Prigionieri d'amore

di Sky_7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
La pace interiore era un qualcosa che il principe Zuko non conosceva e non avrebbe mai potuto conoscere, non finché il suo animo avrebbe conosciuto solo rabbia e rancore. Queste due emozioni avevano scandito la sua vita da che ne aveva memoria. Qualcosa cambiò in un freddo giorno d’inverno, quando la nave su cui viaggiava si incagliò nei ghiacciai del polo sud. Il principe Zuko non avrebbe mai potuto immaginare che quel giorno iniziato con il piede sbagliato avrebbe conosciuto la persona che avrebbe riportato la luce nella sua vita e il sorriso sulle sue labbra.
Aveva sedici anni al l’epoca, ne erano trascorsi tre dall’inizio del suo esilio. Lei invece aveva solo quattordici anni ed era l’ultima dominatrice dell’acqua della sua tribù.
A chiunque chiedesse perché aveva voluto quella ragazzina come prigioniera, Zuko rispondeva che era un capriccio, l’unico sfizio che si fosse concesso fino ad allora e una garanzia che avrebbe assicurato la sottomissione della tribù dell’acqua del sud. Ma c’era altro, molto altro. La prima cosa che aveva notato di Katara era stato il suo sorriso che, paradossalmente, sarebbe bastato da solo a sciogliere i ghiacciai. Lei non sapeva chi lui fosse, nonostante la cicatrice che gli deturpava il volto rendeva facile il suo riconoscimento, e li aveva aiutati con le sue poche conoscenze del dominio dell’acqua per liberare la nave. Aveva fatto attenzione a non farsi notare, sua nonna le diceva sempre di non utilizzare i suoi poteri, ma Zuko l’aveva vista e ne era rimasto stregato. Delle sue successive azioni, per quanto brutali, non si sarebbe mai pentito sebbene con il senno di poi si rendeva conto che avrebbe potuto agire diversamente. Raggiunsero la tribù minacciando di fare radere al suo solo villaggio se non gli avessero consegnato la dominatrice dell’acqua. Non vi erano, in quel villaggio, uomini adulti e in grado di combattere, quelli che più ci si avvicinavano erano un paio di ragazzi di non più di quindici anni e di certo con i loro boomerang non avrebbero potuto fare niente contro esperti e spietati dominatori del fuoco. Sicuramente era ciò che aveva pensato anche Katara quando si fece avanti offrendosi si sua spontanea volontà per assicurare la salvezza della sua gente.
Aveva trascorso i primi due giorni chiusa nella cabina in cui era stata portata, più simile a una cella che a una camera, a versare tutte le sue lacrime e disperarsi. Finché Iroh non andò a farle visita non si rese conto che la porta non era mai stata chiusa a chiave e quando lo notò non poté che restarne sconcertata. Il vecchio la tranquillizzò con poche parole, come avesse letto nei suoi pensieri
“Oh cara ragazza, non sei una nostra prigioniera, puoi uscire tutte le volte che vuoi e girare per la nave. Anzi, se hai voglia di seguirmi è il caso che ti accompagni nella tua camera, non vorrai rimanere nella stiva per tutto il tempo, no?” la sua cabina non aveva niente a che vedere con la cella di poco prima. Era più grande, con un arredamento spartano ed essenziale: un letto addossato a una parete e fissato al pavimento, un armadio dal lato opposto, un tavolino basso e dei cuscini qua e la per potercisi sedere intorno. il colore predominante era ovviamente il rosso ma a Katara non dava fastidio. Non seppe dire se quella fosse un’iniziativa del principe o di suo zio, nessuno dei due fece più parola di questo. Trascorse un altro giorno prima che uscisse sul ponte e rimase ancor più sorpresa quando, nonostante gli sguardi curiosi, nessuno dei soldati mosse mai un dito o disse una parola contro di lei. Ci volle, però, ancora un po’ di tempo prima che Zuko le rivolgesse la parola, quando finalmente decise di ignorare gli sguardi carichi d’odio che la ragazza gli dedicava. La prima volta che si parlarono, o sarebbe meglio dire la prima volta che si urlarono contro, fu in seguito a uno scontro con un’imbarcazione del Regno della Terra. Zuko era furioso. Erano stati attaccati e, sebbene avessero avuto la meglio contro i dominatori della Terra, non poteva fare a meno di pensare a come Katara fosse rimasta paralizzata dalla paura, rischiando di farsi colpire in pieno da un’onda di terra e sassi. Era intervenuto il principe stesso in suo aiuto, ergendo un muro di fiamme tra lei e il nemico e una volta al sicuro non si era tirato indietro dall’urlarle contro, rimproverandola della sua incoscienza
“HAI IDEA DI QUELLO CHE POTEVA ACCADERE?! VIAGGI SU UNA NAVE DELLA NAZIONE DEL FUOCO, TUTTI QUELLI CHE INCONTRERAI FINCHÈ SARAI QUI SONO TUOI NEMICI!”
 “Che ti importa di cosa mi sarebbe potuto accadere? Nel peggiore dei casi avrai un problema in meno di cui occuparti” disse in un sussurro facendo per allontanarsi con passo tremante, prima di essere afferrata per un braccio da Zuko che la fulminò con lo sguardo
“NON OSARE VOLTARMI LE SPALLE RAGAZZINA, NON TE LO PERMETTO. PERCHÉ ACCIDENTI NON TI SEI DIFESA CON IL DOMINIO DELL’ACQUA? VOLEVI FARTI AMMAZZARE?” le sue urla, dettate dall’irrazionale paura che potesse accaderle qualcosa, servirono a svegliare Katara non solo dallo stato di shock in cui era caduta ma anche dal torpore che la manteneva calma da quando era salita su quella nave. Gli occhi chiari si accesero di furia mentre con uno strattone cercava di liberarsi della presa ferrea del principe, incurante del dolore al braccio
“COSA AVREBBERO POTUTO FARMI PIÙ DI QUELLO A CUI MI AVETE COSTRETTA VOI?! PER QUANTO MI RIGUARDA IO SONO MORTA NEL MOMENTO IN CUI HO MESSO PIEDE SU QUESTA NAVE” come scottato, Zuko lasciò la presa sul braccio di lei così che potesse distanziarsi di qualche passo. Aveva gli occhi traboccanti di lacrime ma nonostante questo non abbassò lo sguardo neanche una volta, continuando a sfidare il dominatore del fuoco
“Io sono l’ultima dominatrice dell’Acqua della mia tribù, la Nazione del Fuoco ha ucciso mia madre e io non ho mai avuto un maestro. Non conosco il dominio dell’Acqua e ora più che mai sono certa che non lo imparerò mai”
Quella notte pianse ancora, trascorse la notte in bianco e con lei anche Zuko che dalla camera di fronte si sentiva perforare la testa e il petto dai singhiozzi che sentiva chiaramente. Per quanto fosse possibile su una nave, i due si evitarono come la peste, arrivando a vedersi solo durante i pasti. A cercare di intavolare una conversazione e mantenere la pace c’era Iroh che in un certo senso fungeva da confidente per entrambi, infatti Katara si era affezionata presto al vecchio dominatore del fuoco amante del thè e straordinario stratega, l’unica persona a bordo di quella nave a rendere la sua prigionia meno pesante. Fu il generale a proporle di accompagnarlo sulla terraferma quando attraccarono in un villaggio della Terra per fare provviste, Zuko era sceso appena arrivati al molo e fu ben attento a non incontrarli mai.
Tornarono a bordo della nave a sera inoltrata, dopo aver cenato in una locanda del posto, e nonostante la penombra Katara notò uno strano oggetto cilindrico sul pavimento davanti alla porta della sua camera. Era una pergamena malmessa e molto bruciacchiata il cui contenitore era decorato con pietre di luna e lapislazzuli. Dovette avvicinarsi a una lanterna per riuscire a vedere il contenuto e il suo cuore mancò un battito nel riconoscere alcuni disegni che spiegavano il dominio dell’Acqua.
“Non sarà un maestro ma è sicuramente meglio di niente” la voce di Zuko proveniva da dietro di lei, il ragazzo infatti se ne stava con una spalla appoggiata allo stipite della porta della sua camera e, nonostante la poca luce, Katara notò alcuni lividi e graffi sul suo viso.
“Perché...” l’emozione non le fece aggiungere altro e lacrime di felicità le pizzicarono gli angoli degli occhi
“Tsk... Non sono la tua bambinaia, ragazzina, vedi di imparare a padroneggiare quel tuo potere. Non mi serve a niente a bordo un dominatore incapace e non ho alcuna intenzione di obbligare uno dei miei uomini a farti da balia o, peggio, scomodarmi io stesso di nuovo a salvarti la vita in un altro attacco”
Katara avrebbe replicato in qualche maniera, magari lo avrebbe ringraziato, ma Zuko amava avere l’ultima parola e per questo fece un passo indietro entrando di nuovo nella sua cabina e si chiuse la porta alle spalle chiudendo anche il discorso prima che la ragazza potesse aprire bocca.
 
Zuko evitò per il rotto della cuffia la frusta d’acqua che l’avrebbe colpito in pieno stomaco e, una volta atterrato a terra dopo il salto completo di capriola all’indietro, lasciò un fascio di fiamme verso la sua avversaria che si scattò di lato per evitare il colpo.
“Sei fiacco stamani principino. Dormito poco?” lo provocò la ragazza ammiccando mentre agitava con maestria una frusta d’acqua.
“Affatto milady” ghignò Zuko con la guardia ben alta “Volevo giusto darti un po’ di vantaggio prima di ricordarti chi comanda” si avvolse nelle fiamme e spiccò un salto, la dominatrice cercò immediatamente di colpirlo con il getto d’acqua ma questa finì per evaporare a contatto con il fuoco, nel mentre lingue di fuoco risposero all’attacco sfiorando Katara che si distrasse. Zuko approfitto del momento e si portò silenziosamente alle spalle della ragazza, bloccandole le braccia dietro la schiena e sfiorando con il petto le spalle della ragazza.
“Promemoria ragazzina: non lasciare mai che un dominatore del fuoco arrivi così vicino, saresti morta prima ancora di rendertene conto” le sussurrò all’orecchio, la ragazza rabbrividì nel sentire le labbra del principe sfiorarle il lobo
“Lo terrò a mente” sussurrò con il medesimo tono suadente per poi pestare il piede del suo carceriere, grave errore perché il ragazzo le fece sgambetto all’altro piede e finirono entrambi sul pavimento del ponte, ridendo e rotolandosi per conquistarsi l’agognata vittoria in quello scontro che aveva ormai perso tutti i suoi caratteri violenti.
Tre anni erano passati dal loro primo incontro, il principe esiliato aveva diciannove anni ma poteva considerarsi un uomo fatto e finito. Katara, che aveva invece diciassette anni, si era da poco affacciata al passaggio all’età adulta, il suo viso stava abbandonando i tratti infantili e il fisico si era fatto più formoso. La sua bellezza era una tentazione per molti degli uomini con cui viaggiava ma l’unico che aveva il privilegio di stringerla tra le braccia quasi ogni notte era il principe. Nessuno sapeva dire cosa ci fosse tra di loro, neppure i diretti interessati. Loro, almeno per il momento, si accontentavano di dire che stavano bene insieme, che potevano parlare liberamente l’uno con l’altro di qualsiasi cosa che gli passasse per la mente e anche l’attività da camera non era male. Quella, poi, era iniziata senza neppure rendersene conto. Era capitato un paio di volte che si addormentassero insieme sul ponte guardando le stelle o, in seguito, l’uno nella camera dell’altra durante una chiacchierata. Un bel giorno, durante un allenamento, Zuko era finito a tappeto con Katara a cavalcioni sul suo ventre, il ragazzo aveva quindi ribaltato la situazione facendo finire la dominatrice dell’acqua con la schiena sul ponte e, di rimando, lui la sovrastava seppur avvolto dalle lunghe gambe di lei intorno alla vita. Rideva Katara e Zuko non aveva resistito all’impulso di baciarla.
“Principe Zuko! Navi all’orizzonte!”
Il principe si irrigidì di scatto, per poi alzarsi seguito a ruota da Katara. Non era necessario aguzzare la vista per notare le nubi di fuliggine che precedevano l’avvicinarsi di navi della Nazione del Fuoco.
“Katara va nella tua cabina e restaci fino a nuovo ordine” dal tono imperioso di Zuko la dominatrice dell’acqua intuì che potesse trattarsi di Zhao. Annuì, anche se Zuko non poteva vederla, e mentre lui indossava di nuovo la parte superiore della sua uniforme con un gesto della mano scacciò tutta l’acqua che era ricaduta sul ponte, dopodiché fece quanto ordinatole e si recò nella sua cabina. Non era la prima volta che accadeva e sebbene all’inizio era furiosa per questo comportamento di Zuko, aveva poi capito grazie ad Iroh che se il Signore del Fuoco avesse saputo che una dominatrice dell’Acqua viaggiava con loro non avrebbe avuto per lei la stessa accortezza di Zuko. Col senno di poi, Katara aveva capito, imparando a conoscere Zuko, che lui odiava tante cose tra cui finire con le spalle al muro ed essere ringraziato: se lei fosse finita nei guai lui si sarebbe sentito braccato, l’avrebbe salvata e lei l’avrebbe ringraziato. Meglio evitare il tutto alla radice tenendo Katara ben nascosta.
Gli incontri con il capitano Zhao andavano tutti alla stessa maniera: con il più anziano che cercava di istigare il principe per farsi attaccare e il generale che tentava di riportare l’ordine. Questa volta non fu diversa dalle altre.
Zuko non aveva sentito Katara entrare nella sua camera, troppo occupato a sfogare la sua rabbia sferrando un forte e doloroso pugno all’armadio di legno. Strinse i denti per il dolore quando percepì le schegge conficcarsi nella sua carne ma soprattutto fece di tutto per non far notare la sua sorpresa quando Katara posò una mano sul suo braccio per invogliarlo a girarsi. Il sangue aveva cominciato a scorrere dalle ferite e la ragazza immerse un fazzoletto nella catio poco distante per ripulire le ferite di cui presto non sarebbero rimasti che dei segni bianchi quasi invisibili.
Per tutto il tempo nessuno dei due disse nulla, entrambi tenevano lo sguardo basso. Come accadeva spesso in quelle circostanze, Zuko era diviso tra il voler sfogare la rabbia da solo e non volere assolutamente che Katara se ne andasse, difatti la ragazza era l’unica a poter avvicinare il principe quando era così arrabbiato. Dal canto suo, la dominatrice dell’acqua rimaneva in attesa, quasi sperando che Zuko aprisse un qualche discorso e, magari, decidesse di confidarsi con lei. Una parte di lei, quella razionale, sapeva che non lo avrebbe mai fatto, Zuko era un uomo abituato a cavarsela da solo e a non dover fare affidamento su nessuno, parlare con qualcuno, persino Katara, dei suoi sentimenti l’avrebbe reso debole. I sentimenti erano da deboli, la rabbia era ciò che faceva girare il suo mondo.
“Prima o poi ucciderò Zhao. Sarà la prima cosa che farò non appena tornato a casa, dopo aver consegnato l’Avatar a mio padre. Spegnerò quel dannato sorriso strafottente e si pentirà per ogni parola, per ogni presa in giro pronunciata nei miei confronti”
“Sono certa che ci riuscirai” la voce di Katara era solo un sussurro, non per timore del principe quanto per non rovinare l’atmosfera di quiete che li stava faticosamente avvolgendo. Zuko la osservò dall’alto quasi desiderando che alzasse lo sguardo per perdersi nei suoi occhi azzurri.
“Presto tornerai a casa e tuo padre dovrà ammettere di averti sottovalutato. E non sappiamo che non bisogna mai sottovalutare il principe Zuko” il principe non si preoccupò di celare il ghigno che gli increspò le labbra, doveva ammettere che Katara sapeva sempre cosa dire per risollevargli il morale. Poi una nuova ombra gli attraversò gli occhi color ambra quando, finalmente, si specchiò in quelli della ragazza.
“E tu, Katara? Anche tu vuoi tornare a casa?” anche lo sguardo ceruleo di lei si incupì per un attimo, ma subito dopo tornò limpido e determinato come prima.
“Non voglio mentire dicendo che non penso alla mia casa e la mia famiglia, ma non mi pento neanche di aver deciso di venire sulla tua nave, non l’ho fatto solo per proteggere la mia gente... Non so cosa il dio dell’oceano e la dea della luna abbiano in mente per me, so solo che ora il mio posto è dove sei tu” la sua voce non tremò neanche per un istante mentre con la mano accarezzava il viso di Zuko, proprio sulla cicatrice. Zuko chiuse gli occhi, godendo del calore della sua pelle.
“Meglio così allora”
“Perché?”
Zuko e Katara non si amavano, erano tanti i sentimenti che li legavano: rispetto, lealtà, ammirazione, affetto, a volte anche fastidio ma l’amore non era tra questi. Tenevano l’uno all’altra e su questo non c’erano dubbi; Katara non si pentiva che fosse stato lui il suo primo, ma non si amavano.
“Perché io sono egoista, Katara, tremendamente egoista, e non voglio lasciarti andare. Non posso...” scostò la mano di lei dal suo viso, ma solo per poterla abbracciare quasi a farla diventare parte di lui “Non posso perché senza di te sono perduto” parole che gli costarono molto e che non avrebbe mai pronunciato se lei avesse continuato ad osservarlo con i suoi occhi indagatori.
Katara lo spinse lievemente con le mani sul suo petto per poi farle salire fino a prendergli il viso e, così, guardarsi negli occhi.
“E allora non lasciarmi mai andare via” non aveva importanza chi dei due avesse poi annullato la distanza che li separava, nessuno dei due si tirò indietro da quel bacio che di casto non aveva nulla.
Zuko e Katara non si amavano, ma si completavano come due esatte metà di un uno.
 
“Stupido freddissimo clima dello stupidissimo polo sud” Katara rise sonoramente allo sbraitare di Zuko che, avvolto nella giacca foderata in pelliccia, tirava su con il naso “Dannato me per quando ho deciso di accontentarti in questa bravata”
“Oh quante storie zuccherino, non puoi dare la colpa a me per il tuo non essere in grado di sopportare il freddo. Se non volevi prenderti un raffreddore avevi soltanto da non andare in giro a torso nudo in piena nevicata”
“Lunatica” Katara spalancò gli occhi le schiuse le labbra, pronta a vendicarsi per quel nomignolo
“Lunatica io?! Squilibrato bipolare che non sei altro!”
“Quando avrete concluso le vostre liti matrimoniali, volevo avvisarvi che non manca molto all’attracco, da lì in poi penso che dovrà continuare a piedi signorina Katara” la loro discussione fu interrotta dall’arrivo di un sorridente Iroh, armato di una tazza da cui proveniva un odore nauseabondo
“Noi la aspetteremo qui”
“Grazie mille Iroh, tornerò stasera, massimo entro domani” esclamò abbracciandolo per quanto glielo consentisse quella tazza bollente
“Divertiti cara e portami qualche tisana della tua tribù” Zuko non disse nulla, limitandosi solo a sbuffare, ma allontanandosi Katara scoppiò a ridere dopo aver ascoltato il resto della conversazione
“Ecco Zuko bevi questo, allevierà il tuo raffreddore”
“Non ho nessun raffreddore e tieni quella roba nauseabonda lontano da me”
“Oh suvvia, non vorrai che al suo ritorno Katara ti prenda in giro perché un raffreddore è riuscito a buttarti giù”
“Sarò io a buttarti giù, fuori bordo per precisare, insieme al tuo disgustoso intruglio”
Erano forse un paio di mesi che non tornava alla sua tribù e ne aveva sentito la mancanza, eppure, si stupì Katara, non tanta quanto immaginava. Rifletté che la prima volta era stato molto più duro salutare di nuovo i suoi cari, sebbene Zuko che l’aspettava fuori dal villaggio non le avesse fatto nessuna pressione, le volte successive divenne sempre più facile. Alla fine dei conti stava bene sulla nave del principe Zuko e non si era mai sentita prigioniera, le aveva persino procurato delle pergamene da cui aveva appreso come autodidatta il dominio dell’acqua e Iroh la coinvolgeva sempre nelle lezioni teoriche sugli elementi che impartiva al principe. Ma c’era sempre il rovescio della medaglia perché, a ogni ritorno alla tribù aumentavano le persone che la guardavano di traverso, forse aspettandosi da un momento all’altro un assalto da parte della Nazione del fuoco. Gli unici che continuavano ad accoglierla con il sorriso erano solo Sokka e nonna Kanna. Quella mattina sembrava del tutto identica alle sue precedenti visite: la nonna l’aveva abbracciata per poi storcere il naso per il suo abbigliamento a suo dire troppo leggero e, soprattutto, rosso come la Nazione del Fuoco; Sokka l’aveva presa in giro dicendole quanto somigliasse sempre di più a uno spaventapasseri ed erano andati a pescare tra gli iceberg. Katara si sentiva sempre a disagio ad usare il suo dominio tra la gente della tribù dell’acqua, la sua gente: gli occhi di tutti non provavano neppure a nascondere il timore che potesse da un momento all’altro attaccarli e questo la agitava.
Non aveva imparato molto da quelle pergamene consumate e bruciacchiate, molte parti erano andate distrutte e quel poco che sapeva lo doveva al suo istinto e all’imitazione dei movimenti che vedeva compiere a Zuko, ma quel poco non riusciva mai a metterlo in pratica tra la sua gente, neppure da sola con suo fratello, senza fare danni. Questo non accadeva mai quando era sulla nave.
Non avrebbe mai immaginato che una monotona giornata invernale trascorsa con suo fratello sarebbe stata l’inizio di un’avventura unica che l’avrebbe portata lontano da tutto ciò che conosceva e amava, tanto la sua tribù quanto Zuko.
Dire che era furiosa non rendeva abbastanza l’idea dei sentimenti che attraversavano l’animo di Katara in quel momento. Era anche delusa, o meglio letteralmente devastata, distrutta come le mura di ghiaccio che circondavano il suo villaggio e buttate giù come un castello di carte dalla prua della nave della Nazione del Fuoco. Zuko ne era sceso come il principe guerriero che era, non aveva fatto male a nessuno, meno che a Sokka, mantenendo quindi fede alla parola data a Katara. Sapeva che l’Avatar era tornato, era il suo istinto a dirglielo, e si era immediatamente messo sulle sue tracce. Lo conosceva bene Katara, sapeva che quando si metteva in testa qualcosa nulla lo avrebbe fatto desistere dai suoi intenti, purtroppo neppure la stessa Katara.
Si era rifiutata di seguirlo e Zuko era quindi partito senza di lei, come se non avesse avuto alcun valore. Ma ci voleva ben più di questo per abbattere la volontà della dominatrice dell’Acqua. Non era la prima volta che Zuko si chiudeva in sé stesso, la teneva fuori dalle sue barriere e non si era mai arresa, non era nella sua natura abbandonare qualcuno che considerava parte della sua tribù. Lo aveva sempre seguito quasi obbligandolo ad aprirsi con lei. In due anni avevano fatto notevoli passi avanti considerando il pessimo carattere del principe che per lei aveva imparato ad avere un occhio di riguardo. Forse fu proprio questa la ragione per cui, nonostante la rabbia dovuta al rifiuto di seguirlo da parte di lei, non aveva raso al suolo il suo villaggio.
Con un potente colpo del dominio dell’acqua, Aang aveva buttato fuori bordo alcuni soldati del fuoco, solo Zuko era faticosamente riuscito a tenersi al parapetto di metallo e tirarsi su mentre i due ragazzi della tribù dell’acqua atterravano sul ponte a bordo del bisonte volante.
I soldati intanto, seppur restii ad attaccare la ragazza che ormai conoscevano da anni, li stavano lentamente circondando e Katara agì d’istinto: dolo un iniziale fallimento riuscì a imprigionarli nel ghiaccio e poco dopo un altro getto andò a bloccare i piedi di Zuko.
“Fatti da parte Katara o mi dimenticherò chi tu sia considerandoti alla stregua di qualsiasi altro traditore” la sua voce rabbiosa era lo specchio della sua espressione e Katara non seppe dire quale delle due cose la ferì di più. Però si fece coraggio ed avanzò di un passo verso il principe
“Zuko ragiona, questa è l’occasione che stavi aspettando-”
“Esatto! L’occasione per ripristinare il mio onore e tu me lo stai impedendo. Fatti da parte Katara e magari sarò clemente con te e la tua tribù, non te lo ripeterò un’altra volta”
“Katara muoviti! Smettila di perdere tempo” la ragazza parve neppure udire la voce di Sokka mentre quest’ultimo era intento a caricare Aang sulla sella di Appa. 
“No, no Zuko. Apri gli occhi... Perché ti ostini a non capire?! Tuo padre non tornerà mai sui suoi passi, hai la possibilità di cambiare la tua storia. Cosa ti blocca?”
“Il mio onore, la cosa più preziosa che mi sia rimasta, ma tu non puoi capire” quelle parole ferirono entrambi e, sebbene in principe si fosse immediatamente pentito di averle pronunciate, non tornò sui suoi passi. Ma quella che aveva davanti era comunque la sua Katara e, nello scorgere i suoi occhi velati di lacrime, abbassò lo sguardo e aggiunse “Se è tuo desiderio andare con loro, va via adesso e io fingerò di non avervi incontrati. Questa è l’ultima delicatezza che avrò nei tuoi riguardi, la prossima volta che ci rivedremo catturerò l’Avatar e ucciderò chiunque sia d’ostacolo sul mio cammino”
Pronunciò l’intero discorso con lo sguardo fisso sui suoi piedi avvolti nel ghiaccio, sapeva che se avesse visto gli occhi di Katara quelli da soli sarebbero potuti bastare a fargli cambiare idea, poi probabilmente l’avrebbe abbracciata e bacata fino a perdere il fiato.
“Se è questo il tuo desiderio ti auguro che tu e il tuo onore siate felici insieme” non la guardò mentre saliva in groppa al bisonte, non guardò mentre spiccarono il volo. Sollevò lo sguardo solo quando erano già alti, un nodo gli chiudeva lo stomaco ma non gli impedì di lanciare un potente colpo di fuoco nella loro direzione, scagliato più come sfogo che con il reale obiettivo di fermarli. Aang respinse il raggio di fuoco che nel finire su una montagna, creò dei detriti che bloccarono la nave.
“Una buona notizia per il signore del fuoco: la più grande minaccia per la Nazione del Fuoco è solo un ragazzino” Zuko ringraziò mentalmente suo zio per non aver fatto parola su Katara e, una volta accantonati i suoi sentimenti in un angolo nella mente, non esitò a rispondere
“Quel ragazzino, zio, ha appena fatto tutto questo” disse aprendo le braccia e mostrando le condizioni in cui verteva la sua nave “Non lo sottovaluterò un’altra volta”
 
“Come hai fatto a creare quel vortice con l’acqua? Mi era parso di capire che non conoscessi quel dominio”
“Non lo so, mi sono concentrato e l’ho fatto” Sokka non aveva neppure provato a trattenere la sua curiosità, certo di meritare delle risposte da parte di quel ragazzino per il quale aveva rischiato la vita.
“E perché non ci hai confessato di essere tu l’Avatar?”
“Perché non avrei mai voluto esserlo” rispose il giovane monaco abbassando lo sguardo, per poi sollevarlo di nuovo in direzione di Katara
“Katara, permetti una domanda?” la dominatrice dell’acqua non aveva aperto bocca da quando si era congedata dal principe Zuko, gli occhi erano ancora arrossati per le lacrime versate ma la sua espressione era imperscrutabile, risultato di due anni a stretto contatto con il dominatore del fuoco.
“La stai già facendo” Katara ignorò l’occhiataccia dei due compagni di viaggio e si limitò a fare un cenno col capo per invitare l’Avatar a parlare.
“Hai passato gli ultimi due anni con la Nazione del Fuoco e da quello che mi è parso di capire non ti consideravi loro prigioniera. Perché ti sei schierata dalla mia parte? Perché vuoi aiutarmi?”
“Queste sono due domande, dominatore dell’aria” rispose sollevando lo sguardo verso il ragazzino che mandò faticosamente giù l’istinto di rimangiarsi tutto nell’incontrare quegli occhi così terrificanti. Katara parve apprezzare quel moto di coraggio e decise di rispondere.
“Zuko non è la Nazione del Fuoco, non più da quando suo padre l’ha sfregiato ed esiliato con l’ordine di trovare qualcuno di introvabile, qualcuno che non esiste per ripristinare il suo onore, ciò a cui Zuko tiene di più al mondo. L’ordine di trovare l’Avatar scomparso un secolo fa per togliersi di mezzo una persona troppo scomoda a corte... Zuko ha solo bisogno di aprire gli occhi da solo e quando lo farà capirà quale sia la parte giusta su cui schierarsi”
Sokka la osservò, quella giovane donna non aveva nulla di sua sorella, della ragazzina che a quattordici anni aveva abbandonato la sua gente per proteggerla dall’ira del principe del Fuoco. Aveva davanti una giovane donna vestita con i colori della Nazione del Fuoco e l’espressione imperscrutabile, a distinguerla dai dominatori che l’avevano ospitata c’erano una borraccia d’acqua legata a una cintura, la collana di sua madre intorno al collo e, ovviamente, il colore della sua pelle caratteristica principale delle tribù dell’Acqua.

 
NOTE AUTRICE
Se c'è davvero qualcuno arrivato a leggere fin qui non voglio annoiarlo ulteriormente con sproloqui inutili, mi limiterò a chiarirle qualche dettaglio che, dal mio punto di vista, può essere degno di nota. Come accennato nella descrizione della storia, qui i protagonisti sono tutti più grandi rispetto all'età originale della serie (Zuko e Sokka 19; Katara 17; Aang e Toph 15)... Katara, in particolare, per farvi un'idea io me la immagino così, seppur un po' pi coperta 😅
La storia descriverà alcuni elementi importanti della prima stagione, ovviamente rivisistati per essere coerenti con la trama, ma in generale conto di soffermarmi molto sui sentimenti che attraversano l'animo dei protagonisti, Zuko e Katara in primis. Come avete letto nel capitolo, loro non si amano, sono semplicemente due ragazzi finiti a letto insieme che non vogliono privarsi di questa cosa, soprattutto a causa dei sentimenti. Posso dire che, in pratica, questo primo capitolo sa tanto di Bella e la Bestia 😅
Non mi sembra di dover aggiungere altro, se non mi areno strada facendo spero di poter presto pubblicare il secondo capitolo, ora in fase di stesura.
Sky

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
Non aveva resistito, sapeva che fosse sbagliato ma questo non le aveva impedito di prendere quella pergamena. Riportava gli stessi disegni che c’erano su quella regalatole da Zuko, ma questa volta era tutto ben leggibile. Aveva iniziato a replicarle con attenzione e con la mente fissa su un unico pensiero: doveva assolutamente migliorare per quando avrebbe rivisto Zuko. Cercava di non pensare a quanto le mancasse quello spocchioso principino della Nazione del Fuoco, anche lei era orgogliosa e la ferita che lui le aveva inferto era ancora troppo fresca per essere ignorata.
Ogni suo piccolo progresso era affiancato però dalla rabbia perché ciò che per lei risultava ancora difficile e faticoso sembrava una passeggiata quando a praticarlo era Aang. Era furiosa e questo, ahimé, influiva sul suo dominio che non era fluido come avrebbe dovuto essere.
Zuko non aveva faticato a trovarli, forse perché infondo sapeva bene dove cercare e una parte di lui fu felice di aver trovato Katara da sola. Era motivata, voleva migliorare e si stava impegnando, ma allo stesso tempo i suoi movimenti erano rigidi e lei era troppo tesa. Lui le aveva insegnato a combattere, Katara era perfettamente in grado di difendersi in un corpo a corpo anche contro un avversario ben più prestante di lei ma i suoi movimenti non erano sicuri come avrebbero dovuto. Era in allerta e Zuko decise di approfittare di questo momento di debolezza, bloccandole le mani nel momento in cui la dominatrice, per fuggire dal pirata, finì direttamente tra le sue braccia.
“Ti salverò io dai pirati”
“Zuko!”
L’aveva fatta legare ad un albero con le mani dietro la schiena, del resto il principe non era uno sprovveduto e sapeva ciò di cui Katara era capace e cosa no.
“Dimmi dov’è e io non farò del male né a te né a tuo fratello”
“Te lo puoi scordare” Zuko strinse i denti e dovette respirare profondamente nel tentativo di mantenere la calma
“Lasciateci soli” i soldati obbedirono immediatamente, lo stesso non si poteva dire dei pirati che invece decisero di muoversi dopo un’occhiataccia del principe. L’ultimo ad andare via fu il generale Iroh che nell’allontanarsi sussurrò “Vedi di non esagerare, o ci andrete a rimettere entrambi” e quanto aveva ragione...
“Proviamo a capirci Katara. Tu sai cosa io ho passato, io ho bisogno dell’Avatar, solo consegnandolo a mio padre potrò ripristinare il mio onore e tornare a rivestire il ruolo che mi spetta di diritto”
“No Zuko! Tu prova a capire! Aang è l’unico che potrà mettere fine alla tirannia di tuo padre di cui anche tu sei una vittima e una pedina”
“Non azzardarti Katara! Non permetterti”
“Sei talmente orgoglioso da non riuscire a vedere la verità neanche se ti venisse sbattuta in faccia. E mi fai pena per questo”
“BASTA COSÌ!” la sua voce adirata attirò particolarmente l’attenzione del capitano pirata che si avvicinò
“Ne ho abbastanza di queste sciocchezze. Rivoglio la mia pergamena!” se avesse riflettuto un po’ di più probabilmente ci avrebbe pensato su due volte prima di mettersi contro il principe Zuko, soprattutto se avesse guardato Iroh avrebbe capito che non sarebbe mai stata una buona idea interrompere quella loro lite. Il principe infatti ghignò sadicamente nell’estrarre la pergamena e ponendola sopra la fiamma che accese sul palmo dell’altra mano.
“Mi stavo giusto chiedendo quanto potesse valere” disse con tono sarcastico e sorridendo di nuovo nel vedere la preoccupazione sui volti dei pirati che immediatamente provarono, forse scioccamente, a fermarlo con le loro sciabole.
“Sembrerebbe parecchio... Se mi aiuterete a trovare ciò che io voglio la riavrete e andremo tutti a casa felici. Perlustrate i boschi per cercare il ragazzo e tornate qui” questa volta neppure i pirati presero in considerazione l’idea di fargli ripetere l’ordine e, obbedienti, si sparpagliarono tra gli alberi.
“Quanto a te” esordì Zuko voltandosi di nuovo verso la sua prigioniera “Sei ancora in tempo per dirmi dove si trova, magari in cambio di qualcos’altro di altrettanto prezioso per te” la collana con la pietra azzurra, che Katara portava sempre al collo, ora si trovava nelle mani di Zuko che, spostatosi dietro di lei, fece per fargliela indossare nuovamente come aveva fatto tante altre volte nei loro momenti intimi.
“Dimmi dove si trova”
“Mai!”
“Stupida ragazzina” la collana fu di nuovo riposta nella tasca dell’uniforme e Katara venne lasciata da sola con i suoi pensieri. Per quanto volesse, per quanto ci provasse e nonostante tutto il male che le aveva fatto non sarebbe mai stata capace di odiarlo.
Poi la collana le fu restituita dallo stesso Zuko al polo Nord, dopo essere stata sconfitta infatti si era svegliata riversa sul prato dell’oasi e aveva la collana al collo. Non aveva potuto evitare che la paura le attanagliasse lo stomaco quando vide il suo volto ridotto in quelle condizioni, cosa gli era successo? Avevano combattuto e, nonostante i tanti miglioramenti dal loro ultimo scontro, era stata sconfitta di nuovo. La tempesta aveva impedito al principe di andarsene dal Polo Nord e quando li trovarono si sentì divisa: non avrebbe mai potuto lasciarlo lì, ma non avrebbe neanche potuto obbligare i suoi compagni di viaggio a tollerare la presenza del principe. Fortunatamente Aang era del suo stesso parere, fu lui infatti ad insistere per portarlo con loro.
Non si videro più per molto tempo, talmente tanto che iniziò davvero a preoccuparsi che gli fosse successo qualcosa. Zhao era morto durante l’assedio del Nord, sapeva che Zuko aveva provato a salvarlo ma questi aveva rifiutato la sua mano, se per orgoglio o vergogna non aveva più importanza, tutto perde di importanza davanti alla morte. Katara aveva paura, Zuko aveva dovuto incassare un brutto colpo e temeva che avrebbe potuto accadergli qualcosa.
 
Erano giunti ad Omashu, era assediata dal soldati della Nazione del Fuoco. Chiunque avrebbe concordato che andare via sarebbe stata la cosa migliore da fare, ma Aang non era chiunque e, come i due ragazzi della tribù dell’acqua avevano avuto modo di scoprire, non lasciava mai un amico in difficoltà. Purtroppo la ricerca di Bumi si era rivelata un fallimento e, fortunatamente, alla fine aveva raggiunto i suoi amici per lasciare la città. La sfortuna, però, doveva averli scelti come bersaglio, questo fu ciò che pensò Katara nel vedere il bambino della Nazione del Fuoco che li aveva seguiti. Dovevano riportarlo a casa e quale occasione migliore per richiedere in cambio la liberazione di Bumi, un piano perfetto che non aveva preso in considerazione un piccolo e per niente trascurabile dettaglio: Azumi. Appena la vide, Katara fu certa di sapere chi si trovasse davanti, la somiglianza con Zuko era evidente, almeno ai suoi occhi. Azula si presentava esattamente come Zuko e Iroh l’avevano più volte descritta: tanto bella quanto letale, arrogante e astuta.
Una dominatrice del fulmine, un potere che Zuko aveva rincorso per tutta la sua vita e non ancora raggiunto e che Katara sperimentò sulla sua stessa pelle. Non seppe descrivere il dolore che le attanagliò il braccio quando una saetta attraversò l’acqua che circondava l’arto, quell’acqua stessa che anziché aiutarla le si era ritorta contro. Per qualche secondo perse il controllo del suo dominio, troppo poco perché la principessa, impegnata nell’inseguimento di Aang se ne rendesse conto, se lo avesse notato probabilmente sarebbero stati spacciati. Si riprese il più velocemente possibile e riprese a combattere, le altre due ragazze erano non dominatrici ma non per questo meno letali e fin troppo abili perché Katara da sola riuscisse ad avere la meglio mentre Sokka proteggeva il bambino. Quelle due erano l’una l’opposto dell’altra: la prima, esaltata, saltava da una parte all’altra eseguendo acrobazie, la seconda, invece, lanciava lame senza battere ciglio, incurante che di mezzo a quello scontro ci fosse il suo stesso fratello minore. Per la dominatrice dell’acqua, che ha insito in sé il senso della comunità e della famiglia, mettere in pericolo un innocente per un capriccio era inconcepibile.
Quando l’esaltata le bloccò il dominio con colpi ben assestati, Katara non seppe come reagire, era bloccata e anche quando furono lontani non fece che pensarci. Solo quando quella notte, quando i suoi amici si addormentarono, ebbe finalmente il coraggio di osservare il suo braccio che aveva accuratamente tenuto coperto. Dal dorso della mano sinistra fino a metà dell’avambraccio la sua pelle era attraversata da brucianti venature rosse e la mano tremava dal dolore. Il dominio dell’acqua andava ancora a singhiozzo e ci vollero diversi tentativi prima che riuscisse a curarsi, ma il risultato non aveva nulla a che vedere con la prima volta che aveva medicato un’ustione: la sua pelle olivastra era attraversata da decine di piccole venature chiare che andavano mano a mano sbiadendosi. Come prima cicatrice, poco ma sicuro non si sarebbe fatta dimenticare e con essa anche la lezione legata: la Terra blocca i fulmini, l’Acqua li amplifica. Fu esattamente quello che fece al loro secondo incontro e questa volta non commise errori. Non toccava il raggio d’acqua, lo comandava e basta, ma quando catturò il fulmine la sua potenza era troppa perché riuscisse a mantenerne il controllo. Dovette fare ricorso a tutte le sue forze per scagliare l’onda verso Azula mentre si allontanava per portarla via da Aang, e riuscì solo a sfiorarla, ma anche a ferirla. Vediamo se i fulmini ti piaceranno ancora adesso!
L’unico che notò la cosa fu Iroh, che inarcò le labbra in un sorriso sorpreso.
Con la coda dell’occhio, l’uno accanto all’altra, Katara e Zuko si osservarono. Poche settimane dopo l’ultima volta che si erano incontrati e scontrati, Zuko sembrava un’altra persona che nulla aveva del principe della Nazione del Fuoco. Il suo aspetto era sicuramente ciò che più saltava all’occhio, vestiva abiti umili e aveva tagliato la coda di cavallo che più di tutto era il suo segno di appartenenza alla famiglia reale, una cosa di cui era ancora molto orgoglioso. Si chiese cosa dovesse aver affrontato quel ragazzo dallo sguardo dorato che, seppur imperscrutabile come sempre, trasudava determinazione e desiderio di rivalsa.
A sua volta anche Zuko osservò per un attimo la dominatrice dell’acqua, la sua ragazzina. Aveva un’aria stanca ma allo stesso tempo determinata. Fu su di lei che si posarono i suoi occhi d’ambra quando Azula dichiarò la sua resa, ma pregò con tutto sé stesso che sua sorella non l’avesse notato. L’attacco della principessa fu scagliato contro Iroh e Zuko fu il primo ad accorrere in suo soccorso, ma non permise a nessuno, neppure a Katara, di avvicinarsi a loro.
 
“Una moneta per i tuoi pensieri” esordì Katara sfiorando con la punta delle dita il profilo destro di Zuko, comodamente sdraiato a pancia in su sul letto della sua cabina.
“Che inutile spreco di denaro”
“Non quando senti reale interesse per i pensieri di qualcuno. Dai, sputa il rospo” Zuko si girò appoggiandosi a un gomito per osservarla meglio. Se ne stava a pancia in giù, con la testa poggiata su una mano e l’altra a dargli fastidio. Era bella oltre ogni dire, soprattutto con i capelli ancora arruffati e le labbra rosse per i numerosi baci che si erano scambiati fino a poco prima. Il principe notò con soddisfazione il segno rosso che le aveva lasciato sul collo nel momento in cui raggiunse il picco del piacere.
“Tra qualche giorno attraccheremo e so che dove andremo in quei giorni si tiene una fiera in occasione di una qualche festività della Nazione del Fuoco. Tutti indossano delle maschere e per almeno una notte le identità non significano nulla. Pensavo che potremmo andarci”  ricordava quelle feste. Nella Nazione del Fuoco duravano una settimana intera e ci aveva partecipato diverse volte con sua madre, non vi prese più parte dopo la sua scomparsa.
“Balle”
“Cosa?!” Zuko si alzò su entrambi i gomiti e la guardò stizzito, in tutta risposta Katara ridacchiò senza scomporsi più di tanto.
“Ci vengo volentieri alla festa, ma non era quello a cui pensavi, o non avresti avuto quell’espressione corrucciata. Più del normale intendo” Zuko assottigliò gli occhi ignaro di star cadendo nel gioco della dominatrice dell’acqua che, ridendo sonoramente, si lasciò cadere su un fianco, incurante del lenzuolo che si scostò scoprendo il suo seno nudo.
“Ridi di me, eh? Vedremo chi riderà per ultimo” disse avventandosi di nuovo su di lei con il solito ghigno sulle labbra
“No no Zuko ti prego! Il solletico no” la parole si alternavano alle troppe risate che spesso sfociavano in singhiozzi per la difficoltà di respirare come si deve
“Chiedimi scusa”
“Scusa. Scusami tanto, ti prego”
“Mh non sono soddisfatto. Dimmi che non c’è al mondo un dominatore migliore di me”
“Mai! Arrogante, megalomane, squilibrato e bipolare!” le risate di entrambi riempirono ben presto la camera da letto del principe, facendogli dimenticare anche se per poco chi fossero oltre quella porta che li divideva dal mondo esterno. Ciò che contava davvero in quel momento erano solo loro, Zuko e Katara.
 
Si svegliò di soprassalto con un singhiozzo strozzato in gola e le lacrime che gli rigavano il viso, nonostante la tanta stanchezza non riuscì più a riprendere sonno. A volte i ricordi erano anche peggio dei sogni. Questi erano solo fantasie, i ricordi invece erano reali e servivano a rammentarle continuamente cosa aveva e si era lasciata scivolare tra le dita. In quei momenti c’erano poche cose che Katara poteva fare: sfogare la sua rabbia esercitando il dominio dell’acqua o scrivere. 
Katara aveva cominciato a tenere un diario su cui annotava ogni pensiero da quando avevano lasciato il Polo Nord, sentiva il bisogno di sfogarsi e sapeva di non poterlo fare con i suoi compagni di viaggio.
Il pensiero e la preoccupazione per Zuko erano l’unica ombra nel suo cuore, un’ombra che non le faceva dormire sonni tranquilli. Quelle pagine parlavano solo di lui, scritte nella lingua della Nazione del Fuoco in modo che se Aang o Sokka lo avessero aperto non avrebbero compreso.
Era troppo buio per scrivere il suo diario e le lacrime le avrebbero offuscato la vista. Per queste e mille altre ragioni si alzò dal suo sacco a pelo e seguì il suo istinto che la portò direttamente in una radura. Si inginocchiò a terra e sentì nitidamente un fiume sotterraneo scorrere proprio lì sotto i suoi piedi. Un ghigno le sollevò gli angoli delle labbra mentre girò le mani e volse i palmi al cielo, poi con uno scatto le sollevò verso l’alto. Un’eruzione d’acqua al posto della lava, che spaccò la terra e salì al cielo.
“Stupido! Sei solo uno stupido illuso!” ogni parola era scandita con un pugno o un calcio in aria che a sua volta provocava uno spostamento di acqua o lance di ghiaccio che si scagliavano ovunque ordinasse. L’acqua continuava a scorrere verso l’alto spinta dalla stessa rabbia della dominatrice dell’acqua, una rabbia che Zuko le aveva insegnato a dominare.
“Perché...” distratta dalle lacrime che le offuscavano la vista, Katara non riuscì a evitare il suo stesso getto d’acqua che le era tornato addosso. Scivolò finendo facci a terra sul terreno fangoso “Perché Zuko?” disse ancora singhiozzando “Perché non sono stata abbastanza importante per te?! Forse è colpa mia. Forse sarebbe stato diverso se avessi capito prima che ti amo” 
 
Zuko e Iroh erano seduti l’uno davanti all’altro in quel vecchio edificio mezzo distrutto, una teiera di thé sul fuoco tra di loro
“Il fulmine è un’espressione pura del dominio del fuoco, priva di aggressività. Non è alimentata dalla rabbia o dall’emozione come gli altri domini del fuoco, per questo molti chiamano il fulmine il fuoco del sangue freddo” spiegò il vecchio generale servendo il thé, questa volta fatto come si deve. Nel sentirne l’aroma diffondersi nell’aria, Zuko ricordò le lezioni teoriche che tenevano sulla nave insieme a Katara, ascoltava quei discorsi con sguardo sognante.
“È preciso e mortale, proprio come Azula. Eseguire questa tecnica richiede pace mentale”
“Capisco, quindi stiamo bevendo il thé per calmare la mente”
“Proprio così, bravo ragazzo... Ehm volevo dire, esatto” anche l’anziano in quel momento pensò a Katara di appena quattordici anni che sedeva accanto al principe ascoltando come oro colato quelle lezioni di cui non avrebbe mai potuto godere se fosse rimasta nella sua tribù.
“C’è molta energia intorno a noi. Energia che è sia Yin che Yan, energia positiva ed energia negativa. Pochi dominatori del fuoco riescono a scindere queste due energie e questo crea un forte squilibrio perché l’energia vuole ristabilire l’equilibro e, nel momento in cui si tornano insieme scontrandosi, tu gli fornisci una via d’uscita creando così il fulmine” ed eseguì ciò che aveva spiegato con movimenti che poco avevano del dominio del fuoco.
“Sono pronto a provarci!”
“Ricorda che una volta che avrai separato l’energia non riesci più a controllarla, diventi la sua umile guida. Respira prima di tutto” sfortunatamente nessuno dei numerosi tentativi eseguiti ebbe risultati soddisfacenti, il fulmine infatti non si manifestava ma esplodeva non appena lasciava il suo corpo.
Con la testa rivolta all’indietro e le mani strette in pugni il principe si lasciò andare in un grido di frustrazione.
“Perché?! Perché non ci riesco? Perché invece di emetterlo il fulmine continua a esplodermi in faccia? Come succede sempre con tutto quanto!” Iroh rivolse al nipote uno sguardo di rammarico e dispiacere. Da solo Zuko non avrebbe mai potuto capire, ma non era certo che la sua risposta gli sarebbe piaciuta.
“Temevo che questo potesse succedere. Non sarai in grado di controllare il fulmine finché non avrai affrontato il tumulto che c’è dentro di te”
“Quale tumulto?!” esattamente come ci si aspettava, Zuko avrebbe sempre negato di avere un problema, era il suo metodo di autodifesa e non se ne sarebbe mai staccato.
“Zuko devi lasciare andare i tuoi sentimenti di vergogna se vuoi che la tua rabbia se ne vada”
“Io non sento nessuna vergogna. Sono più orgoglioso che mai”
“L’orgoglio non è l’opposto della vergogna, ma la sua origine. La vera umiltà è l’unico antidoto per la vergogna”
“Beh a dire il vero ultimamente la mia vita è stata soltanto umiliante” il generale abbassò lo sguardo.
“Partiamo allora della delusione”
“Non c’è nessuna delusione. Per chi dovrei provarla poi?!”
“Che ne dici di Katara?” il principe si irrigidì nel sentire il nome della ragazza che aveva trattato così male l’ultima volta che si erano visti “Non hai mai accettato che lei ti avesse abbandonato per partire con l’Avatar e senza neanche accorgertene tutte le volte che vi siete incontrati le hai dato una via di uscita, le hai dato la possibilità di tornare dalla tua parte o di fuggire. Non hai mai voluto ferirla davvero”
“Tu vaneggi zio” fu la secca risposta di Zuko che si allontanò di qualche passo, più che altro per non far accorgere il maestro del tumulto che avevano scatenato in lui quelle parole.
“Se non sei in grado di ammettere neppure con te stesso ciò che ti turba allora non puoi affrontarlo. Fortunatamente però ho un’altra idea” catturata di nuovo l’attenzione del ragazzo, il vecchio generale si affrettò a continuare “Ti insegerò una tecnica che neanche Azula conosce, perché l’ho inventata io stesso”
 
“Il fuoco è l’elemento del potere. Le persone della Nazione del Fuoco hanno l’energia, la volontà e le motivazioni per raggiungere quello che vogliono. La terra è l’elemento della sostanza. Le persone del Regno della Terra sono diverse e forti, sono ostinate e molto resistenti.  L’aria è l’elemento della libertà. I Nomadi dell’Aria si sono staccati dalle preoccupazioni terrene e così hanno trovato pace e libertà. L’acqua è l’elemento del cambiamento. Le persone della Tribù dell’Acqua sono capaci di adattarsi facilmente a molte cose, hanno un profondo senso della comunità e dell’amore che li fa sempre restare uniti” per ogni affermazione il generale aveva disegnato il simbolo dell’elemento e li aveva poi uniti con un cerchio. Zuko rimase in silenzio, assimilando ogni nuova informazione e riflettendo su quanta verità trasudasse da quelle parole. Oltre a ciò che riguardava il dominio del fuoco, aveva avuto modo di analizzare le caratteristiche del dominio dell’acqua in quegli anni con Katara e si era accorto di come la ragazza fosse sempre stata molto apprensiva nei suoi confronti, si era adattata a lui e insieme erano diventati un uno. Ma si trattenne dal dirlo ad alta voce. 
 “È importante saper trarre la saggezza da molte fonti diverse, se la prendiamo sempre da un’unica fonte diventa rigida e si spegne. Bisogna capire gli altri, gli altri elementi e le altre Nazioni, questo rende completi.
“Sembra tanto un discorso da Avatar”
“E lo è. La combinazione dei quattro elementi in una sola persona che rende l’Avatar così potente, ma può rendere più potente chiunque” poi lo invitò ad alzarsi e insieme iniziarono ad eseguire dei precisi movimenti con tutto il corpo, armonici come solo l’acqua sapeva essere
“Ricorda quando Katara provava a imparare il suo dominio dalle pergamene. Un dominatore dell’Acqua affronta il flusso di energia, lascia che la sua difesa diventi la sua offesa rivoltando l’energia dei suoi avversari contro di lui. Io ho imparato a farlo con un fulmine... Se lasci fluire l’energia all’interno del tuo corpo il fulmine la seguirà. Devi creare un percorso che parta dalle tue dita, passi dal tuo braccio e poi dalla spalla fino ad arrivare allo stomaco, è lui l’origine dell’energia del tuo corpo. È chiamato il mare del Chi. Solo nel mio caso si può chiamare di vasto oceano” aggiunse scoppiando a ridere per la sua stessa battuta, Zuko al contrario non batté ciglio ma si trattenne con tutto sé stesso dal colpirsi in fronte
“Mh dunque. Dallo stomaco poi lo lasci uscire dall’altro braccio. La deviazione dallo stomaco è critica: non devi lasciare che il fulmine passi attraverso il tuo cuore o il danno potrebbe essere mortale”
Si allenarono fino al tramonto, ma non poté provare con il fulmine vero. Iroh non avrebbe mai scagliato un fulmine contro suo nipote.
Quella notte, approfittando della solitudine e della pioggia, per la prima volta lacrime di frustrazione sgorgarono dagli occhi del principe Zuko. Stremato si lasciò cadere sulle ginocchia con la testa bassa.
“Cosa ti ruba? Finirai solo per farti del male se continui così. Parlami zuccone che non sei altro!” il principe strinse gli occhi provando ad ignorare quella voce così simile a quella di una persona di sua conoscenza, con scarsi risultati
“Non mi turba nulla!”
“Ah sì? Che strano, il principe Zuko che conosco io non si sarebbe mai messo a piangere. Questo nulla deve essere davvero importante se ti fa questo effetto” una palla di fuoco lanciata con stizza si dissolse nello schiantarsi su una roccia.
“Molto maturo, i miei complimenti molto maturo da parte tua” 
“Sta zitta!”
“Obbligami” altre sfere di fuoco lanciate alla cieca perché Zuko continuava a tenere gli occhi chiusi
“Agli gli occhi Zuko. Cosa ti blocca?”
“Tu” fu solo un sussurro mentre i suoi occhi d’ambra si posarono sulla figura di cui vedeva solo i contorni a causa della pioggia battente
“Io? Io non sono neanche qui, Zuko. Questa è solo una proiezione della tua mente” esordì Katara avvicinandosi a lui e sollevando la mano per carezzargli una guancia, chiudendo gli occhi il principe poteva quasi immaginare la sensazione di fresco sulla pelle.
“È questo che mi blocca. Tu che non sei qui e non sai che ti amo” ma quando aprì gli occhi era solo su quella montagna desolata.

 

SPAZIO AUTRICE
Non che poi abbia molto da dire oltre il capitolo che si svolge tra la fine della prima stagione e i primi episodi della seconda.
E così, giusto perché mi va, vi allego una fanart dei nostri beniamini che mi ha ispirato la parte finale del capitolo
https://i.pinimg.com/236x/3c/cd/cc/3ccdcc623abfe656a4fed57c953313c6--fan-fiction-fiction-stories.jpg

PS
A partire dal prossimo capitolo si entrerà nel clou della storia e inizierò a distaccarmi dalla serie originale. Che ci crediate o no, non è per niente facile scrivere una storia che funziona bene nella testa facendola però andare d'accordo con gli eventi della serie (che sto vedendo man mano ora per la prima volta). Non vi nego che gli più una volta mi sono trovata in disaccordo con gli eventi degli episodi perché non andavano come nella mia storia (non fateci caso, ogni tanto mi capita)
A presto

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
Sabbia, sabbia e ancora sabbia. Da ore Katara non vedeva altro che questo. Appa era stato rapito e Aang era distrutto dalla preoccupazione, Toph disorientata e, per la prima volta da quando la conosceva, veramente cieca e infine Sokka e Momo fuori gioco per via delle allucinazioni dovute all’acqua di cactus. Era ormai quasi il tramonto e Katara dovette fare ricorso a tutte le sue energie per convincerli a tirarsi su e continuare a camminare.
Quando più avanti Katara si troverà a riflettere sulle sue scelte e su quando ha cominciato a dubitare di quello strampalato gruppo e di quella folle ricerca senza speranza, le tornerà in mente quella marcia nel deserto. Ma Ba Sing Se fu la famosa goccia che fece traboccare il vaso, mandando a puttane anche l’ultimo barlume di lucidità. Avevano litigato, per chissà quale ragione poi non lo sapeva dire. Si erano detti le peggio cose e aveva minacciato di andarsene
“Fallo allora” si voltò ad occhi sgranati verso Aang che invece le rivolse un’espressione apatica e disinteressata “Hai detto che sei stanca di noi e di questo viaggio, nessuno ti ha obbligato a unirti a noi e hai assolto il tuo dovere come maestro. Fa pure, vattene. Io di certo non te lo impedirò”
“Andiamo ragazzi, cerchiamo di pensare a mente fredda. Katara sono certo che Aang non diceva sul serio” Sokka sembrava essere l’unico ad aver compreso la gravità della situazione, conosceva la delusione negli occhi di sua sorella, era la stessa che aveva visto all’inizio del loro viaggio, quando aveva detto addio a Zuko ed era andata via senza voltarsi indietro. Conosceva la determinazione di sua sorella, l’aveva vista diventare una maestra del dominio dell’acqua in poche settimane e si sorprese di come Aang prendesse sotto gamba la situazione
“No Sokka, è stato chiarissimo” lo interruppe mettendosi il suo zaino in spalla “per quanto mi riguarda, allora, le nostre strade si dividono qui. Addio” non aggiunse altro e per tutto il tempo, finché non gli diede le spalle, non interruppe il contatto visivo con Aang.
“Bene” detto ciò anche il dominatore dell’aria si voltò andando nella direzione opposta, forse più per avere l’ultima parola che per qualche vera motivazione.
Katara sentì la gola chiudersi in una morsa e le lacrime riempirle gli occhi mentre si allontanava da quel gruppo che era stato la sua famiglia per gli ultimi mesi, il cuore a pezzi a causa dello sperare fino all’ultimo di essere fermata. Non avvenne, nessuno disse nulla e quello fu per il colpo di grazia per Katara: Zuko aveva ragione, l’unica persona di cui si poteva fidare veramente era lei stessa. Adesso era veramente sola.  
“Katara” quello di Sokka fu solo un sussurro che a stento riuscì lui stesso a udire e non fu sufficiente perché la ragazza tornasse sui suoi passi. 
 
Memore di com’era andata l’ultima volta, Zuko era stato ben attento a non rivelare la sua identità, ma Jet era un tipo sveglio e ben presto scoprì tutto.
Jet gli aveva chiesto di vederlo nel loro rifugio, un colloquio da soli, senza gli altri e senza Iroh. Lo assecondò, ma il suo istinto gli diceva di non fidarsi. Jet se ne stava con le spalle contro la parete e Zuko si posizionò sul lato opposto, distante dalla parete e in una posizione marziale. 
“Quindi è vero tutto quello che si dice di te? Che sei un reietto, un esiliato e un traditore?” forse fu lo stesso spirito Agni a impedire a Zuko di risponderli per le rime o magari a suon di fiamme ardenti di rabbia, se lo avesse fatto le cose sarebbero andate decisamente in modo diverso.
“Ha importanza?”
“Ti sorprenderà, ma sì ha molta importanza” rispose Jet sedendosi di fronte al dominatore del fuoco “Vedi principino, esistono due tipi i reietti: quelli che si piangono addosso e si rassegnano alla loro condizione di emarginati, e quelli che si ribellano al sistema, che lo sfidano e che prima o poi arriveranno a metterlo in ginocchio. Tu di quale categoria fai parte, principe Zuko? E rifletti bene sulla risposta perché è davvero molto importante” credeva di non aver bisogno di pensarci il principe Zuko, eppure lo fece. Si prese del tempo e rifletté: non avrebbe esitato a rispondere di appartenere alla seconda categoria, ma cosa aveva fatto per poter dire di farne parte? Dal giorno in cui era stato scacciato dalla sua casa e anche dopo che Azula provò a catturarlo aveva sempre cercato il modo di ritornare come vincitore nella Nazione del Fuoco. Come in un flash le tornarono in mente le parole che gli disse Katara il giorno del ritorno dell’Avatar
“Zuko ragiona, questa è l’occasione che stavi aspettando-”
“Esatto! L’occasione per ripristinare il mio onore e tu me lo stai impedendo. Fatti da parte Katara e magari sarò clemente con te e la tua tribù, non te lo ripeterò un’altra volta”
“No, no Zuko. Apri gli occhi... Perché ti ostini a non capire?! Tuo padre non tornerà mai sui suoi passi, hai la possibilità di cambiare la tua storia. Cosa ti blocca?”
“Il mio onore, la cosa più preziosa che mi sia rimasta, ma tu non puoi capire”
Onore. Quante cose, occasioni e persone aveva perso a causa sua? Katara aveva ragione, era il momento di aprire gli occhi
“Mai stato un agnello” rispose con un sorriso a metà bocca che fu ricambiato dall’amico
“Allora facciamo tremare la Nazione del Fuoco davanti a questi lupi” e suggellarono il loro patto battendo pugno contro pugno. Quel giorno nacque la resistenza al regno del Signore del Fuoco Ozai. 
 

Camminava con la testa bassa percorrendo a memoria la strada che la separava dalla casa diroccata in cui si era stabilita, la mente occupata a stilare la lista delle cose da fare.
A una settimana dall’inizio della sua nuova vita, Katara era cambiata drasticamente non solo nell’aspetto quanto nell’atteggiamento. Aveva dismesso i panni della dominatrice dell’acqua, non poteva fare nulla per il colore degli occhi o della sua pelle ma poteva risolvere l’inconveniente dell’abbigliamento che la rendeva troppo riconoscibile. Non era stata una scelta fatta a cuor leggero, forse fu la scelta più difficile e sofferta della sua intera vita. Le ci vollero due giorni prima che si mettesse veramente a riflettere sulla sua nuova condizione. Due giorni in cui camminò senza una meta per le strade e i vicoli della capitale, lasciando che fosse il caso a scegliere la direzione e, non avendo un posto dove tornare, senza alcuna paura di perdersi.
Non era stato facile voltare le spalle alle persone e alla missione per cui aveva rinunciato a tutto e quando aveva realizzato di essere ormai sola, come non era mai stata, fu devastante. Pianse molto la prima notte che trascorse in quella vecchia casa abbandonata, ma quando la mattina dopo ne uscì era una persona nuova. All’infuori della collana di sua madre da cui non si sarebbe mai separata, nulla di lei lasciava capire che si trattasse di una dominatrice dell’acqua.
Dovendo contare solo sulle proprie forze, la sua prima decisione fu quella di trovare un lavoro per mantenersi e mettere da parte quanto basta per lasciare al più presto quel posto. Una vita monotona ma che le consentiva di tenere un profilo basso senza troppi sforzi. 
Non mancava molto alla sua destinazione ma il sole era già calato e lei era pur sempre una ragazza sola, seppur per niente indifesa, che camminava da sola per le strade poco trafficate di una città sconosciuta. Si nascose maggiormente sotto il cappello troppo largo poco prima di passare accanto a due uomini. Come sperava, nessuno la notò o almeno era ciò che credeva. La fortuna non doveva essere dalla sua parte perché, quando era ormai giunta all’asse di legno schiodata da cui entrava quando sentì un fruscio. Fu svelta a stappare la borraccia che ancora portava a tracolla e attese un’altra mossa che non si fece attendere. Venne circondata da quelli che, a giudicare dal suono dei passi, identificò come tre banditi.
“Dacci i soldi e non ti accadrà nulla” la voce del tipo era ovattata dalla benda che portava sulla bocca ma non fu difficile capire le sue parole che fecero increspare le labbra di Katara in un sorriso sadico
“Ne sono certa, ma di quello che accadrà a te?” lo sgomento sui loro volti lasciò ben presto il posto alla sorpresa quando uno di loro fu colpito in pieno viso da un tentacolo d’acqua che lo scagliò a qualche metro di distanza. Solo allora Katara si voltò nella loro direzione, pronta a combattere. Se si fosse guardata dall’esterno, lei stessa avrebbe faticato a riconoscersi: apparentemente era la stessa, ma chi la conosceva non avrebbe mai immaginato di vederle quegli occhi. Katara era un libro aperto, tutto ciò che pensava le si leggeva in faccia, ma ora quegli occhi di solito così luminosi erano spenti e apatici. Combatteva, si difendeva ma non c’era una vera motivazione dietro i suoi gesti, se non la semplice voglia di menare le mani.
“Piccola insolente. Adesso ti faccio vedere io, ti pentirai di avermi sfidato” il primo che aveva scagliato lontano si fece avanti più furioso che mai, ma Katara non batté ciglio mentre si metteva in posizione d’attacco con il tentacolo d’acqua che ondeggiava intorno a lei
“Fatti sotto” un invito che l’energumeno non si fece ripetere, così come gli altri che la aggredirono in contemporanea, la fortuna però non era dalla loro parte perché proprio quel pomeriggio aveva piovuto e ovunque erano sparpagliate pozzanghere da cui Katara poteva attingere acqua. Come rianimata dall’adrenalina che le scorreva nelle vene, la dominatrice sembrava essere uscita da quell’apatia che l’aveva avvolta in quell’ultima settimana. Non pensava a cosa fare, non ne aveva bisogno, ogni gesto era automatico. Non era neppure una semplice difesa, combatteva per ferire, per farsi temere e la cosa sembrava divertirla.
“Ma che succede laggiù?!” era impossibile per gli latri due ragazzi rimasti fuori dal vicolo non sentire i rumori.
“Andiamo a vedere” se se ne fossero pentiti appena vista la situazione rimase un mistero, non esitarono però a buttarsi nella mischia in uno scontro impari in cui erano cinque contro un dominatore.
Katara, con il viso sempre ben coperto dal cappello, aveva messo fuori gioco due dei tre quando vide avvicinarsi gli altri, fu quindi la volta del terzo di finire con i piedi congelati. Appena in tempo, perché ebbe appena il tempo di lanciarsi a terra prima che un ragazzo agile e con una discreta muscolatura atterrasse al suo fianco, si era lanciato da una trave usando le sue speciali lame uncinate come rampini. Il loro combattimento fu più interessante, nonostante Katara cominciasse ad accusare la stanchezza. Due tentacoli d’acqua, talvolta congelati e talvolta liquidi, sembravano i prolungamenti delle sue braccia. Riuscì a inchiodarlo al muro, ad almeno un metro da terra, con centinaia di lame di ghiaccio che lo circondavano senza però ferirlo, ma subito dopo si sentì sollevare di peso e lanciare a terra, nell’erba incolta dietro l’abitazione. Quest’ultimo non aveva niente da spartire con i precedenti assalitori, era abile e conosceva la tecnica del combattimento e lei iniziava ad accusare la stanchezza. Combattevano corpo a corpo, non le dava neppure un’occasione di distanziarsi quanto bastava per caricare un colpo d’acqua, segno che fosse qualcuno che conosceva bene il dominio dell’acqua. 
Katara si abbassò per evitare un calcio ma la gamba del suo avversario colpì il cappello che inevitabilmente finì a terra svelando il volto della giovane.
 “Katara?” solo allora la dominatrice sollevò lo sguardo, incontrando due occhi d’ambra che la guardavano sconvolti. 
“Zuko”
 
“Cosa ci fai qui Katara, dove sono gli altri? Dov’è l’Avatar?”
“Non lo so”
“E vuoi che io me la beva?” nel pronunciare queste parole si voltò verso la ragazza: Katara era seduta a terra con le gambe strette al petto e la schiena poggiata contro la parete, gli occhi vacui fissi su qualcosa di indefinito.
“Lasciateci soli” lo disse senza rifletterci ma non se ne pentì.
“Neanche per sogno e tu non dovresti neanche chiedere. Non mi fido di lei. Hai visto come ci ha messi a tappeto?”
“Mi fido io, Jet. La conosco meglio di quanto conosca me stesso e le affiderei la mia stessa vita. Fatti bastare questo e lasciateci da soli” Jet gli lanciò un’occhiata che non poteva essere fraintesa, un’occhiata che voleva dire “dopo parliamo” e che fece sbuffare Zuko. Rimasti soli, il principe attese ancora prima di rivolgersi di nuovo alla ragazza.
“Che cos’hai Katara? Che cosa è successo?” chiese sedendosi accanto a lei, senza mai smettere di guardarla
“Succede che ognuno ha ciò che si merita e io ora merito di essere sola”
“Tutte le volte che io volevo restare da solo, tu entravi nella mia cabina e iniziavi a parlare a vanvera di qualsiasi sciocchezza ti passasse per la mente. Ti aspetti davvero che adesso ti volti le spalle?” Katara sbuffò con il naso quasi con scherno, ma continuò a guardare davanti a sé per non incontrare lo sguardo del principe, certa che altrimenti le sarebbe stato più difficile indossare ancora la sua maschera. 
“Era diverso, noi eravamo diversi. Eravamo amici, seppur solo di letto” nell’udire quelle parole forti come un pungo nello stomaco, Zuko sentì di meritarselo per tutte le volte che era stato lui a ferirla.
“Katara?” la ragazza si fece coraggio e si voltò a guardarlo, ma sentì gli occhi riempirsi di lacrime non appena incontrò i suoi. Non l’aveva mai vista così fragile e sola, forse solo il giorno in cui decise di partire con lui per proteggere la sua gente, fu un altro pugno in pieno stomaco che, però, lo spinse a fare qualcosa che solo per lei avrebbe potuto fare. Allargò le braccia in un tacito invito ad un abbraccio. Nel momento in cui la ragazza ci si fiondò entrambi ebbero la sensazione di essere tornati indietro nel tempo.
“Tregua, ok?” chiese lui baciandole la fronte come avrebbe fatto un tempo
“Solo un minuto”
“Mi basta. Poi parleremo”
 

“Iroh!”
“Oh Katara, ragazza mia!” la dominatrice non trattenne la gioia nel riabbracciare il vecchio generale della Nazione del Fuoco che non esitò a stringerla a sé. La conosceva da quando aveva quattordici anni, l’aveva vista crescere accanto a suo nipote e ai suoi occhi loro due avevano lo stesso valore.
“Ma cosa ti è successo? Guardati come sei dimagrita! Ma ti fanno mangiare quegli scellerati con cui viaggi?!”  
“Continua a ripeterglielo, magari a te darà retta” Zuko rimasto sulla porta ad osservarli con un sorriso.
“Non è vero, Iroh mangio a sufficienza, però mi alleno anche”
“Te ne do atto, sei migliorata molto. Ma quanto prima spero di avere una replica magari senza che gli altri ti abbiano già sfiancata”
“Sfiancata o meno ti ho comunque dato parecchio filo da torcere” le loro chiacchiere vennero interrotte dalla risata di Iroh che ormai si asciugava anche le lacrime
“Oh ragazzi miei, quanto mi era mancato sentirvi bisticciare come moglie e marito”
“E se vi degnate di smettere con queste chiacchiere magari possiamo decidere cosa fare con lei” un Jet a dir poco furioso se ne stava con e braccia incrociate e un’espressione per nulla rassicurante “Non vedo cosa possiamo farcene di una psicopatica volta faccia”
“Sicuramente più utile di un subdolo doppiogiochista senza spina dorsale” Jet tremò leggermente quando incrociò lo sguardo altrettanto furente di Katara, cosa che non sfuggì né ad Iroh né a Zuko
“Voi vi conoscete?”
“Purtroppo sì” fu la secca risposta di Katara che decise di far cadere lì il discorso, sfortunatamente però Jet non era del suo stesso avviso
“Questa pazza ha lasciato me e i miei compagni in balia dei soldati della Nazione del Fuoco!” a quel punto Katara scattò congelandogli la mano che la stava indicando e salendo fino al braccio
“Tu hai tentato di radere al suolo un villaggio della terra, mi hai presa in giro e hai tentato di uccidere mio fratello! Non azzardarti a scaricare la colpa su di me razza di idiota altrimenti ti cambio i connotati a suon di legnate”
“Ricevuto” esordì Zuko frapponendosi tra i due e allontanando Katara quando bastasse per tenere Jet fuori dal suo raggio d’azione, ben consapevole però che avrebbe potuto fare poco se la ragazza avesse voluto fargli male “Vi conoscete e non vi siete lasciati esattamente in buoni rapporti”
“Pessimi rapporti, ma non per quello che pensi tu” voltando il capo Zuko vide Fiuta Api e Lancio Lungo sulla porta del rifugio, entrambi con un sorrisino saccente sul viso
“La verità è che Jet non tollera che lei non sia caduta ai suoi piedi... E, a giudicare da quanto siete affiatati e dalle parole del vecchio, la cosa non mi sorprende affatto” se Zuko si fosse visto con in volto quell’espressione sconvolta avrebbe stentato a riconoscersi, ma durò solo pochi secondi perché un attimo dopo stava fulminando con lo sguardo quel ragazzo che aveva cominciato a considerare suo amico.
“Tutto sommato... Abbiamo accolto nella squadra due esiliati della Nazione del Fuoco, credo che potrebbe tornarci utile una maestra del dominio dell’acqua con parecchia rabbia repressa... E poi non sarebbe male avere un’altra ragazza con noi” quella doveva essere un’improvvisata perché i suoi compagni di lunga data spalancarono gli occhi a quelle parole, al contrario Katara e Zuko la osservarono con curiosità
“TE LO PUOI SCORDARE! NON PRENDEREMO CON NOI QUELLA PAZZA!”
“E, giusto per chiedere, cosa sarebbe questa squadra?” Fiuta Api dovette scorgere qualcosa di particolare negli occhi di Katara, un bagliore che rese l’apatia di poco prima un lontano ricordo, perché le si avvicinò con la mano tesa
“Sempre i combattenti per la libertà, ovvio”


SPAZIO AUTRICE
Dunque, se c'è ancora qualcuno che segue questa storia allora potete sparare i fuochi perché non ho intenzione di abbandonare questa storia. Nell'ultimo periodo è stato molto difficile continuare a scrivere, questa storia in particolare perché sulla sua scia ho iniziato alcuni mesi fa a scriverne un'altra un po' più articolata che si distacca un bel po' dalla storia originale.
Per quanto riguarda il capitolo, abbiamo una lite, anche piuttosto seria tra Katara e i suoi compagni tanto che la dominatrice dell'acqua decide di prendere armi e bagagli e andare via, brutta bestia l'orgoglio. A tal proposito rivediamo anche il principe degli orgogliosi: Zuko ha deciso di prendere parte a una ribellione per spodestare suo padre e non ha esitato a proporre alla sua ex compagna di avventure di unirsi a loro.
Ammetto che questo capitolo lo avevo gia scritto sulla scia del precedente da un pezzo, ma per pigrizia e parecchi pensieri non avevo più controllato questo profilo (ne ho due per gestire argomenti fandom diversi e che hanno poco in comune)
Beh, vedremo quando mi sarà possibile pubblicare il prossimo capitolo e intanto rifletto anche su quest'altra storia che, almeno nella mia testa, sembra funzionare. L'altra storia in pubblicazione, invece, credo proprio che la metterò da parte per un po', per riprenderla poi in un momento più tranquillo.
A presto

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Katara credeva di aver visto di tutto, che nulla ormai potesse stupirla e invece si sbagliava: vedere Zuko interagire con qualcuno che reputasse alla stregua di un suo pari le mancava all’appello, fino a quel momento. Non si capacitava di come due persone così diverse come Zuko e Jet fossero allo stesso tempo così simili: senza dubbio erano due teste calde che non ammettevano di poter essere nel torto, il risultato erano continui battibecchi su qualsiasi sciocchezza, fortunatamente dopo poco accantonavano l’argomento.
In quei pochi giorni aveva avuto modo di capire il loro progetto molto ambizioso che non le era indifferente e fu proprio questo che la spinse a unirsi a loro e fare sua quella missione.
“Tieni le braccia morbide. Le spade devono essere un prolungamento delle tue braccia, non un di più. Come quando combatti con i tentacoli d’acqua” dietro di lei, con il petto che le sfiorava le spalle, a muovere le sue braccia per spiegarle i movimenti da eseguire.
In quel momento non pensavano a tutto quello che accadeva nel mondo, c’erano solo loro come in quei tre anni sulla nave.
“Brava, hai un talento naturale” sembravano essere tornati quelli di un tempo, con la sola differenza dal punto di vista fisico perché non avevano mai ripreso l’argomento.
“Perché ci hai aiutato indossando quella maschera?” avevano parlato molto e quando lei vide la maschera dello Spirito Blu fu quasi costretto a raccontarle tutto, ma dopo si sentì decisamente con un peso in meno sullo stomaco.
“Non sopportavo che Zhao vincesse. Poi Spirito Blu è diventato una sorta di amico di cui non sono più riuscito a fare a meno” le maschere erano diventate la caratteristica della resistenza, ognuno dei combattenti ne portava una, Katara compresa. Era stato Zuko stesso a procurargliela: la Dama Dipinta, caratterizzata da un volto bianco decorato di rosso. In questo modo si erano invertiti i colori e la cosa non dispiaceva a nessuno dei due.
“Aang sapeva che eri tu?”
“Sì, non te l’ha detto?”
“No, ma non stento a immaginare il motivo” del resto aveva visto le sue lacrime il giorno in cui aveva deciso di partire con lui e abbandonare Zuko.
“Ma adesso siamo qui, no? Insieme per giunta”
“Sai che prima o poi dovremo parlare anche di quell’altro discorso, vero Zuko?”
“Allora parliamo” si sedette sul prato con le spalle contro la parete di una vecchia casa “Se per te va bene vorrei iniziare io” aspettò che Katara annuisse prima di cominciare a parlare
“Non è stato un periodo facile, da quando ci siamo separati niente è andato come speravo e progettavo, in modo particolare la caccia all’Avatar e so che il motivo è anche il mio inconscio desiderio di non farti del male” fece un respiro profondo per rielaborare i pensieri “Quando ci siamo incontrati al Polo Nord, Zhao aveva reclutato tutti i miei uomini che non avevano potuto opporsi all’ordine di un ammiraglio, dopodiché ingaggiò dei pirati di nostra conoscenza per togliermi di mezzo, loro fecero saltare in aria la mia nave”
“Oh Zuko mi dispiace tanto”
“Non importa, non potevi sapere. Mi sono stupito io stesso delle mie azioni quando provai a salvare Zhao dalla furia dell’Avatar, ma, come tu stessa hai detto tante volte, l’orgoglio è una brutta bestia. Fu il suo stesso orgoglio ad uccidere Zhao quella notte, non solo le gelide acque del Polo Nord... Io e mio zio riuscimmo a tornare più a sud e fu allora che ci raggiunse Azula, diceva di volerci riportare a casa perché mio padre aveva cambiato idea ma mentiva. Gli ordini di mio padre erano di catturarci e condurci come prigionieri nella Nazione del Fuoco ed essere quindi processati come traditori, solo allora ho aperto gli occhi, come mi hai consigliato di fare. Hai sempre avuto ragione Katara, avevi ragione su tutto ma io ero troppo cieco per capirlo” la ragazza andò a sedersi al suo fianco e si strinse le ginocchia al petto, stando ben attenta a non sfiorarlo
“Speravo che tu non ci fossi quel giorno nel villaggio della terra, ho fatto l’impossibile per ignorarti e tenere quindi la tua identità nascosta ad Azula che non avrebbe esitato a farti del male per ferire me. Ma, ancora una volta, ti ho cacciata mentre tentavi di aiutarmi. È incredibile come solo ora mi renda conto di odiare la persona che sono quando tu non sei con me, tu tiri fuori il meglio di me e ci sei riuscita dal primo istante senza il minimo sforzo”
“Magari avrei dovuto farmi gli affari miei, non obbligarti a dei comportamenti a cui non eri abituato. Non si può sempre vedere il lato positivo perché a volte neppure esiste” abbassò ulteriormente la testa, infossandola quasi nelle spalle ossute “Però ho una domanda... Non sei mai stato un tipo che lascia trasparire le sue emozioni, perché con me invece non era così? Non ti sei mai tirato indietro quando avevo bisogno di un abbraccio, non ti importava di chi potesse vederci... Ti facevo davvero così pena?”
“Farmi pena?! Mi conosci abbastanza da sapere che non sono in grado di provare nulla del genere... Non mi sono mai posto questa domanda prima, Katara, forse perché tu non eri gli altri e non avrei mai potuto essere veramente arrabbiato con te, così come non avrei mai potuto negarti un abbraccio di cui, sicuramente, io avevo più bisogno di te... La verità, Katara, l’unica e sola verità, è che ti amo” Katara spalancò gli occhi, certa di aver capito male, ma Zuko continuò il suo discorso guardandola negli occhi con un lieve sorriso sulle labbra, mentre una mano le spostava delicatamente delle ciocche di capelli dal viso
“Amo i tuoi occhi sempre così espressivi; amo leggerti in faccia qualsiasi cosa ti passi per la testa; amo il tuo sorriso; amo quando la notte non riuscivi a dormire e decidevi che anche io dovevo restare sveglio con te; amo quando ti arrabbi e sei in grado di terrorizzare con una sola occhiata chiunque ti capiti a tiro... Amo tutto di te e me ne sono accorto nel momento in cui ho capito di averti persa quel giorno nel villaggio abbandonato” le lacrime iniziarono a bagnarle le guance senza che potesse fare nulla per fermarle mentre con un gesto di stizza allontanò la mano del principe.
“Io invece ti odio. Hai capito? Ti odio!” sbraitò tirandogli un pugno sulla spalla per poi alzarsi e dargli le spalle. Zuko però non aveva intenzione di farla fuggire, non questa volta, infatti la fermò afferrandola per una mano e non arrendendosi quando lei rifiutò il contatto fisico
“Ti odio per non essere stata più importante del tuo orgoglio. Ti odio perché non ti sei convinto prima di essere dalla parte sbagliata. Ti odio perché se mi avessi dato ascolto le cose sarebbero andate diversamente e saremmo stati insieme dall’inizio” ogni frase era accompagnata da un pugno sul petto che il ragazzo a cui lui non rispondeva, limitandosi ad incassare finché la ragazza non si fermò davanti a lui preda ai singhiozzi
“Ti odio perché dopo le tue parole dirti che ti amo sarebbe banale” questa volta fu il principe a sgranare gli occhi per poi sollevarle il viso e incatenare i loro sguardi “Sì, è fottutamente banale, ma è anche vero. Ti amo Zuko e credo di amarti da sempre e ho paura che sia ormai troppo tardi”
“No Kat, non è tardi. Il nostro tempo è solo all’inizio e questa volta non ti lascerò andare, puoi metterci la mano sul fuoco”
“Ci conto, non farmi bruciare” una battuta stupida che fece ridacchiare entrambi prima di stringersi in un abbraccio. Non ci fu nessun bacio a suggellare le loro parole, né dissero altro. Semplicemente rimasero lì, l’una tra le braccia dell’altro, finalmente ritrovati.

 
“È una fortuna che i capelli ti crescano abbastanza velocemente, questo taglio è orribile” Zuko rise sonoramente e di cuore, godendosi le coccole di Katara che tanto gli erano mancate. A pochi giorni dal loro chiarimento la loro situazione non era cambiata molto, non si erano ancora baciati perché inconsciamente entrambi aspettavano il momento perfetto, ma non si vergognavano a dedicarsi attenzioni. Questo ovviamente aveva provocato molte prese in giro di Jet che gli ricordava perennemente di come rischiasse una carie solo guardandoli.
“Non dirmi che preferivi la coda di cavallo”
“Assolutamente no, la tua testa rasata era più lucida e splendente del mio futuro” l’espressione del principe si fece sconvolta per un attimo ma non ebbe il tempo di replicare perché Katara lo anticipò senza però smettere di carezzargli i capelli “Però penso che staresti benissimo con i capelli lunghi”
“Allora dovrai avere pazienza” si guardarono per un po’ sorridendo. Caratterialmente erano molto simili, entrambi erano stati costretti a crescere in fretta e questo li aveva portati ad abbandonare i giochi infantili e tutto ciò che prevedesse lo svago, nonostante Iroh provasse con tutto se stesso a ricordargli la loro età. Fin dall’adolescenza Zuko e Katara sembravano dei piccoli adulti che trascorrevano le loro giornate a studiare mappe e pergamene sul dominio degli elementi, e che avevano già conosciuto, in giovane età ma fortunatamente insieme, il mondo dei grandi con tutte le sue fregature.
“Potreste anche scollarvi ogni tanto, ormai lo sanno tutti che fate coppia” nell’udire la voce di Jet, Zuko si mise seduto per poi stampare un bacio sulla guancia di Katara, prevedendo l’esagerata reazione dell’amico.
“Bleach, siete più dolci dello zucchero misto a miele ed è disgustoso” in contrasto con le sue parole Jet andò a sedersi proprio accanto a loro
“Non dirmi che sei geloso Jet, non tutte le donne possono cadere ai tuoi piedi”
“Certo che sono geloso, Lee, ma per motivi ben diversi da quelli che pensi tu”
“E sentiamo, quali motivi?” mentre Katara preferiva stroncare sul nascere qualsiasi tentativo di Jet di fare una battuta scema, Zuko amava dare corda alle sue stronzate e riderci su
“Mi pare ovvio, sono io l’unico uomo della tua vita, Lee, e odio condividerti con questa medusa mancata”
“A chi hai detto medusa?!”
Uno scambio di battute che fu sufficiente per Zuko a capire che tra i due fosse decisamente meglio alzare un muro...

SPAZIO AUTRICE
Per quanto mi sarebbe piaciuto, purtroppo questo non è il nuovo capitolo bensì solo una parte. Ho iniziato a scrivere questa storia di pari passo guardando la serie animata ma a causa di impegni mi sono grdualmente allontanata. Questa storia (come anche un'altra iniziata in cui l'idea della trama è un po' più definita nella mia mente) è nata con lo scopo di "riscrivere" la storia originale creando un legame tra Katara e Zuko, purtroppo non con i risultati sperati. Ora come ora mi rendo conto di non essere in grado di continuare a scriverla, ma non escludo un probabile ritorno a farlo in un secondo momento, magari dopo aver ricominicato a guardare la serie dall'inizio. Per quanto può sembrare stupido, sono aperta a consigli sulle sorti della storia e sulla trama. Nel frattempo potrei valutare di ripredere l'altra storia di cui ho accennato precedentemente.
Mi scuso per la delusione che sicuramente vi porterà questo banale aggiornamento, dal momento che era l'ultimo pezzo che sono riuscita a scrivere volevo quantomento lasciarvi con il minor amaro in bocca possibile.
Spero di contiuare a scrivere su qyesto fandom perché, anche se non sembra, mi piace parecchio
Ringrazio tutti voi che avete letto la storia, a presto - perché, poco ma sicuro, questo non è un addio

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