la vita da shinigami

di desyrin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


Capitolo 1
 
 -Introduction-
 

  

Io sono Ayame Aomori e ho pochissimi ricordi di come sono morta… so solamente che ero abbastanza grande per capire cosa fosse successo e ancora troppo piccola per potermela cavare da sola. Una volta morta, mi ritrovai in quello che comunemente sulla terra, si sarebbe detto come il paradiso, solo che non era un vero e proprio paradiso. La Soul Society era una terra in cui vivevano tutte le anime meritevoli di esserci. Fin dal momento che morii e fui scaraventata li, rimasi sola.

Un giorno, (non so bene calcolare quanto, in termini umani) incontrai una donna che assomigliava molto alla mia madre terrena. Mi adottò come figlia sua, non facendomi sentire più sola e abbandonata.
Questa donna si chiamava Kikio, morta tanti anni prima, durante una guerra civile almeno, da quello che ricordava.
Tra l’altro anche lei non viveva da sola, ma con un’altra donna un po’ più anziana di nome Selene, morta in Italia durante la prima guerra mondiale. Di li a poco quella diventò la mia “famiglia” e iniziai a chiamarle “mamma” e “nonna”. Mi avevano accolto calorosamente e mi avevano fatto vivere una vita tranquilla e serena nel 60esimo Rokungai.  Non una favola di posto, ma almeno non in degrado come tanti altri distretti. La Soul society era formata da tanti Rokungai, ovvero distretti o anelli che circondavano il Seireitei, la Corte delle Anime pure, dove vivevano le anime che ci proteggevano e che proteggevano dalla terra, da dei mostri mangia anime chiamati Hollow. Ma questa è un’altra storia.
Non ricordo bene quanto tempo trascorse, perché li il tempo aveva un canone diverso da quello umano… da quel poco che ricordavo , morii quando sulla terra suonavano il blues e il rock, erano i tempi di Jimi Hendrix e Jim Morrison, dove Janis Joplin strillava al mondo la sua canzone, dove gli Hippie facevano proteste per i diritti dell’uomo e dove si fumava marijuava e si veniva chiamati frikkettoni. Ora vedo un mondo strano dove ci sono moltissime macchine, dove i bambini hanno smesso di sognare, dove le città sono piene di grattacieli e di smog e dove le famiglie non sanno più cosa vuol dire amare… Ma anche questa è un’altra storia, non sto a dilungarmi troppo.
Nella Soul society fui sempre circondata da amici cari e fidati con cui da piccoli combinavamo i peggiori danni possibili. Anche se devo ammettere, che ero quella con più senso della correttezza e quindi quella che dagli abitanti del Rokungai era vista meglio e trattata con gentilezza. Un giorno scoprii di saper usare quello che all’epoca chiamai magia, e subito dopo iniziai ad avere i primi morsi della fame…. Era una sensazione stana, più che altro faceva male lo stomaco e creava un leggero capogiro. Avevo dimenticato cosa voleva dire avere fame.
Lo dissi a mia madre, che da quel momento fece di tutto per potermi portare un piccolo pezzo di pane o qualsiasi altra cosa avesse una consistenza. In un posto come la Soul Society in cui non c’era bisogno di mangiare per vivere, trovare quelle poche cose era davvero difficile.
I giorni passavano, il mio potere aumentava e insieme al potere anche la fame, che mi faceva sentire sempre più debole. Passavo le giornate a leggere qualsiasi pergamena o libro si poteva reperire e a passeggiare vicino al fiume, dove, vedevo dei ragazzi della mia età, divertirsi a pescare.
“quanto vorrei mangiare quel pesce” pensavo e intanto aumentava in me anche lo sconforto, la povertà, purtroppo, fa tacere i pensieri felici e quei ragazzi si divertivano con poco… ero davvero invidiosa, volevo anche io avere quel rapporto con qualcuno della mia età!
 Intanto crescevo e stavo diventando una donna. I capelli si erano allungati fino alla vita, diventati color quasi ebano gli occhi verdi come la foresta e il fisico snello ma formoso nonostante il quasi costante digiuno.
All’alba del mio diciottesimo compleanno (sempre in termini umani) mia madre e mia nonna entrarono frenetiche nella mia camera dicendo di avere una sorpresa per me. Erano riuscite ad avere un contatto con qualcuno del Seireitei e a farmi fare una prova per vedere se disponevo del potere spirituale che occorreva per farmi diventare shinigami. Io semplicemente non potevo crederci! La mia vita sarebbe cambiata drasticamente, e forse sarei potuta diventare qualcuno, forse un tenente! O addirittura un capitano!! L’idea mi eccitava parecchio! Qualche mese dopo venni chiamata  ad entrare nell’Istituto Centrale per le Tecniche dello Spirito: l’accademia degli shinigami.
Fu così che cominciò la mia vita come uno shinigami.

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


-Aomori Ayame!- esclamò qualcuno dal cortile centrale dell’accademia.
Feci un passo avanti. -eccomi!- esclamai. La ragazza che mi chiamò indossava una divisa bianca con strisce rosse, fece un cenno di assenso per dire che aveva sentito. Eravamo tutti riuniti li, come primo giorno, per poter essere divisi delle rispettive classi e assegnati ai vari corsi. Notai che eravamo veramente in tanti, non mi aspettavo un simile reclutamento. La Shinigami continuò a leggere la sfilza di nomi. Mi guardai intorno, c’erano parecchie matricole, la cosa mi rincuorava. L’unica cosa che temevo era l’approccio con quelle persone… sicuramente quasi tutti facevano parte della nobiltà, o almeno di qualche alto rango, di conseguenza spocchiose, piene di loro e arroganti. Non sarebbe stato facile.
-……….Rukia!- esclamò ancora quella ragazza. Un’altra si fece avanti, la guardai con interesse: era piccola, minuta, capelli nero corvino che le ricadevano fino alle spalle, aveva uno sguardo fiero ma spaurito con occhi grandi e azzurro/grigi. Appena la chiamarono rispose con un “Si!” deciso. Quasi la invidiavo per tutta quella sicurezza che emanava. Quando la shinigami andò avanti a snocciolare altri nomi, notai che "Rukia", guardò dalla mia parte, poco più distante, facendo un cenno di saluto. Seguii il suo sguardo e vidi un ragazzo con i capelli più incredibili che avessi mai visto: Una cesta di capelli rosso fuoco, legati in una coda alta, e uno sguardo furbo e allegro. Ricambiava lo sguardo di Rukia con un sorrisetto sulla bocca. “che persona strana!” pensai.
-Abarai Renji!- -Si eccomi!- esclamò proprio lui … il ragazzo con i capelli rosso fuoco. Aveva risposto con tanta veemenza da creare un circolo di risatine di scherno. -Si, abbiamo capito che sei tu, non serve che lo urli al mondo- sussurrò una ragazza dietro di me e la sua vicina rise fragorosamente. “razza di idiota… non ha nemmeno il coraggio di farsi sentire” pensai incupendomi Quando videro che tutti risposero all’appello, ci assegnarono le stanze e le classi. Io capitai in una camera singola, non che mi dispiacesse, ma comunque mi aspettavo di condividere il dormitorio con almeno altre 3 ragazze. poco male.
La stanza aveva un armadio a muro con due ante scorrevoli,nelle quali c'erano le coperte, un piccolo cuscino e un futon molto confortevole. nell'altra erano state posizionate le divise dell'accademia e quelle poche cose che possedevo, tra cui due kimono, qualche libro di letteratura, cambi di biancheria e altri piccoli ninnoli che mi ero portata dietro. In un angolo della stanza, proprio sotto la finestra c'era una scrivania con una piccola libreria di lato e al centro della stanza un piccolo tavolino con un cuscino a terra per poter prendere il the e leggere la sera prima di dormire. "molto confortevole, mi aspettavo di peggio!" il mio umore migliorò, sentendo che finalmente la mia vita (anche se secondaria) stava finalmente andando nel verso giusto. sulla scrivania c'era un foglio chiuso da un sigillo. lo aprii.

                    " si comunica a tutti gli studenti che alle ore 15 verrete sottoposti a dei test di routine per poter scegliere meglio
                                     in che sezione verrete smistati. Siete pregati dunque di presentarvi nel cortile principale.
                                                                                     non sono ammessi ritardi."

Non stavo più nella pelle, iniziai a sorridere trepidante saltellando sul posto. Cosa mi sarei dovuta aspettare? duelli con le spade? prove di abilità fisiche? non ne avevo la più pallida idea, ero talmente fremente che non riuscivo a stare ferma nella stanza, sapendo che avrei dovuto aspettare anche parecchie ore, dato che erano appena le 11 del mattino. Decisi di uscire dalla stanza e di farmi un giro per l'accademia. Passai da un cortile all'altro. c'erano piante e alberi di ogni forma e dimensione, colori bellissimi ogni dove, nonostante fosse piena estate, i prati e le piante erano tutti curati e rigogliosi. passai davanti alla palestra, mentre da dentro si sentivano le urla e gli schiamazzi della classe che si stava allenando in combattimento con le spade di legno. poco più avanti iniziava un enorme plesso fatto tutto di legno, su più piani, con un'insegna piantata a terra, poco prima della porta d'ingresso che citava:" CLASSI 1-5, SEZIONI S,A,B e C." proseguii il giro e arrivai davanti ad un altro edificio di legno con la scritta "mensa". Proprio in quel momento mi accorsi che in effetti avevo fame, così decisi di entrare. dopo aver mangiato un po di riso con dell'edamame e un po di salmone alla piastra, mi diressi verso il cortile aspettando le 15.
Ci sottoposero a dei test per vedere le nostre abilità. Per fortuna non ebbi problemi con la spada, nonostante fosse la prima volta che ne prendevo una, l’istruttore notò qualcosa in me. “giorno fortunato!” pensai felicissima! Al test per la “magia” come ancora la chiamavo io, e cioè potere spirituale, mi sottoposero a una cosa semplicissima, in altre parole evocare un globo di forza spirituale corporeo sulla mia mano e tenerlo attivo per qualche minuto. Non ebbi difficoltà dato che quella tecnica come la chiamavano era stata l’unica cosa che mi faceva capire che avevo dei poteri spirituali! Alla fine fui assegnata alla seconda classe, ovvero nella padronanza discreta della spada e del kido. (combattimento con il potere spirituale) La sera arrivò presto e dopo aver consumato un buon pasto, con una buona sensazione addosso, mi diressi in camera e dopo aver messo il futon a terra mi misi sotto le coperte, esausta ma piena di buoni propositi, mi addormentai quasi subito. La mattina dopo ero pimpante.Mi diressi verso i bagni del dormitorio con la divisa nuova sotto il braccio.
Mi sciacquai la faccia, sistemai i capelli, (forse un pò troppo lunghi) facendo una treccia e m’infilai l’uniforme dell’accademia. Via di corsa per i corridoi, uscii fuori e mi diressi verso l'edificio principale. Ecco la classe; ero stata assegnata alla 1-A. Entrai tranquillamente: la classe era a forma di anfiteatro con i banchi tutti intorno alla cattedra e si sviluppavano a semicerchio e in altezza. Occupai posto vicino ad una finestra quasi alla fine dei banchi, in alto a destra. Osservai chi era dentro in quel momento. Avevano già formato dei gruppetti, ragazze e ragazzi che chiacchieravano allegramente e scherzavano tranquilli. “speriamo di riuscire a fare amicizia, sai che noia passare un'intero percorso accademico da sola?” pensai con insicurezza. Non era da me fare così! Mi sedetti in quell'angolo, lontano dal trambusto degli altri studenti. "per il momento va bene cosi, Ayame, poi vedi di fare amicizia!" mi dissi con fermezza.
-Posso sedermi vicino a te?- una voce mi sollevò da quei pensieri, alzai lo sguardo. Era Rukia, la ragazza che avevo notato ieri alla cerimonia di apertura.
-Oh, si certo!- risposi con un sorriso pacato, accennando un sorriso. -Molto piacere, sono Aomori Ayame- le porsi la mano.
-Io Rukia, piacere- ricambiò con un sorriso la stretta di mano. - un nome molto singolare, davvero bello-
-Si, grazie- sorrisi. Era davvero una ragazza dolce e delicata. ci fu un momento di silenzio mentre lei si sedeva e sistemava le sue cose. La guardavo incuriosita.
-Allora- continuò lei una volta sistemata -Da dove provieni? ti ho notata all'appello di stamattina e sembravi un pò ... spaurita-
-Già...- ammisi -Vengo dal Rokungai n°60- aggiunsi quasi sottovoce, lei spalacò leggermente gli occhi, sorpresa.
-ah ecco.- disse e rimase in silenzio per qualche secondo. In quel momento mi sentii imbarazzata. Avrei fatto meglio a tacere, sapevo che chi proveniva dai Rokungai non era ben visto. -Beh,dai ti è andata bene- Continuò lei sorridendo di nuovo,– io vengo dal distretto 78-. Sbarrai gli occhi, quel distretto era uno dei più malfamati! eppure eccola lì davanti a me bella e solare. Mi guardà con uno sguardo di intesa e capii che non ero sola, anzi.
-Non pensavo ce ne fossero altri dal Rokungai… come me- aggiunsi distogliendo lo sguardo dal suo viso e guardando fuori dalla finestra.
-il fatto Ayame, è che non siamo assolutamente le sole, quest'anno dicono che ce ne sono tantissimi di noi...- un altro sorriso – ma questo non vuol dire che non dobbiamo andare d'ccordo, ti va di essere mia amica?- Rukia porse la mano di nuovo e sentii di aver trovato una persona sincera, mi ispirava davvero tanta fiducia. Non mi era mai successo, nemmeno nella mi vita terrena, di avere una sensazione così limpida e fiduciosa per una persona.
-certo!- Esclamai stringendogliela e ricambiando il sorriso, grata.
-quindi dovrò presentarti anche quella “testa di ananas” del mio amico allora- Rukia si dovette trattenere nel ridere. La guardai con fare interrogativo, poi collegai. Si riferiva al tizio strambo che avevo visto alla cerimonia, con i capelli rossi a punta !
-ah! ho capito chi è!- esclamai sorpresa. -il ragazzo con i capelli rossi messi in modo indecente!-  A quel punto Rukia non si trattenne e scoppiò a ridere. Talmente forte che contagiò anche me e ridemmo come matte, come due ragazze che si conoscevano da una vita. Sembrava fosse cominciato tutto bene. La sua presenza mi tranquillizzava ed ero un po’ più sicura, sicura che non sarei più rimasta da sola.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
 -Renji-
 
 
La prima parte delle lezioni passò in fretta. Alla pausa pranzo, io e Rukia, gironzolammo un po’ parlando di tantissime cose, finché non raggiungemmo il cortile interno, pieno di panchine e alberi  fantastici… era quasi autunno quindi sulle aiuole c’era un letto di foglie gialle, arancioni e rosse, bellissime. Ci sedemmo proprio in mezzo al prato sotto un albero di acero rosso. Chiacchierando del più e del meno conobbi meglio Rukia. Era davvero interessante parlare con lei; ne aveva passate tante da bambina e poi aveva sempre in bocca un nome: Renji.
Aveva fatto tantissime cose con lui, fin da bambini, scorazzato per il Rokungai, rubacchiando delle piccole cose, facendo dispetti, andando a fare il bagno al fiume e pescare pesci con le mani. Aveva avuto un’infanzia triste ma allo stesso tempo piena di avventure, aveva un amico formidabile. Mi accorsi che aveva suscitato il mio interesse, solo ascoltando i suoi racconti. Renji sembrava davvero un ragazzo genuino e simpatico, ero davvero curiosa di conoscerlo meglio.
Facemmo una pausa dalle chiacchiere ed io mi stesi sul prato per godermi quella bellissima e soleggiata giornata. Chiusi gli occhi, annusando l’aria, piena di fragranze di ogni tipo: l’odore del sole che scalda il prato, gli alberi di acero che avevano un profumo dolce ma allo stesso tempo aspro, i fiori di vario genere tra cui un vasto prato d’iris contornati da ogni genere di rose. Era davvero tutto stupendo. Aprii gli occhi e raccolsi una foglia rossa appena caduta e la portai davanti agli occhi. Aveva un colore caldo e intenso, quasi lo stesso colore di capelli di quel ragazzo…. Renji.
-Rukia?- dissi a un certo punto.
-Si?- rispose. Si era sdraiata anche lei
-Lo nomini spesso, io sono curiosissima di conoscerlo… Renji intendo- lo dissi mentre giocavo con quell’enorme foglia rossa. Subito mi pentii di averlo chiesto, in fondo, conoscevo Rukia da poche ore, non volevo sembrare scortese o pretenziosa.
-oh- esclamò Rukia con un sorriso.
Si tiro su a sedere e guardò lontana- certo perché no? Anzi, sai che ti dico? Te lo presento subito! Il ragazzo testa-ad-ananas ci ha trovato!-.
Mi tirai su in tempo, per vedere quello scalmanato dai capelli rossi che correva verso di noi, con un sorriso da ebete stampato in faccia.
-Rukiaaaaaa! Urlava come un ossesso -Dovresti vedere la mia classe! Io sono nella prima, è fantastico!- La raggiunse continuando a sbraitare con quella faccia solare. Mi colpì tantissimo il suo comportamento. Trattava Rukia come un maschio e lei rideva di gusto a sentirlo. Li lasciai chiacchierare in pace, avevano una sintonia assurda, un’amicizia così era difficile trovarla.
-Renji, devo presentarti una persona- Rukia si girò dopo un po’, per indicarmi.
Io sorrisi giovale. Mi alzai dal prato e li raggiunsi tendendo la mano verso di lui.
 -wow, sei davvero un terremoto, lo sai?- sorrisi divertita. –Io sono Ayame, Ayame Aomori-
Lui mi fissò per due o tre secondi, visibilmente confuso. Quasi incantato. Io continuai a guardarlo, con fare interrogativo. Non sapevo cosa fare, era veramente incantato, come inebetito.
-Renji!- sibilò Rukia guardandolo storto.
Rukia gli pestò il piede, con tanta furia che temetti che gli avesse rotto qualche dito. Renji iniziò a urlare come un ossesso per il dolore.
-MA DICO, SEI IMPAZZITA?- Ululò lui, iniziando a saltellare per il dolore. Io rimasi interdetta, non sapevo se ridere o rimanere seria.
-SEI TU QUELLO MALEDUCATO CHE NON SALUTA LA MIA AMICA!- Urlò lei di rimando.
Non riuscii a trattenermi, iniziai a ridere come una matta, tanto che dovetti reggermi la pancia.
-Oh Rukia!- sospirai prendendo fiato -E’ proprio come lo avevi descritto!- continuai a ridere di gusto.
-P-perché cosa ti ha detto?- mi chiese Renji rosso in volto -Maledetta! Parli male di me alle mie spalle?- disse poi rivolto a Rukia, ma non fece in tempo a girarsi completamente che lei gli assestò un calcio che lo fece cadere, in avanti.
-Taci e presentati!- urlò lei.
Erano davvero buffi.  Ridevo talmente tanto che mi uscivano le lacrime.
-va bene ho capito non serve che mi maltratti!- disse in tono offeso. Si alzò sgrullandosi i pantaloni sporchi di polvere, ancora rosso in faccia. Si girò a guardarmi e con un leggero inchino disse -sono Abarai Renji, è un piacere Ayame-.
-molto piacere- sorrisi cercando di asciugarmi le lacrime e gli porsi la mano, lui la prese, ma, invece di stringerla, la girò sul dorso e la baciò delicatamente. Rimasi ferma, immobile.
“un po’ azzardato in effetti! Che spavaldo.” Pensai. lui alzò lo sguardo, mi sentii in fiamme la faccia. Mi penetrarono dei bellissimi occhi rossi. Non feci in tempo a capire altro che Renji sparì dalla mia vista, steso da un calcio laterale di Rukia.
-Andiamo Ayame … lasciamo stare questo pervertito!- disse lei prendendomi per una manica della divisa e trascinandomi verso l’entrata della scuola camminando come se non fosse successo nulla.
Guardai in direzione di Renji seduto per terra che si massaggiava un fianco con una smorfia di dolore.
-ahi ahi che male… maledetta questa volta me la paga- sussurrava inviperito. Si accorse del mio sguardo e sorrise mestamente. -Scusami Aomori-san!-  gli feci un cenno di saluto con la mano, ricambiando il sorriso.
“cavolo quel sorriso gli esce proprio bene” rimasi ancora in silenzio qualche istante a guardarlo. Mi staccai un secondo da Rukia e mi avvicinai a lui, gli presi la mano tra le mie.
 -Chiamami Ayame-  un ultimo sorriso e scappai via verso Rukia. Quel ragazzo, così maldestro e scapestrato aveva mosso qualcosa dentro di me. Era davvero strano. Toccandomi le guance e sentendole bollenti come lava entrai in classe, e stetti con la testa tra le nuvole per il resto della giornata. Mi persi quasi tutto il discorso iniziale sul kido e dovetti chiedere a Rukia i suoi appunti. Recuperai in fretta e mi rimisi al passo con la lezione.
 
 
 
Renji iniziò a farsi vedere più spesso quando io ero con Rukia, il che a me faceva piacere.
Ancora  non avevo raggiunto per livello di sicurezza e confidenza da poter stare sempre con Rukia, ma con il passare dei giorni, scoprii che potevo quasi considerarla una sorella. Avevamo visioni del mondo molto simili, parlavamo di tutto! Passato, presente, esperienze vissute e anche alcune confidenze. Iniziavo davvero a fidarmi al cento per cento di lei.
D’altro canto vedere Renji e Rukia battibeccare era quasi diventato un mio passatempo; era piacevole passare il tempo con loro, finalmente sentivo che delle persone riuscivano a farmi integrare. Mi raccontavano degli aneddoti divertentissimi di quando erano piccoli e ne combinavano di tutti i colori, e quasi li invidiai. La mia d’infanzia nel Seireitei, sì era stata bella, ma a causa del mio precoce sviluppo della reiatsu ero sempre debole, avevo dovuto abbandonare tutto quello che facevo, dal semplice aiutare mia madre e mia nonna in casa, al prendere la legna per il fuoco nel boschetto vicino casa. Ero costretta a riposare il più possibile. Questo ha fatto in modo di modificare il mio carattere, tanto da essere abbastanza sulle mie e taciturna, passando il mio tempo a leggere tutto quello che trovavo e a scrivere le mie pochissime memorie da umana. Era curioso, ma a quanto pare, più passava il tempo, più dimenticavo la mia vita terrena.
Un giorno ci trovavamo all’aperto, dopo una sessione intensa di addestramento con la spada, quando Renji ci raggiunse.
-Ragazze, ho notizie dalla prima classe. A breve cominceremo gli esercizi con il kido.- sembrava un po’ nervoso, tanto che non aveva la solita faccia sorridente quella mattina. –Il sensei ha detto che per me sarà veramente complicato. -
-Perché?- chiesi
-Ah non lo sai?- disse Rukia con fare di scherno –Renji il primo giorno ha quasi fatto esplodere il cortile solamente incanalando la sua Reiatsu nel kido!-
-Rukia, sei veramente una maledetta! Sono solamente più forte di te, razza d’invidiosa!-.
-COS’HAI DETTO? RIMANGIATELO!- Rukia iniziò a battibeccare come sempre con Renji, il che la cosa mi fece molto ridere.
“come al solito!” pensai mentre il finto litigio andava avanti. “potrei abituarmi a tutto questo.”
Mi sentirono ridere e guardandomi, interruppero la litigata e risero insieme a me.
“Già, mi ci potrei proprio abituare.”

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