Il mistero del “Mariposas” – quando le farfalle prendono il volo

di Ivy001
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2 Capitolo ***
Capitolo 4: *** 3 Capitolo ***
Capitolo 5: *** 4 Capitolo ***
Capitolo 6: *** 5 Capitolo ***
Capitolo 7: *** 6 Capitolo ***
Capitolo 8: *** 7 Capitolo ***
Capitolo 9: *** 8 Capitolo ***
Capitolo 10: *** 9 Capitolo ***
Capitolo 11: *** 10 Capitolo ***
Capitolo 12: *** 11 Capitolo ***
Capitolo 13: *** 12 Capitolo ***
Capitolo 14: *** 13 Capitolo ***
Capitolo 15: *** 14 Capitolo ***
Capitolo 16: *** 15 Capitolo ***
Capitolo 17: *** 16 Capitolo ***
Capitolo 18: *** 17 Capitolo ***
Capitolo 19: *** 18 Capitolo ***
Capitolo 20: *** 19 Capitolo ***
Capitolo 21: *** 20 Capitolo ***
Capitolo 22: *** 21 Capitolo ***
Capitolo 23: *** 22 Capitolo ***
Capitolo 24: *** 23 Capitolo ***
Capitolo 25: *** 24 Capitolo ***
Capitolo 26: *** 25 Capitolo ***
Capitolo 27: *** 26 Capitolo ***
Capitolo 28: *** 27 Capitolo ***
Capitolo 29: *** 28 Capitolo ***
Capitolo 30: *** 29 Capitolo ***
Capitolo 31: *** 30 Capitolo ***
Capitolo 32: *** 31 Capitolo ***
Capitolo 33: *** 32 Capitolo ***
Capitolo 34: *** 33 Capitolo ***
Capitolo 35: *** 34 Capitolo ***
Capitolo 36: *** 35 Capitolo ***
Capitolo 37: *** 36 Capitolo ***
Capitolo 38: *** 37 Capitolo ***
Capitolo 39: *** 38 Capitolo ***
Capitolo 40: *** THE END ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


CIAO A TUTTI, RIECCOMI CON UNA NUOVA FANFICTION, STAVOLTA DAI TRATTI DI UN VERO E PROPRIO GIALLO, CON LA SPARIZIONE DI UNA DONNA E LE INDAGINI CONDOTTE DA ISPETTORI CHE ERAVAMO ABITUATI A CONOSCERE CON I PANNI DI RAPINATORI.

SPERO VI PIACCIA.

BUONA LETTURA… ATTENDO DI SAPERE COSA NE PENSATE PERCHE’ QUESTO MONDO CHE RACCONTO NON HA NULLA A CHE VEDERE CON LA TRAMA DE “LA CASA DI CARTA”

BESITOS A TODOS

 

 

Prologo

 

2.00 a.m. Madrid, 3 settembre

 

È notte fonda quando il cellulare dell’ispettore Santiago Lopez vibra con insistenza, costringendolo a mettersi in piedi.

Un uomo sui quaranta, alto e di importante stazza, indossa le sue babbucce e, borbottando qualcosa di poco comprensibile, afferra l’IPhone posto sulla scrivania, collegato ad un caricabatterie.

Ad occhi ancora assonnati, cerca di mettere a fuoco il nome del disturbatore che manderebbe volentieri a fanculo.

Non appena appura di chi si tratta, inizia a pentirsi di aver sperato in un comune sconosciuto. Se così fosse stato, avrebbe semplicemente riattaccato per poi tornare a letto.

Però quella persona richiama all’ordine e la sua insistenza è una chiara urgenza di lavoro.

Augustin Ramos.

“Commissario, mi dica!” – risponde, cercando di mostrarsi quanto più sveglio possibile.

La voce scattante dell’uomo dall’altro lato della cornetta è quella di chi ha bevuto dieci tazze di caffè per evitare al sonno di dominarlo - “Lopez, ti voglio al commissariato quanto prima!”

“Di cosa si tratta?” – domanda Santiago, preparandosi psicologicamente alla nuova missione.

“Vanno condotte indagini sulla scomparsa di una donna! Ho appena contattato mio figlio Daniel. Affido a voi due la risoluzione del caso! Fa’ presto, così ti spiego nei dettagli, di persona”

Con quell’ordine, l’uomo riaggancia, costringendo Santiago a svegliarsi in fretta e dire addio alle ore di riposo.

***************************************

“Ecco qui… trattasi della signorina Raquel Murillo, abbiamo alcune sue immagini!” – Augustin mostra ai due incaricati del caso quanto raccolto a poche ore dalla denuncia.

“Insomma, diceva che a denunciarne la scomparsa è stato il proprietario del Night Club?”

“Esattamente. L’uomo è Martin Berrotti ha telefonato intorno alle 2.00, poco prima che contattassi te, Lopez! Raccontava che una delle sue spogliarelliste era scomparsa nel nulla. Al momento si trova qui in Commissariato, è lui ad avermi consegnato queste foto!”

“Papà, come mai non sapevo nulla di questo posto? Noto con piacere che c’è un gran bel vedere” – commenta Daniel, ricevendo subito dopo una sberla sulla nuca dal genitore.

“Bene, direi che è bene capirci di più su questo Night Club…” – interviene nuovamente Santiago – “ Come hai detto che si chiama quel posto?”

“E’ il “Mariposas””

“Che cazzo di nome è?” – impossibile non commentare per Daniel che, a quel punto, viene rimproverato dal genitore.

“Un po' di concentrazione, santo cielo! Stiamo parlando di qualcuno che può essere stato addirittura sequestrato”

“Stavo scherzando, era per sdrammatizzare un po'”

“Idiota, la faccenda è seria. Ti pare il caso di fare dell’ironia?”

Colto il messaggio forte e chiaro, il ragazzo si ammutolisce e si limita ad eseguire gli ordini paterni.

“Forza, mettetevi al lavoro. Perdiamo poco tempo e chiudiamo la faccenda quanto prima”

Invitando i due a dare il via all’indagine, Augustin li saluta intenzionato a restare da solo.

Infatti, senza nessun disturbo, allunga le sue gambe sulla sua scrivania, tornando ad osservare quelle fotografie, con attenzione, come a cercare anche un minimo dettaglio che potesse essere utile.

Eppure cosa può pretendere?! Quelli sono degli scatti banali di pubblicità del locale.

Deve sperare solo che Santiago e Daniel trovassero quanti più indizi possibile.

In quel preciso istante, preso dai suoi pensieri, il Commissario viene disturbato da qualcuno che bussa alla porta. Sbruffando per l’interruzione non prevista, si ricompone e dà l’ok all’ingresso.

“Scusi, sono ancora io, Martin Berrotti! Vorrei sapere se posso andare o serve altro”

“Si, certo può andare, i miei uomini stanno recandosi nel suo Night Club, hanno bisogno di fare domande anche alle sue ragazze. Si tenga a disposizione, mi raccomando”

“Assolutamente. Vi supplico di fare di tutto per riportare Raquel tra noi!”

“Stia tranquillo. Non permetterò che un’altra donna, l’ennesima, si dissolvi nel nulla… la riporteremo a casa!”

“Le mie farfalle sono la mia casa e non posso perdere nessuna di loro… NESSUNA!”

 

 

 

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Capitolo 2
*** 1 Capitolo ***


E’ circa un’ora che i due ispettori, incaricati del caso del Mariposas, girano in lungo e in largo, nei quartieri meno noti di Madrid, per trovare la destinazione corretta.

“Sicuro che questo, finalmente, sia l’indirizzo giusto?” – chiede Santiago, esausto e demoralizzato, al collega che continua, imperterrito, a seguire le indicazioni fuorvianti di un pessimo navigatore digitale.

“Ora ci siamo, amico. La mia app dice che la strada da percorrere in auto termina qui. Adesso ci tocca camminare per alcuni metri” – spiega, constatando lo sfinimento di Santiago.

“Fortuna che quel dannato TomTom è una fottuta app dello smartphone, perché se fosse stata una persona in carne ed ossa, le avrebbe prese…” – si sfoga il più adulto.

Parcheggiata la vettura nell’area dedicata, i colleghi si incamminano in un vicoletto poco illuminato e fin troppo silenzioso.

“Qualcosa mi dice che stiamo sbagliando strada…di nuovo!”  - commenta Lopez.

“No, siamo fiduciosi. A breve troveremo il Night Club” – lo stesso Ramos è poco convinto di quelle parole, ma cedere al pessimismo non è la soluzione migliore.

“In una stradina, isolata, dispersa nella grande Madrid, dove non c’è neppure un gatto in circolazione… beh, permettimi di essere negativo!?”

Entrambi sfiduciati, continuano a camminare fino a che perfino il trentenne perde le speranze – “Ok, confesso che hai ragione. Probabilmente questo cazzo di navigatore ci sta prendendo per il culo. Ormai sono passate le 4, siamo stanchi, io consiglio di andare a riposare in macchina, e all’alba torniamo nella zona”

“Pigrone, se lo sapesse il Commissario…” – Santiago lo prende teneramente in giro, dandogli una pacca dietro la nuca – “Cammina, sfaticato. Vediamo se troviamo qualcosa imboccando questo strano percorso” – è proprio il maggiore a porsi, in quell’istante, da TomTom e cambia la loro rotta.

E mentre perdono totalmente il senso dell’orientamento, si lasciano andare a momenti di chiacchiere.

“Ecco perché nessuno conosce questo locale…” – commenta il ragazzo, raggiungendo la meta di una lunga e stretta scalinata in pietra – “…chi verrebbe mai da queste parti, è da perderci la salute!”

“Io, invece, credo sia il luogo migliore per godersi nottate alternative, senza essere a rischio esposizione!” – commenta il più adulto tra i due – “Pensaci, se un uomo volesse divertirsi, e tenere amici e parenti all’oscuro del suo modo particolare di intendere lo svago, andrebbe dove c’è possibilità di essere beccati, o in posti ben nascosti?

La seconda opzione è logica e difatti Ramos, dopo aver riflettuto due secondi, capisce che l’amico ha ragione – “Già… e probabilmente io sarei venuto fin qui, ogni fine settimana, per ubriacarmi…e per scopare”

Ridacchiando sotti baffi, Santiago commenta – “Dubito che tuo padre ti avrebbe permesso di farlo”

“Già!” – brontola Ramos – “Il buon nome della famiglia prima di tutto” – imita la voce di Augustin, aggiungendo un deciso – “Ma vaffanculo!”  

Lopez gli dà una pacca sulla spalla – “Fossi in te, eviterei di rodermi il fegato per le parole di tuo padre. Ovviamente lui è un genitore e agisce da tale. Tu, però, hai trent’anni, goditi la vita come meglio credi…però, sempre, nel rispetto del distintivo che indossi” – la raccomandazione di Santiago è fortemente sentita, ed è la stessa che ha rivolto a se stesso tempo addietro, e che continua a fare ancora oggi.

Dopo un lungo cammino, anche difficoltoso a causa di pessimi vicoli in salita, finalmente qualcosa sembra scuoterli.

“Senti anche tu quello che sento io?” – domanda, speranzoso, Daniel.

“Musica!” – esclama, sorridente, Santiago.

Affrettano il passo seguendo la fonte sonora il più possibile e allora, solo allora, notano un luogo totalmente estraneo a quello dove si sono trovati fin a qualche minuto prima.

C’è movimento, musica, e vita! Quella che credevano mancasse da quelle parti.

Il loro occhio cade, inevitabilmente, sull’insegna dalla caratteristica forma di una farfalla, posta in bella vista al di sopra dell’abbagliante vetrata d’ingresso, illuminata di rosa.

“Scommetto che questo color Barbie è frutto di luci psichedeliche utilizzate all’interno!” – commenta Daniel, provando fastidio agli occhi per il colore fluorescente che riflette, perfino, sui ciottoli della strada.

Posti a guardia, ci sono due uomini, di grossa stazza, con indosso pantalone e canottiera nera. Strappano biglietti, fanno controlli minuziosi, e i loro visi sono decisamente poco rassicuranti.

Mentre Daniel si lascia andare a commenti circa i buttafuori poco pacati, Santiago getta l’occhio sulla farfalla che domina la scena.

Quell’immagine schiavizza la sua mente per alcuni secondi.

E’ proprio il collega a riportarlo, immediatamente, alla realtà – “Ehi, ci sei? Mi stai ascoltando?”

“Eh? Dimmi…”

“Come la mettiamo con quei due tizi? Io sono uno che nelle risse ne esce sempre vittorioso, ma contro due omoni di quella stazza, dubito di sopravvivere anche dopo un pugno!”

Lopez ha pronta la risposta – “Tieni pronto il distintivo, di fronte a quello non potranno dirci no”

Percorrendo, uno di fianco all’altro, il breve tratto di strada rimasto che li separa dal Mariposas, gli ispettori si trovano faccia a faccia con il primo ostacolo all’accesso al Night Club.

“Siamo qui per la scomparsa di Raquel Murillo” – sostiene Lopez mostrando, immediatamente, il suo segno di riconoscimento.

Poi fa cenno al collega di fare lo stesso e Daniel replica l’azione.

Non ricevono una risposta immediata, piuttosto, cominciano a parlottare tra loro in una lingua sconosciuta.

“Ehm, scusate, voi non siete di Madrid?” – chiede il trentenne, sorpreso.

È uno dei due il solo a parlare - “Siamo serbi. Mio cugino non parla spagnolo, ma io capisco abbastanza!”

“Bene, allora capirà che è urgente farci entrare, ne va’ della salvezza della spogliarellista che lavora qui!”

“Spogliarellista? No, qui le chiamiamo farfalle”

“Ok, ok, farfalle, spogliarelliste, come volete. Però possiamo entrare ora? Stiamo perdendo del tempo prezioso” – Daniel si spazientisce, ignorando che l’appellativo farfalla ha estraniato il collega, per la seconda volta.

E mentre tra il buttafuori e Ramos segue una breve conversazione, Santiago vaga con la mente tra dei frame confusi, frame che hanno come unica immagine dominante quella di una donna dal viso sfocato, di cui la sua memoria ha volutamente rimosso i dettagli, una donna la cui voce scandisce bene la parola “FARFALLA”

“Amico, diglielo anche tu che siamo ispettori. Questo tipo non cede neppure di fronte al distintivo, cazzo” – solo allora il ragazzo si accorge del distacco del compagno di missione – “Lopez, ma stai bene?” – parlargli, adagiando una mano sulla sua spalla, desta il quarantenne dalla sua apatia, e gli restituisce chiara visione della realtà.

Due volte nel giro di pochi minuti… e questo preoccupa lo stesso Santiago, mai trovatosi di fronte a momenti come quello.

O almeno…erano anni che non gli capitava!

“Scusami” – giustifica quello che apparentemente può essere un delegare il lavoro ad altri, lavandosene le mani, e torna alla missione.

“Cosa ti prende?” – il ragazzo resta davvero straniato dal comportamento così atipico da parte del collega.

“Nulla, tranquillo!” – intenzionato a non subire interrogatori, e tantomeno a dover parlare di qualcosa che intimorisce lui in primis, l’uomo torna a discutere con il serbo - “Il signor Berrotti ha denunciato la sparizione. Siamo qui e lui ci ha dato il permesso, perciò è ordine del Commissariato, se non volete che lo stesso Berrotti abbia delle ripercussioni con chiusure del locale, ci lasciate passare ADESSO!”

Di fronte al nome del proprietario, e alla estrema determinazione dell’ispettore, il buttafuori lascia libero il passaggio. E poi, mai avrebbe messo nei casini il suo boss. Però precisa - “Io vengo con voi” – riferendo, nella sua lingua, al cugino di restare fisso al posto, fa’ loro strada.

“Guardi che non siamo mica qui per rubare. Vogliamo solo interrogare le ragazze, lei sembra spaventato se noi giriamo da queste parti senza il suo vigile controllo” – spiega Ramos.

“E’ compito mio vigilare e non c’è capo, quindi io agisco per lui! Ora aspettare qui, seduti e io chiamo farfalle” – costringendoli a prendere posto in un bizzarro privè, nascosti dal resto del locale tramite un enorme tendone rosso, i due ispettori attendono di conoscere le testimoni del caso.

Approfittando della solitudine, Daniel domanda all’amico - “Cosa ti succede, Santiago? Ho visto che qualcosa ti ha turbato poco fa”

Lopez scuote il capo – “Sto bene, smettiamola con le domande inquisitorie, ok?”

La sua reazione spiazza il giovane che ha la prova che davvero qualcosa ha toccato nel profondo un omaccione grande e grosso come Lopez. Perciò decide di non toccare più la questione per evitare discussioni tra loro.

Rimangono in silenzio, fissi ad osservare ogni angolo del privé, attendendo l’arrivo delle testimoni.

Questione di pochi minuti ed ecco il buttafuori seguito da alcune giovani bellissime donne.

Da questo momento hanno inizio le indagini.

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Capitolo 3
*** 2 Capitolo ***


Di fronte agli occhi di Santiago Lopez e Daniel Ramos si presentano tre giovani donne, vestite in maniere simile, ma con atteggiamenti e sguardi totalmente diversi.

“Salve, io sono Manila, come possiamo aiutarvi?” – rompe il ghiaccio la prima di loro, una giovane all’incirca sui 30, dai capelli castani, di media lunghezza, che tiene stretta la mano della bionda riccia, al suo fianco, che si presume abbia la stessa età.

“Siamo qui per interrogarvi sulla scomparsa di Raquel Murillo” – spiega Lopez, tornato a concentrarsi sull’indagine, mettendo da parte i suoi strani pensieri.

“Noi? Cosa cazzo c’entriamo in questa storia?” – interviene la moretta alle spalle delle altre due, facendo un passo avanti – “Pensate che possiamo averla fatta sparire, razza di bastardi?” – rispetto al tono pacato della prima giovane donna, quest’ultima sembra piuttosto incazzata e non si risparmia neppure nell’uso di espressioni poco garbate.

“Tokyo, per favore, tieni a freno la lingua” – la rimprovera Manila, conoscendo quanto la collega e amica sia una bomba ad orologeria.

Di fronte all’appellativo “Tokyo”, i due ispettori si rivolgono uno sguardo confuso.

“Come l’hai chiamata?” – domanda Daniel, inarcando il sopracciglio.

“Non sono cazzi tuoi” – replica ancora la tipa irascibile.

“Piantala, possibile che non riesci a conversare senza attaccare qualcuno?” – perfino la biondina, rimasta in silenzio fino a poco prima, sbotta. E la sua voce, così dolce e materna, in contrasto con tutto quel mondo a cui lei sembra appartenere, colpisce Ramos che la osserva compiaciuto – “Lei potrebbe essere la testimone più utile” – sussurra poi a Santiago, riferendosi al carattere docile della riccia.

“Mhmm” – commenta Lopez, pensieroso – “Direi di interrogarle una alla volta, adesso! E lo faremo insieme perché, ti conosco, ti lasceresti andare agli ormoni e la biondina diventerebbe un tuo passatempo e non la testimone di una scomparsa” – così dicendo, chiude la conversazione e si rivolge alle donne, premettendo – “Non stiamo accusando nessuna, ma è bene ascoltare tutte voi perché, lavorando qui, potreste aver colto qualche dettaglio che aiuterebbe le ricerche!”

“Siamo a disposizione, signore” – risponde gentilmente la bionda – “Vogliamo riabbracciare la nostra amica quanto prima”

La sola che sembra contraria alla collaborazione è la giovane ribelle.

“Siete solo voi tre che lavorate al Mariposas?” – domanda Santiago, colpito dal numero esiguo di spogliarelliste.

“In realtà, fino a ieri, eravamo in cinque” – spiega Manila.

“Inclusa la Murillo, immagino!” – riflette il quarantenne, facendo i suoi calcoli – “Ne manca una. Dov’è la quarta?”

“Impegnata con qualche cliente, per ora ci siamo noi. Se lo faccia andar bene…SIGNORE”

“Tokyo ora basta!” – il rimprovero finale viene addirittura dal buttafuori, rimasto a vigilare davanti il tendone, ma attento ad ascoltare ogni parola.

“Helsinki, adesso ti ci metti anche tu?” – borbotta la donna. Perfino il tizio addetto all’ingresso ha un nome in codice.

“Ma qui vi chiamate tutti come città?” – esclama Daniel, grattandosi la testa, confuso.

E la sua affermazione trova replica in un agghiacciante sguardo di Tokyo.

“Direi di cominciare, stiamo perdendo tempo prezioso!” – interviene Lopez, per evitare ulteriori discussioni.

Invita quello che ha scoperto chiamarsi Helsinki a condurre fuori due donne, per concentrarsi sulla prima.

“Cominceremo con la più pacata…la signorina Manila”

Accertatisi che gli altri sono ben distanti dal privé, i due ispettori danno inizio all’interrogatorio.

*********************************************

“Tokyo, devi smetterla di mostrarti arrabbiata, creerai sospetti inutili!”

“Non mi frega un cazzo, sapete che rapporti ho con questa gentaglia, non mi piace collaborare con loro”

“Ma lo facciamo per Lisbona!” – insiste Stoccolma.

“Potevamo pensarci prima…prima che accadesse quanto è accaduto!” – tuona la mora, camminando, nervosamente, avanti e indietro nell’atrio principale.

Mentre le due discutono, vengono raggiunte da Helsinki, allontanatosi per serrare il locale, insieme all’altro buttafuori.

“Io e Oslo abbiamo chiuso tutto!”

“Bene, mi domando solo dove sia Nairobi!” – precisa la bionda, preoccupata, guardandosi attorno.

“La nostra gitana starà facendo quello che avremmo dovuto fare noi, anziché sprecare tempo a giocare con i poliziotti!” – replica la mora, afferrando una delle pellicce nere dall’attaccapanni, di quelle utilizzate durante la serata.

“Dove stai andando adesso?” – la rimprovera Helsinki.

“Dalla mia migliore amica” – specifica, riferendosi alla zingara, unica assente del gruppo.

“Non sappiamo dove sia, e poi quegli uomini devono interrogarci! Dobbiamo aspettare qui”
“Non fare casini, per favore” – precisa il serbo – “O io costretto a mettere tutto in regola!”
neppure tali affermazioni, di chi è disposto a usare le maniere forti per frenarla, toccano minimamente Tokyo che, per giunta, ne ride di gusto.

“Salutatemi gli sfigati…anzi, ditegli anche da parte mia di girare a largo perché al Mariposas è meglio non mettere piede. Non conviene a nessuno di loro…”

E proprio quando è prossima a filarsela, sopraggiunge qualcuno da un accesso secondario.

“Eccoti finalmente, ma che fine avevi fatto?” – il richiamo di Stoccolma è rivolto all’arrivo di una donna dai capelli neri come la pece e la carnagione olivastra. I tratti del viso molto pronunciati, gli zigomi alti, gli occhi grandi e scuri, il naso aquilino, danno la chiara immagine di una personalità dominante. Esattamente quella che caratterizza la persona in questione.

Accortasi della presenza della migliore amica, Tokyo la raggiunge e l’abbraccia, rivelandole lo scoop della nottata – “Nairo, hai saputo!? A quanto pare dobbiamo collaborare con la polizia!”

“Sul serio? Non ci penso proprio!” – esclama, disgustata, la gitana.

“Ragazze ma siete impazzite. Ne va della salvezza di Lisbona. Mettete da parte rancori passati” – aggiunge Stoccolma.

“Facile parlare se non hai avuto problemi in passato con loro!” – sottolinea la neoarrivata, mentre stringe al petto la esile e bassina amica, che considera una sorella minore da proteggere.

“Andiamocene, Nairo!” – le propone Tokyo, prendendole una mano e tirandola verso l’uscita.

“Non fate cazzate, rimanete qui!” – insiste Helsinki.

“Altrimenti?” – con aria di sfida, la donna dai capelli corti e scuri, si pone di fronte al serbo, intenzionata a non darla vinta alle sue pressioni, fatte solo di minacce e forza fisica.

“Credi che solo perché siamo donne dobbiamo sottostare?” – aggiunge poi.

La situazione ingestibile viene interrotta dal rientro al Night Club di Martin Berrotti.

“Grazie a Dio, sei arrivato al momento perfetto!” – la riccia tira un sospiro di sollievo – “Cerca di farle ragionare, per favore”

“Stoccolma, le compagne vanno difese, e non date in pasto ai leoni!” – commenta Nairobi, riferendosi al comportamento troppo accondiscendente della biondina, sempre pronta a raccontare al capo ogni minimo fatto, mettendole nei casini ogni volta.

“Nessuno qui fa la spia!” – prende parola il proprietario del Mariposas, ringraziando con un compiaciuto sorriso la sua fedele farfalla.

“Non collaborano!” – aggiunge Helsinki, dando conferma alle affermazioni della riccia.

“Ah si?”

“Avevi qualche dubbio?  Ci conosci, sai come siamo fatte!” – puntualizza la gitana.

“Ammetto che ci avrei scommesso. A voi frega poco perfino della salvezza di una vostra collega”

“Questo non è vero, avremmo potuto agire prima, e invece?!” – interviene Tokyo, non toccando nei dettagli la questione.

“Io vi dico solo questo: se ci tenete al posto, siete pregate di portare il vostro sedere su quelle sedie lì, e attendere il turno per l’interrogatorio”

Le due amiche si guardano, disposte perfino a lasciare il locale e cercare altro.

Ma c’è qualcosa che glielo impedisce.

“Nairobi, ti consiglio di pensare bene al tuo bambino. Fossi in te, eviterei danni che potrebbero risultarti permanenti”
“Bastardo” – grugnisce la donna, stringendo i pugni, trattenendo la rabbia.

Il punto debole di lei porta il nome di Axel e Martin lo sa bene. Berrotti conosce il passato della zingarella e di suo figlio e sfrutta, quando gli conviene, quell’argomento per gestire le sue alzate di testa.

Udendo quella sorta di ricatto, Nairo china il capo e si accinge ad eseguire quanto ordinato: sedersi al posto ed attendere. E Tokyo, per il bene immenso che nutre nei suoi riguardi, la segue e le stringe una mano.

“Bene, vedo che state iniziando a ragionare come si deve. Ogni tanto bisogna anche abbassare le proprie ali e capire le priorità. Dico bene, Stoccolma e Helsinki?” – l’uomo torna così ad avere controllo sulla situazione. Occupando la seduta di fronte alle due, accavalla le gambe e, a braccia incrociate, le fissa come quando si controlla una persona in punizione.

“Mi auguro che non ci siano più ribellioni, o dovrò comportarmi di conseguenza”

“Nessun’alzata di testa, signore” – con un filo di voce, trattenuta nel suo esplodere, la gitana avverte l’ennesima coltellata al cuore. Ormai dovrebbe essere abituata, e invece ogni volta che viene fatto il nome di Axel, la ferita si riapre, diventando sempre più profonda, e una ferita profonda è di quelle che persistono e corrodono fino a condurre alla distruzione.

“Quanto a te, Tokyo, non permetterti di disobbedire mai più. Abbiamo fatto un patto, anni fa, quando venisti qui. Perciò, mi devi rispetto. Chiaro?”

La donna replicherebbe volentieri, ma è l’amica di fianco a frenarla.

“Come dici tu” – risponde, di malavoglia.

Da quel momento cala il silenzio.

Nessuno si pronuncia, a parte lo stesso Berrotti che si complimenta con chi come Stoccolma e Helsinki seguono fedelmente le regole.

**********************************

Nel frattempo, Manila, alle prese con l’interrogatorio, racconta quel poco che sa sulla vicenda di Raquel. E non soltanto quello. Rivelare, in totale naturalezza, di essere una transgender, così come i dettagli del suo cambiamento sessuale, riferendo perfino il passato e l’attuale nome con cui si identifica, convince i due ispettori della sua totale sincerità.

“Ci stai dicendo che con Raquel non esisteva un’amicizia, giusto?” – annota Santiago, totalmente certo delle sue parole.

“Siamo colleghe, tutto qui, ripeto… io e Raquel non abbiamo mai allacciato un legame forte da confidarci dei nostri rispettivi problemi. Io sono più legata a Stoccolma. Lei, invece, era solita isolarsi e tenersi tutto dentro”

“Quindi non si relazionava con nessuna di voi?”

“Beh, direi quel poco che bastava per una convivenza civile! Poi lei è qui da molto meno tempo!” – puntualizza la ragazza.

“Da quanto, di preciso?”

“Non ricordo, un anno o poco meno. È arrivata in una notte molto affollata. Perciò non so dirti di preciso chi l’ha condotta qui e come mai. Si è solo presentata a fine serata, a noi altre, come Lisbona”

“Lisbona” – ripete Santiago, cercando di comprendere come mai usassero appellativi di città e il perché di quella scelta.

“Bene, penso possa bastare!” – aggiunge Daniel.

Manila, dopotutto, non ha molto da riportare di utile ai fini delle ricerche, se non della totale forma di isolamento che viveva la Murillo rispetto al gruppo.

“Prima di andare, siccome ho totale fiducia in ciò che mi racconti…” – le sussurra Lopez – “Come mai la scelta di utilizzare nomi di città?”

“Beh…signore, noi qui siamo alle dipendenze di chi ci ha aiutate a uscire da periodi o circostanze scomode. Non amiamo che le nostre identità siano sulla bocca di tutti, ed è stato il capo a chiederci di scegliere questa tipologia di codice segreto”

“Quindi serve come copertura!”

“Esatto, nessuna di loro vi dirà mai il suo reale nome. Vi prego di accettarlo senza indagare; qui ognuna ha una privacy da tutelare” – così dicendo si alza e fa per uscire, non prima di aver ringraziato – “Ammetto che mai avrei immaginato di parlare con due ispettori di polizia come voi e trovarmi a mio agio. Non mi avete giudicata nonostante prima mi chiamassi Juan e questo vi fa onore” – sorride loro e va via.

“Possiamo essere totalmente sicuri?” – chiede Ramos a Santiago.

“Quella persona è vera, più di tante maschere che ho conosciuto nella mia vita. Non dubiterei di quanto ha rivelato. Chi forse potrebbe ingannarci è la miss Tokyo. Direi di invitare proprio lei adesso”

“Vado a chiamarla” – dice il trentenne, avviandosi all’ingresso, dove nota immediatamente l’arrivo non solo di Martin, che veglia sulle sue protette come fosse un cane da guardia, ma anche quello di Nairobi.

“E’ lei la quarta farfalla? È tornata nel suo habitat?” – ridacchia il ragazzo, sdrammatizzando una situazione di cui percepisce tensione fin alla punta dei capelli.

Poi lancia uno sguardo sdolcinato a Stoccolma che, di contro, arrossisce e abbassa il capo.

“Blee” – il verso di disgusto di Tokyo viene ignorato da tutti, eccetto Nairobi che condivide la medesima reazione.

“Anziché beffeggiare gli altri, si accomodi miss Giappone, tocca a lei” – l’ispettore, prendendola in giro, le fa segno, con una sorta di piccolo inchino, di avviarsi al privé.

La giovane, alzando gli occhi al cielo, si mette in piedi e, schifata da quanto è costretta ad eseguire, cerca negli occhi della migliore amica un sostegno.

Lei le fa intendere di stare tranquilla e di agire come meglio crede.

“Sii te stessa!” – le dice prima di vederla andare via.

Su quel “sii te stessa”, Martin coglie un bel “Agisci come ti pare e piace” e cede alla rabbia.

“Voi due fareste perdere la pazienza a un Santo! Possibile che non capiate quanto sia necessario collaborare? Neppure la faccenda di Axel ti fa pensare di stare al tuo posto?”

“Piantala, Palermo! Ti erigi a boss assoluto, senza esserlo davvero”

“Certo che lo sono. Sono il proprietario del locale e tuo superiore, mi devi rispetto. E non  permetterti di chiamarmi Palermo!” – il tono alto, seppure controllato, da inizio ad una delle solite litigate tra i due.

“Perché? Tu ne dai a me? E poi, non vedo perché tu puoi chiamarmi Nairobi e io non posso chiamarti con il tuo di nome in codice!” – tuona la gitana.

“Ehm…possiamo evitare di litigare, di nuovo?” – interviene Stoccolma, mentre Helsinki si interpone tra i due.

“Nairobi, stai al tuo posto” – le dice il serbo.

“Tranquilli! Non farò scenate, stavolta. Ho abbassato la cresta poco fa soltanto per placare Tokyo. Lei non merita di pagare se io comincio una guerra, perché sarei certa che combatterebbe al mio fianco e rischierebbe grosso”
“Wow, che grande donna che sei, complimenti!” – Martin, cerca di umiliarla, beffeggiandola, nonostante l’astio che nutre verso chi è in grado di tenergli testa, permettendosi perfino di usare l’appellativo Palermo.

“Sempre meglio di un omuncolo come te!”

“Nairo” – è Manila, appena arrivata dopo una breve tappa alla toilette, ad accorgersi dell’ennesima litigata e ad intervenire – “Cosa state facendo? Lisbona scompare e voi discutete? Quando la finirete di attaccarvi?”

“Quando miss zingarella capirà i ruoli”

“Oh certo che li ho chiari, Palermo, certo… e voglio ricordarti che hai un nome di città anche tu, come noi. Questo significa una sola cosa”

“Che?”

“Che non sei il mio capo. E conosci le ragioni che mi tengono costretta a spogliarmi per degli sconosciuti, a farmi palpare il culo, a fare la lap-dance, nonostante io odi tutto ciò. Lo sai bene, e ne stai sfruttando a tuo vantaggio il motivo. Cosa posso mai pensare di chiarire, se tu mi minacci con la storia di Axel?”

Di fronte a delle lacrime e alla rabbia e il dolore che Nairobi gli sta sputando in faccia, l’uomo si ammutolisce.

“Potete abbassare l’ascia di guerra, almeno per adesso?” – li prega Manila.

Dopo un breve silenzio che sembra acconsentire alla richiesta, Nairobi conclude - “Se il Mariposas cade nel burrone, mi frega poco. E forse sarebbe anche ora che saltassero a galla i misteri di questo posto, perché lo sai anche tu… la sparizione di Raquel è solo uno dei buchi neri del tuo Night Club!” – così dicendo, torna a sedersi, afferrando un bicchiere dal tavolino in vetro di fronte ai suoi piedi. Si versa del vino, aperto dallo stesso Palermo pochi minuti prima, e lo sorseggia, cercando di affogare in tal modo quella opprimente e pesante amarezza.

 

 

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Capitolo 4
*** 3 Capitolo ***


Tokyo raggiunge il privé, scortata da Daniel Ramos, che, nel frattempo, fatica a distogliere lo sguardo dal prorompente fondoschiena della donna.

“Siete tutti uguali!” – commenta lei, una volta sola con i due ispettori.

“A cosa ti riferisci?” – chiede, confuso, Lopez.

“Il tuo caro collega mi fissa il culo, evidentemente va in calore come i gatti” - puntualizza, accortasi degli occhi pesanti di lui sul suo corpo.

“Sarà la primavera” – ridacchia il trentenne, invitandola a sedersi, prendendo poi posto di fianco all’amico.

“So io cosa farei ai tuoi preziosi gioielli di famiglia, altro che primavera!”

Di fronte al tono feroce della giovane donna, i due si ammutoliscono.

È un colpetto di tosse di Santiago, che mostra un certo imbarazzo, a riprendere la questione.

Ma ciò non prima di aver espresso il suo parere sull’atteggiamento maschilista del collega - “Ti sembra questo il modo giusto di comportarti con una donna?”

“Dai, amico, si scherza!”

“Abbiamo modi di scherzare diversi, ragazzino” – replica la farfalla del Mariposas, fulminandolo all’istante.

“Ehi, ma siamo in un Night Club, cazzo! Gli uomini glielo avranno palpato chissà quante volte, e ora fa la santarella se io ammiro il suo lato B?” – si difende Ramos.

E quel punto riceve la risposta di Tokyo – “Tu prova solo a sfiorarlo e ti stacco il braccio a morsi!”

Gli occhi fiammanti di lei, puntati fissi contro il figlio del Commissario, costringono il ragazzo ad abbassare la cresta e chiudere la discussione.

“Questa qui fa quasi paura” – sussurra poi al collega, che, al contrario, è piacevolmente colpito che una donna abbia saputo tener testa ad un gran latin lover.

“Bene, bando alle ciance. Direi di iniziare. Vorrei interrogarla quanto prima, visto che dobbiamo ancora farlo con la sua collega, il buttafuori e il proprietario”

“A proposito, Santiago, è arrivata anche un’altra bella moretta, la quarta farfalla dispersa”

“Bene, più testimoni più informazioni per l’indagine”

“Finiamo quanto prima questo calvario, così potrò andare a dormire?” – Tokyo richiama l’attenzione, notando scarsa considerazione. Poi accavalla le gambe, incrocia le braccia al petto, e, borbottando sottovoce qualcosa, si accinge a fare la sua parte.

Sii te stessa, le ha detto Nairobi. E lei avrebbe fatto esattamente quello. Sarebbe stata la persona che è solita essere: litigiosa, a tratti volgare, e senza peli sulla lingua.

La polizia le fa schifo, ma ha poche scelte. Racconterà e saluterà tutti il prima possibile, con la speranza di vederli uscire dal Mariposas con le informazioni necessarie per non rimettervi più piede.

“Come mai si trova qui?” – è la prima domanda che pone Santiago.

Seppure spiazzata da una questione piuttosto personale, la giovane risponde a suo modo – “Perché sognavo nella vita di fare la spogliarellista, di sculettare tra uomini arrapati, e farmi palpare ovunque durante le mie esibizioni!”  - il sarcasmo di lei, rende più complicato il confronto.

“Se non prendi le cose con serietà, faticheremo ad andare avanti e perderemo altro tempo. Quindi, se hai fretta di chiudere la faccenda, ti invito ad essere meno spiritosa” – spiega Daniel.

“E allora come mai chiedete dettagli del mio privato, se la persona scomparsa è un’altra?”

Effettivamente la logica di Tokyo ha senso.

“Beh, noi…” – cerca di spiegarsi Lopez, le cui intenzioni erano partire dall’intimo di ciascuna delle donne per arrivare a quello di Raquel.

Eppure non tutte le Farfalle sono intenzionate a rivelare dettagli del passato, proprio come aveva sostenuto Manila.

Ed è Daniel a riprendere subito la parola e accendere la discussione - “Stai sindacalizzando sulle nostre procedure di lavoro? La signorina Manila, contrariamente a te, è stata chiara e limpida. Non ha polemizzato su niente e nessuno. A te costa tanto fare lo stesso?”

“Io resto fedele a me stessa, e  mi chiamo Tokyo…quindi sono diversa dall’altra ragazza!” – bofonchia la giovane donna, alzando gli occhi al cielo.

“Lo dicevo io che avremmo fatto meglio ad interrogare prima la biondina!” – riflette Ramos ad alta voce.

E quell’affermazione è udita dalla mora che, così, sbrocca.

“Prego, interrogate miss perfettina. Lei farà quello che è abituata a fare da anni, ovvero la bocca aperta! Su di me, so cosa pensate. Quello che pensa il mondo intero appena mi vede la prima volta: la classica stronza su cui non si può contare, Tokyo, la ribelle dalla scarsa voglia di collaborare, per…per capriccio! La rompipalle da evitare, magari solo a cui guardare il culo, le cui parole valgono zero o addirittura meno…”

Mentre la ragazza si sfoga, nella maniera migliore che conosce, gridando la sua rabbia, i due ispettori la guardano in silenzio, cogliendo nel suo modo di fare qualcosa che, contrariamente a quanto pensavano all’inizio, sarebbe potuta diventare la più naturale e spontanea testimonianza raccolta. Questo perché…? Perché Tokyo sputandogli in faccia ciò che ha dentro, inevitabilmente potrebbe lasciar emergere dell’altro.

E intanto lei continua a parlare – “Sono stanca di essere considerata la mignotta di turno! Come mi definiva mio padre, e così mia madre! Tutti lo credono! Nessuno immagina che ho dovuto indossare queste vesti e auto considerarmi una poco di buono, per sopravvivenza. Perché nessuno ha mai guardato dentro di me e capito cosa davvero sentivo? Tutti pronti a giudicare, proprio come voi due! Con quest’aria da superiori. Cosa credete? Che solo perché indossate il distintivo, avete diritto di trattarmi come la spazzatura della società? Sì, lo sarò probabilmente… ma sono anche tanto altro! Ho patito nella vita per colpa di chi si definiva a favore della legge, ho pagato e sto continuando a farlo. Non immaginate quanto sia difficile dover allearmi con la Polizia…”
“Non so le ragioni di questo astio, non pretendo di saperle. Voglio però assicurarti che noi non pensiamo le cose che hai detto. Per me e per il mio collega, tu sei una donna, dal nome ignoto, che può aiutarci nel caso da risolvere. Tutto qui.” – interviene finalmente Santiago.

E la risposta di Tokyo non tarda ad arrivare…una risposta riassunta in una fragorosa risata nervosa – “Menzogne! Siete tutti uguali, mi fate credere una cosa, per farne un’altra”

“Non so il male che la polizia può averti causato, ma non è nelle nostre intenzioni…” – aggiunge anche Daniel, cambiando tono e atteggiamento con quella che prima fronteggiava come nemica.

Nascondendo alcune lacrime, scivolate senza poterle controllare, la giovane scuote il capo, poco convinta delle buone intenzioni degli ispettori.

Preda di una sensibilità che non è solito manifestare, Santiago si alza dalla sua postazione, prendendo posto di fianco alla giovane donna.

Lei, spiazzata, indietreggia, non immaginando cosa avrebbe visto da lì ai minuti successivi.

“Santiago, cosa fai?” – esclama, confuso, il collega.

Di fronte alla ragazza, Lopez tira fuori il distintivo dalla tasca dei suoi jeans e non esita un solo istante a gettarlo sul pavimento.

“Piacere, mi chiamo Santiago Lopez, ho quarantadue anni e una famiglia inesistente. Non ti parlerò del mio passato, così come del mio presente, e non voglio che tu faccia lo stesso. Ti dirò invece cosa cerco: notizie su Raquel Murillo, e sento che tu potrai essere essenziale. Mi aiuteresti?”

La ragazza guarda, silenziosa, l’uomo come se lo analizzasse.

Non avrebbe mai scommesso su un gesto simile. Buttare a terra qualcosa che lo denota nella sua figura istituzionale, è impensabile. E difatti Ramos è scioccato da un’azione che sembra quasi sputare in faccia alla Polizia, piuttosto che vantarsi di farne parte.

E Santiago mantiene nel viso i tratti di una persona gentile, affidabile e convincente.

Proprio per tali ragioni, alcuni secondi dopo, la ragazza racconta quanto sa, riuscendo ad abbattere parti di quel muro alzato contro “il nemico”.

“Lisbona con me non ha mai parlato. Riteneva me e Nairobi le due meno vicine al suo modo di essere. Piuttosto ci schivava”

“Nairobi è l’altra farfalla?”

“Esatto, la mia migliore amica. La sola che ha saputo vedere il meglio di me, senza giudicarmi, la sorella che non ho mai avuto” – confessa, arrossendo, emozionata al pensiero della donna che sente un pezzo importante della sua vita.

“Hai visto qualcosa di strano nelle ultime ore che possa essere utile per ritrovare la Murillo?” – chiede Lopez, constatando che è riuscito nell’impresa ed aver ottenuto un pizzico di fiducia dalla giovane lì accanto.

“Io ero impegnata, in realtà, quando Martin ci ha avvertite della scomparsa di Lisbona…” – spiega, facendo ben intuire in cosa fosse occupata.

“Ehm…ok, sai dirmi almeno se conosci le ragioni del suo arrivo qui?”

“Quella sera mi ricordo di un dettaglio, probabilmente insignificante…”

“Nulla è insignificante, fidati!” – commenta Ramos.

“Io ero accerchiata da due tizi e ballavamo, ma ero anche posizionata in un punto preciso da cui è ben visibile l’ingresso del Night Club. Ricordo bene che un tizio incappucciato entrò, l’ho notato proprio per quel suo look ambiguo!”

“Incappucciato?”

“Già, lei era di fianco a lui, e pareva avere lo sguardo di chi ne ha passate tante. Lo sconosciuto ha parlato con Berrotti, poi ha condotto Raquel nell’accesso secondario al locale. Non so dove l’hanno condotta, probabilmente hanno stipulato qualcosa sulla sua permanenza qui. Dopodiché, quando Helsinki e Oslo hanno serrato il Night Club, siamo state radunate tutte all’ingresso, lì dove sono gli altri, adesso, in attesa dell’interrogatorio. “Lei è Lisbona, un’altra farfalla, trattatela come una delle vostre. Da stasera lo è”, questo ci venne detto. Io lessi benissimo negli occhi di quella donna un dolore paragonabile al mio, nascondeva qualcosa e sapeva come custodirlo”

“E come si comportò lei in veste di farfalla? Intendo dire, lavorava come voi?”

“Il suo essere “bruco”, prima di diventare farfalla, la controllava, impedendole di aprire le ali, come avrebbe potuto fare. Era chiaro come il sole che non apparteneva al nostro mondo”

“Ehi, amico, e se fosse scappata perché non amava ciò che era diventata?” – ipotizza Daniel.

“Vi assicuro che se arrivi a chiedere protezione al Mariposas, è perché lì fuori, da sola, non puoi resistere” – spiega Tokyo in totale schiettezza.

“Però hai detto che è stata condotta qui da qualcuno, forse quel qualcuno l’ha forzata a venire!” – sostiene ancora Ramos.

“Voi non immaginate, noi qui abbiamo un “contratto”. Se lei ha firmato, non può scappare via. Quindi, fidatevi… c’è dell’altro”

“Un contratto?” – esclama, confuso, Santiago – “Come se fosse un contratto di lavoro?”

“Mmm… con clausole da rispettare. Posso dire solo questo”

“Ma lei non si intratteneva con uomini?” – domanda il trentenne, annotando quanto di più utile su un’agenda.

“A dire il vero, non era solita farlo. Anche se…ora che ci penso… l’ho beccata un paio di volte con un tizio. Però non saprei dirvi chi sia. Era un tipo carino, moro, anzi, direi che aveva l’aria da sfigatello”

“E quale sarebbe l’aria da sfigatello, se si può sapere?” – perfino Lopez si incuriosisce di quale è l’aspetto considerato dalle donne come sfigato.

“Beh, vestiva male, era impacciato anche nel camminare. Aveva un paio di occhiali, questo lo ricordo! Ma niente di più” – spiega Tokyo, dando così un’idea del soggetto in questione.

“Avete dei dati sui clienti che si recano qui?”

“Questo dovrete chiederlo a Martin. Lui gestisce le pratiche” – precisa la giovane.

“Grazie, Tokyo. Per ora ci basta quello che hai raccontato. Sei stata coraggiosa e molto sincera, l’ho letto nel tuo sguardo. Temevo potessi mentire, invece sei stata fedele a te stessa”
“Ve l’avevo detto. L’ho promesso alla mia migliore amica di essere me stessa sempre. E lo sono stata anche ora” – precisa, mettendosi in piedi.

Poi accingendosi ad uscire dal privé, si volta lentamente verso gli ispettori, accenna un sorriso che li spiazza definitivamente.

Ci china a terra, raccoglie il distintivo e lo restituisce a Santiago.

“Ognuno al suo posto, è bene che anche questo torni al suo” – sostiene, cedendoglielo.

Dopo un mezzo sguardo tra i due, fatto di molta complicità, i due si separano.

“Amico, ma ci stavi provando con la moretta?” – lo prende in giro Ramos.

“Assolutamente no, è una ragazza che ho sentito molto vicino, come se fosse una sorella da proteggere. È qualcosa che difficilmente si prova, se quando si vede una bella donna le si fissa solo il lato b!” – dopo avergli lanciato una chiara frecciatina, lo invita a chiamare la prossima testimone.

“Avanti la prossima!!” – dice poi, sistemando la sua roba nella tasca, fiero di averlo utilizzato come si deve per la missione che è chiamato a compiere.

***********************************

“Amica mia, com’è andata?” – chiede Nairobi, correndo incontro a Tokyo di ritorno.

Le due si abbracciano. Poi la più giovane risponde – “Pensavo peggio, l’ispettore è un brav’uomo. Niente a che vedere con la gentaglia a cui siamo abituate noi”

“Beh… deve ancora nascere il poliziotto che mi farà cambiare idea” – puntualizza la gitana.

“Fidati, Nairo! Quell’uomo ha un tatto particolare, sono sicura che saprà scavare anche dentro di te, e lo farà con una delicatezza tale che non ti renderai neppure conto di esserti lasciata andare”

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Capitolo 5
*** 4 Capitolo ***


4 Capitolo

 

“Signorina, la sua testimonianza sarà sicuramente preziosa, contiamo su di lei” – il primo a pronunciarsi, una volta sedutasi la successiva testimone, è Daniel Ramos.

Osserva, estasiato, una meravigliosa creatura dai capelli ricci e biondi, così delicata ed elegante per essere una spogliarellista.

“Non dubitate di me, signori. Sono una che non esita a raccontare e vi dirò tutto ciò che serve. È nella mia natura farlo, sempre e comunque. Le mie compagne sono restie nel seguire le regole. Sanno solo cacciarsi nei guai, e sono io quella che tenta di impedirlo, a volte comportandomi di conseguenza” – spiega, lasciando intuire il suo modus operandi, ovvero quello del fare la spia.

Infatti, quella rivelazione colpisce Santiago che mai avrebbe scommesso sulla doppia faccia della mansueta Stoccolma.

Ed è sempre lei, a sua discolpa, a precisare – “Non fraintendetemi, non faccio ciò che faccio per tradire le mie compagne. Lo faccio, unicamente, per placare le loro ribellioni. Qui abbiamo un codice e va rispettato. Se loro cercano di alzare la cresta, generano guai per cui potremmo pagarne il prezzo tutti quanti. Per tale ragione, mi espongo ed intervengo”

“Quindi lo fa per il bene collettivo?” – domanda Daniel, ben predisposto verso la giovane donna.

“Ovviamente sì” – risponde la bionda, senza alcuna esitazione.

Ma a Santiago non sono mai piaciute le persone di quel tipo, pronte a spifferare tutto alla prima occasione, magari per guadagnarne favori.

“Bene, allora…visto che non hai problemi a fare ciò che ti viene chiesto, mi dici come mai ti trovi qui?” – la mette alla prova.

Visto che Stoccolma sostiene di essere sempre pronta a rispettare e far rispettare le regole, si presume che, essendo addestrata ai comportamenti corretti, non si tirerà indietro neppure di fronte alle loro domande “scomode”.

“Ehi, amico, avevamo deciso che…” – interviene il trentenne, intuendo il gesto del collega, senza coglierne il vero senso.

“Shh” – lo zittisce l’altro, ponendosi all’ascolto della imminente risposta della testimone.

“Ehm…volete sapere di me? Signori, io non sono qui per la mia persona, ma per Lisbona” – sottolinea la riccia, agitandosi immediatamente.

Lei, come Tokyo dieci minuti prima, sembra non amare parlare della sua vita… perciò, e Santiago ne ottiene conferma, Stoccolma è sì come le altre farfalle su quel punto di vista, ma è anche pronta a pugnalare le amiche alle spalle in nome del cosiddetto protocollo.

“Infatti, scusalo, a volte supera i limiti” – aggiunge Ramos, pronto a salvare la dama in pericolo. Vedere la dolce ragazza agitarsi, per chissà quale idea del suo socio, lo ha spinto ad intervenire.

E quella sorta di accusa contro la sua persona, spiazza totalmente il quarantaduenne che, inarcando il sopracciglio, si volta verso l’amico e, polemico, gli dice – “Sul serio, sarei io quello che supera i limiti?”

“La stai mettendo in difficoltà, non posso permetterlo” – segretamente il figlio del Commissario cerca di far colpo sulla ragazza, e quale migliore modo se non quello di difenderla a spada tratta?!

“A che gioco stai giocando?” – afferrandolo ad un braccio, tirandolo a sé, l’adulto cerca spiegazioni.

“Fidati, non serve scavare a fondo. Non l’abbiamo fatto con Tokyo, non vedo perché farlo con Stoccolma” – gli risponde, a bassa voce. 

“Non eri tu a dire che sarebbe stata la testimone più utile?” – continua il maggiore.

“Già, però mi riferivo alla faccenda della Murillo. Tu stai indagando oltre, non capisco la ragione. L’hai fatto con Manila, poi con Tokyo, decidendo di cambiare atteggiamento vista la sua reazione, e adesso con Stoccolma. Amico, che intenzioni hai, di fondo?” – lo mette di fronte al comportamento che ritiene ambiguo.

Questo frena Lopez dall’approfondire la questione, e dà carta bianca al collega di seguire lui in primis l’interrogatorio della donna.

Il maggiore tra i due si mette in disparte e osserva. In realtà segue poco quello che la riccia racconta, preso dalla riflessione sul suo stesso agire.

Cosa sta realmente cercando? Informazioni su Raquel Murillo, o sulle farfalle in generale?

“Ora dove vai?” – domanda Daniel vedendolo allontanarsi.

“Continua, arrivo subito”

Uscendo dal privé, scorge in lontananza l’ingresso dove alcune persone, i prossimi all’interrogatorio, sono radunati.

Ha bisogno di silenzio e di solitudine per cercare di trovare una risposta che possa convincere il collega e se stesso della sua buona fede nel porre domande private che hanno nulla a che fare con la scomparsa della donna.

Questo gli risulta difficile, in quanto nota la presenza di Berrotti, seduto sul divanetto, che confabula qualcosa con i due serbi, Tokyo che è in piedi, alquanto assonnata, e che cammina avanti e indietro per mantenersi sveglia.

Evidentemente non le è stato concesso l’ok per andare a dormire come avrebbe desiderato.

O ha scelto lei di non farlo, per stare assieme a quella che considera sua sorella.

E poi c’è proprio quest’ultima.

La farfalla che Santiago ancora non ha il piacere di incontrare.

Da lontano distingue una folta chioma nera e una pelle ambrata che suscita inevitabilmente il suo interesse.

Per volontà di un bizzarro destino, gli occhi dei due si incrociano per un istante. Lo sguardo di un’amazzone, lo fa sussultare.

Non sa conteggiare il tempo trascorso a fissarla, sentendo le gambe faticare a tenersi in piedi, come se la donna con il solo sguardo lo avesse indebolito nel fisico.

È la voce improvvisa, alle sue spalle, di Daniel Ramos a richiamarlo alla realtà.

“Amico, vieni immediatamente qui! Devi ascoltare Stoccolma, SUBITO” – lo tira a sé, riconducendolo nel privé.

La bionda, in attesa di farsi ascoltare, riprende la sua testimonianza.

“Cosa puoi raccontarci di importante per le ricerche?” – chiede Lopez, cercando di recuperare la concentrazione.

E precisamente le parole successive di Stoccolma danno modo all’uomo di restituire importanza alla missione.

“Io ho visto in faccia qualcuno con cui Lisbona litigò qualche settimana fa!”

“Dicci tutto!”  - esclama, entusiasta, Santiago.

“Ascoltala bene, perché forse abbiamo in mano un possibile testimone” – aggiunge Daniel, rivolgendosi al collega.

“Dieci giorni fa, ricordo che eravamo prossime all’apertura del Mariposas. Alle prese, ciascuna, con il proprio look della nottata, lei mi chiese di aiutarla con il suo abito. Le domandai come procedeva la sua vita, se avesse bisogno di un’amica con cui parlare. Lei ovviamente non sembrò disposta ad avermi come confidente, perciò chiusi subito la questione. Ma era turbata, molto turbata, più del solito”

“Aveva litigato con questo uomo?”

“Non so dare conferma del fatto, però le assicuro che quella stessa notte, la vidi allontanarsi con una persona. O meglio, io ero appena uscita dal bagno, mi ero sentita poco bene, e fu allora che li vidi. I due erano nei corridoi, isolati da tutti, convinti di essere soli, ovviamente. Non ho capito granché, se non un nome in particolare”

“Quale nome?” – la faccenda si fa intrigante e Santiago annota ogni dettaglio del racconto.

“Alberto! Probabilmente un suo cliente, non ho mai avuto conferma”

“Non sarà mica il nome dell’uomo con cui discuteva?”
“No, signore. Io conosco il nome della persona con cui discuteva bruscamente”

“E chi è?”

“Si chiama Anibal Cortes, è un giovane del quartiere. L’ho visto spesso aggirarsi da queste parti”

“Potremmo interrogarlo. Raccoglieremo informazioni su di lui e agiremo di conseguenza” – con nuove informazioni in tasca, Lopez saluta la donna, cercando di mettere insieme le varie testimonianze.

“Allora, Raquel non ha amici, è sempre sola; viene condotta qui da un uomo incappucciato; dieci giorni fa litigò con una persona… la situazione è confusionaria. Forse questo Anibal può essere la chiave di svolta, tu che ne pensi Dani?” – riflette ad alta voce, coinvolgendo il collega.

Però Ramos è totalmente preso da Stoccolma, non riuscendo a non pedinarla con lo sguardo mentre si dirigeva dagli altri.

“Ehi, mi ascolti?”

“Eh? Si certo, scusami, vado a chiamare l’ultima farfalla”

Ricordandosi che c’è ancora una pedina importante da interrogare, Santiago sa di chi si tratta…dell’amazzone e avverte una strana sensazione.

In silenzio, attende l’arrivo di lei, e sente il cuore sobbalzare mentre il tacchettio degli stivali della donna percorrono i metri che la conducono a lui.

Mantiene lo sguardo basso, fin quando Daniel la presenta – “Lei è Nairobi”

Lentamente, Santiago solleva gli occhi, puntandoli sulla persona in questione.

Man mano studia il suo corpo, dalla punta dei piedi fino ad arrivare a quegli occhi che, minuti prima, riuscirono ad annientarlo.

Deglutisce rumorosamente quando la mette a fuoco in tutto il suo splendore.

Pensieri poco puliti si fecero spazio nella sua mente, costringendolo ad evitare di guardarla.

Ma la gitana si accorge delle stranezze dell’ispettore e intuisce lo stato di eccitazione che ha suscitato.

Perciò ha già chiara in mente la sua mossa successiva.

Provocatoriamente, accavalla le gambe, e comincia a giocare con l’erotismo.

Gioca con gli orecchini, sposta i capelli all’indietro, si mordicchia il labbro inferiore…si accarezza perfino il decolté mettendolo in bella vista.

Non ama la polizia, non ha intenzione di accontentarli tanto facilmente. Decide di giovarsi del fascino che esercita e opta per la soluzione più divertente: portarlo allo sfinimento e all’apice della pazzia, arrivando a dominare gli impulsi di chi, stando ai fatti, dovrebbe esercitare su di lei il controllo.

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Capitolo 6
*** 5 Capitolo ***


“Santiago, ti senti bene?” – chiede Daniel al collega, notando uno strano silenzio – “Oggi non sembri tu. Che ti prende? Qualcosa di questo posto, e di questa gente, ti crea sensazioni particolari?”

Nairobi, seduta di fronte all’ispettore, continua a fissarlo, ben cosciente di quanto il suo solo sguardo pesa sulla concentrazione dell’uomo.

Il quarantaduenne si impappina facilmente, non mostrandosi risoluto, come lo fu con Manila, Tokyo e Stoccolma.

Qualcosa nella affascinante zingara lo confonde mentalmente.

“Ragazzino, sembri non conoscere il tuo socio. Io ho capito cosa gli succede” – prende parola la gitana, divertendosi della situazione.

“Cioè?” – risponde il ragazzo, non dandole peso, impegnato nello scuotere il compagno di lavoro.

“Se andassi via, sarebbe meglio” – replica Nairobi.

“Non capisco!” – afferma, confuso, Ramos.

“Sto bene, riprendiamo dove ci eravamo interrotti… ” – Santiago tenta di riprendere l’autorità che sembra essersi perduta con l’arrivo della moretta.

“A dire il vero, ancora non iniziamo” – ridacchia la donna, mentre continua a giocare con i numerosi anelli alle dita delle mani.

“Ehm…vediamo…cosa dobbiamo chiederle… mi sto perdendo” – nervoso, Lopez manifesta il classico panico da persona che affronta una circostanza per la prima volta.

Il tutto sotto lo sguardo, scioccato, di Daniel.

“Cazzo” – commenta il giovane, non riconoscendolo – “Hai detto a me di frenare l’ormone, però amico… a me sembri un cocainomane che ha davanti a sé la droga più pura e costosa e deve trattenersi…”

“La verità è il tuo caro socio mi vorrebbe scopare, ma sa che io non gliela darei mai nella vita” – le provocazioni di Nairobi non trovano fine, e superano i limiti, anche del parlato civile, ricordando lo stile tipico di Tokyo.

L’ispettore, udendola, non alza lo sguardo, ma la spia con la coda dell’occhio.

Cosa cazzo mi succede?” – pensa tra sé e sé, non riuscendo a trovare risposta.

Ramos, nel mentre, comincia a divertirsi e risponde alle parole della gitana con un suono che ricorda vagamente una risata.

“Cos’era quello che hai appena fatto?” – domanda Nairobi, stranita dal ridere del giovanotto.

Daniel fa spallucce, tornando, subito dopo, all’amico, rimasto in silenzio, con gli occhi puntati sulle annotazioni prese durante i primi tre interrogatori.

“Allora, sei in condizione di andare avanti o procedo io con la ragazza?” – gli sussurra il trentenne, sentendosi perfino gratificato di essere capo di un lavoro per la prima volta.

“No, no ci sono! Scusami, non è da me…”

“Eh, ho notato”

Nairobi, intanto, si mette in piedi, camminando avanti e indietro, mostrandosi annoiata dall’attesa, e lo fa ancheggiando i fianchi, come è sua abitudine, per ammaliare i clienti, attirando anche l’attenzione di Daniel, per un momento.

“Quanto dovrò aspettare ancora?” – si pronuncia, alzandosi la folta chioma nera per raccoglierla in una coda.

“Ci siamo, ecco! Siediti, però” – la supplica Santiago, lasciando intuire un “Ti prego siediti perché se continui a provocare non mi dai modo di farti domande”

Così, la donna si accomoda, di nuovo, accavalla le gambe e, soddisfatta di aver generato il panico voluto, si appresta a fare il suo dovere.

“Adoro giocare con voi!”

“Con noi due? E perché?” – le chiede Daniel, a tratti timoroso della risposta.

“Non voi nello specifico, ma gli uomini in generale. Siete così superficiali che vi basta un culo e delle tette per andare fuori di testa!”

“Non ti permettere, siamo persone serie, con tanto di distintivo” – precisa Daniel vantandosi del suo titolo, seppure cosciente che, un pizzico di verità, nel discorso di Nairobi c’è.

“Si, come no!” – commenta lei, borbottando qualcosa di difficile comprensione.

“Bando alle ciance, parlaci di Raquel Murillo, cosa sai di lei?” – a quel punto, Santiago, controllandosi il più possibile, dà inizio alle danze.

“Nulla, so quello che sanno le altre. E direi che, rispetto a me o Tokyo, aveva un modo di fare più puritano, non so se mi spiego” – commenta, con un occhiolino che la dice lunga.

“Ehm, chiarissimo” – di nuovo la deglutizione di Lopez si fa ben udibile.

E dopo l’ennesimo scambio di sguardo tra i due, è l’ispettore più giovane a continuare – “Hai visto qualcosa di strano negli ultimi giorni o nelle ultime ore?”

“Non so niente. Io ho la mia gente, Lisbona aveva la sua”

“Tu, come le altre, quindi, non hai mai stretto una grande amicizia con lei?”

“Nessun’amicizia, precisamente. Certo, esiste un codice da rispettare che ci impone un comportamento civile le une con le altre, però niente di più”

“Di cosa si tratta? Cioè non capisco cosa intendete dire voi farfalle quando parlate di regole che dovete seguire” – interviene Daniel, incuriosito da tale dettaglio.

“Voi non seguite un protocollo?”

“Abbiamo un modo di operare che…”

“Esattamente, ragazzino! Per noi è lo stesso, come voi, abbiamo un certo modo di comportarci, voluto…diciamo…dall’alto” – spiega Nairobi, alludendo a chi è a capo di tutto.

“Ci hanno raccontato, poco fa, che la Murillo è stata beccata a discutere con un ragazzo. Ne sai qualcosa?” – interviene il maggiore.

“Sinceramente so solo che si intratteneva con un uomo, alquanto affascinante, dall’aria molto seria, ma assai eccitante. Una volta mi proposi e lui, garbatamente, mi diede un due di picche”
“Sul serio? Come si fa a darti un due di picche?” – Santiago, scioccato, si espone lasciando intendere che al posto di quello sconosciuto lui avrebbe ceduto immediatamente.

E mentre la gitana sorride, compiaciuta, si lascia scrutare dagli occhi del quarantaduenne che sembra alternare momenti di lucidità a momenti di totale estasi.

Comportamento non tipico per Santiago Lopez, eppure sperimentato, per la prima volta, alla sola vista e presenza di una moretta dal carattere poco docile, pronta a tenergli testa come una vera Amazzone.

“Ricordi il nome di questo uomo con cui Raquel si intratteneva?” – domanda Daniel.

“Non siamo tenute a fornire informazioni di questo tipo, mi dispiace. Se volete notizie su Lisbona, eccomi qui. Ciò che riguarda la realtà fuori da queste mura, non è di mia competenza” – alza le mani la donna, che sa il nome dell’uomo ma non può rivelarlo per questioni di privacy.

A quel punto, dopo aver udito informazioni già acquisite dai precedenti interrogatori, i due ispettori puntano ad altro.

Ed è proprio l’adulto a sollevare la questione – “Sai qualcosa di un certo Anibal Cortes?”

Sentire quel nome fa sobbalzare la gitana che, sbattendo, rapida, le lunghe ciglia folte e cariche di mascara, non si pronuncia.

“Dalla tua faccia scioccata, direi che lo conosci! Come mai era in rapporti con Raquel Murillo? Lui è un cliente assiduo del Mariposas?” – domanda ancora Ramos.

“Assolutamente no, non vedo perché immischiare quel povero ragazzo in questa vicenda! Abita nella zona del Night Club e spesso ci viene a far visita” – spiega, alquanto esterrefatta. Le basta poco ad intuire chi delle sue colleghe può averlo tirato in ballo – “Anibal che discute con Lisbona?! Ma se a stento si conoscevano!” – brontola ancora, infastidita – “Va beh…abbiamo finito?” – il suo umore è mutato. Nairobi adesso è visibilmente irritata e prossima ad esplodere in una accesa discussione.

“In realtà no, però…diciamo che, per il momento, puoi andare ”-  la congeda Daniel, non prima di aver ricevuto anche l’ok del collega.

Santiago, infatti, rimasto in silenzio, stavolta non per gli ormoni, ma per studiare le reazioni della donna, ha carpito che la questione Anibal Cortes l’ha toccata particolarmente.

Ignora la ragione, però ha voglia di capirne di più.

E proprio quando è Martin Berrotti ad entrare nel privé, prossimo a dare la sua testimonianza, Lopez affida l’interrogatorio al socio.

“Utilizza il registratore così potrò ascoltare anche io cosa racconterà; ho altro di cui occuparmi”

“La moretta?” – lo stuzzica Ramos – “Hai intenzione di scopartela mentre io sono qui a faticare?” – alla presa in giro, il quarantaduenne gli risponde con una sberla sulla nuca.

“A dopo, signor Berrotti”

“Va via?” – chiede, con garbo, il proprietario del Night Club.

“No, però vorrei concludere un confronto importante, quanto prima!”

Così dicendo, l’uomo si allontana.

All’ingresso sono rimasti solo i serbi, Manila e Stoccolma.

Di Tokyo e Nairobi neppure l’ombra.

Strano. Che siano andate a dormire?!

A quel punto, non rimane che girovagare per il Mariposas alla ricerca di indizi.

Nel frattempo, le due migliori amiche sono ben nascoste e si confrontano su una faccenda di rilevanza notevole.

“Davvero hanno tirato in ballo Anibal?”

“Esatto, proprio lui. Ti giuro che stavo per prendere a calci le pareti, ti rendi conto che quella puttana di Stoccolma ha messo in mezzo un innocente?”

“Questa me la paga”

“No, Toky, evitiamo ulteriori discussioni adesso che c’è di mezzo l’indagine, Martin si infurierebbe”
“E che facciamo? Ce ne restiamo con le mani in mano mentre la polizia punta il dito contro il mio ragazzo?”

“Bisogna avvisarlo di fare attenzione. A quanto chi sappiamo, vuole metterlo in mezzo a una situazione scomoda, e si serve del cagnolino fidato, cioè Stoccolma!”
“Non posso permetterlo! Come ci comportiamo, amica mia?”

“Non ci si può fidare della Polizia. Loro sono solo alla ricerca di una donna che credono nelle mani di chissà chi. Nessuno sa cosa realmente sia accaduto, però si deduce, senza prove, che Lisbona sia stata portata via. E sono convinta che non appena hanno un nome su cui puntare, l’indiziato numero uno sarà proprio quello. Se non salta fuori qualcun altro, il tuo Rio potrebbe diventare il presunto colpevole della scomparsa di Raquel Murillo”

“Povero amore mio” – abbattuta, la più giovane delle due si stringe all’altra, sfogando la sua amarezza.

“Non permetteremo che accada nulla. E forse quel tale Santiago Lopez può essere utile..”

************************************

Proprio Santiago vaga senza meta per svariati minuti, fin quando delle voci in lontananza lo costringono a fermarsi. Verso di lui avanzano due donne, prese dalla loro conversazione.

“Nairobi, Tokyo, eccovi” – corre loro incontro.

“Cosa c’è?” – risponde, brusca, la prima.

“Dovrei parlarti, per favore, solo io e te”

“Uhhhh la mia amica ti ha già strappato il cuore dal petto?” – ridacchia l’altra, dando un colpetto al braccio dell’uomo e successivamente anche a quello della gitana.

La reazione di lei è insolita.

Arrossendo, la manda a quel paese teneramente, e accetta di isolarsi con il poliziotto.

“Vieni, nella mia camera nessuno potrà sentirci” – propone, spiazzando l’ispettore.

“Non abbiamo un posto meno…intimo?”

Lei finge di non sentirlo, e una volta dentro, gira il chiavistello, sotto lo sguardo imbarazzato dell’uomo.

“Prego” – dice lei invitandolo a sedersi sul letto, unico posto disponibile.

“Non ci sono tavolini e sedie, quindi non hai scelta” – gli sorride, sapendolo agitato per la circostanza alquanto bizzarra.

“Wow, questa camera è bellissima” – commenta Lopez, accortosi di una suite a 5 stelle, con aggiunta di bagno con vasca ad idromassaggio.

“Noi qui ospitiamo spesso i clienti, non penserai che li facciamo riposare in stanze misere e strette?”

“Ehm…già!” – commenta lui, intuendo i motivi di tanto lusso.

“Allora? Cosa volevi chiedermi?” – Nairobi apre la conversazione sul tema centrale, e nel farlo…. - “Non ti scandalizzerai se mi cambio qui!?”
“Cambiarti? Scusa ma non potresti usare il bagno per…” – non fa in tempo a finire la frase che la gitana si sveste senza attendere neppure la sua risposta.

Lopez non resiste, non può chiudere gli occhi di fronte a tanta bellezza.

La osserva, fingendo disinteresse, mentre si libera di tutti i vestiti, eccetto l’intimo di pizzo che è in perfetto pendant con una sottoveste nera indossata a gran velocità.

Controllando i bollenti spiriti, l’ispettore dimentica perfino la ragione per cui decise, minuti prima, di confrontarsi di nuovo con la zingara.

“Ecco, dimmi tutto” -  dice lei, sbadigliando subito dopo, sedutagli di fronte, e prossima a cedere al sonno.

“Sei esausta? Scusami, ti sto trattenendo dal riposare!”

“Lavorare di notte ha molti lati negativi, sai?”

“Capisco benissimo, sono stanchissimo anche io”

A quel punto, sorprendentemente, la donna fa posto all’uomo proprio al lato destro del letto.

“C’è posto”

“No, non posso. Il mio collega sta interrogando gli altri, io sarei uno stronzo se mi addormentassi..”

In tale momento, accade l’impensabile.

Nairobi accenna una risata più che beffarda, si direbbe assai maliziosa.

La gitana si avvicina a lui e si posiziona a carponi sulle sue gambe.

“Se ti dicessi invece di non dormire?” – e di fronte ad una evidente proposta hot, il quarantaduenne non tiene più a freno l’eccitazione.

La fissa per appena due secondi, e gli basta guardare come lei appoggia fisicamente il seno al suo petto, per cedere completamente.

Si fionda sulle labbra di lei, mentre senza contegno le palpa ogni parte del corpo.

Con foga i due si ritrovando uno sopra l’altra, travolti da una passione animalesca, travolgente, che Santiago non riusciva più a contenere.

Sono minuti brevi ma molto intensi, di una goduria tale da replicare fino allo stremo delle forze.

Mai in vita sua ha vissuto una situazione simile: vede una donna, gli fa sangue, cede alle sue provocazioni, e fanno sesso dopo mezz’ora.

Tutto irreale, tutto così dannatamente piacevole…

È solo la chiamata di Daniel Ramos a ricordare al socio di tornare al dovere.

“Torni dal tuo amico?” – chiede la zingara, sistemandosi sotto le lenzuola, mentre lo guarda rivestirsi.

“Ho un lavoro da portare a termine e mi sono approfittato di Ramos per troppo tempo!” – chiusa la zip dei pantaloni, afferra le scarpe, le indossa al volo e si appresta a lasciare la camera.

In maniera spontanea, le si avvicina, cercando un bacio…bacio che, ovviamente, non riceve. Ricorda solo allora che tra loro è stato solo sesso. Niente baci né abbracci.

Nairobi è abituata a quel modo di fare ed è precisamente lei a negare il gesto tenero all’amante.

E mentre si avvia alla porta, Nairobi gli dice, fingendo un tono scherzoso – “Guai a voi se mettete nei casini Anibal Cortes”

Di nuovo quel nome.

Di nuovo la difesa del ragazzo di Tokyo.

Santiago non sa perché la gitana tiene tanto a quella persona, però non risponde alla battuta della donna. Presa tutta la sua roba, lascia la stanza.

Una volta da sola, la gitana afferra un telefono, posto sul comodino di fianco al suo letto e chiama la stanza di fianco.

“Toky, sono io!”

“Te lo sei scopata per salvare il mio Rio? Nairo, non dovevi”
“Tranquilla, il tuo fidanzato non si tocca. Io per voi due farei di tutto, siete la mia famiglia, perciò… vedrai, riuscirò a convincere il signor Lopez e lo porterò dalla nostra parte. A quel punto, nessuno, neppure Palermo, potrà impedirci di essere ciò che siamo”

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Capitolo 7
*** 6 Capitolo ***


Santiago Lopez non è mai stato il classico uomo amante di relazioni stabili. Il suo passato la dice lunga…numerose relazioni, tutte finite male.

Ha grosse difficoltà a fidarsi di questo sentimento. Attribuisce la responsabilità ai problemi vissuti, a sua volta, dalla madre nel campo amoroso. Donna tradita e abbandonata dal marito, che, seppure poco fiduciosa nei confronti degli uomini, cercò, invano, di sistemarsi per garantire al suo piccolo Santi un futuro migliore.

E così Lopez si trovò in casa, non uno, ma ben cinque sconosciuti che avrebbero dovuto rivestire quel ruolo.

Tutti inadeguati e perfino incapaci di dargli dell’affetto.

Ad oggi, l’ispettore è sempre più convinto di essere stato lui, in primis, a schivarli ed evitare di costruire un legame.

Proprio per tale ragione ha faticato, poi, a trovare la partner per la vita.

Chissà…magari è destino che rimanga single, o che si diverta con varie donne per qualche notte, per non guastare l’immagine che la gente ha di lui. Al commissariato lo chiamano “Il Dongiovanni” …e, proprio come se fosse una profezia che si autoavvera, Santiago si comporta davvero da playboy per non deludere le aspettative e le idee di nessuno.

La beffa più grande del destino?! Lui che si ripromise di non mettere su famiglia per evitare ai figli un padre assente e un dolore inevitabile, ne ebbe addirittura sette.

Sette amanti differenti gli hanno dato sette bambini di cui custodisce, gelosamente, delle fotografie, nel portafogli: Emilio, Julian, Eric, Ana, Yaris, Drazen, e Ivana.

Tale circostanza ha alimentato le voci sul suo conto…quelle voci riguardanti un uomo non voglioso di impegnarsi, ma dedito esclusivamente a scopare, divertirsi e poi, in caso di bebè, mandare l’assegno di mantenimento ogni mese, senza assumersi ulteriori responsabilità genitoriali.

Essendo quello il suo comportamento standard, Lopez non è abituato a pensare e ripensare alle passioni consumate con varie donne, eppure…

Eppure, Nairobi ha risvegliato qualcosa in lui… e non si tratta solo di ormoni.

Quel posto, quelle strane sensazioni provate appena arrivò al Mariposas, che lo estraniarono, e ciò che accadde con la gitana, iniziano a fargli pensare che non deve solo scovare il passato e il presente di Raquel Murillo, ma anche il proprio.

C’è qualcosa, di cui ignara le ragioni, che la memoria ha messo in un cassetto. Un cassetto che necessita, per essere sbloccato, di una particolare chiave.

Che sia proprio Nairobi la chiave giusta?

*******************************************

“Che cazzo di fine hai fatto?” – il rimprovero di Daniel giunge forte e chiaro al frastornato Santiago.

“Scusami, come procede qui?” – chiede sedendosi sul divanetto che ha ospitato i vari testimoni.

“Procede che ho finito. Sono stati interrogati tutti”

“Seriamente?” – incredibile quanto tempo sia trascorso da quando si è allontanato…incredibile quanto tempo abbia passato assieme a Nairobi.

“Non voglio sapere cosa hai fatto nel frattempo, anche se posso dedurlo dalla tua attuale faccia e dai succhiotti che hai sul collo…” – Ramos seppure abbastanza infastidito, non indaga oltre, ma si concentra sul caso – “Ciò di cui vai messo a conoscenza è che Martin Berrotti ha confermato la conoscenza tra Cortes e la Murillo. Racconta di averli visti insieme, davanti al Night Club, qualche sera fa, e confabulavano qualcosa”

Lopez non risponde, si limita ad ascoltare, convincendosi sempre di più della necessità di interrogare anche il ragazzo che Nairobi sembra a tutti i costi voler proteggere.

“E inoltre...” – puntualizza Ramos – “Berrotti smentisce l’esistenza di un amante segreto della Murillo”

“Ti riferisci all’uomo con cui Nairobi diceva di volersi intrattenere e che le ha rifilato un due di picche?”

“Precisamente! Ho chiesto se Raquel aveva legami particolari con dei clienti, ma il proprietario ha affermato che non lavorava come le altre. Non si concedeva a nessuno”

“Le cose non tornano, però. Perché Nairobi avrebbe dovuto inventare una storia con una persona che non esiste?”

“Per coprire un’altra, semplice” – afferma convinto Daniel.

“Credi che lei stia tutelando Cortes, vero? Sei convinto che lui possa avere un ruolo in questa storia?”

“Beh, amico… rifletti, è stato nominato non solo dal proprietario ma anche da Stoccolma. Hanno detto di averlo visto discutere o parlottare con la donna scomparsa. Su di lui, abbiamo la certezza di una persona in carne ed ossa. Lo dimostra il fatto che Nairobi lo ha difeso subito, senza negare di conoscerlo. Anibal Cortes esiste, invece, ciò che non sembra essere reale è l’altra figura con cui, a detta della gitana, si intratteneva Lisbona”

“Quindi, a tuo dire, quella che mente è lei? Perché farlo?”

“Pensaci…sia la zingarella che Tokyo hanno confermato di non essere mai state amiche di Raquel. Probabilmente nascondono entrambe altri dettagli. E se fosse una competizione tra donne, finita male?”

Tale ipotesi non convince affatto Santiago – “Seh…” – esclama il suo disaccordo – “E poi? La avrebbero eliminata per gelosia? Difficile immaginarlo!”

“Un fatto è certo. Qui qualcuno sta spudoratamente mentendo!”

E dopo alcuni minuti di silenzio, durante i quali nei loro cervelli si accavallano svariate idee, a tratti surreali, è il maggiore dei due a proporre - “Andiamocene, torniamo al commissariato. Il lavoro qui è momentaneamente terminato. A proposito, i due serbi li hai interrogati?”

“Si, ma hanno parlato poco e nulla. Quell’Oslo non spiaccica parola, non conoscendo lo spagnolo, e l’altro, Helsinki, ha l’aria di un cagnolino fedele al padrone. Insomma, entrambi hanno raccontato di cose inutili, ai fini delle ricerche” – spiega il trentenne, indossando la sua giacca nera di pelle, pronto all’uscita.

Quando i due ispettori raggiungono l’ingresso, dalla vetrata è visibile la luce del giorno.

“E’ mattino, cazzo! Quante ore abbiamo trascorso chiusi qui?!” – brontola il figlio del commissario, sbadigliando subito dopo.

“Signori, spero abbiate raccolto le informazioni necessarie a dare il via alle indagini” - vengono raggiunti da Martin, seguito a sua volta dai buttafuori, Stoccolma e Manila.

Sorprende la fedeltà dei quattro al loro Boss, contrariamente alle altre due Farfalle, non presenti.

“Abituatevi a vederci spesso da queste parti” – puntualizza Santiago, scrutando i visi di tutti, una volta pronunciata quella frase.

Ciò che nota è un estremo controllo, aggiunto al sorriso tranquillo di Berrotti, che si mostra quasi felice di questo – “Vi aspettiamo, calorosamente!” - poi fa cenno a una delle due donne, che carpisce il messaggio. A scattare è, infatti, la riccia – “Vi accompagno all’uscita”

“Alla prossima” – li saluta, guardando con occhi da cerbiatta, Daniel, il quale, stregato da tanta bellezza, risponde con un cenno della mano e un sorriso da ebete.

La porta si chiude e le luci che nella notte davano colore alle stradine deserte della zona, sono sostituite dal sole accecante.

È come se, con l’alba di un nuovo giorno, quelle viuzze avessero preso vita.

Ritrovare il parcheggio della loro vettura è un’impresa meno faticosa adesso. E non appena a bordo, i due possono finalmente rilassarsi.

In quel locale si sentivano come spiati, e ora possono ritenersi liberi di parlare delle loro impressioni.

Peccato che, una volta a bordo, Ramos tira fuori un argomento che non è affatto di primaria importanza.

“Allora… dovrei rimproverarti, come tu fai con me, ma confesso di essere piuttosto invidioso”

“Che cazzo dici?” – chiede, confuso, mentre ingrana la terza marcia.

“Non fare il finto tonto, sai a cosa mi riferisco. Tu a scopare e io a sgobbare, sappilo che me lo segno sulla rubrica. La prossima volta tocca a me” – lo prende in giro, ridacchiando.

“Che cretino che sei” – scuote il capo, non trattenendo una risatina imbarazzata – “Piuttosto, dobbiamo parlare di cose serie. Devi farmi ascoltare la registrazione degli interrogatori…”

“E questo di cui stiamo conversando non lo ritieni importante!? Insomma, hai fatto sesso con una testimone, subito dopo averla interrogata. Che cosa trasgressiva. Come ti senti?”

“Ma cosa dici?”

“Dai, è come se…non so…ad esempio, un ladro rapinasse una banca e scopasse con un ostaggio!”

Quel paragone spiazza Santiago che non sa se ridere di gusto o mandarlo a quel paese.

Evita di replicare, e così Daniel continua - “Se fossi stato in te, mi sarei inserito nella lista dei clienti di quella moretta… anzi, quasi quasi ci penso anche io a …”
“Non se ne parla proprio!” – la risposta secca dell’adulto sottende un “NON PROVARE A TOCCARLA”.

“Ehi, adesso siamo anche gelosi?” – punzecchiare il collega lo diverte, e così il trentenne prosegue per tutto il tragitto.

L’ispettore alla guida non può far altro che rassegnarsi a mille domande, battutine audaci, il tutto amplificato anche dalla sua stessa memoria che gli regala, di tanto in tanto, alcuni flash dell’ora di passione trascorsa con Nairobi.

Le gote si tingono di rosso acceso e perfino la sudorazione aumenta, al ricordo della nudità della gitana.

“E’ uno spettacolo della natura! Non credevo potesse esistere qualcosa del genere” – pensa e nel farlo, si pronuncia ad alta voce, inconsapevolmente, spiazzando il giovane di fianco.
“Cazzo, sei proprio cotto! Ma cos’è stato? Un colpo di fulmine?”
“Ehm…no, dimentica cosa hai appena sentito. Stavo scherzando…” – Santiago cerca di uscire dall’impaccio, ma è inutile di fronte a un macho man come Daniel Ramos che, piuttosto, si complimenta. 

“Basta idiozie, Dani! Siamo arrivati, metti a tacere la tua indole da consigliere amoroso e sessuale... e andiamo da tuo padre. Personalmente sono esausto, vorrei andare a riposare perciò prima riferiamo, prima rincasiamo” - scende dall’auto, non prima dell’ennesima battutina del collega.

“Dormire da solo o in compagnia?”

Lo ignora, e varca l’uscio d’ingresso del Commissariato.

Augustin Ramos non li riceve subito, impegnato con una persona, nel suo ufficio.

Ciò esaspera Lopez, stanco morto, che deve sopportare ancora e ancora i punzecchiamenti dell’amico.

Come se non bastasse, a provocare arriva anche un viceispettore, noto ai più per la sua superbia e scarsa galanteria.

“Ecco i grandi geni delle investigazioni fai da te”

Voce riconoscibile, alle spalle dei due, che mette un punto alle battutine simpatiche, aprendo un capitolo tutt’altro che spiritoso.

“Cesar Gandia… sempre simpatico come la forfora che ti porti in testa… ah, giusto, scusami, dimenticavo… tu non potresti mai avere della forfora…” – la frase tagliente di Daniel crea ilarità generale, perfino tra i vari poliziotti presenti.

Il magrolino e calvo uomo, dallo sguardo inquisitore, si avvicina, con aria di sfida, pronunciandosi come è solito fare - “Ragazzino, ritieniti fortunato ad essere il figlio del Commissario, o avresti già scontato la pena per questa tua impertinenza”

Irritato dalla sfacciataggine del trentenne, il viceispettore afferra la sua tazza di caffè, preparatagli da una delle colleghe, e si allontana, lamentandosi di dover sottostare a due pagliacci indegni del distintivo che vantano come trofeo.

“Quanto lo detesto” – commenta Lopez, guardandolo allontanarsi.

“A chi lo dici! Mi domando come mai mio padre non lo spedisca altrove”

Santiago fa spallucce, non trovando spiegazione a ciò.

Il solo lato positivo dell’arrivo di Gandia è la distrazione di Daniel, che smette finalmente di scherzare sulla faccenda di Nairobi.

Qualche minuto dopo, Augustin, liberatosi dal lavoro, chiama i due a rapporto.

“Allora, prima che voi mi facciate un report sugli interrogatori, voglio avvisarvi di novità” – dice, invitandoli a sedersi.

“Ovvero?” – chiede il ragazzo.

“La persona che è uscita pochi secondi fa era una donna di mezza età”

“Si, l’abbiamo vista. Avrà su per giù l’età della mamma” – precisa il giovane.

“Esatto, si tratta di una governante che collaborò per anni in casa di un illustre imprenditore... ha appena testimoniato di conoscere Raquel Murillo”

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Capitolo 8
*** 7 Capitolo ***


7 CAPITOLO

“Lavorava per chi?” – domanda Santiago al Commissario, riferendosi alla governante appena interrogata.

“Per la famiglia Vicuña. Lei stessa ha raccontato di conoscere Raquel, e sapete perché la conosce?”

I due fanno spallucce, attendendo la risposta.

“perché moglie di Alberto Vicuña, un imprenditore di Madrid!”

“Aspetta, se la donna è sposata, perché si trovava al Mariposas?” – domanda lecita di Daniel.

“La questione è complicata. La governante è corsa qui appena ha saputo della sparizione della Murillo. Non vi anticipo nulla, ascoltate con le vostre orecchie” - dice il Commissario, dando modo agli incaricati del caso di udire le parole registrate durante l’interrogatorio, con il consenso, ovviamente, della testimone.

*********************************

Mi dica pure, signora Sanchez”

“Il mio nome è Francisca, ma tutti mi conoscono semplicemente come Paquita”

“Va bene, allora la chiamerò così anche io. E se mi permette le darò del tu…”

“Volentieri, signor Commissario”

“E lei faccia lo stesso, mi raccomando”

Rotto il ghiaccio, sciolte le varie tensioni, la signora dai capelli neri, raccolti in una alta coda, con gli occhi lucidi e le mani tremanti, comincia la sua testimonianza.

“Ho lavorato per la famiglia Vicuña per quasi dieci anni, prima che il signor Alberto e la sua fidanzata si sposassero”

“Raccontami della vita matrimoniale dei due”

“Molto affiatati, dopo un solo mese dalle nozze, la signora Raquel mi raccontò di essere incinta”

Quel dettaglio spiazza Augustin – “Quindi hanno un figlio?”

Una bambina, la piccola Paula. Adesso ha quasi nove anni. Ad oggi vive con sua nonna”

“Come mai non è con suo padre?”

A quel punto, Paquita trattenendo un imminente pianto, confessa – “Alberto Vicuña ha lasciato la villa un anno fa, e da allora non vi ha più rimesso piede”

“Che fine ha fatto?”

“Arrivo al nocciolo della questione, Commissario. Io sono corsa qui per una ragione primaria. Sono svenuta appena ho saputo che la mia ex datrice di lavoro era scomparsa…però non è stata la sua scomparsa a scioccarmi”
“E cosa di preciso?” – chiede, sospettoso, Ramos, fissando ogni espressione facciale della donna.

“Nel quartiere la si dava per morta già da tempo!”

“Morta?” – ripete, confuso, l’uomo.

“Era il 23 agosto dello scorso anno. Io mi recai a lavoro, dopo un paio di giorni di ferie. Ma quando arrivai, mi accorsi di un silenzio sospetto. Il mio signore lasciò un biglietto sul frigorifero, come era solito fare per avvisi urgenti. Ricordo come fosse ieri, lo lessi senza darvi peso, abituata a viaggi di lavoro lunghi e improvvisi. Infatti, mi informava proprio di questo “Sarò via per qualche settimana, ti affido la casa e la mia famiglia!” - lui si fidava molto di me” – i singhiozzi di Paquita cominciano a rendere meno fluida la conversazione, così da richiedere un bicchiere d’acqua.

Augustin sovraffollato di dubbi, le dà modo di ritrovare tranquillità, per poi riprendere – “Cosa ti ha fatto pensare che Raquel Murillo fosse morta? Te la senti di raccontarlo?”
“Certo, sono qui per questo” – poi respirando profondamente, si riappropria della lucidità necessaria a testimoniare – “Stavo dicendo…quella mattina non trovai nessuno in casa. Neanche Paula. Ma tutto era nella norma. Nulla avrebbe mai fatto intuire qualcosa di tragico. Impegnai l’intera mattinata nelle pulizie varie, mi intrattenni in piena serenità. E così passò una settimana, durante la quale non ricevetti notizie di nessuno. Neppure di Paula, che ero certa si fosse recata da qualche parte con Raquel. Eppure, dopo ben sette giorni di assenza da scuola, fu la preside a telefonare. Risposi e mi crollò la terra sotto i piedi. La bambina era scomparsa nel nulla, e, come lei, anche i suoi genitori”

“Quindi il viaggio del signor Vicuña si trasformò in altro?”

“Una tragedia dietro l’altra. Contattai la madre di Raquel, speranzosa che la donna fosse lì. Parlai con una persona fredda, che non sembrò rattristirsi di quella sparizione strana. Ma potei tirare un sospiro di sollievo, sapendo Paula insieme alla signora Fuentes, sua nonna!”
“Mhmm” – pensa Augustin, annotando la sua immediata ipotesi: bambina condotta dalla nonna dai genitori che da quel momento in poi decisero di sparire, o sparirono per cause di forza maggiore. Poi prosegue con l’interrogatorio – “Continua pure! Come hai saputo della presunta morte della Murillo?”

“Dopo la chiamata fredda avuta con Marivi Fuentes, fu proprio lei a mettersi di nuovo in contatto con me, l’indomani, piangendo disperata. Mi informò della morte di Raquel. A quanto pare, per un incidente stradale”

“Come mai non sapevamo questo dettaglio?” – si chiede, confuso, Ramos.

“Perché ciò accadde a Lisbona”

“Come mai si trovava in Portogallo?”

“Perché Marivi viveva e vive ancora oggi lì, assieme alla nipote”

***************************************

L’audio viene forzatamente interrotto dall’esclamazione di Lopez che, guardandosi con il collega più giovane – “Hai sentito anche tu?”

“Si, … Lisbona”

“Cosa state blaterando?”

“Papà, devi sapere che in quel Mariposas, le spogliarelliste e i buttafuori hanno nomi in codice…nomi di città. E anche la Murillo ovviamente”

“E si chiamerebbe…?”

“Lisbona!” – risponde Santiago.

“Forse dovremmo cercare risposte anche lì” – suppone Daniel.

“Aspetta, continuiamo ad ascoltare Paquita” – aggiunge il quarantaduenne, chiedendo al Commissario di far ripartire la registrazione.

****************************************

“Ammetto, signore, che la confessione della Fuentes mi colpì. Mi sono domandata, come mai 24ore prima ha mostrato distacco nel parlare di sua figlia, per poi raccontarmi della sua morte, disperata?”

“E quale risposta ti sei data?”

“Mi sono ricordata subito della malattia della donna, quindi non mi ha più stupita tale comportamento”

“Quale malattia?”

“Soffre di Alzheimer” – spiega Paquita, amareggiata.

“Mi stai dicendo che una bambina di nove anni è sola con una nonna che dimentica le cose?” – esclama, spiazzato, il Commissario.

“No, c’è altra gente insieme a loro. Sulla sicurezza di Paula si può stare tranquilli” – lo rasserena la Sanchez.

E dopo aver tirato, momentaneamente, un sospiro di sollievo, l’interrogatorio riprende.

“Quindi Raquel era data per morta, ma in realtà non lo è. C’è da indagare sul perché si è finta una morte irreale”

“Non so dirtelo. Sono corsa qui, appositamente, affinché si trovino risposte e si riporti Raquel a casa. Perché…sono seriamente terrorizzata dall’idea che possano averle fatto del male”

Di fronte ad altre lacrime, incontrollabili, Augustin Ramos non può che zittirsi.

È Paquita stessa a ricominciare, spostando l’argomento sul signor Vicuña.

“Per quanto riguarda Alberto, con lui è stata una tragedia nella tragedia. Marivi mi informò che a Lisbona fu trovato un cadavere in mare. A detta della donna, l’uomo si tolse la vita una volta saputo della morte della consorte. È come se in quei due giorni di mia assenza dalla villa, fosse precipitata l’immagine della famiglia perfetta”

“Sei sicura che fosse così perfetta?” – il commissario riflette ad alta voce, cercando di far ragionare anche la donna.

In fondo, è un classico nascondere gli scheletri nell’armadio dei propri Boss, e Paquita sembra esattamente la tipica lavoratrice che tace per evitare problemi.

“Li ho sentiti litigare qualche volta, però capita, quando si è sposati, di bisticciare… direi, perfetti no, ma normali”

Ferma su quelle convinzioni, la governante chiude l’interrogatorio – “Sono venuta qui perché sapere che Raquel è stata viva tutto questo tempo, ha alimentato in me la speranza di riabbracciarla e dare modo soprattutto a sua figlia di farlo”

********************************

Santiago e Daniel restano senza parole di fronte alla confessione della governante.

La Murillo, per quanto ne sapevano parenti e amici, era morta da un anno, così come suo marito.

E invece?

Invece no! La donna si trovava al Mariposas, sotto la tutela di Martin Berrotti, il quale, durante l’interrogatorio, non aveva minimamente fatto cenno a tale dettaglio.

“Adesso è bene che sappiate cosa ha testimoniato il proprietario del Night Club” – afferma il giovane Ramos.

“Qualcosa che possa aiutarci a trovare soluzioni?” – domanda il padre.

“No, lui non ha detto assolutamente niente! Perciò, penso che il nostro lavoro al Mariposas debba riprendere immediatamente!” – e così dicendo, il trentenne ispettore sposta lo sguardo sul collega che, senza alcuna esitazione, annuisce.

A quel punto, Daniel posiziona il cellulare sulla scrivania e clicca il Play alla registrazione.

In tale istante seguono alcuni minuti di silenzio e di concentrazione. Ogni parola dell’interrogato può essere un segnale o un aiuto alle ricerche.

 

 

 

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Capitolo 9
*** 8 Capitolo ***


Dopo una rigenerante dormita, Martin Berrotti è pronto a cominciare una nuova giornata. Sono all’incirca le 13 quando si mette in piedi. Una doccia veloce, il cambio d’abito, e due gocce del suo profumo preferito, e, come ogni dì, è prossimo a convocare i dipendenti nell’atrio del Mariposas. Afferrata la cornetta di un vecchio telefono, la cui copia è presente in ciascuna stanza del Night Club, sollecita il risveglio dei suoi collaboratori. È quello il segnale della riunione mattutina.

Il pranzo, consegnato da gente fidata del quartiere, è stato appena all’ingresso, a Helsinki e Oslo.

Una solita routine a cui tutti sono ormai abituati.

Berrotti ignora, però, che la polizia è prossima, con un mandato di perquisizione, a controllare ogni angolo del suo locale.

“Adesso andate a riposare un po', nel pomeriggio vi recherete sul posto con alcuni uomini e setaccerete tutto” – è l’ordine che il Commissario dà agli ispettori.

E così, esausti, ma al contempo vogliosi di mettersi al lavoro, i due rincasano.

Un breve ristoro e tutto sarebbe ricominciato da capo.

Sono le 13.30 quando Santiago si butta sul letto, deciso a chiudere gli occhi per almeno un paio d’ore.

Quanto accaduto quella notte è rimasto impresso nella sua mente e domina perfino i suoi sogni.

Quello che l’inconscio gli mostra ha a che vedere solo ed esclusivamente con Nairobi. Qualcosa in quella gitana l’ha mandato totalmente fuori controllo. E domande sul perché ciò è accaduto non sembrano dargli pace.

 

“AIUTOOOO!!!”

“Lasciatela stare, bastardi”

“Un coglione che salva una farfalla indifesa, sei patetico”

 

Delle voci e dei flash poco chiari si fanno strada nella mente di Lopez, invadendo un sogno che inizialmente aveva i contorni di qualcosa di assai erotico.

Poi, alle 17 in punto, la sveglia suona e gli ricorda che la missione riparte.

Frastornato, confuso da quanto rimastogli in memoria, l’ispettore si mette in piedi, deciso più che mai ad andare avanti con le ricerche.

Qualcosa del suo passato, probabilmente, cerca di tornare a galla perché potrebbe avere a che fare con gente coinvolta nel giro delle farfalle.

Un passato che, Santiago sa bene, il suo cervello ha nascosto in seguito ad un avvenimento di cui neppure lui in primis ha ricordi dettagliati.

*******************************************

Invece, al Mariposas, la giornata comincia diversamente dal solito, con una forte tensione nell’aria, dovuta anche all’assenza di Lisbona e alla collaborazione avuta, ore prima, con la Polizia.

Pronti a consumare il pranzo, boss e dipendenti sono radunati nella sala principale.

Nairobi e Tokyo, mano nella mano, sono in disparte e conversano tenendo fuori Stoccolma che, invece, cerca di intuire i messaggi che le due si scambiano.

Seduto sul divanetto, Berrotti con il registro degli incassi, si appresta, di fronte a un fumante piatto di paella, a conteggiare le entrate della serata precedente.

“Ci è costata tanto la scomparsa di Lisbona. Abbiamo dovuto chiudere ben tre ore prima del previsto…” – riflette Martin, constatando un minore guadagno rispetto al solito.

“Come ci muoviamo adesso che c’è in corso un’indagine?” – domanda Manila al capo.

“Siamo costretti alla chiusura, almeno per qualche giorno. Vedrete che appena si calmeranno le acque, potremo tornare a lavorare!”

“Lavorare” – borbotta Tokyo, decisamente in disaccordo nel definire lavoro ciò che è costretta a fare.

L’uomo, però, non intenzionato ad accendere l’ennesima discussione, la ignora.

“Quindi siamo in ferie?” – chiede Nairobi, ritenendosi libera per qualche sera.

“Diciamo di sì, però sapete bene, da regolamento, che da qui non può uscire nessuna di voi. Non si supera la linea di confine”

“Assolutamente” – risponde Helsinki, mai disposto a disobbedire.

La gitana guarda il serbo e in quel momento, scuotendo il capo, si lascia sfuggire un commentino poco gradevole – “E pensare che volevo dargliela… a saperlo così cagnolino avrei evitato una proposta che non meritava!”

Sentendola dire quelle parole, Tokyo ridacchia, non trattenendosi, ma è Martin a rimetterle in riga entrambe.

“Siete le solite indisciplinate, piantatela. Una buona volta, comportatevi da persone civili”

“Scusaci...è che siamo nate in zone poco raffinate” – replica la zingara, polemizzando, ingoiando un boccone della sua pietanza.

“E allora cerca di imparare le buone maniere”

Il silenzio che segue è accompagnato solo dal masticare e ingoiare cibo, dal tocco delle posate sui piatti, e dal versare da bere nei bicchieri. Ma soprattutto dagli sguardi severi che Martin e Nairobi si lanciano, di tanto in tanto.

Nessuno si pronuncia più da lì ai minuti seguenti.

*******************************

“Ci siamo, ecco è quello il Night Club” – comunica Daniel ad alcuni poliziotti, indicandogli l’ingresso.

Sono ormai di fronte al locale, e Santiago avverte una sensazione strana, mai provata in vita sua.

“Che succede?” – gli chiede Ramos.

“Nulla” – finge, eppure in cuor suo sta provando una cosa particolare.

E al trentenne basta quella bugia palese per intuire lo stato d’animo del collega.

“Se è ciò che penso, sappi che per me vale lo stesso… ma con la biondina dai capelli ricci” – sospirando all’idea di rivederla, il giovane colpisce nel segno. È esattamente questo ciò che avverte Lopez… anche lui, stranamente, non vede l’ora di trovarsi faccia a faccia con Nairobi.

Non replicando di fronte all’amico che lo ha decisamente sgamato, cambia discorso, rivolgendosi agli uomini dietro di loro, invitandoli a dare il via al lavoro.

Come previsto, bussano al portone d’entrata, con insistenza.

Martin Berrotti, rimasto il solo nel salone principale, dopo il pranzo, si accorge dei rumori e corre a controllare.

Scorge da una finestra laterale, la massiccia presenza di poliziotti.

“Cazzo” – esclama, spiazzato dall’arrivo inatteso.

Non sa cosa vogliono esattamente, forse devono continuare gli interrogatori, pensa tra se e se. Per tale ragione, sistematosi al meglio, in pochi secondi, si appresta ad aprirgli la porta.

“Salve, ci rincontriamo!” – lo saluta freddamente Daniel.

“Cosa vi serve, signori?” – chiede, confuso, il proprietario del Mariposas.

“Abbiamo un mandato di perquisizione. Dovrà lasciarci controllare ogni angolo del suo Night Club” – spiega Lopez.

Spalancato l’uscio, tramite la forza di uno dei poliziotti, gli sbirri di Augustin Ramos si addentrano nel locale.

“Ehm, certo…aspettate che contatto i miei dipendenti”

“No, non c’è bisogno. Saremo rapidi e poi… anche se fossero impegnati in loro affari, non ci scandalizziamo di questo” – precisa Santiago, sospettoso che Martin volesse, in qualche modo, mandare messaggi ai suoi lavoratori per metterli in guardia dell’arrivo della Polizia.

“Io resto qui con lei, signor Berrotti!” – spiega il trentenne, sorridendo soddisfatto di averlo messo in una situazione poco gestibile.

“Voi venite con me” – ordina Santiago ad altri cinque agenti.

Percorrono rapidi le scale per trovarsi in pochi secondi al piano superiore.

L’immenso corridoio, coperto da un lungo tappeto rosso, fa da spartiacque tra le varie stanze, tutte chiuse.

“Qui lavorano al momento quattro donne e due uomini. Ognuno controllerà una camera. Terminato il giro, ci ritroveremo all’ingresso, dove abbiamo lasciato Ramos, tutto chiaro?” – dice il quarantaduenne agli altri, che annuiscono e si separano.

Santiago ricorda bene quale di quelle porte apre alla stanza di Nairobi, e mostra l’intento di essere lui ad incaricarsi di setacciare tale luogo in questione.

Si avvicina, cercando di calmare una strana ansia, e un batticuore che gli rende difficile perfino respirare.

È prossimo a colpire l’uscio, quando la voce della gitana lo paralizza.

Sta cantando qualcosa e lo fa divinamente, lasciandolo in uno stato di totale estasi.

A quel punto, pensa bene di non bussare ma di entrare direttamente.

Fortuna vuole che la zingara non abbia serrato la camera; quindi, Lopez varca la soglia e si chiude la porta alle spalle.

I suoi occhi cadono rapidi sul letto, tenuto in perfetto ordine, ricordando cosa accadde ore prima tra quelle lenzuola.

Cerca di capire dove si trova Nairobi girando ogni angolo di quello che sembra essere un bilocale. E finalmente la vede.

È davanti lo specchio. Indossa un lungo abito rosso, attillatissimo, con una coda e delle balze; sulle spalle ha uno scialle che mette in risalto le sue origini gitane; un fiore le adorna la capigliatura e delle scarpe con il tacco rendono ancora più sensuale i suoi movimenti.

Balla, canta e si dimena come fosse una professionista di flamenco.

Lopez resta incantato nel vederla, sentendosi uno spettatore a teatro che assiste e gode di puro talento.

Mantenendosi in un angolo, non fa altro che spiarla, non riuscendo a staccarle gli occhi di dosso, non operando come invece avrebbe dovuto, ovvero controllando quell’ambiente, magari approfittando delle distrazioni della Farfalla.

La gitana continua, e continua, canta, batte le mani a tempo, ancheggia sinuosamente, senza accorgersi di trovarsi un ispettore alle spalle.

E presa da quella danza, a lei così familiare e di casa, Nairobi si rivolge a se stessa. Nel farlo, però, pronuncia il suo reale nome.

“Agata?” – sente dire Santiago, ripetendolo ad alta voce.

Esattamente quel momento fa sobbalzare la donna che, furiosa, gli si scaglia contro.

“Cosa cazzo stai facendo qui? Come ti permetti di entrare senza consenso?”

“Ti chiami Agata, è così? Dimmelo, ti prego”

“Vattene via”

“No, aspetta io sono qui per altro…”
“Per scopare di nuovo? Io con te non scopo più, sappilo”
“Perché sei sempre così aggressiva? Cosa ti ha fatto tanto male nella vita da renderti rabbiosa?”

“HO DETTO VATTENE” – con tutto il fiato rimastole, Nairobi grida all’uomo di lasciare la camera.

Lopez la guarda dritta negli occhi, leggendovi un animo buono soppresso da un altro prepotente. Come se la vera Nairobi, quell’Agata che si è appena messa a nudo, fosse intrappolata in un corpo di donna feroce, da cui vorrebbe ma non riesce a fuggire.

“Posso aiutarti, se ti fiderai di me. Ti porterò via da qui” – la proposta dell’ispettore pietrifica totalmente la gitana.

“Mi stai prendendo in giro, lo so”
“Non è così! Hai paura di fidarti delle persone, l’ho capito questo”

“E così adesso sei anche psicologo?”

“Sono solo un uomo che ti offre la libertà”

Di fronte a tale affermazione, la zingara sente di poter crollare emotivamente. Nessuno le ha mai rivolto, con un garbo simile, nonostante la sua poca eleganza espressiva, tale opzione di salvezza, quella di farla uscire da un buco infernale.

Placate le acque, Nairobi si siede sul letto, cedendo al suo vero Io.

In presenza dell’ispettore, dal quale sentiva di doversi difendere e che considerava una minaccia, scoppia a piangere.

“Io sono qui per salvarti, se tu mi dai modo di farlo”

“Chi mi garantisce che la tua non sia una tattica messa in atto per le indagini in corso?” – l’idea che balena nella mente della Farfalla del Night Club è proprio questa.

A quel punto, Santiago le mostra le sue reali intenzioni.

“Adesso, scenderemo insieme giù, dove sono radunati tutti gli altri. Dirò a Berrotti che tu verrai via con me”

“Cosa?”

“Hai capito bene, non ti lascerò qui”

Incredula, Nairobi guarda l’uomo cercando nel suo sguardo la sincerità assoluta.

“Lui non mi permetterà mai di andare via”
“Si, se sono io e la Polizia a richiederlo per le indagini. Fingerò che tu sia importante ai fini delle ricerche”

Ma tale escamotage non è accettabile e la stessa Nairobi sente di non poter fuggire.

“No!” – esclama subito.

“Perché no?”
“Meglio che tu vada via, ora” – rialzate le barriere di fronte al presunto nemico, Nairobi si rimette in piedi e gli volta le spalle, cercando di contenersi il più possibile.

“Ti prego, Agata!”

Sentirsi riconosciuta così, tocca il cuore della zingara – “Non chiamarmi in questo modo, ti supplico”
Lopez però non si arrende. Le si avvicina e le sfiora un braccio, notando la pelle d’oca sullo stesso.

“Sei una ballerina di flamenco? Ti ho vista poco fa, il tuo talento è innegabile. Cosa ti ha costretta a chiuderti qui?”

“Non posso dire niente di me, lo capisci? Sapere il mio nome è già tanto…”

Lopez non sa cosa potrebbe far cambiare idea ad Agata in merito ad una presunta collaborazione.

Poi, d’improvviso, gli si accende una lampadina.

“Se ti promettessi di tenere al sicuro Anibal Cortes?”

Sentire il nome del ragazzo della sua migliore amica, lascia Nairobi di sasso.

Lentamente si volta verso il quarantaduenne – “Menti?”

“Vieni via con me e ti dimostrerò che io non dico bugie”

Le porge le mani in attesa di una risposta positiva.

E mentre nei corridoi, ogni polizotto ha condotto al meglio le ricerche, e ciascun dipendente del Mariposas ha raggiunto Daniel all’ingresso, i due sono ancora fissi, l’uno di fronte all’altra, prossimi a dare una svolta decisiva o meno al caso.

“Allora?” – chiede di nuovo l’uomo.

“Tokyo viene via con me. Non la lascio qui”

“Non posso portarvi via entrambe, sarebbe troppo sospetto” – la richiesta della gitana è eccessiva, perfino per il ruolo che riveste Lopez.
“Allora prendi lei, io posso resistere”

“No!” – Santiago non resiste più. La afferra per un braccio e la tira a sé.

Le avvolge la vita, sentendola appiccicarsi al suo petto.

“E’ da te che non riesco a stare lontano!” – così dicendo, le sfiora una guancia e le regala un bacio di quelli che neppure la stessa risoluta Nairobi avrebbe mai sognato, in vita, di ricevere.

 

ANGOLO AUTRICE:

La canzone che ho immaginato che Nairobi canta davanti lo specchio è una canzone di Lola Flores (nonna di Alba Flores) e per chi è interessato ad ascoltarla, vi lascio qui il link.

https://www.youtube.com/watch?v=JF-dTBA3ywY

Besitos a todos

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Capitolo 10
*** 9 Capitolo ***


Daniel Ramos, fisso con lo sguardo sul proprietario del Mariposas, attende il ritorno del collega. Anche se la presenza di Stoccolma lo destabilizza, cerca di fare l’uomo forte e poco interessato. Ma gli occhi di lei pesano ed evitarla diventa il problema più insormontabile al mondo.

Assurdo quanto una donna, per di più, conosciuta da meno di 24 ore, possa esercitare, su di lui, un controllo simile.

All’esatta maniera di Nairobi con Santiago, la biondina esercita un vero e proprio gioco di seduzione.

Quelle Farfalle sembrano dotate di poteri inibitori, di cui il giovane ispettore è cosciente ma a cui soccombe piacevolmente.

Innegabile che la riccia stia servendosi del sex appeal per cercare le attenzioni di Ramos.

“Cosa volete da noi?” – giocando con uno dei suoi numerosi boccoli d’oro, la giovane si avvicina al trentenne e gli sussurra tali parole all’orecchio. Non c’è rabbia nel suo tono di voce, né provocazione, ma soltanto della tenerezza.

E così cade vittima dei suoi sguardi, dimenticandosi, per qualche secondi, della faccenda di Martin Berrotti.

“Da voi niente, cerchiamo Lisbona, ricordi?” – le risponde, fingendo un disinteresse per l donna.

Gli costa fatica, dato il suo lato da macho.

Intanto Stoccolma continua – “Non direi. Ero sdraiata sul letto, stavo finalmente godendo del riposo che meritavo da settimane, quando un poliziotto ha spalancato la mia porta, riferendomi di uscire. Ha messo a soqquadro tutto…ci state trattando come scarti della società, non lo siamo!”

Alle ultime parole, fa seguito un inizio di pianto per una condizione non cercata né sognata, ma necessaria.

“È solo per sicurezza che facciamo queste ricerche, però, puoi star serena, so per certo che sei buona. Non faresti del male a una mosca” – istintivamente le accarezza il viso, volendola rassicurare.

La donna accenna un sorriso e delicatamente adagia la sua mano su quella che l’uomo tiene ferma sulla sua guancia.

Si fissano per alcuni secondi, fin quando l’arrivo di tutti i poliziotti al completo richiama Daniel alle sue priorità.

“Ehm…capo… ci siamo! Manca solo Lopez” – spiega un agente.

“Che fine avrà fatto?” – chiede, confuso, un altro sbirro.

“Andiamo a cercarlo” – aggiunge l’uomo che ha con sé Manila.

Ma Ramos sospetta già la ragione di quel ritardo.

“Tranquilli, ci raggiungerà quanto prima. Fidatevi” – scuotendo il capo, si rassegna di fronte a un Santiago ormai schiavo del fascino di Nairobi. È convinto sia ancora con lei, intento a fare chissà cosa.

Dovrebbe spifferare al padre il cattivo comportamento del collega, poco serio sul lavoro, ma gli vuole troppo bene per tradirlo alle spalle. Così lo copre come meglio può. Si concentra sulle indagini, domandando ai suoi uomini – “Avete trovato qualcosa di utile?”

“No, niente”

“Assolutamente nulla”

“Un buco nell’acqua, signore”

“Solo foto, cartoline, immagini della Serbia”

“Io molto legato a mia terra” – spiega Helsinki, giustificando la presenza di ricordi legato a quel Paese – “E mio cugino Oslo, come me”

Qualcosa in tutta quella vicenda sembra stonare con le idee che gli ispettori avevano ipotizzato ascoltando Paquita.

“Ascoltate, non mi piace girarci attorno. Vado diretto al sodo. Raquel Murillo, quando giunse qui, vi raccontò del motivo per cui dovette nascondersi?” – forte di essere osservato da Stoccolma, mostra il suo lato da leader e prende il comando della situazione.

“Io ho spiegato nell’interrogatorio che la mia dipendente necessitava di un lavoro” – interviene Martin, dando una risposta a tale quesito.

“Si, però hai sorvolato su alcuni dettagli!” – batte un pugno sulla scrivania, dietro la quale è posizionato Berrotti.

“Quali? Di cosa sta parlando, ispettore?” – domanda, confuso, il gestore del locale.

Ramos avrebbe voluto sputargli in faccia la verità, poi ripensa però alla segretezza di alcune informazioni e non risponde, tornando ad assumere atteggiamenti consoni al ruolo.

“Direi che potremmo andarcene, per il momento” – comunica ai poliziotti, dando loro l’ordine di rientrare in Commissariato.

“E Lopez?” – viene ricordato da qualcuno.

“Ah, già!” – esclama il giovane, rammentandosi della sua mancanza – “Altri due minuti, dopo andremo via!”

Si infastidisce di tale atteggiamento che, a suo dire, era più giustificata in un trentenne con gli ormoni ancora alle stelle, e non a un uomo adulto di oltre quarant’anni. Però decide di dargli ancora tempo, poi lo avrebbe raggiunto e portato via da lì.

Così, mentre all’ingresso del Mariposas si sono radunati ormai tutti quanti, quello che accade nel durante sembra caratterizzare un mondo a parte: Santiago e Agata non hanno fatto altro che baciarsi tutto il tempo, lasciando la realtà fuori dalla porta della camera.

Sfiorarsi, annusarsi, accarezzarsi, scoprirsi pian pianino, come se quello accaduto la notte prima tra loro fosse stato inesistente.

“Hai un buon profumo, sai?” – sussurra la gitana all’orecchio dell’ispettore.

Nella sua voce non c’è più malizia, né tantomeno aggressività. I toni pacati la rendono finalmente la donna dolce che è in natura.

“Non mi è mai capitata una cosa simile” – confessa l’uomo.

“A cosa ti riferisci?” – chiede, abbassando decisamente la guardia, accovacciandosi al petto dell’ispettore, sentendosi protetta tra le sue braccia.

Socchiude gli occhi, cullata dal battito accelerato del cuore di una persona che conosce appena ma che inizia ad apprezzare.

“Mi riferisco a te. Sei unica, Agata!”

Tale lusinga imbarazza la gitana che sorride timidamente, coprendosi subito il viso con una mano.

“Dico sul serio. So che è prematuro dire una cosa del genere però…”

“Dilla!” – forse sentire parole che la stessa Nairobi immagina, possono farle bene al cuore.

“Mai nessuna come te mi ha fatto perdere la testa in questo modo!”

Una dichiarazione particolare, a tratti irreale, vista la conoscenza breve dei due. Eppure quella è la conferma dell’esistenza del colpo di fulmine.

“Ok, all’inizio ero estremamente attratto da te, confesso. Però dopo che abbiamo… ehm…hai capito, dopo questa notte… io ho continuato ad averti in testa”

“Sei un latin lover, l’ho intuito sin da subito” – rivela la donna – “Ne ho approfittato, perdonami. Però adesso sto scoprendo il tuo vero essere. Tokyo aveva ragione!”

“Perché cosa ti ha detto la tua compagna?”

“Che sei diverso dagli altri!” – timidamente solleva lo sguardo, unendolo a quello di Lopez, in una scoperta reciproca senza filtri.

“Vorrei che tu ti fidassi di me, non farei mai nulla che potrebbe recarti dolore”

Incredibile ma vero, esiste un uomo che potrebbe davvero darle amore senza volere nulla in cambio, pensa tra se e se Agata.

In tale istante, percepita la reale sincerità dell’ispettore, la gitana tira fuori un argomento importante, rimasto in sospeso – “Hai promesso che Anibal Cortes sarebbe stato al sicuro”

“Sarà così, conta su di me” - a tal proposito, Lopez speranzoso su un cambio idea della donna, torna sulla questione centrale – “Allora? Accetterai la mia proposta? Verrai via con me?”

E in pochi secondi, Nairobi torna ad irrigidirsi. È combattuta. Una parte di se scapperebbe a gambe levate, l’altra è consapevole di un vincolo che la tiene ferma al Mariposas.

Un patto che ha i toni della minaccia e che riguarda qualcuno di fondamentale per la donna.

Axel.  

La sola ragione di vita che la costringe a fare ciò che fa.

Basta ricordare quel bambino per rialzare le barriere contro il mondo intero.

E infatti… - “No, non posso. Non insistere più, ti prego” – si slega dall’abbraccio dell’uomo e indietreggia.

Il viso, che attimi prima si era sciolto da ogni tensione, la voce calda e dolce, sono di nuovo preda della Farfalla del Mariposas.

L’amorevole Agata è tornata a cedere il passo a Nairobi la mangiauomini.

“Controlla ciò che vuoi, perlustra ogni angolo. Poi vattene, per favore” – mentre dice ciò, si reca in bagno, liberandosi non solo dell’abito di flamenco che ha indosso, ma anche di un senso di frustrazione e oppressione che le invade mente e corpo.

Trattiene il pianto, ma le risulta difficile farlo.

“Cazzo, cosa ti prende? Torna in te! Cazzo, cazzo…” – batte un pugno alla parete, ignorando anche il successivo dolore – “… non avrei dovuto mai abbassare la guardia con lui! Adesso sarà più dura tornare a calzare i panni del personaggio che mi sono voluta costruire” – rimprovera se stessa e lo fa duramente, fissandosi allo specchio con disgusto. Il trucco sbavato le scivola sulle guance, i capelli spettinati…questo rimane della femmina che Berrotti vuole che lei sia; perché è questo ciò che Martin pretende dalle sue dipendenti: che siamo femmine, prima che donne.

Quanto vorrebbe farla scontare a chi detiene il potere; il pensiero però del suo bambino è ciò che lo frena dall’agire.

Se solo Santiago scoprisse…

Mentre la gitana è alle prese con la chiusura in se stessa e il ritorno ai vecchi stracci da spogliarellista, Santiago fissa, immobile, la porta di quella toilette.

Nairobi pone resistenza per motivi segreti e lui DEVE scoprirlo, solo superandolo può liberarsi dal senso di dovere che nutre verso la vita che conduce.

Approfitta di quei minuti per ispezionare la stanza.

È convintissimo di non trovare niente di utile, avendo ottenuto un ok troppo facile dalla gitana.

Se lei nascondesse qualcosa, difficilmente gli avrebbe dato il consenso senza ribellarsi prima.

E invece… qualcosa di interessante c’è, eppure non riguarda la Murillo.

“Chi è questo bambino?” – chiede alla gitana, fissando una fotografia.

Agata, appena uscita dal bagno, con in mano il vestito rosso, sospira e, come a non voler dar peso a quanto scoperto dall’ispettore, risponde – “Mio figlio”

Rigida e distaccata, ignora la confusione sul viso di Lopez e si accinge a ripiegare l’abito e custodirlo, segretamente, in uno scatolone, posto sotto il suo stesso letto.

“Nulla di questa faccenda deve venire fuori” – precisa lei – “Né del flamenco, né di questa foto”

“Hai un bambino e non puoi vederlo, vero? Ti minaccia qualcuno per questa faccenda?”

“Basta Santiago”

Chiamandolo addirittura per nome, Agata gli strappa l’immagine dalle mani – “Io non ti ho detto niente. Hai scoperto tutto da solo. Quindi, ora sta a te!”

Il quarantaduenne intuisce in quelle affermazioni una sorta di messaggio in codice.

Percepisce che la Mariposa si sente spiata in ogni mossa che fa. Perciò ipotizza che lei lo abbia lasciato libero di scoprire un dettaglio del suo passato, senza confessarlo in prima persona, senza dare l’impressione di aver aiutato volutamente la polizia.

E così, avvicinandosi al suo orecchio, le sussurra – “Tuo figlio tornerà da te, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia”

Con tali promesse, Lopez la saluta con un ultimo bacio, stavolta sulla fronte e va via.

Ad Agata non sembra vero che qualcuno le dica una cosa del genere.

Che sensazione meravigliosa le invade il petto, adesso! È come se la speranza che l’ha abbandonato per anni, sia tornata a bussare alla sua porta.

Combattuta da mille paure, cerca dentro di se la forza per vincere le voci che le ronzano nella testa e le ricordano il protocollo.

“Me ne fotto” – esclama poi ad alta voce, rivolgendosi al DOVERE a cui è vincolata.

Mandando tutto a fanculo, corre verso Santiago, che si trova ancora nei corridoi, e lo chiama.

L’ispettore, spiazzato, la vede in lontananza avanzare a passo veloce.

Si ferma ad attenderla e una volta una di fronte all’altro, la donna afferma – “Mi fido di te” – lo prende per mano, lasciandosi accompagnare fino all’ingresso – “Promettimi che nessuno si farà male”

**********************

Daniel Ramos e la sua squadra sono prossimi ad andar via quando, finalmente, scorgono il collega arrivare.

“Finalmente” – esclama, tirando un sospiro di sollievo. Non conosceva più scuse per giustificare i suoi ritardi.

Constatando, piacevolmente, che il maggiore ha con sé Nairobi, lo accoglie sereno, mettendo da parte i nervi che ha accumulato poco prima.

“Ci sono novità?” – chiede Lopez all’amico.

“No, nessuna. Tu?”

A quel punto, Santiago si volge verso Martin e gli comunica – “La donna viene via con me”

“Come? Non se ne parla” – pone resistenza lui.

“E’ una testimone utile ai fini delle indagini. Non le conviene intralciarci, signor Berrotti”
Il proprietario, furioso, fissa la sua farfalla, dicendole – “Tradirai così la tua famiglia?”

“Non osi minacciarla con quei toni” – si infervora Lopez, in difesa della donna.

“Non minaccio nessuno. Nairobi è sotto la mia tutela. Sono io a dare o meno il consenso”

“Verrà pagato profumatamente, non si preoccupi” – puntualizza Daniel.

Ma al Capo del locale i soldi non interessano.

Così si appella, per far leva sui sensi di colpa della zingara, al legame con Tokyo.

“La tua amica la lasci così?”

A quel punto è proprio quest’ultima ad intervenire.

“Nairo, cosa fai? Mi lasci qui da sola?” – Tokyo, sconvolta, sente tale fuga come una forma di tradimento.

“Amica mia, no, non è come credi”

“Mi stai abbandonando, non è così? Ci eravamo ripromesse che nessuno ci avrebbe mai separate” – gli occhi carichi di lacrime della mora diventano il macigno uno dei più grandi che Nairobi ha dovuto sopportare nella vita.
“Si tratta di poco, tornerò il prima possibile” – cerca di spiegarsi, e di abbracciarla, ma l’altra, delusa, indietreggia – “Semmai tornerai, dubito che mi troverai dalla tua parte”

Nairobi sente tali parole come fossero una pugnalata al cuore e, istintivamente, opta per la soluzione migliore.

Lascia, a malincuore, la mano di Lopez e rinuncia alla libertà. Quella è la mossa adatta per evitare casini agli altri, a se stessa, e non perdere ciò che le rimane di importante: Tokyo.

“Mi dispiace, ispettore. Rimarrò qui, è questo il mio posto”

“Cosa?”
“Hai capito bene, io resto al Mariposas”

Abbracciando la migliore amica, le sussurra un amareggiato Scusa, ottenendo in cambio un immediato – “Non lasciarmi mai”

“Non lo farò, te lo prometto”

Di fronte alla rinuncia alla sua felicità, Nairobi guarda Santiago andare via.

Ora sì che nel suo cuore qualcosa comincia a mutarsi nei confronti dell’ispettore.

Sente di aver appena mandato a puttane il suo sogno di felicità. E quel sogno di felicità comincia a definirsi chiaramente nella sua testa: quel sogno porta il nome di Santiago Lopez.

********************************

“La stronza ti ha fatto credere che collaborava per poi smerdarti di fronte a quell’idiota del proprietario, che ha vinto di nuovo, bastardo” – si infuria Daniel nel rientro al Commissariato.

“Il legame con Tokyo è troppo forte per lei, non ha saputo dirle no” – la giustifica il quarantaduenne.

“Ora che si fa? Avevi detto che era una testimone essenziale”

“Adesso andremo a Lisbona e cercheremo indizi lì”
Vedere tanto afflitto il collega, fa intuire a Ramos che c’è di mezzo un sentimento forte.

“Ti sei innamorato di lei, vero?”

“No, io non mi innamoro mai” – mente il maggiore dei due.

“Baggianate, capita a tutti prima o poi. E tu hai trovato la tua seconda metà. Dovresti lottare per prendertela”

“Nairobi non è una donna semplice. Deve aver sofferto talmente tanto in vita sua che difficilmente lascia uno spiraglio all’amore. Come hai visto, ha rinunciato alla libertà per stare accanto alla migliore amica”

“Santiago, forse è bene per entrambi aver chiuso con quel Mariposas. Io ho perso la testa per Stoccolma e non è ottimale condurre indagini se sono coinvolte attrazioni o sentimenti. Chiederemo a papà di affidare ulteriori ricerche sul Night Club ad altri. Noi, sai che ti dico, andremo a Lisbona. Indagheremo lì…così svagheremo la mente e ci dimenticheremo delle nostre Farfalle, che ne pensi?”

Anche se Santiago sente che sarà difficile dimenticarsi in poco tempo della sua Agata, deve almeno tentare.

Però, qualcosa non vuole dargli pace.

Lei ha un bambino e lui le ha fatto una promessa.

“Prima di dirle addio, vorrei risolvere una questione delicata. Solo allora, avrò la coscienza a posto e potrò cercare di cancellarla dalla mia vita”

“Cioè?”
“Devo assolutamente restituirle una parte di vita che le è stata tolta”

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Cosa accade al Mariposas, invece, nei minuti successivi all’uscita della Polizia?

Martin si scaglia violentemente contro Nairobi.

“Puttana, cosa cazzo credevi di fare?” – parte la prima sberla in pieno viso.

Ma la donna non risponde. Abbassa lo sguardo, mostrandosi a tutti, per la prima volta, debole e fragile.

Il che porta Tokyo ad intervenire per aiutarla.

“Maledetto non la toccare! Come osi!” – si dimena per salvarla, ma sono i due serbi ad afferrarla e tenerla buona.

Manila e Stoccolma assistono, inermi, ad una scena umiliante per una persona.
“Andate tutti in camera e lasciateci soli”

“Come? No” – grida Tokyo.

“Fa’ come ti ha detto, Toky” – le dice Nairobi, cercando di rassicurarla.

“Ma…”

“Vai” - ripete la gitana.

Solo allora, la ragazza si rende conto di quanto sia stata egoista ad aver messo Nairobi nella condizione di scegliere. Se fosse andata via, ora sarebbe libera.

Invece il suo “ricatto” l’ha costretta a restare e pagarne le conseguenze.

“E’ tutta colpa mia” – singhiozza, una volta sola nella sua stanza, chiusa a chiave dall’esterno da Helsinki, il quale immaginava ipotetiche uscite da parte della collega, fuori di testa.

Quanto ad Agata, viene condotta in un’ala secondaria, scortata da Martin. Percorrono una sorta di passaggio segreto, poco illuminato, che culmina in una ala molto grande e dispersiva, da cui la sola luce sono delle lampade poste ai vari angoli che rendono l’idea della grandezza dello spazio.

Non è mai stata lì né sapeva l’esistenza di posti così tetri all’interno del Mariposas.

Cerca di mantenere la calma, seppure terrorizzata dall’idea di cosa le può accadere da adesso in poi.

Minuti di agonia psicologica che portano Nairobi a pensare al suo intimo: a suo figlio, al suo amato flamenco, e anche a lui… Santiago!

Chi l’avrebbe mai detto! Non ci avrebbe mai scommesso eppure… adesso è lei a non riuscire a toglierselo dalla testa… che ne sia innamorata?

I pensieri cessano dal rumore di passi lenti e pesanti, di scarponi maschili, che le fanno sussultare il cuore. Sa di chi si tratta.

“Zingarella mia, quando imparerai che qui comandano gli uomini?” – le dice una voce austera, che riecheggia tra quelle quattro mura.

Una figura con il viso coperto da una maschera bianca, si siede di fronte a lei.

“Grazie, Palermo. Puoi andare via” – dice la persona senza volto, lasciando da soli i due.

“Come pensi di punirmi?” – chiede, tremante, la donna.

“Quando sei arrivata al Mariposas, hai giurato fedeltà. Da qui non si esce, e lo sai bene”

“Lisbona l’ha fatto”
Una risata malefica rimbomba e frastorna Agata, sempre più timorosa per la sua incolumità – “Se non vuoi sparire nel nulla come lei, ti consiglio di non metterti mai più contro di me”

Nairobi annuisce, per sobbalzare subito dopo, quando una mano nascosta da un guanto di pelle nero, le si posiziona violento sul petto.

Quella voce le sussurra – “Avrei in mente molte cose per farti scontare la pena” – provoca, adagiando una mano su un seno della gitana che deglutisce rumorosamente.

La persona continua a toccare, palpare, maliziare, con una veemenza tale da distruggere emotivamente la gitana.

Lei non sa di chi si tratta, ma lo vede giocare con il suo corpo che, nel frattempo, è rigido come una corda di violino.

“Sto per morire” – commenta Agata, chiudendo gli occhi.

Tutto le si offusca e in un battibaleno lo shock prende il sopravvento… si accascia priva di sensi.

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Capitolo 11
*** 10 Capitolo ***


Nessuno più di Tokyo teme per l’incolumità di Nairobi.

Ovviamente sa che la sua migliore amica è una che non si fa di certo piegare da una sberla o dall’ennesimo rimprovero di Martin.

Ciò di cui invece ha paura è che le venga inflitta una punizione da chi si trova più in alto dello stesso Berrotti.

Precisamente per evitare che la moretta ribelle possa creare problemi, i due buttafuori del Mariposas hanno l’ordine di chiuderla a chiave nella sua camera. Ed è ciò che fanno, mentre lei, a squarciagola grida di voler essere liberata.

“Basta con queste urla, Tokyo. Noi essere stanchi di tue isterie” – la rimprovera Helsinki.

“Isterie? Cosa cazzo dici? Ti rendi conto che Nairo potrebbe aver bisogno di aiuto, quella è gente pericolosa”

“Silenzio” – ripete, ignorandola.

Ma alla donna ribolle il sangue nelle vene sapendo che i colleghi preferiscono sottostare, piuttosto che intervenire.

“Devo fare qualcosa” – cerca di pensare in maniera lucida, camminando avanti e indietro, nella stanza, però l’agitazione è troppa e le impedisce di trovare una soluzione immediata.

Se fingesse un malore, idea che le frulla in mente, non le crederebbe nessuno, avendo già sperimentato tempo addietro una scenetta simile con scarsi risultati.

Anche se non si direbbe, i serbi sono piuttosto svegli quando si tratta di sgamare gli inganni.

“Avete dei cuori di ghiaccio. Siete degni cagnolini di Palermo”

A quel punto, la sola modalità che conosce e che sa attuare è offenderli e cantargliene quattro, sputandogli in faccia il suo disprezzo.

I due, infastiditi, decidono di non replicare, allontanandosi dal corridoio.

Borbottano qualcosa nella loro lingua, riferendosi al cattivo comportamento di Tokyo. A detta di Oslo, meritava la stessa punizione di Nairobi.

“Tempo al tempo, amici miei” – una voce alle loro spalle, si fa ben udire.

“Capo, sei tu” – esclama Helsinki, ricomponendosi dopo il nervosismo alle stelle di pochi istanti prima.

“Immagino vi stiate lamentando di Tokyo, tranquilli. A lei penserò io, così non avrà ulteriori alzate di testa. Ho fatto il buono per troppo tempo, ora basta”

Congedandoli, sgombrato il corridoio da possibili disturbi al suo operato, Martin si incammina verso la meta.

Pochi passi lo separano dalla porta della camera della giovane donna.

Prima di raggiungerla, però, si attrezza di qualcosa utile ai suoi scopi.

Aperta una cassaforte, nascosta da un vecchio dipinto, afferra un oggetto, sistemandolo in pochi minuti; lo nasconde nella manica della sua giacca e, attento ad ogni movimento che dovrà compiere da lì ai minuti successivi, si dirige definitivamente verso la stanza della ribelle Farfalla.

La stessa, udito il rumore di scarpe, si pone in posizione di fuga, non appena la porta verrà spalancata.

“Finalmente vi siete decisi, razza di merde umane” – commenta a bassa voce, riferendosi alla sicura presenza dei due buttafuori.

Ma la trentenne ha fatto male i suoi conti.

Girato il chiavistello, a varcare l’uscio è Martin.

“Dove pensi di andare? Ferma lì” – blocca le intenzioni della Farfalla e, a braccia incrociate al petto, con aria di superiorità, intende rimetterla in riga.

“Figlio di puttana, fammi passare, devo andare dalla mia amica” – e ovviamente Tokyo non si risparmia nel solito gergo che la contraddistingue, fregandosene del ruolo che quel tipo ha al Night Club.

“Inutile che cerchi, non la troverai” – con lo scopo di ferirla e ammansirla per bene, l’uomo le scaglia contro terribili verità.

“Co.…cosa?” – balbetta, confusa.

“Hai sentito bene, non c’è. Tornerà quando lo deciderò io”

“Tu?” – ripete Tokyo, inarcando il sopracciglio – “Permettimi di dubitare che tu possa avere le capacità di scegliere qualcosa sul Mariposas”

Berrotti grugnisce i denti, irritato.

E la giovane continua – “Palermo, ora ho il coraggio di chiamarti anche io con il nome in codice, non mi fai paura. Se è questo il modo che hai di punirci, nascondendoci chissà dove, sappi che i giochetti finiscono prima o poi”

La risposta del proprietario del locale non si fa attendere - “Senti, ragazzina, io ti ho accolta qui, quando nessuno voleva averti tra i piedi, neppure i tuoi genitori. Eri un intralcio e lo sei ancora. Quindi ritieniti fortunata a vivere nel lusso del Mariposas, chiaro?” – quale arma migliore se non annientarla emotivamente appellandosi ad un affetto familiare inesistente!?

Un colpo basso a cui la mora reagisce, con mani tremanti e rossore sul viso - “Me ne fotto, sarei pronta anche a vivere per strada, sotto i ponti. Se devo restare qui a vita, solo perché mi avete illusa di avere un’occasione di riscatto dalla vita, vi sbagliate di grosso. Mi sono rotta il cazzo di vendermi per farvi arricchire. Non sono la tua fedele Stoccolma, e neppure Manila. Io so dire basta quando la circostanza non mi conviene” – la forza e la determinazione, che tanto la rendono simile a Nairobi, sono apprezzabili, se non fosse che tale atteggiamento viene utilizzato contro Palermo stesso.

“Non ti ho cacciata di qui e avrei potuto farlo, solo perché questo carisma che sia tu che Nairobi avete è la vostra carta vincente. Mi avete fatto guadagnare soldoni profumati perché i clienti preferiscono voi due, alle altre”

“E se noi ce ne andassimo? Sarebbe per te la sconfitta peggiore della vita”

“Precisamente per questo non vi verrà mai permesso di lasciare il Mariposas” – e con un sorrisetto malefico stampato in pieno viso, l’uomo si prepara alla mossa decisiva.

“Figlio di…”

“Sei solo una donnaccia, un’irriconoscente. Ma ti avviso subito, fossi in te terrei a bada quella lingua. Potresti trovarti come la tua cara socia” – riprende le accuse.

“Cosa le è stato fatto, maledetto?” – a quel punto la giovane donna impallidisce, temendo seriamente il peggio.  

“È stata punita per la sua impudenza e per aver disobbedito al protocollo”
“Vi ammazzo tutti, hai capito lurido pezzo di merda?” – la giovane gli si avventa contro, cercando di colpirlo in qualche modo.

Poco le importa se verrà punita anche lei, desidera soltanto sapere della gitana e rivederla.

Mai avrebbe immaginato che a metterla k.o. sarebbe stato proprio il suo nemico.

Approfittando del corpo di lei piuttosto vicino al suo, Martin estrae una piccola siringa e inietta del sedativo nelle vene della donna.

“Maledetto” – sono le sole parole che lei pronuncia, prima di accasciarsi sul pavimento.

Farle perdere la coscienza, così da liberarsi delle sue alzate di testa, è la soluzione più rapida e decisamente vincente che opta di mettere in atto.

“Fai una bella dormita. Più avrai gli occhi chiusi, più eviterai di crearci casini” – ripulendosi di ogni traccia e ogni “arma”, per non destare sospetti alcuni, solleva il corpo di Tokyo e lo adagia sul letto. La copre con una coperta, riposta su una sedia e, fiero della buona riuscita del piano, lascia la stanza, chiudendosi la porta alle spalle. 

Percorre le scale che lo conducono al secondo piano, fischiettando, sereno e sollevato. Si appresta a raggiungere la sua camera, certo di trovarvi qualcuno in particolare. Lì, infatti, lo attende una bella visitina.

“Grassone, vedo che sei già pronto!” – afferma notando Helsinki sdraiato sul suo letto, desideroso di regalargli divertimento e piacere.

Ciò che nessuno sa del proprietario del Mariposas è che è solito intrattenersi con uno dei due buttafuori.

Ed ecco spiegato il motivo dell’estrema venerazione di Helsinki verso Berrotti.

In cuor suo, il serbo fa ciò che gli viene ordinato per amore di chi, invece, non ha intenzione alcuna di ricambiare quei sentimenti.

******************************

Quella notte è difficile per tutti, non solo per i dipendenti del Night Club sotto indagine.

Santiago Lopez fatica a trovare sonno. Si gira e rigira nel letto, schiavo di pensieri negativi.

Ha trascorso le ore precedenti a studiare ogni minimo dettaglio della foto sul bambino di Nairobi.

Prima di lasciare la stanza di Agata, infatti, ha scattato un flash all’immagine, così da averla a portata di mano, in ogni momento, sullo schermo del suo cellulare.

Ma zoomare i vari lati della fotografia, scrutarne i dettagli, non porta a nessuna soluzione.

Il solo dettaglio scoperto è il nome del piccolo.

Axel.

Il suo IPhone, con una fotocamera di eccellente qualità, è riuscito a carpire perfino scritture incise su un biberon su cui, evidentemente, realizzate dalla zingara.

“Axel, dove sei?” – pensa tra sé e sé, l’ispettore, cominciando a familiarizzare anche con l’appellativo del bambino. Ed è uno dei tanti dubbi che si arrovellano nella sua mente impedendogli di cedere alla stanchezza.

A parte la rivelazione sul nome del piccolo, una cosa certa è la palese somiglianza madre-figlio.

“Assurdo come questi due siano uno la fotocopia dell’altra”

I capelli nero corvino, la carnagione olivastra, due occhi grandi scuri e penetranti.

Lo scatto rappresenta proprio la gitana, poco più che vent’enne, sorridente e felice, con in braccio il suo tesoro più grande, all’incirca di due anni. Nel suo sguardo non c’è paura, né resistenza alla vita e alla felicità. Si percepisce il suo essere una mamma fiera e libera.

È proprio questo quello che manca alla zingara di cui Santiago si è innamorato: la maternità e la libertà.

“Ti restituirò ciò di cui ti hanno privata, lo giuro” – nonostante si fosse ripromesso di dimenticarla, non riesce a non mantenere fede alla parola data.

E inevitabilmente il pensiero vola ai suoi di eredi, di cui sa poco e nulla.

“Lei per Axel farebbe tutto, e io…? Per i miei sette…”  - sospira, amareggiato.

Una donna come Agata ha risvegliato in lui anche quell’istinto paterno mai posseduto.

Restituire il piccolo gitano alla sua mamma significa riscattare il suo pessimo comportamento di genitore irresponsabile. In fondo, non ha mai sentito appartenergli il ruolo di padre. Era una prigione a cui non avrebbe voluto né potuto abituarsi. Ed ecco spiegato il perché di vari pargoli messi al mondo in diverse parti del mondo, quando un giovanissimo Santiago, preda di ormoni e divertimenti notturni, si allietava con donne per una notte.

“Chissà se uno di loro è come me…” – è l’ultimo pensiero che gli invade la mente poco prima che il messaggio di Daniel Ramos giunge a ricordargli di addormentarsi quanto prima.

“Ricorda che domani abbiamo il volo per Lisbona, fra’, cerca di recuperare le energie.”

Bevuta l’ennesima tisana rilassante, per giunta non di suo gusto, imposta la sveglia e chiude gli occhi.

Basta ripensamenti sulla vita! Mettendo in standby il suo inconscio. Santiago cede alle braccia di Morfeo.  

*******************************************

È tarda mattinata quando i due ispettori, assieme a Paquita, offertasi di accompagnarli ai fini delle indagini, raggiungono la città di Lisbona.

Stabilito di interrogare chi vicino alla Fuentes, gli ispettori lasciano, nel mentre, al Commissario la scelta di un sostituto nelle ricerche al Mariposas.

“Eccoci, la casa è laggiù” – comunica la governante dei Vicuña, scendendo dal taxi. Indica una piccola villetta circondata dal verde, poco distante dalla fermata a cui sono scesi.

Con un borsone in spalla, contenente l’indispensabile per quei pochi giorni di pernottamento, i tre raggiungono l’abitazione della signora Marivi.

Suonano il citofono senza ricevere immediata risposta.

Infatti, subito dopo, è un uomo a raggiungerli.

La sua tenuta da giardiniere fa intendere che lavora presso quella famiglia.

“Voi chi siete?” – chiede ai tre.

“Jacov, non mi riconosci? Sono Francisca…Paquita” – lo saluta la donna, a braccia aperte.

Lopez e Ramos intuiscono immediatamente che l’accento di quel tipo non è portoghese, tantomeno spagnolo. E anche il suo nome.

Lo sconosciuto, con dei buffi baffi, accenna un sorriso quando finalmente capisce che si tratta di gente di cui fidarsi.

Dopo un abbraccio a Paquita, e una stretta di mano agli ispettori, è proprio lui a condurre i tre all’interno dell’abitazione.

“Chi sarebbe costui?” – domanda Daniel alla signora.

A rispondere è il diretto interessato – “Mi chiamo Jacov Marković, sono nato in Croazia. Abito nella villa qui accanto, e presto anche servizio alla signora Fuentes, di tanto in tanto”

“Mi stai dicendo che saresti una specie di domestico?” – chiede Santiago, piacevolmente colpito.

“Giardiniere, per la precisione!” – spiega il croato, invitandoli a sedersi sul divano in soggiorno.

La casa è bella, accogliente, con numerose foto incorniciate, poste sulla parete.

“Questa bambina è Paula, immagino” – constata Daniel.

“Si, un vero tesoro” – aggiunge Paquita – “ed è molto somigliante a sua nonna, sapete? Quando vedrete Marivi e sua nipote, assieme, vi sbalordirete”

Quello che colpisce Santiago è, invece, una fotografia delle tre donne assieme: Raquel Murillo con sua madre e sua figlia.

L’immagine della serenità.

“Il signor Vicuña non lo vedo in nessuno scatto, hai notato anche tu?” – sussurra Lopez al collega.

“Già, forse non erano in buoni rapporti” – ipotizza Daniel, spiegando le sue idee all’amico.

“Mhmm…bisogna indagare su questo! Direi di interrogare il giardiniere!” – sostiene il quarantaduenne.

“Qualcosa non va?” – domanda Jacov agli ispettori, accortosi del loro confabulare.

“Ehm, no no, è che ci spiazza vedere, per la prima volta, la vera Raquel Murillo. Purtroppo, le immagini che ci sono state consegnate per le indagini, la ritraggono in altre vesti” – aggiunge il figlio del Commissario.

“Beh, la signora Murillo è una donna dolce, semplice e amorevole. Guardate che sorriso ha!” – precisa Paquita, emozionandosi pensandola chissà dove e con chissà chi.

“Non so cosa è accaduto a Raquel, prego che la riportiate qui il prima possibile. Lei non appartiene al mondo notturno. Lei è una persona che aveva tutto nella vita” – afferma, dispiaciuto, il croato.

“Probabilmente le mancava la felicità. È questo che accomuna le varie donne che lavorano lì” – spiega Santiago, ricordandosi di Nairobi e della sua esperienza.

Il silenzio di Marković non fa che alimentare alcuni dubbi nei due spagnoli.

“Potremmo farle qualche domanda in merito?”

È Jacov a rivelare, subito, un importante dettaglio - “Io non conosco bene i Vicuña, però l’unica cosa che posso dire è di aver sentito spesso Raquel lamentarsi di suo marito, a telefono”

“A telefono? E con chi?” – domanda Paquita, partecipando nel formulare domande che le sorgono spontanee.

“Non lo so. Io l’ho vista tre volte qui a Lisbona. E tutte e tre le volte lei era sempre con il cellulare in mano, e molto nervosa… parlava di Alberto”

“La questione diventa spinosa” – aggiunge Daniel.

“Se il signor Vicuña è morto, a chi si può estrapolare informazioni sulla loro relazione matrimoniale?” – chiede Francisca ai due ispettori, intenzionata, anch’essa a darsi da fare per dare una mano.

“Alla sola persona che li viveva tutti i giorni…” – risponde Jacov senza giri di parole – “A Paula!”

 

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Capitolo 12
*** 11 Capitolo ***


Paula Vicuña Murillo, figlia di Raquel e Alberto, ha quasi dieci anni quando, per la prima volta nella sua giovane vita, diventa testimone di un’indagine in corso di rilevante importanza. Trattasi non di un caso qualsiasi, di banale conto, bensì fondamentale avendo come vittima proprio sua madre.

Tornata a casa, dopo una giornata di intenso studio, presso la dimora della sua docente privata, quel dì impossibilitata a raggiungere la villa della Fuentes, la bambina trova di fronte a sé gente sconosciuta, decisa a porle delle domande che, lei stessa, considera alquanto invadenti…che sfiorano, anzi, penetrano, il suo privato, un privato che la piccola non ama condividere con facilità.

“Fidati, tesoro, è brava gente. Ci aiuteranno a riportare qui la tua mamma” – Paquita le tiene la mano durante l’interrogatorio, cercando di placare la sua evidente tensione fisica.

“Raccontaci un po', piccolina. Come era vivere con i tuoi genitori?” – prima questione posta da Daniel che, contrariamente all’immagine istituzionale che avrebbe dovuto manifestare, si propone e le parla come fosse un amico.

“Ehm…cosa devo dire? Vivevamo insieme, serenamente. Loro si volevano bene, e me ne volevano tanto” – racconta la Vicuña.

“Non litigavano mai?”

“Si, li sentivo bisticciare, però finiva subito. Quando arrivavo io, mamma e papà smettevano”

Come è logico che fosse, la coppia non preferiva discutere di fronte alla minore.

Perciò tale dettaglio diventa poco rilevante.

“Ti ricordi il giorno che sei giunta qui a Lisbona?” – adesso è Santiago a prendere parola.

E sembra cogliere nel segno. Il viso della bambina si incupisce.

Si limita ad annuire, mentre nella sua mente i ricordi riaffiorano prepotentemente.

“Mi ha portata qui la mamma. Siamo venute assieme”

“Ok, e poi lei è andata via?”

“No, abbiamo trascorso dei giorni assieme alla nonna. Poi c’è stato l’incidente e sono rimasta orfana” – racconta, trattenendo le lacrime. È forte Paula, e non intende mostrare la fragilità che qualsiasi bambina proverebbe davanti ad una vicenda così dura e dolorosa.

“Ci vuoi raccontare come hai saputo che Raquel…?” – insiste Lopez, ricevendo però l’occhiataccia di Paquita.

“Ispettore, non mi sembra il caso di scavare troppo in profondità. È pur sempre una bambina di dieci anni” – interviene la governante.

Ma è Paula stessa a rispondere all’uomo – “Era mezzanotte quando ho sentito delle strane voci provenire dal soggiorno. Ho pensato fosse la nonna. Lei è solita alzarsi dal letto e camminare senza meta in tutta casa. Poi ricordo del suono insistente del telefono, che mi ha infastidita. Così mi alzai per rispondere, visto che nessuno, che abita sotto questo tetto, era intenzionato a farlo”

“Nessuno chi? La signora Marivi?” – chiede Daniel.

“No, con noi abita anche una mia cugina, si chiama Alison, è inglese” – spiega, poi riprende – “Mi sono alzata dal letto, diretta al soggiorno ma prima di arrivare lì, lo squillo si è interrotto. Non ho capito granché, in quel momento. Ho esitato a proseguire, per alcuni minuti. Però poi ho pensato di recarmi in cucina per bere dell’acqua…è lì che ho trovato la nonna a terra, priva di sensi”

“Cosa le è accaduto?”

“Non lo so, lei non ricorda nulla, ovviamente. Solo che mi è bastato uno dei suoi post-it per intuirlo. Teneva tra le mani il bigliettino e la penna”

“Scrive delle note?” – domanda, interessato, Santiago.

“Sì, per timore di rimuovere ogni ricordo, lo fa spesso. Venite, vi mostro il frigorifero” – conduce, sempre mano nella mano con Paquita, i due ispettori in cucina.

Un gran numero di foglietti colorati riempie il ripiano superiore del frigo.

Proprio in tale istante, sotto lo sguardo attento degli uomini che l’hanno seguita, Paula rimuove uno in particolare e lo porge loro.

“Incidente…Raquel è morta…”

Di fronte a una verità dura e cruda come quella, comunicata tramite telefono e annotata su un pezzo di carta, Ramos e Lopez non riescono ad immaginare il dolore che Marivi Fuentes possa aver provato in tale istante. La forza di mettere per iscritto una cosa del genere è incredibile…e la freddezza con cui viene fatto è terrificante.

Probabilmente averlo rimosso poco dopo dalla mente è stato più positivo che mai.

“Se posso permettermi, piccola… per fortuna la realtà che credevate non è quella vera. Troveremo tua madre e ti restituiremo un anno di vita che hai perduto senza di lei, te lo assicuro” – a parlare è Santiago, colpito nel profondo dalla vicenda della bambina.

Il quarantaduenne guarda le lacrime che rigano le gote della Vicuña, avvertendo una fitta al cuore al solo pensiero di quanto, invece, i suoi di figli possano aver sofferto la sua assenza.

E mentre la osserva stropicciarsi gli occhi, ma mantenere forte la sua posizione di roccia, il maggiore degli ispettori le porge, istintivamente, una mano.

Paula solleva lo sguardo e scruta quello della persona che ha di fronte.

I lineamenti del viso dell’ispettore con la folta barba le trasmettono una strana fiducia che non credeva possibile.

Resta in silenzio mentre trova in lui cose che desidererebbe rivedere di suo padre.

“Posso abbracciarti?” – domanda poi, spiazzando tutti.

Lopez non esita a dirle di sì e accoglie quell’esile corpicino tra le sue grosse braccia.

La piccola Vicuña sente un forte senso di protezione e ne gode il più possibile. Sono dodici mesi che non avverte quel calore umano.

“Va tutto bene, tesoro?” – chiede Paquita, avendo assistito, commossa, al momento.

“Si” – annuisce, poi si rivolge di nuovo all’adulto –“Scusami ispettore, ho sentito il bisogno di farlo”

“Tranquilla, Paula. Sappi che puoi contare su di me, e anche su Daniel. Siamo qui per trovare risposte alla sparizione di tua madre, e se tu ci aiuterai, dicendoci tutto ciò che sai, torneremo a Madrid con maggiori dettagli alla mano e più speranza di giungere, in poco tempo, alla risoluzione del caso” – le spiega il quarantaduenne, spostandole un ciuffo dietro l’orecchio.

Chi l’avrebbe mai detto che il lato paterno si sarebbe risvegliato così, all’improvviso?

“Ti va di parlarci anche di tuo padre?” – interviene Ramos, pronto ad annotare qualsiasi cosa detta dalla bambina.

La questione Alberto è delicata e tocca profondamente la piccola.

“Mio padre è morto, hanno trovato il suo cadavere in mare due giorni dopo che abbiamo saputo della mamma” - racconta la minore.

“Una tragedia dopo l’altra” – commenta Jacov, rimasto in silenzio fino a poco prima.

“Io di lui sapevo che era partito per un viaggio di lavoro, e mia madre, per non tenermi a casa in quei giorni, aveva proposto di venire a Lisbona. Papà ogni tanto mandava qualche messaggio, per sapere come stavo. Io gli rispondevo sempre che mi mancava molto”

“Come stai vivendo questa vita qui, assieme alla nonna?” – altra domanda posta da Dani.

“Mi sono abituata. In fondo, sono cresciuta avendola vicino sempre. Per di più, sto studiando il portoghese, grazie alla signorina Colmenar, un’insegnante privata. Mi tengo impegnata tanto”

“Hai degli amici qui?”

“Per ora ne ho due” – racconta Paula, poi si volta verso Marković e lo indica – “E sono i suoi figli”

“I miei bambini le vogliono molto bene. Parlano anche spagnolo, quindi è facile comunicare” – spiega Jacov, entusiasta.

“E’ una fortuna avere qualcuno con cui condividere tutto!” – sostiene Santiago, riconoscendo all’amicizia un ruolo determinante nel benessere vitale della gente.

“Già, se volete ve li presento!” – aggiunge il croato, fiero della sua prole ben educata e generosa.

“Volentieri, appena avremo finito qui” – risponde l’ispettore maggiore.

Dopo una serie di domande legate alla vita nella cittadina portoghese, Lopez e Ramos decidono di congedarsi, per il momento. Ciò, però, non prima di tranquillizzare la bambina - “Piccola, sappi che rimarremo in zona per almeno altri due giorni. Per qualsiasi cosa, ti lascio il mio numero” – detto questo, il quarantaduenne estrae un bigliettino dalla tasca dei suoi jeans scuri e glielo porge.

“Non volete controllare le varie stanze? Magari trovate qualcosa di utile” – Paula stessa, sostituitasi alla nonna nel ruolo di padrona di casa, avanza quella proposta, come se volesse trattenerli il più possibile lì con lei.  

“Mi sembra ottimo. Guidaci, come fossi Cicerone” – afferma Daniel, colpito che sia stata la bambina a considerare l’opzione di perlustrazione della dimora.  

Così, nei minuti successivi, i due spagnoli controllano ogni angolo della villa, imbattendosi in continui post-it di Marivi, in fotografie custodite in vecchi album, in scatole di farmaci, in abiti di ogni tipo conservati per essere donati in beneficienza. Di tutto e di più, eccetto indizi necessari al caso.

“Questa camera di chi è?” – chiede Ramos alla minore, constatandone una, con un enorme cartellone su cui è stampato il “DO NOT DISTURB”.
“Della cugina inglese, Alison! A dire il vero, lei è una tipa strana, e ci tiene alla sua privacy” – sottolinea Paula. Però, se ne infischia e spalanca l’uscio agli uomini – “Prego, controllate pure”

“Non credo sia carino entrare lì dentro” – interviene Jacov, serrando la porta subito dopo, impedendo l’accesso.

“Perché? Alison neanche c’è!” – commenta la bambina.

“Ehm…l’ho vista dalla finestra e sono corso qui!” – spiega il croato.

Neanche il tempo di allontanarsi di qualche metro dal posto, che un rumore dei passi si fa sempre più vicino, e in un battibaleno, alle loro spalle, compare proprio la straniera.

“Cosa state combinando qui?” -  una giovane sedicenne, di bellezza innegabile, con uno zaino in spalla, e l’aria altamente irritata, rimprovera i presenti - “Voi chi siete?” – aggiunge ancora, notando delle figure a lei sconosciute.

Santiago e il suo collega sono più che certi della riluttanza da parte della anglosassone a collaborare.

E invece, sbalorditi, la sentono decisamente pronta a testimoniare non appena rivelano le loro identità.

“Riportate qui mia zia, il prima possibile. Io, se volete, posso raccontare quanto so”

L’interrogatorio viene condotto nella camera della stessa adolescente, con la porta ben serrata, così come le finestre.

Paquita rimasta in soggiorno con Paula e Jacov, cerca di distrarre la bambina proponendosi come aiutante nello svolgimento dei compiti scolastici.

Il croato, invece, resta in silenzio a fissare le scale che conducono al primo piano, lì dove Alison è prossima ad esporsi.

“Cosa ti prende, caro?” – chiede la Sanchez all’uomo, notandolo alquanto estraniato.

“Nulla, spero che la Parker non inventi cose, come è solita fare, ed intralci il caso dei due ispettori”

“Perché dovrebbe farlo?” – aggiunge la governante dei Vicuña, confusa.

“Perché è una tipa strana” – ribadisce Paula, intenta a risolvere degli esercizi sul suo quaderno, mostrando lo scarso legame affettivo con la parente.

Udendo tali dubbi circa l’autenticità della ragazza inglese, Paquita si demoralizza circa la risoluzione del caso in tempi brevi.

Torna a dedicarsi alla bambina, distogliendo i pensieri da quanto, in realtà, accade in quella stanza da letto.

“Allora, presentati e raccontaci di te” – a parlare per primo, dando il via alla testimonianza, è Daniel.

“Mi chiamo Alison Parker, sono inglese ma vivo qui da circa un anno. Sono giunta per un progetto con la scuola, ma ho deciso, poi, di trasferirmi”

“Come mai questa decisione?”

“Perché con i miei non vado d’accordo, mentre zia Marivi ha bisogno di supporto e aiuto. Sono qui anche per lei”

“Hai trascorso del tempo con Raquel?”

“Si, e le voglio bene, vorrei contribuire per aiutarvi a ritrovarla sana e salva”

La tensione che si respira nell’ambiente è segno di quanto, ciò che la Parker, è prossima a raccontare, è di notevole importanza.

“Però giuratemi che ciò che dirò rimarrà segreto”

“Ti tuteliamo, stai tranquilla” – la rasserena Santiago.

E così, dopo un lungo e intenso respiro, Alison dà il via alla testimonianza.

“È capitato spesso che i miei genitori mi portassero in Spagna. Quando ero bambina trascorrevo l’estate intera in casa Fuentes. Quindi ricordo bene com’era zia Raquel prima del matrimonio, così come è diventata durante e anche negli ultimi tempi. Una trasformazione incredibile”

“Quando parli di trasformazione, ti riferisci al suo stato emotivo?”

“Esattamente. Era una donna energica, fiera, una forza della natura. Si fidanzò con Alberto, e le cose iniziarono a cambiare, soprattutto in prossimità del matrimonio” – si interrompe, deglutisce rumorosamente, afferrando subito dopo una bottiglia d’acqua posta sulla scrivania. Bevuto un sorso, riprende – “Ho visto cosa quell’uomo le ha fatto negli anni”

“La maltrattava?” – l’ipotesi peggiore a cui pensa Lopez è quella, e la espone.

“No, o meglio, io non ho mai assistito a scene simili. Però è riuscito ad annientare la sua grinta, la sua vitalità, il suo essere donna. A pranzo, un giorno, la schiavizzò, mentre flirtava, palesemente, con una collega che invitò per un’occasione importante di lavoro”
“Quindi la tradiva!” – commenta Daniel, scuotendo il capo, disgustato.

La sedicenne fa spallucce non potendo confermare al cento per cento il fatto. Poi prosegue - “La sera prima del presunto incidente, quando ci comunicarono la sua morte, io non riuscivo a dormire. Ero tesa per colpa di un compito di matematica. E così, l’ho sentita parlare a telefono con qualcuno. Essendo notte fonda, evidentemente, credeva di non essere udita da nessuno. Ma io l’ho sentita ripetere cose strane su un luogo dove andare, un posto dove si balla, non ci capii granché…”

Santiago e Daniel si scambiano uno sguardo, ipotizzando, in contemporanea, che tale sito potesse essere il Mariposas.
“Hai mai capito con chi stesse conversando?” – domanda il quarantaduenne, per trovare conferma alla prima ipotesi saltatale in testa, ovvero Berrotti.

“Solo un nome ho potuto ben intendere, perché lo ripeteva ogni due per tre”

“Quale?” – chiede ancora Lopez, attendendo esattamente quello di Martin.

“Il nome di un certo Sergio, e posso assicurare che, dal tono di voce che aveva, era molto agitata, impaurita. Se fosse stato questo Sergio a portarla via?”

Chi è Sergio?

Perché conosceva Raquel?

Che possa esserci lui dietro tutta questa storia?

Sono tanti i dilemmi da risolvere, e forse, recarsi a Lisbona non ha portato ad altro se non a confondere ancora di più le idee dei due ispettori.

 

 

 

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Capitolo 13
*** 12 Capitolo ***


12 Capitolo

 

Marivi Fuentes rincasa nel tardo pomeriggio, accompagnata dalla moglie di Jacov Marković, che, di tanto in tanto, si offre di assisterla.

I due ispettori, terminato l’interrogatorio di Alison Parker, si apprestano a lasciare la casa.

Ma l’arrivo della signora cambia i piani.

“Chi è questa gente?” – chiede, intimorita. La progressione della malattia la rende una bambina a tutti gli effetti, tanto da mostrarsi spaventata per la presenza di sconosciuti.

“Ciao, amica mia! Sono Paquita” – la governante le si avvicina e con estremo tatto e garbo, riesce, come ormai è abituata a fare, ogni qualvolta la incontra, a instaurare un rapporto di fiducia.

La sola persona che l’anziana sembra non cancellare dai ricordi è proprio la nipote britannica. Nessuno sa dare una spiegazione a tutto ciò, eppure l’Alzheimer, come è ben noto, è una malattia in cui la logica è carente.

“Riconosce solo lei!” – commenta Paula agli uomini di fianco, manifestando un profondo dispiacere – “Io per ricordarle di me devo sempre mostrarle vecchie foto”

Coscienti che presentarsi è inutile, perché a breve la Fuentes dimenticherà tutto, Santiago e Daniel decidono, ugualmente, di farsi avanti.

Il maggiore dei due mostra il distintivo – “Siamo della Polizia, cerchiamo sua figlia Raquel!”

“Mia figlia Raquel?! Perché? Cosa le è accaduto? Ha problemi con la giustizia? Quando torna a casa, mi sente”

Le parole di Marivi spiazzano gli ispettori, mentre sembrano la normalità per tutti gli altri.

“Ehm, in realtà…” – cerca di spiegare Ramos.

È il collega a fargli segno di lasciar stare.

“Dirglielo significherebbe farle rivivere quel dolore, per l’ennesima volta!” – precisa all’orecchio del socio.

“Non si preoccupi, un piccolo problemino risolvibile, nulla di allarmante” – mente il quarantaduenne.

È il croato a ringraziare per quella bugia a fin di bene, con un sorriso complice.

Di fianco a lui si è posizionata una donna di indubbia bellezza, dai capelli neri come la pece e la carnagione olivastra, con indosso una lunga gonna, e ai polsi vari braccialetti alquanto rumorosi, assieme ad anelli e due pendenti grandi a forma di cerchio.

Chiunque avrebbe pensato ad una zingara, guardandola attentamente.

Una gitana, con precisione. Ed è proprio ciò che la straniera è in realtà, proprio Nairobi.

Incuriosito dalle origini di lei, un mondo ormai entrato nel cuore di Santiago, quest’ultimo le si avvicina, con la banale scusa della presentazione.

“Lei è la moglie del signor Marković?”

“Si, signore, piacere mi chiamo Dolores, per gli amici Lolita!” – spiega, stringendogli la mano.

Lo stesso fa anche con Ramos, lì accanto.

“Vi conviene andare via, almeno diamo modo a Marivi di rilassarsi. Io rimarrò qui, ci sentiamo in serata, ok?” – Paquita chiede loro di congedarsi, con educazione, e il gruppetto lascia la villa.

Non prima, però, di aver salutato due preziosi tasselli delle loro ricerche: un saluto cordiale ad Alison, in costante ansia per la sparizione dell’adorata zia, e un bacio tenero e paterno a Paula, avvinghiatasi al maggiore degli ispettori, come a voler cercare in lui la protezione che, poco prima, gli ha ricordato quanto fosse piccola in quel mondo di grandi.

Jacov invita gli spagnoli nella sua dimora, intenzionato ad offrire la sua totale disponibilità sull’indagine.

La sua consorte, solare e amichevole, gli spalanca le porte di casa sua, offrendogli addirittura delle camere dove pernottare.

 “Sentitevi i benvenuti” – esclama, facendogli segno di sedersi sul divano, porgendogli poi un vassoio con spuntini vari e due birre.

“Avete racimolato informazioni utili?” – domanda il tipo baffuto.

“Speravamo di trovarne di più, ma, per il momento, ci faremo bastare questi”

“Dovete setacciare altre zone?” – aggiunge, ancora, il croato.

“Vorremmo recarci al Commissariato di Lisbona per chiedere dettagli raccolti dai colleghi portoghesi in questo ultimo anno” – spiega Daniel, sorseggiando dalla bottiglia la sua Estrella.

“Posso accompagnarvi io, se vi fa piacere” – Jacov è estremamente disponibile, tanto da insospettire Lopez che, andando contro l’ok del socio, rifiuta l’offerta.

E mentre le conversazioni, sul più e il meno, continuano, il quarantaduenne scruta, silenzioso, il padrone di casa, cominciando a temere di trovarsi nella tana del lupo e di non saperlo.

Forse sono solo sue paranoie, che, però, rimangono impresse come macigni nella sua mente per svariati minuti.

Il tempo di consumare quella sorta di merenda salata e filare via.

“Aspettate, vorrei conosceste i nostri figli” – esclama Marković, quando gli ispettori sono prossimi a lasciare l’abitazione.

“Siamo in ritardo, dovremmo fare un check-in entro le 19, nell’hotel prenotato!” – spiega Santiago, voglioso di esporre le sue ipotesi all’amico il prima possibile.

“Eccoli” – aggiunge Lolita, indicando due bambini che hanno appena oltrepassato il giardino adiacente.

Un maschio e una femmina, decisamente gitani, e poco croati, nei tratti e nei colori.

Si tengono per mano; il primo sembra essere più grandicello di un paio di anni rispetto alla piccola.

“Bambini, vi presento due signori spagnoli che sono qui per trovare la vostra adorata zia Raquel”

Anche loro definivano la Murillo come zia.

“Come vedete abbiamo un legame fortissimo, ci consideriamo un’unica famiglia!” – puntualizza Jacov, fiero.

“Piacere” – dice il trentenne figlio di Augustin Ramos – “Io mi chiamo Daniel, e lui è Santiago”

“Piacere nostro, io mi chiamo Victoria” – la piccina sembra l’esatta copia di sua madre, anche caratterialmente.

Il moretto, di fianco a lei, non sembra aver ereditato la parlantina dei genitori, né l’entusiasmo nel conoscere quelle persone.

E mentre baby Vicky, così dice di farsi chiamare dalle amichette di scuola, dà mostra delle sue doti logorroiche, Lopez fissa, pensieroso, il fratellino maggiore.

C’è qualcosa in lui che non lo convince.

“Tu come ti chiami, ragazzo?” – chiede, incuriosito e, al contempo, sospettoso.

“Perché lo vuoi sapere? Cosa ti interessa?” – replica l’altro, ricevendo l’immediato rimprovero dei genitori.

Lolita lo afferra per un braccio, trascinandolo dentro casa – “Scusatelo, è davvero un ribelle. Non vuole imparare le buone maniere” – per allontanarsi con il figlio, la gitana si congeda, lasciando suo marito e la piccola Victoria assieme agli ispettori.

“Perdonatelo”

“Figurati, è un bambino. È comprensibile” – lo giustifica il maggiore degli ispettori.

“E’ sempre il solito” – brontola la bambina, alzando gli occhi al cielo, con fare quasi da adulta, che fa sorridere gli uomini.

“Sembra una piccola boss, immaginala a capo di un’impresa” – ridacchia Daniel, sussurrandolo al socio.

Santiago accenna un sorriso, eppure qualcosa della figura del ragazzino sembra averlo toccato.

“In lui c’è qualcosa di familiare…di molto familiare” - precisa, prima di uscire dal cancello dell’abitazione.

Il cellulare in tasca comincia a vibrare costringendolo a tirarlo fuori.

“Paquita, dimmi”

“Appena arrivate all’albergo avvisatemi, non fatemi stare in pena” – con fare materno, la governante dei Vicuña ha telefonato per sapere notizie dei due.

“Una donna così tenera non l’avevamo mai conosciuta” – puntualizza il trentenne, colpito piacevolmente.

In quel preciso istante, però, l’IPhone di Lopez lo porta, forse per errore, forse per destino, sulla galleria delle fotografie.

E di fronte agli occhi di Santiago si palesa la ragione dei suoi dubbi.

“Cazzo” – esclama, impallidendo.

“Che succede?”

“Guarda tu stesso” – gli porge l’apparecchio, e Ramos fissa l’immagine ingrandita.

“Chi è?”

“Il figlio di Nairobi”

Il giovane sospira, intuendo che la cotta per la gitana non è ancora superata, e non coglie il filo del discorso – “Amico mio, tu devi andare avanti, possibile che pensi sempre a lei…”
“No, no, devi osservare bene! Non sto tirando in ballo lei, tanto per! Questo bambino non ti ricorda quello che abbiamo appena conosciuto?”

“Chi? Il figlio del croato?” – chiede, confuso, il ragazzo – “Come spiegheresti razionalmente come mai quel gitanito è assieme a questi due, in Portogallo per giunta?”

“Adottato, forse” – trova la giusta motivazione e poi continua - “Se così fosse, sarebbe un vero e proprio fatalità!”

“Non sappiamo neppure come si chiama!”

“Motivo in più per scoprirlo. Preparati, mio caro socio, perché stiamo per tornare di nuovo in quella casa!” – lo prende sottobraccio, ripercorrendo i metri appena superati.

“Uffa, sopportare di nuovo la loro parlantina è qualcosa che sfida la pazienza di chiunque, anche di un santo” – borbotta Ramos.

“Se è lui, io la mia sfida con la vita l’ho parzialmente vinta!”

“Mi devi un favore” - commenta il trentenne, una volta di fronte a quella porta, per la seconda volta.

“Anche più di uno!” – certo delle sue ipotesi, Santiago bussa deciso all’uscio, mentre gli frulla in testa una banale scusa che giustifichi ciò che sta per fare e dire.

Mentre a Lisbona le cose circa la sparizione di Raquel non trovano un pieno risvolto, ma qualcos’altro sembra smuoversi in direzioni sperate, a Madrid, precisamente al Mariposas, la situazione sembra stabilizzarsi, a netto favore di chi ha il potere.

“Hai sistemato la donna al suo posto, Palermo?” – viene chiesto a Martin, tramite una sorta di walkietalkie e un auricolare.

“Si, è qui di fronte a me, sul letto! L’ho anche ben coperta” – spiega Berrotti alla persona dall’altro lato, quella con la maschera che la gitana incontrò ore prima.

“Perfetto”

“Possiamo stare tranquilli?”

“Ha imparato la lezione, non si azzarderà più a lasciare il Club, fidati!”

“Bene” – sorridente e soddisfatto, il proprietario del locale, chiude la conversazione qualche secondo dopo, sollevato come non gli capitava da tempo.

Abbandonata la camera di Agata, il proprietario del Night Club viene richiamato all’ordine da un’improvvisa telefonata.

“Pronto? Si, sono io… sul serio?... bene….grazie”

Breve ma intensa comunicazione che rallegra, se possibile, ancor di più di quanto già fosse, la sua giornata.

Percorre, saltellante, i corridoi del primo piano, avvisando, uno ad uno, i suoi dipendenti della decisione presa all’ultimo secondo.

“Che succede, capo?” – chiede Manila, trovandosi Martin in camera, improvvisamente, mentre era dedita ad una seduta di yoga personalizzata.

“Stanotte si torna a lavorare” – comunica, entusiasta – “Smetti di fare queste stronzate che servono a poco, e preparati”

Questa è la novità che dà a chiunque vive sotto il suo stesso tetto.

Le sole escluse sono Nairobi e Tokyo, prive di coscienze e sconnesse dalla realtà.

“Cosa è cambiato nel giro di ventiquattro ore?” – domanda Stoccolma all’amica, quando, ormai pronte ad accogliere nuovi clienti, si scambiano battute su quanto accaduto.

“Non saprei, e a dire il vero sono preoccupata per le altre”

“Chi? Per quelle due ribelli? Meglio che non ci siano stanotte, altrimenti dovremmo scontrarci sicuramente sull’ennesime loro alzate di testa” – commenta la bionda, sistemandosi uno scollatissimo top rosso.

Manila, però, sente che l’assenza di Tokyo e Nairobi è alquanto fuori dal comune. In fondo, è cosciente che se il Mariposas ha successo è dovuto, in parte, anche alle due Farfalle più grintose.

Così, agitata, chiama in disparte Martin – “Che fine hanno fatto le nostre amiche?”

“Adesso le consideri amiche?” – ridacchia Berrotti – “Lascia perdere, domani le rivedrai. Per oggi le ho tenute in punizione”

“Punizione? Cosa…? Non siamo mica in un carcere” – sostiene.

“Cara ragazza, ti ho appena detto di lasciar perdere. Ora va’, e guai a te se decidi di imitare le altre sciagurate… piuttosto, segui le orme di Stoccolma. Lei sì che è una rispettosa delle regole” – ignorando gli sguardi scioccati della ragazza, Palermo si appresta ad aprire il portone ed accendere l’insegna esterna.

E’ allora che Manila nota sul bancone, all’ingresso, un fax fresco di stampa.

“Le indagini sul locale sono state archiviate. Non è stato riscontrato nulla che possa impedire il vostro operato. Potete riaprire immediatamente. C.G.”

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Capitolo 14
*** 13 Capitolo ***


Chi si nasconde dietro le iniziali C.G., è un dubbio che infastidisce Manila durante l’intera nottata. Seppure, alle prese con nuovi e numerosi clienti, la ragazza ha la mente occupata e non trova una soluzione che possa mettere a tacere tanti pensieri.

È quasi l’alba quando ogni dipendente del Mariposas rientra nella rispettiva stanza.

Esauste, le due spogliarelliste operative in quella serata, percorrono assieme il corridoio che separa la camera di una da quella dell’altra.

Stoccolma non è visibilmente in forma, il che sembra mettere da parte le intenzioni di Manila di indagare circa la persona del fax, e focalizzarsi sullo stato di salute della collega.

“Sei pallidissima, cos’hai?”

“Sto benissimo, tranquilla” – risponde la bionda, seppure traballante.

“Sicura di non aver bisogno di aiuto? Non vorrei che tu avessi disobbedito al protocollo bevendo qualcosa offerto da un cliente! Sai bene che non possiamo farlo” – precisa la mora.

“Vuoi ricordarmi le regole? Dimentichi che stai parlando con me? Non mi chiamo mica Tokyo o Nairobi. So cosa va e cosa non va fatto” – alquanto altezzosa, rammenta di essere la sola che non disobbedisce mai, quindi interpreta la preoccupazione di Manila come un attacco alla sua perfezione comportamentale – “Non farmi ramanzine, sai che non sono io quella che le merita! Buonanotte” – così dicendo, lascia il braccio della collega, a cui si era sorretta fino a qualche istante prima, e si avvia verso il proprio uscio.

Manila sa quanto Stoccolma sia fedele a Berrotti ed è cosciente che non riceverà mai risposte da lei. Eppure, il pensiero dell’ignoto C.G. torna ad insospettirla.

“Chi cazzo ha ordinato la riapertura del Mariposas, nonostante l’ordinanza della Polizia?”

Non le converrebbe immischiarsi, né tantomeno porre domande in giro, visto l’ordine ricevuto da Martin, ma è proprio uno strano suono, proveniente da una stanza poco distante dal punto in cui è ferma da alcuni minuti, ad attirare la sua attenzione.

Più che un suono sembra un lamento.

Combattuta se seguire l’istinto o rispettare quanto impostole, la ragazza esita.

In tutta quella faccenda qualcosa comincia a puzzarle, seriamente. Se prima ha finto o ha chiuso non solo un occhio ma entrambi, per un protocollo che ha firmato quando, tempo addietro, mise piede per la prima volta al Mariposas, la sparizione di Lisbona, le indagini, gli ultimi bizzarri comportamenti del proprietario del Night Club, e perfino la “punizione” che quest’ultimo ha detto di aver fatto scontare a Tokyo e Nairobi, iniziano a crearle dei dubbi su cui non può più sorvolare.

Guardandosi attorno, come a volersi sincerare dell’assenza di possibili spioni, in primis la stessa Stoccolma, nota per la fama di cagnolino del boss, Manila a passo affrettato raggiunge il luogo da cui proviene il gemito.

Riconosce subito che quella è la stanza di Nairobi, sparita nel nulla da ormai 24ore.

Allora, decisa a capirne di più, bussa.

Nessuna risposta, se non un continuo lamentarsi.

Per sua fortuna, l’uscio è aperto, così da permetterle di varcarlo e constatare che la collega è stesa sul letto, sotto delle pesanti coperte.

Però dorme.

Un sonno disturbato.

“Nairobi” – la chiama, sperando in un suo risveglio.

Il contorcersi della gitana, infatti, è inquietante.

È come se Agata si ribellasse ad un incubo piuttosto reale.

“Apri gli occhi, per favore. Mi stai spaventando” – ripete. A quel punto, le siede vicino e la scuote.

Ma la zingara non ha reazioni, se non un improvviso e raggelante grido di terrore.

Di fronte a tale urlo, Manila si alza in piedi e si allontana, agitata.

“Cosa ti succede? Che ti hanno fatto?” – domanda, temendo il peggio.

Le idee che le balenano in mente sono molte; tante perfino senza logica.

Setaccia la stanza, cercando delle tracce. Chissà…pensa Manila…magari ha assunto farmaci, o droghe… anche se è espressamente vietato farlo su ordine del Mariposas.

Non trova nulla di tutto ciò, il che è maggiormente preoccupante, in quanto la presenza di qualche prova avrebbe giustificato tali gemiti. Invece non esiste niente che possa dare risposta alla condizione di Nairobi.

L’ultima possibilità di ricerca della verità è verificare lo stato fisico della gitana. Così, raccolto il coraggio e la forza, la ragazza solleva la coperta nella quale è ben celata Agata.

“Cazzo” – esclama, sconvolta, quando ciò che vede dà prova alle sue preoccupazioni.

Ciò accade proprio quando il sole è alto in cielo e Madrid si appresta ad accogliere un nuovo giorno.

Ma cosa è invece accaduto a Lisbona, alcune ore prima?

Già…perché Santiago è fermamente deciso a scoprire l’identità del figlio di Jacov.

“Avete dimenticato qualcosa?” – chiede Dolores, aprendogli la porta, dopo appena cinque minuti dai saluti.

Daniel si appella alla recitazione del socio, non avendo trovato il tempo necessario ad elaborare una bugia adeguata alle circostanze. Lo osserva, limitandosi al silenzio.

“Scusateci, siccome l’Hotel è alquanto distante da qui, mica potremmo utilizzare la toilette”

“Ehm, certo, prego, entrate” – la donna li invita all’interno, accompagnandoli, uno alla volta in bagno.

“Vai prima tu, forza” – sussurra Lopez all’amico, approfittando del fatto che il presunto Axel è seduto proprio in salone, concentrato nel gioco della Play.

E Ramos esegue la performance richiestagli.

Ciò che si presenta al maggiore degli ispettori è una situazione favorevole al suo intento. Approfittando del videogioco può, infatti, attaccare bottone con il ragazzino.

“Wow, e così ti piace cucinare. Io ci provo ma sono una frana. Riesco solo nel barbecue, quello mi viene divinamente”

Il ricciolino dai capelli neri non risponde, si limita a tenere fissi gli occhi sullo schermo del televisore.

“Conosco una donna di nome Agata che è bravissima ai fornelli” – aggiunge, inventando storie su Nairobi, con l’intento di suscitare nel bambino una reazione udendo il nome della presunta madre.

Invece nulla.

Il figlio del croato non batte ciglio.

“Va tutto bene qui?” – chiede Jacov, unendosi ai due.

“Si, notavo che a tuo figlio piacciono i giochi di cucina. Giuro che non ne avevo mai visto uno di questo tipo, per la Play”

“Forse perché sei abbastanza vecchio…” – commenta il minore, ricevendo l’immediato richiamo paterno.

Ma è Santiago stesso a far cenno al capofamiglia di star tranquillo perché non si è offeso.

“Si, hai ragione, giovanotto. Sono un po' over per queste cose, forse…ma non mi hai mai visto giocare a Wrestling nelle vecchie Play” – sostiene Lopez, mostrandosi orgoglioso dei suoi successi in giovane età.

“Ah si? Beh allora… ” – a quel punto il gitano, mantenendo la sua fierezza e la sua freddezza con l’ospite, lo mette alla prova – “… fammi vedere di cosa sei capace!”

Ecco finalmente l’occasione per relazionarsi al moretto e indagare a fondo le sue origini.

“Certo! Non dirmi che hai anche questa tipologia di videogiochi?” – gli domanda, lasciandosi trasportare dal momento di gioco.

“Ovviamente sì” – si mette in piedi, tirando fuori, da una vecchia scatola, quanto necessario.

Daniel, nel mentre, rientrato dalla toilette, non sa più come guadagnare tempo. Chiede dell’acqua, cerca di allungare il brodo quanto può. Tutto ciò accade mentre Lopez e il piccolo sconosciuto danno il via allo scontro virtuale.

“Bisogna inserire i nostri nomi per giocare. Allora… metto subito il mio” – ecco cosa cerca davvero Santiago. Opta per la sola Play, di cui andava ricordandosi, che richiede l’inserimento di un nome di ciascun giocatore. Entusiasta, si affretta a scrivere il proprio, attendendo, ansioso, quello del gitano.

“Ora tocca a te” – gli dice.

È quello il momento tanto atteso.

“Beh, io mi limito a Giocatore2”

“E perché?” – richiesta lecita da parte di Santiago, deluso.

I due si guardano per qualche istante, in silenzio.

Ma è la piccola Victoria, comparsa all’improvviso, con la sua bambola nuova tra le braccia, a rivelare – “Alek, sbrigati! Mi avevi promesso che avrei potuto guardare in santa pace il mio cartone animato preferito. È quasi ora!”

“Alek? È così che ti chiami?” – la domanda dell’ispettore, accompagnata da uno sguardo incredulo, giunge immediata.

“Aleksandar, per la precisione” – spiega Dolores, unitasi al gruppo, per avvisarli che la cena è pronta.

“Ah…” – commento amaro del quarantaduenne.

È Ramos, a quel punto, a prendere in mano le redini della situazione.

“Beh, grazie della toilette. Noi ora andiamo, si è fatto davvero tardi. Buona cena, signori” – preso sottobraccio il socio, lo trascina fuori dalla villa.

Accusato il colpo, Santiago si ammutolisce, cercando di fabbricare idee nella sua testa che diano spiegazioni logiche all’accaduto.

“Siamo quasi arrivati. È mezzora che non apri bocca. Amico, so che sei deluso. È stato un buco nell’acqua, però, l’importante è non averci sperato troppo ed essere giunti alla verità il prima possibile” – sostiene Daniel.

“No” – risponde l’altro.

“No, cosa?”

“È strano, non trovi?”

“Che? A me sembra tutto più che trasparente. Lo zingarello croato è figlio dei signori Marković”
“Mmh… però il nome Alek non ricorda vagamente Axel?”

Il trentenne solleva un sopracciglio, spiazzato da una constatazione ai limiti del paradossale.

“E io mi chiamo Dani, però è simile anche a David. Potrei scoprire di essere un certo David e di essere stato adottato!” – banalizza la situazione, giocandoci sopra – “Dai, siamo seri. Quel bambino non è Axel. Punto”

Giunti in hotel, dopo una abbondante cena, i due si ritirano, esausti dalla giornataccia, ciascuno nella propria stanza.

Dopo un bagno caldo, Santiago cerca di rilassarsi più che può, mettendo da parte la vicenda di Axel.

In fondo, la priorità è Raquel Murillo.

E invece…fatica a concentrarsi. Pensa e ripensa a Nairobi, e non sa darsi pace. È come se sentisse un filo che la tiene legato a quella donna.

Una volta a letto, coperto da morbide e profumate lenzuola bianche, Lopez chiude gli occhi cercando di affidarsi a Morfeo per staccare dalla realtà.

È passata l’alba quando il suo dormire viene disturbato dalla vibrazione del cellulare.

Lo ignora.

Ma il cellulare continua. Poi si interrompe. Poi riprende.

Un susseguirsi di chiamate che iniziano a preoccuparlo.

Rassegnato al destino da ispettore sempre rintracciabile e mai in riposo, nota che a contattarlo con insistenza è un numero sconosciuto.

“Sì? Chi è?” – la sua risposta.

La voce dall’altro lato non è alquanto rassicurante.

“Ispettore Lopez…”

“Con chi parlo?”

“Sono Manila, del Mariposas! Non ho molto tempo, potrebbero scoprire che ho preso un cellulare”

“Che succede?”

“Perché avete riaperto il locale?”

“Cosa? Noi non abbiamo riaperto nulla!”
“E invece sì”
“Mi sembra molto strano, a meno che il nostro sostituto non abbia…” – poi si zittisce, pensando proprio a quella opzione.

“Avete affidato il caso ad altri?” – esclama, incredula, lei.

“Ora ci troviamo altrove, però stiamo ancora investigando sulla Murillo”

“Penso che in gioco ci sia qualcosa di troppo grosso e che non abbia a che fare sono con Lisbona” – confessa, con voce tremante.

“Non capisco”
“Non ci giro intorno… sono stata nella camera di Nairobi e…”

“E?” – sentirla pronunciare il nome della gitana, allerta Santiago che teme il peggio.

“Ho intuito che tra voi c’è stato qualcosa, non sono cieca. Proprio per questo ti ho telefonato… non sta bene”

“Cosa vuoi dire? Ha avuto qualche malore?” – dimenticando il riposo, il sonno, e quant’altro, istintivamente Lopez si alza dal letto accingendosi ad indossare perfino le scarpe.

“Accadono fatti strani…e ho appena visto cosa ha sul corpo”

Quell’affermazione fa sussultare Santiago che terrorizzato, si immobilizza – “Sul corpo? Cazzo, Manila! Cosa mi stai cercando di dire?” – ripete spaventato.

Trattenendo il pianto, ormai prossimo ad esplodere, la giovane rivela - “Temo l’abbiano torturata!”

 

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Capitolo 15
*** 14 Capitolo ***


"Torturata” … “l’hanno torturata” … “forse l’hanno torturata”

Le parole di Manila rimbombano violentemente nella mente di Santiago che si scollega, per quei secondi, dalla realtà.

E mentre la ragazza parla, singhiozza la sua paura, e lascia trasparire la gravità della situazione, Lopez non riesce che a pensare a Nairobi, a una donna dalla tempra d’acciaio, piegata in due da qualcosa più grande di lei.

Qualcosa che, oggi più che mai, l’ispettore sente di dover svelare, per epurare tutto lo schifo che si nasconde tra le pareti del Mariposas.

Perché ormai ne è certissimo… il locale è permeato di malvagità. Altro che regole da rispettare e protocolli dei buoni comportamenti… lì ogni dettaglio è studiato a tavolino per rendere la vita di povere donne un vero e proprio inferno.

Manila nel frattempo, si zittisce, appena avverte dei passi sospetti.

“Devo lasciarti! Potrebbero scoprirmi…” – chiude in tutta fretta, lasciando Santiago preda di una crisi interiore e di una rabbia accecante che sfoga gettando a terra tutto quanto ha di fronte.

E quando molta della roba contro cui si è scagliato è sul pavimento, osserva il casino fatto e cerca di calmarsi, respirando profondamente. Lo fa una, due, tre volte…inutilmente.

“Li ammazzo” – ripete, conscio di non sapere neppure chi possa aver recato male ad Agata.

Solo una cosa è per lui certezza assoluta. Il Mariposas chiuderà i battenti. È una promessa che fa a se stesso.

“Li rovino! Li mando tutti in galera, quei figli di puttana!”

Con ancora indosso il pantalone di una vecchia tuta, che utilizza a modi pigiama, corre nella camera di fianco.

Daniel Ramos dorme profondamente, ignaro di quanto appena accaduto.

Santiago non si fa scrupoli a bussare con forza pur di svegliarlo; piuttosto lo chiama anche a gran voce, causando lamentele giustificate di altri clienti dell’Hotel.

“Ehi, amico, che cazzo gridi così? Che succede?” – il trentenne, con l’aria di uno zombie, gli apre la porta, ben dieci minuti dopo, borbottando.

“Finalmente!” – esclama, alquanto seccato, il maggiore dei due.

“Sembri agitato…”

“Agitato è dir poco. Io torno a Madrid”
“Che? Ma bisogna terminare le indagini qui”

“Tornerò appena possibile”

“Cioè mi lasci da solo?” – di fronte all’idea dell’amico, Ramos sembra salutare il sonno e caricarsi di adrenalina.

“Te la senti di farlo? Si tratta di un altro giorno, dopotutto”

“Scusa, puoi raccontarmi come mai hai deciso questo? Prima sei venuto per risolvere il caso Murillo, poi ti dedichi esclusivamente alla faccenda del bambino da ritrovare, e adesso opti per il rientro in Spagna. Non sto capendo più nulla…” – sostiene, alquanto confuso, il ragazzo.

“Hai ragione. È che si tratta di Nairobi e…”

“Ancora lei? Santiago, ma non ti sarai seriamente innamorato? Non ti è mai capitato di prendere a cuore una storia e soprattutto una testimone di un’indagine”

Ma Lopez non replica, piuttosto sposta il discorso sulle ore precedenti.
“Ho sentito Manila, stanotte. Mi ha telefonato”

“La farfalla del Mariposas?”

“Sì, ha detto che… hanno fatto del male alla sua collega”

“Porca puttana, che vuol dire le hanno fatto del male?” – spiazzato, Daniel ha un’immediata reazione di shock. Infatti, la sua mente si focalizza su Stoccolma. Teme che possano aver recato danno anche alla biondina.

“Allora torno con te”

“No, ascoltami. Ci penso io, per il momento. Inoltre, Manila mi ha detto che il locale è stato riaperto. Questo significa che il nostro sostituto ha dato l’ok”

“Cazzo, ora mio padre mi sentirà. Lo telefono e gli faccio una bella predica. Vediamo chi tra noi è quello più indisciplinato. Accusava me di poco cervello e poi lui cosa fa? Affida l’incarico a qualcuno che manda a fanculo tutto il nostro operato?”

Senza esitare afferra il cellulare e contatta il genitore.

Ciò accade mentre Santiago prenota un volo in mattinata diretto proprio nella capitale spagnola.

***************************************************

Manila, dopo la telefonata con l’ispettore, decide di avvertire anche Tokyo in merito alla faccenda della gitana.

Fortuna vuole che la stanza della ribelle del gruppo non sia chiusa a chiave, esattamente come non lo era quella di Nairobi.

Berrotti ha sorvolato su quel dettaglio, avendo piena fiducia delle Mariposas rimastegli fedeli, le quali mai avrebbero disobbedito e interferito in faccende a loro estranee.

E invece…

“Tokyo, sono io! Svegliati, dobbiamo parlare di una cosa importante” – le siede accanto, certa che la collega stia dormendo beata, approfittando delle ore di libertà concessele dal capo.

Non riceve alcuna risposta, tanto da allarmarsi che possa esserle accaduto lo stesso della zingara.

Spaventata, va’ in paranoia cominciando a sentirsi osservata da ogni angolo, percependo, forse per la prima volta, la stessa mancanza di libertà delle due Farfalle anticonformiste del gruppo.

“Avevate ragione voi” – commenta, abbassando lo sguardo, amareggiata. Posa gli occhi sulla dormiente, appurando che respira e ha un sonno tranquillo. Niente a che vedere con quello di Nairobi. Ciò, parzialmente, la rasserena.

Pensa a come agire nei minuti successivi, avvertendo la necessità di spalleggiare le colleghe nel loro muoversi contro l’intero sistema. E lo fa lasciando alla collega un bigliettino, precisamente poco prima di udire, nei corridoi, la voce di Martin.

Questa è la ragione che la costringe a darsela a gambe, raggiungendo in tutta fretta la sua di stanza.

È allora che becca, di sfuggita, lo stesso Berrotti entrare nella camera da letto di Stoccolma.

Manila è nel panico, cominciando a temere per l’incolumità di tutte le Farfalle, perfino della fidata biondina.

Decide di origliare, scegliendo di intervenire semmai sentisse liti o grida dell’amica.

“Cosa succede Palermo?” – domanda la bionda al Boss, chiamandolo con il nome in codice.

Questa modalità di approccio indica, in teoria, una certa complicità e confidenza tra il datore e la dipendente. E Manila sa bene che Martin pretende dalle sue lavoratrici il massimo del rispetto. Solo Nairobi ha sempre avuto la sfacciataggine di rivolgersi a quell’uomo con l’appellativo di città, a ricordargli di essere uno di loro e non al di sopra.

Adesso è Stoccolma a parlargli con fare informale, tanto da alimentare i dubbi della collega intenta a spiare.

“Niente, sono venuto qui per dirti di badare anche alla tua amichetta. Temo che l’alzata di testa della gitana, possa aver condizionato, automaticamente, anche lei”

“Manila è una ragazza seria, fidati. Non è come quelle due casiniste”

“Controllala, e continua a tenerla dalla tua parte”

La riccia annuisce, succube delle pretese dell’uomo. Poi, però, manifesta la sua preoccupazione circa le condizioni della gitana.

“Cosa hai fatto a…?” – domanda, non pronunciando il nome, ma lasciando intuire che si trattasse di Agata.

“Ha avuto la punizione che meritava, vedrai che non si ribellerà più. Ha osato sfidarci, ed eccone le conseguenze. Ho sopportato anche troppo la sua spavalderia, adesso basta.”

“Mi chiedo come possa avere la faccia tosta di ribellarsi, sapendo che suo figlio Axel è nelle vostre mani”

“E’ proprio per questo che lei provoca, lo rivuole indietro”

“Glielo restituirete?”

Quella domanda fa ridere Berrotti che ovviamente risponde – “Certo che no! Ce ne siamo sbarazzati da tempo ormai. Lei crede sia con noi, però liberarci del bambino ci ha ripagati con un bel gruzzoletto, non immagini quanto consistente” – spiega, estasiato al ricordo di denaro in abbondanza.

“L’avete illusa?” – esclama la donna, avvertendo immediatamente pena per quella mamma.

“Beh, cosa pretendeva? Ha accettato le condizioni imposte dal Mariposas quando è arrivata qui. E sapeva benissimo che non sono accolti minori. Di qualsiasi età e sesso”

“Quindi, semmai una di noi rimanesse incinta…?” – chiede Stoccolma, alquanto tesa.

“Ovviamente non succederà. Avete l’obbligo di prendere le pillole, altrimenti noi non ve le regaleremmo tanto facilmente, no?”

“Già” – risponde la bionda, incupendosi.

Eppure, del suo improvviso cambio d’umore, Palermo non si accorge e continua a vantarsi di aver piegato la grintosa gitana.

“Sta di fatto che ho pensato bene di placare anche Tokyo. Dormirà un po', ma quando riaprirà gli occhi, troverà la sua migliore amica che le dirà di non ribellarsi mai più, di tapparsi la bocca e limitarsi a lavorare”

“Si può sapere cosa è capitato a Nairobi?” – insiste la riccia.

“Ascolta, Monica, sei alquanto intelligente da capire a cosa posso riferirmi quando parlo di punizione” – il boss la chiama addirittura per nome, lasciando trasparire il paradossale legame instauratosi.
“Non sarà mica corporea? L’avete torturata?” – seppure da sempre fedele alleata dei padroni, la giovane intuisce che si è superato il limite umano e impallidisce.

“Beh, se l’è cercata, non trovi?” – afferma, rilassato, Berrotti, non dando peso al volto incupito di Stoccolma.

“Non capiterà più come per Lisbona, fidati!” – aggiunge poi.

“Invece non comprendo cosa sia successo a lei. È sparita nel nulla, ma… non mi pare vi disobbedisse”

“Questo non sei tenuta a saperlo, mia cara! Piuttosto, sono venuto qui anche per darti la tua parte!” – rivela, tirando fuori dalla tasca una mazzetta di banconote.

La bionda, impassibile di fronte a tanto denaro, per la prima volta da quando ne riceve, lo fissa alquanto disturbata e amareggiata.

“Ora riposa!” – la saluta, sorridente, avviandosi all’uscita, giusto il tempo, per Manila, di nascondersi dietro una parete, controllando poi il suo passo lento e fiero percorrere i restanti metri che lo conducono alle scale.

Scioccata da quanto udito, trattiene la rabbia, che preferirebbe scagliare contro una traditrice pronta a vendere le socie per soldi.

“Stronza” – commenta, riferendosi a Stoccolma – “Avrà sicuramente raccontato qualcosa contro Nairobi ed ecco spiegato come mai è ridotta così…”

Batte un pugno alla parete, rendendosi conto di avere sempre sostenuto una compagna falsa e ingannatrice.

“Cosa ci fai tu qui?” – è proprio la riccia, udito un rumore, ad aver aperto la porta e riconosciuto la ragazza.

Manila, di spalle a lei, non si volta. Avrebbe voglia di gridarle lo schifo che sente, ma gioca sporco, esattamente come la collega – “Stavo tornando nella mia stanza! Ciao…”

La freddezza della Farfalla è colta al volo da Stoccolma che si pone in allerta.

“Cosa nascondi?”

La mora stringe i pugni, mantenendosi calma, e replica – “Nulla, cosa dovrei mai nascondere… io! Andiamo a dormire, sono le sette del mattino ormai, e sono esausta!”

Non dà modo alla bionda di controbattere o indagare, perché usa al meglio le proprie carte, mostrandosi pacata, come suo solito. Ora sa che Stoccolma potrebbe parlare e raccontare cose a Martin, quindi è bene per Manila tutelarsi.

Chiusasi in camera, si stende sul letto, cercando di trovare pace. Eppure, fatica a farlo. L’immagine di Nairobi, vittima di cattiveria umana, la scuote dentro.

Però ha poche scelte. Non può agire da sola. Sa che contattare Santiago Lopez è stata una mossa positiva; non le resta che attendere il suo arrivo.

************************************************

È tardo pomeriggio quando Tokyo si risveglia da un lungo sonno, di cui è poco conscia.

“Cosa mi è successo?” – si solleva dal letto, avvertendo una strana pesantezza alla testa.

Confusa, la giovane donna cerca di ricordare le ultime ore.

Le basta poco.

“Bastardo, mi ha sedata!” – esclama, rammentando Martin e la loro discussione.

Si mette in piedi, seppure ancora fiacca, e si avvia all’uscio.

Nessuno può permettersi di controllarla come ha fatto il suo capo mettendola k.o.

Però, appena si avvicina alla porta, pronta ad uscire per fronteggiare il nemico, nota un biglietto sul tappeto e lo legge.

“Nairobi ha bisogno d’aiuto. Ho chiamato Santiago Lopez. Arriverà a breve. Perdonami se non ti ho mai appoggiata. Ora sono una di voi… M.”

Sorvolando su chi potesse essere il mittente, la giovane si fionda nella camera della sua migliore amica, mettendo da parte Berrotti e la vendetta contro di lui.

La sua priorità adesso è lei: Agata!

Getta a terra il foglio di carta e si allontana, arrivando, in pochi minuti, alla porta di quella stanza e a pochi passi dalla verità… una verità che le frantuma il cuore e lo carica di sensi di colpa: Nairobi, inerme, stesa sul letto, con abiti strappati e lividi ben evidenti sono la prova di un dramma, l’ennesimo, vissuto dalla gitana.

“Amica mia, che cazzo ti hanno fatto?!” – con voce tremante, Tokyo avanza verso di lei.

Disperata, frustrata, arrabbiata con il mondo intero, si inginocchia di fronte all’amica, le sfiora i capelli morbidi e le sussurra – “La pagheranno, fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia!”

Poi, afferrata una cassetta medica, di cui ciascuna Farfalla dispone nella propria camera, si appresta a curarla, covando un odio profondo nei confronti di chi è responsabile di tutto quel dolore, in nome del quale sarebbe disposta a uccidere.

 

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Capitolo 16
*** 15 Capitolo ***


Santiago è appena arrivato all’aeroporto di Madrid quando riceve un sms da Daniel.

“Non potrai mai immaginare chi ha scelto mio padre come nostro sostituto nelle indagini al Mariposas”

Due secondi dopo…

“César Gandia!”

Lopez, disturbato al solo pensiero di vedersi superato da un uomo di cui non tollera neppure la presenza, decide di agire di conseguenza. L’anonimato…ecco cosa farà adesso! Non avviserà il Commissario Augustin del suo rientro anticipato; opererà da solo per portare via Nairobi da quell’inferno, senza sentirsi forzato a collaborare con un socio di bassa qualità qual è Gandia.

È tramontato il sole quando l’ispettore arriva alla stradina che conduce al Night Club.

Come ormai sa, la zona è poco trafficata, specialmente in quelle ore. Gli toccherà attendere finché il locale non venga aperto e si affolli.

Nel mentre, scruta le poche facce di persone che passano di lì, di tanto in tanto.

Lui si limita a mantenere un basso profilo, sedutosi su una panchina prima, su un marciapiede poi.

L’aria deserta non è sicuramente tranquillizzante, ma non ha altra scelta.

Nel perlustrare l’area, si accorge di un ingresso secondario al Mariposas, mai visto prima.

Una porticina coperta da una fitta aiuola, illuminata, momentaneamente dalla luce di alcune finestre al primo piano.

Finestre delle camere delle ragazze, ne è sicuro al cento per cento.

Le ore seguenti lo vedono preso dall’elaborazione di un modo per entrarvi, con conseguenti ipotesi su ogni possibile problema che potrebbe sorgere qualora riuscisse nell’impresa. Peccato che ogni idea comporta fin troppi rischi di esposizione.

Guarda l’orologio al polso quando si accorge che alcune persone cominciano ad affollare l’ingresso principale. Sono in attesa di entrare, perdendo tempo chi a fumare, chi a dialogare, chi perfino a sniffare.

Lopez, sorvola su quei particolari, concentrandosi sulla ricerca di un complice momentaneo. È questa la sola genialata che gli passa per la mente in tale istante: ha bisogno di qualcuno che contatti Manila per dirle che sono giunti i soccorsi.

È il passaggio di un ragazzo, su per giù venticinquenne, con l’aria piuttosto goffa, due occhiali da intellettuale e il passo svelto, ad attirare la sua attenzione.

“Ehi” – gli corre incontro.

“Cosa vuole?” – risponde, spaventato, il giovane.

“Calma, calma! Non ti farò del male. Da queste parti siete abituati a furfanti di ogni tipo, immagino”

“Eh signore, scusi devo andare…” – taglia corto, visibilmente agitato.

“Ti va di ricevere dei soldi per un piccolissimo favore?”

“Non mi drogo” – replica, trovandosi di fronte, una seconda volta, l’omone grande e grosso.

E Santiago, di fronte a tale risposta, tossisce il fumo del suo sigaro, per una risata che difficilmente riesce a trattenere.

“Sono della polizia!” – a quel punto, per tranquillizzarlo, mostra, segretamente, il distintivo.

“Siete qui per arrestare questa gente?”

“No, ma ho solo bisogno che qualcuno entri lì dentro e consegni un messaggio a una persona!”

“Io? No, signor poliziotto. Non è per me. Io sono un informatico, non sono capace di fingere e recitare”

“Prima cosa, sono un ispettore…però va beh… ti pago l’ingresso, e ti offro soldi per questo favore..”
“No, non mi faccio coinvolgere!” – ribadisce il tipo, riprendendo il cammino, pentitosi sempre più di aver scelto di percorrere quel viale, usandolo come scorciatoia per rincasare.

“Ne va’ della vita di alcune donne…è per loro che sono venuto!” – insiste Lopez, rivelando la giusta causa.

Quelle parole bastano per fermare il passo dello sconosciuto che, combattendo il suo nervosismo e l’agitazione che lo perseguitano da tutta una vita, si volta verso il quarantaduenne e dice – “Cosa devo fare?”

***************************************

Helsinki e Oslo aprono il Mariposas con dieci minuti di anticipo. È fondamentale per Martin Berrotti annotare i nomi di qualsiasi cliente, nuovo o abituale.

Come gli è stato ordinato, è necessario seguire quel regolamento per prevenire volti noti o sospetti che possano creare disordine.

Così, mentre una persona alla volta, fa il suo ingresso, sistemandosi nelle varie sale, Manila e Stoccolma, prossime a comparire con il loro consueto show, si incontrano nel corridoio del primo piano.

La mora cerca di ignorarla, preoccupata, invece, per Nairobi e Tokyo che non si sono ancora fatte vive.

“Come mai sei così distante?” – chiede la riccia.

“Stavo pensando alle altre! Anche stanotte saremo solo io e te?” – finge.

“Abbiamo poche scelte. Fin quando Martin non assumerà nuove Farfalle…” – un giramento di testa la costringe a fermarsi ed appoggiarsi alla parete, interrompendole il discorso.

“Che ti prende ora?” – le domanda, sospettosa, Manila.

“Nulla, sono solo stanca”

“Stanca? Non hai riposato abbastanza stamane?” – la punzecchia, conscia dell’incontro tra Stoccolma e Palermo che ha sottratto sonno alla bionda.

Ricomponendosi come meglio le riesce, Monica (questo il nome reale della giovane) si appresta a scendere le scale.

Rimasta qualche metro indietro, Manila approfitta della solitudine per controllare le condizioni di Agata.

Entra nella sua camera e si pietrifica, trovandovi Tokyo.

“Che vuoi?” – le domanda la ribelle.

“Come sta?” – chiede l’altra, preoccupata per Nairobi.

“L’hanno distrutta, dentro e fuori” – commenta, impassibile, la giovane seduta sul letto.

“Non so se hai letto il mio biglietto, voglio dirti che sono dalla vostra parte”

La rivelazione di Manila spiazza Tokyo che si limita ad accennare un timido sorriso.

Ha tanta di quella disperazione dentro di sé che non ha le forze né per parlare, né per discutere né per ringraziare…non ha forze di far nulla.

“Ci conviene andare giù, altrimenti Martin si insospettirà” – spiega la ex socia di Stoccolma.

“Va’ pure. Io da qui non mi muovo, finché non appuro che lei sta bene”

“Si riprenderà. E comunque…” – le si avvicina sussurrandole all’orecchio – “Santiago Lopez ci darà una mano. Ho capito che tra loro c’è del tenero. E lui non permetterà che Nairobi rimanga qui”

“Già! Forse se fosse andata via con lui…” – commenta, amareggiata, Tokyo, sentendosi in colpa per averlo impedito.

“Niente se e niente ma, l’importante è che si riprenda e che presto sarà in buone mani”

“Me lo auguro”

Le due si guardano, trovando complicità e alleanza, in uno sguardo. Uno sguardo, finalmente, sincero e fidato.

È la ribelle a porgerle una mano – “Pace?”

“Pace”

****************************************

Intanto, lo sconosciuto assunto temporaneamente da Santiago, ha fatto il suo ingresso nel locale. Il suo nome è Miguel Fernandez.

Spaesato e anche agitato, cerca di mostrarsi spavaldo, con scarsi risultati.

Se i suoi sapessero che si trova dentro quel marciume, lo caccerebbero di casa.

“Manila…devo trovare Manila…darle questo…filare via!” – continua a ripetersi, come se quelle fossero le varie fasi di risoluzione di un problema al computer.

E lui da buon informatico deve attuarle tutte, in ordine, per giungere al traguardo.

Scruta la scena davanti a sé. Tanti uomini, alcuni anche ubriachi, che si muovono confusamente nel Night Club.

Sul palco spicca una bionda dal fisico alquanto esile, che dà prova delle sue doti seduttive.

“Non distrarti, Miguel! Non distrarti! A te serve la mora Manila” – dice, seppure interessato alla bella visione.

“Non sarà difficile! Sono tutti maschi…troverò facilmente una donna, no?”

Si guarda attorno ma di femmine c’è solo Stoccolma.

Cavolo, forse non è così facile e rapido come sperava!

Martin Berrotti, nel mentre, si accorge dell’assenza di ben tre delle sue Farfalle, di cui una è k.o. e la “giustifica”, ma le altre due?

“Ehi amico!” – esclama un uomo alle sue spalle.

“Vecchio mio!” – è la risposta di Palermo ad un uomo di mezza età, decisamente viscido – “Arturito! Finalmente di ritorno al Mariposas. Erano settimane che non ti si vedeva da queste parti”

“Già, colpa di mia moglie. Stava per beccarmi, ho dovuto recitare la parte del buon consorte fedele”

“E adesso?”

“Bah… ora lei dorme e io mi diverto” – ridacchia, sorseggiando il suo whisky. Poi con un cenno di mano lo saluta e si avvicina a Stoccolma.

È la bionda il divertimento di cui parla.

Adesso il palco è vuoto, vista l’assenza di Monica e ciò costringe Berrotti a richiamare all’ordine Manila e Tokyo.

Innervosito, sale le scale e raggiunge il primo piano.

Il vociare delle donne è ben udibile, nonostante i toni siano pacati.

Tutte chiuse nella camera di Nairobi fa supporre all’uomo che i suoi dubbi su Julia Martinez, è questa la vera identità di Manila, sono fondati.

Spalancata la porta, con prepotenza, si appresta a fare la partaccia alle due.

“Adesso sei una di loro, eh? Lo immaginavo!”

“Non è come pensi!” – si giustifica.

“Ah no? Mi credete un deficiente?”

“Ovviamente sì” – commenta Tokyo, senza peli sulla lingua, prendendosi gioco del Boss.

“Tu taci o ti metto a nanna di nuovo. O preferisci fare la fine della tua amichetta?”

Quella provocazione che tocca una ferita aperta nella giovane, ancora sotto shock per le condizioni di Agata, la mandano fuori di testa.

“Maledetto figlio di puttana… non immagini minimamente di cosa sono capace io! Prova a toccare Nairobi un’altra volta e ti giuro che io...”
“Uh che paura” – ridacchia Palermo, incrociando le braccia al petto.

Gli occhi carichi di astio su Tokyo, impauriscono Manila che, pur di difenderla da qualsiasi azione inattesa del capo, afferra una vecchia lampada.

Con decisione colpisce la testa dell’uomo, causandogli una caduta sul pavimento.

Secondi di stordimento che danno loro il vantaggio di legarlo ad una sedia con un nodo estratto da alcune vecchie scarpe. Sanno che durerà ben poco, ma è quanto basta per scappare in quattro e quattr’otto.  

“Figlie di puttana, inutile, non riuscirete a scappare” – le minaccia, guardandole caricare Nairobi in spalla, per uscire dalla stanza.

“Avete appena messo la parola fine alle vostre luride vite”

Le sue risa, inquietanti come poche, rimbombano nei corridoi, e fanno da sottofondo alla fuga di tre giovani, che hanno sfidato la sorte e improvvisato un piano di fuga, certe di garantirsi la salvezza.

Santiago Lopez, nel frattempo, è in attesa di Miguel.

E appena lo vede di ritorno – “Allora? Fatto?”

“Mi dispiace, signor ispettore poliziotto...”

“Non le hai consegnato il messaggio?”

“Non c’era! Non so che fine abbia fatto…”

“Cazzo!” – esclama, temendo possano aver recato male anche a lei.

A quel punto ha poche carte da giocare.

“Ecco, tieni! Grazie della collaborazione” – lo paga profumatamente, poi aggiunge – “Chiama la Polizia, dille di venire qui quanto prima!”

Così dicendo, si avvia all’ingresso secondario.

Accade tutto in una frazione di secondo.

Lopez è prossimo ad arrampicarsi per superare l’ostacolo formato dall’aiuola, quando scorge tre figure in lontananza. O meglio, due con una terza in spalla.

C’è panico, paura, e la speranza di una vita migliore diventa realtà.

“Santiago” – grida Manila, riconoscendolo.

Tokyo scoppia a piangere, trovando in lui l’uscita da quel dannato tunnel.

Ma, come ha detto Palermo, non sarebbero mai riuscite a scappare da quell’inferno… non così facilmente.

Il quarantaduenne cerca di andare loro incontro, affrettandosi, quando accade qualcosa.

Uno sparo, un colpo secco, e un corpo cade a terra.

Il rumore, la musica che rimbomba nel locale, le voci della gente, coprono le grida che seguono… e lo scenario che Santiago Lopez ha di fronte agli occhi è la prova schiacciante del male che arieggia tra quelle mura.

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Capitolo 17
*** 16 Capitolo ***


I minuti precedenti lo sparo, di cui nessun cliente si è accorto, dato il caos e la musica alta, vedono Stoccolma chiudersi in una toilette riservata ai dipendenti, per colpa di una fortissima nausea.

“Eccoti, finalmente! Credevo stessi fuggendo da me, ti ricordo che abbiamo un piccolo conto in sospeso noi due, biondina” – la voce maliziosa, alle spalle della donna, appartiene ad Arturo Roman, uomo facoltoso, di buona fama, nonché direttore della Zecca nazionale.

Le mani di lui, si adagiano, con arroganza, sul posteriore della riccia che, abituata ad essere l’oggetto sessuale del cliente, non si ribella.

Continua, intanto, ad aggiustarsi allo specchio. Le occhiaie in risalto non sono state ben coperte dal trucco, il che la dice lunga sul suo malessere fisico, visto che Stoccolma è una fin troppo attenta alle apparenze, specialmente se riguardano il make-up.

“Vuoi farlo qui? Lo trovi più eccitante?” – le sussurra Arturo, slacciandosi la cintura dei pantaloni.

“No” – risponde lei, respingendo le avance.

“Come?” – chiede Roman, spiazzato – “Non mi ami più?”

Convinto che la bionda nutrisse per lui dei sentimenti forti, il direttore della Zecca di Spagna ha sempre sfruttato a suo vantaggio quella situazione. Stavolta, al contrario, vede la spogliarellista ritrarsi.

Monica non risponde, continua ad aggiustare il trucco, intenzionata a tenere per sé un piccolo grande segreto e, per farlo, sa di dover celare il pallore e la debolezza in ogni modo.

“Cazzo, mi puoi dire che succede?”

È solo allora che un rumore fa sussultare i due, colti alla sprovvista.

“Cos’è stato?” – esclama l’uomo, spaventato.

Stoccolma si pietrifica per un istante; qualcosa non va. La normalità è diventata, ormai, una rarità.

Qualcosa dentro di lei la convince ad andare a dare un’occhiata.

Ha il presentimento e il timore che la situazione stia sfuggendo di mani a tutti.

Ed è proprio così.

Un proiettile da arma da fuoco diretto alle tre donne in fuga colpisce in pieno una di loro.

Santiago Lopez ha davanti a sé l’intera scena e ciò che resta negli istanti successivi al colpo.

Un corpo steso a terra, inerme, colpito di spalle, inaspettatamente… una vita spezzata in una notte di ricerca della verità. Una notte in cui una donna dice addio al suo sogno di libertà. Una notte durante la quale qualcuno mette la parola fine alla lotta di una persona, una lotta che le costò fatica, soldi, dolore, fisico e psicologico, e le diede l’opportunità di abbandonare i panni di Juanito per indossare quelli che ha sempre sognato: le vesti di Julia.

Tokyo non ha mai considerato Manila come una fidata socia, piuttosto l’immaginava come l’amichetta del cuore di Stoccolma, e quindi, come lei, una falsa e traditrice, da cui doversi tutelare.

Le ultime ore, quelle precedenti alla fuga, sono state segnate, invece, da un’alleanza firmata per salvare Nairobi, e per salvare loro stesse da un mondo che rivelava, ogni giorno di più, i suoi lati oscuri.

Quanto del passato vorrebbe cancellare adesso…quante liti inutili… quanto rancore.

Juanito, Julia, Manila…tre identità in un solo corpo che saluta per sempre una realtà che aveva appena imparato a disprezzare.

Manila non è ciò che Nairobi e Tokyo credevano; Manila si è mostrata per ciò che è in realtà, una donna coraggiosa, pronta a fare da scudo umano per proteggere le due compagne di fuga dal colpo fatale.

Già…. Perché quel proiettile puntò proprio Tokyo…e Manila, accortasi in tempo di un piccolo dettaglio, ha spinto via la ragazza, cedendole l’intero peso del corpo di Nairobi, e posizionandosi da muro, davanti le compagne.

La ragazza gridò con forza alla collega di spostarsi e nascondersi, ma accadde tutto troppo velocemente. Tokyo non fece in tempo a rendersi conto che la minaccia del Mariposas incombeva su di loro anche fuori da quelle mura.

L’ispettore corsole incontro, le rivolge parola, la invita a correre, le grida di scappare, eppure nella testa della donna rimbomba quel rumore, e la visione di Manila che, con occhi lucidi, si lascia cadere sulle ginocchia, e la saluta con una lacrima che le riga il volto, è impresso nella sua mente e ne controlla le emozioni.

“Manila, perché l’hai fatto?” – ripete, restando immobile al suo posto, ignorando i richiami di Santiago.

“Cazzo, Tokyo! Che fai lì? Spostati” – a quel punto, adagiata Nairobi a terra, in un punto sicuro, il quarantaduenne torna indietro, afferrando, seppure a fatica, la ribelle che, non riesce a distogliere gli occhi dal corpo della compagna.

“No, lasciami! Lasciami” – cerca di liberarsi dalla presa dell’uomo, fin troppo grosso e robusto per cedere a pugni e calci - “Dobbiamo aiutare Manila! E’ svenuta…non possiamo lasciarla lì”

Ma Lopez sa bene che quella coraggiosa Farfalla non è priva di sensi.

“E’ troppo tardi, Tokyo!”

“No, possiamo ancora salvarla!” – cerca di autoconvincersi lei - “Dobbiamo abbandonarla a questi mostri? No! Io li ammazzo tutti…”

Intanto uno strano movimento, probabilmente il Mariposas si è mobilitato dopo lo sparo, costringe Santiago ad affrettarsi, ammutolendo Tokyo ponendole una mano sulla bocca, trascinandola, così, via da quell’inferno.

Pochi passi ed eccoli di nuovo vicini a Nairobi.

La gitana, lentamente, sembra riprendere coscienza. E sono le urla furiose della sua migliore amica a portarla ad aprire definitivamente gli occhi.

“Come hai potuto? Dovresti lavorare per noi innocenti…” – singhiozza la mora, tuonando contro chi le ha appena salvato la vita.

“E’ ciò che sto facendo! Eri esposta al pericolo”

“Cattureranno Manila e la tortureranno, come hanno fatto con Nairobi, cazzo” – la giovane sfoga la sua frustrazione, non accettando di aver perduto quella che poteva essere davvero un’amica, quella che si è sacrificata per garantirle la libertà.

“Chi è morto?” – la voce, fiacca, di Agata attira subito l’attenzione dei due.

È un miscuglio di emozioni quello che vivono sia Tokyo che l’ispettore.

La prima, dopo un pianto di rabbia, piange di gioia, sedendosi di fianco all’amica e abbracciandola. Saperla accanto le dà la forza necessaria ad affrontare lo shock.

L’altro, invece, al solo suono del parlare della sua ex amante, ritrova un senso di serenità che credeva smarrito nelle ultime giornate.

“Riesci ad alzarti?” – le chiede poi, avvicinandosi e porgendole una mano.

Nairobi lo guarda, poi abbassa lo sguardo, e senza rispondere, si mette in piedi, non esigendo nessun aiuto.

Poi si stringe a Tokyo e versa, insieme a lei, altre lacrime.

È durante il ricongiungimento tra amiche che Santiago nota un improvviso vociare.

Sospettoso, si avvicina all’aiuola, ben attento a possibili minacce, e spia quanto accade sul luogo del delitto.

L’arrivo di Stoccolma e Helsinki è immediata.

La bionda impallidisce e trattiene un grido di terrore, riconoscendo la collega a terra, priva di vita.

Il serbo, invece, amareggiato, ingoiando l’ennesimo boccone amaro, si occupa del gesto successivo. Carica la mora sulle spalle, sporcandosi di sangue, ma poco gli importa, e dice all’altra - “Io porto dentro lei. Tu occupati di qui, a Martin non piace se si vede traccia…capito?”

Intanto Stoccolma è rimasta pietrificata, vorrebbe urlare la sua disperazione... la disperazione di chi ha appena perduto una socia a cui teneva particolarmente.

Distrutta emotivamente, la donna esegue l’ordine del collega; afferra una pompa d’acqua, sistemata esattamente di fianco all’ingresso (un caso bizzarro, ma al Mariposas mai nulla è fatto senza una ragione) e la adopera per lavare via dalla stradina il sangue e le tracce dello sparo su Manila.

Mai come allora, la bionda fedele di Berrotti sente di aver commesso un oltraggio non solo alla sua amica, ma alla sua stessa dignità di essere umano pensante ed emotivo.

“Che mostri” – pensa Lopez, disgustato da quanto visto.

Dopo aver appurato il rientro dei dipendenti, assieme alla povera Manila, all’interno del Night Club, l’ispettore si riavvicina alle due Farfalle.

“Andiamo via da qui, immediatamente” – dice loro.

“Manila merita di essere seppellita dignitosamente, e non qui…potrebbero darla in pasto agli animali pur di disfarsi delle prove” – spiega Tokyo.

“La polizia sarà sul posto quanto prima, ho fatto in modo che venisse allertata. Una cosa però è necessaria…assicurarvi un posto sicuro in cui nascondervi”

Seguendo il loro salvatore, le due sentono finalmente, e sempre più vicina, l’aria di libertà.

O forse è solo un’illusione?

“Ecco, salite in auto” – dice lui, giunti al parcheggio dove Santiago ha sistemato la sua vettura.

Preso posto nei sedili posteriori, le donne avvertono il bisogno di piangere ancora una volta; un pianto di vittoria meritata, un pianto di amarezza per il sacrificio di chi aveva tutti i diritti di festeggiare assieme a loro e che invece è stata vittima della crudeltà di quella gente.

Il veicolo percorre svariati chilometri fino a giungere, fuori città, ad una villa talmente sfarzosa da essere il luogo giusto in cui celare due spogliarelliste.

“Eccoci, siamo arrivati” – comunica l’uomo.

“Cazzo, di chi è questo palazzo?” – chiede, scioccata, Tokyo, sgranando gli occhi.

“E’ la casa di mia madre. Lei abitava qui”

“E ora dove si trova?” – domanda, curiosa, Nairobi.

“Lontano” – si limita a dire l’ispettore, invitandole ad entrare in casa.

Di fronte alle due c’è il paradiso, altro che casetta.

“Per ora vivrete qui” – spiega il quarantaduenne.

“Per ora?” – chiede Tokyo – “Io vorrei andare dal mio ragazzo, se possibile. Non ci tengo a rimanere qui a reggere le candele…”

“Come?” – chiedono in coro gli altri due, imbarazzandosi subito dopo.

“Ecco, appunto” – commenta la ribelle, sorridendo di fronte al rossore sui volti di Nairobi e del grosso omone della polizia.

“Ad avvisare Cortes ci penso io. Tu piuttosto vedi di fare la brava, nessun’alzata di testa, mi raccomando. Ho imparato a conoscerti, anche se si tratta di pochi giorni. Perciò… vi mostro le vostre camere, così potrete rilassarvi” – dopo la piccola ramanzina, Santiago le conduce nelle stanze.

La moretta ribelle opta per una ampia e luminosa, con un letto matrimoniale decisamente ingombrante nel quale immagina di poter ospitare il suo fidanzato.

Agata, invece, casualmente, finisce nella camera di fianco a quella che è sempre stata di Santiago.

“Destino” – commenta poi, osservando, con la coda dell’occhio, l’uomo, imbarazzarsi.

“Ehm…bene, direi che potete già sistemarvi. Preparo uno spuntino se vi va. Sarete affamate”

“Io ho solo molto sonno!” – spiega la minore delle due Farfalle, sbadigliando – “Buonanotte…” – saluta l’amica con un bacio sulla guancia. Poi, rivolgendosi all’ispettore gli dice – “Grazie per avermi salvato prima, e non aver badato alla mia cocciutaggine. Adesso, probabilmente, avreste pianto anche me, oltre che Manila! Ammetto che avrei voluto condividere questa gioia anche con lei, però conto su di te, ispettore! Ti supplico, facci giustizia, e fanne soprattutto a lei”

“Promesso” – conclude lui, annuendo deciso – “Quei bastardi pagheranno. Non si può uccidere una donna indifesa e passarla liscia”

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Capitolo 18
*** 17 Capitolo ***


Il Mariposas ha sempre goduto di ottima fama, nonostante l’anonimato e la posizione occupata in un quartiere poco frequentato della città. Chiunque vi si reca, non può che rimanerne estasiato. Tutto appare a norma: niente sostanze e droghe, né prostituzione delle spogliarelliste. Il protocollo che tutte le Farfalle firmarono al loro arrivo pronuncia proprio questo: il corpo si mette in bella mostra, ma nessuno può permettersi di toccarlo. Vigila la massima tutela delle dipendenti, alle quali, a loro volta, non è concesso di fumare, qualsiasi tipo di roba, né di assumere alcolici offerti dai clienti, per scongiurare rischi alla loro persona.

Al Mariposas, da contratto, ogni farfalla, così come fu deciso di definirle, ha il dovere di intrattenere utilizzando l’erotismo, ma nient’altro.

Questo è stato voluto da chi al potere al momento dell’apertura del locale.

Da allora molto è cambiato, e la sicurezza che si prometteva alle dipendenti del Night Club è divenuta una privazione della loro libertà.

E da presunto rifugio, quell’ambiente diventa una prigione.

Una prigione in cui si è trovata rinchiusa anche Raquel Murillo, della cui sparizione resta il mistero…

Tanto che Santiago Lopez comincia a sospettare che Lisbona possa aver pagato con la vita, come Manila, il prezzo di un’alzata di testa.

 

Nairobi e l’ispettore, rimasti da soli, trascorrono i minuti seguenti ad ignorarsi. Mentre il quarantaduenne rimugina su svariate ipotesi circa il modus operandi del Mariposas, la gitana si chiude nel suo silenzio, con capo basso e occhi fissi a terra, giocando, nervosamente, con gli anelli che adornano le sue affusolate mani.

Un’improvvisa chiamata al cellulare dell’uomo disturba la quiete e riporta i due alla realtà.

Allontanatosi dal salotto, Lopez risponde al collega, interessato a sapere gli sviluppi del suo rientro a Madrid, raccontandogli gli ultimi eventi.

“L’hanno uccisa? Ma stai parlando sul serio? Qui bisogna intervenire, cazzo”

“Si, spero che la polizia sia arrivata e abbia scoperto qualcosa!”

“Cosa vuoi che scoprano se la missione è affidata a quell’incapace di Gandia!” – commenta Ramos, alzando gli occhi al cielo.

“Sarebbe bene che riprendessimo noi le indagini al Night Club!”

“Amico, dubito che mio padre ci concederà anche questo. Ricordi che ha storto il naso quando gli abbiamo chiesto di affidarlo ad altri perché volevamo risolvere la questione in Portogallo?”

“Beh…ma il caso è comunque nostro”

“Intanto pensa a tutelare le ragazze che hai messo al sicuro, fai attenzione, mi raccomando. Non vorrei che questi tizi pericolosi avessero intenzioni peggiori…”

“Avrò sempre un occhio vigile su di loro, fidati”

“E Nairobi come sta?”

“Non voglio infierire, è ancora scossa, si percepisce. Preferisco che sia lei ad aprirsi, appena vorrà farlo”

“Wow” – aggiunge il trentenne.

“Wow, cosa?”

“Sei un ispettore di polizia anomalo, amico mio”

“Cosa vuoi dire?”

“Che per lavoro noi cerchiamo quante più notizie possibili, per chiudere le indagini. Invece tu stai evitando di farlo, perché è ormai palese che non vuoi ferirla”

“E’ pur sempre una donna, un essere umano, non voglio considerarla solo come possibile fonte di informazioni”

“Sei un vero uomo, complimenti! E pensare che hai avuto sette donne…”

“Evidentemente nessuna di loro mi ha portato a cambiare” – precisa, riconoscendo questo merito solo ed esclusivamente ad una spogliarellista di cui conosce poco e nulla e che lo ha fulminato all’istante.

Passano svariati minuti prima che la conversazione si chiuda. L’ispettore raggiunge nuovamente la gitana, seduta sul divano, con gli occhi fissi sul televisore acceso.

Non invaderà la sua intimità, anche se questo significa rallentare le ricerche sul Mariposas.

Così rompe il ghiaccio chiedendole - “Lo vuoi un tramezzino?”

La donna sposta lo sguardo su di lui, distogliendo l’attenzione dallo schermo.

In un momento come quello, il cibo è l’ultimo dei suoi pensieri. Eppure, nella domanda di Santiago, Agata coglie una premura così naturale e spontanea, da non potersi sottrarre.

Anzi, addirittura avanza lei una proposta - “Se mangiassimo un piatto di pasta? Ho sempre amato cucinare, sai?”

Esattamente come il ragazzino a Lisbona, la gitana è appassionata di gastronomia.

Un caso? Per Lopez sicuramente no! Troppe coincidenze.

Imbarazzato dallo sguardo penetrante di lei, l’uomo le sorride timidamente e annuisce, dando l’ok.

Nairobi si avvicina ai fornelli e trascorre i successivi minuti in cucina, alle prese con la preparazione di pietanze italiane che, negli anni, ha appreso, per pura passione.

Lopez, in disparte, la osserva, ammirando la scioltezza della donna e si compiace che lo stia facendo come un indiretto grazie alla ospitalità.  

Nonostante la voglia che la Farfalla mette nel cibo, di ciò che era, della grinta che ebbe quando conobbe l’ispettore, resta molto poco. È visibilmente spenta, come se respirare, parlare, muoversi, fossero mosse meccaniche che mette in atto per sopravvivere. Non c’è più passione e fiamma che arde nei suoi occhi.

Santiago ipotizza che la condizione della zingara scaturisce dalle ultime ore patite in chissà quale luogo, con chissà quali persone, che le hanno recato male fisico e psicologico, di cui, però, lei ancora non vuole parlare.

“È pronto” – comunica poco dopo, invitando il padrone di casa a prendere posto a tavola.

Mentre riempie un piatto di abbondante pasta, Nairobi non si accorge di avere in bella mostra, sulle braccia, alcuni lividi. Lopez li nota subito, stringendo i pugni per mantenere compostezza e autocontrollo. Eppure, avrebbe una gran voglia di colpire qualcuno con un bel gancio sinistro e mettere tutti k.o.

La vendicherà…vendicherà tutte le povere dipendenti del locale… e non vivrà in pace con se stesso fin quando ciò non accadrà!

Intenzionato a non farle ricordare di quei momenti, evitandole un interrogatorio in piena regola, l’ispettore si dedica, piuttosto, ad assaporare e divorare quella prelibatezza.

“È ottimo, hai mai pensato di aprire un ristorante?”

“A dire il vero, no”

La leggerezza dei discorsi che seguono, sciolgono tutte le tensioni, portando i due a raccontare delle rispettive passioni e ad approfondire la conoscenza.

Santiago confessa di avere interesse per il wrestling, e che, in passato, seguì un corso di pugilato, ricevendo il plauso dei maestri.

Agata, invece, ricorda il suo amore per il flamenco, di cui lo stesso Lopez ha avuto visione, spiandola al Mariposas mentre danzava.

“Ti andrebbe di ballarlo?” – le chiede poi.

“Come?” – chiede, stranita, la gitana, inarcando un sopracciglio.

Il quarantaduenne si alza da tavola, programmando con il suo IPhone una serie di musiche di quel tipo, in coda, una dietro l’altra.

Schiacciato play, porge la mano alla zingara, invitandola ad esibirsi. Lei, intanto, continua a fissarlo, sbattendo le lunghe e nerissime ciglia.

“Lasciati andare” – le dice, sorridendole teneramente.

L’esitazione di Nairobi è breve; il ritmo che scorre nelle sue vene non può essere frenato.

Per di più, Santiago sa trasmetterle, come mai nessuno prima, sicurezza e forza.

Ignorando i dolori fisici, la zingara cede e dà prova di un talento indiscutibile, oltre che di una voce pazzesca. Proprio quella voce desta Tokyo, isolatasi per il riposino.

Silene, infatti, si alza e spia, da un angolino della casa, la scena, riconoscendo nello sguardo dell’ispettore, fisso su Nairobi, lo stesso che lei in primis rivolge all’amato Anibal.

“È innamorato, non c’è dubbio!” – conferma, parlando tra sé e sé. E di ciò se ne rallegra. Finalmente qualcuno potrebbe davvero liberare Nairobi dalle ombre e i dolori del passato.

Nessuna più di Agata merita di trovare l’amore, di questo la ribelle delle Mariposas è convinta al cento per cento.

E se l’uomo non rivela i propri sentimenti o cerca di contenersi, sarà proprio Tokyo a fare in modo che esploda la passione. Lo promette a se stessa.

Perso in quella visione fatta di smisurata sensualità, Santiago Lopez si lascia consumare da una fiamma che da giorni domina il suo cuore, un cuore mai così aperto all’amore come adesso.

“Sei bellissima” – senza rendersene conto, inconsapevolmente, è proprio la sua emozione a prendere voce.

E tale complimento, imbarazza Nairobi che si mordicchia, nervosamente, il labbro inferiore.

Lo guarda con la coda dell’occhio, mentre, lusingata dall’essere centrale nei pensieri dell’ispettore, continua a danzare, ad ancheggiare, a muovere magistralmente le mani e battere i piedi, esattamente come una perfetta professionista.

Al cessare della musica, e dell’esibizione, la zingara si ritrova a pochi passi dal suo salvatore.

I due si guardano.

Il desiderio reciproco è percepibile e la stessa Tokyo, ancora intenta a sbirciarli, lo avverte sulla pelle.

“Cazzo, meglio lasciarli soli” – ridacchia, allontanandosi in punta di piedi.

Ed è in quella trovata intimità, che i due, liberatisi dalle loro inibizioni, si lasciano andare al batticuore.

Con delicatezza, lui cerca la mano di lei, intrecciandola alla sua. Nairobi sussulta al contatto fisico, ritraendosi per paura. Tesa ed insicura, manifesta il suo malessere e il suo disagio.
“Sono qui per te, non permetterò a nessuno di farti del male” – sussurra il quarantaduenne.

È il calore dell’uomo che permette ad Agata di abbassare quei muri innalzati per difesa.

Cerca di domare l’agitazione, chiudendo gli occhi, mentre Santiago le sfiora con tenerezza il viso; lo accarezza con estrema cura, sentendo per la prima volta la morbidezza della sua pelle.

Agata gode di quell’attimo di vicinanza all’ispettore, di cui comincia ad apprezzare la dolcezza. Mai nessuno l’aveva toccata in quel modo. Mai nessuno si era interessato a lei così. Mai nessuno ha rispettato la sua privacy e le sue emozioni in tale maniera.

Anche se il respiro si fa’ corto, e aumentano le palpitazioni, la gitana le combatte con forza. Un attacco di panico non può prendere il sopravvento su qualcosa di magico che sta accadendole in questo istante.

Corruga la fronte, respingendo perfino pensieri e ricordi negativi.

Il tutto mentre Lopez continua a offrirle la sua vicinanza. Si avvicina sempre più a lei, ignorando un rossore che gli dipinge, eccessivamente, le gote.

Nairobi e Santiago si trasmettono vibrazioni reciproche…vibrazioni positive…vibrazioni che sono aria pulita, benessere, piacevolezza.

“Affidati a me, non temere del mondo intorno. Ora ci siamo solo io e te” – continua, cingendole la vita, ormai appiccicatasi alla sua.

Lei a quel punto solleva le palpebre, visualizzando l’uomo di fronte a sé.

Quegli occhi scuri indugiano sui suoi.

Lopez non vuole rischiare di spaventarla perciò esita nel mettere in atto il gesto successivo. La vorrebbe baciare. Sì, è questo che sogna da quando l’ha rivista ore prima.

La zingara, invece, in silenzio, non fa una mossa. Posa lo sguardo sulle labbra dell’uomo, come se attendesse l’attimo per vederle fiondarsi sulle sue.

Però Santiago si ripromette di non agire sconsideratamente, perciò, a fatica, non la bacia, deludendo le aspettative perfino di Nairobi.

Lei, infatti, è un continuo susseguirsi di emozioni e desideri contrastanti: vorrebbe ma non vorrebbe; è restia, ma desiderosa di sensazioni forti!

Vive una condizione di totale ambiguità e di lotta interna tra la Nairobi del Mariposas e la Agata del barrio di Madrid, quella donna e madre che ha patito tanto nella vita.

“Resisterti non è facile, sai?” – confessa l’ispettore, ormai arreso al non veder realizzato il proprio desiderio – “Ma so che non saresti pronta a farlo”

Ed è allora, inaspettatamente, che la donna mette in standby le paure e dà un colpo di accelerata al cuore.

Afferra il colletto della camicia del quarantaduenne e, adagia la sua fronte su quella dell’uomo. Il naso di lei annusa il volto del suo salvatore, scoprendolo pian pianino, accompagnandosi con respiri che emettono tutta la sua eccitazione.

Si studiano, si scoprono, l’uno cerca le labbra dell’altra.

“Baciami, ti prego” – la voce, pacata, a tratti quasi supplichevole, di Nairobi, spiazza l’ispettore, il quale lo farebbe volentieri. È ciò che sognava di fare da ore.

Però quella richiesta sembra piuttosto una forma d’aiuto.

In risposta, lui si limita ad abbracciarla, trasmettendole molto più di quanto avrebbe potuto fare tra le lenzuola.

“Non voglio più scopare con te” – le dice, manifestandogli il suo reale stato d’animo.

E tale esposizione colpisce Nairobi, la quale evita di rispondere, convinta che, lasciarsi andare, sia stato l’ennesimo errore. Intuisce in quelle parole un puro rifiuto.

Può rasserenarsi quando il quarantaduenne continua, dicendo - “Voglio fare l’amore, voglio viverti e diventare per te un punto fermo. Non posso pensare di unirmi a te per qualche minuto e poi tornare a vivere come se nulla fosse accaduto. Mi capisci?”

Ma Agata scuote il capo, afferrando il senso del discorso.

“Non posso farlo”

“Perché?”

“Non lo farò di nuovo, non commetterò lo stesso errore di dieci anni fa”

“Quale errore?”

“Innamorarmi. È successo, e sono rimasta incinta”
“Io non ti lascerò mai!” – le promette.

Di fronte tale parole, la gitana non può che accennare una risata ironica – “Lo diceva anche lui”

È così che il momento intimo e di tenerezza si interrompe.

La zingara torna a chiudersi in se stessa, rialzando le barriere, e, ringraziandolo dell’ospitalità con la medesima freddezza di ore prima, si rintana in camera, bombardata dai tanti ricordi e ferite che, purtroppo, tornano dal passato a demolirle il presente.

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Capitolo 19
*** 18 Capitolo ***


Quel quasi bacio dà consapevolezza a Santiago Lopez di quanto la presenza di Nairobi riesca a disarmarlo, a mandarlo in crisi, a destabilizzarlo.

Sedendosi sul suo divanetto, approfittando della solitudine, si sdraia, liberandosi delle scarpe, e, con telecomando alla mano, cerca di distrarsi da quanto accaduto, provando a superare il “cosa sarebbe potuto accadere” se solo lui avesse acconsentito alla richiesta della gitana del bacio.

Invece, ciò che ottiene dal tentativo di rimozione del ricordo, è tutt’altro. Nella sua mente continuano a farsi spazio frame della loro notte di passione. Crede di impazzire quando sente perfino riecheggiare nelle sue orecchie i gemiti di lei.

“Ok, ora basta” – si mette in piedi, prendendosela con se stesso – “Placa questi ormoni, cazzo, Santiago. Hai quarant’anni suonati… porca puttana”

Non sono però gli ormoni i responsabili, e forse, Lopez, inconsciamente, lo sa.

È il cuore a metterlo di fronte a ciò che in realtà prova.

Esce fuori in giardino, osservando il verde che circonda la villetta.

Quante estati ha trascorso lì assieme a sua madre. Momenti unici impressi nella memoria.

Difficile rimuovere le parole della mamma quando, all’ennesimo fallimento in amore, l’ispettore le confessò di non volerne più sapere.

“Troverai la persona giusta per te; non avere fretta, figlio mio. E ti assicuro che quella giusta la riconoscerai a pelle, al primo impatto”

“Ti ricordo che mi hai detto queste cose ogni volta e ad oggi siamo a quota sette storie”

“E sette nipoti” – puntualizza la donna, entusiasta del piccolo dettaglio chiamato figli generati per errore.

“A proposito, la tua ultima ex, abita dove?”

“Ucraina!”
“Bene, amo quel Paese. Credo che ci sia tanto da imparare da quel popolo”

“Ok, vedo che hai in programma di andare anche ad Odessa, dico bene?”

“Certo” – afferma la signora, sistemandosi gli occhiali da vista, mentre continua, attenta, a dipingere, all’aria aperta, sulla sua bella tela da pittrice – “E tu verrai con me. Se c’è una cosa che non devi fare, è abbatterti di fronte alle delusioni. Lei ti ha mollato?! Tu sii superiore. Comportati da bravo genitore, aiutala con la bambina in arrivo e poi metti un punto a tutto. Ovviamente io sarò lì con te, al tuo fianco”

Santiago sorride al ricordo della simpatica e solare signora Lopez.

Quanta nostalgia ha della sua amata mamma, una persona speciale deceduta per colpa di un brutto male, anni addietro, della quale gli rimane in eredità un’immensa villa, oltre alla somiglianza fisica.

Deciso a non pensare a Nairobi, si accinge a raggiungere la stanza da letto della padrona di casa.

Apre la porta, con discrezione, come se sentisse alle spalle la voce materna che lo rimprovera di non badare alla sua privacy.

Mette piede tra quelle pareti, bloccandosi davanti al dipinto centrale.

Un quadro di grandi dimensioni realizzato proprio su commissione della donna, qualche anno prima della sua scomparsa, domina la scena.

“Mi manchi tanto” – commenta lui, sfiorando l’immagine che rappresenta una prorompente signora sulla sessantina circa, dai capelli biondo cenere, legati in una lunga treccia, vestita con una camicia bianca e un pantalone di seta celeste, seduta in quello stesso giardino, su una sedia da esterno, con lo sguardo sereno, volto in cielo.

“Chissà cosa mi avresti detto oggi sulla storia di Agata” – aggiunge poi.

Accarezza il dipinto come se lo stesse facendo con la donna in questione, fermandosi, poco dopo, sulla firma incisa nell’angolo della tela.

“Alla dolcissima Leticia, un caro amico”

Mentre pensa e ripensa alla adorata mamma, Santiago non si accorge che qualcuno, alle sue spalle, lo sta osservando.

Tokyo, infatti, svegliatasi dopo aver sentito Nairobi cantare, ed elettrizzata da cosa possa essere accaduto tra i due amanti, non ha preso più sonno, e ha optato per un giro perlustrativo nella gigantesca villa.

“Chi è questa bellissima signora?” – chiede, facendo sobbalzare l’ispettore – “Ops, scusami non volevo spaventarti. È che ho notato la tua commozione di fronte a questo dipinto”

“Tranquilla, è che sono abituato a vivere da solo e devo abituarmi ad avere altre persone sotto il mio stesso tetto” – spiega, invitandola ad avvicinarsi.

“Caspita, è davvero un capolavoro questo quadro” – esclama, estasiata, la giovane.

“Si, ma anche il soggetto ritratto era, per natura, un capolavoro di persona”

Gli occhi lucidi e lo sguardo commosso permettono a Silene di intuire, così da avanzare la sua ipotesi – “E’ tua madre?”

“Caspita, potresti lavorare con noi in Polizia. Hai un sesto senso fuorimisura” – le sorride, prendendola anche un po' in giro, stanco di concentrarsi solo su emozioni tristi o nostalgiche.

“In un’altra vita, per ora direi che il vostro mondo non mi appartiene affatto” – aggiunge Tokyo, ridacchiando. Poi torna seria – “Dove si trova adesso?”

E la non risposta dell’uomo vale più di mille parole.

“Ok, ho capito. Perdonami, ti sembrerò una ficcanaso”

“Non preoccuparti. È una questione che ho tenuto per me troppo a lungo. Forse parlarne con qualcuno può farmi stare meglio… lei non c’è più! Un tumore me l’ha portata via cinque anni fa”

“Mi dispiace, però sono sicura che sarà fiera dell’uomo che sei”

Seduti su un divanetto accanto alla finestra, a pochi passi dallo stesso dipinto, il quarantaduenne si mette a nudo, finalmente, e lo fa tirando fuori dalla tasca il suo portafogli.

“Questi sono i miei sette figli”

“Cosa? Sette?” – esclama, scioccata – “Stai scherzando, vero?”

“No, sono serio!” – e così, uno ad uno, li presenta all’ospite, che non riesce a credere ai suoi occhi.

“Ad oggi loro vivono lontani, è dura non esserci, ma sapere che stanno bene e vivono le loro vite in serenità è ciò che mi interessa di più”

“Quindi hai avuto varie storie”

“Si, tutte andate male. Forse per questo motivo, dopo la nascita della più piccola, Ivana, ho deciso di smetterla”

“Come mai?”

“Mia madre soffriva per me nel vedermi sconfitto in amore, e con una prole in aumento e un cuore a pezzi. Però… ad oggi, sento che qualcosa è cambiato”

Le sue ultime parole fanno sorridere Tokyo, convinta che Santiago si riferisce ad Agata. Perciò, indossando i panni di Cupido, tenta di far scattare la scintilla definitiva.

“Prima tra voi cosa è successo? Intendo...tra te e la mia migliore amica! Ammetto di avervi sbirciati, poi ho preferito andarmene, insomma non volevo di certo assistere a…ehm…”

“Nulla! Non è successo nulla! Lei si è chiusa in camera”

“Ma no!” – commenta, delusa, la ragazza, vedendo sfumare il suo sogno d’amore per Nairobi. In piedi, di fronte a lui, cerca di pensare a un modo per agire e toccare il cuore della gitana, ancora scossa da vicende terrificanti.

“Devi trattarla con i guanti gialli, innanzitutto. Ha bisogno di stabilità, di certezze. E di amore, tanto tanto amore”

“Io non voglio affrettare i tempi. Lei ha sofferto e non le serve qualcuno che la pressi”
la tenerezza di Santiago sono la prova che è davvero lui l’uomo giusto per Agata.

Felice di questo, Tokyo aggiunge – “A lei servi tu…solo tu puoi guarire il suo dolore. Nessun altro è in grado di farlo”

“E come potrei? Ho avuto storie pessime, evidentemente non ho il tatto adeguato”

“No, la realtà è che sette ragazze erano sbagliate per te. È Nairobi quella giusta. Il destino ha parlato chiaro, siete fatti l’uno per l’altra”

“Vorrei solo che sapesse di poter contare su di me”

“Cosa ti direbbe tua madre se fosse qui?”

“Beh…” – riflette un po', immaginandosi Leticia seduta in mezzo a loro, con la sua smisurata dolcezza, accompagnata sempre dal giusto grado di fermezza – “Mi direbbe di buttarmi, senza esitazioni!”

“Esattamente!” – conferma Silene – “Per sentirti vicina a lei, forse, potresti…non so…cominciare utilizzando un nome di città”

“Eh?” – ripete, confuso, l’uomo – “Cosa c’entra il nome di città con questo?”

“Dai, diciamo che è un primo approccio. Pian piano entrerai nel suo mood, nel nostro mondo, e lei capirà che può fidarsi”

“Lei poco fa stava davvero cedendo, quindi non sarà il nome Santiago a bloccarla, no?”

“Si, dico però che potrebbe essere un modo per rompere il ghiaccio e farla sorridere”

Lopez è riluttante di fronte a quella che sembra una stupidaggine.

Silene continua, domandandogli – “Le hai fatto qualche strana proposta?”

“Certo che no!” – alza le mani lui – “Le ho solo promesso di esserci sempre”
“Allora, ascoltami, io sono sicura che Nairo si sbloccherà se ti vedrà diverso dal suo passato”

“Suggerimenti? A parte l’idiozia del nome di città…”

“Non è un’idiozia. E poi, rifletti, potresti camuffarti bene dietro un appellativo misterioso. Può esserti addirittura utile per le indagini. Direi di iniziare così. Trovane uno, va’ da lei, e confessale ciò che provi. Basta indugi, basta giri di parole, basta inibizioni. Parlale anche dei tuoi figli…si sentirà ancora più in sintonia con te, avendone uno anche lei”

Adesso sì che il discorso della moretta sembra avere una logica, secondo l’ispettore che, raccolto il coraggio, si mette in piedi e dice - “Hai ragione! Sei una brava consigliera, cara  la mia Tokyo”

“Ovvio” – risponde lei, fiera di se stessa, con l’aria di chi sa di poter vincere facile.

Dopo un batti cinque tra i due, la giovane lo accompagna fino alla stanza della gitana. Ma prima di congedarsi gli pone un’ultima domanda - “Hai pensato al nome?”

Qualche minuto di esitazione, poi lui annuisce.

“Letizia è il nome di una città della Colombia, lo sapevi?”

“Vuoi chiamarti Leticia? Direi fin troppo femminile” – sostiene la ribelle delle Farfalle, ridacchiando al pensiero di Santiago con tale appellativo.
“No, Tokyo, certamente no, però conosco un’altra città della Colombia che potrebbe fare al caso mio”

“Quale?”

E così Santiago Lopez finisce per diventare Bogotà!

*******************************

A proposito del Mariposas, le ore successive alla fuga delle due farfalle ribelli, con il conseguente k.o. di Manila, hanno conseguenze su tutti coloro che vivono e lavorano tra quelle mura.

Helsinki aiuta Martin Berrotti a liberarsi dalle corde alla sedia. Quest’ultimo dà poi ad Oslo l’ordine di controllare l’uscita secondaria, richiedendogli la consegna delle telecamere esterne.

Ciò che è accaduto è ormai storia.

All’altro serbo, invece, è dato il compito di raccogliere il corpo di Manila.

Correndo con la collega in spalla, il buttafuori, visibilmente scosso, raggiunge la camera di lei e la adagia sul letto.

“E’ morta?” – domanda Palermo, scuro in volto.

“Ha perso tanto sangue” – spiega Helsinki, coprendo la ferita con delle garze.

“Inutile che la curi. Non vedi che è morta?!”

“Il cuore batte ancora, signore” – dice, invitandolo ad appurarlo.

Il proprietario del Night Club, turbato, afferra il polso della ragazza e verifica. Il battito è molto debole…ma c’è!

“Lasciala a me, ci penso io” – le parole di Martin non tranquillizzano il serbo – “Posso aiutare” – aggiunge lo straniero, in ansia per le sorti della collega.

“Ti ho detto di andartene. Va’” – tuona l’altro, facendogli segno di lasciare la camera.

Rimasto solo con Manila, Palermo le siede accanto.

“Potrei salvarti la vita e rimediare agli sbagli del passato, in fondo non eri tu che meritavi questa condizione…” – preso il suo strumento di contatto con il superiore assoluto, chiede – “Che si fa ora?”

La risposta è immediata - “Portala qui”

“Le fuggitive?”

“Vedrai che torneranno strisciando! Ho già in mente un’idea per punire i traditori e, soprattutto, per infangare chi si immischia nei nostri affari”

La voce malefica non mostra il benché minimo dispiacere per le condizioni della giovane morente, piuttosto opta per sfruttarne la quasi morte per propri tornaconti.

All’ordine del Boss, Berrotti non può che eseguire ed accettare quanto da lì in poi accadrà.

Nel frattempo, un’abbattutissima Stoccolma percorre i corridoi, con passo lento e faticoso, reso ancora più insopportabile dai singhiozzi isterici.

Si sente più sola che mai. Non ha nessuno. Manila è morta. Lisbona è sparita nel nulla. Perfino le due ribelli, con cui discuteva la maggior parte delle volte, le sembrano, adesso, un’ancora di salvezza dalla solitudine. Purtroppo anche di loro non c’è più traccia.

“Sono rimasta l’unica…” – e il fatto non è piacevole.

Accovacciatasi a terra, nasconde il volto tra le mani, mentre fiumi di lacrime continuano a sgorgare e bagnarle le guance.

“Dovrei farla finita” – arriva perfino a pensieri malati verso se stessa.

Ed è in quel momento che una figura avanza verso di lei.

“Io per te, tu per me! Non sei sola”

La bionda si volta verso Helsinki che, nel frattempo, le si è seduto di fianco.

È diventato, improvvisamente, il compagno di sopravvivenza che fa al caso suo.

La perfetta soluzione al suo dramma.

Teneramente, il serbo l’accoglie a sé – “Mi mancherà Manila” – confessa, commosso.

“Tu sai chi è stato?”

La riccia scuote il capo, afflitta dal dolore. La vicinanza dell’omone grosso e docile la porta a raccogliere il coraggio e confidargli un segreto che va sistemato.

“Mi aiuteresti a risolvere un problema?”

“Quale?”

“Ho bisogno di una pillola per abortire”

Mentre tutto ciò accade, la polizia ha raggiunto l’esterno del locale.

Miguel Fernandez, rimasto lì in attesa, trepidante per il ruolo che gli è stato assegnato, racconta a due agenti di aver saputo di giri di droga nel luogo, la prima menzogna che salta alla mente dell’informatico per spingere i poliziotti ad entrare e perlustrare.

“La ringraziamo, ora può andare. Ce ne occuperemo noi” – dice uno dei due in divisa.

È questo l’ultimo minuto che il giovane trascorre lì, certo che chi di dovere si occuperà del caso.

E proprio quando è ben distante e prossimo ad entrare nella sua abitazione, i due agenti si scambiano qualche parola - “Angel, hai sentito? Dici che dovremmo entrare?”

“No, Suarez, è tutto a norma qui. Andiamocene, ho sonno e merito un bel riposo”

Fatta la loro comparsa, i poliziotti tornano alle loro priorità, ignari del disastro combinato nel Night Club e di quanto, da lì in poi, sarebbe accaduto.

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Capitolo 20
*** 19 Capitolo ***


Santiago, supportato dalla ribelle delle Farfalle, si appresta ad affrontare la gitana.

Prima di farlo, su suggerimento della giovane, trova una scusa buona per attaccare bottone.

“Andrai alla grande, fidati” – afferma, convinta, Silene, entusiasta del consiglio datogli.

L’uomo bussa alla porta, raccogliendo il coraggio, dopo un bel respiro profondo, e aspetta.

Nairobi, convinta si trattasse della migliore amica, avendo udito un vociare femminile, apre senza la minima esitazione.

“In bocca al lupo” – sussurra Tokyo all’ispettore, negli attimi precedenti, dandosela poi a gambe.

Agata si trova, allora, faccia a faccia non con la sua socia, bensì con il padrone di casa.

Alquanto sorpresa, mantiene le debite distanze, non intenzionata a cedere, come prima, alla debolezza emotiva.

“Cosa succede? Se si tratta di quanto accaduto poco fa, ti prego, Santiago, dimentichiamolo. Possiamo resettare e far finta di nulla? Io ti chiedo scusa se ho avanzato proposte eccessive, tu però…” – la gitana comincia una specie di monologo fatto di puro ed evidente nervosismo; questo accade perché lei sospetta il motivo per cui Lopez si trova adesso lì.

“Aspetta, frena…frena” – la zittisce lui, indicandole cosa ha con sé – “Io sono qui per consegnarti questi, non per altro!” – spiega, cedendole due buste di cartone di grandi dimensioni.

“Cosa significa?” – chiede la mora, constatando che all’interno di quei sacchetti ci sono alcuni abiti.

“Beh, ho pensato che vi sarebbe stato utile cambiare vestiti. Questa roba apparteneva a mia madre, ad alcune sue domestiche, e varie cugine che erano solite trascorrere le estati qui”

“Oh, non so cosa dire…sei molto gentile” – risponde lei, imbarazzata di averlo, in qualche modo, attaccato, pensando chissà cosa. In realtà, Lopez voleva solo offrire ulteriore ospitalità, perfino cedendogli dei panni di seconda mano.

“Tokyo ha già ricevuto la sua parte, spero vi calzino bene. Per la fisicità della tua amica, penso basti la roba della giovane cameriera, magra e bassina”

“Tranquillo, anzi. È già tanto quello che fai per noi; io me li farò andare bene” – sostiene Nairobi, tirando fuori una maglia e un pantalone di tuta nero. Da quanto tempo sognava di poter coprire il suo corpo, mascherando dei difetti che non ha mai apprezzato di se stessa.

E invece ha dovuto muoversi dentro top attillati, minigonne, calze a rete o peggio.

Finalmente è libera di mettere su qualcosa di comodo e non appariscente.

“Appena possibile ve ne comprerò di nuovi” – aggiunge Santiago.

E tale premura fa commuovere la gitana che, non distogliendo gli occhi dal capo che ha in mano, lo ringrazia timidamente. Più passa il tempo, più quell’ispettore la stupisce in positivo.

Mentre tira fuori, uno alla volta, gli indumenti, sistemandoli nell’armadio e nei cassetti, si accorge di un abitino a fiori decisamente minuscolo per la sua fisicità.

Il quarantaduenne, riconoscendone l’appartenenza, confessa - “Ops, scusami, nelle buste deve esserci finito, per caso, un vestito di una delle mie figlie”

“Figlie?” – chiede, Nairobi, stupita della confessione.

“Si, mia mamma era solita comprarne svariati, sperando sempre di vedere una delle sue nipoti femmine indossarlo. Peccato, questo è rimasto qui. Credo fosse destinato a Hanna” – spiega, riuscendo, in tale modo, a tirare fuori l’argomento prole.

Argomento che attira l’attenzione della gitana.

“Non avrei mai scommesso su una tua paternità” – precisa la zingara, piacevolmente colpita.

“Beh, e invece sì. Ti stupirò dicendoti che ne ho addirittura sette?!”

“Cosa?” – esclama, scioccata – “Non può essere”

“Lo è! Guarda” – come fatto in precedenza con Tokyo, tira fuori dal portafoglio ben sette fotografie ritraenti i suoi eredi, presentandoli uno ad uno: tutti di diversa nazionalità, tutti avuti da donne differenti.

Seduto sul letto, l’ispettore si racconta, portando, spontaneamente, Nairobi a fare lo stesso.

“Sarebbe bello averli qui con me, però…” – respira profondamente, buttando fuori l’aria, liberandosi di un peso che custodisce da tempo, e poi precisa – “ … sono un padre sciagurato, un padre di merda che ha preferito crescessero con le madri, tirandosi indietro”

“Non si nasce genitori, si sbaglia, si cade, ci si rialza, l’importante è provarci”

“Tu scommetto che sei stata una mamma perfetta per il tuo bambino”

Ma quel richiamo ad Axel rabbuia Nairobi, che sprofonda nei ricordi di un doloroso passato.

“Per mio figlio ho fatto di tutto, qualsiasi cosa, non mi sono mai arresa. Ho provato a dargli il meglio. Ma la vita mi ha sputato in faccia. Ad oggi, proprio come te, sono una persona con il cuore a metà e la mente fiaccata dal pensiero del mio cucciolo”

Santiago la osserva, sentendosi in colpa nel tenerle nascosto un dettaglio essenziale circa Axel.

Combattuto se raccontarle o meno il fatto accaduto a Lisbona, Lopez evita l’argomento a causa della successiva domanda di Agata che lo porta a centrarsi su se stesso.
“Da quanto non vedi i tuoi figli? Saranno grandi adesso”

“Dalla morte di mia madre” – spiega, incupendosi.

Anche la gitana, amareggiata, si zittisce, dispiaciuta di aver evidentemente aperto una ferita ancora sanguinante.

“Perdonami, non volevo…”
Lui riprende - “…non li vedo da quando ho deciso di isolarmi dal resto del mondo, concentrandomi solo ed esclusivamente sul lavoro… da quando la mattina del mio compleanno, ho trovato un biglietto sul tavolo che diceva “La signora Leticia è in ospedale. Ha avuto un malore”. La mia domestica era molto amica di mia madre e la seguiva come fosse sua figlia. Così mi recai in ospedale. Il medico fu chiaro sin da subito: da un tumore al cervello difficilmente ci si salva. Passai nottate in bianco, a sentirla gridare di dolore, a vederla consumarsi, indebolirsi e spegnersi sempre di più. Per una leonessa come lei, è inaccettabile placare la grinta e la fame di vita”

“Doveva essere una gran donna, la tua mamma”

“Lo era assolutamente!” – commosso al ricordo della persona più importante della sua vita, Lopez nasconde il viso tra le mani, non intenzionato a rivelare quella debolezza.

Ma di fronte a tale dolore, Agata non riesce a mantenersi fredda.

Istintivamente, la zingara si avvicina all’uomo e lo tira a sé.

Il quarantaduenne si accovaccia al petto di lei, sentendo quel calore materno che gli è tanto mancato negli anni.

La gitana lo stringe, gli accarezza i capelli, e sembra coccolarlo, come era solita fare con Axel.

Nessuno dei due ha la forza di parlare o anche solo di guardarsi negli occhi.

Ciascuno preso dai rispettivi ricordi e dolori, cede al pianto.

E dopo aver trascorso svariati minuti stretti l’una all’altro, senza rendersi conto dello scorrere delle lancette sull’orologio, è la donna a rivelare un dettaglio del suo passato.

“Io ho sempre odiato la solitudine. Ho trascorso la mia infanzia e la mia adolescenza convinta di essere sola, poco amata, di essere perfino un intralcio per i miei genitori. Così mi sono rimboccata le maniche, a tredici anni ho iniziato a lavoricchiare. Ero poco più che una bambina. Aiutavo una vecchia sarta a sistemare abiti di seconda mano. Nel mio barrio si faceva la fame. Una sera, stavo rientrando, e mi accorsi di un vociare e di musica. Proveniva da un accampamento poco distante casa mia. Fu allora che mi innamorai del flamenco. Da quel momento in poi, mi recavo lì, a fine turno per guardare il ballo di quella signora, per me magica. La ricordo ancora oggi, bellissima e dolcissima. Una sera mi beccò, sai?”

“E cosa successe?” – chiede, curioso di conoscere la vita di Agata, appassionato al suo modo di raccontare. Non la sta guardando in volto, ma stretto al suo petto, avverte l’accelerazione del battito cardiaco, segno di una forte emozione attivatasi al ricordo di qualcosa che la rendeva libera. E non esisteva altro di meglio per Nairobi se non la libertà.

“Beh, mi prese sotto la sua ala protettrice. mi chiese di partecipare, di provare a danzare con lei e le sue alunne. Era una danzatrice in piena regola. Per noi del barrio, averla era un lusso. Nessun altro quartiere gitano, vantava la presenza di una professionista. Si chiamava Alba, ed è stata seriamente, per me, l’alba di un nuovo giorno. Ho scoperto tanto di me. Mi regalò un suo abito…”
“Quello che hai indossato quando ti ho vista ballare?”

“Già” – risponde, giocherellando con i capelli dell’ispettore – “Però i miei scoprirono il fatto e mi impedirono di frequentarala”

“E perché mai?”

“Era impensabile per una ragazzina come me tornare a casa a tarda ora, e danzare in quella maniera, istigando uomini di ogni età… mi ripetevano questo, però io sapevo benissimo le vere ragioni. Loro non avrebbero mai permesso che io mi guadagnassi un posto nel mondo, in quanto donna. Per loro dovevo sposarmi, fare figli, restare a casa, crescerli…”

“Nairo, ora intuisco come mai avverti, con forza, questo desiderio di libertà”

“Io odio essere chiusa in gabbia. Odio che mi venga imposto di fare qualcosa. Sì, sarò una farfalla, ma una farfalla che cerca di volare lontano, e non una farfalla che viene catturata per essere messa in bella mostra affinché qualcuno possa tirarle via le ali per sempre!” – la confessione, nuda e cruda, di Agata dà a Santiago la chiara conferma della forza insita nella gitana e di quanto, proprio tale forza, gli abbia fatto perdere la testa per lei.

“Sei un vulcano, lo sai? Non ho mai conosciuto nessuna speciale come te!” – le dice, riuscendo a lusingarla senza apparire un playboy.

“Le regole di casa mi hanno limitata nella vita. Addio flamenco, addio lavoro, addio tutto. Avevo pronto per me un promesso sposo a cui, a detta dei miei, avrei dovuto sottostare a vita”

“Cazzo, è inaccettabile che esistano ancora condizioni simili”

“Purtroppo, sì. Ed essere genitori, non è mai facile, specialmente in contesti come quello dove sono vissuta”

Segue silenzio. Un silenzio interrotto dal prendere parola di Lopez.

“Io invece ho avuto un padre del tutto invisibile, sono cresciuto con mia madre e la sua domestica del cuore. E sai perché mi considero un padre di merda? Perché ho seguito le orme del mio”

“Puoi riscattarti, cercando di riallacciare i rapporti con i tuoi figli. Non tutto è perduto. Non so, magari pian pianino, prova a rientrare nelle loro vite”

“È dura, quando hai delle ex pronte a sbatterti la porta in faccia”

La questione Axel, di cui Nairobi ancora non fa cenno, viene toccata, delicatamente, dall’ispettore, desideroso di saperne di più. E così’ torna sulla faccenda della zingara.

“Com’è finita poi con i tuoi genitori? Perché, scommetto che, avendo avuto un bambino, ti sarai sposata come loro prevedevano, no?”

La gitana scuote il capo. Slega le braccia dal collo dell’ispettore, che aveva stretto a sé fino a pochi istanti prima, e solleva lo sguardo.

Finalmente trova la forza di guardarlo negli occhi e mettersi a nudo – “Sono rimasta incinta a ventitré anni, di un uomo che mi promise le stelle, ma si rivelò tutt’altro”

Il volto stranito e confuso del quarantaduenne porta Agata ad andare nel dettaglio – “Ero vogliosa di trasgressioni. Basta regole, basta no, basta imposizioni familiari. Così una notte, con delle amiche, siamo andate in discoteca, qui a Madrid. Io, sì, ero promessa in sposa a un tizio, che conoscevo appena. Però me ne fregai. Mentii ai miei dicendogli che avevo un appuntamento proprio con questo presunto fidanzato. Invece lì conobbi un giovane di bell’aspetto. Lui mi offrì da bere, mi lusingò e riempì di attenzioni tutta la serata. Fui io a baciarlo, in pista. E di certo non mi limitai al bacio a stampo” – mentre racconta, le sue guance si colorano di rosso acceso, come se, al solo ricordo, avvertisse quello stesso calore fisico.

“Ehm… ok, quindi lo avete fatto e sei rimasta incinta, penso di aver intuito” – taglia corto l’uomo, alquanto infastidito dall’idea che qualcuno potesse toccare Nairobi e potesse baciarla come stava sognando lui di poter fare.

“No, non quella sera. Trovai varie scuse per uscire di casa. Ci vedemmo per un mese intero. Quando rimasi incinta, quello stronzo aveva già lasciato la Spagna con la sua mogliettina”
“Cosa? Cazzo, era sposato?”

“Si, di lui non ho saputo nulla, tantomeno voglio saperne. Axel, mio figlio, fu ciò che mi rimase. Probabilmente la sola cosa bella fatta in vita mia. I miei si infuriarono. Mi chiusero in casa settimane, contrattarono con la famiglia del mio promesso sposo. Insomma, alla fine mi obbligarono ad abortire”

“Aspetta, aspetta, aspetta… ma voi zingari non siete contrari a...?”

“Appunto! Io mi rifiutai. Presi uno zaino, poca roba, e andai via. Lì cominciò il mio calvario”

“Fu allora che hai trovato il Mariposas?” – esclama scioccato il quarantaduenne. Facendo due conti, Nairobi vivrebbe quell’inferno da ben dieci anni?!

“Quel locale fu la mia salvezza, per i primi anni. Mi venne promesso che, se avessi rispettato le regole di convivenza civile, sarei potuta rimanere per un po', ben tutelata. E ti giuro che fu così. Partorii tra quelle mura, poi le cose cambiarono. Ho tenuto Axel con me per tre anni, poi mi fu tolto”

“E come mai? Che vuol dire che le cose cambiarono? Ci fu un cambio gestione? Qualcuno ti ha minacciata togliendoti il piccolo?”

Davanti a così troppe domande, Agata non si sente più a suo agio e una conversazione nata con naturalezza assume i toni di un interrogatorio.

È lei, così, a chiudere, alzandosi dal letto – “Direi anche basta, adesso! Pensavo ci stessimo raccontando”

“Lo stiamo facendo”

“No, che stupida che sono! Hai trovato un modo per farmi parlare? Cosa volevi? Notizie su quanto mi è accaduto?”

“Ti prego, non prendertela, non volevo ferirti”

Cerca in ogni modo di ristabilire la sintonia di poco prima.

E mentre Agata, muovendosi confusa e agitata, nella stanza, non è intenzionata a cedere, l’ispettore aggiunge – “Vorrei che tu sapessi una cosa importante”

Ma la gitana non replica, sembra piuttosto ignorarlo.

“Ascoltami… io per te sono disposto a tutto…ho perfino deciso di usare un nome di città…”

Tali parole fanno ridere la donna – “Hai voglia di prendermi in giro, adesso?”

“No, non lo farei! Ti amo troppo per giocare con i tuoi sentimenti”

Un Ti amo, pronunciato senza consapevolezza, spiazza, definitivamente Nairobi.

“Cosa mi hai appena detto?”-  gli chiede di ripetere.

Basta freni…Santiago con una forte morsa allo stomaco si espone in tutto e per tutto – “Mi sono innamorato di te! Ti amo e voglio averti nella mia vita, non mi importa se ci saranno difficoltà, problemi insormontabili, me ne fotto. Io ti voglio, sogno di averti di fianco a me ogni mattina, quando apro gli occhi; sogno di baciarti ogni sera prima di andare a dormire; sogno di fare l’amore con te, in ogni dove; di accarezzarti; di sussurrarti quanto mi fai stare bene… Nairobi, sei la donna che aspettavo da tutta una vita. Ti prego, non alzare muri, di nuovo!” – una confessione in piena regola, carica di sentimento, di pathos, e di lacrime.

Molte lacrime.

Lacrime che uno schivo come Lopez ha sempre evitato di mettere in mostra.

La sua sincerità traspare dagli occhi, dal movimento del suo corpo, dalle espressioni del suo viso.

Ciò è la prova che Agata cercava. Trattenuto il pianto troppo a lungo, la donna crolla.

Si avvicina, lentamente, all’ispettore.

La sua espressione tesa si rilassa, e un sorriso radioso le si disegna sul volto.

Accarezza il viso del compagno, asciugandolo teneramente, adagiando poi la sua fronte su quella di lui, il quale, a sua volta, non riesce a toglierle gli occhi di dosso.

“Mi credi se ti dico che stavolta hai toccato il tasto giusto?” – sussurra lei, abbassando ogni difesa.

Appoggiandosi ad una parete, lo tira a sé e i due, finalmente, si scambiano il bacio tanto atteso, un cercarsi e incontrarsi, una fiamma che divampa.

Avevano già sperimentato l’unione carnale. Ma di amore c’era ben poco… adesso invece quello che provano è dettato dal cuore.

E quando entrambi sono pronti al passo successivo, che viene vissuto in piena spontaneità, è proprio Agata a dare conferma dei suoi di sentimenti.

“Accidenti, ispettore, ci sei riuscito, sai?”

“A fare cosa?” – chiede lui.

“A farmi innamorare di te!” – ridacchia, imbarazzata.

Spiazzato da tali parole, Lopez sente di toccare il cielo con un dito.

Vivere quel momento così intimo gli restituisce la fiducia nella vita.

Esiste davvero, come diceva anche sua madre, una persona per l’happy ending – “A proposito..” – precisa, quando ormai esausti, si tengono stretti, a letto, coperti dal solo lenzuolo bianco – “Ti avevo detto che ora ho un nome di città anche io”

“E quale sarebbe?” – domanda, incuriosita, guardandolo con una luce diversa nello sguardo, come una ragazzina alla prima cotta.

“Bogotà!” – rivela lui, accarezzandole, delicatamente, la schiena nuda. Che rabbia vedere quei lividi e non poter sapere cosa le è accaduto.

Però attenderà, non ha altra scelta. Adesso che Agata ha aperto il suo cuore, troverà anche la forza per far venire a galla tanti segreti.

Entusiasta della scelta, la gitana conclude – “Bella scelta, allora da adesso in poi, sappi che non sarai più Santiago l’ispettore. Sarai solo e semplicemente il mio Bogotà”

I momenti successivi sono dedicati alla scoperta del loro amore, al viversi, all’accettare di esserci l’uno per l’altra.

E questo, per Nairobi, è un nuovo inizio. I lividi sul suo corpo, le ferite del suo cuore, possono diventare ricordi da cancellare. E lei lo sa bene…oggi solo il suo uomo e l’amore nei suoi confronti l’aiuteranno su questa strada.  

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Capitolo 21
*** 20 Capitolo ***


Berrotti consegna le registrazioni delle telecamere esterne al suo Capo, quando lui lo contatta per dargli novità sulle condizioni di Manila. Sono, infatti, trascorse alcune ore da quando è avvenuta la tragica vicenda.

“Come sta?” – chiede il sedicente proprietario del Mariposas, ignaro delle sorti della ragazza.

“Ho provveduto ad affidarla alle mani di professionisti. Ho riflettuto sul da farsi; anche se è una traditrice, il locale ha bisogno di dipendenti. Monica al momento è da sola e non basta, perciò è bene salvarle la vita”
“Ma, sbaglio o hai detto di poter costringere quelle due stronze a tornare qui?” – chiede Palermo, riferendosi ovviamente alle fuggitive.

“Certo, vedrai che appena possibile, riavremo le nostre Farfalle tutte sotto lo stesso tetto”

“In che modo agirai?” – chiede l’altro, ipotizzando svariate teorie che non portano al risultato sperato.

L’uomo mascherato non risponde, piuttosto mostra fastidio di fronte all’invadenza di Martin.

Ciò obbliga Palermo a tapparsi la bocca e non proferire altre parole che possano mandare in bestia il Boss.

Ed è proprio quest’ultimo a sottolineare – “Chi ha osato intromettersi, la pagherà cara”

“Certo, signore” – si limita a dire Berrotti, abbassando il capo, in segno di sottomissione.

“Ora va’. Per causa di forza maggiore, chiuderemo i battenti per un po'. Appena avrò notizie di Manila, ti avvertirò. Adesso mi concentrerò sulla prossima mossa. Nel frattempo, Tokyo e Nairobi dovranno credere di essere al sicuro. E appena la situazione sarà calma, allora e solo allora, lanceremo il nostro missile” - quello stesso piano che gli frulla in mente, lo entusiasma e manda in visibilio. La risata che segue fa tremare Palermo che, deglutendo rumorosamente, non si espone, annuisce e si congeda.

Non immagina cosa potrebbe aver ideato quello che da anni è il suo superiore, colui che ama farsi chiamare il signor Dalì, però ha poche scelte se non obbedire agli ordini: il Night Club spegne le luci e va’ in pausa.

“Cosa significa che non si lavora?” – domanda Helsinki a Martin quando viene comunicata la decisione.

“Significa proprio questo; siete in ferie”

“Di nuovo?” – esclama, stupito, l’altro serbo, avendo imparato, a lungo andare, qualche minima parolina in spagnolo.

L’unica a non esprimersi è Monica, silenziosa come non capitava da tempo.

“Che ti prende?” – e difatti Palermo lo nota subito e le pone la domanda.

“Nulla, sono solo preoccupata. Manila era la mia socia. Ora sarò da sola. Cosa volete? Che mi uccida di fatica essendo rimasta l’unica Mariposa?”

Il tono alterato e quelle fiamme negli occhi manifestano il suo stato d’animo, decisamente instabile. Un comportamento atipico per la pacata e succube Stoccolma.

“Da quando in qua alzi la voce con il sottoscritto?” – l’aria di sfida da parte di Berrotti fa ben intendere alla bionda di aver esagerato.

“Perdonami, non capiterà più” – sa di doversi controllare, specialmente adesso che ha gli ormoni impazziti per una gravidanza che sta cercando di nascondere da ben due mesi, e che ha in programma di interrompere.

Helsinki, invece, al corrente del dettaglio, è titubante sulla decisione presa dalla collega. A suo avviso, i bambini sono sacri e come tali non si può spezzare la vita di nessuno di loro.

Però, è anche cosciente di poter poco contro la volontà di una donna che porta in grembo un bebè non desiderato.

Rassegnato, le ha offerto l’aiuto necessario, stipulando con lei una forte alleanza. E proprio in nome di quell’alleanza, si ricorda di dover agire per darle una mano sulla delicata questione.

“Capo, senti, potrei uscire, oggi? Devo sbrigare delle commissioni per mia famiglia in Serbia”

“Hanno bisogno di altro denaro? Perché se è così, sappi che a breve riceverai la tua giusta paga” – lo tranquillizza, dandogli una pacca sulla spalla.

Palermo sa che Helsinki è innamorato di lui, e spesso ne approfitta, però quando si tratta di faccende di quel tipo, mostra una certa tolleranza.

“No, signore. Mi serve medicina per mia sorella…” mente.

“Dimmi quale e me ne occuperò personalmente, allora” – Martin sembra non intenzionato a lasciarlo girovagare per le strade di Madrid.

Trovandosi di fronte ad un muro invalicabile, il serbo è costretto a dire – “Una pillola per aborto! Non vuole figlio, e serve urgente…”

Quella precisazione spiazza l’argentino – “E nel tuo Paese non esistono?”

“Mia famiglia non deve sapere. Se io mando a lei, sarà tutto in segreto, capisci?”

Stoccolma, assistendo alla scena, trema al pensiero di essere scoperta, e prega affinché il suo socio riesca nell’opera di convincimento.

“Abortire non è mai la giusta soluzione, questo lo sa tua sorella?” – chiede Berrotti, mostrandosi in disaccordo con la decisione di quella ipotetica sconosciuta.

“Lo so, signore. Ma decide lei, è corpo suo…” – precisa l’omone, volgendo subito lo sguardo sulla riccia, lanciandole una chiara frecciata.

“Certo, però dire addio a un bambino non è mai una cosa facile” – sostiene il proprietario del Night Club, fermo sulla sua idea.

“Se le circostanze ti obbligano a farlo, hai poche scelte” – sentitasi colpita in prima persona, Stoccolma prende parola, manifestando il suo parere.

E la sua partecipazione al discorso, insospettisce Palermo che, dopo qualche secondo di silenzio, afferma – “Qui, all’angolo, c’è una farmacia che vende di tutto. Se fai presto, forse è ancora aperta. Sbrigati, e torna qui immediatamente. Ti do’ dieci minuti di tempo”

“Grazie, capo! Farò il prima possibile” - con un sorriso a 36 denti, radioso per essere riuscito nell’impresa ardua, il buttafuori si mette a correre, scrutato, in silenzio, dal Boss.

Proprio lui, di tanto in tanto, butta l’occhio anche sulla Farfalla, il cui pallore e cambio d’umore repentino, lo fa sospettare le peggiori cose.

Sedutosi sul divanetto, nell’atrio principale, Palermo, in piena e, a tratti, inquietante tranquillità, si rivolge alla Mariposa - “E così sei in dolce attesa?”

Monica sente un tonfo al cuore e, sudando freddo, non riesce a mentire – “Come l’hai capito?”

“Conosco i miei polli. Mai un’alzata di testa da parte tua, e adesso, magicamente, tiri fuori gli artigli. Sei pallida come un cencio, quasi malaticcia. E poco dopo Helsinki chiede una pillola abortiva per una ipotetica sorella…direi che anche uno sciocco avrebbe trovato risposta senza girarci troppo intorno, no?”

“Cazzo” – pensa Stoccolma, sentendosi ormai in trappola, per domandargli – “E’ per questo che gli hai dato l’ok? Perché io possa liberarmi di questo bambino per sempre, vero?”

Lui la guarda, in silenzio, poi si rimette in piedi e avanza nella sua direzione.

“Non ho mai pensato che l’aborto fosse la soluzione ai problemi. Dovresti saperlo… sorellina!”

“Mamma mi ha raccontato la tua storia, so che la tua voleva eliminarti e che, invece, è stata costretta a tenerti. Siamo cresciuti insieme grazie alla mia famiglia che ti ha adottato, sei diventato come un fratello maggiore, e proprio per questo hai sempre cercato di tutelarmi, anche qui! Però, ad oggi, Martin, sono adulta e vaccinata. So cosa è sbagliato e cosa no! E la creatura che porto dentro è un intralcio”
“Se ti chiedessi di darlo a me? Lo prenderò io, come fosse mio” – la proposta di Palermo pietrifica Stoccolma che, scioccata, balbetta un misero – “Co...co…cosa?”

“Il signor Dalì capirà, vedrai. Dopotutto, se io sono ai suoi ordini e tu hai sempre rispettato le sue regole, è perché ci tieni affinché il Mariposas mantenga la sua fama”

Esterrefatta, Monica decide di sedersi per evitare svenimenti.

Sembra riprendersi in fretta, quando fa notare al parente acquisito - “Rifletti. Se io tengo il bambino, come farete qui? Non avrete più dipendenti”

“Di questo non devi preoccuparti. Tokyo e Nairobi torneranno quando meno te lo aspetti. Al momento, il locale rimarrà chiuso”
“Torneranno? Sei impazzito? Sono scappate appositamente perché odiavano questo mondo. Cosa ti fa credere che metteranno di nuovo piede qui?”

“Accadrà, non so come, ma il Capo ha in mente un piano perché ciò avvenga. Fino ad allora, tu smettila di pensare ad aborti o roba simile; lo crescerò come mio e tu sarai libera di continuare la tua vita”

Approfittando del confronto, avvertendo, finalmente, quell’impulso ad esprimere ciò che davvero sente, Stoccolma si sfoga - “La mia vita da spogliarellista, intendi? Sai quanto mi pesa e quanto mi è costato fingere di farmi andare bene tutto, ogni volta? Ho dovuto fare il buon cagnolino, sottostare, fare la spia, e l’ho fatto solo per il bene tuo. Non volevo sfigurassi con il signor Dalì. Ma dopo quanto accaduto a Manila, inizia a starmi stretto questo ruolo”

“Manila si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato” – precisa Berrotti – “Non era lei che si cercava di eliminare”
“Eliminare?” -ripete, sconvolta, la bionda, scuotendo il capo disgustata – “Ti rendi conto di ciò che dici?”

“Zitta, sta tornando Helsinki” – le ordina, guardando il serbo fare il suo ingresso.

“Ecco, tutto risolto, capo!” – il buttafuori lancia uno sguardo complice a Stoccolma, la quale, invece, abbassa gli occhi, arrabbiata e disperata al contempo.

È combattuta se accettare per l’ennesima volta quanto stabilito dal fratellastro o scegliere seguendo la propria volontà.

“Io vado a sbrigare delle faccende, potete andare” – comunica Palermo, cercando lo sguardo di Monica.

E quando i due dipendenti del Mariposas restano da soli, il serbo le porge la pillola.

“Ecco qui, pensa bene… sei ancora in tempo”

Ancora un altro che cerca di incidere sulla volontà della donna e lei è stanca di dover sempre dire sì.

Osserva la medicina posta sulla mano di Helsinki come se quella fosse la sua stessa libertà, una libertà a pochi passi da lei, che è pronta ad essere afferrata e goduta.

Eppure il senso del dovere continua a picchiare forte nella sua testa.

E’ davvero così pronta a spiccare il volo?

******************************************

Tokyo chiusa nella sua camera, fissa la finestra, e le stelle, quella notte più luminose che mai.

Sapere di essere in salvo le riempie il cuore di gioia.

E sentire l’euforia di Nairobi e Santiago Lopez, che ridono e parlano in salotto, seduti sul divano a viversi, le solleva l’animo.

Dopotutto, Agata merita l’amore di qualcuno.

Sbirciarli nel loro coccolarsi, però, alimenta in lei il desiderio di godere della medesima gioia.

Trovato un cellulare, posto in camera proprio dall’ispettore, Silene non esita a comporre un numero che ha ben memorizzato nella sua memoria.

“Pronto? Rio, sei tu?”
“Tokyo? Come sei riuscita a contattarmi?”

“Sono scappata, mi vida!”

“Come?”

“Ti spiegherò appena possibile. Sappi che sto bene e sento la tua mancanza. Ti giuro che quando si calmeranno le acque, verrò da te e scapperemo via da questo inferno”

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Capitolo 22
*** 21 Capitolo ***


 

Il ventiduenne Anibal Cortes è seduto al bancone del minimarket di famiglia. Annoiato, gioca con una penna che ha tra le dita, con lo sguardo perso nel vuoto.

Il ragazzo sa da ben una settimana della fuga della sua fidanzata dal Mariposas, e non è ancora riuscito, per causa di forza maggiore, ad incontrarla.

Le ha promesso di scappare insieme, ed è ciò che ha intenzione di fare, in un modo o in un altro, anche se questo significa andare contro chi lo ha messo al mondo.

“Hai finito di compilare l’inventario? Dobbiamo consegnarlo!” – lo richiama sua madre, lasciando cadere a terra, rumorosamente, degli scatoloni colmi di prodotti alimentari.

“Ehm…sì, ecco qui” – risponde il giovane, annoiato. Da quando i genitori hanno scoperto della sua relazione con Silene Olivera, alias Tokyo, sono super attenti ad ogni sua mossa; sospettano sempre quando diventa apatico o troppo silenzioso.

Iperprotettivi, contrari alla storia d’amore tra una spogliarellista e il loro adorato unigenito, i signori Cortes sono intervenuti il prima possibile, arrivando perfino ad accordarsi con Martin Berrotti per evitare gli incontri segreti tra i due amanti.

“Posso uscire adesso? O mi volete legare alla sedia?” – aggiunge il cosiddetto Rio, brontolando.

La donna gli lancia un’occhiataccia – “Ricordati quanto ci siamo detti tempo fa, mi raccomando” – riferendosi al rispetto delle regole.

“Uffa, mamma, cazzo!”
“Anibal” – lo rimprovera lei, alzando la voce, contraria a termini poco educati.

“Scusami, è che sono stanco! Sono tre settimane che mi tenete sotto stretto controllo, neanche fossi un delinquente”

“Però ti sei lasciato influenzare da una donnaccia”

E di fronte ad un appellativo inaccettabile, il ragazzo si alza dalla postazione, battendo un pugno sul tavolo – “Non…permetterti…mai più… di chiamarla così, chiaro?” – il tono di sfida, lo sguardo irascibile, spiazzano l’adulta che non riconosce più il suo adorato bambino, quello che la riempiva di baci e abbracci e la venerava come fosse una dea.

Non replica, ma trova immediatamente spalleggiamento nel marito, unitosi alla conversazione proprio allora.

“Ehi, ti sembra la maniera di rivolgerti a tua madre? Chiedi subito scusa”

Rio, stavolta, esita. E rincara la dose – “Io dò rispetto a chi ne dà a me”

“Quella poco di buono ti ha portato su una pessima strada. Ti abbiamo messo in guardia da lei” – aggiunge ancora il padre.

Verde di rabbia, il ventiduenne dà loro le spalle e si avvia all’uscita.

“Se metti piede fuori da questa casa…” – classica frase, che Anibal attendeva da tempo ormai, e che il genitore pronuncia senza ragionare.

“Non dire cose di cui puoi pentirti, caro” - gli sussurra la consorte, prendendogli la mano.

“Io non tollero comportamenti del genere, specialmente se vengono dal sangue del nostro sangue, Elvira!” – puntualizza, tornando poi a parlare al giovane. Puntandogli il dito, ripete – “Se metti piede fuori da questa casa, non potrai più tornare…capito? Mai più!”

“Paco, ti supplico, non…” – la donna è cosciente che il danno ormai è fatto e prega il coniuge di fermarsi il prima possibile.

Anibal, infatti, come previsto dalla mamma, accenna un sorriso compiaciuto, e senza pronunciare parola, tira a sé la porta d’ingresso del negozio, e lascia la sua famiglia nel dispiacere e nello sconforto.

“Ecco, visto? Te l’avevo detto? Gli hai offerto la possibilità di svincolarsi, su un piatto d’argento” – Elvira rimprovera il marito, poi cerca di raggiungere suo figlio e di farlo ragionare ma è troppo tardi.

Rio, a passo veloce, ignora i suoi richiami, e, sotto un cielo minaccioso, coperto da nuvoloni neri che promettono temporali, corre via.

Adesso sì che può considerarsi libero.

Resistere tutto questo tempo alle pressioni familiari è stato autolesionismo, e udire come definiscono la sua Tokyo è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Silene non si tocca.

Silene è la sua vita.

Silene merita rispetto.

E i Cortes si sono dimostrati incapaci di riconoscere la felicità del loro unico figlio, preferendo vivere chiusi nel loro falso mondo, fatto di apparenza, fatto di pregiudizi verso l’altro, un mondo a cui Rio non appartiene e che giorno dopo giorno sentiva sempre più stretto.

Con un cellulare quasi scarico, preso in segreto dal cassetto del bancone, di proprietà del capofamiglia, il ragazzo compone il numero della sua compagna.

Uno squillo

Due

Tre

E al quarto, una voce femminile gli fa tremare il cuore.

“Rio, amore mio! Finalmente! Che fine hai fatto? È una settimana che non ti fai vivo, mi hai fatto morire d’ansia!”

“Mi dispiace, mi vida. Ma sto bene e preparati… sto arrivando, presto sarò da te” – le comunica, trattenendo le lacrime.

La felicità sembra bussare finalmente alla loro porta. La coppia, il cui amore è da sempre stato ostacolato dalla famiglia di lui, può considerarsi libera.

Ricevuta la bellissima notizia, Tokyo comincia ad aggirarsi tra le mura della villa volteggiando, con un sorriso a 36 denti stampato sul viso.

Le due Farfalle hanno temuto per ben 7 giorni di possibili minacce o catture da parte dei loro superiori. E sapere addirittura tramite Santiago e il Commissariato che il locale ha chiuso i battenti, le ha, in parte, tranquillizzate. Sanno di cosa sono capaci Palermo e la sua ciurma, proprio per tale ragione, non abbassano mai la guardia.

Però…in compenso, stanno imparando a vivere il bello della normalità.

“Che ti prende?” – le domanda Nairobi, curiosa, intenta a dedicarsi alla pedicure.

“Amica mia” – esclama l’altra, euforica e radiosa come non mai – “Rio è riuscito a fuggire dalla casa dei suoi genitori!”

“Sul serio? Ma è fantastico!”

“Già! Adesso potremmo andare via da questa città e viverci senza paure o controlli” – afferma, sognante, riflettendo poi su un piccolo particolare – “E tu cosa hai deciso di fare? Verrai via con noi come avevano stabilito mesi fa?”

Agata, che, da principio, prima di incontrare il suo Bogotà, aveva optato per la fuga assieme alla coppietta, vede andare in fumo ogni certezza.

“Non so più cosa fare, a dire il vero!” – precisa la gitana, trovandosi ad un bivio senza uscita.

“Per via di Santiago?” – chiede Tokyo, ipotizzando si tratti della presenza dell’ispettore a frenare Nairobi dal fare le valigie quanto prima. Così aggiunge – “Beh…potrebbe venire con noi, no?”

“Toky, lui ha il suo lavoro qui. Non ho intenzione di metterlo di fronte a un aut aut”

“Però tu qui sei in pericolo, Nairo e lui ne è consapevole. Se ti ama sul serio, non avrà dubbi”

Il ragionamento, a tratti egoistico di Silene, incupisce Nairobi che, confessa, - “Non voglio perderlo, ma… no…non posso andarmene…”

“Proprio perché non vuoi perderlo, mettilo di fronte al fatto compiuto! Vedrai che sarà la prova del nove, hermana, perché capirai cosa nutre davvero per te! Anche se io sono stracerta del suo amore”

Agata è dubbiosa in merito - “Come puoi esserne sicura? In fondo, chi deciderebbe, su due piedi, di partire in vista di una meta sconosciuta, perdendo lavoro e stabilità? Io no, e tu nemmeno. Perché mai lui dovrebbe?”

Di fronte alla estrema resistenza di Nairobi, la Olivera non insiste, lasciandole il tempo per fare ordine tra le sue priorità di vita.

“Allora, amica mia, pensaci bene. Perché se vuoi rimanere, devi essere cosciente di cosa potrebbe accaderti”

“Lo so bene, cosa credi? Mi costa caro. La vecchia Nairobi non avrebbe esitato. Ero io, tempo fa, a sognare la fuga e ad orchestrarla assieme a te, ricordi? Però adesso…” – fa una pausa, respira profondamente e prosegue – “… adesso non so più cosa è bene per me…!”

“Dai la priorità a te stessa, amica mia! Capito?”

Agata annuisce, tornando a dedicarsi allo smalto rosso sulle unghie, mentre Tokyo torna a volteggiare di felicità in tutta casa, lieta di poter finalmente riabbracciare il suo amato Rio.

Alla gitana invece restano solo tanti dubbi e l’amaro in bocca.

Vorrebbe restare con Santiago, e viversi il loro amore, ma lontano da lì. Sa di non poterlo costringere a fuggire insieme dalla sua routine…e soprattutto, il Mariposas le ha ben detto di ricordare che Axel potrebbe non esserle mai restituito se sgarra di un solo passo.

E la sua fuga, non cosciente, ma orchestrata da Tokyo e Manila, la pone in allerta.

Andarsene significherebbe lasciare il bambino a loro, e lei non può permetterlo.

È questo che la trattiene dal seguire il cuore e anche dal porre l’ispettore di fronte alla scelta di vita futura.

Non sa se parlarne con Bogotà potrebbe essere la cosa migliore, e così, si chiude nella sua apatia.

*********************************

Anibal Cortes al corrente dell’indirizzo dove si nascondono le Mariposas, si appresta a raggiungerle con i mezzi pubblici.

Da quando ha avuto a che fare con la gente del Night Club avverte una strana sensazione, ovvero quella di sentirsi spiato.

Scruta le persone sull’autobus, sospettando di ciascuna di loro. Che tra quella gente, decisamente presa dai propri affari, si nasconda il nemico?! Un timore che il ventiduenne vince facilmente, appena giunto alla sua fermata.

Nessuno lo segue, nessuno ha osservato le sue mosse, nessuno appare un tipo losco da cui tutelarsi.

Sceso dalla corriera, è chiamato ad affrontare la pioggia a dirotto.

“Cazzo, una fortuna dietro l’altra…adesso anche il temporale!” – brontola, aprendo un piccolo ombrello, cedutogli dall’autista.

Velocizza il passo, sfidando l’acqua che cade violenta, percorre il tratto di strada indicatogli da Tokyo durante la loro telefonata.

Eppure, la paranoia di ipotetici pericoli da ogni dove, lo costringe a correre il più veloce possibile.

Non è mai stato un codardo, un fifone che al minimo rumore si nasconde sotto la gonnella di mamma; piuttosto, ha dimostrato coraggio da vendere perfino quando, mesi prima, Martin Berrotti si presentò al Minimarket per minacciarlo di stare lontano da Silene.

Impossibile dimenticare con quale prepotenza ed arroganza il proprietario del Mariposas giunse lì, erigendosi a boss assoluto a cui tutti devono rispetto.

Anibal gli ha tenuto testa fino a quando ha potuto…fino a quando tale Palermo l’ha ricattato dicendogli di poter recare male a Tokyo in qualunque momento.

Adesso, l’ansia maggiore che lo domina è proprio questa: se Berrotti riuscisse a trovare le due ragazze, cosa potrebbe mai accadere? Al solo pensiero gli si accappona la pelle.

Ormai è prossimo alla meta, e la tensione inizia a scemare.

“Fiu” – esclama, quando anche la pioggia sembra cessare.

Una villa, immensa, è a pochi passi da lui.

“Mi vida, eccomi, sto arrivando” – commenta tra se e se, ad alta voce.

Avanza, sempre di più, quando un rumore lo trattiene... si tratta della frenata di una gip e delle luci dei fanali che lo accecano.

“Cazzo” – esclama, certo di trovarsi davvero nei casini.

*************************************

“E’ ora di cena, possibile che di Bogotà neanche l’ombra?” – si chiede Agata, preoccupata, camminando avanti e indietro nel salone principale.

“Forse l’hanno bloccato al Commissariato più del dovuto” – ipotizza Silene, rubando del pane da tavola, affamata – “A proposito, chissà se gli hanno dato notizie sul Mariposas. Questa chiusura per ben una settimana, mi sorprende! Che Palermo abbia finalmente deciso di darsi al burraco?” – compiaciuta del brutto finale del locale, Tokyo mette in bocca il cibo, ridendo di gusto – “Direi di brindare, amica mia”

Ma Nairobi è poco convinta che le cose siano finite così facilmente. E i lividi che porta sul corpo sono soltanto una minima prova di cosa la mente che serpeggia al Night Club sia capace di fare. 

“Non abbassiamo la guardia”

“Certo che no, io è questione di giorni e sarò lontana da qui. Mi preoccupi tu, invece…”

“Dai, Toky, per favore, non apriamo di nuovo questo discorso”

L’altra alza le mani in segno di resa; non intende agitare l’amica più di quanto non lo sia già.

Il rumore del chiavistello, all’ingresso, le fa sobbalzare.

È Nairobi a correre verso la porta, mentre l’amica, dietro di lei, continua a mordicchiare la crosta del suo pane.

L’ispettore, intento a liberarsi degli scarponi, viene accolto dalle braccia della zingara -“Bogotà, finalmente! Mi hai fatto stare in pensiero”

“Ehm…tranquilla, sono qui” – la rassicura, stringendola a sé, con un bacio sulla fronte. Da quando Agata ha cominciato a fidarsi di Santiago, avverte la sua presenza come una necessità. Non riesce più a staccarsi.

E pensare, addirittura, di lasciare Madrid assieme a Rio e Tokyo, diventa un’idea decisamente impossibile per il suo stato emotivo.

La lotta tra mente e cuore continua dentro di lei, incessantemente!

Tale ricerca di sicurezza, un lato del carattere della gitana, da sempre ben celato, finalmente viene tirato fuori.

Complice l’amore che nutre per Lopez, oppure i tanti timori sorti in seguito alla brutta vicenda del Mariposas.

“E pensare che ti mostravi come una pantera!” – scherza lui, spostandole una ciocca dal viso.

“Anche le pantere a volte sentono il bisogno di essere coccolate” – spiega lei, avvinghiandosi al suo petto.

“Se ogni volta che torno, a fine turno, mi accogli così, farò tardi sempre” - il quarantaduenne gradisce l’accoglienza riservatagli dopo una pesante giornataccia di lavoro, e gode di quel momento.

“Non provarci nemmeno” – quel commento, a tratti minaccioso e a tratti giocoso, crea ilarità.

“Su, dai datevi questo bacio e andiamo a cenare, ho una fame da lupi” – sdrammatizza Tokyo, facendogli la linguaccia - “Beati voi che stanotte farete le ore piccole, a me tocca dormire da sola fin quando il mio amore non arriverà”

“Chi? Cortes?” – chiede Santiago, cingendo la vita di Nairobi e appoggiando il mento sulla sua spalla.

“Rio…si chiama così, capito?” – precisa la Olivera.

“Ah, beh… se si tratta di questo “Rio”…ti consiglio di aggiungere un posto alla nostra tavolata”
“Che?” – esclama Silene, confusa.

L’ispettore, allora, molla la sua compagna, si volta verso l’uscio e fa cenno a qualcuno di avanzare. 

“Ciao…” – timidamente, fa il suo ingresso proprio lui, Anibal.

“Rio!” – esclama Agata, sconvolta, portandosi una mano sulla bocca.

“Mi vida” – grida Tokyo, non trattenendo la gioia.

“Che fai? Non mi saluti?” – le dice, aprendo le braccia in attesa di accoglierla a sé e respirare quel profumo che tanto gli è mancato.

E Silene lo accontenta subito, compiacendo anche il suo stesso cuore.

Gli salta addosso, aggrappandosi con le gambe alla sua cinta e, sotto gli occhi commossi di Nairobi e dell’ispettore, i due amanti si ritrovano in un bacio lungo, profondo, atteso, e decisamente passionale.

“Dove l’hai incontrato?” – sussurra Agata al compagno.

“Era qui davanti. L’ho interrogato per bene, da bravo ispettore, mi sono accorto della sua sincerità ed eccolo qui” – spiega Lopez.

La gitana gli sorride, fiera, dandogli un tenero bacio sulla guancia.

“Come potrei andarmene e lasciarti qui” – pensa Nairobi, riflettendo sul discorso affrontato con l’amica.

“Ehm, dovremmo andare a cena o si fredda tutto” – interviene poi Santiago, dispiaciuto di interrompere la scena emozionante.

“Certo” – afferma, radiosa, Silene – “Hai ragione” - mano nella mano con il suo ritrovato Rio si può finalmente brindare alla ritrovata libertà.

“A proposito…” – aggiunge ancora l’ispettore – “…sentiti come fossi a casa tua”

“Grazie, grazie di cuore”

“Bentornato tra noi” – lo abbraccia Agata, vedendo ricomporsi, man mano, i pezzi della sua vita.

Manca il tassello fondamentale, però. Quel tassello per cui, chi comanda il Night Club, la tiene sotto scacco.

Axel.

La sua consolazione è sentire la vicinanza di Bogotà, il solo che potrebbe colmare quel senso di vuoto e garantirle la serenità che merita da sempre.

“La cena è stata ottima” – si complimenta l’ispettore, sdraiato sul letto che osserva estasiato Agata, in piedi di fronte allo specchio.

La gitana è alle prese con una crema corpo che spalma, delicatamente, sulle braccia e sul decolté.

Da quanto tempo non si prendeva cura della propria persona in maniera così minuziosa!

Nonostante il benessere del momento, la zingara ha la testa altrove.

Non si accorge neppure che l’uomo si è alzato dal letto ed è esattamente alle sue spalle.

Le braccia di lui si adagiano, con dolcezza, sui suoi fianchi, e può sentire la barba dell’uomo pungerle sul collo. Il respiro caldo di Santiago, le mani che viaggiano lungo tutto il suo corpo, arrivando ad abbassarle la spallina della vestaglia da notte, sono il chiaro segnale di un desiderio che divampa.

Nairobi cerca di non pensare a nulla, cedendo a quei gesti, lasciandosi andare, e per la prima volta, non prendendo controllo della situazione.

“Tutto bene? Ti vedo strana” – precisa l’ispettore, quando, entrambi sotto le lenzuola, dopo i teneri ed eccitanti preliminari, sono prossimi al momento intimo.

Agata si chiude nel silenzio; non trova le parole giuste per esprimersi, mentre di sottofondo il rumore proveniente dalla camera di Tokyo fa intendere che anche l’altra coppia gode del ritrovato amore.

“Ho sbagliato in qualcosa? Ti prego, dimmelo se è così. Non voglio farti sentire a disagio”

“No, no” – finalmente apre bocca per rasserenarlo, lo bacia sulle labbra e aggiunge – “Non sei tu”

“E allora cosa succede?”

“Non sei mai stato tu! Sono io il problema”

L’espressione disorientata del quarantaduenne esorta Agata a spiegarsi meglio - “La vecchia Nairobi si sarebbe sfogata in altri modi, come sta facendo adesso Tokyo con Rio!”

“Già… lo so” – le sorride timidamente lui. Ma la sua voce rassicurante, continua – “Amore mio, se ti spaventa qualcosa o qualcuno, devi parlarmene, ci penserò io”

“Sei così dolce e premuroso” – è così felice di avere accanto una persona tanto speciale che non esita a dirglielo, accarezzandolo e osservandolo come fosse il suo tesoro più grande.

“Sai, prima di conoscerti, io avevo altri piani…”

“In che senso?”

Tirandosi su, sollevando il cuscino per potersi distendere meglio, la zingara rivela - “Immaginavamo il giorno in cui, fuori dal Mariposas, saremmo potute scappare via”

“E lo avete fatto, siete scappate via. Siete state super coraggiose!”
Agata scuote il capo – “Non intendo questo. Dico … andarcene da Madrid…per sempre!”

“Beh, ma perché non c’ero io…adesso che siete qui, io vi proteggerò, non c’è bisogno di lasciare la città”

Gli occhi lucidi della gitana lasciano emergere altro… e l’ispettore coglie il nocciolo della questione - “Nairo, cosa stai cercando di dirmi?” – sente la terra tremargli sotto i piedi quando gli appare dinnanzi la solita scena: una donna che dice di amarlo e che poi va via – “Mi stai mollando?”

“No, ascolta, Bogotà. Con il ritorno di Rio, Silene mi ha ricordata della partenza che avevamo organizzato insieme, e…”

“Te ne vuoi andare con loro?”

“Non lo so!” – spiega, amareggiata.

Saperla dubbiosa sulla scelta di sparire dalla sua vita, delude Lopez che, non controllandosi, commenta - “Sei come le altre…anche tu”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Come tutte quelle che mi parlavano di amore e sentimenti e che alla prima occasione, mi hanno lasciato!”

“Non è affatto così! Sai bene quanto io sia in pericolo rimanendo a pochi passi da quelli lì…la faccenda è seria! Non è la stessa cosa delle tue ex”

“Ci sono io, cazzo, Nairobi. Io! Possibile che non riesci a capirlo? Nessuno ti torcerà un solo capello!”

Ma Agata non replica. Lo osserva riconoscendo nei suoi occhi un dolore penetrante che combacia esattamente con il suo.

“Io ancora non ho preso la mia decisione!”

“Beh, sai che ti dico? Fa’ come vuoi!” – si alza dal letto, rivestendosi, nervosamente.

Il tutto sotto lo sguardo della gitana che, cambiando umore, gli risponde - “Prima hai voluto sapere cosa mi turbava, e adesso che lo sai ti stai infuriando! Lo vedi che facevo meglio a tenermi tutto dentro?”

“No, no! Troppo facile dare la colpa a me ora. Io sarei il responsabile perché ti ho vista star giù e volevo aiutarti? Non funziona così, Agata”

Si allontana, dirigendosi alla porta.

“Ora dove vai?” – chiede la donna, dispiaciuta di averlo ferito, ma al contempo frustrata nel doversi sentire sempre e comunque la sola colpevole.

“Voglio stare da solo. Buonanotte” – con il cuore in pezzi e la sensazione di aver sbagliato donna, per l’ennesima volta, Lopez lascia la camera, sbattendo con forza l’uscio e si chiude nella propria.

Coricatosi, solo con se stesso, sfoga in un lungo pianto la sua delusione.

 

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Capitolo 23
*** 22 Capitolo ***


Quella notte, Nairobi e Bogotà la trascorrono separati, dopo aver dormito assieme per un’intera settimana, durante la quale hanno imparato ad accettare ed accogliere uno la presenza dell’altra. Una lenta scoperta di quell’intenso sentimento chiamato amore che non credevano possibile poter provare ancora.

Se, da una parte, c’è Agata, intenta a spiegarsi le ragioni del comportamento di Santiago, metabolizzando l’idea che, forse, non la ama al punto tale da offrirle la possibilità di scegliere per se stessa, dall’altra parte c’è proprio l’ispettore, chiusosi tra le pareti di quella camera, seduto sul tappeto, con il viso rivolto alla finestra e gli occhi fissi su una luna, quella notte più luminosa che mai.

Combatte contro un piccolo io interiore che gli ripete “Lei è come le altre!”, “Non fidarti o soffrirai”… pensieri che lo turbano rendendo difficile guardare all’accaduto con lucidità.

Avrebbe molto da rimproverarsi, ma non lo fa! Sente, in fondo, di non essere nel torto.

Dopotutto, lui le ha salvato la vita, l’ha portata nella sua casa, le ha offerto la serenità e il suo amore, promettendole di proteggerla da chiunque potesse recarle offese.

E Nairobi come contraccambia? Pensando di lasciarlo a Madrid, scappando via alla prima occasione con Tokyo e Rio.

Pensa e ripensa a questo, quando, invece, il suo cuore continua a battere forte per Agata. I sentimenti non possono sopprimersi in un battibaleno, specialmente se intensi e sinceri.

Se la testa dice di mandare tutto a puttane e non farsi prendere in giro, come accaduto ben sette volte in più di dieci lunghi anni, l’amore che sente per la gitana è talmente incisivo da contrapporre a tale freddezza il peso della sua stessa coscienza.

Già! Il cuore gli ribadisce di riflettere sulla sua estrema reazione, ingiustificata, e su come, al contrario, sarebbe dovuto rimanere accanto alla donna, anziché prenderne le distanze.

Quante volte ha scelto di seguire una logica sbagliata, fatta di “Chiudo per sempre”, “Basta prese per il culo”, “La colpa è solo di lei” … e sta optando, ancora una volta, per questo modo di pensare tutt’altro che piacevole.

E mentre rimugina, in silenzio, assistendo, consapevole, ad un litigio interiore tra ragione e sentimento, Lopez si estranea dal mondo, e socchiudendo gli occhi, lascia che il flash di un passato recente ma di cui non ha mai avuto nitida memoria, riaffiorasse come per magia.

 

FLASHBACK

 

È tarda notte e l’ispettore percorre un tratto di strada, a piedi, per raggiungere la sua auto, parcheggiata, quel giorno, distante dal Commissariato.

Ha ricevuto il messaggio da una delle sue tante ex che gli rammenta l’assegno di mantenimento.

Infastidito, visto il rancore che persiste nei riguardi della ultima delle sue compagne, le manda un secco “Ok! Ciao”, non chiedendo neppure notizie su sua figlia Ivana.

La relazione con l’ucraina Maria, una donna di incredibile bellezza, dai capelli biondissimi e gli occhi celesti, la cui grinta lo lasciò di stucco sin dal loro primo incontro casuale, è stata messa a dura prova dalla lontananza. Lei a Odessa, lui a Madrid. Una storia che avrebbe potuto avere un prosieguo se non fosse stato per un secondo uomo, comparso dal nulla, che seppe conquistarla, strappandogliela via.

Quindi, il loro è stato un amore nato all’improvviso e terminato all’improvviso. Ad unirli è stata, però, la nascita di una bambina, la più giovane dei figli di Bogotà, di cui l’ispettore, ad oggi, sa poco e niente. A parte qualche fotografia, qui e lì, e degli sms che si scambiano, sotto la supervisione di mamma Maria, tra padre e figlia, così come con gli altri sei eredi, non esiste legame affettivo reciproco.

Proprio quella notte, qualcosa nella vita di lui cambierà, portandolo a riflettere sulle priorità di vita. Esattamente dopo ciò che sta per accadergli, inizierà a vivere pensando a quanto ha perduto nelle relazioni con i suoi bambini.

Delle grida spaventose si odono da un vicolo isolato. È notte fonda, nessuno gironzola per quelle stradine. È Santiago, che il destino ha voluto da quelle parti, a notare il fatto.

“Cosa cazzo…!” – esclama, correndo nella direzione da cui sono ben riconoscibili voci maschili che sovrastano una femminile, evidentemente in pericolo.

Una donna di cui, ancora adesso, il quarantaduenne ha pochi ricordi, è tenuta stretta da un tipo, mentre un altro cerca di alzarle la gonna, ripetendole di punirla in qualche modo per qualcosa.

“Che cazzo state facendo? Lasciatela stare, figli di puttana”

Due strani tizi, con l’aria tutt’altro che rassicurante, avevano preso di mira quella giovane che cerca di ribellarsi, di difendersi come meglio può, che grida di non essere toccata.

Ma uno contro due non è vantaggioso.

Inizia una colluttazione che si conclude male…molto male!

“Lasciatela stare, bastardi”

“Altrimenti cosa ci fai? Sfigato!”

“Vada via, non si preoccupi”

“Hai sentito la ragazza? Vattene, che qui vogliamo la nostra privacy”

Furioso come non mai, l’ispettore tira fuori la sua di pistola puntandola contro i due pericolosi personaggi.

“Uhh che paura” – ridacchia il più alto dei malfattori, tirando fuori la sua di arma – “Vediamo chi la vince questa partita”

“Un coglione che salva una farfalla indifesa, sei patetico” – l’altro lo beffeggia.

“Per favore, lasciatelo stare. Si è solo preoccupato vedendomi qui. Vengo con voi, vi supplico, non fategli male” – la preghiera, sussurrata, dalla donna al suo molestatore, convince, apparentemente, i due che, al momento, optano per quella soluzione.

“Vada via, prima che cambiamo idea”

Trascinando la sconosciuta per un braccio, i malfattori ignorano le minacce di Santiago che continua ad ordinargli di liberarla.

Così, lanciandosi un’occhiata complice, i criminali mettono in atto la mossa finale.

Uno prosegue il cammino, con la vittima, ben stretta a sé, l’altro torna indietro, raggiungendo, con aria di sfida, Lopez.

“Le consiglio di non intromettersi! Potrebbe finire male”

Lo sguardo minaccioso e tagliente non spaventa Bogotà che, mostra il suo coraggio fino in fondo.

E proprio quando cerca di schivarlo per correre dietro alla ragazza da salvare, condotta chissà dove, Santiago riceve il primo pugno.

Un pugno che non ha previsto, che non è stato in grado di respingere. Al primo ne seguono molti altri.

Segue una colluttazione che lo mette k.o.

Un calcio definitivo poi la fuga del malvivente, convinto di aver eliminato il problema.

Privo di coscienza, con gravi danni anche alla testa, Santiago Lopez viene soccorso per miracolo.

Di quella notte, del volto della giovane, così come dei malfattori, Santiago ha pochi frammenti. Sa solo che quando ha riaperto gli occhi, era in ospedale, con enormi buchi di memoria e lancinanti dolori fisici.

Adesso, intento a riflettere sulla sua lotta interiore, i frame di quella notte, riemergono.

Non sa spiegarsi il motivo. E l’immagine di quella ragazza, di cui ha sempre avuto visioni poco nitide, si fa sempre più vivida.

Un dettaglio, a tratti inquietante, lo fa impallidire.

La farfalla…

Lo stesso disegno dell’insegna del Mariposas… identico… ciondolava al collo della sconosciuta.

“Cazzo, era una di loro” – esclama, mentre nella testa tutto si fa sempre più dettagliato.

I capelli di lei…gli occhi… la pelle…gli indumenti…perfino la voce!

Un tonfo al cuore per lui che, istintivamente, prende il telefonino, dimenticando l’orario, e contatta Daniel Ramos, rincasato da Lisbona ben cinque giorni prima, senza aver ricavato nulla dalle indagini sul loco.

“Ehi, amico, ma ti pare questa l’ora di chiamarmi?”

“Scusami, è che… ho ricordato la notte che sono stato sparato” – la tensione è percepibile dal modo in cui parla, dall’affanno, e dalla voce poco chiara.

“Che?” – chiede, confuso, e assonnato, il trentenne.

“Ecco perché quel locale mi ha decisamente destabilizzato. Io devo aver avuto qualche incontro con gente del posto…e la vittima che ho aiutato contro dei criminali era una di loro…”
“Di loro, chi?” – Ramos non connette, essendo ancora in balia del sonno.

“Una delle Farfalle! E il suo viso diventa ogni secondo che passa più chiaro”

“La conosciamo?”

“Non solo la conosciamo…è la persona che stiamo cercando da giorni!! E’ Raquel Murillo”

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Capitolo 24
*** 23 Capitolo ***


Raquel Murillo! Ecco chi è la donna misteriosa che ombreggia tra i ricordi di Santiago. E’ trascorso, da quell’accadimento, più di un anno, un anno di ripresa fisica e psicologica, durante il quale l’ispettore ha lottato contro se stesso, contro buchi di memoria, contro un vero e proprio tarlo.

Avvertito Daniel circa la rivelazione su Lisbona, il quarantaduenne si appresta ad attendere l’arrivo del collega per discuterne, in piena tranquillità, lontani perfino da gente che, al Commissariato, non fa’ che dare fastidio e provocare. Infatti, da quando Ramos ha fatto ritorno dal Portogallo, riprendendo con Lopez, il ruolo di capo nella risoluzione del caso Mariposas, qualcuno non smette di punzecchiare. E questo qualcuno è Gandia, proprio colui che, approfittando dell’assenza dei due, pur di mandargli a puttane il lavoro svolto, ha permesso la riapertura del Night Club. Ad oggi, con la chiusura improvvisa e inspiegabile del locale, il lavoro di Cesar si è interrotto bruscamente, e, di conseguenza, l’uomo continua a covare rancore verso i colleghi che considera totalmente inesperti e perfino raccomandati.

Mentre Santiago aspetta l’arrivo del socio, si aggira per casa. Una doccia al volo, cambio abito, sistemazione di carte su cui annotare indizi o ipotesi varie… circola più volte davanti la stanza di Nairobi, cercando di non dar peso alla presenza di lei lì dentro.

La discussione avuta qualche ora prima gli causa una pazzesca morsa allo stomaco.

“Lascia perdere, lascia perdere, lascia perdere” – continua a ripetersi, per impedire all’impulsività di entrare in gioco e di spalancare quell’uscio raggiungendo la donna.

Quest’ultima, rimasta sveglia, lo sente eccome. Si accorge dei passi nervosi di qualcuno, passi che riconosce immediatamente.

Ma troppi pensieri le affollano la mente per darle modo di mettere in stand by l’orgoglio.

Lei lo desidera, desidera chiarire con il suo Bogotà, però desidera anche sentirsi libera di scegliere per la sua vita.

Non sa cosa fare.

Martin Berrotti l’ha ricattata per anni, costringendola a non uscire dal Mariposas, usando a suo vantaggio la carta del figlio scomparso. Ma l’ispettore, con la sua estrema reazione, le sta impedendo, allo stesso modo, di prendere decisioni per il proprio bene.

Rimugina su quanto prova dentro, cercando di mettere un punto alla faccenda legata al Mariposas.  Adesso che l’hanno portata via da quell’inferno, Nairobi diventa sempre più cosciente che, forse, Palermo non ha mai saputo nulla di Axel, e che ha semplicemente sfruttato la condizione di mamma in pena, per trattenere la gitana e metterla a tacere.

Quanto di ciò che le fu promesso al suo arrivo, è andato in fumo! E tra questi, Palermo è una delle più sconvolgenti delusioni.

E mentre pensa a quanti cambiamenti ha visto tra le mura del Night Club, e quanto dolore vi ha patito, Agata viene spiazzata da un lontano frammento di memoria, legato esattamente al suo bambino, ad un Martin Berrotti differente da quello attuale…e non solo! Il frame riguarda anche un altro soggetto.

*****************

“Forza, Agata, spingi! Ci siamo quasi…dai”

“Non ce la faccio più!” – in un bagno di sudore, esausta, e prossima a cedere alla debolezza, una giovanissima Nairobi, chiusa da ben sette mesi in un luogo che ha imparato a considerare casa, è alle prese con uno dei momenti più intensi della sua esistenza.

“Cazzo, ma fa malissimo, Martin, non puoi immaginare…”

“Sei o non sei una leonessa? Mostra la tua vera essenza. Ce la puoi fare, hai più palle di tanti uomini che io abbia mai incontrato in quarant’anni di vita”

Strano da immaginare, ma è proprio Berrotti, l’attuale nemico numero uno di Nairobi, colui che la aiuta durante il parto.

“Credo che questi attributi di cui parli mi servono ben poco ora… ahi!” – controbatte la ragazza, piegata dal dolore.

Sembra arrendersi, nonostante le belle parole di Martin.

L’arrivo di una persona, alle spalle dell’argentino posizionato tra le gambe della zingara, precede la nascita del bebé.

“Salvador” – esclama, invitandolo a prenderle la mano.

L’uomo, sulla trentina o poco più, di fascino alquanto innegabile, con indosso un cappotto nero, elegante, le accenna un sorriso, e la invita a seguire le indicazioni del socio.

“Fidati di Martin! Spingi”

Palermo le ordina di farlo subito, per evitare problemi al neonato.

E Agata, forte del sostegno di chi ha imparato a voler bene, di chi le ha dimostrato sincerità e protezione, concentra tutte le sue energie rimanenti in un ultimo decisivo sforzo.

È così che è venuto alla luce il piccolo Axel, e quel pianto è musica per le orecchie della ventitreenne…il suono più bello che potesse mai sognare di ascoltare.

Mai come in quel momento sente di aver trovato una ragione per vivere. La ragione più importante che esista al mondo.

“E’ un maschio” – esclama Palermo, mostrandole un fagotto sporco di sangue che adagia subito sul petto della neo mamma.

“Ben fatto, Agata!” – si complimenta il tipo, sedutole di fianco, dandole un bacio sul capo.

“Piccolo mio, sei bellissimo” – si commuove lei.

Come avrebbe potuto sbarazzarsi di una creatura così, cedendo all’ordine della famiglia di abortire.

Quell’errore commesso in discoteca, assieme al ragazzo che l’ha presa in giro, usandola solo per divertimento, è stato il migliore che potesse commettere.

“Non so come altro ringraziarvi per quello che avete fatto per me…e per lui” – si rivolge ai due, intenti a conversare tra loro.

“Merito tuo, mia cara, ora dallo a me. Gli farò tutti i controlli dovuti, un bel bagnetto, e poi toccherà di nuovo a te. Deve mangiare quanto prima” – così dicendo, Palermo prende in braccio Axel e, dopo aver scambiato uno sguardo complice con il suo socio, si allontana.

Nairobi, esausta ma felice, probabilmente anche poco lucida dopo un momento così intenso, ode una confessione incredibile di quel tale Salvador.

L’uomo dice alla gitana di essersi innamorato di lei e di volerla come moglie. Avrebbe preso Axel come suo figlio, crescendolo nel migliore dei modi.

La stessa Agata vede in lui una sicurezza dal mondo esterno e accetta.

Non lo ama, però gli vuole bene. Questo le basta per dire Si.

Un Si che da lì in poi vedrà vacillare l’amicizia con Martin Berrotti.

Unirsi al capo del Night Club, spinge la zingara ad accettare di entrare nella cerchia delle Farfalle.

Si sente in debito verso quell’uomo e verso la vita che le sta regalando.

“Unisciti alle nostre Farfalle. Qui sarai al sicuro, e anche il piccolo” – questa è la proposta.

“Dovrei diventare una vostra spogliarellista?”  

“Farfalla…non spogliarellista!” – precisa Palermo, decisamente seccato.

È passato un mese dal parto e dalla confessione d’amore di Salvador.

“Fa’ lo stesso, in fondo dovrò spogliarmi per degli uomini. No?”

“La differenza è che qui sei libera da vincoli, da matrimoni combinati; poi hai me, hai una sicurezza, hai il futuro garantito per quel bambino…nostro figlio”

“Nostro figlio?” – sentirgli dire parole così dolci le toccano il cuore, mentre Palermo sente solo un forte disgusto verso una lei che magicamente non sopporta più.

Tante belle parole che ad una giovane donna, con poche certezze nella vita, bastano ad abbassare la guardia. Se, i primi tempi, era restia, avendo imparato da esperienze passate che alcuni uomini sono imprevedibili e falsi, con il passare dei mesi ha riconosciuto in chi le ha dato una mano un’ancora di salvezza.

La gravidanza è stata fantastica: non mancava giorno che Martin si recasse nella sua stanza per portarle la colazione al letto, o che le cambiasse le lenzuola, le portasse abiti nuovi… tutti la trattavano come una regina.

Perfino i due buttafuori, due serbi grandi e grossi, la rispettavano, come se il suo arrivo fosse stato una vera e propria benedizione.

 

Ad oggi, Nairobi sa che tali gesti erano spinti dal desiderio di allargare il giro di Mariposas.

 

Infatti, dopo aver accettato, cominciò a “lavorare”. Firmò un protocollo, con clausole a cui badò poco, ma che le promettevano libertà, nonostante tutto.

 

Presa in giro colossale, visto quanto accade successivamente.

 

Il suo Salvador, tanto premuroso con lei, comincia ad avere, nei suoi riguardi, una strana attenzione. Non l’attenzione di chi vuole proteggerla, ma l’attenzione di chi vuole da lei altro.

Agata ricorda bene quanto, qualche mese dopo il parto, tale Salvador muta atteggiamento, presentandosi nella sua camera, rivelandole - “I clienti mi hanno confessato che sei la più sexy delle Farfalle, sai?”

“Sul serio?”

“Alcuni avanzano proposte tutt’altro che pulite”

“Che? E gli hai detto che io non mi concedo a nessuno?”

“Eh, a dire il vero, loro ti vorrebbero più audace...”

“In che senso? Io sono questa, che gli piaccia o meno”

Ma il viso dell’uomo è piuttosto serio e preoccupato, al punto tale che le confessa - “Sono nei casini con un cliente. Mi minaccia, ha detto che se non vede che qui si lavora come Dio comanda, me la farà scontare”

“Che cosa? roba da matti, è da denuncia. Cosa vuole intendere con “lavorare come Dio comanda”? vuole che noi Mariposas andiamo a letto con lui?”

Il tipo non nega, anzi. Le rivela un dettaglio – “Non che le Mariposas… ma che UNA Mariposas..”

“Io?” – esclama, sconvolta.

“Solo tu puoi aiutarmi”

“Devo vendermi? Cazzo, Salvador, ma è una delle clausole del protocollo, o sbaglio? Noi Farfalle non siamo autorizzate a fare sesso con nessuno se non per nostra volontà”

“Appunto”-  commenta lui, facendole intuire che deve anche mostrarsi consenziente nel fare ciò che va’ fatto.

Scioccata e terrorizzata da un mondo che mai avrebbe immaginato così, Agata lo vede inginocchiarsi di fronte a lei e supplicarla – “Ti scongiuro”

Quello è l’inizio della fine di Agata e del sopraggiungere di Nairobi, della donna che non chiede mai, di quella mangiauomini aggressiva e a tratti volgare che era, assieme a Tokyo, la più amata dalla clientela.

“Potrei limitarmi a…sedurlo?” – tali parole sono una sorta di cedimento della gitana, che, amareggiata e impaurita, cerca di dover fare del lavoro sporco un po' alla volta.

“E’ un inizio” – spiega l’uomo, capendo di averla ormai convinta.

La gitana apprende, tramite Salvador, le migliori tattiche per far impazzire gli uomini. Lui le insegna a giocare con l’erotismo, modificando il suo modo di camminare, di parlare, di divertirsi.

Così, dalla prima richiesta, divenuta un obbligo, Nairobi sopprime la sua vera natura, per compiacere chi le prometteva amore, e che invece la utilizzava per i propri sporchi fini.

Si accorge di essere usata quando, alla vigilia del terzo compleanno di Axel, trova un biglietto di Salvador che le dice che sarebbe partito e non avrebbe mai più rimesso piede lì, mandando, così, al diavolo la loro “relazione”, l’ipotetico matrimonio, il ruolo di padre del bambino, e distrugge la stabilità che, in qualche modo, la zingara era riuscita a costruirsi.

Sentitasi abbandonata, tradita, e senza speranze, la Farfalla, così come le sue colleghe, non ha più un ruolo privilegiato agli occhi di chi al potere. Senza Salvador, lei è al pari delle altre. Viene affidata al controllo di Palermo il quale, divenutole sempre più ostile, la controlla a vista, rammentandole il suo ruolo dominante a cui lei deve sottostare.

Non ha più alcuna libertà, non ha più certezze.

Le resta soltanto Axel.

Per ora…

 

Al ricordo di quei momenti, Nairobi, seduta a terra, nella camera di villa Lopez, trattiene le sue emozioni più del dovuto.

Quanto ha dovuto sopportare nella sua vita prima di allora!

E Santiago le è sembrato la via d’uscita da tale agonia. Proprio come le sembrò, all’epoca, Salvador!

C’è un abisso, però, tra i due uomini. Uno la usava, l’altro la ama davvero.

E proprio il sentimento che la lega a lui, la frena nel prendere la decisione finale.

Madrid le ricorda troppo il male sopportato negli anni, e una boccata d’aria pulita le può fare solo che bene. Ma, dall’altro lato, che senso avrebbe vivere una vita a metà, sapendo una parte del suo cuore, distante km da lei?

Ha già perduto Axel, non può perdere un altro fondamentale pezzo di sé.

 

“Nairo, che succede? Perché stai urlando?”

“Cazzo, Tokyo! Axel è sparito!”

“Come, è sparito? Che significa?”
“Che non è qui, non è al primo piano, non è in giardino…”

Quella notte, durante la quale Agata viene costretta da Palermo a fare gli straordinari vista la febbre di una collega, diventa l’incubo di una mamma che perde suo figlio.

Tutto il Mariposas si mette alla ricerca, perfino Martin, consultatosi con il suo Superiore, il signor Dalì, nuovo boss assoluto da ormai un paio di mesi.

Di Axel nessuna traccia.

La vita che ha preso in giro la gitana sin dal principio, continua a farlo. La priva della unica fonte di felicità.

Da quel momento in poi, nulla sarà più come prima.

Agata smette di esistere, di lei resta un corpo che si spegne, che si abbatte, e che diventa, inevitabilmente, di proprietà del Mariposas.

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Capitolo 25
*** 24 Capitolo ***


24 CAPITOLO

 

La chiusura del Mariposas, che persiste da ormai sette giorni, è un evento particolarmente significativo per chi vi lavora da anni. Non è mai accaduto che ci fosse un periodo di pausa tanto lungo.

E di questo si meravigliano i pochi dipendenti ancora residenti tra quelle mura, mentre assistono, impassibili, ai grandi cambiamenti previsti per il rinnovo del locale.

Martin Berrotti ha scelto il modus operandi migliore che giustificasse la decisione di serrare il Night Club.

Quale scusa più adeguata se non quella del rassetto del posto?

E non si tratta solo di ritinteggiare le pareti, cambiare gli arredamenti, o ampliare le zone privé…in una settimana il riordino prevede anche faccende di altro tipo.

“Allora? Si è ripresa? Come sta?”

“Fortunatamente è sana e salva! Tranquillo che appena possibile Manila sarà in piene forze e tornerà al suo lavoro”

Spiega il signor Dalì, in una delle quotidiane conversazioni, faccia a faccia, con Palermo.

“Piuttosto…” – continua poi – “Tua sorella ha deciso cosa fare con la storia della gravidanza?

Berrotti è molto preoccupato per le scelte di Monica, non essendo riuscito a farla ragionare come sperava.

Però, un barlume di speranza c’è… “Anche se lei si dimostra intenzionata ad abortire, non l’ha ancora fatto”

“Bene, questo è positivo”

“Ho provato a farla riflettere, a dirle che mi sarei occupato io del bambino. Ma nulla, continua a sostenere di non volere questo figlio”

“Liberati di quella pillola, Palermo. Non deve assolutamente prenderla”

“Ho tentato, però non ho ancora scoperto dove la tiene nascosta”

“Allora bisogna vigilarla al massimo. Stalle dietro, notte e giorno. Spiala, se necessario. Ordina ai due serbi di farlo per te, nei casi estremi. Tutto purché lei decida di continuare la gravidanza”
“In quanto suo fratello maggiore, è ciò che faccio da una vita” – precisa Martin.

“Non sempre tra fratelli, o tra parenti, esiste questa implicita condizione” – aggiunge il signor Dalì senza approfondire la questione.

Nel frattempo, la bionda, è serrata nella sua stanza. A farle compagnia è l’installazione di un televisore e degli snack che frenano le voglie giornaliere. In quei sette giorni di pausa dal “lavoro” ha avvertito la mancanza delle colleghe, nonostante non esistesse un’amicizia forte. Per di più, non passa notte con incubi che le ricordano della morte della povera Manila.

O meglio, una morte che lei crede sia avvenuta.

In realtà, il soccorso immediato e le cure necessarie, hanno dato i frutti sperati. La bella Julia è sana e salva, certamente debole ma in vita.

Seduta sul suo letto, fissa, in silenzio, il suo ventre piatto.

Una mano istintivamente si adagia su di esso e le rammenta che la creatura che si trova lì dentro potrebbe essere la sua rinascita, così come la sua sconfitta più grande.

“Sei ancora sicura di volerlo fare?” – la voce di Palermo, giunto in tale istante, fa sobbalzare la riccia che distoglie i pensieri dal bambino.

“Sono libera di decidere per il mio corpo almeno stavolta?” – sbotta lei, tenendo il broncio al parente.

“Lo vedi che sei incerta anche tu? Se fossi stata convinta l’avresti ingoiata appena Helsinki te l’ha consegnata. Invece, ad oggi, non hai la forza per farlo”
“Piantala, non metterci il carico da 11. La situazione è già complicata di suo, non voglio che ci sia tu a ripetermelo fino allo sfinimento” – replica lei, combattuta da mille paure.

“Cos’è che ti frena da mandare giù quella pillola? E cosa invece ti spinge a volerlo fare? Spiegami perché io non capisco” – Martin, con fare premuroso, siede di fianco alla bionda, mostrandogli la sua vicinanza.

“Cosa credi? So cosa succede qui quando una di noi resta incinta”

“Che intendi dire?”

“Nulla” – risponde Monica, evitando di approfondire l’argomento.

“Nulla, un corno! Sai qualcosa che ignoro?”

“Piantala, Martin. Inutile che fingi con me”

Berrotti la guarda, confuso, e non riesce a trovare spiegazioni al comportamento bizzarro di Stoccolma.

“Io non vi regalerò mio figlio, per permettervi di farne ciò che volete, chiaro?”

Ed ecco che viene alla luce la reale intenzione che Monica nasconde da settimane.

“Quindi, stai ammettendo che il non volerlo era una menzogna?”

“Non lo voglio perché non merita di vivere questa merda di vita, capisci?”

La giovane Monica Gaztambide, non più tanto ingenua e succube dei potenti, tira fuori gli artigli.

Con gli occhi lucidi, lascia emergere una paura indomabile.

“Nessuno gli farebbe del male, lo sai bene”
“No! Non so nulla, Martìn. Così come non sapevo che schifo di futuro mi attendeva quando decisi di mettere piede al Mariposas. Tu mi avevi promesso sicurezza…”

“E te l’ho offerta!”

La bionda scuote il capo, sconvolta dalla risposta del fratello – “Seriamente sei convinto che dovermi spogliare, ballare audacemente, a volte andare a letto con i clienti, sia stata la sicurezza che volevo?”

Berrotti abbassa lo sguardo, cosciente di non averle donato una effettiva protezione – “Perdonami, non pensavo odiassi tanto questa vita”
“Io sognavo di innamorarmi, di sposarmi, di avere tanti bambini…e guardami! Al pari delle puttane”

Il gergo non abituale della giovane donna, spiazza totalmente Berrotti che, con aria incredula, cede al senso di colpa e le offre la via di salvezza.

“Allora vattene, cosa aspetti? Prendi le tue cose e sparisci!”

La delusione e la tristezza traspaiono da ogni sua parola, invadendo l’ambiente di pesantezza.

“Vattene!” – ripete lui, alzando la voce – “Sei come le altre, un’irriconoscente. Va’ pure e ti accorgerai, appena lo farai, che là fuori è peggio che qui. Non hai nessuno, Monica”

“La libertà. La sola cosa che voglio”

“Nairobi e le sue idee strampalate hanno inciso anche su di te?”

“Non c’entra nulla Nairobi. Smettila di pensare sempre a quella donna. L’astio nei suoi confronti è ingiustificato. Hai preteso che la detestassi anche io, quando, in realtà, sogno da sempre di assomigliarle”

Esterrefatto dalla difesa di sua sorella nei confronti della gitana, e specialmente del paragone con lei, Palermo vorrebbe gridarle in faccia che tale disprezzo verso la zingara è più che legittimo e che rivelargli di quel suo desiderio di imitarla, sono l’ennesima pugnalata.

“Non puoi capire! Fa’ come vuoi…apri quella porta e vattene. Ma ricorda che se superi il confine, non potrai più tornare indietro” – percorre pochi metri che lo separano dalla porta, con una forte morsa allo stomaco, mentre nella sua mente di affollano pensieri, paure, ricordi di un recente passato…macigni che pesano sul suo cuore.

“Ti auguro di trovare un amore corrisposto… solo così sarai libera!”

Così dicendo si appresta ad affrontare l’ennesimo abbandono, chiudendosi in un rancore, che aumenta a vista d’occhio, verso chiunque lo ha costretto a una vita di merda.

Cammina a passo lento, faticando a sostenersi, schiavo di una debolezza emotiva e mentale che incidono su quella fisica.

Adagiandosi alla parete, trattiene la rabbia e la voglia di gridare e piangere disperato.

Il flash che si palesa di fronte ai suoi occhi, come fosse visto, per la prima volta, dall’esterno, è l’esatta notte che cambiò per sempre le sue certezze.

La notte in cui scoprì che i sentimenti nutriti per l’uomo che ama, sono unilaterali… un uomo, venerato come un Dio…un uomo per cui ha sacrificato se stesso e il suo reale essere …. un uomo che, senza minimo interesse verso di lui, sferra la decisiva pugnalata al cuore, rapida e profonda …quella pugnalate che ha segnato il suo animo per sempre.

E la voce di quel Lui rimbomba nella sua testa come un martello pneumatico….

La voce di chi non ha esitato a raccontargli dettagli intimi di notti infuocate.

 

“Andrés, che succede? Sei qui ma sembri altrove”

“Scusa, amico! E’ che non avrei mai immaginato che quella zingarella che abbiamo accolto mesi fa potesse eccitarmi tanto”

“Eh?”

Così, notando lo shock e la confusione dipinti sul viso di Palermo, il signore in questione gli dà una pacca sulla spalla e aggiunge – “Intendo Agata. Cazzo, Martin, non puoi immaginare quanto fuoco abbia dentro quella giovane donna”

“Ehm… quindi ti diverti con lei, la usi e basta?” – chiede Berrotti, fingendo scarso interesse. In realtà è proprio da quel preciso istante che la gelosia prende il sopravvento. E la gitana verso cui nutriva una profonda tenerezza inizia a diventare un ostacolo e una croce per i suoi sentimenti.

“Chissà… potrei abituarmi ad averla vicino” – si lascia andare il tipo.

“Che cosa hai appena detto?” – esclama incredulo Martin – “Andres, ma tu non sei il tipo che…”

“Che prende seriamente una relazione? Beh… forse stavolta le cose sono differenti. Forse Agata ha saputo toccare le corde giuste. Forse sono io che sono cambiato…”
“O forse ti è andato di volta il cervello” – commenta Palermo, decisamente ed evidentemente alterato.

“Piantala con le gelosie adolescenziali. Quando eravamo ragazzini, ci poteva stare…ma ora, direi anche basta, no?”

“Da quando in qua usi un gergo giovanile? La Jimenez ti ha influenzato anche su questo? Oppure hai preso, finalmente, in considerazione uno dei tuoi cinque figli?” – la frecciatina di Berrotti colpisce a pieno l’amico che, infastidito da una palese critica, lo ignora.

“Torna a lavorare. Abbiamo una nuova Mariposa da accogliere”

Il socio annuisce, mentre lo ascolta spiegare la storia della nuova inquilina, una certa Tokyo.

“Vai da lei adesso?” – chiede l’innamorato ferito, guardando Andres allontanarsi, diretto alle scale per salire al primo piano.

Ma quest’ultimo non lo degna della minima considerazione. Prosegue il suo passo, pronto a dilettarsi nell’ennesima notte di focosa passione.

 

Ciò che accadde quella sera, qualche mese dopo la nascita del piccolo Axel, figlio di Nairobi, resta scolpito nella memoria di Palermo, decisamente ferito dal totale menefreghismo di chi, per anni, era l’oggetto dei suoi sogni.

Oggi che tutto nella sua vita è cambiato, che colui che amava sopra ogni cosa ha lasciato le redini del Mariposas, Berrotti cerca distrazioni in Helsinki.

Si diverte con il serbo, pur di non pensare allo schifo di vita che si è creato e nella quale ha costretto sua sorella minore.

Una responsabilità di cui si è fatto carico alla morte dei loro genitori.

Coinvolto dal progetto del Night Club, voluto a tutti i costi dal suo migliore amico, Andres De Fonollosa, ha ceduto al piacere del denaro e, in primis, all’infatuazione per il socio in affari.

Ma il Mariposas richiedeva Farfalle…e Monica, affidatagli, e di cui era tutore, era, all’epoca, quella più adeguata a seguire i piani del locale.

“Cosa cazzo hai combinato? Hai detto che poteva andarsene? Ma sei impazzito?” – lo rimprovera, duramente, il signor Dalì.

“Fidati, tornerà. Lì fuori, da sola, senza nessuno, non andrà molto lontano”

“Manda qualcuno a sorvegliarla. Entro 24 ore la rivoglio qui! Chiaro?” – il tono intimidatorio del Boss, inquieta perfino Martìn che annuendo, si allontana per delle chiamate.

“Ehi…sono Palermo. Ascolta, voglio una scorta che segua Stoccolma. È urgente… è appena andata via dal Mariposas. Fate in modo che torni indietro…” – chiusa conversazione, Berrotti si appresta ad una delle prime notti in piena e totale solitudine, divorato dal dolore, dalla rabbia e dal senso di colpa per le condizioni di infelicità a cui ha condannato non solamente se stesso, ma perfino sua sorella.

********************************************

“Sono arrivato il prima possibile” – comunica Daniel, mettendo piede nella villa Lopez, accolto da una rapida pacca sulla spalla da parte del socio che gli dice – “Entra, sistema la tua roba dove ti pare. Dobbiamo muoverci quanto prima, perché abbiamo perso fin troppo tempo”

Bisogna fare un bilancio dei fatti, e, al momento, la situazione è in stallo.

“Hai detto di aver salvato la Murillo, un anno fa. Beh direi che la soluzione è scavare tra i tuoi ricordi”

“Amico, non hai idea di quanto mi ci sia voluto per far riaffiorare quel frammento di vita?””

“Forse è ancora oscuro qualche dettaglio. Ad esempio, che faccia avevano i due criminali che ti hanno aggredito?”

“Non ne ho la più pallida idea. I loro volti sono un buco nero. Però se sentissi almeno le loro voci, sono sicuro che saprei identificarli”

“Allora…pensiamo ed agiamo su ciò che conosciamo”

“Cioè…nulla! Un fallimento totale, Daniel”

“Vanno interrogate le Farfalle…e quel tale Cortes! Abbiamo poche scelte”
“Ho promesso loro che le avrei tenute fuori e che sarebbero stati tutti e tre al sicuro”

“E sarà così. Ma non possono essere del tutto estranei ai fatti. Soprattutto la tua fidanzatina…lei ha vissuto qualcosa di forte da poter essere la testimone più rilevante”
“A parte che non è la mia fidanzata” – commenta l’ispettore maggiore, turbato.

“Che succede? Già avete litigato?”

“Lascia perdere! Ti avviso che i miei ospiti sono in partenza”
“Cosa? Cazzo, che stiamo aspettando? Va’ a chiamarli. Devono aiutarci. Ti devono un favore” – sostiene deciso Ramos.

“Io non faccio nulla per ricevere qualcosa in cambio…”

“Lo so, ma adesso è una nostra priorità. Abbiamo interrogato tutti…perfino la piccola Paula. Non vedo perché non possiamo farlo con due colleghe di Lisbona e con il tizio che sia Berrotti che Stoccolma avevano messo in mezzo, lasciando pensare chissà cosa…”

Le teorie del figlio del commissario, effettivamente, sembrano la sola ultima speranza di raccolta di informazioni utili ai fini delle indagini.
“Già! Forse hai ragione...” – riflette il quarantaduenne, che sembra convincersi. Hanno poche carte da giocare – “A proposito, quando ti ho lasciato solo in Portogallo, non hai scoperto nient’altro su famiglia e amici di Raquel?”

“Lo ripeto, socio…no! La signora Marivi mi ha chiesto chi fossi ben dieci volte, in quei due giorni. Paula era molto riservata, con me non si è riuscita a sciogliere come ha fatto con te. Alison Parker, beh…la moretta ha pensato bene di provarci con me, ma io elegantemente l’ho rifiutata…”

Mentre racconta, vanta anche il suo sex appeal con le donne, suscitando una risata distesa del collega.

“Non ci credo! Tu che rifiuti una ragazza? Che ti succede, Dani?”

“Beh… voglio risolvere la questione Mariposas quanto prima. Sono convinto che debba essere salvata anche Stoccolma; quella poverina è la sola rimasta in prigione”

“Sul serio pensi alla biondina?”

“Cosa c’è di male?” – risponde, imbarazzandosi, il trentenne – “Voglio portarla via da quell’inferno. Anche tu, dopotutto, hai fatto lo stesso per Nairobi”

Precisamente… Santiago ha giocato il tutto e per tutto pur di aiutare la bella gitana. E adesso corre il rischio di perderla. O meglio, la sta perdendo…con il suo comportamento e le sue paure sta mandando a rotoli una relazione che credeva, finalmente, quella giusta.

“Dai, che aspetti? Vai a chiamarli. Se vuoi digli che l’insistenza è stata la mia, e che tu c’entri poco e nulla” – insiste Daniel, affrettando i tempi.

Accettando la caparbietà del collega, mai così deciso come in quell’occasione, Lopez si avvia, inizialmente verso la stanza di Tokyo e del compagno, pronto a porre alla coppia l’ennesima scottante e delicata richiesta.

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Capitolo 26
*** 25 Capitolo ***


Tokyo e Rio accolgono Santiago, giunto alla loro porta, mentre sono indaffarati a preparare alcuni borsoni con la roba che l’ispettore gli ha ceduto per vivere dignitosamente.

Lopez ha, davanti agli occhi, la prova della partenza e del conseguente addio, di quelli che hanno abitato le sue mura e a cui, volendo o non volendo, si è affezionato.

E il macigno che pesa sul cuore dell’ormai Bogotà è inevitabile.

“Cosa succede?” – chiede Silene, intenta a ripiegare una t-shirt.

“Ho bisogno del vostro aiuto” – spiega il quarantaduenne, sentendosi decisamente scomodo nella richiesta.

“Certo, dicci tutto” – risponde Anibal, accortosi subito dell’aria preoccupata dell’uomo che gli ha aperto le porte di casa sua.

“Una vostra testimonianza” – senza giri di parole, Santiago va dritto al punto.

Tokyo, spiazzata, si interrompe nel suo da farsi, spostando, lenta, lo sguardo sul quarantaduenne – “Stai scherzando, spero! Credevo avessimo deciso che…”

“Si, Tokyo, lo so e mi dispiace coinvolgervi ancora. È che, voi siete in partenza, e noi necessitiamo di quanti più dettagli possibile”

“Io non so nulla oltre ciò che ti ho raccontato il primo giorno” – sostiene la Olivera, amareggiata dalla promessa infranta – “Inutile che mi tempestate di domande, per l’ennesima volta. Otterrete gli stessi risultati”

Infastidita, getta una camicia sul letto, allontanandosi per raccogliere i restanti pezzi in bagno e sistemarli nell’apposito borsone.

“Perdonala, Santiago. Io, se avete bisogno, ci sono”

“Ti ringrazio, Anibal” – risponde Bogotà, dandogli una pacca sulla spalla.

“Ti aspetto nel salone. Comprenderò se Tokyo non vorrà intervenire…” – così dicendo, l’ispettore lascia la coppia nuovamente da sola.

È in tale momento che Rio raggiunge la compagna, notando il nervosismo in lei.

“Mi amor, perché sei così restia nel dare una mano a chi ti ha salvato la vita?”

“Non è per recargli un dispiacere. Sai bene che, per chiunque si dimostra umano verso di me, io do il cuore… ma Santiago ci aveva promesso che…”
“Ma, Silene, in casi di questo tipo, dove gli eventi si susseguono senza avere modo e tempo di gestirli, tutto cambia rapidamente. Non si può dare per assodato qualcosa… come tu necessiti di fuggire da Madrid, Lopez ha bisogno di chiudere la sua indagine”
“Nairobi non la prenderà bene” – commenta la Olivera, spostando l’argomento sulla gitana.

“La prenderà come l’hai presa tu, immagino”
“Forse anche peggio. Avvertirà il peso di questa invasione di privacy…”

“Se avete raccontato i fatti come li avete vissuti, non trovo alcun problema nell’esporli ancora” – sostiene Cortes, decisamente confuso dai comportamenti delle due Farfalle – “Se non avete nulla da nascondere, perché alzate questi muri contro la giustizia?”

“Mi vida, conosci quanto di losco si cela in quel dannato Night Club”

“Già”

“Comprenderai che per le sottoscritte parlare è dura…ricordare è dura… e più riportiamo a galla vecchi ricordi, più diventa complicato poter dimenticare e ricominciare da capo. Nairobi e io desideriamo solamente abbandonare i panni di Mariposas. Siamo stanche di identificarci nelle vesti succinte di spogliarelliste. Non vogliamo avere più niente a che fare con quel posto e con quella gente”

“Proprio per tale ragione, prima collaboriamo, prima gli ispettori risolveranno il caso di Lisbona, prima potremo iniziare una nuova vita. Vieni con me, Tokyo. Metti da parte il dispiacere per la promessa non mantenuta. Ne va’ della tua felicità e del tuo futuro” – le porge una mano, cercando di convincere la fidanzata ad unirsi nell’interrogatorio.

A Rio basta poco.

Silene accetta, seppure con un peso sullo stomaco… credeva fosse tutto finito; invece, al momento è costretta a tornare ad indossare i panni di Farfalla.

Bogotà, nel frattempo, giunge davanti la porta della camera di Agata.

Deve chiedere anche alla gitana di testimoniare, di nuovo.

È una fatica enorme farsi avanti e affrontarla dopo la litigata.

Eppure il tutto viene facilitato dall’improvvisa apertura dell’uscio da parte della stessa Nairobi.

“Che fai qui, fermo come una statua?” – chiede lei, stranita, accortasi di un’ombra riflessa e giunta alla porta appositamente per controllare di chi si trattasse.

“Ehm…ecco io…” – l’agitazione dell’ispettore nel vedere la donna con cui discusse qualche ora prima, è percepibile.

“Sei qui per farmi un’altra scenata?”

Combattuto se chiederle scusa per l’eccessiva reazione, o rafforzare la sua tesi, il quarantaduenne esita dal rispondere.

Ma la zingara non coglie nel turbamento dell’ispettore la causa dovuta all’interrogatorio imminente. Ipotizza sia dovuto al loro litigio.

“Che strana la vita” – commenta lei, rientrando in stanza, dando modo a Santiago di mettervi piede, seguendola.

L’uomo si chiude l’uscio alle spalle, ascoltandola in silenzio.

“Stavamo per fare l’amore, poi…una parola di troppo…e ora a stento ci guardiamo negli occhi”

Avvertendo la responsabilità di quanto accaduto, Bogotà lo conferma – “So di avere le mie colpe, ma ti ho parlato del mio passato, di come sono stato abbandonato da ben sette donne. Avresti potuto prevedere la mia reazione…”

“Ma se mi hai attaccato senza che dicessi qualcosa per spiegare...” – aggiunge la zingara.

Il confronto tra i due, dopo una notte insonne, è necessario a chiudere il discorso rimasto in sospeso e mettere la parola fine a inutili dissapori.

“Perdonami” – risponde Lopez, realmente amareggiato e cosciente di aver alzato i toni inutilmente – “Però, le mie scuse sono vane, giusto?”

“Che intendi dire?”

“Che te ne andrai lo stesso. Tokyo e Rio hanno preparato dei borsoni e partiranno quanto prima. Li seguirai?”

La questione così delicata e dolorosa per Nairobi è stata l’assillo che, nelle ore di solitudine, l’ha dominata con prepotenza.

“Non lo so. Non so più nulla. Fino a qualche settimana fa avevo chiaro in mente cosa fare della mia vita, una volta lontana dal Mariposas. Ma conoscerti e innamorarmi di te non era nei miei piani”

“Lo stesso vale per me, Nairobi. Però…questo imprevisto che entrambi non potevamo prevedere, è stato l’imprevisto più bello che potesse capitarmi”
La confessione di Bogotà, mista all’imbarazzo nel pronunciare tali parole, imbarazzo che credeva superato verso di Agata, tocca il cuore di quest’ultima.

Sentirlo e vederlo talmente dolce e fragile basta ad eliminare quanto avvenuto poco prima.

“Ho agito da immaturo ed egoista. Ti chiedo di nuovo perdono, Nairo” – con il capo chinato e gli occhi bassi, come un bambino che fa una marachella e se ne vergogna, l’ispettore si lascia andare perfino a qualche lacrima.

Ed è solo allora che la zingara gli si avvicina e lo abbraccia.

Gli accarezza i capelli, mentre lo sente stringerla con forza e nascondere la testa sul suo collo.

“Vorrei tanto restare con te a Madrid…” – sussurra la donna al suo orecchio, fortemente combattuta nel prendere la decisione più giusta al suo benessere.

“Non posso vivere senza di te” – confessa il quarantaduenne, singhiozzando.

Seguono minuti di silenzio, durante i quali la coppia gode della vicinanza.

Che piacere potersi inebriare l’uno del profumo dell’altra, e di riscoprirsi più innamorati che mai.

Man mano che i secondi scorrono, e i corpi si appicciano, così come i loro cuori che battono all’unisono, Santiago avverte dentro di sé quanto sia essenziale la presenza di Agata nella sua quotidianità. Ed ecco che si lascia totalmente andare, giungendo a dire cose che, fino a minuti prima, non avrebbe mai pronunciato – “Sono disposto a venire via da questa città e di mandare tutto al diavolo pur di starti accanto”

E Nairobi, spiazzata da tali dichiarazioni, ricorda inevitabilmente le parole di Tokyo della sera precedente.

 

 

“E tu cosa hai deciso di fare? Verrai via con noi come avevano stabilito mesi fa?”

 

“Non so più cosa fare, a dire il vero!”

 

“Per via di Santiago? Beh…potrebbe venire con noi, no?”

 

“Toky, lui ha il suo lavoro qui. Non ho intenzione di metterlo di fronte a un aut aut”

 

“Però tu qui sei in pericolo, Nairo, e lui ne è consapevole. Se ti ama sul serio, non avrà dubbi”

 

“Non voglio perderlo, ma… no…non posso andarmene…”

 

“Proprio perché non vuoi perderlo, mettilo di fronte al fatto compiuto! Vedrai che sarà la prova del nove, hermana, perché capirai cosa nutre davvero per te! Anche se io sono stracerta del suo amore”

 

Esattamente come le disse Silene nei minuti prima del rientro a casa dell’ispettore e dell’arrivo di Rio alla villa, Santiago dà prova certa dei suoi sentimenti, e questo basta a Nairobi per prendere la decisione della vita.

Così gli chiede, per avere certezza assoluta - “Partiresti con noi?”

L’uomo solleva il capo, incrociando gli occhi commossi della gitana.

Le sfiora con tenerezza il viso, estasiato dalla morbidezza della sua pelle – “Sarei un coglione a perdere la donna che amo. Prima ho agito come il solito Santiago. Ma adesso…adesso sono Bogotà. E Bogotà non abbandonerebbe mai Nairobi, costi quello che costi”

Emozionata e con il cuore a mille, Agata lo bacia sulle labbra. Un bacio delicato, dolce, che sugella un momento da immortalare tra i suoi ricordi.

Godendo a pieno di tali istanti, il quarantaduenne sembra aver messo da parte la principale ragione per cui si è recato nella stanza della zingara.

Ed è Rio, assieme a Tokyo, a riportarlo con i piedi per terra.

La coppietta, infatti, notando il ritardo di Nairobi in salone, dove Daniel è intento ad attenderli, si è recata esattamente nella camera.

“Che succede?” – chiede la Jimenez ai due, trovandoli sull’uscio.

“Stiamo aspettando te, amica mia, sbrigati” – risponde Silene, mostrandosi mansueta nei toni, per merito delle parole del suo ragazzo che ha saputo tranquillizzarla dopo l’attimo di nervosismo.

“Per quale motivo?” – domanda, stranita, Nairobi.

“Ehm…” – i fidanzatini, imbarazzati, intuiscono che il padrone della villa non ha ancora rivelato il motivo di quell’incontro in salotto. Quindi, con una banale scusa se la danno a gambe, lasciando la gitana nuovamente sola con il suo compagno.

“Si può sapere che cosa sta succedendo?”

“Ecco io… vedi, Nairo… prima che tu fraintenda quanto sto per dirti, sappi che la richiesta che ti faccio non ha nulla a che fare con il nostro rapporto”

“Eh?” – esclama, confusa – “Arriva al punto, ti prego”

“Ehm…le indagini su Raquel continuano. Abbiamo bisogno di voi…di nuovo”

Agata solleva un sopracciglio, spiazzata – “Cosa? Non dirmi che…”

“Non ti arrabbiare, ti prego”

“Non mi arrabbio, però sai come la penso. Ci avevi promesso che eravamo fuori da questa storia”
“E lo siete. Ma prima di lasciare Madrid, vorrei mettere la parola fine a questo caso e salvare Lisbona”

Nairobi, indietreggia, tornando cupa e silenziosa, il che causa un dispiacere in Bogotà.

“Ecco, lo sapevo, ti sei incazzata di nuovo. Non era mia intenzione. Daniel è un coglione…mi ha messo nei casini per niente…”

“Shhh” – lo zittisce lei all’improvviso – “Siediti qui” – lo invita a prendere posto sul letto, accanto a dove si è appena seduta.

“Agata, non voglio deluderti più, se non te la senti, lasciamo perdere” – premette l’ispettore.

Tale premura fa sorridere Nairobi che, invece, contrariamente a quanto si potesse ipotizzare, non alza muri e barriere.

“Mi fa male ricordarlo, mi farà ancora più male raccontarlo a voce… però, basta patire in silenzio”

“Sei sicura di volerlo fare?”

La gitana annuisce e con le mani tremanti si accinge a raccontare ciò che ancora nessuno conosce del suo passato.

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Capitolo 27
*** 26 Capitolo ***


“Perché quei due tardano ancora?” – chiede Daniel, guardando l’orologio, constatando che Santiago si è allontanato per convocare le Farfalle ben mezz’ora prima.

E Tokyo e Rio sono lì in salotto dalla metà di quel tempo.

“Puoi cominciare con noi due” – interviene Anibal, pronto all’interrogatorio, con aria decisamente seria e tranquilla.

“Ti vedo molto deciso e questo fa ben sperare, amico” – commenta Ramos.

“Cominciamo allora! Sicuramente l’ispettore Lopez è indaffarato con Nairobi” – aggiunge Silene, preoccupata di una ipotetica e tragica reazione della gitana una volta saputo dell’ennesimo vis a vis con i rappresentanti della polizia.

E così, il trentenne, prende parola - “Anche se manca la Jimenez, e il mio collega è altrove  vorrei chiudere la faccenda. Poi vi lasceremo liberi per sempre. È nostra premura precisare che non faremo i vostri nomi sui verbali, così che il qui presente Cortes non sia immischiato in nulla” – la decisione e compostezza del trentenne, così come il suo modo di parlare, spiazza la Olivera, che lo ha conosciuto decisamente più infantile e meno responsabile.

“Quando hai preparato questo discorso?” – lo punzecchia, quasi divertita.

Rio la guarda, confuso, ignaro del temperamento di Daniel, differente da ciò che adesso sta manifestando.

“Un po' di serietà, per favore! Forza, Tokyo…tocca a te”

“Io ribadisco quanto ho già raccontato circa dieci giorni fa. Lisbona non era mia amica, non so cosa può esserle accaduto”

“E come mai c’è chi ha messo in mezzo il tuo ragazzo?” – chiede il figlio del commissario.

“A questo rispondo io” – interviene lo stesso Cortes, attirando su di sé l’attenzione.

“Martin Berrotti non mi voleva tra i piedi. Cercò di ostacolare la mia storia con Tokyo e sicuramente mi ha coinvolto perché potessi essere reso colpevole e sbattuto in galera, così si sarebbe liberato di me”

“E l’avrebbe fatto senza prove certe che ti potessero incastrare? Mmh, io penso, invece, che sia stato un modo per sviarci e spostare l’attenzione su altro che non riguardasse il Night Club” – riflette il trentenne ad alta voce.

Poi torna alle domande e si rivolge ancora ad Anibal - “Quindi mi assicuri che quanto raccontato da Stoccolma e da Berrotti non corrisponde al vero?”

“Se si riferiscono al momento in cui io e Lisbona abbiamo discusso, beh… diciamo che quell’evento in particolare è accaduto veramente”

“CHE?” – esclama, Silene, spiazzata e ignara del fatto.

“Non ho voluto alimentare tensioni varie, mi amor” – si scusa Rio, scrutato dalla sua fidanzata alquanto contrariata.

“E cosa vi siete detti?” – domanda lei, incrociando le braccia al petto.

“Io ero lì per vederti, come facevamo da mesi, di nascosto. Ma Lisbona mi ha chiaramente detto che non era possibile, che non dovevo farmi vedere mai più da quelle parti, e che se lo avessi fatto, avrei perduto ogni cosa”

“Mi stai dicendo che quella tipa ti ha minacciato?” – la Olivera è scioccata oltremodo - “Decisamente non da Lisbona un comportamento simile” – precisa poi.

“Forse è stata costretta a farlo…” – commenta di nuovo Ramos - “Così come costringono anche la povera Stoccolma”

L’appellativo povera associato a Monica fa ridere Silene.

“Non ti fidare di quella gatta morta. È sempre stata una spiona. Appoggia da anni Martin Berrotti e gli riportava ogni nostra parola o mossa”

“Forse ha paura di lui”
“Quei due nascondono qualcosa. Li ho visti spesso al Mariposas. Sono fin troppo complici per essere semplici datore e dipendente” – perfino Rio appoggia la tesi della compagna.

“E poi lo sapevano tutti che scopava con uno dei clienti più in vista del locale” – la Farfalla non ha peli sulla lingua e non esita a parlare della ex collega con poca stima.

“Come?” – chiede, spiazzato, Daniel. Mai avrebbe immaginato la innocente ricciolina nelle vesti di mangiatrice di uomini. Però è anche vero che abita e lavora in un Night Club e lì le scelte, spesso, sono poche e quelle prese gli garantiscono la sopravvivenza.

Colpito dalla rivelazione circa la relazione di Stoccolma con uno dei tipi del posto, Ramos si ammutolisce. Comincia, quindi, ad ipotizzare che la bionda possa essere stata usata per scopi malvagi da chi la obbliga ancora oggi a tradire le socie.  

E mentre il trentenne pensa e ripensa a Monica, la coppietta di innamorati torna sull’argomento Lisbona.

“Perché non mi hai detto di averla vista e di aver litigato con lei?”

“Mi amor, ho sbagliato, lo so. Però a cosa serviva parlartene? Ad alimentare le tensioni tra voi. Lo so che non c’è mai stata simpatia tra te e la Murillo”

“Voglio sapere per filo e per segno che cosa vi siete detti quella sera, ok?” – esige la giovane, dando poca retta all’interrogatorio che, nel frattempo, si è interrotto.

E mentre Anibal accenna alla fidanzata la vicenda che riguarda la moglie di Alberto Vicuña, l’ispettore riprende parola chiedendo – “So che esiste la privacy sui clienti. Non siete tenute a conoscere le identità degli uomini che vengono lì. Ma te lo domando ugualmente. Sai, per caso, il nome del tizio che frequentava Stoccolma?”

“Ehi, amico, ma ti si sono risvegliati gli ormoni per caso? Adesso sei in fissa con la gatta morta?” – la ex Farfalla inarca il sopracciglio e lo guarda stranita.

“Io sto cercando di fare l’educato e rispettoso. Potresti essere più gradevole?”

“Come, prego?” – con una bomba a orologeria come Tokyo ogni parola, detta nella maniera scorretta, è motivo di esplosione.

E c’è Rio, di fianco a lei, a saperla domare – “Mi vida, calma. L’ispettore ha ragione”

“E va bene. Ok, hai vinto, userò modi più garbati” – si arrende, sbruffando, tornando a sedersi di fianco al suo innamorato.

“Quindi? Cosa mi dici di questa persona?”

“Come già detto, i nomi dei clienti sono un tabù per noi. Ma questo non vale per tutti i clienti”

“Allora lo sai, vero?” – il viso di Dani si illumina.

“Io li ho sentiti parlottare settimane fa. E lei si è lasciata scappare il suo nome”

“Qual è?”

“Arturo!”

“Cognome?”

“Ehi, ascolta…quello non lo so”

“Ma sai quanti Arturo esistono sulla faccia della terra?Almeno sai descriverlo? Non so, se ti dicessi di farmi un identikit”

“Grasso, brutto, e vecchio. Basta così?” – Silene ha pochi aggettivi per definirlo, tanto da far sorridere i due uomini presenti.

La situazione è diventata paradossalmente comica.

“Nulla a che vedere con i tizi che cercavano approcci con me e Nairobi. Evidentemente i clienti che hanno gusto sceglievano le migliori” – si vanta la Olivera.

“Dovrei chiedere anche a Nairobi, a proposito. Magari conosce qualcosa in più” – riflette il trentenne.

“Scusa, mi stai dicendo che adesso ci interroghi per sapere di Arturo? Sbaglio o l’indagine riguardava Lisbona”
“Già, va beh…torniamo al punto”
“Ecco, finalmente! Arriviamo al punto e salutiamoci. Comincio ad avere sonno” – sbuffa, ancora, lei.

E l’attenzione dell’investigatore del caso torna a focalizzarsi sul testimone nuovo.

“Rio, giusto? È così che ti chiamano le Mariposas?”

“Esatto, ma sai… Tokyo trova nomi in codice a tutti. Ne hanno dato uno anche al tuo collega”
“CHE?” – esclama, ridendo buffamente, il figlio del Commissario.

“Dovremmo darne uno anche a te, sai?” – pensa Silene, divertita dall’idea e desiderosa di punzecchiare Ramos.

“Non se ne parla”
“Uno Stato che ti piace?”
“L’America, però… torniamo seri…dicevamo…”
“Hai preferenze tra America del Sud, America del Nord…”

“TOKYO”  - la rimprovera Ramos – “Ho detto di lasciar perdere”
“No, no. Io ne ho uno che, non so, ma credo possa andare benone per la tua faccia” – esclama la donna entusiasta.

“Perché? Che faccia ho io?”

“Da idiota” – fa la linguaccia, visto che ormai le formalità sono venute meno.

“Sono un ragazzo serio ed educato, mi comporto bene, altrimenti potrei rispondere a tono ad una che può essere mia madre …”
“TUA cosa?”

“Ops. Questo non avresti dovuto dirlo, amico” – ridacchia Rio, non contenendosi dalla scena imminente.

“Che ho detto che non va?”

“Io sarei tua madre? Razza di imbecille, siamo coetanei”

Preso un cuscino, Silene è pronta a scaraventarlo addosso all’ispettore.

“Direi di darci una calmata!” – interviene Anibal, seppure divertito.

“Ok, chiedo venia. Non volevo…tu però non presti attenzione. Pensi alle città..”
“E tu per farmi tacere mi dai della vecchia?”

“Vecchia, no. va bene, scusa di nuovo, mi correggo. Potresti essere…beh…mia sorella. Va meglio così?”

L’interrogatorio, iniziato in serietà massima, con nervosismo qua e la di Tokyo, si conclude prima del previsto con una ilarità generale. Si consuma una diatriba simpatica, fatta di risate e divertimento.

La Olivera trova un nome di città perfino per Ramos e glielo comunica quando, dopo aver esaurito le batterie del suo corpo, esausta e senza fiato, è abbacchiata sul divano.

“Tu sei Denver, ormai è deciso”

“Cazzo, ma è fighissimo” – esclama Rio.

“Vada per Denver o come cazzo si chiama la città, basta solo che mi date un bicchiere d’acqua”

“Te lo porto subito” - scatta in piedi Anibal.

“Adesso che siamo amici, perché le formalità sono cadute a terra come quei dannati cuscini, parlo francamente, Tokyo.” – precisa il trentenne – “Cosa si nasconde di tanto malvagio nel Mariposas?”

“Purtroppo non esiste una risposta a tale quesito. Dopotutto è proprio tale mistero che ha garantito il fascino del locale per anni e anni”

 

E proprio di questa delicata questione si parla in camera di Nairobi.

La gitana, abbracciata a Bogotà, confessa quanto del suo passato non è ancora trapelato.

Rivela anche di essere stata l’amante dell’ex proprietario del locale e quanto da lì in poi accadutole.

“Hai detto che si chiamava Andres?”

“Sì, e aveva un nome di città come tutti noi. Berlino, è così che lo chiamavano”

“E quindi, questo Berlino ti ha costretta, in qualche modo, a venderti a un cliente?”

“Già” - commenta Agata, incupendosi.
“Chi era questo bastardo? Conosci il suo nome?”

“Era un tipo elegante, benestante, e con una voce agghiacciante”

Il viso della zingara inquieta perfino Santiago che, in risposta, la stringe ancora più forte a sé.

“Mi lusingò per serate intere. Voleva portarmi a letto da subito. E quando ottenne ciò che desiderava, si divertiva a umiliarmi chiamandomi meticcia…”

“E’ un razzista!”

“Era un pazzo. Un criminale. Non ha mai rivelato il suo nome. Mi diceva che amava dipingere. Aveva perfino un pittore preferito. Dalì”

“Buffo, anche mio padre adorava Dalì” – pensa tra se e se Bogotà, ricordando di un genitore da sempre inesistente e che era noto per il dettaglio della pittura grazie ai racconti di mamma Leticia.

“Non so nulla di lui, se non che era sposato, come molti altri dei clienti del Night Club. Aveva un figlio, questo lo confessò quando mi rise in faccia perché soffrivo della lontananza da Axel”

“Che bastardo”

“Fu allora che iniziò la mia agonia al Mariposas. Quando il mio bambino sparì nel nulla e quando Berlino lasciò, inaspettatamente il locale. Al posto suo, oggi, c’è qualcun altro”
“Martin Berrotti”

“No, qualcuno di peggio. E dopo le ore trascorse nella sua tana, a stretto contatto con lui, ho messo assieme i pezzi. Si fa chiamare signor Dalì. E quell’uomo indossa una maschera per non essere riconosciuto. Non si mostra a nessuno. Non può farlo, evidentemente”

“Chi cazzo è?”

“Chi ha voluto farmi sua e chi scacciò Andres e prese il suo posto sono la stessa persona. E quelle mani sul mio corpo, le ho riconosciute subito”

“Ma costui non si sarebbe mai mostrato a te sapendoti in grado di ricordarlo”

“Evidentemente mi faceva meno scaltra”

“Sapresti descrivere il cliente che ti ha costretta ad avere rapporti intimi con lui? Intendo nei tratti del viso, o nella corporatura”

“Sono passati circa dieci anni, ma la sua immagine è vivida nei miei ricordi. Lui credeva che mi sarei dimenticata. E invece un turbamento così profondo, una privazione di libertà tanto grande, non si cancella”

“Allora potremmo avere tra le mani la carta vincente, amore mio”

Presa per mano la zingara, dopo un lungo abbraccio che vale più di mille parole, Lopez la conduce in salotto.

La ritrovata vicinanza tra i due è ben evidente, seppure il turbamento stampato sul viso di Nairobi non è un buon segno.

“Nairo, tutto ok?” – le chiede Tokyo, andandole incontro.

La gitana annuisce. Si avvicina al suo orecchio e le sussurra – “Amica mia, io rimarrò qui. ho preso la mia decisione. Nessuno mi poterà lontano da lui. La mia vita è al suo fianco. Non perderò l’uomo che voglio più di ogni altra cosa al mondo per paura di un passato che mi minaccia. Voglio affrontare questo mostro e vincere la mia battaglia interiore”

“Sono fiera di te, sorella mia” – si commuove Silene, abbracciandola e sentendo sulla sua stella pelle la tempra e la forza di una donna che non ha mai smesso di essere una leonessa e che ha saputo solo attendere il momento giusto per tirare fuori i suoi artigli.

“Sono pronta a testimoniare contro il Signor Dalì”

“Chi?” – chiede, confuso, Rio.

“Il boss assoluto del Mariposas. Colui che ha osato farmi violenza dieci anni fa, e qualche settimana fa… non ho dubbi”
“Credi sia il cliente 13?”

“Ne sono sempre più convinta”

“Dobbiamo fare l’identikit del Signor Dalì quanto prima” – sottolinea Bogotà, comunicandolo anche al collega.

“Andiamo immediatamente al commissariato. Se è come spero, potremmo sentirci finalmente libere e il Mariposas finirà all’inferno insieme a tutto il marciume che lo abita da fin troppo tempo”

“E noi avremo le risposte che cerchiamo su Lisbona” – conclude Daniel, ottimista.

 

 

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Capitolo 28
*** 27 Capitolo ***


Con l’intenzione di liberarsi di un peso e di cominciare a respirare a pieni polmoni la ritrovata libertà, Nairobi accetta di recarsi in Commissariato, nelle ore meno trafficate, per fare il giusto identikit dell’uomo che, nonostante i 10 anni dall’accaduto, è pressante tra i suoi ricordi.

“Dovresti indossare questi abiti, per evitare di essere notata, ok?” – le dice Santiago, porgendole vecchi jeans larghi e con strappi alle ginocchia, una felpa, e un berretto con la visiera di colore scuro.

“Sicuro che conciata in quel modo, darà meno nell’occhio?” – dice Tokyo una volta di fronte alla gitana e al cambio look.

“Fidatevi, i miei colleghi si distrarrebbero di più di fronte a minigonne o pantaloni attillati”

Agata e Silene si guardano, capendosi al volo, per alzare poi gli occhi al cielo e commentare all’unisono – “Ah, uomini!”

Forte del sostegno degli amici e del suo uomo, la gitana sale a bordo dell’auto diretta verso la meta, scortata anche da Daniel, entusiasta e motivato, come mai prima, dalle avvincenti indagini.

Più è vicina al Commissariato, più Nairobi inizia, però, ad agitarsi. Non esce dalla villa Lopez da tempo, per di più ha trascorso un decennio di agonia senza poter varcare l’uscio del Mariposas, quindi sapere di incontrare gente, di mettere piede in un luogo tanto formale, le crea una certa ansia.

È il suo Bogotà ad accorgersene, spiandola dallo specchietto retrovisore, ogni due per tre.

“Andrà tutto bene” – dice, approfittando di un momento di silenzio, ceduto gentilmente da Ramos che, nel frattempo, aveva abbondantemente parlato di frivolezze varie.

“Me lo auguro” – risponde lei, giocherellando con gli anelli che porta alle dita.

Qualche altro metro ed eccoli raggiungere i parcheggi.

Fortuna vuole che di volanti ce ne siano ben poche.

“Un buon segno, avremo pochi colleghi da evitare” – commenta il trentenne, accendendosi una sigaretta appena sceso dal mezzo.

“Beh, non direi, amico. Guarda lì” – Ramos riconosce una Porche precisamente di fianco alla loro Mercedes, e sbruffa subito dopo.

Nairobi fissa in silenzio l’automobile senza pronunciarsi, eppure c’è un dettaglio che attira la sua attenzione.

“Juanito a bordo” – legge una sorta di adesivo sul retro.

“Già, quel cretino non solo ha una moglie che lo sopporta, ma perfino un figlio che potrebbe imitarlo”

“Un figlio hai detto? E quanti anni ha?” – chiede Agata, spiazzando i due uomini.

“Booo, non saprei. Forse nove, dieci anni” – ipotizza Lopez, sospettoso dell’espressione seriosa della compagna.

“Dai entriamo, ho fumato abbastanza. Mi ero ripromesso di smettere” – irrompe Daniel non dando il minimo peso alla curiosità della gitana su quel mezzo.

Anche la zingara sorvola, lasciando Bogotà perplesso.

Percorrono a passo un centinaio di metri ed eccoli di fronte al portone del Commissariato.

Agata afferra la mano del suo ispettore preferito, sentendosi protetta da quel gesto. E lui l’accoglie senza remore.

“Dopo devi dirmi come mai quell’interessamento per la Porche” – le sussurra.

La Jimenez annuisce e dice – “Credo di averla vista nei paraggi del Night Club tempo fa. Ero uscita per dare delle informazioni a Helsinki e Oslo, e l’ho trovata ferma a pochi passi dall’ingresso. E il dettaglio mi ha colpita. Quel “Juanito a bordo”. Ovviamente ci ho dato poco peso, poi. Qualche tempo dopo, stessa situazione, stessa macchina, stavolta quell’adesivo era stato eliminato nonostante ci fosse ancora evidente”

Tale scoperta sconvolge Santiago che, richiamando Daniel, gli dice – “Cazzo, hai capito che tipo che è Gandia?! Si aggirava nei pressi del Mariposas”

“Cosa?” – esclama Ramos, quando varcano la porta principale che dà strada ai vari uffici.

L’uscio viene spalancato dallo stesso Cesar con dei fogli in mano.

“E voi? Sempre tra i piedi, eh?”

“Potremmo dire lo stesso di te” – replica il trentenne, facendosi spazio per passare.

La Jimenez sussulta, cercando di controllare la tensione, e stringe con forza la mano del suo ispettore preferito.

“Va tutto bene, tranquilla” – le sussurra all’orecchio, approfittando dell’ennesimo battibecco tra il figlio del commissario e Gandia per defilarsi e raggiungere quanto prima l’ufficio in questione.

“Che combinate tu e il tuo socio? Continuate a dare scarsi contributi lavorativi?” – punzecchia Cesar, ridacchiando per beffeggiare il trentenne.

È la voce di Santiago, proveniente dalla stanza appena raggiunta, che chiama l’amico e lo invita a raggiungerlo.

“Meglio tacere o rischierei di fare danni” – pensa tra se e se Ramos, e dopo un’occhiataccia al rivale, si allontana da lui.

Gandia, però, è sospettoso. La persona con i due colleghi è vestita come fosse sotto copertura.

Riflette sui casi che Lopez e il ragazzino hanno sotto mano… e la sola ipotesi che salta alla sua mente è il Mariposas.

“Che sia una delle farfalle?” – deciso a capirne di più, sceglie di restare nei paraggi, e rincasare una volta ottenute le risposte in merito alla faccenda.

Intanto, tutti e tre in ufficio, danno il via al momento Identikit.

Bogotà chiude la porta dopo aver sbirciato, rapidamente, che nessuno passasse di lì o potesse sbirciare. Conoscendo le invadenze di Cesar Gandia, meglio evitare.

Posta una sedia di fianco alla scrivania, chiede ad una agitatissima Agata di accomodarsi .

Ramos accende il computer e fa un rapido log in su un programma specifico, battendo la password sulla tastiera.

“Ecco, ci sono!” – dice Daniel, rivolgendosi alla Jimenez – “Ti senti pronta?”

Santiago guarda la gitana annuire e lasciare la sua mano. Quella faccenda deve combatterla da sola e venirne fuori con le sue sole forze.

Le ore seguenti sono un richiamo ai vecchi ricordi, ad una frustrazione che domina e la divora, un susseguirsi di immagini visive che piombano nella sua mente e le rammentano la vita di merda condotta ingiustamente.

Flashback si susseguono nella sua memoria riportandola indietro nel tempo, a quando, chiusa nella stanza assegnatale al Mariposas, accolse il cliente 13, un uomo che ha saputo piegarla alla sua volontà.

*******************

“Bene, bene! Finalmente da soli” – la porta della camera viene sbattuta con forza e la persona alle spalle di Agata manifesta chiare intenzioni su ciò che vuole venga consumato tra quelle mura. Allentandosi il colletto della camicia avanza verso di lei.

Nairobi, nel frattempo, pensa e ripensa alle raccomandazioni del suo Berlino.

“Mantieni la calma. Mantieni la calma” – ripete a se stessa, mentalmente, sobbalzando quando, all’improvviso, sente le mani del cliente adagiarsi con foga sui suoi fianchi.

“Con un fondoschiena così potresti fare grandi cose” – ridacchia poi.

Deglutendo rumorosamente, per la tensione fisica, la Jimenez si frena dal gridargli lo schifo che nutre nei suoi riguardi.

E si limita al silenzio.

Notando scarse reazioni da parte della Mariposa, il cliente 13 vuole, in qualche modo, rompere il ghiaccio.

“Ti ho vista ballare attorno al palo, e muoverti in pista…non sei così rigida. Che ti prende? Non avrai paura di me spero”

“No, no” – replica subito la gitana, non intenzionata a mostrarsi fragile.

Quella sorta di autodifesa la sblocca nel parlare. Con coraggio si volta verso l’uomo e lo scruta in pieno viso.

Gli occhi scuri, penetranti, la barbetta, le guance paffute…tutti dettagli che la sua memoria assorbe e custodisce.

“Allora, mia cara, iniziamo?”

“Iniziamo!”

**********************************

Alcuni dettagli dell’anonimo 13, sembrano essere svanire con il tempo, come ad esempio che avesse molta peluria, o che fosse panzuto, e adesso riappaiono, proprio in fase di Identikit.

“Hai detto che ha le sopracciglia più incurvate?” – chiede Daniel, ascoltando il ritratto del tizio tramite la voce di Nairobi.

“La bocca più piccola, anche se all’epoca era ben coperta dalla barba”

Santiago osserva la compagna, non partecipando al momento; vuole esserci per lei, nonostante la donna si mostrasse desiderosa di affrontare la situazione con le sue sole forze. E così le accarezzando la schiena ogni qualvolta nota in lei dei tratti di agitazione, come la fronte corrugata, gli occhi spalancati, la bocca tremante…tutto ciò che segnala quanto quei ricordi facessero male.

Improvvisamente la Jimenez rammenta di quel dettaglio improvviso, fattosi strada nella sua mente come un fulmine a ciel sereno.

“Ha una sorta di voglia sul… ecco lì…precisamente…”

“Una voglia?” – chiede Ramos, domandandole poi di che tipo.

“Sembrava una sorta di…non saprei…di…di fragola”

La risata alquanto bizzarra del trentenne segue quel momento e sdrammatizza il tutto.

“Idiota, che cazzo trovi di tanto divertente” – sbotta la donna, tornando, per quei secondi, ad indossare i panni dell’aggressiva Nairobi.

“Nulla, perdonami. Quindi hai detto che aveva questo segno distintivo sulla guancia sinistra!?”

“Esatto”

Procedendo nell’identikit, la persona che Agata disegna verbalmente riesce in un’ardua impresa: quella di ammutolire il giovane ispettore.

“Cazzo” – esclama poi, chiamando a sé Santiago, posto distante dal monitor.

Lopez, stupito, si avvicina al collega, potendo scrutare nel dettaglio l’immagine, ormai prossima al completamento.

“Porca puttana, ma è uno scherzo?!” – ed impallidisce.

“Che succede?” – si preoccupa la gitana, non comprendendo le stranezze dei complici.

Il quarantaduenne sposta gli occhi sulla mora e manifesta uno shock innegabile ed inevitabile.

“Sei certa che questi ricordi non siano stati distorti?” – le domanda, esterrefatto.

“Certo che non ho distorto nulla Mi state prendendo per pazza?” – esplode lei, mettendosi in piedi.

“No, amore mio, assolutamente no. E’ che…”

“E’ che…cosa? Che diamine avete visto di tanto sconvolgente?”

“Guarda tu stessa!” – stampato il lavoro finale, è proprio Santiago a porle il foglio.

Quel pezzo di carta, ceduto tra le mani di Agata, cade, in un battibaleno, sul pavimento, lasciando Nairobi con lo sguardo fisso sul suo uomo, mentre le lacrime tornano a sgorgare rammentandole dell’ennesima beffa del destino.

“Ecco…adesso hai capito la ragione del nostro shock”
“Non può essere. Io non mi sbaglio su queste cose” - ripete lei.

“E invece stavolta sì” - ribadisce Ramos, piuttosto deluso e infastidito nell’aver creduto di aver vinto la guerra contro il nemico.

“Ma…ma…”
“Niente ma, Nairobi. Abbiamo perso tempo prezioso… hai appena realizzato l’Identikit di Santiago”

****************************

“Wow, è stata la scopata più bella della mia vita. E brava la zingarella! Mi porteresti una birra adesso?”

Esclama soddisfatto il cliente 13, dopo aver trascorso la notte a letto con Nairobi.

La gitana, mettendosi in piedi, avvolta da un lenzuolo bianco, oltraggiata nel cuore e nel corpo, si incammina verso il frigobar, posto nell’ala di fianco a quella matrimoniale della suite.

E’ allora che lascia via la fragilità e le paure di una ventitreenne scappata da una triste realtà di vita, per indossare i panni di mangiauomini. Dopo quanto vissuto, cosciente di aver saputo fingere di essere una persona diversa, per difendersi, opta per accogliere tale personalità dentro di se fino alla fine dei suoi giorni. Non esiste migliore maniera per tutelarsi se non quella di mostrarsi differente da ciò che per natura si è.

Preso da bere, si riavvicina al tipo, il quale, è intento a rivestirsi.

“Ecco a te” – dice, porgendogli la bottiglia – “Che fai? Sei di fretta adesso?”

“Mi ha cercato mia moglie. Meglio andare, o si insospettirà”

“Beh…io vado a fare una doccia”

A quel punto, Agata scompare e viene sostituita da Nairobi che, audacemente, con una voce non sua, ma di una corazza appena costruitasi, gli propone – “Vieni con me? Trova una banale scusa con la tua compagna e…”

Ridacchiando soddisfatto, il tipo si mostra piacevolmente colpito dall’idea, però si vede costretto a rifiutare.

“Avremo modo di recuperare. Vedrai” – si fionda sul suo collo, concludendo il tutto con una palpata fin troppo aggressiva al sedere di lei.

“Ok. Buon rientro…” – dopo un veloce occhiolino, la gitana, fa per allontanarsi, ma non prima di avergli domandato – “Potrei sapere il tuo nome…o, non so, magari il tuo cognome. Odio scopare con persone associate a dei numeri”

“Beh…non hai tutti i torti. Diciamo che puoi chiamarmi Lopez. Questo basterà”

*****************************************

“Diceva di chiamarsi Lopez! Ve lo giuro. Non mi sto confondendo né inventando nulla”
“Dai, Agata. Ammetti che l’agitazione ti ha fottuta per bene e chiudiamola qui”-  insiste Daniel.

“Vi dico di no. Cazzo, ci sarà una spiegazione! Magari si assomigliano molto”

“Ma sono identici! Non è che semplicemente si assomigliano… sono la stessa persona, capisci?”

Santiago, nel frattempo, rimasto in silenzio, per conto suo, ha una strana sensazione.

Qualcosa sembra non tornargli.

Gli occhi fissano il disegno con insistenza, come a voler trovare chiarimenti a quanto appena accaduto.

Che sia frutto delle tensioni interne che la Jimenez sta vivendo o davvero esiste qualcuno identico a Santiago Lopez che potrebbe essere il presunto cliente 13?

“Bogotà! Ascoltami, almeno tu…non sono una folle. Vi sto dicendo quanto i miei ricordi hanno custodito per anni”
“E allora, come mai non hai mostrato segni di shock quando l’hai conosciuto per la prima volta?”

“Non l’ho associato a quel tizio. Ma mettendo insieme i pezzi, il risultato è stato questo”
“Mah…io non la capisco più!” – commenta il trentenne, con le mani tra i capelli, rivolgendosi poi al socio – “Che si fa?”

“Come la spiegate la voglia sul viso?” – insiste Nairobi.

“Hai detto la voglia sul viso?” – è allora che l’ispettore maggiore scruta il particolare tralasciato.

“Beh la spiego magari come ennesimo sbaglio della memoria. Forse quel tipo aveva davvero una voglia che tu, però, hai identificato sulla faccia sbagliata”
“No” – esplode Lopez, sorpreso dal fatto – “Io ne ho una identica sulla schiena”

Segue qualche attimo di silenzio.

Silenzio rotto subito dopo dall’ennesima giustificazione di Ramos, ormai sempre più convinto della poca lucidità della loro testimone numero uno.

“Ecco che tutto torna: allora, hai visto quella voglia di Santiago e l’hai immaginata sulla sua faccia. Semplice, no?”

Amareggiata dalla scarsa fiducia nei suoi confronti, Nairobi si chiude nel silenzio.

Non ha intenzione di discutere ancora e ancora con chi crede di avere la verità in tasca.

Perfino il suo Bogotà si è mostrato dubbioso. E sapere che chi ami non confida in te, fa male.

Usciti dal Commissariato, con la stessa discrezione con cui vi misero piede, salgono a bordo della vettura, diretti a casa.

Un tragitto di puro e scomodo silenzio.

Nel frattempo…

“Allora? Gandia, cosa hai scoperto?”

“Gli stronzi se ne sono appena andati. Hanno chiuso l’ufficio, però ho delle chiavi di riserva.”
“Ottimo!”

Cesar scruta la zona, setaccia ogni cassetto, materiali del pc, fino ad imbattersi nella spazzatura.

Anche quella è vuota.

“Avranno sicuramente lavorato per la questione del Mariposas. Non capisco in che modo”

“Beh allora vedi di capirlo. Non vorrei che la donna incappucciata fosse Tokyo o Nairobi. Potrebbero parlare”

“Bisogna riportarle al night club quanto prima, signore. E forse un modo per farlo esiste e si chiama…maternità”

“Se ti riferisci ad Axel, quel bambino è lontano da qui. sono anni che vive in Portogallo”
“Andrò a prenderlo io. Dirò che serve il suo contributo per una missione di estrema delicatezza!”
“Gandia, complimenti. Se questa storia terminerà nel migliore dei modi, verrai premiato profumatamente”
“E’ un piacere servirla signor Dalì! Adesso mi metterò in viaggio per Lisbona. Datemi i contatti del piccolo Axel. A breve, vedrete, Nairobi tornerà al Mariposas con le sue stesse gambe…e con lei anche la ribelle Tokyo!”

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Capitolo 29
*** 28 Capitolo ***


 Il tragitto che conduce i due ispettori e la ex Mariposa alla villa avviene in assoluto silenzio.

Nairobi è cupa e persa nei suoi pensieri e nei tanti ricordi che, adesso più che mai, riaffiorano con prepotenza. Sono proprio quei flashback, sempre più definiti, a confermare l’Identikit dell’ipotetico Cliente 13.

Agata ha pochi dubbi: qualcuno di somigliante a Santiago Lopez è stato e continua ad essere il suo peggiore incubo.

Il suo compagno, nel frattempo, alla guida dell’auto, scruta la donna dallo specchietto retrovisore, cercando nel suo viso spiegazioni all’accaduto.

È assurdo che l’uomo che ha recato male alla sua Nairobi, e che potrebbe essere a capo del Night Club e dei suoi loschi traffici, abbia il suo stesso aspetto!

Per di più, a non dargli tregua, è il collega sedutogli accanto, il quale continua a insinuare che la Jimenez ha distorto la realtà, volutamente o non.

Se da una parte, tale preoccupazione comincia a farsi strada perfino tra le sue di certezze (seppure incondizionatamente innamorato della gitana) e troppe cose sembrano non trovare una logica, dall’altro lato, però, perché mai la gitana dovrebbe mentire e prendersi gioco delle indagini che la vedono patire in prima persona?

Così, dopo ben trenta minuti di percorso in automobile, chiusi nel loro silenzio, i tre raggiungono la destinazione.

È Ramos a chiedere al socio di restare con lui, all’esterno dell’abitazione, con la scusa di una sigaretta, per continuare la discussione sulla vicenda di Nairobi.

Lei, intanto, abbattuta dalla poca credulità che gli ispettori le danno, ma specialmente delusa dal suo compagno, si rintana in camera, ignorando le domande che le pone Tokyo appena la vede varcare l’uscio.

“Cosa le prende?” – chiede Rio, confuso, alla sua fidanzata.

“Qualcosa non è andato nel verso giusto, cazzo! Come possiamo lasciarla qui in questo stato e andarcene?”

“Ma…abbiamo il volo tra qualche ora!”

“Già, lo so. Però dalla faccia che aveva, sono più che sicura che è accaduto qualche casino!” –

Intenzionata a capirne di più, raggiunge, correndo, i due in giardino.

Tra loro si respira tensione, frutto di una conversazione dai toni accesi durante la quale Bogotà, nonostante le paranoie, difende a spada tratta la sua Nairobi, dagli attacchi di Daniel che la ritiene, al contrario, una alleata del Mariposas che ha volutamente intralciato i piani della polizia.

E proprio quando sopraggiunge Silene, Ramos si lascia andare ad un’affermazione che manda in bestia la ex Farfalla.

“Quella è una pazza, te lo dico io. Ci siamo fidati di lei solo perché si divertiva a scopare con te e ne ha approfittato quando hai dato a lei e alla sua cara amica un tetto dove vivere”

Nulla di quanto detto è vero e Tokyo lo sa bene. Sa quanto la sua migliore amica abbia sofferto e continua a soffrire e come Santiago fosse sul serio diventato la sua anima gemella.

Tali accuse, ingiuste, sono intollerabili.

“Tokyo, fermati! Cosa fai?” – grida Rio, guardandola spintonare l’ispettore trentenne e farlo cadere a terra, sull’erba inumidita.

“Stronza, che cazzo…!” – esclama il figlio del commissario.

“Calmati, amico. Adesso basta attriti, o non giungeremo mai a una risoluzione del caso” – lo frena Bogotà, intervenendo, dandogli una mano a rimettersi in piedi.

“Calmarmi? Ti è dato di volta il cervello? Santiago, da che parte stai? Sono stato appena aggredito da una pazza isterica. Col distintivo che indosso potrei sbatterla in carcere per qualche notte e farle passare la voglia di prendere a sberle la gente”

“Sei tu che provochi, figlio di puttana!” – sbotta la mora.

“Smettila” - le sussurra Rio, tenendola ferma tra le sue braccia.

“Crede che siamo delle malfattrici, ti rendi conto?”

“Vorresti confermare che la tua amica gitana abbia tutte le rotelle a posto? Sono sempre più convinto che qualcosa in lei non va”

“Cosa dici?! Neanche la conosci! Non è come credi tu!” – esclama, scioccato, Cortes, incredulo nel sentire tali parole rivolte a una persona che ritiene al pari di una sorella maggiore.

“Allora spiegamelo tu. Anzi, ti pongo una domanda. Cosa penseresti se, conducendo indagini importanti, improvvisamente ti trovassi soggiogato da una donna, perdessi la testa per lei, diventassi il suo compagno, la salvassi portandola in una villa sfarzosa a cui lei, chissà come, si abitua in un battibaleno…e poi lei ti facesse credere di dare una mano, per mandare tutto a puttane subito dopo?! Intenzionalmente o non, ci ha illuso, ci ha preso in giro, capisci?” – ogni parola è una chiara frecciata a Santiago ritenuto vittima del piano di Agata.

“Sei tu il pazzo, ti credevo un cascamorto, un ragazzino tutto ormoni e poco cervello! Invece non sei così, sei anche peggio. Parli solo per dare aria alla bocca. Sei un bambino viziato che se non ottiene ciò che vuole, si arrabbia e piange. Beh, sai che ti dico? Non scaricherai tutte le colpe del tuo pessimo lavoro su Nairobi, chiaro? Stronzo!” . continua ad attaccarlo Silene.

Daniel fissa il collega, attendendo una sua reazione. Ma tale reazione non si manifesta affatto.

E la delusione dipinta sul viso del trentenne diventa la stessa di Tokyo che la esprime a parole - “ E tu cosa cazzo taci! Bogotà, porca puttana, la vuoi difendere? È o non è la tua fidanzata? Permetti al tuo caro collega di offenderla così?”

Quei silenzi non aiutano a placare le acque.

“Bene, sai cosa ti dico? Non la meriti. Nairobi verrà via con noi. Abbiamo preso un biglietto extra. Lo userà lei. Andremo via da Madrid, non la vedrai mai più. Fai finta di non averci mai incontrate. Continua pure le tue indagini, non raccoglierai un cazzo, sappilo. Sei la delusione più grande. Mi rimangio le mie parole quando dissi a Nairo che eri diverso. Mi sbagliavo! Andate al diavolo entrambi” – guardandoli con disprezzo, Silene si svincola dalla presa del compagno e rincasa, seguita proprio da quest’ultimo.

“Bene, se queste si tolgono dai piedi tanto meglio. Abbiamo perso anche fin troppo tempo dietro i loro comodi” – commenta Daniel, infastidito dalla situazione, accendendo l’ennesima sigaretta.

“Hai esagerato” – apre bocca Lopez – “Ho taciuto poco fa in nome della nostra missione e del nostro essere colleghi, però…. Tokyo ha ragione, non puoi attaccarle con quei toni, ingiustamente”

“Certo che quella gitana ti ha davvero fulminato il cervello! Allora, dimmi tu, visto che la storia riguarda te…hai qualche parente che è la tua esatta fotocopia? Non so, un gemello? O tuo padre?”

“Potrebbe seriamente essersi confusa”

“No, Lopez, no! La stessa Mariposa continua a sostenere di aver detto la verità. Quindi le opzioni sono due: o mente o è una folle. E tu sai quanto sia rischioso affidarsi a gente di questo tipo nel condurre indagini importanti”
“Già” – commenta, amareggiato il quarantaduenne.

“Se almeno tu sapessi darmi la giusta spiegazione a quel dannato Identikit, forse…”

“Sono figlio unico, mia madre difficilmente avrebbe dato via un bambino nato dal suo grembo. Quindi, direi, che quel tizio potrebbe non avere legami con il sottoscritto” – precisa Santiago, convintissimo della sua posizione.

“Appunto, vedi che mi dai, indirettamente, ragione? Agata ci ha presi in giro”

“Era troppo coinvolta. Lei non è una che mente su cose del genere e poi, ho visto cosa le hanno fatto quando l’hanno tenuta lontana dalle colleghe. Quella gente potrebbe usarla per i suoi porci comodi. Magari la ricattano ancora”

“Dobbiamo darci una mossa. La Murillo è ancora scomparsa e al Commissariato vogliono risposte quanto prima. Mio padre pressa. E la famiglia merita risposte”
“Devo parlare con Agata, capire cosa davvero sente. Però prima ho bisogno di fare una cosa importante”
“Cioè?”

“Tu torna a casa. Meglio evitare altre tensioni con Tokyo. Appena avrò raccolto informazioni, ti avviserò”

Qualcosa dentro il cuore di Bogotà gli dice di indagare a fondo alla vicenda. E proprio il suo cuore gli ricorda di fidarsi della donna che ama e di non dubitare mai e poi mai delle sue buone intenzioni.

Mentre Silene e Rio, discutono dell’accaduto, riempendo un bagaglio con alcuni abiti extra, che hanno intenzione di dare ad Agata per la partenza, la stessa gitana è chiusa in camera e cerca di ricordare altri dettagli del passato.

Adesso perfino la voce penetrante del Cliente 13 sembra chiara e limpida.

Ma ecco, finalmente, il flash di cui aveva estremamente bisogno.

****************************************

“Hai dei figli?”

“Uhhh, ancora domande private. Sbaglio o era proibito porne?”

“Certo, è che sono curiosa. Insomma, vieni a letto con me da settimane e non so praticamente niente di chi ospito tra le mie lenzuola”

La Mariposa, di fronte allo specchio, prossima a consumare l’ennesimo rapporto con il suo Cliente più proficuo, si sistema come meglio può e non tollerando quei silenzi pesanti, attacca bottone nell’unico modo che conosce: argomentando la questione figli.
“Non entro nei dettagli. Ci tengo alla privacy. Ti basti sapere che sì, ho una famiglia!”
“Quindi hai degli eredi?”

“Direi basta domande, Nairobi”

“Ok, come vuoi” – aggiunge, amareggiata. Poi prosegue – “Anch’io ne ho uno. È un maschietto. Si chiama Axel”

“Davvero? Hai un bambino?”

“Sì, l’ho partorito qui, tra queste mura.

 Potrei vederlo?”

Domanda strana ma a cui la zingara non esita a dare risposta.
“Aspetta” – dice, tirando fuori dal cassetto del comodino una fotografia.

“E’ la tua fotocopia. Bello come il sole, complimenti”

Poi un dettaglio lo infastidisce visibilmente.

“Come mai la foto è assieme a De Fonollosa?”

“Beh…lui è il mio….ehm…” – poi opta per evitare di svelare dettagli precisi e spiega – “…il mio tutore, nonché tutore di Axel”

“Bene, allora dì al tuo “Tutore”, che da adesso sarò io il vostro”

“Co...co…cosa? No, guarda, non serve”

“Ho deciso così. E lui da buon socio capirà. Vedrai”

Inutile replicare. Nairobi sente in quei toni e nelle intenzioni del Cliente 13 l’ennesimo strappo alla sua libertà. L’ennesimo strappo alle sue ali che le vietano perfino di avere accanto la protezione di chi ama.

Presa dall’agitazione, e desiderosa di far valere le sue scelte, gli sbatte in faccia la verità – “Ehm…no, non puoi. Andres non è solo il mio tutore. È il mio promesso sposo”

“CHE COSA HAI DETTO?!”

“Il…mio…promesso sposo, sono la sua fidanzata. Mi ha chiesto di diventare sua moglie e, di conseguenza, considerarsi padre del mio bambino”

Lo straniero diventa improvvisamente serio e pensieroso. Frulla qualcosa nella sua testa che Nairobi non riesce a captare. Si limita, però, a porgergli dello champagne per dare inizio alla nottata.

“Mi stai dicendo che il tuo futuro consorte ti dà l’ok per scopare con me, e tu lo fai senza negarti, sapendoti unita a lui?”

“Ehm…veramente, signor Lopez, io non sarò più una Mariposa dopo le nozze”

Ulteriore shock sul volto del Cliente 13 che non tollera di dover rinunciare alla sua pupilla.

“Questo lo vedremo” – commenta a bassa voce, scolando l’alcool in un battibaleno.

Le afferra un braccio e la tira sul letto.

La gitana percepisce di avergli rivelato un dettaglio che l’ha infastidito. Pentita, opta per la mossa di salvezza.

Berlino le ha sempre detto “Quando il cliente è nervoso, o per motivi personali o come conseguenza a ciò che fai o dici, beh tu punta alla seduzione. Devi fare in modo che dimentichi, quanto prima, i suoi dilemmi”

E Nairobi dopo settimane di “allenamento” sa quali carte giocare.

“Con tua moglie non ti ecciti così, vero?” – gli sussurra all’orecchio, mentre, seduta sulle sue gambe, lo sveste di ogni indumento.

“Solo tu sai accendere in me la fiamma del desiderio. Secondo te, come mai non riesco a starti lontano, e’?”

“Tuo figlio se sapesse che tradisci sua madre, cosa penserà?”

“Lui è grande!”

“Ti assomiglia?” – chiede, slacciandosi il reggiseno che cade rapidamente sul pavimento.

“Beh…” – commenta lui, ammirando la nudità della donna – “… non lo vedo…da un po'”

“Studia? Lavora?”

Basta poco. Mentre i due consumano l’ennesimo rapporto privo di sentimenti, Nairobi riesce a soddisfare qualche sua piccola curiosità.

E l’uomo godendo dei piaceri fisici che la gitana gli regala, sembra mettere da parte la rabbia.

Già, perché ora lui è furioso. Nairobi è sua. Nessuno può portargliela via.

E Andres De Fonollosa non lo farà.

Agata Jimenez è di sua proprietà e lo sarà per sempre!

Adesso che è consapevole perfino dell’amore infinito tra madre e figlio, sa come mettere in atto un piano folle e a lui vantaggioso.

Seppure mostratosi distante dall’argomento trattato poco prima, il Cliente 13 escogita la maniera per impedire le nozze.

Intento a rivestirsi, si lascia andare ad un dettaglio che, prima di allora, Agata aveva rimosso dai ricordi.

“Sai, mio figlio…non lo vedo perché non ho rapporti né con lui né con la mia ex”
“Come la tua ex? Avevi detto di essere sposato!”

“Beh… diciamo storia rapida e non duratura. Ma ti giuro che una come te la sposerei all’istante, sai?”
“Ehm…Lopez, è un onore però come sai io sono promessa a…”
“A De Fonollosa, sì sì ho capito. Però ti avviso, quello è uno poco raccomandabile. Ti mollerà prima che vi promettiate SI per la vita”
“No, cosa dici!”

“Fidati. Perciò, pensaci bene Nairobi, solo io posso assicurare tranquillità a te e al tuo bambino”

E prima di andare via, dopo averle dato un bacio sulla guancia, il primo dopo tante e tante nottate di solo sesso, lo sconosciuto dice qualcosa a cui fa seguito l’uscita dalla stanza.

“Se scegli me, crescerò Axel come fosse sangue del mio sangue. Non commetterò lo stesso sbaglio del passato. Non mi comporterò con lui come ho fatto con il mio Santiago. È una promessa”

 

*****************************************

Agata sobbalza ricordando quel momento della sua vita.

Santiago.

Il figlio di quel tale Lopez si chiamava Santiago.

Era già grandicello dieci anni prima.

Non hanno rapporti da sempre.

Vive solo con sua madre.

Si assomigliano.

Beh…dettagli che spiazzano e la fanno rabbrividire.

Che sia davvero come teme?

Senza esitare, la gitana lascia la stanza correndo verso il salotto, mentre la voce dello straniero riecheggia come un’ossessione nelle sue orecchie.

Vaga ma non trova nessuno.

Così bussa alla camera di Tokyo e Rio. I due sono alle prese con le ultime faccende pre-partenza.

“Ehi, amica mia, tutto bene? Ci fai preoccupare” – le va incontro la Olivera, guardandola varcare l’uscio con fare nervoso.
“Ho scoperto chi è il Cliente 13” – dice determinata a farsi ascoltare.
“Mi hanno raccontato dell’Identikit, hermana! Beh…magari questo stress ti manda in confusione, o sei tesa per le ultime vicende. Capisco e non ti giudico e proprio per questo pensavamo di farti venire assieme a noi. Qui non sei creduta. Non si fidano di noi. È meglio toglierci dai piedi prima che i Boss tornino a prenderci” – aggiunge la Olivera, non prestando la giusta attenzione alle parole dell’amica.

“No, io non me ne vado!”
“Ma Nairo… quell’ispettore, quel tale Ramos, sta facendo il lavaggio del cervello al tuo compagno per convincerlo della tua colpevolezza. La soluzione migliore è partire” – anche Rio è convinto di questo.

“Ho detto che so chi è quel maledetto. Volete ascoltarmi almeno voi, cazzo?” -  sbotta la zingara.

Guardandola talmente agitata, i fidanzati prendono posto sul letto e attendono spiegazioni.

Nairobi, con il cuore in gola, confessa quell’ipotesi divenuta ormai certezza assoluta.

“Bisogna rovistare tra le cose di Donna Leticia”
“Cosa c’entra la madre di Bogotà?”

“C’entra eccome, Tokyo! Dovrà pur esserci qualche fotografia, qualcosa che ci conduca al Cliente 13”
“EH?” – esclamano in coro i due.

“Non ci arrivate? Come mai nei miei ricordi quel tipo assomiglia così tanto a Santiago? La risposta è palese… dieci anni fa, l’uomo che prese il comando del Mariposas, l’uomo che osteggiò le mie nozze con Andres, l’uomo che mi costrinse ad una prigionia a vita usando la storia di Axel perché era al corrente del mio legame con lui, dato che io in primis gliene parlai, è proprio l’essere immondo che abbandonò sua moglie e suo figlio senza esitazione”
“Cazzo, vuoi dire…?”
“Si, Rio… il Cliente 13…il Signor Dalì è il padre di Bogotà”

 

 

 

 

 

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Capitolo 30
*** 29 Capitolo ***


29 CAPITOLO “MARIPOSAS”

 

Mentre Nairobi torna con la mente ai vecchi ricordi, Santiago Lopez girovaga all’ultimo piano della gigantesca villa di famiglia.

Scruta nei dettagli ogni angolo di stanze rimaste chiuse per decenni. Da quando sua madre è morta, si è accontentato di abitare in un appartamento al settimo piano di una palazzina in una periferia.

Donna Leticia seppure solare e accogliente, tanto da trattare le sue cameriere al pari di nipoti di sangue, era piuttosto discreta per quanto riguardava il passato, quindi a suo figlio tocca ora recuperare tracce lontane nel tempo.

Bogotà però non sa bene dove la defunta madre custodisce i segreti del suo cuore ferito, il cuore di una donna che si innamorò, che si sposò convinta di essere ricambiata, che diede alla luce un figlio cercato e voluto, ma cresciuto con le sue sole forze, e che fu abbandonata da chi le promise fedeltà e amore per tutta la vita.

Perquisire le stanze è il primo tentativo di ricerca. Raggiunge la camera dove alla parete spicca un dipinto, coperto da un velo scuro che il quarantaduenne solleva immediatamente…l’ennesimo quadro di Leticia.

La villa ne è piena.

Aveva dimenticato dell’esistenza di quel capolavoro.

Stavolta è ritratta giovanissima, nella bellezza dei suoi diciotto anni, con gli occhi colmi di speranza per il futuro e il sorriso di chi ancora non è chiamata a soffrire.

Da bravo ispettore, Santiago sceglie di studiare i dettagli di ogni minimo oggetto presente tra quelle quattro pareti.  Dopotutto, il mestiere gli insegna che dietro le cose più impensabili, di solito, si nascondono risposte ai misteri.

Così solleva il quadro sganciandolo dal muro, convinto di trovarvi qualche cassaforte o buchi alla parete. Ma niente. Il dipinto è stato adagiato lì solo per estetica.

A colpirlo è invece un dettaglio, scritto con un pennellino nero, dietro la tela.

“Da C.G. alla farfalla più bella” – legge, spiazzato dall’appellativo utilizzato. Oggi come oggi quell’insetto riesce a collegarlo solo e inevitabilmente alle vicende del Mariposas.

Magari, chissà, è un modo per definire la donna. In fondo si sa, le farfalle sono note per essere meravigliose per natura.

“C.G.” – ripete ad alta voce, come a cercare risposte all’identità di tale persona – “Chi sarà mai?” – piuttosto che il nome Farfalla, sono tali iniziali a insospettirlo.

Per scoprirne di più, comincia a rovistare in alcuni cassetti, la maggior parte difettati dal trascorrere degli anni o altri purtroppo vuoti.

Sedutosi sul letto, torna a fissare il dipinto.

E un dettaglio gli viene alla mente – “Cazzo, anche lui dipingeva! Non può che essere mio padre quel tale C.G.! probabilmente le ha realizzato il quadro negli anni di fidanzamento…e poi l’appellativo farfalla… il Mariposas…ecco, tutto torna! Forse Nairobi non ha frainteso nulla, non mente, non è confusa…ha semplicemente detto il vero” – scatta in piedi come un fulmine e solo allora avverte uno scricchiolio strano.

Abbassa lo sguardo constatando che un paio di mattonelle sono leggermente sollevate rispetto all’intero pavimento.

“Bingo!” – esclama, certo di aver trovato qualcosa che forse era stato volutamente celato.

Con il cuore in gola, per l’ansia di quanto verrà a scoprire, e per le aspettative elevate, Santiago solleva le due piastrelle e nota una piccola scatola nera, paragonabile ad un piccolo portagioie in termini di dimensioni.

Probabilmente la grandezza e il colore non sono casuali, pensa l’ispettore. Chi l’ha nascosto lì non voleva che saltasse all’occhio e il nero è utile a questo scopo.

Accuratamente la apre, dopo un bel respiro profondo.

“Lettere?!” – esclama, non sapendo quale emozione provare di fronte a pezzi di carta. Ne tira fuori un mucchio messe tutte assieme, l’una sull’altra, come fossero un pacchettino, unite da un nastro di quelli che Leticia usava per i capelli, di colore rosa confetto.

Ed è così, in questo modo, che Santiago Lopez si accinge a leggere e svelare come tutto ebbe inizio.

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“Che bel dipinto, complimenti”
“Grazie, ammetto di aver sempre amato l’arte”

“Beh, una creatura così bella e raffinata non poteva non amare altrettanta magnificenza” – un affascinante vent’enne si avvicina alla giovanissima Leticia Lopez, figlia unica di una famiglia benestante madrilena.

Spinta dal padre, la ragazza ha realizzato una mostra per esporre i suoi lavori migliori.

È quel giorno, il 13 marzo del 1979 che viene scritta la storia.

“Sono un appassionato anch’io, sai?”

“Davvero? Mi piacerebbe osservare i suoi lavori” – confessa la biondina.

“Io sono un appassionato di pittori come Dalì. Soprattutto quando si tratta di quadri di farfalle”

“Credo di non averne mai visti. Come mai proprio le farfalle?”

“Io amo la natura e le farfalle sono sempre state la mia ossessione. Le farfalle per Dalì io le interpreto così: secondo me lui le collega al desiderio carnale, a…alla seduzione… e rappresentano una metamorfosi…ognuno di noi è, in fondo, una farfalla”

“Caspita, come è informato, signore”

“Siamo coetanei, suppongo. Diamoci del tu”

Imbarazzata dal temperamento del giovane, da sempre timida e chiusa nella sua teca di vetro, Leticia si lascia andare e approfondisce la conoscenza.

Durante le ore seguenti, che vedono il ragazzo raccontare ogni piccola curiosità su Dalì e la sua arte, di cui è al corrente per via della passione e dello studio sui libri, i due non badano alla cosa primaria…

“E’ ora di andare! È stato bello conoscerti”

“Anche per me. Adesso tocca a te realizzare una mostra”
“Solo se avrò il piacere di averti tra gli invitati” – la lusinga, con un leggero e delicato baciamano.

Negli anni ’80 era alquanto raro trovare ventenni tanto educati da compiere ancora quei gesti tradizionalisti.

“A proposito” – dice lui, prima di allontanarsi con un uomo sulla quarantina che sembra essere una sorta di guardia del corpo –“Non conosco neanche il tuo nome”
“Leticia….Leticia Lopez”

“Bene, Leticia Lopez piacere mio. Io sono Carlos Grigoryan”

I due si perdono di vista per alcuni mesi, fino a quando, il fato mischia nuovamente le carte.

Ed è una mattina di inizio estate quando, a colazione, la diciottenne nota sul quotidiano di suo padre la notizia dell’imminente mostra di Salvador Dalì in città.

“Andiamoci, ti prego, papà!” – lo supplica una giornata intera, e riesce ad abbattere i No del genitore solo accettando di recarvisi accompagnata.

Ciò che accade è l’incontro, o meglio il rincontro, tra due giovani, invaghitisi l’uno dell’altra.

Leticia, all’epoca, sapeva, in cuor suo, che Carlos sarebbe andato alla Mostra essendo così fanatico del pittore spagnolo. Disposta a vederlo e potergli nuovamente parlare, opta per parteciparvi.

E così si ritrova faccia a faccia con il ventenne dai capelli castani e la strana ma adorabile voglia sulla guancia sinistra.

Quella stessa voglia che con il passare del tempo verrà in qualche modo camuffata da una folta barba che la stessa Leticia imparerà ad amare.

È prossimo il Natale quando i due si scambiano il loro primo bacio.

“Perché Grigoryan? Sei straniero?” – domanda lei.

“Mio padre è armeno. Mia madre spagnola. Ecco perché solo il mio nome è iberico” – le spiega quando l’accompagna davanti casa, una villa enorme che lo lascia di sasso.

Certo, sapeva quanto fosse benestante la Lopez, ma immaginare che vivesse in tale sfarzo non lo credeva possibile.

Trascorsa qualche settimana, dopo baci e uscite, coccole e sentimentalismi, Carlos fa un passo decisamente scioccante: le chiede la mano.

La famiglia di lei è incredula. Come mai tutta quella fretta? Alcuni temono sia dovuto a una gravidanza inattesa. Ma Leticia rassicura. È una giovane donna responsabile che mai avrebbe permesso che capitassero cose che avrebbero potuto mettere in cattiva luce i suoi genitori in società. Mette da parte i suoi desideri per il bene di chi l’ha messa al mondo.

Beh…tanta urgenza nel promettersi SI sull’altare ha, in realtà, un motivo di fondo… qualcosa di molto distante dall’amore.

Leticia e Carlos si uniscono in matrimonio nel gennaio del 1980.

Una festa degna di un re e una regina. I Grigoryan sembrano apprezzare quel lusso e goderne a pieno. È come se avessero combinato tutto alla perfezione pur di accasare il loro unigenito con una donna ricca.

Ed è effettivamente ciò che accade.

Ma si sa, le forzature spesso creano effetti contrari.

Carlos si sente imprigionato in delle nozze mai seriamente volute. Per di più si rende conto che ad accomunarlo a Leticia è solo l’amore per l’arte e la pittura.

Anche fare l’amore con lei diventa un peso.

Ha vent’anni quando scopre che da lì a qualche mese sarebbe diventato addirittura papà.

Tutto troppo per un giovane come lui.

Nasce Santiago e solo un anno dopo il suo arrivo, il piccino diventa orfano di padre.

Colui che avrebbe dovuto crescerlo assieme alla consorte, fa le valigie e abbandona la sua famiglia.

Lo scandalo per i Lopez è tale da costringere i Grigoryan ad annullare ogni tipo di vincolo con loro.

Per evitare denunce, avvocati, assegni di mantenimento o altro, si opta per cancellare definitivamente dalla vita del bambino ogni traccia di Carlos.

A Leticia non resta che un cuore in mille pezzi, tanti sogni bruciati, e un figlio da crescere…da sola!

C’è da domandarsi il perché di quelle lettere nascoste.

Beh… la signora Lopez, il cui cognome sarà quello che contraddistinguerà anche Santiago, negli anni scriveva lettere al suo amore perduto. Lettere mai spedite, sulle quali raccontava di quanto dolore gli avesse recato, di come il loro Santi stesse crescendo, dei suoi cambiamenti, delle sue paroline…una raccolta custodita gelosamente.

In quella stessa raccolta emerge che Leticia negli ultimi quindici anni era stata ricattata e le venne imposto un pagamento molto alto.

Soldi che dovette cedere a chissà chi per evitare danni al compagno scomparso, nonché al suo adorato figlio.

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“La ricattavano per salvare il culo a quello stronzo!” – esclama Bogotà, stringendo con forza una delle ultime lettere rimaste – “Chissà che razza di malfattore è! Maledetto”

Ma è il tassello mancante alle sue indagini quello che trova in fondo alla scatola.

Una piccola cornice nella quale è fotografata la coppia con in braccio il loro neonato di poche settimane.

“Cazzo” – esclama Santiago, riconoscendosi in quel giovane di fianco alla madre.

“Nairobi aveva ragione…porca puttana, allora è mio padre!” – grida sconvolto.

È in tale istante che Agata, agitata per la scoperta fatta in autonomia, si fa ben udire  mentre parla ad alta voce con Tokyo e Rio, in mezzo ai corridoi del primo piano.

“Cosa conti di fare ora, amica mia?” – chiede Silene alla gitana.

Santiago origlia, ancora decisamente scioccato dalla novità.

“Vorrei che Bogotà sapesse. Vorrei sapesse chi è il Signor Dalì, chi è il Cliente 13”

“Lo so già” – commenta l’ispettore, scendendo a passo lento le scale per riunirsi ai tre.

Poi si rivolge alla sua compagna e la prende per mano – “Perdonami per prima. Certo che ti credo. Mi fido di te. E adesso ho la prova decisiva. Guarda tu stessa”

Le porge la cornice.

Dal viso di Nairobi, impallidito, e quello agitato di Santiago, la Olivera e Cortes intuiscono che parte del mistero è stato risolto.

“Quel figlio di puttana che ti ha messo le mani addosso è lo stesso che ha usato mia madre per arricchirsi. Non ho dubbi, lui ha costruito il suo impero con il denaro che le ha strappato”
“Sei sicuro? Tutto questo l’hai dedotto da una fotografia?” – domanda Tokyo, quasi burlandosi di lui.

“Era tutto studiato a tavolino, sin dal principio. E ci sono delle lettere che ne danno prova. C.G. queste sono le sue iniziali”

“Aspetta, com’è possibile? Diceva di chiamarsi Lopez” – ricorda Nairobi.

“Ha usato il cognome di mia madre come copertura. L’ha sposata per soldi. Poi l’ha abbandonata. Non so come sia arrivato al Mariposas né come ha fatto ad impossessarsene. State pur certi che lo scoprirò. Ho una voglia matta di sbattere in galera la persona che ha calpestato il cuore e i sentimenti di mia madre…la persona che ha osato distruggere la donna che amo. Non la passerà liscia. Fosse l’ultima cosa che farò in vita mia…lo voglio dietro le sbarre!!”

 

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Capitolo 31
*** 30 Capitolo ***


Allora? Hai risolto la faccenda di Axel?”

Sì, signor Dalì. Il bambino è qui con me. La fortuna ha girato dalla mia parte. Ho trovato facilmente un volo e in meno di due ore sono arrivato in Portogallo”

Bene, Gandia! Sarai premiato come meriti. Il bambino è con te?”

Certo! Pensi che mi è bastato parlare con suo padre per fargli capire che era essenziale la presenza per qualche giorno del piccoletto per questioni importanti” – spiega Cesar.

Ammetto che vendere Axel al mio socio è stato un grande affare. Lui ha accettato l’offerta senza battere ciglio” – commenta il Boss del Mariposas, giocando, divertito, con il filo di un vecchio telefono fisso.

Si conoscono le ragioni?”

Non mi interessa il motivo, Gandia!” – precisa come a volerlo rimproverare di badare a faccende inutili, poi aggiunge soddisfatto – “A me è bastato prendere i soldi e togliere di mezzo l’ostacolo che si interponeva tra me e Nairobi”

Davvero crede che Axel possa essere un problema?”

Lo era. All’epoca, lei viveva solo per lui. Ma presto le cose cambieranno”

Cesar evita altre domande e ascolta il Boss che gli chiede - “Tra quanto sarete qui?”

Siamo già in aeroporto, signore! L’aereo decollerà a breve

Perfetto. Tranquillizzalo come meglio puoi, presto sarà tutto finito…e ogni cosa tornerà come prima!

La telefonata cessa poco dopo.

Palermo raggiunge il Boss proprio in tale istante, con carta e penna e una busta bianca.

Ecco quanto richiesto! Cosa devo scriverci?”

Confido nelle tue capacità. Sei un bravo paroliere. Sappi solo che è indirizzato a una mamma”

Nairobi?” - domanda, già conscio della risposta, poi aggiunge alquanto preoccupato - “ Sul serio Axel tornerà qui?”

Il tempo necessario affinché la gitana rimetta piede al Mariposas. Poi potrà sparire di nuovo nel nulla” – ridacchia, sollevato e felice.

Il bambino è innocente. Spero non vogliate fargli nulla”

Logicamente no. Ti sembro il tipo?”

La serietà sul volto del Signor Dalì “tranquillizza” Martin.

Ora va, affida l’incarico a qualcuno che porti la lettera a destinazione. Io ho un’altra faccenda di cui occuparmi, molto delicata” – comanda il Boss al suo inserviente.

Posso chiedere quale, se permesso?”

Il signor Dalì volta lo sguardo su Berrotti, il quale rabbrividisce cosciente di aver interferito troppo. Ma non riceve la ramanzina, piuttosto il contrario – “Beh…forse non lo sai, sono stato molto attento a non far intravedere la mia reazione di fronte a quel tale ispettore che venne qui a condurre le indagini”

Ne erano due, capo”

Già, ma quello che mi vede coinvolto in prima persona è uno di loro. Santiago Lopez. Il tuo nome ti dice qualcosa?”

Certo. Eh…beh…signore io credo che con Nairobi…ci sia qualcosa…sospetto che…”
“Si, si! Lo so. Cosa credi? La spio da diverso tempo e ho dovuto anche udire i suoi gemiti mentre scopavano poche ore dopo essersi conosciuti nello stesso letto dove lei lo faceva con me” – grugnisce i denti.

COSA? davvero è accaduto?”

Basta Palermo! Finiamola qui. Ho intenzione di occuparmi anche di lui e lo porrò di fronte ad un bivio. Capirà da solo che conviene dimenticare la gitana”

Chiude così la conversazione, facendo cenno a Martin di scrivere.

E mentre gode al massimo dell’imminente successo, di cui è più che certo, pensa alla mossa successiva.

Colpirà Santiago Lopez con un’arma potente che lo stenderà, mettendolo k.o. il tempo utile a convincere Agata che l’unico uomo a cui appartiene è solo ed esclusivamente uno: il signor Dalì, il Cliente 13… Carlos Grigoryan.

**********************************

Non posso andarmene e lasciarti qui da sola a combattere contro quei figli di puttana, Nairo!” – Tokyo è intenzionata a rinunciare all’imminente partenza, stringendosi al corpo della gitana, di fronte al quale, lei sembra un’adolescente.

Ti ripeto di non preoccuparti. Ho un alleato, decisamente coinvolto al cento per cento nella storia” – la rassicura la Jimenez, riferendosi al suo Bogotà, mentre cerca di svincolarsi dalle braccia esili della Olivera.

Meriti di vivere libera il tuo amore con Rio! Appena tutto sarà finito, ci vedremo. È una promessa”

E se dovesse accaderti qualcosa? Non me lo perdonerei” - Silene, mai vista tanto fragile, non trattiene il dolore da un distacco che le costa più di quello dalla sua stessa famiglia.

Forse perché Nairobi è sua sorella maggiore, ed è colei che le è stata accanto più di chiunque altro in quella tana, e ha saputo farle da spalla in ogni momento di sconforto.

Stai tranquilla, ci penserò io a lei. non le capiterà nulla” – promette Santiago, intervenendo nella conversazione, sollevando i bagagli assieme a Rio, pronti per caricarli in auto.

Una separazione tragica e difficile per le due farfalle, ma Agata ha deciso: Tokyo deve andare via quanto prima, e lo stesso vale per Rio, lontano da chi le vuole male, lontano da chi potrebbe sbatterla in quella prigione da un momento all’altro.

Voglio che il Mariposas sbiadisca subito tra i suoi ricordi! E solo lasciando Madrid, e lasciando me, questo sarà possibile” – si commuove Nairobi, una volta lasciato l’aeroporto, mano nella mano con il suo Bogotà che in risposta, le dà un tenero bacio sul capo.

Tokyo non è da meno nella gestione delle sue emozioni.

Come ti senti?” – le chiede Cortes, sedutagli di fianco, ormai prossimi al decollo.

Uno schifo. Una codarda. Una traditrice. Una egoista. Ecco come mi sento” – gli occhi colmi di lacrime non nascondono più la tristezza e la voce tremante manifesta il suo turbamento.

Amore mio, hai sentito Nairo! È meglio così”

Meglio? Chi decide cosa può esserlo? Sembra aver preferito Bogotà”

Non dirmi che sei gelosa adesso?! Lo ha fatto per il nostro bene. Credi non sia costato molto anche a lei? la conosci … sicuramente è a pezzi” – Rio riesce con tali parole a far ragionare Tokyo che intuisce di aver esagerato nel sentirsi messa da parte dalla sua migliore amica.

Mi odio quando penso male di mia sorella! E’ solo che…”

Tesoro mio, appena le acque si calmeranno, ti giuro, torneremo e la porteremo via”

Dici sul serio?”
“Non permetterò che le accada qualcosa” – dopo averla rassicurata, Anibal le stringe la mano, poi baciandola teneramente.

L’aereo prende il volo e Tokyo finalmente può respirare a pieni polmoni la libertà tanto sognata.

Questo, invece, non vale per Nairobi.

La gitana, rincasata, è molto agitata. Ora si sente sola senza la sua Toky Toky, sola come non si sentiva da tanto tempo. E una lacrima le riga il viso al ricordo del loro primo incontro.

Se hai voglia di sfogarti, fallo, amore mio. Io sono qui” – Santiago le porge la sua spalla, sedendole di fianco su quel divano mai stato così vuoto come in tale istante.

I due si scambiano un dolce bacio a stampo, poi è Nairobi ad accoccolarsi al petto del suo compagno e, a ritmo del suo cuore, si lascia andare alla commozione.

Quando Silene arrivò al Mariposas tremava come una foglia. Del suo passato ha raccontato poco perché non ama ricordare la sua famiglia. Un padre del tutto assente, una madre che non l’ha mai desiderata, una casa che cadeva a pezzi, e una incessante voglia di libertà”

Avete molto in comune voi due”
“Già, ed è come se la vita ci avesse fatte incontrare per sceglierci l’un l’altra. Lei è la sorella che non ho mai avuto. Ed è difficile saperla distante”

Presto la raggiungeremo, vedrai. Una volta che quel bastardo finirà dietro le sbarre e quel posto chiuderà i battenti, sarò io stesso a portarti da lei. e ti prometto… ci trasferiremo fuori Madrid”

La proposta spiazza Agata che esclama – “Davvero?”

È giunto il momento di rompere i ponti con il passato. Voglio scrivere il mio futuro... con te”

Quella notte, soli in un’enorme villa, pronti a lasciarsi alle spalle dolore e frustrazioni varie, Nairobi e Bogotà vivono ore di intensa passione, assaporando ogni sensazione di quel sentimento divenuto realtà, un sentimento che li ha condotti ad accettarsi e ad amarsi in piena consapevolezza.

La Jimenez sente di poter toccare il cielo con un dito. Le sciagure negli ultimi anni non sono mancate, eppure l’unico spiraglio di luce è stato proprio Santiago.

E avvolta tra le sue braccia, non ha paura di nulla. Finalmente ha trovato il suo posto nel mondo.

Ma ciò che accade è l’ennesima coltellata al cuore di una giovane mamma, innamorata del suo essere madre e di un figlio strappatole via con crudeltà.

È notte fonda quando Agata avverte uno strano rumore all’ingresso.

Non è il vento che solitamente con il suo chiasso pare bussare alla porta.

Alzatasi dal letto, completamente nuda, indossa rapidamente una camicia chiara di Bogotà e si affaccia alla finestra.

Non c’è nessuno. La quiete è quasi spaventosa.

Ed è allora che nota un piccolo dettaglio. Un’ombra che sembra allontanarsi.

Cazzo” – esclama, ipotizzando il peggio.

La sua reazione è quella di una donna cresciuta da sola, senza mai un appoggio morale ed emotivo. Perciò non disturba l’ispettore caduto in un profondo sonno e corre verso il portone d’ingresso, gridando – “Chi sei? Fatti vedere”

Seppure terrorizzata, non esita a fare da guardia alla casa che la ospita e all’amore della sua vita.

Poi china gli occhi e scorge sullo zerbino una busta bianca.

Inconfondibile il destinatario.

Per Nairobi”

Rincasata, attenta a serrare bene l’uscio e le diverse entrate della villa, si siede sul divano, presa dal consueto magone.

Le mani tremanti testimoniano la sua tensione alle stelle.

So che sono loro”- commenta ad alta voce. Chi potrebbe mai scriverle se non i suoi nemici pronti a minacciarla per riaverla al Mariposas.

La sola cosa sospetta è… “Come fanno a sapere che sono qui?”

Turbata dai dubbi e dall’angoscia, si appresta a scoprire la realtà dei fatti.

Pochi secondi e il destino le pone di fronte l’ennesima sfida.

E ciò che vedrà non le piacerà, al punto tale da rinunciare alla felicità che ha faticato ad ottenere, per tornare prigioniera di un dannato inferno.

****************

E’ l’alba quando il cellulare di Santiago squilla più e più volte, destandolo dal riposo.

Brontolando e stiracchiandosi, cerca la sua gitana sull’altro lato del letto.

Eppure è vuoto.

Amore mio, non sento il profumo del caffè. Che fine hai fatto?” - chiede, mettendosi in piedi.

Assonnato, sfila il cellulare dal caricabatterie attaccato alla presa elettrica.

Daniel?” - esclama, riconoscendo le 3 chiamate perse del collega.

Ricompone il numero e attende.

Ehi, che succede? Cos’è tutta questa insistenza?”

Ho una notizia, amico! Ricordi il bambino del Portogallo?”

Sì! Alex, il figlio del tizio serbo”
“Forse avevi ragione tu!”

Cosa intendi?”

Corri al commissariato. Ci sono delle novità!"

Elettrizzato dalla notizia, confuso su come le cose possano essersi evolute per dargli ragione, si doccia in un battibaleno.

Mentre indossa un paio di jeans e una felpa, continua a pensare al modo con cui rivelarlo a Nairobi, ipotizzandola in soggiorno di fronte alla tv con una tazza di caffè in mano.

In fondo non le ha mai parlato delle sue ipotesi circa il bimbo di Lisbona.

E appena raggiunge il salone, nota un silenzio tombale.

Agata non c’è.

La chiama. La cerca. Scruta ogni angolo della villa, perfino il giardino esterno e le aree adiacenti.

Niente da fare.

Terrorizzato da quanto può esserle accaduto o quanto può aver commesso, telefona nuovamente a Ramos.

Non la trovo”

"Che significa che non la trovi? È lì con te. Sotto la tua tutela, dubito sia scappata!”

Non l’avrebbe mai fatto, Daniel! Per questo ho paura”

Nei minuti di confronto con il socio, Santiago scorge una busta bianca accartocciata sul pavimento.

La raccoglie – “Aspetta, credo di aver trovato qualcosa…” - dice all’amico, lasciandolo in sospeso.

Porca puttana!” - esclama poi.

Hai novità?”
“E’ un biglietto per...me”

E cosa dice?”
“E’ andata via…. è...andata …. via!” - ripete, scioccato. Il cuore sembra bloccarsi e raggelarsi.

Nairobi l’ha mollato.

Nairobi è fuggita.

E ha detto addio ai progetti per cui, poche ore prima, erano euforici.

La cosa è alquanto strana, eppure quel messaggio è chiaro.

Mi mancherai, ma è bene che tu viva senza di me al tuo fianco. Ti amo e ti amerò sempre. Per sempre tua, Agata”

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Capitolo 32
*** 31 Capitolo ***


Santiago percorre, a passo svelto, la stradina che lo conduce al Mariposas. Ormai la conosce a memoria, tanto da poterla percorrere ad occhi chiusi.

Quel biglietto di Nairobi è chiaramente la prova che la gitana è tornata, per chissà quale motivo, al Night Club.

E a lui frega poco di trovarsi di fronte dei criminali, incluso suo padre, il più pericoloso di tutti; gli frega poco anche di non essersi organizzato in termini di uomini della polizia da usare come scorta. Ciò che conta è riprendersi la sua donna e porre fine a tutto quell’inferno.

Così, mentre il cellulare continua a squillare, ininterrottamente, per via di Daniel Ramos che è spiazzato dalla mancata risposta del collega alla scoperta su Axel, il coraggioso Bogotà ha intrapreso il piano più folle della sua vita.

Il corpo non risponde alla vocina nella testa che gli ripete di prestare attenzione.

Agisce come un automa, muovendosi quasi fosse un robot, intento esclusivamente a riappropriarsi della sua felicità.

Quella busta, quella in cui è custodito il messaggio lasciatogli da Agata, gli ha rivelato altro.

Quel figlio di puttana vuole ricattare anche me! Si sbaglia di grosso se pensa che io sia alla sua mercé” – borbotta riferendosi al Signor Dalì.

Mentre percorre quei metri che lo separano dal locale notturno, i ricordi rammentano le ore precedenti.

La nota busta bianca trovata dalla Jimenez conteneva più di un messaggio.

O meglio, alla gitana era indirizzato quello contenente il motivo del suo rientro...ma per Santiago Lopez si tratta di altro. Si tratta di appellarsi ad un lato del suo essere che ha volutamente soppresso...il lato paterno.

Ti consiglio di lasciar perdere la faccenda del Mariposas, soprattutto di rimuovere Nairobi dalla tua mente...e dal tuo cuore. So quanto potere esercita quella donna sugli uomini. Io in primis ne sono rimasto folgorato. Perciò… fatti da parte. Non sfidarmi o a pagarne il prezzo più alto saranno i tuoi 7 figli. Già, io so della loro esistenza e ho la possibilità di recargli tanto tanto male. Uomo avvisato…. C.G.”

Il messaggio minatorio nei confronti della prole di Bogotà l’ha mandato in bestia. Solo un essere immondo come suo padre, criminale approfittatore, può pensare di colpire una persona sfruttandone la genitorialità.

Solo un mostro che non ha saputo comportarsi da papà amorevole e presente, riesce in un ricatto meschino di tale portata.

Come se l’avvertimento non bastasse, durante le ore seguenti, fatte di angoscia e panico per la sua Agata, e per il suo stesso cuore martoriato, l’ispettore continua a ricevere messaggi intimidatori fatti di fotografie ritraenti i suoi figli.

Dove sei? Figlio di puttana!” - grida trovando, davanti casa, le foto in questione.

Setacciata la zona, senza darsi pace, Bogotà diventa cosciente di trovarsi in trappola. Probabilmente allontanarsi dalla villa ha reso possibile al nemico compiere ulteriori mosse.

Porca puttana!” - esclama, tornando indietro il più veloce possibile.

Ma il fumo e le fiamme che si scorgono da lontano sono la palese prova dell’attacco del Signor Dalì e dell’avvertimento scritto che diventa realtà.

Davanti ai suoi occhi la scena è devastante. La sua amata casa, il luogo della sua infanzia, il posto che lo ha sempre legato a Donna Leticia, è l’ennesima vittima della follia di colui che avrebbe dovuto definire padre.

Trattenendo la furia, a pugni stretti, Santiago urla a squarciagola la sua frustrazione.

E mentre la sirena dei vigili del fuoco riecheggia nelle sue orecchie, il suo corpo risponde ad una voglia di vendetta e di riscatto contro chi, ad oggi, gli ha strappato l’ennesimo briciolo di serenità.

C.G. come ama firmarsi, ha scelto di togliergli il passato e i ricordi di sua madre, bruciando la sua casa; ha scelto di togliergli il presente, minacciando Nairobi di tornare al locale; ha scelto di togliergli, di conseguenza, ogni sogno futuro da costruire con lei!

E questo non lo accetta.

Così, spinto dall’odio verso suo padre, è ora diretto al Mariposas.

******************************

Al locale, intanto...

Ehi, come ti senti? Pronta a ricominciare?” - chiede Palermo a Nairobi, entrando nella sua stanza, fingendosi interessato al suo stato.

La gitana, però, è in attesa di riabbracciare Axel. In fondo la promessa era quella: il suo rientro in cambio di suo figlio.

Dov’è il mio bambino?”

Calmati, lo vedrai. È questione di minuti”

Giuro che se gli avete torto un solo capello, io vi ammazzo tutti” – sbotta, fissandolo minacciosa.

Accidenti, la fuga ti ha resa peggiore di quanto già fossi”

Senti chi parla” – commenta la Jimenez, cercando di autocontrollarsi, sedendosi sul letto.

In tale istante una voce familiare, udibile dai corridoi, le fa raggelare il sangue.

Non ci credo” – esclama.

Scansando con forza Berrotti dalla porta, la spalanca e mette a fuoco la persona in piedi, di fianco a Helsinki, immobile a pochi metri dalla sua camera.

Manila? Ma… sei...davvero tu?”

Julia si volta e con occhi lucidi annuisce, avanzando, seppure aggrappata al collega, verso l’amica.

E’ un miracolo che tu stia bene! Ti sono debitrice, in fondo ci hai salvate. Non lo dimenticherò mai” – commossa, Agata mette da parte, per un attimo, i suoi dolori e gode della gioia nel riabbracciare chi credeva morto.

E mentre le due sono strette l’una all’altra, è la Martinez a sussurrarle – “Fa’ attenzione, qui le cose sono peggiorate da quando sei andata via”

Che intendi dire?”- risponde.

È il serbo a dividerle in quel momento, constatando troppo confabulazione.

Tu aspetta qui…” - dice l’omone a Nairobi – “Tu, invece, vieni con me” – prende Manila e la conduce in una sala dove è prossima a controlli medici settimanali.

Palermo e Agata sono nuovamente da soli.

Allora?” - chiede lui.

Allora, che?” - replica, infastidita, lei.

Continuerai a fare la ribelle o ti placherai? Perché sappi che Axel ha bisogno di una madre matura”

Intendi dire che sono infantile?”

Intendo dire che è bene se abbassi la cresta. Il Signor Dalì apprezzerà anche questo tuo tratto caratteriale. Beh...io no!”

Perché non lo chiami con il suo vero nome? Tanto io so chi è. L’ho scoperto. Ho capito chi si cela dietro l’identità del Cliente 13, alias Signor Dalì. Presto lo saprà anche la Polizia e per lui sarà la fine”

La determinazione con cui Nairobi riferisce tali parole pietrificano Martin che le crede senza esitare.

Come hai fatto a…?”

Non deve interessarti. Basta che gli riferisci che la questione si chiuderebbe se lasciasse andare tutte noi, se mi desse mio figlio indietro… posso garantire io per lui in tale caso! Gli offrirei la giusta copertura. Fuggire non può che fargli bene”

E mentre tenta di convincere Palermo, è quest’ultimo a riderle in faccia.

Che stupida ingenua che sei! Non l’hai ancora capito?”

Capire, cosa?”

Beh sicuramente il Signor Dalì potrebbe lasciar andare via le Mariposas, chiudere il locale, fuggire da Madrid, se gli offrissi la giusta tutela”

Bene, perché non lo fa, allora?”

Perché a lui interessi solo tu. Sei tu il motivo per cui non ha intenzione di mollare”

Io?”

Hai stregato lui, come stregasti tempo addietro anche Berlino!”
“Io non ho fatto nulla. E poi…di certo l’uomo che voglio non è chi ha abusato del mio corpo per divertirsi e soddisfare le sue pulsioni sessuali!”

Lui dice che sei stata la sola a mandarlo in estasi con lo sguardo” – dice Berrotti, seppure con disgusto, riportando le fedeli parole del capo.

In tale istante, riceve un segnale dal Boss in questione, tramite walkie-talkie e auricolare.

Seguimi! Parlerai con il diretto interessato e chissà….magari ora con lui c’è Axel”

invitandola ad uscire dalla camera, Martin le fa’ strada, conducendola, per la seconda volta, nel luogo in cui fronteggiare il nemico e probabilmente ricevere in dono il premio ambito per tale tortura emotiva.

*****************************

Santiago è prossimo all’arrivo quando avverte una voce femminile non molto distante che sembra chiedere timidamente aiuto.

E il flash di anni addietro, di Raquel Murillo, torna a farsi vivo nella sua memoria.

Due uomini la tirarono via, due uomini di cui non ha alcun ricordo.

Ma ecco che la giovane corre nella sua direzione.

La chioma riccia e bionda è inconfondibile.

Stoccolma?!”- esclama, afferrandole un braccio per bloccarla nella fuga.

Lasciatemi andare, vi supplico” – singhiozza lei, non riconoscendolo a primo impatto.

Sono io! Sono l’ispettore Lopez. Che succede?”

Ispettore, la prego. Sento dei passi che mi perseguitano da ore. Vogliono farmi impazzire, lo so. È la loro tattica. Anche con Lisbona fecero lo stesso. Tutto pur di riportarmi al Mariposas. Mi aiuti, per favore”

Accoccolata al petto rassicurante di Bogotà, la donna scoppia in lacrime.

Tranquilla, ti porto in Commissariato. Lì sarai al sicuro”

E proprio in tale istante, senza rendersene conto, il quarantaduenne viene colpito alle spalle e cade a terra.

Non un colpo letale ma solo da stordimento.

Chi siete voi? Cosa volete fargli? Lasciatelo stare”- grida, spaventata, Monica.

Tranquilla, signorina! Anzi, venga con noi” – l’afferra un tizio con una strana barba lunga.

Lei replica con una sberla in pieno viso.

Accidenti, manesca la biondina” – ridacchia il collega, dal cui accento trapelano origini serbe.

Fidati di noi. Conosci Lisbona? Bene, sappi che ci manda lei!”

Come? Che significa? Ma...l’avete rapita?”

No, è al sicuro. ”
“Dove si trova?”

Basta domande. Qui può udirci qualcuno, siamo troppo vicini al Night Club. Vieni con noi e lo scoprirai tu stessa”

Pregando di aver fatto bene a dare l’ok ai tizi sconosciuti, la Gaztambide segue i due omoni, salendo sul loro camion parcheggiato poco più avanti.

Proprio come Nairobi, anche Monica si muove verso l’ignoto.

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Capitolo 33
*** 32 Capitolo ***


L’idea di trovarsi di nuovo di fronte al nemico numero uno, fa tremare Nairobi che cammina lungo un cupo corridoio, avvertendo i sintomi nervosi del suo corpo e il peso della mente che continua a ricordarle il male patito negli anni.

Eccoci” – è la voce di Palermo a destarla dai pensieri e riportarla con i piedi per terra.

Lei alza il capo, seppure a fatica, e si accorge di essere in un’ala del Mariposas decisamente familiare.

Sono già stata qui” – precisa lei, nonostante avesse tentato, invano, di rimuovere la paura vissuta quando fu condotta lì per punizione.

Bene, allora sarà più facile per te respirare l’aria della tua nuova casa” – commenta Berrotti.

Nuova casa? Cosa cazzo stai dicendo?”

Ehi, questo lessico non mi piace” – la terza persona presente in quella sala fa la sua comparsa, con voce divertita ma pur sempre austera.

I passi lenti e pesanti sul pavimento sono un suono fin troppo noto alle orecchie di Agata.

Sei tu” – afferma, conscia di avere davanti a sé il Cliente 13, rassegnandosi all’imminente confronto.

Mia bella Nairobi, finalmente sei tornata…da me” – ed è allora che quel po' di luce soffusa lascia intravedere il volto, ora scoperto, del Signor Dalì.

Bogotà” – esclama, inconsapevolmente, la Jimenez, riconoscendovi molto del suo compagno. Seppure un ipotetico Bogotà invecchiato di ben vent’anni, quell’uomo resta pur sempre tanto, fin troppo, simile al suo grande amore.

Eh?” - ride Martin – “Chi è ora Bogotà?”

Silenzio, Palermo!” - lo zittisce il Boss, leggendo il panico negli occhi della gitana ed approfittandone -“Odio vederti così spaventata” – le prende la mano, sentendola tremare, e la conduce ad uno specifico posto, poco più avanti.

Voglio vedere Axel” – esige la zingara con insistenza, ponendo resistenza al panico fisico che sta avvertendo. Il tutto accade mentre Carlos Grigoryan, il noto Signor Dalì, cova astio verso un bambino divenuto un vero e proprio ostacolo.

Per lui faresti ogni cosa, vero?”

Perfino morire” – replica Nairobi, senza riflettere al peso di tali dichiarazioni.

Il capo del Night Club sorride, quasi malizioso; poi fa cenno a Palermo di allontanarsi, per permettergli di parlarle in intimità.

E quando Agata nota Martin andare via, teme per la sua incolumità.

Cosa vuoi farmi?” - domanda, preoccupata, cercando attorno a sé delle vie d’uscita in cui scappare.

Shhh” – la placa, sfiorandole il viso con un’inattesa dolcezza – “Amore mio, con me sei al sicuro”

Tali disgustose premure sono segnale che il Signor Dalì ha una doppia personalità.

Come può, dopotutto, essere tanto docile con lei e al contempo crudele, pronto a compiere atti malvagi per i suoi scopi?!

Ma la gitana non cede al suo Capo, piuttosto ostenta determinazione, e ribadisce - “Voglio mio figlio!!! Adesso, cazzo!!!!”

Ma la faccenda di Axel inizia a infastidire ai massimi livelli il noto Cliente 13 che le avanza una proposta.

Ho un’offerta per te”

Cioè? L’ennesimo ricatto?”

Carlos Grigoryan ride sotto i baffi, quasi divertito dalla grinta della zingara.

Penso che a farmi perdere la testa per te sia stato questo...lato caratteriale che cerca sempre di domare chi gli è intorno...ma sai bene che con me è impossibile”

Il silenzio seguente vede i due fissarsi, con sguardi di diversa intensità.

Poi è l’uomo a rompere il ghiaccio dicendole di seguirlo.

Dove mi porti adesso?”

Stavolta il luogo è illuminato ed è preceduto da un percorso a scale.

Dove stiamo andando?”

Un susseguirsi di domande, frutto della sua ansia che, seppure ben celata e domata, sta riuscendo ad emergere con prepotenza.

Credevi fosse un locale di piccole dimensioni? Beh, amore mio, ti sbagli di grosso. Questi anni mi sono serviti anche per ristrutturare l’area a seconda delle esigenze di lavoro” – spiega, vantando la sua abilità nell’aumentare le grandezze del Night Club.

Lavoro?” - commenta a bassa voce la zingara, decisamente contraria nel definire quello schifo con tale appellativo.

E Grigoryan finge di non averla udita, evitando discussioni e perdite di controllo.

Eccoci” – esclama un paio di minuti dopo.

Stavolta ciò che Nairobi vede ha, a tratti, l’immagine di una setta pronta a mettere in atto uno dei suoi riti.
“Oh...mio...Dio” – scioccata, sente le gambe cedere e in un battibaleno perde i sensi, raccolta immediatamente dal Signor Dalì il quale, forte di averla ormai nelle sue mani, dà ordine a un tipo incappucciato lì di fianco di prenderla in braccio e accomodarla su una poltrona. Una poltrona rossa posta ovviamente accanto alla sua.

Siamo sicuri che metterla al corrente del nostro Circolo sia la mossa giusta? E se rendesse pubblico il tutto?”

Tranquillo, amico! Lei sarà la mia compagna anche negli affari. Vedrai. Non potrà sottrarsi. Ne va della vita di Axel” – afferrando un calice di vino rosso, offertogli da un altro dei tipi avvolti dal mistero, sorseggia e gode del momento da cui è certo potrà trarne solo una decisiva e strabiliante vittoria.

************************

Dove mi trovo?” - risvegliatasi dal trauma precedente, Agata si accorge di essere circondata da un gruppo, stavolta liberatosi dei cappucci, col volto coperto dalla stessa maschera che anche il Signor Dalì era solito indossare.

Amore mio, come ti senti?” - la accarezza, ma stavolta lei si ritrae.

Quel continuo “amore mio” è decisamente snervante e poco realistico.

Lei non lo ama! E quell’appellativo può sentirlo con piacere solamente dalla bocca di Bogotà.

Che cazzo volete da me? Cosa è questa merda? Siete una setta che compie sacrifici? È questo che avete fatto con Lisbona? E… e… e dove avete portato mio figlio? Avete recato male anche a lui? Vi uccido tutti” – senza ragionare, Nairobi comincia a parlare e porre domande insistentemente, mettendosi in piedi per attaccarli. La debolezza, però, la costringe a sedersi di nuovo.

Calmati, è questo che voglio proporti. E per farti la mia offerta, devo rivelarti chi siamo. Preparati, perché alcune cose sono certo non ti piaceranno”

detto ciò, Carlos invita i suoi soci a svelare le identità solo al termine del racconto.

Quando cominciai a frequentare il Mariposas mi fu detto che il proprietario, Andres De Fonollosa, lo utilizzava come fosse un centro d’accoglienza per donne perdute. Lui e Martin Berrotti gestivano un pub e chiedevano a queste ragazze di servire, di intrattenere, in cambio di vitto e alloggio. Beh...lasciami dire che trovavo la cosa alquanto misera. Conoscevo De Fonollosa da anni, ed era indebitato con me ai massimi livelli”

Indebitato per cosa?”

Io ho creato un mio impero negli anni che ho vissuto in America. E tanta gente era alle mie dipendenze. Incluso il tuo caro ex promesso sposo”

Dopo un verso di disgusto al pensiero di Berlino con Agata, Carlos Grigoryan riprende – “Insomma… sta di fatto che io iniziai a recarmi al Night Club per controllare e ricevere da lui quanto mi spettava di diritto. E fu allora che ti vidi. Una donna tanto bella da farmi cedere le gambe al solo sguardo. Lo presi in disparte e scelsi il solo modo per chiudere la faccenda dei pagamenti arretrati”

La Jimenez sconvolta trae le sue conclusioni.

E il Signor Dalì conferma – “La sua libertà in cambio di… TE!”

E quel “TE” pronunciato con decisione e con possesso fa rabbrividire la gitana.

Come ho poi preso potere al Mariposas?! Beh… ottenni come sai bene ciò che volevo. Eri diventata la mia Farfalla preferita. Così, pensai di portarti via con me. Ma lui si rifiutò. Per di più avevo scoperto, proprio da te, che lui aveva in programma di sposarti. E questo non mi andò più bene. Perciò i patti cambiarono. O la sua libertà...o il Mariposas. Gli diedi un avvertimento che gli costò alcune contusioni, poi cedette. Filò via con la coda tra le gambe e mi lasciò il suo locale”

E’...è...assurdo!”

Non lo è. Sono affari, bambina mia” – le dice, sorridendo malizioso.

E questa gente chi è? Che combinate nei sotterranei del Night Club?”

Io ho i miei traffici da portare avanti. Non penserai che mi accontento delle entrate ottenute dal locale?”
“Quindi siete tutti criminali qui?”

Siamo un Circolo, con un Capo che avrai ben riconosciuto…” - si vanta del titolo, poi continua - “… e loro sono alla mia mercé”

Vorresti che lo fossi anch’io, dico bene?” - Agata ha fatto due più due ed è giunta a conclusoni.

Bingo!” - risponde il Boss.

Io non sono una di voi. Non commetterò atti criminali per arricchire le tue tasche. L’ho fatto per anni. Sono stata la tua bambola di pezza troppo a lungo. Ma adesso no, adesso basta!”

Carlos, di fronte allo sfogo e al netto rifiuto della Jimenez, le ride in faccia, come se ogni cosa detta da Nairobi fosse una battuta esilarante da prendere alla leggera.

Come puoi trattare la gente da schiava?! E ti permetti anche di sghignazzare come fosse la situazione più normale del mondo. Tu sei pazzo” - Agata tira fuori la sua rabbia, sputandogli in faccia odio e rancore.

Intenzionata ad andare via, conscia che sarebbe stato complicato, la zingara respira profondamente e lenta si solleva, riuscendo ad allontanarsi di qualche metro da lui.

Ma è in tale istante che Carlos tira fuori un’altra faccenda – “Ho impedito che sposassi Berlino. Credi che mi costerà tanto impedirti di farlo anche con mio figlio?”

Ciò immobilizza Nairobi.

Povera sciocca. Non hai capito che io ottengo sempre quello che voglio? Lo feci più di quarant’anni fa, quando sposai Leticia Lopez per accedere alle sue finanze. Lo feci con la mia carriera criminale. Lo feci con il Mariposas...e lo feci con te all’epoca… e anche ora! Sei mia, Agata Jimenez. E quell’inutile di Santiago ti ha persa per sempre quando ha scelto di combattere contro suo padre”

La porta d’uscita viene chiusa con forza da due tizi, provocando un rumore tale da far sussultare la mora.

Maledetto” – esclama, stringendo i pugni e trattenendo le lacrime rabbiose – “Se osi fargli del male, giuro che me la paghi”

La difesa di Bogotà colpisce Carlos che, infastidito, prosegue - “Aspetta, aspetta, aspetta! Non vuoi dirmi sul serio che ti sei innamorata di lui? Di quello sfigato divenuto ispettore per volere materno!”

Tu non sai un cazzo di lui, della sua vita, delle sue scelte, di sua madre”

Beh...Leticia la conoscevo bene” – ridacchia, alludendo ad altro diverso dai sentimenti che normalmente un marito nutre per una moglie - “...la sciocca perse seriamente la testa per il sottoscritto. Non lo trovate assurdo?” - dice, rivolgendosi ai soci che, come su comando, rispondono con risate di gruppo.

Sentendosi braccata da ogni lato, Nairobi è costretta a tornare al suo posto.

Ha una gran voglia di cancellare quel sorrisetto malefico dalla faccia del suo nemico.

Proprio allora le salta in mente un’idea che, da un lato potrebbe causare una reazione eccessiva nel Signor Dalì, ma dall’altro servirebbe a destarlo dalle sue folli idee amorose.

Puoi sminuire quanto vuoi ma è reale. Io amo Santiago. Lo amo più di qualsiasi altra cosa al mondo. E lo sposerò. Sì, lo sposerò. Diventerò sua moglie. E sappi che potrai anche incatenarmi qui, tenermi lontana da lui, ma non mi impedirai mai di amarlo”
“Silenzio” – a quel punto, Carlos inizia ad infastidirsi.

Odia sentirla parlare con parole sdolcinate di una persona che non è lui.

E invece mi ascolterai. Sai che la prima volta che ci siamo visti siamo finiti a letto insieme? Già… so che odi ascoltarlo ma è così. Una calamita ci ha avvicinati per non staccarci più”

Ho detto basta” – ripete il Cliente 13.

Abbiamo fatto l’amore a casa sua...in ogni angolo, ogni volta che eravamo vicini non potevamo farne a meno...e mi piaceva, sì mi piaceva. Non era sesso. Con lui non lo è mai stato, dopotutto. Ma con te sì… notti di fuoco, notti che erano divenute un’agonia per me...notti che speravo terminassero quanto prima! E sapere le tue mani sul mio corpo, il tuo….- esita nel dirlo, a tratti disgustata dal ricordo che le torna in mente - “… il tuo… dentro di me! L’incubo peggiore… mi hai rovinato la vita, Carlos Grygorian”

di fronte a tali dichiarazioni, l’ormai sessantenne non ha più risposte.

La fissa in silenzio, mentre un susseguirsi di emozioni prendono corpo dentro di lui.

Allora? Vuoi sentire altro?” - aggiunge Nairobi – “Non puoi costringermi ad amarti”

ma il Signor Dalì non replica.

Arrenditi alla realtà, Carlos!” - forte di averlo temporaneamente messo k.o., Agata tenta di darsela a gambe. In fondo nessuno di quei tizi in maschera sembra muovere un passo per bloccarla.

Può essere la sua occasione.

Poi, però, dubbi le saltano alla mente.

Come mai nessuno la sta fermando?

Come mai il Capo del Mariposas non batte ciglio?

E finalmente ne comprende le ragioni.

Il portone viene aperto all’improvviso e di fronte alla ribelle gitana si palesa Palermo. Ma non è da solo stavolta.

Stretto alla sua mano c’è un bambino. Un bambino i cui nerissimi capelli ricci e la carnagione scura sono la conferma che il Cliente 13 non ha mentito: Axel è davvero lì, a pochi passi, e Nairobi lo può avere nella sua vita come ha sempre sognato.

Beh...vedo che l’arrivo del piccoletto ti ha zittita, finalmente”- commenta il Signor Dalì.

Axel, amore mio” – singhiozza Agata, inginocchiandosi di fronte a lui, che la fissa stranito e alquanto spaventato.

Ascoltami Nairobi…” - la richiama il Boss - “...fossi in te comincerei a trattare con rispetto il sottoscritto. E sai perché?”

Segue altro silenzio.

Poi il tipo continua – “Se lo rivuoi con te, non hai scelta. Dovrai unirti a noi”
“COSA? Mi stai ricattando...di nuovo?”
“E’ ciò che so fare meglio, l’avrai capito. Ti avrei concesso più tempo, se non mi avessi rivelato quelle cose poco fa, sminuendo le nostre nottate. Perciò...hai 48 ore...potrai trascorrerle insieme ad Axel, qui al Mariposas, sotto i miei occhi. Poi pretenderò una risposta. Sappi solamente che non mi piacciono i NO! E che ad ogni azione corrisponderà una mia reazione”

Dopo aver indicato ad alcuni soci di andare via, il sessantenne chiama a sé uno in particolare.

Occupati tu di tutto. Controllala, non voglio alzate di testa!”

Si signore”

E non rivelarle la tua identità, chiaro?”

Così, lasciando il discorso riguardante le persone del Circolo a metà, Carlos si chiude nella sua ala buia, preparandosi mentalmente alla imminente vittoria.

Sa che Agata non rinuncerebbe mai a suo figlio...questo significa che presto sarebbe divenuta la sua compagna...la consorte che attende da anni.

È solo questione di tempo!

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Capitolo 34
*** 33 Capitolo ***


Quando Santiago Lopez apre gli occhi, alquanto stordito dal colpo alla testa subìto,si trova in una stanza, mai vista prima, di piccole dimensioni, disteso su di un letto singolo, con un plaid sulle gambe, la finestra aperta e la persiana totalmente abbassata.

Cosa cazzo…?!” - esclama, spiazzato, mentre massaggia la parte lesa del suo capo.

Cerca di mettersi in piedi, inciampando nelle sue stesse scarpe.

Fanculo” – sbotta, ipotizzando di aver causato il rumore che eliminerà la sola possibilità di fuga da quel posto che, a suo dire, ha l’aria di un ambiente organizzato per un sequestro di persona.

E proprio mentre riporta alla mente le ultime ore prima della perdita di conoscenza, qualcuno varca l’uscio.

Finalmente si è ripreso” – esclama, briosa, la voce di una giovane donna.

Quel suono è familiare e spiazza Bogotà che, confuso, pronuncia il nome di lei - “Stoccolma?!”

Si, sono io! Si segga, signor Lopez. Le portiamo qualcosa da mangiare o da bere” – dice la Gaztambide, mai così entusiasta come in tale momento.

Cosa? Che dici? Piuttosto...perché non sembri affatto spaventata?”

La riccia sorridendogli risponde – “Siamo con i buoni. Adesso venga con me” – le fa cenno di seguirla.

E mentre, sospettoso, percorre un breve corridoio, rallegrato di quadri, dipinti, e reso piacevole dal profumo di ciambella appena sfornata, l’ispettore si trova in un cucinino delle medesime dimensioni della sua piccola stanza.

I due omoni che lo hanno colpito sono seduti al tavolo conversando nella loro lingua mentre una terza figura sembra tagliare a fette il dolce, pronto per essere consumato.

Ecco il signorotto finalmente ha ripreso i sensi” – commenta uno dei due.

Cosa cazzo ci facciamo qui? Chi siete voi?” - sulla difensiva Bogotà ricorda di avere la solita pistola, e la cerca istintivamente nel suo taschino.

Ci abbiamo pensato noi” – risponde l’altro straniero, avendo intuito l’imminente gesto del quarantaduenne.

Maledizione! E se fosse una trappola? Stoccolma, ce ne dobbiamo andare” – le sussurra, stringendo, senza volerlo, con forza, il suo esile braccio.

È tutto troppo calmo e tranquillo da apparire spaventoso.

Perché mai un colpo in testa per chiuderlo in un’abitazione, collocata chissà dove? E perché mai degli sconosciuti avrebbero dovuto salvarlo?

La storia è lunga. Ed è meglio se a raccontarla siano i diretti interessati” – spiega la donna intenta a offrire la ciambella ai presenti.

Queste parole vengono pronunciate proprio in vista dell’imminente arrivo di due figure alle spalle di Lopez.

L’ispettore, confuso, si volta ,lento ,e resta ammutolito.

Murillo?!” - esclama, riconoscendo la prima – “Sei...davvero tu?”

Ciao Santiago. Direi che da qualche tempo mi conosci come Lisbona, preferirei usassi tale appellativo”

Ehm...ok. se...se...sei sana e salva?”

Spiazzato, comincia addirittura a balbettare.

Sì, mai stata meglio” – conferma, raggiante, Raquel – “E’ necessario che tu sappia la verità, finalmente”

Il quarantaduenne annuisce e torna a sedersi su una delle sedie attorno al tavolo.

Ha sorvolato sulla seconda persona, posta di fianco alla ex Farfalla.

Ed è lui a presentarsi, di sua spontaneità.

Io mi chiamo Sergio Marquina, di me non avrà sentito mai parlare. Mi chiamano anche “Il Professore”, piacere di conoscerla”

La pacatezza del tipo colpisce Bogotà che mai avrebbe sospettato di essere, in qualche modo, catturato da due che sono dipendenti da una personalità tale.

Ehm...il professore? Come mai questo soprannome? Insegna, per caso?”

Beh…”

E’ un genio, di quei rarissimi casi…il suo cervello supera di gran lunga tutti quelli di noi qui presenti, compresi gli inquilini di ogni appartamento del condominio” – commenta uno dei serbi, masticando la sua porzione di dolce.

Imbarazzato, Sergio si accomoda accanto al suo ospite, invitando Lisbona a fare lo stesso.

Ora tutti e tre sono al tavolo e due di loro stanno per rivelare a Santiago quella verità che cerca da tempo.

Questo non prima di aver appurato che la donna che incontrò la notte che fu aggredito e che gli costò la perdita di memoria fu proprio la Murillo.

Cosa accadde quella famosa sera? Quando ci incontrammo?” - domanda l’uomo, desideroso di conoscere parti di un passato che sottrattogli.

Beh...se non le dispiace…
“Dammi del tu...anzi, datemi… tutti quanti! Ho intuito che siamo dalla stessa parte, no?!”

Esatto” – conferma Stoccolma, entusiasta,accarezzandosi il leggerissimo rigonfiamento del suo ventre.

La storia viene raccontata da Raquel, vittima del Mariposas e di un marito che non l’ha mai seriamente amata.

Quando sposai Alberto Vicuña ero un’ingenua giovane innamorata dell’idea dell’amore. Ben presto capii di che pasta era fatto il mio consorte. E i segni che mi lasciò sul corpo sono la prova tangibile della sua folle personalità”

Già, di questo sono al corrente. Soggetti come lui non sono degni dell’appellativo di UOMO” – commenta Lopez, disgustato dal tipo in questione.

Poi la Murillo riprende, mostrandosi forte della presenza di Sergio che le tiene la mano.

E tale gesto così amorevole ricorda per un secondo a Bogotà della sua Nairobi.

Cosa le staranno facendo adesso? Perché lui ne è più che certo...si trova al Night Club… alla mercè di un bastardo.

Lisbona ricomincia e l’ispettore torna a concentrarsi su di lei.

Mi sono trovata coinvolta nelle vicende del Mariposas perché, ecco…io… deve sapere che quando sono andata in Portogallo e ho trascorso qualche giorno a casa di mia madre avevo duramente litigato con mio marito. Fu un incubo. Durante la discussione lo colpì con un oggetto contundente alla testa. Credevo fosse morto. Sono corsa via. Ero nel panico totale, terrorizzata al pensiero di essere diventata un’assassina. Vivere a Lisbona, fingendo tranquillità, non mi aiutò affatto. Forte del sostegno del mio psicoterapeuta, scelsi di affrontare di petto la situazione. Tornai a Madrid, e fu allora che ricevetti delle minacce. Qualcuno mi ricattò. Alberto Vicuña era morto e la responsabile ero io. Avrebbero denunciato la mia colpevolezza e sarei finita in prigione. Avrei perduto mia figlia, capisci? Fu per tale ragione che optai per una drastica scelta: fingermi morta mi avrebbe aiutata a venir fuori sia dai ricatti che dalla vita sofferente che mi ero costruita. Potevo cominciare da capo. La notte che mi diedero per morta fu grazie al coinvolgimento del Professore… e di suo fratello”

Non capisco. Se il Professore, qui presente, ti aiutò, come sei finita, poi, in quel postaccio?”

Ecco…vedi… nonostante i primi giorni fossero l’inizio della mia libertà… infatti, avevo in progetto di riprendere Paula e portarla via con me… beh… non feci in tempo”

Che intendi dire?”

Intende dire che le minacce proseguirono. La richiesta proveniva da un tale Signor Dalì, intenzionato a sistemare vecchi debiti con l’assunzione immediata di Raquel al Mariposas”
“Cazzo, ma questo maledetto che intenzioni aveva?! Sembra stesse assumendo personale in quel periodo” – sbotta Bogotà.

Esattamente” – la risposta, stavolta, viene dal Professore. È lui a proseguire la storia – “Il vile che seppe tenerci sulle spine aveva appena sottratto il locale al proprietario e lo tramutò in poco tempo in ciò che è oggi. Lisbona gli serviva, così come servirono anche Tokyo, Manila, Stoccolma e… Nairobi”

Maledizione” – esclama, furioso, Lopez – “Quindi hai dovuto rinunciare ai tuoi sogni, vero? Scommetto che ti ha dato un out out: o andavi lì, o avrebbe recato male a Paula. Dico bene?”

Già, come lo sai?”

Ha fatto lo stesso con Nairobi, ora ne sono super convinto. Voglio fargliela pagare. Cosa avete orchestrato per mandare quel mostro in galera?”

Calma, ispettore. Non vuoi conoscere tutta la verità?”

sì, certo,scusami. Prego, Lisbona...sono tutto orecchi”

La donna continua – “Quando cedetti, fui condotta al Night Club. Però il Signor Dalì notò la mia poca voglia di fare, come se resistessi al suo volere, e la considerò un problema. A suo dire potevo distogliere le mie colleghe dalle loro mansioni o mettere loro in testa strambe idee. Perciò diede a Palermo l’ordine di mantenermi a debita distanza dalle altre . Nessuna amicizia con loro.”
“Santo cielo! Ecco perché eri tanto distante. Povera, Lisbona! Parlo a nome di tutte, mi dispiace”- si commuove Monica, instabile emotivamente anche per via degli ormoni della gravidanza.

Le si avvicina e le due si scambiano un tenero sorriso e una stretta di mano.

Almeno adesso si spiega il perché di tanta freddezza verso le Farfalle.

Ecco… ma una sera Sergio riuscì a presentarsi sotto copertura. Si finse un cliente. Mi spiazzò che il Boss, al quale non sfuggiva mai nulla, non notò la presenza di un nemico”
“Questo spiega come mai Tokyo e Nairobi raccontano della presenza di un uomo che parlava con te. E la descrizione ora che ci penso coincide. Al primo interrogatorio rivelarono tale dettaglio”

Si, è le verità. E ricordo anche che la gitana mi ha proposto di...ehm.. forse preferisci non sapere, Lopez, giusto?”
“Beh...no, grazie”- replica Bogotà, intuendo a cosa si riferisse, sorvolando sulla vecchia Nairobi, nonostante morisse dentro di gelosia.

Sta di fatto che fu quella notte che io ipotizzai la mia fuga. Orchestrai un primo tentativo, andato in fumo purtroppo”

Fu la notte che ci incontrammo?”

Precisamente. Palermo mi scoprì e mandò Oslo e Helsinki a riprendermi. Mi misero in castigo. Fui chiusa in un’ala buia di cui ignoravo l’esistenza. Forse mi drogarono, non so dirlo. Sta di fatto che mi risvegliai sul letto, nella mia stanza, ancora stordita e con dei lividi sul corpo”

Come Agata”- aggiunge, sospettoso, il quarantaduenne – “e’ la stessa situazione della tua collega. Questo spiega che adottano per tutte il medesimo modus operandi. Chi trasgredisce alle regole, paga”

Ma forse continuarono a farlo, perché anche nei giorni seguenti non ero me stessa. Potevano controllarmi. Fino a quando i ricordi non riaffiorarono lentamente e riuscii a mettere a fuoco la presenza di qualcuno che in quell’occasione,durante la punizione, esercitò il suo potere su di me. E non era il Signor Dalì”

chi?”

Alberto!” - confessa, nervosa. Il solo ricordo riesce a causarle un attacco di panico tale da costringerla ad interrompere la narrazione.

COSA?”- esclama, scioccato, Santiago – “Sei sicura? È ancora vivo? Ma… come è possibile?”

E’ su questo che abbiamo lavorato nelle settimane scorse, signor ispettore. Siamo dell’idea che in quel posto si nascondano più “cattivi”, mi capisci? Il Signor Dalì è al comando, ma ha dei dipendenti a cui tiene e che eseguono ordini” – spiega Sergio.

Quindi anche Alberto dite che è uno dei suoi soci?”

Credo davvero che sia così. E confesso che temo possa esserci lui dietro la forzata assunzione di Raquel al Night club” – spiega il Marquina, irrequieto.

Tutto tornerebbe stando ai fatti” – constata Bogotà, trovando logica nel ragionamento del professore.

Precisamente!”

Adesso che vi abbiamo reperito e che siete dei nostri, è giunto il momento di far crollare quell’impero. Siamo stati zitti e cauti fin troppo a lungo. Ora basta”

Come pensate di farlo?”

Raquel è riuscita a scappare grazie al coinvolgimento di mio fratello. Lui, la notte della sua sparizione, ha orchestrato la tattica per tirarla fuori da lì. Ma il Signor Dalì potrebbe prevedere mosse simili, quindi sarà molto più cauto adesso. Per tale motivo abbiamo un asso nella manica di cui non sospetta”
“Mi sto perdendo nei ragionamenti” – sostiene, confusa, la Gaztambide.

Inizieremo lavorando contro Palermo. E abbiamo qui Monica, sua sorella. Useremo le loro medesime tattiche. Occhio per occhio…
“Volete ricattare mio fratello usando me?” - interviene la bionda, spiazzata da tale idea.

E’ la mossa che potrà servirci in caso di urgenza. Ma al momento no, non è questo che faremo. C’è una talpa in quel posto. Una talpa su cui il caro Boss mai e poi mai avrebbe scommesso” – sorride Marquina, certo dell’ottima riuscita.

********************************************

Che cosa vuole? Mi sta seguendo? Sono una prigioniera fino a questo punto?” - sbotta Nairobi notando una figura alle sue spalle, che la pedina.

La persona, con indosso la maschera, mandato di proposito dal Capo, non ha ancora tolto la mantella nera e il cappuccio. È alquanto inquietante ma ad Agata ciò importa poco.

Ho visto cose peggiori di cui spaventarmi di un tizio sconosciuto coperto fino alla punta dei capelli e con una maschera di Dalì” – commenta, aprendo la porta della sua stanza, sbruffando.

Non avrebbe mai ipotizzato che quel tale l’avrebbe seguita fin lì.

Cosa fa? Se ne vada immediatamente. Che significa tutto ciò? E’? Adesso mi picchierà su volere di Carlos?” - gli tuona contro, indietreggiando il più possibile – “Non ho paura di lei! So come proteggermi e sono pronta a uccidere, chiaro?”

Ma tale straniero non molla. Si fa sempre più vicino, accorciando le distanze, costringendola ad adagiarsi, di schiena, contro una parete. Le tappa la bocca con una mano, mentre l’altra tiene fermi, immobili, gli arti superiori.

Quanto mi sei mancata, Agata!” - le sussurra all’orecchio, e tali parole pietrificano la Jimenez.

Lei conosce quella voce.

Cazzo, certo che la conosce.

Se mi prometti che non griderai, ti lascio”

La gitana, con il cuore a mille, annuisce, mentre una lacrima le riga la guancia, involontariamente.

Gli occhi mettono a fuoco in un battibaleno chi da di fronte.

Liberatosi della copertura, il socio del Cliente 13 mostra finalmente la sua identità, certo che il luogo nel quale si è chiuso con la zingara è stato sabotato da possibili videocamere o microfoni.

Co...co...cosa...ci fai tu qui…. BERLINO!?”

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Capitolo 35
*** 34 Capitolo ***


Gli occhi spalancati di Nairobi sono fissi su di un uomo rimasto simile a dieci anni prima, con una leggera barba grigia, un uomo che ha amato, che ha creduto la amasse, e che come fecero in tanti prima di lui, l’ha usata per ferirla con durezza.

Scombussolata nelle sue emozioni, Agata si limita a pronunciare tre sole parole – “Tu...sei...vivo!?”

Lo sguardo di Andres è un tuffo nel passato, a quel loro primo incontro, al giorno del parto, alle promesse sul futuro insieme, e alle notti di incontrollabile passione.

De Fonollosa, intanto, la osserva nei dettagli, come ad assaporare i sussulti del cuore man mano che mette a fuoco i lineamenti del suo volto: i suoi zigomi alti, il naso non perfetto e segno della sua dominante personalità, le labbra sottili e ben definite da una tinta rossa, e quei due brillanti che ha al posto degli occhi, grandi, scurissimi, profondi, da cui traspare il suo essere più intimo.

Cerca di sfiorarle una guancia, accompagnandosi a delle dichiarazioni pronunciate con tono amorevole - “Non sei cambiata affatto, gitana! Sei sempre così...così…” - è allora che la zingara lo rifiuta, spostando la sua mano dalla direzione a cui era diretta.

E Berlino chinando il capo, amareggiato e cosciente del rancore che giustamente la Jimenez nutre verso di lui, chiude la frase “...così bella”

Ma quel complimento irrita Nairobi che sbuffa, riuscendo subito dopo a sbloccare un magone che le impediva di parlare.

Eppure le sue reazioni sono decisamente quelle di chi non è intenzionato a dialogare in pace.

Piantala! Se credi di illudermi...di nuovo...ti sbagli di grosso. Che cazzo di fine avevi fatto? Sono dieci anni che non ti fai vivo. Mi hai abbandonata alle mani di un criminale… e io che ti volevo bene”

Mi volevi solo bene? Davvero?” - chiede lui, quasi infastidito dal non sentir parlare di amore, ma solo di affetto.

Basta, vattene. Ora che sei venuto qui, in camera mia, cosa pretendi? Che venga a letto con te? Scordatelo! Io non cederò a nessun uomo, mai più, cazzo...mai più” – tuona lei, singhiozzando di rabbia.

Di spalle ad Andres, gli indica l’uscita.

Aspetta, non sono qui per questo. Capisco che hai di me una pessima considerazione, e hai le tue buone motivazioni. Però, ecco, io.. voglio aiutarti”

Come risposta, la gitana scoppia a ridere. Una risata beffarda mentre le lacrime, in contrasto, continuano a scivolarle lungo le guance.

Ti prego, sono sincero. Sono alla mercé del Signor Dalì, è vero, ma l’ho fatto perché è bene che il Boss si fidi di me. Con il mio totale assoggettamento al suo volere, non dubiterà mai delle mie intenzioni”
“Sei idiota, Andres! Parli di queste cose, sveli piani, in una stanza che potrebbe essere al novanta per cento spiata da lui o da altri suoi servetti del cazzo!”

Non l’avrei mai fatto se non mi fossi attrezzato in precedenza”

Cosa intendi dire?”
“Che ho temporaneamente staccato le videocamere di Carlos presenti tra queste mura”

Davvero?”- chiede, sorpresa, la donna.

Si volta verso di lui, leggendo la sincerità nel suo sguardo.

Adesso, ti supplico di ascoltarmi. Non ci vorrà tanto. Grygorian si accorgerà presto di non poterti spiare, perciò abbiamo poco tempo. Voglio che tu sappia che stiamo lavorando affinché tutto il marciume del Mariposas salti fuori. Contiamo su di te”

Contate? Chi?”

Esiste una squadra come questa che abita i sotterranei, ma che agisce a fin di bene. Il capo è mio fratello. Sarà il suo genio a tirarci fuori”

La zingara è perplessa; non sa se credergli. Eppure basta la frase seguente a darle la spinta a farlo.
“Nairo, sappi solo che ben preso anche Santiago Lopez si unirà alla Banda! Perciò puoi stare tranquilla. Lì sarà al sicuro, e collaborerà alle mosse decisive contro Carlos”

Il mio Santiago?”- esclama, emozionata, a sentire il nome dell’uomo che ama.

Quella commozione tocca perfino un uomo rigido come De Fonollosa che le domanda – “Sei innamorata alla follia dell’ispettore, vero?”

Non immagini quanto!”

Te lo si legge in faccia!” - risponde l’ex proprietario del Mariposas, accennando un sorriso.

Non sarei mai ritornata qui, non lo avrei mai lasciato con un misero biglietto, se non fosse stata messa a rischio l’incolumità di Axel” – precisa poi la gitana.

Ti prometto che riabbraccerai il tuo compagno e tuo figlio tornerà da te” – le porge una mano, in attesa della stretta che dà il via all’accordo.

Nairobi esita qualche secondo; fissa, silenziosa, gli occhi di quello che l’ha illusa, usata, venduta, presa in giro, che le ha promesso un futuro radioso. Potrebbe negare il patto, causandogli un dispiacere, ma in fondo sarebbe inutile, dato che non appoggiarlo implicherebbe la sua vita perenne al Night Club.

Quindi, seppure contraria a doverlo spalleggiare, annuisce - “Ok, d’accordo. Dimmi cosa devo fare!”

*********************************

Nel frattempo, Santiago Lopez, dopo aver raccolto informazioni sullo stato della sua villa, abbandonata ore prima nel bel mezzo di un incendio, ha appurato che l’arrivo tempestivo dei vigili del fuoco ha salvato il più della struttura. Ciò gli consente di tirare un sospiro di sollievo.

Racconta ai soci l’accaduto, tra lo shock della domestica, ancora alle prese con la cucina e i dolci, e quello di Monica, conscia di quanto il Signor Dalì possa compiere pur di ottenere le sue vittorie personali.

Quello stronzo ti ha dato un avvertimento pesante”- commenta il Professore, tirando su gli occhiali con tic quasi nervoso che gli dà una veste goffa ma al contempo ingegnosa. Riflette ad alta voce, coinvolgendo gli altri – “Ricatta, come è solito fare, aggrappandosi ai legami affettivi della sua vittima!”

Già. Un mostro che fortunatamente ho visto sparire dalla mia vita sin da subito” – svela Bogotà.

Un padre così non lo si augura neppure al nostro peggior nemico” – puntualizza uno dei serbi.

E’ terribile. Non sapevo che Carlos avesse un figlio” – Lisbona è alquanto sconvolta e volge lo sguardo su Monica.

Non guardare me, amica! Neanche io ne ero al corrente” – sostiene la bionda, alzando le mani per sottolineare il suo totale estraniamento ai fatti.

Nei secondi che seguono, Santiago riceve l’ennesima telefonata di Daniel Ramos.

Cazzo, mi ero del tutto dimenticato!” - esclama l’ispettore, leggendo il nome del collega sullo schermo dell’Iphone.

Ehi, finalmente, porca puttana, stavo per venire con la scorta fino a casa tua per controllare se fossi ancora vivo” – sbotta il trentenne.

Beh...se foste arrivati avreste trovato delle macerie al posto di una villa”- comunica Lopez, ancora amareggiato, mentre Marquina gli dà una pacca sulla spalla come sostegno.

Che?”- esclama, confuso, l’altro.

No, lascia perdere. Anzi, perdonami per l’assenza. Dimmi tutto. Che succede?”
“Non hai letto i messaggi? Ci sono novità importantissime sul piccolo del Portogallo. Era come dicevi tu, amico, era lui, era Axel”
“COME?” - sconvolto, Bogotà si alza in piedi, lasciando cadere la sua sedia sul pavimento.

Sì, ci sono cose che devi sapere ma non tramite cellulare. Ti aspetto al Commissariato tra un’ora”

riagganciata la chiamata, il quarantaduenne viene sommerso di domande dei neo complici.

Ma è Sergio a ordinare il silenzio per poterlo ascoltare senza confusioni.

Ci sono notizie su Axel” – presa la giacca, si avvia all’uscita.

Poi pensa che Stoccolma possa essere utile ad altre ricerche e le chiede di unirsi.

Uscire da soli non è rischioso? Avete bisogno di uno di noi?”- domanda un serbo.

Colpito piacevolmente da tanta apprensione, Bogotà risponde con una sberla delicata sulla guancia del tipo che, per statura e prestanza fisica, potrebbe schiacciarlo ma che trasmette una smisurata tenerezza.

Lavoro in polizia. So difendermi. Tranquillo. Torno qui il prima possibile”

Buona fortuna”- afferma Raquel, abbracciando l’amica.

Camuffatisi con vecchi abiti, presi in prestito dai membri di quella Banda, i due lasciano il condominio poco dopo.

Salgono a bordo di una vecchia Seat Ibiza, appartenente al Professore, e si apprestano a raggiungere la loro meta.

************************************

Quanto cazzo di tempo ci mette” – sbuffa Daniel, fissando l’orologio al polso, mentre nell’ufficio, in cui è chiuso da almeno mezzora, ha trattenuto una donna e una ragazzina.

Non abbiamo fretta, ispettore Ramos”

Sì, però...odio attendere” – ripete il trentenne.

Ma finalmente la porta viene aperta e a varcarla sono proprio Bogotà e la Gaztambide, i cui visi sono parzialmente nascosti dalla visiera di un cappello.

Finalmente” – esclama il giovane, riconoscendo subito il collega.

È la presenza della bionda a spiazzarlo.

Tu? Mio Dio! Stai bene? Come ti senti? Sei riuscita a fuggire?” - le va incontro e istintivamente l’abbraccia, suscitando un forte imbarazzo seguente.

Poi restano a fissarsi per qualche istante, mentre Lopez ridacchia nel vedere che le Mariposas, in generale, hanno tutte lo stesso potere ipnotico sugli uomini.

Così fu per lui con Nairobi, così Lisbona per il Professore e anche Daniel è caduto vittima dell’amore per Stoccolma.

Ok, Dani perché non porti qualcosa da bere alle signore?”- chiede Santiago prendendo posto alla scrivania, dando modo all’amico di poter godere delle emozioni suscitate nel rincontrare la riccia.

E Ramos non esita ad eseguire, chiedendo a Monica di uscire insieme.

Siamo soli. Vi ho riconosciute subito, penso anche il mio collega. Siete Alison Parker e la signora Marković”

Dolores, preferisco mi chiami per nome”

Ok. Ditemi...come mai siete qui?”

Perché è arrivato il momento di rivelare la verità su quel figlio che mi è stato dato anni fa e che chiamammo Alex”

Il figlio di…?” - Bogotà cerca conferme.
“Di Agata Jimenez, alias Nairobi” – specifica la donna.

Quindi lo avete sequestrato?”

No, signore. Lo abbiamo formalmente adottato. O meglio, pagato profumatamente una cifra per averlo come fosse nostro”

Capisco” – commenta, Santiago, decisamente infastidito da tali parole.

Sono qui perché voglio salvarlo” – spiega la donna.

Da chi?”

Da chi l’ha portato qui a Madrid, qualche ora fa”

Trovando così conferma alle sue teorie circa il coinvolgimento di Carlos nel rientro di Nairobi al Mariposas, rientro dovuto al ricatto su Axel, decide di toccare prima l’argomento riguardante la Parker, la cui presenza lì è poco chiara.

E tu Alison, cosa c’entri?”

Io sono stata minacciata da Alberto Vicuña. Voleva diventassi una Farfalla del Night Club”
“Che cosa?”- esclama, esterrefatto, Lopez.

La storia è lunga, ispettore. Ma segue il dannato protocollo del Mariposas”

E così, con il battito accelerato, Dolores rivela di essere stata una Mariposa, prima dell’arrivo di Tokyo. Nairobi la conosceva, ma supponeva fosse addirittura morta.

Il mio nome era Sofia. Fu quello l’appellativo di città che mi fu scelto. Firmai quel dannato protocollo, come fecero anche le altre, non notando la clausola in piccolo, stampata male e poco leggibile”

Ovvero?”
“Che siamo assoggettate a uno dei membri della setta”

Assoggettate?”

Sì, la nostra libertà dipendeva dalle scelte di costui. All’epoca una mia amica scoprì di essere legata ad un tale, non so il nome, e lui la liberò, per così dire, obbligandola ad un matrimonio”
“Aspetta, quindi voi potete uscire da lì, a patto che vi sposiate?”
“Non proprio. Non possiamo di certo sposare chiunque si trovi di passaggio e cerchi di portarci via”

Quindi deve restare tutto nell’ambiente malfamato che abita il locale, giusto?”

Sì, e uno dei membri era proprio Vicuña, lo ricordo bene” – a quel punto l’adulta cede la parola alla Parker.

Zio Alberto e zia Raquel mi ospitarono per l’estate a Madrid. Quell’anno ero in totale crisi, mossa dal desiderio di libertà, dalla voglia di spiccare il volo. Ero pronta a tutto pur di lasciare casa mia e dire addio alla vita di merda che conducevo con due genitori in eterna lite tra loro”
“Fu questa la vera ragione per cui mollasti il tuo Paese?”

zia Marivi fu la mia salvezza”- precisa Alison, poi continua – “Però quella dannata estate, pochi mesi prima la morte di lui, Vicuña mi propose una maniera per ritrovare me stessa. Unirmi ad un gruppo di donne, in un posto dove potevo considerarmi sradicata dal passato”

il Mariposas”
“Precisamente. Rimasi spiazzata dal modo in cui me ne parlò. Per lui era un tesoro prezioso, alludendo addirittura al sogno di mandarvi Paula non appena compiuti 18 anni”

Cazzo, che folle” – commenta Bogotà, avvertendo la pelle d’oca.

Io ovviamente risposi di no; mi sembrò troppo strano. Non ne feci parola con nessuno, però fu Lolita, qui presente, a raccontarmi di Axel, in un momento di sfogo. Lei era la sola a sapere questa storia. E ad oggi...la conosce anche lei, ispettore”

Come mai avete pensato di parlare adesso e non prima? Perché Dolores hai detto che vuoi salvare Axel e che credi sia qui?”

Perché, signor ispettore, Axel è in pericolo. Mio marito… l’ha dovuto cedere ad un socio, un tale Gandia con una scusa, io ho subito captato il marcio! Di quel Gandia ricordo bene i suoi occhi che mi fecero raggelare il sangue.. e fu lui a condurre il bambino qui, in Spagna

Aspetta, aspetta, aspetta… Gandia?! Di nuovo lui! Che figlio di …” - poi si zittisce, trattenendo l’ira verso il presunto collega di lavoro – “Indossava i panni di vice ispettore della Polizia per poi fare il doppio gioco e spifferare ogni cosa ai nostri nemici. La pagherà cara, sarà il primo a finire dietro le sbarre”

Nel mentre della rabbia, sorvola su un dettaglio. E dopo sbollito, in parte, lo stato di ira, proprio tale considerazione gli salta alla mente.

Maledizione… ora che ci penso… signora Dolores, lei ha detto di essere stata una Mariposa giusto?”

Si, lo sono stata”
“Ed è libera. Questo vuol dire che ha sposato un uomo...e che quell’uomo, quel giardiniere, quel tale che si mostrò così cordiale con noi quando ci recammo a Lisbona… beh...quel tale è uno della Setta”
La donna annuisce – “Si fa chiamare Marsiglia. Lui mi salvò la vita, mi sposò perché una notte io tentai di farla finita e…” - singhiozza, ricordando momenti bui del passato.

È Alison a confortarla, e lo stesso Bogotà che le evita di ripercorrere tali istanti e di rivivere quella sofferenza.

Una domanda importante… questo Marsiglia potrebbe passare dalla parte dei buoni?”

Non saprei, è molto fedele al Signor Dalì. Esegue gli ordini senza battere ciglio

E lui sa che siete venute fin qui?”
“E’ partito, così mi ha detto, ma sono sicurissima che è al Mariposas. È primavera e come ogni primavera lì si preparano a celebrare matrimoni con le Farfalle”

Che? Sul serio? E chi si dovrebbe sposare allora?”- domanda, timoroso, Santiago, temendo il peggio.

Non l’hai capito ancora?”- la voce di Daniel,rientrato, mano nella mano con Monica, interrompe la conversazione.

Lopez lo guarda, trovando nel suo sguardo serio e preoccupato la risposta.

Porca puttana!” - esclama Bogotà – “Nairobi!!!!”

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Capitolo 36
*** 35 Capitolo ***


Fuori controllo, Santiago Lopez non riesce ad ascoltare le parole del collega, il quale tenta, in ogni modo, di spiegargli quanto iniziali ipotesi siano divenute realtà.

Ma Bogotà pensa solo esclusivamente a quanto accadrà a Nairobi: dovrà sposarsi...e non con lui!

Un pugno nello stomaco in piena regola.

Incurante dei presenti, lascia l’ufficio in tutta fretta, intenzionato a riprendersi la sua donna e a restituirle la libertà.

Forse dovevamo evitare...” – commenta, amareggiata, Stoccolma.

No, è stato giusto così. Però, conoscendolo, potrebbe commettere qualche follia” – afferrato il suo giacchetto, Daniel fa inseguirlo, però è sempre Monica a trattenerlo – “Lascialo, fidati. Non gli accadrà nulla”

Cosa vuoi dire? Se si mettesse nei guai, non posso…”

Dico sul serio, Dani. Fidati” – ripete la bionda con una sicurezza tale da tranquillizzare perfino il trentenne.

I due si sorridono, e poi lei gli sussurra – “Dopo le belle parole che mi hai detto, poco fa, quando eravamo solo io e te, sei ancora dell’idea che sceglierti l’appellativo di città convenga?”

Certo che sì. Da adesso in poi sarò il tuo Denver..solo ed esclusivamente il tuo Denver”

E allora se sei il mio Denver, credimi quando ti dico di star sereno, ok?”

Il giovane la guarda, estasiato, e annuisce. Di fronte alle due testimoni, la coppia si scambia un tenero bacio a stampo, il primo che rende pubblico il loro neonato amore.

Che carini” -commenta Dolores, mentre Alison, che tempo addietro flirtò con Ramos, si arrende all’ennesimo due di picche.

Resta, però, un dubbio da risolvere: cosa rende Stoccolma tanto sicura che Bogotà non combinerà casini?

Beh… esattamente la certezza di essere stata seguita, nelle ore precedenti, da uno dei serbi del professore.

E proprio costui, ne è convinta, interverrà al momento opportuno per riportare Bogotà sulla diretta via.

Intanto, proprio l’ispettore in questione è salito sulla Seat Ibiza, parcheggiata fuori il Commissariato, e continua a ripetere - “Maledetto, giuro che ti ammazzo con le mie mani”

Accende l’auto...questo dopo essersi sfogato dando pugni al volante, gridando la sua frustrazione per la vita di merda che vive... e sfreccia verso quella stradina che ormai conosce alla perfezione, mentre mille paranoie si impossessano della sua lucidità.

Se il fatto fosse già accaduto? Se Carlos Grygorian ha costretto Nairobi a nozze minacciandola con un’arma? Se avesse recato male alla gitana e al suo bambino?

Paure che lo lacerano e che lo rendono impotente di fronte alla malvagità di un padre più mostro che essere umano.

Giunto al solito viale, lascia l’automobile e affretta il passo, controllando l’arma che nasconde nella tasca, prossima ad essere tirata fuori all’occorrenza.

Come ogni notte la musica del Mariposas riecheggia nei vari vicoli e il caos della gente è ben udibile.

Ma proprio allora, esattamente nell’istante decisivo all’atto vendicativo, Santiago viene trattenuto da un paio di braccia possenti, più grosse e forzute delle sue.

Lasciami”- grida, riconoscendo l’arrivo del complice che, ore prima, si propose come guardaspalle, e a cui invece lui negò tale compito.

Proprio quel serbo ha disobbedito al suo no, e ha preferito seguire ed agire in caso di necessità.

Monica si è accorta sin da subito della sua presenza, scegliendo di mantenere il segreto, sentendosi più tranquilla con un alleato in più, pronto a tutelarli.

Così, mentre lo tiene fermo impedendogli di compiere cazzate, l’alleato del Professore, usa la sola tattica che conosce per placare l’ispettore… metterlo ko… di nuovo.

E riesce al primo colpo. Caricato nella Seat Ibiza, privo di sensi, Bogotà viene condotto, per la seconda volta nell’arco di ventiquattro ore, alla tana di Sergio e company.

*************************

Cazzo, perché mi hai portato qui? Devo uccidere quel figlio di…” - tuona Bogotà contro gli alleati, una volta ripresa conoscenza.

No, calmati. Non possiamo permetterci alzate di testa, capisci? Se tu fossi entrato lì, sparando a destra e manca, ti avrebbero catturato. Sarebbe stata un’ardua impresa tirarti fuori” – spiega Lisbona, porgendogli una bevanda calda rilassante.

E quindi secondo voi io devo restare qui, seduto su una sedia, a bere camomilla, ed attendere? Non mi conoscete. Io non sono fatto così”

Però conosciamo le intenzioni e il modus operandi di quella gente, Santiago” – prende parola il Marquina, alzando i toni.

La sua compostezza lascia temporaneamente posto a una forza di carattere tale da spiazzare e zittire perfino un ispettore come Lopez.

Beh...allora...cosa dobbiamo fare? Nairobi è lì dentro, Axel è lì dentro… e forse vogliono farle sposare uno della Setta. Non possiamo permetterlo” – ribadisce Lopez.

A quel punto Raquel e il Prof si guardano, scambiandosi messaggi di difficile interpretazione. Una complicità, la loro, da far invidia alle migliori coppie storiche.

Quindi? Non mi rispondete?” - aggiunge il quarantaduenne, perdendo la pazienza.

Santiago, ascolta…” - è Sergio ad esporsi – “In quella Banda di criminali si nascondono delle talpe che lavorano per noi”

Sul serio? E come sono riusciti a convincere un genio del male come Carlos?”

Ti consiglio di bere la camomilla ed aprire bene le orecchie” – dice la Murillo, invitandolo a mantenere la lucidità e la calma.

Forza, parlate, cazzo. Avete detto che ci sono delle spie. Bene, buon per noi. Spero veglino su Nairobi”

E’ ciò che faranno, stanne più che certo. È solo che…”- esita il professore - “...Ehm...tu sai della prima relazione che Agata ha avuto al Mariposas?”

Si, certo che ne sono al corrente. Quel bastardo la mollò, dopo averla venduta al Cliente 13. Dovevano sposarsi”

Ehm...già! Beh… se ti dicessi che uno dei nostri complici è proprio lui?”

CHE COSA?! Berlino!? Porca puttana, ma è uno scherzo!?”

No, ascolta…
“”No, come faccio a non infuriarmi sapendo che quel vigliacco potrebbe usare la mia donna se solo dovesse trovarsi nei casini. Cazzo, professore, hai fumato oppio? Lasciarla nelle mani di Andres?! Non ci penso minimamente.. io torno lì, fanculo!” - si alza dalla sedia, furente come mai prima in vita sua.

Mentre si avvia all’uscita, il Marquina riesce a trattenerlo, dicendogli - “Invece dovrai fidarti anche di lui, se ami Agata come sostieni. È essenziale ai fini della nostra vittoria”

Qualcosa mi puzza, mi stai nascondendo altro?” - volgendosi verso il Boss della banda, Bogotà sospetta ci sia qualcosa che ancora non viene fuori.

E infatti…

Si, devi sapere che Berlino è... suo fratello” – Lisbona spalleggia il suo compagno, prendendo le redini della discussione, mettendo in chiaro i dettagli ancora ignoti al nuovo membro della squadra.

Il volto impallidito del quarantaduenne e gli occhi sgranati sono la chiara immagine dello shock.

Adesso è bene che torni a sederti e presti bene attenzione. Se Sergio ha detto di lasciarlo fare, sarà per un’ottima ragione” – sottolinea Raquel, indicandogli la postazione che ha appena lasciato.

Esterrefatto, confuso, si accomoda.

Basta poco, però, a fargli recuperare la parola, ricordando dei discorsi della Jimenez su De Fonollosa e della sofferenza recatale da chi credeva l’amasse.
“Lasciare Nairobi nelle mani di quel vigliacco… sì, certo, come no! E magari lui tornerà ad usarla, portarsela anche a letto quando l’ormone glielo richiede, e servendosene come scudo contro il Signor Dalì”
“Ora basta” – sbotta il Prof, in un momento di perdita di autocontrollo, battendo un pugno sul tavolo.

Poi respira profondamente, si sistema gli occhiali sul naso e riacquista compostezza – “Andres non la toccherà. E’ sposato e ama la sua donna”

Bogotà si zittisce.

Ed è di lei che voglio parlarti. Si chiama Tatiana. Come Dolores, come Nairobi, Tokyo, Manila, Stoccolma, Lisbona e tante altre prima di loro, è stata una Mariposa. Sposare Berlino è stata la sua salvezza”
“Mi vuoi far credere che tuo fratello l’ha sposata per amore? O è stata l’ennesima infatuazione?”

E’ stato ed è amore. Mia cognata ha toccato le giuste corde. Ma c’è un dettaglio che ignori. Tatiana fa parte della Setta. È lei la nostra seconda talpa”

Una donna? Credevo che fosse un patriarcato”

Tatiana è… figlia di Carlos Grygorian...Tatiana è… tua sorella” – la confessione avviene nel momento più delicato della vita di Santiago Lopez.

CHE COSA?!”

Il racconto che Santiago ascolta è quello di un padre che si comportò da tale soltanto con una certa Tatiana, che accettò come figlia per chiuderla poi al Mariposas. Se è entrata nella cerchia criminale è stato grazie al legame di sangue. Ma porta rancore verso il Signor Dalì e complottare ai suoi danni è ciò che sperava di fare da tempo.

Una notizia come quella pietrifica l’ispettore di polizia che ha sempre creduto di essere solo al mondo.

Adesso scopre addirittura di avere una sorellastra.

Berlino ha vissuto anni duri sentendosi responsabile della sorte di Agata. Ed era lì quando trovò Tatiana, o meglio, Parigi, alla mercé di suo padre. E decise che mai più avrebbe schiacciato i sogni di una donna come fece con Nairobi. Capisci? Lui è dei nostri. Non dubitarne...mai!” - conclude il Marquina dopo aver narrato gli eventi passati.
“Come mai è stato accolto in quella cerchia?” - domanda lecita da uno sempre più scioccato Bogotà.

Devi sapere che Carlos inizialmente aveva i suoi clienti, guarda caso sempre costantemente indebitati con lui. Da debitori a soci è stato un passo. Berlino quando mollò il Mariposas si allontanò, però fu richiamato settimane dopo. Il Signor Dalì lo invitò ad unirsi per realizzare un sogno chiamato “Impero” con sudditi, con donne assoggettate al suo volere, e sono anni che aspira ad una consorte al suo fianco”

Le ultime affermazioni pronunciate da Sergio danno il colpo di grazia al cuore dell’alleato.

Vuole sposare Nairobi, vero? Ecco perché ha preteso che tornasse lì” – giunto alla verità, una verità amara, Santiago entra nel panico.

Precisamente” – commenta Lisbona, rattristita.

Cazzo” – non riuscendo più ad esplodere di rabbia, il quarantaduenne ha un crollo emotivo che lo spinge a piangere come non faceva da tempo.

Amico” – lo conforta un serbo con una pacca sulla spalla – “La salveremo. Te lo prometto”

Io credevo… volessero farla sposare con uno della Setta. Ma addirittura con quel bastardo...no, non posso permetterlo”

Non accadrà. Interverremo tempestivamente, ma adesso non bisogna perdere la ragione...”
“Tantomeno la speranza” – prosegue la Murillo.

Come può Berlino, insieme a sua moglie, aiutare Nairobi?” - chiede Bogotà, asciugandosi il viso dalle numerose lacrime scese sulle gote.

Se mio fratello ha seguito le mosse stabilite, adesso Nairobi sarà con Axel. Hanno due giorni al massimo per stare assieme. Durante quel tempo, Tatiana avrà il ruolo di Balia, scelta da Carlos. Lascerà un biglietto che Agata leggerà quando sarà sola. Sul biglietto c’è scritto cosa fare”

Ovvero?”

Dovrà accettare il matrimonio con Grygorian”

COSA????”

Calma! Ti ho già detto che mai e poi mai lo permetteremo. È necessario che lui creda di averla sottomessa. È fondamentale che pensi di essere riuscito nel suo intento. Solo allora entriamo in gioco noi”

Come sai tutti quei dettagli? Come puoi aver deciso cose ben prima che accadessero e farle poi succedere senza intoppi?”

Beh...sono o non sono “Il Professore”?!”

*************************************

Come rivelato da Sergio a Santiago, il Mariposas ha due talpe al suo interno.

La persona che Carlos sceglie come Balia per controllare e vigilare su Nairobi è proprio Tatiana. La donna fingendosi spalla di suo padre, accetta senza esitazione.

In realtà i due consorti hanno saputo giocare bene le loro parti, influenzando con le loro proposte la volontà del Boss.

È proprio Tatiana a varcare l’uscio della camera della gitana, con Axel al suo fianco.

La zingara, seduta sul letto, sobbalza quando nota il bambino a pochi passi da lei.

Piccolo mio” – esclama, inumidendo gli occhi, ignorando la presenza della figura incappucciata e con la maschera di Dalì.

Si inginocchia di fronte alla sua creatura e gli apre le braccia.

Legge il panico in quell’innocente e, con voce commossa, gli dice - “Non aver timore, avvicinati”

Il piccolo volge lo sguardo sulla persona che l’ha portato fin lì, che incute un certo terrore ai suoi giovani occhi, e corre incontro alla donna, altrettanto sconosciuta, stringendosi al suo petto. I battiti dei loro cuori si muovono all’unisono e Axel per la prima volta da che ha memoria sente nel profumo di quella straniera una vera e e propria calamita.

Quel profumo sa di mamma, sa di famiglia, sa di casa...sa di vita.

E Nairobi respirando suo figlio ricorda i momenti trascorsi con lui e le nottate sveglia, le poppate, i pannolini, ma anche i dolori del parto, le grida, la paura, e il pancione che cresceva...tutti flash, temporalmente lontani, che le ricordano il bello di essere stata e di essere ancora una mamma.

Intanto la persona presente lascia un biglietto sul comodino, andando via senza far alcun rumore.

Sollevata e felice di aver visto per la prima volta il vero senso dell’amore genitore-figlio, Tatiana si ricongiunge al suo Andres.

Allora? Hai fatto quello che dovevi fare?”

Si, tesoro! Tutto fila liscio come sosteneva il professore”
“Ottimo, amore mio. Adesso tienila sotto controllo, come vuole anche tuo padre. Abbiamo 48ore fissi qui, poi usciremo per comprare roba per la cerimonia e riferiremo aggiornamenti a mio fratello”
“Bene, e speriamo che non accada nulla nel frattempo”

Cosa dovrebbe accadere?”

Beh..non so, ho visto Agata un po' strana”

No, fidati di me. È nervosa perché chiusa in gabbia, ma è dei nostri. Farà quanto le ordiniamo”

************************

La prima notte stretta al suo cucciolo è quella che Nairobi attendeva da troppo tempo ormai.

Trascorrere così tante ore insieme fa scoprire ad entrambi delle somiglianze pazzesche e non solo fisiche, ma addirittura caratteriali.

E proprio al mattino, quando il sole con i suoi raggi penetra dalla piccola finestra di fianco al letto, Axel si mette in piedi e scruta la gitana in ogni dettaglio.

La trova bellissima e la sola persona a cui potersi stringere e vincere le innumerevoli paure. Ha sempre considerato se stesso molto coraggioso, però mai come allora sente l’esigenza di ancorarsi a qualcuno. E quel qualcuno è esattamente Nairobi.

Piccino, sei già sveglio?” - chiede lei stiracchiandosi, una volta aperti gli occhi al nuovo giorno.

ono state le 24 ore più emozionanti degli ultimi dieci anni, e la dormita più rigenerante e profonda della sua vita, quella stretta al suo tesoro più grande.

Axel annuisce, continuando a fissarla in silenzio.

Che c’è? Vuoi del latte? Ci facciamo portare la colazione qui”

Voglio solo sapere una cosa” – dice il piccolo.

Dimmi pure” – risponde, intenta a sistemare un buffo riccio nero dalla fronte del bambino.

Sei la mia mamma?”

Come?” - la Jimenez è decisamente spiazzata dall’ingegno del figlio e sentirsi riconoscere nel suo ruolo le riempie il cuore di una gioia immensa.

Anche se non confermi, io l’ho capito. Siamo uguali, e poi io sento di volerti bene conoscendoti appena”

Gli occhi lucidi della zingara sono la conferma che Axel attendeva.

E senza darle modo di rispondere si getta su di lei, accoccolandosi al suo petto – “Sapevo di non appartenere a quella famiglia”

Ti hanno strappato dalle mie braccia, ma adesso sei qui. Siamo qui. E non ci separeremo mai più. Te lo giuro...figlio mio”

*********************************

Le 48 ore assieme al piccolo Axel sembrano volare. Nairobi non ha mai notato il biglietto di Tatiana e la stessa non ne è stupita. Immaginava che in quei due giorni la Jimenez avrebbe dato poco peso a quello, concentrandosi unicamente sul bambino.

Ma è ormai prossima l’ora X.

Oggi dovremmo salutarci?” - chiede il piccoletto alla madre, triste, mentre avvolge tra le sue esili braccia un peluche azzurro regalatogli dalla zingara. Era circa un decennio che lo custodiva nell’armadio, come unico ricordo del suo bimbo.

No, tesoro mio. Oggi comincia la nostra vita insieme” – gli sorride, abbracciandolo teneramente, per riempirlo poi di baci.

Chiusasi in bagno per una doccia rapida, lascia Axel solo sul letto, intento a giocare con l’orsetto.

Ed è proprio il gitano ad accorgersi, finalmente, del pezzo di carta.

Curioso lo afferra e legge il messaggio.

Cosa fai?” - la voce di qualcuno, arrivato in tale istante, spaventa Axel che lo riposiziona sul comodino.

Sei tu Tatiana?” - domanda lui.

La tipa annuisce, e poi chiede -“Dov’è Nairobi?”

In bagno. Cosa vuoi da lei? Io la proteggerò” – il forte ometto si posiziona come scudo di fronte la porta della toilette.

La moglie di Berlino sorride divertita dalla grinta, ereditata da Agata, del bambino.

A quel punto, abbassata la maschera, gli fa segno di avvicinarsi.

Il ricciolino tra preoccupazione e voglia di sapere, si posiziona a pochi passi di distanza, pronto ad udire. E la tipa, dai capelli rossi e la carnagione chiara, si direbbe quasi di origini russe, comunica, sussurrando – “Sono qui per proteggervi”

I due si fissano, non proferendo parole. Sembrano cercare verità l’uno nell’altra.

E tale sconosciuta, mostratasi senza esitare, con la dolcezza negli occhi, convince Axel.

È un rumore proveniente dal bagno a farli sussultare.

Resta qui, tesoro!” – gli ordina la donna.

Dà un forte colpo all’uscio, più e più volte, buttando giù la porta come fosse un uomo di grossa stazza.

Nairobi avvolta nell’accappatoio è stesa a terra.

Ehi, Agata, che succede? Non stai bene? Tirati su” – la scuote Tatiana.

Dimenticandosi la maschera sul volto, la rossa lascia svelata la sua identità.

E quando la gitana, stesa sul letto, riapre gli occhi, ha di fronte a sé una Balia inattesa.
“Se...sei...u..una donna?!”- esclama, impallidita.

Già, ora che lo sai, dimmi cosa ti è successo?”

Non sto bene. Ultimamente ho una forte nausea, dei capogiri… e poco fa ho perso i sensi. Sarà lo stress” – spiega, cambiando poi discorso – “Piuttosto spiegami chi sei e..”
“No, no. Lascia perdere. Lo capirai con questo” – precisa porgendole il biglietto.

Piuttosto… credo di avere un’idea su cosa possa esserti preso ultimamente. Non muoverti, vengo subito” – le dice la rossa, lasciandola, per qualche minuto, alle cure di suo figlio.

Tatiana raggiunge Manila, chiusa nella camera che prima apparteneva a Monica, non prima di aver indossato la maschera e il cappuccio per precauzione.

Ehi, che cazzo vuoi? Chi sei?” - la Farfalla sobbalza trovandosi davanti una dei soci del Mariposas, mai vista in vita sua.

Dimmi dove custodiva la sua roba Stoccolma”

Che? E perché dovrei farlo?”

E’ urgente. Muoviti. Nairobi ha bisogno di una cosa”

Tirata in ballo una sua amica, Julia non esita. Osserva la straniera svuotare il cassetto della Gaztambide con fare nervoso e si preoccupa.

perché non mi dici che succede alla mia collega? Mi stai agitando. Soprattutto...chi sei? Un’altra di noi? Qui di donne siamo poche”

Eccolo qui” – esclama poi, felice, Tatiana, ignorando le domande.

Che cosa?! Dici sul serio?” - la Martinez è scioccata riconoscendo la scatola che la sconosciuta ha tra le mani.

Basta domande, Mariposa! Torna alle tue cose. Dimentica quello che hai visto” – così dicendo, la rossa va via e raggiunge nuovamente la stanza della Jimenez.

Allora?” - chiede Nairobi, confusa.

Abbiamo ciò che serve” – gli porge quanto appena reperito.

Un… test…. di gravidanza?”
“Sì, cara. Fallo immediatamente. E spera che non sia positivo o il piano potrebbe andare al diavolo”

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Capitolo 37
*** 36 Capitolo ***


I minuti seguenti sono intensi e carichi di apprensione. Tatiana, seduta di fianco ad Axel, sul letto, cerca di distrarlo, e nel mentre gironzola per appurare che le videocamere siano ancora disattivate. Berlino le ha spiegato che avrebbe messo in funzione le spie solo se il Signor Dalì si fosse mai insospettito, e proprio al termine dei due giorni di convivenza tra la gitana e suo figlio.

E in quelle 48 ore, stranamente, Carlos non ha dubitato affatto. Questo insospettisce la rossa che però non dà peso alla faccenda focalizzandosi sulla Jimenez, la cui sorte a breve verrà stabilita da un test di gravidanza.

Sentendosi libera di poter parlare, la moglie di Andres si avvicina alla porta della toilette, decisamente rotta dal suo primo ingresso, qualche minuto prima, e chiede - “Ehi, Nairobi, tutto bene? Hai finito?”

Agata, però, non risponde. Preoccupata, Tatiana avanza e varca l’uscio, notando la zingara accovacciata a terra, con le mani a coprirle il viso.

Allora?” - intuisce già che probabilmente le cose non sono andate come speravano entrambe ma necessita di sentirlo dire dalla diretta interessata.

Guarda tu stessa” – commenta Nairobi, porgendole il risultato.

Positivo!” - legge l’altra, con un velo di amarezza negli occhi.

Che significa?” - anche Axel si intromette, confuso dall’accaduto.

La gitana fissa suo figlio, ricordando di quando, ben dieci anni prima, ha vissuto lo stesso medesimo stato d’angoscia per una gravidanza che seppure meravigliosa è accompagnata esclusivamente da drammi ingestibili.

Lo invita ad avvicinarsi e ad abbracciarla. E il piccolo esegue, ascoltando il pianto della mamma e offrendosi come spalla.

Ti difenderò io, da tutti” – le dice, mostrandosi un ometto in piena regola.

Tatiana sorride di fronte a quella tenera scena – “Il cordone ombelicale non è stato mai tagliato tra voi due. Siete l’immagine più bella della vita”

E mentre Axel tenta di far distrarre Nairobi, per regalarle un sorriso dopo la recente scoperta, di cui lui stesso è ignaro, Tatiana si confronta con Berlino.

Cazzo, ma stai scherzando? Porca puttana, questo cambia tutto”

Che si fa adesso?”

Bisogna affrettare le mosse” – precisa Andres, spiazzato dalla novità.

Ma la rossa, notando il pallore sul volto del marito, solleva una questione di cui non parla con l’uomo da anni ormai.

Che lei sia incinta… ti crea fastidio?”
“Come? Amore, cosa dici?”

Non sei geloso che Nairobi abbia trovato un compagno e che aspetti un bambino da lui, vero?”

De Fonollosa, seppure spiazzato dall’osservazione, la rasserena. La prende per mano e, guardandola negli occhi, esterna ciò che prova – “Io amo solo e soltanto te. Non dubitarne mai. E quando questo marciume finirà al posto giusto, e io e te saremo liberi, ti porterò nella città dei tuoi sogni. Quella che ti ha identificata per troppo tempo. Parigi. E li ci sposeremo davvero, e con con le pantomime di questo losco gruppo”

Ora che la figlia di Grygorian è straconvinta dei sentimenti di Andres, possono mobilitarsi sul da farsi: se il Signor Dalì scoprisse il segreto di Agata potrebbe reagire brutalmente.

Dio solo sa quali danni recherebbe nello sfogare la sua ira.

Vanno affrettate le cose” – comunica la rossa a Nairobi, una volta ricongiuntasi a lei.

Spiegate rapidamente le mosse previste, Parigi si allontana, lasciando la gitana preda dei suoi ingestibili mutamenti d’umore, per confrontarsi con suo padre e velocizzare i tempi.

A passo svelto raggiunge l’habitat del Signor Dalì. Quest’ultimo è intento a confrontarsi con alcuni membri sull’ennesima questione di guadagni illeciti, quando nota sua figlia arrivare e chiedergli udienza.

Dimmi pure. Hai scoperto qualcosa di Nairobi che potrebbe intralciare i miei intenti?” - domanda l’uomo, ordinando ai soci di andare via.

No, padre. Anzi. Sono stata con lei, mi sono mostrata amica come ti avevo promesso. Gli ho consigliato di fare le cose giuste e di pensare al bene di Axel”
Carlos annuisce, come a complimentarsi con la figlia – “E?… hai ottenuto risultati?”

Sì, e direi più che buoni. L’ho convinta… a sposarvi”

Sconvolto dalla novità, piuttosto impensabile conoscendo la ribellione tipica della Jimenez, Grygorian la ringrazia e la congeda.

Solo con se stesso, di fronte ad una bottiglia di vino francese, sorseggia in silenzio, fissando il vuoto.

Qualcosa non mi torna” – pensa tra se e se.

Ipotizza ci sia di mezzo lo zampino di Santiago Lopez che, seppure non presente, sembra influenzare le scelte della Jimenez più di quanto previsto.

Così prende la decisione definitiva. Convoca immediatamente il suo braccio destro per affidargli l’ennesimo compito.

Ascoltami bene. Voglio che tu mi faccia un favore. Come sempre, sarai pagato profumatamente”

Mi dica, signore” – risponde deciso Gandia, senza alcuna esitazione.

Si tratta dell’ispettore”

Intende…?”
“Mio figlio, sì. È diventato un ostacolo. A quanto pare Nairobi sta per cedere, però sono convinto stia giocando sporco, anche con Parigi. Forse scegliere un’altra donna per vigilarla non mi ha giovato granché. Agata è scaltra, a questo punto direi anche più della mia stessa figlia. Quindi...se vuole ingannarmi, usando la buona fede di Tatiana, beh...facciamole capire chi ha in mano questa partita. Voglio che si renda conto che la storia con Santiago è la cosa più impossibile di questa terra”

Vuole che lo elimini definitivamente?” - Cesar è più che entusiasta di farlo, considerato che tra lui e il collega non scorre buon sangue, e ha sempre vissuto nell’invidia verso chi gli ha fottuto la posizione nel Commissariato.

Lo sguardo fulmineo del Signor Dalì ammutolisce l’alleato, che, come a scusarsi per aver avanzato proposte declassando il capo, china la testa.

Se quell’uomo si definisce migliore di me nel ruolo genitoriale, lo metterò alla prova. Per di più ho contattato chi di dovere. Lo processeremo, di fronte alla stessa Agata”

Processeremo? Vorreste farlo entrare qui dentro?”

Tranquillo, Gandia. Sarà lui stesso a non causare problemi, vedrai!”

Non vi seguo più” – Cesar è sempre più confuso.

Carlos preda della sua ceca follia, ride per conto suo, idealizzando il risultato di una partita che dà già come vittoriosa.

Aver bruciato la villa è stato uno dei tanti avvertimenti, adesso però veniamo ai fatti. Porta Santiago qui”

Avrò bisogno di uomini per metterlo ko. Non è uno di facile sottomissione”

Fidati di me… lui non opporrà resistenza. Se è mosso dalla mia stessa fiamma, e rivuole la sua Agata, ci renderà tutto più facile”

******************************

Dopo lo spoiler ricevuto da Tatiana circa il SI della gitana alle nozze, Grygorian attende, entusiasta, l’arrivo di quest’ultima per godere a pieno nel vederla chinarsi al suo volere.

Se da un lato c’è chi non sta nella pelle ed è elettrizzato da quanto sta per accadere, dall’altra parte la Jimenez vive tormentata dall’ansia che quel piccolo segreto chiamato gravidanza possa venire alla luce in ogni momento… che sia per un malore o per uno scatto di rabbia incontrollata.

Sei pronta? Dobbiamo andare” – le dice Tatiana, indossando cappuccio e maschera.

Axel è mano nella mano con la mamma e cerca di darle forza.

La zingara gli dà un tenero bacio sul capo, assaporando gli ultimi istanti di aria pura, a suo fianco. Poi, respirando profondamente, con un istintivo gesto di protezione materna verso il suo ventre piatto, Nairobi si appresta a percorrere il solito, ormai troppo familiare, tragitto verso l’ala del Nulla. È così che lei, assieme al suo bimbo, ha deciso di chiamare quella zona del Mariposas. Un posto talmente oscuro e privo di vita da potersi definire esclusivamente con quel termine.

Ad accoglierla l’intera Setta che accerchia il noto Cliente 13 vestito decisamente a festa.

Il Boss del Night Club avanza nella direzione dei tre appena giunti e la lusinga con belle parole - “Sei radiosa, amore mio. Raggiante come se trascorrere due giorni con Axel sia stato quanto attendevi da sempre”

Nairobi finge un sorriso forzato, seppure schifata e irritata dal sentirsi chiamare “amore mio” da chi vuole recarle solo male.
“Beh...è così, e lo sai bene. Axel è ciò che ho sempre desiderato, dopotutto!” – commenta, a tratti distaccata e fredda.

Tatiana cerca di mostrarsi calma, nonostante voglia ricordare alla socia gli step da seguire. Nessuna alzata di testa o sono guai.

È un suo finto colpetto di tosse a ricordare alla mora di doversi fingere una vinta.

Quindi, a quel punto, raccolta la forza per farlo, si avvicina al Signor Dalì, avendo premura di tenere Axel a distanza, lasciandolo di fianco alla fidata complice.

Faccia a faccia con il suo Boss, Nairobi sfoggia le sue nascoste doti recitative. Un talento innegabile che sembra convincere perfino Parigi.

Dice sul serio?” - sussurra il piccolo alla moglie di Berlino.

Shhh” – dice lei, ordinandogli di fare silenzio. In fondo, in quel luogo, e per quella gente, lei è una dei cattivi. Nessun lato materno o docile deve saltare fuori.

E mentre la Jimenez cede, senza mai distaccare lo sguardo da quello fermo del suo nemico, viene attentamente studiata dal restante gruppo della Setta, lì presente, pronta ad intervenire in casi necessari.

Sente di dover seguire il piano stabilito, ma che apparire troppo docile insospettirebbe chiunque la conosce anche solo un po', perciò non servirebbe a nulla fingere e rinnegare la sua natura.

E stravolge una parte dell’accordo.

Sono stanca di combattere. Ho deciso così. Ti sposerò. Ma sappi che non riceverai sentimenti da parte mia. Non provo, né proverò in futuro, amore verso di te”

Tatiana sobbalza, incredula. Cerca di intervenire, però la presenza di Berlino posizionatosi proprio di fianco a lei, le impedisce di farlo.

Non possiamo permetterle di mandare tutto all’aria” – sussurra la donna al consorte.

Beh...io inizio invece a pensare che stia giocano nel migliore dei modi” – commenta De Fonollosa.

Infatti è proprio tale reazione a non spiazzare Carlos.

Ecco la Nairobi che conosco. Mi sembrava fin troppo strano tu ti fossi chinata senza ribellarti”

Mi piego a te non per mia volontà. Ti sposo perché è la sola opportunità che ho di vivere con mio figlio”

La tempra di Nairobi è ciò che da principio colpì Carlos Grygorian facendolo cadere vittima del suo charme. E ad oggi è sempre quella stessa tempra a renderla l’ossessione più bella della sua vita.

Beh… permettimi di dire che hai coraggio da vendere. Non avevo dubbi. Certo, Axel sarà a disposizione...ma solo….

Solo?”

Solo quando mi dirai di SI e diventerai mia moglie. Solo quando rinuncerai ai sentimenti per Santiago”

Con il cuore in mille pezzi, certa che il bivio di fronte a cui è stata posta ha già una scelta prestabilita, volge lo sguardo sul bambino constatando che a tutto può rinunciare ma non a lui.

Ti dirò il SI che vorrai!” - comunica, ignorando l’argomento Bogotà. Non vuole metterlo in mezzo a tale situazione e finge disinteresse totale, ben cosciente che portando in grembo il suo bambino la cosa non sarà così semplice.

Posizionandosi di fianco al Signor Dalì, sottobraccio a lui, con lo sguardo velato di amarezza, Nairobi viene accolta nella Setta tra applausi e complimenti vari.

Carlos invita alcuni membri a prendere dello spumante, adagiandolo su di un tavolo.

In teoria una donna incinta non dovrebbe consumare alcool, e questo è un alto rischio per la gitana, ma è grazie ad un iter decisamente maschilista, tipico del gruppo criminale, riesce a scamparsela ed evitare per brindare invece con un analcolico portato proprio da Tatiana e consumato solo esclusivamente dalle due.

Si respira aria di festa, ed è quando è prossimo il brindisi, l’ex Cliente 13 ordina ai soci di liberarsi, ovviamente, delle maschere e svelare le loro identità.

Nairobi è da oggi una di noi, quindi è bene sappia chi siete”

e così, uno ad uno, mostrano la loro figura.

Il primo a farlo è Berlino, e la reazione contenuta di Agata spiazza Carlos - “Ma come?! Non sei sconvolta che il tuo caro Andres sia qui con noi? È parte integrante della Setta da molti anni, sai?”

Sto cercando di non pensare alla cosa. Potremmo non parlarne? Non ho ancora superato il rancore nei suoi riguardi…” - finge Nairobi.

Oh, beh...se la metti così” – precisa il Capo, per aggiungere – “Hey tu… Berlino...Vattene!”

Come? Signore io…”
“Ti ho detto di sparire. Non le fai bene, non ti vuole vedere. Perciò per il momento non ti voglio tra i piedi” – il tono austero del Signor Dalì mostra quanto potere abbia lui sugli altri, e De Fonollosa si vede costretto ad allontanarsi.

Gli altri soci svelano i loro visi. Tatiana, l’unica donna del gruppo, si presenta come se lo facesse per la prima volta, definendosi prima come figlia del Boss e poi come consorte di Andres.

Figlia, vai da tuo marito. Ormai non servi più. Vi concedo un giorno di libertà” – afferma Carlos, facendole segno con la mano di sparire, come fosse una mosca fastidiosa che gli ronza nelle orecchie.

La rossa non sa se le conviene abbandonare Nairobi così su due piedi. Non era previsto che accadesse, ma tenendo fede al suo ruolo, accetta e si dilegua. In fondo quel piano sembra essersi frantumato da tempo ormai.

Agata intuisce che la complice non ha avuto altra scelta e cerca di mantenere la calma, stringendo con forza la mano del suo bambino, unico rimastole accanto.

Però Grygorian ha intenzione di far fuori anche il piccoletto, uno dei più grandi ostacoli al suo amore con la zingara.

Aspetta, Parigi...prima di andare...porta con te Axel. Vorrà dormire un po'. Qui si tratta di questioni da grandi…”
“Cosa? No” - esclama Nairobi,perdendo per un istante la sua compostezza.

Noi due abbiamo molto da fare, mi amor, e lui è troppo bambino per capirlo” – ridacchia il Signor Dalì, adagiando una mano sulla coscia della gitana.

Questo è un grosso segnale negativo di un piano che sembra non funzionare e a cui, forse, la donna deve attuare modifiche prima che sia troppo tardi.

************************

Dobbiamo fare qualcosa, Andres! Andarcene così, lasciarla in balia di quel bastardo, potrebbe farle violenza. A questo hai pensato?” - Tatiana, fuori dal locale, ottenuto l’ok paterno, si sfoga con la poca resistenza del marito.

Lo so, cosa credi? che mi faccia piacere essere fuori dal Mariposas senza Nairobi? Era lei che avremmo dovuto salvare e non noi stessi”

Io rientro” – fa per tornare lì, ma viene trattenuta da De Fonollosa.

Aspetta, non peggioriamo il tutto. Adesso andremo a far visita a Sergio”

Mhm...e cosa gli riferiamo? Che siamo stati degli incapaci?”

Seduti a bordo di un auto, noleggiata in gran segreto per evitare casini e videocamere nascoste da parte del nemico, i due discutono sul da farsi. Eppure qualcosa attira la loro attenzione, insospettendoli oltremodo, interrompendo la discussione.

Che cosa fa Gandia fuori dal locale quando c’è in corso il festeggiamento?” - domanda, confuso, Berlino.

Seguiamolo” – ordina Parigi.

Pedinarlo li conduce alla stazione ferroviaria.

Mi domando dove stia andando questo coglione” – commenta De Fonollosa.

Attendono alcuni minuti, nascosti nella loro auto, quando ecco il viceispettore tornare ai parcheggi. Ha delle valigie in mano e di fianco a lui c’è una donna.

E quella chi è?” - esclama Tatiana, elaborando nel mentre varie idee.

Maledizione! Te lo dico io chi è quella lì. Alicia Sierra. Un genio del male. È in grado di far crollare tutti gli uomini ai suoi piedi. Un demonio. Se è come temo, tuo padre adesso ha un altro obiettivo”

E quale sarebbe?”

No “quale”… ma “chi”, direi!!! Quella tipa gli servirà per distruggere definitivamente la relazione di Santiago e Agata! Ne sono certo”

Eh?”

Ti spiego strada facendo. Ora è urgente andare a casa di mio fratello. Va avvisato Santiago, immediatamente! Prima che sia troppo tardi”

*******************************

Mezzora prima di questo avvenimento, Lopez riceve un sms urgente.

Il mittente è Gandia, di cui ora sono note le reali intenzioni, che gli dice di presentarsi al parco con urgenza.

Non c’è da fidarsi”

Lo so, ma dice che se non lo farò causerà del male a Nairobi. Non posso permetterlo”

Amico, potrebbe fingere”

Certo, sono un ispettore. Lo so che potrebbe giocare una doppia carta”

Veniamo noi serbi con te”

No, farò finta di stare al suo gioco. Voglio vedere fino in fondo dove vuole arrivare”

E se Carlos volesse farti del male? Non c’è da prendere la cosa troppo alla leggera, Santiago” – interviene, agitata, Lisbona.

Voi restate qui, nessuno della Banda deve rischiare per me. Non svelatevi al nemico. Piuttosto...avvertite Daniel, mobiliterà dei poliziotti e accorreranno sul posto”

L’idea di Bogotà è rischiosa. Però lui per la sua Agata farebbe ogni cosa. E se recarsi al parco e cadere nella trappola dei cattivi significa rivedere la sua donna, è disposto a farsi catturare...già, perché ormai ne è straconvinto: Grygorian non lo ucciderebbe mai, sarebbe troppo un colpo basso da parte di un genitore qual è… però condurlo al Mariposas e tenerlo prigioniero lì dentro, quella è la mossa che più gli si addice.

E Bogotà ha ben inteso le intenzioni paterne.

Negli istanti che separano i due coniugi De Fonollosa dall’ispettore Lopez, accade l’impensabile.

Un incontro al parco tra uomini, tra figure istituzionali chiamate a salvare e garantire giustizia: ma di cui uno rispecchia a pieno il suo ruolo, l’altro ha finto di essere chi in realtà non è mai stato.

Bene, bene. Spero solo che non sia venuto fin qui con la scorta”

Gandia, non commenterò le tue azioni, non vale la pena sprecare il fiato con te…ma sono qui per arrendermi”
Cesar ridacchia, poco convinto da tali parole – “E dovrei crederti?”

Libero di farlo o meno. Eccomi… ammanettami, pestami, spintonami...fa ciò che vuoi. Conducimi nel tuo Inferno, perché il mio è già cominciato quando mi avete tolto Nairobi”

Gli porge le mani in segno di resa.

Ed è esattamente quando Berlino riabbraccia suo fratello, prossimo a raccomandarlo sul da farsi, che si accorge di aver perso la sola possibilità di rivincita su Carlos: Santiago Lopez si è appena consegnato, di sua sponte, al nemico.

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Capitolo 38
*** 37 Capitolo ***


Bendato e ammanettato, Santiago Lopez viene condotto nel luogo che da mesi cerca di svelare ed eliminare: l’ala del Niente, lì dove interfacciarsi, finalmente, con il nemico numero uno.

Proprio il Signor Dalì, intanto, nei minuti che anticipano il confronto con suo figlio, non smette di toccare Nairobi, di sussurrarle frasi maschiliste, erotiche, di pessimo gusto, eccitandosi alla sola idea che tra qualche ora o anche meno, l’avrebbe fatta sua di nuovo.

E Agata, disgustata da una situazione che alimenta la nausea, frutto degli ormoni della gravidanza, è costretta a sottostare. Teme per la sua incolumità per la prima volta nella vita...questo perché c’è qualcuno che va difeso sopra ogni cosa, ed è la creatura che cresce nel suo ventre.

Bene, penso che possiamo congedare gli ospiti. È stata una festa memorabile” – dice Carlos, alzandosi dalla sua poltrona rossa, invitando la gitana a fare lo stesso – “Noi abbiamo di meglio da fare”

Man mano che la Setta si allontana, dopo il saluto cordiale alla Jimenez, accolta in “famiglia”, il Boss non trattiene più il desiderio.

La brutalità con cui adagia una mano sul sedere della zingara ricorda a Nairobi di dieci anni prima, di quando cedette al cliente 13 ed imparò la differenza tra una scopata e un rapporto intimo fatto di amore vero. E in tale gesto, sgradevole, è più che evidente la sola voglia di orgasmo.

Andiamo in camera!” - dice lui, continuando a palpare la donna come fosse un giocattolo, e non un essere umano.

Adesso? E Axel dov’è?” - chiede Agata, in primis, ignara che il bambino è stato ceduto da Tatiana alle cure di Manila, all’insaputa dello stesso Signor Dalì, e con tale domanda la zingara cerca di ritardare il tutto, seppure cosciente che sarà impossibile frenare gli ormoni di quel mostro.

Lascia perdere. Appena avremo finito, ci raggiungerà” – ridacchia, intenzionato ad ottenere ciò che vuole a tutti i costi.

Ma la Jimenez sente di doversi tutelare. Non può e non vuole diventare una bambola di pezza nelle mani del suo capo e soprattutto ha timore che qualsiasi desiderio animalesco del Signor Dalì possa recare male al bambino che porta dentro.

Vorrei rispettassi una clausola importante” – dice, impedendogli di baciarla.

Quale? Vorresti imporre regole...a me?” - la guarda, colpito,lui, non distogliendo gli occhi dalle labbra sulle quali è prossimo a fiondarsi.

Sarò tua moglie, sì. Però vorrei aspettassimo il matrimonio prima di…”
“Come?” - capito il messaggio di fondo, Grygorian ride di gusto – “Una che si è data per anni, adesso vuole fare la puritana?”

Ti prego di rispettare almeno questo punto. Dopo il nostro SI, sarò io in primis a concedermi senza tua richiesta. Per favore”

Carlos la fissa in silenzio per alcuni istanti. Aveva già in mente di trascorrere una nottata di fuoco…e invece ha di fronte a se un no che non gradisce.

Ecco, però, che la fortuna gira dalla parte di Nairobi e finalmente accade qualcosa di “positivo” che la avvantaggia.

Una telefonata improvvisa da parte di Gandia per il Signor Dalì regala a Nairobi il respiro di cui necessita.

Il viceispettore comunica di aver con sé Santiago Lopez.

Perfetto, ora sì che la partita si fa davvero accesa” – commenta Carlos, tra se e se, poi torna a rivolgersi alla mora -“Allora, ascoltami, amore mio, sai che odio che gli altri mi sorpassino in decisioni. Perciò sono io a porti di fronte a una situazione e solo a quel punto ti darò una risposta!” - precisa l’uomo, spiazzando la futura moglie.

Così Agata viene invitata a sedersi oltre quella parete, in una stanza buia, in cui spicca un enorme televisore, stile cinema, da cui sono visibili le aree del Mariposas videosorvegliate.

E’ da qui che ci spii?”

Si, quando avevo voglia accendevo anche altre...che ovviamente evito di mostrarti” – ridacchia, malizioso.

Dopo aver premuto tasti di ignara provenienza, Carlos sedendosi di fianco alla donna, si limita a godere di quanto accadrà da li in poi.

Cesar conduce, scortato da Helsinki e Oslo, l’ispettore nel punto prefissato, gettandolo su una sedia, con forza, ridendo di lui caduto a terra perché ancora bendato.

A Nairobi basta un niente per riconoscerlo e saperlo nelle mani del nemico, pronto a recargli chissà quale danno, le fa sussultare il cuore.

Co...cosa significa tutto questo?” - chiede, nascondendo il terrore che la pervade.

Shhh” – le ordina silenzio – “Fa’ silenzio tesoro, e guarda… vedrai con i tuoi occhi quanto c’è da fidarsi del tuo caro Santiago”

In che senso?” - domanda, senza ricevere risposta.

Liberato Lopez dalla benda e legato con dei nodi alle mani, Gandia e complici si allontanano, lasciandolo ad una persona chiamata lì ad eseguire l’atto finale di distruzione di una coppia tanto disprezzata da Carlos: proprio quella di Nairobi e Bogotà.

Il quarantaduenne accortosi del luogo buio e decisamente inquietante dove è stato condotto, intuisce il motivo dello shock passato di Agata che fu condotta di lì per chissà quali torture emotive e psicologiche. Adesso può sentire tali brividi sulla sua di pelle.

Dove sono? Chi sei tu?” - i dubbi vengono posti alla figura che gli va incontro… il tacchettio rimbomba tra quelle mura. Trattasi di una donna dai capelli rossi, di indubbio fascino, che Berlino e Tatiana hanno scorto in stazione e che ha decisamente messo in allerta De Fonollosa sulle intenzioni del Signor Dalì.

Così, mentre la sconosciuta cammina attorno all’ostaggio, osservandolo come a studiarne ogni possibile reazione, degusta, ammiccando, il suo lecca lecca.

Ti manda mio padre, vero?”

La tipa non risponde, si limita ad ignorare le numerose domande dell’ispettore, che continua a parlare nonostante non riceva chiarimenti.

E quando tira fuori il nome della Jimenez, la rossa si ferma.

Anche la diretta interessata ha un fremito quando sente pronunciare il suo nome dalla bocca della persona che ama follemente e avverte in tale voce la voglia di salvarla.

È Carlos, irritato, a brontolare qualcosa e perdere le staffe con poco.

Afferrandole una mano con forza, la unisce alla sua

Tu sei mia!” - ribadisce, fissandola con una potenza tale da inibire le sue reazioni fisiche.

Nel frattempo Lopez diventa vittima del fascino della straniera che decide di presentarsi, a modo suo.

Mi chiamo Alicia Sierra!” - si libera di un impermeabile nero.

Cosa fai?” - sobbalza Santiago, evitando di fissarla, visto che la donna continua a spogliarsi man mano che racconta di se e della sua fama di femme fatale.

Non dirmi che non ti eccito perché so che è così”

Bogotà abbassa lo sguardo, da sempre debole di fronte al fascino femminile.

La tua gitana è prossima ad altre nozze. Dimenticala. Fallo qui, con me. Saprò curare, in una notte, tutte le ferite del passato”

seduta sulle sue gambe, gli si avventa sul collo, mentre le sue mani gli slacciano i pantaloni, e oltrepassano il limite consentito.

E avvertendo pulsioni fisiche, Bogotà cerca di placarsi. Ma Alicia insiste e ride, invitando l’uomo a palparla e ad addentrarsi nel suo intimo.

So che vuoi, cosa aspetti?” - gli sussurra, mordicchiandogli il lobo dell’orecchio.

La scena viene, purtroppo,guardata da uno schermo dalla povera Agata, inerme. In cuor suo sa che Santiago è messo nella condizione e non sa né può fuggire, però un bel NO lo avrebbe gradito anziché assecondare la tipa e il suo erotismo.

Hai visto? È uno su cui non si può contare” – Carlos rincara la dose, dandosi ragione sulla pessima fama di suo figlio – “Io invece ti tratterò da regina. Sempre”

Nairobi fa per alzarsi, stanca di sopportare quelle immagini, e in tale istante la voce di Bogotà la riporta sui suoi passi.

Lei non sposerà nessuno, chiaro?” - con decisione, il quarantaduenne riesce a respingere la Sierra, mettendo a tacere un desiderio carnale che si è acceso in due secondi per affievolirsi immediatamente, sapendo che quella di fronte a sé è un’altra, non è la donna che ama. Ha imparato solo con Nairobi che l’amore vero esiste e che vivere dei sentimenti è una cura per il cuore - “ Agata è libera...libera di scegliere, per se stessa,per il suo corpo, per i suoi sentimenti. E se credete di farmi cadere nel tranello del tradimento, vi sbagliate di grosso. Io la amo follemente, non la ferirò. Hai capito figlio di puttana? Io non sono come te!!! non sono come te!!!” - grida Santiago, rivolgendosi al padre che è convinto lo stia spiando.

Lo sfogo di Bogotà pietrifica anche Grygorian.

E mentre la speranza si riaccende in Agata, il Signor Dalì perde definitivamente la pazienza.

Lasciando la gitana nella sala sorveglianza, si accinge a ricongiungersi con quel figlio che non vede da quarant’anni.

Alicia, va’ pure!! Ci penso io!” - dice, avanzando verso l’ostaggio.

Finalmente mostri la tua faccia!” – commenta Santiago fissandolo con aria di sfida.

La somiglianza è notevole tanto che la stessa Sierra lo nota e lo precisa ad alta voce.

Vattene ho detto” – ribadisce l’ex Cliente 13, deluso per la prima volta da un piano andato male, scacciando la socia.

Ti credevo più sveglio!” - dice Lopez – “Pensavi che sarei cascato di fronte a una bella donna? Non mi chiamo Carlos...io!”

Grygorian ride sotto i baffi, a tratti divertito da tali provocazioni, e sta al gioco – “Ammetto che ti facevo più debole, in fondo cosa pretendere da uno sfigato in amore che ha avuto sette figli da sette relazioni diverse”

L’ispettore digrigna i denti.

Mi hai stupito, però… non credere che non abbia altre carte nella manica, caro mio”

Me ne fotto che tu le abbia o meno. Ciò che non avrai mai è l’amore di Nairobi! Non dirmi che un boss come te si accontenta di qualcuno che lo disprezza? Vivresti con una persona affianco che non vede l’ora che tu muoia! Ti rendi conto?”

Meglio per te se taci”

Altrimenti?” - la forza con cui Santiago provoca suo padre è la stessa usata da Carlos nel domare chi cerca di sovrastarlo. Un tratto caratteriale che li accomuna, spinti dal desiderio di vincere e ottenere ciò che vogliono.

Non immagini quanto sarò io a ridere tra pochi secondi”

Alzando la mano in alto, dà segnale ai suoi scagnozzi di condurre in sua presenza ben sette persone.

Cazzo” – esclama Santiago, constatando l’ennesima sconfitta.

Con sorriso beffardo, il Capo del Mariposas continua a lanciargli colpi bassi – “Beh, lascia almeno che te li presenti. In fondo, dubito tu sappia riconoscerli oggi, dopo anni che non vedi nessuno di loro”

Emilio, Julian, Erik, Ana, Drazen, Yaris e Ivana, i suoi sette gioielli in pasto alla belva con cui condividono parte del dna, molti di loro ancora bambini… i più grandi con qualche livido, i più piccini terrorizzati e tremanti.

Ti ammazzo maledetto…” - non trattenendo più l’ira, Santiago si solleva dalla sedia, gettandola a terra e avanza verso il padre, seppure con le mani ancora legate da nodi strettissimi.

Sono altri membri della Setta a frenarlo, dandogli un pugno allo stomaco che lo mette ko.

Adesso hai smesso di rivolgerti a me con quel tono!” - afferma, soddisfatto, Grygorian – “Ti do l’ultima possibilità di salvezza, caro il mio Santi”

Figlio di puttana, solo mia madre mi chiamava così...non osare…”
“Piantala di fare il moccioso…. E ascolta bene…il patto è questo: chiudere la faccenda del Mariposas e salvare la tua immensa prole...o vederla per l’ultima volta adesso. A te la scelta”

Non hai un briciolo di umanità, arriveresti a minacciare me usando la vita dei miei figli! Giuro che ti uccido...fosse l’ultima cosa che farò in vita, io voglio….”

BASTA!” - chi interrompe la lite è una voce in lontananza, ben riconoscibile, che immobilizza Santiago.

Agata, con le lacrime agli occhi, corre verso due dei sette eredi di Bogotà, notandoli tremare di paura. Prende in braccio la più giovane, Ivana, e la stringe a sé.

Nairo...sei...sei tu...come stai?” - le chiede l’ispettore, commosso nel vederla sana e salva.

Va’ via Santiago! Ti supplico. Io sto bene, ma è giusto che salvi i tuoi figli. Questo posto non è per loro. Ti prego, ti scongiuro… è stato bello finché è durato. Adesso è il momento di accettare la realtà. Tra noi non funzionerà mai. La Mariposa che hai salvato mesi fa è tornata al suo mondo. Agata vorrebbe recuperare quello che le piace, ma al momento esiste soltanto Nairobi. E così sarà d’ora in poi”

No, non posso lasciarti qui”

Hai sentito che ti ha detto? Vattene, coglione!” - grida Carlos, entusiasta della decisione della gitana.

Poi fa segno ai complici di accompagnare i sette minori all’esterno, affidandoli a Palermo.

visto? Li stanno portando all’uscita. Sono uno di parola, io! Quindi, adesso sparisci anche tu...non farmi cambiare idea. E guai a te se tornerai o disturberai ancora la quiete del Night Club…”

La Jimenez con il cuore a pezzi, si congeda, non prima di aver stretto la mano al suo carnefice, fingendo alleanza, e aver guardato un’ultima volta il suo grande amore.

*******************

Non farti più vedere. Sei stato avvertito. Il Boss non avrà così tanto cuore la prossima volta” – così dicendo Helsinki sbatte la porta in faccia all’ispettore, lasciandolo sui gradini, a terra, preda della sua disperazione emotiva.

I sette figli sono spariti dalla circolazione. Il che è un pensiero in più per il quarantaduenne.

Rientrare al Mariposas adesso sarebbe una grossa cazzata. E mentre si allontana sperando di trovare la sua prole, chissà dove, il clacson di un camion richiama la sua attenzione, costringendolo a porsi sulla difensiva.

Siamo noi, tranquillo. Sali su” – gli dice uno dei serbi.

Lopez mette a fuoco solo in tale istante che tutti e sette i suoi eredi sono sul mezzo, prossimi alla salvezza definitiva.

Anche Axel e Manila sono con loro.

La ormai ex Farfalla, infatti, ha ben pensato di salvare la vita del piccoletto e di trovare la propria libertà, fuggendo assieme a lui.

E quando si è imbattuta nel camion dei serbi del Professore, su cui salivano i figli di Bogotà, ha pensato di unirsi alla ricerca di salvezza, forte di scoprire che a guidare quei tipi è qualcuno di conosciuto che porta il nome di Lisbona.

E adesso la sola da portare via da quell’inferno è proprio Nairobi.

Consegnarti è stata una pessima idea” – lo rimprovera uno degli alleati di Sergio.
“Lo so amico, però adesso ho la certezza che la mia Agata è sana e salva. E mi ha chiesto aiuto. Io ho colto il suo grido leggendoglielo nello sguardo. Se pensa che sacrificarsi sia giusto, beh si sbaglia di grosso. Lei tornerà libera. Fosse l’ultima cosa che faccio in vita mia...lei verrà via con me. E Carlos Grygorian riceverà la pena che merita”

Raggiunto il minuscolo appartamento di ritrovo della Banda, è Berlino, accogliendo Bogotà entusiasta di vederlo ancora in vita, a raccontare come poter concludere il piano una volta per tutte.

Nairobi ha accettato il matrimonio. Io e mia moglie andremo. Si svolgerà su una nave diretta in America. È lì che il Boss vuole trasferirsi con lei”

Figlio di puttana!” - commenta, teso, Santiago – “Vuole lasciare questo posto,ecco perché non si è sporcato le mani con me. Tanto sapeva che avrebbe lasciato la Spagna in un modo o in un altro”

Calma, come dicevo… noi siamo invitati. E tutti voi verrete assieme a noi. Quando arriverà il momento, metteremo a tacere il Signor Dalì per sempre! Promesso” – conclude Andres, stringendo una mano all’ispettore.

**************************

Terrorizzata dai recenti accadimenti, Agata non prende sonno.

È riuscita a convincere Carlos della sua totale devozione, avendo platealmente rinunciato a Santiago. E in cambio ha ottenuto il suo OK circa l’astinenza sessuale fino al matrimonio.

Ma ovviamente per uno come Grygorian le cose non possono mantenersi tanto “puritane” a lungo.

Voglioso di tornare a godere della travolgente passione con la sua gitana del cuore, pretende che le nozze vengano celebrate tra due giorni.

Solo 48 ore e presto salirà su una nave, prossimo a salutare per sempre la Spagna e l’Europa, per costruire una nuova vita, una nuova mafia, un nuovo potere...e lasciarsi alle spalle tutto il suo passato….incluso Santiago Lopez.

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Capitolo 39
*** 38 Capitolo ***


ANTICIPO CHE QUESTO E' IL CAPITOLO CONCLUSIVO DELLE VICENDE DEL MARIPOSAS. 

IL PROSSIMO SARA' IL THE END... SI CHIUDE ANCHE QUESTA FANFICTION CHE SPERO SIA PIACIUTA.

VI LASCIO AI MOMENTI FINALI DI QUESTA STORIA.

BUONA LETTURA.

BESITOS


Durante le seguenti 24 ore, la vita parallela di due gruppi, capeggiati da due menti, ciascuno a modo suo, geniali, scorre e si muove su fronti opposti: quello del Professore, fratello di Berlino, da sempre pronto a sostenerlo, e determinato a mandare a monte i piani folli di chi, senza esitazione, ha trasformato il Mariposas in un inferno vero e proprio, coinvolgendovi anche la sua donna; dall’altro, le ambizioni crudeli di un criminale incallito desideroso di realizzare il suo impero oltreoceano, espatriando con il suo gruppo e avendo di fianco una sposa, che dovrà rendere possibile la nascita di una prole a cui Carlos intende cedere una ricca eredità mafiosa.


Man mano che il tempo passa, e tutto al Night Club velocizza i preparativi, Nairobi si arrende ad un futuro nero e privo di felicità. Per di più, gli ormoni della gravidanza non le danno respiro, cominciando seriamente a spaventarla su una possibile esposizione.

Nuda di fronte allo specchio, fissa il suo ventre, mentre nella sua testa corrono rapide le immagini di anni addietro, quando nel grembo custodiva il piccolo Axel. Furono momenti di tensione anche quelli, che riuscì a domare con una forza tale da stupire perfino se stessa. Ma adesso la situazione è, se possibile, ancora più complicata della precedente.

Come potrò nasconderti ancora a lungo” – dice, accarezzandosi il pancino piatto.

In quel momento qualcuno bussa alla porta della sua stanza. Indossato rapidamente l’accappatoio, la gitana corre ad aprire.

Sei pronta?” - chiede Tatiana, varcando l’uscio, con una freddezza tale da spiazzare la Jimenez. Sa che la socia è costretta al ruolo di “cattiva” data la presenza di videocamere, così non le pone domande. Sono due giorni che non si fa viva e compare adesso, quando manca poco all’imbarco sulla nave. Avrebbe tanto da dirle, ma preferisce evitare.

Sbrigati. C’è una limousine che ci attende. Gli invitati sono tutti ai parcheggi. Presto anche il Signor Dalì li raggiungerà”

Ma… avremo un automobile solo per noi?” - Agata chiede per tranquillizzarsi che, in caso di nausea forte, non sarà presente Carlos e quindi il segreto rimarrà ancora tale.

La rossa annuisce, poi si avvicina alla finestra e spia l’esterno. Suo padre, con indosso un mantello nero che gli copre l’abito da cerimonia, sale su una berlina scura, scortato da Helsinki, Oslo e Palermo, gli unici rimasti al Mariposas dopo l’ennesima perdita femminile, quella di Manila.

Sbrigati” – cambia subito voce, sussurrandole il da farsi – “Anche mio padre è salito a bordo”

Posso avere notizie di Bogotà?” - domanda, usando per tutelarsi il nome in codice scelto per Santiago - “Ti prego, mi uccide sapere che possono avergli fatto del male”

Tranquilla, sta bene. Tu fidati di noi, oggi è il gran giorno...per tutti!” - così dicendo, evita altre questioni e la invita ad affrettarsi.

Quando le due sono prossime ad uscire dal locale, sono una a braccetto dell’altra, visto il capogiro che ha preso Nairobi nell’attimo precedente l’abbandono della sua stanza.

Sono fuori dal Mariposas, pronte a raggiungere la limo bianca quando Tatiana invia una sorta di segnale in codice che Agata non riesce a spiegarsi.

Forza, sali su! E dì addio a questo inferno” – la esorta, sentendosi sollevata in qualche modo da ciò che accadrà a breve.

Il solo, unico, dettaglio che Parigi non ha tenuto in considerazione è la possibilità che qualche membro della Setta potesse trovarsi ancora all’interno del locale, quando Carlos vi è uscito e che possa averle sentite fin troppo in sintonia da allertarsi.

È questione di minuti. Agata siede in auto ma non fa in tempo ad accogliere, sulla postazione di fianco, Tatiana che giunge qualcuno in tutta fretta, come una furia.

Gandia, cosa vuoi? Come mai sei ancora qui?” - domanda, spiazzata, la rossa.

Io e te dobbiamo chiarire una faccenda...puttana!!! Sei tu, vero? Sei tu la talpa? Traditrice, dovevo capirlo subito. Una donna nel gruppo poteva soltanto che crearci casini. Ma il Boss mi ha dato chiare indicazioni : “Chiunque sia la spia, non importa, fa’ quanto serve per punirla”. Ed è ciò che farò” – deciso a dare una lezione alla moglie di Berlino, approfittando della sua debolezza, essendo da sola e senza aiutanti, le punta contro una pistola, mirando alla sua testa.

Un colpo solo mi basta a mandarti all’altro mondo”

Tatiana!” - grida Nairobi, chiusa in auto dall’autista che, su ordine di Parigi, le impedisce di scendere.

È il gesto della donna a dare accensione alla limousine che, con una futura sposa in piena agitazione, si avvia verso il porto, lasciandosi alle spalle un imprevisto che sembra non avere soluzione positiva.

*****************************

Come mai mia moglie tarda tanto, cazzo” – si preoccupa Berlino,fissando più volte l’orologio da polso.

Calmati, fratello! C’è di sicuro una spiegazione. L’importante è che noi siamo qui, nascosti, e che tu mantenga l’apparenza. Non mostrare alcuna agitazione, capito?”

Sì, adesso è meglio per me scendere dalla nave per non destare sospetti. Vi risalirò quando avrò l’ok di Carlos. Buona fortuna amici miei”

Guardandosi tutti, gli uni con gli altri, i complici del Prof si danno forza a vicenda.

Santiago, di fianco a Lisbona e alle ex Farfalle, è silenzioso.

Forza, Bogotà. Tira fuori gli artigli e mostragli di che pasta sei fatto! Carlos Grygorian ha smesso di tormentarci e da adesso in poi smetterà di farlo anche con te” – lo sprona Manila.

Non voglio che mio padre abbia la meglio e... non voglio perdere la persona che amo più della mia stessa vita”

Non accadrà. Noi siamo qui e lotteremo fino alla fine” – sostiene Lisbona, prendendogli una mano per dargli coraggio.

Questione di secondi e dei rumori costringono il gruppo a zittirsi.

Il vociare degli invitati saliti a bordo dà inizio alla battaglia.

Questa guerra la vinceremo noi…. per Nairobi” – è l’ultima battuta pronunciata da Sergio per spronare la sua Banda a dare il massimo.

La Jimenez, intanto, in lacrime, viene accompagnata dall’autista in una cabina, dove le viene imposto di indossare l’abito da sposa.

Un vestito di alta moda, con pizzo in abbondanza, adornato da gioielli di estremo lusso.

E mentre piange per un destino che teme Tatiana abbia dovuto affrontare da sola, riceve i rimproveri delle addette al trucco e parrucco, che le ribadiscono di placarsi visto che così facendo rovinerà il makeup. Nessuna delle due tizie sospetta le ragioni di quel singhiozzare; anzi, si crede sia per l’emozione dell’imminente matrimonio.

Nulla di più assurdo, visto che è palese l’odio di Agata nei confronti di Carlos.

Controllando la tensione, la gitana si volta verso lo specchio e si osserva.

Chi è la donna riflessa? Non lei, di sicuro. Una matriarca ricca e snob di un impero criminale, con il cuore spento e la testa pesante a causa di un macigno chiamato infelicità… ecco cosa diventerà tra qualche minuto!

Possiamo andare, signorina!” - le dice la parrucchiera, invitandola ad uscire.

Il mare, leggermente mosso, smuove lo stomaco di Agata che, oltre all’agitazione, ha una nausea perenne da giorni. E quando è prossima a raggiungere lo sposo, estasiato dalla sua bellezza, supplica la truccatrice di aiutarla a reggersi.

La sua è una supplica d’aiuto che la sconosciuta coglie e che, per quell’istante, le tocca il cuore. Sceglie di darle una mano, accompagnandola sul posto.

Lasciata a Grygorian, che la divora con lo sguardo, Nairobi si appresta ad accettare la triste realtà dei fatti.

Tatiana le ha promesso di stare tranquilla e che oggi tutto sarebbe finito.

Poi è stata lei a porre un tragico THE END alla faccenda. Chi potrebbe mai salvarla adesso se la sua complice numero 1 è rimasta in balia di un pazzo come Gandia?

Io, Carlos Grygorian, prendo te Agata Jimenez come mia consorte…” - il Signor Dalì, tronfio d’orgoglio per la vittoria ottenuta sul nemico, recita le formule di rito, afferrando, decisamente con forza, la mano di Nairobi, obbligandola ad indossare la fede al dito.

E Nairobi trema quando è il suo turno perché sente mancarle l’aria, cerca con la coda dell’occhio la presenza di qualche improvviso salvatore, che impedisca il SI più finto della storia...ma nulla accade.

Arresa al suo destino, prende l’anello e pronuncia le parole che sanciscono il legame matrimoniale.

Le recita con scarso entusiasmo, con una debolezza che colpisce perfino Carlos – “Su con il morale, Nairobi! In fondo, è quello che volevamo entrambi...no?”

Il celebrante continua a ripetere passo dopo passo i classici momenti della cerimonia, giungendo alla domanda fatidica.

Vuoi tu… Carlos Grygorian prendere la qui presente Agata Jimenez come tua sposa, amarla e onorarla, tutti giorni della tua vita?”

La risposta dell’ex Cliente 13 non tarda ad arrivare.

Lo stesso interrogativo viene poi posto alla gitana che, al contrario, si prende dei secondi per se stessa, spaventando gli invitati che temono un improvviso no e una indomabile reazione dello sposo.

Le labbra di lei faticano ad aprirsi e pronunciare un monosillabo tanto difficile.

E quando è il Capo a costringerla a parlare, scuotendola, di fronte allo sguardo esterrefatto del celebrante, Agata si appresta a dirlo.

Ed è solo allora che scoppia il casino!

Boom!!!!

Uno sparo interrompe il tutto.

Un colpo di pistola riaccende nella giovane donna una speranza di salvezza.

Tra il caos che si crea e le grida di alcuni invitati, fa la sua comparsa l’intera Banda del Professore, con annesse delle ex Farfalle.

Voi? Puttane, traditrici” – irato, il Signor Dalì, le riconosce e perde le staffe. Ciò che lo manda in bestia è accorgersi che uno dei suoi alleati, si è schierato di fianco al nemico – “Berlino!!! Solo tu potevi essere la talpa, ma me la pagherai, maledetto figlio di…”

Altro colpo.

A sparare stavolta è Bogotà. E non lo fa in aria.

L’uomo, furioso con suo padre, che tiene avvinghiata a se Nairobi, ha puntato l’arma contro un braccio del genitore, consentendogli di allentare la presa sulla sposa.

Vieni con me tu! E anche tu…” - dice portando altrove il celebrante e la zingara, seppure il sangue gli goccioli in maniera eccessiva.

Il tutto accade tra gli scontri fisici, e non solo ,delle due fazioni opposte.

Qui andrà bene. Forza, Nairobi, dì questo maledetto SI e tu dai la benedizione. Così la storia finirà” – ordina Carlos, chiusosi un una delle varie cabine.

La mancata risposta dei due è la goccia che fa traboccare il vaso.

Giuro che se non mi sposi ora, ti ammazzo, gitana. E lo faccio stanne pur certa. Piuttosto ti preferisco morta che assieme a mio figlio, hai capito?” - gli occhi di Carlos sono raggelanti e la sua voce è l’espressione massima dell’apice della sua follia.

Santiago, intanto, cerca la sua Agata vagando su di una nave fin troppo grande per i suoi gusti.

Gli basta un grido per intuire che ad emetterlo è stata proprio la zingara.

Nairobi” – la chiama, correndo in tale direzione.

Nota il celebrante scappare via da un punto preciso e comprende che è lì che suo padre trattiene la donna.

Moriremo insieme, Nairobi! Costi quel che costi, non ti lascio con lui” – continua a ripetere, terrorizzando la Jimenez che tenta invano delle vie di fuga.

Con le mani di lui attorno al collo, cerca di ribellarsi… però tutto sembra così buio ora… ogni rumore sembra svanire...il suo cuore sembra rallentare… è questa la fine che il destino ha scelto per lei?

BOOM!!!

Un colpo...un altro colpo...delle urla…. poi tutto finisce!

Nessuno avrebbe mai pensato potesse terminare con perdite umane, in fondo il Professore aveva studiato talmente bene le mosse da compiere che quanto accaduto in quelle ore diventa il peso sulla coscienza di tutti.

*****************

E’ mezzogiorno quando la nave del Signor Dalì torna al porto, avendo invertito la rotta.

Eccoli!” - esclama Augustin Ramos, indicando ai suoi poliziotti l’esatto punto.

Daniel è con loro e non è da solo. Al suo fianco c’è Tatiana.

Già! La donna è sana e salva, grazie all’intervento della Polizia e del giovane ispettore che, ricevuto il suo segnale qualche minuto prima, ha bloccato Gandia prima della vendetta.

Su quell’imbarcazione, il Commissario acciuffa e arresta tutti i soci del Signor Dalì.

Appura alcune morti, ed altre finte di gente che credevano scomparsa da anni ma che in realtà si nascondeva dietro false identità. Tra loro...Alberto Vicuña.

Santiago!” - urla il suo collega, correndogli incontro, però ciò che vede è l’immagine di un uomo distrutto, con un corpo tra le braccia.

Cazzo” – esclama l’ormai Denver, temendo il peggio.

Un serbo ne ha un altro sulle spalle.

Ed è il grido di strazio e dolore di Tatiana a gelare l’aria.

Andres, amore mio che ti hanno fatto?”

Le lacrime della rossa sono le stesse versate da tutti i componenti della squadra del Marquina. E lui in primis, dalla perdita di suo fratello, ne esce come fosse un vegetale.

Nel frattempo, uno dei poliziotti salito a bordo, vi scende per dare un comunicato al superiore.

Signore, abbiamo trovato il Boss del Mariposas…però è morto”

Come? Sul serio? Cazzo, ma cosa è successo su questa nave?” - domanda Augustin, rivolgendosi a Lopez.

Ma Santiago è preso da tutt’altro.

Nairobi, salvatasi per il rotto della cuffia, ha bisogno di soccorso. Poco gli importa se suo padre è morto per quel grilletto che lui stesso ha premuto senza alcuna esitazione. Se lo meritava...è questo ciò che continua a ripetersi! È questa la sola consolazione che continua a darsi per giustificare l’atto commesso...un atto che lucidamente non avrebbe mai compiuto.

Lasciando il lavoro alle mani del Commissario, conduce Agata presso l’ambulanza, chiamata preventivamente da Denver in vista di possibili feriti.

La gitana è salva...la gitana respira… e Carlos non è riuscito a distruggere la forza del suo amore per Bogotà. Nairobi ha lottato fino all’ultimo, fino a quel clic definitivo che l’ha liberata per sempre dal suo carnefice.

Le Farfalle possono, ad oggi, spiccare il tanto sognato volo.

Di questa brutta vicenda resta tanta amarezza. Appurare che esisteva, nella nostra città, un luogo malfamato, celato dietro un apparente locale, in cui si vendevano bambini, scambiava droga, si guadagnavano soldi sulla prostituzione di donne, è una pagina di storia che mai avremmo voluto raccontare. Ma oggi siamo qui, di fronte a voi giornalisti, alla stampa spagnola e non, per dire che il Mariposas ha chiuso i battenti. A capo di quel marciume c’era un tale Carlos Grygorian, noto come Signor Dalì. Si sa poco di lui, ma presto vi informeremo in merito. Intanto il grazie va ai nostri ispettori, e soprattutto all’intervento di alcuni giovani eroi, che premieremo come meritano, i quali hanno rischiato ogni cosa e la loro azione ha permesso la chiusura della faccenda. Abbiamo catturato i vari soci di questa setta criminale. Tra di loro anche un nostro presunto collega, Cesar Gandia, che sconterà la pena di vent’anni e a cui abbiamo sottratto il distintivo e ogni riconoscimento guadagnato in carriera. Ci teniamo ad invitare la popolazione ai funerali, che abbiamo scelto di organizzare noi del Commissariato, di Andres De Fonollosa, rimasto vittima della missione” – due giorni dopo la chiusura del caso, con la testimonianza di Lisbona, prima a denunciare i mali di quel luogo chiamato Mariposas, Augustin Ramos risponde alle domande della stampa e rivela quanto di orrido erano costrette a sopportare le donne che cercavano aiuto, che venivano adescate e poi chiuse tra quelle mura.

E così è finita anche questa brutta situazione, caro collega” – sereno di quanto svolto, Daniel sorseggia il suo caffè mattutino, dopo aver ascoltato in tv l’intervista di suo padre.

Santiago, invece, è alle prese con vecchie scartoffie. Oggi può dirsi felice. La sua villa, momentaneamente in fase di ristrutturazione, sarà il luogo dove ha deciso di sposare la sua bella Nairobi, ed è proprio lei che lo attende a braccia aperte, nel minuscolo appartamento cedutogli da Sergio.

E non esiste nulla di più bello di saperla al sicuro, e di poterla baciare, coccolare, stringere forte, e cenare con lei come se il passato non fosse mai accaduto.

Perfino il futuro di Denver, che ormai ama farsi chiamare con tale appellativo, sembra ben definirsi. Ha infatti proposto a Stoccolma di diventare sua moglie.

Ogni cosa sembra chiudersi al meglio...nonostante la ferita della morte di Berlino sanguini con forza in tutti coloro che lo conoscevano e lo stimavano.

Saranno presenti ai funerali, decisi a dedicare delle parole per onorare quella persona.

Per quanto riguarda Grygorian, il quarantaduenne continua a ricordare il momento della sua morte.

Devo ringraziare tuo padre, sai?”

Perché?”
“Se non fosse per lui, adesso sarei anch’io marchiato a vita per aver compiuto quel gesto su Carlos”

Meriti un po' di felicità anche tu” – gli sorride il trentenne, dandogli una pacca sulla spalla.

Poi sdrammatizza e cambia argomento – “Allora? Stasera pizza tutti insieme?”

No, amico, vorrei passare del tempo con Agata. Mi è mancata da morire”
“Ahhhh, ecco...sai come allietarti la serata, quindi!”- lo prende in giro, ridacchiando, ricevendo il solito divertente schiaffetto dietro la nuca.

E poi… voglio proporle di andare a trovare sua sorella”

Che? Sua sorella? Non sapevo ne avesse una”

Intendo Tokyo! È come se lo fosse. Quindi… direi di posticipare la pizza al nostro rientro, che ne dici?”

Finalmente liberi di parlare di cose futili, delle serate con le donne che amano, di cene improvvisate, i due ispettori lasciano il Commissariato mai tanto leggeri come in quella serata.

Da adesso in poi, non hanno che da vivere di sola felicità.


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Capitolo 40
*** THE END ***


Santiago percorre a piedi i pochi metri che lo separano dal minuscolo appartamento, cedutogli da Sergio Marquina, partito da Madrid dopo la morte devastante di suo fratello.

La gentilezza viene, in realtà, da Lisbona, intenzionata a stringere con Nairobi un rapporto pacifico, dopo il tempo trascorso al Mariposas che le ha viste ignorarsi e battibeccare di tanto in tanto.

E così, giunto alla porta, avverte per la prima volta nella vita la sensazione di normalità: della bellezza del quotidiano, di una casa piccola e accogliente, di una compagna che lo attende a fine turno, che prepara la cena , che gli regala il suo tempo e le sue attenzioni! E’ davvero quanto di più bello gli fosse mai accaduto.

Sono tornato” – dice, togliendo le scarpe, riponendole nella scarpiera di fianco alla parete frontale alla porta. Indossate le ciabatte, avanza verso la cucina.

Nairo, dove sei?”

Il cuore sobbalza quando nota il tavolo apparecchiato per due con una candela accesa nel mezzo.

Amore mio” – dice Agata, alle sue spalle, aggrappandosi alla sua schiena in segno di protezione. Due giorni con lui, dopo l’inferno patito, è bastato a farle respirare quell’aria di serenità che attendeva da troppo tempo.

E Axel?” - chiede lui, stranito che mancasse un piatto.

Stoccolma e Denver l’hanno portato al cinema” – spiega, invitandolo a sedersi.

Solo quando prende posto, l’ispettore nota che la gitana si è agghindata per bene per quella serata.

Sei di una bellezza da togliere il fiato” – la lusinga, godendo di una visione tanto spettacolare.

Già… me l’hanno detto in molti in questi due giorni” – commenta lei, cercando in quel modo di aprire un discorso importante.

Liberarti da quel demonio ti ha resa più luminosa, più raggiante. Hai le gote più colorate, sane, come posso dirti, come se fossi…”

Si, come se fossi incinta?” – domanda, sbattendo le lunghe e folte ciglia nere.

Ehm...no, cioè, non volevo intendere questo… ma…” - imbarazzato, cerca di scusarsi, per spostare poi il discorso su di se - “...insomma, dai, io di figli ne ho già sette…”

E quindi ti bastano, non ne vuoi più, mi stai dicendo questo?” - nessuna reazione di dispiacere o rabbia. Agata è fin troppo calma, probabilmente dopo essersi agitata nei giorni precedenti, evita di farlo ancora per banalità.

No, anzi, con te comincerei da capo. Ne farei altre sette...” – confessa lui, arrossendo subito dopo, di fronte al sorriso smagliante della gitana.

Cazzo, Bogotà, possibile che ci vuole davvero poco per farti impappinare? Allora sappi che io non ho intenzione di darti sette figli, ma se arriveranno...beh… non potrei esserne più felice.” - si siede sulle sue gambe e si avvighia al suo collo, adagiando la fronte a quella di lui.

Assolutamente. Però sappi che averti qui con me è già la gioia che cercavo dalla vita!” – afferma il quarantaduenne, baciandola con tenerezza.

Decisa di metterlo di fronte al fatto compiuto, quasi divertita nel farlo, la Jimenez si allontana con una banale scusa, e lascia il cucinino. Da lontano, spiandolo dall’angolo della porta aperta, gli chiede di prendere il piatto fondo, posto a copertura di quello piano, e di portarlo in salone.

E ingenuamente Santiago fa quanto detto, non badando alla ragione.

Gli tremano le gambe quando si accorge di qualcosa ben visibile sulla stoviglia rimasta sul tavolo.

Non ci credo” – esclama, notando un ciuccio sotto i suoi occhi.

Afferratolo, con mani tremanti, cerca Nairobi per avere risposte e la trova proprio di fianco all’uscio, emozionata.

Mi dici che sei…? Che siamo…?”

La donna annuisce trattenendo il pianto il più possibile. Ma appena Santiago, preso dall’euforia la solleva da terra facendola ruotare per qualche istante, Agata si lascia andare al pianto.

I due uniscono le loro labbra e le loro lacrime, godendo a pieno tale sensazione di ritrovata serenità.

Diventerai papà….di nuovo! Guai a te stavolta” – scherza la gitana, ricevendo l’ennesimo bacio.

I due, sdraiati sul divano, immaginano il loro futuro adesso che diventeranno una famiglia.

Ti amo, voglio sposarti quanto prima” – innamorata persa, la zingara esterna i suoi sentimenti in totale libertà, mentre accarezza il suo pancino, seguita da Santiago che si commuove come un bambino, constatando quanto di prezioso sta ottenendo dopo anni di dolore.

E lo faremo. Appena la villa sarà pronta, diventeremo marito e moglie. Avrai il matrimonio dei tuoi sogni. Scriveremo assieme il nostro futuro. Sappi che da oggi in poi se piangerò sarà solo di gioia”

**********************************

L’entusiasmo di Nairobi per quella gravidanza è condiviso da tutti.

Mentre i giorni, le settimane, e i mesi, passano veloci, e i lavori alla villa sono ormai quasi conclusi, il pancino di Agata diventa sempre più grande.

Lo stesso vale per Stoccolma, prossima ormai al parto.

Il suo sarà maschio e ha già un nome in testa che gli ronza da tempo.

Cincinnati? Ma dici sul serio?” - chiede Manila all’amica, sedute di fronte a un caffè e dei pasticcini, a casa di Denver, ormai libero dalle invasioni familiari.

Cincinnati Augustin Ramos. Penso sia perfetto” – afferma, decisa, lei. In fondo un appellativo di città è un segno di unione ormai. Chiunque lei ami, ne ha uno. Anche suo figlio dovrà possederlo.

Da lì a poco verrà alla luce un bebé dai capelli castani e le guance paffute, con gli occhietti vispi e le labbra identiche a quelle di Monica, un cucciolo da spupazzare.

Daniel non contiene la sua euforia nell’essere diventato papà. Sa che non condivide sangue con quella creatura ma la considera sua a tutti gli effetti.

E il desiderio di avere un neonato in casa si fa pressante anche in Bogotà, preso dall’imminente parto della sua compagna, tanto da realizzare addirittura una culla in legno, degna di quella che sua madre fece costruire quando nacque il suo primo nipote.

Nairobi, agitata ma coccolata da chi le vuole bene, Axel incluso, vive al meglio gli ultimi giorni con il pancione. Non ha molte idee sul nome per la creatura che verrà alla luce. La sola cosa di cui è convinta è che sarà una bambina. Da quando dorme sogni sereni, ben otto mesi per la precisione, immagina una femminuccia gironzolare e chiamarla Mamma.

È proprio Axel a darle modo di scegliere il nome perfetto.

L’idea arriva casualmente...grazie al rientro alla villa.

Il piccolo nota dei fiori in giardino, fiori che da anni non sembrarono sbocciare e che da qualche tempo adornano e danno luce alla villa.

Le camelie” – commenta Nairobi, pensierosa. Fiori che con il loro colore rosa danno quel tocco di pura e viva femminilità che lei stessa sente dentro di se e che evidentemente le dona sua figlia.

Esattamente dieci giorni dopo tale decisione, la gitana viene portata in sala parto e dà alla luce proprio una Lei. La Lei dei suoi sogni, quella che l’ha accompagnata di notte, affievolendo i brutti ricordi del passato e regalandogliene di nuovi e colorati.

Benvenuta al mondo, piccola Camelia!” - dice Nairobi, ponendo la neonata nella sua culla.

Oggi come quel giorno che rimase folgorata da quei fiori, sente una strana vicinanza, una presenza che accoglie e vigilia sulla bambina. Non trova altra risposta se non in una nonna che non se ne è mai effettivamente andata.

Mia madre sarebbe la donna più grata del mondo di fronte alla vita che, nonostante il dolore, nonostante il male recato, torna a brillare sempre. Ricordo che sognava ardentemente di starsene sul divano e avere in sottofondo la vocina di qualche nipote che la cerca, che le chiede di giocare assieme… ed eccone una, sotto questo tetto. Camelia avrebbe potuto imparare tanto da sua nonna e che lei le avrebbe dato tutto l’amore del mondo” - si commuove Santiago, al ricordo di donna Leticia.

Nairobi lo bacia e stretta al suo petto, aggiunge – “Le parleremo sempre di questa donna d’acciaio. Io non l’ho conosciuta, non ho avuto una madre degna di questo appellativo. Però ho imparato cosa significa davvero un legame madre-figlio dai tuoi racconti su di lei. Quindi… per me Leticia esiste ed è presente. Vuole vederti sorridere, Santiago. Basta con le lacrime. Abbiamo creato un capolavoro, e adesso possiamo giurarci SI per tutta la vita. Tua madre sarà con noi, e ci proteggerà da lassù… fino alla fine dei nostri giorni” – dopo un candido bacio, la coppia si dedica alla vita che ha scelto e che finalmente brilla della giusta luce.

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Le nozze si svolgono un anno dopo l’esatta chiusura del Mariposas.

Sono presenti tutti gli amici della coppia.

Una villa allestita alla grande, per un evento memorabile.

Tokyo e Rio, giunti dal Brasile, dopo l’ennesimo viaggio senza meta, sono i testimoni degli sposi.

Sei raggiante, amica mia. Oggi è la tua festa. Goditela” – le due sorelle si stringono in un abbraccio, prima di celebrare le nozze.

Adesso Nairobi percorre quel cammino con indosso un abito di sua scelta, con suo figlio che le tiene la mano, e con un principe ad attenderla, e una neonata meravigliosa che dorme nel passeggino.

La sua famiglia.

Il senso della sua esistenza.

È in presenza di chi ama che promette fedeltà alla sola persona che, inizialmente disprezzò ma di cui poi si innamorò follemente.

Bogotà è stato un fulmine a ciel sereno ed è e sarà sempre la sua seconda metà.

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L’indomani, quando Tokyo e Rio sono i primi a lasciare, di nuovo, Madrid, è la Olviera ad annunciare un loro prossimo rientro.

Tra cinque mesi è prevista una nascita importante e lei vuole assolutamente che avvenga in Spagna.

Ebbene sì, Silene è incinta e darà alla luce una bambina.

Sento di dovere tanto a Santiago, alla salvezza che ci ha offerto e alla libertà che ci ha restituito. Ho sentito la sua storia e il suo legame con donna Leticia come se ne soffrissi assieme a lui. Ho ritenuto così di dare a questa creaturella che ho dentro il giusto nome...si chiamerà Leticia!”

Adesso tutto si colora a festa.

Ogni Farfalla ha il suo partner dei sogni. Ogni Farfalla ha raggiunto i suoi obiettivi.

Ogni Farfalla è sulla strada che desiderava, ha spiccato il volo, in alto ha spiegato le ali e toccato l’apice della felicità.

Adesso sì che la vita per tutte loro sembra aver trovato il giusto senso.

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3 anni dopo


Tutte le Mariposas si ritrovano, su loro volontà, di fronte a quel locale ormai serrato da tempo.

Si erano giurate ch il giorno delle nozze di Nairobi, da lì a due anni, avrebbero rimesso piede lì dove tutto ebbe inizio, cercando di superare tali drammi unite, come non fu possibile fare all’epoca.

Tenendosi per mano, come fossero un solo corpo, le ex farfalle percorrono quella strada che hanno volutamente cancellato dai ricordi, ma che pesa come un macigno sul loro stato emotivo.

Eppure si rendono conto, solo una volta di fronte all’ingresso del Night Club, che esso non ha più tale connotazione.

La porta è scura ed è posto su di essa uno striscione
Centro di accoglienza per donne in difficoltà” – legge Lisbona, spiazzata.

Sul serio hanno reso questo inferno un luogo d’aiuto?”- incredula, Tokyo è la prima a voler entrare.

Aprono l’uscio e notano un posto totalmente rinnovato. Nulla a che fare con l’immagine passata, si respira pace tra quelle mura adesso.

Ad accoglierle è qualcuno familiare.

Tatiana? Sei tu a gestire tutto questo?” esclama Nairobi.

La rossa, vedova da tre anni, e vogliosa di offrire un contributo nel sociale, le invita a sedersi.

Lo dovevo a tutte noi, ad Andres, a chi soffre una vita di merda”

Commosse dal gesto della moglie del defunto Berlino, le sei si abbracciano e si alleano. D’ora in avanti ci sarà un’unione totale, in vista del bene delle donne.

Il Mariposas ha cambiato faccia.

Il Mariposas ora ha un significato e un obiettivo: proprio come le farfalle, ogni donna ha delle ali e se non può volare le va insegnato a farlo.

Tutte hanno diritto di spiccare il volo e realizzare il loro sogni.


ECCOMI GIUNTA AL FINALE. E’ DAVVERO DIFFICILE DIRE ADDIO A UNA FANFICTION SU CUI SI INVESTE TANTO. E COME AL SOLITO ECCOMI COSTRETTO A FARLO.

SONO FELICE CHE SIA STATA SEGUITA, E SONO GRATA ALLA MIA CARA AMICA FEISTY PANTS, A CUI HO DEDICATO, INDIRETTAMENTE, LA STORIA (LEI SA A COME).

LE DICO GRAZIE PERCHE’ HA SAPUTO COME MOTIVARMI A SCRIVERE, PERCHE’ SAPEVO CHE LEI ERA LI’ PRONTA A LEGGERE, A SUPPORTARMI, A DIRMI LA SUA, AD INCURIOSIRSI. LA MIA LETTRICE/SCRITTRICE PREFERITA RIMARRAI SEMPRE TU, MI AMOR.

LA MIA TOKYO DEL CUORE, LA MIA ANNA ORA E SEMPRE.

TI DEVO TANTO.

CHIUDO DICENDO GRAZIE ANCHE A CHI NON HA RECENSITO MA HA COMUNQUE LETTO E APPREZZATO IN SILENZIO.

VI ASPETTO NELLE PROSSIME FANFICTION (NE HO DELLE ALTRE IN SOSPESO CHE MERITANO UN FINALE)

BESITOS A TODOS

VOSTRA.. IVY

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