vibravano contro il suo petto mentre Draco
faticava a dirigerla verso il bagno e poi verso il letto.
Si sedette sul bordo, osservando Hermione chiudersi in se stessa come
un riccio, il corpo rivolto verso la parete opposta, impenetrabile.
“Voglio...stare s-sola.” Gemette Hermione, notando
appena Crookshanks balzare sul letto e raggomitolarsi ai suoi piedi.
Draco strinse le labbra. “Granger, non penso che
sia—“
“Per favore, Draco.”
La disperazione nella sua voce lo fece rabbrividire, così
decise di allontanarsi lentamente da lei e assecondare la sua
richiesta, voltandosi per uscire dalla stanza. Rimase sul ciglio per un
secondo, voltandosi oltre le spalle e osservando Hermione raggomitolata
in se stessa. Ebbe la sensazione, in quel momento, di non aver mai
avuto così tanta consapevolezza nei confronti di
un’altra persona prima d’ora.
Che Salazar potesse fulminarlo, non sarebbe più riuscito a
fare altrimenti ormai.
Scuotendo leggermente il capo, chiuse la porta alle sue spalle,
chiudendo la Granger nella stanza, riuscendo a sentire deboli gemiti
provenire dall’altro lato della parete.
Quel pianto lo perseguitò per il resto della giornata.
***
Erano quasi passate le tre del mattino quando Draco decise che ne aveva
abbastanza.
Dopo aver passato ore intere in attesa di un segnale, pensando ad ogni
spiegazione che potesse giustificare la tristezza della Granger, il
dolore pulsante alla testa era diventato insopportabile, e la sua
tolleranza per quell’assurda situazione si era ridotta in
briciole.
Sapeva che avrebbe dovuto essere sensibilmente delicato nel suo
approccio se avesse voluto scoprire la ragione del suo comportamento,
ed in un assurdo momento di riflessione, si era persino apprestato a
farle una tazza di tisana rilassante.
Dopo un paio di tentativi falliti, si diresse verso la porta della
camera da letto, un vassoio traballante tra le mani, una tazza, due
biscotti e una testa piena di domande. Non appena aprì la
porta, alla vista di lei chiusa a riccio sul letto, una spiacevole
sensazione di freddo improvviso gli attraversò la spina
dorsale.
Hermione però si accorse della sua presenza, e si
sforzò di mettersi in posizione seduta, muovendo le coperte
e i cuscini che la circondavano come un muro di protezione. Le labbra
screpolate iniziarono a tremarle senza emettere un suono, come di norma
faceva in momenti di estremo nervosismo, e la sua postura era floscia e
sconsolata, ma furono gli occhi, lo sguardo, a far perdere un battito a
Draco. Aveva smesso di piangere, ma le guance rosse erano piene
dell’ombra di vecchie lacrime, i suoi occhi distanti erano
disperatamente profondi; di una bellezza disperata e distrutta, quasi
come di un guscio senz’anima.
Con un sospiro, si avvicinò lentamente a lei, appoggiando il
vassoio sul comodino e sedendosi al suo fianco, ma fu come se lei non
lo vedesse affatto.
“Avanti, Granger,” disse, il tono più
carico di preoccupazione di quanto volesse lasciar intendere.
“Dammi un segnale. Sei più forte di
così.”
Hermione non batté nemmeno le palpebre.
“Che cosa è successo?” domando, provando
un approccio diverso. “Si tratta di...di Potter e
Weasley?”
Silenzio, solo silenzio e lo stesso sguardo vuoto.
“Per la miseria, Hermione,” sbuffò,
prendendole il volto tra le mani e forzandole lo sguardo.
“smettila di ignorarmi e dimmi cosa diavolo è
successo.”
Hermione chiuse gli occhi e Draco contrasse la mascella, in attesa,
carico di tensione. Avvicinando il volto al suo, poggiò la
fronte a contatto con quella di Hermione, sfiorando lentamente il
pollice sulla sua guancia, per asciugare il corso di una nuova lacrima
che le attraversava il viso.
“Torna da me, Granger,” sussurrò,
“Io…” Salazar, perdonami. “Io
ho bisogno di te.”
Un enorme senso di sollievo lo pervase quando Hermione aprì
gli occhi e lo fissò per la prima volta da quando era
entrato nella stanza. Sbattè le palpebre ed aprì
la bocca lentamente, mentre Draco la osservava in assoluto silenzio,
non osando muovere un muscolo per paura che la Granger tornasse al
precedente stato catatonico.
“Mia madre e mio padre non hanno idea di chi io
sia,” mormorò finalmente, e il sopracciglio di
Draco si accigliò confuso. “I Babbani
sono...sempre più in pericolo di morte, tutti questi
omicidi...ho dovuto assicurarmi che potessero salvarsi..."
Draco non disse una parola, perchè non aveva idea di cosa
avrebbe potuto dire. Aveva domande, certo, mille domante, ma il suo
istinto gli intimava di aspettare, almeno fino a che la Granger non se
la fosse sentita di spiegare più nel dettaglio.
Si mosse in visibile imbarazzo sul letto, spostando il suo peso da una
molla all’altra.
Confortare le persone non era mai stato il suo forte, perciò
pensò che la soluzione migliore fosse quella di
non peggiorare la situazione già delicata facendo uscire
dalla bocca concetti che non sapeva come esprimere.
Avvicinandosi a lei, si fece spazio al suo fianco, circondando la sua
figura esile con il braccio sinistro, stringendola delicatamente.
Quando Hermione poggiò la testa contro il suo petto, Draco
rilassò il suo corpo, sollevando i piedi da terra e
stendendoli sul letto, stringendo a sè la giovane con un
sospiro. Hermione parve fondersi con lui, in cerca disperata di calore
umano e vicinanza. Sporgendosi verso destra, Draco afferrò
la tazza di tè e gliela porse.
“Bevi qualcosa,” le disse. “Non hai
mangiato nulla.” La guardò attentamente mentre si
portava la tazza alle labbra, sorgeggiando lentamente, mormorando
compiaciuta e guardandolo di traverso. “Che
c’è?” domando lui.
“Questo tè è molto buono,”
gli rispose Hermione, lasciandosi sfuggire un sorriso nel vedere
l’espressione fintamente disinteressata di Draco.
“Se lo dici tu,” borbottò, senza
riuscire a mantenere quell’espressione a lungo.
“Granger, io—”
“Sai qual’è la cosa peggiore?”
lo interruppe lei, la sua voce un misto di tristezza e risentimento
“Non avrei mai...non avrei mai pensato di poter odiare
qualcuno con tutta me stessa. Intendo, odiarli a tal punto da
desiderare la loro morte.”
Draco rabbrividì al tono della sua voce, ma decise di non
interrompere il suo pensiero, se questo poteva in qualche modo aiutarla
a liberare la sua mente oppressa dal dolore. Le sue dita
giocherellavano distrattamente con un ciuffo di capelli castani che gli
ricadeva sul petto mentre la ascoltava aprire la sua anima a lui con un
solenne livello di fiducia.
“V-Voldemort ha distrutto così tante vite e
famiglie,” continuò, alzando il mento e fissandolo
con sguardo determinato. “La famiglia di Harry, di
Neville…” continuò, prendendogli la
mano. “Persino la tua.”
Draco lasciò che un sospiro gli uscisse dal petto, un
sospiro che non sapeva stesse trattenendo, con una stranissima
sensazione pesante nel petto. “Granger—”
“Lo odio,” sbottò lei, nuove lacrime che
le solcavano il viso. “Lo odio così
tanto—”
“Granger, respira,” la istruì deciso,
seppur un po’ sollevato di poter risentire finalmente della
vita, del fuoco, nelle sue parole. “Tieni, bevi
dell’altro tè…”
“Grazie,” rispose lei, e Draco scattò
sorpreso. “Per avermi ascoltato...mi sento meglio
ora.”
Draco annuì e si accigliò segretamente nel notare
una minuscola lacrima farsi strada sulla sua stessa guancia. Mentre
ascoltava il ritmo sincronizzato dei loro cuori vicini nella
stanza vuota, si voltò per stringere i loro volti in un
breve ma rassicurante bacio. Evidentemente, la sua malinconia era ben
lontana dall’essere passata per sempre, ma Draco sapeva che
la sua strega l’avrebbe sconfitta a tempo debito, sapeva
quanto fosse forte.
“Cosa vuoi fare adesso?” le chiese.
“Sono stanca,” Hermione confessò,
giocando nervosamente con le dita e incrociando il suo sguardo in un
modo che ormai aveva cominciato a riconoscere, come quando stava per
ricevere una domanda alla quale probabilmente non avrebbe saputo
rispondere.
“Resteresti con me finchè non mi sarò
addormentata?”
Esitò per un momento, per poi annuire gentilmente,
abbassandosi più verso il cumulo di coperte che creavano un
nido intorno alla Granger, e posizionando la sua testa contro il suo
cuore pulsante. Permettendole di sprofondare il suo volto e qualche
lacrima testarda nel suo maglione, Draco si rese conto di non aver mai
fatto una cosa del genere prima d’ora; semplicemente
addormentarsi insieme senza la stanchezza e la frenesia di un
post-incontro che fluttuava nell’aria consapevole fra loro.
Se qualcuno avesse mai osato chiederglielo in futuro, avrebbe risposto
che quello fu il momento in cui si rese conto che i suoi sentimenti per
la Granger avevano raggiunto un livello potente, ed estremamente
pericoloso.
Così forte, da poter onestamente ammettere a se stesso, di
ritrovarsi cieco di fronte alle differenze di sangue tra di loro.
Semplicemente, non gliene importava più nulla.
***
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Capitolo 21 *** Cicatrici. ***
A/N (mia): Buongiorno a tutti, scusatemi davvero tanto per l’attesa ma con la vita che va avanti e il tempo che scorre (troppo) velocemente, mi è capitato più volte di dimenticarmi di questa storia, purtroppo. Mi sento veramente nostalgica quando ricordo le ore infinite passate su questo sito quando invece avrei dovuto fare compiti e studiare 😂 Adesso la vita è un po’ diversa ed è purtroppo molto più impegnata di prima. Vorrei comunque riuscire piano piano a completare questo “lavorone” in cui mi sono imbarcata, se non per me, quantomeno per voi tutte/i che negli anni mi avete supportata e aspettato con pazienza aggiornamenti e nuovi capitoli!
Sono venuta a conoscenza — grazie ad un vecchio commento controllato tardi — che ci sono state parecchie pubblicazioni di questa mia traduzione (almeno fino al punto in cui sono arrivata) su altre piattaforme quali Wattpad, ovviamente senza uno straccio di credito, e la cosa mi rattrista molto. Era inevitabile prima o poi che succedesse anche a me, d’altronde a molti piace trovare la pappa pronta e fare copia-incolla… comunque sia, non me la prendo anche perché è solo grazie a questa malaugurata scoperta che ho ritrovato i miei documenti tradotti e mi è tornata la voglia di concludere questa storia!
Tutto questo per dire che — senza promesse di tempistiche — prometto però che mi voglio impegnare a concludere questa traduzione, anche perché nel frattempo ho riletto l’originale fino in fondo (colpa di TikTok e di tutti i suggerimenti di fic dramione che mi sta mostrando 😇) ed è veramente troppo bella per lasciarla incompleta.
Grazie ancora a chiunque abbia letto fino a qui. Vi voglio bene!
**
A/N (trad.): Lo dico fin da subito, così siamo tranquilli. Questo capitolo contiene materiale a sfondo sessuale. Riempitevi un bicchiere di vino (se avete l’età per bere!) e vi consiglio sia Radiohead - Nude, che Placebo - Running up that Hill, anche se penso che Placebo - I'll be Yours abbia il testo perfetto per questo capitolo, è quello che ascolterò! Spero vi piaccia il capitolo!
❦
CHAPTER 21
Cicatrici
Quando Draco fu svegliato dalle fusa dell’ammasso di pelo accoccolato al suo fianco aggrottò le sopracciglia, accorgendosi solo in quel momento dello spazio vuoto al suo fianco.
Ignorando il gatto, poggiò il palmo sul lenzuolo fresco, dove sarebbe dovuta essere la Granger, trovando - o forse immaginando - una lieve traccia di calore umano ancora presente tra le lenzuola. Si mosse in posizione seduta con movimenti lenti e confusi, voltandosi verso la luce fioca proveniente dalla finestra.
Lì vide Hermione, seduta sul davanzale, il volto illuminato da un singolo raggio di sole che sbucava attraverso una fessura. Cercando di non farsi sentire, si concentrò per un momento sull’espressione distante ma decisa della giovane strega; aveva una spiacevole smorfia inconsapevole sul volto e l’evidente tensione sul suo viso ne oscurava le piacevoli fattezze.
Aveva ancora addosso gli abiti della sera prima, le guance rosee erano ricoperte di lacrime ormai asciutte e sedeva con le ginocchia strette al petto. Non smetteva di mangiucchiarsi il labbro, in un minuscolo movimento costante e rotatorio, come l’ingranaggio di un orologio. In più, continuava a fissare qualunque cosa ci fosse al di là di quella finestra, immobile, come se qualcuno l’avesse temporaneamente bloccata all’interno di quel singolo momento.
Draco assorbì ogni sfumatura del suo volto con sguardo calcolatore, lasciando che ogni dettaglio si facesse strada liberamente nella sua memoria, cercando di capire che cosa avrebbe dovuto fare in quel momento.
Non aveva la minima idea di come poter alleviare il dolore della Granger, ma il bisogno viscerale di farlo bruciava sotto la sua pelle e lui, che Salazar potesse perdonarlo, non aveva alcuna intenzione di provare a resistergli.
Alzò un sopracciglio incuriosito mentre la guardava alzare un dito e disegnare cerchi concentrici nella condensa che si era venuta a formare sulla finestra gelida. Sospirando, si schiarì la gola per attirare finalmente l’attenzione della giovane.
Hermione lasciò scivolare il dito sulla finestra, trasformando l’ultimo cerchio disegnato in un ovale curvo e traballante. Sembrò accorgersi soltanto in quel momento di ciò che era intenta a fare… sua madre e lei lasciavano spesso disegni e messaggi d’affetto sullo specchio del bagno quando era bambina; brevi frasi e pensieri gentili, come “Ti voglio bene” o “Buonanotte”…
La mano le si posò sul fianco di colpo quando lo sguardo le cadde su ciò che aveva scritto vicino ai cerchi.
Ci rivedremo presto mamma.
La voce di Draco la strappò dai suoi pensieri, riportandola bruscamente alla realtà.
“Che cosa—cosa hai detto?”
“Sei riuscita a dormire almeno un po’?” ripeté il ragazzo.
“Oh,” sospirò lei “un pochino, almeno credo—”
“Non sembrerebbe,” rispose Draco asciutto, spostando le coperte dal suo grembo e sedendosi sul bordo del letto. “Dovresti riposarti ancora un po’.”
“No, sto bene,” mormorò lei, ma Draco non si fece ingannare dal suo finto tono leggero. “Non riuscirei comunque ad addormentarmi adesso—”
“Non dirmi che stai bene quando persino il più stupido dei troll di montagna capirebbe il contrario,” la sgridò, forse anche troppo bruscamente, “è maledettamente irritante—”
“Ma io sto ben—”
“Risparmiamelo Granger,” mormorò Draco. “Perchè voi Grifondoro insistiate sempre nel nascondere ogni cosa dietro polvere di fate e idiozie simili proprio non lo capisco—”
“Non mi sto nascond—”
“Ti senti disorientata non è vero?” le domandò, deciso. “Come se fossi a cavallo di una scopa che sta roteando all’impazzata e non avessi la minima idea di come fermarla e toccare terra.”
Hermione chiuse la bocca di scatto, trattenendo il respiro. “Io non...come hai—”
“Nel caso in cui tu non te ne fossi resa conto Granger, in questo momento noi due siamo sulla stessa barca. Ammetto che sia un concetto assurdo, ma è la verità.”
“Sulla stessa barca? Cosa stai dicendo?”
“Agli occhi del mondo io sono scomparso da Giugno,” le ricordò lui con voce roca. “Sono sicuro che i miei genitori ormai mi credano morto, lasciato a marcire in qualche misero buco nel bel mezzo del nulla, senza nemmeno uno straccio di indizio per poter trovare quel che resta del mio corpo.”
Hermione si sentì attraversare da un brivido. “Draco—”
“Seriamente, Granger,” la interruppe lui. “Quale altra spiegazione plausibile avrebbe potuto inventarsi Piton per giustificare la mia assenza?”
“Mi dispiace tanto Draco,” mormorò Hermione, visibilmente toccata. “Non mi ero resa conto che fosse passato così tanto tempo per te, ma può darsi che Piton abbia—”
“Anche se Piton avesse soltanto riferito ai mie genitori della mia scomparsa, statisticamente dovrei comunque essere morto dopo tutto questo tempo” ribatté Draco, notando l’espressione triste di Hermione. “Non guardarmi così. Non sono veramente morto.”
“Sì, ma potrebbe esserci un—”
“Senti Granger, io l’ho accettato.” Draco la zittì, alzando il palmo della mano. “E sono sicuro che anche tu accetterai la situazione in cui ti trovi prima o poi, ma dovrai scrollarti di dosso tutta quella falsa positività che voi Grifondoro ostentate sempre, se vorrai riuscirci.”
“Draco—”
“Perciò ora ci alziamo e andiamo a farci una doccia,” decise, alzandosi in piedi e porgendole la mano. “Su forza, alzati.”
“Draco,” mormorò stanca Hermione, abbassando lo sguardo. “Non credo di essere dell’umore per—”
“Non ho mai detto nulla riguardo al dover fare qualcosa in quella doccia,” rispose con uno sbuffo avvicinandosi a lei. “Dai, andiamo.”
“Draco, voglio solo stare qui ancora per un minuto…”
“Che peccato,” sbottò lui, afferrandole il braccio e strattonando il suo corpo pesante e inerte fuori dalle coperte. “Non farmi trascinare quel tuo muso lungo per tutto il corridoio Granger—”
“Draco lasciami,” grugnì lei, cercando di districarsi a fatica dalla sua presa. “Mi stai facendo male!”
Il ragazzo non mosse un muscolo, mantenendo una presa forte e determinata sul suo braccio mentre la conduceva verso il corridoio, rifiutandosi di rallentare nonostante le proteste di Hermione. Sapeva di essere brusco ma si convinse ad rimanerne indifferente; questo era l’unico modo che conosceva per smuovere la sua strega.
La Granger poteva anche non essere d’accordo, ma Draco era convinto che fosse proprio quello ciò di cui aveva più bisogno in quel momento.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia quando vide Hermione resistere con più forza alla sua presa, puntando i talloni sul pavimento e attaccandosi con l’altro braccio allo stipite della porta.
“Smettila di opporre resistenza,” la avvisò, voltandosi verso di lei, afferrandole il polso con l’altra mano. Hermione però non si staccò dalla porta.
“Per la miseria, Granger—“
“Ti prego lasciami stare,” tentò Hermione, trattenendo a stento le lacrime. “Che differenza farà una stupida doccia? Non cambierà le cos—”
“Smettila,” grugnì Draco, riuscendo finalmente a trascinarla via dalla porta della camera da letto. “Ti dico che lo stare immobile in quella stanza ti farà soltanto soffrire di più—”
“Ho detto che sto bene!” urlò lei di rimando. “Mettimi giù!”
“No!” rispose Draco, spingendola finalmente dentro il piccolo bagno e chiudendosi la porta alle spalle. Sentì un improvviso nodo alla gola vedendo le lacrime che le solcavano le guance rosse, ma riuscì comunque a rimanere fermo nel suo intento.
“Non provare nemmeno a toccare questa cazzo di porta, perché ti trascinerò di nuovo qui dentro finché non coglierai il messaggio.”
Cercò di non prenderla sul personale quando vide Hermione allontanarsi da lui con sguardo calcolatore. Credeva davvero che, dopo tutto questo tempo, le avrebbe potuto fare del male?
Sbuffando e scuotendo il capo per nascondere la sua incredulità, si avvicinò alla doccia e accese il getto d’acqua, testando il calore sulle dita e tenendo d’occhio la silhouette della Granger dall’altro lato della stanza.
“Tutto questo è ridicolo,” Hermione mormorò a denti stretti. “Tu ti stai comportando in maniera ridicola!”
“Togliti i vestiti,” le rispose con decisione, sfilandosi lui stesso la maglia attraverso la testa. “Oppure vuoi ricominciare a fare l’irragionevole?”
Hermione lo fissò con una scintilla di sfida nello sguardo, per poi rilasciare un sospiro sconfitto. Draco mantenne lo sguardo fisso su di lei mentre si liberava dei propri vestiti, spogliandosi da pantaloni e biancheria in un unico gesto, per poi avvicinarsi alla sua figura in due falcate decise. Strappò il maglione dalla presa della giovane e lo gettò con impazienza alle sue spalle, trattenne saldamente le sue braccia e raggiunse i bottoni dei suoi jeans, aprendoli e sfilandoglieli dalle gambe.
Hermione inghiottì un grosso sospiro strozzato e tentò di indietreggiare, ma la mano di Draco era già pronta a circondarle il polso. “Che diavolo hai in mente?” protestò.
“Non ho tutto il giorno,” ribatté lui tra i denti, voltandola di scatto e rimuovendo il suo reggiseno prima che riuscisse ad impedirglielo.
Cercò di combattere la tentazione data dall’irresistibile nudità della Granger in piedi di fronte a lui, di impedire che la sua reazione al basso ventre ormai più che istintiva prendesse il sopravvento mentre la osservava; così seducente per lui fin dalla prima notte condivisa insieme. Ogni centimetro della sua pelle dolcemente dorata gli apparteneva, che lei lo volesse o meno, ma ora aveva pressioni più importanti. Doveva finire ciò che aveva iniziato.
Fingendo indifferenza, il che si stava rivelando più complicato del previsto data la reazione traditrice del suo corpo, le strinse più forte il polso e guidò entrambi verso la doccia.
“Entra,” le disse, alzando gli occhi al cielo nel vederla esitare. “Benissimo, vada per le maniere forti allora.”
Hermione strillò sorpresa quando Draco si sporse in avanti di scatto e la afferrò intorno alla vita, sollevandola da terra. Si dimenò, scuotendo il suo corpo quanto più possibile mentre lui stringeva i denti per lo sforzo di dirigerla sotto il getto di acqua corrente. La lieve condensa che stava iniziando a cospargersi intorno a loro li avvolse come un velo sottile, e Draco pregò silenziosamente che la foschia riuscisse ad aiutarla a dimenticare il mondo circostante, anche solo per un momento.
La realtà non era altro che un ostacolo.
Insisteva nel volersi frapporre fra di loro, incasinando il delicato equilibrio del loro santuario segreto agli occhi del mondo.
Lontano da tutti,
lontano dalla guerra,
dal suo passato,
da tutto.
Guardandosi indietro, quella non fu certamente la prima volta in cui si rese conto che, nonostante ogni suo tentativo iniziale di resistervi, quel loro santuario segreto era diventato quasi familiare, confortevole. La realtà altro non era che un ricordo sfocato qua dentro, con lei.
Che cosa diavolo avrebbe fatto quando lui, quando loro…
Sentì di colpo la mano della Granger colpirlo al petto.
“A che gioco stai giocando?” gli domandò, furente. “Lasciami uscire—”
“No,” ribatté, tenendola saldamente ferma sotto l’acqua. “Ne hai bisogno—”
“Non dirmi di cosa ho bisogno," Hermione rispose. “Non osare dettare legge su come pensi che dovrei reagire a tutto questo—”
“E quindi?” continuò lui. “Che pensavi di fare, rimanere nella tua stanza a tenere il muso tutto il giorno?”
“Non stavo tenendo il muso!” protestò fieramente lei. “Chiudi quella bocca!”
“Bene allora smetti essere così dannatamente patetica!” continuò lui, senza perdere un colpo, invadendo il suo spazio e fissandola dall’alto in basso. Non aveva la minima idea di quanto fosse incredibile ai suoi occhi in quel momento; con i suoi ricci color nocciola incollati ai lati del suo viso e le sue lentiggini cosparse dalla punta del naso fino alle spalle, strette in un impeto di fiera testardaggine. “Piangerti addosso come il più inutile dei Tassorosso non ti farà stare meglio!”
“Lo so questo!” sbottò, spingendolo sul petto con frustrazione. “Pensi che non lo sappia?!”
“Allora smettila con questo piagnisteo—”
“Nemmeno tu eri al culmine della gioia durante i tuoi primi giorni qui, quindi non fare l’ipocrita con me!” ribatté lei. “Ho ogni diritto di essere sconvolta! Sono umana, per la miseria!”
“Allora perchè perdere tempo a mentire e dirmi che stai bene?” protestò secco lui, avvicinando il volto al suo. “Avanti Granger! Getta tutto fuori! Perché insistere quando chiaramente non è così?”
“PERCHÈ NON SO COS’ALTRO FARE!” urlò, il volto contorto da una straziante agonia e, sotto sotto, da un briciolo di rassegnazione finalmente. “CHE COSA POSSO FARE, DRACO? NON POSSO FARE UN BEL NIENTE!”
Ecco, butta tutto fuori Granger.
“E FA MALE DA MORIRE, NON È VERO?” ruggì di rimando lui, odiandosi un po’ nel vedere Hermione strizzare gli occhi, ma si convinse che ne aveva bisogno. Sapeva che fosse così, ormai la conosceva. “NON PUOI FARE NIENTE A RIGUARDO—”
“Smettila!”
“SEI IMPOTENTE—”
“SMETTILA!”
“MA NON C’È NULLA CHE TU POSSA FARE,” urlò talmente forte da sentirsi la gola bruciare. “ACCETTALO HERMIONE! NON C’È NULLA CHE TU—”
Hermione gli diede uno schiaffo. Forte.
E, nel secondo che seguì, si fiondò su di lui e sbatté le loro labbra insieme.
Fa quello che devi Granger…
Lei succhiò, assaporò, inspirò.
Draco sentì le sue dita agganciarsi sul fondo della sua nuca, agguantando disperatamente una manciata dei suoi capelli biondi per avvicinarlo ancora di più, se possibile. Poteva sentire il suo bisogno fino in fondo alla gola, e in quel momento seppe di aver compiuto la sua missione. Accompagnò il suo entusiasmo, morso per morso, bacio per bacio, mentre le sue braccia tracciavano con infinita devozione il corpo della giovane.
Tutta sua.
Nonostante questo, si impose di rimanere controllato. Tutto questo era per lei, era questo ciò di cui aveva più bisogno.
Lui non contava e —per un attimo— questa considerazione altruistica lo spaventò nel profondo.
I suoi gemiti gutturali scivolarono oltre la sua lingua e lo riportarono bruscamente nel presente, con lei.
Avvolgendosi in un unico corpo, la spinse contro le piastrelle umide e interpose una mano tra i loro corpi per raggiungere il calore immerso tra le sue cosce.
Entrando in lei con due dita, più profondamente che poteva, premette con tocco esperto sulla sua apertura, facendola tremare. Svelto, racchiuse ogni suo gemito successivo in un bacio stretto, senza lasciarla andare nemmeno per un secondo. Uno scontro particolarmente forte di labbra e denti procurò un taglio sul suo labbro, o forse su quello della Granger, non riusciva a capire. Tutto ciò che sentiva era l’inconfondibile sapore di sangue caldo che gli scivolava sulla lingua.
Il loro sangue, di chiunque fosse, aveva lo stesso sapore.
“Prendi ciò che vuoi da me,” le mormorò, il tono basso e tremante immerso tra i loro respiri appesantiti.
Annuendo e ancorando le unghie alle sue spalle, Hermione mosse il bacino ritmicamente contro il suo tocco, incoraggiata dalle sue parole e troppo coinvolta per resistergli. Per Godric, adorava le sue mani, le sue dita sinuose e il suo tocco intenso — immerse tra i suoi capelli, sulla sua pelle, dentro di lei — e in quel momento stavano spingendo perfettamente contro il misterioso varco tra le sue gambe, causando un incontrollabile tremito in tutto il corpo.
Ma non era abbastanza.
“Di più,” mormorò tra le labbra, sperando con tutta se stessa che Draco potesse comprendere.
Draco ritrasse immediatamente la mano e le afferrò le cosce, alzandole da contro il muro e avvolgendole intorno al suo torso. Non si fidò nell’inserirsi subito in lei, non ancora. Doveva mantenere i nervi saldi. Era così teso in quel momento che ogni strato di pelle e muscolo sulla sua lunghezza pulsava di dolore. Non si era mai mostrata così a lui, completamente disinibita e senza un minimo accenno di ripensamento o di giudizio nascosto dietro la fierezza nei suoi occhi. In quel momento stava dando ascolto soltanto alle sue sensazioni e al suo bisogno, il bisogno di dimenticare e di lasciarsi andare, ed era così dannatamente eccitante per lui. Ma lui doveva resistere, controllarsi.
Tutto questo era per lei.
Lei, lei, lei.
Hermione ruppe l’ennesimo bacio e ansimò.
“Draco,” mormorò, a ritmo con il battito del suo cuore. “Ti prego…”
Intrappolando il labbro inferiore della Granger tra i denti per soffocare il suo gemito, la portò più in alto, così da riuscire ad allinearsi meglio con lei e, non appena premette leggermente al suo interno, lei intrecciò le sue caviglie tra di loro, stringendo e posizionandosi meglio a contatto con lui, scendendo sul suo corpo con un movimento fluido e deciso.
Draco soffocò un respiro strozzato, completamente colto di sorpresa dalla presa di posizione della giovane strega. Sembrava davvero questo ciò che poteva servirle di più in quel momento; lasciare che ogni suo istinto la conducesse verso la più pura ed istintiva perdita di ragione, lasciandosi governare solo e soltanto dalle emozioni del momento.
Abbandonando ogni pensiero, ogni ragionamento.
Abbandonando ogni cosa tranne la loro carne, il loro calore, il loro dolore.
Hermione si aggrappò a Draco ovunque; braccia, collo, il suo viso… qualsiasi cosa riuscisse ad afferrare per spingerlo ancora di più a contatto con lei. Quasi con l’intento finale di fonderli in un unico corpo. Le sue gambe agivano come due rami possessivamente stretti attorno a lui, incollandolo al suo calore, tenero e vibrante, così forte che Draco si sentii attraversare da un tremolio. Pura passione. Senza filtri. La passione più onesta che potesse esistere.
Premette contro di lei, guidato dall’ondulare disperato del suo corpo, aggiungendo a quel movimento una carica di energia aumentando la forza di collisione tra di loro, assorbendo ogni suono, ogni contatto tra la loro pelle bollente che riecheggiava nel minuscolo bagno umido. E di colpo avevano preso velocità.
Era tutto così frenetico.
Spasmodico.
Disperato.
Selvaggio.
Frizione, frizione dovunque. Dalle loro labbra e i loro denti che si colpivano con forza, ai colpi alternati tra i loro fianchi, alla presa delle loro mani, le loro dita incollate tra loro senza la minima traccia di voler allentare la presa. Completamente avvolti da una nuvola densa di vapore che sapeva di loro, dei loro odori, dei loro respiri affannati, del battito dei loro cuori.
Ed Hermione era viva, talmente viva da consumarlo, da usare ogni goccia della sua energia mentre cercava disperatamente di trovare il rilascio che le serviva, il culmine di quell’incredibile momento di liberazione fisica, corporea, umana. Cercava il suo fuoco, lo cacciava come una leonessa in cerca della sua preda.
Un suono strozzato le oltrepassò le labbra quando Draco riuscì a spingere contro il punto perfetto che la fece bruciare dall’interno e l’eccitazione partì da quel punto, dipanandosi per tutto il suo corpo tremante.
“Proprio lì,” ansimò, socchiudendo le labbra e alzando lo sguardo su di lui. “Baciami qui, sul collo.”
Draco tuffò istantaneamente il suo viso tra la guancia e la giuntura del collo della Granger, proprio nel punto in cui il collo incontrava la spalla carica di lentiggini color cioccolato, e succhiò. Sapeva dove la sua lingua avrebbe più sortito l’effetto desiderato e le unghie della Granger grattarono leggermente su tutta la lunghezza della sua schiena, confermando ciò che già sapeva. I suoi gemiti erano più forti ora, non più timidamente nascosti tra le sue labbra ma carichi e potenti, con una forza prorompente che gli entrò nelle orecchie, portandolo quel tanto che bastava più vicino al rilascio finale.
Ma andava bene così.
Andava bene, perché riusciva finalmente a sentire i muscoli delle sue gambe cominciare a tendersi, contraendosi in spasmi frenetici, e i suoi gemiti di piacere stavano raggiungendo una tonalità ancora più alta.
Ci siamo finalmente…
Nulla avrebbe mai potuto eguagliare il senso di imminente estasi che presagiva l’inizio della fine. Di quella meravigliosa conclusione. Il tutto e il niente, racchiuso in quel singolo momento. Draco non riuscì ad impedire che il suo volto si alzasse e il suo sguardo si incollasse a quello della Granger, osservando con rapita intensità ogni minuscolo cambio di espressione sul viso della sua strega; i suoi occhi stretti, la sua mascella completamente aperta e rilassata, il suo corpo che si irrigidiva di colpo per accogliere il suo rilascio, lasciando che scivolasse dentro di lei, dentro le sue vene, nel suo sangue, nelle sue ossa. Ovunque potesse arrivare.
Infilando ancora una volta la sua mano in mezzo a loro, le dita di Draco cercarono la sua apertura, per massaggiare quanto ancora possibile la sua carne calda e sensibile, solo per far sì che la carica adrenalinica di Hermione si protraesse quel che bastava per ottenere il suo stesso rilascio, colpendo ancora due volte dentro di lei e trovando a sua volta la pace.
Ammorbidì il suo ultimo gemito con un bacio accaldato mentre accompagnava il suo corpo, lasciandolo scivolare verso la parete. La sua vista perse di lucidità per un attimo, faticando nel distinguere le loro forme tra la foschia della doccia, e la tensione al di sotto del suo ombelico non cessava di pulsare. Lasciò che fosse così. Il suo climax aveva avuto vita breve; questa volta aveva voluto che tutto vorticasse intorno ai desideri e ai bisogni della Granger, il che lo ha portato a velocizzare il suo rilascio più del solito, ma scoprì che sinceramente non gli importava. Aveva fatto tutto per lei.
Lei, lei, lei.
La stanchezza lo travolse in ogni caso, così Draco costrinse l’ultimo briciolo di forza nelle sue braccia ad afferrare la Granger e stabilizzarla, mentre entrambi cadevano sul fondo della doccia, accasciandosi sulle proprie ginocchia. Scivolarono aderenti alle piastrelle e finirono in un groviglio umido e sconclusionato di gambe e braccia, le loro fronti a contatto e i loro respiri affannosi a mescolarsi ancora una volta tra loro.
Hermione era completamente immobile al suo fianco, e lui se la portò vicina, avvolgendo le dita tra i suoi ricci disordinati. Tremando, assaporando… Il getto sottile della doccia li avvolse, riportando lentamente a galla altre sensazioni precedentemente dimenticate, costringendo i loro sensi a risvegliarsi e i loro corpi a tornare consapevoli di loro stessi.
Aspettando che gli effetti di quell’incredibile scontro di emozioni si placasse…
Persistente in quella minuscola stanza.
“Io…” Hermione accennò, faticando nel far uscire la propria voce. “Penso di essermi… lasciata andare un po’ troppo.” concluse e Draco giurò di poter vedere le sue guance infuocarsi di rosso anche attraverso quella nebbia. “Mi dispiac—”
“Non provare a scusarti con me, Granger” esalò Draco.
***
Solo Merlino sa come, ma Draco riuscì a riportarli entrambi nella camera di lei, affiancandosi all’ampio davanzale della finestra in un groviglio di coperte umide e asciugamani, con Hermione appoggiata con la schiena contro il suo petto e seduta tra le sue gambe. Non riuscì a trattenere un minuscolo sorriso udendo un sospiro rilassato e soddisfatto uscire dalle labbra della giovane, rompendo il silenzio immacolato che si era creato.
“Ti senti meglio ora?” le chiese, con tono compiaciuto.
Riusciva quasi a sentire le rotelle nel suo cervello attivarsi alla ricerca di una chiave di lettura che potesse aiutarla a capire meglio gli eventi dell’ultima mezz’ora. “Stavi cercando di provocarmi intenzionalmente prima, non è vero?” le rispose lentamente, con una vena di tono accusatorio nella voce.
“Molto perspicace da parte tua, Granger,” rispose, sollevando un angolo della bocca divertito. “Sì, è vero, l’ho fatto.”
“Posso chiederti perchè?”
“Perchè avevi bisogno di sfogarti,” rispose prontamente, scrollando le spalle. “Nonostante ciò che voi Grifondoro proclamate sempre, a volte lasciarsi andare alla rabbia aiuta.”
Hermione cercò di immagazzinare quell’affermazione nella sua mente, inumidendosi le labbra con fare pensieroso. “E tu hai pensato che provocarmi volontariamente in assenza di una bacchetta fosse una buona idea?”
Draco sbuffò. “Sono abbastanza sicuro che non rischierei più di ricevere alcuna maledizione da parte tua, Granger,” rispose. “Sono altrettanto sicuro che preferisci avermi tutto intero e funzionante—”
“Hai rischiato di spingermi troppo in là, sarebbe anche potuto succedere se avessi continuato così,” lo avvertì lei, ma senza il tono necessario per rendere minacciosa la sua risposta. “Stavi facendo proprio il bastardo—”
“Però ha funzionato,” le ricordò lui. “Quindi, ora che siamo andati oltre tutte quelle balle sullo stare bene, possiamo—”
“Dio, sei proprio subdolo,” mormorò divertita, anche se con un accenno di irritazione. “E immagino che il sesso fosse un bel bonus aggiunto al tuo piano?”
“Non avevo idea che mi saresti saltata addosso,” Draco rispose, la voce ricca di divertimento e, anche, di una punta di malizia. “Pensavo che avresti semplicemente urlato per un po’, dandomi qualche schiaffo qua e là,” la sua risata bassa vibrò a contatto con la schiena di Hermione. “Ma non posso negare che sia stata una piacevole sorpresa.”
Le sopracciglia di Hermione si sollevarono, confuse. “Veramente non avevi pianificato tutto questo?”
“Avevo pianificato di provocarti” spiegò Draco, scrollando le spalle. “Non sapevo esattamente che cosa avresti fatto. Ma, come ho detto prima, avevi bisogno di sfogarti.”
Hermione fece per ribattere, ma chiuse la bocca di colpo prima di farne uscire anche solo una vocale. La tentazione di fargli notare che — per una volta — aveva effettivamente fatto qualcosa che si avvicinava pericolosamente alla comune definizione di “altruismo” le pizzicò la punta della lingua, ma riuscì a ricacciarla indietro.
Dopo i postumi della loro cosiddetta “doccia” e con la stupenda sensazione di completo relax che aleggiava ancora nell’aria, non se la sarebbe sentita di rischiare un commento che avrebbe potuto rovinare tutto, mettendo Draco sulla difensiva e rompendo la calma che si era creata tra loro. E d’altronde era vero, si sentiva normale adesso… inevitabilmente devastata riguardo i suoi genitori, ovviamente, ma pur sempre normale.
Lui l’aveva fatta sentire meglio.
Lui aveva pensato a lei prima che a sé stesso.
Mentre il lungo momento di silenzio tra loro si protraeva, i suoi occhi caddero sul fianco della gamba di Draco ed Hermione si alzò di colpo per esaminare con crescente curiosità una lunga cicatrice che non aveva mai notato prima.
“Come ti sei fatto questa cicatrice?”
“Quando caddi dalla mia scopa alla partita di Quidditch,” replicò lui dopo una breve pausa. “Durante il secondo anno.”
Hermione mormorò un cenno d’assenso, ricordando vagamente quell’evento. “E invece questa?” gli chiese, spostando delicatamente le sue dita inquisitorie verso l’altra gamba, proprio sotto al ginocchio.
“Uguale all’altra.”
Sentendosi inaspettatamente incuriosita da quella particolare caccia al tesoro, si voltò verso di lui e scostò con delicatezza la coperta dai loro corpi, svelando l’intera figura del ragazzo di fronte a lei, spoglio e bellissimo, con soltanto un asciugamano a coprire la parte più intima del suo corpo.
Ignorando lo sguardo di crescente diffidenza di Draco, gli occhi di Hermione viaggiarono attentamente lungo la sua figura longilinea e si illuminarono non appena trovarono un segno abbastanza evidente sul suo avambraccio sinistro. “Penso di conoscerla questa,” non riuscì ad evitare un sorriso malizioso. “Ippogrifo?”
“Terribilmente divertente,” lamentò Draco, alzando un sopracciglio. “Hai finito?”
“No,” sorrise lei, spostando la sua attenzione sul petto del ragazzo e trovando un altro segno. “Questo?”
Draco serrò la mascella e incontrò il suo sguardo. “Questo è stato colpa dell’incantesimo con il quale mi ha colpito Potter l’anno scorso, quando mi ha affrontato nei bagni.”
Con un leggero imbarazzo dato dalla tensione scaturita dalle sue parole, Hermione si mise a cercare disperatamente un’altra cicatrice sulla quale concentrarsi, ma il resto del suo corpo sembrava apparentemente intonso. “Finite? Non ne hai altre?”
“Ne hai dimenticata una,” le disse, con le labbra che si sollevarono in un ghigno divertito mentre con un dito le segnalò un punto sul lato destro del proprio naso. “Ti ricorda qualcosa?”
Gli occhi di Hermione si spalancarono, fissi sul minuscolo graffio che ormai era diventato di un lieve color roseo, appena più scuro della sua carnagione. “Quando ti ho dato quel pugno? Al terzo anno?!” domandò, sorridendo nervosa ma rilassandosi vedendo lo stesso divertimento riflesso negli occhi argentei del ragazzo di fronte a lei. “Sai, non credo che mi scuserò per questo.”
Draco ridacchiò, “Non ti ho mai chiesto di farlo.”
“Ed io dovrei ancora avere la sua gemella,” sorrise, mostrandogli una leggera ombra che ancora resisteva in mezzo a due nocche, dopo tutti questi anni. “Avrei dovuto pensarci due volte prima di prendere a pugni quella tua faccia ossuta.”
Draco era quasi pronto a ribattere con una battuta carica di sarcasmo, come da sua natura, ma lasciò che la frase gli si spegnesse sulla lingua notando invece una striscia bianca che percorreva tutta la spalla destra della giovane davanti a lui. “Visto che siamo sull’argomento,” rispose, indicando il curioso segno. “Da dove viene quella?”
“L’anno scorso,” rispose prontamente Hermione, curvando la testa per osservarla meglio. “Ron mi ha spinta accidentalmente giù dal divano e sono andata a sbattere contro il bordo del tavolino.”
Draco roteò gli occhi esasperato. “Weasley è un’idiota maldestro,” mormorò, ma il suo sguardo cadde su un altro segno parecchio spiacevole alla vista sul corpo della Granger prima che potesse aggiungere altro. “Come diavolo ti sei fatta questa ferita?”
“Ufficio Misteri,” Hermione si incupì, aggiustandosi l’asciugamano intorno a sé per nasconderla completamente. “Dolohov mi ha colpita con un qualche tipo di maledizione. È parecchio brutta, lo so.”
Il silenzio teso fece ritorno tra i due giovani.
Draco si chiese per un momento come avesse fatto a non notare prima tutti quei segni sul corpo della Granger, ma forse era proprio questo il problema. Non aveva mai notato quelle cose perchè non si era mai preso il tempo di guardarla veramente, almeno non fino a quel momento. Quella strana sensazione, quella scintilla nel suo petto era tornata, questa volta più chiara che mai e non aveva idea di come gestirla, come manovrare questa presenza estranea all’interno del suo corpo. Cercò di non darle troppo peso, per il momento, concentrandosi sulla figura di Hermione mentre si spostava lentamente, riprendendo la sua precedente posizione sul suo petto.
Sentiva di conoscerla, in quel momento sapeva di conoscere la Granger ancora meglio, difetti, cicatrici e tutto quanto, e questa convinzione sembrava non fare altro che alimentare l’insistenza della scintilla che brillava nel suo petto, e che aggrovigliava il nodo nel suo stomaco sempre di più.
Lei lo aveva effettivamente segnato.
E non si riferiva al vecchio graffio sul suo viso.
Hermione si ritrovò essere ugualmente distratta, completamente persa in una sensazione che conosceva anche troppo bene. Sapeva benissimo di cosa si trattasse, il guaio era cercare di capire che cosa fare a riguardo.
Fu in quel momento che una scheggia spaventosa si insinuò nei suoi pensieri.
Harry, Ron, i suoi genitori. Tutti spariti.
La sua separazione da Draco era più che mai inevitabile, nonostante gli sforzi fatti per spingere questa nozione in un angolino sempre più profondo della sua mente.
Che cosa avrebbe fatto quando…
“Vuoi leggere un altro libro?” gli chiese, con un sospiro affannato.
Il sospiro di Draco le solleticò le spalle. “D’accordo.”
“Hai qualche preferenza?”
“Qualsiasi cosa tranne un’altra opera deprimente,” dichiarò, segretamente sollevato da quell’improvviso suggerimento, gli avebbe fatto bene una distrazione. “Quello Shakespeare che ti piace tanto doveva essere stato sull’orlo della depressione, oppure desiderava sadisticamente che i suoi lettori lo diventassero leggendo le sue opere.”
“Ha anche scritto delle commedie, sai?” mormorò Hermione, richiamando a sé uno dei suoi libri preferiti con un colpo di bacchetta. “Questa è la mia preferita.”
Sentì il mento di Draco abbassarsi delicatamente contro la sua spalla, proprio mentre lei voltò la prima pagina ed iniziò a leggere. Si appoggiò il libro in grembo così da permettere a Draco di leggere comodamente alle sue spalle.
Scelse Sogno di una notte di mezza estate, un libro intriso di magia, conflitti e relazioni proibite.
E un lieto fine.
Hermione socchiuse gli occhi per un secondo, pensierosa.
Perchè anche quello può succedere all’interno di un libro. |
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